Io non credo nelle favole!

di Isa is smiling
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vacanza inaspettata. ***
Capitolo 2: *** Raccontami una storia. ***



Capitolo 1
*** Una vacanza inaspettata. ***


Io non credo nelle favole!

 
Prologo:
 
Quando la vita ti riserva sorprese che non ti saresti mai –sottolineo il ‘mai’- aspettata di ricevere, belle o brutte che siano, l’unica cosa da fare per non mandarti in pappa il cervello è…
 
Capitolo primo: Una vacanza inaspettata.
 
- Andiamo, siamo in ritardo!
Uscire da casa quarantacinque minuti prima del suono della campanella scolastica della prima ora, assecondando una madre che non è mai stata puntuale e che però tenta sempre di esserlo, non è da tutti. Non era neppure da Cassandra, ma cosa non si fa per la famiglia?
- Mamma, siamo troppo in anticipo, oggi.. – disse la ragazza, guardando la madre cercare disperatamente gli occhiali da sole per una troppo assolata mattina d’ottobre – ...che dici, la apro io la scuola? – continuò.
- Figlia mia, per avere diciassette anni sei davvero troppo cinica! Ti ci vuole un ragazzo, decisamente!
- Mi ci vuole una vacanza, mamma, che è diverso. Ma non ho niente di questo, non pensi anche tu che la vita sia ingiusta?
La madre le scoccò un occhiata tendente al rassegnato e aprì il portone.
Appena uscita, Cassandra fu investita dalla familiare brezza marina proveniente dal sud, da quei paesi caldi che lei non aveva ancora visitato.
Scendeva la scalinata esterna della loro villa plurifamiliare senza guardare in terra, troppo convinta di conoscere perfettamente i sette gradini che la separavano dallo stabile, e soprattutto pianeggiante, selciato esterno.
Ma mai fare affidamento sui propri sensi, mai, specialmente dopo una notte passata sui libri e una sveglia che era suonata davvero troppo presto. Se inoltre questi sensi si ricollegano ad un genotipo come quello di Cassandra, prevalentemente formato da geni di goffaggine acuta in stato avanzato, tutti avrebbero potuto indovinare quello che successe subito dopo il secondo gradino.
-Stai attenta, è scivol.. –
Un botto riecheggiò nel giardino.
- Porca miseria infame, che dolore! – gridò la ragazza, il sedere delicatamente appoggiato in terra dopo una caduta che le aveva fatto saltare cinque gradini, facendola atterrare direttamente sul terreno.
- Ti sei fatta male? Quante volte ti ho detto che devi stare attenta! - Sandra, la madre, si era girata senza fretta, sorridente, conscia che la figlia aveva un senso dell’equilibrio poco, davvero molto poco, stabile.
- Mamma, hai impegni per questa mattina?
- Certo, Cassandra, come tutte le mattine. Ho dei pazienti, perché?
- Credo di essermi rotta una gamba..
 
*****

Così erano corse zoppicando al pronto soccorso, avevano fatto le radiografie del caso velocemente – a cosa sarebbe servito, altrimenti, avere una madre medico? – e avevano aspettato che un simpatico ometto canuto le sistemasse il gesso attorno alla gamba.
- È la prima volta che ti fratturi qualche arto, piccola? -  chiese il medico, con un sorriso placido, mentre tastava la gamba anestetizzata.
- Veramente è la terza. Sai, collega, mia figlia fa a pugni con lo stare in piedi! – rispose la madre di Cassandra sorridendo. Aveva anche lei presto imparato che davanti agli imprevisti non si può far niente, quindi aveva disdetto gli impegni della giornata e aveva accompagnato la figlia.
- Oh, allora sei un habitué! – l’ometto continuava a tastarle la gamba, a prendere misure e tagliuzzare plastica.
Quando ebbero finito Cassandra si ritrovò con la gamba destra ingessata e una prognosi di un mese. Sarebbe dovuta rimanere a riposo per 30 giorni, muovendosi il minimo indispensabile, perché la frattura era da considerarsi abbastanza grave e qualche movimento brusco avrebbe potuto causarle gravi problemi.
Passarono dal banco accettazione per ritirare ricette e certificati.
- Cassy, che carino il nuovo gesso, posso firmarlo? Devo dire che è sempre bello vederti in piedi!
Gianni, un infermiere amico di famiglia, le aveva raggiunte e aveva sorriso amabilmente verso la ragazza.
- Gianni, perché non vai a.. – sua madre era presente, sempre meglio moderare i termini - ..farti un caffè? Di quelli forti, magari ti passa la voglia di ridere! – sorrise a sua volta Cassandra, ricordando quante volte lui le avesse fatto compagnia quand’era più piccola. Era un ragazzo sulla trentina, affabile, carino. Era stato la sua prima cotta..
- Prima mi amavi, mi avresti perdonato qualunque battuta!
E non mancava mai di ricordarglielo, con quella faccia da schiaffi che si ritrovava. Si sorrisero complici.
- Bene, piccioncini, è ora di tornare a casa! – disse Sandra. Era sempre bello vedere come sua figlia riuscisse a relazionarsi con le persone più grandi senza impaccio. Questo le sarebbe servito, nella vita.
Tornarono a casa e, non senza fatica, riuscirono a sistemare Cassandra sul suo letto. Era intervenuta anche nonna Patrizia, che abitava nell’appartamento sotto al loro, a piano terra.
- Cassy, nipote mia, com’è che ogni anno hai qualcosa di rotto? – le chiese portandosi i capelli corti dietro l’orecchio e sistemandole un cuscino dietro la schiena e uno sotto la gamba ingessata.
- Ti giuro che questa volta non è stata colpa mia, nonna! Era scivoloso, io ho messo il piede male e..beh, il resto è storia!
- Non è mai colpa tua,  nipote degenere.
- Senti, zio, non infierire anche tu! – sbuffò, guardandolo trasportare un televisore proprio sul mobile di fronte al letto.
Quando un membro dei Balzi si ammalava, tutta la famiglia correva a prendersene cura, per questo Cassandra avrebbe fatto di tutto per loro. Perché loro erano la sua famiglia, per sempre.
L’uomo che aveva fatto irruzione in camera sua rispondeva al nome di Zio Matteo, orgoglio delle donne di casa e rovina di quelle fuori, a cui spezzava il cuore un giorno si e l’altro pure. Dato che Cassandra non aveva mai conosciuto suo padre, sparito quando sua madre gli aveva comunicato di essere incinta, Matteo era la figura più vicina a quella paterna che potesse vantare.
Non che si lamentasse, ovviamente! Lui abitava nel terzo appartamento della villa, che aveva fatto ristrutturare pochi anni prima, sostenendo che a quaranta anni non poteva ancora vivere con sua madre, e quindi era andato a viverle praticamente accanto. Mangiava con lei, si faceva lavare e stirare i vestiti, e in cambio faceva la spesa, aiutava per i lavori pesanti e complicati.
Un inguaribile mammone che, in fondo, sapeva farsi voler bene.
- Nipote, datti una mossa, ho da fare. Va bene posizionato qui? –
Come non detto.
- Si, va benissimo, grazie zietto, sei sempre così gentile con me! – rispose Cassandra, guardandolo in modo truce. Non facevano altro che litigare, ma non l’avrebbe scambiato per nessuno al mondo.
Cassandra chiuse gli occhi e fece mente locale. In meno di sei ore era caduta dalle scale, era andata al pronto soccorso, si era ritrovata con una gamba ingessata e adesso la aspettava un intero mese chiusa in casa. Fece un respiro profondo e cerco di pensare a qualcosa di felice: ad un prato, un cerbiatto…
Ma che. Aveva saltato il compito di geometria previsto per quella giornata e avrebbe dovuto farsi portare tutti gli appunti delle lezioni. Non che non avesse già affrontato una lunga assenza – in fondo era la seconda volta che si rompeva il femore e si era anche fratturata il coccige – ma questo non le era minimamente d’aiuto. Guardò fuori dalla finestra e si chiese cosa avrebbe fatto lui, in questa situazione. Magari si sarebbe messo a bestemmiare in turco, a fumare come un turco, a bere come un turco. Perché, poi, tutti ce l’avevano con i turchi? Forse erano un popolo un po’ rumoroso, ma non si poteva dire..si, stava divagando. Lui, corrispondente al nome di Michele Buonarroti, era un ragazzo della classe accanto alla sua.
Cassandra non era mai stata innamorata, e forse non lo era neppure in quel momento, ma il suo pensiero, inspiegabilmente, tendeva sempre a raggiungere la figura di lui; alta, slanciata e con quella massa di capelli neri scompigliati che facevano perdere la testa a quasi l’intera fauna femminile scolastica. Non era neppure la tipa che avrebbe scritto un diario con il suo nome accanto a quello di lui, né ne aveva parlato con tutti quelli che conosceva. Si era tenuta questo piccolo segreto per se, confidandolo solamente alle sue migliori amiche, e aveva continuato la sua vita come nulla fosse, senza piagnistei inutili e spargimenti di sangue quando lui si era fidanzato con la ragazza più - come dire - procace della scuola.
Ne aveva sentite troppe su di loro, tanto da smettere di crederci perché, in fondo, cosa poteva importargliene? Neppure lo conosceva, Michele, non avrebbe mai saputo cosa dirgli. Sapeva però che si passava la mano nei capelli quando era in imbarazzo, che non gli piacevano i complimenti e che i suoi occhi tendevano al grigio nelle giornate di pioggia.
Ricordò il giorno prima quando lei, sempre nella sua immensa goffaggine, gli era andata a sbattere contro senza accorgersene. Aveva alzato gli occhi e si era trovata a fronteggiare i suoi.
- Oh, scusami tanto – gli aveva detto, senza pensarci – Non guardavo dove andavo, mi capita spesso!
-Ti capisco! – le aveva risposto lui, sorridendo – Ci si vede in giro!
Fine, stop. Niente scene romantiche in cui lei si scioglie sotto lo sguardo di lui. Si erano semplicemente sorrisi in modo cortese, da buoni estranei, ed ognuno era andato per la sua strada.
Cassandra non badava mai a quello che la gente pensava di lei o casa avrebbero potuto dire, perché non riusciva a pensarci.
Aveva talmente tante idee per la testa che quelle sarebbero state solamente preoccupazioni inutili.
Aveva avuto voglio di gridare per strada con le sue amiche, l’aveva fatto, sempre nel rispetto delle regole. Cosa avrebbero potuto dire, in fondo? Se anche l’avessero fatto, il loro chiacchiericcio sarebbe volato via con le stesse parole, in attesa di nuovi succulenti scoop da gonfiare. Cassandra era una tranquilla ribelle, di quelle che se vedi per strada e ti fanno simpatia perché sorridono sempre, di cui però non ti fideresti. Amava leggere, ascoltare musica, fare quello che i ragazzi normali facevano. Era semplicemente lei.
Poggiò la testa sul cuscino e cercò di rilassare i muscoli, preparandosi alla vacanza che – si ricordò – aveva chiesto lei stessa quella mattina.
Chi intercedeva per lei, però, forse ne aveva frainteso il senso.
 
*****
 
- Hai sentito? Cassandra Balzi si è fratturata la gamba, di nuovo!
A parlare era stata una voce cristallina ed acuta. La voce di Giorgia Sermenghi.
Bionda, alta, slanciata, dalle curve abbondanti ma non esagerate.
- Si, ho saputo che mancherà per un mese. Poverina, tutte a lei! – aveva risposto la compagna Alessia, sua intima amica e schiava all’occorrenza.
- Ma che poverina! Almeno non mi urterò con la sua presenza per un mese intero!
- Di che parlate, ragazze?
Michele Buonarroti aveva attaccato alle spalle la sua ragazza, Giorgia, e in quel momento le stava stampando un delicato bacio sul collo. Lei rise in una maniera plateale e poco consona al momento, dato che tutti coloro che stavano facendo ricreazione si girarono a guardarli incuriositi. Michele storse il naso e si appoggiò al muro.
- Lo sapete che la ragazza della IV F, Cassandra mi pare si chiami, si è fratturata la gamba, di nuovo?
Alessandro Biompani, comparso dietro Michele, non era un tipo a cui piaceva parlare della vita degli altri, ma ogni tanto faceva un strappo anche lui. Specialmente se si parlava di quella strana ragazza del corso F, quella che una volta gli aveva quasi frantumato il setto nasale durante una partita di pallavolo.
- Davvero? – chiese Michele – Mi ci sono scontrato ieri, in corridoio.
Giorgia, che aveva dato alla notizia di quella stupida ragazzina saccente già troppa considerazione, deviò il gruppo verso un altro argomento di conversazione e, per quel giorno, non si parlò più di Cassandra Balzi.
 
*****
 
- Ti prego, ripetimelo un’altra volta! Hai fatto un volo di cinque gradini? – Emma scoppiò in una grossa risata, non riuscendo più a limitarsi. Sara, invece, la guardava con compassione e le accarezzava la mano. Una peggio dell’altra, una l’opposto dell’altra.
Le sue due migliori amiche erano sedute sul suo letto, dopo che lei le aveva chiamate e la notizia della sua caduta aveva fatto il giro di tutto il suo liceo.
- Sai, - prese a dire Sara – Michele Buonarroti mi ha chiesto come stai..-
Cassandra ruotò la testa verso di lei e sgranò impercettibilmente gli occhi.
- Davvero? – chiese.
-Si, ti augura di rimetterti presto! –
- Sara – disse Emma – Basta con tutte queste informazioni, altrimenti le vengono gli occhi a cuoricino.
Per tutta risposta ricevette un cuscino in faccia dalla diretta interessata che, però, aveva cominciato a sorridere come un ebete.
 
Spazio Autrice:

Salve! Questa storia è nata per caso, quasi come una sfida con me stessa. È la seconda che pubblico in questa sezione, ma purtroppo la prima non ha avuto molto successo e io, da degenere, l’ho lasciata incompiuta. Spero proprio che non capiti lo stesso con questa, anche perché ci tengo molto.
Dal mio punto di vista questo primo capitolo poteva essere scritto davvero molto meglio, lo trovo freddo ed incolore. In fondo, però, è solamente il primo, l’introduzione a tutta la storia, che prenderà una piega abbastanza inaspettata. Spero tanto mi facciate sapere cosa ne pensate! Le vostre critiche sono il miglior banco di prova! Commentate :)

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Capitolo 2
*** Raccontami una storia. ***


Io non credo nelle favole!


Capitolo secondo: Raccontami una storia.
 
- Signor preside, le chiedo scusa di nuovo.
Alessandro Biompani sedeva davanti la scrivania del suo dirigente scolastico, una mano a torturarsi i capelli chiari dietro l’orecchio.
- Biompani, io capisco la sua esuberanza durante le partite di calcio, ma non può permettersi di far male a qualcuno, ogni santa volta.
Lo sguardo del preside era serio. L’andamento scolastico dell’alunno che aveva di fronte era buono, il suo comportamento era impeccabile, ma non riusciva mai a moderare la forza quando aveva davanti un qualsiasi pallone, rischiando di rompere il setto nasale di qualche compagno e poi correre a scusarsi.
Cosa successa già tre volte.
- Signor Biompani – continuò il preside – Mi dispiace comunicarle che lei riceverà una punizione. Non so se conosce l’alunna Cassandra Balzi…
Gli occhi di Alessandro si fecero subito più interessati.
- Purtroppo si è fratturata il femore, ed ha una prognosi di trenta giorni durante cui dovrà tenere la gamba a riposo. Lei sarà il suo, mi perdoni la parola poco adatta, schiavetto. – Il preside rise con la sua voce bassa e gutturale.
- Le porterà i compiti che lasceranno i suoi professori, si farà dare gli appunti, la terrà aggiornata e provvederà al suo fabbisogno. Un tuttofare, insomma. – concluse.
Alessandro si mosse nervosamente sulla sedia, spostò una gamba più vicina all’altra.
- Ovviamente questo non dovrà pregiudicare il suo andamento scolastico, Biompani. Le fornirò l’indirizzo e un contatto della signorina Balzi. Si presenterà a casa sua oggi pomeriggio alle tre. – concluse il preside.

***

 
- Signor preside, davvero, non lo trovo necessario!
Il tono di voce di Cassandra si era fatto stridulo. Passò la cornetta del telefono da una mano all’altra.
Il preside del suo istituto ciarlava sul fatto che lei non poteva rimanere troppo indietro con i programmi e che non poteva contare solo sull’appoggio della sua classe, che avrebbe avuto bisogno di un aiuto per non pesare troppo anche sulla sua famiglia.
- Ma signor preside, non posso sfruttare una mia coetanea!
Cassandra era frustata, molto frustrata. Non avrebbe certo accettato che un estraneo entrasse in casa sua, nella sua intimità, senza invito e senza bisogno.
- Signorina Balzi – la voce del preside si era fatta più cupa, contrariata – Non vorrà davvero che il suo andamento scolastico venga in qualche modo intaccato, giusto?
La stava minacciando, o cosa? Cassandra non era di certo un mostro di studio, ma le avrebbe dato fastidio vedere la sua media abbassata senza alcun motivo.
- Ho capito di non avere scelta. Va bene oggi pomeriggio per le tre, alla ragazza? – chiese stanca.
- Ottimo. Solo una cosa, signorina. È un lui, non una lei. Adesso devo proprio lasciarla. Spero di risentirla presto.
 

***

- Amico, mi dispiace!
Michele Buonarroti sghignazzava allegramente. Era la punizione più stramba di cui avesse mai sentito parlare.
- Cosa ridi? Io non so cosa fare! Dovrei presentarmi a casa di questa ragazza, che non conosco, e dirle: ‘Ciao, sono il tuo schiavo. Fa di me ciò che vuoi!’
Alessandro abbassò la testa sconfitto.
- Detto in questi termini può essere frainteso!
- Spiritoso.
- Su, Ale, non te la prendere! In fondo è solo un mese!
- Solo? Solo? Vorrei vedere te, al mio posto!
Michele rise più forte, si allacciò il casco e partì, lasciando l’amico in preda alla più nera desolazione.
 

***

 
Suonarono alla porta. Cassandra buttò sotto il letto la trousse dei trucchi e ritornò con gli occhi sul suo notebook. Sentì la voce di sua nonna che invitava qualcuno a salire, poi dei passi leggeri e cadenzati sul legno del pavimento. Qualcuno bussò alla sua porta.
- Ciao!
Cassandra aveva alzato gli occhi e si era trovata davanti un ragazzo alto, molto alto. I capelli chiari erano tagliati corti, splendevano alla luce del sole che entrava dalla finestra. Un paio di occhiali da sole di marca gli riempivano il viso, i tratti simmetrici della mascella e del mento. Il maglione celeste fasciava il torace, dei jeans a sigaretta stringevano le gambe. Cassandra non lo riconobbe, gli sorrise.
- Ciao. Piacere, Cassandra – tese la mano verso di lui.
Lui si tolse gli occhiali, le strinse la mano, e la consapevolezza schiacciò Cassandra come un camion in corsa.
Il migliore amico di Michele, quel Michele.
Si chiese velocemente se fosse una cosa buona o se quel giorno il cielo si fosse accanito davvero contro di lei.
- Beh.. – iniziò lui, distraendola – Ti hanno spiegato come funziono?
Cassandra rise, strappando un sorriso anche a lui.
- Permetta che mi presenti, signorina – continuò ancora Alessandro, fingendo un tono autorevole – Mi chiamo Alessandro Biompani, frequento la IV C nel suo stesso istituto e mi hanno incaricato di farle da schiavo per il resto della sua convalescenza che, mi permetta, spero duri il meno possibile.
- Mi creda, signore, è quello che desideriamo entrambi. – rispose stando al gioco Cassandra.
Non pensava che quel ragazzo, che non aveva quasi mai notato, potesse essere così estroverso. Sembrava timido, quasi impacciato, molto disinteressato del mondo che gli girava praticamente intorno. In fondo, era il migliore amico del ragazzo più carino della scuola e, ad essere sinceri, - pensò Cassandra – neanche lui scherzava. I capelli chiari erano lisci e ribelli, gli occhi verdi sembravano cupi, come il colore del sottobosco in una fredda giornata di novembre.
- Ho portato gli appunti che mi hanno dato i tuoi compagni! – disse lui, distraendola di nuovo. In effetti, non aveva spiccicato parola se non per rispondergli, mentre lui cercava di conversare almeno un po’.
- Oh, si, grazie! Chissà quante lezioni importanti perderò! – rispose la ragazza, la faccia corrucciata.
- Fai sul serio?
- No, per niente!
Risero e Cassandra noto come la fila di denti bianchi accompagnasse il suono della sua risata, che non era sguaiata, forse solo un po’ forte.
- Hai molto da studiare, per domani? – chiese Cassandra e subito dopo si maledì. Che domanda era? Cosa poteva importargliene a lei, se lui aveva tanto da studiare?
- In effetti si, e ho un idea! Dato che io devo stare qui e tu sei brava, da quanto mi hanno detto, ti va di aiutarmi? Sempre se non ti scoccia, sai, magari hai altro da fare e po-
Cassandra rise e lui si fermò. Aveva cominciato a parlare a raffica, nervoso, per cosa, poi, non riusciva a capirlo.
- Altro da fare? Mi vedi davvero così impegnata? – gli mostrò i giochi che stava scegliendo sul portatile – Su!Cosa devi studiare?
-Storia.
-Bellissima!
-Orrenda!
E risero ancora.
-Vorresti dirmi che Luigi XIV, Versailles e gli intrighi di corte non ti affascinano?
- No, non esattamente! – rispose lui, grattandosi la nuca con fare imbarazzato.
- Sbagliato! – gridò Cassandra, che sembrava un maestra alle prese con uno studente poco solerte. Iniziò a descrivere la sua visione delle cose, di come quel re francese fosse stato combattuto e di quante amanti potesse aver avuto, ed Alessandro si lasciò andare affascinato.
Il tempo passò così, tra risate e supposizioni, fin quando bussarono alla porta.
- Ragazzi, vi ho preparato la cioccolata! Spero ti piaccia, Alessandro!
- Certo Patrizia! – rispose il ragazzo rivolgendosi alla nonna di Cassandra.
- Vedo che avete fatto amicizia!
- Oh, è un ragazzo così per bene. Prima di entrare in casa si è pulito per bene le scarpe! – rispose Patrizia sorridendo e porgendo loro le tazze – Stavate studiando? Vi lascio continuare. Se avete bisogno, sono in cucina.
- Simpatica, tua nonna! Mi mette di buon umore! – disse Alessandro, socchiudendo gli occhi per assaporare la cioccolata.
Cassandra stette a guardarlo mentre riposava la tazza sul piattino ed il suo pomo di Adamo si abbassava lentamente. Sentì le sue guance accendersi e distolse lo sguardo.
- Sei arrossita! Forse la cioccolata è troppo calda! – le fece notare lui con un tono di voce particolarmente basso.
- Già. Troppo calda, si. – rispose lei guardandolo negli occhi. Notò particolarmente che il loro colore era leggermente cambiato, passando ad un verde chiaro e limpido.
Subito dopo lui si alzò dalla sedia accanto al letto e le si avvicinò pericolosamente. Tese un braccio verso il suo viso e passò il pollice sul suo labbro.
- Cioccolato… - chiarì.
E poi un telefono squillò.
Cassandra distolse lo sguardo dal suo dito e lo portò sul suo viso. Aveva un’espressione enigmatica, gli occhi un po’ sgranati e la bocca socchiusa.
Prese il telefono dalla tasca e rispose.
Un rumore ovattato rimbombò nella stanza, poi la voce di lui che chiariva un orario, un posto di ritrovo. Chiuse la chiamata.
- Devo andare. Ci si vede domani, eh?
- Si.
Era scappato alla velocità della luce.
 

***

 
- Ma scusa, tu cosa avresti fatto? Per evitare l’imbarazzo post abbordaggio assurdo è scappato via. Tipico dei ragazzi.
Emma, coricata accanto a lei sul letto, aveva espresso la sua opinione che, chissà poi perché, ritraeva Alessandro come il povero giovincello indifeso.
- Emma, neanche lo conosco! Chi gliel’ha data tutta questa confidenza? – sbottò Cassandra.
-Cassy cara, tu hai gli occhi foderati di formaggio, per queste cose! Secondo me tu gli piaci da un sacco di tempo! – proferì Sara con un tono sicuro.
- E tu vedi troppi film romantici, ragazza mia!
Dentro di se, però, Cassandra le diede ragione. Dei ragazzi non le era mai importato più di tanto, perché lei aspirava a molto di più che a dei coetanei con gli ormoni impazziti. Lei spasimava per i personaggi dei suoi libri preferiti, o per attori irraggiungibili. ‘Se proprio devi puntare, punta in alto’ ripeteva sempre.
Eppure, Alessandro l’aveva quasi affascinata. I suoi tratti definiti ma dolci, gli occhi verdi che le ricordavano tanto i colori del bosco, i muscoli allenati ma non esagerati.
Era bello, e nessuno avrebbe potuto controbattere.
- Chissà poi dove sarà andato… - sospirò senza accorgersene.
- No, quel sospiro non mi piace per nulla! Non sarà mica che ti stai prendendo una cotta per…
-No, Emma. Non dirlo neppure per scherzo! – la bloccò immediatamente Cassandra, gli occhi che lanciavano lampi. – Io non mi sto prendendo nessuna cotta. Che avete fatto oggi a scuola, Sara?
Emma mise su il broncio e cominciò ad ascoltare l’altra amica.
- Oh, niente di che! Quello di storia ha interrogato Federica. Penso le abbia messo nove, o giù di lì.
- E ti pareva! Come fa a prendere voti così alti? Sempre poi! – rispose Cassandra.
- Come fai a non prenderli tu, figlia mia?
Una voce sconsolata arrivò dall’uscio della porta.
- Ciao Sandra! – risposerò in coro Emma e Sara.
- Perché ho una vita, io, mamma! Ciao, comunque! Come è andata al lavoro?
- Bene, tranne per la signora Bonelli! Tutte le malattia se le sente lei!
Le ragazze risero.
- Comunque, figlia, ho portato una cosa che non ti farà impazzire!
Cassandra la guardò allarmata. Quando diceva quelle parole c’era sempre, sempre!, una puntura di mezzo.
- Io la puntura non me la faccio, mamma!
- Non fare la bambina, Cassy, dai! Ci siamo noi! – la appoggiò Sara.
- Figlia, smettila!
- Madre, non ti faccio neppure un po’ di pena?
I toni si erano fatti melodrammatici. Mentre Sandra riempiva la siringa Cassandra cominciò a sudare freddo.
- È per il tuo bene!
- Questa frase non mi ha mai convinta molto!
- Oh, neppure a me! – continuò la donna, mentre si avvicinava al sedere già scoperto della figlia. – Al tre! Uno… -
- Aiah! Bastardi infami loro! Non sai contare fino al tre, mamma?
- Era per evitare di essere monotona!
Sara ed Emma risero, mentre Cassandra massaggiava la parte lesa e una lacrima le scendeva giù per il viso.
 

***

 
- È permesso?
- Avanti!
Era passata quasi una settimana da quando Alessandro era entrato – prepotentemente, a detta di Cassandra – nella famiglia Balzi.
- Che mi hai portato, oggi, di bello? – sorrise Cassandra, mentre cercava di mettersi seduta sul letto. Alessandro le sistemò il cuscino dietro la schiena.
- Oggi, signorina, ho per lei appunti di tutte le materie e biscotti al cioccolato fatti da mia madre!
- Oh!
Alessandro rise della sua espressione.
- Già! Ha detto che ti ringrazia perché mi stai facendo studiare e spera che tu ti rimetta presto!
Le porse una busta di carta che Cassandra ispezionò con ardore. Prese un biscotto e lo assaggiò.
- Oddio, che meraviglia! – si lasciò sfuggire.
- Sbaglio, o hai un debole per il cioccolato?
- Cosa te lo fa pensare? Il fatto la mia camera sia infestata da barrette di cioccolato o che mia nonna ci prepari la cioccolata tutti i pomeriggi?
Alessandro rise e si portò una mano tra i serici capelli biondi.
- Come fai ad avere i capelli così biondi? –
Cassandra si portò subito la mano alla bocca per essersi fatta scappare una domanda così impudente.
Alessandro parve spiazzato, poi rise sguaiatamente.
- Sai che non me l’ha mai chiesto nessuno? Mia madre è originaria della Danimarca, comunque!
Cassandra sorrise. Quel pomeriggio non le andava proprio di studiare.
- Raccontami una storia, ti va?
- Cosa, una storia su chi? – rispose Alessandro spiazzato.
- Scommetto che neppure questo te l’hanno mai chiesto qualcuno! Raccontami un favola!
Cassandra aveva portato le mani ai fianchi, come una bambina capricciosa.
Alessandro, rassegnato, sbuffò.
- E va bene! C’era una volta, in un regno lontano, una principessa bellissima…
- Come si chiamava la principessa?
- Non interrompere il cantastorie mentre racconta! La principessa bellissima si chiamava Ermenegilda…
- Che razza di nome è –
- Silenzio! Dicevo..Ermenegilda viveva in un paese lontano, amata da tutti. In segreto, l’amava anche il cocchiere di corte, suo amico d’infanzia.
- Quando arriva il cattivo? – chiese Cassandra con gli occhi lucidi come una bambina di cinque anni.
- Non c’è il cattivo, in questa storia. Ma ora arriva il principe!
- Io non voglio il principe, io voglio il cattivo! – ribatté Cassandra.
- Per ora abbiamo il cocchiere. Per te è poco, giusto? – la voce di Alessandro si tinse di un tono cospiratorio. – Allora faccio arrivare il drago! – continuò, convinto.
- Alessandro, la tua storia non ha ne capo ne coda! Un’altra! –
- Senti, ti racconto quella di Luigi XIV, così magari domani prendo pure un buon voto nel compito.
In risposta Cassandra sbuffò.

L'autrice:
Autrice, che parolone XD
Dopo un periodo di luuuuuuuunga ispirazione pari a zero, sono tornata con il secondo capitolo. Non ho molto da dire, vorrei soltanto che magari come regalo di Pasqua (Natale è passato da un po' e, a proposito, Auguri! XD) mi lasciaste una recensione per dirmi cosa ne pensate della mia storia! Se fa letteralmente schifo, se volete che io mi ritiri a vita privata..tutto quello che volete XD Spero l'andamento della storia sia chiaro. Non esitate a chiedere, se così non fosse! 
Baci, Isa. <3

 

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