The Tale of the Seven Brothers.

di eleanor89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Horcrux. ***
Capitolo 2: *** Poteva essere Ron. ***
Capitolo 3: *** Dopo il Dipartimento. ***
Capitolo 4: *** Salvando Ginny. ***



Capitolo 1
*** Horcrux. ***



Hocrux




«Non tornerò a Hogwarts quest'anno.»
I signori Weasley erano seduti sul letto che era appartenuto a Percy, davanti a quello di Ron, e guardavano il figlio minore con la stessa espressione stupefatta.
«Come, scusa?» domandò la signora Weasley, certa di aver capito male.
«Dumbledore ha lasciato qualcosa da fare a Harry, una missione. È molto, molto importante e io lo accompagnerò.»
«Quale missione?» domandò allora sua madre in tono brusco, «E non pensare di potertene andare a zonzo invece che a scuola, signorino, io...»
«Non è a zonzo. Abbiamo... Harry deve fare ciò che il preside gli ha detto prima di morire.» spiegò Ron, «Non so i dettagli, anche se li sapessi non è un mio diritto dirteli...» sapeva di aver sbagliato nel momento in cui lo aveva detto, perchè il viso già rosso di sua madre ora sembrava sul punto di esplodere.
«Diritto? Mi stai dicendo che lascerai perdere la tua istruzione per qualcosa di POTENZIALMENTE MORTALE E NON È NEI MIEI DIRITTI SAPERE DI COSA SI TRATTA?»
«Ron, per favore, dicci almeno cosa ha detto Dumbledore.» tentò il padre.
«Mi dispiace, ma Dumbledore ha ordinato a Harry di non parlarne con nessuno.» disse lui, sentendosi in colpa alla vista delle lacrime negli occhi di sua madre.
«Ma certo, Dumbledore ordina e Harry deve accorrere! Vuole che il piccolo Harry faccia la sua stessa fine?»
«Molly!» trasalì il signor Weasley e lei si portò una mano alle labbra.
Ron sospirò.
«Mamma, Harry non è più un bambino e neppure io.»
«Io non... Non posso proibire nulla a Harry, ma a te sì. Tu non lascerai Hogwarts.» decretò lei, alzandosi in piedi.
«Mamma.» la chiamò Ron, per una volta senza neppure spazientirsi. Fu questo a fermarla, visto il carattere infiammabile del figlio e le sue solite risposte brusche, «Harry non è solo il mio migliore amico. Ha salvato Ginny. Ha salvato me un sacco di volte. Pensi davvero che lo lascerò andare da solo?»
«Ma andare dove!» gridò lei, esasperata.
«Non lo so, ma non sarà certo questo a fermarmi.» replicò Ron, notando poi l'espressione del padre che per un momento si era fatta fiera e raddrizzandosi, «Non vi sto chiedendo il permesso, visto solo avvisando che me ne andrò con lui.»
Il viso della madre si contrasse in una smorfia: «Sciocchezze.»

«FRED, GEORGE, PIANTATELA DI SMATERIALIZZARVI E FATE LE SCALE!» urlò la signora Weasley, che aveva quasi fatto cadere tutto ciò che aveva in mano.
«E se cadessimo?» inorridì Fred.
«E se ci cadesse qualche preziosissimo oggetto fragile? Il matrimonio sarebbe rovinato!» esclamò George.
«Ragazzi, non torturate vostra madre.» li richiamò il padre, cercando di non ridere alle identiche espressioni adorabilmente ammiccanti dei gemelli. Non importava quanti anni avessero, riuscivano sempre a incantarlo.
«Se mi rovinate il matrimonio vi uccido. Non voglio ricominciare da capo.» rise Bill.
«Mamma, dove devo mettere le tovaglie vecchie?» domandò Ginny. La sua voce era nasale e gli occhi arrossati e tutti gli occhi dei maschi Weasley si fermarono su di lei. Sua madre invece le sorrise per un momento e poi tornò a raccogliere gli oggetti da terra.
«Portali in soffitta, tesoro.»
«Ma cos'ha?» sussurrò Bill e Fred e George scossero la testa con la stessa anomala aria di seria preoccupazione.
«Piange sempre da quando è tornata da scuola.»
«Non davanti a noi, ma ha sempre gli occhi rossi.»
«Pensavamo fosse per Dumbledore.»
«Ma ora non ne siamo più sicuri.»
«Cosa stai facendo con quelle?» domandò all'improvviso Ginny, allarmata, e tutti si voltarono a guardarla. Era a metà delle scale e stava lentamente tornando di sotto, dove stava Ron con una scatola tra le braccia.
«Ma niente.» borbottò lui.
«Ma quella è la divisa!» ribatté lei con voce stridula, indicando la stoffa che emergeva dalla scatola.
«Dove credi di portarla?» domandò freddamente sua madre.
«Di sopra.» rispose Ron, «Insieme alle altre mie cose.»
«Riportala immediatamente in camera tua, ti servirà quest'anno!»
Fred ridacchiò nervosamente, senza sapere di cosa esattamente avesse paura in quel momento, se non della mano di Ginny che tremava mentre ancora puntava alla scatola, «Che c'è, essere Prefetto ti ha dato alla testa e vuoi una nuova divisa?»
Ron lo ignorò: «Non torno a Hogwarts quest'anno.»
«Tu che cosa?» fece Bill, stupefatto.
«Lo sapevo!» tuonò Ginny, scendendo in gradini di corsa e colpendolo con una serie di pugni alla spalla. Ron lasciò cadere la scala e tentò di bloccarla per i polsi senza troppa convinzione; «Harry...» disse lei, bloccandosi guardandolo con rabbia, «Non tornerà neanche lui... vero?»
«No.» sussurrò lui.
«Arthur, gentilmente, porta la scatola di Ron al suo posto in camera sua.» disse sbrigativamente la signora Weasley, come se non fosse accaduto nulla, «Fred, George, voglio che sistemiate il giardino. Bill, va' a vedere se Fleur ha bisogno di qualcosa. Ginny, tu puoi fare una pausa.»
«Sto io con Ginny.» disse Ron, lanciando un'occhiata ai fratelli che prometteva spiegazioni e abbracciandola prima che lei potesse colpirlo ancora.

«Che diavolo è preso a Ginny? E dove staresti andando tu?» sbottò Bill, già abbastanza isterico per i preparativi senza bisogno di ulteriori aiuti esterni.
Erano in camera di Ron ed era notte, appena dopo cena, quindi la signora Weasley stava ancora sparecchiando e non li avrebbe disturbati.
«Ginny ve lo dirà di persona se vorrà.» rispose Ron con una voce ferma che non riconobbero come sua, «Per quanto mi riguarda io, Harry ed Hermione abbiamo una missione che ci ha affidato Dumbledore stesso prima di morire. L'ha affidata a Harry ma noi lo accompagneremo, ovviamente.»
«Ovviamente.» ripeté Bill, poco convinto.
«Dai, Bill, hai sempre saputo che sia che io facessi parte dell'Ordine o che non ne facessi parte prima o poi avrei seguito Harry per aiutarlo...»
«La mamma ti ucciderà prima di permettertelo.» fece presente Fred.
«E se è una missione segreta ti servirà una copertura.» aggiunse George.
«Nessuno ha intenzione di provare a farlo desistere?» chiese Bill.
«E perché? Per una volta sono fiero che Ron sia mio fratello!»
«Sì, anche io!»
Ron si illuminò.
«Siete dalla mia parte?»
«C'è da chiederlo?» domandò George, entusiasta, «Noi stavamo pensando di fare qualcosa per l'Ordine ma non siamo ancora sicuri... Qualcosa che non farà venire un infarto a mamma, tranquillo.» aggiunse, rivolto al fratello maggiore che già lo scrutava torvo.
«Infatti, non dimenticatevi della mamma.» convenne Bill, «Dov'è che dovreste esattamente andare, Ron?»
«Non lo so.» rispose lui, un po' meno felice, «Non sappiamo quasi nulla. Ma Harry ha bisogno di noi.»
«Tu sai che Harry mi piace... Ma non credi che dovrebbe essere qualcun altro ad accompagnarlo?» tentò Bill, sperando di suonare ragionevole.
«Lui ha salvato Ginny dalla Camera dei Segreti. Non avete idea di come fosse lì sotto e di come fosse ridotto dopo... Glielo devo.» ripeté Ron come aveva fatto con la madre.
«Come se fosse per questo.» ridacchiò Fred, dandogli una pacca sulla spalla, «È che è il tuo migliore amico e tu sei un Gryffindor, 
Ronnie
Ron quasi sorrise, fino al nomignolo finale.
«C'è un problema però... La nostra famiglia potrebbe essere in pericolo se tutti sapessero che sei con Harry, e sarà scontato non trovandoti a Hogwarts.» si intromise Bill, «Devi trovare un alibi.»
«Bill?» chiamò la madre dal piano di sotto.
«E io devo andare. Pensateci e fatemi sapere.»
Fred e George risposero con il saluto militare babbano, sbagliando come sempre mano, e Ron annuì sentendo una strana stretta al cuore: ci aveva pensato bene dopo l'iniziale offerta di seguire Harry ovunque, quella era scaturita dal cuore, e sapeva che avrebbe ferito sua madre e anche Ginny, che si sarebbe ritrovata da sola in una Hogwarts senza Dumbledore, ma non aveva avuto il coraggio neppure di immaginare uno scenario in cui tutta la famiglia era in pericolo a causa sua.
Sperò con tutto il cuore che il viaggio con Harry fosse una cosa veloce, del resto Harry doveva avere indicazioni precise sugli Horcrux che non aveva avuto il tempo di dar loro, in modo da tornare subito a casa ed evitar loro problemi.

«Il ghoul?» ripeté Fred, incredulo, «Papà, come ti è saltato in testa? È... geniale!»
«La spruzzolosi... Nessuno si avvicinerà a Ron...» stava dicendo anche George, estasiato, «Papà, non è che per caso non ci hai detto qualcosa dei tuoi anni a Hogwarts? Ci sei arrivato troppo in fretta per essere stato un bravo ragazzo...»
«Ero un bravo studente.» disse subito lui, con le orecchie che però diventavano rosse; Ron scoppiò a ridere, pur sentendo ancora una volta la malinconia in quello scherzare quotidiano.
«Ci credo poco.» commentò, «Grazie.» aggiunse.
Il padre gli arruffò i capelli affettuosamente, «Tutto quello di cui hai bisogno.»
«Mettetegli il pigiama di Ron.» disse Ginny, affacciandosi alla porta. Era pallida, ma non sembrava aver pianto, «Per sicurezza.»
Fred e George si illuminarono alla sua vista, mentre Ron abbassava lo sguardo.

«Bill è andato a prendere la sua bella.» annunciò Fred, lanciando un cuscino a George, «Questo mettilo a posto o mamma ci uccide. Ron, quando arriva la tua?»
«La mia cosa?» domandò lui distrattamente, con lo sguardo perso alla finestra.
«La tua bella, ovviamente! Hermy-oh-ninny.»
Ron si voltò di scatto, indignato: «Fred, piantala!»
«Non sono Fred, sono George.»
«Ehi, non ci provare.» rise George, «Poi se la prende con me.»
«E da quando hai paura del nostro 
Ronnie Prefetto?»
«Da quando è diventato un eroe viaggiatore!» rise ancora lui.
«Oh sì, l'anima di Godric lo sta possedendo! Ave a Ron, fedele vassallo di Harry Potter!»
«Colui che non temeva le ire di Molly Weasley!»
Ron ridacchiò: per una volta anche facendo i buffoni non lo stavano mettendo a disagio. In fondo sapeva che i gemelli gli invidiavano il viaggio, pensando a chissà quali avventure, mentre lui per una volta sarebbe voluto restare a casa, ovviamente con Harry e Hermione.
Non sapeva da dove venisse tutta quell'amarezza, ma aveva la sensazione che qualcosa sarebbe andato storto.
«Ehi, guardate che dovete tenere d'occhio Ginny. Sarà da sola a scuola e dovreste scriverle più che potete.» osservò, andando a rubare una fetta di bacon dal piatto di Fred, «E anche dopo, perché è diventata brava a far finta di niente e bisogna torturarla per farla parlare. Però fatelo voi, siete voi i suoi preferiti, qualunque cosa dica. Beh, a parte Bill, ma Bill sarà occupato con la sua vita da sposato... Che c'è?» domandò, improvvisamente preoccupato dall'eccessivo silenzio e soprattutto dalle espressioni dei fratelli.
«Ma quanto conti di star via?» domandò Fred con voce stranamente quieta.
«Non lo so.» rispose, rilassandosi, «Ve l'ho già detto. Ma nel caso duri molto o io non-» raggelò, rendendosi conto di cosa stava per dire, e mise giù la forchetta. Gli era completamente passata la fame.
Lo sapeva, lo sapeva da anni che avrebbe seguito Harry. Sapeva che prima o poi sarebbe arrivato il momento di schierarsi apertamente e di combattere in prima linea, del resto era dal primo anno che sfioravano la morte; ma questa volta era diverso, questa volta non l'avrebbero soltanto sfiorata, l'avrebbero corteggiata e sfidata. E lui sapeva come sarebbe potuta finire, ma non poteva dirlo, non poteva ammetterlo ad alta voce, e soprattutto non voleva vedere l'espressione dei suoi fratelli se avesse pronunciato quelle parole, specialmente quelle di Fred e George, che per quanto lo riguardava sarebbero dovuti restare scherzosi come se si trattasse di una scampagnata.
Sentì soltanto vagamente la voce di sua madre dal giardino, stava dicendo a qualcuno di entrare, e intanto osservava la forchetta, ignorando le espressioni confuse dei gemelli.
«Hermione!» esclamò infine George, costernato. Ron si voltò immediatamente e la vide arrivare con due bagagli e l'aria stravolta. Le guance erano ancora rigate di lacrime e lei era arruffata come dopo una corsa sebbene fosse chiaro che si fosse smaterializzata. La signora Weasley non doveva averla chiaramente vista da vicino, occupata com'era nel sistemare il cortile.
«Che succede?» domandò anche Fred, raggiungendola insieme a Ron, che l'abbracciò mentre lei lasciava cadere le sue valigie e si stringeva a lui come se non ci fosse un domani.
«Stai bene?» domandò anche Ron, spaventato.
«Sì, s-sì, mi dispiace.» singhiozzò lei, tirando su col naso e cercando di spostare indietro i capelli dopo averlo lasciato andare. Fred fece comparire un fazzoletto e glielo porse.
«Grazie.» mormorò.
Ci volle qualche minuto perché si calmasse, e ancora tremava violentemente. A quel punto anche la signora Weasley e Ginny erano rientrate e la prima le stava preparando una camomilla in cucina.
«Non potevo restare un minuto di più a guardarli...» sussurrò Hermione, con le mani dimenticate in quelle di Ron. Ginny aveva un braccio intorno alle sue spalle e i gemelli erano inchinati davanti a lei, così genuinamente dispiaciuti che le avevano causato l'ultima delle crisi di pianto.
«Chi?» domandò Ron.
«I miei g-genitori. Ho fatto loro l'incantesimo di memoria, sai. Ora non sanno più di avere una figlia, stavano parlando di un viaggio... È giusto, lo so, e se tutto andrà bene li ritroverò e sarà tutto come prima, forse... No, che dico! Non so neppure se potranno perdonarmi! Ho dovuto cancellare tutto, è come se non fossi mai esistita!» per poco non scoppiò di nuovo in lacrime, strizzando gli occhi e poggiando la testa contro la spalla di Ron.
«Pensa che sono felici ora, non sapendo nulla. E che andranno tutto bene e ti perdoneranno e che l'hai fatto per loro. Li stai tenendo al sicuro, Hermione.»
«Ma...» cominciò Ginny, accarezzandole i capelli, «C'era davvero bisogno di farlo?»
«Beh, sì, per forza. Ho parlato con loro di Harry ed erano in pericolo.» spiegò Hermione, tirando su col naso.
«Allora non devi prendertela con te stessa.» decretò l'amica, «Era l'unica cosa da fare.»
«Sì... È solo che è terribile essere guardati dai propri genitori e non essere riconosciuti... E forse non sapranno mai di avermi avuto, ci pensi? So che è egoista, ma se le cose vanno male loro non lo sapranno mai... Non sanno a cosa stiamo andando incontro ora, e questo va anche bene, ma forse sentiranno comunque un vuoto nella loro vita perché non ci saranno altri figli per loro... Non so neanche io cosa sto dicendo...»
«Tu non morirai.» disse Ron a bassa voce, socchiudendo gli occhi, «Tornerai da loro. Mi hai capito?»
«Ecco qui la tua camomilla, tesoro.» disse la signora Weasley, tornando di fretta dalla cucina, «Bevila calda, ti rilasserà.»
Fred, George e Ginny si alzarono per lasciarle spazio, spostandosi verso la stanza accanto.
«È diverso.» disse Fred con voce roca, «È tutto diverso, non era così di solito per loro. Qualunque cosa stiano facendo è... diverso.»
«È per questo che stai male, Ginny?» domandò George, senza guardarla, «Sai qualcosa?»
«So solo che come dice Fred è diverso. Ho paura... che Ron o Harry o Hermione non tornino a casa.» rispose lei, immobile e fredda come una statua. «E questa volta potrebbe essere facile, con tutte le precauzioni che stanno prendendo si vede che qualunque cosa sia è enorme.»
«Nessuno morirà, Ginny.» disse Fred di getto.
«E dobbiamo cercare di capire meglio... Stasera non viene a cena anche Lupin? Potremmo dirgli di cercare di spillare qualche informazione a Ron... o a Hermione, lei sembra quella meno decisa dei due.» tentò George.
«Non farti ingannare.» replicò Ginny, «E non funzionerà.»

Le parole di Ginny si erano avverate, e al matrimonio ancora nessuno sapeva nulla del loro obbiettivo. Non doveva mancare molto alla loro partenza, comunque, perché tutti sentivano che dopo la cerimonia sarebbero riusciti a dileguarsi.
«Dov'eri?» chiese George, sorseggiando una burrobirra.
«Con la cugina di Fleur numero due.» rispose Fred trionfante, aggiustando la cravatta, «Quella tutta sola è nostra sorella?»
«Ci stava ballando Lee poco fa.»
«Vado a rubarle una danza io. Non capisco perché il 
cugino Barny non si dà una mossa. L'ho visto più o meno a inizio serata che la guardava come Bill guarda Fleur.»
«No!» rise George, «Stai scherzando? Oh, ti hanno rubato la dama.»
Lee era tornato a ballare con Ginny, ed avevano l'aria di divertirsi molto.
«Beh, peggio per il cugino Barny, comunque.» riprese George, poi si fece serio: «Credi che c'entri qualcosa con l'umore di quest'estate di Ginny?»
«Ancora non glielo avete chiesto?» domandò Ron, facendoli sobbalzare.
«Ma tu non eri a ballare con Hermione? Guarda che c'è Krum in sala.» lo avvisò Fred ilare. Ron si incupì.
«L'ho notato. Sono venuto solo a prendere un paio di burrobirre.» spiegò, afferrando due bicchieri di malagrazia, «Se siete così preoccupati per Ginny chiedeteglielo.»
«Nah, non ci risponderebbe. Tu piuttosto, invece che fare il saputello perché non ci dici tutto? Siamo i tuoi fratelli.» gli ricordò George con un gran sorriso.
In quel momento tutti smisero di ballare e i tre notarono un patronus farsi strada in mezzo alla sala.
«Il Ministero è caduto. Scrimgeour è morto. Stanno arrivando.»
Ron raggelò, lasciando cadere le burrobirre, poi cominciarono le urla. Si voltarono verso Fred e George, che stavano cercando le bacchette nei loro completi, e urlò: «Devo trovare gli altri!»
«No, vieni con noi!» ribatté Fred, cercando di sovrastare il baccano, mentre George si allungava automaticamente per prendergli un braccio, forse per smaterializzarsi.
Ron scattò indietro, disperato.
«No, devo...»
Poi si rese conto che quello era il 
saluto. Non gli veniva nulla di epico da dire però, e come temeva le espressioni dei gemelli non erano più scherzose.
«Io...»
Altre urla, e Ron scorse un cappuccio nero. Col cuore in gola si voltò e incontrò di nuovo lo sguardo di Fred, che era il più vicino.
«Se mi succede qualcosa, prendetevi cura di mamma e Ginny.» sillabò, sperando che riuscisse almeno a leggergli le labbra visto il baccano.
Era il meglio che era riuscito a trovare, ed era anche ciò che sentiva di più in quel momento, perché per tutto il tempo non aveva fatto che pensare anche a loro. Senza dargli il tempo di rispondere Ron si voltò e cominciò a correre all'impazzata, cercando gli amici, e finalmente vide Hermione e si gettò verso di lei, prendendole la mano con forza e sentendosi smaterializzare.

«Se n'è andato...» mormorò Fred, senza neanche accorgersene, «Se n'è andato...»
«Dai, dai, prendiamo Ginny!» lo strattonò George, «LEE!» urlò selvaggiamente, «MIA SORELLA!»
Lee doveva averlo sentito, perché scagliando un 
protego su una delle invitate francesi afferrò Ginny per un braccio, trascinandola verso di loro.
I Mangiamorte si stavano avvicinando.
«Fred!»
Fred si riscosse alla voce del fratello che si era fatta più spaventata e strinse forte la bacchetta: avrebbe ucciso Ron quando l'avrebbe rivisto, per aver scelto una frase simile prima di andarsene.
Quasi che uno di loro potesse morire, che assurdità.




Normalmente io amo solo ed esclusivamente Fred e George e li nomino quando posso, mentre ritengo che Ron sia decente al settimo libro ma non all'altezza di Hermione, e di Ginny mi è sempre interessato poco. Eppure non ho potuto fare a meno di cominciare a scrivere di loro, perché come ho detto: A sono morbosa e mi piace scrivere di gente che si spaventa a morte o soffre, e che occasione migliore per usare i gemelli che di solito sono da me usati solo per sollevare il morale alla gente, e che invece ora posso mostrare nei guai come tutti? E poi mi sono sempre chiesta come si sentissero tutti l'anno della Camera dei Segreti, o anche di come appunto Fred e George, ma anche i loro genitori, abbiano reagito sapendo di quello che era accaduto al Ministero... e poi Ginny a Hogwarts fino a Pasqua coi Carrow, le torture, le punizioni disumane? 
E quindi eccomi qui. Spero che i personaggi non siano ooc o che perlomeno sia sempre giustificabile data la situazione. Potrebbe esserci anche qualcosa di leggero ogni tanto, non so, dopo tutto si parla dei Seven Brothers nel bene e nel male.
Il titolo può portare alla mente sia la fiaba dei tre fratelli coi loro Doni della Morte, sia il capitolo su Severus e tutti i suoi ricordi snocciolati uno dopo l'altro. 
Grazie a chi ha letto e ancor di più a chi recensirà!

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Capitolo 2
*** Poteva essere Ron. ***


Poteva essere Ron

.



Fleur era splendida anche col grembiule da cucina e i capelli raccolti a coda, impegnata nel preparare la cena. Bill, che in teoria avrebbe dovuto dare una mano, era stato rapito dalla sua espressione concentrata e la guardava con ammirazione, specialmente da quando lei aveva aperto la finestra per cambiare aria e il vento le faceva dondolare la chioma argentata.
Il rumore di una materializzazione perciò lo colse impreparato, ma allo sguardo allarmato della neo-consorte afferrò istantaneamente la bacchetta, facendole cenno con la testa di allontanarsi dalla finestra: c'era l'Incanto Fidelius su Villa Conchiglia, perciò doveva essere qualcuno di famiglia, ma era sempre meglio non fidarsi specialmente dal momento che non era stato avvisato di nessuna visita.
Si affacciò appena per guardare all'esterno e vide una figura ferma davanti alla casa, con dei brillanti capelli rossi e i vestiti sbrindellati.
Quasi gli cadde di mano realizzando chi fosse, e corse fuori appena in tempo per vedere Ron crollare su se stesso come se gli avessero tagliato le gambe, inginocchiandosi. Si sentì morire al pensiero che fosse ferito, magari gravemente, ma precipitandosi accanto a lui vide che non c'era traccia di sangue se non qualche graffio che non sembrava profondo. I vestiti e i capelli erano ancora zuppi e appiccicati alla sua pelle ed era visibilmente devastato.
«Bill!» gridò Fleur, raggiungendolo, «Ron?»
«Cos'è successo?» domandò lui, col cuore in gola. «Chi...» ma non poteva continuare, chiedergli se Harry, la loro salvezza, era morto; o magari Hermione, quella piccola amante dei libri che aveva visto crescere accanto al suo fratellino. Era impensabile. «Stai bene?»
«No.» disse Ron con voce rotta. Bill si rese conto che piangeva e tremava violentemente.
«Vieni qui.» disse dolcemente, aiutandolo a tirarsi su e spingendolo verso casa, «Fleur, per favore, prenderesti dei vestiti asciutti e delle coperte? Forse è meglio accendere il fuoco...»
Ron non parlò per tutta la sera, limitandosi a un secco “Stanno bene” e poi fissando gli occhi sul fuoco che crepitava nel caminetto. Non volle toccare cibo, nonostante navigasse nei vestiti di Bill che un tempo gli erano larghi e nonostante il pallore spettrale su cui le lentiggini spiccavano come ferite.
Il pomeriggio del giorno dopo Ron si sedette accanto a lui e gli raccontò tutto: che aveva viaggiato con i due e che aveva cominciato a comportarsi male, influenzato anche da qualcosa che non poteva spiegargli, e che alla fine tutto il risentimento era sfociato in un litigio definitivo con Harry.
«E me ne sono andato. Ho provato a tornare indietro ma sono protetti da incantesimi di ogni genere... Li ho persi.» terminò, con gli occhi lucidi che fissavano una manica della camicia di Bill.
«Ma... dopo tutto quello che hai fatto, tutto quello che hai detto... Come hai potuto abbandonare tutto per un litigio?» domandò Bill, leggermente deluso dal fratello. Si era aspettato qualcosa di più eroico dopo il modo in cui si era preparato per tutta l'estate a quel viaggio, come se fosse l'impresa più pericolosa mai affrontata a memoria d'uomo. Era riuscito a preoccupare persino Fred e George, per dirla tutta.
«Non lo so.» sussurrò Ron, incontrandone finalmente gli occhi per un momento.
Bill si irrigidì, perché suo fratello era davvero distrutto, lì, davanti a lui, col cuore in mano e pronto a un rimprovero che sentiva di meritare. Non poteva farlo, non poteva dargli altro peso anche lui.
«Ho fallito.» riprese Ron, «Come sempre.»
«Tu non hai mai fallito.» lo corresse Bill, mettendogli una mano sulla spalla. «Ora voglio che resti qui per Natale, devi rimetterti in sesto. Dopo, se vorrai, tornerai a cercarli, ma non in queste condizioni.»
«Non mi vorranno più.» sussurrò Ron.
«Non dire scemenze, sono sicuro che non vedono l'ora di rivederti!» ribatté lui, sperando di suonare più sicuro di quanto non si sentisse.
«Cosa dirai alla mamma?» domandò allora Ron, «Ti prego, non dirgli che sono tornato indietro! Sai cosa succederebbe!»
«Inventerò una qualche scusa, non preoccuparti.» lo rassicurò subito, «Però tu ora devi toccar cibo. Fleur ci resterà male altrimenti.»
E Ron rimase fino a Natale, costantemente depresso. L'unica cosa che riuscì a strappargli un sorriso fu quando gli raccontò che Lupin era tornato da Tonks, poi di nuovo il buio.
Poi, una mattina, Bill si svegliò con una strana sensazione. Quando scese in cucina vide un biglietto sul tavolo e seppe che Ron se n'era andato di nuovo.

Una notte di primavera, mesi dopo, di nuovo sentirono il potente rumore di materializzazione. Stavolta era più d'uno però, e Bill si armò di nuovo di bacchetta, accendendo la luce esterna. Sapeva che l'Incanto reggeva, Kinsgley era stato lì proprio quella sera.
«AIUTO!» sentì urlare, e Fleur, stringendosi nella vestaglia, comparve al suo fianco con la bacchetta in mano. Un istante dopo vide avvicinarsi quattro figure, tre alte e una piccola abbastanza da poter essere identificata come elfo domestico.
«Chi...»
«Dobby deve andare a salvare Harry Potter, signore! L'amico rosso mi ha mandato qui con loro! Dobby deve andare!» esclamò l'elfo con aria terrorizzata, prima di sparire di nuovo.
Il ragazzo e la ragazza, perché erano solo due ragazzi, si stringevano l'un l'altro per restare in piedi, e dietro di loro qualcuno barcollava in avvicinamento.
«Dean Thomas e Luna Lovegood, signore. Lei è uno dei fratelli di Ron? Loro sono bloccati a villa Malfoy, ci hanno salvato, ci tenevano chiusi in cantina...» cominciò il ragazzo, ansimando, mentre la ragazza lo guardava con occhi spalancati. Bill trasalì, ricordando che era l'amica di Ginny, la figlia di Xenophilius Lovegood, rapita sul treno di ritorno da Hogwarts.
«Olivander!» esclamò Bill, riconoscendolo. Poi tornò a guardare Ron, «Hai detto che sono bloccati a Villa Malfoy?» domandò, pensando subito di inviare un patronus all'ordine.
Ma in quel momento si udì nuovamente il rumore della materializzazione, stavolta più lontano, nella collina davanti alla casa.
«Devono essere loro!» disse Luna, rallegrandosi.
Un attimo dopo giunse un urlo: «AIUTO! AIUTO!»
«Harry!» gemette Dean.
Bill scattò di corsa, seguito dagli altri.
«Bill!»
La voce di Ron lo raggiunse come una ventata d'aria fresca, ma il sollievo durò un solo istante. La bacchetta faceva solo una flebile luce, ma riuscì comunque a scorgere il sangue. Illuminò il fratello e vide che reggeva Hermione tra le braccia, lei era priva di conoscenza o forse morta, e lui sembrava sul punto di svenire.
«Cosa... Come...»
«La porto a casa tua.» disse Ron, barcollando paurosamente. Bill lo afferrò per un braccio.
«La porto io.»
«No.» disse subito Ron. Sembrava sotto-shock e Bill ebbe la sensazione che gli sarebbe arrivato un calcio o un morso se avesse tentato di sfilargliela dalle braccia.
«Ti do una mano.» disse allora Olivander, che non vedeva evidentemente l'ora di entrare in casa e non sembrava in condizioni migliori. «Dov'è Harry?» chiese Dean, poggiando una mano sulla schiena di Ron come per aiutarlo ad andare dritto.
«Dietro. Indietro. Si stava smaterializzando con Dobby.» spiegò con voce incerta, guardando fisso Hermione e poggiandola con delicatezza infinita nel divano appena entrati. Le sfiorò anche i capelli con una mano e Bill, distogliendo lo sguardo dal fratello, si rese conto delle condizioni pietose della povera ragazza: sembrava che l'avessero torturata.
«Storà bene.» disse Fleur in tono gentile, dopo essersi assicurata con descrizione che ci fosse ancora battito, poggiandole due dita sul polso senza farsi notare da Ron.
Non era così che doveva essere. Suo fratello aveva diciotto anni e in quel momento aveva lo stesso aspettato di un qualsiasi malato del reparto malattie mentali del san Mungo, mentre la sua migliore amica giaceva mezzo morta davanti a lui e il suo migliore amico...
Si rese conto che Harry non c'era e corse di nuovo fuori, seguito dalla moglie, da Luna e da Dean, lasciando Olivander dopo un'occhiata ammonitrice perché non abbandonasse Ron da solo.
Correndo su per la collina tutti alzarono le bacchette per illuminare il più possibile la strada, e trovarono Harry che era accasciato davanti all'elfo, e quest'ultimo aveva un coltello conficcato in petto.
Poteva essere Ron. 
Bill si sentì di nuovo gelare ma si impose la calma, cercando di decidere cosa fare e proponendo anche a Harry di seppellirlo davanti alla villa.
Poteva essere Ron.
Poco dopo vide Harry scavare con energia la tomba per Dobby, così si chiamava l'elfo. Fleur stava curando Hermione che era ancora svenuta e aveva proibito agli altri di muoversi prima di aver dato loro un'occhiata più da vicino.
«Mi serve una pala.» disse Ron con voce roca, fissando l'esterno con aria spenta. Sembrava invecchiato, nonostante lui fosse il minore. Il piccolo Ron che se la prendeva in modo ridicolo per qualsiasi cosa, diventando rosso come un peperone e imbronciandosi, e che ora guardava l'amico scavare una tomba con espressione distaccata ma con la mano poggiata accanto alla finestra che tremava quanto la prima volta che era venuto a Villa Conchiglia.
Bill corse a prenderla per non doverlo più guardare.
Cosa avrebbe dovuto dire a sua madre, quando l'avrebbe rivista?
Poteva essere Ron, con un pugnale nel petto. Gryffindor fino alla fine, per difendere il migliore amico. Nessuna sciocchezza sul bene superiore, Ron era troppo semplice, troppo onesto perché gli importasse, solo per Harry.
Bill si chiese se fosse strano quanto temeva l'essere geloso dell'affetto che il fratello provava per Harry, non aveva del resto mai preteso da nessuno degli altri che ritenessero lui il modello da imitare. Eppure avrebbe voluto essere lui quello a cui Ron teneva di più, anche solo per convincerlo a restare al sicuro.
Ron, Dean ed Harry scavarono la tomba assieme, e poi li raggiunsero, stringendosi nei mantelli e nei cappotti e aiutando Hermione che si era svegliata. Fu Luna a chiudere gli occhi di Dobby.
«Ecco.» disse, «Ora è come se dormisse.»
E poteva essere Ron.
O Ginny.
O Charlie.
O Fred.
O George.
O Percy.
Stupido Percy.

«Ce ne andremo domani.» annunciò Ron qualche settimana dopo, e sembrava essere tornato il solito Ron. Solo con una luce diversa negli occhi, la luce che nasceva da avventure che Bill non riusciva neppure ad immaginare e che forse non avrebbe mai conosciuto. Dean Thomas aveva poi davvero confermato che Hermione era stata torturata e che Lastrange parlava di una spada o qualcosa del genere, ma non sapeva molto, e il folletto Unciunci sembrava avere qualcosa in mente, qualcosa che preoccupava Bill.
Bill annuì soltanto, perché aveva già dato a Harry e loro tutti gli avvertimenti che poteva, anche se sapeva che avrebbe seguito la sua strada.
«Stai attento.» disse solamente, e Ron sorrise come se avesse detto qualcosa di stupido.
Iniziava a capire come doveva essersi sentito Sirius: impotente e nervoso. Lui lo nascondeva meglio, ma aveva Fleur dalla sua parte.
«Ehi, Bill.» lo chiamò di nuovo, «Non alzatevi domattina per salutarci per nessun motivo.»
«Come sarebbe?» si accigliò lui.
«Vuoi che Fleur sia al sicuro? Allora non alzarti.» tagliò corto Ron, e Harry, comparso alle sue spalle per chiamarlo, si fermò un momento e annuì.
«Bill, non so come ring-»
«Non dirlo neanche.» lo interruppe Bill, cercando di sorridere.
Fleur era felice quanto lui all'idea di non poter scendere neppure a salutarli un'ultima volta e restò in silenzio finché non si fu addormentata.
La mattina dopo però erano entrambi sveglissimi e guardavano il soffitto buio ascoltando i rumori soffocati che venivano dal piano di sotto.
Quando la porta di casa si chiuse Bill sentì svanire il briciolo di speranza che era rimasto in lui all'idea di aver Ron al sicuro.
Poteva essere Ron.
Per un istante solo, che lo fece sentire colpevole per molto tempo, odiò Harry Potter e il giorno in cui era entrato nelle loro vite.
Si voltò verso la moglie e le cinse la vita con un braccio, sicuro che non dormisse. Lei si girò su un fianco e lo abbracciò subito.
Poteva essere Ron.
E forse lo sarebbe stato.






Come sorella di nove anni maggiore non ho potuto fare a meno di pensare che se mio fratello prendesse come esempio da imitare un amico e non calcolasse me forse ne sarei gelosa...
E non dovrebbe essere così cupa, ma si è scritta da sola. Vabbé.

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Capitolo 3
*** Dopo il Dipartimento. ***



Dopo il Dipartimento.



Erano le cinque di mattina quando Molly fu svegliata da un bussare insistente. Guardò l'orologio, scrollò leggermente il marito e si alzò dal letto.
«Che succede?» domandò Arthur, cercando gli occhiali tastando con le mani il comodino.
«Bussano.» rispose lei abbottonando la vestaglia, per poi rendersi conto di ciò che implicavano le sue parole: «Bussano a quest'ora!» esclamò preoccupata, «Che sarà successo?»
«Andiamo.» disse semplicemente il marito, impugnando la bacchetta per sicurezza.
Non erano mai buone notizie a quell'ora del mattino, lo sapevano entrambi.
«Chi è?» chiese Arthur a gran voce davanti alla porta, tenendo la moglie dietro di sé.
«Kingsley Shacklebolt, sono un membro dell'Ordine e il mio Patronus è una lince.»
Arthur si affrettò ad aprire: «Cos'è successo? Problemi con l'Ordine?»
«I ragazzi stanno bene.» fu la prima cosa che disse Kingsley e Molly lo guardò preoccupata.
«Non dovrebbero? Quali
«Ron e Ginny. E Harry naturalmente. Stanno bene.»
«Ma certo che stanno bene, sono a Hogwarts!» esclamò la donna sorpresa. Poi notò l'espressione di Kingsley e impallidì, «Oh, no! Cos'è successo?»
«Voldemort ha attirato Harry in una trappola al Dipartimento dei Misteri stanotte. Lui e un gruppo di amici tra cui i vostri figli sono andati da lui credendo di salvare Sirius.» la voce calma di Kingsley per una volta non ebbe il minimo potere rassicurante. Pur sapendo che i ragazzi stavano bene Molly ebbe un capogiro e dovette sedersi, mentre Arthur restava immobile, strabiliato. «Appena Snape ci ha avvertito siamo corsi a prenderli, Sirius compreso, e... I ragazzi sono tutti tornati a Hogwarts con Dumbledore. Ora anche al Ministero ammettono il ritorno di Voldemort, l'hanno visto coi loro occhi.»
«Ma Tu-Sai-Chi in persona era al Ministero?» domandò Arthur scioccato, «E i ragazzi l'hanno incontrato?»
«Soltanto Harry, ma i ragazzi hanno combattuto contro molti Mangiamorte. Valorosamente, direi.»
Molly scoppiò in lacrime: «Sono ba-bambini! Non dovevano combattere affatto!» singhiozzò.
«Come stanno esattamente? Possiamo andare a trovarli?» disse Arthur, raggiungendo la moglie e abbracciandola.
«Ginny aveva soltanto una caviglia slogata o rotta e qualche ferita superficiale. Ron è stato attaccato dai cervelli...»
«Dai che cosa?» alzò la voce Arthur, «Mi hai detto che stanno bene!»
«Cosa sono? Arthur, c-cosa sono?» inorridì Molly.
«Ron sta bene, i cervelli lo hanno ferito alle braccia ma non gli hanno toccato la testa, a quel che ci ha detto una sua amica, Luna Lovegood.» spiegò Kingsley, «Hermione è quella che ha rischiato più di tutti. Uno dei Mangiamorte l'ha colpita con una qualche Maledizione. Per fortuna era stato colpito da un silencio un attimo prima, altrimenti l'avrebbe uccisa.»
Entrambi ora erano pallidissimi, il pensiero rivolto interamente a Hermione e al rischio di non vederla più: era come una figlia ormai.
«Harry?» mormorò con voce tremante Molly.
«Lui è stato... posseduto. Ha bisogno di riposo. E poi... Sirius ci ha seguito al Dipartimento per salvarlo e ha ingaggiato un duello con Bellatrix...» Kingsley chinò il capo, «Purtroppo non ce l'ha fatta.»
«No!» gridò Molly, portandosi le mani al petto, «No, non Sirius!»
«Tonks è all'ospedale, devo andare a vedere come sta. Per ora è tutto...»
«Sì, grazie.» lo congedò Arthur con voce assente.
«Mi dispiace di avervi portato queste notizie.»
«Non è colpa tua.»
Kingsley si allontanò velocemente, di sicuro preoccupato per Tonks, e Molly nascose il viso tra le mani.
«S-Sirius... l'ho se-sempre trattato ma-male e ora... Ha sa-salvato tutti ed è mo-morto come un e... eroe e io... Io non g-gli chiederò mai scusa!»
«Oh, Molly... Sirius non ti ha presa sul serio, era il vostro modo di fare... Sono sicuro che a modo suo si divertiva... Ed è morto come avrebbe voluto, come un eroe, combattendo...»
«Sì... Ma sa-sarebbero potuti m-morire i ragazzi...»
«Non dirlo.» fece subito Arthur, chiudendo gli occhi mentre la stringeva a sé, «Non dirlo.»
«Ron... Ginny... povero, povero Harry! Perché tutto a lui? Lui amava Sirius!»
«Dovremo stargli tutti vicini quest'estate... Se ce lo permetterà... Oh
«Cosa?» domandò lei, alzando il viso bagnato di lacrime.
«Devo dirlo a Fred e George. Loro adoravano Sirius e vorranno sapere dei loro fratelli da noi, non dai giornali; se come Kingsley ha detto ora hanno visto Tu-Sai-Chi la Gazzetta ricomincerà a parlarne e potrebbero scrivere qualche sciocchezza su Ron e Ginny.»
«Io scriverò una lettera a Bill e Charlie.» convenne lei, asciugando le lacrime e cercando di controllarsi. Fallì miseramente, ricominciando a piangere mentre andava a cercare della carta e si accorgeva di quanto le tremavano le mani.
«Torno presto!» promise Arthur, andando al camino. Non appena fu andato via Molly crollò davanti al mobiletto da cui stava prendendo la pergamena, scivolando fino a poggiare le ginocchia a terra e piangendo di dolore e di paura.
Aveva sempre saputo che prima o poi i suoi figli sarebbero finiti nei guai, erano amici di Harry Potter e quel povero ragazzo aveva tutto il male del mondo puntato su di sé, ma aveva sempre cercato di far finta di non accorgersene sperando che non accadesse mai davvero. E invece quella notte avevano rischiato di morire, come i suoi fratelli, come mille innocenti, come Sirius.
E Sirius, che lei aveva accusato di vedere solo James in Harry, che era rimasto chiuso in quella dimora orribile tutto da solo, ora era andato per sempre.
Harry non se lo sarebbe mai perdonato.
E neppure lei.
«Fred, stanno bussando.»
«Il negozio è ancora chiuso... Lasciami dormire.»
«Ci ho provato ma è dieci minuti che bussano. Che faccio, apro?»
Fred sbadigliò, abbracciando il cuscino, «Vai.»
«Se la Rospa è venuta a trovarci, vendicami.» ridacchiò George, frugando per la stanza, «Le chiavi?»
«Le hai perse di nuovo?» si lamentò Fred, tirandosi a sedere e passandosi distrattamente una mano tra i capelli, «Tu sei sicuramente il gemello malvagio. Mi svegli alle... cinque e pretendi anche che ti trovi le chiavi.»
«Hai chiuso tu ieri, gemello scemo.» ribatté George, «Aha!» e tirò su le chiavi dal cumulo di vestiti ai piedi del letto.
«È colpa tua.» replicò Fred, alzandosi e stiracchiandosi, «A prescindere. Bussano ancora?»
«Già.»
Si scambiarono un'occhiata confusa e poi scesero a vedere chi fosse. Fred tolse l'incantesimo di oscuramente da un angolo della finestra: «Sembra papà!»
«C'è anche la mamma?» inorridì George.
«No... Non la vedo, almeno.»
«Allora forse non è qui per ucciderci.» decise, «Papà, ora apro!» disse a voce alta prima di girare la chiave nella toppa e spalancare la porta.
Arthur entrò velocemente e poi si trovò due bacchette puntate contro.
«Chi sei?» domandò freddamente Fred.
«E non fare scherzi.» aggiunse George, sogghignando all'indirizzo del gemello.
«Sono Arthur Weasley, faccio parte dell'Ordine e vi dico sempre di controllare che sia veramente io la persona dall'altra parte della porta prima di farla entrare.»
«Ah, ecco. È proprio perché non ci hai sgridato da fuori che avevamo il dubbio.» spiegò George, «Che ci fai qui? Se volevi vedere il negozio potevi venire tra qualche ora!»
«Non importa, te lo mostriamo lo stesso!» esclamò Fred orgogliosamente, «Tanto la mamma non c'è, no?».
Si riferiva al fatto che lei non ne aveva voluto sapere di vedere il negozio da quando erano fuggiti da scuola e che aveva trascinato il marito con sé nella sua testarda decisione di ignorarli finché non le avessero chiesto perdono.
Ignorarli almeno finché non passavano a pranzo o a cena per andarli a trovare, dato che gli cucinava sempre ciò che preferivano e quindi non era molto credibile nella sua rabbia.
«Stiamo guadagnando un mucchio di galeoni!» riprese George più allegro, «E... sei pallido, papà.» notò poi.
«Stai bene?» domandò Fred, smettendo di sorridere per via della sua espressione.
«Ragazzi, non ho buone notizie, purtroppo.» esordì Arthur, e scoprì che nella fretta di avvertirli per primo non aveva pensato a come dirglielo.
«È per l'Ordine? È successo qualcosa?» chiese subito Fred. Vide suo padre fare cenno di sì con la testa, lentamente, come se non volesse, e lui e George si scambiarono un'altra occhiata, stavolta preoccupata.
«Papà... è morto qualcuno?» domandò allora. Suo padre lo guardò dritto negli occhi stavolta e lui rabbrividì.
«Questa notte Tu-Sai-Chi ha fatto credere, non so ancora come, a Harry... che Sirius fosse stato portato al Ministero della Magia e rischiasse la vita. Era una trappola e lo attendeva lì insieme ai Mangiamorte, naturalmente, ma il professor Snape ha avvertito l'Ordine appena si è reso conto che Harry, Hermione... Ron e Ginny mancavano all'appello.»
«Ron e Ginny?» ripeté Fred incredulo, «Sono... No. Stanno bene, vero?» chiese così in fretta da mangiarsi le parole, gli occhi sgranati e le lentiggini che spiccavano nel pallore del suo viso. George era la stessa maschera di angoscia.
«Qualcuno è morto, vero? Non loro o non staresti così bene.» osservò soltanto.
«Insieme ai membri dell'Ordine c'era Sirius, che non poteva restare indietro sapendo che Harry era in pericolo per lui.»
«Sirius?» ripeté ancora Fred, «E lui come... Oh. Oh... Sirius...» la sua voce terminò in un sussurro.
George era attonito e non aprì bocca.
«Volevo che lo sapeste da me... Mi dispiace tanto, ragazzi... Sirius era un brav'uomo e non lo meritava, ma perlomeno è morto combattendo per Harry, come avrebbe voluto...»
«Non avrebbe voluto morire.» lo interruppe Fred, con gli occhi fissi su uno scaffale alle spalle del padre.
«Come stanno gli altri?» domandò infine George, dopo un respiro profondo. Aveva gli occhi lucidi e distolse subito lo sguardo dal viso del padre.
«Bene, più o meno. Hermione era piuttosto grave ma sopravviverà. Ginny ha una caviglia slogata e Ron... Ron è stato meno fortunato, ma si riprenderà anche lui.»
«Cosa vuol dire meno fortunato?» borbottò bruscamente Fred.
«Al Ministero della Magia studiano delle specie di... cervelli che possono risucchiare la mente umana. Hanno dei tentacoli che possono entrare profondamente nella pelle delle vittime e bruciarla e Ron è stato ferito da questi, ma nulla di più. Sarebbe potuta andare molto peggio, considerato che si sono battuti coi Mangiamorte e Tu-Sai-Chi in persona.»
«Risucchiare la mente umana? Ron avrebbe potuto perdere la mente?» chiese Fred confuso.
«Impazzire.» sussurrò il padre, «Ma come vi ho detto si è solo ferito le braccia.»
«Questo non è esattamente consolante.» commentò George con voce flebile, «Sirius... come è morto esattamente?»
«George.» disse piano Fred.
«Voglio saperlo.» insistette lui.
«Non so ancora nulla, Kingsley è venuto poco fa ad avvertire me e vostra madre. Ora devo tornare da lei. Volevo solo dirvelo... Sapete, prima dei giornali.» farfugliò Arthur, e in quel momento i due notarono che sotto il mantello era in pigiama.
«Grazie, papà.» disse George, abbracciandolo debolmente. Fred si mantenne in disparte e fu suo padre ad abbracciarlo mentre lui teneva le braccia incrociate e lo sguardo ostinatamente sullo scaffale.
Quando Arthur fu andato via George esitò prima di raggiungerlo.
«Fred, ci sei?»
«Sirius è morto.» rispose lui, «Ron poteva essere morto, Ginny poteva essere morta e io voglio bene a Harry come a un altro fratello, ma se uno di loro fosse morto stanotte penso che lo avrei ucciso con le mie mani.»
«Lo so.» disse George, poggiandogli un braccio sulle spalle.
Fred non riuscì a guardarlo, «Sirius era il suo padrino... perché è così sfortunato?» Esclamò in ben altro tono e George sospirò.
«Non è così sfortunato, ha ancora noi... ed è vivo. È stato più sfortunato Sirius, in quella casa schifoso e ad Azkaban...»
Il fratello si liberò del suo braccio e cominciò a passeggiare tra gli scaffali. «Io... Io non ci posso credere! Era uno dei mitici Malandrini, era un amico, come può non essere a casa sua, brontolando sul fatto che faccia schifo e cose del genere? Perché è successo a lui? Perché succedono queste cose? È Sirius, per l'amor di Morgana!»
«Era.» lo corresse George e poi trasalì. Si portò una mano al viso prima che le lacrime cominciassero a cadere.
«Grazie! C'era veramente bisogno di-» Fred si interruppe, notandolo.
Il dolore lo colse impreparato, perché non aveva fatto che lamentarsi e sentirsi indignato e ancora l'assenza di Sirius non lo aveva toccato, ma vedere George piangere rendeva tutto reale, e il fatto che i suoi fratelli e Harry ed Hermione fossero feriti e Sirius morto lo investì in tutta la sua potenza, facendolo barcollare. Strinse i denti e poi diede un violento pugno al ripiano accanto a lui, spedendo le scatole a terra e calciandole poi via.
George poggiò la schiena contro lo scaffale, lasciandosi cadere seduto a terra. Si era dimenticato di avere le mani davanti al viso, era inutile naturalmente, ma se le premette comunque contro gli occhi. Un attimo dopo sentì suo fratello abbracciarlo e le sue lacrime bagnargli la spalla lasciata scoperta dalla canottiera.
Non sapevano più se piangevano per Sirius o per quello che avevano rischiato di perdere, consapevoli che quella non sarebbe stata l'ultima volta.
Non era più un gioco, non lo era mai stato.






Grazie mille ad Asfe per aver betato e a chi recensisce!

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Capitolo 4
*** Salvando Ginny. ***




Salvando Ginny.




«Coraggio.» disse Neville a voce bassissima, con la mano grondante di sangue, mentre scriveva le sue righe. Ginny annuì, stringendo i denti per non lasciarsi andare a neppure un gemito di dolore. Si erano rifiutati di usare la maledizione Cruciatus, di nuovo, e stavolta la detenzione si era estesa a due settimane di fila. Senza contare che Alecto una volta aveva quasi usato la maledizione contro di lei e per fortuna Michael l'aveva salvata, finendo nella loro lista nera.
Neville si chiese ancora una volta che fine avessero fatto Harry e gli altri, perché ormai tutti aspettavano soltanto loro per liberarsi dei Carrow e di Snape.
Quelli del primo anno non capivano, già il semplice fatto che le classi fossero divise in modo che i figli di babbani venissero considerati nemici li portava a credere che forse era giusto così. In realtà i Carrow erano troppo stupidi per capire come funzionava la mente delle persone perciò tutte le strategie, ben funzionanti, volte a far nascere un'atmosfera da covo di Mangiamorte nella scuola, dovevano venire direttamente dall'alto e avevano bisogno di Harry perché era il simbolo di ciò che era giusto, di ciò per cui valeva la pena lottare, l'unico che potesse farli sentire di nuovo tutti uguali, tutti parte della stessa famiglia e tutti volti contro il nemico comune e non contro dei poveri figli di babbani.

Lanciò uno sguardo a Ginny, che non sembrava più lei: la Ginny che conosceva era bella, determinata, sapeva essere una dura ma con lui era sempre stata molto dolce, mentre questa Ginny era un soldato, senza dubbio, e il suo sguardo era freddo quanto la sua risata era diventata sempre più amara. Sembrava ancora più esile perché aveva dovuto saltare tante volte il pranzo e la cena, dato che Alecto sembrava odiarla in modo spassionato, ed era sempre più debole fisicamente, poiché usava tutte le sue energie per opporsi a lei e a suo fratello e per guidare i compagni di sventura. Anche i suoi capelli avevano perso la solita luce e i suoi occhi erano troppo tristi.
No, non era più Ginny.
A volte dormivano nella stessa stanza, di nascosto, tenendosi per mano, e lui la sentiva chiamare Harry nel sonno. Altre volte invocava i suoi fratelli e altre ancora era spaventata da un certo Tom più che da Alecto stessa. Anzi, non sembrava mai spaventata dai Carrow.
Neville sapeva che l'unico motivo per cui i Weasley l'avevano fatta tornare a scuola era che Ginny aveva finto di essersi procurata ferite e lividi nello scontro sul treno quando avevano rapito Luna e di essere stata bene, per quanto triste, a Hogwarts. Lui aveva pensato tante volte di scrivere loro perché trovassero il modo di venirla a prendere, perché Ginny si era rifiutata di nascondersi nella Stanza delle Necessità e non ne poteva più di vederla così, ma la posta era controllata e comunque lei non glielo avrebbe perdonato; tuttavia Neville temeva seriamente che sarebbe stata la prima a morire sotto il regime dei Mangiamorte a Hogwarts, perché ormai si concentravano principalmente su di lei considerato che era a capo della resistenza e che gli Slytherin non avevano perso tempo nell'informare tutti che era la fidanzata di Harry Potter, oltre che una traditrice del suo sangue.
Ce l'avrebbe fatta da solo, di questo ne era certo e ormai non aveva più paura di nulla, per questo doveva riuscire a portarla in qualche posto sicuro, a convincerla a farsi venire a prendere.
«È quasi Pasqua.» annunciò Neville a detenzione finita, «Dovresti tornare a casa.»
Ginny fece una smorfia, «Figurati. Sai benissimo che la posta è controllata, non mi permetteranno di scrivere di venirmi a prendere.»
«Potresti scriverlo in codice, magari ai gemelli.» tentò Neville speranzoso.
«Se anche riuscissi a tornare non potrei nascondere le ferite. Mia madre darebbe di matto e tanti saluti al castello.»
«Oh, già, che cosa terribile.»
Lei lo guardò incuriosita: «Cerchi di cacciarmi via, Longbottom?»
«Mi hai scoperto. Voglio essere il leader ribelle tutto da solo.» confermò lui con aria serissima e Ginny ridacchiò senza sentimento, spostando lo sguardo sull'esterno. Si fece malinconica come sempre, e l'amico si schiarì la gola: «Pensaci almeno.»
«Voglio essere qui per quando torneranno.» mormorò lei.
«Ma ti chiamerei io subito!» sussurrò Neville, «Al minimo accenno di capelli spettinati starei già usando il galeone!»
Ginny sorrise mestamente alla menzione dei capelli spettinati, ma non disse più nulla sull'argomento.
«Non facciamo più in tempo a cenare, vero?»
«No, ma sono sicuro che Seamus ha rubato qualcosa per noi.»

Era in ritardo per la colazione quando urtò Crabbe, che stava svoltando l'angolo insieme a Goyle con alle loro spalle Malfoy e Alecto. Di qualunque cosa stessero parlando doveva essere un bene per loro e un male per lei e i suoi, poco ma sicuro, e le loro espressioni si fecero ancora più compiaciute nel vederla.
«Attenta a dove vai, Weasley.» disse Crabbe, «O finirai di nuovo in punizione.»
Goyle ridacchiò.
«Scusa tanto.» replicò lei con un sorriso velenoso, «È che è difficile stare nella stessa ala del castello con uno della tua stazza senza urtarlo. Ma ti trovo dimagrito, dopotutto, niente più dolcetti?»
Il mese prima era riuscita a farsi recapitare delle pasticche vomitose dai fratelli, spedendolo in infermeria dopo aver fatto opportunamente sparire le contro-pasticche della Pomfrey. Da quel momento lui evitava sistematicamente il dessert a cena, come l'aveva informata Goldstein.
Crabbe la guardò con odio misto a qualcos'altro, qualcosa di oscuro che si agitava nelle profondità dei suoi occhi neri, afferrando la bacchetta, «So che sei stata tu...»
«Cosa stai facendo, Weasley?» domandò Alecto, bloccandola per il braccio che stava muovendo verso la propria bacchetta.
«Sto per difendermi?» tentò lei, guardandola con odio e divincolandosi.
«Non hai il permesso di affatturare uno studente, specialmente dopo averlo insultato per prima.» decretò lei con aria trionfante, «Ora, non parlavamo giusto di lezioni supplementari per lei, signor Goyle? Un ragazzo così dotato...»
Ginny si lasciò sfuggire una risatina scettica, ma questa le morì in gola quando vide il viso di Malfoy, già pallido, diventare bianco come il latte e farle quasi cenno di no con la testa.
«Io... avrei fame...» cominciò Malfoy, prendendo ad allontanarsi a passo svelto. Ginny automaticamente tirò fuori la bacchetta, ma questa le fu sottratta all'istante da Crabbe con uno spintone.
«Vada a fare colazione allora, signor Malfoy.» stava dicendo Alecto, spazientita, «Ora, Weasley, entra nell'aula. Ci aiuterai con la lezione supplementare.»
«Che cosa? Rivoglio la mia bacchetta!»
«Vuole la bacchetta...» ridacchiò Goyle, facendole il verso e puntandole la sua davanti al viso.
La ragazza fu costretta a obbedire, imprecando mentalmente per la sua stupidità e per essere arrivata in ritardo. Di certo non potevano ucciderla e neanche sfregiarla a vita o qualche guaio l'avrebbero passato anche loro, quindi cosa intendevano farle?
«Intendevamo allenarci con la maledizione Cruciatus.» rispose Alecto alla sua silenziosa domanda, e Ginny raggelò.
«Un incantesimo molto potente e altrettanto soddisfacente, all'inizio non lascia alcun segno esteriore ma dopo essere stato utilizzato per molte volte di seguito può persino far sanguinare la vittima... Chi mi sa dire che effetto abbia esattamente?»
«È dolore allo stato puro.» disse Crabbe con espressione gongolante, fissandola con i suoi occhietti neri pieni di desiderio, la vocetta dolce, inadatta a lui, ora somigliava a quella della Umbridge, «Talmente forte che può uccidere o far impazzire.»
«Oh, sì, bene, dieci punti a Slytherin.... È utilizzabile per gli interrogatori, i Longbottom ne sanno certamente qualcosa... Ad ogni modo, signor Goyle, cosa avevamo detto? Qual'è la domanda di oggi?»
Goyle annuì con aria diligente, prima di guardare Ginny, che ricambiò lo sguardo sentendosi in trappola. La testa le ronzava e aveva i capogiri per il terrore, ma cercò di mantenersi forte stringendo la mascella e prendendo un tremante respiro profondo. Il petto di Goyle si alzava e abbassava velocemente e il ragazzo sembrava eccitato e spaventato.
«Dov'è nascosto Potter?» domandò Goyle, e la voce stridula gli tremò leggermente.
«Non ne ho idea, ci siamo lasciati.» rispose Ginny, meccanica. Era questo quello che Harry voleva, tenerla al sicuro rompendo con lei? Non aveva funzionato.
«Bugiarda...», Goyle lanciò un ultimo sguardo in cerca di conferma ad Alecto, poi urlò: «CRUCIO!»
Ginny crollò immediatamente a terra: sapeva come funzionava ma non si era aspettata un dolore così terribile. Era certa che il cuore le sarebbe saltato fuori dal petto squarciandolo con violenza, e l'urlo di agonia le salì alla gola prima che potesse fermarlo. Era come bruciare senza mai morire, sapendo che non sarebbe finita finché il suo aguzzino non l'avesse voluto; il suo corpo cominciò a tremare e a rattrappirsi, la nuca le sbatteva a terra ritmicamente mentre lei cercava sollievo in ogni modo: tutto il suo corpo implorava pietà e tutti i suoi pensieri erano rivolti verso la fine di quel supplizio.
«Basta così, signor Goyle.»
Il dolore diminuì di colpo senza lasciarla del tutto.
«Troppo tempo di fila, specie la prima volta, può risultare fatale e noi non vogliamo che nessuno muoia, non è vero? Stiamo solo approfondendo Babbanologia.»
«Babbanologia?» ripeté Ginny, con un filo di voce, tentando di mettersi a sedere. Tutta la stanza girava all'impazzata e sperò di svenire.
«Certo, modi per difendersi dai babbani.» rispose Crabbe.
«E ad ogni modo non hai avuto il permesso di parlare, signorina.» aggiunse Alecto con una voce falsamente materna che le diede i brividi, «Vuoi provare tu, signor Crabbe?»
Crabbe annuì con più eccitazione che paura di quella che aveva mostrato Goyle, leccandosi le labbra e guardandola in un modo così disgustoso che anche Ginny si sentì sporca. Lei pensò che Malfoy non avesse capito niente, che Goyle era stupido abbastanza da fargli da leccapiedi ma che si sarebbe dovuto guardare da Crabbe, perché bastava osservarlo da vicino per capire come anno dopo anno fosse diventato sempre più un animale. L'ultima volta che aveva visto un'espressione simile era stato meno di un anno prima, sul viso di Greyback.
Ma nessuno si era mai preso la briga di guardare una delle spalle di Malfoy con attenzione, e la sua pazzia aveva potuto crescere inesorabile.
«Così tu non sai dov'è Potter, eh?» le domandò, sempre più eccitato.
«Nel letto di tua madre, forse, insieme al resto della comunità magica.»
«CRUCIO!»

Neville alzò gli occhi dalla propria colazione soltanto quando sentì Seamus imprecare e ne seguì lo sguardo all'istante: Ginny stava arrivando ed era in condizioni pietose. Più di una testa seguì il suo passaggio mentre si sedeva con aria traballante su una sedia, i capelli rossi che sfuggivano dal laccio per capelli, la divisa scomposta e un grosso graffio su una guancia, sotto un occhio che si stava gonfiando.
«Gi-»
«Mangia.» disse soltanto lei in un sibilo, con gli occhi che correva per la tavola Gryffindor verso il tavolo degli insegnanti. Neville infilò subito un boccone in bocca per evitare di cominciare a urlare e si guardò attorno: Crabbe, Goyle e Alecto stavano entrando in quel momento dal portone con aria disgustosamente soddisfatta. Dall'altro lato, dov'erano seduti gli insegnanti, Neville che era abbastanza vicino poté notare che tutti avevano smesso di mangiare escluso Amycus; Snape sembrava stranamente pallido e la McGonagall fece per alzarsi ma, grazie a Merlino, Slughorn e la Sprout la fermarono per un braccio. Ci doveva essere stato uno scambio di sguardi tra lei e Ginny perché la professoressa era livida ma si era immobilizzata e Ginny ancora guardava verso il loro tavolo come per trattenerla.
«Pozioni è tra un'ora.» disse Lavender Brown in tono falsamente tranquillo, giocherellando col cibo senza mangiarlo. «Sta arrivando un gufo, Ginny.» aggiunse, abbassando la voce.
Ginny prese il giornale con dita così tremanti che Neville glielo tolse di mano prima che facesse cadere la lettera nascosta dentro, e il ragazzo notò con apprensione che l'aveva sporcato di sangue. Quando ebbero finito di mangiare i Gryffindor si alzarono in formazione compatta e con loro anche alcuni Hufflepuff che facevano quasi da retroguardia. Neville prese Ginny a braccetto per aiutarla a camminare e rassicurò Terry Boot con un'occhiata.
«Ginny, che diavolo ti è successo?»
«Un piccolo scontro e sono caduta anche dalle scale.» rispose lei, tentando di mostrarsi coraggiosa e quasi gemendo quando la stretta di Neville aumentò; il ragazzo cercò di rilassarsi appena se ne rese conto, ma era difficile, «Alecto stava ridendo tutto il tempo-Quanto vorrei che morisse. Anche se sono felice di aver aiutato Crabbe a progredire scolasticamente nella sua lotta contro i babbani, tu non sei felice?» domandò con una risata isterica, «Le ho detto che dover dividere il bagno con altre otto persone era più doloroso delle loro maledizioni e questo ha un pochino peggiorato la situazione.» aggiunse, indicando l'occhio che stava diventando nero.
«Stupida.» disse Neville, incapace di sorriderle di rimando, e del resto lei sembrava pazza quando lo faceva, e lui ne sapeva qualcosa, «Devi andartene di qui, Ginny. Non sto scherzando.»
«Alecto non me lo permetterà, lo sai. Cosa c'è scritto nella lettera?»
«Sono Fred e George, vogliono sapere se devi tornare perché vengono a prenderti nella Foresta Proibita materializzandosi.» rispose lui in un sussurrò, mentre salivano i gradini della torre. Seamus, Lavender e Parvati facevano più baccano possibile per lasciar loro un po' di intimità.
«Appena mi avvicinerò alla guferia per rispondere mi fermeranno e leggeranno ciò che ho scritto.»
«Devi tentare. Potrebbero non vederti.»
«Potremmo distrarla.» si intromise una compagna del suo stesso anno.
«Ci penserò io.» disse Neville, «Tu prepara due lettere: una in cui dici che resterai a Hogwarts e una in cui gli chiedi di venirti a prendere. Se per caso qualcosa andasse male e ti beccassero mostrerai loro quella dove dici che rimarrai a scuola quest'anno.»
«E se dovessi finire con lo spedire proprio quella?» domandò Ginny, sfinita.
«Troveremo un altro modo per farti uscire di qui.» promise Neville.
Entrarono in sala comune e Ginny quasi si accasciò a terra, afferrata dall'amico al volo mentre tutti la circondavano con aria preoccupata.
«Come ti hanno conciata!» esclamò un ragazzino del primo anno. «Capo, chi è stato?»
«Non chiamarmi “capo”.» Ginny riuscì anche a ridacchiare, «Mi rimetterò presto.»
«Dovresti andartene. Anche Michael lo stava dicendo.» sussurrò Lavender, «Ce la caveremo, Ginny.»
«Ho sentito bene? Serve che qualcuno distragga i Carrow?» domandò Seamus in tono di sfida.
Neville sostenne Ginny trattenendola con una mano sulla schiena e annuì, «Madama Pomfrey?»
«Non ho il permesso di andare in infermeria.» gli ricordò Ginny. «E neanche tu.»
«Ma io sì.» disse un altro ragazzino del terzo, Euan. «Ti porterò qualcosa.»
«Non preoccuparti per noi.» disse Parvati in tono definitivo, «Ce la caveremo. Dobbiamo solo tenere duro finché non torneranno Harry e gli altri.»
Neville sentì Ginny farsi tesa a quelle parole e la condusse verso le poltrone, «Sentito? Ce la caveremo, Gin.»

La Foresta è fuori dal raggio d'azione degli incantesimi anti-smaterializzazione. Ti dobbiamo venire a prendere o no?
Non si poteva dire che Fred e George non fossero coincisi. Del resto avevano nascosto il foglietto nel giornale chissà come, non potevano certo rischiare arrotolandoci dentro una pergamena di due metri. E poi sapevano benissimo che la posta era controllata e non potevano parlare di nulla.
Eppure Ginny abbracciò quel foglietto, cercando di lenire il dolore della solitudine al pensiero che li avrebbe rivisti presto.
Non era mai crollata, mai, neppure quando le avevano rapito Luna sotto gli occhi senza che potesse far nulla per salvarla, neanche dopo mesi di maltrattamenti di ogni genere e di punizioni, tra cui quella di Snape che era stata addirittura la più tranquilla dato che il genio li aveva spediti nella Foresta Proibita con Hagrid come se fosse qualcosa che avrebbe potuto spaventarli.
Non era mai crollata, ma c'era spaventosamente vicina.
Però doveva resistere e anche trovare il coraggio di tornare a Hogwarts dopo le vacanze: Harry era da qualche parte per cercare di uccidere Voldemort, qualunque cosa avesse detto per negarlo era una palese bugia, e Ron ed Hermione erano con lui, senza arrendersi mai. Lei non poteva essere da meno.
Venite, vi aspetto dietro la capanna di Hagrid la notte prima del giorno della partenza. Vi voglio bene.
Dopo averlo scritto si sentì in qualche modo meglio e peggio. Meglio perché questo l'avrebbe riportata a casa; peggio perché la portava ancora più vicina ad arrendersi e a starsene al sicuro.
Non tornerò a casa, ve l'ho già detto. Non c'è bisogno di accamparvi ad aspettarmi dalla notte prima. Anche perché spendereste tutto il tempo a mangiare dei biscotti disgustosi e vi fareste venire qualcosa allo stomaco, conoscendovi. Vi voglio bene.
Questa era l'altra lettera da consegnare se fosse stata beccata in guferia. Doveva solo fare in modo che capissero che intendeva esattamente il contrario e loro avrebbero subito pensato a Hagrid.
Sorrise tra sé e sé, pensando che probabilmente si sarebbero allarmati entrambi a quel “Vi voglio bene” finale, ma non poteva non metterlo, doveva dirlo più spesso che poteva coi tempi che correvano. Un brivido la colse a quel pensiero: dov'era Ron, cosa stava facendo?
Poi guardò l'orologio: era ora di andare a scontare la solita punizione.
Dopo aver scritto diverse altre pagine col suo sangue, Ginny approfittò del diversivo creato da Seamus e Neville per correre in guferia. Tuttavia, con suo enorme orrore, fu Filch a bloccarla un momento prima che potesse raggiungere i gufi.
«Cosa credi di fare, ragazzina?!» gracchiò con rabbia, anche se lei poteva scorgere una punta di soddisfazione nei suoi occhi al pensiero che avrebbe potuto denunciarla e fargliela pagare: si poteva andare in guferia solo in orari precisi, ovvero quando c'era qualcuno che poteva controllare le lettere e decidere se era possibile mandarle o meno. Ginny contava nella presenza di uno Slytherin che non le avrebbe prestato troppa attenzione al momento di scambiare le lettere, e invece c'era quel bastardo, grandioso.
«Sto solo dicendo ai miei fratelli di non venirmi a prendere, come il professor Carrow mi ha ordinato.» spiegò lei, sperando di suonare sufficientemente sincera.
«Fammi vedere.» ordinò immediatamente Filch e lei alzò gli occhi al cielo, porgendogli la lettera che chiedeva loro di non venire. Il custode ci mise un po' a leggerla e poi gliela restituì con aria infastidita.
«Mandala.»
Ginny chiamò il gufo e poi, mentre Filch era occupato a fissare la mano con cui lei stava avvicinando la lettera alle sue zampe, colpì con il dorso dell'altra mano il muro. Gli occhi le si riempirono di lacrime per il dolore delle ferite che si riaprivano violentemente e si morse l'interno delle labbra, spostando lo sguardo su Filch perché anche lui la guardasse in faccia.
«È davvero soddisfatto?» domandò rabbiosamente, facendo saettare la mano grondante di sangue sulla lettera e sulle piume del gufo dalle piume chiare.
«Ci voleva un po' di ordine in questa scuola.» rispose Filch con un sorriso sdentato. Lei aveva già infilato la mano ferita in tasca.
«Vola più veloce che puoi ai Tiri Vispi Weasley.» sussurrò all'animale, che sembrò capirla.
«E ora torna con me... Weasley. Credi che non sappia chi sei? C'è un ordine speciale per tenerti d'occhio più di chiunque altro, piccola delinquente... tu e quel Longbottom...»
Ginny chiuse gli occhi per un momento, poi lo seguì chiedendosi se esistesse ancora qualcosa di semplice in quel mondo.

«Abbiamo ricevuto un altro ordine di Detonatori dal DA.» disse Fred a bassa voce, «Sembra che si stiano dando proprio da fare, eh?»
«Hanno imparato proprio bene.» commentò George divertito, «Verity, stanno finendo i torroni sanguinolenti!»
«Vado a prenderne immediatamente altre scatole.» disse l'assistente.
«Gufo!» gridò Fred, facendoli sobbalzare e indicando la finestra. Il negozio aveva appena chiuso, fortunatamente, perciò non c'era il rischio che qualche cliente sbagliato lo sentisse.
«Gufo! Gufo!» ripeté George, saltando un paio di scatole in una volta sola mentre si precipitavano a prenderlo.
«È di Ginny? Dimmi che è di Ginny!» lo pregò Fred.
«Sì, viene da... Hogwarts?» la voce di George si era fatta incredula e il gemello si avvicinò in tempo per vederlo allontanare una mano dall'animale, che aveva le piume sporche di quello che sembrava sangue secco. Anche la piccola pergamena aveva una macchia scura.
La mano di George tremava quando aprì la pergamena ed entrambi lessero velocemente.
«Quindi tutto va male e l'hanno obbligata a scrivere così.» disse Fred alla fine, «E noi non abbiamo parlato di biscotti cattivi, perciò...»
«Perciò dopodomani dobbiamo aspettarla alla capanna anche tutta la notte.» concluse George.
«Oppure possiamo rischiare e andare a prenderla prima con le scope e tutto.»
«Ma in quel caso lei non potrebbe tornare a Hogwarts.» osservò l'altro, «Perché sarebbe una fuga e dovremmo nasconderci.»
Fred prese la pergamena e gli mostrò di nuovo il sangue, inarcando le sopracciglia.
«Già, non voglio neanche io che torni,» convenne George, «Ma non so se... Sto pensando a papà, non guardarmi così!»
«Passiamo a casa e chiediamo cosa fare. Non voglio lasciarli lì neanche un minuto di più se possiamo andarla a prendere subito.», si scambiarono un'altra occhiata e Fred si corresse da solo: «La mamma ne morirebbe. Senti, andiamo alla capanna allora.»
«Bene.»

«L'unico modo per farti sfuggire agli Slytherin di ronda è distrarli, perciò io e gli altri del DA fingeremo che ci sia un festino in onore di Harry al settimo piano. Saremo anche vicini alla Stanza delle Necessità, eventualmente.» spiegò Neville a bassa voce.
Ginny si riavviò i lunghi capelli con una mano, pensierosa, «Non mettetevi nei guai. Spedisci tutti gli altri minorenni nelle loro stanze. Affida i passaggi segreti agli Hufflepuff del settimo, sono loro quelli che li conoscono meglio ora, e metti Goldestein di guardia al sesto piano, è il più veloce. Non possiamo bloccare i Carrow nelle loro stanze ma possiamo distrarli con i fantasmi, hanno detto che ci aiuteranno...»
«Credo che potremmo dire anche alla McGonagall di prendere tempo.» commentò Colin, «Senza spiegarle il perché. Le è bastato vederti in faccia per capire che qualcosa non andava e mi ha fermato dopo la lezione.»
«Non le hai detto niente, vero?» lo interrogò bruscamente Ginny, abbandonando ogni parvenza di tranquillità.
«No, ma non ce n'era bisogno, Gin. Sei inguardabile.»
«Grazie.» disse lei sarcastica, tornando a giocherellare con la coda, «Comunque abbiamo un altro problema: la settimana scorsa Euan del terzo anno è stato quasi catturato mentre andava a liberare gli unicorni con gli altri», Parvati e Lavender annuirono, avendo rischiato anche loro, «È evidente che i nostri sospetti fossero fondati.»
Calò il silenzio nella stanza dei ragazzi, Seamus si mise a sedere meglio con aria profondamente seccata, Neville e Colin si scambiarono un'occhiata di intesa e Parvati la guardò preoccupata.
Lavanda annuì tra sé e sé.
«Una spia.» disse infine Seamus.
«Dovremmo usare un nome in codice.» suggerì Lavender.
«Scabbers?» suggerì Ginny ironica, «Niente, niente...»
«Dovrai correre come il vento, Gin.» disse Neville, «Filch lo bloccherò io anche fisicamente, se necessario, ma se Snape si rende conto...»
«Quell'assassino!» sibilò Parvati.
«Se si avvicina a me lo uccido.» decretò Ginny, «Non voglio morire.»
«Non dirlo, Ginny. La tua anima vale troppo per rovinartela così.» ribatté Seamus, serio.
«Andrai dai tuoi?» chiese Parvati.
«Spero di no, spero che i gemelli mi permettano di riprendermi fisicamente prima di incontrare mamma...»
«Sì, lo spero per te.» concordò Lavender, «Basta guardarti in faccia e fai spavento.»
Ginny la fissò senza dire nulla.
«Non in quel senso! Sei sempre carina ma sei così sciupata...»
«La professoressa Trelawney si è messa a piangere l'ultima volta che ti ha vista.» la informò Parvati e Ginny gemette.
«Grandioso...»
Poi guardò tutti loro, uno per uno, e un sorriso le nacque spontaneo: capiva come doveva sentirti Harry quando era circondato da persone come loro.
«Così va molto meglio.» approvò Neville, sorridendo di rimando, con gli occhi appena più lucidi.

I rumori che giungevano fino al piano terra erano inequivocabilmente di battaglia e Ginny decise di non voltarsi indietro neppure una volta, sapendo che le sarebbe stato impossibile poi scappare via e tutto sarebbe stato vano. Arrancò fino al cortile, già col fiatone, sentendosi troppo debole e troppo poco motivata per raggiungere la capanna; i gemelli però forse erano già lì e non poteva non raggiungerli, perché avrebbero come minimo fatto irruzione a scuola pensando al peggio e si sarebbero messi nei guai.
Improvvisamente la capanna di Hagrid, ormai in vista, sparì rimpiazzata dal terreno solido contro cui sbatté la faccia e Ginny strisciò in avanti, senza capire cosa fosse successo. Un dolore sordo le esplose su un fianco e il suo corpo si voltò da solo, mentre le mancava all'improvviso il fiato e tutto ciò che poteva vedere era il cielo stellato e la figura di qualcuno che si stagliava su di lei.
«La piccola traditrice del suo sangue è fuggita da Hogwarts e nessuno l'ha vista più.» disse una voce infantile, «L'avranno catturata i Mangiamorte? Sarà stata mangiata nella Foresta Proibita? Nessuno lo saprà mai.»
Ginny pregò che Crabbe intendesse parlare ancora un po', giusto per darle la possibilità di racimolare più energie, ma lui le puntò la bacchetta contro.
«Ho sempre voluto provare la vera Maledizione Senza Perdono... Sai, nel caso mi trovassi davanti qualche sanguesporco...»
Ginny si disse che non poteva essere abbastanza potente da essere in grado di scagliarla, non era neppure mai stato così intelligente, solo malvagio e avido di potere. Ma se era in grado di usare la Cruciatus così bene...
Se qualcuno tenta di aggredirti, mira alle parti basse. Potrebbe persino essergli fatale.
Bill glielo aveva detto quando lei aveva quattordici anni, a Grimmauld Place, dato che aveva intuito che lei stava uscendo con un ragazzo. Sembravano passati secoli.
«Ava-»
Gli era venuto in mente perché Crabbe si era fatto prendere dalla situazione e se ne stava a gambe ben larghe quasi sopra di lei.
E lei era una combattente, non si sarebbe tirata indietro. Se voleva ucciderla lo avrebbe fatto dannare prima.
Scagliò il calcio ma lui riuscì in parte a pararlo. Non del tutto, perché lo aveva fermato con una mano saltando indietro ma il colpo lo aveva quasi raggiunto come lei voleva, e Crabbe si piegò in avanti d'istinto.
Era cresciuta con sei fratelli più grandi, non si sarebbe fatta battere da un bastardo qualunque.
Se riesci a dare un pugno nello stomaco o un calcio nei cosiddetti a qualcuno, Gin, allora quello si piegherà probabilmente in due. Se lo fa, già che ci sei tiragli un colpo alla testa o un pugno in faccia più forte che puoi.
Charlie, perché una ragazza era stata aggredita non troppo lontano da casa loro, le aveva consigliato questo. Percy però aveva scosso la testa.
Sei pur sempre una ragazzina! Se puoi, scappa. Non è molto Gryffindor ma non rischierei se fossi in te.
Basta che chiami noi, Gin-Gin.
E se non siamo vicini, usa la bacchetta.
I gemelli si erano messi in mezzo, sempre protettivi con lei nonostante tutti gli scherzi e i loro modi stupidi per tentare di tirarle su il morale. Erano davvero vicini stavolta, ma non credeva che sarebbe riuscita a tirare fuori la voce. Si rialzò a fatica, molto a fatica, e poi portò un braccio indietro e lo fece scattare come una molla contro il naso di Crabbe, che finì col cadere col sedere a terra. Non poteva vederlo in viso ma scommetteva che era stupefatto.
Se quel Michael allunga le mani, dagli un calcio nelle... Beh, comunque, tu hai le unghiaccie da animale, no? Cavagli gli occhi! Prendilo a calci quando è ancora a terra!
Tirò un calcio contro la sua caviglia, sperando di averla rotta, e poi cercò la bacchetta. Era troppo buio e dovette andare a tentoni. Trovò la bacchetta nel momento in cui le dita di lui si chiusero contro una sua caviglia e le diedero uno strattone violento, spedendola a terra con un urlo soffocato.
Lui la tirò verso di sé e lei cercò di voltarsi per puntargli la bacchetta in viso, ma le arrivò un potente colpo sulla schiena che per un istante le fece credere che sarebbe svenuta lì, senza avere mai più la possibilità di svegliarsi. Crabbe stava imprecando qualcosa, o forse farfugliando, poteva ancora sentirlo, perciò scalciò come poteva, ma lui la obbligò a voltarsi e un colpo le arrivò direttamente allo stomaco.
Aprì la bocca in un urlo muto e poi lui le fu addosso e la colpì in pieno viso, stordendola del tutto. La lasciò andare, in cerca della propria bacchetta caduta con le precedenti botte, e Ginny, sconvolta, piegò la testa all'indietro e vide la capanna di Hagrid. Forse sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto, con i gemelli che ancora aspettavano...
E se non siamo vicini, usa la bacchetta.
.. mi son ricordato del sectumsempra, e quando l'ho usato su Malfoy... è come se gli avessi dato un colpo di spada! È caduto ed era... pieno di sangue... era tagliato sul petto, sulla faccia, e io...
Snape era il principe mezzosangue... Harry era sconvolto, sai? Chissà Hermione cosa...
George, Lupin ci ha detto che il tuo orecchio è stata opera di Snape...
Dovremmo provare gli incantesimi non verbali assieme, allora... Tanto finché non andiamo a prendere Harry... Magari qualcosa di molto semplice...
È magia nera, ed è molto pericoloso, provoca ferite gravi...
Non posso farlo ricrescere, è stato tagliato dalla magia oscura...
Sectumsempra, pensò Ginny, con tutta l'intensità possibile, e la nebbia che occupava la sua mente si diradò, sectumsempra, sectumsempra...
Si udì una finestra esplodere e il crepitio di una fiammata, e Crabbe si voltò di riflesso con la bacchetta già in mano.
Sectumsempra, sectumsempra...
Funzionò, diretto al fianco di Crabbe. Era quasi sicura di non averlo colpito quando lui crollò a terra, e lei lo illuminò con la bacchetta e lo vide cercare freneticamente di capire quanto fosse ferito, ma era solo un graffio. Spostò la punta della bacchetta verso la sua testa, e sussurrò: «Stupeficium.»
La luce rossa lo colpì in faccia e Crabbe stramazzò al suolo. Lei si voltò pancia a terra, si alzò con difficoltà e poi cominciò a correre con le sue ultime forze, sentendo un dolore insopportabile alla base della schiena, allo stomaco, al fianco, e un formicolio al viso che aveva poco a che vedere con l'aria fredda della notte.
Quando fu arrivata alla capanna ormai disabitata sbatté una mano contro la parete, aiutandosi per camminarle attorno senza inciampare nell'orto, e poi finalmente li vide, che si stavano avvicinando velocemente con le bacchette alla mano, uno dei due la usava per illuminar loro la strada.
La gioia le fece per un momento dimenticare il dolore fisico, seguita poi da un'ondata di disperazione, e poi sollievo, solitudine, amore, stanchezza la colpirono una dopo l'altra.
«FRED! GEORGE!»
E poi si lanciò tra le braccia di uno dei due e crollò svenuta.

«Mi aspettavo che fosse già arrivata...» borbottò George.
«Da qui vedo delle luci a Hogwarts, forse stanno distraendo i professori. Se non poteva aspettare il treno e c'era del sangue, penso proprio che stia scappando.» ribatté Fred.
«Penso che avremmo dovuto dirlo a qualcuno...»
«Dov'è il tuo spirito di avventura?» scherzò Fred ma George lo zittì.
«Lumos. Si sta avvicinando qualcuno.»
«Sono pronto a schiantare se non è lei.» lo rassicurò Fred, e poi la luce della bacchetta illuminò una ragazza, a due metri da loro, sconvolta e in singhiozzi, coi capelli rossi raccolti in una coda ormai sfatta, il viso magro e pallidissimo lucido di lacrime che ancora cadevano sporco di sangue sul naso, sulle labbra e sul mento, la divisa rotta e sporca di terra, una mano poggiata contro il muro, il corpicino esile piegato in avanti con la mano che stringeva la bacchetta premuta contro il fianco destro. E poi George trasalì rumorosamente e Fred realizzò che era Ginny.
«FRED! GEORGE!» strillò lei con voce gracchiante, gettandosi verso di loro e Fred fece un passo avanti allargando le braccia e sua sorella si tuffò contro di lui. La strinse a sé, sentendo soltanto ossa tremanti e stoffa, e poi lei si accasciò contro le sue gambe.
«GINNY!» urlò George, quasi assordandolo, «Oh Merlino santissimo! È Ginny! La nostra Ginny, Fred! Fa qualcosa!»
«QUALCOSA COSA?» urlò lui, che era stato così terrorizzato soltanto quando George aveva perso un orecchio, al matrimonio di Bill, e ben poche altre volte sempre per Ginny e per Ron, «È tutta ossa, senti...» farfugliò, anche se George non la stava toccando, «Guarda il sangue, cosa le hanno fatto...»
«Deve avere il naso rotto.» bisbigliò George, chinandosi accanto a lui, e quando Fred si voltò a guardarlo vide che era sul punto di piangere, «Stava piangendo, Ginny non piange mai...» aggiunse in un sussurro.
Fred abbassò lo sguardo su di lei, infilando un braccio dietro le sue ginocchia per sollevarla e notando il viso tagliato, le guance bagnate di lacrime che si faceva strada in mezzo al sangue e le labbra...
«Credi che sia sangue solo dalle labbra o anche da... dentro?»
«Portiamola a casa, vedremo lì.»
«A casa?» ripeté Fred, incredulo, «Credi che mamma...»
«Avrà un infarto, ma non vedo altra soluzione.» disse George, passandosi una mano stretta a pugno sugli occhi.
«No.»
«No?» ripeté George incredulo.
«No, la portiamo al negozio. Abbiamo un sacco di pozioni per curarla, meglio di quello che potrebbe avere la mamma. Fidati.» disse.
«Mi fido.» disse George, «Ma...»
«Seguimi.» disse lui, e poi si smaterializzò.
George restò a fissare l'aria per un momento, inumidendosi le labbra e prendendo un respiro profondo, e poi si materializzò davanti al negozio.

«Ha la febbre.»
«Lo vedo che ha la febbre.» ringhiò George, seccato dalla ripetitività del fratello, «Sei tu che non hai voluto dire niente a mamma e papà, ora evita di andare nel panico e dammi una mano.»
«Allora, potrebbe essere che ha preso freddo o potrebbe essere una ferita infetta.» borbottò Fred, poggiando una mano sulla fronte della sorella che aveva steso nel suo letto, mentre George le puliva delicatamente il viso con un fazzoletto babbano per tenersi occupato.
«Dobbiamo spogliarla?» gli domandò allarmato.
«È mezzo sveglia, vedi che si lamenta? Proviamo un po' a toccarla per vedere dove le fa male e controlliamo.» propose Fred, «Prova con le gambe.»
George sospirò pesantemente, «Non voglio farle male.» disse, e poi andò ai piedi del letto e provò a muoverle le caviglie e a tastarle le gambe. Fred invece le toccò le spalle, poi provò con l'addome e Ginny gemette.
«Ah, ecco, infatti era piegata. Evanesco.» sussurrò, puntando la bacchetta solo a una sua manica e figurando nella propria mente solo la parte alta dell'uniforme, che sparì, lasciando soltanto un maglione Weasley.
«Quello è meglio non farlo svanire o Ginny ci uccide.» puntualizzò George, «Dai, ti do una mano a tirarla su.»
«Scusa, Ginny.» mormorò Fred, cercando di metterla a sedere. Ginny si lamentò e George tirò su il maglione ed estrasse le sue braccia, scoprendo il busto nudo a eccezione del reggiseno.
Fred imprecò sonoramente alla vista delle costole ormai visibilissime della sorella e dei lividi violacei, verdi e gialli che aveva per tutto l'addome.
«Accendi un fuoco.» sussurrò George, col viso livido, provando a voltarla su un fianco. Lei strillò, spalancando gli occhi.
«Oi, Ginny! Siamo noi!»
«Non mi toccare! Sta lontano da me!» gridò lei, cercando di coprirsi. Poi evidentemente focalizzò l'immagine, perché spalancò la bocca, «Fred? George?» pigolò.
«Sì.» annuì Fred, ancora sconvolto dalla sua reazione.
Ginny chiuse gli occhi, «Sono impazzita, vero? Merda.»
«No, Ginny, non sei impazzita, siamo venuti a prenderti.» ribatté George, cercando di sorridere, «Abbiamo un po' sforato nei tempi...»
Fred gli lanciò un occhiataccia, «Non ce la fai proprio con quelle battute, vero?»
«Non è vero, voi non siete reali.» replicò Ginny, improvvisamente straziata, «Tutte le volte in cui vi ho chiamato... Non siete mai venuti... e dov'è Harry? Perché non c'è anche lui? Voglio vederlo!»
«Ehm... Ginny, Harry è partito.» tentò George, dato che Fred si era immobilizzato. Era sempre così, Fred era il primo a lanciarsi in salvataggi, litigi, risate, e anche il primo a stare veramente male per gli altri, a dimostrare chiassosamente i propri sentimenti, a non trovare vie di mezzo, mentre lui doveva occuparsi di essere più diplomatico, gli erano concessi ascessi d'ira a patto che poi correggesse il tiro. Era questa l'unica grande differenza tra loro, il modo in cui Fred si poneva entusiasticamente davanti a tutto e finiva a volte col dare di matto.
«Ma tutto questo non è reale, quindi...»
«Stai delirando, hai la febbre. Lascia che ci occupiamo di te.» disse lui con voce dolce, «Devi girarti su un fianco, voglio controllare la tua schiena e poi ti lascerò in pace.»
«Non posso, fa troppo male.» sussurrò Ginny.
«E l'altro fianco?»
«L'altro no.»
Ginny si voltò sul fianco sinistro, con un braccio stretto al seno, «Per favore, non ve ne andate più, dopo.»
«Mai.» promise George, mentre Fred ancora la fissava con orrore, gli occhi lucidi e la mascella serrata che lo faceva somigliare alla mamma quando riceveva una brutta notizia. George gli girò attorno per spostarsi all'altro lato del letto, e poi trasalì e si portò una mano alla bocca. Fred lo raggiunse e scostò con uno spintone, sgranando gli occhi: la schiena di Ginny non era in condizioni migliori del addome, essendo la zona meno visibile era quella con più graffi, ferite più o meno profonde, lividi, e nella parte in cui la spina dorsale rientrava di più un brutto taglio si era riaperto e aveva sanguinato e intorno a esso si stava formando un enorme livido.
«Cosa ti hanno fatto?» domandò Fred con voce tremante, «Ginny...»
«Ho lottato.» rispose lei fieramente, «La maledizione Cruciatus ha lasciato qualche segno, ma sono soprattutto i colpi di Crabbe e Goyle a lezione.»
«LA MALEDIZIONE CRUCIATUS?» urlarono entrambi, ma Ginny continuò a parlare.
«Dovete dire a Zacharias di stare attento a Bullstrode, è lei che è incaricata ora, e dovete far liberare il quinto piano, devono correre tutti a nascondersi perché ora sanno che sono scappata, lo sapranno subito e non li faranno salire sul treno per tornare a casa...»
«Prendi una pozione sfebbrante.» ordinò George, «Ora. Sta di nuovo sragionando.»
«La sento.» disse Fred a denti stretti, ma un attimo dopo era sparito. Era andato di corsa invece che smaterializzandosi, probabilmente per darsi tempo.
George tornò davanti a Ginny e si chinò a guardarla in viso, «Ti proteggeremo noi ora.»
Lei aggrottò la fronte: «George?»
«Sì.» disse lui, spostando per un momento lo sguardo e notando il braccio che teneva ancora davanti al seno: nel polso e nel dorso della mano c'erano le cicatrici lasciate dalla piuma di sangue della Umbridge, erano come quelle di Lee, soltanto che quelle di Lee erano scomparse dopo pochi giorni non lasciando alcuna traccia, mentre quelle di Ginny erano ben profonde.
«Prendi il murtlap!» urlò al fratello, sperando che lo sentisse al piano di sotto.
«Sto già prendendo tutto!»
Ginny intanto si era spaventata per l'urlo improvviso ma sembrava anche più lucida.
«Sono corsa dietro la capanna di Hagrid e voi eravate lì, c'era il piano... Crabbe mi ha fermata ma l'ho colpito, e ora siamo...»
«Camera di Fred, negozio di Diagon Alley, Tiri Vispi Weasley.» spiegò George.
«Allora sono tornata a casa.» soffiò Ginny, rabbrividendo e chiudendo gli occhi.
«Sì, ci sei.» confermò George, e infine Fred riapparve, con una benda su una mano e tante boccette. George preferì non chiedere a proposito della benda.
«Era normale poco fa.»
«Bene.» disse Fred seccamente, «Io parlo con mamma e papà.»
«Con chi? Ma hai detto...»
«Mi sono appena reso conto che dovremo nasconderla e forse nascondere anche loro, perché la verranno a cercare. Tu pensa a medicarla ora, con loro ci parlo io.»
«Non mi sono mai sentito così... confuso in vita mia.» sbottò George, «È da quando è arrivata la sua lettera che non so cosa sto facendo.»
«Dillo a me.» borbottò Fred: era impossibile scherzare, eppure doveva avere la faccia tosta di sorridere per non spaventare i suoi, e si sentiva quasi di nuovo al quarto anno, con Ginny nella camera e lui lì a non sapere cosa dire.
Quando infilò la testa nel fuoco magico non sapeva ancora cosa comunicare ai suoi, tanto più che la stanza era vuota e buia perché ormai era notte.
«MAMMA! PAPA'! MAMMA!» cominciò a chiamare, alzando il volume della voce man mano che la frustrazione aumentava. Poi finalmente una luce nel corridoio si accese e arrivò il rumore dei passi.
«MAMMA?»
«Fred? George?» chiamò lei, accanto a suo padre che aveva la bacchetta pronta per attaccare eventuali nemici.
«Sono Fred, nel camino!»
«Oh cielo, cos'è successo?» domandò immediatamente sua madre, andando a chinarsi accanto al fuoco.
«Niente, tranquilla. Ascolta, non volevano far rientrare Ginny a casa e avevamo paura che le facessero qualcosa di male, così siamo andati a prenderla questa notte e ora è al sicuro.»
«Cosa?» esclamarono entrambi.
«Fred, ma...»
«Lo so, papà, ma era una questione seria, non potevamo lasciarla lì! Se vengono a cercarla dite che non ne sapete niente, che sarà scappata da scuola come tanti altri, okay? Non conviene portarla alla Tana ora, sarà il primo posto dove controlleranno... Dateci un paio di giorni per stare nascosti.»
Per la prima volta sua madre sembrava a corto di parole, mentre suo padre aveva assunto un'espressione severa.
«Sta bene?»
«Starà bene.» rispose Fred.
«COSA VUOL DIRE?» esplose sua madre, «Voglio vederla! Dove siete, siete a casa vostra?»
«No.» mentì Fred, «E fidati, starà molto meglio quando la porteremo alla Tana, dateci solo due giorni, d'accordo?»
In due giorni Ginny non sarebbe stata bene, ma almeno avrebbe camminato da sola e sarebbe parsa meno pallida, specie recuperando qualche trucco da Angelina o qualche altra amica. I lividi sarebbero anche scomparsi.
«Domani sera la voglio a casa o vengo a cercarvi.» replicò il padre, «Se siete andati a prenderla qualcosa non mi torna, Fred. Ma fino ad allora fingeremo di non saperne nulla.»
«È meglio non farci notare troppo.» convenne lui, e tutti e tre pensarono “per Ron”. «Ora devo andare, George ha bisogno di me. Ci vediamo dopodomani.»
«Domani!» ribadirono entrambi.
«Ginny vi saluta.» li ignorò lui e vide le loro espressioni rilassarsi appena, «E dice che non vede l'ora di mangiare un po' di cioccolato.»
«Certo.» sorrise appena sua madre, e Fred tirò via la testa dal camino e si passò le mani tra i capelli per togliere l'eventuale cenere.
Poi lo usò nuovamente.
Charlie stava ancora cenando, di sicuro il lavoro quel giorno lo aveva tenuto fuori fino a tardi ma non per questo andava a letto senza aver mangiato.
«Cosa diavolo...?» sbottò il maggiore vedendolo, e poi sgranò gli occhi: «A quest'ora... Cos'è successo?»
«È per Ginny, puoi mollare tutto e venire qui solo per domani? Ci servi dalle nove di mattina alle cinque di sera.»
«Che cosa?» domandò Charlie, incredulo, «Ma stai scherzando? Cosa vuol dire per Ginny? Non è a Hogwarts?»
«È evasa.»
«Cosa vuol dire evasa? Cosa sta succedendo?»
«Dalle nove alle cinque.» ribadì Fred, tirando poi via la testa e spegnendo il fuoco.

Un'ora dopo Charlie era lì, ancora coi vestiti da lavoro.
«Dov'è Ginny?»
«Per di qua.» disse Fred, «Non c'era bisogno di venire ora, ti ho detto due volte che era alle nove che-»
«Ma sta zitto!»
«È arrivato Charlie?» domandò George dal piano di sopra.
«Sì.» rispose Fred.
«Te l'avevo detto.»
«Grazie, George, fai Granger di cognome adesso?»
Charlie gli lanciò un'occhiata perplessa, perché di solito erano alleati, e poi entrò in camera e si fermò.
«Le ho dato una pozione per dormire mentre la medico, o le farebbe troppo male.» spiegò George, «Ma sta meglio.»
Charlie fece qualche passo, i suoi occhi sulla sorellina che era stesa con la schiena rivolta verso l'alto e i capelli sollevati, «C'è stato uno scontro con i Mangiamorte?» mormorò notando i segni orribili sulla sua pelle.
«No, gliel'hanno fatto a scuola.» rispose Fred duramente.
«Che cosa cazzo vuol dire 'gliel'hanno fatto a scuola'?» domandò lui molto lentamente, voltandosi a guardarlo con un'espressione che sicuramente avrebbe spaventato anche i suoi draghi.
«Non lo sappiamo ancora bene, ha parlato persino di Cruciatus.» rispose George, che fissava Ginny, «Ho già messo creme per i lividi davanti e sistemato un po' i tagli, anche se non sono un medimago, e ora come vedi penso al dietro. Tu sai dire se ha qualche osso rotto? Aveva anche la febbre, ma potrebbe essere perché non mangia dalla cena di Natale visto come è ridotta.»
«Spostati.» ordinò Charlie, «Perché dovevo essere qui dalle nove?»
«Perché dobbiamo aprire il negozio o la gente si accorgerà che c'è qualcosa di strano e verranno a cercarla prima qui.» spiegò Fred, «Non diremo nulla neanche alla nostra assistente e anche tu dovrai tornare a casa dopo, perché la porteremo alla Tana. Diremo di aver chiuso per ferie pasquali.»
«Buona idea.» approvò Charlie, «Non ha ossa rotte, comunque. Non avete notizie di Ron, immagino.»
«Per niente.» disse George, lasciandosi cadere seduto a terra, «Ma starà bene o ne avremmo avute anche in quel caso.»

Quando si svegliarono era mattina, Charlie si era addormentato con le ginocchia a terra e la testa sul letto di lei, George e Fred con la schiena poggiata al muro e le teste poggiate l'una sull'altra.
Ginny si era lamentata e di colpo erano tutti tornati coscienti.
«Ehi...» disse Charlie, accarezzandole una guancia mentre lei apriva gli occhi e faceva una smorfia, «Lo so, ho le mani ruvide... I draghi, sai com'è.»
«Charlie?» disse lei, sorpresa, «Oh no, allora sto davvero immaginando tutto...»
«No, l'ho chiamato io!» esclamò Fred, «Siamo venuti a salvarti, Gin-Gin!»
«Vado a prenderti qualcosa per fare colazione.» decretò Charlie, «Qualche preferenza?»
«Non voglio mangiare.» sussurrò Ginny, «Non ho fame.»
«Devi.» ribatté George, «Sei debole.»
«Ti faccio un paio di uova, ti piacciono ancora, no?»
«Mi viene da vomitare.»
«Solo qualche pancake allora...»
«No, adesso!»
Fred trasfigurò il cestino della spazzatura in un secchio prontamente, ma Ginny, messasi seduta, portò una mano al petto e fece qualche respiro profondo.
«No, okay, ce la faccio... Sono in reggiseno?» domandò sorpresa, ora che il piumone era scivolato via.
«Ti abbiamo dato una sistemata, facevi orrore.» rispose George, porgendole un maglione pulito, «Ti starà un po' grande.»
«No, va bene.» disse lei.
«Non fare movimenti bruschi.» ordinò Charlie, «Pancake e uova per tutti.»
Fred e George non gli chiesero se voleva una mano, non volendo lasciare Ginny, e si scambiarono un'occhiata.
«Ehi, Ginny.» disse Fred, sedendosi accanto a lei. George si sedette all'altro lato.
Lei lo guardò.
«Ci dici cosa ti hanno fatto?»
«Niente.» rispose lei in automatico, «Oh. No, non... Questo è stato Crabbe, ha tentato di fermarmi mentre scappavo, voleva uccidermi.»
«Crabbe l'amico di Malfoy, il battitore?» domandò George rabbioso.
«Sì. Ma era solo qualche botta, mi sono fatta di peggio allenandomi a Quidditch...»
«Direi di no.» tagliò corto Fred, «Ma avevi un sacco di lividi e ferite vecchie e sei magrissima.»
«Quello è perché non ho il permesso di andare in infermeria.» vuotò il sacco Ginny, «E perché a volte non potevo mangiare per punizione. E poi lo stress, ovviamente.»
«Non hai il permesso?» si indignò Fred.
«E se stai male? E se ti ferisci?»
«E cosa gliene importa a loro?» domandò Ginny, alzando gli occhi al cielo, «Sentite, vi ringrazio per essermi venuti a prendere e tutto, ma non c'è bisogno di...»
«Di cosa?» la incalzò Fred, i cui occhi ora brillavano di luce omicida, «Di preoccuparci? Se lo dici giuro che ti sbatto giù dal letto! Tu non ti sei vista stanotte, ma noi ti abbiamo vista eccome!»
«Vorrei solo che voi sorrideste.» replicò Ginny, con voce fioca, «Voglio che facciate scherzi di pessimo gusto e non diate a vedere di aver paura, come sempre, perché ho davvero bisogno di dimenticare gli ultimi mesi. Ho bisogno che i miei fratelli siano qui con me, non di avere accanto altre persone che pensano solo a uccidere.»
Fred restò senza parole; George, invece, le voltò il viso con delicatezza e poi sorrise debolmente.
«Ti vogliamo bene anche noi.»
Ginny crollò.
Ci volle un quarto d'ora e l'arrivo anche di Charlie che si unì all'abbraccio di gruppo e alle “coccole per la piccolina” prima che Ginny riuscisse a riprendersi e ad assumere quasi il cipiglio che aveva di solito quando era imbarazzata, guardandoli malissimo mentre si asciugava il viso con un fazzoletto. Loro, per rispetto, guardarono altrove senza fare commenti.
«Hai parlato di Cruciatus ieri.» la informò Fred e lei quasi soffocò con le uova, pur mangiandole in porzioni microscopiche.
«Merda.»
«Ginny.» disse Charlie, alzando gli occhi al cielo come lei aveva fatto poco prima.
«Ieri hai detto di peggio.» gli fece presente Fred, «E di mamma ne abbiamo già una.»
«Due, c'è anche Hermione.» disse George e Ginny fece una smorfia addolorata.
«I Carrow ci hanno diviso in classi e ci obbligano a usare la magia nera sugli studenti in punizione, chi non lo fa viene sempre punito. Io di solito finivo col non mangiare, al massimo con l'essere legata e chiusa in una stanza buia qualche ora,»
«Legata?» ripeté Fred, impallidendo.
«Ma dato che non ero una figlia di babbani non venivo torturata. È peggiorato tutto dopo Natale, non so esattamente se perché ero ormai palesemente a capo della resistenza con Neville, da quando hanno rapito Luna e moltissimi hanno lasciato la scuola scappando anche grazie al nostro aiuto, o magari anche perché tanto avevano sei mesi davanti prima che i miei mi vedessero... Non lo so, comunque una volta hanno cercato di usare la Cruciatus anche su di me, ma Michael Corner mi ha salvata.» spiegò con voce estremamente fredda e distante. Non l'avevano legata, l'avevano incatenata, e Michael era stato lasciato nella Foresta Proibita per un intero fine settimana, finché Snape non aveva saputo e, sicuramente pensando alle conseguenze coi genitori del ragazzo, aveva mandato Seamus e Neville a prenderlo.
«E non l'hanno mai usata su di te?» domandò Charlie, scettico e urtato dal suo tono di voce.
Ginny valutò se fosse fattibile mentire o meno, ma Charlie la beccava sempre, perciò annuì, inespressiva.
I tre cominciarono a inveire contro i Carrow, Snape, i Mangiamorte e le ingiustizie mentre lei giocherellava con la bacchetta e faceva sparire la colazione un pezzo alla volta senza che se ne accorgessero.
«Ad Azkaban, dico...» terminò George, ringhiando.
«Ma neanche.» disse Charlie, «Ancora uova, Ginny?»
«Sono piena.»
«Quand'è che l'hanno usata su di te?» chiese ancora Fred.
«Questa settimana stessa.» rispose lei, vaga: il tempo era confuso, non riusciva più a dargli una giusta collocazione, «Solo questa volta. Ma io non ho ceduto. A parte che non so dove Harry e gli altri siano, ma non mi sono abbassata a supplicare.»
«Brava!» esclamarono i gemelli.
«E li hai fatti incarognire di più.» sospirò Charlie e lei si indicò l'occhio.
«È ancora nero?»
«No.» rispose George, accigliandosi.
«Beh, era il risultato delle mie rispostacce sulle loro mamme.» spiegò con noncuranza.
Fred e George erano a metà tra il ridere e il piangere e Charlie si prese la testa tra le mani.
«Sono vostra sorella, cosa pretendevate.» disse lei duramente.
«Una sorellina tutta dolce... Grazie, Merlino, per i tuoi piccoli doni.» borbottò Charlie, sfiorandole i capelli rovinati, «Questo Crabbe che ha fatto quando hai cercato di scappare?»
Ginny rabbrividì d'istinto: «Correvo e deve avermi fatto lo sgambetto. Ha cominciato a blaterare sul fatto che nessuno mi avrebbe più vista e avrebbero pensato a una fuga... voleva uccidermi insomma. Allora mi sono ricordata un paio di cose che mi avete insegnato per difendermi da chi mi aggrediva.»
Gli occhi di Charlie brillarono di orgoglio.
«Purtroppo ha parato il calcio in parte ma il pugno in faccia non gliel'ha levato nessuno, solo che è grosso come una montagna, quel bastardo, e mi ha afferrata per una caviglia e sbattuta a terra, mi è praticamente salito addosso per darmi pugni visto che non aveva più la bacchetta e io non potevo difendermi-»
«Ginny, calma.» disse George, serissimo, e lei si rese conto che le aveva messo entrambe le mani sulle spalle e che lei stava iperventilando.
«Ti ha... questo Crabbe ti ha mai fatto... qualcosa di... diciamo sporco?» domandò Fred, che era impallidito e non era mai stato così esitante, nel tentativo di mostrare del tatto. George trattenne il respiro.
Ginny rise istericamente e loro si ritrassero: «Gli sarebbe piaciuto ma no, mai. Troppo sangue sporco per lui, io che sono una Weasley... Anche se forse lo avrebbe fatto, se non fossimo stati troppo visibili. Comunque ha cercato la bacchetta e io ho usato... scusa, George, ma ho usato lo stesso incantesimo che ha usato Snape per il tuo orecchio.»
George trasalì, portando una mano al foro sulla sua testa. Fred spalancò la bocca e Charlie quasi scivolò a terra.
«Conosci la magia oscura?»
«Conosci quell'incantesimo?»
«Cos'era?»
«Da quanto lo sai?»
«Mi dispiace...» mormorò Ginny, sebbene la sua espressione fosse invece piuttosto neutra.
«Non dispiacerti per una cosa simile!» rimbeccò George, «Ti ha salvato la vita! Ma da quando conosci quella roba?»
Ginny scosse la testa, «Dall'anno scorso, Harry l'ha scoperto in un libro... storia lunga. Comunque quest'anno facevamo praticamente solo magia oscura a Difesa e finché non dovevo ferire nessuno mi conveniva allenarmi con gli altri, i miei compagni avevano bisogno di me e Neville... Comunque non ho mirato per uccidere e poi l'ho schiantato e sono scappata via. A proposito, non so ancora come farò a tornare indietro.»
«Tornare dove?» domandò Charlie, perplesso, mentre George e Fred la guardavano altrettanto confusi.
«A scuola.» rispose lei come se fosse ovvio.
«Delira di nuovo, vero?» domandò Fred, scoraggiato.
«Veramente penso sia seria.» rispose George.
Ovviamente i fratelli esplosero in altre urla ma Ginny non ci badò troppo, si sentiva in pace come non era stata da tempo.
«Pazzia, pazzia completa!» esclamò Charlie.
«Non avete un negozio da aprire voi due?» domandò Ginny ai gemelli, che annuirono con aria torva.
«Ma non finisce qui.»
«Contaci.»
Charlie e Ginny rimasero soli, e il maggiore si stiracchiò, «Bene, ora abbiamo diverse ore a disposizione per parlare. Comincia pure, cara, possibilmente spiegami perché sei così cretina da volerti infilare di nuovo in quell'inferno.»
«Perché non so se Neville può farcela.» rispose lei, «Hogwarts ha bisogno di una guida come era Harry in passato, in modo che i Carrow non vincano e che gli studenti non si arrendano e diventino provetti Mangiamorte. Non aspettavano altro che qualcuno che desse loro un'alternativa, e da quando io e pochi altri abbiamo alzato la testa guardano noi nel modo in cui noi prima facevamo affidamento a Dumbledore.»
«Neville cosa dice?» domandò Charlie, cercando di mantenere la calma. Cosa non facile, visto che avrebbe voluto schiantare la sorella per quello che stava dicendo.
«Che ha bisogno di me.» mentì, e Charlie assottigliò lo sguardo, cercando di capire se stesse dicendo la verità: era difficile, considerato che non sembrava la Ginny che conosceva.
«Non è vero.» disse, ricordando che Neville era lo stesso che aveva combattuto con loro nel Dipartimento dei Misteri.
«Mi ha proibito di tornare.» si arrese Ginny.
«Mi piace Neville.» commentò Charlie, «Ora comincia a dirmi tutto quello che mi sono perso di te, Ginny, perché mi stai spaventando a morte.»
«Io?» si stranì lei.
«Sì, tu. Stai parlando con lo stesso tono ed espressione di Mad-Eye. A parte quando hai nominato Crabbe, ma questo era comprensibile e ad ogni modo lo ucciderò io stesso.»
«Mad-Eye non era male.» commentò lei.
«No, ma preferirei che tu somigliassi più a una come Tonks, sai, una ragazza tosta, che non a un ex-Auror che aveva visto di tutto dalla vita ed era paranoico per questo, oltre che un vero soldato. Non che Tonks non lo sia, un soldato, ma ha mantenuto una certa allegria di fondo che mi piacerebbe vedere nella mia sorellina sedicenne.»
Ginny sbuffò.

Era sera quando lei, Fred e George si smaterializzarono alla Tana, e la loro madre scoppiò in lacrime alla sua vista.
«Guardati! Sei tutta pelle e ossa!» strillò dopo averla abbracciata, non aiutata dal fatto che coi vestiti di George sembrasse ancora di più uno scricciolo indifeso, escluso lo sguardo da leonessa.
«Sto bene.» rispose Ginny in tono preoccupantemente freddo, «Non volevano farmi tornare a casa per punizione ma dovevamo dimostrargli che non possono tenerci lontano dalle nostre famiglie, così ho chiamato George e Fred che hanno un po' esagerato nella reazione al vedermi.»
Fred e George le rifilarono occhiate furiose e sorprese ma lei li ignorò, mantenendo il contatto visivo coi genitori in modo che fissassero solo lei.
«Non capisco.» ammise il padre.
«Perché sei così magra allora? Ma sono segni di lividi questi?» le chiese invece la madre scostandole i capelli sciolti dal viso.
«No, roba del negozio. Sono magra perché ero stressata, preoccupata per Ron... Notizie?»
«Nessuna, tesoro.» rispose la madre con sommo dispiacere, «Deve fingere di essere già qui, perciò...»
«Senti, non è venuto nessuno a cercarmi?»
«No.» rispose la madre, «Forse pensano che tu abbia preso il treno oggi con gli altri?»
«Non ci spererei... a meno che per loro non sia sufficiente che io non ci sia...» mormorò lei.
«Siamo stanchi morti, mamma, possiamo andare a portare le nostre cose di sopra?» la interruppe George, «Vorremmo restare per Pasqua, non vediamo voi e Ginny da un pezzo...»
«Ma certo che sì!» si illuminò la madre.
«Ginny era stanca morta, ci ha aiutato oggi... senza farsi notare... Andiamo in camera tua, Gin.» disse Fred, prendendola a braccetto, «Scendiamo per cena.»
«Cena abbondante, mamma, visto che Ginny consuma tanto per lo stress!» aggiunse George.
Ginny li fulminò con lo sguardo e loro ricambiarono, minacciosi. Era chiaro il messaggio: “Gli dirai la verità, tu a Hogwarts non ci torni.”
Peccato che al momento di tornare a scuola gliel'avrebbero fatta pagare, sapeva che si aspettavano di vederla lì, e se non ci fosse stata sarebbero venuti a cercarla perciò era obbligata a rientrare.

Trascorsero tre giorni in cui Ginny veniva, all'oscuro dei genitori, osservata a vista dai fratelli perché mangiasse e si riposasse a dovere. Fred e George avevano anche però ripreso a comportarsi come al solito durante la giornata, con battute e risate continue che avevano pian piano strappato qualche risatina a Ginny, oltre a qualche sorriso che lei temeva fosse strano, dato che non sorrideva più per puro divertimento da molto tempo.
«... E poi George ha detto “Certo che hai bisogno di me, sei una donna anche tu, dopotutto!”»
«E Angelina?»
«Gli ha tirato i capelli così forte che quasi gli ha fatto sbattere la faccia contro il tavolo, a Lee è andato di traverso il-»
Fred ammutolì e George perse l'aria offesa quando sentirono forti colpi alla porta di ingresso, e quando si voltarono Ginny aveva già la bacchetta in mano e l'aria battagliera.
«Sono Bill!» urlò lui, facendo il suo ingresso senza essere respinto dagli incantesimi di protezione, e Ginny abbassò la mano con la bacchetta.
Tutti accorsero da lui, preoccupati.
«Ron, Harry ed Hermione sono a Villa Conchiglia, ora i Mangiamorte sanno che Ron è con lui, quindi verranno a cercarvi! Dovete nascondervi! Ginny?»
«Sì, lo so, sono dimagrita.» sbuffò lei, «Vado a prendere le mie cose.»
«Veloci, vi accompagno da zia Muriel.»
«NO!» urlarono Fred, George e Ginny dalle scale.
«A ripensarci i Mangiamorte non sono così male... Aho!» disse Fred quando la madre lo trascinò via per un orecchio, «Ti manca proprio il gioco “io non sono Fred”, eh? Ma non c'è bisogno di staccarmi un orecchio, possiamo trovare modi più facili per farti confondere...»
George scosse la testa e guardò Bill, «Come sta Ron?»
«Uno schifo.»
«Grazie per aver addolcito la pillola.»
«Scusa, sono anche io un po' scioccato... Tutti lo erano, è morto un... Papà, ti serve aiuto?»
«Chi è morto?» domandò George subito, guardando allontanarsi, «Oi, Bill! CHI È MORTO?»
«Chi è morto?» esclamò Fred tornando indietro.
«MORTO?» strillò la madre. Ginny le fece eco.
«Un elfo! Ne parliamo dopo, muovetevi!»
Ci misero un quarto d'ora, lasciando indietro le cose meno necessarie, col cuore pesante al pensiero che forse la loro casa sarebbe stata bruciata. Quando si smaterializzarono da zia Muriel la donna ebbe da ridire, ma lo fece per fortuna al piano di sopra mentre sistemava le stanze per loro.
«Ho poco tempo. È morto un elfo di nome Dobby. Gli ha salvato la vita.»
«No, Dobby!» esclamò Ginny, portandosi le mani alle labbra.
«Maledizione!» sbottò Fred, «No!»
«Come?» chiese George, incredulo, «Ma non era a Hogwarts?»
«Non ne ho idea, si sono smaterializzati vicino a casa mia con la figlia di Lovegood-»
«Luna!» trasalì Ginny.
«... Un ragazzo di colore che credo si chiami Dean...»
Ginny spalancò la bocca.
«... Uno degli elfi con cui lavoro, Ollivander...»
«Ollivander?» chiese la madre con la voce ridotta a un sussurro.
«Erano prigionieri a Villa Malfoy.»
«Malfoy!» esclamò il padre.
«Hermione era in condizioni che avrebbero fatto sembrare Ginny in salute.» continuò Bill, lanciando un'occhiata critica alla sorella, «Beh, quasi. Ron ed Harry non stanno molto meglio e Dobby è stato pugnalato dopo averli salvati. E Ron non mi vuole dire una parola, adesso vedrò se riesco a scoprire qualcosa di più.»
«Pugnalato?» ripeté Fred, mentre George si lasciava cadere seduto su una poltrona.
«Pugnalato. Dobbiamo fare l'Incanto Fidelius, papà.»
«Sì, lo so. Sarò io il Custode Segreto, d'accordo?»
Ginny si lasciò cadere nell'altra poltrona libera, col cuore in gola. Dobby era morto... e Harry come stava? Perché Hermione era in quelle condizioni? E Ron?
Avrebbe voluto essere lì, avrebbe voluto vedere Harry, sfiorarlo almeno, dirgli che sarebbe andato tutto bene e che Dobby era felice, ovunque fosse, e avrebbe voluto sapere cosa esattamente stavano facendo e aiutarli, ma non poteva muoversi di lì. Non riuscì a dire nulla neppure a Bill.

La seconda volta, quando Bill tornò qualche settimana dopo, decisamente più tranquillo, lo fece in compagnia di Ollivander che sembrava invece molto provato.
«Zia Muriel, la tiara...» cominciò Bill quando suo padre ebbe accompagnato il fabbricante di bacchetta a riposare, porgendole un pacchetto.
«Era ora! Tu guarda, pensavo che tu e la francese ve la foste intascata per sempre... Non hanno gioielli, lì in Francia?»
Bill aprì la bocca per rispondere, si voltò e andò a sedere accanto a Ginny.
«Ancora gufi!» esclamò zia Muriel, isterica, «Quei due pestiferi gemelli della...»
«Gestiscono il negozio da una stanza sul retro.» spiegò Ginny, sorridendo nel vederla così disperata, «Come stanno?»
«Si sono ripresi... Harry è riuscito anche a darmi ordini in casa mia.» osservò lui, inarcando le sopracciglia, «Tu stai bene, piuttosto?» domandò, notando la sua espressione nel sentirlo nominare.
«Bene.» rispose lei, «Digli che gli mando tutto il mio affetto.»
«Lo farò.» promise, poggiandole una mano sulla testa, «Perché ho l'impressione che i miei fratelli più piccoli mi nascondano cose per cui potrebbe venirmi un colpo?»
«Perché è così. Dopo Fred e George ci siamo tutti rovinati, mi spiace.» ribatté lei, e sorrise.
«Dà la colpa a noi, ti rendi conto?» domandò Fred, mentre George lo salutava allegramente, lasciandosi cadere all'altro lato del divano e poggiando un braccio sulle spalle di Ginny, «Come se non fosse lei la peggiore di tutti.»
«Ikle Gin.»
«Zitti, o comincerò a chiamarvi Freddikins e Ikle Georgie.»
«Mai più.»
«Promesso.»
«Scoperto qualcosa su cosa stanno combinando o hanno intenzione di fare quei tre?» domandò poi lei sorridendo. Il legame coi gemelli era diventato sempre più forte, forse anche in virtù del fatto che l'avessero salvata. Sembrava che non facesse altro che farsi salvare, prima Harry, poi Luna al Dipartimento, e poi Neville, i gemelli...
«Ma neanche per idea. E qualunque cosa sia, è pericoloso più di quanto pensassi.» sospirò, e Ginny annuì tra sé e sé.
«Lo abbiamo notato quando Ron ha smesso di prendersela per quello che gli dicevamo, che c'era qualcosa di storto.» borbottò George.
«Che noioso.» confermò Fred, che sotto il maglione aveva la pelle d'oca al ricordo, «Ci rovina sempre i giochi. Hermione sta meglio?»
«Più o meno. Sono quasi sicuro che sia stata torturata...» sussurrò e i tre sobbalzarono.
Ginny, che poteva capirla più di tutti, chiuse gli occhi.
«Bill, ti trattieni?» domandò la madre, affacciandosi alla porta.
«No, sono rimasto anche troppo, devo subito rientrare!» disse lui, saltando in piedi, «Voi due, mi raccomando.» disse ai gemelli e Fred e George ghignarono, fingendo che non gli avesse detto nulla sul trio.
«Ginny, tienili d'occhio, tu che sei così assennata.»
Questo strappò davvero loro una risatina: Bill sapeva bene che Ginny aveva tentato con gli altri di rubare la spada di Gryffindor. Erano ancora tempi lontani, quelli, quando i Carrow non avevano ancora deciso fin dove spingersi.
«Bill, salutaceli tanto!» disse la madre, e il padre annuì.
«Non permettergli di fare cose troppo pericolose...»
«Dì loro di coprirsi, questo tempo è incomprensibile...»
«Sì, mamma, immagino che questa sia la loro prima preoccupazione...»
Ginny affondò maggiormente nel divano e si guardò le mani: probabilmente perché a differenza di Harry lei si era curata fin da subito ed era stata aiutata anche dalla madre, che alla fine l'aveva beccata in pieno, le cicatrici erano quasi sparite.
Avrebbe quasi desiderato un “non devo dire bugie” inciso nel dorso della mano pur di sentirsi un po' più vicina a Harry, in quel momento.

Qualche giorno dopo, Bill tornò, sconvolto.
«Hanno svaligiato la Gringott!»
«Chi?» domandò suo padre, rischiando si soffocarsi con il té preparato da Ginny per tutti.
«Ron, Harry e Hermione! Non so cos'abbiano preso ma sono scappati volando via su un drago!»
«Ma piantala!» sbottò Fred, scoppiando a ridere con gli altri.
«Ti stavo anche prendendo sul serio, Bill.» lo rimproverò bonariamente la madre. Poi, alla sua espressione, fece cadere la tazzina e le risate degli altri si congelarono.
«Spiegami tutto!» urlarono in quattro, mentre Ginny si voltava a guardare alla finestra, quasi aspettandosi di vederli arrivare.

Quella sera stessa Ginny era stesa sul letto, fissando il soffitto e giocherellando con il galeone del DA, quando questo divenne improvvisamente caldo e lei saltò a sedere.
Sono tornati, si combatte.
Sentì qualcosa bruciarle in petto e non seppe neppure dire se fosse paura o euforia. Corse direttamente sul retro, dove i gemelli stavano sperimentando nella camera insonorizzata, e spalancò la porta.
«Sono tornati!» esclamò dopo essersela richiusa alle spalle, «Harry e gli altri sono a Hogwarts! Si combatte!»
«Il galeone?» domandò Fred, mettendo via delle provette di fretta.
«Se hai detto che i passaggi sono controllati...» cominciò George.
«Alla Testa di Porco.» disse Ginny, «Neville mi aveva già dato indicazioni col galeone, c'è un passaggio che porta direttamente alla Stanza delle Necessità.»
«Andiamo allora, potrebbe esserci bisogno di noi...»
«E qualcuna vuole rivedere qualcuno.» la stuzzicò George.
«Aspetta, siamo sicuri che possa venire?» si chiese Fred e lei lo guardò come se fosse impazzito.
«Non credo che scoppierà una guerra, Fred... Andiamo a vedere com'è la situazione.» replicò Ginny, pensando il contrario, «Se è troppo pericoloso torno indietro ad avvertire mamma e papà. Prendete i galeoni.»
«Non li chiamiamo?» domandò George, indeciso, «Per Ginny, intendo.»
«Fate tristezza quando siete seri alla Percy.» ribatté lei impietosa, colpendo nel segno.
«Muoviti, appelliamo i galeoni e andiamo.» disse Fred, dandole un colpetto alla testa mentre passava.
Ginny sogghignò, felice di averli convinti così facilmente. Quando si smaterializzarono e si resero conto dell'assenza dei Mangiamorte corsero all'impazzata al locale, dove il barista li accolse con la consueta sgarbataggine.
«Ditemi voi se mi è consentito dormire, ogni tanto... mocciosi ovunque, tutti solo per usare un dannato passaggio!» stava blaterando e Ginny ridacchiò; Fred le fece l'occhiolino e George lo salutò allegramente.
«Aspettate!» esclamò una voce familiare.
«Lee?» si stranirono tutti.
«Mi hanno avvertito col galeone cinque minuti fa!»
«Ma dov'eri nascosto?» domandò Fred, stupefatto.
«In bagno.»
Scoppiarono tutti a ridere, «Ma non è possibile che tu viva in bagno!» esclamò George, entrando nel passaggio.
«E pensa se mi veniva voglia in un momento di tensione lì, no?»
«Sì, ma hai rovinato il momento epico, eh.» rise anche Fred, «Questa la dico agli altri quando arriviamo!»
Stavano percorrendo il tunnel quando sentirono una voce chiamarli e a Ginny si contorse lo stomaco: era Cho Chang, l'ex di Harry, se così si poteva chiamare.
«Aspettate!»
E così i cinque raggiunsero la Stanza delle Necessità, e quando Ginny si guardò intorno vide Harry e gli sorrise radiosamente, con il cuore che le batteva più forte. Dimenticò Cho Chang, per un momento dimenticò persino che si sarebbe dovuto combattere e dimenticò anche tutte le persone attorno a loro.
Adesso tutto sarebbe andato bene.

Il getto di luce verde colpì Colin al petto e lui cadde a terra, gli occhi ancora aperti.
«COLIN! NO! NO! COLIN!» urlò Ginny, scivolando nel pavimento bagnato per via delle tubature rotte visibili dai muri squarciati. Il Mangiamorte si voltò verso di lei, e lei, pazza di dolore, usò l'unico incantesimo che aveva effettivamente imparato da Amycus, che provocava una potente scarica elettrica tanto forte quanto la persona voleva far male, e un attimo dopo tutto esplose e lei finì contro un muro pensando di essere avvolta dal fuoco per via dell'elettricità che la percuoteva, e poi tutto divenne buio.

Quando riprese conoscenza in Sala Grande e vide Bill – Bill – piangere capì che non erano più in sette in famiglia, e pensò a Ron.
Cercò di mantenere per un momento la calma, sentendo i singhiozzi della madre da qualche parte, poi voltò la testa e lo vide, Fred, immobile, e sua madre che ancora lo abbracciava. George era accanto a lui, così sconvolto che Ginny pensò che sarebbero impazziti di dolore entrambi, lì, in quel momento; eppure George sarebbe stato sempre quello spezzato a metà più di tutti, lo sapeva già.
«Pensavamo di aver perso anche te.» sussurrò Percy, che era sconvolto quanto gli altri.
Lei lo ignorò, cercando di alzarsi e scivolando in avanti, afferrata da Bill, «George! GEORGE!»
George si voltò verso di lei, con gli occhi sgranati, e poi si abbracciarono quasi con violenza, piangendo forte come non avevano mai fatto, e Ginny desiderò con tutta se stessa che Fred aprisse gli occhi e ridesse di loro, perché erano cascati nella sua ennesima burla, ma Fred rimase immobile e freddo e lei non ebbe neppure la forza di tentare di chiamarlo, perché tanto non avrebbe neppure più risposto. Qualcuno gli mise un mantello sulle spalle e lei si guardò attorno, scorgendo all'improvviso Harry, Ron ed Hermione.
George tornò alla sua posizione originaria, mormorando qualcosa, e lei andò ad abbracciare Hermione, pensando che ancora una volta aveva bisogno di essere salvata, anche solo da un suo abbraccio. Era possibile per Harry riportare in vita i morti? Lui poteva tutto, forse...
Ma se Sirius e Dumbledore non erano tornati, se quelli che adesso poteva vedere e le stavano sbriciolando il cuore già spezzato erano Tonks e Remus morti, allora no, nessuno avrebbe potuto mai fare nulla, perché niente sarebbe stato così crudele da togliere tutti loro al mondo se fosse stato possibile evitarlo.
Non seppe neppure dire quanto tempo era passato, prima che si rendessero conto che Harry non c'era ed Hermione andasse a chiamare Neville.
Ron restò con lei, tenendola stretta, e le disse che lui aveva assistito, che Fred non aveva sofferto, che ancora rideva quando se n'era andato. George era seduto per terra e le stringeva una mano, forse sperando che lei potesse ricambiare il favore e salvare lui, per una volta, ma non le era possibile.
E poi Hermione entrò urlando il nome di Ron ed entrambi scattarono in piedi.
«Dov'è Harry?» domandò immediatamente.
«Che succede?» chiese Ron.
«Ha detto... di Nagini... a Neville!» disse lei, singhiozzando. Ron si immobilizzò e Ginny li guardò senza capire.
«E allora?»
«E allora dev'essere andato a consegnarsi e a morire.» sussurrò Ron, con gli occhi che ardevano, e Hermione singhiozzò ancora più forte.
«NO!» gridò Ginny, crollando a terra, «NON PUO' AVERLO FATTO!»
«Harry Potter è morto.» disse Tom, o Voldemort, la sua voce perfettamente udibile, e il cuore di Ginny era ormai ridotto in cenere.
«È stato ucciso. Stava fuggendo, per mettersi in salvo mentre voi davate la vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione che il vostro eroe è caduto. Abbiamo vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri combattenti. I miei Mangiamorte vi superano in numero e il Ragazzo Che È Sopravvissuto è morto.»
La McGonagall uscì di corsa dalla Sala Grande.
«Andiamo a vedere.» disse Hermione, piangendo, «Forse sta mentendo, perché Harry non sarebbe mai scappato, e...»
«La guerra deve finire. Chiunque continui a resistere, uomo, donna o bambino, verrà ucciso insieme a tutti i membri della sua famiglia. Uscite dal castello, ora, inginocchiatevi davanti a me e verrete risparmiati. I vostri genitori e i vostri figli, i vostri fratelli e sorelle vivranno e saranno perdonati, e vi unirete a me nel nuovo mondo che costruiremo insieme.»
«Sta mentendo.» decise Ginny, cercando di raccogliere l'infinitesimale speranza rimasta e correndo via con gli altri. Arrivata al portone notò per un istante la fila di Mangiamorte disposti come un esercito e poi la McGonagall urlò in modo disumano e lei lo vide, il corpo senza vita di Harry, vicino a Voldemort.
Era appena consapevole delle urla di dolore di Ron e Hermione, lei tentava soltanto di raggiungere lui.
«Harry! HARRY!»
Cercò di corrergli incontro, non le importava più del fatto di essere sul punto di morire, non c'era più Harry, non c'era più il suo Fred, che senso aveva continuare a combattere, quale mondo avrebbe potuto ottenere dopo, senza le persone che più amava a farne parte?
E poi George la afferrò per una spalla, lui che era rimasto catatonico al capezzale di Fred, e cercò di attirarla contro di sé.
«Ginny, non andare! Ti ucciderà! Non voglio perdere anche te!» la sua voce si ruppe e lei smise di dibattersi, crollando contro di lui mentre tutti si lamentavano e gridavano insulti contro il nemico. Le urla crebbero e Voldemort dovette frenarle con un incantesimo per poi cominciare a parlare, ma Ginny non riusciva ad ascoltarlo, il suo cuore pompava solo dolore.
E poi sentì la voce di Ron, furibondo contro di lui, «TI HA SCONFITTO!» e tutti ripresero a urlare. Ci fu un'altra esplosione prima della voce fredda di Voldemort che mentiva ancora: «È stato ucciso mentre cercava di scappare di nascosto dal parco del castello, ucciso mentre tentava di mettersi in salvo...»
Ginny si divincolò di scatto, liberandosi dalla presa di George, pronta a raggiungerlo e a fargli rimangiare le sue parole, ma Neville la superò e fu disarmato.
Il tempo scorreva, i due si scontravano, e poi a lui fu addirittura offerto un posto tra i Mangiamorte, che Neville declinò con vigore. Ginny e George si scambiarono un'occhiata e lui capì e annuì, erano entrambi d'accordo ora.
«ESERCITO DI DUMBLEDORE!» ruggì e tutti levarono le braccia in alto e fecero lo stesso. Mancava poco, Ginny lo sentiva, l'aria era carica di tensione, e quando il Cappello Parlante prese fuoco sulla testa di Neville e Ron gridò: «ORA!»
George urlò: «PER FRED!» e lei, Angelina e Lee lo seguirono con le bacchette spianate, mentre Neville estraeva la spada dal Cappello, la stessa grazie a cui Harry l'aveva salvata dal Basilico, e decapitava Nagini.

Ginny era quasi sollevata dal fatto che non avrebbe dovuto sopportare di vivere senza Fred e Harry, ora che Bellatrix stava per ucciderla. Hermione e Luna combattevano al suo fianco, ma la pazza mirava soprattutto a lei e lei era così stanca...
Bellatrix rise e Ginny vide la luce verde della Maledizione Senza Perdono, quella che senza dubbio aveva ucciso Harry, sfiorarla, e si chiese perché continuare a combattere, ancora una volta.
George era lontano, ora, e non le dava più nessuna spinta a vivere, era completamente vuota...
«MIA FIGLIA NO, CAGNA!»
Si voltò sbalordita e vide sua madre gettare via il mantello e cominciare a combattere, scacciando lei, Hermione e Luna indietro. Era ridicolo, Bellatrix aveva ucciso Sirius, non avrebbe mai potuto competere con lei...
Ma una voce, una voce che suonava terribilmente come quella di Fred, le disse che la mamma avrebbe combattuto fino all'ultimo di loro.
E aveva ragione a farlo.
Ginny strinse la bacchetta più forte, guardando le due donne duellare al massimo, il sorriso di Bellatrix mutare in una smorfia e la donna cominciare a parlare di Fred per colpire la mamma.
«Cosa ne sarà dei tuoi figli quando ti avrò ucciso?» si beffò di lei infine, e Ginny pensò che no, la mamma non sarebbe morta e comunque ci sarebbe stata lei, non avrebbe mai più voluto nessuno a salvarla, sarebbe stata lei a salvare gli altri, vivendo, «Quando mammina sarà morta come Freddie?»
«Tu... non... toccherai... mai... più... i... nostri... figli!»
Bellatrix rise, si distrasse e fu colpita al cuore. Tutti urlarono e Ginny cercò Voldemort con lo sguardo e corse, corse per mettersi tra lui e sua madre se necessario. Lui aveva eliminato tutti coloro che gli si opponevano e ora stava per colpirle senza alcuna pietà.
Un incantesimo scudo fu lanciato per tutta la sala e lui si bloccò; Ginny si guardò attorno e vide Harry, in piedi, comparire da sotto il mantello dell'invisibilità.
«HARRY!» urlò, e il suo cuore risorse dalle ceneri come una fenice, e improvvisamente seppe che stava per finire, tutto quanto e che quella sarebbe stata davvero l'ultima volta che veniva salvata da Harry, perché poi lei si sarebbe occupata di salvare George e tutti si sarebbero salvati a vicenda.
Sentire Harry dire che Snape era sempre stato dalla loro parte, poi, le fece capire il perché della Foresta Proibita come punizione, e immagino l'espressione di Fred al saperlo, cercando di soffocare il proprio senso di colpa nei suoi confronti.
«AVADA KEDAVRA!»
«EXPELLIARMUS!»
E improvvisamente era finita, e Ginny correva con gli altri, Ron ed Hermione raggiunsero Harry e poi lei, Neville, Luna, e tutti urlavano e piangevano, cercavano di toccare l'eroe, mentre Ginny voleva soltanto il suo fidanzato, e poi la notte finalmente terminò e lei andò ad abbracciare sua madre e consolarla, sapendo di doversi e volersi occupare di tutti loro.
Ci sarebbe stato un altro momento per parlare con Harry, forse giorni, forse anni; George si era seduto accanto a lei e Ginny non parlò, prendendogli la mano con forza per fargli sentire che c'era e non se ne sarebbe andata.
Li avrebbe salvati tutti come loro avevano salvato lei, era una promessa.









Note su torture e Crabbe:
*Scabbers = topo Crosta
Settimo libro: si parla del fatto che Neville, Ginny e Luna fossero i capi. Si parla di ragazzini del settimo anno incatenati, Michael Corner cruciato malamente. Neville che è nascosto da un po' nella Stanza delle Necessità ma è strapieno ancora di tagli e lividi – e non volevano ancora ucciderlo al momento -.

Ginny era anche la ex di Harry e tutti lo sapevano, quindi ho pensato che, liberatisi di Luna, Neville e lei sarebbero stati i maggiori target e che Alecto, da “donna” a donna, potesse prendersela soprattutto con lei, anche perché Ginny non stava esattamente zitta, come Neville del resto.
Crabbe... So che è descritto come stupido, ma nel sesto libro è lui che si lamenta con Draco per il travestimento da ragazze, quindi una mente sua ce l'ha, era solo molto comodo seguire Malfoy per via del potere. È sempre rappresentato come il più intelligente dei due scimmioni e a fine settimo libro sappiamo che è in grado di lanciare l'Avada Kedavra, è intenzionato a uccidere la sanguesporco e il traditore del suo sangue, scaccia Malfoy e tutto quanto. Sia lui che Goyle godono nell'usare la cruciatus, oltretutto.
Quindi sì, la mia immagine mentale di Crabbe è molto più disgustosa e inquietante di quella che ho di Goyle, così come Ginny, che non è Harry e Ron, ha notato quando le capitava di incontrare Malfoy che lo sguardo di Crabbe – chi è che guarderebbe lui e Goyle? - era diverso da tutti gli altri.
I gemelli erano diversi dal solito, ma quando George era ferito Fred ci ha messo un pochino a voler scherzare e ora è la piccola Ginny... Per me tutti i fratelli di Ginny sarebbero davvero protettivi/scioccati (persino i gemelli non erano felici della sua vita amorosa, i gemelli).

Grazie immensamente a tutti coloro che recensiscono!!!

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