Are you scared?

di Hi Ban
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Are you scared?


Capitolo 1




This is Halloween, this is Halloween
Pumpkins scream in the dead of night!*




Quel giorno era il 31 ottobre, una data che ricordava a tutti la stessa cosa – chi prima, chi dopo –, ovvero Halloween.
Il periodo di Halloween per molti era fonte di divertimento, c’era chi lo attendeva con entusiasmo ogni anno, carico di aspettative da quella festa. Alcuni, forse, lo preferivano persino al Natale, il che denotava un grande attaccamento a quella festa che per altri forse non rappresentava neanche un granché, solo un giorno come quello che lo aveva preceduto e quello che lo avrebbe seguito.
Lyn Price, però, semplice diciassettenne, non rientrava in nessuna di quelle due categorie, anche se alla seconda, più o meno, ci andava vicina.
Lei era una ragazza ordinaria, con la testa sulle spalle, difficilmente influenzabile da oggetti e tendenze culturali. Andava per la sua strada, pensava con la sua testa e agiva con il suo istinto. La sua mentalità – astrusa a parere di molti, più che altro incasinata a suo modesto parere – si basava sul concreto e su ciò che poteva vedere; il resto non era neanche da prendere in considerazione.
Per tale motivo, Halloween a lei non trasmetteva l’eccitazione e la gioia che scaturiva in alcuni, così come non le era totalmente indifferente, tanto da non esprimere neanche un commento su di esso.
Oh, eccome se Lyn lo esprimeva il suo parere su quella festa, che era reticente persino a definire tale, ma per amor di pace, visto che era circondata da membri appartenenti alla prima categoria, non si dilungava troppo su quelle sottigliezze.
Rispettava la leggenda che vi era alle spalle dell’odierna festa – si diceva che i morti, solo per quella notte, potessero fare visita ai vivi –, poiché era la tradizione di un popolo e, in quanto tale, andava rispettata. Non capiva però perché la cosa fosse arrivata fino ai giorni nostri e il perché bisognasse vestirsi da mostri e zombie. Secondo la tradizione Celtica, a far visita ai vivi erano Elfi e Folletti, non mostri di sorta.
Molto probabilmente non vi era un vero e proprio passaggio da una cosa all’altra; oppure, essendo una semplice festa che aveva come scopo quello di far divertire, con il passare del tempo nessuno si era chiesto come fosse nato Halloween. Era semplicemente una tradizione, nulla di più, ma era forse – anzi, quasi sicuramente – la festa che meno riusciva a concepire tra tutte quelle che formavano il bagaglio culturale della sua società.
Lyn non poteva che andare fiera di non aver mai preso parte ad Halloween ed era fermamente convinta che sarebbe stato così fino al giorno della sua morte.
“Lyn, ci sei?” Chiese sbuffando Nate, facendo capolino dalla porta. “Ormai se ne sono andati tutti!” Aggiunse, come e fosse una novità.
La campanella che segnava la fine dell’ultima, pesante e lunga ora del venerdì alla Rosemead High School era suonata da dieci minuti buoni, ma Lyn non se ne era neanche accorta, troppo presa dai suoi pensieri. Quando Nate glielo fece notare si diede uno sguardo intorno, trovando la classe completamente vuota e dai corridoi non proveniva il solito schiamazzo degli studenti.
“Hai intenzione di aspettare direttamente qui la prossima lezione di domani?” Le chiese sarcastico, sorridendo alla reazione infantile di Lyn, che gli fece la linguaccia e mise su un broncio offeso.
“So che il professor Russel può essere affascinante con i suoi novantacinque chili di peso e i suoi baffi canuti, ma non pensavo che-” Questa volta non riuscì neanche a terminare la frase, poiché fu più concentrato a schivare il diario dell’amica, che lo guardò truce.
Lui rise di cuore e le rilanciò indietro l’oggetto, aspettando poi che finisse di preparare la tracolla.
“Suppongo che la tua ritrosia verso Halloween non si sia trasformata in amore viscerale, vero?” Buttò lì il ragazzo, richiamando l’attenzione della ragazza, che si stava mettendo la giacca.
Inclinò di lato la testa, con fare interrogativo.
“In fondo è una festa che fa al caso tuo, dovresti sentirti a tuo agio, hai già anche un costume perfetto! So che può sembrare scontato e che sono in molti a ricoprire questo ruolo, ma tu nella parte della strega stronza sei sempre la migliore! Ti manca solo qualche verruca di sorta, ma quelli sono dettagli.” Disse affabile, rispondendo con un inchino al gesto che gli fece Lyn – un dignitoso dito medio –, non potendo esprimersi a parole visto che era occupata a tenere dei fogli per non farli cadere.
A onor del vero, l’unico titolo che poteva vantare era quello di stronza; non era tanto brutta da poter essere una strega, suvvia. O, perlomeno, era quello che tentava di far credere a se stessa.
Lei non si riteneva una ragazza stupenda e bellissima, altroché, era anonima, niente di appariscente. Né brutta né bella e le andava benissimo così. Andava fiera dei suoi anonimi, lunghi capelli castani mossi, dei suoi occhi castani, della sua altezza normale. Non era la persona più intelligente sulla faccia della terra, tanto da essere paragonata ad Einstein, ma non era neanche stupida da poter essere in competizione con alcuni elementi della sua adorabile classe. Aveva un carattere che forse non la faceva rientrare nella classifica dei Santi d’America, ma si andava avanti lo stesso.
Era una ragazza assolutamente normale, ordinaria e le streghe non lo erano di certo. Non nutriva nessun segreto interesse verso occhi di salamandra e code di topo, il che era un punto a suo favore.
“Mi hai sul serio posto questa domanda?” Chiese Lyn, tralasciando la parte della strega, della stronza e della strega stronza.
“Tu mi conosci dalla bellezza di…” Iniziò, facendo finta di contare sulle dita “ tredici anni, anche se gli anni dell’asilo non li conto, visto che li abbiamo passati tirandoci i capelli e basta. Cosa ti fa anche solo lontanamente domandare se possa succedere una cosa del genere?”
“Anche adesso ci tiriamo i capelli, Lyn, solo che ora tu hai imparato dove si trova la parte più importante per un uomo e miri sempre a quella!” Le fece presente Nate, facendo sorridere colpevole l’amica.
“Non cambiare discorso Shaw, sii un vero uomo con le palle e va’ fino in fondo!”
“Beh, avevo pensato che quest’anno avremmo potuto fare uno strappo alla tua regola anti Halloween.” Le propose, sapendo già che risposta aspettarsi.
Sapeva alla perfezione la posizione dell’amica su quella festa; la sua ritrosia, in fondo, però, non aveva mai rappresentato un problema, dal momento che lui apparteneva al secondo gruppo. Non gli importava granché di quella festa, si limitava semplicemente ad ignorarla.
“Vuoi per caso che venga con te alla festa di Caroline Meddel?” Chiese orripilata alla sola idea.
Quella volta, però, l’orrore non veniva dal fatto che il tema di quella sottospecie di party sconclusionato sarebbe stato proprio la notte del 31 ottobre, bensì perché ad organizzarla era quella gallina.
Aveva un QI talmente inesistente che al posto della materia grigia, non poteva neanche vantare di avere la segatura, perché la sua scatola cranica era priva di qualsiasi cosa, da elementi di rifiuto ad una possibile intelligenza che non poteva vedere neanche da lontano.
Senza ovviamente contare che Lyn non era stata invitata, poiché lei era quella strana: dall’ottica della Meddel, così come in quella di quasi tutta la popolazione giovanile compresa tra i 12 e i 18 anni, avere una repulsione naturale verso feste – Halloween, in quel caso – e divertimento era anormale, perciò lei lo era per diretta corrispondenza.
Tanto per mettere i puntini sulle i, lei non aberrava il divertimento in ogni sua forma, semplicemente non gradiva le feste in cui a troneggiare era il caos e la confusione era l’elemento che stava alla base di essa. Halloween poi era un punto su cui non bisognava neanche perdere tempo a discutere.
Poi, per mettere tutte le virgole al posto giusto, ciò che gli altri pensavano di lei, a Lyn non interessava minimamente. L’unico parere che contava per lei era quello di Nate e della sua famiglia, soprattutto quello di Dominic, suo fratello.
“Ovvio che no, Lyn, non ci andrei neanche se le proposte oscene con cui ha cercato di convincermi fossero state altre.” La informò pacatamente, vedendola alzare gli occhi al cielo.
Nate era senza ombra di dubbio un bel ragazzo, alto, capelli castani lisci, occhi verdi. Intelligente, simpatico, calmo e riflessivo, con una tempra invidiabile. Possibile che, però, dovesse essere comunque così irrimediabilmente idiota certe volte?
“Allora, che hai in mente? Andiamo in un cimitero alla ricerca di qualche zombie, facciamo una foto ricordo con lui e poi lo rimandiamo al Creatore o da dov’è che viene?” Chiese Lyn andando verso la porta, dove lui la aspettava a braccia conserte, poggiato alla stipite. Se continuavano a stare lì avrebbero finito per perdere il pullman, che di certo non avrebbe aspettato le loro Regali e Illustrissime persone.
“No, niente cimitero, troppi mocciosetti che si danno alle prove di coraggio, finendo col farsela addosso letteralmente.”
“Posso farti notare che nel nostro adorabile paese oltre al cimitero, una cartoleria, un minuscolo negozio di alimentari non c’è assolutamente un accidente? Oh, beh, sì, c’è anche la posta, ma dubito tu voglia festeggiare Halloween lì, vero?” Si informò sarcastica, beccandosi un pizzicotto sul fianco da Nate che se la rideva allegramente.
Quei due erano sempre stati così, si punzecchiavano a vicenda senza riserve, con un sarcasmo che a volte solo loro due riuscivano a comprendere. Il che, il più delle volte, era un bene.
“No, niente posta cara mia, anche se so che è un bellissimo e spaventoso posto.” Disse, fermandosi per aprire la porta e far passare Lyn, che sorrise in risposta.
“Non c’è neanche una macelleria a Drake Ville! Lo sanno tutti che nelle macellerie non ci sono solo e soltanto petti di pollo e quarti di bue!” Disse in tono tetro Lyn, proponendo scenari horror che rasentavano l’assurdo.
Effettivamente chiunque fosse nato a Drake Ville, rimpiangeva il suo destino, perché quel piccolo paesino sperduto in una vallata dimenticata da Dio e da qualsiasi altra divinità esistente, era tanto microscopico da contare, con cani, gatti e animali vari, circa seicento abitanti.
Escludendo gli edifici che erano obbligatori per far sì che un paese potesse definirsi tale, non vi era null’altro. Non vi era neanche la scuola, il che costringeva i giovani di Drake Ville a spostarsi in altri paesi che, tanto per aggiungere un altro punto alla sfortuna di quel paese, si trovavano ad una non trascurabile distanza. Due ore di pullman o di macchina non se li scampava nessuno se voleva muoversi da quel minuscolo paesino in cui viveva.
“Hai presente l’ex parchetto un po’ fuori Drake Ville? Quello che si usava un bel po’ di tempo fa, poi hanno deciso di crearne un altro così non c’era rischio di morte per chi ci andava?” Domandò Nate, mentre continuavano a camminare.
“Oh, sì, quello dove dicono ci siano gli spiriti!” Rispose ridendo, ritenendola, a suo parere, una cosa seriamente esilarante.
Un altro punto decisamente negativo del loro stupendo paesino, era che, essendo minuscolo, accadeva qualcosa degno di nota molto molto di rado e, quando succedeva, di certo rimaneva nel memoriale del paese per molto tempo.
Quel parco, per l’appunto, faceva parte di una di quelle cose accadute che non si dimenticavano facilmente; quasi dieci anni prima, proprio in una notte di Halloween, un gruppo di ragazzi si era riunito in quel parco, in quanto si sentivano troppo grandi e troppo furbi per passare quella notte in un cimitero, come quella marmaglia di idioti che ci andavano.
Quella notte non erano tornati a casa, erano stati ritrovati il mattino seguente dalle famiglie, preoccupate poiché non erano rincasati. Erano stai rinvenuti addormentati in un burrone affianco al parchetto. Al loro risveglio avevano parlato di presenze che si erano aggirate nel parco con loro quella notte, spaventandoli e spingendoli nel burrone.
La trama di quella già molto complicata faccenda era stata ulteriormente ingigantita; infatti iniziò a vociferarsi che le presenze che avevano attaccato quei poveri fanciulli fossero degli spiriti che rivendicavano il loro territorio. Quella fantasiosa interpretazione dei fatti accaduti era stata avvallata dal fatto che quel parco pubblico era stato costruito sui resti di un vecchio cimitero.
Quella era la versione ufficiale, ovvero che gli spiriti non gradivano incursioni nel loro territorio, ma potevano manifestare la loro volontà solo la notte di Halloween, in cui, appunto, gli spiriti potevano fare visita ai vivi. Nessuno, quando parlava di quel misterioso avvenimento, faceva riferimento al fatto che in quel luogo, con i ragazzi, erano state ritrovate sostanze che non erano esattamente borotalco e zucchero, per intenderci.
Così, quel parco era stato abbandonato, nessuno vi metteva più piede e se ne era costruito un altro, su cui non vi erano ancora leggende paesane.
Lei non aveva mai creduto a quella storia e sentirne parlare le provocava solo un attacco di risate convulse. Quando si accorse che Nate non stava ridendo con lei e che la stava guardando con un cipiglio incuriosito, smise immediatamente di ridere, per sostituire un’espressione ilare con una seria.
“E che c’entra con Halloween? Non crederai a quella fesseria?”
Effettivamente Lyn non si era mai chiesta quale fosse la posizione del ragazzo in base alla faccenda, dando per scontato che anche lui credesse che fossero tutte baggianate.
“Allora?”
Ora i due erano fermi, in quanto erano arrivati alla fermata del pullman, che trovarono irrimediabilmente vuota: avevano perso il pullman. Ora avrebbero dovuto aspettare quello delle quattro e trenta.
Fortunatamente avevano già fatto abbastanza tardi da non dover aspettare molto, solo una ventina di minuti.
Posarono lo zaino a terra e si sedettero sulla panchina di ferro. Lyn inviò poi un messaggio a suo fratello, per avvisarlo di quel piccolo imprevisto.
“No, non ci credo a quella stupidaggine, era solo per andare a dare un’occhiata, così, tanto per.” Disse alzando le spalle allo sguardo sospettoso e per nulla convinto della ragazza.
“Ma che ci andiamo a fare se tanto sappiamo che non c’è nulla?” Chiese ancora lei, che non era per nulla convinta della proposta dell’amico.
“Era tanto per cambiare un po’! Solo perché ci andiamo non vuol dire che festeggiamo Halloween.” Le fece presente.
“Appunto, se non c’entra con Halloween, che senso ha andarci questa sera?” Tentò ancora di capire le motivazioni del ragazzo.
Nate si voltò di colpo verso di lei, con un sorriso malandrino sulle labbra.
Lyn alzò un sopracciglio, incuriosita da quello sguardo: solitamente quando quel sorriso incurvava le sue labbra non era qualcosa di buono, perlomeno non per colui a cui lo rivolgeva.
“Lyn Price ha paura di andare in un innocuo parchetto? Uh, interessante!” Disse, lisciandosi l’immaginaria barba in maniera concentrata.
Notando l’espressione sconcertata che assunse la ragazza scoppiò a ridere, buttando indietro al testa e dando qualche pacca affettuosa a Lyn, che aveva ancora un’espressione sconvolta in volto.
“Cos– Che? Spero tu stia scherzando! Io non ho paura!”Disse indignata, schiaffandogli sul braccio una manata che non era stata esattamente leggera come una piuma.
Lei non aveva paura, era un dato di fatto. Questo perché lei era razionale e non credeva a ciò che non aveva una spiegazione. Come poteva, perciò, avere paura di spiriti e presenze, dal momento che nessuno di quelle cose sovrannaturali avevano una spiegazione logica su cui basarsi?
Questo non certificava con assolutezza che lei non avesse nessuna paura: aveva la fobia dei ragni, degli insetti e dei Clown, ma erano tutte cose reali, materiali, che esistevano – purtroppo.
“Oh, su, non c’è nulla di male ad avere paura!” Disse, senza smettere di ridere.
“Io non ho paura, Nate!”
“Certo, certo.”
“Nate…” Disse minacciosa, tirandolo per un braccio.
“Ma ti sto dando ragione! Ti caghi soltanto sotto alla possibilità di andare in un piccolo parco, di notte, dove si vocifera ci siano simpatici spiritelli che di certo non vogliono prendere il tè con te!”
Non sapeva quanto la psicologia inversa funzionasse su Lyn e un buon modo per scoprirlo sarebbe stato tentare.
“Sei uno stronzo!” Lo rimbeccò, dandogli un calcio e se possibile facendolo ridere ancora di più.
No, su di lei non funzionava neanche per sbaglio, quello era appurato.
Quando le risate del ragazzo cessarono, calò il silenzio, rotto soltanto dal rumore delle auto che sfrecciavano sull’asfalto.
Lyn si voltò verso Nate, che a sua volta guardava lei.
“Sent–” Iniziò il ragazzo, ma lei non gli diede tempo neanche di finire una parola, che lo interruppe.
“Io non ho paura, chiaro?”
Lui sghignazzò, per poi riprendere quel che stava iniziando a dire.
“Stavo dicendo, spiegami perché non ci vuoi andare.” Propose lui, alla ricerca di una motivazione plausibile che gli avrebbe fatto mettere l’anima in pace.
“Tu dimmi perché ci vuoi andare proprio questa sera.” Suggerì di rimando, incrociando le braccia al petto e osservandolo con sguardo eloquente.
Lui sorrise di fronte alla sua tenacia, consapevole che non avrebbe avuto vita facile con lei e che non avrebbe ottenuto una risposta decente nel giro di poco.
“Potremmo andare in qualsiasi momento, ma dato che è Halloween darebbe un’aria più misteriosa andare questa sera!”
“Allora lo ammetti che è un modo astruso per festeggiare Halloween!” Disse con un cipiglio severo e puntandogli il dito contro.
Stava per rispondere, quando si accorse che stava arrivando il pullman; fece segno a Lyn ed entrambi si prepararono a salire, prendendo le borse da terra. Fortunatamente per loro era quasi vuoto, il che garantì ad entrambi di potersi sedere cosa che, con il pullman che prendevano di solito, non accadeva quasi mai. Si sedettero quasi a metà, né troppo indietro né troppo davanti, Lyn vicino al finestrino come sempre. Era ormai da molti anni che prendevano il pullman insieme e la disposizione era sempre stata così.
Il pullman partì e nessuno dei due disse nulla. Dopodiché, sbuffando, Lyn lo incitò a rispondere, ancora piuttosto irritata per quella faccenda.
Lei odiava Halloween e lui tentava di propinarle uscite in parchi pseudo infestati da solo Dio sapeva cosa la notte di Halloween, nonostante asserisse convinto che non c’entrava nulla con quella festa sciocca. A quel punto sarebbe quasi stato meglio che Nate le avesse proposto di andare alla festa di quella decerebrata di Caroline: avrebbe potuto rispondergli con un chiaro e secco no, senza dover dare giustificazioni, dal momento che erano palesi.
Qui, invece, dal momento che si ostinava a far presente che non aveva nulla a che vedere con l’andare a chiedere ‘dolcetto o scherzetto’ in giro – il che effettivamente era vero –, non sapeva come giustificare il suo totale rifiuto verso quell’allegra scampagnata.
“Te l’ho detto, è solo per andare a dare un’occhiata, non ti sto chiedendo di vestirti o altro!” Tentò ancora lui, che, a mali estremi, estremi rimedi, sperava di prenderla per sfinimento – fisico, psicologico o entrambi.
“In più, se noi andiamo per vedere se è vera quella storia, ciò che aveva attaccato quei ragazzi è uscito la notte di Halloween, non si è sentito nient’altro durante altre comuni e normali notti.” Le fece presente in tono animato, certo che quell’argomentazione sarebbe stata inconfutabile da parte di Lyn.
Certo, la Price era nota anche perché era capace di contestare l’ovvio, ma erano dettagli.
“Beh, ma se sai che non è vera che ci dobbiamo andare a fare! Tra l’altro, per far riuscire l’esperimento, dovremmo anche sniffarci qualcosa di forte perché è solo così che poi finiremmo addormentati in un burrone!”
“A quello non ci pensare, mi procuro io un po’ di farina, proveniente dalla cantina personale della nonnina, che la usa per fare la torta. È tutta roba di ottima qualità!” Disse in tono solenne, facendo riferimento al fatto che la vera ricetta della nonnina veniva bene solo perché, una volta che ti facevi un trip, il gusto della torta non poteva che essere buono.
“Lo zucchero e il latte che fine fanno, caro il mio pusher personale? Ci hai già pensato tu a farla scomparire? Viste le proposte che fai…” Fece Lyn, che chiaramente non aveva intenzione di cambiare discorso.
“Uffa, Lyn, dammi un solo buon motivo per cui non dovresti venire con me! E non tirare fuori la storia di Halloween perché non c’entra assolutamente nulla!”
“Non ne vedo l’utilità e poi…” Iniziò, ma non aveva idea di come continuare, visto che il perché della sua reticenza ad andare in quel dannato posto era sconosciuto anche a lei.
Sapeva per certo che paura non era, dal momento che aveva le idee ben chiare sul cosa ci fosse e cosa no in quel parco e, non essendoci assolutamente nulla, il problema non si poneva.
Semplicemente, per trascrivere in maniera esatta la motivazione della sua decisione, l’idea di andare al parco, così come una qualunque altra sera le sarebbe andata a genio, quella sera non le andava per nulla. “Non ho paura, è solo che non mi va.” Concluse spiccia, voltandosi verso il finestrino.
“Lyn…” La chiamò Nate, per nulla intenzionato a demordere. “Io so perfettamente che non c’è nulla e lo sai anche tu. Prendila come una passeggiata tra amici, che questa sera non hanno una beneamata mazza da fare.” Tentò ancora.
Lui, dal canto suo, ero solo e semplicemente curioso, nulla di più e, dal momento che il tutto era partito da una notte di Halloween, molto probabilmente, se si sarebbe ripetuto, lo avrebbe fatto solo ed esclusivamente in quella notte dell’anno.
“Fa finta che questa notte non sia il 31 ottobre ed è la stessa cosa, no?”
Lei non disse una parola, quasi Nate stesse parlando con il vetro.
“E dai!”
“Nate, hai intenzione di finirmi psicologicamente e farmi ammettere ciò che non voglio?”
“Esattamente, mia cara.” Disse sorridendo e Lyn finalmente si era voltata verso di lui.
“Sei uno stronzo, sai?”
“Me lo hai già detto.”
“E lo sai?”
“Beh, in tutti questi anni che ci conosciamo me lo hai ripetuto più volte e sono una persona a cui il concetto entra in testa dopo che gli viene ripetuto per una trentina di volte di seguito.” Disse risoluto.
“Questo spiega come fai a sapere sempre così bene Filosofia, il professor Quirrel ha il gene ridondante.” Convenne lei, accorata e comprensiva.
Nate annuì come se avessero appena svelato il suo più grande segreto, molto più grande di quello che nascondeva Clark Kent.
“Beh, non si è mai troppo previdenti: sei uno stronzo Shaw.” Disse lei sorridendo.
“Sulla mia tomba cosa farai scrivere, qualcosa tipo ‘amato figlio, buon’anima, amico stronzo’?”
“Nh, c’è ancora tempo per pensarci. Certo, se vuoi provvedo subito, anche se non sono molto d’accordo su quel–”
“Amico stronzo?”
“No, buon’anima.”
Lui scoppiò in una fragorosa risata che fece voltare quelle quattro persone che erano sul pullman, ricevendosi anche un’occhiataccia da un’anziana signora, seduta nel sedile di fianco al loro, che avevano svegliato.
“Di certo il suo non sarebbe stato un sonno rinvigorente o ringiovanente.” Disse Nate, facendo ridere Lyn.
“Allora, sono riuscito a convincerti?”
La Price sbuffò, assestando una piedata all’amico, che borbottò qualcosa, che sicuramente non erano elogi alla forza della ragazza.
“E dai, non fare la sostenuta! Okay che alle ragazza piace essere pregate, ma più di così mi resta soltanto di votarmi a Sant’Agostino!”
“Idiota.”
“Mi ci vorrà molto ad abituarmi a questo nuovo complimento.”
“Stronzo.”
“Ah, le vecchie abitudini che tornano!” Disse in tono sognante, facendo sbuffare più pesantemente Lyn, che quando faceva così lo sopportava davvero a stento. Gli voleva bene, per carità, ma un giro in un dirupo glielo avrebbe consigliato senza pensarci due volte. O forse avrebbe potuto costringerlo ad andare alla festa della Meddel, tanto tra quello e un dirupo vi era davvero poca, pochissima differenza. Forse il dirupo faceva meno male.
“Tanto riuscirò a convincerti, ho dalla mia parte la nonnina.”
“Tieni in ostaggio una povera anziana?” Chiese in tono sconcertato, portandosi la mano al cuore come se stesse per avere un infarto seduta stante. “Adesso ti metti anche a rapire povere donne di una certa età?” Disse ancora, ma a voce più alta, in modo che tutto il pullman sentisse.
Questa volta, la vecchietta spalancò gli occhi sconcertata e sì, anche un po’schifata da quella che, sicuramente, nella sua mente stava catalogando come la gioventù scellerata di oggigiorno.
“Allora?”
“Ci devo pensare, ti farò sapere.”
“Pensi di liquidarmi così?”
“Ovvio che sì, caro mio. Ora, buona notte!” Così dicendo, Lyn si voltò verso il finestrino e poggiò la testa sullo schienale del sedile: ci mancava ancora un bel po’ prima di arrivare, aveva sonno e quello sarebbe stato un ottimo modo per far smettere Nate di parlare, che tentava di farla acconsentire.
“Ti vuoi mettere a dormire?”
“Sì.”
“Cosa ti fa credere che io te lo permetterò?”
“Il fatto che, impedendomelo, ti giocheresti quella minuscola possibilità che io questa sera venga con te.” Disse affabile e sorridendo compiaciuta.
“Sì, beh, se però tu questa sera vieni io ti lascio in pace, non è un equo scambio?”
“Buona notte, Nathaniel, chiamami quando arriviamo!”
“Sì, riposati va’, che questa sera potremmo fare tardi!” Le disse a bassa voce, convinto che lei non lo avrebbe sentito.
“Sì, le nostre partite a domino spesso finiscono per andare per le lunghe.” Convenne Lyn con voce bassa e calma, segno che non ci avrebbe messo molto ad addormentarsi per davvero.
“Ehm… Lyn, noi non giochiamo a domino.”
“Ecco perché vanno per le lunghe.” Disse sorridendo, mettendo fine alla conversazione.



Prima che mi perda in sproloqui insensati: buon compleanno Cla!*O* *abbraccia piovrosamente*
*intona (?) canzoncina allegra, ma le esce fuori una nenia funebre* Ahm, non è colpa mia, ho mal di ola!u_ù
Ti dedico questa storia, nella speranza che ti possa piacere anche se effettivamente è utile e apprezzabile piuttosto se si è alla ricerca di qualcosa che stimoli efficacemente la defecazione!.____.
Spero apprezzerai lo sforzo!xD Detto ciò, ti auguro un Buon compleanno enorme!^^ Auguri cara!X)


Passando alle specificazioni su questa storia: è composta da due soli capitoli, che non sono esattamente corti, ma nemmeno lunghissimi e infiniti. La Rosemead High School esiste davvero, si trova in California, mentre il paese dove è ambientata la storia, Drake Ville per l’appunto, è puramente inventato. Così come lo sono anche i nomi dei personaggi.
La strofa della canzone che ho messo all’inizio è ‘This is Halloween’, del film ‘Nightmare Before Christmas’. Non so bene come e quando, ma quando ho visto il testo di quella canzone ci avevo visto n collegamento con la storia; la cosa è un po’ astrusa, visto e considerato che non so quale sia questo collegamento, semplicemente ci stava bene suppongo!xD
Ci terrei a precisare, anche se frega una pantofola a nessuno, che il riferimento che ho fatto al professore di filosofia e al suo gene ridondante è reale, in quanto è ispirato alla mia professoressa!:)
La mia personale considerazione su questa storia è che ci ho messo davvero tanto per scrivere questa storia, è stato difficile scriverla, in quanto è la mia prima originale. Non sapevo come muovermi in questo ambito nuovo, essendo abituata a scrivere fan fiction su opere già esistenti e in cui, bene o male, vi è già una base da cui partire. Fortunatamente, andando avanti sono riuscita a prendere l’andazzo e a continuare a continuare a scrivere ^^.
Non ho altro da dire vostro onore!ù___u
Spero vi piaccia!:3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2




Voleva bene a Nate, tanto, avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo amico, ma mai come in quel momento avrebbe voluto buttarlo personalmente giù da una finestra, un balcone, un ponte, l’importante che fosse alto. Molto alto.
Conosceva fin troppo bene i suoi punti deboli, farla cedere se si conoscevano i tasti da toccare era facile come far cadere una tessera del domino.
Quel doppiogiochista ignobile e senza scrupoli era riuscito a convincerla a farla andare, quella sera, con lui in quel parco, in visita al nulla. Che ci fosse riuscito o no, non era quello il punto che aveva fatto indispettire maggiormente Lyn. Era il ‘come’.
L’influenza psicologica che aveva suo fratello Dominic su di lei era inimitabile da parte di chiunque altro membro della famiglia e non. Una sua decisione, ferma e convinta, poteva essere capovolta da poche parole di Dominic. L’influenza che lui aveva su di lei non era assolutamente voluta, il primogenito dei Price non lo faceva di proposito, anche se alcune volte approfittava di quel suo ‘potere’ che aveva su di lei, ma senza danneggiarla in alcun modo.
Nate, a conoscenza di ciò, non si era lasciato scappare la possibilità di usarla a suo favore: mentre lei dormiva beatamente, aveva chiamato Dominic, facendogli presente che sua sorella ultimamente sembrava un tantino smorta, per metterla in termini spicci, non si divertiva adeguatamente, aveva bisogno di svagarsi; conoscendola, però, lei non avrebbe provveduto a questo suo bisogno, non considerandolo quasi tale.
Dominic, volendole bene, quando era rincasata aveva provveduto a spronarla ad uscire, magari con Nate, che quella sera gli aveva accennato ad un’ipotetica spedizione al parchetto. La fiacca e scialba protesta di Lyn, che non aveva minimamente voglia di andare, era composta da alcune argomentazioni degne di nota, come la pericolosità di quella sottospecie di passeggiata.
Peccato per lei che Dominic agisse in base alla stessa mentalità razionale e allo stesso istinto logico che caratterizzavano anche lei. Le aveva risposto che lui stesso in passato aveva fatto qualcosa del genere in quel parco e che ne erano usciti tutti sani e salvi.
Non aveva avuto modo di ribattere e alla fine era stata convinta da Dominic, che, dalla sua ottica e in base a ciò che sapeva, aveva agito per una buona causa.
Ed ora era lì, alle dieci di sera, con un broncio che arrivava fin sotto la suola dei suoi stivali, che camminava al fianco di un Nate particolarmente solare.
In fondo uscire non le costava nulla, essere arrabbiata con Nate per ciò che aveva fatto era inutile, solo uno spreco di energie, ma lo era lo stesso.
Erano ancora dentro il paese e per arrivare a quel parco ci volevano almeno venti minuti di cammino; effettivamente era un tantino fuori mano per essere un luogo di ritrovo, ma tant’era.
Sulla loro strada incontrarono un gruppetto di ragazzini urlanti che avevano, sì e no, dodici anni; come gli altri tre o quattro che avevano incrociato da quando si erano avviati, stavano andando alla ricerca di una casa a cui fare visita, per la gioia di chi vi abitava.
Effettivamente, se c’era una cosa che a Lyn piaceva di Halloween – oltre alle zucche intagliate –, era il suono del campanello che annunciava l’arrivo di un branco di mocciosetti urlanti: provava una sorta di malvagia felicità nell’andare ad aprire la porta sorridente, per poi, senza neanche aspettare che dicessero ‘dolcetto o scherzetto’, mandarli rozzamente a farsi un bagno a Lourdes e sbattergli la porta in faccia.
“Festeggiano come idioti e non tengono neanche conto della tradizione.”
“Perché? Ad Halloween non devi solo vestirti e andarti a procacciare caramelle?” Si informò pacatamente Nate, convinto che lo spirito di quella festa fosse quello.
“No, bisognerebbe bussare a tredici porte, per scaramanzia.”
“Ma è una leggenda, non è obbligatorio.”
“Le cose o si fanno bene o non si fanno proprio.” Ringhiò Lyn in risposta, facendo intuire a Nate che forse la rabbia non sarebbe scemata in breve e che forse avrebbe dovuto fare qualcosa per rimediare.
“Oh, accidenti, non ho neanche portato la macchinetta fotografica!” Disse poi ancora in tono fortemente sarcastico, battendosi anche una mano sulla fronte.
“E a che ti servirebbe?” Chiese confuso.
“Ad immortalare il momento più importante di questa stupenda, mirabolante e utilissima scampagnata notturna!” Disse beffarda, spostando un ramo in modo che non la colpisse in testa; lo rilasciò subito dopo, facendolo finire dritto in faccia a Nate, che protestò sonoramente.
“E dai Lyn, non ti sto portando al patibolo, solo a fare una passeggiata!”
“Sei un –”
“Stronzo?” La anticipò sorridendo.
“Bene, ora oltre ad incastrami in queste incursioni inutili non m permetti neanche di insultarti?” Chiese riottosa.
Lyn sbuffò sonoramente quando si rese conto che quella era una lite a senso unico, in cui lei era l’unica arrabbiata, visto che Nate se la stava ridendo a sue spese.
“Dai, era da tanto che non uscivamo insieme!” Disse, circondandole le spalle e attirandola a sé, rischiando quasi di farla cadere per terra, se non fosse stato che la teneva lui.
“Siamo usciti ieri pomeriggio.” Gli ricordò freddamente.
“Vero, ma non c’era questa atmosfera romantica!” Disse, facendo cenno al paesaggio con la mano.
“Oh, sì, è molto romantico un sentiero buio e sperduto di notte, dove non vedi neanche dove metti i piedi.” Assentì Lyn sarcastica.
La descrizione del sentiero che portava a quel parchetto, anche se piuttosto sintetica ed ermetica, era quella: erano usciti dal paesino da poco, voltandosi indietro si potevano ancora vedere le luci delle case. Se c’era una cosa positiva in quel tetro silenziose che caratterizzava il sentiero era che non si sentiva lo schiamazzare dei ragazzini che esagitati.
Dal momento che più nessuno vi andava, non si ci era più adoperati per mantenere pulito quel sentiero, tanto che era quasi divenuto inagibile. Non vi erano illuminazioni di sorta ed era stata una fortuna per loro che quella notte non fosse nuvoloso e ci fosse la luna ad illuminare la strada. Il rumore dei loro passi sulle foglie secche, per quanto potesse essere bello e rilassante all’inizio, diveniva lugubre passo dopo passo.
“Sì, effettivamente avrei dovuto portati alla posta o alla macelleria.” Disse lui pensieroso.
“Spero almeno tu abbia portato la farina della nonnina, o l’avrai tenuta in ostaggio per nulla!” Lo rimbeccò acida.
“Su, per quanto ancora vorrai essere arrabbiata con me? Ti ho già chiesto scusa, poi lo sai che non l’ho fatto con cattive intenzioni!” Tentò di giustificarsi Nate, anche se, a parere di Lyn, poteva giustificarsi in cento modi diversi e non sarebbe cambiato nulla di una virgola.
“Resta il fatto che io questa sera volevo restarmene a casa mia, magari a guardare un film con te o ascoltarmi l’mp3 sotto le coperte o–”
“O giocare a domino, hai reso l’idea.” Nate si era fermato e le si era parato davanti, prendendola per le spalle. Continuò poi dicendo: ”Ma dato che ora sei qui con me – e lo so che l’idea ti rende felice – perché non pensiamo a divertirci e ci mettiamo una pietra sopra?” Quando se ne usciva con quel tono calmo, dolce e tentatore, quello sguardo disarmante, per quanto qualcuno potesse avercela a morte con lui, era impossibile continuare ad ostentare rabbia o indifferenza.
“Uffa, Nate, sei insopportabile.” Sbuffò frustrata Lyn, cosciente che la sua rabbia non corrisposta poteva anche andare a farsi un giro a Disneyland.
“Era un ‘ok, Nate, ora siamo amici come prima e, anzi, ti voglio ancora più bene, tanto che ti giurerò per sempre fedeltà’?” Disse sorridendo.
“Sì, ora non esagerare o potrei decidere che la chiesa ha bisogno di un supporto nel coro delle voci bianche.”
“Amici come prima, decisamente!” Disse, riprendendo a camminare.
Camminarono per un’altra decina di minuti, in cui il loro unico compagno era un gufo che di tanto in tanto palesava la sua presenza.
Già, l’aggettivo per descriverlo perfettamente era proprio lugubre.
“Sai che si dice anche su questo parco?” Le chiese Nate d’un tratto.
“L’ennesima storpiatura a questa leggenda che è già di per sé campata in aria? Ne ho sentite tante, quale di preciso?”
Effettivamente a quella storiella erano stati aggiunti, nel corso del tempo, tanti di quei particolari che era divenuto difficile tenerli tutti a mente, benché la maggior parte di essi fossero decisamente assurdi e insensati.
“Si dice che gli spiriti che avevano attaccato quella notte quei ragazzi prendano possesso del corpo di chi si inoltra sul loro territorio, ed è uno dei motivi per cui nessuno ci mette più piede.”
“A me sembra soltanto una stupidaggine che si racconta ai bambini per non farli venire qui, qualcosa di simile all’uomo nero, solo che qui sfruttano ciò che dicono sia successo.”
Nate rise piano alla sua breve filippica, che in fin dei conti era più vera di qualsiasi altra spiegazione che avrebbe potuto dare qualcun altro.
“Secondo te è vera?” Chiese con una punta di astio nella voce; si conoscevano da tantissimo tempo, risposte come quella doveva saperle anche da solo.
“Razionale come sempre, vero?” Le chiese sorridendo.
“Ovviamente!”
La risata che si perse nell’aria era l’unico rumore che si poteva sentire; non vi era neanche un alito di vento, era tutto statico e immobile.
“Perciò non ci credi.”
Inoltre era molto che camminavano e, se non avevano sbagliato strada, avrebbero dovuto arrivare ad un grande spiazzale entro non molto.
“Dal momento che non rientrava nemmeno nei miei piani una scarpinata serale, inizio a sperare che ci sia davvero qualcosa in quel benedetto parchetto.” Disse in tono monocorde Lyn, palesando il fatto che non aveva affatto voglia di trovarsi lì. Almeno quella lunga e sofferta passeggiata non voluta non sarebbe stata per nulla.
“Su, tanto ormai siamo arrivati! Mettila così, è stato un buon esercizio per mantenere la linea.”
“Ti sono mai sembrata una di quelle galline a cui interessa la linea? Davvero? Quale comportamento te lo ha fatto sembrare? No, così lo debello subito dalle mie abitudini, onde evitare altri tuoi interventi idioti.” Proferì lentamente e con garbo, mandando tutto il suo pathos a farsi benedire nel momento in cui rischiò di volare per terra, inciampando accidentalmente in una radice.
Per fortuna che Nate aveva i riflessi pronti, o non sarebbe tornata a casa completamente indenne. Anche lo Shaw stesso ringraziò il cielo che non fosse caduta, o, ne era certo come non mai, lei glielo avrebbe rinfacciato fino alla fine dei suoi giorni.
“Ah, ragazza, sei uno spasso!” Disse sinceramente il ragazzo, lasciandole il braccio da cui l’aveva presa.
“Ed è forse per questo che mi porti a spasso?” Chiese in tono scettico Lyn.
“Non faceva ridere, lo sai, vero?”
“Non era mia intenzione.”
“Ovviamente.”
“Cerchi rogne Shaw?” Gli chiese in maniera scherzosa Lyn, assestandogli una gomitata forse non troppo gentile tra le costole, che lo fece piegare di lato.
“Io no, ma forse tu sei in cerca della mia morte!” La rimbeccò lui.
“Sei virile come una carota, non sai sopportare neanche una gomitata!”
“Ehi, le carote sono il segno della virilità, un po’ di rispetto!” Disse in tone falsamente indignato, guardandola stralunato.
Benché le carote fossero un ottimo oggetto di discussione, oltre che un ottimo ortaggio da mettere nella minestra, la discussione cessò nel momento in cui entrambi si resero conto che, effettivamente, erano arrivati al parco.
“Siamo arrivati.” Disse Nate, suscitando un mezzo sorriso in Lyn.
“Che intuito Nerlock Sholmes!” Disse poi sarcastica, ricevendo un mezzo inchino in risposta.
“Mille grazie, Lytson!”
Il parco era, a grandi linee, esattamente come lo ricordavano, nonostante i loro ricordi risalissero a molti anni prima. Quando erano piccoli ci avevano passato molto tempo, a giocare tutto il giorno fino a che non era ora di tornare a casa e si poteva dire che la maggior parte dei ricordi infantili di Nate e Lyn fossero proprio ambientati in quel parco.
Non che fosse una cosa strana, dal momento che era l’unico posto in cui i bambini potevano riunirsi. Quando era nel massimo del suo splendore, quel parco poteva vantare solo poche giostre, tra cui uno scivolo, un’altalena a due posti e uno di quelle giostre che giravano – quelle che per Lyn e Nate, sin da quando erano piccoli, erano note come ‘girolini’.
Quel posto, però, non esercitava attrazione verso un bambino per le giostre, bensì per l’ampio spazio che era, appunto, ciò che lo caratterizzava.
Un immensa distesa verde, in cui correre senza limitazione; è il sogno di ogni bambino che si rispetti avere un luogo dove muoversi liberamente.
Dal momento che nessuno vi aveva più messo piede, non era stato più preso in considerazione, il tutto era stato lasciato in balia del tempo. La luce della luna permetteva di vedere uno scenario che era ben diverso da ciò che ricordavano i due ragazzi. Nulla era più come prima, le giostre erano arrugginite, l’edera le aveva trasformate in un supporto su cui basare la sua scalata verso l’alto. Ormai ne erano ricoperte e si vedevano a stento. L’erba alta impediva quasi di camminare, arrivava ormai fino al ginocchio; un campo incolto che non rendeva per niente giustizia al bel parco che era stato un tempo.
A delimitare il terreno che formava il parco da quelli altrui, vi erano due profondi affossamenti, in cui spesso vi scorreva l’acqua.
Ora, però, era impossibile anche riconoscerli, tanta era l’erba che vi era cresciuta all’interno e ai lati.
“È cambiato tantissimo dall’ultima volta…” Disse in tono vago Nate, facendo qualche passo avanti.
“Beh, sono passati dieci anni.”
“Lo so, ma fa un certo effetto vederlo così.”
“Già.”
Senza dire nulla, superarono il piccolo cancelletto di legno e si avviarono in quella immensa distesa erbosa, che ad ogni passo sembrava volerti intrappolare. In un certo senso ti faceva quasi sentire prigioniero. Continuarono a restare in silenzio, camminando per quel parco che all’improvviso non aveva più nulla a che fare con il passato, con il luogo di ritrovo che era stato, lo scenario di ricordi infantili.
Lyn si voltò verso Nate, alla ricerca di segni dell’inquietudine che aveva assalito anche lei, ma l’amico sembrava semplicemente assente.
“Senti, Nate, non c’è niente, perché non ce ne andiamo?” Chiese tutto d’un fiato.
Non le andava di stare lì voleva tornarsene a casa; mai come in vita sua si era sentita in quel modo, insicura e spaesata.
Nate non rispose, facendo preoccupare Lyn, che si fermò, tirandolo per la manica e fermandolo a sua volta. Non era voltato verso di lei, ma aveva lo sguardo perso verso un punto impreciso del bosco che si estendeva oltre i confini del parco.
Lyn ingoiò a vuoto, in attesa che lui dicesse qualcosa, ma così non fu.
“Nate, non fare lo stronzo.” Disse fredda. “Se è uno dei tuoi scherzi stupidi per farmi ammettere che ho paura vedi di darci subito un taglio, non è divertente.” Continuò ancora, ma lui non diede segno di averla sentita.
Basta, era ora di darci un taglio. Diede un potente strattone alla manica del giubbotto che ancora teneva stretta in mano, costringendolo a voltarsi verso di lei.
“Nate, dannazione, rispondimi e non fare l’i–”
La voce le morì letteralmente in gola, lasciando la frase a metà; spalancò gli occhi sconvolta e lasciò cadere il braccio di Nate, arretrando di un passo.
Lo Shaw si era voltato verso di lei, ma gli occhi che Lyn si trovò davanti non erano decisamente quelli di Nate. Erano spenti, vuoti… morti.
Il suo incarnato era pallido, illuminato solo dai tenui raggi della luna e la cosa lo rendeva ancora più inquietante.
Ok, se quello era uno scherzo era troppo anche per lei…
“Non hai paura, Lynda?” La voce atona – come mai l’aveva sentita usare a Nate – le porse quella domanda, che la colse decisamente contropiede.
“Senti, Nate, non è divertente…”
“Hai paura oppure no, Lynda?” Insisté, privo di una qualsivoglia intonazione nella voce.
Nate non la chiamava mai con il suo nome completo, tanto che lei spesso era arrivata a chiedersi se lo conoscesse. Perché ora lo faceva?
Aveva come l’impressione che, dal un momento all’altro, sarebbe potuto succedere qualcosa, ma neanche lei sapeva cosa.
“Basta, non sei divertente, smettila!” Gridò, chiudendo gli occhi spaventata, sperando con tutta se stessa che d’un tratto la risata allegra e divertita di Nate avrebbe riempito l’aria, improvvisamente tesa e carica d’ansia.
In cuor suo, però, sapeva che quello non era uno scherzo, quello non era Nate e che c’era decisamente qualcosa che non andava.
Poi le venne in mente quel che Nate le aveva detto prima e che non aveva minimamente preso in considerazione.
Possibile che fosse vera la leggenda che le aveva raccontato l’amico mentre venivano? Uno spirito si era davvero impossessato di lui?
Non era possibile, era solo una leggenda, nulla di più; in che altro modo, però, poteva dare una spiegazione a ciò che stava accadendo?
“T-tu non sei Nate!” Pigolò piano, non aspettandosi realmente una risposta, perché era ovvio che non era lui. Era quasi un lamento, quello di Lyn, un’ammissione che le era costata cara, perché nella sua logica non poteva accadere qualcosa del genere, non poteva essere reale.
Continuò a tenere gli occhi chiusi, le mani strette a pugno, in attesa; ad un tratto sentì qualcosa di freddo e ruvido toccarle la guancia e descrivere in una scia leggera tutto l’arco della mandibola.
Spalancò gli occhi di colpo, allontanandosi di scatto e trattenendo a stento un grido: la mano di Nate che l’aveva accarezzata era tutta rugosa e avvizzita, così come anche il resto del corpo del ragazzo. La pelle era cadente, gli occhi infossati e il corpo scheletrico; non sapeva come facesse ad esserne sicura, ma quello per Lyn era un ritratto della morte. Più i secondi passavano, più quella visione la faceva stare male, era opprimente, spaventosa, tanto che non poté trattenersi dall’urlare sconvolta.
Si portò le mani a coprire il volto, quasi potessero creare una barriera con ciò che aveva davanti; sarebbe voluta scappare, ma le sue gambe si rifiutavano di fare un solo passo, come fossero immobilizzate da una forza superiore: la paura.
Voleva solo che tutto cessasse, che riaprendo gli occhi si sarebbe trovata davanti Nate, sorridente e umano. Quando si azzardò a togliere le mani dalla faccia, davanti a lei non trovò nulla, né quel mostro che l’aveva spaventata fino a poco prima né tantomeno Nate.
“N-Nate..” Chiamò a bassa voce, non ricevendo alcuna risposta.
Si guardò intorno, alla sua ricerca, ma non lo trovò e l’ansia la assalì.
Doveva uscire di lì, assolutamente.
Si voltò di scatto, con l’intenzione di uscire dal parco, ma si ritrovò davanti Nate, che le bloccò il passaggio. Nuovamente, però, quello non era Nate.
“Ora hai paura?” Il tono non era più incolore come prima, era ansioso, mortalmente minaccioso e inquisitorio.
Lyn non rispose arretrando di qualche passo – sempre più lontano dalla sua unica via di fuga.
“I-io n-non…” Nuovamente le parole le morirono in gola.
Lui – che era tutto tranne che Nate – fece un altro passo verso di lei, facendola sussultare spaventata. Lyn era una persona razionale, Dio se lo era, la paura era un’emozione che provava solo quando ne aveva motivo, quando era qualcosa di reale. Quella volta, non aveva la più pallida idea di che diavolo avesse davanti, se uno spirito, un fantasma o altro, ma era più che autorizzata ad avere paura.
Era reale l’essere che aveva davanti, così come lo era anche la mano che l’aveva toccata e la voce che le parlava.
“Hai paura, vero?” Sempre la stessa domanda, quasi non potesse fare altro se prima non otteneva quella dannatissima risposta – come se poi non fosse evidente.
“S-sì, io ho…” Già dire quel semplice ‘sì’ le era costato tutto il fiato che aveva in corpo, non sarebbe riuscita a completare tutta un’intera frase.
Quell’essere che usufruiva del corpo di Nate sorrise in maniera tetra, muovendo una mano verso di Lyn, che arretrò emettendo un gridolino quando la vide avvicinarsi.
“Tu affermi di non credere a ciò che non vedi, che non puoi appurare tu stessa…” Iniziò, muovendo un altro passo verso di lei.
Lyn, per riflesso, arretrò.
“… dici di non avere paura, ma è una scusa, la tua… menti, piccola bugiarda…”
Non sapeva cosa stesse dicendo, perché proprio a lei per giunta. Lei non mentiva, non era una bugiarda! “Tu hai paura di me… ma sono reale oppure no, Lynda?”
Perché continuava a porle quelle domande a cui lei non sapeva dare una risposta?
Si trovava in una situazione decisamente più grande di lei, non sapeva cosa fare, come agire, come fare in modo che tutto finisse, perché era solo quello che chiedeva.
Era spaventata, dannazione, lo era! Tremava, ma non se ne era neppure accorta; piangeva, ma se ne rese conto solo quando, ghiacciate, delle lacrime rotolarono giù per le sue guance.
Non ricordava neanche più quand’era stata l’ultima volta che aveva pianto, molto probabilmente molto tempo prima.
“Sono reale?” Proruppe nuovamente la sua voce, che era alla ricerca di un’altra risposta a cui non sapeva dare risposta.
Un altro suo passo avanti e uno indietro di Lyn, che però si mosse troppo in fretta e, non potendo vedere dove mettere i piedi, rovinò a terra; l’erba fredda la copriva quasi interamente e per lei altro non costituiva che una prigione. Da lì non riusciva neanche più a vedere il cancelletto da cui prima lei e Nate erano entrati, senza sapere cosa sarebbe successo.
“Forza, è semplice la risposta.” La sbeffeggiò in un’ambigua cantilena.
Lei tentò di arretrare, ma rimaneva costantemente bloccata da quei fili freddi e lisci. Quando vide una sua mano muoversi nuovamente verso di lei il panico la assalì; tentò di scansarsi, di sottrarsi a quel contatto che era ormai prossimo, ma fu inutile.
Non aveva neanche più la forza di gridare, la paura e il terrore l’avevano privata anche di quello. Dalla sua bocca uscivano solo deboli lamenti.
Chiuse gli occhi, azione di per sé inutile, ma che le venne istintiva in un frangente come quello.
Sentì chiaramente la sua mano posarsi sulla sua testa e sussultò; rabbrividì, non potendo evitare di immaginarsela raggrinzita e morta, come quella di poco prima.
Strinse i pugni attorno ai fili d’erba, imprigionandoli in una morsa dolorosa e spaventata. Era reale, sentiva quella mano esercitare quella pressione che, per quanto leggera fosse in verità, a lei sembrava pesare quintali.
“Sono reale, vero?” Lyn non seppe se interpretarla come un’affermazione o una domanda.
Ma non le interessava, voleva solo far finire tutto, non avrebbe nemmeno voluto che tutto fosse cominciato.
Abbassò la testa, aprendo poi piano gli occhi; non sapeva neanche lei cosa stesse per fare, ormai non era quasi più padrona del suo corpo e delle sue azioni.
“Sì, sei reale!” Disse, strappando quei fili d’erba che aveva imprigionato e tirandoglieli addosso. Quel gesto non aveva alcun senso, non sarebbe servito a nulla, ma nulla aveva più senso in quel frangente.
Si alzò di colpo, iniziando a correre nella direzione opposta a lui, a perdifiato. Non sapeva nemmeno lei come le gambe facessero a reggerla, ma non le importava più di tanto. Ogni passo si ripercuoteva sul suo corpo, stordendola quasi.
Si voltò soltanto quando fu certa che a dividerli ci fossero un paio di metri – non che avrebbero fatto la differenza, non avrebbero potuto. Smise letteralmente di respirare, quando vide che non vi era assolutamente nessuno dietro di lei.
Freneticamente si voltò a destra e a sinistra, sopra e sotto, alla sua ricerca. Era scomparso.
Sperando in ciò, si mise a correre ancora più veloce verso quel cancello, incurante che un solo passo falso e sarebbe caduta a terra.
“Dove vai?” Chiese lentamente, comparendole dinnanzi.
Lyn gridò, con quanto più fiato aveva in corpo. Le bruciava la gola, ma non smise, non voleva smettere, anche se era conscia che nessuno l’avrebbe sentita.
Come un topo in gabbia, iniziò a correre nuovamente verso la parte opposta.
Inutilmente.
“Stai scappando?”
Le sbarrò nuovamente la strada, apparendole davanti e facendola bloccare di colpo. Barcollò all’indietro e, disperata, prese a correre verso la sua sinistra. Corse, corse senza fermarsi un attimo.
“Buon viaggio.” Sentì chiaramente la sua voce alle sue spalle, ma non si voltò.
Non fece neanche in tempo a chiedersi di cosa stesse parlando che la sua folle corsa fu interrotta; percepì distintamente il vuoto sotto il suo piede, ma non abbastanza in fretta da poterlo tirare indietro ed evitare che anche l’altro vi finisse dentro.
Non potendo vederlo poiché coperto dall’erba, era andata dritta dritta verso il fosso, che ora era pronto ad inghiottirla. Lyn gridò d’orrore quando l’erba in cui stava per cadere divenne nera, un mare d’oblio che voleva ingoiarla.
Chiuse gli occhi e portò le mani a coprire la faccia, in attesa di sentire l’impatto.
Urto che però non arrivo.
Non tolse le mani dalla faccia e il suo grido si intensificò quando due mani la presero per le spalle, iniziando a scuoterla prima più delicatamente, poi con irruenza.
“Lyn, Lyn svegliati!” La voce allarmata di Nate la raggiunse, placando le sue urla.
Aprì gli occhi, trovandosi la faccia pallida e preoccupata dell’amico che la osservava di rimando.
Si guardò intorno, riscoprendosi ancora sul pullman, seduta rigidamente sul suo sedile, con gli sguardi di tutti i passeggeri puntati addosso. Stringeva in maniera spasmodica la tracolla che aveva appoggiata sulle ginocchia.
Lei fino a pochi minuti prima si trovava in un parco abbandonato e Nate era stato posseduto, come poteva trovarsi sul pullman?
Non capiva cosa fosse successo, ma d’istinto abbracciò Nate.
Quello vero, vivo e reale.
“Ehi, stai bene?” Le chiese apprensivo, senza staccarsi da lei.
Si strinse maggiormente a lui, facendo un breve cenno affermativo con il capo, anche se non era esattamente così. Non capiva, non ci riusciva proprio: era stato troppo reale per essere un sogno, ma se ora si trovava lì voleva dire che doveva esserlo stato per forza.
“Su, calmati…” Le sussurrò Nate all’orecchio e in parte ci riuscì.
Lyn decise di non pensarci più, per quel giorno perlomeno; anche il solo ricordo era abbastanza spaventoso da farle venire i brividi. Voleva solo che quel giorno finisse, nulla di più. Non voleva più rivedere quelle scene nella sua mente, era una tortura rievocare la paura che l’aveva assalita in quel frangente, che non sapeva se fosse realtà oppure no.
Tentò di rilassarsi, pensando che magari quella sera avrebbe chiesto a Nate di andare a dormire a casa sua, per tenerle compagnia.
Il viaggiò in pullman intanto era continuato e finalmente arrivarono a Drake Ville.
Durante tutto il tragitto nessuno aveva più detto nulla, Nate si era solo limitato a lanciarle occhiate preoccupate. Non gli aveva raccontato cosa aveva sognato – perché lo aveva sognato, vero? – e lui non glielo aveva chiesto.
Non sapeva cosa avesse combinato mentre dormiva, ma doveva averlo spaventato parecchio. Certo, mai quanto si era spaventata lei.
Nate l’aveva accompagnata a casa,assicurandosi che stesse effettivamente bene.
Magari questa sera potremmo andare al parco, così ti distrai un po’.” Buttò lì, andandosene poi verso casa sua e lasciando Lyn da sola, con il cuore letteralmente in gola.


Everybody scream, everybody scream
In our town of Halloween!*




*la canzone utilizzata è This is Halloween, del film Nightmare Before Christmas.


Ed è così che si conclude la mia prima originale! Piuttosto breve, ma è pur sempre stata la prima!xD
Non ho granché da dire, solo che per scrivere quest'ultimo capitolo ho dovuto trovare una musica ispiratrice o sarei ancora lì che mi arrovello nella speranza di riuscire a concluderla!
Ringrazio LaDamaDelLago (è di soli due capitoli perché non potevo tirarla troppo per le lunghe o non l'avrei finita mai più e non avrei potuto dedicarla!xD Sono contenta che ti abbia incuriosito e il primo capitolo ti sia piaciuto. Spero che il finale non ti deluda!xD E sì, purtroppo ho avuto il piacere di ascoltarla Marilyn Manson!xD) e Amaranth93 (sono felicissima che la storia ti piaccia Cla! Ero certa che me l'avresti tirata dietro e mi avresti andato a farmi un giro in un paese molto lontano e in culo ai lupi!xD Defecare è il miglior verbo esistente nel vocabolario italiano!U_U Oh, mi renderesti immensamente se decidessi di disegnare Lyn e Nate!*___* Mi piacerebbe tantissimo vederli disegnati - ho già avuto modo di vedere le tue opere!*-* Spero ti piaccia anche questo ultimo capitolo!^^) per aver recensito.

Ringrazio anche Amaranth93 pr averla mesa tra i preferiti e LaDamaDelLago e Alex91 per averla messa tra le seguite!

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