The Tale of the Seven Brothers. di eleanor89 (/viewuser.php?uid=19481)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Horcrux. ***
Capitolo 2: *** Poteva essere Ron. ***
Capitolo 3: *** Dopo il Dipartimento. ***
Capitolo 4: *** Salvando Ginny. ***
Capitolo 1 *** Horcrux. ***
Hocrux
«Non
tornerò a Hogwarts quest'anno.»
I signori Weasley erano seduti
sul letto che era appartenuto a Percy, davanti a quello di Ron, e
guardavano il figlio minore con la stessa espressione
stupefatta.
«Come, scusa?» domandò la signora
Weasley, certa di
aver capito male.
«Dumbledore ha lasciato qualcosa da fare a
Harry, una missione. È molto, molto importante e io lo
accompagnerò.»
«Quale missione?» domandò allora sua
madre in
tono brusco, «E non pensare di potertene andare a zonzo
invece che a
scuola, signorino, io...»
«Non è a zonzo. Abbiamo... Harry deve
fare ciò che il preside gli ha detto prima di
morire.» spiegò Ron,
«Non so i dettagli, anche se li sapessi non è un
mio diritto
dirteli...» sapeva di aver sbagliato nel momento in cui lo
aveva
detto, perchè il viso già rosso di sua madre ora
sembrava sul punto
di esplodere.
«Diritto? Mi stai dicendo che lascerai perdere la
tua istruzione per qualcosa di POTENZIALMENTE MORTALE E NON
È NEI
MIEI DIRITTI SAPERE DI COSA SI TRATTA?»
«Ron, per favore, dicci
almeno cosa ha detto Dumbledore.» tentò il padre.
«Mi dispiace,
ma Dumbledore ha ordinato a Harry di non parlarne con
nessuno.»
disse lui, sentendosi in colpa alla vista delle lacrime negli occhi
di sua madre.
«Ma certo, Dumbledore ordina e Harry deve
accorrere! Vuole che il piccolo Harry faccia la sua stessa
fine?»
«Molly!» trasalì il signor Weasley e lei
si portò una
mano alle labbra.
Ron sospirò.
«Mamma, Harry non è più un
bambino e neppure io.»
«Io non... Non posso proibire nulla a
Harry, ma a te sì. Tu non lascerai Hogwarts.»
decretò lei,
alzandosi in piedi.
«Mamma.» la chiamò Ron, per una volta
senza
neppure spazientirsi. Fu questo a fermarla, visto il carattere
infiammabile del figlio e le sue solite risposte brusche,
«Harry non
è solo il mio migliore amico. Ha salvato Ginny. Ha salvato
me un
sacco di volte. Pensi davvero che lo lascerò andare da
solo?»
«Ma
andare dove!» gridò lei, esasperata.
«Non lo so, ma non sarà
certo questo a fermarmi.» replicò Ron, notando poi
l'espressione
del padre che per un momento si era fatta fiera e raddrizzandosi,
«Non vi sto chiedendo il permesso, visto solo avvisando che
me ne
andrò con lui.»
Il viso della madre si contrasse in una smorfia:
«Sciocchezze.»
«FRED, GEORGE, PIANTATELA DI
SMATERIALIZZARVI E FATE LE SCALE!» urlò la signora
Weasley, che
aveva quasi fatto cadere tutto ciò che aveva in mano.
«E se
cadessimo?» inorridì Fred.
«E se ci cadesse qualche
preziosissimo oggetto fragile? Il matrimonio sarebbe
rovinato!»
esclamò George.
«Ragazzi, non torturate vostra madre.» li
richiamò il padre, cercando di non ridere alle identiche
espressioni
adorabilmente ammiccanti dei gemelli. Non importava quanti anni
avessero, riuscivano sempre a incantarlo.
«Se mi rovinate il
matrimonio vi uccido. Non voglio ricominciare da capo.» rise
Bill.
«Mamma, dove devo mettere le tovaglie vecchie?»
domandò
Ginny. La sua voce era nasale e gli occhi arrossati e tutti gli occhi
dei maschi Weasley si fermarono su di lei. Sua madre invece le
sorrise per un momento e poi tornò a raccogliere gli oggetti
da
terra.
«Portali in soffitta, tesoro.»
«Ma cos'ha?» sussurrò
Bill e Fred e George scossero la testa con la stessa anomala aria di
seria preoccupazione.
«Piange sempre da quando è tornata da
scuola.»
«Non davanti a noi, ma ha sempre gli occhi
rossi.»
«Pensavamo fosse per Dumbledore.»
«Ma ora non ne
siamo più sicuri.»
«Cosa stai facendo con quelle?» domandò
all'improvviso Ginny, allarmata, e tutti si voltarono a guardarla.
Era a metà delle scale e stava lentamente tornando di sotto,
dove
stava Ron con una scatola tra le braccia.
«Ma niente.» borbottò
lui.
«Ma quella è la divisa!»
ribatté lei con voce stridula,
indicando la stoffa che emergeva dalla scatola.
«Dove credi di
portarla?» domandò freddamente sua madre.
«Di sopra.» rispose
Ron, «Insieme alle altre mie cose.»
«Riportala immediatamente
in camera tua, ti servirà quest'anno!»
Fred ridacchiò
nervosamente, senza sapere di cosa esattamente avesse paura in quel
momento, se non della mano di Ginny che tremava mentre ancora puntava
alla scatola, «Che c'è, essere Prefetto ti ha dato
alla testa e
vuoi una nuova divisa?»
Ron lo ignorò: «Non torno a Hogwarts
quest'anno.»
«Tu che cosa?» fece Bill, stupefatto.
«Lo
sapevo!» tuonò Ginny, scendendo in gradini di
corsa e colpendolo
con una serie di pugni alla spalla. Ron lasciò cadere la
scala e
tentò di bloccarla per i polsi senza troppa convinzione;
«Harry...»
disse lei, bloccandosi guardandolo con rabbia, «Non
tornerà neanche
lui... vero?»
«No.» sussurrò lui.
«Arthur, gentilmente,
porta la scatola di Ron al suo posto in camera sua.» disse
sbrigativamente la signora Weasley, come se non fosse accaduto nulla,
«Fred, George, voglio che sistemiate il giardino. Bill, va' a
vedere
se Fleur ha bisogno di qualcosa. Ginny, tu puoi fare una
pausa.»
«Sto
io con Ginny.» disse Ron, lanciando un'occhiata ai fratelli
che
prometteva spiegazioni e abbracciandola prima che lei potesse
colpirlo ancora.
«Che diavolo è preso a Ginny? E dove
staresti andando tu?» sbottò Bill, già
abbastanza isterico per i
preparativi senza bisogno di ulteriori aiuti esterni.
Erano in
camera di Ron ed era notte, appena dopo cena, quindi la signora
Weasley stava ancora sparecchiando e non li avrebbe
disturbati.
«Ginny ve lo dirà di persona se
vorrà.» rispose
Ron con una voce ferma che non riconobbero come sua, «Per
quanto mi
riguarda io, Harry ed Hermione abbiamo una missione che ci ha
affidato Dumbledore stesso prima di morire. L'ha affidata a Harry ma
noi lo accompagneremo, ovviamente.»
«Ovviamente.» ripeté Bill,
poco convinto.
«Dai, Bill, hai sempre saputo che sia che io
facessi parte dell'Ordine o che non ne facessi parte prima o poi
avrei seguito Harry per aiutarlo...»
«La mamma ti ucciderà
prima di permettertelo.» fece presente Fred.
«E se è una
missione segreta ti servirà una copertura.»
aggiunse
George.
«Nessuno ha intenzione di provare a farlo
desistere?»
chiese Bill.
«E perché? Per una volta sono fiero che Ron sia
mio
fratello!»
«Sì, anche io!»
Ron si illuminò.
«Siete
dalla mia parte?»
«C'è da chiederlo?» domandò
George,
entusiasta, «Noi stavamo pensando di fare qualcosa per
l'Ordine ma
non siamo ancora sicuri... Qualcosa che non farà venire un
infarto a
mamma, tranquillo.» aggiunse, rivolto al fratello maggiore
che già
lo scrutava torvo.
«Infatti, non dimenticatevi della mamma.»
convenne Bill, «Dov'è che dovreste esattamente
andare, Ron?»
«Non
lo so.» rispose lui, un po' meno felice, «Non
sappiamo quasi nulla.
Ma Harry ha bisogno di noi.»
«Tu sai che Harry mi piace... Ma
non credi che dovrebbe essere qualcun altro ad
accompagnarlo?» tentò
Bill, sperando di suonare ragionevole.
«Lui ha salvato Ginny
dalla Camera dei Segreti. Non avete idea di come fosse lì
sotto e di
come fosse ridotto dopo... Glielo devo.» ripeté
Ron come aveva
fatto con la madre.
«Come se fosse per questo.» ridacchiò
Fred,
dandogli una pacca sulla spalla, «È che
è il tuo migliore amico e
tu sei un Gryffindor, Ronnie.»
Ron
quasi sorrise, fino al nomignolo finale.
«C'è un problema
però... La nostra famiglia potrebbe essere in pericolo se
tutti
sapessero che sei con Harry, e sarà scontato non trovandoti
a
Hogwarts.» si intromise Bill, «Devi trovare un
alibi.»
«Bill?»
chiamò la madre dal piano di sotto.
«E io devo andare. Pensateci
e fatemi sapere.»
Fred e George risposero con il saluto militare
babbano, sbagliando come sempre mano, e Ron annuì sentendo
una
strana stretta al cuore: ci aveva pensato bene dopo l'iniziale
offerta di seguire Harry ovunque, quella era scaturita dal cuore, e
sapeva che avrebbe ferito sua madre e anche Ginny, che si sarebbe
ritrovata da sola in una Hogwarts senza Dumbledore, ma non aveva
avuto il coraggio neppure di immaginare uno scenario in cui tutta la
famiglia era in pericolo a causa sua.
Sperò con tutto il cuore
che il viaggio con Harry fosse una cosa veloce, del resto Harry
doveva avere indicazioni precise sugli Horcrux che non aveva avuto il
tempo di dar loro, in modo da tornare subito a casa ed evitar loro
problemi.
«Il ghoul?» ripeté Fred, incredulo,
«Papà, come
ti è saltato in testa? È... geniale!»
«La spruzzolosi...
Nessuno si avvicinerà a Ron...» stava dicendo
anche George,
estasiato, «Papà, non è che per caso
non ci hai detto qualcosa dei
tuoi anni a Hogwarts? Ci sei arrivato troppo in fretta per essere
stato un bravo ragazzo...»
«Ero un bravo studente.» disse
subito lui, con le orecchie che però diventavano rosse; Ron
scoppiò
a ridere, pur sentendo ancora una volta la malinconia in quello
scherzare quotidiano.
«Ci credo poco.» commentò,
«Grazie.»
aggiunse.
Il padre gli arruffò i capelli affettuosamente,
«Tutto
quello di cui hai bisogno.»
«Mettetegli il pigiama di Ron.»
disse Ginny, affacciandosi alla porta. Era pallida, ma non sembrava
aver pianto, «Per sicurezza.»
Fred e George si illuminarono alla
sua vista, mentre Ron abbassava lo sguardo.
«Bill è andato a
prendere la sua bella.» annunciò Fred, lanciando
un cuscino a
George, «Questo mettilo a posto o mamma ci uccide. Ron,
quando
arriva la tua?»
«La mia cosa?» domandò lui
distrattamente, con
lo sguardo perso alla finestra.
«La tua bella, ovviamente!
Hermy-oh-ninny.»
Ron si voltò di scatto, indignato: «Fred,
piantala!»
«Non sono Fred, sono George.»
«Ehi, non ci
provare.» rise George, «Poi se la prende con
me.»
«E da quando
hai paura del nostro Ronnie Prefetto?»
«Da
quando è diventato un eroe viaggiatore!» rise
ancora lui.
«Oh
sì, l'anima di Godric lo sta possedendo! Ave a Ron, fedele
vassallo
di Harry Potter!»
«Colui che non temeva le ire di Molly
Weasley!»
Ron ridacchiò: per una volta anche facendo i buffoni
non lo stavano mettendo a disagio. In fondo sapeva che i gemelli gli
invidiavano il viaggio, pensando a chissà quali avventure,
mentre
lui per una volta sarebbe voluto restare a casa, ovviamente con Harry
e Hermione.
Non sapeva da dove venisse tutta quell'amarezza, ma
aveva la sensazione che qualcosa sarebbe andato storto.
«Ehi,
guardate che dovete tenere d'occhio Ginny. Sarà da sola a
scuola e
dovreste scriverle più che potete.»
osservò, andando a rubare una
fetta di bacon dal piatto di Fred, «E anche dopo,
perché è
diventata brava a far finta di niente e bisogna torturarla per farla
parlare. Però fatelo voi, siete voi i suoi preferiti,
qualunque cosa
dica. Beh, a parte Bill, ma Bill sarà occupato con la sua
vita da
sposato... Che c'è?» domandò,
improvvisamente preoccupato
dall'eccessivo silenzio e soprattutto dalle espressioni dei
fratelli.
«Ma quanto conti di star via?» domandò
Fred con voce
stranamente quieta.
«Non lo so.» rispose, rilassandosi, «Ve
l'ho già detto. Ma nel caso duri molto o io non-»
raggelò,
rendendosi conto di cosa stava per dire, e mise giù la
forchetta.
Gli era completamente passata la fame.
Lo sapeva, lo sapeva da
anni che avrebbe seguito Harry. Sapeva che prima o poi sarebbe
arrivato il momento di schierarsi apertamente e di combattere in
prima linea, del resto era dal primo anno che sfioravano la morte; ma
questa volta era diverso, questa volta non l'avrebbero soltanto
sfiorata, l'avrebbero corteggiata e sfidata. E lui sapeva come
sarebbe potuta finire, ma non poteva dirlo, non poteva ammetterlo ad
alta voce, e soprattutto non voleva vedere l'espressione dei suoi
fratelli se avesse pronunciato quelle parole, specialmente quelle di
Fred e George, che per quanto lo riguardava sarebbero dovuti restare
scherzosi come se si trattasse di una scampagnata.
Sentì soltanto
vagamente la voce di sua madre dal giardino, stava dicendo a qualcuno
di entrare, e intanto osservava la forchetta, ignorando le
espressioni confuse dei gemelli.
«Hermione!» esclamò infine
George, costernato. Ron si voltò immediatamente e la vide
arrivare
con due bagagli e l'aria stravolta. Le guance erano ancora rigate di
lacrime e lei era arruffata come dopo una corsa sebbene fosse chiaro
che si fosse smaterializzata. La signora Weasley non doveva averla
chiaramente vista da vicino, occupata com'era nel sistemare il
cortile.
«Che succede?» domandò anche Fred,
raggiungendola
insieme a Ron, che l'abbracciò mentre lei lasciava cadere le
sue
valigie e si stringeva a lui come se non ci fosse un domani.
«Stai
bene?» domandò anche Ron, spaventato.
«Sì, s-sì, mi
dispiace.» singhiozzò lei, tirando su col naso e
cercando di
spostare indietro i capelli dopo averlo lasciato andare. Fred fece
comparire un fazzoletto e glielo porse.
«Grazie.» mormorò.
Ci
volle qualche minuto perché si calmasse, e ancora tremava
violentemente. A quel punto anche la signora Weasley e Ginny erano
rientrate e la prima le stava preparando una camomilla in
cucina.
«Non potevo restare un minuto di più a
guardarli...»
sussurrò Hermione, con le mani dimenticate in quelle di Ron.
Ginny
aveva un braccio intorno alle sue spalle e i gemelli erano inchinati
davanti a lei, così genuinamente dispiaciuti che le avevano
causato
l'ultima delle crisi di pianto.
«Chi?» domandò Ron.
«I miei
g-genitori. Ho fatto loro l'incantesimo di memoria, sai. Ora non
sanno più di avere una figlia, stavano parlando di un
viaggio... È
giusto, lo so, e se tutto andrà bene li ritroverò
e sarà tutto
come prima, forse... No, che dico! Non so neppure se potranno
perdonarmi! Ho dovuto cancellare tutto, è come se non fossi
mai
esistita!» per poco non scoppiò di nuovo in
lacrime, strizzando gli
occhi e poggiando la testa contro la spalla di Ron.
«Pensa che
sono felici ora, non sapendo nulla. E che andranno tutto bene e ti
perdoneranno e che l'hai fatto per loro. Li stai tenendo al sicuro,
Hermione.»
«Ma...» cominciò Ginny, accarezzandole i
capelli,
«C'era davvero bisogno di farlo?»
«Beh, sì, per forza. Ho
parlato con loro di Harry ed erano in pericolo.»
spiegò Hermione,
tirando su col naso.
«Allora non devi prendertela con te stessa.»
decretò l'amica, «Era l'unica cosa da
fare.»
«Sì... È solo
che è terribile essere guardati dai propri genitori e non
essere
riconosciuti... E forse non sapranno mai di avermi avuto, ci pensi?
So che è egoista, ma se le cose vanno male loro non lo
sapranno
mai... Non sanno a cosa stiamo andando incontro ora, e questo va
anche bene, ma forse sentiranno comunque un vuoto nella loro vita
perché non ci saranno altri figli per loro... Non so neanche
io cosa
sto dicendo...»
«Tu non morirai.» disse Ron a bassa voce,
socchiudendo gli occhi, «Tornerai da loro. Mi hai
capito?»
«Ecco
qui la tua camomilla, tesoro.» disse la signora Weasley,
tornando di
fretta dalla cucina, «Bevila calda, ti
rilasserà.»
Fred, George
e Ginny si alzarono per lasciarle spazio, spostandosi verso la stanza
accanto.
«È diverso.» disse Fred con voce roca,
«È tutto
diverso, non era così di solito per loro. Qualunque cosa
stiano
facendo è... diverso.»
«È per questo che stai male, Ginny?»
domandò George, senza guardarla, «Sai
qualcosa?»
«So solo che
come dice Fred è diverso. Ho paura... che Ron o Harry o
Hermione non
tornino a casa.» rispose lei, immobile e fredda come una
statua. «E
questa volta potrebbe essere facile, con tutte le precauzioni che
stanno prendendo si vede che qualunque cosa sia è
enorme.»
«Nessuno
morirà, Ginny.» disse Fred di getto.
«E dobbiamo cercare di
capire meglio... Stasera non viene a cena anche Lupin? Potremmo
dirgli di cercare di spillare qualche informazione a Ron... o a
Hermione, lei sembra quella meno decisa dei due.»
tentò
George.
«Non farti ingannare.» replicò Ginny,
«E non
funzionerà.»
Le parole di Ginny si erano avverate, e al
matrimonio ancora nessuno sapeva nulla del loro obbiettivo. Non
doveva mancare molto alla loro partenza, comunque, perché
tutti
sentivano che dopo la cerimonia sarebbero riusciti a
dileguarsi.
«Dov'eri?» chiese George, sorseggiando una
burrobirra.
«Con la cugina di Fleur numero due.» rispose Fred
trionfante, aggiustando la cravatta, «Quella tutta sola
è nostra
sorella?»
«Ci stava ballando Lee poco fa.»
«Vado a rubarle
una danza io. Non capisco perché il cugino Barny non
si dà una mossa. L'ho visto più o meno a inizio
serata che la
guardava come Bill guarda Fleur.»
«No!» rise George, «Stai
scherzando? Oh, ti hanno rubato la dama.»
Lee era tornato a
ballare con Ginny, ed avevano l'aria di divertirsi molto.
«Beh,
peggio per il cugino Barny, comunque.» riprese George, poi si
fece
serio: «Credi che c'entri qualcosa con l'umore di
quest'estate di
Ginny?»
«Ancora non glielo avete chiesto?»
domandò Ron,
facendoli sobbalzare.
«Ma tu non eri a ballare con Hermione?
Guarda che c'è Krum in sala.» lo avvisò
Fred ilare. Ron si
incupì.
«L'ho notato. Sono venuto solo a prendere un paio di
burrobirre.» spiegò, afferrando due bicchieri di
malagrazia, «Se
siete così preoccupati per Ginny chiedeteglielo.»
«Nah, non ci
risponderebbe. Tu piuttosto, invece che fare il saputello
perché non
ci dici tutto? Siamo i tuoi fratelli.» gli ricordò
George con un
gran sorriso.
In quel momento tutti smisero di ballare e i tre
notarono un patronus farsi strada in mezzo alla sala.
«Il
Ministero è caduto. Scrimgeour è morto. Stanno
arrivando.»
Ron
raggelò, lasciando cadere le burrobirre, poi cominciarono le
urla.
Si voltarono verso Fred e George, che stavano cercando le bacchette
nei loro completi, e urlò: «Devo trovare gli
altri!»
«No,
vieni con noi!» ribatté Fred, cercando di
sovrastare il baccano,
mentre George si allungava automaticamente per prendergli un braccio,
forse per smaterializzarsi.
Ron scattò indietro, disperato.
«No,
devo...»
Poi si rese conto che quello era il saluto.
Non gli veniva nulla di epico da dire però, e come temeva le
espressioni dei gemelli non erano più scherzose.
«Io...»
Altre
urla, e Ron scorse un cappuccio nero. Col cuore in gola si
voltò e
incontrò di nuovo lo sguardo di Fred, che era il
più vicino.
«Se
mi succede qualcosa, prendetevi cura di mamma e Ginny.»
sillabò,
sperando che riuscisse almeno a leggergli le labbra visto il
baccano.
Era il meglio che era riuscito a trovare, ed era anche
ciò che sentiva di più in quel momento,
perché per tutto il tempo
non aveva fatto che pensare anche a loro. Senza dargli il tempo di
rispondere Ron si voltò e cominciò a correre
all'impazzata,
cercando gli amici, e finalmente vide Hermione e si gettò
verso di
lei, prendendole la mano con forza e sentendosi smaterializzare.
«Se
n'è andato...» mormorò Fred, senza
neanche accorgersene, «Se n'è
andato...»
«Dai, dai, prendiamo Ginny!» lo
strattonò George,
«LEE!» urlò selvaggiamente,
«MIA SORELLA!»
Lee doveva averlo
sentito, perché scagliando un protego su
una delle invitate francesi afferrò Ginny per un braccio,
trascinandola verso di loro.
I Mangiamorte si stavano
avvicinando.
«Fred!»
Fred si riscosse alla voce del fratello
che si era fatta più spaventata e strinse forte la
bacchetta:
avrebbe ucciso Ron quando l'avrebbe rivisto, per aver scelto una
frase simile prima di andarsene.
Quasi che uno di loro potesse
morire, che assurdità.
Normalmente io amo solo ed
esclusivamente Fred e George e li nomino quando posso, mentre ritengo
che Ron sia decente al settimo libro ma non all'altezza di Hermione,
e di Ginny mi è sempre interessato poco. Eppure non ho
potuto fare a
meno di cominciare a scrivere di loro, perché come ho detto:
A sono
morbosa e mi piace scrivere di gente che si spaventa a morte o
soffre, e che occasione migliore per usare i gemelli che di solito
sono da me usati solo per sollevare il morale alla gente, e che
invece ora posso mostrare nei guai come tutti? E poi mi sono sempre
chiesta come si sentissero tutti l'anno della Camera dei Segreti, o
anche di come appunto Fred e George, ma anche i loro genitori,
abbiano reagito sapendo di quello che era accaduto al Ministero... e
poi Ginny a Hogwarts fino a Pasqua coi Carrow, le torture, le
punizioni disumane?
E quindi eccomi qui. Spero che i
personaggi non siano ooc o che perlomeno sia sempre giustificabile
data la situazione. Potrebbe esserci anche qualcosa di leggero ogni
tanto, non so, dopo tutto si parla dei Seven Brothers nel bene e nel
male.
Il titolo può portare alla mente sia la fiaba dei tre
fratelli coi loro Doni della Morte, sia il capitolo su Severus e
tutti i suoi ricordi snocciolati uno dopo l'altro.
Grazie a
chi ha letto e ancor di più a chi recensirà!
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Capitolo 2 *** Poteva essere Ron. ***
Poteva
essere Ron
.
Fleur era splendida anche col grembiule da cucina e i capelli raccolti
a coda, impegnata nel preparare la cena. Bill, che in teoria avrebbe
dovuto dare una mano, era stato rapito dalla sua espressione
concentrata e la guardava con ammirazione, specialmente da quando lei
aveva aperto la finestra per cambiare aria e il vento le faceva
dondolare la chioma argentata.
Il rumore di una materializzazione perciò lo colse
impreparato, ma allo sguardo allarmato della neo-consorte
afferrò istantaneamente la bacchetta, facendole cenno con la
testa di allontanarsi dalla finestra: c'era l'Incanto Fidelius su Villa
Conchiglia, perciò doveva essere qualcuno di famiglia, ma
era sempre meglio non fidarsi specialmente dal momento che non era
stato avvisato di nessuna visita.
Si affacciò appena per guardare all'esterno e vide una
figura ferma davanti alla casa, con dei brillanti capelli rossi e i
vestiti sbrindellati.
Quasi gli cadde di mano realizzando chi fosse, e corse fuori appena in
tempo per vedere Ron crollare su se stesso come se gli avessero
tagliato le gambe, inginocchiandosi. Si sentì morire al
pensiero che fosse ferito, magari gravemente, ma precipitandosi accanto
a lui vide che non c'era traccia di sangue se non qualche graffio che
non sembrava profondo. I vestiti e i capelli erano ancora zuppi e
appiccicati alla sua pelle ed era visibilmente devastato.
«Bill!» gridò Fleur, raggiungendolo,
«Ron?»
«Cos'è successo?» domandò
lui, col cuore in gola. «Chi...» ma non poteva
continuare, chiedergli se Harry, la loro salvezza, era morto; o magari
Hermione, quella piccola amante dei libri che aveva visto crescere
accanto al suo fratellino. Era impensabile. «Stai
bene?»
«No.» disse Ron con voce rotta. Bill si rese conto
che piangeva e tremava violentemente.
«Vieni qui.» disse dolcemente, aiutandolo a tirarsi
su e spingendolo verso casa, «Fleur, per favore, prenderesti
dei vestiti asciutti e delle coperte? Forse è meglio
accendere il fuoco...»
Ron non parlò per tutta la sera, limitandosi a un secco
“Stanno bene” e poi fissando gli occhi sul fuoco
che crepitava nel caminetto. Non volle toccare cibo, nonostante
navigasse nei vestiti di Bill che un tempo gli erano larghi e
nonostante il pallore spettrale su cui le lentiggini spiccavano come
ferite.
Il pomeriggio del giorno dopo Ron si sedette accanto a lui e gli
raccontò tutto: che aveva viaggiato con i due e che aveva
cominciato a comportarsi male, influenzato anche da qualcosa che non
poteva spiegargli, e che alla fine tutto il risentimento era sfociato
in un litigio definitivo con Harry.
«E me ne sono andato. Ho provato a tornare indietro ma sono
protetti da incantesimi di ogni genere... Li ho persi.»
terminò, con gli occhi lucidi che fissavano una manica della
camicia di Bill.
«Ma... dopo tutto quello che hai fatto, tutto quello che hai
detto... Come hai potuto abbandonare tutto per un litigio?»
domandò Bill, leggermente deluso dal fratello. Si era
aspettato qualcosa di più eroico dopo il modo in cui si era
preparato per tutta l'estate a quel viaggio, come se fosse l'impresa
più pericolosa mai affrontata a memoria d'uomo. Era riuscito
a preoccupare persino Fred e George, per dirla tutta.
«Non lo so.» sussurrò Ron, incontrandone
finalmente gli occhi per un momento.
Bill si irrigidì, perché suo fratello era davvero
distrutto, lì, davanti a lui, col cuore in mano e pronto a
un rimprovero che sentiva di meritare. Non poteva farlo, non poteva
dargli altro peso anche lui.
«Ho fallito.» riprese Ron, «Come
sempre.»
«Tu non hai mai fallito.» lo corresse Bill,
mettendogli una mano sulla spalla. «Ora voglio che resti qui
per Natale, devi rimetterti in sesto. Dopo, se vorrai, tornerai a
cercarli, ma non in queste condizioni.»
«Non mi vorranno più.»
sussurrò Ron.
«Non dire scemenze, sono sicuro che non vedono l'ora di
rivederti!» ribatté lui, sperando di suonare
più sicuro di quanto non si sentisse.
«Cosa dirai alla mamma?» domandò allora
Ron, «Ti prego, non dirgli che sono tornato indietro! Sai
cosa succederebbe!»
«Inventerò una qualche scusa, non
preoccuparti.» lo rassicurò subito,
«Però tu ora devi toccar cibo. Fleur ci
resterà male altrimenti.»
E Ron rimase fino a Natale, costantemente depresso. L'unica cosa che
riuscì a strappargli un sorriso fu quando gli
raccontò che Lupin era tornato da Tonks, poi di nuovo il
buio.
Poi, una mattina, Bill si svegliò con una strana sensazione.
Quando scese in cucina vide un biglietto sul tavolo e seppe che Ron se
n'era andato di nuovo.
Una notte di primavera, mesi dopo, di nuovo sentirono il potente rumore
di materializzazione. Stavolta era più d'uno
però, e Bill si armò di nuovo di bacchetta,
accendendo la luce esterna. Sapeva che l'Incanto reggeva, Kinsgley era
stato lì proprio quella sera.
«AIUTO!» sentì urlare, e Fleur,
stringendosi nella vestaglia, comparve al suo fianco con la bacchetta
in mano. Un istante dopo vide avvicinarsi quattro figure, tre alte e
una piccola abbastanza da poter essere identificata come elfo domestico.
«Chi...»
«Dobby deve andare a salvare Harry Potter, signore! L'amico
rosso mi ha mandato qui con loro! Dobby deve andare!»
esclamò l'elfo con aria terrorizzata, prima di sparire di
nuovo.
Il ragazzo e la ragazza, perché erano solo due ragazzi, si
stringevano l'un l'altro per restare in piedi, e dietro di loro
qualcuno barcollava in avvicinamento.
«Dean Thomas e Luna Lovegood, signore. Lei è uno
dei fratelli di Ron? Loro sono bloccati a villa Malfoy, ci hanno
salvato, ci tenevano chiusi in cantina...»
cominciò il ragazzo, ansimando, mentre la ragazza lo
guardava con occhi spalancati. Bill trasalì, ricordando che
era l'amica di Ginny, la figlia di Xenophilius Lovegood, rapita sul
treno di ritorno da Hogwarts.
«Olivander!» esclamò Bill,
riconoscendolo. Poi tornò a guardare Ron, «Hai
detto che sono bloccati a Villa Malfoy?» domandò,
pensando subito di inviare un patronus all'ordine.
Ma in quel momento si udì nuovamente il rumore della
materializzazione, stavolta più lontano, nella collina
davanti alla casa.
«Devono essere loro!» disse Luna, rallegrandosi.
Un attimo dopo giunse un urlo: «AIUTO! AIUTO!»
«Harry!» gemette Dean.
Bill scattò di corsa, seguito dagli altri.
«Bill!»
La voce di Ron lo raggiunse come una ventata d'aria fresca, ma il
sollievo durò un solo istante. La bacchetta faceva solo una
flebile luce, ma riuscì comunque a scorgere il sangue.
Illuminò il fratello e vide che reggeva Hermione tra le
braccia, lei era priva di conoscenza o forse morta, e lui sembrava sul
punto di svenire.
«Cosa... Come...»
«La porto a casa tua.» disse Ron, barcollando
paurosamente. Bill lo afferrò per un braccio.
«La porto io.»
«No.» disse subito Ron. Sembrava sotto-shock e Bill
ebbe la sensazione che gli sarebbe arrivato un calcio o un morso se
avesse tentato di sfilargliela dalle braccia.
«Ti do una mano.» disse allora Olivander, che non
vedeva evidentemente l'ora di entrare in casa e non sembrava in
condizioni migliori. «Dov'è Harry?»
chiese Dean, poggiando una mano sulla schiena di Ron come per aiutarlo
ad andare dritto.
«Dietro. Indietro. Si stava smaterializzando con
Dobby.» spiegò con voce incerta, guardando fisso
Hermione e poggiandola con delicatezza infinita nel divano appena
entrati. Le sfiorò anche i capelli con una mano e Bill,
distogliendo lo sguardo dal fratello, si rese conto delle condizioni
pietose della povera ragazza: sembrava che l'avessero torturata.
«Storà bene.» disse
Fleur in tono gentile, dopo essersi assicurata con descrizione che ci
fosse ancora battito, poggiandole due dita sul polso senza farsi notare
da Ron.
Non era così che doveva essere. Suo fratello aveva diciotto
anni e in quel momento aveva lo stesso aspettato di un qualsiasi malato
del reparto malattie mentali del san Mungo, mentre la sua migliore
amica giaceva mezzo morta davanti a lui e il suo migliore amico...
Si rese conto che Harry non c'era e corse di nuovo fuori, seguito dalla
moglie, da Luna e da Dean, lasciando Olivander dopo un'occhiata
ammonitrice perché non abbandonasse Ron da solo.
Correndo su per la collina tutti alzarono le bacchette per illuminare
il più possibile la strada, e trovarono Harry che era
accasciato davanti all'elfo, e quest'ultimo aveva un coltello
conficcato in petto.
Poteva essere Ron.
Bill si sentì di nuovo gelare ma si impose la calma,
cercando di decidere cosa fare e proponendo anche a Harry di
seppellirlo davanti alla villa.
Poteva essere Ron.
Poco dopo vide Harry scavare con energia la tomba per Dobby,
così si chiamava l'elfo. Fleur stava curando Hermione che
era ancora svenuta e aveva proibito agli altri di muoversi prima di
aver dato loro un'occhiata più da vicino.
«Mi serve una pala.» disse Ron con voce roca,
fissando l'esterno con aria spenta. Sembrava invecchiato, nonostante
lui fosse il minore. Il piccolo Ron che se la prendeva in modo ridicolo
per qualsiasi cosa, diventando rosso come un peperone e imbronciandosi,
e che ora guardava l'amico scavare una tomba con espressione distaccata
ma con la mano poggiata accanto alla finestra che tremava quanto la
prima volta che era venuto a Villa Conchiglia.
Bill corse a prenderla per non doverlo più guardare.
Cosa avrebbe dovuto dire a sua madre, quando l'avrebbe rivista?
Poteva essere Ron, con un pugnale nel petto. Gryffindor fino
alla fine, per difendere il migliore amico. Nessuna sciocchezza sul
bene superiore, Ron era troppo semplice, troppo onesto
perché gli importasse, solo per Harry.
Bill si chiese se fosse strano quanto temeva l'essere geloso
dell'affetto che il fratello provava per Harry, non aveva del resto mai
preteso da nessuno degli altri che ritenessero lui il modello da
imitare. Eppure avrebbe voluto essere lui quello a cui Ron teneva di
più, anche solo per convincerlo a restare al sicuro.
Ron, Dean ed Harry scavarono la tomba assieme, e poi li raggiunsero,
stringendosi nei mantelli e nei cappotti e aiutando Hermione che si era
svegliata. Fu Luna a chiudere gli occhi di Dobby.
«Ecco.» disse, «Ora è come se
dormisse.»
E poteva essere Ron.
O Ginny.
O Charlie.
O Fred.
O George.
O Percy.
Stupido Percy.
«Ce ne andremo domani.» annunciò Ron
qualche settimana dopo, e sembrava essere tornato il solito Ron. Solo
con una luce diversa negli occhi, la luce che nasceva da avventure che
Bill non riusciva neppure ad immaginare e che forse non avrebbe mai
conosciuto. Dean Thomas aveva poi davvero confermato che Hermione era
stata torturata e che Lastrange parlava di una spada o qualcosa del
genere, ma non sapeva molto, e il folletto Unciunci sembrava avere
qualcosa in mente, qualcosa che preoccupava Bill.
Bill annuì soltanto, perché aveva già
dato a Harry e loro tutti gli avvertimenti che poteva, anche se sapeva
che avrebbe seguito la sua strada.
«Stai attento.» disse solamente, e Ron sorrise come
se avesse detto qualcosa di stupido.
Iniziava a capire come doveva essersi sentito Sirius: impotente e
nervoso. Lui lo nascondeva meglio, ma aveva Fleur dalla sua parte.
«Ehi, Bill.» lo chiamò di nuovo,
«Non alzatevi domattina per salutarci per nessun
motivo.»
«Come sarebbe?» si accigliò lui.
«Vuoi che Fleur sia al sicuro? Allora non alzarti.»
tagliò corto Ron, e Harry, comparso alle sue spalle per
chiamarlo, si fermò un momento e annuì.
«Bill, non so come ring-»
«Non dirlo neanche.» lo interruppe Bill, cercando
di sorridere.
Fleur era felice quanto lui all'idea di non poter scendere neppure a
salutarli un'ultima volta e restò in silenzio
finché non si fu addormentata.
La mattina dopo però erano entrambi sveglissimi e guardavano
il soffitto buio ascoltando i rumori soffocati che venivano dal piano
di sotto.
Quando la porta di casa si chiuse Bill sentì svanire il
briciolo di speranza che era rimasto in lui all'idea di aver Ron al
sicuro.
Poteva essere Ron.
Per un istante solo, che lo fece sentire colpevole per molto tempo,
odiò Harry Potter e il giorno in cui era entrato nelle loro
vite.
Si voltò verso la moglie e le cinse la vita con un braccio,
sicuro che non dormisse. Lei si girò su un fianco e lo
abbracciò subito.
Poteva essere Ron.
E forse lo sarebbe stato.
Come sorella di nove anni maggiore non ho potuto fare a meno di pensare
che se mio fratello prendesse come esempio da imitare un amico e non
calcolasse me forse ne sarei gelosa...
E non dovrebbe essere così cupa, ma si è scritta
da sola. Vabbé.
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Capitolo 3 *** Dopo il Dipartimento. ***
Dopo il Dipartimento.
Erano le cinque di mattina quando Molly
fu svegliata da un bussare insistente. Guardò l'orologio,
scrollò
leggermente il marito e si alzò dal letto.
«Che succede?» domandò Arthur,
cercando gli occhiali tastando con le mani il comodino.
«Bussano.» rispose lei abbottonando
la vestaglia, per poi rendersi conto di ciò che implicavano
le sue
parole: «Bussano a quest'ora!» esclamò
preoccupata, «Che sarà
successo?»
«Andiamo.» disse semplicemente il
marito, impugnando la bacchetta per sicurezza.
Non erano mai buone notizie a quell'ora
del mattino, lo sapevano entrambi.
«Chi è?» chiese Arthur a gran voce
davanti alla porta, tenendo la moglie dietro di sé.
«Kingsley Shacklebolt, sono un membro
dell'Ordine e il mio Patronus è una lince.»
Arthur si affrettò ad aprire: «Cos'è
successo? Problemi con l'Ordine?»
«I ragazzi stanno bene.» fu la prima
cosa che disse Kingsley e Molly lo guardò preoccupata.
«Non dovrebbero? Quali?»
«Ron e Ginny. E Harry naturalmente.
Stanno bene.»
«Ma certo che stanno bene, sono a
Hogwarts!» esclamò la donna sorpresa. Poi
notò l'espressione di
Kingsley e impallidì, «Oh, no! Cos'è
successo?»
«Voldemort ha attirato Harry in una
trappola al Dipartimento dei Misteri stanotte. Lui e un gruppo di
amici tra cui i vostri figli sono andati da lui credendo di salvare
Sirius.» la voce calma di Kingsley per una volta non ebbe il
minimo
potere rassicurante. Pur sapendo che i ragazzi stavano bene Molly
ebbe un capogiro e dovette sedersi, mentre Arthur restava immobile,
strabiliato. «Appena Snape ci ha avvertito siamo corsi a
prenderli,
Sirius compreso, e... I ragazzi sono tutti tornati a Hogwarts con
Dumbledore. Ora anche al Ministero ammettono il ritorno di Voldemort,
l'hanno visto coi loro occhi.»
«Ma Tu-Sai-Chi in persona era al
Ministero?» domandò Arthur scioccato, «E
i ragazzi l'hanno
incontrato?»
«Soltanto Harry, ma i ragazzi hanno
combattuto contro molti Mangiamorte. Valorosamente, direi.»
Molly scoppiò in lacrime: «Sono
ba-bambini! Non dovevano combattere affatto!»
singhiozzò.
«Come stanno esattamente? Possiamo
andare a trovarli?» disse Arthur, raggiungendo la moglie e
abbracciandola.
«Ginny aveva soltanto una caviglia
slogata o rotta e qualche ferita superficiale. Ron è stato
attaccato
dai cervelli...»
«Dai che cosa?» alzò
la voce
Arthur, «Mi hai detto che stanno bene!»
«Cosa sono? Arthur, c-cosa sono?»
inorridì Molly.
«Ron sta bene, i cervelli lo hanno
ferito alle braccia ma non gli hanno toccato la testa, a quel che ci
ha detto una sua amica, Luna Lovegood.» spiegò
Kingsley, «Hermione
è quella che ha rischiato più di tutti. Uno dei
Mangiamorte l'ha
colpita con una qualche Maledizione. Per fortuna era stato colpito da
un silencio un attimo prima, altrimenti l'avrebbe
uccisa.»
Entrambi ora erano pallidissimi, il
pensiero rivolto interamente a Hermione e al rischio di non vederla
più: era come una figlia ormai.
«Harry?» mormorò con voce tremante
Molly.
«Lui è stato... posseduto. Ha bisogno
di riposo. E poi... Sirius ci ha seguito al Dipartimento per salvarlo
e ha ingaggiato un duello con Bellatrix...» Kingsley
chinò il capo,
«Purtroppo non ce l'ha fatta.»
«No!» gridò Molly, portandosi le
mani al petto, «No, non Sirius!»
«Tonks è all'ospedale, devo andare a
vedere come sta. Per ora è tutto...»
«Sì, grazie.» lo congedò
Arthur con
voce assente.
«Mi dispiace di avervi portato queste
notizie.»
«Non è colpa tua.»
Kingsley si allontanò velocemente, di
sicuro preoccupato per Tonks, e Molly nascose il viso tra le mani.
«S-Sirius... l'ho se-sempre trattato
ma-male e ora... Ha sa-salvato tutti ed è mo-morto come un
e... eroe
e io... Io non g-gli chiederò mai scusa!»
«Oh, Molly... Sirius non ti ha presa
sul serio, era il vostro modo di fare... Sono sicuro che a modo suo
si divertiva... Ed è morto come avrebbe voluto, come un
eroe,
combattendo...»
«Sì... Ma sa-sarebbero potuti
m-morire i ragazzi...»
«Non dirlo.» fece subito Arthur,
chiudendo gli occhi mentre la stringeva a sé, «Non
dirlo.»
«Ron... Ginny... povero, povero Harry!
Perché tutto a lui? Lui amava Sirius!»
«Dovremo stargli tutti vicini
quest'estate... Se ce lo permetterà... Oh.»
«Cosa?» domandò lei, alzando il viso
bagnato di lacrime.
«Devo dirlo a Fred e George. Loro
adoravano Sirius e vorranno sapere dei loro fratelli da noi, non dai
giornali; se come Kingsley ha detto ora hanno visto Tu-Sai-Chi la
Gazzetta ricomincerà a parlarne e potrebbero scrivere
qualche
sciocchezza su Ron e Ginny.»
«Io scriverò una lettera a Bill e
Charlie.» convenne lei, asciugando le lacrime e cercando di
controllarsi. Fallì miseramente, ricominciando a piangere
mentre
andava a cercare della carta e si accorgeva di quanto le tremavano le
mani.
«Torno presto!» promise Arthur,
andando al camino. Non appena fu andato via Molly crollò
davanti al
mobiletto da cui stava prendendo la pergamena, scivolando fino a
poggiare le ginocchia a terra e piangendo di dolore e di paura.
Aveva sempre saputo che prima o poi i
suoi figli sarebbero finiti nei guai, erano amici di Harry Potter e
quel povero ragazzo aveva tutto il male del mondo puntato su di
sé,
ma aveva sempre cercato di far finta di non accorgersene sperando che
non accadesse mai davvero. E invece quella notte avevano rischiato di
morire, come i suoi fratelli, come mille innocenti, come Sirius.
E Sirius, che lei aveva accusato di
vedere solo James in Harry, che era rimasto chiuso in quella dimora
orribile tutto da solo, ora era andato per sempre.
Harry non se lo sarebbe mai perdonato.
E neppure lei.
«Fred, stanno bussando.»
«Il negozio è ancora chiuso...
Lasciami dormire.»
«Ci ho provato ma è dieci minuti che
bussano. Che faccio, apro?»
Fred sbadigliò, abbracciando il
cuscino, «Vai.»
«Se la Rospa è venuta a trovarci,
vendicami.» ridacchiò George, frugando per la
stanza, «Le chiavi?»
«Le hai perse di nuovo?» si
lamentò Fred, tirandosi a sedere e passandosi distrattamente
una
mano tra i capelli, «Tu sei sicuramente il gemello malvagio.
Mi
svegli alle... cinque e pretendi anche che ti trovi le
chiavi.»
«Hai chiuso tu ieri, gemello scemo.»
ribatté George, «Aha!» e tirò
su le chiavi dal cumulo di vestiti
ai piedi del letto.
«È colpa tua.» replicò Fred,
alzandosi e stiracchiandosi, «A prescindere. Bussano
ancora?»
«Già.»
Si scambiarono un'occhiata confusa e
poi scesero a vedere chi fosse. Fred tolse l'incantesimo di
oscuramente da un angolo della finestra: «Sembra
papà!»
«C'è anche la mamma?»
inorridì
George.
«No... Non la vedo, almeno.»
«Allora forse non è qui per
ucciderci.» decise, «Papà, ora
apro!» disse a voce alta prima di
girare la chiave nella toppa e spalancare la porta.
Arthur entrò velocemente e poi si
trovò due bacchette puntate contro.
«Chi sei?» domandò freddamente Fred.
«E non fare scherzi.» aggiunse
George, sogghignando all'indirizzo del gemello.
«Sono Arthur Weasley, faccio parte
dell'Ordine e vi dico sempre di controllare che sia veramente io la
persona dall'altra parte della porta prima di farla
entrare.»
«Ah, ecco. È proprio perché non ci
hai sgridato da fuori che avevamo il dubbio.»
spiegò George, «Che
ci fai qui? Se volevi vedere il negozio potevi venire tra qualche
ora!»
«Non importa, te lo mostriamo lo
stesso!» esclamò Fred orgogliosamente,
«Tanto la mamma non c'è,
no?».
Si riferiva al fatto che lei non ne
aveva voluto sapere di vedere il negozio da quando erano fuggiti da
scuola e che aveva trascinato il marito con sé nella sua
testarda
decisione di ignorarli finché non le avessero chiesto
perdono.
Ignorarli almeno finché non passavano
a pranzo o a cena per andarli a trovare, dato che gli cucinava sempre
ciò che preferivano e quindi non era molto credibile nella
sua
rabbia.
«Stiamo guadagnando un mucchio di
galeoni!» riprese George più allegro,
«E... sei pallido, papà.»
notò poi.
«Stai bene?» domandò Fred, smettendo
di sorridere per via della sua espressione.
«Ragazzi, non ho buone notizie,
purtroppo.» esordì Arthur, e scoprì che
nella fretta di avvertirli
per primo non aveva pensato a come dirglielo.
«È per l'Ordine? È successo
qualcosa?» chiese subito Fred. Vide suo padre fare cenno di
sì con
la testa, lentamente, come se non volesse, e lui e George si
scambiarono un'altra occhiata, stavolta preoccupata.
«Papà... è morto qualcuno?»
domandò
allora. Suo padre lo guardò dritto negli occhi stavolta e
lui
rabbrividì.
«Questa notte Tu-Sai-Chi ha fatto
credere, non so ancora come, a Harry... che Sirius fosse stato
portato al Ministero della Magia e rischiasse la vita. Era una
trappola e lo attendeva lì insieme ai Mangiamorte,
naturalmente, ma
il professor Snape ha avvertito l'Ordine appena si è reso
conto che
Harry, Hermione... Ron e Ginny mancavano all'appello.»
«Ron e Ginny?» ripeté Fred
incredulo, «Sono... No. Stanno bene, vero?» chiese
così in fretta
da mangiarsi le parole, gli occhi sgranati e le lentiggini che
spiccavano nel pallore del suo viso. George era la stessa maschera di
angoscia.
«Qualcuno è morto, vero? Non loro o
non staresti così bene.» osservò
soltanto.
«Insieme ai membri dell'Ordine c'era
Sirius, che non poteva restare indietro sapendo che Harry era in
pericolo per lui.»
«Sirius?» ripeté ancora Fred,
«E
lui come... Oh. Oh... Sirius...» la sua
voce terminò in un
sussurro.
George era attonito e non aprì bocca.
«Volevo che lo sapeste da me... Mi
dispiace tanto, ragazzi... Sirius era un brav'uomo e non lo meritava,
ma perlomeno è morto combattendo per Harry, come avrebbe
voluto...»
«Non avrebbe voluto morire.» lo
interruppe Fred, con gli occhi fissi su uno scaffale alle spalle del
padre.
«Come stanno gli altri?» domandò
infine George, dopo un respiro profondo. Aveva gli occhi lucidi e
distolse subito lo sguardo dal viso del padre.
«Bene, più o meno. Hermione era
piuttosto grave ma sopravviverà. Ginny ha una caviglia
slogata e
Ron... Ron è stato meno fortunato, ma si
riprenderà anche lui.»
«Cosa vuol dire meno fortunato?»
borbottò bruscamente Fred.
«Al Ministero della Magia studiano
delle specie di... cervelli che possono risucchiare la mente umana.
Hanno dei tentacoli che possono entrare profondamente nella pelle
delle vittime e bruciarla e Ron è stato ferito da questi, ma
nulla
di più. Sarebbe potuta andare molto peggio, considerato che
si sono
battuti coi Mangiamorte e Tu-Sai-Chi in persona.»
«Risucchiare la mente umana? Ron
avrebbe potuto perdere la mente?» chiese Fred confuso.
«Impazzire.» sussurrò il padre,
«Ma
come vi ho detto si è solo ferito le braccia.»
«Questo non è esattamente
consolante.» commentò George con voce flebile,
«Sirius... come è
morto esattamente?»
«George.» disse piano Fred.
«Voglio saperlo.» insistette lui.
«Non so ancora nulla, Kingsley è
venuto poco fa ad avvertire me e vostra madre. Ora devo tornare da
lei. Volevo solo dirvelo... Sapete, prima dei giornali.»
farfugliò
Arthur, e in quel momento i due notarono che sotto il mantello era in
pigiama.
«Grazie, papà.» disse George,
abbracciandolo debolmente. Fred si mantenne in disparte e fu suo
padre ad abbracciarlo mentre lui teneva le braccia incrociate e lo
sguardo ostinatamente sullo scaffale.
Quando Arthur fu andato via George
esitò prima di raggiungerlo.
«Fred, ci sei?»
«Sirius è morto.» rispose lui,
«Ron
poteva essere morto, Ginny poteva essere morta e io voglio bene a
Harry come a un altro fratello, ma se uno di loro fosse morto
stanotte penso che lo avrei ucciso con le mie mani.»
«Lo so.» disse George, poggiandogli
un braccio sulle spalle.
Fred non riuscì a guardarlo, «Sirius
era il suo padrino... perché è così
sfortunato?» Esclamò in ben
altro tono e George sospirò.
«Non è così sfortunato, ha ancora
noi... ed è vivo. È stato più
sfortunato Sirius, in quella casa
schifoso e ad Azkaban...»
Il fratello si liberò del suo braccio
e cominciò a passeggiare tra gli scaffali. «Io...
Io non ci posso
credere! Era uno dei mitici Malandrini, era un amico, come
può non
essere a casa sua, brontolando sul fatto che faccia schifo e cose del
genere? Perché è successo a lui?
Perché succedono queste cose? È
Sirius, per l'amor di Morgana!»
«Era.» lo corresse George e poi
trasalì. Si portò una mano al viso prima che le
lacrime
cominciassero a cadere.
«Grazie! C'era veramente bisogno di-»
Fred si interruppe, notandolo.
Il dolore lo colse impreparato, perché
non aveva fatto che lamentarsi e sentirsi indignato e ancora
l'assenza di Sirius non lo aveva toccato, ma vedere George piangere
rendeva tutto reale, e il fatto che i suoi fratelli e Harry ed
Hermione fossero feriti e Sirius morto lo investì in tutta
la sua
potenza, facendolo barcollare. Strinse i denti e poi diede un
violento pugno al ripiano accanto a lui, spedendo le scatole a terra
e calciandole poi via.
George poggiò la schiena contro lo
scaffale, lasciandosi cadere seduto a terra. Si era dimenticato di
avere le mani davanti al viso, era inutile naturalmente, ma se le
premette comunque contro gli occhi. Un attimo dopo sentì suo
fratello abbracciarlo e le sue lacrime bagnargli la spalla lasciata
scoperta dalla canottiera.
Non sapevano più se piangevano per
Sirius o per quello che avevano rischiato di perdere, consapevoli che
quella non sarebbe stata l'ultima volta.
Non era più un gioco, non lo era mai
stato.
Grazie mille ad Asfe per
aver betato e a chi recensisce!
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Capitolo 4 *** Salvando Ginny. ***
Salvando
Ginny.
«Coraggio.»
disse Neville a voce bassissima, con la mano grondante di sangue,
mentre scriveva le sue righe. Ginny annuì, stringendo i
denti per
non lasciarsi andare a neppure un gemito di dolore. Si erano
rifiutati di usare la maledizione Cruciatus, di nuovo, e stavolta la
detenzione si era estesa a due settimane di fila. Senza contare che
Alecto una volta aveva quasi usato la maledizione contro di lei e per
fortuna Michael l'aveva salvata, finendo nella loro lista nera.
Neville
si chiese ancora una volta che fine avessero fatto Harry e gli altri,
perché ormai tutti aspettavano soltanto loro per liberarsi dei Carrow
e di
Snape. Quelli del primo anno non capivano, già il semplice
fatto che
le classi fossero divise in modo che i figli di babbani venissero
considerati nemici li portava a credere che forse era giusto
così. In realtà i Carrow erano troppo stupidi per capire come funzionava la mente
delle persone perciò tutte le strategie, ben funzionanti,
volte a
far nascere un'atmosfera da covo di Mangiamorte nella scuola, dovevano
venire direttamente dall'alto e avevano bisogno di Harry
perché era il simbolo di ciò che era giusto, di ciò per cui valeva la pena lottare, l'unico che potesse farli sentire di nuovo tutti
uguali, tutti parte della stessa famiglia e tutti volti contro il
nemico comune e non contro dei poveri figli di babbani.
Lanciò
uno sguardo a Ginny, che non sembrava più lei: la Ginny che
conosceva era bella, determinata, sapeva essere una dura ma con lui
era sempre stata molto dolce, mentre questa Ginny era un soldato, senza dubbio, e
il suo sguardo era freddo quanto la sua risata era diventata sempre
più amara. Sembrava ancora più esile
perché aveva dovuto saltare
tante volte il pranzo e la cena, dato che Alecto sembrava odiarla in
modo spassionato, ed era sempre più debole fisicamente,
poiché usava tutte
le sue energie per opporsi a lei e a suo fratello e per guidare i
compagni di sventura. Anche i suoi capelli avevano perso la solita
luce e i suoi occhi erano troppo tristi.
No,
non era più Ginny.
A
volte dormivano nella stessa stanza, di nascosto, tenendosi per mano,
e lui la sentiva chiamare Harry nel sonno. Altre volte invocava i
suoi fratelli e altre ancora era spaventata da un certo Tom
più che
da Alecto stessa. Anzi, non sembrava mai spaventata dai Carrow.
Neville
sapeva che l'unico motivo per cui i Weasley l'avevano fatta tornare a
scuola era che Ginny aveva finto di essersi procurata ferite e lividi
nello scontro sul treno quando avevano rapito Luna e di essere stata
bene, per quanto triste, a Hogwarts. Lui aveva pensato tante volte di
scrivere loro perché trovassero il modo di venirla a
prendere,
perché Ginny si era rifiutata di nascondersi nella Stanza
delle
Necessità e non ne poteva più di vederla
così, ma la posta era
controllata e comunque lei non glielo avrebbe perdonato; tuttavia
Neville temeva seriamente che sarebbe stata la prima a morire sotto
il regime dei Mangiamorte a Hogwarts, perché ormai si
concentravano
principalmente su di lei considerato che era a capo della resistenza
e che gli Slytherin non avevano perso tempo nell'informare tutti che
era la fidanzata di Harry Potter, oltre che una traditrice del suo
sangue.
Ce
l'avrebbe fatta da solo, di questo ne era certo e ormai non aveva
più
paura di nulla, per questo doveva riuscire a portarla in qualche
posto sicuro, a convincerla a farsi venire a prendere.
«È
quasi Pasqua.» annunciò Neville a detenzione finita,
«Dovresti tornare
a casa.»
Ginny
fece una smorfia, «Figurati. Sai benissimo che la posta
è
controllata, non mi permetteranno di scrivere di venirmi a
prendere.»
«Potresti
scriverlo in codice, magari ai gemelli.» tentò
Neville speranzoso.
«Se
anche riuscissi a tornare non potrei nascondere le ferite. Mia madre
darebbe di matto e tanti saluti al castello.»
«Oh,
già, che cosa terribile.»
Lei
lo guardò incuriosita: «Cerchi di cacciarmi via,
Longbottom?»
«Mi
hai scoperto. Voglio essere il leader ribelle tutto da solo.»
confermò lui con aria serissima e Ginny ridacchiò
senza sentimento,
spostando lo sguardo sull'esterno. Si fece malinconica come sempre, e
l'amico si schiarì la gola: «Pensaci
almeno.»
«Voglio
essere qui per quando torneranno.» mormorò lei.
«Ma
ti chiamerei io subito!» sussurrò Neville,
«Al minimo accenno di
capelli spettinati starei già usando il galeone!»
Ginny
sorrise mestamente alla menzione dei capelli spettinati, ma non disse
più nulla sull'argomento.
«Non
facciamo più in tempo a cenare, vero?»
«No,
ma sono sicuro che Seamus ha rubato qualcosa per noi.»
Era
in ritardo per la colazione quando urtò Crabbe, che stava
svoltando
l'angolo insieme a Goyle con alle loro spalle Malfoy e Alecto. Di
qualunque cosa stessero parlando doveva essere un bene per loro e un
male per lei e i suoi, poco ma sicuro, e le loro espressioni si
fecero ancora più compiaciute nel vederla.
«Attenta
a dove vai, Weasley.» disse Crabbe, «O finirai di
nuovo in
punizione.»
Goyle
ridacchiò.
«Scusa
tanto.» replicò lei con un sorriso velenoso, «È
che è difficile stare nella stessa ala del castello con uno
della
tua stazza senza urtarlo. Ma ti trovo dimagrito, dopotutto, niente
più dolcetti?»
Il
mese prima era riuscita a farsi recapitare delle pasticche vomitose
dai fratelli, spedendolo in infermeria dopo aver fatto opportunamente
sparire le contro-pasticche della Pomfrey. Da quel momento lui
evitava sistematicamente il dessert a cena, come l'aveva informata
Goldstein.
Crabbe
la guardò con odio misto a qualcos'altro, qualcosa di oscuro
che si
agitava nelle profondità dei suoi occhi neri, afferrando la
bacchetta, «So che sei stata tu...»
«Cosa
stai facendo, Weasley?» domandò Alecto,
bloccandola per il braccio
che stava muovendo verso la propria bacchetta.
«Sto
per difendermi?» tentò lei, guardandola con odio e
divincolandosi.
«Non
hai il permesso di affatturare uno studente, specialmente dopo averlo
insultato per prima.» decretò lei con aria
trionfante, «Ora, non
parlavamo giusto di lezioni supplementari per lei, signor Goyle? Un
ragazzo così dotato...»
Ginny
si lasciò sfuggire una risatina scettica, ma questa le
morì in gola
quando vide il viso di Malfoy, già pallido, diventare bianco
come il
latte e farle quasi cenno di no con la testa.
«Io...
avrei fame...» cominciò Malfoy, prendendo ad
allontanarsi a passo
svelto. Ginny automaticamente tirò fuori la bacchetta, ma
questa le
fu sottratta all'istante da Crabbe con uno spintone.
«Vada
a fare colazione allora, signor Malfoy.» stava dicendo
Alecto,
spazientita, «Ora, Weasley, entra nell'aula. Ci aiuterai con
la
lezione supplementare.»
«Che
cosa? Rivoglio la mia bacchetta!»
«Vuole
la bacchetta...» ridacchiò Goyle, facendole il
verso e puntandole
la sua davanti al viso.
La
ragazza fu costretta a obbedire, imprecando mentalmente per la sua
stupidità e per essere arrivata in ritardo. Di certo non
potevano
ucciderla e neanche sfregiarla a vita o qualche guaio l'avrebbero
passato anche loro, quindi cosa intendevano farle?
«Intendevamo
allenarci con la maledizione Cruciatus.» rispose Alecto alla
sua
silenziosa domanda, e Ginny raggelò.
«Un
incantesimo molto potente e altrettanto soddisfacente, all'inizio non
lascia alcun segno esteriore ma dopo essere stato utilizzato per
molte volte di seguito può persino far sanguinare la
vittima... Chi mi sa dire che effetto abbia
esattamente?»
«È
dolore allo stato puro.» disse Crabbe con espressione
gongolante,
fissandola con i suoi occhietti neri pieni di desiderio, la vocetta
dolce, inadatta a lui, ora somigliava a quella della Umbridge,
«Talmente forte che può uccidere o far
impazzire.»
«Oh,
sì, bene, dieci punti a Slytherin.... È
utilizzabile per gli
interrogatori, i Longbottom ne sanno certamente qualcosa... Ad ogni
modo, signor Goyle, cosa avevamo detto? Qual'è la domanda di
oggi?»
Goyle
annuì con aria diligente, prima di guardare Ginny, che
ricambiò lo
sguardo sentendosi in trappola. La testa le ronzava e aveva i
capogiri per il terrore, ma cercò di mantenersi forte
stringendo la
mascella e prendendo un tremante respiro profondo. Il petto di Goyle
si alzava e abbassava velocemente e il ragazzo sembrava eccitato e
spaventato.
«Dov'è
nascosto Potter?» domandò Goyle, e la voce
stridula gli tremò
leggermente.
«Non
ne ho idea, ci siamo lasciati.» rispose Ginny, meccanica.
Era
questo quello che Harry voleva, tenerla al sicuro rompendo con lei?
Non aveva funzionato.
«Bugiarda...»,
Goyle lanciò un ultimo sguardo in cerca di conferma ad
Alecto, poi
urlò: «CRUCIO!»
Ginny
crollò immediatamente a terra: sapeva come funzionava ma non
si era
aspettata un dolore così terribile. Era certa che il cuore
le
sarebbe saltato fuori dal petto squarciandolo con violenza, e l'urlo
di agonia le salì alla gola prima che potesse fermarlo. Era
come
bruciare senza mai morire, sapendo che non sarebbe finita
finché il
suo aguzzino non l'avesse voluto; il suo corpo cominciò a
tremare e
a rattrappirsi, la nuca le sbatteva a terra ritmicamente mentre lei
cercava sollievo in ogni modo: tutto il suo corpo implorava
pietà e
tutti i suoi pensieri erano rivolti verso la fine di quel supplizio.
«Basta
così, signor Goyle.»
Il
dolore diminuì di colpo senza lasciarla del tutto.
«Troppo
tempo di fila, specie la prima volta, può risultare fatale e
noi non
vogliamo che nessuno muoia, non è vero? Stiamo solo
approfondendo
Babbanologia.»
«Babbanologia?»
ripeté Ginny, con un filo di voce, tentando di mettersi a
sedere.
Tutta la stanza girava all'impazzata e sperò di svenire.
«Certo,
modi per difendersi dai babbani.» rispose Crabbe.
«E
ad ogni modo non hai avuto il permesso di parlare,
signorina.»
aggiunse Alecto con una voce falsamente materna che le diede i brividi,
«Vuoi provare tu, signor Crabbe?»
Crabbe
annuì con più eccitazione che paura di quella che
aveva mostrato
Goyle, leccandosi le labbra e guardandola in un modo così
disgustoso
che anche Ginny si sentì sporca. Lei pensò che
Malfoy non avesse
capito niente, che Goyle era stupido abbastanza da fargli da
leccapiedi ma che si sarebbe dovuto guardare da Crabbe,
perché
bastava osservarlo da vicino per capire come anno dopo anno fosse
diventato sempre più un animale. L'ultima volta che aveva
visto
un'espressione simile era stato meno di un anno prima, sul viso di
Greyback.
Ma
nessuno si era mai preso la briga di guardare una delle spalle di
Malfoy con attenzione, e la sua pazzia aveva potuto crescere
inesorabile.
«Così
tu non sai dov'è Potter, eh?» le
domandò, sempre più eccitato.
«Nel
letto di tua madre, forse, insieme al resto della comunità
magica.»
«CRUCIO!»
Neville
alzò gli occhi dalla propria colazione soltanto quando
sentì Seamus
imprecare e ne seguì lo sguardo all'istante: Ginny stava
arrivando
ed era in condizioni pietose. Più di una testa
seguì il suo
passaggio mentre si sedeva con aria traballante su una sedia, i
capelli rossi che sfuggivano dal laccio per capelli, la divisa
scomposta e un grosso graffio su una guancia, sotto un occhio che si
stava gonfiando.
«Gi-»
«Mangia.»
disse soltanto lei in un sibilo, con gli occhi che correva per la
tavola Gryffindor verso il tavolo degli insegnanti. Neville
infilò
subito un boccone in bocca per evitare di cominciare a urlare e si
guardò attorno: Crabbe, Goyle e Alecto stavano entrando in
quel
momento dal portone con aria disgustosamente soddisfatta. Dall'altro
lato, dov'erano seduti gli insegnanti, Neville che era abbastanza
vicino poté notare che tutti avevano smesso di mangiare
escluso
Amycus; Snape sembrava stranamente pallido e la McGonagall fece per
alzarsi ma, grazie a Merlino, Slughorn e la Sprout la fermarono per
un braccio. Ci doveva essere stato uno scambio di sguardi tra lei e
Ginny perché la professoressa era livida ma si era
immobilizzata e
Ginny ancora guardava verso il loro tavolo come per trattenerla.
«Pozioni
è tra un'ora.» disse Lavender Brown in tono
falsamente tranquillo,
giocherellando col cibo senza mangiarlo. «Sta arrivando un
gufo,
Ginny.» aggiunse, abbassando la voce.
Ginny
prese il giornale con dita così tremanti che Neville glielo
tolse di
mano prima che facesse cadere la lettera nascosta dentro, e il ragazzo
notò con
apprensione che l'aveva sporcato di sangue. Quando ebbero finito di
mangiare i Gryffindor si alzarono in formazione compatta e con loro
anche alcuni Hufflepuff che facevano quasi da retroguardia. Neville
prese Ginny a braccetto per aiutarla a camminare e rassicurò
Terry
Boot con un'occhiata.
«Ginny,
che diavolo ti è successo?»
«Un
piccolo scontro e sono caduta anche dalle scale.» rispose
lei,
tentando di mostrarsi coraggiosa e quasi gemendo quando la stretta di
Neville aumentò; il ragazzo cercò di rilassarsi
appena se ne rese
conto, ma era difficile, «Alecto stava ridendo tutto il
tempo-Quanto
vorrei che morisse. Anche se sono felice di aver aiutato Crabbe a
progredire scolasticamente nella sua lotta contro i babbani, tu non
sei felice?» domandò con una risata isterica,
«Le ho detto che
dover dividere il bagno con altre otto persone era più
doloroso
delle loro maledizioni e questo ha un pochino peggiorato la
situazione.» aggiunse, indicando l'occhio che stava
diventando nero.
«Stupida.»
disse Neville, incapace di sorriderle di rimando, e del resto lei
sembrava pazza
quando lo
faceva, e lui ne sapeva qualcosa, «Devi andartene di qui,
Ginny. Non
sto scherzando.»
«Alecto
non me lo permetterà, lo sai. Cosa c'è scritto
nella lettera?»
«Sono
Fred e George, vogliono sapere se devi tornare perché
vengono a
prenderti nella Foresta Proibita materializzandosi.» rispose
lui in
un sussurrò, mentre salivano i gradini della torre. Seamus, Lavender e
Parvati facevano più baccano possibile per lasciar loro un
po' di
intimità.
«Appena
mi avvicinerò alla guferia per rispondere mi
fermeranno e
leggeranno ciò che ho scritto.»
«Devi
tentare. Potrebbero non vederti.»
«Potremmo
distrarla.» si intromise una compagna del suo stesso anno.
«Ci
penserò io.» disse Neville, «Tu prepara
due lettere: una in cui
dici che resterai a Hogwarts e una in cui gli chiedi di venirti a
prendere. Se per caso qualcosa andasse male e ti beccassero mostrerai
loro quella dove dici che rimarrai a scuola quest'anno.»
«E
se dovessi finire con lo spedire proprio quella?»
domandò Ginny,
sfinita.
«Troveremo
un altro modo per farti uscire di qui.» promise Neville.
Entrarono
in sala comune e Ginny quasi si accasciò a terra, afferrata
dall'amico al volo mentre tutti la circondavano con aria preoccupata.
«Come
ti hanno conciata!» esclamò un ragazzino del primo
anno. «Capo,
chi è stato?»
«Non
chiamarmi “capo”.» Ginny
riuscì anche a ridacchiare, «Mi
rimetterò presto.»
«Dovresti
andartene. Anche Michael lo stava dicendo.»
sussurrò Lavender, «Ce
la caveremo, Ginny.»
«Ho
sentito bene? Serve che qualcuno distragga i Carrow?»
domandò
Seamus in tono di sfida.
Neville
sostenne Ginny trattenendola con una mano sulla schiena e
annuì,
«Madama Pomfrey?»
«Non
ho il permesso di andare in infermeria.» gli
ricordò Ginny. «E
neanche tu.»
«Ma
io sì.» disse un altro ragazzino del terzo, Euan.
«Ti porterò
qualcosa.»
«Non
preoccuparti per noi.» disse Parvati in tono definitivo,
«Ce la
caveremo. Dobbiamo solo tenere duro finché non torneranno
Harry e
gli altri.»
Neville
sentì Ginny farsi tesa a quelle parole e la condusse verso
le
poltrone, «Sentito? Ce la caveremo, Gin.»
La
Foresta è fuori dal raggio d'azione degli incantesimi
anti-smaterializzazione. Ti dobbiamo venire a prendere o no?
Non
si poteva dire che Fred e George non fossero coincisi. Del resto
avevano nascosto il foglietto nel giornale chissà come, non
potevano
certo rischiare arrotolandoci dentro una pergamena di due metri. E
poi sapevano benissimo che la posta era controllata e non potevano
parlare di nulla.
Eppure
Ginny abbracciò quel foglietto, cercando di lenire il dolore
della
solitudine al pensiero che li avrebbe rivisti presto.
Non
era mai crollata, mai, neppure quando le avevano rapito Luna sotto
gli occhi senza che potesse far nulla per salvarla, neanche dopo mesi
di maltrattamenti di ogni genere e di punizioni, tra cui quella di
Snape che era stata addirittura la più tranquilla dato che
il genio
li aveva spediti nella Foresta Proibita con Hagrid come se fosse
qualcosa che avrebbe potuto spaventarli.
Non
era mai crollata, ma c'era spaventosamente vicina.
Però
doveva resistere e anche trovare il coraggio di tornare a Hogwarts
dopo le vacanze: Harry era da qualche parte per cercare di uccidere
Voldemort, qualunque cosa avesse detto per negarlo era una palese
bugia, e Ron ed Hermione erano con lui, senza arrendersi mai. Lei non
poteva essere da meno.
Venite,
vi aspetto dietro la capanna di Hagrid la notte prima del giorno
della partenza. Vi voglio bene.
Dopo
averlo scritto si sentì in qualche modo meglio e peggio.
Meglio
perché questo l'avrebbe riportata a casa; peggio
perché la portava
ancora più vicina ad arrendersi e a starsene al sicuro.
Non
tornerò a casa, ve l'ho già detto. Non
c'è bisogno di accamparvi
ad aspettarmi dalla notte prima. Anche perché spendereste
tutto il
tempo a mangiare dei biscotti disgustosi e vi fareste venire qualcosa
allo stomaco, conoscendovi. Vi voglio bene.
Questa
era l'altra lettera da consegnare se fosse stata beccata in guferia.
Doveva solo fare in modo che capissero che intendeva esattamente il
contrario e loro avrebbero subito pensato a Hagrid.
Sorrise
tra sé e sé, pensando che probabilmente si
sarebbero allarmati
entrambi a quel “Vi voglio bene” finale, ma non
poteva non
metterlo, doveva dirlo più spesso che poteva coi tempi che
correvano. Un brivido la colse a quel pensiero: dov'era Ron, cosa
stava facendo?
Poi
guardò l'orologio: era ora di andare a scontare la solita
punizione.
Dopo
aver scritto diverse altre pagine col suo sangue, Ginny
approfittò
del diversivo creato da Seamus e Neville per correre in guferia.
Tuttavia, con suo enorme orrore, fu Filch a bloccarla un momento
prima che potesse raggiungere i gufi.
«Cosa
credi di fare, ragazzina?!» gracchiò con rabbia,
anche se lei
poteva scorgere una punta di soddisfazione nei suoi occhi al pensiero
che avrebbe potuto denunciarla e fargliela pagare: si poteva andare
in guferia solo in orari precisi, ovvero quando c'era qualcuno che
poteva controllare le lettere e decidere se era possibile mandarle o
meno. Ginny contava nella presenza di uno Slytherin che non le
avrebbe prestato troppa attenzione al momento di scambiare le
lettere, e invece c'era quel bastardo, grandioso.
«Sto
solo dicendo ai miei fratelli di non venirmi a prendere, come il
professor Carrow mi ha ordinato.» spiegò lei,
sperando di suonare
sufficientemente sincera.
«Fammi
vedere.» ordinò immediatamente Filch e lei
alzò gli occhi al
cielo, porgendogli la lettera che chiedeva loro di non venire. Il
custode ci mise un po' a leggerla e poi gliela restituì con
aria
infastidita.
«Mandala.»
Ginny
chiamò il gufo e poi, mentre Filch era occupato a fissare la
mano
con cui lei stava avvicinando la lettera alle sue zampe,
colpì con
il dorso dell'altra mano il muro. Gli occhi le si riempirono di
lacrime per il dolore delle ferite che si riaprivano violentemente e
si morse l'interno delle labbra, spostando lo sguardo su Filch
perché
anche lui la guardasse in faccia.
«È
davvero soddisfatto?» domandò rabbiosamente,
facendo saettare la
mano grondante di sangue sulla lettera e sulle piume del gufo dalle
piume chiare.
«Ci
voleva un po' di ordine in questa scuola.» rispose Filch con
un
sorriso sdentato. Lei aveva già infilato la mano ferita in
tasca.
«Vola
più veloce che puoi ai Tiri Vispi Weasley.»
sussurrò all'animale,
che sembrò capirla.
«E
ora torna con me... Weasley. Credi che non sappia chi sei?
C'è un
ordine speciale per tenerti d'occhio più di chiunque altro,
piccola
delinquente... tu e quel Longbottom...»
Ginny
chiuse gli occhi per un momento, poi lo seguì chiedendosi se
esistesse ancora qualcosa di semplice in quel mondo.
«Abbiamo
ricevuto un altro ordine di Detonatori dal DA.» disse Fred a
bassa
voce, «Sembra che si stiano dando proprio da fare,
eh?»
«Hanno
imparato proprio bene.» commentò George divertito,
«Verity, stanno
finendo i torroni sanguinolenti!»
«Vado
a prenderne immediatamente altre scatole.» disse
l'assistente.
«Gufo!»
gridò Fred, facendoli sobbalzare e indicando la finestra. Il
negozio
aveva appena chiuso, fortunatamente, perciò non c'era il
rischio che
qualche cliente sbagliato lo sentisse.
«Gufo!
Gufo!» ripeté George, saltando un paio di scatole
in una volta sola
mentre si precipitavano a prenderlo.
«È
di Ginny? Dimmi che è di Ginny!» lo
pregò Fred.
«Sì,
viene da... Hogwarts?» la voce di George si era fatta
incredula e il
gemello si avvicinò in tempo per vederlo allontanare una
mano
dall'animale, che aveva le piume sporche di quello che sembrava
sangue secco. Anche la piccola pergamena aveva una macchia scura.
La
mano di George tremava quando aprì la pergamena ed entrambi
lessero
velocemente.
«Quindi
tutto va male e l'hanno obbligata a scrivere
così.» disse Fred alla
fine, «E noi non abbiamo parlato di biscotti cattivi,
perciò...»
«Perciò
dopodomani dobbiamo aspettarla alla capanna anche tutta la
notte.»
concluse George.
«Oppure
possiamo rischiare e andare a prenderla prima con le scope e
tutto.»
«Ma
in quel caso lei non potrebbe tornare a Hogwarts.»
osservò l'altro,
«Perché sarebbe una fuga e dovremmo
nasconderci.»
Fred
prese la pergamena e gli mostrò di nuovo il sangue,
inarcando le
sopracciglia.
«Già,
non voglio neanche io che torni,» convenne George,
«Ma non so se...
Sto pensando a papà, non guardarmi
così!»
«Passiamo
a casa e chiediamo cosa fare. Non voglio lasciarli lì
neanche un
minuto di più se possiamo andarla a prendere
subito.», si
scambiarono un'altra occhiata e Fred si corresse da solo: «La
mamma
ne morirebbe. Senti, andiamo alla capanna allora.»
«Bene.»
«L'unico
modo per farti sfuggire agli Slytherin di ronda è distrarli,
perciò
io e gli altri del DA fingeremo che ci sia un festino in onore di
Harry al settimo piano. Saremo anche vicini alla Stanza delle
Necessità, eventualmente.» spiegò
Neville a bassa voce.
Ginny
si riavviò i lunghi capelli con una mano, pensierosa,
«Non
mettetevi nei guai. Spedisci tutti gli altri minorenni nelle loro
stanze. Affida i passaggi segreti agli Hufflepuff del settimo, sono
loro quelli che li conoscono meglio ora, e metti Goldestein di
guardia al sesto piano, è il più veloce. Non
possiamo bloccare i
Carrow nelle loro stanze ma possiamo distrarli con i fantasmi, hanno
detto che ci aiuteranno...»
«Credo
che potremmo dire anche alla McGonagall di prendere tempo.»
commentò
Colin, «Senza spiegarle il perché. Le è
bastato vederti in faccia
per capire che qualcosa non andava e mi ha fermato dopo la
lezione.»
«Non
le hai detto niente, vero?» lo interrogò
bruscamente Ginny,
abbandonando ogni parvenza di tranquillità.
«No,
ma non ce n'era bisogno, Gin. Sei inguardabile.»
«Grazie.»
disse lei sarcastica, tornando a giocherellare con la coda,
«Comunque
abbiamo un altro problema: la settimana scorsa Euan del terzo anno
è
stato quasi catturato mentre andava a liberare gli unicorni con gli
altri», Parvati e Lavender annuirono, avendo rischiato anche
loro,
«È evidente che i nostri sospetti fossero
fondati.»
Calò
il silenzio nella stanza dei ragazzi, Seamus si mise a sedere meglio
con aria profondamente seccata, Neville e Colin si scambiarono
un'occhiata di intesa e Parvati la guardò preoccupata.
Lavanda
annuì tra sé e sé.
«Una
spia.» disse infine Seamus.
«Dovremmo
usare un nome in codice.» suggerì Lavender.
«Scabbers?»
suggerì Ginny ironica, «Niente,
niente...»
«Dovrai
correre come il vento, Gin.» disse Neville, «Filch
lo bloccherò io
anche fisicamente, se necessario, ma se Snape si rende
conto...»
«Quell'assassino!»
sibilò Parvati.
«Se
si avvicina a me lo uccido.» decretò Ginny,
«Non voglio morire.»
«Non
dirlo, Ginny. La tua anima vale troppo per rovinartela
così.»
ribatté Seamus, serio.
«Andrai
dai tuoi?» chiese Parvati.
«Spero
di no, spero che i gemelli mi permettano di riprendermi fisicamente
prima di incontrare mamma...»
«Sì,
lo spero per te.» concordò Lavender,
«Basta guardarti in faccia e
fai spavento.»
Ginny
la fissò senza dire nulla.
«Non
in quel senso! Sei sempre carina ma sei così
sciupata...»
«La
professoressa Trelawney si è messa a piangere l'ultima volta
che ti
ha vista.» la informò Parvati e Ginny gemette.
«Grandioso...»
Poi
guardò tutti loro, uno per uno, e un sorriso le nacque
spontaneo:
capiva come doveva sentirti Harry quando era circondato da persone
come loro.
«Così
va molto meglio.» approvò Neville, sorridendo di
rimando, con gli
occhi appena più lucidi.
I
rumori che giungevano fino al piano terra erano inequivocabilmente di
battaglia e Ginny decise di non voltarsi indietro neppure una volta,
sapendo che le sarebbe stato impossibile poi scappare via e tutto
sarebbe stato vano. Arrancò fino al cortile, già
col fiatone,
sentendosi troppo debole e troppo poco motivata per raggiungere la
capanna; i gemelli però forse erano già
lì e non poteva non
raggiungerli, perché avrebbero come minimo fatto irruzione a
scuola
pensando al peggio e si sarebbero messi nei guai.
Improvvisamente
la capanna di Hagrid, ormai in vista, sparì rimpiazzata dal
terreno
solido contro cui sbatté la faccia e Ginny
strisciò in avanti,
senza capire cosa fosse successo. Un dolore sordo le esplose su un
fianco e il suo corpo si voltò da solo, mentre le mancava
all'improvviso il fiato e tutto ciò che poteva
vedere era
il cielo stellato e la figura di qualcuno che si stagliava su di lei.
«La
piccola traditrice del suo sangue è fuggita da Hogwarts e
nessuno
l'ha vista più.» disse una voce infantile,
«L'avranno catturata i
Mangiamorte? Sarà stata mangiata nella Foresta Proibita?
Nessuno lo
saprà mai.»
Ginny
pregò che Crabbe intendesse parlare ancora un po', giusto
per darle
la possibilità di racimolare più energie, ma lui
le puntò la
bacchetta contro.
«Ho
sempre voluto provare la vera Maledizione Senza Perdono... Sai, nel caso
mi trovassi davanti qualche sanguesporco...»
Ginny
si disse che non poteva essere abbastanza potente da essere in grado
di scagliarla, non era neppure mai stato così intelligente,
solo
malvagio e avido di potere. Ma se era in grado di usare la Cruciatus
così bene...
Se
qualcuno tenta di aggredirti, mira alle parti basse. Potrebbe persino
essergli fatale.
Bill
glielo aveva detto quando lei aveva quattordici anni, a Grimmauld
Place, dato che aveva intuito che lei stava uscendo con un ragazzo.
Sembravano passati secoli.
«Ava-»
Gli
era venuto in mente perché Crabbe si era fatto
prendere dalla situazione e se ne stava a gambe ben larghe quasi
sopra di lei.
E
lei era una combattente, non si sarebbe tirata indietro. Se voleva
ucciderla lo avrebbe fatto dannare prima.
Scagliò
il calcio ma lui riuscì in parte a pararlo. Non del tutto,
perché
lo aveva fermato con una mano saltando indietro ma il colpo lo aveva
quasi raggiunto come lei voleva, e Crabbe si piegò in avanti d'istinto.
Era
cresciuta con sei fratelli più grandi, non si sarebbe fatta
battere
da un bastardo qualunque.
Se
riesci a dare un pugno nello stomaco o un calcio nei cosiddetti a
qualcuno, Gin, allora quello si piegherà probabilmente in
due. Se lo
fa, già che ci sei tiragli un colpo alla testa o un pugno in
faccia
più forte che puoi.
Charlie,
perché una ragazza era stata aggredita non troppo lontano da
casa
loro, le aveva consigliato questo. Percy però aveva scosso
la testa.
Sei
pur sempre una ragazzina! Se puoi, scappa. Non è molto
Gryffindor ma
non rischierei se fossi in te.
Basta
che chiami noi, Gin-Gin.
E
se non siamo vicini, usa la bacchetta.
I
gemelli si erano messi in mezzo, sempre protettivi con lei nonostante
tutti gli scherzi e i loro modi stupidi per tentare di tirarle su il
morale. Erano davvero vicini stavolta, ma non credeva che sarebbe
riuscita a tirare fuori la voce. Si rialzò a fatica, molto a
fatica,
e poi portò un braccio indietro e lo fece scattare come una
molla
contro il naso di Crabbe, che finì col cadere col sedere a
terra.
Non poteva vederlo in viso ma scommetteva che era stupefatto.
Se
quel Michael allunga le mani, dagli un calcio nelle... Beh, comunque,
tu hai le unghiaccie da animale, no? Cavagli gli occhi! Prendilo a
calci quando è ancora a terra!
Tirò
un calcio contro la sua caviglia, sperando di averla rotta, e poi
cercò la bacchetta. Era troppo buio e dovette andare a
tentoni.
Trovò la bacchetta nel momento in cui le dita di lui si
chiusero
contro una sua caviglia e le diedero uno strattone violento,
spedendola a terra con un urlo soffocato.
Lui
la tirò verso di sé e lei cercò di
voltarsi per puntargli la
bacchetta in viso, ma le arrivò un potente colpo sulla
schiena che
per un istante le fece credere che sarebbe svenuta lì, senza
avere
mai più la possibilità di svegliarsi. Crabbe
stava imprecando
qualcosa, o forse farfugliando, poteva ancora sentirlo,
perciò
scalciò come poteva, ma lui la obbligò a voltarsi
e un colpo le
arrivò direttamente allo stomaco.
Aprì
la bocca in un urlo muto e poi lui le fu addosso e la colpì
in pieno
viso, stordendola del tutto. La lasciò andare, in cerca
della
propria bacchetta caduta con le precedenti botte, e Ginny, sconvolta,
piegò la testa all'indietro e vide la capanna di Hagrid.
Forse sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto, con i gemelli
che ancora aspettavano...
E
se non siamo vicini, usa la bacchetta.
..
mi son ricordato del sectumsempra, e quando l'ho usato su Malfoy...
è
come se gli avessi dato un colpo di spada! È caduto ed
era... pieno
di sangue... era tagliato sul petto, sulla faccia, e io...
… Snape
era il principe mezzosangue... Harry era sconvolto, sai?
Chissà
Hermione cosa...
George,
Lupin ci ha detto che il tuo orecchio è stata opera di
Snape...
… Dovremmo
provare gli incantesimi non verbali assieme, allora... Tanto
finché
non andiamo a prendere Harry... Magari qualcosa di molto semplice...
È
magia nera, ed è molto pericoloso, provoca ferite gravi...
Non
posso farlo ricrescere, è stato tagliato dalla magia
oscura...
Sectumsempra,
pensò Ginny, con tutta l'intensità possibile, e
la nebbia che
occupava la sua mente si diradò, sectumsempra,
sectumsempra...
Si
udì una finestra esplodere e il crepitio di una fiammata, e
Crabbe si
voltò di riflesso con la bacchetta già in mano.
Sectumsempra,
sectumsempra...
Funzionò,
diretto al fianco di Crabbe. Era quasi sicura di non averlo colpito
quando lui crollò a terra, e lei lo illuminò con
la bacchetta e lo
vide cercare freneticamente di capire quanto fosse ferito, ma era
solo un graffio. Spostò la punta della bacchetta verso la
sua testa,
e sussurrò: «Stupeficium.»
La
luce rossa lo colpì in faccia e Crabbe stramazzò
al suolo. Lei si
voltò pancia a terra, si alzò con
difficoltà e poi cominciò a
correre con le sue ultime forze, sentendo un dolore insopportabile
alla base della schiena, allo stomaco, al fianco, e un formicolio al
viso che aveva poco a che vedere con l'aria fredda della notte.
Quando
fu arrivata alla capanna ormai disabitata sbatté una mano
contro la
parete, aiutandosi per camminarle attorno senza inciampare nell'orto,
e poi finalmente li vide, che si stavano avvicinando velocemente con
le bacchette alla mano, uno dei due la usava per illuminar loro la
strada.
La
gioia le fece per un momento dimenticare il dolore fisico, seguita
poi da un'ondata di disperazione, e poi sollievo, solitudine, amore,
stanchezza la colpirono una dopo l'altra.
«FRED!
GEORGE!»
E
poi si lanciò tra le braccia di uno dei due e
crollò svenuta.
«Mi
aspettavo che fosse già arrivata...»
borbottò George.
«Da
qui vedo delle luci a Hogwarts, forse stanno distraendo i professori.
Se non poteva aspettare il treno e c'era del sangue, penso proprio
che stia scappando.» ribatté Fred.
«Penso che avremmo dovuto dirlo a qualcuno...»
«Dov'è
il tuo spirito di avventura?» scherzò Fred ma
George lo zittì.
«Lumos.
Si sta avvicinando qualcuno.»
«Sono
pronto a schiantare se non è lei.» lo
rassicurò Fred, e poi la
luce della bacchetta illuminò una ragazza, a due metri da
loro,
sconvolta e in singhiozzi, coi capelli rossi raccolti in una coda
ormai sfatta, il viso magro e pallidissimo lucido di lacrime che
ancora cadevano sporco di sangue sul naso, sulle labbra e sul mento,
la divisa rotta e sporca di terra, una mano poggiata contro il muro,
il corpicino esile piegato in avanti con la mano che stringeva la
bacchetta premuta contro il fianco destro. E poi George
trasalì
rumorosamente e Fred realizzò che era Ginny.
«FRED!
GEORGE!» strillò lei con voce gracchiante,
gettandosi verso di loro
e Fred fece un passo avanti allargando le braccia e sua sorella si
tuffò
contro di lui. La strinse a sé, sentendo soltanto ossa
tremanti e
stoffa, e poi lei si accasciò contro le sue gambe.
«GINNY!»
urlò George, quasi assordandolo, «Oh Merlino
santissimo! È Ginny!
La nostra Ginny, Fred! Fa qualcosa!»
«QUALCOSA
COSA?»
urlò lui, che
era stato così terrorizzato soltanto quando George aveva
perso un
orecchio, al matrimonio di Bill, e ben poche altre volte sempre per Ginny e per Ron, «È tutta ossa,
senti...»
farfugliò, anche se George non la stava toccando,
«Guarda il
sangue, cosa le hanno fatto...»
«Deve
avere il naso rotto.» bisbigliò George, chinandosi
accanto a lui, e
quando Fred si voltò a guardarlo vide che era sul punto di
piangere,
«Stava piangendo, Ginny non piange mai...» aggiunse
in un sussurro.
Fred
abbassò lo sguardo su di lei, infilando un braccio dietro le
sue
ginocchia per sollevarla e notando il viso tagliato, le guance
bagnate di lacrime che si faceva strada in mezzo al sangue e le
labbra...
«Credi
che sia sangue solo dalle labbra o anche da... dentro?»
«Portiamola
a casa, vedremo lì.»
«A
casa?» ripeté Fred, incredulo, «Credi
che mamma...»
«Avrà
un infarto, ma non vedo altra soluzione.» disse George,
passandosi
una mano stretta a pugno sugli occhi.
«No.»
«No?»
ripeté George incredulo.
«No,
la portiamo al negozio. Abbiamo un sacco di pozioni per curarla,
meglio di quello che potrebbe avere la mamma. Fidati.» disse.
«Mi
fido.» disse George, «Ma...»
«Seguimi.»
disse lui, e poi si smaterializzò.
George
restò a fissare l'aria per un momento, inumidendosi le
labbra e
prendendo un respiro profondo, e poi si materializzò davanti
al
negozio.
«Ha
la febbre.»
«Lo
vedo che ha la febbre.» ringhiò George, seccato
dalla ripetitività
del fratello, «Sei tu che non hai voluto dire niente a mamma
e papà,
ora evita di andare nel panico e dammi una mano.»
«Allora,
potrebbe essere che ha preso freddo o potrebbe essere una ferita
infetta.» borbottò Fred, poggiando una mano sulla
fronte della
sorella che aveva steso nel suo letto, mentre George le puliva
delicatamente il viso con un fazzoletto babbano per tenersi occupato.
«Dobbiamo
spogliarla?» gli domandò allarmato.
«È
mezzo sveglia, vedi che si lamenta? Proviamo un po' a toccarla per
vedere dove le fa male e controlliamo.» propose Fred,
«Prova con le
gambe.»
George
sospirò pesantemente, «Non voglio farle
male.» disse, e poi andò
ai piedi del letto e provò a muoverle le caviglie e a
tastarle le
gambe. Fred invece le toccò le spalle, poi provò
con l'addome e
Ginny gemette.
«Ah,
ecco, infatti era piegata. Evanesco.»
sussurrò, puntando la bacchetta solo a una sua manica e
figurando
nella propria mente solo la parte alta dell'uniforme, che
sparì,
lasciando soltanto un maglione Weasley.
«Quello
è meglio non farlo svanire o Ginny ci uccide.»
puntualizzò George,
«Dai, ti do una mano a tirarla su.»
«Scusa,
Ginny.» mormorò Fred, cercando di metterla a
sedere. Ginny si
lamentò e George tirò su il maglione ed estrasse
le sue braccia,
scoprendo il busto nudo a eccezione del reggiseno.
Fred
imprecò sonoramente alla vista delle costole ormai
visibilissime
della sorella e dei lividi violacei, verdi e gialli che aveva per
tutto l'addome.
«Accendi
un fuoco.» sussurrò George, col viso livido,
provando a voltarla su
un fianco. Lei strillò, spalancando gli occhi.
«Oi,
Ginny! Siamo noi!»
«Non
mi toccare! Sta lontano da me!» gridò lei,
cercando di coprirsi.
Poi evidentemente focalizzò l'immagine, perché
spalancò la bocca,
«Fred? George?» pigolò.
«Sì.»
annuì Fred, ancora sconvolto dalla sua reazione.
Ginny
chiuse gli occhi, «Sono impazzita, vero? Merda.»
«No,
Ginny, non sei impazzita, siamo venuti a prenderti.»
ribatté
George, cercando di sorridere, «Abbiamo un po' sforato
nei tempi...»
Fred
gli lanciò un occhiataccia, «Non ce la fai proprio
con quelle
battute, vero?»
«Non
è vero, voi non siete reali.» replicò
Ginny, improvvisamente
straziata, «Tutte le volte in cui vi ho chiamato... Non siete
mai
venuti... e dov'è Harry? Perché non
c'è anche lui? Voglio
vederlo!»
«Ehm...
Ginny, Harry è partito.» tentò George,
dato che Fred si era
immobilizzato. Era sempre così, Fred era il primo a
lanciarsi in
salvataggi, litigi, risate, e anche il primo a stare veramente male
per gli altri, a dimostrare chiassosamente i propri sentimenti, a non
trovare vie di mezzo, mentre lui doveva occuparsi di essere
più
diplomatico, gli erano concessi ascessi d'ira a patto che poi
correggesse il tiro. Era questa l'unica grande differenza tra loro,
il modo in cui Fred si poneva entusiasticamente davanti a tutto e
finiva a volte col dare di matto.
«Ma
tutto questo non è reale, quindi...»
«Stai
delirando, hai la febbre. Lascia che ci occupiamo di te.»
disse lui
con voce dolce, «Devi girarti su un fianco, voglio
controllare la
tua schiena e poi ti lascerò in pace.»
«Non
posso, fa troppo male.» sussurrò Ginny.
«E
l'altro fianco?»
«L'altro
no.»
Ginny
si voltò sul fianco sinistro, con un braccio stretto al
seno, «Per
favore, non ve ne andate più, dopo.»
«Mai.»
promise George, mentre Fred ancora la fissava con orrore, gli occhi
lucidi e la mascella serrata che lo faceva somigliare alla mamma
quando riceveva una brutta notizia. George gli girò attorno
per
spostarsi all'altro lato del letto, e poi trasalì e si
portò una
mano alla bocca. Fred lo raggiunse e scostò con uno
spintone,
sgranando gli occhi: la schiena di Ginny non era in condizioni
migliori del addome, essendo la zona meno visibile era quella con
più graffi, ferite più o meno profonde, lividi, e
nella parte in
cui la spina dorsale rientrava di più un brutto taglio si
era
riaperto e aveva sanguinato e intorno a esso si stava formando un
enorme livido.
«Cosa
ti hanno fatto?» domandò Fred con voce tremante,
«Ginny...»
«Ho
lottato.» rispose lei fieramente, «La maledizione
Cruciatus ha
lasciato qualche segno, ma sono soprattutto i colpi di Crabbe e Goyle
a lezione.»
«LA
MALEDIZIONE CRUCIATUS?» urlarono entrambi, ma Ginny
continuò a
parlare.
«Dovete
dire a Zacharias di stare attento a Bullstrode, è lei che
è
incaricata ora, e dovete far liberare il quinto piano, devono correre
tutti a nascondersi perché ora sanno che sono scappata, lo
sapranno
subito e non li faranno salire sul treno per tornare a
casa...»
«Prendi
una pozione sfebbrante.» ordinò George,
«Ora. Sta di nuovo
sragionando.»
«La
sento.» disse Fred a denti stretti, ma un attimo dopo era
sparito.
Era andato di corsa invece che smaterializzandosi, probabilmente per
darsi tempo.
George
tornò davanti a Ginny e si chinò a guardarla in
viso, «Ti
proteggeremo noi ora.»
Lei
aggrottò la fronte: «George?»
«Sì.»
disse lui, spostando per un momento lo sguardo e notando il braccio
che teneva ancora davanti al seno: nel polso e nel dorso della mano
c'erano le cicatrici lasciate dalla piuma di sangue della Umbridge,
erano come quelle di Lee, soltanto che quelle di Lee erano scomparse
dopo pochi giorni non lasciando alcuna traccia, mentre quelle di
Ginny erano ben profonde.
«Prendi
il murtlap!» urlò al fratello, sperando che lo
sentisse al piano di
sotto.
«Sto
già prendendo tutto!»
Ginny
intanto si era spaventata per l'urlo improvviso ma sembrava anche
più
lucida.
«Sono
corsa dietro la capanna di Hagrid e voi eravate lì, c'era il
piano... Crabbe mi ha fermata ma l'ho colpito, e ora siamo...»
«Camera
di Fred, negozio di Diagon Alley, Tiri Vispi Weasley.»
spiegò
George.
«Allora
sono tornata a casa.» soffiò Ginny, rabbrividendo
e chiudendo gli
occhi.
«Sì,
ci sei.» confermò George, e infine Fred riapparve,
con una benda su
una mano e tante boccette. George preferì non chiedere a
proposito
della benda.
«Era
normale poco fa.»
«Bene.»
disse Fred seccamente, «Io parlo con mamma e
papà.»
«Con
chi? Ma hai detto...»
«Mi
sono appena reso conto che dovremo nasconderla e forse nascondere
anche loro, perché la verranno a cercare. Tu pensa a
medicarla ora,
con loro ci parlo io.»
«Non
mi sono mai sentito così... confuso in vita mia.»
sbottò George,
«È da quando è arrivata la sua lettera
che non so cosa sto
facendo.»
«Dillo
a me.» borbottò Fred: era impossibile scherzare,
eppure doveva
avere la faccia tosta di sorridere per non spaventare i suoi, e si
sentiva quasi di nuovo al quarto anno, con Ginny nella camera e lui
lì a non sapere cosa dire.
Quando
infilò la testa nel fuoco magico non sapeva ancora cosa
comunicare ai suoi, tanto
più che la stanza era vuota e buia perché ormai
era notte.
«MAMMA!
PAPA'! MAMMA!» cominciò a chiamare, alzando il
volume della voce
man mano che la frustrazione aumentava. Poi finalmente una luce nel
corridoio si accese e arrivò il rumore dei passi.
«MAMMA?»
«Fred?
George?» chiamò lei, accanto a suo padre che aveva
la bacchetta
pronta per attaccare eventuali nemici.
«Sono
Fred, nel camino!»
«Oh
cielo, cos'è successo?» domandò
immediatamente sua madre, andando
a chinarsi accanto al fuoco.
«Niente,
tranquilla. Ascolta, non volevano far rientrare Ginny a casa e
avevamo paura che le facessero qualcosa di male, così siamo
andati a
prenderla questa notte e ora è al sicuro.»
«Cosa?»
esclamarono entrambi.
«Fred,
ma...»
«Lo
so, papà, ma era una questione seria, non potevamo lasciarla
lì! Se
vengono a cercarla dite che non ne sapete niente, che sarà
scappata
da scuola come tanti altri, okay? Non conviene portarla alla Tana
ora, sarà il primo posto dove controlleranno... Dateci un
paio di
giorni per stare nascosti.»
Per
la prima volta sua madre sembrava a corto di parole, mentre suo padre
aveva assunto un'espressione severa.
«Sta
bene?»
«Starà
bene.» rispose Fred.
«COSA
VUOL DIRE?» esplose sua madre, «Voglio vederla!
Dove siete, siete a
casa vostra?»
«No.»
mentì Fred, «E fidati, starà molto
meglio quando la porteremo alla
Tana, dateci solo due giorni, d'accordo?»
In
due giorni Ginny non sarebbe stata bene, ma almeno avrebbe camminato
da sola e sarebbe parsa meno pallida, specie recuperando qualche trucco da Angelina o qualche altra amica. I lividi sarebbero anche
scomparsi.
«Domani
sera la voglio a casa o vengo a cercarvi.» replicò
il padre, «Se
siete andati a prenderla qualcosa non mi torna, Fred. Ma fino ad
allora fingeremo di non saperne nulla.»
«È
meglio non farci notare troppo.» convenne lui, e tutti e tre
pensarono “per Ron”.
«Ora devo andare, George ha bisogno di me. Ci vediamo
dopodomani.»
«Domani!»
ribadirono entrambi.
«Ginny
vi saluta.» li ignorò lui e vide le loro
espressioni rilassarsi
appena, «E dice che non vede l'ora di mangiare un po' di
cioccolato.»
«Certo.»
sorrise appena sua madre, e Fred tirò via la testa dal
camino e si
passò le mani tra i capelli per togliere l'eventuale cenere.
Poi
lo usò nuovamente.
Charlie
stava ancora cenando, di sicuro il lavoro quel giorno lo aveva tenuto
fuori fino a tardi ma non per questo andava a letto senza aver
mangiato.
«Cosa
diavolo...?» sbottò il maggiore vedendolo, e poi
sgranò gli occhi: «A
quest'ora... Cos'è successo?»
«È
per Ginny, puoi mollare tutto e venire qui solo per domani? Ci servi
dalle nove di mattina alle cinque di sera.»
«Che
cosa?» domandò Charlie, incredulo, «Ma
stai scherzando? Cosa vuol
dire per Ginny? Non è a Hogwarts?»
«È
evasa.»
«Cosa
vuol dire evasa? Cosa sta succedendo?»
«Dalle
nove alle cinque.» ribadì Fred, tirando poi via la
testa e
spegnendo il fuoco.
Un'ora
dopo Charlie era lì, ancora coi vestiti da lavoro.
«Dov'è
Ginny?»
«Per
di qua.» disse Fred, «Non c'era bisogno di venire
ora, ti ho detto
due volte che era alle nove che-»
«Ma
sta zitto!»
«È
arrivato Charlie?» domandò George dal piano di
sopra.
«Sì.»
rispose Fred.
«Te
l'avevo detto.»
«Grazie,
George, fai Granger di cognome adesso?»
Charlie
gli lanciò un'occhiata perplessa, perché di
solito erano alleati, e
poi entrò in camera e si fermò.
«Le
ho dato una pozione per dormire mentre la medico, o le farebbe troppo
male.» spiegò George, «Ma sta
meglio.»
Charlie
fece qualche passo, i suoi occhi sulla sorellina che era stesa con la
schiena rivolta verso l'alto e i capelli sollevati,
«C'è stato uno
scontro con i Mangiamorte?» mormorò notando i
segni orribili sulla
sua pelle.
«No,
gliel'hanno fatto a scuola.» rispose Fred duramente.
«Che
cosa cazzo vuol dire 'gliel'hanno fatto a scuola'?»
domandò lui
molto lentamente, voltandosi a guardarlo con un'espressione che
sicuramente avrebbe spaventato anche i suoi draghi.
«Non
lo sappiamo ancora bene, ha parlato persino di Cruciatus.»
rispose
George, che fissava Ginny, «Ho già messo creme per
i lividi davanti
e sistemato un po' i tagli, anche se non sono un medimago, e ora come
vedi penso al dietro. Tu sai dire se ha qualche osso rotto? Aveva
anche la febbre, ma potrebbe essere perché non mangia dalla
cena di
Natale visto come è ridotta.»
«Spostati.»
ordinò Charlie, «Perché dovevo essere
qui dalle nove?»
«Perché
dobbiamo aprire il negozio o la gente si accorgerà che
c'è qualcosa
di strano e verranno a cercarla prima qui.» spiegò
Fred, «Non
diremo nulla neanche alla nostra assistente e anche tu dovrai tornare
a casa dopo, perché la porteremo alla Tana. Diremo di aver
chiuso
per ferie pasquali.»
«Buona
idea.» approvò Charlie, «Non ha ossa
rotte, comunque. Non avete
notizie di Ron, immagino.»
«Per
niente.» disse George, lasciandosi cadere seduto a terra,
«Ma starà
bene o ne avremmo avute anche in quel caso.»
Quando
si svegliarono era mattina, Charlie si era addormentato con le
ginocchia a terra e la testa sul letto di lei, George e Fred con la
schiena poggiata al muro e le teste poggiate l'una sull'altra.
Ginny
si era lamentata e di colpo erano tutti tornati coscienti.
«Ehi...»
disse Charlie, accarezzandole una guancia mentre lei apriva gli occhi
e faceva una smorfia, «Lo so, ho le mani ruvide... I draghi,
sai
com'è.»
«Charlie?»
disse lei, sorpresa, «Oh no, allora sto davvero immaginando
tutto...»
«No,
l'ho chiamato io!» esclamò Fred, «Siamo
venuti a salvarti,
Gin-Gin!»
«Vado
a prenderti qualcosa per fare colazione.» decretò
Charlie, «Qualche
preferenza?»
«Non
voglio mangiare.» sussurrò Ginny, «Non
ho fame.»
«Devi.»
ribatté George, «Sei debole.»
«Ti
faccio un paio di uova, ti piacciono ancora, no?»
«Mi
viene da vomitare.»
«Solo
qualche pancake allora...»
«No,
adesso!»
Fred
trasfigurò il cestino della spazzatura in un secchio
prontamente, ma
Ginny, messasi seduta, portò una mano al petto e fece
qualche
respiro profondo.
«No,
okay, ce la faccio... Sono in reggiseno?» domandò
sorpresa, ora che
il piumone era scivolato via.
«Ti
abbiamo dato una sistemata, facevi orrore.» rispose George,
porgendole un maglione pulito, «Ti starà un po'
grande.»
«No,
va bene.» disse lei.
«Non
fare movimenti bruschi.» ordinò Charlie,
«Pancake e uova per
tutti.»
Fred
e George non gli chiesero se voleva una mano, non volendo lasciare
Ginny, e si scambiarono un'occhiata.
«Ehi,
Ginny.» disse Fred, sedendosi accanto a lei. George si
sedette
all'altro lato.
Lei
lo guardò.
«Ci
dici cosa ti hanno fatto?»
«Niente.»
rispose lei in automatico, «Oh. No, non... Questo
è stato Crabbe,
ha tentato di fermarmi mentre scappavo, voleva uccidermi.»
«Crabbe
l'amico di Malfoy, il battitore?» domandò George
rabbioso.
«Sì.
Ma era solo qualche botta, mi sono fatta di peggio allenandomi a
Quidditch...»
«Direi
di no.» tagliò corto Fred, «Ma avevi un
sacco di lividi e ferite
vecchie e sei magrissima.»
«Quello
è perché non ho il permesso di andare in
infermeria.» vuotò il
sacco Ginny, «E perché a volte non potevo mangiare
per punizione. E
poi lo stress, ovviamente.»
«Non
hai il permesso?» si indignò Fred.
«E
se stai male? E se ti ferisci?»
«E
cosa gliene importa a loro?» domandò Ginny,
alzando gli occhi al
cielo, «Sentite, vi ringrazio per essermi venuti a prendere e
tutto,
ma non c'è bisogno di...»
«Di
cosa?» la incalzò Fred, i cui occhi ora brillavano
di luce omicida,
«Di preoccuparci? Se lo dici giuro che ti sbatto
giù dal letto! Tu
non ti sei vista stanotte, ma noi ti abbiamo vista eccome!»
«Vorrei
solo che voi sorrideste.» replicò Ginny, con voce
fioca, «Voglio
che facciate scherzi di pessimo gusto e non diate a vedere di aver
paura, come sempre, perché ho davvero bisogno di dimenticare
gli
ultimi mesi. Ho bisogno che i miei fratelli siano qui con me, non di
avere accanto altre persone che pensano solo a uccidere.»
Fred
restò senza parole; George, invece, le voltò il
viso con
delicatezza e poi sorrise debolmente.
«Ti
vogliamo bene anche noi.»
Ginny
crollò.
Ci
volle un quarto d'ora e l'arrivo anche di Charlie che si unì
all'abbraccio di gruppo e alle “coccole per la
piccolina” prima
che Ginny riuscisse a riprendersi e ad assumere quasi il cipiglio che
aveva di solito quando era imbarazzata, guardandoli malissimo mentre
si asciugava il viso con un fazzoletto. Loro, per rispetto,
guardarono altrove senza fare commenti.
«Hai
parlato di Cruciatus ieri.» la informò Fred e lei
quasi soffocò
con le uova, pur mangiandole in porzioni microscopiche.
«Merda.»
«Ginny.»
disse Charlie, alzando gli occhi al cielo come lei aveva fatto poco
prima.
«Ieri
hai detto di peggio.» gli fece presente Fred, «E di
mamma ne
abbiamo già una.»
«Due,
c'è anche Hermione.» disse George e Ginny fece una
smorfia
addolorata.
«I
Carrow ci hanno diviso in classi e ci obbligano a usare la magia nera
sugli studenti in punizione, chi non lo fa viene sempre punito. Io di
solito finivo col non mangiare, al massimo con l'essere legata e
chiusa in una stanza buia qualche ora,»
«Legata?»
ripeté Fred, impallidendo.
«Ma
dato che non ero una figlia di babbani non venivo torturata.
È
peggiorato tutto dopo Natale, non so esattamente se perché
ero ormai
palesemente a capo della resistenza con Neville, da quando hanno
rapito Luna e moltissimi hanno lasciato la scuola scappando anche
grazie al nostro aiuto, o magari anche perché tanto avevano
sei mesi
davanti prima che i miei mi vedessero... Non lo so, comunque una
volta hanno cercato di usare la Cruciatus anche su di me, ma Michael
Corner mi ha salvata.» spiegò con voce
estremamente fredda e
distante. Non l'avevano legata, l'avevano incatenata, e Michael era
stato lasciato nella Foresta Proibita per un intero fine settimana,
finché Snape non aveva saputo e, sicuramente pensando alle
conseguenze coi genitori del ragazzo, aveva mandato Seamus e Neville
a prenderlo.
«E
non l'hanno mai usata su di te?» domandò Charlie,
scettico e urtato
dal suo tono di voce.
Ginny
valutò se fosse fattibile mentire o meno, ma Charlie la
beccava
sempre, perciò annuì, inespressiva.
I
tre cominciarono a inveire contro i Carrow, Snape, i Mangiamorte e le
ingiustizie mentre lei giocherellava con la bacchetta e faceva
sparire la colazione un pezzo alla volta senza che se ne
accorgessero.
«Ad
Azkaban, dico...» terminò George, ringhiando.
«Ma
neanche.» disse Charlie, «Ancora uova,
Ginny?»
«Sono
piena.»
«Quand'è
che l'hanno usata su di te?» chiese ancora Fred.
«Questa
settimana stessa.» rispose lei, vaga: il tempo era confuso,
non
riusciva più a dargli una giusta collocazione,
«Solo questa volta.
Ma io non ho ceduto. A parte che non so dove Harry e gli altri siano,
ma non mi sono abbassata a supplicare.»
«Brava!»
esclamarono i gemelli.
«E
li hai fatti incarognire di più.»
sospirò Charlie e lei si indicò
l'occhio.
«È
ancora nero?»
«No.»
rispose George, accigliandosi.
«Beh,
era il risultato delle mie rispostacce sulle loro mamme.»
spiegò
con noncuranza.
Fred
e George erano a metà tra il ridere e il piangere e Charlie
si prese
la testa tra le mani.
«Sono
vostra sorella, cosa pretendevate.» disse lei duramente.
«Una
sorellina tutta dolce... Grazie, Merlino, per i tuoi piccoli
doni.»
borbottò Charlie, sfiorandole i capelli rovinati,
«Questo Crabbe
che ha fatto quando hai cercato di scappare?»
Ginny
rabbrividì d'istinto: «Correvo e deve avermi fatto
lo sgambetto. Ha
cominciato a blaterare sul fatto che nessuno mi avrebbe più
vista e
avrebbero pensato a una fuga... voleva uccidermi insomma. Allora mi
sono ricordata un paio di cose che mi avete insegnato per difendermi
da chi mi aggrediva.»
Gli
occhi di Charlie brillarono di orgoglio.
«Purtroppo
ha parato il calcio in parte ma il pugno in faccia non gliel'ha
levato nessuno, solo che è grosso come una montagna, quel
bastardo,
e mi ha afferrata per una caviglia e sbattuta a terra, mi è
praticamente salito addosso per darmi pugni visto che non aveva
più
la bacchetta e io non potevo difendermi-»
«Ginny,
calma.» disse George, serissimo, e lei si rese conto che le
aveva
messo entrambe le mani sulle spalle e che lei stava iperventilando.
«Ti
ha... questo Crabbe ti ha mai fatto... qualcosa di... diciamo
sporco?» domandò
Fred, che era impallidito e non era mai stato così esitante,
nel
tentativo di mostrare del tatto. George trattenne il respiro.
Ginny
rise istericamente e loro si ritrassero: «Gli sarebbe
piaciuto ma
no, mai. Troppo sangue sporco per lui, io che sono una Weasley...
Anche se forse lo avrebbe fatto, se non fossimo stati troppo
visibili. Comunque ha cercato la bacchetta e io ho usato... scusa,
George, ma ho usato lo stesso incantesimo che ha usato Snape per il
tuo orecchio.»
George
trasalì, portando una mano al foro sulla sua testa. Fred
spalancò
la bocca e Charlie quasi scivolò a terra.
«Conosci
la magia oscura?»
«Conosci
quell'incantesimo?»
«Cos'era?»
«Da
quanto lo sai?»
«Mi
dispiace...» mormorò Ginny, sebbene la sua
espressione fosse invece
piuttosto neutra.
«Non
dispiacerti per una cosa simile!» rimbeccò George,
«Ti ha salvato
la vita! Ma da quando conosci quella roba?»
Ginny
scosse la testa, «Dall'anno scorso, Harry l'ha scoperto in un
libro... storia lunga. Comunque quest'anno facevamo praticamente solo
magia oscura a Difesa e finché non dovevo ferire nessuno mi
conveniva allenarmi con gli altri, i miei compagni avevano bisogno di
me e Neville... Comunque non ho mirato per uccidere e poi l'ho
schiantato e sono scappata via. A proposito, non so ancora come
farò
a tornare indietro.»
«Tornare
dove?» domandò Charlie, perplesso, mentre George e
Fred la
guardavano altrettanto confusi.
«A
scuola.» rispose lei come se fosse ovvio.
«Delira
di nuovo, vero?» domandò Fred, scoraggiato.
«Veramente
penso sia seria.» rispose George.
Ovviamente
i fratelli esplosero in altre urla ma Ginny non ci badò
troppo, si
sentiva in pace come non era stata da tempo.
«Pazzia,
pazzia completa!» esclamò Charlie.
«Non
avete un negozio da aprire voi due?» domandò Ginny
ai gemelli, che
annuirono con aria torva.
«Ma
non finisce qui.»
«Contaci.»
Charlie
e Ginny rimasero soli, e il maggiore si stiracchiò,
«Bene, ora
abbiamo diverse ore a disposizione per parlare. Comincia pure, cara,
possibilmente spiegami perché sei così cretina da
volerti infilare
di nuovo in quell'inferno.»
«Perché
non so se Neville può farcela.» rispose lei,
«Hogwarts ha bisogno
di una guida come era Harry in passato, in modo che i Carrow non
vincano e che gli studenti non si arrendano e diventino provetti
Mangiamorte. Non aspettavano altro che qualcuno che desse loro
un'alternativa, e da quando io e pochi altri abbiamo alzato la testa
guardano noi nel modo in cui noi prima facevamo affidamento a
Dumbledore.»
«Neville
cosa dice?» domandò Charlie, cercando di mantenere
la calma. Cosa
non facile, visto che avrebbe voluto schiantare la sorella per quello
che stava dicendo.
«Che
ha bisogno di me.» mentì, e Charlie
assottigliò lo sguardo,
cercando di capire se stesse dicendo la verità: era difficile, considerato che
non sembrava la Ginny che conosceva.
«Non
è vero.» disse, ricordando che Neville era lo
stesso che aveva
combattuto con loro nel Dipartimento dei Misteri.
«Mi
ha proibito di tornare.» si arrese Ginny.
«Mi
piace Neville.» commentò Charlie, «Ora
comincia a dirmi tutto
quello che mi sono perso di te, Ginny, perché mi stai
spaventando a
morte.»
«Io?»
si stranì lei.
«Sì,
tu. Stai parlando con lo stesso tono ed espressione di Mad-Eye. A
parte quando hai nominato Crabbe, ma questo era comprensibile e ad
ogni modo lo ucciderò io stesso.»
«Mad-Eye
non era male.» commentò lei.
«No,
ma preferirei che tu somigliassi più a una come Tonks, sai,
una
ragazza tosta, che non a un ex-Auror che aveva visto di tutto dalla vita
ed era paranoico per questo, oltre che un vero soldato. Non che Tonks
non lo sia, un soldato, ma ha mantenuto una certa allegria di fondo
che mi piacerebbe vedere nella mia sorellina sedicenne.»
Ginny
sbuffò.
Era
sera quando lei, Fred e George si smaterializzarono alla Tana, e la
loro madre scoppiò in lacrime alla sua vista.
«Guardati!
Sei tutta pelle e ossa!» strillò dopo averla
abbracciata, non
aiutata dal fatto che coi vestiti di George sembrasse ancora di
più
uno scricciolo indifeso, escluso lo sguardo da leonessa.
«Sto
bene.» rispose Ginny in tono preoccupantemente freddo,
«Non
volevano farmi tornare a casa per punizione ma dovevamo dimostrargli
che non possono tenerci lontano dalle nostre famiglie, così
ho
chiamato George e Fred che hanno un po' esagerato nella
reazione al vedermi.»
Fred
e George le rifilarono occhiate furiose e sorprese ma lei li
ignorò,
mantenendo il contatto visivo coi genitori in modo che fissassero
solo lei.
«Non
capisco.» ammise il padre.
«Perché
sei così magra allora? Ma sono segni di lividi
questi?» le chiese
invece la madre scostandole i capelli sciolti dal viso.
«No,
roba del negozio. Sono magra perché ero stressata,
preoccupata per
Ron... Notizie?»
«Nessuna,
tesoro.» rispose la madre con sommo dispiacere,
«Deve fingere di
essere già qui, perciò...»
«Senti,
non è venuto nessuno a cercarmi?»
«No.»
rispose la madre, «Forse pensano che tu abbia preso il treno
oggi
con gli altri?»
«Non
ci spererei... a meno che per loro non sia sufficiente che io non ci
sia...» mormorò lei.
«Siamo
stanchi morti, mamma, possiamo andare a portare le nostre cose di
sopra?» la interruppe George, «Vorremmo restare per
Pasqua, non
vediamo voi e Ginny da un pezzo...»
«Ma
certo che sì!» si illuminò la madre.
«Ginny
era stanca morta, ci ha aiutato oggi... senza farsi notare... Andiamo
in camera tua, Gin.» disse Fred, prendendola a braccetto,
«Scendiamo
per cena.»
«Cena
abbondante, mamma, visto che Ginny consuma tanto per lo
stress!»
aggiunse George.
Ginny
li fulminò con lo sguardo e loro ricambiarono, minacciosi.
Era
chiaro il messaggio: “Gli dirai la verità, tu a
Hogwarts non ci
torni.”
Peccato
che al momento di tornare a scuola gliel'avrebbero fatta pagare,
sapeva che si aspettavano di vederla lì, e se non ci fosse
stata
sarebbero venuti a cercarla perciò era obbligata a rientrare.
Trascorsero
tre giorni in cui Ginny veniva, all'oscuro dei genitori, osservata a
vista dai fratelli perché mangiasse e si riposasse a dovere.
Fred e
George avevano anche però ripreso a comportarsi come al
solito
durante la giornata, con battute e risate continue che avevano pian
piano strappato qualche risatina a Ginny, oltre a qualche sorriso
che lei temeva fosse strano, dato che non sorrideva più per
puro
divertimento da molto tempo.
«...
E poi George ha detto “Certo che hai bisogno di me, sei una
donna
anche tu, dopotutto!”»
«E
Angelina?»
«Gli
ha tirato i capelli così forte che quasi gli ha fatto
sbattere la
faccia contro il tavolo, a Lee è andato di traverso
il-»
Fred
ammutolì e George perse l'aria offesa quando sentirono forti
colpi
alla porta di ingresso, e quando si voltarono Ginny aveva
già la
bacchetta in mano e l'aria battagliera.
«Sono
Bill!» urlò lui, facendo il suo ingresso senza
essere respinto
dagli incantesimi di protezione, e Ginny abbassò la mano con
la
bacchetta.
Tutti
accorsero da lui, preoccupati.
«Ron,
Harry ed Hermione sono a Villa Conchiglia, ora i Mangiamorte sanno
che Ron è con lui, quindi verranno a cercarvi! Dovete
nascondervi!
Ginny?»
«Sì,
lo so, sono dimagrita.» sbuffò lei,
«Vado a prendere le mie cose.»
«Veloci,
vi accompagno da zia Muriel.»
«NO!»
urlarono Fred, George e Ginny dalle scale.
«A
ripensarci i Mangiamorte non sono così male...
Aho!» disse Fred
quando la madre lo trascinò via per un orecchio,
«Ti manca proprio
il gioco “io non sono Fred”, eh? Ma non
c'è bisogno di staccarmi
un orecchio, possiamo trovare modi più facili per farti
confondere...»
George
scosse la testa e guardò Bill, «Come sta
Ron?»
«Uno
schifo.»
«Grazie
per aver addolcito la pillola.»
«Scusa,
sono anche io un po' scioccato... Tutti lo erano, è morto
un...
Papà, ti serve aiuto?»
«Chi
è morto?» domandò George subito, guardando allontanarsi,
«Oi, Bill! CHI È MORTO?»
«Chi
è morto?» esclamò Fred tornando
indietro.
«MORTO?»
strillò la madre. Ginny le fece eco.
«Un
elfo! Ne parliamo dopo, muovetevi!»
Ci
misero un quarto d'ora, lasciando indietro le cose meno necessarie,
col cuore pesante al pensiero che forse la loro casa sarebbe stata
bruciata. Quando si smaterializzarono da zia Muriel la donna ebbe da
ridire, ma lo fece per fortuna al piano di sopra mentre sistemava le
stanze per loro.
«Ho
poco tempo. È morto un elfo di nome Dobby. Gli ha salvato la
vita.»
«No,
Dobby!» esclamò Ginny, portandosi le mani alle
labbra.
«Maledizione!»
sbottò Fred, «No!»
«Come?»
chiese George, incredulo, «Ma non era a Hogwarts?»
«Non
ne ho idea, si sono smaterializzati vicino a casa mia con la figlia
di Lovegood-»
«Luna!»
trasalì Ginny.
«...
Un ragazzo di colore che credo si chiami Dean...»
Ginny
spalancò la bocca.
«...
Uno degli elfi con cui lavoro, Ollivander...»
«Ollivander?»
chiese la madre con la voce ridotta a un sussurro.
«Erano
prigionieri a Villa Malfoy.»
«Malfoy!»
esclamò il padre.
«Hermione
era in condizioni che avrebbero fatto sembrare Ginny in
salute.»
continuò Bill, lanciando un'occhiata critica alla sorella,
«Beh, quasi. Ron
ed Harry non stanno molto meglio e Dobby è stato pugnalato
dopo
averli salvati. E Ron non mi vuole dire una parola, adesso
vedrò se
riesco a scoprire qualcosa di più.»
«Pugnalato?»
ripeté Fred, mentre George si lasciava cadere seduto su una
poltrona.
«Pugnalato.
Dobbiamo fare l'Incanto Fidelius, papà.»
«Sì,
lo so. Sarò io il Custode Segreto, d'accordo?»
Ginny
si lasciò cadere nell'altra poltrona libera, col cuore in gola.
Dobby era
morto... e Harry come stava? Perché Hermione era in quelle
condizioni? E Ron?
Avrebbe
voluto essere lì, avrebbe voluto vedere Harry, sfiorarlo
almeno,
dirgli che sarebbe andato tutto bene e che Dobby era felice, ovunque
fosse, e avrebbe voluto sapere cosa esattamente stavano facendo e
aiutarli, ma non poteva muoversi di lì. Non
riuscì a dire nulla
neppure a Bill.
La
seconda volta, quando Bill tornò qualche settimana dopo,
decisamente
più tranquillo, lo fece in compagnia di Ollivander che
sembrava invece
molto provato.
«Zia
Muriel, la tiara...» cominciò Bill quando suo padre
ebbe accompagnato il
fabbricante di bacchetta a riposare, porgendole un pacchetto.
«Era
ora! Tu guarda, pensavo che tu e la francese ve la foste intascata
per sempre... Non hanno gioielli, lì in Francia?»
Bill
aprì la bocca per rispondere, si voltò e
andò a sedere accanto a
Ginny.
«Ancora
gufi!» esclamò zia Muriel, isterica,
«Quei due pestiferi
gemelli della...»
«Gestiscono
il negozio da una stanza sul retro.» spiegò Ginny,
sorridendo
nel vederla così disperata, «Come
stanno?»
«Si
sono ripresi... Harry è riuscito anche a darmi ordini in
casa mia.»
osservò lui, inarcando le sopracciglia, «Tu stai
bene, piuttosto?»
domandò, notando la sua espressione nel sentirlo nominare.
«Bene.»
rispose lei, «Digli che gli mando tutto il mio
affetto.»
«Lo
farò.» promise, poggiandole una mano sulla testa,
«Perché ho
l'impressione che i miei fratelli più piccoli mi nascondano
cose per
cui potrebbe venirmi un colpo?»
«Perché
è così. Dopo Fred e George ci siamo tutti
rovinati, mi spiace.»
ribatté lei, e sorrise.
«Dà
la colpa a noi, ti rendi conto?» domandò Fred,
mentre George lo
salutava allegramente, lasciandosi cadere all'altro lato del divano e
poggiando un braccio sulle spalle di Ginny, «Come se non
fosse lei
la peggiore di tutti.»
«Ikle
Gin.»
«Zitti,
o comincerò a chiamarvi Freddikins e Ikle Georgie.»
«Mai
più.»
«Promesso.»
«Scoperto
qualcosa su cosa stanno combinando o hanno intenzione di fare quei
tre?» domandò poi lei sorridendo. Il legame coi
gemelli era
diventato sempre più forte, forse anche in virtù
del fatto che
l'avessero salvata. Sembrava che non facesse altro che farsi salvare, prima
Harry, poi Luna al Dipartimento, e poi Neville, i gemelli...
«Ma
neanche per idea. E qualunque cosa sia, è pericoloso
più di quanto
pensassi.» sospirò, e Ginny annuì tra
sé e sé.
«Lo
abbiamo notato quando Ron ha smesso di prendersela per quello che gli
dicevamo, che c'era qualcosa di storto.» borbottò
George.
«Che
noioso.» confermò Fred, che sotto il maglione
aveva la pelle d'oca
al ricordo, «Ci rovina sempre i giochi. Hermione sta
meglio?»
«Più
o meno. Sono quasi sicuro che sia stata torturata...»
sussurrò e i
tre sobbalzarono.
Ginny,
che poteva capirla più di tutti, chiuse gli occhi.
«Bill,
ti trattieni?» domandò la madre, affacciandosi
alla porta.
«No,
sono rimasto anche troppo, devo subito rientrare!» disse lui,
saltando in piedi, «Voi due, mi raccomando.» disse
ai gemelli e
Fred e George ghignarono, fingendo che non gli avesse detto nulla sul
trio.
«Ginny,
tienili d'occhio, tu che sei così assennata.»
Questo
strappò davvero loro una risatina: Bill sapeva bene che
Ginny aveva
tentato con gli altri di rubare la spada di Gryffindor. Erano ancora
tempi lontani, quelli, quando i Carrow non avevano ancora deciso fin
dove spingersi.
«Bill,
salutaceli tanto!» disse la madre, e il padre
annuì.
«Non
permettergli di fare cose troppo pericolose...»
«Dì
loro di coprirsi, questo tempo è
incomprensibile...»
«Sì,
mamma, immagino che questa sia la loro prima
preoccupazione...»
Ginny
affondò maggiormente nel divano e si guardò le
mani: probabilmente
perché a differenza di Harry lei si era curata fin da subito
ed era
stata aiutata anche dalla madre, che alla fine l'aveva beccata in
pieno, le cicatrici erano quasi sparite.
Avrebbe
quasi desiderato un “non devo dire bugie” inciso
nel dorso della
mano pur di sentirsi un po' più vicina a Harry, in quel
momento.
Qualche
giorno dopo, Bill tornò, sconvolto.
«Hanno
svaligiato la Gringott!»
«Chi?»
domandò suo padre, rischiando si soffocarsi con il
té preparato da
Ginny per tutti.
«Ron,
Harry e Hermione! Non so cos'abbiano preso ma sono scappati volando
via su un drago!»
«Ma
piantala!» sbottò Fred, scoppiando a ridere con
gli altri.
«Ti
stavo anche prendendo sul serio, Bill.» lo
rimproverò bonariamente
la madre. Poi, alla sua espressione, fece cadere la tazzina e le
risate degli altri si congelarono.
«Spiegami
tutto!» urlarono in quattro, mentre Ginny si voltava a
guardare alla
finestra, quasi aspettandosi di vederli arrivare.
Quella
sera stessa Ginny era stesa sul letto, fissando il soffitto e
giocherellando con il galeone del DA, quando questo divenne
improvvisamente caldo e lei saltò a sedere.
Sono
tornati, si combatte.
Sentì
qualcosa bruciarle in petto e non seppe neppure dire se fosse paura o
euforia. Corse direttamente sul retro, dove i gemelli stavano
sperimentando nella camera insonorizzata, e spalancò la
porta.
«Sono
tornati!» esclamò dopo essersela richiusa alle
spalle, «Harry e
gli altri sono a Hogwarts! Si combatte!»
«Il
galeone?» domandò Fred, mettendo via delle
provette di fretta.
«Se
hai detto che i passaggi sono controllati...»
cominciò George.
«Alla
Testa di Porco.» disse Ginny, «Neville mi aveva
già dato
indicazioni col galeone, c'è un passaggio che porta
direttamente
alla Stanza delle Necessità.»
«Andiamo
allora, potrebbe esserci bisogno di noi...»
«E
qualcuna vuole rivedere qualcuno.» la stuzzicò
George.
«Aspetta,
siamo sicuri che possa venire?» si chiese Fred e lei lo
guardò come
se fosse impazzito.
«Non
credo che scoppierà una guerra, Fred... Andiamo a vedere
com'è la
situazione.» replicò Ginny, pensando il contrario,
«Se è troppo
pericoloso torno indietro ad avvertire mamma e papà.
Prendete i
galeoni.»
«Non
li chiamiamo?» domandò George, indeciso,
«Per Ginny, intendo.»
«Fate
tristezza quando siete seri alla Percy.» ribatté
lei impietosa,
colpendo nel segno.
«Muoviti,
appelliamo i galeoni e andiamo.» disse Fred, dandole un
colpetto
alla testa mentre passava.
Ginny
sogghignò, felice di averli convinti così
facilmente. Quando si
smaterializzarono e si resero conto dell'assenza dei Mangiamorte
corsero all'impazzata al locale, dove il barista li accolse con la
consueta sgarbataggine.
«Ditemi
voi se mi è consentito dormire, ogni tanto... mocciosi
ovunque,
tutti solo per usare un dannato passaggio!» stava blaterando e Ginny
ridacchiò; Fred le fece l'occhiolino e George lo
salutò
allegramente.
«Aspettate!»
esclamò una voce familiare.
«Lee?»
si stranirono tutti.
«Mi
hanno avvertito col galeone cinque minuti fa!»
«Ma
dov'eri nascosto?» domandò Fred, stupefatto.
«In
bagno.»
Scoppiarono
tutti a ridere, «Ma non è possibile che tu viva in
bagno!» esclamò
George, entrando nel passaggio.
«E
pensa se mi veniva voglia in un momento di tensione lì,
no?»
«Sì,
ma hai rovinato il momento epico, eh.» rise anche Fred,
«Questa la
dico agli altri quando arriviamo!»
Stavano
percorrendo il tunnel quando sentirono una voce chiamarli e a Ginny
si contorse lo stomaco: era Cho Chang, l'ex di Harry, se
così si
poteva chiamare.
«Aspettate!»
E
così i cinque raggiunsero la Stanza delle
Necessità, e quando Ginny
si guardò intorno vide Harry e gli sorrise radiosamente, con
il
cuore che le batteva più forte. Dimenticò Cho
Chang, per un momento
dimenticò persino che si sarebbe dovuto combattere e dimenticò anche tutte
le
persone attorno a loro.
Adesso
tutto sarebbe andato bene.
Il
getto di luce verde colpì Colin al petto e lui cadde a
terra, gli
occhi ancora aperti.
«COLIN!
NO! NO! COLIN!» urlò Ginny, scivolando nel
pavimento bagnato per
via delle tubature rotte visibili dai muri squarciati. Il Mangiamorte
si voltò verso di lei, e lei, pazza di dolore,
usò l'unico
incantesimo che aveva effettivamente imparato da Amycus, che
provocava una potente scarica elettrica tanto forte quanto la persona
voleva far male, e un attimo dopo tutto esplose e lei finì
contro un
muro pensando di essere avvolta dal fuoco per via
dell'elettricità
che la percuoteva, e poi tutto divenne buio.
Quando
riprese conoscenza in Sala Grande e vide Bill –
Bill –
piangere capì che non erano più in sette in
famiglia, e pensò a
Ron.
Cercò
di mantenere per un momento la calma, sentendo i singhiozzi della
madre da qualche parte, poi voltò la testa e lo vide, Fred,
immobile, e sua madre che ancora lo abbracciava. George era accanto a
lui, così sconvolto che Ginny pensò che sarebbero
impazziti di
dolore entrambi, lì, in quel momento; eppure George sarebbe
stato
sempre quello spezzato a metà più di tutti, lo sapeva già.
«Pensavamo
di aver perso anche te.» sussurrò Percy, che era
sconvolto quanto
gli altri.
Lei
lo ignorò, cercando di alzarsi e scivolando in avanti,
afferrata da
Bill, «George! GEORGE!»
George
si voltò verso di lei, con gli occhi sgranati, e poi si
abbracciarono quasi con violenza, piangendo forte come non avevano
mai fatto, e Ginny desiderò con tutta se stessa che Fred
aprisse gli
occhi e ridesse di loro, perché erano cascati nella sua
ennesima
burla, ma Fred rimase immobile e freddo e lei non ebbe neppure la
forza di tentare di chiamarlo, perché tanto non avrebbe
neppure più
risposto. Qualcuno gli mise un mantello sulle spalle e lei si
guardò
attorno, scorgendo all'improvviso Harry, Ron ed Hermione.
George
tornò alla sua posizione originaria, mormorando qualcosa, e
lei andò
ad abbracciare Hermione, pensando che ancora una volta aveva bisogno
di essere salvata, anche solo da un suo abbraccio. Era possibile per
Harry riportare in vita i morti? Lui poteva tutto, forse...
Ma
se Sirius e Dumbledore non erano tornati, se quelli che adesso poteva
vedere e le stavano sbriciolando il cuore già spezzato erano
Tonks e
Remus morti, allora no, nessuno avrebbe potuto mai fare nulla,
perché
niente sarebbe stato così crudele da togliere tutti loro al
mondo se
fosse stato possibile evitarlo.
Non
seppe neppure dire quanto tempo era passato, prima che si rendessero
conto che Harry non c'era ed Hermione andasse a chiamare Neville.
Ron
restò con lei, tenendola stretta, e le disse che lui aveva
assistito, che Fred non aveva sofferto, che ancora rideva quando se
n'era andato. George era seduto per terra e le stringeva una mano,
forse sperando che lei potesse ricambiare il favore e salvare lui,
per una volta, ma non le era possibile.
E
poi Hermione entrò urlando il nome di Ron ed entrambi
scattarono in
piedi.
«Dov'è
Harry?» domandò immediatamente.
«Che
succede?» chiese Ron.
«Ha
detto... di Nagini... a Neville!» disse lei, singhiozzando.
Ron si
immobilizzò e Ginny li guardò senza capire.
«E
allora?»
«E
allora dev'essere andato a consegnarsi e a morire.»
sussurrò Ron,
con gli occhi che ardevano, e Hermione singhiozzò ancora
più forte.
«NO!»
gridò Ginny, crollando a terra, «NON PUO' AVERLO
FATTO!»
«Harry
Potter è morto.» disse Tom, o
Voldemort, la sua voce perfettamente udibile, e il cuore di Ginny era
ormai ridotto in cenere.
«È
stato ucciso. Stava fuggendo, per mettersi in salvo mentre voi davate
la vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione che il
vostro eroe è caduto. Abbiamo
vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri combattenti.
I miei
Mangiamorte vi superano in numero e il Ragazzo Che È
Sopravvissuto è
morto.»
La
McGonagall uscì di corsa dalla Sala Grande.
«Andiamo
a vedere.» disse Hermione, piangendo, «Forse sta
mentendo, perché
Harry non sarebbe mai scappato, e...»
«La
guerra deve finire. Chiunque continui a resistere, uomo, donna o
bambino, verrà ucciso insieme a tutti i membri della sua
famiglia.
Uscite dal castello, ora, inginocchiatevi davanti a me e verrete
risparmiati. I vostri genitori e i vostri figli, i vostri fratelli e
sorelle vivranno e saranno perdonati, e vi unirete a me nel nuovo
mondo che costruiremo insieme.»
«Sta
mentendo.» decise Ginny, cercando di raccogliere
l'infinitesimale
speranza rimasta e correndo via con gli altri. Arrivata al portone
notò per un istante la fila di Mangiamorte disposti come un
esercito
e poi la McGonagall urlò in modo disumano e lei lo vide, il
corpo
senza vita di Harry, vicino a Voldemort.
Era
appena consapevole delle urla di dolore di Ron e Hermione, lei
tentava soltanto di raggiungere lui.
«Harry!
HARRY!»
Cercò
di corrergli incontro, non le importava
più del fatto di essere sul punto di morire, non c'era
più Harry,
non c'era più il suo Fred, che senso aveva continuare a
combattere,
quale mondo avrebbe potuto ottenere dopo, senza le persone che
più
amava a farne parte?
E
poi George la afferrò per una spalla, lui che era rimasto
catatonico
al capezzale di Fred, e cercò di attirarla contro di
sé.
«Ginny,
non andare! Ti ucciderà! Non voglio perdere anche
te!» la sua voce
si ruppe e lei smise di dibattersi, crollando contro di lui mentre
tutti si lamentavano e gridavano insulti contro il nemico. Le urla
crebbero e Voldemort dovette frenarle con un incantesimo per poi
cominciare a parlare, ma Ginny non riusciva ad ascoltarlo, il suo
cuore pompava solo dolore.
E
poi sentì la voce di Ron, furibondo contro di lui,
«TI HA
SCONFITTO!» e tutti ripresero a urlare. Ci fu un'altra
esplosione
prima della voce fredda di Voldemort che mentiva ancora:
«È stato
ucciso mentre cercava di scappare di nascosto dal parco del castello,
ucciso mentre tentava di mettersi in salvo...»
Ginny
si divincolò di scatto, liberandosi dalla presa di George,
pronta a
raggiungerlo e a fargli rimangiare le sue parole, ma Neville la
superò e fu disarmato.
Il
tempo scorreva, i due si scontravano, e poi a lui fu addirittura
offerto un posto tra i Mangiamorte, che Neville declinò con
vigore.
Ginny e George si scambiarono un'occhiata e lui capì e
annuì, erano
entrambi d'accordo ora.
«ESERCITO
DI DUMBLEDORE!» ruggì e tutti levarono le braccia
in alto e fecero
lo stesso. Mancava poco, Ginny lo sentiva, l'aria era carica di
tensione, e quando il Cappello Parlante prese fuoco sulla testa di
Neville e Ron gridò: «ORA!»
George
urlò: «PER FRED!» e lei, Angelina e Lee
lo seguirono con le
bacchette spianate, mentre Neville estraeva la spada dal Cappello, la
stessa grazie a cui Harry l'aveva salvata dal Basilico, e decapitava
Nagini.
Ginny
era quasi sollevata dal fatto che non avrebbe dovuto sopportare di
vivere senza Fred e Harry, ora che Bellatrix stava per ucciderla.
Hermione e Luna combattevano al suo fianco, ma la pazza mirava
soprattutto a lei e lei era così stanca...
Bellatrix
rise e Ginny vide la luce verde della Maledizione Senza Perdono,
quella che senza dubbio aveva ucciso Harry, sfiorarla, e si chiese
perché continuare a combattere, ancora una volta.
George
era lontano, ora, e non le dava più nessuna spinta a vivere,
era
completamente vuota...
«MIA
FIGLIA NO, CAGNA!»
Si
voltò sbalordita e vide sua madre gettare via il mantello e
cominciare a combattere, scacciando lei, Hermione e Luna indietro. Era ridicolo, Bellatrix aveva
ucciso Sirius, non avrebbe mai potuto competere con lei...
Ma
una voce, una voce che suonava terribilmente come quella di Fred, le
disse che la mamma avrebbe combattuto fino all'ultimo di loro.
E
aveva ragione a farlo.
Ginny
strinse la bacchetta più forte, guardando le due donne
duellare al
massimo, il sorriso di Bellatrix mutare in una smorfia e la donna
cominciare a parlare di Fred per colpire la mamma.
«Cosa
ne sarà dei tuoi figli quando ti avrò
ucciso?» si beffò di lei infine, e
Ginny pensò che no, la mamma non sarebbe morta e comunque ci
sarebbe
stata lei, non avrebbe mai più voluto nessuno a salvarla,
sarebbe
stata lei a salvare gli altri, vivendo, «Quando mammina
sarà morta
come Freddie?»
«Tu...
non... toccherai... mai... più... i... nostri...
figli!»
Bellatrix
rise, si distrasse e fu colpita al cuore. Tutti urlarono e Ginny
cercò Voldemort con lo sguardo e corse, corse per mettersi
tra lui e
sua madre se necessario. Lui aveva eliminato tutti coloro che gli si
opponevano e ora stava per colpirle senza alcuna pietà.
Un
incantesimo scudo fu lanciato per tutta la sala e lui si
bloccò;
Ginny si guardò attorno e vide Harry, in piedi, comparire da
sotto
il mantello dell'invisibilità.
«HARRY!»
urlò, e il suo cuore risorse dalle ceneri come una fenice, e
improvvisamente seppe che stava per finire, tutto quanto e che quella
sarebbe stata davvero l'ultima volta che veniva salvata da Harry,
perché poi lei si sarebbe occupata di salvare George e tutti
si
sarebbero salvati a vicenda.
Sentire
Harry dire che Snape era sempre stato dalla loro parte, poi, le fece
capire il perché della Foresta Proibita come punizione, e
immagino
l'espressione di Fred al saperlo, cercando di soffocare il proprio
senso di colpa nei suoi confronti.
«AVADA
KEDAVRA!»
«EXPELLIARMUS!»
E
improvvisamente era finita, e Ginny correva con gli altri, Ron ed
Hermione raggiunsero Harry e poi lei, Neville, Luna, e tutti urlavano
e piangevano, cercavano di toccare l'eroe, mentre Ginny voleva
soltanto il suo fidanzato, e poi la notte finalmente terminò e
lei andò
ad abbracciare sua madre e consolarla, sapendo di doversi e volersi
occupare di tutti loro.
Ci
sarebbe stato un altro momento per parlare con Harry, forse giorni,
forse anni; George si era seduto accanto a lei e Ginny non
parlò,
prendendogli la mano con forza per fargli sentire che c'era e non se
ne sarebbe andata.
Li
avrebbe salvati tutti come loro avevano salvato lei, era una
promessa.
Note
su torture e Crabbe:
*Scabbers = topo Crosta Settimo
libro: si parla del fatto che Neville, Ginny e Luna fossero i capi.
Si parla di ragazzini del settimo anno incatenati, Michael Corner
cruciato malamente. Neville che è nascosto da un po' nella
Stanza
delle Necessità ma è strapieno ancora di tagli e
lividi – e non
volevano ancora ucciderlo al momento -.
Ginny
era anche la ex di Harry e tutti lo sapevano, quindi ho pensato che,
liberatisi di Luna, Neville e lei sarebbero stati i maggiori target e
che Alecto, da “donna” a donna, potesse prendersela
soprattutto
con lei, anche perché Ginny non stava esattamente zitta,
come
Neville del resto.
Crabbe...
So che è descritto come stupido, ma nel sesto libro
è lui che si
lamenta con Draco per il travestimento da ragazze, quindi una mente
sua ce l'ha, era solo molto comodo seguire Malfoy per via del potere.
È sempre rappresentato come il più intelligente
dei due scimmioni e
a fine settimo libro sappiamo che è in grado di lanciare
l'Avada
Kedavra, è intenzionato a uccidere la sanguesporco e il
traditore
del suo sangue, scaccia Malfoy e tutto quanto. Sia lui che Goyle
godono nell'usare la cruciatus, oltretutto.
Quindi
sì, la mia immagine mentale di Crabbe è molto
più disgustosa e
inquietante di quella che ho di Goyle, così come Ginny, che
non è
Harry e Ron, ha notato quando le capitava di incontrare Malfoy che lo
sguardo di Crabbe – chi è che guarderebbe lui e
Goyle? - era
diverso da tutti gli altri.
I
gemelli erano diversi dal solito, ma quando George era ferito Fred ci
ha messo un pochino a voler scherzare e ora è la piccola
Ginny...
Per me tutti i fratelli di Ginny sarebbero davvero
protettivi/scioccati (persino i gemelli non erano felici della sua
vita amorosa, i gemelli).
Grazie
immensamente a tutti coloro che recensiscono!!!
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