Presepe all'Hetaliana: Hetalia Xsam Edition di _Ayame_ (/viewuser.php?uid=114200)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Initial Shock ***
Capitolo 2: *** How can we organize ourselves? ***
Capitolo 3: *** In the wood and in the rain♫ - Alla ricerca del muschio perduto! ***
Capitolo 4: *** Il visionario, il vinofilo, la fish addicted più sorpresa! - alla riscossa! ***
Capitolo 5: *** Pink chaos is the way, isn't it?♫ - il cavaliere rosa e la fluorescenza ***
Capitolo 6: *** Oh Fuck~ - the hurricane is here ***
Capitolo 7: *** Il vino e l’awesomità perduta – la vendetta 2 (?) ♥ I’m the (fake) hero!! ***
Capitolo 8: *** Ex C: A Lovely gift for you~ ***
Capitolo 9: *** Just play together~! - die Krippe♥ ***
Capitolo 10: *** Il giorno del giudizio Mondiale ~ be happy ♥ Bon Noël, mes chéries ***
Capitolo 1 *** Initial Shock ***
hetalian xsam edition
Ovviamente Hetalia non è mio, è © di Himaruya Hidekazu. Non ci sono scopi di lucro.
Sono tornata con una nuova ff!! Yeee *buuuàpersonaggi di Hetalia sul mio ritorno* Comunque, coagh, che dire?
Questo è il continuo di “The Hetalian Xmas Tree”, perciò per capire alcune
cose, e per ridere di più di questo … questa ff demenziale sarebbe meglio
leggerlo, o darci un’occhiata.
Ecco lo special di Natale che avevo promesso se “The Hetalian Xmas
Tree” sarebbe piaciuto: è parso di sì, e allora …
Quindi je
ringrazia: _Moon, reilin e DarkshielD per avermi recensito, le ultime due per
avere aggiunto ciò che la mia mente perversa partorì quel giorno tra le preferite
insieme a bleach88 e Kuro_Renkinjutsushi
per averla messa tra le ricordate.
Visto che sarà a capitoli, cercherò di essere più corta, e mi disp se
con questo primo capitolo non ci sono riuscita, ma, cioè! Mi sono divertita
troppo a scriverlo, e spero che anche voi vi divertiate a leggerlo.
Buona lettura ♥
Presepe all’Hetaliana
Prefazione:
Initial shock
Gli uccellini – in mezzo al gelo delle Alpi, ovviamente – cantavano
melodiosi di prima mattina: un’altra ‘calma’ giornata attendeva casa Hetalia.
Come ogni mattina, Kiku scese tra i primi per avere un po’ di quella
tanto acclamata pace che altrimenti avrebbe perso a stare lì.
Giù c’era anche Lituania, con una faccia disperata e corrucciata, gli
occhi spiritati: e sì, Russia durante le vacanze Natalizie l’esasperava più del
solito e per Toris era quasi una liberazione tornare alla grande casa – leggere
Russia – a differenza di tutti gli altri – comuni esseri mortali e Nazioni.
Giappone salutò il povero depresso che stava seduto al bancone a bere
un caffè all’italiana per stare sveglio.
«Buon giorno, Kiku» la voce del lituano era cupa quanto il suo
aspetto.
Camminò verso la cucina per prepararsi una colazione come si deve e
vide Seychelles addormentata sul divano, mezza seduta; a coprirla c’era una
coperta rosso cupo: sicuramente era stato Francis, che, dall’altra parte della
stanza contemplava l’isola, con già una bottiglia mezza vuota di vino in mano.
In realtà, guardando attentamente affianco al francese – come solo un
giapponese sa fare – si notava che era a qualcosa tipo la quarta.
Beh, pazienza, il fegato era suo!
Le luci rosa e non rosa dell’albero erano accese e lampeggiavano
festose; in un lato vicino al camino Polonia era intento a dipingere qualcosa
di un colore nuovo: il rosa.
Tanto per cambiare un po’.
Kiku entrò tranquillamente nella cucina rustica e calorosa, senza
accendere la luce: c’era una così bella luna, là fuori. Sì, ancora si vedeva.
Kiku, da bravo giapponese … gridò quando una mano gli afferrò una
caviglia come in qualsiasi anime/manga horror/demenziale/pauroso.
«CHI SEII?!» gridò guardando il viso deforme dell’essere ai suoi
piedi.
Tutti accorsero là: tutti cioè Toris, Polonia con un UNIPOSCA rosa in
mano e Francis che barcollava, bottiglia alla mano.
Sul pavimento strisciava un mostro dalle fattezze umane, la faccia nascosta
dall’ombra.
«Here’s the hero!» una voce gridava a tutto spiano a quell’ora del
mattino mentre dei passi pesanti quasi sfondavano le scale!
«Here’s the hero!» ripeté Alfred, scopettone alla mano «He’s gonna
save you all and the worlds!» e accese la luce. Ma che si era messo pure a
immischiarsi negli affari di Tony? I mondi, cioè!
Accese la luce e si scoprì cosa fosse l’essere, anzi chi: Ludwig.
Aveva gli occhi rossi che le vene parevano scoppiare, la faccia era
viola scuro e c’erano dei pois rossi sulla sua pelle. Non respirava, con una
mano si teneva la gola e cercava di dire qualcosa.
«A..acqua!» esalò, ma le Nazioni lì dentro essendo intontite dal sonno
e ancora di più da Alfred non capirono un’emerita acca muta.
«Ah! Ha detto: “l’eroe vi salverà!”» proclamò soddisfatto l’americano.
«Da quando capisci il crucchese?» irruppe una voce. E chi poteva
essere? Romano.
Lentamente, a piedi scalzi, entrò nella stanza, nel suo pigiama grigio
perla.
Vedendo il crucco a terra iniziò gridare frasi in stile Nelson dei Simpson:
«Ahah! Crucco di un macho-patata! Ti meriti questo ed altro! E come diavolo vai
in giro? Che razza di pigiami hai! Sei peggio di quello Svizzero burbero!» poi
si ricompose mentre gli altri pensavano: no, perché tu non sei burbero, giusto.
Intanto il tedesco si strozzava e ogni tentativo di parlare lo
uccideva perché il disgustoso biscotto dell’inglese gli grattava la gola,
sprigionando mefiticamente il suo saporaccio.
Aveva in bocca quel sapore schifoso di quei biscotti … non aveva
parole! Erano repellenti quasi quanto la visione di Francis.
Francis che – per una volta – faceva comunella con l’italiano: «Ahah!
Hai ragione! Che pigiama che pigiama!» e si piegava su se stesso «Davvero
peggio di Vash! Che cattivo gusto, Lud!».
Intanto anche Svizzera era sceso: «Cos-cos’avete contro i miei
pigiami!»
«Sono così carini!» disse Liechtenstein già pronta alla giornata
mentre ritirava i pigiami rosa sporchi di Vash.
Silenzio di tomba.
I due si dileguarono: lei a fare il bucato, lui a caricare il fucile.
Che fratelli!
Nel frattempo, tra le risate generali – ma anche no, avrebbe aggiunto
Germania – si aggiunse loro una figurina di una piccola quanto malcapitata
isola – arcipelago, vabbé: Seychelles.
«Cosa succede?» chiese stropicciandosi gli occhioni.
Francia rise mentre la ragazza avanzava con la coperta ancora addosso:
«Sesel!» disse rumorosamente il francese «Lud si è ubriacato!» e allungò un po’ troppo le mani.
Il FFA fu inevitabile: «Penso che sei tu ad essere ubriaco, vinofilo!».
«Inizia anche lei! Tu sei mia! Sposamiii!»
«Scordatelo, sposa Lud!» e la ragazza uscì dalla stanza: si sentivano
i suoi passi affaticati sulle scale di legno.
«Lud, diventa la mia sposa!»
«Neanche per sogno!» sibilò il tedesco
«Hai detto “mio amore sarò solo tuo!”» e Francis si avvicinò.
«Acqua!» provò Ludwig a gridare, ma gli uscì una roba strana e roca.
«Ha detto “rosa”» approvò
Feliks.
«Acquaa!»
«Ha detto Canada?» chiese Matthew, felice.
«Ma che dici? E chi sarebbe?» chiesero tutti in coro per poi sbottare
con un: «Tu che ci fai qui!?»
«Mi avete chiuso in cucina!» rispose il canadese abbracciando
l’orsacchiotto polare addormentato.
5 minuti dopo:
«Acqua!!»
«Non capisco cosa voglia!» disse Lituania
«Io non gli darò il mio vino, no! Anche se lo amo!» disse Francia
mentre Canada beveva oziosamente dalla sua bottiglia. Non se neanche accorgeva,
era proprio, proprio ciucco.
«Vorrà un rubinetto?» disse una voce ‘innocente’.
«Non penso…» disse Lituania grattandosi la testa. Poi si voltò verso
la voce.
Una risata malefica ed un verso: «KOLKOLKOL!» un’aura viola si spanse
per la stanza, mentre Germania tossiva ancora più forte: il potere di Ivan era
mefitico. Quasi quanto il cibo di Arthur.
Lituania cercò di allontanarsi verso il lato opposto, ma inciampò in
qualcosa: il povero Lud.
Cadde a terra con espressione terrorizzata, e rubò dalle mani di
Matthew e Francis la bottiglia: «Ehi!» a Francia la cosa non era andata giù …
infatti iniziò a tossire come un matto.
Lituania si scolò mezza bottiglia nel tentativo di darsi coraggio, ma
quando un rubinetto si allungò verso di lui e trascinandolo per il collo lo
portò fin di fronte un uomo con un’aura strana intrisa negli occhi, gridò
disperato: «NOOO!! TASKUTE DOITSUU!» questo era Feliciano.
«DOITSUU!!! Mi hai lasciato, mi hai lasciato!».
Russia si fermò: la sua aura maligna rientrò nel suo corpo come se mai
ci fosse stata e sorrise amabilmente ad occhi chiusi facendo spazio al minore
dei Vargas: Toris fu trascinato per il collo dalla mano guantata del suo caro ‘amico’ Ivan.
«Ivan» supplicò il lituano «Non-non uccidermi, ti prego! Non ho
parlato a Feliks!»
«Non mentirmi» disse il russo recuperando l’aura tenebrosa e
rubinettosa.
«Nooo! Sc-scu-scusa! L’ho solo salutato, solo salutato, la buona
educazione è fondamentale! Me lo dicevi proprio tu, l’altro giorno!»
«RWAH!» avrebbe fatto meglio a stare zitto.
Tutti erano inorriditi da ciò che sentivano, ma non avevano il
coraggio di aiutare Lituania, anche perché, no, non erano spaventati o
preoccupati per lui: non gliene fregava niente! Che bel gruppo di amici
menefreghisti!
«Doitsuu!» Italia senza capire che il tedesco stava morendo gli si
buttò addosso.
Altri passi concitati ruppero la schiena dell’omino delle scale che
sclerava proprio di brutto.
Per fare un’irruzione come si deve, la persona richiuse la porta e poi
la spalancò con un calcio: «Ho sentito che il fratello del mitico Ore-sama sta
morendo!!! Sopravvivi e glorificami! Ricorda, tu sopravvivrai grazie al potere
dell'awesome!» disse indicando con un
indice il fratello a terra quando oramai Germania era schiacciato sotto
l’italiano; non pareva, ma a mangiar pasta e pesto era ingrassato!
Così il tedesco sputò fuori il biscotto, rimasto miracolosamente
intatto – ma anche no – e Germania si alzò di colpo, tossendo rosso in volto e
ricominciando a respirare.
Italia fece una capovolta in aria: « Veh~!» disse solo, per poi
sbattere la testa e riniziare a lamentarsi come sempre.
Gilbert però non si accorgeva di niente e gridava frasi che
inneggiavano a se stesso e si glorificava quanto un guaritore.
Poi vide il fratello respirare, dopo essersi ammirato in uno specchio.
«Visto il potere di Ore-sama il magnifico?» e Gilbert iniziò a
pavoneggiarsi correndo da un lato ad un altro della ‘piccola’ stanza.
Così Germania ebbe salva la vita.
Ed è questa la storia che narra di come debba la sua vita – con
conseguenti disgrazie collegata al suo stesso salvatore – al pavido Italia.
Sì.
«Italia… Italia! Tu hai salvato Germania!» gli fece presente Matthew,
con voce dolce – addolcita dal vino francese.
«But the hero…» America tornò su, scopettone alla mano, imbronciato.
«Non rubare gli scopettoni» una pronuncia inglese lo bloccò sulle
scale. Si sentì l’americano sospirare e tornare a salire le scale sconsolato.
«E poi cos’è quel pigiama con gli eroi sopra!» disse e l’inglese
arrivò in cucina, già vestito e pettinato … e pronto ad un tea! Già? Già.
«Cos’è questo fraccasso?» chiese aprendo il frigo.
«Doitsuu! Ti ho salvato, ve~! ♥ » disse Veneziano protendendo le braccia verso il
tedesco.
Lui si lasciò abbracciare, troppo grato alla vita di aver incontrato
Feliciano.
«Ahah! Che pigiama!» ricominciarono a fare comunella Romano e Francia;
Francia, con una mano davanti al volto come un vero gentil uomo, ma in realtà
era una presa in giro in più.
Il tedesco si guardò addosso: canottiera grigia, e boxer a pois. Okay,
avevano ragione.
Arrossì: «UH, guardate, tu e Italia, eh…» disse Gilbert che fece sbattere
gli indici tra loro come a dire ‘i due se la intendono’. Intanto Italia
continuava a strusciarsi contro il braccio del suo amico scampato alla morte.
«Ancora non capisco cos’è successo..» disse l’inglese.
«Niente niente» nessuno disse nulla.
«Neanch’io» ammise Italia a bassissima voce: tutti pensavano che era un
eroe, non voleva distruggere le loro
speranze e i lori sogni.
«Oh, dei biscotti! Sembrano così invitanti!» chi poteva averlo detto?
FINEE! Wait for a new, hero's
act in the next chapter!
No, no, non è la fine! Chi poteva dirlo?
No, non Feliciano, dannazione (come direbbe Romano)!
Quel cretino di Arthur che non riconosceva neanche quello che aveva
cucinato proprio lui: si avvicinò sorridente, nessuno gli disse nulla.
Germania era ancora stritolato da Italia, Francia si era ricomposto e
pareva sobrio: aveva incrociato gambe e braccia, e guardava malinconico e
romantico la luna; Matthew giocava con Kumajiro o Kuma-come-cacchio-finiva?;
Romano, in una posizione simile a Francis, guardava la credenza – sogni
romantici sulla pasta parlante, eh – e Kiku ingoiava del riso bianco.
Durante il casino aveva pure cucinato, sì.
Ma, proprio quando lo voleva dire, Prussia lo zittì, e gli indicò la faccia
di Russia che muoveva il rubinetto a mo’ di “saluto” (leggere minaccia) e vide
che Lituania oltre la porta era … irriconoscibile.
Inghilterra morsicò tranquillo e felice con un sonoro “GNAM!” ma quando
ingoiò, cadde in ginocchio: era …
cos’era quel coso?
«Ac-acqua!» implorò tenendo una mano.
Lo fissarono: ben gli stava!
E così si dileguarono: Giappone sotto minaccia, Italia seguiva Germania –
non aveva capito una singola lettera – e Germania era ancora grato per aver
incontrato il fastidioso italiano e quindi shockato com’è comprensibile che sia
dai suoi pensieri, seguì gli altri.
Si curarono di non dimenticare il canadese che si sbrigò ad uscire prima che
ridiventasse invisibile (cos’è, Cenerentola, che entro una certa deve
rientrare?!) e richiusero la porta.
«Almeno tu, FlyingMintBunny!» e allungò la mano verso un esserino volante,
il quale si voltò scocciato e uscì dalla finestra – chiusa, ovvio! Maaagia!
«E tu, unicorn?» si voltò verso un unicorno che stava placidamente a
leccare il vino caduto a terra.
L’unicorno gli riservò uno sguardo tagliente: fece per andarsene come
FlyingMintBunny, ma poi la tentazione fu più forte. Tornò a bere il vino.
Entro poco era ciucco più del francese e cadde a terra stramazzando felice.
Cioè si addormentò.
«Mi avete lasciato! Ma io … io coagh! Sopravvivrò, e ho … un’arma
speciale!».
Si piegò ancora di più, reggendosi la gola: «Aiutooo!! C’è nessunooo?»
disse con voce stridula.
«Cosa sarà quest’aria?» si chiese lo spagnolo mentre accarezzava un tomato
sulla sua spalla, respirando l’aria freddissima della prima mattina.
Note:
Ovviamente ci sono delle frasi di Hetalia, altre magari
non lo sono.
Coomunque, che ne dite? Se vi chiedete perché ho scritto
questo capitolo * coscienza di _A_ :-nessuno l’ha chiesto! _A_:- E tu zitta!*
il motivo is simple: allora, pensandola alla lettrice, avrei voluto leggere
come Doitsu si sarebbe salvato, e poi mi serviva un’introduzione che collegase
il “The Hetalian Xmas Tree” a questa nuova ff.
Cercherò di fare capitoli più brevi, anche perché the
Xmas si avvicina …
Thank youu ♥
_Ayame_
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Capitolo 2 *** How can we organize ourselves? ***
hetalia xsam ed 1
Me tornata con un altro capitolo demenziale, ma purtroppo questa
volta non so se mi sia riuscito proprio proprio bene, demenzialmente
parlando.
Questo è il primo serio capitolo: l’altro era di
transizione tra “The Hetalian Xsam Tree” e “Presepe
all’Hetaliana: Xmas edition”.
Come avrete capito, si tratta dell’organizzazione di un gruppo di pazzi fanatici megalomani …
Scusate per eventuali errori, e ditemeli così cercherò di
correggerli al più presto, sperando che il PC vada.
Il maledetto *Lovino mood on* mi si è impallato nel bel mezzo
delle correzioni, e mi ha fatto perdere delle aggiunte. Più o
meno dovremmo esserci ♥
Per chi voglia un po’ di ‘sana’ demenzialità, si spera che la possiate trovare here!
Poi vorrei ringraziare chi mi recensisce, chi mi aggiunge tra gli
autori preferiti, chi aggiunge la mia pazzia tra le storie
seguite/ricordate o chi legge e basta. ♥ Grazie di nuovo, tipo.
Buona Lettura
Presepe all’Hetaliana: Xmas edition
Chapter 1:
How can we organize ourselves?
Immaginate un summit mondiale; immaginate un enorme tavolo scuro e
massiccio, con molte sedie e persone – Nazioni – sedute
attorno; tanti bicchieri, il doppio, rispetto alla gente presente;
immaginate una cosa nuova: una lavagna e davanti alla suddetta, America
che grida e mangia, mangia e grida, eccetera eccetera.
Il solito.
Sì, okay.
Ma questa volta l’argomento non era il solito, non era cosa
mangiare dopo la pasta, o se scarellare giù da una montagna una
Nazione a ruota – in quel caso Igirisu-sama, per aver ucciso
metà mondo con dei biscotti al tungsteno – era
bensì come organizzarsi per il Natale 2010! Feliciano, pur
sapendo che quell’anno si faceva tutto all’italiana –
o hetaliana –, si era tipo scordato tutto a casa sua. Tipo
completamente.
All’improvviso tra i mugolii di America che mangiava un hamburger
con un’espressione e una postura a dire
“quant’è buono” Nonno Roma comparve,
rubò dalle mani dell’americano la bacchetta che agitava e
la batté sulla lavagna...
PAUSA CAFFE’! *Era ora!* (Ora immaginate i personaggi di Hetalia
come quelli di “Camera Caffè”. Demenziale, vero?~)
Nonno Roma, dopo aver rubato la bacchetta dalle mani di Alfred
iniziò a dire come organizzarsi: comprare delle navi a cui
aggiungere dei ponti levatoi per poi attaccare i Cartaginesi e
coglierli di sorpresa in uno scontro corpo a corpo! No, no…
Scusate, queste non erano le guerre puniche?
Germania perse il controllo, si alzò, sbatté furiosamente
le mani nero guantate sul tavolo ma non parlò: tutta colpa di
Arthur e del suo maledetto biscotto! Dannato bastardo!
Tutti fecero silenzio: il tedesco era più arrabbiato del solito.
Si schiarì la gola, e indicò una persona al suo fianco.
Si alzò Feliciano con un “ve~” e iniziò a
parlare dopo essersi schiarito a sua volta la gola: «Ragazzi,
ve~, Ludwig vorrebbe dire che visto che ho scordato tutto in Italia,
ve~» e il tedesco lo guardò alquanto male, perciò
Veneziano iniziò a rimproverarsi da solo per poi dire:
«Ahah~! Scusa, non lo farò più, veee~! Prometto!
Non mi picchiare! TASUKETE DOITSU!» e si rannicchiò a
terra con le mani sulla testa.
“Lasciamo stare..” scrisse Lud alla lavagna, disperato più del solito.
E chi prese la parola se non il MAGNIFICO ME IN PERSONA: «Guten
Tag! Ore-sama è qui! Tranquillizzatevi, Gilbird ha messo in ogni
vostra stanza e luogo appartato una foto del Magnifico Me,
perché, io lo so, la vista della MIA figura è la vostra
gioia!».
E, tra i deliri di un megalomane, quelli di un piromane, di un ubriaco,
e quelli di un Hambga’-eater si decise per il seguente
modo: bisogna avere il muschio. Fortunatamente, qualche cosa lì
c’era, ancora… per poco.
Così furono delineati i compiti: sembravano un gruppo di
scolaretti mentre dicevano a Prussia “Io voglio stare con
xyz!” (che nome affascinante!). Presto l’Oresama
preferì dedicarsi alla contemplazione assoluta del non-tempio
che era il suo corpo e stappò con molta finezza una bottiglia di
birra con i denti.
Visto che né Lud né Arthur erano in grado di fare
qualcosa – a causa di quest’ultimo, sempre e ovviamente
– e visto che tranne loro c’era una sola persona a potersi
occupare di quel manicomio ambulante, tale persona fu buttata tra le
belve.
Il poveretto in questione era Giappone, che pareva tanto uno di quei
classici capoclasse giapponesi incasinati fino al collo che si vedono
negli anime.
«A-allora!» balbettò mettendosi di fronte alla lavagna, chinato sul suo block notes.
Dietro di lui, il delirio: Nonno Roma e Alfred disegnavano e litigavano, poi scrivevano chi non faceva silenzio.
Ovvero tutti – perché però loro non si scrivevano? Eh? Eh? EH?
«Io voglio stare con Austria-san!» disse una voce sovrastando tutte le altre.
Ungheria. Appuntò.
«Io voglio stare con il Grande Me, Gilbird e Ungheria, senza il
compositore finocchio!» disse un altro da una poltrona.
Il Magnifico Me appuntò … cioè Prussia.
«Finocchio a chi?» e iniziarono a litigare mentre Ungheria,
estraniata da tutto il caos pandimesionale altrui, si aggiustava i
capelli e fantasticava.
Da notare che Prussia l’aveva messa dopo Gilbird. Non che
interessasse ad Ungheria, ma a qualcun altro sì. Infatti, anche
questo fu appuntato da Kiku.
«Io voglio stare con Doitsu~» disse Feliciano alzando una mano.
«Io voglio stare con tutti, meno con quel crucco che beve dalla mattina alla sera succo di patate lesse».
Doitsu era ridotto ad uno straccio in un angolo, colpa del mal di testa
e di non essersi ripreso ancora dall’attacco di un biscotto
proveniente da un universo parallelo – in cui il gusto era
all’opposto – avvenuto l’altro ieri.
«Lo-Lovinito! Con Lovinito!» disse Antonio
«Ahh! Mi ero dimenticato questo bastardo! Kiku, non voglio stare
con lui!» e Romano lo indicò mentre Antonio gli dava
‘amabilmente’ fastidio.
Giappone appuntò. Tutto.
Così andarono avanti fino a notte fonda, spendendo
un’altra preziosa giornata; sperperando, avrebbero detto Vash lo
scorbutico e Roderich il finocchio. Per loro: TIME=MONEY.
Ma, fatto quello che interessava, la maggior parte tornò agli abituali regali cavoleggiamenti:
«Doitsuu! Tasuketee! Prussia ci prova con Russia~!»
«Fratello, penso che tu sia un po’ troppo ubriaco» biascicò Ludwig
«Zitto, West! Non eri senza voce?» l’ammonì Gilbert.
«Doitsuu! Tasukete! Francis ci prova con tutti!».
Germania corse fino ad Italia: «C-cosa?» poi pensò “Non è una novità!”.
Italia si voltò verso Germania, l’espressione più ebete possibile sul volto.
«Cosa vuol dire, “provare”?».
Intanto Arthur veniva picchiato dal resto del Mondo, benché
senza voce – e invocava inutilmente incantesimi e Alfred vari
– e quasi in coma, causa il suo stesso cibo.
Germania giaceva a terra, in una posizione innaturale, stanco morto,
colpa del mal di testa e del non essersi ancora ripreso da un biscoso
proveniente da un mondo parallelo in cui il gusto era un optional. Ormai era un pensiero fisso.
E mentre Feliciano lo smuoveva per provarsi che ancora esisteva
esalando un ve~ dietro l’altro, Lud pensò: Tutti colpa
vostra! Tua, Arthur e anche tua Veneziano!
NOTE:
Ovviamente disseminate ci saranno citazioni hetaliesche. E non.
Altra chicca mentre scrivevo: si è impostata in arabo la
scrittura e mi andava tipo al contrario, però non so spiegarvelo
bene.
Per chi è sopravvissuto fino qui c’è un bonus-non bonus: spoileretto senza conto.
Mi è venuta in mente un’idea pazza pazza, ma forse dovrete aspettare molto per leggerla.
Dico solo che c’entra con Russia, ma non con Natalia. No, neanche con Polonia e il Trio Tremolante.
Ci siamo largamente contenute, stavolta!
Spero di aggiornare prestooo, il più presto possibile. Tipo anche domani. Spero è.è.
Thanks.
_Ayame_
|
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Capitolo 3 *** In the wood and in the rain♫ - Alla ricerca del muschio perduto! ***
hetalia xmas ed cap2
Buona lettura, tipo!
Chapter 2:
In the wood and in the rain♫ - Alla ricerca del muschio perduto!
«Doitsu!!» disse Italia nel suo lungo cappotto blu, agitando entrambe le braccia al cielo.
«Mh?» chiese Ludwig
«Guarda la neeve!» disse buttando nell’aria la neve succitata che aveva raccolto.
«Italia, noi dovremmo…»
«Ahaahh! Doits-tsu! C’è qualcosa che mi
fissa lass-sù!» disse ranicchiandosi dietro la schiena del
tedesco.
Lud impugnò il fucile e puntò lo sguardo dove l’italiano gli aveva indicato qualcosa.
Forse anche Feliciano vedeva gli stessi esserini di Arthur, chi lo sa.
Invece no; Veneziano aveva ragione. C’era qualcosa… qualcosa dietro un ramo, nascosto e … sinistro.
Un uccello.
«Feli-Feliciano, è solo un animale»
«Oh, lo potremo mettere nella pasta~».
Mezz’ora dopo, circa…
«Doitsuu» gridava Italia sempre agitando le
braccia in aria, facendosi sentire fin giù dalle Alpi Svizzere
– fatte di cioccolata tipo pura.
«Che c’è?» chiese Lud mentre
montava una tenda per non morire assiderati lì, nel bel mezzo
della tormenta.
Ripensò con rabbia a quella mattina:
«Germania» disse Polonia guardandolo da vicino tanto che pareva un punto indistinto e rosa.
«Tu andrai fuori, a cercare il muschio …»
Germania sospirò: tana libera tutti!! Andava via dalla gabbia di
matti in cui gli altri due sani mentali – o giù di
lì, ma anche no – erano tipo relegati.
«… con Italia-chan!» aveva completato Kiku vicino al camino alzando la testa nera dal block notes.
«No» aveva bisbigliato il tedesco, coperto da un urlo proveniente dalla cucina:
«Sììì!» e Feliciano si era affacciato armato di grembiule e scolapasta.
Armi s – e – r – i –e . Tipo totalmente.
«Ore-sama l’accetta!» gridò il suo
amato fratello maggiore mentre faceva una cosa diversa – trinken
birra, ja.
La mattina dopo, ancora insonnoliti e intontiti li avevano
buttati giù dal letto e li avevano sbattuti fuori come cani.
Ovvero, invece della solita bistecca, fuori avevano gettato della pasta
al pomodoro e una botte XXXXXX[…]XL di birra.
Francis e Gilbert avevano dovuto trattenere Antonio (il Bad
Trio fa colpo! Centro, quaterna e pure tombola..) alla vista del
pomodoro, mentre Romano sghignazzava prendendo in giro lo spagnolo
bastardo.
«NOOOO!» gridava Antonio, le lacrime agli occhi «Pomodoroo!»
Loro intanto erano fuori: Ludwig si era accorto del fatto e
mise il cappotto mentre Italia si era gettato a mangiare la sua adorata
pasta.
«Ita…lia» bisbigliò Germania ma
Veneziano parve non sentirlo, troppo assorto in profonde riflessioni
filosofiche – leggere a mangiare pasta come solo lui sa fare,
come solo suo fratello lo sa eguagliare.
E ora si trovava lì, con quello sciroccato del suo alleato,
a montare una tenda che non ne voleva sapere di fare il suo lavoro e di
cooperare.
Dopo un tempo indefinito (che va dalle due ore alle tre) di vani
tentativi, cinque minuti di bevuta di birra – si vantava tanto,
ma neanche lui era buono a nulla – la tenda blu era montata
più o meno decentemente.
«Italia…»
«Veeee~». Neve in aria.
«Italia…», e siamo a due.
«Veeeeeeeeee~!», altra neve in aria.
«Italiaa!» ormai Germania era completamente andato nel paese dell’I.P. (Incazzatura Perenne).
«Ve~?» chiese l’altro con una non-domanda accovacciato a terra, la neve tra le mani.
«Sarebbe ora di iniziare la nostra ricerca» cercò di ricordare il tedesco ricomponendosi.
«Ve~», Feliciano lentamente si alzò, per poi buttare su Lud la neve che ancora non aveva lasciato cadere.
«Fa freeeddo!» si lamentava l’italiano
stringendosi tra le sue stesse braccia mentre Lud – da bravo
tedesco – si adoperava a finire quel lavoro per non crepare
congelato.
Aver rischiato la vita a causa di questo l’aveva
spaventato; ma ancora di più era felice di essere lontano da
Igirisu e i suoi esperimenti culinari fatti con la cucina di Barbie
Polonia – anche se Barbie era Americana, ma forse Barbie era
anche Polonia.
«Italia, datti da fare, così torneremo al caldo, in casa»
«Va bene» disse Veneziano spostandosi e saltellando come Cappuccetto Rosso tra la neve e gli alberi.
“Ci manca solo il Lupo Cattivo” pensò
Germania tra sé, immaginando Francia vestito come il famoso lupo
delle fiabe a importunare Feliciano.
«Italia!» gridò allungando un braccio verso la direzione dell’alleato.
Ma non lo vide, e mentalmente si diede dello sciocco:
Francis, ora come ora, era sicuramente in salotto, a godersi il caldo e
bere vino… e a importunare qualsiasi essere vivente – ma
forse anche l’abete di plastica.
Borbottò qualcosa, poi sentì un grido: Feliciano.
Francia era lì, davvero?!
Corse verso quel suono e vide un baratro… e pareva alto e frastagliato.
«Italia… non avrei dovuto lasciarti andare da solo… sei troppo sciroccato!».
Si affacciò a guardare i resti del suo sciroccato
salvatore ma subito si sentirono delle risate e costatò che il
“baratro” non era altro che una zona piana tra le montagne,
una caduta di mezzo metro.
Italia rideva mentre un essere non identificato (un UFO?) gli faceva il solletico, o comunque qualcosa del genere.
«Feliciano!» disse Lud «Stai…stai bene?»
«Ma certo che sì!»
«Che animale carino!» disse pattando la testa dell’essere/UFO.
«Ma io sono Canada!».
Il silenzio scese sulla valle.
Gli altri si preparavano per una bella scampagnata, ora che il
Sole si era riaffacciato: nel frattempo altre coppie uscirono dalla
casa. Anzi, tre: Seychelles, Francis e Arthur …
«Un… un unicorno! Lo vedete, è vicino al Sole!!» gridò Arthur indicando un punto.
«Hai bisogno di svegliarti, tesoro» Francia lo spinse fuori dalla casa.
«C-come osi?» gridò Inghilterra.
E tra mille schiamazzi iniziò anche l’avventura di questi tre.
NOTE:
“Trinken” è davvero un verbo tedesco,
significa “bere”, ma visto che sembra
“trincare”, era più awesome (?).
Ovviamente se ci sono errori, ditelo – XD!!!!!!!!!!!!
A presto presto spero. (Visto, riesco a fare capitoli più brevi, yay meee!)
_Ayame_
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Capitolo 4 *** Il visionario, il vinofilo, la fish addicted più sorpresa! - alla riscossa! ***
hetalia ed cap3
Nuovo capitolo, che come scritto
a claws nella risposta alla recensione, pubblico oggi. Spero che tra
qualche oretta riesco a pubblicare anche il seguito, ma non so se ci
riuscirò. Ho il 51% di probabilità di farcela, prima devo
portare in salvo l’antico vaso!
Tornando seri ringrazio chi mi legge, che mi recensisce e chi aggiunge
questa ff – o quasi – tra le seguite/preferite/ricordate.
Thanks ♥
Bye e buona lettura.
Chapter 3:
Il visionario, il vinofilo, la fish addicted più sorpresa – alla riscossa!
Usciti dalla casa il freddo li avvolse: «Chi ha avuto la malsana idea di venire qui?» chiese Inghilterra.
Erano davanti alla casetta, spersi e infreddoliti. Chiunque
può capire Arthur, che iniziò a vedere unicorni trans e
pinguini in costume da bagno e sciarpa – il senso logico sfugge
alle Maldive.
«Beh, ci veniamo ogni anno» fece presente il francese
cacciando da non si sa dove dei bicchieri e una bottiglia del suo amato
vino rosso.
Versò elegantemente il contenuto in uno dei bicchieri che porse
poi al suo arcipelago preferito: «Mon chérie!».
«Gr-grazie» balbettò quella prendendo quanto le porgeva Francis.
«Ma, ecco…»
«Non mi dire di essere astemia, non ci credo!», era tutto
così romantico, bello, natalizio: la neve, Francis, il vino, le
rose…
«Ieri ti ho vista tracannare tre quarti di Pinot grigio!» disse il francese con aria farfallona
«Tu, brutto …!» gridò lei a tutta forza, puntando i piedi nella neve.
Si sentì tipo un bussare allo spesso vetro della finestra: era proprio per loro.
Era Romano: «Bastardo!», suggerì all’isola.
Poi scomparì, perché un tomato geneticamente modificato
– in cui tomato e geni di Ivan si mischiavano –
l’attaccò.
«Già, bastardo!» gridò lei indicandolo.
Lui si coprì la faccia con la mano libera e sghignazzo silenziosamente.
Era ora di mettersi alla ricerca!
Possibile che fossero talmente – ma talmente, ma sul serio!
– idioti da non aver preparato la legna per quell’anno,
tipo?
Evidentemente sì, perché ora loro si trovavano a far
legna. E si volevano sbrigare, altrimenti avrebbero mandato rinforzi
sgraditi.
«Cosa fai, razza di mangia lumache!» gli gridò
l’inglese vedendo “attaccato” un SUO possedimento, un
SUO territorio: Francia ci provava davvero troppo.
«Che vuoi, visionario dei miei stivali!» disse Francis bevendo un quarto di bottiglia in cinque secondi.
«Meglio mangiar lumache che morire per i tuoi piatti, neanche li riconosci!» aggiunse sorridendo sornione.
Inghilterra si azzittì; ma la ragazza sapeva difendersi.
E mentre il “Fish in Ass Attack” di Sey spandeva il suo
potere, Arthur lavorava come un matto per lamentarsi con un orso polare
sperso nel bosco.
«Ehi, ma chi è quello?» chiese Seychelles
«Vedi che non sono un visionario?» dichiarò Igirisu soddisfatto
«No, è solo Kumajiro!» disse Francia avvicinandosi
come un esperto: gli toccò la testa, poi gli diede del vino e ci
provò. Con un orso.
«Che fai, razza di …»
«BASTARDOOO!!» l’urlo di Romano arrivò fin lì. Poveretto. Poveretto davvero.
«Ecco, te l’ha detto lui» disse Seychelles indicando con il pollice la casa – o dove doveva essere.
Intanto a casa Hetalia:
«Ahaah! Tu bastardo spagnolo! Come osi! E dilla la verità!
Sei imparentato con Natalia, quella specie di stalk…»
guardò la ragazza avanzare verso di lui «brava
ragazza».
Allora Belarus se ne andò a importunare nuovamente l’amato fratello.
«Ahah! I’m the hero, I’ll save you, Lovino!»
disse, ma appena vide l’espressione da stalker e da Ivan sulla
faccia dell’ispanico, lasciò perdere e optò per un
hamburger, ancora un altro.
«Bisogna tipo ridipingere di rosa, tutto, tipo
totalmente!», disse Polonia a Lettonia, l’unico che se lo
sorbiva da giorni.
Ma d’altronde Feliks era l’unico che si sorbiva il
più piccolo dei Baltici, a meno che non si intedessero anche le
torture di Ivan come una piacevole chiacchierata.
Si sa anche che fare una piacevole chiacchierata con la metà delle persone presenti era impossibile.
«Tu, spagnolo depravato, si vede che sei amico di un francese, sai?»
«Mi querido!» gridò allora abbracciandolo e
trascinandolo su per le scale; Lovino si reggeva inutilmente alla
ringhiera: «Voglio viveree! Bastardoo!» gridava a tutto
spiano piangendo.
Uscì da un angolo qualcuno. Non ci è dato sapere chi,
come e perché. Neanche quando. (Ma che è “Pretty
Woman”?).
Accampamento Franco-anglossassone, con Sesel disperata:
I tre ora stavano riposando: Francia era spossato dai ripetuti attacchi – tutti meritati – del suo arcipelago.
«Sesel» disse.
Lei era in piedi, stava facendo qualcosa non meglio identificata
– affilare un coltello per sgozzare le due Nazioni e svignarsela
– quando Francis si avvicinò. Lei continuava a dargli le
spalle: ne avrebbe forse approfittato per accoltellarlo come si deve.
«Sesel» ripeté con voce calda e impastata; il cuore
della ragazza perse un colpo, poi lui si avvicinò, erano a pochi
centrimentri quando lui l’abbracciò e … bum! A
terra, Sey a mangiare neve!
Quel… maniaco, vinofilo, bastardo – per dirla alla LoviLovi – di un francese ubriacone!
Ma lui dormiva. Lei si alzò a fatica – il francese non era
affatto la piuma che poteva parere – e si levò la neve dal
cappotto. Rabbrividì: voleva tornare dal suo bel clima caldo, di
cui non si sarebbe più lamentata.
«Vieni» le disse Inghilterra.
Non gli rispose e si avviò alla tenda, lasciando il maniaco pansessuale alla sua triste sorte di bevone.
Entrò e richiuse la zip di quella cosa che non era una tenda:
l’inglese era stato di un’incapacità proverbiale.
«Inghilterra, veramente», disse lei, indicando dietro di lui.
«Silence!», e lei si azzittì, anche se avrebbe dovuto parlare.
«Tu» disse lui mettendole un collare da cane al collo
«quante volte ti devo dire che sei un mio territorio?».
Lei esalò un respiro: PERCHÉ non volevano capire che lei
aveva l’indipendenza dal 1976? Branco d’intontiti: delle
Nazioni che neanche sanno la storia!
Era capitata ad avere DUE pessimi tutori, senza esclusioni di colpi: un
maniaco bevone e un megalomane che voleva controllare mezzo mondo, che
rubava l’oppio e che vedeva unicorni.
Il visionario e il vinofilo.
Perché non le era capitato uno come Ita-chan? Avrebbe mangiato deliziosa pasta tutti i giorni!
Dopodiché l’inglese le disse di andare fuori. Il
guinzaglio lo tenne lui, dentro, e Sey si sentiva tanto come un cane.
«Ben gli sta!» disse, accarezzando la testolina di Kumajiro.
Tenda di Arthur, tipo:
Inghilterra si sdraiò nel suo sacco a pelo lamentandosi di
quanto fosse scomodo, quando si accorse di una strana presenza nella
tenda: «Aha!» gridava a ripetizione, finiva il fiato e
ricominciava.
«America che ci fai nel mio letto?» chiese alterato e rosso in volto.
«The hero is gonna save you!»
Le grida giungevano fino a fuori:
«Lo sapevo, ben ti sta, ora!» disse Seychelles con un sospiro accarezzando sia Kumajiro che Tony.
NOTE:
Stavolta non ce ne sono! Lo sapete tanto che Hetalia non è mio,
e neanche il film di Pretty Woman. E le solite frasi buttate qua e
là dell'anime.
Povero Lovino~
(Ringrazio claws per aver segnalato la svista~ - ondinaaa!)
Vi saluuto.
Spero vi tipo piaccia. Tipo. XD
Salutoo~
_Ayame_
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Capitolo 5 *** Pink chaos is the way, isn't it?♫ - il cavaliere rosa e la fluorescenza ***
hetalia xmas ed cap4
Nuovo capitolo tipo ~
Buona lettura, tipo.
Chapter 4, tipo:
Pink chaos is the way, isn’t it?♫ – il cavaliere rosa e la fluorescenza
Dopo il mangia pasta e il mangia patate, il visionario, il
vinofilo e l’arcipelago delle 7 sfighe era il momento che gli
altri uscissero per fare provviste, perché idioti
com’erano avevano dimenticato anche il cibo.
Uscirono in massa: Elizabeta, Roderich, Gilbird, Gilbert, Vash e Liechtenstein.
Gli ultimi due, sul carro armato dello svizzero, scesero a valle,
distruggendo quanto di fluorescente c’era – ovvero la flora.
Erano rimasti in tipo tre, tipo; Elizabeta sbuffò: lei voleva
stare solo con Austria-san, e invece si ritrovava quella sottospecie di
Nazione morta tra le scatole.
Roderich, non si sa come, iniziò a suonare un piano, che non si
sa da dove l’aveva ricacciato, ma, c’est la vie.
«Tu, razza di finocchio!» gridava Gilbert a tutto spiano «Stai inneggiando alla mia Magnifica Persona?»
«No» disse secco l’altro «sto inneggiando alla tua superflua persona» concluse.
Ungheria si commosse: anche lui voleva restare solo con lei, solo con lei. Oh.
«Ora potrei stare solo, invece ci sei tu, qui. Potrei suonare il piano come tutte le mattine, potrei …»
«Ho capito, finocchio petunia!»
«Petulante, volevi dire», corresse l’austriaco
«Sì, insomma, quella roba là!» disse Prussia gesticolando.
«Austria-san… ricordati che un giorno….
rimpiangerai quanto stai dicendo. Sei … proprio un
…»
«BASTARDO!», il solito Lovino seviziato dal solito stalker.
«Stavo per dire idiota, ma va bene anche bastardo» disse tra sé e sé Eliza, rialzandosi.
«Era riferito a te!» disse Prussia, e per una volta Ungheria gli diede ragione.
Intanto Vash e Liechtenstein tenevano una conversazione affilata:
«Mh», Vash
«Mh», Liechtenstein, voce più acuta.
«Mh»
«Mh».
«Quanta neve», provò lei a dire
«Già», tentativo di intavolare una conversazione, più che miseramente fallito.
Silenzio, solo la fluorescenza – leggere flora – che veniva ridotta ad una piadina.
«Posso mangiarla?» chiese Italia a Germania quando lo
scorbutico Vash passò di lì, per poco non investendo
anche loro.
«C-cosa?» chiese Germania.
«Pare una… piadina!», disse Veneziano indicando la strage dello svizzero.
Vi lascio immaginare la faccia di Doitsu. Anche se veramente
finì gambe all’aria, quindi immaginatela sotto la neve.
Tornando nell’ambiente cupo del carro armato, Vash tentava una conversazione – ma anche no:
«Hai lavato i miei pigiami?»
«Sì, ne ho messo uno sotto il cuscino»
«Mh».
«Svizzera»
«Mh?», cambio di intonazione, Liechtenstein cara, sei un passo avanti!
«Stai per mettere sotto un koala!»
«Ma che vai dicendo, siamo tra le Alpi!»
«Guarda avanti quando guidi! Non pensare a come puoi tornare
nelle grazie di Austria!», e Liechtenstein detto ciò gli
indicò un punto davanti a loro.
Svizzera guardò il punto – era lo schermo – e arrossì: colto in fallo.
Quella aveva ragione. Quella è sua sorella, ma a lui non fregava
un emerito tubo rosso russo arrugginito buttato in una discarica
inglese di tea avariato.
Anche gli inglesi avranno le discariche, no?
Frenò bruscamente, mettendo sotto un alce e Babbo Natale – Finlandia.
Il koala si rivelò essere Australia. Australia tornò a
salterellare tranquillamente, vestito da koala. Non era un incrocio
genetico. NO.
Con quella pettinatura ricordava un po’ troppo Austria: devo raparlo a zero, si disse Svizzera.
L’alce invece s’incazzò: «Ma anvedi questo!», disse da brava alce romana.
Ma poi Babbo Natale alias Finlandia non ‘usa’ le renne?
Hetalia Home:
Vi sarà rivelato chi uscì da quell’angolo e
perché – ma anche no – tra … insomma, quando
sarà.
«Belgio!» disse una voce, Olanda.
«Spagna» disse lei avvicinandosi pericolosamente «Spagna», ripeté.
Era lei la presenza dell’angolo.
«Oh! Ma che carino! È così … rosa!»
disse Feliks attirando l’attenzione di tutti su di sé.
Polonia accarezzava la testa di un pony. A terra c’era della paglia rosa.
«Feliks» disse Ivan con un sorriso amichevole poggiando a terra il piccolo Lettonia.
«Onii-chan» disse Natalia iperprotettiva.
«Lettonia, tu occupati di pulire, io mi occuperò di chi ha
combinato quella schifezza che toccherà a te pulire, sei
felice?»
«C-certo!» disse il bambino, spaventato, ma era davvero
felice di essere a terra e non essere più trattato come una
fisarmonica. Non sapeva se sbrigarsi a pulire, per poi forse dover
essere nuovamente torturato, oppure andare lento, con il rischio
comunque che Ivan gli tirasse una rubinettata come un colpo di golf.
Perché comunque Russia avrebbe impiegato due secondi per i suoi lavori di “pulizia”.
Ma Natalia e Ucraina litigavano per decidere di chi fosse il fratello, ed entrambe l’avevano agguantato per un braccio.
Russia provò a opporsi, ma tutto fu vano: «Vodka, vieni in mio aiuto! SPIRITO DELLA VODKA!»
«Da quanto la Vodka ha spirito?» chiese Spagna, smettendo per un secondo di stalkerare allegramente il suo Romano.
«Cioè, sa tipo fare le battute?», spiegò
meglio Polonia, perplesso a sua volta. Per come, poi, Polonia si possa
spiegare meglio.
Russia s’incavolò ancora di più e Polonia –
decise per il suo bene e per quello del rosa, e anche del pony –
che doveva scappare: perciò saltò in groppa al povero
pony e con un frustino rosa l’esortò a camminare.
La porta si aprì come per magia – ma anche no, visto che
Australia stava rientrando – e Polonia e il suo destriero corsero
verso la libertà … per i primi due metri, dopo il povero
pony non ce la faceva più e camminava alla fantastica
velocità di 3cm/m.
In quel momento Ivan era troppo impegnato per occuparsi del fuggitivo
in rosa, quindi anche Lettonia se la svignò correndo a tutto
spiano per poi tuffarsi nella sacca da koala di Australia.
«Salve, padre» rispose al suo sguardo interrogativo.
«Ciao!», disse lui, idiota, sul volto un sorriso più ebete di quello di Feliciano.
Wy corse fin lì, gli diede due schiaffi e disse: «E questo
con chi l’hai fatto? Con quell’Arthur?», chiese,
lacrime agli occhi, voltandosi.
«Ma, veramente …», ma Wy non lo lasciò
finire: «Non c’è bisogno che tu mi dica nulla»
disse mentre si voltava, melodrammatica «Ho capito tutto!
… Voglio il divorzio!».
Detto questo corse verso le scale e in un secondo scomparve.
«Sarà» disse Australia. Non era che ci avesse capito granché, eh! Non erano neanche sposati!
Babbo Natale aka Finlandia girovagava alla ricerca dei regali che gli
avevano chiesto, mentre veniva stalkerato da Svezia, che, fedele al suo
seguito, non lo mollava neanche un microsecondo.
Vash e Lili avevano raggiunto una piccola città a loro familiare. Erano a casa, tipo.
Entrarono in un negozio e iniziarono a guardare i generi alimentari – Svizzera anche i prezzi.
Eliza e Gilbird giocavano ad un gioco nuovo che il padrone di quest’ultimo aveva rubato a Matthew.
«UNO!» gridò Eliza alzando fiera l’unica carta
rimasta; ma Gilbird le ‘scagliò contro’ un
più quattro e cambio di colore. «ROSAA!»
gridò Polonia passando per di là alla massima
velocità, ma poi il pony riniziò ad andare a
velocità umana: «Feliks, rimani qui con noi!»
propose Ungheria.
Austria si toccò la testa, come a dire ‘ecco un altro
pazzo’. Dopo che vinse Gilbird, iniziò una partita a tre:
il vincitore, l’ungherese e il polacco. Poi si aggiunse la
Nazione morta più amata – anche perché è una
– e infine cedette anche l’austriaco – finocchio.
Stava diventando monotono: nessuno vinceva.
Nel piccolo paese giunse anche Lovino inseguito da Antonio.
Alla fine si ritrovarono nello stesso negozio dello svizzero e di Lili: avevano fatto una pessima spesa.
Romano si lamentò che con tutti quei soldi si potevano comprare quintali di pasta!
Rimise tutto a posto e insieme allo spagnolo fece incetta di provviste,
che parevano una coppietta. Con Lili e Vash, due coppie di coppiette:
ma loro erano imbranati, e tutti quindi osservavano la coppia Spagna,
Sud Italia.
Lo sembravano fino a quando: «Spagnolo bastardo! COME OSI??! Poggia, quella è roba crucca!».
Ecco. Fine dell’idillio. Fine della loro vita.
Il gestore del negozio era crucco, per dirla alla Lovinese.
Corsero fuori senza pagare – e ciò rinvigorì lo svizzero – e scapparono con il carro armato.
Una volta su, ricominciarono a buttare giù alberi su alberi, e rischiarono di mettere sotto Svezia.
Finlandia riuscì ad approfittarne, e scappò. Libero, libero! Era libero. O quasi.
Si scordarono dei pazzi con cui Vash e Lili avevano iniziato l’avventura e raggiunsero la casa.
Spalancarono la porta e …
23:30, notte tipo fondente – fonda, cioè – accampamento austro-ungarico-prussiano-polacco (prussiacco?):
Era la millesima volta che forse giocavano a UNO, e vinceva sempre Gilbird.
«Ti ho contagiato troppa awesomità!», scosse la testa Gilbert.
«Certo, certo, come no!» disse Eliza
«E tu zitta, lancia-padelle! Stai con un finocchio!»
«Cos’hai detto?!» gridò lei
«Devo farti lo spelling? F! I! N! O! C! C! H! I! O!»
«FINOCCHIOO!» gridò poi gesticolando con la mano come se volesse estendere la parola all’infinito.
«Brutto … BASTARDO!» stavolta non era stato Lovino, era proprio Ungheria.
Una mano gelida toccò una spalla a Prussia: «Ti ricordo
che sei una Nazione … morta», gli fece presente
l’austriaco.
A queste parole Gilbert entrò in depressione: era una bastarda Nazione morta! Bastardamente morta!
«Come hai fatto?» chiese Eliza, infatuata, a Roderich
«Semplice», disse lui. Sembravano così complici,
così… «Non mi piace essere offeso».
«Idiota» sussurrò lei
«Cosa?» chiese lui
«Ma niente … idiota», sussurrò ancora lei.
«ROSA!» gridò Polonia, facendo tornare alla
realtà del gioco Ungheria: «Quante volte ti devo dire che
non c’è!?»
«Scusa, Eliza; non potremo sostituirlo?»
«NOOO!» gridò lei, la sentirono dappertutto:
«Che paura! Doitsu, hai sentito?» chiese l’italiano.
«Mh», rispose il tedesco, che aveva la stessa
abilità di parlatore dello svizzero. Insomma, condividevano la
loquacità dei morti.
«Fa paura!», anche Gilbert era intimorito.
Lei si era calmata, però.
«Piuttosto» sembrava ragionare su qualcosa «non è che ci hanno lasciati qui?», chiese.
Nessuno volle risponderle: e come dare torto se avevano deciso di lasciarla lì.
La domanda era: perché anche loro?
NOTE:
Wy è tipo un nuovo personaggio – non mio – che rappresenta il Principato di Wy, che si trova in Australia.
Dopo aver visto questi due insieme in un disegno, versione chibi, beh~
Dovevo scrivere questoo!
So che qualche oretta non è tre anni dopo – infatti non
sono passati tre anni – ma anch’io ho le pressioni
natalizie. No, non vado fino in Svizzera, e non vado per bosci, e non
rompo nessuno, e non sono Babbo Natale aka Finlandia.
Comunque, questo capitolo era tipo pronto dalle 5(pm) però io ho bisogna dei miei controlli, si sa~ (ondina ondina!).
Sorry, a presto.
Forse domani un altro capitolo! Felici?
*La nostra felicità è paragonabile alla loquacità
di Doitsu e Vash, ndTutti, personaggi di Hetalia compresi*
Cos’è, un’equazione?
Prussia oggi ha parlato come me; “quella roba là”
Ahah XD e poi ho costretto qualcun altro a dire “certo, certo,
come no”! Ihihih C:
Fine della nota.
Fine. Fine. La finisco davvero, okay.~
_Ayame_
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Capitolo 6 *** Oh Fuck~ - the hurricane is here ***
hetalia xmas ed cap5
Buona lettura♥
Chapter 5:
Oh Fuck~ - the hurricane is here
Una volta fatta irruzione in
casa, il quartetto stralunato – Vash, Lili, Lovino e Antonio
– si trovò davanti un paesaggio … una vista
… la desolazione.
Nono, il casino totale!
Possibile che con metà mondo fuori, ci fosse quel …
bordello? No, non il bordello nel senso come la penserebbe Francis.
Russia suonava una fisarmonica lettone – Lettonia,
cioè – mentre Natalia prendeva le guance di Ivan e gli
faceva fare certe espressioni talmente buffe che Estonia lo riprendeva
e diceva: «Questo lo metto su YouTube!».
Lituania giocava ad “un, due, tre stella!” con Sealand
e Australia – che hanno tutt’ora la stessa età
cerebrale.
Korea si era arrampicato sull’albero perché Gilbird lo molestava. Uno stalker in più in famiglia!
Che poi il povero Gilbird neanche c’era là! La conclusione era una: anche Korea rubava l’oppio a Cina.
Taiwan si litigava Kiku con il cinese, che aveva costruito una
China Town vicino all’ubicazione che doveva essere del presepe.
Il caos più totale.
Poi Gilbert si arrampicò e levò la stella di Natale
– ovvero il citato omino che mangia la pasta – e ne mise
uno con sé – ma va?! – e Gilbird.
«Perché non siamo rimasti a casa, Lili? Ricordamelo!»
«Mh, per risparmiare sul cibo, credo»
«Mh, giusto».
«An-Antonio?» chiamò Lovino
«Sì, mi querido?», Spagna si avvicinò, e Romano indietreggiò.
«Io scapperei»
«E perché mai?» chiese lo spagnolo, ingenuo. Troppo.
Un paio di braccia lo catturarono: non era Lovino, che si era nascosto dietro la ringhiera.
Era Belgio: «Antonio, finalmente».
In famiglia Carriedo erano tutti stalker? O forse Belgio era stata
contagiata durante il periodo di permanenza a casa di Antonio? Mah! Per
risolvere questo mistero dobbiamo andare da Piero Angela (sperando che
la smetterà di comparire sullo schermo della tivì per
propinarci Livingstone).
«Lo-Lovino, come hai potuto abbandonarmi?»
«Ben ti sta, bastardo!», e detto questo sparì su, per chiudersi in camera sua: non era forse geloso?
Spagna poteva solo immaginarlo, mentre veniva trascinato via da una pazza isterica.
«Antonio»
«Belgio, penso che Lovinito ci sia rimasto alquanto male: vado a vedere come sta»
«Ihihih, ci penserai dopo», disse lei, continuando a strattonarlo nel seminterrato.
«Veramente Spagna-san e Romano-chan dovrebbero andare a riprendere gli altri», disse Kiku, altro stalkerato.
«Gli altri?» chiese Antonio stupidamente stupito.
«Roderich, Gilbert, Elizabeta … poi c’è
anche Feliks!» disse Russia, un lampo al sapore di rubinetto
attraversò l’aria.
«Ah»
«Allora a più tardi», disse Belgio lasciando il collo dell’ispanico e ritirandosi nella cantina.
«Chiama anche Svizzera-san e Lili» disse Kiku «Fuori potrebbe esserci la tempesta».
Ah bene.
«Doitssssu~» disse Veneziano calcando eccessivamente sulla “s”
«Che c’è?»
«Ho sentito dei-dei rumori!»
«Sarà un animale», disse Germania, rassicurante
«Noo! E se fosse… e se fosse Inghilterra?»
«Inghilterra starà a bere thé!», “sicuramente”, aggiunse Ludwig tra sé e sé.
Inghilterra al momento, invece:
«Ahahah!! Perché sei nel mio lettoooooo!»,
sembrava non finirla più, e ogni volta che vedeva Alfred, Arthur
iniziava a gridare, le mani tra i capelli.
«FlyingMintBunny, mi capisci solo tu» disse Inghilterra andando tra le braccia del coniglio invisibile.
«Ahah, Inghilterra, dove vai?», chiese ridendo Alfred
«Shut uup!» gridò l’inglese, sempre rosso
in volto «Come ti è venuto in mente di sdraiarti nel mio
letto! AMERICA NO BAKA!»
«Susu, non arrabbiarti! I’m the hero!»
«Questo non ti giustifica!» gridò allora Inghilterra.
Nella tenda fece irruzione anche Francis, che si era risvegliato:
«Andiamo ad infastidire quel Ludwig», disse tra un
singhiozzo e un altro.
«Perché no?», disse Inghilterra. Ma poi,
Francia, anche nella più totale ubriachezza, fece caso
all’ambiente e ai “dintorni”: «Oh, Angleterre,
sei rosso come una rosa in viso, e perché Étas Unis
è nel tuo letto?»
«Eh-eh! Non sono affari tuoi!», balbettò l’inglese.
«Mi fai diventare geloso, Arthur», disse il francese, calcando sulla “r”.
Francia guardò maliziosamente America che rispose con uno
sguardo idiota: se quel francese pensava di ricevere un hamburger da
lui, poteva sognarselo!
«Andiamo a infastidire Germania o no?» chiese Inghilterra.
Il gruppo di matti invece prendeva lezioni dal Gilbird in carne e
ossa, pardon, ali: ma visto che non voleva perdere la sua
invincibilità, decise che avrebbe disegnato insieme ad Ungheria
e Feliks: poi Polonia dipinse mezza foresta di rosa. Dettagli.
Gilbert, che si stava annoiando, propose di seguire le sue manie
di conquista: «Ma se sei una Nazione morta!» disse Austria,
interrompendo bruscamente la sua esecuzione musicale.
«BASTA FINOCCHIO! È tutt’oggi che mi rompi con questa storia! Senza di me, tu non ci saresti!»
«Davvero?», chiese Roderich con aria superiore
«C-certo!», disse Prussia
«Comunque sia, è passato», disse Austria voltandosi e tornando a suonare il piano.
«Perché no, poi? Possiamo infastidire West!», cercò di convincere gli altri. Che amore fraterno.
«Con lui c’è Ita-chan, giusto?» chiese l’ungherese
«Certo, tipo! Cioè, ce l’ho mandato io!», rispose Polonia
«Allora?», chiese il Prussiano
«Andiamo!» esclamò Ungheria tirando una padella
in pieno volto a Gilbert che chiese: « …
Perché?».
Elizabeta sembrò pensarci su: «Perché mi girava!».
Altri rumori e scricchiolii, Germania adesso era davvero sospettoso.
Delle pietre contro la tenda, da … tutte le direzioni.
Dopo un po’, decise che era ora di andare fuori: prese la
pistola da sotto il cuscino; Italia invece montò una piccola
bandiera bianca.
Uscì fuori, al freddo, e si trovò Inghilterra di
fronte a lui, una bomba ai suoi biscotti in mano, Gilbird che
dall’alto cercava di sganciare una miniatura di Gilbert ripiena
di sostanze non-meglio-identificate e Polonia con una bomba alla
vernice rosa.
In realtà già metà tenda era rosa.
L’attaccarono tutti insieme, provocando qualcosa di
micidiale: in realtà a metterlo KO, bastavano i biscotti di
Arthur, ma il rosa lo quasi uccise: «E ora la tua capitale
diventerà Varsaviaaa!», gridava il polacco a tutto spiano.
Quello che lo uccise completamente fu quello che uscì dalla
bomba prussiana: alcune sue foto imbarazzanti e delle riviste, quelle
di cui parlava Italia quando erano stati catturati dagli Alleati.
«TASUKETE DOITSUU!! Non picchiatemi, farò qualsiasi cosa, qualsiasi!», gridava l’italiano.
Momento di silenzio.
«Uh~! Queste sono le riviste di Doitsuu! Ve l’avevo
detto, io! Perciò mi promettete di non picchiarmi, ve~?»
Altro silenzio: Lud sembrava proprio averla presa male. Anzi. Di più.
«Ragazzi!», disse una voce, troppo bassa, ovviamente.
«Ma su, ragazzi! È Natale! Facciamo l’amore,
non la guerra! E poi, si sa, a Natale siamo tutti più buoni,
giusto?», Francia, il mitigatore delle acque, si prese un FFA
(Fish in Ass Attack) dalla “sua” Sesel.
«Sì, basta che non lo fai con me, l’amore, razza di … alcolizzato!» disse lei.
«Ragazzi, per piacere!», alzò il tono la voce
«E tu non ti avvicinare ai miei possedimenti!», Inghilterra a Francia.
«VEEEE~, non fatemi del male, non scapperò giuro! Mi
darete della PASSTA?», gridava Italia, sventolando a più
non posso la bandiera bianca e calcando sulla “s”, mentre
Polonia dipingeva di rosa la sua uniforme.
«Ora, cioè, sei totalmente più carino, tipo!» disse soddisfatto.
Poi all’improvviso indicò l’italiano: «E ora la tua capitale diventerà Varsavia!».
«Tasukete, Doitsuu~! Non voglio~!|», mormorava l’italiano.
Neanche s’erano accorti del trambusto provocato dal carro
armato dello svizzero, e neanche che Antonio gridava a tutto spiano:
«RAGAZZIII!».
Finalmente parvero sentirlo: si voltarono, mentre Francia teneva
ancora per i capelli l’inglese, Italia si ritrovava la bandiera
dipinta di rosa, Feliks dipingeva il carro armato mentre Vash gli
inveiva contro e Eliza lanciava padelle contro Gilbird ed il suo
padrone; Austria, inutile a dirlo, suonava il piano, chinando il capo
di tanto in tanto per non beccarsi anche lui una padellata o una
pennellata rosa.
Insomma, la normalità.
«Ragazzi! Ci hanno mandato a prendervi! Almeno avete fatto qualcosa?» chiese lo spagnolo, esasperato.
Svizzera era più arrabbiato di … Austria.
C’erano anche Lili e Romano: lei faceva a maglia qualcosa di
rosa, che riscosse il favore del polacco, e Lovinito si gustava la
scena.
«Noi, il muschio, ve~! Ma Feliks l’ha dipinto di rosa~!».
Mezzo mondo – in senso letterale – si voltò
verso Polonia: «Non è … non è colpa mia,
tipo! Il rosa è tipo totalmente adorabile! Mi ha tentato!».
Come non detto.
Nel carro armato svizzero si stava stretti: Vash guidava teso,
preoccupato di come potesse essere ridotto il suo mezzo, e poi
c’era quel Roderich a fissarlo. Feliks aveva già dipinto
metà dell’interno di rosa, Italia cucinava la pasta,
Francia cercava di rianimare Germania: «Beh, non mi rimane che
fare la respirazione bocca a bocca!♥», disse Francis, la
voce distorta.
«Come osi!! Maniaco!» gridò Seychelles mentre Ludwig si risvegliava.
«Lo sia che nel mio cuore ci sei solo tu, Sesel!»
«Ahah! Non ci provare!» gridarono insieme Sey e Lud tirando chi un pugno chi un FFA.
«Però ora ti sei svegliato, Germania! Mi sei debitore!» disse il francese a terra
«… Ma anche no!» disse Lud, cadendo quasi di nuovo svenuto.
«Uh~, West, questa rivista quando me l’hai fregata?», chiese Gilbert al fratello.
Ecco. Svenne totalmente.
Una volta a casa, finalmente, trovarono una situazione più
o meno normale: Nonno Roma era seduto e le Nazioni a cerchio intorno a
lui sentivano le storie delle conquiste. Territoriali e non.
«Oh~, Onii-chan vuole sentire!» disse Francia balzando
fino a sedersi, i gomiti sulle ginocchia e le mani a reggersi il viso.
«Razza di maniaco» commentò Sesel
«Roma Ojii-chan!», gridò Veneziano saltando in braccio al nonno.
«Che vergogna» sospirò suo fratello
«Romano, mi querido, non dovremmo iniziare a lavorare?» chiese, lo spagnolo, cacciando da non si sa dove un tomato.
Lovino iniziò ad indietreggiare: cosa voleva quel bastardo?
A trarlo in salvo (?) venne Belgio, che ricominciò a trascinare Antonio verso il seminterrato.
«Ahah! The hero will save you…» disse Alfred tra un hamburger ed un altro «But not, too».
Anche Belgio aveva della “Natalia” in sé e America preferì andarsene.
«NOO! America, aiutami!».
Niente. Anche America sentiva Impero Romano.
«Lovinitoo, aiutoo!», tese una mano verso
l’italiano, che lo guardava come a dire “e adesso,
fregati!”.
Cioè, “e adesso, fregati bastardo!”, è più esatto.
«NOOOOO!!!», la eco degli urli dell’ispanico giungeva fino alla porta.
«Sh, Antonio!», diceva Belgio.
«Ahah!! I’m the hero, I’m the hero!».
Ora che tutti erano di nuovo in casa, il caos era tornato.
«Casa dolce casa», disse Taiwan, serena.
«Mh», la risposta di Kiku. Non si capiva quanto fosse d’accordo con l’affermazione dell’altra:
«Che bella melodia, Nii-san!», disse Belarus, mentre Ivan suonava sempre il piccolo lettone.
«PASTA♫» cantavano i due italiani.
In effetti quella non si poteva chiamare calma.
«E già» concordò Hong Kong.
E già. Che pace.
NOTE:
Ahah~ Che dire. Niente.
Le solite citazioni eccetera eccetera~
Spero non sia normale o serio… Eh sì. E serio, lo so~.
Alla prossima~.
_Ayame_
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Capitolo 7 *** Il vino e l’awesomità perduta – la vendetta 2 (?) ♥ I’m the (fake) hero!! ***
hetalia xmas ed cap6
Altro nuovo capitoloo~. Forse non ve ne siete accorti ma~ eeeh, sì. Sono due :D
Ciò che dico oggi non ha senso, quindi, buona lettura.
Chapter 6:
Il vino e l’awesomità perduta – la vendetta 2 (?) ♥ I’m the (fake) hero!!
Dopo il caos iniziale, tutto tornò alla normalità: cioè il caos si amplificò.
Volete mettere stare a casa tranquilli e essere in mezzo a quel ciclone ambulante?
Gli italiani – tanto per cambiare la routine – avevano
cucinato della pasta. I tomati sguazzavano qua e là tra gli
spaghetti.
Un’allegra tavolata di amici che si lanciava contro insulti:
cosa c’è di più pre-natalizamente pre-natalizioso
di questo? Forse Russia che mette i tasti del pianoforte in bocca al
lettone, e i denti del lettone al posto dei tasti del pianoforte. Mah.
Guardare fuori dalla finestra era orribile: l’unico a fare compagnia neanche ti riconosce.
Romano stava amorevolmente inveendo contro Supein, quando un bussare al
vetro richiamò l’attenzione di tutti: «Posso
entrare?». Un urlo.
Tutti urlarono: chi era quello?
C’era un viso – rosso tanto e più di un tomato
ubriaco al freddo – schiacciato contro il vetro della finestra:
era spaventoso, dannazione!
«È spaventoso, dannazione, spaventoooso!» gridava
infatti il maggiore dei fratelli Vargas nascondendosi tra un gomito del
fratello e uno dello spagnolo. Sfruttò in parte anche Lud, visto
che quest’ultimo era davanti a Veneziano.
«Chi sei?», chiese America, sfacciato
«Sono Canada, tuo fratello».
E qui tutti a commiserare l’americano per non riconoscere il fratello, e compiangere quest’ultimo.
In realtà neanche loro l’avevano capito, ma questo non l’ammetteranno neanche sotto tortura da Sealand.
Sealand è spaventoso, quindi. Mh. In quel momento la pasta
tremava a un millicentilletro (?) dalla sua bocca – sporca.
«Che qualcuno gli apra!», disse Finlandia.
Islanda andò ad aprire la porta: entrò un simpatico orso, poi richiuse.
Dopo un’altra forchettata di pasta, ecco altri colpi: «Dannati bastardi, finitela con questa lagna!».
E mentre Lovino continuava con una sequela di imprecazioni via via
sempre meno carine, Feliciano disse la cosa più degna di nota
che fu detta nel corso di quella giornata – demenziale:
«Sbrigatevi, altrimenti si fredda la pasta!».
Così Hong Kong si alzò, non avendo meglio da fare, e aprì la porta: «Gr-grazie», disse Matthew.
«Ma hai bevuto?», chiese Sesel, che di ubriaconi se ne intendeva.
Quell’anno Francis era talmente con la testa tra le nubi
alcoliche alcolicose (dell’alcol, cioè), che neanche si
accorgeva dei furtarelli che puntualmente ora Canada ora Antonio gli
operavano.
«Mh», anche l’asiatico era particolarmente loquace. O
forse stava masticando un chewing-gum. O saggiava del Rum preso
di nascosto a Inghilterra. Neanche lui c’era tanto con la testa.
Fatto sta che bisognava stringersi un po’ e mettere una sedia in
più: il canadese finì tra il polacco e il lettone.
Mh. Nessuno lo invidiava.
Nessuno tranne Kumajiro: aveva un fantastico posto tra Gilbert e
Ungheria. Per lo meno non rischiava pennellate&padellate, come
l’austriaco qualche ora fa.
«Brindiamo!», propose il francese a fine cena.
«Basta che offri tu» disse lo svizzero, che quando si trattava di soldi o era di poche parole o anche di troppo.
O parlava, oppure ti sparava contro in realtà, ma fate finta di non saperlo: lo dico per non farvi ridurre a Groviera.
«Sono d’accordo», mormorò l’austriaco, già al piano.
«Che suoni, Austria-san?», chiese la dolce padellara (o
padella addicted che dir si voglia) Elizabeta, comparendo
all’improvviso al fianco di Roderich.
«Come hai fat-», stava per chiedere Austria ma si
zittì per dire «Chopin: era per esprimere la mia
frustrazione».
La padella – rosa: Feliks is looking over ya all – fu
inevitabile anche per il visino (?) dell’austriaco. C’est
la vie, tipo.
Il fantasma della Nazione – Gilbert non era più solo! Ora
poteva definirsi la Nazione morta più amata con una classifica a
dimostrarlo! – ungherese si trascinò fino al tavolo:
«Per favore, beviamo qualcosa!» e porse un bicchiere al
francese.
Piccolo momento di silenzio – da parte di alcuni – poi
Francis l’abbracciò: «Susu, per amore
c’è quanto vino tu vorrai»
«Grazie, ma …»
«Ma penso che sia disperazione!», disse il prussiano, guadagnandosi anche lui una padella in piena faccia.
Forse non era proprio la Nazione morta più amata, il caro Gilbert.
«Te lo sei proprio meritato» disse Francia riempiendo il quattordicimillesimo bicchiere a Elizabeta.
«Forse gliene serve un altro per capirlo» mormorò Ungheria
«Ma anche no!», disse il francese reggendola insieme a Canada – un Canada sempre più ubriaco.
«Supeein! Razza di bastardo patentato! Vieni qui!»
«Che c’è, Lovinito?», chiese lo spagnolo. Era un calker: un cagnetto stalkerante.
«Portami altroo vino»
«Ma…!»
«Niente ma!», disse Lovino, ubriaco più del solito.
Antonio allora andò nella cantina a rubare per il suo “querido” un pocherito (?) di vino.
Una mano gli tappò la bocca: «Spain-san», era Belgio.
«Belgi…», lei non lo lasciò parlare, tipo.
«Spain, Spain, Spain!».
Intanto su, nella sala:
«Doitsu, ve~, Doitsu, ve~, Doitsu, ve~♫ !» cantava
Feliciano intonando il tutto come ‘ Jingle bell♫’.
«Quel bastaardo di uno spagnolo, è giù da troppo
tempo: scommetto che si sta scolando tutto il mio vino, quel
dannato.», disse Romano, che lentamente si alzò dal divano
rosso di pelle biascicando: «Maledetto bastardo». Alzarsi
era proprio una fatica.
Aprì la porta del seminterrato-cantina che sbatté contro
il muro; scese le scale faticosamente, sbattendo ora ad una parete ora
all’altra, fino a rischiare di cadere giù dalla ringhiera.
Belgio ancora stalkerava Antonio quando Romano si avvicinò loro
e non vedendoci neanche tanto bene visto che aveva la testa annacquata
dall’alcol andava a caso, picchiando anche Belgio.
Cavalleria, altro che: era un cavaliere con la ‘A’ maiuscola (?).
«Tu» disse dando una manata e allontanando alla
bell’e meglio la belga «stai impedendo a Supein di tornare
da meee!» e allontanò definitivamente la ragazza.
Che romaaa –antico (due parole divise).
Stava per abbracciare il suo tutore, quando … raccolse una
bottiglia: «Gli hai impedito di portarmi il mio vino»,
disse strofinandosi il vetro freddo contro una guancia.
Risalì le scale, spense la luce e chiuse la porta, lasciando il
povero Antonio al buio con una potenziale pazza psicopatica
semicosciente.
«Uh~», disse il minore dei fratelli Vargas, «Qualcuno ha cambiato la steella!~»
Quanta innocenza: poteva essere solo Gilbert, piccolo sciroccato, a
mettere una stella con sé e il suo fido (?) animale domestico.
«Ve~, la cambierò io ora!», disse
l’italiano andando ad aprire la porta di questo cavolo di
scantinato – se i suoi muri potessero parlare…! Peggio di
‘Beautiful’ si comportano queste Nazioni – e si
ritrovò di fronte un Antonio distrutto e piangente: «NOOO!
Non voglio!»
«Ah~, mon amour» disse il francese buttandosi sullo spagnolo appena lo vide.
«N-noo!», gridò Antonio.
«I’m the hero!»
«Però perché non salvi mai nessuno?!», gridò lo spagnolo, iperstalkerato.
«I agree: Alfred, you’re an idiot!».
Feliciano era sbalzato da un angolo all’altro: poi finalmente
riuscì a saltellare giù per le scale, fino agli scatoloni
– dipinti di rosa da chissà chi – e poté
prendere la famosa stella dell’omino-mangia-pasta.
Risalì canticchiando e saltellando: «Attento», gli disse Germania, «se cadi ti farai male!»
«Ma che dici!», disse l’italiano e non fece in tempo a finire la frase che … nono, non cadde.
Però Francia gli fece lo sgambetto e finì addosso a Russia. Povero FeliFeli.
Russia però voleva un buono per andare al sole, in Calabria, e
picchiare Feliciano non era il modo migliore per ingraziarsi Lovino.
No. A malincuore, per sé e il suo rubinetto, lo lasciò
andare.
Allora Inghilterra gridò, sbattendo le mani sul tavolo: «Stregoneria! È uno stregone!».
“Ecco la fine della mia vita”, pensò il tedesco, ma
si ritrovò ai suoi piedi un Arthur felicerrimo (?) a cui
brillavano gli occhioni, e forse anche i ciglioni: «Anche tu vedi
gli unicorni?».
Lud non sapeva come rispondere; pensò di rimanere in silenzio,
ma pur di levarsi di dosso l’inglese, disse – la
verità: «Mh. Solo quando sono particolarmente
ubriaco».
Come avrete capito l’ ‘mh’ iniziale è fondamentale.
Spostiamo l’occhio (?) della telecamera – da quando le
telecamere hanno occhi? Occhi crucchi? Cioè, tipo – su
qualche altra scena, visto che l’inglese ubriaco com’era,
propose a Lud di sposarlo. A LUD. ARTHUR. Era proprio ubriaco. Il tea
l’aveva indebolito.
Intanto Gilbert ci provava con un’Elizabeta sempre più
… bevuta: «Dai su! Cosa vuoi che sia saper suonare il
piano! Puoi avere di meglio che un austriaco finocchio e frigido: puoi
avere me! Il più awesome degli awesome! Sai quanti passi avanti
faresti da me a lui?»
«Ma sei MORTO!», disse l’ungherese, senza sentire la
risposta dell’altro alla sua stessa domanda retorica.
Piccolo momento di silenzio – tranne per : «Ahah, I’m the herooo!».
«Ma ciò mi fa essere ancora più awesome!» spiegò il prussiano.
«Devo prendere appunti, devo prendere appunti!» bisbigliava il giapponese scrivendo veloce sul block notes.
«Puoi anche evitare: se vuoi posso darti un’esperienza
diretta! Sperimenterai tu stesso, e quegli appunti, li potrai
buttare», disse il francese facendo l’occhiolino a Kiku.
«RAZZA DI MANIACO!» urlarono all’unisono Sesel e
Taiwan. Taiwan rubò una padella a Ungheria, che, per essere la
brava personcina corretta che è tutt’ora, lanciò
anche lei una padellata a Francis.
Nel frattempo, Italia aveva preso la scala e stava cambiando la punta;
Ludwig da lontano guardava il suo alleato perché sarebbe stato
capace di cadere da un momento all’altro.
Infatti si distrasse un attimo per bere un po’ di birra che
Italia: «Catch me, I’m falling down, Catch me, I’m
falling down!» diceva l’italiano.
Ludwig si voltò: stava solo cantando.
E Gilbert seguì l’onda: «I’m just in awe
what’s in front of me» e indicò se stesso. Fuuu~.
Finirono la giornata giocando a UNO: «ROSA!», gridò Polonia.
«Feliks, quante volte devo dirti che NON c’è il ROSA?!», gridò Eliza, ancora nervosa.
Gilbert si sistemava i capelli guardandosi in uno specchietto: «Ma quanto sono awesome?».
«‘O specchio specchio delle mie brame, non sono il
più awesome del reame?’; perché non ti dici
così, che fai prima?», chiese Danimarca.
«In effetti, aru» concordò Yao
«Già», Islanda.
«Già, sono costretto a concordare con quel danese!», disse Norvegia, irritato.
«Ve~»
«W-West, ma non sono awesomissimo?»
«Mh»
«Ehi, cavolo!», si difendeva il prussiano.
Eh già, non contare su un fratello minore, crucco e ciucco. Tipo.
«Pììì!» disse Gilbird proclamando a
modo suo ‘UNO’ e alla fine vinse, poggiando anche
l’altra carta: era ro..rosa!!! WTF?
E continuarono a gridare per il resto della serata tra una birra, del
vino e una sangria. E le grida di Eliza contro Feliks per aver colorato
il suo mazzo di carte ♥.
NOTE:
Ci sono delle citazioni di Hetalia~ ovvio♥
E la canzone che FeliFeli e Gibo cantano è “Walking on a dream” (2008) , degli Empire of the Sun.
Un gruppo – non ne sono sicura, ma lo dico, al massimo mi corregerete :P – australiano.
“SSSalve”
“Australia, che ci fai tipo qui?”
“Tipo?”
“Eh!”
Silenzio: lui non è molto portato per le domande con una
costruzione sopra al “verbo, soggetto, compl. oggeto” al
massimo accetta l’ausiliare, ma nulla più *gli vuole bene*
“Mh… Non mi hai chiamato?”.
Sa fare le negazioni.
“No, è il gruppo che è australiano, ma non ti ho chiamato!!”
“Ah, mh”
“Dai, su non sei crucco, levati quell ‘mh’ dalla testa e torna a surfare!”
“YEEE”.
OKAAY. E ora, tipo vi chiederete che c’entra il titolo con Alfred
visto che compare pochissimo: è perché *parla parla
parla*….
Ora che sapete tutto (?) vi saaaaluto.
Ringrazio chi ha letto fino alla fine il capitolo e chi è sopravvissuto addirittura alle note! **
Vi stimo.
Ringrazio tutti, chi legge, chi recensisce, chi aggiunge questa ff tra
le seguite/preferite/ricordate e mia sorella, che dopo aver letto
quanto io scribacchio (?) mi guarda e RIDE.
Appena mi VEDE, RIDE. D:
Questo è amore sorellesco (?) ♥.
Dopo aver rotto così tanto con queste note … bye~
_Ayame_
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Capitolo 8 *** Ex C: A Lovely gift for you~ ***
hetalia xmas ed extra chapter
BUONA VIGILIA~!
Extra Chapter:
A Lovely gift for you~
Natale era vicino, vicinissimo, anzi: e lui ancora si arrovellava il cervello per fargli il regalo.
Sospirò guardando il foglio bianco davanti a sé: tutte le
idee, le aveva rigate. Non le avrebbe apprezzate, lo sapeva.
“Cosa posso fare?”, il cervello si spremeva da ore, ormai, e nulla. Non uno straccio di fucked idea.
«Cosa posso fare?», sussurrò, il pensiero era
talmente fisso che si era tramutato in parole impellenti dette sulla
punta della lingua.
Ma qualcuno lo sentì: Gilbert, matita rossa in bocca e penna
stilografica in mano – il ragazzo è molto eccentrico
– faceva un sudoku, ancora nel suo pigiama azzurrino.
Francis smise di farcire la sua torta panna, fragole e cioccolato alle nocciole per voltarsi verso di lui.
Posò la sacca a poche sul bancone, si levò il grembiule bianco e disse qualcosa a qualcuno.
Poi si sentirono i suoi passi svelti sul pavimento e uscì dalla
cucina, richiudendo la porta alle sue spalle, cercando di fare meno
rumore possibile.
Anche Gilbert fece per alzarsi, poggiò il giornale e la penna su
un cuscino, spostò pesantemente la coperta sopra di lui e
cercò alla rinfusa le ciabatte in velluto rosso scuro –
“tutto devi intonarsi con i miei occhi per essere
awesome!”, diceva ogni tanto – e lottò contro di
loro per mettere piede destro in ciabatta destra e piede sinistro in
ciabatta sinistra. Anche perché una volta giuste in posizione,
non si volevano far indossare comunque. Alla fine, il prode Magnifico
Me ce la fece: aveva portato in salvo l’antico Awesome, ora si
meritava un goccino di grappa (?).
Zoppicante si avvicinò, con la matita ancora in bocca, mentre
Francia andava verso il tavolo della sala con fare disinvolto.
«Mon ami, qu’est-ce que tu fais?», chiese, chinandosi verso lo spagnolo.
Anche se partiva avvantaggiato perché più vicino, il
prussiano arrivò ultimo. Una volta lì vicino posò
gli occhiali – rossi, ovviamente – sul tavolo in legno
massiccio. Poi poggiò la mano vicino al foglio.
«Allora?», chiese brusco Prussia.
«Mh… niente», disse Antonio.
«Gilbert», disse Francis con aria di rimprovero, lasciando
alla sua ‘r’ moscia tutto il campo possibile per risuonare,
«non sai proprio quando stare zitto!»
«Ehi! All’awesomità si può solo perdonare!», disse Prussia alzando le mani in aria.
A questo punto Francia si piegò e raccolse un cuscino che
lanciò contro l’amico. Lo stesso che mezz’ora prima
Gilbert aveva lanciato a Antonio, che si lamentava e sospirava,
disperato e indispettito: era proprio negato a far regali.
«Smettila!», gridò Prussia, «altrimenti invaderò le tue regioni vitali!»
«Potrebbe fargli solo piacere!», disse, ovvio, lo spagnolo
«Oh~, mon amour!», disse infatti il francese, solo per poi riprendere a torturare Gilbert.
Il mal di testa di Antonio cresceva in modo esponenziale.
All’improvviso nel trambusto franco-prussiano, arrivò Ivan di corsa, che si stava strozzando.
Prese il primo bicchiere che trovò sul tavolo e lo bevve, tutto d’un fiato.
Divenne rosso, poi riprese a respirare con un sonoro respiro.
Intanto il caos del Bad Trio si era placato: tutti e tre osservavano il russo.
Lui li guardò esterrefatto; alzò il bicchiere e disse:
«Chi è il pazzo che a prima mattina beve acqua e non
vodka?».
I tre rimasero in silenzio: era strano che qualcuno – eccetto
Russia – bevesse per prima cosa alla mattina un bel bicchiere di
salutare (?) vodka.
Anche altri avevano questo problema: Svizzera.
No, non della vodka! Per il regalo. Sì sa, c’è
gente che si riduce all’ultimo secondo. Era il caso di Vash.
Non sapeva proprio cosa regalare alla sua sorellina: lui d’altronde non sapeva cos’aspettarsi.
Una nuova idea, forse, come un pigiama rosa?
«Mh», rifletté (?), guardando fuori dalla finestra appoggiato al davanzale.
Decise che sarebbe andato in paese.
Mise la divisa, una sciarpa – rosa – e un capello, poi scese e si diresse alla porta, verso il mezzo.
Lasciò stare il curioso silenzio che proveniva dal Bad Trio e
dal russo, e aprì la porta e la richiuse con la stessa violenza.
Lo spettacolo che trovò fuori fu ... indescrivibile: Felisk lucidava il suo carro armato, di un rosa luccicante.
Per poco lo svizzero non svenne.
Germania, da bravo doitu-jin, aveva già comprato tutti regali. Non sapeva cosa aspettarsi da Italia, però.
E mentre rimuginava su ciò, vide che Finlandia, furtivamente, se la svignava.
Essere Babbo Natale non deve essere facile.
Svizzera si ritrovò in un discount, vergognandosi profondamente,
ma cercava di convincersi che era lì perché aveva visto
qualcosa di carino: ‘Cosa, però?’, pensò tra
sé.
All’improvviso si ritrovò a fissare qualcuno: Austria?!
Anche lui lo fissava. Anche lui si era riabbassato a un discount.
Si voltarono, entrambi rossi in volto: che figura misera.
Spagna era disperato: cosa regalare ad uno come Lovino? Cioè,
cosa? Una bottiglia di vino era troppo poca, ci voleva come minimo una
cantina! E di certo non aveva bisogno della pasta.
Uscendo un attimo dalla contorta mente di Tonio, ragioniamo: ma che
razza di regali gli vengono in mente?! Finito lo sproloquio, torniamo
al problema regali.
Un libro? Neanche a parlarne!
Decise che sarebbe andato sul campo a scegliere.
I suoi amici lo seguirono, un po’ per aiutarlo, un po’ per
farsi i fatti suoi e vederlo disperarsi, un po’ perché
Ivan voleva vodka e trovava solo acqua. E stava diventando pericoloso.
A pensarci bene, neanche Inghilterra aveva comprato dei regali per
Canada e America: con America bastava regalargli una piccola catena di
McDonald, ma non gli pareva il caso. Troppo sterline ci volevano.
Uscì dalla stanza in cui si trovava a passo svelto.
Una volta sulla soglia si guardò attorno: il silenzio. Non
c’era nessuno. I due italiani dormivano ancora, Kiku e Yao
discutevano da soli in qualche angolo nascosto, Svezia si guardava
attorno non trovando l’oggetto della sua stalkerazione e
c’era una gigantografia di Gilbert – e Gilbird, ovviamente
– con scritto “VIVA IL GRANDE MEEE!!!”, a caratteri
cubitali.
Si voltò un secondo all’interno della stanza che aveva
appena lasciato: guardò il suo grembiule con scritto: “One
day I will become the greatest chef!”, accompagnato dalla
bandiera inglese e uno unicorn; spense la luce e chiuse la porta. Era
scoccata l’ora.
Intanto ai piani superiori, qualcuno era ancora sbronzo: «Supeeein! Altrro viiiiino!», disse Romano, stridulo.
Povero Antonio, che in quel momento:
«Secondo voi questo potrebbe piacergli?»
«Ma, se prima lo fai ubriacare probabilmente sì!», disse il prussiano.
«Gilbert!», lo rimbrottò il francese.
«Ehi, è la verità! Ogni cosa detta dalla mia bocca
awesome è realtà!», si vantava di se stesso.
«E poi è già abbastanza ubriaco, ma non per quello», e indicò il possibile regalo.
«Io dico solo la verità», ribatté di nuovo, allontanandosi dal francese che voleva bicchierarlo.
In quel negozio, era arrivato anche l’inglese: «Non dire
che gli unicorn non esistonoo!», gridava come un matto.
«Ma non esistono!», gli rispose Prussia
«NOOO! Non dire così!», disse Arthur,
inginocchiandosi a terra e coprendosi le orecchie con le mani,
«Ne hai appena ucciso uno!».
«Ma cosa? AH! Gli unicorn, intendi? Ma se non esistono come
faccio a ucciderli?», chiese. Quella mattina la troppa
awesomità gli aveva dato alla testa ed era un mezzo – ma
anche totale – imbranato e cerebroleso.
«NOO! Ecco, un altro. Vai nel paradiso degli unicorn, amico mio!».
«Dai su, non fare così Arthur caro», disse il francese.
Allora il nostre eroe unicornesco alzò il viso: piangeva a
dirotto, peggio di qualsiasi visione avuta in qualsiasi anime/manga
demenziale, il naso rosso, gli occhi lucidi e tremolanti, dilatati a
dismisura.
«Ahah! I’m the hero! Have a hamburger!» disse
l’americano, comparendo grazie ad una pozione dello stesso
inglese.
«Ahah, levatemi di dosso quello!», disse indicando qualcuno
che guardava una tazza con la bandiera canadese; questo qualcuno aveva
anche un orso sulle spalle che gli mordicchiava il cappello, e
assomigliava ad America, anche se aveva i capelli simili a Francis.
Forse avete capito di chi stiamo parlando.
«Chi è?», chiese il Bad Trio. No, non l’avevano capito. Okay.
«Ma io sono Canada!», disse mentre anche i suoi occhi diventavano lucidi e tremolanti.
Nel frattempo i ritardatari tirchi si davano da fare per trovare l’articolo giusto al minor prezzo possibile.
Il via alla contrattazione era aperto.
Alla fine, Vash, per non fare brutta figura, uscì: non voleva
che dicesse a Lili che le aveva comprato un grazioso pigiamino rosa in
un discount. Uscito fuori, guardò il negozio di
alimentari&co. (no ‘company’, intendetelo come
‘compagnia bella’), ma non poteva certo entrarci: Lovino
aveva insultato – indirettamente – il proprietario e
quindi…
Sospirò, iniziando ad incamminarsi verso qualche altro negozio, ma inciampò in qualcosa: una padella rosa.
La stessa che ieri sera Eliza aveva lanciato contro Austria.
Costui si presentò, uscendo da una nebbiolina – rosa. La
nebbia c’era perché c’era (?), ma era stata colorata
da un famoso colorista (?) polacco.
«Vash»
«Mh?»
«Cosa regaleresti ad una padellare pazza? Se non le faccio il regalo, mi picchierà brutalmente».
E, in un negozio, un Prussia a caso gioì senza sapere perché.
Alla fine si ritrovarono tutti nello stesso negozietto, con Arthur e
Canada che piangevano, stretti per mano e gridavano:«GLI UNICORN
ESISTONO!!!!»; «IO SONO CANADA, NON AMERICAA!».
«Che ne dite di questo?», Antonio lo ripeteva in
continuazione, a qualsiasi passante, che rimaneva shockato dalla
demenzialità quel branco di animali selvatici travestiti da
esseri umani.
«Ahah, I’m the heero!».
Vash e Roderich furono solo il coronamento della pazzia.
Quando tornano nella casetta, c’era la bufera: ed un'altra volta
erano stati tutti nel carro armato di Vash, per sua gioia e gloria.
Entrarono come i bambini dell’asilo: «NOO! Entro prima iiiio!».
Intanto, grazie al potere dell’invisibilità (?) Canada era già entrato.
Il secondo che ci riuscì fu l’awesome naturale:
«Grazie, grazie, lo so, lo so, non c’è bisogno che
tu me lo dica!», disse parlando non si sa con chi, o forse
proprio con Canada.
«L’amour!», gridava il francese
«I’m the hero! Because of this, I must enter before you
all, guyss!», disse, strascicando l’ultima ‘s’.
«Spainn!» gridava Belgio
«Supeeein», gridava Lovino «Dove sei, fottutissimo
bastaardo! Voglio il mio vino!», continuava a sbraitare scendendo
pesantemente le scale. A questo punto, fu preso di peso da Turchia e fu
buttato nella cantina.
«NOO! Il mio vino!», gridò Francis buttandosi all’interno della casa.
Arrivò fino alla porta e cercò di aprirla: «Mi
spiace», disse Korea, sorridente, «ma lui»,
indicò Turchia «si è mangiato la chiave!». E
finì gesticolando e battendo le mani nascoste dalle lunghe
maniche.
In quel momento Sadiq si voltò: stava proprio ingoiando la
chiave: il francese si gettò su di lui ma non riuscì a
portare in salvo la chiave, a differenza di Gilbert che aveva portato
al sicuro l’Awesomità perduta – o A.A., cioè
Antico Awesome.
Forse era di Sacro Romano Impero, ed era per questo che era scomparso.
«Scusate», ragionò un attimo lo stesso, «ma se
anche Impero Romano è scomparso, ma spesso compare, anzi compare
più di Gilbert»
«Ehi» protestò il diretto interessato «Ma IO sono AWESOME!»
«Fammi continuare: non vali come esempio perché sei una
Nazione morta», disse HRE, e Prussia si buttò nella
cantina, non si sa come. Si udivano la sua voce e quella di Lovino
litigarsi il tanto amato vino del francese.
«Begli amici», commentò Francis.
«Mi volete far parlare un attimo?», esplose HRE. Silenzio,
si ricompose: «Se Impero Romano compare più di Austria e
anche di Svizzera», onde d’odio da parte di questi due
partirono, «perché io non compaio quasi mai?».
«Perché tu, piccolo idiota, saresti lui!», e detto
questo Impero Romano – comparso dalla solita nebbiolina rosa
– indicò Germania, in un angolo, che ascoltava della
musica a tutto volume.
Per fortuna.
HRE si dissolse, scontento. Nella solita e rompiscatole nebbiolina rosa.
«Nooo, il mio vino!», gridava il povero e spiantato Francis, andando troppo in là con Seychelles.
«MANIAAACO!», gridò lei.
Lui si allontanò, la guardò con occhi sgranati, poi
sorridendo disse: «Non sono io, mi disegnano così!»,
disse mettendo una mano su un fianco, e un'altra su una guancia.
Quella sera i soliti ritardatari si ritrovarono tutti in una stanza, per impacchettare i regalini. Ma che doolci!
Fondarono un gruppo su FB, i “S.R.”, appunto i
“soliti ritardatari”, che in meno di cinque microsecondi
ebbe 700.000 fan.
Inghilterra aveva provveduto per Canada con una freccia rossa che
segnalasse la sua esistenza; ad America, eh… degli
‘amorevoli’ – ma anche no – biscotti MADE IN
ENGLAND.
Vash e Roderich avevano avuto molta inventiva: uno un pigiama rosa con
ciabattine coordinate, l’altro uno spartito musicale dedicato
alle padelle e una nuova padella, anti-aderente, per potere picchiare
in tranquillità anche quando si sta cucinando, senza rischiare
che fastidiosi lembi di pelle rimangano attaccati al fondo
dell’arma/utensile.
E Supein, beh, una bottiglia di vino e un completo pantalone rosso e camicia con tomati.
Mh. Ottimo.
E anche per quella sera, la casa era sopravvissuta.
NOTE:
LO SO: non ditemelo. Questo capitolo è terribilmente serioso e
sdolcinato. Ecco, forse un po’ sdolcinato. Ma giusto un
po’, perché … non lo so perché.
Comunque non ricordo mai ciò che devo scrivere alle note,
perciò andrò per sommissimi capi (?): ‘uno
unicorn’ l’ho scritto così perché ‘un
unicorn’ suona malissimo alle mie orecchie.
Poi ‘Non sono io, mi disegnano così!’, lo diceva Roger Rabbit.
Poi~ mh. Non ricordo più, perciò grazie a TE! Te che hai letto.
Spero che questo EX C (EXTRA CHAPTER) sia tipo piaciuto, e che non sia da meno degli altri.
PS: È probabile che il prossimo capitolo lo aggiorni stasera, forse anche tardi, come ho fatto ieri. Sorry. ^^".
_Ayame_
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Capitolo 9 *** Just play together~! - die Krippe♥ ***
hetalia xmas ed cap7
Buona lettura~
Chapter 7:
Just play together~! – die Krippe♥
Toccava fare il presepe: decisero di lasciare tutto nelle mani dei più artistici. Ovvero Feliciano … e Feliciano.
Ad aiutarlo suo fratello Lovino, Lettonia, Sealand, Hong Kong e
Giappone. Insomma, una baraonda di gente che – tranne per Lovino
– aveva la capacità organizzativa che Veneziano non
possedeva.
Ma escludiamo anche i bambini, visto che stavano là per levarli dalle scatole altrui.
Ludwig s’impegnava come supervisore sul branco di simpatiche canaglie.
«Allora, ve~, abbiamo bisogno di un supporto, le montagne, il
cielo, gli alberi i pastori!», gridava come un matto Feliciano.
Intanto, Gilbert si lamentava: «Ahah! Hanno levato la punta
Natalizia con Ore-sama!! E pensare che der Tannenbaum l’ho
portato io!», gridava imbestialito.
«Su, sai che quest’anno è esperimento all’italiana!», cercò di convincerlo Antonio.
«Zitto tu! Hai sotto tutela quel razza di teppista, fratello di
quell'italiano là», il concetto ero contorto, ma si capiva
più o meno.
«Come ha OSATO sfiorare la Mia Magnifica Figuraa?? COMEE?»,
disse attorcigliando l’innocente foglio che aveva tra le mani.
‘Meglio non dire niente’, si dissero con sguardo d’intesa gli altri e due componenti del Bad Trio.
Cioè, gli altri tre: il Bad Trio comprende anche Gilbird –
in realtà lui è la mente di tutti, nonché il
più awesome, anche di Sua Awesomità Gilberto –
perciò il realtà il trio è formato da quattro
esseri: una rana, un uccello/canarino (o chissà che), un tomato
addicted e un Ore-sama. Mh. Male.
«Facciamo qualche gioco di gruppo!», propose Russia.
«Sìì», disse Francia entusiasto.
Sia Ivan che Francis pensavano a dei ‘giochi di gruppo’ che gli altri non apprezzavano.
Così, da un vecchio ripostiglio, il Trio Tremolante (T.T,
proprio degni di uno smile piangente) tirò fuori un gioco
diverso – grazie al cielo – da UNO.
Ormai Gilbird rischiava il linciaggio, povera creatura (?).
«Monopoli!» disse Lettonia strappando dalle mani di Toris il gioco e correndo felice fino al tavolo.
«Sìììì ♥! Invaderò le vostre regioni!», si rianimò il prussiano
«Vitali e non!» precisò Francis facendo l’occhietto a Seychelles, che lo picchiò.
«Sei così ripetitivo!», disse lei.
«Eliza, le tue regione vitali saranno mie!», diceva Gilbert.
«Sìsì» disse lei mentre una padella partì per schiantarsi contro la faccia del Magnifico Me.
Polonia, a cavallo di un pony, arrivò, soffiandosi sulle unghie: smalto rosa shocking messo a mani e piedi.
Scese, in stile amazzone rosa e si sedette vicino a Lituania.
«Toris, tipo, cosa ne pensi di questo rosa, cioè? Non è rosa, totalmente?», chiese.
«Mh», sorrise imbarazzato.
Un volto si affacciò: Ivan lo salutava sventolando un rubinetto.
Aprirono il tavolo: «Io voglio essere il poony!», disse Polandia (?)
«Quante volte devo dirti che non c’è!!», Eliza era fuori, totalmente fuori di sé
«Quello era UNO! Tipo», disse il povero polacco
«Oh, scusa!», disse lei.
«Voglio essere il fungo!», Polonia
«Ma che dici mai!», Ungheria.
I soliti.
«Voglio mettere trentadue alberghi!», Korea
«Io cinquantatre McDonald»
«Io metterò delle piantagioni di tea»
«Io delle piantagioni di Hamburger»
«Non si può!»
«Allora non esistono neanche gli unicorn!»
«Come noo?».
E tra uno schiamazzo ed un altro iniziò la benedetta partita.
Di quanti soldi spettavano ad ognuno se ne occupò Estonia.
«Su, sbrigati», disse Ivan, un sorriso innocente sul viso.
«S-sì!», disse il malcapitato.
«Eh», si guardò attorno, passò lo sguardo
sulle troppe presenze: «Ehm, non credo che i soldi siano
abbastanza».
«Mh»
«Mh»
«Bel modo di risolvere il problema, aru!», disse il cinese
«Allora dì tu qualcosa!», protestò l’inglese
«Zitto, oppiomane!».
E mentre i due bisticciavano, si decise che si poteva fare, in un modo o nell’altro.
«A chi tocca per prima?», chiese Russia
«Usiamo i dadi!» disse Germania prima che scoppiasse di nuovo il casino.
«Sìì» disse Impero Romano saltellando fino a
lì, al seguito Impero Germanico (lunga chioma bionda, o bella criniera, per gli amici) e Ancient Greece e Ancient Egypt.
Mentre si sedevano, c’era chi lanciava i dadi, chi beveva vino,
chi mangiava, chi flirtava, chi si soffiava lo smalto, chi discorreva
con uno unicorn. Ovviamente, non c’è bisogno che si sappia
chi. È ovvio; una persona, poi può fare più cosa
insieme.
Il primo a lanciare fu Russia, poi gli altri: a chi usciva un numero
più, alto, girava, inconsapevolmente un dado – ma anche no.
Alla fine toccò a Belarus: «Nove!», gridò.
«Russia-san, a te quanto era uscito?».
Lui prese il foglio con le annotazioni e scrisse “6” al
posto di “11”, mentre diceva: «Sei, sei,
Natalia!»
«Ah, onii-san, tocca prima a me».
Lanciò di nuovo i dadi: sei. Finì su “Hong Kong”.
«Ce l’ha qualcuno?», chiese innocente – come solo suo fratello poteva essere.
«I…io!», disse Ucraina
«Kekkon kekkon»
«Ma-ma noi siamo sorelle, perciò…».
Intanto, Veneziano cantava allegre canzoni natalizie; Lovino
l’accompagnava con il mandolino; Hong Kong faceva il ritmo (?)
con le maniche e Kiku seguiva le istruzioni dell’italiano per poi
applicare leggi anti-sismiche.
L’impalcatura era su buona strada, soprattutto grazie al giapponese.
Alcuni turni dopo:
«Di chi è Londra?», chiese Ucraina
«Mia», disse Natalia, porgendo una mano
«Ah. Mh.»
«Mi devi 75€»
Questo è amore sorellesco (?) ♥.
«OH~, devo andare in prigione senza passare per il via!», disse Lili.
«Ti verrò a salvare io, con il mio carro armato,
Liechtenstein», disse Svizzera, che prese la sua miniatura
– un carro armato, rosa – e la portò fino lì;
finse di rompere delle pareti facendo dei versi, mentre la sorellina
rideva.
Tutti li guardavano come fossero idioti; ma non capivano che la
differenza era che tutti – Vash e Lili compresi – erano
idioti? A quanto pare, no.
«Oh, sono su Varsavia, la compro!», disse Feliks, felice e
rosa come non mai «Tutto sarà come deve essere:
rosaaa!».
«Mh, tocca a me», disse Lud, buttando un’ultima occhiata al presepe che procedeva.
«Venezia, di chi è?»
«MIA!», disse subito Veneziano «Dopo faccio un albergo
così ci andiamo tutti insieme, okay? Ci sarà una grande
pista da ballo, una cantina e uno chef che cucina SEMPRE pasta!»
«Buona idea, Felciano!», disse Francia, malizioso, mentre il povero Doitsu arrossiva.
Eh no, non ci siamo.
«Roma!», chiese esausta Taiwan
«Mia», disse acido Lovino mentre Nonno Roma:
«Tessoro» alche tutti pensano “?” «ma
è MIA!».
«A parte gli scherzi!», disse lei.
Silenzio, mentre Nonno Roma ancora vaneggia: «Nonno, guarda che Roma ora è mia!», disse Romano.
«Lo dice anche il mio nome: Roma – no!!».
Altro silenzio.
Kiku si piegò: «Veramente la carta con Roma è qui!», disse dopo essersi rialzato.
Silenzio penoso.
Dopo mezz’ora, il presepe era a buon punto: c’erano le
montagne, il cielo, le stelle, i pastori, le locande, altri personaggi ... il muschio rosa.
«Ve~», Italia era felice.
Intanto, dalla cucina un tonfo. Avrete capito chi era.
No, Doitsu giocava, e no, Inghilterra non aveva fatto altri biscotti
– tranne quelli per Alfred – quindi nessuno era stato
avvelenato.
Era Finlandia che era tornato dal suo giro di compere:
«Quest’anno finirò in banca rotta!», disse
guardando il portafoglio, ormai pieno di soli spicci.
«Monaco! Chi ce l’ha?»
«Io»
«Monaco?».
E tutti giù a ridere: Monaco ha Monaco? Ma LOL!
Intanto lei continuava la sua partita a Poker con Gilbird. Che stava avendo la meglio.
Ma si sa: fortunato con le carte, sfortunato in amore. Per questo
Gilbert forse non aveva successo: come si contagiava
l’awesomità, anche questa legge seguiva la regola.
Momento di pausa, il presepe era quasi finito e tutti osservavano le ultime strategiche (?) mosse di Feliciano l’artista.
Lovino suonava, teso anche lui.
Inghilterra si avvicinò a Francia dicendo: «Oggi mi hai lasciato solo a cucinare quella cavolo di torta!».
Francis rise sotto i baffi: «Antoine aveva bisogno di me», si giustificò.
«Ma anche no!», disse l’inglese
«Anche tu influsso nonciclopedico?», chiese il francese.
Momento di imbarazzo; Igirisu arrossisce appena: «Sì», ammise infine.
Una volta finito, ognuno voleva mettere qualcosa di personale:
bisognava che rappresentasse tutti tutti, non solo i fratelli Vargas.
Quindi le figure delle più disparate etnie comparirono.
Chi mise un famoso poeta, chi una citazione.
«Non pensi di aver già dato?!», chiese Svizerra
a Polonia, chee voleva mettere altro rosa; lui trillò
allegramente: «Ma anche no, tipo!»
C’erano tutti. E già.
«Ci siamo ridotti all’ultimo giorno», disse l’inglese
«E già», disse Finlandia spuntando dal pavimento come un fungo.
«Pazienza», disse Lud
«È un bellissimo lavoro» disse Kiku
«Mh».
«Allora prepariamoci a festeggiare il Natale~!», disse Feliciano, entusiasta.
«Sì!».
E allora sgombrarono il tavolo e, chi in cucina chi in salotto, si diedero da fare.
NOTE:
Note veloci velocissimeee!
Tannebaum è l’albero di Natale in tedesco. "Die Krippe" è il presepe.
Poi, veramente l'Impero Prussiano portò la tradizione
dell'albero di Natale in Europa! E c'è anche una nota storica! **
Per errori mi scuso sistemerò appena posso.
EDIT: 25/12/2010-->Ho corretto qualche errore, ma devo rileggere
meglio. Comunque, per quel “ Roma – no”,
significherebbe “di Roma”, quindi Lovino intende qualcosa
tipo: ‘ehi, guarda che il mio nome lo dice, cocco bello’
(?).
_Ayame_
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Capitolo 10 *** Il giorno del giudizio Mondiale ~ be happy ♥ Bon Noël, mes chéries ***
hetalia xmas ed cap8
Buona lettura e Buona Natale♥
Chapter 8:
Il giorno del giudizio Mondiale ~ be happy ♥ Bon Noël, mes chéries
Quella mattina non era una mattina come le altre. Oh no: era il 25/12/2010. Natale.
Italia si svegliò
già con l’euforia nelle vene e decise che si sarebbe
alzato subito; sfortunatamente, disordinato com’era,
inciampò nelle sue stesse ciabatte.
Non per questo perse l’entusiasmo; decise che avrebbe svegliato tutti così poi da andare giù insieme.
Cattiva idea.
«Ve~, Lovino! Sveglia, è Nataaale!», disse
scuotendo il fratello neanche dovesse smuovere il carro armato –
o peggio, una decisione – dello svizzero.
«Mh, quanto chisso! Razza di…», stava per
completare la frase Romano, ma suo fratello gli tappò la bocca:
«Eh no! Oggi è Natale!».
E detto questo, tornò a salterellare allegramente per poi
dirigersi alla porta di Germania, senza pensare che molto probabilmente
Lud era già sveglio.
Con la mente, non grazie a chissà quale miracolo, riuscì a tornare alla sera precedente:
Avevano levato il Monopoli in cui tre Nazioni su quattro avevano
rischiato la vita, si era preparati alla bell’e meglio,gli
italiani avevano cucinato insieme al francese che aveva un sorriso un
poco tirato.
“Chissà perché~!”, aveva pensato
Feliciano: Francis in quel momento doveva essere uno dei più
felici.
E tra un brontolio da parte di Lovino, un “ve~” di
Feliciano e i sospiri di un francese, la cena fu pronta e anche servita.
«Buon appetito!», si erano detti, Veneziano&bambini con il cappello rosso già in testa.
Anche Elizabeta era solare, tutti erano allegri. Beh, era Natale e stavano mangiando a sbafo, quindi chi non li capisce?
Francis disse a Germania: «Quanto si vede che sei tedesco» e accennò al piatto pieno di patate.
«Mh», allegra risposta di Lud.
Era un tremendo caos, ognuno parlava con l’altro, ma
l’altro non rispondeva perché parlava con qualcun altro
ancora, per finire la catena con Arthur, che discorreva con uno unicorn.
Dopo cena, e aver tralasciato di lavare i troppi piatti, avevano
costretto tutti a mettersi il buffo cappello rosso con le stelline che
si illuminavano e avevano cercato di passare il tempo.
Gilbert rideva come un matto alla vista di Roderich (“quel
finoccio di Roderich”) con quel cappello e quelle stelle
luminescenti: Austria infatti aveva un’espressione … come
dire, entusiasta ma anche no della sua stessa visione.
Il succitato Megalomane Magnifico Me (M3), invece si contemplava
nello specchio, facendosi da solo commenti sdolcinati e sussurrando
parole non meglio precisate.
«Razza di narcisista!», aveva sbuffato il maggiore dei fratelli Vargas: ma come poteva non capire?
«Questo rosso diviene così awesome con me!», spiegò Prussia.
«Fra-fratello», disse il tedesco, che a stento non correva a lavare i piatti.
«West, complimenti!», disse Gilbert con aria complice
«C-come mai?». Ludwig non si aspettava tutto questo sentimentalismo da parte di suo fratello.
«Come ‘come mai?’! Hai un fratello che più awesome non si può!!».
Ovvio, ma c’era altro da aspettarsi? La festa era appena
iniziata, suo fratello era già partito e lui già aveva
provato circa trecentocinquanta volte la voglia irrefrenabile di aprire
la porta, rubare il carro armato a Vash e … scappare scappare!
Il più lontano possibile, stile Feliciano.
Intanto Roderich – stranamente, forse anche lui aveva bevuto
– suonava il piano accompagnato dai due italiani e ovviamente dai
soliti bambini pucciosi, ma che tutte le Nazioni non volevano in giro.
Russia faceva il ritmo con il suo rubinetto su Nazioni a caso,
Feliks ballava con un pony, Latvia veniva suonato da Ivan – che
ha l’incredibile potere di fare più torture insieme
– poi c’era Ungheria che aiutava il russo con la sua
padella, saltando da Austria a Gilbert, da Gilbert ad Austria.
Gilbert nel frattempo flirtava con se stesso nello specchio vicino
al piano; Gilbird era parte attiva del coro; Inghilterra discorreva
piacevolmente con uno unicorn dipinto suo malgrado di rosa e
FlyingMintBunny:
«Perché, dicevamo, quel francese, ma lo vedete! No,
quello non è un francese! Si vede lontano un miglio!»;
«Come faccio a capirlo? Diciamo che li conosco, ma non sono
amici. Ma quante domandee!», si lamentava.
Il vino del francese aveva fatto colpo da tempo, tutti a bere e
tutti uniti, a cantare a squarciagola, intonati quanto una campana
russa (?).
Tutti erano talmente ubriachi che Gilbert e Roderich ormai ballavano abbracciati e si fingevano soubrette francesi.
«Doitssu~», chiamò Veneziano
«Mh»
«Devo farti una domanda»
«Mh».
Non serve scrivere chi disse tali, seguenti idiozie.
«Perché il Pan degli Angeli si chiama così?»
«EH?», Lud era shockato, tanto che parlò anche.
«Cioè, perché si chiama così?». Anche lui era stato contagiato dal verbo polacco.
«E ora la tua capitale diventerà Varsaviia!» disse Feliks.
«Non lo so, è il nome di un prodotto», rispose Lud, ignorando volutamente Polonia.
«Ma non è mica grattugia di angeli, ve~?», chiese il piccolo (ha venti anni, cioè!) spaventato
«No, è solo il nome di un prodotto, Feliciano!», non sapeva se provare pietà o innervosirsi
«Quindi il Pan d’oro non è fatto d’oro?»
«No. E…» lo bloccò Ludwig prima che gli
chiedesse quello che sicuramente stava per chiedere «Neanche di
grattugia d’oro»
«Quindi se lo mangio non muoio?»
«No, Feliciano, no!». Ecco ora sapeva cosa provare: IP (incazzatura perenne). Poveretto.
«E il Panettone?», Feliciano insisteva.
Lud gli passò il suo gatto: sacrificare un gatto per la
sanità mentale era cosa buona e giusta… per tutti tranne
che per Heracles, che disse di farsi vece dei diritti del povero
animale e che gli avrebbe fatto causa.
Si sarebbero risentiti, insomma.
E Feliks ricacciò un'altra volta quel gioco terribile: Monopoli.
«Ecco i soldi», disse Svizzera, visto che di Estonia
non ci si poteva fidare: prendeva bustarelle. Contentini. E sinonimi
vari.
«Berlino» disse America «Chi c’è
l’ha? Ho cercato sulla cartina dell’America, ma non
c’è nessuna Berlino», si giustificò.
«Oh my God!» l’inglese aveva ragione: cercare
una città europea su una cartina americana e il bello era che
tutto ciò per un gioco.
«Io!!», disse Ungheria
«Vedi che siamo uniti dal destino?», disse Gilbert
«Ma anche no!», protestò lei, alterata.
Alcuni turni dopo:
«Mosca!», chiese Egitto
«Mosca può essere solo mia! KOLKOLKOL!»
Russia-san poteva essere più spaventoso che mai a Natale. Non
ditelo al piccolo lettone. Lo sa già.
Comunque, non usciva fuori chi avesse Mosca: «Ce l’ho io!» disse infine Belarus.
Stalkerare anche a Monopoli: questo è amore.
Il russo dava testate al suo rubinetto.
Finlandia poi sparì. Chissà come mai. E Svezia anche. Chissà come mai.
Ci arrivarono tutti, ovviamente, men che meno gli imbecilli adorati di cui parliamo.
«Varsavia, ve~! Chi ha Varsavia?», chiese Nord Italia
«IO! E ora Varsavia diventerà la tua capitale!», gridò Feliks
«Buuu~ Doitsuu! Tasuketee! Pata pata, pata pata!»,
diceva Feliciano, sventolando la bandiera bianca da viaggio, compatta e
comoda (?).
«Feliks, hai proprio esagerato con il mio povero nipotino!», disse Impero Romano, piangendo o fingendo di farlo.
«Già, razza di bastardo!», gridava Romano mentre Antonio lo tratteneva per scopi di lucro (?).
«Feliks, preparati a mooorire!», disse il russo.
Per fortuna la carneficina fu interrotta da uno scampanellio: tutti andarono fuori, era Babbo Natale aka Finlandia!!
«Yeee~!» gridavano i due italiani saltando sul posto,
insieme agli altri bambini, quindi Lettonia, Sealand e Australia. Ma
forse metà mondo doveva partecipare. O interamente.
«Ohohoh (?), Buon Natalee!» gridava il finlandese
lanciando doni qua e là: «Yuppi!» gridavano in
molti, per poi dire che era il vicino, che affermava fosse stato il suo
vicino, fino ad Arthur, che affermava fosse stato il suo unicorn, ma
nessuno gli credeva. Arthur però aveva ricevuto due doni: uno
per sé e uno per America …
«Doitsuu~, sveeglia!», disse Veneziano tempestando la porta di pugni ritmati.
«Sì, mh, sono sveglio»
«Chi è il casinaro che è sveglio a quest’ora del mattino?!», urlava suo fratello.
«Oh» si lamentò Germania.
Italia procedé con la sveglia: ricevette una padella in
volto, una sviolinata da parte di un austriaco, una minaccia di morte
da parte del fucile di Vash, una pennellata di rosa, una
‘pattata’ russa, un “kekkon kekkon”, un tomato
in faccia e una proposta che non capì – meglio per lui
– da parte del francese. Ah, e un gatto lanciato in stile
“signora-pazza-dei-Simpson” da parte di Heracles.
La solita routine.
E poi si ritrovarono tutti intorno all’albero, una melodia
suonata dall’uomo invisibile – no, non Canada – e
metà mondo si voltò a vedere chi fosse: Austria.
Ungheria volò fino lì, come un fantasma: «Austria-san, vieni a scartare i regali con noi».
Spaventato, Roderich la seguì fin sotto l’albero.
«Allora, è il momento dello scambio!», disse Finlandia.
Iniziamo con… mh una coppia a caso: America e Inghilterra.
«Bro! Here you are! Have a nice Christmas!», disse
porgendogli un regalo, incartato più che male, la carta
macchiata di ketchup e maionese.
«Ehm», disse l’inglese schifato.
«Thanks, you too, baka!», la cortesia non faceva parte
di lui in quel momento. Gli passò una scatola con una carta
rossa opaca con un po’ di vischio.
«OH~!! Food!», disse l’americano felice, abbracciando la scatola.
«Ce n’è anche un altro», precisò
Arthur indicando un pacco enorme, incartato male: si vedeva lontano un
miglio che era un mobile.
«Ma Bro, grazie, non dovevi! Ahah! Con questi mezzi
l’eroe mangerà e sarà carico d’energia per
salvare il Mondo!» e così se ne andò.
L’inglese aprì la scatola: un hamburger mezzo mangiucchiato era il suo regalo. Lo andò a buttare.
«Doitsu, ecco il mio regalo!» disse l’italiano passando al tedesco una scatolina compatta.
«Danke», disse il tedesco, chiedendosi cosa mai
potesse essere, «Ecco il tuo» e diede al suo alleato un
pacchetto sobrio. Lui in fondo era tedesco.
«Oh~», commentò Feliciano entusiasta
«cento buoni “Tasukete Doitsuu”! Grazie!» disse
saltando al collo di Lud compensando in un secondo gli 8 (centi)metri
di differenza d’altezza.
«Dai, su ora tocca a te!» esortò l’italiano.
Germania, pensando a tutti i regali più bizzarri possibili
racchiusi in quella scatolina, l’aprì, spaventato.
C’era un’asticella; la tirò fuori e si
aprì una bandiera bianca con scritto “Mi arrendo,
Germania”.
Oh my … il tedesco grazie al cielo fu privato della
capacità di proferire parola, perché non si sa cosa
avrebbe potuto dire.
«La puoi anche usare con le ragazze».
«Italia…» stava per dire qualcosa quando
Veneziano, fraintendendo il tutto: «O non c’è
bisogno che mi ringrazi!», e detto ciò Italia si
volatilizzò verso suo fratello.
L’unica cosa positiva: allegata c’era anche una botte
– ovviamente in cui le ‘X’ si sprecavano davanti ad
una sola ‘L’ – di birra.
«Lovinito! Ho comprato … ho comprato un regalo per te!», disse Spagna
«Sarà una bottiglia di vino: che
novità!», disse la bocca di colui che sta attaccato alla
bottiglia dalla mattina al mattino dopo.
«Mh, veramente no!», disse Antonio nascondendo la
bottiglia sotto l’albero: «Tieni», disse porgendo il
pacco con i vestiti, subito commentati da Lovino: «Ma che razza
di roba mi regali!».
La carta decorata e scritta era stata stracciata: tanto impegno e soldi per degli insulti. Mh, buono.
Lovino lanciò un pacchetto al suo tutore: «Bastardo, prendi!», disse come se si riferiva ad un cane.
Supein si stupì: un tomato!
«Grazie, è bellissimo».
Si sa, Supein non è normale.
Passiamo a Polonia: «Toris, cioè! Questo è per te!», una scatola rosa sotto il naso di Lituania.
Dentro, un set per capelli (?) con un pony – rosa – vestito da parrucchiere.
«Mh, grazie, questo è per te» e l’altro
gli passò un pacco. Non era molto convinto del regalo ricevuto,
ma Feliks non ci fece caso.
Il pacco vero era stato sostituito da Ivan, cosa ci avrà messo?
«Un rubinetto? Mi vuoi morto?» gridò il
polacco, in lacrime. Toris cercò di calmarlo, poi buttò
lo smalto rosa sul rubinetto e disse: «È per difenderti da
Ivan; ed è anche rosa!».
Così si trasse dagli impacci. Più o meno. Ma in quel momento....
Russia-Bielorussia:
«Kekkon kekkon kekkon! Onii-san, eccoti il tuo regalo!»
«Grazie, Natalia» disse Ivan respingendo la sorellina con il rubinetto.
Le porse un regalo: lei lo aprì, emise un singulto. Cosa aspettarsi?
«Che. Cosa. Mi. Regali. Mai??» gridava come un’ossessa.
Pony rosa e vestiti più larghi di una misura della sua. Rosa.
Austria-Ungheria:
«Austria-san ,che bella padella!». Sapeva che
l’avrebbe apprezzata: «Ho scritto anche un componimento per
la padella!» e detto ciò la nuova padella si
scontrò con la sua faccia.
Francia-Seychelles:
«Mon petite fleur, ecco un regalo per te!»
«Merci, Francis» disse lei facendo un mezzo inchino:
annusò un mazzo di fiori, e guardò la scatola di
cioccolatini e dolciumi vari. Poi sentì che Francis si
avvicinava un po’ troppo, e che la sua espressione era degna del
peggior maniaco mai esistito – ovvero lui stesso.
«FFA Powah», gridò lei
«Mais je t’aime!» disse lui, a terra.
«Certo, come non sei maniaco !» disse e allora Arthur le mise un collare: «Vieni».
«Bene, che bravi tutori~», commentò tra sé l’arcipelago.
Ovviamente tutti scordarono di fare il regalo a Canada, tranne
Francis – del vino e un buono “ruba il vino a
Francis!!” – e Cuba – legioni e legioni di gelato
parlante – ma visto che lo scambiò per America …
Per poco i suoi capelli biondi non andarono a fuoco. Detto tutto.
Infine – perché sono troppi, lasciamoli stare che
altrimenti domani finiscono questo pietoso scambio – decidono di
andare fuori a giocare a palle di neve.
Una volta fuori, tutti cercarono di tenersi lontano dalla portata di Natalia, più spaventosa di Ivan.
«Vola vola vola!» diceva Russia a Lettonia.
Ora immaginate il “vola vola” che Russia può
far fare a Lettonia. Il piccolo aveva la faccia mezza viola, lo stomaco
era sotto sopra e aveva invertito il giorno con la notte.
Intanto, sotto un albero non meglio precisato, un Alfred
aprì un pacchetto: «Oh~!», escalmò
«dei…dei biscotti!». L’inglese gli aveva
regalato dei biscotti.
Ne mangiò uno, anzi ne assaggiò un morso: per poco
non svenì. Cadde di lato, questo sì: erano … erano
…
«Tu»
«Chi»
«Tu!» gridò l’inglese abbracciando l’aria.
Il francese per un attimo si era illuso che Arthur avesse bevuto
abbastanza Rum corretto al caffè per scordarsi che erano da
sempre nemici.
«Inghilterra!», disse socievole il russo –
socievole quanto può essere piacevole mettere una mano sul fuoco
– «apri la bocca!»
«Perché mai?», disse salendo in groppa ad uno unicorn invisibile.
«Arthùr, ma che fai?», chiese Francis tra un
FFA di Sey, una manata di Taiwan e una padellata – nuova –
di Elizabeta.
«Ma non vedi? Salgo sullo unicorn! Correremo verso i rainbow!»
«Certo certo!», disse con condiscendenza Francia – “da vero francese” pensava Inghilterra.
«Guarda che solo gli stolti non vedono gli unicorn!»
«Io-io non sono stolto!», disse l’altro
buttandosi a terra e piangendo – “come un francese”,
pensò sempre Arthur.
«Arthur!! Apri. La. Bocca!», disse Ivan.
Ma visto che nel frattempo Iggy-san si era scolato metà
della bottiglia che Antonio non aveva dato a Lovino, eseguì gli
ordini
senza particolari proteste: il russo gli puntò contro il suo
rubinetto e sparò.
Che scena terribile; veramente no, comunque.
Dal rubinetto uscì della vodka ad alta pressione, e Arthur per non poco si strozzò.
«NO! Ma che invenzioni geniale! Pensi si potrebbe applicare anche al vino?», chiese Francia.
«E anche alla birra», disse Ludwig, uno dei pochi che
stava in mezzo a tutta quella neve a mezze maniche –
l’ubriachezza ... eh (?).
«Mh… anche con il tea?»
«Ma certo! Unitevi alla Grande Russia, prima!».
Ma cos’è? Prendi 2 e paghi 1?
In questo caso: un favore in cambio della schiavitù. Ma niente di che.
Comparve qualcuno, avvolto da un’aura biancastra.
«Un-un alieno?», gridarono tutti.
Tony uscì da un angolo e fece ‘ciao ciao’ con
la manina; Kiku iniziò a fare foto, Ungheria si chiedeva se
negli altri posti dell’universo fosse conosciuto lo yaoi.
Questioni amletiche.
Per ottenere risposte, rivolgetevi a Tonio Cartonio, che vi farà bere un blumele – scuola turca.
Comunque, lo strano essere catturò l’attenzione di
tutti: peccato non ci fosse America. Chissà il casino che
avrebbe combinato, cosa avrebbe gridato! Era meglio così, in
definitiva.
Poi, all’improvviso si sentì la risata malefica (?) di Alfred.
«Ahah, cioè è davvero strano!», il verbo polacco wins.
L’essere fluorescente si grattava la testa; iniziarono ad allontanarsi verso la porta.
Poi notarono che l’essere aveva lo strano ciuffo che partiva
verso l’alto al centro esatto della testa, e che li salutava.
«Tu…tu chi sei?», chiese l’inglese. Lo sapeva. Non doveva. Non avrebbe dovuto!
«Sono l’eroe!», disse con aria d’ovvietà l’uomo forfora fluorescente.
Era stranamente sopravvissuto ai biscotti di Arthur.
«Come-come hai fatto? I tuoi biscotti! Li ho mangiati senza morire!».
Tutti mormorarono, increduli: si complimentavano con il cuoco
degli unicorni per il suo successo, tralasciando il fatto che Alfred
emetteva radiazioni. E le avrebbe emesse per un po’.
«Complimenti, bro!» disse l’americano abbracciandolo.
Kiku non perse il suo interesse: non era una novità, ma ora
l’uomo radiattivo – in carne ed ossa – lo aveva
davanti. Tony rientrò in casa rubando all’inglese il Rum.
«Bravo, bravo!», disse FlyingMinBunny
«WOW, aru!», disse Yao
«Mh. Io non ci credo!», disse Ludwig
«Neanche io, Allemagne, neanche io,
però…», l’espressione contrariata di Francis
mutò in un sorriso enorme: «Alfred mangia solo e sempre
schifezze, perciò se a lui è parso quasi
mangiabile…» lasciò la frase in sospeso; il resto
si capiva da sé, ma era già un passo avanti.
«Tutto merito mio!» diceva infatti Francia che
praticamente era saltato addosso ad Inghilterra e sfoggiava sorrisi e
occhiolini, neanche fosse una parata. O il Carnevale di Rio.
Decisero di rimanere fuori: si stava più o meno bene, e
usando la tecnica innovativa del russo, nessuno sentiva il freddo.
Cantavano tutti abbracciati le canzoni nelle più disparate
lingue, sbagliando gli accenti in modo vergognoso, ma talmente ubriachi
erano che neanche i madrelingua azzeccavano la pronuncia.
Finì con “We are the world”: «We are the world
We are the children
We are the ones who make a brighter day
So let's start giving
There's a choice we're making
We're saving our own lives
It's true we'll make a better day
Just you and me»
Era stata proprio una bella serata: gli dispiaceva fosse finita,
come agli altri, che si erano ritirati con un sorriso sincero, triste e
un po’ felice al tempo stesso. Chi perché ora doveva
tornare a occuparsi di faccende boriose, chi perché ora doveva
tornare a pagarsi da solo cibo e tasse, chi perché non aveva
più persone ad adularlo, chi per dover dividersi da qualcuno,
chi perché ora non c’era più nessuno a difenderli
da minaccie&botte varie, stalkerazioni insistenti, kekkon kekkon e
kolkolkol assortiti.
Altri perché avevano fortuna al gioco, e poteva farcisi un gruzzolo, invece …
Ma era stato bello.
“Chissà come farà America con quel
innocentissimo mobile?”, si chiese Arthur, guardando la sua
valigia pronta per l’indomani.
“La sedia di Busby”, sorrise maligno tra sé.
«Waah! Ora mi siedo!», gridava l’americano tra i
pochi sfaccendati rimasti, ovvero: Veneziano, Romano, Russia –
aveva chi gli faceva le valigie – e il suo speciale e innovativo
rubinetto, Cuba, Turchia, Grecia, Belarus – e Ucraina sgobba
–, Polonia, Sealand … insomma, quasi tutti. I peggio li ho
elencati, ma in primis c’è quello sfaccendato di un
Hambga’-eater di America.
«Scusa, Alfred!», disse Ivan sedendosi, sempre in competizione
con l’americano; americano che ora si lamentava come un bambino.
La sedia andò in pezzi, e i lamenti statunitensi crescevano
a dismisura: «Buu~, hai rotto la mia preziosissima sedia!»
e allora spuntarono Francis e Nonno Roma, che dandosi di gomito,
vestiti uguali, dissero: «Ah, la tua sedia!». Pensano
sempre male, i soliti maniaci.
Sul pianerottolo delle scale, mezzo nascosto dal muro, Arthur aveva assistito a tutto: «Come non detto!»
Ed era finito un altro Natale: «Ve~!»
«Mi consolerò con un hamburger!»
«Vodkaaa! Torna con me!», gridava il russo, visto che uscivano solo poche gocce dal suo rubinetto.
Ungheria con la nuova padella ruppe per bene il piano dell’austriaco: «E ora, dannato bastardo?!»
«Ungheria, sent-», non ebbe il tempo di dire Prussia,
che la vendetta della padellara lo colpì in pieno. In senso
letterale.
«Ah, zitto!».
Il verbo polacco and il verbo lovinese win♥.
«Maledetto bastardo! Lasciami stare!»
«Dammi una buona ragione, Lovinito!»
«Perché i tomati ti uccideranno, bruceranno le tue ceneri in mio onore e allora ti spedirò da Belgio!»
«Mh», disse lo spagnolo, ricominciando la sua
attività preferita, scritta anche su FB: stalkerare il mio
Lovinito!
«Bon Noël, mes chéries», sussurrò
Francis, una rosa vicina al volto, mentre guardava divertito il caos che
era il Mondo, che erano i suoi amici/nemici. Solo lui sapeva che la
mattina dopo non sarebbero potuti andare via: la torta che avevano
mangiato ieri sera era MADE IN ENGLAND. Sospirò: lui e il suo
sentimentalismo!
NOTE:
Ultimo capitolo, infatti mi sono lasciata andare. Con questo è finita.
È finito un po' come è iniziato: avvelenamento da biscosi
- prima al tungsteno, ora fluorescenti. E c'è differenza tra
fuorescenza e fosforoscenza U.U *ora lo sa anche lei, yeee~*
Salutii~
Ci sono varie citazioni di Hetalia: America che cerca un posto non
statunitense sulla cartina della sua Nazione, poi poi…
mh… la bandiera che Italia regala a Germania. Mh, e
qualcos’altro.
Mi scuso per gli errori, ma visto che oggi è Natale tra
parenti e altro, non ho avuto molto tempo. Pubblico ora e poi
controllo, dovrebbe essere giusto – più o meno –
comunque. Se volete dirmi gli errori, segnalateli.
Mh.
Che sentimentale, il nostro Francis (?)! E così
abbiamo scoperto – io lo sapevo, vabbé – con
chi cucinava Francia nel extra chapter♥ it’s loove!
Metto anche la traduzione del pezzo di “We are the world” (di Micheal Jackson, se non sbaglio):
“Noi siamo il mondo, siamo i bambini, noi siamo quelli che
fanno un giorno più luminoso, allora iniziamo a dare (la luce), c’è una scelta che
stiamo facendo, stiamo salvando le nostre stesse vite, è vero,
faremo un giorno migliore, solo io e te”. Se ho sbagliato
qualcosa, ditelo. Non è bellissima ♥?
Comunque, mi sono divertita a scriverla, e spero voi vi siate
divertiti nel leggerla, ringrazio i miei recensori, chi ha aggiunto la
mia storia nelle preferite/seguite/ricordate, chi l’ha letta,
anche solo per sbaglio. Vi adoro, ma dovreste già saperlo!!
Ultima NOTA demenziale:
immaginate il Bad Trio che canta “We are young”, di Mika:
«We are young♫».
Demenziale, eh? 8D
Non rattristatevi *fossi in voi, lo farei* ho già in mente qualche one-shot demenziale!!! **
Ohoh, però non so quando le scriverò.
PS: in un capitolo, non ricordo neanche io quale – e meno
male che l’ho scritto – dico ‘l’Awesome
Naturale’, una cosa presa dai film di Fantozzi, stile il
‘Direttore Naturale’: cioè, una cosa di nascita.
EDIT: corretto tutto♥ È finita davvero ora!
NOOO!! *si dispera di nuovo, piange* #.# dicevamo, ho tradotto anche la
strofa che mi ero persa per la strada. Grazie ancoora, da. Ah, e visto
che non ricordo di averlo scritto, lo 'dico': il titolo ("il
giorno del giudizio Mondiale") deriva dal fatto che il giorno di Natale
sono tutti in ansia per i regali fatti, e loro, rappresentando tutte le
Nazioni del Mondo, quindi devono sottoporsi a questo giudizio. U.U
tranne che per Canada XD *chi?* Ah, e (? di nuovo?) il
fatto del rubinetto era lo scoop/spoiler, o almeno il primo che avevo
dato, per l'ispirazione ringrazio "My name is Earl". Il che, è
già un programma!
Buon Natale ancora, tipo~
_Ayame_
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