Starlight ~

di Eliatheas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.I wanna break this spell that you've created ***
Capitolo 2: *** 2. I only dream of you and you never knew ***
Capitolo 3: *** 3. I will be chasing your starlight ***
Capitolo 4: *** 4. I tried to give you up, but I'm addicted ***
Capitolo 5: *** 5. You electrify my life ***
Capitolo 6: *** 6. How long before you tell the truth? ***
Capitolo 7: *** 7. I just wanted to hold you in my arms ***
Capitolo 8: *** 8. Our hopes and expectations, black holes and revelations ***
Capitolo 9: *** 9. And whatever they say, your soul's unbreakable ***
Capitolo 10: *** 10. You could be the one I'll always love ***
Capitolo 11: *** 11. Love is our resistance ***
Capitolo 12: *** 12. During the struggle, they will pull us down ***
Capitolo 13: *** 13. And tonight we can truly say together we're invincible ***
Capitolo 14: *** Epilogo – I’ll never let you go if you promise not to fade away ***



Capitolo 1
*** 1.I wanna break this spell that you've created ***


starlight

starlight

«I’ll never let you go if you promise not to fade away»

 

A Jè.

Perché ha sopportato tutti i miei scleri su questa storia,

perché è stata tremendamente paziente con me,

perché se lo merita un regalo di incoraggiamento,

perché spero di averle fatto venire almeno un po’ di amore per questi due cosetti idioti di Katie e Oliver così da scrivere tante belle storie come solo lei sa fare,

e perché sì.

C’è anche bisogno di chiederlo?
ah, sì: grazie sul serio <3


1.  I wanna break this spell that you've created

 

Non era mica vero che Katie Bell aveva una cotta per Oliver Baston. No, affatto. Era una voce messa in giro dai gemelli Weasley, non c’era alcun dubbio. Lei avrebbe rassicurato tutti che non era assolutamente così, che lei era una ragazza seria e che la sua unica preoccupazione era il Quidditch e il diploma.

Purtroppo per lei, entrambe le cose erano parecchio lontane, dato che aveva appena tredici anni e l’ultima partita del campionato era stata appena annullata. La McGrannit era scesa in campo con un megafono viola, ordinando a tutti di tornare nelle proprie Sale Comuni. Oliver Baston era diventato improvvisamente bianco in volto e si era precipitato verso la professoressa con aria sconvolta, tentando di farla ragionare – secondo il suo parere -, ma lei lo aveva semplicemente ignorato, preso Harry da parte e si era incamminata lontano, nel castello.

Katie Bell aveva praticamente visto la delusione farsi strada sul volto del loro capitano che, ormai demotivato, era tornato negli spogliatoi quasi trascinandosi. Lei seguì il resto della squadra lì dentro, tenendo stretto il suo manico di scopa. Gli altri facevano ipotesi su quanto poteva essere accaduto – qualche altro studente pietrificato? -, ma lei non faceva altro che guardare Oliver Baston che, nel pieno del suo sconforto, si era accasciato contro l’armadietto con la testa tra le mani.
I ragazzi si guardarono, chiedendosi silenziosamente cosa fare, poi decisero che, forse, era meglio lasciarlo cuocere nel suo brodo e parlargli solo quando si sarebbe fatto una ragione di quanto era successo. Si cambiarono in fretta e si avviarono di sopra, con aria curiosa.
«Non vieni, Katie?» domandò Alicia, voltandosi verso la ragazza. Lei annuì e fece un sorriso di scuse.
«Controllo una cosa e arrivo» disse, semplicemente, e l’altra le fece un leggero sorriso e riprese a camminare, lasciando ormai Katie da sola, a parte la cupa presenza di Oliver Baston a farle compagnia.
Lei non sapeva come fare a parlargli, aveva paura che lui potesse arrabbiarsi con lei e odiarla per il resto della sua vita. Non che le importasse più di tanto, ma era il suo capitano e non doveva odiarla. E lei, dopotutto, stava solo cercando di aiutarlo. Ma non riusciva a spiccicare parola ed era ancora ancorata al suo armadietto e dava le spalle al capitano, senza sapere cosa esattamente fare.
«Bell, se sei ancora qui per tentare di consolarmi, hai avuto un’idea sbagliata» mormorò Oliver, prima che lei potesse fare qualunque cosa, con la testa affondata ancora nelle sue mani.
«Io volevo solo … fare qualcosa» mormorò Katie, voltandosi finalmente verso di lui. Era ancora accasciato su se stesso e, per quello che poteva vedere lei, aveva l’espressione più disperata che Katie avesse mai visto.
«Non … fare niente. Va’ via» .
La ragazza si strinse le braccia al petto e trattenne il respiro per un secondo. Sembrava che quelle parole facessero male più di quando era caduta dal suo manico di scopa, durante l’ultimo allenamento. Era la cosa più dolorosa che avesse mai provato in tutta la sua vita.
Oliver doveva essersi accorto della reazione di Katie, perché alzò la testa e la guardò, con uno sguardo di scuse e una sorta di sorriso disperato.
«Non volevo ferirti, Katie» mormorò, scuotendo la testa. Era questo, allora. Oliver l’aveva ferita con le sue parole. Perché lei pensava che fossero amici, eh, niente di più. Però ci era rimasta male. «Voglio … solo stare da solo, ecco. Ma apprezzo il tuo tentativo».
Lei lo guardò, mentre era ancora appoggiata al suo armadietto, e tentava di respirare nuovamente. Lui non voleva ferirla ed era quello che le importava. Non l’aveva fatto apposta, ecco tutto.
«La McGrannit ha detto di tornare in Sala Comune» sussurrò lei, semplicemente, facendogli un sorriso esitante.
«Ci andrò, non preoccuparti per me» le disse, con un sorriso che sembrava il quadro della disperazione.
«Lo faccio sempre» mormorò lei, tra sé e sé e Oliver fece il primo vero e proprio sorriso della giornata. Katie arrossì, quando si rese conto che lui l’aveva ascoltata e nascose il suo volto dietro i capelli, evitando di guardarlo. Era la prima volta che era seriamente in imbarazzo davanti a qualcuno. Solitamente, era una persona molto più coraggiosa. Era o non era una Grifondoro? Ma con Oliver le cose cambiavano.
Avanti, era un ragazzo più grande di lei di tre anni ed era particolarmente affascinante. Ovvio, non che lei lo trovasse affascinante. Era ovvio, bastava guardarlo in viso. Era ovvio che lei si sentisse in imbarazzo davanti a lui. E questo non aveva niente a che fare con la voce che i gemelli Weasley avevano sparso in giro – qualcosa che riguardava lei ed una certa cotta per una certa persona. No, affatto.
«Non devi. Sono grande e so badare a me stesso, sai? » scherzò lui, mentre lei faceva per uscire dallo spogliatoio. Gli sorrise, sul serio, e poi scosse la testa.
«Non ti deprimere, Oliver. Non è il caso. Abbiamo l’anno prossimo per vincere ed ho la sensazione che ci riusciremo. Abbiamo il Portiere migliore di tutta Hogwarts» e, senza che lui potesse dire altro, si allontanò, per tornare nella sua Sala Comune.
«E tu ti ostini ancora a dire che non hai una cotta per lui! » tuonò Fred Weasley, venendole incontro con un sorriso che le metteva quasi paura e passandole un braccio attorno alle spalle.
«E’ solo la verità. La voce che voi avete messo in giro è davvero crudele» sbottò lei, mentre George si univa al gemello e, insieme, la scortavano verso la Sala Comune dei Grifondoro.
«Oh, Katie, noi non abbiamo messo in giro alcuna voce, è tutto merito tuo» scherzò George, con un sorriso identico a quello del fratello.
«Oh, smettetela di dire idiozie! » esclamò lei, scuotendo la testa e prendendo a braccetto i gemelli, con un sorrisetto divertito. «E, per vostra informazione, a me non piace affatto Oliver Baston! »

 

Soltanto qualche settimana dopo, si sarebbe resa conto che la verità era ben altra, ma, per il momento, Katie Bell avanzava piena di fiducia verso la Sala Comune, convinta che il fatto che il suo cuore batteva a ritmo impazzito quando era accanto ad Oliver, fosse solo perché lui la metteva in imbarazzo con il suo sorriso scintillante.
E, cosa peggiore, lei ci credeva davvero.

 

 

Angolo Autrice

(se ancora mi posso considerare tale)

 

Allora, vi devo delle spiegazioni, lo so.

Perché ho deciso di imbarcarmi in questa follia? Be’ … è semplice: perché io mi sono innamorata di loro due, Oliver e Katie <3 non sono così favolosi? *-*

Questo era un progetto di un anno fa, ma l’estate scorsa non riuscii a scrivere niente a parte tre miserrimi capitoli che facevano tristezza persino al pc. Poi, qualche settimana fa mi venne voglia di scrivere su di loro ed è nata questa raccolta – cioè, questo folle progetto.

Vi avviso già da ora che la raccolta è completa – sì, l’ho finita in due settimane. Meravigliatevi, lo pretendo ù_ù – quindi non dovrete penare tanto per gli aggiornamenti xD

 

Il titolo della raccolta è Starlight, dalla canzone dei Muse, come credo si possa notare anche dal sottotitolo. Perché? Be’ … *non ho trovato titolo migliore*. no, okay, perché è una delle mie canzoni preferite e perché penso che stia bene con l’idea che io mi sono fatta di Oliver e Katie <3

Oh, ed ogni titolo di capitolo sarà un verso di una canzone dei Muse perché ho deciso così xD (perché ormai sono in fissa).

Questo è di Time is running out <3

 

Be’, penso di aver finito.

El.

 

 

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Capitolo 2
*** 2. I only dream of you and you never knew ***


Starlight ~

Starlight ~

«I’ll never let you go if you promise not to fade away»

 

2. I only dream of you and you never knew

 

Era diventata una sorta di strana tradizione, il fatto che fosse Katie Bell a tentare di consolare Oliver Baston qualora lui fosse ricaduto nella sua fase depressiva, dopo un allenamento di Quidditch particolarmente disastroso o una partita persa.
Non che Oliver collaborasse, ovviamente. Quando si trattava della sua spirale di depressione, lui pretendeva di godersela fino in fondo, come era giusto che fosse. Ma Katie era testarda e abbastanza sicura di sé da tentare, in ogni modo, di far riprendere il suo capitano da quella stupida depressione in cui lui si ostinava a scivolare quasi ogni giorno, ormai.
Katie, alla fine, aveva capito che Oliver non era quello che, esattamente, si definiva un normale amico. Almeno per lei. Sapeva che, ogni volta che lui le era vicino, il cuore le batteva in maniera quasi imbarazzante e sapeva anche che il suo più grande desiderio era affondare la testa nel suo petto e stringersi a lui. Non era completamente stupida, in questo.
E poi, Leanne, la sua migliore amica, era decisamente più esperta in certe cose e le aveva detto chiaro e tondo cosa erano i suoi sentimenti. Non che Katie avesse provato a sottrarsi, ormai l’avevano capito tutti – tranne lei, ovviamente.
Così, ogni volta che Oliver Baston si lasciava cadere nel suo tunnel depressivo, Katie era lì, preoccupata per lui – non poteva, neanche volendo, non esserlo. Ci aveva provato, ma non ci riusciva. Si preoccupava per lui – e pronta a tirarlo fuori, con le buone o con le cattive. Non l’avrebbe abbandonato a se stesso, ovvio che no. Oliver vi aveva fatto l’abitudine, ormai, e la presenza di Katie nel suo tunnel depressivo era diventata una costante di quasi ogni giorno.
«Dimmi che non sei Katie Bell e ti amerò per il resto della mia vita» sbottò Oliver, senza neanche alzare gli occhi dai suoi piedi. Katie diventò stranamente rossa mentre entrava nello spogliatoio dei Grifondoro, il più silenziosamente possibile.
«Mi dispiace deluderti» sussurrò, piazzandosi davanti a lui con aria risoluta. Oliver alzò la testa e la fissò, con un sopracciglio inarcato, il volto già disperato. Katie sospirò, cosciente del fatto che sarebbe durata per molto, questa volta. «Fred ha detto che stavi tentando di affogarti sotto la doccia» tentò lei, guardandolo con un sorriso esitante.
«Non funziona. Ci ho provato, ma ho scoperto di non riuscirci» sbottò lui, tornando ad affondare la testa nelle ginocchia, con aria afflitta. Katie sapeva che quella era una situazione davvero, davvero critica e che ci sarebbe voluto un bel po’ prima che Oliver iniziasse anche lontanamente a ragionare, così si sedette accanto a lui, con la schiena poggiata all’armadietto e le ginocchia strette al petto.
«E’ solo una partita» provò a dire, ma sapeva benissimo che lui non l’avrebbe ascoltata neanche per sbaglio, perché, alla fin fine, non ci credeva neanche lei. Quest’anno era l’ultimo anno, per Oliver, per poter vincere la Coppa di Quidditch. Grifondoro non vinceva da troppo tempo e lui ne sentiva il disperato bisogno. Katie lo capiva perfettamente, ma capiva anche che il suo compagno di squadra, Harry Potter, aveva fatto un discreto volo senza il suo manico di scopa per colpa di quei dannati Dissennatori e questo per lei era più importante di qualsiasi altra cosa.
«Non dovresti essere da Harry o qualcosa del genere? » chiese Oliver, senza neanche girarsi verso di lei. Katie allungò le gambe e sbuffò, scuotendo la testa.
«Potrei farti la stessa domanda, Baston» disse, incrociando le braccia e guardandolo male. Lui non sollevò neanche lo sguardo su di lei, come sempre. «Harry ha fatto un volo da una grande altezza e si sta rodendo nel suo letto dell’Infermeria perché pensa che tu – il suo dannatissimo capitano – ce l’abbia con lui per questo» aggiunse, riservandogli la peggiore delle sue occhiatacce. Oliver si voltò verso di lei e la fissò con aria – ovviamente – depressa.
«Non ce l’ho con lui.  Diglielo» e tornò ad ignorarla, stringendosi le ginocchia al petto e affondandovi la testa. Katie pensava che, tempo qualche minuto, avrebbe anche pianto, ma per il momento nessuna traccia di singhiozzi o di lacrime. Lei ringraziò Merlino, non sapeva se sarebbe riuscita a gestire anche quello. Il fatto che si preoccupasse troppo per Oliver Baston era qualcosa che andava ogni normale regola e non sapeva neanche come gestire la cosa. Era ovvio, naturale, per lei essere preoccupata per lui, ma, dopotutto, lui era un ragazzo di diciassette anni – ovvero: tre anni più grande di lei – che sapeva badare a se stesso, giusto?
Eppure aveva voglia di abbracciarlo e di fargli posare la testa sulla sua spalla, per consolarlo. Era patetica, sì, ma non sapeva che farci.
«Perché non vai a dirglielo tu? » domandò lei, tentando di tirarlo fuori dal suo vortice disperato. Lui neanche la guardò, come al solito, ma rimase fossilizzato sul posto.
«Katie, perché ti ostini a … fare questo? » domandò, invece, ignorando del tutto la sua domanda. Katie smise di guardarlo ed iniziò a fissare con molto più interesse il pavimento sotto i suoi piedi. «Voglio dire, quando c’è qualcosa che non va – che mi fa deprimere – sei sempre l’unica a tentare di …fare qualcosa. Non è che non lo apprezzi, ma lo sappiamo entrambi che non c’è speranza. Perché continui comunque? »
La ragazza rimase a guardare per un po’ i suoi piedi, incerta sulla risposta che avrebbe potuto dargli. Quella più ovvia era, senza alcun dubbio, la verità: Oliver le piaceva e lei voleva solo che fosse … felice? Voleva aiutarlo, ecco.
Ma non poteva di certo dirgli questo, lo avrebbe sconvolto per il resto della sua vita. Quando Katie aveva capito che tutti sapevano della sua cotta per Oliver Baston, era arrivata anche a comprendere che lui non ci sarebbe mai arrivato. L’unica cosa che Oliver Baston aveva in mente era il Quidditch e solo Quidditch, quindi lui non aveva compreso neanche lontanamente la portata dei sentimenti della sua Cacciatrice più giovane.
Lui era ancora più tardo di lei, per quanto riguardava certe questioni.
«Mi preoccupo per te» disse lei, infine, scegliendo una mezza verità e stringendosi nelle spalle. Lui la fissò, con un sopracciglio inarcato e il suo cuore iniziò a battere ad una velocità doppia rispetto al solito, ma quando si parlava di Oliver Baston le cose erano più che normali.
«Ti ho detto mille volte che non dovresti preoccuparti per me. Ho diciassette anni, sono in grado di badare a me stesso. O qualcosa del genere» le fece un sorrisetto esitante. Katie non riusciva a distogliere lo sguardo da lui e iniziò a torturare le sue mani, con aria incerta.
«Sei il mio capitano. Sei mio amico. E’ ovvio che io mi preoccupi» sussurrò, semplicemente, distogliendo finalmente lo sguardo e portandolo sui suoi piedi. «E comunque» riprese, tentando di cambiare argomento. Non voleva che parlassero di quello, era certa che, se Oliver l’avesse guardata di nuovo in quel modo, lei gli sarebbe volata tra le braccia e gli avrebbe detto tutto. «Non cambiare discorso. Stavamo dicendo che saresti andato a trovare Harry! »
Oliver tornò alla sua disperazione, guardando, a sua volta, il pavimento sotto di lui.
«Se per te ‘stavamo dicendo’ include te e il tuo cervello, allora sì, voi stavate dicendo … ma io non vi ho ascoltato più di tanto».
La ragazza sbuffò, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa. Sapeva che non c’era nulla da fare con lui, che quando si metteva in testa una cosa era ancora più testardo di lei, ma Katie Bell non si sarebbe arresa così facilmente e persino Oliver lo sapeva.
«Oliver, per piacere. Harry non è morto per pura fortuna, dopo quel volo. Vuoi che sia il senso di colpa ad ucciderlo? » domandò, guardandolo in attesa, ma lui sembrava non aver minimamente recepito il messaggio e, nel pieno del suo sconforto, si era preso il viso tra le mani, disperato.
La ragazza sbuffò e appoggiò la testa all’armadietto dietro di lei. Non si sarebbe arresa, questo no, ma Oliver Baston era troppo ostinato, questa volta. La situazione era davvero tragica e lei non sapeva come uscirsene.
«Avanti, Oliver, non fare così! Il Quidditch non è tutto».
Stava tentando qualsiasi cosa, ma dire quelle parole al ragazzo più ossessionato dal Quidditch di tutta la storia di Hogwarts, be’, non era stato esattamente un colpo di genio. Decisamente no.
«Lo sai che alle prossime partite verranno gli allenatori del Puddlemere United? Stanno cercando riserve e solo Merlino sa quanto mi stia facendo in quattro per farmi accettare» sbottò lui, alzando lo sguardo e fulminandola. Katie si fece piccola piccola, terrorizzata da quello che Baston poteva dire. «Forse per te non significa niente, forse neanche ti importa della Coppa, ma a me sì. È quello a cui aspiro da quando avevo dodici anni, Katie. Per te può non essere importante, per me lo è».
Ma, prima che Oliver Baston potesse dire qualche altra cosa, Katie lo colpì con uno schiaffo sulla nuca. Lui rimase fossilizzato e la guardò, mentre si alzava davanti a lui, con aria ben poco minacciosa, ma comunque terrificante.
«Non dire idiozie, Baston! Anche per me è importante, ma, se permetti, è più importante che un mio compagno di squadra non si sia spappolato al suolo come una Ciccorana! » esclamò, mentre Oliver sfiorava il punto in cui lei gli aveva dato uno schiaffo, troppo stupito per crederci. La piccola, quasi invisibile Katie Bell lo aveva … colpito? Non poteva essere vero. «E ora, alza il tuo sedere da quel pavimento, altrimenti ti trascinerò io fino all’Infermeria».
Oliver non aveva alcuna intenzione di alzarsi e Katie l’aveva capito fin da subito. Sapeva che lui era appena all’inizio della sua spirale depressiva e, solitamente, avrebbe assecondato questo comportamento, standogli vicino e tentando di consolarlo, aspettando il momento in cui ne sarebbe uscito. Ma quel giorno non aveva alcuna intenzione di assecondare un comportamento così stupido, affatto, e l’avrebbe trascinato di peso, se solo fosse stato necessario, anche se era sicura che non sarebbe stato tanto facile.
«Dove vuoi trascinarmi, tu? » domandò Oliver, facendo un sorrisetto sarcastico. Lei lo fissò male e gli diede un altro schiaffo, più leggero del primo.
«Smettila. E muoviti» gli intimò, guardandolo male. Oliver sospirò e poi, per la somma felicità di Katie Bell, si alzò in piedi e le venne accanto, benché la sua espressione fosse una delle più mogie di tutta la storia dell’umanità.
«Sei tremenda, Katie Bell» mormorò lui, scuotendo la testa e poggiando una mano sulla spalla della ragazza. Lei sobbalzò e lo guardò stupita, mentre il suo cuore continuava a battere ad una velocità spaventosa. «Sei persino più ostinata di me e ce ne vuole».
E poi il volto del ragazzo si aprì in un sorriso esitante. Lei sorrise a sua volta e scosse la testa, liberandosi della presa di Oliver.
«La prossima partita la vinceremo, Oliver. Te lo prometto» sussurrò lei e insieme, senza dire altro, si diressero verso l’Infermeria, con il cuore di Katie che batteva all’impazzata e Oliver che ancora non riusciva a capacitarsi di quanto era successo.

 

Angolo Autrice

 

Oddio, ma queste recensioni ottimiste? *-*

Cioè, non che non mi vadano bene, anzi, credo proprio di adorarvi con tutto il cuore, perché pensavo che nessuno si sarebbe filato la mia raccolta, però ora mi sento ansiosa e ho paura di deludervi. Molta paura di deludervi xD

 

Dunque, questo capitolo è molto simile a quello di prima, solo che ora Katie sa che Oliver non è mica un semplice amico o solo il suo capitano. Diciamo che è un po’ tarda su questo, ma prima o poi doveva aprire gi occhi, giusto? ù_ù
Ovviamente, si colloca dopo la prima partita a Quidditch con i Tassorosso, nel Prigioniero di Azkaban.

 

Spero che vi piaccia

El

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Capitolo 3
*** 3. I will be chasing your starlight ***


Starlight ~

«I’ll never let you go if you promise not to fade away»

 

3. I will be chasing your starlight 

 

Katie Bell, fin da bambina, aveva avuto due soli obiettivi nella sua vita: diplomarsi ad Hogwarts con il massimo dei voti e diventare una Cacciatrice famosa.
Il suo futuro si era steso davanti a lei come un tappeto all’età di nove anni, quando suo padre le aveva insegnato a giocare a Quidditch e le aveva detto che aveva davvero talento. Sua madre avrebbe preferito che diventasse qualcuno di importante, magari un’Auror – era stato il sogno di quando era giovane, l’aveva sempre detto - , ma Katie non le aveva mai dato ascolto: sapeva già cosa fare della sua vita.

A quattordici anni, i suoi obiettivi non erano cambiati di molto, ma se ne era aggiunto un terzo alla lista: far capire ad Oliver Baston che era disperatamente cotta di lui.
La cosa si era rivelata più ardua del previsto ed aveva ragione Leanne, la sua migliore amica, quando diceva che lui l’avrebbe notata solo se avesse fatto un trionfale ingresso in Sala Grande vestita da Pluffa.

Ma ora non poteva di certo rimandare, dopotutto era l’ultimo giorno di scuola e non l’avrebbe più visto.
Non le piaceva ricordarlo, dopotutto.
«Non credo sia il caso, sai? » mormorò, guardando la sua tazza di porridge con aria assente, mentre Leanne, accanto a lei, sospirava, esasperata. Katie sapeva benissimo che non la sopportava più con tutti i suoi continui tira e molla, ma non poteva farci niente. «Voglio dire, perché devo rischiare il suicidio in questo modo così stupido? Io …»
«Katie, è dall’inizio dell’anno che stiamo aspettando questo momento» la interruppe la sua migliore amica, riservandole uno sguardo minaccioso. Katie non la guardò neanche e fissò il suo porridge con lo sguardo più cupo che le avessero mai visto. «Quante altre occasioni avrai di rivederlo? È ora o mai più, Katie! Avevamo deciso che gliel’avresti detto durante i festeggiamenti per la Coppa del Quidditch, ma tu no, per carità …» ed ecco che Leanne iniziava a lamentarsi, ancora. Aveva anche ragione – Katie non l’avrebbe mai ammesso, però -, perché sopportare per un anno intero le lamentele di una ragazzina cotta del suo capitano non doveva essere granché divertente, però … non le piaceva l’idea che lei continuasse a tormentarla in questa maniera.  Aveva cambiato idea, okay?
«Mi prenderebbero in giro per il resto dell’anno» Leanne imitò in modo perfetto la sua voce e la ragazza si voltò verso la sua migliore amica per fulminarla. Leanne sospirò, scuotendo la testa. «Quello che voglio dirti, Katie, è che non avrai altre occasioni. Lui se ne andrà. Devi farglielo sapere, che sei cotta di lui in modo quasi imbarazzante».
Katie fece una smorfia, allontanando definitivamente la sua colazione.
«E se lui mi ridesse in faccia?» domando, incerta, voltandosi nuovamente verso la sua migliore amica. Leanne scosse la testa.
«Non lo vedrai più. Dovrai solo sopportare il viaggio in treno» le disse, saggiamente. Lei sapeva che Leanne aveva ragione, però era altrettanto sicura del fatto che, se Oliver fosse scoppiato a ridere dopo la sua dichiarazione, non avrebbe retto. Non era mica colpa sua, le avrebbe dato fastidio. Sì, e tanto.
«E va bene» mormorò, infine. Non c’era niente da perdere, se non quel briciolo di dignità che le era rimasto. Leanne le sorrise, entusiasta, come se le avessero appena detto che aveva vinto un premio di cento galeoni. Katie non capiva perché doveva essere così contenta. Stava andando verso la sua morte, la sua migliore amica doveva avere un minimo di rispetto. «Andiamo, non ho alcuna intenzione di mangiare».
Si alzarono dal tavolo dei Grifondoro e si avviarono verso la Sala d’Ingresso, quando Katie scorse la familiare figura di Oliver Baston che arrivava dalla direzione opposta, probabilmente dalla Sala Comune dei Grifondoro. Lo stomaco fece una capriola su se stesso e il suo cuore iniziò a battere molto più veloce del normale, come se avesse improvvisamente deciso di giocare a Quidditch nel suo sterno. Improvvisamente, si rese conto di non riuscire neanche a proferire parola e guardò la sua migliore amica, in cerca di aiuto.
«Come sto?» chiese,  riservandole uno sguardo disperato. Leanne le sorrise, le sistemò una ciocca di capelli neri vagamente elettrici e le batté una leggera pacca sulla schiena.
«Bene. Schizzata, ma bene» disse, con aria affettuosa. Katie fece una faccia inorridita e la sua migliore amica sorrise. «Stai bene, Katie. Sul serio» lei sembrò rilassarsi, per poi tornare ad agitarsi come se nessuna parola avesse effetto su di lei. «Senti, sta arrivando O vai ora  o non vai più! ».
Katie si voltò, sulle spine, scorgendo nuovamente la figura di Oliver che le passava accanto. Lui le rivolse un sorriso di saluto e lei ricambiò, con il cuore a mille, poi, con la coda dell’occhio, vide la faccia di Leanne assumere un’espressione spazientita.
Ma non era colpa sua, non aveva il coraggio. Era un problema?
Aveva cambiato idea, non voleva dire niente ad Oliver, le andava benissimo così, davvero, non si sarebbe di certo lamentata, lui la stimava come giocatrice, perché rovinare tutto?
Ma tutte le scuse del suo cervello vennero prontamente soffocate dalla sua migliore amica che, in un impeto di iniziativa, le aveva dato un leggero spintone – calcolando in modo ottimale la distanza, doveva aggiungere Katie – e l’aveva fatta cadere addosso a qualcuno.
«Ahia».

Qualcuno che si era rivelato Oliver Baston.
Katie diventò immediatamente di un colore che ricordava molto la sua divisa da Quidditch, un rosso che poco si abbinava ai suoi capelli neri. Il cuore le batteva a mille mentre si sollevava dal corpo del ragazzo di cui era disperatamente cotta e tentò di nascondere il suo viso rovente dietro la massa di capelli che le cadeva sul volto.
«Scusa, scusa, scusa» trillò, nascondendosi ancora dietro i suoi capelli, tentando di non far vedere il suo volto al ragazzo. «Leanne mi ha spinto, non so cosa le sia preso ed io non sono riuscita a tenermi in…».
La risatina di Oliver la interruppe nel mezzo della frase e lei, per la prima volta, alzò il viso verso di lui, guardandolo con aria tesa.
«E’ tutto okay, non preoccuparti» disse, alzandosi e scostandosi la polvere dai pantaloni, per poi porgerle la mano per aiutarla a rialzarsi. Katie la guardò, dapprima incredula, poi l’afferrò e lui la tirò su senza alcuno sforzo, mentre lei diventava ancora più rossa di prima.
«Scusa ancora»mormorò, mortificata. Si guardò per un attimo intorno, alla ricerca della sua migliore amica, ma quella sembrava essersi volatilizzata nel nulla. Dannata lei.
«Ehi, non mi hai mica ucciso. Questo è  nulla, ho subito di peggio e tu lo sai» le rivolse un sorrisetto e Katie lo fissò, incapace di dire altro. Si sentiva come … abbagliata. Gli sorrise a sua volta, con l’aria istupidita, mentre emetteva uno stupido sospiro da ragazzina. «Ci vediamo, allora» aggiunse lui, scrollando le spalle e facendo per avviarsi.
«Ehm, sì»  mormorò lei, semplicemente, guardandolo andare via. Sapeva che Leanne l’avrebbe ammazzata in qualche secondo se avesse saputo che si era lasciata scappare l’occasione da sotto il naso, ma lei non era Leanne. Lei non aveva il coraggio, lei si lasciava prendere dal panico. Rimandava sempre, perché aveva paura.
Ma questa volta non avrebbe avuto una seconda occasione, Oliver se ne stava andando per sempre.
«Oliver! »
L’aveva richiamato senza neanche rendersene conto e solo nel momento in cui lui si era voltato verso di lei con aria interrogativa si era accorta di quello che aveva fatto.
«Sì?» lui le si avvicinò con un sopracciglio inarcato e lei sbarrò gli occhi per la paura. Cosa le era saltato n mente? Da quando era diventata così stupida?
«Ehm, io volevo … sì, volevo solo dirti … be’ …» aveva iniziato a balbettare e questa era una novità, almeno per Oliver. Katie Bell – solitamente – non balbettava mica, anzi, era piuttosto risoluta in tutto quello che faceva. E ora stava davanti a lui a balbettare. «Buona fortuna, ecco! » disse infine, maledicendo se stessa e il coraggio che non aveva. «Buona fortuna per … la tua vita, sì».
Lui la guardò, mentre l’aria interrogativa si sostituiva ad una più divertita, mentre guardava la ragazzina balbettare.
«Grazie, Katie» mormorò, divertito, battendole una pacca sulla spalla. Lei rimase nuovamente abbagliata dal suo sorriso e divenne ancora di fuoco quando la sua mano sfiorò la sua spalla. «Anche a te. Buona fortuna anche a te, Katie. So che diventerai la più brava Cacciatrice del mondo».
Lei arrossì ancora di più e si nascose di nuovo dietro i suoi capelli, imbarazzata.
«E so che tu diventerai un bravissimo Portiere» disse, in ricambio, guardandolo con aria sicura. «Nessuno avrà mai dubbi. Buona fortuna, Oliver».
Lui le sorrise ancora e scosse la testa, scompigliandole un po’ i capelli come ad una sorellina minore. Katie sospiro e si voltò, per tornare nel suo dormitorio e recuperare il baule, dato che da lì a poche ore sarebbe dovuta partire e la maggior parte delle sue cose era ancora sparsa per la sua stanza.
Pazienza, non era riuscita a dire nulla ad Oliver. Non ci sarebbe mai riuscita, era impossibile. Oliver Baston non si sarebbe accorto di nulla, neanche se lei si fosse appesa un cartello al collo con su scritto ‘Io sono cotta e stracotta di te’. A lui interessava il Quidditch e basta.
E, anche se fosse stato interessato alle ragazze, di certo non avrebbe notato una ragazzina di quattordici anni che lo fissava adorante ogni volta che passava e che rischiava di cadere dal suo manico di scopa se solo lui volava nelle vicinanze.
C’era poco da fare, doveva solo accettare la realtà. E poi, era solo una misera cotta. Le sarebbe passata!
Discorsi motivazionali del cavolo, il suo cervello non era proprio il massimo in questo.
«Katie?»
Oliver la richiamò, con un tono di voce divertito. Lei si voltò di scatto e lo vide, ancora impalato lì, che la fissava con un sorriso che gli illuminava il viso.
«Sì?» domandò lei, sulle spine. Oliver scosse la testa, con aria divertita, mentre il suo sorriso diventava, se possibile, ancora più grande. Avrebbe potuto illuminare tutta Hogwarts, di questo passo.
«Fatevi valere, l’anno prossimo, anche senza di me» disse, mentre lei annuiva e tornava ad incamminarsi verso il suo dormitorio. «E vedi di non fare troppe conquiste, eh».
«Cosa? » domandò lei, perplessa, mentre Baston ridacchiava e scuoteva la testa.
«Stai diventando grande, tra poco avrai un sacco di ragazzi che ti girano intorno! »
Peccato che me ne basterebbe solo uno. Che è decisamente cieco.

Lei lo fulminò con lo sguardo e scosse la testa, come a dimenticare quelle parole – quello strano complimento che l’aveva fatta sentire, per un attimo, bellissima.
Non credeva che l’avesse notata. Era una cosa impossibile, stavano parlando di Oliver Baston. Era fantascientifico. Aveva solo osservato che stava crescendo. Tutto qui. Non poteva averla notata, perché …. Perché, andiamo, Oliver Baston che notava qualcuno? Lei, poi?
Sì, decisamente fantascientifico.
«Non preoccuparti, avrò occhi solo per la Pluffa» borbottò e lui rise. La sua risata inondò il cuore di Katie e lei arrossì ancora, sotto lo sguardo del ragazzo. Era cotta, senza alcuna speranza di poter cambiare idea. Non sapeva come avrebbe fatto l’anno seguente, senza di lui, ma era certa che per ora le bastava il fatto che lui rideva con lei.
«Brava, Katie» le sorrise ancora e lei rubò quel sorriso per tenerselo stretto nei suoi ricordi. Le sarebbe tornato utile, prima o poi. «Ci vediamo sul treno. E non facciamo i sentimentali, okay? Ci siamo salutati già. Voglio che tu sorrida, non che mi dica addio. Perché tanto verrai a trovarmi, giusto? Verrai alle mie partite quando diventerò un Portiere professionista, vero? »
Katie sorrise, divertita dalle sue parole. Probabilmente, era il discorso più lungo che le aveva mai riservato, ma a lei andava bene. Non pretendeva di certo chissà che, le andava più che bene.
«Solo se mi farai avere i biglietti» mormorò. Lui ridacchiò e poi le fece un cenno di saluto con la testa. Lei sorrise al suo indirizzo e poi entrambi andarono in due direzioni differenti.
Katie fissò per un attimo la schiena di Oliver Baston che si allontanava e poi si ritrovò a sorridere tra sé e sé. Leanne l’avrebbe ammazzata, ma a lei andava bene così. Le aveva fatto un complimento e l’aveva invitata alle sue future partite. Le bastava. Dopotutto, non poteva pretendere tanto neanche da se stessa. L’ambizione che teneva dentro per i due grandi obiettivi della sua vita non corrodeva anche il terzo. Non le importava di avere successo con Oliver, le bastava quello.
Alla fine, pensandoci, non era andata così male, considerando che non aveva neanche indossato il suo costume da Pluffa.

 

 

Angolo Autrice

 

 Oddio, ma grazie mille <3 tutti questi complimenti mi monteranno la testa, lo so, però mi fanno sempre molto felice *-*

Questa è una cosa un po’ stupida, ne sono consapevole, però mi piace – stranamente parlando xD sarà che tutta la raccolta ha preso il via da questa shot? Probabile, però ci sono affezionata <3
Ma quanto è adorabilmente idiota Oliver? *lo so, parlo di personaggi che neanche esistono*

Oh, giusto, il titolo del capitolo è di Starlight <3

 

Be’, penso di aver finito. Ancora grazie mille <3
El

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Capitolo 4
*** 4. I tried to give you up, but I'm addicted ***


4. I tried to give you up, but I'm addicted

 

«Quello» Toby indicò il poster formato umano di un ragazzo dall’aria particolarmente arcigna e dalle folte sopracciglia che volava da una tenda all’altra del campeggio bulgaro, rivolgendo a tutti sguardi particolarmente cupi. «Quello è Krum» e si fermò un attimo a sospirare, sognante, come un ragazzino alla sua prima cotta. «E’ il Cercatore più geniale di tutto il mondo, è semplicemente … incredibile».
«Dimmi che tuo fratello non ha intenzione di farmi la telecronaca ad ogni tenda che incontriamo! » mormorò Katie, voltandosi verso Leanne, che si faceva piccola piccola per la prima volta, davanti all’amica. «Non ne posso più, è una tortura».
L’altra scrollò le spalle. «E’ semplicemente troppo eccitato” tentò di giustificarlo, mentre Toby iniziava ad elencare i perché per cui Krum era in assoluto il miglior Cercatore del secolo.
Katie amava il Quidditch, davvero. Lo amava con tutto il cuore, era qualcosa che non sapeva spiegarsi, che la faceva sentire bene anche quando era giù, che la faceva sorridere, che la rendeva felice. Katie amava in Quidditch e non era una novità. Ma in quel momento si ritrovò a detestarlo. Avrebbe urlato di odiare quello stupido sport, pur di far star zitto Toby Webb e non sentire più la sua voce irritante.
Non era un’ingrata, affatto. Quando i Webb l’avevano invitata alla finale della Coppa del Mondo di Quidditch, dicendo che avevano preso un biglietto per lei perché – a quanto aveva raccontato loro Leanne – lei era una vera appassionata di Quidditch, aveva creduto di essere in un sogno. Li aveva ringraziati a non finire, aveva ringraziato Leanne e persino Toby e non aveva fatto altro che sorridere per tutto il tempo.
Se solo avesse saputo quello che la aspettava.
Sapeva – grazie a Leanne – che i Webb erano appassionati di Quidditch quanto lei, ma non aveva idea di quanto fossero appassionati. I genitori di Leanne erano normali, questo sì, ma Toby … l’unico argomento di Toby era il Quidditch e sembrava avere una sorta di strana venerazione per Krum che lo rendevano ancora più irritante.
Lo avrebbe preso a pugni entro la fine della giornata, oppure Toby l’avrebbe talmente intontita con le sue chiacchiere da non ricordare neanche il suo nome.
«Dovete capire che …».
No, non voleva affatto capire. Ne avrebbe fatto volentieri a meno, davvero, non ce ne era bisogno.
«Questa passeggiata sta diventando un supplizio» mormorò, e Leanne sorrise, prima di afferrare il braccio della sua migliore amica e di suo fratello e iniziare a camminare lontano dalle tende dei Bulgari.
«Su, basta parlare di Quidditch, una come me si annoia! » disse, e Katie non le fu mai tanto grata in vita sua. Probabilmente le avrebbe costruito una statua, prima o poi.
«Leanne, dove stiamo andando? » si lamentò Toby, con voce lagnosa. Okay, non era colpa sua, era probabilmente Katie che detestava quella voce qualunque cosa dicesse.
«Oh, vedrai! »  rispose solo la sorella, mettendo su quel sorriso che Katie Bell conosceva benissimo. Era il sorriso di quando Leanne aveva qualcosa in mente, qualcosa che, di solito, metteva Katie in imbarazzo a tal punto che la ragazza avrebbe preferito scavare una fossa con le sue stesse mani e seppellirvisi dentro.
Tutta la gratitudine sparì così come era venuta.
«Per la barba di Merlino, Leanne, cosa diamine hai in mente? » domandò preoccupata per la sua dignità, ma non ottenne alcuna risposta. Leanne aveva afferrato le braccia dei due e li trascinava con foga verso un punto ignoto del grande campeggio. Katie si ritrovò ad alzare gli occhi e si ad incrociare lo sguardo stupito di Toby, che la fissava come in cerca di risposte.
Poverino, non aveva idea del Poltergeist che aveva per sorella. Per la prima volta, Katie non lo detestò, ma fu un sentimento rapido, perché poi ricordò le interminabili ore trascorse a sentir parlare solo e soltanto di Krum e la compassione svanì in fretta.
«Sorellina, ti dispiace dirmi dove ci stai dirottando? »
Era inutile, Leanne non avrebbe risposto. Non lo faceva mai, quando era intenta ad elaborare un diabolico piano per mettere Katie in imbarazzo. E la diretta interessata – ormai convinta che la sua migliore amica la stesse direttamente portando verso la vergogna pubblica – non poteva far altro che lasciarsi trascinare come un pupazzo, guardandosi intorno con aria sconfitta. Tentare di liberarsi o lamentarsi non serviva a niente, tanto Leanne avrebbe trovato lo stesso il modo di torturarla. Tanto valeva andare dritta verso la sua tortura personale a braccia aperte e coraggiosamente.
«Ahia! »
Iniziava ad odiare Leanne e la sua mania di farla sbattere contro le persone, facendo finta di niente. Ma questa volta avrebbe protestato, questa volta gliene avrebbe dette quattro, questa volta non si sarebbe lasciata spingere su una persona che passava di lì …
«Katie? »
… e che si era rivelata, per l’ennesima volta, Oliver Baston.
Katie aveva capito tutto, in quel dannato momento. Leanne aveva solo fatto finta. Finta di non essere arrabbiata con lei perché non aveva detto niente ad Oliver, aveva finto di essere calma e tranquilla, finto di non essere più interessata alle sue vicende sentimentali. Nel frattempo, probabilmente, stava tramando il suo piano diabolico per farla nuovamente sbattere contro Oliver Baston, causandole una nuova figuraccia da aggiungere al suo album.
Toby si sporse per aiutare Katie, che era caduta a terra, ma la ragazza notò che la sua migliore amica gli aveva bloccato la strada e gli aveva riservato un’occhiataccia da record. Oliver non si era accorto di niente – e quando mai? – e la tirò su senza fatica, facendole un sorriso scintillante.
Bene, ora poteva anche morire.
«Vuoi farla diventare una tradizione, Bell? » le domandò, mentre lei iniziava a diventare sempre più pericolosamente rossa.
«Oh, ehm, io … scusami. Ho dei problemi a … stare in piedi senza inciampare, sai» mormorò, balbettando leggermente, mentre rifilava un’occhiataccia alla sua stupidissima – e probabilmente ex – migliore amica.
«Non preoccuparti, ci farò l’abitudine, se mai vorrai cadermi addosso ancora».
Merlino, quanto era adorabile. Lei gli era caduta addosso nel bel mezzo di un immenso campeggio e lui non si scomponeva minimamente, ma la guardava con quel sorriso incantevole che la faceva sentire come se stesse volteggiando su un manico di scopa a trenta metri dal suolo.
«Oh, che carini che vi siete ritrovati! » esclamò Leanne, con una voce da bambina di cinque anni, candida ed innocente, distogliendo Katie dal suo sogno ad occhi aperti e facendole venire una grande voglia di scavarsi la sua fossa. «Bene, io e Toby andiamo a … oh, certo, Toby voleva vedere le tende dei Bulgari, vero, Toby? Andiamo, su! »
E benché Toby tentasse di protestare in tutti i modi con la sua stupida voce irritante, venne prontamente trascinato via da Leanne, che piantò Katie là davanti ad Oliver, nel bel mezzo del nulla, con solo il suo cuore che ancora giocava a Quidditch dentro di lei.
Avrebbe ammazzato Leanne. A Toby non sarebbe importato, dopotutto. Anzi, lui poteva aiutarla. Sì, doveva chiederglielo, magari sarebbero riusciti a farla fuori una volta per tutte e …
«Sei qui con loro? »
… e Oliver Baston era l’essere più meraviglioso che la natura avesse creato, decisamente. Come faceva ad essere così perfetto in ogni cosa che facesse?
Katie si riscosse giusto in tempo, per evitare che Oliver la considerasse una stupida, e fece un sorriso esitante.
«Sì, mi hanno chiesto se mi andava di venire e … be’, non si rifiuta la Coppa del Mondo di Quidditch» disse, guardandolo e torturandosi le mani. Lui le sorrise ancora e distolse leggermente lo sguardo, per vedere ancora le figurine di Leanne e di suo fratello che sembravano impegnati in una discussione animata. «Toby è insopportabile, ma credo sia il prezzo da pagare per una tale fortuna».
Oh, e se Toby l’avesse presa in giro, al suo ritorno? Va bene che aveva sedici anni, ma era così stupido certe volte. E se Leanne gli avesse raccontato tutto e lui lo avesse considerato un buon pretesto per cambiare argomento e tormentarla?  Sarebbe stata la cosa più imbarazzante di tutta la sua vita.
Ah, no. La più imbarazzante era piombare addosso ad Oliver Baston due volte, nel giro di pochi mesi, sempre a causa di Leanne Webb.
Oliver rise, guardandola divertito.
«Aveva l’aria di chi non sta mai zitto» osservò, poi, tornando a guardare Katie con un’aria allegra.
Lei sorrise ancora. «Indovinato», storse il naso al pensiero delle stupide chiacchiere di Toby Webb e scosse la testa. «E, cosa peggiore, non fa altro che parlare di Krum. Il che è un po’ inquietante, se si considera che Toby abbia sedici anni e l’unica cosa a cui riesce a pensare è a Viktor Krum».
Non credeva a quello che stava facendo. Era lì, davanti a lui e stava portando avanti una conversazione vera. Non un confuso balbettio adolescenziale, ma una vera conversazione. Certo, si parlava di Toby Webb, il che, come argomento, non era il massimo, ma avrebbe potuto tranquillamente spostare la conversazione su qualcosa di bello ed interessante e alla fine Oliver Baston si sarebbe reso conto di quanto lei era fantastica e intelligente e brillante e avrebbe capito che lei sarebbe stata il grande amore della sua vita.
Forse doveva smetterla con i voli di fantasia.
«Be’, allora … come ti va, Oliver? » domandò, tentando di cambiare argomento con sicurezza – missione fallita-, guardandolo e torcendosi le mani, con il cuore che batteva sempre frenetico. Lui scrollò le spalle, con un sorrisetto.
«Bene. Il solito» disse, semplicemente, poi il suo volto si aprì in un sorriso entusiasta. «Oh, non te l’ho detto! Mi hanno accettato tra le riserve del Puddlemere United! » e le riservò una faccia così raggiante che Katie aveva iniziato a credere che splendesse di luce propria.
Okay, stava iniziando ad esagerare con la sua stupida cotta. La parte razionale di lei se ne rendeva conto, ma quella … ormai definitivamente cotta saltò al collo di Oliver – che era decisamente più alto di lei, eh – e lo tenne stretto a sé, sorridendo.
«Oh, sono felicissima per te, Oliver! Tantissimo! » disse, affondando la testa nella sua spalla. Oliver ridacchiò, ma non la scostò, anzi. La tenne stretta a sé, con delicatezza, quasi avesse paura di romperla in mille pezzetti.
«Non immaginavo una simile reazione, ma ne sono contento» mormorò e Katie si rese conto in quel momento di cosa stava facendo. Stava abbracciando Oliver Baston. Lo stava abbracciando. Lei. Oliver Baston.
No, non era possibile. Insomma, Oliver Baston non aveva mai abbracciato nessuno, tantomeno lei. Era decisamente impossibile.
Eppure lei era lì, aggrappata a lui, con la testa sulla sua spalla e l’espressione di puro terrore in volto. Cosa diamine aveva combinato?
Si scostò in fretta, diventando ancora più rossa di prima e portando lo sguardo sui suoi piedi, improvvisamente così interessanti.
«Scusami, io … non salto addosso alla gente, di solito» mormorò, passandosi una mano fra i capelli e azzardando uno sguardo verso di lui, esitante. Ma Oliver sembrava divertito, non arrabbiato o stupito o qualsiasi altra cosa. Le sorrideva, come se fosse stato del tutto normale lei che lo abbracciava.
«Dovresti smetterla di scusarti, Katie, non hai fatto niente» le disse, dolcemente, poggiandole una mano sulla spalla e riservandole il sorriso più bello del mondo. «E’ stato bello, puoi abbracciarmi tutte le volte che vuoi».
Lei sorrise un po’, meno preoccupata, mentre dentro di lei sapeva che questo era qualcosa di impossibile. Lui non c’era più ad Hogwarts, se ne era andato. Non l’avrebbe più rivisto tanto spesso.
Perché la cosa doveva far così male, per Merlino? Non riusciva a sopportarlo e non voleva pensarci, ma da lì ad una settimana la scuola sarebbe ricominciata. Senza Oliver, per la prima volta.
E pensare che aveva trascorso i due anni precedenti a contare i giorni che la separavano dal rientro a scuola. Ora avrebbe preferito che quel giorno non arrivasse mai.
«Potrei prenderti sul serio» mormorò, infine, facendogli un sorriso esitante, ma non riuscendo a reprimere la sua tristezza. «Se mai ti vedrò ancora» aggiunse, con aria tetra.
Oliver la guardò, incerto, poi le fece un sorriso scintillante che fece battere più forte il cuore di Katie.
«Oh, certo che mi rivedrai! Devi venire alle mie partite, non puoi perdertele. Ti disconoscerei ufficialmente, se lo facessi».
Il tono minaccioso del ragazzo ebbe il potere di farla ridere, divertita, mentre lui, davanti a lei, la guardava, con quel sorriso che lei adorava tanto.
«Non essere triste, Katie. Avremo tante occasioni per rivederci» le disse, tornando serio e poggiando le sue mani sulle sue spalle. Era così tremendamente vicino. Troppo vicino. Avrebbe sentito il suo cuore battere in una maniera vergognosa. Ma ad Oliver sembrava non importare, perché le fece un piccolo sorriso. «E poi, non c’è bisogno di essere triste per me, avanti! Sono solo un Portiere».
«Un diavolo di Portiere» mormorò lei, sorridendo e ripetendo le parole di Fred, ad un anno di distanza. Oliver sorrise e scosse la testa.
«Avevamo detto niente sentimentalismi! Così mi deludi» Oliver tentava di tirarle su il morale e lei … lei si rese conto, in quel momento, di quanto era incredibilmente fantastico e di quanto fosse assolutamente idiota lei.
«Che vuoi farci, sono pur sempre una ragazzina» disse, facendogli un gran sorriso. Oliver era … incredibile. Meraviglioso, fantastico, stupefacente. E lei si comportava in quel modo assurdo, facendolo intristire per una sciocchezza. Doveva smetterla, assolutamente. «Be’, allora ci si vede. Alle tue partite, giusto? Devi farmi avere i biglietti» lo minacciò, puntandogli un dito contro, mentre lui mollava la presa sulle spalle della ragazza. «Ti disconoscerei ufficialmente, se non lo facessi» lo scimmiottò ed Oliver rise, divertito, lasciandola andare.
«Ci si vede, Katie Bell» mormorò, semplicemente, regalandole l’ultimo sorriso mentre rientrava nella sua tenda.
Katie sorrise, tra sé e sé, poi si voltò e tentò di ritrovare la strada per tornare alla tenda dei Webb.
Leanne non sarebbe stata felice del fatto che il suo ennesimo, brillante e diabolico piano era stato mandato in frantumi dalla sua migliore amica, ma che importava, alla fine?
Anzi, Leanne doveva essere ammazzata, ora che ci pensava. E non avrebbe chiesto aiuto a Toby, per niente. Avrebbe ammazzato anche lui. I signori Webb l’avrebbero solo ringraziata della sua missione. Non capiva come riuscissero a sopportarli.
Se mai fosse riuscita ad arrivare alla tenda, pensò, avrebbe sicuramente tentato di far fuori la sua migliore amica. Poco male se l’avessero spedita ad Azkaban. Era un dettaglio, dopotutto.

 

Angolo Autrice

Sono prevedibile, lo so, ma mi piaceva troppo l’idea dei piani diabolici di Leanne per fare incontrare Oliver e Katie, dopo che Katie aveva mandato in frantumi il diabolico piano precedente *-* Lo so, l’ho praticamente inventata io Leanne, ma la adoro XD
So che questo capitolo non ha molto senso, alla fine, anzi, è molto simile a quello di prima, ma qui Katie si ritrova ad affrontare davvero, per la prima volta, il fatto che Oliver non ci sarà l’anno prossimo e lei non potrà parlarci, anche se lo vedrà alle sue partite, quando e se diverrà un giocatore professionista.
Diciamo che mi piace cincischiare in capitoli del genere, va’ XD

Ancora grazie mille a tutti, per esservi ancora filati questa raccolta stramba <3 non sapete quanto mi fate felice *-*

Oh, sì, il titolo è sempre da Time is Running Out. Lo so che già l’ho usata, ma ci stava e poi è una delle mie preferite – no, la verità è che tutte le canzoni dei Muse sono le mie preferite XD

 

Okay, ora la smetto.
El.

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Capitolo 5
*** 5. You electrify my life ***


5. You electrify my life

 

«Lo massacreranno».
«Non avrà scampo».
«Mi mancherà, era un così bravo ragazzo».
«Ragazzi, un po’ di ottimismo! Non ha alcuna possibilità di sopravvivere? »
Cinque teste si voltarono nella direzione di Katie, con la stessa espressione scettica sul viso. La ragazza si strinse nelle spalle, mentre gli altri sorridevano, divertiti, al suo indirizzo.
«E’ la sua prima partita. Dovremmo supportarlo, non scommettere a che secondo cadrà stecchito. E’ un membro ufficiale della squadra, ora. Non più una riserva. Dovremmo stare qui a tifare per lui» si giustificò, scrollando le spalle e distogliendo lo sguardo dai suoi ex compagni di squadra e puntando lo sguardo sul campo da Quidditch che si stagliava davanti a loro. Sentì chiaramente Fred e George ridacchiare – era sicura che fossero loro, conosceva le loro risate a memoria -, vide, con la coda dell’occhio, lo sguardo interrogativo di Harry e il modo in cui Alicia ed Angelina la fissavano, con lo stesso sorriso intenerito che la faceva quasi spaventare.
«Oh, Katie» sospirarono quelle due, mentre Fred e George sembravano soffocarsi nelle loro risatine. Solo Harry sembrava non avere idea di cosa stesse succedendo – e Katie doveva ammettere che era parecchio tardo, per la sua età, per quanto riguardava quelle questioni.
«Smettetela di guardarmi in quel modo, sto solo dicendo che … non mi pare giusto comportarsi così» sbottò, infastidita. Alicia ed Angelina si scambiarono un lungo sguardo e fecero per parlare, ma Fred intervenne prima che potessero dire qualcosa che avrebbe mandato Katie fuori di testa.
«Katie, lo sappiamo che sei cotta di lui da quando avevi dodici anni e dubbio gusto in fatto di ragazzi, ma si tratta di essere obiettivi: Baston si è fatto mettere K.O. alla sua prima partita ad Hogwarts, figuriamoci qui» Katie non sapeva più di che colore fosse, probabilmente era passata dal bianco cadaverico al rosso capelli-dei-Weasley, fino ad arrivare ad una gradevole sfumatura bordeaux.
«Gioca da quando aveva dodici anni, qualcosa l’avrà pure imparata» ribatté, incurante del colore delle sue gote. George le sorrise, divertito, scuotendo la testa.
«Giocano contro i Tornados. Hai sentito cosa è successo all’ultima partita, no? » le disse, mentre Katie distoglieva lo sguardo e storceva il naso.

Sì, l’aveva decisamente sentito. Nella partita precedente, il portiere dei Ballycastle Bats era stato messo fuorigioco dopo solo dieci minuti dal fischio di inizio, ad opera di un lancio particolarmente potente di uno dei battitori dei Tornados.
Certo che l’aveva sentito, ma questo non voleva dire che era una loro strategia. Potevano sempre cambiare tattica. Katie tentava disperatamente di convincersi di questo, ma in realtà, molto segretamente, covava una disperata paura che Oliver Baston fosse decisamente in pericolo, quel giorno.
«Sto solo dicendo che questa è la sua prima partita ufficiale ed è stato così gentile da procurare i biglietti a tutti noi. Dovremmo smetterla di … essere così pessimisti» mormorò, non trovando un altro modo di replicare. Alicia e Angelina si scambiarono uno sguardo di intesa, mentre Fred e George tornavano a ridacchiare. «E comunque, io non sono cotta di lui! »
Ormai sapeva che era inutile ripeterlo, non le avrebbe dato retta nessuno. Anche perché, ormai, era una faccenda di pubblico dominio. Sembrava che tutti i suoi vecchi compagni della squadra di Quidditch – a parte l’ovvia eccezione di Oliver Baston – avessero capito della cotta senza speranze che Katie Bell covava da secoli nei confronti del loro vecchio portiere.
In quel momento Angelina e Alicia si scambiarono un altro sguardo, Fred scosse la testa e George riprese a ridere. Solo Harry li fissò come se non sapesse cosa ci faceva lì.
«Mi sono perso dieci minuti fa, ne siete consapevoli? » chiese. Fred gli batté una pacca sulla spalla.
«Sta’ tranquillo, capirai a tempo debito» disse solo.
Harry stava per replicare, ma un improvviso boato tra i tifosi dei Tornados gli impose di tornare con gli occhi sul campo, dove stava entrando la squadra avversaria, con le divise azzurro chiaro che ondeggiavano al vento.
Un secondo dopo, entrò in campo anche il Puddlemere United e il cuore di Katie fece una capriola alla vista di Oliver Baston, sfolgorante nella sua divisa blu e gialla, anche a metri e metri di distanza. Alicia ed Angelina intercettarono il suo sguardo, ma non ebbero il tempo di dire nulla, perché Oliver sorrise loro, facendo un gesto di saluto, tutto speranzoso e si ritrovarono a sorridergli, mettendo su un po’ di quella speranza che credevano aver dimenticato.
«Non lo trovate atroce far finta in questo modo? » domandò George, e tutti misero su un’aria afflitta, a parte Katie che si girò a fulminarlo.
Ma non era mica colpa sua, insomma! Oliver li aveva generosamente invitati alla sua prima partita, dovevano tifare per lui, non … portargli sfortuna! Ed era stato così gentile, le aveva dato di persona il biglietto, facendo uno sguardo sorpreso a vederla, perché – aveva detto – non si aspettava che fosse cresciuta in quella maniera, la piccola Katie Bell. E lei aveva sorriso, imbarazzata e …
«Oh Merlino! »
L’urlo di Alicia le perforò letteralmente il timpano e aveva già idea della causa di quel grido, quando si girò verso di lei, spaventata.
«Mi sono persa qualcosa? » domandò, incerta, maledicendosi per essersi persa di nuovo nelle sue stupide fantasie.
«Katie, non hai visto? » lei scosse la testa e Alicia le strinse la mano con aria dispiaciuta. «Oliver è stato appena disarcionato da un Bolide, è caduto dal suo…»
«Oh Merlino, è vivo? » strillò Katie, non appena le parole le raggiunsero il cervello. Si alzò in piedi per vedere, sul fondo del campo, il corpo di Oliver disteso in una posizione scomposta su una barella, ma le urla degli spettatori che stavano dietro di lei le impedirono di scorgere altro.
«Ragazzina, se ci tieni tanto al tuo ragazzo, va giù a controllare. Facci godere la partita! » tuonò un uomo dietro di lei.
Il cervello di Katie sembrava non recepire alcunché e guardava ancora giù il corpo di Oliver issato su una barella galleggiante, con aria incerta. Dietro di lei c’erano ancora le urla degli spettatori che si lamentavano e sentiva ancora lo sguardo di Alicia su di sé, ma sembrava non recepire nulla.
«Devo andare» sussurrò infine, con voce atona. Alicia tentò di trattenerla, ma, con pura gioia degli spettatori di dietro, riuscì a scendere dagli spalti. Ogni gradino era un colpo al cuore e non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di Oliver disteso per terra, inerme. Non poteva andare così, non era giusto. Non … non era giusto!

Si precipitò verso gli spogliatoi, con il cuore in gola e le lacrime agli occhi. Molti la guardarono, stupiti, ma lei non si curava degli sguardi degli altri e continuava a correre.
«Oliver! » esclamò, entrando negli spogliatoi del Puddlemere United, con il cuore in gola. I Guaritori che circondavano la barella si girarono verso di lei, con aria scettica. Lei non ci fece caso e si sporse, per guardare quello che sperava ardentemente non fosse il cadavere del ragazzo di cui era cotta.
«Katie?»
In quel nome, c’era tutto. Oliver era vivo e la stava guardando con un’espressione strana, a metà fra un sorriso ed uno sguardo scettico. Sembrava stare bene, a parte tutto ammaccato e decisamente scomposto, ma stava bene. Era vivo.
«Oliver! »  il cuore di Katie Bell fece un capitombolo dentro il suo sterno e le mancò il fiato per un istante, poi vide i Guaritori che ancora la guardavano con aria scettica e diventò di un rosso decisamente gradevole. «Oh, ehm … sì, ora che ho visto che sei vivo, credo … che andrò a dirlo agli altri, ecco».
Si girò e fece per andarsene, maledicendosi per l’ennesima figuraccia che aveva collezionato in presenza di Oliver Baston, quando sentì una risatina debole dietro di lei.
«Sei molto carina a preoccuparti se fossi vivo o meno» mormorò, con l’ombra di un sorriso nella voce.
«Ci hai invitati tu, mi pareva scortese non controllare neanche come stessi»  disse Katie, girandosi nuovamente verso di lui e guardandolo. I Guaritori erano ancora lì che la guardavano con la stessa aria di prima, poi, ad un cenno di Oliver, si allontanarono, fuori dallo spogliatoio, fissandola come se non sapessero cosa lei ci faceva lì.
«Grazie» mormorò lui, appena gli uomini se ne furono andati, poi le fece cenno di avvicinarsi, con un sorriso accennato. «Puoi venire qui, eh . Non mordo o, se anche lo facessi, non ne avrei la forza».
Katie si avvicinò, accennando ad un sorriso, mentre il cuore dentro le batteva impazzito.
«Come stai? » chiese, esitante, con aria preoccupata. Oliver accennò ad una smorfia.
«Vivo. E’ il massimo che posso dire» disse lui, abbozzando un sorrisetto, tentando di stringersi nelle spalle. Il massimo che ottenne fu una nuova smorfia di dolore e Katie che lo guardava, preoccupata. «La barella è riuscita a prendermi al volo, ma hanno detto che ho parecchie ossa rotte. Le sistemeranno in fretta».
«Mi dispiace. Era la tua prima partita»sussurrò lei e, senza neanche rendersene conto, allungò la sua mano per stringere quella del ragazzo. Non lo capì fino a quando non sentì che Oliver ricambiava la stretta e che le dita del ragazzo le sfioravano la pelle.
Lui guardò la mano di Katie e lei si ritrovò ad arrossire, ma lui le sorrise e scosse la testa.
«So che su quegli spalti stavate tutti scommettendo il momento in cui sarei stato messo K.O. » scherzò Oliver, mettendo su un sorriso sincero. La ragazza arrossì e affondò il viso nella sua maglietta leggera, mentre lui la guardava, con uno sguardo che lei non sapeva decifrare.
Le loro mani erano ancora strette e Katie non riusciva a crederci, non riusciva a pensare che, dopo quasi sette anni trascorsi a morirgli dietro, fosse riuscita a sfiorare la sua mano. Era qualcosa di incredibile.
«No, cosa dici? Ti stavamo supportando» fece in modo da sembrare sincera, ma lui si accorse della sua patetica bugia e le strinse ancora la mano.
«Mi fido di te» sussurrò, però, divertito, con voce debole. Lei non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo volto pallido, eppure sempre stupendo – almeno secondo lei – e gli sorrise, esitante. «Allora … che mi dici, Katie? Come va? »
Con uno sforzo chiaramente leggibile su viso, Oliver si spostò sulla brandina e, prima che lei avesse il tempo di chiedergli cosa diamine stesse facendo, le fece cenno di sedersi sullo spazio di brandina che aveva ricavato.
«Tu sei pazzo» mormorò lei, scuotendo la testa. Le loro mani erano ancora strette e lei non riusciva a pensare che, prima o poi, avrebbe dovuto lasciarla. Per ora si limitava a tenerla stretta nella sua. Le bastava quel momento.
«Assecondami» Oliver le sorrise ancora e lei scosse ancora la testa, ma si sedette sullo spazio che lui aveva riservato, facendo attenzione a non sfiorarlo, per non fargli male – non aveva ancora idea di quanto fosse conciato male o meno. «Avanti, dimmi qualcosa. Devi fare il tuo ultimo anno ad Hogwarts, vero? » aggiunse lui, accarezzandole la pelle della mano che stringeva.
Katie annuì, concentrata sulle dita di Oliver che percorrevano la sua pelle. Si sentiva come una stupida adolescente alla sua prima cotta, non riusciva a pensare ad altro che a lui.
No, un momento. Lei era un’adolescente alla sua prima cotta. Benché avesse ormai diciassette anni e fossero passati secoli dall’ultima volta che Oliver le aveva rivolto la parola. Non riusciva a dimenticarlo.
Era la pura e semplice verità. C’era stato qualche ragazzo temerario che l’aveva invitata ad Hogsmeade, ma lei non riusciva a mettere una pietra sulla sua cotta morta ancor prima che potesse esistere. Oliver Baston sarebbe stato sempre la grande cotta della sua adolescenza.
«Sì, ho i M.A.G.O. quest’anno» rispose lei, facendo una smorfia preoccupata. Oliver sorrise ancora e mosse la sua mano, nella stretta della ragazza
«Oh, non preoccuparti, andrà tutto bene. Sei o non sei un piccolo genio? » sdrammatizzò lui e lei gli sorrise, grata, poi distolse lo sguardo da lui, leggermente rossa. «Sai già cosa farai dopo? » le domandò, ancora. Katie si strinse nelle spalle e sorrise ancora.
«Quidditch, che altro? » chiese, divertita, guardandosi i piedi che a stento toccavano il pavimento, dalla barella. «Voglio diventare la Cacciatrice più brava di Inghilterra» confessò, arrossendo un po’, mentre Oliver ridacchiava.
«Ambiziosa» osservò lui, riservandole un sorriso.
«Lo so da sempre, ho capito da quando ero bambina che il Quidditch sarebbe stato la mia vita e non ho mai cambiato idea» mormorò, sorridendogli di nuovo. «Avevo nove anni e mio padre mi ha insegnato a giocare. Diceva che avevo un talento naturale» aggiunse, mentre il sorriso di Baston diventava intenerito.
«Non ne dubitavo, Katie».
Il suo nome, detto da quella voce, sembrava la cosa più bella di tutto il mondo, almeno per Katie. Il suo cuore perse un battito – o forse qualcuno in più, non li aveva esattamente contati -, ma lei tentò di fare finta di nulla.
«E tu? Quando hai capito che il Quidditch sarebbe stata la tua vita? » gli chiese, voltandosi verso di lui e guardandolo, con le guancie rosse e un sorriso che aleggiava sul viso.
«Ti sembrerà strano, ma non l’ho capito tanto presto quanto te» mormorò lui, distogliendo lo sguardo e arrossendo, stranamente. Katie non aveva mai visto il ragazzo arrossire, benché lo conoscesse da quando aveva undici anni, e fu per lei una novità. Lo guardò con un sopracciglio inarcato, stupita. «L’ho capito guardandoti giocare» disse, voltandosi nuovamente verso di lei e fissandola, in imbarazzo.
Katie, d’altro canto, non capiva assolutamente nulla, neanche che Oliver era imbarazzato. Capiva solo le parole che lui aveva appena detto, continuavano a ronzare nella sua mente, non la finivano più. Non riusciva a crederci.
«Guardando giocare me? » domandò, incredula, ma un sorriso si aprì sul suo viso, lusingata. Sembrava qualcosa di assurdo: allora Oliver l’aveva notata, almeno una volta nella sua vita.
«Ti ricordi com’eri a dodici anni? Una ragazzina piccola, microscopica. Quando ti ho visto alle selezioni, ho pensato che fosse uno scherzo di cattivo gusto. Sembrava che avessi paura persino di stare sul tuo manico di scopa. Pensavo che saresti crollata dopo due secondi» Katie era diventata decisamente rossa e aveva distolto lo sguardo, nascondendo il suo volto dietro i capelli, un’abitudine che aveva dimenticato, che aveva relegato nei suoi quattordici anni ormai lontani. Oliver era capace di farla sentire ancora una ragazzina, quella ragazzina che si era presentata alle selezioni con il terrore di essere considerata una nullità. Il fatto che poi Baston, alla fine della giornata, le fosse andato in contro  e le avesse preso il viso fra le mani, singhiozzando che  quell’anno dovevano farcela per forza, con una come lei, poi, era un ricordo che Katie non avrebbe cancellato dalla sua mente neanche sotto costrizione. «Poi hai iniziato a giocare. Mi sembravi totalmente diversa, eri … una forza della natura. Ti sei mai vista giocare, Katie? Sembravi invincibile. È stato in quel momento che ho capito che la mia vita sarebbe stata dedicata al Quidditch. Uno sport che era in grado di trasformare una ragazzina un po’ insicura in una forza della natura, che aveva il potere di farti sentire sicura di te stessa … be’, ne valeva la pena, no? »
Katie non sapeva cosa le era preso e, probabilmente, non l’avrebbe mai saputo – perché, ad ammetterlo, lei era ancora più tarda di Harry in questioni del genere -, ma, alla fine, non le importava più di tanto, perché in quel momento si era chinata su Oliver e l’aveva baciato.
Merlino, forse baciato era una parola grossa: aveva semplicemente sfiorato le labbra del ragazzo con le sue e si era scostata. Poi, il fatto che lui l’aveva guardata per una frazione di secondo, e poi l’aveva attirata a sé con la mano sana, era un dettaglio secondario.
Come il fatto che l’aveva stretta nelle sue braccia e aveva passato le mani tra quei capelli neri dietro cui lei era solita nascondersi. Era un dettaglio secondario, dopotutto.
Lei era china su di lui e lui le accarezzava il volto, la schiena, i capelli, mentre continuava a baciarla, incurante di tutte le ossa rotte e del suo corpo ammaccato.
«Ahia» gemette Oliver, contro le labbra della ragazza e lei sobbalzò e si rialzò immediatamente, stupita da quello che stava succedendo. Katie lo fissò, muta ed incapace di articolare una sola parola, mentre Oliver cercava di togliersi quella smorfia di dolore che aveva sul viso.
Poi Katie si rese conto di quello che era successo e spalancò gli occhi.
Aveva ascoltato le sue parole e quelle parole avevano mosso qualcosa dentro di lei, questo lo sapeva. E poi … poi non aveva trovato un modo decente di ringraziarlo, no? No, perché si era chinata su di lui e l’aveva baciato. Baciato. Cioè, aveva sfiorato le sue labbra, poi era stato lui a sciogliere la presa sulla sua mano e ad attirarla a sé. Era stato lui che l’aveva baciata sul serio.
Oliver Baston l’aveva appena baciata. O lei aveva baciato lui?
Non aveva le idee molto chiare, ma di una cosa era sicura: c’era stato un bacio di mezzo.
Diventò immediatamente rossa e saltò giù dalla brandina, nascondendo il viso dietro i capelli, come faceva da ragazzina.
«Scusa, devo andare» trillò, prima di precipitarsi fuori dagli spogliatoi, prima che Oliver avesse il tempo di dirle qualcosa, oltre che guardarla stupito. Iniziò a correre di nuovo, questa volta verso di spalti, per precipitarsi dai suoi amici e dimenticare tutto – o sprofondare nella vergogna più assoluta, non le importava.
«Katie, che è successo? » domandò Angelina, guardandola tornare sconvolta. Tutti i suoi amici si girarono verso di lei, agitati.
«Oh Merlino, Oliver è morto? » chiese Alicia, terrorizzata. Katie scosse la testa, con aria assente, facendo finta di guardare la partita.
«E’ tutto okay. È vivo»sussurrò, con voce atona, ma il suo viso sconvolto sembrava parlare per lei. «Non è successo nulla. Nulla» rimarcò la parola con una nota isterica nella voce.
Sembrava tanto pazza che nessuno, per il resto della partita, ebbe il coraggio di chiederle niente di quanto era successo nello spogliatoio del Puddlemere United.

 

Angolo Autrice

 

Okay, un paio di cose e poi vi lascio stare, promesso. Allora, prima di tutto è ambientata nell’estate prima del sesto anno di Harry. So che, teoricamente, i Weasley ed Harry – soprattutto Harry - non possono andare da alcuna parte senza la scorta, ma potete considerarla una piccola licenza non-tanto-poetica? *-*
Non ce lo vedevo Hagrid sugli spalti, ad occupare tutta la visuale dei poveri spettatori XD
Poi, poi poi … a me piace tanto questo capitolo *w* lo so, sono molto modesta, ma la cosa si fa interessante *_* Mi sono divertita da morire a scriverlo, specie le reazioni isteriche di Katie, dopo. Io la adoro, lei XD
Okay, ora mi eclisso, ci si vede al prossimo aggiornamento <3
Non sto a dirvi quanto vi adoro, tanto penso lo sappiate già *-*
Il titolo è sempre preso da Starlight <3 ormai ce l’ho a ripetizione nella testa, ma per una ragazza che ha appena visto cadere a terra il ragazzo di cui è cotta per poi baciarlo senza preavviso … direi che ci sta più che bene XD

 

Ora vado, seriamente <3

El.

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Capitolo 6
*** 6. How long before you tell the truth? ***


6. How long before you tell the truth? 

«Sai, Oliver, Katie mi è apparsa piuttosto turbata dopo che è venuta a trovarti negli spogliatoi».
Fred lasciò cadere la frase così, senza il minimo preavviso, come se gli avesse offerto una Gelatina Tuttigusti + 1. Come se fosse una cosa normale, vedere Katie Bell che scappa da uno spogliatoio con aria isterica.
Be’, sì, tecnicamente non era la prima volta, in senso letterale. Oliver ricordava quante volte erano tutti scappati via dagli spogliatoi con aria isterica, quando lui era ancora il capitano ed era fin troppo ansioso di vincere, ma erano passati anni e … be’, non pensava che Katie stesse ancora onorando la tradizione.
«Tu dici? » domandò il ragazzo, fissando Fred con aria scettica, come se non ne sapesse niente.
«Sembrava che le avessero appena lanciato un Bolide in testa» confermò George, mentre sorseggiava la sua Burrobirra.
Oliver sapeva dove volevano arrivare, ma non si sarebbe fatto incastrare. In alcun modo. Assolutamente no.
Sapeva bene che quei due diabolici esseri umani – quei due Bolidi in forma umana – gli avevano offerto da bere solo per scoprire cosa era davvero successo in quegli spogliatoi e sapeva altrettanto bene  - o, almeno, sospettava – che dietro Fred e George ci fossero Angelina e Alicia, curiose di scoprire cosa era successo alla loro amica.
Ma non sarebbe di certo capitolato, affatto. Oliver Baston avrebbe resistito fieramente fino alla fine, senza lasciarsi incastrare dai Weasley.
Magari ci sarebbe riuscito. Forse. Se i Weasley non avessero insistito tanto.
«Davvero? Vi assicuro che quando l’ho salutata era più che normale» disse, sorseggiando la sua Burrobirra come se niente fosse, ma sentiva su di sé lo sguardo dei due ragazzi, che lo fissavano come se avesse improvvisamente dato prova della sua stupidaggine. «Avanti, cosa volete?» domandò, arrendendosi davanti a quei due.
«Sapere cosa hai fatto a Katie per turbarla tanto» dissero immediatamente, in coro, guardandolo con un sorriso innocente che stonava del tutto con loro due.
«Ve l’ho detto, non è successo niente! » esclamò Oliver, ma quei due lo guardarono con un sopracciglio inarcato e lui capì immediatamente che non gli credevano. «Io non le ho fatto niente» mormorò, storcendo il naso, bevendo ancora un sorso della sua Burrobirra. Infine, sospirò, capitolando. «Vi ho detto la verità: non sono stato io a fare, tecnicamente, qualcosa».
Il ricordo di quello che era successo in quegli spogliatoi tornò nella sua mente e si ritrovò ad arrossire leggermente, abbassando lo sguardo sul suo boccale, ormai quasi vuoto. Katie Bell l’aveva baciato.
Okay, forse baciato era un termine esagerato, si era solo limitata a posare le sue labbra su quelle del ragazzo, però … l’aveva fatto. L’aveva baciato. Katie Bell aveva baciato lui. Perché mai? Cosa le era saltato in testa? Cosa voleva significare?
Continuava a chiederselo dalla settimana prima, quando aveva visto Katie scappare via dagli spogliatoi, isterica e spaventata, come se si fosse appena trovata davanti ad un Molliccio, dopo che lui – che era assolutamente nel pieno delle sue facoltà mentali, il suo cervello non era stato di certo danneggiato – l’aveva baciata sul serio.
Non sapeva neanche cosa diamine gli era preso, l’aveva vista lì, con lo sguardo terrorizzato da quello che aveva fatto e gli era venuta una grande voglia di baciarla e di stringerla a sé, benché avesse tutte le ossa rotte.
«Non tenterai di dirci che è stata Katie! » lo fulminò Fred, guardandolo male, ma poi si rese conto che Oliver Baston – sì, quell’Oliver Baston – era arrossito ed, evidentemente, si era arreso all’evidenza. «Okay, cosa ha fatto? »
Oliver mormorò qualcosa di poco comprensibile.
«A quella frequenza ti sentono solo gli Snasi, Oliver» lo informò George, fissandolo male, mentre il ragazzo distoglieva di nuovo lo sguardo e lo portava sul suo boccale vuoto. «Potresti fare un tentativo ad un volume a cui noi possiamo seguirti? »
Oliver prese fiato, maledicendosi per aver accettato quella dannata Burrobirra con i gemelli. Perché dovevano metterlo in imbarazzo in quel modo? Erano sadici.
«Mi ha baciato» sussurrò, infine, sputando fuori le parole a voce bassissima. Alzò lo sguardo verso i gemelli, imbarazzato come non mai, e – come volevasi dimostrare – quei due ridacchiavano, come se Oliver avesse appena raccontato una barzelletta particolarmente divertente.
«Avanti, Oliver, dicci la verità! »
Il ragazzo li fissò come se avesse voluto vederli bruciare.
«E’ la verità» si ritrovò a borbottare, offeso. Cosa volevano dire? Che lui non era il tipo di ragazzo che Katie Bell avrebbe baciato? Be’, era pura idiozia. Vero?
Fred e George lo guardavano ancora con un sorriso, poi la loro sicurezza andò svanendo, fino a quando non si ritrovarono a fissare il ragazzo con gli occhi spalancati.
«Vuoi dire che … Katie ti ha baciato davvero? » domandò George, incredulo, mentre Oliver sentiva ancora l’indignazione farsi strada in lui molto velocemente.
«Baciato baciato? »  aggiunse Fred, sbattendo le palpebre come se proprio non potesse crederci. Oliver si sentiva ufficialmente offeso. Perché mai non riuscivano a crederci? Era così incredibile?
«Be’…» iniziò, guardando con aria incerta il suo boccale quasi vuoto, come per trovare una via di fuga. Ce ne erano? A parte saltare su e correre via gridando, isterico, che lui non c’entrava niente, che non voleva saperne più niente e cose del genere? No, probabilmente no. «Non è che sia stato un vero bacio» mormorò, imbarazzato, diventando ancora più rosso di prima.
I gemelli sogghignarono, ma smisero quando videro che Oliver li fissava con uno sguardo che non prometteva niente di buono.
«Oliver, magari se ci racconti come è andata, potremmo giudicare noi»suggerì Fred e il ghigno che Oliver vide passare sul suo volto stava a significare che, evidentemente, aveva una gran voglia di giudicare.
Senza sapere cosa gli saltasse per la testa, Oliver raccontò tutto ai due ragazzi che lo ascoltavano, interessati. Avevano perso l’espressione maliziosa e lo guardavano, a bocca aperta, come se non credessero a nessuna di quelle parole.
«Allora? » sbottò lui, irritato, guardando i Weasley che lo fissavano, in silenzio, da un bel po’ di tempo. Ad essere sincero, era la prima volta che rimanevano così tanto tempo in silenzio e il ragazzo iniziava a preoccuparsi. Avevano anche un’espressione terrorizzante sul volto.
I due si riscossero, ma continuarono a fissarlo con gli occhi spalancati, probabilmente  nell’espressione più incredula che Oliver avesse mai visto sul viso di qualcuno.
«Quindi l’hai baciata» osservò, infine, Fred, con un tono di voce piatto, ma che non prometteva niente di buono.
Oliver sospirò, irritato. Per quante altre volte avrebbe dovuto ripetere la sua versione dei fatti?
«Tecnicamente è stata lei» replicò, annoiato di doverlo dire per l’ennesima volta. I gemelli si scambiarono uno sguardo, poi George mise su uno sguardo scettico e gli fece un sorrisetto strano.
«Tecnicamente lei non ti ha baciato sul serio» lo corresse e Oliver sentì la sua pelle diventare rossa. Voleva sparire, semplicemente. Voleva che una botola spuntasse sotto il pavimento e lo inghiottisse, con la sedia e il tavolino – ma non i gemelli Weasley, grazie.
«Okay, va bene, l’ho baciata» capitolò, prendendosi la testa fra le mani, disperato. Sapeva che quella dei Weasley era una tortura lenta e dolorosa, ma sperava che si arrendessero. La cosa stava diventando davvero imbarazzante.
«Oliver, posso farti una domanda? »
La voce di Fred Weasley era insolitamente cortese, come se gli stesse davvero chiedendo il permesso. Una cosa straordinaria, che non era mai successa prima.
Oliver alzò la testa e lo guardò sconvolto, ma annuì, curioso di quello che lui aveva da dire.
Anche il gemello lo guardava, incuriosito. Doveva capire che questo non avrebbe portato a nulla di buono, ma lui era così, ingenuo, si fidava. Povero lui.
«A te piace Katie? »
La domanda gli cadde addosso come un macigno, sotto il quale rimase schiacciato. Non riusciva neanche a respirare e si meravigliava che quei due lo fissassero semplicemente, in attesa, stranamente seri, vedendolo in quelle condizioni. Stava soffocando e loro non facevano niente.
Oliver, stai soffocando solo nella tua testa.
Anche questo era vero. Ma, avanti, che domande erano? Se a lui piaceva Katie. Stavano parlando di Katie Bell, avanti! Katie, la ragazzina che gli cadeva addosso, quella che era ossessionata dal Quidditch, quella che …
Che hai baciato solo una settimana fa? gli domandò una vocina nella sua testa, divertita. Una voce che assomigliava a quella dei gemelli Weasley, ma loro erano lì, immobili, che attendevano la sua risposta. È Katie, Oliver, Katie.
Ma appunto per questo la domanda era stupida! Lei era Katie, Katie Bell. Non poteva piacergli Katie Bell perché … c’era bisogno di un perché? Be’, lui ne aveva e tanti. Primo, era Katie Bell.
Questo non vale e lo sai.
Oliver ignorò quella vocina e tentò di trovare altri motivi. Secondo, perché lei aveva diciassette anni e sicuramente aveva tanti ragazzi che le stavano intorno.
Non vale neanche questo.
Terzo, la conosceva da quando aveva undici anni, non poteva prendersi una cotta per lei.
E … ormai aveva finito i motivi. Fred e George lo guardavano in attesa, ma non lo stavano prendendo in giro. Avevano l’espressione più seria che Oliver avesse mai visto sui loro volti.
«No» disse lui, infine, guardandoli con aria decisa. «Non può piacermi Katie. Non … può essere».
I due si scambiarono uno sguardo scettico, poi tornarono a fissare il ragazzo, che si sentiva come se stessero frugando nella sua testa.
«Perché mai? » domandò George e la sua voce suonò molto simile a quella che vibrava ancora nella sua testa.
«Perché lei è Katie» si lasciò scappare di bocca, prima di fermarsi. I due si accigliarono e lo guardarono come se lo credessero pazzo. «Voglio dire, la conosco da una vita, da quando avevo quattordici anni. Fa parte della squadra dei Grifondoro. È Katie, Katie! »
«Non vedo come ripetere il suo nome possa farci capire perché non potrebbe piacerti, Oliver» lo punzecchiò Fred, riservandogli un’espressione eloquente. Baston arrossì ancora e distolse lo sguardo, desiderando di sparire in meno di cinque secondi. Non chiedeva tanto, dopotutto.
«Ma è così, lei è Katie! » replicò e i due alzarono gli occhi al cielo, esasperati, come se lui fosse un bambino un po’ stupido. «Voglio dire … come potrebbe piacermi? È carina, ovvio. Non dico che sia brutta, anzi, è incredibile e meravigliosa. È determinata e la apprezzo per questo. E poi …» si bloccò, arrossendo, vedendo che ora Fred e George lo guardavano con uno strano sorriso sul volto, un sorriso che non sapeva decifrare. «Cosa c’è?” domandò, vedendo che non smettevano di fissarlo.
«Non ti piace, eh? »
Doveva esserci un limite al rossore che un essere umano poteva sfiorare, si disse Oliver. Non era possibile arrossire ancora, giusto?
«No, non mi piace. Stavo solo dicendo che è incredibile. È una persona meravigliosa e quando sorride sembra che ci sia ancora un motivo per sorridere, ma non mi piace! » l’ultima frase l’aveva praticamente urlata.
Saggia mossa, Oliver, saggia mossa. Di certo si convinceranno che Katie Bell non ti piace.
«Sembra il contrario, Oliver»osservò George, con un sorrisetto malizioso.
«Io … no! » strepitò, facendo voltare molta gente nel locale. Lui fissò con aria rabbiosa i gemelli che sogghignavano, divertiti dal suo imbarazzo. «Ve l’assicuro, a me non piace affatto Katie Bell».
A parte quando sorride.
No, non gli piaceva affatto. Cioè, mai. Neanche se quei due davanti a lui l’avessero stregato. Mai.
«Allora perché l’hai baciata? »
Vuoto totale. Si sentiva di nuovo soffocare, ma sapeva che era solo nella sua stupida testa.
«Io non …» tentò di dire, ma qualcosa lo bloccò.
Ma l’hai baciata. Avanti, dillo. Ammettilo. L’hai baciata tu. Lei … si è limitata a sfiorarti le labbra, sei stato tu a fare tutto.
«Non lo so» mormorò, infine, tra gli sguardi stupiti di Fred e George. Lo guardavano come se avesse appena ammesso di essere andato a bere Whiskey Incendiario assieme a Draco Malfoy, durante i suoi anni ad Hogwarts. «Non lo so. L’ho baciata, okay? »
Fred e George si guardarono per un secondo, mentre Oliver sembrava sprofondare nella sua sedia ogni minuto di più, poi fecero uno strano sorriso.
«Non ce nulla di male, lo sai? »domandò George, mentre il sorriso si trasformava in un ghigno divertito.
Oh, no. Non quello.
«Oliveeer ha baciaaato Kaaaaatie, Oliver aaaama Kaaaaatie» intonò Fred, con aria solenne, tra le risatine di George e degli altri clienti del locale. L’unico desiderio di Oliver, in quel momento, era quello di sperimentare una Maledizione Senza Perdono su Fred e George Weasley. Niente di più, dopotutto.
«Smettila, brutta imitazione di Pix, ti ho detto di smetterla subito! » sibilò, invece, fissandolo male e aggrappandosi al tavolo come se fosse la sua unica ancora di salvezza. “Io non amo Katie, Katie è …»
«La ragazza di cui sei praticamente lesso? Bravo, Oliver! » tuonò George, mentre l’ex portiere si prendeva nuovamente il viso tra le mani e iniziava a borbottare, maledicendosi perché aveva accettato la Burrobirra da quei due idioti.
Inutile dire che Oliver Baston trascorse il resto di quella giornata ad Hogsmeade ad inseguire Fred e George Weasley che andavano strombazzando ai quattro venti il suo imperituro amore per Katie Bell.
 

Angolo Autrice

No, non sono i gemelli Weasley i sadici, sono io ç_ç
Mi sento cattivissima a scrivere di loro tutti allegri che prendono in giro Oliver, ma dopotutto non posso farli essere tetri ù_ù nessuno poteva sapere come sarebbe andata a finire ù_ù
*tento di ripeterlo per convincermi*
Comunque, un giretto nella testa confusa di Oliver Baston *-* sinceramente non so se il capitolo mi piace o no XD però ci voleva, quindi ù_ù

Il titolo è preso da Supermassive Black Hole <3
E spero che vi piaccia questo capitolo *__*
ancora grazie mille a tutti quanti, ormai non so più come ringraziarvi <3

El.

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Capitolo 7
*** 7. I just wanted to hold you in my arms ***


7.  I just wanted to  hold you in my arms

 

Leanne era stata in grado di lamentarsi per tutto il tempo della stupidità di Katie e la diretta interessata, dopo quasi un’ora di tortura psicologica di quel tipo, non ne poteva più.
«Voglio dire, non solo non ha detto niente che tu gli sia piombata addosso, letteralmente, ma ti ha anche baciata e tu cosa hai fatto? » Leanne era tutta lanciata nella sua invettiva e, di certo, non si aspettava una risposta da parte dell’amica che camminava, con aria esasperata, al suo fianco per le vie di Hogsmeade. «Sei scappata. Complimenti, Katie, sei davvero un genio».
Ormai Katie aveva perso il conto di quante volte l’aveva detto, specialmente dopo la tredicesima. Ormai le stava facendo sfogare il malumore e aveva smesso persino di ascoltarla.
«Katie, guardami negli occhi» la ragazza si voltò, inarcando un sopracciglio verso la sua presunta migliore amica. «Cosa stiamo aspettando da sette, lunghissimi anni? »
«Di diplomarci? » borbottò Katie, fulminandola con lo sguardo. Leanne sembrava ormai isterica, mentre la scuoteva per le spalle.
«No! Stiamo aspettando che quel maledetto idiota di Oliver Baston si accorga di te. E quando si accorge di te tu che fai? Che fai? Scappi? Ma ti sembra il modo di ragionare? »
«Oh, guarda, Scrivenshaft! » esclamò l’altra, ignorando totalmente l’isteria della sua migliore amica e indicando la cartoleria con la mano. «Non hai detto che ti serviva una nuova piuma?» le domandò, con un sopracciglio inarcato.
Leanne le regalò una delle sue migliori occhiatacce, prima di scrollare le spalle e dirigersi verso il negozio, con aria rassegnata, ormai, alla stupidità della sua migliore amica.
«Non vieni con me? » domandò, voltandosi e guardando Katie che si appoggiava al muretto lì vicino.
«Ti aspetto qui. Ti faccio sbollire la rabbia» disse, con aria saggia. Leanne scrollò le spalle ancora una volta ed entrò nella cartoleria, chiudendosi la porta tintinnante alle spalle.
Katie sospirò e chiuse gli occhi, rilassandosi per qualche secondo. Finalmente aveva un attimo di pace. Leanne non aveva fatto altro che tormentarla per tutto il tempo dell’uscita e anche prima, solo per il piccolissimo dettaglio che Katie aveva dimenticato di raccontarle della ‘faccenda dello spogliatoio’, come si era abituata a chiamarla tra sé e sé. Non era mica colpa sua, aveva tentato di dimenticarla il più in fretta possibile, così come aveva fatto con tutte le figuracce collezionate in presenza di Oliver Baston.
Ovvio che, in tutto l’album, questa fosse la più spettacolare. Scappare subito dopo averlo baciato rientrava nelle cose più imbarazzanti e stupide che le fossero mai capitate. Al solo pensarci, Katie avrebbe voluto affondare la faccia nel suo cappotto e urlare dalla vergogna. Morire, anche.
Non era possibile, Leanne aveva ragione: era una stupida. Aveva passato sette anni a sperare, con tutto il cuore, che Oliver Baston si accorgesse della sua esistenza e, nel momento in cui l’aveva baciata – il primo ed unico bacio che avrebbe ricevuto da lui in tutta la sua vita – lei se ne scappava.
Era un genio, davvero. Aveva ragione Leanne, aveva sempre avuto ragio…
«Katie? »
No, dai, non poteva essere. Merlino, no.
«Oliver? » il suo tono di voce era parecchio stridulo e vagamente isterico, ma, quando Katie aprì gli occhi, Oliver Baston, davanti a lei, stava sorridendo. Ed era proprio lui, Oliver Baston.
E lei stava per collezionare l’ennesima figuraccia. Ottimo.
«Ciao» sussurrò lui, avvicinandosi a Katie e appoggiandosi, a sua volta, al muretto dietro di sé. Katie sentiva il suo cuore che continuava a battere come un tamburo impazzito e pensava che sarebbe svenuta di lì a pochi secondi, se solo non ci fosse stato l’imbarazzo a tenerla su. «Tutto bene? »
Lei annuì, fissando con insolito interesse le sue scarpe nere e il terreno sotto i suoi piedi.
«Sì, tutto bene» mormorò, senza guardarlo in viso, passando a fissare, ora, le mani che torturavano il cappotto. Sentiva lo sguardo del ragazzo su di sé e sperò, ardentemente, che non la trovasse ridicola. Speranza vana, lo sapeva. «E a te? Cosa ci fai qui, ad Hogsmeade? Non dovresti essere ad allenarti? »
«A dire il vero, cercavo te» mormorò Oliver e lei alzò lo sguardo, stupita, fissandolo come qualcuno che ha appena ricevuto una pugnalata. Lui le sorrise, esitante, e divenne vagamente rosso nel momento in cui le mise una mano sulla spalla. Il cervello di Katie, ormai, aveva fatto i bagagli. «Volevo scusarmi per … quello che è successo nello spogliatoio, ecco. Non volevo spaventarti. Non era mia intenzione. Scusa».
Katie lo fissava, incapace di articolare una sola parola di senso compiuto, pensando solamente alla mano di lui sulla sua spalla e al fatto che era decisamente vicino e che se si fosse allungata un po’ avrebbe potuto persino …
No. Sta’ calma, Katie. Hai già combinato abbastanza guai. Non provarci.
«A … a dire il vero dovrei essere io a scusarmi» mormorò, arrossendo e distogliendo lo sguardo da lui e da tutta la sua sfacciata perfezione e portandolo nuovamente sui suoi piedi. «Non so cosa mi sia preso, davvero. Io di solito non salto addosso alle persone, a parte quando inciampo e lo sai bene. Ma solitamente non …».
«Katie? »
Oliver la guardava negli occhi e lei non poté fare a meno di alzare lo sguardo verso di lui e fissarlo, rapita.
«Scusa, davvero. Ti assicuro che non volevo …».

«Katie, è a posto. Non ti devi scusare, non hai fatto … nulla» tentò di convincerla lui, ma Katie scosse la testa, incapace di accettare il fatto che non fosse colpa sua.
«Ti ho baciato! » trillò istericamente. Oliver le sorrise e scosse la testa a sua volta, in un’espressione divertita.
«A dire la verità, sono stato io a baciarti» precisò lui, nascondendo un sorrisetto davanti al viso rosso di Katie Bell. Lei si nascose dietro i suoi capelli, come quando era una ragazzina, come quando aveva tentato di fargli capire come stavano le cose. Perché, in fondo, quando lei era con lui, non si sentiva tanto diversa da quella ragazzina di quattordici anni che gli era caduta addosso secoli prima. «Tu … tu mi hai solo sfiorato, sono stato io a …».
«Sì, okay» lo interruppe lei, ancora più rossa, in imbarazzo. Alzò lo sguardo verso di lui e vide che la guardava con una strana espressione sul viso, un’espressione che lei non sapeva definire. C’era qualcosa di nuovo, in lui, qualcosa che lei non aveva mai visto comparire sul suo volto. «Comunque sia andata, non hai bisogno di chiedermi scusa».
Anche perché quel bacio era stata la cosa più bella che le fosse mai capitata in diciassette anni di vita, inclusa la vittoria della Coppa di Quidditch al suo quarto anno.
«Come vuoi, Katie Bell» mormorò lui, fissandola con un sorrisetto divertito che le faceva battere il cuore da quando era una stupida ragazzina. «Posso chiederti … perché mi hai baciato? »
Se Katie avesse potuto diventare più rossa, lo avrebbe fatto, ma fortunatamente, il suo livello di rossore aveva raggiunto un limite e non poteva superarlo. Non questa volta.
Almeno lo sperava con tutto il cuore.
«Io …» iniziò e lui la guardò, con uno sguardo interessato. E di nuovo, quell’espressione che lei non sapeva interpretare, si fece strada sul suo volto. Lei rimase a fissarlo per qualche secondo, prima di rendersi conto che, forse, doveva rispondere. «Non lo so. Hai detto qualcosa di carino, mi hai fatta sentire … speciale. Suppongo che, nella mia mente contorta, fosse un modo per ringraziarti. Il bacio, intendo».

«Be’, allora …» Oliver spostò la sua mano dalla spalla della ragazza fino al suo volto. Katie si era fossilizzata e non capiva cosa stava succedendo. Era troppo stupita di tutto. Perché mai Oliver le si era avvicinato così tanto? E perché la stava guardando in quel modo? Aveva qualcosa sul viso? I suoi capelli erano ancora impazziti? Cosa era successo perché Oliver Baston la fissasse con tanta attenzione? «Suppongo di doverti ringraziare a mia volta»
E prima che lei se ne rendesse conto, stava nuovamente baciando Oliver Baston. Be’, anche questa volta baciare era una parola decisamente grossa. Diciamo che aveva fatto tutto lui. Lui si era chinato su di lei e l’aveva baciata.

Di nuovo.
Il suo cervello era pieno di domande e c’era una confusione assurda tra i suoi pensieri. Non riusciva a pensare a niente di coerente, ma la cosa non le interessava più di tanto, perché stava baciando Oliver Baston. Si strinse a lui, probabilmente soffocandolo nel suo abbraccio, e ricambiò il bacio, sollevandosi sulle punte dei piedi.
Oliver la stava baciando. Baciando. E non poteva essere un errore, giusto? Non … poteva essere, basta. L’aveva baciata di sua spontanea volontà. La stava baciando! Stava passando le sue mani tra i suoi capelli e la stava attirando ancora di più a sé. Erano così vicini che Katie poteva sentire persino il cuore del ragazzo battere a velocità doppia. O forse era il suo? Non ne era ben sicura, ma non che la cosa fosse di vitale importanza.
Poi, Oliver si scostò da lei con un sorrisetto, accarezzandole il volto con una tenerezza che Katie non gli aveva mai visto. E non aveva mai neanche osato immaginare, neanche nei suoi sogni più belli.
La stringeva ancora a sé, dolcemente, e la guardava con quell’aria che Katie non aveva ancora imparato a decifrare. E poi, il pensiero di quello che era successo la investì improvvisamente. Aveva di nuovo baciato Oliver Baston. Di nuovo. Gli era letteralmente piombata addosso per la seconda volta.
No, aspetta, era stato lui.
Comunque fosse andata, l’aveva baciato ancora. Okay, le cose si stavano facendo imbarazzanti. Non era possibile che non riuscisse a stare in compagnia di Oliver Baston senza saltargli addosso come pazza. Doveva contenersi.
«Merlino, scusa!» esclamò, ancora tra le sue braccia, arrossendo furiosamente e facendo per allontanarsi. Ma lui non sembrava molto propenso a lasciarla andare e la fissava, con uno strano sorriso sul viso.
«Quando la smetterai di scusarti per cose di cui non hai alcuna colpa, Katie?» le domandò, ancora così vicino a lei da farle venire i brividi. Non riusciva a pensare che l’aveva appena baciato per la seconda volta. Che gli fosse letteralmente saltata addosso. E lui non era minimamente arrabbiato. Aveva una pazienza infinita, evidentemente, soprattutto con lei. Ormai Oliver aveva fatto l’abitudine alla sua pazzia.
«Io …» non sapeva esattamente cosa volesse dire. Che non avrebbe smesso mai di scusarsi? Che l’aveva baciato ancora? Che era cotta di lui da quando l’aveva visto per la prima volta? Non ne aveva idea, sapeva solo che, in realtà, non riusciva ad emettere più alcun suono. Perché Oliver Baston era lì davanti a lei e la fissava, con i suoi occhi castani fissati nei suoi. E questo le creava una leggerissima difficoltà a parlare. «Scusa» mormorò infine, abbassando lo sguardo.
Lui rise e la strinse ancora a sé, prima di lasciarla andare, delicatamente, come se temesse di romperla in tanti pezzettini. Katie non aveva mai visto tanta tenerezza negli occhi di qualcuno. Non riusciva a capire cosa fosse successo ad Oliver Baston. Magari si era preso qualcosa. Una malattia fulminante. Magari la caduta durante la partita gli aveva causato dei danni al cervello.
Le sfiorò il volto con una mano, una carezza leggera che la fece rabbrividire.
«Grazie» sussurrò e, anche se Katie non aveva alcuna idea a cosa si riferisse, sorrise, dolcemente, mentre Oliver le accarezzava ancora il viso. «Devo andare. La squadra probabilmente mi ammazzerà. Li ho convinti a fare una deviazione qui solo per parlare con te».
«Cosa? » domandò lei, stupita, ma Oliver sorrise solo, le sfiorò ancora il volto e poi la lasciò andare, regalandole ancora quel sorriso luminoso che le faceva battere il cuore a mille.
«Ci vediamo, Katie» mormorò solo, mentre si voltava e si allontanava per le vie di Hogsmeade. Katie era ancora lì, immobile, mentre il vento le scombinava i capelli. Le sue guance avevano raggiunto una nuova tonalità di rosso, ma lei non sembrava curarsene. In quel momento, avrebbe potuto iniziare a saltellare, seguire un’intera lezione di Storia della Magia senza dormire o anche riprendere a studiare Divinazione, senza mai perdere quell’aria esaltata sul viso. Era successo decisamente troppo, in un solo istante.
Il cuore le batteva furiosamente, quando Leanne tornò con la sua piuma nuova di zecca e un paio di fogli di pergamena.
«Quello era Oliver Baston o una mia allucinazione? » domandò, guardando la sagoma che si allontanava. Katie guardò male l’amica, poi scosse la testa, mettendo su un’espressione seria che poco si addiceva al suo umore.
«E’ definitivamente una tua allucinazione. Inizi a preoccuparmi, Leanne» e, senza dire altro, fece cenno all’amica di riprendere a camminare. Leanne alzò gli occhi al cielo, ormai rassegnata alla stupidità della sua migliore amica, e camminò al fianco di Katie, incurante dello sguardo perso dell’altra.
«Che ti ha detto? » chiese, infine, troppo curiosa per lasciar perdere. Katie la fissò con un sopracciglio inarcato.
«La tua allucinazione? » chiese, ma l’amica le rifilò uno sguardo di rimprovero e allora lasciò perdere l’espressione seria e tornò a sorridere e a sospirare come una stupida. «Leanne, non ci crederai mai!».
«Fammi indovinare: è corso da te dichiarandoti il suo imperituro amore? » domando l’amica, con voce incolore. Katie non era in grado neanche di fulminarla, tanto era esaltata.
«Mi ha baciata!» squittì, con una voce talmente acuta che Leanne prima spalancò gli occhi, sorpresa, poi capì quello che la sua migliore amica aveva detto e si lanciò su di lei, abbracciandola e lanciando urli tanto acuti che molti dei passanti si girarono a guardarle.
«Oh Merlino!» strillò Leanne, con la testa affondata nel cappotto dell’amica. Katie sorrideva, beata, pensando al fatto che Oliver Baston l’aveva baciata, ancora. Doveva pur significare qualcosa, vero? Vero? «Vieni, andiamo ai Tre Manici di Scopa, mi devi raccontare tutto!» aggiunse la sua migliore amica, scostandosi da lei e trascinandola per Hogsmeade.
Katie Bell, alla fin fine, era troppo felice per poter anche solo pensare di protestare.

 

Angolo autrice

Ah, quanto amo questi due? Troppo *-* loro sono carinissimi e tenerissimi e idiotissimi <3
E ci vuole un po’ di mieeeele qui. No, okay, sono io che ne ho urgentemente bisogno, sembro una pazza che sorride come un’esaltata davanti al pc, ma, avanti, io li amo *-*
Mi è venuta in mente anche una storiella con loro due, quindi magari, quando un remoto giorno avrò concluso tutti i progetti che mi porto dietro – e magari avranno sterminato la scuola per sempre -, potrei postarla sul serio *-*
Lo so, mi sto esaltando troppo. Ora mi calmo ù_ù

Be’, dunque, questo capitolo è più che chiaro, direi ù_ù anche se non per Katie che si è vista piombare Oliver addosso – per la prima volta è lui quello che salta addosso a lei! – e non ci ha praticamente capito niente ù_ù no, okay, non sto bene per niente.
E ora vi lascio leggere questa cosa da schizzati.
Il titolo è sempre da Starlight. Non avete idea di quanto ami quella canzone <3

 

El <3

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Capitolo 8
*** 8. Our hopes and expectations, black holes and revelations ***


8. Our hopes and expectations, black holes and revelations

 

«Seeeenti, ma quella ragazzina che qualche giorno fa sei andato a ‘salutare’. ..» iniziò Aaron, guardando Oliver con un sopracciglio inarcato e l’aria curiosa. Il diretto interessato non sollevò neanche lo sguardo dal suo armadietto e si limitò ad attendere che il suo compagno di squadra finisse la frase. «Be’, sai se è libera? »
Oliver si voltò verso di lui con un sopracciglio inarcato e l’aria vagamente omicida. «Libera? » domandò, come se non avesse capito bene. Aaron sbuffò e si passò una mano tra i capelli, apparentemente irritato dal suo compagno di squadra.
«Libera. Nel senso … di libera. Disponibile. Esce con qualcuno? » si spiegò meglio, guardandolo con aria eloquente. Oliver sentì una stretta all’altezza dello stomaco e gli venne voglia di dare un pugno al suo stupido compagno di squadra. Non sapeva spiegarsi perché, ma sapeva che ne aveva estremo bisogno. Come si permetteva, quello, di chiedergli se Katie, la sua Katie, era libera?
«No, allora» disse, secco, fulminandolo con lo sguardo e chiudendo il suo armadietto con un rumore sordo. «Esce con uno. Il doppio di te» lo avvertì e Aaron capì cosa dovesse passare nella testa del Portiere, perché arretrò, con aria infastidita, ed afferrò il suo manico di scopa, per poi dirigersi fuori. Il resto della squadra era già sul campo e Oliver stava per dirigersi lì, quando un gufo dall’aria sconvolta planò con ben poca grazia sulla sua spalla, indicandogli col becco una lettera che aveva l’aria di essere stata scritta di fretta e in furia.

 

Oliver,
Katie è stata maledetta, non sappiamo se si riprenderà. Ti prego, vieni immediatamente al San Mungo.

 

Fred.

 

~

Per Oliver, erano bastate poche parole – appena una riga su una pergamena – e gli era crollato il mondo addosso. In quel momento, mentre camminava nei corridoi del San Mungo, si sentiva come svuotato di ogni sentimento, il suo cuore aveva smesso di battere nel momento in cui aveva letto quella lettera.
Katie è stata maledetta, non sappiamo se si riprenderà.
Le parole gli rimbombavano nelle orecchie, mentre cercava la stanza di Katie, mentre tentava di soffocare la speranza di trovarla sveglia, cosciente, che aspettava solo lui per dire che era stato solo uno scherzo. Non si sarebbe arrabbiato, non le avrebbe inveito contro. L’importante era che fosse viva, sveglia, cosciente. Che fosse Katie. Le avrebbe perdonato anche questo colpo al cuore, così come le aveva perdonato il colpo che gli fece prendere quando cadde dal suo manico di scopa o quando era fuggita via, dopo averlo baciato, troppo spaventata per rendersi conto di quello che stava succedendo. Le avrebbe perdonato anche questo, lo faceva sempre. Katie era sua amica, la ragazzina che lui sentiva il bisogno di proteggere, benché, molto spesso, fosse lei che tentava di proteggere lui. Non poteva non perdonarla.
L’importante era che fosse viva. Era stato solo un suo scherzo, doveva essere così. Katie frequentava Fred e George, l’avevano corrotta e portata dal loro lato. Era così. Doveva essere così.
«Mi dispiace, Oliver».
Ma allora perché nessuno rideva? Perché tutti lo fissavano con quell’aria dispiaciuta, mentre lo facevano entrare nella stanza? E perché Katie non gli sorrideva, lieta di avergli fatto prendere un colpo anche stavolta?
Oliver deglutì, quando si rese conto che quello non era uno scherzo. Era tutto vero.
«Co… cosa le è successo? » domandò, con voce flebile. Sembrava ormai privo di forze, mentre entrava nella stanza e guardava il corpo inerte di Katie, i capelli che le ricadevano attorno al viso e gli occhi chiusi. Chiusi. Si sarebbero mai riaperti? Non ne aveva idea. Forse ci avrebbero messo secoli o forse sarebbero rimasti così per sempre.
Il ragazzo distolse lo sguardo, incapace di rendersene conto.
«Una collana maledetta. Non sappiamo cosa le sia successo, l’ha trovata ad Hogsmeade, l’altro giorno. L’ha appena sfiorata e … le ha fatto questo» rispose George, venendogli incontro e poggiandogli una mano sulla spalla. C’erano tutti i ragazzi della squadra e c’era anche la migliore amica di Katie, seduta nell’angolo con il volto pallidissimo, ma la folla sembrò svanire, quando Oliver posò di nuovo lo sguardo sul viso di Katie Bell, perso in un sonno che poteva sembrare eterno.
«Si riprenderà? » domandò, con la voce ancora più debole. Si allungò un po’, per stringere la mano di Katie tra le sue, come lei aveva fatto alla sua prima partita, mentre lui era disteso su quella barella. Ma lui si era ripreso ed ora era lei che era lì, su un letto di ospedale. Non poteva abbandonarlo.
«Non lo sanno ancora» sussurrò Fred, guardandolo con aria preoccupata.
No, Katie si sarebbe ripresa. Doveva farlo. Per la sua migliore amica, per la sua squadra, per il suo diploma, per il Quidditch. Per lui. Katie doveva risvegliarsi, doveva aprire quegli occhi, sbadigliare come se avesse dormito per secoli, e sorridergli. Perché lei sapeva che lui le sarebbe rimasto sempre accanto. Lei si sarebbe svegliata e lo avrebbe trovato lì, accasciato su una sedia, ma lì, pronto a stringerla tra le sue braccia e a dirle che non l’avrebbe mai lasciata.
«Ma deve riprendersi. Lo deve fare» mormorò, con un tono di voce bassissimo. Fred e George lo guardarono, gli batterono una pacca sulla spalla e poi uscirono dalla stanza, assieme ad Alicia ed Angelina. La migliore amica di Katie – Lucy? Lake? – era ancora seduta nell’angolo, ma guardava lui, con aria sconvolta.
Oliver sapeva che doveva dirle qualcosa, sapeva che doveva chiederle se voleva stare da sola con la sua migliore amica. Sapeva queste cose, ma non riusciva a trovare le sue labbra. Le parole si fermavano nella sua mente, tutto il resto era come bloccato.
«No» disse solo lei, distogliendo lo sguardo e alzandosi. «Sono stata per tutto il tempo, dovresti avere anche tu l’occasione di starle accanto» aggiunse, uscendo dalla porta e guardandolo per un’ultima volta. «Mi dispiace»mormorò, infine, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Lui voleva dirle che gli dispiaceva, davvero, anche per lei, ma non ne era capace. Fissava il volto di Katie, privo di ogni espressione, privo di tutta la vitalità che Katie sembrava emanare. Privo di Katie. E si chiedeva cosa sarebbe successo se Katie non avesse mai aperto gli occhi. Mai più.
Mai più era un tempo infinitamente lungo e Oliver non poteva pensarci. Doveva vedere il sorriso di Katie e pensare che lei era felice. No, non importava se lui non c’entrava, l’importante era che lei fosse felice. Che sorridesse. Che fosse viva.
«Katie» mormorò, tentando di ritrovare la voce, con il cuore che sembrava ormai morto nel petto. No, il suo cuore dormiva, proprio come lei, e aspettava solo il momento giusto per risvegliarsi. Come lei. Voleva anche lui che fosse una sorpresa per tutti. Perché per Katie era così, giusto? Voleva sorprenderli tutti. «Katie, ti stiamo aspettando tutti».
Ma lei era così fredda, la sua mano era gelata e sembrava svanire ogni secondo di più sotto la sua presa. Sembrava allontanarsi, ogni secondo di più.
«Non prenderci in giro, Katie. Lo so, siamo insopportabili, ma siamo tuoi amici, giusto? Tu sei mia amica. Tu sei quella che voleva sempre proteggermi, che si preoccupava per me. Quella che è venuta a controllare se ero vivo o morto dopo essere caduto dalla scopa. Non te ne puoi andare così, senza curarti più di me. Chi controllerà se sono ancora vivo? Chi mi chiederà se ho bisogno di una mano? Chi mi bacerà per dirmi grazie? Katie, non puoi andartene così! »
Ma Katie non dava segni di vita, sotto la mano di Oliver, la sua pelle rimaneva immobile, gelata e lontana.
«So di essere egoista a chiedertelo ed hai tutto il diritto di arrabbiarti, quando ti sveglierai, ma ti devi svegliare per me. Io non posso stare senza di te, Katie. Sei mia amica. Sei la mia Katie. Non può esistere un mondo senza di te, capisci? Io ho bisogno di te. Non te ne puoi andare così. Sarebbe crudele, da parte tua».
La sua voce si ruppe sulle ultime parole e divenne incapace di andare oltre. Non riusciva a pensare a cosa sarebbe successo, se Katie non avesse più aperto gli occhi. Non sapeva cosa ne sarebbe stato di lui.
Aveva sempre dato per scontato tutto, compreso il fatto che lei ci sarebbe sempre stata, innocente e adorabile, pronta a correre da lui in qualunque momento.  Aveva dato per scontato la sua presenza, nella sua vita. Ed ora che si ritrovava senza di lei, con la sua vita appesa un filo ed il suo cuore aveva smesso di battere nel momento in cui aveva saputo la notizia.
«Mi mancheresti tantissimo, Katie. Non hai neanche idea di quanto. Non puoi andartene, capisci? Tu … sei importante per me. Tantissimo».
Se Katie fosse stata lì, gli avrebbe detto che ci era voluta una maledizione per fargli distogliere l’attenzione dal Quidditch e portarla su di lei, ma Katie non era lì. Katie era incosciente in quel letto e tutto il mondo sembrava diventare vuoto, al confronto. Non gli interessavano gli altri, ad Oliver importava solo di lei.
Era dovuto arrivare a perderla, per capire che era la persona più importante di tutta la sua vita. E, in quel momento, persino la sua avita era appesa ad un filo. Appesa allo stesso filo di quella di Katie e tutte e due aspettavano solo il momento giusto per alzarsi o per cadere.
«Katie, ti prego. So che pensi che io sia un idiota con delle bistecche di drago sugli occhi, perché non ho mai capito quanto tu fossi importante. Ma quest’idiota ha bisogno di te. Non te ne puoi andare».
Con la mano della ragazza stretta nella sua, Oliver Baston trascorse lì la notte e il resto delle notti per i seguenti mesi, con gli occhi spalancati, senza mai dormire davvero, e il cuore ormai intorpidito nel petto, a guardare Katie Bell che, nel suo sonno spaventoso, non sapeva nulla di quello che lui le diceva ogni sera.
«Katie, ti prego. Io ho bisogno di te. Io sono innamorato di te».

Angolo Autrice

Io non volevo scrivere questo capitolo, io voglio le cose allegre, felici, divertenti, non le tragedie ç__ç Ma quando la Rowling ha scelto, tra tutti i seicento e più studenti di Hogwarts, di far toccare a Katie Bell quella collana, be’, non posso evitarlo ç_ç
Però non prendetevela con me, io voglio le cose felici *-*
Okay, la smetto. E so che questo capitolo è anche parecchio banale. Banale del tipo ‘povero essere umano che va al capezzale della donna che ama e inizia a parlare anche se lei non lo può sentire’, come nel film, però … diciamocelo, Oliver finalmente ha capito cosa passava dentro la sua testa e l’ha capito solo (quasi) perdendo Katie.

Okay, ora la smetto davvero.
Oh, il titolo è sempre Starlight, ormai sono in fissa con quella canzone <3

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Capitolo 9
*** 9. And whatever they say, your soul's unbreakable ***


9. And whatever they say, your soul's unbreakable

 

I giorni erano diventate settimane e le settimane mesi e Oliver Baston stava, ormai, quasi perdendo le speranze di riavere indietro la sua Katie. Il suo cuore, ormai, si stava lentamente spegnendo ed era la più atroce tortura a cui avesse mai assistito. E lui era la vittima e il carnefice, la sua stessa morte.
Ogni giorno arrivava davanti al letto di Katie e rimaneva lì per tutta la giornata, tranne quando aveva gli allenamenti. Sapeva, con una parte del suo cervello, che stava decisamente facendo schifo e che, durante l’ultima partita, era stato necessario sostituirlo perché non era minimamente concentrato sul gioco, ma tendeva ad ignorarlo, perché l’unica cosa che gli importava, in quel periodo, era Katie. Katie distesa nel suo letto del San Mungo, con il volto sempre pallido, gli occhi chiusi e la mente persa nel suo mondo di meraviglie in cui Oliver non poteva arrivare.
Ogni sera rimaneva lì, seduto, con la mano di Katie stretta nella sua, con il cuore addormentato che stava iniziando a morire, avvelenato dalle speranze che non erano mai diventate realtà.
Aveva dovuto aspettare di perderla, per capire che non avrebbe potuto vivere senza di lei. E non sapeva come avrebbe fatto, se Katie non avesse mai aperto gli occhi. Probabilmente avrebbe smesso di esistere. Perché quella che stava trascinando avanti non era una vita, era una semplice esistenza, davanti al letto della ragazza incosciente. Nient’altro era più importante.
C’era sempre abbastanza gente nella stanza di Katie. I suoi genitori venivano a trovarla tutti i giorni, con la stessa frequenza di Oliver, Fred e George si sedevano sempre ai due lati del letto, portando, di tanto in tanto, qualche nuova invenzione dei Tiri Vispi Weasley. Angelina ed Alicia venivano ogni giorno, le sistemavano i capelli, le sfioravano il volto con aria malinconica, le stavano accanto sempre. Leanne, la migliore amica di Katie,  era tornata ad Hogwarts, anche se tutti i giorni arrivava una lettera da parte sua, che Angelina leggeva ad alta voce, come se Katie potesse sentirla. La vita sembrava essersi radunata attorno al letto di Katie, aspettando che lei facesse lo sforzo di aprire gli occhi e di guardarli, tutti. I suoi amici, le persone che facevano parte della sua vita, che attendevano, speranzosi, il suo risveglio.
Chissà se sarebbe mai accaduto.
Era solo l’ennesima notte che Oliver passava lì, davanti al suo letto, con la mano di Katie stretta nella sua. Non ricordava da quanto tempo non dormiva davvero, su un letto vero, ma non gli importava. Ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva sempre e solo il viso di Katie, Katie che sorrideva a lui, con quei sorrisi che avrebbe voluto incorniciare, con quei sorrisi che – tempo prima – non si era mai reso conto quanto fossero preziosi e rari. Quei sorrisi che regalava solo a lui.
«Katie, non te ne puoi andare» e non sapeva perché doveva parlarle, ma sapeva che, se non l’avesse fatto, sarebbe impazzito. Non riusciva a tenere tutto dentro e lei l’avrebbe ascoltato. Sapeva che l’avrebbe fatto, in qualche modo. Lei lo ascoltava sempre, anche quando iniziava a dire stupidaggini. «Sai quanto tempo è passato da quando abbiamo parlato per l’ultima volta? Un’eternità. L’inverno è quasi finito, sta arrivando la primavera e tu sei ancora qui. Quanto pensi di restarci, Katie? Ho bisogno di parlare con te, di sentire la tua voce, di guardarti sorridere. Non mi importa se non vuoi più saperne di me. Ti capirei, sono stato un tale idiota. Però voglio che tu viva, capisci? Ti voglio viva, Bell».
Oliver non aveva idea di quando il sonno aveva iniziato ad intorpidirgli la mente, ma, ad un certo punto, si era ritrovato con la testa appoggiata al letto, la sua mano ancora stretta in quella della ragazza e gli occhi chiusi, a dormire. Era la prima volta che dormiva sul serio, da quando aveva saputo di Katie, e non sapeva neanche spiegarsi perché, i suoi sogni furono neri, semplicemente neri. Non c’era Katie a spuntare nella sua mente, neanche uno dei suoi sorrisi. Dormì come un bambino, con la testa poggiata accanto alla gamba inerte della ragazza, fino a quando un leggero ticchettio sulla sua spalla lo svegliò.
Pensava che fosse uno dei medici che seguiva Katie, per dirgli che non avrebbe dovuto usare in questo modo il letto dell’ospedale, oppure Fred e George, che da settimane tentavano di portarlo via da lì, per farlo riposare in un letto, su un cuscino. O, forse, i genitori di Katie, che si stavano preoccupando per lui – come un tempo faceva la loro figlia -, chiedendogli se era sicuro di mangiare e dormire abbastanza e se non si stava sacrificando troppo per stare vicino a Katie, ma non era vicino alla verità neanche un po’.
«Oliver, sei tu? »
Lui si riscosse dal sonno, cercando di capire da dove venisse la voce. Era una voce che conosceva, senza ombra di dubbio. Ed era una voce che l’aveva fatto sentire bene un milione di volte, che aveva gridato il suo nome, che l’aveva minacciato, che l’aveva consolato … era una voce troppo bella per non essere frutto della sua mente, troppo assonnata. Stava immaginando le cose. Era normale, ormai.
«Oliver, cosa ci fai qui? Dove sono? »
No, Oliver non poteva sbagliarsi così tanto. Il suo cuore aveva già fatto il volo, si era risvegliato, ma non poteva essere vero. Non poteva essere Katie Bell.
«Katie? » domandò, scioccamente, guardando verso di lei. Nel buio, riuscì a scorgere i suoi occhi castani, aperti, che lo guardavano, e il suo sorriso delicato. «Sei … viva» riuscì a dire, infine, guardandola, troppo stupito per dire qualcos’altro.
«Non dovrei esserlo? » chiese lei, con la voce ridotta ad un sussurro. Sembrava ancora debole, ma … si era svegliata. Oliver non riusciva a credere ai suoi occhi e alle sue orecchie. Katie Bell si era svegliata. Aveva aperto i suoi grandi occhi da bambina e aveva pronunciato il suo nome. Katie Bell si era svegliata.
«Oliver, stai bene? » chiese lei, stringendo ancora la mano del ragazzo fra le sue. Non c’era niente di nuovo, eppure, per la prima volta da quando Oliver Baston si era seduto su quella sedia, accanto a lei, Katie ricambiava la stretta. «Cosa c’è che non va? »
Era sempre così, Katie. Si preoccupava per lui, ma mai per lei. Anche ora, che si trovava in un letto d’ospedale, appena svegliata, si stava preoccupando per lui, chiedendogli se c’era qualcosa che non andava.
«Katie» mormorò lui, semplicemente, allungando una mano e sfiorando il viso della ragazza. Vide che lei arrossiva, anche nel buio. Conosceva ormai a memoria il suo volto e sorrise, intenerito a quella visione. «Merlino, Katie, ti sei svegliata. Ti sei svegliata».
Non riusciva a credere a quello che aveva davanti. Sfiorava il viso di Katie con timore reverenziale, quasi temesse che lei potesse rompersi sotto il suo tocco. Katie, la sua Katie.
Il suo cuore prese definitivamente il volo, ormai sveglio e felice che la ragazza che amava fosse viva, e fosse davanti a lui, delicata e sorridente, anche se con una smorfia preoccupata sul viso.
«Oliver, che succede? »
Ma lui non ascoltò minimamente le sue parole e si sporse per stringerla a se, facendole poggiare la testa sul suo petto. Non gli importava che lei potesse sentire il battito del suo cuore andare a mille, lei era lì, viva, sveglia, tra le sue braccia. Era Katie e Katie era viva.
«Oh, Merlino, Katie» sussurrò lui, semplicemente. Lei sembrava ancora un po’ sconvolta, ma si lasciò stringere come una bambina e lasciò che Oliver la cullasse tra le sue braccia e la trattasse come se fosse una bambola di porcellana, così fragile e delicata. Poi, lui si scostò, delicatamente, quasi avesse paura di farle del male – e ne aveva di paura, paura di poterla mandare in frantumi con un solo tocco – e le sorrise, sfiorandole ancora il volto. «Vado a chiamare un dottore. Non ti muovere, resta qui» e corse fuori, nella corsia, a cercare un dottore che potesse dirgli che quello che aveva appena visto non era un miraggio, che Katie era sveglia e viva.

 

~

Katie migliorava a vista d’occhio e il suo volto era sempre meno pallido. Non aveva idea di quello che le era successo, come se qualcuno le avesse dato una botta in testa per farle dimenticare tutto, ma ad Oliver, alla fine, non importava più di tanto capire cosa stava succedendo. A lui bastava sapere che Katie era lì, viva, sveglia e felice.
Ogni giorno andava a trovarla e lei sorrideva, felice del fatto che lui fosse lì. Oliver sentiva il suo cuore battere, impazzito, a quei sorrisi. Aveva quasi dimenticato quanto fosse bella quando sorrideva.
«Sei rimasto qui per tutto il tempo? » domandò lei, guardandolo negli occhi e inarcando un sopracciglio, con l’angolo delle labbra piegato verso l’alto. Oliver distolse lo sguardo, imbarazzato, e lo portò sui suoi piedi.
«Sì» disse solo e Katie si allungò per stringergli la mano. Ormai la sua pelle non era più gelata e Oliver ricambiò la stretta, sorridendole.
«Fred e George hanno detto che non te ne andavi mai, che rimanevi sempre qui. Mi dispiace averti fatto preoccupare. Non dovevi sacrificare tutto per colpa mia».
Il volto della ragazza era sinceramente dispiaciuto e le sue labbra erano piegate in una smorfia un po’ triste. Oliver avrebbe voluto prendere il suo viso tra le mani e baciarla, farle capire che lei non aveva fatto assolutamente nulla, che lui sarebbe rimasto lì in eterno, a costo di sacrificare la sua vita, ma non per colpa sua.
«Katie, sei mia amica, sei importante. Non volevo lasciarti qui, da sola» sussurrò, invece, guardandola negli occhi. Aveva paura di spaventarla, con quel bacio. Si era svegliata da qualche settimana, probabilmente ancora non ricordava niente. Di quello che le era successo, non riusciva a mettere a fuoco neanche un immagine. Ma Oliver non aveva trovato il coraggio di chiederle se ricordava cosa era successo prima che lei entrasse nel locale. Non aveva il coraggio di chiederle se ricordava il bacio e il fatto che lui era stato più sincero con lei che in tutto il resto della sua vita.
È troppo presto, si diceva. Si è appena svegliata, non posso dirle niente. Ci vuole tempo. Ma non sapeva quando quel tempo sarebbe arrivato, non ne aveva idea.
Lei, in quel momento, lo guardava con aria seria, con gli occhi da bambina che seguivano ogni suo movimento. «Avevo paura» ammise, infine, Oliver. Lei strinse ancora la sua mano e lui le fece un sorriso esitante. «Paura che, se me ne andassi, non ti avrei più trovata al mio ritorno. Mi sentivo inutile, qui, ma avevo bisogno di starti accanto, anche se non potevi sentirmi».
«Oliver …» ma Katie sembrava non saper cosa dire e lui scosse la testa, fissandola con un sorriso intenerito.
«Katie, sei viva. È questo quello che conta» sussurrò, alzandosi e posandole un bacio sulla fronte. Era troppo codardo, ora, per dirle quello che aveva capito. Katie era una ragazza, stava crescendo e di certo lo considerava un idiota senza cervello, che aveva sempre messo al primo posto il Quidditch e non i suoi giocatori. Non lei. Aveva ragione a considerarlo tale. E, di sicuro, aveva qualcuno che le correva dietro. Ed era meglio, giusto, che stesse con qualcuno che la meritava e non con lui. Lui … era stato solo una parentesi di quei mesi, una parentesi che doveva chiudersi, prima o poi.
Fece per andarsene – ormai conscio del fatto che aveva chiuso, lì. Che Katie era sveglia e felice e lui poteva anche andarsene -, ma lei gli afferrò il polso, prima che la lasciasse andare, e lo guardò con aria seria.
«Non te ne andare. Io ho bisogno di te» mormorò e, benché il cuore di Oliver si fosse ormai fermato e poi avesse iniziato a battere ancora più veloce, lui si sedette di nuovo su quella sedia, stringendo la mano di Katie e sorridendole, per rassicurarla e rassicurare se stesso. Perché, anche se lei non ne aveva idea, lui aveva bisogno di Katie Bell nella stessa maniera in cui lei aveva bisogno di Oliver Baston.

 

Angolo Autrice

 

Katie si è svegliata. Non riuscivo a concepire l’idea di più di un capitolo con Oliver in quello stato, era troppo persino per me, per cui eccoci con un capitolo almeno un po’ più felice. Dopotutto, questa è una raccolta di momenti importanti per Oliver e Katie ù_ù
Oliver è un fifone, lo sappiamo, ma è convinto di essere troppo idiota per anche solo meritare Katie. E lui non sa che, in realtà, lei è perdutamente cotta di lui da un bel po’. Diciamo che, come si è detto da solo, ha proprio le bistecche di drago sugli occhi. E pure belle doppie ù_ù
La mia connessione ad internet si sta prendendo gioco di me e si disconnette ogni due secondi, quindi non ho il tempo per dire nient’altro, perché ho la sensazione che potrebbe andarsene nel giro di qualche secondo per la nona volta dall’inizio della giornata ._.
Ancora grazie mille, a tutti <3
Il titolo è di Invincibile, quella è una delle mie canzoni preferite <3

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Capitolo 10
*** 10. You could be the one I'll always love ***


10. You could be the one I'll always love

 

Il resto dell’anno era passato senza altri problemi, stranamente parlando, fino a quando non era arrivata la fine della scuola e il crollo di tutto quello in cui Katie credeva con disperazione.
Il mondo si stava rovesciando e ormai aveva perso la sua guida: Albus Silente era morto quando i Mangiamorte avevano attaccato la scuola. Era stata la notte peggiore della sua vita, Katie aveva lottato pur di uscirne viva, con il pensiero della sua amica, dei suoi genitori, di Oliver che le rimbombava nella mente. Aveva lottato con le unghie, per vivere, e quando si era ritrovata viva, stretta a Leanne che tremava di paura, si era resa conto che tutto quello che aveva conosciuto stava per arrivare al termine.
Albus Silente era morto, lei aveva il suo diploma e la vita lì fuori era un eterno silenzio di morte. Aveva quasi paura ad abbandonare quella scuola, ma, allo stesso tempo, sapeva che non sarebbe più stata al sicuro, lì. Guardava i ragazzi del primo anno, quei ragazzini che erano appena arrivati e avevano conosciuto l’orrore più atroce, e avrebbe voluto poterli salvare, tutti. Non meritavano quello che era appena successo loro.
Il funerale era stato … terrificante. Katie non aveva altre parole. Terrificante, perché mai come in quel momento, si era sentita sola davanti al futuro. Albus Silente e lei non avevano mai scambiato più di qualche parola – e forse neanche – ma si sentiva come se avesse perso una guida, la più importante di tutta la sua vita. Si sentiva sola e sperduta. Se il mondo là fuori poteva entrare ad Hogwarts ed uccidere Albus Silente, che senso aveva varcare i cancelli di quella scuola?
Tutto il mondo sembrava accartocciarsi su se stesso, nel piangere quella perdita, e persino Katie si sentiva accartocciata ai bordi, con la testa poggiata sulla spalla di Leanne e gli occhi chiusi. Il funerale era finito, eppure loro due rimanevano ancora lì, infagottate nei loro abiti da cerimonia, troppo sconvolte per pensare davvero.
Il silenzio regnava su tutta Hogwarts. Sembrava tutto così cupo, diverso dall’atmosfera che, solitamente, regnava in quel luogo alla fine dell’anno scolastico. Non c’era nessun ragazzino seduto in riva al Lago Nero, non c’era nessuno sotto gli alberi, nessuno che osava dire solo una parola.
«Katie?» Leanne la richiamò alla realtà, costringendola a riaprire gli occhi. Lei non avrebbe voluto farlo, aprire gli occhi significava tornare nella realtà e lei ne aveva così paura che non voleva accettarla. Voleva rimanere nel suo mondo, per sempre. «Sta arrivando Oliver. Cammina verso di noi».
La ragazza si riscosse, alzandosi dalla spalla della sua migliore amica. Leanne la guardò per un secondo, poi si alzò e fece un sorriso esitante ad Oliver, che ormai era giunto davanti a lei. Katie sentì il suo cuore sobbalzarle nel petto, benché sapesse perfettamente che non era il momento. Non quello.
Non l’aveva più visto da quando l’aveva riaccompagnata ad Hogwarts, dopo la convalescenza al San Mungo e la settimana che aveva passato a casa, con lui che veniva a trovarla ogni giorno. Un tempo infinitamente lungo per lei, che aveva ripreso l’abitudine di guardarlo ogni volta che poteva, come quando aveva tredici anni e il cuore sereno, non avvelenato dal mondo che la circondava.
Aveva sentito la sua mancanza, sì che l’aveva sentita. Le aveva divorato il cuore a piccoli morsi, eppure, nel momento in cui lui si presentò davanti a lei, stupefacente e tristissimo, Katie sentì il suo cuore nuovamente intero, senza morsi né spaccature.
Oliver Baston aveva il potere di farla sentire bene. E questo, in quel mondo che lei si stava preparando ad affrontare, non era poco.
«Volevo vedere come stavi» mormorò lui, facendo un passo verso di lei e sedendole accanto. Allungò la mano, forse in cerca di quella di Katie, ma poi sembrò ripensarci e la ritrasse. Lei sospirò. Non aveva il coraggio necessario per fare qualcosa del genere, non in quel momento, ma, senza dire nulla, appoggiò la sua testa sulla spalla di Oliver, come aveva fatto con Leanne. Solo che lui la strinse a sé, un po’ goffamente, ma lo fece. Le cinse le spalle con le sue braccia e posò un bacio sulla sua fronte, preoccupato.

«Terrificata» sussurrò lei, guardando nel vuoto, mentre Oliver le accarezzava, con dolcezza, i capelli. «Ecco come sto. Terrificata. Ho una paura tremenda, Oliver. Tremenda».
Senza sapere cosa dire, lui la strinse ancora a sé e, mentre lei chiudeva gli occhi e respirava sulla sua spalla, le accarezzò il volto con la mano, esitante. Sentì il suo sorriso esitante e un po’ amaro contro la sua spalla e lei allungò la mano, per stringere quella che la stava sfiorando.
«Non permetterei mai che ti accadesse qualcosa, Katie» disse lui, infine, con un tono di voce che fece rabbrividire la ragazza. Sembrava così deciso a proteggerla da qualunque cosa le si parasse davanti, che Katie non poteva crederci. «Mai» ribadì, voltandosi verso di lei. Katie aprì gli occhi e sospirò ancora, prima di tornare a fissare il vuoto.
«Non ho paura per me, Oliver. Anche per me, ma non solo» spiegò, stringendo con più forza la mano del ragazzo, per sentirlo vicino. Perché lui era lì e lei aveva un disperato bisogno di saperlo. «Ho paura per Hogwarts, per il mondo magico. Per la vita che ci aspetta fuori da questi cancelli. Quanti di questi ragazzi sopravvivranno, Oliver? Che ne sarà di noi, là fuori? Merlino, sono terrorizzata».
A questo, Oliver non sapeva come rispondere, perché non c’era una risposta giusta da dare. Non ce ne era neanche una sbagliata, a dire il vero. Non c’era niente da dire e il silenzio tornò a far loro compagnia. Katie si abbandonò a quell’assenza di suoni e di voci e chiuse nuovamente gli occhi, respirando la sua paura. Sentiva lo sguardo di Oliver su di sé e sentiva anche il suo cuore che batteva in quel modo, per la vicinanza col ragazzo, ma quella paura cambiava tutto, rendeva le cose più lontane e sfuggenti.
Se avesse avuto il coraggio dei Grifondoro e almeno un po’ di buonsenso, avrebbe capito che quella poteva essere l’ultima volta in cui Katie Bell e Oliver Baston sedevano vicini in quel modo. Se avesse avuto il coraggio e un po’ di buonsenso, Katie Bell gli avrebbe detto tutto. Sentiva che le cose potevano finire da un momento all’altro e lei, se soltanto si fosse allungata, gli avrebbe fatto capire ciò che provava. Ma a Katie Bell non era rimasto né il coraggio, né il buonsenso, entrambi divorati dalla paura che le attanagliava il cuore. L’unico sentimento che ancora provava era l’amore per Oliver Baston, un amore che non le lasciava via di fuga, che riusciva a sconfiggere persino il terrore che l’aveva assalita. Vicino a lui, le cose sembravano sempre migliori di quelle che erano. E, persino in quel momento, se si metteva di impegno, poteva vedere il lontano baluginare della felicità, cosa che non ci sarebbe mai stata, se Oliver non fosse stato lì.
Era un amore che rendeva le cose migliori di quelle che erano e Katie sapeva che l’avrebbe portato nel cuore per tutta la vita. Secoli prima, a quella partita in cui Oliver era stato disarcionato dopo qualche secondo dall’inizio – era davvero solo un anno prima? Sembravano davvero secoli -, aveva pensato che Oliver Baston sarebbe stata la grande cotta della sua adolescenza. Non aveva capito che, in realtà, lui sarebbe stato molto di più. Lui sarebbe stato il grande amore della sua vita. E, se questo poteva sembrare un pensiero fuori luogo durante un funerale, Katie Bell ricordava quello che Harry Potter aveva sempre, in ogni modo, ripetuto: che l’amore è la più potente delle magie. E a dirlo era sempre stato Albus Silente.
Ma Katie Bell sapeva altrettanto bene che quello sarebbe stato un amore chiuso per sempre nella sua anima, niente di più, niente di meno. Non avrebbe mai avuto la capacità di dirglielo, non l’avrebbe mai fatto. Oliver era anche il grande amore della sua vita – e forse era un pensiero un po’ ingenuo, per una ragazza di quasi diciotto anni, ma era la pura e semplice verità -, ma non era detto che lei fosse lo stesso per il ragazzo.
«Oliver? » lo richiamò, ad un certo punto, riaprendo gli occhi. Lui la guardava negli occhi e le fece un sorriso incoraggiante, un sorriso di fiele, amaro, eppure lei conservò quel sorriso come il ricordo più bello di quel giorno. L’unico che valesse la pena di conservare. «Mi proteggeresti davvero da tutto? » domandò, mentre lui distoglieva lo sguardo e il suo sorriso diventava meno amaro, più vivo, più suo.

«Ovvio, Katie» mormorò, semplicemente, accarezzandole ancora i capelli e il volto, delicatamente. La trattava sempre come se fosse una bambola di porcellana e questo la faceva sentire bene, tra le sue braccia. Non avrebbe mai voluto staccarsi da lui, mai più. Era la sensazione migliore della giornata.
«Grazie» sussurrò lei e lui si voltò nuovamente verso di Katie per sorriderle, per regalarle il sorriso più bello di tutti i tempi. Un sorriso rotto che Katie avrebbe voluto poter aggiustare. Un sorriso che era tutto per lei, per Katie Bell. «Ti dispiace se restiamo ancora un po’ così?» chiese ancora, guardando Oliver con espressione speranzosa.
Lui scosse la testa, con il suo sorriso rotto sul viso. «No, non mi dispiace affatto».
E rimasero lì, per un po’. Katie aveva la testa sulla spalla di Oliver e lui le cingeva le spalle con dolcezza, accarezzandole un po’ i capelli. Nel momento in cui lui le sorrise ancora, benché il suo sorriso fosse ancora rotto, Katie capì che lui era tutto quello di cui lei aveva bisogno. Perché solo lui era in grado di far sembrare la realtà decisamente migliore di quello che era.

«Grazie, Oliver» sussurrò e lui, stranamente, non le chiese neanche il perché, ma si limitò a stringerla un po’ di più a sé, chiudendo a sua volta gli occhi.

 

Angolo Autrice

 

Ed eccoci nuovamente qui *-* avevamo lasciato Katie e Oliver al San Mungo e ora li ritroviamo al funerale di Silente ç_ç se devo essere sincera, questo capitolo mi piace tanto. Non saprei spiegarmi il perché, ma è uno dei miei preferiti e ci tengo tanto. Forse perché Katie ha fatto luce per sempre tra i suoi sentimenti e sa che quello che prova per Oliver non è proprio una cotta adolescenziale, ecco.
Insomma, a me piace questo capitolo, anche se non succede niente *-* spero che non mi ammazziate per questo, perché altrimenti non saprete cosa succederà nei prossimi capitoli ù_ù quindi, non ammazzatemi né torturatemi *__*
Va bene, la smetto ù_ù
Il titolo di oggi è preso da Unintended <3
E, be’, direi che è tutto. Comunque ci stiamo avvicinando alla fine, eh ù_ù mancano altri tre capitoli e l’epilogo, vi sentite emozionati? No? …fa niente ù_ù
Grazie mille a tutti, davvero <3
El.

 

P.S.: mi sono scordata di dirlo, ma comunque per il fatto che Harry Potter ripeta sempre che ‘l’amore è la più potente delle magie’ ho immaginato che certe volte lo dicesse anche durante le lezioni dell’E.S. sì, lo so, è impossibile, ma concedetemelo *-*

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Capitolo 11
*** 11. Love is our resistance ***


11. Love is our resistance

 

«Ti dispiacerebbe dirmi cosa ti è successo?»
Oliver camminava assieme a lei, per le vie di Londra, con aria interrogativa. Katie non correva, non del tutto, almeno – sarebbe parso quantomeno assurdo se si fosse messa a correre nel bel mezzo della città -, ma accelerava sempre di più il passo, tanto che Oliver a fatica le stava dietro. In più, Katie era così minuscola che si confondeva tra le altre persone, cosa che non faceva sentire rincuorato il ragazzo.
Katie, dal canto suo, sapeva che tutto questo non aveva senso, che trascinarsi Oliver senza spiegargli niente era assurdo, ma era l’unica cosa che potesse fare. Angelina e Alicia avevano mandato lei, a chiamarlo, e non avevano idea di quanto avessero sbagliato. Lei non era come Angelina, in grado di far calmare la gente con un semplice sguardo e di convincerli a fare quello che lei voleva, né come Alicia che, con la sua dolcezza, riusciva ad incantare chiunque e a trascinarseli dietro. Lei era Katie Bell, solo Katie Bell e l’unica cosa che poteva fare era sperare di arrivare al più presto, trascinandosi dietro un Oliver piuttosto confuso.
«Avanti, Oliver!» sbottò lei, ma lui le afferrò il polso e la fece fermare, a poca distanza da sé. Katie si ritrovò ad arrossire sotto il suo sguardo, benché sapesse perfettamente che non era il momento, che non doveva pensarci, non ora.

«Katie, mi spieghi che sta succedendo? » domando lui, guardandola negli occhi, serio. Lei era ben consapevole che non era quello il modo di avvertirlo, lo sapeva benissimo. Ma non era mica il tempo di tentennare. Sapeva di essere piombata a casa sua, senza avvertire, a bussare alla porta come una pazza. Sapeva che Oliver l’aveva guardata con aria stupita e lei gli aveva detto che non c’era tempo, che dovevano correre. Sapeva che non era questo il modo di fargli capire quello che stava succedendo, ma davvero non c’era tempo. Lei era solo Katie Bell e l’unica cosa che poteva sperare era che arrivassero sani e salvi.
Oliver la guardava, preoccupato, e quell’espressione si incise sul cuore di Katie, ma ora non aveva il tempo di pensare a lui, non poteva pensare al suo cuore che batteva troppo velocemente, e di certo non per il passo accelerato. Non era il tempo, non ora, non in quel momento.
Potrebbe non esserlo più, disse una vocina, nella sua mente, ma Katie scosse la testa. Okay, non ci sarebbe stato più il momento, forse, ma non era quello. In quell’istante aveva solo una dannata fretta, non poteva stare lì a pensare che Oliver la faceva arrossire qualunque cosa facesse.
«Tu-Sai-Chi» sputò fuori, infine, a voce bassissima, guardandolo negli occhi con espressione di scuse. Voleva tornare a camminare, per non vederlo rimanere di sasso. Per non vedere quell’espressione sul suo volto. Ma non era possibile. Oliver si gelò sul posto, la sua espressione divenne di ghiaccio quando sentì quel nome dalle labbra della ragazza. Katie avrebbe voluto poter correre ancora, ma sapeva che Oliver aveva bisogno di lei, in quel momento, così strinse le mani del ragazzo fra le sue e sospirò, con gli occhi lucidi. «Oliver, sta arrivando ad Hogwarts. Harry è lì. È la fine di tutto, qualunque cosa succeda».
Oliver sembrava avere i brividi, stupito da quello che stava succedendo. Lei si alzò in punta di piedi e sfiorò il suo viso con le mani, stringendosi poi a lui e poggiando la testa sul suo petto. Oliver rimase dapprima stupito, poi la strinse a sua volta, sempre con delicatezza, quasi temesse di romperla.
«Oliver, stiamo andando in battaglia. Ti prego, cerca di non rischiarmi troppo la vita, okay? Ho bisogno di te» sussurrò, contro il suo petto, tentando di tenere a freno le lacrime. Oliver le accarezzò i capelli, con dolcezza che la fece quasi sciogliere. Oh, Oliver.
«Neanche tu, okay? Non ci tentare neanche, tu … sei importante per me» mormorò lui, con voce tremante. Lei annuì, con la testa ancora posata sul suo petto, tentando di non piangere, di non singhiozzare, imponendosi di stare calma. Non voleva far preoccupare Oliver e ora avevano una battaglia da affrontare.
Il pensiero sembrò riscuoterla. Non dovevano stare lì ad abbracciarsi, quando probabilmente le persone avevano già iniziato a combattere. Dovevano andare e subito.
Si scostò da lui, infine, tentando di sorridere e lui ricambiò quel sorriso spezzato, senza dire nulla.
«Andiamo alla Testa di Porco. C’è un passaggio per Hogwarts. Dobbiamo trovare un posto … tranquillo per Smaterializzarci. Angelina e Alicia ci aspettano lì» spiegò, infine. «Hanno chiesto a me di venire a chiamarti, mentre loro tentavano di radunare gli altri dell’E.S. – è una storia lunga, lascia perdere»  mormorò, quando vide la sua faccia confusa. Oliver sorrise un po’, all’espressione esasperata di Katie, ma non era un sorriso rotto. Era un sorriso vero, uno di quelli che Katie avrebbe volentieri incorniciato. Poteva essere l’ultimo. Anche lei sorrise,  poi riprese a camminare, sapendo che lui l’avrebbe seguita ugualmente. Avevano bisogno di un posto tranquillo dove Smaterializzarsi e avrebbe dovuto dirgli che, in realtà, lei era piuttosto una frana in quello. Ma non importava. Oliver l’avrebbe capita, avrebbe sorriso ancora e poi sarebbero andati a combattere. Ecco tutto.

Lei ancora non riusciva a crederci: stava arrivando la fine ed era più presto di quanto avesse mai osato immaginare e, guardando Oliver dietro di lei, sapeva che anche lui stava pensando la stessa cosa.
Stavano per morire, tutti. Sarebbe finita così, Hogwarts, il mondo magico, la sua vita. Quella di Oliver, che l’aveva seguita senza fare domande, che aveva solo stretto la sua mano e le aveva affidato, silenziosamente, la sua intera esistenza. Stava tutto per finire e lei non era pronta. Non era pronta a dire addio a tutto, ad Oliver per primo.
Ma Harry era lì. Lui era lì per affrontare Colui-che-non-deve-essere-nominato e ce l’avrebbe fatta. Sì, doveva essere così. Harry Potter era l’unico che poteva farlo. Harry Potter, il suo amico, il Cercatore imbattibile, il ragazzino che aveva paura dei Dissennatori, stava per andare ad affrontare il Mago Oscuro più temibile che il mondo avesse mai conosciuto.
Ma non l’avrebbe fatto da solo. Ci sarebbero stati tutti: l’E.S. avrebbe combattuto al suo fianco, a costo di cadere, ma non l’avrebbe lasciato solo. Gli avrebbero dato l’occasione di sferrare il colpo finale a Voldemort. Non aveva più paura di pronunciare quel nome, non nei suoi pensieri. Sapeva che tutti gli stavano andando incontro, non aveva più senso spaventarsi.
Ad un tratto, sentì un calore attorno al polso e sapeva che era la mano di Oliver che tentava di bloccarla nella sua corsa.
«Katie …» sentì il suo nome pronunciato da quella voce, ma non voleva girarsi. Dovevano correre, dovevano andare … non voleva voltarsi e vedere il volto che, probabilmente, avrebbe portato come ultimo ricordo della sua vita. Il suo ultimo pensiero sarebbe stato per lui, lo sapeva.
«Oliver, ti prego, non è il momento di fermarsi» mormorò lei, ma non ebbe il tempo di dire altro, perché lui le strattonò ancora il polso e, prima che potesse solo provare a protestare, l’attirò a sé e la baciò.
A questo, lei non era preparata.
Era decisamente diverso dal primo bacio che si erano scambiati negli spogliatoi del Puddlemere United, diverso da quello ad Hogsmeade. Questa volta non si trattava di un bacio innocente e delicato, Oliver non era più disteso su una barella e lei aveva capito fino a dove potevano spingersi i suoi sentimenti.
Lei rimase immobile, almeno per un momento, tra le braccia di Oliver Baston, mentre lui sfiorava le sue labbra con le proprie. E poi, si rese conto della situazione. Oliver la stava baciando. Oliver la stava baciando e non era uno stupido errore, non era niente del genere.
Nel momento in cui se ne rese conto, allacciò le braccia attorno al collo del ragazzo e rispose al bacio, stringendosi a lui. Non era niente di quanto Katie aveva immaginato, era decisamente di più. Sentiva i brividi lungo la schiena e un fuoco che partiva dalle labbra e le andava a scaldare ogni parte del corpo. Solo in quel momento si rese conto di quanto era gelata, di quanto era terrificata al pensiero di … tutto. Oliver la stava scaldando ed era la sensazione più bella che avesse mai provato. Le sue mani che si muovevano sulla sua schiena, sul suo viso, fra i suoi capelli … e le sue labbra, che accendevano il fuoco dentro di lei, e lui, che era così vicino, che lei stringeva così forte. Era tutto reale, questa volta non era una stupida fantasia.

«Ti amo» mormorò Oliver, scostandosi da lei e facendole un piccolo sorriso esitante. Katie rimase inchiodata sul posto, troppo stupita per credere a quello che stava succedendo. Aveva ancora le sue braccia strette attorno al collo di Oliver e sentiva il cuore del ragazzo battere ad una velocità incredibile, ma non riusciva a crederci. Le aveva appena detto di amarla? Oliver Baston? «Era questo che avrei dovuto dirti quel giorno, ad Hogsmeade, ma non me ne ero reso conto neanche io. Lo so, sono un idiota. Ho delle bistecche di drago sugli occhi. Non c’è bisogno di dirmelo, posso capirlo. Andiamo? »
Ma Katie non riusciva a muoversi. Stava per iniziare una battaglia e l’unica cosa a cui riusciva a pensare era Oliver Baston che le aveva detto di amarla. Dovevano correre, dovevano tornare da Angelina e Alicia, eppure l’unica cosa che sembrava passarle nella mente era il bacio e Oliver che aveva detto di amarla. Lei.
«Tu …» cercò di parlare, ma la sorpresa era troppa e non riusciva ad emettere più alcun suono.
Oliver le fece un sorrisetto, intenerito dalla sua reazione.
«Ti amo, sì. Ho detto così» disse, sfiorando il suo volto con le dita. Katie scosse la testa e affondò la testa nel suo petto, sorridendo leggermente.
«Non è possibile» sussurrò, con la voce attutita dalla maglietta che il ragazzo indossava. Dovevano correre, Alicia ed Angelina li aspettavano, ma Katie non era più capace neanche di ricordarsi il suo nome.
«Perché mai non sarebbe possibile? » domandò lui, assecondando la strana mania che era presa alla ragazza.
«Ho passato otto anni, otto!, ad aspettare che tu ti accorgessi me, ed ora … non riesco a crederci, è … assurdo! » sbottò lei, scostandosi leggermente da Oliver e guardandolo con gli occhi spalancanti. Non riusciva a credere a quello che Oliver le aveva appena detto, era troppo … incredibile.

«E’ il tuo modo assurdo per dirmi che ricambi il sentimento? » domandò lui, inarcando un sopracciglio. Katie rimase nuovamente senza parole e Oliver prese il suo volto tra le mani, sorridendole con un sorriso strano. «Katie, sono serio. Ti amo. Ed ora stiamo andando in guerra, quindi dobbiamo sbrigarci. Se tu ricambi, avrò una ragione in più per combattere e tornare».
Katie guardava il volto di Oliver che sembrava serio e concentrato, ma aveva passato le sue mani dal collo al petto del ragazzo e sentiva il suo cuore impazzito che batteva velocemente nel suo sterno. Dal volto, non traspariva nessuna emozione, eppure Katie sapeva – conosceva troppo bene Oliver, dopotutto – che si stava divorando, che stava attendendo la risposta che l’avrebbe salvato o fatto cadere. E, cosa assurda, tutto questo dipendeva da lei.
Oliver Baston l’amava e stava aspettando solo una sua risposta.
«Io …oh, Merlino, sì. Ho aspettato per una vita questo momento ed ora non so cosa dirti! Sì, sì, sì» e, senza dire altro, si alzò in punta di piedi e lo abbracciò, quasi stritolandolo tra le sue braccia. Il resto del mondo sembrava scomparso, persino la guerra sembrava ormai lontana, un minuscolo granello, paragonata ad Oliver che la stringeva a sé, sorridendo.
Qualche minuto dopo, Oliver Baston e Katie Bell riuscirono ad arrivare alla Testa di Porco, stranamente sorridenti e mano nella mano, così felici che Alicia ed Angelina chiesero loro se avessero preso qualcosa. In tutta risposta, prima di entrare nel passaggio che li avrebbe condotti ad Hogwarts, Oliver si chinò su di lei e la baciò di nuovo, velocemente. Katie sorrise e poi lo seguì, mentre Alicia ed Angelina li guardavano, stupiti.
Nessuno sapeva se dopo sarebbero tornati, se sarebbero usciti vivi dal passaggio, alla volta della nuova vita che li attendeva, se Oliver avrebbe posato un altro bacio su quelle labbra, ma Katie Bell era sicura di una cosa: aveva un motivo per sopravvivere, nella battaglia che stava per affrontare.
Oliver si voltò verso di lei e le strinse la mano, regalandole l’ultimo sorriso prima di combattere. Anche lui lo sapeva. Anche lui aveva un motivo per sopravvivere.

 

Angolo Autrice

Vi starete sicuramente domandando com’è possibile che io abbia già aggiornato, lo so.
Be’, ecco, domani vado via e lunedì non ci sarò, tornerò direttamente la sera e penso che sarò leggermente stanca – mio padre si è convinto che io voglio andare a fare le escursioni in montagna, tutto da solo. Ma va be’, questa è un’altra storia e dovrà essere raccontata un'altra volta -, per cui non avrò la forza di aggiornare. Quindi, beccatevi il capitolo ora e ringraziate mio padre ù_ù
Che dire? Io amo questo capitolo. Lo so, come sono modesta!
Però, davvero, questo è il momento della verità, una verità che quei due testoni non avevano mai capito – be’, Oliver sì, Katie un po’ meno XD

Lo so che fa tanto cliché, loro due che si dichiarano prima della battaglia, ma dopotutto loro non sapevano se ci sarebbe stato un altro momento per dichiarare i propri sentimenti. Diciamo che Oliver ha avuto un po’ del coraggio che a Katie mancava, per confessarle tutto prima che fosse troppo tardi.  Adoro il fatto che si sia dato una svegliata, non è adorabile? *-*

Okay, la smetto di fare la fangirl, promesso ù_ù
Il titolo viene da Resistance <3 quanto amo quella canzone *_* (sì, lo so, non vi interessa).

E ora vado, al prossimo aggiornamento <3

El.

 

P.S.: ma ci pensate che mancano solo due capitoli e l’epilogo alla fine? Io mi sento triste ç_ç

 

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Capitolo 12
*** 12. During the struggle, they will pull us down ***


12. During the struggle, they will pull us down

 

La battaglia era stata tremenda.
Oliver non aveva altre parole per definirla, solo tremenda. E non era finita, lo sapeva, perché quella tregua sarebbe terminata da lì a poco e Harry Potter, ovunque fosse, stava per andare a sferrare il colpo finale a Voldemort. L’avrebbe fatto, Harry. Oliver sapeva che lui non si sarebbe mai tirato indietro, non avrebbe permesso che altri morissero a causa sua.
Altri. Il cuore di Oliver si strinse, quando gli venne in mente Fred. Non riusciva neanche a pensare al suo nome senza piangere, non riusciva neanche a stare in piedi. Fred. Il pensiero gli si insinuava sotto la pelle e gli faceva mancare il fiato. Se ne era andato, se ne era andato. Fred che rideva, Fred che l’aveva preso in giro, Fred che gli aveva fatto ammettere i suoi sentimenti. Fred che se ne era andato.
Non riusciva a pensare coerentemente, ormai. Il suo corpo non dipendeva più dal suo cervello, era come svuotato di ogni cosa, a parte il dolore. Dolore, dolore ovunque, dentro di lui.
Trasportava i corpi assieme a Neville, con il cuore che si fermava davanti ad ogni cadavere, sperando che non fosse nessuno che conosceva, nessun’altro. Guardava quei cadaveri, chiudendo quasi gli occhi, perché era morto qualcuno,  un’altra vita si era spezzata quella sera. Era agghiacciante, la cosa più tremenda che avesse mai fatto in tutta la sua vita.
E trasportare i corpi, uno per uno, con cura, con le braccia intorpidite, con gli occhi che si rifiutavano di vedere, col cuore che non voleva sapere se conosceva quei corpi che stringeva tra le braccia addormentate. E sperare, sperare con quel poco di cuore che gli avanzava, sperare che tra quei corpi non ci fosse nessuno, non ci fosse lei. Katie.
Katie non poteva essere morta, eppure non c’era da nessuna parte. L’aveva cercata per tutto il castello, prima di aiutare a spostare i corpi e il suo cuore aveva come ricevuto la botta finale. Aveva paura di rientrare in Sala Grande e scoprire il suo cadavere, scoprire che lei era morta, silenziosamente, senza neanche avere il tempo di dirgli addio. No, non poteva essere andata così. Katie non poteva morire, non doveva morire. Lui non ce l’avrebbe fatta. Aveva perso un compagno di squadra, un amico, un punto di riferimento. Non poteva perdere anche lei, la sua unica ragione per rimanere ancora vivo.
Ma se lei non c’era … che senso aveva continuare così? Perché continuava a vivere, se lei era morta? Il suo corpo si muoveva senza che lui impartisse alcun ordine, come sotto una Maledizione Imperius, mentre la sua mente era totalmente annebbiata dal dolore, dalle speranze morte, da tutta la battaglia che lo circondava.

Ritornare in Sala Grande fu devastante, vedere tutti quei corpi fu tremendo, ma la cosa peggiore erano i familiari, le persone che li avevano amati, stretti attorno a quel corpo che, un tempo, era una persona che camminava, che parlava, che rideva, che viveva. Era atroce.
«Oliver!»
Non era la voce che lui si aspettava di sentire, ma si voltò, immediatamente, mentre le ennesime lacrime gli pungevano gli occhi. Non voleva piangere, ma era così tremendo, così ingiusto tutto quello … e non poteva farci niente. Era la guerra.
La voce che l’aveva chiamato era quella di Alicia, che gli saltò al collo e affondò la testa nel suo petto, singhiozzando.
«Oh Merlino, sei vivo, Oliver. Sei vivo» sussurrò, poi, scostandosi da lui e asciugandosi le lacrime con la mano. «Ho avuto così paura, non hai idea. Hai … saputo di …».
Non riusciva neanche a pronunciare quel nome, che cadde con un silenzio assordante sulle loro spalle. Alicia sembrava tremare e lui, senza dire altro, la strinse nuovamente a sé, accarezzandole i capelli mentre lei piangeva silenziosamente. «Angelina è sconvolta, non riesce neanche a parlare. E’ … come muta» mormorò ancora, tra le lacrime. Oliver non sapeva cosa dire, perché non c’era niente da dire. Si limitò a stringerla ancora a sé, silenziosamente, accarezzandole i capelli biondi.
Tutto quello che aveva trattenuto, tutto il dolore che aveva spinto via, in attesa di un momento migliore, tutto quello che sentiva si riversò in quel momento, mente Alicia Spinnet tentava di trovare in lui un conforto. Non sapeva che lui era, forse, ancora più devastato e vuoto.
Non sapeva dire per quanto tempo erano rimasti così, ai margini della Sala Grande, a singhiozzare l’uno tra le braccia dell’altro, ma ad un certo punto lei si scostò da lui, asciugandosi nuovamente le lacrime.
«Forse dovremmo andare dai Weasley» sussurrò, girandosi verso la famiglia che ancora era stretta attorno al corpo di … Fred.

Era un altro colpo al cuore e lui non era in grado di sopportarlo. Oliver posò una mano sulla spalla della ragazza.
«Devo trovare Katie».
Si rese conto solo in quel momento quanto fosse urgente quella sensazione, quanto fosse importante, per lui, ritrovare Katie. Katie … Katie era tutto, era vita. Senza di lei, non c’era più motivo per sopravvivere. Senza di lei, non c’era nulla: né luce, né magia, né amore. Non c’era vita.
«Credo di averla vista al secondo piano, prima» mormorò Alicia, mentre il cuore di Oliver sembrava rianimarsi, improvvisamente. Lei gli riservò un ultimo sguardo, che voleva, forse, augurargli buona fortuna. Oliver la strinse a sé per l’ultima volta, prima di precipitarsi a cercare Katie. L’aveva vista, Alicia l’aveva vista. Voleva dire che era viva. Viva.
Ma al secondo piano non c’era alcuna traccia di Katie, né in nessun altro lato del castello che pareva vuoto, senza la presenza di quella ragazzina minuta che l’aveva sempre accompagnato per quei corridoi, che era sempre stata una presenza costante in quel mondo. E ora quel castello era distrutto, morto assieme a tutti gli studenti, morto assieme a lui.

Oliver si sentì morire quando ritornò in Sala Grande, senza di lei. Senza dire nulla, arrivò dai Weasley, poggiando una mano sulla spalla di George. Il dolore che sentiva per tutti era troppo forte per poterlo esprimere con delle parole, ma sapeva che avrebbero capito. Lo facevano sempre.
Alicia lo vide tornare senza Katie e comprese, trattenendo il fiato. Posò una mano sul suo braccio e trattenne le ennesime lacrime, standogli vicina.
Silenziosamente, attesero la fine della guerra. E, silenziosamente, il loro cuore morì.

 

Angolo Autrice

 

Ricordate che se ammazzate la scrittrice, non saprete mai come andrà a finire!
Piccolo avvertimento, eh ù_ù quindi, non mi ammazzate, ma adoratemi tanto tanto e attendete fiduciosamente l’arrivo del prossimo capitolo.

Vi prego *_*

Lo so, non funzionerà, ma io ci tento ù_ù

Okay, non ho niente da dire per questo capitolo, solo, non odiatemi ç__ç
Il titolo è da Invincible, sono in fissa con quella canzone, sappiatelo. E ora manca solo il prossimo capitolo più l’epilogo. Mi sento ufficialmente tristissima ç_ç
okay, rimando le smancerie all’epilogo, su ù_ù

Al prossimo capitolo,
El <3

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Capitolo 13
*** 13. And tonight we can truly say together we're invincible ***


13. And tonight we can truly say  together we're invincible

 

Era finita.

In un modo o nell’altro, era finita. Harry Potter aveva lanciato l’Expelliarmus che li aveva salvati e Voldemort, ormai, non era altro che un lontano ricordo, cenere di ieri riversatasi un po’ sul presente.
Tutti festeggiavano l’unica morte che valesse la pena di festeggiare, mentre ancora onoravano i loro morti, piangevano e singhiozzavano.
Oliver aveva pensato, tempo prima, che, alla fine dalla guerra, sarebbe stato felice, avrebbe costruito il proprio futuro e avrebbe avuto la vita che desiderava. L’aveva pensato, tempo prima, un tempo in cui l’ingenuità viveva ancora nel suo cuore, un tempo in cui pensava che la felicità potesse esistere davvero.
Ora come ora, Oliver Baston non riusciva più a pensare a niente. Senza fiato e senza più niente, dentro di lui, a parte il dolore che lo mandava in frantumi, si accasciò contro il muro. Si trovava in un corridoio deserto, vuoto e la leggera luce dell’alba entrava dalle finestre ad illuminare il luogo dove si era lasciato cadere il ragazzo.
Non c’era più niente.
Hogwarts era distrutta, la sua vita … anche. Non c’era più niente a cui aggrapparsi, pur di vivere. Era rimasto solo il vuoto, il vuoto che lo circondava. Non aveva più niente.
Niente per cui valesse la pena di vivere. Né la vita in sé, né l’amore, né il futuro. Era tutto un buco nero, un nero da cui non vedeva via di uscita. Si sentiva intrappolato e l’unica cosa che avrebbe voluto fare era strapparsi il cuore dal petto, perché non sopportava tutto quello, tutto quel dolore.
Aveva pensato che, alla fine della guerra, sarebbe stato felice.
Aveva pensato che la guerra sarebbe finita, un giorno.
Ma all’epoca non aveva capito che la guerra era appena iniziata. Era una guerra contro loro stessi, per ricostruirsi, per ricostruire una vita che si era praticamente rotta in mille pezzettini.
No, non era finita, era appena iniziata. E Oliver voleva soltanto sparire, rimanere lì, con la testa affondata nelle ginocchia, dimentico di tutto il resto del mondo. Sentiva il suo cuore battere con lentezza infinta, quasi volesse affievolire anche lui i suoi battiti, svanire senza dire una parola, nulla.
«Oliver? Oliver, sei tu?»
Doveva essere un sogno, sicuramente. Aveva chiuso gli occhi ed era finito nei suoi sogni, nei sogni che lo aspettavano a braccia aperte, che attendevano solo lui. O forse era svanito, era morto anche lui.
Altrimenti non si spiegava perché sentisse quella voce. Stava impazzendo, forse?
«Oliver, ti prego. Dimmi che sei tu».
No, no, stava sognando. La voce sembrava troppo vivida per essere vera, troppo bella, troppo … viva. Lei non era viva, giusto? Non l’aveva trovata da nessuna parte, qualcuno aveva sicuramente spostato il suo corpo. O forse era rimasta ferita, forse era morta durante il crollo di un balcone ed era caduta giù. Forse, se avesse cercato in giardino, l’avrebbe trovata lì distesa, con gli occhi chiusi e il volto pallido. Morta.
No, non voleva vedere il suo corpo. Voleva ricordarla come era un attimo prima della battaglia, bella e delicata, ma pronta ad appigliarsi alla vita per le unghie, pur di sopravvivere.
«Oliver! Merlino, Oliver, sei vivo? Ti hanno fatto male? »
E allora perché la voce si faceva sempre più vicina? Perché la voce era davanti a lui, ormai, e lo scuoteva per le spalle? Doveva smettere di sperare, era atroce. Faceva male. Stava divorando il suo cuore, in quel modo e non poteva fare altro che sperare. Perché Oliver Baston, nonostante tutto, non aveva mai smesso di sperare. E la speranza che lei fosse ancora viva, da qualche parte, gli aveva riempito il cuore, benché lui non l’avesse mai ammesso. Non avrebbe avuto il coraggio di dirlo a nessuno, ma era così.

Ed ora la sua speranza aveva le sue mani sulle sue spalle e ne sentiva lo sguardo su di lui. Sapeva che quello sguardo era castano ancor prima di alzare gli occhi e incontrarlo. Due occhi grandi, da bambina, un sorriso esitante e luminoso, dei capelli neri che le ricadevano con furia attorno al volto. Oliver conosceva quel viso a memoria.
Katie.
Il suo nome, nei suoi pensieri, fu come un’esplosione. Tutti i pezzi del suo cuore saltarono in aria e il dolore sembrava essersi attenuato, dentro di lui. Non c’era più niente che faceva male, c’era solo lei, Katie. La felicità gli inondava il cuore, come una marea che lo trasportava lontano. Katie, Katie, Katie.
Nei suoi pensieri non faceva altro che intonare quel nome. Katie era viva, Katie era lì, davanti a lui, con il suo bellissimo sorriso, con le sue spalle fragili, con le mani che sfioravano il suo volto.
«Katie».
Katie era viva. Viva. Viva.
Non faceva altro che ripetere quelle parole, perché non poteva crederci. Allungò la mano e le sfiorò il viso, mentre lei sorrideva, dolcemente, con gli occhi puntati nei suoi.
«Sei viva» mormorò, quasi come se non riuscisse a crederci. Katie gli sorrise ancora e poi, sporgendosi un po’, lo strinse a sé, con delicatezza. «Sei viva» ripeté ancora, meravigliato, mentre lei era fra le sue braccia e le accarezzava i capelli.
«Ti ho cercato ovunque. Ovunque» sussurrò lei, affondando la testa nell’incavo del collo, chiudendo gli occhi contro la sua pelle. Oliver sorrise e le baciò la tempia, con tenerezza, mentre accarezzava dolcemente la schiena di Katie. «Non c’eri, non eri da nessuna parte. Ho pensato … ho pensato …» la voce della ragazza, così ferma prima, sembrò spezzarsi sulle ultime parole. Oliver chiuse gli occhi, stringendola ancora di più a sé, mentre Katie si sedeva accanto a lui, con la testa poggiata sul suo petto e singhiozzava, tremante, tra le sue braccia. «Ho pensato che fossi morto» disse, infine, sputando fuori la parola come se fosse veleno.
Oliver affondò la testa nei capelli della ragazza, sfiorandole il volto, prima di tentare di parlare.
«Ho pensato la stessa cosa. Merlino, Katie, credevo fossi morta. Credevo non ti avrei più visto» disse, mentre la stringeva ancora più forte a lui. Lei si aggrappò, quasi disperata, alle spalle del ragazzo e tremava ancora. Solo in quel momento, Oliver si rese conto di quanto doveva essere stato difficile, per lei, sopravvivere fino a quel momento credendolo morto. Forse più difficile che per lui, perché lei era così dannatamente fragile, benché tentasse di non mostrarlo. Era la persona più fragile che Oliver avesse mai conosciuto e aveva indossato quella maschera di forza fino a quando non lo aveva trovato, vivo e vegeto e miracolosamente incolume. Era stato in quel momento, in cui si era ritrovata fra le sue braccia, che aveva capito quello che era successo. Era crollata, tra le braccia di Oliver, e lui avrebbe solo voluto proteggerla da tutto, per farle capire che non doveva più affrontare niente da sola, mai più. Ora c’era lui. «È stato tremendo, ma ora sei qui. Sei qui, Katie».
Lei tremava ancora tra le sue braccia, ma sorrise un po’, mentre alzava il volto verso di lui, con gli occhi castani ed innocenti pieni di lacrime e di un amore che Oliver non riusciva neanche ad esprimere a parole.
«Merlino, sei vivo» sospirò lei, posando la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi. Le ci volle un po’ per calmarsi e smettere di tremare, ma Oliver continuò a stringerla tra le braccia come se fosse una bambolina di porcellana, piccola e delicata, accarezzandole il volto, i capelli, la schiena per tranquillizzarla.
Non c’era bisogno di chiederle se avesse sentito di Fred – a quel nome, il mondo gli cadde nuovamente addosso, ma con lei era  meno doloroso. Molto meno doloroso, con lei vicino-, perché lo lesse nei suoi occhi. Non c’era bisogno di chiederle se sapesse come stava Angelina, perché se ne accorse nel modo in cui tremava. Non c’era bisogno di chiederle niente, perché Katie sapeva già tutto. E affondava la testa nel suo petto, in cerca di una via di scampo che poteva trovare solo in lui.
«Ti amo» sussurrò lei, con gli occhi ancora chiusi, un leggero sorriso sulle labbra rosee. Non gliel’aveva detto. Non prima, quando dovevano correre verso la battaglia. Sembrava che fossero passati secoli da quel momento. E ora Katie gli diceva che lo amava, che lo amava. Oliver sentì il cuore inondato da quell’amore, un amore che lo faceva sentire, almeno per qualche minuto, così leggero da poter persino volare.
Non c’era bisogno che Oliver desse una risposta, perché anche Katie sapeva quanto fossero veri i suoi sentimenti. Eppure lei alzò il volto, aprendo gli occhi in una sorta di espressione di attesa. Lui sorrise e si chinò a baciarla, con delicatezza, sfiorandole il volto come se fosse fatto di cristallo, con un amore tale che Katie sembrava piangere di nuovo.
Lei si aggrappò di nuovo a lui, non disperatamente come prima, ma sempre in cerca di un sostegno che poteva trovare solo in lui. Ricambiò il bacio, leggero, tenendosi stretta a lui.
Poi, scostandosi da lui, si sistemò meglio accanto al ragazzo e posò la testa sulla sua spalla, come secoli prima.

E Oliver, respirando il profumo della pelle di Katie, seppe di essere tornato a casa. Il futuro, ora, pareva molto più semplice da affrontare.
Si chinò ad osservare le loro mani intrecciate e Katie gli sorrise, guardandolo. Non gli assicurava che sarebbe stato facile, ma per quel sorriso, avrebbe affrontato di tutto, fino a che non l’avrebbe rivisto ricomparire su quelle labbra.
Avrebbero ricostruito tutto,  a partire da loro stessi, ma insieme.
Ed era più di quanto potessero chiedere all’intero mondo.
Oliver sorrise, infine, guardando le loro mani strette in una presa indissolubile. Non c’era nient’altro che poteva separarli. Niente.

Angolo Autrice

Sono una sentimentale, in fondo. Molto in fondo. Mi ci vogliono tredici capitoli per farmi capire che ho bisogno di questo, ma okay. Lo sapete, io sono una romanticona, non potevo lasciare che Katie morisse.
Non è proprio un lieto fine, perché comunque entrambi sono distrutti, ma ora sono lì, si sono ritrovati e sono sani e salvi, felici di essere tra le braccia dell’altro e questo è più di quanto si può immaginare.
Mi fa piacere che non abbiate pensato che Katie fosse morta, anche se poteva essere tra i miliardi di persone che la Rowling non aveva citato XD insomma, ne sono morti tanti quella notte, magari Harry poteva non averla vista. *sì, sto cercando una giustificazione*
Poi, come LoveChild mi fa notare, le descrizioni fisiche sia di Alicia che Katie sono diverse. Io mi sono basata sulle informazioni di Wikipedia dato che non abbiamo descrizioni nei libri a quanto ho capito. Però ho intenzione di rileggerli ancora per capire se mi sono sbagliata, non temete ù_ù
Titolo preso da Invicible, ci sta d’amore, non trovate? *-*

 

Alla settimana prossima con l’epilogo (ma vi rendete che sarà già finita la mia prima settimana di scuola? Sono nel panico, ma non vi interessa, vero ù_ù)
El.

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Capitolo 14
*** Epilogo – I’ll never let you go if you promise not to fade away ***


Epilogo – I’ll never let you go if you promise not to fade away

 

Katie Bell era in ritardo. Questo non stupiva nessuno, dopotutto non era mai stata molto puntuale, ma la McGrannit, a quanto avevano detto i ragazzi del terzo anno, la faceva pagare a quelli che arrivavano tardi e così lei si era ritrovata a correre per i corridoi di Hogwarts, infrangendo come minimo dieci regole in un solo secondo.
Forse proprio perché stava correndo, senza fare attenzione a dove metteva i piedi, che inciampò in qualcuno – un povero innocente - che stava camminando tranquillamente verso la sua prossima lezione.
Nel giro di qualche secondo, si ritrovò a terra, con i libri sparsi un po’ ovunque, mentre la persona che aveva investito, caduta a terra, si massaggiava la testa. Era un ragazzo ed era particolarmente carino. Katie si ritrovò ad arrossire, nascondendo il volto con i capelli, per la prima volta in vita sua. Di solito era capace di affrontare tutto, ma lui, per qualche strana ragione, la faceva imbarazzare, anche se non lo conosceva neanche.
Lui la guardò per un attimo, poi scosse la testa e sorrise, come rassegnato. Non le urlò contro come avevano fatto quelli del settimo anno di Corvonero, poco prima, perché aveva rovesciato tutti i loro libri. No, lui fu gentile, raccolse anche i suoi libri e le fece un sorriso esitante, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
Lei la afferrò, diventando tremendamente rossa e nascondendosi allo sguardo del ragazzo con i libri che lui le aveva recuperato.
«Scusa» mormorò Katie, e, appena si rese conto della situazione in cui si era cacciata da sola, con il solo aiuto della sua incredibile mente geniale, scappò via, rossa come un pomodoro, affondando la testa nella sua tunica.
Il ragazzo rimase a guardarla ancora per un po’, ridendo, divertito da quella strana ragazzina, poi scosse la testa e si avviò verso la classe di Incantesimi, con uno strano sorriso sul volto.

Era il 3 Ottobre 1990 e, come Katie Bell annotò accuratamente sul suo diario segreto, era stato il giorno più bello della sua vita perché aveva conosciuto  Oliver Baston, il ragazzo più bello di tutta Hogwarts – il nome gliel’aveva detto la sua amica Leanne, che era più informata di lei su tutto il corpo studentesco della scuola.
Il fatto che poi la McGrannit l’avesse punita per il ritardo con dei compiti extra, alla fine, non era mica così importante.

 

Angolo Autrice

Lo so, non è un epilogo. Lo so che vorreste ammazzarmi. Ne sono consapevole. Ma a dire il vero, non sentivo esattamente il bisogno di scrivere quello che sarebbe successo dopo. Katie e Oliver ricostruiranno le loro vite insieme, ora che si sono ritrovati – e che hanno smesso di fare gli idioti, come amo sottolineare amabilmente.
Insomma: io non sono brava a scrivere epiloghi e non volevo rovinare quello che avevo scritto precedentemente, che mi piaceva. Forse doveva essere il capitolo precedente quello conclusivo, ma volevo rendervi partecipi di questa idiozia qui.

Perché ho deciso di usare il loro primo incontro come epilogo? Uhm, sapete che non saprei spiegarvelo? Mi piace pensare che è perché la storia non si conclude. Non nel senso che ne scriverò un seguito. Oddio, questo non lo so XD Mi piace pensare perché la storia di Katie e Oliver continuerà. Non volevo qualcosa di definitivo, ecco, non mi sarebbe piaciuto qualcosa di statico che avrebbe messo per sempre la parola fine a tutto.

E poi, è come un ritorno all’innocenza, dopo tutto quello che hanno passato con la guerra e tutto quello che ha portato. Insomma, un ritorno a quando erano ancora ragazzini idioti, ecco.
E poi, mi facevano tenerezza, che ci posso fare? Volevo scrivere questa idiozia e ora mi ammazzerete, lo so.

 

Ho finito questa storia. In realtà, no, l’avevo finita un secolo fa, lo so. Però ora ho finito di pubblicarne i capitoli ed è una cosa che mi fa quasi stare male. Questa è stata la storia della mia estate e mi dispiace doverla concludere. Mi sono innamorata di Katie ed Oliver. Prima li adoravo, ma ora sono parte di me e mi mancheranno tanto.
Probabilmente scriverò ancora di loro due – come potrei non farlo? Io li amo <3 -, ma per le long (se mai ce ne saranno XD), mi sa che se ne parlerà direttamente l’estate prossima perché la scuola mi massacrerà per il resto dell’anno, con taaaanta allegria. Ci sarà qualche shot, forse – ispirazione permettendo ù_ù -, ma basta XD

 

E ora, voglio ringraziare voi, che avete letto, recensito o inserito tra i preferiti/seguiti questa storia su una coppia che nessuno si filava neanche di striscio e mi avete sopportata per tredici capitoli con i miei scleri. Insomma, io senza di voi cosa sarei? Di sicuro niente, per cui, grazie mille, sul serio.

 

E ora mi sa che sia tempo di chiudere, perché le note sono più lunghe dell’epilogo ed è imbarazzante, ma sapete che adoro sproloquiare.
Insomma, ancora grazie, davvero <3

El.

 

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