Ovviamente Hetalia non è mio, è © di Himaruya Hidekazu. Non ci sono scopi di lucro.
Sono tornata con una nuova ff!! Yeee *buuuàpersonaggi di Hetalia sul mio ritorno* Comunque, coagh, che dire?
Questo è il continuo di “The Hetalian Xmas Tree”, perciò per capire alcune
cose, e per ridere di più di questo … questa ff demenziale sarebbe meglio
leggerlo, o darci un’occhiata.
Ecco lo special di Natale che avevo promesso se “The Hetalian Xmas
Tree” sarebbe piaciuto: è parso di sì, e allora …
Quindi je
ringrazia: _Moon, reilin e DarkshielD per avermi recensito, le ultime due per
avere aggiunto ciò che la mia mente perversa partorì quel giorno tra le preferite
insieme a bleach88 e Kuro_Renkinjutsushi
per averla messa tra le ricordate.
Visto che sarà a capitoli, cercherò di essere più corta, e mi disp se
con questo primo capitolo non ci sono riuscita, ma, cioè! Mi sono divertita
troppo a scriverlo, e spero che anche voi vi divertiate a leggerlo.
Buona lettura ♥
Presepe all’Hetaliana
Prefazione:
Initial shock
Gli uccellini – in mezzo al gelo delle Alpi, ovviamente – cantavano
melodiosi di prima mattina: un’altra ‘calma’ giornata attendeva casa Hetalia.
Come ogni mattina, Kiku scese tra i primi per avere un po’ di quella
tanto acclamata pace che altrimenti avrebbe perso a stare lì.
Giù c’era anche Lituania, con una faccia disperata e corrucciata, gli
occhi spiritati: e sì, Russia durante le vacanze Natalizie l’esasperava più del
solito e per Toris era quasi una liberazione tornare alla grande casa – leggere
Russia – a differenza di tutti gli altri – comuni esseri mortali e Nazioni.
Giappone salutò il povero depresso che stava seduto al bancone a bere
un caffè all’italiana per stare sveglio.
«Buon giorno, Kiku» la voce del lituano era cupa quanto il suo
aspetto.
Camminò verso la cucina per prepararsi una colazione come si deve e
vide Seychelles addormentata sul divano, mezza seduta; a coprirla c’era una
coperta rosso cupo: sicuramente era stato Francis, che, dall’altra parte della
stanza contemplava l’isola, con già una bottiglia mezza vuota di vino in mano.
In realtà, guardando attentamente affianco al francese – come solo un
giapponese sa fare – si notava che era a qualcosa tipo la quarta.
Beh, pazienza, il fegato era suo!
Le luci rosa e non rosa dell’albero erano accese e lampeggiavano
festose; in un lato vicino al camino Polonia era intento a dipingere qualcosa
di un colore nuovo: il rosa.
Tanto per cambiare un po’.
Kiku entrò tranquillamente nella cucina rustica e calorosa, senza
accendere la luce: c’era una così bella luna, là fuori. Sì, ancora si vedeva.
Kiku, da bravo giapponese … gridò quando una mano gli afferrò una
caviglia come in qualsiasi anime/manga horror/demenziale/pauroso.
«CHI SEII?!» gridò guardando il viso deforme dell’essere ai suoi
piedi.
Tutti accorsero là: tutti cioè Toris, Polonia con un UNIPOSCA rosa in
mano e Francis che barcollava, bottiglia alla mano.
Sul pavimento strisciava un mostro dalle fattezze umane, la faccia nascosta
dall’ombra.
«Here’s the hero!» una voce gridava a tutto spiano a quell’ora del
mattino mentre dei passi pesanti quasi sfondavano le scale!
«Here’s the hero!» ripeté Alfred, scopettone alla mano «He’s gonna
save you all and the worlds!» e accese la luce. Ma che si era messo pure a
immischiarsi negli affari di Tony? I mondi, cioè!
Accese la luce e si scoprì cosa fosse l’essere, anzi chi: Ludwig.
Aveva gli occhi rossi che le vene parevano scoppiare, la faccia era
viola scuro e c’erano dei pois rossi sulla sua pelle. Non respirava, con una
mano si teneva la gola e cercava di dire qualcosa.
«A..acqua!» esalò, ma le Nazioni lì dentro essendo intontite dal sonno
e ancora di più da Alfred non capirono un’emerita acca muta.
«Ah! Ha detto: “l’eroe vi salverà!”» proclamò soddisfatto l’americano.
«Da quando capisci il crucchese?» irruppe una voce. E chi poteva
essere? Romano.
Lentamente, a piedi scalzi, entrò nella stanza, nel suo pigiama grigio
perla.
Vedendo il crucco a terra iniziò gridare frasi in stile Nelson dei Simpson:
«Ahah! Crucco di un macho-patata! Ti meriti questo ed altro! E come diavolo vai
in giro? Che razza di pigiami hai! Sei peggio di quello Svizzero burbero!» poi
si ricompose mentre gli altri pensavano: no, perché tu non sei burbero, giusto.
Intanto il tedesco si strozzava e ogni tentativo di parlare lo
uccideva perché il disgustoso biscotto dell’inglese gli grattava la gola,
sprigionando mefiticamente il suo saporaccio.
Aveva in bocca quel sapore schifoso di quei biscotti … non aveva
parole! Erano repellenti quasi quanto la visione di Francis.
Francis che – per una volta – faceva comunella con l’italiano: «Ahah!
Hai ragione! Che pigiama che pigiama!» e si piegava su se stesso «Davvero
peggio di Vash! Che cattivo gusto, Lud!».
Intanto anche Svizzera era sceso: «Cos-cos’avete contro i miei
pigiami!»
«Sono così carini!» disse Liechtenstein già pronta alla giornata
mentre ritirava i pigiami rosa sporchi di Vash.
Silenzio di tomba.
I due si dileguarono: lei a fare il bucato, lui a caricare il fucile.
Che fratelli!
Nel frattempo, tra le risate generali – ma anche no, avrebbe aggiunto
Germania – si aggiunse loro una figurina di una piccola quanto malcapitata
isola – arcipelago, vabbé: Seychelles.
«Cosa succede?» chiese stropicciandosi gli occhioni.
Francia rise mentre la ragazza avanzava con la coperta ancora addosso:
«Sesel!» disse rumorosamente il francese «Lud si è ubriacato!» e allungò un po’ troppo le mani.
Il FFA fu inevitabile: «Penso che sei tu ad essere ubriaco, vinofilo!».
«Inizia anche lei! Tu sei mia! Sposamiii!»
«Scordatelo, sposa Lud!» e la ragazza uscì dalla stanza: si sentivano
i suoi passi affaticati sulle scale di legno.
«Lud, diventa la mia sposa!»
«Neanche per sogno!» sibilò il tedesco
«Hai detto “mio amore sarò solo tuo!”» e Francis si avvicinò.
«Acqua!» provò Ludwig a gridare, ma gli uscì una roba strana e roca.
«Ha detto “rosa”» approvò
Feliks.
«Acquaa!»
«Ha detto Canada?» chiese Matthew, felice.
«Ma che dici? E chi sarebbe?» chiesero tutti in coro per poi sbottare
con un: «Tu che ci fai qui!?»
«Mi avete chiuso in cucina!» rispose il canadese abbracciando
l’orsacchiotto polare addormentato.
5 minuti dopo:
«Acqua!!»
«Non capisco cosa voglia!» disse Lituania
«Io non gli darò il mio vino, no! Anche se lo amo!» disse Francia
mentre Canada beveva oziosamente dalla sua bottiglia. Non se neanche accorgeva,
era proprio, proprio ciucco.
«Vorrà un rubinetto?» disse una voce ‘innocente’.
«Non penso…» disse Lituania grattandosi la testa. Poi si voltò verso
la voce.
Una risata malefica ed un verso: «KOLKOLKOL!» un’aura viola si spanse
per la stanza, mentre Germania tossiva ancora più forte: il potere di Ivan era
mefitico. Quasi quanto il cibo di Arthur.
Lituania cercò di allontanarsi verso il lato opposto, ma inciampò in
qualcosa: il povero Lud.
Cadde a terra con espressione terrorizzata, e rubò dalle mani di
Matthew e Francis la bottiglia: «Ehi!» a Francia la cosa non era andata giù …
infatti iniziò a tossire come un matto.
Lituania si scolò mezza bottiglia nel tentativo di darsi coraggio, ma
quando un rubinetto si allungò verso di lui e trascinandolo per il collo lo
portò fin di fronte un uomo con un’aura strana intrisa negli occhi, gridò
disperato: «NOOO!! TASKUTE DOITSUU!» questo era Feliciano.
«DOITSUU!!! Mi hai lasciato, mi hai lasciato!».
Russia si fermò: la sua aura maligna rientrò nel suo corpo come se mai
ci fosse stata e sorrise amabilmente ad occhi chiusi facendo spazio al minore
dei Vargas: Toris fu trascinato per il collo dalla mano guantata del suo caro ‘amico’ Ivan.
«Ivan» supplicò il lituano «Non-non uccidermi, ti prego! Non ho
parlato a Feliks!»
«Non mentirmi» disse il russo recuperando l’aura tenebrosa e
rubinettosa.
«Nooo! Sc-scu-scusa! L’ho solo salutato, solo salutato, la buona
educazione è fondamentale! Me lo dicevi proprio tu, l’altro giorno!»
«RWAH!» avrebbe fatto meglio a stare zitto.
Tutti erano inorriditi da ciò che sentivano, ma non avevano il
coraggio di aiutare Lituania, anche perché, no, non erano spaventati o
preoccupati per lui: non gliene fregava niente! Che bel gruppo di amici
menefreghisti!
«Doitsuu!» Italia senza capire che il tedesco stava morendo gli si
buttò addosso.
Altri passi concitati ruppero la schiena dell’omino delle scale che
sclerava proprio di brutto.
Per fare un’irruzione come si deve, la persona richiuse la porta e poi
la spalancò con un calcio: «Ho sentito che il fratello del mitico Ore-sama sta
morendo!!! Sopravvivi e glorificami! Ricorda, tu sopravvivrai grazie al potere
dell'awesome!» disse indicando con un
indice il fratello a terra quando oramai Germania era schiacciato sotto
l’italiano; non pareva, ma a mangiar pasta e pesto era ingrassato!
Così il tedesco sputò fuori il biscotto, rimasto miracolosamente
intatto – ma anche no – e Germania si alzò di colpo, tossendo rosso in volto e
ricominciando a respirare.
Italia fece una capovolta in aria: « Veh~!» disse solo, per poi
sbattere la testa e riniziare a lamentarsi come sempre.
Gilbert però non si accorgeva di niente e gridava frasi che
inneggiavano a se stesso e si glorificava quanto un guaritore.
Poi vide il fratello respirare, dopo essersi ammirato in uno specchio.
«Visto il potere di Ore-sama il magnifico?» e Gilbert iniziò a
pavoneggiarsi correndo da un lato ad un altro della ‘piccola’ stanza.
Così Germania ebbe salva la vita.
Ed è questa la storia che narra di come debba la sua vita – con
conseguenti disgrazie collegata al suo stesso salvatore – al pavido Italia.
Sì.
«Italia… Italia! Tu hai salvato Germania!» gli fece presente Matthew,
con voce dolce – addolcita dal vino francese.
«But the hero…» America tornò su, scopettone alla mano, imbronciato.
«Non rubare gli scopettoni» una pronuncia inglese lo bloccò sulle
scale. Si sentì l’americano sospirare e tornare a salire le scale sconsolato.
«E poi cos’è quel pigiama con gli eroi sopra!» disse e l’inglese
arrivò in cucina, già vestito e pettinato … e pronto ad un tea! Già? Già.
«Cos’è questo fraccasso?» chiese aprendo il frigo.
«Doitsuu! Ti ho salvato, ve~! ♥ » disse Veneziano protendendo le braccia verso il
tedesco.
Lui si lasciò abbracciare, troppo grato alla vita di aver incontrato
Feliciano.
«Ahah! Che pigiama!» ricominciarono a fare comunella Romano e Francia;
Francia, con una mano davanti al volto come un vero gentil uomo, ma in realtà
era una presa in giro in più.
Il tedesco si guardò addosso: canottiera grigia, e boxer a pois. Okay,
avevano ragione.
Arrossì: «UH, guardate, tu e Italia, eh…» disse Gilbert che fece sbattere
gli indici tra loro come a dire ‘i due se la intendono’. Intanto Italia
continuava a strusciarsi contro il braccio del suo amico scampato alla morte.
«Ancora non capisco cos’è successo..» disse l’inglese.
«Niente niente» nessuno disse nulla.
«Neanch’io» ammise Italia a bassissima voce: tutti pensavano che era un
eroe, non voleva distruggere le loro
speranze e i lori sogni.
«Oh, dei biscotti! Sembrano così invitanti!» chi poteva averlo detto?
FINEE! Wait for a new, hero's
act in the next chapter!
No, no, non è la fine! Chi poteva dirlo?
No, non Feliciano, dannazione (come direbbe Romano)!
Quel cretino di Arthur che non riconosceva neanche quello che aveva
cucinato proprio lui: si avvicinò sorridente, nessuno gli disse nulla.
Germania era ancora stritolato da Italia, Francia si era ricomposto e
pareva sobrio: aveva incrociato gambe e braccia, e guardava malinconico e
romantico la luna; Matthew giocava con Kumajiro o Kuma-come-cacchio-finiva?;
Romano, in una posizione simile a Francis, guardava la credenza – sogni
romantici sulla pasta parlante, eh – e Kiku ingoiava del riso bianco.
Durante il casino aveva pure cucinato, sì.
Ma, proprio quando lo voleva dire, Prussia lo zittì, e gli indicò la faccia
di Russia che muoveva il rubinetto a mo’ di “saluto” (leggere minaccia) e vide
che Lituania oltre la porta era … irriconoscibile.
Inghilterra morsicò tranquillo e felice con un sonoro “GNAM!” ma quando
ingoiò, cadde in ginocchio: era …
cos’era quel coso?
«Ac-acqua!» implorò tenendo una mano.
Lo fissarono: ben gli stava!
E così si dileguarono: Giappone sotto minaccia, Italia seguiva Germania –
non aveva capito una singola lettera – e Germania era ancora grato per aver
incontrato il fastidioso italiano e quindi shockato com’è comprensibile che sia
dai suoi pensieri, seguì gli altri.
Si curarono di non dimenticare il canadese che si sbrigò ad uscire prima che
ridiventasse invisibile (cos’è, Cenerentola, che entro una certa deve
rientrare?!) e richiusero la porta.
«Almeno tu, FlyingMintBunny!» e allungò la mano verso un esserino volante,
il quale si voltò scocciato e uscì dalla finestra – chiusa, ovvio! Maaagia!
«E tu, unicorn?» si voltò verso un unicorno che stava placidamente a
leccare il vino caduto a terra.
L’unicorno gli riservò uno sguardo tagliente: fece per andarsene come
FlyingMintBunny, ma poi la tentazione fu più forte. Tornò a bere il vino.
Entro poco era ciucco più del francese e cadde a terra stramazzando felice.
Cioè si addormentò.
«Mi avete lasciato! Ma io … io coagh! Sopravvivrò, e ho … un’arma
speciale!».
Si piegò ancora di più, reggendosi la gola: «Aiutooo!! C’è nessunooo?»
disse con voce stridula.
«Cosa sarà quest’aria?» si chiese lo spagnolo mentre accarezzava un tomato
sulla sua spalla, respirando l’aria freddissima della prima mattina.
Note:
Ovviamente ci sono delle frasi di Hetalia, altre magari non lo sono.
Coomunque, che ne dite? Se vi chiedete perché ho scritto questo capitolo * coscienza di _A_ :-nessuno l’ha chiesto! _A_:- E tu zitta!* il motivo is simple: allora, pensandola alla lettrice, avrei voluto leggere come Doitsu si sarebbe salvato, e poi mi serviva un’introduzione che collegase il “The Hetalian Xmas Tree” a questa nuova ff.
Cercherò di fare capitoli più brevi, anche perché the Xmas si avvicina …
Thank youu ♥
_Ayame_