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Ma
non c’era assolutamente niente che non andava, niente per cui
dovessi essere allarmata.
O
almeno doveva essere così se fossi stata una normale sedicenne.
Per
mia sfortuna non lo ero. Riuscivo a
percepire cose che gli altri non avvertivano. Spesso mi capitava di
riuscire a vedere le anime delle persone, vive o morte che fossero.
Per
questo, adesso che ero seduta sul divano in salotto cercando di concentrarmi
sul libro che tenevo davanti, sentivo che nei dintorni della casa c’era una
presenza terribile e oscura che si stava avvicinando.
Ripresi a leggere per l’ennesima volta l’inizio della
pagina, cercando di escludermi dal mondo intorno a me. Ma il silenzio era anche peggio per certi versi.
Scoraggiata,
chiusi il libro e lo appoggiai sul tavolino basso davanti a me.
Andai
in cucina per bere un bicchiere d’acqua. La sensazione di pericolo
sembrava non volermi abbandonare, facendomi stare con tutti i sensi all’erta.
All’improvviso
il suono del telefono spaccò il silenzio. Sobbalzai violentemente rovesciando un po’ d’acqua e poi mi
affrettai a rispondere.
-Pronto?
– mi sentivo la gola stranamente secca.
-Tesoro?
Sono io.
La
voce resa metallica dal telefono era quella di mia
madre.
-Ah!
Sì… come va la cena di lavoro?
-Ecco
proprio per quella ti ho chiamato. Non siamo ancora
arrivati al ristorante, ci siamo persi e… insomma credo
rincaseremo un po’ più tardi del previsto. Sai, ora che ritroviamo la strada e
tutto…
-Uhm…ok…quindi a che ora sarete qui?
-Bah,
credo per mezzanotte…vero, John?
Sì, più o meno mezzanotte.
Guardai
l’orologio. Erano quasi le dieci. Dovevo sopportare più o meno due ore di ansia creata da qualcosa di sconosciuto. Sbuffai.
-Che c’è?
Perché sbuffi?
-No,
niente… ci vediamo dopo. Ciao.
-Sì,
vai pure a letto, ok?Ciao.
Riattaccai.
No,
non potevo sopravvivere per due ore in tutto quel silenzio o sarei
impazzita.
Ritornai
in salotto e accesi la televisione. Poi pescai dal portagiornali
il telecomando e cominciai a fare un giro di canali.
Sport,
una sitcom, un quiz…mi
fermai solo quando beccai un film. Era una ridicola commedia romantica piena di
sentimentalismo gratuito, ma me la sarei fatta andare
bene.
Mi
stravaccai sul divano e mi ripetei per l’ennesima
volta che era tutto tranquillo e non sarebbe successo niente.
Verso
le undici sentii il bisogno di andare in camera mia.
Non ne capivo il motivo, il film non era ancora finito, non dovevo andare a
letto, né prendere chissà cosa.
Sapevo
solo che dovevo andarci.
Salii
con calma le scale e feci il corridoio fino alla porta della camera. La aprii e l’oscurità più totale mi avvolse. Stavo per
accendere la luce quando due punti rossi attirarono la
mia attenzione.
Mi
girai.
Fuori dalla
finestra era accovacciata una figura che si confondeva con la notte. E i punti
rossi che emanavano luce propria erano posizionati
all’altezza dei suoi occhi.
L’ansia
che aveva lambito la mia coscienza fino a quel momento
divampò come un incendio e si trasformò in panico.
Chi
era quella cosa davanti alla finestra? Che ci faceva
lì? Cosa voleva?
-Fammi
entrare.
Aveva parlato e la sua voce mi sembrò innaturale, asessuata. Ma anche così suadente da non
riuscire ad opporvisi.
Sentii
il mio corpo muoversi verso la finestra. Volevo farlo entrare.
Ma
non ero io a muoverlo. Non era la mia volontà.
Sentivo
la mente leggera, incapace di intendere e volere. Cercai di riprendermene
possesso.
Andai
a sbattere contro una sottile barriera. Ritentai e quella barriera si ruppe.
NO! Urlai mentalmente.
Il
mio corpo si fermò a un soffio dalla finestra.
Riuscivo
a vedere gli occhi cremisi baluginare di fiamme di rabbia.
-Fammi
entrare.
Questa
volta la sua voce aveva assunto i toni bassi e prolungati di un
ringhio.
-Non
sei il benvenuto.
Non
so perché dissi così, sentivo solo che, per quanto
assurda in quel momento, era la frase giusta da dire.
Lo
sentii sibilare furioso.
-Fammi
entrare, Helizabeth.
Ritentò
cercando di dare alla voce un tono il più suadente possibile.
Non
gli risposi. Mi voltai e presi ad uscire dalla stanza.
-HELIZABETH!!!
Ringhiò
per attirare la mia attenzione.
Feci finta
di niente e raggiunsi di corsa il salotto.
Mi
buttai sul divano e presi a stringere convulsamente un cuscino. Ero agitata,
tremavo.
Guardai
senza vederla veramente la televisione. Alle orecchie mi arrivava distante la
musica che accompagnava i titoli di coda.
Dentro
di me, sentivo che quell’essere
se n’era andato.
Fin
da quando avevo visto quella cosa avevo paura al solo
pensiero di varcare la soglia della mia camera. Avevo paura che lui fosse
ancora lì. Era un po’ come se fossi ritornata bambina,
quando non volevo addormentarmi per paura che il Babau venisse a prendermi.
Solo
che questa volta era una cosa reale. Dannatamente reale.
Quando
mi calmai, mi raggomitolai sul divano. Non avevo il coraggio di spegnere la tele, mi serviva compagnia,
qualcosa che mi distraesse dai miei stessi pensieri.
Sentii
i miei rincasare e feci finta di essermi addormentata.
Sentii che spegnevano la televisione.
Poco
male. Almeno non ero sola in casa.
Quando
fui certa che se ne fossero andati a dormire, mi alzai.
Rimasi
tutta la notte seduta sul divano con gli occhi aperti. Non potevo chiuderli.
Se
lo avessi fatto i suoi pozzi di lava sarebbero venuti
a prendermi.
---
Bell mi
venne incontro davanti alle scale della scuola.
Era incredibile quanto noi fossimo diverse. Lei aveva un viso carino, a forma di cuore
punteggiato da lentiggini e contornato da morbidi riccioli biondi che le
ricadevano sulle spalle. E ovviamente non si poteva dire bionda se non si
nominavano i profondi occhi azzurro grigi.
Io,
al contrario, avevo una faccia quasi anonima, con i
capelli neri e lisci che mi arrivavano fin sotto le spalle. E ancora più scuri
erano i miei occhi.
Quando
ci fummo salutate, mi guardò preoccupata.
-Beth, lo
sai che hai una brutta cera?
Sorrisi.
-Immagino…
-Che è
successo?
-Non
ho dormito più di tanto stanotte, tutto qui.
In
verità non avevo affatto dormito.
-Hai
per caso avuto una di quelle…
Lasciò
in sospeso la domanda, non le piaceva parlare di queste cose. E neanche a me.
Ma dovevo parlarne a qualcuno.
-No,
non ho avuta nessuna premonizione, visione di morti o roba del genere. Si è
trattato di qualcosa di più reale.
Le
raccontai in breve quel che mi era successo la sera
prima. Quando finii mi guardava come se fossi appena
uscita da un manicomio.
-Sei
sicura che sia vero quel che hai visto? Cioè non è che
una tua…visione…si è mescolata alla realtà e…
Negai
con la testa. Lei trattenne il fiato.
In
quel momento arrivò Logan.
-Ciao,
ragazze! Che aria lugubre, che è successo? E’ morto il
gatto?
Logan era
un ragazzo alto, con la pelle olivastra e i capelli castano
scuri arruffati.
Fece
correre lo sguardo prima su di me e poi su Bell in attesa di una risposta.
Alla
fine Bell staccò lo sguardo da me per rivolgerlo al
ragazzo.
-Beth
dice di aver incontrato un vampiro.
Ecco riassunta tutta la serata precedente in una frase
detta con aria di sufficienza.
Si
voltò a guardarmi, gli occhi spalancati per l’incredulità.
-Un
vampiro? Tipo il conte Dracula? Aveva il suo stesso
aspetto?
Lo
fulminai con lo sguardo.
-No,
Logan.
Poi
mi voltai verso Bell.
-E
sì, Bell. Mi sarò immaginata tutto,
avrò avuto un’altra delle mie visioni. Scusate, i
vampiri esistono solo al cinema.
Utilizzai
un tono quanto più acido possibile.
-Scusa,
stai tranquilla. Ma non è che magari ti sei addormentata mentre guardavi un
film horror e ti sei sognata tutto?
-Eh!Magari
è come dice lui, no Beth? Non ti devi incavolare per
così poco. Va bene che non hai dormito, però…
Mi
fissai i piedi. Certo, forse avevo esagerato a reagire così, ma avevo sperato in un minimo di collaborazione da parte loro.
Voglio dire, è questo che ci si aspetta dagli amici, no?
Non
potevo negare che era una cosa assurda da dire se non la vedevi
di prima persona, però…
Forse
sarebbe stato meglio che non avessi raccontato nulla.
Per
lo meno non sarebbe finita con i due miei amici che pensano che sia una malata
mentale.
-Cambiando
argomento, oggi dovrebbe arrivare il nuovo prof di inglese,
vero?
Annuii.
Il nuovo insegnante. Avevo dimenticato di questo arrivo.
All’improvviso
un brutto presentimento cominciò a stuzzicare la mia mente.
Qualcosa
di non umano era vicino.
---
La
campanella della terza ora suonò.
I
corridoi come ad ogni cambio d’ora si riempirono di una
marea di persone che dovevano cambiare aula.
Io
mi diressi verso quella di inglese. Entrata, mi
accomodai nei banchi in fondo.
Dopo
una buona mezz’ora dal suono della seconda campanella, il nuovo professore
finalmente entrò in classe.
Era
abbastanza giovane, sulla trentina non di più. Era una figura allampanata,
dalla pelle chiara e i capelli scuri.
Sentivo
che ogni mia percezione di non umano convergeva in
lui. Mi feci prendere dall’ansia.
Possibile
che fosse lui il vampiro?
Staccai un pezzo di carta dal quaderno e vi scrissi sopra di fretta.
Bell, ho paura.
Sento che lui non è umano, secondo te è possibile che
sia…beh hai capito, no?
Lo feci passare fino a lei che era seduta due banchi
avanti.
Dopo
poco mi ritornò indietro.
Beth, te l’hanno mai detto che sei paranoica? Lui è umano, non ha
niente che non va.
Come
faceva a dirlo con tanta sicurezza? Già, lei non aveva i miei
stessi strani poteri né aveva visto quella cosa.
Sospirai.
Beata ignoranza.
La
voce del prof mi distrasse.
-Mi
chiamo JacobAdamson e sono
il vostro nuovo prof di inglese, come credo abbiate
capito.
La
lezione si trascinò fino alla fine dell’ora.
Al
suono della campanella, tutta la classe si affrettò a mettere in borsa i libri
per recarsi alla lezione successiva.
Ero
felice di lasciare quell’aula e quel prof.
Però
non arrivai neanche alla porta che mi sentii chiamare dal
prof.
-No,
Evans. Resta qui, ti devo parlare.
Mi
bloccai dov’ero col cuore che cominciava a martellarmi nel petto.
No,
perché? Cosa voleva? Mi arrovellai in fretta la mente
per cercare una scusa plausibile per non restare.
Non
ne trovai.
Quando
tutti gli studenti furono sciamati via dall’aula, Adamson si alzò per chiudere la porta.
-Non
vorrei che qualcuno ci sentisse.
Aggiunse,
come scusante risedendosi poi alla cattedra.
Balle,
non voleva che altri vedessero chi fosse veramente, ecco il vero motivo per cui aveva chiuso la porta.
-Prof…
-Chiamami pure Jake… - disse con un sorriso.
-Uhm…allora,
Jake perché mi hai fermata?
-Volevo
parlare con te di quel che è successo ieri sera…
Il
cuore sembrava volermi perforare il petto. Io e lui. Come la sera prima. Soli.
Io e il vampiro.
Che
scontro impari.
Indietreggiai
fino alla porta.
-Non
scappare, Helizabeth. Stiamo solo
parlando, non voglio farti nulla.
Il
suo sorriso mi stava facendo venire la nausea.
-Ieri
sera non è successo niente.
Sbuffò
spazientito.
-Oh
avanti,Helizabeth, non
tiriamola per le lunghe. Ieri qualcuno ti ha chiesto di invitarlo a entrare, non è così?
Negai
con la testa. Ma sapevo che più negavo, più affermavo di sapere.
Si
alzò dalla cattedra e mi si avvicinò. Io
indietreggiai, ma andai a sbattere contro la porta.
La
sua faccia era a un niente dalla mia.
Mi
guardò negli occhi. Non riuscii a fare a meno di notare di quanto fossero
profondi i suoi occhi dai toni della foresta.
-Io
posso aiutarti, lo sai Beth?
Scossi forte
la testa. No, lui non poteva aiutarmi in alcun modo se non
quello di passare a miglior vita.
Mi
girai e aprii la porta.
Feci per andarmene via, ma lui mi trattenne per il
polso costringendomi a girare.
I suoi
occhi sembravano cercare comprensione.
-Lui
ritornerà, Beth…
Fu
l’ultima cosa che mi disse, poi mi mollò il polso e io mi dileguai per i
corridoi.
---
A tutti coloro
che mi hanno recensito e hanno inserito questa storia tra le loro
preferite/seguite:
sono
felice che il primo capitolo sia stato di vostro gradimento, spero di non
deludervi con gli altri.
Ero dentro a una casa di bambole identica a quella con cui giocavo da
piccola
III
Ero
dentro a una casa di bambole identica a quella con cui
giocavo da piccola. Fluttuavo senza un vero corpo da muovere.
Mi
trovavo in una camera da letto e c’erano due bambole.
Andai a vederle più da vicino.
La
prima era seduta davanti a una finestra e sembrava una
Barbie con i capelli ricci. Aveva qualcosa di
incredibilmente familiare e mi avvicinai ancora di più
al suo viso. Era carino a forma di cuore punteggiato di lentiggini. Gli occhi
fissi e senz’anima erano azzurro grigi. Isabel. Quella bambola era Isabel.
Mi
voltai verso l’altra, posta più distante dalla prima. Non appena incontrai i
suoi occhi mi sentii risucchiata dentro di essa.
Quella ero io e la mia essenza aveva finalmente
incontrato un corpo adeguato.
Non
appena venni imprigionata dentro la bambola, la
finestra si spalancò di scatto.
Una
figura d’ombra saettò nella stanza e si posizionò di
fronte alla bambola-Isabel.
Pericolo,
qualcosa dentro di me urlava a squarciagola questa parola. Io la dovevo
avvertire. Ma la mia bocca si ostinava a non aprirsi e
rimaneva fissa in un sorriso.
Poi
ci fu uno schiocco secco e sinistro, come di ossa
spezzate, e l’ombra si voltò verso di me, lasciando intravedere i pochi resti
di Bell.
Se avessi
avuto un cuore quel momento, avrebbe battuto con tutta la sua forza per le
ondate di panico e terrore che mi invadevano.
In
quella massa scura c’erano due punti luminosi che rilucevano come stelle in una
notte senza luna.
Occhi
cremisi. Paura. Invito. Vampiro.
Avrei
voluto urlare se non fossi stata immobilizzata in quel corpo di plastica. Avrei
voluto fuggire, ma non potevo.
Era
la fine e lo sapevo.
Il
vampiro si avventò su di me.
~
Riemersi
dal sogno come se fossi rimasta sott’acqua per troppo tempo e avessi un urgente bisogno di ossigeno.
I
miei occhi trovarono solo un opprimente soffitto bianco sporco. Mi tirai su a
sedere ancora mezzo rimbambita e mi guardai intorno.
Ero
nell’infermeria scolastica e non sapevo perché.
L’ultima cosa che ricordavo era che mi precipitavo
fuori dall’aula di inglese e poi più nulla, tabula rasa.
La
vecchia signora Wedding era seduta al solito sgabello
vicino alla scrivania e mi stava guardando.
-Cosa
ci faccio qui?
Mi
sorrise.
-Sei svenuta
all’improvviso nel corridoio davanti all’aula d’inglese.
Annuii
lentamente. Svenuta, bene. Ecco un’altra cosa strana.
Scivolai giù dal lettino e mi diressi verso la porta. Non feci in tempo ad aprirla che si
spalancò da sola.
Mi
ritrovai davanti Bell in tuta da ginnastica.
-Beth?! Che ci fai qui?
Era
sorpresa.
Mi
arginò ed entrò in infermeria.
-Signora
Wedding mi può dare del ghiaccio?
Abbiamo avuto problemi con la pallavolo…
La
donna si alzò a prenderlo e Bell si rivolse a me.
-Allora
stasera a casa mia, ok?
La
guardai spaesata. Me n’ero scordata, come anche del
sogno fatto prima che ora mi ritornava in mente.
La
Wedding le diede il sacchetto del
ghiaccio secco, lei uscì e io la seguii.
-Bell…-
la chiamai.
Si
voltò.
-Mmm?
-Credo
che tu sia in pericolo di vita.
L’affermazione
cadde nel silenzio del corridoio deserto.
Mi
guardò preoccupata.
-Hai
avuto una visione?
-Credo
di sì. Prima ero in infermeria perché ero svenuta e ho
sognato che tu morivi per colpa del…
Non
avevo il coraggio di dire quella parola.
-Secondo
me sei svenuta perché sei stanca e hai sognato questo
perché sei preoccupata… Non credo che significhi niente quel sogno.
Forse.
-Quindi,
stasera verrai a casa mia! Ti devi distrarre da quel che è successo, se è successo, ieri sera e stasera verrai da me, come
avevamo già stabilito!
Sorrise.
-Ok… -
feci mesta.
-Ora
però vado in palestra altrimenti la Stewart sclera!
Si
allontanò verso la palestra.
Sospirai.
Chissà, forse aveva ragione lei.
Eppure
era sicura che tutto quel che avevo sognato sarebbe avvenuto, come sempre era
stato.
---
Devo dire che questo capitolo
non è molto bello…L’ho scritto solo per creare un
legame che conducesse a quello che succederà nel prossimo capitolo, che credo
sarà più lungo…
Probabilmente con il 2° e
ora con il 3° capitolo vi ho delusi… probabilmente ognuno
è scritto con uno stile diverso… vi chiedo solo di aver pazienza e di seguire
questa storia… grazie…
Grazie alle 6 persone che
hanno messo questa storia tra le preferite e alle 2 che l’hanno messa tra le seguite.
Inoltre
grazie alle 2 persone che hanno recensito. Chi sarà Adamson? Ancora pochi capitoli e il mistero verrà svelato…
Se
aggiornerò e ci saranno nuove recensioni che non ho letto in precedenza,
ringrazio anche coloro che le hanno fatte.
Era
una serata normale e tranquilla. Stavo cenando a casa della mia migliore amica
e poi avremo fatto i compiti, almeno in teoria, e in
pratica avremo chiacchierato per tutta la serata.
Ecco
cosa continuavo a ripetermi per convincermi che aveva ragione Bell riguardo al sogno.
-Ehi,
Beeeeth… sei ancora tra noi?
La
voce di Isabel mi riportò
alla realtà.
-Sì,
scusa. Ho la testa tra le nuvole…
Tentai
un sorriso.
-Sei
preoccupata per la scuola?
Mi
chiese la mamma di Bell, inforchettando
l’insalata.
-Ehr…sì…?
Posai
le forchette sul piatto cercando di non fare rumore.
-Era
tutto molto buono, Jessica.
Mi
sorrise.
-Beh,
visto che ho finito anche io, vi dispiace se andiamo
in camera a fare i compiti?
Il
padre annuì. Lei si alzò da tavola e io la seguii a ruota fino in camera sua al secondo piano.
Non
appena entrammo, lei si buttò sul letto e io mi accomodai sulla
sedia vicino alla scrivania.
Mi
accorsi che fuori era appena tramontato il sole.
-Devo
farti un po’ di domande, cara Helizabeth…-
cominciò tirandosi a sedere.
-Come
mai non mi hai mai detto che il più gran figone di tutta la scuola da un mese a ‘sta parte ti sta
facendo il filo?
-Perché
non è vero.
Probabilmente
la mia risposta laconica la sorprese perché poi quando mi parlò
aveva cambiato tono.
-Si
può sapere che hai? È tutta la sera che sei così…
Feci
un sorriso tirato. –Sono preoccupata per te… e ho
paura.
Si
distese sul letto. –Per il sogno? Te l’ho già detto
quello che penso. Potresti almeno per stasera fare finta di niente?
-Difficile.
Rimanemmo in silenzio per un bel po’ di tempo indecise su cosa dire o fare.
All’improvviso
sentimmo due tonfi dal piano di sotto e un rumore proveniente da fuori della
finestra.
Bell si
tirò su a sedere.
-Cosa
è stato?
Feci
spallucce, ma in qualche modo sapevo che presto sarebbe
successo qualcosa.
-Buonasera,
Helizabeth.
Quella
voce… Girai quasi meccanicamente la testa verso la finestra. E sbiancai.
Lui era lì, appollaiato sulla penombra del davanzale.
Sentii
la voce di Adamson
risuonarmi in testa: “Lui ritornerà,Beth.”. Come
faceva a saperlo?
Bell
trattenne il fiato.
-Isabel…
che piacere fare anche la tua conoscenza…
Non
andava bene. Il sogno era diventato realtà. Bell era in pericolo di vita. Doveva andarsene.
Girai
la testa verso Bell. Era evidentemente impaurita e tremava.
-Bell…- cercai di attirare la sua attenzione, ma dalla bocca mi uscì
solo un sospiro rauco.
-Isabel?-
la chiamò suadente il vampiro.
Lei
scattò sul letto.
-Isabel…Helizabeth
è stata così cattiva da non volermi far entrare l’altra sera. Che ne dici di farlo tu?
Si
alzò dal letto come trainata da una forza invisibile e si avvicinò alla
finestra.
Balzai
dalla sedia e le afferrai un braccio.
-NO!
Si
voltò verso di me, gli occhi inespressivi.
-Non
puoi fare niente, Helizabeth.
Bell si liberò della mia presa e aprì la finestra.
-Entra.
La
sentii dire piano.
Lui
balzò dentro felino.
Il
mio cuore perse un battito per poi accelerare come impazzito.
Era
un uomo alto dall’aspetto asciutto e tonico. Indossava dei
jeans logori e sporchi e il torace era nudo con i muscoli ben scolpiti sotto un
velo di pelle talmente pallida da sembrare trasparente.
Il
viso era affilato, circondato da capelli castano
chiari che gli arrivavano fino alla base del collo.
Provavo
terrore e delizia di lui. Volevo toccarlo, ma volevo anche scappare.
Il
fascino dei vampiri.
La
sua mano afferrò Bell per una spalla. La sentii
mugugnare.
-Grazie.
Le
sibilò e poi avvicinò la faccia alla sua gola. E
morse.
Sangue
scarlatto corse giù dalla ferita prima che lui lo leccasse avido.
Bevve
per un lasso di tempo che a me sembrò enorme, mentre
lo guardavo sconvolta. Poi la scaraventò in un angolo della stanza. Come un bambino che getta via un gioco ormai rotto e
inutilizzabile.
Lui
mi guardò. Gli occhi rossi e accessi di sete.
-Non mi piace il sangue di quelle come lei, ma meglio
che niente.
Guardai
terrorizzata Bell. Tutto si stava svolgendo come
avevo sognato, la prossima sarei stata io.
Mi
salì fino in gola un urlo che però non riuscì a trovare espressione.
D’altronde, se anche avessi urlato a cosa sarebbe servito?
-Non
è morta…
Lo
guardai e notai che aveva gli occhi fissi sulla ragazza. Poi voltò verso di me
la testa e mi guardò di sottecchi.
-Almeno
credo.
Esplose
in una risata.
Costrinsi le gambe ad andare a ritroso per raggiungere
la porta senza perderlo di vista.
Forse sarei riuscita a scappare. Forse, ma sapevo di non avere la minima
possibilità di scamparla.
-Scappi?
Hai paura? – domandò beffardo.
Mi
raggiunse con due falcate e mi accarezzò una guancia. Rabbrividii.
-Sai
non dovresti aver paura di me. Tanto è inutile perché
tra poco finirà tutto, lo sai?
Mi
soffiò in faccia queste parole e quasi rimasi stordita
dal profumo del suo alito.
Sorrise.
-Arrenditi…
Inclinò
piano la testa per raggiungere la mia gola.
Era
finita, lo sapevo.
Chiusi
gli occhi, pronta al dolore.
Le gambe che fino a quel momento avevano tremato, non
riuscirono più a reggermi. Caddi
in ginocchio. E fu un bene perché sfuggii dalla sua
presa.
Quasi
contemporaneamente, sentii uno sparo echeggiare per la
stanza.
Aprii
di scatto gli occhi. Lui si teneva una mano sulla spalla sinistra che sanguinava
copiosa, sibilando furioso e guardando con astio oltre le
mie spalle.
Girai
il busto quanto bastava per vedere dietro di me.
Nella cornice della porta c’era Adamson
che impugnava una pistola.
---
Eccomi di nuovo qua… beh
credo di essere stata di parola, dall’ultimo
aggiornamento credo sia passata una settimana. Però mi sa che per le prossime 2
settimane non avrete mie notizie… c’ho un internet balengo che comincia a darmi segni di squilibrio e quando
questo succede non posso più usarlo per 15 giorni, poi non so come, ma riparte…
bah, vallo a capire te.
Eeeh…
vi farò stare sulle spine un bel po’, o almeno penso. Ma
quanto sono cattiva? Hi hihi… >x<
Grazie ancora a tutti coloro che mi seguono leggendo nell’ombra e a quelli che l’hanno
messa tra le storie seguite o preferite, non sapete quanto mi fate felice!
E poi laguerrieragrazie
per la recensione! Troppi complimenti, davvero! >///<
Se
non rispondo ad altre recensioni è perché non faccio in tempo a leggerle e
aggiorno senza riuscire a scrivere qualcosa, come ho detto prima, c’ho un
internet balengo. Comunque se
ci sono state altre recensioni per il 3° capitolo, ringrazio coloro che le
hanno fatte!
Dopo tutti
questi giri contorti di parole, direi che posso anche salutarvi… al prossimo
capitolo!
La
voce era fredda e autoritaria. Teneva salda la pistola
in mano e aveva lo sguardo fisso sul vampiro.
Mi
costrinsi ad alzare in piedi. Ma fatti pochi passi, sentii di nuovo le gambe
molli e caddi ancora in ginocchio.
-Jacob…speri
di riuscire a salvarla? Non ci sei riuscito con Clara né con nessun’altra mi pare.
Sentivo
i passi dell’essere avanzare pesanti. Guardai il prof.
-Scappa,
Beth!
Mi incitò
ancora, portandosi alle mie spalle per difendermi. Provai a
rialzarmi, ma questa volta le gambe non vollero darmi ascolto.
Sentii Adamson imprecare e
poi un altro colpo di pistola riecheggiò nell’aria. Ci fu un tonfo, un respiro raschiato e sofferente, poi Adamson mi sollevò dal pavimento come se
pesassi quanto una piuma.
Sbirciai
la stanza da oltre la sua spalla. Il vampiro era sparito, lasciando come ricordo delle macchie di sangue.
Isabel era
invece rimasta nella stessa posizione: per terra, in un angolo della stanza col
collo livido e sporco di sangue.
-Bell è…?
Chiesi
in un sussurro, sottintendendo la domanda vera e propria.
Esitò
un po’ prima di rispondermi.
-E’ viva.
Probabilmente
lo diceva solo per confortarmi, ma per il momento andava
bene lo stesso. Tirai un sospiro di sollievo.
Uscimmo
dalla stanza e poi giù per le scale. In soggiorno c’erano
i corpi dei genitori di Bell che giacevano sul
pavimento.
Prima
che potessi fare qualsiasi domanda sul perché di quella scena, Jacob mi anticipò parlando senza tradire alcuna
emozione.
-Dormono.
Beth, ce la fai a camminare?
Annuii con poca convinzione e mi fece scendere lentamente. Quando appoggiai i piedi a
terra, sentii le gambe tremare leggermente, ma nonostante questo sembrava che
riuscissero a reggermi.
-Parcheggiata
davanti alla casa c’è un’auto: salici e chiuditi bene
dentro. Io arriverò tra poco.
Detto
questo tirò fuori dalla tasca dei jeans un cellulare e
se ne andò verso la cucina.
Non
mi rimase altro da fare che eseguire quel che mi aveva detto.
Aprii
la porta di casa e mi inoltrai nella sera fredda.
Davanti alla casa era parcheggiata una macchina anonima, di quelle che si
vedevano spesso in giro e che sapevano come non attirare l’attenzione.
Salii
in macchina al posto del passeggero e misi la sicura
alla portiera. Appoggiai la fronte al vetro, gli occhi incollati alla porta
della casa.
Non
passarono neanche cinque minuti che lo vidi uscire, poi lo sentii salire,
mettere in moto il motore e partire.
-Isabel è
davvero viva? Non me l’hai detto solo per confortarmi,
vero?
Chiesi
piano, con tono distante.
-Sì.
Ho sentito il suo cuore che batteva…
Sembrava essere sul punto di aggiungere qualcosa, ma
non lo fece.
Non
riuscii a fare a meno di chiedermi come l’avesse sentito, visto
che non le si era avvicinato, ma non mi importava. L’importante era che
lei era ancora viva. Almeno potevo evitare un senso di colpa ancora più
opprimente di quello che già avevo.
-Che le
succederà?
-Ho
appena chiamato degli specialisti. Ci penseranno loro a fare tutto quel che è
necessario.
Passarono
altri tre minuti silenziosi mentre vedevo sfrecciare via la strada. E poi
cinque.
Insopportabile.
-Cosa
hai fatto al vampiro?
-Pallottole
d’argento. Non credo che ucciderannoEdmund, ma almeno lo fermeranno per un po’.
-Edmund?
-E’ il
nome del vampiro. O almeno è questo l’ultimo nome con cui è conosciuto.
-Ah…
e perché non l’hai ucciso?
Sentii
il volante gemere sotto una stretta troppo forte.
Avevo fatto una domanda inopportuna?
In
quell’istante vidi sfrecciare via il negozio di
ferramenta del signor Griffin e mi allarmai. Mi girai di scatto verso Jacob.
-Dove
mi stai portando? Casa mia è da tutt’altra parte!
Sorrise.
-Stanotte
starai da
me, credo sia meglio così.
-M…ma
i miei genitori? Non pensi che dovrei avvisarli?
-E
perché? Tanto sapevano che per stanotte non c’eri, in
ogni caso.
Silenzio.
Ancora. Maledizione!
I
pensieri cominciarono a divagare nuovamente, soffermandosi su quello che era
appena successo.
E
io non avevo affatto voglia di pensare.
Svoltò
in una stradina secondaria con poche case.
-Non
mi devi fare altre domande?
Chiese
all’improvviso.
-Mi
sembra ovvio.
-Bene,
allora aspetta che siamo entrati.
Parcheggiò
nel vialetto del garage di una casa.
Scendemmo
dall’auto e entrammo dentro.
Mi
fece accomodare sul divano in salotto e poi sparì in
un’altra ala della casa.
Mi
guardai un po’ intorno. Un divano, una poltrona, una tv… tutto normale. Chissà
che mi aspettavo di trovare.
La
mia attenzione venne attratta da delle foto messe su un mobiletto, le uniche nella sala.
Mi
avvicinai. Sembravano molto vecchie, sbiadite e sui toni
del seppia. Stavo quasi per prenderne una, quando lo sentii ritornare.
Ritornai
sul divano. Lui fece la sua comparsa in salotto tenendo in mano due tazze. Me ne allungò una e si sedette sulla poltrona.
-Allora,
cosa volevi chiedermi?
Bella
domanda, che volevo chiedergli?
Bevvi
un sorso dalla tazza. The, buono.
-Posso
chiederti cosa sei? Voglio dire, sembri in tutto e per
tutto a un umano però emani una sensazione di non
umano. Stamattina pensavo che fossi tu il vampiro, ma a quanto pare mi sono
sbagliata. Quindi, tu cosa sei?
Sorrise
fraterno.
-Brava.
Hai ragione, io non sono né uno di voi né uno di loro: sono un mezzosangue
vampiro.
---
Ciao a tutti! Finalmente ho potuto aggiornare la storia che sta finalmente
prendendo forma (almeno credo…)…
laguerriera…sono felice che lo scorso chap ti sia piaciuto! Grazie per la recensione!
Cleo92…
mi fa piacere che la storia ti piaccia e spero che ti
piacerà anche nei prossimi chap…grazie per aver
recensito!
anna96…proprio
così! Una recensione al giorno toglie il medico di
torno e salva dall’estinzione del buonumore negli autori! Grazie per i
complimenti! Spero che la vera natura del prof d’inglese
non ti abbia delusa!
Chiesi
sentendo salire di diverse ottave la voce. Mi alzai di slancio
dal divano facendo rovinare a terra la tazza con tutto il suo contenuto.
-Allora
tu sei complice di Edmund,
non è così? Mi hai portato qui così che possiate finirmi
con calma. Lui dov’è? È qui in casa, vero?
Istintivamente
mi ero portata più vicina alla porta.
-Beth,
calmati…
Mi intimò
tranquillo.
-Col
cavolo che mi calmo! Immagino che prima a casa di Bell
quando ti sei allontanato hai finito il lavoro lasciato
in sospeso dal tuo socio e poi mi hai mentito perché così avevate deciso!
-Beth, mi
sembra che se non fosse stato per me a quest’ora saresti morta. E poi io sono dalla parte dei “buoni”…
-Balle!
Sono tutte balle! Lui è qui, lo so! Non mentire!
Mi
guardai nervosamente intorno come se mi aspettassi che il vampiro sbucasse fuori da qualche parte da un momento all’altro.
Lui,
in risposta, si alzò cauto dalla poltrona e prese ad
avvicinarsi.
-Beth…
Mi
portai le mani alle orecchie.
-Zitto!
Stai zitto!
Sentii
che mi stava per abbracciare e io mi divincolai. Mi sentivo sul punto di
esplodere a piangere.
-Ed
è stato per questo che non l’hai ucciso… non potevi e
l’hai solo ferito con dei proiettili normali… era tutto calcolato… tutto
quanto…
Ormai
piangevo.
Che spettacolo
patetico, davvero.
Sentii
le mani di Jacob che mi stringevano piano le spalle
per darmi una specie di conforto.
-Beth,
calmati e ascoltami. Io non ho niente a che vedere con
quel bastardo. E’ da quasi un secolo che gli sto dando la caccia e non penserei mai di allearmi con lui, non dopo quel che mi ha
fatto. Non l’ho ucciso perché non ne avevo il
permesso, ma ti giuro che avrei voluto farlo con tutto me stesso.
Gli
risposi singhiozzando.
-N…non
ne avevi il p…per…permesso? E a co…cosa
serve un p…permesso se la gente muore?
Mi
riaccompagnò piano in salotto.
-Vedi… i mezzosangue come me, spesso decidono di entrare in una società di hunter che da la caccia
ai vampiri considerati pericolosi. Lui è uno di questi. Purtroppo se non si ha
il permesso, non si può uccidere. È una cosa assurda, ma è
così.
Aspettai
che mi calmassi un po’ prima di fare un’altra domanda.
Lui,
seduto sulla poltrona, mi guardava paziente.
Feci
un respiro profondo asciugandomi le lacrime e poi parlai.
-Perché
mi vuole?
La
voce mi uscii rauca.
-Vuole
il tuo sangue. Mi sembrava che almeno su questo punto eri
certa.
Non
fece niente per nascondere la sua espressione sorpresa.
Una
domanda stupida, certo, ma non per come la intendevo io.
-Sì…no,
quello lo so anch’io. Ma perché proprio il mio di sangue? Ci sono moltissime
altre persone in questa città, perché io in particolare?
-Perché sei diversa. Non credo sia da tutti
riuscire a vedere le anime delle persone o fare sogni premonitori.
Lo
guardai persa.
Diversa.
Certo lo ero sempre stata. E mi aveva sempre creato
problemi.
Da
piccola, quando era morto il nonno, io insistevo a dire che non era così. In un
primo momento pensavano che io fossi semplicemente molto legata a quell’uomo,
ma poi mi videro parlare col nulla e cominciarono a
chiedersi se non ero pazza o una cosa del genere.
Ma
io non parlavo col nulla, parlavo con il mio nonnino.
O meglio, con la sua anima.
Mi
portarono da uno psicologo, che però non poté fare
altro che smentire quel che credevano tutti.
Io
ero mentalmente sana.
Poi,
alle medie, mi capitò di sognare che una mia compagna di classe si spezzasse la
gamba cadendo dalle scale. Provai a dirlo a qualcuno, ma mi
dissero che era solo un sogno.
Allora
dissi alla ragazza che doveva stare attenta, ma lei mi guardò male. Non mi
accorsi che ci eravamo messe a parlare proprio
i accorsi che eravamo in cima alle scale e ttenta,
ma lei mi guardò male. zasse la gamba cadendo dalle scale. in cima alle scale e lei, quando stava per andarsene, aveva
appoggiato male il piede ed era capitombolata giù.
Da
quel momento cominciarono ad evitarmi perché mi consideravano
pericolosa e violenta.
E
ora l’ultima fortuna che mi avevano procurato i miei
fantastici poteri era quella di avere un vampiro, anzi no, Edmund, che mi dava la caccia per potere bere il mio sangue così diverso.
Che bello
schifo.
Approfittando
del mio silenzio, Jacob si alzò e
si mise a raccogliere i cocci della tazza per poterli buttare.
Quando
ritornò, buttai lì una domanda che mi era venuta in mente
in quel momento.
-Chi
era Clara?
Lo
vidi irrigidirsi, per poi rilassarsi quasi subito dopo.
-Già,
è stato Edmund a nominarla…
Lo
sentii dire tra sé e sé come se stesse rispondendo a
una domanda che si era fatto da solo.
Poi
si avvicinò al mobiletto con le foto. Quando si girò me
ne porse una.
-E’ lei.
Guardai
la foto. Era il mezzo busto di una ragazza abbastanza
giovane nel fiore della sua bellezza. Teneva gli occhi chiusi e la carnagione
sembrava molto pallida, per quanto si potesse capire da una foto nei toni del
seppia. Portava i capelli sciolti ed erano scuri.
Quando
staccai gli occhi dalla foto, lui riprese a parlare con un’espressione quasi
addolorata.
-Era
la mia fidanzata negli anni ’20. Era una bellissima ragazza, sia come carattere
che come aspetto. Era come te, sai? Era speciale… Non possedeva la vista, ma
aveva la Vista. Intendo dire che era cieca dalla nascita, non
poteva vedere il presente, ma riusciva a vedere il futuro.
-E
lei è morta?
Mi
venne alle labbra senza volerlo questa domanda diretta. Gli restituii la foto.
-Sì…
è stato Edmund. Ma visto che
io mi dovevo comunque Risvegliare penso che non avremmo comunque potuto vivere
felici e contenti…neanche se avessimo voluto…
Concluse
la frase con un punta di amarezza. Per un istante mi chiesi quale potesse essere la storia che aveva fatto
innamorare queste due persone e che problemi avessero mai affrontato.
Si
allontanò nuovamente dal salotto e ritornò diversi
minuti dopo con una coperta.
-Immagino sarai stanca.
Presi
la coperta e la strinsi.
-Grazie…
Mormorai.
Mi
avvolsi col tessuto e mi distesi sul divano.
Sentivo
gli occhi di Jacob puntati su di me. Non mi davano
affatto fastidio, anzi. Se ci fosse stato lui al mio fianco
forse per quella notte avrei potuto azzardarmi a chiudere gli occhi senza
incontrare i pozzi di lava.
Non
passarono neanche troppi minuti che sentii le palpebre pesanti e la carenza di sonno che mi avvolgeva accogliente.
Dopo
poco il sonno mi catturò completamente.
---
^__^ Grazie mille per aver
letto questo capitolo!
anna96…
felicissima che la scelta della “razza” di Jacob ti
sia piaciuta! Edmund cosa pensa di combinare? Beh un po’ si è capito da questo capitolo, ma il peggio credo debba
ancora venire… grazie mille per la recensione, per favore, continua a seguirmi!
Sekhmet
2102… grazie per i complimenti! Mi fa piacere aver destato il
tuo interesse per i vampiri anche con una storia così banale. Sono davvero felice
del fatto che l’idea di
aver inserito un mezzosangue vampiro nella storia sia piaciuta! Certo,
forse ti ho delusa… pensavi chissà quali motivi per cui
non aveva ucciso Edmund e invece io ti metto un
motivo banalissimo… scusami, non mi piacciono molto ‘ste
cose… -___-”” Andando sul discorso “perché Edmund non
ha morso subito Beth” se ci pensi bene in quasi tutti
i film o libri che trattano i vampiri, ‘sti qua prima
di mordere chissà perché si fanno sempre una lunga chiacchierata con la vittima…
una cosa davvero idiota, concordo. Diciamo che sono voluta rimanere sul “classico”…
hmmm… sembra che mi stia arrampicando
sui vetri… -___-””” grazie mille per aver recensito, continua a seguirmi, per
favore!
Era
sabato mattina, più precisamente le nove. Mi sembrava un orario abbastanza
accettabile per andare in casa di qualcuno.
Quel
mattino, dopo essermi svegliata a casa del prof con una tremenda confusione in
testa, avevo insistito che lui mi accompagnasse da Bell,
ancora non riuscivo a fidarmi completamente, dovevo constatare
di persona che lei stesse effettivamente bene.
Così
alla fine aveva accettato ed ora mi trovavo di fronte alla porta dei Newsson a bussare con una certa insistenza mentre sentivo Adamson tenermi d’occhio dall’abitacolo della macchina.
Quando
pensavo di passare al campanello, sentii che qualcuno stava aprendo la porta.
Mi
ritrovai davanti la madre di Bells quanto mai
sorpresa di vedermi, con i capelli ancora in disordine e una vestaglia messa
alla bell’e meglio.
Probabilmente l’avevo buttata giù dal letto.
-Beth? Che ci…
Non
le concessi di finire la frase che le parlai con voce
concitata.
-Devo
vedere Bell!
Lei
sgranò ancor di più gli occhi, cercava di capirci
qualcosa.
-Isabel
sta ancora dormendo, ma si può sapere che succede?
-Per
favore, mi faccia entrare, voglio solo vedere se sta bene!
Si
scostò dalla porta per farmi passare.
-Va bene, entra. Prima però dovrai spiegarmi che succede.
Non
la degnai di risposta e corsi in camera sua.
Mi
attardai sulla porta, con una mano sospesa sopra la maniglia. Mi chiedevo cosa
avrei visto, se l’avrei rivista di nuovo in quella
strana posa scomposta da bambola rotta. Se magari c’erano
strane tracce di sangue, magari non viste la sera prima, come in una piccola
camera degli orrori. Se magari…
La
mia mano si abbassò pesante sulla maniglia. La porta si aprì cigolando appena.
La camera era immersa nel buio con le imposte delle finestre chiuse,
rischiarata solo dalla luce che veniva dal corridoio.
Sul
letto c’era una sagoma scura immobile. Avevano spostato il suo corpo, ora mi
chiedevo se quel che vedevo era la sagoma di un
cadavere, probabilmente non ancora scoperto dalla famiglia, o…
Bell si
mosse appena sotto le coperte. Tirai un sospiro di sollievo
e prima che me ne rendessi conto avevo acceso una luce nella stanza e
cominciato a scuoterla per svegliarla.
Aprì
piano gli occhi.
-Ma che…?
Chiese
con voce impastata. Sbatté le palpebre più e più volte per abituarsi
all’improvviso cambio di luce.
-Bell!
Esclamai
sentendo che un largo sorriso mi si stava aprendo in faccia.
Lei
si tirò su a sedere.
-Eli?
Come mai sei qui? Ehi!
L’abbracciai.
Probabilmente stavo compiendo dei gesti troppo esagerati, ma non riuscivo a
contenere la felicità di rivederla viva.
-Sì,
ok… perché fai così?
-Tu
stai bene, vero?
-Sì, certo che sto bene. Perché non dovrei?
Mi
staccai da lei e osservai il suo collo. Mi sembrava impossibile, ma anche la più minima traccia era sparita. Niente segni,
niente lividi, niente graffi. Strano.
-Ieri
sera…ieri sera non stavi per niente bene.
Lei
rise.
-Ieri
sera? Ma se stavo benissimo! Non ti ricordi che ti ho
pure chiamata?
-Mi
hai chiamata?
Ero
confusa. Come mai non ricordava niente? Sarà stato lo shock?
-Sì!
Abbiamo chiacchierato per almeno un’ora!
La
guardai interrogativa.
-No,
tu non mi hai chiamato. Davvero non ricordi niente? Il vampiro…
-Il
vampiro? Aaah… magari ne esistesse
uno come TomCruise
nell’Intervista…ma perché salti fuori con certi discorsi?
-Quindi
tu non ti ricordi che ti ha morsa?
Ora
era il suo turno di essere completamente spiazzata.
-Ma di
che parli?
Mormorò.
Restammo per un po’ in silenzio. Era evidente che per qualche motivo avesse
dimenticato. Piano piano mi stava abbandonando l’idea
che fosse successo per lo shock.
Alla fine scossi la testa.
-No,
niente. Me ne vado.
Uscii
dalla camera e poi dalla casa ignorando quello che ladre di Bell
stava dicendo e infine mi infilai nel posto passeggero
dell’auto di Adamson.
-Le
avete cancellato la memoria, vero?
Domandai
non appena chiusi la portiera.
-Adesso
sta bene, mi pare.
-Perché
lo avete fatto?
Chiesi
girando la testa verso di lui.
-Volevi
che rimanesse shockata per sempre? Tu non sai cosa può causare alla mente umana
anche solo la vista di un vampiro, se poi ci aggiungi che è stata morsa, la tua
amica sarebbe pronta per il manicomio.
-Come
avete fatto a togliere i segni del morso?
-Io
sono solo un cacciatore, non so di cosa è capace la squadra che si occupa di
queste faccende.
Rimanemmo
in silenzio per un bel po’ di tempo. Fu lui a spezzarlo.
-Ho
inviato una richiesta per licenza di uccidere alla società degli hunter. Penso
che sbrigheranno alla svelta tutte quelle pratiche che
servono per ottenerla e me la invieranno al più presto possibile. Intanto, in
caso di eventuali attacchi, cosa che non penso
accadrà, ma è sempre meglio prevenire che curare, – pescò una collanina da una
tasca della giacca e me la porse. – è meglio se tieni con te questa. È di argento lavorato a croce, dovrebbe bastare ad allontanare
un vampiro indebolito. Più tardi ti chiamerò al tuo cellulare, così che tu possa registrare il mio numero e chiamarmi in caso di
bisogno.
Appena
finì di parlare mise in moto l’auto.
Io
guardai scettica la collana che avevo in mano. Carina, certo, ma avrebbe
davvero saputo proteggermi?
---
Non ho parole per chiedervi scusa del
ritardo nel pubblicare questo capitolo. Avevo l’idea, ma non riuscivo per
niente a metterlo giù, infatti mi sembra quasi di
essermi trascinata fino all’ultima riga. Cercherò di pubblicare l’ottavo con
più rapidità, ma non è detta l’ultima parola, voi tenete
fede.
anna96,Sekhmet2102…vi ringrazio moltissimo per la
recensione!
Ero da sola, vestita elegantemente con un abito da sera dai colori delle
foglie d’autunno in uno spazio che potevi tranquillam
VIII
Ero
da sola, vestita elegantemente con un abito da sera dai colori delle foglie
d’autunno in uno spazio che potevi tranquillamente definire ristretto e
infinito allo stesso tempo.
Mi
trovavo dentro una specie di scatola quadrata, di non più di due metri per
lato, le cui pareti non erano altro che specchi che mi riflettevano migliaia e
migliaia di volte in un gioco continuo.
Una
gabbia, una trappola o qualunque cosa che potesse contenermi, fermarmi,
bloccarmi.
Il
vestito frusciava pigramente mentre giravo su me stessa cercando di capirci
qualcosa, in preda all’ansia.
Un
attimo. In preda all’ansia, per cosa? Mi bloccai. Qualcosa mi diceva che stavo
scappando. Scappando, certo, ma da chi, o da che cosa?
Misi
a fuoco lo specchio davanti a me e vidi che dietro di me stava sbucando un
ragazzo.
Un viso affilato piegato in un sorriso maligno che si
rifletteva negli occhi rossi.
Edmund.
Scappa!
Questo comando mi scoppiò in testa come il rombo di un
tuono.
Certo,
scappare, ma da che parte?
Lui
era uscito da una parete, il che significava che quella era anche una possibile
via di fuga. Ma significava anche andare incontro alla
morte.
Ma se lui
era sbucato da uno specchio, il che probabilmente poteva anche significare che
ogni specchio si poteva attraversare.
Non
so perché, ma sorrisi sicura di me, sicura di riuscire
a fuggirgli.
Corsi verso lo specchio che mi stava di fronte. Ma andai a sbattergli
contro.
Mi
accasciai al suolo, le spalle alla parete. Migliaia di occhi
si sbarrarono per il terrore. Lui era sopra di me. Questa era
davvero la fine.
Sentii
le zanne lacerarmi il collo, impietose. Sentii il mio sangue defluire come un
torrente in piena dall’arteria. E poi non sentii più
nulla, solo vuoto e un senso di totale leggerezza.
Mi
ritrovai a fluttuare in aria, come uno spirito, e ad osservare quella scena
dall’alto.
Mi
accorsi che quella scatola dove tutto si stava svolgendo era sospesa in un
infinito spazio bianco e sembrava protrarsi senza fine verso l’alto.
E poi mi
accorsi che gli specchi avevano qualcosa che non andava. Addossati a uno c’eravamo io e Edmund, ma
gli altri non riflettevano l’immagine di Edmund. No,
sembrava un’altra persona che conoscevo. Sembrava quasi...
Non
feci in tempo a formulare il pensiero, che la testa del riflesso guizzò verso
l’alto, verso di me. E poi prese a salire sempre più veloce, sempre più veloce,
sempre più veloce…
Voleva
me. E io provavo a scappare e urlavo sempre più forte, sempre più forte, sempre
più forte…
Sbarrai
gli occhi, mentre dalla gola mi usciva un rantolo gracchiante. Sentivo il corpo
scosso da violenti brividi e la bocca secca.
La
mia mano corse verso il collo e, con gesti convulsi, prese a stringere la
collana che mi aveva dato il prof più di una settimana fa
e che quasi mai toglievo. Il contatto con la superficie fredda riuscì a
calmarmi un po’, ma non abbastanza. Scivolai giù dal letto e mi diressi in
bagno.
Aprii
il rubinetto dell’acqua fredda lasciando che essa mi scivolasse sulle mani e
poi me la passai anche sulla faccia. Feci per prendere l’asciugamano che mi
cadde l’occhio sullo specchio.
Urlai.
Lo
specchio mi mostrava una ragazza dai capelli neri con il volto in preda
all’orrore. E la ragazza continuava a spostare lo sguardo da me al mio collo
sporco del sangue che seguitava a uscire da un
profondo squarcio proprio dove si trovava l’arteria.
Con
dita tremanti, mi toccai per vedere se era soltanto un’illusione. Toccai
qualcosa di viscido.
Urlai
ancora più forte. Non capivo. Come era possibile?
Sentii
del trambusto nella camera dei miei e dopo poco vidi mia madre apparire nella
cornice della porta del bagno.
-Heliza…che
è successo? Cos’hai da urlare?
Mi
toccai più volte il collo per farle capire, non riuscendo a trovare le parole
per dirglielo. Si avvicinò.
-Ti
fa male?
Tentò.
Ma possibile che non vedeva?
-…il
sangue…continua ad uscire…non so come fermarlo!
Aiutami!
-Quale
sangue? Heliza, spiegati, non capisco…
Mi
sembrava confusa.
-Non
vedi…lo squarcio, qui, sul collo?
Mi
alzò i capelli per poter vedere meglio.
-Non
c’è niente. Avrai fatto un incubo o uno di quei sogni tuoi strani…- mi
abbracciò, come era solita fare quando ero piccola.
–Soltanto un incubo…stai calma, è passato.
Annuii
con la testa e guardai di nuovo lo specchio. Tutto normale, niente sangue,
niente squarci.
Cosa mi
aveva detto il prof? “Tu non sai cosa può causare alla mente umana anche solo
la vista di un vampiro”? Bene, sembrava che avesse fatto effetto.
---
Camminavo
col vento che mi colpiva ripetutamente mentre mi dirigevo a casa di Adamson. Continuavo a
domandarmi perché mi avesse chiesto di andare a casa sua, e soprattutto perché
proprio nel tardo pomeriggio. Mi aggiravo per le strade in preda a una strana ansia, eravamo al crepuscolo quasi e sospettavo
di veder spuntare da dietro qualche angolo buio l’essere che voleva mangiarmi.
Finalmente,
arrivai a destinazione. Non feci in tempo a bussare che lui mi venne subito ad
aprire e poi mi fece accomodare in salotto.
-Perché
mi ha fatta venire qui?
-Ho ricevuto licenza di uccidere, volevo comunicartelo.
Non
so per quale ragione, ma quello che diceva non mi convinceva.
-Non
poteva dirmelo al telefono?
Sembrava
che non si aspettasse quella domanda.
-Beh,
ecco… vedi…io…era necessario che venissi, volevo
parlare con te del piano per ucciderlo… ecosì…
Sembrava
si stesse arrampicando sugli specchi. Perché? Volevo
ribattere, ma non feci in tempo perché qualcun altro si intromise
nella conversazione.
-Jake, Jake, Jake… sempre a pensare a un modo per uccidermi… sei noioso, lo sai?
Mi
voltai. Edmund, chissà come, era riuscito a entrare in casa e ora se ne stava vicino al mobiletto del
salotto ad ammirare una foto.
---
Ci stiamo avvicinando a
una fine che (forse) non immaginereste mai. Le teorie del prof sembrano
vacillare…
Spero di aver pubblicato il capitolo alla
svelta!
Sekhmet 2102…grazieeeeeeeeeeeeeee!!!! Soprattutto
della comprensione! Spero con tutto il cuore di non averti delusa! Continua a
seguirmi!
Vedrò di postare il nono il più presto
possibile, alla prossima.
Gli
chiese il prof mentre mi avvicinavo a lui, cercando la sua protezione. Il
vampiro assunse un’aria un po’ annoiata.
-Non
te l’hanno mai insegnato che un vampiro deve chiedere il permesso solo se deve
entrare in casa di umani, e che quindi non è obbligato
a farlo se la casa è dei suoi simili?
Tornò
a guardare la foto che aveva in mano, passando quasi dolcemente il pollice sul
volto di Clara come a volerla carezzare.
-Sai,
non pensavo avessi ancora queste… pensavo che ormai
avessi dimenticato Clara, oppure…- lo guardò di sottecchi. – continui a pensare
a quel giorno? Ricordi, no? Quando hai perso il controllo…
Cercai
lo sguardo del prof. Cosa significava “quando hai
perso il controllo”? C’era qualcosa a cui ero stata tenuta all’oscuro?
Sentii
lo sguardo di Edmund
scivolare su di me e poi ricadere su Jake. Scoppiò a
ridere, così senza motivo, un istante di ilarità che
tagliò come un coltello l’aria tesa della casa.
-Helizabeth,
dolce Helizabeth…com’è che ti ha detto che è morta
Clara?
-E’…è stata prosciugata…sei stato tu a farlo.
Rise
di nuovo e si avvicinò a Jake, gli diede una pacca
sulla spalla e poi proseguì il suo cammino accasciandosi come se niente fosse
sulla poltrona.
Il
prof si girò verso di lui, io mi allontanai, cercavo di mantenere quanta più
distanza di sicurezza possibile tra me edEdmund.
-Certo,
sono io il vampiro cattivo della storia, me ne ero
quasi dimenticato. Però, che strano Jake… quando ti ho visto qui con la mia preda, ho quasi
pensato che volessi tornare ai cari vecchi tempi… mi sono sbagliato?- finì la
frase inarcando in maniera quasi esagerata le sopracciglia.
Guardai
interrogativa Adamson.
-Come
ai… che significa?
-Niente,
Helizabeth. Vuole confonderti.
Questa
risposta fredda venne subito seguita da una risata. Mi
voltai verso la poltrona.
-Confonderti?
Io? Ah, mia cara se qui c’è qualcuno che lo sta facendo quello non sono io!
Prova un po’ a chiedere al tuo prof come sono andate veramente le cose con
Clara.
-Helizabeth,
attenta. Non fidarti di quello che dice…ti ho già raccontato tutto su Clara. È stato lui ad ucciderla, non ci sono altre verità.
-Non
ci sono altre verità? Cos’è adesso nascondi il tuo
passato?
-No,
semplicemente cerco di dimenticare gli errori che ho commesso.
Io
ero sempre più confusa. Mi sembrava di essere in una bolla di tempo diversa
dalla loro.
-Bene,
allora vorrà dire che le racconterò un po’ di cose.
-No!
Edmund
fissò lo sguardo su di me.
-Beth,
devi sapere che la vita di Jacob non è stata poi così
pura e casta. Come mi hai confermato, ti ha parlato di
Clara. E come tu stessa hai detto, Jake
ti ha rivelato che sono stato io ad ucciderla. Ma ti
ha detto che anche lui ne ha goduto?
Lo
fissavo sconcertata.
-Zitto!-
sibilò il prof.
Edmund si
mise più comodo sulla poltrona e assunse un tono contrito.
-Erano
gli anni ’20 in Inghilterra. Avevo stabilito che la bella Clara sarebbe stata
la mia prossima vittima e aspettavo solo che rimanesse sola. Una sera, dopo
l’imbrunire, quando sapevo che si era ritirata in camera, le imposi di farmi
entrare. Dopo di che mi cibai di lei, un ottimo sangue, me lo ricordo ancora
adesso. Però mi ero dimenticato che nella casa c’era
anche il suo promesso sposo. Forse allarmato da
qualche strano rumore, quell’uomo piombò nella
stanza…
-Zitto!-
la voce di Jake si era fatta più
forte, sembrava quasi un ringhio sommesso.
Il
vampiro lo ignorò e proseguì.
-Però
adesso, prima di continuare, ti dirò un’altra cosa utile. I mezzosangue sono
persone estremamente instabili. Qualunque cosa metta a soqquadro la loro vita, il loro sangue vampirico prende possesso del corpo, per poi stabilizzarsi
col tempo, senza restituirgli, però, la condizione umana. Comunque,
dicevo che non appena Jack vede la sua amata in fin di vita mi attaccò
scoprendo una forza mai avuta prima, tuttavia, dopo, la sua attenzione venne
catturata da qualcos’altro, vuoi dirlo tu?
-Zitto!
-A quanto pare, no. La sua attenzione è catturata dal
sangue! Dal denso liquido scuro che esce dal collo di Clara e a quel punto…
Sentii
solo una lieve folata d’aria quando Jacob scattò
prendendo per una mano il collo di Edmund
e sbattendolo contro una parete, facendo volare per terra la poltrona. Lo
sentivo sibilare furioso. Edmund, invece, sembrava
quasi divertito.
-Mio
caro Jake…ti hanno mai
insegnato che i vampiri puri sono molto più forti dei mezzosangue?
E, quasi
per accompagnare le parole, scagliò via il prof con un braccio, facendolo
schiantare contro la parete opposta. Si rialzò immediatamente e snudò i canini
soffiando. Notai che le unghie si erano trasformate in lunghi artigli ricurvi.
Il
vampiro senza fare una piega, rialzò la poltrona e mi si fece vicino. Mi
allontanai istintivamente.
Era
già qualcosa se non avevo ancora urlato.
Mi
alzò piano i capelli dal collo e passò lievemente le labbra sulla pelle della
mia gola.
Il
cuore prese a battermi all’impazzata dentro il petto, mentre anche il ritmo del
mio respiro accelerava.
Mi
baciò quasi dolcemente sul collo.
-Non
devi aver paura.
Di nuovo quella frase. Tutto il panico che tenevo serbato dentro si dibatté
disperato alla ricerca di una via di fuga. Aprii la bocca, ma non ne uscì
suono, solo un patetico gemito. Sentii le sue labbra contrarsi in un sorriso.
Riprese a parlarmi soffiandomi il suo alito caldo.
-Hai
paura di me? E allora come hai fatto a non avere paura
di Jacob? Siamo della stessa razza… e non esistono
buoni e cattivi. Anche lui avrebbe potuto aprire la
sua bocca sulla tua tenera pelle e posarvi i canini. Così… -sentii che stava
facendo quello che diceva. Sentivo due punte acuminate che mi pungevano. Provai
a scostarmi, ma mi teneva bloccata.
Sentì
la sua lingua che umettava, ruvida come quella di un gatto.
Che
accidenti stava facendo il prof? Non doveva essere lui che doveva salvarmi? Non
vedevo niente, Edmund era più alto di me e mi
bloccava la visuale.
E poi
sentii Edmund che mi si afflosciava addosso e vidi
dietro di lui Jacob. Mi scostai lasciando che il
corpo cadesse a terra. E poi vidi cosa era accaduto.
Il
prof gli aveva conficcato un paletto nel cuore.
---
Ciao a tutti! Come va?Vi chiedo umilmente scusa per l’abnorme ritardo
nell’aggiornare! (oddio…passo tutto i capitoli a chiedervi scusa!...)
Sapete, non sapevo proprio
come buttare giù il capitolo, poi ogni volta che accendevo il PC c’era sempre
qualcosa che mi distraeva dallo scrivere… ma! Meglio tardi che mai, no?
Spero comunque
che il capitolo sia stato di vostro gradimento, vi ringrazio per le recensioni
fatte nello scorso capitolo.
Sperando
che continuerete a seguire, alla prossima (che spero verrà presto!)…
Jacob si
accovacciò accanto al cadavere di Edmund
come a constatare che fosse effettivamente morto.
-E adesso
che vuoi fare?
Chiesi
con una voce che non mi sembrava la mia, mentre mi grattavo nervosa il punto
del collo che era entrato in contatto con la lingua del vampiro e con gli occhi
cercavo di non guardare il cadavere.
Non
mi rispose. Si allontanò semplicemente dal corpo.
-Ti
consiglio di andartene, quello che farò adesso non sarà un bello spettacolo.
Scossi
la testa. –No, non me ne vado. Ho ancora delle domande che vogliono una
risposta.
-Non
hai paura?
Questa
volta fui io a non rispondere. Mi sembrava scontato che avessi
paura. Avevo avuto paura quando loro si erano scontrati, avevo avuto paura
quando Edmund aveva posato i canini sul mio collo, avevo
ancora paura, paura che il vampiro si riprendesse improvvisamente e si alzasse
da terra per completare l’opera nonostante gli fosse stato infilzato un paletto
nel cuore. Avevo ancora paura perché, dopo aver ascoltato quello che aveva
detto il vampiro, temevo che per qualche ragione il prof perdesse nuovamente il
controllo e mi uccidesse. E se rimanevo lì era sì
perché avevo delle domande da fare a Jake, ma anche
perché ero totalmente paralizzata ed ero certa che se anche mi fossi mossa le
mie gambe non avrebbero retto.
Lui
si diresse in cucina per poi ritornare con una scatola di fiammiferi.
-Vuoi…vuoi
bruciarlo…?
-E’
questa la prassi.
Mi
fece gesto di avvicinarmi a lui, poi sfregò un cerino e lo lanciò sul corpo. Edmund prese fuoco immediatamente emettendo volute di odore acre. Osservai raccapricciata la scena, mentre il rogo
si mangiava ingordo la sua fonte di energia, temendo
che si espandesse e incendiasse tutta la casa.
Il
prof intanto si godeva la scena seduto comodamente in
poltrona.
-Immagino
tu voglia sapere se quello che ha detto lui è vero. –disse con una voce distante
e stanca. Annuii con la testa, disgustata e attratta contemporaneamente dal
falò improvvisato che non mi permetteva di distaccare gli occhi.
-E’
andata così. Ma io non potevo farci nulla, non ero
padrone del mio corpo quella sera. La mia natura, la mia metà di vampiro, si
era risvegliata e aveva bisogno di quel sangue che gli era
stato negato per 28 anni di esistenza… mi nutrii di Clara quella notte, la mia
dolce, stupenda Clara… e lei non fu la sola quella notte. Uccisi almeno altre dieci persone prima che trovassi pace e lui fu il mio
maestro in quella notte di follia…
Lo
guardai, mentre confusione e orrore mi si mescolavano sulla faccia.
-Cosa?!
Edmund è stato… il tuo maestro…? Come può essere?
Sì,
non poteva essere vero, no, era assolutamente
impossibile. Da quale squallido film era stata presa
questa frase? Sembrava tutto troppo irreale quello che mi stava dicendo.
-Già…per
dieci anni ho cacciato insieme a lui. Io, però, non avevo
il suo stesso bisogno pressante di sangue, per questo ero quello che ingannava
la vittima grazie alla mia natura umana, era il nostro metodo di caccia. E poi incontrai degli hunter. Lui li considerava la feccia
del mondo, mezzi vampiri che cacciano vampiri?
Impossibile, impensabile. Mi convinsero che l’esistenza della
mia stirpe non era solo quello che facevo, che c’era dell’altro, una
possibilità di redenzione. Lui diceva che mi avevano fatto il lavaggio del
cervello, e a pensarci ora magari aveva pure ragione, che non voleva separarsi
da me, ma ormai io avevo preso la mia decisione. Mi sottoposero ad un
allenamento per diventare uno di loro, mi fecero odiare la mia natura e il mio
maestro perché era lui che l’aveva risvegliata. Su questo punto provai ad
opporre resistenza, ma fu inutile. Alla fine decisero di mandarmi in missione
e, grazie al fatto che lo conoscevo bene, fu lui il mio primo obbiettivo.
-Fammi
capire…allora non è vero che lo odi per aver ucciso Clara?
-Al
contrario. Non l’ho ancora perdonato su questa cosa.
Smise
di parlare e guardò il fuoco che ancora divampava senza intaccare nulla di
quello che gli stava intorno. Al corpo erano ormai stati erosi i tessuti
muscolari e si incominciavano ad intravedere le ossa.
Distolsi lo sguardo per evitare un conato di vomito dovuto anche dall’odore che
regnava nella sala.
-Però
stasera hai avuto la tua vendetta.
Sospirò.
–Sì, stasera l’anima di Clara ha trovato una pace.
-Non
ti dispiace per lui?
Rise
nervoso. –Proprio tu mi fai questa domanda? Non mi dispiace affatto, sono
riuscito a vincere sui miei demoni e sono riuscito a salvare una delle sue
vittime… è questo che conta.
Silenzio.
Eppure
no, cavoli. Perché quella frase che aveva appena detto
sembrava così falsa, così…recitata? Anzi, a ben pensarci tutto era stato troppo
calcolato. Lui che arrivava giusto il giorno dopo che Edmund
mi aveva attaccata la prima volta? Sì, possibile. Era
possibile che l’associazione hunting l’avesse
avvisato da tempo della cosa perché, per non so quale
ragione, erano riusciti a prevedere dove avrebbe attaccato e chissà, anche
quando. Però… se si fossero messi d’accordo?
E anche quando eravamo a casa di Bell…
E adesso, una storia che era sì stata raccontata alla perfezione, ma che
mancava di qualcosa. Possibile che
non mi avesse detto davvero tutto?
E
la domanda di Edmund, quando
gli chiedeva se per caso non fossero tornati ai vecchi tempi, non era forse un
qualche tipo di segnale, della serie “attacchiamo!”?
O
forse no… forse ero io che mi stavo facendo inutili problemi, che mi stavo
convincendo di cose che erano solo nella mia testa… allora, se era così, potevo benissimo chiederne conferma al mezzo vampiro, no?
Non ci sarebbe stato nulla di male.
-Jacob…
Non mi hai raccontato tutto, vero?
Mi
guardò sorpreso della domanda, poi sorrise.
-Te
l’hanno mai detto, Helizabeth? A volte ci sono
domande che non bisognerebbe mai fare…
L’attimo
dopo non lo vidi più. L’attimo dopo sentii un forte pugno sulla bocca dello
stomaco e il mondo si colorò di nero, mentre mi accasciavo a terra.
---
Ciao a tutti! Questa volta, come promesso,
ho aggiornato un po’ più presto. Perdonatemi per il capitolo
confusionario, non si capisce molto, vero? E poi è scritto pure male…
mamma mia, che obbrobrio non mi è venuto, però non sapevo
come sistemarlo, nonostante le varie riletture… -__-;;;
Ma passiamo a
rispondere alle recensioni! ° V °
LaMiry... Tutta la mattinata a leggere i capitoli?!
Oddio…si vede proprio che questa storia così banale ti aveva
preso! Chi sono i buoni e i cattivi? Ci deve
per forza essere una distinzione? Dopo aver letto questo capitolo, secondo te,
quali sono i ruoli? Grazie mille per i complimenti! Continua a seguirmi!
Sekhmet 2102…la nostra
zucchina preferita non poteva starsene in silenzio sennò veniva meno alla fama
di “Edmund, il vampiro che tutto vede e tutto sa” ù__ù… Delusione
assurda per la reazione di Beth, immagino…E
poi, Edmund non è poi così tanto infido, o almeno non
come qualcun altro…Comunque, se hai voglia di altri colpi di scena continua a
seguirmi e vedrai cosa ti combino nell’ultimo capitolo (che non so se sarà il
prossimo o l’altro ancora…)! Grazie per la recensione!
Se per caso, oltre
a queste due, ci saranno nuove recensioni a cui non ho risposto, ringrazio per
avermele fatte.
Ci vediamo nel prossimo capitolo! E mi raccomando: recensite, recensite, recensite!