i sogni non bastano. cap. 2
Decise
di sfogare la frustrazione
con cinque chilometri supplementari di corsa rispetto alla norma. Forse
dopo
sarebbe stata abbastanza stanca da poter ignorare quel fastidioso senso
d’insoddisfazione.
Si
preparò velocemente nella
fretta di allontanarsi dalla camera da letto, conturbante scenario del
suo
sogno bollente… Sperò che l’aria fresca
l’aiutasse a schiarirsi le idee, e si
precipitò fuori nonostante fosse ancora buio.
Allungò il suo percorso abituale
lungo il fiume Potomac.
Cercò
di concentrarsi sulla tecnica, per non pensare,
poi contò ogni singola falcata, ogni macchina, albero,
essere umano o animale
che entrasse nel suo campo visivo, ma inutilmente, quelle immagini
erano sempre
lì, sullo sfondo dei suoi pensieri, e quelle sensazioni
sconvolgenti,
continuavano a turbarla nonostante la fatica fisica.
Una
volta tornata a casa, mentre
faceva la doccia si chiese se sarebbe stato veramente così
con Tony, se avrebbe
davvero provato delle emozioni così forti. Il ricordo di
quel loro incarico
sotto copertura in cui avevano condiviso il letto fingendosi amanti,
era ormai talmente
lontano e distorto da non poter fare testo, eppure ricordava quel primo
bacio
con una forte emozione. Ma si sa spesso i ricordi vengono ingigantiti
dai
sentimenti.
Quel
sogno l’aveva confusa, da un
lato non vedeva l’ora di rivedere Tony, tale era il senso di
trasporto che
sentiva nei suoi confronti, dall’altro aveva il timore di
lasciar trasparire…
qualcosa di… scomodo.
Alle
6:50 già usciva
dall’ascensore, guardandosi intorno, anche se era certa che
lui non fosse
ancora arrivato. Gibbs c’era già, lo testimoniava
il bicchiere di caffè vuoto
nel suo cestino, forse era giù da Abby. Sedette alla sua
scrivania sorbendo il
suo the, un senso di nervosismo la pervadeva, misto ad una…
eccitazione quanto
mai fastidiosa, forse avrebbe dovuto evitare le bevande
eccitanti…
Lesse
le mail ricevute, cominciò
a cercare le notizie del giorno, ma la sua mente faceva fatica a
concentrarsi…
Capiva
perché era successo.
Vestire i suoi vecchi panni l’aveva riportata indietro nel
tempo, quando si sentiva
forte e invincibile, quando flirtava con lui senza ritegno sapendo che
lui la
desiderava, quando il pensiero di un breve interludio romantico non era
ancora
un problema …
Era
certa che avrebbe pagato lo scotto di essere tornata anche se
per poco l'impertinente agente del Mossad, che lo stuzzicava
… ma non lo rimpiangeva,
era stato bello essere guardata
ancora
in quel modo… Sapeva di essergli mancata.
Le
sarebbe piaciuto tornare a quel
vecchio rapporto, tormentarlo aspettando la sua reazione, cogliere i
suoi
sguardi maliziosi in risposta alle sue battute piccanti…
ma… non… era semplice. Niente era semplice tra di
loro, troppe cose erano successe, e troppe altre non
erano mai successe, troppe parole dette, e troppi silenzi. Solo una
cosa era
chiara, si appartenevano, senza sapere come, erano legati, , ma non
sapevano
dirselo.
Con
un sorriso ripensò ai recenti
eventi che li avevano coinvolti. Il guizzo d'apprezzamento nei suoi
occhi,
quando era tornata ad impersonare la se stessa più giovane,
l'aveva lusingata.
Quando,
poi, gli si era scagliata addosso, per proteggerlo
dall’esplosione, finendogli
sopra, aveva provato un senso di ebbrezza selvaggio, seguito da un
desiderio
struggente, di sentirlo così vicino più spesso.
Così vicino… ancora più vicino.
Aveva indugiato, aveva gustato quanto più a lungo possibile,
quel momento,
quella sensazione sensuale... e li aveva conservati nel cassetto
mentale dei
suoi ricordi segreti…
Più
tardi McGee le aveva raccontato
la loro discussione in macchina, quando si era riferito a lei, la lei di cinque anni
prima, come alla
canaglia del Mossad, impudente... civetta... ammettendo di trovarla
più
sensuale a quel tempo...
L'aveva
inspiegabilmente rattristata, che lui fosse
meno attratto da lei attualmente, in una maniera che non riusciva a
spiegarsi... Stava diventando ridicola... si era ridotta ad essere
gelosa di se
stessa. Eppure sapeva che anche lui la voleva, ne era certa... sentiva
tra loro
quella specie di forza magnetica, che calamitava i loro occhi... i loro
gesti...
Quando
lui, entrando nel bullpen,
salutò
con uno squillante "Buongiorno",
trasalì, come se l'avesse sorpresa a rovistare tra le sue
cose...
Cercò
di
darsi un contegno rispondendogli. "Ciao, Tony". Lui sedette alla
scrivania poggiando il caffè sul ripiano. "Dov'è
il nostro pivello?"
chiese stupito dal fatto che McGee non fosse ancora arrivato.
Ziva
si riscosse
dai suoi pensieri e si guardò intorno, rendendosi conto di
non avere notato il
ritardo del collega. "Non so Tony, probabilmente starà per
arrivare.
Non
riuscì ad impedirsi di alzare gli occhi e guardarlo...
accidenti indossava la
stessa camicia del sogno, quella che lei gli aveva praticamente
strappato di
dosso...
Abbassò
lo sguardo precipitosamente... le guance scottavano... - Dio - pregava
di non essere arrossita. "David!" la voce di Tony
la fece sobbalzare. Fingendosi assorta nel lavoro, rispose con un finto
tono di
sufficienza, "Si, Tony?". “Niente.” Rispose con un
gesto vago della
mano. “In realtà mi diverto tanto a farti
sobbalzare, sei un po’ nervosa o mi
sbaglio?” “Ti sbagli.” “No che
non mi sbaglio, tu non sobbalzi mai, sei un
animale a sangue freddo, gelida e
letale…”
Se
avesse saputo quanto si sbagliava
in quel momento … “Si Tony hai ragione”
Rispose simulando disinteresse per non
dargli corda. “Così non vale” Riprese
lui,
troppo facile” Rimase in silenzio, forse in
attesa di una sua risposta
che ovviamente non arrivò.
“Ehi, tutto a posto?…. qualcosa non va?”
Dal suo
tono di voce adesso traspariva una lieve nota di preoccupazione, -
Cavolo – Pensò
Ziva, senza volerlo aveva attirato ancora di più la sua
attenzione … Dove
diavolo era McGee, perché non si sbrigava ad arrivare
… e Gibbs? “No, Tony è
tutto a posto, sto solo lavorando, sai, quella cosa che siamo pagati
per fare…”
“Non tentare di sviarmi, David. Cosa
c’è?” “Piantala Tony te
l’ho già detto,
non c’è proprio niente”.
“Guardami …
alza gli occhi dal computer e dimmi che è tutto a posto
guardandomi …”
Gli
lanciò uno sguardo veloce con uno sbuffo, “Non ho
tempo per i tuoi giochetti,
DiNozzo … lasciami lavorare.”
“Ce l’hai con me! Ho fatto o detto qualcosa che
ti ha fatto arrabbiare. È così?”
Sembrava un’affermazione più che una
domanda.
“Ti ho detto di piantarla Tony! Non ho niente! Punto. Devo
solo finire questa
cosa.” “Cosa?” Le chiese lui prendendola
in contro piede.“Questa … cosa.” Non
sapeva come rispondere, in realtà stava guardando a casaccio
file di lavoro già
archiviati.
Insospettito,
lui si alzò per andare a spiare cosa stesse facendo.
Lei quasi in preda al panico aprì un file a caso, fingendosi
intenta ad
esaminarlo… “Cos’hai di così
urgente da fare da non potere nemmeno minacciarmi
…”
Ziva lo sentì avvicinarsi provando un misto di trepidazione
e fastidio… sentì
uno sfarfallio nello stomaco al pensiero che di lì a qualche
istante lui si
sarebbe accostato alla sua postazione… talmente vicino che
lei ne avrebbe colto
il profumo.
Tony
si piazzò dietro la sua
sedia, appoggiandosi con una mano allo schienale e con
l’altra al bordo della
scrivania, alla sua sinistra. Sporgendosi oltre la sua spalla per
sbirciare lo
schermo.
Il
cuore di Ziva perse un battito, e il suo respiro divenne
irregolare, come fu avvolta dal lieve sentore muschiato del suo
dopobarba,
mischiato all’odore di caffè e di ciambelle della
sua colazione. Amava il suo
odore …
“Cosa!?” la sua
esclamazione la
riscosse. “Cosa?” Ripetè come
imbambolata. “Perché stai leggendo il rapporto di
quel vecchio caso?” “Cosa?” Ziva si
sentì un po’ stupida, sembrava non fosse in
grado di dire nient’altro.
Mise
a fuoco lo sguardo sul file che aveva aperto,
era quello in cui aveva lavorato sotto copertura con Damon …
quel viaggio in
camion. “Ha a che fare con la nostra versione sfigata di
Rambo?” Il tono di
voce improvvisamente irritato, Tony le lanciò uno sguardo
sospettoso.
“Non
sta
tornando in città vero?” “No,
Tony, non
credo, è solo …” Ziva
balbettò, quasi non sapendo cosa dire, ma improvvisamente
si aprì in un sorriso … riconoscendo la nota di
fastidio nella voce di lui …
era geloso … ancora … era sempre stato geloso di
Damon.
Si
girò a guardarlo, un
po’ più sicura adesso che aveva un argomento che
lo destabilizzava, certa di
poter padroneggiare la situazione. Si
ritrovò il suo viso a pochi centimetri dal proprio
… gli occhi all’altezza
delle sue labbra, nel suo respiro, più forte
l’odore di caffè e di ciambelle
alla crema … la mente di Ziva si svuotò di nuovo,
dimenticò completamente
qualsiasi commento intendesse fare, mentre le giungevano
all’orecchio incomprensibili
osservazioni su bellocci
ipermuscolosi dal cervello atrofizzato … lei stava
lì imbambolata … di nuovo.
Aveva
un baffo di crema sul labbro … e lei non riusciva a smettere
di fissarlo …
voleva essere quel baffo di crema, sì. Anzi no! Voleva
toglierlo, toglierlo di
lì, sì, leccarlo via. No! Leccarlo no! Si disse,
non appena il pensiero si
formò nella sua mente.
Intanto
la sua testa si muoveva in ondeggiamenti
indefiniti tra un sì ed un no, mentre già da
tempo non sentiva più nemmeno
quello che lui blaterava.
Quella
piccola macchia bianca quasi al limite con la
fossetta sopra il suo labbro la stava facendo impazzire …
Lui continuava a
fissare lo schermo, totalmente ignaro delle emozioni che si agitavano
in lei,
chiaramente visibili nel suo sguardo.
Fece quasi un salto indietro per la
sorpresa quando la mano di ziva salì alla sua guancia,
strofinando col pollice
il suo labbro. “Cosa
…?” le guance di Ziva
avvamparono. “Niente avevi … della
crema.” Gli disse indicando con l’indice la
bocca e leccando via la crema dal suo pollice … senza
pensare.
Tony
rimase
soggiogato da quel gesto, che gli provocò una fitta allo
stomaco. Sentiva
formicolare il labbro, dove lei lo aveva toccato … e per la
prima volta da
quando si era avvicinato la guardò negli occhi, leggendovi
un turbamento che
non riuscì a definire,
ma che mandò una
seconda fitta, ancora più forte, dritta al suo
ventre.
I
suoi occhi si erano
scuriti assumendo il colore vellutato del cioccolato fondente. Lui
immaginò di
infilare le dita tra i suoi riccioli scuri, farle scorrere
sciogliendone i nodi,
gustandone la sericità … Il cuore di Ziva,
martellava, il battito rimbombante
la riscosse, mentre Tony avvicinava impercettibilmente il viso al suo
… Panico …
Ziva si alzò di scatto, senza preavviso, senza calcolare le
distanze.
Sbatté
la
testa contro il suo mento, provocando un gemito soffocato da parte sua.
Lui si
portò la mano alla bocca, biascicando. “Cazzo,
Ziva, ti vendichi anche dei miei
pensieri, ora?” Lei
lo guardò
mortificata. “Dio, mi spiace, Tony. Non volevo …
ti ho fatto male?” Cercò di
spostargli la mano dalla bocca per controllare il danno, ma lui non
glielo
permise. Prese due clineex dalla sua scrivania e si pulì la
bocca, sputando
saliva mista a sangue.
Buttò
i fazzolettini nel cestino e si diresse in bagno,
seguito da lei ancora intenta a scusarsi… rimase a guardarlo
mentre si
sciacquava la bocca più e più volte, incontrando
il suo sguardo nello specchio
di volta in volta … “Mi dispiace.” gli
disse contrita. “Non l’ho fatto
apposta.” “Voglio ben sperarlo.” Rispose
lui.
“Lo
so.” Riprese in risposta al
suo guardo dispiaciuto. “Se avessi voluto farmi male
intenzionalmente lo
avresti fatto con più stile. Tra l’altro hai una
scorta illimitata di graffette
…” Lei sorrise, sollevata, alla sua battuta di
spirito. “Va meglio?”
gli chiese. “Sì, fa un po’
male, ma non
sanguina.”
Andò
alla porta e la chiuse a chiave, appoggiandovisi contro con le
spalle. incrociò
le braccia al petto e
le lanciò uno sguardo interrogativo.
“Allora?” “Allora, cosa?”
“Cosa c’è che
non va?” “Perché mi fai questa domanda,
Tony?” “Sei strana…”
“Non sono strana.”
“Ah, ah, ah, mia piccola ninja, se menti, hai qualcosa da
nascondere.” “Perché
dovrei mentirti?” “Forse perché non vuoi
che conosca il motivo per cui sei
agitata?”
Il
cuore di Ziva tornò ad accelerare, e cominciò a
guardarsi intorno
come cercando una via di fuga. “Vedi? Sei nervosa.”
Continuò a fissarla per
diversi secondi. Il silenzio diventava sempre più
imbarazzante per lei “Ha
forse a che fare con quel mentecatto
steroidi-dipendente?”
La
domanda cadde
quasi casuale dalle sue labbra, ma la preoccupazione era chiara nella
sua voce.
“No.” Gli rispose sinceramente lei.
“… E non chiamarlo così, Tony,
è solo un
ragazzo sfortunato.” “Allora qual è il
problema …” “Sono solo nervosa Tony, non
ti capita mai di essere nervoso senza un motivo
preciso?”
“C’è sempre un
motivo, Ziva, magari non vuoi riconoscerlo, magari non vuoi ammetterlo,
ma è lì
da qualche parte e ti fa uscire di testa finché non te ne
liberi. Io sono qui a
tua disposizione. Puoi parlarmi di qualunque cosa
…”
Ziva
lo guardò allibita.
“Per un attimo ho creduto che fossi serio Tony, che fossi
… preoccupato, invece
vuoi solo scoprire se ti nascondo qualcosa …”
“Io sono serio Ziva…” insistette
lui, ma poi non riuscì a resistere al suo sguardo di
disapprovazione.
“E va
bene. Sono anche curioso, ma se c’è qualcosa che
ti preoccupa vorrei poterti
essere d’aiuto.” Gli voltò le spalle,
esasperata, pensando febbrilmente a cosa
dirgli senza tradirsi. “Non lo so Tony … forse
sono solo stanca. Non ho dormito
bene stanotte.” Arrossì di nuovo al pensiero del
motivo per cui non aveva
dormito. Fortuna che non poteva guardarla in faccia. Trasalì
quando sentì le
sue mani sulle spalle. Le si era accostato lentamente, in silenzio,
cogliendola
di sorpresa.
La
sentì irrigidirsi quando la prese
per le spalle e la costrinse a girarsi verso di sé. Si
rifiutava di guardarlo
in viso, gli occhi fissi al pavimento. Si stupì come sempre
del senso di
tenerezza che gli ispirava. Era una donna pericolosa, capace di
uccidere a mani
nude, spietata, se necessario, un’arma letale, in buona
sostanza, con una
lingua tagliente come un rasoio … e suscitava il suo istinto
di protezione.
Misteri della psiche umana …
Le
prese il mento tra l’indice e il pollice,
costringendola a sollevare la testa. Ziva era troppo concentrata nel
tentativo
di resistere al suo tocco senza tremare, chiuse gli occhi per non
incontrare i
suoi.
“Ehi,
guardami.” Lei alzò gli occhi, nello sguardo,
confusione e un desiderio
… struggente … e paura di essere scoperta. Non
resistette e lo abbassò di nuovo,
al suo collo, e fissò il suo pomo d’Adamo proprio
sopra il colletto della
camicia slacciato.
Chiuse
gli occhi al suono della sua voce, così bassa,
così
profonda … “Ehi! Brutti sogni? Cattivi
pensieri?” Non riuscì a rispondere, era
stanca di cercare una bugia plausibile da raccontare, non poteva
concentrarsi
con lui così vicino,per cui lasciò che pensasse
di avere trovato la giusta
risposta.
Mise
a tacere il suo senso di colpa pensando che in realtà non
gli
stava proprio mentendo, e poi … era una questione d
sopravvivenza. “E’ … complicato,
Tony” il suo sguardo era intenso, riusciva a sentirlo anche
se non aveva il
coraggio di incontrarlo. Ne percepiva il calore.
“shhh.
Non occorre parlare, a
meno che tu non voglia. Vieni qui.” E la tirò in
un abbraccio. Lei si sentì
sprofondare, pervasa dal suo profumo, avvolta dalla sensazione d
lui.
Si
irrigidì in un primo momento, era troppo, troppo da gestire
per lei, con il
corpo e la mente tormentati dal desiderio. “Rilassati, Ziva,
non potrei mai
farti del male lo sai.” La strinse a sé
così forte che lei si sentì mancare il
fiato, e sorrise tra sé amaramente.
Si
sbagliava, lui era l’uomo più pericoloso
al mondo per lei. Aveva già fatto a pezzi il suo cuore,
senza volerlo, più di
una volta, così
come lei aveva fatto con
lui … eppure eccola lì, godendosi
quell’abbraccio che si negava da anni. Desiderando
di prendersi quei baci, quelle emozioni, che sentiva come un
diritto.
Le
braccia
abbandonate lungo i fianchi si animarono di volontà propria,
e salirono a
circondargli la vita … affondò il viso nel suo
petto, inalando a pieni polmoni
il suo odore, e … il suo collo era così vicino,
che bastava sollevasse la bocca
di pochi centimetri per deporvi un bacio …
La
sentì rilassarsi, e la strinse
ancora più forte, anche se sapeva che poteva sentirsi a
disagio così vicina ad
un uomo … quando sentì le sue braccia intorno
alla vita rilasciò il respiro che
inconsapevolmente aveva trattenuto.
Appoggiò
il mento sulla sua testa, morendo
dalla voglia di infilare il naso nei suoi capelli, ma era
un gesto troppo intimo, e non voleva
rischiare. Non avrebbe saputo descrivere come si sentiva, la sensazione
di lei tra le sue
braccia…
Veramente
stava stringendo
Ziva David? la donna più forte che avesse mai conosciuto, la
più indipendente,
stava accettando conforto da lui? Non riusciva a crederci, quando era
una lotta
anche solo avvicinarsi a lei … Si sentì
orgoglioso ed onorato e continuò a
tenerla contro di sé, in silenzio.
Ziva
sapeva che doveva
allontanarsi da lui, prima che fosse troppo tardi, prima di fare
qualche
sciocchezza. Solo … non ci riusciva. Combatteva contro il
desiderio di
toccarlo, di baciarlo, e questo richiedeva tutta la sua concentrazione,
con la
mente intossicata dalla sensazione inebriante di quel
contatto…
Il
suono della maniglia che
girava a vuoto li fece sobbalzare entrambi, poi la voce di McGee che
bussò alla
porta li riportò bruscamente alla
realtà.
“Tony?”
Ziva si allontanò
bruscamente, guardandolo con un lieve imbarazzo. “Si,
pivello? Rispose Tony con
un tono irritato. “Ci vuole Gibbs. Marine morto in un vicolo
a Norfolk. Sai dov’è
Ziva? Anche la sua roba è di
là.”
“Sono
qui McGee.” Rispose lei,andando ad
aprire la porta. Avrebbe dovuto ringraziare Tim per aver risolto la
situazione,
ma in quel momento era indecisa tra il dargli un bacio ed il tirargli
un
calcio.
Prima
che potesse aprire Tony la afferrò per un braccio, per
fermarla, “Ziva
… io sono qui, se mi vuoi …” Scelta di
parole eccellente, pensò mentre un
brivido le attraversava la pelle. “Lo so, Tony …
grazie.” “Quando vuoi.” Lei
aprì
la porta, meglio uscire da quel bagno prima possibile.
Di
fronte all’espressione
incuriosita di McGee, pensò che una cosa era certa, quella
giornata non si
prospettava affatto facile.
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