Bloody Rose di Mokochan (/viewuser.php?uid=81458)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** - Parte Prima - Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** - Parte Prima - Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** - Parte Prima - Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** - Parte Prima - Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** - Parte Prima - Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** - Parte Prima - Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** - Parte Prima - Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** - Parte Prima - Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** - Parte Prima - Capitolo Nove ***
Capitolo 11: *** - Parte Prima - Capitolo Dieci ***
Capitolo 12: *** - Parte Prima - Capitolo Undici ***
Capitolo 13: *** - Parte Seconda - Capitolo Uno ***
Capitolo 14: *** - Parte Seconda - Capitolo Due ***
Capitolo 15: *** - Parte Seconda - Capitolo Tre ***
Capitolo 16: *** - Parte Seconda - Capitolo Quattro ***
Capitolo 17: *** - Parte Seconda - Capitolo Cinque ***
Capitolo 18: *** - Parte Seconda - Capitolo Sei - ***
Capitolo 19: *** - Parte Seconda - Capitolo Sette ***
Capitolo 20: *** - Parte seconda - Capitolo Otto ***
Capitolo 21: *** - Parte Seconda - Capitolo Nove ***
Capitolo 22: *** Parte Seconda - Capitolo Dieci ***
Capitolo 23: *** Parte Seconda - Capitolo Undici ***
Capitolo 24: *** - Parte Seconda - Capitolo Dodici ***
Capitolo 25: *** - Parte Terza - Capitolo Uno ***
Capitolo 26: *** - Parte Terza - Capitolo Due ***
Capitolo 27: *** Parte Terza - Capitolo Tre ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Bloody ROSE
AVVISO -
Questa storia sta subendo numerose revisioni, molte delle quali
necessarie; durante la lettura incontrete certamente errori non proprio
di 'grammatica', quanto riferiti al contesto storico. Nel 2010 non
badai molto alla questione, ma adesso - e siamo nel 2014 - mi rendo
conto della leggerezza con cui ho scritto questa storia. Non credo la
modificherò così profondamente (l'unica modifica
che sto apportando riguarda quei 'Contessa', che verranno sostituiti da
alcuni 'Lady' ben più corretti) ma credo sia giusto
avvertirvi che la storia è ambientata sì a
metà '800, ma non pretende di essere storicamente corretta.
Questa storia è stata scritta per una persona ed
è stata scritta anche per vedere i personaggi che
più amo in un contesto estremamente differente rispetto a
quello del manga di Masashi Kishimoto. Credo di aver detto tutto.
Ringrazio i vecchio lettori e i nuovi, e ringrazio la mia Beta, Yume,
per il sostegno. Buona lettura^^
P R O L O G O
Il letto è morbido, le coperte l’avvolgono
parzialmente, lasciandola scoperta dalla vita in su; il seno si alza e
abbassa ritmicamente, le mani scivolano fra le lenzuola, il corpo si
stiracchia lentamente e gli occhi lilla, visibilmente assonnati, si
dischiudono quando un raggio di luce s’infiltra attraverso la
finestra chiusa e li colpisce, destandola dal torpore del sonno.
Ecco il nuovo giorno,
pensa con un sospiro.
Si mette a sedere, sbadiglia timidamente – forse col timore
che qualcuno possa vederla – e si guarda attorno, confusa.
La stanza è semibuia, ma riesce a scorgere il profilo
elegante dei mobili e delle alte lampade che si trovano a ogni angolo,
i due quadri che suo padre le ha regalato per il suo quindicesimo
compleanno e le porcellane – d’antica fattura
– poste ai lati delle ampie finestre alla sua destra.
Si passa una mano fra i capelli e scivola giù dal letto,
toccando in punta di piedi il pavimento ghiacciato.
Con passo svelto si reca dinanzi all’enorme specchio situato
dall’altra parte della stanza e inorridisce alla vista delle
spaventose occhiaie formatesi durante la notte sul suo viso pallido,
che la rendono simile, se non identica, a un vampiro.
Immerge le mani nella piccola tinozza piena d’acqua e sali
profumati posata esattamente sul mobile al di sotto dello specchio e si
sciacqua il volto: le dita passano sul collo, dietro le orecchie, sulle
palpebre stanche e arrossate, senza tralasciare nemmeno un piccolo
lembo di pelle.
Poi, improvvisamente, si bloccano sulle guance rosse, e gli occhi, di
nuovo aperti, osservano la persona che si riflette davanti ad essi.
È una ragazza.
Ha lunghi capelli neri, un viso tondo e grazioso, dai tratti lineari;
ciglia lunghe, occhi luminosi, ma di quella brillantezza che si spegne
nel tempo; labbra rosee e carnose; un corpo minuto ma ben proporzionato
e un decolté da far invidia alla più bella delle
donne.
Fa scivolare le braccia lungo i fianchi, la giovane, e fissa il proprio
riflesso nello specchio con occhi lucidi, innocenti, mentre un brusio
lieve l’avverte che il resto della famiglia si è
appena svegliato e il giorno del terrore ha inizio.
Hinata Hyuuga sussulta quando, con un colpo secco, la cameriera stringe
troppo uno dei lacci del suo corpetto, mozzandole il fiato.
«Ah!»
«Scusi, signorina!»
«Non importa, Ino» la giovane inspira e si
morde nervosamente il labbro inferiore, sperando che la donna possa
portare celermente a termine il proprio compito.
I secondi passano lenti.
Nella mente della ragazza non c’è niente; solo
invisibili pensieri, attimi futili che non richiamano nulla alla sua
mente, se non un orrore crescente.
E la voglia di sparire, di non vedere nulla – di non sentire
nulla – si risveglia in lei, straziandola.
Cerca di reprimere quel deplorevole pensiero quando sua sorella fa il
suo ingresso nella stanza, ordinando alla serva di uscire e provvedere
ai preparativi per l’arrivo di un ospite.
Hanabi afferra l’ultimo laccio del corsetto della sorella
maggiore e lo stringe con forza.
«Nostro padre è impaziente di ricevere il suo
amico, sai? Sta diventando più irritante del
solito.»
Sul viso di Hinata spunta un sorriso: ha colto l’irritazione
contenuta nella voce della sorella.
«Non mi stupisco,» sussurra, «mi domando
chi sia quest’uomo; non ho mai visto nostro padre
così in fermento per qualcuno. Onestamente tutto
ciò mi turba.»
Hanabi le dà una pacca sulla spalla nuda e prende la
sottoveste posata sul letto, taciturna; poi l’aiuta a
metterla, sistemando i punti sgualciti man mano che scivola sul corpo
di Hinata.
«Secondo me ti vuole maritare» dice
all’improvviso, sconvolgendo la sorella maggiore, che
sussulta sbigottita.
Hinata si volta di scatto. «Non lo credi sul serio,
vero?»
«Oh, invece non sono mai stata così seria in vita
mia.»
«Tu non sei in età da matrimonio.»
«Io? E chi parlava di me?» sospirando, Hanabi la
squadra lentamente. «Ho detto ti, non ci,
Hinata.»
Gelido, il silenzio cala fra di loro.
Tic. Tic. Tic.
«N-non credo che a-abbia questa intenzione, Hanabi.
È completamente assurdo» gracchia Hinata,
spostando gli occhi verso il proprio letto.
«Su questo sono d‘accordo con te.»
Tic. Tic. Tic.
«E poi io non posso, i-insomma…» Hinata
prende fiato. «Non sono ancora pronta!»
«Vero.»
Tic. Tic. Tic.
«Inoltre non può d-decidere di darmi in sposa
senza che io accetti! È assurdo!»
«Di questo non sono del tutto certa, sorella.»
Tic. Tic. Tic.
Hinata rimane muta, ignorando il ticchettio dell’orologio a
pendolo nel corridoio, e tenta di trattenere il terrore che la invade,
mentre Hanabi la fissa impassibile.
Il vento agita le finestre aperte e ne muove le tende purpuree. Il
rumore di carrozze in movimento aumenta, facendosi sempre
più vicino. Il chiacchiericcio della servitù non
passa sotto silenzio e attira l’attenzione di Hiashi Hyuuga,
che comincia ad impartire ordini qua e là, autorevole.
Le due sorelle distolgono l’attenzione dal putiferio e si
guardano nuovamente.
Tic. Tic. Tic.
«Secondo te finirò per sposarlo, vero?»
Hanabi Hyuuga alza le spalle.
«Penso proprio di sì.»
Note Dell'Autrice -
Ok, bene, ecco una nuova NaruHina!
Sarà incentrata solamente su di loro e durerà
solo 5 capitoli - capitoli molto lunghi, sia ben chiaro. Ho deciso di
farla così corta per poter aggiornare nel minor tempo
possibile, quindi non vi preoccupate: aggiornerò. Per quanto
riguarda le altre storie sulla coppia, cercherò di muovermi,
ma non ho molto tempo né ispirazione... quindi scusatemi,
davvero.
Ora devo scappare! Baci :3
Mokochan
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** - Parte Prima - Capitolo Uno ***
Bloody ROSE
♦ C A P I T
O L O U N O ♦
«Oggi vorrei che passaste un po’ di tempo col
nostro ospite per fargli visitare ogni angolo di questa casa e, se non
è di troppo disturbo, che facciate amicizia con
lui.»
Può sembrare una richiesta, ma in realtà ha tutta
l’aria di un ordine che non ammette repliche.
Hinata e Hanabi annuiscono col capo e si lanciano
un’occhiata: tutt’e due sentono che
c’è qualcosa che non va in quell’evento
più di tutto ciò che comporta.
Una delle cameriere, Tenten, inizia a servire le pietanze.
«Padre,» Hanabi finisce di masticare un pezzo del
suo pollo e posa la forchetta sul piatto, «vorrei sapere
qualcosa in più sul nostro ospite.
M‘incuriosisce.»
«Non c‘è molto da dire sul suo conto:
è un giovane duca. Ha appena ereditato una cospicua somma di
denaro da suo padre quand’è morto, e adesso
amministra i beni di famiglia. È un giovane molto assennato,
devo dire, differente dai ragazzi della sua età. Ho preso
contatto con lui una settimana fa per sistemare dei conti e ho deciso
di invitarlo qui.»
«Beh, potrei conoscere l’età di questo
giovane duca, padre?» azzarda Hanabi, amabile.
Hinata sorride: solo la sua sorellina è in grado di blandire
il loro amatissimo padre senza scatenarne l’ira.
Hiashi Hyuuga si pulisce la bocca e sorseggia il suo vino rosso,
pensieroso.
«Dovrebbe avere vent’anni,» risponde
infine, «così giovane e già
così accorto. Non pensavo esistessero ancora giovani come
lui in questo paese – anche se Neji la sa lunga, figlie mie,
questo non lo ignoro. Ammetto, con tutta onestà, che ho
dubitato per un attimo del nostro ospite quando ho saputo di alcuni
suoi… precedenti alquanto imbarazzanti.»
E cosa mai avrebbe fatto
di tanto sconcertante il nostro gentiluomo?, pensa Hanabi,
curiosa.
Alla seconda portata, ponderate le domande giuste, la piccola Hyuuga
ricomincia a parlare.
«Da come ne avete parlato, padre, non mi pare abbia fatto
qualcosa di imperdonabile, o almeno non di così grave da
influire sui suoi affari. Oppure sono in torto?»
Hinata inarca un sopracciglio. «Sorella, non mi pare una
domanda corretta questa: non stai facendo che interessarti della vita
privata di una persona che nemmeno conosci...»
«Hinata, lasciala stare,» Hiashi sorride
freddamente, «posso soddisfare la curiosità di tua
sorella senza recare danno alcuno alla nomea del nostro
ospite.»
«V-volevo solo…» balbetta Hinata,
mortificata.
«Ho capito, figlia mia. Ho capito.»
Invece ha la sensazione che suo padre non abbia capito un bel niente,
ma evita di dirlo, sicura di peggiorare le cose aggiungendo altro a una
discussione già persa in partenza. Quindi prende il suo
bicchiere e centellina il vino, sperando di non essere nuovamente
richiamata.
Tenten porta via i piatti quando Hiashi le lancia un'occhiataccia e,
fatto il suo dovere, si ritira nelle cucine.
Il capostipite si sistema le maniche della giacca e osserva brevemente
le figlie con i suoi occhi gelidi come l'inverno.
«Posso affermare con assoluta certezza che il ragazzo
è stato vittima del parlare della gente e che mai avrebbe
macchiato l‘onore della sua famiglia. E, anche se tutto
ciò risultasse vero e lui fosse colpevole di avventatezza,
questo non cambia il fatto che è un buon uomo e che non
esiterei a difenderlo in futuro, se me ne fosse data la
possibilità.»
Hanabi lo guarda a bocca aperta, incredula; Hinata, invece, quasi si
strozza con il liquore: mai hanno sentito il proprio padre sostenere
qualcuno con tanto ardore, né con un rispetto che rasenta
l’impossibile e che, a quel punto del discorso, le porta a
pensare che l’ospite sconosciuto sia un personaggio
senz’altro fuori dal comune.
♦ ♦ ♦
Hinata è impegnata nella lettura di uno dei suoi romanzi
preferiti quando, con passo svelto e deciso, sua sorella irrompe nella
sala con l’aria stravolta. Dopo un momento di silenzio,
Hanabi prende posto nel piccolo divanetto di fronte al suo, gli occhi
accesi e le braccia conserte.
«Bene, adesso posso dirlo!» sbotta la giovane,
fissando la sorella maggiore con impeto, «Nostro padre
è impazzito!»
La giornata del terrore
non ha fine, pensa Hinata. «Come mai dici
questo? Cos‘è successo?»
Ci vuole qualche secondo prima che Hanabi decida di parlare.
«Ha dato la stanza di Neji al nostro ospite. La stanza
personale di Neji. Neji!»
ripete, le guance rosse dall'agitazione, «Non era mai
capitato!»
Di norma Hinata non ci avrebbe creduto, ma la faccia della sorella le
suggerisce che non solo Hiashi Hyuuga ha fatto quanto ascoltato, ma ha
anche ignorato una delle regole vigenti della casa: violare lo spazio
personale di Neji Hyuuga.
Ottimo.
Neji è suo cugino, figlio del fratello gemello di suo padre,
morto anni addietro per via di una brutta malattia di cui –
ancora adesso – non conosce il nome.
Non avendo figli maschi, Hiashi si era affezionato al ragazzo e ne
aveva fatto la sua copia sputata. Non era stato un bene per le figlie,
che avevano dovuto subire i comportamente altezzosi del cugino.
Hiashi Hyuuga era capace di trasformare la persona più
deliziosa del mondo in una tigre dagli artigli affilati.
In ogni caso, da una settimana Neji non era con loro: impegnato per
affari a Londra, non sarebbe tornato che fra due settimane.
Hanabi si passa una mano fra i capelli e scuote il capo. «Io
non so cosa stia succedendo, ma se davvero ha intenzione di darti in
sposa a costui…»
«N-no, ti prego,» balbetta Hinata, inorridita alla
sola idea, «sono cosciente dei doveri di questa casata, dei
miei obblighi e d-del resto, ma non voglio sposarmi con qualcuno che
non conosco, né tantomeno pensarci.»
Con le dita carezza la pagina su cui è aperto il libro e
fissa le parole che vi sono scritte, nel tentativo di mandare via
quella brutta storia – vera o falsa che sia. In fondo, quelle
di sua sorella sono semplici congetture, prive di un qualsiasi
fondamento.
Sono solo aria fredda.
«Prima o poi accadrà» commenta Hanabi,
scrutandola con i suoi occhi d’un gelido lilla.
Prima che Hinata possa ribattere a quelle parole, la sua cameriera
personale, Ino, apre la porta della sala e con un inchino fa il suo
ingresso.
«Vogliate scusarmi. Vostro padre mi ha mandata ad avvertirvi
che il duca è arrivato e che entrambi vi aspettano nello
studio principale.»
Hanabi sbuffa e la congeda con un “grazie”, senza
mostrare emozioni nei suoi confronti. Poi, dopo aver riflettuto
attentamente, si rivolge alla sorella.
«Io non ho sentito rumore di carrozze, tu?»
Hinata scuote il capo, sconcertata.
Avrei forse dovuto farci caso, a ogni modo?, si chiede.
«Il nostro duca è molto silenzioso.»
Detto questo, Hanabi si alza e incita la sorella a seguirla; non pare
curiosa, tuttavia Hinata ha la netta impressione che quella vicenda
abbia risvegliato la pettegola che è in lei, e che questo la
spinga senza remore a farsi gli affari di quell’ospite
illustre.
E tutto ciò, ovviamente, non è da Hanabi.
♦ ♦ ♦
È in piedi accanto alla finestra: invece di ammirare i
grandi giardini che circondano la tenuta e che da quella stanza
s‘intravedono particolarmente bene, i suoi occhi scelgono di
studiare ciò che lo circonda.
Osserva i grandi quadri appesi alle spalle della scrivania di legno
raffinato, le piccole statuette situate negli immensi scaffali
collocati contro le pareti che li attorniano. Appoggiato sulla
scrivania c’è un mappamondo di dimensioni medie.
Accanto a questo vi è un volume di circa mille pagine dal
titolo Economia: segreti di un’arte.
Qualcuno considera arte
qualcosa che ti fa venire mal di testa solo a parlarne?,
pensa l’uomo.
«Sono impaziente di sapere come vi trovate da queste
parti» domanda Hiashi Hyuuga, richiamando la sua attenzione
dopo svariati minuti di silenzio in cui, fra un entrare e uscire di
serve, il padrone di casa non ha avuto modo di udire altro che qualche
sporadica e cortese domanda.
Scrolla le spalle, il giovane ospite, e proclama: «Trovo che
il paesaggio sia delizioso e la vita di città gradevole;
sì, devo dire che non mi dispiacerebbe trasferirmi qui con
mia sorella. Sempre che gli affari me lo consentano», ma nemmeno per idea,
aggiunge mentalmente, scoccando un’occhiata disinteressata
all’enorme pila di documenti disposti sul tavolino accanto a
lui.
«Ne ero certo!» esulta pacato lo Hyuuga, annuendo,
«Se volete...»
Uno schiocco improvviso – non sono più soli.
Poi una voce allarmata interrompe bruscamente il conte, che si volta
accigliato verso l'ingresso dello studio.
«Suppongo sia giunto il momento di presentarvi le mie figlie,
signore. Potete starne certo: saranno per voi la migliore delle
compagnie.»
E, quando il ragazzo si volta verso la porta aperta, rimane paralizzato.
Devo ricordarmi di
ringraziare mio fratello per questo viaggio, pensa,
sorridente.
Due occhi lilla lo guardano dall’altra parte della stanza:
sono grandi e intensi, quasi timidi; il viso grazioso è
pallido e, malgrado ciò, le guance si sono colorate subito
di un rosa acceso che la rende ancor più splendida; le mani
stringono i risvolti del lungo abito bianco che porta con estrema
eleganza.
Tiene il viso basso, forse in soggezione.
È un angelo.
«Vi presento Hinata, la più grande delle mie
figlie. È estremamente timida, ma non vi dovete preoccupare:
è solo il risultato della buona educazione impartitale dalla
madre.»
Il duca annuisce. Non
era difficile da immaginare.
Pensa rapidamente a cosa fare e, quasi senza rendersene conto, si
avvicina alla ragazza e le prende la mano; un lieve tremolio avviene al
contatto.
«Piacere di conoscerla, Lady Hinata» le sfiora il
dorso della mano con le labbra, soffermandovisi per qualche secondo
più del dovuto – d’altronde non
può farne a meno: Hinata lo attira.
Si scosta un poco da lei e continua a guardarla, non lasciandosi
sfuggire nulla: non le labbra piene che sembrano invitarlo a baciarla
quando si dischiudono un poco; non il collo sottile e caldo su cui
immagina di poter affondare il viso; non i seni gonfi e bianchi che
invitano alla lussuria più sfrenata; non quel sorriso che
per ultimo mira dritto al suo cuore, stordendolo.
Prova un'attrazione che non sa spiegarsi, ma che lo illumina,
automaticamente, quando lei gli rivolge un timido sorriso.
«Questa invece è la più piccola,
Hanabi,» Hiashi gli indica la ragazza alle spalle di Hinata,
asciutto.
Simile alla sorella, certo, eppure di una bellezza assai diversa:
Hanabi Hyuuga si presenta con un inchino e un’occhiata gelida
che dice tutto – facile immaginare da chi abbia preso.
«Bene. Adesso tocca a me presentarmi, pare,» dice a
disagio, «credo che vostro padre non vi abbia detto molto sul
mio conto, mie signore,» aggiunge incerto.
«Ha detto tutto ma ha tralasciato il nome, se lo volete
sapere,» risponde Lady Hanabi con tono affabile, suscitando
l’agitazione di Lady Hinata che le dà una
gomitata, stupefatta.
Più che
affabile, la ragazza pare fredda come la lama di una spada,
pensa l'ospite, curioso.
«Lady Hanabi, sono certo che il mio nome non sia tanto
rilevante,» le sorride, ironico, mentre si sistema la giacc,
«ma se proprio ci tenete a saperlo, non
c‘è problema. Mi chiamo Minato. Minato
Namikaze.»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** - Parte Prima - Capitolo Due ***
Bloody ROSE
♦ C A P I T
O L O D U E ♦
La porta si chiude silenziosamente alle sue spalle.
I suoi occhi azzurri scivolano verso il soffitto, poi
sull’enorme quadro posto sopra il letto a baldacchino alla
sua destra.
Tira un sospiro, mentre con la mano sinistra inizia a sbottonarsi la
camicia, sovrappensiero.
Accanto alla porta sente passare qualcuno; tende l’orecchio
in un gesto automatico: non è raro, per lui, ascoltare
discorsi che non lo riguardano. Nonostante ciò,
lascia perdere quanto si rende conto che è solo una delle
serve della tenuta.
Poco male,
pensa Minato.
Attraversa la stanza fino ad arrivare ai suoi bagagli: si inginocchia
di fronte al più grande e inizia ad aprirlo, sfilando molto
attentamente le stringhe che l’avvolgono – poi,
quando il coperchio si apre, il ragazzo si chiede perché
è stato costretto a venire in un posto del genere.
Tira fuori un blocco di fogli bianchi e tutto ciò che gli
occorre in quel momento, ignorando il piccolo cofanetto sistemato in
fondo al baule e che, più di una volta durante il viaggio,
è stato fra i suoi pensieri.
13 Maggio 1851, Primavera
Allora, vediamo: prima
impressione? Hiashi Hyuuga mi dà la sensazione di essere un
uomo noioso, attaccato al denaro; non nasconde di essere uno dei nobili
più conosciuti del paese né si degna di parlare
sinceramente. Che qui io sia ospite o meno, a lui non interessa: vuole
solo portare a termine quest’affare, null’altro –
mentre scrive ripensa alle figlie dello Hyuuga e sorride – Le sue figlie, Hinata e Hanabi,
invece, sono del tutto diverse da lui – sebbene la minore
abbia uno sguardo capace di trafiggere l’uomo più
temerario. Non sono ancora riuscito a farmi un’idea di Hinata
Hyuuga, ma non ci metterò molto: due buone parole, un
sorriso e sarà fatta.
Non lo credi anche tu, fratello?
Sai una cosa? Non
è tanto male qui… mi trovo assai bene. Certo,
avrei preferito rimanere a casa a occuparmi di nostra madre, ma tu sei
il solito! Perché mandare me? Perché? Sai perfettamente come la penso
in merito, come sai che non sarei mai voluto venire qui. Doveva essere compito
tuo, tuttavia mi hai costretto a mandare missive, lettere senza fine e
a fare il cattivo gioco. Di questo non mi dimentico, sai!
Ma non fraintendere: non
ti odio. “Odio” è una parola grossa, per
quanto mi riguarda…
Spero che la tua
risposta arrivi presto: non sono certo di riuscire a trattenermi
più di così.
E tu sai cosa intendo!
(nel caso tu non abbia capito, fratello, sono davvero arrabbiato!)
Manda i miei saluti alla
mamma e a quella pazza di Rin.
Un saluto,
Minato
♦ ♦ ♦
Il sole batte sui giardini, irradiando tutto. Il tempo è
mite, piacevole quasi; i fiori che crescono fra alberi e siepi
profumano di primavera, le rose sono rosse come il sangue.
Minato sorride e alza lo sguardo verso il cielo azzurro, che si
confonde con i suoi occhi, mentre un venticello tiepido gli scuote i
capelli biondi.
«Vedo che trovate piacevole questo luogo,» Hanabi
Hyuuga lo affianca, cogliendolo alla sprovvista.
Annuisce. «Non ho mai visto nulla del genere, Lady Hanabi.
Quanto tempo è stata impiegato affinché questi
giardini crescessero splendidamente, così come li
vedo?»
«Cinque anni, da quel che so. Mia madre se n'è
occupata personalmente fin quando ha avuto vita,» la giovane
si china verso alcuni gigli bianchi e li annusa, deliziata.
Minato la osserva per qualche secondo, finché non si accorge
che Hinata è poco distante da loro: seduta
sull’erba legge un libro, voltandone di tanto in tanto le
pagine. È talmente concentrata da non notarlo
quando, con un sorrisetto, le si siede accanto.
«Cosa leggete?»
Hinata sobbalza e lo guarda confusamente. «P-prego?»
«Vi ho chiesto cosa leggete.»
«È un romanzo d-di… di un certo
Jiraiya.»
Mentre parla le guance le si colorano di rosso e gli occhi rimangono
fissi sul terreno.
Non ha il coraggio di
guardarmi? Oppure cosa? Proprio non la capisco, si dice
Minato, inarcando un sopracciglio e studiandola per qualche secondo,
curioso.
Aveva passato la mattina a discutere con Hiashi Hyuuga di questioni del
tutto irrilevanti mentre le sue figlie passeggiavano tranquillamente
per i giardini della tenuta; notato il suo sguardo interessato, il
capostipite aveva deciso di interrompere la discussione per mandarlo da
loro.
Aveva annuito, Minato:
in fondo, era l’unico modo che aveva per liberarsi di lui.
E ora eccolo lì, seduto con Hinata Hyuuga e osservato
freddamente dalla sorella minore.
Ma che bella cosa,
pensa. Okay, cerchiamo
di fare conversazione con la dolce Hinata!
«Di cosa parla? Da come lo leggete, deve essere molto
interessante.»
La ragazza annuisce. «Parla d-di guerra e pace.»
«Guerra e pace. È un argomento
intrigante,» o
il più noioso del mondo.
Forse nota la sua perplessità perché, trovato il
coraggio di guardarlo, la bella Hinata chiude il libro e dice, in un
balbettio sconnesso: «Beh, io n-non so quali siano i vostri
g-gusti, pero vi assicuro c-che è un bel libro.»
Minato la guarda a bocca aperta, sorpreso dal suo fervore.
«Sono di gusti difficili, Lady Hinata.»
E, mentre arrossisce, Hinata gli sorride. «Potete c-chiamarmi
solo Hinata, signor duca.»
Quel giorno il vento soffia dolcemente e l’aria... sa di
pesca.
«Come volete… Hinata.»
♦ ♦ ♦
«Non pensavo che fare compere fosse il vostro…
hobby.»
Minato si sistema il cappello ed evita di andare a sbattere contro una
commessa, richiamando l’attenzione di Hinata e Hanabi.
La piccola lo guarda. «In effetti è il mio
passatempo preferito, non quello di mia sorella; lei ama leggere e
stare rinchiusa nella sua stanza a comporre poesie sulla tristezza
della vita. O della morte, quand'è depressa per
qualcosa.»
Hinata sgrana gli occhi e s’intestardisce a ispezionare il
pavimento lucido per non incontrare gli occhi interrogativi del duca,
le guance più rosse del solito e uno strano tremore che la
scuote un poco.
Minato sussulta e la fissa, senza riuscire a comprendere quello strano
comportamento. Poi, deciso a non prolungare quell’irritante
silenzio, dice: «Beh… ognuno fa quello che
più lo diverte. A me, ad esempio, piace mangiare
finché non ho più posto nello stomaco!»
Si deve stupire quando Hanabi inarca di tre centimetri esatti un
sopracciglio e Hinata... ride?
Mh, forse non
è una cosa da dire in giro, pensa il ragazzo,
sforzandosi di sorridere. «Che
c‘è?»
«N-nulla, signor duca. Proprio nulla,» e, mentre
sussurra questo, Hinata scuote il capo e segue la sorella minore, che
nel frettempo ha deciso di allontanarsi da lui per non udire altro.
«Posso sapere perché vostra sorella mi
odia?» domanda Minato, sottovoce, lanciando
un’occhiata incerta ad Hanabi, ferma davanti a un lungo abito
di raso azzurro che pare attirare il suo interesse.
Hinata distoglie lo sguardo da lei per rivolgerlo a Minato, cortese.
«Hanabi non vi odia. Si comporta così con tutti,
anche se ho l‘impressione che provi una certa antipatia nei
vostri confronti.»
«Ah,» Minato si gratta una guancia, perplesso,
«questo non è un bene.»
Hinata sorride. «Sa, Minato? Credo che Hanabi sia diffidente
solo perché non vi conosce abbastanza.»
«Nemmeno voi mi conoscete quanto basta per ritenermi una
persona simpatica, eppure mi sembrate più distesa nei miei
confronti di quanto lo sia vostra sorella – anche se, posso
confessarvelo? Balbettate spesso quando vi rivolgete a me, Hinata, e
non ne ho ben capito il motivo.»
Hinata lo guarda per un secondo, poi scuote il capo.
«Sono… p-piuttosto i-intimidita da voi, tutto
qui.»
«Vi mette in imbarazzo la mia presenza?» chiede
Minato, dubbioso, «Dite sul serio?»
«Beh… sì, e-ecco, m-ma m-mi succede
s-spesso con…,» si blocca e prende aria, nervosa,
«la maggior parte d-delle persone.»
Si fermano a guardare la sezione riservata ai capi maschili.
Minato ne osserva qualcuno senza particolare interesse; allora, con la
coda dell’occhio, dirotta la sua attenzione su Hinata:
è ferma in un angolo poco distante da lui e si tortura il
labbro inferiore, che nel giro di qualche secondo diventa
deliziosamente rosso; ciocche di capelli sfuggono
all’acconciatura elaborata ma nascosta da una cuffietta color
panna, e le ricadono sulle guance; respira con maggiore
irregolarità, lo nota dal petto che si alza e abbassa
continuamente.
Forse non riesce a
respirare come si deve per via di quei maledetti corpetti che le donne
sono costrette a portare. Chissà come fa a resistere. Fa
pure caldo, pensa Minato, osservandole incuriosito il
petto e spostando velocemente gli occhi su un manichino quando la
giovane nota il suo sguardo. Okay,
fissare il decoltè di una signora non è bene, rammenta,
imbarazzato.
Chissà quante volte suo fratello gli avrà detto: “Non guardare troppo
una donna, potrebbe pensare male di te e scambiarti per un
libertino… o, peggio ancora, uno squilibrato.”
Quando ci pensa gli viene da sorridere – anche se questo,
come sempre, lo fa sentire un idiota.
Sospira e raggiunge Hinata, reprimendo il disagio che prova quando
l’affianca.
«Siete sicura di stare bene?»
Ecco, con questo posso
spiegare perché la fissavo. Spero.
«S-sì, certo.»
Eppure sembra quasi che stia per soffocare.
«Sorella, vieni qui! Ho trovato un abito perfetto per il
ballo di domani!»
Hanabi spunta da dietro uno scaffale, entusiasta. «Scommetto
che ti starà d‘incanto.»
«Ah-ah.»
«Dai, su. Non abbiamo tutto il tempo.»
«Sapete, credo che vostra sorella non si senta molto
bene,» mormora Minato, voltandosi verso Hanabi.
«Ma se sta benissimo!»
«Dite? Lady Hinata, state davvero bene? Lady Hinata?»
e quando non riceve risposta, il duca torna a guardare la ragazza e la
vede barcollare. «Oh, dio!»
L’afferra rapidamente, evitando che cada a terra, mente
Hanabi alza gli occhi al soffitto e sparisce di nuovo dietro lo
scaffale. Chissà perché, Minato ha la netta
impressione che non sia la prima volta che Hinata Hyuuga perde i sensi
all’improvviso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** - Parte Prima - Capitolo Tre ***
Bloody ROSE
♦ C A P I T
O L O T R E ♦
«Dio mio.»
Hinata butta a terra il corpetto e respira più che
può, sedendosi poi sul letto appena fatto, sotto gli occhi
divertiti di Ino.
«Credo proprio che Tenten abbia stretto troppo il corpetto,
stamattina,» ridacchia la bionda, raccogliendo il bustino e
stringendolo fra le braccia, incerta.
«Può capitare, non importa,» sussurra
Hinata, mortificata, «mi dispiace solo che il nostro ospite
abbia dovuto portarmi in braccio fino alla tenuta.»
Hiashi Hyuuga non permette alle carrozze di attraversare il lungo viale
che conduce prima ai giardini e poi, dopo pochi minuti, al podere: non
vuole che nessuno rechi danno al paesaggio, segno chiaro
dell’affetto provato per la defunta moglie. Per questo Minato
si era preso il disturbo di portarla in braccio fino alle sue stanze,
cosa che, a suo parere, non sarebbe dovuta accadere, e
invece…
Hinata sospira. «Hanabi avrebbe potuto far chiamare qualcuno.
È stata proprio scortese!»
Ino la guarda per qualche secondo senza proferir parola; infine,
commenta: «Sua sorella è simile a vostro
padre.»
«Oh, ne sono ben consapevole, purtroppo!»
«Ma è giovane e non sa quello che fa.»
«Ha quattordici anni, buon Dio. Io alla sua
età non ero così insolente e
petulante.»
La cameriera scoppia a ridere e le siede accanto, posandole una mano
sul braccio, sorridente.
«Signorina, ci conosciamo da quando avevamo appena tre anni e
ho visto, come voi, nascere Hanabi. L‘ho vista crescere
e… posso dire una cosa? Spero di non offendervi.»
Hinata annuisce, curiosa «Dimmi pure, Ino.»
«Voi avete preso tutto da vostra madre, mentre Hanabi ha
avuto come riferimento solo il padre. Credo sia per questo che si pone
in modo così diseducato. Non che sia un male,
ovviamente,» aggiunge, pensierosa, «i membri
dell‘alta nobiltà si comportano allo stesso
modo.»
Hinata accenna un sorriso, pensando che Ino è sempre stata
schietta e che questo le piace.
Per anni si è confidata con lei e si è fatta
coraggio anche grazie al suo continuo supporto.
Non riesce a immaginare la sua vita senza Ino, sarebbe assurdo.
«Hai ragione. Spero solo che le passi. Non vorrei avere
un‘altra primadonna in casa!»
Entrambe scoppiano a ridere e Hinata, finalmente rincuorata, rivolge il
suo pensiero a Minato, senza capirne il perché.
♦ ♦ ♦
16 Maggio 1851, Primavera
Caro fratello,
Parteciperò a
un ballo! Esatto, proprio così. Era da tempo che non mi
accadeva una cosa simile, ma questo lo sai benissimo anche tu. Si
terrà oggi nella tenuta e ci saranno molti ospiti, il meglio
del meglio! Non lo trovi orribilmente stucchevole?
Non voglio essere acido,
però mi fanno rabbia. Tutti, dal primo all’ultimo.
Mi conosci e sai che
mandare me è stato un errore. Tu sei più
tranquillo, resti impassibile davanti a queste cose... eppure ti sei
lasciato convincere dalla mamma, e ora guarda un po’!
Sto facendo quello che
ci siamo ripromessi, riguardo a queste lettere, fratello mio.
Credo di aver inquadrato
Hinata Hyuuga, ma non ne sono certo. So solo che è diversa.
Non è come suo padre, si tiene in disparte ed è
tranquilla. È – come posso definirla? –
dolce.
Per certi versi somiglia
a Rin: è buona, non eccede mai e sorride quando
può; si fida di me, al contrario di sua sorella, e mi tiene
spesso compagnia. Qualche volta arrossisce. Temo che la causa sia la
timidezza accennatami da suo padre. Non lo vedo come un difetto,
tuttavia, anzi: è graziosa.
Non ti stupire di queste
parole. So di essere spesso irruento con le donne e non lo nego.
Malgrado ciò, mi affascina la figura di questa ragazza
silenziosa e innocente in questo mare di squallore. Forse è
l’unica di cui ci si può davvero fidare, qui.
Vorrei che non fosse sua
figlia, perché ferire una ragazza così buona
proprio non… non voglio nemmeno pensarci, ecco. Lo trovo
più che ingiusto, cerca di capirmi.
Maledizione,
proverò a trovare una via d’uscita da questo
irritante labirinto; se non ci riuscirò, allora
dovrò per forza agire e pregare – cosa che non
faccio mai, e me ne dispiaccio.
Per
l’età che ho, devo dire di averne passate di cotte
e di crude, non solo a causa di quello Hyuuga maledetto, ma anche delle
mie piccole scappatelle; vorrei dimenticarmi di ciò, in un
modo o nell’altro, ma credo sia impossibile, visti i danni da
me provocati a te e alla mamma.
Gli affari stanno
procedendo bene e fra non molto porterò a termine parte di
quanto deciso.
Non so
cos’altro dire, solo… spero di rivedervi presto.
Un Saluto,
Minato
«Signor duca, sono certo che questo ballo vi
piacerà: non ci facciamo mancare mai niente in queste
occasioni.»
Hiashi Hyuuga sorride freddamente e poggia il bicchiere ancora colmo di
vino sulla tovaglia bianca, spezzando il silenzio del pranzo, segno
dell’importanza che avrebbe avuto la serata.
Hinata posa le mani in grembo e osserva paziente il loro ospite finire
di divorare in un atto del tutto cannibalesco – o perlomeno
così suo padre lo definirebbe –
l’agnello e sussultare, confuso, a quelle insolite parole.
«Dite?» Minato si pulisce la bocca e spalanca un
po’ gli occhi, interessato, «Cioè, certo
non dubito di questo. Però mi mette una certa
curiosità, non posso negarlo.»
«Oh, vi posso assicurare che ci saranno innumerevoli balli,
pietanze di ogni tipo e donne bellissime,» il padrone di casa
si sistema il colletto della camicia e scruta le figlie,
improvvisamente aspro, «è anche
un‘ottima occasione per trovare marito, non
pensate?»
Hinata spalanca la bocca: il peggiore dei suoi incubi sta salendo in
superficie!
Sperava di averlo affogato in quella tediosa settimana, ma a quanto
pare non è così e adesso ci deve fare i conti.
Possibile che Hanabi
debba sempre avere ragione?, si dice la Hyuuga, cercando
gli occhi della sorella che, in quel momento, ha assunto la sua stessa
posa rigida e stupefatta.
«Marito?» Minato inarca un sopracciglio, sorpreso,
«le vostre figlie stanno per prendere marito? Non sono troppo
giovani?»
Aspetta!, Hinata
incrocia lo sguardo di Minato e poi quello di Hanabi, incredula. Non sta parlando solo di me,
ma…
Hiashi scoppia a ridere. «Entrambe sono più che
pronte e sono sicuro che non vedono l‘ora di accasarsi bene.
Inoltre, sono in età adatta: Hinata ha diciassette anni,
mentre Hanabi ne ha quattordici. Non vedo, quindi, dove stia il
problema. Mia moglie aveva quindici anni quando la sposai e a quel
tempo non mostrò alcun dubbio, così come ogni
donna dovrebbe fare.»
♦ ♦ ♦
È il colmo!,
pensa Hanabi Hyuuga, affondando le unghie nel palmo della mano, irata, Non può farlo, non
voglio!
Sbatte la porta del salotto, lanciando un’occhiataccia a
Tenten, impegnata a spolverare un vaso.
«Tenten, esci immediatamente e portami un bicchiere di
vino,» ordina, indicandole la porta.
Rimasta sola – la serva non ha esitato un secondo ad
andarsene, forse conscia dell’ira della padrona –
si reca alla finestra e scruta i giardini della tenuta, in cerca dei
gigli di sua madre.
Non ha mai pensato al matrimonio e credeva che la prima a sposarsi
sarebbe stata sua sorella.
Ma a quanto pare non
è così, si dice.
Non se l’aspettava, deve ammetterlo.
Ci ha fantasticato raramente, per curiosità, e non essendosi
mai innamorata non ha dedicato all’argomento molto del suo
tempo; certamente, da una ragazza della sua età non ci si
doveva aspettare che quello; un matrimonio con un giovane di prestigio
e degli eredi.
Posa una mano sul vetro, in cerca di un appoggio solido, qualcosa che
la possa sostenere in quel tragico momento.
E poi, improvvisamente, un bruciore inaspettato agli occhi e la gola
secca le segnalano l’imminente pianto.
Sfrega il dorso della mano libera sugli occhi e deglutisce.
«Signorina, ecco il vino.»
La voce di Tenten rompe il filo dei suoi pensieri.
Hanabi si volta e la guarda, cercando di nascondere la debolezza che
l’ha colta in quel piccolo istante – e che poco le
si addice. La cameriera abbassa gli occhi color nocciola sul pavimento
e stringe fra le mani il bicchiere, incerta. Poi – forse in
un gesto di solidarietà o per pura pietà, questo
Hanabi non sa dirlo – le prende la mano e la stringe,
porgendole l'alcolico.
«Lo beva adesso, finché è fresco: le
farà bene. Fa passare tutto, anche la paura.»
Parole d’oro.
Per un attimo, lo sguardo penetrante della Hyuuga la trafigge con
freddezza, ma subito si rabbonisce.
E la piccola annuisce, senza mostrare gratitudine o rabbia.
I suoi occhi sono semplicemente vuoti.
♦ ♦ ♦
Un fruscìo.
Lo specchio riflette perfettamente Hinata Hyuuga, mostrandola in tutta
la sua bellezza.
Indossa l’abito sceltole da Hanabi: turchese e impreziosito
da trine e merletti, scivola sul suo corpo con dolcezza, esaltandone le
forme morbide e accentuate.
In quel momento Hinata si sente bella e arrossisce, pensando a quanti
uomini l’avrebbero guardata quella sera senza mostrare tatto.
Già, perché gli uomini non hanno esitazioni
quando si tratta di fissare il corpo maturo di una giovane ragazza come
lei.
Certi sguardi la intimidiscono.
Si morde il labbro e pensa anche al fastidioso corpetto che le sta
massacrando il busto: non solo ha cercato di ucciderla –
perché purtroppo un oggetto del genere può fare
anche quello – ma le ha fatto fare una pessima figura con
Minato, il quale ha cercato di minimizzare l’accaduto.
Avrebbe dovuto ballare e muoversi per tutta la serata con quello
addosso.
Ma questo non
è il vero problema, pensa Hinata,
demoralizzata. Oggi
inizia la caccia al marito!
Ha pensato, quella mattina, dopo il discorso di suo padre, che sarebbe
stato meglio farsi sposare dal signor Namikaze; il pensiero,
ovviamente, si era rivelato assurdo e a dir poco imbarazzante: Minato
non era lì che per affari! Eppure ha trovato attraente la
sola idea, Hinata – senza capire il motivo di quel desiderio.
Forse,
pensa ad un tratto, perché
lo conosco? Perché trovo la sua compagnia più che
gradevole?
Domande stupide, in un certo senso. Ma assai interessanti.
Scuote il capo e si dirige verso la porta; abbassa la maniglia e,
quando esce nel corridoio silenzioso, va a sbattere contro qualcuno Un
profumo intenso invade i suoi sensi, due mani grandi e forti
l’afferrano e la spingono contro un petto ampio, tutto va in
tilt: non c’è più niente, solo un
calore che la scuote.
Non ha mai provato una sensazione del genere.
«Lady... Hinata?»
La voce profonda di Minato la riporta alla realtà.
«Mi dovete scusare, non vi ho vista.»
Respira piano, il viso ancora contro quel petto caldo, e alza il capo,
arrossendo violentemente alla vista di due occhi blu.
È buio, per questo le sembrano blu: in realtà
sono azzurri e limpidi come il mare d’estate.
«N-non f-fa niente, sono io che non sono stata attenta,
ecco,» sussurra Hinata, rossa in viso.
«No, davvero, scusatemi! Spero di non avervi spaventata.
Dannazione. Scusatemi.»
«Signor duca, io… non è nulla.
Capita.»
«Okay.»
Cala immediatamente il silenzio.
La ragazza abbassa il capo, pensando che lui la sta tenendo ancora fra
le braccia: per quale motivo non la lascia andare?
Forse devo farglielo
notare? Oppure si allontanerà da solo?
È sbagliato: lui non può stringerla
così e non allontanarsi. Non dovrebbe proprio avere il
permesso, per questo, eppure non fa nulla. Lui… lui la
stringe e basta.
Ed è bello.
Finalmente, forse conscio di ciò che sta facendo, Minato si
scansa e accenna un sorriso. «Bene, io... oh.»
Hinata sussulta, notando il modo in cui improvvisamente la guarda.
«C'è qualcosa che non va?»
«Siete bellissima,» sussurra l’uomo,
grattandosi imbarazzato la guancia, «scusate se mi permetto
di dirlo, però è così.»
Un battito fortissimo al petto. Ancora quella sensazione sconosciuta fa
capolino dentro di lei, portandola quasi a fremere.
«Ora è meglio che vada a prepararmi; fra un po'
arriveranno gli invitati, Hinata. A dopo.»
Minato la saluta con un cenno e si allontana, lasciandola da sola in
mezzo al corridoio semibuio, rossa e senza fiato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** - Parte Prima - Capitolo Quattro ***
Bloody ROSE
♦ C A P I T
O L O Q U A T T R O ♦
Il rumore incessante delle carrozze e il nitrire dei cavalli, il
chiacchiericcio della gente e i saluti non sentiti, il profumo di
spezie, le numerose mani strette per educazione e l’enorme
freddezza dei più ricchi nobili del paese mettono alle
strette la pazienza di Minato, che li guarda con gli occhi in fiamme e
le labbra contratte in un finto sorriso.
Ha passato dieci minuti a girare per la sala, bere vino e chiacchierare
di cose che non lo attirano, nella vana speranza di incrociare Hanabi o
Hinata ma, purtroppo per lui, le due fanciulle sembrano essere sparite
nel nulla – questo certo non lo sorprende, vista la voglia
matta di Hiashi Hyuuga di darle in moglie, forse nella convinzione di
fare del bene alle figlie – cosa di cui Minato dubita
fortemente.
«State cercando mia sorella, signor duca?»
Hanabi Hyuuga gli batte una mano sulla spalla e lo affianca, gelida,
quando il biondo afferra un piccolo dolcetto da uno dei tanti tavoli
preparati per l’occasione, colto da una fame improvvisa e
irrefrenabile.
Minato sussulta e rimette il dolcetto al proprio posto.
«Sì, avete indovinato. Sapete
dov‘è?»
«Forse è da nostro padre o, più
semplicemente, si è messa in disparte per non incontrare
nessuno; odia stare in mezzo a persone che non conosce, teme di poter
dire qualcosa di sbagliato.»
Sono cose come quella che fanno pensare a Minato che Hinata sia un
po’ strana. «Capisco.»
La conversazione cessa lì e per alcuni minuti né
Hanabi né Minato aggiungono alcunché; poi,
inaspettatamente, la corvina sbuffa e stringe con forza il braccio del
ragazzo, lasciandogli intendere che è completamente fuori di
sé dalla rabbia per qualche motivo a lui ignoto.
«Allora?» domanda Hanabi, infastidita.
«Allora cosa?»
«Non la cercate più? Rimanete fermo qui a
rimpinzarvi di cibo come al solito?!»
«Ma perché io dovr-»
«Mi ascolti,» sibila la giovane, fissandolo con
determinazione, «mia sorella sarà triste per
ciò che sta succedendo – questo discorso del
matrimonio e tutto – quindi certo non è un bene
che rimanga da sola e in disparte com‘è solita
fare! E se state pensando che dovrei andare io a consolarla, beh, vi
sbagliate di grosso: la persona più adatta in questo momento
siete voi, che vi piaccia o no! Quindi lasciate da parte la vostra fame
abnorme e cercatela. Subito!»
A bocca aperta, Minato prova a dire qualcosa di sensato a quella
ragazzina petulante, ma fatica a formulare una frase decente; cosa
potrebbe rispondere, che non ha tempo per quello?
Inoltre, non si è mai preso la briga di risollevare il
morale di qualcuno che non fosse un membro della sua famiglia o un
amico stretto, di conseguenza teme di poter usare parole sbagliate con
Hinata, che è talmente fragile da spaventarlo, il
più delle volte.
Alla fine, il duca chiede: «Perché sono io la
persona più adatta e non voi, Lady Hanabi?»
«Semplice,» borbotta la nobile, seria,
«voi piacete a mia sorella perché non dite mai
cose che possano metterla in imbarazzo o giudicarla in qualche modo,
ferendola; mentre io, signore, non farei altro che rimproverarla per il
suo sciocco comportamento.»
Gli occhi lilla di Hanabi s’incupiscono. «Ve lo
chiedo per favore: andate da lei e aiutatela.»
Minato ha pensato che Hanabi Hyuuga fosse totalmente simile al padre,
ma si è sbagliato.
L’ha giudicata erroneamente basandosi solo su episodi futili
senza rendersi conto di farle un torto; più ha scavato per
capire la famiglia Hyuuga, più ha compreso che solo il
capostipite ha del marcio dentro di sé e, anche se
così potrebbe non essere, di questo non dubita minimamente e
continua a nascondere dentro il proprio animo un rancore profondo.
♦ ♦ ♦
Passa attraverso cameriere e nobili e ignora Hiashi Hyuuga quando lo
incrocia; solo un saluto veloce, poi nulla che abbia il diritto di
rimanergli in mente.
Hinata,
Hinata… dove ti sei cacciata?, si domanda
Minato dopo l’ennesimo giro, nervoso.
Iniziano le danze, che lo spingono a uscire dalla sala; proprio accanto
alle porte nota una figura femminile seduta per terra,
nell’ombra: Hinata Hyuuga.
«Siete qui,» sussurra Minato, sorridente.
La ragazza sobbalza e alza gli occhi lilla in sua direzione,
imbarazzata. «S-signor Minato.»
«Lo sapete, avete appena fatto intristire vostra sorella
scomparendo in questo modo.»
«Mi spiace, non intendevo farla preoccupare.»
«Avete messo in agitazione anche me,» le confessa
Minato, sincero, «anche se è stata proprio Lady
Hanabi a costringermi a cercarvi… sono un po' negato in
queste cose!»
«Quali c-cose?» balbetta Hinata, interrogativa.
Il biondo ridacchia e si lascia andare contro la parete accanto a lei.
«Nel consolare e rallegrare una signorina come voi. Non mi
è mai capitato se non con mia sorella, ma è
diverso. E poi Rin è una mocciosa insolente,
quindi…»
«Avete una sorella?»
«Oh, sì. Ha due anni meno di voi e parla tanto!
Mai vista una ragazza con la sua parlantina. Un tempo era tranquilla,
ma adesso è diventata una vecchia pettegola.»
A Hinata scappa un risolino che lo sorprende: è molto
carina. «Pare simile ad Hanabi!»
«Sì, è un bel confronto…
anche se ha delle particolarità che accosterei
più a voi, che a vostra sorella. Ad esempio, siete entrambe
gentili e buone; apprezzate le piccole cose e non chiedere mai troppo;
inoltre siete altruiste e sincere con tutti. E mi tollerate!»
aggiunge infine, facendo un po’ il broncio. «E dire
che non sono poi così insopportabile! Ah, voi
donne!»
Hinata, intanto, ha smesso perfino di respirare e ha iniziato a
torturarsi le pieghe del vestito, stranamente rossa e impacciata nei
movimenti. «D-davvero vi appaio così? Non vi
sembro stupida, sempre irrimediabilmente angosciata e timorosa, o...
strana?»
«Eh? Certo che no.»
«Allora solo voi non mi vedete così: tutti gli
altri mi guardano in modo strano,» racconta Hinata, afflitta,
«lo fanno quando mi sentono balbettare, o quando non rispondo
alle loro domande per paura di sbagliare. Non frequento le altre dame e
rimango chiusa nelle mie stanze perché amo scrivere, e molti
pensano che sia un male, quando questa mia passione mi allontana dal
fare conoscenze utili. Non sono brava in niente e agli occhi di mio
padre sono inutile. Per questo vuole darmi in moglie, per levarsi un
peso! Io, alla fine... sono insignificante.»
«Oh, ma non dite sciocchezze, Hinata!,» sbotta
Minato, afferrandole una mano, «,non siete così,
diamine. Okay, non siete proprio socievole e spesso nemmeno proferite
parola, ma vi conosco abbastanza da capire che è il vostro
modo di essere e che – diavolo! – certo non
apparite strana, insignificante o cos‘altro vi passi per la
testa! Quindi ritirate ciò che avete detto, per
l‘amor del cielo: sono falsità!»
«I-io non pensavo che v-voi... insomma, io-»
«Hinata, almeno voi siete intelligente, bella e buona!
Guardate me, invece: sono un miserabile bugiardo e non mantengo quanto
dico. Non ci si può fidare di uno come me, ve
l'‘assicuro» dice amaramente Minato, allentando la
presa sulla sua mano.
Un battito di ciglia e Hinata cambia espressione: gli rivolge un
sorriso comprensivo e angelico; con dolcezza, gli posa la mano libera
sulla guancia. «Io non vi conosco in maniera così
profonda da potervi giudicare e nemmeno voglio farlo. Però
le vostre parole, Minato, mi hanno confortata un poco e vi ringrazio.
Fate una cosa per me: non pensate mai male di voi stesso. Io non potrei
accettarlo, davvero» sussurra, più decisa del
solito. «Fatelo per me.»
«Non posso mantenere questa promessa, non a voi.»
«Perché no?»
Gli occhi azzurri di Minato si rabbuiano e, per la prima volta da
quando si conoscono, il sorriso che è solito mostrare
scompare. «Perché vi mentirò, finendo
col ferirvi.»
«No, io sono sicura c-che-»
Ma lui non la lascia finire: intreccia la mano alla sua e se la porta
alle labbra, iniziando a baciarne dolcemente il dorso con
quegli occhi azzurri improvvisamente accesi da qualcosa; quasi la
spaventano, ma lo lascia fare, rossa in viso e rapita: non ha mai
provato nulla di simile. È la stessa sensazione di potente
eccitazione che ha avvertito quando poche ore prima è andata
a sbattere contro di lui, finendo fra le sue braccia.
Le gira la testa, quasi, sicché non può fare
altro che pensare a quelle labbra morbide sulla sua pelle, al calore
che la percorre pian piano.
Quella bocca continua instancabilmente a torturarla, si sposta sul
polso sottile e poi, adagio, percorre tutto il braccio, salendo con
lentezza voluta fino al suo collo.
«Minato…»
Cosa sta succedendo?
♦ ♦ ♦
Hanabi si siede e osserva le persone che danzano al centro della sala,
senza provare nulla nei loro confronti se non una fredda indifferenza,
con l’impressione che stiano sprecando tempo in frivolezze
– come ogni persona dei ceti alti, d’altronde.
Si rilassa contro lo schienale della sedia e chiude gli occhi,
concentrandosi sulla musica che si alza e abbassa privandola del
silenzio di cui ha sempre avuto bisogno da quando è nata.
Ma, in quell’occasione, si adegua e scaccia i brutti
pensieri, concedendosi una pace temporanea.
Un, due, tre.
Un due, tre.
Un, due, tre.
Dischiude gli occhi e torna a guardare ciò che si sta
svolgendo attorno a lei, sempre più confusa; poi incrocia
due occhi neri e decisi, un paio lilla e il terrore inizia a prendere
possesso del suo corpo – e tutto inizia a muoversi a
rallentatore, finché coloro che danzano diventano indistinte
macchie fosche, e le luci s'abbassano all’improvviso e il
mondo si ferma: la fine di quelle vite danzanti.
Spalanca gli occhi, Hanabi, e scatta in piedi.
Poi un urlo, e l’incanto di quella sala del terrore svanisce
con l'arrivo del sangue.
Chi sei tu, che
avvolto nella notte inciampi così nei miei pensieri?
Rumore incessante, grida.
Hinata alza la testa, ma Minato l’afferra per le spalle,
cercando la sua attenzione – nascondendo più che
può il nervosismo.
«Ve lo voglio confessare, Lady Hinata,» il giovane
la guarda, risoluto, «nessuno mi chiama Minato
perché è semplicemente il mio secondo nome. Uso
questo solo quando gli affari – se così possiamo
chiamarli, anche se la cosa mi sembra piuttosto ironica – lo
richiedono. Ma vorrei che mi chiamaste col primo, da adesso in
poi.»
Primo nome? Secondo?, Hinata
lo guarda confusa e annuisce meccanicamente; è ancora
agitata e quei rumori che ha sentito prima l’allarmano
ulteriormente.
«Sapete, Hinata?» Minato sorride di nuovo,
repentino, «Credo che dovremo rifare le presentazioni. Certo,
è noioso, però è pur sempre una bella
idea.»
E prima che Hinata possa dir qualcosa, il giovane si china su di lei e
le strappa un bacio: lento, dolce e poi travolgente come un uragano,
così come un bacio deve essere, con quel sapore sconosciuto
e quel carezzare senza freni.
Il cuore della ragazza accelera, e due occhi azzurri che ghignano,
divertiti, incontrano i suoi: «Piacere, Naruto Minato
Namikaze!»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** - Parte Prima - Capitolo Cinque ***
Bloody ROSE
♦ C A P I T
O L O C I N Q U E ♦
Naruto aiuta Hinata ad alzarsi e volta la testa in direzione delle
porte, senza riuscire a trattenere il terrore che avverte dentro di
sé.
«Temo di aver creato troppo scompiglio.»
Hinata l’osserva, la mente colma di parole e sensazioni
ambivalenti, certa che quell’uomo le stia nascondendo
qualcosa – inutile dubitarne, Hanabi ha sempre avuto ragione.
Non sa se fidarsi di lui, non sa come reagire a ciò che sta
succedendo, non sa come affrontare il fatto di essere irrimediabilmente
attratta da Minato – no,
Naruto – in un modo del tutto nuovo: trova
difficile spiegare o capire addirittura quello che sta nascendo dentro
di lei come il mare in tempesta, la confusione sta toccando livelli mai
raggiunti e… e ha paura.
Naruto le sta nascondendo troppe cose e il suo comportamento,
improvvisamente irruento e vitale, le dà motivo di credere
che il modo in cui si è mostrato fino a quel momento non
è reale, bensì una lunga e terribile menzogna;
d’altronde lui stesso ha ammesso di essere un bugiardo, e
certo di quelle parole non dubita. Anzi, è rincuorata
perché le ha confessato qualcosa. Ma non è
abbastanza.
«Signor Naruto, voi mi dovete qualche spiegazione!»
sbotta Hinata, cercando i suoi occhi, «Cosa sta succedendo
nella sala? Voi sembrate saperlo molto bene.»
«È lunga da spiegare e non sono certo che la
potreste prendere bene, Hinata; in effetti, dubito che la cosa vi
piacerà, quando vedrete ciò che è
successo nella sala,» risponde senza preamboli il duca,
stringendole forte la mano che ancora mantiene nella sua, io non sono
un santo, ho fatto cose che potrebbero farvi cambiare opinione su di me
e non ne andrò mai fiero, questo voglio confessarvelo con
onestà. Solo, desidero che voi, Hinata, possiate fidarvi di
me e ascoltare quello che io avrò da dirvi a notte
inoltrata.»
«Pensate davvero che potrei dubitare di voi?
Finché non mi direte perché vi state comportando
in questo modo o… o perché non vi siete
presentato col vostro vero nome, io non oserò dirvi nulla e
vi darò fiducia, credetemi.»
Hinata si morde il labbro inferiore, combattuta fra l'aggiungere
quell’ultima cosa oppure lasciar perdere, ma alla fine si
libera dalla presa dell’uomo e riprende fiato. «Una
sola cosa non vi perdono, signore,» sussurra, «il
bacio che mi avete strappato e le vostre carezze. Nessuno vi ha dato il
permesso per questo.»
Per la prima volta da quando si conoscono, Hinata Hyuuga l’ha
guardato con disappunto.
Naruto arrossisce e la scruta con occhi diversi, sorpreso da quella
reazione insolita e dannatamente attraente – finalmente
può pensarlo! – certo, però, di averla
in qualche modo ferita nell’intimo.
Ricorda ancora l’ultima donna che ha sfiorata; il tempo che
è trascorso da allora gli pare immenso e,
contemporaneamente, un qualcosa senza alcuna importanza, come
è senza importanza il modo in cui ha deciso di porsi fin
dall’inizio con Hinata, spinto dalle parole del suo compianto
maestro Jiraiya.
“Quando devi
fare qualcosa che non ti va giù, figliolo, cerca sempre di
stare in campana e, se ne hai l’occasione – e solo
in quel caso, mi raccomando! – prendi il punto debole
dell'avversario e usalo. Sfrutta quello e riuscirai a
cavartela in ogni caso.”
“E quale
potrebbe essere un punto debole?”
Il maestro
sospirò, rassegnato. “Va bene. Prendiamo una
donna: bella, dolce, simpatica e altruista. Se ne trovi una
così, usala. E per usarla, ovviamente, dovrai
sedurla.”
“Non
è leale.”
“Vero. Ma
spesso si devono fare cose sleali per andare avanti. Io stesso ne ho
approfittato varie volte: perché io volevo,
perché loro volevano e tutto è andato sempre
liscio come l’olio.”
“Maestro, lei
è un Don Giovanni, è ovvio che queste cose siano
per lei facili e vitali! Per me è diverso...”
“Non lo
sarà più, da domani.”
Con quelle parole,
Jiraiya chiuse il discorso.
A quel tempo Naruto non immaginava certo la piega che quel discorso
avrebbe preso: all’età di quindici anni, il suo
maestro lo portò nei sobborghi della loro città e
gli fece conoscere alcune prostitute, ragazze belle e affabili; con una
di loro, Sakura – ancora ne ricordava i tratti, il sorriso e
i dolci occhi verdi – aveva perso la verginità e
scoperto i segreti dell’erotismo e del gioco.
Avevano avuto una relazione durata non più di un mese: la
donna scappò con un altro uomo e non la vide mai
più.
«Mi dovete davvero scusare per quei gesti, mi sono lasciato
prendere la mano» dice Naruto, senza enfasi, mentre fa di
tutto per cancellare quei ricordi dalla propria mente.
Hinata lo studia, turbata. «È per voi naturale,
quindi, trattare così una donna?»
«Affatto, però… vedete, io non ho
alcuna intenzione di ferirvi o farvi del male, credetemi. Sono stato
costretto da voi» aggiunge sinceramente l'uomo, grattandosi
il capo.
La ragazza arrossisce di colpo. «S-state d-dicendo
un‘assurdità!»
«No. Mi avete spinto voi con la vostra timidezza. E la vostra
mano posata sul mio viso, Hinata, ha fatto tutto il resto: la dolcezza
che avete mostrato nei miei confronti mi ha… spronato a
compiere quelle mosse. Ma credo non sia il momento adatto per
discuterne, sapete?» sussurra poi, facendole segno di non
fiatare.
Il vociare degli ospiti
sta agitando anche coloro che non sono nella sala, appura
Naruto, guardandosi attorno.
Si muove verso la porta e vi sbircia oltre, individuando il corpo
esanime di un uomo steso a terra e Hiashi Hyuuga chino su di esso. Poco
lontano da lui si trova Hanabi, che osserva la scena con gli occhi
spalancati: la freddezza che li distingue sembra aver lasciato posto a
un certo sbigottimento.
Naruto, invece, non è affatto sorpreso. Constatato che la
situazione non è delle migliori, infatti, si volta verso
Hinata e la prende per mano. La trascina via con forza, ignorando ogni
debole protesta che gli viene rivolta, e alla fine, quando la sala
è abbastanza lontana da poter consentire loro di rilassarsi
un po', gelido, il silenzio, elimina ogni possibile discorso.
D'altronde, Naruto non si sogna di aggiungere altro a un qualcosa di
ormai morto, conscio dei pensieri che staranno vagando per la mente
della donna.
Non ha alcuna specifica intenzione nei suoi confronti – la
sola idea di poterla mettere in mezzo lo inorridisce –
tuttavia desidera parlare con lei e confidarsi.
È un’amara decisione, ma sa che non può
mentirle più per una questione di principio, di ricompensa e
di perdono. Perdono per cosa, poi? Per il fatto che è stata
lei a sedurlo e non il contrario? Inizialmente ha pensato di giocare un
po’ con la ragazza, ma ha sbagliato i calcoli; ha preso tutto
troppo alla leggera e si è invaghito di quella bellezza
eterea – parole del genere non le ha nemmeno mai pensate, per
Dio! – a adesso non prova altro che un forte eccitamento. Non
di tipo sessuale, quello sa di poterselo scordare: ciò che
sente è il nascere di un affetto imprevisto e indesiderato.
♦ ♦ ♦
L’aria fredda della sera è davvero un toccasana
per Naruto che, in un moto di felicità, respira a pieni
polmoni sentendosi finalmente libero di essere se stesso.
I giardini immensi della villa li avvolgono con la loro potente quiete.
«Sembrate così diverso,» nota Hinata,
lanciandogli un’occhiata incerta,
«perché per tutto questo tempo mi avete presa in
giro – e avete preso in giro gli altri, signore?»
Il duca alza gli occhi al cielo. «Sono Naruto, per voi,
Hinata! Naruto e basta.»
«Preferisco rivolgermi a voi senza alcuna
confidenza,» spiega lei.
«Invece vi sbagliate – ultimamente anche spesso,
sapete? Dovete rendervi conto che non tutti sono angeli buoni e
innocenti, sinceri e fedeli. Io sono io, null‘altro. Di
conseguenza, vorrei essere chiamato col nome che più mi si
addice, invece che sentire un anonimo ‘signor
Namikaze’ o ‘signor Naruto’. Si
discostano molto da me, non trovate anche voi?»
Sul viso di Hinata spunta finalmente un sorriso. «Forse avete
ragione, Naruto.»
Sorride, consolato. «Vorrei non essere così come
sono, perché… beh, potrei sempre fregarmene di
tutto e comportarmi con voi come vorrei! Ma... non posso, non ci
riesco.»
Qualcosa lo sta bloccando, trascinandolo verso un luogo a lui
sconosciuto, dove il peccato non trova spazio né luce.
Allora si siede sull’erba e nasconde il viso fra le mani,
irritato – e sconcertato, e perso.
«Siete triste per qualcosa. Vi andrebbe di spiegarmi cosa vi
affligge? Volete, Naruto?»
«Non posso dirvelo, anche se lo vorrei.»
«Perché?»
Naruto sorride, amaro. «Hinata, ve l‘ho
già spiegato prima: finirei col ferirvi e mettervi in mezzo.
Vi ripeto che non siete in grado di sopportare quello che ho intenzione
di fare più in là.»
«C‘entra forse mio padre?» intuisce la
ragazza, triste. «È questo che intendete,
vero?»
ll giovane sussulta e la scruta. «Come fate
a…?»
«Non siete il primo a mostrare cattive intenzioni nei suoi
riguardi, solo questo. Non vi siete mai accorto dello sguardo che gli
rivolgete quando pensate di non essere visto? I vostri occhi azzurri
non celano nient'altro che odio.»
«Ed io che pensavo di essere un bravo attore. Evidentemente
mi sbagliavo» commenta Naruto.
Hinata alza il viso verso il cielo e chiude gli occhi. Naruto la scruta
interrogativamente, senza capire cosa le passi per la testa, poi le
posa una mano sul collo.
Un gesto istintivo, qualcosa di tenero.
Non ha mai agito in un modo tanto affettuoso con una donna, pur
immaginando ciò di cui queste possano aver bisogno il
più delle volte. Tanto che – quando nota
l’espressione confusa di Hinata – si rende conto di
aver perso la testa per lei come uno stupido.
Già, è proprio uno stupido.
«Non riesco a capirvi» sussurra infine Hinata,
posando la mano sulla sua e sospirando, mentre un leggero rossore le
invade le guance – come sempre ha fatto, catturandolo.
«Il vostro modo di fare mi confonde. I vostri
gesti, le vostre parole, i vostri sguardi... non so come
reagirvi, e ogni volta penso cose insolite e imbarazzanti. Sono
disorientata. Ho paura di tutto questo, perché è
la prima volta che lo sento.»
Naruto si avvicina di più, curioso.
«Ciò che sentite vi fa battere forte il cuore,
vero?»
Lei sussulta, a disagio. «Sempre, soprattutto quando mi
sfiorate. E malgrado voi mi abbiate tenuto nascoste molte cose, non
riesco proprio a farlo smettere, i-io…»
«Siete innamorata di me, Hinata,» azzarda lui,
ingenuo – quasi felice, a tratti, «lo
siete?»
Un piccolo ‘oh’
e Hinata abbassa il capo, chiude gli occhi e cerca di non rivolgergli
lo sguardo, forse per celare ciò che sente dentro
– o per vergogna, chissà.
Naruto la fissa di sottecchi. Pensa
forse che sia sbagliato?
«Hinata, forse vi ho posto la domanda sbagliata?»
Lei scuote il capo. «N-no!»
«Volete una piccola confessione da me, allora?»
propone il Namikaze, sorridente.
Quello che ha in mente di dirle non solo è sincero, ma
è anche un modo per rassicurarla – almeno crede.
Hinata riapre gli occhi lilla e cerca i suoi, indifesa, proprio come un
cucciolo.
«Io sono molto attratto da voi» esala alla fine
Naruto, trattenendo l’imbarazzo. «Non so
esattamente da quando, ma è così. Voi mi piacete
molto, Hinata.»
♦ ♦ ♦
Hanabi Hyuuga ha visto il suo primo cadavere quando aveva appena tre
anni e ancora lo ricorda: era bianco, freddo e duro come un sasso
– una esposizione piuttosto infantile, ma all’epoca
non era certo in grado di fare descrizioni profonde e azzeccate.
Eppure, certe espressioni di quel tempo avrebbero descritto alla
perfezione una scena terribile come quella che ora i suoi occhi si
ritrovano a dover osservare malgrado il disagio.
Adesso, nella sala, fra la gente sconvolta e le guardie della tenuta,
Hanabi non ha che quelle parole in testa.
«Pare che l‘abbiano avvelenato, signore»
la voce del dottor Shikaku risuona fra le grida.
«Avvelenato? Possibile che qualcuno ce l‘avesse con
lui?»
Il dottore sospira. «Non sono in grado di rispondere a queste
domande. Tuttavia, posso affermare che il veleno che ha fermato il
cuore di questo signore ha agito in meno di dieci minuti. Colui che ha
tramato alle sue spalle potrebbe essere ancora qui, fra di noi, o
essere fuggito durante il trambusto, non lasciando tracce.»
«Inoichi.»
Uno dei servi, un uomo sulla cinquantina, si avvicina al capostipite,
svelto. «Ditemi pure.»
«Voglio che tu e Umino controlliate quante persone sono
presenti in questa stanza e, soprattutto, se qualcuno manca
all'appello.»
Udite quelle parole, Hanabi si rende conto che Minato e Hinata non si
trovano nei paraggi.
«Spero davvero che non sia ancora qui» Tenten
carezza la spalla della Hyuuga, cogliendola di sorpresa. «Voi
avete visto qualcosa d‘insolito, signorina?»
Hanabi scuote il capo. «No.»
Si guarda attorno, ignorando le lacrime di alcune signore e il
lamentare degli uomini. Qualche sospetto, Hanabi, in verità
lo ha, ma non vuole sbilanciarsi più di tanto, e alla fine
esclama: «Secondo me è scappato subito dopo aver
messo il veleno nel suo vino: quale individuo rimarrebbe sulla scena
del delitto col rischio di essere smascherato?»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** - Parte Prima - Capitolo Sei ***
Bloody ROSE
♦ C A P I T
O L O S E I ♦
Hanabi esce dalla sala e si guarda attorno, in cerca di sua sorella e
di Minato; ancora non sa cosa stia succedendo, ma ha la netta
impressione che il loro caro ospite possa essere immischiato
nell’omicidio, quindi non esclude nemmeno che sia stato
proprio lui a mettere il veleno in quel dannato vino; per contro, sente
che gli occhi che ha incontrato per un secondo, prima del trambusto,
possano essere la chiave per capire tutto.
Perché quelli, in un modo o nell’altro, sono gli
occhi dell’assassino.
Forse fantastica troppo? Non ne è certa, ma qualcosa le dice
che ha ragione – il suo istinto non
sbaglia mai, lo ha appurato col passare degli anni; è
piuttosto ferrata in queste cose.
Un brusio fastidioso attira la sua attenzione: proviene dal corridoio
alla sua destra che, ironia della sorte, è proprio quello
che deve attraversare.
«Non sarebbe male se tu la smettessi, Ino.»
«Oh, stai zitto. Perché non torni da tuo padre?
Credo che abbia bisogno di te.»
«Prima mi chiami, poi mi mandi via. Sei proprio una
seccatura.»
Hanabi inarca un sopracciglio e sbircia da dietro un angolo, sorpresa:
Ino, la serva, e Shikamaru, il figlio del medico… che si parlano.
E lui la sta
accarezzando. Accarezzando!,
si ripete mentalmente la Hyuuga, sconvolta.
Sa che si conoscono da anni e che, spesso e volentieri, si sono
ritrovati insieme, ma non ha certo mai sospettato che la bionda stesse
con quell’idiota – senza offesa per il
ragazzo.
A disagio, osserva quella mano posata sul viso di Ino e si chiede da
quanto quella storia vada avanti.
Si morde il labbro inferiore quando si rende conto di dover prendere
proprio quel corridoio, e si fa mille problemi, sicura che coglierli di
sorpresa non sarà il massimo né per lei,
né per loro.
Alla fine, prende fiato e avanza verso i due tenendo lo sguardo fisso
dinanzi a sé.
Appena la scorgono, Shikamaru e Ino sussultano e si allontanano
l’uno dall’altra: la bionda stringe al petto un
piccolo vassoio, mentre il Nara porta le mani dietro la schiena e
abbassa la testa, seccato.
«Signorina,» mormora Ino, facendo un piccolo
inchino.
Hanabi si ferma, cercando di mantenere un contegno, poi borbotta:
«Non fatevi beccare mai più in atteggiamenti
così intimi davanti a me.»
Detto questo, la giovane Hyuuga li lascia soli nel loro imbarazzo.
♦ ♦ ♦
«Beh, credo che sia ora di tornare dentro» commenta
Naruto, alzandosi in piedi con un salto.
Si passa una mano fra i capelli arruffandoli un po’ e lancia
un’occhiata allegra a Hinata, ancora seduta e in preda
all’agitazione per la sua shockante dichiarazione.
Forse ha esagerato – quante volte si è
detto questo, in riferimento alla maggiore delle
Hyuuga? – ma non ha potuto far altro che rivelarle
la pura e semplice verità. Certo, gli è costata
molta fatica e non può dire che la cosa lo abbia reso
felice; è abituato a mentire e sentirsi sicuro nel
farlo, dire una cosa simile in quel modo, per la prima volta,
sinceramente…
Okay, ha fatto una sciocchezza.
«Hinata?» la prende per la vita con scioltezza,
irrequieto, e la mette in piedi quasi fosse una bambola. «Non
vi avrò mica spaventata, spero.»
Hinata, già rossa per essere stata afferrata in quel modo,
lo diventa ancor di più quando incontra gli occhi azzurri di
Naruto. «No, certo che no.»
Sarà davvero
così?, il giovane la fissa, incerto.
«Siete proprio sicura?»
«Beh, i-io…» le parole faticano a
uscire. «Non credo di aver capito quello che mi avete detto
prima, Naruto,» Hinata abbassa gli occhi lilla sul proprio
petto, «cioè, voi provate qualcosa per
me?»
L’ho appena
detto. «Sì, certo,»
l’imbarazzo affiora anche in lui, imprevisto, «vi
reca fastidio? Forse non avrei dovuto confessare subito i
miei sentimento, sono stato il solito stupido.»
«Vi date spesso dello stupido, avete notato?»
commenta Hinata, accennando un sorriso di quelli che spesso lo
stordiscono, mandandolo in tilt.
Difatti, Naruto le stringe la vita con più dolcezza.
«Diciamo che sostengono spesso che io sia tonto, stupido,
avventato; e devono avermelo messo talmente tanto in testa che, in
effetti, quasi non riesco a smettere di ripetermelo.»
«Naruto,» Hinata prende fiato e lo guarda,
«voi non siete nulla di tutto ciò.»
Lui sorride, contento. «Oggi mi avete riempito di
complimenti, signorina Hyuuga. Spero che non smettiate mai,
perché mi fate sentire l‘uomo più forte
del mondo!»
Una brezza leggera li colpisce, lasciandoli al loro imbarazzato
silenzio – un silenzio forse troppo intimo e privato, forse
insolito, forse semplicemente una cupa serenità.
«Dobbiamo rientrare.»
Hinata si allontana improvvisamente da lui, senza fiato, le mani
impegnate a stringere i risvolti di quella gonna lunga e maestosa;
senza dire nulla gli dà le spalle e comincia a comminare
velocemente, forse troppo sconvolta da ciò che è
accaduto fra loro e troppo intimidita per poter aggiungere altro.
Naruto trasale e la rincorre, raggiungendola immediatamente.
«Che vi prende?»
La guarda in cerca di qualche risposta, ma non riesce a scorgere nulla
del suo viso, celato dai capelli corvini che le accarezzano il collo
bianco come il latte, così in vista in quel momento, da
fargli venire in mente cose troppo ardite e sconvenienti; gli
insegnamenti del suo maestro devono avergli fuso qualche rotella,
perché non riesce a pensare ad altro che al corpo morbido e
flessuoso di Hinata.
Entrano nella sala principale, attirando l’attenzione di
Tenten, intenta a congedare qualche ospite; sembra molto sconvolta e
irritata, a una prima occhiata, ma il Namikaze lo nota a malapena e
continua a fissare la Hyuuga, che ha iniziato a salire le scale per
andare, probabilmente, alle proprie stanze – dove potrebbe mai nascondersi,
se non lì?
Con un cenno saluta la serva, che ha abbozzato un inchino prima di
accorgersi dello strano comportamento assunto dall’ospite e
dalla maggiore delle sorelle Hyuuga.
Naruto sale a due a due i gradini, stringendo i denti per il nervoso:
non capisce proprio certi comportamenti, sembrano fatti apposta per
fargli saltare i nervi – e ce ne vuole!
«Hinata,
signor Namikaze.»
La voce ferma di Hiashi Hyuuga blocca ogni iniziativa da parte del
biondo, che si ferma nel bel mezzo della scalinata, mentre Hinata alza
le testa, incrociando gli occhi gelidi del padre.
Da quanto tempo Naruto non prova un tale odio nei confronti del
capostipite degli Hyuuga?
«Mi stavo chiedendo dove foste finiti
improvvisamente,» esala Hiashi, accennando un sorriso
– uno dei più finti che sia in grado di
propinare alla gente.
Con la rabbia in corpo, Naruto risponde: «Vostra figlia mi
stava mostrando i fiori al chiaro di luna: ritiene siano incantevoli
alla luce della luna e devo ammettere che ha ragione,» sii meno acido, menti con
più convinzione o quest’uomo ti
scoprirà subito, si dice, «mi spiace
di non essere rimasto di più al ricevimento, ma la
curiosità ha avuto la meglio.»
Menti, menti, menti.
Menti finché non avrai più fiato in corpo.
«Avete fatto bene; i fiori dei nostri giardini sono i
più belli che io conosca; nulla da dire, sono
opera della mia amata moglie.»
«Ne sono a conoscenza.»
Concluso che i fiori sono incantevoli, Hiashi Hyuuga sposta lo sguardo
su Hinata, ancora ferma di fronte a lui. Non si è mossa per
tutto il tempo, ha fatto tutto ciò che una serva deve fare
in presenza del proprio padrone – eppure lei non
è una serva, ma la figlia di un conte.
«Malgrado l'improvviso quanto strano desiderio del signor
Namikaze di ammirare i giardini a notte fonda, figlia mia, non ti
saresti dovuta allontanare. Avresti dovuto chiedere il mio consenso.
Ero preoccupato.»
«Non è la prima volta che mi allontano
da questi ricevimenti, padre, lo sapete…»
Hiashi la scruta, irato. «Mentre tu facevi la civetta con il
signore qui presente, è morto un uomo. Avvelenato,»
aggiunge, portando le braccia al petto.
Naruto s’irrigidisce e sposta gli occhi a terra, per poi
riportarli freneticamente al viso di Hinata, che in quel momento
è finalmente visibile: è pallida, e la bocca
è leggermente dischiusa per lo stupore suscitatole dalla
notizia.
Poi una nuova ira monta dentro di lui al ricordo delle parole appena
pronunciate da Hiashi – in particolar modo quel “fare la
civetta” rivolto come un'aspra condanna a
Hinata: un’ingiuria troppo grande per essere ignorata.
«Hinata non stava facendo la civetta con me,
signore.»
Padre e figlia si voltano verso Naruto, sorpresi da
quell’intervento.
♦ ♦ ♦
Non sa bene perché dubiti di Minato, tuttavia i suoi strani
comportamenti – a volte stupidi, a volte
stranamente intelligenti – non sono passati
inosservati, e per tutto il tempo ha continuato a scrutarlo con
curiosità, cercando di carpire qualche elemento utile alle
proprie analisi.
Hanabi studia la stanza immersa nell’oscurità,
facendosi luce con una piccola candela presa in prestito da Sai, uno
dei servi personali di Hiashi Hyuuga.
Entrare di nascosto nella stanza di Minato era stato più
facile del previsto, mentre evitare le domande di Sai
sull’uso che avrebbe fatto della candela…beh,
quella sì che era stata un’impresa.
Oggi non è
proprio giornata, si dice, e alza una coperta per vedere
se vi è nascosto qualcosa, ma nulla.
Prima i morti, adesso la
stanza di un cretino. Cosa mi tocca fare!
«Spero ardentemente che questo Namikaze nasconda segreti
scottanti, altrimenti me la prenderò a morte con
tutti.»
Non è una bella cosa da dire, ma in quel momento non si
sente di pensare altro: perché ha sonno, perché
è arrabbiata e perché vorrebbe non aver visto uno
stupido cadavere durante un dannatissimo ricevimento a cui non avrebbe
voluto partecipare nemmeno per finta.
Sposta lo sguardo sulle tende scure e in seguito sulla scrivania, dove
nota dei fogli sparpagliati qua e là; si avvicina e ne
sfiora alcuni, scritti con una calligrafia molto poco elegante
– disastrosa, se proprio deve fornire un parere adeguato.
Legge qualcosa, saltando alcune righe, ma non trova niente
d’interessante; poi afferra una lettera, più lunga
e dettagliata delle altre, e…
«Potrei sapere cosa ci fate nella mia stanza, signorina
Hanabi?»
La luce invade la camera.
Hanabi si volta lasciando cadere la lettera, spaventata, e lancia
un’occhiata a Minato, fermo accanto alla porta con le braccia
conserte e un sorrisetto dei suoi sulle labbra.
Alla faccia dell’idiota. «S-scusatemi, non avevo
intenzione di toccare nulla.»
Il giovane ospite guarda lei e il foglio posato a terra. «Di
questo dubito molto, ma farò finta di niente. Ora vorrei che
ve ne andaste, sono stanco ed è stata una lunga
notte.»
Arrossisce, la Hyuuga, e con fare irritato si dirige verso
l’uscita.
Quando affianca per un secondo il Namikaze, dice: «Posso
immaginare quanto lunga sia stata la vostra notte, signore, e non me ne
stupisco affatto.»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** - Parte Prima - Capitolo Sette ***
Bloody ROSE
♦ C A P I T
O L O S E T T E ♦
Lo specchio riflette la stanchezza e l’insolita gioia
provocate dall’intensa notte passata con Naruto.
Hinata si posa una mana sulle labbra, sfiorandole appena in cerca di
quel tocco brusco e caldo, di quel profumo e di quelle sensazioni che
le hanno regalato emozioni contrastanti e indescrivibili, e per un
attimo dimentica la tragedia che si è consumata, invisibile
agli occhi di tutti gli invitati, nella sala dei ricevimenti durante la
sua assenza.
Dalla finestra aperta penetra una brezza leggera e profumata; sono le
rose che a loro agio impregnano di profumo ogni cosa, avvolte nella
notte.
A lei piacciono, sono le sue preferite.
Abbandona lo specchio e si affaccia per vederle, rosse e scure,
circondare quella parte del podere.
La sua defunta madre le aveva fatte posizionare in quella porzione di
terreno per consentirle di guardarle ogni sera prima di andare a
dormire; ed è proprio da quel giorno che Hinata ha preso
l’abitudine di alzarsi nel cuore della notte, aprire le ampie
finestre e lasciare entrare nella piccola camera l’aroma
dolce e aspro delle rose scarlatte.
Con gli occhi accesi da un’allegria rara, Hinata immagina di
poterle cogliere per darle alla madre – o, in quel caso, per
deporle sulla sua tomba bianca e gelida.
Un pensiero triste, che in quell'attimo le dona una pace a tratti
inquietante; culla, tuttavia, per il suo sconforto e per
l’amore che in lei sta nascendo.
Le mani scivolano sul viso, lo coprono, nascondono le lacrime e un
sorriso imbarazzato.
Poi il buio cala. La luna – invisibile agli occhi, ma pur
sempre presente e pallida – è celata da
un’enorme nuvola grigia; un velo opaco ne ha offuscato lo
splendore, come le mani con la sua incoerente letizia.
Quando i sentimenti si quietano, leggeri, Hinata lascia cadere le
braccia lungo i fianchi e, pensierosa, chiude la finestra, dando le
spalle ai giardini e all’ombra della sua pazzia.
♦ ♦ ♦
«Ah.»
Ino guarda la piccola bolla di sangue che fuoriesce dalla punta del suo
indice e, con noncuranza e non poca irritazione, lo infila in bocca,
bagnandolo con la lingua.
Ago e filo giacciono sul suo grembo ormai da due minuti; poco lontano
da lei, esattamente accanto alla finestra aperta, Hanabi Hyuuga osserva
i giardini, mentre Minato e Hinata siedono in silenzio accanto alla
piccola libreria posizionata in un angolo in fondo alla stanza.
Nessuno proferisce parola, nemmeno il signor Namikaze, che ha sempre
avuto qualcosa da dire anche nei momenti più impensabili
– e pare proprio che questo suo modo di fare, quella mattina,
non voglia far capolino.
«Chissà…»
Ino alza lo sguardo e incontra gli occhi lilla di Hanabi.
«Chissà… cosa?» domanda,
interrogativa.
Non ha mai osato rivolgersi – anche solo con riverenza
– alla piccola Hyuuga, tuttavia quel silenzio inquietante la
preoccupa non poco.
Hanabi sorride, fredda. «È da ieri che mi chiedo
chi sia il colpevole dell‘omicidio del signor Maito. Potrebbe
essere stato chiunque. Oppure no, chi può dirlo.»
«Qualcuno potrebbe essere penetrato nella tenuta,
signorina?»
«L‘assassino è sicuramente uno dei
nostri invitati,» mormora schietta Hanabi, volgendo
nuovamente lo sguardo ai giardini, «di questo sono
assolutamente certa.»
«Vi piace fare ipotesi,» commenta Minato,
inserendosi nel discorso ridendo, «che ne dite di
scommettere?»
«C-come s-scommettere?»
Hinata alza gli occhi dal suo libro e lo fissa, confusa.
«Ciò vi spaventa, Hinata?» insinua il
Namikaze, lanciandole un’occhiata divertita,
«Potrei giurare che la cosa non vi diverta per niente!
Beh…» scatta in piedi, allargando le braccia,
«provare non costa niente e vi assicuro che ci si
può divertire molto e senza rischio alcuno.»
Le sue parole sono quasi arroganti, pensa Ino; prende con le dita
affusolate l’ago e osserva l’espressione gelida
apparsa nei tratti delicati di Hanabi, apparentemente insensibile alle
parole dell’ospite – non ha nemmeno sbattuto le
lunghe ciglia, immobile come una statua.
Hinata abbassa la testa verso il proprio libro e sospira, mordendosi il
labbro inferiore; le dita sfiorano la copertina grigia, mentre i lunghi
capelli corvini, quel giorno lasciati sciolti sulle spalle appena nude,
creano un leggero contrasto col candore della sua pelle; lo scuro della
notte e il chiaro dell’innocenza.
Ino non ne è sicura – non lo è
più da quando Minato Namikaze è entrato nelle
loro vite – ma ha la sensazione che Hinata non gradisca
affatto quel genere di proposta, e il suo silenzio lo prova;
ciò nonostante, le è parso di poter scorgere,
solo per un fugace attimo, l’ombra di un sorriso sulle labbra
rosee e appena dischiuse della Hyuuga.
«Cosa scommettete?»
La voce impassibile di Hanabi risuona nella stanza come mille spari; se
ne coglie la lieve irritazione che, a quanto pare, il gioco proposto
dal Namikaze ha in lei destato.
Sogghigna, il giovane uomo. «Secondo me l‘assassino
non era fra gli invitati, signorina Hanabi. E ci scommetto…
un pranzo in città.»
Grezzo, irriverente.
«Un pranzo? Oh, bene. Sapete cosa scommetto io, signor
Namikaze? E badate bene: non potrete tornare indietro.»
«Ditemi pure.»
Con l’arroganza spiccata tipica degli Hyuuga, Hanabi alza la
testa in segno di sfida.
«La mano di mia sorella. Se perderete la scommessa, sarete
obbligato a prendere in moglie mia sorella Hinata.»
L’ago cade dalle mani di una sbalordita Ino.
♦ ♦ ♦
«M-ma c-cosa… t-tu non puoi farlo, i-io non posso
e t-tu... s-scommetti simili cose?!»
Hinata passeggia per la stanza con le mani sul viso, sconvolta e
furibonda – forse più imbarazzata che altro, in
effetti.
Hanabi inarca un sopracciglio. «Sono più che certa
che sei innamorata di lui, di conseguenza ho accettato la sfida; se non
è così, posso anche ritirare tutto e dire che il
mio non è stato altro che uno scherzo.»
Oppure no, aggiunge
calcolatrice, osservando il viso sempre più rosso della
sorella maggiore, in procinto di ucciderla per la prima volta da quando
è nata.
Invece di ribattere, Hinata si blocca in mezzo alla stanza,
farfugliando frasi sconnesse in cerca di qualche scusa valida, bugie
inutili; ci vuole ben altro per ingannare Hanabi Hyuuga.
«Si vede lontano un miglio che lo ami. Sono anche convinta
che lui senta lo stesso. Il problema è il suo comportamento
rozzo e villano; se fin dall’inizio avesse agito in maniera
differente da come si è posto finora, probabilmente avrei
anche potuto parlarne direttamente con lui, invece… beh, mi
piace metterti nei guai, sorella», e punirti per i tuoi pessimi
gusti in fatto di uomini, pensa maliziosa. «Non
sei felice, adesso?»
Hinata le lancia una mezza occhiataccia e si abbandona contro il muro,
tetra.
«Chi ti dice che sono innamorata di lui?»
«Cioè?»
«Hanabi, ti sto chiedendo una cosa semplice!»
esclama, lieve, Hinata. «Allora?»
Meglio non fingere ingenuità.
«Sorridi sempre, per questo si nota,» Hanabi si
liscia la lunga gonna, spazientita, «quando parla sorridi;
quando mangia sorridi; quando respira sorridi.»
Può anche fare un resoconto dettagliato di tutti i gesti
anormali compiuti inconsciamente da Hinata in presenza del loro
illustre ospite, giusto per imbarazzarla a morte e farle capire,
finalmente, che si è presa una cotta per Minato. Oppure
può terminare lì e vederla struggersi
davanti ai suoi occhi come sempre: allettante l’idea di
torturarla in quel modo. Per un secondo, Hanabi si chiede se
non sia cattiva nei confronti di Hinata. Poi, così come
è arrivato, quel pensiero scompare – si sgretola
– lasciando spazio al solo divertimento provocato dalla
situazione in cui si è infilata senza permesso.
Hinata poggia la testa contro la parete e chiude gli occhi.
«Sorella, sei una sciagura vivente.»
Per motivi ignoti, quelle parole rendono fiera Hanabi, che le sorride
imperturbabile.
♦ ♦ ♦
È rilassata.
Hinata prende grosse boccate d’aria, deliziata dal profumo
dell’erba appena tagliata, e alza il viso verso il cielo
nitido, che pare riflettere la sua stessa incoerente gioia; flette le
braccia dietro la schiena, intreccia le mani e chiude gli occhi,
respirando ancora, sempre più forte.
Non c’è caldo, la temperatura è
gradevole; il vento soffia leggero, dandole l’impressione di
volare – con la fantasia e col cuore, che batte al ritmo dei
suoi pensieri.
Dischiude gli occhi lilla e li volge verso la tenuta, in cerca di
quella finestra, senza vergognarsi di ciò che prova ormai da
due settimane. E, quando incrocia due occhi blu attraverso un vetro
opaco, non arrossisce nemmeno, ma sorride e accenna un saluto con la
mano.
Lui sorride di rimando, luminoso.
E Hinata, che non ha mai provato quella leggerezza tipica
dell’amore, perde un battito e trattiene il fiato –
perché l’amore, a volte, è capace di
toglierti tutto, anche il respiro.
Prima o poi mi
ucciderà, pensa, col cuore in gola, lasciando
che un dolce rossore invada le sue guance, prepotente.
Non sa nemmeno cosa sta facendo, sa solo che sta perdendo il controllo
della situazione.
«Peggio di così non può
andare» si dice a bassa voce, continuando a osservare la
ragazza che cammina nei giardini, lanciandogli occhiate imbarazzate e
suscitandogli una gioia sconsiderata, probabilmente una reazione
automatica di fronte alla bellezza mostrata da quella fata.
Stringe la stoffa della tenda scura e tenta di trattenere il nervoso
che lo corrode da ore, ormai, mentre le parole di Hanabi Hyuuga
risuonano nella sua mente.
Si è lasciato imbrogliare da quella ragazzina e ora deve
vincere a ogni costo la scommessa per evitare di sposare Hinata
– anche se dubita che Hiashi Hyuuga gli lascerebbe fare una
cosa simile, vincitore o meno.
Non può prendere in moglie proprio lei. Non può,
ci sono tante e troppe cose che vanno contro quella improbabile unione
e che potrebbero minare parte dei suoi piani.
Anche se…
Trattiene il fiato, mentre incrocia ancora una volta gli occhi lilla di
quella splendida ragazza.
Andrò
all’inferno. Andrò dritto all’inferno e
non ne uscirò vivo, pensa tremante.
Si volta e chiude le tende; poi si dirige allo scrittoio con
l’intenzione di stendere una nuova lettera. Si siede e prende
il pennino, pensieroso – sottrarsi a lei è la cosa
migliore.
«Signore.»
Uno scricchiolio.
Naruto scatta in piedi, estraendo dalla manica della camicia un piccolo
coltello, tempestivo: due occhi scuri incontrano i suoi, assenti.
«Sai» gracchia Naruto, stupefatto, e abbassa
lentamente l’arma. «Ti piace spaventarmi, per caso?
Maledizione, mi hai fatto venire un colpo! La prossima volta sii meno
‘spaventoso’.»
Sai accenna un sorriso.
«Non vi volevo certo turbare, signore. Era mia intenzione non
destare l‘attenzione di qualcuno della servitù, ma
se non gradite, la prossima volta verrò qui con una
scusa.»
Il duca teme che le cose non cambierebbero lo stesso, in quel caso.
«Cosa c‘è?» dice poi, cercando
di capire perché uno dei servi personali di Hiashi si trovi
nella sua stanza, a quell’ora del giorno – ha detto
a tutti che non voleva essere disturbato, ma pare che non
l’abbiano ascoltato. «Sei venuto qui di nascosto,
da quel che ho capito.»
«Ho preso una piccola pausa. Ma dovrò tornare da
padron Hiashi entro dieci minuti o si arrabbierà molto con
me.»
Pena, venti frustate?,
si chiede Naruto, ironico. «Spiegami, non
comprendo.»
Il ragazzo solleva una mano verso di lui, mostrandogli ancora quel
sorriso irritante. «Per voi.»
Una lettera.
Naruto l’afferra con rabbia, spingendo via Sai, che non
reagisce in alcun modo; non è la prima volta che il Namikaze
si lascia prendere la mano, scattando in modo rude –
è pur sempre tipico del suo carattere, no?
Sai ha l’impressione che una reazione da parte sua sarebbe
legittima; tuttavia lascia perdere, e fissa con il suo solito mutismo
l’espressione di Naruto, senza riconoscerne il significato.
«Questa di chi è?» domanda ingenuamente
il Namikaze, alzando gli occhi verso di lui.
«È di vostro fratello, signore.»
«Ah», forse è stata una domanda stupida,
la sua. «Beh, tu sai cosa dice? L‘hai
aperta?»
«No, signor Namikaze.»
«Sicuro? Guarda che non sono uno stolto.»
Sai sorride. «Dubito della cosa, ma sì, sono
sicuro di ciò che dico, signore.»
Naruto digrigna i denti quando coglie il tono sarcastico contenuto
nella voce del ragazzo, e apre velocemente la lettera, curioso; poco
prima di leggerne il contenuto, il Namikaze alza nuovamente lo sguardo
in direzione di Sai.
«Ora puoi andare.»
Il giovane annuisce. «Solo una cosa, signore.»
La stanza è semibuia, illuminata soltanto da cinque candele,
ma Naruto riesce a scorgere ugualmente complice una candela
particolarmente vicina – un’attenzione, negli occhi
neri di Sai, che poche volte gli ha visto mostrare. Forse si sbaglia?
«Vorrei semplicemente ricordarvi di fare attenzione ai vostri
comportamenti» Sai si dirige verso la porta e ne abbassa la
maniglia. «Padron Hiashi non apprezza i cambi
d‘umore, soprattutto se repentini.»
Sai scompare con la stessa velocità che ha mostrato
nell'entrare, chiudendosi la porta alle spalle, silenzioso e
inquietante.
Naruto scruta la porta, sconcertato, poi studia per un secondo la
lettera, dirigendosi alla scrivania con passo lento – non
vuole produrre alcun rumore, non vuole spezzare il silenzio e il
tremore prodotto dal proprio corpo: è impaziente come non
mai.
Si siede e lentamente inizia a leggere, spalancando gli occhi ogni due
minuti e mostrando emozioni differenti, fino a quando, arrabbiato, non
getta la lettera fra i tanti fogli sparsi sulla scrivania e si alza,
buttandosi malamente sul letto a baldacchino.
Caro Naruto…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** - Parte Prima - Capitolo Otto ***
Bloody
Rose
[A
Katia,
sperando che gradisca questo capitolo estremamente NaruHina
o almeno, speriamo di non aver fatto boiate! XD
Buona lettura, tesoro!^^]
Capitolo Otto
«A quanto
pare dovrete fermarvi qui per altre due settimane.»
Hiashi Hyuuga ripone in uno scaffale due voluminosi libri, cercando con
gli occhi lilla gli spazi base in cui erano collocati in precedenza, e
scocca un‘occhiata obliqua al ragazzo accanto a lui.
«Ottimo.»
Naruto Minato Namikaze
lo osserva con espressione meditabonda e riflette su quanto da lui
pronunciato; pare quasi che la sua permanenza prolungata renda felice
il capostipite, quel giorno in vena di sorridergli.
Si gratta una guancia,
scruta le gocce di pioggia che s’infrangono contro le
finestre chiuse; poi, con piglio deciso, dice: «Mi dispiace
davvero.»
Minato è rammaricato. «Spero di non recarvi
fastidio»,
…e di non cacciarmi nei guai.
«Inoltre, mi vorrei scusare per il comportamento tenuto
qualche giorno fa, durante quell‘infausto
ricevimento.»
Tuoni.
Hiashi si volta e
annuisce. «Non vi dovete preoccupare: sono consapevole che le
mie parole possano essere state fin troppo dure per Hinata e
soprattutto per voi, Namikaze; mi auguro che certi fatti non abbiano
seguito.»
Lo spera anche Naruto,
perché quell’unico evento ha complicato
irrimediabilmente i suoi piani - non che non lo siano stati fin
dall‘inizio, difficili, ma non può nemmeno
aggravare ulteriormente le cose e farsi prendere con le mani nel sacco.
«Me lo auguro anch‘io. Ora, se permettere, vorrei
tornare nelle mie stanze.»
E mentre chiude la
porta, Naruto si accorge del sorriso maligno che gli viene rivolto per
la prima volta da quando ha messo piede nel territorio di Hiashi Hyuuga.
A che gioco stiamo giocando
stavolta, Hyuuga?, si domanda il ragazzo, una volta solo. Lo vorrei proprio sapere...
«Maledizione».
Guarda le lancette
dell’orologio a pendolo nel corridoio muoversi verso il
basso, segnando ufficialmente l’inizio di quella giornata
già di per sé disastrosa, e si dirige verso il
pian terreno, scendendo con passo svelto le scale; incontra Ino e
sorride allegro, poi spalanca le porte che danno ai giardini ed esce
fuori, ignorando il freddo e le gocce di pioggia che gli bagnano la
faccia - vuole sentirsi libero come il vento impetuoso e gridare,
sfogare tutto.
Da quanto tempo non
scaccia via le emozioni negative che per giorni lo hanno attanagliato?
Perché si è lasciato opprimere dal peso che
quella vendetta comporta? Si sta comportando come suo fratello, sta
diventando serio e diligente, perfetto nei modi di fare, chiuso in una
gabbia senza poterne uscire, perché qualcuno ha buttato
probabilmente la chiave, imprigionandolo
nell’oscurità - la stessa che troppe volte gli ha
rovinato la vita.
Merda. Ottimo modo per
distruggersi! Tutto sta diventando insostenibile, come se ne avessi
bisogno! Ah, vorrei essere come Rin, che sorride sempre. Anche la mamma
risulta più simpatica di me, in effetti.
Dannazione…
Naruto alza il viso verso il cielo, godendosi la
sensazione del bagnato sulla propria pelle, goccia dopo goccia.
«Minato, ma
cosa s-state facendo?!»
Hinata lo tira per la manica della giacca e lo riporta dentro, nel
calore della tenuta. «Così vi prenderete solo
un raffreddore, vi rendere conto? A volte vi
comportate in modo sconsiderato.»
Naruto si passa una
mano fra i capelli fradici. «Non ho resistito! E poi non vi
dovete preoccupare; un po‘ di pioggia non potrà
certo…», e starnutisce. «…
mettermi fuori combattimento».
Okay, forse non
è proprio così.
«Beh, sono sempre un Namikaze,
sopravvivrò».
Hinata lo guarda con
gli occhi spalancati, esitante, infine scoppia a ridere.
«N-non cambierete mai, signore. Proprio mai».
«E
perché dovrei farlo? Mi piaccio così, irruento e
scemo!» il ragazzo sorride, solare. «Comunque, sono
stupito: non dovreste essere nelle vostre stanze, a comporre poesie
deprimenti sulle sfortune della vita e… uhm,
l‘inesorabilità della morte?»
Chissà
perché, ricorda ancora ciò che Hanabi gli ha
raccontato tempo prima - ma certo non rammenta che
quell’argomento non è gradito a sua sorella:
difatti, Hinata arrossisce di botto e inizia a balbettare, gli occhi
improvvisamente bisognosi di studiare il pavimento.
Naruto si domanda
perché, ogni volta che dice qualcosa, la contessa reagisce
in quel modo bizzarro.
«Bene. Ehm... Ieri sera vostra sorella spiegava che avevate
in programma una cavalcata per i parchi qui vicino; ma, stando a quel
che vedo, i vostri piani dovrebbero essere saltati, esatto?»
«Purtroppo
sì. Hanabi è talmente furiosa che si è
rinchiusa nella sua stanza a leggere e ha pregato
tutti di non disturbarla per nessuno motivo.
Ci teneva tanto a questo gita.»
«Secondo voi
smetterà di piovere, entro l‘ora di
pranzo?»
«Perché?»
«Se dovesse
smettere, sono certo che il tempo per andare a fare una cavalcata ci
sarebbe. Vostra sorella è troppo negativa. E anche voi non
scherzate affatto - senza offesa!», aggiunge di botto,
vedendola deprimersi all’istante. «Voi siete
perfetta così, timida e silenziosa. Io posso parlare per
entrambi, Hinata!»
«G-grazie,
Minato».
«Naruto.
Dovete chiamarmi Naruto, signorina. O ve lo siete già
dimenticata?» le ricorda il duca, la voce attraversata da un
filo di allegria prima inesistente. «Vorrei anche che mi
deste del tu, ma… questo non lo ritengo molto opportuno, al
momento.»
«N-nemmeno
io.»
Un tuono squarcia il
cielo scuro e interrompe la conversazione, potente, troncandola di
netto.
Il sole fa capolino e
illumina la sala da pranzo, che risorge dal buio della tristezza.
«Che vi
avevo detto?»
Minato ingurgita un pezzo di pane e lancia un’occhiata a
Hinata, seduta di fronte a lui, mentre Hanabi beve silenziosamente -
l’irritazione palese negli occhi lilla.
«La pioggia è cessata, potete uscire».
«Ma noi non
possiamo. Lo stalliere si è allontanato con nostro padre e
non tornerà prima di sera, quindi ci è
impossibile lasciare la tenuta, Minato», mormora Hinata con
un sussulto, tesa. «E poi c‘è il
pericolo che ricominci a piovere, e non sarebbe affatto saggio uscire.
Possiamo farlo domani.»
«Ma domani
non avrete tempo perché dovrete organizzare il ballo, no?
Quella -
cos‘era? - festa in maschera, ecco»
sorseggia il vino, il Namikaze; poi commenta: «Non volete
proprio godervi la giornata a cavallo?»
«C-certo
che-»
«Allora non
vedo dove stia il problema, Hinata.»
«Siete uno
sconsiderato» s’intromette Hanabi Hyuuga, posando
il bicchiere sulla tovaglia. «Volete lasciar andare due
povere dame come noi fuori, dove si annida il pericolo e, per giunta,
sole?»
Quale pericolo?
«Non capisco cosa intendiate dire, ma se proprio non gradite
andare da sole, sarei lieto di accompagnarvi» Cielo! Cosa sto dicendo? Sono
forse impazzito?
Hanabi sorride.
«Bene, allora vado a prepararmi. Dirò a Sai di
prepararvi un cavallo adatto».
Hinata e Naruto
rimangono di nuovo soli, e alla fine quest’ultimo borbotta:
«Vostra sorella è proprio pestifera! Trova sempre
il modo di imbrogliarmi!» Tale padre, tale figlia, d'altronde.
«Oh»
Hinata lo scruta per qualche secondo, incerta. «Non
volete venire con noi, Naruto? Vi stiamo costringendo,
per caso?»
«Certo che
voglio venire!» esclama Naruto, sorpreso dal tono tetro della
ragazza. «Noto solo il modo in cui Hanabi mi coinvolge nelle
vostre attività. È… diabolica, direi,
sì.»
«Non lo
gradite.»
«No, non
dico questo.»
«Eppure
sembrate irritato. Se vi fa piacere, parlerò con lei e
l‘ammonirò dal fare qualcosa del genere la
prossima volta che eventi simili si presenteranno.»
«Hinata, per
favore. Non mi dà fastidio, stavo solo notando la
saccenteria mostrata da vostra sorella da quando sono qui - e temo
seriamente che lo faccia apposta per innervosirmi. Tuttavia sono cose
che capitano, a questa età, anche io ero
così»,
con qualche differenza, ovviamente.
Ancora dubbi.
«S-siete sicuro?»
«Hinata»
Naruto scatta in piedi. «Adesso vado a prepararmi; quando
uscirò dalla mia stanza sarò perfetto per la gita
a cavallo! O non mi chiamo più Naruto Uz-» si
blocca. «… Namikaze. Naruto Minato
Namikaze.»
Qualche minuto dopo
Naruto guarda lo specchio collocato nella propria stanza, con le mani
fra i capelli e l’impressione di star sbagliando qualcosa -
quanti errori sta commettendo, senza rendersene minimamente
conto? Se suo fratello lo avesse scoperto, probabilmente
l’avrebbe sgridato subito - non può, per sua
fortuna.
«Meglio
sistemare tutto.»
Ho una brutta
sensazione, davvero.
Sceglie la roba
più comoda, e dopo aver nascosto gran parte delle lettere
abbozzate nei giorni precedenti e l’unica lettera del
fratello, Naruto si sistema il cappello in testa ed esce dalla stanza,
chiudendola a chiave.
Sospetta che qualcuno possa entrarvi per spiarlo.
L’aria sa
ancora di pioggia.
«Ce ne avete
messo di tempo!»
Hanabi Hyuuga monta un cavallo bianco, imponente e di razza,
sventolando vistosamente un frustino. «Beh, che aspettate
ancora? Sai, il cavallo!»
Minato le lancia
un’occhiata di sbieco, imbronciato. «Vostra sorella
dov‘è?»
«Sarà
qui a momenti.»
«Sembrate
allegra», le fa notare poi.
Hanabi inarca un
sopracciglio. «Cosa ve lo fa dedurre, signore?»
Minato ridacchia.
«State sorridendo. Di solito non sorridete mai, signorina
Hyuuga.»
È bravo a
far notare le cose che non vogliono essere notate.
Hanabi gli rivolge un’occhiata omicida e ordina al proprio
cavallo di dirigersi verso i cancelli della tenuta, ignorandolo.
«Signore?»
Una voce cupa.
Minato sussulta.
«Sai, la vuoi smettere o no di apparire
così?!» si volta. «Sei
inquietante».
«Scusate,
proprio non capisco cosa intendete. Comunque il vostro cavallo
è questo: si chiama Sasuke».
Minato piega la testa
di lato, perplesso, e fissa l’animale: il suo manto
è nero, la criniera è lunga e selvaggia, gli
occhi sono… particolari. Uno è nero,
l’altro è rosso, probabilmente malato.
Non sa
perché, ma quel cavallo già gli sta antipatico, e
pare che i suoi sentimenti siano pienamente ricambiati.
«Se mi disarciona riterrò te colpevole,
Sai.»
Uno sguardo assente
che vuole forse essere dubbioso. «Perché,
cos‘avrei fatto, signore?»
«Niente,
lasciamo perdere» Allora,
cavallo, patti chiari, amicizia lunga: se mi disarcioni, ti ammazzo. «Che
giornata!»
Monta sul cavallo,
afferrando bene le redini e scoccando uno sguardo a Sai, che fa un
inchino. «Fai in modo che nessuno entri nelle mie stanze,
siamo intesi?»
Lo sguardo nero pare
sorridere. «Come volete.»
«Minato,
Sai» Hinata arriva in groppa ad un cavallo marroncino, forse
una femmina, a giudicare dall’aspetto particolarmente
elegante. «Scusate il ritardo; Bya non voleva proprio
muoversi.»
«Bel
nome» dice Minato, sorridente. «Meglio di
‘Sasuke’.»
Il cavallo nitrisce -
non è d’accordo con lui. «Vedete? Anche
lui concorda con me. Il nome che gli è stato dato
è pessimo.»
«Oh, ma
è un bel nome, invece!»
Hinata sorride al cavallo, poi accarezza il collo di Bya.
«Ora
è meglio che andiate: la signorina Hanabi sta
scappando» commenta Sai, in mezzo a loro, indicando i
cancelli. «E non credo che vi aspetterà.»
«Quella
peste.» Hinata alza gli occhi al cielo, divertita.
Minato sogghigna.
«Allora andiamo! Scommetto che la raggiungeremo
subito.»
Parte al galoppo, allettato dall’idea di conciare per le
feste Hanabi Hyuuga - o forse è solo la voglia di correre
libero sui prati immensi fuori dalla tenuta.
Il vento scompiglia i
capelli, carezza le guance, le mani e l’intero corpo di
Naruto, dandogli finalmente la sensazione di essere se stesso; il
Namikaze sorride, quando incontra gli occhi lilla di Hinata, che nel
frattempo l’ha raggiunto; entrambi si apprestano ad
affiancare Hanabi, poco lontana da loro, ma pur sempre con un bel
vantaggio.
«Ehi,
Hinata! Siete molto brava, una cavallerizza eccellente!»
commenta divertito Naruto.
Un rossore fuggevole.
«Grazie!», ribatte Hinata, guardando davanti a
sé. «Anche voi!»
Il rumore degli
zoccoli che affondano nel terreno bagnato, fra il fango e
l’erba, penetra nelle orecchie del ragazzo, spingendolo a
controllare la situazione: alza gli occhi al cielo e nota, finalmente,
la nuvola enorme e scura che pare intenzionata a produrre troppa
pioggia. L’aria è ancor più carica,
elettrica quasi: non ha pensato che potesse davvero ricominciare a
piovere.
«Hinata, non
allontaniamoci troppo!» prorompe, cercandola con gli occhi,
ma si accorge che lei e Bya li hanno superati, raggiungendo perfino
Hanabi. «Sasuke, non sai fare di meglio?»
Incita il cavallo, che
si risveglia improvvisamente e aumenta la velocità della
corsa, pericoloso e selvaggio.
Stringe le redini e si
appiattisce contro il corpo dell’animale, prendendo aria poco
per volta.
Quando infine riesce
ad accostarsi a Hinata e al suo cavallo, esclama: «Arriva un
temporale, signorina!»
E le prime gocce
cadono.
«A volte
bisogna ammettere i propri errori» aggiunge, quando Hanabi lo
guarda male - pare essere diventato l’hobby preferito della
piccola. «Meglio tornare alla tenuta.»
«Ma siete
impossibile! Io non voglio tornare» sbotta Hanabi,
contrariata.
«Hanabi…»
«No! Se
volete tornare, allora andate: io rimango qui ancora un
po‘!»
Detto questo, Hanabi si allontana di nuovo, lasciandoli senza parole.
«Sanità
mentale uguale a zero» borbotta Naruto, corrucciato.
«Andiamo a prenderla, oppure…»
Hinata abbassa il
capo. «F-forse è meglio lasciarla s-sola,
sarà arrabbiata.»
«Uhm. Che
sia arrabbiata l‘ho capito anche io, ma sta per venire
giù un temporale: non credo che mollarla qui in giro sia un
bene», senza
contare che, se le accadesse qualcosa, Hiashi mi ucciderebbe! «Andiamo,
su… Hinata, vi prego!»
«O-okay.»
Hanabi rovina sempre tutto.
Adesso cosa penserà mai Naruto di noi? Non è
possibile.
Hinata incita Bya e
chiude gli occhi per trattenere le lacrime che la vergogna ha
stimolato; stringe con forza le redini e prega che lui non la stia
guardando - non vuole fornire spiegazioni o apparire ancor
più stupida ai suoi occhi.
Poi pensa a
ciò che lui veramente è, pensa che forse non deve
spiegargli nulla perché Naruto stesso non risponde mai,
evita di parlarle; si rinchiude a riccio ogni volta che lo guarda.
Sospira.
«Hinata,
attenta!»
Un fruscio, e viene
sbalzata a terra con violenza. «Hinata! Ehi, Hinata!
HINATA!»
Confusione…
vergogna… dolore…
«Hinata, mio
Dio», due mani si posano sulle sue guance, grandi e calde.
«Vi siete fatta male?»
Non capisce cosa
succede. «I-io…»
«Apri…
aprite gli occhi, Hinata.»
Luce scura.
Spalanca gli occhi quando incontra lo sguardo acceso di apprensione del
Namikaze, chino su di lei fra l’erba e la pioggia che,
incontrollata, cade.
Stringe fra le mani
alcuni fili d’erba e prova a rimettersi in piedi, alla
ricerca di Bya, ma ovunque si giri non la trova.
Dov’è?
«Naruto, Bya d-dove…»
«Un tuono
troppo forte l‘ha spaventata, così vi ha
disarcionata ed è scappata via» spiega preoccupato
Naruto. «Anche Sasuke è scappato dopo che sono
sceso per soccorrervi, quindi direi che siamo nei guai».
«Oh, no. Oh, no. Oh, no!»
«Calmatevi,
non siete-»
«Cosa? Dio
mio! Dobbiamo tornare subito alla tenuta,
signore, subito! Se non arriveremo
in tempo, mio p-padre… oh, no, oh no…»
Naruto le accarezza la
fronte, improvvisamente serio. «Non agitatevi, vi prego.
Sistemerò tutto. Dirò che vi ho portata io a fare
una cavalcata fra i prati, ma non agitatevi, per favore.»
«N-non
posso, mio padre-»
«Hinata!»
Naruto sbuffa, irritato. «Lasciate che me la veda io con quel
bastardo, state certa che vi difenderò a spada tratta!
Però, vi scongiuro, non impazzite così: mi
mettete in ansia.»
Hinata arrossisce di
botto. «S-scusate» e mentre dice questo, osserva il
piccolo angolo in cui è seduta, schiena contro un albero,
nascosta con Naruto fra cespugli di rose a lei sconosciute.
Il Namikaze le posa le
mani sulle spalle. «Hinata, adesso: vi siete fatta male?
Potete alzarvi?»
Lei ci pensa un
attimo. «F-forse sì»
Si aggrappa a Naruto e sposta la gamba destra, ma subito cade a terra,
con un gemito. «N-no, fa m-male.»
Perfetto! Davvero
perfetto! Maledizione. Posso considerarmi morta. Se solo avessi dato
retta al mio istinto, stamattina! Dannata giornata del terrore!
«Ho la netta impressione che saremo costretti ad aspettare la
fine di questa odiosa pioggia» sbuffa, seccata.
«Tanto,
più fradici di così!» Naruto scoppia a
ridere, allietato. «Dove vi fa male?»
«Qui»
Hinata gli indica la coscia, tetra. «Pulsa
terribilmente.»
«Posso…?»
Hinata lo guarda.
«C-cioè?»
«Vorrei
controllare la ferita, se non vi metto in imbarazzo» Naruto
sospira, teso. «Posso?»
Hinata deglutisce e,
titubante, afferra un lembo della gonna e la solleva fino alla coscia,
rossa. «Mi fa male proprio qui.»
«Santo
Iddio!» esplode Naruto, sorpreso. «È
completamente viola! Avete sbattuto davvero male, Hinata. Qui serve un
dottore», posa due dita sulla ferita violacea, facendo
sussultare la contessa per il dolore. «Scusatemi, non volevo
farvi male. Ahi. No, un dottore. Adesso.»
«Non sto
morendo!» esclama Hinata, sbalordita. «Aspettiamo
che smetta di piovere e, quando così sarà,
chiamerete qualcuno.»
«Per poi
lasciarvi sola?»,
l’idea è inconcepibile.
«Non posso, mi state chiedendo troppo, Hinata. Ci sono troppi
pericoli e siete indifesa. No.»
«Per favore, non
vi dovete preoccupare: io me
la caverò» insiste Hinata, supplicante.
Naruto la guarda,
risoluto. «No. Io rimango con voi. Aspetteremo che qualcuno
venga a cercarci.»
«Così
mio padre ci ucciderà» constata tetra la Hyuuga.
«Sono proprio una stupida.»
«E questo
cosa c‘entra? Secondo: voi non siete stupida. Comunque io
starei morendo di fame! Voi no? Ah, ma io sono un pozzo senza
fondo…»
Hinata scoppia a
ridere. «Sembra quasi che non vi siate rimpinzato di carne e
dolci durante il pranzo.»
«Finalmente
ridete» Naruto le sfiora la guancia. «È
da questa mattina che non lo fate.»
Perché gli occhi di
questo ragazzo sembrano i più belli del mondo?,
si domanda Hinata, lasciando scivolare via lo sguardo. «Non
c‘era molto di cui ridere. E poi mi sono svegliata
male.»
«Allora vi
svegliate sempre male, perché è raro che io vi
veda allegra - proprio come avviene per vostra sorella. Ditemi: voi non
vivete bene alla tenuta, vero?»
«Ma cosa
dite? Io sto bene, e anche mia sorella. Perché mai
dovremmo…»
«Quando
c‘è vostro padre vi rinchiudete in un silenzio
muto, quasi foste una serva. Quando invece siete con me sorridete
spesso, come se io fossi una presenza rassicurante.»
«E voi,
invece?» soggiunge Hinata, piccata. «Spesso vi
comportate in maniera intelligente e affabile, soprattutto quando siete
impegnato con mio padre; quando siete con me, cambiate.»
«Con voi non
devo essere serio.»
«Mi potete
mentire meglio, semmai.»
Naruto sospira.
«Hinata, ne abbiamo già parlato. Io non posso
coinvolgervi in questa storia.»
«Io non
voglio assistere in silenzio. Assisto sempre in silenzio.»
«Cosa volete
sapere, allora?»
Hinata alza la testa
di scatto e incrocia nuovamente gli occhi azzurri dell’uomo.
«Tutto.»
Naruto si siede
accanto a lei e apre i primi bottoni della camicia, sentendosi
soffocare; poi getta la giacca per terra. «Siete peggio di
Hanabi, signorina. Peggio».
«Di
cos-»
«Anche lei
sta ficcando il naso dove non dovrebbe» ridacchia il duca.
«La cocciutaggine è una vostra caratteristica,
devo dedurne. L‘altro giorno l‘ho sorpresa a
rovistare fra le mie cose.»
«Oh mio
Dio.»
«Non le ho
detto nulla, ma spero che non lo rifaccia più.»
«Lo spero
anch‘io. E…» la Hyuuga lo fissa
interrogativa. «… voi sapete qualcosa di quello
che è successo durante quel ricevimento, vero? Sapete chi ha
ucciso Gai Maito?»
«Cosa ve lo
fa intuire?»
«Mi avevate
detto, quella sera, di aver creato troppo scompiglio.»
Naruto ride, amaro.
«Mi lascio sfuggire troppe cose, ma dovete ammetterlo: sono
straordinariamente bravo a mentire. Tuttavia, mi dispiace per voi, non
posso rivelarvi nulla che non abbiate già intuito da
sola.»
Un fremito.
«S-siete stato voi!»
«No»
la voce di Naruto si fa dura. «Io non faccio queste cose
senza motivo, signorina Hyuuga. Mai. Dovrete ingegnarvi molto per
capire come sono andate le cose.»
«Non
capisco. Parlate come se foste stato voi a porre fine alla vita del
signor Maito, e al tempo stesso ve ne tirate fuori. I-io…
sto forse chiacchierando con un pazzo assassino?»
Naruto la guarda con
gli occhi spalancati, poi scoppia a ridere, senza riuscire a fermarsi;
la sua singolare risata si mescola al rumore della pioggia che cade
attorno a loro, e a malapena li sfiora - c’è
un’armonia insolita, un qualcosa che Hinata non ha mai
percepito.
Le piace.
Con una mano sulla
pancia e sul punto di soffocare, Naruto esclama: «Ma dite
davvero?!»
Hinata sorride.
«Mi state facendo pensare questo.»
«Ed
io…», riprese Naruto, giocondo.
«… vi darei realmente quest‘impressione?
Per favore! Hinata, a tutto c‘è un
limite!» e scoppia di nuovo a ridere. «Siete
proprio strana!»
«Se sono
così strana, perché continuate a
parlarmi?» domanda spensierata Hinata.
Il ragazzo assume un
ghigno malizioso e piano si china su di lei, mantenendo incatenati i
loro sguardi; sentendo di non potersi trattenere, sussurra:
«Perché a me piacciono le persone come te, Hinata.
E scusa se ti do del tu!»
Repentinamente le strappa un bacio.
La fanciulla ha sempre
desiderato che Naruto la baciasse di nuovo - per capire cosa sente
dentro di sé e per poter affogare in quel piacere che solo
lui è capace di farle provare.
Annaspa fra le sue
labbra, mentre lui la serra contro il suo petto per non lasciarla
andare. È troppo impetuoso, troppo vivo: le strappa gemiti
che non ha mai pensato di potergli far udire; sente il calore bollente
della sua lingua cercare la propria e trovarla, virile e anche un
po’ impacciato, come se quello fosse il suo primo bacio.
Sospira, quando quelle
labbra si posano sulla guancia e poi giù lungo il collo, per
niente esitanti.
«Non
potete farlo… non potete, q-questo è
sbagliato» balbetta senza molta convinzione Hinata,
intrecciando le dita ai capelli di Naruto e chiudendo gli occhi.
«Non vi ho dato il permesso, ve
lo vorrei ricordare...»
Naruto sbatte le
palpebre. «Perché, per queste cose bisogna
chiedere il permesso, Hinata?»
A quelle parole,
Hinata lo scruta sorpresa. «Beh, voi
non siete il mio sposo e nemmeno
sono promessa voi. Inoltre, perché
dovrei farmi baciare da qualcuno che non mi
ama?»
«Avete
creduto davvero che io non provassi nulla per voi? Va bene che sono
bravo a fingere, soprattutto con le donne, però…
e, malgrado tutti i miei tentativi per non coinvolgervi e non avervi
sempre nei miei pensieri, sono giunto alla spiacevole conclusione che
devo amarvi.»
«È
spiacevole.»
Naruto le posa un
bacio sulla fronte, beandosi del suo profumo mescolato a quello delle
rose che li attorniano. «È spiacevole
perché rischierete la vita.»
«Cosa volete
fare, Naruto?» Hinata posa una mano sulla sua.
«Quali sono le vostre intenzioni?»
L’aria
è ancora permeata dall’odore dolce e frizzante
della pioggia, ma il cielo è finalmente limpido e cosparso
di nuvole bianche; il vento è calato, delizioso.
Un carezza e gli occhi
cerulei del Namikaze si spengono, lasciando posto al buio.
«Uccidere
vostro padre e vendicare coloro a cui ha fatto del male in tutti questi
anni.»
Fine
Capitolo Otto
N o t e D e l l' A u t r i c e:
Wow, che capitolo lungo, questo, vero? XD Piccolo regalo per voi, mi
sono davvero impegnata, anche se credo sia pieno di errori di
battitura, ma quelli li correggerò in seguito, quando la mia
mente sarà di nuovo in grado di comunicarmi qualcosa xD E'
un po' andato. Allora, cos'abbiamo visto? L'unica cosa rivelante
è che Naruto è lì per vendetta - la
versione leggermente goffa e più umana di Sasuke .__. E
poi... sì, è davvero innamorato di Hinata, gente.
Cerca di rimanere inpassibile solo per non coinvolgerla nei suoi
casini, altrimenti son dolori. Tralasciando questo...
Oddio, Sasuke il
cavallo! XD Che bastardata la mia! XDXDXD Scusate, ma non sapevo che
nome dare al cavallo, così... mi sono ingegnata! Gh. Ma su,
non è il vero Sasuke u_u è solo una carognata da
parte mia, comunque.
Allora, questo
capitolo nasconde, come tutti gli altri, molti indizi. E mi stupisco
che nessuno di voi non si sia accorto di una cosa fondamentale! Gente,
su °w° vi invito a indovinare! XD Siete intelligenti,
su! u__u Ah, vedo che fate tutti il tifo per la Detective Hanabi
Hyuuga! XD Ormai la chiamate tutti così! XD In effetti...
Gh.
Allora. Ringrazio le
11 persone che hanno messo questa storia fra i Preferiti, le 2 persone
che l'hanno messa fra le storie da ricordare e le 24 che l'hanno
inserita fra le storie da seguire ^^ Grazie.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** - Parte Prima - Capitolo Nove ***
Bloody
Rose
[A
Katia, semplicemente <3]
Capitolo Nove
L’erba ha macchiato
i vestiti dei due amanti, che, sotto un albero dalle foglie
d’un verde brillante, giacciono in un silenzio colmo di
esitazione e carico di preoccupazioni.
Hinata non ha la forza
di dire nulla, oppressa dalle parole che ancora riecheggiano,
terribili, nella sua mente, portandola a provare emozioni contrastanti:
disgusto e terrore, ansia e paura, gioia e pudore.
In quel piccolo
momento, ovattato e oscuro, pensa solo a Naruto.
Poi, esitante, lo
sfiora con lo sguardo, provando a decifrarne i sentimenti, cercando di
carpirne almeno qualcuno - cercando almeno un briciolo di pentimento in
parole tanto pesanti.
Vacilla
perché non ne scorge e sospira, greve.
«È
proprio come ho detto: voglio togliere lentamente la vita a vostro
padre, vendicarmi.»
Le parole di Naruto suonano aspre e ruvide; non traspare
pietà in esse, né tantomeno nei suoi occhi cupi.
«Far
sgorgare tutto il sangue che attraversa il suo corpo e ridere di gusto
dinanzi a questa scena. Mi trovate cattivo, Hinata? Vi paio un
assassino senza pietà, come avete supposto
poc‘anzi? Se è così, confermo e non
rido, ma me ne compiaccio.»
«Ne rimango
ferita io stessa, come potete immaginare, e non so se risentirmi di
questo o piangere senza posa. Mi state dicendo che volete uccidere
brutalmente l‘unico genitore che mi è rimasto! Non
so cosa vi spinga, ma ciò è…
inammissibile.»
Naruto ride,
accigliato. «Le vostre parole paiono incerte: non siete
terrorizzata e nemmeno così contraria come volete far
sembrare. Ditemi, voi amate davvero Hiashi?»
Confusa, Hinata sbatte
velocemente le palpebre e senza fiato sussurra: «È
mio padre.»
«Non
necessariamente si deve amare qualcuno perché si ha, con
questi, un legame di sangue: lo insegna anche il passato. Io vi sto
chiedendo una cosa differente, Hinata, e vi invito a rispondere con
maggiore sincerità» ribatte Naruto, posandole una
mano sulla guancia fredda e bagnata dalla pioggia, gli occhi
d’un azzurro spento puntati nei suoi.
Cosa prova davvero? Ha
mai amato suo padre quanto la sua defunta madre? Ma questi dettagli...
non può certo covare ancora odio nei suoi confronti: ha
imparato ad accettare in silenzio. Oppure no?
«Che io ami
o meno mio padre, non è affar vostro. Qui si parla di
togliere la vita a un essere umano e vi sono contraria. Molto
contraria. Questo non si fa, non…»
«È
una mia impressione, o avreste accettato la morte di Gai Maito se ne
fossi stato implicato? Allora perché, se non amate vostro
padre, siete contraria al suo…»
«Io non vi
avrei accettato se foste stato davvero voi, Naruto! Non potete
affermare…»
«Mi
amate!» Naruto lo afferma deciso, gli occhi attraversati da
un lampo di gioia. «Per questo siete così egoista.
Per questo fareste passare sotto silenzio le mie azioni, accettandole.
Inoltre, il comportamento che vi viene riservato mi fa dedurre che per
lui non contiate niente.»
Parole taglienti
poiché vere. «Non posso macchiarmi di questo, non
voglio che lo uccidiate.»
«Non siete
l'unica a essere egoista, Hinata. Ho sopportato troppo nel vederlo
deridere gli altri e passare inosservato soltanto perché
amico della regina Vittoria, privilegiato senza motivo. Facile blandire
i più grandi e compiacersene, fare quello che più
si può e in modo del tutto criminoso - come fa lui quando si
sposta per affari - non lo pensate anche voi?»
Hinata scuore il
capore, le sfugge un gemito strozzato. «Non so di cosa stiate
parlando, ma coinvolgere addirittura la Regina! Naruto, sono poche le
cose che sopporto e voi…»
Il ragazzo scoppia a
ridere, poi l’afferra e la stringe a sé, rapido.
«Non balbettate più, sapete?»
«C-come?»
Hinata spalanca la bocca per la sorpresa e arrossisce a contatto col
suo calore.
Una mano le scompiglia
dolcemente i capelli. «Scusate, non ho potuto non notarlo.
Sono così abituato a udirvi balbettare con voce flebile che,
quando vi ho sentita rimproverarmi in quel modo, ridere mi è
parso spontaneo. In più odio i discorsi seri, sono
noiosi.»
«Stiamo
parlando di omicidio, Naruto. Omicidio.»
«Non potete
immaginarlo, ma anche quello è noioso. Parlarne e uccidere.
Cose noiose. Odio con tutto me stesso questo tipo di azioni, eppure
sono costretto a compierle.»
Hinata alza il capo e
lo guarda ansiosamente. «È forse il vostro lavoro,
messere?»
«No, mi
spiace. Sono solo un povero duca che deve pagare i debiti del padre, in
un modo o nell‘altro. Ma, se proprio lo volete sapere, lavoro
anche per la Regina - quando capita.»
Tutte queste
informazioni la stanno mandando in confusione; sembra che il passato e
l’identità di Naruto Minato Namikaze non conoscano
un limite definibile, continuando a sfornare sorprese che ben poco
paiono accostarsi davvero alla realtà - eppur ci crede,
Hinata.
Il cinguettio
persistente di alcuni uccelli spezza il silenzio, e s’accosta
alla mano che lentamente le accarezza il capo, intrecciando le dita ai
suoi capelli lunghi e morbidi come la seta - con
un'affettuosità a dir poco incredibile, se si considera che,
poco prima, quella stessa mano si è stretta a pugno,
grondante d’odio.
«Adesso,
Lady Hinata Hyuuga, sarà meglio che vi porti alla tenuta o
starete molto male.»
«Ma...
come intendete portarmi?»
Un ghigno.
«Io sono forte: portarvi in braccio fino ai cancelli non
sarà difficile», mentre lo dice, Naruto la prende
delicatamente fra le braccia e spinge il suo viso contro il proprio
petto. «No?»
Il cavallo galoppa
veloce in mezzo ai prati, saltando rapido alcune buche piene di fango,
e nitrendo, quando il frustino si abbatte fugace su di lui, spingendolo
a correre disperatamente.
«Avanti! Hop,
Hop!»
Hanabi si copre gli occhi con una mano per ripararsi dal sole che
spunta fra le nuvole grigiastre e osserva il panorama con un sorriso
appena accennato, spensierata come mai lo è stata in quei
giorni di cattivi presagi e morti pericolose.
Scosta un capello che
le si è posato sulle labbra e lo lascia andare in balia del
vento assieme agli altri, selvaggia e gioiosa, curandosi poco di
ciò che l’attornia.
Quando ha cominciato a
piovere si è riparata sotto un enorme faggio e ha legato il
suo cavallo, Felix, perché non scappasse al tuonare
improvviso del cielo. Poi ha aspettato pazientemente finché
tutto non è tornato calmo, consentendole di riprendere la
cavalcata.
Chissà dove si sono
cacciati quei due. Ah, ma che importa!, si dice, quando
intravede il sentiero.
È quasi
vicina ai giardini esterni della tenuta Hyuuga, in cui è
solita passare le giornate per non correre il rischio di incontrare il
padre o qualcun altro: è il suo luogo segreto, quello usato
dalla mamma quando era ancora in vita.
Ha tuttora ricordi
fugaci di lei, e sono tristi.
Lo scalpiccio di un
altro cavallo attira la sua attenzione, distogliendola da quei
pensieri.
Volta la testa e
scorge un puledro dal manto fulvo accompagnato da altri due, uno nero
come la notte e uno marroncino, familiare: aguzza lo sguardo e si rende
conto che si tratta di Sasuke e Bya. Non capisce perché
siano soli e, soprattutto, accompagnati da uno sconosciuto!
Tira indietro Felix e
lo dirige verso i tre cavalli, lo sguardo attraversato da lampi di
gelo.
Quando blocca loro il
passaggio, scorge finalmente in viso colui che li sta portando: ha gli
occhi scuri e la carnagione abbronzata, i capelli castani scompigliati
si muovono a ogni folata impetuosa del vento. Ha qualche anno
più di lei, come minimo.
«Scusatemi,
ma questi sono i miei cavalli, signore» sibila acida,
lanciandogli un’occhiata sferzante. «Vi pregherei
di lasciarli a me e di dirmi dove li avete presi!»
Il giovane alza le
mani, mentre un sorriso a dir poco selvaggio trasforma i suoi tratti.
«State calma, non vedo perché dobbiate attaccarmi
così! Li ho trovati vicino al fiume, terrorizzati.»
«Chi vi ha
detto di prenderli?»
«Nessuno. Ma
erano lì da soli e, malgrado io abbia aspettato che qualcuno
li venisse a recuperare - per minuti interminabili devo aggiungere -
nessun uomo o donna si è fatto vivo,
quindi…»
«Non li
avete rubati?» domanda scettica Hanabi, spostando lo sguardo
da lui ai cavalli.
Lo sconosciuto sbuffa.
«Mi accusate ingiustamente, donna. Perché, mi
spiace, io non ho rubato niente. Voi, piuttosto! Come posso accertarmi
che siate davvero la loro padrona?»
La Hyuuga schiocca la
lingua ed esclama: «Bya, Sasuke, venite qui. Subito.»
In automatico, i due
cavalli scattano in avanti, liberandosi dalla presa del giovane;
affiancano Hanabi e cercano la sua mano, obbedienti.
Un ghigno.
«Li trattate come cani, signorina».
«Cosa?!»
Hanabi riduce gli occhi a due fessure, colpita da
quell’affermazione. «Siete un villano!»
«E voi una
ragazzina impertinente e pestifera. Una donna dovrebbe avere qualcosa
in più, e voi, ovviamente, non possedete nulla di tutto
ciò. Vi mancano femminilità, gentilezza e
umiltà. Siete... un uomo travestito da donna.»
Lo sconosciuto batte una mano sul collo del suo cavallo e sorride,
beffardo. «Mi spiace, ma adesso devo andare: mi aspettano.
Arrivederci!».
Prima che Hanabi possa
urlargli contro qualche ingiuria, il ragazzo la supera, lasciandola da
sola insieme a Sasuke e Bya, che spalancano gli occhi alla vista del
colorito leggermente rossastro assunto dalla Hyuuga.
«Quel
selvaggio!»
«Io proprio
non capisco come diamine avete fatto a far fuggire i cavalli, Minato!
Cioè, posso capire Bya, ma Sasuke! Avreste dovuto legarlo
per evitare che si desse alla fuga! Siete proprio uno sconsiderato. E
mi dovrei stupire, adesso?» sbraita Hanabi, impetuosa,
osservando il ragazzo accasciato sulla sedia di fronte al letto di
Hinata, sbalordita dalla rabbia mostrata dalla sorella minore.
Il biondo mugugna
qualcosa; poi borbotta ad alta voce, stanco: «Sasuke
è un cavallo cretino.»
«Anche voi
lo siete, se è per questo» commenta Hanabi, acida.
«Come spiegherò a nostro padre la ferita di
Hinata? Eh? Me lo volete spiegare voi, che siete tanto
intelligente?»
«Dirò
che è colpa mia, che sono voluto uscire e vi ho portate con
me. Fine.»
«Non
risolveremo niente.»
«E cosa
volete che faccia?»
«Beh,
guarite mia sorella!» sbotta Hanabi; poi, con finto candore,
aggiunge: «Ops, ma non potete! Perché siete un
somaro che non sta attento al minimo pericolo!»
Gira i tacchi ed esce
dalla stanza, sbattendo la porta. Dopo alcuni minuti sentono le urla
della piccola in direzione di una sventurata Tenten.
Naruto fissa Hinata:
«Vostra sorella è da rinchiudere in manicomio, ve
lo posso assicurare.»
Non sono l’unica a
pensarlo. «Credo che sia preoccupata. Nostro
padre non… la prenderà affatto bene.»
«Perché,
prende bene qualcosa, quello?» mugugna il duca, posando la
fronte sul ventre della Hyuuga, stesa sul letto e paziente; il dottore
le ha fasciato la ferita consigliandole di non muoversi per almeno un
giorno.
Hinata si morde il
labbro inferiore e, tentennante, posa una mano sul capo del giovane,
iniziando ad accarezzarlo con tenerezza. «Naruto, mi dovete
promettere che non lo farete arrabbiare.»
«Come se
fosse facile» Naruto chiude per un momento gli occhi,
abbandonandosi a lei. «Avete un buon profumo,
Hinata.»
Le mozza il fiato.
«G-grazie…»
«Non sono
abituato a fare complimenti. Uhm, però con voi mi riesce
almeno un po‘» la scruta e abbozza un sorriso.
«Siete bellissima, Hinata Hyuuga. Sono pazzo di
voi.»
Da un momento
all’altro sarebbe svenuta, davvero!
«I-io…»
«Calmatevi,
non vi ho detto nulla di così imbarazzante. Nemmeno quando
vi ho confessato che vi amavo avete reagito così. Nessuno vi
ha fatto questo tipo di complimenti in passato?»
«In effetti
nessuno mi ha mai… corteggiata così, no. Non mi
è mai capitato» ammette Hinata, assalita
dall’imbarazzo.
«C-comunque…
è meglio che torniate nelle vostre stanze; da un momento
all‘altro mio padre farà ritorno e non
sarà di buon umore.»
«Siete
sicura?» Naruto la studia con attenzione.
«Ricordatevi, Hinata, che vi difenderò. Quindi non
lasciatevi abbattere».
Hinata sorride.
«Va bene. Ora andate.»
«Un‘ultima
cosa! Perché non iniziamo a darci del tu? Quando siamo soli,
intendo… non mi piacciono queste formalità, credo
sia chiaro. E poi siete mia! Posso usare il ‘voi’
nei confronti della mia donna?»
«N-Naruto!»
«Che
c‘è? Che ho detto?»
«Non sono
ancora la vostra… donna.»
«Oh, Cristo.
Hinata, io ti amo, tu ami me! Se non sei la mia donna, allora vorrei
capire cosa sei. Un'amica? Non credo.»
Hinata
l‘osserva prenderle la mano e baciarne il dorso.
«Va bene, ho capito.»
Naruto annuisce, poi
sorride. «Mi è venuta fame (magari riesco a
convincere Temari a preparare la cena con una mezz‘oretta di
anticipo!). Beh, già… direi che mi conviene
andare! Stai attenta. Tornerò prima di quanto
immagini.»
Caro
Naruto,
Mi
dispiace ammetterlo, ma anch’io penso che tu ti stia cacciato
irrimediabilmente nei guai, e non posso non compatirti. Tuttavia
abbiamo deciso insieme, io e te, di portare a termine tutto questo per
il bene di nostra madre e di Rin, che si sta crucciando a causa sua.
Posso
comprendere quello che provi, ma ti invito a riflettere con attenzione
sulle tue azioni: se lascerai che il cuore prenda il sopravvento,
dovrai cambiare i tuoi piani; al contrario, se caccerai via ogni
sentimento, le probabilità di uccidere Hiashi Hyuuga saranno
ben più alte.
Non
nascondo la mia ansia per questa situazione, perché vorrei
essere lì con te, darti manforte in questo momento difficile
e confuso.
Le
cose, qui, si stanno complicando ancor più: le condizioni di
nostra madre si sono aggravate, non so per quanto tempo ancora
vivrà - temo di dover organizzare un funerale da solo,
fratello. Mi domando se riuscirò ad affrontare questo e a
mandare avanti gli affari che nostro padre ci ha lasciato, tanto
più che occuparsi dell’educazione di Rin si sta
rivelando asfissiante quanto difficile: è diventata una vera
e propria peste, sembra che la dolcezza che l’ha sempre
contraddistinta sia svanita pian piano da quando te ne sei andato; le
manchi, questo è ovvio. Ha paura di perdere anche te per
questa assurda vendetta - la nostra assurda vendetta.
Qualche
giorno fa è venuto a farci visita il signor Sarutobi, il
figlio di Asuma, hai presente?
Riferisce
di aver sentito dire da alcuni che Hiashi Hyuuga ha appena concluso
degli affari con la contessa Tsunade. Al ché, mi sono
informato io stesso recandomi in visita da lei, ma da quello che ho
osservato... la nostra cara zia non ha gradito lo scambio con il
signore: ha parlato duramente di lui. Se non fosse stato per
necessità, è probabile che l’avrebbe
allontanato in malo modo - conosci il carattere di Tsunade meglio di
me, essendo stato sotto la sua tutela per anni.
Ma
dimmi: la signorina Hinata è davvero così bella
come tanto ti impegni a descrivere? O il tuo cuore è troppo
perso di lei, per giudicarne realmente la bellezza? E la signorina
Hanabi? Da quel che ho compreso, la giudichi in maniera un
po’ affrettata e superficiale, basandoti solo su attimi
fugaci dettati certo dal fatto che ti considera ancora un estraneo.
Ricorda, però, che tu sei solo un ospite di Hiashi; sei
lì per affari di estrema importanza, non per conoscere le
sue figlie, né tantomeno per rubare il cuore a una di loro.
Come già detto, fai attenzione a quel che fai.
Vai
cercando guai, fratello! Questa pessima abitudine persiste in te, sono
costretto ad ammettere.
Residui
degli insegnamenti di Jiraya? O, più semplicemente, il
rischio ti piace ancora?
Sono
quanto più curioso di sapere come evolveranno le cose, e
t’invito a raccontarmi tutto al più presto - onde
evitare di venire a sapere da qualcun altro che sei morto, o
è morto lui.
Dimenticavo
(ultimamente mi capita con una frequenza spaventosa): non coinvolgere
quella fanciulla nell’omicidio, abbi almeno la coscienza di
non macchiare anche le sue mani, Naruto! O dovrai fare i conti con
questo.
È già abbastanza il sangue che macchia
le tue…
Questa
sarà l’ultima volta, mi auguro.
L’ultima. Poi sarai di nuovo qui con noi, forse insieme a
Hinata, o più semplicemente non tornerai - non dico che
morirai, ma hai il brutto vizio di sparire nel nulla per i tuoi affari.
Prima o poi mi farai venire un colpo, fratello!
Ora
devo lasciarti: Rin non vede l’ora di andare a trovare gli
Uchiha (penso si sia presa una sbandata per Obito, il cugino minore di
Fugaku. Credo di non essere pronto per questo!).
Un
abbraccio caloroso,
Minato
Namikaze.
«Nessuno ti
ha insegnato che le lettere altrui non si leggono?»
Sai alza il capo e
sorride con disinvoltura. «Non pensavo che ve la sareste
presa a male.»
Naruto si scompiglia i
capelli e chiude la porta.
Scruta
l’intruso per qualche secondo, prima di dire:
«Abusi troppo delle libertà che Hiashi ti
conferisce, così come abusi della mia pazienza. Non capisco
perché tu debba sempre farmi saltare i nervi.»
Sai osserva il biondo
buttarsi nel letto, visibilmente stanco, e posa la lettera sulla
scrivania; si mette bene seduto e in direzione del Namikaze, il viso
apparentemente privo di emozioni.
«Non vi
faccio saltare i nervi di proposito.»
«Sai.»
«Sì?»
Naruto lo fissa con un
occhio solo, scontroso. «È da quando eravamo
piccoli che ti comporti in questo modo e ORA mi vieni a dire che, in
tutti questi anni, i tuoi sono stati gesti non voluti?!»
Un colpo di vento si
abbatte contro la finestra, aprendola; il freddo si propaga per la
stanza.
Sai si alza e la
richiude, sempre con la solita espressione - questa volta accompagnata
da un lieve sorriso. «Non comprendo la vostra reazione,
comunque mi è indifferente. Più che altro, vorrei
sapere cosa state combinando: Hiashi si è accorto che lo
state prendendo in giro, Naruto.»
«Cambia
qualcosa?»
«Sì.
Cambia tutto.»
«Non
è un tuo compito fare in modo che quel bastardo non sospetti
nulla?»
Il servo guarda fuori
dalla finestra, attento. «In questo caso mi è
difficile, visto che vi siete innamorato della giovane Hinata - anche
Hiashi Hyuuga se n‘è reso conto.»
«Dannazione»
Naruto si mette a sedere. «In questo caso hai ragione.
Dovrò... cambiare il piano e avvertire Minato. Spero che
anche tu…»
«Ho fatto
tutto ciò che mi avete ordinato, non vi preoccupate. Attendo
altre istruzioni.»
«Per il
momento comportati come sempre hai fatto, ne riparleremo poi. Adesso
dimmi: hai controllato i documenti di Hiashi?»
Sai annuisce.
«Ho verificato i movimenti da lui effettuati il 24 Agosto del
1845 e poi il 27, ma non ho trovato molto, se non un affare portato a
termine con Kakashi Hatake».
«Eh? Mio
cugino? Bene, allora bisognerà parlare con lui. Hai
altro?»
«C‘era
il nome di vostro padre il giorno 26, ma non c‘erano
annotazioni: solo nome e cognome.»
«Bastardo»
digrigna i denti, Naruto, affondando le unghie nel palmo della mano,
fuori di sé dalla rabbia. «Controlla ancora,
rovista ovunque... ma trovalo. Voglio quel documento.»
«Come
desiderate. Ah, ho scoperto un‘altra cosa e non so quanto vi
piacerà.»
Il servo socchiude leggermente gli occhi neri.
Naruto lo fissa a
lungo, prima di dire: «Vai avanti.»
Sai annuisce, poi si
volta.
Chiude le tende e il buio cala, annullando la luce della luna.
Un gemito di dolore si
propaga per la stanza. Un caldo asfissiante attacca la sua pelle,
coperta da un velo leggero di sudore.
Le candele conferiscono alla stanza un ché di spettrale e
aumentano la sua disperazione.
Scuote il capo, le
lacrime agli occhi. «Non lo f-farò più,
lo p-prometto!» grida, graffiando il pavimento.
Le sue parole si
perdono nell’aria rovente, la stessa che le brucia gli occhi
e che la costringe ad abbassare il capo in un gesto di rivoltante
sottomissione.
Mai dolore fu
più grande di quello che le viene inflitto, mai sembra avere
fine.
Mai.
«Adesso lo odi,
Hinata?»
Fine
Capitolo Nove
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** - Parte Prima - Capitolo Dieci ***
Bloody Rose
[A Katia,
che è
sempre gentile con me, anche quando scrivo da schifo xD
Che mi fa notare i
miei errori quando sono evidenti e che
mi ha aiutata a
crescere come scrittrice - sì, esatto, anche tu mi hai
aiutata
a modo tuo e ti
ringrazio tanto!^^]
Capitolo
Dieci
Quel giorno la zuppa
non sa di niente.
Naruto posa il
cucchiaio sul piatto e sospira, rivolgendo gli occhi a coloro che
pranzano silenziosamente, mentre la voce della cuoca, Temari, si alza
per impartire minacciosi ordini.
Non
c’è nessuno oltre a lui e ai servi, in cucina, ma
non può sorprendersi della cosa: si è svegliato
tardi e gli è toccato pranzare da solo e addirittura nelle
cucine, insieme alla servitù.
Da quel che gli ha
detto Ino, Tenten non è riuscita a svegliarlo nemmeno
urlando - forse nemmeno buttandogli addosso un secchio
d’acqua sarebbe riuscita nell’impresa: Naruto ha il
sonno pesante come quello dei sassi.
Eppure non ha pensato
di avvertirle di questo piccolo difetto, il Namikaze, perché
è preso da pensieri ben più importanti e non fa
altro che brontolare sottovoce, in attesa del momento in cui
potrà prendere Hinata da parte e parlarle.
‘Ah!
Ma si trattano così gli ospiti? Hiashi meriterebbe la morte
anche solo per questo affronto!’
«Non avete
più fame?»
Temari sbatte un
piccolo ventaglio accanto al suo piatto, strepitante. «Se non
vi piace quello che ho preparato, potete anche dirlo!»
Temari non è
esattamente cortese con gli ospiti, si dice il biondo,
irritato. «Invece è buono».
«Allora
mangiatelo. Avanti.»
«Beh…»
«Mio
signore, vi pregherei di fare in fretta. Fra qualche minuto Shiho
dovrà lavare pentole, piatti, bicchieri e posate, di
conseguenza necessiterà anche del piatto che state usando
ormai da un‘ora per mangiare la vostra minestra.»
La mia insipida minestra.
«Vedrò
di consumare tutto nel giro di pochi minuti, signora.»
La porta della cucina
si chiude alla sue spalle mentre cerca con gli occhi un posto in cui
nascondersi, onde evitare che Temari lo uccida con un coltello da
macellaio e nasconda il suo cadavere in un pozzo - magari facendolo
prima a pezzi.
Ma questo succede
quando la zuppa è ormai gelata, immangiabile, e la cucina
bollente.
Alcune risate attirano
la sua attenzione: abbandona le urla della bionda e si rivolge a
Hiashi, che discorre tranquillamente con un amico di vecchia data, un
tale di nome Kakuzu. Dal quel poco che ha potuto sentire, Kakuzu
è formidabile negli affari, un vero asso. Non ha modo di
rilevare quanto sia bravo, ma poco gli interessa. In fondo,
quell’uomo non è affar suo.
Catalizza la sua
attenzione su Hanabi, impegnata nella lettura di un romanzo dalle
innumerevoli pagine, e subito dopo, appurato il poco interesse per la
minore delle Hyuuga, sfiora con lo sguardo Hinata, anch’essa
presa dalla lettura.
«Buongiorno,
Hinata» Naruto si siede accanto alla giovane e lancia
un’occhiata al libro. «Solo adesso mi rendo conto
che siete un‘amante della letteratura.»
La Hyuuga annuisce, ma
non stacca gli occhi dal romanzo. «S-state usando il
‘voi’, signore.»
Naruto sorride.
«Vicino a noi c‘è vostro padre,
Hinata» si copre la bocca con la mano e le fa
l’occhiolino, prudente. «Perdonami.»
Hinata sospira.
«Ho c-capito.»
«Non
sembrate di buon umore. E‘ successo forse
qualcosa?», chiede il Namikaze dopo qualche secondo, cercando
di capire perché, nel tono usato dalla Hyuuga, spicchi una
nota quasi amara, che stona con la sua tipica dolcezza. «Si
direbbe che non siate contenta della mia presenza.»
Hinata sobbalza,
sconcertata. «N-non è vero, sono solo troppo presa
da questo racconto. È… molto triste.»
Naruto ne scruta la
copertina marrone, afferrando una sola parola: Shakespeare.
«William
Shakespeare non era un drammaturgo, un poeta? Non scriveva opere
tragiche e cupe come l‘Otello, forse?», il biondo
ride. «Amate le sue opere, Hinata?»
«Sì.»
«Qual
è la vostra preferita fra tutte?»
A quella domanda gli
occhi lilla della giovane paiono illuminarsi. «Romeo e
Giulietta.»
«Un
classico.»
Hinata lo guarda.
«Sapete molto al riguardo? Da come ne parlate, pare ovvio che
sia così.»
«Mio
fratello ha sempre amato l‘opera, per questo conosco assai
bene i drammi teatrali di Shakespeare. Anche se li trovo fin troppo
cupi per i miei gusti.»
Naruto bbassa gli
occhi sul pavimento lucido, pensieroso.
«Senti,
perché non…»
«Hinata,
vieni un attimo qui, ti devo parlare.»
La voce di Hiashi
spezza le parole di Naruto che, indignato, osserva la corvina
abbandonare lui e il suo libro per recarsi dal padre, cupa.
«Anche se
oggi sta meglio e la gamba non le fa più male, non riuscite
comunque a parlarle.»
Naruto sospira,
volgendo il proprio sguardo verso Hanabi. «L‘avete
notato?»
La Hyuuga si siede al
posto della sorella, continuando a tener fissi gli occhi sul padre.
«Come non farlo? Si vede lontano un miglio. Inoltre non mi
riesce difficile immaginare che sia stato proprio mio padre a ordinare
a Hinata di evitarvi, Minato.»
Naruto trattiene a
malapena un guizzo. «E perché mai?»
«Shh»
soffia la piccola Hyuuga, fredda. Poi: «Ascoltate e
capirete.»
Un bicchiere di vino
rosso cozza contro un altro.
«Kakuzu, vi
presento mia figlia Hinata» la voce del capostipite suona
tronfia, quasi. «Vi ho spesso parlato di lei in
passato.»
«Sì,
lo ricordo.»
La mano enorme
dell’uomo si chiude attorno a quella piccola di Hinata, che
pare non gradire quel gesto di semplice cortesia - ciò
nonostante, dissimula il tutto con un sorriso appena contratto e un
inchino. «È un piacere conoscere un socio
di mio padre.»
«Di cosa vi
occupate di preciso?»
«Gestisco
alcuni conti per la banca della città».
Nella sua voce un
qualcosa stona, ma nessuno lo nota, e la conversazione prosegue senza
intoppi.
«Kakuzu
è il migliore - non solo di questa città, ma
bensì dell'intero paese» aggiunge Hiashi.
Hinata annuisce
vagamente - «L-Lo posso immaginare…
c-cioè, non ne dubito, ecco.»
Risate.
«Già, lo sono.»
«Parteciperete
anche voi al ballo in maschera che si terrà questa sera,
messere?»
«Sono stato
invitato da vostro padre: come rifiutare un così importante
invito?»
A domanda non si
risponde con una domanda.
Gli occhi cerulei di
Naruto si stringono.
«Cosa sta
succedendo?» si volta verso Hanabi, che fissa il paesaggio al
di fuori della finestra aperta: quel giorno il sole è
gradevole, il clima sereno.
Un battito di ciglia
si aggiunge agli altri particolari. «Kakuzu è un
uomo molto importante, e nostro padre lo apprezza sia come
collaboratore, che come persona. Potete quindi ben immaginare cosa sto
cercando di farvi vedere e, se siete così intelligente come
sembrate, afferrerete il senso di tali allusioni.»
Naruto torna a
guardare il trio poco distante da loro, la fronte corrucciata: una
molla scatta all’improvviso e la consapevolezza arriva,
lenta, ma abbastanza concreta da fargli comprendere le parole della
sorella minore delle Hyuuga.
Nel silenzio della sua
mente, urla.
«Certo, non
lamentarti! Rimani in silenzio e aspetta che quel grande uomo che
è nostro padre decida come più piace a lui;
così mi dirai quanto sei felice, soprattutto quando ti
ritroverai sposata a quell'energumeno di Kakuzu!»
Hanabi tira le
stringhe del corpetto con tanta forza da mozzare il fiato a Hinata, che
si aggrappa a una colonnina del letto per la sorpresa.
C’è
silenzio nella camera, mentre dal pianterreno giungono le voci degli
invitati che si ammassano nella sala, in attesa che cominci la vera
festa.
«N-non lo
lascio fare affatto» mormora Hinata, ferita
nell’intimo.
Hanabi sbuffa.
«Lo lasci sempre fare, non è una
novità.»
«Anche tu,
però…»
«Io mi
faccio rispettare da nostro padre e così
continuerò a fare. Ho preso tante cose da lui, e una di
queste è la cocciutaggine: checché ne dica,
continuerò a fare come pare a me, sorella.»
«E il
matrimonio?» le ricorda Hinata, previdente. «Gli
dirai di no e aspetterai quello giusto? Un marito fatto per te, da
amare?»
Non le ha mai fatto
simili domande con un tono tanto vivace, e Hanabi si ferma per lo
stupore, gli occhi leggermente spalancati e guardinghi.
«Affatto.»
Quell’unica
parola suona sprezzante.
Hinata si volta e la
scruta. «Cosa intendi per ‘affatto‘? Vuoi
che scelga nostro padre?»
«Ti
sbagli» Hanabi si allontana da lei per osservarla meglio, poi
sorride. «Io non mi voglio sposare, non ci penso nemmeno.
Voglio rimanere sola per tutta la vita e senza uomini che possano
comandarmi a bacchetta.»
Pare che quella
prospettiva, che a molte giovani donne sarebbe sembrata terrificante,
per Hanabi Hyuuga non sia altro che il sogno d’una vita
intera.
Con la maschera a
coprirgli il viso, Naruto è pressoché
irriconoscibile fra gli ospiti di Hiashi.
Accanto a lui cammina
un silenzioso Sai, anch’esso nascosto da una buffa maschera
color indaco, che spicca brillante fra tutte le altre.
«Odio le
feste» bofonchia di malumore Naruto, quando riesce a evitare
una ragazza dal peso non calcolabile che gli si è
avvicinata, chiedendogli di ballare con lei, e lancia
un’occhiataccia a Sai. «Tu invece mi sembri a tuo
agio. Hai partecipato ad altri ricevimenti come questo?»
Il servo annuisce
piano. «Hiashi mi porta sempre con sé per non
correre rischi - sono pur sempre la sua guardia personale: se non ci
fossi, correrebbe sicuramente parecchi pericoli.»
«Se
è così perché adesso non sei in sua
compagnia? Se restiamo insieme…»
«Hiashi non
mi riconoscerà; per non destare allarmismi di natura inutile
mi camuffo in modo tale che nemmeno lui possa identificarmi,
così posso lavorare meglio.»
«Quindi…»
«Sì?»
Naruto inarca un
sopracciglio. «Eri presente quando hanno ucciso Gai Maito,
Sai. O sbaglio?»
Un sorriso finto.
«Certamente».
«E posso
sapere, amico, chi diamine ha ucciso quell‘uomo? Oppure
è un segreto di stato?»
«Segreto.»
«C‘entra
Hiashi?»
«Segreto.»
Naruto grugnisce.
«Prima o poi ti costringerò a
rivelarmelo», le sue labbra si piegano in un sorrisetto
maldicente che induce Sai a scrutarlo meglio. «Ricorda chi
sono i tuoi veri padroni».
«I
Namikaze.»
«Bravo, vedo
che lo rimembri. Ora, per favore, dimmi chi…»
«Ehi,
voi!»
Naruto si blocca e
alza gli occhi azzurri verso la voce femminile che lo ha interrotto:
non lontano da lui e Sai, una donna dai corti capelli rosa lo fissa
attraverso una maschera di farfalla; accanto a lei, un ragazzo dai
cappelli corvini li ignora, preso da una conversazione con un altro
gentiluomo.
Il Namikaze riconosce
quella voce, ma non capisce di chi possa essere. «Parlate con
me?»
«Esatto. Non
mi riconoscete? Eppure non è passato molto tempo,
dall‘ultima volta in cui ci siamo parlati» la
ragazza sorride. «Non ditemi che siete sciocco come
allora!»
Naruto sobbalza.
‘Siete
uno sciocco, un maleducato e non sapete nemmeno cosa sia
l’educazione!’
‘Io
non voglio essere come gli altri nobili. Quindi prendetemi
così e facciamola finita, Sakura.’
‘Non
cambierete mai! Non vi sopporto più, sparite!’
«Santo
Iddio.»
Naruto afferra la
propria maschera e la alza, senza fiato. «Siete voi, Sakura
Haruno!»
Quando la maschera di
farfalla scivola dal volto della donna, un paio d'occhi verde smeraldo
incrociano quelli azzurri di un pietrificato Naruto.
Sai li osserva, mentre
il vociare delle persone si trasforma in un fastidioso brusio di
sottofondo. «Prevedo guai.»
E non ha tutti i torti.
Fine
Capitolo Dieci
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** - Parte Prima - Capitolo Undici ***
Bloody
Rose
[A Katia,
che si sarà stancata di tutte queste dediche xD
Ma non ne posso fare a meno! E' dedicata a te, che ci posso fare?
Sempre a te, bella^^]
Capitolo Undici
Sakura lo guarda con
un sorriso.
L’idea di
poterla incontrare non l’ha mai sfiorato, benché
in passato abbia sperato in una cosa del genere. Ma in quel momento, in
quel luogo e in quell’occasione... non riesce a crederci.
Così la
fissa con gli occhi spalancati per la sorpresa, mentre Sai afferra un
bicchiere di vino che uno dei servitori porge loro e osserva la scena
con curiosità.
Okay, questa non deve essere la
mia giornata fortunata, pensa Naruto, cercando di
sorridere alla ragazza che sussurra qualcosa al suo accompagnatore, un
ragazzo dall’aria tenebrosa.
Solo in quel momento
il giovane si accorge di quanto sta accadendo e segue Sakura, forse
domandandosi
‘chi diamine è quello’?
Non pare il tipo di
persona che pensa certe cose, tuttavia Naruto non lo esclude,
considerato come lo guarda male.
«Non mi
aspettavo d’incontrarvi qui» commenta Sakura, una
volta dinnanzi a lui. «È da anni che non ci
vediamo.»
«Cinque, per
l’esattezza» soggiunge Naruto, imbarazzato.
«Come state?»
«Oh, molto
bene, grazie. Vorrei presentarvi mio marito» la donna sorride
e volge lo sguardo in direzione del ragazzo dall’aria cupa.
«Lui è Sasuke.»
Questi si leva la maschera un attimo dopo, rivelando il proprio viso.
Uchiha.
Un cognome a cui
Naruto è affezionato.
Non altrettanto alla
persona che capisce di avere davanti.
«Chi si
rivede...»
Sasuke fa per dire qualcosa, ma Sai tossisce rumorosamente e si para di
fronte a Naruto.
«Il
mio signore in questo momento non ha tempo di conversare con voi,
signore. Mi spiace interrompervi, ma dovremmo andare» gli
occhi neri del servo restano fissi su Sasuke, che lo guarda
impassibile, per poi calare di nuovo la maschera sul proprio viso.
Sakura assume un'aria
sorpresa, dopodiché i suoi occhi scattano dal biondo al
moro, interrogativi. «Beh, se davvero Naruto ha
così tanto da fare, non muoveremo obiezioni. Ma spero di
rivedervi presto: abbiamo molto di cui parlare.»
«S-sì,
certamente» esclama Naruto, preso alla sprovvista.
Poi Sai lo afferra per un braccio e lo trascina via, noncurante.
Hanabi scruta la folla
che l’attornia. «Che noia.»
«Hai detto
qualcosa?» domanda con noncuranza Hiashi, interrompendo la
sua conversazione con Kakuzu per scrutarla. «Devo dire che la
maschera che hai scelto ti dona molto, figlia mia.»
«Grazie,
padre», posso
contare sulle dita di una sola mano tutte le volte in cui mi hai fatto
un complimento, sai? «Mi domando dove siano
Minato e Hinata. Non riesco a scorgerli.»
«Non ti
preoccupare, saranno da qualche parte con gli ospiti. Piuttosto, hai
per caso parlato con il signor Sarutobi? Lui e suo nipote dovrebbero
essere nei paraggi, ma non ho avuto modo di appurarlo.»
«No, non ho
avuto questa possibilità» risponde Hanabi, seccata.
«Allora
dovremo cercarli… ah, no! Eccoli lì, si stanno
avvicinando. Sii educata, Hanabi.»
Il solito ordine.
Hanabi
annuisce trattenendo il nervoso, e fissa i due uomini che li salutano
con un sorriso, fermi dietro un gruppo di signore dall’aria
pettegola.
«Hiashi!
Quanto tempo è passato!»
A parlare è
un vecchio sulla sessantina, il signor Hiruzen Sarutobi. Si avvicina e
tende una mano per salutare in direzione del padre di Hanabi, che li
guarda con una certa curiosità, ignorando il ragazzo che la
scruta palesemente annoiato.
«Hiruzen,
che piacere. Ah, ma ecco vostro nipote. È cresciuto molto
dall’ultima volta che ho avuto occasione di vederlo. Siete un
giovanotto, ormai, Konohamaru.»
«È
un onore rivederla, signore.»
Il giovane di nome Konohamaru distoglie l’attenzione da
Hanabi e stringe a sua volta la mano di Hiashi, che gli sorride
cordialmente.
Hanabi saluta con un
inchino i due ospiti e torna a sorseggiare il proprio vino. Non le
interessa la presenza di quei due, in fondo non sono altro che amici di
suo padre. Certo, conosce Konohamaru fin dalla tenera età,
ma questo non la convince a instaurare una conversazione - interessante
o meno, non fa differenza - con lui.
Più che
altro, si affligge nella ricerca costante di sua sorella e di Minato,
che non vede da alcuni minuti; questo la preoccupa molto.
«Beh…
come state?» chiede improvvisamente Konohamaru, esitante.
«Bene,
grazie.»
«Siete molto
bella.»
Hanabi inarca un
sopracciglio e lo fissa. «Grazie.»
La musica che pervade
la sala cambia ritmo, diventando più veloce e appassionata.
«Non siete
cambiata affatto, sapete?» insiste lui, la voce
più alta.
Hanabi alza gli occhi
al soffitto, poi li punta sul ragazzo. «Se ve ne siete
accorto, avrete di certo capito che mi state infastidendo.»
Una smorfia.
«Sì, me ne sono reso conto. Una volta ogni tanto
potreste essere gentile con me, Hanabi. Non credo di meritarmi questo
trattamento»
«È
vero, non ve lo meritate ed io sto forse esagerando. Ma sapete
benissimo come sono fatta, di conseguenza non potete non comprendere
che questa conversazione non ha la benché minima importanza,
per me, e lo stesso vale per la vostra presenza» borbotta
sottovoce la Hyuuga, cercando di non farsi udire dal padre, distratto
dal nonno di Konohamaru.
Nonostante non lo
trovi insopportabile, Hanabi è certa che il ragazzo provi
qualcosa per lei, o almeno che ci sia interesse nel suo sguardo.
È così da anni, ormai. Per questo cerca di
trascorrere con lui meno tempo possibile - onde evitare che le proponga
chissà che cosa.
Lo trova infantile,
viziato e cocciuto: questo basta a farglielo risultare antipatico.
Konohamaru incrocia le
braccia e fa spallucce, tirando fuori quell’ostinazione
appena fattasi presente nei pensieri di Hanabi.
«Mi spiace,
perché io sono interessato a parlarvi per molto tempo.
Esattamente per tutta la serata, se proprio lo volete sapere. E non
fate quella faccia», ridacchia, furbo come sempre.
«Sono certo che vi divertirete con me. Su, sorridete. La
serata è appena cominciata!»
Oh, Cristo! Perché
non mi lascia in pace? «Siete un…
un… impertinente, Sarutobi.»
«No, sono
l’unico capace di farvi arrabbiare così tanto,
signorina Hyuuga.»
Trattiene un ringhio e
ingolla il suo vino, Hanabi, certa di non avere la forza per
sopportarlo a lungo.
Si guarda attorno e inevitabilmente arriva la seconda brutta notizia -
qualcosa che non fa altro che aumentare il suo nervoso.
Poco distante da lei,
circondato da un gruppo di persone dall’aria divertita,
c’è il ragazzo che le ha rovinato
l’umore il giorno prima, giudicandola ’poco
femminile’.
Quell’uomo
ride sguaiatamente e le lancia occhiate diverse volte, dandole modo di
capire che l’ha riconosciuta e che non vede l’ora
di parlarle ancora, magari per farle saltare i nervi.
Hanabi fissa
Konohamaru, lo sconosciuto e di nuovo Konohamaru, infine volta le
spalle a entrambi e si allontana con passo svelto, chiedendosi
perché il destino ce l’abbia tanto con lei.
Quella donna è
davvero esaurita, pensa con un ghigno, osservandola
allontanarsi, poi annuisce distrattamente alle domande poste da
un’amica di vecchia data, la ‘cara’
Karin.
Tanto per essere
gentili.
«Signor
Inuzuka, mi state ascoltando?»
«Certamente.»
«Oh, allora
dite che il signor Uchiha ha davvero sposato quella donna? Non
è uno scandalo?»
Convinto che quella
sia una conversazione inutile, Kiba sorride. «Ognuno decide
con chi stare: lui ha voluto lei e nessuno gli dice niente.»
«Ma non
sappiamo nemmeno da dove venga! Si vocifera che non sia nemmeno una
nobile» borbotta Karin, scandalizzata.
«Oh, ma
queste cose non contano» interviene Choji, lanciando una
rapida occhiata a Kiba. «Sasuke si è innamorato di
Sakura, non c’è niente di più bello di
questo. E poi non tutti si sposano con gente di sangue nobile,
Karin.»
«Ma
è squallido.»
«Lo
è per te» borbotta Kiba, annoiato.
«Perché non hai niente da fare e ti lamenti di
tutto e tutti. Adesso attacchi colui che desideravi sposare
perché ha scelto un‘altra, e ciò ti fa
rabbia. Per favore, datti un contegno: quando fai così sei
davvero insopportabile.»
«Siete stato
educato male, signor Inuzuka. Del resto, quando si è
bastardi...»
«Karin, stai
zitta» interviene Suigetsu con tono duro, posandole una mano
sulla spalla.
«Oh,
taci!»
«State
calmi» Choji tenta, come al solito, di placare i loro animi,
ma con scarsi risultati.
Kiba non li ascolta e
non si prende nemmeno la pena di rispondere alla provocazione di Karin:
sta cercando con gli occhi selvaggi la giovane
‘esaurita’, divertito.
Naruto sorride senza
gioia. «Sai, nessuno ti dà il permesso di trattare
così la gente»
«Ho dovuto
farlo. Nessuno deve sapere che vi chiamate Naruto, signore. Ve lo devo
forse ricordare?»
Il duca impreca
sottovoce e lo trucida con lo sguardo. «Sakura sa tutto di
me, e sono sicuro che non direbbe in giro di avermi
incontrato.»
Sai inarca le
sopracciglia, perplesso. «Quanto sa di voi, di
preciso?»
«Sa tutto. O
quasi.»
«Anche che
siete qui per porre fine alla vita del padrone di casa?»
Naruto scoppia a
ridere. «È impossibile che lo sappia»,
s’interrompe e sospira. «Abbiamo deciso di farlo
appena un anno fa. Sa solo che lo odio, null’altro. E se
anche fosse, non credo interverrebbe. Sa benissimo cosa
provo.»
«Bene,
allora. Perché è già un problema che
lo abbiate rivelato alla signorina Hinata.»
«Di cosa
parlate?» la voce di Hanabi scatta come un lampo.
I due ragazzi
sussultano e si voltano, ritrovandosela davanti con un bicchiere colmo
di vino in mano e un sorrisetto.
«Nulla,
nulla. Piuttosto, cosa ci fate da queste parti? Non dovevate passare il
tempo con vostro padre?»
La ragazza gli rivolge
un'occhiataccia. «No, mi sono allontanata quando ha iniziato
a parlare con Kakuzu. Trovo che quell’uomo sia avido e
superficiale.»
«La vostra
maschera è molto bella» nota Sai, inchinandosi per
porgerle i suoi saluti; sorride, falso.
Hanabi lo guarda con
un sopracciglio leggermente inarcato. «Sai, mi sbaglio o sei
tu?».
«Avete un
ottimo intuito, signorina.»
«Ti sei
camuffato come al solito.»
«Avete
indovinato».
La Hyuuga ride.
«Sei molto buffo, a volte. Comunque mi stupisco di vederti in
compagnia del signor Namikaze. Come mai?»
«L’ho
incrociato per caso e ho pensato di chiedergli se gradiva questo
ricevimento, signorina» risponde con sicurezza il servo,
alzando una mano per indicare entrambi.
Si sta comportando come un
cagnolino fedele, nota con disappunto Naruto, La tratta come una principessa,
mentre con me si comporta come se fossi un povero cretino.
«Capisco»
Hanabi emette un sospiro, poi fissa il Namikaze, interrogativa.
«Mia sorella non è con voi? Non avendola scorta da
nessuna parte, ero giunta alla conclusione che fosse in vostra
compagnia: ma vedo che evidentemente mi sono sbagliata.»
«Non la vedo
da stamattina» afferma Naruto, confuso.
«Maledizione,
è sempre la solita.»
«Dite che si
trova nelle sue stanze?»
Hanabi scuote il capo.
«Non credo. Sicuramente è nei paraggi. Mi auguro
che sia almeno in questa stanza o nostro padre non la
prenderà bene.»
«Anche con
questa maschera siete perfettamente riconoscibile, signorina
Hinata.»
Kakuzu coglie di sorpresa la Hyuuga, che si volta con gli occhi
spalancati - non riesce a capacitarsi del fatto che quell'uomo sia
riuscito a riconoscerla.
Deglutisce, posando
sul tavolo il proprio bicchiere di vino. «B-Buonasera,
signore.»
In quel punto della
sala, dove le luci sono più forti e dense, le cicatrici di
Kakuzu sono ben visibili - in esse c’è tutto
l’orrore che è capace di trasmettere
quell’uomo con un semplice sguardo.
«Mi chiedo
perché una giovane donna come voi se ne stia in disparte,
invece di intrattenersi con i propri coetanei o, in alternativa, con il
padre» fruscia con tono pacato Kakuzu.
Afferra un dolcetto e
lo mangia, penetrandola con lo sguardo.
Brividi.
«I-Io non m-mi sento molto a mio agio in mezzo a
tanta gente.»
«Si
vede.»
«Suppongo di
sì.»
«Sentite,
verreste con me un momento? Magari, facendo una passeggiata riuscirete
a mettere da parte l’ansia... inoltre sono una buona
compagnia. Posso trovare mille argomenti per riuscire a
calmarvi.»
Quella è
una proposta impossibile da rifiutare. Perché, se rifiuta,
Hinata finirà con l'essere giudicata male da Hiashi e
perché, una volta tanto, Kakuzu sembra davvero cortese.
Si deve fidare? Deve
davvero seguirlo e lasciare che le parli per tutto il tempo di cose
che, probabilmente, non faranno altro che annoiarla?
Lo guarda, stringendo
con forza un lembo della gonna, poi abbassa gli occhi sul pavimento di
marmo scuro.
«V-Va bene,
come desiderate.»
Sembra quasi che quelle parole non siano state pronunciate da lei, ma
da un’altra donna.
Segue Kakuzu,
allontanandosi dagli altri ospiti - macchie grigie che ormai non le
interessano più - e, solo per un attimo, il suo pensiero va
a Naruto. Magari è con una donna. O magari, semplicemente,
la sta cercando. Almeno spera.
Non la trovo. Dove si
sarà cacciata?, Naruto sorpassa un gruppo di
persone ed evita di andare a sbattere contro un vecchio piuttosto
attempato, seguito a ruota da Sai. Per un momento ha pensato 'ehi, magari Hinata è
fuori dalla sala', o 'magari
ha raggiunto suo padre'; ma questi pensieri si sono
rivelati erronei nel momento stesso in cui ha deciso di verificarne
l'attendibilità. E adesso la cerca, con la sensazione che le
sia successo qualcosa di sgradevole. Non sarebbe certo la prima volta:
ha appurato quanto sia sfortunata la ragazza - già il solo
fatto di essere la figlia di Hiashi Hyuuga non può certo
considerarsi una fortuna.
Io
mi domando: come diamine è possibile che anche Kakuzu sia
scomparso? Spero di sbagliarmi, o giuro che...
«Naruto,
forse è meglio dividersi.»
Naruto si volta e
guarda Sai, poi annuisce. «Se non la trovi, torna da Hiashi e
avvertilo della sua scomparsa.»
Il giovane svanisce
dietro la folla con un cenno, mentre il Namikaze esce dalla sala e si
guarda attorno, immerso nel buio del corridoio, con le mani serrate per
la frustrazione e la disperazione in ogni fibra del suo essere.
Imbocca il corridoio
alla sua destra, seguendo il silenzio che regna in ogni angolo man mano
che si allontana dal mormorio degli invitati.
Incrocia qualche
persona e una volta Tenten, ma quando le chiede se abbia visto Hinata o
Kakuzu, la giovane serva scuote il capo e Naruto continua a cercare la
Hyuuga - ignorando perfino Shikamaru e Ino, che lo guardano
con gli occhi spalancati da dietro un'antica armatura.
Entra in un altro
corridoio, poi in un altro ancora. Cerca dappertutto, col fiatone, ma
non c’è traccia di lei.
Possibile? Non
può essere sparita nel nulla...
«L-Lasciatemi, basta!»
«Smettila di
agitarti!»
«NO!»
Naruto si blocca: alza
la testa verso le scale che portano alla parte superiore
dell’edificio, imprecando.
Sale a due a due i gradini, cercando di reprimere con tutte le proprie
forze la rabbia che cresce dentro di lui: ciò nonostante,
quando raggiunge i propietari delle voci e davanti ai suoi occhi si
presenta quella scena orribile, tutto va in frantumi, e l’ira
prende il sopravvento.
«TOGLILE LE
MANI DI DOSSO!»
Kakuzu si blocca e
volta la testa in direzione di Naruto, la camicia aperta e lo sguardo
acceso di desiderio - le mani impegnate a immobilizzare
un’impaurita Hinata.
A terra, con i vestiti
stracciati.
Trattata come una
bambola.
Una
sgualdrina.
«E tu che ci
fai qui, ragazzino? Tornatene alla festa, questo non ti
riguarda», il tono di Kakuzu è
arrogante: distoglie per un attimo Naruto da ciò
che quell'essere ha fatto a Hinata.
Poi, gli occhi lilla
della giovane incrociano, persi, quelli del Namikaze: e tutto si ferma,
solo per ripartire da uno scatto.
Veloce, impulsivo.
Come uno sparo.
«Naruto!»
Il sangue si riversa a
terra, e quando Sai finisce di salire gli scalini e nota il corpo di
Kakuzu riverso sul pavimento freddo e Hinata fra le braccia di Naruto,
comprende che non sarà il primo cadavere che
vedrà.
Nell’aria
aleggia l’odore della morte, mescolato a quello della polvere
da sparo e del sangue che macchia il pavimento di rosso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** - Parte Seconda - Capitolo Uno ***
Bloody Rose
[A
Katia]
PARTE SECONDA
Capitolo Uno
Niente respiro.
Morto sul colpo.
Sai si china su
Kakuzu, ignorando le urla di Sakura Haruno. «Sembra che
l'abbiate ucciso.»
«Non
m'importa! Come hai potuto? È
stato un gesto avventato!»
«Ho fatto
solo quello che dovevo fare» risponde perentorio
l’accusato.
«Maledizione!
Signorina Hinata, state bene? Hinata?»
«Lasciala
stare…»
«Qui non si
tratta di capire cosa è giusto e cosa no, sta di fatto che
hai ucciso un uomo! Un
altro! Prima o poi mi dovrai spiegare
perché... non posso più guardare e stare zitta, SASUKE!»
Gli occhi
dell’Uchiha si abbassano sulla mano che impugna la pistola
ancora fumante: per un attimo sembra tentato di sparare alla moglie ma,
convinto che non si tratti di una buona idea, nasconde dentro la giacca
l‘arma del delitto, silenzioso come un gatto.
La pistola di Naruto
è invece a terra, accanto al cadavere, fredda e intatta,
inutile e innocente.
Le urla di Sakura
coprono qualsiasi altro rumore, compresi i singhiozzi di Hinata, che
trema fra le braccia di Naruto e non guarda nulla. Non il sangue, non
Sasuke, o Sakura, o Sai e nemmeno il suo amore, Naruto.
Fissi nel vuoto, gli occhi lilla della piccola Hyuuga sembrano aver
deciso di non capire, di non vedere, di non dar segno di aiuto; vuoti,
paiono immersi nella morte appena verificatasi.
Poi, improvvisamente,
questi si spostano sul viso di Naruto: non parlano, non tremano, non
urlano.
«Portami
via» è la sola richiesta. «Portami via,
portami via, portami via» ripetono in una litania infinita.
E Naruto la guarda,
sembra capire, sembra indeciso. Poi la prende fra le braccia, si alza,
cerca di trattenere l’orrore - non solo suo e della ragazza.
«La porto
nelle sue stanze, signori.»
«Nascondiamo
il corpo?»
La domanda di Sai giunge inaspettata, fredda, decisa. Quel gesto non lo
turba, non lo getta nell’agitazione che ha ormai contagiato
tutti.
Tutti, eccetto lui.
Naruto si volta in sua
direzione, impassibile.
Forse.
Forse deve nasconderlo, forse deve lasciarlo lì, nelle
grinfie di Hiashi. Ma quali sarebbero le conseguenze di quel gesto?
Cosa potrebbe accadere, in tal modo? Quando fai una scelta devi sempre
tenere conto che qualcosa possa andar storto, prima o poi; puoi sempre
sperare che non accada, che qualcosa vada davvero come hai programmato.
Non tutto va storto.
Non deve, non questa volta.
«Dove
nessuno lo potrà trovare, dove nemmeno i topi possano
divorarlo, Sai» ordina infine, secco.
Un sorriso, ancora una
volta.
Quando la
smetterà di fingere?
«Come desiderate, signore.»
«Io invece
non capisco ancora cosa stia succedendo» brontola Sakura,
guardando da Sai a Naruto, da Naruto a Sasuke e da Sasuke a Hinata.
«Spero non sia qualcosa di grave.»
Sai si china e affetta
la pistola di Naruto, negli occhi un'ombra indefinita.
«Non dovete preoccuparvi, signora Uchiha: quello che avete
visto non è che una sciocchezza, un gioco, in confronto a
quello che avverrà fra qualche giorno.»
Se
è un gioco, perché è così
orribile? Non dovrebbe essere divertente, un gioco? Non dovrebbe
allietare chi vi partecipa, fargli dimenticare la rabbia, la vendetta,
il dolore? E, se davvero è tale, perché non
riesce a divertirsi, perché non vede null’altro
che le lacrime? Perché fa così male?
Il tempo sembra non
voler passare mai, tutto scompare, il silenzio scende pericolosamente
e, mentre chiude gli occhi, Hinata cerca di non badare al resto. Vuole
cacciare le immagini della morte e dimenticare la paura di quelle mani
che s’infilano ovunque, che la violano.
Trema, contenta che
non siano potute andare oltre.
Eppure, nonostante la consapevolezza dell’incompiuta violenza
fisica, l'orrore non si stacca, alberga in lei, non fugge.
Resta il terrore del
buio che avvolge la figura nera.
«Shh, non
piangere, Hinata. Sono con te. Non piangere, sono qui con te. Non aver
paura. Giuro che non ti lascio, resto con te» dice la voce di
Naruto, improvvisa, accorata. «Lui non c'è
più, non ti farà più del male. Ora ci
sono io con te. Io non ti farò mai del male, mai.»
Hinata apre gli occhi, rendendosi conto di essere rannicchiata fra le
coperte del suo letto, immersa nell'oscurità.
Fra le ombre scorge il profilo di Naruto, sente la mano che avvolge la
sua.
«Hinata, sei
sveglia...»
mormora a un tratto il duca, osservandola meglio.
E lei, lei che avverte un vuoto informe dentro di sé - un
vuoto senza nome, che la opprime fin nel profondo - sottrae la propria
mano a quella del compagno.
Non vuole essere toccata, non ancora, non più.
Ma è un gesto istintivo, Naruto lo sa; ciò
nonostante si irrigidisce, ferito e confuso, respinto per qualcosa che
non riesce a capire fino in fondo e che invece opprime insistente
quella figura minuta rannicchiata fra le coperte.
«Io… mi spiace. Se
solo avessi saputo, se solo ti fossi stato accanto,
probabilmente...»
Le parole cadono nel vuoto - un altro, stavolta ben chiaro,
definito - e Hinata, con le dita affondate in una delle tante pieghe
del letto e lo sguardo piantato nella parte più nera della
stanza, riesce a scorgere il dolore che ora attanaglia Naruto e lo
rende per la prima volta fragile.
Lui, Naruto Minato Namikaze, fragile.
Sicché Hinata sposta la mano, tasta nel buio e dopo una
breve ricerca trova la sua, la copre, la stringe infondendo un conforto
inaspettato.
«Va
tutto bene. Non è colpa tua... tu non c'entri. Non ho
paura… non ho avuto paura.»
La voce però trema debolmente, la tradisce.
«Stronzate!»
Naruto: volgare, aspro, irato.
«Se non hai avuto paura, allora perché mentre
dormivi chiedevi aiuto? Perché mi cercavi nel sonno
e… e gli urlavi di lasciarti andare…?»
geme, alla fine, in un moto di disperazione, posando la fronte sulle
loro mani intrecciate. «Io mi sono spaventato, ne puoi star
certa!»
«Non mi ha
fatto nulla.»
«Hinata, ti
ha denudata, ha cercato di-»
«Ma non
l‘ha fatto. Sono ancora… libera, ecco.»
«Bel
termine, ‘libera’. È un modo per non
dire illibata? Vergine? Non ‘posseduta’?»
commenta lentamente il biondo, una nota di disprezzo al pensiero di
Kakuzu, e una di calore nella mano libera che ora le carezza dolcemente
le guance.
«Sì,
io non ho... non ho p-perso niente» balbetta fievole la
ragazza, le guance in fiamme nel buio, l'imbarazzo per quelle parole
che rivelano esperienze fino ad allora taciute.
In quel momento si
rende conto che lui non le ha mai raccontato nulla di sé, ha
sempre evitato l’argomento come la peste; le è
sempre stato impossibile indagare oltre.
Naruto la guarda
attentamente. «A cosa pensi?»
«A
te» risponde Hinata, sincera.
Una breve risata, una piccola luce nel buio.
«Sai
cosa mi dispiace? Che Sasuke Uchiha gli abbia sparato per primo. Che
vergogna!».
Come? «Io credevo
che fossi stato tu a sparare al signor Kakuzu... non capisco.
Puoi spiegarmi come sono andate realmente le cose?»
Naruto sussulta,
sconcertato. «Davvero non te ne sei accorta?»
domanda. «Ma
che dico... eri sotto shock, è naturale che tu...»
«Mi sembrava
che il colpo fosse partito dalla tua pistola...» mormora la
Hyuuga, mettendosi a sedere. Si accorge di indossare solo il vestito da
notte e si chiede, per un solo attimo, chi possa averla svestita e poi
rivestita con quell’indumento mentre non era cosciente.
La stanza profuma di
rose: la finestra è aperta e s’intravede la luna,
lontana, irraggiungibile come le stelle.
Che cosa bizzarra.
«Mentre mi
accingevo a sparare, Sasuke è apparso dal nulla assieme a
Sakura, sua moglie, e ha sparato prim‘ancora ch‘io
ne avessi la possibilità. Ovvio, è stato
più veloce. Io poi ero arrabbiato, insomma… se
fossi stato lucido, sarei di certo stato più lesto del
signor Uchiha!».
«Lo
comprendo. Ti sei offeso per questo?» chiede Hinata,
sorpresa. Non le importa chi ha sparato, sostanzialmente - anche se,
tutto sommato, sapere che Naruto non ha ucciso nessuno davanti ai suoi
occhi è un sollievo: ha più bisogno di sanare
l’orgoglio ferito del Namikaze che sapere chi, come e cosa
abbia contribuito alla morte di Kakuzu.
A lui non vuole più pensare.
Lui non esiste.
«No,
non proprio. Diciamo che…» Naruto si blocca,
prende tempo, poi sussurra: «Solo io posso difenderti,
perché tu sei mia. Capisci? Lui non mi ha permesso di
proteggerti quando avrei dovuto provvedere io stesso alla tua
sicurezza. E invece, guarda un po’, sono stato
inutile.»
‘Tu sei mia’.
Quella frase le fa venire i brividi, la rende felice. «Non
sei stato inutile. Sei arrivato in tempo, l‘hai fermato prima
che mi facesse davvero del male.»
«Oh, credo
che su questo tu abbia ragione, anzi! Per fortuna che sono arrivato in
tempo, altrimenti avrebbe rubato ciò che mi
spetta», e ride, Naruto, senza trattenersi - senza preoccupazioni e,
soprattutto, senza farle capire il motivo di tanta, improvvisa gioia.
Confusa, Hinata torna
a guardare fuori dalla finestra: chissà, quella notte non
sembra poi tanto orribile.
Non può essere tale, con lui accanto.
«Dio santo!
Perché diamine lo stiamo facendo? Per coprirlo
ancora?» borbotta Shikamaru, buttando un po’ di
terra su quella che un tempo era una buca.
Sai e Sasuke lo
fissano, ma non dicono nulla, e il Nara scuote il capo, esasperato.
«Come non detto. Ancora una volta facciamo scomparire il
millesimo cadavere.»
«Shikamaru,
non esagerare» lo riprende con voce bassa l’Uchiha,
sistemandosi le maniche, le dita sporche di terra a imbrattarne la
stoffa.
«Già,
non è da te» gli viene in soccorso Sai, sorridendo
- lo fa apposta,
è evidente.
Grattandosi la
guancia, il figlio del medico sospira. Sono insopportabili.
«Sono solo nervoso. Vorrei farvi notare che il signorino -
che adesso è da solo in una stanza con la giovane figlia del
tiranno e Dio solo sa cosa stanno facendo - sta tirando un
po’ troppo la corda, a mio parere. I complotti non mi
piacciono, ancor meno se le cose prendono pieghe simili e nessuno tiene
tutto sottocontrollo.»
«Su questo
hai ragione: quello stupido sta prendendo le cose poco seriamente. Che
ci vuoi fare, è Naruto. Con lui non puoi mai star certo di
nulla. Per questo sono qui, ti pare?»
La voce di Sasuke
è pacata, ironica, ed è sorprendente sentirlo
parlare così tanto: di solito sta zitto e interviene al
massimo per rimproverare - cosa in cui è molto bravo, un
maestro.
«Se Hiashi
viene a sapere di essere spiato da me e Sai, finirà per
imprigionarci da qualche parte nei sotterranei della tenuta. Tu,
Sasuke, non rischi nulla, no? E Naruto è quello messo peggio
di tutti» riepiloga sapientemente il Nara. Poi, senza badare
all’abbaiare dei cani da guardia, sibila: «Rischia
la morte, signori. E tutto questo per vendetta, per rabbia e, adesso,
per una donna.»
Tutto il rimprovero concentrato nell'ultima parola, la più
abusata da lui in quasi tutte le circostanze, omicidi o meno.
«Non
è la prima volta che rischia così tanto,
Shikamaru. Naruto sa quello che fa» si sorprende a dire
Sasuke, piccato.
«Speriamo.»
Il rumore della pala
che raccoglie la terra riempie il vuoto creato dal silenzio; meschino,
nervoso, bloccato nell’incertezza e negli interrogativi.
«Sakura non
è stata informata di nulla. Perché?»
domanda inaspettatamente Sai, brusco.
«Fatti gli
affari tuoi.»
Un sibilo minaccioso e Shikamaru che sbucca, gli occhi che vanno dal
servo al nobile.
«Non
posso. Qui ci va di mezzo la famiglia Namikaze.»
«E qui gli
Uchiha. Per caso te ne fossi già dimenticato, la famiglia ha
deciso di collaborare esclusivamente perché mio padre era
affezionato al signor Minato. Se così non fosse stato, noi
non avremmo agito; non ci saremmo piegati alle suppliche di Naruto e
Minato II. L‘abbiamo fatto solo per il loro defunto padre e
sua moglie.»
«Egoista»
borbotta Shikamaru, conficcando la punta della pala nel terreno
bagnato, gli occhi fissi sul volto dell’uomo. «Non
eri il migliore amico di Naruto?»
«Ero,
appunto. Ora non più» risponde Sasuke, ora tetro.
Il Nara leva gli occhi
al cielo, spazientito; non ne può più delle loro
scaramucce.
«Bene, e adesso per quale motivo? L‘ultima volta
che vi ho visti insieme andavate d‘amore e
d‘accordo - se possiamo definire ‘riempirsi di
botte tutti i giorni’ andare d’amore e
d’accordo, certo.»
Sasuke lo trafigge con
lo sguardo e continua a buttare la restante terra dentro la buca,
deciso a ignorarlo.
L'ha presa sul personale.
«Penso
che toccare l‘argomento non ci sia d‘aiuto.
È evidente che il passato rapporto d’amore fra
Naruto e Sakura sia ancora un tasto dolente, per lui» insinua
Sai, tagliente.
«Ancora il
triangolo, eh? Io ve l‘ho detto…»
La terra compre
definitivamente la tomba di Kakuzu; nessuno si ricorderà di
lui, ne sono certi.
Qualcosa, in futuro, abbasserà l’ago della
bilancia... e in loro favore.
Aspettare, bisogna
aspettare. Soltanto un po’, un altro po’.
«…
le donne sono sempre
una gran seccatura.»
Fine
Capitolo Uno
Note dell'Autrice:
*si ripara dai pomodori* ALT! SONO INNOCENTE! *seconda valanga di
pomodori* Ok, va bene, ho capito tutto -_- Purtroppo ho avuto un altro
problema con l'ispirazione, così non ho più
scritto nel Fandom di Naruto (basta andare a vedere nel mio account
xD). Già, Naruto non m'ispirava più. Poi per
aiutare un'amica, nei giorni scorsi, ho dovuto stendere le valutazioni
di un contest (Hanabi Contest!) e leggendo mi sono appassionata di
nuovo, pare. Oggi mi è ritornata l'ispirazione, e
così ho potuto scrivere il primo capitolo della - SECONDA
PARTE - di Bloody Rose. Beh, che dire? Siamo alla parte seconda, ecco.
Sì. Sarà diviso tutto in tre parti (che
comprendono a loro volta un TOT di capitoli). Non l'ho detto, mi sono
dimenticata -_-' no comment, va. Comunque, visto che l'ispirazione
è altalenante, fa come gli pare, vi avverto che
posterò una volta alla settimana, e non è escluso
che la fic venga aggiornata lentamente. So di deludervi con queste
dichiarazioni, ma non scrivo a comando, seguo l'ispirazione, altrimenti
scriverei tutto alla cavolo e pace u_u
Vi dico le cose
chiaramente, senza nascondermi dietro il solito e comune 'avevo da
fare'. Certo, avevo da fare, ma il tempo per scrivere ce l'avevo
comunque. Il problema era l'ispirazione, la noia che mi dava scrivere
nel Fandom di Naruto, poi, vabbè, adesso sono tornata e
aggiornerò anche le altre storie... per non perdere
l'ispirazione continuerò a leggere altre Fan Fic e a tenere
alta la bandiera NaruHina che mi porto sempre appresso XD
Perché, uno dei motivi per cui non entro più nel
Fandom, è perché non ci sono quasi più
NaruHina. Insomma, niente NaruHina, niente carburante, per quanto mi
riguarda.
Tornando alla
storia... beh, grazie per i commenti che mi avete lasciato nello scorso
capitolo, davvero^^ Siete grandiosi.
E ringrazio anche le
19 persone che hanno messo questa storia fra i Preferiti, le 5 che
l'hanno inserita fra le storie da Ricordare e le 30 che l'hanno
inserita fra le storie da Seguire. Grazie mille^^
Beh, ora scappo!
Un bacione,
Mokochan
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** - Parte Seconda - Capitolo Due ***
Bloody Rose
Capitolo
Due
«Non
riesco a capire» ripete per l’ennesima volta Hiashi
Hyuuga, posando con un fastidioso tintinnio la forchetta sul piatto
oramai vuoto.
Il suo viso è contratto dalla rabbia; le mani rigide, le
nocche pallide, respira velocemente.
«Se ne sarà andato dopo la festa, padre,
no?»
La voce di Hanabi è volutamente bassa, condiscendente: teme
che il padre possa rigettare tutta la propria frustrazione su di lei,
quel giorno.
Minato e Hinata sono assenti, l’hanno lasciata sola per
aiutare Shikamaru e Shikaku nelle loro ricerche.
Chissà perché li sta aiutando, poi, Hinata.
«Avevamo preso un accordo l’altra sera, figlia
mia.»
«Era importante, vero?»
Un sospiro. «Diciamo che volevo sistemare tua sorella una
volta per tutte.»
Come se non lo avessi capito, pensa Hanabi, e subito immagina Hinata in
abito bianco a braccetto con Kakuzu.
Quale visione più orribile?
Il profumo dell’arrosto sale fino al naso della giovane
Hyuuga, che osserva Tenten tagliare attentamente la carne - il secondo
piatto del pranzo, il suo preferito.
Con l’acquolina in bocca, e meno riserbo del dovuto, chiede:
«Perché non Minato Namikaze?»
Gli occhi di Hiashi e quelli di Tenten si catapultano simultaneamente
sul viso della Hyuuga, irritati i primi, stupefatti i secondi - mossa
falsa, vero. Ma a quel punto la incuriosisce sapere cosa pensa il padre
del loro ospite. In fondo, cosa potrà mai aver contro Minato
- il tanto amato Minato - per impedirgli di sposare la figlia maggiore?
«Minato è nostro ospite, sarebbe scortese
proporgli una cosa del genere. Ovviamente, se si proponesse lui stesso,
allora… non saprei, sai?» Hiashi puntella le dita
sulla candida tovaglia.
Il rumore si mescola a quello del coltello che taglia troppo lentamente
la carne.
«Non sarebbe male. Avete notato l’intesa, la
complicità che sembra unirli sempre più, ne sono
certa.»
Seconda mossa falsa.
«Hanabi» la richiama freddamente il capostipite,
«Minato non è qui per sposare mia
figlia.»
«Peccato. A parer mio, sarebbero proprio una bella
coppia.»
La carne viene servita.
«Tenten, la prossima volta vedi di muoverti. Sei
pigra.»
«Come volete, signore. Mi spiace.»
«Fuori.»
«Sì…»
Hanabi tossisce. «Tenten, per favore, mi verseresti un
po’ di vino?»
La giovane serva si blocca, poi annuisce. «Certamente,
signorina Hanabi.»
Mentre il rosso rubino del vino riempie il bicchiere vuoto, gli occhi
lilla di Hiashi seguono la scena con una punta di fastidio - lo stesso
che riserverebbe ad un condannato a morte - e si muovono soltanto
quando Hanabi sorride a Tenten e le ordina - gentilmente - di uscire
dalla sala.
Con muta sorpresa, si alza in piedi e borbotta: «Da quando in
qua tratti bene le serve, figlia?»
«Perché, come l’avrei
trattata?» sibila impietrita la giovane Hyuuga, lisciandosi
la gonna, le mani tremanti. «Nel modo giusto, ovvio. O vedete
qualcosa che io non riesco a cogliere?»
«La gentilezza non serve a niente, ricordalo bene. Chi ti
serve non ha il diritto di essere trattato come nostro pari, e lo
stesso vale per Tenten.»
«Io non sono contraria a quanto dite, tuttavia richiamare con
gentilezza è meglio che richiamare con durezza. Vi sono
effetti diversi, e uno di questi è non inimicarsi coloro che
potrebbero, un giorno, ucciderti.»
«Vedi solo quello che vuoi vedere. Quando hanno davvero paura
di te, non osano farti del male. Loro non possono farti del male, tu li
hai in pugno. Così si governa una casa. Così si
governa tutto ciò che è tuo, anche un
popolo.»
Hanabi sussulta. «La vostra visione, padre, non mi piace.
Essere autoritari è giusto, ma non quando si finisce per
fare del male a qualcuno. Mia madre era contraria.»
Nella sala cala un nuovo silenzio, spezzato unicamente dalla sedia
della Hyuuga, ormai in piedi, e pronta a lasciare da solo il padre.
Con la stessa freddezza da lui presa, e lo stesso orgoglio ereditato da
Mii Hyuuga, sua madre.
«Se uscirai da questa stanza, sappi che non ti
sarà permesso cenare.»
«E sia. Non mi farà male restare a digiuno: stavo
giusto pensando di fare una passeggiata stasera. Grazie a voi
potrò anticipare l‘evento.»
«Hanabi…»
«Io non sono la vostra serva. E sono vostra figlia.
Finché non lo capirete, non capirete me.»
La stanza del dottor Shikaku è sufficientemente grande da
contenere dieci cavalli. Ci sono due finestre aperte verso est, dove si
estende il campo di grano della famiglia, mantenuto in buone condizioni
da tre servi: Jugo, Kimimaro e Zetsu.
Abbastanza calda, la stanza ha un caminetto piccolo proprio davanti a
un divanetto color panna, affiancato da un tavolino su cui sono
poggiati una bottiglia di liquore e due bicchierini ancora intatti:
quel giorno, il dottore non ha bevuto nemmeno una goccia di Whisky.
«È molto accogliente. Si vede che il signor Hiashi
vi stima come nessun altro» commenta lentamente Naruto,
alzando gli occhi verso il lampadario per catturare altri particolari.
Non sa esattamente perché ha accettato l’invito di
Shikamaru: gli ha proposto di portare con sé Hinata e di
aiutare lui e suo padre in qualche ricerca - un modo a suo dire
efficace per distrarre la giovane Hyuuga dal ricordo terribile della
sera precedente.
Come se fosse facile!
Lui stesso non riesce a darsi pace per quello che è
successo, e si maledice ogni minuto, ogni secondo, ogni qualvolta gli
occhi tristi di Hinata incrociano i suoi e gli ricordano il viso
mostruoso di Kakuzu. Oh, se fosse arrivato prima gli avrebbe impedito
anche solo di sfiorarla!
Ma la morte ormai l’ha preso con sé, si ricorda
con furore il Namikaze, e per mano di Sasuke Uchiha. Che rabbia e che
vergogna!
Certo, in qualche modo
mi riscatterò agli occhi di Hinata. Lo spero, altrimenti
quell’Uchiha mi pagherà oro, anzi, mi
ripagherà con il suo stesso onore. Se non fossi qui per
vendetta, andrei da lui e altro che astio! Solo pugni gli darei!
«Oh, questo perché in passato ho contribuito a
lenire il dolore di sua moglie, la cui vita era al termine. Hiashi mi
tollera per questo - mi
è grato. Ma non mi tratta diversamente dagli
altri componenti della servitù» risponde con un
sorrisetto Shikaku, scrivendo su un piccolo quaderno un’altra
delle sue formule. Qualche nuova cura?
«Diciamo che siamo ancora qui anche grazie alla signorina
Hinata» chiarisce improvvisamente Shikamaru, intento a pulire
e disinfettare gli strumenti medici del padre.
«Ma c-che d-dici, non è affatto
così, Shikamaru! Davvero, io non ho fatto nulla di
ché!» esclama Hinata, infervorata, cercando di
sorridere al Nara, che le fa l’occhiolino, divertito.
«Non sto affatto mentendo, signorina. Senza di voi, io e la
mia famiglia saremmo senza soldi, senza casa e, soprattutto, senza una
vita.»
Shikaku si schiarisce la voce. «Possiamo dire che
l’umore del signore della tenuta è abbastanza
mutevole: un giorno può sorriderti con gratitudine, farti
sentire onorato di servire la casata. Un altro può essere
capace di mandarti dal boia di famiglia per subire l’ira
della frusta. Cento colpi e via, eccolo di nuovo felice.»
Difficile non cogliere il malumore che vena come un veleno la voce del
medico in quell’ultima esternazione.
Naruto lo studia per un secondo, cercando di capire i sentimenti che
cova verso il tiranno, poi sospira.
«Hinata è riuscita a salvarvi, dite. Ma in che
modo?»
«Semplice.»
Shikamaru lascia perdere la pulizia dell’attrezzatura medica
e, poggiandosi svogliatamente contro il tavolo su cui è
sistemata, spiega: «Mia madre si è sempre presa
cura delle rose di Mii Hyuuga. Erano, come dire…
‘amiche’. La signora Hyuuga apprezzava fortemente
l’aiuto di mia madre, così la elogiava spesso
davanti al padrone. Quando si ammalò, Mii Hyuuga chiese con
gentilezza a mia madre di prendersi cura di Hinata e Hanabi, dato che
lei non riusciva più a farlo: era troppo debole. Quando
papà non riuscì a fare altro per salvare la
padrona, il signor Hiashi fu sul punto di cacciarci tutti, nessuno
escluso - nonostante sapesse che era grazie al suo medico, se Mii non
soffriva tanto. Hinata, che a quel tempo aveva soltanto sei anni, nel
momento esatto in cui mia madre venne allontanata iniziò a
piangere. A gridare. Non era una cosa naturale per lei, abituata a
restare in silenzio, preda della timidezza che ancora adesso la
condiziona. Beh... vedendola in quello stato, il signore decise di
graziarci.»
«Non accettava di veder soffrire anche la figlia
maggiore» intervenne Shikaku, posando la penna sul tavolo.
«Aveva perso la moglie, non desiderava perdere per una
insulsaggine la figlia; e sapeva bene che mia moglie era stimata da
Mii... come avrebbe potuto mandarla via?»
Le labbra di Naruto si piegano appena verso il basso. Bella domanda. Avrebbe dovuto
fare la carogna come al solito, Hiashi. «Capisco.»
Hinata si sistema una ciocca corvina dietro l’orecchio con
mano tremante, e per un attimo i suoi occhi lilla si posano su Naruto,
che le rivolge il più ampio dei sorrisi.
Lui sorride sempre, non guarda mai il lato negativo delle cose.
Sorride, alle brutte cose, le vince, le caccia: fa in modo che un
semplice gesto diventi la migliore delle cure.
Nelle ore che seguono, Hinata e Naruto imparano molte cose: quali erbe
possono lenire il dolore, quali sconfiggere tre differenti malattie,
come fasciare correttamente una ferita.
Mentre Shikamaru spiega a Hinata quali funghi sono velenosi e quali no,
Shikaku le posa una mano sulla testa, affettuoso. «Dimmi un
po’, piccola: come va con la caviglia?»
«Non mi fa tanto male, grazie. Le sue cure sono sempre
ottime, dottore.»
«Ne sono felice. Quando ho saputo che sei caduta da cavallo
mi sono preoccupato molto per te. Anche mia moglie.»
«Lo so, e la ringrazio. La ringrazio tanto» la voce
di Hinata trema, ma, per scacciare via l’improvvisa
tristezza, la Hyuuga sorride.
Un poco, ma ne trova la forza.
Naruto la guarda con apprensione.
Shikamaru lo nota, e allora gli si fa vicino e sussurra:
«Stai tranquillo, Naruto. Hinata è forte
abbastanza da sopravvivere a quello che è
successo.»
Il biondo dirige lo sguardo verso il pavimento. «Ha pianto
per tutta la notte, come faccio a esserne sicuro?» si sfoga,
abbassando la voce quel tanto che basta a non farsi udire da Hinata e
Shikaku, a pochi centimetri da loro. «Ha tentato di
violentarla, Shikamaru.»
«Come se non lo sapessi! Senti, Hinata deve soltanto
rielaborare le cose, capire che non è successo nulla. Non
l’ha toccata fino a quel punto. Certo, le ha fatto del male e
questo non cancella lo spavento e il dolore per non essere riuscita a
difendersi; ciò, tuttavia, non significa che
rimarrà succube dell‘orrore per sempre. Lascia che
si sfoghi con te… o con Ino, o coi miei genitori:
sarà la cosa giusta, perché saprà
ritrovare coraggio grazie a chi le darà conforto. E coloro
che le daranno conforto saremo noi.»
Confuso, Naruto annuisce, cercando di non mostrarsi più
preoccupato. «Sì, hai ragione.»
Shikamaru, sollevato, gli dà una pacca sulla spalla.
«Affronta le cose nello stesso modo in cui hai affrontato il
dolore di tua madre. Sono certo che saprai lenire anche questo, di
dolore.»
Crepuscolo. Il giorno è ormai finito e il sole si appresta a
venir sostituito dalla luna; il cielo è rosato, arancione,
bianco... un poco è diverrà scuro.
Diverrà notte, appariranno le stelle: illumineranno il cielo
assieme alla luna, lo renderanno magico, un po’ freddo, ma
pur sempre bellissimo.
Hinata chiude gli occhi e butta la testa all’indietro per
respirare a pieni polmoni, lasciare che il profumo della sera la invada
tutta senza dimenticare nulla, nemmeno il cuore.
«C‘è una vista stupenda! Cavolo, avresti
potuto mostrarmi prima questo luogo... mi sarei recato qui senza
esitazioni» esclama Naruto, osservando con gli occhi
spalancati il paesaggio che s’intravede dal balcone di una
delle stanze per gli ospiti.
Non riesce a descrivere ciò che sta ammirando: è
un mescolar di colori, profumi, sensazioni le une diverse dalle altre.
Per un attimo cerca di elencare ogni cosa che vede, senza successo.
La voce di Hinata lo riporta alla realtà.
«La stanza in cui siamo entrati era dei miei genitori. Prima,
mio padre dormiva qui.»
«E adesso perché no? Insomma, questa è
la stanza più bella della tenuta, con un panorama che molti
invidierebbero, Dio mio!»
«Ha resistito solo un mese… dopo la morte di mia
madre, Naruto.»
«Ah» il ragazzo si gratta il capo, terribilmente
dispiaciuto per la gaffe. «Okay, ho sbagliato. La prossima
volta starò più attento alle mie parole per non
rischiare di farti soffrire.»
«No, io… non mi hai ferita in alcun modo, devi
credermi. Hai ragione quando dici che questo luogo è il
più bello della villa: quand’ero piccola, e mio
padre si trasferì in un’altra stanza, mi domandai
la stessa cosa. Non gli chiesi nulla, ma quando ebbi qualche anno in
più ne compresi il motivo e smisi di chiedermelo.»
Quanto hai sofferto in
questi anni, Hinata? Ogni volta che tocco il tuo passato i tuoi occhi
s’incupiscono, mi mostrano il lato triste di te. Raramente mi
hai regalato i tuoi più che rari sorrisi.
Naruto la prende per mano e inizia ad accarezzarla: le
dita si muovono lente lungo il polso, massaggiano il dorso senza
esitazioni.
Non è abituato alla dolcezza, non sa nemmeno se sta facendo
la cosa giusta. Ha sempre consolato sua madre, le ha dato manforte.
Consolare un’altra donna - una donna per cui prova un
sentimento che solo una volta ha sperimentato - lo scuote, lo rende
vivo ma lo confonde.
Le dita di Hinata si chiudono improvvisamente attorno alla sua mano,
con calore - gli mostra apprezzamento, conforto, gli dice
‘non andartene, resta sempre con me’.
E forse tentar non nuoce, provare con più dolcezza e
passione non è sbagliato, perché le vuole
dimostrare cosa prova, cosa sente dentro. Non è bravo a
parole, Naruto, e mai lo sarà. Eppure, una cosa la deve
fare, ancora. Questa volta senza esser brusco o sembrar pretenzioso.
Con un movimento repentino della mano le accarezza la guancia.
«Posso baciarti, Hinata?».
Quella domanda imbarazza entrambi, li rende incerti. Ma questa volta
c’è qualcosa di diverso dal solito: la richiesta
di lui ha un suono diverso, più deciso, più
violento, sentito.
E per un attimo Hinata resta senza fiato, non trova le parole,
né sa più dov’è collocato il
suo cuore - che batte all’impazzata - accompagnato da un
calore bruciante, irresistibile.
Perché fa fatica a respirare? Perché ogni parte
del suo corpo le fa male se solo pensa ad un ‘no’,
mentre il ‘sì’ posato sulla punta dalla
lingua le provoca intensi brividi?
Inutile porsi altre domande quando sa cosa vuole davvero, quando sa
come Naruto la guarda.
Un «Sì» sfugge improvviso, sconfigge
l‘indecisione, raggiunge il suo scopo; e quando le labbra del
ragazzo si posano sulle sue, ruvide, deliziose, impazzite, Hinata non
può far altro che lasciarsi andare.
Lasciare che quel contatto s’approfondisca, lasciare che la
lingua di Naruto incontri la sua, vi giochi, la brami - mentre le mani
del giovane l’afferrano per la vita, la stringono possessive
contro il suo corpo senza lasciarla andare, ferree.
Ancora, e ancora, e ancora.
Si scosta leggermente, soltanto tre centimetri separano i loro visi
«Naruto, mi sento… strana.»
«Anch‘io. Non sono un genio, lo ammetto, ma credo
di capirne il motivo, Hinata. Ed è bello.»
Le dita del biondo scivolano fra i capelli della ragazza, setosi e
profumati; si bea di quel dolce contatto, memorizza ogni particolare,
certo che non scorderà mai simili turbamenti.
Poi le sue labbra si posano per un attimo su quelle morbide di Hinata,
l’accarezzano sapienti; con i denti mordicchia il labbro
inferiore, ed un sospiro improvviso della giovane lo eccita.
Lei inizia a tremare fra le sue braccia. «Naruto.»
Che cosa strana!,
pensa Hinata, avvampando, ricambiando un bacio, e un altro, e un altro
ancora. Non ho mai
provato nulla di simile. Mi spaventa, mi piace, mi turba, mi
sconvolge... eppure non ne farei mai a meno. Possibile? È
questo un bacio? È questo che si prova, che si vuole?
È così sconvolgente da farmi dimenticare ogni
parola, ho in mente soltanto il suo nome… non capisco, non
ci riesco. Io voglio solo… lui.
Quando si staccano Hinata affonda il viso contro il petto di Naruto,
cercando di reprimere le emozioni che ardono dentro il suo corpo. Sono
sensazioni belle e sconosciute, d’una intensità
che non riesce a concepire.
Un’altra domanda, ancora, devasta la sua mente, veloce come
un lampo: è questo l’amore?
Quel qualcosa che non si nutre solo di sentimenti mentali, ma anche di
brividi del corpo, di passioni mai avute e mai immaginate, di ricerca,
di respiri e malapena trattenuti, della consapevolezza che senza quella
persona non sapresti vivere nemmeno un secondo della tua vita?
Se davvero è questo, l’amore, allora non sa come
liberarsene, perché ormai l’ha posseduta, ha messo
le radici nel profondo del suo cuore.
Spera che nulla lo sradichi.
«Hinata, cavolo… è stato il
più bel bacio della mia vita!» esulta Naruto,
ridendo, stringendola con forza.
Con quella risata che non la lascia, che scuote tutto, che la rende
felice, e che, invece di imbarazzarla per le parole un po’
troppo esultanti del Namikaze, la spinge a ridere a propria volta: pare
un miagolio, delizioso, timido ma sincero.
Bellissimo.
«Sai, mi dispiace… dato che… tutto
questo potrebbe finire presto, ecco.»
Hinata alza il capo, lo scruta. «Perché vuoi
ancora uccidere mio padre, non è vero?»
Naruto annuisce, facendosi cupo. «Per giorni ho provato a non
badarci, ma non ce la faccio più. Lui merita la morte, non
riesco a pensare ad altro. Merita la morte. La merita, ne sono
certo.»
«Io non posso assistere a qualcosa di simile. Non posso
nemmeno impedirti di compiere la tua vendetta, perché non
sarebbe la cosa giusta. E sarebbe altrettanto ingiusto non impedirti di
farlo.»
«Ne abbiamo già discusso una volta, e sono deciso
a fare quello per cui sono qui» dice con una punta
d’irritazione Naruto,, accarezzandole il capo, tuttavia, con
insolita premura.
Hinata chiude gli occhi e nasconde nuovamente il viso, intimorita.
«Naruto, pensaci bene.»
«Mi dispiace.»
Non sembra, ma è.
Sì, una condanna a morte.
Hanabi non ha sentito nessuna delle loro parole, non è
riuscita a cogliere nulla della loro conversazione, eppure ha visto
tutto.
Ha visto i baci, ha visto i sospiri, la felicità di entrambi.
Per un attimo la pervade la rabbia, l’indignazione per un
segreto, per le bugie di sua sorella.
Ma è un singolo attimo, e tutto passa.
Osserva nuovamente i due, pensa all’ultima volta in cui ha
visto davvero felice Hinata e i suoi occhi s’inumidiscono;
perché non se ne ricorda, non ricorda nulla di bello, di
felice.
Le uniche volte in cui Hinata è stata davvero felice, Minato
era presente. Sempre, costantemente accanto a lei. Protettivo, solare,
simpatico e goffo.
Eppure a sua sorella piace. Lo ama, si vede, si sente. E in fondo
è felice per lei. Lo è davvero.
Forse ciò non è bello, perché la fa
sentire più sola di quanto già non si senta,
Hanabi.
Desidera anche lei qualcuno a cui aggrapparsi.
Nonostante le diffidenze, il suo carattere difficile, il suo odio per
gli uomini… lei vuole qualcuno a cui aggrapparsi.
«Signorina?»
Ino appare all’improvviso, la voce bassa, il viso acceso
dalla consapevolezza di quello che sta succedendo. Allora sorride e la
prende per mano. «Vieni via e lasciali da soli,
Hanabi.»
Lei sa.
Hanabi la guarda con indifferenza, stupore, poi capisce: la
servitù sa sempre più del padrone.
E allora annuisce, e si lascia portare via.
In fondo, che importa?
Basta che sua sorella sia felice.
Il resto non conta.
Fine Capitolo
Note dell'Autrice:
Eccomi qui, puntuale, con il secondo capitolo della Seconda Parte u_u
sto postando, come vedete. La domenica. Già. Credo sia anche
pieno di errori di battitura, il che mi fa girare alquando le scatole,
dato che ogni volta che li cerco non li vedo (infatti li noto dopo aver
postato. Che su EFP le cose si notino meglio? o.O XD Boh.) Comunque,
non ci sono state nuove rivelazioni - cioè, per Hanabi una
sorpresa c'è stata, eh. Che dire? Mi sono divertita u.u la
scena del bacio è la mia preferita. Ovvio! Si saranno
baciati solo tre volte in quattordici capitoli! (e questo è
male, okay? ò_ò)
Le svolte arrivano piano piano, e la prossima sarà... nel
prossimo capitolo? O fra tre capitoli? E chi lo sa? Intanto cerchiamo
di capire tutto di Hiashi. Abbiamo notato che Shikaku lo odia,
però s'intravede una certa amarezza. Come andavano le cose
quando Mii Hyuuga era viva? Forse meglio di come vanno adesso.
Okay, adesso ringrazio le 20 persone che hanno messo questa storia fra
i Preferiti, le 5 che l'hanno inserita fra le storie da ricordare e le
32 persone che l'hanno infilata fra le storie da Seguire. Grazie
mille^__^
Ehi, gente! Se mi volete contattare (dato che io sparisco spesso XD),
aggiungetemi su msn (Mokochan@hotmail.it) o cercatemi su Facebook: sono
Mokochan Efp x3 Io vi accetterò, e potrete tartassarmi con i
soliti 'Quando aggiorni?' XDXDXD
Risponderò velocissimamente alle recensioni, ora:
Kry333: Cosa mi ha allontanata da Naruto? La mancanza d'ispirazione, la
poca voglia di scrivere ancora su questo manga. Capita spesso. E'
capitato anche alla mia Nee-chan, ValeHina (purtroppo
ç_ç). Io però sono tornata, sono un
osso duro e adoro troppo Naruto per lasciarlo! ^^ Beh, che dire? Grazie
per la recensione.
Aspettati qualche scena SasuSaku nel prossimo capitolo! ;) Un bacio! ^^
Vaius: Sì, sono tornata! x3 Oh, hai fatto bene a pensare
alla cosa peggiore. Anch'io, mentre rileggevo quella scena, ci ho
pensato. Ci sono andata giù pesante? Spero di no! Ah, la
prossima volta, quando sarò sul punto di far morire un
personaggio, mi farò dare qualche consiglio da te XD Mmh.
Grazie per il commento!
ecila94hina: Cercherò di postare velocemente, lo prometto!
L'ispirazione è la solita bastarda, però -__-
beh, che dire? Grazie del commento! E che il NaruHina sia sempre con
te! xD Un bacio! Ciao!
kejti: Sì, posto^^ Cercherò di farlo sempre^^ E
sono felice che la storia ti piaccia sempre più! Grazie
mille!^^
Winter Moon: :D ciao, bella! Sì, sono tornata. Sasuke, 'Il
nostro mister Simpatia&Umiltà'. Cose che non
conosce, bisogna dire, eh? xD Poveretto. Basta che aiuti Naruto e
friggere Hiashi e va tutto bene u_u
Certo, chissà perché lo vogliono tutti morto...
*ridacchia malevola*
Sì, la storia è stata allungata. Tanto che
nemmeno io so quando finirà. Credo al prossimo Super Colpo
di Scena. Naruto è uno scemotto, non sa quando dice una cosa
troppo imbarazzante u_u ah, ma credo che Hinata ormai ci sia abituata!
xD Grazie per il commento, davvero! *_* Un bacione, bella!
evechan: No, è stato Sasuke. Sasuke si mette sempre in mezzo
u_u impedisce le vendette degli altri ._. dannato. Comunque, che dire?
Sì, l'ispirazione viene quando viene... la mia
però è proprio bastarda! ò_ò
No, tu non mi lanceresti mai un pomodoro! u_u però potresti
lanciarmi Kiba, magari xD
Grazie per il commento - splendido! ^^ Un bacione! Ciao!
Araya: Sì, l'ispirazione è proprio una bastarda,
non c'è che dire ç_ç la odio. La mia
ispirazione, Ecate, è proprio una bast- *Ecate le lancia un
pomodoro in faccia* O_O oddio, l'ha fatto davvero! MOSTRO!
Comunque, grazie per la recensione! Speriamo che vada tutto per il
meglio (e intanto: viva il NaruHina!*_*)
Un bacione, bella! ^^
Shiygirl92: Grazie! xD Ehi, Naruto qui non si mostra solo protettivo
(come nell'altro capitolo) ma anche passionale! E' già tanto
se Hinata non è svenuta! xD Che dire? Grazie per il
bellissimo commento! Un bacio!
valehinata1992: Davvero hai pensato alla mia fic? XD Wow, allora
pensaci più spesso, così posterò
spesso (mica sei una veggente, eh? °.°) Beh, spero che
questo capitolo ti piaccia! Un bacio! ^^ E grazie per il commento!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** - Parte Seconda - Capitolo Tre ***
Bloody Rose
Capitolo Tre
Notte dopo notte, ora dopo
ora, secondo dopo secondo. Ogni volta è così, non
può cambiare nulla - l’impossibilità di
rivelare tutto pesa come un macigno, e non basta guardarlo per
tranquillizzarsi. Nei suoi occhi non vede che la sicurezza che ancora
le manca.
Volta il capo e
osserva il profilo rilassato di Shikamaru, che giace accanto a lei in
quel letto di fieno improvvisato, le mani sotto la testa, le palpebre
abbassate, le labbra serrate: l’immagine della
tranquillità.
Per un secondo, Ino si
domanda: ‘Ma
come fa?’.
Poi sospira, torna a
esaminare il soffitto di legno scuro con mille domande senza risposta
che s’affollano nella sua mente, e ignora il nitrire dei
cavalli.
Bya e Sasuke sono
accanto a loro, la prima addormentata, il secondo con gli occhi aperti
e fissi su di lei. Che fra quei due cavalli sia nato l’amore?
Ma è corrisposto? Non lo è? Bya ama Sasuke? E
Sasuke la fissa soltanto, curioso, o si domanda se il suo amore
è reale?
«Ieri
abbiamo seppellito quel Kakuzu» mormora con noncuranza
Shikamaru.
Ino annuisce.
«Il padrone ha scoperto tutto o lo sta ancora cercando? E
dove l’avete messo?»
«Messo?»
Un sorrisetto spunta
sul viso assonnato del Nara. «Ne parli come se fosse un
oggetto improvvisamente inutile, da buttare. Comunque no, Hiashi non ha
scoperto nulla e questo gioca a nostro vantaggio. Certo, se venisse a
sapere che abbiamo affossato il suo amico dove - di solito - il suo
cavallo và a brucare l’erba…»
Inorridita, la
Yamanaka fa una smorfia. «C‘era proprio bisogno di
seppellirlo lì, Shikamaru?»
«L’idea
non è stata mia, ma di Sai e Sasuke. Sasuke, poi, non ha
voluto sentir ragioni: aveva fretta. Doveva raggiungere sua moglie -
fossi stato in lui mi sarei tenuto alla larga da Sakura, certo,
perché non le ha rivelato nulla. Fa il maschilista, il
nobile. Insomma, fa l’Uchiha.»
Sasuke - il cavallo,
s’intende - nitrisce forte, attirando l’attenzione
di Bya, che alza la testa muovendo un poco le orecchie, gli occhi
all’apparenza confusi.
Ino gonfia le guance,
poi le sgonfia; sembra un bambina.
«Quello
scemo deve dirle tutto.»
«Certo.»
«Se io fossi
al posto di Sakura vorrei sapere cosa succede, cosa fa mio
marito.»
«Hai
ragione» ammette Shikamaru con uno sbadiglio, gli occhi
sempre chiusi, sempre assenti.
Non sembra importargli
nulla di quello che sta dicendo.
Ino lo scruta per un
secondo, e bofonchia: «Non hai dormito? Sembri stanco, oggi.
Insomma, non mi stai a sentire!»
Il Nara apre un occhio
per guardarla. «Ino, lo sai che quando ti lamenti sei
insopportabile?»
Prim’ancora
che se ne renda conto, Ino gli ha già lanciato un mucchio di
fieno in faccia, irata.
«Ah, ma che
diavolo fai?!»
«Cosa
faccio? Cosa-fai-tu, semmai! Sei l’immagine sbiadita della
galanteria, Shikamaru Nara! Non c‘è stata una sola
volta in cui tu mi abbia dimostrato di ascoltare ciò che
dico.»
Questo sciocco doveva capitare
proprio a me?, si chiede la Yamanaka tornando a
sdraiarsi, scoraggiata, il fieno che le punge le guance bianche come il
latte, appena arrossate.
Ignora, cupa, i
borbottii del ragazzo, che la imita e torna a sdraiarsi sul loro letto
di fieno.
È notte
fonda, non la fine, non l’inizio.
È
metà.
Una metà
che si avvia al termine, lenta, guidata dalla luna pallida e
splendente, i cui tenui raggi s’infilano furbi fra le assi di
legno, colpiscono i loro visi, illuminano d’un poco la stalla.
Alla fine, dopo alcuni
minuti di ostinato silenzio, Shikamaru sbuffa ed esclama:
«Vedi come sei seccante? Posso sapere cosa vuoi questa
volta?»
Qualche secondo,
ancora silenzio.
«Ino?
Rispondi, dai.»
Shikamaru si gira
verso di lei, portando tutto il peso sul gomito, e la fissa per alcuni
istanti, cercando di capire cosa fare per placare la sua rabbia: si
rende conto che Ino in realtà è offesa, triste, e
un po’ gli dispiace.
«Te la sei
presa davvero, Yamanaka?» domanda, posandole una mano sulla
fronte, incerto.
Dio, ha sempre odiato
la dolcezza! Quella roba che serve a tranquillizzare una donna quando
fa i capricci - è vero che serve a quello, infatti non fa
altro che coccolarla dolcemente come un marito attento e premuroso,
cosa che non vuole essere.
Compagno
sì, marito mai!
Non vuole finire come
suo padre, succube da più di vent’anni di quella
strega di sua madre.
Ino gira la testa.
«Sparisci dalla mia vista, Nara.»
«No, almeno
finché non mi dirai cosa c‘è che non
va. Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
Domanda inutile.
«Te l‘ho già spiegato, non mi hai
ascoltata?» sibila lei, ancor più irata.
Shikamaru sospira.
«Così mi costringi ad usare il piano B,
Yamanaka.»
In tutta risposta la
bionda gli fa un gestaccio con la mano - decisamente poco femminile - e
lo ignora, lasciandolo sbigottito di fronte a quell’atto
inaspettato.
Dove ha visto mai certe cose?
«Ino...»
«No.»
E allora le mani di
Shikamaru s’intrufolano sotto la gonna della giovane - Ino
sussulta senza saper come reagire - risalgono veloci le sue gambe,
raggiungono la pancia dove iniziano il loro gioco: farle il solletico!
La Yamanaka scoppia a
ridere, diventa rossa, cerca di allontanarlo da sé ma con
scarsi risultati, quasi urla!, e Shikamaru si gode lo spettacolo, la
sua rivincita, il suo modo di farla sorridere, e arrabbiare per
consolarla, rivederla finalmente in sé, farsi perdonare
certi errori.
«Ti prego,
smettila, smettila! Shikamaru… ti prego!», ride
senza fiato, Ino, posandogli le mani sul petto.
I capelli ormai
scompigliati le accarezzano le guance, e la schiena, impetuosi.
Il Nara nota un filo
di fieno mescolato ad essi e allunga una mano per levarlo, dando il
tempo necessario a Ino di saltargli addosso per picchiarlo.
«Sei uno
scemo, Nara!»
«Nah. Sono
furbo, piuttosto.»
Detto ciò,
Shikamaru ride e la bacia, senza lasciarle il tempo di contestare
quanto da lui dichiarato.
Hanabi, rannicchiata
fra le coperte del letto, osserva la finestra chiusa da cui
s’intravede un pezzetto di cielo; davanti
c’è un albero che in parte copre la visuale - non
tutta, per fortuna
Minato
e Hinata. Hinata e Minato. Minato e Hinata. Hinata e Minato…
Che atroce dilemma! Possibile
che quello scemo sia davvero l’amante di mia sorella?,
si chiede la Hyuuga, sbattendo le ciglia per un secondo, sempre
più confusa da quella storia dai retroscena quantomeno
piccanti. Oh, se solo suo padre avesse saputo della relazione! Che
guaio!
Certo che è
un grosso problema. In più, ha scommesso che sarebbe
riuscita a farli sposare!
E ora cosa scopre? Che
stanno insieme veramente e sono molto intimi. Beh, non proprio intimi.
Almeno spera.
Non vuole vedere
pargoli dai capelli biondi vagare per casa come trottole impazzite, e
sentirsi chiamare ‘zia’.
Il peggiore dei suoi
incubi, la catastrofe nella catastrofe! La fine del mondo.
Scaccia quei pensieri,
inorridita, e si mette a sedere.
È ormai
giorno, ma ancora non ha voglia di alzarsi.
Improvvisamente,
maligno, il suo stomaco inizia a brontolare. Forte, imbarazzante.
Fortuna che non
c’è nessuno!
Piano piano si alza e
s’infila una vestaglia leggera, di seta. Esce dalla camera
con passo felpato, scende le scale pregando di non incontrare nessuno -
Hiashi in primis - e s’intrufola nelle cucine, dove una
irrequieta Temari sta preparando la colazione assieme a Shiho Nara.
La Sabaku alza gli
occhi verso di lei, interrogativa. «Signorina, che ci fa qui
a quest’ora?»
«Ecco,
io...»
Non le va proprio di
confessare che ha fame.
Se solo suo padre non
l’avesse messa in punizione la sera prima, sicuramente non
sarebbe lì a chiedere di essere sfamata.
Come una bambina,
già.
«Dalle un
po’ di minestra, Temari.»
Una voce
all’apparenza fastidiosa salva in extremis la giovane Hanabi,
che si volta per incontrare lo sguardo silente di Shino Aburame, il
marito di Temari.
Sta seduto da una
parte con le mani sporche di terra, la camicia sgualcita e il volto
stanco. Quella mattina, appena giunta l’alba, doveva aver
sistemato il giardino e sfamato gli animali. E, probabilmente, si era
anche occupato del miele prodotto dalle sue laboriose api.
Come ha fatto a capire che ho
fame?, si domanda Hanabi, cercando di non badare
all’ennesimo brontolio del suo stomaco, quando Temari le
porge una scodella di minestra da cui proviene un buonissimo odore di
carne e verdure.
Shino si alza e con la
mano sposta una delle sedie accanto alla Hyuuga, sempre silenzioso,
aspettando che si sieda.
Lei lo fa,
imbarazzata, e inizia a mangiare piano, poi sempre più
veloce, senza badare agli sguardi divertiti di Temari e a quelli
affettuosi di Shiho.
Per un attimo Hanabi
avverte un certo disagio: la stanno forse trattando come una bambina?
Eppure sa di non
essere così, non una ragazzina o una bambina, e nemmeno una
donna... ma una ragazza. Una ragazza in età da marito, per
giunta!
Se davvero sono una bambina,
pensa ad un tratto Hanabi, perché
mio padre mi vuole dare in moglie ad un uomo? Perché vuol
far sposare una bambina che non conosce il mondo, le cose, che non sa
far altro che cucire, suonare il piano, scrivere, studiare, cantare, e
che nemmeno ha idea di come si gestisce una casa, un marito, un figlio,
di come si vive?
Abbassa la scodella e
ne fissa il contenuto: il liquido appena salato gira,
s’infrange contro le pareti del suo contenitore senza riuscir
a trovare una via d’uscita.
Nessuna via
d’uscita.
«Non hai
più fame?» le domanda all'improvviso Shino,
nuovamente interessato a lei.
Non è
abituata a sentirlo parlare così tanto, per questo Hanabi lo
guarda con un accenno di stupore. Che
cosa passa per la testa di quell’uomo?
«No, ne ho
ancora» mente spudoratamente, ignorando
l’improvvisa nausea che l’assale.
«C‘è
qualcosa che ti preoccupa» commenta l’Aburame,
rivelandosi un bravo osservatore. «Non pensarci, lascia che
le cose si sistemino da sole.»
«Ho detto
che ho fame... e non c‘è niente che mi preoccupi,
proprio niente» ribadisce Hanabi, nella voce una punta di
irritazione.
Si preoccupa per lei?
E perché anche Temari, adesso, la fissa come se ci
fosse…
«Allora
perché stai piangendo?» è la domanda
che le rivolge Shino prim’ancora che possa accorgersi della
piccola lacrima che cade nella scodella, infrangendosi con un leggero plic contro la
zuppa chiara e vaporosa, avvertendola del pericolo.
Sconvolta, Hanabi
salta in piedi facendo cadere a terra la scodella, che riversa il suo
contenuto sul pavimento.
Volta le spalle a
tutti, la giovane Hyuuga, e corre fuori dalle cucine, diretta verso le
proprie stanze. Durante il frettoloso tragitto, per poco non va a
sbattere contro Sai, il servo personale di suo padre che, fermo davanti
alla stanza di Minato Namikaze, sta nascondendo qualcosa nella tasca
interna della giacca.
«Sai,
insomma!» sbotta Hanabi con voce spezzata, spingendolo via
con tutta la forza che ha in corpo.
Il ragazzo la prende
per i polsi, bloccandola. «State piangendo, signorina. Tutto
okay?»
«S-Sto
benissimo! E non mi trattare come una bambina, Sai!»
Silenzio.
«Non vi sto
trattando come una bambina. Perché mai dovrei fare una cosa
simile?»
Hanabi cerca di
liberarsi, senza risultati. Infine abbassa il capo, sconfitta.
«Mi trattate
come se lo fossi, però non lo dite mai. Siete carogne, voi
servi! Tutti, dal primo all’ultimo!»
«Posso
comprendere il vostro disappunto, ma nessuno ha mai insinuato una cosa
simile, altrimenti tale notizia sarebbe giunta alle mie orecchie. Tra
l’altro, io non penso che voi siate una bambina»
risponde a voce bassa Sai, lanciando un’occhiata alla porta
alle sua spalle.
Poi, veloce, di nuovo
ad Hanabi, le cui lacrime riescono a turbarlo.
Non l’ha mai
vista piangere.
L’ha vista
urlare, far dispetti, trattare in malo modo coloro che non le vanno a
genio, esultare, affrontare chi non la pensa come lei, ridere, tremare,
risollevarsi, ma... mai piangere.
È
l’ultima cosa che ci si può aspettare da Hanabi
Hyuuga.
«Tu non badi
mai a nulla, se non a proteggere mio padre. A cos'altro potresti
pensare?»
Le parole della Hyuuga
lo riportano velocemente alla realtà.
«Vi ho vista
crescere. Certo, non sarò un gran osservatore e poco capisco
di sentimenti e quant’altro, tuttavia so che non siete
più una bambina: siete una donna, ormai.»
Hanabi lo guarda
stupita, mentre lui la libera; trema un poco e abbassa gli occhi in
modo da non incontrare quelli neri del servo che invece continuano a
fissarla, profondi tanto e quanto un pozzo.
Poi, inaspettatamente,
fa un passo verso di lui e posa la fronte contro il suo petto, esausta.
«A volte si
piange per cose futili, ma sa una cosa, signorina? Io penso -
benché non abbia mai pianto in vita mia - che farlo non sia
un male. Serve a scaricare la tensione, a svuotarsi.»
«Già.»
Dopo qualche secondo,
Sai sospira e la prende in braccio, deciso a portarla nelle sue stanze,
certo che di lì a qualche istante sarebbe crollata.
Anzi…
Abbassa gli occhi e la
scruta. Un sorriso - non finto, non invisibile - spunta sul suo volto.
Sta già
dormendo, Hanabi.
Un piatto vola contro
la parete alle spalle di Sasuke, che s’abbassa giusto in
tempo per evitarlo, e torna a fissare, leggermente risentito, la
moglie, che brandisce un calice.
Ormai da due giorni
Sakura non fa altro che chiedergli di Kakuzu, di Naruto e degli Hyuuga:
non demorde e nemmeno lo lascia in pace.
Dio
mio, perché ha sposato una donna simile?
«Non puoi
evitare questa domanda in eterno, Sasuke! Hai ucciso una persona, mi
menti e stai architettando qualcosa con Naruto Minato Namikaze! Esigo
subito che tu mi dica la verità.»
Per tutta risposta,
Sasuke la ignora e inizia a sparecchiare la tavola, stando attento a
non raccogliere le schegge dei piatti andati in frantumi prima di
quello che, sventurato, era andato a finire contro il muro mancando il
bersaglio - non che a Sasuke sia dispiaciuto, rimanere illeso.
«Lo hai
fatto perché ti piace uccidere? Oppure hai qualche
debito?» insiste la donna, l'ira crescente.
«Sakura,
inizi davvero a essere insopportabile.»
«Meglio
insopportabile che succube. Ora dimmi, avanti: cosa stai facendo,
marito mio?»
Più che
dolce e accondiscendente, la voce di Sakura Haruno è
velenosa - un avvertimento ben congegnato, l’arma finale.
Sasuke afferra una
sedia e si siede, scocciato. «Vogliamo uccidere Hiashi
Hyuuga. Okay?»
Il calice cade a terra
con un tonfo sordo. «Cosa? Sasuke, dimmi che questo
è uno scherzo.»
Magari lo fosse,
pensa cupo l’Uchiha. «Naruto e suo fratello hanno
chiesto aiuto alla mia famiglia, e noi - visto che siamo sempre stati
in buoni rapporti - abbiamo accettato.»
«Fugaku ha
accettato. Tu no, Sasuke» insinua Sakura con disappunto.
«Non è forse così?»
«Non importa
chi ha deciso - se io, lui o qualcun altro - fatto sta che sono
coinvolto.»
Sakura lo raggiunge,
s’inginocchia davanti a lui e afferra la sua mano,
avvolgendola fra le proprie. «Per quale motivo vogliono
uccidere quello Hyuuga?» domanda con maggior cautela.
Sasuke si passa una
mano fra i capelli e butta un’occhiata fuori dalla finestra,
chiedendosi se stia facendo la cosa giusta; se davvero raccontare la
verità a Sakura potrà alleviare il peso che si
porta sulle spalle da quando ha deciso di dare una mano a Naruto.
Torna a guardare la
propria moglie e scruta quelle iridi verdi che chiedono risposte.
Ha preso una decisione.
«Promettimi
che tutto questo non uscirà da qui. E che non dirai niente a
nessuno dei nostri amici.»
Sakura avverte la
gravità in quelle parole, acconsente malgrado i dubbi.
«Te lo
prometto, Sasuke.»
Fine
capitolo Tre
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** - Parte Seconda - Capitolo Quattro ***
Bloody Rose
Capitolo Quattro
Cloc. Cloc. Cloc.
Hanabi apre gli occhi,
ritrovandosi a fissare il soffitto bianco, asettico; intravede la
ragnatela di un ragno, argentea, quasi trasparente.
Il ragno, ovviamente,
non c’è.
Si mette a sedere con
la testa che le gira, poi si guarda attorno e finalmente nota la figura
seduta ai margini del suo letto.
Sai sta scrivendo,
anzi no, sta disegnando qualcosa su un piccolo quadernetto, e pare non
aver notato che s’è svegliata.
I suoi occhi seguono i
movimenti del carboncino che elegantemente traccia forme diverse,
variegate, con il polpastrello le sfuma, curandosi di non sbagliare le
sagome dei personaggi -
del personaggio, le cui ombre paiono avvolgerlo
completamente.
Incuriosita, Hanabi si
avvicina gattoni al ragazzo e sbircia silenziosamente il disegno che
nasce man mano che le linee si congiungono.
«Vi siete
svegliata» commenta sornione il servo di suo padre,
continuando a lavorare sul disegno, gli occhi fissi per un attimo sulla
mano di Hanabi, ferma vicino alla sua gamba.
«Sì.
Sei stato tu a portarmi qui, non è vero?» la
Hyuuga piega la testa di lato. «La ragazza del
disegno… sono io?»
Cloc.
Cloc. Cloc.
«Sì.
Spero di non offendervi.»
La ragazza dai capelli
corvini dorme rannicchiata fra le coperte d’un soffice letto;
l’espressione dipinta sul suo viso è serena. Forse
fin troppo.
Perché?
Quando una persona dorme, non dovrebbe avere la pace che
l’allontana dalle fatiche della giornata? La ragazza che
dorme - così la chiama istintivamente Hanabi - non la
merita, forse?
«No, non mi
offendi affatto. Spiegami invece perché lavori per mio
padre, nonostante il tuo enorme talento» Hanabi carezza con
le dita il disegno. «Sai, questo è davvero molto
bello!»
Il rumore
dell’orologio.
Cloc.
Cloc. Cloc.
Quante volte lo sente
la notte? Quante altre volte lo sentirà? Quante?
Sai sorride.
«Non so nemmeno io il motivo. Forse non credo di essere bravo
in qualcosa, men che meno nel disegno» strappa il suo
capolavoro dal quaderno e glielo porge. «Però, se
a voi piace, sono felice di regalarvelo, signorina. Sono sicuro che
saprete custodirlo con cura.»
Hanabi lo prende,
sorpresa. «Sì, mi piace. Sai, io sono certa che tu
sia un ottimo artista. Che ne dici di disegnare qualcosa su una tela?
Qualcosa di ancor più bello e - alla prima occasione, magari
- presentarlo a una mostra. Ce ne sono così tante a
Londra!»
«Vi sono
grato, davvero, ma non trovo prudente fare una cosa simile. Vostro
padre non sarebbe d'accordo e, comunque, non penso di riuscire a
farlo» un attimo di silenzio. «Per disegnare ci
vuole sentimento. Io non provo nulla quando disegno, non provo alcun
sentimento.»
«Non provi
nulla?» Hanabi pensa che sia una sciocchezza.
«Nemmeno mentre facevi questo disegno provavi qualcosa? Sai,
che razza di persona è, una che afferma simili cose? Io non
penso che esista una persona che non prova nulla. Tutti provano
qualcosa!»
«Io no. Io
non provo niente.»
«Allora
questo disegno non vale nulla per me, Sai. Tanto vale farlo a
pezzi!», e detto ciò, Hanabi inizia a tirare con
le mani una parte del foglio, lacerandolo piano piano.
Proprio in quel
momento, Sai le blocca i polsi, non mostrando alcunché.
Lei cerca di
divincolarsi, cerca di spingerlo via senza riuscirvi e allora, mossa
dall’irritazione, gli sferra un calcio. O almeno, ci prova.
L‘azione
è così veloce che solo dopo qualche secondo
capisce di essere sotto Sai, immobilizzata dal suo corpo, e affannata
dalla rabbia. Che diamine!
«Sai,
lasciami andare subito! Nessuno ti dà il diritto di
trattarmi in questo modo! Sai!»
«Signorina,
mi allontanerò da qui soltanto se non strapperete quel
disegno. Se mi promettete di non…»
«Piuttosto
preferisco farmi ritrarre senza veli da voi!» sbotta Hanabi,
strappando con un colpo secco il disegno; Sai ha mollato la presa sui
suoi polsi per bloccarle una gamba, senza rendersi conto che
così Hanabi avrebbe potuto distruggere il suo lavoro senza
esitazioni.
Stupefatto, il servo
fissa Hanabi ridere compiaciuta. «Sapete, voi siete una donna
davvero dispettosa!» commenta poi, scuotendo il capo.
Si stacca da lei
continuando a scrutarla, questa volta mostrando incertezza.
Una persona che non
prova nulla può essere assalita da un sentimento quale
l‘incertezza?
Hanabi si tira su,
reggendosi sui gomiti, vincente. «Non sono dispettosa, sono
molto più furba di te.»
«Beh…»
Sai la scruta coi suoi occhi neri e profondi. «Allora che ne
dite di posare nuda per me, dato che siete così furba come
dite, signorina?»
S’irrigidisce,
Hanabi. «Che-cosa-stai-dicendo?!»
esclama.
Cosa gli è venuto in
mente?! Che sgarbato. In confronto, Minato Namikaze impallidisce!,
si ritrova a pensare la Hyuuga.
«Avete detto
che preferite farvi ritrarre senza veli, piuttosto che lasciare intatto
il mio disegno. O forse sono io che ho capito male?» insinua
Sai, sorridendo.
I ruoli si sono
invertiti, e ad Hanabi questo non piace per niente.
Cloc.
Cloc. Cloc.
È
bianchissima, la tomba di suo padre.
L’ha
osservata innumerevoli volte da quando ha lasciato a lui, suo figlio,
il compito di tenere su la famiglia Uzumaki.
Il tempo è
passato così velocemente! Non ha più un singolo
ricordo di lui, eccetto i suoi lineamenti sfocati, inafferrabili. Solo
gli occhi d’un azzurro sconfinato, visibili in suo fratello,
sono in grado di suscitare in lui il ricordo del padre - i loro tratti,
i loro volti così simili.
E poi, lui stesso
porta il suo nome.
«Fratello,
fratello! Vieni dentro, sono arrivati Obito e la signora Mikoto!
Avanti, Minato!»
Minato Namikaze II
osserva sua sorella, ferma sulla soglia di casa. «Vengo
subito» urla infine, alzandosi.
Ama sua sorella.
L’ha sempre amata.
Anche quando aveva
scoperto - anni addietro - la verità su di lei, aveva
continuato a pensare ‘Amo mia sorella’, e con una
tale forza che ancora adesso lo stupisce.
In fondo,
l’ha vista crescere.
Cammina lento lungo la
piccola stradina che lo conduce quasi subito davanti alla porta,
lasciata incautamente aperta da Rin.
Entra, se la chiude
alle spalle e raggiunge la sala principale.
Fin da subito incrocia
gli occhi neri e giocosi di Obito, il cugino di Mikoto.
Mikoto Uchiha
è la moglie di Fugaku, nonché madre di Sasuke e
Itachi. È molto diversa dai suoi figli - si può
dire che in parte somigli a Itachi, togliendole l’aria
misteriosa che contraddistingue quest’ultimo.
«È
un piacere rivedervi, signora Uchiha. A cosa dobbiamo la vostra
visita?» chiede Minato, sorridente.
La donna, seduta sul
divanetto accanto al camino, sorride a sua volta. «Desideravo
vedere vostra madre, sapere come sta. È da tempo che non le
faccio visita. Mio marito voleva a tutti i costi che venissi qui:
ritiene che mi preoccupi troppo per il suo lavoro e… non so.
Mi manca vostra madre, Minato. Ditemi, come sta Kushina?»
Il ragazzo annuisce e
osserva il paesaggio che si estende sconfinato dietro la grande
portafinestra accanto allo scaffale dei libri, posizionato alla sua
destra. «Mia madre è migliorata e non fa che
lamentarsi. Odia stare a letto. E odia me, mio fratello e Rin. Odia
anche il cane, adesso, lo maledice tutti i giorni: dice che
è colpa sua se è rinchiusa in casa.»
Mikoto ride.
«Kushina non cambierà mai. Ha sempre
così tanta energia, quella donna!»
«E voi come
state?» aggiunge a un tratto Rin, sedendosi accanto a Obito.
«E i vostri figli? Ho sentito che Sasuke sta per diventare
padre!»
Obito, fino a quel
momento in silenzio, mostra un certo imbarazzo e tossisce.
Minato alza gli occhi
al cielo. «Rin, per cortesia. Lo sai che non ci si rivolge
così agli ospiti, vero?»
La ragazzina diventa
rossa. «C-Certo, scusa fratello. Era solo una mia
curiosità.»
«Rin,
tesoro, non ti devi preoccupare... non mi hai recato alcun
fastidio» la rassicura Mikoto, regalandole un sorriso.
«Itachi e Sasuke stanno bene e... sì, a quanto
pare sarò nonna!»
Sasuke padre, eh? «Non
lo sapevo, signora. Anzi, sono stupito da questa notizia! Insomma...
chi mai avrebbe immaginato che Sasuke diventasse padre ancor prima di
suo fratello Itachi?»
O
forse sarebbe stato meglio dire: ‘Chi mai avrebbe immaginato
che Sasuke diventasse padre?’.
«Nemmeno io
immaginavo che accadesse così presto. Sapete, Itachi non ha
ancora preso moglie e io stessa non riesco a capirne il motivo. Fugaku,
comunque, gli sta proponendo una dama dopo l‘altra - mio
marito è molto più cocciuto di me e temo che
possa arrivare a farsi odiare da nostro figlio.»
«Sono sicuro
che Itachi comprenda molto bene le motivazioni di vostro marito,
commenta Minato, divertito. «Io stesso sono alle prese con le
proposte di mia zia. Una fanciulla dopo l‘altra, una al
giorno! Non che io rifiuti l’idea di sposarmi, preferisco
semplicemente trovare la mia futura moglie da solo. Ed essere
innamorato di lei, possibilmente.»
«I matrimoni
combinati sono la peggiore delle torture!» borbotta Obito,
con una smorfia.
Qualcuno tossisce, poi
scoppia a ridere. «Ben detto, ragazzo! I matrimoni combinati
sono torture che ci impongono i nostri genitori, pur sapendo
che noi non vogliamo, che non siamo d’accordo. E, tutto
sommato, sai cosa fanno loro? Se ne fregano.»
«Mamma!»
Kushina Uzumaki alza
una mano per ammonire il figlio che, come al solito, scuote il capo
rassegnato.
Sua madre non
cambierà mai. Sempre così anarchica, sempre
così decisa, fuori da ogni logica.
La fotocopia di
Naruto. O meglio, Naruto è la fotocopia di sua madre.
«Kushina,
che bello! Quanto tempo è passato dall’ultima
volta in cui ti ho vista!» Mikoto salta in piedi e corre ad
abbracciare Kushina che, stupefatta, a malapena ricambia.
«T-Ti prego,
così mi commuovi! E poi non sono certo morta, dai.»
«Potevi
spedirmi una lettera, farmi sapere come stavi, almeno! Invece non
rispondi mai.»
La signora Uzumaki
sorride. «Non ho trovato il tempo per farlo. Mi dovevo
occupare di qualche conto, sai. I vecchi conti di mio marito.»
A quella parola, quasi
sottolineata per far capire a tutti la situazione, Minato resta di
pietra.
Lancia uno sguardo
veloce a Rin, che pare non aver compreso il significato delle parole di
sua madre, e cerca di dissimulare il disagio.
A differenza di
Naruto, Minato riesce sempre a nascondere ciò che gli preme,
ciò che lo agita, ed è proprio per questo che,
almeno cento volte, Kushina gli ha ripetuto, nostalgica: ‘Sei
tale e quale a tuo padre!’.
«Oh, capisco
benissimo. Ma dimmi, è forse vero che il nipote della
vecchia Inuzuka sta per venire qui? Si vocifera che abbia intenzione di
trovare una moglie.»
Kushina sbuffa e va a
sedersi. «Mikoto, cosa vuoi che ne sappia? Quella vecchiaccia
non dice mai niente, sta sempre zitta e aspetta che qualcuno le rivolga
la parola per mandarlo a quel buon paese. E di suo nipote non so quasi
nulla: anzi credo proprio di non sapere chi sia.»
«Ma come!
Gli Inuzuka sono dei lontani parenti degli Aburame. Non hai mai sentito
nominare Shino Aburame e Kiba Inuzuka? Lavoravano insieme, anche. Erano
molto bravi negli affari. Persino Kakashi vi ha collaborato, una volta,
e per essere così giovani, ci sapevano fare.»
«Aburame?
Ah, parli di quei due scavezzacollo?» gli occhi di Kushina
s’illuminano. «Quindi quel Kiba è il
nipote della bastarda? Beh, da lei ha preso solo il caratteraccio,
pare. Me ne ha fatto cenno Minato una volta. Vero, figliolo? Tu hai
incontrato Kiba, vero?»
Chiamato in causa,
Minato scoppia a ridere. «Mamma, ti ricordi ancora di lui!
È passato del tempo…»
«Certo»
risponde Kushina, iniziando a giocherellare con una ciocca dei propri
capelli rossi. «Ma ricordati che non soffro di perdita di
memoria. E poi è passato appena un anno!»
«Okay, come
non detto. Kiba Inuzuka non è esattamente come la signora
Inuzuka, diciamo... che ha preso poco da lei. Insomma, almeno lui
sorride. Però non so se sia in cerca di una moglie. Ho
sentito che s‘è recato fuori città per
lavoro, in campagna. Ha partecipato a qualche ricevimento e, se non
erro, ha incontrato anche Sasuke e Sakura.»
«Non lo
sapevo» sussurra Mikoto, sorpresa.
Kushina ridacchia.
«Minato sa sempre tutto, ma questo lo dobbiamo anche a
Naruto: non è forse così? E poi, Mikoto! Sasuke
non ti ha raccontato nulla? Nemmeno che ha visto mio figlio?»
«Sasuke non
ama parlare di tuo figlio, Kushina. Sai come stanno le cose.»
«No, invece,
non so come stanno le cose! Da un giorno all’altro tuo figlio
e il mio iniziano a litigare, a picchiarsi, a dirsene di tutti i colori
mentre fino a qualche giorno prima non facevano altro che parlare -
beh, non proprio, però andavano d‘accordo,
diamine! E nessuno mi ha spiegato alcunché. Io resto qui,
chiusa in casa con quel cagnaccio di Kyuubi, a domandarmi
perché mio figlio maledica giorno dopo giorno Sasuke e
Sasuke faccia altrettanto», sbraita Kushina, puntando il dito
contro qualcuno d’invisibile.
«Sant'Iddio!»
Obito e Rin iniziano a
ridere e Mikoto abbozza un sorriso, mentre Kushina continua a urlare
imprecazioni sempre più colorite.
Come dire…
Kushina Uzumaki non conosce la vergogna e men che meno
l’educazione.
Meglio cambiare argomento,
altrimenti esplode!, pensa Minato, riuscendo a malapena a
sorridere. «Se volete posso incontrare Kiba. Se non erro,
dovrebbe passare da queste parti.»
«E a che
scopo?» domanda interrogativo Obito. «Quel ragazzo
vorrà passare del tempo con la vecchia megera, no?»
«Obito!»
«Scusa,
Mikoto. Non era mia intenzione chiamare megera la megera!»
«Così
mi piaci!»
«Kushina,
per colpa tua Obito sta diventando identico a te! Lo sai che rovinerai
la sua vita per sempre, vero?» insinua Mikoto, scocciata.
Kushina scoppia a
ridere. «Cosa? Dimmi che stai scherzando! La sua vita
sarà bella, sfrenata, piena di fanciulle da corteggiare.
Oppure potrebbe innamorarsi della mia Rin e sposarla. Non sarebbe male,
non credi?»
Quell’ultima
esternazione scatena le urla di Rin e Obito, che protestano imbarazzati.
«Che Dio mi
aiuti.»
In quella casa non si
fa altro che urlare, imprecare, divertirsi, ignorare le regole della
società.
Tutti li guardano
male, ridono di loro, del loro modo di vivere. Eppure, a nessuno di
loro importa, continuano a comportarsi come meglio credono.
Minato sorride
affettuosamente a sua madre.
Spero che tutto questo
non cambi mai. Nemmeno dopo.
«Non ne
posso più! È da giorni che li vedo insieme, mano
nella mano a parlarsi, a fare la coppia di sposi più bella
di Londra! Non li sopporto più!» urla
istericamente Karin, mandando per aria metà del suo
guardaroba.
Suigetsu schiva un
enorme cappello contornato di piume. «Veramente io non credo
che Sasuke vada in giro mano nella mano con Sakura: si vergognerebbe a
morte. E poi la smetti di lanciare tutta questa roba, scema che non sei
altra? Fra dieci minuti dobbiamo raggiungere Kiba e per colpa tua
arriveremo in ritardo! Ah, non capisco perché diavolo sono
venuto a prenderti!»
Karin gli lancia un
altro cappello - questa volta con un fiocco rosso a decorarlo - in
faccia. «Non mi scocciare, villano! L‘educazione
non te l’ha insegnata nessuno, vero?»
Vero, a me non l’hanno
insegnata. Ma nemmeno a te, se è per questo,
pensa tristemente Suigetsu, raccogliendo da terra i due cappelli che
lei gli ha scagliato contro, per poi tirarli alla proprietaria.
«Sembri un’oca, Karin. Una racchia che si comporta
come un’oca.»
Le urla della rossa
aumentano, a quelle parole, e solo quando Suigetsu la minaccia di
lasciarla lì cessano, per lasciar posto a un continuo,
irritante borbottio.
Mezz’ora
dopo escono dalla tenuta e salgono sulla carrozza, che parte qualche
secondo dopo, accompagnato dal nitrire vivace dei cavalli.
Karin guarda
imbronciata il paesaggio, le braccia conserte, gli occhi infuocati.
Suigetsu sbuffa.
«Hai forse intenzione di rimanere imbronciata fino al podere
degli Inuzuka, cugina?»
«Sì.»
«E non hai
intenzione di smettere nemmeno davanti a Kiba, vero?»
«Esatto.»
«E allora
cosa ci stiamo andando a fare, se già sappiamo che ci
caccerà via appena constaterà che gli romperai le
scatole per tutto il viaggio? Eh? Spiegami, avanti.»
Le guance di Karin
diventano rosse. «Lui non oserà cacciarmi
via» mugugna, esterrefatta.
«Lo conosci
abbastanza per capire che non solo ti caccerà via, ti
insulterà anche pesantemente.»
«Questi
Inuzuka sono davvero dei… dei…»
«…
dei villani?» conclude Suigetsu, con un sorrisetto.
«Senti chi parla. Ti sei mai sentita?»
Il resto del viaggio
lo trascorrono a litigare, mentre i minuti passano veloci, tanto che
non si accorgono nemmeno di essere arrivati alla tenuta degli Inuzuka;
la grande, immensa, tenuta.
«La nostra
casa è una catapecchia in confronto a questa»
commenta piccata Karin, scendendo dalla carrozza.
La lunga gonna sfiora
a tratti il terreno asciutto e, per evitare che si sporchi, ne tira su
un lembo, cauta.
«Spero che
tutto questo serva a qualcosa, altrimenti ammazzerò
Kiba.»
«Se tu la
smettessi di parlare in tal modo lui nemmeno ti tratterebbe come ti
tratta, Karin.»
«Com’è
che la tratterei, Suigetsu?»
Kiba sorride beffardo,
appoggiato a una delle sue tante carrozze - le mani nelle tasche, la
camicia aperta che mostra il petto muscoloso e abbronzato. Sembra
davvero un animale.
«Vi pare
forse il modo di accoglierci? Siete…» Karin inarca
un sopracciglio. «…
mezzo nudo.»
L’Inuzuka fa
una smorfia. «Ho solo la camicia aperta. Sapete, non ho
ancora finito di prepararmi: stavo dando da mangiare al mio cavallo,
prima. Comunque, adesso vado nelle mi stanze e mi vesto.
Così la signorina smetterà di spogliarmi
davvero... Sì, con gli occhi.»
Kiba scoppia a ridere
e corre dentro la tenuta, ignorando le lamentele di Karin.
Fine
Capitolo Quattro
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** - Parte Seconda - Capitolo Cinque ***
Bloody Rose
[A
Katia]
Capitolo
Cinque
Fa freddo, quella
notte. Così freddo che a malapena riesce a trattenere i
brividi che le percorrono il corpo, veloci come piccole scariche
elettriche, invisibili carezze d’un fantasma.
Hinata si guarda
attorno con gli occhi un po’ spalancati, poi fissa
interrogativamente Naruto.
L’ha portata
in una parte dei giardini che raramente ha visto, poiché
proprietà del padre.
«Okay, so
che questa è una cosa stupida. Anzi, è ancora
peggio. Insomma, ti ho portata qui, dove c‘è
quell’inutile cadavere» brontola immusonito il
Namikaze, scuotendo tetro il capo.
Hinata sfrega i palmi
delle mani sulle braccia per riscaldarsi e mormora: «Voglio
solo vedere il luogo in cui l’avete nascosto.»
Un sospiro.
«Se anche te lo facessi vedere, cosa cambierebbe?
È morto, Hinata! Morto.»
Sa perfettamente che
quel verme di Kakuzu è finito all’inferno, sa che
sta pagando per quello che ha fatto alla sua Hinata.
Arrabbiato, Naruto si
slaccia i primi bottoni della camicia, preda d’un caldo che
invece la Hyuuga non pare sentire, e alza la mano per indicarle un
piccolo spiazzo a circa dieci metri da loro, oscurato da un grande
albero la cui chioma impedisce ai raggi della luna
d’illuminare il luogo.
«È
in quel punto, se non erro. Me l’ha detto Sai dopo averlo
seppellito» Naruto sbuffa. «Non si merita nemmeno
una sepoltura, quello stronzo.»
Hinata starnutisce.
«Certo, certo.»
«Ti sta
venendo il raffreddore» constata il biondo, contrariato.
«Torniamo dentro, non credo che questo servirà
alla tua salute.»
Automaticamente, gli
occhi chiari della Hyuuga s’abbassano. «Siamo
appena usciti, ti prego.»
La richiesta, seppur
debole, riesce a convincere il Namikaze, che la fissa con una nota di
disperazione evidente; si scompiglia i capelli e poi, spinto da
qualcosa che non riesce a capire, si leva la giacca e con essa copre
Hinata.
Lei la stringe a
sé, rossa come un peperone. «Graz-»
Naruto la bacia
improvvisamente.
Le sue braccia
l’avvolgono piano, facendole dimenticare il motivo per cui
sono lì, in quel luogo ormai diventato la tomba di un
depravato.
Una carezza.
«Adesso possiamo andare dentro, vero?»
«N-Non mi
avrai b-baciata per convincermi a r-rientrare, spero!» sbotta
offesa Hinata.
«No, che
dici! Avevo soltanto voglia di baciarti. Con questa storia, i miei
impulsi non c’entrano. Ora va meglio, comunque? Col freddo,
intendo.»
«S-Sì.»
Naruto le sorride,
raggiante. «Bene!»
Le circonda le spalle
con un braccio e la porta proprio davanti alla tomba di Kakuzu,
cercando di reprimere il disagio che sente: dopo tre giorni gli pare
assurdo doverci tornare.
Per di più,
non sa dire se Hiashi si sia accorto della loro assenza, ed
è questo che teme più di qualunque altra cosa al
mondo. Dal giorno in cui il suo uomo d’affari è
sparito, il padrone di casa non ha smesso di farlo cercare - la rabbia
pare aver preso possesso dello Hyuuga.
Inoltre, Hinata non
riesce a levarsi dalla testa l’episodio spiacevole di cui
è stata protagonista: incubi ricorrenti le tolgono il sonno
e il tutto è reso evidente dalle occhiaie che decorano
spaventose gli occhi della ragazza.
Naruto ha cercato di parlarle di questi incubi, ha cercato di capire e
si spiegarle che prima o poi sarebbe passato tutto, ma le sole parole
erano servite a poco.
Se quando era sveglia mostrava un coraggio e una dignità
degni di rispetto e ammirazione, altrettanto non si poteva dire durante
la notte.
Il
silenzio prevale per qualche minuto, spezzato solo dal suono di una
civetta, appollaiata sul ramo d’un albero poco lontano da
loro.
Che tristezza. «Okay.
Portami nelle mie stanze, Naruto. Non voglio più vedere
questo posto» mormora Hinata, disgustata.
Naruto annuisce e
scorta la ragazza lungo il sentiero di rose che li riporta velocemente
alla tenuta, fra le sue mura, al caldo.
Dove non ci sono
fantasmi di persone e incubi ricorrenti - almeno finché
stanno insieme.
«Ehi,
perché non la finite di andare in giro a fare i piccioncini
e non ve ne tornate nelle vostre stanze?» commenta
ironicamente Shikamaru Nara, aprendo loro il portone con un sorrisetto.
«Il padrone di casa è sveglio e gironzola per i
corridoi come un’anima in pena.»
Chiuso il portone,
Naruto borbotta: «Quell’uomo non dorme
mai?»
«Pare di no.
Ma che ci vuoi fare, non tutti riescono a prendere sonno come te, non
trovi?»
«Molto
divertente. Ricorda che qui comando io, non tu, Nara.»
Hinata interrompe
timidamente lo scambio di battute. «Scusatemi, ora io andrei
a dormire. Ti ringrazio, Shikamaru, per aver controllato la situazione.
Davvero.»
Il Nara ammicca, poi
si copre la bocca con una mano per reprimere uno sbadiglio.
«Prego, è stato un piacere. Adesso andrei
anch’io, ho passato una nottataccia. A domani.»
Il figlio del dottore
scompare in uno dei tanti corridoi della tenuta, mentre Naruto e Hinata
salgono le scale silenziosamente, diretti alle proprie stanze.
Una volta al primo
piano, sentono qualche rumore provenire dalla stanza alla loro destra,
quella di Hanabi, e sussultano; Naruto afferra Hinata e la trascina
nell’ombra.
«Siete voi
che l’avete detto, Hanabi, non certo io» sibila una
voce maschile a loro familiare. «Avete strappato il mio
disegno, non avete altre scuse.»
La porta si apre.
«Non dire idiozie! Non lo farò mai, quindi
rassegnati. Ieri ho parlato troppo, lo sai anche tu.»
«Peccato.
Sono convinto che sareste un’ottima modella,
Hanabi» afferma Sai, facendo un passo indietro e fissando
contemporaneamente la Hyuuga, che lo scruta dal basso con una smorfia.
«Cercatevi
una donna, invece di continuare a suggerire a una bambina che sarebbe
un ottimo soggetto per un dipinto!» sbotta Hanabi, posandogli
minacciosa la mano sul petto. «Chiaro?»
Questa volta
è il turno di Sai di fare una smorfia. «Signorina,
voi non vi apprezzate abbastanza e non fate altro che piagnucolare. Se
vi dico che siete una bambina, vi offendete. Se vi dico che siete una
donna, vi arrabbiate e cominciate a sbraitarmi contro. Scusate se mi
permetto, ma avete mai pensato che, alla vostra età, una
dama dovrebbe già esser sposata?»
Naruto ridacchia,
Hinata lo fissa con un sopracciglio inarcato.
«Naruto!» lo ammonisce a bassa voce, tirandogli
timidamente la manica della camicia per farlo smettere.
Cercando di tornare in
sé, il Namikaze borbotta uno «Scusa» che
li riconduce subito alla scena.
Hanabi porta le
braccia al petto, offesa. «Io non mi voglio sposare con
nessuno.»
«Prima o poi
accadrà, lo sapete perfettamente anche voi.»
«Vedi per
caso il futuro, per poter affermare una simile cosa, mio caro
Sai?»
Interdetto, il ragazzo
scuote il capo. «Se possedessi tali capacità a
quest’ora non sarei qui.»
«Ah,
sì?» Hanabi sorride. «E dove saresti, di
grazia?»
Una risata leggera,
non di quelle anonime e incolore che Hinata e Naruto sono abituati a
sentire; una risata vera, divertita. «Nella mia stanza e...
sicuramente starei preparando il necessario per farvi un ritratto degno
di nota, signorina. E sareste costretta ad accettare, dal momento che
avete distrutto il mio disegno malgrado io mi fidassi di voi.»
«Sei proprio
cocciuto!», esclama la giovane Hyuuga, senza riuscire a
fermare il rossore che colora celere le sue gote, evidenziando un
improvviso e inaspettato imbarazzo. «Io non posso farmi
ritrarre da te. Cosa ci guadagnerei?»
Il servo ci riflette,
poi risponde: «Una prova del fatto che non siete una bambina,
ma una donna. Quel ritratto vi mostrerà finalmente la
realtà dei fatti. Non è abbastanza per voi,
Hanabi?»
«Credo di
essermi perso qualcosa» la voce di Naruto è a
malapena udibile.
Hinata sospira.
«Non dovremmo sentire ciò che dicono, Naruto. Non
è bene spiare.»
«Se usciamo
ci beccano.»
«Lo
so.»
«Sai
è capace di uccidermi» afferma il duca, abbassando
ancor più il tono della voce, cupo.
Sorridendo, Hinata
scuote il capo. «Non penso che ne sarebbe capace: in fondo
è pur sempre ai tuoi ordini, no?»
Rabbrividendo, Naruto
mormora: «Non ne sono del tutto certo.»
«Questo
viaggio è infinitamente lungo e non posso nemmeno dormire
perché tu russi troppo!» urla Karin a un annoiato
Suigetsu, mentre la carrozza supera un gruppo di ginestre.
Kiba, accanto al
ragazzo, rotea gli occhi senza nascondere il fastidio.
«Perdonatemi, ma non ho udito niente.»
«Come
avreste potuto udire qualcosa?» bofonchia la donna con
stizza. «Dormivate anche voi, russando come un vecchio
trombone!»
L’Inuzuka
ride senza enfasi. «Suigetsu, posso gettare vostra cugina
dentro a un pozzo e lasciarcela finché non le passa la
voglia di trattarmi in questo modo? Inizia a disturbarmi.»
«Temo non
servirebbe. Io la sopporto da tutta la vita e vi posso giurare: non
smette un attimo di parlottare come una pettegola, giudicando tutto e
tutti» risponde con noncuranza Suigetsu, facendo finta che
sua cugina non sia presente.
Karin soffia:
«Non puoi trattarmi in questo modo! Se non fosse stato per me
tu non saresti qui!»
«Ecco che ci
risiamo…»
«La storia
dell’orfanello?» domanda Kiba.
«La storia
dell’orfanello» conferma Suigetsu, esasperato.
«Mi state
prendendo in giro, ma vorrei ricordarvi che questa è una
storia seria. Suigetsu, tu dovresti essermi grato: se mio padre non ti
avesse accettato in casa nostra, vagheresti ancora per le strade di
Londra come uno di quei poveri che chiedono l’elemosina
davanti ai negozi. Ti abbiamo donato ricchezza e prestigio, e tu mi
tratti in questo modo! Sei un ingrato!»
«Se ti
faccio tanto schifo perché non mi cacci?»
Palesemente furiosa,
Karin gli molla un calcio, facendolo imprecare.
«Papà ha lasciato tutto a te, o hai forse
dimenticato questo particolare?!»
Eh, già. Ha
lasciato tutta la propria eredità all’orfanello.
«A volte il destino è crudele, vero?»
Kiba si volta verso l'amico, ghignante.
Suigetsu gli lancia
un’occhiataccia, massaggiandosi la gamba. «Altro
che destino. Iella!»
Kiba scoppia a ridere.
«Dì la verità, ti piacerebbe avere una
cugina diversa da questa, eh?»
«Siete due
villani!» esplode Karin, mentre Suigetsu cerca di trattenere
una risata.
«Grazie. Ah,
siamo quasi arrivati. Spero che la nonna non mi aggredisca come di
consueto. Quella vecchia non smetterà mai di guardar tutti
dall’alto in basso, è insopportabile.»
«L’ultima
volta che ha visto Karin ha commentato con un ‘E questa
cos’è, una sciacquetta?’»
ricorda loro Suigetsu, imitando il tono di voce dalla vecchia Inuzuka.
Karin ringhia.
«L’avrei mandata a quel paese, se avessi potuto! Le
porto rispetto soltanto perché è vostra parente,
non certo per altro» conclude poi, rivolta a un
disinteressato Kiba.
Una scrollata di
spalle. «Per me potete trattarla come vi pare, non
è un problema mio. Ehi, cocchiere! Ferma la
carrozza!»
«Oh, siamo
già arrivati? Cavolo, quando avete detto che mancava poco
non avevo certo capito che mancasse così poco»
commenta irritato Suigetsu, sistemandosi la giacca.
«Cosa
c‘è, sei forse nervoso?» chiede Karin,
un sorrisetto che sa di vendetta.
«Niente
affatto.»
«Beh, allora
non sei più arrabbiato per
quell‘acciuga’ con cui ti ha salutato
l’ultima volta la vecchia Inuzuka, vero, cugino?»
«Karin,
sparisci.»
«Oh, non
vedo l’ora di incontrare la vecchia!»
Kiba scende dalla
carrozza ignorando quei due e osserva l’enorme tenuta degli
Inuzuka, quella in cui ha trascorso la maggior parte
dell’infanzia - rovinandosela, bisogna aggiungere.
«Oh,
diamine. Non ditemi che siete già qui, non vi voglio
vedere!» strilla improvvisamente la vecchia Inuzuka,
spuntando da dietro il cancello che separa la strada dai giardini,
arcigna.
Kiba sussulta,
stupefatto, ma riprende subito il controllo di sé; quella è sempre in
mezzo ai piedi, non le sfugge mai nulla!, pensa
contrariato.
«Nonna, a
quest’ora non dovresti essere a letto?» cerca di
dire con tono gentile, invano.
La donna, impettita,
scuote il capo. «Non dormo più come un tempo, mi
riesce difficile ormai. Comunque, entrare e sbrigatevi. Ho freddo e non
starò certo qui ad aspettare i vostri comodi. Ah, no! Hai
portato quella sgraziata fanciulla con te! Mio Dio, spero che tu non
abbia un debole per questa, altrimenti non ti lascerò
niente!» esplode scandalizzata, vedendo scendere dalla
carrozza Karin che quasi subito, udendo quelle parole, le fa la
linguaccia.
«È
sempre un piacere vederla, signora» saluta Suigetsu,
spuntando da dietro la cugina.
«Oh, no,
pure lui! Kiba, non ti lascerò nulla, nemmeno un
libro!»
Mentre il cocchiere
scarica la loro roba, Kiba borbotta: «Nonna, della tua
eredità non mi importa un bel niente. Ora vai dentro e
smettila di comportarti come una vecchia megera!»
Umiliata, la vecchia
Inuzuka volta loro le spalle e corre svelta verso la tenuta.
Suigetsu si guarda
attorno, poi fissa Kiba. «Secondo me è
pazza.»
«Oh, di
questo non ho mai dubitato, Suigetsu.»
Karin osserva i due
ragazzi, guardinga, poi la tenuta, improvvisamente seria. «Io
non ci scherzerei, sapete?»
Kiba si gratta la
testa, nervoso. «Quella è sempre stata
così, non c’è niente da fare. Beh, che
facciamo ancora qui? Andiamo: la nonna è capace di chiuderci
fuori.»
Si guarda attorno per
qualche secondo, sommerso dai ricordi, e finalmente nota il ragazzo che
da lontano, in sella a un cavallo bianco, li osserva.
Biondo, più
o meno della sua stessa età, fermo e intento a fissarlo a
propria volta.
Kiba sente di averlo
già visto da qualche parte, ma non ricorda con precisione
quando, dove e soprattutto perché - o forse si sta
sbagliando, forse è soltanto una sua impressione.
La notte, a volte,
gioca brutti scherzi.
Fine
Capitolo Cinque
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** - Parte Seconda - Capitolo Sei - ***
Bloody
Rose
[A Katia]
Capitolo Sei
Anche quel giorno piove e
l’estate pare essersi inaspettatamente allontanata da loro.
Minato sorride alla
madre, sdraiata di malavoglia fra le coperte, intenta a rimproverarlo
per aver lasciato da sola Rin con Obito.
«Mettiti in
testa che Rin è quasi una donna. Potrebbe finir sedotta da
lui, non credi?» borbotta Kushina, tirando a sé le
coperte.
Il figlio scoppia a
ridere. «Mamma, non eri forse tu quella che lodava Obito per
la sua allegria? E adesso, di punto in bianco, pensi che sia un
maniaco?»
«Potrebbe
diventarlo.»
«Dì
la verità» Minato si siede sul letto, che
s’abbassa impercettibilmente sotto il suo peso.
«Hai paura che lui te la porti via.»
In fondo non
può certo negare che fra quei due ci sia del tenero, sarebbe
come contestare il fatto che il sole tramonta e che la terra
è rotonda - deve forse pensare che sia piatta?
Sorpresa da quelle
parole, la donna scuote il capo. «Mai e poi mai. Non le
negherei l’amore. È giusto che provi quello che
anche la sua mamma ha provato. Tuo padre sarebbe stato
d’accordo con me, su questo punto» Kushina sorride.
«Dico solo che Obito non mi pare giusto per lei. Hai notato
quanto si agita Rin, solo a guardarlo? Ah, com’erano lontani
i tempi in cui era innamorata dello zio!»
«Lo zio ha
sempre fatto finta di niente, ma so che ne è stato
lusingato» commenta Minato, ricordando le frequenti visite di
Kakashi Hatake, un loro lontano parente.
«C’è da mettere in conto che
è piuttosto giovane e molto apprezzato dal genere femminile:
Rin non poteva certo resistere al suo fascino.»
«Kakashi sa
perfettamente che un soldato fa questo effetto a tutte»
precisa Kushina dopo una breve pausa. «Anche tuo padre era un
soldato. E ne rimasi affascinata.»
«Se fare il
soldato porta così tanta fortuna con le donne, allora dovrei
arruolarmi!» dichiara Minato II, scoppiando in
un’altra breve risata. Guarda sua madre con gli occhi velati
dalla dolcezza. «Però non credo di essere portato
per simili cose.»
«Lasciati
dire una cosa, figliolo» Kushina risistema bene il cuscino e
vi poggia la schiena con un sospiro di compiacimento. «Sei
buono come tuo padre. Sei uguale a lui e - non possiamo certo negarlo -
va da sé che tu possa essere portato come soldato. Anche se
credo che tuo fratello lo sia più di te. Non a caso ha fatto
quel lavoro per un lungo periodo.»
«Naruto
l’ha fatto solo per te, mamma.»
Gli occhi di Kushina
si chiudono per un secondo. «Questo perché
è cocciuto e scemo come me.»
Ci sono tante cose che
Minato vuole sapere, e la prima fra tutte riguarda i sentimenti di sua
madre verso Rin. Sa che ha sempre amato la piccola, eppure sente che,
dentro, cova del turbamento - così non sarebbe stato se Rin
fosse...
«Avere due
persone come voi in famiglia è più che
raro» commenta Minato. «In questo modo avete
condizionato sia me che Rin. Io e lei siamo più tranquilli,
più riflessivi.»
«Più
che riflessivi siete noiosi» borbotta Kushina, gonfiando
piano le guance. «Molto noiosi.»
La mattina passa
lentamente per Minato, impegnato com’è a ricevere
vecchi amici, sistemare conti e discutere animatamente con quelle poche
nobildonne che ancora tentano di avvicinarsi a lui; evitarle
è il suo sport preferito.
«Non so
proprio cosa fare con quelle» borbotta, sfinito, a una
divertita Shizune, sua amica nonché consigliera.
«Paiono tutte convinte che io sia in cerca di una
sposa.»
«E allora
chiaritevi con loro. È inutile illuderle in questo modo, non
farete altro che attirarle come il miele con le api» ribatte
la donna, sedendosi accanto a lui sul divanetto del salotto.
«Certo che siete strano, però. Perché
mai continuate a evitarle tutte? Per caso un’altra donna ha
preso il vostro cuore?» scherza poi.
Minato arrossisce.
«Cosa vi passa per la testa?! Mai! Non una sola volta mi
è capitato, ve lo posso assicurare. Se fosse come dite, a
quest’ora sarei già sposato e non mi dovrei
preoccupare di quelle signore: invece guardate cosa mi sta
capitando!»
Shizune scoppia a
ridere, scuotendo il capo. «Peggio per voi e la vostra
bellezza. Vostro fratello ne ha saputo approfittare meglio, a mio
parere.»
«Girano
ancora quelle voci, per caso?» domanda stupito il Namikaze.
«Se è così, non posso nemmeno
arrabbiarmi; in fondo è colpa di Naruto, se tutta questa
storia s’è fatta grossa.»
«Più
che altro ne parlano le vecchie pettegole. Le giovani signore, invece,
si guardano bene dal toccare l’argomento, onde evitare che
qualcuna delle loro figlie ne finisca in balia, appena udita questa
voce insistente.»
«Shizune,
sono passati ben due anni da quegli eventi!» esclama Minato.
«Questo è assurdo.»
La donna gli lancia
un’occhiataccia. «Sono passati due anni,
è vero. Ma ha fatto certe cose vantandosene per ben quattro
anni.»
Difendere mio fratello
è pressoché impossibile, a quanto pare,
pensa Minato II, girandosi verso la finestra aperta coi nervi a fior di
pelle.
Che rabbia! Eppure suo
fratello Naruto non ha poi combinato molto per meritare tanto poco
rispetto da parte di quella mandria di pettegole e arroganti - contesse
e duchesse, cameriere e vedove e vecchie. Il semplice fatto che, per
loro, Naruto sia un libertino buono a nulla, lo fa arrabbiare - nessuna
ha idea di cosa abbia passato, nessuno ha idea di cosa sia successo a
tutti loro.
«Cambiando
argomento, posso sapere dov’è finita vostra
sorella?» chiede dopo un po’ Shizune, interrompendo
i pensieri rabbiosi del duca.
«È
da qualche parte con Obito Uchiha» risponde Minato con
noncuranza, accennando però un sorriso.
«Posso
capire che siate curioso, ma questo è troppo per la mia
sanità mentale.»
Rin indica il bruco
che striscia sul palmo della mano del giovane Uchiha, che sorride tutto
contento, accovacciato a terra accanto a lei.
«Se voi
avete davvero quattordici anni, bisogna dire che ve li portate proprio
male.»
Obito sbuffa.
«Rin, per favore, non vi dovete mica scandalizzare!
È solo un piccolo bruco!»
Rabbrividendo, la
tredicenne fa un passo indietro. «Contento voi. Io me ne
vado, okay?»
«Oh, no! Vi
prego!»
«No.»
«Rin, siete
proprio cattiva» mugugna rassegnato il povero Obito, che la
fissa col bruco ancora in mano e gli occhi neri come la pece appena
più aperti del solito.
Soddisfatta, la
piccola Namikaze ribatte: «Sono felice di sentirvelo dire,
Obito. Ora devo andare!»
Rin si allontana dal
ragazzino con passo spedito, lasciandolo dov’è.
Ha sperato, per un solo attimo, che Obito potesse portarla a fare un
bel giro nella vasta campagna che circonda la tenuta degli Uchiha, e
invece non ha fatto altro che parlarle di bruchi, mosche e altri
animaletti che a lei non piacciono e, come se non bastasse, era
arrivato in ritardo, tirando fuori una delle sue dannatissime scuse!
Mentre attraversa il
sentiero, il nitrire di un cavallo attira la sua attenzione: si volta
appena in tempo per vedere un ragazzo tirarne le redini con un
sorrisetto beffardo, arrogante.
Rin non ha mai visto
quella persona nei paraggi, e ne rimane subito affascinata: difficile
restare insensibile a un uomo tanto attraente e sicuro di sé.
Arrossisce quando,
dopo qualche secondo, incrocia i suoi occhi scuri.
Non appena fa per
andarsene, lui la richiama: «Ehi, aspettate! Posso chiedervi
un favore?»
Rin sussulta e si
volta. «Certo, d-ditemi pure.»
«Dovete
sapere che non attraverso questi sentieri da molto tempo e,
maledizione, devo ammettere di essermi perso. Di norma me la sbrigherei
da solo, tuttavia mi permetto di chiedere il vostro aiuto, se non sono
di disturbo» il giovane fa un leggero inchino.
«Sono Kiba Inuzuka.»
Inuzuka? Vuoi vedere che
è il fantomatico nipote della vecchia?
«Io sono Rin Namikaze.»
Kiba Inuzuka si rialza
e sorride.
Perdere di vista
Minato Namikaze non può che essere un errore fatale, Hanabi
lo sa benissimo. Per questo, ignorando i sorrisetti arroganti che Sai
le rivolge da qualche tempo a questa parte, ha deciso di riprendere a
spiarlo. Oh, questo non è un errore, no. Ma teme che lui
nasconda qualcosa e che Hinata ne sia a conoscenza, benché
neghi a ogni domanda di custodire i fantomatici segreti del loro ospite.
«Dio mio,
è così difficile dire ‘Sì,
Minato nasconde qualcosa’?» sbotta Hanabi,
incrociando le braccia al petto dinanzi a una sbigottita Hinata.
«Tu pensi
sempre che le persone tacciano su fatti e avvenimenti del loro passato
perché scabrosi, ma Minato non nasconde nulla, te lo posso
assicurare» ribatte la sorella maggiore, leggermente
indignata. «Sai perfettamente che tutto questo non ha
senso.»
Certo, e allora mi dici
perché hai una relazione con lui e la nascondi?
«Sorella, sei proprio cieca: Minato Namikaze nasconde
qualcosa. Da quando è in questa tenuta sono successe troppe
cose, lo devi ammettere! Lui ci sta prendendo in giro e tu ci sei
cascata!»
«‘Cascata’
in che senso?» domanda la voce alta e profonda di Minato
Namikaze, interrompendo il loro discorso in quattro e
quattr’otto.
Hanabi si volta verso
di lui e gli regala uno sguardo aggressivo. «Non si usa
più bussare?»
Con un sorriso, il
loro ospite scrolla le spalle e chiude la porta, poi le raggiunge.
«È una cosa che dimentico sempre di fare,
sapete?» detto ciò, lancia un’occhiata
allegra a Hinata.
«A volte
date l’impressione di essere un grandissimo arrogante,
Namikaze» lo critica Hanabi, cogliendo lo scambio di occhiate
fra i due. «Dovete esser considerato il duca più
prepotente che ci sia nel Galles, non è forse
così?»
«Se
è per questo, sono considerato in tal modo anche
dall’alta nobiltà di Londra, signorina.»
«E pure
modesto?»
Minato scoppia a
ridere. «Anche modesto, sì.»
«Permettetemi
allora di rivelarvi che mi date altamente sui nervi» sibila
acidamente Hanabi, non badando ai rimproveri silenziosi della sorella
maggiore che, a quelle parole, arrossisce.
«Hanabi!
C-Che dici?» esclama debolmente Hinata, cercando di
trattenere la rabbia che sente scorrere nel suo corpo. «Il
signor Minato è sempre molto gentile con te, n-non vedo
perché ti dovrebbe dare così tanto
fastidio.»
«Mi
infastidisce come ogni altro uomo su questa terra, sorella»
risponde Hanabi, sorridente.
La porta si apre
improvvisamente e da questa sbuca un distaccato Hiashi Hyuuga.
«Minato?»
«Sì?»
«Avrei
bisogno di parlarvi di alcune carte che mi sono sopraggiunte oggi. Mi
fareste il piacere di raggiungermi fra qualche minuto nel mio
studio?»
Minato annuisce,
secco, e lo scruta. «Vedrò di farlo appena mi
è possibile, signore.»
Contento della
risposta, Hiashi lancia un’occhiata alle figlie e richiude la
porta senza far rumore.
Cala il silenzio,
spezzato dopo qualche secondo dallo stesso Namikaze.
«Noto che non sono l’unico a non bussare, in questa
casa» commenta.
Hanabi, rigida, gli
scocca un’altra occhiataccia ed esce velocemente dalla
stanza, lasciandoli soli - ben consapevole
dell’intimità che sta regalando loro in quel
preciso momento.
«Tua sorella
è sempre più sospettosa - aggiungerei irritante,
ma temo che questo possa offendere te più che lei»
brontola Naruto sedendosi accanto a Hinata, avvilito.
Possibile che si
ritrovi sempre a dover recitare la parte dell’arrogante snob,
pur di contrastare l’evidente nota di sospetto insita nella
minore delle Hyuuga? È già drammatico che la
sorella maggiore conosca il motivo della sua permanenza! Certi problemi
paiono amarlo terribilmente.
La mano di Hinata si
posa sulla sua, paziente. «Hanabi lo fa soltanto
perché è preoccupata per me. Altrimenti non
dubiterebbe nemmeno un attimo di te o di altri, capisci?»
Naruto ride e si china
su di lei; le bacia dolcemente il collo. «Mh. Direi che hai
ragione.»
Completamente
impreparata, la giovane Hyuuga arrossisce e sospira. «P-Per
favore, Naruto. Potrebbe entrare qualcuno. Sai che non
bussano, vero?»
Per tutta risposta, il
Namikaze la morde piano, cominciando poi a succhiarle una piccola
porzione di pelle - assurdamente, sa di pesca. «Oh, non me ne
può importare di meno!»
L’unica cosa
che in quel momento vuole fare è baciarla e morderla fino a
tentarla, spingerla a desiderare qualcos’altro, lo stesso che
lui brama; fare finta di non volere quel corpo caldo e morbido
è per lui una tortura - una pessima, maledetta e
masochistica tortura.
La ragazza gli stringe
la mano e automaticamente, forse senza pensarci e quindi, mossa da un
desiderio inconscio, porta il capo indietro, esponendo il collo ai baci
del Namikaze.
Naruto freme. Era ora!
«Hinata, una signorina come voi non dovrebbe permettere a un
uomo di andare oltre, sapete? Io non sono in grado di controllarmi se
vi lasciate andare così.
Però…»
Con le labbra appena
dischiuse continua a baciarle il collo, poi la mandibola;
l’intenso profumo della pelle di Hinata lo stordisce, sente
di non poterne fare a meno. È un desiderio più
forte di quello che è abituato a sentire, a conoscere, ed
è quindi curioso di scoprirne ogni lato, ogni significato.
Hinata si aggrappa
istintivamente alle sue spalle, forse stordita quanto lui.
«Naruto…»
Lentamente, con una
dolcezza mai avvertita prima, le percorre con la bocca le guance accese
dalla vergogna e dall’impazienza.
Infine, la bocca rossa.
Le strappa un gemito,
quando le morde il labbro e con la lingua lo lambisce affamato. Sempre
piano - cautamente - sempre senza fretta, ma con crescente voglia di
scoperta. «Sei bellissima», gli sfugge
inaspettatamente, mentre si stacca quel tanto che basta per notare
l’intenso languore contenuto negli occhi lilla di Hinata.
Sembra così indifesa,
si ritrova a pensare, sorpreso. Le accarezza la guancia, sorride e alla
fine la stringe a sé, come ormai è abituato a
fare - intuisce che sorprenderla ulteriormente con tali contatti fisici
potrebbe allarmarla o addirittura offenderla, e non vuole che
ciò accada.
«Naruto…?»
Hinata alza leggermente il capo verso di lui. «Quante altre
donne hai baciato in questo modo?»
Sorpreso da quella
domanda, Naruto arrossisce. «Beh… abbastanza da
potermi considerare un esperto. Ma non voglio approfondire
l’argomento, Hinata. Ci sono cose che non svelerei per nulla
al mondo» come
il fatto che sono stato con donne dalla dubbia virtù.
«Non avevo
mai pensato che tu potessi aver avuto tante altre donne prima di me,
sai?» mormora la contessa, riflessiva. «Per tutto
il tempo ho desiderato essere io la prima. È una cosa
stupida da pensare, non è così?»
«Credo di
sì. Cioè, no, non lo credo affatto. Ritengo
piuttosto che sia una cosa naturale.»
«Simili
pensieri sono sconvenienti e non dovrei nemmeno farli…
né provare tutto ciò.»
Il Namikaze alza gli
occhi al soffitto. «Affatto. Sono del tutto naturali, fanno
parte di noi. Il desiderio è qualcosa che non possiamo
reprimere fino in fondo, capisci? È come l’amore e
l’odio, l’invidia e la paura, la nostalgia e
l’amarezza e la felicità. Sono tutte cose
naturali.»
Dopo qualche secondo,
Hinata annuisce. «Hai ragione. Ora… ti
conviene andare, mio padre si arrabbierà se non ti
vedrà subito. Sai com’è
fatto.»
«Già.
Non so come tu sia riuscita a sopportarlo per tutti questi anni. Mi
pare quasi impossibile.»
L’atmosfera,
prima carica di tensione, si trasforma inaspettatamente in qualcosa di
gelido e aspro, come il tono appena usato dal Namikaze.
«Naruto, ti
prego. Non trattarlo male e non pensare nemmeno alla tua odiosa
vendetta. Te ne prego. Fallo per me» lo implora Hinata,
cercando di nascondere l’ansia per quell’intento.
Il ragazzo si guarda
le mani. «Evitiamo di parlarne, per favore. Ora lasciami
andare, devo vedere quei documenti.»
Naruto si alza in
piedi e, senza dire nemmeno una parola, esce fuori dalla stanza
chiudendosi la porta alle spalle.
È consapevole
di essersi comportato male nei confronti di Hinata, ma non riesce a
reprimere la rabbia per quel verme: non può, è
più forte di lui. Se solo… sapesse, Hinata. Se ne
sapesse il motivo!
Non sa
perché ha celato quella parte del racconto. Forse per non
sconvolgere la Hyuuga, per non farle conoscere il mostro rinchiuso nel
corpo di suo padre?
Forse. Ma sa di non
essere così protettivo, quando si tratta di Hiashi Hyuuga:
è la paura di perdere Hinata a regolare le sue parole, le
sue azioni. Per questo non ha ancora posto fine alla vita di Hiashi -
mentre avrebbe dovuto farlo già una settimana prima.
«Sei un
nipote sconsiderato! Pur sapendo che ti saresti perduto, sei andato in
giro con quel cavallo della sfortuna! Non mi preoccuperò mai
più per te, sappilo!» strilla la vecchia Inuzuka,
aprendogli il cancello e ignorando la povera Rin, ferma davanti a loro.
Kiba, già
stufo delle sue urla - peggiori di quelle di Karin - ringhia:
«Vecchia, sparisci! Ora!»
Palesemente
oltraggiata, l'anziana signora scappa via come un fulmine.
«Degenerato!»
Il ragazzo scuote il
capo e si volta teatralmente verso Rin che, osservando la scena, non ha
potuto trattenere una risata. «Dovete scusarla. Mia nonna
è… pazza.»
«L-Lo
so» balbetta la ragazzina, fra le risate. «La
conosco bene. Cioè, la conoscono tutti.»
Non mi sorprende.
«Ah, non mi dire. Scommetto che stanno spettegolando su di
me: ‘Avete sentito? La vecchia ha un nipote!’
‘Sarà pazzo come lei?’» fa una
smorfia Kiba, imitando perfettamente due ipotetiche vecchiette.
«Quanto le odio.»
«Non vi
dovete preoccupare. Ormai siamo abituati alle sue uscite, la prendiamo
con filosofia. E comunque, nessuno pensa male di voi, piuttosto... si
preoccupano» gli svela Rin, sorridente.
«La gente
è soltanto brava a parlare. Beh, vi ringrazio per avermi
accompagnato fin qui. Spero di rivedervi presto.»
«Lo spero
anch’io» ammette la ragazza. «Per essere
un Inuzuka siete davvero molto gentile.»
Kiba sogghigna.
«So anche essere scortese, signorina, ma voi mi avete aiutato
e non meritate altro che la mia gratitudine e la mia amicizia. Ora devo
andare. Arrivederci!»
Rin alza la mano per
salutare e se ne va, lasciandolo da solo.
Kiba porta il cavallo
dentro la stalla e, dopo avergli mollato una pacca affettuosa sul
collo, si dirige verso l’ingresso principale della tenuta.
Appena
all’interno, sente subito le urla di Karin, rivolte
probabilmente a un annoiato Suigetsu - chissà come fa quel
povero ragazzo a sopportare una donna del calibro di Karin,
pensa soprappensiero l’Inuzuka, entrando nel salotto dove sta
consumandosi il litigio.
«Oh, no, non
puoi affermare una cosa simile! Sei un mostro, un villano,
un… un…»
Suigetsu sbadiglia.
«… un bastardo? Dillo pure, non mi offendo (tanto
so che l’hai pensato). Ripeto, sperando che il tuo piccolo
cervellino ci arrivi, che non sono stato io a spostare le tue cose.
Sarà stata la vecchia.»
Karin pare dover
esplodere da un momento all’altro. «E
perché mai avrebbe dovuto farlo?!»
Sarcastico, Suigetsu
risponde: «Forse perché ti odia e ti considera
un’oca buona a nulla?»
A quelle parole Kiba
scoppia a ridere sguaiatamente, non curandosi delle urla isteriche
della rossa, offesa dagli insulti del cugino.
«Non vorrei
interrompere questa graziosa discussione, ma fra qualche minuto
sarà pronta la cena. La vecchia sarà pure pazza,
tuttavia sa ancora cucinare e badare alla casa.»
«Una cosa
positiva, almeno» commenta velenosa Karin, sedendosi su una
poltrona vetusta quanto la casa. «Siamo qui da meno di un
giorno e quella non ha fatto altro che strillare.»
Avete una cosa in comune,
pensa divertito l’Inuzuka. «Non ci posso fare
niente. Ora salgo in camera mia. Se avete bisogno di qualcosa,
chiamatemi.»
Una volta in camera,
Kiba si sdraia sul letto e studia il soffitto, cercando di capire per
quale ragione si è spinto fin lì, nel Galles, in
quei luoghi che hanno segnato la sua infanzia.
Insomma, li odia! Li
ha sempre odiati.
Da quando Shino ha sposato
Temari il lavoro è andato a rotoli, e io sono stato
costretto a questo, pensa imbestialito.
Certo, con
l’Aburame qualche affare ha la certezza di poterlo ancora
fare, ma sa chequesti è comunque molto impegnato - finire a
lavorare per Hiashi Hyuuga, farsi diseredare dalla propria famiglia per
una singola donna... no, non è bene.
Sospira, chiudendo gli
occhi… e pensa ancora a quella ragazza arrogante.
Sa che è
una Hyuuga e che si chiama Hanabi: durante quella festa, giorni prima,
gli è bastato chiedere in giro per appropriarsi del suo
nome.
Un nome azzeccato,
adatto a quella piccola, attraente donna - la sua donna, anche se
Hanabi ancora non lo sa.
Fine
capitolo Sei
Note dell'Autrice:
Oh, finalmente ecco un nuovo capitolo! x3 che bello. Allora, come avete
potuto notare, avete avuto anche una piccola spiegazione su un fatto
accennato nel capitolo 'Seconda parte - Capitolo Quattro' dove Mikoto
parla di Kiba Inuzuka e Shino Aburame dicendo che quei due lavorano
insieme. Bene, Shino si è sposato con Temari e
così facendo, ora, lavora per gli Hyuuga.
Detto ciò,
abbiamo anche visto che Naruto sta iniziando a 'saltare addosso' a
Hinata - e Hinata certo non lo respinge xD
Oh, insomma! Ne
abbiamo viste di cose! ^^
Nella fic Rin ha 13
anni, Obito 14, Kiba 22, Karin 19, Suigetsu 20, Naruto 22 (e lo stesso
Minato), Hinata 17, Hanabi 15, Sai 18, Konohamaru 17, Tenten 22, Ino
21, Shikamaru 23, Temari 27, Shino 26, Kakashi 29, Kushina 41, Mikoto
42, Hiashi 45, Sasuke e Sakura 22 e 20 anni e... e boh XD Se ho
dimenticato qualcuno, ditemelo XD
Uhm... ora devo
scappare! Risponderò alle recensioni di questo capitolo
tramite il nuovo sistema ideato da Erika, quindi non vi preoccupate^^
Un bacione!
Mokochan
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** - Parte Seconda - Capitolo Sette ***
Bloody Rose
[A
Katia]
Capitolo
Sette
Soffitto, finestra,
soffitto, finestra, cuscino, odore di rose, odore di notte, mal di
testa, disperazione,
poi soffitto, finestra, soffitto e ancora cuscino - la notte non
svanisce mai. O così sembra a Naruto che, immobile sul
letto, non fa altro che compiere gli stessi gesti, ben lungi dal
dormire serenamente come immaginato dopo la cena svoltasi appena due
ore prima; non riesce a dimenticare le continue occhiatacce del padrone
di casa, quel Hiashi che ha pregato di poter uccidere per anni, proprio
come non può tenere da parte la muta tristezza di Hinata.
L’unica a
non essere cambiata di una virgola è quella peste di Hanabi.
Per tutta la cena non
aveva fatto altro che lanciare occhiate altezzose a lui e alle
cameriere, convinta di essere al di sopra di tutti, esattamente come il
padre. Anche se, Naruto lo deve ammettere, la giovane non aveva mai
trattato male Tenten e Ino, ponendosi con loro in modo diverso da
Hiashi, il cui comportamento aveva reso addirittura imbarazzante la
cena.
Ovviamente, lui -
l’ospite inizialmente gradito - non può che essere
diventato una spina nel fianco, la causa dell’improvviso
pericolo che ormai avvolge la tenuta degli Hyuuga - e questo Hiashi non
l’ha nascosto, anzi! Si è premurato di farglielo
capire ben bene, senza fraintendimenti di sorta… rischiando
addirittura di svelare tutto alle proprie figlie.
Non è la
prima volta: il giorno prima, nel suo studio, gli ha lasciato intendere
che deve andarsene immediatamente, vaneggiando, accampando
solo scuse.
Deve fare qualcosa per impedirgli di rovinare i suoi piani,
altrimenti... per cosa ha sprecato quei trenta giorni? Per lasciarsi
beffare da lui?
Cristo.
Chiude gli occhi e si
concentra per un momento su una conversazione avuta con Sai qualche
minuto prima, quando gli aveva fatto rapporto sugli affari degli Hyuuga.
Semplice routine -
ogni sera, sempre alla stessa ora, sempre con gli stessi interrogativi.
Più o meno.
‘Posso
farvi una domanda?’, lo sguardo di Sai era rivolto verso la
finestra; non sapeva cosa stesse guardando e, comunque, non doveva
trattarsi di qualcosa di molto interessante.
Naruto
posò sul letto un documento e lo guardò
interrogativamente. ‘Dimmi pure.’
‘Secondo
voi, perché Hanabi ha questo brutto carattere?’
‘E
io che ne so?!’
‘Ho
la netta impressione che sarà dura, convincerla a farsi fare
quel ritratto’, l’aveva sentito mormorare poi, fra
sé e sé, convinto di non essere sentito - oppure
era solo la sua immaginazione.
Naruto si rigira sul
letto, ma fatica a prendere sonno. Allora si alza, agguanta alcuni
indumenti e si veste, cercando di non fare troppo rumore per non
attirare l’attenzione dell’istitutrice, Anko
Mitarashi, arrivata quel pomeriggio da Londra e stabilitasi nella
camera accanto alla sua. Per un lungo periodo aveva preso congedo per
motivi di natura famigliare: solo quel giorno si era decisa a fare
ritorno.
In
fondo, il suo compito è impartire una buona educazione ad
Hanabi e Hinata, si
dice Naruto, e questo
non farà altro che rubarmi del tempo prezioso.
Non avrebbe potuto
stare con Hinata come prima, né avere campo libero - la
Mitarashi, nella sua stanza, è come un topolino attirato
dall’odore improvviso di un bel formaggio: pronta a scattare
per prenderlo e divorarlo.
Si chiude la porta
alle spalle con cautela, gli occhi vigili e pronti a individuare
movimenti sospetti nel buio, in ogni angolo, sulle scale: si abituano
subito all’oscurità della tenuta.
Un po’
inquietante, in effetti, di notte.
Spettrale.
Muove alcuni passi
verso le scale, adocchiando insicuro la porta che dà alla
stanza dell’istitutrice; poi inizia a scendere i gradini con
infinita cautela, temendo un qualche scricchiolio traditore che
fortunatamente non arriva, e tutto fila liscio come l’olio.
‘La
prossima settimana Neji, mio nipote, tornerà alla tenuta con
il signor Sabaku no, il Conte di Suna, proprietario di alcune navi
della flotta inglese; si tratterrà da noi per una settimana,
il tempo necessario a concludere un affare di enorme portata con mio
nipote. In seguito partirà per il Galles, dove risiede.
Potreste ripartire con lui: sarebbe comodo e vi eviterebbe inutili
fatiche.’
Impietrito
per la sorpresa, Naruto non aveva potuto che annuire lentamente,
fingendo che la notizia fosse gradita.
In
realtà, dentro di sé fremeva di rabbia.
‘Mi
sembra una buona idea, signor Hyuuga. Mi pare inoltre di capire che
questo signore sia una vostra vecchia conoscenza’, aveva
chiesto, interrogativo.
Hiashi
aveva confermato la sua supposizione con un cenno del capo.
‘Ha la vostra stessa età, Namikaze. Ha ereditato
l’attività di famiglia dal padre, morto in un
duello ingaggiato con un signore di cui non conosco
l’identità. So solo che aveva parlato male di
Karura, la prima moglie, morta partorendo il figlio.’
Quindi
esistono ancora uomini d’onore, si era ritrovato a pensare
Naruto. ‘Comprendo la situazione.’
‘Ne
sono certo. Detto ciò, vorrei discutere con voi di alcune
carte di estremo interesse per me…’
La
conversazione si era chiusa come se niente fosse accaduto.
Il portone principale
si chiude con un rumore secco, lasciando Naruto ai giardini profumati.
Non ha mai provato a
fare una passeggiata notturna da solo: forse può prendere in
prestito uno dei cavalli degli Hyuuga per uscire dall’immensa
tenuta... non vede l’ora di cambiare aria.
Si incammina verso la
stalla, ripercorrendo con la mente le informazioni che Sai gli ha
passato in quegli ultimi giorni, non trovando particolari degni di
attenzione se non in alcuni pagamenti effettuati da un certo
Orochimaru, un Visconte di cui non sa nulla e di cui non gli interessa
nulla, se proprio deve ammetterlo; certo, quei pagamenti erano stati
fatti all’epoca in cui suo padre lavorava con Hiashi,
tuttavia non riesce a scovare collegamenti fra i due casi.
Sai, invece, il primo
giorno in cui glieli aveva mostrati si era detto convinto della loro
importanza e, soprattutto, li aveva trovati rivelatori; evidentemente,
in essi aveva visto qualcosa che a lui era sfuggito.
La stalla è
completamente al buio, perciò non gli resta altro che
afferrare una delle lanterne poste alle pareti esterne della struttura
e accenderla; una luce tenue sprizza qualche attimo dopo, rassicurando
Naruto, che lancia uno sguardo a Sasuke, fermo di fronte a lui con gli
occhi accesi e per niente stanchi: muove piano la coda e nitrisce,
inquieto, per fargli capire che ha voglia di uscire.
Quel cavallo gli
è sembrato sempre un po’ troppo intelligente.
Una volta liberato il
puledro, il Namikaze lo conduce ai cancelli della tenuta, ignorando la
guardia appisolata in un angolo: non gli è mai passato per
il cervello che è pagato per tenere sotto controllo ogni
cosa ed impedire a qualche malintenzionato di introdursi nella dimora?
Scuotendo il capo,
Naruto apre lentamente il cancello, quel tanto che basta a permettere a
Sasuke di passare con lui. Giusto per fare qualcosa, gli sussurra anche
di stare zitto e buono.
In risposta il cavallo
nitrisce, inducendo la guardia a muoversi un poco, infastidito dal
rumore.
«Bastardo
d’un cavallo» sussurra indispettito Naruto,
sferrandogli un pugno sul collo massiccio.
Superato pure
quell’ostacolo, il ragazzo sale in groppa al puledro con gli
occhi puntati sulle sue zampe, col sospetto che Sasuke possa vendicarsi
in qualche modo - non sa perché, ma somiglia terribilmente a
quella carogna di un Uchiha, il marito di Sakura.
Da anni non ha il
piacere - se così può definirlo - di parlare con
Sasuke, quello che un tempo era stato il suo migliore amico, quasi un
fratello. Questo perché era scappato senza mai
più farsi vivo.
Non si era aspettato,
a quella famosa festa, di rivederlo in compagnia di Sakura.
Lei era scappata con
lui?
«Andiamo.»
Il cavallo inizia un
piccolo galoppo, lasciandosi alle spalle l’aura di misteriosa
tristezza che avvolge la tenuta degli Hyuuga - vecchia di due secoli,
prezioso bene dell’antica famiglia.
Segue un percorso
immaginario, non badando al freddo che gli gela le guance e al vento
che gli scompiglia i capelli biondi, rendendoli ancor più
ingestibili di quanto non siano già.
Si domanda come faccia
invece suo fratello a tenerli sempre in ordine e perfetti.
Sarà
perché è identico, in tutto e per tutto, al loro
defunto padre?
Ah, quella notte lunga
e interminabile sta portando a galla troppe domande senza risposta, e
lui, certo, non ha voglia di darle, troppo stanco e arrabbiato per
risolvere ogni cosa da solo. Con lui c’è Sai,
c’è Shikamaru, c’è
addirittura Hinata - malgrado le reticenze - eppure si sente ancora
allo stesso punto, a quella partenza che deve condurre per forza
all'arrivo di tutto. In fondo risiede alla villa da ormai sei
settimane: non è forse tempo di concludere?
Sposta
l’attenzione su un piccolo laghetto che prima
d’allora non aveva notato, e istantaneamente ripensa alle
suppliche di Hinata; il ricordo di quei momenti è fin troppo
vivido, per essere ignorato.
Che la sua compagna si
stia trasformando in un impedimento per lui e per la sua missione?
Ottimo, da parte sua, farsi mettere all’angolo dalle lacrime
di una donna disperata.
Una donna che ama,
però.
Può
già parlare di amore, senza dubitare come ha fatto un tempo
con Sakura, e aprirsi. Nondimeno gli risulta difficile farlo, viste le
passate esperienze negative, eppure si sta esponendo lo stesso,
mettendo addirittura a repentaglio il piano congegnato assieme a Minato.
Stupido, quel piano si
sta rivelando stupido!
O forse attraente.
Attraente perché Hinata si è messa subito in
mezzo, stuzzicando la sua voglia di avventura - un’altra,
visto il tipo di avventura che ha in mente.
«Togliere la
verginità alla mia compagna prim’ancora di
prenderla in moglie?» si domanda, incerto, ripensando a
ciò che un tempo gli aveva insegnato il maestro Jiraya, e
rabbrividisce.
Sasuke, sentendolo,
nitrisce un poco e aumenta la velocità, costringendolo a
piegarsi, aderendo perfettamente al suo corpo; i suoi pensieri mutano
ancora, divenendo più tranquilli.
Conclude la sua
galoppata notturna con un giro dei campi, poi torna immediatamente
indietro, rallentando impercettibilmente quando intravede la tenuta
avvolta dal buio della notte.
Si rilassa, mentre il
cavallo muove qualche passo silenzioso vicino al cancello.
All'improvviso coglie un rumore, corruga la fronte e osserva la guardia
ferma al di là dei cancelli, addormentata: uno
sparo interrompe il silenzio.
La camicia prima
immacolata di Naruto diventa d’un tratto scarlatta, e un
dolore imprevisto gli annebbia la vista.
Sasuke, agitato, si
solleva sulle zampe posteriori e lo scaglia a terra, nitrendo
terrorizzato.
La può
chiamare sfortuna, lo può chiamare destino, può
semplicemente pensare a come uccidere colui che gli ha causato quella
ferita: Naruto sa solo che vuole vendicarsi subito.
Così si
rimette faticosamente in piedi, estrae la pistola nascosta sul retro
dei pantaloni e la punta verso il luogo da cui è partito il
proiettile, non riuscendo a individuare il proprio aggressore.
Intanto, la guardia si
è svegliata e ha aperto i cancelli rapidamente, confusa e
ancora addormentata: il suo volto mostra occhi poco svegli, immersi nel
sonno.
Stupito per quello che
vede, non fa altro che esclamare: «Cristo, che cosa sta
succedendo?!»
Se lo chiede anche
Naruto.
«Guardia,
calma il cavallo... e aiutami, devo recarmi nelle mie stanze»
ordina con un filo di voce il Namikaze, abbassando l'arma.
Poi crolla a terra,
tenendosi la spalla in fiamme.
«Hai pagato
la guardia perché tenesse la bocca chiusa, eh?»
ripete Shikamaru con un sorrisetto, passandogli abilmente la benda
attorno alla spalla. «Posso sapere perché esci
quando non devi e ti fai sparare, rischiando di darla vinta al padrone
di casa? Ti rendi conto che qui ci sono in gioco cose della cui
importanza non sappiamo nulla?»
Naruto sussulta,
quando il Nara stringe la fasciatura. «Secondo te mi sono
fatto sparare apposta? Sei forse impazzito?»
Okay, uscire non
è stato un bene, ma almeno ha capito che qualcuno lo vuole
morto, e quel qualcuno è quasi sicuramente Hiashi - deve
aver scoperto qualcosa e questo non gli piace.
Shikamaru completa la
fasciatura e rimette nella borsa pinze e disinfettante; il Namikaze
nota il proiettile sporco di sangue sopra un piccolo panno bianco, e
sospira, quasi ringhia. «Cristo.»
«Per fortuna
ha mirato alla spalla», commenta il medico, seguendo il suo
sguardo. «Se avesse colpito gli organi interni e fosse
rimasto dentro il tuo corpo, sarebbe stato difficile estrarlo. Inoltre
non avremmo potuto nascondere l’accaduto alle figlie di
Hiashi - cosa che, in questo caso, sarebbe opportuno fare.
Tuttavia, non dubito che di qualcosa vengano comunque a
conoscenza.»
«Non lo
dirò a Hinata» sbotta Naruto, passandosi una mano
fra i capelli. «Non la voglio spaventare
inutilmente.»
Gli occhi scuri di
Shikamaru si stringono un poco. «Capisco che tu voglia
tenerla fuori da tutto questo, ma ormai è troppo
tardi.»
Certo, sa che non
può fare niente per escluderla, ma una bugia al fine di non
farla preoccupare troppo non può certo rovinare qualcosa:
può solo farle credere che tutto vada come deciso.
Odia mentire, eppure
quello gli sembra l’unico modo per non illuderla.
«Shikamaru,
tieni la bocca chiusa con tutti. Parlane solo con Sai se devi, e non
svelare altro.»
Il medico scoppia a
ridere. «E a chi credi che possa dirlo se non a lui?
»
Bella domanda.
«Ah, che
seccatura. Non pensavo di dover passare un’altra notte
insonne, dopo quello che è successo a Kakuzu»
esala Shikamaru, scuotendo il capo. «Qui bisogna stare
attenti, Naruto.»
«Lo so
perfettamente. Non posso farci niente, se le cose hanno preso questa
piega.»
«Avevamo
detto di limitare i danni…»
«Sì»
«…
e i morti.»
Naruto osserva la
propria spalla. «Ci vorrà un miracolo, per quelli:
da domani mi toccherà cercare il colpevole di questa per
poterlo spedire dritto all’inferno, e lasciarcelo in
eterno.»
«Molto
vendicativo. Molto da Sasuke, in effetti» commenta con tono
sarcastico Sai, richiudendo la porta silenziosamente.
«E tu che ci
fai qui?» domanda Shikamaru, sorpreso.
Il servo accenna un
sorriso. «Ho sentito dei rumori mentre controllavo la tenuta
e mi sono incuriosito. Tu non dovevi rimanere illeso?»
aggiunge, dando un’occhiata a Naruto.
Il duca grugnisce.
«Avevo proprio voglia di farmi trapassare la spalla da un
proiettile, così sono uscito e mi sono fatto sparare dal
primo pazzo che passava. Mi annoiavo.»
«Divertente»
ammette Sai, alzando gli occhi al soffitto. «Sei almeno
riuscito a ucciderlo?»
«No, il
cavallo l’ha buttato giù prima che potesse
estrarre la pistola: quel pazzo è fuggito in quel
momento» risponde Shikamaru, chiudendo la borsa con
l’attrezzatura medica. «Non so chi possa essere
stato, però è indubbio che ci sia di mezza
Hiashi.»
«Una delle
sue spie ha deciso di darti una lezione» ipotizza Sai, serio.
«Hai fatto qualcosa che ha irritato lo Hyuuga, altrimenti non
ti avrebbe torto nemmeno un capello.»
«Ci sono
tante cose che possono averlo irritato» sibila Naruto,
alzando le spalle; subito, il dolore alla spalla ferita si fa
lancinante. «Dio mio! Giuro sulla tomba di mio padre che lo
impiccherò con le mie stesse mani!»
«Non ne
dubito» afferma Shikamaru, dirigendosi verso la porta.
«Bene, io me ne vado a letto. Domani tornerò qui e
ti cambierò la fasciatura: cerca di non maltrattare quella
spalla più del dovuto.»
«Va
bene.»
Una volta uscito, Sai
sospira. «Ho sentito che la prossima settimana avremo altri
ospiti.»
«Sì,
ho... saputo qualcosa» ammette il Namikaze, guardando
imbronciato la finestra. «Dovremo agire in quei giorni. Ma
prima dobbiamo individuare le spie di Hiashi Hyuuga.»
«A quello ci
posso pensare io. Inoltre, sarà un bene coinvolgere Ino
Yamanaka in questa faccenda: sa tutto di tutti e non sbaglia mai. Se ha
notato qualcosa, ce lo dirà.»
«Ovvio che
ce lo dirà: è la fidanzata di
Shikamaru.»
La conversazione
è ormai finita, Sai esce dalla stanza senza dire
altro.
E chiude
così piano la porta che Naruto nemmeno se ne accorge. Quando
quest’ultimo alza lo sguardo, si ritrova solo - finalmente
può riflettere senza che altri cambino il corso dei suoi
pensieri.
«Questa casa
mi ricorda sempre più quella di mio zio Julian: vecchia,
macabra e piena di polvere in ogni dove. Trascurata per anni e
infestata da orribili fantasmi.»
«Suigetsu,
tu non hai nessun zio di nome Julian.»
Il fuoco arde lento
nel camino, eppure la dimora sembra ancor più fredda di
quando Kiba vi è entrato, la prima volta, poche ore prima,
preda di un inquietante ritorno al passato.
Possibile che avesse
passato la sua infanzia lì dentro, per anni e anni? Sa che
non reggerebbe mai, proprio come in quel momento, perché
tutto sembra chiuso, pronto a relegarlo là dentro, in una
sorta di prigione puzzolente e umida.
In effetti, la
descrizione di Suigetsu non è tanto male. «Di
dov’era lo zio Julian, Suigetsu?» domanda con un
sorrisetto, posando la schiena contro l’immensa libreria
della nonna.
Karin gli lancia
un’occhiataccia.
Adora farle dispetto.
«Invece di
fare gli stupidi, perché non andate ad aiutare la signora
Inuzuka? Sono certa che ha bisogno del vostro aiuto. È
anziana e due baldi giovani come voi sapranno diminuire il suo carico
di lavoro» sibila a voce bassa la nobildonna, lisciandosi con
nonchalance la lunga gonna e facendo finta di non vedere le piccole
smorfie che il cugino le rivolge dispettosamente.
Kiba sbadiglia.
«Quella non ha certo bisogno di aiuto: sa cavarsela benissimo
da sola, credimi. Piuttosto, che ne dite di venire con me? Faremo una
passeggiata per i prati e incontreremo le persone che abitano qui
vicino.»
L'Inuzuka si stacca
dalla libreria e lancia uno sguardo al mobilio, alle pareti rovinate
dal tempo e ai suoi amici. «Questo posto è davvero
odioso.»
Suigetsu si
stiracchia, alzandosi subito dopo.
«Cos’è, un modo carino per dire che
siete contento di essere venuto qui?»
Certo, se sono contento di
essere in questa casa, con quella megera e addirittura in compagnia di
Karin, allora sono messo proprio bene, si ritrova a
pensare Kiba mentre scuote il capo, le labbra increspate in un sorriso
- se può definirlo ancora tale, sì.
Prendono i soprabiti
e, senza badare alle nuove e fastidiose urla della nonna; escono dalla
tenuta per finire di nuovo all’aperto, dove il sole batte
forte e il vento scuote loro i capelli.
Finalmente libero,
Kiba conduce i suoi amici lungo il sentiero che porta alla strada
principale, certo che non incontreranno nessuno se non gli abitanti
delle uniche tenute vicine a quella della vecchia; se non ricorda male,
i proprietari della più grande sono gli Hatake, mentre
quella più modesta - o almeno così appare -
è dei Namikaze.
La famiglia di cui fa
parte quella Rin che ha incontrato ore prima.
Naruto, quella
mattina, non fa altro che rimanere in silenzio. Talmente in silenzio
che Hinata inizia a preoccuparsi per lui, distraendosi quel tanto che
basta per farsi rimproverare dall’istitutrice.
«Hinata, il
colore è troppo scuro! Finirai col rovinare quella
rosa» la redarguisce Anko Mitarashi, alzando lo sguardo sulla
tela, irritata. «Schiariscilo e stai più
attenta.»
Imbarazzata, la Hyuuga
annuisce. «Mi dispiace ttanto», non è colpa mia se
Naruto mi distrae anche solo con la sua presenza.
Hanabi le lancia
un’occhiata. «Quel colore non è poi
tanto male: somiglia alla tonalità delle rose che abbiamo in
giardino. Perché non le fai tutte allo stesso modo? Sono
certa che verrà fuori un bel lavoro.»
Per la prima volta da
molto tempo, Hanabi Hyuuga approva qualcosa. «Lei si
arrabbierà» ribatte Hinata, indicando col mento la
figura piccola ma autoritaria della Mitarashi.
«Non darle
peso» dice Hanabi, inarcando un sopracciglio. «Ti
disturba unicamente per coprire il fatto che si annoia. Odia la pittura
almeno quanto io odio Minato Namikaze.»
Molto schietta.
«La parola ‘odio’ mi pare esagerata,
sorella.»
Hanabi sembra
riflettere. «Allora, diciamo che sono gelosa del modo in cui
lui ti guarda. Sei mia sorella; la mia casta, virginea e buona sorella.
Come farei, se lui ti rubasse a me?»
Impossibile non
cogliere il sarcasmo contenuto nella sua voce fredda. «Okay,
come vuoi tu.»
Hinata si concentra
nuovamente sulla colorazione del suo disegno, studiando di tanto in
tanto Naruto che, seduto sulla piccola poltrona dall’altro
lato della stanza, pare intento a riflettere su qualcosa; le sembra
quasi che quei pensieri lo rendano irrimediabilmente irrequieto.
Una volta finita la
lezione di pittura, l’istitutrice fa ripassare loro geografia
e matematica; poi storia dell’arte e inglese, e le fa
esercitare al piano.
Terminato il ripasso,
le lascia libere.
Naruto, alla parola
‘fine’, si è alzato e ha abbandonato la
stanza con andatura lenta, senza degnarle di uno sguardo - non
l’ha guardata nemmeno una volta, Hinata.
«Quell’uomo
inizia a preoccuparmi» ammette a voce bassa Hanabi, seguendo
con gli occhi il ragazzo. «Di solito non fa altro che
assillarci con le sue opinioni, invece oggi è
così tranquillo che temo gli sia capitato qualcosa di
terribile.»
«Terribile?
Non starai esagerando, Hanabi?» obietta Hinata, sistemando i
suoi libri sullo scaffale. «Potrebbe essersi semplicemente
stancato. Forse non ha dormito, oppure è affetto da un lieve
raffreddore: lo vedo molto pallido.»
«Mah, io non
ho notato grandi differenze dal punto di vista fisico. Avrai uno
sguardo più attento del mio, sorella?»
«Credo di
no.»
«Allora,
possiamo semplicemente dedurne che si è reso conto del fatto
che un po’ di contegno, davanti a delle signore come noi, ci
vuole sempre» mormora Hanabi, inarcando un sopracciglio.
Non ne sembra tanto
convinta nemmeno lei.
Il pranzo è
ormai pronto - così riferisce loro Tenten -
perciò le sorelle si recano nella sala da pranzo, trovando
ad attenderle il padre e Naruto.
«Com’è
andata con l’istitutrice?» domanda Hiashi, dopo che
viene servita loro la zuppa. «La signora Mitarashi mi ha
riferito soltanto che siete state assai educate con lei.»
«La lezione
mi è piaciuta molto, soprattutto geografia»
risponde Hanabi, sorseggiando il suo vino. «Come vorrei poter
visitare l’America! Dicono che sia bellissima.»
«L’America
è un continente assai grande e vasto, avanti con i tempi,
con le sue proprie convinzioni. Credo che non ti farebbe male
andarci... magari, fra qualche mese, ci recheremo
là.»
Hinata assaggia la
zuppa. «Disegno e inglese sono state le lezioni
più interessanti. Inoltre, la nostra istitutrice ci ha
raccontato molte cose, insegnandoci tecniche ottime per
dipingere.»
Hiashi annuisce.
«Ne sono contento» poi si rivolge a Naruto.
«Vi vedo molto pallido, Namikaze. Non vi sentite
bene?»
Il silenzio cala
improvvisamente e, quando il ragazzo abbassa il cucchiaio, non dice
altro che: «No, sto ottimamente. Credo di aver soltanto
dormito poco.»
«Vi
suggerisco di scegliere la posizione più comoda per dormire:
eviterete spiacevoli dolori e vi assopirete subito. Siete
giovane» commenta Hiashi, prendendo il suo bicchiere.
«... dovete trattarvi bene.»
Un breve cenno del
capo - un cenno troppo freddo, troppo arrabbiato.
Naruto sembra
trattenersi dal dire o fare ciò che desidera.
«Seguirò il vostro consiglio, signore.»
Hinata lo osserva con
apprensione, cercando di capire perché Naruto Minato
Namikaze impallidisca ulteriormente e si rinchiuda in quel suo
spaventoso silenzio.
Poi lo nota,
all’improvviso: il rosso che macchia appena la camicia bianca
che lui indossa.
Talmente invisibile,
che crede di essersi sbagliata.
Finché
Naruto non la guarda.
Fine
capitolo Sette
Note dell'Autrice:
Okay, sono tornata dopo due mesi (o un mese? Non ricordo!) con questa
storia. Mi ero un po' stancata e avevo bisogno di lasciarla per un po',
ma adesso sono tornata XD Con un capitolo più lungo degli
altri, tra l'altro. Vabbè, meglio così u.u
più sono lunghi, più contengono dettagli. E, a
quanto abbiamo visto, la storia si sta evolvendo. Da un sacco di punti
di vista u_u iniziamo a temere per la verginità di Hinata e
per la vita di Naruto, che è meglio! u_u anzi, per la
verginità di Hinata è meglio non temere, anzi!
(NaruHina! *_*)
Detto ciò,
abbiamo visto almeno un poco Kiba, Suigetsu e Karin, poi Shikamaru e
Sai, Anko Mitarashi (la new entry!) e quel verme figlio di una trota di
Hiashi ò_ò E, come annunciato, vedremo Gaara e
Neji XD
Bene, direi che la
seconda parte di Bloody Rose sta per concludersi ^^ Con l'ennesima
svolta, l'ennesimo colpo di scena... la terza parte è quindi
vicina xD
Ringrazio coloro che
hanno letto il capitolo!
Un bacione,
Mokochan
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** - Parte seconda - Capitolo Otto ***
Bloody Rose
[A
Katia]
Capitolo Otto
Una minuscola,
invisibile macchia rossa: scarlatta come una rosa, ma ben
più triste e pericolosa di un fiore.
Hinata stringe con le
dita ormai congelate dal terrore un risvolto della gonna, lo sguardo
basso, fisso su un piatto colmo di minestra che non vede.
Perché lo
sa.
Lui è
ferito - lui le nasconde qualcosa.
«Sorella,
secondo te la signorina Mitarashi ci impartirà un'altra
delle sue ramanzine, se domani non le portiamo un dipinto degno di
nota? Mi è parso di capire che nemmeno lei abbia, di
ciò, un'idea precisa» borbotta Hanabi da sopra il
bicchiere di vino che tiene accostato alle labbra, piegate in una
piccola, quasi scherzosa, smorfia.
«Non so...
non so proprio.»
«Hinata?»
Hanabi inarca un sopracciglio. «Sei diventata pallida come un
cencio. Sei sicura di sentirti bene?»
Ha notato il suo
terrore? Spera di no, poiché Naruto continua a fissarla,
muto, il viso di granito - cerca di avvertirla con gli occhi, d'un
tratto lampeggianti, supplicanti.
Abbozza un sorriso,
Hinata. «Che dici? I-Io... io sto bene. Non devi
preoccuparti» prende un profondo respiro.
«Però sento di aver perso l'appetito.»
In effetti
è vero, ma solo perché le gira la testa. Le gira
così tanto da costringerla a socchiudere gli occhi e posarsi
le mani sul ventre: un crampo improvviso le mozza il fiato e la
costringe a mordersi il labbro coi denti fino a procurarsi altro male.
Allora desiste.
Chiede il permesso di
lasciare la tavola, sotto lo sguardo sollevato del Namikaze; s'inventa
una scusa, un semplice «ho mal di testa» a cui
forse non crede nessuno.
Dice tutto quanto.
Dice una bugia.
Ora è ferma
di fronte alla stanza di Naruto, incerta se entrare o meno, impaurita
da ciò che sta per fare: violare l'intimità e i
segreti di un uomo fino ad allora sincero con lei, un uomo di cui sa di
potersi fidare... nel bene e nel male.
Allunga la mano verso
la porta e, con le dita, sfiora la maniglia dorata; infine la circonda
e l'abbassa, ormai decisa a entrare.
Fugare ogni dubbio,
prima di tutto.
La stanza è
silenziosa, avvolta in un buio che regna sovrano e lascia intravedere
soltanto piccoli scorci del mobilio; un raggio sottilissimo di luce
penetra fra le tende chiuse - soltanto uno, soltanto il necessario.
Hinata si lancia
un'occhiata alle spalle, pensando che lui è ancora in sala
da pranzo con Hanabi e Hiashi, costretto a sorbirsi una delle loro
lunghissime e tediose conversazioni.
Si chiude la porta
alle spalle. Compie qualche passo, appena cinque; li conta per calmare
la tensione che fulminea l'attanaglia, costringendola a ripensare a
quello che sta facendo in quella camera vuota.
Inspira. Puoi farlo. Lui non lo
saprà mai, se sarai fortunata, si dice,
avvicinandosi lentamente al letto sfatto.
Dopo essersi guardata
attorno spaesata, individua la scrivania e, accanto ad essa, posato
contro la parete, un piccolo baule il cui coperchio è
visibilmente aperto.
Senza porsi ulteriori
domande sul suo contenuto, Hinata lo raggiunge. Si inginocchia dinanzi
a esso e posa le mani ai lati del coperchio, sollevandolo con cautela;
all'apparenza contiene unicamente indumenti, molti dei quali indossati
nei giorni precedenti dal Namikaze.
Si morde il labbro;
ogni cosa, in quella camera, è pervasa dal suo profumo,
intenso quanto piacevole, maledettamente irresistibile.
Scruta per poco
più di qualche secondo il contenuto del baule, poi lo
richiude.
Si alza e prosegue
verso la scrivania, trovandola fin da subito caotica, ingombra di fogli
bianchi e spiegazzati, penne, libri di economia e storia, qualche
romanzo letto di sfuggita e messo da parte - perché lo sa,
lui ha troppe cose da fare per potersi abbandonare alla lettura.
Trattenendo a stento
un sorriso, Hinata prende un altro bel respiro e comincia ad aprire
cassetti e cassettini nella speranza di non trovare niente, neppure una
piccola traccia del suo segreto.
Di ogni suo segreto.
«Pensavo di
essere l'unico a entrare di nascosto qui dentro: a quanto pare mi
sbagliavo.»
Irrigidita dalla
sorpresa, la Hyuuga si volta di scatto: nell'ombra si cela una figura
maschile a stento riconoscibile.
E basta riflettere sul
tono della voce per capire che si tratta di Sai.
Prova a parlare, ma a
malapena ritrova il fiato. «I-Io non sto facendo...»
«...
nulla» finisce per lei il ragazzo, tenendo la voce bassa. Le
serve un certo sforzo per udirlo. «State tranquilla, non
dirò nulla a Naruto. Tuttavia, devo chiedervi di non entrare
più in queste stanze senza essere almeno accompagnata da
lui.»
«V-Va
bene»
«Vi ho
spaventata, mia signora?»
Hinata scuote il capo
e, con mani appena tremanti, chiude l'ultimo cassetto da lei aperto.
«No. Certo, a volte mi spavento per molto meno,
ciò nonostante non sono impaurita da voi o dalle vostre
parole.»
Una piccola risata
raggiunge le sue orecchie. «Sono sicuro che siete
più coraggiosa di quanto non diate a vedere»
Caro
Naruto,
le
cose non vanno affatto bene. Nostra madre è peggiorata. Non
so il perché di questo peggioramento, e nemmeno il dottore
riesce a trovare una spiegazione: ma... è probabile che non
vivrà a lungo. Indefinito è il tempo che le
resta, purtroppo.
Rin
non si è accorta di niente, è tutta presa da
Obito; non fa altro che litigare con lui e strilla così
tanto che la signora Inuzuka è uscita dalla sua enorme e
mostruosa tenuta per insultarla. Dubito che tale evento possa
ripetersi, ma nel dubbio ho redarguito Rin.
Sai
com'è fatta.
«Sì,
è tale e quale a nostra madre» mormora Naruto con
un sorrisetto, pensando a quante cose si sta perdendo in quel momento.
Sua madre sta morendo e lui non è ancora riuscito a
vendicarla; si sente stupido, forse più di prima,
più di ogni volta che se l'è ripetuto.
Posa la lettera sulla
scrivania e osserva ogni foglio davanti a lui, tornando a pensare a
quello che gli ha comunicato Sai dopo il pranzo, fermo di fronte alla
porta della sua stanza.
Lei
è entrata qui.
Altri problemi.
Troppi. Che senso ha aspettare ancora? L'ha fatto per lei, ha agito
più lentamente di quanto fosse possibile e adesso si ritrova
ad un punto morto, con una spalla dolorante e i nervi a pezzi.
Deve ucciderlo prima
che arrivino Sabaku no Gaara e Neji Hyuuga, prima che ogni cosa venga,
ancora una volta, sconvolta da fattori esterni e incontrollabili.
È terminata
la tregua.
Adesso lo sa.
La guardia si copre la
bocca con una mano e sbadiglia, arricciando il naso quando il profumo
delle rose proveniente dagli enormi giardini raggiunge le sue narici:
trova quell'odore insopportabile e nauseante.
Copre addirittura l'aria fresca!,
si dice a quel punto, sbuffando.
Sente quell'odore sgradevole da almeno quindici anni, e invece che
apprezzarlo come all'inizio, non può fare a meno di
detestarlo.
Insonnolito, l'uomo si
gratta la fronte e riprende a squadrare la strada deserta che si
estende di fronte ai suoi occhi, tornando a pensare alla notte
precedente e a quell'ospite inquietante che l'aveva pagato per
nascondere ogni cosa da lui vista.
Come se avesse davvero
visto quello che era successo!
Che orrore, sapere che
qualche delinquente si aggira intorno alla tenuta, però!
Forse deve avvertire il signor Hyuuga. Ma, se lo avesse fatto, cosa ci
avrebbe guadagnato?
Una frustata per aver
nascosto un avvenimento così importante.
La guardia
rabbrividisce; non ci tiene a rivedere la prigione e i suoi topi
enormi, la puzza di urina e le grida di chi non sopporta più
di essere rinchiuso in una cella piccola e stretta in attesa della fine.
Meglio tenere la bocca
chiusa.
Torna a sedersi e,
trattenendo a stento uno sbadiglio - l'ennesimo -, chiude gli occhi,
immaginando di essere alla taverna del Drago in compagnia di Georgia,
la figlia dell'oste. Dio, che splendida visione!
È talmente
concentrato sulla sua fantasia che, quando riapre gli occhi e si gira
verso la tenuta, stenta a credere a quello che vede.
E non dà
subito l'allarme.
Hiashi Hyuuga e
Shikaku Nara sono fermi, gli occhi puntati sul corpo appeso a uno dei
rami dell'enorme quercia che sovrasta tutti gli alberi da cui
è circondata; la visione del sangue non pare impressionare
nessuno dei due, mentre la guardia non riesce a trattenere una piccola
imprecazione.
«Il collo
è visibilmente spezzato» afferma il medico,
piegando la testa da un lato, il viso contratto dalla concentrazione.
«Prima l'ho toccato, e posso dire che è ancora
tiepido. Non è rigido. E... puzza di alcol e ha un bel
bernoccolo sulla nuca. La corda che avvolge il suo collo ha l'aria di
essere stata usata diverse altre volte.»
Hiashi continua a
fissare il cadavere. «Vai avanti.»
«Non ha
avuto la possibilità di impedire al suo assassino di
ucciderlo perché privo di sensi. Dovrò
controllarlo ancora, per potermene accertare, ma non deve essere morto
se non da venti, venticinque minuti o poco più.»
«Guardia»
il padrone di casa non si volta nemmeno verso l'uomo fermo alle sue
spalle. «Non hai visto nessuno?»
«Nessuno,
signore» mugugna quest'ultimo, palesemente nervoso.
Lo Hyuuga scuote il
capo. «Stavi dormendo, non è forse
così? Perciò non hai visto chi ha fatto questo al
tuo compagno.»
Cala il silenzio.
«E-Esatto,
s-signore...» risponde infine la guardia.
Shikaku lo guarda
sconsolato, augurandosi che l'ira di Hiashi non sia devastante come
teme.
Passa qualche secondo
prima che il vecchio conte ringhi un «vattene.»
Rimasti soli, entrambi
continuano a fissare il cadavere della guardia, un giovane di appena
vent'anni, in servizio da poco.
«Quando
avrai finito chiama due delle mie guardie e fallo togliere da
lì. Avverti la sua famiglia e risarciscili come meglio
credi» ordina con voce monocorde Hiashi Hyuuga.
«Poi vieni da me. Dobbiamo discutere di alcune
cose.»
Il Nara annuisce.
Lo sa.
La pace in quel luogo
è terminata.
«Agli
ordini, mio signore.»
Fine
capitolo Otto
Note dell'Autrice:
Okay, manco da non so quanti mesi - da Febbraio, se non erro - e adesso
devo spiegare il perché: ho sfasciato il mio povero computer
u_u ecco, l'ho detto. L'ho sfasciato per l'ennesima volta - la seconda.
E diciamo che mia madre non ha potuto far altro che dirmi: 'Sei in
punizione per il resto della tua via' e poi un 'arrangiati' quando le
ho chiesto, dopo due mesetti, se potevamo ripararlo. Ecco, non me l'ha
fatto riparare, quindi sono all'internet point in questo momento.
Il nuovo capitolo
è stato scritto su un quaderno, quindi, almeno, posso
scrivere ancora senza problemi!
Quindi mi scuso ancora
e vi ringrazio per le tante recensioni che mi avete lasciato in questi
mesi =)
Ora vado e...
bè, ringrazio coloro che hanno letto questo nuovo ma corto
capitolo!
Un bacione,
Mokochan
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** - Parte Seconda - Capitolo Nove ***
Bloody
Rose
[A
Katia]
Capitolo
Nove
Shikaku Nara sospira e
osserva il figlio, in quel momento impegnato a litigare con la
cameriera personale di Hinata, Ino Yamanaka.
Li sente discutere malgrado la distanza, ma non gli interessa origliare
la conversazione, per quanto divertente possa rivelarsi; i suoi occhi
d'onice sono puntati sulla nuca del figlio nel tentativo, quasi, di penetrarla
- di comprendere.
Eppure sa che
è intelligente quanto basta per capire come va il mondo, le
cui logiche sono spesso incomprensibili e insidiose.
Nella testa di quel
giovane uomo ci sono più logica e istinto, ragione e
comprensione di quanto lui stesso possa immaginare, benché
spesso non lo dia a vedere - più per pigrizia che per altro,
direbbe Yoshino.
Uno sbuffo forte,
esasperato, attira l'attenzione del medico. «Non posso dirti
altro, Ino. Cerca di capire almeno questo!»
«Cosa?
Shikamaru, mi hai appena detto che Naruto ucciderà il
padrone fra pochi giorni e tu vieni qui, mi sveli ogni cosa come se
niente fosse, e finisci con un: "Oh,
Ino, non posso dirti altro, cerca di capire almeno questo"».
L'espressione della
Yamanaka mentre lo imita è esilarante quanto acida.
Shikaku inarca un
sopracciglio, trovando che la ragazza somigli un po' troppo a sua
moglie.
«Sei una
dannatissima seccatura!»
«Senti chi
parla!»
Un sibilo.
«Dannazione.»
Un sorrisetto appare
sul volto di Shikaku che divertito volta le spalle ai due giovani: sa
che ne avranno ancora per un bel po', soprattutto se Ino somiglia
davvero a Yoshino - e, nel caso, si augura che Shikamaru se la possa
cavare bene con lei.
Percorre
tranquillamente i corridoi lunghi e tenebrosi della tenuta, lo sguardo
puntanto su ciò che ha davanti, la mente attraversata da
tanti, piccoli e guizzanti pensieri - il più forte
riguardante il cadavere della guardia trovata nei giardini poco prima
dell'alba.
Le voci sul morto hanno
raggiunto le orecchie di tutti, eccetto quelle di un certo Namikaze,
pensa innervosendosi.
Shikaku apre la porta
del suo studio e, dopo aver chiuso a chiave perché nessuno
lo disturbi, va a sedersi sulla sua sedia preferita.
Le luci del giorno -
un giorno estivo piuttosto infuocato - attraversano i vetri e
illuminano il pavimento sporco di disinfettante e sangue;
c'è puzza di morte e ferite, in quella stanza, ma anche di
fuggevoli risate.
Capita, a volte, di
dover fare una scelta.
Chiude gli occhi,
inala un poco di quel profumo che lo inquieta tanto - il profumo di un
lavoro che fa da ormai trent'anni - e alla fine alza le palpebre e si
arrende.
Inizia a preparare il
necessario, perché sa che è in corso un
cambiamento e l'attenzione non è mai troppa; l'amarezza,
quando lo coglie all'improvviso, in quel piccolo istante di quiete da
cui viene sorpreso nel momento in cui si ferma per riposare, gli
rammenta problemi, incertezze: non sa dove andare, dove portare sua
moglie e i suoi figli in caso di pericolo...
È consapevole
di aver sacrificato troppo per servire Hiashi Hyuuga e adesso, preso da
una paura quasi rabbiosa, si sente in trappola.
Perché
tutto, oramai, ruota attorno al sangue e all'egoismo - e lui
è costretto a farne parte.
L'entrata principale
della tenuta è invasa da domestici incuriositi.
Parlottano a voce bassa, quasi cospiratoria, gli occhi spalancati di
fronte allo spettacolo che si sta consumando fra gli alberi.
Uno spettacolo adatto
alla notte, non certo al giorno.
Naruto sorpassa alcuni
bambini fino a portarsi accanto al giardiniere, Shino Aburame:
è l'unico a osservare la scena in silenzio, come se aprire
la bocca e lasciare trapelare qualche commento siano peccati
difficilmente perdonabili.
Il duca sposta lo
sguardo verso l'esterno: la strada che porta al sentiero principale
è occupata da una decina di guardie e il padrone di casa,
Hiashi Hyuuga, li fissa pazientemente all'ombra di un grande melo.
«Cos'è
successo?» domanda lentamente Naruto, rivolgendo la propria
attenzione all'Aburame.
«A quanto
pare, Iruka Umino si è ucciso.»
«Umino?»
Shino muove appena le
labbra. «Una delle guardie. Di solito sorvegliava il lato est
della tenuta»
«Ah!
Tuttavia non l'ho mai visto. Mah. Questo posto è
così dannatamente grande» borbotta il Namikaze,
pensando alla tenuta modesta della sua famiglia e ai debiti da
ripianare.
«Tutti
pensano che affogasse i dispiaceri nell'alcol. Per questo, da un giorno
all'altro, pare abbia deciso di farla finita, ma ho la netta
impressione che non sia così» dice l'Aburame,
abbassando il capo verso il pavimento. «Lo conoscevo
bene» aggiunge.
Naruto s'irrigidisce
e, nello stesso istante, la spalla gli manda una fitta d'intenso
dolore. «C-Credi che l'abbiano ucciso?»
Shino lo fissa
intensamente per un secondo. «Può darsi.»
Bene, esclama
mentalmente il duca, serrando la mascella con astio. «Cosa
pensa di questo il signor Hyuuga?»
Mentre scandisce
attentamente quelle parole, i suoi occhi azzurri incrociano per un
secondo quelli del padrone della tenuta, il tempo necessario
perché vi colga furore e sospetto; e dire che di casini ne
ha più che abbastanza!
«Non lo so e
non m'interessa.»
«Meglio
così.»
Ma davvero
è un bene non sapere nulla?
Naruto rimane a guardare per qualche minuto, poi si allontana, sperando
di passare inosservato ai più, proprio come quando
è arrivato.
Dietro l'angolo
incrocia Hanabi.
«Non mi
dite: è morto qualcuno!» esclama questa, alzandosi
in punta di piedi per scrutare oltre la sua spalla. «Iruka
Umino?»
Naruto sbuffa.
«Come fate a sapere una cosa simile?»
«Dalle mie
stanze è ben visibile la quercia dove è stato
appeso. E non guardatemi in quel modo! Ormai ne ho viste abbastanza,
perché un evento simile continui a fare effetto sulla mia
psiche» Hanabi accenna un sorriso. «Non sono
vulnerabile come Hinata, mio signore. Ora, se volete scusarmi, penso
che andrò a informare mia sorella dello spiacevole
accaduto.»
Il Namikaze la guarda
finché non sparisce dalla sua vista.
Quella donna
è proprio fuori di testa...
La spugna profumata
che le viene premuta dolcemente contro la schiena è un
toccasana per i suoi nervi, da parecchi giorni completamente a pezzi.
«Mi sembrate
diversa» mormora a un tratto Ino, fermandosi improvvisamente.
«In che
modo?» Hinata muove una gamba per scuotere l'acqua bollente,
mentre la Yamanaka le passa la spugna calda sul collo.
«Presa da
altre cose, insomma. Pensieri capaci di rendervi un giorno
felice» un sospiro teso. «... e l'altro
irrimediabilmente triste. Come se foste innamorata, ecco.»
Hinata ride.
«Secondo te è un male?»
«Spesso e
volentieri sì» ammette la bionda, incapace di
mettere da parte la propria schiettezza.
La Hyuuga riflette
sulle parole appena pronunciate dalla cameriera, lasciando vagare lo
sguardo per la stanza avviluppata da vapori caldi e profumati di
lavanda, noci e vaniglia.
Perché deve
sempre cedere alla tristezza?
È un
baratro nero e maligno in cui non vuole più entrare; al
tempo stesso, anela a capire, tramite il dolore, i sentimenti che
rendono glaciale il cuore di Naruto, nascondendo tutto il suo calore.
Perché lui
emana calore! È caldo più del sole e dell'estate,
più d'un bagno caldo e di un dolce abbraccio.
Lui è come
un risveglio, come la coperta da cui vorrebbe essere avvolta e
riscaldata ogni mattina, quando apre gli occhi e la luce del giorno
fatica a entrare nella sua stanza per darle conforto.
Naruto è
tutto questo e a volte niente, se non un dolore atroce.
«Signorina...?»
La porta della stanza
da bagno si apre all'improvviso.
«Sorella,
esci subito da quella vasca! Hanno ammazzato una delle guardie e...
Hinata, perché stai piangendo?»
«N-Non sto
p-piangendo!» esclama Hinata, asciugandosi gli occhi.
«C-Chi è morto? Spiegami tutto e, per favore,
chiudi la porta.»
«Certo,
certo. Scommetto che stai per dire 'Guarda che fa freddo!', come se in
piena estate fare un bagno caldo sia normale! Mah, non ti
capirò mai! Ora, non per allarmarti, ma... hanno ucciso la
guardia che controllava l'ala della casa in cui tu dormi, in
pratica dove ci sono le tue stanze e quelle di nostro padre»
dice velocemente Hanabi, sbattendo la porta.
Ino sussulta.
«Signorina, sa cosa pensa suo padre delle porte sbattute in
quel mod...»
«Oh, mio
padre è impegnato a capire chi ha ammazzato la guardia,
quindi non saprà mai!»
«Hanabi...»
«Sì,
sorella?»
«Sei sempre
la solita.»
Hanabi ride.
«Grazie. Beh, ora me ne vado: non voglio perdermi nulla! Sai
com'è: per ogni morto c'è un assassino, e io sono
curiosa di scoprire chi è e cosa vuole ancora.»
Lasciandosi alle
spalle le occhiate sorprese di Ino e Hinata, la piccola Hyuuga
abbandona la stanza, sbattendo nuovamente la porta.
I proiettili rotolano
lucenti sulla scrivania sgombra, scrutati da occhi neri e penetranti,
sfuggevoli come pochi possono avere il lusso di essere; intensi e
pericolosi, non lasciano andare ciò che afferrano, proprio
come quelli di un leone o di una pantera.
«Siete
sicuro che questa sia la decisione più giusta,
signore?»
La voce bassa di Sai
si perde fra le ombre sfumate della camera, illuminata fioccamente da
una piccola candela tremolante.
Fuori è
pieno giorno, ma entrambi non amano la luce per parlare di quelle cose
- porta sfortuna, il giorno.
«No, non la
più giusta» una breve pausa. «Questa
è senza alcun dubbio la decisione più sensata
presa fino a questo momento.»
Chissà,
pensa Sai, forse in quello sguardo deciso si nascondono pensieri
profondi in cui la parola 'fine' non è
contemplata, solamente rinviata.
Ciò
nonostante, basta fissarlo per capire che il perdono non esiste e che
nulla può essere rinviato.
«Farò
del mio meglio per accontentarvi, allora.»
E
lo farò come meglio credo.
«Possibile
che voi non sappiate fare altro? Venite qui a ingozzarvi come un maiale
e poi ve ne andate come se niente fosse!»
«Vi prego,
signorina Aburame, non c'è bisogno di arrabbiarsi
così! Sono sicuro che possiamo parlarne!»
Temari sbatte una
scodella vuota sulla testa di Naruto, facendo finta di non sentire le
sue lamentele. «Pretendo le vostre scuse.»
«E per
cosa?!» esclama il Namikaze, massaggiandosi la testa; a
quella donna non importa nulla del suo rango, o delle minacce che ogni
volta le rivolge per invogliarla a lasciarlo in pace. Dannazione.
«Tanto per
cominciare, non mi ringraziate mai. Poi, con la scusa che è
morto un uomo, siete venuto qui e mi avete chiesto di cucinarvi
qualcosa, aggiungendo che siete così sconvolto da non avere
la forza per...»
«Va bene, ho
capito!» Naruto agguanta la forchetta e sbuffa come un
bambino. «Vi chiedo scusa per il mio comportamento.»
«Oh, ci
voleva tanto?» Temari riprende la scodella e torna alla sua
postazione, soddisfatta.
Un brusio improvviso
di voci alte e concitate.
«Non so se
è qui.»
«Ma insomma,
si può sapere cosa sta succedendo?»
«Dobbiamo
passare, è un ordine del...»
«No!»
Temari si volta,
sorpresa dalle voci che raggiungono sempre più forti la
cucina, e fissa la porta chiusa. «Che diavolo...?»
Il Namikaze posa la
forchetta sul tavolo e alza lo sguardo, immobile come una statua.
Passi veloci, porte
sbattute: rumori che si acuiscono man mano che i minuti passano e i
respiri accelerano.
Allarmato, Naruto
balza in piedi. Sta succedendo qualcosa e non gli piace. Non gli piace
per niente. «Maledizione.»
Prima un cadavere, poi
quel fracasso e infine il dolore alla spalla che si fa bruciante, come
se volesse avvertirlo del pericolo.
Sbagliare è
facile, ma il suo istinto, una volta ogni tanto, può avere
ragione.
Fidarsi e scappare o
non fidarsi e rimanere lì, in attesa di una risposta? Il
pericolo, in fondo, gli è sempre piaciuto, sin da piccolo.
E sin da piccolo si
è sempre sbagliato su tutto.
La porta s'apre
all'improvviso e le grida invadono completamente la cucina, inducendo
Temari ad afferrare uno dei suoi enormi coltelli.
Il silenzio cala per
un attimo.
«Minato Namikaze, vi abbiamo trovato» esclama un
uomo alto dai capelli neri come il carbone, tenendo una mano sull'elsa
della spada. «Mi dispiace avervi disturbato, ma il nostro
signore ci ha ordinato di catturarvi e spedirvi momentaneamente nelle
prigioni della tenuta.»
Incredulità.
«E per quale ragione?»
«Siete
sospettato dell'omicidio di Iruka Umino e di quello di Gai Maito, uno
degli ospiti del signor Hyuuga.»
«Siete
completamente pazzi!» Naruto parla lentamente, furente.
«Io non ho ammazzato nessuno dei due signori e posso
assicurarvi che, se mi torcerete anche un solo capello, vi
ucciderò in questa stessa stanza, senza
esitazioni.»
«Allora
saremo costretti a portarvi in cella con la forza.»
Temari prende la
parola per la prima volta, sorpresa da quello scambio di battute.
«C'è sicuramente un errore. Questo signore non
può aver ammazzato nessuno. Tutti sanno che Umino beveva
troppo e...»
«Il medico
che l'ha visitato la pensa diversamente, signora» la
interrompe aspramente una guardia.
Il battito del cuore
di Naruto aumenta in un attimo. «Temari.»
La donna lo fissa,
incredula. «Ditemi pure.»
«Se la
vostra padrona, Hinata, passa di qui e chiede di quanto accaduto,
ditele che non deve preoccuparsi. Me la caverò.»
«Ma...»
«Per favore.
Fate come vi dico.»
Naruto abbassa il capo, pronto ad andare, malgrado la rabbia e la
frustrazione.
Malgrado tutto.
Quando esce dalle
cucine, scortato ruvidamente dalle guardie, stenta a udire il
'sì' mormorato infelicemente dalla Aburame.
Fine capitolo Nove
Note dell'Autrice:
Mamma mia, che brutto questo capitolo >.> scrivere su un
quaderno non mi piace; ho bisogno di più tempo per scrivere
un capitolo e rivederlo. Bè, fa niente u_u sarà
per la prossima volta (e poi peggio per me che ho sfasciato il computer
._.)
Se siete arrivati fin
qui, significa che avete letto anche questo capitolo, e vi ringrazio
davvero!
Ora scappo!
Kiss,
Mokochan
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Parte Seconda - Capitolo Dieci ***
Bloody
Rose
[A
Katia]
Capitolo
Dieci
Un,
due, tre.
Un,
due, tre.
Dannazione!
Cerca di muoversi ma
le catene lo tengono saldamente al muro, gli tirano le braccia
all’indietro, brutalmente, e, nello sforzo di portarle
avanti, i muscoli gli mandano repentini una fitta di dolore
insopportabile; eppure non si arrende, sperando che alla fine quei
ferri si stacchino dalla parete.
Sono vecchie e cederanno,
si ripete deciso, prendendo un bel respiro e ricominciando, subito
dopo, a tirare.
È rinchiuso
in una piccola cella buia e puzzolente da non molto, almeno
così gli pare; forse sono passate due, tre ore, anche meno
– se fosse passato più tempo Hinata sarebbe
già corsa da lui, salvo imprevisti.
La luce, in quel
luogo, entra a tratti tramite una finestrella posta sopra di lui; un
cespuglio ne copre una parte impedendo così ai raggi della
luna di penetrare in maniera decisa.
Notte.
Il sonno non ha voglia
di prenderlo con sé; Morfeo, evidentemente, ha ben altro da
fare. Preferisce occuparsi di dolci fanciulle e, chissà,
uomini più onesti di quanto lui possa mai essere.
Le prigioni sono quasi
vuote, fatta eccezione per un vecchio nascosto in un angolo buio della
cella che ha di fronte: lo fissa da intere ore, con quei suoi occhi
spalancati dal terrore, le labbra martoriate dall’arsura
contratte in quella che sembra una smorfia di dolore.
Naruto ricambia
all'improvviso il suo sguardo, pensando nostalgicamente al calore
confortevole delle proprie stanze e al profumo di pesca emanato dalla
pelle di Hinata.
Lo stanno torturando,
sì. Oddio. Sicuramente fra non molto una frusta gli
farà ironicamente visita, accompagnata da Hiashi Hyuuga e le
sue guardie; forse ci sarà Sai con loro, o forse Shikaku, il
medico.
Merita davvero la
frusta? In ogni caso, è sicuro di non c’entrare
niente con l’omicidio della guardia, e non è tanto
convinto della faccenda di Gai Maito: se non sbaglia, fu proprio Sai a
occuparsi dell’uomo. Possibile che qualcosa sia andato
storto, quella volta?
Contrae i muscoli e si
rilassa per qualche attimo.
L’intero suo
corpo è sudato, preda di brividi violenti e inevitabili: sa
di essere intrappolato e fra le grinfie di un uomo che non perdona,
rivendica e basta – un uomo che, volendo, è in
grado di punire la sua stessa figlia.
Non ci pensare, non ci pensare,
mormora fra i denti il Namikaze, chiudendo gli occhi per la
stanchezza. Qualunque
cosa può andar bene. Shikamaru sta sicuramente escogitando
un piano per tirarti fuori di qui, solo che tu non lo sai, Naruto,
si dice disperato. O
Sai. O Sasuke. Uno di loro deve sapere cosa fare. Perché non
sono solo, no. Non sarò mai solo, non come lui. Mai.
La consapevolezza di
avere servi, spie, fuorilegge e uomini disposti a tutto pur di aiutarlo
gli dà il coraggio necessario a calmare i nervi.
Non è la
prima volta che finisci in una prigione, ricordalo.
Un mormorio.
Naruto alza il capo e,
con la vista appannata, cerca di inquadrare l’uomo
nell’altra cella, sicuro di averlo sentito parlare.
È stato soltanto un brusio, ma è bastato per
fargli capire qualcosa.
‘Acqua’.
«Non ne ho
nemmeno un po’, vecchio.»
‘Ac…qua…’
Il duca scuote il
capo, compassionevole. «Se anche chiedessi a una delle
guardie, loro non me la darebbero, come non la darebbero a te. Hai
chiesto altre volte, no?» aggiunge piano, intuendo la
realtà dei fatti. «Per questo sei moribondo: ti
hanno lasciato senza nulla per andare avanti.»
Bastardi.
Grandissimi figli di…
«Così
hai capito subito quali sono i metodi applicati nelle
prigioni.»
Eccolo lì,
lo Hyuuga maledetto.
Furioso, Naruto sposta
gli occhi verso la figura regale di Hiashi Hyuuga. «Voi siete
soltanto un…»
«…
vile bastardo? Può darsi. Ciononostante, non sono stato io a
commettere due omicidi. O tre, se i miei pensieri non sono troppo
arditi.»
«Di che
diavolo state parlando?»
«Kakuzu
Hinamori. Voi l’avete ucciso e dopo ne avete occultato il
corpo» risponde freddamente lo Hyuuga, puntando il dito verso
la finestra e quindi fuori, dove gli immensi giardini nascondono
qualunque cosa.
Incredibile! Lo sta
accusando di una cosa che non ha commesso. Insomma, è stato
Sasuke a uccidere Kakuzu, Sai ha fatto fuori Gai Maito e la guardia di
nome Iruka Umino non rientra nemmeno nei suoi obiettivi. Allora cosa ci
‘sta a fare in quella cella maledetta?
«Non starete
pensando che davvero io abbia…»
«Non
è solo un pensiero» dice Hiashi, mostrando per la
prima volta un’aperta ostilità. «Da
quando siete qui è morta molta gente. Tre persone sono
troppe anche per la mia pazienza, Namikaze. Non ho mai creduto alle
coincidenze e non comincerò a farlo ora!»
«Non
ammetterò la mia colpevolezza, perché non sono
stato io» sbotta Naruto, tirando fuori il proprio astio.
«Credete forse che sia venuto a stare da voi con
l’intento di uccidere uno sconosciuto a una festa, un vostro
uomo d’affari che, Dio ne è testimone, non ha mai
avuto a che fare con me, e una guardia che in tutto questo tempo non ho
mai nemmeno veduto? Voi siete pazzo!»
«E voi un
bugiardo.»
Chi
è più bugiardo di voi, Hiashi Hyuuga? Io no di
certo.
Rispondete
a questa domanda: quanta gente avete ucciso? Quanto avete goduto,
mentre guardavate i loro corpi agonizzanti stesi a terra di fronte a
voi? Quanto avete riso mentre facevate del male alla mia famiglia
davanti ai miei stessi occhi, eh, Hyuuga? Io non lo ricordo, non badavo
a voi… sentivo soltanto le sue urla. Le urla... di mia
madre. Ma questo non vi tange, vero? Già, è
così.
Siete
solo un bastardo, un vigliacco e un assassino.
Sono pensieri,
pensieri che scorrono, si scontrano, urlano e soffrono e vorticano,
veloci, nella sua mente tormentata da immagini terribili. Non parlano,
quei pensieri; non hanno la forza per uscire dalle sue labbra,
contratte in una smorfia simile a quella del vecchio moribondo della
cella.
Ma i suoi occhi
parlano benissimo.
Hiashi lo scruta muto,
esamina la verità insita in quello sguardo azzurro e
infuocato, ne scorge l’odio e il disgusto trattenuti a stento
nel corso delle settimane. Forse è per questo che scuote il
capo, capisce.
«Voi
somigliate molto a una persona conosciuta tanto tempo fa,
Namikaze» mormora poi, lentamente.
Naruto abbozza un
sorriso, tetro. «Ah, sì?»
«Sì.»
«E
cos’era, per voi, quella persona?»
Hiashi sorride.
«Non lo so. Probabilmente non era molto. Soltanto qualcuno da
ammirare.»
Prepara la pistola
davanti allo sguardo terrorizzato di Sakura.
Ignorala, Sasuke,
ignorala. È solo tua moglie.
«Cosa
diavolo…»
«È
un’emergenza» risponde velocemente, nascondendo
l’arma all’interno del soprabito.
Sakura scuote il capo,
stupefatta. «Spiegami.»
«Non
c’è niente da spiegare. Devo soltanto aiutare una
persona»
«E vai ad
aiutarla con una pistola?!»
Un ghigno compare sul
volto di Sasuke. «Quando serve…»
«Non
è divertente! Dimmi di chi si tratta» lo supplica
imperterrita la moglie, seguendolo verso l’ingresso della
loro dimora.
Sasuke apre la porta,
seccato. «Naruto.»
Davanti a loro compare
Ino Yamanaka, la serva della tenuta degli Hyuuga; dietro di lei,
Shikamaru Nara.
«Sasuke, ci hai messo troppo. Se quello si accorge della mia
assenza e di quella di Ino siamo spacciati» lo rimbrotta
quest’ultimo, tenendo le redini del proprio cavallo.
«Ah, buona sera, signora Uchiha.»
«S-Sera»
Sakura è fin troppo confusa. «Io
non…»
«Non ti
preoccupare» Sasuke manda via con un cenno lo stalliere che,
chiamato soltanto qualche minuto addietro, gli ha portato il suo
cavallo più veloce, Vane. «Tornerò
presto. Poi parleremo di tutto.»
Cinque minuti dopo
cavalcano spediti.
«Tu sei un
pessimo marito» urla Shikamaru in sella al suo cavallo,
piccato. «Perché non le hai spiegato la
situazione?»
«Non deve
sapere nulla di ciò che accade. Non subito. È incinta, ha bisogno di calma
e riposo» è la laconica risposta.
I sentieri sono lunghi
e scoscesi, ma i cavalli non faticano: proseguono veloci come fulmini
durante una tempesta.
Nell’aria s’avverte il calore residuo del giorno,
la forza del sole, il rumore delle cicale.
«Calma? Ma
se si è messa a urlare prima che ce ne andassimo?!»
Questa è
una di quelle cose che non toccano minimamente un duro come Sasuke
Uchiha.
«Non
è divertente»
«Non ho mai
detto che lo fosse» sibila Sai, lanciando a Tenten una
pistola con fin troppa forza.
Nervosismo, calcoli
sbagliati, complotti campati per aria: ecco i suoi problemi. Missione
fallita, merda!
La domestica sospira e
carica l’arma. «Come lo sei venuto a
sapere?»
«Juugo. Ha
visto che lo portavano via dalle cucine un paio di guardie. Non ha
sentito molto. Quel poco che ha saputo gli è stato riferito
da Temari.»
«Potrei
sapere il motivo per cui l’ha detto a te?»
«Soldi.»
«Tu
esageri» borbotta Tenten con un filo di voce, nascondendo un
coltello fra le pieghe della gonna. «Cosa ci ha sempre detto
Minato?»
«Sono
dettagli» risponde piccato Sai, puntandola coi suoi occhi
neri come la notte. «Ora dobbiamo agire. Nessuno
dovrà sapere di quello che sta succedendo. Nemmeno Hinata e
Hanabi Hyuuga dovranno avere il minimo sentore della faccenda. Se
Hanabi, poco prima di andare a letto, ti chiederà
dov’è finito Naruto, tu rispondi che è
nelle proprie stanze.»
«Va
bene.»
«Hinata non
si porrà alcuna domanda: sarà troppo occupata ad
avere incubi.»
Quello,
però, non è il male minore, bensì il
peggiore.
Un sibilo, poi il
dolore. Un sibilo, e il dolore, un sibilo, e il dolore.
«Finché non confesserai i tuoi crimini, le guardie
ti tortureranno a turno per tutta la notte. Ma stai tranquillo: ti
concederanno cinque minuti di riposo.»
Così non
morirò subito ma lentamente?, pensa Naruto,
serrando i denti per non gridare, gli occhi elettrici puntati sulla
schiena dell’uomo che odia.
Non ha mai avuto così tanta voglia di uccidere in vita sua.
Ventitrè,
ventiquattro, venticinque, ventisei, ventisette, ventotto, ventinove,
trenta.
Poi i tanto attesi
cinque minuti: riverso a terra, con la schiena che va a fuoco e lancia
scariche dolorose, il cui unico scopo è invitare tutto il
corpo a provare dolore – è una lenta e sfibrante
agonia.
Un po’ si
sente come il vecchio: assetato, con la gola secca e senza
più un filo di voce, né l’energia per
aprire bocca.
Lo tirano
improvvisamente su, gli dicono: «È ora di
ricominciare, signor
duca.»
E
poi di nuovo ventitré, ventiquattro, venticinque, ventisei,
ventisette, ventotto, ventinove, trenta frustate.
Il secondo round
finisce con lui che vomita in un angolo della cella, lo sguardo
annebbiato, il corpo pulsante e bollente, le gocce di sangue che
scivolano lentamente lungo la schiena a ogni minimo movimento.
Le parole di suo
fratello si fanno spazio nella sua mente quando inizia il terzo,
inevitabile e terribile turno.
«La
vendetta non serve a niente. Te l’ho ripetuto centinaia
volte, eppure non mi hai voluto ascoltare. Fratello, ti rendi conto che
tutto questo è profondamente sbagliato? Credi veramente che,
così facendo, cambierai qualcosa? Mamma sta morendo,
papà ci ha lasciati troppi anni fa, Rin è ormai a
tutti gli effetti nostra sorella. Anche se otterrai la sua vita, queste
cose resteranno. Nostra madre morirà e Rin… Rin
non saprà mai.»
Prima di perdere i
sensi, al decimo colpo di frusta, Naruto Minato Namikaze borbotta:
«Lo so, fratello, lo so.»
Fine
capitolo Dieci
Note dell'Autrice: Ed
eccomi qui che posto in ritardo di novemila anni u_u ma, almeno, ho di
nuovo il computer e posso postare in maniera più regolare
*O* finalmente, gente! Non sapete che sollievo è per me
questo xD
Tralasciando questo,
direi che Naruto le sta prendendo di santa ragione ._. è
destinato a essere torturato, pare. Si spera che Sasuke, Sai e
Shikamaru riescano a cambiare la situazione in tempo °O°
Uhm. Come avete potuto
notare anche Tenten fa parte dei giochi. Ve lo aspettavate? xD
Vabbè che, in fondo, Naruto è arrivato
lì conoscendo perfettamente la situazione della tenuta. Ci
è andato preparato.
Uhm. Che altro dire?
Spero che questo capitolo ci conduca finalmente alla terza parte di
Bloody Rose, che sarà l'ultima e la più lunga ^^
Bene! Ora ringrazio di
cuore le:
- 33 persone che hanno
messo Bloody Rose fra i Preferiti
- 50 persone che hanno
messo Bloody Rose fra le storie da Seguire
- 6 persone che hanno
messo Bloody Rose fra le storie da Ricordare
Infine, tanto
perché mi sento in dovere di dirlo... ringrazio le 51
persone che mi hanno messo fra i loro autori preferiti XD
Grazie mille a chi
legge solamente, a chi commenta, a chi passa per caso... grazie a tutti
^__^
Ora scappo! :D
Alla prossima,
Mokochan
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Parte Seconda - Capitolo Undici ***
Bloody Rose
[A Katia e poi a Marica
perché per
la prima provo una profonda stima
e la seconda non ha
fatto altro che minacciarmi affinché io
portassi avanti questa
Long che, a suo dire, merita.
E la ringrazio
perché un po' m'infonde quell'autostima che spesso mi manca]
Capitolo
Undici
Tutte le cose che
Hinata ha imparato, le ha assorbite dalla propria madre. E,
benché questa sia morta da parecchi anni, le sue parole
sembrano risuonarle vivide nelle orecchie, calde e soffici, pronte a
spronarla e rassicurarla, effetto che invece le parole di Hiashi Hyuuga
non hanno mai sortito e mai sortiranno.
Nel letto in cui
giace, come ogni noiosa sera, Hinata si passa una mano sulla fronte, si
stropiccia poi gli occhi con le dita tremanti e fissa il soffitto,
raccontandosi favole lunghe e bellissime, nella speranza che queste
l'aiutino ad addormentarsi.
Tuttavia non sembrano
avere effetto - non vogliono e forse non devono avere effetto, non
quella sera.
Lui non
c'è.
Non l'ha visto.
Qualcosa le dice che
non riuscirà a vederlo nemmeno il giorno successivo, ma quel
pensiero la induce a scuotere il capo, girarsi su un fianco e
rannicchiarsi in posizione fetale, pregando che quel presentimento sia
falso: la menzogna a cui non vuole dare ascolto.
Di menzogne se
n'è dette troppe, per troppo tempo, anche quando la
verità era palese, e ricordarlo non può che farle
bene; d'altronde è meglio una verità dolorosa, di
una bugia la cui vita è breve quanto il battito delle ali di
una farfalla.
Due guardie sono ferme
ai lati dell'enorme cancello che le separa dalla parte interna della
residenza Hyuuga, per il resto prevalentemente circondata da siepi e
alberi grandi quasi quanto la tenuta stessa - l'imponenza della quale
ha sempre spaventato coloro che l'hanno visitata o semplicemente
osservata da lontano.
La cosa che
più inquieta, però, è la stretta
sorveglianza: non vi è luogo che non sia presidiato da
uomini scelti personalmente da Hiashi Hyuuga, persone intelligenti e
scaltre a cui è stato imposto il turno di notte appunto per
evitare spiacevoli incidenti.
C'era,
perciò, da sorprendersi di fronte alla notizia che una di
queste, Iruka Umino, fosse morta in circostanze alquanto sospette.
Che poi fosse accaduto
a causa del sonno o della pigrizia non si sa, ma qualcosa sicuramente
doveva essere andato storto.
Sasuke lancia
un'occhiata a Shikamaru, che si gratta pigramente la nuca e con la mano
libera indica un varco in mezzo ad alcune piante, poco lontano dal
cancello; si dirigono verso quel punto cercando di fare meno rumore
possibile, e quando lo raggiungono il Nara sposta piano alcuni
fastidiosi rami e s'inoltra nell'oscurità della bassa
vegetazione, seguito dagli altri.
Poco più
avanti - Sasuke lo sa - c'è un passaggio segreto che porta
direttamente all'interno della residenza e che pochi uomini conoscono:
giusto il conte e le spie più vicine a lui possono averlo
presente, ed è proprio grazie a una di quelle spie che sono
in grado evitare le guardie ai cancelli, risparmiandosi inutili dissidi
- dissidi che, per ironia, avrebbero sicuramente portato alla morte di
queste ultime.
Shikamaru
s'inginocchia e allunga una mano verso il terreno cosparso di foglie
secche; tasta per qualche secondo, incerto, prima di afferrare con le
dita qualcosa che al buio Sasuke non riesce a distinguere, ma ci vuole
poco per capire che si tratta di una piccola maniglia.
Fogliame e rametti si
sollevano per un secondo, prima di ricadere silenziosamente a terra, e
un nero più nero della notte compare davanti a loro: un buco
oscuro, che conduce alla loro meta.
Entrano uno ad uno,
con movimenti cauti, perché il percorso è in
discesa e scalini sconosciuti - che ancora aspettano il loro arrivo -
rischiano di provocare sfortunati incidenti: loro hanno bisogno di
fortuna, non di un nuovo modo per complicare una situazione
già grave di per sé.
Il tunnel che
attraversano è piccolo e stretto, e un sottile velo di
umidità li avvolge con intensità maggiore a ogni
gradino che scendono, mentre il buio pare farsi sempre meno fitto,
poiché i loro occhi si stanno abituando a non vedere nulla -
Sasuke quasi riesce a scorgere gli scalini di pietra, non perfetti, ma
danneggiati qua e là.
«Che
puzza» mormora Ino, rompendo il silenzio.
Sasuke sente Shikamaru
sospirare. «Qui dentro non entra molta aria, e quella poca
che c'è non è esattamente buona. Quindi, se ti fa
star male cerca di trattenere il respiro, non potrà farti
che bene.»
Il tunnel non
è più in discesa e finalmente hanno modo di
camminare meno adagio, senza dover badare a dove mettere i piedi; una
luce soffusa, proveniente da qualche parte, rende il cammino ancor
più agevole, e mentre proseguono lungo il tragitto Sasuke
scorge, a qualche metro da loro, un leggero bagliore filtrare da quella
che sembrerebbe una porta, e non si sbaglia - fattisi appena un po'
più vicini, se ne distinguono nettamente i contorni dalle
pareti rocciose.
«Bene, da
qui in poi ci basterà stare attenti a chi incontriamo per
strada» sussurra Shikamaru.
Volta la testa verso
di loro per ricevere accenni di assenso; Ino, leggermente distante da
entrambi, sembra nervosa, ma per non darlo a vedere assume
un'espressione decisa. Ed è per via di quell'espressione
battagliera che Sasuke ghigna: forse la cameriera degli Hyuuga
può davvero tornare utile, come dice Shikamaru Nara.
Il figlio del medico,
nel mentre, ha aperto la porta, ha scostato le tende che la nascondono
e ora sta analizzando il corridoio, il corpo rigido per la
concentrazione; alza la mano e fa segno agli altri di avvicinarsi a lui.
«Ino, vai tu
per prima, controlla che non ci sia nessuno. Se vedi Hiashi Hyuuga o
una delle sue spie, avvertimi. Anzi, no» Shikamaru si gratta
la testa, gesto usuale in situazioni di un certo tipo. «Se
qualcuno si avvicina, torna qui. Intesi?»
Ino sbuffa.
«Come desidera, mio signore.»
Acidità a
non finire.
Shikamaru fa una
smorfia, mentre Ino gli passa accanto ed esce nel corridoio.
«Dove si
trovano le prigioni?» chiede lentamente Sasuke, scrutando
prima Ino, poi Shikamaru, i cui occhi sono puntati prevalentemente
sulla Yamanaka.
Il Nara inarca un
sopracciglio, senza però distogliere lo sguardo dalla
ragazza. «Bisogna passare accanto alle cucine per arrivarci.
L'ingresso è segreto, esattamente come questo. Ci
converrà scendere le scale il più in fretta
possibile e attraversare il salone sperando di non trovare nessuno ad
intralciarci la strada, cosa che, ne sono certo, è
assolutamente impossibile evitare. D'altronde, la sfortuna è
sempre pronta a far andar male ciò che meno dovrebbe,
no?».
«In
conclusione?»
«Ci
inventeremo qualcosa.»
Piano semplice e
conciso - forse anche pigro, come Shikamaru.
L'Uchiha posa
istintivamente la mano dove ha nascosto la pistola, poi la ritrae e
comincia a contare - raggiunti i 100 secondi, la sua pazienza avrebbe
definitivamente superato il limite. Per il momento, tuttavia, cerca di
mantenersi freddo come è sempre stato, limitandosi a fissare
indispettito Ino, che ancora sta ferma in mezzo al corridoio; solo
quando questa fa un cenno con la testa Sasuke si permette di sbuffare
irritato e uscire con Shikamaru, chiudendo delicatamente la porta alle
loro spalle.
Si dirigono a destra,
scendono le scale badando che le assi non scricchiolino in maniera
inquietante - come può capitare a volte per via della fretta
- e, sempre spediti, raggiungono le cucine, trovandovi qualcuno ad
aspettarli.
«Lo stanno
frustando proprio in questo momento» la voce di Sai
è un sibilo freddo e tagliente, troppo poco rassicurante per
non destare l'attenzione dei pochi presenti. «Se continuano,
di questo passo lo ammazzeranno.»
«Naruto non
ci serve morto, ma vivo» borbotta Shikamaru, irrequieto. Poi
si guarda attorno. «Restare qui, in bella vista, non giova.
Dobbiamo fare in modo che...»
Troppo tardi.
Passi svelti li
avvertono che qualcuno è in arrivo.
Il primo a muoversi
è Sai, seguito a ruota da Sasuke, che entra con lui nelle
cucine, illuminate unicamente da una candela posta sul bancone centrale
- dove solitamente Temari taglia la carne.
Freddamente, l'Uchiha
lancia un'occhiata alla candela; successivamente, si volta verso Sai,
notando che Shikamaru e Ino non sono con loro. «Si
può sapere cosa...»
«Non
è un po' tardi per fare i piccioncini, signori?»
Voce ruvida ma un poco
divertita: è una guardia.
Sasuke si avvicina
alla porta con passi cauti e la schiude leggermente, quanto basta per
notare Shikamaru e Ino avvinghiati proprio lì davanti, in
una maniera che non si può certo fraintendere; forse
è per questo che sente una risatina provenire da uno degli
uomini presenti nel salone.
«Beh, il
padrone sembra sia impegnato, e dal momento che non c'è
nessuno... noi, come dire...»
La voce del Nara non è pigra come la conosce Sasuke, ma
vibrante, tesa... e accaldata. La voce di uno che è stato
beccato a fare cose sconvenienti con una cameriera - ed effettivamente
le sta facendo davvero, o perlomeno, la mano infilata sotto la gonna
della Yamanaka, e perfettamente visibile anche all'occhio attento di
Sasuke, lo lascia intendere in maniera inequivocabile.
Certo che quando vuole arriva a
compiere azioni inaspettate, pensa l'Uchiha, spostando gli
occhi da Shikamaru a Ino, le cui dita artigliano una spalla del ragazzo
con palese irritazione; Sasuke non si sarebbe sorpreso se la Yamanaka
avesse ucciso Shikamaru davanti alle guardie, senza farsi scrupolo di
rovinare il loro piano.
Fortunatamente, il
buon senso di Ino è superiore alla sua ira di donna.
«Sì,
il Conte ha faccende importanti da sbrigare e non è nemmeno
di buon umore. Conviene che vi troviate un posto appartato per
consumare le vostre voglie, se non volete avere la sventura di finire
nella lista nera del vostro padrone» consiglia uno di loro, e
Sasuke nota che è la voce di colui che per primo ha preso la
parola quando si sono nascosti.
«Sì,
forse è meglio. Andiamo, Ino?»
«Va
bene.»
Passi che si
allontanano, altre risatine, frasi sconnesse, infine un silenzio
spettrale.
«Siamo
rimasti solo noi.»
Sai apre la porta senza avvertire Sasuke che vi è appoggiato
ed esce fuori. Pochi secondi - pregni di occhiatacce dell'Uchiha alla
spia - e da un angolo buio salta fuori l'altra cameriera degli Hyuuga,
Tenten, una donna che Sasuke ha visto parecchie volte in passato.
Quante persone lavorano per
Namikaze Naruto?, è la domanda che si pone
Sasuke, studiando attentamente la donna, i cui grandi occhi color
nocciola sembrano non celare alcun segreto, mentre in realtà
nascondono ben più di quanto è necessario sapere.
E Sasuke sa solo che
quella ci sa fare coi coltelli.
«Scendiamo
nelle prigioni» mormora Tenten, indicando il corridoio alle
sue spalle. «Se vai tu, Sai, e lo trattieni con qualche
notizia importante, sono sicura che lascerà stare
Naruto.»
Sai la fissa.
«Vorrà dire che sarete tu e Sasuke Uchiha a
liberarlo. State attenti alle guardie» il ragazzo si volta
verso l'Uchiha e sorride - il solito sorriso falso.
«Soprattutto tu, signor pistolero.»
La faccenda di Kakuzu.
Se la ricorda ancora bene.
Malgrado lui e Sai
siano di due caste assolutamente differenti e soprattutto distanti per
importanza e ricchezza, il secondo si permette di prendersi gioco di
lui con una tranquillità irritante, e questo a causa di quel
bastardo di Naruto - essere protetti da lui, stranamente, significa
anche essere protetti dalle ire degli Uchiha, fattore che ha reso la
loro infanzia un continuo stimolo per i suoi nervi.
Sasuke si profonde in
un atono "Tsk" di circostanza, accompagnato da un'altra occhiataccia
che ha l'aria di una minaccia bell'e buona.
Sai ride piano e si
allontana in direzione delle prigioni, mentre Tenten e Sasuke
s'infilano nuovamente nelle cucine: puzzano di pesce, l'Uchiha se ne
rende conto solo ora.
Non è
fastidioso, però l'odore è così netto
da fargli pensare che ve ne sia parecchio, conservato da qualche parte
e in attesa di essere pulito e cucinato per bene, secondo i voleri
dello stesso Hyuuga.
«Fra
quindici secondi potremo uscire da qui.»
«Le guardie
saranno un intralcio» constata Sasuke, in risposta alla frase
di Tenten.
La donna gli sorride.
«Lo saranno per poco, perché poi si faranno una
bella dormita» assicura, infilandosi una mano fra le pieghe
della gonna ed estraendone una piccola fialetta contente un liquido
d'un colore imprecisato.
Certe donne sono
davvero pericolose.
Gli par quasi di
essere sordo.
Forse sono riusciti
addirittura a strappargli le orecchie, ma il dolore che avverte alla
schiena nasconde qualunque altra ferita quegli uomini gli abbiano
potuto infliggere; debole com'è, non s'illude certo che
nulla sia stato lesionato, in quelle lunghe ore.
Non si chiede nemmeno
il perché di tanta cattiveria: sa quanto Hiashi Hyuuga provi
rancore verso chiunque intralci i suoi piani, e ricambia nel solo modo
che conosce: massacrando chi sta al di sotto di lui, neanche fosse un
tiranno - la stessa Regina Vittoria, Naruto ci pensa all'improvviso,
sarebbe potuta essere una grandissima despota, assieme al marito,
eppure è riuscita in poco tempo a guadagnarsi la fiducia di
coloro che hanno avuto l'onore di conoscerla, e in virtù di
quella fiducia stava mantenendo saldo il proprio regno, seppur tra
innumerevoli difficoltà.
L'aveva servita per
qualche anno, prima di tornare a condurre una vita semplice - e
definirla tale non è facile, soprattutto in considerazione
dei piani elaborati nei mesi passati, piani che in seguito lo hanno
condotto fino a lì, nella tana dello Hyuuga.
Lì, da
Hinata.
Una goccia di sudore
gli attraversa con infinita lentezza la fronte, per poi colargli fra
gli occhi e infine giù, lungo il naso, piazzandosi sulla
punta senza cadere o scendere ancora: resta lì, sospesa,
esattamente come appesa ad un filo è la sua vita.
Che fine
farà? Cadrà, oppure resterà aggrappato
alla fortuna cui deve tutto?
«Signore.»
Rumore leggero di
passi: qualcuno è sceso fino alle prigioni.
Colpo di tosse; le
guardie, che fino a quel momento erano intente a parlare, cessano
addirittura di respirare.
«Ho nuove
informazioni.»
«Sai, in
questo momento sono impegnato. Sto... conducendo un
interrogatorio.»
Prendendomi a frustate,
ironizza Naruto, dischiudendo gli occhi brucianti. Una lacrima gli riga
parte della guancia e finisce al suolo, silenziosa.
Depresso, preme ancor
più la faccia contro il pavimento lurido, bramando un po' di
sollievo, un freddo abbastanza intenso da rendergli sopportabile il
bruciore che lo pervade e che, di tanto in tanto, sprona il suo corpo a
muoversi, dimenarsi, senza che lui possa impedirlo: una tortura, una
vera tortura.
«Se
permettete, queste informazioni riguardano proprio l'uomo che state
interrogando, mio signore. Potrebbero rispondere a molte delle vostre
domande».
Un mutismo
così agghiacciante da scuotere un'altra volta il corpo del
Namikaze, che digrigna i denti per nascondere il dolore che prova -
qualcosa di tanto forte da mescolarsi al piacere di sapere che Sai
è lì; e che, presumibilmente, sta facendo di
tutto per far sì che lui possa uscire dalle prigioni.
«Va bene.
Andiamo nel mio studio, lì staremo più
tranquilli. Ah», la voce di Hiashi si abbassa di un'ottava,
«Ishida, Malloy: fate in modo che non si addormenti.
L'interrogatorio non è ancora finito.»
«Come
desiderate, signore.»
Il suono di alcuni
passi che si allontanano e quello di altri che si avvicinano;
successivamente, un rumore metallico, il cigolio che emette di solito
la porta quando le guardie la aprono, pronte a frustarlo.
Che Dio mi aiuti,
pensa Naruto, chiudendo gli occhi. Cristo,
cristo.
Poi emette un urlo.
Sbatte la testa contro
il pavimento, così forte da vedere le stelle. Si morde la
lingua, riempiendosi la bocca col proprio sangue, e alla seconda
frustata riga con le unghie la pietra fredda che gli preme contro il
petto con violenza inaudita.
Una delle guardie -
non sa se Malloy o Ishida - lo prende per i capelli e gli sbatte di
nuovo la testa contro il pavimento, senza riguardi.
Un secondo dopo,
arriva l'ennesimo colpo di frusta.
«Sai come si
applica la tortura in questa prigione, eh?» una delle guardie
gli tira le braccia indietro e gli pianta un piede nel bel mezzo della
schiena. «Lo sai, piccolo verme?»
Preso da un paio di
conati di vomito, Naruto riesce semplicemente a mormorare un "Merda"
che però non pare sentire nessuno - fortunatamente.
«Allora? Non
rispondi?» insiste l'altra guardia, tirandogli un calcio in
faccia.
Naruto stringe le
palpebre, non capendo più niente.
Soltanto una fitta,
poi un dolore che si gonfia, si gonfia e preme, cercando di sfondare le
pareti della sua testa, talmente acuto da fargli credere che questa gli
potrebbe scoppiare da un momento all'altro e tutti i suoi pensieri
riversarsi davanti ai loro occhi avidi.
In fondo, non vogliono
che informazioni. E cosa c'è di meglio di una testa
completamente fracassata a suon di calci e pugni?
Hiashi avrebbe
apprezzato.
«S-Scusate...?
Vi ho portato uno spuntino...»
Una voce morbida
interrompe ogni azione.
Naruto non le
può vedere, ma sa che le guardie gli hanno voltato le spalle
per scrutare la donna che li ha bruscamente interrotti.
«L'accesso
alle prigioni è vietato, Tenten» la rimbrotta uno
dei due, rivelando al Namikaze l'identità di colei che lo ha
momentaneamente salvato.
«È
stato il signor Hiashi a mandarmi qui. Ha pensato che durante la sua
assenza avreste avuto bisogno di mangiare qualcosa, prima di riprendere
a torturare Minato Namikaze» risponde prontamente la
cameriera.
La sua voce continua a
suonare morbida.
Tanto, troppo morbida.
Per un attimo, Malloy
e Ishida sembrano esitare, tuttavia la prospettiva di riempirsi in
tranquillità lo stomaco pare avere la meglio e
così, dopo alcuni secondi, decidono di lasciar perdere
Naruto.
Le braccia del giovane
duca ricadono a terra con un tonfo sordo che riecheggia poi fra le
pareti della cella, la cui porta intanto si chiude silenziosamente,
gettandolo in una pace fatta di battiti veloci e respiri piacevoli, di
sollievo.
Non
deve finire, pensa. Tutto questo non deve finire.
Poi si addormenta.
«Wow, non si
sono addormentati solo loro, persino Naruto!»
«Meno
chiacchiere, Tenten. Lo dobbiamo portare via prima che Hiashi
Hyuuga torni. Quanto tempo ci rimane?»
«Dieci,
quindici minuti al massimo. Dipende da quello che ha escogitato Sai. Mi
ha garantito un lasso di tempo relativamente breve.»
Uno sbuffo.
«Naturalmente.»
Passi affrettati, un
profumo intenso di erba fresca.
Naruto apre gli occhi,
incontrandone quattro neri. Sbatte le palpebre fino a dimezzarne il
numero, consapevole che esistono solo due occhi tanto fastidiosi, e
sono quelli di Sasuke Uchiha.
«Testa
quadra, forza, svegliati.»
Testa quadra? «Sasuke,
vedi di... crepare... subito...»
Un ghigno.
«Parli proprio tu?»
Con un paio di colpi
di tosse, Tenten impedisce al Namikaze di ribattere. «Scusate
se vi interrompo, ma non abbiamo più molto tempo. Naruto,
ora io e il signor Uchiha vi prenderemo e vi porteremo via da qui.
Cercate di stringere i denti, per favore.»
«Basto io,
Tenten» sibila improvvisamente Sasuke, allungando un braccio
per impedire alla donna di avvicinarsi. «Tu vai a controllare
l'ingresso.»
Un attimo di
esitazione. «Okay... come desidera.»
Naruto, seppur a
fatica, osserva Tenten uscire frettolosamente dalla sua cella, e per un
secondo i suoi occhi cadono in quella del vecchio moribondo: non l'ha
più sentito parlare, da quando sono iniziate le torture.
Sasuke si china su di
lui e gli circonda la vita con un braccio. «Cerca di
facilitarmi le cose alzandoti, Naruto.»
«Fosse
facile.»
Naruto non si sente nemmeno più le gambe.
Il Namikaze si impegna
a muovere qualunque parte del proprio corpo, nel tentativo di trovare
il modo giusto per alzarsi, incappando spesso e volentieri in brividi
di dolore e bruciori fastidiosi che paiono decisi a scavargli
avidamente la schiena.
Ci prova
finché, complici gli sforzi di Sasuke e una fortuna
sicuramente sfacciata, non riesce a sollevarsi abbastanza da permettere
all'amico di afferrargli una spalla e portarsela al collo,
così da poterlo tirare in piedi.
Naruto,
però, a quel gesto lancia quasi un urlo. «Cazzo,
Sasuke, cazzo!» strepita, cominciando a non vedere
più nulla.
Si lascia andare verso
il basso, ma l'Uchiha sembra pronto a tenerlo su con tutte le proprie
forze. «Vedi di non rovinare ogni cosa proprio ora,
Namikaze.»
Il duca sputa sangue e
guarda davanti a sé.
È in
momenti come quello che trova Sasuke insopportabile.
Con passi strascicati
entrambi si muovono verso la porta - il primo non più in
sé, il secondo messo in difficoltà dal peso
dell'amico.
Impiegano qualche
minuto per uscire dalla cella e svoltare a destra, verso le scale, dove
li attende una tesissima Tenten.
La donna li guarda
incerta. «Signor Uchiha, siete sicuro di farcela da solo?
Potrei darvi una mano almeno su per le scale. Di questo passo non
usciremo mai da qui», propone, muovendo un passo verso di
loro.
Sasuke tentenna,
troppo orgoglioso per ammettere di non essere in grado di trasportare
un uomo in quelle condizioni in solitaria, tuttavia alla fine cede e
annuisce.
«Sbrigati»
Tenten fa un cenno di
assenso e muove alcuni passi verso di loro.
Poi sgrana gli occhi e
si blocca.
Naruto, sebbene
intontito, nota immediatamente il cambiamento della ragazza.
«Tenten...?» biascica, con voce tremante.
Ma lei non lo guarda,
non guarda niente.
Poi un rivolo di
sangue le scende dalla bocca, raggelando i due nobili.
No, no, no, NO!,
urla mentalmente Naruto, comprendendo rapido la causa di tutto.
La cameriera si porta
le mani al collo: apre la bocca, come se le mancasse l'aria, e, subito
dopo, posa una delle mani alla parete, cominciando a sputare sangue.
Sasuke sussulta.
«Cosa diavolo... »
Non fa in tempo a
completare la frase, perché la donna crolla a terra.
«Avvelenata...»
il Namikaze tossisce, non riuscendo a nascondere il disgusto.
«Credo che l'abbiano... avvelenata. Sasuke, portami via da
qui. Subito!»
Ringhiando, l'Uchiha
supera la serva - che nel mentre ha iniziato a contorcersi, rantolante
- e sale i gradini con affanno, aiutato un poco da Naruto che, prima di
concentrarsi del tutto sulla propria fuga, rivolge un'ultima occhiata a
Tenten.
Sarebbe morta.
Fra poco sarebbe morta.
Non
ti fai nemmeno un po' schifo, Naruto?
Fine
capitolo Undici
Note dell'Autrice:
*silenzio* *si guarda attorno*
Commento random della
mia Beta sul seguente capitolo:
M-mi
hai... mi hai ammazzato Tenten °A°. Mi hai ammazzato
Tenten!
Dannata.
Lei e il suo grazioso coltello avevano da poco fatto la loro comparsa,
che cosa ti hanno fatto di male?
Che
colpa ne hanno, se Hiashi Hyuuga è un coglione, eh? ;__;
Il
capitolo è *O*, ma tu mi hai ammazzato Tenten.
Serata
di lutto D:
*coff* Dopo un anno.
Sì, un anno. Dopo un anno esatto ho aggiornato questa
storia. Vuoi perché l'ispirazione è tornata, vuoi
perché Yume_no_Namida mi ha minacciata per mesi, pretendendo
che io portassi avanti BR, e... boh. Ho aggiornato °A°
Continuo a non essere del tutto ispirata, però - magari -
riprendendoci la mano, posso anche riuscire a terminare questa storia
senza intralci di alcun tipo.
Speriamo xD
Comunque torno e
ammazzo Tenten. Sì, okay, faccio prendere a Naruto una marea
di botte, anche, lo so - ma ho fatto ammazzare Tenten. Chi
sarà stato? Mistero!
Un altro. Ancora.
Sarà stato Hiashi? Una delle spie di Hiashi? E come ha fatto
a capire, nel caso, che Tenten è al servizio di Naruto?
Eeeeh, questo si saprà più avanti, temo.
Per quanto riguarda
l'aggiornamento di Bloody Rose. Ho deciso di provare a pubblicare
regolarmente. Oggi ho messo questo capitolo. Il prossimo lo
pubblicherò domenica prossima, come ho sempre fatto. Spero
di non perdere di nuovo l'ispirazione - e poi, lo ammetto: mi pesa il
culo, non avevo voglia di dedicarmi a BR °A°
X°°D
ATTENZIONE: Bloody
Rose sta subendo delle modifiche: 14 capitoli su 22 sono già
stati sistemati da me e Yume_no_Namida. A giorni anche gli altri
saranno revisionati.
Bene! Ora ringrazio di
cuore le:
- 31 persone che hanno
messo Bloody Rose fra i Preferiti
- 50 persone che hanno
messo Bloody Rose fra le storie da Seguire
- 5 persone che hanno
messo Bloody Rose fra le storie da Ricordare
Grazie mille a chi
legge solamente, a chi commenta, a chi passa per caso... grazie a tutti
^__^
Ora scappo! :D
Alla prossima,
Mokochan
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** - Parte Seconda - Capitolo Dodici ***
Bloody
Rose
[A
Katia, che ha deciso di partecipare alla IV° Edizione del
NaruHina Contest! **
A Marica, che al momento è a Miami e leggerà fra
una settimana tutto ciò
a Vale, che ha scritto un'altra bellissima NaruHina e che ha betato
questo capitolo!]
Capitolo Dodici
Non vede più bene, non vede con chiarezza.
L'unico suono che riesce a percepire - l'unico suo modo per
restare aggrappata alla realtà - è quello di
passi che si allontanano a fatica, verso una salvezza che lei non
sarebbe riuscita a raggiungere nemmeno pregando.
Sa che morirà.
Si porta le mani alla gola, graffia la carne con le unghie in un gesto
disperato e chiude gli occhi, li apre e batte le palpebre con fatica,
mentre il rumore dei passi di Sasuke e Naruto svanisce, assieme alla
sua voglia di vivere.
Respira, respira, ti
prego, supplica a se stessa, ti prego, non permetterlo...
respira!
Ma per quanto grande sia la disperazione, il veleno non ammette
possibilità: lei deve morire.
Proprio quando sta per richiudere gli occhi, nel suo campo visivo
compaiono un paio di scarpe malandate, troppo vicine per non poterne
notare la trascuratezza; troppo vicine per non sapere di chi sono.
Con tutta l'energia rimasta, la donna cerca di girare la testa quel
tanto che basta per vedere di più, e quando i suoi occhi
scorgono parte di un viso conosciuto, tutto diventa buio.
Perché?
Il salone è vuoto, ma chiunque sarebbe potuto comparire
all'improvviso.
Naruto e Sasuke avanzano velocemente, negli occhi di entrambi la
consapevolezza che è morta una donna - l'ennesima vittima di
una storia che non avrebbe conosciuto fine, se qualcuno non l'avesse
scritta con le proprie mani, e Naruto, che ha ben chiaro l'epilogo,
vuole si realizzi ad ogni costo.
Per se stesso, per la sua famiglia, per Hinata.
«Avvelenata.»
Sasuke interrompe i pensieri di Naruto con quella parola quasi
ringhiata, entrando in un corridoio a caso.
«Avvelenata» ripete il Namikaze, scuotendo il capo.
«Potrebbe essere stato chiunque» sussurra
pensieroso, notando poi che hanno preso la direzione sbagliata.
«Sasuke, le cucine sono dall'altra...»
«Non torneremo lì. So che Shikamaru ci sta
aspettando fuori dalla tenuta» dice freddamente Sasuke,
tenendo gli occhi puntati sul corridoio, il respiro corto per lo sforzo
di sorreggere l'amico. «Avevamo deciso che, se per qualche
imprevisto fossimo stati separati, i giardini sarebbero stati ideali
per riunirsi e sviluppare un nuovo piano. Anche se la morte di quella
donna non l'avrebbe potuta prevedere nessuno» aggiunge
piccato, affilando lo sguardo. «Questo luogo è
pieno di bastardi.»
Non dirlo a me,
pensa Naruto, trattenendo uno dei suoi sorrisetti ironici, prima di
riprendere a studiare le pareti coperte di quadri ritraenti membri
della famiglia Hyuuga deceduti da anni, addirittura secoli.
Fra questi, ne nota uno particolarmente bello: vi è ritratta
una donna bellissima, dai lunghi capelli corvini legati in una semplice
treccia e un viso tondo e dolce; occhi di un lilla delicato sembrano
catturarlo, ed è a quel punto che il duca coglie una
profonda somiglianza con Hinata - difficile non vederla, tanto i
lineamenti delle due dame sembrano simili.
Mii Hyuuga?
Il tempo di pensare il nome della donna, che lui e Sasuke hanno ormai
oltrepassato quel dipinto, giunti quasi alla fine del corridoio.
Prima di proseguire, però, Sasuke si ferma un momento e
ingiunge a Naruto di rimanere fermo, prima di allontanarsi per qualche
istante; quando torna, l'Uchiha ha in mano una camicia malandata.
«Mettila» gli ordina pacato, lanciandogliela.
Naruto riesce ad afferrarla per un pelo - prima che cada a terra - e
con una certa fatica tenta d'infilarsela.
Ci mancava solo questa,
pensa in seguito, le dita che non vogliono rispondere ai comandi quando
cerca di abbottonarsi, cosa che spinge Sasuke a sorridere per una
frazione di secondo.
Una volta finito, i due proseguono il cammino.
L'Uchiha si blocca dopo un po' e inizia a guardarsi attorno, cercando
forse di ricordare la strada da prendere, così Naruto -
malgrado stia ancora pensando alla madre di Hinata - alza
tremante un braccio e gli indica il corridoio alla loro destra.
Qualche indicazione borbottata qua e là e finalmente
raggiungono una grande porta; Sasuke allunga la mano e cerca di
abbassarne la maniglia, constatando che è bloccata.
«Magnifico.»
Il Namikaze tossisce e la studia per qualche secondo,
dopodiché abbassa gli occhi verso il soprabito dell'amico.
«Dov'è la pistola?»
Sasuke lo fissa. «Starai scherzando.»
«Affatto» Naruto gli indica la serratura.
«Sparagli e facciamola finita.»
«È la cosa più stupida che ti sia
potuto mai venire in mente da quando ci conosciamo» ribatte
l'Uchiha, corrugando la fronte. «Le guardie si accorgeranno
di noi e ci cercheranno.»
«Non abbiamo niente da perdere, giunti a questo
punto» constata il Namikaze.
Sasuke lo scruta, poi, con una faccia ben più che
contrariata, s'infila una mano in una delle tasche interne dell'abito e
ne estrae una pistola - la stessa che, non molto tempo addietro, aveva
posto fine alla vita di Kakuzu - e infine la punta verso la porta
prendendo la mira.
Un solo sparo e la maniglia salta via assieme a schegge di legno e
metallo.
Naruto si copre un orecchio con la mano, assordato dal botto emesso
dalla pistola. «Maledizione.»
«Zitto e andiamo, razza di stupido» sbotta Sasuke,
nascondendo nuovamente l'arma e afferrando saldamente l'amico per la
vita; fa un passo e poi sferra un calcio deciso alla porta, che si
spalanca con un cigolio fastidioso.
Escono nel giardino velocemente, anche se Naruto sembra indebolirsi
sempre più ad ogni passo che fanno, e si dirigono verso la
grande quercia che svetta in mezzo al giardino.
Sasuke non lo sa, pensa il Namikaze, ma lì è
morto un uomo.
In quella tenuta, solo luoghi di morte.
Il tempo di arrivare sotto di essa, perché un nuovo rumore,
leggero come pochi, interrompa ancora la quiete.
E quando Naruto si volta, incontro gli occhi della persona che ama.
Che sia destino?
«N-Naruto...?»
Hinata stringe la vestaglia a sé in un gesto involontario e
muove un passo verso il duca, il cui sguardo rivela una certa sorpresa
nel vederla lì, nel bel mezzo della notte, esattamente come
quello suo e di Sasuke Uchiha, lo stesso uomo che ha incontrato giorni
prima in circostanze tutt'altro che piacevoli.
«Che cosa fate qui?» esclama Naruto, volgendo lo
sguardo altrove.
La Hyuuga arrossisce e si porta una mano al collo, mentre uno strano
brivido le percorre gelido la schiena.
L'ha notato.
Ha usato il voi.
«Potrei porvi la stessa domanda» risponde tutto
d'un fiato, cercando di trattenere i balbettii che l'hanno sempre
contraddistinta. «Posso sapere cosa state facendo
qui?»
L'osserva attentamente mentre pronuncia tali parole, rendendosi conto
che l'Uchiha sta sorreggendo Naruto, il cui volto appare visibilmente
pallido e stanco.
Ma non è tutto: con un po' più di attenzione,
basta poco per scorgere, nel buio della notte, il sangue che macchia le
labbra sottili del ragazzo, la pelle violacea, tumefatta, le mani
coperte di qualcosa di indefinito.
«Stavamo parlando» interviene Sasuke, puntandole
gli occhi addosso. «Non è forse sconveniente per
voi girovagare nei giardini a quest'ora tarda, contessa
Hyuuga?»
«No, non lo è» Hinata continua a
studiare Naruto e si morde il labbro, preoccupata.
«Cos'è successo?»
Il Namikaze scuote il capo. «Niente.»
«Non si direbbe.»
Lui la fissa, apparentemente stupito dalla risposta.
«Hinata...»
«Stai perdendo sangue» lo interrompe la Hyuuga, con
voce lieve. «E anche la tua camicia... reca visibili tracce
di sangue.»
«Dovreste tornare nelle vostre stanze»
Il monito di Sasuke s'insinua fra i due amanti, i cui sguardi tuttavia
non lo sfiorano nemmeno per un momento.
A volte, pensa Hinata, ci si rende conto che l'ostinazione è
fondamentale per non ignorare la realtà.
«Voglio vedere le tue ferite. Voglio sapere chi te le ha
procurate. Non voglio sentire scuse. Non voglio essere messa all'oscuro
di tutto, non lo accetto.»
L'espressione dipinta sul viso di Naruto è di puro
sbigottimento; chissà, forse perché si
è quasi messa a urlare, Hinata, forse perché ha
cominciato improvvisamente a camminare verso lui e Sasuke con aria
decisa, mettendo da parte timidezza e fragilità - forse
perché è tempo di smetterla di nascondersi.
Hinata si piazza a pochi centimetri dai due uomini e allunga una mano
verso Naruto, sfiorandogli le labbra con le dita; successivamente, alza
gli occhi in direzione dell'Uchiha. «Lasciatelo. Lo devo
visitare.»
«Non siete un medico, contessa.»
La donna annuisce. «Nemmeno voi, se è per
questo.»
Sasuke sospira. «Questi Hyuuga, sempre irritanti.»
Data l'ironia della situazione, Naruto scoppia a ridere e strattona
l'amico, benché una parte di lui sia ancora allerta.
«Segui il consiglio della signora e lasciami andare. Mi
metterò seduto e mi farò controllare come lei
desidera.»
L'Uchiha emette un altro sospiro, poi toglie il braccio dalla vita del
duca, che senza alcun sostegno barcolla per un attimo, finendo con
l'andare a sbattere contro il tronco della quercia.
Emette un mugolio, prima di accasciarsi a terra, sotto lo sguardo
preoccupato di Hinata e quello scocciato di Sasuke.
La Hyuuga si china verso Naruto e gli posa una mano sul viso.
«Chi ti ha ridotto così?» bisbiglia con
dolcezza, studiando i suoi occhi azzurri.
Lui muove il capo in segno di diniego. «Non dovevi
controllare le mie ferite?»
«Allora fammi vedere dove sono» lo invita Hinata,
inginocchiandosi paziente. «Un angolo delle tue camicia
è pregna del tuo sangue. Si tratta forse del fianco? Ti
hanno sparato?»
Naruto la fissa pensieroso, poi nega con un cenno.
Sicché Hinata si domanda se la ferita non sia stata causata
da un'arma da taglio, ma poi guarda meglio il viso del ragazzo e
capisce che è altro - qualcosa che lui avrebbe preferito a
ciò che invece gli era stato inflitto non pochi minuti prima.
Conosce bene quell'assurda preferenza.
«Ti ha frustato.»
È la consapevolezza che dietro tutto c'è
ancora suo padre, che la violenza nata dalla sua sete di potere non
avrebbe mai conosciuto fine - che altri, oltre a lei, avrebbero
conosciuto lo stesso dolore inflitto da una frusta.
«Sei sicura?» domanda ad un tratto Naruto,
distogliendola da atroci visioni; lei lo fissa, esitante.
«Vuoi davvero controllare le mie ferite, Hinata?»
Lui sa.
In qualche modo, sa.
«Sì.»
Il Namikaze annuisce e porta le mani al colletto, iniziando a
sbottonarsi la camicia. Ha un'espressione strana mentre compie questo
gesto, ma Hinata non ci bada molto, troppo impegnata a seguire il
movimento regolare del petto del ragazzo, che si alza e abbassa
infondendole un piacevole ma insolito benessere.
Ciò nonostante, tale sensazione viene sostituita da un
leggerissimo orrore di fronte alla visione di un petto cosparso di
lividi violacei e giallognoli, grossi quanto il palmo della sua mano.
«Questi non...»
«Diciamo che la frusta non gli bastava» commenta
Naruto, guardandola negli occhi prima di girarsi con qualche
difficoltà per mostrarle la vera causa del suo dolore.
Hinata spalanca istantaneamente gli occhi: lunghe linee rosse solcano
la schiena del ragazzo dal collo fino alla vita, tracce pulsanti la cui
carne sembra andare a fuoco a ogni secondo che passa.
Chissà quanti colpi sono stati inflitti, chissà
quante lacrime ha versato, di nascosto, dopo ogni attimo di sollievo.
La ragazza percorre con gli occhi quelle linee somiglianti a
bruciature, chiedendosi se anche la sua schiena sia ridotta in quel
modo.
In pochi l'hanno vista.
«Bisogna d-disinfettare le ferite per evitare
infezioni» afferma dopo un po', deglutendo.
Sente lo sguardo dell'Uchiha puntato sulla schiena, sembra trafiggerla
come la lama di una spada.
«Avete finito?» abbaia poi questi, provocandole un
sussulto. «Sapete, contessa Hyuuga, la serratura della porta
che abbiamo varcato per entrare nei giardini della vostra tenuta
è stata fatta saltare con un colpo di pistola. Forse l'avete
sentito anche voi, il rumore. E forse anche altri. Quindi sono
dell'idea che io e il vostro amato dovremmo andarcene prima che ci
trovino.»
«Avete ragione, temo...»
«Vieni con noi.»
Naruto si è girato e ora la guarda intensamente.
Hinata sgrana gli occhi. «I-Io dovrei...?»
«Sei pazzo, Naruto?» Sasuke si passa una mano fra i
capelli, visibilmente basito. «Se la portiamo con noi, Hiashi
Hyuuga potrebbe vendicarsi. Ti rendi conto di quello che stai facendo?
Non pensi alla tua famiglia?»
«Certo che ci penso. Ma loro staranno bene senza di me.
Inoltre, ho come l'impressione che il padre di Hinata non
muoverà un dito, se la figlia verrà con me.
D'altronde, sarebbe mai capace di ammettere davanti al resto della
società che la figlia maggiore è scappata proprio
con Naruto Minato Namikaze?»
«Non sa che sei tu» replica aspramente l'Uchiha,
indicando la tenuta.
Naruto fa spallucce e rabbrividisce, un segno inequivocabile
di dolore. «Secondo me lo sa. Credo che Sai... abbia rivelato
la mia identità.»
Hinata apre la bocca, poi la richiude, infine osserva il silenzioso
scambio di sguardi fra i due ragazzi, senza sapere cosa passa loro per
la testa - anche se non è un mistero, probabilmente.
Naruto distoglie gli occhi da quelli dell'amico e le porge la
mano, in attesa di una conferma.
«Hinata... vieni con me?»
«Sei pazzo» ripete Sasuke.
Ma la ragazza non lo sente, è troppo presa dalla mano di
Naruto per ascoltare le sue lamentele.
Il canto di alcuni grilli interrompe il silenzio che li avvolge, ma non
riesce a distruggere la decisione contenuta negli occhi del Namikaze:
Hinata torna a guardarli, rabbrividisce, sente che la tengono
imprigionata, magnetici.
Quegli occhi.
Li ha amati dal primo momento in cui li ha visti.
«Vieni con me, Hinata?»
Fine capitolo Dodici
Note dell'Autrice:
Aggiorno con un giorno - LOL - di ritardo a causa di stanchezza e
gruppi facebook che mi occupano la testa in tutti i modi possibili e
immaginabili. Madò, che stress >_>
In ogni caso! In assenza di Yume_no_Namida, il capitolo è
betato da valehina - ne trovo sempre una che beti tutto, vedete?
8D TROLOLOLOL *costringe gente a betare*.
In ogni caso! E' finita la seconda parte di Bloody Rose! (non si nota?
8D)
Hinata seguirà Naruto? Riusciranno a scappare? E Sai? Ha
davvero rivelato a Hiashi la vera identità di Naruto, o
è solo una supposizione, magari errata del Namikaze?
Non si sa! Come al solito, del resto! Bon, fuggo! Potete
tenervi aggiornati visitando la mia pagina Facebook --> Mokochan
Avviso anche dei possibili ritardi nelle pubblicazioni ^^'
Bene! Ora ringrazio di cuore le:
- 31 persone che hanno messo Bloody Rose fra i Preferiti
- 54 persone che hanno messo Bloody Rose fra le storie da Seguire
- 5 persone che hanno messo Bloody Rose fra le storie da Ricordare
Grazie mille a chi legge solamente, a chi commenta, a chi passa per
caso... grazie a tutti ^__^
Ora scappo! :D
Alla prossima,
Mokochan
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** - Parte Terza - Capitolo Uno ***
Bloody Rose
[Capitolo
dedicato a Katia
e
a Marica, che ieri faceva gli anni
Sì,
è diventata più vecchia di me, ma la
più cattiva resto io ù_ù]
PARTE TERZA
Capitolo Uno
«Non sono
sicuro che potrebbe piacerle. Per caso ha altri vestiti come quello,
magari... beh, magari meno appariscenti?»
«Kankurou,
l'avete scelto voi il negozio, non potete pretendere che abbiano
indumenti simili. Non qui.»
«Pensavo che
confezionassero anche abiti di semplice fattura» ribatte
l'altro, sistemandosi la giacca con un sospiro rassegnato.
«Inoltre è stato lui a pretendere qualcosa di
bello, aggiungendo un fittizio "ma non troppo", ne dovrete convenire
anche voi, madame Yuhi.»
«Forse
perché nemmeno lui sa di preciso cosa vorrebbe la
madamigella. In ogni caso,» aggiunge la donna, adocchiando il
vestito per la millesima volta, «non avrebbe qualcosa di un
tessuto, diciamo... diverso? Ecco, sì. Più
spesso, se così possiamo dire. Ormai è quasi
autunno, non vorrei che la nostra deliziosa ospite prendesse
freddo.»
La negoziante, una
donna sulla trentina, annuisce rassegnata e ripone in uno scaffale il
vestito che aveva mostrato a quei clienti nemmeno due minuti prima, per
poi prenderne un altro ancora, sperando sia quello giusto e che i
signori - le cui infinite richieste hanno reso il suo lavoro un vero
inferno - riescano a convincersi e la lascino finalmente in
pace.
«Non mi
piace il colore.»
«Non deve
piacere a voi, Kankurou.»
«Effettivamente
è vero.»
«Potrei
sapere perché avete portato proprio il signor Sabaku? Non mi
sembra capisca molto di vestiti» dice ad un tratto una donna,
ferma dietro di loro con aria rassegnata. «Kurenai, ho
l'impressione che persino vostro marito sceglierebbe di
meglio.»
Kurenai Yuhi si volta
sorridendo. «Non mi aspettavo di vedervi qui, contessa
Tsunade.»
La contessa si guarda
attorno. «Nemmeno io. Tuttavia, mentre passeggiavo, ho
adocchiato la vetrina del negozio e vi ho visti, così ho
deciso di fermarmi per conversare un po'.»
«Stavate
andando da vostro nipote?» chiede Kankurou, pacato;
è una domanda scontata, sa già quale
sarà la risposta.
«Certamente.
Anche voi siete intenzionati ad andare lì?»
«Lo faremmo,
se solo trovassimo il vestito che lui ci ha pregato di
comprare» risponde Kurenai, mordendosi il labbro per un
secondo, prima di sbirciare nuovamente l'indumento che la negoziante,
visibilmente stanca, trattiene tra le mani quasi con stizza.
«Credo che quello possa andare. Insomma, è
semplice, di un bel lilla chiaro, tiene abbastanza caldo...»
La commessa si lascia
andare a un sospiro, visibilmente sollevata. «Se volete lo
preparo ed entro qualche ora lo farò mandare dove
desiderate» soggiunge questa, cauta.
«Certo,
certo.»
Tsunade osserva la
scena con un sorrisetto, mentre la commessa si allontana.
«L'avete trattata veramente male, signori. La prossima volta
fatevi spiegare per filo e per segno quale tipo di abito interessa a
mio nipote, altrimenti ogni acquisto sarà una
tortura.»
«Ottimo
consiglio.»
Dopo aver pagato
l'abito e ringraziato la commessa per l'enorme pazienza, i tre nobili
escono dal negozio senza dire una parola e iniziano a percorrere Regent
Street* con andamento lento; Kurenai e Tsunade iniziano a chiacchierare
del più e del meno, mentre Kankurou si mette a guardare le
vetrine senza provare il minimo interessamento per gli abiti e gli
oggetti che vi sono esposti.
È settembre
e tira un vento fresco che preannuncia l'arrivo dell'autunno. Le strade
sono piene di gente intenta a scrutare le vetrine o a chiacchierare
davanti ai negozi, per lo più persone che di soldi ne hanno
anche troppi - sebbene Kankurou sia l'ultimo a poter giudicare, dato
che la sua è una delle famiglie più ricche e in
vista di Londra.
«Trovo che
l'abbia beffato proprio bene» dice Tsunade, riportando
l'attenzione del giovane sulle conversazione intavolata dalle due
donne. «Voglio dire, non penso che si aspetti una cosa
simile. Non così.»
«Non a caso
lavorava con mio marito, Tsunade. È un giovane
promettente.»
«Sarà
promettente come dite voi, ma è anche piuttosto cocciuto e
non obbedisce agli ordini che gli vengono impartiti, o
sbaglio?»
«Beh, forse
è per questo che l'ha sempre avuta vinta» commenta
Kankurou, prima che Kurenai possa ribattere. «Voglio dire,
era una delle spie della regina, mie signore!»
«Oh, lo era
anche Minato, poi guarda com'è finita» borbotta
Tsunade, scuotendo il capo.
Malgrado i commenti
burberi, sia Kurenai che Kankurou sanno che la contessa Senju
è la prima a preoccuparsi per il proprio nipote, ed
è esattamente quel continuo borbottare a dimostrare quanto
essa tenga a lui e quanto quella vendetta che lui si è messo
in testa di portare a termine la renda nervosa ma soprattutto scettica
- solo perché ha paura, non perché non ci creda
veramente.
In fondo, tutti
sapevano che la prima a volersi vendicare di Hiashi Hyuuga era stata
proprio Tsunade.
«Il passato
è passato, meglio guardare avanti. Per il momento, abbiamo
la certezza che almeno stia bene» mormora Kurenai, spezzando
a sorpresa il silenzio. «E non solo lui.»
Kankurou si mette le
mani in tasca. «Bah. Con quel suo gesto ha complicato la
situazione.»
Inutile dire che si
sta riferendo alla figlia di Hiashi. «L'ha portata al sicuro,
inoltre sapeva troppo, devi mettere in conto anche questo. Naruto non
si può permettere errori» ribatte Tsunade,
sbuffando sonoramente e lanciando un'occhiata irritata al Sabaku, che
subito si mette sulla difensiva.
«Voglio
dire, non è solo quello. Sapete che non l'ha rapita soltanto
per proteggerla, c'è altro.»
«Parlarne
non cambierà le cose, ormai il danno è
fatto.»
«Sì,
ma questo 'danno' è così grosso che gli Uchiha se
ne sono quasi tirati fuori. Minato II per poco non perdeva il controllo
di sé, ed è raro che ciò
accada» insiste Kankurou, proprio quando si lasciano alle
spalle la via commerciale per poi dirigersi verso uno degli edifici in
cui la famiglia Yuhi risiede da parecchi decenni.
Il quartiere
è uno dei più belli e in vista, non a caso chi
non conosce la zona si ferma a guardare le grandi residenze per
ammirarle. D'altro canto, pensa il Sabaku, non tutti possono
permettersi il lusso di vivere in luoghi del genere, e l'unica cosa che
resta da fare è guardare, sognare di vivere così
- come vive chi ha i soldi o chi è nato fortunato.
Raggiungono una fila
di palazzi enormi, ognuno separato da delle siepi; Kurenai oltrepassa
con calma i primi due palazzetti, poi si ferma davanti al terzo che,
come gli altri, è delimitato da un grande cancello, che
subito si appresta ad aprire.
«Noto che
non vi fate più aprire dai camerieri» esclama
Tsunade, osservandola incuriosita.
Kurenai abbozza un
sorriso e apre il cancello. «Diciamo che siamo ancora capaci
di aprirci un cancello da soli, contessa.»
E la Senju sorride a
propria volta.
«Quindi
porteranno quell'abito domani? Beh, ottimo. Almeno potrò
vederlo prima di darglielo. Spero sia stato fatto un buon acquisto. Ah,
non lo ha scelto Kankurou, vero?»
Naruto non conosce
freni, né pare badare al fatto di aver appena offeso l'amico
che, seduto in una delle poltrone ai lati dell'enorme camino ancora
spento, fa una smorfia a dir poco stizzita. Ma il Namikaze, come suo
solito, proprio non lo riesce a notare, e si mette a camminare avanti e
indietro per il salotto, guardando di tanto in tanto il soffitto opaco
con quei suoi occhi d'un azzurro vivace.
Kurenai entra nella
stanza sospirando, suo figlio che le gironzola attorno
ridendo. «Ti prego, sai che così ti
verrà il mal di testa, cerca di stare fermo per un
po'.»
Il bambino, invece di
ascoltare il richiamo della madre, si mette a correre per il salotto,
andando a scontrarsi contro Naruto, che barcolla per un attimo, colto
alla sprovvista.
«Cosa...
ma... e tu?! Stai un po' attento a dove guardi!» sbraita il
Namikaze, fintamente offeso dalla noncuranza del piccolo Yuhi.
«Perché non ascolti quello che dice tua
madre?»
Il bambino,
però, non risponde, e ricomincia a correre ridendo.
«Certo che
è davvero vivace» commenta Tsunade, seguendolo con
lo sguardo. «Non mi sembra abbia preso molto da te e Asuma,
Kurenai.»
«Già,
lo penso anche io.»
La contessa Senju
annuisce, poi si volta verso il proprio nipote. «Come sta
Hinata?»
Naruto si blocca in
mezzo al salotto e la fissa, irrequieto. «Diciamo che si sta
divertendo. Ciò nonostante, credo le manchi la
sorella.»
Eccola, la pecca.
«Ve lo
sareste dovuto aspettare, Namikaze» la voce di Kankurou suona
tanto come un rimprovero. «Voglio dire, avete portato via la
contessa Hinata alla prima occasione, senza lasciarle il tempo di
riflettere - abbandonando addirittura la più piccola con
quel mostro del padre! Ovvio che sia preoccupata per la sorella, a
questo punto.»
L'enorme pecca.
«Non ho
potuto fare altrimenti» si difende il duca, irritato.
«Al mio posto avreste fatto lo stesso, Sabaku.»
«Ah, no.
Tutto il contrario. Una volta tanto avrei ascoltato Sasuke Uchiha e
sarei scappato senza portarmi dietro il trofeo di turno.»
Naruto spalanca la
bocca e serra immediatamente i pugni, preso da un'improvvisa collera.
«State forse insinuando che io stia usando Hinata per
vendicarmi dello Hyuuga?»
Il figlio di Kurenai
si ferma improvvisamente - coglie anche lui la tensione quasi elettrica
di cui la stanza è inaspettatamente pregna.
«Non ho
detto questo.»
«E a cosa
stavate alludendo, allora? Sentiamo. Sono proprio curioso di
saperlo» ringhia il Namikaze, muovendo un passo in direzione
di Kankurou, che s'irrigidisce.
«Oh,
diamine, fatela finita. Nessuno vi dà il diritto di
comportarvi da bambini. Ne basta e avanza uno» interviene
Tsunade, indicando il piccolo Yuhi. «Kankurou parla troppo,
Naruto. Ma anche tu non cerchi di trattenerti, vedo.»
«L'ha
insultata!»
«Ha dato
solo aria alla bocca...» precisa la Senju.
«Che la
chiuda. È certo più gradevole quando s'impegna a
rimanere in silenzio» sbotta Naruto, furioso.
La contessa sospira,
esasperata. «Lasciamo stare. Nipote, quando hai intenzione di
portarla qui? Da quel che ho capito, avevi premura di tenerla alla
larga da Londra finché le acque non si fossero calmate.
Voglio dire... sono passati due mesi.»
Lo so, pensa Naruto,
incerto, ma non ho potuto fare altrimenti. «Sarà
qui prima di quanto possiate immaginare, ve l'assicuro»
risponde infine, quasi in maniera brusca.
Ha passato due mesi
senza di lei.
Senza le sue labbra e
il suo profumo.
Senza la sua risata e
i suoi sguardi assorti e a volte premurosi.
Senza poter sentire il
battito del suo cuore né la sua pelle morbida e calda.
Gli manca, e tanto.
Forse più di quando voglia ammettere.
Tsunade lo scruta.
«L'altro giorno ho ricevuto una lettera da parte di
Minato,» una pausa. «Dice che Kushina si sta
aggravando. Quando andrai a trovarla? Questa vendetta... questa
vendetta viene dopo la salute di tua madre» mormora poi,
fissandolo con determinazione - anche se i suoi occhi vacillano, al
pensiero di perdere perfino Kushina. «È tuo dovere
tornare da lei.»
«Lo
so.»
«Eppure
continui a restare fermo.»
«Ci sono
delle cose che devo... proteggere. E fra queste c'è anche
mia madre.»
Naruto alza la testa e
si rimette a studiare il soffitto, cercando di vedervi il viso di
Kushina, ma inevitabilmente - dopo interminabili secondi - questo viene
sostituito da quello delicato e gentile di Hinata, il cui potere su di
lui pare in grado di sconfiggere anche l'amore per una madre - o forse
è solo la consapevolezza che una si sta spegnendo e non ha
più futuro, mentre l'altra ha ancora la
possibilità di avere una lunga vita davanti a sé.
Egoisticamente, Naruto
vorrebbe salvare entrambe, tuttavia sa che solo una andrà
avanti.
Non può
fare altro che tentare di annullare la minaccia che cerca di portarsi
via chi non lo merita, a costo di sacrificare la propria vita nel
tentativo.
Troppo eroico, per
lui? No, quello non è eroismo né lo sarebbe mai
stato. Lo muovono solo i sentimenti di qualcuno che vuole amore e
riceve amore, e con quell'amore vuole andare avanti.
Qualcuno che
quell'amore, in fondo, lo vuol far sopravvivere.
«Domani
verrà qui Sai. Non ho capito cosa sta succedendo alla
residenza di Hiashi Hyuuga, ma a quanto pare il conte è
molto arrabbiato» racconta Kurenai, prendendo suo figlio in
braccio. «Da quel che mi dicono, nessuno sa del
rapimento di Hinata. Dopo due mesi, il conte ha tenuto per
sé questo particolare. Se gli viene chiesto della maggiore
delle figlie, Hyuuga inventa una scusa.»
«Presto o
tardi qualcuno si accorgerà di tale farsa» afferma
Kankurou, picchiettando le dita sui braccioli della poltrona quasi a
scaricare la tensione accumulata in quei minuti.
«Che
qualcuno se ne accorga o meno, le cose non cambiano. Hiashi Hyuuga
è potente, nessuno oserà mettersi contro di
lui» dice Tsunade Senju, scuotendo il capo. «Se
Naruto è ancora vivo, lo deve soltanto alla sua fortuna,
oltre che ai legami creati in questi anni.»
«Già,
ma credo non basteranno» precisa il Namikaze, teso.
«D'ora in poi, non avrò l'aiuto di così
tante persone. Alla residenza era tutto più facile, gran
parte della servitù del conte era stata impiantata
lì da me oppure conosceva mio padre o, ancora, veniva pagata
da Sai per fare determinate cose. Però, da quando
è morta quella guardia, i miei piani hanno preso una piega
non prevista, quindi sono costretto ad agire diversamente.»
«Dimentichi
Tenten, Naruto.»
Una punta di sdegno
attraversa la voce di Tsunade.
«Sì,
anche Tenten. Fatico a credere che sia morta. Chissà se
è stato Hiashi Hyuuga...»
«Ho come
l'impressione che lui c'entri ben poco con questo omicidio»
interviene Kurenai, sedendosi sul divanetto già occupato
dalla contessa Senju. «Voglio dire... uccide Tenten, ma
lascia andare voi e Sasuke? Non è strano? Al suo posto,
avrei prima eliminato la spia, poi avrei braccato coloro che volevano
mettermi i bastoni fra le ruote e vi avrei uccisi.»
«Il conte
Hyuuga non ragiona come tutti gli altri, madame Kurenai»
afferma Naruto, tetro.
«Forse no.
Ma resta pur sempre un essere umano, signor duca. Non lo credete anche
voi?»
Sasuke Uchiha e Sakura
Haruno.
Vive con loro da due
mesi, ma di tanto in tanto riesce a vedere Naruto, che passa spesso a
trovarli - ed è così strano, perché il
suo sguardo sembra teso ogni volta che lo incrocia.
«Hinata,
potresti darmi una mano?»
La voce di Sakura la
risveglia dai suoi pensieri. Trafelata, scatta in piedi e raggiunge la
giovane donna, che tiene fra le mani due enormi buste all'apparenza
piuttosto pesanti: allunga le mani verso una di esse e la prende fra le
braccia, sorpresa dal peso. «Dio mio. P-Potrei sapere cosa
contiene?» domanda poi, dirigendosi in cucina con la Uchiha.
Questa si ferma e posa
la propria busta sul tavolo, affaticata. «Dentro
c'è un po' di carne. Sasuke ha mandato uno dei nostri
stallieri a comprarne un po': oggi verrà Naruto, poi ci
faranno visita i signori Uchiha assieme a Obito... beh, con qualcosa
dovremo pur sfamare tutte queste persone. Soprattutto quello sciocco di
Naruto, il cui stomaco sembra un pozzo senza fondo.»
Inizialmente, Hinata
ha pensato che Sakura e Naruto si conoscessero a causa del matrimonio
della prima con l'Uchiha, ma poi il pensiero che in realtà i
due fossero amici di vecchia data aveva iniziato a sfiorarla nel
momento in cui Sakura si era messa a parlare del Namikaze in maniera
fin troppo confidenziale, non poche settimane addietro.
Nonostante questo,
Hinata non ha mai osato chiederle nulla, certa che l'argomento non le
sarebbe certamente piaciuto.
«Sì,
in effetti Naruto non sa contenersi.»
«Ah, quello
scemo sa farsi riconoscere subito! Spero solo che il matrimonio lo
renda consapevole dei propri difetti. Sarebbe anche tempo, ad essere
onesti» commenta Sakura, alzando gli occhi al soffitto.
Hinata, sorpresa,
scoppia a ridere, ma poi arrossisce ripensando alla frase della donna:
'Spero che il matrimonio lo renda consapevole dei propri difetti'.
«Matrimonio, dite...?»
«Certo. Voi
due state insieme, non è così? Dalla gran parte
delle persone un rapporto simile non è visto di buon occhio,
quindi penso che abbiate in programma di sposarvi prima dei mesi
invernali. O sto errando in questa mia convinzione?» aggiunge
divertita la Uchiha, notando l'improvviso rossore che ora rende accese
le guance della Hyuuga.
«B-Beh, non
s-so se io e l-lui... voglio dire... l-lui non ha d-detto nulla al
riguardo, ed i-io...»
Decisamente, Hinata ha
sempre odiato la propria timidezza.
Sakura sorride.
«Hinata, sono sicura che te lo chiederà. In ogni
caso, posso strapparti un altro piccolo favore? Prepareresti tu la
cena? Devi solo accendere il fuoco e mettere la carne a cuocere. Sai...
sono un po' affaticata e sento il bisogno di riposare.»
La Hyuuga annuisce
timidamente, e nel farlo lancia un'occhiata al pancione dell'ex Haruno.
«Va bene... ci penso io.»
Ed è
così strano mettersi a cucinare, lo è ancor
più quando Sasuke Uchiha entra in casa e la saluta con un
solo cenno del capo, studiando per mezza frazione di secondo tutti i
suoi gesti e poi la carne vicino al fuoco; è così
strano che, quando Sakura torna da lei con un ampio sorriso, ha come la
certezza di non aver sbagliato nulla - e sa che sta solo cuocendo della
carne, ma quello le sembra addirittura magnifico.
Così
strano, sì, come quando si gira e incrocia gli occhi un po'
tesi ma accesi di Naruto, poggiato contro lo stipite della porta con
aria assorta, e che senza proferir parola si avvicina a lei con un
mezzo sorriso e le posa un bacio sulla fronte, scompigliandole poi i
capelli con la mano.
Tutto troppo veloce,
tutto troppo confuso, come il tempo che è passato dal
momento della carne sul fuoco al bacio sulla fronte di Naruto.
«Vieni con
me, Hinata?»
A quella voce, a
quegli occhi, non avrebbe mai potuto negar nulla.
«Sì.»
«Sakura ti
sta facendo sgobbare?» domanda il Namikaze, rompendo
l'incantesimo per scrutare prima lei, poi il fuoco acceso, ed infine
Sakura che, seduta in disparte, si accarezza il pancione e fa una
smorfia udendo le parole del duca.
«Vorrei
farti notate che Hinata sta cucinando per te, sciocco.»
«Ah, non
puoi insultarmi sempre, Sakura! Non ho fatto assolutamente
nulla.»
Ed è in
quell'istante che Hinata sente ancora la presenza di quel qualcosa di
speciale che ha accompagnato il lento ma inesorabile arrivo di Naruto,
e percepisce che sarà proprio quello ad apportare
tanti e sconosciuti cambiamenti nella sua vita.
Fine
Capitolo Uno
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** - Parte Terza - Capitolo Due ***
Bloody
Rose
[Capitolo
dedicato a Katia
che, cavolo, mi sopporta ancora quelle poche volte che parliamo!
Ma LOL! XD]
Capitolo
Due
Sa che cambierà tutto quel giorno stesso, così
Sai si siede senza far rumore, l'ombra di una smorfia sulle labbra
appena contratte. «Hiashi Hyuuga ha mandato altre
due spie in giro per Londra. Cercano te e la signorina
Hinata.»
L'espressione dipinta sul volto di Naruto da qualche minuto
è seria e molto tesa, pare aver capito che non
potrà restare lì ancora per molto.
«Capisco» è tutto ciò che ha
da dire, dopo minuti infiniti di silenzio e meditazione; poi guarda
attentamente Sai e sbuffa. «La contessina Hanabi? Come sta?
Hinata ha chiesto espressamente di lei giusto ieri
pomeriggio.»
Il servo scuote il capo: la domanda non lo stupisce. «Sta
come stava quando sua sorella è partita con te, e
cioè arrabbiata e delusa. Non pensava che Hinata l'avrebbe
abbandonata così, con il padre. Ma, più che
altro, la signorina è gelosa.»
Naruto inarca un sopracciglio, incapace di assimilare quanto gli
è stata appena detto. «Gelosa? E di chi? Di
me?»
Sai alza le spalle, abbozza un sorriso - non finto, probabilmente
è davvero divertito dalla cosa. «La signorina
Hanabi ha un modo tutto suo di ragionare. In ogni caso, la
terrò a bada il tempo necessario perché il padre
non si lamenti del suo caratteraccio.»
Cala il silenzio, attraversato da un filo d'inquietudine che li sfiora
appena, quasi elettrico.
«L'ha toccata?»
Il serve s'irrigidisce ma scuote il capo. «Sto provvedendo a
tenere a freno pure Hiashi. Finché Hanabi non esagera, non
le accadrà assolutamente nulla.»
Naruto sembra rilassarsi con quella certezza, ciò nonostante
Sai viene colto da un senso di spaesamento tutto nuovo che lo costringe
a pensare che no, non riuscirà a trattenere lo Hyuuga per
tutto il tempo, che forse Hanabi farà qualcosa di talmente
sbagliato da mandare all'aria tutti i tentativi di proteggerla dalle
ire del padre.
Tenere a bada quella donna è un compito arduo.
Il Namikaze tossicchia, attirando l'attenzione del servo che, appena
alza gli occhi d'onice sulla sua figura, intravede un sorrisetto.
A volte il duca sa essere davvero invadente.
«È successo altro, Sai?»
«Nulla.»
«Va bene...»
Naruto batte le mani sulle ginocchia e si mette a fissare il pavimento
del salotto con un'espressione che Sai non riesce a decifrare,
però sa con certezza che il suo pensiero è
rivolto a Hinata, a Hiashi e alla propria madre - poiché
spesso sono gli unici pensieri che il giovane duca riesce a fare,
legato com'è a quelle poche cose che lo rendono
ciò che altri hanno voluto che fosse.
E rabbia, rancore, vendetta, ansia, felicità, disperazione,
amore si riflettono nel suo sguardo cupo.
Tutti sentimenti che Sai non conosce.
Sentimenti che, tutto sommato, non ha bisogno di comprendere:
è una spia, le spie devono per prima cosa reprimere quei
sentimenti che potrebbero ostacolare gli incarichi, come proteggere una
persona: preoccuparsi per essa avrebbe fatto sì che morisse,
esattamente come la spia stessa.
E Sai non vuole che Hanabi muoia, per quanto la trovi irritante,
infantile, violenta, poco femminile e, più di ogni altra
cosa, acida.
Anche se, a pensarci bene, era piuttosto divertente vederla infuriarsi
e rispondere in modo tale da far pensare che una ragazza come lei fosse
tutto fuoché la figlia di un conte come Hiashi Hyuuga, che
del proprio fascino freddo e irriverente aveva sempre fatto tesoro.
«I documenti. Li hai portati?»
La voce di Naruto è fredda, pronta a rimettere in moto le
cose dopo mesi di stallo.
A versare altro sangue.
Sai dischiude le labbra e annuisce, pensieroso, senza però
accennare altri movimenti. «Secondo la contessa Senju,
è il visconte Orochimaru a controllare che gli affari dello
Hyuuga vadano bene. Come ben sappiamo, è raro che
quest'ultimo lasci la propria residenza, se non quando è
strettamente necessario. Orochimaru resta qui a Londra e fa
sì che gli acquirenti siano soddisfatti di ciò
che viene offerto loro, così come si assicura che
ciò che deve andare a Hiashi sia 'buono'.»
«Vuole che il compenso sia quello stabilito durante il primo
accordo, giusto?» domanda Naruto, continuando a guardare il
pavimento. «Secondo te Orochimaru incontrò mio
padre?»
Pessima domanda. «Se l'ha fatto, possiamo giungere alla
conclusione che è stata quella la causa dell'allontanamento
di vostro padre dalla regina Vittoria.»
Il Namikaze alza lo sguardo, incredulo. «Mio padre sarebbe
stato allontanato per essersi messo in affari con quel
bastardo?»
«No, per aver ceduto alle richieste di Orochimaru, mio
signore» chiarisce il servo, portandosi in avanti; non ha
bisogno di alcun documento per esporre ciò che ha scoperto
nel corso delle settimane. «Da quanto ho letto, Orochimaru
offrì a vostro padre una cospicua somma di denaro per far
sì che sorvolasse su alcune cose che... diciamo... erano
giunte alle sue orecchie mentre sistemava determinate faccende per
conto del Re.»
«Mi stai dicendo,» comincia il duca, con gli occhi
spalancati da un'ombra di orrore, «che mio padre è
stato assassinato perché ha scoperto qualcosa di cui non
doveva sapere nulla?»
«Esatto.»
Quando una verità viene svelata è inutile
stupirsi se le cose cambiano a causa di essa.
Così lo sguardo che Sai ha davanti cambia, cambia con quella
certezza che ha impresso negli occhi del duca con qualcosa che non se
ne sarebbe più andato via.
Già, a volte la verità uccide, non è
così?
Le mani premono contro il vetro e così anche la fronte,
mentre uno spiffero freddo attraversa la finestra senza farsi
intimorire e le ricorda che forse è ancora viva e senza quel
timore che l'ha attanagliata per ben due mesi - da quando l'unica
persona che poteva capirla se n'era andata assieme a un assassino.
Ma davvero quel Minato Namikaze ha ucciso così tante persone?
Hanabi non ha risposte, solo la certezza che gli occhi neri
visti tempo addietro erano di colui che aveva posto fine a molte vite.
Perché altrimenti sarebbero stati azzurri, no? Oppure,
quell'infausta sera, era stata lei a guardar male?
Quante domande, per una persona come lei, che alle proprie certezze ha
sempre fatto affidamento, tanto che per esse sarebbe giunta a dar
persino la vita, se necessario.
Sospira e guarda i giardini con una punta di amarezza, mentre una
pioggia fitta bagna ogni pianta e fiore, dissetandole quel tanto che
basta a renderle più belle nel tempo.
Alla mamma questo
spettacolo sarebbe piaciuto, pensa Hanabi, rammentando
l'estrema passione della madre per i giorni di pioggia e quel profumo
che invadeva i giardini arrivando fin dentro la residenza.
Quando piove, l'odore
delle rose è ancora più forte. Mi dà
il voltastomaco.
Un lieve bussare interrompe quel contatto fuggevole col passato.
Hanabi socchiude gli occhi per un secondo, poi si volta.
«Avanti.»
La porta si apre e spunta chi non si sarebbe mai aspettata di vedere:
Shikamaru Nara, il figlio del dottor Shikaku.
Il giovane, dopo averle lanciato un'occhiata accurata, si chiude la
porta alle spalle; successivamente si poggia contro di essa infilandosi
le mani nelle tasche dei pantaloni, e la Hyuuga si chiede il motivo
della sua presenza lì.
«Scusate il disturbo» esordisce il Nara, pacato.
«Volevo solo chiedervi se avete avuto notizie di vostra
sorella Hinata.»
Ah, sì.
Hanabi studia il ragazzo per mezzo secondo, consapevole dell'estremo
affetto provato da questi verso la sorella maggiore.
«Purtroppo mio padre non è riuscito a trovarla.
Dice che quel Namikaze è più furbo di quanto si
creda. Tu cosa ne pensi, Shikamaru? Minato Namikaze è
davvero intelligente come sostiene?»
«Beh, se vostro padre asserisce che lo sia, perché
metterlo in dubbio?» risponde il giovane, senza esitazioni.
Sembra serio, molto più del consueto. Non lo ha mai visto
così concentrato, in effetti, ma la contessina sa bene che
la situazione è tutto fuorché normale.
«Non hai tutti i torti» conviene infine, abbassando
gli occhi sul pavimento per riflettere - su cosa? E perché?
Avrebbe dovuto rendersi conto prima del fatto che quel Namikaze fosse
un farabutto.
Un maledetto impostore.
«Anche se Naruto un po' stupido lo è sempre
stato.»
Hanabi spalanca gli occhi e li rialza senza fiato, ma Shikamaru ha
già aperto la porta ed è uscito, chiudendola
senza fare il minimo rumore.
Ed è lì che il presentimento nasce, da una frase
detta d'istinto, un indizio che il figlio di un semplice medico si
è lasciato sfuggire senza un motivo ben preciso, un nome che
le risuona in testa con irritazione: Naruto.
Naruto. Minato. Naruto. Minato.
Che storia è
questa?
Anche se Naruto un po'
stupido lo è sempre stato.
Hanabi resta immobile, incapace di pensare ad altro che a quei due
nomi, ma non dura molto: il tempo di guardare di nuovo il pavimento e
poi la porta, e via, un passo dopo l'altro, fino a raggiungere
quest'ultima per spalancarla di colpo, gettandosi nel corridoio con una
nuova certezza da aggiungere a molte altre. «NARA!»
Ma lui non c'è più.
La Hyuuga prende fiato e si guarda da una parte all'altra, confusa.
Perché lui sa e non c'è.
«Nara? NARA!»
No, non c'è più.
Ino si sistema fra le braccia la cesta contenente i vestiti puliti
della contessa Hyuuga e riprende fiato, ormai giunta in cima
alle scale.
Dio mio, quanto roba!, pensa,
scuotendo il capo.
Dopo la morte misteriosa di Tenten, era stata costretta a svolgere
tutte le mansioni da sola, in attesa che il padrone della tenuta
assumesse qualche altra cameriera, ma Ino ha come la sensazione che
Hiashi Hyuuga non sia intenzionato a muoversi in quella direzione.
Sospirando rassegnata, la giovane entra in uno dei corridoi, diretta
alla stanza della piccola Hanabi, ma quasi si scontra con Shikaku Nara,
che fa un passo indietro per impedirle di sbattergli contro.
Oddio!
«Oh! Scusami, Ino!» esclama il medico, posando le
mani sotto la cesta per aiutarla a non farla cadere. «Non
volevo. Ah. Hai bisogno di un aiuto? Sembra parecchio
pesante.»
La Yamanaka sorride, rincuorata: fortunatamente è solo il
padre di Shikamaru. «Non si preoccupi, non è poi
così difficile trasportarla.»
«Noto con dispiacere che svolgi ancora le mansioni che erano
di Tenten» mormora Shikaku, le labbra piegate verso il basso.
«Penso che il signor Hiashi preferisca cercare Hinata,
piuttosto che trovare qualcuno che sostituisca Tenten, signore.
È da due mesi che non lo si vede in giro per la
tenuta.»
Hiashi Hyuuga aveva sempre avuto l'abitudine di camminare
almeno due volte al giorno per tutta la residenza, forse per pensare
meglio, forse per tenere sotto controllo la servitù, cosa di
cui Ino non si sarebbe certo stupita.
Quell'uomo è prudente, dopotutto.
Il dottore abbozza un sorriso. «Sì, l'ho notato
anch'io. Ora mi devi scusare, Ino, ma devo andare nel mio studio per
fare qualche ricerca. Cerca di rallegrare un po' Shikamaru, ultimamente
mi sembra giù di morale.»
«Sì, come desiderate. Beh... allora buon lavoro,
signore.»
«Grazie.»
Ino lo guarda sparire nel corridoio alla propria sinistra e si morde
l'interno della guancia, incuriosita.
Il padre di
Shikamaru aveva un'espressione strana in volto, non sembrava
né felice né triste, solo... troppo rilassato.
Chissà cosa stava pensando quell'uomo...
«Ehi, perché sei ferma in mezzo al corridoio? Vuoi
una mano?»
Shikamaru la guarda interrogativo, una mano che si gratta il capo,
l'altra infilata in tasca.
Due Nara in meno di tre minuti. Ottimo! «Non ho bisogno di
aiuto, grazie.»
«Che tono acido. Per caso è successo qualcosa,
Ino?»
«Ovviamente no» la ragazza rafforza la presa sulla
cesta e rotea gli occhi. «Prima ho incontrato tuo
padre. Sembrava molto strano, sai? Come se fosse preoccupato per
qualcosa.»
Il ragazzo inarca un sopracciglio, perplesso. «Ah,
sì? Mah, sarà per colpa del padrone della tenuta.
Sai bene che la morte di Tenten ha messo in crisi il conte.
Papà ha cercato di spiegargli che gli era impossibile
stabilire le precise cause della morte della ragazza, ma quello non ha
voluto sentire ragioni.»
«Niente veleno. Niente ferite da taglio, niente colpi di
pistola o chissà che altro» ripete la Yamanaka,
quasi a memoria. «Beh, allora resterà un mistero,
no?»
«Naruto credeva fosse veleno» aggiunge Shikamaru,
abbassando la voce. «Secondo te è invischiato
nella morte della ragazza?»
Ino lo guarda sbalordita. «E questo come ti è
venuto in mente, Nara?»
«Non so... ma il nostro amato duca sembrava conoscere bene i
sintomi della morte di Tenten, Ino. Pensaci bene. Potrebbe anche averla
causata lui.»
«Scusa, non capisco: ti fidi o no di Naruto?»
Shikamaru la studia per qualche istante, gli occhi scuri che ne
denotano l'estrema intelligenza appena spalancati. «Mi fido,
ma fino ad un certo punto. Con gli anni le cose cambiano, e lui
è cambiato molto dall'ultima volta in cui mio padre ed io
l'abbiamo incontrato per pianificare tutto.»
Cambiato?
«E quali sarebbero le differenze col Namikaze di qualche
tempo fa?»
«Era arrabbiato.»
«A-Arrabbiato?»
«Sì, così arrabbiato che avrebbe ucciso
Hiashi con le proprie mani. Ora è semplicemente... freddo.
Freddo tanto quanto potrebbe essere Sasuke, per esempio.»
Ino si morde il labbro, percependo nella voce del Nara un velo
d'inquietudine che non le piace per niente. «Ed è
un bene o un male?»
Shikamaru scuote il capo e leva gli occhi al soffitto, guardando verso
l'alto, oltre ciò che Ino non può vedere.
«È proprio questo il problema. Non lo
so.»
Naruto è lì, sdraiato sul suo letto, con gli
occhi chiusi e l'espressione apparentemente rilassata, le mani sotto la
testa, le labbra un poco serrate e i capelli biondi un po' scompigliati.
È l'immagine della serenità, quel giorno, sebbene
Hinata lo trovi strano - diverso dal Naruto che ha incontrato mesi
prima alla tenuta di famiglia, e non sa spiegarsene il motivo.
«Naruto...?»
Lui non si muove né risponde, immerso nel sonno e in quella
pace da cui non vuole essere strappato.
Deve essere tanto stanco,
pensa la Hyuuga, sorridendo.
Quella sera il Namikaze aveva fatto loro visita, sorprendendoli, tanto
che Sasuke aveva avuto da commentare con uno spigoloso 'ma tu non hai
una casa in cui stare?', mentre Sakura, stranamente, si era messa solo
a ridere e aveva guardato Hinata con una strana luce negli occhi verdi.
Dalla visita a sorpresa, era passata soltanto un'ora.
Hinata si avvicina al letto e si siede piano per non svegliarlo, ma
quasi subito la mano di Naruto afferra la sua e lei capisce che in
verità è sveglio, e che forse è sereno
per altri motivi, molti dei quali le sono sconosciuti.
Sospira. «M-Ma tu... non dormivi?»
Il Namikaze si porta la mano di Hinata sul viso. «No, proprio
no. Come posso permettermi di dormire, se sono appena
arrivato?»
«Però devi essere tanto stanco... »
Naruto scoppia a ridere. «Non mi stanco per così
poco, credimi. Inoltre, il solo sapere di averti attorno mi rende
più sveglio di quanto tu creda. Non pensavo di potermi
sentire così.»
Hinata rabbrividisce e mentre si ripete le parole pronunciate dal
proprio compagno, pensa anche al calore che le invade ora la mano,
premuta contro la guancia del Namikaze con forza; lo scruta incerta, e
nel farlo avvampa completamente, perché quegli occhi azzurri
la stanno divorando piano, per niente impauriti.
Quegli occhi azzurri che ha sempre amato e che amano lei.
Solo lei.
O forse no?
«Posso chiederti una... una cosa?» balbetta Hinata,
deglutendo sonoramente.
Naruto la guarda confuso, poi annuisce. «Certo. Dimmi
pure.»
«Per caso c'è stata qualche... altra d-donna
importante per t-te? V-Voglio dire, in passato mi hai detto che hai
avuto altre relazioni...»
«Non erano relazioni» precisa lui, facendo un
sorrisetto; non sembra vergognarsene.
«... non riesco a trovare un termine a-adatto... comunque
volevo dire... c'è stata un'altra? Non credo di essere stata
l'unica ad aver...»
«Sì, un'altra c'è stata.»
Il cuore di Hinata scricchiola.
«D-Davvero?»
«Era Sakura.»
Di colpo, espandendosi un poco e premendo contro il petto, il cuore
segnala il dolore causato dalla conferma di un presentimento avuto per
caso, due giorni addietro, ed è impossibile celare le
proprie emozioni o impedirsi di avere gli occhi lucidi.
Perché continua a scricchiolare e il dolore si estende
arrivandole in gola, e dalla gola fino agli occhi e poi alla mente,
dove tutto diventa più acuto, più lacerante,
più brutto.
«C-Capisco» è tutto ciò che
le esce di bocca, che sotterra i mille pensieri che in
realtà si sta facendo.
Una reazione stupida da parte sua, ovvia se si riflette attentamente.
Però stupida, sempre e comunque.
Naruto diventa di pietra e si mette a sedere. «Hinata,
perché piangi? Non... non avrei dovuto dirti nulla...
maledizione...»
«I-Io non sto piangendo» sussurra la Hyuuga,
scuotendo il capo e ritraendosi.
Ma il Namikaze le prende il volto fra le mani e l'attira a
sé per baciarla - piano, con sicurezza ma attenzione, deciso
a rassicurarla. «È vero, amavo Sakura. Tuttavia
questi sentimenti sono morti anni fa, perché lei mi aveva
ferito e lasciato per poter stare con Sasuke. Non voleva me. Ed io, in
fondo, non desideravo averla accanto.»
Scricchiola, scricchiola ancora.
«Io non...»
«Hinata» Naruto la bacia un'altra volta, mettendoci
più forza, dopodiché si stacca e la guarda fisso
negli occhi. «Per me ora ci sei solo tu. Solo tu. Mi sono
innamorato di te e te voglio continuare ad amare. Guardami: sono uno
stupido, un ingenuo, cerco vendetta e faccio tanto il rabbioso. Ma se
tu non ci fossi stata, credi davvero che io sarei ancora vivo? Io no,
non lo credo.»
Davvero vuole solo lei? Davvero la vuole accanto?
Davvero lei è il suo presente? Davvero Sakura è
il passato?
L'immagine nitida della Haruno che si accarezza il pancione con un
sorriso e lo sguardo attento di Sasuke le appaiono davanti agli occhi
per un solo istante.
E il cuore batte più forte, scricchiola di meno,
tant'è che diventa quasi una cantilena che accompagna ogni
bacio che Naruto continua a darle, minuto dopo minuto, battito dopo
battito, mentre il buio fuori dalla piccola tenuta di Sasuke e Sakura
diventa più fitto e le stelle diminuiscono.
La paura resta, ma è legittima, come tante altre.
Il duca poi si stacca lentamente, ridacchia, sussurra
spontaneo: «I miei baci sono miracolosi, visto? Non
piangi più.»
Hinata ride, la voce bassa, il corpo invaso da brividi quasi elettrici
e il petto che fa male ma è caldo in maniera piacevole,
pulsante.
Vedendola più calma, Naruto ricade indietro sul letto e le
fa segno di avvicinarsi. «Dormi con me, Hinata?»
Una richiesta spontanea, addolcita da quegli occhi azzurri che ora non
la vogliono più divorare, ma cullare e proteggere come hanno
sempre fatto da quando l'hanno vista, mesi addietro.
E Hinata annuisce, mette da parte timidezza e pudore e si sdraia
accanto a lui, poggiandogli la testa sul petto.
Mette da parte i dubbi e le paure, mette da parte tutto.
Però pensa, poco dopo, a ciò che per
giorni l'ha afflitta e che non ha nulla a che vedere con Naruto - o
almeno, non del tutto.
Ed è difficile non parlare. «Io...
Naruto?»
Lui la guarda, incuriosito. «Che c'è?»
«Stavo pensando ad Hanabi. Secondo te, lei sta
bene?» chiede, esitante, ben sapendo che il Namikaze ha
promesso che avrebbe fatto proteggere sua sorella a qualunque costo.
Difatti Naruto sbuffa, poi comincia ad accarezzarle i capelli.
«Stamattina ho parlato con Sai. Mi ha detto che Hanabi sta
bene e che non le accadrà assolutamente nulla.»
«M-Mi sento egoista.»
«Perché mai? Hinata, se fossi rimasta
lì, Hiashi ti avrebbe frustata un'altra volta - avrebbe
sicuramente capito che avevi a che fare con la mia fuga, non
credi?»
«Lo so.»
«E poi è anche colpa mia. Sono più
egoista di quanto si possa immaginare. Ti ho portata via subito, pur
sapendo che avrei messo in pericolo te, Hanabi, la mia famiglia e
Sasuke e Sakura. Quindi non rimproverare te stessa per qualcosa di cui
non hai alcuna colpa. Lo scemo sono io, lasciami il primato,
almeno» aggiunge Naruto, scoppiando a ridere.
Hinata si rannicchia contro di lui e sorride, arrossendo un poco.
«Non s-sei e non sarai mai scemo...»
«Per te no, ma chiedi a Sasuke e poi vedrai.»
E ancora risate, spensieratezza, tranquillità.
Quella calma di cui entrambi hanno bisogno prima del peggio.
Perché, lo sanno bene, tutto ciò che è
bello finisce presto per lasciar posto alle più atroci
sventure.
Fine Capitolo Due
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Parte Terza - Capitolo Tre ***
Bloody
Rose
Capitolo
Tre
Disagio: è questo ciò che prova Hanabi mentre
percorre con gli occhi il lungo sentiero sterrato che supera gli
imponenti cancelli della tenuta, per poi sparire fra un albero e
l’altro, odiosa via di fuga per chiunque.
Quel sentiero, lo sa, è stato percorso mesi prima dalla
sorella e dall’amante.
Cerca di immaginare la scena, la gioia che Hinata deve aver provato, ma
quando si azzarda a visualizzare il volto di Minato non può
nutrire che rabbia, e allora il volto svanisce, si disperde nella sua
mente diventando vapore giallo e azzurro, pronto a dissolversi del
tutto.
Le dà la
nausea.
Afferra con le mani due lembi dell’abito che indossa e
solleva la gonna da terra, attenta a non sporcarla, pronta a tornare
fra le mura della tenuta tanto odiata.
Cammina, cammina, e poi solo pensieri confusi, calcoli insensati, due
nomi che da ben una settimana le vorticano nella mente accompagnati da
problemi di altra natura, futili fastidi di cui vuole fare a meno
almeno per quel giorno.
Ino le apre celere la porta senza proferir parola; quando fa il suo
ingresso nel salone, scorge subito l’elegante figura del
proprio cugino, Neji, intento a conversare amabilmente con un altro
ospite.
Sabaku no Gaara era tornato a far loro visita la mattina precedente,
quando Neji aveva avuto la straordinaria idea di rallegrarla con un
po’ di compagnia – come se la presenza di un uomo
simile potesse distoglierla dal pensiero della sorella.
Hanabi sospira teatralmente, rivelando ai due gentiluomini la propria
presenza.
«Cugina, vedo che non hai perso tempo,» osserva
Neji, spostando gli occhi su di lei, un braccio poggiato su un
bracciolo della poltrona su cui è seduto, l’altro
intento a reggere un bicchiere di quello che agli occhi di Hanabi
sembra brandy, «hai trovato piacevole la
passeggiata?»
Orribile.
«Sì, è stata deliziosa. Avevo bisogno
di respirare un po’.»
Neji annuisce, soddisfatto. «Ormai l’autunno
è alle porte. Meglio godersi quel poco sole che rimane prima
di prepararsi ai mesi freddi.»
Non ti preoccupare,
cugino. In questa casa c’è talmente tanto freddo
che non ho bisogno di prepararmi a nulla: anni di gelo mi hanno resa
immune a siffatte sciocchezze.
Hanabi nota ogni cosa, nulla le sfugge, sicché volge lo
sguardo verso il nobile Gaara, che fa ondeggiare ritmicamente il
liquore nel proprio bicchiere, come ipnotizzato dal suo infrangersi
contro quelle pareti di fine vetro.
Non è riuscita a parlare granché con lui, ma
Hanabi si è fatta un’idea piuttosto distaccata del
carattere messo in bella mostra in quei pochi giorni e in quelle
rarissime volte in cui c’era stato qualche scambio, il
necessario per far felice Neji, una bella messinscena d’una
normalità inesistente.
Un uomo tranquillo, senza pretese – comune ma al tempo stesso
infinitamente distante dall’essere solo quello e
nient’altro.
Hinata sarebbe stata
più in sintonia con Gaara di quanto non sia io.
Qualcuno bussa alla porta.
Hanabi leva lo sguardo, spalanca le palpebre: gli occhi scuri di Sai,
che si posano fin da subito su di lei; un lieve imbarazzo, una
consapevolezza improvvisa. Tutto è dettato dal rapporto
conflittuale nato fra di loro in quei due mesi, tutto la spinge a
spostare la propria attenzione dove ritiene più opportuno.
Quei due mesi, piena estate, la mancanza della sorella, la rabbia.
Avverte una fitta, Hanabi, come di rimpianto, come se le proprie azioni
non fossero state del tutto sbagliate; ciò nonostante, evita
di far riemergere i ricordi, perché non sentirsi in colpa
è l’ultima cosa che le serve.
Allora prende un respiro profondo e attende che lui parli.
Una riverenza e la sua
voce che riempie il silenzio.
«Vorrei scusarmi per l’interruzione, ma ho bisogno
urgente di parlare con voi, Lady Hanabi. Vostro padre mi ha ordinato di
riferirle novità importanti.»
Come sempre,
pensa la Hyuuga, muovendo qualche passo verso la porta, quasi
impettita, con un fremito di rabbia a incendiarle lo sguardo lilla
– e mentre si fa vicina al servo di suo padre, Hanabi non
bada al cugino, né a Gaara, ma punta solo a Sai, decisa a
uscire e superarlo.
Decisa a capire cosa accadrà da quel momento in avanti.
La porta si chiude di nuovo.
Questa volta la luce che illumina il lungo corridoio è
tenue, inquieta, fa da sfondo a una conversazione che non
piacerà né a lei, né a Sai.
Anche se lui, in fondo, non prova niente.
Anche se lui, in fondo, sa che non è affatto così.
«Riesco a percepire il vostro rancore» esordisce
Sai, prima che lei possa dire alcunché. «Ma
suppongo che gli ordini di vostro padre annienteranno le vostre
speranze di stare alla larga da me.»
Belle parole, le sue –
così irritanti.
«Credo di non afferrare dove vuoi andare a parare.»
«Immagino che non vogliate capire, ma fa lo stesso»
Sai va verso la parete e picchietta un dito contro il muro ingrigito
dagli anni, per poi voltarsi e posarvi la schiena. Dal suo sguardo non
scaturisce nulla, sebbene Hanabi abbia la sensazione che quella sia
solo una facciata, l’ennesima. «Dopo la fuga di
vostra sorella con il duca Namikaze, vostro padre ha tentato in ogni
modo di nascondere alla società l’imbarazzante
avvenimento. Nessuno immagina – come potrebbero?
D’altronde, le figlie del conte Hyuuga non sono mai state,
nemmeno in passato, amanti della città; e Londra
è sempre stata una meta occasionale, nulla
più.»
«A questo punto, tuttavia, scansare inviti a balli, cerimonie
e ricevimenti di dubbio gusto si è rivelato un problema non
trascurabile. Il conte si vede oramai costretto a farvi partecipare
voi senza Lady Hinata, sperando che i nobiluomini e le
nobildonne di Londra o di qualunque posto ove vi recherete non facciano
caso alla sua assenza.»
«Come se gliene fosse mai importato qualcosa»
bofonchia Hanabi.
«La sua incredibile abilità nel nascondersi ai
balli per non conversare con nessuno è un vantaggio che non
possiamo sottovalutare,» considera Sai, una nota
d’ilarità nella voce, «vostro padre ha
pensato a tutto. Questa strategia presuppone che parliate amabilmente
con chiunque chieda di Lady Hinata, ma esige un controllo su quel che
avrete l’ardire di raccontare.»
«Che cosa vuoi dire?»
Sai sorride, si sistema accuratamente la giacca. «Forse ci
sto girando troppo attorno? Eppure avrei giurato che sareste arrivata
alle vostre conclusioni prima che io potessi finire di esporvi il
piano.»
«State insultando la mia intelligenza?» un violento
rossore assale le guance di Hanabi.
«No, tutt’altro: la elogiavo, ma temo che il
messaggio non vi sia giunto come avrebbe dovuto. Per farla breve e non
prendervi in giro, mi è stato affidato il compito di
scortarvi in ogni vostra uscita.»
L’orrore scaturito dal viso della ragazza deve essere
così palese che, appena un attimo dopo, Sai scoppia a ridere
sguaiatamente, fregandosene dell’offesa recatale con un tale
atteggiamento.
«Non osare ridere!»
«Dovreste vedere la vostra faccia, Lady Hanabi, capireste
perché mi è impossibile contenermi»
risponde Sai, scuotendo il capo.
Rancore e disagio sono sentimenti di cui Hanabi cerca di sbarazzarsi
immediatamente, senza intravedere risultati; il sorriso che danza sulle
labbra del ragazzo le impedisce anche solo di pensare a qualcosa di
abbastanza tranquillo da riportarla alla normalità, fredda e
impassibile come ogni Hyuuga dovrebbe essere.
Ma uno Hyuuga così non è forse troppo freddo,
troppo vuoto?
Uno Hyuuga, in effetti, è ciò che Hanabi non
vuole più essere, ma desiderare
allontanarsi è facile, accontentare un
capriccio è fare una strada perennemente in salita.
«C’è qualcosa nel modo in cui mi
guardate, Lady… dove
state andando?»
Girare i tacchi e fuggire.
O almeno tentare sapendo che Sai la seguirà da lì
a poco, continuando a deriderla, schernirla, senza che lei possa dire o
fare qualcosa per impedirlo, complice l’enorme confusione che
le annebbia sgradevole la mente.
Passi affrettati.
Così
prevedibile.
«State scappando da me, per caso?»
«Affatto!»
«Allora potreste anche fermarvi e sentire ciò che
ho da dire» dichiara Sai inseguendola.
Hanabi lo ignora e prosegue spedita, evitando di lanciare occhiate
dietro di sé.
Al termine del corridoio li attende l’ampio salone
d’ingresso, dove un paio di guardie sorvegliano
l’enorme portone perfettamente immobili, imitazioni di statue
dalla dubbia utilità.
Dalla precipitosa fuga di Hinata con Minato Namikaze, il padre aveva
aumentato prontamente la sorveglianza, posizionando alcune guardie a
ogni ingresso della maestosa tenuta.
Fin dal primo momento in cui le aveva viste, mesi addietro, Hanabi si
era chiesta a che diavolo servissero, e ora che è
lì, decisa a liberarsi di Sai, non può che porsi
la stessa, identica domanda.
Non ci sono stati altri
omicidi, pensa fra sé e sé, e non credo che il duca abbia
intenzione di tornare qui, quindi perché
sorvegliare chiunque entri ed esca dalla tenuta?
«Trovo ammirevole la velocità con cui vi muovete
malgrado le vesti che indossate, Lady Hanabi, ma gradirei poter
concludere la nostra conversazione
da fermi.»
La voce di Sai le giunge pacata, sebbene in essa vi sia una punta di
esasperazione non indifferente.
Hanabi si ferma col fiatone fra le due guardie a cui quel giorno
è affidata la sorveglianza; mettendo da parte ogni altro
pensiero non inerente la propria fuga, e scoccando
un’occhiata all’immenso portone
d’ingresso con espressione disperata, decide di provare a
fregare quell’insolente spia di Sai.
Poggia le mani sul chiavistello e lo solleva con forza.
«Avete intenzione di uscire?»
Hanabi si volta e abbozza un sorriso – non
c’è nulla di buono nella soddisfazione che le
piega le labbra, ma Sai non ha il tempo né la voglia di star
lì a chiedersi cosa passi per la testa della ragazza.
«Sentite, voglio solo informarvi delle intenzioni di vostro
padre, non mi sembra di aver da dire null’altro che
questo» insiste poi, guardando da lei al portone che si
schiude lentamente, permettendo a un raggio di luce di penetrare nel
salone semi deserto.
«Non ho la benché minima voglia di
ascoltare» dice Hanabi, spingendo nuovamente il portale, che
si spalanca abbastanza da consentirle di fare un passo fuori.
«Se vorrò udire altro, consulterò mio
padre. E ora lasciami stare.»
Le ultime parole sono pregne d’irritazione
tutt’altro che trattenuta, caricata quanto basta a lasciare
interdetto Sai, che s’immobilizza per una frazione di
secondo, il necessario perché la nobile lo noti.
«Che c’è? Sono riuscita a scoraggiarti,
forse?»
Una risatina soffocata: una delle guardie tradisce il divertimento per
così poco, meritandosi uno sguardo freddo da Sai e la
benevolenza istantanea di Hanabi – o almeno così
sembra, data l’espressione soddisfatta impressa sul suo volto
orgoglioso.
Avevo detto a Naruto che
sarebbe stato facile contenerla, che non mi avrebbe mai dato problemi, pensa
la spia, sentendosi
preso in giro, ma a quanto pare ho fatto male i miei calcoli. Peccato.
Fa per muoversi, prendendo in considerazione l’idea di
attaccare al muro quella donna impudente, ma l’ennesimo
ostacolo gli si para di fronte sotto la forma di un ordine perentorio.
E, per l’ennesima volta, non può agire come
vorrebbe.
«Vi ordino di non lasciarlo passare. È mio volere
fare una passeggiata da
sola, senza disturbi di alcun genere!»
«Vuoi muoverti
adesso?»
Sasuke è scettico, ma come dargli torto?
Naruto non è tipo da dare ragione all’amico, ha
passato anni interi a battagliare con lui su qualunque argomento
possibile con l’unico intento di ottenere ragione –
sport, politica, donne, nobiltà, ogni tema è
stato motivo di scontro fin dall’adolescenza
– ma ora non può non pensare che
sì, Sasuke ha ragione, diamine, è troppo presto
per agire.
È un passo falso che potrebbe mettere tutti in pericolo.
«Senti, so bene che è irragionevole»
sbuffa, grattandosi nervosamente la nuca. «Portare Hinata a
Londra con tutto quello che sta avvenendo… con tutte quelle
spie pronte a ucciderci pur di ricondurla dal conte – ma non posso aspettare oltre.»
Non ha imparato niente.
Perché va bene concordare su una cosa, ma agire come vuole
Sasuke è impossibile per Naruto.
E dunque uno sbuffo – Naruto ha smesso di contarli da quando
ha messo piede nella tenuta dell’Uchiha – e un
rimprovero fatto di mutismo, giacché Sasuke è un
esperto di minacce silenziose.
«Non ti fermerò. Tanto è inutile
parlare con te, preferisci metterci tutti nei guai.»
«Chi mette nei guai chi?»
Sakura entra nel salone in cui stanno conversando, al seguito la sua
cameriera personale, una ragazza dall’espressione piuttosto
allegra con cui Naruto non ho mai avuto occasione di parlare.
«Ma no, Sakura… stavamo discorrendo
della situazione…»
La voce di Naruto si spegne, mentre il cervello cerca di elaborare una
risposta plausibile; non vuole rendere partecipe la donna della propria
avventatezza, sa bene che questo farebbe infuriare Sasuke.
In quei giorni di tensione e frenetici preparativi, entrambi avevano
provato a tenere Sakura all’oscuro di tutto, conversando solo
quando necessario e lontano da orecchie indiscrete; ciò
però non sembrava aver tenuto fuori la donna, che ogni
giorno per ben due mesi aveva lanciato loro occhiate interrogative ed
estremamente sospettose.
Perché Sakura stupida non è mai stata.
«Piuttosto, Hinata dov’è?»
borbotta infine Naruto, deciso a distogliere Sakura dalla loro
conversazione e da quei dubbi che le attraversano il viso, lievi eppure
ben visibili persino a un tipo poco sveglio come lui.
«Hinata? Oh, è nelle sue stanze. Credo stia
sistemando alcuni dei vestiti che le hai comperato. Era molto sorpresa
quando le ho detto che erano in arrivo altri abiti.»
«Sperando siano di suo gradimento.»
«Lo sono, fidati,» ride Sakura, scuotendo il capo,
«anche se in verità accetterebbe qualsiasi regalo,
l’importante è che sia da parte tua.»
Naruto arrossisce vagamente, cercando tuttavia di dissimulare
l’imbarazzo con un forzatissimo colpo di tosse.
«Beh, visto come stanno le cose… credo che
andrò a sincerarmi di persona che sia tutto di suo gusto.»
Fa finta di non notare il puro ribrezzo insito negli occhi di Sasuke
quando si alza dalla poltrona, consapevole che la loro discussione non
è ancora finita, anzi, probabilmente è appena
iniziata; le iniziative suicide non sono mai piaciute
all’Uchiha, che ora si vede persino costretto a tacere per
via di Sakura, di cui non è mai stato in balia, ma che per
uno strano scherzo del destino pare esercitare una sorta di dominio
dovuto alla gravidanza imminente, indi per cui non può che
limitarsi a guardare Naruto mentre si avvia verso la porta scappando.
Perché sì, Naruto ne è consapevole:
sta scappando da una violenta discussione solo grazie a Sakura.
Non può trattenere un sorriso a quel pensiero.
Imbocca un corridoio pieno di porte e stanze deserte, luoghi vuoti che
non hanno mai ospitato nessuno e che presto si riempiranno di bambini
urlanti dai capelli rosa e gli occhi verdi – o magari neri, e
saranno antipatici come Sasuke, copie esatte che tormenteranno i suoi
figli dalla mattina alla sera, prendendoli in giro.
Naruto si blocca in mezzo al corridoio, interdetto.
Figli.
Sta già… no, non sta pensando di avere dei figli
suoi, non è possibile.
Oppure, ormai pienamente conscio dei propri sentimenti per Hinata, ha
già iniziato – seppur involontariamente
– a progettare di avere una famiglia, una casa tutta per
loro, e addirittura dei pargoli, perché pienamente
cosciente che lei diverrà sua moglie?
Progettare simili eventi senza neppure averle chiesto la mano.
A ben pensarci, però, ha progettato ben altro senza porsi
problemi di sorta, quindi perché fermarsi lì?
Riprende a camminare con la testa ingombra dai più disparati
pensieri, su cui tuttavia l’ultimo prevale, poiché
intimo e caldo – ben più di quanto avrebbe potuto
immaginare – tanto da spingerlo a pensare che
sciacquarsi il viso possa servire a calmare i bollenti spiriti.
Cristo, cosa mi prende
ora?
Giunge alla stanza di Hinata dopo non pochi minuti, passati a sbattere
mentalmente la testa al muro e a rallentare il passo per far
sì che il corpo torni innocuo e incontaminato da desideri
che non può soddisfare.
Si schiarisce la voce e abbassa la maniglia, aprendo lentamente la
porta.
Il suo primo pensiero è che avrebbe dovuto bussare.
Hinata gli dà le spalle, ferma davanti all’alto
specchio posto in un angolo ben illuminato dall’enorme
finestra che occupa la parete alla sua destra, un paesaggio gradevole
di campagna a colorare la vista.
Ma non è quello che monopolizza la sua attenzione.
Hinata si sta infilando uno degli abiti che le ha regalato senza la
biancheria, che giace in un angolo del letto, abbandonata come nulla
fosse.
Naruto geme interiormente e le osserva le spalle nude, la schiena
liscia e candida, cosparsa qua e là di piccoli nei appena
visibili; lo sguardo scivola sui fianchi morbidi e sinuosi in parte
nascosti dalla stoffa di raso azzurro dell’abito, che cela
alla sua vista quel che viene dopo, privandolo di una visione
senz’altro gradevole.
La ragazza non si è accorta di lui: sta fissando qualcosa
nel proprio riflesso sullo specchio – qualcosa che
lui non riesce a vedere – così pensierosa da non
notare nemmeno il suo, di riflesso, immobile sulla porta, incapace di
staccarle gli occhi di dosso e con il cuore che batte a mille.
Poi un calore diffuso attraversa le guance del duca, accompagnato da un
altro, troppo intimo, troppo inopportuno – eppure sentirlo
tale gli sembra sbagliato, un insulto quasi.
Perché trovarla bella, desiderarla a dismisura…
quello no, non può essere sbagliato, non ci può
essere vergogna alcuna nell’amare non solo il suo
spirito, ma anche il suo corpo, e di conseguenza dar vita a istinti
naturali, dirette conseguenze di una passione che cresce giorno dopo
giorno.
Quella pelle scoperta, la pelle candida.
La vuole toccare
– farle capire quanto male gli fa non poterla
sfiorare con le dita, saggiare la morbidezza della sua pelle.
Sussultare, voltarsi di scatto.
Non spostarsi, il corpo preda di una febbre incurabile.
«Hinata?»
Un rumore – un soprassalire lieve che distrugge la
contemplazione – e lei che si volta, probabile preda di un
imbarazzo crescente, una vergogna che verrà taciuta quando
si sarà vestita, tornando innocente
com’è sempre stata.
«Scusa, avrei dovuto bussare» si affretta a dire
Naruto, abbassando il capo.
«Non… non importa. Non ti devi scusare.»
Di certo,
pensa Naruto, consapevole, non
percepisco le mie scuse come veritiere. Non posso pentirmi. Io
voglio…
Respira a stento, emettendo un rantolio che non può
contenere la tempesta emotiva che ha dentro di sé, il
segnale che il suo corpo è sveglio e attende
l’evolversi della situazione.
Per la prima volta Naruto comprende ciò che deve fare
– anche a costo di risultare sfacciato, arrogante, persino
pretenzioso agli occhi di Hinata.
Così fa un giro su se stesso, non provando nemmeno vergogna
nel guardarla e nell’essere guardato con lo stupore che ci si
aspetta da chi viene colto alla sprovvista dalla violazione di una
intimità che Naruto vuole approfondire a ogni costo.
Hinata ha impresso disorientamento nelle labbra appena dischiuse e
negli occhi lilla inevitabilmente spalancati. Le mani invece sono
impegnate a tirare su l’abito, quanto basta per coprire i
seni, di cui si riescono a intravedere giusto le rotondità.
«Naruto, cosa…»
«Se devo essere onesto, ero venuto qui per chiederti se gli
abiti che ti ho portato ti piacessero,» la interrompe il
duca, una sicurezza che cresce man mano che le parole scorrono, veloci
«, ma credo che il mio intento sia cambiato per strada.
Mentre venivo qui ho iniziato a… fare pensieri che sarebbe
lecito non comunicarti, pensieri adatti al calore che ci ha
accompagnati durante l’estate; niente che abbia a che vedere
col tiepido arrivo dell’autunno.»
Una mano passa avida fra i capelli, il battito del cuore non dissimile
da un tamburo che suona ritmicamente una ballata immaginaria e
contorta, la creazione di un limite già superato.
Hinata, immobilizzata da uno sbigottimento crescente, sembra aver perso
la facoltà di respirare.
Pende dalle sue labbra, incapace di opporsi.
«Ero certo di aver represso tutto prima di entrare, ma temo
che la vista parziale del tuo corpo nudo abbia mandato tutto in malora.
Mi è difficile staccarti gli occhi di dosso, ora.
Non… non desidero fare altro. Guardarti ancora, nuda, di
fronte a me.»
L’ennesimo sospiro – ma non è di Naruto,
stavolta.
Hinata si mordicchia il labbro, abbassa lo sguardo.
«Sono sempre stato bravo a trattenermi. Per rispetto verso di
te. Provare rispetto verso una donna come te è la cosa
più bella che mi sia mai capitata,» mormora
Naruto, studiandosi una mano, aperta e vibrante di azioni incompiute,
gesti trattenuti, «rispetto a ciò che mi
è stato insegnato, questo è un paradiso
confortante che mi migliora ogni giorno di più – o
meglio ho questa sensazione, non pretendo di essere un uomo privo di
peccati, non lo sono mai stato, lo sai. Credo di avertelo ripetuto fino
allo sfinimento per ricordarlo persino a me stesso. Perciò
mi limito a esporti questa mia sincerità. Non sono in grado
di nasconderti nulla che tu non percepisca già.»
Un movimento del capo di Hinata simile al consenso, poi i suoi occhi
tornano a guardarlo.
Vi è una sottile consapevolezza, in quello sguardo.
Imbarazzo, tensione, una mente che elabora in fretta parole che
attendono di avere un suono e di essere udite per la prima volta.
Ciò nonostante, lei continua a tacere, limitandosi a muovere
alcuni passi verso Naruto, l’attesa di una risposta divenuta
un tormento dagli occhi lilla e un’innata bravura nel celare
le proprie intenzioni.
Quando ormai gli è davanti, troppi pochi centimetri a
dividerli, Hinata allunga una mano e gli sfiora un braccio con le dita,
finendo però per passare oltre, andando a catturare la
maniglia della porta.
Resosi conto del gesto, Naruto s’irrigidisce, un nodo alla
gola che sa di tensione.
Tira la porta verso di loro, Hinata, e nel farlo poggia il proprio
corpo contro il suo, rimanendogli premuta contro finché la
porta non si chiude con un clic
che mozza il fiato a Naruto.
Quiete – solo
due respiri che si mandano messaggi l’un l’altro
per colmare il millesimo vuoto.
Infine, il viso di Hinata che si alza e l’ultimo messaggio,
il più profondo che è in grado di consegnargli.
E la mano di Naruto, oramai tremante, distrutta dall’attesa,
si leva verso l’alto e affonda fra i capelli di lei mimando
una risposta – e spingendola verso di sé
la razionalità si perde in due occhi che si serrano
bisognosi.
Hanabi spintona Sai e lo fa cascare su una sedia, furiosa.
Gli dà le spalle dopo avergli lanciato una penetrante
occhiata di scherno, dopodiché si mette a cercare qualcosa
in uno dei cassettoni della sua stanza, un rovistare affrettato che non
sfugge a Sai, che attende con una mano su una guancia –
gonfia e visibilmente violacea – e il sapore del proprio
sangue sulle labbra e sulla lingua.
Hanabi si volta di nuovo con una piccola pezzuola di cotone e una
boccetta trasparente in cui si intravede un liquido giallognolo,
l’espressione ora indecifrabile.
«Quello sarebbe…?» domanda Sai,
adocchiando la boccetta ma evitando di esprimere pensieri
tutt’altro che positivi al riguardo, la sensazione che
quell’innocuo contenitore racchiuda tutto fuorché
del disinfettante.
«Oh, ti prego,» sbuffa Hanabi, notandolo,
«non crederai che ci sia del veleno, spero!»
Sai abbassa la mano e sposta gli occhi scuri verso la finestra
cautamente dischiusa, le tende mosse da un vento che si avverte appena.
«Tutto può essere.»
Hanabi torna vicino a lui e strappa via il tappo che sigilla la
boccetta. «Se avessi voluto toglierti di mezzo, ti avrei
avvelenato questa estate,» inveisce, imbevendo moderatamente
il fazzoletto, «ma sei ancora qui. Ringraziami.»
Sai sorride divertito –
non può aver detto davvero così.
«Quindi vi aspettate un grazie per avermi risparmiato la
vita.»
Hanabi si china su di lui e gli posa la pezzuola sulla guancia.
«Sarebbe il minimo,» ammette, passandogliela con
premura su un angolo della bocca, dove cola qualche goccia di sangue,
«soprattutto dopo oggi. Se non li avessi fermati, sarebbe
finita molto male.»
Sai le punta un occhio addosso, la freschezza del cencio ad alleviare
il dolore. «Siete stata voi ad aizzarmeli contro, Lady
Hanabi.»
Sospirando, Hanabi gli prende il mento fra le dita e con un gesto lo
costringe a guardarla apertamente in faccia.
Il calore della sua mano lo coglie di sorpresa.
«Quando mio cugino dice che certe guardie non hanno il dono
dell’intelligenza, suppongo non scherzi. Avevo ordinato loro
di non lasciarti assolutamente passare, non gli ho detto di
oltraggiarti fisicamente nel caso in cui tu avessi insistito. Tra
l’altro, non hai nemmeno evitato che accadesse.»
«Perché avrebbero potuto farlo loro –
evitarlo, intendo,» risponde Sai, piccato, «io
avevo – e ho ancora, non dimenticatelo – il compito
di informarvi dei piani di vostro pad-»
Il fazzoletto gli preme sulla bocca, serrandogli il respiro.
«E tu non dimenticare che sentire le parole di mio padre
è l’ultima cosa che
m’interessi» afferma la Hyuuga, la fronte corrugata
e un battito di ciglia all’ennesimo cambio di espressione.
Gli libera la bocca con un gesto distratto, e mostrando maggior
delicatezza comincia a disinfettargli il labbro spaccato, per poi
tornare a inzuppare la pezzuola con quel suo bizzarro liquido
giallastro.
È tutta concentrata in quelle operazioni mentre Sai la
studia attentamente, passandosi un dito sul labbro per una frazione di
secondo, un fremito involontario a contatto con la ferita.
«Ti fa male?»
Hanabi inarca un sopracciglio, interrogativa.
Sai scuote il capo. «Solo vagamente.»
«Già. Scommetto che stanno peggio loro –
considerando, ovviamente, che hai rotto il naso a entrambi.»
«È esasperazione quella che sento?»
azzarda Sai, massaggiandosi il collo indolenzito.
Una delle guardie l’aveva strattonato per la camicia, prima
di dargli un pugno che era costato molto sia a lui che al collega.
Hanabi chiude la boccetta e la rimette nel cassettone, prima di
rispondergli: «Indovinato. Hai imparato per caso a
identificare i sentimenti altrui?» aggiunge, nel vano
tentativo di punzecchiarlo.
«Mi riesce difficile, in verità, quando si tratta
d’altri, tuttavia trovo del tutto facile farlo con
voi.»
«Oh, sono un libro aperto?»
«Senza alcun dubbio.»
Hanabi si posa le mani sui fianchi e lo fissa tacendo – ha il
tipico sguardo indagatore, lo tira fuori ogni volta che un particolare
attira la sua attenzione.
In quel caso specifico, Sai si rende che conto che le proprie parole
hanno attivato un complesso meccanismo fatto d’analisi e
sospetti, più un diritto del tutto inesistente di
impicciarsi degli affari altrui credendo di fare del bene.
«Ora… sono curioso di sapere cosa vi passi per la
testa.»
«Io invece sono interessata ad altro,» ribatte
Hanabi, rilassandosi contro il cassettone, una ciocca di capelli a
sfiorarle la guancia pallida come il latte, «e voglio solo un
po’ di verità. Dici di essere privo di sentimenti,
di non capire quelli altrui, eppure quando parli di me diventi
improvvisamente empatico...»
«Siete ovvia persino per un tipo come me,
certamente,» la interrompe Sai, sospirando – non
gli sembra nulla di particolare, quel discorso, «e non ci
vedo nulla di strano.»
«Ne sei così sicuro?
Non pensi che sia per qualcosa in particolare?»
Gli occhi chiari di Hanabi paiono inchiodarlo sulla sedia, ora, e
questo non è niente di buono.
«Vorrei evitare di chiedere chiarimenti in merito alle vostre
insinuazioni, Lady Hanabi…»
«Così però confermi i miei
sospetti» replica Hanabi, un sorrisetto non troppo trattenuto
a illuminarle il viso.
Pensandoci bene, Sai comincia a prendere in considerazione
l’idea di alzarsi e andarsene, ma un sentimento non dissimile
dalla testardaggine lo invita a restare lì, in balia della
nobildonna.
In balia, inconsapevole, di un interrogatorio fuori dagli schemi.
«Vostra cugina non sa
nulla, a quanto ho capito.»
Gaara solleva il bicchiere e lo fa ondeggiare davanti al viso, seguendo
il vorticare leggero del liquore in esso contenuto, gli occhi tuttavia
puntati anche sul nobile Hyuuga, la cui immagine attraverso il
bicchiere è deforme ma ugualmente rigida.
Un tasto dolente sta per venire a galla.
«Non potrei comunicarle la novità nemmeno
volendo,» mormora Neji, le mani vuote, il bicchiere posato
sul tavolino basso che gli è accanto, «tuttavia,
se sapesse... non si comporterebbe così. Questa estate
è stata un inferno per noi. Non che prima le cose
andassero meglio.»
Gaara si muove impercettibilmente sulla poltrona; infine, posa
anch’esso il bicchiere. «Mio fratello continua a
dire che sarebbe meglio evitare di mettere al corrente anche la giovane
Hyuuga. La fuga di sua sorella Hinata ha già creato
abbastanza scompiglio.»
«È stata clamorosamente egoista.»
La voce di Neji è un sospiro lieve, esausto, che giunge alle
orecchie di Gaara come la conferma di un affetto sincero verso la
cugina perduta – o salva, ma quello è ancora da
vedere, perché certi piani avventati rischiano davvero di
mandare tutto all’aria.
«A Londra mi avete convinto rischiando molto,» dice
Neji all’improvviso, fissandolo con quelle sue glaciali iridi
lilla, «cosa avreste fatto se avessi deciso di non
collaborare?»
«Vi avremmo ucciso. O rapito, così da evitare
spiacevoli incidenti,» è la risposta del nobile
Gaara, detta troppo alla leggera per sembrare vera – anche se
lo è, di questo non c’è da dubitare,
«ma non ci siamo soffermati su eventuali imprevisti.
Naruto,» nel pronunciare il nome del duca abbozza un sorriso,
«aveva la certezza della vostra collaborazione. Diceva che
voi avevate –
e avete – tutti i motivi per aiutarci.
Motivi validi,» aggiunge pacato, «non troppo
diversi dai suoi.»
Neji lo scruta pensieroso, le parole che si levano fra di loro
invisibili, dopodiché riversa l’attenzione sui
bicchieri posati sul tavolino: uno mezzo pieno, l’altro vuoto.
Poi le sue labbra si piegano lievemente verso l’alto,
giacché un ricordo torna a fargli visita, e annuisce un
poco, quel tanto che basta a confermare quelle parole dal sapore
inconsistente.
Perché quei motivi sono troppo chiari, e il ricordo che gli
riempie la mente non fa che renderli ancora più dolorosi.
«Possiamo procedere, allora.»
Stavolta le parole di Gaara chiudono tutto, anch’esse
dolorose.
Iniziano i giochi.
Fine Capitolo Tre
Note
dell'autrice: dopo anni e anni e anni
dall'ultimo aggiornamento, finalmente torno. Un po' zoppicante, ma
l'ispirazione è quella che è - e possiamo dire
che l'esitazione ad aggiornare sia nata dopo una veloce rilettura di
tutta la storia, ma sorvoliamo sul mio essere schizzinosa verso tutto
ciò che esce dalla mia testa malata. Ehm. In ogni caso cosa
posso dire? Il capitolo - anche questo - è dedicato a Katia,
perché la storia è per lei e sarà
sempre per lei (e mi scuso pure qui per il mio addomentarmi davanti al
pc praticamente tutte le sere, suppongo le nostre conversazioni, Katia,
non siano così divertenti messe a 'sto modo atroce
ç__ç). Ehm. Cos'altro dire? Passano gli anni, ma
vedo con piacere che c'è ancora gente che scova BR (che sta
per Bloody Rose, eh, non pensate) e... sì, insomma, le liste
parlano da sole.
Vi ringrazio per leggere ancora questa storia, ringrazio le due-tre
personcine che anche solo con un minuscolo 'mi piace' ai post su BR sulla
mia pagina facebook mi fanno sentire il loro affetto per
questa Long e... niente. Credo di aver detto tutto. Ringrazio la mia
beta, Yume_no_Namida,
per il velocissimo betaggio, e ringrazio soprattutto i vecchi lettori
che mi hanno sostenuta negli anni passati.
Bene, ora vado! Un bacione,
Mokochan
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=512873
|