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Disclaimer: I personaggi
di Merlin non mi appartengono, benché
meno lo sceneggiato. Da questa storia non ci ricavo assolutamente nulla
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All
The King's Horses
Parte II
La voce di
Gaius investì il mago non appena questo fece ritorno alla
dimora del medico di corte.
“Hai
fatto quanto ti avevo detto?”
“Certamente.”
“Hai
fatto in modo che la contrattura si riassorbisse?”
“Sì,
e penso di esserci riuscito anche discretamente bene.”
“Te
la sei presa con comodo” lo schernì dolcemente
l’uomo posando in tavola le ciotole in cui era contenuta la
loro cena. Stufato di una qualche carne che Gaius era riuscito a farsi
dare nelle cucine. E verdure. Merlin – da che era a Camelot
– aveva iniziato ad odiarle. E aveva buone ragioni per farlo.
“Lo
sai meglio di me quanto ci vuole per convincere Arthur a farsi curare
in generale. Il fatto che abbia dovuto farlo io non l’ha di
certo persuaso a collaborare senza fare storie.”
Gaius
annuì.
“Il
vostro lavoro con i cavalieri di Arthur?” domandò
Merlin iniziando a magiare affamato la sua cena.
“Giovani
inesperti ma almeno poco inclini a lamentarsi. Probabilmente erano le
prime ferite della loro storia in qualità di aspiranti
cavalieri: farsi vedere forti e capaci di sopportare il dolore doveva
essere un punto d’onore per loro.”
Il mago
sorrise. Erano tutti uguali: re e principi, cavalieri o aspiranti tali
dovevano mostrarsi tutti di essere – almeno apparentemente
– senza macchia e senza paura. Ma Merlin sapeva che in fondo,
l’unico ad avere queste caratteristiche era il suo Principe.
Ed era un puro di cuore. Anhora l’aveva detto ed Arthur
l’aveva dimostrato, tant’è che non aveva
esitato un istante ad ingannarlo per bere lui il calice apparentemente
avvelenato per salvargli la vita. Con quel suo eroico gesto la
pestilenza maledetta che si era abbattuta su Camelot era stata tolta e
l’unicorno era tornato a vivere.
“Sei
pensieroso, Merlin” constatò Gaius
“Solitamente è difficile farti stare zitto tante
sono le cose di cui devi lamentarti…”
“Solitamente
mi lamento solo di Arthur. Nel complesso gli altri o
m’ignorano o mi trattano come un qualunque essere umano. Un
po’ idiota, ma questo sembra salvarmi quando accade qualche
stranezza intorno a me” rispose Merlin bevendo un
po’ d’acqua dalla sua tazza. Benché a
Gaius non mancasse nulla, né cibo, né denaro, la
differenza con il lusso in cui viveva Arthur – e la corte in
generale – lo lasciava sempre esterrefatto. Per lui la vita
presso l’abitazione del medico di corte era più
che sufficiente. Certo, l’idea di essere servito e riverito
lo affascinava molto, ma probabilmente si sarebbe sentito a disagio se
si fosse ritrovato… sull’altro lato della medaglia.
“Appunto…”
disse Gaius squadrando il ragazzo che, in tutta risposta,
alzò le spalle indifferente.
“Avete
discusso?”
“No!
Perché avremmo dovuto?”
L’occhiata
dell’uomo fu una risposta sufficiente.
“Va
bene, domanda sbagliata, ma devo dire che stavolta abbiamo avuto una
conversazione quasi civile. Ogni tanto ha dubbi sul suo destino di Re e
mentre lui parla, io lo ascolto. O almeno fingo di falo.”
“Sono
certo che se ti chiedessi di dirmi cosa affligge Arthur, sapresti
ripetermi ogni parola da lui pronunciata dal giorno in cui sei entrato
alle sue dipendenze…” gli fece notare Gaius con lo
stesso tono con cui un vecchio saggio spiegava la Verità a
chiunque lo ascoltasse. E forse Gaius si avvicinava molto
all’immagine del vecchio saggio dell’Antica
Religione. Merlin non ne sapeva molto, l’uomo non ne parlava
mai volentieri, ma il ragazzo era certo che quando la magia era ancora
permessa a Camelot, Gaius doveva essere stato un grande mago.
L’unica cosa era che, a differenza di Merlin, la magia del
medico di corte proveniva dallo studio, non gli fluiva nel sangue. La
magia per Merlin era istinto. Per Gaius solo sapienza e per questo
l’uomo era rimasto estremamente affascinato dalle
potenzialità di Merlin la prima volta che l’aveva
incontrato. Anni fa probabilmente il medico avrebbe stretto un patto
con chissà quale sacerdote per essere anche solo
lontanamente com’era Merlin. Con la differenza che ora per
quest’ultimo era già stata firmata una condanna a
morte da prima che mettesse piede a Camelot. Almeno, lo sarebbe stata
nel caso in cui la sua magia venisse rivelata, ma preferiva di gran
lunga non pensarci.
“Ti
sei ancora perso nei tuoi pensieri?” lo richiamò
Gaius distraendo Merlin dalle sue riflessioni.
“Temo
di sì” rispose il ragazzo riprendendo a mangiare.
L’uomo
scosse la testa ma sorrise.
“A
parte le lamentele che avrà fatto per farsi curare, come sta
il nostro Principe?”
“Si
lagna, ma ha sopportato di peggio” disse Merlin ingoiando
l’ultimo pezzo di carne. Nonostante le porzioni doppie che
Gaius gli serviva, riusciva sempre a finire di mangiare prima
dell’uomo e, quando di alzava da tavola, c’era
sempre un leggero senso di fame che non lo abbandonava mai.
“Il
distillato di arnica che gli hai dato allevierà sicuramente
il dolore” concluse Gaius rassicurando il mago.
Merlin
arricciò lievemente le labbra ed annuì colpevole.
“Sì.
Ehm… Devo andare vedere se Arthur sta meglio. Glielo avevo
promesso” disse il ragazzo alzandosi e avviandosi verso la
porta.
“Merlin”
lo richiamò pazientemente la voce del medico di corte.
“Sì?”
L’uomo
mise la mano nella borsa di cuoio che il moro aveva lasciato su una
panca accanto al tavolo e si avvicinò a lui con uno sguardo
di chi la sapeva lunga.
“L’intera
dose” spiegò Gaius dando a Merlin la boccetta in
cui era contenuto il medicinale.
Il mago
annuì e con un lieve sorriso vagamente imbarazzato
salutò l’uomo e si diresse verso le stanze di
Arthur.
Bussare era
una pratica che, nonostante i due anni di servizio alla corte dei
Pendragon, Merlin non era ancora riuscito a far sua.
In una
condizione normale Arthur l’avrebbe sicuramente rimproverato
non appena messo piede nella stanza ma, considerando che il Principe
era troppo impegnato a fare il ferito per stavolta nessuno lo avrebbe
rimproverato per la sua mancanza di rispetto e stoltezza per non aver
ancora imparato i principi basilari dell’educazione.
“Sei
in ritardo.”
“Io
sono sempre in ritardo” scherzò Merlin
“E vi ho portato la cena” concluse il mago posando
il vassoio con pane, formaggio e della carne stagionata sul letto,
abbastanza vicino al Principe, cosicché non avrebbe dovuto
sforzarsi – e nemmeno alzarsi – per desinare.
“Uhm”
mormorò Arthur lamentandosi.
“Come
state?”
La faccia di
Arthur si contrasse in una smorfia non appena si girò supino.
“Potrei
stare meglio.”
“Effettivamente
c’è qualcosa che potrebbe farvi stare
meglio…” disse Merlin mentre il biondo –
dopo essersi messo a sedere – iniziava a mangiare la semplice
cena che gli aveva portato il servo.
“E
sarebbe?” domandò il Principe a bocca piena.
“Distillato
d’arnica, ve lo manda Gaius. Ha detto che questo
mitigherà il dolore e lo farà scemare nel giro di
alcune ore.”
“Comunque
domani verrà, vero?”
Il mago
annuì e il Principe parve rassicurato da ciò.
Già una volta Gaius – quando il ragazzo aveva
provato a curare la ferita infetta di Mordred - gli aveva detto che non
aveva la stoffa del medico, ma vedersi così poco considerato
era sempre frustrante.
“Merlin?”
lo richiamò Arthur sventolandogli la mano sinistra davanti
agli occhi.
“Perdonatemi,
Sire. Mi ero distratto” si scusò il moro.
“Già…
me ne ero accorto” rispose l’altro prendendo un
pezzo di pane e della carne stagionata.
“Quando
vi sentite sazio, prendete questo” disse il mago aprendo la
boccetta col distillato d’arnica e mettendola sul vassoio
insieme al leggero pasto del Principe.
Quest’ultimo
annuì mentre osservava Merlin mettere approssimativamente in
ordine oggetti e vestiti sparsi per la stanza. Non che Arthur
apprezzasse l’incapacità di quel servo che si era
ritrovato ad dover accettare per ordine del padre, ma in qualche modo
si era abituato – e forse anche affezionato – a
Merlin e alle sua stranezza, goffaggine e alla sua cronica
incapacità di portare correttamente a termine qualunque
compito gli venisse affidato.
“Piantala
di fingere di lavorare” gli fece notare il biondo facendo
cenno al servo di avvicinarsi.
“Non
potete dire che almeno non ci provi” lo rimbeccò
il mago raggiungendo comunque il letto del Principe.
“Ammettilo
che sei contento di vedermi così.”
Merlin
sospirò. Arthur era davvero un asino. E con la testa di
legno, per giunta!
“Mi
diverte, ma non sono di certo contento. Un modo per sentirvi meglio
è prendere l’intruglio di Gaius.”
“Fa
schifo” rispose il Principe portandoselo alle labbra.
“Un
respiro profondo…” lo incitò il mago
venendo fulminato con lo sguardo. Arthur comunque fece quanto gli era
stato detto e, trattenendo il fiato, buttò giù
tutto il medicinale che gli era stato prescritto.
“Credo
che sia una delle cose più disgustose che Gaius sia in grado
di preparare…”
“Fidatevi,
può fare di peggio. Di molto peggio” disse Merlin
rabbrividendo al pensiero di quando aveva dovuto assaggiare la pozione
per la troll Catrina. Certe volte poteva ancora sentirne
l’orrido sapore sulla lingua.
“Togliti
gli stivali” gli ordinò Arthur
all’improvviso distraendolo completamente dai ricordi che
aveva del troll.
“Eh?”
domandò il mago guardando perplesso il Principe.
“Fai
quello che ti ho detto.”
Merlin storse
il naso perplesso ma fece quanto gli era stato ordinato. Non fece quasi
in tempo a sfilarsi il secondo stivale che Arthur l’aveva
afferrato per un polso, costringendolo a capitolare sul comodo
giaciglio reale. Il momento di shock iniziale del mago per lo strattone
ricevuto ebbe breve vita poiché sostituto dallo stupore di
sentirsi ancorare al letto dal peso del biondo e delle labbra di
quest’ultimo posarsi impunemente sulle sue chiedendo - anzi
no -, pretendo l’accesso alla sua bocca.
Accesso che
Merlin si ritrovò a concedergli senza alcuna esitazione e
che gli diede modo di percepire l’amaro retrogusto del
distillato d’arnica. Gli occhi del mago si chiusero non
appena notò le palpebre del Principe abbassate. La sua
espressione basita incontrò dopo qualche secondo quella
divertita di Arthur non appena questo interrupe il contatto con la
bocca del moro.
“Fa
schifo o no?”
“Voi
o l’arni-Ahia!”
Con gesti
veloci, simili ai colpi che Arthur era solito utilizzare in duello, il biondo
lo privò dapprima del fazzoletto che portava al collo (il
quale finì a terra, sopra i suoi stivali), poi della giacca
e della maglia che aveva indosso. Merlin temette il gelo della fredda
aria serale, ma poi si rese conto che quelle erano le stanze reali -
stanze che lui stesso doveva provvedere a riscaldare - e
l’unica cosa che il mago avvertì fu la sensazione
delle pregiate lenzuola e coperta sotto la sua schiena e la calda pelle
di Arthur sulla sua.
Il moro
tremò leggermente più per l’eccitazione
che per altro. Non temeva Arthur e non considerava quel gesto
un’offesa nei suoi confronti. Era strano, ma non poteva
negare a se stesso che vi fosse un sentimento che – almeno da
parte sua –che in
fondo gli aveva fatto sperare o in qualche modo desiderare che
qualcosa del genere accadesse.
“Non
eravate impossibilitato a muovervi?” domandò
Merlin inarcando il busto sotto il tocco di Arthur, affinché
i loro corpi entrassero maggiormente in contatto.
“Non
abbastanza” sussurrò il Principe
nell’orecchio del moro prima di mordergli la pelle nivea del
collo, risalendo fino al mento per tornare poi a baciarlo.
Merlin, che
fino a quel momento non aveva reagito se non lo stretto indispensabile,
portò le mani sulla nuca del biondo, affondando le dita
delle ciocche dorate del ragazzo mentre lottavano in una guerra questa
volta combattuta non del tutto ad armi impari.
Il corpo di
Arthur sembrava tendere sempre di più alla ricerca di quello
del suo servo, quasi avesse la necessità vitale di sentirlo
completamente sotto di sé. E non era unicamente una
questione di dominio. Era
una questione di bisogno.
Merlin
cercò di contenersi quando la bocca del biondo si dischiuse
sul suo collo, accarezzandogli la pelle dapprima con le labbra, poi con
la punta della lingua, sfidandolo in qualche modo a reagire. La
risposta del mago non si fece attendere giacché le sue mani
iniziarono a vagare curiose - e a loro volta bisognose –
sulla schiena di Arthur, sentendo i muscoli guizzare sotto il suo tocco
e la pelle tendersi e tremare per l’eccitazione.
Tra baci e
mani impudiche, la stoffa superflua che li separava venne ben presto
allontanata e buttata ai piedi del letto di Arthur. Le coperte e le
pellicce creavano calore a sufficienza, ma i loro movimenti e lo
strofinio dei loro corpi affannati e sudati stavano rendendo quelle
fonti di calore quasi un fastidio.
Il biondo
fino all’ultimo non era stato sicuro che Merlin avrebbe
accettato, la stessa domanda a tradimento che gli aveva rivolto nel
pomeriggio non lo aveva rassicurato. Ma aveva ugualmente osato e il suo
servo non si era tirato indietro. E lo sentiva sotto le sue mani e le
sue labbra che le carezze e i baci del ragazzo non erano servili.
Merlin non era mai servile, se non avesse voluto, si sarebbe tirato
indietro prima ancora che Arthur osasse toccarlo. Eppure non
l’aveva fatto. Era rimasto lì, lasciandosi
trascinare fra le coltri del suo giaciglio a godere di quel contatto
che Arthur bramava. Sapevano entrambi che era strano. Eccessivamente
strano, ma allo stesso modo sapevano che stavano percorrendo una sorta
di strada, un sentiero già battuto in vista del loro arrivo.
Gemiti
silenziosi e respiri affannati riempivano l’intera stanza
mentre il fuoco delle candele e le braci ancora ardenti del camino
celavano ad occhi indiscreti – e forse anche ai loro stessi
occhi – le due facce della stessa medaglia che andavano a
riunirsi, creando quell’unica moneta che avrebbe permesso al
destino di compiersi.
Il mago morse
il labbro inferiore di Arthur e questo si ritrovò per un
istante costretto a ritrarsi per il dolore dei denti di Merlin che
erano andati a stimolare eccessivamente il taglio – seppur
lieve – ancora non rimarginato.
“Così
posso stare certo che la ferita al labbro non si rimarginerà
più” gli sussurrò il biondo sulle
labbra rallentando i suoi movimenti.
Merlin
sbuffò divertito prima di sentire il volto di Arthur
affondare sul suo collo e mordergli lievemente un lembo di pelle,
mandandogli una scarica di brividi. Brividi che diventarono un
tutt’uno con i tremiti dell’eccitazione: i gemiti
di Merlin si fecero più intensi e profondi man mano che
Arthur aumentava la velocità e la pressione delle spinte. I
loro bacini di scontravano, le loro erezioni s’incontravano
facendogli perdere ogni contatto con la realtà. Arthur si
appoggiò – non senza fatica - sugli avambracci in
modo da poter sostenere il ritmo da lui deciso mentre il servo
continuava a spingere il bacino verso il suo, alla ricerca di un
sollievo che non tardò ad arrivare. Con un’ultima
spinta Arthur inchiodò le braccia di Merlin al letto,
impedendogli di muoversi e morse affamato la sensibile pelle del collo
del moro, mentre entrambi venivano scossi dal piacere
dell’orgasmo e al momento con la mente troppo annebbiata per
far caso al fatto che servo e padrone avevano appena… beh,
il sapore della loro pelle e le fronti imperlate di sudore parlavano a
sufficienza.
Non avevano
propriamente giaciuto insieme, ma il fiato corto di entrambi e il
respiro concitato alla ricerca d’aria erano facilmente
fraintendibili. Anche se al momento Merlin non riusciva a immaginare
cosa ci fosse di fraintendibile alla vista di lui inerme sotto il corpo
di Arthur, le cui forze l’avevano apparentemente abbandonato.
“A-arthur?”
provò a chiamarlo Merlin e il biondo parve capire in
anticipo cosa volesse dirgli il ragazzo. Di fatti, seppur con lentezza
facendo attenzione al fianco infortunato e ancora lievemente dolente -
soprattutto considerato lo sforzo a cui aveva sottoposto il suo corpo
– si sdraiò accanto al servo, passandogli una mano
introno alla vita.
Merlin non
ricordava di essere stato più imbarazzato in vita sua.
Neanche quando Arthur l’aveva trascinato a forza sul letto
privandolo delle sue vesti l’aveva fatto sentire
così esposto alla mercé del Principe. Forse
perché quel semplice abbraccio racchiudeva in sé
un’intimità tipica solo degli innamorati, di
coloro per cui era consuetudine dividere il letto.
Non che non
sapesse che a corte vi fosse l’usanza da parte dei nobili di
giacere con le proprie serve (e talvolta persino con i servi) ma
solitamente la loro permanenza nelle calde coltri nobiliari era sempre
direttamente proporzionale alla durata dell’amplesso del
signore. Il fatto che Arthur Pendragon, Principe ereditario di Camelot,
non solo aveva voluto lui - un servo e non un servetta dalle morbide
forme e il corpo accogliente - ma gli stava persino offrendo uno spazio
nel proprio letto, era al di fuori ogni logica.
“Ti
sento pensare” aveva bofonchiato Arthur con la faccia
leggermente affondata nel cuscino.
Merlin, colto
alla sprovvista, si ritrovò privo di battute sferzanti con
cui replicare.
“Mi
sembra l’unica cosa sensata da fare”
ribatté comunque il mago.
“Uhmpf…”
Il lamento
del Principe però non aveva nulla a che fare con i toni
ammorbanti che era solito usare quando qualcosa non andava come
desiderava. Era più un lamento divertito, sereno e
quasi… felice, si sarebbe azzardato a
dire Merlin.
“Stai
ancora pensando.”
“Voi
sarete bravo con la spada, ma a pensare, se permettete-”
“Tu
sei un idiota. Ad ogni modo mi pare di averti appena dato dimostrazione
di quanto bene me la cavi con la spada.”
Merlin lo
guardò storto. Le candele consumate oramai prossime a
spegnersi permisero comunque ad Arthur di vedere l’occhiata
che gli aveva lanciato il mago.
“Queste
frasi possono intimidire e far ridacchiare imbarazzate le servette di
palazzo. Io sono il vostro servo” gli fece presenti Merlin.
Arthur
tuffò il viso in quel punto in cui il collo del moro si
congiungeva al busto.
“Lo
so. E’ per questo che sei qui.”
Merlin fece
per replicare qualcosa ma le parole – e i pensieri
– vennero soffocati dalle labbra del biondo che gli posarono
un lieve bacio sulla linea della giugulare. Nulla di più,
nulla di meno. Semplicemente un bacio.
“Io
non scherzavo quando ho detto che mi piaci…”
borbottò Arthur stringendo maggiormente il corpo di Merlin
con il braccio sano.
Il mago
sorrise e decise di lasciarsi finalmente avvolgere da quel calore forte
e vigoroso che il corpo del biondo aveva sempre sprigionato. Solo che
non aveva mai avuto il piacere di constatare di persona quanto potesse
essere piacevole sentirlo sulla sua stessa pelle.
Il respiro di
entrambi si regolarizzò e, prima che cadessero
nell’oblio del sonno, Arthur sentì un lieve
sussurro provenire dal ragazzo che stringeva a sé.
“Nemmeno
io.”
-Fine-
Note
dell’autrice:
E slash fu!
Ce
l’ho fatta ad arrivare a slasharli finalmente e ne sono molto
felice. Alle esperte del pairing poi l’ardua sentenza, ma mi
è piaciuto molto scrivere questa storia. La divisione in due
parti/capitoli credo sia stata appropriata, perché ci sono
toni e temi ben diversi. E se nella prima c’è un
maggior pathos epico e UST (e io amo l’UST), in questa
c’è più ironia e leggerezza. Insomma,
una storia di due capitoli ma che ho voluto fortemente separare, anche
se una shot di 4.000 parole per me solitamente è il minimo
sindacale x3
Credo si
tutto, spero di scriverne ancora perché ho amato muovere
questi due Pisquani ^^
Ringraziamenti!
bilancina92:
grazie mille! Sì, Arthur è uno zuccone e un
babbeo, ma sa
farsi voler bene anche per questo... da Merlin sicuramente se
non
altro x3 Spero che la seconda parte sia stata di tuo gradimento =)
Mo Caffrey:
mi fa piacere che questa storia sia riuscita a risollevarti l'umore ^^
Spero valga anche per questa seconda parte =) Grazie mille per i
complimenti, mi fa piacere che Arthur ti sia piaciuto, mi sono
divertita molto a scrivere di lui ^^ Grazie ancora <3
_ichigo_85:
spero che l'aggiornamento non ti abbia fatto penare e non ti abbia
fatto passare la voglia di leggere =) Sono felice che il rapporto tra i
due ti sia sembrato valido e il cameratismo apprezzabile. Ho cercato
d'inserire entrambi gli aspetti della loro vita: i ruoli che ricoprono
ma anche semplicemente un'amicizia che c'è tra due persone
(il
fatto che poi l'amicizia diventi slash è del tutto relativo
XD).
Grazie per l'appunto sul 'voi', non appena visto ho provveduto a
sistemarlo x3 Spero che questa seconda parte ti sia piaciuta e grazie
ancora anche per aver commentato Magic is Might <3
MadameMina:
ti ringrazio moltissimo per i complimenti sulla caratterizzazione dei
personaggi... è una cosa che mi manda sempre in un brodo di
giuggiole <3 Spero che questo piccolo seguito ti sia piaciuto,
grazie ancora per aver letto <3
Egle:
*onoratissima* Sono stata un po' lenta con l'aggiornamento ma alla fine
ce l'ho fatta (neanche fosse una long da millemila capitoli, ma fa
nulla x3). Devo dire che con me questo telefilm sfonda una porta
aperta, vado sempre in estasi quando vedo Arthur e Merlin a cavallo, mi
esalta tantissimo come cosa... il fascino del cavaliere in sella al suo
destriero colpisce sempre <3 E poi ora che ci penso,
è
la seconda volta che paragono Arthur ad un equino. Nell'altra storia
era un puledro, stavolta invece è il tuo adorato stallone XD
La
battuta qaffiana non ha avuto risvolti in questa seconda parte, ma
spero che comunque lo slash sia stato almeno gradevole. Grazie
mille per aver letto e commentato <3
Chiby Rie_chan:
*blushes* beh, sono davvero, davvero felice che l'immagine del
massaggio sia stata di tuo gradimento XD E il fatto che questa storia
dia la sensazione di 'casa' è una cosa che... aw <3
*muore
d'amore* Grazie mille per il tuo bellissimo commento <3
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