Bloody Rose

di Mokochan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** - Parte Prima - Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** - Parte Prima - Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** - Parte Prima - Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** - Parte Prima - Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** - Parte Prima - Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** - Parte Prima - Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** - Parte Prima - Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** - Parte Prima - Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** - Parte Prima - Capitolo Nove ***
Capitolo 11: *** - Parte Prima - Capitolo Dieci ***
Capitolo 12: *** - Parte Prima - Capitolo Undici ***
Capitolo 13: *** - Parte Seconda - Capitolo Uno ***
Capitolo 14: *** - Parte Seconda - Capitolo Due ***
Capitolo 15: *** - Parte Seconda - Capitolo Tre ***
Capitolo 16: *** - Parte Seconda - Capitolo Quattro ***
Capitolo 17: *** - Parte Seconda - Capitolo Cinque ***
Capitolo 18: *** - Parte Seconda - Capitolo Sei - ***
Capitolo 19: *** - Parte Seconda - Capitolo Sette ***
Capitolo 20: *** - Parte seconda - Capitolo Otto ***
Capitolo 21: *** - Parte Seconda - Capitolo Nove ***
Capitolo 22: *** Parte Seconda - Capitolo Dieci ***
Capitolo 23: *** Parte Seconda - Capitolo Undici ***
Capitolo 24: *** - Parte Seconda - Capitolo Dodici ***
Capitolo 25: *** - Parte Terza - Capitolo Uno ***
Capitolo 26: *** - Parte Terza - Capitolo Due ***
Capitolo 27: *** Parte Terza - Capitolo Tre ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Bloody ROSE




AVVISO - Questa storia sta subendo numerose revisioni, molte delle quali necessarie; durante la lettura incontrete certamente errori non proprio di 'grammatica', quanto riferiti al contesto storico. Nel 2010 non badai molto alla questione, ma adesso - e siamo nel 2014 - mi rendo conto della leggerezza con cui ho scritto questa storia. Non credo la modificherò così profondamente (l'unica modifica che sto apportando riguarda quei 'Contessa', che verranno sostituiti da alcuni 'Lady' ben più corretti) ma credo sia giusto avvertirvi che la storia è ambientata sì a metà '800, ma non pretende di essere storicamente corretta. Questa storia è stata scritta per una persona ed è stata scritta anche per vedere i personaggi che più amo in un contesto estremamente differente rispetto a quello del manga di Masashi Kishimoto. Credo di aver detto tutto. Ringrazio i vecchio lettori e i nuovi, e ringrazio la mia Beta, Yume, per il sostegno. Buona lettura^^



P R O L O G O




Il letto è morbido, le coperte l’avvolgono parzialmente, lasciandola scoperta dalla vita in su; il seno si alza e abbassa ritmicamente, le mani scivolano fra le lenzuola, il corpo si stiracchia lentamente e gli occhi lilla, visibilmente assonnati, si dischiudono quando un raggio di luce s’infiltra attraverso la finestra chiusa e li colpisce, destandola dal torpore del sonno.
Ecco il nuovo giorno, pensa con un sospiro.
Si mette a sedere, sbadiglia timidamente – forse col timore che qualcuno possa vederla – e si guarda attorno, confusa.
La stanza è semibuia, ma riesce a scorgere il profilo elegante dei mobili e delle alte lampade che si trovano a ogni angolo, i due quadri che suo padre le ha regalato per il suo quindicesimo compleanno e le porcellane – d’antica fattura – poste ai lati delle ampie finestre alla sua destra.
Si passa una mano fra i capelli e scivola giù dal letto, toccando in punta di piedi il pavimento ghiacciato.
Con passo svelto si reca dinanzi all’enorme specchio situato dall’altra parte della stanza e inorridisce alla vista delle spaventose occhiaie formatesi durante la notte sul suo viso pallido, che la rendono simile, se non identica, a un vampiro.
Immerge le mani nella piccola tinozza piena d’acqua e sali profumati posata esattamente sul mobile al di sotto dello specchio e si sciacqua il volto: le dita passano sul collo, dietro le orecchie, sulle palpebre stanche e arrossate, senza tralasciare nemmeno un piccolo lembo di pelle.
Poi, improvvisamente, si bloccano sulle guance rosse, e gli occhi, di nuovo aperti, osservano la persona che si riflette davanti ad essi.
È una ragazza.
Ha lunghi capelli neri, un viso tondo e grazioso, dai tratti lineari; ciglia lunghe, occhi luminosi, ma di quella brillantezza che si spegne nel tempo; labbra rosee e carnose; un corpo minuto ma ben proporzionato e un decolté da far invidia alla più bella delle donne.
Fa scivolare le braccia lungo i fianchi, la giovane, e fissa il proprio riflesso nello specchio con occhi lucidi, innocenti, mentre un brusio lieve l’avverte che il resto della famiglia si è appena svegliato e il giorno del terrore ha inizio.









Hinata Hyuuga sussulta quando, con un colpo secco, la cameriera stringe troppo uno dei lacci del suo corpetto, mozzandole il fiato.
«Ah!»
«Scusi, signorina!»
«Non importa, Ino» la giovane inspira e si morde nervosamente il labbro inferiore, sperando che la donna possa portare celermente a termine il proprio compito.
I secondi passano lenti.
Nella mente della ragazza non c’è niente; solo invisibili pensieri, attimi futili che non richiamano nulla alla sua mente, se non un orrore crescente.
E la voglia di sparire, di non vedere nulla – di non sentire nulla – si risveglia in lei, straziandola.
Cerca di reprimere quel deplorevole pensiero quando sua sorella fa il suo ingresso nella stanza, ordinando alla serva di uscire e provvedere ai preparativi per l’arrivo di un ospite.
Hanabi afferra l’ultimo laccio del corsetto della sorella maggiore e lo stringe con forza.
«Nostro padre è impaziente di ricevere il suo amico, sai? Sta diventando più irritante del solito.»
Sul viso di Hinata spunta un sorriso: ha colto l’irritazione contenuta nella voce della sorella.
«Non mi stupisco,» sussurra, «mi domando chi sia quest’uomo; non ho mai visto nostro padre così in fermento per qualcuno. Onestamente tutto ciò mi turba.»
Hanabi le dà una pacca sulla spalla nuda e prende la sottoveste posata sul letto, taciturna; poi l’aiuta a metterla, sistemando i punti sgualciti man mano che scivola sul corpo di Hinata.
«Secondo me ti vuole maritare» dice all’improvviso, sconvolgendo la sorella maggiore, che sussulta sbigottita.
Hinata si volta di scatto. «Non lo credi sul serio, vero?»
«Oh, invece non sono mai stata così seria in vita mia.»
«Tu non sei in età da matrimonio.»
«Io? E chi parlava di me?» sospirando, Hanabi la squadra lentamente. «Ho detto ti, non ci, Hinata.»
Gelido, il silenzio cala fra di loro.
Tic. Tic. Tic.
«N-non credo che a-abbia questa intenzione, Hanabi. È completamente assurdo» gracchia Hinata, spostando gli occhi verso il proprio letto.
«Su questo sono d‘accordo con te.»
Tic. Tic. Tic.
«E poi io non posso, i-insomma…» Hinata prende fiato. «Non sono ancora pronta!»
«Vero.»
Tic. Tic. Tic.
«Inoltre non può d-decidere di darmi in sposa senza che io accetti! È assurdo!»
«Di questo non sono del tutto certa, sorella.»
Tic. Tic. Tic.
Hinata rimane muta, ignorando il ticchettio dell’orologio a pendolo nel corridoio, e tenta di trattenere il terrore che la invade, mentre Hanabi la fissa impassibile.
Il vento agita le finestre aperte e ne muove le tende purpuree. Il rumore di carrozze in movimento aumenta, facendosi sempre più vicino. Il chiacchiericcio della servitù non passa sotto silenzio e attira l’attenzione di Hiashi Hyuuga, che comincia ad impartire ordini qua e là, autorevole.
Le due sorelle distolgono l’attenzione dal putiferio e si guardano nuovamente.
Tic. Tic. Tic.
«Secondo te finirò per sposarlo, vero?»
Hanabi Hyuuga alza le spalle.
«Penso proprio di sì.»








Note Dell'Autrice - Ok, bene, ecco una nuova NaruHina!  Sarà incentrata solamente su di loro e durerà solo 5 capitoli - capitoli molto lunghi, sia ben chiaro. Ho deciso di farla così corta per poter aggiornare nel minor tempo possibile, quindi non vi preoccupate: aggiornerò. Per quanto riguarda le altre storie sulla coppia, cercherò di muovermi, ma non ho molto tempo né ispirazione... quindi scusatemi, davvero.
Ora devo scappare! Baci :3

Mokochan







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Capitolo 2
*** - Parte Prima - Capitolo Uno ***


Bloody ROSE







♦ C A P I T O L O  U N O ♦




«Oggi vorrei che passaste un po’ di tempo col nostro ospite per fargli visitare ogni angolo di questa casa e, se non è di troppo disturbo, che facciate amicizia con lui.»
Può sembrare una richiesta, ma in realtà ha tutta l’aria di un ordine che non ammette repliche.
Hinata e Hanabi annuiscono col capo e si lanciano un’occhiata: tutt’e due sentono che c’è qualcosa che non va in quell’evento più di tutto ciò che comporta.
Una delle cameriere, Tenten, inizia a servire le pietanze.
«Padre,» Hanabi finisce di masticare un pezzo del suo pollo e posa la forchetta sul piatto, «vorrei sapere qualcosa in più sul nostro ospite. M‘incuriosisce.»
«Non c‘è molto da dire sul suo conto: è un giovane duca. Ha appena ereditato una cospicua somma di denaro da suo padre quand’è morto, e adesso amministra i beni di famiglia. È un giovane molto assennato, devo dire, differente dai ragazzi della sua età. Ho preso contatto con lui una settimana fa per sistemare dei conti e ho deciso di invitarlo qui.»
«Beh, potrei conoscere l’età di questo giovane duca, padre?» azzarda Hanabi, amabile.
Hinata sorride: solo la sua sorellina è in grado di blandire il loro amatissimo padre senza scatenarne l’ira.
Hiashi Hyuuga si pulisce la bocca e sorseggia il suo vino rosso, pensieroso.
«Dovrebbe avere vent’anni,» risponde infine, «così giovane e già così accorto. Non pensavo esistessero ancora giovani come lui in questo paese – anche se Neji la sa lunga, figlie mie, questo non lo ignoro. Ammetto, con tutta onestà, che ho dubitato per un attimo del nostro ospite quando ho saputo di alcuni suoi… precedenti alquanto imbarazzanti.»
E cosa mai avrebbe fatto di tanto sconcertante il nostro gentiluomo?, pensa Hanabi, curiosa.
Alla seconda portata, ponderate le domande giuste, la piccola Hyuuga ricomincia a parlare.
«Da come ne avete parlato, padre, non mi pare abbia fatto qualcosa di imperdonabile, o almeno non di così grave da influire sui suoi affari. Oppure sono in torto?»
Hinata inarca un sopracciglio. «Sorella, non mi pare una domanda corretta questa: non stai facendo che interessarti della vita privata di una persona che nemmeno conosci...»
«Hinata, lasciala stare,» Hiashi sorride freddamente, «posso soddisfare la curiosità di tua sorella senza recare danno alcuno alla nomea del nostro ospite.»
«V-volevo solo…» balbetta Hinata, mortificata.
«Ho capito, figlia mia. Ho capito.»
Invece ha la sensazione che suo padre non abbia capito un bel niente, ma evita di dirlo, sicura di peggiorare le cose aggiungendo altro a una discussione già persa in partenza. Quindi prende il suo bicchiere e centellina il vino, sperando di non essere nuovamente richiamata.
Tenten porta via i piatti quando Hiashi le lancia un'occhiataccia e, fatto il suo dovere, si ritira nelle cucine.
Il capostipite si sistema le maniche della giacca e osserva brevemente le figlie con i suoi occhi gelidi come l'inverno.
«Posso affermare con assoluta certezza che il ragazzo è stato vittima del parlare della gente e che mai avrebbe macchiato l‘onore della sua famiglia. E, anche se tutto ciò risultasse vero e lui fosse colpevole di avventatezza, questo non cambia il fatto che è un buon uomo e che non esiterei a difenderlo in futuro, se me ne fosse data la possibilità.»
Hanabi lo guarda a bocca aperta, incredula; Hinata, invece, quasi si strozza con il liquore: mai hanno sentito il proprio padre sostenere qualcuno con tanto ardore, né con un rispetto che rasenta l’impossibile e che, a quel punto del discorso, le porta a pensare che l’ospite sconosciuto sia un personaggio senz’altro fuori dal comune.


♦ ♦ ♦


Hinata è impegnata nella lettura di uno dei suoi romanzi preferiti quando, con passo svelto e deciso, sua sorella irrompe nella sala con l’aria stravolta. Dopo un momento di silenzio, Hanabi prende posto nel piccolo divanetto di fronte al suo, gli occhi accesi e le braccia conserte.
«Bene, adesso posso dirlo!» sbotta la giovane, fissando la sorella maggiore con impeto, «Nostro padre è impazzito!»
La giornata del terrore non ha fine, pensa Hinata. «Come mai dici questo? Cos‘è successo?»
Ci vuole qualche secondo prima che Hanabi decida di parlare. «Ha dato la stanza di Neji al nostro ospite. La stanza personale di Neji. Neji!» ripete, le guance rosse dall'agitazione, «Non era mai capitato!»
Di norma Hinata non ci avrebbe creduto, ma la faccia della sorella le suggerisce che non solo Hiashi Hyuuga ha fatto quanto ascoltato, ma ha anche ignorato una delle regole vigenti della casa: violare lo spazio personale di Neji Hyuuga.
Ottimo.
Neji è suo cugino, figlio del fratello gemello di suo padre, morto anni addietro per via di una brutta malattia di cui – ancora adesso – non conosce il nome.
Non avendo figli maschi, Hiashi si era affezionato al ragazzo e ne aveva fatto la sua copia sputata. Non era stato un bene per le figlie, che avevano dovuto subire i comportamente altezzosi del cugino.
Hiashi Hyuuga era capace di trasformare la persona più deliziosa del mondo in una tigre dagli artigli affilati.
In ogni caso, da una settimana Neji non era con loro: impegnato per affari a Londra, non sarebbe tornato che fra due settimane.
Hanabi si passa una mano fra i capelli e scuote il capo. «Io non so cosa stia succedendo, ma se davvero ha intenzione di darti in sposa a costui…»
«N-no, ti prego,» balbetta Hinata, inorridita alla sola idea, «sono cosciente dei doveri di questa casata, dei miei obblighi e d-del resto, ma non voglio sposarmi con qualcuno che non conosco, né tantomeno pensarci.»
Con le dita carezza la pagina su cui è aperto il libro e fissa le parole che vi sono scritte, nel tentativo di mandare via quella brutta storia – vera o falsa che sia. In fondo, quelle di sua sorella sono semplici congetture, prive di un qualsiasi fondamento.
Sono solo aria fredda.
«Prima o poi accadrà» commenta Hanabi, scrutandola con i suoi occhi d’un gelido lilla.
Prima che Hinata possa ribattere a quelle parole, la sua cameriera personale, Ino, apre la porta della sala e con un inchino fa il suo ingresso.
«Vogliate scusarmi. Vostro padre mi ha mandata ad avvertirvi che il duca è arrivato e che entrambi vi aspettano nello studio principale.»
Hanabi sbuffa e la congeda con un “grazie”, senza mostrare emozioni nei suoi confronti. Poi, dopo aver riflettuto attentamente, si rivolge alla sorella.
«Io non ho sentito rumore di carrozze, tu?»
Hinata scuote il capo, sconcertata. Avrei forse dovuto farci caso, a ogni modo?, si chiede.
«Il nostro duca è molto silenzioso.»
Detto questo, Hanabi si alza e incita la sorella a seguirla; non pare curiosa, tuttavia Hinata ha la netta impressione che quella vicenda abbia risvegliato la pettegola che è in lei, e che questo la spinga senza remore a farsi gli affari di quell’ospite illustre.
E tutto ciò, ovviamente, non è da Hanabi.


♦ ♦ ♦


È in piedi accanto alla finestra: invece di ammirare i grandi giardini che circondano la tenuta e che da quella stanza s‘intravedono particolarmente bene, i suoi occhi scelgono di studiare ciò che lo circonda.
Osserva i grandi quadri appesi alle spalle della scrivania di legno raffinato, le piccole statuette situate negli immensi scaffali collocati contro le pareti che li attorniano. Appoggiato sulla scrivania c’è un mappamondo di dimensioni medie. Accanto a questo vi è un volume di circa mille pagine dal titolo Economia: segreti di un’arte.
Qualcuno considera arte qualcosa che ti fa venire mal di testa solo a parlarne?, pensa l’uomo.
«Sono impaziente di sapere come vi trovate da queste parti» domanda Hiashi Hyuuga, richiamando la sua attenzione dopo svariati minuti di silenzio in cui, fra un entrare e uscire di serve, il padrone di casa non ha avuto modo di udire altro che qualche sporadica e cortese domanda.
Scrolla le spalle, il giovane ospite, e proclama: «Trovo che il paesaggio sia delizioso e la vita di città gradevole; sì, devo dire che non mi dispiacerebbe trasferirmi qui con mia sorella. Sempre che gli affari me lo consentano», ma nemmeno per idea, aggiunge mentalmente, scoccando un’occhiata disinteressata all’enorme pila di documenti disposti sul tavolino accanto a lui.
«Ne ero certo!» esulta pacato lo Hyuuga, annuendo, «Se volete...»
Uno schiocco improvviso – non sono più soli.
Poi una voce allarmata interrompe bruscamente il conte, che si volta accigliato verso l'ingresso dello studio.
«Suppongo sia giunto il momento di presentarvi le mie figlie, signore. Potete starne certo: saranno per voi la migliore delle compagnie.»
E, quando il ragazzo si volta verso la porta aperta, rimane paralizzato.
Devo ricordarmi di ringraziare mio fratello per questo viaggio, pensa, sorridente.
Due occhi lilla lo guardano dall’altra parte della stanza: sono grandi e intensi, quasi timidi; il viso grazioso è pallido e, malgrado ciò, le guance si sono colorate subito di un rosa acceso che la rende ancor più splendida; le mani stringono i risvolti del lungo abito bianco che porta con estrema eleganza.
Tiene il viso basso, forse in soggezione.
È un angelo.
«Vi presento Hinata, la più grande delle mie figlie. È estremamente timida, ma non vi dovete preoccupare: è solo il risultato della buona educazione impartitale dalla madre.»
Il duca annuisce. Non era difficile da immaginare.
Pensa rapidamente a cosa fare e, quasi senza rendersene conto, si avvicina alla ragazza e le prende la mano; un lieve tremolio avviene al contatto.
«Piacere di conoscerla, Lady Hinata» le sfiora il dorso della mano con le labbra, soffermandovisi per qualche secondo più del dovuto – d’altronde non può farne a meno: Hinata lo attira.
Si scosta un poco da lei e continua a guardarla, non lasciandosi sfuggire nulla: non le labbra piene che sembrano invitarlo a baciarla quando si dischiudono un poco; non il collo sottile e caldo su cui immagina di poter affondare il viso; non i seni gonfi e bianchi che invitano alla lussuria più sfrenata; non quel sorriso che per ultimo mira dritto al suo cuore, stordendolo.
Prova un'attrazione che non sa spiegarsi, ma che lo illumina, automaticamente, quando lei gli rivolge un timido sorriso.
«Questa invece è la più piccola, Hanabi,» Hiashi gli indica la ragazza alle spalle di Hinata, asciutto.
Simile alla sorella, certo, eppure di una bellezza assai diversa: Hanabi Hyuuga si presenta con un inchino e un’occhiata gelida che dice tutto – facile immaginare da chi abbia preso.
«Bene. Adesso tocca a me presentarmi, pare,» dice a disagio, «credo che vostro padre non vi abbia detto molto sul mio conto, mie signore,» aggiunge  incerto.
«Ha detto tutto ma ha tralasciato il nome, se lo volete sapere,» risponde Lady Hanabi con tono affabile, suscitando l’agitazione di Lady Hinata che le dà una gomitata, stupefatta.
Più che affabile, la ragazza pare fredda come la lama di una spada, pensa l'ospite, curioso.
«Lady Hanabi, sono certo che il mio nome non sia tanto rilevante,» le sorride, ironico, mentre si sistema la giacc, «ma se proprio ci tenete a saperlo, non c‘è problema. Mi chiamo Minato. Minato Namikaze.»






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Capitolo 3
*** - Parte Prima - Capitolo Due ***


Bloody ROSE







♦ C A P I T O L O  D U E ♦




La porta si chiude silenziosamente alle sue spalle.
I suoi occhi azzurri scivolano verso il soffitto, poi sull’enorme quadro posto sopra il letto a baldacchino alla sua destra.
Tira un sospiro, mentre con la mano sinistra inizia a sbottonarsi la camicia, sovrappensiero.
Accanto alla porta sente passare qualcuno; tende l’orecchio in un gesto automatico: non è raro, per lui, ascoltare discorsi che non lo riguardano.  Nonostante ciò, lascia perdere quanto si rende conto che è solo una delle serve della tenuta.
Poco male, pensa Minato.
Attraversa la stanza fino ad arrivare ai suoi bagagli: si inginocchia di fronte al più grande e inizia ad aprirlo, sfilando molto attentamente le stringhe che l’avvolgono – poi, quando il coperchio si apre, il ragazzo si chiede perché è stato costretto a venire in un posto del genere.
Tira fuori un blocco di fogli bianchi e tutto ciò che gli occorre in quel momento, ignorando il piccolo cofanetto sistemato in fondo al baule e che, più di una volta durante il viaggio, è stato fra i suoi pensieri.


13 Maggio 1851, Primavera

Allora, vediamo: prima impressione? Hiashi Hyuuga mi dà la sensazione di essere un uomo noioso, attaccato al denaro; non nasconde di essere uno dei nobili più conosciuti del paese né si degna di parlare sinceramente. Che qui io sia ospite o meno, a lui non interessa: vuole solo portare a termine quest’affare, null’altro – mentre scrive ripensa alle figlie dello Hyuuga e sorride – Le sue figlie, Hinata e Hanabi, invece, sono del tutto diverse da lui – sebbene la minore abbia uno sguardo capace di trafiggere l’uomo più temerario. Non sono ancora riuscito a farmi un’idea di Hinata Hyuuga, ma non ci metterò molto: due buone parole, un sorriso e sarà fatta.
Non lo credi anche tu, fratello?

Sai una cosa? Non è tanto male qui… mi trovo assai bene. Certo, avrei preferito rimanere a casa a occuparmi di nostra madre, ma tu sei il solito! Perché mandare me? Perché? Sai perfettamente come la penso in merito, come sai che non sarei mai voluto venire qui.  Doveva essere compito tuo, tuttavia mi hai costretto a mandare missive, lettere senza fine e a fare il cattivo gioco. Di questo non mi dimentico, sai!
Ma non fraintendere: non ti odio. “Odio” è una parola grossa, per quanto mi riguarda…
Spero che la tua risposta arrivi presto: non sono certo di riuscire a trattenermi più di così.
E tu sai cosa intendo! (nel caso tu non abbia capito, fratello, sono davvero arrabbiato!)
Manda i miei saluti alla mamma e a quella pazza di Rin.
Un saluto,

Minato


♦ ♦ ♦


Il sole batte sui giardini, irradiando tutto. Il tempo è mite, piacevole quasi; i fiori che crescono fra alberi e siepi profumano di primavera, le rose sono rosse come il sangue.
Minato sorride e alza lo sguardo verso il cielo azzurro, che si confonde con i suoi occhi, mentre un venticello tiepido gli scuote i capelli biondi.
«Vedo che trovate piacevole questo luogo,» Hanabi Hyuuga lo affianca, cogliendolo alla sprovvista.
Annuisce. «Non ho mai visto nulla del genere, Lady Hanabi. Quanto tempo è stata impiegato affinché questi giardini crescessero splendidamente, così come li vedo?»
«Cinque anni, da quel che so. Mia madre se n'è occupata personalmente fin quando ha avuto vita,» la giovane si china verso alcuni gigli bianchi e li annusa, deliziata.
Minato la osserva per qualche secondo, finché non si accorge che Hinata è poco distante da loro: seduta sull’erba legge un libro, voltandone di tanto in tanto le pagine.  È talmente concentrata da non notarlo quando, con un sorrisetto, le si siede accanto.
«Cosa leggete?»
Hinata sobbalza e lo guarda confusamente. «P-prego?»
«Vi ho chiesto cosa leggete.»
«È un romanzo d-di… di un certo Jiraiya.»
Mentre parla le guance le si colorano di rosso e gli occhi rimangono fissi sul terreno.
Non ha il coraggio di guardarmi? Oppure cosa? Proprio non la capisco, si dice Minato, inarcando un sopracciglio e studiandola per qualche secondo, curioso.
Aveva passato la mattina a discutere con Hiashi Hyuuga di questioni del tutto irrilevanti mentre le sue figlie passeggiavano tranquillamente per i giardini della tenuta; notato il suo sguardo interessato, il capostipite aveva deciso di interrompere la discussione per mandarlo da loro.
Aveva annuito, Minato: in fondo, era l’unico modo che aveva per liberarsi di lui.
E ora eccolo lì, seduto con Hinata Hyuuga e osservato freddamente dalla sorella minore.
Ma che bella cosa, pensa. Okay, cerchiamo di fare conversazione con la dolce Hinata!
«Di cosa parla? Da come lo leggete, deve essere molto interessante.»
La ragazza annuisce. «Parla d-di guerra e pace.»
«Guerra e pace. È un argomento intrigante,» o il più noioso del mondo.
Forse nota la sua perplessità perché, trovato il coraggio di guardarlo, la bella Hinata chiude il libro e dice, in un balbettio sconnesso: «Beh, io n-non so quali siano i vostri g-gusti, pero vi assicuro c-che è un bel libro.»
Minato la guarda a bocca aperta, sorpreso dal suo fervore. «Sono di gusti difficili, Lady Hinata.»
E, mentre arrossisce, Hinata gli sorride. «Potete c-chiamarmi solo Hinata, signor duca.»
Quel giorno il vento soffia dolcemente e l’aria... sa di pesca.
«Come volete… Hinata.»


♦ ♦ ♦


«Non pensavo che fare compere fosse il vostro… hobby.»
Minato si sistema il cappello ed evita di andare a sbattere contro una commessa, richiamando l’attenzione di Hinata e Hanabi.
La piccola lo guarda. «In effetti è il mio passatempo preferito, non quello di mia sorella; lei ama leggere e stare rinchiusa nella sua stanza a comporre poesie sulla tristezza della vita. O della morte, quand'è depressa per qualcosa.»
Hinata sgrana gli occhi e s’intestardisce a ispezionare il pavimento lucido per non incontrare gli occhi interrogativi del duca, le guance più rosse del solito e uno strano tremore che la scuote un poco.
Minato sussulta e la fissa, senza riuscire a comprendere quello strano comportamento. Poi, deciso a non prolungare quell’irritante silenzio, dice: «Beh… ognuno fa quello che più lo diverte. A me, ad esempio, piace mangiare finché non ho più posto nello stomaco!»
Si deve stupire quando Hanabi inarca di tre centimetri esatti un sopracciglio e Hinata... ride?
Mh, forse non è una cosa da dire in giro, pensa il ragazzo, sforzandosi di sorridere. «Che c‘è?»
«N-nulla, signor duca. Proprio nulla,» e, mentre sussurra questo, Hinata scuote il capo e segue la sorella minore, che nel frettempo ha deciso di allontanarsi da lui per non udire altro.
«Posso sapere perché vostra sorella mi odia?» domanda Minato, sottovoce, lanciando un’occhiata incerta ad Hanabi, ferma davanti a un lungo abito di raso azzurro che pare attirare il suo interesse.
Hinata distoglie lo sguardo da lei per rivolgerlo a Minato, cortese. «Hanabi non vi odia. Si comporta così con tutti, anche se ho l‘impressione che provi una certa antipatia nei vostri confronti.»
«Ah,» Minato si gratta una guancia, perplesso, «questo non è un bene.»
Hinata sorride. «Sa, Minato? Credo che Hanabi sia diffidente solo perché non vi conosce abbastanza.»
«Nemmeno voi mi conoscete quanto basta per ritenermi una persona simpatica, eppure mi sembrate più distesa nei miei confronti di quanto lo sia vostra sorella – anche se, posso confessarvelo? Balbettate spesso quando vi rivolgete a me, Hinata, e non ne ho ben capito il motivo.»
Hinata lo guarda per un secondo, poi scuote il capo. «Sono… p-piuttosto i-intimidita da voi, tutto qui.»
«Vi mette in imbarazzo la mia presenza?» chiede Minato, dubbioso, «Dite sul serio?»
«Beh… sì, e-ecco, m-ma m-mi succede s-spesso con…,» si blocca e prende aria, nervosa, «la maggior parte d-delle persone.»
Si fermano a guardare la sezione riservata ai capi maschili.
Minato ne osserva qualcuno senza particolare interesse; allora, con la coda dell’occhio, dirotta la sua attenzione su Hinata: è ferma in un angolo poco distante da lui e si tortura il labbro inferiore, che nel giro di qualche secondo diventa deliziosamente rosso; ciocche di capelli sfuggono all’acconciatura elaborata ma nascosta da una cuffietta color panna, e le ricadono sulle guance; respira con maggiore irregolarità, lo nota dal petto che si alza e abbassa continuamente.
Forse non riesce a respirare come si deve per via di quei maledetti corpetti che le donne sono costrette a portare. Chissà come fa a resistere. Fa pure caldo, pensa Minato, osservandole incuriosito il petto e spostando velocemente gli occhi su un manichino quando la giovane nota il suo sguardo. Okay, fissare il decoltè di una signora non è bene, rammenta, imbarazzato.
Chissà quante volte suo fratello gli avrà detto: “Non guardare troppo una donna, potrebbe pensare male di te e scambiarti per un libertino… o, peggio ancora, uno squilibrato.”
Quando ci pensa gli viene da sorridere – anche se questo, come sempre, lo fa sentire un idiota.
Sospira e raggiunge Hinata, reprimendo il disagio che prova quando l’affianca.
«Siete sicura di stare bene?»
Ecco, con questo posso spiegare perché la fissavo. Spero.
«S-sì, certo.»
Eppure sembra quasi che stia per soffocare.
«Sorella, vieni qui! Ho trovato un abito perfetto per il ballo di domani!»
Hanabi spunta da dietro uno scaffale, entusiasta. «Scommetto che ti starà d‘incanto.»
«Ah-ah.»
«Dai, su. Non abbiamo tutto il tempo.»
«Sapete, credo che vostra sorella non si senta molto bene,» mormora Minato, voltandosi verso Hanabi.
«Ma se sta benissimo!»
«Dite? Lady Hinata, state davvero bene? Lady Hinata?» e quando non riceve risposta, il duca torna a guardare la ragazza e la vede barcollare. «Oh, dio!»
L’afferra rapidamente, evitando che cada a terra, mente Hanabi alza gli occhi al soffitto e sparisce di nuovo dietro lo scaffale. Chissà perché, Minato ha la netta impressione che non sia la prima volta che Hinata Hyuuga perde i sensi all’improvviso.






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Capitolo 4
*** - Parte Prima - Capitolo Tre ***


Bloody ROSE







♦ C A P I T O L O  T R E ♦




«Dio mio.»
Hinata butta a terra il corpetto e respira più che può, sedendosi poi sul letto appena fatto, sotto gli occhi divertiti di Ino.
«Credo proprio che Tenten abbia stretto troppo il corpetto, stamattina,» ridacchia la bionda, raccogliendo il bustino e stringendolo fra le braccia, incerta.
«Può capitare, non importa,» sussurra Hinata, mortificata, «mi dispiace solo che il nostro ospite abbia dovuto portarmi in braccio fino alla tenuta.»
Hiashi Hyuuga non permette alle carrozze di attraversare il lungo viale che conduce prima ai giardini e poi, dopo pochi minuti, al podere: non vuole che nessuno rechi danno al paesaggio, segno chiaro dell’affetto provato per la defunta moglie. Per questo Minato si era preso il disturbo di portarla in braccio fino alle sue stanze, cosa che, a suo parere, non sarebbe dovuta accadere, e invece…
Hinata sospira. «Hanabi avrebbe potuto far chiamare qualcuno. È stata proprio scortese!»
Ino la guarda per qualche secondo senza proferir parola; infine, commenta: «Sua sorella è simile a vostro padre.»
«Oh, ne sono ben consapevole, purtroppo!»
«Ma è giovane e non sa quello che fa.»
«Ha quattordici anni, buon Dio. Io alla sua età non ero così insolente e petulante.»
La cameriera scoppia a ridere e le siede accanto, posandole una mano sul braccio, sorridente.
«Signorina, ci conosciamo da quando avevamo appena tre anni e ho visto, come voi, nascere Hanabi. L‘ho vista crescere e… posso dire una cosa? Spero di non offendervi.»
Hinata annuisce, curiosa «Dimmi pure, Ino.»
«Voi avete preso tutto da vostra madre, mentre Hanabi ha avuto come riferimento solo il padre. Credo sia per questo che si pone in modo così diseducato. Non che sia un male, ovviamente,» aggiunge, pensierosa, «i membri dell‘alta nobiltà si comportano allo stesso modo.»
Hinata accenna un sorriso, pensando che Ino è sempre stata schietta e che questo le piace.
Per anni si è confidata con lei e si è fatta coraggio anche grazie al suo continuo supporto.
Non riesce a immaginare la sua vita senza Ino, sarebbe assurdo.
«Hai ragione. Spero solo che le passi. Non vorrei avere un‘altra primadonna in casa!»
Entrambe scoppiano a ridere e Hinata, finalmente rincuorata, rivolge il suo pensiero a Minato, senza capirne il perché.


♦ ♦ ♦


16 Maggio 1851, Primavera

Caro fratello,
Parteciperò a un ballo! Esatto, proprio così. Era da tempo che non mi accadeva una cosa simile, ma questo lo sai benissimo anche tu. Si terrà oggi nella tenuta e ci saranno molti ospiti, il meglio del meglio! Non lo trovi orribilmente stucchevole?
Non voglio essere acido, però mi fanno rabbia. Tutti, dal primo all’ultimo.
Mi conosci e sai che mandare me è stato un errore. Tu sei più tranquillo, resti impassibile davanti a queste cose... eppure ti sei lasciato convincere dalla mamma, e ora guarda un po’!
Sto facendo quello che ci siamo ripromessi, riguardo a queste lettere, fratello mio.
Credo di aver inquadrato Hinata Hyuuga, ma non ne sono certo. So solo che è diversa. Non è come suo padre, si tiene in disparte ed è tranquilla. È – come posso definirla? – dolce.
Per certi versi somiglia a Rin: è buona, non eccede mai e sorride quando può; si fida di me, al contrario di sua sorella, e mi tiene spesso compagnia. Qualche volta arrossisce. Temo che la causa sia la timidezza accennatami da suo padre. Non lo vedo come un difetto, tuttavia, anzi: è graziosa.
Non ti stupire di queste parole. So di essere spesso irruento con le donne e non lo nego. Malgrado ciò, mi affascina la figura di questa ragazza silenziosa e innocente in questo mare di squallore. Forse è l’unica di cui ci si può davvero fidare, qui.
Vorrei che non fosse sua figlia, perché ferire una ragazza così buona proprio non… non voglio nemmeno pensarci, ecco. Lo trovo più che ingiusto, cerca di capirmi.
Maledizione, proverò a trovare una via d’uscita da questo irritante labirinto; se non ci riuscirò, allora dovrò per forza agire e pregare – cosa che non faccio mai, e me ne dispiaccio.
Per l’età che ho, devo dire di averne passate di cotte e di crude, non solo a causa di quello Hyuuga maledetto, ma anche delle mie piccole scappatelle; vorrei dimenticarmi di ciò, in un modo o nell’altro, ma credo sia impossibile, visti i danni da me provocati a te e alla mamma.
Gli affari stanno procedendo bene e fra non molto porterò a termine parte di quanto deciso.
Non so cos’altro dire, solo… spero di rivedervi presto.
Un Saluto,

Minato





«Signor duca, sono certo che questo ballo vi piacerà: non ci facciamo mancare mai niente in queste occasioni.»
Hiashi Hyuuga sorride freddamente e poggia il bicchiere ancora colmo di vino sulla tovaglia bianca, spezzando il silenzio del pranzo, segno dell’importanza che avrebbe avuto la serata.
Hinata posa le mani in grembo e osserva paziente il loro ospite finire di divorare in un atto del tutto cannibalesco – o perlomeno così suo padre lo definirebbe – l’agnello e sussultare, confuso, a quelle insolite parole.
«Dite?» Minato si pulisce la bocca e spalanca un po’ gli occhi, interessato, «Cioè, certo non dubito di questo. Però mi mette una certa curiosità, non posso negarlo.»
«Oh, vi posso assicurare che ci saranno innumerevoli balli, pietanze di ogni tipo e donne bellissime,» il padrone di casa si sistema il colletto della camicia e scruta le figlie, improvvisamente aspro, «è anche un‘ottima occasione per trovare marito, non pensate?»
Hinata spalanca la bocca: il peggiore dei suoi incubi sta salendo in superficie!
Sperava di averlo affogato in quella tediosa settimana, ma a quanto pare non è così e adesso ci deve fare i conti.
Possibile che Hanabi debba sempre avere ragione?, si dice la Hyuuga, cercando gli occhi della sorella che, in quel momento, ha assunto la sua stessa posa rigida e stupefatta.
«Marito?» Minato inarca un sopracciglio, sorpreso, «le vostre figlie stanno per prendere marito? Non sono troppo giovani?»
Aspetta!, Hinata incrocia lo sguardo di Minato e poi quello di Hanabi, incredula. Non sta parlando solo di me, ma…
Hiashi scoppia a ridere. «Entrambe sono più che pronte e sono sicuro che non vedono l‘ora di accasarsi bene. Inoltre, sono in età adatta: Hinata ha diciassette anni, mentre Hanabi ne ha quattordici. Non vedo, quindi, dove stia il problema. Mia moglie aveva quindici anni quando la sposai e a quel tempo non mostrò alcun dubbio, così come ogni donna dovrebbe fare.»


♦ ♦ ♦


È il colmo!, pensa Hanabi Hyuuga, affondando le unghie nel palmo della mano, irata, Non può farlo, non voglio!
Sbatte la porta del salotto, lanciando un’occhiataccia a Tenten, impegnata a spolverare un vaso.
«Tenten, esci immediatamente e portami un bicchiere di vino,» ordina, indicandole la porta.
Rimasta sola – la serva non ha esitato un secondo ad andarsene, forse conscia dell’ira della padrona – si reca alla finestra e scruta i giardini della tenuta, in cerca dei gigli di sua madre.
Non ha mai pensato al matrimonio e credeva che la prima a sposarsi sarebbe stata sua sorella.
Ma a quanto pare non è così, si dice.
Non se l’aspettava, deve ammetterlo.
Ci ha fantasticato raramente, per curiosità, e non essendosi mai innamorata non ha dedicato all’argomento molto del suo tempo; certamente, da una ragazza della sua età non ci si doveva aspettare che quello; un matrimonio con un giovane di prestigio e degli eredi.
Posa una mano sul vetro, in cerca di un appoggio solido, qualcosa che la possa sostenere in quel tragico momento.
E poi, improvvisamente, un bruciore inaspettato agli occhi e la gola secca le segnalano l’imminente pianto.
Sfrega il dorso della mano libera sugli occhi e deglutisce.
«Signorina, ecco il vino.»
La voce di Tenten rompe il filo dei suoi pensieri.
Hanabi si volta e la guarda, cercando di nascondere la debolezza che l’ha colta in quel piccolo istante – e che poco le si addice. La cameriera abbassa gli occhi color nocciola sul pavimento e stringe fra le mani il bicchiere, incerta. Poi – forse in un gesto di solidarietà o per pura pietà, questo Hanabi non sa dirlo – le prende la mano e la stringe, porgendole l'alcolico.
«Lo beva adesso, finché è fresco: le farà bene. Fa passare tutto, anche la paura.»
Parole d’oro.
Per un attimo, lo sguardo penetrante della Hyuuga la trafigge con freddezza, ma subito si rabbonisce.
E la piccola annuisce, senza mostrare gratitudine o rabbia.
I suoi occhi sono semplicemente vuoti.


♦ ♦ ♦


Un fruscìo.
Lo specchio riflette perfettamente Hinata Hyuuga, mostrandola in tutta la sua bellezza.
Indossa l’abito sceltole da Hanabi: turchese e impreziosito da trine e merletti, scivola sul suo corpo con dolcezza, esaltandone le forme morbide e accentuate.
In quel momento Hinata si sente bella e arrossisce, pensando a quanti uomini l’avrebbero guardata quella sera senza mostrare tatto. Già, perché gli uomini non hanno esitazioni quando si tratta di fissare il corpo maturo di una giovane ragazza come lei.
Certi sguardi la intimidiscono.
Si morde il labbro e pensa anche al fastidioso corpetto che le sta massacrando il busto: non solo ha cercato di ucciderla – perché purtroppo un oggetto del genere può fare anche quello – ma le ha fatto fare una pessima figura con Minato, il quale ha cercato di minimizzare l’accaduto.
Avrebbe dovuto ballare e muoversi per tutta la serata con quello addosso.
Ma questo non è il vero problema, pensa Hinata, demoralizzata. Oggi inizia la caccia al marito!
Ha pensato, quella mattina, dopo il discorso di suo padre, che sarebbe stato meglio farsi sposare dal signor Namikaze; il pensiero, ovviamente, si era rivelato assurdo e a dir poco imbarazzante: Minato non era lì che per affari! Eppure ha trovato attraente la sola idea, Hinata – senza capire il motivo di quel desiderio.
Forse, pensa ad un tratto, perché lo conosco? Perché trovo la sua compagnia più che gradevole?
Domande stupide, in un certo senso. Ma assai interessanti.
Scuote il capo e si dirige verso la porta; abbassa la maniglia e, quando esce nel corridoio silenzioso, va a sbattere contro qualcuno Un profumo intenso invade i suoi sensi, due mani grandi e forti l’afferrano e la spingono contro un petto ampio, tutto va in tilt: non c’è più niente, solo un calore che la scuote.
Non ha mai provato una sensazione del genere.
«Lady... Hinata?»
La voce profonda di Minato la riporta alla realtà. «Mi dovete scusare, non vi ho vista.»
Respira piano, il viso ancora contro quel petto caldo, e alza il capo, arrossendo violentemente alla vista di due occhi blu.
È buio, per questo le sembrano blu: in realtà sono azzurri e limpidi come il mare d’estate.
«N-non f-fa niente, sono io che non sono stata attenta, ecco,» sussurra Hinata, rossa in viso.
«No, davvero, scusatemi! Spero di non avervi spaventata. Dannazione. Scusatemi.»
«Signor duca, io… non è nulla. Capita.»
«Okay.»
Cala immediatamente il silenzio.
La ragazza abbassa il capo, pensando che lui la sta tenendo ancora fra le braccia: per quale motivo non la lascia andare?
Forse devo farglielo notare? Oppure si allontanerà da solo?
È sbagliato: lui non può stringerla così e non allontanarsi. Non dovrebbe proprio avere il permesso, per questo, eppure non fa nulla. Lui… lui la stringe e basta.
Ed è bello.
Finalmente, forse conscio di ciò che sta facendo, Minato si scansa e accenna un sorriso. «Bene, io... oh.»
Hinata sussulta, notando il modo in cui improvvisamente la guarda. «C'è qualcosa che non va?»
«Siete bellissima,» sussurra l’uomo, grattandosi imbarazzato la guancia, «scusate se mi permetto di dirlo, però è così.»
Un battito fortissimo al petto. Ancora quella sensazione sconosciuta fa capolino dentro di lei, portandola quasi a fremere.
«Ora è meglio che vada a prepararmi; fra un po' arriveranno gli invitati, Hinata. A dopo.»
Minato la saluta con un cenno e si allontana, lasciandola da sola in mezzo al corridoio semibuio, rossa e senza fiato.




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Capitolo 5
*** - Parte Prima - Capitolo Quattro ***


Bloody ROSE







♦ C A P I T O L O  Q U A T T R O ♦




Il rumore incessante delle carrozze e il nitrire dei cavalli, il chiacchiericcio della gente e i saluti non sentiti, il profumo di spezie, le numerose mani strette per educazione e l’enorme freddezza dei più ricchi nobili del paese mettono alle strette la pazienza di Minato, che li guarda con gli occhi in fiamme e le labbra contratte in un finto sorriso.
Ha passato dieci minuti a girare per la sala, bere vino e chiacchierare di cose che non lo attirano, nella vana speranza di incrociare Hanabi o Hinata ma, purtroppo per lui, le due fanciulle sembrano essere sparite nel nulla – questo certo non lo sorprende, vista la voglia matta di Hiashi Hyuuga di darle in moglie, forse nella convinzione di fare del bene alle figlie – cosa di cui Minato dubita fortemente.
«State cercando mia sorella, signor duca?»
Hanabi Hyuuga gli batte una mano sulla spalla e lo affianca, gelida, quando il biondo afferra un piccolo dolcetto da uno dei tanti tavoli preparati per l’occasione, colto da una fame improvvisa e irrefrenabile.
Minato sussulta e rimette il dolcetto al proprio posto. «Sì, avete indovinato. Sapete dov‘è?»
«Forse è da nostro padre o, più semplicemente, si è messa in disparte per non incontrare nessuno; odia stare in mezzo a persone che non conosce, teme di poter dire qualcosa di sbagliato.»
Sono cose come quella che fanno pensare a Minato che Hinata sia un po’ strana. «Capisco.»
La conversazione cessa lì e per alcuni minuti né Hanabi né Minato aggiungono alcunché; poi, inaspettatamente, la corvina sbuffa e stringe con forza il braccio del ragazzo, lasciandogli intendere che è completamente fuori di sé dalla rabbia per qualche motivo a lui ignoto.
«Allora?» domanda Hanabi, infastidita.
«Allora cosa?»
«Non la cercate più? Rimanete fermo qui a rimpinzarvi di cibo come al solito?!»
«Ma perché io dovr-»
«Mi ascolti,» sibila la giovane, fissandolo con determinazione, «mia sorella sarà triste per ciò che sta succedendo – questo discorso del matrimonio e tutto – quindi certo non è un bene che rimanga da sola e in disparte com‘è solita fare! E se state pensando che dovrei andare io a consolarla, beh, vi sbagliate di grosso: la persona più adatta in questo momento siete voi, che vi piaccia o no! Quindi lasciate da parte la vostra fame abnorme e cercatela. Subito!»
A bocca aperta, Minato prova a dire qualcosa di sensato a quella ragazzina petulante, ma fatica a formulare una frase decente; cosa potrebbe rispondere, che non ha tempo per quello?
Inoltre, non si è mai preso la briga di risollevare il morale di qualcuno che non fosse un membro della sua famiglia o un amico stretto, di conseguenza teme di poter usare parole sbagliate con Hinata, che è talmente fragile da spaventarlo, il più delle volte.
Alla fine, il duca chiede: «Perché sono io la persona più adatta e non voi, Lady Hanabi?»
«Semplice,» borbotta la nobile, seria, «voi piacete a mia sorella perché non dite mai cose che possano metterla in imbarazzo o giudicarla in qualche modo, ferendola; mentre io, signore, non farei altro che rimproverarla per il suo sciocco comportamento.»
Gli occhi lilla di Hanabi s’incupiscono. «Ve lo chiedo per favore: andate da lei e aiutatela.»
Minato ha pensato che Hanabi Hyuuga fosse totalmente simile al padre, ma si è sbagliato.
L’ha giudicata erroneamente basandosi solo su episodi futili senza rendersi conto di farle un torto; più ha scavato per capire la famiglia Hyuuga, più ha compreso che solo il capostipite ha del marcio dentro di sé e, anche se così potrebbe non essere, di questo non dubita minimamente e continua a nascondere dentro il proprio animo un rancore profondo.


♦ ♦ ♦


Passa attraverso cameriere e nobili e ignora Hiashi Hyuuga quando lo incrocia; solo un saluto veloce, poi nulla che abbia il diritto di rimanergli in mente.
Hinata, Hinata… dove ti sei cacciata?, si domanda Minato dopo l’ennesimo giro, nervoso.
Iniziano le danze, che lo spingono a uscire dalla sala; proprio accanto alle porte nota una figura femminile seduta per terra, nell’ombra: Hinata Hyuuga.
«Siete qui,» sussurra Minato, sorridente.
La ragazza sobbalza e alza gli occhi lilla in sua direzione, imbarazzata. «S-signor Minato.»
«Lo sapete, avete appena fatto intristire vostra sorella scomparendo in questo modo.»
«Mi spiace, non intendevo farla preoccupare.»
«Avete messo in agitazione anche me,» le confessa Minato, sincero, «anche se è stata proprio Lady Hanabi a costringermi a cercarvi… sono un po' negato in queste cose!»
«Quali c-cose?» balbetta Hinata, interrogativa.
Il biondo ridacchia e si lascia andare contro la parete accanto a lei. «Nel consolare e rallegrare una signorina come voi. Non mi è mai capitato se non con mia sorella, ma è diverso. E poi Rin è una mocciosa insolente, quindi…»
«Avete una sorella?»
«Oh, sì. Ha due anni meno di voi e parla tanto! Mai vista una ragazza con la sua parlantina. Un tempo era tranquilla, ma adesso è diventata una vecchia pettegola.»
A Hinata scappa un risolino che lo sorprende: è molto carina. «Pare simile ad Hanabi!»
«Sì, è un bel confronto… anche se ha delle particolarità che accosterei più a voi, che a vostra sorella. Ad esempio, siete entrambe gentili e buone; apprezzate le piccole cose e non chiedere mai troppo; inoltre siete altruiste e sincere con tutti. E mi tollerate!» aggiunge infine, facendo un po’ il broncio. «E dire che non sono poi così insopportabile! Ah, voi donne!»
Hinata, intanto, ha smesso perfino di respirare e ha iniziato a torturarsi le pieghe del vestito, stranamente rossa e impacciata nei movimenti. «D-davvero vi appaio così? Non vi sembro stupida, sempre irrimediabilmente angosciata e timorosa, o... strana?»
«Eh? Certo che no.»
«Allora solo voi non mi vedete così: tutti gli altri mi guardano in modo strano,» racconta Hinata, afflitta, «lo fanno quando mi sentono balbettare, o quando non rispondo alle loro domande per paura di sbagliare. Non frequento le altre dame e rimango chiusa nelle mie stanze perché amo scrivere, e molti pensano che sia un male, quando questa mia passione mi allontana dal fare conoscenze utili. Non sono brava in niente e agli occhi di mio padre sono inutile. Per questo vuole darmi in moglie, per levarsi un peso! Io, alla fine... sono insignificante.»
«Oh, ma non dite sciocchezze, Hinata!,» sbotta Minato, afferrandole una mano, «,non siete così, diamine. Okay, non siete proprio socievole e spesso nemmeno proferite parola, ma vi conosco abbastanza da capire che è il vostro modo di essere e che – diavolo! – certo non apparite strana, insignificante o cos‘altro vi passi per la testa! Quindi ritirate ciò che avete detto, per l‘amor del cielo: sono falsità!»
«I-io non pensavo che v-voi... insomma, io-»
«Hinata, almeno voi siete intelligente, bella e buona! Guardate me, invece: sono un miserabile bugiardo e non mantengo quanto dico. Non ci si può fidare di uno come me, ve l'‘assicuro» dice amaramente Minato, allentando la presa sulla sua mano.
Un battito di ciglia e Hinata cambia espressione: gli rivolge un sorriso comprensivo e angelico; con dolcezza, gli posa la mano libera sulla guancia. «Io non vi conosco in maniera così profonda da potervi giudicare e nemmeno voglio farlo. Però le vostre parole, Minato, mi hanno confortata un poco e vi ringrazio. Fate una cosa per me: non pensate mai male di voi stesso. Io non potrei accettarlo, davvero» sussurra, più decisa del solito. «Fatelo per me.»
«Non posso mantenere questa promessa, non a voi.»
«Perché no?»
Gli occhi azzurri di Minato si rabbuiano e, per la prima volta da quando si conoscono, il sorriso che è solito mostrare scompare. «Perché vi mentirò, finendo col ferirvi.»
«No, io sono sicura c-che-»
Ma lui non la lascia finire: intreccia la mano alla sua e se la porta alle labbra, iniziando a baciarne dolcemente il dorso con quegli occhi azzurri improvvisamente accesi da qualcosa; quasi la spaventano, ma lo lascia fare, rossa in viso e rapita: non ha mai provato nulla di simile. È la stessa sensazione di potente eccitazione che ha avvertito quando poche ore prima è andata a sbattere contro di lui, finendo fra le sue braccia.
Le gira la testa, quasi, sicché non può fare altro che pensare a quelle labbra morbide sulla sua pelle, al calore che la percorre pian piano.
Quella bocca continua instancabilmente a torturarla, si sposta sul polso sottile e poi, adagio, percorre tutto il braccio, salendo con lentezza voluta fino al suo collo.
«Minato…»
Cosa sta succedendo?


♦ ♦ ♦


Hanabi si siede e osserva le persone che danzano al centro della sala, senza provare nulla nei loro confronti se non una fredda indifferenza, con l’impressione che stiano sprecando tempo in frivolezze – come ogni persona dei ceti alti, d’altronde.
Si rilassa contro lo schienale della sedia e chiude gli occhi, concentrandosi sulla musica che si alza e abbassa privandola del silenzio di cui ha sempre avuto bisogno da quando è nata.
Ma, in quell’occasione, si adegua e scaccia i brutti pensieri, concedendosi una pace temporanea.



Un, due, tre.
Un due, tre.
Un, due, tre.



Dischiude gli occhi e torna a guardare ciò che si sta svolgendo attorno a lei, sempre più confusa; poi incrocia due occhi neri e decisi, un paio lilla e il terrore inizia a prendere possesso del suo corpo – e tutto inizia a muoversi a rallentatore, finché coloro che danzano diventano indistinte macchie fosche, e le luci s'abbassano all’improvviso e il mondo si ferma: la fine di quelle vite danzanti.
Spalanca gli occhi, Hanabi, e scatta in piedi.
Poi un urlo, e l’incanto di quella sala del terrore svanisce con l'arrivo del sangue.




Chi sei tu, che avvolto nella notte inciampi così nei miei pensieri?





Rumore incessante, grida.
Hinata alza la testa, ma Minato l’afferra per le spalle, cercando la sua attenzione – nascondendo più che può il nervosismo.
«Ve lo voglio confessare, Lady Hinata,» il giovane la guarda, risoluto, «nessuno mi chiama Minato perché è semplicemente il mio secondo nome. Uso questo solo quando gli affari – se così possiamo chiamarli, anche se la cosa mi sembra piuttosto ironica – lo richiedono. Ma vorrei che mi chiamaste col primo, da adesso in poi.»
Primo nome? Secondo?, Hinata lo guarda confusa e annuisce meccanicamente; è ancora agitata e quei rumori che ha sentito prima l’allarmano ulteriormente.
«Sapete, Hinata?» Minato sorride di nuovo, repentino, «Credo che dovremo rifare le presentazioni. Certo, è noioso, però è pur sempre una bella idea.»
E prima che Hinata possa dir qualcosa, il giovane si china su di lei e le strappa un bacio: lento, dolce e poi travolgente come un uragano, così come un bacio deve essere, con quel sapore sconosciuto e quel carezzare senza freni.
Il cuore della ragazza accelera, e due occhi azzurri che ghignano, divertiti, incontrano i suoi: «Piacere, Naruto Minato Namikaze!»



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Capitolo 6
*** - Parte Prima - Capitolo Cinque ***


Bloody ROSE







♦ C A P I T O L O  C I N Q U E ♦




Naruto aiuta Hinata ad alzarsi e volta la testa in direzione delle porte, senza riuscire a trattenere il terrore che avverte dentro di sé.
«Temo di aver creato troppo scompiglio.»
Hinata l’osserva, la mente colma di parole e sensazioni ambivalenti, certa che quell’uomo le stia nascondendo qualcosa – inutile dubitarne, Hanabi ha sempre avuto ragione.
Non sa se fidarsi di lui, non sa come reagire a ciò che sta succedendo, non sa come affrontare il fatto di essere irrimediabilmente attratta da Minato – no, Naruto – in un modo del tutto nuovo: trova difficile spiegare o capire addirittura quello che sta nascendo dentro di lei come il mare in tempesta, la confusione sta toccando livelli mai raggiunti e… e ha paura.
Naruto le sta nascondendo troppe cose e il suo comportamento, improvvisamente irruento e vitale, le dà motivo di credere che il modo in cui si è mostrato fino a quel momento non è reale, bensì una lunga e terribile menzogna; d’altronde lui stesso ha ammesso di essere un bugiardo, e certo di quelle parole non dubita. Anzi, è rincuorata perché le ha confessato qualcosa. Ma non è abbastanza.
«Signor Naruto, voi mi dovete qualche spiegazione!» sbotta Hinata, cercando i suoi occhi, «Cosa sta succedendo nella sala? Voi sembrate saperlo molto bene.»
«È lunga da spiegare e non sono certo che la potreste prendere bene, Hinata; in effetti, dubito che la cosa vi piacerà, quando vedrete ciò che è successo nella sala,» risponde senza preamboli il duca, stringendole forte la mano che ancora mantiene nella sua, io non sono un santo, ho fatto cose che potrebbero farvi cambiare opinione su di me e non ne andrò mai fiero, questo voglio confessarvelo con onestà. Solo, desidero che voi, Hinata, possiate fidarvi di me e ascoltare quello che io avrò da dirvi a notte inoltrata.»
«Pensate davvero che potrei dubitare di voi? Finché non mi direte perché vi state comportando in questo modo o… o perché non vi siete presentato col vostro vero nome, io non oserò dirvi nulla e vi darò fiducia, credetemi.»
Hinata si morde il labbro inferiore, combattuta fra l'aggiungere quell’ultima cosa oppure lasciar perdere, ma alla fine si libera dalla presa dell’uomo e riprende fiato. «Una sola cosa non vi perdono, signore,» sussurra, «il bacio che mi avete strappato e le vostre carezze. Nessuno vi ha dato il permesso per questo.»
Per la prima volta da quando si conoscono, Hinata Hyuuga l’ha guardato con disappunto.
Naruto arrossisce e la scruta con occhi diversi, sorpreso da quella reazione insolita e dannatamente attraente – finalmente può pensarlo! – certo, però, di averla in qualche modo ferita nell’intimo.
Ricorda ancora l’ultima donna che ha sfiorata; il tempo che è trascorso da allora gli pare immenso e, contemporaneamente, un qualcosa senza alcuna importanza, come è senza importanza il modo in cui ha deciso di porsi fin dall’inizio con Hinata, spinto dalle parole del suo compianto maestro Jiraiya.



“Quando devi fare qualcosa che non ti va giù, figliolo, cerca sempre di stare in campana e, se ne hai l’occasione – e solo in quel caso, mi raccomando! – prendi il punto debole dell'avversario e usalo. Sfrutta quello e riuscirai a cavartela in ogni caso.”
“E quale potrebbe essere un punto debole?”
Il maestro sospirò, rassegnato. “Va bene. Prendiamo una donna: bella, dolce, simpatica e altruista. Se ne trovi una così, usala. E per usarla, ovviamente, dovrai sedurla.”
“Non è leale.”
“Vero. Ma spesso si devono fare cose sleali per andare avanti. Io stesso ne ho approfittato varie volte: perché io volevo, perché loro volevano e tutto è andato sempre liscio come l’olio.”
“Maestro, lei è un Don Giovanni, è ovvio che queste cose siano per lei facili e vitali! Per me è diverso...”
“Non lo sarà più, da domani.”
Con quelle parole, Jiraiya chiuse il discorso.



A quel tempo Naruto non immaginava certo la piega che quel discorso avrebbe preso: all’età di quindici anni, il suo maestro lo portò nei sobborghi della loro città e gli fece conoscere alcune prostitute, ragazze belle e affabili; con una di loro, Sakura – ancora ne ricordava i tratti, il sorriso e i dolci occhi verdi – aveva perso la verginità e scoperto i segreti dell’erotismo e del gioco.
Avevano avuto una relazione durata non più di un mese: la donna scappò con un altro uomo e non la vide mai più.
«Mi dovete davvero scusare per quei gesti, mi sono lasciato prendere la mano» dice Naruto, senza enfasi, mentre fa di tutto per cancellare quei ricordi dalla propria mente.
Hinata lo studia, turbata. «È per voi naturale, quindi, trattare così una donna?»
«Affatto, però… vedete, io non ho alcuna intenzione di ferirvi o farvi del male, credetemi. Sono stato costretto da voi» aggiunge sinceramente l'uomo, grattandosi il capo.
La ragazza arrossisce di colpo. «S-state d-dicendo un‘assurdità!»
«No. Mi avete spinto voi con la vostra timidezza. E la vostra mano posata sul mio viso, Hinata, ha fatto tutto il resto: la dolcezza che avete mostrato nei miei confronti mi ha… spronato a compiere quelle mosse. Ma credo non sia il momento adatto per discuterne, sapete?» sussurra poi, facendole segno di non fiatare.
Il vociare degli ospiti sta agitando anche coloro che non sono nella sala, appura Naruto, guardandosi attorno.
Si muove verso la porta e vi sbircia oltre, individuando il corpo esanime di un uomo steso a terra e Hiashi Hyuuga chino su di esso. Poco lontano da lui si trova Hanabi, che osserva la scena con gli occhi spalancati: la freddezza che li distingue sembra aver lasciato posto a un certo sbigottimento.
Naruto, invece, non è affatto sorpreso. Constatato che la situazione non è delle migliori, infatti, si volta verso Hinata e la prende per mano. La trascina via con forza, ignorando ogni debole protesta che gli viene rivolta, e alla fine, quando la sala è abbastanza lontana da poter consentire loro di rilassarsi un po', gelido, il silenzio, elimina ogni possibile discorso.
D'altronde, Naruto non si sogna di aggiungere altro a un qualcosa di ormai morto, conscio dei pensieri che staranno vagando per la mente della donna.
Non ha alcuna specifica intenzione nei suoi confronti – la sola idea di poterla mettere in mezzo lo inorridisce – tuttavia desidera parlare con lei e confidarsi.
È un’amara decisione, ma sa che non può mentirle più per una questione di principio, di ricompensa e di perdono. Perdono per cosa, poi? Per il fatto che è stata lei a sedurlo e non il contrario? Inizialmente ha pensato di giocare un po’ con la ragazza, ma ha sbagliato i calcoli; ha preso tutto troppo alla leggera e si è invaghito di quella bellezza eterea – parole del genere non le ha nemmeno mai pensate, per Dio! – a adesso non prova altro che un forte eccitamento. Non di tipo sessuale, quello sa di poterselo scordare: ciò che sente è il nascere di un affetto imprevisto e indesiderato.


♦ ♦ ♦


L’aria fredda della sera è davvero un toccasana per Naruto che, in un moto di felicità, respira a pieni polmoni sentendosi finalmente libero di essere se stesso.
I giardini immensi della villa li avvolgono con la loro potente quiete.
«Sembrate così diverso,» nota Hinata, lanciandogli un’occhiata incerta, «perché per tutto questo tempo mi avete presa in giro – e avete preso in giro gli altri, signore?»
Il duca alza gli occhi al cielo. «Sono Naruto, per voi, Hinata! Naruto e basta.»
«Preferisco rivolgermi a voi senza alcuna confidenza,» spiega lei.
«Invece vi sbagliate – ultimamente anche spesso, sapete? Dovete rendervi conto che non tutti sono angeli buoni e innocenti, sinceri e fedeli. Io sono io, null‘altro. Di conseguenza, vorrei essere chiamato col nome che più mi si addice, invece che sentire un anonimo ‘signor Namikaze’ o ‘signor Naruto’. Si discostano molto da me, non trovate anche voi?»
Sul viso di Hinata spunta finalmente un sorriso. «Forse avete ragione, Naruto.»
Sorride, consolato. «Vorrei non essere così come sono, perché… beh, potrei sempre fregarmene di tutto e comportarmi con voi come vorrei! Ma... non posso, non ci riesco.»
Qualcosa lo sta bloccando, trascinandolo verso un luogo a lui sconosciuto, dove il peccato non trova spazio né luce.
Allora si siede sull’erba e nasconde il viso fra le mani, irritato – e sconcertato, e perso.
«Siete triste per qualcosa. Vi andrebbe di spiegarmi cosa vi affligge? Volete, Naruto?»
«Non posso dirvelo, anche se lo vorrei.»
«Perché?»
Naruto sorride, amaro. «Hinata, ve l‘ho già spiegato prima: finirei col ferirvi e mettervi in mezzo. Vi ripeto che non siete in grado di sopportare quello che ho intenzione di fare più in là.»
«C‘entra forse mio padre?» intuisce la ragazza, triste. «È questo che intendete, vero?»
ll giovane sussulta e la scruta. «Come fate a…?»
«Non siete il primo a mostrare cattive intenzioni nei suoi riguardi, solo questo. Non vi siete mai accorto dello sguardo che gli rivolgete quando pensate di non essere visto? I vostri occhi azzurri non celano nient'altro che odio.»
«Ed io che pensavo di essere un bravo attore. Evidentemente mi sbagliavo» commenta Naruto.
Hinata alza il viso verso il cielo e chiude gli occhi. Naruto la scruta interrogativamente, senza capire cosa le passi per la testa, poi le posa una mano sul collo.
Un gesto istintivo, qualcosa di tenero.
Non ha mai agito in un modo tanto affettuoso con una donna, pur immaginando ciò di cui queste possano aver bisogno il più delle volte. Tanto che – quando nota l’espressione confusa di Hinata – si rende conto di aver perso la testa per lei come uno stupido.
Già, è proprio uno stupido.
«Non riesco a capirvi» sussurra infine Hinata, posando la mano sulla sua e sospirando, mentre un leggero rossore le invade le guance – come sempre ha fatto, catturandolo. «Il vostro modo di fare mi confonde. I vostri gesti, le vostre parole, i vostri sguardi... non so come reagirvi, e ogni volta penso cose insolite e imbarazzanti. Sono disorientata. Ho paura di tutto questo, perché è la prima volta che lo sento.»
Naruto si avvicina di più, curioso. «Ciò che sentite vi fa battere forte il cuore, vero?»
Lei sussulta, a disagio. «Sempre, soprattutto quando mi sfiorate. E malgrado voi mi abbiate tenuto nascoste molte cose, non riesco proprio a farlo smettere, i-io…»
«Siete innamorata di me, Hinata,» azzarda lui, ingenuo – quasi felice, a tratti, «lo siete?»
Un piccolo ‘oh’ e Hinata abbassa il capo, chiude gli occhi e cerca di non rivolgergli lo sguardo, forse per celare ciò che sente dentro – o per vergogna, chissà.
Naruto la fissa di sottecchi. Pensa forse che sia sbagliato?
«Hinata, forse vi ho posto la domanda sbagliata?»
Lei scuote il capo. «N-no!»
«Volete una piccola confessione da me, allora?» propone il Namikaze, sorridente.
Quello che ha in mente di dirle non solo è sincero, ma è anche un modo per rassicurarla – almeno crede.
Hinata riapre gli occhi lilla e cerca i suoi, indifesa, proprio come un cucciolo.
«Io sono molto attratto da voi» esala alla fine Naruto, trattenendo l’imbarazzo. «Non so esattamente da quando, ma è così. Voi mi piacete molto, Hinata.»


♦ ♦ ♦


Hanabi Hyuuga ha visto il suo primo cadavere quando aveva appena tre anni e ancora lo ricorda: era bianco, freddo e duro come un sasso – una esposizione piuttosto infantile, ma all’epoca non era certo in grado di fare descrizioni profonde e azzeccate.
Eppure, certe espressioni di quel tempo avrebbero descritto alla perfezione una scena terribile come quella che ora i suoi occhi si ritrovano a dover osservare malgrado il disagio.
Adesso, nella sala, fra la gente sconvolta e le guardie della tenuta, Hanabi non ha che quelle parole in testa.
«Pare che l‘abbiano avvelenato, signore» la voce del dottor Shikaku risuona fra le grida.
«Avvelenato? Possibile che qualcuno ce l‘avesse con lui?»
Il dottore sospira. «Non sono in grado di rispondere a queste domande. Tuttavia, posso affermare che il veleno che ha fermato il cuore di questo signore ha agito in meno di dieci minuti. Colui che ha tramato alle sue spalle potrebbe essere ancora qui, fra di noi, o essere fuggito durante il trambusto, non lasciando tracce.»
«Inoichi.»
Uno dei servi, un uomo sulla cinquantina, si avvicina al capostipite, svelto. «Ditemi pure.»
«Voglio che tu e Umino controlliate quante persone sono presenti in questa stanza e, soprattutto, se qualcuno manca all'appello.»
Udite quelle parole, Hanabi si rende conto che Minato e Hinata non si trovano nei paraggi.
«Spero davvero che non sia ancora qui» Tenten carezza la spalla della Hyuuga, cogliendola di sorpresa. «Voi avete visto qualcosa d‘insolito, signorina?»
Hanabi scuote il capo. «No.»
Si guarda attorno, ignorando le lacrime di alcune signore e il lamentare degli uomini. Qualche sospetto, Hanabi, in verità lo ha, ma non vuole sbilanciarsi più di tanto, e alla fine esclama: «Secondo me è scappato subito dopo aver messo il veleno nel suo vino: quale individuo rimarrebbe sulla scena del delitto col rischio di essere smascherato?»






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Capitolo 7
*** - Parte Prima - Capitolo Sei ***


Bloody ROSE







♦ C A P I T O L O  S E I ♦




Hanabi esce dalla sala e si guarda attorno, in cerca di sua sorella e di Minato; ancora non sa cosa stia succedendo, ma ha la netta impressione che il loro caro ospite possa essere immischiato nell’omicidio, quindi non esclude nemmeno che sia stato proprio lui a mettere il veleno in quel dannato vino; per contro, sente che gli occhi che ha incontrato per un secondo, prima del trambusto, possano essere la chiave per capire tutto.
Perché quelli, in un modo o nell’altro, sono gli occhi dell’assassino.
Forse fantastica troppo? Non ne è certa, ma qualcosa le dice che ha ragione 
il suo istinto non sbaglia mai, lo ha appurato col passare degli anni; è piuttosto ferrata in queste cose.
Un brusio fastidioso attira la sua attenzione: proviene dal corridoio alla sua destra che, ironia della sorte, è proprio quello che deve attraversare.
«Non sarebbe male se tu la smettessi, Ino.»
«Oh, stai zitto. Perché non torni da tuo padre? Credo che abbia bisogno di te.»
«Prima mi chiami, poi mi mandi via. Sei proprio una seccatura.»
Hanabi inarca un sopracciglio e sbircia da dietro un angolo, sorpresa: Ino, la serva, e Shikamaru, il figlio del medico… che si parlano.
E lui la sta accarezzando. Accarezzando!, si ripete mentalmente la Hyuuga, sconvolta.
Sa che si conoscono da anni e che, spesso e volentieri, si sono ritrovati insieme, ma non ha certo mai sospettato che la bionda stesse con quell’idiota – senza offesa per il ragazzo.
A disagio, osserva quella mano posata sul viso di Ino e si chiede da quanto quella storia vada avanti.
Si morde il labbro inferiore quando si rende conto di dover prendere proprio quel corridoio, e si fa mille problemi, sicura che coglierli di sorpresa non sarà il massimo né per lei, né per loro.
Alla fine, prende fiato e avanza verso i due tenendo lo sguardo fisso dinanzi a sé.
Appena la scorgono, Shikamaru e Ino sussultano e si allontanano l’uno dall’altra: la bionda stringe al petto un piccolo vassoio, mentre il Nara porta le mani dietro la schiena e abbassa la testa, seccato.
«Signorina,» mormora Ino, facendo un piccolo inchino.
Hanabi si ferma, cercando di mantenere un contegno, poi borbotta: «Non fatevi beccare mai più in atteggiamenti così intimi davanti a me.»
Detto questo, la giovane Hyuuga li lascia soli nel loro imbarazzo.


♦ ♦ ♦


«Beh, credo che sia ora di tornare dentro» commenta Naruto, alzandosi in piedi con un salto.
Si passa una mano fra i capelli arruffandoli un po’ e lancia un’occhiata allegra a Hinata, ancora seduta e in preda all’agitazione per la sua shockante dichiarazione.
Forse ha esagerato – quante volte si è detto questo, in riferimento alla maggiore delle Hyuuga? – ma non ha potuto far altro che rivelarle la pura e semplice verità. Certo, gli è costata molta fatica e non può dire che la cosa lo abbia reso felice;  è abituato a mentire e sentirsi sicuro nel farlo, dire una cosa simile in quel modo, per la prima volta, sinceramente…
Okay, ha fatto una sciocchezza.
«Hinata?» la prende per la vita con scioltezza, irrequieto, e la mette in piedi quasi fosse una bambola. «Non vi avrò mica spaventata, spero.»
Hinata, già rossa per essere stata afferrata in quel modo, lo diventa ancor di più quando incontra gli occhi azzurri di Naruto. «No, certo che no.»
Sarà davvero così?, il giovane la fissa, incerto. «Siete proprio sicura?»
«Beh, i-io…» le parole faticano a uscire. «Non credo di aver capito quello che mi avete detto prima, Naruto,» Hinata abbassa gli occhi lilla sul proprio petto, «cioè, voi provate qualcosa per me?»
L’ho appena detto. «Sì, certo,» l’imbarazzo affiora anche in lui, imprevisto, «vi reca fastidio? Forse non avrei dovuto confessare subito  i miei sentimento, sono stato il solito stupido
«Vi date spesso dello stupido, avete notato?» commenta Hinata, accennando un sorriso di quelli che spesso lo stordiscono, mandandolo in tilt.
Difatti, Naruto le stringe la vita con più dolcezza. «Diciamo che sostengono spesso che io sia tonto, stupido, avventato; e devono avermelo messo talmente tanto in testa che, in effetti, quasi non riesco a smettere di ripetermelo.»
«Naruto,» Hinata prende fiato e lo guarda, «voi non siete nulla di tutto ciò.»
Lui sorride, contento. «Oggi mi avete riempito di complimenti, signorina Hyuuga. Spero che non smettiate mai, perché mi fate sentire l‘uomo più forte del mondo!»
Una brezza leggera li colpisce, lasciandoli al loro imbarazzato silenzio – un silenzio forse troppo intimo e privato, forse insolito, forse semplicemente una cupa serenità.
«Dobbiamo rientrare.»
Hinata si allontana improvvisamente da lui, senza fiato, le mani impegnate a stringere i risvolti di quella gonna lunga e maestosa; senza dire nulla gli dà le spalle e comincia a comminare velocemente, forse troppo sconvolta da ciò che è accaduto fra loro e troppo intimidita per poter aggiungere altro.
Naruto trasale e la rincorre, raggiungendola immediatamente.
«Che vi prende?»
La guarda in cerca di qualche risposta, ma non riesce a scorgere nulla del suo viso, celato dai capelli corvini che le accarezzano il collo bianco come il latte, così in vista in quel momento, da fargli venire in mente cose troppo ardite e sconvenienti; gli insegnamenti del suo maestro devono avergli fuso qualche rotella, perché non riesce a pensare ad altro che al corpo morbido e flessuoso di Hinata.
Entrano nella sala principale, attirando l’attenzione di Tenten, intenta a congedare qualche ospite; sembra molto sconvolta e irritata, a una prima occhiata, ma il Namikaze lo nota a malapena e continua a fissare la Hyuuga, che ha iniziato a salire le scale per andare, probabilmente, alle proprie stanze – dove potrebbe mai nascondersi, se non lì?
Con un cenno saluta la serva, che ha abbozzato un inchino prima di accorgersi dello strano comportamento assunto dall’ospite e dalla maggiore delle sorelle Hyuuga.
Naruto sale a due a due i gradini, stringendo i denti per il nervoso: non capisce proprio certi comportamenti, sembrano fatti apposta per fargli saltare i nervi – e ce ne vuole!
«Hinata, signor Namikaze.»
La voce ferma di Hiashi Hyuuga blocca ogni iniziativa da parte del biondo, che si ferma nel bel mezzo della scalinata, mentre Hinata alza le testa, incrociando gli occhi gelidi del padre.
Da quanto tempo Naruto non prova un tale odio nei confronti del capostipite degli Hyuuga?
«Mi stavo chiedendo dove foste finiti improvvisamente,» esala Hiashi, accennando un sorriso  – uno dei più finti che sia in grado di propinare alla gente.
Con la rabbia in corpo, Naruto risponde: «Vostra figlia mi stava mostrando i fiori al chiaro di luna: ritiene siano incantevoli alla luce della luna e devo ammettere che ha ragione,» sii meno acido, menti con più convinzione o quest’uomo ti scoprirà subito, si dice, «mi spiace di non essere rimasto di più al ricevimento, ma la curiosità ha avuto la meglio.»
Menti, menti, menti.
Menti finché non avrai più fiato in corpo.
«Avete fatto bene; i fiori dei nostri giardini sono i più belli che io conosca;  nulla da dire, sono opera della mia amata moglie.»
«Ne sono a conoscenza.»
Concluso che i fiori sono incantevoli, Hiashi Hyuuga sposta lo sguardo su Hinata, ancora ferma di fronte a lui. Non si è mossa per tutto il tempo, ha fatto tutto ciò che una serva deve fare in presenza del proprio padrone  – eppure lei non è una serva, ma la figlia di un conte.
«Malgrado l'improvviso quanto strano desiderio del signor Namikaze di ammirare i giardini a notte fonda, figlia mia, non ti saresti dovuta allontanare. Avresti dovuto chiedere il mio consenso. Ero preoccupato.»
«Non è la prima volta che mi allontano da questi ricevimenti, padre, lo sapete…»
Hiashi la scruta, irato. «Mentre tu facevi la civetta con il signore qui presente, è morto un uomo. Avvelenato,» aggiunge, portando le braccia al petto.
Naruto s’irrigidisce e sposta gli occhi a terra, per poi riportarli freneticamente al viso di Hinata, che in quel momento è finalmente visibile: è pallida, e la bocca è leggermente dischiusa per lo stupore suscitatole dalla notizia.
Poi una nuova ira monta dentro di lui al ricordo delle parole appena pronunciate da Hiashi – in particolar modo quel “fare la civetta” rivolto come un'aspra condanna a Hinata: un’ingiuria troppo grande per essere ignorata.
«Hinata non stava facendo la civetta con me, signore.»
Padre e figlia si voltano verso Naruto, sorpresi da quell’intervento.


♦ ♦ ♦


Non sa bene perché dubiti di Minato, tuttavia i suoi strani comportamenti  – a volte stupidi, a volte stranamente intelligenti  – non sono passati inosservati, e per tutto il tempo ha continuato a scrutarlo con curiosità, cercando di carpire qualche elemento utile alle proprie analisi.
Hanabi studia la stanza immersa nell’oscurità, facendosi luce con una piccola candela presa in prestito da Sai, uno dei servi personali di Hiashi Hyuuga.
Entrare di nascosto nella stanza di Minato era stato più facile del previsto, mentre evitare le domande di Sai sull’uso che avrebbe fatto della candela…beh, quella sì che era stata un’impresa.
Oggi non è proprio giornata, si dice, e alza una coperta per vedere se vi è nascosto qualcosa, ma nulla.
Prima i morti, adesso la stanza di un cretino. Cosa mi tocca fare!
«Spero ardentemente che questo Namikaze nasconda segreti scottanti, altrimenti me la prenderò a morte con tutti.»
Non è una bella cosa da dire, ma in quel momento non si sente di pensare altro: perché ha sonno, perché è arrabbiata e perché vorrebbe non aver visto uno stupido cadavere durante un dannatissimo ricevimento a cui non avrebbe voluto partecipare nemmeno per finta.
Sposta lo sguardo sulle tende scure e in seguito sulla scrivania, dove nota dei fogli sparpagliati qua e là; si avvicina e ne sfiora alcuni, scritti con una calligrafia molto poco elegante – disastrosa, se proprio deve fornire un parere adeguato.
Legge qualcosa, saltando alcune righe, ma non trova niente d’interessante; poi afferra una lettera, più lunga e dettagliata delle altre, e…
«Potrei sapere cosa ci fate nella mia stanza, signorina Hanabi?»
La luce invade la camera.
Hanabi si volta lasciando cadere la lettera, spaventata, e lancia un’occhiata a Minato, fermo accanto alla porta con le braccia conserte e un sorrisetto dei suoi sulle labbra.
Alla faccia dell’idiota. «S-scusatemi, non avevo intenzione di toccare nulla.»
Il giovane ospite guarda lei e il foglio posato a terra. «Di questo dubito molto, ma farò finta di niente. Ora vorrei che ve ne andaste, sono stanco ed è stata una lunga notte.»
Arrossisce, la Hyuuga, e con fare irritato si dirige verso l’uscita.
Quando affianca per un secondo il Namikaze, dice: «Posso immaginare quanto lunga sia stata la vostra notte, signore, e non me ne stupisco affatto.»




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Capitolo 8
*** - Parte Prima - Capitolo Sette ***


Bloody ROSE







♦ C A P I T O L O  S E T T E ♦




Lo specchio riflette la stanchezza e l’insolita gioia provocate dall’intensa notte passata con Naruto.
Hinata si posa una mana sulle labbra, sfiorandole appena in cerca di quel tocco brusco e caldo, di quel profumo e di quelle sensazioni che le hanno regalato emozioni contrastanti e indescrivibili, e per un attimo dimentica la tragedia che si è consumata, invisibile agli occhi di tutti gli invitati, nella sala dei ricevimenti durante la sua assenza.
Dalla finestra aperta penetra una brezza leggera e profumata; sono le rose che a loro agio impregnano di profumo ogni cosa, avvolte nella notte.
A lei piacciono, sono le sue preferite.
Abbandona lo specchio e si affaccia per vederle, rosse e scure, circondare quella parte del podere.
La sua defunta madre le aveva fatte posizionare in quella porzione di terreno per consentirle di guardarle ogni sera prima di andare a dormire; ed è proprio da quel giorno che Hinata ha preso l’abitudine di alzarsi nel cuore della notte, aprire le ampie finestre e lasciare entrare nella piccola camera l’aroma dolce e aspro delle rose scarlatte.
Con gli occhi accesi da un’allegria rara, Hinata immagina di poterle cogliere per darle alla madre – o, in quel caso, per deporle sulla sua tomba bianca e gelida.
Un pensiero triste, che in quell'attimo le dona una pace a tratti inquietante; culla, tuttavia, per il suo sconforto e per l’amore che in lei sta nascendo.
Le mani scivolano sul viso, lo coprono, nascondono le lacrime e un sorriso imbarazzato.
Poi il buio cala. La luna – invisibile agli occhi, ma pur sempre presente e pallida – è celata da un’enorme nuvola grigia; un velo opaco ne ha offuscato lo splendore, come le mani con  la sua incoerente letizia.
Quando i sentimenti si quietano, leggeri, Hinata lascia cadere le braccia lungo i fianchi e, pensierosa, chiude la finestra, dando le spalle ai giardini e all’ombra della sua pazzia.


♦ ♦ ♦


«Ah.»
Ino guarda la piccola bolla di sangue che fuoriesce dalla punta del suo indice e, con noncuranza e non poca irritazione, lo infila in bocca, bagnandolo con la lingua.
Ago e filo giacciono sul suo grembo ormai da due minuti; poco lontano da lei, esattamente accanto alla finestra aperta, Hanabi Hyuuga osserva i giardini, mentre Minato e Hinata siedono in silenzio accanto alla piccola libreria posizionata in un angolo in fondo alla stanza.
Nessuno proferisce parola, nemmeno il signor Namikaze, che ha sempre avuto qualcosa da dire anche nei momenti più impensabili – e pare proprio che questo suo modo di fare, quella mattina, non voglia far capolino.
«Chissà…»
Ino alza lo sguardo e incontra gli occhi lilla di Hanabi. «Chissà… cosa?» domanda, interrogativa.
Non ha mai osato rivolgersi – anche solo con riverenza – alla piccola Hyuuga, tuttavia quel silenzio inquietante la preoccupa non poco.
Hanabi sorride, fredda. «È da ieri che mi chiedo chi sia il colpevole dell‘omicidio del signor Maito. Potrebbe essere stato chiunque. Oppure no, chi può dirlo.»
«Qualcuno potrebbe essere penetrato nella tenuta, signorina?»
«L‘assassino è sicuramente uno dei nostri invitati,» mormora schietta Hanabi, volgendo nuovamente lo sguardo ai giardini, «di questo sono assolutamente certa.»
«Vi piace fare ipotesi,» commenta Minato, inserendosi nel discorso ridendo, «che ne dite di scommettere?»
«C-come s-scommettere?»
Hinata alza gli occhi dal suo libro e lo fissa, confusa.
«Ciò vi spaventa, Hinata?» insinua il Namikaze, lanciandole un’occhiata divertita, «Potrei giurare che la cosa non vi diverta per niente! Beh…» scatta in piedi, allargando le braccia, «provare non costa niente e vi assicuro che ci si può divertire molto e senza rischio alcuno.»
Le sue parole sono quasi arroganti, pensa Ino; prende con le dita affusolate l’ago e osserva l’espressione gelida apparsa nei tratti delicati di Hanabi, apparentemente insensibile alle parole dell’ospite – non ha nemmeno sbattuto le lunghe ciglia, immobile come una statua.
Hinata abbassa la testa verso il proprio libro e sospira, mordendosi il labbro inferiore; le dita sfiorano la copertina grigia, mentre i lunghi capelli corvini, quel giorno lasciati sciolti sulle spalle appena nude, creano un leggero contrasto col candore della sua pelle; lo scuro della notte e il chiaro dell’innocenza.
Ino non ne è sicura – non lo è più da quando Minato Namikaze è entrato nelle loro vite – ma ha la sensazione che Hinata non gradisca affatto quel genere di proposta, e il suo silenzio lo prova; ciò nonostante, le è parso di poter scorgere, solo per un fugace attimo, l’ombra di un sorriso sulle labbra rosee e appena dischiuse della Hyuuga.
«Cosa scommettete?»
La voce impassibile di Hanabi risuona nella stanza come mille spari; se ne coglie la lieve irritazione che, a quanto pare, il gioco proposto dal Namikaze ha in lei destato.
Sogghigna, il giovane uomo. «Secondo me l‘assassino non era fra gli invitati, signorina Hanabi. E ci scommetto… un pranzo in città.»
Grezzo, irriverente.
«Un pranzo? Oh, bene. Sapete cosa scommetto io, signor Namikaze? E badate bene: non potrete tornare indietro.»
«Ditemi pure.»
Con l’arroganza spiccata tipica degli Hyuuga, Hanabi alza la testa in segno di sfida.
«La mano di mia sorella. Se perderete la scommessa, sarete obbligato a prendere in moglie mia sorella Hinata.»
L’ago cade dalle mani di una sbalordita Ino.


♦ ♦ ♦


«M-ma c-cosa… t-tu non puoi farlo, i-io non posso e t-tu... s-scommetti simili cose?!»
Hinata passeggia per la stanza con le mani sul viso, sconvolta e furibonda – forse più imbarazzata che altro, in effetti.
Hanabi inarca un sopracciglio. «Sono più che certa che sei innamorata di lui, di conseguenza ho accettato la sfida; se non è così, posso anche ritirare tutto e dire che il mio non è stato altro che uno scherzo.»
Oppure no, aggiunge calcolatrice, osservando il viso sempre più rosso della sorella maggiore, in procinto di ucciderla per la prima volta da quando è nata.
Invece di ribattere, Hinata si blocca in mezzo alla stanza, farfugliando frasi sconnesse in cerca di qualche scusa valida, bugie inutili; ci vuole ben altro per ingannare Hanabi Hyuuga.
«Si vede lontano un miglio che lo ami. Sono anche convinta che lui senta lo stesso. Il problema è il suo comportamento rozzo e villano; se fin dall’inizio avesse agito in maniera differente da come si è posto finora, probabilmente avrei anche potuto parlarne direttamente con lui, invece… beh, mi piace metterti nei guai, sorella», e punirti per i tuoi pessimi gusti in fatto di uomini, pensa maliziosa. «Non sei felice, adesso?»
Hinata le lancia una mezza occhiataccia e si abbandona contro il muro, tetra.
«Chi ti dice che sono innamorata di lui?»
«Cioè?»
«Hanabi, ti sto chiedendo una cosa semplice!» esclama, lieve, Hinata. «Allora?»
Meglio non fingere ingenuità.
«Sorridi sempre, per questo si nota,» Hanabi si liscia la lunga gonna, spazientita, «quando parla sorridi; quando mangia sorridi; quando respira sorridi
Può anche fare un resoconto dettagliato di tutti i gesti anormali compiuti inconsciamente da Hinata in presenza del loro illustre ospite, giusto per imbarazzarla a morte e farle capire, finalmente, che si è presa una cotta per Minato. Oppure può terminare lì e vederla struggersi davanti ai suoi occhi come sempre: allettante l’idea di torturarla in quel modo.  Per un secondo, Hanabi si chiede se non sia cattiva nei confronti di Hinata. Poi, così come è arrivato, quel pensiero scompare – si sgretola – lasciando spazio al solo divertimento provocato dalla situazione in cui si è infilata senza permesso.
Hinata poggia la testa contro la parete e chiude gli occhi.
«Sorella, sei una sciagura vivente.»
Per motivi ignoti, quelle parole rendono fiera Hanabi, che le sorride imperturbabile.


♦ ♦ ♦


È rilassata.
Hinata prende grosse boccate d’aria, deliziata dal profumo dell’erba appena tagliata, e alza il viso verso il cielo nitido, che pare riflettere la sua stessa incoerente gioia; flette le braccia dietro la schiena, intreccia le mani e chiude gli occhi, respirando ancora, sempre più forte.
Non c’è caldo, la temperatura è gradevole; il vento soffia leggero, dandole l’impressione di volare – con la fantasia e col cuore, che batte al ritmo dei suoi pensieri.
Dischiude gli occhi lilla e li volge verso la tenuta, in cerca di quella finestra, senza vergognarsi di ciò che prova ormai da due settimane. E, quando incrocia due occhi blu attraverso un vetro opaco, non arrossisce nemmeno, ma sorride e accenna un saluto con la mano.
Lui sorride di rimando, luminoso.
E Hinata, che non ha mai provato quella leggerezza tipica dell’amore, perde un battito e trattiene il fiato – perché l’amore, a volte, è capace di toglierti tutto, anche il respiro.
Prima o poi mi ucciderà, pensa, col cuore in gola, lasciando che un dolce rossore invada le sue guance, prepotente.



Non sa nemmeno cosa sta facendo, sa solo che sta perdendo il controllo della situazione.
«Peggio di così non può andare» si dice a bassa voce, continuando a osservare la ragazza che cammina nei giardini, lanciandogli occhiate imbarazzate e suscitandogli una gioia sconsiderata, probabilmente una reazione automatica di fronte alla bellezza mostrata da quella fata.
Stringe la stoffa della tenda scura e tenta di trattenere il nervoso che lo corrode da ore, ormai, mentre le parole di Hanabi Hyuuga risuonano nella sua mente.
Si è lasciato imbrogliare da quella ragazzina e ora deve vincere a ogni costo la scommessa per evitare di sposare Hinata – anche se dubita che Hiashi Hyuuga gli lascerebbe fare una cosa simile, vincitore o meno.
Non può prendere in moglie proprio lei. Non può, ci sono tante e troppe cose che vanno contro quella improbabile unione e che potrebbero minare parte dei suoi piani.
Anche se…
Trattiene il fiato, mentre incrocia ancora una volta gli occhi lilla di quella splendida ragazza.
Andrò all’inferno. Andrò dritto all’inferno e non ne uscirò vivo, pensa tremante.
Si volta e chiude le tende; poi si dirige allo scrittoio con l’intenzione di stendere una nuova lettera. Si siede e prende il pennino, pensieroso – sottrarsi a lei è la cosa migliore.
«Signore.»
Uno scricchiolio.
Naruto scatta in piedi, estraendo dalla manica della camicia un piccolo coltello, tempestivo: due occhi scuri incontrano i suoi, assenti.
«Sai» gracchia Naruto, stupefatto, e abbassa lentamente l’arma. «Ti piace spaventarmi, per caso? Maledizione, mi hai fatto venire un colpo! La prossima volta sii meno ‘spaventoso’.»
Sai accenna un sorriso.
«Non vi volevo certo turbare, signore. Era mia intenzione non destare l‘attenzione di qualcuno della servitù, ma se non gradite, la prossima volta verrò qui con una scusa.»
Il duca teme che le cose non cambierebbero lo stesso, in quel caso. «Cosa c‘è?» dice poi, cercando di capire perché uno dei servi personali di Hiashi si trovi nella sua stanza, a quell’ora del giorno – ha detto a tutti che non voleva essere disturbato, ma pare che non l’abbiano ascoltato. «Sei venuto qui di nascosto, da quel che ho capito.»
«Ho preso una piccola pausa. Ma dovrò tornare da padron Hiashi entro dieci minuti o si arrabbierà molto con me.»
Pena, venti frustate?, si chiede Naruto, ironico. «Spiegami, non comprendo.»
Il ragazzo solleva una mano verso di lui, mostrandogli ancora quel sorriso irritante. «Per voi.»
Una lettera.
Naruto l’afferra con rabbia, spingendo via Sai, che non reagisce in alcun modo; non è la prima volta che il Namikaze si lascia prendere la mano, scattando in modo rude – è pur sempre tipico del suo carattere, no?
Sai ha l’impressione che una reazione da parte sua sarebbe legittima; tuttavia lascia perdere, e fissa con il suo solito mutismo l’espressione di Naruto, senza riconoscerne il significato.
«Questa di chi è?» domanda ingenuamente il Namikaze, alzando gli occhi verso di lui.
«È di vostro fratello, signore.»
«Ah», forse è stata una domanda stupida, la sua. «Beh, tu sai cosa dice? L‘hai aperta?»
«No, signor Namikaze.»
«Sicuro? Guarda che non sono uno stolto.»
Sai sorride. «Dubito della cosa, ma sì, sono sicuro di ciò che dico, signore.»
Naruto digrigna i denti quando coglie il tono sarcastico contenuto nella voce del ragazzo, e apre velocemente la lettera, curioso; poco prima di leggerne il contenuto, il Namikaze alza nuovamente lo sguardo in direzione di Sai.
«Ora puoi andare.»
Il giovane annuisce. «Solo una cosa, signore.»
La stanza è semibuia, illuminata soltanto da cinque candele, ma Naruto riesce a scorgere ugualmente  complice una candela particolarmente vicina – un’attenzione, negli occhi neri di Sai, che poche volte gli ha visto mostrare. Forse si sbaglia?
«Vorrei semplicemente ricordarvi di fare attenzione ai vostri comportamenti» Sai si dirige verso la porta e ne abbassa la maniglia. «Padron Hiashi non apprezza i cambi d‘umore, soprattutto se repentini.»
Sai scompare con la stessa velocità che ha mostrato nell'entrare, chiudendosi la porta alle spalle, silenzioso e inquietante.
Naruto scruta la porta, sconcertato, poi studia per un secondo la lettera, dirigendosi alla scrivania con passo lento – non vuole produrre alcun rumore, non vuole spezzare il silenzio e il tremore prodotto dal proprio corpo: è impaziente come non mai.
Si siede e lentamente inizia a leggere, spalancando gli occhi ogni due minuti e mostrando emozioni differenti, fino a quando, arrabbiato, non getta la lettera fra i tanti fogli sparsi sulla scrivania e si alza, buttandosi malamente sul letto a baldacchino.



Caro Naruto…






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Capitolo 9
*** - Parte Prima - Capitolo Otto ***


Bloody Rose










[A Katia,
sperando che gradisca questo capitolo estremamente NaruHina
o almeno, speriamo di non aver fatto boiate! XD
Buona lettura, tesoro!^^]











Capitolo Otto














«A quanto pare dovrete fermarvi qui per altre due settimane.»
Hiashi Hyuuga ripone in uno scaffale due voluminosi libri, cercando con gli occhi lilla gli spazi base in cui erano collocati in precedenza, e scocca un‘occhiata obliqua al ragazzo accanto a lui.
«Ottimo.»

Naruto Minato Namikaze lo osserva con espressione meditabonda e riflette su quanto da lui pronunciato; pare quasi che la sua permanenza prolungata renda felice il capostipite, quel giorno in vena di sorridergli.
Si gratta una guancia, scruta le gocce di pioggia che s’infrangono contro le finestre chiuse; poi, con piglio deciso, dice: «Mi dispiace davvero.»
Minato è rammaricato. «Spero di non recarvi fastidio», …e di non cacciarmi nei guai. «Inoltre, mi vorrei scusare per il comportamento tenuto qualche giorno fa, durante quell‘infausto ricevimento.»

Tuoni.
Hiashi si volta e annuisce. «Non vi dovete preoccupare: sono consapevole che le mie parole possano essere state fin troppo dure per Hinata e soprattutto per voi, Namikaze; mi auguro che certi fatti non abbiano seguito.»
Lo spera anche Naruto, perché quell’unico evento ha complicato irrimediabilmente i suoi piani - non che non lo siano stati fin dall‘inizio, difficili, ma non può nemmeno aggravare ulteriormente le cose e farsi prendere con le mani nel sacco.
«Me lo auguro anch‘io. Ora, se permettere, vorrei tornare nelle mie stanze.»

E mentre chiude la porta, Naruto si accorge del sorriso maligno che gli viene rivolto per la prima volta da quando ha messo piede nel territorio di Hiashi Hyuuga.
A che gioco stiamo giocando stavolta, Hyuuga?, si domanda il ragazzo, una volta solo. Lo vorrei proprio sapere...
«Maledizione».

Guarda le lancette dell’orologio a pendolo nel corridoio muoversi verso il basso, segnando ufficialmente l’inizio di quella giornata già di per sé disastrosa, e si dirige verso il pian terreno, scendendo con passo svelto le scale; incontra Ino e sorride allegro, poi spalanca le porte che danno ai giardini ed esce fuori, ignorando il freddo e le gocce di pioggia che gli bagnano la faccia - vuole sentirsi libero come il vento impetuoso e gridare, sfogare tutto.
Da quanto tempo non scaccia via le emozioni negative che per giorni lo hanno attanagliato? Perché si è lasciato opprimere dal peso che quella vendetta comporta? Si sta comportando come suo fratello, sta diventando serio e diligente, perfetto nei modi di fare, chiuso in una gabbia senza poterne uscire, perché qualcuno ha buttato probabilmente la chiave, imprigionandolo nell’oscurità - la stessa che troppe volte gli ha rovinato la vita.
Merda. Ottimo modo per distruggersi! Tutto sta diventando insostenibile, come se ne avessi bisogno! Ah, vorrei essere come Rin, che sorride sempre. Anche la mamma risulta  più simpatica di me, in effetti. Dannazione…
Naruto alza il viso verso il cielo, godendosi la sensazione del bagnato sulla propria pelle, goccia dopo goccia.

«Minato, ma cosa s-state facendo?!»
Hinata lo tira per la manica della giacca e lo riporta dentro, nel calore della tenuta. «Così vi prenderete solo un raffreddore, vi rendere conto? A volte vi comportate in modo sconsiderato.»

Naruto si passa una mano fra i capelli fradici. «Non ho resistito! E poi non vi dovete preoccupare; un po‘ di pioggia non potrà certo…», e starnutisce. «… mettermi fuori combattimento».
Okay, forse non è proprio così.
«Beh, sono sempre un Namikaze, sopravvivrò».

Hinata lo guarda con gli occhi spalancati, esitante, infine scoppia a ridere. «N-non cambierete mai, signore. Proprio mai».
«E perché dovrei farlo? Mi piaccio così, irruento e scemo!» il ragazzo sorride, solare. «Comunque, sono stupito: non dovreste essere nelle vostre stanze, a comporre poesie deprimenti sulle sfortune della vita e… uhm, l‘inesorabilità della morte?»
Chissà perché, ricorda ancora ciò che Hanabi gli ha raccontato tempo prima - ma certo non rammenta che quell’argomento non è gradito a sua sorella: difatti, Hinata arrossisce di botto e inizia a balbettare, gli occhi improvvisamente bisognosi di studiare il pavimento.
Naruto si domanda perché, ogni volta che dice qualcosa, la contessa reagisce in quel modo bizzarro.
«Bene. Ehm... Ieri sera vostra sorella spiegava che avevate in programma una cavalcata per i parchi qui vicino; ma, stando a quel che vedo, i vostri piani dovrebbero essere saltati, esatto?»

«Purtroppo sì. Hanabi è talmente furiosa che si è rinchiusa nella sua stanza a leggere e ha pregato tutti di non disturbarla per nessuno motivo. Ci teneva tanto a questo gita.»
«Secondo voi smetterà di piovere, entro l‘ora di pranzo?»
«Perché?»
«Se dovesse smettere, sono certo che il tempo per andare a fare una cavalcata ci sarebbe. Vostra sorella è troppo negativa. E anche voi non scherzate affatto - senza offesa!», aggiunge di botto, vedendola deprimersi all’istante. «Voi siete perfetta così, timida e silenziosa. Io posso parlare per entrambi, Hinata!»
«G-grazie, Minato».
«Naruto. Dovete chiamarmi Naruto, signorina. O ve lo siete già dimenticata?» le ricorda il duca, la voce attraversata da un filo di allegria prima inesistente. «Vorrei anche che mi deste del tu, ma… questo non lo ritengo molto opportuno, al momento.»
«N-nemmeno io.»
Un tuono squarcia il cielo scuro e interrompe la conversazione, potente, troncandola di netto.










Il sole fa capolino e illumina la sala da pranzo, che risorge dal buio della tristezza.
«Che vi avevo detto?»
Minato ingurgita un pezzo di pane e lancia un’occhiata a Hinata, seduta di fronte a lui, mentre Hanabi beve silenziosamente - l’irritazione palese negli occhi lilla.
«La pioggia è cessata, potete uscire».

«Ma noi non possiamo. Lo stalliere si è allontanato con nostro padre e non tornerà prima di sera, quindi ci è impossibile lasciare la tenuta, Minato», mormora Hinata con un sussulto, tesa. «E poi c‘è il pericolo che ricominci a piovere, e non sarebbe affatto saggio uscire. Possiamo farlo domani.»
«Ma domani non avrete tempo perché dovrete organizzare il ballo, no? Quella - cos‘era? - festa in maschera, ecco» sorseggia il vino, il Namikaze; poi commenta: «Non volete proprio godervi la giornata a cavallo?»
«C-certo che-»
«Allora non vedo dove stia il problema, Hinata.»
«Siete uno sconsiderato» s’intromette Hanabi Hyuuga, posando il bicchiere sulla tovaglia. «Volete lasciar andare due povere dame come noi fuori, dove si annida il pericolo e, per giunta, sole?»
Quale pericolo?
«Non capisco cosa intendiate dire, ma se proprio non gradite andare da sole, sarei lieto di accompagnarvi» Cielo! Cosa sto dicendo? Sono forse impazzito? 

Hanabi sorride. «Bene, allora vado a prepararmi. Dirò a Sai di prepararvi un cavallo adatto».
Hinata e Naruto rimangono di nuovo soli, e alla fine quest’ultimo borbotta: «Vostra sorella è proprio pestifera! Trova sempre il modo di imbrogliarmi!» Tale padre, tale figlia, d'altronde.
«Oh» Hinata lo scruta per qualche secondo, incerta. «Non volete venire con noi, Naruto? Vi stiamo costringendo, per caso?»
«Certo che voglio venire!» esclama Naruto, sorpreso dal tono tetro della ragazza. «Noto solo il modo in cui Hanabi mi coinvolge nelle vostre attività. È… diabolica, direi, sì.»
«Non lo gradite.»
«No, non dico questo.»
«Eppure sembrate irritato. Se vi fa piacere, parlerò con lei e l‘ammonirò dal fare qualcosa del genere la prossima volta che eventi simili si presenteranno.»
«Hinata, per favore. Non mi dà fastidio, stavo solo notando la saccenteria mostrata da vostra sorella da quando sono qui - e temo seriamente che lo faccia apposta per innervosirmi. Tuttavia sono cose che capitano, a questa età, anche io ero così», con qualche differenza, ovviamente.
Ancora dubbi. «S-siete sicuro?»
«Hinata» Naruto scatta in piedi. «Adesso vado a prepararmi; quando uscirò dalla mia stanza sarò perfetto per la gita a cavallo! O non mi chiamo più Naruto Uz-» si blocca. «… Namikaze. Naruto Minato Namikaze.»
Qualche minuto dopo Naruto guarda lo specchio collocato nella propria stanza, con le mani fra i capelli e l’impressione di star sbagliando qualcosa - quanti errori sta commettendo,  senza rendersene minimamente conto? Se suo fratello lo avesse scoperto, probabilmente l’avrebbe sgridato subito - non può, per sua fortuna.
«Meglio sistemare tutto.»
Ho una brutta sensazione, davvero.

Sceglie la roba più comoda, e dopo aver nascosto gran parte delle lettere abbozzate nei giorni precedenti e l’unica lettera del fratello, Naruto si sistema il cappello in testa ed esce dalla stanza, chiudendola a chiave.
Sospetta che qualcuno possa entrarvi per spiarlo.












L’aria sa ancora di pioggia.
«Ce ne avete messo di tempo!»
Hanabi Hyuuga monta un cavallo bianco, imponente e di razza, sventolando vistosamente un frustino. «Beh, che aspettate ancora? Sai, il cavallo!»

Minato le lancia un’occhiata di sbieco, imbronciato. «Vostra sorella dov‘è?»
«Sarà qui a momenti.»
«Sembrate allegra», le fa notare poi.
Hanabi inarca un sopracciglio. «Cosa ve lo fa dedurre, signore?»
Minato ridacchia. «State sorridendo. Di solito non sorridete mai, signorina Hyuuga.»
È bravo a far notare le cose che non vogliono essere notate.
Hanabi gli rivolge un’occhiata omicida e ordina al proprio cavallo di dirigersi verso i cancelli della tenuta, ignorandolo.

«Signore?»
Una voce cupa.

Minato sussulta. «Sai, la vuoi smettere o no di apparire così?!» si volta. «Sei inquietante».
«Scusate, proprio non capisco cosa intendete. Comunque il vostro cavallo è questo: si chiama Sasuke».
Minato piega la testa di lato, perplesso, e fissa l’animale: il suo manto è nero, la criniera è lunga e selvaggia, gli occhi sono… particolari. Uno è nero, l’altro è rosso, probabilmente malato.
Non sa perché, ma quel cavallo già gli sta antipatico, e pare che i suoi sentimenti siano pienamente ricambiati.
«Se mi disarciona riterrò te colpevole, Sai.»

Uno sguardo assente che vuole forse essere dubbioso. «Perché, cos‘avrei fatto, signore?»
«Niente, lasciamo perdere» Allora, cavallo, patti chiari, amicizia lunga: se mi disarcioni, ti ammazzo. «Che giornata!»
Monta sul cavallo, afferrando bene le redini e scoccando uno sguardo a Sai, che fa un inchino. «Fai in modo che nessuno entri nelle mie stanze, siamo intesi?»
Lo sguardo nero pare sorridere. «Come volete.»
«Minato, Sai» Hinata arriva in groppa ad un cavallo marroncino, forse una femmina, a giudicare dall’aspetto particolarmente elegante. «Scusate il ritardo; Bya non voleva proprio muoversi.»
«Bel nome» dice Minato, sorridente. «Meglio di ‘Sasuke’.»
Il cavallo nitrisce - non è d’accordo con lui. «Vedete? Anche lui concorda con me. Il nome che gli è stato dato è pessimo.»
«Oh, ma è un bel nome, invece!»
Hinata sorride al cavallo, poi accarezza il collo di Bya.

«Ora è meglio che andiate: la signorina Hanabi sta scappando» commenta Sai, in mezzo a loro, indicando i cancelli. «E non credo che vi aspetterà.»
«Quella peste.» Hinata alza gli occhi al cielo, divertita.
Minato sogghigna. «Allora andiamo! Scommetto che la raggiungeremo subito.»










Parte al galoppo, allettato dall’idea di conciare per le feste Hanabi Hyuuga - o forse è solo la voglia di correre libero sui prati immensi fuori dalla tenuta.

Il vento scompiglia i capelli, carezza le guance, le mani e l’intero corpo di Naruto, dandogli finalmente la sensazione di essere se stesso; il Namikaze sorride, quando incontra gli occhi lilla di Hinata, che nel frattempo l’ha raggiunto; entrambi si apprestano ad affiancare Hanabi, poco lontana da loro, ma pur sempre con un bel vantaggio.
«Ehi, Hinata! Siete molto brava, una cavallerizza eccellente!» commenta divertito Naruto.
Un rossore fuggevole. «Grazie!», ribatte Hinata, guardando davanti a sé. «Anche voi!»
Il rumore degli zoccoli che affondano nel terreno bagnato, fra il fango e l’erba, penetra nelle orecchie del ragazzo, spingendolo a controllare la situazione: alza gli occhi al cielo e nota, finalmente, la nuvola enorme e scura che pare intenzionata a produrre troppa pioggia. L’aria è ancor più carica, elettrica quasi: non ha pensato che potesse davvero ricominciare a piovere.
«Hinata, non allontaniamoci troppo!» prorompe, cercandola con gli occhi, ma si accorge che lei e Bya li hanno superati, raggiungendo perfino Hanabi. «Sasuke, non sai fare di meglio?»
Incita il cavallo, che si risveglia improvvisamente e aumenta la velocità della corsa, pericoloso e selvaggio.
Stringe le redini e si appiattisce contro il corpo dell’animale, prendendo aria poco per volta.
Quando infine riesce ad accostarsi a Hinata e al suo cavallo, esclama: «Arriva un temporale, signorina!»
E le prime gocce cadono.
«A volte bisogna ammettere i propri errori» aggiunge, quando Hanabi lo guarda male - pare essere diventato l’hobby preferito della piccola. «Meglio tornare alla tenuta.»
«Ma siete impossibile! Io non voglio tornare» sbotta Hanabi, contrariata.
«Hanabi…»
«No! Se volete tornare, allora andate: io rimango qui ancora un po‘!»
Detto questo, Hanabi si allontana di nuovo, lasciandoli senza parole.

«Sanità mentale uguale a zero» borbotta Naruto, corrucciato. «Andiamo a prenderla, oppure…»
Hinata abbassa il capo. «F-forse è meglio lasciarla s-sola, sarà arrabbiata.»
«Uhm. Che sia arrabbiata l‘ho capito anche io, ma sta per venire giù un temporale: non credo che mollarla qui in giro sia un bene», senza contare che, se le accadesse qualcosa, Hiashi mi ucciderebbe! «Andiamo, su… Hinata, vi prego!»
«O-okay.»











Hanabi rovina sempre tutto. Adesso cosa penserà mai Naruto di noi? Non è possibile.
Hinata incita Bya e chiude gli occhi per trattenere le lacrime che la vergogna ha stimolato; stringe con forza le redini e prega che lui non la stia guardando - non vuole fornire  spiegazioni o apparire ancor più stupida ai suoi occhi.
Poi pensa a ciò che lui veramente è, pensa che forse non deve spiegargli nulla perché Naruto stesso non risponde mai, evita di parlarle; si rinchiude a riccio ogni volta che lo guarda.
Sospira.
«Hinata, attenta!»
Un fruscio, e viene sbalzata a terra con violenza. «Hinata! Ehi, Hinata! HINATA!»
Confusione… vergogna… dolore…
«Hinata, mio Dio», due mani si posano sulle sue guance, grandi e calde. «Vi siete fatta male?»
Non capisce cosa succede. «I-io…»
«Apri… aprite gli occhi, Hinata.»
Luce scura.
Spalanca gli occhi quando incontra lo sguardo acceso di apprensione del Namikaze, chino su di lei fra l’erba e la pioggia che, incontrollata, cade.

Stringe fra le mani alcuni fili d’erba e prova a rimettersi in piedi, alla ricerca di Bya, ma ovunque si giri non la trova. Dov’è?
«Naruto, Bya d-dove…»

«Un tuono troppo forte l‘ha spaventata, così vi ha disarcionata ed è scappata via» spiega preoccupato Naruto. «Anche Sasuke è scappato dopo che sono sceso per soccorrervi, quindi direi che siamo nei guai».
«Oh, no. Oh, no. Oh, no!»
«Calmatevi, non siete-»
«Cosa? Dio mio! Dobbiamo tornare subito alla tenuta, signore, subito! Se non arriveremo in tempo, mio p-padre… oh, no, oh no…»
Naruto le accarezza la fronte, improvvisamente serio. «Non agitatevi, vi prego. Sistemerò tutto. Dirò che vi ho portata io a fare una cavalcata fra i prati, ma non agitatevi, per favore.»
«N-non posso, mio padre-»
«Hinata!»
Naruto sbuffa, irritato. «Lasciate che me la veda io con quel bastardo, state certa che vi difenderò a spada tratta! Però, vi scongiuro, non impazzite così: mi mettete in ansia.»

Hinata arrossisce di botto. «S-scusate» e mentre dice questo, osserva il piccolo angolo in cui è seduta, schiena contro un albero, nascosta con Naruto fra cespugli di rose a lei sconosciute.
Il Namikaze le posa le mani sulle spalle. «Hinata, adesso: vi siete fatta male? Potete alzarvi?»
Lei ci pensa un attimo. «F-forse sì»
Si aggrappa a Naruto e sposta la gamba destra, ma subito cade a terra, con un gemito. «N-no, fa m-male.»
Perfetto! Davvero perfetto! Maledizione. Posso considerarmi morta. Se solo avessi dato retta al mio istinto, stamattina! Dannata giornata del terrore!
«Ho la netta impressione che saremo costretti ad aspettare la fine di questa odiosa pioggia» sbuffa, seccata.

«Tanto, più fradici di così!» Naruto scoppia a ridere, allietato. «Dove vi fa male?»
«Qui» Hinata gli indica la coscia, tetra. «Pulsa terribilmente.»
«Posso…?»
Hinata lo guarda. «C-cioè?»
«Vorrei controllare la ferita, se non vi metto in imbarazzo» Naruto sospira, teso. «Posso?»
Hinata deglutisce e, titubante, afferra un lembo della gonna e la solleva fino alla coscia, rossa. «Mi fa male proprio qui.»
«Santo Iddio!» esplode Naruto, sorpreso. «È completamente viola! Avete sbattuto davvero male, Hinata. Qui serve un dottore», posa due dita sulla ferita violacea, facendo sussultare la contessa per il dolore. «Scusatemi, non volevo farvi male. Ahi. No, un dottore. Adesso
«Non sto morendo!» esclama Hinata, sbalordita. «Aspettiamo che smetta di piovere e, quando così sarà, chiamerete qualcuno.»
«Per poi lasciarvi sola?», l’idea è inconcepibile. «Non posso, mi state chiedendo troppo, Hinata. Ci sono troppi pericoli e siete indifesa. No.»
«Per favore, non vi dovete preoccupare: io me la caverò» insiste Hinata, supplicante.
Naruto la guarda, risoluto. «No. Io rimango con voi. Aspetteremo che qualcuno venga a cercarci.»
«Così mio padre ci ucciderà» constata tetra la Hyuuga. «Sono proprio una stupida.»
«E questo cosa c‘entra? Secondo: voi non siete stupida. Comunque io starei morendo di fame! Voi no? Ah, ma io sono un pozzo senza fondo…»
Hinata scoppia a ridere. «Sembra quasi che non vi siate rimpinzato di carne e dolci durante il pranzo.»
«Finalmente ridete» Naruto le sfiora la guancia. «È da questa mattina che non lo fate.»
Perché gli occhi di questo ragazzo sembrano i più belli del mondo?, si domanda Hinata, lasciando scivolare via lo sguardo. «Non c‘era molto di cui ridere. E poi mi sono svegliata male.»
«Allora vi svegliate sempre male, perché è raro che io vi veda allegra - proprio come avviene per vostra sorella. Ditemi: voi non vivete bene alla tenuta, vero?»
«Ma cosa dite? Io sto bene, e anche mia sorella. Perché mai dovremmo…»
«Quando c‘è vostro padre vi rinchiudete in un silenzio muto, quasi foste una serva. Quando invece siete con me sorridete spesso, come se io fossi una presenza rassicurante.»
«E voi, invece?» soggiunge Hinata, piccata. «Spesso vi comportate in maniera intelligente e affabile, soprattutto quando siete impegnato con mio padre; quando siete con me, cambiate.»
«Con voi non devo essere serio.»
«Mi potete mentire meglio, semmai.»
Naruto sospira. «Hinata, ne abbiamo già parlato. Io non posso coinvolgervi in questa storia.»
«Io non voglio assistere in silenzio. Assisto sempre in silenzio.»
«Cosa volete sapere, allora?»
Hinata alza la testa di scatto e incrocia nuovamente gli occhi azzurri dell’uomo. «Tutto.»
Naruto si siede accanto a lei e apre i primi bottoni della camicia, sentendosi soffocare; poi getta la giacca per terra. «Siete peggio di Hanabi, signorina. Peggio».
«Di cos-»
«Anche lei sta ficcando il naso dove non dovrebbe» ridacchia il duca. «La cocciutaggine è una vostra caratteristica, devo dedurne. L‘altro giorno l‘ho sorpresa a rovistare fra le mie cose.»
«Oh mio Dio.»
«Non le ho detto nulla, ma spero che non lo rifaccia più.»
«Lo spero anch‘io. E…» la Hyuuga lo fissa interrogativa. «… voi sapete qualcosa di quello che è successo durante quel ricevimento, vero? Sapete chi ha ucciso Gai Maito?»
«Cosa ve lo fa intuire?»
«Mi avevate detto, quella sera, di aver creato troppo scompiglio.»
Naruto ride, amaro. «Mi lascio sfuggire troppe cose, ma dovete ammetterlo: sono straordinariamente bravo a mentire. Tuttavia, mi dispiace per voi, non posso rivelarvi nulla che non abbiate già intuito da sola.»
Un fremito. «S-siete stato voi!»
«No» la voce di Naruto si fa dura. «Io non faccio queste cose senza motivo, signorina Hyuuga. Mai. Dovrete ingegnarvi molto per capire come sono andate le cose.»
«Non capisco. Parlate come se foste stato voi a porre fine alla vita del signor Maito, e al tempo stesso ve ne tirate fuori. I-io… sto forse chiacchierando con un pazzo assassino?»
Naruto la guarda con gli occhi spalancati, poi scoppia a ridere, senza riuscire a fermarsi; la sua singolare risata si mescola al rumore della pioggia che cade attorno a loro, e a malapena li sfiora - c’è un’armonia insolita, un qualcosa che Hinata non ha mai percepito.
Le piace.
Con una mano sulla pancia e sul punto di soffocare, Naruto esclama: «Ma dite davvero?!»
Hinata sorride. «Mi state facendo pensare questo.»
«Ed io…», riprese Naruto, giocondo. «… vi darei realmente quest‘impressione? Per favore! Hinata, a tutto c‘è un limite!» e scoppia di nuovo a ridere. «Siete proprio strana!»
«Se sono così strana, perché continuate a parlarmi?» domanda spensierata Hinata.
Il ragazzo assume un ghigno malizioso e piano si china su di lei, mantenendo incatenati i loro sguardi;  sentendo di non potersi trattenere, sussurra: «Perché a me piacciono le persone come te, Hinata. E scusa se ti do del tu!»
Repentinamente le strappa un bacio.

La fanciulla ha sempre desiderato che Naruto la baciasse di nuovo - per capire cosa sente dentro di sé e per poter affogare in quel piacere che solo lui è capace di farle provare.
Annaspa fra le sue labbra, mentre lui la serra contro il suo petto per non lasciarla andare. È troppo impetuoso, troppo vivo: le strappa gemiti che non ha mai pensato di potergli far udire; sente il calore bollente della sua lingua cercare la propria e trovarla, virile e anche un po’ impacciato, come se quello fosse il suo primo bacio.
Sospira, quando quelle labbra si posano sulla guancia e poi giù lungo il collo, per niente esitanti.
«Non potete farlo… non potete, q-questo è sbagliato» balbetta senza molta convinzione Hinata, intrecciando le dita ai capelli di Naruto e chiudendo gli occhi. «Non vi ho dato il permesso, ve lo vorrei ricordare...»
Naruto sbatte le palpebre. «Perché, per queste cose bisogna chiedere il permesso, Hinata?»
A quelle parole, Hinata lo scruta sorpresa. «Beh, voi non siete il mio sposo e nemmeno sono promessa voi. Inoltre, perché dovrei farmi baciare da qualcuno che non mi ama?»
«Avete creduto davvero che io non provassi nulla per voi? Va bene che sono bravo a fingere, soprattutto con le donne, però… e, malgrado tutti i miei tentativi per non coinvolgervi e non avervi sempre nei miei pensieri, sono giunto alla spiacevole conclusione che devo amarvi.»
«È spiacevole.»
Naruto le posa un bacio sulla fronte, beandosi del suo profumo mescolato a quello delle rose che li attorniano. «È spiacevole perché rischierete la vita.»
«Cosa volete fare, Naruto?» Hinata posa una mano sulla sua. «Quali sono le vostre intenzioni?»
L’aria è ancora permeata dall’odore dolce e frizzante della pioggia, ma il cielo è finalmente limpido e cosparso di nuvole bianche; il vento è calato, delizioso.
Un carezza e gli occhi cerulei del Namikaze si spengono, lasciando posto al buio.
«Uccidere vostro padre e vendicare coloro a cui ha fatto del male in tutti questi anni.»












Fine Capitolo Otto






N o t e D e l l' A u t r i c e: Wow, che capitolo lungo, questo, vero? XD Piccolo regalo per voi, mi sono davvero impegnata, anche se credo sia pieno di errori di battitura, ma quelli li correggerò in seguito, quando la mia mente sarà di nuovo in grado di comunicarmi qualcosa xD E' un po' andato. Allora, cos'abbiamo visto? L'unica cosa rivelante è che Naruto è lì per vendetta - la versione leggermente goffa e più umana di Sasuke .__. E poi... sì, è davvero innamorato di Hinata, gente. Cerca di rimanere inpassibile solo per non coinvolgerla nei suoi casini, altrimenti son dolori. Tralasciando questo...
Oddio, Sasuke il cavallo! XD Che bastardata la mia! XDXDXD Scusate, ma non sapevo che nome dare al cavallo, così... mi sono ingegnata! Gh. Ma su, non è il vero Sasuke u_u è solo una carognata da parte mia, comunque.
Allora, questo capitolo nasconde, come tutti gli altri, molti indizi. E mi stupisco che nessuno di voi non si sia accorto di una cosa fondamentale! Gente, su °w° vi invito a indovinare! XD Siete intelligenti, su! u__u Ah, vedo che fate tutti il tifo per la Detective Hanabi Hyuuga! XD Ormai la chiamate tutti così! XD In effetti... Gh.
Allora. Ringrazio le 11 persone che hanno messo questa storia fra i Preferiti, le 2 persone che l'hanno messa fra le storie da ricordare e le 24 che l'hanno inserita fra le storie da seguire ^^ Grazie.



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Capitolo 10
*** - Parte Prima - Capitolo Nove ***


Bloody Rose












[A Katia, semplicemente <3]












Capitolo Nove










L’erba ha macchiato i vestiti dei due amanti, che, sotto un albero dalle foglie d’un verde brillante, giacciono in un silenzio colmo di esitazione e carico di preoccupazioni.
Hinata non ha la forza di dire nulla, oppressa dalle parole che ancora riecheggiano, terribili, nella sua mente, portandola a provare emozioni contrastanti: disgusto e terrore, ansia e paura, gioia e pudore.
In quel piccolo momento, ovattato e oscuro, pensa solo a Naruto.
Poi, esitante, lo sfiora con lo sguardo, provando a decifrarne i sentimenti, cercando di carpirne almeno qualcuno - cercando almeno un briciolo di pentimento in parole tanto pesanti.
Vacilla perché non ne scorge e sospira, greve.
«È proprio come ho detto: voglio togliere lentamente la vita a vostro padre, vendicarmi.»
Le parole di Naruto suonano aspre e ruvide; non traspare pietà in esse, né tantomeno nei suoi occhi cupi.

«Far sgorgare tutto il sangue che attraversa il suo corpo e ridere di gusto dinanzi a questa scena. Mi trovate cattivo, Hinata? Vi paio un assassino senza pietà, come avete supposto  poc‘anzi? Se è così, confermo e non rido, ma me ne compiaccio.»
«Ne rimango ferita io stessa, come potete immaginare, e non so se risentirmi di questo o piangere senza posa. Mi state dicendo che volete uccidere brutalmente l‘unico genitore che mi è rimasto! Non so cosa vi spinga, ma ciò è… inammissibile.»
Naruto ride, accigliato. «Le vostre parole paiono incerte: non siete terrorizzata e nemmeno così contraria come volete far sembrare. Ditemi, voi amate davvero Hiashi?»
Confusa, Hinata sbatte velocemente le palpebre e senza fiato sussurra: «È mio padre.»
«Non necessariamente si deve amare qualcuno perché si ha, con questi, un legame di sangue: lo insegna anche il passato. Io vi sto chiedendo una cosa differente, Hinata, e vi invito a rispondere con maggiore sincerità» ribatte Naruto, posandole una mano sulla guancia fredda e bagnata dalla pioggia, gli occhi d’un azzurro spento puntati nei suoi.
Cosa prova davvero? Ha mai amato suo padre quanto la sua defunta madre? Ma questi dettagli... non può certo covare ancora odio nei suoi confronti: ha imparato ad accettare in silenzio. Oppure no?
«Che io ami o meno mio padre, non è affar vostro. Qui si parla di togliere la vita a un essere umano e vi sono contraria. Molto contraria. Questo non si fa, non…»
«È una mia impressione, o avreste accettato la morte di Gai Maito se ne fossi stato implicato? Allora perché, se non amate vostro padre, siete contraria al suo…»
«Io non vi avrei accettato se foste stato davvero voi, Naruto! Non potete affermare…»
«Mi amate!» Naruto lo afferma deciso, gli occhi attraversati da un lampo di gioia. «Per questo siete così egoista. Per questo fareste passare sotto silenzio le mie azioni, accettandole. Inoltre, il comportamento che vi viene riservato mi fa dedurre che per lui non contiate niente.»
Parole taglienti poiché vere. «Non posso macchiarmi di questo, non voglio che lo uccidiate.»
«Non siete l'unica a essere egoista, Hinata. Ho sopportato troppo nel vederlo deridere gli altri e passare inosservato soltanto perché amico della regina Vittoria, privilegiato senza motivo. Facile blandire i più grandi e compiacersene, fare quello che più si può e in modo del tutto criminoso - come fa lui quando si sposta per affari - non lo pensate anche voi?»
Hinata scuore il capore, le sfugge un gemito strozzato. «Non so di cosa stiate parlando, ma coinvolgere addirittura la Regina! Naruto, sono poche le cose che sopporto e voi…»
Il ragazzo scoppia a ridere, poi l’afferra e la stringe a sé, rapido. «Non balbettate più, sapete?»
«C-come?» Hinata spalanca la bocca per la sorpresa e arrossisce a contatto col suo calore.
Una mano le scompiglia dolcemente i capelli. «Scusate, non ho potuto non notarlo. Sono così abituato a udirvi balbettare con voce flebile che, quando vi ho sentita rimproverarmi in quel modo, ridere mi è parso spontaneo. In più odio i discorsi seri, sono noiosi.»
«Stiamo parlando di omicidio, Naruto. Omicidio.»
«Non potete immaginarlo, ma anche quello è noioso. Parlarne e uccidere. Cose noiose. Odio con tutto me stesso questo tipo di azioni, eppure sono costretto a compierle.»
Hinata alza il capo e lo guarda ansiosamente. «È forse il vostro lavoro, messere?»
«No, mi spiace. Sono solo un povero duca che deve pagare i debiti del padre, in un modo o nell‘altro. Ma, se proprio lo volete sapere, lavoro anche per la Regina - quando capita.»
Tutte queste informazioni la stanno mandando in confusione; sembra che il passato e l’identità di Naruto Minato Namikaze non conoscano un limite definibile, continuando a sfornare sorprese che ben poco paiono accostarsi davvero alla realtà - eppur ci crede, Hinata.
Il cinguettio persistente di alcuni uccelli spezza il silenzio, e s’accosta alla mano che lentamente le accarezza il capo, intrecciando le dita ai suoi capelli lunghi e morbidi come la seta - con un'affettuosità a dir poco incredibile, se si considera che, poco prima, quella stessa mano si è stretta a pugno, grondante d’odio.
«Adesso, Lady Hinata Hyuuga, sarà meglio che vi porti alla tenuta o starete molto male.»
«Ma... come intendete portarmi?»
Un ghigno.
«Io sono forte: portarvi in braccio fino ai cancelli non sarà difficile», mentre lo dice, Naruto la prende delicatamente fra le braccia e spinge il suo viso contro il proprio petto. «No?»













Il cavallo galoppa veloce in mezzo ai prati, saltando rapido alcune buche piene di fango, e nitrendo, quando il frustino si abbatte fugace su di lui, spingendolo a correre disperatamente.
«Avanti! Hop, Hop!»
Hanabi si copre gli occhi con una mano per ripararsi dal sole che spunta fra le nuvole grigiastre e osserva il panorama con un sorriso appena accennato, spensierata come mai lo è stata in quei giorni di cattivi presagi e morti pericolose.

Scosta un capello che le si è posato sulle labbra e lo lascia andare in balia del vento assieme agli altri, selvaggia e gioiosa, curandosi poco di ciò che l’attornia.
Quando ha cominciato a piovere si è riparata sotto un enorme faggio e ha legato il suo cavallo, Felix, perché non scappasse al tuonare improvviso del cielo. Poi ha aspettato pazientemente finché tutto non è tornato calmo, consentendole di riprendere la cavalcata.
Chissà dove si sono cacciati quei due. Ah, ma che importa!, si dice, quando intravede il sentiero.
È quasi vicina ai giardini esterni della tenuta Hyuuga, in cui è solita passare le giornate per non correre il rischio di incontrare il padre o qualcun altro: è il suo luogo segreto, quello usato dalla mamma quando era ancora in vita.
Ha tuttora ricordi fugaci di lei, e sono tristi.
Lo scalpiccio di un altro cavallo attira la sua attenzione, distogliendola da quei pensieri.
Volta la testa e scorge un puledro dal manto fulvo accompagnato da altri due, uno nero come la notte e uno marroncino, familiare: aguzza lo sguardo e si rende conto che si tratta di Sasuke e Bya. Non capisce perché siano soli e, soprattutto, accompagnati da uno sconosciuto!
Tira indietro Felix e lo dirige verso i tre cavalli, lo sguardo attraversato da lampi di gelo.
Quando blocca loro il passaggio, scorge finalmente in viso colui che li sta portando: ha gli occhi scuri e la carnagione abbronzata, i capelli castani scompigliati si muovono a ogni  folata impetuosa del vento. Ha qualche anno più di lei, come minimo.
«Scusatemi, ma questi sono i miei cavalli, signore» sibila acida, lanciandogli un’occhiata sferzante. «Vi pregherei di lasciarli a me e di dirmi dove li avete presi!»
Il giovane alza le mani, mentre un sorriso a dir poco selvaggio trasforma i suoi tratti. «State calma, non vedo perché dobbiate attaccarmi così! Li ho trovati vicino al fiume, terrorizzati.»
«Chi vi ha detto di prenderli?»
«Nessuno. Ma erano lì da soli e, malgrado io abbia aspettato che qualcuno li venisse a recuperare - per minuti interminabili devo aggiungere - nessun uomo o donna si è fatto vivo, quindi…»
«Non li avete rubati?» domanda scettica Hanabi, spostando lo sguardo da lui ai cavalli.
Lo sconosciuto sbuffa. «Mi accusate ingiustamente, donna. Perché, mi spiace, io non ho rubato niente. Voi, piuttosto! Come posso accertarmi che siate davvero la loro padrona?»
La Hyuuga schiocca la lingua ed esclama: «Bya, Sasuke, venite qui. Subito.»
In automatico, i due cavalli scattano in avanti, liberandosi dalla presa del giovane; affiancano Hanabi e cercano la sua mano, obbedienti.
Un ghigno. «Li trattate come cani, signorina».
«Cosa?!» Hanabi riduce gli occhi a due fessure, colpita da quell’affermazione. «Siete un villano!»
«E voi una ragazzina impertinente e pestifera. Una donna dovrebbe avere qualcosa in più, e voi, ovviamente, non possedete nulla di tutto ciò. Vi mancano femminilità, gentilezza e umiltà. Siete... un uomo travestito da donna.»
Lo sconosciuto batte una mano sul collo del suo cavallo e sorride, beffardo. «Mi spiace, ma adesso devo andare: mi aspettano. Arrivederci!».

Prima che Hanabi possa urlargli contro qualche ingiuria, il ragazzo la supera, lasciandola da sola insieme a Sasuke e Bya, che spalancano gli occhi alla vista del colorito leggermente rossastro assunto dalla Hyuuga.
«Quel selvaggio!»













«Io proprio non capisco come diamine avete fatto a far fuggire i cavalli, Minato! Cioè, posso capire Bya, ma Sasuke! Avreste dovuto legarlo per evitare che si desse alla fuga! Siete proprio uno sconsiderato. E mi dovrei stupire, adesso?» sbraita Hanabi, impetuosa, osservando il ragazzo accasciato sulla sedia di fronte al letto di Hinata, sbalordita dalla rabbia mostrata dalla sorella minore.
Il biondo mugugna qualcosa; poi borbotta ad alta voce, stanco: «Sasuke è un cavallo cretino.»
«Anche voi lo siete, se è per questo» commenta Hanabi, acida. «Come spiegherò a nostro padre la ferita di Hinata? Eh? Me lo volete spiegare voi, che siete tanto intelligente?»
«Dirò che è colpa mia, che sono voluto uscire e vi ho portate con me. Fine.»
«Non risolveremo niente.»
«E cosa volete che faccia?»
«Beh, guarite mia sorella!» sbotta Hanabi; poi, con finto candore, aggiunge: «Ops, ma non potete! Perché siete un somaro che non sta attento al minimo pericolo!»
Gira i tacchi ed esce dalla stanza, sbattendo la porta. Dopo alcuni minuti sentono le urla della piccola in direzione di una sventurata Tenten.
Naruto fissa Hinata: «Vostra sorella è da rinchiudere in manicomio, ve lo posso assicurare.»
Non sono l’unica a pensarlo. «Credo che sia preoccupata. Nostro padre non… la prenderà affatto bene.»
«Perché, prende bene qualcosa, quello?» mugugna il duca, posando la fronte sul ventre della Hyuuga, stesa sul letto e paziente; il dottore le ha fasciato la ferita consigliandole di non muoversi per almeno un giorno.
Hinata si morde il labbro inferiore e, tentennante, posa una mano sul capo del giovane, iniziando ad accarezzarlo con tenerezza. «Naruto, mi dovete promettere che non lo farete arrabbiare.»
«Come se fosse facile» Naruto chiude per un momento gli occhi, abbandonandosi a lei. «Avete un buon profumo, Hinata.»
Le mozza il fiato. «G-grazie…»
«Non sono abituato a fare complimenti. Uhm, però con voi mi riesce almeno un po‘» la scruta e abbozza un sorriso. «Siete bellissima, Hinata Hyuuga. Sono pazzo di voi.»
Da un momento all’altro sarebbe svenuta, davvero! «I-io…»
«Calmatevi, non vi ho detto nulla di così imbarazzante. Nemmeno quando vi ho confessato che vi amavo avete reagito così. Nessuno vi ha fatto questo tipo di complimenti in passato?»
«In effetti nessuno mi ha mai… corteggiata così, no. Non mi è mai capitato» ammette Hinata, assalita dall’imbarazzo.
«C-comunque… è meglio che torniate nelle vostre stanze; da un momento all‘altro mio padre farà ritorno e non sarà di buon umore.»
«Siete sicura?» Naruto la studia con attenzione. «Ricordatevi, Hinata, che vi difenderò. Quindi non lasciatevi abbattere».
Hinata sorride. «Va bene. Ora andate.»
«Un‘ultima cosa! Perché non iniziamo a darci del tu? Quando siamo soli, intendo… non mi piacciono queste formalità, credo sia chiaro. E poi siete mia! Posso usare il ‘voi’ nei confronti della mia donna?»
«N-Naruto!»
«Che c‘è? Che ho detto?»
«Non sono ancora la vostra… donna.»
«Oh, Cristo. Hinata, io ti amo, tu ami me! Se non sei la mia donna, allora vorrei capire cosa sei. Un'amica? Non credo.»
Hinata l‘osserva prenderle la mano e baciarne il dorso. «Va bene, ho capito.»
Naruto annuisce, poi sorride. «Mi è venuta fame (magari riesco a convincere Temari a preparare la cena con una mezz‘oretta di anticipo!). Beh, già… direi che mi conviene andare! Stai attenta. Tornerò prima di quanto immagini.»











Caro Naruto,
Mi dispiace ammetterlo, ma anch’io penso che tu ti stia cacciato irrimediabilmente nei guai, e non posso non compatirti. Tuttavia abbiamo deciso insieme, io e te, di portare a termine tutto questo per il bene di nostra madre e di Rin, che si sta crucciando a causa sua.
Posso comprendere quello che provi, ma ti invito a riflettere con attenzione sulle tue azioni: se lascerai che il cuore prenda il sopravvento, dovrai cambiare i tuoi piani; al contrario, se caccerai via ogni sentimento, le probabilità di uccidere Hiashi Hyuuga saranno ben più alte.
Non nascondo la mia ansia per questa situazione, perché vorrei essere lì con te, darti manforte in questo momento difficile e confuso.
Le cose, qui, si stanno complicando ancor più: le condizioni di nostra madre si sono aggravate, non so per quanto tempo ancora vivrà - temo di dover organizzare un funerale da solo, fratello. Mi domando se riuscirò ad affrontare questo e a mandare avanti gli affari che nostro padre ci ha lasciato, tanto più che occuparsi dell’educazione di Rin si sta rivelando asfissiante quanto difficile: è diventata una vera e propria peste, sembra che la dolcezza che l’ha sempre contraddistinta sia svanita pian piano da quando te ne sei andato; le manchi, questo è ovvio. Ha paura di perdere anche te per questa assurda vendetta - la nostra assurda vendetta.
Qualche giorno fa è venuto a farci visita il signor Sarutobi, il figlio di Asuma, hai presente?
Riferisce di aver sentito dire da alcuni che Hiashi Hyuuga ha appena concluso degli affari con la contessa Tsunade. Al ché, mi sono informato io stesso recandomi in visita da lei, ma da quello che ho osservato... la nostra cara zia non ha gradito lo scambio con il signore: ha parlato duramente di lui. Se non fosse stato per necessità, è probabile che l’avrebbe allontanato in malo modo - conosci il carattere di Tsunade meglio di me, essendo stato sotto la sua tutela per anni.
Ma dimmi: la signorina Hinata è davvero così bella come tanto ti impegni a descrivere? O il tuo cuore è troppo perso di lei, per giudicarne realmente la bellezza? E la signorina Hanabi? Da quel che ho compreso, la giudichi in maniera un po’ affrettata e superficiale, basandoti solo su attimi fugaci dettati certo dal fatto che ti considera ancora un estraneo. Ricorda, però, che tu sei solo un ospite di Hiashi; sei lì per affari di estrema importanza, non per conoscere le sue figlie, né tantomeno per rubare il cuore a una di loro. Come già detto, fai attenzione a quel che fai.
Vai cercando guai, fratello! Questa pessima abitudine persiste in te, sono costretto ad ammettere.
Residui degli insegnamenti di Jiraya? O, più semplicemente, il rischio ti piace ancora?
Sono quanto più curioso di sapere come evolveranno le cose, e t’invito a raccontarmi tutto al più presto - onde evitare di venire a sapere da qualcun altro che sei morto, o è morto lui.
Dimenticavo (ultimamente mi capita con una frequenza spaventosa): non coinvolgere quella fanciulla nell’omicidio, abbi almeno la coscienza di non macchiare anche le sue mani, Naruto! O dovrai fare i conti con questo.
È già abbastanza il sangue che macchia le tue…

Questa sarà l’ultima volta, mi auguro. L’ultima. Poi sarai di nuovo qui con noi, forse insieme a Hinata, o più semplicemente non tornerai - non dico che morirai, ma hai il brutto vizio di sparire nel nulla per i tuoi affari. Prima o poi mi farai venire un colpo, fratello!
Ora devo lasciarti: Rin non vede l’ora di andare a trovare gli Uchiha (penso si sia presa una sbandata per Obito, il cugino minore di Fugaku. Credo di non essere pronto per questo!).
Un abbraccio caloroso,

Minato Namikaze.










«Nessuno ti ha insegnato che le lettere altrui non si leggono?»
Sai alza il capo e sorride con disinvoltura. «Non pensavo che ve la sareste presa a male.»
Naruto si scompiglia i capelli e chiude la porta.
Scruta l’intruso per qualche secondo, prima di dire: «Abusi troppo delle libertà che Hiashi ti conferisce, così come abusi della mia pazienza. Non capisco perché tu debba sempre farmi saltare i nervi.»
Sai osserva il biondo buttarsi nel letto, visibilmente stanco, e posa la lettera sulla scrivania; si mette bene seduto e in direzione del Namikaze, il viso apparentemente privo di emozioni.
«Non vi faccio saltare i nervi di proposito.»
«Sai.»
«Sì?»
Naruto lo fissa con un occhio solo, scontroso. «È da quando eravamo piccoli che ti comporti in questo modo e ORA mi vieni a dire che, in tutti questi anni, i tuoi sono stati gesti non voluti?!»
Un colpo di vento si abbatte contro la finestra, aprendola; il freddo si propaga per la stanza.
Sai si alza e la richiude, sempre con la solita espressione - questa volta accompagnata da un lieve sorriso. «Non comprendo la vostra reazione, comunque mi è indifferente. Più che altro, vorrei sapere cosa state combinando: Hiashi si è accorto che lo state prendendo in giro, Naruto.»
«Cambia qualcosa?»
«Sì. Cambia tutto.»
«Non è un tuo compito fare in modo che quel bastardo non sospetti nulla?»
Il servo guarda fuori dalla finestra, attento. «In questo caso mi è difficile, visto che vi siete innamorato della giovane Hinata - anche Hiashi Hyuuga se n‘è reso conto.»
«Dannazione» Naruto si mette a sedere. «In questo caso hai ragione. Dovrò... cambiare il piano e avvertire Minato. Spero che anche tu…»
«Ho fatto tutto ciò che mi avete ordinato, non vi preoccupate. Attendo altre istruzioni.»
«Per il momento comportati come sempre hai fatto, ne riparleremo poi. Adesso dimmi: hai controllato i documenti di Hiashi?»
Sai annuisce. «Ho verificato i movimenti da lui effettuati il 24 Agosto del 1845 e poi il 27, ma non ho trovato molto, se non un affare portato a termine con Kakashi Hatake».
«Eh? Mio cugino? Bene, allora bisognerà parlare con lui. Hai altro?»
«C‘era il nome di vostro padre il giorno 26, ma non c‘erano annotazioni: solo nome e cognome.»
«Bastardo» digrigna i denti, Naruto, affondando le unghie nel palmo della mano, fuori di sé dalla rabbia. «Controlla ancora, rovista ovunque... ma trovalo. Voglio quel documento.»
«Come desiderate. Ah, ho scoperto un‘altra cosa e non so quanto vi piacerà.»
Il servo socchiude leggermente gli occhi neri.

Naruto lo fissa a lungo, prima di dire: «Vai avanti.»
Sai annuisce, poi si volta.
Chiude le tende e il buio cala, annullando la luce della luna.











Un gemito di dolore si propaga per la stanza. Un caldo asfissiante attacca la sua pelle, coperta da un velo leggero di sudore.
Le candele conferiscono alla stanza un ché di spettrale e aumentano la sua disperazione.

Scuote il capo, le lacrime agli occhi. «Non lo f-farò più, lo p-prometto!» grida, graffiando il pavimento.
Le sue parole si perdono nell’aria rovente, la stessa che le brucia gli occhi e che la costringe ad abbassare il capo in un gesto di rivoltante sottomissione.
Mai dolore fu più grande di quello che le viene inflitto, mai sembra avere fine.
Mai.

«Adesso lo odi, Hinata?»







Fine Capitolo Nove







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Capitolo 11
*** - Parte Prima - Capitolo Dieci ***


Bloody Rose
















[A Katia,

che è sempre gentile con me, anche quando scrivo da schifo xD
Che mi fa notare i miei errori quando sono evidenti e che
mi ha aiutata a crescere come scrittrice - sì, esatto, anche tu mi hai aiutata
a modo tuo e ti ringrazio tanto!^^]













Capitolo Dieci















Quel giorno la zuppa non sa di niente.
Naruto posa il cucchiaio sul piatto e sospira, rivolgendo gli occhi a coloro che pranzano silenziosamente, mentre la voce della cuoca, Temari, si alza per impartire minacciosi ordini.
Non c’è nessuno oltre a lui e ai servi, in cucina, ma non può sorprendersi della cosa: si è svegliato tardi e gli è toccato pranzare da solo e addirittura nelle cucine, insieme alla servitù.
Da quel che gli ha detto Ino, Tenten non è riuscita a svegliarlo nemmeno urlando - forse nemmeno buttandogli addosso un secchio d’acqua sarebbe riuscita nell’impresa: Naruto ha il sonno pesante come quello dei sassi.
Eppure non ha pensato di avvertirle di questo piccolo difetto, il Namikaze, perché è preso da pensieri ben più importanti e non fa altro che brontolare sottovoce, in attesa del momento in cui potrà prendere Hinata da parte e parlarle.
‘Ah! Ma si trattano così gli ospiti? Hiashi meriterebbe la morte anche solo per questo affronto!’
«Non avete più fame?»
Temari sbatte un piccolo ventaglio accanto al suo piatto, strepitante. «Se non vi piace quello che ho preparato, potete anche dirlo!»
Temari non è esattamente cortese con gli ospiti, si dice il biondo, irritato. «Invece è buono».
«Allora mangiatelo. Avanti.»
«Beh…»
«Mio signore, vi pregherei di fare in fretta. Fra qualche minuto Shiho dovrà lavare pentole, piatti, bicchieri e posate, di conseguenza necessiterà anche del piatto che state usando ormai da un‘ora per mangiare la vostra minestra.»
La mia insipida minestra.
«Vedrò di consumare tutto nel giro di pochi minuti, signora.»





La porta della cucina si chiude alla sue spalle mentre cerca con gli occhi un posto in cui nascondersi, onde evitare che Temari lo uccida con un coltello da macellaio e nasconda il suo cadavere in un pozzo - magari facendolo prima a pezzi.
Ma questo succede quando la zuppa è ormai gelata, immangiabile, e la cucina bollente.





Alcune risate attirano la sua attenzione: abbandona le urla della bionda e si rivolge a Hiashi, che discorre tranquillamente con un amico di vecchia data, un tale di nome Kakuzu. Dal quel poco che ha potuto sentire, Kakuzu è formidabile negli affari, un vero asso. Non ha modo di rilevare quanto sia bravo, ma poco gli interessa. In fondo, quell’uomo non è affar suo.
Catalizza la sua attenzione su Hanabi, impegnata nella lettura di un romanzo dalle innumerevoli pagine, e subito dopo, appurato il poco interesse per la minore delle Hyuuga, sfiora con lo sguardo Hinata, anch’essa presa dalla lettura.
«Buongiorno, Hinata» Naruto si siede accanto alla giovane e lancia un’occhiata al libro. «Solo adesso mi rendo conto che siete un‘amante della letteratura.»
La Hyuuga annuisce, ma non stacca gli occhi dal romanzo. «S-state usando il ‘voi’, signore.»
Naruto sorride. «Vicino a noi c‘è vostro padre, Hinata» si copre la bocca con la mano e le fa l’occhiolino, prudente. «Perdonami.»
Hinata sospira. «Ho c-capito.»
«Non sembrate di buon umore. E‘ successo forse qualcosa?», chiede il Namikaze dopo qualche secondo, cercando di capire perché, nel tono usato dalla Hyuuga, spicchi una nota quasi amara, che stona con la sua tipica dolcezza. «Si direbbe che non siate contenta della mia presenza.»
Hinata sobbalza, sconcertata. «N-non è vero, sono solo troppo presa da questo racconto. È… molto triste.»
Naruto ne scruta la copertina marrone, afferrando una sola parola: Shakespeare.
«William Shakespeare non era un drammaturgo, un poeta? Non scriveva opere tragiche e cupe come l‘Otello, forse?», il biondo ride. «Amate le sue opere, Hinata?»
«Sì.»
«Qual è la vostra preferita fra tutte?»
A quella domanda gli occhi lilla della giovane paiono illuminarsi. «Romeo e Giulietta.»
«Un classico.»
Hinata lo guarda. «Sapete molto al riguardo? Da come ne parlate, pare ovvio che sia così.»
«Mio fratello ha sempre amato l‘opera, per questo conosco assai bene i drammi teatrali di Shakespeare. Anche se li trovo fin troppo cupi per i miei gusti.»
Naruto bbassa gli occhi sul pavimento lucido, pensieroso.
«Senti, perché non…»
«Hinata, vieni un attimo qui, ti devo parlare.»
La voce di Hiashi spezza le parole di Naruto che, indignato, osserva la corvina abbandonare lui e il suo libro per recarsi dal padre, cupa.
«Anche se oggi sta meglio e la gamba non le fa più male, non riuscite comunque a parlarle.»
Naruto sospira, volgendo il proprio sguardo verso Hanabi. «L‘avete notato?»
La Hyuuga si siede al posto della sorella, continuando a tener fissi gli occhi sul padre. «Come non farlo? Si vede lontano un miglio. Inoltre non mi riesce difficile immaginare che sia stato proprio mio padre a ordinare a Hinata di evitarvi, Minato.»
Naruto trattiene a malapena un guizzo. «E perché mai?»
«Shh» soffia la piccola Hyuuga, fredda. Poi: «Ascoltate e capirete.»
Un bicchiere di vino rosso cozza contro un altro.
«Kakuzu, vi presento mia figlia Hinata» la voce del capostipite suona tronfia, quasi. «Vi ho spesso parlato di lei in passato.»
«Sì, lo ricordo.»
La mano enorme dell’uomo si chiude attorno a quella piccola di Hinata, che pare non gradire quel gesto di semplice cortesia - ciò nonostante, dissimula il tutto con un sorriso appena contratto e un inchino. «È un piacere conoscere un socio di mio padre.»
«Di cosa vi occupate di preciso?»
«Gestisco alcuni conti per la banca della città».
Nella sua voce un qualcosa stona, ma nessuno lo nota, e la conversazione prosegue senza intoppi.
«Kakuzu è il migliore - non solo di questa città, ma bensì dell'intero paese» aggiunge Hiashi.
Hinata annuisce vagamente - «L-Lo posso immaginare… c-cioè, non ne dubito, ecco.»
Risate. «Già, lo sono.»
«Parteciperete anche voi al ballo in maschera che si terrà questa sera, messere?»
«Sono stato invitato da vostro padre: come rifiutare un così importante invito?»
A domanda non si risponde con una domanda.
Gli occhi cerulei di Naruto si stringono.
«Cosa sta succedendo?» si volta verso Hanabi, che fissa il paesaggio al di fuori della finestra aperta: quel giorno il sole è gradevole, il clima sereno.
Un battito di ciglia si aggiunge agli altri particolari. «Kakuzu è un uomo molto importante, e nostro padre lo apprezza sia come collaboratore, che come persona. Potete quindi ben immaginare cosa sto cercando di farvi vedere e, se siete così intelligente come sembrate, afferrerete il senso di tali allusioni.»
Naruto torna a guardare il trio poco distante da loro, la fronte corrucciata: una molla scatta all’improvviso e la consapevolezza arriva, lenta, ma abbastanza concreta da fargli comprendere le parole della sorella minore delle Hyuuga.
Nel silenzio della sua mente, urla.











«Certo, non lamentarti! Rimani in silenzio e aspetta che quel grande uomo che è nostro padre decida come più piace a lui; così mi dirai quanto sei felice, soprattutto quando ti ritroverai sposata a quell'energumeno di Kakuzu!»
Hanabi tira le stringhe del corpetto con tanta forza da mozzare il fiato a Hinata, che si aggrappa a una colonnina del letto per la sorpresa.
C’è silenzio nella camera, mentre dal pianterreno giungono le voci degli invitati che si ammassano nella sala, in attesa che cominci la vera festa.
«N-non lo lascio fare affatto» mormora Hinata, ferita nell’intimo.
Hanabi sbuffa. «Lo lasci sempre fare, non è una novità.»
«Anche tu, però…»
«Io mi faccio rispettare da nostro padre e così continuerò a fare. Ho preso tante cose da lui, e una di queste è la cocciutaggine: checché ne dica, continuerò a fare come pare a me, sorella.»
«E il matrimonio?» le ricorda Hinata, previdente. «Gli dirai di no e aspetterai quello giusto? Un marito fatto per te, da amare?»
Non le ha mai fatto simili domande con un tono tanto vivace, e Hanabi si ferma per lo stupore, gli occhi leggermente spalancati e guardinghi.
«Affatto.»
Quell’unica parola suona sprezzante.
Hinata si volta e la scruta. «Cosa intendi per ‘affatto‘? Vuoi che scelga nostro padre?»
«Ti sbagli» Hanabi si allontana da lei per osservarla meglio, poi sorride. «Io non mi voglio sposare, non ci penso nemmeno. Voglio rimanere sola per tutta la vita e senza uomini che possano comandarmi a bacchetta.»
Pare che quella prospettiva, che a molte giovani donne sarebbe sembrata terrificante, per Hanabi Hyuuga non sia altro che il sogno d’una vita intera.









Con la maschera a coprirgli il viso, Naruto è pressoché irriconoscibile fra gli ospiti di Hiashi.
Accanto a lui cammina un silenzioso Sai, anch’esso nascosto da una buffa maschera color indaco, che spicca brillante fra tutte le altre.
«Odio le feste» bofonchia di malumore Naruto, quando riesce a evitare una ragazza dal peso non calcolabile che gli si è avvicinata, chiedendogli di ballare con lei, e lancia un’occhiataccia a Sai. «Tu invece mi sembri a tuo agio. Hai partecipato ad altri ricevimenti come questo?»
Il servo annuisce piano. «Hiashi mi porta sempre con sé per non correre rischi - sono pur sempre la sua guardia personale: se non ci fossi, correrebbe sicuramente parecchi pericoli.»
«Se è così perché adesso non sei in sua compagnia? Se restiamo insieme…»
«Hiashi non mi riconoscerà; per non destare allarmismi di natura inutile mi camuffo in modo tale che nemmeno lui possa identificarmi, così posso lavorare meglio.»
«Quindi…»
«Sì?»
Naruto inarca un sopracciglio. «Eri presente quando hanno ucciso Gai Maito, Sai. O sbaglio?»
Un sorriso finto. «Certamente».
«E posso sapere, amico, chi diamine ha ucciso quell‘uomo? Oppure è un segreto di stato?»
«Segreto.»
«C‘entra Hiashi?»
«Segreto.»
Naruto grugnisce. «Prima o poi ti costringerò a rivelarmelo», le sue labbra si piegano in un sorrisetto maldicente che induce Sai a scrutarlo meglio. «Ricorda chi sono i tuoi veri padroni».
«I Namikaze.»
«Bravo, vedo che lo rimembri. Ora, per favore, dimmi chi…»
«Ehi, voi!»
Naruto si blocca e alza gli occhi azzurri verso la voce femminile che lo ha interrotto: non lontano da lui e Sai, una donna dai corti capelli rosa lo fissa attraverso una maschera di farfalla; accanto a lei, un ragazzo dai cappelli corvini li ignora, preso da una conversazione con un altro gentiluomo.
Il Namikaze riconosce quella voce, ma non capisce di chi possa essere. «Parlate con me?»
«Esatto. Non mi riconoscete? Eppure non è passato molto tempo, dall‘ultima volta in cui ci siamo parlati» la ragazza sorride. «Non ditemi che siete sciocco come allora!»
Naruto sobbalza.
‘Siete uno sciocco, un maleducato e non sapete nemmeno cosa sia l’educazione!’
‘Io non voglio essere come gli altri nobili. Quindi prendetemi così e facciamola finita, Sakura.’
‘Non cambierete mai! Non vi sopporto più, sparite!’
«Santo Iddio.»
Naruto afferra la propria maschera e la alza, senza fiato. «Siete voi, Sakura Haruno!»
Quando la maschera di farfalla scivola dal volto della donna, un paio d'occhi verde smeraldo incrociano quelli azzurri di un pietrificato Naruto.
Sai li osserva, mentre il vociare delle persone si trasforma in un fastidioso brusio di sottofondo. «Prevedo guai.»
E non ha tutti i torti.









Fine Capitolo Dieci










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Capitolo 12
*** - Parte Prima - Capitolo Undici ***


Bloody Rose















[A Katia,
che si sarà stancata di tutte queste dediche xD
Ma non ne posso fare a meno! E' dedicata a te, che ci posso fare?
Sempre a te, bella^^]














Capitolo Undici












Sakura lo guarda con un sorriso.
L’idea di poterla incontrare non l’ha mai sfiorato, benché in passato abbia sperato in una cosa del genere. Ma in quel momento, in quel luogo e in quell’occasione... non riesce a crederci.
Così la fissa con gli occhi spalancati per la sorpresa, mentre Sai afferra un bicchiere di vino che uno dei servitori porge loro e osserva la scena con curiosità.
Okay, questa non deve essere la mia giornata fortunata, pensa Naruto, cercando di sorridere alla ragazza che sussurra qualcosa al suo accompagnatore, un ragazzo dall’aria tenebrosa.
Solo in quel momento il giovane si accorge di quanto sta accadendo e segue Sakura, forse domandandosi ‘chi diamine è quello’?
Non pare il tipo di persona che pensa certe cose, tuttavia Naruto non lo esclude, considerato come lo guarda male.
«Non mi aspettavo d’incontrarvi qui» commenta Sakura, una volta dinnanzi a lui. «È da anni che non ci vediamo.»
«Cinque, per l’esattezza» soggiunge Naruto, imbarazzato. «Come state?»
«Oh, molto bene, grazie. Vorrei presentarvi mio marito» la donna sorride e volge lo sguardo in direzione del ragazzo dall’aria cupa. «Lui è Sasuke.»
Questi si leva la maschera un attimo dopo, rivelando il proprio viso.
Uchiha.
Un cognome a cui Naruto è affezionato.
Non altrettanto alla persona che capisce di avere davanti.
«Chi si rivede...»
Sasuke fa per dire qualcosa, ma Sai tossisce rumorosamente e si para di fronte a Naruto.
«Il mio signore in questo momento non ha tempo di conversare con voi, signore. Mi spiace interrompervi, ma dovremmo andare» gli occhi neri del servo restano fissi su Sasuke, che lo guarda impassibile, per poi calare di nuovo la maschera sul proprio viso.
Sakura assume un'aria sorpresa, dopodiché i suoi occhi scattano dal biondo al moro, interrogativi. «Beh, se davvero Naruto ha così tanto da fare, non muoveremo obiezioni. Ma spero di rivedervi presto: abbiamo molto di cui parlare.»
«S-sì, certamente» esclama Naruto, preso alla sprovvista.
Poi Sai lo afferra per un braccio e lo trascina via, noncurante.










Hanabi scruta la folla che l’attornia. «Che noia.»
«Hai detto qualcosa?» domanda con noncuranza Hiashi, interrompendo la sua conversazione con Kakuzu per scrutarla. «Devo dire che la maschera che hai scelto ti dona molto, figlia mia.»
«Grazie, padre», posso contare sulle dita di una sola mano tutte le volte in cui mi hai fatto un complimento, sai? «Mi domando dove siano Minato e Hinata. Non riesco a scorgerli.»
«Non ti preoccupare, saranno da qualche parte con gli ospiti. Piuttosto, hai per caso parlato con il signor Sarutobi? Lui e suo nipote dovrebbero essere nei paraggi, ma non ho avuto modo di appurarlo.»
«No, non ho avuto questa possibilità» risponde Hanabi, seccata.
«Allora dovremo cercarli… ah, no! Eccoli lì, si stanno avvicinando. Sii educata, Hanabi.»
Il solito ordine.
Hanabi annuisce trattenendo il nervoso, e fissa i due uomini che li salutano con un sorriso, fermi dietro un gruppo di signore dall’aria pettegola.
«Hiashi! Quanto tempo è passato!»
A parlare è un vecchio sulla sessantina, il signor Hiruzen Sarutobi. Si avvicina e tende una mano per salutare in direzione del padre di Hanabi, che li guarda con una certa curiosità, ignorando il ragazzo che la scruta palesemente annoiato.
«Hiruzen, che piacere. Ah, ma ecco vostro nipote. È cresciuto molto dall’ultima volta che ho avuto occasione di vederlo. Siete un giovanotto, ormai, Konohamaru.»
«È un onore rivederla, signore.»
Il giovane di nome Konohamaru distoglie l’attenzione da Hanabi e stringe a sua volta la mano di Hiashi, che gli sorride cordialmente.

Hanabi saluta con un inchino i due ospiti e torna a sorseggiare il proprio vino. Non le interessa la presenza di quei due, in fondo non sono altro che amici di suo padre. Certo, conosce Konohamaru fin dalla tenera età, ma questo non la convince a instaurare una conversazione - interessante o meno, non fa differenza - con lui.
Più che altro, si affligge nella ricerca costante di sua sorella e di Minato, che non vede da alcuni minuti; questo la preoccupa molto.
«Beh… come state?» chiede improvvisamente Konohamaru, esitante.
«Bene, grazie.»
«Siete molto bella.»
Hanabi inarca un sopracciglio e lo fissa. «Grazie.»
La musica che pervade la sala cambia ritmo, diventando più veloce e appassionata.
«Non siete cambiata affatto, sapete?» insiste lui, la voce più alta.
Hanabi alza gli occhi al soffitto, poi li punta sul ragazzo. «Se ve ne siete accorto, avrete di certo capito che mi state infastidendo.»
Una smorfia. «Sì, me ne sono reso conto. Una volta ogni tanto potreste essere gentile con me, Hanabi. Non credo di meritarmi questo trattamento»
«È vero, non ve lo meritate ed io sto forse esagerando. Ma sapete benissimo come sono fatta, di conseguenza non potete non comprendere che questa conversazione non ha la benché minima importanza, per me, e lo stesso vale per la vostra presenza» borbotta sottovoce la Hyuuga, cercando di non farsi udire dal padre, distratto dal nonno di Konohamaru.
Nonostante non lo trovi insopportabile, Hanabi è certa che il ragazzo provi qualcosa per lei, o almeno che ci sia interesse nel suo sguardo. È così da anni, ormai. Per questo cerca di trascorrere con lui meno tempo possibile - onde evitare che le proponga chissà che cosa.
Lo trova infantile, viziato e cocciuto: questo basta a farglielo risultare antipatico.
Konohamaru incrocia le braccia e fa spallucce, tirando fuori quell’ostinazione appena fattasi presente nei pensieri di Hanabi.
«Mi spiace, perché io sono interessato a parlarvi per molto tempo. Esattamente per tutta la serata, se proprio lo volete sapere. E non fate quella faccia», ridacchia, furbo come sempre. «Sono certo che vi divertirete con me. Su, sorridete. La serata è appena cominciata!»
Oh, Cristo! Perché non mi lascia in pace? «Siete un… un… impertinente, Sarutobi.»
«No, sono l’unico capace di farvi arrabbiare così tanto, signorina Hyuuga.»
Trattiene un ringhio e ingolla il suo vino, Hanabi, certa di non avere la forza per sopportarlo a lungo.
Si guarda attorno e inevitabilmente arriva la seconda brutta notizia - qualcosa che non fa altro che aumentare il suo nervoso.

Poco distante da lei, circondato da un gruppo di persone dall’aria divertita, c’è il ragazzo che le ha rovinato l’umore il giorno prima, giudicandola ’poco femminile’.
Quell’uomo ride sguaiatamente e le lancia occhiate diverse volte, dandole modo di capire che l’ha riconosciuta e che non vede l’ora di parlarle ancora, magari per farle saltare i nervi.
Hanabi fissa Konohamaru, lo sconosciuto e di nuovo Konohamaru, infine volta le spalle a entrambi e si allontana con passo svelto, chiedendosi perché il destino ce l’abbia tanto con lei.










Quella donna è davvero esaurita, pensa con un ghigno, osservandola allontanarsi, poi annuisce distrattamente alle domande poste da un’amica di vecchia data, la ‘cara’ Karin.
Tanto per essere gentili.
«Signor Inuzuka, mi state ascoltando?»
«Certamente.»
«Oh, allora dite che il signor Uchiha ha davvero sposato quella donna? Non è uno scandalo?»
Convinto che quella sia una conversazione inutile, Kiba sorride. «Ognuno decide con chi stare: lui ha voluto lei e nessuno gli dice niente.»
«Ma non sappiamo nemmeno da dove venga! Si vocifera che non sia nemmeno una nobile» borbotta Karin, scandalizzata.
«Oh, ma queste cose non contano» interviene Choji, lanciando una rapida occhiata a Kiba. «Sasuke si è innamorato di Sakura, non c’è niente di più bello di questo. E poi non tutti si sposano con gente di sangue nobile, Karin.»
«Ma è squallido
«Lo è per te» borbotta Kiba, annoiato. «Perché non hai niente da fare e ti lamenti di tutto e tutti. Adesso attacchi colui che desideravi sposare perché ha scelto un‘altra, e ciò ti fa rabbia. Per favore, datti un contegno: quando fai così sei davvero insopportabile.»
«Siete stato educato male, signor Inuzuka. Del resto, quando si è bastardi...»
«Karin, stai zitta» interviene Suigetsu con tono duro, posandole una mano sulla spalla.
«Oh, taci!»
«State calmi» Choji tenta, come al solito, di placare i loro animi, ma con scarsi risultati.
Kiba non li ascolta e non si prende nemmeno la pena di rispondere alla provocazione di Karin: sta cercando con gli occhi selvaggi la giovane ‘esaurita’, divertito.










Naruto sorride senza gioia. «Sai, nessuno ti dà il permesso di trattare così la gente»
«Ho dovuto farlo. Nessuno deve sapere che vi chiamate Naruto, signore. Ve lo devo forse ricordare?»
Il duca impreca sottovoce e lo trucida con lo sguardo. «Sakura sa tutto di me, e sono sicuro che non direbbe in giro di avermi incontrato.»
Sai inarca le sopracciglia, perplesso. «Quanto sa di voi, di preciso?»
«Sa tutto. O quasi.»
«Anche che siete qui per porre fine alla vita del padrone di casa?»
Naruto scoppia a ridere. «È impossibile che lo sappia», s’interrompe e sospira. «Abbiamo deciso di farlo appena un anno fa. Sa solo che lo odio, null’altro. E se anche fosse, non credo interverrebbe. Sa benissimo cosa provo.»
«Bene, allora. Perché è già un problema che lo abbiate rivelato alla signorina Hinata.»
«Di cosa parlate?» la voce di Hanabi scatta come un lampo.
I due ragazzi sussultano e si voltano, ritrovandosela davanti con un bicchiere colmo di vino in mano e un sorrisetto.
«Nulla, nulla. Piuttosto, cosa ci fate da queste parti? Non dovevate passare il tempo con vostro padre?»
La ragazza gli rivolge un'occhiataccia. «No, mi sono allontanata quando ha iniziato a parlare con Kakuzu. Trovo che quell’uomo sia avido e superficiale.»
«La vostra maschera è molto bella» nota Sai, inchinandosi per porgerle i suoi saluti; sorride, falso.
Hanabi lo guarda con un sopracciglio leggermente inarcato. «Sai, mi sbaglio o sei tu?».
«Avete un ottimo intuito, signorina.»
«Ti sei camuffato come al solito.»
«Avete indovinato».
La Hyuuga ride. «Sei molto buffo, a volte. Comunque mi stupisco di vederti in compagnia del signor Namikaze. Come mai?»
«L’ho incrociato per caso e ho pensato di chiedergli se gradiva questo ricevimento, signorina» risponde con sicurezza il servo, alzando una mano per indicare entrambi.
Si sta comportando come un cagnolino fedele, nota con disappunto Naruto, La tratta come una principessa, mentre con me si comporta come se fossi un povero cretino.
«Capisco» Hanabi emette un sospiro, poi fissa il Namikaze, interrogativa. «Mia sorella non è con voi? Non avendola scorta da nessuna parte, ero giunta alla conclusione che fosse in vostra compagnia: ma vedo che evidentemente mi sono sbagliata.»
«Non la vedo da stamattina» afferma Naruto, confuso.
«Maledizione, è sempre la solita.»
«Dite che si trova nelle sue stanze?»
Hanabi scuote il capo. «Non credo. Sicuramente è nei paraggi. Mi auguro che sia almeno in questa stanza o nostro padre non la prenderà bene.»











«Anche con questa maschera siete perfettamente riconoscibile, signorina Hinata.»
Kakuzu coglie di sorpresa la Hyuuga, che si volta con gli occhi spalancati - non riesce a capacitarsi del fatto che quell'uomo sia riuscito a riconoscerla.

Deglutisce, posando sul tavolo il proprio bicchiere di vino. «B-Buonasera, signore.»
In quel punto della sala, dove le luci sono più forti e dense, le cicatrici di Kakuzu sono ben visibili - in esse c’è tutto l’orrore che è capace di trasmettere quell’uomo con un semplice sguardo.
«Mi chiedo perché una giovane donna come voi se ne stia in disparte, invece di intrattenersi con i propri coetanei o, in alternativa, con il padre» fruscia con tono pacato Kakuzu.
Afferra un dolcetto e lo mangia, penetrandola con lo sguardo.
Brividi. «I-Io non m-mi sento molto a mio agio in mezzo a tanta gente.»
«Si vede.»
«Suppongo di sì.»
«Sentite, verreste con me un momento? Magari, facendo una passeggiata riuscirete a mettere da parte l’ansia... inoltre sono una buona compagnia. Posso trovare mille argomenti per riuscire a calmarvi.»
Quella è una proposta impossibile da rifiutare. Perché, se rifiuta, Hinata finirà con l'essere giudicata male da Hiashi e perché, una volta tanto, Kakuzu sembra davvero cortese.
Si deve fidare? Deve davvero seguirlo e lasciare che le parli per tutto il tempo di cose che, probabilmente, non faranno altro che annoiarla?
Lo guarda, stringendo con forza un lembo della gonna, poi abbassa gli occhi sul pavimento di marmo scuro.
«V-Va bene, come desiderate.»
Sembra quasi che quelle parole non siano state pronunciate da lei, ma da un’altra donna.

Segue Kakuzu, allontanandosi dagli altri ospiti - macchie grigie che ormai non le interessano più - e, solo per un attimo, il suo pensiero va a Naruto. Magari è con una donna. O magari, semplicemente, la sta cercando. Almeno spera.





Non la trovo. Dove si sarà cacciata?, Naruto sorpassa un gruppo di persone ed evita di andare a sbattere contro un vecchio piuttosto attempato, seguito a ruota da Sai. Per un momento ha pensato 'ehi, magari Hinata è fuori dalla sala', o 'magari ha raggiunto suo padre'; ma questi pensieri si sono rivelati erronei nel momento stesso in cui ha deciso di verificarne l'attendibilità. E adesso la cerca, con la sensazione che le sia successo qualcosa di sgradevole. Non sarebbe certo la prima volta: ha appurato quanto sia sfortunata la ragazza - già il solo fatto di essere la figlia di Hiashi Hyuuga non può certo considerarsi una fortuna.
Io mi domando: come diamine è possibile che anche Kakuzu sia scomparso? Spero di sbagliarmi, o giuro che...
«Naruto, forse è meglio dividersi.»
Naruto si volta e guarda Sai, poi annuisce. «Se non la trovi, torna da Hiashi e avvertilo della sua scomparsa.»
Il giovane svanisce dietro la folla con un cenno, mentre il Namikaze esce dalla sala e si guarda attorno, immerso nel buio del corridoio, con le mani serrate per la frustrazione e la disperazione in ogni fibra del suo essere.
Imbocca il corridoio alla sua destra, seguendo il silenzio che regna in ogni angolo man mano che si allontana dal mormorio degli invitati.
Incrocia qualche persona e una volta Tenten, ma quando le chiede se abbia visto Hinata o Kakuzu, la giovane serva scuote il capo e Naruto continua a cercare la Hyuuga -  ignorando perfino Shikamaru e Ino, che lo guardano con gli occhi spalancati da dietro un'antica armatura.
Entra in un altro corridoio, poi in un altro ancora. Cerca dappertutto, col fiatone, ma non c’è traccia di lei.
Possibile? Non può essere sparita nel nulla...

«L-Lasciatemi, basta!»

«Smettila di agitarti!»
«NO!»
Naruto si blocca: alza la testa verso le scale che portano alla parte superiore dell’edificio, imprecando.
Sale a due a due i gradini, cercando di reprimere con tutte le proprie forze la rabbia che cresce dentro di lui: ciò nonostante, quando raggiunge i propietari delle voci e davanti ai suoi occhi si presenta quella scena orribile, tutto va in frantumi, e l’ira prende il sopravvento.

«TOGLILE LE MANI DI DOSSO!»
Kakuzu si blocca e volta la testa in direzione di Naruto, la camicia aperta e lo sguardo acceso di desiderio - le mani impegnate a immobilizzare un’impaurita Hinata.
A terra, con i vestiti stracciati.
Trattata come una bambola.
Una sgualdrina.
«E tu che ci fai qui, ragazzino? Tornatene alla festa, questo non ti riguarda», il tono di Kakuzu è arrogante: distoglie per un attimo Naruto da ciò che quell'essere ha fatto a Hinata.
Poi, gli occhi lilla della giovane incrociano, persi, quelli del Namikaze: e tutto si ferma, solo per ripartire da uno scatto.
Veloce, impulsivo.
Come uno sparo.

«Naruto!»
Il sangue si riversa a terra, e quando Sai finisce di salire gli scalini e nota il corpo di Kakuzu riverso sul pavimento freddo e Hinata fra le braccia di Naruto, comprende che non sarà il primo cadavere che vedrà.
Nell’aria aleggia l’odore della morte, mescolato a quello della polvere da sparo e del sangue che macchia il pavimento di rosso.









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Capitolo 13
*** - Parte Seconda - Capitolo Uno ***


Bloody Rose


[A Katia]


















PARTE SECONDA 





















Capitolo Uno












Niente respiro.
Morto sul colpo.

Sai si china su Kakuzu, ignorando le urla di Sakura Haruno. «Sembra che l'abbiate ucciso.»
«Non m'importa! Come hai potuto? È stato un gesto avventato!»
«Ho fatto solo quello che dovevo fare» risponde perentorio l’accusato.
«Maledizione! Signorina Hinata, state bene? Hinata?»
«Lasciala stare…»
«Qui non si tratta di capire cosa è giusto e cosa no, sta di fatto che hai ucciso un uomo! Un altro! Prima o poi mi dovrai spiegare perché... non posso più guardare e stare zitta, SASUKE!»
Gli occhi dell’Uchiha si abbassano sulla mano che impugna la pistola ancora fumante: per un attimo sembra tentato di sparare alla moglie ma, convinto che non si tratti di una buona idea, nasconde dentro la giacca l‘arma del delitto, silenzioso come un gatto.
La pistola di Naruto è invece a terra, accanto al cadavere, fredda e intatta, inutile e innocente.
Le urla di Sakura coprono qualsiasi altro rumore, compresi i singhiozzi di Hinata, che trema fra le braccia di Naruto e non guarda nulla. Non il sangue, non Sasuke, o Sakura, o Sai e nemmeno il suo amore, Naruto.
Fissi nel vuoto, gli occhi lilla della piccola Hyuuga sembrano aver deciso di non capire, di non vedere, di non dar segno di aiuto; vuoti, paiono immersi nella morte appena verificatasi.

Poi, improvvisamente, questi si spostano sul viso di Naruto: non parlano, non tremano, non urlano.
«Portami via» è la sola richiesta. «Portami via, portami via, portami via» ripetono in una litania infinita.
E Naruto la guarda, sembra capire, sembra indeciso. Poi la prende fra le braccia, si alza, cerca di trattenere l’orrore - non solo suo e della ragazza.
«La porto nelle sue stanze, signori.»
«Nascondiamo il corpo?»
La domanda di Sai giunge inaspettata, fredda, decisa. Quel gesto non lo turba, non lo getta nell’agitazione che ha ormai contagiato tutti.

Tutti, eccetto lui.
Naruto si volta in sua direzione, impassibile.
Forse.
Forse deve nasconderlo, forse deve lasciarlo lì, nelle grinfie di Hiashi. Ma quali sarebbero le conseguenze di quel gesto? Cosa potrebbe accadere, in tal modo? Quando fai una scelta devi sempre tenere conto che qualcosa possa andar storto, prima o poi; puoi sempre sperare che non accada, che qualcosa vada davvero come hai programmato.

Non tutto va storto. Non deve, non questa volta.
«Dove nessuno lo potrà trovare, dove nemmeno i topi possano divorarlo, Sai» ordina infine, secco.
Un sorriso, ancora una volta.
Quando la smetterà di fingere?
«Come desiderate, signore.»

«Io invece non capisco ancora cosa stia succedendo» brontola Sakura, guardando da Sai a Naruto, da Naruto a Sasuke e da Sasuke a Hinata. «Spero non sia qualcosa di grave.»
Sai si china e affetta la pistola di Naruto, negli occhi un'ombra indefinita.
«Non dovete preoccuparvi, signora Uchiha: quello che avete visto non è che una sciocchezza, un gioco, in confronto a quello che avverrà fra qualche giorno.»
Se è un gioco, perché è così orribile? Non dovrebbe essere divertente, un gioco? Non dovrebbe allietare chi vi partecipa, fargli dimenticare la rabbia, la vendetta, il dolore? E, se davvero è tale, perché non riesce a divertirsi, perché non vede null’altro che le lacrime? Perché fa così male?
Il tempo sembra non voler passare mai, tutto scompare, il silenzio scende pericolosamente e, mentre chiude gli occhi, Hinata cerca di non badare al resto. Vuole cacciare le immagini della morte e dimenticare la paura di quelle mani che s’infilano ovunque, che la violano.
Trema, contenta che non siano potute andare oltre.
Eppure, nonostante la consapevolezza dell’incompiuta violenza fisica, l'orrore non si stacca, alberga in lei, non fugge.

Resta il terrore del buio che avvolge la figura nera.
«Shh, non piangere, Hinata. Sono con te. Non piangere, sono qui con te. Non aver paura. Giuro che non ti lascio, resto con te» dice la voce di Naruto, improvvisa, accorata. «Lui non c'è più, non ti farà più del male. Ora ci sono io con te. Io non ti farò mai del male, mai.»













Hinata apre gli occhi, rendendosi conto di essere rannicchiata fra le coperte del suo letto, immersa nell'oscurità.
Fra le ombre scorge il profilo di Naruto, sente la mano che avvolge la sua. 

«Hinata, sei sveglia...» mormora a un tratto il duca, osservandola meglio.
E lei, lei che avverte un vuoto informe dentro di sé - un vuoto senza nome, che la opprime fin nel profondo - sottrae la propria mano a quella del compagno.
Non vuole essere toccata, non ancora, non più.
Ma è un gesto istintivo, Naruto lo sa; ciò nonostante si irrigidisce, ferito e confuso, respinto per qualcosa che non riesce a capire fino in fondo e che invece opprime insistente quella figura minuta rannicchiata fra le coperte.
«Io… mi spiace. Se solo avessi saputo, se solo ti fossi stato accanto, probabilmente...»
Le parole cadono nel vuoto -  un altro, stavolta ben chiaro, definito - e Hinata, con le dita affondate in una delle tante pieghe del letto e lo sguardo piantato nella parte più nera della stanza, riesce a scorgere il dolore che ora attanaglia Naruto e lo rende per la prima volta fragile.
Lui, Naruto Minato Namikaze, fragile.
Sicché Hinata sposta la mano, tasta nel buio e dopo una breve ricerca trova la sua, la copre, la stringe infondendo un conforto inaspettato.
«Va tutto bene. Non è colpa tua... tu non c'entri. Non ho paura… non ho avuto paura.»
La voce però trema debolmente, la tradisce.
«Stronzate!»
Naruto: volgare, aspro, irato.
«Se non hai avuto paura, allora perché mentre dormivi chiedevi aiuto? Perché mi cercavi nel sonno e… e gli urlavi di lasciarti andare…?» geme, alla fine, in un moto di disperazione, posando la fronte sulle loro mani intrecciate. «Io mi sono spaventato, ne puoi star certa!»

«Non mi ha fatto nulla.»
«Hinata, ti ha denudata, ha cercato di-»
«Ma non l‘ha fatto. Sono ancora… libera, ecco.»
«Bel termine, ‘libera’. È un modo per non dire illibata? Vergine? Non ‘posseduta’?» commenta lentamente il biondo, una nota di disprezzo al pensiero di Kakuzu, e una di calore nella mano libera che ora le carezza dolcemente le guance.
«Sì, io non ho... non ho p-perso niente» balbetta fievole la ragazza, le guance in fiamme nel buio, l'imbarazzo per quelle parole che rivelano esperienze fino ad allora taciute.
In quel momento si rende conto che lui non le ha mai raccontato nulla di sé, ha sempre evitato l’argomento come la peste; le è sempre stato impossibile indagare oltre.
Naruto la guarda attentamente. «A cosa pensi?»
«A te» risponde Hinata, sincera.
Una breve risata, una piccola luce nel buio.
«Sai cosa mi dispiace? Che Sasuke Uchiha gli abbia sparato per primo. Che vergogna!».
Come? «Io credevo che fossi stato tu a sparare al signor Kakuzu... non capisco. Puoi spiegarmi come sono andate realmente le cose?»
Naruto sussulta, sconcertato. «Davvero non te ne sei accorta?» domanda.  «Ma che dico... eri sotto shock, è naturale che tu...»
«Mi sembrava che il colpo fosse partito dalla tua pistola...» mormora la Hyuuga, mettendosi a sedere. Si accorge di indossare solo il vestito da notte e si chiede, per un solo attimo, chi possa averla svestita e poi rivestita con quell’indumento mentre non era cosciente.
La stanza profuma di rose: la finestra è aperta e s’intravede la luna, lontana, irraggiungibile come le stelle.
Che cosa bizzarra.

«Mentre mi accingevo a sparare, Sasuke è apparso dal nulla assieme a Sakura, sua moglie, e ha sparato prim‘ancora ch‘io ne avessi la possibilità. Ovvio, è stato più veloce. Io poi ero arrabbiato, insomma… se fossi stato lucido, sarei di certo stato più lesto del signor Uchiha!».
«Lo comprendo. Ti sei offeso per questo?» chiede Hinata, sorpresa. Non le importa chi ha sparato, sostanzialmente - anche se, tutto sommato, sapere che Naruto non ha ucciso nessuno davanti ai suoi occhi è un sollievo: ha più bisogno di sanare l’orgoglio ferito del Namikaze che sapere chi, come e cosa abbia contribuito alla morte di Kakuzu.
A lui non vuole più pensare.
Lui non esiste.
«No, non proprio. Diciamo che…» Naruto si blocca, prende tempo, poi sussurra: «Solo io posso difenderti, perché tu sei mia. Capisci? Lui non mi ha permesso di proteggerti quando avrei dovuto provvedere io stesso alla tua sicurezza. E invece, guarda un po’, sono stato inutile.»
‘Tu sei mia’.
Quella frase le fa venire i brividi, la rende felice. «Non sei stato inutile. Sei arrivato in tempo, l‘hai fermato prima che mi facesse davvero del male.»

«Oh, credo che su questo tu abbia ragione, anzi! Per fortuna che sono arrivato in tempo, altrimenti avrebbe rubato ciò che mi spetta», e ride, Naruto, senza trattenersi - senza preoccupazioni e, soprattutto, senza farle capire il motivo di tanta, improvvisa gioia.
Confusa, Hinata torna a guardare fuori dalla finestra: chissà, quella notte non sembra poi tanto orribile.
Non può essere tale, con lui accanto.













«Dio santo! Perché diamine lo stiamo facendo? Per coprirlo ancora?» borbotta Shikamaru, buttando un po’ di terra su quella che un tempo era una buca.
Sai e Sasuke lo fissano, ma non dicono nulla, e il Nara scuote il capo, esasperato.
«Come non detto. Ancora una volta facciamo scomparire il millesimo cadavere.»

«Shikamaru, non esagerare» lo riprende con voce bassa l’Uchiha, sistemandosi le maniche, le dita sporche di terra a imbrattarne la stoffa.
«Già, non è da te» gli viene in soccorso Sai, sorridendo - lo fa apposta, è evidente.
Grattandosi la guancia, il figlio del medico sospira. Sono insopportabili. «Sono solo nervoso. Vorrei farvi notare che il signorino - che adesso è da solo in una stanza con la giovane figlia del tiranno e Dio solo sa cosa stanno facendo - sta tirando un po’ troppo la corda, a mio parere. I complotti non mi piacciono, ancor meno se le cose prendono pieghe simili e nessuno tiene tutto sottocontrollo.»
«Su questo hai ragione: quello stupido sta prendendo le cose poco seriamente. Che ci vuoi fare, è Naruto. Con lui non puoi mai star certo di nulla. Per questo sono qui, ti pare?»
La voce di Sasuke è pacata, ironica, ed è sorprendente sentirlo parlare così tanto: di solito sta zitto e interviene al massimo per rimproverare - cosa in cui è molto bravo, un maestro.
«Se Hiashi viene a sapere di essere spiato da me e Sai, finirà per imprigionarci da qualche parte nei sotterranei della tenuta. Tu, Sasuke, non rischi nulla, no? E Naruto è quello messo peggio di tutti» riepiloga sapientemente il Nara. Poi, senza badare all’abbaiare dei cani da guardia, sibila: «Rischia la morte, signori. E tutto questo per vendetta, per rabbia e, adesso, per una donna.»
Tutto il rimprovero concentrato nell'ultima parola, la più abusata da lui in quasi tutte le circostanze, omicidi o meno.
«Non è la prima volta che rischia così tanto, Shikamaru. Naruto sa quello che fa» si sorprende a dire Sasuke, piccato.
«Speriamo.»
Il rumore della pala che raccoglie la terra riempie il vuoto creato dal silenzio; meschino, nervoso, bloccato nell’incertezza e negli interrogativi.
«Sakura non è stata informata di nulla. Perché?» domanda inaspettatamente Sai, brusco.
«Fatti gli affari tuoi.»
Un sibilo minaccioso e Shikamaru che sbucca, gli occhi che vanno dal servo al nobile.
«Non posso. Qui ci va di mezzo la famiglia Namikaze.»
«E qui gli Uchiha. Per caso te ne fossi già dimenticato, la famiglia ha deciso di collaborare esclusivamente perché mio padre era affezionato al signor Minato. Se così non fosse stato, noi non avremmo agito; non ci saremmo piegati alle suppliche di Naruto e Minato II. L‘abbiamo fatto solo per il loro defunto padre e sua moglie.»
«Egoista» borbotta Shikamaru, conficcando la punta della pala nel terreno bagnato, gli occhi fissi sul volto dell’uomo. «Non eri il migliore amico di Naruto?»
«Ero, appunto. Ora non più» risponde Sasuke, ora tetro.
Il Nara leva gli occhi al cielo, spazientito; non ne può più delle loro scaramucce.
«Bene, e adesso per quale motivo? L‘ultima volta che vi ho visti insieme andavate d‘amore e d‘accordo - se possiamo definire ‘riempirsi di botte tutti i giorni’ andare d’amore e d’accordo, certo.»

Sasuke lo trafigge con lo sguardo e continua a buttare la restante terra dentro la buca, deciso a ignorarlo.
L'ha presa sul personale.
«Penso che toccare l‘argomento non ci sia d‘aiuto. È evidente che il passato rapporto d’amore fra Naruto e Sakura sia ancora un tasto dolente, per lui» insinua Sai, tagliente.
«Ancora il triangolo, eh? Io ve l‘ho detto…»
La terra compre definitivamente la tomba di Kakuzu; nessuno si ricorderà di lui, ne sono certi.
Qualcosa, in futuro, abbasserà l’ago della bilancia... e in loro favore.

Aspettare, bisogna aspettare. Soltanto un po’, un altro po’.
«… le donne sono sempre una gran seccatura.»
















Fine Capitolo Uno













Note dell'Autrice: *si ripara dai pomodori* ALT! SONO INNOCENTE! *seconda valanga di pomodori* Ok, va bene, ho capito tutto -_- Purtroppo ho avuto un altro problema con l'ispirazione, così non ho più scritto nel Fandom di Naruto (basta andare a vedere nel mio account xD). Già, Naruto non m'ispirava più. Poi per aiutare un'amica, nei giorni scorsi, ho dovuto stendere le valutazioni di un contest (Hanabi Contest!) e leggendo mi sono appassionata di nuovo, pare. Oggi mi è ritornata l'ispirazione, e così ho potuto scrivere il primo capitolo della - SECONDA PARTE - di Bloody Rose. Beh, che dire? Siamo alla parte seconda, ecco. Sì. Sarà diviso tutto in tre parti (che comprendono a loro volta un TOT di capitoli). Non l'ho detto, mi sono dimenticata -_-' no comment, va. Comunque, visto che l'ispirazione è altalenante, fa come gli pare, vi avverto che posterò una volta alla settimana, e non è escluso che la fic venga aggiornata lentamente. So di deludervi con queste dichiarazioni, ma non scrivo a comando, seguo l'ispirazione, altrimenti scriverei tutto alla cavolo e pace u_u
Vi dico le cose chiaramente, senza nascondermi dietro il solito e comune 'avevo da fare'. Certo, avevo da fare, ma il tempo per scrivere ce l'avevo comunque. Il problema era l'ispirazione, la noia che mi dava scrivere nel Fandom di Naruto, poi, vabbè, adesso sono tornata e aggiornerò anche le altre storie... per non perdere l'ispirazione continuerò a leggere altre Fan Fic e a tenere alta la bandiera NaruHina che mi porto sempre appresso XD Perché, uno dei motivi per cui non entro più nel Fandom, è perché non ci sono quasi più NaruHina. Insomma, niente NaruHina, niente carburante, per quanto mi riguarda.
Tornando alla storia... beh, grazie per i commenti che mi avete lasciato nello scorso capitolo, davvero^^ Siete grandiosi.
E ringrazio anche le 19 persone che hanno messo questa storia fra i Preferiti, le 5 che l'hanno inserita fra le storie da Ricordare e le 30 che l'hanno inserita fra le storie da Seguire. Grazie mille^^
Beh, ora scappo!
Un bacione,

Mokochan






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Capitolo 14
*** - Parte Seconda - Capitolo Due ***


Bloody Rose












Capitolo Due













«Non riesco a capire» ripete per l’ennesima volta Hiashi Hyuuga, posando con un fastidioso tintinnio la forchetta sul piatto oramai vuoto.
Il suo viso è contratto dalla rabbia; le mani rigide, le nocche pallide, respira velocemente.
«Se ne sarà andato dopo la festa, padre, no?»
La voce di Hanabi è volutamente bassa, condiscendente: teme che il padre possa rigettare tutta la propria frustrazione su di lei, quel giorno.
Minato e Hinata sono assenti, l’hanno lasciata sola per aiutare Shikamaru e Shikaku nelle loro ricerche.
Chissà perché li sta aiutando, poi, Hinata.
«Avevamo preso un accordo l’altra sera, figlia mia.»
«Era importante, vero?»
Un sospiro. «Diciamo che volevo sistemare tua sorella una volta per tutte.»
Come se non lo avessi capito, pensa Hanabi, e subito immagina Hinata in abito bianco a braccetto con Kakuzu.
Quale visione più orribile?
Il profumo dell’arrosto sale fino al naso della giovane Hyuuga, che osserva Tenten tagliare attentamente la carne - il secondo piatto del pranzo, il suo preferito.
Con l’acquolina in bocca, e meno riserbo del dovuto, chiede: «Perché non Minato Namikaze?»
Gli occhi di Hiashi e quelli di Tenten si catapultano simultaneamente sul viso della Hyuuga, irritati i primi, stupefatti i secondi - mossa falsa, vero. Ma a quel punto la incuriosisce sapere cosa pensa il padre del loro ospite. In fondo, cosa potrà mai aver contro Minato - il tanto amato Minato - per impedirgli di sposare la figlia maggiore?
«Minato è nostro ospite, sarebbe scortese proporgli una cosa del genere. Ovviamente, se si proponesse lui stesso, allora… non saprei, sai?» Hiashi puntella le dita sulla candida tovaglia.
Il rumore si mescola a quello del coltello che taglia troppo lentamente la carne.
«Non sarebbe male. Avete notato l’intesa, la complicità che sembra unirli sempre più, ne sono certa.»
Seconda mossa falsa.
«Hanabi» la richiama freddamente il capostipite, «Minato non è qui per sposare mia figlia.»
«Peccato. A parer mio, sarebbero proprio una bella coppia.»
La carne viene servita.
«Tenten, la prossima volta vedi di muoverti. Sei pigra.»
«Come volete, signore. Mi spiace.»
«Fuori.»
«Sì…»
Hanabi tossisce. «Tenten, per favore, mi verseresti un po’ di vino?»
La giovane serva si blocca, poi annuisce. «Certamente, signorina Hanabi.»
Mentre il rosso rubino del vino riempie il bicchiere vuoto, gli occhi lilla di Hiashi seguono la scena con una punta di fastidio - lo stesso che riserverebbe ad un condannato a morte - e si muovono soltanto quando Hanabi sorride a Tenten e le ordina - gentilmente - di uscire dalla sala.
Con muta sorpresa, si alza in piedi e borbotta: «Da quando in qua tratti bene le serve, figlia?»
«Perché, come l’avrei trattata?» sibila impietrita la giovane Hyuuga, lisciandosi la gonna, le mani tremanti. «Nel modo giusto, ovvio. O vedete qualcosa che io non riesco a cogliere?»
«La gentilezza non serve a niente, ricordalo bene. Chi ti serve non ha il diritto di essere trattato come nostro pari, e lo stesso vale per Tenten.»
«Io non sono contraria a quanto dite, tuttavia richiamare con gentilezza è meglio che richiamare con durezza. Vi sono effetti diversi, e uno di questi è non inimicarsi coloro che potrebbero, un giorno, ucciderti.»
«Vedi solo quello che vuoi vedere. Quando hanno davvero paura di te, non osano farti del male. Loro non possono farti del male, tu li hai in pugno. Così si governa una casa. Così si governa tutto ciò che è tuo, anche un popolo.»
Hanabi sussulta. «La vostra visione, padre, non mi piace. Essere autoritari è giusto, ma non quando si finisce per fare del male a qualcuno. Mia madre era contraria.»
Nella sala cala un nuovo silenzio, spezzato unicamente dalla sedia della Hyuuga, ormai in piedi, e pronta a lasciare da solo il padre.
Con la stessa freddezza da lui presa, e lo stesso orgoglio ereditato da Mii Hyuuga, sua madre.
«Se uscirai da questa stanza, sappi che non ti sarà permesso cenare.»
«E sia. Non mi farà male restare a digiuno: stavo giusto pensando di fare una passeggiata stasera. Grazie a voi potrò anticipare l‘evento.»
«Hanabi…»
«Io non sono la vostra serva. E sono vostra figlia. Finché non lo capirete, non capirete me.»










La stanza del dottor Shikaku è sufficientemente grande da contenere dieci cavalli. Ci sono due finestre aperte verso est, dove si estende il campo di grano della famiglia, mantenuto in buone condizioni da tre servi: Jugo, Kimimaro e Zetsu.
Abbastanza calda, la stanza ha un caminetto piccolo proprio davanti a un divanetto color panna, affiancato da un tavolino su cui sono poggiati una bottiglia di liquore e due bicchierini ancora intatti: quel giorno, il dottore non ha bevuto nemmeno una goccia di Whisky.
«È molto accogliente. Si vede che il signor Hiashi vi stima come nessun altro» commenta lentamente Naruto, alzando gli occhi verso il lampadario per catturare altri particolari.
Non sa esattamente perché ha accettato l’invito di Shikamaru: gli ha proposto di portare con sé Hinata e di aiutare lui e suo padre in qualche ricerca - un modo a suo dire efficace per distrarre la giovane Hyuuga dal ricordo terribile della sera precedente.
Come se fosse facile!
Lui stesso non riesce a darsi pace per quello che è successo, e si maledice ogni minuto, ogni secondo, ogni qualvolta gli occhi tristi di Hinata incrociano i suoi e gli ricordano il viso mostruoso di Kakuzu. Oh, se fosse arrivato prima gli avrebbe impedito anche solo di sfiorarla!
Ma la morte ormai l’ha preso con sé, si ricorda con furore il Namikaze, e per mano di Sasuke Uchiha. Che rabbia e che vergogna!
Certo, in qualche modo mi riscatterò agli occhi di Hinata. Lo spero, altrimenti quell’Uchiha mi pagherà oro, anzi, mi ripagherà con il suo stesso onore. Se non fossi qui per vendetta, andrei da lui e altro che astio! Solo pugni gli darei!
«Oh, questo perché in passato ho contribuito a lenire il dolore di sua moglie, la cui vita era al termine. Hiashi mi tollera per questo - mi è grato. Ma non mi tratta diversamente dagli altri componenti della servitù» risponde con un sorrisetto Shikaku, scrivendo su un piccolo quaderno un’altra delle sue formule. Qualche nuova cura?
«Diciamo che siamo ancora qui anche grazie alla signorina Hinata» chiarisce improvvisamente Shikamaru, intento a pulire e disinfettare gli strumenti medici del padre.
«Ma c-che d-dici, non è affatto così, Shikamaru! Davvero, io non ho fatto nulla di ché!» esclama Hinata, infervorata, cercando di sorridere al Nara, che le fa l’occhiolino, divertito.
«Non sto affatto mentendo, signorina. Senza di voi, io e la mia famiglia saremmo senza soldi, senza casa e, soprattutto, senza una vita.»
Shikaku si schiarisce la voce. «Possiamo dire che l’umore del signore della tenuta è abbastanza mutevole: un giorno può sorriderti con gratitudine, farti sentire onorato di servire la casata. Un altro può essere capace di mandarti dal boia di famiglia per subire l’ira della frusta. Cento colpi e via, eccolo di nuovo felice.»
Difficile non cogliere il malumore che vena come un veleno la voce del medico in quell’ultima esternazione.
Naruto lo studia per un secondo, cercando di capire i sentimenti che cova verso il tiranno, poi sospira.
«Hinata è riuscita a salvarvi, dite. Ma in che modo?»
«Semplice.»
Shikamaru lascia perdere la pulizia dell’attrezzatura medica e, poggiandosi svogliatamente contro il tavolo su cui è sistemata, spiega: «Mia madre si è sempre presa cura delle rose di Mii Hyuuga. Erano, come dire… ‘amiche’. La signora Hyuuga apprezzava fortemente l’aiuto di mia madre, così la elogiava spesso davanti al padrone. Quando si ammalò, Mii Hyuuga chiese con gentilezza a mia madre di prendersi cura di Hinata e Hanabi, dato che lei non riusciva più a farlo: era troppo debole. Quando papà non riuscì a fare altro per salvare la padrona, il signor Hiashi fu sul punto di cacciarci tutti, nessuno escluso - nonostante sapesse che era grazie al suo medico, se Mii non soffriva tanto. Hinata, che a quel tempo aveva soltanto sei anni, nel momento esatto in cui mia madre venne allontanata iniziò a piangere. A gridare. Non era una cosa naturale per lei, abituata a restare in silenzio, preda della timidezza che ancora adesso la condiziona. Beh... vedendola in quello stato, il signore decise di graziarci.»
«Non accettava di veder soffrire anche la figlia maggiore» intervenne Shikaku, posando la penna sul tavolo. «Aveva perso la moglie, non desiderava perdere per una insulsaggine la figlia; e sapeva bene che mia moglie era stimata da Mii... come avrebbe potuto mandarla via?»
Le labbra di Naruto si piegano appena verso il basso. Bella domanda. Avrebbe dovuto fare la carogna come al solito, Hiashi. «Capisco.»
Hinata si sistema una ciocca corvina dietro l’orecchio con mano tremante, e per un attimo i suoi occhi lilla si posano su Naruto, che le rivolge il più ampio dei sorrisi.
Lui sorride sempre, non guarda mai il lato negativo delle cose. Sorride, alle brutte cose, le vince, le caccia: fa in modo che un semplice gesto diventi la migliore delle cure.
Nelle ore che seguono, Hinata e Naruto imparano molte cose: quali erbe possono lenire il dolore, quali sconfiggere tre differenti malattie, come fasciare correttamente una ferita.
Mentre Shikamaru spiega a Hinata quali funghi sono velenosi e quali no, Shikaku le posa una mano sulla testa, affettuoso. «Dimmi un po’, piccola: come va con la caviglia?»
«Non mi fa tanto male, grazie. Le sue cure sono sempre ottime, dottore.»
«Ne sono felice. Quando ho saputo che sei caduta da cavallo mi sono preoccupato molto per te. Anche mia moglie.»
«Lo so, e la ringrazio. La ringrazio tanto» la voce di Hinata trema, ma, per scacciare via l’improvvisa tristezza, la Hyuuga sorride.
Un poco, ma ne trova la forza.
Naruto la guarda con apprensione.
Shikamaru lo nota, e allora gli si fa vicino e sussurra: «Stai tranquillo, Naruto. Hinata è forte abbastanza da sopravvivere a quello che è successo.»
Il biondo dirige lo sguardo verso il pavimento. «Ha pianto per tutta la notte, come faccio a esserne sicuro?» si sfoga, abbassando la voce quel tanto che basta a non farsi udire da Hinata e Shikaku, a pochi centimetri da loro. «Ha tentato di violentarla, Shikamaru.»
«Come se non lo sapessi! Senti, Hinata deve soltanto rielaborare le cose, capire che non è successo nulla. Non l’ha toccata fino a quel punto. Certo, le ha fatto del male e questo non cancella lo spavento e il dolore per non essere riuscita a difendersi; ciò, tuttavia, non significa che rimarrà succube dell‘orrore per sempre. Lascia che si sfoghi con te… o con Ino, o coi miei genitori: sarà la cosa giusta, perché saprà ritrovare coraggio grazie a chi le darà conforto. E coloro che le daranno conforto saremo noi.»
Confuso, Naruto annuisce, cercando di non mostrarsi più preoccupato. «Sì, hai ragione.»
Shikamaru, sollevato, gli dà una pacca sulla spalla. «Affronta le cose nello stesso modo in cui hai affrontato il dolore di tua madre. Sono certo che saprai lenire anche questo, di dolore.»












Crepuscolo. Il giorno è ormai finito e il sole si appresta a venir sostituito dalla luna; il cielo è rosato, arancione, bianco... un poco è diverrà scuro. Diverrà notte, appariranno le stelle: illumineranno il cielo assieme alla luna, lo renderanno magico, un po’ freddo, ma pur sempre bellissimo.
Hinata chiude gli occhi e butta la testa all’indietro per respirare a pieni polmoni, lasciare che il profumo della sera la invada tutta senza dimenticare nulla, nemmeno il cuore.
«C‘è una vista stupenda! Cavolo, avresti potuto mostrarmi prima questo luogo... mi sarei recato qui senza esitazioni» esclama Naruto, osservando con gli occhi spalancati il paesaggio che s’intravede dal balcone di una delle stanze per gli ospiti.
Non riesce a descrivere ciò che sta ammirando: è un mescolar di colori, profumi, sensazioni le une diverse dalle altre.
Per un attimo cerca di elencare ogni cosa che vede, senza successo.
La voce di Hinata lo riporta alla realtà.
«La stanza in cui siamo entrati era dei miei genitori. Prima, mio padre dormiva qui.»
«E adesso perché no? Insomma, questa è la stanza più bella della tenuta, con un panorama che molti invidierebbero, Dio mio!»
«Ha resistito solo un mese… dopo la morte di mia madre, Naruto.»
«Ah» il ragazzo si gratta il capo, terribilmente dispiaciuto per la gaffe. «Okay, ho sbagliato. La prossima volta starò più attento alle mie parole per non rischiare di farti soffrire.»
«No, io… non mi hai ferita in alcun modo, devi credermi. Hai ragione quando dici che questo luogo è il più bello della villa: quand’ero piccola, e mio padre si trasferì in un’altra stanza, mi domandai la stessa cosa. Non gli chiesi nulla, ma quando ebbi qualche anno in più ne compresi il motivo e smisi di chiedermelo.»
Quanto hai sofferto in questi anni, Hinata? Ogni volta che tocco il tuo passato i tuoi occhi s’incupiscono, mi mostrano il lato triste di te. Raramente mi hai regalato i tuoi più che rari sorrisi.
Naruto la prende per mano e inizia ad accarezzarla: le dita si muovono lente lungo il polso, massaggiano il dorso senza esitazioni.
Non è abituato alla dolcezza, non sa nemmeno se sta facendo la cosa giusta. Ha sempre consolato sua madre, le ha dato manforte. Consolare un’altra donna - una donna per cui prova un sentimento che solo una volta ha sperimentato - lo scuote, lo rende vivo ma lo confonde.
Le dita di Hinata si chiudono improvvisamente attorno alla sua mano, con calore - gli mostra apprezzamento, conforto, gli dice ‘non andartene, resta sempre con me’.
E forse tentar non nuoce, provare con più dolcezza e passione non è sbagliato, perché le vuole dimostrare cosa prova, cosa sente dentro. Non è bravo a parole, Naruto, e mai lo sarà. Eppure, una cosa la deve fare, ancora. Questa volta senza esser brusco o sembrar pretenzioso.
Con un movimento repentino della mano le accarezza la guancia. «Posso baciarti, Hinata?».
Quella domanda imbarazza entrambi, li rende incerti. Ma questa volta c’è qualcosa di diverso dal solito: la richiesta di lui ha un suono diverso, più deciso, più violento, sentito.
E per un attimo Hinata resta senza fiato, non trova le parole, né sa più dov’è collocato il suo cuore - che batte all’impazzata - accompagnato da un calore bruciante, irresistibile.
Perché fa fatica a respirare? Perché ogni parte del suo corpo le fa male se solo pensa ad un ‘no’, mentre il ‘sì’ posato sulla punta dalla lingua le provoca intensi brividi?
Inutile porsi altre domande quando sa cosa vuole davvero, quando sa come Naruto la guarda.
Un «Sì» sfugge improvviso, sconfigge l‘indecisione, raggiunge il suo scopo; e quando le labbra del ragazzo si posano sulle sue, ruvide, deliziose, impazzite, Hinata non può far altro che lasciarsi andare.
Lasciare che quel contatto s’approfondisca, lasciare che la lingua di Naruto incontri la sua, vi giochi, la brami - mentre le mani del giovane l’afferrano per la vita, la stringono possessive contro il suo corpo senza lasciarla andare, ferree.
Ancora, e ancora, e ancora.
Si scosta leggermente, soltanto tre centimetri separano i loro visi «Naruto, mi sento… strana.»
«Anch‘io. Non sono un genio, lo ammetto, ma credo di capirne il motivo, Hinata. Ed è bello.»
Le dita del biondo scivolano fra i capelli della ragazza, setosi e profumati; si bea di quel dolce contatto, memorizza ogni particolare, certo che non scorderà mai simili turbamenti.
Poi le sue labbra si posano per un attimo su quelle morbide di Hinata, l’accarezzano sapienti; con i denti mordicchia il labbro inferiore, ed un sospiro improvviso della giovane lo eccita.
Lei inizia a tremare fra le sue braccia. «Naruto.»
Che cosa strana!, pensa Hinata, avvampando, ricambiando un bacio, e un altro, e un altro ancora. Non ho mai provato nulla di simile. Mi spaventa, mi piace, mi turba, mi sconvolge... eppure non ne farei mai a meno. Possibile? È questo un bacio? È questo che si prova, che si vuole? È così sconvolgente da farmi dimenticare ogni parola, ho in mente soltanto il suo nome… non capisco, non ci riesco. Io voglio solo… lui.
Quando si staccano Hinata affonda il viso contro il petto di Naruto, cercando di reprimere le emozioni che ardono dentro il suo corpo. Sono sensazioni belle e sconosciute, d’una intensità che non riesce a concepire.
Un’altra domanda, ancora, devasta la sua mente, veloce come un lampo: è questo l’amore?
Quel qualcosa che non si nutre solo di sentimenti mentali, ma anche di brividi del corpo, di passioni mai avute e mai immaginate, di ricerca, di respiri e malapena trattenuti, della consapevolezza che senza quella persona non sapresti vivere nemmeno un secondo della tua vita?
Se davvero è questo, l’amore, allora non sa come liberarsene, perché ormai l’ha posseduta, ha messo le radici nel profondo del suo cuore.
Spera che nulla lo sradichi.
«Hinata, cavolo… è stato il più bel bacio della mia vita!» esulta Naruto, ridendo, stringendola con forza.
Con quella risata che non la lascia, che scuote tutto, che la rende felice, e che, invece di imbarazzarla per le parole un po’ troppo esultanti del Namikaze, la spinge a ridere a propria volta: pare un miagolio, delizioso, timido ma sincero.
Bellissimo.
«Sai, mi dispiace… dato che… tutto questo potrebbe finire presto, ecco.»
Hinata alza il capo, lo scruta. «Perché vuoi ancora uccidere mio padre, non è vero?»
Naruto annuisce, facendosi cupo. «Per giorni ho provato a non badarci, ma non ce la faccio più. Lui merita la morte, non riesco a pensare ad altro. Merita la morte. La merita, ne sono certo.»
«Io non posso assistere a qualcosa di simile. Non posso nemmeno impedirti di compiere la tua vendetta, perché non sarebbe la cosa giusta. E sarebbe altrettanto ingiusto non impedirti di farlo.»
«Ne abbiamo già discusso una volta, e sono deciso a fare quello per cui sono qui» dice con una punta d’irritazione Naruto,, accarezzandole il capo, tuttavia, con insolita premura.
Hinata chiude gli occhi e nasconde nuovamente il viso, intimorita. «Naruto, pensaci bene.»
«Mi dispiace.»
Non sembra, ma è.
Sì, una condanna a morte.














Hanabi non ha sentito nessuna delle loro parole, non è riuscita a cogliere nulla della loro conversazione, eppure ha visto tutto.
Ha visto i baci, ha visto i sospiri, la felicità di entrambi.
Per un attimo la pervade la rabbia, l’indignazione per un segreto, per le bugie di sua sorella.
Ma è un singolo attimo, e tutto passa.
Osserva nuovamente i due, pensa all’ultima volta in cui ha visto davvero felice Hinata e i suoi occhi s’inumidiscono; perché non se ne ricorda, non ricorda nulla di bello, di felice.
Le uniche volte in cui Hinata è stata davvero felice, Minato era presente. Sempre, costantemente accanto a lei. Protettivo, solare, simpatico e goffo.
Eppure a sua sorella piace. Lo ama, si vede, si sente. E in fondo è felice per lei. Lo è davvero.
Forse ciò non è bello, perché la fa sentire più sola di quanto già non si senta, Hanabi.
Desidera anche lei qualcuno a cui aggrapparsi.
Nonostante le diffidenze, il suo carattere difficile, il suo odio per gli uomini… lei vuole qualcuno a cui aggrapparsi.
«Signorina?»
Ino appare all’improvviso, la voce bassa, il viso acceso dalla consapevolezza di quello che sta succedendo. Allora sorride e la prende per mano. «Vieni via e lasciali da soli, Hanabi.»
Lei sa.
Hanabi la guarda con indifferenza, stupore, poi capisce: la servitù sa sempre più del padrone.
E allora annuisce, e si lascia portare via.
In fondo, che importa?
Basta che sua sorella sia felice.
Il resto non conta.














Fine Capitolo










Note dell'Autrice: Eccomi qui, puntuale, con il secondo capitolo della Seconda Parte u_u sto postando, come vedete. La domenica. Già. Credo sia anche pieno di errori di battitura, il che mi fa girare alquando le scatole, dato che ogni volta che li cerco non li vedo (infatti li noto dopo aver postato. Che su EFP le cose si notino meglio? o.O XD Boh.) Comunque, non ci sono state nuove rivelazioni - cioè, per Hanabi una sorpresa c'è stata, eh. Che dire? Mi sono divertita u.u la scena del bacio è la mia preferita. Ovvio! Si saranno baciati solo tre volte in quattordici capitoli! (e questo è male, okay? ò_ò)
Le svolte arrivano piano piano, e la prossima sarà... nel prossimo capitolo? O fra tre capitoli? E chi lo sa? Intanto cerchiamo di capire tutto di Hiashi. Abbiamo notato che Shikaku lo odia, però s'intravede una certa amarezza. Come andavano le cose quando Mii Hyuuga era viva? Forse meglio di come vanno adesso.
Okay, adesso ringrazio le 20 persone che hanno messo questa storia fra i Preferiti, le 5 che l'hanno inserita fra le storie da ricordare e le 32 persone che l'hanno infilata fra le storie da Seguire. Grazie mille^__^
Ehi, gente! Se mi volete contattare (dato che io sparisco spesso XD), aggiungetemi su msn (Mokochan@hotmail.it) o cercatemi su Facebook: sono Mokochan Efp x3 Io vi accetterò, e potrete tartassarmi con i soliti 'Quando aggiorni?' XDXDXD
Risponderò velocissimamente alle recensioni, ora:

Kry333: Cosa mi ha allontanata da Naruto? La mancanza d'ispirazione, la poca voglia di scrivere ancora su questo manga. Capita spesso. E' capitato anche alla mia Nee-chan, ValeHina (purtroppo ç_ç). Io però sono tornata, sono un osso duro e adoro troppo Naruto per lasciarlo! ^^ Beh, che dire? Grazie per la recensione.
Aspettati qualche scena SasuSaku nel prossimo capitolo! ;) Un bacio! ^^
Vaius: Sì, sono tornata! x3 Oh, hai fatto bene a pensare alla cosa peggiore. Anch'io, mentre rileggevo quella scena, ci ho pensato. Ci sono andata giù pesante? Spero di no! Ah, la prossima volta, quando sarò sul punto di far morire un personaggio, mi farò dare qualche consiglio da te XD Mmh. Grazie per il commento!
ecila94hina: Cercherò di postare velocemente, lo prometto! L'ispirazione è la solita bastarda, però -__- beh, che dire? Grazie del commento! E che il NaruHina sia sempre con te! xD Un bacio! Ciao!
kejti: Sì, posto^^ Cercherò di farlo sempre^^ E sono felice che la storia ti piaccia sempre più! Grazie mille!^^
Winter Moon: :D ciao, bella! Sì, sono tornata. Sasuke, 'Il nostro mister Simpatia&Umiltà'. Cose che non conosce, bisogna dire, eh? xD Poveretto. Basta che aiuti Naruto e friggere Hiashi e va tutto bene u_u
Certo, chissà perché lo vogliono tutti morto... *ridacchia malevola*
Sì, la storia è stata allungata. Tanto che nemmeno io so quando finirà. Credo al prossimo Super Colpo di Scena. Naruto è uno scemotto, non sa quando dice una cosa troppo imbarazzante u_u ah, ma credo che Hinata ormai ci sia abituata! xD Grazie per il commento, davvero! *_* Un bacione, bella!
evechan: No, è stato Sasuke. Sasuke si mette sempre in mezzo u_u impedisce le vendette degli altri ._. dannato. Comunque, che dire? Sì, l'ispirazione viene quando viene... la mia però è proprio bastarda! ò_ò
No, tu non mi lanceresti mai un pomodoro! u_u però potresti lanciarmi Kiba, magari xD
Grazie per il commento - splendido! ^^ Un bacione! Ciao!
Araya: Sì, l'ispirazione è proprio una bastarda, non c'è che dire ç_ç la odio. La mia ispirazione, Ecate, è proprio una bast- *Ecate le lancia un pomodoro in faccia* O_O oddio, l'ha fatto davvero! MOSTRO!
Comunque, grazie per la recensione! Speriamo che vada tutto per il meglio (e intanto: viva il NaruHina!*_*)
Un bacione, bella! ^^
Shiygirl92: Grazie! xD Ehi, Naruto qui non si mostra solo protettivo (come nell'altro capitolo) ma anche passionale! E' già tanto se Hinata non è svenuta! xD Che dire? Grazie per il bellissimo commento! Un bacio!
valehinata1992: Davvero hai pensato alla mia fic? XD Wow, allora pensaci più spesso, così posterò spesso (mica sei una veggente, eh? °.°) Beh, spero che questo capitolo ti piaccia! Un bacio! ^^ E grazie per il commento!



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Capitolo 15
*** - Parte Seconda - Capitolo Tre ***


Bloody Rose














Capitolo Tre










Notte dopo notte, ora dopo ora, secondo dopo secondo. Ogni volta è così, non può cambiare nulla - l’impossibilità di rivelare tutto pesa come un macigno, e non basta guardarlo per tranquillizzarsi. Nei suoi occhi non vede che la sicurezza che ancora le manca.
Volta il capo e osserva il profilo rilassato di Shikamaru, che giace accanto a lei in quel letto di fieno improvvisato, le mani sotto la testa, le palpebre abbassate, le labbra serrate: l’immagine della tranquillità.
Per un secondo, Ino si domanda: ‘Ma come fa?’.
Poi sospira, torna a esaminare il soffitto di legno scuro con mille domande senza risposta che s’affollano nella sua mente, e ignora il nitrire dei cavalli.
Bya e Sasuke sono accanto a loro, la prima addormentata, il secondo con gli occhi aperti e fissi su di lei. Che fra quei due cavalli sia nato l’amore? Ma è corrisposto? Non lo è? Bya ama Sasuke? E Sasuke la fissa soltanto, curioso, o si domanda se il suo amore è reale?
«Ieri abbiamo seppellito quel Kakuzu» mormora con noncuranza Shikamaru.
Ino annuisce. «Il padrone ha scoperto tutto o lo sta ancora cercando? E dove l’avete messo?»
«Messo?»
Un sorrisetto spunta sul viso assonnato del Nara. «Ne parli come se fosse un oggetto improvvisamente inutile, da buttare. Comunque no, Hiashi non ha scoperto nulla e questo gioca a nostro vantaggio. Certo, se venisse a sapere che abbiamo affossato il suo amico dove - di solito - il suo cavallo và a brucare l’erba…»
Inorridita, la Yamanaka fa una smorfia. «C‘era proprio bisogno di seppellirlo lì, Shikamaru?»
«L’idea non è stata mia, ma di Sai e Sasuke. Sasuke, poi, non ha voluto sentir ragioni: aveva fretta. Doveva raggiungere sua moglie - fossi stato in lui mi sarei tenuto alla larga da Sakura, certo, perché non le ha rivelato nulla. Fa il maschilista, il nobile. Insomma, fa l’Uchiha.»
Sasuke - il cavallo, s’intende - nitrisce forte, attirando l’attenzione di Bya, che alza la testa muovendo un poco le orecchie, gli occhi all’apparenza confusi.
Ino gonfia le guance, poi le sgonfia; sembra un bambina.
«Quello scemo deve dirle tutto.»
«Certo.»
«Se io fossi al posto di Sakura vorrei sapere cosa succede, cosa fa mio marito.»
«Hai ragione» ammette Shikamaru con uno sbadiglio, gli occhi sempre chiusi, sempre assenti.
Non sembra importargli nulla di quello che sta dicendo.
Ino lo scruta per un secondo, e bofonchia: «Non hai dormito? Sembri stanco, oggi. Insomma, non mi stai a sentire!»
Il Nara apre un occhio per guardarla. «Ino, lo sai che quando ti lamenti sei insopportabile?»
Prim’ancora che se ne renda conto, Ino gli ha già lanciato un mucchio di fieno in faccia, irata.
«Ah, ma che diavolo fai?!»
«Cosa faccio? Cosa-fai-tu, semmai! Sei l’immagine sbiadita della galanteria, Shikamaru Nara! Non c‘è stata una sola volta in cui tu mi abbia dimostrato di ascoltare ciò che dico.»
Questo sciocco doveva capitare proprio a me?, si chiede la Yamanaka tornando a sdraiarsi, scoraggiata, il fieno che le punge le guance bianche come il latte, appena arrossate.
Ignora, cupa, i borbottii del ragazzo, che la imita e torna a sdraiarsi sul loro letto di fieno.
È notte fonda, non la fine, non l’inizio.
È metà.
Una metà che si avvia al termine, lenta, guidata dalla luna pallida e splendente, i cui tenui raggi s’infilano furbi fra le assi di legno, colpiscono i loro visi, illuminano d’un poco la stalla.
Alla fine, dopo alcuni minuti di ostinato silenzio, Shikamaru sbuffa ed esclama: «Vedi come sei seccante? Posso sapere cosa vuoi questa volta?»
Qualche secondo, ancora silenzio.
«Ino? Rispondi, dai.»
Shikamaru si gira verso di lei, portando tutto il peso sul gomito, e la fissa per alcuni istanti, cercando di capire cosa fare per placare la sua rabbia: si rende conto che Ino in realtà è offesa, triste, e un po’ gli dispiace.
«Te la sei presa davvero, Yamanaka?» domanda, posandole una mano sulla fronte, incerto.
Dio, ha sempre odiato la dolcezza! Quella roba che serve a tranquillizzare una donna quando fa i capricci - è vero che serve a quello, infatti non fa altro che coccolarla dolcemente come un marito attento e premuroso, cosa che non vuole essere.
Compagno sì, marito mai!
Non vuole finire come suo padre, succube da più di vent’anni di quella strega di sua madre.
Ino gira la testa. «Sparisci dalla mia vista, Nara.»
«No, almeno finché non mi dirai cosa c‘è che non va. Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
Domanda inutile. «Te l‘ho già spiegato, non mi hai ascoltata?» sibila lei, ancor più irata.
Shikamaru sospira. «Così mi costringi ad usare il piano B, Yamanaka.»
In tutta risposta la bionda gli fa un gestaccio con la mano - decisamente poco femminile - e lo ignora, lasciandolo sbigottito di fronte a quell’atto inaspettato.
Dove ha visto mai certe cose?
«Ino...»
«No.»
E allora le mani di Shikamaru s’intrufolano sotto la gonna della giovane - Ino sussulta senza saper come reagire - risalgono veloci le sue gambe, raggiungono la pancia dove iniziano il loro gioco: farle il solletico!
La Yamanaka scoppia a ridere, diventa rossa, cerca di allontanarlo da sé ma con scarsi risultati, quasi urla!, e Shikamaru si gode lo spettacolo, la sua rivincita, il suo modo di farla sorridere, e arrabbiare per consolarla, rivederla finalmente in sé, farsi perdonare certi errori.
«Ti prego, smettila, smettila! Shikamaru… ti prego!», ride senza fiato, Ino, posandogli le mani sul petto.
I capelli ormai scompigliati le accarezzano le guance, e la schiena, impetuosi.
Il Nara nota un filo di fieno mescolato ad essi e allunga una mano per levarlo, dando il tempo necessario a Ino di saltargli addosso per picchiarlo.
«Sei uno scemo, Nara!»
«Nah. Sono furbo, piuttosto.»
Detto ciò, Shikamaru ride e la bacia, senza lasciarle il tempo di contestare quanto da lui dichiarato.











Hanabi, rannicchiata fra le coperte del letto, osserva la finestra chiusa da cui s’intravede un pezzetto di cielo; davanti c’è un albero che in parte copre la visuale - non tutta, per fortuna
Minato e Hinata. Hinata e Minato. Minato e Hinata. Hinata e Minato…
Che atroce dilemma! Possibile che quello scemo sia davvero l’amante di mia sorella?, si chiede la Hyuuga, sbattendo le ciglia per un secondo, sempre più confusa da quella storia dai retroscena quantomeno piccanti. Oh, se solo suo padre avesse saputo della relazione! Che guaio!
Certo che è un grosso problema. In più, ha scommesso che sarebbe riuscita a farli sposare!
E ora cosa scopre? Che stanno insieme veramente e sono molto intimi. Beh, non proprio intimi. Almeno spera.
Non vuole vedere pargoli dai capelli biondi vagare per casa come trottole impazzite, e sentirsi chiamare ‘zia’.
Il peggiore dei suoi incubi, la catastrofe nella catastrofe! La fine del mondo.
Scaccia quei pensieri, inorridita, e si mette a sedere.
È ormai giorno, ma ancora non ha voglia di alzarsi.
Improvvisamente, maligno, il suo stomaco inizia a brontolare. Forte, imbarazzante.
Fortuna che non c’è nessuno!
Piano piano si alza e s’infila una vestaglia leggera, di seta. Esce dalla camera con passo felpato, scende le scale pregando di non incontrare nessuno - Hiashi in primis - e s’intrufola nelle cucine, dove una irrequieta Temari sta preparando la colazione assieme a Shiho Nara.
La Sabaku alza gli occhi verso di lei, interrogativa. «Signorina, che ci fa qui a quest’ora?»
«Ecco, io...»
Non le va proprio di confessare che ha fame.
Se solo suo padre non l’avesse messa in punizione la sera prima, sicuramente non sarebbe lì a chiedere di essere sfamata.
Come una bambina, già.
«Dalle un po’ di minestra, Temari.»
Una voce all’apparenza fastidiosa salva in extremis la giovane Hanabi, che si volta per incontrare lo sguardo silente di Shino Aburame, il marito di Temari.
Sta seduto da una parte con le mani sporche di terra, la camicia sgualcita e il volto stanco. Quella mattina, appena giunta l’alba, doveva aver sistemato il giardino e sfamato gli animali. E, probabilmente, si era anche occupato del miele prodotto dalle sue laboriose api.
Come ha fatto a capire che ho fame?, si domanda Hanabi, cercando di non badare all’ennesimo brontolio del suo stomaco, quando Temari le porge una scodella di minestra da cui proviene un buonissimo odore di carne e verdure.
Shino si alza e con la mano sposta una delle sedie accanto alla Hyuuga, sempre silenzioso, aspettando che si sieda.
Lei lo fa, imbarazzata, e inizia a mangiare piano, poi sempre più veloce, senza badare agli sguardi divertiti di Temari e a quelli affettuosi di Shiho.
Per un attimo Hanabi avverte un certo disagio: la stanno forse trattando come una bambina?
Eppure sa di non essere così, non una ragazzina o una bambina, e nemmeno una donna... ma una ragazza. Una ragazza in età da marito, per giunta!
Se davvero sono una bambina, pensa ad un tratto Hanabi, perché mio padre mi vuole dare in moglie ad un uomo? Perché vuol far sposare una bambina che non conosce il mondo, le cose, che non sa far altro che cucire, suonare il piano, scrivere, studiare, cantare, e che nemmeno ha idea di come si gestisce una casa, un marito, un figlio, di come si vive?
Abbassa la scodella e ne fissa il contenuto: il liquido appena salato gira, s’infrange contro le pareti del suo contenitore senza riuscir a trovare una via d’uscita.
Nessuna via d’uscita.
«Non hai più fame?» le domanda all'improvviso Shino, nuovamente interessato a lei.
Non è abituata a sentirlo parlare così tanto, per questo Hanabi lo guarda con un accenno di stupore. Che cosa passa per la testa di quell’uomo?
«No, ne ho ancora» mente spudoratamente, ignorando l’improvvisa nausea che l’assale.
«C‘è qualcosa che ti preoccupa» commenta l’Aburame, rivelandosi un bravo osservatore. «Non pensarci, lascia che le cose si sistemino da sole.»
«Ho detto che ho fame... e non c‘è niente che mi preoccupi, proprio niente» ribadisce Hanabi, nella voce una punta di irritazione.
Si preoccupa per lei? E perché anche Temari, adesso, la fissa come se ci fosse…
«Allora perché stai piangendo?» è la domanda che le rivolge Shino prim’ancora che possa accorgersi della piccola lacrima che cade nella scodella, infrangendosi con un leggero plic contro la zuppa chiara e vaporosa, avvertendola del pericolo.
Sconvolta, Hanabi salta in piedi facendo cadere a terra la scodella, che riversa il suo contenuto sul pavimento.
Volta le spalle a tutti, la giovane Hyuuga, e corre fuori dalle cucine, diretta verso le proprie stanze. Durante il frettoloso tragitto, per poco non va a sbattere contro Sai, il servo personale di suo padre che, fermo davanti alla stanza di Minato Namikaze, sta nascondendo qualcosa nella tasca interna della giacca.
«Sai, insomma!» sbotta Hanabi con voce spezzata, spingendolo via con tutta la forza che ha in corpo.
Il ragazzo la prende per i polsi, bloccandola. «State piangendo, signorina. Tutto okay?»
«S-Sto benissimo! E non mi trattare come una bambina, Sai!»
Silenzio.
«Non vi sto trattando come una bambina. Perché mai dovrei fare una cosa simile?»
Hanabi cerca di liberarsi, senza risultati. Infine abbassa il capo, sconfitta.
«Mi trattate come se lo fossi, però non lo dite mai. Siete carogne, voi servi! Tutti, dal primo all’ultimo!»
«Posso comprendere il vostro disappunto, ma nessuno ha mai insinuato una cosa simile, altrimenti tale notizia sarebbe giunta alle mie orecchie. Tra l’altro, io non penso che voi siate una bambina» risponde a voce bassa Sai, lanciando un’occhiata alla porta alle sua spalle.
Poi, veloce, di nuovo ad Hanabi, le cui lacrime riescono a turbarlo.
Non l’ha mai vista piangere.
L’ha vista urlare, far dispetti, trattare in malo modo coloro che non le vanno a genio, esultare, affrontare chi non la pensa come lei, ridere, tremare, risollevarsi, ma... mai piangere.
È l’ultima cosa che ci si può aspettare da Hanabi Hyuuga.
«Tu non badi mai a nulla, se non a proteggere mio padre. A cos'altro potresti pensare?»
Le parole della Hyuuga lo riportano velocemente alla realtà.
«Vi ho vista crescere. Certo, non sarò un gran osservatore e poco capisco di sentimenti e quant’altro, tuttavia so che non siete più una bambina: siete una donna, ormai.»
Hanabi lo guarda stupita, mentre lui la libera; trema un poco e abbassa gli occhi in modo da non incontrare quelli neri del servo che invece continuano a fissarla, profondi tanto e quanto un pozzo.
Poi, inaspettatamente, fa un passo verso di lui e posa la fronte contro il suo petto, esausta.
«A volte si piange per cose futili, ma sa una cosa, signorina? Io penso - benché non abbia mai pianto in vita mia - che farlo non sia un male. Serve a scaricare la tensione, a svuotarsi.»
«Già.»
Dopo qualche secondo, Sai sospira e la prende in braccio, deciso a portarla nelle sue stanze, certo che di lì a qualche istante sarebbe crollata.
Anzi…
Abbassa gli occhi e la scruta. Un sorriso - non finto, non invisibile - spunta sul suo volto.
Sta già dormendo, Hanabi.













Un piatto vola contro la parete alle spalle di Sasuke, che s’abbassa giusto in tempo per evitarlo, e torna a fissare, leggermente risentito, la moglie, che brandisce un calice.
Ormai da due giorni Sakura non fa altro che chiedergli di Kakuzu, di Naruto e degli Hyuuga: non demorde e nemmeno lo lascia in pace.
Dio mio, perché ha sposato una donna simile?
«Non puoi evitare questa domanda in eterno, Sasuke! Hai ucciso una persona, mi menti e stai architettando qualcosa con Naruto Minato Namikaze! Esigo subito che tu mi dica la verità.»
Per tutta risposta, Sasuke la ignora e inizia a sparecchiare la tavola, stando attento a non raccogliere le schegge dei piatti andati in frantumi prima di quello che, sventurato, era andato a finire contro il muro mancando il bersaglio - non che a Sasuke sia dispiaciuto, rimanere illeso.
«Lo hai fatto perché ti piace uccidere? Oppure hai qualche debito?» insiste la donna, l'ira crescente.
«Sakura, inizi davvero a essere insopportabile.»
«Meglio insopportabile che succube. Ora dimmi, avanti: cosa stai facendo, marito mio?»
Più che dolce e accondiscendente, la voce di Sakura Haruno è velenosa - un avvertimento ben congegnato, l’arma finale.
Sasuke afferra una sedia e si siede, scocciato. «Vogliamo uccidere Hiashi Hyuuga. Okay?»
Il calice cade a terra con un tonfo sordo. «Cosa? Sasuke, dimmi che questo è uno scherzo.»
Magari lo fosse, pensa cupo l’Uchiha. «Naruto e suo fratello hanno chiesto aiuto alla mia famiglia, e noi - visto che siamo sempre stati in buoni rapporti - abbiamo accettato.»
«Fugaku ha accettato. Tu no, Sasuke» insinua Sakura con disappunto. «Non è forse così?»
«Non importa chi ha deciso - se io, lui o qualcun altro - fatto sta che sono coinvolto.»
Sakura lo raggiunge, s’inginocchia davanti a lui e afferra la sua mano, avvolgendola fra le proprie. «Per quale motivo vogliono uccidere quello Hyuuga?» domanda con maggior cautela.
Sasuke si passa una mano fra i capelli e butta un’occhiata fuori dalla finestra, chiedendosi se stia facendo la cosa giusta; se davvero raccontare la verità a Sakura potrà alleviare il peso che si porta sulle spalle da quando ha deciso di dare una mano a Naruto.
Torna a guardare la propria moglie e scruta quelle iridi verdi che chiedono risposte.
Ha preso una decisione.
«Promettimi che tutto questo non uscirà da qui. E che non dirai niente a nessuno dei nostri amici.»
Sakura avverte la gravità in quelle parole, acconsente malgrado i dubbi.
«Te lo prometto, Sasuke.»












Fine capitolo Tre












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Capitolo 16
*** - Parte Seconda - Capitolo Quattro ***


Bloody Rose













Capitolo Quattro

















Cloc. Cloc. Cloc.
Hanabi apre gli occhi, ritrovandosi a fissare il soffitto bianco, asettico; intravede la ragnatela di un ragno, argentea, quasi trasparente.
Il ragno, ovviamente, non c’è.
Si mette a sedere con la testa che le gira, poi si guarda attorno e finalmente nota la figura seduta ai margini del suo letto.
Sai sta scrivendo, anzi no, sta disegnando qualcosa su un piccolo quadernetto, e pare non aver notato che s’è svegliata.
I suoi occhi seguono i movimenti del carboncino che elegantemente traccia forme diverse, variegate, con il polpastrello le sfuma, curandosi di non sbagliare le sagome dei personaggi - del personaggio, le cui ombre paiono avvolgerlo completamente.
Incuriosita, Hanabi si avvicina gattoni al ragazzo e sbircia silenziosamente il disegno che nasce man mano che le linee si congiungono.
«Vi siete svegliata» commenta sornione il servo di suo padre, continuando a lavorare sul disegno, gli occhi fissi per un attimo sulla mano di Hanabi, ferma vicino alla sua gamba.
«Sì. Sei stato tu a portarmi qui, non è vero?» la Hyuuga piega la testa di lato. «La ragazza del disegno… sono io?»
Cloc. Cloc. Cloc.
«Sì. Spero di non offendervi.»
La ragazza dai capelli corvini dorme rannicchiata fra le coperte d’un soffice letto; l’espressione dipinta sul suo viso è serena. Forse fin troppo.
Perché? Quando una persona dorme, non dovrebbe avere la pace che l’allontana dalle fatiche della giornata? La ragazza che dorme - così la chiama istintivamente Hanabi - non la merita, forse?
«No, non mi offendi affatto. Spiegami invece perché lavori per mio padre, nonostante il tuo enorme talento» Hanabi carezza con le dita il disegno. «Sai, questo è davvero molto bello!»
Il rumore dell’orologio.
Cloc. Cloc. Cloc.
Quante volte lo sente la notte? Quante altre volte lo sentirà? Quante?
Sai sorride. «Non so nemmeno io il motivo. Forse non credo di essere bravo in qualcosa, men che meno nel disegno» strappa il suo capolavoro dal quaderno e glielo porge. «Però, se a voi piace, sono felice di regalarvelo, signorina. Sono sicuro che saprete custodirlo con cura.»
Hanabi lo prende, sorpresa. «Sì, mi piace. Sai, io sono certa che tu sia un ottimo artista. Che ne dici di disegnare qualcosa su una tela? Qualcosa di ancor più bello e - alla prima occasione, magari - presentarlo a una mostra. Ce ne sono così tante a Londra!»
«Vi sono grato, davvero, ma non trovo prudente fare una cosa simile. Vostro padre non sarebbe d'accordo e, comunque, non penso di riuscire a farlo» un attimo di silenzio. «Per disegnare ci vuole sentimento. Io non provo nulla quando disegno, non provo alcun sentimento.»
«Non provi nulla?» Hanabi pensa che sia una sciocchezza. «Nemmeno mentre facevi questo disegno provavi qualcosa? Sai, che razza di persona è, una che afferma simili cose? Io non penso che esista una persona che non prova nulla. Tutti provano qualcosa!»
«Io no. Io non provo niente.»
«Allora questo disegno non vale nulla per me, Sai. Tanto vale farlo a pezzi!», e detto ciò, Hanabi inizia a tirare con le mani una parte del foglio, lacerandolo piano piano.
Proprio in quel momento, Sai le blocca i polsi, non mostrando alcunché.
Lei cerca di divincolarsi, cerca di spingerlo via senza riuscirvi e allora, mossa dall’irritazione, gli sferra un calcio. O almeno, ci prova.
L‘azione è così veloce che solo dopo qualche secondo capisce di essere sotto Sai, immobilizzata dal suo corpo, e affannata dalla rabbia. Che diamine!
«Sai, lasciami andare subito! Nessuno ti dà il diritto di trattarmi in questo modo! Sai!»
«Signorina, mi allontanerò da qui soltanto se non strapperete quel disegno. Se mi promettete di non…»
«Piuttosto preferisco farmi ritrarre senza veli da voi!» sbotta Hanabi, strappando con un colpo secco il disegno; Sai ha mollato la presa sui suoi polsi per bloccarle una gamba, senza rendersi conto che così Hanabi avrebbe potuto distruggere il suo lavoro senza esitazioni.
Stupefatto, il servo fissa Hanabi ridere compiaciuta. «Sapete, voi siete una donna davvero dispettosa!» commenta poi, scuotendo il capo.
Si stacca da lei continuando a scrutarla, questa volta mostrando incertezza.
Una persona che non prova nulla può essere assalita da un sentimento quale l‘incertezza?
Hanabi si tira su, reggendosi sui gomiti, vincente. «Non sono dispettosa, sono molto più furba di te.»
«Beh…» Sai la scruta coi suoi occhi neri e profondi. «Allora che ne dite di posare nuda per me, dato che siete così furba come dite, signorina?»
S’irrigidisce, Hanabi. «Che-cosa-stai-dicendo?!» esclama.
Cosa gli è venuto in mente?! Che sgarbato. In confronto, Minato Namikaze impallidisce!, si ritrova a pensare la Hyuuga.
«Avete detto che preferite farvi ritrarre senza veli, piuttosto che lasciare intatto il mio disegno. O forse sono io che ho capito male?» insinua Sai, sorridendo.
I ruoli si sono invertiti, e ad Hanabi questo non piace per niente.
Cloc. Cloc. Cloc.












È bianchissima, la tomba di suo padre.
L’ha osservata innumerevoli volte da quando ha lasciato a lui, suo figlio, il compito di tenere su la famiglia Uzumaki.
Il tempo è passato così velocemente! Non ha più un singolo ricordo di lui, eccetto i suoi lineamenti sfocati, inafferrabili. Solo gli occhi d’un azzurro sconfinato, visibili in suo fratello, sono in grado di suscitare in lui il ricordo del padre - i loro tratti, i loro volti così simili.
E poi, lui stesso porta il suo nome.
«Fratello, fratello! Vieni dentro, sono arrivati Obito e la signora Mikoto! Avanti, Minato!»
Minato Namikaze II osserva sua sorella, ferma sulla soglia di casa. «Vengo subito» urla infine, alzandosi.
Ama sua sorella. L’ha sempre amata.
Anche quando aveva scoperto - anni addietro - la verità su di lei, aveva continuato a pensare ‘Amo mia sorella’, e con una tale forza che ancora adesso lo stupisce.
In fondo, l’ha vista crescere.
Cammina lento lungo la piccola stradina che lo conduce quasi subito davanti alla porta, lasciata incautamente aperta da Rin.
Entra, se la chiude alle spalle e raggiunge la sala principale.
Fin da subito incrocia gli occhi neri e giocosi di Obito, il cugino di Mikoto.
Mikoto Uchiha è la moglie di Fugaku, nonché madre di Sasuke e Itachi. È molto diversa dai suoi figli - si può dire che in parte somigli a Itachi, togliendole l’aria misteriosa che contraddistingue quest’ultimo.
«È un piacere rivedervi, signora Uchiha. A cosa dobbiamo la vostra visita?» chiede Minato, sorridente.
La donna, seduta sul divanetto accanto al camino, sorride a sua volta. «Desideravo vedere vostra madre, sapere come sta. È da tempo che non le faccio visita. Mio marito voleva a tutti i costi che venissi qui: ritiene che mi preoccupi troppo per il suo lavoro e… non so. Mi manca vostra madre, Minato. Ditemi, come sta Kushina?»
Il ragazzo annuisce e osserva il paesaggio che si estende sconfinato dietro la grande portafinestra accanto allo scaffale dei libri, posizionato alla sua destra. «Mia madre è migliorata e non fa che lamentarsi. Odia stare a letto. E odia me, mio fratello e Rin. Odia anche il cane, adesso, lo maledice tutti i giorni: dice che è colpa sua se è rinchiusa in casa.»
Mikoto ride. «Kushina non cambierà mai. Ha sempre così tanta energia, quella donna!»
«E voi come state?» aggiunge a un tratto Rin, sedendosi accanto a Obito. «E i vostri figli? Ho sentito che Sasuke sta per diventare padre!»
Obito, fino a quel momento in silenzio, mostra un certo imbarazzo e tossisce.
Minato alza gli occhi al cielo. «Rin, per cortesia. Lo sai che non ci si rivolge così agli ospiti, vero?»
La ragazzina diventa rossa. «C-Certo, scusa fratello. Era solo una mia curiosità.»
«Rin, tesoro, non ti devi preoccupare... non mi hai recato alcun fastidio» la rassicura Mikoto, regalandole un sorriso. «Itachi e Sasuke stanno bene e... sì, a quanto pare sarò nonna!»
Sasuke padre, eh? «Non lo sapevo, signora. Anzi, sono stupito da questa notizia! Insomma... chi mai avrebbe immaginato che Sasuke diventasse padre ancor prima di suo fratello Itachi?»
O forse sarebbe stato meglio dire: ‘Chi mai avrebbe immaginato che Sasuke diventasse padre?’.
«Nemmeno io immaginavo che accadesse così presto. Sapete, Itachi non ha ancora preso moglie e io stessa non riesco a capirne il motivo. Fugaku, comunque, gli sta proponendo una dama dopo l‘altra - mio marito è molto più cocciuto di me e temo che possa arrivare a farsi odiare da nostro figlio.»
«Sono sicuro che Itachi comprenda molto bene le motivazioni di vostro marito, commenta Minato, divertito. «Io stesso sono alle prese con le proposte di mia zia. Una fanciulla dopo l‘altra, una al giorno! Non che io rifiuti l’idea di sposarmi, preferisco semplicemente trovare la mia futura moglie da solo. Ed essere innamorato di lei, possibilmente.»
«I matrimoni combinati sono la peggiore delle torture!» borbotta Obito, con una smorfia.
Qualcuno tossisce, poi scoppia a ridere. «Ben detto, ragazzo! I matrimoni combinati sono torture che ci impongono i nostri genitori,  pur sapendo che noi non vogliamo, che non siamo d’accordo. E, tutto sommato, sai cosa fanno loro? Se ne fregano.»
«Mamma!»
Kushina Uzumaki alza una mano per ammonire il figlio che, come al solito, scuote il capo rassegnato.
Sua madre non cambierà mai. Sempre così anarchica, sempre così decisa, fuori da ogni logica.
La fotocopia di Naruto. O meglio, Naruto è la fotocopia di sua madre.
«Kushina, che bello! Quanto tempo è passato dall’ultima volta in cui ti ho vista!» Mikoto salta in piedi e corre ad abbracciare Kushina che, stupefatta, a malapena ricambia.
«T-Ti prego, così mi commuovi! E poi non sono certo morta, dai.»
«Potevi spedirmi una lettera, farmi sapere come stavi, almeno! Invece non rispondi mai.»
La signora Uzumaki sorride. «Non ho trovato il tempo per farlo. Mi dovevo occupare di qualche conto, sai. I vecchi conti di mio marito.»
A quella parola, quasi sottolineata per far capire a tutti la situazione, Minato resta di pietra.
Lancia uno sguardo veloce a Rin, che pare non aver compreso il significato delle parole di sua madre, e cerca di dissimulare il disagio.
A differenza di Naruto, Minato riesce sempre a nascondere ciò che gli preme, ciò che lo agita, ed è proprio per questo che, almeno cento volte, Kushina gli ha ripetuto, nostalgica: ‘Sei tale e quale a tuo padre!’.
«Oh, capisco benissimo. Ma dimmi, è forse vero che il nipote della vecchia Inuzuka sta per venire qui? Si vocifera che abbia intenzione di trovare una moglie.»
Kushina sbuffa e va a sedersi. «Mikoto, cosa vuoi che ne sappia? Quella vecchiaccia non dice mai niente, sta sempre zitta e aspetta che qualcuno le rivolga la parola per mandarlo a quel buon paese. E di suo nipote non so quasi nulla: anzi credo proprio di non sapere chi sia.»
«Ma come! Gli Inuzuka sono dei lontani parenti degli Aburame. Non hai mai sentito nominare Shino Aburame e Kiba Inuzuka? Lavoravano insieme, anche. Erano molto bravi negli affari. Persino Kakashi vi ha collaborato, una volta, e per essere così giovani, ci sapevano fare.»
«Aburame? Ah, parli di quei due scavezzacollo?» gli occhi di Kushina s’illuminano. «Quindi quel Kiba è il nipote della bastarda? Beh, da lei ha preso solo il caratteraccio, pare. Me ne ha fatto cenno Minato una volta. Vero, figliolo? Tu hai incontrato Kiba, vero?»
Chiamato in causa, Minato scoppia a ridere. «Mamma, ti ricordi ancora di lui! È passato del tempo…»
«Certo» risponde Kushina, iniziando a giocherellare con una ciocca dei propri capelli rossi. «Ma ricordati che non soffro di perdita di memoria. E poi è passato appena un anno!»
«Okay, come non detto. Kiba Inuzuka non è esattamente come la signora Inuzuka, diciamo... che ha preso poco da lei. Insomma, almeno lui sorride. Però non so se sia in cerca di una moglie. Ho sentito che s‘è recato fuori città per lavoro, in campagna. Ha partecipato a qualche ricevimento e, se non erro, ha incontrato anche Sasuke e Sakura.»
«Non lo sapevo» sussurra Mikoto, sorpresa.
Kushina ridacchia. «Minato sa sempre tutto, ma questo lo dobbiamo anche a Naruto: non è forse così? E poi, Mikoto! Sasuke non ti ha raccontato nulla? Nemmeno che ha visto mio figlio?»
«Sasuke non ama parlare di tuo figlio, Kushina. Sai come stanno le cose.»
«No, invece, non so come stanno le cose! Da un giorno all’altro tuo figlio e il mio iniziano a litigare, a picchiarsi, a dirsene di tutti i colori mentre fino a qualche giorno prima non facevano altro che parlare - beh, non proprio, però andavano d‘accordo, diamine! E nessuno mi ha spiegato alcunché. Io resto qui, chiusa in casa con quel cagnaccio di Kyuubi, a domandarmi perché mio figlio maledica giorno dopo giorno Sasuke e Sasuke faccia altrettanto», sbraita Kushina, puntando il dito contro qualcuno d’invisibile. «Sant'Iddio!»
Obito e Rin iniziano a ridere e Mikoto abbozza un sorriso, mentre Kushina continua a urlare imprecazioni sempre più colorite.
Come dire… Kushina Uzumaki non conosce la vergogna e men che meno l’educazione.
Meglio cambiare argomento, altrimenti esplode!, pensa Minato, riuscendo a malapena a sorridere. «Se volete posso incontrare Kiba. Se non erro, dovrebbe passare da queste parti.»
«E a che scopo?» domanda interrogativo Obito. «Quel ragazzo vorrà passare del tempo con la vecchia megera, no?»
«Obito!»
«Scusa, Mikoto. Non era mia intenzione chiamare megera la megera!»
«Così mi piaci!»
«Kushina, per colpa tua Obito sta diventando identico a te! Lo sai che rovinerai la sua vita per sempre, vero?» insinua Mikoto, scocciata.
Kushina scoppia a ridere. «Cosa? Dimmi che stai scherzando! La sua vita sarà bella, sfrenata, piena di fanciulle da corteggiare. Oppure potrebbe innamorarsi della mia Rin e sposarla. Non sarebbe male, non credi?»
Quell’ultima esternazione scatena le urla di Rin e Obito, che protestano imbarazzati.
«Che Dio mi aiuti.»
In quella casa non si fa altro che urlare, imprecare, divertirsi, ignorare le regole della società.
Tutti li guardano male, ridono di loro, del loro modo di vivere. Eppure, a nessuno di loro importa, continuano a comportarsi come meglio credono.
Minato sorride affettuosamente a sua madre.
 Spero che tutto questo non cambi mai. Nemmeno dopo.














«Non ne posso più! È da giorni che li vedo insieme, mano nella mano a parlarsi, a fare la coppia di sposi più bella di Londra! Non li sopporto più!» urla istericamente Karin, mandando per aria metà del suo guardaroba.
Suigetsu schiva un enorme cappello contornato di piume. «Veramente io non credo che Sasuke vada in giro mano nella mano con Sakura: si vergognerebbe a morte. E poi la smetti di lanciare tutta questa roba, scema che non sei altra? Fra dieci minuti dobbiamo raggiungere Kiba e per colpa tua arriveremo in ritardo! Ah, non capisco perché diavolo sono venuto a prenderti!»
Karin gli lancia un altro cappello - questa volta con un fiocco rosso a decorarlo - in faccia. «Non mi scocciare, villano! L‘educazione non te l’ha insegnata nessuno, vero?»
Vero, a me non l’hanno insegnata. Ma nemmeno a te, se è per questo, pensa tristemente Suigetsu, raccogliendo da terra i due cappelli che lei gli ha scagliato contro, per poi tirarli alla proprietaria. «Sembri un’oca, Karin. Una racchia che si comporta come un’oca.»
Le urla della rossa aumentano, a quelle parole, e solo quando Suigetsu la minaccia di lasciarla lì cessano, per lasciar posto a un continuo, irritante borbottio.
Mezz’ora dopo escono dalla tenuta e salgono sulla carrozza, che parte qualche secondo dopo, accompagnato dal nitrire vivace dei cavalli.
Karin guarda imbronciata il paesaggio, le braccia conserte, gli occhi infuocati.
Suigetsu sbuffa. «Hai forse intenzione di rimanere imbronciata fino al podere degli Inuzuka, cugina?»
«Sì.»
«E non hai intenzione di smettere nemmeno davanti a Kiba, vero?»
«Esatto.»
«E allora cosa ci stiamo andando a fare, se già sappiamo che ci caccerà via appena constaterà che gli romperai le scatole per tutto il viaggio? Eh? Spiegami, avanti.»
Le guance di Karin diventano rosse. «Lui non oserà cacciarmi via» mugugna, esterrefatta.
«Lo conosci abbastanza per capire che non solo ti caccerà via, ti insulterà anche pesantemente.»
«Questi Inuzuka sono davvero dei… dei…»
«… dei villani?» conclude Suigetsu, con un sorrisetto. «Senti chi parla. Ti sei mai sentita?»
Il resto del viaggio lo trascorrono a litigare, mentre i minuti passano veloci, tanto che non si accorgono nemmeno di essere arrivati alla tenuta degli Inuzuka; la grande, immensa, tenuta.
«La nostra casa è una catapecchia in confronto a questa» commenta piccata Karin, scendendo dalla carrozza.
La lunga gonna sfiora a tratti il terreno asciutto e, per evitare che si sporchi, ne tira su un lembo, cauta.
«Spero che tutto questo serva a qualcosa, altrimenti ammazzerò Kiba.»
«Se tu la smettessi di parlare in tal modo lui nemmeno ti tratterebbe come ti tratta, Karin.»
«Com’è che la tratterei, Suigetsu?»
Kiba sorride beffardo, appoggiato a una delle sue tante carrozze - le mani nelle tasche, la camicia aperta che mostra il petto muscoloso e abbronzato. Sembra davvero un animale.
«Vi pare forse il modo di accoglierci? Siete…» Karin inarca un sopracciglio. «… mezzo nudo.»
L’Inuzuka fa una smorfia. «Ho solo la camicia aperta. Sapete, non ho ancora finito di prepararmi: stavo dando da mangiare al mio cavallo, prima. Comunque, adesso vado nelle mi stanze e mi vesto. Così la signorina smetterà di spogliarmi davvero... Sì, con gli occhi.»
Kiba scoppia a ridere e corre dentro la tenuta, ignorando le lamentele di Karin.












Fine Capitolo Quattro









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Capitolo 17
*** - Parte Seconda - Capitolo Cinque ***


Bloody Rose


[A Katia]
















Capitolo Cinque













Fa freddo, quella notte. Così freddo che a malapena riesce a trattenere i brividi che le percorrono il corpo, veloci come piccole scariche elettriche, invisibili carezze d’un fantasma.
Hinata si guarda attorno con gli occhi un po’ spalancati, poi fissa interrogativamente Naruto.
L’ha portata in una parte dei giardini che raramente ha visto, poiché proprietà del padre.
«Okay, so che questa è una cosa stupida. Anzi, è ancora peggio. Insomma, ti ho portata qui, dove c‘è quell’inutile cadavere» brontola immusonito il Namikaze, scuotendo tetro il capo.
Hinata sfrega i palmi delle mani sulle braccia per riscaldarsi e mormora: «Voglio solo vedere il luogo in cui l’avete nascosto.»
Un sospiro. «Se anche te lo facessi vedere, cosa cambierebbe? È morto, Hinata! Morto.»
Sa perfettamente che quel verme di Kakuzu è finito all’inferno, sa che sta pagando per quello che ha fatto alla sua Hinata.
Arrabbiato, Naruto si slaccia i primi bottoni della camicia, preda d’un caldo che invece la Hyuuga non pare sentire, e alza la mano per indicarle un piccolo spiazzo a circa dieci metri da loro, oscurato da un grande albero la cui chioma impedisce ai raggi della luna d’illuminare il luogo.
«È in quel punto, se non erro. Me l’ha detto Sai dopo averlo seppellito» Naruto sbuffa. «Non si merita nemmeno una sepoltura, quello stronzo.»
Hinata starnutisce. «Certo, certo.»
«Ti sta venendo il raffreddore» constata il biondo, contrariato. «Torniamo dentro, non credo che questo servirà alla tua salute.»
Automaticamente, gli occhi chiari della Hyuuga s’abbassano. «Siamo appena usciti, ti prego.»
La richiesta, seppur debole, riesce a convincere il Namikaze, che la fissa con una nota di disperazione evidente; si scompiglia i capelli e poi, spinto da qualcosa che non riesce a capire, si leva la giacca e con essa copre Hinata.
Lei la stringe a sé, rossa come un peperone. «Graz-»
Naruto la bacia improvvisamente.
Le sue braccia l’avvolgono piano, facendole dimenticare il motivo per cui sono lì, in quel luogo ormai diventato la tomba di un depravato.
Una carezza. «Adesso possiamo andare dentro, vero?»
«N-Non mi avrai b-baciata per convincermi a r-rientrare, spero!» sbotta offesa Hinata.
«No, che dici! Avevo soltanto voglia di baciarti. Con questa storia, i miei impulsi non c’entrano. Ora va meglio, comunque? Col freddo, intendo.»
«S-Sì.»
Naruto le sorride, raggiante. «Bene!»
Le circonda le spalle con un braccio e la porta proprio davanti alla tomba di Kakuzu, cercando di reprimere il disagio che sente: dopo tre giorni gli pare assurdo doverci tornare.
Per di più, non sa dire se Hiashi si sia accorto della loro assenza, ed è questo che teme più di qualunque altra cosa al mondo. Dal giorno in cui il suo uomo d’affari è sparito, il padrone di casa non ha smesso di farlo cercare - la rabbia pare aver preso possesso dello Hyuuga.
Inoltre, Hinata non riesce a levarsi dalla testa l’episodio spiacevole di cui è stata protagonista: incubi ricorrenti le tolgono il sonno e il tutto è reso evidente dalle occhiaie che decorano spaventose gli occhi della ragazza.
Naruto ha cercato di parlarle di questi incubi, ha cercato di capire e si spiegarle che prima o poi sarebbe passato tutto, ma le sole parole erano servite a poco.
Se quando era sveglia mostrava un coraggio e una dignità degni di rispetto e ammirazione, altrettanto non si poteva dire durante la notte.
Il silenzio prevale per qualche minuto, spezzato solo dal suono di una civetta, appollaiata sul ramo d’un albero poco lontano da loro.
Che tristezza. «Okay. Portami nelle mie stanze, Naruto. Non voglio più vedere questo posto» mormora Hinata, disgustata.
Naruto annuisce e scorta la ragazza lungo il sentiero di rose che li riporta velocemente alla tenuta, fra le sue mura, al caldo.
Dove non ci sono fantasmi di persone e incubi ricorrenti - almeno finché stanno insieme.
«Ehi, perché non la finite di andare in giro a fare i piccioncini e non ve ne tornate nelle vostre stanze?» commenta ironicamente Shikamaru Nara, aprendo loro il portone con un sorrisetto. «Il padrone di casa è sveglio e gironzola per i corridoi come un’anima in pena.»
Chiuso il portone, Naruto borbotta: «Quell’uomo non dorme mai?»
«Pare di no. Ma che ci vuoi fare, non tutti riescono a prendere sonno come te, non trovi?»
«Molto divertente. Ricorda che qui comando io, non tu, Nara.»
Hinata interrompe timidamente lo scambio di battute. «Scusatemi, ora io andrei a dormire. Ti ringrazio, Shikamaru, per aver controllato la situazione. Davvero.»
Il Nara ammicca, poi si copre la bocca con una mano per reprimere uno sbadiglio. «Prego, è stato un piacere. Adesso andrei anch’io, ho passato una nottataccia. A domani.»
Il figlio del dottore scompare in uno dei tanti corridoi della tenuta, mentre Naruto e Hinata salgono le scale silenziosamente, diretti alle proprie stanze.
Una volta al primo piano, sentono qualche rumore provenire dalla stanza alla loro destra, quella di Hanabi, e sussultano; Naruto afferra Hinata e la trascina nell’ombra.
«Siete voi che l’avete detto, Hanabi, non certo io» sibila una voce maschile a loro familiare. «Avete strappato il mio disegno, non avete altre scuse.»
La porta si apre. «Non dire idiozie! Non lo farò mai, quindi rassegnati. Ieri ho parlato troppo, lo sai anche tu.»
«Peccato. Sono convinto che sareste un’ottima modella, Hanabi» afferma Sai, facendo un passo indietro e fissando contemporaneamente la Hyuuga, che lo scruta dal basso con una smorfia.
«Cercatevi una donna, invece di continuare a suggerire a una bambina che sarebbe un ottimo soggetto per un dipinto!» sbotta Hanabi, posandogli minacciosa la mano sul petto. «Chiaro?»
Questa volta è il turno di Sai di fare una smorfia. «Signorina, voi non vi apprezzate abbastanza e non fate altro che piagnucolare. Se vi dico che siete una bambina, vi offendete. Se vi dico che siete una donna, vi arrabbiate e cominciate a sbraitarmi contro. Scusate se mi permetto, ma avete mai pensato che, alla vostra età, una dama dovrebbe già esser sposata?»
Naruto ridacchia, Hinata lo fissa con un sopracciglio inarcato. «Naruto!» lo ammonisce a bassa voce, tirandogli timidamente la manica della camicia per farlo smettere.
Cercando di tornare in sé, il Namikaze borbotta uno «Scusa» che li riconduce subito alla scena.
Hanabi porta le braccia al petto, offesa. «Io non mi voglio sposare con nessuno.»
«Prima o poi accadrà, lo sapete perfettamente anche voi.»
«Vedi per caso il futuro, per poter affermare una simile cosa, mio caro Sai?»
Interdetto, il ragazzo scuote il capo. «Se possedessi tali capacità a quest’ora non sarei qui.»
«Ah, sì?» Hanabi sorride. «E dove saresti, di grazia?»
Una risata leggera, non di quelle anonime e incolore che Hinata e Naruto sono abituati a sentire; una risata vera, divertita. «Nella mia stanza e... sicuramente starei preparando il necessario per farvi un ritratto degno di nota, signorina. E sareste costretta ad accettare, dal momento che avete distrutto il mio disegno malgrado io mi fidassi di voi.»
«Sei proprio cocciuto!», esclama la giovane Hyuuga, senza riuscire a fermare il rossore che colora celere le sue gote, evidenziando un improvviso e inaspettato imbarazzo. «Io non posso farmi ritrarre da te. Cosa ci guadagnerei?»
Il servo ci riflette, poi risponde: «Una prova del fatto che non siete una bambina, ma una donna. Quel ritratto vi mostrerà finalmente la realtà dei fatti. Non è abbastanza per voi, Hanabi?»
«Credo di essermi perso qualcosa» la voce di Naruto è a malapena udibile.
Hinata sospira. «Non dovremmo sentire ciò che dicono, Naruto. Non è bene spiare.»
«Se usciamo ci beccano.»
«Lo so.»
«Sai è capace di uccidermi» afferma il duca, abbassando ancor più il tono della voce, cupo.
Sorridendo, Hinata scuote il capo. «Non penso che ne sarebbe capace: in fondo è pur sempre ai tuoi ordini, no?»
Rabbrividendo, Naruto mormora: «Non ne sono del tutto certo.»










«Questo viaggio è infinitamente lungo e non posso nemmeno dormire perché tu russi troppo!» urla Karin a un annoiato Suigetsu, mentre la carrozza supera un gruppo di ginestre.
Kiba, accanto al ragazzo, rotea gli occhi senza nascondere il fastidio. «Perdonatemi, ma non ho udito niente.»
«Come avreste potuto udire qualcosa?» bofonchia la donna con stizza. «Dormivate anche voi, russando come un vecchio trombone!»
L’Inuzuka ride senza enfasi. «Suigetsu, posso gettare vostra cugina dentro a un pozzo e lasciarcela finché non le passa la voglia di trattarmi in questo modo? Inizia a disturbarmi.»
«Temo non servirebbe. Io la sopporto da tutta la vita e vi posso giurare: non smette un attimo di parlottare come una pettegola, giudicando tutto e tutti» risponde con noncuranza Suigetsu, facendo finta che sua cugina non sia presente.
Karin soffia: «Non puoi trattarmi in questo modo! Se non fosse stato per me tu non saresti qui!»
«Ecco che ci risiamo…»
«La storia dell’orfanello?» domanda Kiba.
«La storia dell’orfanello» conferma Suigetsu, esasperato.
«Mi state prendendo in giro, ma vorrei ricordarvi che questa è una storia seria. Suigetsu, tu dovresti essermi grato: se mio padre non ti avesse accettato in casa nostra, vagheresti ancora per le strade di Londra come uno di quei poveri che chiedono l’elemosina davanti ai negozi. Ti abbiamo donato ricchezza e prestigio, e tu mi tratti in questo modo! Sei un ingrato!»
«Se ti faccio tanto schifo perché non mi cacci?»
Palesemente furiosa, Karin gli molla un calcio, facendolo imprecare. «Papà ha lasciato tutto a te, o hai forse dimenticato questo particolare?!»
Eh, già. Ha lasciato tutta la propria eredità all’orfanello. «A volte il destino è crudele, vero?» Kiba si volta verso l'amico, ghignante.
Suigetsu gli lancia un’occhiataccia, massaggiandosi la gamba. «Altro che destino. Iella!»
Kiba scoppia a ridere. «Dì la verità, ti piacerebbe avere una cugina diversa da questa, eh?»
«Siete due villani!» esplode Karin, mentre Suigetsu cerca di trattenere una risata.
«Grazie. Ah, siamo quasi arrivati. Spero che la nonna non mi aggredisca come di consueto. Quella vecchia non smetterà mai di guardar tutti dall’alto in basso, è insopportabile.»
«L’ultima volta che ha visto Karin ha commentato con un ‘E questa cos’è, una sciacquetta?’» ricorda loro Suigetsu, imitando il tono di voce dalla vecchia Inuzuka.
Karin ringhia. «L’avrei mandata a quel paese, se avessi potuto! Le porto rispetto soltanto perché è vostra parente, non certo per altro» conclude poi, rivolta a un disinteressato Kiba.
Una scrollata di spalle. «Per me potete trattarla come vi pare, non è un problema mio. Ehi, cocchiere! Ferma la carrozza!»
«Oh, siamo già arrivati? Cavolo, quando avete detto che mancava poco non avevo certo capito che mancasse così poco» commenta irritato Suigetsu, sistemandosi la giacca.
«Cosa c‘è, sei forse nervoso?» chiede Karin, un sorrisetto che sa di vendetta.
«Niente affatto.»
«Beh, allora non sei più arrabbiato per quell‘acciuga’ con cui ti ha salutato l’ultima volta la vecchia Inuzuka, vero, cugino?»
«Karin, sparisci.»
«Oh, non vedo l’ora di incontrare la vecchia!»
Kiba scende dalla carrozza ignorando quei due e osserva l’enorme tenuta degli Inuzuka, quella in cui ha trascorso la maggior parte dell’infanzia - rovinandosela, bisogna aggiungere.
«Oh, diamine. Non ditemi che siete già qui, non vi voglio vedere!» strilla improvvisamente la vecchia Inuzuka, spuntando da dietro il cancello che separa la strada dai giardini, arcigna.
Kiba sussulta, stupefatto, ma riprende subito il controllo di sé; quella è sempre in mezzo ai piedi, non le sfugge mai nulla!, pensa contrariato.
«Nonna, a quest’ora non dovresti essere a letto?» cerca di dire con tono gentile, invano.
La donna, impettita, scuote il capo. «Non dormo più come un tempo, mi riesce difficile ormai. Comunque, entrare e sbrigatevi. Ho freddo e non starò certo qui ad aspettare i vostri comodi. Ah, no! Hai portato quella sgraziata fanciulla con te! Mio Dio, spero che tu non abbia un debole per questa, altrimenti non ti lascerò niente!» esplode scandalizzata, vedendo scendere dalla carrozza Karin che quasi subito, udendo quelle parole, le fa la linguaccia.
«È sempre un piacere vederla, signora» saluta Suigetsu, spuntando da dietro la cugina.
«Oh, no, pure lui! Kiba, non ti lascerò nulla, nemmeno un libro!»
Mentre il cocchiere scarica la loro roba, Kiba borbotta: «Nonna, della tua eredità non mi importa un bel niente. Ora vai dentro e smettila di comportarti come una vecchia megera!»
Umiliata, la vecchia Inuzuka volta loro le spalle e corre svelta verso la tenuta.
Suigetsu si guarda attorno, poi fissa Kiba. «Secondo me è pazza.»
«Oh, di questo non ho mai dubitato, Suigetsu.»
Karin osserva i due ragazzi, guardinga, poi la tenuta, improvvisamente seria. «Io non ci scherzerei, sapete?»
Kiba si gratta la testa, nervoso. «Quella è sempre stata così, non c’è niente da fare. Beh, che facciamo ancora qui? Andiamo: la nonna è capace di chiuderci fuori.»
Si guarda attorno per qualche secondo, sommerso dai ricordi, e finalmente nota il ragazzo che da lontano, in sella a un cavallo bianco, li osserva.
Biondo, più o meno della sua stessa età, fermo e intento a fissarlo a propria volta.
Kiba sente di averlo già visto da qualche parte, ma non ricorda con precisione quando, dove e soprattutto perché - o forse si sta sbagliando, forse è soltanto una sua impressione.
La notte, a volte, gioca brutti scherzi.







Fine Capitolo Cinque







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Capitolo 18
*** - Parte Seconda - Capitolo Sei - ***


Bloody Rose



[A Katia]








Capitolo Sei









Anche quel giorno piove e l’estate pare essersi inaspettatamente allontanata da loro.
Minato sorride alla madre, sdraiata di malavoglia fra le coperte, intenta a rimproverarlo per aver lasciato da sola Rin con Obito.
«Mettiti in testa che Rin è quasi una donna. Potrebbe finir sedotta da lui, non credi?» borbotta Kushina, tirando a sé le coperte.
Il figlio scoppia a ridere. «Mamma, non eri forse tu quella che lodava Obito per la sua allegria? E adesso, di punto in bianco, pensi che sia un maniaco?»
«Potrebbe diventarlo.»
«Dì la verità» Minato si siede sul letto, che s’abbassa impercettibilmente sotto il suo peso. «Hai paura che lui te la porti via.»
In fondo non può certo negare che fra quei due ci sia del tenero, sarebbe come contestare il fatto che il sole tramonta e che la terra è rotonda - deve forse pensare che sia piatta?
Sorpresa da quelle parole, la donna scuote il capo. «Mai e poi mai. Non le negherei l’amore. È giusto che provi quello che anche la sua mamma ha provato. Tuo padre sarebbe stato d’accordo con me, su questo punto» Kushina sorride. «Dico solo che Obito non mi pare giusto per lei. Hai notato quanto si agita Rin, solo a guardarlo? Ah, com’erano lontani i tempi in cui era innamorata dello zio!»
«Lo zio ha sempre fatto finta di niente, ma so che ne è stato lusingato» commenta Minato, ricordando le frequenti visite di Kakashi Hatake, un loro lontano parente. «C’è da mettere in conto che è piuttosto giovane e molto apprezzato dal genere femminile: Rin non poteva certo resistere al suo fascino.»
«Kakashi sa perfettamente che un soldato fa questo effetto a tutte» precisa Kushina dopo una breve pausa. «Anche tuo padre era un soldato. E ne rimasi affascinata.»
«Se fare il soldato porta così tanta fortuna con le donne, allora dovrei arruolarmi!» dichiara Minato II, scoppiando in un’altra breve risata. Guarda sua madre con gli occhi velati dalla dolcezza. «Però non credo di essere portato per simili cose.»
«Lasciati dire una cosa, figliolo» Kushina risistema bene il cuscino e vi poggia la schiena con un sospiro di compiacimento. «Sei buono come tuo padre. Sei uguale a lui e - non possiamo certo negarlo - va da sé che tu possa essere portato come soldato. Anche se credo che tuo fratello lo sia più di te. Non a caso ha fatto quel lavoro per un lungo periodo.»
«Naruto l’ha fatto solo per te, mamma.»
Gli occhi di Kushina si chiudono per un secondo. «Questo perché è cocciuto e scemo come me.»
Ci sono tante cose che Minato vuole sapere, e la prima fra tutte riguarda i sentimenti di sua madre verso Rin. Sa che ha sempre amato la piccola, eppure sente che, dentro, cova del turbamento - così non sarebbe stato se Rin fosse...
«Avere due persone come voi in famiglia è più che raro» commenta Minato. «In questo modo avete condizionato sia me che Rin. Io e lei siamo più tranquilli, più riflessivi.»
«Più che riflessivi siete noiosi» borbotta Kushina, gonfiando piano le guance. «Molto noiosi.»
La mattina passa lentamente per Minato, impegnato com’è a ricevere vecchi amici, sistemare conti e discutere animatamente con quelle poche nobildonne che ancora tentano di avvicinarsi a lui; evitarle è il suo sport preferito.
«Non so proprio cosa fare con quelle» borbotta, sfinito, a una divertita Shizune, sua amica nonché consigliera. «Paiono tutte convinte che io sia in cerca di una sposa.»
«E allora chiaritevi con loro. È inutile illuderle in questo modo, non farete altro che attirarle come il miele con le api» ribatte la donna, sedendosi accanto a lui sul divanetto del salotto. «Certo che siete strano, però. Perché mai continuate a evitarle tutte? Per caso un’altra donna ha preso il vostro cuore?» scherza poi.
Minato arrossisce. «Cosa vi passa per la testa?! Mai! Non una sola volta mi è capitato, ve lo posso assicurare. Se fosse come dite, a quest’ora sarei già sposato e non mi dovrei preoccupare di quelle signore: invece guardate cosa mi sta capitando!»
Shizune scoppia a ridere, scuotendo il capo. «Peggio per voi e la vostra bellezza. Vostro fratello ne ha saputo approfittare meglio, a mio parere.»
«Girano ancora quelle voci, per caso?» domanda stupito il Namikaze. «Se è così, non posso nemmeno arrabbiarmi; in fondo è colpa di Naruto, se tutta questa storia s’è fatta grossa.»
«Più che altro ne parlano le vecchie pettegole. Le giovani signore, invece, si guardano bene dal toccare l’argomento, onde evitare che qualcuna delle loro figlie ne finisca in balia, appena udita questa voce insistente.»
«Shizune, sono passati ben due anni da quegli eventi!» esclama Minato. «Questo è assurdo.»
La donna gli lancia un’occhiataccia. «Sono passati due anni, è vero. Ma ha fatto certe cose vantandosene per ben quattro anni.»
Difendere mio fratello è pressoché impossibile, a quanto pare, pensa Minato II, girandosi verso la finestra aperta coi nervi a fior di pelle.
Che rabbia! Eppure suo fratello Naruto non ha poi combinato molto per meritare tanto poco rispetto da parte di quella mandria di pettegole e arroganti - contesse e duchesse, cameriere e vedove e vecchie. Il semplice fatto che, per loro, Naruto sia un libertino buono a nulla, lo fa arrabbiare - nessuna ha idea di cosa abbia passato, nessuno ha idea di cosa sia successo a tutti loro.
«Cambiando argomento, posso sapere dov’è finita vostra sorella?» chiede dopo un po’ Shizune, interrompendo i pensieri rabbiosi del duca.
«È da qualche parte con Obito Uchiha» risponde Minato con noncuranza, accennando però un sorriso.











«Posso capire che siate curioso, ma questo è troppo per la mia sanità mentale.»
Rin indica il bruco che striscia sul palmo della mano del giovane Uchiha, che sorride tutto contento, accovacciato a terra accanto a lei.
«Se voi avete davvero quattordici anni, bisogna dire che ve li portate proprio male.»
Obito sbuffa. «Rin, per favore, non vi dovete mica scandalizzare! È solo un piccolo bruco!»
Rabbrividendo, la tredicenne fa un passo indietro. «Contento voi. Io me ne vado, okay?»
«Oh, no! Vi prego!»
«No.»
«Rin, siete proprio cattiva» mugugna rassegnato il povero Obito, che la fissa col bruco ancora in mano e gli occhi neri come la pece appena più aperti del solito.
Soddisfatta, la piccola Namikaze ribatte: «Sono felice di sentirvelo dire, Obito. Ora devo andare!»
Rin si allontana dal ragazzino con passo spedito, lasciandolo dov’è.
Ha sperato, per un solo attimo, che Obito potesse portarla a fare un bel giro nella vasta campagna che circonda la tenuta degli Uchiha, e invece non ha fatto altro che parlarle di bruchi, mosche e altri animaletti che a lei non piacciono e, come se non bastasse, era arrivato in ritardo, tirando fuori una delle sue dannatissime scuse!

Mentre attraversa il sentiero, il nitrire di un cavallo attira la sua attenzione: si volta appena in tempo per vedere un ragazzo tirarne le redini con un sorrisetto beffardo, arrogante.
Rin non ha mai visto quella persona nei paraggi, e ne rimane subito affascinata: difficile restare insensibile a un uomo tanto attraente e sicuro di sé.
Arrossisce quando, dopo qualche secondo, incrocia i suoi occhi scuri.
Non appena fa per andarsene, lui la richiama: «Ehi, aspettate! Posso chiedervi un favore?»
Rin sussulta e si volta. «Certo, d-ditemi pure.»
«Dovete sapere che non attraverso questi sentieri da molto tempo e, maledizione, devo ammettere di essermi perso. Di norma me la sbrigherei da solo, tuttavia mi permetto di chiedere il vostro aiuto, se non sono di disturbo» il giovane fa un leggero inchino. «Sono Kiba Inuzuka.»
Inuzuka? Vuoi vedere che è il fantomatico nipote della vecchia? «Io sono Rin Namikaze.»
Kiba Inuzuka si rialza e sorride.








Perdere di vista Minato Namikaze non può che essere un errore fatale, Hanabi lo sa benissimo. Per questo, ignorando i sorrisetti arroganti che Sai le rivolge da qualche tempo a questa parte, ha deciso di riprendere a spiarlo. Oh, questo non è un errore, no. Ma teme che lui nasconda qualcosa e che Hinata ne sia a conoscenza, benché neghi a ogni domanda di custodire i fantomatici segreti del loro ospite.
«Dio mio, è così difficile dire ‘Sì, Minato nasconde qualcosa’?» sbotta Hanabi, incrociando le braccia al petto dinanzi a una sbigottita Hinata.
«Tu pensi sempre che le persone tacciano su fatti e avvenimenti del loro passato perché scabrosi, ma Minato non nasconde nulla, te lo posso assicurare» ribatte la sorella maggiore, leggermente indignata. «Sai perfettamente che tutto questo non ha senso.»
Certo, e allora mi dici perché hai una relazione con lui e la nascondi? «Sorella, sei proprio cieca: Minato Namikaze nasconde qualcosa. Da quando è in questa tenuta sono successe troppe cose, lo devi ammettere! Lui ci sta prendendo in giro e tu ci sei cascata!»
«‘Cascata’ in che senso?» domanda la voce alta e profonda di Minato Namikaze, interrompendo il loro discorso in quattro e quattr’otto.
Hanabi si volta verso di lui e gli regala uno sguardo aggressivo. «Non si usa più bussare?»
Con un sorriso, il loro ospite scrolla le spalle e chiude la porta, poi le raggiunge. «È una cosa che dimentico sempre di fare, sapete?» detto ciò, lancia un’occhiata allegra a Hinata.
«A volte date l’impressione di essere un grandissimo arrogante, Namikaze» lo critica Hanabi, cogliendo lo scambio di occhiate fra i due. «Dovete esser considerato il duca più prepotente che ci sia nel Galles, non è forse così?»
«Se è per questo, sono considerato in tal modo anche dall’alta nobiltà di Londra, signorina.»
«E pure modesto?»
Minato scoppia a ridere. «Anche modesto, sì.»
«Permettetemi allora di rivelarvi che mi date altamente sui nervi» sibila acidamente Hanabi, non badando ai rimproveri silenziosi della sorella maggiore che, a quelle parole, arrossisce.
«Hanabi! C-Che dici?» esclama debolmente Hinata, cercando di trattenere la rabbia che sente scorrere nel suo corpo. «Il signor Minato è sempre molto gentile con te, n-non vedo perché ti dovrebbe dare così tanto fastidio.»
«Mi infastidisce come ogni altro uomo su questa terra, sorella» risponde Hanabi, sorridente.
La porta si apre improvvisamente e da questa sbuca un distaccato Hiashi Hyuuga. «Minato?»
«Sì?»
«Avrei bisogno di parlarvi di alcune carte che mi sono sopraggiunte oggi. Mi fareste il piacere di raggiungermi fra qualche minuto nel mio studio?»
Minato annuisce, secco, e lo scruta. «Vedrò di farlo appena mi è possibile, signore.»
Contento della risposta, Hiashi lancia un’occhiata alle figlie e richiude la porta senza far rumore.
Cala il silenzio, spezzato dopo qualche secondo dallo stesso Namikaze.
«Noto che non sono l’unico a non bussare, in questa casa» commenta.

Hanabi, rigida, gli scocca un’altra occhiataccia ed esce velocemente dalla stanza, lasciandoli soli - ben consapevole dell’intimità che sta regalando loro in quel preciso momento.












«Tua sorella è sempre più sospettosa - aggiungerei irritante, ma temo che questo possa offendere te più che lei» brontola Naruto sedendosi accanto a Hinata, avvilito.
Possibile che si ritrovi sempre a dover recitare la parte dell’arrogante snob, pur di contrastare l’evidente nota di sospetto insita nella minore delle Hyuuga? È già drammatico che la sorella maggiore conosca il motivo della sua permanenza! Certi problemi paiono amarlo terribilmente.
La mano di Hinata si posa sulla sua, paziente. «Hanabi lo fa soltanto perché è preoccupata per me. Altrimenti non dubiterebbe nemmeno un attimo di te o di altri, capisci?»
Naruto ride e si china su di lei; le bacia dolcemente il collo. «Mh. Direi che hai ragione.»
Completamente impreparata, la giovane Hyuuga arrossisce e sospira. «P-Per favore, Naruto. Potrebbe entrare qualcuno. Sai che non bussano, vero?»
Per tutta risposta, il Namikaze la morde piano, cominciando poi a succhiarle una piccola porzione di pelle - assurdamente, sa di pesca. «Oh, non me ne può importare di meno!»
L’unica cosa che in quel momento vuole fare è baciarla e morderla fino a tentarla, spingerla a desiderare qualcos’altro, lo stesso che lui brama; fare finta di non volere quel corpo caldo e morbido è per lui una tortura - una pessima, maledetta e masochistica tortura.
La ragazza gli stringe la mano e automaticamente, forse senza pensarci e quindi, mossa da un desiderio inconscio, porta il capo indietro, esponendo il collo ai baci del Namikaze.
Naruto freme. Era ora! «Hinata, una signorina come voi non dovrebbe permettere a un uomo di andare oltre, sapete? Io non sono in grado di controllarmi se vi lasciate andare così. Però…»
Con le labbra appena dischiuse continua a baciarle il collo, poi la mandibola; l’intenso profumo della pelle di Hinata lo stordisce, sente di non poterne fare a meno. È un desiderio più forte di quello che è abituato a sentire, a conoscere, ed è quindi curioso di scoprirne ogni lato, ogni significato.
Hinata si aggrappa istintivamente alle sue spalle, forse stordita quanto lui. «Naruto…»
Lentamente, con una dolcezza mai avvertita prima, le percorre con la bocca le guance accese dalla vergogna e dall’impazienza.
Infine, la bocca rossa.
Le strappa un gemito, quando le morde il labbro e con la lingua lo lambisce affamato. Sempre piano - cautamente - sempre senza fretta, ma con crescente voglia di scoperta. «Sei bellissima», gli sfugge inaspettatamente, mentre si stacca quel tanto che basta per notare l’intenso languore contenuto negli occhi lilla di Hinata.
Sembra così indifesa, si ritrova a pensare, sorpreso. Le accarezza la guancia, sorride e alla fine la stringe a sé, come ormai è abituato a fare - intuisce che sorprenderla ulteriormente con tali contatti fisici potrebbe allarmarla o addirittura offenderla, e non vuole che ciò accada.
«Naruto…?» Hinata alza leggermente il capo verso di lui. «Quante altre donne hai baciato in questo modo?»
Sorpreso da quella domanda, Naruto arrossisce. «Beh… abbastanza da potermi considerare un esperto. Ma non voglio approfondire l’argomento, Hinata. Ci sono cose che non svelerei per nulla al mondo» come il fatto che sono stato con donne dalla dubbia virtù.
«Non avevo mai pensato che tu potessi aver avuto tante altre donne prima di me, sai?» mormora la contessa, riflessiva. «Per tutto il tempo ho desiderato essere io la prima. È una cosa stupida da pensare, non è così?»
«Credo di sì. Cioè, no, non lo credo affatto. Ritengo piuttosto che sia una cosa naturale.»
«Simili pensieri sono sconvenienti e non dovrei nemmeno farli… né provare tutto ciò.»
Il Namikaze alza gli occhi al soffitto. «Affatto. Sono del tutto naturali, fanno parte di noi. Il desiderio è qualcosa che non possiamo reprimere fino in fondo, capisci? È come l’amore e l’odio, l’invidia e la paura, la nostalgia e l’amarezza e la felicità. Sono tutte cose naturali.»
Dopo qualche secondo, Hinata annuisce. «Hai ragione. Ora… ti conviene andare, mio padre si arrabbierà se non ti vedrà subito. Sai com’è fatto.»
«Già. Non so come tu sia riuscita a sopportarlo per tutti questi anni. Mi pare quasi impossibile.»
L’atmosfera, prima carica di tensione, si trasforma inaspettatamente in qualcosa di gelido e aspro, come il tono appena usato dal Namikaze.
«Naruto, ti prego. Non trattarlo male e non pensare nemmeno alla tua odiosa vendetta. Te ne prego. Fallo per me» lo implora Hinata, cercando di nascondere l’ansia per quell’intento.
Il ragazzo si guarda le mani. «Evitiamo di parlarne, per favore. Ora lasciami andare, devo vedere quei documenti.»
Naruto si alza in piedi e, senza dire nemmeno una parola, esce fuori dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
È consapevole di essersi comportato male nei confronti di Hinata, ma non riesce a reprimere la rabbia per quel verme: non può, è più forte di lui. Se solo… sapesse, Hinata. Se ne sapesse il motivo!
Non sa perché ha celato quella parte del racconto. Forse per non sconvolgere la Hyuuga, per non farle conoscere il mostro rinchiuso nel corpo di suo padre?
Forse. Ma sa di non essere così protettivo, quando si tratta di Hiashi Hyuuga: è la paura di perdere Hinata a regolare le sue parole, le sue azioni. Per questo non ha ancora posto fine alla vita di Hiashi - mentre avrebbe dovuto farlo già una settimana prima.








«Sei un nipote sconsiderato! Pur sapendo che ti saresti perduto, sei andato in giro con quel cavallo della sfortuna! Non mi preoccuperò mai più per te, sappilo!» strilla la vecchia Inuzuka, aprendogli il cancello e ignorando la povera Rin, ferma davanti a loro.
Kiba, già stufo delle sue urla - peggiori di quelle di Karin - ringhia: «Vecchia, sparisci! Ora!»
Palesemente oltraggiata, l'anziana signora scappa via come un fulmine. «Degenerato!»
Il ragazzo scuote il capo e si volta teatralmente verso Rin che, osservando la scena, non ha potuto trattenere una risata. «Dovete scusarla. Mia nonna è… pazza.»
«L-Lo so» balbetta la ragazzina, fra le risate. «La conosco bene. Cioè, la conoscono tutti.»
Non mi sorprende. «Ah, non mi dire. Scommetto che stanno spettegolando su di me: ‘Avete sentito? La vecchia ha un nipote!’ ‘Sarà pazzo come lei?’» fa una smorfia Kiba, imitando perfettamente due ipotetiche vecchiette. «Quanto le odio.»
«Non vi dovete preoccupare. Ormai siamo abituati alle sue uscite, la prendiamo con filosofia. E comunque, nessuno pensa male di voi, piuttosto... si preoccupano» gli svela Rin, sorridente.
«La gente è soltanto brava a parlare. Beh, vi ringrazio per avermi accompagnato fin qui. Spero di rivedervi presto.»
«Lo spero anch’io» ammette la ragazza. «Per essere un Inuzuka siete davvero molto gentile.»
Kiba sogghigna. «So anche essere scortese, signorina, ma voi mi avete aiutato e non meritate altro che la mia gratitudine e la mia amicizia. Ora devo andare. Arrivederci!»
Rin alza la mano per salutare e se ne va, lasciandolo da solo.
Kiba porta il cavallo dentro la stalla e, dopo avergli mollato una pacca affettuosa sul collo, si dirige verso l’ingresso principale della tenuta.
Appena all’interno, sente subito le urla di Karin, rivolte probabilmente a un annoiato Suigetsu - chissà come fa quel povero ragazzo a sopportare una donna del calibro di Karin, pensa soprappensiero l’Inuzuka, entrando nel salotto dove sta consumandosi il litigio.
«Oh, no, non puoi affermare una cosa simile! Sei un mostro, un villano, un… un…»
Suigetsu sbadiglia. «… un bastardo? Dillo pure, non mi offendo (tanto so che l’hai pensato). Ripeto, sperando che il tuo piccolo cervellino ci arrivi, che non sono stato io a spostare le tue cose. Sarà stata la vecchia.»
Karin pare dover esplodere da un momento all’altro. «E perché mai avrebbe dovuto farlo?!»
Sarcastico, Suigetsu risponde: «Forse perché ti odia e ti considera un’oca buona a nulla?»
A quelle parole Kiba scoppia a ridere sguaiatamente, non curandosi delle urla isteriche della rossa, offesa dagli insulti del cugino.
«Non vorrei interrompere questa graziosa discussione, ma fra qualche minuto sarà pronta la cena. La vecchia sarà pure pazza, tuttavia sa ancora cucinare e badare alla casa.»
«Una cosa positiva, almeno» commenta velenosa Karin, sedendosi su una poltrona vetusta quanto la casa. «Siamo qui da meno di un giorno e quella non ha fatto altro che strillare.»
Avete una cosa in comune, pensa divertito l’Inuzuka. «Non ci posso fare niente. Ora salgo in camera mia. Se avete bisogno di qualcosa, chiamatemi.»
Una volta in camera, Kiba si sdraia sul letto e studia il soffitto, cercando di capire per quale ragione si è spinto fin lì, nel Galles, in quei luoghi che hanno segnato la sua infanzia.
Insomma, li odia! Li ha sempre odiati.
Da quando Shino ha sposato Temari il lavoro è andato a rotoli, e io sono stato costretto a questo, pensa imbestialito.
Certo, con l’Aburame qualche affare ha la certezza di poterlo ancora fare, ma sa chequesti è comunque molto impegnato - finire a lavorare per Hiashi Hyuuga, farsi diseredare dalla propria famiglia per una singola donna... no, non è bene.
Sospira, chiudendo gli occhi… e pensa ancora a quella ragazza arrogante.
Sa che è una Hyuuga e che si chiama Hanabi: durante quella festa, giorni prima, gli è bastato chiedere in giro per appropriarsi del suo nome.
Un nome azzeccato, adatto a quella piccola, attraente donna - la sua donna, anche se Hanabi ancora non lo sa.







Fine capitolo Sei






Note dell'Autrice: Oh, finalmente ecco un nuovo capitolo! x3 che bello. Allora, come avete potuto notare, avete avuto anche una piccola spiegazione su un fatto accennato nel capitolo 'Seconda parte - Capitolo Quattro' dove Mikoto parla di Kiba Inuzuka e Shino Aburame dicendo che quei due lavorano insieme. Bene, Shino si è sposato con Temari e così facendo, ora, lavora per gli Hyuuga.
Detto ciò, abbiamo anche visto che Naruto sta iniziando a 'saltare addosso' a Hinata - e Hinata certo non lo respinge xD
Oh, insomma! Ne abbiamo viste di cose! ^^
Nella fic Rin ha 13 anni, Obito 14, Kiba 22, Karin 19, Suigetsu 20, Naruto 22 (e lo stesso Minato), Hinata 17, Hanabi 15, Sai 18, Konohamaru 17, Tenten 22, Ino 21, Shikamaru 23, Temari 27, Shino 26, Kakashi 29, Kushina 41, Mikoto 42, Hiashi 45, Sasuke e Sakura 22 e 20 anni e... e boh XD Se ho dimenticato qualcuno, ditemelo XD
Uhm... ora devo scappare! Risponderò alle recensioni di questo capitolo tramite il nuovo sistema ideato da Erika, quindi non vi preoccupate^^
Un bacione!

Mokochan

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Capitolo 19
*** - Parte Seconda - Capitolo Sette ***


Bloody Rose









[A Katia]

















Capitolo Sette














Soffitto, finestra, soffitto, finestra, cuscino, odore di rose, odore di notte, mal di testa, disperazione, poi soffitto, finestra, soffitto e ancora cuscino - la notte non svanisce mai. O così sembra a Naruto che, immobile sul letto, non fa altro che compiere gli stessi gesti, ben lungi dal dormire serenamente come immaginato dopo la cena svoltasi appena due ore prima; non riesce a dimenticare le continue occhiatacce del padrone di casa, quel Hiashi che ha pregato di poter uccidere per anni, proprio come non può tenere da parte la muta tristezza di Hinata.
L’unica a non essere cambiata di una virgola è quella peste di Hanabi.
Per tutta la cena non aveva fatto altro che lanciare occhiate altezzose a lui e alle cameriere, convinta di essere al di sopra di tutti, esattamente come il padre. Anche se, Naruto lo deve ammettere, la giovane non aveva mai trattato male Tenten e Ino, ponendosi con loro in modo diverso da Hiashi, il cui comportamento aveva reso addirittura imbarazzante la cena.
Ovviamente, lui - l’ospite inizialmente gradito - non può che essere diventato una spina nel fianco, la causa dell’improvviso pericolo che ormai avvolge la tenuta degli Hyuuga - e questo Hiashi non l’ha nascosto, anzi! Si è premurato di farglielo capire ben bene, senza fraintendimenti di sorta… rischiando addirittura di svelare tutto alle proprie figlie.
Non è la prima volta: il giorno prima, nel suo studio, gli ha lasciato intendere che deve andarsene immediatamente, vaneggiando,  accampando solo scuse. Deve fare qualcosa per impedirgli di rovinare i suoi piani, altrimenti... per cosa ha sprecato quei trenta giorni? Per lasciarsi beffare da lui?
Cristo.
Chiude gli occhi e si concentra per un momento su una conversazione avuta con Sai qualche minuto prima, quando gli aveva fatto rapporto sugli affari degli Hyuuga.
Semplice routine - ogni sera, sempre alla stessa ora, sempre con gli stessi interrogativi.
Più o meno.

‘Posso farvi una domanda?’, lo sguardo di Sai era rivolto verso la finestra; non sapeva cosa stesse guardando e, comunque, non doveva trattarsi di qualcosa di molto interessante.
Naruto posò sul letto un documento e lo guardò interrogativamente. ‘Dimmi pure.’
‘Secondo voi, perché Hanabi ha questo brutto carattere?’
‘E io che ne so?!’
‘Ho la netta impressione che sarà dura, convincerla a farsi fare quel ritratto’, l’aveva sentito mormorare poi, fra sé e sé, convinto di non essere sentito - oppure era solo la sua immaginazione.

Naruto si rigira sul letto, ma fatica a prendere sonno. Allora si alza, agguanta alcuni indumenti e si veste, cercando di non fare troppo rumore per non attirare l’attenzione dell’istitutrice, Anko Mitarashi, arrivata quel pomeriggio da Londra e stabilitasi nella camera accanto alla sua. Per un lungo periodo aveva preso congedo per motivi di natura famigliare: solo quel giorno si era decisa a fare ritorno.
In fondo, il suo compito è impartire una buona educazione ad Hanabi e Hinata, si dice Naruto, e questo non farà altro che rubarmi del tempo prezioso.
Non avrebbe potuto stare con Hinata come prima, né avere campo libero - la Mitarashi, nella sua stanza, è come un topolino attirato dall’odore improvviso di un bel formaggio: pronta a scattare per prenderlo e divorarlo.
Si chiude la porta alle spalle con cautela, gli occhi vigili e pronti a individuare movimenti sospetti nel buio, in ogni angolo, sulle scale: si abituano subito all’oscurità della tenuta.
Un po’ inquietante, in effetti, di notte.
Spettrale.
Muove alcuni passi verso le scale, adocchiando insicuro la porta che dà alla stanza dell’istitutrice; poi inizia a scendere i gradini con infinita cautela, temendo un qualche scricchiolio traditore che fortunatamente non arriva, e tutto fila liscio come l’olio.

‘La prossima settimana Neji, mio nipote, tornerà alla tenuta con il signor Sabaku no, il Conte di Suna, proprietario di alcune navi della flotta inglese; si tratterrà da noi per una settimana, il tempo necessario a concludere un affare di enorme portata con mio nipote. In seguito partirà per il Galles, dove risiede. Potreste ripartire con lui: sarebbe comodo e vi eviterebbe inutili fatiche.’
Impietrito per la sorpresa, Naruto non aveva potuto che annuire lentamente, fingendo che la notizia fosse gradita.
In realtà, dentro di sé fremeva di rabbia.
‘Mi sembra una buona idea, signor Hyuuga. Mi pare inoltre di capire che questo signore sia una vostra vecchia conoscenza’, aveva chiesto, interrogativo.
Hiashi aveva confermato la sua supposizione con un cenno del capo. ‘Ha la vostra stessa età, Namikaze. Ha ereditato l’attività di famiglia dal padre, morto in un duello ingaggiato con un signore di cui non conosco l’identità. So solo che aveva parlato male di Karura, la prima moglie, morta partorendo il figlio.’
Quindi esistono ancora uomini d’onore, si era ritrovato a pensare Naruto. ‘Comprendo la situazione.’
‘Ne sono certo. Detto ciò, vorrei discutere con voi di alcune carte di estremo interesse per me…’
La conversazione si era chiusa come se niente fosse accaduto.

Il portone principale si chiude con un rumore secco, lasciando Naruto ai giardini profumati.
Non ha mai provato a fare una passeggiata notturna da solo: forse può prendere in prestito uno dei cavalli degli Hyuuga per uscire dall’immensa tenuta... non vede l’ora di cambiare aria.
Si incammina verso la stalla, ripercorrendo con la mente le informazioni che Sai gli ha passato in quegli ultimi giorni, non trovando particolari degni di attenzione se non in alcuni pagamenti effettuati da un certo Orochimaru, un Visconte di cui non sa nulla e di cui non gli interessa nulla, se proprio deve ammetterlo; certo, quei pagamenti erano stati fatti all’epoca in cui suo padre lavorava con Hiashi, tuttavia non riesce a scovare collegamenti fra i due casi.
Sai, invece, il primo giorno in cui glieli aveva mostrati si era detto convinto della loro importanza e, soprattutto, li aveva trovati rivelatori; evidentemente, in essi aveva visto qualcosa che a lui era sfuggito.
La stalla è completamente al buio, perciò non gli resta altro che afferrare una delle lanterne poste alle pareti esterne della struttura e accenderla; una luce tenue sprizza qualche attimo dopo, rassicurando Naruto, che lancia uno sguardo a Sasuke, fermo di fronte a lui con gli occhi accesi e per niente stanchi: muove piano la coda e nitrisce, inquieto, per fargli capire che ha voglia di uscire.
Quel cavallo gli è sembrato sempre un po’ troppo intelligente.
Una volta liberato il puledro, il Namikaze lo conduce ai cancelli della tenuta, ignorando la guardia appisolata in un angolo: non gli è mai passato per il cervello che è pagato per tenere sotto controllo ogni cosa ed impedire a qualche malintenzionato di introdursi nella dimora?
Scuotendo il capo, Naruto apre lentamente il cancello, quel tanto che basta a permettere a Sasuke di passare con lui. Giusto per fare qualcosa, gli sussurra anche di stare zitto e buono.
In risposta il cavallo nitrisce, inducendo la guardia a muoversi un poco, infastidito dal rumore.
«Bastardo d’un cavallo» sussurra indispettito Naruto, sferrandogli un pugno sul collo massiccio.
Superato pure quell’ostacolo, il ragazzo sale in groppa al puledro con gli occhi puntati sulle sue zampe, col sospetto che Sasuke possa vendicarsi in qualche modo - non sa perché, ma somiglia terribilmente a quella carogna di un Uchiha, il marito di Sakura.
Da anni non ha il piacere - se così può definirlo - di parlare con Sasuke, quello che un tempo era stato il suo migliore amico, quasi un fratello. Questo perché era scappato senza mai più farsi vivo.
Non si era aspettato, a quella famosa festa, di rivederlo in compagnia di Sakura.
Lei era scappata con lui?
«Andiamo.»
Il cavallo inizia un piccolo galoppo, lasciandosi alle spalle l’aura di misteriosa tristezza che avvolge la tenuta degli Hyuuga - vecchia di due secoli, prezioso bene dell’antica famiglia.
Segue un percorso immaginario, non badando al freddo che gli gela le guance e al vento che gli scompiglia i capelli biondi, rendendoli ancor più ingestibili di quanto non siano già.
Si domanda come faccia invece suo fratello a tenerli sempre in ordine e perfetti.
Sarà perché è identico, in tutto e per tutto, al loro defunto padre?
Ah, quella notte lunga e interminabile sta portando a galla troppe domande senza risposta, e lui, certo, non ha voglia di darle, troppo stanco e arrabbiato per risolvere ogni cosa da solo. Con lui c’è Sai, c’è Shikamaru, c’è addirittura Hinata - malgrado le reticenze - eppure si sente ancora allo stesso punto, a quella partenza che deve condurre per forza all'arrivo di tutto. In fondo risiede alla villa da ormai sei settimane: non è forse tempo di concludere?
Sposta l’attenzione su un piccolo laghetto che prima d’allora non aveva notato, e istantaneamente ripensa alle suppliche di Hinata; il ricordo di quei momenti è fin troppo vivido, per essere ignorato.
Che la sua compagna si stia trasformando in un impedimento per lui e per la sua missione? Ottimo, da parte sua, farsi mettere all’angolo dalle lacrime di una donna disperata.
Una donna che ama, però.
Può già parlare di amore, senza dubitare come ha fatto un tempo con Sakura, e aprirsi. Nondimeno gli risulta difficile farlo, viste le passate esperienze negative, eppure si sta esponendo lo stesso, mettendo addirittura a repentaglio il piano congegnato assieme a Minato.
Stupido, quel piano si sta rivelando stupido!
O forse attraente. Attraente perché Hinata si è messa subito in mezzo, stuzzicando la sua voglia di avventura - un’altra, visto il tipo di avventura che ha in mente.
«Togliere la verginità alla mia compagna prim’ancora di prenderla in moglie?» si domanda, incerto, ripensando a ciò che un tempo gli aveva insegnato il maestro Jiraya, e rabbrividisce.
Sasuke, sentendolo, nitrisce un poco e aumenta la velocità, costringendolo a piegarsi, aderendo perfettamente al suo corpo; i suoi pensieri mutano ancora, divenendo più tranquilli.
Conclude la sua galoppata notturna con un giro dei campi, poi torna immediatamente indietro, rallentando impercettibilmente quando intravede la tenuta avvolta dal buio della notte.
Si rilassa, mentre il cavallo muove qualche passo silenzioso vicino al cancello. All'improvviso coglie un rumore, corruga la fronte e osserva la guardia ferma al di là dei cancelli, addormentata:  uno sparo interrompe il silenzio.
La camicia prima immacolata di Naruto diventa d’un tratto scarlatta, e un dolore imprevisto gli annebbia la vista.
Sasuke, agitato, si solleva sulle zampe posteriori e lo scaglia a terra, nitrendo terrorizzato.
La può chiamare sfortuna, lo può chiamare destino, può semplicemente pensare a come uccidere colui che gli ha causato quella ferita: Naruto sa solo che vuole vendicarsi subito.
Così si rimette faticosamente in piedi, estrae la pistola nascosta sul retro dei pantaloni e la punta verso il luogo da cui è partito il proiettile, non riuscendo a individuare il proprio aggressore.
Intanto, la guardia si è svegliata e ha aperto i cancelli rapidamente, confusa e ancora addormentata: il suo volto mostra occhi poco svegli, immersi nel sonno.
Stupito per quello che vede, non fa altro che esclamare: «Cristo, che cosa sta succedendo?!»
Se lo chiede anche Naruto.
«Guardia, calma il cavallo... e aiutami, devo recarmi nelle mie stanze» ordina con un filo di voce il Namikaze, abbassando l'arma.
Poi crolla a terra, tenendosi la spalla in fiamme.












«Hai pagato la guardia perché tenesse la bocca chiusa, eh?» ripete Shikamaru con un sorrisetto, passandogli abilmente la benda attorno alla spalla. «Posso sapere perché esci quando non devi e ti fai sparare, rischiando di darla vinta al padrone di casa? Ti rendi conto che qui ci sono in gioco cose della cui importanza non sappiamo nulla?»
Naruto sussulta, quando il Nara stringe la fasciatura. «Secondo te mi sono fatto sparare apposta? Sei forse impazzito?»
Okay, uscire non è stato un bene, ma almeno ha capito che qualcuno lo vuole morto, e quel qualcuno è quasi sicuramente Hiashi - deve aver scoperto qualcosa e questo non gli piace.
Shikamaru completa la fasciatura e rimette nella borsa pinze e disinfettante; il Namikaze nota il proiettile sporco di sangue sopra un piccolo panno bianco, e sospira, quasi ringhia. «Cristo.»
«Per fortuna ha mirato alla spalla», commenta il medico, seguendo il suo sguardo. «Se avesse colpito gli organi interni e fosse rimasto dentro il tuo corpo, sarebbe stato difficile estrarlo. Inoltre non avremmo potuto nascondere l’accaduto alle figlie di Hiashi - cosa che,  in questo caso, sarebbe opportuno fare. Tuttavia, non dubito che di qualcosa vengano comunque a conoscenza.»
«Non lo dirò a Hinata» sbotta Naruto, passandosi una mano fra i capelli. «Non la voglio spaventare inutilmente.»
Gli occhi scuri di Shikamaru si stringono un poco. «Capisco che tu voglia tenerla fuori da tutto questo, ma ormai è troppo tardi.»
Certo, sa che non può fare niente per escluderla, ma una bugia al fine di non farla preoccupare troppo non può certo rovinare qualcosa: può solo farle credere che tutto vada come deciso.
Odia mentire, eppure quello gli sembra l’unico modo per non illuderla.
«Shikamaru, tieni la bocca chiusa con tutti. Parlane solo con Sai se devi, e non svelare altro.»
Il medico scoppia a ridere. «E a chi credi che possa dirlo se non a lui? »
Bella domanda.
«Ah, che seccatura. Non pensavo di dover passare un’altra notte insonne, dopo quello che è successo a Kakuzu» esala Shikamaru, scuotendo il capo. «Qui bisogna stare attenti, Naruto.»
«Lo so perfettamente. Non posso farci niente, se le cose hanno preso questa piega.»
«Avevamo detto di limitare i danni…»
«Sì»
«… e i morti.»
Naruto osserva la propria spalla. «Ci vorrà un miracolo, per quelli: da domani mi toccherà cercare il colpevole di questa per poterlo spedire dritto all’inferno, e lasciarcelo in eterno.»
«Molto vendicativo. Molto da Sasuke, in effetti» commenta con tono sarcastico Sai, richiudendo la porta silenziosamente.
«E tu che ci fai qui?» domanda Shikamaru, sorpreso.
Il servo accenna un sorriso. «Ho sentito dei rumori mentre controllavo la tenuta e mi sono incuriosito. Tu non dovevi rimanere illeso?» aggiunge, dando un’occhiata a Naruto.
Il duca grugnisce. «Avevo proprio voglia di farmi trapassare la spalla da un proiettile, così sono uscito e mi sono fatto sparare dal primo pazzo che passava. Mi annoiavo.»
«Divertente» ammette Sai, alzando gli occhi al soffitto. «Sei almeno riuscito a ucciderlo?»
«No, il cavallo l’ha buttato giù prima che potesse estrarre la pistola: quel pazzo è fuggito in quel momento» risponde Shikamaru, chiudendo la borsa con l’attrezzatura medica. «Non so chi possa essere stato, però è indubbio che ci sia di mezza Hiashi.»
«Una delle sue spie ha deciso di darti una lezione» ipotizza Sai, serio. «Hai fatto qualcosa che ha irritato lo Hyuuga, altrimenti non ti avrebbe torto nemmeno un capello.»
«Ci sono tante cose che possono averlo irritato» sibila Naruto, alzando le spalle; subito, il dolore alla spalla ferita si fa lancinante. «Dio mio! Giuro sulla tomba di mio padre che lo impiccherò con le mie stesse mani!»
«Non ne dubito» afferma Shikamaru, dirigendosi verso la porta. «Bene, io me ne vado a letto. Domani tornerò qui e ti cambierò la fasciatura: cerca di non maltrattare quella spalla più del dovuto.»
«Va bene.»
Una volta uscito, Sai sospira. «Ho sentito che la prossima settimana avremo altri ospiti.»
«Sì, ho... saputo qualcosa» ammette il Namikaze, guardando imbronciato la finestra. «Dovremo agire in quei giorni. Ma prima dobbiamo individuare le spie di Hiashi Hyuuga.»
«A quello ci posso pensare io. Inoltre, sarà un bene coinvolgere Ino Yamanaka in questa faccenda: sa tutto di tutti e non sbaglia mai. Se ha notato qualcosa, ce lo dirà.»
«Ovvio che ce lo dirà: è la fidanzata di Shikamaru.»
La conversazione è ormai finita,  Sai esce dalla stanza senza dire altro.
E chiude così piano la porta che Naruto nemmeno se ne accorge. Quando quest’ultimo alza lo sguardo, si ritrova solo - finalmente può riflettere senza che altri cambino il corso dei suoi pensieri.












«Questa casa mi ricorda sempre più quella di mio zio Julian: vecchia, macabra e piena di polvere in ogni dove. Trascurata per anni e infestata da orribili fantasmi.»
«Suigetsu, tu non hai nessun zio di nome Julian.»
Il fuoco arde lento nel camino, eppure la dimora sembra ancor più fredda di quando Kiba vi è entrato, la prima volta, poche ore prima, preda di un inquietante ritorno al passato.
Possibile che avesse passato la sua infanzia lì dentro, per anni e anni? Sa che non reggerebbe mai, proprio come in quel momento, perché tutto sembra chiuso, pronto a relegarlo là dentro, in una sorta di prigione puzzolente e umida.
In effetti, la descrizione di Suigetsu non è tanto male. «Di dov’era lo zio Julian, Suigetsu?» domanda con un sorrisetto, posando la schiena contro l’immensa libreria della nonna.
Karin gli lancia un’occhiataccia.
Adora farle dispetto.
«Invece di fare gli stupidi, perché non andate ad aiutare la signora Inuzuka? Sono certa che ha bisogno del vostro aiuto. È anziana e due baldi giovani come voi sapranno diminuire il suo carico di lavoro» sibila a voce bassa la nobildonna, lisciandosi con nonchalance la lunga gonna e facendo finta di non vedere le piccole smorfie che il cugino le rivolge dispettosamente.
Kiba sbadiglia. «Quella non ha certo bisogno di aiuto: sa cavarsela benissimo da sola, credimi. Piuttosto, che ne dite di venire con me? Faremo una passeggiata per i prati e incontreremo le persone che abitano qui vicino.»
L'Inuzuka si stacca dalla libreria e lancia uno sguardo al mobilio, alle pareti rovinate dal tempo e ai suoi amici. «Questo posto è davvero odioso.»
Suigetsu si stiracchia, alzandosi subito dopo. «Cos’è, un modo carino per dire che siete contento di essere venuto qui?»
Certo, se sono contento di essere in questa casa, con quella megera e addirittura in compagnia di Karin, allora sono messo proprio bene, si ritrova a pensare Kiba mentre scuote il capo, le labbra increspate in un sorriso - se può definirlo ancora tale, sì.
Prendono i soprabiti e, senza badare alle nuove e fastidiose urla della nonna; escono dalla tenuta per finire di nuovo all’aperto, dove il sole batte forte e il vento scuote loro i capelli.
Finalmente libero, Kiba conduce i suoi amici lungo il sentiero che porta alla strada principale, certo che non incontreranno nessuno se non gli abitanti delle uniche tenute vicine a quella della vecchia; se non ricorda male, i proprietari della più grande sono gli Hatake, mentre quella più modesta - o almeno così appare - è dei Namikaze.
La famiglia di cui fa parte quella Rin che ha incontrato ore prima.










Naruto, quella mattina, non fa altro che rimanere in silenzio. Talmente in silenzio che Hinata inizia a preoccuparsi per lui, distraendosi quel tanto che basta per farsi rimproverare dall’istitutrice.
«Hinata, il colore è troppo scuro! Finirai col rovinare quella rosa» la redarguisce Anko Mitarashi, alzando lo sguardo sulla tela, irritata. «Schiariscilo e stai più attenta.»
Imbarazzata, la Hyuuga annuisce. «Mi dispiace ttanto», non è colpa mia se Naruto mi distrae anche solo con la sua presenza.
Hanabi le lancia un’occhiata. «Quel colore non è poi tanto male: somiglia alla tonalità delle rose che abbiamo in giardino. Perché non le fai tutte allo stesso modo? Sono certa che verrà fuori un bel lavoro.»
Per la prima volta da molto tempo, Hanabi Hyuuga approva qualcosa. «Lei si arrabbierà» ribatte Hinata, indicando col mento la figura piccola ma autoritaria della Mitarashi.
«Non darle peso» dice Hanabi, inarcando un sopracciglio. «Ti disturba unicamente per coprire il fatto che si annoia. Odia la pittura almeno quanto io odio Minato Namikaze.»
Molto schietta. «La parola ‘odio’ mi pare esagerata, sorella.»
Hanabi sembra riflettere. «Allora, diciamo che sono gelosa del modo in cui lui ti guarda. Sei mia sorella; la mia casta, virginea e buona sorella. Come farei, se lui ti rubasse a me?»
Impossibile non cogliere il sarcasmo contenuto nella sua voce fredda. «Okay, come vuoi tu.»
Hinata si concentra nuovamente sulla colorazione del suo disegno, studiando di tanto in tanto Naruto che, seduto sulla piccola poltrona dall’altro lato della stanza, pare intento a riflettere su qualcosa; le sembra quasi che quei pensieri lo rendano irrimediabilmente irrequieto.
Una volta finita la lezione di pittura, l’istitutrice fa ripassare loro geografia e matematica; poi storia dell’arte e inglese, e le fa esercitare al piano.
Terminato il ripasso, le lascia libere.
Naruto, alla parola ‘fine’, si è alzato e ha abbandonato la stanza con andatura lenta, senza degnarle di uno sguardo - non l’ha guardata nemmeno una volta, Hinata.
«Quell’uomo inizia a preoccuparmi» ammette a voce bassa Hanabi, seguendo con gli occhi il ragazzo. «Di solito non fa altro che assillarci con le sue opinioni, invece oggi è così tranquillo che temo gli sia capitato qualcosa di terribile.»
«Terribile? Non starai esagerando, Hanabi?» obietta Hinata, sistemando i suoi libri sullo scaffale. «Potrebbe essersi semplicemente stancato. Forse non ha dormito, oppure è affetto da un lieve raffreddore: lo vedo molto pallido.»
«Mah, io non ho notato grandi differenze dal punto di vista fisico. Avrai uno sguardo più attento del mio, sorella?»
«Credo di no.»
«Allora, possiamo semplicemente dedurne che si è reso conto del fatto che un po’ di contegno, davanti a delle signore come noi, ci vuole sempre» mormora Hanabi, inarcando un sopracciglio.
Non ne sembra tanto convinta nemmeno lei.
Il pranzo è ormai pronto - così riferisce loro Tenten - perciò le sorelle si recano nella sala da pranzo, trovando ad attenderle il padre e Naruto.
«Com’è andata con l’istitutrice?» domanda Hiashi, dopo che viene servita loro la zuppa. «La signora Mitarashi mi ha riferito soltanto che siete state assai educate con lei.»
«La lezione mi è piaciuta molto, soprattutto geografia» risponde Hanabi, sorseggiando il suo vino. «Come vorrei poter visitare l’America! Dicono che sia bellissima.»
«L’America è un continente assai grande e vasto, avanti con i tempi, con le sue proprie convinzioni. Credo che non ti farebbe male andarci... magari, fra qualche mese, ci recheremo là.»
Hinata assaggia la zuppa. «Disegno e inglese sono state le lezioni più interessanti. Inoltre, la nostra istitutrice ci ha raccontato molte cose, insegnandoci tecniche ottime per dipingere.»
Hiashi annuisce. «Ne sono contento» poi si rivolge a Naruto. «Vi vedo molto pallido, Namikaze. Non vi sentite bene?»
Il silenzio cala improvvisamente e, quando il ragazzo abbassa il cucchiaio, non dice altro che: «No, sto ottimamente. Credo di aver soltanto dormito poco.»
«Vi suggerisco di scegliere la posizione più comoda per dormire: eviterete spiacevoli dolori e vi assopirete subito. Siete giovane» commenta Hiashi, prendendo il suo bicchiere. «... dovete trattarvi bene.»
Un breve cenno del capo - un cenno troppo freddo, troppo arrabbiato.
Naruto sembra trattenersi dal dire o fare ciò che desidera. «Seguirò il vostro consiglio, signore.»
Hinata lo osserva con apprensione, cercando di capire perché Naruto Minato Namikaze impallidisca ulteriormente e si rinchiuda in quel suo spaventoso silenzio.
Poi lo nota, all’improvviso: il rosso che macchia appena la camicia bianca che lui indossa.
Talmente invisibile, che crede di essersi sbagliata.
Finché Naruto non la guarda.







Fine capitolo Sette








Note dell'Autrice: Okay, sono tornata dopo due mesi (o un mese? Non ricordo!) con questa storia. Mi ero un po' stancata e avevo bisogno di lasciarla per un po', ma adesso sono tornata XD Con un capitolo più lungo degli altri, tra l'altro. Vabbè, meglio così u.u più sono lunghi, più contengono dettagli. E, a quanto abbiamo visto, la storia si sta evolvendo. Da un sacco di punti di vista u_u iniziamo a temere per la verginità di Hinata e per la vita di Naruto, che è meglio! u_u anzi, per la verginità di Hinata è meglio non temere, anzi! (NaruHina! *_*)
Detto ciò, abbiamo visto almeno un poco Kiba, Suigetsu e Karin, poi Shikamaru e Sai, Anko Mitarashi (la new entry!) e quel verme figlio di una trota di Hiashi ò_ò E, come annunciato, vedremo Gaara e Neji XD
Bene, direi che la seconda parte di Bloody Rose sta per concludersi ^^ Con l'ennesima svolta, l'ennesimo colpo di scena... la terza parte è quindi vicina xD
Ringrazio coloro che hanno letto il capitolo!
Un bacione,


Mokochan

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Capitolo 20
*** - Parte seconda - Capitolo Otto ***


Bloody Rose



[A Katia]









Capitolo Otto












Una minuscola, invisibile macchia rossa: scarlatta come una rosa, ma ben più triste e pericolosa di un fiore.
Hinata stringe con le dita ormai congelate dal terrore un risvolto della gonna, lo sguardo basso, fisso su un piatto colmo di minestra che non vede.
Perché lo sa.
Lui è ferito - lui le nasconde qualcosa.
«Sorella, secondo te la signorina Mitarashi ci impartirà un'altra delle sue ramanzine, se domani non le portiamo un dipinto degno di nota? Mi è parso di capire che nemmeno lei abbia, di ciò, un'idea precisa» borbotta Hanabi da sopra il bicchiere di vino che tiene accostato alle labbra, piegate in una piccola, quasi scherzosa, smorfia.
«Non so... non so proprio.»
«Hinata?» Hanabi inarca un sopracciglio. «Sei diventata pallida come un cencio. Sei sicura di sentirti bene?»
Ha notato il suo terrore? Spera di no, poiché Naruto continua a fissarla, muto, il viso di granito - cerca di avvertirla con gli occhi, d'un tratto lampeggianti, supplicanti.
Abbozza un sorriso, Hinata. «Che dici? I-Io... io sto bene. Non devi preoccuparti» prende un profondo respiro. «Però sento di aver perso l'appetito.»
In effetti è vero, ma solo perché le gira la testa. Le gira così tanto da costringerla a socchiudere gli occhi e posarsi le mani sul ventre: un crampo improvviso le mozza il fiato e la costringe a mordersi il labbro coi denti fino a procurarsi altro male.
Allora desiste.
Chiede il permesso di lasciare la tavola, sotto lo sguardo sollevato del Namikaze; s'inventa una scusa, un semplice «ho mal di testa» a cui forse non crede nessuno.
Dice tutto quanto.
Dice una bugia.
Ora è ferma di fronte alla stanza di Naruto, incerta se entrare o meno, impaurita da ciò che sta per fare: violare l'intimità e i segreti di un uomo fino ad allora sincero con lei, un uomo di cui sa di potersi fidare... nel bene e nel male.
Allunga la mano verso la porta e, con le dita, sfiora la maniglia dorata; infine la circonda e l'abbassa, ormai decisa a entrare.
Fugare ogni dubbio, prima di tutto.
La stanza è silenziosa, avvolta in un buio che regna sovrano e lascia intravedere soltanto piccoli scorci del mobilio; un raggio sottilissimo di luce penetra fra le tende chiuse - soltanto uno, soltanto il necessario.
Hinata si lancia un'occhiata alle spalle, pensando che lui è ancora in sala da pranzo con Hanabi e Hiashi, costretto a sorbirsi una delle loro lunghissime e tediose conversazioni.
Si chiude la porta alle spalle. Compie qualche passo, appena cinque; li conta per calmare la tensione che fulminea l'attanaglia, costringendola a ripensare a quello che sta facendo in quella camera vuota.
Inspira. Puoi farlo. Lui non lo saprà mai, se sarai fortunata, si dice, avvicinandosi lentamente al letto sfatto.
Dopo essersi guardata attorno spaesata, individua la scrivania e, accanto ad essa, posato contro la parete, un piccolo baule il cui coperchio è visibilmente aperto.
Senza porsi ulteriori domande sul suo contenuto, Hinata lo raggiunge. Si inginocchia dinanzi a esso e posa le mani ai lati del coperchio, sollevandolo con cautela; all'apparenza contiene unicamente indumenti, molti dei quali indossati nei giorni precedenti dal Namikaze.
Si morde il labbro; ogni cosa, in quella camera, è pervasa dal suo profumo, intenso quanto piacevole, maledettamente irresistibile.
Scruta per poco più di qualche secondo il contenuto del baule, poi lo richiude.
Si alza e prosegue verso la scrivania, trovandola fin da subito caotica, ingombra di fogli bianchi e spiegazzati, penne, libri di economia e storia, qualche romanzo letto di sfuggita e messo da parte - perché lo sa, lui ha troppe cose da fare per potersi abbandonare alla lettura.
Trattenendo a stento un sorriso, Hinata prende un altro bel respiro e comincia ad aprire cassetti e cassettini nella speranza di non trovare niente, neppure una piccola traccia del suo segreto.
Di ogni suo segreto.
«Pensavo di essere l'unico a entrare di nascosto qui dentro: a quanto pare mi sbagliavo.»
Irrigidita dalla sorpresa, la Hyuuga si volta di scatto: nell'ombra si cela una figura maschile a stento riconoscibile.
E basta riflettere sul tono della voce per capire che si tratta di Sai.
Prova a parlare, ma a malapena ritrova il fiato. «I-Io non sto facendo...»
«... nulla» finisce per lei il ragazzo, tenendo la voce bassa. Le serve un certo sforzo per udirlo. «State tranquilla, non dirò nulla a Naruto. Tuttavia, devo chiedervi di non entrare più in queste stanze senza essere almeno accompagnata da lui.»
«V-Va bene»
«Vi ho spaventata, mia signora?»
Hinata scuote il capo e, con mani appena tremanti, chiude l'ultimo cassetto da lei aperto. «No. Certo, a volte mi spavento per molto meno, ciò nonostante non sono impaurita da voi o dalle vostre parole.»
Una piccola risata raggiunge le sue orecchie. «Sono sicuro che siete più coraggiosa di quanto non diate a vedere»






Caro Naruto,
le cose non vanno affatto bene. Nostra madre è peggiorata. Non so il perché di questo peggioramento, e nemmeno il dottore riesce a trovare una spiegazione: ma... è probabile che non vivrà a lungo. Indefinito è il tempo che le resta, purtroppo.
Rin non si è accorta di niente, è tutta presa da Obito; non fa altro che litigare con lui e strilla così tanto che la signora Inuzuka è uscita dalla sua enorme e mostruosa tenuta per insultarla. Dubito che tale evento possa ripetersi, ma nel dubbio ho redarguito Rin.
Sai com'è fatta.


«Sì, è tale e quale a nostra madre» mormora Naruto con un sorrisetto, pensando a quante cose si sta perdendo in quel momento. Sua madre sta morendo e lui non è ancora riuscito a vendicarla; si sente stupido, forse più di prima, più di ogni volta che se l'è ripetuto.
Posa la lettera sulla scrivania e osserva ogni foglio davanti a lui, tornando a pensare a quello che gli ha comunicato Sai dopo il pranzo, fermo di fronte alla porta della sua stanza.
Lei è entrata qui.
Altri problemi. Troppi. Che senso ha aspettare ancora? L'ha fatto per lei, ha agito più lentamente di quanto fosse possibile e adesso si ritrova ad un punto morto, con una spalla dolorante e i nervi a pezzi.
Deve ucciderlo prima che arrivino Sabaku no Gaara e Neji Hyuuga, prima che ogni cosa venga, ancora una volta, sconvolta da fattori esterni e incontrollabili.
È terminata la tregua.
Adesso lo sa.











La guardia si copre la bocca con una mano e sbadiglia, arricciando il naso quando il profumo delle rose proveniente dagli enormi giardini raggiunge le sue narici: trova quell'odore insopportabile e nauseante.
Copre addirittura l'aria fresca!, si dice a quel punto, sbuffando.
Sente quell'odore sgradevole da almeno quindici anni, e invece che apprezzarlo come all'inizio, non può fare a meno di detestarlo.

Insonnolito, l'uomo si gratta la fronte e riprende a squadrare la strada deserta che si estende di fronte ai suoi occhi, tornando a pensare alla notte precedente e a quell'ospite inquietante che l'aveva pagato per nascondere ogni cosa da lui vista.
Come se avesse davvero visto quello che era successo!
Che orrore, sapere che qualche delinquente si aggira intorno alla tenuta, però! Forse deve avvertire il signor Hyuuga. Ma, se lo avesse fatto, cosa ci avrebbe guadagnato?
Una frustata per aver nascosto un avvenimento così importante.
La guardia rabbrividisce; non ci tiene a rivedere la prigione e i suoi topi enormi, la puzza di urina e le grida di chi non sopporta più di essere rinchiuso in una cella piccola e stretta in attesa della fine.
Meglio tenere la bocca chiusa.
Torna a sedersi e, trattenendo a stento uno sbadiglio - l'ennesimo -, chiude gli occhi, immaginando di essere alla taverna del Drago in compagnia di Georgia, la figlia dell'oste. Dio, che splendida visione!
È talmente concentrato sulla sua fantasia che, quando riapre gli occhi e si gira verso la tenuta, stenta a credere a quello che vede.
E non dà subito l'allarme.










Hiashi Hyuuga e Shikaku Nara sono fermi, gli occhi puntati sul corpo appeso a uno dei rami dell'enorme quercia che sovrasta tutti gli alberi da cui è circondata; la visione del sangue non pare impressionare nessuno dei due, mentre la guardia non riesce a trattenere una piccola imprecazione.
«Il collo è visibilmente spezzato» afferma il medico, piegando la testa da un lato, il viso contratto dalla concentrazione. «Prima l'ho toccato, e posso dire che è ancora tiepido. Non è rigido. E... puzza di alcol e ha un bel bernoccolo sulla nuca. La corda che avvolge il suo collo ha l'aria di essere stata usata diverse altre volte.»
Hiashi continua a fissare il cadavere. «Vai avanti.»
«Non ha avuto la possibilità di impedire al suo assassino di ucciderlo perché privo di sensi. Dovrò controllarlo ancora, per potermene accertare, ma non deve essere morto se non da venti, venticinque minuti o poco più.»
«Guardia» il padrone di casa non si volta nemmeno verso l'uomo fermo alle sue spalle. «Non hai visto nessuno?»
«Nessuno, signore» mugugna quest'ultimo, palesemente nervoso.
Lo Hyuuga scuote il capo. «Stavi dormendo, non è forse così? Perciò non hai visto chi ha fatto questo al tuo compagno.»
Cala il silenzio.
«E-Esatto, s-signore...» risponde infine la guardia.
Shikaku lo guarda sconsolato, augurandosi che l'ira di Hiashi non sia devastante come teme.
Passa qualche secondo prima che il vecchio conte ringhi un «vattene.»
Rimasti soli, entrambi continuano a fissare il cadavere della guardia, un giovane di appena vent'anni, in servizio da poco.
«Quando avrai finito chiama due delle mie guardie e fallo togliere da lì. Avverti la sua famiglia e risarciscili come meglio credi» ordina con voce monocorde Hiashi Hyuuga. «Poi vieni da me. Dobbiamo discutere di alcune cose.»
Il Nara annuisce.
Lo sa.
La pace in quel luogo è terminata.
«Agli ordini, mio signore.»








Fine capitolo Otto









Note dell'Autrice: Okay, manco da non so quanti mesi - da Febbraio, se non erro - e adesso devo spiegare il perché: ho sfasciato il mio povero computer u_u ecco, l'ho detto. L'ho sfasciato per l'ennesima volta - la seconda. E diciamo che mia madre non ha potuto far altro che dirmi: 'Sei in punizione per il resto della tua via' e poi un 'arrangiati' quando le ho chiesto, dopo due mesetti, se potevamo ripararlo. Ecco, non me l'ha fatto riparare, quindi sono all'internet point in questo momento.
Il nuovo capitolo è stato scritto su un quaderno, quindi, almeno, posso scrivere ancora senza problemi!
Quindi mi scuso ancora e vi ringrazio per le tante recensioni che mi avete lasciato in questi mesi =)
Ora vado e... bè, ringrazio coloro che hanno letto questo nuovo ma corto capitolo!
Un bacione,


Mokochan

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Capitolo 21
*** - Parte Seconda - Capitolo Nove ***


Bloody Rose





[A Katia]




















Capitolo Nove















Shikaku Nara sospira e osserva il figlio, in quel momento impegnato a litigare con la cameriera personale di Hinata, Ino Yamanaka.
Li sente discutere malgrado la distanza, ma non gli interessa origliare la conversazione, per quanto divertente possa rivelarsi; i suoi occhi d'onice sono puntati sulla nuca del figlio nel tentativo, quasi, di penetrarla - di comprendere.

Eppure sa che è intelligente quanto basta per capire come va il mondo, le cui logiche sono spesso incomprensibili e insidiose.
Nella testa di quel giovane uomo ci sono più logica e istinto, ragione e comprensione di quanto lui stesso possa immaginare, benché spesso non lo dia a vedere - più per pigrizia che per altro, direbbe Yoshino.
Uno sbuffo forte, esasperato, attira l'attenzione del medico. «Non posso dirti altro, Ino. Cerca di capire almeno questo!»
«Cosa? Shikamaru, mi hai appena detto che Naruto ucciderà il padrone fra pochi giorni e tu vieni qui, mi sveli ogni cosa come se niente fosse, e finisci con un: "Oh, Ino, non posso dirti altro, cerca di capire almeno questo"».
L'espressione della Yamanaka mentre lo imita è esilarante quanto acida.
Shikaku inarca un sopracciglio, trovando che la ragazza somigli un po' troppo a sua moglie.
«Sei una dannatissima seccatura!»
«Senti chi parla!»
Un sibilo.
«Dannazione.»
Un sorrisetto appare sul volto di Shikaku che divertito volta le spalle ai due giovani: sa che ne avranno ancora per un bel po', soprattutto se Ino somiglia davvero a Yoshino - e, nel caso, si augura che Shikamaru se la possa cavare bene con lei.
Percorre tranquillamente i corridoi lunghi e tenebrosi della tenuta, lo sguardo puntanto su ciò che ha davanti, la mente attraversata da tanti, piccoli e guizzanti pensieri - il più forte riguardante il cadavere della guardia trovata nei giardini poco prima dell'alba.
Le voci sul morto hanno raggiunto le orecchie di tutti, eccetto quelle di un certo Namikaze, pensa innervosendosi.
Shikaku apre la porta del suo studio e, dopo aver chiuso a chiave perché nessuno lo disturbi, va a sedersi sulla sua sedia preferita.
Le luci del giorno - un giorno estivo piuttosto infuocato - attraversano i vetri e illuminano il pavimento sporco di disinfettante e sangue; c'è puzza di morte e ferite, in quella stanza, ma anche di fuggevoli risate.
Capita, a volte, di dover fare una scelta.
Chiude gli occhi, inala un poco di quel profumo che lo inquieta tanto - il profumo di un lavoro che fa da ormai trent'anni - e alla fine alza le palpebre e si arrende.
Inizia a preparare il necessario, perché sa che è in corso un cambiamento e l'attenzione non è mai troppa; l'amarezza, quando lo coglie all'improvviso, in quel piccolo istante di quiete da cui viene sorpreso nel momento in cui si ferma per riposare, gli rammenta problemi, incertezze: non sa dove andare, dove portare sua moglie e i suoi figli in caso di pericolo...
È consapevole di aver sacrificato troppo per servire Hiashi Hyuuga e adesso, preso da una paura quasi rabbiosa, si sente in trappola.
Perché tutto, oramai, ruota attorno al sangue e all'egoismo - e lui è costretto a farne parte.














L'entrata principale della tenuta è invasa da domestici incuriositi.
Parlottano a voce bassa, quasi cospiratoria, gli occhi spalancati di fronte allo spettacolo che si sta consumando fra gli alberi.

Uno spettacolo adatto alla notte, non certo al giorno.
Naruto sorpassa alcuni bambini fino a portarsi accanto al giardiniere, Shino Aburame: è l'unico a osservare la scena in silenzio, come se aprire la bocca e lasciare trapelare qualche commento siano peccati difficilmente perdonabili.
Il duca sposta lo sguardo verso l'esterno: la strada che porta al sentiero principale è occupata da una decina di guardie e il padrone di casa, Hiashi Hyuuga, li fissa pazientemente all'ombra di un grande melo.
«Cos'è successo?» domanda lentamente Naruto, rivolgendo la propria attenzione all'Aburame.
«A quanto pare, Iruka Umino si è ucciso.»
«Umino?»
Shino muove appena le labbra. «Una delle guardie. Di solito sorvegliava il lato est della tenuta»
«Ah! Tuttavia non l'ho mai visto. Mah. Questo posto è così dannatamente grande» borbotta il Namikaze, pensando alla tenuta modesta della sua famiglia e ai debiti da ripianare.
«Tutti pensano che affogasse i dispiaceri nell'alcol. Per questo, da un giorno all'altro, pare abbia deciso di farla finita, ma ho la netta impressione che non sia così» dice l'Aburame, abbassando il capo verso il pavimento. «Lo conoscevo bene» aggiunge.
Naruto s'irrigidisce e, nello stesso istante, la spalla gli manda una fitta d'intenso dolore. «C-Credi che l'abbiano ucciso?»
Shino lo fissa intensamente per un secondo. «Può darsi.»
Bene, esclama mentalmente il duca, serrando la mascella con astio. «Cosa pensa di questo il signor Hyuuga?»
Mentre scandisce attentamente quelle parole, i suoi occhi azzurri incrociano per un secondo quelli del padrone della tenuta, il tempo necessario perché vi colga furore e sospetto; e dire che di casini ne ha più che abbastanza!
«Non lo so e non m'interessa.»
«Meglio così.»
Ma davvero è un bene non sapere nulla?
Naruto rimane a guardare per qualche minuto, poi si allontana, sperando di passare inosservato ai più, proprio come quando è arrivato.

Dietro l'angolo incrocia Hanabi.
«Non mi dite: è morto qualcuno!» esclama questa, alzandosi in punta di piedi per scrutare oltre la sua spalla. «Iruka Umino?»
Naruto sbuffa. «Come fate a sapere una cosa simile?»
«Dalle mie stanze è ben visibile la quercia dove è stato appeso. E non guardatemi in quel modo! Ormai ne ho viste abbastanza, perché un evento simile continui a fare effetto sulla mia psiche» Hanabi accenna un sorriso. «Non sono vulnerabile come Hinata, mio signore. Ora, se volete scusarmi, penso che andrò a informare mia sorella dello spiacevole accaduto.»
Il Namikaze la guarda finché non sparisce dalla sua vista.
Quella donna è proprio fuori di testa...














La spugna profumata che le viene premuta dolcemente contro la schiena è un toccasana per i suoi nervi, da parecchi giorni completamente a pezzi.
«Mi sembrate diversa» mormora a un tratto Ino, fermandosi improvvisamente.
«In che modo?» Hinata muove una gamba per scuotere l'acqua bollente, mentre la Yamanaka le passa la spugna calda sul collo.
«Presa da altre cose, insomma. Pensieri capaci di rendervi un giorno felice» un sospiro teso. «... e l'altro irrimediabilmente triste. Come se foste innamorata, ecco.»
Hinata ride. «Secondo te è un male?»
«Spesso e volentieri sì» ammette la bionda, incapace di mettere da parte la propria schiettezza.
La Hyuuga riflette sulle parole appena pronunciate dalla cameriera, lasciando vagare lo sguardo per la stanza avviluppata da vapori caldi e profumati di lavanda, noci e vaniglia.
Perché deve sempre cedere alla tristezza?
È un baratro nero e maligno in cui non vuole più entrare; al tempo stesso, anela a capire, tramite il dolore, i sentimenti che rendono glaciale il cuore di Naruto, nascondendo tutto il suo calore.
Perché lui emana calore! È caldo più del sole e dell'estate, più d'un bagno caldo e di un dolce abbraccio.
Lui è come un risveglio, come la coperta da cui vorrebbe essere avvolta e riscaldata ogni mattina, quando apre gli occhi e la luce del giorno fatica a entrare nella sua stanza per darle conforto.
Naruto è tutto questo e a volte niente, se non un dolore atroce.
«Signorina...?»
La porta della stanza da bagno si apre all'improvviso.
«Sorella, esci subito da quella vasca! Hanno ammazzato una delle guardie e... Hinata, perché stai piangendo?»
«N-Non sto p-piangendo!» esclama Hinata, asciugandosi gli occhi. «C-Chi è morto? Spiegami tutto e, per favore, chiudi la porta.»
«Certo, certo. Scommetto che stai per dire 'Guarda che fa freddo!', come se in piena estate fare un bagno caldo sia normale! Mah, non ti capirò mai! Ora, non per allarmarti, ma... hanno ucciso la guardia che controllava l'ala della casa in cui tu dormi, in pratica dove ci sono le tue stanze e quelle di nostro padre» dice velocemente Hanabi, sbattendo la porta.
Ino sussulta. «Signorina, sa cosa pensa suo padre delle porte sbattute in quel mod...»
«Oh, mio padre è impegnato a capire chi ha ammazzato la guardia, quindi non saprà mai!»
«Hanabi...»
«Sì, sorella?»
«Sei sempre la solita.»
Hanabi ride. «Grazie. Beh, ora me ne vado: non voglio perdermi nulla! Sai com'è: per ogni morto c'è un assassino, e io sono curiosa di scoprire chi è e cosa vuole ancora.»
Lasciandosi alle spalle le occhiate sorprese di Ino e Hinata, la piccola Hyuuga abbandona la stanza, sbattendo nuovamente la porta.









I proiettili rotolano lucenti sulla scrivania sgombra, scrutati da occhi neri e penetranti, sfuggevoli come pochi possono avere il lusso di essere; intensi e pericolosi, non lasciano andare ciò che afferrano, proprio come quelli di un leone o di una pantera.
«Siete sicuro che questa sia la decisione più giusta, signore?»
La voce bassa di Sai si perde fra le ombre sfumate della camera, illuminata fioccamente da una piccola candela tremolante.
Fuori è pieno giorno, ma entrambi non amano la luce per parlare di quelle cose - porta sfortuna, il giorno.
«No, non la più giusta» una breve pausa. «Questa è senza alcun dubbio la decisione più sensata presa fino a questo momento.»
Chissà, pensa Sai, forse in quello sguardo deciso si nascondono pensieri profondi in cui la parola 'fine' non è contemplata,  solamente rinviata.
Ciò nonostante, basta fissarlo per capire che il perdono non esiste e che nulla può essere rinviato.
«Farò del mio meglio per accontentarvi, allora.»
E lo farò come meglio credo.











«Possibile che voi non sappiate fare altro? Venite qui a ingozzarvi come un maiale e poi ve ne andate come se niente fosse!»
«Vi prego, signorina Aburame, non c'è bisogno di arrabbiarsi così! Sono sicuro che possiamo parlarne!»
Temari sbatte una scodella vuota sulla testa di Naruto, facendo finta di non sentire le sue lamentele. «Pretendo le vostre scuse.»
«E per cosa?!» esclama il Namikaze, massaggiandosi la testa; a quella donna non importa nulla del suo rango, o delle minacce che ogni volta le rivolge per invogliarla a lasciarlo in pace. Dannazione.
«Tanto per cominciare, non mi ringraziate mai. Poi, con la scusa che è morto un uomo, siete venuto qui e mi avete chiesto di cucinarvi qualcosa, aggiungendo che siete così sconvolto da non avere la forza per...»
«Va bene, ho capito!» Naruto agguanta la forchetta e sbuffa come un bambino. «Vi chiedo scusa per il mio comportamento.»
«Oh, ci voleva tanto?» Temari riprende la scodella e torna alla sua postazione, soddisfatta.
Un brusio improvviso di voci alte e concitate.
«Non so se è qui.»
«Ma insomma, si può sapere cosa sta succedendo?»
«Dobbiamo passare, è un ordine del...»
«No!»
Temari si volta, sorpresa dalle voci che raggiungono sempre più forti la cucina, e fissa la porta chiusa. «Che diavolo...?»
Il Namikaze posa la forchetta sul tavolo e alza lo sguardo, immobile come una statua.
Passi veloci, porte sbattute: rumori che si acuiscono man mano che i minuti passano e i respiri accelerano.
Allarmato, Naruto balza in piedi. Sta succedendo qualcosa e non gli piace. Non gli piace per niente. «Maledizione.»
Prima un cadavere, poi quel fracasso e infine il dolore alla spalla che si fa bruciante, come se volesse avvertirlo del pericolo.
Sbagliare è facile, ma il suo istinto, una volta ogni tanto, può avere ragione.
Fidarsi e scappare o non fidarsi e rimanere lì, in attesa di una risposta? Il pericolo, in fondo, gli è sempre piaciuto, sin da piccolo.
E sin da piccolo si è sempre sbagliato su tutto.
La porta s'apre all'improvviso e le grida invadono completamente la cucina, inducendo Temari ad afferrare uno dei suoi enormi coltelli.
Il silenzio cala per un attimo.
«Minato Namikaze, vi abbiamo trovato» esclama un uomo alto dai capelli neri come il carbone, tenendo una mano sull'elsa della spada. «Mi dispiace avervi disturbato, ma il nostro signore ci ha ordinato di catturarvi e spedirvi momentaneamente nelle prigioni della tenuta.»

Incredulità. «E per quale ragione?»
«Siete sospettato dell'omicidio di Iruka Umino e di quello di Gai Maito, uno degli ospiti del signor Hyuuga.»
«Siete completamente pazzi!» Naruto parla lentamente, furente. «Io non ho ammazzato nessuno dei due signori e posso assicurarvi che, se mi torcerete anche un solo capello, vi ucciderò in questa stessa stanza, senza esitazioni.»
«Allora saremo costretti a portarvi in cella con la forza.»
Temari prende la parola per la prima volta, sorpresa da quello scambio di battute. «C'è sicuramente un errore. Questo signore non può aver ammazzato nessuno. Tutti sanno che Umino beveva troppo e...»
«Il medico che l'ha visitato la pensa diversamente, signora» la interrompe aspramente una guardia.
Il battito del cuore di Naruto aumenta in un attimo. «Temari.»
La donna lo fissa, incredula. «Ditemi pure.»
«Se la vostra padrona, Hinata, passa di qui e chiede di quanto accaduto, ditele che non deve preoccuparsi. Me la caverò.»
«Ma...»
«Per favore. Fate come vi dico.»
Naruto abbassa il capo, pronto ad andare, malgrado la rabbia e la frustrazione.

Malgrado tutto.
Quando esce dalle cucine, scortato ruvidamente dalle guardie, stenta a udire il 'sì' mormorato infelicemente dalla Aburame.










Fine capitolo Nove










Note dell'Autrice: Mamma mia, che brutto questo capitolo >.> scrivere su un quaderno non mi piace; ho bisogno di più tempo per scrivere un capitolo e rivederlo. Bè, fa niente u_u sarà per la prossima volta (e poi peggio per me che ho sfasciato il computer ._.)
Se siete arrivati fin qui, significa che avete letto anche questo capitolo, e vi ringrazio davvero!
Ora scappo!
Kiss,


Mokochan

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Capitolo 22
*** Parte Seconda - Capitolo Dieci ***


Bloody Rose








[A Katia]















Capitolo Dieci

















Un, due, tre.
Un, due, tre.
Dannazione!
Cerca di muoversi ma le catene lo tengono saldamente al muro, gli tirano le braccia all’indietro, brutalmente, e, nello sforzo di portarle avanti, i muscoli gli mandano repentini una fitta di dolore insopportabile; eppure non si arrende, sperando che alla fine quei ferri si stacchino dalla parete.
Sono vecchie e cederanno, si ripete deciso, prendendo un bel respiro e ricominciando, subito dopo, a tirare.
È rinchiuso in una piccola cella buia e puzzolente da non molto, almeno così gli pare; forse sono passate due, tre ore, anche meno – se fosse passato più tempo Hinata sarebbe già corsa da lui, salvo imprevisti.
La luce, in quel luogo, entra a tratti tramite una finestrella posta sopra di lui; un cespuglio ne copre una parte impedendo così ai raggi della luna di penetrare in maniera decisa.
Notte.
Il sonno non ha voglia di prenderlo con sé; Morfeo, evidentemente, ha ben altro da fare. Preferisce occuparsi di dolci fanciulle e, chissà, uomini più onesti di quanto lui possa mai essere.
Le prigioni sono quasi vuote, fatta eccezione per un vecchio nascosto in un angolo buio della cella che ha di fronte: lo fissa da intere ore, con quei suoi occhi spalancati dal terrore, le labbra martoriate dall’arsura contratte in quella che sembra una smorfia di dolore.
Naruto ricambia all'improvviso il suo sguardo, pensando nostalgicamente al calore confortevole delle proprie stanze e al profumo di pesca emanato dalla pelle di Hinata.
Lo stanno torturando, sì. Oddio. Sicuramente fra non molto una frusta gli farà ironicamente visita, accompagnata da Hiashi Hyuuga e le sue guardie; forse ci sarà Sai con loro, o forse Shikaku, il medico.
Merita davvero la frusta? In ogni caso, è sicuro di non c’entrare niente con l’omicidio della guardia, e non è tanto convinto della faccenda di Gai Maito: se non sbaglia, fu proprio Sai a occuparsi dell’uomo. Possibile che qualcosa sia andato storto, quella volta?
Contrae i muscoli e si rilassa per qualche attimo.
L’intero suo corpo è sudato, preda di brividi violenti e inevitabili: sa di essere intrappolato e fra le grinfie di un uomo che non perdona, rivendica e basta – un uomo che, volendo, è in grado di punire la sua stessa figlia.
Non ci pensare, non ci pensare, mormora fra i denti il Namikaze, chiudendo gli occhi per la stanchezza.  Qualunque cosa può andar bene. Shikamaru sta sicuramente escogitando un piano per tirarti fuori di qui, solo che tu non lo sai, Naruto, si dice disperato. O Sai. O Sasuke. Uno di loro deve sapere cosa fare. Perché non sono solo, no. Non sarò mai solo, non come lui. Mai.
La consapevolezza di avere servi, spie, fuorilegge e uomini disposti a tutto pur di aiutarlo gli dà il coraggio necessario a calmare i nervi.
Non è la prima volta che finisci in una prigione, ricordalo.

Un mormorio.
Naruto alza il capo e, con la vista appannata, cerca di inquadrare l’uomo nell’altra cella, sicuro di averlo sentito parlare.
È stato soltanto un brusio, ma è bastato per fargli capire qualcosa.

‘Acqua’.
«Non ne ho nemmeno un po’, vecchio.»
‘Ac…qua…’
Il duca scuote il capo, compassionevole. «Se anche chiedessi a una delle guardie, loro non me la darebbero, come non la darebbero a te. Hai chiesto altre volte, no?» aggiunge piano, intuendo la realtà dei fatti. «Per questo sei moribondo: ti hanno lasciato senza nulla per andare avanti.»
Bastardi. Grandissimi figli di…
«Così hai capito subito quali sono i metodi applicati nelle prigioni.»
Eccolo lì, lo Hyuuga maledetto.
Furioso, Naruto sposta gli occhi verso la figura regale di Hiashi Hyuuga. «Voi siete soltanto un…»
«… vile bastardo? Può darsi. Ciononostante, non sono stato io a commettere due omicidi. O tre, se i miei pensieri non sono troppo arditi.»
«Di che diavolo state parlando?»
«Kakuzu Hinamori. Voi l’avete ucciso e dopo ne avete occultato il corpo» risponde freddamente lo Hyuuga, puntando il dito verso la finestra e quindi fuori, dove gli immensi giardini nascondono qualunque cosa.
Incredibile! Lo sta accusando di una cosa che non ha commesso. Insomma, è stato Sasuke a uccidere Kakuzu, Sai ha fatto fuori Gai Maito e la guardia di nome Iruka Umino non rientra nemmeno nei suoi obiettivi. Allora cosa ci ‘sta a fare in quella cella maledetta?
«Non starete pensando che davvero io abbia…»
«Non è solo un pensiero» dice Hiashi, mostrando per la prima volta un’aperta ostilità. «Da quando siete qui è morta molta gente. Tre persone sono troppe anche per la mia pazienza, Namikaze. Non ho mai creduto alle coincidenze e non comincerò a farlo ora!»
«Non ammetterò la mia colpevolezza, perché non sono stato io» sbotta Naruto, tirando fuori il proprio astio. «Credete forse che sia venuto a stare da voi con l’intento di uccidere uno sconosciuto a una festa, un vostro uomo d’affari che, Dio ne è testimone, non ha mai avuto a che fare con me, e una guardia che in tutto questo tempo non ho mai nemmeno veduto? Voi siete pazzo!»
«E voi un bugiardo.»
Chi è più bugiardo di voi, Hiashi Hyuuga? Io no di certo.
Rispondete a questa domanda: quanta gente avete ucciso? Quanto avete goduto, mentre guardavate i loro corpi agonizzanti stesi a terra di fronte a voi? Quanto avete riso mentre facevate del male alla mia famiglia davanti ai miei stessi occhi, eh, Hyuuga? Io non lo ricordo, non badavo a voi… sentivo soltanto le sue urla. Le urla... di mia madre. Ma questo non vi tange, vero? Già, è così.
Siete solo un bastardo, un vigliacco e un assassino.
Sono pensieri, pensieri che scorrono, si scontrano, urlano e soffrono e vorticano, veloci, nella sua mente tormentata da immagini terribili. Non parlano, quei pensieri; non hanno la forza per uscire dalle sue labbra, contratte in una smorfia simile a quella del vecchio moribondo della cella.
Ma i suoi occhi parlano benissimo.
Hiashi lo scruta muto, esamina la verità insita in quello sguardo azzurro e infuocato, ne scorge l’odio e il disgusto trattenuti a stento nel corso delle settimane. Forse è per questo che scuote il capo, capisce.
«Voi somigliate molto a una persona conosciuta tanto tempo fa, Namikaze» mormora poi, lentamente.
Naruto abbozza un sorriso, tetro. «Ah, sì?»
«Sì.»
«E cos’era, per voi, quella persona?»
Hiashi sorride. «Non lo so. Probabilmente non era molto. Soltanto qualcuno da ammirare.»










Prepara la pistola davanti allo sguardo terrorizzato di Sakura.
Ignorala, Sasuke, ignorala. È solo tua moglie.

«Cosa diavolo…»
«È un’emergenza» risponde velocemente, nascondendo l’arma all’interno del soprabito.
Sakura scuote il capo, stupefatta. «Spiegami.»
«Non c’è niente da spiegare. Devo soltanto aiutare una persona»
«E vai ad aiutarla con una pistola?!»
Un ghigno compare sul volto di Sasuke. «Quando serve…»
«Non è divertente! Dimmi di chi si tratta» lo supplica imperterrita la moglie, seguendolo verso l’ingresso della loro dimora.
Sasuke apre la porta, seccato. «Naruto.»
Davanti a loro compare Ino Yamanaka, la serva della tenuta degli Hyuuga; dietro di lei, Shikamaru Nara.
«Sasuke, ci hai messo troppo. Se quello si accorge della mia assenza e di quella di Ino siamo spacciati» lo rimbrotta quest’ultimo, tenendo le redini del proprio cavallo. «Ah, buona sera, signora Uchiha.»

«S-Sera» Sakura è fin troppo confusa. «Io non…»
«Non ti preoccupare» Sasuke manda via con un cenno lo stalliere che, chiamato soltanto qualche minuto addietro, gli ha portato il suo cavallo più veloce, Vane. «Tornerò presto. Poi parleremo di tutto.»
Cinque minuti dopo cavalcano spediti.
«Tu sei un pessimo marito» urla Shikamaru in sella al suo cavallo, piccato. «Perché non le hai spiegato la situazione?»
«Non deve sapere nulla di ciò che accade. Non subito. È incinta, ha bisogno di calma e riposo» è la laconica risposta.
I sentieri sono lunghi e scoscesi, ma i cavalli non faticano: proseguono veloci come fulmini durante una tempesta.
Nell’aria s’avverte il calore residuo del giorno, la forza del sole, il rumore delle cicale.

«Calma? Ma se si è messa a urlare prima che ce ne andassimo?!»
Questa è una di quelle cose che non toccano minimamente un duro come Sasuke Uchiha.










«Non è divertente»
«Non ho mai detto che lo fosse» sibila Sai, lanciando a Tenten una pistola con fin troppa forza.
Nervosismo, calcoli sbagliati, complotti campati per aria: ecco i suoi problemi. Missione fallita, merda!
La domestica sospira e carica l’arma. «Come lo sei venuto a sapere?»
«Juugo. Ha visto che lo portavano via dalle cucine un paio di guardie. Non ha sentito molto. Quel poco che ha saputo gli è stato riferito da Temari.»
«Potrei sapere il motivo per cui l’ha detto a te?»
«Soldi.»
«Tu esageri» borbotta Tenten con un filo di voce, nascondendo un coltello fra le pieghe della gonna. «Cosa ci ha sempre detto Minato?»
«Sono dettagli» risponde piccato Sai, puntandola coi suoi occhi neri come la notte. «Ora dobbiamo agire. Nessuno dovrà sapere di quello che sta succedendo. Nemmeno Hinata e Hanabi Hyuuga dovranno avere il minimo sentore della faccenda. Se Hanabi, poco prima di andare a letto, ti chiederà dov’è finito Naruto, tu rispondi che è nelle proprie stanze.»
«Va bene.»
«Hinata non si porrà alcuna domanda: sarà troppo occupata ad avere incubi.»
Quello, però, non è il male minore, bensì il peggiore.










Un sibilo, poi il dolore. Un sibilo, e il dolore, un sibilo, e il dolore.
«Finché non confesserai i tuoi crimini, le guardie ti tortureranno a turno per tutta la notte. Ma stai tranquillo: ti concederanno cinque minuti di riposo.»

Così non morirò subito ma lentamente?, pensa Naruto, serrando i denti per non gridare, gli occhi elettrici puntati sulla schiena dell’uomo che odia.
Non ha mai avuto così tanta voglia di uccidere in vita sua.

Ventitrè, ventiquattro, venticinque, ventisei, ventisette, ventotto, ventinove, trenta.
Poi i tanto attesi cinque minuti: riverso a terra, con la schiena che va a fuoco e lancia scariche dolorose, il cui unico scopo è invitare tutto il corpo a provare dolore – è una lenta e sfibrante agonia.
Un po’ si sente come il vecchio: assetato, con la gola secca e senza più un filo di voce, né l’energia per aprire bocca.
Lo tirano improvvisamente su, gli dicono: «È ora di ricominciare, signor duca.»
E poi di nuovo ventitré, ventiquattro, venticinque, ventisei, ventisette, ventotto, ventinove, trenta frustate.
Il secondo round finisce con lui che vomita in un angolo della cella, lo sguardo annebbiato, il corpo pulsante e bollente, le gocce di sangue che scivolano lentamente lungo la schiena a ogni minimo movimento.
Le parole di suo fratello si fanno spazio nella sua mente quando inizia il terzo, inevitabile e terribile turno.
«La vendetta non serve a niente. Te l’ho ripetuto centinaia volte, eppure non mi hai voluto ascoltare. Fratello, ti rendi conto che tutto questo è profondamente sbagliato? Credi veramente che, così facendo, cambierai qualcosa? Mamma sta morendo, papà ci ha lasciati troppi anni fa, Rin è ormai a tutti gli effetti nostra sorella. Anche se otterrai la sua vita, queste cose resteranno. Nostra madre morirà e Rin… Rin non saprà mai.»
Prima di perdere i sensi, al decimo colpo di frusta, Naruto Minato Namikaze borbotta: «Lo so, fratello, lo so.»











Fine capitolo Dieci











Note dell'Autrice: Ed eccomi qui che posto in ritardo di novemila anni u_u ma, almeno, ho di nuovo il computer e posso postare in maniera più regolare *O* finalmente, gente! Non sapete che sollievo è per me questo xD
Tralasciando questo, direi che Naruto le sta prendendo di santa ragione ._. è destinato a essere torturato, pare. Si spera che Sasuke, Sai e Shikamaru riescano a cambiare la situazione in tempo °O°
Uhm. Come avete potuto notare anche Tenten fa parte dei giochi. Ve lo aspettavate? xD Vabbè che, in fondo, Naruto è arrivato lì conoscendo perfettamente la situazione della tenuta. Ci è andato preparato.
Uhm. Che altro dire? Spero che questo capitolo ci conduca finalmente alla terza parte di Bloody Rose, che sarà l'ultima e la più lunga ^^
Bene! Ora ringrazio di cuore le:
- 33 persone che hanno messo Bloody Rose fra i Preferiti
- 50 persone che hanno messo Bloody Rose fra le storie da Seguire
- 6 persone che hanno messo Bloody Rose fra le storie da Ricordare
Infine, tanto perché mi sento in dovere di dirlo... ringrazio le 51 persone che mi hanno messo fra i loro autori preferiti XD
Grazie mille a chi legge solamente, a chi commenta, a chi passa per caso... grazie a tutti ^__^
Ora scappo! :D
Alla prossima,

Mokochan

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Capitolo 23
*** Parte Seconda - Capitolo Undici ***


Bloody Rose











[A Katia e poi a Marica
perché per la prima provo una profonda stima
e la seconda non ha fatto altro che minacciarmi affinché io
portassi avanti questa Long che, a suo dire, merita.
E la ringrazio perché un po' m'infonde quell'autostima che spesso mi manca]












Capitolo Undici












Tutte le cose che Hinata ha imparato, le ha assorbite dalla propria madre. E, benché questa sia morta da parecchi anni, le sue parole sembrano risuonarle vivide nelle orecchie, calde e soffici, pronte a spronarla e rassicurarla, effetto che invece le parole di Hiashi Hyuuga non hanno mai sortito e mai sortiranno.
Nel letto in cui giace, come ogni noiosa sera, Hinata si passa una mano sulla fronte, si stropiccia poi gli occhi con le dita tremanti e fissa il soffitto, raccontandosi favole lunghe e bellissime, nella speranza che queste l'aiutino ad addormentarsi.
Tuttavia non sembrano avere effetto - non vogliono e forse non devono avere effetto, non quella sera.
Lui non c'è.
Non l'ha visto.
Qualcosa le dice che non riuscirà a vederlo nemmeno il giorno successivo, ma quel pensiero la induce a scuotere il capo, girarsi su un fianco e rannicchiarsi in posizione fetale, pregando che quel presentimento sia falso: la menzogna a cui non vuole dare ascolto.
Di menzogne se n'è dette troppe, per troppo tempo, anche quando la verità era palese, e ricordarlo non può che farle bene; d'altronde è meglio una verità dolorosa, di una bugia la cui vita è breve quanto il battito delle ali di una farfalla.













Due guardie sono ferme ai lati dell'enorme cancello che le separa dalla parte interna della residenza Hyuuga, per il resto prevalentemente circondata da siepi e alberi grandi quasi quanto la tenuta stessa - l'imponenza della quale ha sempre spaventato coloro che l'hanno visitata o semplicemente osservata da lontano.
La cosa che più inquieta, però, è la stretta sorveglianza: non vi è luogo che non sia presidiato da uomini scelti personalmente da Hiashi Hyuuga, persone intelligenti e scaltre a cui è stato imposto il turno di notte appunto per evitare spiacevoli incidenti.
C'era, perciò, da sorprendersi di fronte alla notizia che una di queste, Iruka Umino, fosse morta in circostanze alquanto sospette.
Che poi fosse accaduto a causa del sonno o della pigrizia non si sa, ma qualcosa sicuramente doveva essere andato storto.
Sasuke lancia un'occhiata a Shikamaru, che si gratta pigramente la nuca e con la mano libera indica un varco in mezzo ad alcune piante, poco lontano dal cancello; si dirigono verso quel punto cercando di fare meno rumore possibile, e quando lo raggiungono il Nara sposta piano alcuni fastidiosi rami e s'inoltra nell'oscurità della bassa vegetazione, seguito dagli altri.
Poco più avanti - Sasuke lo sa - c'è un passaggio segreto che porta direttamente all'interno della residenza e che pochi uomini conoscono: giusto il conte e le spie più vicine a lui possono averlo presente, ed è proprio grazie a una di quelle spie che sono in grado evitare le guardie ai cancelli, risparmiandosi inutili dissidi - dissidi che, per ironia, avrebbero sicuramente portato alla morte di queste ultime.
Shikamaru s'inginocchia e allunga una mano verso il terreno cosparso di foglie secche; tasta per qualche secondo, incerto, prima di afferrare con le dita qualcosa che al buio Sasuke non riesce a distinguere, ma ci vuole poco per capire che si tratta di una piccola maniglia.
Fogliame e rametti si sollevano per un secondo, prima di ricadere silenziosamente a terra, e un nero più nero della notte compare davanti a loro: un buco oscuro, che conduce alla loro meta.
Entrano uno ad uno, con movimenti cauti, perché il percorso è in discesa e scalini sconosciuti - che ancora aspettano il loro arrivo - rischiano di provocare sfortunati incidenti: loro hanno bisogno di fortuna, non di un nuovo modo per complicare una situazione già grave di per sé.
Il tunnel che attraversano è piccolo e stretto, e un sottile velo di umidità li avvolge con intensità maggiore a ogni gradino che scendono, mentre il buio pare farsi sempre meno fitto, poiché i loro occhi si stanno abituando a non vedere nulla - Sasuke quasi riesce a scorgere gli scalini di pietra, non perfetti, ma danneggiati qua e là.
«Che puzza» mormora Ino, rompendo il silenzio.
Sasuke sente Shikamaru sospirare. «Qui dentro non entra molta aria, e quella poca che c'è non è esattamente buona. Quindi, se ti fa star male cerca di trattenere il respiro, non potrà farti che bene.»
Il tunnel non è più in discesa e finalmente hanno modo di camminare meno adagio, senza dover badare a dove mettere i piedi; una luce soffusa, proveniente da qualche parte, rende il cammino ancor più agevole, e mentre proseguono lungo il tragitto Sasuke scorge, a qualche metro da loro, un leggero bagliore filtrare da quella che sembrerebbe una porta, e non si sbaglia - fattisi appena un po' più vicini, se ne distinguono nettamente i contorni dalle pareti rocciose.
«Bene, da qui in poi ci basterà stare attenti a chi incontriamo per strada» sussurra Shikamaru.
Volta la testa verso di loro per ricevere accenni di assenso; Ino, leggermente distante da entrambi, sembra nervosa, ma per non darlo a vedere assume un'espressione decisa. Ed è per via di quell'espressione battagliera che Sasuke ghigna: forse la cameriera degli Hyuuga può davvero tornare utile, come dice Shikamaru Nara.
Il figlio del medico, nel mentre, ha aperto la porta, ha scostato le tende che la nascondono e ora sta analizzando il corridoio, il corpo rigido per la concentrazione; alza la mano e fa segno agli altri di avvicinarsi a lui.
«Ino, vai tu per prima, controlla che non ci sia nessuno. Se vedi Hiashi Hyuuga o una delle sue spie, avvertimi. Anzi, no» Shikamaru si gratta la testa, gesto usuale in situazioni di un certo tipo. «Se qualcuno si avvicina, torna qui. Intesi?»
Ino sbuffa. «Come desidera, mio signore.»
Acidità a non finire.
Shikamaru fa una smorfia, mentre Ino gli passa accanto ed esce nel corridoio.
«Dove si trovano le prigioni?» chiede lentamente Sasuke, scrutando prima Ino, poi Shikamaru, i cui occhi sono puntati prevalentemente sulla Yamanaka.
Il Nara inarca un sopracciglio, senza però distogliere lo sguardo dalla ragazza. «Bisogna passare accanto alle cucine per arrivarci. L'ingresso è segreto, esattamente come questo. Ci converrà scendere le scale il più in fretta possibile e attraversare il salone sperando di non trovare nessuno ad intralciarci la strada, cosa che, ne sono certo, è assolutamente impossibile evitare. D'altronde, la sfortuna è sempre pronta a far andar male ciò che meno dovrebbe, no?».
«In conclusione?»
«Ci inventeremo qualcosa.»
Piano semplice e conciso - forse anche pigro, come Shikamaru.
L'Uchiha posa istintivamente la mano dove ha nascosto la pistola, poi la ritrae e comincia a contare - raggiunti i 100 secondi, la sua pazienza avrebbe definitivamente superato il limite. Per il momento, tuttavia, cerca di mantenersi freddo come è sempre stato, limitandosi a fissare indispettito Ino, che ancora sta ferma in mezzo al corridoio; solo quando questa fa un cenno con la testa Sasuke si permette di sbuffare irritato e uscire con Shikamaru, chiudendo delicatamente la porta alle loro spalle.
Si dirigono a destra, scendono le scale badando che le assi non scricchiolino in maniera inquietante - come può capitare a volte per via della fretta - e, sempre spediti, raggiungono le cucine, trovandovi qualcuno ad aspettarli.
«Lo stanno frustando proprio in questo momento» la voce di Sai è un sibilo freddo e tagliente, troppo poco rassicurante per non destare l'attenzione dei pochi presenti. «Se continuano, di questo passo lo ammazzeranno.»
«Naruto non ci serve morto, ma vivo» borbotta Shikamaru, irrequieto. Poi si guarda attorno. «Restare qui, in bella vista, non giova. Dobbiamo fare in modo che...»
Troppo tardi.
Passi svelti li avvertono che qualcuno è in arrivo.
Il primo a muoversi è Sai, seguito a ruota da Sasuke, che entra con lui nelle cucine, illuminate unicamente da una candela posta sul bancone centrale - dove solitamente Temari taglia la carne.
Freddamente, l'Uchiha lancia un'occhiata alla candela; successivamente, si volta verso Sai, notando che Shikamaru e Ino non sono con loro. «Si può sapere cosa...»
«Non è un po' tardi per fare i piccioncini, signori?»
Voce ruvida ma un poco divertita: è una guardia.
Sasuke si avvicina alla porta con passi cauti e la schiude leggermente, quanto basta per notare Shikamaru e Ino avvinghiati proprio lì davanti, in una maniera che non si può certo fraintendere; forse è per questo che sente una risatina provenire da uno degli uomini presenti nel salone.
«Beh, il padrone sembra sia impegnato, e dal momento che non c'è nessuno... noi, come dire...»
La voce del Nara non è pigra come la conosce Sasuke, ma vibrante, tesa... e accaldata. La voce di uno che è stato beccato a fare cose sconvenienti con una cameriera - ed effettivamente le sta facendo davvero, o perlomeno, la mano infilata sotto la gonna della Yamanaka, e perfettamente visibile anche all'occhio attento di Sasuke, lo lascia intendere in maniera inequivocabile.

Certo che quando vuole arriva a compiere azioni inaspettate, pensa l'Uchiha, spostando gli occhi da Shikamaru a Ino, le cui dita artigliano una spalla del ragazzo con palese irritazione; Sasuke non si sarebbe sorpreso se la Yamanaka avesse ucciso Shikamaru davanti alle guardie, senza farsi scrupolo di rovinare il loro piano.
Fortunatamente, il buon senso di Ino è superiore alla sua ira di donna.
«Sì, il Conte ha faccende importanti da sbrigare e non è nemmeno di buon umore. Conviene che vi troviate un posto appartato per consumare le vostre voglie, se non volete avere la sventura di finire nella lista nera del vostro padrone» consiglia uno di loro, e Sasuke nota che è la voce di colui che per primo ha preso la parola quando si sono nascosti.
«Sì, forse è meglio. Andiamo, Ino?»
«Va bene.»
Passi che si allontanano, altre risatine, frasi sconnesse, infine un silenzio spettrale.
«Siamo rimasti solo noi.»
Sai apre la porta senza avvertire Sasuke che vi è appoggiato ed esce fuori. Pochi secondi - pregni di occhiatacce dell'Uchiha alla spia - e da un angolo buio salta fuori l'altra cameriera degli Hyuuga, Tenten, una donna che Sasuke ha visto parecchie volte in passato.

Quante persone lavorano per Namikaze Naruto?, è la domanda che si pone Sasuke, studiando attentamente la donna, i cui grandi occhi color nocciola sembrano non celare alcun segreto, mentre in realtà nascondono ben più di quanto è necessario sapere.
E Sasuke sa solo che quella ci sa fare coi coltelli.
«Scendiamo nelle prigioni» mormora Tenten, indicando il corridoio alle sue spalle. «Se vai tu, Sai, e lo trattieni con qualche notizia importante, sono sicura che lascerà stare Naruto.»
Sai la fissa. «Vorrà dire che sarete tu e Sasuke Uchiha a liberarlo. State attenti alle guardie» il ragazzo si volta verso l'Uchiha e sorride - il solito sorriso falso. «Soprattutto tu, signor pistolero.»
La faccenda di Kakuzu. Se la ricorda ancora bene.
Malgrado lui e Sai siano di due caste assolutamente differenti e soprattutto distanti per importanza e ricchezza, il secondo si permette di prendersi gioco di lui con una tranquillità irritante, e questo a causa di quel bastardo di Naruto - essere protetti da lui, stranamente, significa anche essere protetti dalle ire degli Uchiha, fattore che ha reso la loro infanzia un continuo stimolo per i suoi nervi.
Sasuke si profonde in un atono "Tsk" di circostanza, accompagnato da un'altra occhiataccia che ha l'aria di una minaccia bell'e buona.
Sai ride piano e si allontana in direzione delle prigioni, mentre Tenten e Sasuke s'infilano nuovamente nelle cucine: puzzano di pesce, l'Uchiha se ne rende conto solo ora.
Non è fastidioso, però l'odore è così netto da fargli pensare che ve ne sia parecchio, conservato da qualche parte e in attesa di essere pulito e cucinato per bene, secondo i voleri dello stesso Hyuuga.
«Fra quindici secondi potremo uscire da qui.»
«Le guardie saranno un intralcio» constata Sasuke, in risposta alla frase di Tenten.
La donna gli sorride. «Lo saranno per poco, perché poi si faranno una bella dormita» assicura, infilandosi una mano fra le pieghe della gonna ed estraendone una piccola fialetta contente un liquido d'un colore imprecisato.
Certe donne sono davvero pericolose.















Gli par quasi di essere sordo.
Forse sono riusciti addirittura a strappargli le orecchie, ma il dolore che avverte alla schiena nasconde qualunque altra ferita quegli uomini gli abbiano potuto infliggere; debole com'è, non s'illude certo che nulla sia stato lesionato, in quelle lunghe ore.
Non si chiede nemmeno il perché di tanta cattiveria: sa quanto Hiashi Hyuuga provi rancore verso chiunque intralci i suoi piani, e ricambia nel solo modo che conosce: massacrando chi sta al di sotto di lui, neanche fosse un tiranno - la stessa Regina Vittoria, Naruto ci pensa all'improvviso, sarebbe potuta essere una grandissima despota, assieme al marito, eppure è riuscita in poco tempo a guadagnarsi la fiducia di coloro che hanno avuto l'onore di conoscerla, e in virtù di quella fiducia stava mantenendo saldo il proprio regno, seppur tra innumerevoli difficoltà.
L'aveva servita per qualche anno, prima di tornare a condurre una vita semplice - e definirla tale non è facile, soprattutto in considerazione dei piani elaborati nei mesi passati, piani che in seguito lo hanno condotto fino a lì, nella tana dello Hyuuga.
Lì, da Hinata.
Una goccia di sudore gli attraversa con infinita lentezza la fronte, per poi colargli fra gli occhi e infine giù, lungo il naso, piazzandosi sulla punta senza cadere o scendere ancora: resta lì, sospesa, esattamente come appesa ad un filo è la sua vita.
Che fine farà? Cadrà, oppure resterà aggrappato alla fortuna cui deve tutto?
«Signore.»
Rumore leggero di passi: qualcuno è sceso fino alle prigioni.
Colpo di tosse; le guardie, che fino a quel momento erano intente a parlare, cessano addirittura di respirare.
«Ho nuove informazioni.»
«Sai, in questo momento sono impegnato. Sto... conducendo un interrogatorio.»
Prendendomi a frustate, ironizza Naruto, dischiudendo gli occhi brucianti. Una lacrima gli riga parte della guancia e finisce al suolo, silenziosa.
Depresso, preme ancor più la faccia contro il pavimento lurido, bramando un po' di sollievo, un freddo abbastanza intenso da rendergli sopportabile il bruciore che lo pervade e che, di tanto in tanto, sprona il suo corpo a muoversi, dimenarsi, senza che lui possa impedirlo: una tortura, una vera tortura.
«Se permettete, queste informazioni riguardano proprio l'uomo che state interrogando, mio signore. Potrebbero rispondere a molte delle vostre domande».
Un mutismo così agghiacciante da scuotere un'altra volta il corpo del Namikaze, che digrigna i denti per nascondere il dolore che prova - qualcosa di tanto forte da mescolarsi al piacere di sapere che Sai è lì; e che, presumibilmente, sta facendo di tutto per far sì che lui possa uscire dalle prigioni.
«Va bene. Andiamo nel mio studio, lì staremo più tranquilli. Ah», la voce di Hiashi si abbassa di un'ottava, «Ishida, Malloy: fate in modo che non si addormenti. L'interrogatorio non è ancora finito.»
«Come desiderate, signore.»
Il suono di alcuni passi che si allontanano e quello di altri che si avvicinano; successivamente, un rumore metallico, il cigolio che emette di solito la porta quando le guardie la aprono, pronte a frustarlo.
Che Dio mi aiuti, pensa Naruto, chiudendo gli occhi. Cristo, cristo.
Poi emette un urlo.
Sbatte la testa contro il pavimento, così forte da vedere le stelle. Si morde la lingua, riempiendosi la bocca col proprio sangue, e alla seconda frustata riga con le unghie la pietra fredda che gli preme contro il petto con violenza inaudita.
Una delle guardie - non sa se Malloy o Ishida - lo prende per i capelli e gli sbatte di nuovo la testa contro il pavimento, senza riguardi.
Un secondo dopo, arriva l'ennesimo colpo di frusta.
«Sai come si applica la tortura in questa prigione, eh?» una delle guardie gli tira le braccia indietro e gli pianta un piede nel bel mezzo della schiena. «Lo sai, piccolo verme?»
Preso da un paio di conati di vomito, Naruto riesce semplicemente a mormorare un "Merda" che però non pare sentire nessuno - fortunatamente.
«Allora? Non rispondi?» insiste l'altra guardia, tirandogli un calcio in faccia.
Naruto stringe le palpebre, non capendo più niente.
Soltanto una fitta, poi un dolore che si gonfia, si gonfia e preme, cercando di sfondare le pareti della sua testa, talmente acuto da fargli credere che questa gli potrebbe scoppiare da un momento all'altro e tutti i suoi pensieri riversarsi davanti ai loro occhi avidi.
In fondo, non vogliono che informazioni. E cosa c'è di meglio di una testa completamente fracassata a suon di calci e pugni?
Hiashi avrebbe apprezzato.
«S-Scusate...? Vi ho portato uno spuntino...»
Una voce morbida interrompe ogni azione.
Naruto non le può vedere, ma sa che le guardie gli hanno voltato le spalle per scrutare la donna che li ha bruscamente interrotti.
«L'accesso alle prigioni è vietato, Tenten» la rimbrotta uno dei due, rivelando al Namikaze l'identità di colei che lo ha momentaneamente salvato.
«È stato il signor Hiashi a mandarmi qui. Ha pensato che durante la sua assenza avreste avuto bisogno di mangiare qualcosa, prima di riprendere a torturare Minato Namikaze» risponde prontamente la cameriera.
La sua voce continua a suonare morbida.
Tanto, troppo morbida.
Per un attimo, Malloy e Ishida sembrano esitare, tuttavia la prospettiva di riempirsi in tranquillità lo stomaco pare avere la meglio e così, dopo alcuni secondi, decidono di lasciar perdere Naruto.
Le braccia del giovane duca ricadono a terra con un tonfo sordo che riecheggia poi fra le pareti della cella, la cui porta intanto si chiude silenziosamente, gettandolo in una pace fatta di battiti veloci e respiri piacevoli, di sollievo.
Non deve finire, pensa. Tutto questo non deve finire.
Poi si addormenta.

«Wow, non si sono addormentati solo loro, persino Naruto!»
«Meno chiacchiere, Tenten. Lo dobbiamo portare via prima che Hiashi Hyuuga torni. Quanto tempo ci rimane?»
«Dieci, quindici minuti al massimo. Dipende da quello che ha escogitato Sai. Mi ha garantito un lasso di tempo relativamente breve.»
Uno sbuffo. «Naturalmente.»
Passi affrettati, un profumo intenso di erba fresca.
Naruto apre gli occhi, incontrandone quattro neri. Sbatte le palpebre fino a dimezzarne il numero, consapevole che esistono solo due occhi tanto fastidiosi, e sono quelli di Sasuke Uchiha.
«Testa quadra, forza, svegliati.»
Testa quadra? «Sasuke, vedi di... crepare... subito...»
Un ghigno. «Parli proprio tu?»
Con un paio di colpi di tosse, Tenten impedisce al Namikaze di ribattere. «Scusate se vi interrompo, ma non abbiamo più molto tempo. Naruto, ora io e il signor Uchiha vi prenderemo e vi porteremo via da qui. Cercate di stringere i denti, per favore.»
«Basto io, Tenten» sibila improvvisamente Sasuke, allungando un braccio per impedire alla donna di avvicinarsi. «Tu vai a controllare l'ingresso.»
Un attimo di esitazione. «Okay... come desidera.»
Naruto, seppur a fatica, osserva Tenten uscire frettolosamente dalla sua cella, e per un secondo i suoi occhi cadono in quella del vecchio moribondo: non l'ha più sentito parlare, da quando sono iniziate le torture.
Sasuke si china su di lui e gli circonda la vita con un braccio. «Cerca di facilitarmi le cose alzandoti, Naruto.»
«Fosse facile.»
Naruto non si sente nemmeno più le gambe.

Il Namikaze si impegna a muovere qualunque parte del proprio corpo, nel tentativo di trovare il modo giusto per alzarsi, incappando spesso e volentieri in brividi di dolore e bruciori fastidiosi che paiono decisi a scavargli avidamente la schiena.
Ci prova finché, complici gli sforzi di Sasuke e una fortuna sicuramente sfacciata, non riesce a sollevarsi abbastanza da permettere all'amico di afferrargli una spalla e portarsela al collo, così da poterlo tirare in piedi.
Naruto, però, a quel gesto lancia quasi un urlo. «Cazzo, Sasuke, cazzo!» strepita, cominciando a non vedere più nulla.
Si lascia andare verso il basso, ma l'Uchiha sembra pronto a tenerlo su con tutte le proprie forze. «Vedi di non rovinare ogni cosa proprio ora, Namikaze.»
Il duca sputa sangue e guarda davanti a sé.
È in momenti come quello che trova Sasuke insopportabile.
Con passi strascicati entrambi si muovono verso la porta - il primo non più in sé, il secondo messo in difficoltà dal peso dell'amico.
Impiegano qualche minuto per uscire dalla cella e svoltare a destra, verso le scale, dove li attende una tesissima Tenten.
La donna li guarda incerta. «Signor Uchiha, siete sicuro di farcela da solo? Potrei darvi una mano almeno su per le scale. Di questo passo non usciremo mai da qui», propone, muovendo un passo verso di loro.
Sasuke tentenna, troppo orgoglioso per ammettere di non essere in grado di trasportare un uomo in quelle condizioni in solitaria, tuttavia alla fine cede e annuisce.
«Sbrigati»
Tenten fa un cenno di assenso e muove alcuni passi verso di loro.
Poi sgrana gli occhi e si blocca.
Naruto, sebbene intontito, nota immediatamente il cambiamento della ragazza. «Tenten...?» biascica, con voce tremante.
Ma lei non lo guarda, non guarda niente.
Poi un rivolo di sangue le scende dalla bocca, raggelando i due nobili.
No, no, no, NO!, urla mentalmente Naruto, comprendendo rapido la causa di tutto.
La cameriera si porta le mani al collo: apre la bocca, come se le mancasse l'aria, e, subito dopo, posa una delle mani alla parete, cominciando a sputare sangue.
Sasuke sussulta. «Cosa diavolo... »
Non fa in tempo a completare la frase, perché la donna crolla a terra.
«Avvelenata...» il Namikaze tossisce, non riuscendo a nascondere il disgusto. «Credo che l'abbiano... avvelenata. Sasuke, portami via da qui. Subito!»
Ringhiando, l'Uchiha supera la serva - che nel mentre ha iniziato a contorcersi, rantolante - e sale i gradini con affanno, aiutato un poco da Naruto che, prima di concentrarsi del tutto sulla propria fuga, rivolge un'ultima occhiata a Tenten.
Sarebbe morta.
Fra poco sarebbe morta.
Non ti fai nemmeno un po' schifo, Naruto?














Fine capitolo Undici






Note dell'Autrice: *silenzio* *si guarda attorno*
Commento random della mia Beta sul seguente capitolo:

M-mi hai... mi hai ammazzato Tenten °A°. Mi hai ammazzato Tenten!

Dannata. Lei e il suo grazioso coltello avevano da poco fatto la loro comparsa, che cosa ti hanno fatto di male?

Che colpa ne hanno, se Hiashi Hyuuga è un coglione, eh? ;__;

Il capitolo è *O*, ma tu mi hai ammazzato Tenten.

Serata di lutto D:


*coff* Dopo un anno. Sì, un anno. Dopo un anno esatto ho aggiornato questa storia. Vuoi perché l'ispirazione è tornata, vuoi perché Yume_no_Namida mi ha minacciata per mesi, pretendendo che io portassi avanti BR, e... boh. Ho aggiornato °A° Continuo a non essere del tutto ispirata, però - magari - riprendendoci la mano, posso anche riuscire a terminare questa storia senza intralci di alcun tipo.
Speriamo xD
Comunque torno e ammazzo Tenten. Sì, okay, faccio prendere a Naruto una marea di botte, anche, lo so - ma ho fatto ammazzare Tenten. Chi sarà stato? Mistero!
Un altro. Ancora. Sarà stato Hiashi? Una delle spie di Hiashi? E come ha fatto a capire, nel caso, che Tenten è al servizio di Naruto? Eeeeh, questo si saprà più avanti, temo.
Per quanto riguarda l'aggiornamento di Bloody Rose. Ho deciso di provare a pubblicare regolarmente. Oggi ho messo questo capitolo. Il prossimo lo pubblicherò domenica prossima, come ho sempre fatto. Spero di non perdere di nuovo l'ispirazione - e poi, lo ammetto: mi pesa il culo, non avevo voglia di dedicarmi a BR °A° X°°D
ATTENZIONE: Bloody Rose sta subendo delle modifiche: 14 capitoli su 22 sono già stati sistemati da me e Yume_no_Namida. A giorni anche gli altri saranno revisionati.
Bene! Ora ringrazio di cuore le:
- 31 persone che hanno messo Bloody Rose fra i Preferiti
- 50 persone che hanno messo Bloody Rose fra le storie da Seguire
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Grazie mille a chi legge solamente, a chi commenta, a chi passa per caso... grazie a tutti ^__^
Ora scappo! :D
Alla prossima,

Mokochan

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Capitolo 24
*** - Parte Seconda - Capitolo Dodici ***


Bloody Rose












[A Katia, che ha deciso di partecipare alla IV° Edizione del NaruHina Contest! **
A Marica, che al momento è a Miami e leggerà fra una settimana tutto ciò
a Vale, che ha scritto un'altra bellissima NaruHina e che ha betato questo capitolo!]














Capitolo Dodici





















Non vede più bene, non vede con chiarezza.
L'unico suono che riesce a percepire  - l'unico suo modo per restare aggrappata alla realtà - è quello di passi che si allontanano a fatica, verso una salvezza che lei non sarebbe riuscita a raggiungere nemmeno pregando.
Sa che morirà.
Si porta le mani alla gola, graffia la carne con le unghie in un gesto disperato e chiude gli occhi, li apre e batte le palpebre con fatica, mentre il rumore dei passi di Sasuke e Naruto svanisce, assieme alla sua voglia di vivere.
Respira, respira, ti prego, supplica a se stessa, ti prego, non permetterlo... respira!
Ma per quanto grande sia la disperazione, il veleno non ammette possibilità: lei deve morire.   
Proprio quando sta per richiudere gli occhi, nel suo campo visivo compaiono un paio di scarpe malandate, troppo vicine per non poterne notare la trascuratezza; troppo vicine per non sapere di chi sono.
Con tutta l'energia rimasta, la donna cerca di girare la testa quel tanto che basta per vedere di più, e quando i suoi occhi scorgono parte di un viso conosciuto, tutto diventa buio.
Perché?















Il salone è vuoto, ma chiunque sarebbe potuto comparire all'improvviso.
Naruto e Sasuke avanzano velocemente, negli occhi di entrambi la consapevolezza che è morta una donna - l'ennesima vittima di una storia che non avrebbe conosciuto fine, se qualcuno non l'avesse scritta con le proprie mani, e Naruto, che ha ben chiaro l'epilogo, vuole si realizzi ad ogni costo.
Per se stesso, per la sua famiglia, per Hinata.
«Avvelenata.»
Sasuke interrompe i pensieri di Naruto con quella parola quasi ringhiata, entrando in un corridoio a caso.
«Avvelenata» ripete il Namikaze, scuotendo il capo. «Potrebbe essere stato chiunque» sussurra pensieroso, notando poi che hanno preso la direzione sbagliata. «Sasuke, le cucine sono dall'altra...»
«Non torneremo lì. So che Shikamaru ci sta aspettando fuori dalla tenuta» dice freddamente Sasuke, tenendo gli occhi puntati sul corridoio, il respiro corto per lo sforzo di sorreggere l'amico. «Avevamo deciso che, se per qualche imprevisto fossimo stati separati, i giardini sarebbero stati ideali per riunirsi e sviluppare un nuovo piano. Anche se la morte di quella donna non l'avrebbe potuta prevedere nessuno» aggiunge piccato, affilando lo sguardo. «Questo luogo è pieno di bastardi.»
Non dirlo a me, pensa Naruto, trattenendo uno dei suoi sorrisetti ironici, prima di riprendere a studiare le pareti coperte di quadri ritraenti membri della famiglia Hyuuga deceduti da anni, addirittura secoli.
Fra questi, ne nota uno particolarmente bello: vi è ritratta una donna bellissima, dai lunghi capelli corvini legati in una semplice treccia e un viso tondo e dolce; occhi di un lilla delicato sembrano catturarlo, ed è a quel punto che il duca coglie una profonda somiglianza con Hinata - difficile non vederla, tanto i lineamenti delle due dame sembrano simili.
Mii Hyuuga?
Il tempo di pensare il nome della donna, che lui e Sasuke hanno ormai oltrepassato quel dipinto, giunti quasi alla fine del corridoio.
Prima di proseguire, però, Sasuke si ferma un momento e ingiunge a Naruto di rimanere fermo, prima di allontanarsi per qualche istante; quando torna, l'Uchiha ha in mano una camicia malandata.
«Mettila» gli ordina pacato, lanciandogliela.
Naruto riesce ad afferrarla per un pelo - prima che cada a terra - e con una certa fatica tenta d'infilarsela.
Ci mancava solo questa, pensa in seguito, le dita che non vogliono rispondere ai comandi quando cerca di abbottonarsi, cosa che spinge Sasuke a sorridere per una frazione di secondo.
Una volta finito, i due proseguono il cammino.
L'Uchiha si blocca dopo un po' e inizia a guardarsi attorno, cercando forse di ricordare la strada da prendere, così Naruto - malgrado stia ancora pensando alla madre di Hinata  - alza tremante un braccio e gli indica il corridoio alla loro destra.
Qualche indicazione borbottata qua e là e finalmente raggiungono una grande porta; Sasuke allunga la mano e cerca di abbassarne la maniglia, constatando che è bloccata.
«Magnifico.»
Il Namikaze tossisce e la studia per qualche secondo, dopodiché abbassa gli occhi verso il soprabito dell'amico. «Dov'è la pistola?»
Sasuke lo fissa. «Starai scherzando.»
«Affatto» Naruto gli indica la serratura. «Sparagli e facciamola finita.»
«È la cosa più stupida che ti sia potuto mai venire in mente da quando ci conosciamo» ribatte l'Uchiha, corrugando la fronte. «Le guardie si accorgeranno di noi e ci cercheranno.»
«Non abbiamo niente da perdere, giunti a questo punto» constata il Namikaze.
Sasuke lo scruta, poi, con una faccia ben più che contrariata, s'infila una mano in una delle tasche interne dell'abito e ne estrae una pistola - la stessa che, non molto tempo addietro, aveva posto fine alla vita di Kakuzu - e infine la punta verso la porta prendendo la mira.
Un solo sparo e la maniglia salta via assieme a schegge di legno e metallo.
Naruto si copre un orecchio con la mano, assordato dal botto emesso dalla pistola. «Maledizione.»
«Zitto e andiamo, razza di stupido» sbotta Sasuke, nascondendo nuovamente l'arma e afferrando saldamente l'amico per la vita; fa un passo e poi sferra un calcio deciso alla porta, che si spalanca con un cigolio fastidioso.
Escono nel giardino velocemente, anche se Naruto sembra indebolirsi sempre più ad ogni passo che fanno, e si dirigono verso la grande quercia che svetta in mezzo al giardino.
Sasuke non lo sa,
pensa il Namikaze, ma lì è morto un uomo.
In quella tenuta, solo luoghi di morte.
Il tempo di arrivare sotto di essa, perché un nuovo rumore, leggero come pochi, interrompa ancora la quiete.
E quando Naruto si volta, incontro gli occhi della persona che ama.
Che sia destino?















«N-Naruto...?»
Hinata stringe la vestaglia a sé in un gesto involontario e muove un passo verso il duca, il cui sguardo rivela una certa sorpresa nel vederla lì, nel bel mezzo della notte, esattamente come quello suo e di Sasuke Uchiha, lo stesso uomo che ha incontrato giorni prima in circostanze tutt'altro che piacevoli.
«Che cosa fate qui?» esclama Naruto, volgendo lo sguardo altrove.
La Hyuuga arrossisce e si porta una mano al collo, mentre uno strano brivido le percorre gelido la schiena.
L'ha notato.
Ha usato il voi.
«Potrei porvi la stessa domanda» risponde tutto d'un fiato, cercando di trattenere i balbettii che l'hanno sempre contraddistinta.  «Posso sapere cosa state facendo qui?»
L'osserva attentamente mentre pronuncia tali parole, rendendosi conto che l'Uchiha sta sorreggendo Naruto, il cui volto appare visibilmente pallido e stanco.
Ma non è tutto: con un po' più di attenzione, basta poco per scorgere, nel buio della notte, il sangue che macchia le labbra sottili del ragazzo, la pelle violacea, tumefatta, le mani coperte di qualcosa di indefinito.
«Stavamo parlando» interviene Sasuke, puntandole gli occhi addosso. «Non è forse sconveniente per voi girovagare nei giardini a quest'ora tarda, contessa Hyuuga?»
«No, non lo è» Hinata continua a studiare Naruto e si morde il labbro, preoccupata. «Cos'è successo?»
Il Namikaze scuote il capo. «Niente.»
«Non si direbbe.»
Lui la fissa, apparentemente stupito dalla risposta.  «Hinata...»
«Stai perdendo sangue» lo interrompe la Hyuuga, con voce lieve. «E anche la tua camicia... reca visibili tracce di sangue.»
«Dovreste tornare nelle vostre stanze»
Il monito di Sasuke s'insinua fra i due amanti, i cui sguardi tuttavia non lo sfiorano nemmeno per un momento.
A volte, pensa Hinata, ci si rende conto che l'ostinazione è fondamentale per non ignorare la realtà.
«Voglio vedere le tue ferite. Voglio sapere chi te le ha procurate. Non voglio sentire scuse. Non voglio essere messa all'oscuro di tutto, non lo accetto.»
L'espressione dipinta sul viso di Naruto è di puro sbigottimento; chissà, forse perché si è quasi messa a urlare, Hinata, forse perché ha cominciato improvvisamente a camminare verso lui e Sasuke con aria decisa, mettendo da parte timidezza e fragilità - forse perché è tempo di smetterla di nascondersi.
Hinata si piazza a pochi centimetri dai due uomini e allunga una mano verso Naruto, sfiorandogli le labbra con le dita; successivamente, alza gli occhi in direzione dell'Uchiha. «Lasciatelo. Lo devo visitare.»
«Non siete un medico, contessa.»
La donna annuisce. «Nemmeno voi, se è per questo.»
Sasuke sospira. «Questi Hyuuga, sempre irritanti.»
Data l'ironia della situazione, Naruto scoppia a ridere e strattona l'amico, benché una parte di lui sia ancora allerta. «Segui il consiglio della signora e lasciami andare. Mi metterò seduto e mi farò controllare come lei desidera.»
L'Uchiha emette un altro sospiro, poi toglie il braccio dalla vita del duca, che senza alcun sostegno barcolla per un attimo, finendo con l'andare a sbattere contro il tronco della quercia.
Emette un mugolio, prima di accasciarsi a terra, sotto lo sguardo preoccupato di Hinata e quello scocciato di Sasuke.
La Hyuuga si china verso Naruto e gli posa una mano sul viso. «Chi ti ha ridotto così?» bisbiglia con dolcezza, studiando i suoi occhi azzurri.
Lui muove il capo in segno di diniego. «Non dovevi controllare le mie ferite?»
«Allora fammi vedere dove sono» lo invita Hinata, inginocchiandosi paziente. «Un angolo delle tue camicia è pregna del tuo sangue. Si tratta forse del fianco? Ti hanno sparato?»
Naruto la fissa pensieroso, poi nega con un cenno.
Sicché Hinata si domanda se la ferita non sia stata causata da un'arma da taglio, ma poi guarda meglio il viso del ragazzo e capisce che è altro - qualcosa che lui avrebbe preferito a ciò che invece gli era stato inflitto non pochi minuti prima.
Conosce bene quell'assurda preferenza.
«Ti ha frustato.»
È la consapevolezza che dietro tutto c'è ancora suo padre, che la violenza nata dalla sua sete di potere non avrebbe mai conosciuto fine - che altri, oltre a lei, avrebbero conosciuto lo stesso dolore inflitto da una frusta.
«Sei sicura?» domanda ad un tratto Naruto, distogliendola da atroci visioni; lei lo fissa, esitante. «Vuoi davvero controllare le mie ferite, Hinata?»
Lui sa.
In qualche modo, sa.
«Sì.»
Il Namikaze annuisce e porta le mani al colletto, iniziando a sbottonarsi la camicia. Ha un'espressione strana mentre compie questo gesto, ma Hinata non ci bada molto, troppo impegnata a seguire il movimento regolare del petto del ragazzo, che si alza e abbassa infondendole un piacevole ma insolito benessere.
Ciò nonostante, tale sensazione viene sostituita da un leggerissimo orrore di fronte alla visione di un petto cosparso di lividi violacei e giallognoli, grossi quanto il palmo della sua mano.
«Questi non...»
«Diciamo che la frusta non gli bastava» commenta Naruto, guardandola negli occhi prima di girarsi con qualche difficoltà per mostrarle la vera causa del suo dolore.
Hinata spalanca istantaneamente gli occhi: lunghe linee rosse solcano la schiena del ragazzo dal collo fino alla vita, tracce pulsanti la cui carne sembra andare a fuoco a ogni secondo che passa.
Chissà quanti colpi sono stati inflitti, chissà quante lacrime ha versato, di nascosto, dopo ogni attimo di sollievo.
La ragazza percorre con gli occhi quelle linee somiglianti a bruciature, chiedendosi se anche la sua schiena sia ridotta in quel modo.
In pochi l'hanno vista.
«Bisogna d-disinfettare le ferite per evitare infezioni» afferma dopo un po', deglutendo.
Sente lo sguardo dell'Uchiha puntato sulla schiena, sembra trafiggerla come la lama di una spada.
«Avete finito?» abbaia poi questi, provocandole un sussulto. «Sapete, contessa Hyuuga, la serratura della porta che abbiamo varcato per entrare nei giardini della vostra tenuta è stata fatta saltare con un colpo di pistola. Forse l'avete sentito anche voi, il rumore. E forse anche altri. Quindi sono dell'idea che io e il vostro amato dovremmo andarcene prima che ci trovino.»
«Avete ragione, temo...»
«Vieni con noi.»
Naruto si è girato e ora la guarda intensamente.
Hinata sgrana gli occhi. «I-Io dovrei...?»
«Sei pazzo, Naruto?» Sasuke si passa una mano fra i capelli, visibilmente basito. «Se la portiamo con noi, Hiashi Hyuuga potrebbe vendicarsi. Ti rendi conto di quello che stai facendo? Non pensi alla tua famiglia?»
«Certo che ci penso. Ma loro staranno bene senza di me. Inoltre, ho come l'impressione che il padre di Hinata non muoverà un dito, se la figlia verrà con me. D'altronde, sarebbe mai capace di ammettere davanti al resto della società che la figlia maggiore è scappata proprio con Naruto Minato Namikaze?»
«Non sa che sei tu» replica aspramente l'Uchiha, indicando la tenuta.
Naruto fa spallucce e  rabbrividisce, un segno inequivocabile di dolore. «Secondo me lo sa. Credo che Sai... abbia rivelato la mia identità.»
Hinata apre la bocca, poi la richiude, infine osserva il silenzioso scambio di sguardi fra i due ragazzi, senza sapere cosa passa loro per la testa - anche se non è un mistero, probabilmente.
 Naruto distoglie gli occhi da quelli dell'amico e le porge la mano, in attesa di una conferma.
«Hinata... vieni con me?»
«Sei pazzo» ripete Sasuke.
Ma la ragazza non lo sente, è troppo presa dalla mano di Naruto per ascoltare le sue lamentele.
Il canto di alcuni grilli interrompe il silenzio che li avvolge, ma non riesce a distruggere la decisione contenuta negli occhi del Namikaze: Hinata torna a guardarli, rabbrividisce, sente che la tengono imprigionata, magnetici.
Quegli occhi.
Li ha amati dal primo momento in cui li ha visti.
«Vieni con me, Hinata?»









Fine capitolo Dodici






Note dell'Autrice:

Aggiorno con un giorno - LOL - di ritardo a causa di stanchezza e gruppi facebook che mi occupano la testa in tutti i modi possibili e immaginabili. Madò, che stress >_>
In ogni caso! In assenza di Yume_no_Namida, il capitolo è betato da valehina - ne trovo sempre una che beti tutto, vedete? 8D  TROLOLOLOL *costringe gente a betare*.
In ogni caso! E' finita la seconda parte di Bloody Rose! (non si nota? 8D)
Hinata seguirà Naruto? Riusciranno a scappare? E Sai? Ha davvero rivelato a Hiashi la vera identità di Naruto, o è solo una supposizione, magari errata del Namikaze?
Non si sa! Come al solito, del resto! Bon, fuggo!  Potete tenervi aggiornati visitando la mia pagina Facebook --> Mokochan
Avviso anche dei possibili ritardi nelle pubblicazioni ^^'
Bene! Ora ringrazio di cuore le:
- 31 persone che hanno messo Bloody Rose fra i Preferiti
- 54 persone che hanno messo Bloody Rose fra le storie da Seguire
- 5 persone che hanno messo Bloody Rose fra le storie da Ricordare
Grazie mille a chi legge solamente, a chi commenta, a chi passa per caso... grazie a tutti ^__^
Ora scappo! :D
Alla prossima,

Mokochan

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Capitolo 25
*** - Parte Terza - Capitolo Uno ***


Bloody Rose







[Capitolo dedicato a Katia
e a Marica, che ieri faceva gli anni
Sì, è diventata più vecchia di me, ma la più cattiva resto io ù_ù]





















PARTE TERZA

























Capitolo Uno
















«Non sono sicuro che potrebbe piacerle. Per caso ha altri vestiti come quello, magari... beh, magari meno appariscenti?»
«Kankurou, l'avete scelto voi il negozio, non potete pretendere che abbiano indumenti simili. Non qui.»
«Pensavo che confezionassero anche abiti di semplice fattura» ribatte l'altro, sistemandosi la giacca con un sospiro rassegnato. «Inoltre è stato lui a pretendere qualcosa di bello, aggiungendo un fittizio "ma non troppo", ne dovrete convenire anche voi, madame Yuhi.»
«Forse perché nemmeno lui sa di preciso cosa vorrebbe la madamigella. In ogni caso,» aggiunge la donna, adocchiando il vestito per la millesima volta, «non avrebbe qualcosa di un tessuto, diciamo... diverso? Ecco, sì. Più spesso, se così possiamo dire. Ormai è quasi autunno, non vorrei che la nostra deliziosa ospite prendesse freddo.»
La negoziante, una donna sulla trentina, annuisce rassegnata e ripone in uno scaffale il vestito che aveva mostrato a quei clienti nemmeno due minuti prima, per poi prenderne un altro ancora, sperando sia quello giusto e che i signori - le cui infinite richieste hanno reso il suo lavoro un vero inferno -  riescano a convincersi e la lascino finalmente in pace.
«Non mi piace il colore.»
«Non deve piacere a voi, Kankurou.»
«Effettivamente è vero.»
«Potrei sapere perché avete portato proprio il signor Sabaku? Non mi sembra capisca molto di vestiti» dice ad un tratto una donna, ferma dietro di loro con aria rassegnata. «Kurenai, ho l'impressione che persino vostro marito sceglierebbe di meglio.»
Kurenai Yuhi si volta sorridendo. «Non mi aspettavo di vedervi qui, contessa Tsunade.»
La contessa si guarda attorno. «Nemmeno io. Tuttavia, mentre passeggiavo, ho adocchiato la vetrina del negozio e vi ho visti, così ho deciso di fermarmi per conversare un po'.»
«Stavate andando da vostro nipote?» chiede Kankurou, pacato; è una domanda scontata, sa già quale sarà la risposta.
«Certamente. Anche voi siete intenzionati ad andare lì?»
«Lo faremmo, se solo trovassimo il vestito che lui ci ha pregato di comprare» risponde Kurenai, mordendosi il labbro per un secondo, prima di sbirciare nuovamente l'indumento che la negoziante, visibilmente stanca, trattiene tra le mani quasi con stizza. «Credo che quello possa andare. Insomma, è semplice, di un bel lilla chiaro, tiene abbastanza caldo...»
La commessa si lascia andare a un sospiro, visibilmente sollevata. «Se volete lo preparo ed entro qualche ora lo farò mandare dove desiderate» soggiunge questa, cauta.
«Certo, certo.»
Tsunade osserva la scena con un sorrisetto, mentre la commessa si allontana. «L'avete trattata veramente male, signori. La prossima volta fatevi spiegare per filo e per segno quale tipo di abito interessa a mio nipote, altrimenti ogni acquisto sarà una tortura.»
«Ottimo consiglio.»
Dopo aver pagato l'abito e ringraziato la commessa per l'enorme pazienza, i tre nobili escono dal negozio senza dire una parola e iniziano a percorrere Regent Street* con andamento lento; Kurenai e Tsunade iniziano a chiacchierare del più e del meno, mentre Kankurou si mette a guardare le vetrine senza provare il minimo interessamento per gli abiti e gli oggetti che vi sono esposti.
È settembre e tira un vento fresco che preannuncia l'arrivo dell'autunno. Le strade sono piene di gente intenta a scrutare le vetrine o a chiacchierare davanti ai negozi, per lo più persone che di soldi ne hanno anche troppi - sebbene Kankurou sia l'ultimo a poter giudicare, dato che la sua è una delle famiglie più ricche e in vista di Londra.
«Trovo che l'abbia beffato proprio bene» dice Tsunade, riportando l'attenzione del giovane sulle conversazione intavolata dalle due donne. «Voglio dire, non penso che si aspetti una cosa simile. Non così.»
«Non a caso lavorava con mio marito, Tsunade. È un giovane promettente.»
«Sarà promettente come dite voi, ma è anche piuttosto cocciuto e non obbedisce agli ordini che gli vengono impartiti, o sbaglio?»
«Beh, forse è per questo che l'ha sempre avuta vinta» commenta Kankurou, prima che Kurenai possa ribattere. «Voglio dire, era una delle spie della regina, mie signore!»
«Oh, lo era anche Minato, poi guarda com'è finita» borbotta Tsunade, scuotendo il capo.
Malgrado i commenti burberi, sia Kurenai che Kankurou sanno che la contessa Senju è la prima a preoccuparsi per il proprio nipote, ed è esattamente quel continuo borbottare a dimostrare quanto essa tenga a lui e quanto quella vendetta che lui si è messo in testa di portare a termine la renda nervosa ma soprattutto scettica - solo perché ha paura, non perché non ci creda veramente.
In fondo, tutti sapevano che la prima a volersi vendicare di Hiashi Hyuuga era stata proprio Tsunade.
«Il passato è passato, meglio guardare avanti. Per il momento, abbiamo la certezza che almeno stia bene» mormora Kurenai, spezzando a sorpresa il silenzio. «E non solo lui.»
Kankurou si mette le mani in tasca. «Bah. Con quel suo gesto ha complicato la situazione.»
Inutile dire che si sta riferendo alla figlia di Hiashi. «L'ha portata al sicuro, inoltre sapeva troppo, devi mettere in conto anche questo. Naruto non si può permettere errori» ribatte Tsunade, sbuffando sonoramente e lanciando un'occhiata irritata al Sabaku, che subito si mette sulla difensiva.
«Voglio dire, non è solo quello. Sapete che non l'ha rapita soltanto per proteggerla, c'è altro.»
«Parlarne non cambierà le cose, ormai il danno è fatto.»
«Sì, ma questo 'danno' è così grosso che gli Uchiha se ne sono quasi tirati fuori. Minato II per poco non perdeva il controllo di sé, ed è raro che ciò accada» insiste Kankurou, proprio quando si lasciano alle spalle la via commerciale per poi dirigersi verso uno degli edifici in cui la famiglia Yuhi risiede da parecchi decenni.
Il quartiere è uno dei più belli e in vista, non a caso chi non conosce la zona si ferma a guardare le grandi residenze per ammirarle. D'altro canto, pensa il Sabaku, non tutti possono permettersi il lusso di vivere in luoghi del genere, e l'unica cosa che resta da fare è guardare, sognare di vivere così - come vive chi ha i soldi o chi è nato fortunato.
Raggiungono una fila di palazzi enormi, ognuno separato da delle siepi; Kurenai oltrepassa con calma i primi due palazzetti, poi si ferma davanti al terzo che, come gli altri, è delimitato da un grande cancello, che subito si appresta ad aprire.
«Noto che non vi fate più aprire dai camerieri» esclama Tsunade, osservandola incuriosita.
Kurenai abbozza un sorriso e apre il cancello. «Diciamo che siamo ancora capaci di aprirci un cancello da soli, contessa.»
E la Senju sorride a propria volta.











«Quindi porteranno quell'abito domani? Beh, ottimo. Almeno potrò vederlo prima di darglielo. Spero sia stato fatto un buon acquisto. Ah, non lo ha scelto Kankurou, vero?»
Naruto non conosce freni, né pare badare al fatto di aver appena offeso l'amico che, seduto in una delle poltrone ai lati dell'enorme camino ancora spento, fa una smorfia a dir poco stizzita. Ma il Namikaze, come suo solito, proprio non lo riesce a notare, e si mette a camminare avanti e indietro per il salotto, guardando di tanto in tanto il soffitto opaco con quei suoi occhi d'un azzurro vivace.
Kurenai entra nella stanza sospirando, suo figlio che le gironzola attorno ridendo.  «Ti prego, sai che così ti verrà il mal di testa, cerca di stare fermo per un po'.»
Il bambino, invece di ascoltare il richiamo della madre, si mette a correre per il salotto, andando a scontrarsi contro Naruto, che barcolla per un attimo, colto alla sprovvista.
«Cosa... ma... e tu?! Stai un po' attento a dove guardi!» sbraita il Namikaze, fintamente offeso dalla noncuranza del piccolo Yuhi. «Perché non ascolti quello che dice tua madre?»
Il bambino, però, non risponde, e ricomincia a correre ridendo.
«Certo che è davvero vivace» commenta Tsunade, seguendolo con lo sguardo. «Non mi sembra abbia preso molto da te e Asuma, Kurenai.»
«Già, lo penso anche io.»
La contessa Senju annuisce, poi si volta verso il proprio nipote. «Come sta Hinata?»
Naruto si blocca in mezzo al salotto e la fissa, irrequieto. «Diciamo che si sta divertendo. Ciò nonostante, credo le manchi la sorella.»
Eccola, la pecca.
«Ve lo sareste dovuto aspettare, Namikaze» la voce di Kankurou suona tanto come un rimprovero. «Voglio dire, avete portato via la contessa Hinata alla prima occasione, senza lasciarle il tempo di riflettere - abbandonando addirittura la più piccola con quel mostro del padre! Ovvio che sia preoccupata per la sorella, a questo punto.»
L'enorme pecca.
«Non ho potuto fare altrimenti» si difende il duca, irritato. «Al mio posto avreste fatto lo stesso, Sabaku.»
«Ah, no. Tutto il contrario. Una volta tanto avrei ascoltato Sasuke Uchiha e sarei scappato senza portarmi dietro il trofeo di turno.»
Naruto spalanca la bocca e serra immediatamente i pugni, preso da un'improvvisa collera. «State forse insinuando che io stia usando Hinata per vendicarmi dello Hyuuga?»
Il figlio di Kurenai si ferma improvvisamente - coglie anche lui la tensione quasi elettrica di cui la stanza è inaspettatamente pregna.
«Non ho detto questo.»
«E a cosa stavate alludendo, allora? Sentiamo. Sono proprio curioso di saperlo» ringhia il Namikaze, muovendo un passo in direzione di Kankurou, che s'irrigidisce.
«Oh, diamine, fatela finita. Nessuno vi dà il diritto di comportarvi da bambini. Ne basta e avanza uno» interviene Tsunade, indicando il piccolo Yuhi. «Kankurou parla troppo, Naruto. Ma anche tu non cerchi di trattenerti, vedo.»
«L'ha insultata!»
«Ha dato solo aria alla bocca...» precisa la Senju.
«Che la chiuda. È certo più gradevole quando s'impegna a rimanere in silenzio» sbotta Naruto, furioso.
La contessa sospira, esasperata. «Lasciamo stare. Nipote, quando hai intenzione di portarla qui? Da quel che ho capito, avevi premura di tenerla alla larga da Londra finché le acque non si fossero calmate. Voglio dire... sono passati due mesi.»
Lo so, pensa Naruto, incerto, ma non ho potuto fare altrimenti. «Sarà qui prima di quanto possiate immaginare, ve l'assicuro» risponde infine, quasi in maniera brusca.
Ha passato due mesi senza di lei.
Senza le sue labbra e il suo profumo.
Senza la sua risata e i suoi sguardi assorti e a volte premurosi.
Senza poter sentire il battito del suo cuore né la sua pelle morbida e calda.
Gli manca, e tanto. Forse più di quando voglia ammettere.
Tsunade lo scruta. «L'altro giorno ho ricevuto una lettera da parte di Minato,» una pausa. «Dice che Kushina si sta aggravando. Quando andrai a trovarla? Questa vendetta... questa vendetta viene dopo la salute di tua madre» mormora poi, fissandolo con determinazione - anche se i suoi occhi vacillano, al pensiero di perdere perfino Kushina. «È tuo dovere tornare da lei.»
«Lo so.»
«Eppure continui a restare fermo.»
«Ci sono delle cose che devo... proteggere. E fra queste c'è anche mia madre.»
Naruto alza la testa e si rimette a studiare il soffitto, cercando di vedervi il viso di Kushina, ma inevitabilmente - dopo interminabili secondi - questo viene sostituito da quello delicato e gentile di Hinata, il cui potere su di lui pare in grado di sconfiggere anche l'amore per una madre - o forse è solo la consapevolezza che una si sta spegnendo e non ha più futuro, mentre l'altra ha ancora la possibilità di avere una lunga vita davanti a sé.
Egoisticamente, Naruto vorrebbe salvare entrambe, tuttavia sa che solo una andrà avanti.
Non può fare altro che tentare di annullare la minaccia che cerca di portarsi via chi non lo merita, a costo di sacrificare la propria vita nel tentativo.
Troppo eroico, per lui? No, quello non è eroismo né lo sarebbe mai stato. Lo muovono solo i sentimenti di qualcuno che vuole amore e riceve amore, e con quell'amore vuole andare avanti.
Qualcuno che quell'amore, in fondo, lo vuol far sopravvivere.
 «Domani verrà qui Sai. Non ho capito cosa sta succedendo alla residenza di Hiashi Hyuuga, ma a quanto pare il conte è molto arrabbiato» racconta Kurenai, prendendo suo figlio in braccio.  «Da quel che mi dicono, nessuno sa del rapimento di Hinata. Dopo due mesi, il conte ha tenuto per sé questo particolare. Se gli viene chiesto della maggiore delle figlie, Hyuuga inventa una scusa.»
«Presto o tardi qualcuno si accorgerà di tale farsa» afferma Kankurou, picchiettando le dita sui braccioli della poltrona quasi a scaricare la tensione accumulata in quei minuti.
«Che qualcuno se ne accorga o meno, le cose non cambiano. Hiashi Hyuuga è potente, nessuno oserà mettersi contro di lui» dice Tsunade Senju, scuotendo il capo. «Se Naruto è ancora vivo, lo deve soltanto alla sua fortuna, oltre che ai legami creati in questi anni.»
«Già, ma credo non basteranno» precisa il Namikaze, teso. «D'ora in poi, non avrò l'aiuto di così tante persone. Alla residenza era tutto più facile, gran parte della servitù del conte era stata impiantata lì da me oppure conosceva mio padre o, ancora, veniva pagata da Sai per fare determinate cose. Però, da quando è morta quella guardia, i miei piani hanno preso una piega non prevista, quindi sono costretto ad agire diversamente.»
«Dimentichi Tenten, Naruto.»
Una punta di sdegno attraversa la voce di Tsunade.
«Sì, anche Tenten. Fatico a credere che sia morta. Chissà se è stato Hiashi Hyuuga...»
«Ho come l'impressione che lui c'entri ben poco con questo omicidio» interviene Kurenai, sedendosi sul divanetto già occupato dalla contessa Senju. «Voglio dire... uccide Tenten, ma lascia andare voi e Sasuke? Non è strano? Al suo posto, avrei prima eliminato la spia, poi avrei braccato coloro che volevano mettermi i bastoni fra le ruote e vi avrei uccisi.»
«Il conte Hyuuga non ragiona come tutti gli altri, madame Kurenai» afferma Naruto, tetro.
«Forse no. Ma resta pur sempre un essere umano, signor duca. Non lo credete anche voi?»













Sasuke Uchiha e Sakura Haruno.
Vive con loro da due mesi, ma di tanto in tanto riesce a vedere Naruto, che passa spesso a trovarli - ed è così strano, perché il suo sguardo sembra teso ogni volta che lo incrocia.
«Hinata, potresti darmi una mano?»
La voce di Sakura la risveglia dai suoi pensieri. Trafelata, scatta in piedi e raggiunge la giovane donna, che tiene fra le mani due enormi buste all'apparenza piuttosto pesanti: allunga le mani verso una di esse e la prende fra le braccia, sorpresa dal peso. «Dio mio. P-Potrei sapere cosa contiene?» domanda poi, dirigendosi in cucina con la Uchiha.
Questa si ferma e posa la propria busta sul tavolo, affaticata. «Dentro c'è un po' di carne. Sasuke ha mandato uno dei nostri stallieri a comprarne un po': oggi verrà Naruto, poi ci faranno visita i signori Uchiha assieme a Obito... beh, con qualcosa dovremo pur sfamare tutte queste persone. Soprattutto quello sciocco di Naruto, il cui stomaco sembra un pozzo senza fondo.»
Inizialmente, Hinata ha pensato che Sakura e Naruto si conoscessero a causa del matrimonio della prima con l'Uchiha, ma poi il pensiero che in realtà i due fossero amici di vecchia data aveva iniziato a sfiorarla nel momento in cui Sakura si era messa a parlare del Namikaze in maniera fin troppo confidenziale, non poche settimane addietro.
Nonostante questo, Hinata non ha mai osato chiederle nulla, certa che l'argomento non le sarebbe certamente piaciuto.
«Sì, in effetti Naruto non sa contenersi.»
«Ah, quello scemo sa farsi riconoscere subito! Spero solo che il matrimonio lo renda consapevole dei propri difetti. Sarebbe anche tempo, ad essere onesti» commenta Sakura, alzando gli occhi al soffitto.
Hinata, sorpresa, scoppia a ridere, ma poi arrossisce ripensando alla frase della donna: 'Spero che il matrimonio lo renda consapevole dei propri difetti'. «Matrimonio, dite...?»
«Certo. Voi due state insieme, non è così? Dalla gran parte delle persone un rapporto simile non è visto di buon occhio, quindi penso che abbiate in programma di sposarvi prima dei mesi invernali. O sto errando in questa mia convinzione?» aggiunge divertita la Uchiha, notando l'improvviso rossore che ora rende accese le guance della Hyuuga.
«B-Beh, non s-so se io e l-lui... voglio dire... l-lui non ha d-detto nulla al riguardo, ed i-io...»
Decisamente, Hinata ha sempre odiato la propria timidezza.
Sakura sorride. «Hinata, sono sicura che te lo chiederà. In ogni caso, posso strapparti un altro piccolo favore? Prepareresti tu la cena? Devi solo accendere il fuoco e mettere la carne a cuocere. Sai... sono un po' affaticata e sento il bisogno di riposare.»
La Hyuuga annuisce timidamente, e nel farlo lancia un'occhiata al pancione dell'ex Haruno. «Va bene... ci penso io.»
Ed è così strano mettersi a cucinare, lo è ancor più quando Sasuke Uchiha entra in casa e la saluta con un solo cenno del capo, studiando per mezza frazione di secondo tutti i suoi gesti e poi la carne vicino al fuoco; è così strano che, quando Sakura torna da lei con un ampio sorriso, ha come la certezza di non aver sbagliato nulla - e sa che sta solo cuocendo della carne, ma quello le sembra addirittura magnifico.
Così strano, sì, come quando si gira e incrocia gli occhi un po' tesi ma accesi di Naruto, poggiato contro lo stipite della porta con aria assorta, e che senza proferir parola si avvicina a lei con un mezzo sorriso e le posa un bacio sulla fronte, scompigliandole poi i capelli con la mano.
Tutto troppo veloce, tutto troppo confuso, come il tempo che è passato dal momento della carne sul fuoco al bacio sulla fronte di Naruto.

«Vieni con me, Hinata?»
A quella voce, a quegli occhi, non avrebbe mai potuto negar nulla.
«Sì.»

«Sakura ti sta facendo sgobbare?» domanda il Namikaze, rompendo l'incantesimo per scrutare prima lei, poi il fuoco acceso, ed infine Sakura che, seduta in disparte, si accarezza il pancione e fa una smorfia udendo le parole del duca.
«Vorrei farti notate che Hinata sta cucinando per te, sciocco.»
«Ah, non puoi insultarmi sempre, Sakura! Non ho fatto assolutamente nulla.»
Ed è in quell'istante che Hinata sente ancora la presenza di quel qualcosa di speciale che ha accompagnato il lento ma inesorabile arrivo di Naruto, e percepisce che sarà proprio quello ad apportare tanti  e sconosciuti cambiamenti nella sua vita.










Fine Capitolo Uno






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Capitolo 26
*** - Parte Terza - Capitolo Due ***


Bloody Rose










[Capitolo dedicato a Katia
che, cavolo, mi sopporta ancora quelle poche volte che parliamo!
Ma LOL! XD]













Capitolo Due

















Sa che cambierà tutto quel giorno stesso, così Sai si siede senza far rumore, l'ombra di una smorfia sulle labbra appena contratte.  «Hiashi Hyuuga ha mandato altre due spie in giro per Londra. Cercano te e la signorina Hinata.»
L'espressione dipinta sul volto di Naruto da qualche minuto è seria e molto tesa, pare aver capito che non potrà restare lì ancora per molto.
«Capisco» è tutto ciò che ha da dire, dopo minuti infiniti di silenzio e meditazione; poi guarda attentamente Sai e sbuffa. «La contessina Hanabi? Come sta? Hinata ha chiesto espressamente di lei giusto ieri pomeriggio.»
Il servo scuote il capo: la domanda non lo stupisce. «Sta come stava quando sua sorella è partita con te, e cioè arrabbiata e delusa. Non pensava che Hinata l'avrebbe abbandonata così, con il padre. Ma, più che altro, la signorina è gelosa.»
Naruto inarca un sopracciglio, incapace di assimilare quanto gli è stata appena detto. «Gelosa? E di chi? Di me?»
Sai alza le spalle, abbozza un sorriso - non finto, probabilmente è davvero divertito dalla cosa. «La signorina Hanabi ha un modo tutto suo di ragionare. In ogni caso, la terrò a bada il tempo necessario perché il padre non si lamenti del suo caratteraccio.»
Cala il silenzio, attraversato da un filo d'inquietudine che li sfiora appena, quasi elettrico.
«L'ha toccata?»
Il serve s'irrigidisce ma scuote il capo. «Sto provvedendo a tenere a freno pure Hiashi. Finché Hanabi non esagera, non le accadrà assolutamente nulla.»
Naruto sembra rilassarsi con quella certezza, ciò nonostante Sai viene colto da un senso di spaesamento tutto nuovo che lo costringe a pensare che no, non riuscirà a trattenere lo Hyuuga per tutto il tempo, che forse Hanabi farà qualcosa di talmente sbagliato da mandare all'aria tutti i tentativi di proteggerla dalle ire del padre.
Tenere a bada quella donna è un compito arduo.
Il Namikaze tossicchia, attirando l'attenzione del servo che, appena alza gli occhi d'onice sulla sua figura, intravede un sorrisetto.
A volte il duca sa essere davvero invadente.
«È successo altro, Sai?»
«Nulla.»
«Va bene...»
Naruto batte le mani sulle ginocchia e si mette a fissare il pavimento del salotto con un'espressione che Sai non riesce a decifrare, però sa con certezza che il suo pensiero è rivolto a Hinata, a Hiashi e alla propria madre - poiché spesso sono gli unici pensieri che il giovane duca riesce a fare, legato com'è a quelle poche cose che lo rendono ciò che altri hanno voluto che fosse.
E rabbia, rancore, vendetta, ansia, felicità, disperazione, amore si riflettono nel suo sguardo cupo.
Tutti sentimenti che Sai non conosce.
Sentimenti che, tutto sommato, non ha bisogno di comprendere: è una spia, le spie devono per prima cosa reprimere quei sentimenti che potrebbero ostacolare gli incarichi, come proteggere una persona: preoccuparsi per essa avrebbe fatto sì che morisse, esattamente come la spia stessa.
E Sai non vuole che Hanabi muoia, per quanto la trovi irritante, infantile, violenta, poco femminile e, più di ogni altra cosa, acida.
Anche se, a pensarci bene, era piuttosto divertente vederla infuriarsi e rispondere in modo tale da far pensare che una ragazza come lei fosse tutto fuoché la figlia di un conte come Hiashi Hyuuga, che del proprio fascino freddo e irriverente aveva sempre fatto tesoro.
«I documenti. Li hai portati?»
La voce di Naruto è fredda, pronta a rimettere in moto le cose dopo mesi di stallo.
A versare altro sangue.
Sai dischiude le labbra e annuisce, pensieroso, senza però accennare altri movimenti. «Secondo la contessa Senju, è il visconte Orochimaru a controllare che gli affari dello Hyuuga vadano bene. Come ben sappiamo, è raro che quest'ultimo lasci la propria residenza, se non quando è strettamente necessario. Orochimaru resta qui a Londra e fa sì che gli acquirenti siano soddisfatti di ciò che viene offerto loro, così come si assicura che ciò che deve andare a Hiashi sia 'buono'.»
«Vuole che il compenso sia quello stabilito durante il primo accordo, giusto?» domanda Naruto, continuando a guardare il pavimento. «Secondo te Orochimaru incontrò mio padre?»
Pessima domanda. «Se l'ha fatto, possiamo giungere alla conclusione che è stata quella la causa dell'allontanamento di vostro padre dalla regina Vittoria.»
Il Namikaze alza lo sguardo, incredulo. «Mio padre sarebbe stato allontanato per essersi messo in affari con quel bastardo?»
«No, per aver ceduto alle richieste di Orochimaru, mio signore» chiarisce il servo, portandosi in avanti; non ha bisogno di alcun documento per esporre ciò che ha scoperto nel corso delle settimane. «Da quanto ho letto, Orochimaru offrì a vostro padre una cospicua somma di denaro per far sì che sorvolasse su alcune cose che... diciamo... erano giunte alle sue orecchie mentre sistemava determinate faccende per conto del Re.»
«Mi stai dicendo,» comincia il duca, con gli occhi spalancati da un'ombra di orrore, «che mio padre è stato assassinato perché ha scoperto qualcosa di cui non doveva sapere nulla?»
«Esatto.»
Quando una verità viene svelata è inutile stupirsi se le cose cambiano a causa di essa.
Così lo sguardo che Sai ha davanti cambia, cambia con quella certezza che ha impresso negli occhi del duca con qualcosa che non se ne sarebbe più andato via.
Già, a volte la verità uccide, non è così?












Le mani premono contro il vetro e così anche la fronte, mentre uno spiffero freddo attraversa la finestra senza farsi intimorire e le ricorda che forse è ancora viva e senza quel timore che l'ha attanagliata per ben due mesi - da quando l'unica persona che poteva capirla se n'era andata assieme a un assassino.
Ma davvero quel Minato Namikaze ha ucciso così tante persone?
 Hanabi non ha risposte, solo la certezza che gli occhi neri visti tempo addietro erano di colui che aveva posto fine a molte vite.
Perché altrimenti sarebbero stati azzurri, no? Oppure, quell'infausta sera, era stata lei a guardar male?
Quante domande, per una persona come lei, che alle proprie certezze ha sempre fatto affidamento, tanto che per esse sarebbe giunta a dar persino la vita, se necessario.
Sospira e guarda i giardini con una punta di amarezza, mentre una pioggia fitta bagna ogni pianta e fiore, dissetandole quel tanto che basta a renderle più belle nel tempo.
Alla mamma questo spettacolo sarebbe piaciuto, pensa Hanabi, rammentando l'estrema passione della madre per i giorni di pioggia e quel profumo che invadeva i giardini arrivando fin dentro la residenza.
Quando piove, l'odore delle rose è ancora più forte. Mi dà il voltastomaco.
Un lieve bussare interrompe quel contatto fuggevole col passato.
Hanabi socchiude gli occhi per un secondo, poi si volta. «Avanti.»
La porta si apre e spunta chi non si sarebbe mai aspettata di vedere: Shikamaru Nara, il figlio del dottor Shikaku.
Il giovane, dopo averle lanciato un'occhiata accurata, si chiude la porta alle spalle; successivamente si poggia contro di essa infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni, e la Hyuuga si chiede il motivo della sua presenza lì.
«Scusate il disturbo» esordisce il Nara, pacato. «Volevo solo chiedervi se avete avuto notizie di vostra sorella Hinata.»
Ah, sì. Hanabi studia il ragazzo per mezzo secondo, consapevole dell'estremo affetto provato da questi verso la sorella maggiore. «Purtroppo mio padre non è riuscito a trovarla. Dice che quel Namikaze è più furbo di quanto si creda. Tu cosa ne pensi, Shikamaru? Minato Namikaze è davvero intelligente come sostiene?»
«Beh, se vostro padre asserisce che lo sia, perché metterlo in dubbio?» risponde il giovane, senza esitazioni.
Sembra serio, molto più del consueto. Non lo ha mai visto così concentrato, in effetti, ma la contessina sa bene che la situazione è tutto fuorché normale.
«Non hai tutti i torti» conviene infine, abbassando gli occhi sul pavimento per riflettere - su cosa? E perché? Avrebbe dovuto rendersi conto prima del fatto che quel Namikaze fosse un farabutto.
Un maledetto impostore.
«Anche se Naruto un po' stupido lo è sempre stato.»
Hanabi spalanca gli occhi e li rialza senza fiato, ma Shikamaru ha già aperto la porta ed è uscito, chiudendola senza fare il minimo rumore.
Ed è lì che il presentimento nasce, da una frase detta d'istinto, un indizio che il figlio di un semplice medico si è lasciato sfuggire senza un motivo ben preciso, un nome che le risuona in testa con irritazione:  Naruto.
Naruto. Minato. Naruto. Minato.
Che storia è questa?
Anche se Naruto un po' stupido lo è sempre stato.
Hanabi resta immobile, incapace di pensare ad altro che a quei due nomi, ma non dura molto: il tempo di guardare di nuovo il pavimento e poi la porta, e via, un passo dopo l'altro, fino a raggiungere quest'ultima per spalancarla di colpo, gettandosi nel corridoio con una nuova certezza da aggiungere a molte altre. «NARA!»
Ma lui non c'è più.
La Hyuuga prende fiato e si guarda da una parte all'altra, confusa.
Perché lui sa e non c'è.
«Nara? NARA!»
No, non c'è più.













Ino si sistema fra le braccia la cesta contenente i vestiti puliti della contessa Hyuuga  e riprende fiato, ormai giunta in cima alle scale.
Dio mio, quanto roba!, pensa, scuotendo il capo.
Dopo la morte misteriosa di Tenten, era stata costretta a svolgere tutte le mansioni da sola, in attesa che il padrone della tenuta assumesse qualche altra cameriera, ma Ino ha come la sensazione che Hiashi Hyuuga non sia intenzionato a muoversi in quella direzione.
Sospirando rassegnata, la giovane entra in uno dei corridoi, diretta alla stanza della piccola Hanabi, ma quasi si scontra con Shikaku Nara, che fa un passo indietro per impedirle di sbattergli contro.
Oddio!
«Oh! Scusami, Ino!» esclama il medico, posando le mani sotto la cesta per aiutarla a non farla cadere. «Non volevo. Ah. Hai bisogno di un aiuto? Sembra parecchio pesante.»
La Yamanaka sorride, rincuorata: fortunatamente è solo il padre di Shikamaru. «Non si preoccupi, non è poi così difficile trasportarla.»
«Noto con dispiacere che svolgi ancora le mansioni che erano di Tenten» mormora Shikaku, le labbra piegate verso il basso.
«Penso che il signor Hiashi preferisca cercare Hinata, piuttosto che trovare qualcuno che sostituisca Tenten, signore. È da due mesi che non lo si vede in giro per la tenuta.»
Hiashi Hyuuga aveva sempre avuto l'abitudine di camminare  almeno due volte al giorno per tutta la residenza, forse per pensare meglio, forse per tenere sotto controllo la servitù, cosa di cui Ino non si sarebbe certo stupita.
Quell'uomo è prudente, dopotutto.
Il dottore abbozza un sorriso. «Sì, l'ho notato anch'io. Ora mi devi scusare, Ino, ma devo andare nel mio studio per fare qualche ricerca. Cerca di rallegrare un po' Shikamaru, ultimamente mi sembra giù di morale.»
«Sì, come desiderate. Beh... allora buon lavoro, signore.»
«Grazie.»
Ino lo guarda sparire nel corridoio alla propria sinistra e si morde l'interno della guancia, incuriosita.
 Il padre di Shikamaru aveva un'espressione strana in volto, non sembrava né felice né triste, solo... troppo rilassato. Chissà cosa stava pensando quell'uomo...
«Ehi, perché sei ferma in mezzo al corridoio? Vuoi una mano?»
Shikamaru la guarda interrogativo, una mano che si gratta il capo, l'altra infilata in tasca.
Due Nara in meno di tre minuti. Ottimo! «Non ho bisogno di aiuto, grazie.»
«Che tono acido. Per caso è successo qualcosa, Ino?»
«Ovviamente no» la ragazza rafforza la presa sulla cesta e rotea gli occhi. «Prima ho incontrato tuo padre. Sembrava molto strano, sai? Come se fosse preoccupato per qualcosa.»
Il ragazzo inarca un sopracciglio, perplesso. «Ah, sì? Mah, sarà per colpa del padrone della tenuta. Sai bene che la morte di Tenten ha messo in crisi il conte. Papà ha cercato di spiegargli che gli era impossibile stabilire le precise cause della morte della ragazza, ma quello non ha voluto sentire ragioni.»
«Niente veleno. Niente ferite da taglio, niente colpi di pistola o chissà che altro» ripete la Yamanaka, quasi a memoria. «Beh, allora resterà un mistero, no?»
«Naruto credeva fosse veleno» aggiunge Shikamaru, abbassando la voce. «Secondo te è invischiato nella morte della ragazza?»
Ino lo guarda sbalordita. «E questo come ti è venuto in mente, Nara?»
«Non so... ma il nostro amato duca sembrava conoscere bene i sintomi della morte di Tenten, Ino. Pensaci bene. Potrebbe anche averla causata lui.»
«Scusa, non capisco: ti fidi o no di Naruto?»
Shikamaru la studia per qualche istante, gli occhi scuri che ne denotano l'estrema intelligenza appena spalancati. «Mi fido, ma fino ad un certo punto. Con gli anni le cose cambiano, e lui è cambiato molto dall'ultima volta in cui mio padre ed io l'abbiamo incontrato per pianificare tutto.»
Cambiato? «E quali sarebbero le differenze col Namikaze di qualche tempo fa?»
«Era arrabbiato.»
«A-Arrabbiato?»
«Sì, così arrabbiato che avrebbe ucciso Hiashi con le proprie mani. Ora è semplicemente... freddo. Freddo tanto quanto potrebbe essere Sasuke, per esempio.»
Ino si morde il labbro, percependo nella voce del Nara un velo d'inquietudine che non le piace per niente. «Ed è un bene o un male?»
Shikamaru scuote il capo e leva gli occhi al soffitto, guardando verso l'alto, oltre ciò che Ino non può vedere.
«È proprio questo il problema. Non lo so.»











Naruto è lì, sdraiato sul suo letto, con gli occhi chiusi e l'espressione apparentemente rilassata, le mani sotto la testa, le labbra un poco serrate e i capelli biondi un po' scompigliati.
È l'immagine della serenità, quel giorno, sebbene Hinata lo trovi strano - diverso dal Naruto che ha incontrato mesi prima alla tenuta di famiglia, e non sa spiegarsene il motivo.
«Naruto...?»
Lui non si muove né risponde, immerso nel sonno e in quella pace da cui non vuole essere strappato.
Deve essere tanto stanco, pensa la Hyuuga, sorridendo.
Quella sera il Namikaze aveva fatto loro visita, sorprendendoli, tanto che Sasuke aveva avuto da commentare con uno spigoloso 'ma tu non hai una casa in cui stare?', mentre Sakura, stranamente, si era messa solo a ridere e aveva guardato Hinata con una strana luce negli occhi verdi.
Dalla visita a sorpresa, era passata soltanto un'ora.
Hinata si avvicina al letto e si siede piano per non svegliarlo, ma quasi subito la mano di Naruto afferra la sua e lei capisce che in verità è sveglio, e che forse è sereno per altri motivi, molti dei quali le sono sconosciuti.
Sospira. «M-Ma tu... non dormivi?»
Il Namikaze si porta la mano di Hinata sul viso. «No, proprio no. Come posso permettermi di dormire, se sono appena arrivato?»
«Però devi essere tanto stanco... »
Naruto scoppia a ridere. «Non mi stanco per così poco, credimi. Inoltre, il solo sapere di averti attorno mi rende più sveglio di quanto tu creda. Non pensavo di potermi sentire così.»
Hinata rabbrividisce e mentre si ripete le parole pronunciate dal proprio compagno, pensa anche al calore che le invade ora la mano, premuta contro la guancia del Namikaze con forza; lo scruta incerta, e nel farlo avvampa completamente, perché quegli occhi azzurri la stanno divorando piano, per niente impauriti.
Quegli occhi azzurri che ha sempre amato e che amano lei.
Solo lei.
O forse no?
«Posso chiederti una... una cosa?» balbetta Hinata, deglutendo sonoramente.
Naruto la guarda confuso, poi annuisce. «Certo. Dimmi pure.»
«Per caso c'è stata qualche... altra d-donna importante per t-te? V-Voglio dire, in passato mi hai detto che hai avuto altre relazioni...»
«Non erano relazioni» precisa lui, facendo un sorrisetto; non sembra vergognarsene.
«... non riesco a trovare un termine a-adatto... comunque volevo dire... c'è stata un'altra? Non credo di essere stata l'unica ad aver...»
«Sì, un'altra c'è stata.»
Il cuore di Hinata scricchiola.
«D-Davvero?»
«Era Sakura.»
Di colpo, espandendosi un poco e premendo contro il petto, il cuore segnala il dolore causato dalla conferma di un presentimento avuto per caso, due giorni addietro, ed è impossibile celare le proprie emozioni o impedirsi di avere gli occhi lucidi.
Perché continua a scricchiolare e il dolore si estende arrivandole in gola, e dalla gola fino agli occhi e poi alla mente, dove tutto diventa più acuto, più lacerante, più brutto.
«C-Capisco» è tutto ciò che le esce di bocca, che sotterra i mille pensieri che in realtà si sta facendo.
Una reazione stupida da parte sua, ovvia se si riflette attentamente.
Però stupida, sempre e comunque.
Naruto diventa di pietra e si mette a sedere. «Hinata, perché piangi? Non... non avrei dovuto dirti nulla... maledizione...»
«I-Io non sto piangendo» sussurra la Hyuuga, scuotendo il capo e ritraendosi.
Ma il Namikaze le prende il volto fra le mani e l'attira a sé per baciarla - piano, con sicurezza ma attenzione, deciso a rassicurarla. «È vero, amavo Sakura. Tuttavia questi sentimenti sono morti anni fa, perché lei mi aveva ferito e lasciato per poter stare con Sasuke. Non voleva me. Ed io, in fondo, non desideravo averla accanto.»
Scricchiola, scricchiola ancora.
«Io non...»
«Hinata» Naruto la bacia un'altra volta, mettendoci più forza, dopodiché si stacca e la guarda fisso negli occhi. «Per me ora ci sei solo tu. Solo tu. Mi sono innamorato di te e te voglio continuare ad amare. Guardami: sono uno stupido, un ingenuo, cerco vendetta e faccio tanto il rabbioso. Ma se tu non ci fossi stata, credi davvero che io sarei ancora vivo? Io no, non lo credo.»
Davvero vuole solo lei? Davvero la vuole accanto?
Davvero lei è il suo presente? Davvero Sakura è il passato?
L'immagine nitida della Haruno che si accarezza il pancione con un sorriso e lo sguardo attento di Sasuke le appaiono davanti agli occhi per un solo istante.
E il cuore batte più forte, scricchiola di meno, tant'è che diventa quasi una cantilena che accompagna ogni bacio che Naruto continua a darle, minuto dopo minuto, battito dopo battito, mentre il buio fuori dalla piccola tenuta di Sasuke e Sakura diventa più fitto e le stelle diminuiscono.
La paura resta, ma è legittima, come tante altre.
Il duca poi si stacca lentamente, ridacchia, sussurra spontaneo:  «I miei baci sono miracolosi, visto? Non piangi più.»
Hinata ride, la voce bassa, il corpo invaso da brividi quasi elettrici e il petto che fa male ma è caldo in maniera piacevole, pulsante.
Vedendola più calma, Naruto ricade indietro sul letto e le fa segno di avvicinarsi. «Dormi con me, Hinata?»
Una richiesta spontanea, addolcita da quegli occhi azzurri che ora non la vogliono più divorare, ma cullare e proteggere come hanno sempre fatto da quando l'hanno vista, mesi addietro.
E Hinata annuisce, mette da parte timidezza e pudore e si sdraia accanto a lui, poggiandogli la testa sul petto.
Mette da parte i dubbi e le paure, mette da parte tutto.
Però pensa, poco dopo,  a ciò che per giorni l'ha afflitta e che non ha nulla a che vedere con Naruto - o almeno, non del tutto.
Ed è difficile non parlare. «Io... Naruto?»
Lui la guarda, incuriosito. «Che c'è?»
«Stavo pensando ad Hanabi. Secondo te, lei sta bene?» chiede, esitante, ben sapendo che il Namikaze ha promesso che avrebbe fatto proteggere sua sorella a qualunque costo.
Difatti Naruto sbuffa, poi comincia ad accarezzarle i capelli. «Stamattina ho parlato con Sai. Mi ha detto che Hanabi sta bene e che non le accadrà assolutamente nulla.»
«M-Mi sento egoista.»
«Perché mai? Hinata, se fossi rimasta lì, Hiashi ti avrebbe frustata un'altra volta - avrebbe sicuramente capito che avevi a che fare con la mia fuga, non credi?»
«Lo so.»
«E poi è anche colpa mia. Sono più egoista di quanto si possa immaginare. Ti ho portata via subito, pur sapendo che avrei messo in pericolo te, Hanabi, la mia famiglia e Sasuke e Sakura. Quindi non rimproverare te stessa per qualcosa di cui non hai alcuna colpa. Lo scemo sono io, lasciami il primato, almeno» aggiunge Naruto, scoppiando a ridere.
Hinata si rannicchia contro di lui e sorride, arrossendo un poco. «Non s-sei e non sarai mai scemo...»
«Per te no, ma chiedi a Sasuke e poi vedrai.»
E ancora risate, spensieratezza, tranquillità.
Quella calma di cui entrambi hanno bisogno prima del peggio.
Perché, lo sanno bene, tutto ciò che è bello finisce presto per lasciar posto alle più atroci sventure.












Fine Capitolo Due







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Capitolo 27
*** Parte Terza - Capitolo Tre ***


Bloody Rose







Capitolo Tre






Disagio: è questo ciò che prova Hanabi mentre percorre con gli occhi il lungo sentiero sterrato che supera gli imponenti cancelli della tenuta, per poi sparire fra un albero e l’altro, odiosa via di fuga per chiunque.
Quel sentiero, lo sa, è stato percorso mesi prima dalla sorella e dall’amante.
Cerca di immaginare la scena, la gioia che Hinata deve aver provato, ma quando si azzarda a visualizzare il volto di Minato non può nutrire che rabbia, e allora il volto svanisce, si disperde nella sua mente diventando vapore giallo e azzurro, pronto a dissolversi del tutto.
Le dà la nausea.
Afferra con le mani due lembi dell’abito che indossa e solleva la gonna da terra, attenta a non sporcarla, pronta a tornare fra le mura della tenuta tanto odiata.
Cammina, cammina, e poi solo pensieri confusi, calcoli insensati, due nomi che da ben una settimana le vorticano nella mente accompagnati da problemi di altra natura, futili fastidi di cui vuole fare a meno almeno per quel giorno.
Ino le apre celere la porta senza proferir parola; quando fa il suo ingresso nel salone, scorge subito l’elegante figura del proprio cugino, Neji, intento a conversare amabilmente con un altro ospite.
Sabaku no Gaara era tornato a far loro visita la mattina precedente, quando Neji aveva avuto la straordinaria idea di rallegrarla con un po’ di compagnia – come se la presenza di un uomo simile potesse distoglierla dal pensiero della sorella.
Hanabi sospira teatralmente, rivelando ai due gentiluomini la propria presenza.
«Cugina, vedo che non hai perso tempo,» osserva Neji, spostando gli occhi su di lei, un braccio poggiato su un bracciolo della poltrona su cui è seduto, l’altro intento a reggere un bicchiere di quello che agli occhi di Hanabi sembra brandy, «hai trovato piacevole la passeggiata?»
Orribile. «Sì, è stata deliziosa. Avevo bisogno di respirare un po’.»
Neji annuisce, soddisfatto. «Ormai l’autunno è alle porte. Meglio godersi quel poco sole che rimane prima di prepararsi ai mesi freddi.»
Non ti preoccupare, cugino. In questa casa c’è talmente tanto freddo che non ho bisogno di prepararmi a nulla: anni di gelo mi hanno resa immune a siffatte sciocchezze.
Hanabi nota ogni cosa, nulla le sfugge, sicché volge lo sguardo verso il nobile Gaara, che fa ondeggiare ritmicamente il liquore nel proprio bicchiere, come ipnotizzato dal suo infrangersi contro quelle pareti di fine vetro.
Non è riuscita a parlare granché con lui, ma Hanabi si è fatta un’idea piuttosto distaccata del carattere messo in bella mostra in quei pochi giorni e in quelle rarissime volte in cui c’era stato qualche scambio, il necessario per far felice Neji, una bella messinscena d’una normalità inesistente.
Un uomo tranquillo, senza pretese – comune ma al tempo stesso infinitamente distante dall’essere solo quello e nient’altro.
Hinata sarebbe stata più in sintonia con Gaara di quanto non sia io.
Qualcuno bussa alla porta.
Hanabi leva lo sguardo, spalanca le palpebre: gli occhi scuri di Sai, che si posano fin da subito su di lei; un lieve imbarazzo, una consapevolezza improvvisa. Tutto è dettato dal rapporto conflittuale nato fra di loro in quei due mesi, tutto la spinge a spostare la propria attenzione dove ritiene più opportuno.
Quei due mesi, piena estate, la mancanza della sorella, la rabbia.
Avverte una fitta, Hanabi, come di rimpianto, come se le proprie azioni non fossero state del tutto sbagliate; ciò nonostante, evita di far riemergere i ricordi, perché non sentirsi in colpa è l’ultima cosa che le serve.
Allora prende un respiro profondo e attende che lui parli.
Una riverenza e la sua voce che riempie il silenzio.
«Vorrei scusarmi per l’interruzione, ma ho bisogno urgente di parlare con voi, Lady Hanabi. Vostro padre mi ha ordinato di riferirle novità importanti.»
Come sempre, pensa la Hyuuga, muovendo qualche passo verso la porta, quasi impettita, con un fremito di rabbia a incendiarle lo sguardo lilla – e mentre si fa vicina al servo di suo padre, Hanabi non bada al cugino, né a Gaara, ma punta solo a Sai, decisa a uscire e superarlo.
Decisa a capire cosa accadrà da quel momento in avanti.
La porta si chiude di nuovo.
Questa volta la luce che illumina il lungo corridoio è tenue, inquieta, fa da sfondo a una conversazione che non piacerà né a lei, né a Sai.
Anche se lui, in fondo, non prova niente.
Anche se lui, in fondo, sa che non è affatto così.
«Riesco a percepire il vostro rancore» esordisce Sai, prima che lei possa dire alcunché. «Ma suppongo che gli ordini di vostro padre annienteranno le vostre speranze di stare alla larga da me.»
Belle parole, le sue – così irritanti.
«Credo di non afferrare dove vuoi andare a parare.»
«Immagino che non vogliate capire, ma fa lo stesso» Sai va verso la parete e picchietta un dito contro il muro ingrigito dagli anni, per poi voltarsi e posarvi la schiena. Dal suo sguardo non scaturisce nulla, sebbene Hanabi abbia la sensazione che quella sia solo una facciata, l’ennesima. «Dopo la fuga di vostra sorella con il duca Namikaze, vostro padre ha tentato in ogni modo di nascondere alla società l’imbarazzante avvenimento. Nessuno immagina – come potrebbero? D’altronde, le figlie del conte Hyuuga non sono mai state, nemmeno in passato, amanti della città; e Londra è sempre stata una meta occasionale, nulla più.»
«A questo punto, tuttavia, scansare inviti a balli, cerimonie e ricevimenti di dubbio gusto si è rivelato un problema non trascurabile. Il conte si vede oramai costretto a farvi partecipare voi  senza Lady Hinata, sperando che i nobiluomini e le nobildonne di Londra o di qualunque posto ove vi recherete non facciano caso alla sua assenza.»
«Come se gliene fosse mai importato qualcosa» bofonchia Hanabi.
«La sua incredibile abilità nel nascondersi ai balli per non conversare con nessuno è un vantaggio che non possiamo sottovalutare,» considera Sai, una nota d’ilarità nella voce, «vostro padre ha pensato a tutto. Questa strategia presuppone che parliate amabilmente con chiunque chieda di Lady Hinata, ma esige un controllo su quel che avrete l’ardire di raccontare.»
«Che cosa vuoi dire?»
Sai sorride, si sistema accuratamente la giacca. «Forse ci sto girando troppo attorno? Eppure avrei giurato che sareste arrivata alle vostre conclusioni prima che io potessi finire di esporvi il piano.»
«State insultando la mia intelligenza?» un violento rossore assale le guance di Hanabi.
«No, tutt’altro: la elogiavo, ma temo che il messaggio non vi sia giunto come avrebbe dovuto. Per farla breve e non prendervi in giro, mi è stato affidato il compito di scortarvi in ogni vostra uscita.»
L’orrore scaturito dal viso della ragazza deve essere così palese che, appena un attimo dopo, Sai scoppia a ridere sguaiatamente, fregandosene dell’offesa recatale con un tale atteggiamento.
«Non osare ridere!»
«Dovreste vedere la vostra faccia, Lady Hanabi, capireste perché mi è impossibile contenermi» risponde Sai, scuotendo il capo.
Rancore e disagio sono sentimenti di cui Hanabi cerca di sbarazzarsi immediatamente, senza intravedere risultati; il sorriso che danza sulle labbra del ragazzo le impedisce anche solo di pensare a qualcosa di abbastanza tranquillo da riportarla alla normalità, fredda e impassibile come ogni Hyuuga dovrebbe essere.
Ma uno Hyuuga così non è forse troppo freddo, troppo vuoto?
Uno Hyuuga, in effetti, è ciò che Hanabi non vuole più essere, ma desiderare allontanarsi è facile, accontentare un capriccio è fare una strada perennemente in salita.
«C’è qualcosa nel modo in cui mi guardate, Lady… dove state andando?»
Girare i tacchi e fuggire.
O almeno tentare sapendo che Sai la seguirà da lì a poco, continuando a deriderla, schernirla, senza che lei possa dire o fare qualcosa per impedirlo, complice l’enorme confusione che le annebbia sgradevole la mente.
Passi affrettati.
Così prevedibile.
«State scappando da me, per caso?»
«Affatto!»
«Allora potreste anche fermarvi e sentire ciò che ho da dire» dichiara Sai inseguendola.
Hanabi lo ignora e prosegue spedita, evitando di lanciare occhiate dietro di sé.
Al termine del corridoio li attende l’ampio salone d’ingresso, dove un paio di guardie sorvegliano l’enorme portone perfettamente immobili, imitazioni di statue dalla dubbia utilità.
Dalla precipitosa fuga di Hinata con Minato Namikaze, il padre aveva aumentato prontamente la sorveglianza, posizionando alcune guardie a ogni ingresso della maestosa tenuta.
Fin dal primo momento in cui le aveva viste, mesi addietro, Hanabi si era chiesta a che diavolo servissero, e ora che è lì, decisa a liberarsi di Sai, non può che porsi la stessa, identica domanda.
Non ci sono stati altri omicidi, pensa fra sé e sé, e non credo che il duca abbia intenzione di  tornare qui, quindi perché sorvegliare chiunque entri ed esca dalla tenuta?
«Trovo ammirevole la velocità con cui vi muovete malgrado le vesti che indossate, Lady Hanabi, ma gradirei poter concludere la nostra conversazione da fermi.»
La voce di Sai le giunge pacata, sebbene in essa vi sia una punta di esasperazione non indifferente.
Hanabi si ferma col fiatone fra le due guardie a cui quel giorno è affidata la sorveglianza; mettendo da parte ogni altro pensiero non inerente la propria fuga, e scoccando un’occhiata all’immenso portone d’ingresso con espressione disperata, decide di provare a fregare quell’insolente spia di Sai.
Poggia le mani sul chiavistello e lo solleva con forza.









«Avete intenzione di uscire?»
Hanabi si volta e abbozza un sorriso – non c’è nulla di buono nella soddisfazione che le piega le labbra, ma Sai non ha il tempo né la voglia di star lì a chiedersi cosa passi per la testa della ragazza.
«Sentite, voglio solo informarvi delle intenzioni di vostro padre, non mi sembra di aver da dire null’altro che questo» insiste poi, guardando da lei al portone che si schiude lentamente, permettendo a un raggio di luce di penetrare nel salone semi deserto.
«Non ho la benché minima voglia di ascoltare» dice Hanabi, spingendo nuovamente il portale, che si spalanca abbastanza da consentirle di fare un passo fuori. «Se vorrò udire altro, consulterò mio padre. E ora lasciami stare.»
Le ultime parole sono pregne d’irritazione tutt’altro che trattenuta, caricata quanto basta a lasciare interdetto Sai, che s’immobilizza per una frazione di secondo, il necessario perché la nobile lo noti.
«Che c’è? Sono riuscita a scoraggiarti, forse?»
Una risatina soffocata: una delle guardie tradisce il divertimento per così poco, meritandosi uno sguardo freddo da Sai e la benevolenza istantanea di Hanabi – o almeno così sembra, data l’espressione soddisfatta impressa sul suo volto orgoglioso.
Avevo detto a Naruto che sarebbe stato facile contenerla, che non mi avrebbe mai dato problemi, pensa la spia, sentendosi preso in giro, ma a quanto pare ho fatto male i miei calcoli. Peccato.
Fa per muoversi, prendendo in considerazione l’idea di attaccare al muro quella donna impudente, ma l’ennesimo ostacolo gli si para di fronte sotto la forma di un ordine perentorio.
E, per l’ennesima volta, non può agire come vorrebbe.
«Vi ordino di non lasciarlo passare. È mio volere fare una passeggiata da sola, senza disturbi di alcun genere!»










«Vuoi muoverti adesso?»
Sasuke è scettico, ma come dargli torto?
Naruto non è tipo da dare ragione all’amico, ha passato anni interi a battagliare con lui su qualunque argomento possibile con l’unico intento di ottenere ragione – sport, politica, donne, nobiltà, ogni tema è stato motivo di scontro fin dall’adolescenza –  ma ora non può non pensare che sì, Sasuke ha ragione, diamine, è troppo presto per agire.
È un passo falso che potrebbe mettere tutti in pericolo.
«Senti, so bene che è irragionevole» sbuffa, grattandosi nervosamente la nuca. «Portare Hinata a Londra con tutto quello che sta avvenendo… con tutte quelle spie pronte a ucciderci pur di ricondurla dal conte – ma non posso aspettare oltre.»
Non ha imparato niente.
Perché va bene concordare su una cosa, ma agire come vuole Sasuke è impossibile per Naruto.
E dunque uno sbuffo – Naruto ha smesso di contarli da quando ha messo piede nella tenuta dell’Uchiha – e un rimprovero fatto di mutismo, giacché Sasuke è un esperto di minacce silenziose.
«Non ti fermerò. Tanto è inutile parlare con te, preferisci metterci tutti nei guai.»
«Chi mette nei guai chi?»
Sakura entra nel salone in cui stanno conversando, al seguito la sua cameriera personale, una ragazza dall’espressione piuttosto allegra con cui Naruto non ho mai avuto occasione di parlare.
 «Ma no, Sakura… stavamo discorrendo della situazione…»
La voce di Naruto si spegne, mentre il cervello cerca di elaborare una risposta plausibile; non vuole rendere partecipe la donna della propria avventatezza, sa bene che questo farebbe infuriare Sasuke.
In quei giorni di tensione e frenetici preparativi, entrambi avevano provato a tenere Sakura all’oscuro di tutto, conversando solo quando necessario e lontano da orecchie indiscrete; ciò però non sembrava aver tenuto fuori la donna, che ogni giorno per ben due mesi aveva lanciato loro occhiate interrogative ed estremamente sospettose.
Perché Sakura stupida non è mai stata.
«Piuttosto, Hinata dov’è?» borbotta infine Naruto, deciso a distogliere Sakura dalla loro conversazione e da quei dubbi che le attraversano il viso, lievi eppure ben visibili persino a un tipo poco sveglio come lui.
«Hinata? Oh, è nelle sue stanze. Credo stia sistemando alcuni dei vestiti che le hai comperato. Era molto sorpresa quando le ho detto che erano in arrivo altri abiti.»
«Sperando siano di suo gradimento.»
«Lo sono, fidati,» ride Sakura, scuotendo il capo, «anche se in verità accetterebbe qualsiasi regalo, l’importante è che sia da parte tua.»
Naruto arrossisce vagamente, cercando tuttavia di dissimulare l’imbarazzo con un forzatissimo colpo di tosse.
«Beh, visto come stanno le cose… credo che andrò a sincerarmi di persona che sia tutto di suo gusto.»
Fa finta di non notare il puro ribrezzo insito negli occhi di Sasuke quando si alza dalla poltrona, consapevole che la loro discussione non è ancora finita, anzi, probabilmente è appena iniziata; le iniziative suicide non sono mai piaciute all’Uchiha, che ora si vede persino costretto a tacere per via di Sakura, di cui non è mai stato in balia, ma che per uno strano scherzo del destino pare esercitare una sorta di dominio dovuto alla gravidanza imminente, indi per cui non può che limitarsi a guardare Naruto mentre si avvia verso la porta scappando.
Perché sì, Naruto ne è consapevole: sta scappando da una violenta discussione solo grazie a Sakura.
Non può trattenere un sorriso a quel pensiero.
Imbocca un corridoio pieno di porte e stanze deserte, luoghi vuoti che non hanno mai ospitato nessuno e che presto si riempiranno di bambini urlanti dai capelli rosa e gli occhi verdi – o magari neri, e saranno antipatici come Sasuke, copie esatte che tormenteranno i suoi figli dalla mattina alla sera, prendendoli in giro.
Naruto si blocca in mezzo al corridoio, interdetto.
Figli.
Sta già… no, non sta pensando di avere dei figli suoi, non è possibile.
Oppure, ormai pienamente conscio dei propri sentimenti per Hinata, ha già iniziato – seppur involontariamente – a progettare di avere una famiglia, una casa tutta per loro, e addirittura dei pargoli,  perché pienamente cosciente che lei diverrà sua moglie?
Progettare simili eventi senza neppure averle chiesto la mano.
A ben pensarci, però, ha progettato ben altro senza porsi problemi di sorta, quindi perché fermarsi lì?
Riprende a camminare con la testa ingombra dai più disparati pensieri, su cui tuttavia l’ultimo prevale, poiché intimo e caldo – ben più di quanto avrebbe potuto immaginare – tanto da spingerlo a pensare che  sciacquarsi il viso possa servire a calmare i bollenti spiriti.
Cristo, cosa mi prende ora?
Giunge alla stanza di Hinata dopo non pochi minuti, passati a sbattere mentalmente la testa al muro e a rallentare il passo per far sì che il corpo torni innocuo e incontaminato da desideri che non può soddisfare.
Si schiarisce la voce e abbassa la maniglia, aprendo lentamente la porta.
Il suo primo pensiero  è che avrebbe dovuto bussare.
Hinata gli dà le spalle, ferma davanti all’alto specchio posto in un angolo ben illuminato dall’enorme finestra che occupa la parete alla sua destra, un paesaggio gradevole di campagna a colorare la vista.
Ma non è quello che monopolizza la sua attenzione.
Hinata si sta infilando uno degli abiti che le ha regalato senza la biancheria, che giace in un angolo del letto, abbandonata come nulla fosse.
Naruto geme interiormente e le osserva le spalle nude, la schiena liscia e candida, cosparsa qua e là di piccoli nei appena visibili; lo sguardo scivola sui fianchi morbidi e sinuosi in parte nascosti dalla stoffa di raso azzurro dell’abito, che cela alla sua vista quel che viene dopo, privandolo di una visione senz’altro gradevole.
La ragazza non si è accorta di lui: sta fissando qualcosa nel proprio riflesso sullo specchio –  qualcosa che lui non riesce a vedere – così pensierosa da non notare nemmeno il suo, di riflesso, immobile sulla porta, incapace di staccarle gli occhi di dosso e con il cuore che batte a mille.
Poi un calore diffuso attraversa le guance del duca, accompagnato da un altro, troppo intimo, troppo inopportuno – eppure sentirlo tale gli sembra sbagliato, un insulto quasi.
Perché trovarla bella, desiderarla a dismisura… quello no, non può essere sbagliato, non ci può essere vergogna alcuna  nell’amare non solo il suo spirito, ma anche il suo corpo, e di conseguenza dar vita a istinti naturali, dirette conseguenze di una passione che cresce giorno dopo giorno.
Quella pelle scoperta, la pelle candida.
La vuole toccare – farle capire quanto male gli fa non poterla sfiorare con le dita, saggiare la morbidezza della sua pelle.
Sussultare, voltarsi di scatto.
Non spostarsi, il corpo preda di una febbre incurabile.
«Hinata?»
Un rumore – un soprassalire lieve che distrugge la contemplazione – e lei che si volta, probabile preda di un imbarazzo crescente, una vergogna che verrà taciuta quando si sarà vestita, tornando innocente com’è sempre stata.
«Scusa, avrei dovuto bussare» si affretta a dire Naruto, abbassando il capo.
«Non… non importa. Non ti devi scusare.»
Di certo, pensa Naruto, consapevole, non percepisco le mie scuse come veritiere. Non posso pentirmi. Io voglio…
Respira a stento, emettendo un rantolio che non può contenere la tempesta emotiva che ha dentro di sé, il segnale che il suo corpo è sveglio e attende l’evolversi della situazione.
Per la prima volta Naruto comprende ciò che deve fare – anche a costo di risultare sfacciato, arrogante, persino pretenzioso agli occhi di Hinata.
Così fa un giro su se stesso, non provando nemmeno vergogna nel guardarla e nell’essere guardato con lo stupore che ci si aspetta da chi viene colto alla sprovvista dalla violazione di una intimità che Naruto vuole approfondire a ogni costo.
Hinata ha impresso disorientamento nelle labbra appena dischiuse e negli occhi lilla inevitabilmente spalancati. Le mani invece sono impegnate a tirare su l’abito, quanto basta per coprire i seni, di cui si riescono a intravedere giusto le rotondità.
«Naruto, cosa…»
«Se devo essere onesto, ero venuto qui per chiederti se gli abiti che ti ho portato ti piacessero,» la interrompe il duca, una sicurezza che cresce man mano che le parole scorrono, veloci «, ma credo che il mio intento sia cambiato per strada. Mentre venivo qui ho iniziato a… fare pensieri che sarebbe lecito non comunicarti, pensieri adatti al calore che ci ha accompagnati durante l’estate; niente che abbia a che vedere col tiepido arrivo dell’autunno.»
Una mano passa avida fra i capelli, il battito del cuore non dissimile da un tamburo che suona ritmicamente una ballata immaginaria e contorta, la creazione di un limite già superato.
Hinata, immobilizzata da uno sbigottimento crescente, sembra aver perso la facoltà di respirare.
Pende dalle sue labbra, incapace di opporsi.
«Ero certo di aver represso tutto prima di entrare, ma temo che la vista parziale del tuo corpo nudo abbia mandato tutto in malora. Mi è difficile staccarti gli occhi di dosso, ora. Non… non desidero fare altro. Guardarti ancora, nuda, di fronte a me.»
L’ennesimo sospiro – ma non è di Naruto, stavolta.
Hinata si mordicchia il labbro, abbassa lo sguardo.
«Sono sempre stato bravo a trattenermi. Per rispetto verso di te. Provare rispetto verso una donna come te è la cosa più bella che mi sia mai capitata,» mormora Naruto, studiandosi una mano, aperta e vibrante di azioni incompiute, gesti trattenuti, «rispetto a ciò che mi è stato insegnato, questo è un paradiso confortante che mi migliora ogni giorno di più – o meglio ho questa sensazione, non pretendo di essere un uomo privo di peccati, non lo sono mai stato, lo sai. Credo di avertelo ripetuto fino allo sfinimento per ricordarlo persino a me stesso. Perciò mi limito a esporti questa mia sincerità. Non sono in grado di nasconderti nulla che tu non percepisca già.»
Un movimento del capo di Hinata simile al consenso, poi i suoi occhi tornano a guardarlo.
Vi è una sottile consapevolezza, in quello sguardo.
Imbarazzo, tensione, una mente che elabora in fretta parole che attendono di avere un suono e di essere udite per la prima volta.
Ciò nonostante, lei continua a tacere, limitandosi a muovere alcuni passi verso Naruto, l’attesa di una risposta divenuta un tormento dagli occhi lilla e un’innata bravura nel celare le proprie intenzioni.
Quando ormai gli è davanti, troppi pochi centimetri a dividerli, Hinata allunga una mano e gli sfiora un braccio con le dita, finendo però per passare oltre, andando a catturare la maniglia della porta.
Resosi conto del gesto, Naruto s’irrigidisce, un nodo alla gola che sa di tensione.
Tira la porta verso di loro, Hinata, e nel farlo poggia il proprio corpo contro il suo, rimanendogli premuta contro finché la porta non si chiude con un clic che mozza il fiato a Naruto.
Quiete – solo due respiri che si mandano messaggi l’un l’altro per colmare il millesimo vuoto.
Infine, il viso di Hinata che si alza e l’ultimo messaggio, il più profondo che è in grado di consegnargli.
E la mano di Naruto, oramai tremante, distrutta dall’attesa, si leva verso l’alto e affonda fra i capelli di lei mimando una risposta  – e spingendola verso di sé la razionalità si perde in due occhi che si serrano bisognosi.










Hanabi spintona Sai e lo fa cascare su una sedia, furiosa.
Gli dà le spalle dopo avergli lanciato una penetrante occhiata di scherno, dopodiché si mette a cercare qualcosa in uno dei cassettoni della sua stanza, un rovistare affrettato che non sfugge a Sai, che attende con una mano su una guancia – gonfia e visibilmente violacea – e il sapore del proprio sangue sulle labbra e sulla lingua.
Hanabi si volta di nuovo con una piccola pezzuola di cotone e una boccetta trasparente in cui si intravede un liquido giallognolo, l’espressione ora indecifrabile.
«Quello sarebbe…?» domanda Sai, adocchiando la boccetta ma evitando di esprimere pensieri tutt’altro che positivi al riguardo, la sensazione che quell’innocuo contenitore racchiuda tutto fuorché del disinfettante.
«Oh, ti prego,» sbuffa Hanabi, notandolo, «non crederai che ci sia del veleno, spero!»
Sai abbassa la mano e sposta gli occhi scuri verso la finestra cautamente dischiusa, le tende mosse da un vento che si avverte appena.
«Tutto può essere.»
Hanabi torna vicino a lui e strappa via il tappo che sigilla la boccetta. «Se avessi voluto toglierti di mezzo, ti avrei avvelenato questa estate,» inveisce, imbevendo moderatamente il fazzoletto, «ma sei ancora qui. Ringraziami.»
Sai sorride divertito – non può aver detto davvero così.  
«Quindi vi aspettate un grazie per avermi risparmiato la vita.»
Hanabi si china su di lui e gli posa la pezzuola sulla guancia. «Sarebbe il minimo,» ammette, passandogliela con premura su un angolo della bocca, dove cola qualche goccia di sangue, «soprattutto dopo oggi. Se non li avessi fermati, sarebbe finita molto male.»
Sai le punta un occhio addosso, la freschezza del cencio ad alleviare il dolore. «Siete stata voi ad aizzarmeli contro, Lady Hanabi.»
Sospirando, Hanabi gli prende il mento fra le dita e con un gesto lo costringe a guardarla apertamente in faccia.
Il calore della sua mano lo coglie di sorpresa.
«Quando mio cugino dice che certe guardie non hanno il dono dell’intelligenza, suppongo non scherzi. Avevo ordinato loro di non lasciarti assolutamente passare, non gli ho detto di oltraggiarti fisicamente nel caso in cui tu avessi insistito. Tra l’altro, non hai nemmeno evitato che accadesse.»
«Perché avrebbero potuto farlo loro – evitarlo, intendo,» risponde Sai, piccato, «io avevo – e ho ancora, non dimenticatelo – il compito di informarvi dei piani di vostro pad-»
Il fazzoletto gli preme sulla bocca, serrandogli il respiro.
«E tu non dimenticare che sentire le parole di mio padre è l’ultima cosa che m’interessi» afferma la Hyuuga, la fronte corrugata e un battito di ciglia all’ennesimo cambio di espressione.
Gli libera la bocca con un gesto distratto, e mostrando maggior delicatezza comincia a disinfettargli il labbro spaccato, per poi tornare a inzuppare la pezzuola con quel suo bizzarro liquido giallastro.
È tutta concentrata in quelle operazioni mentre Sai la studia attentamente, passandosi un dito sul labbro per una frazione di secondo, un  fremito involontario a contatto con la ferita.
«Ti fa male?»
Hanabi inarca un sopracciglio, interrogativa.
Sai scuote il capo. «Solo vagamente.»
«Già. Scommetto che stanno peggio loro – considerando, ovviamente, che hai rotto il naso a entrambi.»
«È esasperazione quella che sento?» azzarda Sai, massaggiandosi il collo indolenzito.
Una delle guardie l’aveva strattonato per la camicia, prima di dargli un pugno che era costato molto sia a lui che al collega.
Hanabi chiude la boccetta e la rimette nel cassettone, prima di rispondergli: «Indovinato. Hai imparato per caso a identificare i sentimenti altrui?» aggiunge, nel vano tentativo di punzecchiarlo.
«Mi riesce difficile, in verità, quando si tratta d’altri, tuttavia trovo del tutto facile farlo con voi.»
«Oh, sono un libro aperto?»
«Senza alcun dubbio.»
Hanabi si posa le mani sui fianchi e lo fissa tacendo – ha il tipico sguardo indagatore, lo tira fuori ogni volta che un particolare attira la sua attenzione.
In quel caso specifico, Sai si rende che conto che le proprie parole hanno attivato un complesso meccanismo fatto d’analisi e sospetti, più un diritto del tutto inesistente di impicciarsi degli affari altrui credendo di fare del bene.
«Ora… sono curioso di sapere cosa vi passi per la testa.»
«Io invece sono interessata ad altro,» ribatte Hanabi, rilassandosi contro il cassettone, una ciocca di capelli a sfiorarle la guancia pallida come il latte, «e voglio solo un po’ di verità. Dici di essere privo di sentimenti, di non capire quelli altrui, eppure quando parli di me diventi improvvisamente empatico...»
«Siete ovvia persino per un tipo come me, certamente,» la interrompe Sai, sospirando – non gli sembra nulla di particolare, quel discorso, «e non ci vedo nulla di strano.»
«Ne sei così sicuro? Non pensi che sia per qualcosa in particolare?»
Gli occhi chiari di Hanabi paiono inchiodarlo sulla sedia, ora, e questo non è niente di buono.
«Vorrei evitare di chiedere chiarimenti in merito alle vostre insinuazioni, Lady Hanabi…»
«Così però confermi i miei sospetti» replica Hanabi, un sorrisetto non troppo trattenuto a illuminarle il viso.
Pensandoci bene, Sai comincia a prendere in considerazione l’idea di alzarsi e andarsene, ma un sentimento non dissimile dalla testardaggine lo invita a restare lì, in balia della nobildonna.
In balia, inconsapevole, di un interrogatorio fuori dagli schemi.










«Vostra cugina non sa nulla, a quanto ho capito.»
Gaara solleva il bicchiere e lo fa ondeggiare davanti al viso, seguendo il vorticare leggero del liquore in esso contenuto, gli occhi tuttavia puntati anche sul nobile Hyuuga, la cui immagine attraverso il bicchiere è deforme ma ugualmente rigida.
Un tasto dolente sta per venire a galla.
«Non potrei comunicarle la novità nemmeno volendo,» mormora Neji, le mani vuote, il bicchiere posato sul tavolino basso che gli è accanto, «tuttavia, se sapesse... non si comporterebbe così. Questa estate è stata un inferno per noi. Non che prima le cose andassero meglio.»
Gaara si muove impercettibilmente sulla poltrona; infine, posa anch’esso il bicchiere. «Mio fratello continua a dire che sarebbe meglio evitare di mettere al corrente anche la giovane Hyuuga. La fuga di sua sorella Hinata ha già creato abbastanza scompiglio.»
«È stata clamorosamente egoista
La voce di Neji è un sospiro lieve, esausto, che giunge alle orecchie di Gaara come la conferma di un affetto sincero verso la cugina perduta – o salva, ma quello è ancora da vedere, perché certi piani avventati rischiano davvero di mandare tutto all’aria.
«A Londra mi avete convinto rischiando molto,» dice Neji all’improvviso, fissandolo con quelle sue glaciali iridi lilla, «cosa avreste fatto se avessi deciso di non collaborare?»
«Vi avremmo ucciso. O rapito, così da evitare spiacevoli incidenti,» è la risposta del nobile Gaara, detta troppo alla leggera per sembrare vera – anche se lo è, di questo non c’è da dubitare, «ma non ci siamo soffermati su eventuali imprevisti. Naruto,» nel pronunciare il nome del duca abbozza un sorriso, «aveva la certezza della vostra collaborazione. Diceva che voi avevate – e avete –  tutti i motivi per aiutarci. Motivi validi,» aggiunge pacato, «non troppo diversi dai suoi.»
Neji lo scruta pensieroso, le parole che si levano fra di loro invisibili, dopodiché riversa l’attenzione sui bicchieri posati sul tavolino: uno mezzo pieno, l’altro vuoto.
Poi le sue labbra si piegano lievemente verso l’alto, giacché un ricordo torna a fargli visita, e annuisce un poco, quel tanto che basta a confermare quelle parole dal sapore inconsistente.
Perché quei motivi sono troppo chiari, e il ricordo che gli riempie la mente non fa che renderli ancora più dolorosi.
«Possiamo procedere, allora.»
Stavolta le parole di Gaara chiudono tutto, anch’esse dolorose.
Iniziano i giochi.



Fine Capitolo Tre


Note dell'autrice:  dopo anni e anni e anni dall'ultimo aggiornamento, finalmente torno. Un po' zoppicante, ma l'ispirazione è quella che è - e possiamo dire che l'esitazione ad aggiornare sia nata dopo una veloce rilettura di tutta la storia, ma sorvoliamo sul mio essere schizzinosa verso tutto ciò che esce dalla mia testa malata. Ehm. In ogni caso cosa posso dire? Il capitolo - anche questo - è dedicato a Katia, perché la storia è per lei e sarà sempre per lei (e mi scuso pure qui per il mio addomentarmi davanti al pc praticamente tutte le sere, suppongo le nostre conversazioni, Katia, non siano così divertenti messe a 'sto modo atroce ç__ç). Ehm. Cos'altro dire? Passano gli anni, ma vedo con piacere che c'è ancora gente che scova BR (che sta per Bloody Rose, eh, non pensate) e... sì, insomma, le liste parlano da sole.
Vi ringrazio per leggere ancora questa storia, ringrazio le due-tre personcine che anche solo con un minuscolo 'mi piace' ai post su BR sulla mia pagina facebook mi fanno sentire il loro affetto per questa Long e... niente. Credo di aver detto tutto. Ringrazio la mia beta, Yume_no_Namida, per il velocissimo betaggio, e ringrazio soprattutto i vecchi lettori che mi hanno sostenuta negli anni passati.
Bene, ora vado! Un bacione,

Mokochan


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