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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1.I wanna break this spell that you've created *** Capitolo 2: *** 2. I only dream of you and you never knew *** Capitolo 3: *** 3. I will be chasing your starlight *** Capitolo 4: *** 4. I tried to give you up, but I'm addicted *** Capitolo 5: *** 5. You electrify my life *** Capitolo 6: *** 6. How long before you tell the truth? *** Capitolo 7: *** 7. I just wanted to hold you in my arms *** Capitolo 8: *** 8. Our hopes and expectations, black holes and revelations *** Capitolo 9: *** 9. And whatever they say, your soul's unbreakable *** Capitolo 10: *** 10. You could be the one I'll always love *** Capitolo 11: *** 11. Love is our resistance *** Capitolo 12: *** 12. During the struggle, they will pull us down *** Capitolo 13: *** 13. And tonight we can truly say together we're invincible *** Capitolo 14: *** Epilogo – I’ll never let you go if you promise not to fade away ***
Capitolo 1 *** 1.I wanna break this spell that you've created ***
starlight
starlight
«I’ll never let you go if
you promise not to fade away»
A Jè.
Perché ha sopportato tutti i miei
scleri su questa storia,
perché è stata
tremendamente paziente con me,
perché se lo
merita un regalo di incoraggiamento,
perché spero di averle
fatto venire almeno un po’ di amore per questi due cosetti
idioti di Katie e Oliver così da scrivere tante belle storie come solo lei sa
fare,
e perché
sì.
C’è anche bisogno di chiederlo?
ah, sì: grazie sul serio <3
1.I wanna break this spell that you've created
Non era mica vero che
Katie Bell aveva una cotta per Oliver Baston. No, affatto. Era una voce messa
in giro dai gemelli Weasley, non c’era alcun dubbio. Lei avrebbe rassicurato
tutti che non era assolutamente così, che lei era una ragazza seria e che la
sua unica preoccupazione era il Quidditch e il diploma.
Purtroppo per lei,
entrambe le cose erano parecchio lontane, dato che aveva appena tredici anni e
l’ultima partita del campionato era stata appena annullata. La McGrannit era
scesa in campo con un megafono viola, ordinando a tutti di tornare nelle
proprie Sale Comuni. Oliver Baston era diventato improvvisamente bianco in
volto e si era precipitato verso la professoressa con aria sconvolta, tentando
di farla ragionare – secondo il suo parere -, ma lei lo aveva semplicemente
ignorato, preso Harry da parte e si era incamminata lontano, nel castello.
Katie Bell aveva
praticamente visto la delusione farsi strada sul volto del loro capitano che,
ormai demotivato, era tornato negli spogliatoi quasi trascinandosi. Lei seguì
il resto della squadra lì dentro, tenendo stretto il suo manico di scopa. Gli
altri facevano ipotesi su quanto poteva essere accaduto – qualche altro
studente pietrificato? -, ma lei non faceva altro che guardare Oliver Baston
che, nel pieno del suo sconforto, si era accasciato contro l’armadietto con la
testa tra le mani.
I ragazzi si guardarono, chiedendosi silenziosamente cosa fare, poi decisero
che, forse, era meglio lasciarlo cuocere nel suo brodo e parlargli solo quando
si sarebbe fatto una ragione di quanto era successo. Si cambiarono in fretta e
si avviarono di sopra, con aria curiosa.
«Non vieni, Katie?» domandò Alicia, voltandosi verso la ragazza. Lei annuì e
fece un sorriso di scuse.
«Controllo una cosa e arrivo» disse, semplicemente, e l’altra le fece un
leggero sorriso e riprese a camminare, lasciando ormai Katie da sola, a parte
la cupa presenza di Oliver Baston a farle compagnia.
Lei non sapeva come fare a parlargli, aveva paura che lui potesse arrabbiarsi
con lei e odiarla per il resto della sua vita. Non che le importasse più di
tanto, ma era il suo capitano e non doveva odiarla. E lei, dopotutto, stava
solo cercando di aiutarlo. Ma non riusciva a spiccicare parola ed era ancora
ancorata al suo armadietto e dava le spalle al capitano, senza sapere cosa
esattamente fare.
«Bell, se sei ancora qui per tentare di consolarmi, hai avuto un’idea
sbagliata» mormorò Oliver, prima che lei potesse fare qualunque cosa, con la
testa affondata ancora nelle sue mani.
«Io volevo solo … fare qualcosa» mormorò Katie, voltandosi finalmente verso di
lui. Era ancora accasciato su se stesso e, per quello che poteva vedere lei,
aveva l’espressione più disperata che Katie avesse mai visto. «Non … fare niente. Va’ via» .
La ragazza si strinse le braccia al petto e trattenne il respiro per un
secondo. Sembrava che quelle parole facessero male più di quando era caduta dal
suo manico di scopa, durante l’ultimo allenamento. Era la cosa più dolorosa che
avesse mai provato in tutta la sua vita.
Oliver doveva essersi accorto della reazione di Katie, perché alzò la testa e
la guardò, con uno sguardo di scuse e una sorta di sorriso disperato.
«Non volevo ferirti, Katie» mormorò, scuotendo la testa. Era questo, allora.
Oliver l’aveva ferita con le sue parole. Perché lei pensava che fossero amici,
eh, niente di più. Però ci era rimasta male. «Voglio …
solo stare da solo, ecco. Ma apprezzo il tuo tentativo».
Lei lo guardò, mentre era ancora appoggiata al suo armadietto, e tentava di
respirare nuovamente. Lui non voleva ferirla ed era quello che le importava.
Non l’aveva fatto apposta, ecco tutto.
«La McGrannit ha detto di tornare in Sala Comune» sussurrò lei, semplicemente,
facendogli un sorriso esitante.
«Ci andrò, non preoccuparti per me» le disse, con un sorriso che sembrava il
quadro della disperazione.
«Lo faccio sempre» mormorò lei, tra sé e sé e Oliver fece il primo vero e
proprio sorriso della giornata. Katie arrossì, quando si rese conto che lui
l’aveva ascoltata e nascose il suo volto dietro i capelli, evitando di
guardarlo. Era la prima volta che era seriamente in imbarazzo davanti a
qualcuno. Solitamente, era una persona molto più coraggiosa. Era o non era una
Grifondoro? Ma con Oliver le cose cambiavano.
Avanti, era un ragazzo più grande di lei di tre anni ed era particolarmente
affascinante. Ovvio, non che lei lo trovasse affascinante. Era ovvio, bastava
guardarlo in viso. Era ovvio che lei si sentisse in imbarazzo davanti a lui. E
questo non aveva niente a che fare con la voce che i gemelli Weasley avevano
sparso in giro – qualcosa che riguardava lei ed una certa cotta per una certa
persona. No, affatto. «Non devi. Sono grande e so badare a me stesso, sai? » scherzò lui, mentre lei faceva per uscire dallo
spogliatoio. Gli sorrise, sul serio, e poi scosse la
testa.
«Non ti deprimere, Oliver. Non è il caso. Abbiamo
l’anno prossimo per vincere ed ho la sensazione che ci riusciremo. Abbiamo il
Portiere migliore di tutta Hogwarts» e, senza che lui
potesse dire altro, si allontanò, per tornare nella sua Sala Comune. «E tu ti ostini ancora a dire che non hai una cotta
per lui! » tuonò Fred Weasley, venendole incontro con
un sorriso che le metteva quasi paura e passandole un braccio attorno alle
spalle. «E’ solo la verità. La voce che voi avete messo in
giro è davvero crudele» sbottò lei, mentre George si
univa al gemello e, insieme, la scortavano verso la
Sala Comune dei Grifondoro.
«Oh, Katie, noi non abbiamo messo in giro alcuna voce, è tutto merito tuo»
scherzò George, con un sorriso identico a quello del fratello. «Oh, smettetela di dire idiozie! »
esclamò lei, scuotendo la testa e prendendo a braccetto i gemelli, con un
sorrisetto divertito. «E, per vostra informazione, a
me non piace affatto Oliver Baston! »
Soltanto qualche settimana
dopo, si sarebbe resa conto che la verità era ben altra, ma, per il momento,
Katie Bell avanzava piena di fiducia verso la
Sala Comune, convinta che il fatto che il
suo cuore batteva a ritmo impazzito quando era accanto ad Oliver, fosse solo
perché lui la metteva in imbarazzo con il suo sorriso scintillante.
E, cosa peggiore, lei ci credeva davvero.
Angolo Autrice
(se ancora mi posso considerare
tale)
Allora,
vi devo delle spiegazioni, lo so.
Perché ho
deciso di imbarcarmi in questa follia? Be’ … è semplice: perché io mi sono
innamorata di loro due, Oliver e Katie <3 non sono così favolosi? *-*
Questo
era un progetto di un anno fa, ma l’estate scorsa non riuscii a scrivere niente
a parte tre miserrimi capitoli che facevano tristezza persino al pc. Poi, qualche settimana fa mi venne voglia di scrivere
su di loro ed è nata questa raccolta – cioè, questo folle progetto.
Vi avviso
già da ora che la raccolta è completa – sì, l’ho finita in due settimane. Meravigliatevi, lo pretendo ù_ù – quindi non dovrete penare tanto per gli aggiornamenti
xD
Il titolo
della raccolta è Starlight, dalla canzone dei Muse,
come credo si possa notare anche dal sottotitolo. Perché? Be’ … *non ho trovato titolo migliore*.
no, okay, perché è una delle mie canzoni preferite e
perché penso che stia bene con l’idea che io mi sono fatta di Oliver e Katie
<3
Oh, ed
ogni titolo di capitolo sarà un verso di una canzone dei Muse perché ho deciso
così xD (perché ormai sono in fissa).
Capitolo 2 *** 2. I only dream of you and you never knew ***
Starlight ~
Starlight ~
«I’ll never let you go if
you promise not to fade away»
2. I only dream of you and you never knew
Era
diventata una sorta di strana tradizione, il fatto che fosse Katie Bell a
tentare di consolare Oliver Baston qualora lui fosse ricaduto nella sua fase
depressiva, dopo un allenamento di Quidditch particolarmente disastroso o una
partita persa.
Non che Oliver collaborasse, ovviamente. Quando si trattava della sua spirale
di depressione, lui pretendeva di godersela fino in fondo, come era giusto che
fosse. Ma Katie era testarda e abbastanza sicura di sé da tentare, in ogni
modo, di far riprendere il suo capitano da quella stupida depressione in cui
lui si ostinava a scivolare quasi ogni giorno, ormai.
Katie, alla fine, aveva capito che Oliver non era quello che, esattamente, si
definiva un normale amico. Almeno per
lei. Sapeva che, ogni volta che lui le era vicino, il
cuore le batteva in maniera quasi imbarazzante e sapeva anche che il suo più
grande desiderio era affondare la testa nel suo petto e stringersi a lui. Non
era completamente stupida, in questo.
E poi, Leanne, la sua migliore amica, era decisamente più esperta in certe cose
e le aveva detto chiaro e tondo cosa erano i suoi sentimenti. Non che Katie
avesse provato a sottrarsi, ormai l’avevano capito tutti – tranne lei,
ovviamente.
Così, ogni volta che Oliver Baston si lasciava cadere nel suo tunnel
depressivo, Katie era lì, preoccupata per lui – non poteva, neanche volendo,
non esserlo. Ci aveva provato, ma non ci riusciva. Si preoccupava per lui – e pronta a tirarlo fuori, con le buone o con
le cattive. Non l’avrebbe abbandonato a se stesso, ovvio che no. Oliver vi
aveva fatto l’abitudine, ormai, e la presenza di Katie nel suo tunnel
depressivo era diventata una costante di quasi ogni giorno.
«Dimmi che non sei Katie Bell e ti amerò per il resto della mia vita» sbottò
Oliver, senza neanche alzare gli occhi dai suoi piedi. Katie diventò
stranamente rossa mentre entrava nello spogliatoio dei Grifondoro, il più
silenziosamente possibile.
«Mi dispiace deluderti» sussurrò, piazzandosi davanti a lui con aria risoluta.
Oliver alzò la testa e la fissò, con un sopracciglio inarcato, il volto già
disperato. Katie sospirò, cosciente del fatto che sarebbe durata per molto,
questa volta. «Fred ha detto che stavi tentando di affogarti sotto la doccia» tentò
lei, guardandolo con un sorriso esitante. «Non funziona. Ci ho provato, ma ho scoperto di non
riuscirci» sbottò lui, tornando ad affondare la testa
nelle ginocchia, con aria afflitta. Katie sapeva che quella era una situazione
davvero, davvero critica e che ci sarebbe voluto un bel po’ prima che Oliver
iniziasse anche lontanamente a ragionare, così si sedette accanto a lui, con la
schiena poggiata all’armadietto e le ginocchia strette al petto.
«E’ solo una partita» provò a dire, ma sapeva benissimo che lui non l’avrebbe
ascoltata neanche per sbaglio, perché, alla fin fine, non ci credeva neanche
lei. Quest’anno era l’ultimo anno, per Oliver, per poter vincere la Coppa di
Quidditch. Grifondoro non vinceva da troppo tempo e lui ne sentiva il disperato
bisogno. Katie lo capiva perfettamente, ma capiva anche che il suo compagno di
squadra, Harry Potter, aveva fatto un discreto volo senza il suo manico di scopa per colpa di quei dannati Dissennatori
e questo per lei era più importante di qualsiasi altra
cosa. «Non dovresti essere da Harry o qualcosa del genere? » chiese Oliver, senza neanche girarsi verso di lei. Katie
allungò le gambe e sbuffò, scuotendo la testa.
«Potrei farti la stessa domanda, Baston» disse, incrociando le braccia e
guardandolo male. Lui non sollevò neanche lo sguardo su di lei, come sempre.
«Harry ha fatto un volo da una grande altezza e si sta rodendo nel suo letto
dell’Infermeria perché pensa che tu – il suo dannatissimo capitano – ce l’abbia
con lui per questo» aggiunse, riservandogli la peggiore delle sue occhiatacce.
Oliver si voltò verso di lei e la fissò con aria – ovviamente – depressa. «Non ce l’ho con lui.Diglielo» e tornò ad ignorarla, stringendosi le
ginocchia al petto e affondandovi la testa. Katie pensava che, tempo qualche minuto,
avrebbe anche pianto, ma per il momento nessuna traccia di singhiozzi o di
lacrime. Lei ringraziò Merlino, non sapeva se sarebbe riuscita a gestire anche
quello. Il fatto che si preoccupasse troppo per Oliver Baston era qualcosa che
andava ogni normale regola e non sapeva neanche come gestire la cosa. Era
ovvio, naturale, per lei essere preoccupata per lui, ma, dopotutto, lui era un
ragazzo di diciassette anni – ovvero: tre anni più grande
di lei – che sapeva badare a se stesso, giusto?
Eppure aveva voglia di abbracciarlo e di fargli posare la testa sulla sua
spalla, per consolarlo. Era patetica, sì, ma non sapeva che farci. «Perché non vai a dirglielo tu? »
domandò lei, tentando di tirarlo fuori dal suo vortice disperato. Lui neanche
la guardò, come al solito, ma rimase fossilizzato sul posto. «Katie, perché ti ostini a … fare questo? » domandò, invece, ignorando del tutto la sua domanda. Katie
smise di guardarlo ed iniziò a fissare con molto più interesse il pavimento
sotto i suoi piedi. «Voglio dire, quando c’è qualcosa
che non va – che mi fa deprimere – sei sempre l’unica a tentare di …fare
qualcosa. Non è che non lo apprezzi, ma lo sappiamo entrambi che non c’è
speranza. Perché continui comunque? »
La ragazza rimase a guardare per un po’ i suoi piedi, incerta sulla risposta
che avrebbe potuto dargli. Quella più ovvia era, senza alcun dubbio, la verità:
Oliver le piaceva e lei voleva solo che fosse … felice? Voleva aiutarlo, ecco.
Ma non poteva di certo dirgli questo, lo avrebbe sconvolto per il resto della
sua vita. Quando Katie aveva capito che tutti sapevano della sua cotta per
Oliver Baston, era arrivata anche a comprendere che lui non ci sarebbe mai
arrivato. L’unica cosa che Oliver Baston aveva in mente era il Quidditch e solo
Quidditch, quindi lui non aveva compreso neanche lontanamente la portata dei
sentimenti della sua Cacciatrice più giovane.
Lui era ancora più tardo di lei, per quanto riguardava certe questioni.
«Mi preoccupo per te» disse lei, infine, scegliendo una mezza verità e stringendosi
nelle spalle. Lui la fissò, con un sopracciglio inarcato e il suo cuore iniziò
a battere ad una velocità doppia rispetto al solito, ma quando si parlava di
Oliver Baston le cose erano più che normali. «Ti ho detto mille volte che non dovresti preoccuparti
per me. Ho diciassette anni, sono in grado di badare a me stesso. O qualcosa
del genere» le fece un sorrisetto esitante. Katie non
riusciva a distogliere lo sguardo da lui e iniziò a torturare le sue mani, con
aria incerta. «Sei il mio capitano. Sei mio amico. E’ ovvio che io
mi preoccupi» sussurrò, semplicemente, distogliendo
finalmente lo sguardo e portandolo sui suoi piedi. «E comunque» riprese,
tentando di cambiare argomento. Non voleva che parlassero di quello, era certa
che, se Oliver l’avesse guardata di nuovo in quel modo, lei gli sarebbe volata
tra le braccia e gli avrebbe detto tutto. «Non
cambiare discorso. Stavamo dicendo che saresti andato a trovare Harry! »
Oliver tornò alla sua disperazione, guardando, a sua volta, il pavimento sotto
di lui.
«Se per te ‘stavamo dicendo’ include
te e il tuo cervello, allora sì, voi stavate dicendo … ma io non vi ho
ascoltato più di tanto».
La ragazza sbuffò, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa. Sapeva che
non c’era nulla da fare con lui, che quando si metteva in testa una cosa era
ancora più testardo di lei, ma Katie Bell non si sarebbe arresa così facilmente
e persino Oliver lo sapeva. «Oliver, per piacere. Harry non è morto per pura
fortuna, dopo quel volo. Vuoi che sia il senso di colpa ad ucciderlo? » domandò, guardandolo in attesa, ma lui sembrava non aver
minimamente recepito il messaggio e, nel pieno del suo sconforto, si era preso
il viso tra le mani, disperato.
La ragazza sbuffò e appoggiò la testa all’armadietto dietro di lei. Non si sarebbe
arresa, questo no, ma Oliver Baston era troppo ostinato, questa volta. La
situazione era davvero tragica e lei non sapeva come uscirsene. «Avanti, Oliver, non fare così! Il Quidditch non è
tutto».
Stava tentando qualsiasi cosa, ma dire quelle parole al ragazzo più
ossessionato dal Quidditch di tutta la storia di Hogwarts, be’, non era stato
esattamente un colpo di genio. Decisamente no. «Lo sai che alle prossime partite verranno gli
allenatori del Puddlemere United?
Stanno cercando riserve e solo Merlino sa quanto mi stia facendo in quattro per
farmi accettare» sbottò lui, alzando lo sguardo e fulminandola. Katie si fece piccola piccola, terrorizzata da
quello che Baston poteva dire. «Forse per te non significa niente, forse
neanche ti importa della Coppa, ma a me sì. È quello a cui aspiro da quando
avevo dodici anni, Katie. Per te può non essere importante, per me lo è».
Ma, prima che Oliver Baston potesse dire qualche altra cosa, Katie lo colpì con
uno schiaffo sulla nuca. Lui rimase fossilizzato e la guardò, mentre si alzava
davanti a lui, con aria ben poco minacciosa, ma comunque terrificante. «Non
dire idiozie, Baston! Anche per me è importante, ma, se permetti, è più
importante che un mio compagno di squadra non si sia
spappolato al suolo come una Ciccorana!» esclamò, mentre Oliver sfiorava il punto in
cui lei gli aveva dato uno schiaffo, troppo stupito per crederci. La piccola,
quasi invisibile Katie Bell lo aveva … colpito?
Non poteva essere vero. «E ora,
alza il tuo sedere da quel pavimento, altrimenti ti trascinerò io fino
all’Infermeria».
Oliver non aveva alcuna intenzione di alzarsi e Katie l’aveva capito fin da
subito. Sapeva che lui era appena all’inizio della sua spirale depressiva e,
solitamente, avrebbe assecondato questo comportamento, standogli vicino e
tentando di consolarlo, aspettando il momento in cui ne sarebbe uscito. Ma quel
giorno non aveva alcuna intenzione di assecondare un comportamento così
stupido, affatto, e l’avrebbe trascinato di peso, se solo fosse stato
necessario, anche se era sicura che non sarebbe stato tanto
facile.
«Dove vuoi trascinarmi,tu? » domandò Oliver, facendo un
sorrisetto sarcastico. Lei lo fissò male e gli diede un altro schiaffo, più
leggero del primo. «Smettila. E muoviti» gli
intimò, guardandolo male. Oliver sospirò e poi, per la somma felicità di Katie
Bell, si alzò in piedi e le venne accanto, benché la sua espressione fosse una
delle più mogie di tutta la storia dell’umanità.
«Sei tremenda, Katie Bell» mormorò lui, scuotendo la testa e poggiando una mano
sulla spalla della ragazza. Lei sobbalzò e lo guardò stupita, mentre il suo
cuore continuava a battere ad una velocità spaventosa. «Sei persino più
ostinata di me e ce ne vuole».
E poi il volto del ragazzo si aprì in un sorriso esitante. Lei sorrise a sua
volta e scosse la testa, liberandosi della presa di Oliver. «La prossima partita la vinceremo, Oliver. Te lo
prometto» sussurrò lei e insieme, senza dire altro, si
diressero verso l’Infermeria, con il cuore di Katie che batteva all’impazzata e
Oliver che ancora non riusciva a capacitarsi di quanto era successo.
Angolo Autrice
Oddio,
ma queste recensioni ottimiste? *-*
Cioè,
non che non mi vadano bene, anzi, credo proprio di adorarvi con tutto il cuore,
perché pensavo che nessuno si sarebbe filato la mia raccolta, però ora mi sento
ansiosa e ho paura di deludervi. Molta paura di deludervi xD
Dunque,
questo capitolo è molto simile a quello di prima, solo che ora Katie sa che
Oliver non è mica un semplice amico o solo il suo capitano. Diciamo che è un po’
tarda su questo, ma prima o poi doveva aprire gi occhi, giusto? ù_ù
Ovviamente, si colloca dopo la prima partita a Quidditch con i Tassorosso, nel
Prigioniero di Azkaban.
Capitolo 3 *** 3. I will be chasing your starlight ***
Starlight ~
«I’ll never let
you go if you promise not to fade away»
3. I will be chasing your starlight
Katie Bell, fin
da bambina, aveva avuto due soli obiettivi nella sua vita: diplomarsi ad Hogwarts
con il massimo dei voti e diventare una Cacciatrice famosa.
Il suo futuro si era steso davanti a lei come un tappeto all’età di nove anni,
quando suo padre le aveva insegnato a giocare a Quidditch e le aveva detto che
aveva davvero talento. Sua madre avrebbe preferito che diventasse qualcuno di
importante, magari un’Auror – era stato il sogno di
quando era giovane, l’aveva sempre detto - , ma Katie non le aveva mai dato
ascolto: sapeva già cosa fare della sua vita.
A quattordici
anni, i suoi obiettivi non erano cambiati di molto, ma se ne era aggiunto un
terzo alla lista: far capire ad Oliver Baston che era disperatamente cotta di
lui.
La cosa si era rivelata più ardua del previsto ed aveva ragione Leanne, la sua
migliore amica, quando diceva che lui l’avrebbe notata solo se avesse fatto un
trionfale ingresso in Sala Grande vestita da Pluffa.
Ma ora non
poteva di certo rimandare, dopotutto era l’ultimo giorno di scuola e non
l’avrebbe più visto.
Non le piaceva ricordarlo, dopotutto.
«Non credo sia il caso, sai? » mormorò, guardando la sua tazza di porridge con aria assente, mentre Leanne, accanto a lei,
sospirava, esasperata. Katie sapeva benissimo che non la sopportava più con
tutti i suoi continui tira e molla, ma non poteva farci niente. «Voglio dire,
perché devo rischiare il suicidio in questo modo così stupido? Io …»
«Katie, è dall’inizio dell’anno che stiamo aspettando questo momento» la
interruppe la sua migliore amica, riservandole uno sguardo minaccioso. Katie
non la guardò neanche e fissò il suo porridge con lo
sguardo più cupo che le avessero mai visto. «Quante altre occasioni avrai di
rivederlo? È ora o mai più, Katie! Avevamo deciso che gliel’avresti detto
durante i festeggiamenti per la Coppa del Quidditch, ma tu no, per carità …» ed
ecco che Leanne iniziava a lamentarsi, ancora. Aveva anche ragione – Katie non
l’avrebbe mai ammesso, però -, perché sopportare per un anno intero le
lamentele di una ragazzina cotta del suo capitano non doveva essere granché
divertente, però … non le piaceva l’idea che lei continuasse a tormentarla in
questa maniera.Aveva cambiato idea,
okay?
«Mi prenderebbero in giro per il resto
dell’anno» Leanne imitò in modo perfetto la sua voce e la ragazza si voltò
verso la sua migliore amica per fulminarla. Leanne sospirò, scuotendo la testa.
«Quello che voglio dirti, Katie, è che non avrai altre occasioni. Lui se ne
andrà. Devi farglielo sapere, che sei cotta di lui in modo quasi imbarazzante».
Katie fece una smorfia, allontanando definitivamente la sua colazione.
«E se lui mi ridesse in faccia?» domando, incerta, voltandosi nuovamente verso
la sua migliore amica. Leanne scosse la testa.
«Non lo vedrai più. Dovrai solo sopportare il viaggio in treno» le disse,
saggiamente. Lei sapeva che Leanne aveva ragione, però era altrettanto sicura
del fatto che, se Oliver fosse scoppiato a ridere dopo la sua dichiarazione,
non avrebbe retto. Non era mica colpa sua, le avrebbe dato fastidio. Sì, e
tanto.
«E va bene» mormorò, infine. Non c’era niente da perdere, se non quel briciolo
di dignità che le era rimasto. Leanne le sorrise, entusiasta, come se le
avessero appena detto che aveva vinto un premio di cento galeoni. Katie non
capiva perché doveva essere così contenta. Stava andando verso la sua morte, la
sua migliore amica doveva avere un minimo di rispetto. «Andiamo, non ho alcuna
intenzione di mangiare».
Si alzarono dal tavolo dei Grifondoro e si avviarono verso la Sala d’Ingresso,
quando Katie scorse la familiare figura di Oliver Baston che arrivava dalla
direzione opposta, probabilmente dalla Sala Comune dei Grifondoro. Lo stomaco
fece una capriola su se stesso e il suo cuore iniziò a battere molto più veloce
del normale, come se avesse improvvisamente deciso di giocare a Quidditch nel
suo sterno. Improvvisamente, si rese conto di non riuscire neanche a proferire
parola e guardò la sua migliore amica, in cerca di aiuto.
«Come sto?» chiese, riservandole uno
sguardo disperato. Leanne le sorrise, le sistemò una ciocca di capelli neri
vagamente elettrici e le batté una leggera pacca sulla schiena.
«Bene. Schizzata, ma bene» disse, con aria affettuosa. Katie fece una faccia
inorridita e la sua migliore amica sorrise. «Stai bene, Katie. Sul serio» lei
sembrò rilassarsi, per poi tornare ad agitarsi come se nessuna parola avesse
effetto su di lei. «Senti, sta arrivando O vai orao non vai più! ».
Katie si voltò, sulle spine, scorgendo nuovamente la figura di Oliver che le
passava accanto. Lui le rivolse un sorriso di saluto e lei ricambiò, con il
cuore a mille, poi, con la coda dell’occhio, vide la faccia di Leanne assumere
un’espressione spazientita.
Ma non era colpa sua, non aveva il coraggio. Era un problema?
Aveva cambiato idea, non voleva dire niente ad Oliver, le andava benissimo
così, davvero, non si sarebbe di certo lamentata, lui la stimava come
giocatrice, perché rovinare tutto?
Ma tutte le scuse del suo cervello vennero prontamente soffocate dalla sua
migliore amica che, in un impeto di iniziativa, le aveva dato un leggero
spintone – calcolando in modo ottimale la distanza, doveva aggiungere Katie – e
l’aveva fatta cadere addosso a qualcuno.
«Ahia».
Qualcuno che si
era rivelato Oliver Baston.
Katie diventò immediatamente di un colore che ricordava molto la sua divisa da
Quidditch, un rosso che poco si abbinava ai suoi capelli neri. Il cuore le
batteva a mille mentre si sollevava dal corpo del ragazzo di cui era disperatamente
cotta e tentò di nascondere il suo viso rovente dietro la massa di capelli che
le cadeva sul volto.
«Scusa, scusa, scusa» trillò, nascondendosi ancora dietro i suoi capelli,
tentando di non far vedere il suo volto al ragazzo. «Leanne mi ha spinto, non
so cosa le sia preso ed io non sono riuscita a tenermi in…».
La risatina di Oliver la interruppe nel mezzo della frase e lei, per la prima
volta, alzò il viso verso di lui, guardandolo con aria tesa.
«E’ tutto okay, non preoccuparti» disse, alzandosi e scostandosi la polvere dai
pantaloni, per poi porgerle la mano per aiutarla a rialzarsi. Katie la guardò,
dapprima incredula, poi l’afferrò e lui la tirò su senza alcuno sforzo, mentre
lei diventava ancora più rossa di prima.
«Scusa ancora»mormorò, mortificata. Si guardò per un attimo intorno, alla
ricerca della sua migliore amica, ma quella sembrava essersi volatilizzata nel
nulla. Dannata lei.
«Ehi, non mi hai mica ucciso. Questo ènulla, ho subito di peggio e tu lo sai» le rivolse un sorrisetto e Katie
lo fissò, incapace di dire altro. Si sentiva come … abbagliata. Gli sorrise a
sua volta, con l’aria istupidita, mentre emetteva uno stupido sospiro da
ragazzina. «Ci vediamo, allora» aggiunse lui, scrollando le spalle e facendo
per avviarsi.
«Ehm, sì»mormorò lei, semplicemente,
guardandolo andare via. Sapeva che Leanne l’avrebbe ammazzata in qualche
secondo se avesse saputo che si era lasciata scappare l’occasione da sotto il
naso, ma lei non era Leanne. Lei non aveva il coraggio, lei si lasciava prendere
dal panico. Rimandava sempre, perché aveva paura.
Ma questa volta non avrebbe avuto una seconda occasione, Oliver se ne stava
andando per sempre.
«Oliver! »
L’aveva richiamato senza neanche rendersene conto e solo nel momento in cui lui
si era voltato verso di lei con aria interrogativa si era accorta di quello che
aveva fatto.
«Sì?» lui le si avvicinò con un sopracciglio inarcato e lei sbarrò gli occhi
per la paura. Cosa le era saltato n mente? Da quando era diventata così
stupida?
«Ehm, io volevo … sì, volevo solo dirti … be’ …»
aveva iniziato a balbettare e questa era una novità, almeno per Oliver. Katie
Bell – solitamente – non balbettava mica, anzi, era piuttosto risoluta in tutto
quello che faceva. E ora stava davanti a lui a balbettare. «Buona fortuna,
ecco! » disse infine, maledicendo se stessa e il coraggio che non aveva. «Buona
fortuna per … la tua vita, sì».
Lui la guardò, mentre l’aria interrogativa si sostituiva ad una più divertita,
mentre guardava la ragazzina balbettare.
«Grazie, Katie» mormorò, divertito, battendole una pacca sulla spalla. Lei
rimase nuovamente abbagliata dal suo sorriso e divenne ancora di fuoco quando
la sua mano sfiorò la sua spalla. «Anche a te. Buona fortuna anche a te, Katie.
So che diventerai la più brava Cacciatrice del mondo».
Lei arrossì ancora di più e si nascose di nuovo dietro i suoi capelli,
imbarazzata.
«E so che tu diventerai un bravissimo Portiere» disse, in ricambio, guardandolo
con aria sicura. «Nessuno avrà mai dubbi. Buona fortuna, Oliver».
Lui le sorrise ancora e scosse la testa, scompigliandole un po’ i capelli come
ad una sorellina minore. Katie sospiro e si voltò, per tornare nel suo
dormitorio e recuperare il baule, dato che da lì a poche ore sarebbe dovuta
partire e la maggior parte delle sue cose era ancora sparsa per la sua stanza.
Pazienza, non era riuscita a dire nulla ad Oliver. Non ci sarebbe mai riuscita,
era impossibile. Oliver Baston non si sarebbe accorto di nulla, neanche se lei
si fosse appesa un cartello al collo con su scritto ‘Io sono cotta e stracotta di te’. A lui
interessava il Quidditch e basta.
E, anche se fosse stato interessato alle ragazze, di certo non avrebbe notato
una ragazzina di quattordici anni che lo fissava adorante ogni volta che
passava e che rischiava di cadere dal suo manico di scopa se solo lui volava
nelle vicinanze.
C’era poco da fare, doveva solo accettare la realtà. E poi, era solo una misera
cotta. Le sarebbe passata!
Discorsi motivazionali del cavolo, il suo cervello non era proprio il massimo
in questo.
«Katie?»
Oliver la richiamò, con un tono di voce divertito. Lei si voltò di scatto e lo
vide, ancora impalato lì, che la fissava con un sorriso che gli illuminava il
viso.
«Sì?» domandò lei, sulle spine. Oliver scosse la testa, con aria divertita,
mentre il suo sorriso diventava, se possibile, ancora più grande. Avrebbe
potuto illuminare tutta Hogwarts, di questo passo.
«Fatevi valere, l’anno prossimo, anche senza di me» disse, mentre lei annuiva e
tornava ad incamminarsi verso il suo dormitorio. «E vedi di non fare troppe
conquiste, eh».
«Cosa? » domandò lei, perplessa, mentre Baston ridacchiava e scuoteva la testa.
«Stai diventando grande, tra poco avrai un sacco di ragazzi che ti girano
intorno! »
Peccato che me ne basterebbe solo uno. Che è decisamente cieco.
Lei lo fulminò con lo sguardo e scosse la testa, come a dimenticare quelle
parole – quello strano complimento che l’aveva fatta sentire, per un attimo, bellissima.
Non credeva che l’avesse notata. Era una cosa impossibile, stavano parlando di
Oliver Baston. Era fantascientifico. Aveva solo osservato che stava crescendo.
Tutto qui. Non poteva averla notata, perché …. Perché, andiamo, Oliver Baston
che notava qualcuno? Lei, poi?
Sì, decisamente fantascientifico.
«Non preoccuparti, avrò occhi solo per la Pluffa» borbottò e lui
rise. La sua risata inondò il cuore di Katie e lei arrossì ancora, sotto lo
sguardo del ragazzo. Era cotta, senza alcuna speranza di poter cambiare idea.
Non sapeva come avrebbe fatto l’anno seguente, senza di lui, ma era certa che
per ora le bastava il fatto che lui rideva con lei.
«Brava, Katie» le sorrise ancora e lei rubò quel sorriso per tenerselo stretto
nei suoi ricordi. Le sarebbe tornato utile, prima o poi. «Ci vediamo sul treno.
E non facciamo i sentimentali, okay? Ci siamo salutati già. Voglio che tu
sorrida, non che mi dica addio. Perché tanto verrai a trovarmi, giusto? Verrai
alle mie partite quando diventerò un Portiere professionista, vero? »
Katie sorrise, divertita dalle sue parole. Probabilmente, era il discorso più
lungo che le aveva mai riservato, ma a lei andava bene. Non pretendeva di certo
chissà che, le andava più che bene.
«Solo se mi farai avere i biglietti» mormorò. Lui ridacchiò e poi le fece un
cenno di saluto con la testa. Lei sorrise al suo indirizzo e poi entrambi
andarono in due direzioni differenti.
Katie fissò per un attimo la schiena di Oliver Baston che si allontanava e poi
si ritrovò a sorridere tra sé e sé. Leanne l’avrebbe ammazzata, ma a lei andava
bene così. Le aveva fatto un complimento e l’aveva invitata alle sue future
partite. Le bastava. Dopotutto, non poteva pretendere tanto neanche da se
stessa. L’ambizione che teneva dentro per i due grandi obiettivi della sua vita
non corrodeva anche il terzo. Non le importava di avere successo con Oliver, le
bastava quello.
Alla fine, pensandoci, non era andata così male, considerando che non aveva
neanche indossato il suo costume da Pluffa.
Angolo Autrice
Oddio, ma grazie mille <3 tutti questi
complimenti mi monteranno la testa, lo so, però mi fanno sempre molto felice
*-*
Questa
è una cosa un po’ stupida, ne sono consapevole, però mi piace – stranamente
parlando xD sarà che tutta la raccolta ha preso il
via da questa shot? Probabile, però ci sono
affezionata <3
Ma quanto è adorabilmente idiota Oliver? *lo so,
parlo di personaggi che neanche esistono*
Oh,
giusto, il titolo del capitolo è di Starlight <3
Be’,
penso di aver finito. Ancora grazie mille <3 El
Capitolo 4 *** 4. I tried to give you up, but I'm addicted ***
4. I
tried to give you up, but I'm addicted
«Quello» Toby indicò il poster formato
umano di un ragazzo dall’aria particolarmente arcigna e dalle folte
sopracciglia che volava da una tenda all’altra del campeggio bulgaro,
rivolgendo a tutti sguardi particolarmente cupi. «Quello è Krum» e si fermò un
attimo a sospirare, sognante, come un ragazzino alla sua prima cotta. «E’ il
Cercatore più geniale di tutto il mondo, è semplicemente … incredibile».
«Dimmi che tuo fratello non ha intenzione di farmi la telecronaca ad ogni tenda
che incontriamo! » mormorò Katie, voltandosi verso Leanne, che si faceva
piccola piccola per la prima volta, davanti all’amica. «Non ne posso più, è una
tortura».
L’altra scrollò le spalle. «E’ semplicemente troppo eccitato” tentò di
giustificarlo, mentre Toby iniziava ad elencare i perché per cui Krum era in assoluto il miglior Cercatore del
secolo.
Katie amava il Quidditch, davvero. Lo amava con tutto il cuore, era qualcosa
che non sapeva spiegarsi, che la faceva sentire bene anche quando era giù, che
la faceva sorridere, che la rendeva felice. Katie amava in Quidditch e non era
una novità. Ma in quel momento si ritrovò a detestarlo. Avrebbe urlato di
odiare quello stupido sport, pur di far star zitto Toby Webb e non sentire più
la sua voce irritante.
Non era un’ingrata, affatto. Quando i Webb l’avevano invitata alla finale della
Coppa del Mondo di Quidditch, dicendo che avevano preso un biglietto per lei
perché – a quanto aveva raccontato loro Leanne – lei era una vera appassionata
di Quidditch, aveva creduto di essere in un sogno. Li aveva ringraziati a non
finire, aveva ringraziato Leanne e persino Toby e non aveva fatto altro che
sorridere per tutto il tempo.
Se solo avesse saputo quello che la aspettava.
Sapeva – grazie a Leanne – che i Webb erano appassionati di Quidditch quanto
lei, ma non aveva idea di quanto
fossero appassionati. I genitori di Leanne erano normali, questo sì, ma Toby …
l’unico argomento di Toby era il Quidditch e sembrava avere una sorta di strana
venerazione per Krum che lo rendevano ancora più irritante.
Lo avrebbe preso a pugni entro la fine della giornata, oppure Toby l’avrebbe
talmente intontita con le sue chiacchiere da non ricordare neanche il suo nome.
«Dovete capire che …».
No, non voleva affatto capire. Ne avrebbe fatto volentieri a meno, davvero, non
ce ne era bisogno.
«Questa passeggiata sta diventando un supplizio» mormorò, e Leanne sorrise,
prima di afferrare il braccio della sua migliore amica e di suo fratello e
iniziare a camminare lontano dalle tende dei Bulgari.
«Su, basta parlare di Quidditch, una come me si annoia! » disse, e Katie non le
fu mai tanto grata in vita sua. Probabilmente le avrebbe costruito una statua,
prima o poi.
«Leanne, dove stiamo andando? » si lamentò Toby, con voce lagnosa. Okay, non
era colpa sua, era probabilmente Katie che detestava quella voce qualunque cosa
dicesse.
«Oh, vedrai! »rispose solo la sorella,
mettendo su quel sorriso che Katie Bell conosceva benissimo. Era il sorriso di
quando Leanne aveva qualcosa in mente, qualcosa che, di solito, metteva Katie
in imbarazzo a tal punto che la ragazza avrebbe preferito scavare una fossa con
le sue stesse mani e seppellirvisi dentro.
Tutta la gratitudine sparì così come era venuta.
«Per la barba di Merlino, Leanne, cosa diamine hai in mente? » domandò
preoccupata per la sua dignità, ma non ottenne alcuna risposta. Leanne aveva
afferrato le braccia dei due e li trascinava con foga verso un punto ignoto del
grande campeggio. Katie si ritrovò ad alzare gli occhi e si ad incrociare lo
sguardo stupito di Toby, che la fissava come in cerca di risposte.
Poverino, non aveva idea del Poltergeist che aveva per sorella. Per la prima
volta, Katie non lo detestò, ma fu un sentimento rapido, perché poi ricordò le
interminabili ore trascorse a sentir parlare solo e soltanto di Krum e la
compassione svanì in fretta.
«Sorellina, ti dispiace dirmi dove ci stai dirottando? »
Era inutile, Leanne non avrebbe risposto. Non lo faceva mai, quando era intenta
ad elaborare un diabolico piano per mettere Katie in imbarazzo. E la diretta
interessata – ormai convinta che la sua migliore amica la stesse direttamente
portando verso la vergogna pubblica – non poteva far altro che lasciarsi
trascinare come un pupazzo, guardandosi intorno con aria sconfitta. Tentare di
liberarsi o lamentarsi non serviva a niente, tanto Leanne avrebbe trovato lo
stesso il modo di torturarla. Tanto valeva andare dritta verso la sua tortura
personale a braccia aperte e coraggiosamente.
«Ahia! »
Iniziava ad odiare Leanne e la sua mania di farla sbattere contro le persone,
facendo finta di niente. Ma questa volta avrebbe protestato, questa volta
gliene avrebbe dette quattro, questa volta non si sarebbe lasciata spingere su
una persona che passava di lì …
«Katie? »
… e che si era rivelata, per l’ennesima volta, Oliver Baston.
Katie aveva capito tutto, in quel dannato momento. Leanne aveva solo fatto
finta. Finta di non essere arrabbiata con lei perché non aveva detto niente ad
Oliver, aveva finto di essere calma e tranquilla, finto di non essere più
interessata alle sue vicende sentimentali. Nel frattempo, probabilmente, stava
tramando il suo piano diabolico per farla nuovamente sbattere contro Oliver
Baston, causandole una nuova figuraccia da aggiungere al suo album.
Toby si sporse per aiutare Katie, che era caduta a terra, ma la ragazza notò
che la sua migliore amica gli aveva bloccato la strada e gli aveva riservato
un’occhiataccia da record. Oliver non si era accorto di niente – e quando mai?
– e la tirò su senza fatica, facendole un sorriso scintillante.
Bene, ora poteva anche morire.
«Vuoi farla diventare una tradizione, Bell? » le domandò, mentre lei iniziava a
diventare sempre più pericolosamente rossa.
«Oh, ehm, io … scusami. Ho dei problemi a … stare in piedi senza inciampare,
sai» mormorò, balbettando leggermente, mentre rifilava un’occhiataccia alla sua
stupidissima – e probabilmente ex – migliore amica.
«Non preoccuparti, ci farò l’abitudine, se mai vorrai cadermi addosso ancora».
Merlino, quanto era adorabile. Lei gli era caduta addosso nel bel mezzo di un
immenso campeggio e lui non si scomponeva minimamente, ma la guardava con quel
sorriso incantevole che la faceva sentire come se stesse volteggiando su un
manico di scopa a trenta metri dal suolo.
«Oh, che carini che vi siete ritrovati! » esclamò Leanne, con una voce da
bambina di cinque anni, candida ed innocente, distogliendo Katie dal suo sogno
ad occhi aperti e facendole venire una grande voglia di scavarsi la sua fossa.
«Bene, io e Toby andiamo a … oh, certo, Toby voleva vedere le tende dei
Bulgari, vero, Toby? Andiamo, su! »
E benché Toby tentasse di protestare in tutti i modi con la sua stupida voce
irritante, venne prontamente trascinato via da Leanne, che piantò Katie là
davanti ad Oliver, nel bel mezzo del nulla, con solo il suo cuore che ancora
giocava a Quidditch dentro di lei.
Avrebbe ammazzato Leanne. A Toby non sarebbe importato, dopotutto. Anzi, lui
poteva aiutarla. Sì, doveva chiederglielo, magari sarebbero riusciti a farla
fuori una volta per tutte e …
«Sei qui con loro? »
… e Oliver Baston era l’essere più meraviglioso che la natura avesse creato,
decisamente. Come faceva ad essere così perfetto in ogni cosa che facesse?
Katie si riscosse giusto in tempo, per evitare che Oliver la considerasse una
stupida, e fece un sorriso esitante.
«Sì, mi hanno chiesto se mi andava di venire e … be’, non si rifiuta la Coppa
del Mondo di Quidditch» disse, guardandolo e torturandosi le mani. Lui le
sorrise ancora e distolse leggermente lo sguardo, per vedere ancora le figurine
di Leanne e di suo fratello che sembravano impegnati in una discussione
animata. «Toby è insopportabile, ma credo sia il prezzo da pagare per una tale
fortuna».
Oh, e se Toby l’avesse presa in giro, al suo ritorno? Va bene che aveva sedici
anni, ma era così stupido certe volte. E se Leanne gli avesse raccontato tutto
e lui lo avesse considerato un buon pretesto per cambiare argomento e
tormentarla?Sarebbe stata la cosa più
imbarazzante di tutta la sua vita.
Ah, no. La più imbarazzante era piombare addosso ad Oliver Baston due volte,
nel giro di pochi mesi, sempre a causa di Leanne Webb.
Oliver rise, guardandola divertito.
«Aveva l’aria di chi non sta mai zitto» osservò, poi, tornando a guardare Katie
con un’aria allegra.
Lei sorrise ancora. «Indovinato», storse il naso al pensiero delle stupide
chiacchiere di Toby Webb e scosse la testa. «E, cosa peggiore, non fa altro che
parlare di Krum. Il che è un po’ inquietante, se si considera che Toby abbia
sedici anni e l’unica cosa a cui riesce a pensare è a Viktor Krum».
Non credeva a quello che stava facendo. Era lì, davanti a lui e stava portando
avanti una conversazione vera. Non un confuso balbettio adolescenziale, ma una
vera conversazione. Certo, si parlava di Toby Webb, il che, come argomento, non
era il massimo, ma avrebbe potuto tranquillamente spostare la conversazione su
qualcosa di bello ed interessante e alla fine Oliver Baston si sarebbe reso
conto di quanto lei era fantastica e intelligente e brillante e avrebbe capito
che lei sarebbe stata il grande amore della sua vita.
Forse doveva smetterla con i voli di fantasia.
«Be’, allora … come ti va, Oliver? » domandò, tentando di cambiare argomento
con sicurezza – missione fallita-, guardandolo e torcendosi le mani, con il
cuore che batteva sempre frenetico. Lui scrollò le spalle, con un sorrisetto.
«Bene. Il solito» disse, semplicemente, poi il suo volto si aprì in un sorriso
entusiasta. «Oh, non te l’ho detto! Mi hanno accettato tra le riserve del Puddlemere United! » e le riservò una faccia così raggiante che
Katie aveva iniziato a credere che splendesse di luce propria.
Okay, stava iniziando ad esagerare con la sua stupida cotta. La parte razionale
di lei se ne rendeva conto, ma quella … ormai definitivamente cotta saltò al
collo di Oliver – che era decisamente più alto di lei, eh – e lo tenne stretto
a sé, sorridendo. «Oh, sono felicissima per te,
Oliver! Tantissimo! » disse,
affondando la testa nella sua spalla. Oliver ridacchiò, ma non la scostò, anzi.
La tenne stretta a sé, con delicatezza, quasi avesse paura di romperla in mille
pezzetti. «Non immaginavo una simile
reazione, ma ne sono contento»
mormorò e Katie si rese conto in quel momento di cosa stava facendo. Stava
abbracciando Oliver Baston. Lo stava abbracciando. Lei. Oliver Baston.
No, non era possibile. Insomma, Oliver Baston non aveva mai abbracciato
nessuno, tantomeno lei. Era decisamente impossibile.
Eppure lei era lì, aggrappata a lui, con la testa sulla sua spalla e
l’espressione di puro terrore in volto. Cosa diamine aveva combinato?
Si scostò in fretta, diventando ancora più rossa di prima e portando lo sguardo
sui suoi piedi, improvvisamente così interessanti. «Scusami, io … non salto addosso
alla gente, di solito» mormorò,
passandosi una mano fra i capelli e azzardando uno sguardo verso di lui,
esitante. Ma Oliver sembrava divertito, non arrabbiato o stupito o qualsiasi
altra cosa. Le sorrideva, come se fosse stato del tutto normale lei che lo
abbracciava. «Dovresti smetterla di scusarti,
Katie, non hai fatto niente» le
disse, dolcemente, poggiandole una mano sulla spalla e riservandole il sorriso
più bello del mondo. «E’ stato
bello, puoi abbracciarmi tutte le volte che vuoi».
Lei sorrise un po’, meno preoccupata, mentre dentro di lei sapeva che questo
era qualcosa di impossibile. Lui non c’era più ad Hogwarts, se ne era andato.
Non l’avrebbe più rivisto tanto spesso.
Perché la cosa doveva far così male, per Merlino? Non riusciva a sopportarlo e
non voleva pensarci, ma da lì ad una settimana la scuola sarebbe ricominciata.
Senza Oliver, per la prima volta.
E pensare che aveva trascorso i due anni precedenti a contare i giorni che la
separavano dal rientro a scuola. Ora avrebbe preferito che quel giorno non
arrivasse mai. «Potrei prenderti sul serio» mormorò, infine, facendogli un sorriso
esitante, ma non riuscendo a reprimere la sua tristezza. «Se mai ti vedrò
ancora» aggiunse, con aria tetra.
Oliver la guardò, incerto, poi le fece un sorriso scintillante che fece battere
più forte il cuore di Katie.
«Oh, certo che mi rivedrai! Devi venire alle mie partite, non puoi perdertele.
Ti disconoscerei ufficialmente, se lo facessi».
Il tono minaccioso del ragazzo ebbe il potere di farla ridere, divertita,
mentre lui, davanti a lei, la guardava, con quel sorriso che lei adorava tanto.
«Non essere triste, Katie. Avremo tante occasioni per rivederci» le disse,
tornando serio e poggiando le sue mani sulle sue spalle. Era così tremendamente
vicino. Troppo vicino. Avrebbe sentito il suo cuore battere in una maniera
vergognosa. Ma ad Oliver sembrava non importare, perché le fece un piccolo
sorriso. «E poi, non c’è bisogno di essere triste per me, avanti! Sono solo un
Portiere».
«Un diavolo di Portiere» mormorò lei, sorridendo e ripetendo le parole di Fred,
ad un anno di distanza. Oliver sorrise e scosse la testa.
«Avevamo detto niente sentimentalismi! Così mi deludi» Oliver tentava di
tirarle su il morale e lei … lei si rese conto, in quel momento, di quanto era
incredibilmente fantastico e di quanto fosse assolutamente idiota lei.
«Che vuoi farci, sono pur sempre una ragazzina» disse, facendogli un gran
sorriso. Oliver era … incredibile. Meraviglioso, fantastico, stupefacente. E
lei si comportava in quel modo assurdo, facendolo intristire per una
sciocchezza. Doveva smetterla, assolutamente. «Be’, allora ci si vede. Alle tue
partite, giusto? Devi farmi avere i biglietti» lo minacciò, puntandogli un dito
contro, mentre lui mollava la presa sulle spalle della ragazza. «Ti
disconoscerei ufficialmente, se non lo facessi» lo scimmiottò ed Oliver rise, divertito,
lasciandola andare.
«Ci si vede, Katie Bell» mormorò, semplicemente, regalandole l’ultimo sorriso
mentre rientrava nella sua tenda.
Katie sorrise, tra sé e sé, poi si voltò e tentò di ritrovare la strada per
tornare alla tenda dei Webb.
Leanne non sarebbe stata felice del fatto che il suo ennesimo, brillante e
diabolico piano era stato mandato in frantumi dalla sua migliore amica, ma che
importava, alla fine?
Anzi, Leanne doveva essere ammazzata, ora che ci pensava. E non avrebbe chiesto
aiuto a Toby, per niente. Avrebbe ammazzato anche lui. I signori Webb
l’avrebbero solo ringraziata della sua missione. Non capiva come riuscissero a
sopportarli.
Se mai fosse riuscita ad arrivare alla tenda, pensò, avrebbe sicuramente
tentato di far fuori la sua migliore amica. Poco male se l’avessero spedita ad
Azkaban. Era un dettaglio, dopotutto.
Angolo Autrice
Sono
prevedibile, lo so, ma mi piaceva troppo l’idea dei piani diabolici di Leanne
per fare incontrare Oliver e Katie, dopo che Katie aveva mandato in frantumi il
diabolico piano precedente *-* Lo so, l’ho praticamente inventata io Leanne, ma
la adoro XD
So che questo capitolo non ha molto senso, alla fine, anzi, è molto simile a
quello di prima, ma qui Katie si ritrova ad affrontare davvero, per la prima
volta, il fatto che Oliver non ci sarà l’anno prossimo e lei non potrà
parlarci, anche se lo vedrà alle sue partite, quando e se diverrà un giocatore
professionista.
Diciamo che mi piace cincischiare in capitoli del genere, va’ XD
Ancora
grazie mille a tutti, per esservi ancora filati questa raccolta stramba <3 non
sapete quanto mi fate felice *-*
Oh,
sì, il titolo è sempre da TimeisRunning Out. Lo so che già l’ho usata, ma ci stava e
poi è una delle mie preferite – no, la verità è che tutte le canzoni dei Muse
sono le mie preferite XD
«Lo massacreranno». «Non avrà
scampo».
«Mi mancherà, era un così bravo ragazzo».
«Ragazzi, un po’ di ottimismo! Non ha alcuna possibilità di sopravvivere? »
Cinque teste si voltarono nella direzione di Katie, con la stessa espressione
scettica sul viso. La ragazza si strinse nelle spalle, mentre gli altri
sorridevano, divertiti, al suo indirizzo.
«E’ la sua prima partita. Dovremmo supportarlo, non scommettere a che secondo
cadrà stecchito. E’ un membro ufficiale della squadra, ora. Non più una
riserva. Dovremmo stare qui a tifare per lui» si giustificò, scrollando le
spalle e distogliendo lo sguardo dai suoi ex compagni di squadra e puntando lo
sguardo sul campo da Quidditch che si stagliava davanti a loro. Sentì
chiaramente Fred e George ridacchiare – era sicura che fossero loro, conosceva
le loro risate a memoria -, vide, con la coda dell’occhio, lo sguardo
interrogativo di Harry e il modo in cui Alicia ed Angelina la fissavano, con lo
stesso sorriso intenerito che la faceva quasi spaventare.
«Oh, Katie» sospirarono quelle due, mentre Fred e George sembravano soffocarsi
nelle loro risatine. Solo Harry sembrava non avere idea di cosa stesse
succedendo – e Katie doveva ammettere che era parecchio tardo, per la sua età,
per quanto riguardava quelle questioni.
«Smettetela di guardarmi in quel modo, sto solo dicendo che … non mi pare
giusto comportarsi così» sbottò, infastidita. Alicia ed Angelina si scambiarono
un lungo sguardo e fecero per parlare, ma Fred intervenne prima che potessero
dire qualcosa che avrebbe mandato Katie fuori di testa.
«Katie, lo sappiamo che sei cotta di lui da quando avevi dodici anni e dubbio
gusto in fatto di ragazzi, ma si tratta di essere obiettivi: Baston si è fatto
mettere K.O. alla sua prima partita ad Hogwarts, figuriamoci qui» Katie non
sapeva più di che colore fosse, probabilmente era passata dal bianco cadaverico
al rosso capelli-dei-Weasley, fino ad arrivare ad una
gradevole sfumatura bordeaux.
«Gioca da quando aveva dodici anni, qualcosa l’avrà pure imparata» ribatté,
incurante del colore delle sue gote. George le sorrise, divertito, scuotendo la
testa.
«Giocano contro i Tornados. Hai sentito cosa è
successo all’ultima partita, no? » le disse, mentre Katie distoglieva lo
sguardo e storceva il naso.
Sì,
l’aveva decisamente sentito. Nella partita precedente, il portiere dei BallycastleBats era stato
messo fuorigioco dopo solo dieci minuti dal fischio di inizio, ad opera di un
lancio particolarmente potente di uno dei battitori dei Tornados.
Certo che l’aveva sentito, ma questo non voleva dire che era una loro
strategia. Potevano sempre cambiare tattica. Katie tentava disperatamente di
convincersi di questo, ma in realtà, molto segretamente, covava una disperata
paura che Oliver Baston fosse decisamente in pericolo, quel giorno. «Sto solo dicendo che questa è
la sua prima partita ufficiale ed è stato così gentile da procurare i biglietti
a tutti noi. Dovremmo smetterla di … essere così pessimisti» mormorò, non trovando un altro modo di
replicare. Alicia e Angelina si scambiarono uno sguardo di intesa, mentre Fred
e George tornavano a ridacchiare. «E comunque, io non sono cotta di lui! »
Ormai sapeva che era inutile ripeterlo, non le avrebbe dato retta nessuno.
Anche perché, ormai, era una faccenda di pubblico dominio. Sembrava che tutti i
suoi vecchi compagni della squadra di Quidditch – a parte l’ovvia eccezione di
Oliver Baston – avessero capito della cotta senza speranze che Katie Bell
covava da secoli nei confronti del loro vecchio portiere.
In quel momento Angelina e Alicia si scambiarono un altro sguardo, Fred scosse
la testa e George riprese a ridere. Solo Harry li fissò come se non sapesse
cosa ci faceva lì. «Mi sono perso dieci minuti fa,
ne siete consapevoli? » chiese.
Fred gli batté una pacca sulla spalla. «Sta’ tranquillo, capirai a
tempo debito» disse solo.
Harry stava per replicare, ma un improvviso boato tra i tifosi dei Tornados gli impose di tornare con gli occhi sul campo,
dove stava entrando la squadra avversaria, con le divise azzurro chiaro che
ondeggiavano al vento.
Un secondo dopo, entrò in campo anche il Puddlemere United e il cuore di Katie
fece una capriola alla vista di Oliver Baston, sfolgorante nella sua divisa blu
e gialla, anche a metri e metri di distanza. Alicia ed Angelina intercettarono
il suo sguardo, ma non ebbero il tempo di dire nulla, perché Oliver sorrise
loro, facendo un gesto di saluto, tutto speranzoso e si ritrovarono a
sorridergli, mettendo su un po’ di quella speranza che credevano aver
dimenticato. «Non lo trovate atroce far finta
in questo modo? » domandò
George, e tutti misero su un’aria afflitta, a parte Katie che si girò a
fulminarlo.
Ma non era mica colpa sua, insomma! Oliver li aveva generosamente invitati alla
sua prima partita, dovevano tifare per lui, non … portargli sfortuna! Ed era
stato così gentile, le aveva dato di persona il biglietto, facendo uno sguardo
sorpreso a vederla, perché – aveva detto – non si aspettava che fosse cresciuta
in quella maniera, la piccola Katie Bell. E lei aveva sorriso, imbarazzata e … «Oh Merlino! »
L’urlo di Alicia le perforò letteralmente il timpano e aveva già idea della
causa di quel grido, quando si girò verso di lei, spaventata. «Mi sono persa qualcosa? » domandò, incerta, maledicendosi per essersi
persa di nuovo nelle sue stupide fantasie. «Katie, non hai visto? » lei scosse la testa e Alicia le strinse la
mano con aria dispiaciuta. «Oliver
è stato appena disarcionato da un Bolide, è caduto dal suo…» «Oh Merlino, è vivo? » strillò Katie, non appena le parole le
raggiunsero il cervello. Si alzò in piedi per vedere, sul fondo del campo, il
corpo di Oliver disteso in una posizione scomposta su una barella, ma le urla
degli spettatori che stavano dietro di lei le impedirono di scorgere altro. «Ragazzina, se ci tieni tanto al
tuo ragazzo, va giù a controllare. Facci godere la partita! » tuonò un uomo dietro di lei.
Il cervello di Katie sembrava non recepire alcunché e guardava ancora giù il
corpo di Oliver issato su una barella galleggiante, con aria incerta. Dietro di
lei c’erano ancora le urla degli spettatori che si lamentavano e sentiva ancora
lo sguardo di Alicia su di sé, ma sembrava non recepire nulla. «Devo andare» sussurrò infine, con voce atona. Alicia
tentò di trattenerla, ma, con pura gioia degli spettatori di dietro, riuscì a
scendere dagli spalti. Ogni gradino era un colpo al cuore e non riusciva a
togliersi dalla mente l’immagine di Oliver disteso per terra, inerme. Non
poteva andare così, non era giusto. Non … non era giusto!
Si precipitò verso gli spogliatoi, con il cuore in
gola e le lacrime agli occhi. Molti la guardarono, stupiti, ma lei non si
curava degli sguardi degli altri e continuava a correre. «Oliver! » esclamò, entrando negli spogliatoi del Puddlemere United, con il cuore
in gola. I Guaritori che circondavano la barella si girarono verso di lei, con
aria scettica. Lei non ci fece caso e si sporse, per guardare quello che
sperava ardentemente non fosse il cadavere del ragazzo di cui era cotta. «Katie?»
In quel nome, c’era tutto. Oliver era
vivo e la stava guardando con un’espressione strana, a metà fra un sorriso ed
uno sguardo scettico. Sembrava stare bene, a parte tutto ammaccato e
decisamente scomposto, ma stava bene. Era vivo. «Oliver! »il
cuore di Katie Bell fece un capitombolo dentro il suo sterno e le mancò il
fiato per un istante, poi vide i Guaritori che ancora la guardavano con aria
scettica e diventò di un rosso decisamente gradevole. «Oh, ehm … sì, ora che ho visto che sei vivo,
credo … che andrò a dirlo agli altri, ecco».
Si girò e fece per andarsene, maledicendosi per l’ennesima figuraccia che aveva
collezionato in presenza di Oliver Baston, quando sentì una risatina debole
dietro di lei. «Sei molto carina a preoccuparti
se fossi vivo o meno» mormorò,
con l’ombra di un sorriso nella voce. «Ci hai invitati tu, mi pareva
scortese non controllare neanche come stessi»disse Katie, girandosi nuovamente
verso di lui e guardandolo. I Guaritori erano ancora lì che la guardavano con
la stessa aria di prima, poi, ad un cenno di Oliver, si allontanarono, fuori
dallo spogliatoio, fissandola come se non sapessero cosa lei ci faceva lì. «Grazie» mormorò lui, appena gli uomini se ne furono
andati, poi le fece cenno di avvicinarsi, con un sorriso accennato. «Puoi venire qui, eh . Non mordo o, se anche
lo facessi, non ne avrei la forza».
Katie si avvicinò, accennando ad un sorriso, mentre il cuore dentro le batteva
impazzito. «Come stai? » chiese, esitante, con aria preoccupata.
Oliver accennò ad una smorfia. «Vivo. E’ il massimo che posso
dire» disse lui, abbozzando un
sorrisetto, tentando di stringersi nelle spalle. Il massimo che ottenne fu una
nuova smorfia di dolore e Katie che lo guardava, preoccupata. «La barella è riuscita a prendermi al volo, ma
hanno detto che ho parecchie ossa rotte. Le sistemeranno in fretta». «Mi dispiace. Era la tua prima
partita»sussurrò lei e, senza
neanche rendersene conto, allungò la sua mano per stringere quella del ragazzo.
Non lo capì fino a quando non sentì che Oliver ricambiava la stretta e che le
dita del ragazzo le sfioravano la pelle.
Lui guardò la mano di Katie e lei si ritrovò ad arrossire, ma lui le sorrise e
scosse la testa. «So che su quegli spalti stavate
tutti scommettendo il momento in cui sarei stato messo K.O. » scherzò Oliver, mettendo su un sorriso
sincero. La ragazza arrossì e affondò il viso nella sua maglietta leggera,
mentre lui la guardava, con uno sguardo che lei non sapeva decifrare.
Le loro mani erano ancora strette e Katie non riusciva a crederci, non riusciva
a pensare che, dopo quasi sette anni trascorsi a morirgli dietro, fosse
riuscita a sfiorare la sua mano. Era qualcosa di incredibile. «No, cosa dici? Ti stavamo
supportando» fece in modo da
sembrare sincera, ma lui si accorse della sua patetica bugia e le strinse
ancora la mano. «Mi fido di te» sussurrò, però, divertito, con voce debole.
Lei non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo volto pallido, eppure sempre
stupendo – almeno secondo lei – e gli sorrise, esitante. «Allora … che mi dici, Katie? Come va? »
Con uno sforzo chiaramente leggibile su viso, Oliver si spostò sulla brandina
e, prima che lei avesse il tempo di chiedergli cosa diamine stesse facendo, le
fece cenno di sedersi sullo spazio di brandina che aveva ricavato. «Tu sei pazzo» mormorò lei, scuotendo la testa. Le loro
mani erano ancora strette e lei non riusciva a pensare che, prima o poi,
avrebbe dovuto lasciarla. Per ora si limitava a tenerla stretta nella sua. Le
bastava quel momento. «Assecondami» Oliver le sorrise ancora e lei scosse ancora
la testa, ma si sedette sullo spazio che lui aveva riservato, facendo
attenzione a non sfiorarlo, per non fargli male – non aveva ancora idea di
quanto fosse conciato male o meno. «Avanti, dimmi qualcosa. Devi fare il tuo ultimo anno ad Hogwarts, vero?
» aggiunse lui, accarezzandole la pelle
della mano che stringeva.
Katie annuì, concentrata sulle dita di Oliver che percorrevano la sua pelle. Si
sentiva come una stupida adolescente alla sua prima cotta, non riusciva a pensare
ad altro che a lui.
No, un momento. Lei era un’adolescente alla sua prima cotta. Benché avesse
ormai diciassette anni e fossero passati secoli dall’ultima volta che Oliver le
aveva rivolto la parola. Non riusciva a dimenticarlo.
Era la pura e semplice verità. C’era stato qualche ragazzo temerario che
l’aveva invitata ad Hogsmeade, ma lei non riusciva a
mettere una pietra sulla sua cotta morta ancor prima che potesse esistere.
Oliver Baston sarebbe stato sempre la grande cotta della sua adolescenza. «Sì, ho i M.A.G.O.
quest’anno» rispose lei, facendo
una smorfia preoccupata. Oliver sorrise ancora e mosse la sua mano, nella
stretta della ragazza «Oh, non preoccuparti, andrà
tutto bene. Sei o non sei un piccolo genio? » sdrammatizzò lui e lei gli sorrise, grata, poi distolse lo sguardo da
lui, leggermente rossa. «Sai già
cosa farai dopo? » le domandò,
ancora. Katie si strinse nelle spalle e sorrise ancora. «Quidditch, che altro? » chiese, divertita, guardandosi i piedi che a
stento toccavano il pavimento, dalla barella. «Voglio diventare la
Cacciatrice più brava di Inghilterra» confessò, arrossendo un po’, mentre Oliver
ridacchiava. «Ambiziosa» osservò lui, riservandole un sorriso. «Lo so da sempre, ho capito da
quando ero bambina che il Quidditch sarebbe stato la mia vita e non ho mai
cambiato idea» mormorò,
sorridendogli di nuovo. «Avevo
nove anni e mio padre mi ha insegnato a giocare. Diceva che avevo un talento
naturale» aggiunse, mentre il
sorriso di Baston diventava intenerito. «Non ne dubitavo, Katie».
Il suo nome, detto da quella voce, sembrava la cosa più bella di tutto il
mondo, almeno per Katie. Il suo cuore perse un battito – o forse qualcuno in
più, non li aveva esattamente contati -, ma lei tentò di fare finta di nulla. «E tu? Quando hai capito che il
Quidditch sarebbe stata la tua vita? » gli chiese, voltandosi verso di lui e guardandolo, con le guancie rosse
e un sorriso che aleggiava sul viso. «Ti sembrerà strano, ma non l’ho
capito tanto presto quanto te»
mormorò lui, distogliendo lo sguardo e arrossendo, stranamente. Katie non aveva
mai visto il ragazzo arrossire, benché lo conoscesse da quando aveva undici
anni, e fu per lei una novità. Lo guardò con un sopracciglio inarcato, stupita.
«L’ho capito guardandoti giocare» disse, voltandosi nuovamente verso di lei e
fissandola, in imbarazzo.
Katie, d’altro canto, non capiva assolutamente nulla, neanche che Oliver era
imbarazzato. Capiva solo le parole che lui aveva appena detto, continuavano a
ronzare nella sua mente, non la finivano più. Non riusciva a crederci. «Guardando giocare me? » domandò, incredula, ma un sorriso si aprì sul suo viso, lusingata.
Sembrava qualcosa di assurdo: allora Oliver l’aveva notata, almeno una volta
nella sua vita. «Ti ricordi com’eri a dodici
anni? Una ragazzina piccola, microscopica. Quando ti ho visto alle selezioni,
ho pensato che fosse uno scherzo di cattivo gusto. Sembrava che avessi paura
persino di stare sul tuo manico di scopa. Pensavo che saresti crollata dopo due
secondi» Katie era diventata
decisamente rossa e aveva distolto lo sguardo, nascondendo il suo volto dietro
i capelli, un’abitudine che aveva dimenticato, che aveva relegato nei suoi
quattordici anni ormai lontani. Oliver era capace di farla sentire ancora una
ragazzina, quella ragazzina che si era presentata alle selezioni con il terrore
di essere considerata una nullità. Il fatto che poi Baston, alla fine della
giornata, le fosse andato in controe le
avesse preso il viso fra le mani, singhiozzando che quell’anno dovevano farcela per forza, con una
come lei, poi, era un ricordo che Katie non avrebbe cancellato dalla sua mente
neanche sotto costrizione. «Poi
hai iniziato a giocare. Mi sembravi totalmente diversa, eri … una forza della
natura. Ti sei mai vista giocare, Katie? Sembravi invincibile. È stato in quel
momento che ho capito che la mia vita sarebbe stata dedicata al Quidditch. Uno
sport che era in grado di trasformare una ragazzina un po’ insicura in una
forza della natura, che aveva il potere di farti sentire sicura di te stessa …
be’, ne valeva la pena, no? »
Katie non sapeva cosa le era preso e, probabilmente, non l’avrebbe mai saputo –
perché, ad ammetterlo, lei era ancora più tarda di Harry in questioni del
genere -, ma, alla fine, non le importava più di tanto, perché in quel momento
si era chinata su Oliver e l’aveva baciato.
Merlino, forse baciato era una parola grossa: aveva semplicemente sfiorato le
labbra del ragazzo con le sue e si era scostata. Poi, il fatto che lui l’aveva
guardata per una frazione di secondo, e poi l’aveva attirata a sé con la mano
sana, era un dettaglio secondario.
Come il fatto che l’aveva stretta nelle sue braccia e aveva passato le mani tra
quei capelli neri dietro cui lei era solita nascondersi. Era un dettaglio
secondario, dopotutto.
Lei era china su di lui e lui le accarezzava il volto, la schiena, i capelli,
mentre continuava a baciarla, incurante di tutte le ossa rotte e del suo corpo
ammaccato. «Ahia» gemette Oliver, contro le labbra della
ragazza e lei sobbalzò e si rialzò immediatamente, stupita da quello che stava
succedendo. Katie lo fissò, muta ed incapace di articolare una sola parola,
mentre Oliver cercava di togliersi quella smorfia di dolore che aveva sul viso.
Poi Katie si rese conto di quello che era successo e spalancò gli occhi.
Aveva ascoltato le sue parole e quelle parole avevano mosso qualcosa dentro di
lei, questo lo sapeva. E poi … poi non aveva trovato un modo decente di
ringraziarlo, no? No, perché si era chinata su di lui e l’aveva baciato. Baciato. Cioè, aveva sfiorato le sue
labbra, poi era stato lui a sciogliere la presa sulla sua mano e ad attirarla a
sé. Era stato lui che l’aveva baciata sul serio.
Oliver Baston l’aveva appena baciata. O lei aveva baciato lui?
Non aveva le idee molto chiare, ma di una cosa era sicura: c’era stato un bacio
di mezzo.
Diventò immediatamente rossa e saltò giù dalla brandina, nascondendo il viso
dietro i capelli, come faceva da ragazzina. «Scusa, devo andare» trillò, prima di precipitarsi fuori dagli
spogliatoi, prima che Oliver avesse il tempo di dirle qualcosa, oltre che
guardarla stupito. Iniziò a correre di nuovo, questa volta verso di spalti, per
precipitarsi dai suoi amici e dimenticare tutto – o sprofondare nella vergogna
più assoluta, non le importava. «Katie, che è successo? » domandò Angelina, guardandola tornare
sconvolta. Tutti i suoi amici si girarono verso di lei, agitati. «Oh Merlino, Oliver è morto?
» chiese Alicia, terrorizzata. Katie
scosse la testa, con aria assente, facendo finta di guardare la partita. «E’ tutto okay. È vivo»sussurrò, con voce atona, ma il suo viso
sconvolto sembrava parlare per lei. «Non è successo nulla. Nulla» rimarcò la parola con una nota isterica
nella voce.
Sembrava tanto pazza che nessuno, per il resto della partita, ebbe il coraggio
di chiederle niente di quanto era successo nello spogliatoio del Puddlemere
United.
Angolo Autrice
Okay,
un paio di cose e poi vi lascio stare, promesso. Allora, prima di tutto è
ambientata nell’estate prima del sesto anno di Harry. So che, teoricamente, i
Weasley ed Harry – soprattutto Harry - non possono andare da alcuna parte senza
la scorta, ma potete considerarla una piccola licenza non-tanto-poetica?
*-*
Non ce lo vedevo Hagrid sugli spalti, ad occupare
tutta la visuale dei poveri spettatori XD
Poi, poi poi … a me piace tanto questo capitolo *w*
lo so, sono molto modesta, ma la cosa si fa interessante *_* Mi sono divertita
da morire a scriverlo, specie le reazioni isteriche di Katie, dopo. Io la
adoro, lei XD
Okay, ora mi eclisso, ci si vede al prossimo aggiornamento <3
Non sto a dirvi quanto vi adoro, tanto penso lo sappiate già *-*
Il titolo è sempre preso da Starlight <3 ormai ce
l’ho a ripetizione nella testa, ma per una ragazza che ha appena visto cadere a
terra il ragazzo di cui è cotta per poi baciarlo senza preavviso … direi che ci
sta più che bene XD
Capitolo 6 *** 6. How long before you tell the truth? ***
6. How long before you tell the truth?
«Sai,
Oliver, Katie mi è apparsa piuttosto turbata dopo che è venuta a trovarti negli
spogliatoi».
Fred lasciò cadere la frase così, senza il minimo preavviso, come se gli avesse
offerto una Gelatina Tuttigusti + 1. Come se fosse una cosa normale, vedere
Katie Bell che scappa da uno spogliatoio con aria isterica.
Be’, sì, tecnicamente non era la prima volta, in senso letterale. Oliver
ricordava quante volte erano tutti scappati via dagli spogliatoi con aria
isterica, quando lui era ancora il capitano ed era fin troppo ansioso di
vincere, ma erano passati anni e … be’, non pensava che Katie stesse ancora
onorando la tradizione.
«Tu dici? » domandò il ragazzo, fissando Fred con aria scettica, come se non ne
sapesse niente.
«Sembrava che le avessero appena lanciato un Bolide in testa» confermò George,
mentre sorseggiava la sua Burrobirra.
Oliver sapeva dove volevano arrivare, ma non si sarebbe fatto incastrare. In
alcun modo. Assolutamente no.
Sapeva bene che quei due diabolici esseri umani – quei due Bolidi in forma
umana – gli avevano offerto da bere solo per scoprire cosa era davvero successo
in quegli spogliatoi e sapeva altrettanto bene- o, almeno, sospettava – che dietro Fred e George ci fossero Angelina e
Alicia, curiose di scoprire cosa era successo alla loro amica.
Ma non sarebbe di certo capitolato, affatto. Oliver Baston avrebbe resistito
fieramente fino alla fine, senza lasciarsi incastrare dai Weasley.
Magari ci sarebbe riuscito. Forse. Se i Weasley non avessero insistito tanto.
«Davvero? Vi assicuro che quando l’ho salutata era più che normale» disse,
sorseggiando la sua Burrobirra come se niente fosse, ma sentiva su di sé lo
sguardo dei due ragazzi, che lo fissavano come se avesse improvvisamente dato
prova della sua stupidaggine. «Avanti, cosa volete?» domandò, arrendendosi
davanti a quei due.
«Sapere cosa hai fatto a Katie per turbarla tanto» dissero immediatamente, in
coro, guardandolo con un sorriso innocente che stonava del tutto con loro due.
«Ve l’ho detto, non è successo niente! » esclamò Oliver, ma quei due lo
guardarono con un sopracciglio inarcato e lui capì immediatamente che non gli
credevano. «Io non le ho fatto niente» mormorò, storcendo il naso, bevendo
ancora un sorso della sua Burrobirra. Infine, sospirò, capitolando. «Vi ho
detto la verità: non sono stato io a fare, tecnicamente, qualcosa».
Il ricordo di quello che era successo in quegli spogliatoi tornò nella sua
mente e si ritrovò ad arrossire leggermente, abbassando lo sguardo sul suo boccale,
ormai quasi vuoto. Katie Bell l’aveva baciato.
Okay, forse baciato era un termine esagerato, si era solo limitata a posare le
sue labbra su quelle del ragazzo, però … l’aveva fatto. L’aveva baciato. Katie
Bell aveva baciato lui. Perché mai? Cosa le era saltato in testa? Cosa voleva
significare?
Continuava a chiederselo dalla settimana prima, quando aveva visto Katie
scappare via dagli spogliatoi, isterica e spaventata, come se si fosse appena trovata
davanti ad un Molliccio, dopo che lui – che era assolutamente nel pieno delle
sue facoltà mentali, il suo cervello non era stato di certo danneggiato –
l’aveva baciata sul serio.
Non sapeva neanche cosa diamine gli era preso, l’aveva vista lì, con lo sguardo
terrorizzato da quello che aveva fatto e gli era venuta una grande voglia di
baciarla e di stringerla a sé, benché avesse tutte le ossa rotte.
«Non tenterai di dirci che è stata Katie! » lo fulminò Fred, guardandolo male,
ma poi si rese conto che Oliver Baston – sì, quell’Oliver Baston – era
arrossito ed, evidentemente, si era arreso all’evidenza. «Okay, cosa ha fatto? »
Oliver mormorò qualcosa di poco comprensibile.
«A quella frequenza ti sentono solo gli Snasi, Oliver»
lo informò George, fissandolo male, mentre il ragazzo distoglieva di nuovo lo
sguardo e lo portava sul suo boccale vuoto. «Potresti fare un tentativo ad un
volume a cui noi possiamo seguirti? »
Oliver prese fiato, maledicendosi per aver accettato quella dannata Burrobirra
con i gemelli. Perché dovevano metterlo in imbarazzo in quel modo? Erano
sadici.
«Mi ha baciato» sussurrò, infine, sputando fuori le parole a voce bassissima.
Alzò lo sguardo verso i gemelli, imbarazzato come non mai, e – come volevasi
dimostrare – quei due ridacchiavano, come se Oliver avesse appena raccontato
una barzelletta particolarmente divertente.
«Avanti, Oliver, dicci la verità! »
Il ragazzo li fissò come se avesse voluto vederli bruciare.
«E’ la verità» si ritrovò a borbottare, offeso. Cosa volevano dire? Che lui non
era il tipo di ragazzo che Katie Bell avrebbe baciato? Be’, era pura idiozia. Vero?
Fred e George lo guardavano ancora con un sorriso, poi la loro sicurezza andò
svanendo, fino a quando non si ritrovarono a fissare il ragazzo con gli occhi
spalancati.
«Vuoi dire che … Katie ti ha baciato davvero? » domandò George, incredulo,
mentre Oliver sentiva ancora l’indignazione farsi strada in lui molto
velocemente.
«Baciato baciato? »aggiunse Fred,
sbattendo le palpebre come se proprio non potesse crederci. Oliver si sentiva
ufficialmente offeso. Perché mai non riuscivano a crederci? Era così
incredibile?
«Be’…» iniziò, guardando con aria incerta il suo boccale quasi vuoto, come per
trovare una via di fuga. Ce ne erano? A parte saltare su e correre via
gridando, isterico, che lui non c’entrava niente, che non voleva saperne più
niente e cose del genere? No, probabilmente no. «Non è che sia stato un vero
bacio» mormorò, imbarazzato, diventando ancora più rosso di prima.
I gemelli sogghignarono, ma smisero quando videro che Oliver li fissava con uno
sguardo che non prometteva niente di buono.
«Oliver, magari se ci racconti come è andata, potremmo giudicare noi»suggerì
Fred e il ghigno che Oliver vide passare sul suo volto stava a significare che,
evidentemente, aveva una gran voglia di giudicare.
Senza sapere cosa gli saltasse per la testa, Oliver raccontò tutto ai due
ragazzi che lo ascoltavano, interessati. Avevano perso l’espressione maliziosa
e lo guardavano, a bocca aperta, come se non credessero a nessuna di quelle
parole.
«Allora? » sbottò lui, irritato, guardando i Weasley che lo fissavano, in
silenzio, da un bel po’ di tempo. Ad essere sincero, era la prima volta che
rimanevano così tanto tempo in silenzio e il ragazzo iniziava a preoccuparsi.
Avevano anche un’espressione terrorizzante sul volto.
I due si riscossero, ma continuarono a fissarlo con gli occhi spalancati,
probabilmente nell’espressione più
incredula che Oliver avesse mai visto sul viso di qualcuno.
«Quindi l’hai baciata» osservò, infine, Fred, con un tono di voce piatto, ma
che non prometteva niente di buono.
Oliver sospirò, irritato. Per quante altre volte avrebbe dovuto ripetere la sua
versione dei fatti?
«Tecnicamente è stata lei» replicò, annoiato di doverlo dire per l’ennesima
volta. I gemelli si scambiarono uno sguardo, poi George mise su uno sguardo
scettico e gli fece un sorrisetto strano.
«Tecnicamente lei non ti ha baciato sul serio» lo corresse e Oliver sentì la
sua pelle diventare rossa. Voleva sparire, semplicemente. Voleva che una botola
spuntasse sotto il pavimento e lo inghiottisse, con la sedia e il tavolino – ma
non i gemelli Weasley, grazie.
«Okay, va bene, l’ho baciata» capitolò, prendendosi la testa fra le mani,
disperato. Sapeva che quella dei Weasley era una tortura lenta e dolorosa, ma
sperava che si arrendessero. La cosa stava diventando davvero imbarazzante.
«Oliver, posso farti una domanda? »
La voce di Fred Weasley era insolitamente cortese, come se gli stesse davvero
chiedendo il permesso. Una cosa straordinaria, che non era mai successa prima.
Oliver alzò la testa e lo guardò sconvolto, ma annuì, curioso di quello che lui
aveva da dire.
Anche il gemello lo guardava, incuriosito. Doveva capire che questo non avrebbe
portato a nulla di buono, ma lui era così, ingenuo, si fidava. Povero lui.
«A te piace Katie? »
La domanda gli cadde addosso come un macigno, sotto il quale rimase
schiacciato. Non riusciva neanche a respirare e si meravigliava che quei due lo
fissassero semplicemente, in attesa, stranamente seri, vedendolo in quelle
condizioni. Stava soffocando e loro non facevano niente. Oliver, stai soffocando solo nella tua
testa. Anche questo era vero. Ma, avanti, che domande erano? Se a lui piaceva
Katie. Stavano parlando di Katie Bell, avanti! Katie, la ragazzina che gli
cadeva addosso, quella che era ossessionata dal Quidditch, quella che … Che hai baciato solo una settimana fa?
gli domandò una vocina nella sua testa, divertita. Una voce che assomigliava a
quella dei gemelli Weasley, ma loro erano lì, immobili, che attendevano la sua
risposta. È Katie, Oliver, Katie. Ma appunto per questo la domanda era stupida! Lei era Katie, Katie Bell.
Non poteva piacergli Katie Bell perché … c’era bisogno di un perché? Be’, lui
ne aveva e tanti. Primo, era Katie Bell. Questo non vale e lo sai.
Oliver ignorò quella vocina e tentò di trovare altri motivi. Secondo, perché
lei aveva diciassette anni e sicuramente aveva tanti ragazzi che le stavano
intorno. Non vale neanche questo.
Terzo, la conosceva da quando aveva undici anni, non poteva prendersi una cotta
per lei.
E … ormai aveva finito i motivi. Fred e George lo guardavano in attesa, ma non
lo stavano prendendo in giro. Avevano l’espressione più seria che Oliver avesse
mai visto sui loro volti.
«No» disse lui, infine, guardandoli con aria decisa. «Non può piacermi Katie.
Non … può essere».
I due si scambiarono uno sguardo scettico, poi tornarono a fissare il ragazzo,
che si sentiva come se stessero frugando nella sua testa.
«Perché mai? » domandò George e la sua voce suonò molto simile a quella che
vibrava ancora nella sua testa.
«Perché lei è Katie» si lasciò scappare di bocca, prima di fermarsi. I due si
accigliarono e lo guardarono come se lo credessero pazzo. «Voglio dire, la
conosco da una vita, da quando avevo quattordici anni. Fa parte della squadra
dei Grifondoro. È Katie, Katie! »
«Non vedo come ripetere il suo nome possa farci capire perché non potrebbe
piacerti, Oliver» lo punzecchiò Fred, riservandogli un’espressione eloquente.
Baston arrossì ancora e distolse lo sguardo, desiderando di sparire in meno di
cinque secondi. Non chiedeva tanto, dopotutto.
«Ma è così, lei è Katie! » replicò e i due alzarono gli occhi al cielo,
esasperati, come se lui fosse un bambino un po’ stupido. «Voglio dire … come
potrebbe piacermi? È carina, ovvio. Non dico che sia brutta, anzi, è incredibile
e meravigliosa. È determinata e la apprezzo per questo. E poi …» si bloccò,
arrossendo, vedendo che ora Fred e George lo guardavano con uno strano sorriso
sul volto, un sorriso che non sapeva decifrare. «Cosa c’è?” domandò, vedendo
che non smettevano di fissarlo.
«Non ti piace, eh? »
Doveva esserci un limite al rossore che un essere umano poteva sfiorare, si
disse Oliver. Non era possibile arrossire ancora, giusto?
«No, non mi piace. Stavo solo dicendo che è incredibile. È una persona
meravigliosa e quando sorride sembra che ci sia ancora un motivo per sorridere,
ma non mi piace! » l’ultima frase l’aveva praticamente urlata. Saggia mossa, Oliver, saggia mossa. Di
certo si convinceranno che Katie Bell non ti piace.
«Sembra il contrario, Oliver»osservò George, con un sorrisetto malizioso.
«Io … no! » strepitò, facendo voltare molta gente nel locale. Lui fissò con
aria rabbiosa i gemelli che sogghignavano, divertiti dal suo imbarazzo. «Ve
l’assicuro, a me non piace affatto Katie Bell». A parte quando sorride.
No, non gli piaceva affatto. Cioè, mai. Neanche se quei due davanti a lui l’avessero
stregato. Mai.
«Allora perché l’hai baciata? »
Vuoto totale. Si sentiva di nuovo soffocare, ma sapeva che era solo nella sua
stupida testa.
«Io non …» tentò di dire, ma qualcosa lo bloccò. Ma l’hai baciata. Avanti, dillo.
Ammettilo. L’hai baciata tu. Lei … si è limitata a sfiorarti le labbra, sei
stato tu a fare tutto.
«Non lo so» mormorò, infine, tra gli sguardi stupiti di Fred e George. Lo
guardavano come se avesse appena ammesso di essere andato a bere Whiskey
Incendiario assieme a Draco Malfoy, durante i suoi
anni ad Hogwarts. «Non lo so. L’ho baciata, okay? »
Fred e George si guardarono per un secondo, mentre Oliver sembrava sprofondare
nella sua sedia ogni minuto di più, poi fecero uno strano sorriso.
«Non ce nulla di male, lo sai? »domandò George, mentre il sorriso si
trasformava in un ghigno divertito.
Oh, no. Non quello.
«Oliveeer ha baciaaatoKaaaaatie, Oliver aaaamaKaaaaatie» intonò Fred, con aria solenne, tra le
risatine di George e degli altri clienti del locale. L’unico desiderio di
Oliver, in quel momento, era quello di sperimentare una Maledizione Senza
Perdono su Fred e George Weasley. Niente di più, dopotutto.
«Smettila, brutta imitazione di Pix, ti ho detto di smetterla subito! » sibilò,
invece, fissandolo male e aggrappandosi al tavolo come se fosse la sua unica
ancora di salvezza. “Io non amo Katie, Katie è …»
«La ragazza di cui sei praticamente lesso? Bravo, Oliver! » tuonò George,
mentre l’ex portiere si prendeva nuovamente il viso tra le mani e iniziava a
borbottare, maledicendosi perché aveva accettato la Burrobirra da quei due
idioti.
Inutile dire che Oliver Baston trascorse il resto di quella giornata ad Hogsmeade ad inseguire Fred e George Weasley che andavano strombazzando ai quattro venti il
suo imperituro amore per Katie Bell.
Angolo Autrice
No,
non sono i gemelli Weasley i sadici, sono io ç_ç
Mi sento cattivissima a scrivere di loro tutti allegri che prendono in giro
Oliver, ma dopotutto non posso farli essere tetri ù_ù
nessuno poteva sapere come sarebbe andata a finire ù_ù *tento di ripeterlo per convincermi*
Comunque, un giretto nella testa confusa di Oliver Baston *-* sinceramente non
so se il capitolo mi piace o no XD però ci voleva, quindi ù_ù
Il
titolo è preso da Supermassive BlackHole <3
E spero che vi piaccia questo capitolo *__*
ancora grazie mille a tutti quanti, ormai non so più come ringraziarvi <3
Capitolo 7 *** 7. I just wanted to hold you in my arms ***
7. I just wanted tohold you in my arms
Leanne era stata in grado di lamentarsi per tutto il
tempo della stupidità di Katie e la diretta interessata, dopo quasi un’ora di
tortura psicologica di quel tipo, non ne poteva più. «Voglio dire, non solo non ha detto niente che
tu gli sia piombata addosso, letteralmente, ma ti ha anche baciata e tu cosa
hai fatto? » Leanne era tutta
lanciata nella sua invettiva e, di certo, non si aspettava una risposta da
parte dell’amica che camminava, con aria esasperata, al suo fianco per le vie
di Hogsmeade. «Sei scappata.
Complimenti, Katie, sei davvero un genio».
Ormai Katie aveva perso il conto di quante volte l’aveva detto, specialmente
dopo la tredicesima. Ormai le stava facendo sfogare il malumore e aveva smesso
persino di ascoltarla. «Katie, guardami negli occhi» la ragazza si voltò, inarcando un
sopracciglio verso la sua presunta migliore amica. «Cosa stiamo aspettando da sette, lunghissimi
anni? » «Di diplomarci? » borbottò Katie, fulminandola con lo sguardo.
Leanne sembrava ormai isterica, mentre la scuoteva per le spalle. «No! Stiamo aspettando che quel
maledetto idiota di Oliver Baston si accorga di te. E quando si accorge di te
tu che fai? Che fai? Scappi? Ma ti sembra il modo di ragionare? » «Oh, guarda, Scrivenshaft!
» esclamò l’altra, ignorando totalmente
l’isteria della sua migliore amica e indicando la cartoleria con la mano. «Non hai detto che ti serviva una nuova piuma?» le domandò, con un sopracciglio inarcato.
Leanne le regalò una delle sue migliori occhiatacce, prima di scrollare le
spalle e dirigersi verso il negozio, con aria rassegnata, ormai, alla stupidità
della sua migliore amica. «Non vieni con me? » domandò, voltandosi e guardando Katie che si
appoggiava al muretto lì vicino. «Ti aspetto qui. Ti faccio
sbollire la rabbia» disse, con
aria saggia. Leanne scrollò le spalle ancora una volta ed entrò nella
cartoleria, chiudendosi la porta tintinnante alle spalle.
Katie sospirò e chiuse gli occhi, rilassandosi per qualche secondo. Finalmente
aveva un attimo di pace. Leanne non aveva fatto altro che tormentarla per tutto
il tempo dell’uscita e anche prima, solo per il piccolissimo dettaglio che
Katie aveva dimenticato di raccontarle della ‘faccenda dello spogliatoio’, come si era abituata a chiamarla tra
sé e sé. Non era mica colpa sua, aveva tentato di dimenticarla il più in fretta
possibile, così come aveva fatto con tutte le figuracce collezionate in
presenza di Oliver Baston.
Ovvio che, in tutto l’album, questa fosse la più spettacolare. Scappare subito
dopo averlo baciato rientrava nelle cose più imbarazzanti e stupide che le
fossero mai capitate. Al solo pensarci, Katie avrebbe voluto affondare la
faccia nel suo cappotto e urlare dalla vergogna. Morire, anche.
Non era possibile, Leanne aveva ragione: era una stupida. Aveva passato sette
anni a sperare, con tutto il cuore, che Oliver Baston si accorgesse della sua
esistenza e, nel momento in cui l’aveva baciata – il primo ed unico bacio che
avrebbe ricevuto da lui in tutta la sua vita – lei se ne scappava.
Era un genio, davvero. Aveva ragione Leanne, aveva sempre avuto ragio… «Katie? »
No, dai, non poteva essere. Merlino, no. «Oliver? » il suo tono di voce era parecchio stridulo e
vagamente isterico, ma, quando Katie aprì gli occhi, Oliver Baston, davanti a
lei, stava sorridendo. Ed era proprio lui, Oliver
Baston.
E lei stava per collezionare l’ennesima figuraccia. Ottimo. «Ciao» sussurrò lui, avvicinandosi a Katie e
appoggiandosi, a sua volta, al muretto dietro di sé. Katie sentiva il suo cuore
che continuava a battere come un tamburo impazzito e pensava che sarebbe
svenuta di lì a pochi secondi, se solo non ci fosse stato l’imbarazzo a tenerla
su. «Tutto bene? »
Lei annuì, fissando con insolito interesse le sue scarpe nere e il terreno
sotto i suoi piedi. «Sì, tutto bene» mormorò, senza guardarlo in viso, passando a
fissare, ora, le mani che torturavano il cappotto. Sentiva lo sguardo del
ragazzo su di sé e sperò, ardentemente, che non la trovasse ridicola. Speranza
vana, lo sapeva. «E a te? Cosa
ci fai qui, ad Hogsmeade? Non dovresti essere ad allenarti? » «A dire il vero, cercavo te» mormorò Oliver e lei alzò lo sguardo,
stupita, fissandolo come qualcuno che ha appena ricevuto una pugnalata. Lui le
sorrise, esitante, e divenne vagamente rosso nel momento in cui le mise una
mano sulla spalla. Il cervello di Katie, ormai, aveva fatto i bagagli. «Volevo scusarmi per … quello che è successo
nello spogliatoio, ecco. Non volevo spaventarti. Non era mia intenzione. Scusa».
Katie lo fissava, incapace di articolare una sola parola di senso compiuto,
pensando solamente alla mano di lui sulla sua spalla e al fatto che era
decisamente vicino e che se si fosse allungata un po’ avrebbe potuto persino … No. Sta’ calma, Katie. Hai già combinato
abbastanza guai. Non provarci. «A … a dire il vero dovrei
essere io a scusarmi» mormorò,
arrossendo e distogliendo lo sguardo da lui e da tutta la sua sfacciata
perfezione e portandolo nuovamente sui suoi piedi. «Non so cosa mi sia preso, davvero. Io di
solito non salto addosso alle persone, a parte quando inciampo e lo sai bene.
Ma solitamente non …». «Katie? »
Oliver la guardava negli occhi e lei non poté fare a meno di alzare lo sguardo
verso di lui e fissarlo, rapita. «Scusa, davvero. Ti assicuro che
non volevo …».
«Katie, è a posto. Non ti devi scusare, non
hai fatto … nulla» tentò di
convincerla lui, ma Katie scosse la testa, incapace di accettare il fatto che
non fosse colpa sua. «Ti ho baciato! » trillò istericamente. Oliver le sorrise e
scosse la testa a sua volta, in un’espressione divertita. «A dire la verità, sono stato io
a baciarti» precisò lui,
nascondendo un sorrisetto davanti al viso rosso di Katie Bell. Lei si nascose
dietro i suoi capelli, come quando era una ragazzina, come quando aveva tentato
di fargli capire come stavano le cose. Perché, in fondo, quando lei era con
lui, non si sentiva tanto diversa da quella ragazzina di quattordici anni che
gli era caduta addosso secoli prima. «Tu … tu mi hai solo sfiorato, sono stato io a …». «Sì, okay» lo interruppe lei, ancora più rossa, in
imbarazzo. Alzò lo sguardo verso di lui e vide che la guardava con una strana
espressione sul viso, un’espressione che lei non sapeva definire. C’era
qualcosa di nuovo, in lui, qualcosa che lei non aveva mai visto comparire sul
suo volto. «Comunque sia andata,
non hai bisogno di chiedermi scusa».
Anche perché quel bacio era stata la cosa più bella che le fosse mai capitata
in diciassette anni di vita, inclusa la vittoria della Coppa di Quidditch al
suo quarto anno. «Come vuoi, Katie Bell» mormorò lui, fissandola con un sorrisetto
divertito che le faceva battere il cuore da quando era una stupida ragazzina. «Posso chiederti … perché mi hai baciato?
»
Se Katie avesse potuto diventare più rossa, lo avrebbe fatto, ma
fortunatamente, il suo livello di rossore aveva raggiunto un limite e non poteva
superarlo. Non questa volta.
Almeno lo sperava con tutto il cuore. «Io …» iniziò e lui la guardò, con uno sguardo
interessato. E di nuovo, quell’espressione che lei non sapeva interpretare, si
fece strada sul suo volto. Lei rimase a fissarlo per qualche secondo, prima di
rendersi conto che, forse, doveva rispondere. «Non lo so. Hai detto qualcosa di carino, mi hai fatta sentire … speciale. Suppongo che, nella mia mente
contorta, fosse un modo per ringraziarti. Il bacio, intendo».
«Be’,
allora …» Oliver spostò la sua mano dalla spalla della ragazza fino al suo
volto. Katie si era fossilizzata e non capiva cosa stava succedendo. Era troppo
stupita di tutto. Perché mai Oliver le si era avvicinato così tanto? E perché
la stava guardando in quel modo? Aveva qualcosa sul viso? I suoi capelli erano
ancora impazziti? Cosa era successo perché Oliver Baston la fissasse con tanta
attenzione? «Suppongo di doverti ringraziare a mia volta»
E prima che lei se ne rendesse conto, stava nuovamente baciando Oliver Baston.
Be’, anche questa volta baciare era una parola decisamente grossa. Diciamo che
aveva fatto tutto lui. Lui si era chinato su di lei e l’aveva baciata.
Di nuovo.
Il suo cervello era pieno di domande e c’era una confusione assurda tra i suoi
pensieri. Non riusciva a pensare a niente di coerente, ma la cosa non le
interessava più di tanto, perché stava baciando Oliver Baston. Si strinse a
lui, probabilmente soffocandolo nel suo abbraccio, e ricambiò il bacio,
sollevandosi sulle punte dei piedi.
Oliver la stava baciando. Baciando. E
non poteva essere un errore, giusto? Non … poteva essere, basta. L’aveva
baciata di sua spontanea volontà. La stava baciando! Stava passando le sue mani
tra i suoi capelli e la stava attirando ancora di più a sé. Erano così vicini
che Katie poteva sentire persino il cuore del ragazzo battere a velocità
doppia. O forse era il suo? Non ne era ben sicura, ma non che la cosa fosse di
vitale importanza.
Poi, Oliver si scostò da lei con un sorrisetto, accarezzandole il volto con una
tenerezza che Katie non gli aveva mai visto. E non aveva mai neanche osato
immaginare, neanche nei suoi sogni più belli.
La stringeva ancora a sé, dolcemente, e la guardava con quell’aria che Katie non
aveva ancora imparato a decifrare. E poi, il pensiero di quello che era
successo la investì improvvisamente. Aveva di nuovo baciato Oliver Baston. Di nuovo. Gli era letteralmente piombata
addosso per la seconda volta.
No, aspetta, era stato lui.
Comunque fosse andata, l’aveva baciato ancora. Okay, le cose si stavano facendo
imbarazzanti. Non era possibile che non riuscisse a stare in compagnia di
Oliver Baston senza saltargli addosso come pazza. Doveva contenersi.
«Merlino, scusa!» esclamò, ancora tra le sue braccia, arrossendo furiosamente e
facendo per allontanarsi. Ma lui non sembrava molto propenso a lasciarla andare
e la fissava, con uno strano sorriso sul viso.
«Quando la smetterai di scusarti per cose di cui non hai alcuna colpa, Katie?» le
domandò, ancora così vicino a lei da farle venire i brividi. Non riusciva a
pensare che l’aveva appena baciato per la seconda volta. Che gli fosse
letteralmente saltata addosso. E lui non era minimamente arrabbiato. Aveva una
pazienza infinita, evidentemente, soprattutto con lei. Ormai Oliver aveva fatto
l’abitudine alla sua pazzia.
«Io …» non sapeva esattamente cosa volesse dire. Che non avrebbe smesso mai di
scusarsi? Che l’aveva baciato ancora? Che era cotta di lui da quando l’aveva visto
per la prima volta? Non ne aveva idea, sapeva solo che, in realtà, non riusciva
ad emettere più alcun suono. Perché Oliver Baston era lì davanti a lei e la
fissava, con i suoi occhi castani fissati nei suoi. E questo le creava una
leggerissima difficoltà a parlare. «Scusa» mormorò infine, abbassando lo
sguardo.
Lui rise e la strinse ancora a sé, prima di lasciarla andare, delicatamente,
come se temesse di romperla in tanti pezzettini. Katie non aveva mai visto
tanta tenerezza negli occhi di qualcuno. Non riusciva a capire cosa fosse
successo ad Oliver Baston. Magari si era preso qualcosa. Una malattia
fulminante. Magari la caduta durante la partita gli aveva causato dei danni al
cervello.
Le sfiorò il volto con una mano, una carezza leggera che la fece rabbrividire.
«Grazie» sussurrò e, anche se Katie non aveva alcuna idea a cosa si riferisse,
sorrise, dolcemente, mentre Oliver le accarezzava ancora il viso. «Devo andare.
La squadra probabilmente mi ammazzerà. Li ho convinti a fare una deviazione qui
solo per parlare con te».
«Cosa? » domandò lei, stupita, ma Oliver sorrise solo, le sfiorò ancora il
volto e poi la lasciò andare, regalandole ancora quel sorriso luminoso che le
faceva battere il cuore a mille.
«Ci vediamo, Katie» mormorò solo, mentre si voltava e si allontanava per le vie
di Hogsmeade. Katie era ancora lì, immobile, mentre il vento le scombinava i
capelli. Le sue guance avevano raggiunto una nuova tonalità di rosso, ma lei
non sembrava curarsene. In quel momento, avrebbe potuto iniziare a saltellare,
seguire un’intera lezione di Storia della Magia senza dormire o anche
riprendere a studiare Divinazione, senza mai perdere quell’aria esaltata sul
viso. Era successo decisamente troppo, in un solo istante. Il cuore le batteva furiosamente,
quando Leanne tornò con la sua piuma nuova di zecca e un paio di fogli di
pergamena. «Quello era Oliver Baston o una
mia allucinazione? » domandò,
guardando la sagoma che si allontanava. Katie guardò male l’amica, poi scosse
la testa, mettendo su un’espressione seria che poco si addiceva al suo umore. «E’ definitivamente una tua
allucinazione. Inizi a preoccuparmi, Leanne» e, senza dire altro, fece cenno all’amica di riprendere a camminare.
Leanne alzò gli occhi al cielo, ormai rassegnata alla stupidità della sua
migliore amica, e camminò al fianco di Katie, incurante dello sguardo perso
dell’altra. «Che ti ha detto? » chiese, infine, troppo curiosa per lasciar
perdere. Katie la fissò con un sopracciglio inarcato. «La tua allucinazione? » chiese, ma l’amica le rifilò uno sguardo di
rimprovero e allora lasciò perdere l’espressione seria e tornò a sorridere e a
sospirare come una stupida. «Leanne,
non ci crederai mai!». «Fammi indovinare: è corso da te dichiarandoti il suo imperituro amore? »
domando l’amica, con voce incolore. Katie non era in grado neanche di
fulminarla, tanto era esaltata.
«Mi ha baciata!» squittì, con una voce talmente acuta che Leanne prima spalancò
gli occhi, sorpresa, poi capì quello che la sua migliore amica aveva detto e si
lanciò su di lei, abbracciandola e lanciando urli tanto acuti che molti dei passanti
si girarono a guardarle.
«Oh Merlino!» strillò Leanne, con la testa affondata nel cappotto dell’amica.
Katie sorrideva, beata, pensando al fatto che Oliver Baston l’aveva baciata,
ancora. Doveva pur significare qualcosa, vero? Vero? «Vieni, andiamo ai Tre
Manici di Scopa, mi devi raccontare tutto!» aggiunse la sua migliore amica,
scostandosi da lei e trascinandola per Hogsmeade.
Katie Bell, alla fin fine, era troppo felice per poter anche solo pensare di
protestare.
Angolo autrice
Ah,
quanto amo questi due? Troppo *-* loro sono carinissimi e tenerissimi e
idiotissimi <3
E ci vuole un po’ di mieeeele qui. No, okay, sono io
che ne ho urgentemente bisogno, sembro una pazza che sorride come un’esaltata
davanti al pc, ma, avanti, io li amo *-*
Mi è venuta in mente anche una storiella con loro due, quindi magari, quando un
remoto giorno avrò concluso tutti i progetti che mi porto dietro – e magari
avranno sterminato la scuola per sempre -, potrei postarla sul serio *-*
Lo so, mi sto esaltando troppo. Ora mi calmo ù_ù
Be’,
dunque, questo capitolo è più che chiaro, direi ù_ù
anche se non per Katie che si è vista piombare Oliver addosso – per la prima
volta è lui quello che salta addosso a lei! – e non ci ha praticamente capito
niente ù_ù no, okay, non sto bene per niente.
E ora vi lascio leggere questa cosa da schizzati.
Il titolo è sempre da Starlight. Non avete idea di
quanto ami quella canzone <3
Capitolo 8 *** 8. Our hopes and expectations, black holes and revelations ***
8. Our
hopes and expectations, black holes and revelations
«Seeeenti, ma quella ragazzina che qualche
giorno fa sei andato a ‘salutare’. ..»
iniziò Aaron, guardando Oliver con un sopracciglio inarcato e l’aria curiosa.
Il diretto interessato non sollevò neanche lo sguardo dal suo armadietto e si
limitò ad attendere che il suo compagno di squadra finisse la frase. «Be’, sai
se è libera? »
Oliver si voltò verso di lui con un sopracciglio inarcato e l’aria vagamente
omicida. «Libera? » domandò, come se non avesse capito bene. Aaron sbuffò e si
passò una mano tra i capelli, apparentemente irritato dal suo compagno di
squadra.
«Libera. Nel senso … di libera. Disponibile. Esce con qualcuno? » si spiegò
meglio, guardandolo con aria eloquente. Oliver sentì una stretta all’altezza
dello stomaco e gli venne voglia di dare un pugno al suo stupido compagno di
squadra. Non sapeva spiegarsi perché, ma sapeva che ne aveva estremo bisogno.
Come si permetteva, quello, di chiedergli se Katie, la sua Katie, era libera?
«No, allora» disse, secco, fulminandolo con lo sguardo e chiudendo il suo
armadietto con un rumore sordo. «Esce con uno. Il doppio di te» lo avvertì e
Aaron capì cosa dovesse passare nella testa del Portiere, perché arretrò, con
aria infastidita, ed afferrò il suo manico di scopa, per poi dirigersi fuori.
Il resto della squadra era già sul campo e Oliver stava per dirigersi lì,
quando un gufo dall’aria sconvolta planò con ben poca grazia sulla sua spalla,
indicandogli col becco una lettera che aveva l’aria di essere stata scritta di
fretta e in furia.
Oliver,
Katie è stata maledetta, non sappiamo se si riprenderà. Ti prego, vieni
immediatamente al San Mungo.
Fred.
~
Per Oliver, erano bastate poche parole – appena una riga su una pergamena
– e gli era crollato il mondo addosso. In quel momento, mentre camminava nei
corridoi del San Mungo, si sentiva come svuotato di ogni sentimento, il suo
cuore aveva smesso di battere nel momento in cui aveva letto quella lettera. Katie è stata maledetta, non sappiamo se
si riprenderà. Le parole gli rimbombavano nelle orecchie, mentre cercava la stanza di
Katie, mentre tentava di soffocare la speranza di trovarla sveglia, cosciente,
che aspettava solo lui per dire che era stato solo uno scherzo. Non si sarebbe
arrabbiato, non le avrebbe inveito contro. L’importante era che fosse viva,
sveglia, cosciente. Che fosse Katie. Le avrebbe perdonato anche questo colpo al
cuore, così come le aveva perdonato il colpo che gli fece prendere quando cadde
dal suo manico di scopa o quando era fuggita via, dopo averlo baciato, troppo
spaventata per rendersi conto di quello che stava succedendo. Le avrebbe
perdonato anche questo, lo faceva sempre. Katie era sua amica, la ragazzina che
lui sentiva il bisogno di proteggere, benché, molto spesso, fosse lei che
tentava di proteggere lui. Non poteva non perdonarla.
L’importante era che fosse viva. Era stato solo un suo scherzo, doveva essere
così. Katie frequentava Fred e George, l’avevano corrotta e portata dal loro
lato. Era così. Doveva essere così.
«Mi dispiace, Oliver».
Ma allora perché nessuno rideva? Perché tutti lo fissavano con quell’aria
dispiaciuta, mentre lo facevano entrare nella stanza? E perché Katie non gli
sorrideva, lieta di avergli fatto prendere un colpo anche stavolta?
Oliver deglutì, quando si rese conto che quello non era uno scherzo. Era tutto vero.
«Co… cosa le è successo? » domandò, con voce flebile.
Sembrava ormai privo di forze, mentre entrava nella stanza e guardava il corpo
inerte di Katie, i capelli che le ricadevano attorno al viso e gli occhi
chiusi. Chiusi. Si sarebbero mai
riaperti? Non ne aveva idea. Forse ci avrebbero messo secoli o forse sarebbero
rimasti così per sempre.
Il ragazzo distolse lo sguardo, incapace di rendersene conto.
«Una collana maledetta. Non sappiamo cosa le sia successo, l’ha trovata ad
Hogsmeade, l’altro giorno. L’ha appena sfiorata e … le ha fatto questo» rispose
George, venendogli incontro e poggiandogli una mano sulla spalla. C’erano tutti
i ragazzi della squadra e c’era anche la migliore amica di Katie, seduta
nell’angolo con il volto pallidissimo, ma la folla sembrò svanire, quando
Oliver posò di nuovo lo sguardo sul viso di Katie Bell, perso in un sonno che
poteva sembrare eterno.
«Si riprenderà? » domandò, con la voce ancora più debole. Si allungò un po’,
per stringere la mano di Katie tra le sue, come lei aveva fatto alla sua prima
partita, mentre lui era disteso su quella barella. Ma lui si era ripreso ed ora
era lei che era lì, su un letto di ospedale. Non poteva abbandonarlo.
«Non lo sanno ancora» sussurrò Fred, guardandolo con aria preoccupata.
No, Katie si sarebbe ripresa. Doveva farlo. Per la sua migliore amica, per la
sua squadra, per il suo diploma, per il Quidditch. Per lui. Katie doveva risvegliarsi, doveva aprire quegli occhi, sbadigliare
come se avesse dormito per secoli, e sorridergli. Perché lei sapeva che lui le
sarebbe rimasto sempre accanto. Lei si sarebbe svegliata e lo avrebbe trovato
lì, accasciato su una sedia, ma lì, pronto a stringerla tra le sue braccia e a
dirle che non l’avrebbe mai lasciata.
«Ma deve riprendersi. Lo deve fare»
mormorò, con un tono di voce bassissimo. Fred e George lo guardarono, gli
batterono una pacca sulla spalla e poi uscirono dalla stanza, assieme ad Alicia
ed Angelina. La migliore amica di Katie – Lucy? Lake? – era ancora seduta
nell’angolo, ma guardava lui, con aria sconvolta.
Oliver sapeva che doveva dirle qualcosa, sapeva che doveva chiederle se voleva
stare da sola con la sua migliore amica. Sapeva queste cose, ma non riusciva a
trovare le sue labbra. Le parole si fermavano nella sua mente, tutto il resto
era come bloccato.
«No» disse solo lei, distogliendo lo sguardo e alzandosi. «Sono stata per tutto
il tempo, dovresti avere anche tu l’occasione di starle accanto» aggiunse,
uscendo dalla porta e guardandolo per un’ultima volta. «Mi dispiace»mormorò,
infine, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Lui voleva dirle che gli dispiaceva, davvero, anche per lei, ma non ne era
capace. Fissava il volto di Katie, privo di ogni espressione, privo di tutta la
vitalità che Katie sembrava emanare. Privo di Katie. E si chiedeva cosa sarebbe
successo se Katie non avesse mai aperto gli occhi. Mai più.
Mai più era un tempo infinitamente lungo e Oliver non poteva pensarci. Doveva
vedere il sorriso di Katie e pensare che lei era felice. No, non importava se
lui non c’entrava, l’importante era che lei fosse felice. Che sorridesse. Che
fosse viva.
«Katie» mormorò, tentando di ritrovare la voce, con il cuore che sembrava ormai
morto nel petto. No, il suo cuore dormiva, proprio come lei, e aspettava solo
il momento giusto per risvegliarsi. Come
lei. Voleva anche lui che fosse una sorpresa per tutti. Perché per Katie
era così, giusto? Voleva sorprenderli tutti. «Katie, ti stiamo aspettando tutti».
Ma lei era così fredda, la sua mano era gelata e sembrava svanire ogni secondo
di più sotto la sua presa. Sembrava allontanarsi, ogni secondo di più.
«Non prenderci in giro, Katie. Lo so, siamo insopportabili, ma siamo tuoi
amici, giusto? Tu sei mia amica. Tu sei quella che voleva sempre proteggermi,
che si preoccupava per me. Quella che è venuta a controllare se ero vivo o
morto dopo essere caduto dalla scopa. Non te ne puoi andare così, senza curarti
più di me. Chi controllerà se sono ancora vivo? Chi mi chiederà se ho bisogno di
una mano? Chi mi bacerà per dirmi grazie? Katie, non puoi andartene così! »
Ma Katie non dava segni di vita, sotto la mano di Oliver, la sua pelle rimaneva
immobile, gelata e lontana.
«So di essere egoista a chiedertelo ed hai tutto il diritto di arrabbiarti,
quando ti sveglierai, ma ti devi svegliare per me. Io non posso stare senza di
te, Katie. Sei mia amica. Sei la mia Katie. Non può esistere un mondo senza di
te, capisci? Io ho bisogno di te. Non te ne puoi andare così. Sarebbe crudele,
da parte tua».
La sua voce si ruppe sulle ultime parole e divenne incapace di andare oltre.
Non riusciva a pensare a cosa sarebbe successo, se Katie non avesse più aperto
gli occhi. Non sapeva cosa ne sarebbe stato di lui.
Aveva sempre dato per scontato tutto, compreso il fatto che lei ci sarebbe
sempre stata, innocente e adorabile, pronta a correre da lui in qualunque
momento.Aveva dato per scontato la sua
presenza, nella sua vita. Ed ora che si ritrovava senza di lei, con la sua vita
appesa un filo ed il suo cuore aveva smesso di battere nel momento in cui aveva
saputo la notizia.
«Mi mancheresti tantissimo, Katie. Non hai neanche idea di quanto. Non puoi
andartene, capisci? Tu … sei importante per me. Tantissimo».
Se Katie fosse stata lì, gli avrebbe detto che ci era voluta una maledizione
per fargli distogliere l’attenzione dal Quidditch e portarla su di lei, ma
Katie non era lì. Katie era incosciente in quel letto e tutto il mondo sembrava
diventare vuoto, al confronto. Non gli interessavano gli altri, ad Oliver importava
solo di lei.
Era dovuto arrivare a perderla, per capire che era la persona più importante di
tutta la sua vita. E, in quel momento, persino la sua avita era appesa ad un
filo. Appesa allo stesso filo di quella di Katie e tutte e due aspettavano solo
il momento giusto per alzarsi o per cadere.
«Katie, ti prego. So che pensi che io sia un idiota con delle bistecche di
drago sugli occhi, perché non ho mai capito quanto tu fossi importante. Ma
quest’idiota ha bisogno di te. Non te ne puoi andare».
Con la mano della ragazza stretta nella sua, Oliver Baston trascorse lì la
notte e il resto delle notti per i seguenti mesi, con gli occhi spalancati,
senza mai dormire davvero, e il cuore ormai intorpidito nel petto, a guardare
Katie Bell che, nel suo sonno spaventoso, non sapeva nulla di quello che lui le
diceva ogni sera.
«Katie, ti prego. Io ho bisogno di te. Io sono innamorato di te».
Angolo Autrice
Io non volevo
scrivere questo capitolo, io voglio le cose allegre, felici, divertenti, non le
tragedie ç__ç Ma quando la Rowling ha scelto, tra tutti i seicento e più
studenti di Hogwarts, di far toccare a Katie Bell quella collana, be’, non
posso evitarlo ç_ç
Però non prendetevela con me, io voglio le cose felici *-*
Okay, la smetto. E so che questo capitolo è anche parecchio banale. Banale del
tipo ‘povero essere umano che va al capezzale della donna che ama e inizia a
parlare anche se lei non lo può sentire’, come nel film, però … diciamocelo,
Oliver finalmente ha capito cosa passava dentro la sua testa e l’ha capito solo
(quasi) perdendo Katie.
Okay, ora la
smetto davvero.
Oh, il titolo è sempre Starlight, ormai sono in fissa
con quella canzone <3
Capitolo 9 *** 9. And whatever they say, your soul's unbreakable ***
9. And
whatever they say, your soul's unbreakable
I giorni erano diventate settimane e le settimane mesi e Oliver Baston
stava, ormai, quasi perdendo le speranze di riavere indietro la sua Katie. Il
suo cuore, ormai, si stava lentamente spegnendo ed era la più atroce tortura a
cui avesse mai assistito. E lui era la vittima e il carnefice, la sua stessa
morte.
Ogni giorno arrivava davanti al letto di Katie e rimaneva lì per tutta la
giornata, tranne quando aveva gli allenamenti. Sapeva, con una parte del suo
cervello, che stava decisamente facendo schifo e che, durante l’ultima partita,
era stato necessario sostituirlo perché non era minimamente concentrato sul
gioco, ma tendeva ad ignorarlo, perché l’unica cosa che gli importava, in quel
periodo, era Katie. Katie distesa nel suo letto del San Mungo, con il volto
sempre pallido, gli occhi chiusi e la mente persa nel suo mondo di meraviglie
in cui Oliver non poteva arrivare.
Ogni sera rimaneva lì, seduto, con la mano di Katie stretta nella sua, con il
cuore addormentato che stava iniziando a morire, avvelenato dalle speranze che
non erano mai diventate realtà.
Aveva dovuto aspettare di perderla, per capire che non avrebbe potuto vivere
senza di lei. E non sapeva come avrebbe fatto, se Katie non avesse mai aperto
gli occhi. Probabilmente avrebbe smesso di esistere. Perché quella che stava
trascinando avanti non era una vita, era una semplice esistenza, davanti al
letto della ragazza incosciente. Nient’altro era più importante.
C’era sempre abbastanza gente nella stanza di Katie. I suoi genitori venivano a
trovarla tutti i giorni, con la stessa frequenza di Oliver, Fred e George si
sedevano sempre ai due lati del letto, portando, di tanto in tanto, qualche
nuova invenzione dei Tiri Vispi Weasley. Angelina ed Alicia venivano ogni
giorno, le sistemavano i capelli, le sfioravano il volto con aria malinconica, le
stavano accanto sempre. Leanne, la migliore amica di Katie,era tornata ad Hogwarts, anche se tutti i
giorni arrivava una lettera da parte sua, che Angelina leggeva ad alta voce,
come se Katie potesse sentirla. La vita sembrava essersi radunata attorno al letto
di Katie, aspettando che lei facesse lo sforzo di aprire gli occhi e di
guardarli, tutti. I suoi amici, le persone che facevano parte della sua vita,
che attendevano, speranzosi, il suo risveglio.
Chissà se sarebbe mai accaduto.
Era solo l’ennesima notte che Oliver passava lì, davanti al suo letto, con la
mano di Katie stretta nella sua. Non ricordava da quanto tempo non dormiva
davvero, su un letto vero, ma non gli importava. Ogni volta che chiudeva gli
occhi vedeva sempre e solo il viso di Katie, Katie che sorrideva a lui, con
quei sorrisi che avrebbe voluto incorniciare, con quei sorrisi che – tempo
prima – non si era mai reso conto quanto fossero preziosi e rari. Quei sorrisi
che regalava solo a lui.
«Katie, non te ne puoi andare» e non sapeva perché doveva parlarle, ma sapeva
che, se non l’avesse fatto, sarebbe impazzito. Non riusciva a tenere tutto
dentro e lei l’avrebbe ascoltato. Sapeva che l’avrebbe fatto, in qualche modo.
Lei lo ascoltava sempre, anche quando iniziava a dire stupidaggini. «Sai quanto
tempo è passato da quando abbiamo parlato per l’ultima volta? Un’eternità.
L’inverno è quasi finito, sta arrivando la primavera e tu sei ancora qui.
Quanto pensi di restarci, Katie? Ho bisogno di parlare con te, di sentire la
tua voce, di guardarti sorridere. Non mi importa se non vuoi più saperne di me.
Ti capirei, sono stato un tale idiota. Però voglio che tu viva, capisci? Ti
voglio viva, Bell».
Oliver non aveva idea di quando il sonno aveva iniziato ad intorpidirgli la
mente, ma, ad un certo punto, si era ritrovato con la testa appoggiata al
letto, la sua mano ancora stretta in quella della ragazza e gli occhi chiusi, a
dormire. Era la prima volta che dormiva sul serio, da quando aveva saputo di
Katie, e non sapeva neanche spiegarsi perché, i suoi sogni furono neri,
semplicemente neri. Non c’era Katie a spuntare nella sua mente, neanche uno dei
suoi sorrisi. Dormì come un bambino, con la testa poggiata accanto alla gamba
inerte della ragazza, fino a quando un leggero ticchettio sulla sua spalla lo
svegliò.
Pensava che fosse uno dei medici che seguiva Katie, per dirgli che non avrebbe
dovuto usare in questo modo il letto dell’ospedale, oppure Fred e George, che
da settimane tentavano di portarlo via da lì, per farlo riposare in un letto,
su un cuscino. O, forse, i genitori di Katie, che si stavano preoccupando per
lui – come un tempo faceva la loro figlia -, chiedendogli se era sicuro di
mangiare e dormire abbastanza e se non si stava sacrificando troppo per stare
vicino a Katie, ma non era vicino alla verità neanche un po’.
«Oliver, sei tu? »
Lui si riscosse dal sonno, cercando di capire da dove venisse la voce. Era una
voce che conosceva, senza ombra di dubbio. Ed era una voce che l’aveva fatto
sentire bene un milione di volte, che aveva gridato il suo nome, che l’aveva
minacciato, che l’aveva consolato … era una voce troppo bella per non essere
frutto della sua mente, troppo assonnata. Stava immaginando le cose. Era
normale, ormai.
«Oliver, cosa ci fai qui? Dove sono? »
No, Oliver non poteva sbagliarsi così tanto. Il suo cuore aveva già fatto il
volo, si era risvegliato, ma non poteva essere vero. Non poteva essere Katie Bell.
«Katie? » domandò, scioccamente, guardando verso di lei. Nel buio, riuscì a
scorgere i suoi occhi castani, aperti, che lo guardavano, e il suo sorriso
delicato. «Sei … viva» riuscì a dire, infine, guardandola, troppo stupito per
dire qualcos’altro.
«Non dovrei esserlo? » chiese lei, con la voce ridotta ad un sussurro. Sembrava
ancora debole, ma … si era svegliata. Oliver non riusciva a credere ai suoi
occhi e alle sue orecchie. Katie Bell si era svegliata. Aveva aperto i suoi
grandi occhi da bambina e aveva pronunciato il suo nome. Katie Bell si era svegliata.
«Oliver, stai bene? » chiese lei, stringendo ancora la mano del ragazzo fra le
sue. Non c’era niente di nuovo, eppure, per la prima volta da quando Oliver
Baston si era seduto su quella sedia, accanto a lei, Katie ricambiava la
stretta. «Cosa c’è che non va? »
Era sempre così, Katie. Si preoccupava per lui, ma mai per lei. Anche ora, che
si trovava in un letto d’ospedale, appena svegliata, si stava preoccupando per
lui, chiedendogli se c’era qualcosa che non andava.
«Katie» mormorò lui, semplicemente, allungando una mano e sfiorando il viso
della ragazza. Vide che lei arrossiva, anche nel buio. Conosceva ormai a memoria
il suo volto e sorrise, intenerito a quella visione. «Merlino, Katie, ti sei
svegliata. Ti sei svegliata».
Non riusciva a credere a quello che aveva davanti. Sfiorava il viso di Katie
con timore reverenziale, quasi temesse che lei potesse rompersi sotto il suo
tocco. Katie, la sua Katie.
Il suo cuore prese definitivamente il volo, ormai sveglio e felice che la
ragazza che amava fosse viva, e fosse davanti a lui, delicata e sorridente,
anche se con una smorfia preoccupata sul viso.
«Oliver, che succede? »
Ma lui non ascoltò minimamente le sue parole e si sporse per stringerla a se,
facendole poggiare la testa sul suo petto. Non gli importava che lei potesse
sentire il battito del suo cuore andare a mille, lei era lì, viva, sveglia, tra
le sue braccia. Era Katie e Katie era viva.
«Oh, Merlino, Katie» sussurrò lui, semplicemente. Lei sembrava ancora un po’
sconvolta, ma si lasciò stringere come una bambina e lasciò che Oliver la
cullasse tra le sue braccia e la trattasse come se fosse una bambola di porcellana,
così fragile e delicata. Poi, lui si scostò, delicatamente, quasi avesse paura
di farle del male – e ne aveva di paura, paura di poterla mandare in frantumi
con un solo tocco – e le sorrise, sfiorandole ancora il volto. «Vado a chiamare
un dottore. Non ti muovere, resta qui» e corse fuori, nella corsia, a cercare
un dottore che potesse dirgli che quello che aveva appena visto non era un
miraggio, che Katie era sveglia e viva.
~
Katie migliorava a vista d’occhio e il suo volto era sempre meno pallido.
Non aveva idea di quello che le era successo, come se qualcuno le avesse dato
una botta in testa per farle dimenticare tutto, ma ad Oliver, alla fine, non
importava più di tanto capire cosa stava succedendo. A lui bastava sapere che
Katie era lì, viva, sveglia e felice.
Ogni giorno andava a trovarla e lei sorrideva, felice del fatto che lui fosse
lì. Oliver sentiva il suo cuore battere, impazzito, a quei sorrisi. Aveva quasi
dimenticato quanto fosse bella quando sorrideva.
«Sei rimasto qui per tutto il tempo? » domandò lei, guardandolo negli occhi e
inarcando un sopracciglio, con l’angolo delle labbra piegato verso l’alto.
Oliver distolse lo sguardo, imbarazzato, e lo portò sui suoi piedi.
«Sì» disse solo e Katie si allungò per stringergli la mano. Ormai la sua pelle
non era più gelata e Oliver ricambiò la stretta, sorridendole.
«Fred e George hanno detto che non te ne andavi mai, che rimanevi sempre qui.
Mi dispiace averti fatto preoccupare. Non dovevi sacrificare tutto per colpa
mia».
Il volto della ragazza era sinceramente dispiaciuto e le sue labbra erano
piegate in una smorfia un po’ triste. Oliver avrebbe voluto prendere il suo
viso tra le mani e baciarla, farle capire che lei non aveva fatto assolutamente
nulla, che lui sarebbe rimasto lì in eterno, a costo di sacrificare la sua
vita, ma non per colpa sua.
«Katie, sei mia amica, sei importante. Non volevo lasciarti qui, da sola»
sussurrò, invece, guardandola negli occhi. Aveva paura di spaventarla, con quel
bacio. Si era svegliata da qualche settimana, probabilmente ancora non
ricordava niente. Di quello che le era successo, non riusciva a mettere a fuoco
neanche un immagine. Ma Oliver non aveva trovato il coraggio di chiederle se
ricordava cosa era successo prima che lei entrasse nel locale. Non aveva il
coraggio di chiederle se ricordava il bacio e il fatto che lui era stato più
sincero con lei che in tutto il resto della sua vita. È troppo presto, si diceva. Siè
appena svegliata, non posso dirle niente. Ci vuole tempo. Ma non sapeva
quando quel tempo sarebbe arrivato, non ne aveva idea.
Lei, in quel momento, lo guardava con aria seria, con gli occhi da bambina che
seguivano ogni suo movimento. «Avevo paura» ammise, infine, Oliver. Lei strinse
ancora la sua mano e lui le fece un sorriso esitante. «Paura che, se me ne
andassi, non ti avrei più trovata al mio ritorno. Mi sentivo inutile, qui, ma
avevo bisogno di starti accanto, anche se non potevi sentirmi».
«Oliver …» ma Katie sembrava non saper cosa dire e lui scosse la testa,
fissandola con un sorriso intenerito.
«Katie, sei viva. È questo quello che conta» sussurrò, alzandosi e posandole un
bacio sulla fronte. Era troppo codardo, ora, per dirle quello che aveva capito.
Katie era una ragazza, stava crescendo e di certo lo considerava un idiota
senza cervello, che aveva sempre messo al primo posto il Quidditch e non i suoi
giocatori. Non lei. Aveva ragione a
considerarlo tale. E, di sicuro, aveva qualcuno che le correva dietro. Ed era
meglio, giusto, che stesse con qualcuno che la meritava e non con lui. Lui …
era stato solo una parentesi di quei mesi, una parentesi che doveva chiudersi,
prima o poi.
Fece per andarsene – ormai conscio del fatto che aveva chiuso, lì. Che Katie
era sveglia e felice e lui poteva anche andarsene -, ma lei gli afferrò il
polso, prima che la lasciasse andare, e lo guardò con aria seria.
«Non te ne andare. Io ho bisogno di te» mormorò e, benché il cuore di Oliver si
fosse ormai fermato e poi avesse iniziato a battere ancora più veloce, lui si
sedette di nuovo su quella sedia, stringendo la mano di Katie e sorridendole,
per rassicurarla e rassicurare se stesso. Perché, anche se lei non ne aveva
idea, lui aveva bisogno di Katie Bell nella stessa maniera in cui lei aveva
bisogno di Oliver Baston.
Angolo Autrice
Katie si è
svegliata. Non riuscivo a concepire l’idea di più di un capitolo con Oliver in
quello stato, era troppo persino per me, per cui eccoci con un capitolo almeno
un po’ più felice. Dopotutto, questa è una raccolta di momenti importanti per
Oliver e Katie ù_ù
Oliver è un fifone, lo sappiamo, ma è convinto di essere troppo idiota per anche
solo meritare Katie. E lui non sa che, in realtà, lei è perdutamente cotta di
lui da un bel po’. Diciamo che, come si è detto da solo, ha proprio le
bistecche di drago sugli occhi. E pure belle doppie ù_ù
La mia connessione ad internet si sta prendendo gioco di me e si disconnette
ogni due secondi, quindi non ho il tempo per dire nient’altro, perché ho la
sensazione che potrebbe andarsene nel giro di qualche secondo per la nona volta
dall’inizio della giornata ._.
Ancora grazie mille, a tutti <3
Il titolo è di Invincibile, quella è una delle mie canzoni preferite <3
Capitolo 10 *** 10. You could be the one I'll always love ***
10. You could
be the one I'll always love
Il resto dell’anno era passato senza altri problemi, stranamente
parlando, fino a quando non era arrivata la fine della scuola e il crollo di
tutto quello in cui Katie credeva con disperazione.
Il mondo si stava rovesciando e ormai aveva perso la sua guida: Albus Silente
era morto quando i Mangiamorte avevano attaccato la
scuola. Era stata la notte peggiore della sua vita, Katie aveva lottato pur di
uscirne viva, con il pensiero della sua amica, dei suoi genitori, di Oliver che le rimbombava nella mente.
Aveva lottato con le unghie, per vivere, e quando si era ritrovata viva,
stretta a Leanne che tremava di paura, si era resa conto che tutto quello che
aveva conosciuto stava per arrivare al termine.
Albus Silente era morto, lei aveva il suo diploma e la vita lì fuori era un
eterno silenzio di morte. Aveva quasi paura ad abbandonare quella scuola, ma,
allo stesso tempo, sapeva che non sarebbe più stata al sicuro, lì. Guardava i
ragazzi del primo anno, quei ragazzini che erano appena arrivati e avevano
conosciuto l’orrore più atroce, e avrebbe voluto poterli salvare, tutti. Non
meritavano quello che era appena successo loro.
Il funerale era stato … terrificante. Katie non aveva altre parole.
Terrificante, perché mai come in quel momento, si era sentita sola davanti al
futuro. Albus Silente e lei non avevano mai scambiato più di qualche parola – e
forse neanche – ma si sentiva come se avesse perso una guida, la più importante
di tutta la sua vita. Si sentiva sola e sperduta. Se il mondo là fuori poteva
entrare ad Hogwarts ed uccidere Albus Silente, che senso aveva varcare i
cancelli di quella scuola?
Tutto il mondo sembrava accartocciarsi su se stesso, nel piangere quella
perdita, e persino Katie si sentiva accartocciata ai bordi, con la testa
poggiata sulla spalla di Leanne e gli occhi chiusi. Il funerale era finito,
eppure loro due rimanevano ancora lì, infagottate nei loro abiti da cerimonia,
troppo sconvolte per pensare davvero.
Il silenzio regnava su tutta Hogwarts. Sembrava tutto così cupo, diverso
dall’atmosfera che, solitamente, regnava in quel luogo alla fine dell’anno
scolastico. Non c’era nessun ragazzino seduto in riva al Lago Nero, non c’era
nessuno sotto gli alberi, nessuno che osava dire solo una parola.
«Katie?» Leanne la richiamò alla realtà, costringendola a riaprire gli occhi.
Lei non avrebbe voluto farlo, aprire gli occhi significava tornare nella realtà
e lei ne aveva così paura che non voleva accettarla. Voleva rimanere nel suo
mondo, per sempre. «Sta arrivando Oliver. Cammina verso di noi».
La ragazza si riscosse, alzandosi dalla spalla della sua migliore amica. Leanne
la guardò per un secondo, poi si alzò e fece un sorriso esitante ad Oliver, che
ormai era giunto davanti a lei. Katie sentì il suo cuore sobbalzarle nel petto,
benché sapesse perfettamente che non era il momento. Non quello.
Non l’aveva più visto da quando l’aveva riaccompagnata ad Hogwarts, dopo la
convalescenza al San Mungo e la settimana che aveva passato a casa, con lui che
veniva a trovarla ogni giorno. Un tempo infinitamente lungo per lei, che aveva
ripreso l’abitudine di guardarlo ogni volta che poteva, come quando aveva
tredici anni e il cuore sereno, non avvelenato dal mondo che la circondava.
Aveva sentito la sua mancanza, sì che l’aveva sentita. Le aveva divorato il
cuore a piccoli morsi, eppure, nel momento in cui lui si presentò davanti a
lei, stupefacente e tristissimo, Katie sentì il suo cuore nuovamente intero,
senza morsi né spaccature.
Oliver Baston aveva il potere di farla sentire bene. E questo, in quel mondo
che lei si stava preparando ad affrontare, non era poco.
«Volevo vedere come stavi» mormorò lui, facendo un passo verso di lei e
sedendole accanto. Allungò la mano, forse in cerca di quella di Katie, ma poi
sembrò ripensarci e la ritrasse. Lei sospirò. Non aveva il coraggio necessario
per fare qualcosa del genere, non in quel momento, ma, senza dire nulla,
appoggiò la sua testa sulla spalla di Oliver, come aveva fatto con Leanne. Solo
che lui la strinse a sé, un po’ goffamente, ma lo fece. Le cinse le spalle con
le sue braccia e posò un bacio sulla sua fronte, preoccupato.
«Terrificata» sussurrò lei, guardando nel vuoto, mentre Oliver le
accarezzava, con dolcezza, i capelli. «Ecco come sto. Terrificata. Ho una paura
tremenda, Oliver. Tremenda».
Senza sapere cosa dire, lui la strinse ancora a sé e, mentre lei chiudeva gli
occhi e respirava sulla sua spalla, le accarezzò il volto con la mano,
esitante. Sentì il suo sorriso esitante e un po’ amaro contro la sua spalla e
lei allungò la mano, per stringere quella che la stava sfiorando.
«Non permetterei mai che ti accadesse qualcosa, Katie» disse lui, infine, con
un tono di voce che fece rabbrividire la ragazza. Sembrava così deciso a
proteggerla da qualunque cosa le si parasse davanti, che Katie non poteva
crederci. «Mai» ribadì, voltandosi
verso di lei. Katie aprì gli occhi e sospirò ancora, prima di tornare a fissare
il vuoto.
«Non ho paura per me, Oliver. Anche per me, ma non solo» spiegò, stringendo con
più forza la mano del ragazzo, per sentirlo vicino. Perché lui era lì e lei
aveva un disperato bisogno di saperlo. «Ho paura per Hogwarts, per il mondo
magico. Per la vita che ci aspetta fuori da questi cancelli. Quanti di questi
ragazzi sopravvivranno, Oliver? Che ne sarà di noi, là fuori? Merlino, sono
terrorizzata».
A questo, Oliver non sapeva come rispondere, perché non c’era una risposta
giusta da dare. Non ce ne era neanche una sbagliata, a dire il vero. Non c’era
niente da dire e il silenzio tornò a far loro compagnia. Katie si abbandonò a
quell’assenza di suoni e di voci e chiuse nuovamente gli occhi, respirando la
sua paura. Sentiva lo sguardo di Oliver su di sé e sentiva anche il suo cuore
che batteva in quel modo, per la vicinanza col ragazzo, ma quella paura
cambiava tutto, rendeva le cose più lontane e sfuggenti.
Se avesse avuto il coraggio dei Grifondoro e almeno un po’ di buonsenso,
avrebbe capito che quella poteva essere l’ultima volta in cui Katie Bell e
Oliver Baston sedevano vicini in quel modo. Se avesse avuto il coraggio e un
po’ di buonsenso, Katie Bell gli avrebbe detto tutto. Sentiva che le cose
potevano finire da un momento all’altro e lei, se soltanto si fosse allungata,
gli avrebbe fatto capire ciò che provava. Ma a Katie Bell non era rimasto né il
coraggio, né il buonsenso, entrambi divorati dalla paura che le attanagliava il
cuore. L’unico sentimento che ancora provava era l’amore per Oliver Baston, un
amore che non le lasciava via di fuga, che riusciva a sconfiggere persino il
terrore che l’aveva assalita. Vicino a lui, le cose sembravano sempre migliori
di quelle che erano. E, persino in quel momento, se si metteva di impegno,
poteva vedere il lontano baluginare della felicità, cosa che non ci sarebbe mai
stata, se Oliver non fosse stato lì.
Era un amore che rendeva le cose migliori di quelle che erano e Katie sapeva
che l’avrebbe portato nel cuore per tutta la vita. Secoli prima, a quella
partita in cui Oliver era stato disarcionato dopo qualche secondo dall’inizio –
era davvero solo un anno prima? Sembravano davvero secoli -, aveva pensato che
Oliver Baston sarebbe stata la grande cotta della sua adolescenza. Non aveva
capito che, in realtà, lui sarebbe stato molto di più. Lui sarebbe stato il
grande amore della sua vita. E, se questo poteva sembrare un pensiero fuori
luogo durante un funerale, Katie Bell ricordava quello che Harry Potter aveva
sempre, in ogni modo, ripetuto: che l’amore è la più potente delle magie. E a
dirlo era sempre stato Albus Silente.
Ma Katie Bell sapeva altrettanto bene che quello sarebbe stato un amore chiuso
per sempre nella sua anima, niente di più, niente di meno. Non avrebbe mai
avuto la capacità di dirglielo, non l’avrebbe mai fatto. Oliver era anche il
grande amore della sua vita – e forse era un pensiero un po’ ingenuo, per una
ragazza di quasi diciotto anni, ma era la pura e semplice verità -, ma non era
detto che lei fosse lo stesso per il ragazzo.
«Oliver? » lo richiamò, ad un certo punto, riaprendo gli occhi. Lui la guardava
negli occhi e le fece un sorriso incoraggiante, un sorriso di fiele, amaro,
eppure lei conservò quel sorriso come il ricordo più bello di quel giorno.
L’unico che valesse la pena di conservare. «Mi proteggeresti davvero da tutto? »
domandò, mentre lui distoglieva lo sguardo e il suo sorriso diventava meno
amaro, più vivo, più suo.
«Ovvio, Katie» mormorò, semplicemente, accarezzandole ancora i capelli e
il volto, delicatamente. La trattava sempre come se fosse una bambola di
porcellana e questo la faceva sentire bene, tra le sue braccia. Non avrebbe mai
voluto staccarsi da lui, mai più. Era la sensazione migliore della giornata.
«Grazie» sussurrò lei e lui si voltò nuovamente verso di Katie per sorriderle,
per regalarle il sorriso più bello di tutti i tempi. Un sorriso rotto che Katie
avrebbe voluto poter aggiustare. Un sorriso che era tutto per lei, per Katie
Bell. «Ti dispiace se restiamo ancora un po’ così?» chiese ancora, guardando
Oliver con espressione speranzosa.
Lui scosse la testa, con il suo sorriso rotto sul viso. «No, non mi dispiace
affatto».
E rimasero lì, per un po’. Katie aveva la testa sulla spalla di Oliver e lui le
cingeva le spalle con dolcezza, accarezzandole un po’ i capelli. Nel momento in
cui lui le sorrise ancora, benché il suo sorriso fosse ancora rotto, Katie capì
che lui era tutto quello di cui lei aveva bisogno. Perché solo lui era in grado
di far sembrare la realtà decisamente migliore di quello che era.
«Grazie, Oliver» sussurrò e lui, stranamente, non le chiese neanche il
perché, ma si limitò a stringerla un po’ di più a sé, chiudendo a sua volta gli
occhi.
Angolo Autrice
Ed eccoci
nuovamente qui *-* avevamo lasciato Katie e Oliver al San Mungo e ora li
ritroviamo al funerale di Silente ç_ç se devo essere
sincera, questo capitolo mi piace tanto. Non saprei spiegarmi il perché, ma è
uno dei miei preferiti e ci tengo tanto. Forse perché Katie ha fatto luce per
sempre tra i suoi sentimenti e sa che quello che prova per Oliver non è proprio
una cotta adolescenziale, ecco.
Insomma, a me piace questo capitolo, anche se non succede niente *-* spero che
non mi ammazziate per questo, perché altrimenti non saprete cosa succederà nei
prossimi capitoli ù_ù quindi, non ammazzatemi né torturatemi
*__*
Va bene, la smetto ù_ù
Il titolo di oggi è preso da Unintended <3
E, be’, direi che è tutto. Comunque ci stiamo avvicinando alla fine, eh ù_ù mancano altri tre capitoli e l’epilogo, vi sentite
emozionati? No? …fa niente ù_ù
Grazie mille a tutti, davvero <3 El.
P.S.: mi sono scordata di dirlo, ma comunque per il fatto che Harry
Potter ripeta sempre che ‘l’amore è la più potente delle magie’ ho immaginato
che certe volte lo dicesse anche durante le lezioni dell’E.S.
sì, lo so, è impossibile, ma concedetemelo *-*
«Ti dispiacerebbe dirmi cosa ti è successo?»
Oliver camminava assieme a lei, per le vie di Londra, con aria interrogativa.
Katie non correva, non del tutto, almeno – sarebbe parso quantomeno assurdo se si
fosse messa a correre nel bel mezzo della città -, ma accelerava sempre di più
il passo, tanto che Oliver a fatica le stava dietro. In più, Katie era così
minuscola che si confondeva tra le altre persone, cosa che non faceva sentire
rincuorato il ragazzo.
Katie, dal canto suo, sapeva che tutto questo non aveva senso, che trascinarsi
Oliver senza spiegargli niente era assurdo, ma era l’unica cosa che potesse
fare. Angelina e Alicia avevano mandato lei, a chiamarlo, e non avevano idea di
quanto avessero sbagliato. Lei non era come Angelina, in grado di far calmare
la gente con un semplice sguardo e di convincerli a fare quello che lei voleva,
né come Alicia che, con la sua dolcezza, riusciva ad incantare chiunque e a
trascinarseli dietro. Lei era Katie Bell, solo
Katie Bell e l’unica cosa che poteva fare era sperare di arrivare al più
presto, trascinandosi dietro un Oliver piuttosto confuso.
«Avanti, Oliver!» sbottò lei, ma lui le afferrò il polso e la fece fermare, a
poca distanza da sé. Katie si ritrovò ad arrossire sotto il suo sguardo, benché
sapesse perfettamente che non era il momento, che non doveva pensarci, non ora.
«Katie, mi spieghi che sta succedendo? » domando lui, guardandola negli
occhi, serio. Lei era ben consapevole che non era quello il modo di avvertirlo,
lo sapeva benissimo. Ma non era mica il tempo di tentennare. Sapeva di essere
piombata a casa sua, senza avvertire, a bussare alla porta come una pazza.
Sapeva che Oliver l’aveva guardata con aria stupita e lei gli aveva detto che
non c’era tempo, che dovevano correre. Sapeva che non era questo il modo di
fargli capire quello che stava succedendo, ma davvero non c’era tempo. Lei era
solo Katie Bell e l’unica cosa che poteva sperare era che arrivassero sani e
salvi.
Oliver la guardava, preoccupato, e quell’espressione si incise sul cuore di
Katie, ma ora non aveva il tempo di pensare a lui, non poteva pensare al suo
cuore che batteva troppo velocemente, e di certo non per il passo accelerato.
Non era il tempo, non ora, non in quel momento. Potrebbe non esserlo più, disse una
vocina, nella sua mente, ma Katie scosse la testa. Okay, non ci sarebbe stato
più il momento, forse, ma non era quello. In quell’istante aveva solo una
dannata fretta, non poteva stare lì a pensare che Oliver la faceva arrossire
qualunque cosa facesse.
«Tu-Sai-Chi»
sputò fuori, infine, a voce bassissima, guardandolo negli occhi con espressione
di scuse. Voleva tornare a camminare, per non vederlo rimanere di sasso. Per
non vedere quell’espressione sul suo volto. Ma non era possibile. Oliver si
gelò sul posto, la sua espressione divenne di ghiaccio quando sentì quel nome
dalle labbra della ragazza. Katie avrebbe voluto poter correre ancora, ma
sapeva che Oliver aveva bisogno di lei, in quel momento, così strinse le mani
del ragazzo fra le sue e sospirò, con gli occhi lucidi. «Oliver, sta arrivando
ad Hogwarts. Harry è lì. È la fine di tutto, qualunque cosa succeda».
Oliver sembrava avere i brividi, stupito da quello che stava succedendo. Lei si
alzò in punta di piedi e sfiorò il suo viso con le mani, stringendosi poi a lui
e poggiando la testa sul suo petto. Oliver rimase dapprima stupito, poi la
strinse a sua volta, sempre con delicatezza, quasi temesse di romperla.
«Oliver, stiamo andando in battaglia. Ti prego, cerca di non rischiarmi troppo
la vita, okay? Ho bisogno di te» sussurrò, contro il suo petto, tentando di
tenere a freno le lacrime. Oliver le accarezzò i capelli, con dolcezza che la
fece quasi sciogliere. Oh, Oliver.
«Neanche tu, okay? Non ci tentare neanche, tu … sei importante per me» mormorò
lui, con voce tremante. Lei annuì, con la testa ancora posata sul suo petto,
tentando di non piangere, di non singhiozzare, imponendosi di stare calma. Non
voleva far preoccupare Oliver e ora avevano una battaglia da affrontare.
Il pensiero sembrò riscuoterla. Non dovevano stare lì ad abbracciarsi, quando
probabilmente le persone avevano già iniziato a combattere. Dovevano andare e
subito.
Si scostò da lui, infine, tentando di sorridere e lui ricambiò quel sorriso
spezzato, senza dire nulla.
«Andiamo alla Testa di Porco. C’è un passaggio per Hogwarts. Dobbiamo trovare
un posto … tranquillo per Smaterializzarci. Angelina e Alicia ci aspettano lì»
spiegò, infine. «Hanno chiesto a me di venire a chiamarti, mentre loro
tentavano di radunare gli altri dell’E.S. – è una
storia lunga, lascia perdere» mormorò,
quando vide la sua faccia confusa. Oliver sorrise un po’, all’espressione
esasperata di Katie, ma non era un sorriso rotto. Era un sorriso vero, uno di
quelli che Katie avrebbe volentieri incorniciato. Poteva essere l’ultimo. Anche
lei sorrise,poi riprese a camminare,
sapendo che lui l’avrebbe seguita ugualmente. Avevano bisogno di un posto
tranquillo dove Smaterializzarsi e avrebbe dovuto dirgli che, in realtà, lei
era piuttosto una frana in quello. Ma non importava. Oliver l’avrebbe capita,
avrebbe sorriso ancora e poi sarebbero andati a combattere. Ecco tutto.
Lei ancora non riusciva a crederci: stava arrivando la fine ed era più
presto di quanto avesse mai osato immaginare e, guardando Oliver dietro di lei,
sapeva che anche lui stava pensando la stessa cosa.
Stavano per morire, tutti. Sarebbe finita così, Hogwarts, il mondo magico, la
sua vita. Quella di Oliver, che l’aveva seguita senza fare domande, che aveva
solo stretto la sua mano e le aveva affidato, silenziosamente, la sua intera
esistenza. Stava tutto per finire e lei non era pronta. Non era pronta a dire
addio a tutto, ad Oliver per primo.
Ma Harry era lì. Lui era lì per affrontare Colui-che-non-deve-essere-nominato
e ce l’avrebbe fatta. Sì, doveva essere così. Harry Potter era l’unico che
poteva farlo. Harry Potter, il suo amico, il Cercatore imbattibile, il
ragazzino che aveva paura dei Dissennatori, stava per andare ad affrontare il
Mago Oscuro più temibile che il mondo avesse mai conosciuto.
Ma non l’avrebbe fatto da solo. Ci sarebbero stati tutti: l’E.S.
avrebbe combattuto al suo fianco, a costo di cadere, ma non l’avrebbe lasciato
solo. Gli avrebbero dato l’occasione di sferrare il colpo finale a Voldemort.
Non aveva più paura di pronunciare quel nome, non nei suoi pensieri. Sapeva che
tutti gli stavano andando incontro, non aveva più senso spaventarsi.
Ad un tratto, sentì un calore attorno al polso e sapeva che era la mano di
Oliver che tentava di bloccarla nella sua corsa.
«Katie …» sentì il suo nome pronunciato da quella voce, ma non voleva girarsi.
Dovevano correre, dovevano andare … non voleva voltarsi e vedere il volto che,
probabilmente, avrebbe portato come ultimo ricordo della sua vita. Il suo
ultimo pensiero sarebbe stato per lui, lo sapeva.
«Oliver, ti prego, non è il momento di fermarsi» mormorò lei, ma non ebbe il
tempo di dire altro, perché lui le strattonò ancora il polso e, prima che
potesse solo provare a protestare, l’attirò a sé e la baciò.
A questo, lei non era preparata.
Era decisamente diverso dal primo bacio che si erano scambiati negli spogliatoi
del Puddlemere United, diverso da quello ad Hogsmeade. Questa volta non si
trattava di un bacio innocente e delicato, Oliver non era più disteso su una
barella e lei aveva capito fino a dove potevano spingersi i suoi sentimenti.
Lei rimase immobile, almeno per un momento, tra le braccia di Oliver Baston,
mentre lui sfiorava le sue labbra con le proprie. E poi, si rese conto della
situazione. Oliver la stava baciando.
Oliver la stava baciando e non era uno stupido errore, non era niente del
genere.
Nel momento in cui se ne rese conto, allacciò le braccia attorno al collo del
ragazzo e rispose al bacio, stringendosi a lui. Non era niente di quanto Katie
aveva immaginato, era decisamente di più. Sentiva i brividi lungo la schiena e
un fuoco che partiva dalle labbra e le andava a scaldare ogni parte del corpo.
Solo in quel momento si rese conto di quanto era gelata, di quanto era
terrificata al pensiero di … tutto.
Oliver la stava scaldando ed era la sensazione più bella che avesse mai
provato. Le sue mani che si muovevano sulla sua schiena, sul suo viso, fra i
suoi capelli … e le sue labbra, che accendevano il fuoco dentro di lei, e lui,
che era così vicino, che lei stringeva così forte. Era tutto reale, questa
volta non era una stupida fantasia.
«Ti amo» mormorò Oliver, scostandosi da lei e facendole un piccolo
sorriso esitante. Katie rimase inchiodata sul posto, troppo stupita per credere
a quello che stava succedendo. Aveva ancora le sue braccia strette attorno al
collo di Oliver e sentiva il cuore del ragazzo battere ad una velocità
incredibile, ma non riusciva a crederci. Le aveva appena detto di amarla? Oliver Baston? «Era questo che avrei
dovuto dirti quel giorno, ad Hogsmeade, ma non me ne ero reso conto neanche io.
Lo so, sono un idiota. Ho delle bistecche di drago sugli occhi. Non c’è bisogno
di dirmelo, posso capirlo. Andiamo? »
Ma Katie non riusciva a muoversi. Stava per iniziare una battaglia e l’unica
cosa a cui riusciva a pensare era Oliver Baston che le aveva detto di amarla.
Dovevano correre, dovevano tornare da Angelina e Alicia, eppure l’unica cosa
che sembrava passarle nella mente era il bacio e Oliver che aveva detto di
amarla. Lei.
«Tu …» cercò di parlare, ma la sorpresa era troppa e non riusciva ad emettere
più alcun suono.
Oliver le fece un sorrisetto, intenerito dalla sua reazione.
«Ti amo, sì. Ho detto così» disse, sfiorando il suo volto con le dita. Katie
scosse la testa e affondò la testa nel suo petto, sorridendo leggermente.
«Non è possibile» sussurrò, con la voce attutita dalla maglietta che il ragazzo
indossava. Dovevano correre, Alicia ed Angelina li aspettavano, ma Katie non
era più capace neanche di ricordarsi il suo nome.
«Perché mai non sarebbe possibile? » domandò lui, assecondando la strana mania
che era presa alla ragazza.
«Ho passato otto anni, otto!, ad
aspettare che tu ti accorgessi me, ed ora … non riesco a crederci, è … assurdo!
» sbottò lei, scostandosi leggermente da Oliver e guardandolo con gli occhi
spalancanti. Non riusciva a credere a quello che Oliver le aveva appena detto,
era troppo … incredibile.
«E’ il tuo modo assurdo per dirmi che ricambi il sentimento? » domandò
lui, inarcando un sopracciglio. Katie rimase nuovamente senza parole e Oliver
prese il suo volto tra le mani, sorridendole con un sorriso strano. «Katie, sono
serio. Ti amo. Ed ora stiamo andando in guerra, quindi dobbiamo sbrigarci. Se
tu ricambi, avrò una ragione in più per combattere e tornare».
Katie guardava il volto di Oliver che sembrava serio e concentrato, ma aveva
passato le sue mani dal collo al petto del ragazzo e sentiva il suo cuore
impazzito che batteva velocemente nel suo sterno. Dal volto, non traspariva
nessuna emozione, eppure Katie sapeva – conosceva troppo bene Oliver, dopotutto
– che si stava divorando, che stava attendendo la risposta che l’avrebbe
salvato o fatto cadere. E, cosa assurda, tutto questo dipendeva da lei.
Oliver Baston l’amava e stava aspettando solo una sua risposta.
«Io …oh, Merlino, sì. Ho aspettato per una vita
questo momento ed ora non so cosa dirti! Sì, sì, sì» e, senza dire altro, si
alzò in punta di piedi e lo abbracciò, quasi stritolandolo tra le sue braccia.
Il resto del mondo sembrava scomparso, persino la guerra sembrava ormai
lontana, un minuscolo granello, paragonata ad Oliver che la stringeva a sé, sorridendo.
Qualche minuto dopo, Oliver Baston e Katie Bell riuscirono ad arrivare alla
Testa di Porco, stranamente sorridenti e mano nella mano, così felici che
Alicia ed Angelina chiesero loro se avessero preso qualcosa. In tutta risposta,
prima di entrare nel passaggio che li avrebbe condotti ad Hogwarts, Oliver si
chinò su di lei e la baciò di nuovo, velocemente. Katie sorrise e poi lo seguì,
mentre Alicia ed Angelina li guardavano, stupiti.
Nessuno sapeva se dopo sarebbero tornati, se sarebbero usciti vivi dal
passaggio, alla volta della nuova vita che li attendeva, se Oliver avrebbe
posato un altro bacio su quelle labbra, ma Katie Bell era sicura di una cosa:
aveva un motivo per sopravvivere, nella battaglia che stava per affrontare.
Oliver si voltò verso di lei e le strinse la mano, regalandole l’ultimo sorriso
prima di combattere. Anche lui lo sapeva. Anche lui aveva un motivo per
sopravvivere.
Angolo
Autrice
Vi starete sicuramente domandando com’è possibile che io abbia già
aggiornato, lo so.
Be’, ecco, domani vado via e lunedì non ci sarò, tornerò direttamente la sera e
penso che sarò leggermente stanca – mio padre si è convinto che io voglio
andare a fare le escursioni in montagna, tutto da solo. Ma va be’, questa è un’altra
storia e dovrà essere raccontata un'altra volta -, per cui non avrò la forza di aggiornare. Quindi, beccatevi il
capitolo ora e ringraziate mio padre ù_ù
Che dire? Io amo questo capitolo. Lo so, come sono modesta!
Però, davvero, questo è il momento della verità, una verità che quei due
testoni non avevano mai capito – be’, Oliver sì, Katie un po’ meno XD
Lo so che fa tanto cliché, loro due che si dichiarano prima della
battaglia, ma dopotutto loro non sapevano se ci sarebbe stato un altro momento
per dichiarare i propri sentimenti. Diciamo che Oliver ha avuto un po’ del
coraggio che a Katie mancava, per confessarle tutto prima che fosse troppo
tardi.Adoro il fatto che si sia dato
una svegliata, non è adorabile? *-*
Okay, la smetto di fare la fangirl, promesso ù_ù
Il titolo viene da Resistance <3 quanto amo quella
canzone *_* (sì, lo so, non vi interessa).
E ora vado, al prossimo aggiornamento <3
El.
P.S.: ma ci pensate che mancano solo due capitoli e l’epilogo alla fine? Io
mi sento triste ç_ç
Capitolo 12 *** 12. During the struggle, they will pull us down ***
12. During
the struggle, they will pull us down
La battaglia era stata tremenda.
Oliver non aveva altre parole per definirla, solo tremenda. E non era finita,
lo sapeva, perché quella tregua sarebbe terminata da lì a poco e Harry Potter,
ovunque fosse, stava per andare a sferrare il colpo finale a Voldemort.
L’avrebbe fatto, Harry. Oliver sapeva che lui non si sarebbe mai tirato
indietro, non avrebbe permesso che altri morissero a causa sua. Altri. Il cuore di Oliver si strinse,
quando gli venne in mente Fred. Non riusciva neanche a pensare al suo nome
senza piangere, non riusciva neanche a stare in piedi. Fred. Il pensiero gli si insinuava sotto la pelle e gli faceva
mancare il fiato. Se ne era andato, se ne era andato. Fred che rideva, Fred che
l’aveva preso in giro, Fred che gli aveva fatto ammettere i suoi sentimenti.
Fred che se ne era andato.
Non riusciva a pensare coerentemente, ormai. Il suo corpo non dipendeva più dal
suo cervello, era come svuotato di ogni cosa, a parte il dolore. Dolore, dolore
ovunque, dentro di lui.
Trasportava i corpi assieme a Neville, con il cuore che si fermava davanti ad
ogni cadavere, sperando che non fosse nessuno che conosceva, nessun’altro. Guardava
quei cadaveri, chiudendo quasi gli occhi, perché era morto qualcuno,un’altra vita si era spezzata quella sera.
Era agghiacciante, la cosa più tremenda che avesse mai fatto in tutta la sua
vita.
E trasportare i corpi, uno per uno, con cura, con le braccia intorpidite, con
gli occhi che si rifiutavano di vedere, col cuore che non voleva sapere se
conosceva quei corpi che stringeva tra le braccia addormentate. E sperare,
sperare con quel poco di cuore che gli avanzava, sperare che tra quei corpi non
ci fosse nessuno, non ci fosse lei. Katie.
Katie non poteva essere morta, eppure non c’era da nessuna parte. L’aveva
cercata per tutto il castello, prima di aiutare a spostare i corpi e il suo
cuore aveva come ricevuto la botta finale. Aveva paura di rientrare in Sala
Grande e scoprire il suo cadavere, scoprire che lei era morta, silenziosamente,
senza neanche avere il tempo di dirgli addio. No, non poteva essere andata
così. Katie non poteva morire, non doveva morire. Lui non ce l’avrebbe fatta.
Aveva perso un compagno di squadra, un amico, un punto di riferimento. Non
poteva perdere anche lei, la sua unica ragione per rimanere ancora vivo.
Ma se lei non c’era … che senso aveva continuare così? Perché continuava a
vivere, se lei era morta? Il suo corpo si muoveva senza che lui impartisse
alcun ordine, come sotto una Maledizione Imperius,
mentre la sua mente era totalmente annebbiata dal dolore, dalle speranze morte,
da tutta la battaglia che lo circondava.
Ritornare in Sala Grande fu devastante, vedere tutti quei corpi fu
tremendo, ma la cosa peggiore erano i familiari, le persone che li avevano
amati, stretti attorno a quel corpo che, un tempo, era una persona che
camminava, che parlava, che rideva, che viveva. Era atroce.
«Oliver!»
Non era la voce che lui si aspettava di sentire, ma si voltò, immediatamente,
mentre le ennesime lacrime gli pungevano gli occhi. Non voleva piangere, ma era
così tremendo, così ingiusto tutto quello … e non poteva farci niente. Era la
guerra.
La voce che l’aveva chiamato era quella di Alicia, che gli saltò al collo e
affondò la testa nel suo petto, singhiozzando.
«Oh Merlino, sei vivo, Oliver. Sei vivo»
sussurrò, poi, scostandosi da lui e asciugandosi le lacrime con la mano. «Ho
avuto così paura, non hai idea. Hai … saputo di …».
Non riusciva neanche a pronunciare quel nome, che cadde con un silenzio
assordante sulle loro spalle. Alicia sembrava tremare e lui, senza dire altro,
la strinse nuovamente a sé, accarezzandole i capelli mentre lei piangeva
silenziosamente. «Angelina è sconvolta, non riesce neanche a parlare. E’ … come
muta» mormorò ancora, tra le lacrime. Oliver non sapeva cosa dire, perché non
c’era niente da dire. Si limitò a stringerla ancora a sé, silenziosamente,
accarezzandole i capelli biondi.
Tutto quello che aveva trattenuto, tutto il dolore che aveva spinto via, in
attesa di un momento migliore, tutto quello che sentiva si riversò in quel
momento, mente Alicia Spinnet tentava di trovare in
lui un conforto. Non sapeva che lui era, forse, ancora più devastato e vuoto.
Non sapeva dire per quanto tempo erano rimasti così, ai margini della Sala
Grande, a singhiozzare l’uno tra le braccia dell’altro, ma ad un certo punto
lei si scostò da lui, asciugandosi nuovamente le lacrime.
«Forse dovremmo andare dai Weasley» sussurrò, girandosi verso la famiglia che
ancora era stretta attorno al corpo di … Fred.
Era un altro colpo al cuore e lui non era in grado di sopportarlo. Oliver
posò una mano sulla spalla della ragazza.
«Devo trovare Katie».
Si rese conto solo in quel momento quanto fosse urgente quella sensazione,
quanto fosse importante, per lui, ritrovare Katie. Katie … Katie era tutto, era
vita. Senza di lei, non c’era più motivo per sopravvivere. Senza di lei, non
c’era nulla: né luce, né magia, né amore. Non c’era vita.
«Credo di averla vista al secondo piano, prima» mormorò Alicia, mentre il cuore
di Oliver sembrava rianimarsi, improvvisamente. Lei gli riservò un ultimo
sguardo, che voleva, forse, augurargli buona fortuna. Oliver la strinse a sé
per l’ultima volta, prima di precipitarsi a cercare Katie. L’aveva vista, Alicia
l’aveva vista. Voleva dire che era viva. Viva.
Ma al secondo piano non c’era alcuna traccia di Katie, né in nessun altro lato
del castello che pareva vuoto, senza la presenza di quella ragazzina minuta che
l’aveva sempre accompagnato per quei corridoi, che era sempre stata una
presenza costante in quel mondo. E ora quel castello era distrutto, morto
assieme a tutti gli studenti, morto assieme a lui.
Oliver si sentì morire quando ritornò in Sala Grande, senza di lei. Senza
dire nulla, arrivò dai Weasley, poggiando una mano sulla spalla di George. Il
dolore che sentiva per tutti era troppo forte per poterlo esprimere con delle
parole, ma sapeva che avrebbero capito. Lo facevano sempre.
Alicia lo vide tornare senza Katie e comprese, trattenendo il fiato. Posò una
mano sul suo braccio e trattenne le ennesime lacrime, standogli vicina.
Silenziosamente, attesero la fine della guerra. E, silenziosamente, il loro
cuore morì.
Angolo Autrice
Ricordate
che se ammazzate la scrittrice, non saprete mai come andrà a finire!
Piccolo avvertimento, eh ù_ù quindi, non mi
ammazzate, ma adoratemi tanto tanto e attendete fiduciosamente
l’arrivo del prossimo capitolo.
Vi
prego *_*
Lo
so, non funzionerà, ma io ci tento ù_ù
Okay,
non ho niente da dire per questo capitolo, solo, non odiatemi ç__ç
Il titolo è da Invincible, sono in fissa con quella
canzone, sappiatelo. E ora manca solo il prossimo
capitolo più l’epilogo. Mi sento ufficialmente tristissima ç_ç
okay, rimando le smancerie all’epilogo, su ù_ù
Capitolo 13 *** 13. And tonight we can truly say together we're invincible ***
13. And
tonight we can truly saytogether we're
invincible
Era finita.
In un modo o nell’altro, era finita. Harry Potter aveva lanciato l’Expelliarmusche li aveva salvati e
Voldemort, ormai, non era altro che un lontano ricordo, cenere di ieri
riversatasi un po’ sul presente.
Tutti festeggiavano l’unica morte che valesse la pena di festeggiare, mentre
ancora onoravano i loro morti, piangevano e singhiozzavano.
Oliver aveva pensato, tempo prima, che, alla fine dalla guerra, sarebbe stato
felice, avrebbe costruito il proprio futuro e avrebbe avuto la vita che
desiderava. L’aveva pensato, tempo prima, un tempo in cui l’ingenuità viveva
ancora nel suo cuore, un tempo in cui pensava che la felicità potesse esistere
davvero.
Ora come ora, Oliver Baston non riusciva più a pensare a niente. Senza fiato e
senza più niente, dentro di lui, a parte il dolore che lo mandava in frantumi,
si accasciò contro il muro. Si trovava in un corridoio deserto, vuoto e la
leggera luce dell’alba entrava dalle finestre ad illuminare il luogo dove si
era lasciato cadere il ragazzo.
Non c’era più niente.
Hogwarts era distrutta, la sua vita … anche.
Non c’era più niente a cui aggrapparsi, pur di vivere. Era rimasto solo il
vuoto, il vuoto che lo circondava. Non aveva più niente.
Niente per cui valesse la pena di vivere. Né la vita in sé, né l’amore, né il
futuro. Era tutto un buco nero, un nero da cui non vedeva via di uscita. Si
sentiva intrappolato e l’unica cosa che avrebbe voluto fare era strapparsi il
cuore dal petto, perché non sopportava tutto quello, tutto quel dolore.
Aveva pensato che, alla fine della guerra, sarebbe stato felice.
Aveva pensato che la guerra sarebbe finita, un giorno.
Ma all’epoca non aveva capito che la guerra era appena iniziata. Era una guerra
contro loro stessi, per ricostruirsi, per ricostruire una vita che si era
praticamente rotta in mille pezzettini.
No, non era finita, era appena iniziata. E Oliver voleva soltanto sparire,
rimanere lì, con la testa affondata nelle ginocchia, dimentico di tutto il
resto del mondo. Sentiva il suo cuore battere con lentezza infinta, quasi
volesse affievolire anche lui i suoi battiti, svanire senza dire una parola,
nulla.
«Oliver? Oliver, sei tu?»
Doveva essere un sogno, sicuramente. Aveva chiuso gli occhi ed era finito nei
suoi sogni, nei sogni che lo aspettavano a braccia aperte, che attendevano solo
lui. O forse era svanito, era morto anche lui.
Altrimenti non si spiegava perché sentisse quella voce. Stava impazzendo,
forse?
«Oliver, ti prego. Dimmi che sei tu».
No, no, stava sognando. La voce sembrava troppo vivida per essere vera, troppo
bella, troppo … viva. Lei non era viva, giusto? Non l’aveva trovata da nessuna
parte, qualcuno aveva sicuramente spostato il suo corpo. O forse era rimasta
ferita, forse era morta durante il crollo di un balcone ed era caduta giù.
Forse, se avesse cercato in giardino, l’avrebbe trovata lì distesa, con gli
occhi chiusi e il volto pallido. Morta.
No, non voleva vedere il suo corpo. Voleva ricordarla come era un attimo prima
della battaglia, bella e delicata, ma pronta ad appigliarsi alla vita per le
unghie, pur di sopravvivere.
«Oliver! Merlino, Oliver, sei vivo? Ti hanno fatto male? »
E allora perché la voce si faceva sempre più vicina? Perché la voce era davanti
a lui, ormai, e lo scuoteva per le spalle? Doveva smettere di sperare, era
atroce. Faceva male. Stava divorando il suo cuore, in quel modo e non poteva
fare altro che sperare. Perché Oliver Baston, nonostante tutto, non aveva mai
smesso di sperare. E la speranza che lei fosse ancora viva, da qualche parte,
gli aveva riempito il cuore, benché lui non l’avesse mai ammesso. Non avrebbe
avuto il coraggio di dirlo a nessuno, ma era così.
Ed ora la sua speranza aveva le sue mani sulle sue spalle e ne sentiva lo
sguardo su di lui. Sapeva che quello sguardo era castano ancor prima di alzare
gli occhi e incontrarlo. Due occhi grandi, da bambina, un sorriso esitante e
luminoso, dei capelli neri che le ricadevano con furia attorno al volto. Oliver
conosceva quel viso a memoria. Katie.
Il suo nome, nei suoi pensieri, fu come un’esplosione. Tutti i pezzi del suo
cuore saltarono in aria e il dolore sembrava essersi attenuato, dentro di lui.
Non c’era più niente che faceva male, c’era solo lei, Katie. La felicità gli
inondava il cuore, come una marea che lo trasportava lontano. Katie, Katie,
Katie.
Nei suoi pensieri non faceva altro che intonare quel nome. Katie era viva,
Katie era lì, davanti a lui, con il suo bellissimo sorriso, con le sue spalle
fragili, con le mani che sfioravano il suo volto.
«Katie».
Katie era viva. Viva. Viva.
Non faceva altro che ripetere quelle parole, perché non poteva crederci.
Allungò la mano e le sfiorò il viso, mentre lei sorrideva, dolcemente, con gli
occhi puntati nei suoi.
«Sei viva» mormorò, quasi come se non riuscisse a crederci. Katie gli sorrise
ancora e poi, sporgendosi un po’, lo strinse a sé, con delicatezza. «Sei viva»
ripeté ancora, meravigliato, mentre lei era fra le sue braccia e le accarezzava
i capelli.
«Ti ho cercato ovunque. Ovunque»
sussurrò lei, affondando la testa nell’incavo del collo, chiudendo gli occhi
contro la sua pelle. Oliver sorrise e le baciò la tempia, con tenerezza, mentre
accarezzava dolcemente la schiena di Katie. «Non c’eri, non eri da nessuna
parte. Ho pensato … ho pensato …» la voce della ragazza, così ferma prima,
sembrò spezzarsi sulle ultime parole. Oliver chiuse gli occhi, stringendola
ancora di più a sé, mentre Katie si sedeva accanto a lui, con la testa poggiata
sul suo petto e singhiozzava, tremante, tra le sue braccia. «Ho pensato che
fossi morto» disse, infine, sputando fuori la parola come se fosse veleno.
Oliver affondò la testa nei capelli della ragazza, sfiorandole il volto, prima
di tentare di parlare.
«Ho pensato la stessa cosa. Merlino, Katie, credevo fossi morta. Credevo non ti
avrei più visto» disse, mentre la stringeva ancora più forte a lui. Lei si
aggrappò, quasi disperata, alle spalle del ragazzo e tremava ancora. Solo in
quel momento, Oliver si rese conto di quanto doveva essere stato difficile, per
lei, sopravvivere fino a quel momento credendolo morto. Forse più difficile che
per lui, perché lei era così dannatamente fragile, benché tentasse di non
mostrarlo. Era la persona più fragile che Oliver avesse mai conosciuto e aveva
indossato quella maschera di forza fino a quando non lo aveva trovato, vivo e
vegeto e miracolosamente incolume. Era stato in quel momento, in cui si era
ritrovata fra le sue braccia, che aveva capito quello che era successo. Era
crollata, tra le braccia di Oliver, e lui avrebbe solo voluto proteggerla da
tutto, per farle capire che non doveva più affrontare niente da sola, mai più.
Ora c’era lui. «È stato tremendo, ma ora sei qui. Sei qui, Katie».
Lei tremava ancora tra le sue braccia, ma sorrise un po’, mentre alzava il
volto verso di lui, con gli occhi castani ed innocenti pieni di lacrime e di un
amore che Oliver non riusciva neanche ad esprimere a parole.
«Merlino, sei vivo» sospirò lei, posando la testa sul suo petto, chiudendo gli
occhi. Le ci volle un po’ per calmarsi e smettere di tremare, ma Oliver
continuò a stringerla tra le braccia come se fosse una bambolina di porcellana,
piccola e delicata, accarezzandole il volto, i capelli, la schiena per
tranquillizzarla.
Non c’era bisogno di chiederle se avesse sentito di Fred – a quel nome, il
mondo gli cadde nuovamente addosso, ma con lei erameno doloroso. Molto meno doloroso, con lei
vicino-, perché lo lesse nei suoi occhi. Non c’era bisogno di chiederle se
sapesse come stava Angelina, perché se ne accorse nel modo in cui tremava. Non
c’era bisogno di chiederle niente, perché Katie sapeva già tutto. E affondava
la testa nel suo petto, in cerca di una via di scampo che poteva trovare solo
in lui.
«Ti amo» sussurrò lei, con gli occhi ancora chiusi, un leggero sorriso sulle
labbra rosee. Non gliel’aveva detto. Non prima, quando dovevano correre verso
la battaglia. Sembrava che fossero passati secoli da quel momento. E ora Katie
gli diceva che lo amava, che lo amava.
Oliver sentì il cuore inondato da quell’amore, un amore che lo faceva sentire,
almeno per qualche minuto, così leggero da poter persino volare.
Non c’era bisogno che Oliver desse una risposta, perché anche Katie sapeva
quanto fossero veri i suoi sentimenti. Eppure lei alzò il volto, aprendo gli
occhi in una sorta di espressione di attesa. Lui sorrise e si chinò a baciarla,
con delicatezza, sfiorandole il volto come se fosse fatto di cristallo, con un
amore tale che Katie sembrava piangere di nuovo.
Lei si aggrappò di nuovo a lui, non disperatamente come prima, ma sempre in
cerca di un sostegno che poteva trovare solo in lui. Ricambiò il bacio,
leggero, tenendosi stretta a lui.
Poi, scostandosi da lui, si sistemò meglio accanto al ragazzo e posò la testa
sulla sua spalla, come secoli prima.
E Oliver, respirando il profumo della pelle di Katie, seppe di essere tornato
a casa. Il futuro, ora, pareva molto più semplice da affrontare.
Si chinò ad osservare le loro mani intrecciate e Katie gli sorrise,
guardandolo. Non gli assicurava che sarebbe stato facile, ma per quel sorriso,
avrebbe affrontato di tutto, fino a che non l’avrebbe rivisto ricomparire su
quelle labbra.
Avrebbero ricostruito tutto,a partire
da loro stessi, ma insieme.
Ed era più di quanto potessero chiedere all’intero mondo.
Oliver sorrise, infine, guardando le loro mani strette in una presa indissolubile.
Non c’era nient’altro che poteva separarli. Niente.
Angolo Autrice
Sono
una sentimentale, in fondo. Molto in fondo. Mi ci vogliono tredici capitoli per
farmi capire che ho bisogno di questo, ma okay. Lo sapete, io sono una romanticona, non potevo lasciare che Katie morisse.
Non è proprio un lieto fine, perché comunque entrambi sono distrutti, ma ora
sono lì, si sono ritrovati e sono sani e salvi, felici di essere tra le braccia
dell’altro e questo è più di quanto si può immaginare.
Mi fa piacere che non abbiate pensato che Katie fosse morta, anche se poteva
essere tra i miliardi di persone che la Rowling non aveva citato XD insomma, ne
sono morti tanti quella notte, magari Harry poteva non averla vista. *sì, sto cercando una giustificazione*
Poi, come LoveChild mi fa notare, le descrizioni fisiche
sia di Alicia che Katie sono diverse. Io mi sono basata sulle informazioni di Wikipedia dato che non abbiamo descrizioni nei libri a
quanto ho capito. Però ho intenzione di rileggerli ancora per capire se mi sono
sbagliata, non temete ù_ù
Titolo preso da Invicible, ci sta d’amore, non
trovate? *-*
Alla
settimana prossima con l’epilogo (ma vi rendete che sarà già finita la mia
prima settimana di scuola? Sono nel panico, ma non vi interessa, vero ù_ù) El.
Capitolo 14 *** Epilogo – I’ll never let you go if you promise not to fade away ***
Epilogo – I’ll
never let you go if you promise not to fade away
Katie Bell era in ritardo. Questo non stupiva nessuno, dopotutto non era
mai stata molto puntuale, ma la McGrannit, a quanto avevano detto i ragazzi del
terzo anno, la faceva pagare a quelli che arrivavano tardi e così lei si era
ritrovata a correre per i corridoi di Hogwarts, infrangendo come minimo dieci
regole in un solo secondo.
Forse proprio perché stava correndo, senza fare attenzione a dove metteva i
piedi, che inciampò in qualcuno – un povero innocente - che stava camminando
tranquillamente verso la sua prossima lezione.
Nel giro di qualche secondo, si ritrovò a terra, con i libri sparsi un po’
ovunque, mentre la persona che aveva investito, caduta a terra, si massaggiava
la testa. Era un ragazzo ed era particolarmente carino. Katie si ritrovò ad
arrossire, nascondendo il volto con i capelli, per la prima volta in vita sua.
Di solito era capace di affrontare tutto, ma lui, per qualche strana ragione,
la faceva imbarazzare, anche se non lo conosceva neanche.
Lui la guardò per un attimo, poi scosse la testa e sorrise, come rassegnato.
Non le urlò contro come avevano fatto quelli del settimo anno di Corvonero,
poco prima, perché aveva rovesciato tutti i loro libri. No, lui fu gentile,
raccolse anche i suoi libri e le fece un sorriso esitante, porgendole la mano
per aiutarla a rialzarsi.
Lei la afferrò, diventando tremendamente rossa e nascondendosi allo sguardo del
ragazzo con i libri che lui le aveva recuperato.
«Scusa» mormorò Katie, e, appena si rese conto della situazione in cui si era
cacciata da sola, con il solo aiuto della sua incredibile mente geniale, scappò
via, rossa come un pomodoro, affondando la testa nella sua tunica.
Il ragazzo rimase a guardarla ancora per un po’, ridendo, divertito da quella
strana ragazzina, poi scosse la testa e si avviò verso la classe di
Incantesimi, con uno strano sorriso sul volto.
Era il 3 Ottobre 1990 e, come Katie Bell annotò accuratamente sul suo
diario segreto, era stato il giorno più bello della sua vita perché aveva
conosciuto Oliver Baston, il ragazzo più
bello di tutta Hogwarts – il nome gliel’aveva detto la sua amica Leanne, che
era più informata di lei su tutto il corpo studentesco della scuola.
Il fatto che poi la McGrannit l’avesse punita per il ritardo con dei compiti
extra, alla fine, non era mica così importante.
Angolo Autrice
Lo
so, non è un epilogo. Lo so che vorreste ammazzarmi. Ne sono consapevole. Ma a
dire il vero, non sentivo esattamente il bisogno di scrivere quello che sarebbe
successo dopo. Katie e Oliver ricostruiranno le loro vite insieme, ora che si
sono ritrovati – e che hanno smesso di fare gli idioti, come amo sottolineare
amabilmente.
Insomma: io non sono brava a scrivere epiloghi e non volevo rovinare quello che
avevo scritto precedentemente, che mi piaceva. Forse doveva essere il capitolo precedente
quello conclusivo, ma volevo rendervi partecipi di questa idiozia qui.
Perché
ho deciso di usare il loro primo incontro come epilogo? Uhm, sapete che non
saprei spiegarvelo? Mi piace pensare che è perché la storia non si conclude.
Non nel senso che ne scriverò un seguito. Oddio, questo non lo so XD Mi piace
pensare perché la storia di Katie e Oliver continuerà. Non volevo qualcosa di
definitivo, ecco, non mi sarebbe piaciuto qualcosa di statico che avrebbe messo
per sempre la parola fine a tutto.
E
poi, è come un ritorno all’innocenza, dopo tutto quello che hanno passato con
la guerra e tutto quello che ha portato. Insomma, un ritorno a quando erano
ancora ragazzini idioti, ecco.
E poi, mi facevano tenerezza, che ci posso fare? Volevo scrivere questa idiozia
e ora mi ammazzerete, lo so.
Ho
finito questa storia. In realtà, no, l’avevo finita un secolo fa, lo so. Però ora
ho finito di pubblicarne i capitoli ed è una cosa che mi fa quasi stare male.
Questa è stata la storia della mia estate e mi dispiace doverla concludere. Mi
sono innamorata di Katie ed Oliver. Prima li adoravo, ma ora sono parte di me e
mi mancheranno tanto.
Probabilmente scriverò ancora di loro due – come potrei non farlo? Io li amo
<3 -, ma per le long (se mai ce ne saranno XD), mi sa che se ne parlerà
direttamente l’estate prossima perché la scuola mi massacrerà per il resto dell’anno,
con taaaanta allegria. Ci sarà qualche shot, forse – ispirazione permettendo ù_ù
-, ma basta XD
E
ora, voglio ringraziare voi, che avete letto, recensito o inserito tra i
preferiti/seguiti questa storia su una coppia che nessuno si filava neanche di
striscio e mi avete sopportata per tredici capitoli con i miei scleri. Insomma, io senza di voi cosa sarei? Di sicuro
niente, per cui, grazie mille, sul serio.
E
ora mi sa che sia tempo di chiudere, perché le note sono più lunghe dell’epilogo
ed è imbarazzante, ma sapete che adoro sproloquiare.
Insomma, ancora grazie, davvero <3