you're Shaking my World

di UchimakiPro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tele e Traguardi ***
Capitolo 2: *** Note dal mare in tempesta ***
Capitolo 3: *** Lungo la costa ***



Capitolo 1
*** Tele e Traguardi ***


Salve a tutti ;)
Questa fanfiction in tre capitoli è stata uno dei regali dello scorso Natale per la mia splendida donna, e ora mi ha permesso di pubblicarla. Grazie in anticipo a chi la leggerà, e a chi si lascerà accompagnare dalle stesse canzoni con cui è stata scritta ;)
Zane (Sasuke Uchimaki)


Capitolo 1 – Tele e traguardi


Fuoco.
La terra trema, si sgretola sotto i piedi.
Non riesco a vedere il cielo, non so più in che direzione è. Nero, e rosso.
Corro.
Non riesco a contare le voci che mi rimbombano assordanti nella testa implorando aiuto, sovrapponendosi e confondendosi. E’ troppo, la sento esplodere.
Corro più veloce.
Pezzi di abitazioni si abbattono fragorosamente al suolo. O forse sono sotto terra, e questa è la superficie che mi crolla addosso?
Non riesco più a…
Una piccola luce, lontana nel buio. Se solo riuscissi a raggiungerla.
Vedo la mia mano tendersi…
Che cos’è?
No, non voglio afferrarlo.
Sento il coro in tormento di voci cessare, un solo sussurro dolce ma colmo di dolore chiamare distintamente il mio nome. Una voce di donna.
No! No! Io non c’entro nulla! Voglio andare via… Io…
La terra trema sempre di più. Sono le scosse, questo rumore agghiacciante che mi sta dilaniando il petto? O è il mio nome urlato da tutti gli abitanti del pianeta?
Smettetela!! Basta!!
Io non…

 La strada era deserta, alzò appena una mano per far passare il vento tra le dita. L’aspetto irreale di quello spazio aperto era un dono delle prime luci dell’alba. Si sfilò il casco, era lontana dal mondo.
 Sorrise impercettibilmente mettendo in moto, e come ogni volta si sentì tornare in vita. Veloce, inseguiva il vento.
 Adorava quel suono violento, quella forza terribilmente esaltante, sferzante contro la pelle che sembrava però goderne. Il sangue pulsava più forte contro le tempie, ruggendo di una libertà tanto invocata.
 Più veloce, ancora un po’, e sarebbe riuscita a fondersi con il vento.
 Haruka Tennō faceva quello stesso terribile sogno tutte le notti. Se qualcuno lo avesse saputo, avrebbe smesso di chiedersi come mai ultimamente stesse passando più tempo in moto che a fare qualsiasi altra cosa.


 Seduta sul bordo della piscina, la ragazza fece scorrere la punta delle dita sulla superficie dell’acqua. Movimenti lenti, eleganti e delicati. Uno di quei particolari che sanno catturare gli sguardi, e ti fanno sentire al cospetto di qualcosa che trascende meravigliosamente questo mondo.
 Se si dovesse descrivere Michiru Kaioh, quel gesto sarebbe ciò di più vicino alla sua persona. Almeno esteriormente.
 Quanti invece, riconoscerebbero l’essere di Michiru nelle passionali pennellate con le quali sfogava la tempesta dentro di sé, per tenerla a freno? Nei movimenti decisi del suo braccio e negli scatti veloci della sua testa mentre infondeva la sua anima nelle corde del violino?
Probabilmente nessuno.
 Eppure Michiru era lì, in quelle note disperate, in quelle tele ribelli.
 E se qualcuno avesse saputo qual’era la sua missione in quel momento, avrebbe smesso di chiedersi perché qualcosa fosse cambiato, nella sua musica e nei suoi dipinti.


Aveva vinto.
 La corsa di stavolta era stata più combattuta del previsto. Seduta, la schiena al muro e gli occhi chiusi, Haruka si godeva lo scorrere delle ultime scintille di adrenalina nelle vene.
Magari potessi vincere altrettanto facilmente contro me stessa.
 Mise a tacere qualsiasi pensiero infilandosi le cuffie, volume massimo, come sempre.

"all I have to give this world is me, and that's it
and all I have to show this world is me, and that's it
and all I have to face this world is me, and that's it
just me
just me
just me"

Fino a quel giorno, per lei esistevano soltanto le piste. Fino ad ancora qualche minuto più avanti.

- Tennō!-

"faced ourselves in the mirror last night
to learn who we are
so when we yell we're right
it's a big competition to get to the top
common stereotypes put us up
encouraging us not to stop"

 Lei era Haruka Tennō. Brillante, piena di talento. Combattiva.
 Nulla avrebbe potuto distrarla dal suo obiettivo. Lei era diversa da qualsiasi altra persona, uomo o donna che fosse. E vinceva sempre.
 Era la più forte di tutti, la migliore.
 Finchè esistevano soltanto le piste.
 Haruka Tennō, quella che non ha bisogno di nient’altro che di quell’adrenalina. Quella che parlava soltanto con il vento.

"don't you ever want to change
don't you ever want to change
don't you ever want to change
don't you ever want to change"

-Tennō! Sei qui??-

Svogliatamente si sfilò le cuffie, aprì i severi occhi blu e si tirò su in posa sfrontata.
Perfetta. Come sempre. Si lasciò sfuggire un sorrisino di autocompiacimento.
«Rieccola, è quella tipa con i capelli rossi. Come si chiamava? Acc…aspetta, ormai la conosco da un po’, dovrei ricordarmelo. La prossima volta prenderò nota. »
-Tennō, c’è una persona che vuole conoscerti, dai vieni!-
La “tipa con i capelli rossi” le fece entusiasticamente cenno di avvicinarsi. Chissà perché era così esaltata ogni volta che la chiamava.
-Arrivo subito.-
«Mmm… Eveline? Elizabeth?»
In qualsiasi caso, non le importava.
 «Massì, sarà Eveline. Sei sempre un genio Haruka.»
 Salì i gradini mantenendo il suo sorrisino. Si bloccò quando sentì il vento stranamente agitato, i battiti del cuore si velocizzarono, seguendolo obbedienti.
Scosse la testa e avanzò incurante.
-Ecco qui la nostra campionessa!-
Il suo sguardo basso si posò sulla piccola scritta sulla tuta della ragazza che l’aveva appena presentata.
“Elsa Gray”
«tsk! C’ero quasi…»
- Questa è Michiru Kaioh. Promettente violinista e brillante pittrice. Voleva incontrarti.-
-Complimenti per la vittoria, Haruka-san.-
-…!-
Alzò la testa di scatto, quella voce gli aveva tolto il fiato.
Vi è mai capitato di posare lo sguardo su qualcosa, e sentirlo troppo per i vostri occhi? Sembra quasi che i vostri sensi vi stiano sadicamente ingannando, che non possa esistere davvero qualcosa del genere. E vi sentite piccoli, insignificanti. Immeritevoli di tanta bellezza, e nonostante tutto non smettete di inondarvi gli occhi di essa, come a volerne conservare gelosamente la vista per tutta la vita.
Vorreste sparire, e osservare in silenzio dal nulla, chiedendovi come avete fatto a guardare il mondo fino a quel momento senza cercare un simile piacere totale.
 A confronto, il magnifico  tramonto che per un attimo ho visto oltre la sua spalla, si dovrebbe vergognare per l’eternità.
Sono pronta a giurare che questa ragazza sia l’apparizione di una divinità.

-Oops… vi lascio sole! Devo andare!!-
Elsa si dileguò con una risatina complice, ma Haruka non si accorse di nulla.
La sua attenzione era completamente rivolta a quella creatura. Era la prima volta in vita sua che si sentiva così.
-Però… Non hai fatto del tuo meglio. Io penso che tu ti sia trattenuta, giusto?-
Tentò di regolarizzare il respiro, non far tremare la voce.
Sapeva che esteriormente il suo aspetto altezzoso poteva essere sempre lo stesso.
-Che intendi dire?-
Vide chiaramente lo sguardo di quella ragazza offuscarsi per un attimo, lei esitò qualche secondo, prima di sussurrare ciò che segnò la fine dei giorni tutti uguali di Haruka Tennō.
-Tu puoi udire il suono del vento, giusto?-
Un’ondata d’acqua ghiacciata non sarebbe stata altrettanto forte. Haruka capì dove aveva già sentito quella voce. Indietreggiò di un passo.
-Non so di cosa parli. Ad ogni modo, cosa vuoi da me?-
Una chiara crepa nel suo sorrisino strafottente. Le tremavano le gambe, voleva correre via.
 La ragazza si portò una mano al petto, cosa voleva da lei?
-Vorresti fare da modella per un mio dipinto?-
Era una bugia, vero? Sì, doveva esserlo, eppure sembrava così terribilmente sincera.
«Un dipinto? Io? Ma di cosa sta parlando?… Mi prende in giro?»
Ma in quel momento la sola cosa che importava era andare via da lì, deglutì.
-Naaa. Non mi piacciono questo genere di cose... Ora scusami, ma devo andare.-
Sì voltò velocemente, iniziando subito a camminare.
La ragazza rimase in silenzio, non poté vedere il suo sguardo. Ma qualcosa le diceva che se lo avesse fatto, la sua perfetta apparenza sarebbe irrimediabilmente crollata.

 La moto di Haruka correva veloce sull’asfalto, salvandola ancora una volta da tutto ciò che avrebbe potuto ferirla.
 Quella ragazza… sapeva tutto.
 Ed era incredibilmente bella. Ma questo era un altro discorso!
 Come faceva a saperlo? Perché? E lei, perché era scappata così?
 “Vorrei proprio sapere se c’è qualcuno al mondo, che possa spiegarmi anche solo una minima cosa di quello che mi sta succedendo!”
 Pensava questo, ogni volta che si risvegliava da quei sogni in un bagno di sudore.
 Eppure aveva reagito in quel modo.
 Perché sapeva soltanto scappare?
 Accelerò senza pensarci.
 Comunque, poteva benissimo essersi confusa. Aver capito male.
 Sì, Michiru Kaioh poteva essere semplicemente una donna bella da far impazzire chiunque. Che voleva farle un ritratto.
Cazzo. Un ritratto.
Poteva essere soltanto questo.
Stai scappando di nuovo, Haruka…
In qualsiasi caso, non era così tanto fuori di sé da non aver notato la divisa che indossava.
Poteva davvero riuscire a scappare da quella ragazza, ogni giorno di scuola?
Imprecò silenziosamente e accelerò ancora.


 Michiru non avrebbe mai immaginato, nella sua vita, di ritrovarsi seduta al tramonto sugli spalti di una pista da motociclismo.
 Odiava perfino le corse. Uno stupido inseguirsi di gente che non sapeva fare altro, piloti arroganti e pompati dal loro far nulla, sempre circondati da folle rumorose.
 E questo sentimento non aveva fatto altro che acuirsi, la prima volta che aveva sentito parlare di Haruka Tennō.

-Dio, hai visto quanto è figo??-
-L’ho visto, non posso credere che faccia davvero parte del nostro istituto!-
 Vorrei tanto poterle ignorare, ma sono sedute proprio dietro di me. E interferiscono non poco con la tranquillità con la quale preferisco mischiare il colore.
-Ragazze, di chi parlate?-
Non che muoia dalla voglia di saperlo, ma visto che non posso fare nient’altro…
-Ma come, non lo sai?-
-Kaioh è sempre l’ultima a sapere le cose.-
Ridacchiano.
 Beh, è la verità. E ci tengo a dire che me ne vanto.
-Abbiamo avuto la fortuna di incrociare il famoso Tennō nei corridoi!-
-Quanto è bello!-
-Ci ha sorriso!!-
 Mm…forse avrei dovuto trattenere lo sbadiglio. Voglio tornare a dipingere.
-E’ un pilota, lo sai?? E anche bravo!-
-Scommetto che non lo batte nessuno!-
-Ne parlano tutte, speriamo che nessuna ci abbia anticipato!-
Ridacchiano ancora.
Un pilota…come immaginavo, non era nulla per il quale valesse la pena domandare.
Sospiro e torno a dedicare la mia attenzione alla tela.

Il tempo passa così velocemente mentre dipingo, sono già andati via tutti.
 Allontano un po’ il viso per osservare il mio lavoro. Sono abbastanza soddisfatta.
Finirà anche questo nella mia camera.
Sospiro…
Sfioro con la punta delle dita la superficie, il colore non è ancora asciutto. Vi appoggio tutta la mano, la faccio scorrere fino alla fine. Osservo la traccia informe che lascia. Il blu si mischia con il verde, finiscono entrambi nel rosso, non si distingue più nulla. Cosa importa? Tanto avrei dovuto guardarlo soltanto io.
Se non ha un senso, meglio che non esista.
Socchiudo gli occhi…
 -Riuscirò a trovare qualcuno al quale valga la pena dedicare un mio dipinto?-
Oddio…sto facendo domande alla mia tela.
Beh, dopotutto perché no. Ha sicuramente un QI più alto dei miei precedenti interlocutori.
Sospiro…
La mia vita è un continuo tornare al punto di partenza.

 Tutte queste persone, cosa ci fanno qui? Non credo di aver mai visto una sola di loro impegnarsi davvero in qualcosa. Sprecano i loro giorni in futili chiacchiere, vuoti ripetersi di azioni tutte uguali. E anche se provi ad avvicinarti, cosa ne ricavi?
“ciao! come va?”
“tutto bene! tu?”
“tutto bene! e i voti?”
“spero di cavarmela! e il ragazzo lo hai trovato?”
 È tutto così meccanico e privo di significato da farmi venire la nausea.
 Mi chiedi come va? cosa dovrei rispondere?
La verità? Non capiresti neppure tra cent’anni.
E poi… dubito fortemente che nel loro ristretto vocabolario il termine Verità sia incluso.
 O se lo è, è ricoperto anch’esso di strati e strati di parole vuote, fino ad esserne completamente deviato. In sostanza, perché dovrei provare a parlare davvero con loro?
Uno sforzo sprecato.
 Tutti nelle loro uniformi, non credo di riuscire a distinguerli uno dall’altro. Mi superano velocemente, non vedono l’ora di uscire dall’istituto.
Eppure sono troppi quelli che si fermano a salutarmi. Quanti sorrisi.
Com’è brava Michiru. Com’è bella Michiru.
Sospiro…
Cosa posso fare per togliermeli di torno?
Prendo una deviazione, posso uscire dal lato della palestra.
 Cammino con calma, tanto non ho nessuna fretta. Una raffica forte di vento mi fa cadere i quaderni dalle braccia. Così all’improvviso? Eppure fino a qualche passo fa era tutto così calmo.
 Era tutto così immobile, nella mia vita. Fino a qualche passo fa.
 Se non sapessi che è impossibile, giurerei che questi soffi di vento opposti si siano concentrati solo in questa zona. Si scontrano, si rincorrono. C’è qualcosa di così sofferente in questo scatenarsi.
 Sofferente? Che cosa sto dicendo? È solo vento.
 Eppure sento che mi fa male…
 -Non prendermi in giro! Credi che io non abbia capito dove stai andando??-
 -Io posso andare dove mi pare! E ora mi lasci!-
…!
 Oddio, forse sto assistendo a qualcosa che non dovrei vedere.
 -Non vedi in che condizioni sei? Ti rendi conto che è rischioso??-
 Non sono una che si fa gli affari degli altri. Credo che me ne andrò alla svelta…
 -Non me ne importa nulla!-
...quella voce.
 Tutto ciò che quella voce è riuscita a scuotere dentro di me.
In quel gridare c’era ben’altro che la rabbia minacciosa che voleva dimostrare.
Mi volto, e in attimo so con certezza che non me ne andrò da qui in fretta come pensavo.
Capelli biondi come il grano, un viso delicato dalla pelle candida…
Oddio, è bellissimo.
Sussulto quando mi accorgo dell’occhio nero, così gonfio da essere quasi chiuso. Deve non vederci praticamente nulla da quella parte.
È bellissimo lo stesso. Chi ha avuto il coraggio di rovinare un viso così?
 Perché?
 A tenerlo per un braccio è uno dei nostri professori. Deve sapere tante cose di quel ragazzo, mi ritrovo a pensare che vorrei essere lui in questo momento.
Vorrei essere io a stringere la mano sul suo braccio, ad avere il suo sguardo nel mio.
 Ma che cosa vado a pensare?
-Idiota! E se ti sorpassano da questo lato? E se gli vai addosso? Non hai equilibrio! Perché non rinunci almeno stavolta??-
-Lei non capisce! Io devo farlo… è tutto ciò che mi rimane!-
Il professore resta muto, forse ha capito che è tutto inutile.
O forse ha sentito anche lui quel brivido attraverso tutto il corpo.
 La sua voce muove le corde più profonde dentro di me.
 Nessuna barriera, tra la tempesta furiosa dentro di lui e le sue parole.
 Un bisogno disperato. Bisogno di riversare se stesso dentro qualcosa, o si distruggerà.
 So cosa vuol dire.
-Haruka…non ti chiederò cos’hai fatto per ridurti così. Me ti prego, cerca di distinguere cos’è davvero importante da ciò che non lo è.-
Il ragazzo si sistema con cura l’uniforme, si mette in spalla il borsone. Afferra con incrollabile orgoglio il casco blu intenso che deve averne viste tante.
-È esattamente ciò che faccio, professore.-
Il mio sguardo lo segue fino all’ultimo.
Haruka.
Mi rendo conto che il mio cuore sta battendo talmente forte, che ho paura possa sfuggirmi dal petto da un momento all’altro.
 Credevo che le persone così esistessero soltanto nei miei sogni senza speranza.

 Non c’è stato un solo attimo del resto della giornata… io cui io abbia smesso di desiderare con tutta me stessa che non gli accadesse nulla di male.

 
Sorrise, immaginando quale dovesse essere stata la propria espressione il giorno seguente, quando sul giornale della scuola pubblicarono un articolo dedicato alla vittoria di Haruka Tennō. Con tanto di foto. Quel Tennō.
 Eppure, fra l’invincibile sorriso sfrontato di quella foto, e la creatura che aveva sconvolto la sua giornata come una raffica di vento, c’era una distanza incolmabile.
 Non sembrava esserci più neppure un ricordo sfocato, della fragilità dell’anima in bilico. Della voce che aveva avvolto il suo cuore in una spirale di emozioni allo stato puro.
 Michiru non si stupì, aveva visto mille volte cambiamenti del genere.
 Ogni mattina, dallo specchio della propria camera, a quello alla soglia di casa prima di uscire.

 Quanto si era sentita stupida ad iniziare a seguire le sue corse da quel giorno.
Sarà anche bravo, ma solo un idiota corre simili rischi non necessari.
Alla prossima follia, ci sarò io a fermarlo!
La generosa motivazione che ripeteva a se stessa non resse per molto. Haruka in pista era un vero spettacolo. E poi, dio, era bello come il sole.
Non si perse più neppure una sola corsa.
 La sua determinazione, la forza che sembrava trapelare da tutto il suo essere, quella sfrontata sicurezza, il modo avido di afferrare la vittoria. Il suo sapere esattamente chi era, cosa voleva, cosa avrebbe ottenuto. Tutte le cose che rendevano quella persona così diversa da lei, l’avevano catturata senza pietà, era un meraviglioso pensiero fisso.
Mentre io continuo a girare attorno al punto di partenza… Haruka taglia il traguardo.
 Ma Haruka era anche il respiro affannato dopo la corsa, il tremore delle mani prima di salire in moto, la testardaggine irragionevole, i giorni di assenza prima di una gara importante e quelli dopo una cocente sconfitta. Piccoli, preziosi frammenti del suo mondo che Michiru raccoglieva nelle mani.
 Osservava tutto, e ogni particolare non poteva far altro che piacerle. Anche le corse avevano assunto un significato completamente diverso.
Intanto, il cielo diventava sempre più rosso. Si strinse le ginocchia al petto, i gradini degli spalti erano freddi.
 Non capiva perché proprio in quel momento i ricordi si stessero ammassando uno sull’altro, ma non fece nulla per frenarli.
 Si chiedeva quando avesse iniziato ad osservare Haruka anche al di fuori delle corse. Fatto sta che era successo, ed era così felice ogni volta che ne scopriva qualcosa di nuovo. Qualcosa di prezioso, da poter tenere per sé in silenzio.
 No, non si sarebbe mai avvicinata. Andava bene così, le bastava sapere che esisteva.
 E pensare che fu proprio l’unica volta in cui non lo stava osservando di proposito, che scoprì la cosa più importante. O forse importante non lo era affatto, per lei?



 Aveva dimenticato i pantaloncini negli spogliatoi della palestra dopo l’ora di ginnastica. Era tardi, ed era in ritardo per la lezione privata di violino.
 Cose che sommate insieme rendevano Michiru molto nervosa.
 Così, nonostante si fosse accorta che c’era ancora qualcuno nelle docce, entrò senza pensarci.
 Neppure si accorse di quello che stava per vedere, aveva ignorato fatalmente la tuta da motociclista appoggiata sulle panchine.
 E scoprì perché Haruka Tennō faceva sempre la doccia quando erano già andati via tutti.
Si nascose appena in tempo, per poco non si lasciò sfuggire un urlo.
Una donna.
Senza dubbio. Come faceva a nascondere sotto l’uniforme scolastica quelle curve sinuose? Oddio, forse doveva smettere di osservarla.
Una donna, chissà cosa avrebbero detto tutte le oche che le andavano dietro.
 Com’era candida la sua pelle accarezzata dall’acqua… e doveva essere anche incredibilmente morbida. Chissà come sarebbe stato toccarla…
La osservò chiudere il rubinetto.
Forse ora doveva proprio andare.
Si godette la vista degli ultimi piccoli ruscelli d’acqua che scivolavano sul suo corpo. La vide voltarsi appena, i capezzoli imperlati di gocce.
Oh sì, doveva proprio andare.
Afferrò i pantaloncini e corse via velocemente.
Il bellissimo ragazzo biondo che aveva osservato con febbricitante batticuore fino a quel momento era una donna. Dovette ammettere che aveva fatto di tutto per non notare certi particolari fin troppo chiari ai suoi occhi.
 Quel modo così elegante di camminare. Il gesto frequente e vezzoso del ravvivarsi la frangia. La stessa soddisfazione vanitosa del sapersi adorata.
 Le affascinanti ciglia lunghe, le labbra piene.
 Tutte cose che, ad ogni modo, le piacevano da impazzire.
 Una bellissima donna.
 Ma lei cosa avrebbe fatto ora?

 Da quel momento, contro la propria stessa aspettativa, iniziò ad osservare Haruka ancora di più.

 Rise tra sé, eppure non si era mai avvicinata.
 Ma il suo sorriso si spense subito. Si strinse di più a se stessa.
 Mai, fino ad oggi.
 Alzò lo sguardo umido, non si era accorta di quanto fosse bello il cielo quella sera.
 Si era sempre chiesta perché gli spettatori non la smettessero di guardare quegli stupidi inseguimenti in pista, non alzassero gli occhi e si accorgessero di qual’era il vero spettacolo. Da lassù il panorama era splendido.
 Però alla fine, una risposta almeno per sé l’aveva trovata.
 Ovunque ci fosse Haruka, era un posto che valeva la pena di essere guardato.
 Non riuscì più a vedere nulla quando le lacrime divennero prepotenti, si prese il viso tra le mani.
 Perché lei?
Perché proprio lei?
Non basta tutto quello al quale ho già rinunciato io?
Haruka è…
 Il sole si spense completamente nell’orizzonte, e il manto nero della notte inghiottì vorace l’ultima luce.
 Michiru Kaioh prese un profondo respiro. Non poteva permettersi di piangere per sciocchezze simili.
 La Missione è più importante di qualsiasi altra cosa.
 Si alzò, pronta ad allontanarsi dal luogo dove aveva parlato per la prima volta con lei. L’unica persona al mondo che avesse dato un senso alle sue giornate.
 E con il buio profondo nel cuore, si preparò a distruggere quella sua vita vincente.


 Stavolta, neppure il volume alto della musica che rimbombava nel piccolo monolocale riusciva a coprire i suoi pensieri.
 Voleva davvero credere di essersi sbagliata?
Ok Haruka, e se anche fosse? Che intenzioni avresti con lei?
 Rotolò ancora sul letto, si mise a fissare il soffitto con occhi persi.
 Non aveva mai visto una donna così bella, in tutta la sua vita.
 E di donne, purtroppo, ne aveva viste tante. E le avevano portato soltanto guai.
 Sospirò voltandosi di lato.
 Beh, non che non si fosse accorta già dalle primissime pulsioni cosa le interessasse. All’inizio la buttava sul gioco, aveva fatto di tutto per ignorarlo il più possibile, tenendosi fuori dal mondo dei ragazzini della sua età. Quel mondo fastidioso che per lei girava al contrario.
 Il fatto che si vestisse da maschio fin dalle elementari, era un altro discorso.
 Non aveva mai detto di essere un maschio, la gente capiva quello che gli pareva, e a lei non piaceva contraddire. Al liceo aveva semplicemente scelto la divisa maschile, e il resto era andato da sé.
 Stava così bene, vestita in quel modo. Al sicuro. Forte. Poteva essere un maschio anche meglio di quanto ci riuscisse un maschio.
 Il solo modo che conoscesse di affrontare il resto del mondo. E se stessa.
 Poi un giorno, prima dell’allenamento, quella ragazza che…
…Eveline?
…Elsa Gray, le chiese se le andasse di seguire lei e le sue amiche in un locale.
-Che locale?-
Lei rise, mi diede una pacca sulla spalla.
-Dai, come se non si capisse! L’ho notato fin dalla prima volta che ti ho vista.-
Davvero?... Io di lei non avevo notato nulla.
 Comunque sia, il locale non era male. A fine serata, Elsa le regalò uno dei suoi orecchini, un cerchietto dorato. Lei ne portava sempre uno solo.
-È una specie di simbolo! Portalo con orgoglio!-
 Fatto sta che continuò a frequentare quel posto. Gli approcci non tardarono ad arrivare, con proposte più o meno spudorate, e scoprì che questo le piaceva.
 Non diceva mai di no a una bella donna.
Presto iniziò ad andarne a caccia, amava vantarsi delle sue infallibili tecniche.
 Non c’è paragone tra me e un maschio. Dovrebbero inchinarsi.
 Aveva gli occhi di tutte addosso. Amiche o nemiche che fossero, nessuna poteva negare l’evidenza.
Ma ognuna di loro non era che effimero mezzo di autocelebrazione, fugace soddisfazione della quale si stancava irrimediabilmente.
 Anche per loro in fondo, io non ero che un vanto. Come avrebbero potuto tenerci realmente?
 Nessuna di loro avrebbe mai potuto affacciarsi neppure per un istante sul baratro profondo del suo io. Stava sempre ben attenta a non permetterlo.
 Aveva già comunque deciso di smetterla, quando successe.
 Una ragazzina viziata non accetta mai di essere lasciata. Non prima di aver portato a termine qualche sconsiderata vendetta, che importa se per lei sarà solo un attimo di gloria, e per l’altra persona l’inizio di un inferno? Una semplice telefonata.
 Poteva almeno venire a casa, avrei avuto il tempo di spaccarle la faccia.
 E così successe quello che aveva sempre accuratamente evitato: i suoi lo vennero a sapere.
 L’inizio di un inferno molto lungo.
 Ricordava perfettamente che una volta aveva rischiato di perdere una corsa a causa di un occhio troppo gonfio. Beh, forse aveva rischiato di perdere ben altro.
 Ora che ci penso, è un miracolo che non sia finita male, quando mi hanno sorpassato su quel lato…
 Comunque sia, almeno aveva la scusa per smetterla definitivamente con quella storia.
 Da quel momento esistevano solo le piste.

Però… lei.
Un viso così splendido… Come potrebbe mai fare del male a qualcuno?
 Non si era mai sentita così. La grande Haruka Tennō che sognava ad occhi aperti come un effemminato del dolce stil novo.
Però…L’espressione del suo viso quando le aveva chiesto del dipinto, non sarebbe mai riuscita a togliersela dalla testa. Sembrava stare raccogliendo tutto il suo coraggio.
 Adorabile…
 Ma, com’era possibile che lo volesse davvero? Si erano appena conosciute.
 E poi, un essere di una bellezza così pura, dai gesti così delicati. Superiore a qualsiasi altro.
Perché dovrebbe sprecare il suo tempo a ritrarre una come me?
 Rotolò ancora sul letto, affondando il viso nel cuscino. Vi si nascose, stringendolo forte. Chi voleva ingannare?
 Una come lei. Sapeva soltanto scappare.
Vigliacca.
 Sapeva soltanto nascondersi.
 Meglio che quello che c’è sotto non si veda.
 Ne era assolutamente certa, a quella ragazza sarebbe bastato anche un solo sguardo su ciò che era veramente, da farle passare tutta la voglia di ritrarre un essere del genere. Se davvero di voglia ne aveva.
 Forse la stava soltanto prendendo in giro.
 Perché non farlo? Credo che al suo posto lo farei.
 Dopotutto, la grande Haruka Tennō era soltanto una sbruffona. Con un ego smisurato e un’incrollabile fiducia nelle proprie capacità.
 Valgo meno di zero.
Chi voleva ingannare?
 Strinse più forte il cuscino.
È davvero colpa mia se va sempre tutto a finire male?…
 No, no. Le lacrime no.
 Ecco un’altra cosa che aveva sempre odiato di sé.

"Nobody likes to
But I really like to cry
Nobody likes me
Maybe if I cry
Nobody
Nobody
Nobody
Nobody"

 Le note le rimbombavano nella testa, mischiandosi con i pensieri accavallati, offuscati dalla tarda ora della notte.

"Encircle me, I need to be taken down
Encircle me, I need to be taken down
Encircle me, I need to be taken down"

Michiru… Michiru… Michiru… Michiru…
 Ricordo il suo nome e l’ho sentito una volta sola… ecco, lo sapevo che era grave…






Le canzoni di questo capitolo sono, in ordine:
Just me
The Con
(Tegan & Sara)

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Capitolo 2
*** Note dal mare in tempesta ***


Capitolo 2 – Note dal mare in tempesta


 Sono di nuovo nella devastazione.
Ogni volta mi illudo di poter provare meno terrore della volta precedente.
Non è così.
Corro più veloce che posso.
 Se solo le voci la smettessero di supplicare.
Basta, vi prego!!
 Sento il petto stretto in una morsa.
Che cosa c’entro io con tutto questo??
Un’enorme roccia si schianta a qualche centimetro da me. Devo continuare a correre.
Il fuoco è sempre più alto, il fumo è ovunque. Non riesco a respirare.
Basta!!
 Riconosco quella piccola luce. È sempre più vicina.
 Allungo la mano, cosa sto facendo?
 “Haruka…”
 Quella voce… è così incredibilmente dolce… eppure…
 Mi sta chiamando a sé o mi sta cacciando via?
“Haruka…”
Le mie dita si avvicinano sempre di più a quella luce.
Credo di aver urlato quando sul mio braccio è comparso un lungo guanto bianco, lo sentivo bruciare. Ho allontanato la mano di scatto. E tutto è tornato buio.


Haruka Tennō era una persona risoluta. Eh già, impeccabile. Con una reputazione da mantenere.
Sperò, imprecando sottovoce, che nessuno l’avesse vista schiantarsi di netto contro quel palo.
E le era bastato vederla di sfuggita, seduta sotto un albero nel cortile della scuola.
Quanto è bella…
Si massaggiò il naso dolorante. No, no, così non andava proprio.
Che fine aveva fatto la sua decisione irremovibile di non avere niente a che fare con quella ragazza?
 Cos’ha in mano? Dev’essere un blocco da disegno…
 Non posso credere che esista davvero una donna così bella. E nessuna delle persone qui attorno le si avvicina? Che idioti. Voi che potete farlo. Come fate a vivere le vostre giornate senza lottare con tutte le vostre forze, per ricevere anche un minimo dell’attenzione di un simile splendore?
Sembra brillare in mezzo alla gente.
Oddio, la sto fissando! Mi noterà!
Si voltò da un’altra parte. Ecco, smettendo di guardarla sarebbe stato più semplice allontanarsi in fretta.
Aveva già dimenticato il rischio che correva avvicinandosi a lei?
Haruka Tennō era una persona con un’incrollabile forza di volontà. Sì, ora sarebbe andata in classe.
 Sentì un lungo brivido, quando un sadico soffio di vento arrivò fino a lei, portando con sé il profumo che aveva sentito una volta sola, e tentato disperatamente di dimenticare.
L’odore di Michiru…
Quello non era il profumo di un angelo. Sapeva di spezie, di passioni intrecciate in lotta. Sapeva di acqua di mare, in tempesta. Quando le punte delle onde che si scontrano tra loro esplodono in mille gocce, e ognuna di esse conserva la stessa forza indomabile, si gettano l’una contro l’altra, e poi tornano onda.
Quel profumo sembrava girarle attorno e avvolgerla, legarla e attirarla. Era un caldo incantesimo.
Non riusciva più a frenare il proprio battito cardiaco.
E no, eh. Così è decisamente troppo!
 Prese un respiro profondo e corse senza voltarsi fino alla classe, prima che potesse davvero cedere. Si sentiva un ragazzino delle medie.
 Dentro non c’era ancora nessuno, si appoggiò al proprio banco tentando di riprendere respiro.
Sei impazzita, Haruka? Vuoi davvero farlo? Vuoi davvero scoprire chi è quella ragazza?
Si morse il labbro inferiore…
Stava di nuovo rischiando di farsi male. Tanto male.


 Sarà anche l’idol di questa scuola, ma è veramente imbranata.
 Michiru rise tra sé, non sapeva com’era riuscita a trattenersi dal farlo prima, quando l’aveva vista massaggiarsi il naso dopo la botta.
 È adorabile…
 Scosse la testa, perché non l’aveva seguita?
 Non c’è tempo da perdere, c’era bisogno di lei.
 Era scritto nel suo destino, come nel proprio. Doveva risvegliarla.
 E quando ci sarebbe riuscita, l’Haruka che conosceva avrebbe smesso di esistere.
L’Haruka così sicura del proprio futuro, l’Haruka che tagliava i propri traguardi prima di ogni altro. L’Haruka che metteva tutta se stessa nel rendere realtà i propri sogni, che sapeva attirare le persone a sé come avesse un proprio personale campo gravitazionale.
Smetterai di sorridere, mio sole?
Chiuse gli occhi… Strinse i pungi fino a farli tremare.
Perché doveva essere proprio Haruka? Chiunque altro sarebbe andato bene!
Aveva aspettato tanto di trovare la persona che avrebbe combattuto con lei, si era crogiolata nel proprio disperato egoismo, nella crudele certezza che anche qualcun’altra stesse per perdere tutto.
O forse, semplicemente, non riusciva a reggere tutto quel peso da sola?
 Ma perché proprio lei?
 Il primo istante, soltanto il primo, veloce istante… era stata felice al pensiero che la persona a dover essere perennemente al suo fianco fosse Haruka. Felice. Confessarlo a se stessa fu un dolore mai provato prima.
Ma come avrebbe potuto essere davvero felice, con la consapevolezza di aver trascinato anche lei in ciò che l’aveva privata di tutte le speranze?
 Queste cose non hanno importanza ora. Non c’è più tempo.
 Abbassò lo sguardo sul blocco da disegno, rabbrividì davanti allo scenario di distruzione che le sue mani non facevano che attingere dai suoi sogni.
 Decise che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe permesso ad Haruka di scappare dal loro destino.


 La stanza era illuminata unicamente dallo schermo del computer, mentre le note non interrompevano mai la loro appassionata danza nell’aria.
 Le dita di Haruka si muovevano veloci sulla tastiera. Non fu difficile trovare articoli su articoli che potessero placare almeno per un po’ la sua sete di informazioni.
Michiru Kaioh.
Giovane violinista geniale.
 La Toho gakuen daigaku e la tokyo geijutsu daigaku fanno a gara per la sua iscrizione. E perfino Yale e Juilliard hanno avanzato proposte.
Ha già suonato con la NHK Kōkyō Gakudan, e la Tokyo Kosei Wind. È richiesta perfino in Italia al Palazzo dei congressi di Stresa.
La Los angeles Philharmonic sembra essere interessata.
Haruka deglutì… Lei non sarebbe mai arrivata così lontano.
 Tra qualche anno potrebbe partecipare al concorso internazionale Tchaikovsky, o al Leventrill International Competition.
 Iniziava a girarle la testa.
Ma a quanto pare, ultimamente si fa vedere molto di meno, accetta di suonare soltanto qui a Tokyo, al Suntory hall nel distretto di Akasaka.
E ha inspiegabilmente rifiutato qualsiasi proposta a lungo termine.
 Non poteva crederci, rifiutato?
Magari venissero offerte a me possibilità del genere!
 Michiru era aspettata dal mondo intero. Doveva essere davvero un genio, dopotutto si stava parlando di musica, mica di moto.
Lo sapevo che una simile creatura non poteva essere come i comuni mortali…
Quanti articoli… e quante foto.
 Prima che potesse rendersene conto, le sue dita stavano già sfiorando lo schermo.
 Che viso concentrato aveva, con il violino in mano. I suoi splendidi capelli in sinuoso movimento, come un’onda che accompagnava i suoi gesti. Avrebbe dato qualsiasi cosa per ascoltare quell’immagine muta.
 Si alzò dalla scrivania, appoggiandosi al davanzale della finestra.
 Pregò il vento perché le portasse almeno qualche nota della musica della sua dea.
Che stupida, una rozza come me non è fatta per apprezzare certe cose, sarebbe uno spreco farmi ascoltare.
 Dopotutto, si parlava della Toho. Anzi, della Jale, di Juilliard.
 E lei era soltanto una pilota, conosciuta a stento in Giappone.
Ok, non sono la Los angeles Philharmonic…ma anch’io vorrei sentirla suonare.
Si lasciò cadere depressa sul letto.
E poi, che nome del cazzo sarebbe Tchaikovsky?
Sbuffò rotolando sulla pancia. Perché se la prendeva tanto?…

"So watch your head and then watch the ground
It's a silly time to learn to swim
When you start to drown
It's a silly time to learn to swim
On the way down"

 Non riusciva a trovare un solo motivo per il quale una donna così potesse interessarsi a una come lei.
 Allora perché?
 Perché non la smetteva?

"If I gave you my number
Would it still be the same
If I saved you from drowning
Promise me you'll never go away
Promise me you'll always stay"

 Michiru si era fatta strada nel suo petto come un fiume in piena che travolge gli argini, si era impadronita di ogni suo pensiero.
 Decise che il giorno seguente le avrebbe parlato. Non poteva andare avanti così.
 Si tirò su dal letto e si rese conto di non riuscire a strare ferma per più di qualche minuto nello stesso posto. Sbuffò guardandosi allo specchio.
 Ok, sarò anche una rozza pilota famosa solo tra la ragazzine del suo liceo, però non si può dire che io non sia un gran figo!
 Tornò a stendersi sul letto.
 Ringhiò, rialzandosi e tornando allo specchio.
Haruka, ti proibisco di essere tesa per domani!
Ringraziò di cuore l’esistenza delle divise scolastiche, si sarebbe disconosciuta da sola se avesse iniziato a chiedersi “Cosa mi metto”.
Lo sguardo le cadde su un astuccio quasi mai aperto, lanciato alla rinfusa come praticamente tutte le cose nella sua camera.
Però, almeno uno sforzo poteva farlo…
Riluttante, aprì la zip tirando fuori quella serie di strani oggetti incomprensibili.
Uhm, questo mi sembra di averlo visto usare una volta.
 Afferrò impacciata l’eyeliner, provare non costa nulla.
 Oddio, come non detto.
 Magari andava meglio con il rossetto.
 Sono negata.
 Ringhiò ancora lanciandoli giù dalla scrivania. Inguardabile!
 Corse a lavarsi la faccia, ma cosa si era messa in testa??
 Io sono un uomo!
 Quando finalmente ebbe cancellato le tracce del suo penoso tentativo, si nascose contro il cuscino, incredula di se stessa.
 Non ho bisogno di rendermi ridicola… tanto, uomo o donna, non sarò mai abbastanza per Michiru Kaioh.

 Camminava velocemente per i corridoi, prima di potersi dare il tempo di cambiare idea. Non le importava più cosa sarebbe potuto accadere. Poteva anche essere un assassino incaricato di farla fuori.
 Oh, morire sotto quelle mani… sarebbe una fine che non mi dispiacerebbe affatto.
 Non distrarti Haruka.
 Si sistemò la cravatta e si ravvivò la frangia con una mano.
 Lo stava facendo davvero.
E va bene Michiru, sono pronta.

“A love type thing, a sure type thing.
Oh it's a love type thing, a sure type thing.”

Si sfilò le cuffie guardandosi attorno, il laboratorio del club di pittura doveva essere da quelle parti.
 Il passo spavaldo venne sensibilmente debilitato dal tremare delle sue gambe quando la vide. O forse fu il suo profumo inconfondibile? Michiru non alzò i profondi occhi acquamarina dalla sua tela fino a che non le fu di fronte.
 Sorrise.
 Dovrebbe sorridere più spesso.
 Ma non adesso, altrimenti svengo davvero.
-E così hai preso coraggio, genio delle corse Haruka Tennō.-
 Con che sorriso temerario si era presentata la pilota, era affascinante e sapeva di esserlo. La solita faccia da schiaffi, era convinta di poter piacere davvero a tutte.
 Non che a lei non piacesse da impazzire, siamo sinceri.
 Ma non erano di certo lì per parlare di quello.
-Sai molte cose su di me, vero?... Hai dipinto tu questo?-
In un attimo Haruka sentì una paura ben conosciuta attanagliarle lo stomaco, era proprio come temeva. Fissò quella tela mentre i suoi pensieri si confondevano, la paura scese fino alle gambe, i muscoli tesi.
 Scappa.
 Michiru sorrise ancora.
-Sai che sei famosa? Qui a scuola, conosco un bel po' di ragazze che vorrebbero farsi un giro lungo la costa con te, nella tua macchina.-
 Ma di cosa stava parlando?
-Perche una ragazza bella e delicata come te dipinge questi orribili scenari immaginari?-
 Ricambiò il sorriso con la massima tranquillità apparente, la mano appoggiata sul banco tremava. Si ritrovò lo sguardo acquamarina puntato dritto negli occhi.
 -Immaginari? Prendi pure in giro te stessa, Haruka. Ma non puoi farlo con me.-
 Sentiva il petto schiacciato, non riusciva a respirare. Eppure la voce le uscì più alta del previsto.
-E' ridicolo! Tutto questo non mi riguarda! Sono la promettente pilota Giapponese Haruka Tennō! Ho un sogno! Io...-
 Si bloccò immediatamente. Il sorriso di Michiru era così triste che sentì le lacrime pungerle agli angoli degli occhi.
Ma…tu…
La Toho gakuen daigaku… la Los angeles Philharmonic…il Leventrill International Competition…
-Perchè lo fai?? Il mondo ama il tuo talento!-
 Tu non sei come me. Non devi lottare con i denti e le unghie, il futuro che meriti ti aspetta a braccia aperte. Il mondo vuole ascoltarti, io invece ho ancora tanto da urlare prima di farmi sentire. Lasciaci tutti qui persi nei nostri desideri, lascia indietro chiunque, tu sei fatta per stare più in alto.
 -Il mondo, Haruka... ha bisogno di me. Di noi. Devi combattere, o sarà distrutto.-
 Michiru allungò timidamente una mano, poggiandola sulla sua.
 Com’era morbida, aveva voglia di stringerla forte.
 Combattere.
 Era per questo che le serviva. Solo questo, quindi. Era come temeva.
 Allontanò la propria mano di scatto. Non riusciva più a prendere respiro.
-Per favore...lasciami in pace.-
 Prima che Michiru potesse aggiungere qualsiasi altra cosa, lei era già fuori dall’aula.
 La ragazza restò con lo sguardo fisso sulla porta a lungo.
 Come si aspettava che avrebbe reagito?
 Ti ho appena chiesto di seguirmi, e mettere a rischio la tua vita ogni giorno. Se sapessi che sto facendo l’esatto contrario di quello che mi ero ripromessa una volta, probabilmente mi odieresti ancora di più.
 Lasciarla in pace?
Haruka… volevo davvero proteggerti per sempre…
Si prese il viso tra le mani, ogni sua parola le rimbombava nella testa. Sapeva quando era il momento di prendere una decisione.
 Come vuoi tu.
Dopotutto, io ho fatto la mia scelta, tu hai il diritto di decidere le tue priorità.
 Allora perché si sentiva così male?
Tornerò a guardare le tue corse da lontano, ad essere invisibile nelle tua vita.
 Combatterò io, anche per te.
 Avrebbe avuto un altro senso… proteggere un mondo dove c’era un’Haruka felice. E libera. Non importava cosa pensava di lei, era sempre stata nulla e poteva continuare ad esserlo. Avrebbe protetto i suoi traguardi, le grida del suo tifo, i suoi sorrisi di vittoria.
 Non c’era nient’altro che contasse.
 Haruka poteva correre lontano anche per lei.



 Devo correre più veloce che posso.
 Non ho più fiato, sento le fiamme tentare di divorarmi le gambe.
 La terra non smette di tremare. Una terra che stavolta ha i toni disperati delle tela che ho visto quel giorno. Edifici di acrilico crollano sul terreno di acrilico, un sanguinolento rosso è colato ovunque, come fosse stato gettato con rabbia distruttiva.
 Nel delirio di questo mondo in frantumi, non riesco più neppure a trovare quella piccola luce lontana nel buio. E pensare che stavolta l’avrei afferrata.
Grido quando sento il fuoco raggiungermi, mi lancio nel buio.
“Haruka”
 Quella voce mi avvolge come salvezza. Giuro che afferrerò quella luce.
“Non lasciarmi sola”
Non riesco a trovarla! Non c’è!
“Non lasciarmi sola, ti prego”

 L’urlo rimbombò nel monolocale, e continuò ad echeggiare per qualche secondo. Il cuscino era impregnato di lacrime.
 Che cosa sto facendo?…
 Michiru non si faceva più vedere a scuola da quel giorno.
 Strinse forte le dita sul lenzuolo. Il giorno in cui lei era scappata via.
 Vigliacca. Vigliacca. Vigliacca.
 Il mondo. Combattere per il mondo. Se lei era scappata, chi stava combattendo?
 Si sentiva mancare il fiato.
 Si girò sul fianco, i trofei sulla mensola le erano sempre apparsi così insignificanti?
 Prima classificata. Primo posto.
 Sono l’ultima degli idioti.
 Fino a quanto poteva valere la sua gloria? Il mondo intero era in pericolo.
Chi stava combattendo al suo posto?
 No, non le fregava un bel niente del mondo. Dov’era Michiru?
 Il vento dalla finestra sfogliava velocemente le pagine del libro sul suo comodino. Lo guardò con occhi offuscati di rimorso.
 Quando il voltarsi delle pagine si fermò, allungò una mano a prenderlo.
 Pagina 92.

“Avevo un cuore sano prima di incontrarti, potevo contare su di lui, era stato in prima linea ed era diventato forte. e adesso alteri il suo incidere con il tuo ritmo, lo suoni per me, pizzicandomi come una corda di violino.”

 Il violino.
 Spinse via le coperte e si lanciò verso il computer, era ancora in tempo.
 Devo vedere Michiru.
 Recuperò in fretta la pagina del Suntory Hall dalla cronologia.
“Tickets avaible”
 Tirò un sospiro di sollievo
 Akasaka 1-13-1, Minato-ku
 Basta prendere la Nanboku line fino a Ropponghi-Icchome.
Afferrò un foglio e segnò tutto velocemente, poi controllò l’orario.
 Non riuscirò ad aspettare fino a quell’ora.
 Si prese la testa tra le mani, iniziò respiri profondi.
 Calmati Haruka, perdere il controllo in questo modo non è da te.
 Ma dopotutto, cos’era di lei che non la stupisse ultimamente?
Il fatto che per far passare il tempo si mise a provare vestiti per il teatro, fu solo l’ennesima conferma.
 Per poco non le venne un colpo quando si vide con la gonna, non sapeva neppure perché tenesse ancora certe cose nell’armadio.
 Che gambe da calciatore!
 Forse era meglio qualcosa di diverso.
 Ma le donne sono pazze! Questa roba è troppo aderente.
 Forse era meglio lasciar perdere.
 Calpestò i vestiti tornando sul letto. Ok, era completamente impazzita.
 Però almeno era passato un po’ di tempo, afferrò la camicia e i pantaloni e iniziò a prepararsi seriamente. Sentiva il proprio battito assordante coprire perfino la musica nella camera.


Haruka non avrebbe mai immaginato, nella sua vita, di ritrovarsi seduta nella Main hall di un teatro così importante, in trepidante attesa delle note di un violino.
Tutto quel rosso le faceva girare la testa. La struttura era abbastanza moderna, la sala era enorme, non che avesse termini di paragone in realtà.
Ma la bellezza di Michiru merita ben altro.
 E dovette ammettere che il fatto che tutta quella gente fosse lì per lei le provocò inspiegabili moti di gelosia.
 Si sentiva completamente fuori luogo, non aveva mai sentito parlare di neppure uno dei brani sul programma.
 Dopotutto, lei era soltanto una pilota.
 Perdonami, Michiru. Se oso presentarmi qui, affacciarmi sul tuo mondo splendente al quale non potrò mai appartenere. Non capisco nulla di violino, è vero. Non sono ricca come le persone sedute accanto a me in questo momento. A sentire il mio nome, non ci sarà nessuno che potrà citare accademie importanti, o esperienze internazionali. Non c’è nessun motivo che potrebbe spingerti a guardare proprio in questa direzione.
 Ma ti prego, suona anche per me stasera.
 Quando finalmente la sua figura divina comparve sul palcoscenico, si sentì mancare il fiato. E capì quanto quella visione meravigliosa le fosse terribilmente mancata.
 La stoffa bianca del vestito le avvolgeva il corpo in morbide onde, la mantella poggiata sulle spalle nude ondeggiava ad ogni passo come candide ali.
 È un angelo.
 Teneva lo sguardo leggermente basso, le sue ciglia erano così lunghe. Le splendide labbra rosse sembravano petali poggiati sul viso di porcellana.
Prima di poter capire perché, Haruka sentì calde lacrime rigarle silenziosamente il viso.

Michiru si inchinò appena, prima di iniziare. Chiuse gli occhi mentre poggiava il violino sulla spalla. Tutto era svanito.
Nessuno spettatore, l’immensa hall era lontana anni luce.
Il corpo si muoveva da solo, come le note scaturissero direttamente dal suo petto.
Non esisteva nessun teatro, nessun mondo sull’orlo della fine. Nessuna ferita e nessun destino.
Si muoveva lentamente, appoggiandosi su un piede e poi sull’altro, non c’era parte di lei che non seguisse la musica.
E non esisteva nessun futuro, nessun passato. Nessuna Michiru Kaioh coi suoi segreti pesi addosso.
Le erano rimasti ancora, dei desideri?
Se davvero ogni cosa fosse svanita, cosa avrebbe voluto essere?
Fece un giro su se stessa, le note si rincorrevano velocemente, i battiti aumentavano.
Dove avrebbe voluto essere?
Un tramonto sulla costa, un’auto che corre veloce. Haruka al volante.
Il suo sorriso. Parlarle, ridere insieme. Poggiare la testa sulla sua spalla.
Due ragazze come tutte le altre.
Forse, sarebbe potuto accadere. Forse, se quel giorno non avesse accettato.
Ma a cosa sto pensando?
 Si morse il labbro inferiore. Una lacrima le scivolò lentamente sul viso.
 L’applauso scrosciante ridusse i suoi pensieri in frammenti di vetro, fece un passo avanti.
Perché mi applaudite?
Si inchinò profondamente, vergognandosi.
Haruka per lei…era più importante di tutti loro messi assieme.
Più importante del mondo.



 Non credo riuscirò a dormire stanotte.
 Haruka guardò l’orologio, erano già le tre e mezzo.
 Tutta colpa di quel violino che continuava a risuonare dentro di lei. Eppure sapeva che sarebbe successo, non avrebbe dovuto lasciar completare a quella creatura il suo incantesimo.
 Allungò una mano ad accendere lo stereo, chissà se avrebbe funzionato.

“I love it in your room tonight
you're the only one
who gets through to me
in the warm glow
of the candlelight
oh I wonder what
you're gonna do to me”

 Oh mamma, non poteva andare peggio.
 Credeva di aver messo a tacere certi impulsi, ma non poteva negare l’evidenza.
 Non aveva mai desiderato una donna a tal punto.
 Sapeva che non sarebbe mai potuto accadere, ma Michiru era ormai una droga per la sua immaginazione. E il suo odore non smetteva un attimo di tormentarla.
 Le mie mani che scivolano su quella pelle, scostano la stoffa. Calda, voglio toccarla ovunque, conoscerne ogni centimetro. Voglio obbedire al suo richiamo.
Voglio dissetarmi di lei, affondare nel suo calore, farmi possedere da quel profumo.
Voglio farmi marchiare. Sentire il suo sapore, poterlo riconoscere.
Voglio perdermi in lei, e che nessuno tenti di riportarmi indietro.

“come alive when I'm with you
I'll do anything you want me to
in your room”

 Voglio sentire la sua pelle nuda sulla mia, sudata. Le sue unghie su di me, farmi graffiare fino ad urlare. Voglio il mio nome gridato da quelle labbra. Voglio che abbia bisogno di me e me lo faccia sentire.
 Il suo piacere è il mio piacere.
Il mio piacere è il suo piacere.

 No, decisamente non sarebbe riuscita ad addormentarsi.


 Era un po’ che non attraversava quel cortile, sinceramente credeva che non lo avrebbe più fatto. Eppure non era mai stato piacevole come in quel momento.
 Avrebbe rivisto Haruka.
Era davvero lei, ieri? È venuta fin lì per me…?
 Sarebbe andata da lei, e le avrebbe detto tutto.
 Che non voleva più convincerla di nulla. Che l’avrebbe protetta lei.
 Sì, le avrebbe soltanto chiesto di poterle stare accanto.
 Riconobbe la sua schiena fra tutte, si accorse di stare camminando più veloce.
 Ma il nome che stava per pronunciare le si bloccò in gola come un pezzo di ghiaccio.

 
 La giornata era iniziata male. Non solo la mancanza di sonno la stordiva, e neppure oggi riusciva ad intravedere il profilo da dea di Michiru tra la folla… ma le si erano anche attaccate al braccio quelle due cretine.
 Si stupì ricordando come una cosa del genere avrebbe addirittura potuto farle piacere, una volta. Le loro risatine ingiustificate erano a dir poco insopportabili, e del fatto che fossero carine e perfino popolari nella scuola non avrebbe potuto fregarle di meno. Cosa speravano di ottenere?
 Il suo cuore era perso in ben altri mari, trasportato da onde indomabili che avevano cancellato qualunque cosa ci fosse in precedenza.
 Sperava che a furia di essere completamente ignorate se ne andassero da sé, mentre non smetteva mai di guardarsi attorno. Anche se l’avesse voluto sapeva che i suoi occhi le avrebbero disobbedito.
 Fu un attimo.
 Incrociò il suo sguardo per un solo istante, la vide correre via.
 Urlò il suo nome, forse. O fu il suo cuore a urlarlo disperatamente.
 Iniziò a correre come mai in vita sua.

 Svoltò all’ennesimo incrocio, sembrava essere svanita nel nulla. Imprecò sottovoce, perché doveva succedere una cosa del genere?
 Perché era andata via?
 E soprattutto perché lei la stava inseguendo?
 Imprecò ancora dirigendosi istintivamente verso il garage, doveva prendere la moto.
 Il vento sembrava soffiarle contro all’improvviso, mentre si avvicinava alla porta.
 Che cosa vuoi adesso? Ho già abbastanza problemi.
L’attraversò velocemente, sembrava tutto tranquillo.
 Aspettami Michiru, sto arrivando!
La sua mano stava quasi per sfiorare il volante, quando una luce accecante sembrò respingerla fisicamente.
 Che succede??
 In un attimo si ritrovò contro il muro, con una spalla dolorante. E con davanti un essere assurdo che non sembrava avere buone intenzioni nei suoi confronti.
 -Chi sei?? Cosa vuoi da me??-
 Cazzo, no… Michiru!
 Non ebbe tempo di stupirsi del fatto che la sua unica preoccupazione, mentre si giocava chissà quale arto tentando di schivare gli strani raggi di quel mostro, fosse Michiru.
 -Lasciami in pace maledetto!!-
 Non sembrava essere capace di risponderle, si sentì sollevare da terra e scaraventare contro chissà cosa di incredibilmente doloroso nel suo garage. Quell’essere era in piedi a pochi passi da lei, rideva.
 Cazzo… che sta succedendo??
Non si era mai sentita così impotente. E credeva di avere più fiato di quanto se ne stesse dimostrando.
 Improvvisamente, una piccola luce.
 Deglutì, sapeva cosa fare.
 Si lanciò versò di essa, finalmente riusciva a vedere bene l’oggetto che la provocava.
Una specie…di scettro?
 Qualunque cosa fosse, ancora un attimo e sarebbe riuscita ad afferrarlo.
 -Fermati! Toccalo e non potrai mai più tornare alla tua vita!!-
Quella voce l’avrebbe riconosciuta tra mille.
 Si voltò, ma prima che potesse vedere la sua figura sentì il suono metallico del raggio di quel mostro, sicuramente puntato verso di lei.
 È finita. Perdonami, Michiru.
 -…!!-
 Si sentì spingere via. Quando riaprì gli occhi, dei morbidi capelli color del mare erano sparsi sulle sue gambe. Michiru si stringeva una mano sul braccio ferito. Era…diversa, sembrava circondata da una luce che la intimoriva, forse proveniva da quegli strani vestiti. Ma era la sua Michiru.
 Avrebbe voluto dirle milioni cose, avrebbe voluto fare milioni di cose.
 Ma per quello ci sarebbe stato tempo più tardi.
 Il mostro urlava insoddisfatto, con quel suo ghigno insopportabile sul viso.
 Scostò piano la testolina dalle proprie gambe.
 Perdonami, Michiru. Per il ritardo.
-Haruka!! No!-
 Urlò senza rendersene conto, quando afferrò lo scettro. A partire dal braccio, ogni centimetro di pelle sembrava andare in fiamme, distruggersi e ricomporsi ardendo atrocemente.
 È questo il potere?
 Si voltò verso quell’essere. Sentì la propria rabbia trasformarsi in energia distruttiva.
 Sembrava che a scorrere in ogni vena del corpo fossero scariche elettriche, si concentrò per farle confluire tutte in una mano.
 In un attimo, seppe che avrebbe funzionato.
 Colpì violentemente il terreno, tremò agli effetti devastanti che riuscì a provocare. Il mostro era sparito nel nulla dopo un grido agghiacciante.
 Affannata, non riusciva a credere a nulla di quanto fosse appena accaduto. Ma questo non importava in quel momento.
 Si inginocchiò accanto alla sua dea, la prese delicatamente tra la braccia. La ferita non sembrava così grave. Si rese conto del sentirsi avvolta dalla stessa aura adesso.
 Ha rischiato in questo modo da sola, per tutto questo tempo?
 Le scostò piano una ciocca dal viso, quanto era bella anche così.
-Perche mi hai protetto? Tu...non devi ferirti. Queste sono le mani della violinista più brava del Giappone.-
 Lentamente, poggiò un lieve bacio sul palmo di una di esse.
 Passi il mostro, passi quella trasformazione, passi il combattimento e il fatto che aveva distrutto il pavimento del suo garage.
 Ma quello a cui davvero non poteva credere, era che quello splendido angelo fosse appoggiato al suo petto.
-Haruka...era vero, non smettevo di girarti intorno. Ma non era perche sei una guerriera… Io...ti osservavo da prima.-
-Cosa?...-
Si sentì mancare un battito.
 Gli occhi di Michiru si inumidirono, sentì una sua mano aggrapparsi alla propria schiena.
-Haruka... Non volevo che il tuo destino fosse lo stesso del mio! Credimi! E nonostante questo, io...-
 Il suo petto si stava bagnando del calore di quelle lacrime copiose, la strinse forte a sé. No, non era questo quello che le importava.
-Mi dispiace, perdonami... Perdonami.-
-…No. Perdonami tu. Non ho fatto altro che scappare.-
Si morse il labbro inferiore.
Hai davvero sofferto così tanto?…
Le poggiò le mani sulle spalle, allontanandola appena per poterla guardare negli occhi. Quel viso riusciva ogni volta a mozzarle il respiro dall’emozione.
-Ho fatto la mia scelta.-
Le sorrise. Da quanto tempo un suo sorriso non era così vero? Si tuffò in quegli occhi acquamarina, e riemergere per prendere fiato era come respirare per la prima volta nella sua esistenza. Non avrebbe mai smesso di tuffarvisi.
 Michiru le sorrise a sua volta, e Haruka sentì che qualsiasi cosa fosse successa, non le importava più. Non aveva paura di nulla. Tornò a stringerla forte a sé, le braccia appena tremanti.
 Combattere per proteggere il mondo in cui c’era Michiru.
 Haruka Tennō si era appena posta il traguardo più importante della sua vita.


Le canzoni di questo capitolo sono, in ordine:
My number
Love type thing
In your room
(Tegan & Sara)


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Capitolo 3
*** Lungo la costa ***


Capitolo 3 – Lungo la costa


 Michiru sospirò guardando il tramonto. Pensò che man mano, tutto sarebbe andato meglio. Persino i gradini degli spalti sembravano meno intollerabili.
 Haruka è una guerriera ora.
Una guerriera che si è chiusa in camera da giorni, neanche fosse un’adolescente in crisi dopo un taglio di capelli troppo corto per i suoi gusti.
 Sospirò.
 Dopotutto, anche per lei la prima trasformazione era stata decisamente traumatica, aveva previsto di lasciarle un po’ di tempo per riprendersi. Ma ormai poteva essere abbastanza. Si alzò, sistemandosi elegantemente la gonna con le mani.
 Era ora di andare a prendere quell’adolescente testarda.

 -Haruka, io entro!-
 Nessuna risposta, come previsto. Spinse la porta lentamente, affacciandosi su quel confuso ammasso di cose indefinibili, nella semioscurità di una finestra non del tutto chiusa. Nell’aria, una canzone sembrava l’unica cosa in movimento. Era piacevole, chissà chi erano le cantanti.

“When your love lets you go
 you only want love more
Even when love
wasn't what you were looking for”

 -Haruka…-
 Si arrese al fatto che era decisamente carina, stretta al cuscino con addosso quella canotta bianca. Tentò di avvicinarsi senza calpestare nulla di fragile, stupendosi della quantità di vestiti femminili sparsi in giro. Come avesse tentato di indossarli.
 Non riuscì a non ridere lievemente tra sé.
 Quanto mi piacerebbe vederla.
 Si sedette sul letto accanto a lei, poggiando una mano su quei capelli di grano dorato.
-Ho fatto così anch’io, credimi… ti ci abitui presto.-
-…mh.-
 Ci avrebbe scommesso che non stava dormendo.
-Sì, è…la trasformazione.-
 Haruka si tirò su, bisbigliando in modo poco convincente anche per se stessa.
 La propria, personale trasformazione.
 Michiru sorrise, era decisamente carina così spettinata, e la canotta era aderente al punto giusto, come immaginava. Sentì le guance in fiamme.
 Poterla guardare negli occhi… chissà se sarebbe riuscita ad abituarsi anche a quello.

 “When you want love
doesn't matter what you're looking for
Speak slow, tell me love
where do we go... ah ah
Where do we go... ah ah
where do we go”

 Guardarsi, in quel modo. Quando si sa che sta per succedere.
 Quando tutto è complice, e i bordi del mondo si sfumano. Sfiorarsi le dita, chiudere gli occhi. Non esiste più nient’altro.
 Una mano dietro la nuca, intrecciata ai capelli. Un bacio lungo, lingue che danzano scoprendosi, senza fretta. Brividi sconosciuti, sapori tanto bramati.
 Ritrovarsi una sull’altra, una tra le braccia dell’altra. Una mano si insinua sotto la maglietta, desiderosa di pelle calda. Il tocco audace di chi non riesce più ad aspettare.
-Haruka…aspetta, forse non dovremmo …-
 La voce esitante, un ultimo appiglio alla razionalità che si allontana indesiderata.
-Se non vuoi, puoi fermarmi in qualsiasi momento…-
 Respiro caldo sul collo, piccoli gemiti rubati. La maglietta leggera viene alzata, morbidi seni perfetti, splendidamente bollenti. Capezzoli tondi come piccole ciliegie, sotto le labbra vogliose che sanno torturarli con i loro giochi eccitati.
 Gemiti che istigano, ventre in fiamme. La mano scivola, l’elastico dei pantaloncini è un ostacolo per nulla preoccupante.
 -Haruka… forse stiamo correndo troppo…-
 Parole di pura formalità, che non tengono testa al respiro affannato di una sincerità provocante.
 -Michiru…sei già bagnata qui…-
 Sensazione da far girare la testa, tremendamente irresistibile. Le dita si muovono di propria spontanea volontà, catturate da quel calore umido, da quell’intimità preziosa.
 Le sue mani sulla schiena, aggrappate, ciò che di meglio si possa desiderare.
 Respiri sincronizzati in eccitata armonia.
 Mia. Mia. Mia. Mia.
 I suoi capelli sul cuscino come nel più ardito dei sogni, il marchio del suo odore addosso. Il suo bagnato piacere sulla mano.
 Gemiti che privano di ogni minimo controllo. Grida di godimento a scuoterle il corpo. Sentire la propria vita resettata, rendersi conto di non aver mai fatto davvero l’amore prima di quel momento.
 Portarsi lussuriosa le dita alla bocca per leccarle avidamente.
Ricadere una sull’altra, non sopportare più la barriera di stoffa.
 -Michiru…n-no, aspetta!-
 Troppo tardi, non c’è spazio per le insicurezze di una vita. La canotta viene alzata, petto candido e indifeso.
 Polsi tenuti bloccati, labbra calde sul seno fremente. Piacere involontario e inaspettato. Riconoscere la lingua sulla pelle nuda.
 Gemiti liberi dalla prigione della gola. Fiamme irrefrenabili che si agitano nel ventre.
 Pelle nuda su pelle nuda. Strofinarsi, sudate e padrone della notte.
 -Haruka…io…-
 -Così…-
Sangue che ribolle, gola secca. Tremare appena, non poter tenere a bada qualcosa di tanto forte. Tremare di più.
-Lì dove senti più bagnato…-
Scivolare lentamente, drogarsi di quel calore.
E sentirsi riempire, donarsi completamente come mai si era fatto prima.
 Aggrapparsi alle sue spalle, ansimare al suo orecchio. Che stupida ad aver pensato che esistesse il piacere, prima di quella notte. Godere spudoratamente, gridare spudoratamente.
E ricadere ancora, le lenzuola impregnate di sudore, i loro odori mischiati insieme.
Guardarsi negli occhi senza sapere per quanto tempo. Carezze lente sulla pelle liscia, sorrisi dolcissimi, sussurri avvolgenti.
 Baciarsi di nuovo, divorarsi in un bisogno inebriante.
 L’alba non era ancora arrivata, e il mondo gli apparteneva ancora.
 Pronte a ricominciare daccapo.


 -No dai… Io non esco!-
 -Haruka, non fare i capricci e fammi vedere come stai!-
 Michiru rise intenerita per l’ennesima volta, da quando si era intestardita a vedere come le stavano quei vestiti. Seduta a gambe incrociate sul letto candido, con addosso la canotta che odorava di Haruka.
 Il blu notte le donava ancora di più di quanto immaginasse, la risata si trasformò in un istante in un sorriso estasiato.
 -Sei bellissima.-
 -Non prendermi in giro…-
 Le sue guance erano incredibilmente arrossate, le mani impegnate a tirarsi più giù la gonna e più su la scollatura alternativamente.
 -Sei bellissima, vieni qui.-
 Smise immediatamente di ribellarsi, tendendo le labbra come a pretendere un bel premio per il suo eroico sforzo.
 -Ora prova questo!-
 Le sue aspettative vennero rimandate ancora, con dei brontolii indistinti e rassegnati si accinse ad indossare anche quello rosso.
 -Haruka, e io come sto?-
 -Michiru… come uomo non sei affatto convincente.-
 Quelle risate cristalline che si sovrapponevano erano la musica più bella che avesse mai risuonato nel suo monolocale. Era così strano.
 -E ora molla la mia cravatta!-
 Rincorrersi, passare le braccia attorno a quella vita sottile. Sentire che il letto prima era decisamente troppo grande, e troppo vuoto.
 Era tutto meraviglioso.
 Ogni bacio di Michiru era il dono più bello che avesse mai ricevuto.
 


 Haruka era distesa fra le lenzuola bianche. Placidamente soddisfatta, il respiro appena percettibile del primo sonno.
 Com’è bella.
 Le pagine di un blocco da disegno scorsero velocemente, un sorriso consapevole illuminò il volto incantato. Il sorriso di un artista che sta per creare il primo vero capolavoro della sua vita.
 Questo è per te, Haruka.



 Quel mostro era decisamente più forte del previsto, anche l’ultima delle cinque ragazze era a terra. La speranza di vincere stavolta vacillava sempre di più.
 Come dice Haruka, questo è sempre il momento migliore per arrivare.
 Petali trasportati dal vento ruotarono con raffinatezza attorno alle loro figure, orgogliosamente spalla contro spalla.
 -Guidata dalla nuova era, Sailor Uranus, agisce con eleganza!-
 -Allo stesso modo, Sailor Neptune, agisce con grazia!-
 Per un attimo, Michiru guardò la sua Haruka.
 Che sbruffona.
 Le sfuggì una piccola risata. Le faceva tenerezza confrontare tanta spavalderia con la maschiaccia resa goffa dal ritrovarsi improvvisamente in minigonna.
 Le prime volte le sue lamentele per la divisa erano insopportabili!
 E ora invece, quanta sicurezza.
 Pensò che forse non c’era nulla di male nel prendersi il merito almeno un po’.
 
 Ogni giorno nuovi rischi, nuovi nemici. Ogni giorno diventare un po’ più forti. Paure, lacrime, e sorrisi, ed emozioni forti.
 Ma Michiru sapeva che ogni sera, qualunque cosa fosse successa, avrebbero guidato ancora insieme lungo la costa. Verso il loro appartamento.
 E che Haruka le avrebbe sussurrato, ancora una volta, quelle parole.

 -Grazie di avermi trovata.-





La canzone di questo capitolo è:
Speak slow
(Tegan & Sara)


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