Combinazioni.

di Writer96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.Combinazioni ***
Capitolo 2: *** 2. A domani ***
Capitolo 3: *** 3. Luna ***
Capitolo 4: *** 4. Sveglia ***
Capitolo 5: *** 5. Lentiggini ***
Capitolo 6: *** 6. Cambiamenti? ***
Capitolo 7: *** 7. Ridendo ***
Capitolo 8: *** 8. Colazione ***
Capitolo 9: *** 9. Pazzia ***
Capitolo 10: *** 10. Lettere ***
Capitolo 11: *** 11. Casa ***
Capitolo 12: *** 12. Lotta ***
Capitolo 13: *** 13. Buio ***
Capitolo 14: *** 14. Respiro ***
Capitolo 15: *** 15. Nuovo inizio ***
Capitolo 16: *** 16. Vigilia ***
Capitolo 17: *** 17. natale (parte 1) ***
Capitolo 18: *** Natale (parte II) ***
Capitolo 19: *** 19. Capodanno ***
Capitolo 20: *** 20. Compleanno ***
Capitolo 21: *** 21. Hogsmeade ***



Capitolo 1
*** 1.Combinazioni ***


COMBINAZIONI


 

Le sue mani scivolavano veloci sulla pergamena, un ordinato intreccio di parole, nulla lasciato al caso. La punta della sua penna d’aquila, quella marroncina screziata di bianco e nero, le solleticava gentilmente il mento ogni volta che chinava un po’ più la testa, come se volesse immergersi direttamente nel foglio.

In parte era così, ma solo perché in effetti non c’era niente che la facesse stare meglio di una bella dose di lettere e parole. Scrivere era una cosa che amava davvero fare. Adorava essere lei a creare qualcosa casualmente e riordinarlo, secondo schemi precisi ideati da altri e modificati da lei.

Qualcosa le toccò la spalla destra, fecendola sobbalzare violentemente. Ora, se c’era una cosa che la ragazza odiava veramente era essere interrotta mentre scriveva. Era costretta a passare all’improvviso dal suo mondo speciale e personale al mondo reale, dove niente in realtà era deciso da lei e dove c’era..
-Potter, cosa vuoi?- sibilò, voltandosi. Quel sibilo era assolutamente giustificato, in realtà. Un’altra cosa che lei davvero non poteva soffrire era James Potter. Che ora le sorrideva, guardandola dall’alto, con la sua solita faccia da schiaffi. Strinse i denti per non prenderlo a schiaffi. Del resto, quella mossa sarebbe stata assolutamente giustificata:
 

Potter e l’essere interrotta mentre scriveva. Combinazione altamente pericolosa.

-Hey, che ho fatto questa volta?- borbottò lui, mettendo il broncio, come facevano i bambini piccoli ai quali si è appena tolto il giocattolo preferito. Ed effettivamente a Potter era appena stata negata la possibilità di darle fastidio. La cosa che lui amava fare di più al mondo.

Lei lo fulminò semplicemente con lo sguardo, prima di tornare a concentrarsi sulla sua pergamena. E fu allora che la vide: la mano di Potter poggiata in maniera rilassata su di essa. Non avrebbe rappresentato poi tutto questo gran problema, si disse lei, se non fosse stato per il fatto che l’inchiostro era fresco. E che la mano di Potter era sudata.
 

Decise di mantenere la calma, per evitare di girarsi e di strozzare il ragazzo con le sue manine dolci e care. Che no, non erano piene di sudore o di inchiostro, vero. Ma si sarebbero presto riempite di sangue, si disse lei, se non le avesse tenute in tasca.

Potter e l’essere interrotta mentre scriveva e la sua pergamena sbaffata. Pessima combinazione.

-Potter, ti chiederei gentilmente di spostare la tua mano dal mio tema, se ti è possibile farlo..- rispose, gelida, mentre punzecchiava il dorso della mano del ragazzo con la punta della sua penna, facendo attenzione al fatto che fosse più sporca possibile.

-Scusa tanto... comunque, dicevo, siccome sono sette anni che ci conosciamo..- disse lui, prima di essere zittito dal: -So contare, Potter!- della ragazza.

Lui la fulminò con lo sguardo, offeso per essere stato stoppato fin da subito nel suo brillante discorso. La ragazza rispose con uno sguardo di sfida, ma rimase in silenzio.

-Ok, dicevamo.. dopo sette anni che ci conosciamo, volevo chiederti se... insomma... ecco... non è che... mi diresti che taglia porti?- esclamò lui, urlando in particolare l’ultima parte della frase. Lei arrossì, per la rabbia, per l’imbarazzo e.. per la concentrazione necessaria per non prendere a pugni l’essere che le stava di fianco. Il quale stava sorridendo amabilmente, mentre l’eco delle risate dei suoi compari si sentiva per tutta la Sala Comune.

-Posso darti un consiglio, Potter? Spostati. A meno che tu non voglia ricevere una fattura che ti farebbe passare la voglia di fare domande inopportune... chiara la questione?- disse lei, mentre si alzava, furente. Prima, quando l’aveva visto così impacciato aveva scioccamente pensato che magari lui fosse lì per un motivo serio. Si maledisse per la sua stupidità. E, senza degnare il ragazzo in questione di un’altra occhiata se ne andò verso il dormitorio. Al tema avrebbe pensato il giorno dopo.

Mentre si infilava furente dentro alle coperte del suo letto a baldacchino si ritrovò a pensare alle terribili combinazioni della vita.

Potter e l’essere interrotta mentre scriveva e la sua pergamena sbaffata..ma soprattutto (e questa era la cosa che la faceva imbestialire di più) il fatto che avesse riconosciuto la mano di Potter nell’esatto momento in cui l’aveva toccata. Pessima, pessima combinazione. 


ANGOLO AUTRICE
Eccomi: Sono tornata. Con una long-fic, questa volta. Beh, non c'è molto da dire senon che è la prima volta che ne scrivo una.. che ne penserete? bah! Comunque, se non vedrò una gran partecipazione, renderò questa storia una one-shot. Penso possa andare bene anche così.. perciò.. baciii Writ!

 

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Capitolo 2
*** 2. A domani ***


 

A domani.



Lily Evans si alzò di scattò, scrollando i capelli rossi come un cagnolino bagnato tutto contento di aver preso il suo osso. Peccato che lei in quel momento, più che contenta sembrava decisa ad evitare di addormentarsi, cadendo a terra con un tonfo. Quella notte aveva dormito ancora meno del solito, perché il pensiero delle combinazioni della sera prima le aveva fatto passare una nottata perseguitata da reggiseni imbottiti cavalcati da un James Potter con in mano il suo tema. Decisamente assurdo, come sogno. Con un sospiro depresso, prese un elastico dal grande mucchio che aveva sul comodino ed uscì dal dormitorio più velocemente possibile. Il pensiero di essere in ritardo come al solito la fece cadere in una depressione ancora più acuta... se possibile.

Corse verso il tavolo dove aveva lasciato il tema. Le occorse qualche secondo per capire che il tema non c’era. E altrettanto tempo per vedere un piccolo foglietto di pergamena con una scritta sbilenca sopra:

Evans, Buon Giorno! Mi sono preso la libertà di prendere il tuo tema per ispirarmi liberamente ad esso. Te lo riporterò questa mattina... e, per quanto riguarda ieri sera...permettimi di esporti le mie ipotesi... secondo me tu hai una sec scusa, ho Remus che mi sta tirando via visto che sono quasi le due... allora.. a domani, Evans! Un bacio James

Ritardo e tema scomparso. Bene...

Nel bel mezzo del foglio una riga, tracciata con inchiostro diverso le impediva di leggere altri commenti sulla sua taglia. Prese il foglio in mano, decisa a strapparlo in mille pezzetti. Mentre si apprestava a compiere quest’operazione, lo sguardo le scivolò sull’orologio da polso.
Le otto meno dieci... aveva esattamente dieci minuti per fare colazione... pensò affranta, dispiaciuta soprattutto per essersi dovuta interrompere nel bel mezzo della sua opera di distruzione. Si ficcò i pezzi di pergamena ancora integri in tasca e si affrettò ad uscire, andando a sbattere con il ginocchio contro il buco del ritratto.

Tema scomparso e ritardo e ginocchio dolorante. Evidentemente, la sua buona sorte aveva deciso di prendersi una vacanza, pensò disperata.

Corse come una matta fino in Sala Grande, rubando un toast dal piatto di Alice, che si voltò a guardarla con un sopracciglio inarcato, facendo particolare attenzione ai capelli ancora sciolti della ragazza e ai pezzetti di pergamena che uscivano dalla tasca della sua divisa. Lily scrollò la testa, come a dirle che non si trattava di qualcosa di importante, mentre si affrettava a superare la folla di studenti che si dirigeva (in stile mandria di bufali) verso la porta. Forse, arrivare prima a Trasfigurazione avrebbe sopperito il fatto che il suo tema sarebbe stato in condizioni disastrose. Il solo pensiero le provocò una gran voglia di prendere a pugni qualcosa.

La scuola era sempre stata importante per lei. Aveva sempre trovato in essa un modo di riscattarsi, di sentirsi adeguata. Tra i banchi in legno, con davanti un libro stampato e la lavagna piena di scritte si sentiva a suo agio, si sentiva intoccabile. Lì riusciva a trovare la forza di mostrarsi senza paure e senza maschere. Ma, le ricordò una vocina nella sua testa che al contrario della fortuna non era andata in vacanza, la verità era che lei lo faceva proprio perché aveva paura di non essere giusta in nessun altro modo.

Un piede di Lily mancò un gradino e lei vide avvicinarsi il resto delle scale in maniera pericolosamente veloce. Rassegnata al fatto che evidentemente anche quel poco di equilibrio che aveva doveva aver raggiunto la sua fortuna alle Maldive, non si accorse che qualcuno l’aveva riafferrata al volo prima  che fosse troppo tardi.
Si voltò grata verso il suo salvatore ed incontrò gli occhi leggermente preoccupati di Frank Paciock compagno di dormitorio di Potter e compagnia bella, nonché fidanzato di Alice, la sua “fornitrice ufficiale di toast”.
Lei gli sorrise lieta del fatto che lui l’avesse riacciuffata in tempo. Frank le piaceva, come modo di fare e di essere. Non era sbruffone, montato o arrogante come molti ragazzi della loro età e, cosa più importante, amava Alice con tutto sé stesso. In quel momento, sentì qualcosa chele fece ghiacciare il sangue nelle vene.
“No, non è possibile, ti prego, non..non...”

-Evans, ma come, adesso cadi anche tra le braccia di qualcuno? Mi sorprendi, sai!- urlò un ridanciano James Potter, in modo che tutti gli studenti che lo seguivano spostassero il loro sguardo sulla ragazza a pochi centimetri dal pavimento e sul suo salvatore. Lei arrossì e si affrettò a rialzarsi, rassicurata dal fatto che almeno i libri non avessero deciso di esplorare il castello per conto loro.
Mormorò un debole “Grazie” a Frank e si avviò marciando impettita verso l’aula di Trasfigurazione, cercando di ignorare il più possibile gli schiamazzi dei Malandrini. Strinse i denti, quando sentì la solita presa familiare su una spalla, ma si voltò cercando di apparire più calma possibile.
-Ecco il tuo tema.. gli ho dato una ripulita, in fondo era colpa mia se era tutto sporco. Non ti preoccupare- aggiunse, vedendo lo sguardo sospettoso della ragazza che cercava segni vandalici sulla propria pergamena:- Non ci ho scritto niente di strano!-

E, scompigliandole affettuosamente i capelli, James Potter le passò accanto, prima di andare ad occupare il solito posto sul fondo dell’aula. Lei lo guardò ancora qualche istante, prima di decidersi ad entrare.
Le lezioni passarono velocemente, senza darle il tempo di respirare e finalmente arrivò l’ora di cena. Lily si sedette sgraziatamente accanto ad Alice e Mary, sorridendo in direzione di Frank. Che, sfortunatamente, stava seduto accanto a Potter. Lei si girò, immergendosi in una fitta conversazione con le proprie amiche. Sfortunatamente, non poteva impedirsi di pensare alla strana gentilezza di Potter e un paio di volte perse qualche battuta del discorso.
Quella sera, mentre si svestiva le caddero dalla tasca i pezzetti di pergamena avanzati dal messaggio di Potter. Si accorse con orrore che era rimasta integra la parte con i baci e la sua firma. Si apprestò a buttare tutto nel cestino. Era certa di essere abbastanza stanca da poter contare su un sonno senza sogni, ma sapeva anche che al suo cervello non sarebbe sfuggito il solito bilancio della giornata.

Tema scomparso e ritardo e ginocchio dolorante... aggiungiamo anche la buona sorte alle Maldive e l’imbarazzo di essere inciampata davanti a tutta la scuola e siamo a posto... ecco un’altra giornata terribile.

Ma forse non sarebbe stata poi così stizzita se, prima di addormentarsi, non avesse notato qualcosa sul comodino: un pezzo di pergamena...

a domani, Evans! Un bacio James”





Angolo Autrice:  

Ed eccomi qui! Di nuovo a rompervi.. :P comunque, ho deciso di pubblicare almeno il secondo capitolo.
Volevo farvi notare una cosa: sarebbe stato sicuramente molto romantico se a riacciuffare una Lily cadente fosse stato james ma... volevo scrivere qualcosa di originale e così... vi aspetto al prossimo capitolo...
ps:un grandissimo GRAZIE ad
AlexBlack  !

  

  
 

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Capitolo 3
*** 3. Luna ***


 

LUNA


Sabato.
Lily assaporò quella parola, godendosela piano e sospirando mentre pensava ad essa.
Un giorno in cui riposare, finalmente.
Un giorno per dedicarsi ai compiti senza farsi troppi problemi, un giorno da passare senza essere disturbata dalla compagnia molesta di Potter e dei suoi amici, in giro per Hogsmeade.

Già, Hogsmeade. Il posto per le persone felici, decisamente, pensò lei, rigirandosi così da approfittare ancora un po’ del calore delle coperte.
Chissà per quale motivo non aveva mai apprezzato il piccolo villaggio. Forse, c’entrava il fatto che rischiava di incontrarci Potter e i suoi amichetti... o peggio, amichette.
Forse, c’entrava il fatto che ci si andava con il proprio ragazzo barra ragazza o con i propri amici, non da soli.
Lily non sapeva il perché, ma detestava cordialmente il vicino villaggio.

Si preparò mentalmente ad una giornata tranquilla e rilassante. Compiti per un paio d’orette, poi una pausa, un  giretto per il castello e poi magari un po’ di sana lettura.
Che programma perfetto.. pensò lei, soddisfatta. Ma la sua soddisfazione ebbe vita breve.

- Liiils! Muoviti, alzati, vestiti, corri! Dobbiamo andare ad Hogsmeade! – urlò una forsennata Alice, saltellando allegramente sul suo letto, buttando a terra tutte le coperte di Lily e sorridendo.

“Dannazione... Alice che mi sveglia di sabato mattina.. per andare ad Hogsmeade! Pessimo inizio

La ragazza borbottò qualcosa, prima di girarsi e cercare di continuare a dormire. Speranza vana, decisamente.
-Forza, alzati pigrona. E’ una settimana che mi hai promesso di venire con me ad Hogsmeade.. vuoi deludere  la tua amichetta?- disse Alice, con la faccia che anni dopo sarebbe diventata celebre come quella del Gatto con gli Stivali in Shrek .
Lily la guardò, sforzandosi di ricordare. Un’illuminazione improvvisa la colse e rivide sé stessa promettere ad un’eccitata Alice di accompagnarla al villaggio.

Alice che mi sveglia di sabato mattina.. per andare ad Hogsmeade e le mie stupide promesse...

Lily scese dal letto, passando accanto a Mary, svegliata dalle urla eccitate di Alice. Si scambiarono un’occhiata disperata e finalmente la ragazza raggiunse la doccia.
Vi si infilò dentro, ignorando le urla della sua amica che le diceva di muoversi.
A lei l’acqua non scioglieva i muscoli, ma le permetteva di pensare. Scrosciava delicatamente avvolgendola con il suo calore e così la sua mente vagava. Ripensò al biglietto del giorno prima, al pezzo di pergamena sul comodino e alle varie scene imbarazzanti avvenute con Potter. Si chiese perché non si fosse mai innamorata. Le sarebbe piaciuto sentirsi come le altre ragazze, avere un sogno frivolo che le permettesse di dimenticarsi di ciò che c’era fuori. Ma non le era possibile. La sua mente era diventata espressione della razionalità stessa e non le concedeva mai un attimo di tregua, sempre ad assillarla con le solite domande ricorrenti.
“E poi?” “Come pensi che possa andare?” “Che ne penseranno gli altri?” e via dicendo.

Alla fine, Lily uscì dalla doccia, sicura che avrebbe tranquillamente potuto trasferirsi lì e rimanervi in eterno.
Infilò i primi vestiti che le capitarono in mano e si preparò ad uscire evitandosi così la sessione di trucco estremo  già allestita da Alice. Sospirò e si chiuse la porta del dormitorio alle spalle, scendendo nella Sala Comune con una giacca in braccio. Si era truccata un po’, giusto quel filo per far contenta Alice, ma si sentiva a disagio. Si curava, vero, ma mai come le altre ragazze.

Persa nei suoi pensieri, non si accorse di andare a sbattere contro qualcuno. Sollevò gli occhi, arrabbiatissima, ma la sua espressione si congelò: davanti a lei, un sorridente Sirius Black la fissava.
Lily sapeva cosa stava per succedere: Sirius l’avrebbe vista con la giacca, avrebbe dedotto che stava uscendo per andare ad Hogsmeade e avrebbe immediatamente chiamato Potter. Rovinandole la giornata.
Non cercò nemmeno di scampare al suo destino, perciò quando un affannato Potter le si avvicinò non provò nemmeno a negare di stare andando ad Hogsmeade. Contava sul fatto che forse l’educazione di Potter gli avrebbe fatto capire di non essere desiderato.

Ma purtroppo, la sua fortuna era decisamente migrata in un posto lontano e sperduto (altro che Maldive!) e così vide affacciarsi dietro al solito gruppo di Malandrini anche Frank Paciock.
Intanto anche Alice e Mary erano scese, pronte a sostenerla nel suo terribile destino.
- Ciao ragazzi... allora, andiamo?- esclamò Alice, abbracciando Frank.
Altro che sostenerla... sotterrarla ancora di più, semmai..
Lily si fermò e prese Mary per un braccio, prima che si avviasse con il resto del gruppo.
-Tu... sapevi?- sibilò lei, con cipiglio decisamente criptico. Okay, forse la stava facendo un po’ troppo tragica ma un sabato ad Hogsmeade con Potter era pur sempre un sabato ad Hogsmeade con Potter.
“Con tutti i Malandrini e Alice e Mary e Frank.. non pensare solo a LUI” le disse la solita vocina cinica nella sua testa.

Alice che mi sveglia di sabato mattina.. per andare ad Hogsmeade e le mie stupide promesse e Potter... che giornata, oggi...

-Ehm... se intendi il fatto che ci sarebbero stati anche i Malandrini, sì, allora sì. Se intendi il fatto che io sapessi che tu non sapessi allora... no..- esclamò Mary, prima di svignarsela. Lily era arrabbiata. No, peggio. Furiosa. No, ancora peggio. Livida di rabbia. No, no, no. Lily era LILY EVANS INCACCHIATA...
Si diresse a passo di marcia dietro al gruppo, decisa a godersi la sua giornata nonostante tutto.

Alla fine, la compagnia dei Malandrini non si rivelò poi tanto male. Sapevano ridere e scherzare e si vedeva che erano davvero affiatati. Lupin era veramente dolce e particolarmente intelligente e l’aveva subito presa in simpatia. Lily finse di non notare le occhiate assassine lanciate da James al suo amico... e di esserne compiaciuta.

Riuscì a svignarsela in libreria e a vagare per un po’ tra i suoi amati libri. Lì, Lily Evans la Caposcuola cessava di esistere ed emergeva Lilian, il delicato fiorellino timido e innamorato del sapere.
La ragazza sfiorò i libri con le dita, alla ricerca del solito libro che l’avrebbe conquistata e costretta a comprarlo. Ad un certo punto, un respiro le sfiorò il collo e lei si voltò spaventata facendo cadere il libro.

James l’aveva afferrato giusto in tempo e ora lo stringeva tra le mani, senza guardarlo.
-James... che ci fai qui? Pensavo che tu fossi allergico ai libri!- commentò sarcastica sottovoce.
Lui come risposta le sorrise e ripose il libro sullo scaffale, prendendone un altro dall’aria meno massiccia.

Lo soppesò un po’, prima di parlare.

-Dovresti leggere questo. “Stregata dalla Luna”. Non so di che diavolo parli, intendiamoci, come hai giustamente detto sono allergico a ‘sti affari- commentò, sorridendo bonariamente e facendo ridere Lily: - Ma il titolo mi piace. Devi rilassarti, Lily, dai! E comunque sono venuto a dirti che stiamo per andare via. Immagino che costringerti a seguirmi fuori dalla libreria con la forza sia assolutamente una cosa sconsigliata da fare, però ti do tempo dieci minuti per venire via.-
Lei lo guardò, stupita dalla sua improvvisa educazione. Lui dovette rendersene conto, perché prima di andarsene disse, con aria furba:- E comunque, vale la pena di entrare qui solo per sentirti chiamarmi “James”...-

Lily rimase immobile una decina di secondi, realizzando la cosa.

Alice che mi sveglia di sabato mattina.. per andare ad Hogsmeade e le mie stupide promesse e Potter che improvvisamente chiamo James... cosa diavolo...?

Il libro che il ragazzo aveva preso era appoggiato accanto al suo. Lei li guardò tutti e due, prima di scegliere e andare alla cassa.

Quella sera, dopo una cena in compagnia particolarmente divertente andò a letto con una strana sensazione di pace interiore..
Il bilancio della giornata non le sembrava neanche poi tanto cupo.
E inoltre, prima di addormentarsi, vide i risvolti dei vari libri sul suo comodino.
Un tomo massiccio la guardava tranquillizzandola, nascondendo alla luce, ma non agli occhi allenati di Lily, il titolo di quello sotto.
Inevitabilmente, Lily si accorse di aver ceduto al fascino della luna.

E di esserne stata “Stregata”.
 
  



Capitolo privo di un vero senso. Non è che mi soddisfi troppo devo dire.. ho dovuto cedere anche io al fascino delle storie d'amore tra Lily e James e dopo due improvvisi incontri con persone che NON erano James.. la scena della libreria ce l'ho dovuta inserire. Primo, perchè ho bisogno di andare in libreria anche io. Secondo, perchè vorrei che un giorno qualcuno mi scegliesse un libro dicendomi di essere venuto solo per sentirmi parlare :3 e terzo perchè... insomma, 'sti due si dovranno innamorare o no? Comunque, che ne dite? :)

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Capitolo 4
*** 4. Sveglia ***


 

SVEGLIA


Un ragazzo dormiva, con gli occhi chiusi e un’espressione beata sul volto.

Muoveva un piede ritmicamente, come se sentisse una musica tutta sua e le coperte giacevano accanto a lui, sparpagliate con un loro ordine privo di senso.

Si rigirò su un fianco e borbottò qualcosa, prima di rigirarsi e continuare a dormire.

-Posa quella ciambella, Lily.. è mia!-
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Lily Evans aveva sempre considerato la sveglia solo uno “stupido aggeggio spaccatimpani” ma non aveva voluto rinunciare alla propria, quando era andata ad Hogwarts.
Era una sveglia banale, rossa o fucsia, di un colore indefinito che non le piaceva nemmeno un po’.
Le lancette giravano pigre e spesso si inceppavano, eppure Lily si ostinava a ripararle e a farle ripartire rigorosamente a mano.
Avrebbe fatto così, sua sorella. E siccome quello era un regalo di Petunia, l’ultimo regalo di Petunia.. ci teneva a fare le cose per bene. Era una perfezionista, lei.
Ma qualunque fosse la storia di quell’oggetto, Lily aveva deciso di trasformarlo in un “rottame a tic-tac”.
La sveglia, infatti, colpì con forza il pavimento in pietra prima di rimbalzare e colpire il piede della sua migliore amica, che saltò sul letto, svegliata dal rumore e dalla botta.
-EVANS! Perché diamine l’hai fatto?- ululò lei, sfregandosi gli occhi come una bambina, mentre l’altra si alzava dal letto lanciandole un’occhiata vacua.

“Dannato Potter...” pensò “Anzi, maledetto Potter e anche maledetta sveglia”.

Sognare ancora una volta quello che lei definiva il suo più acerrimo nemico non le aveva fatto bene: aveva due occhiaie abbastanza pronunciate e i capelli avevano deciso di assomigliare ad una balla di fieno incappata per sbaglio in un po’ di ketchup.
Si lavò borbottando e lo stava ancora facendo mentre tornava in camera quando vide qualcosa che le fece ghiacciare il sangue nelle vene: Alice stava esaminando con curiosità un libro scappato dal suo comodino.
No, non un libro. Il libro. Di Potter.
Teoricamente quel libro era suo, ma siccome era stato lui a spingerla a comprarlo..

“Dannato Potter, maledetta sveglia e dannatissimo libro di Potter” pensò lei, prima di incontrare l’occhiata sospettosa e maliziosa dell’altra ragazza.

-E questo cos’è? Oh, “Stregata dalla luna”... Lily, mi sembra abbastanza diverso dai soliti tomi polverosi che ti leggi di solito. Cos’è, liofilizzato?- disse lei, ridacchiando e citando uno dei termini babbani insegnatele da Lily durante i primi due anni.
Lily avvampò, prima di borbottare un “Niente” poco convinto e uscire dalla camera sbattendo la porta.
Marciò fino alla Sala Grande, senza nemmeno sapere l’origine del suo nervosismo. Si ripeteva che era colpa del poco sonno, del mese, del clima e di un paio di occhi nocciola.

“Dannato Potter, maledetta sveglia, dannatissimo libro di Potter e maledettissimi occhi marroni” brontolò, prima di accorgersi che avrebbe dovuto trovare

un altro aggettivo da usare. I superlativi sarebbero finiti, prima o poi.
Era così concentrata nei suoi pensieri grammaticali che non si accorse di andare a sbattere contro un paio di panche, prima di ricadere su quella di Grifondoro e sedersi tirando fuori un libro per provare a ripassare.
Invano, ovviamente.
Alice si sedette accanto a lei, ridacchiando. Si avvicinò all’orecchio dell’amica e sussurrò:-L’ultima volta che hai fatto così è stato quando ti sei presa una cotta per Bootes, al quarto anno...-
In quel momento accaddero tre cose: Lily si strozzò con il tè che stava bevendo, spruzzandone un po’ addosso ad Alice, arrivò la maggior parte degli studenti in Sala Grande e... una mano si posò sulla sua spalla.
No, non una mano.
La sua mano. Il cuore di Lily fece un balzo, totalmente ingiustificato in realtà.
- Lily, questo non me l’avevi detto. Cavolo, quel povero diavolo cosa deve aver fatto per piacerti?- disse lui, ridendo e sedendosi accanto a lei.
La ragazza si ripulì dignitosamente la bocca e si girò a fulminarlo con lo sguardo, prima di replicare:- Sicuramente qualcosa di più assennato di ciò che fai tu, Potter-
Ovviamente, si curò di sottolineare il cognome. Anche lui se ne accorse ma non si rabbuiò, anzi si mise a ridere prima di asciugarle con un altro tovagliolo una goccia fuggiasca che le era arrivata su una tempia.
Si alzò e le scompigliò i capelli, come qualche giorno prima e alzarsi, facendo la sua solita uscita trionfale dicendo:- Beh, Evans, è chiara una cosa: deve averti davvero deluso o non saresti qui ancora single. Perché quando ti interessa qualcosa vai fino in fondo.  Ma sei troppo orgogliosa e timorosa per dirlo a qualcuno. Nevvero, Lily?-
Alice non disse nulla per i primi cinque minuti di stupore poi, vista l’espressione inebetita dell’amica la travolse con il solito fiume di parole mattutino, interrotto solo dal bacio del buongiorno di Frank.

Lily camminò su uno strato di nubi colme di fiocchi di neve per tutto il giorno, riflettendo sulle parole di Potter, come ormai faceva troppo spesso in quei giorni.
Evitò per tutto il giorno i luoghi più frequentati, limitandosi a girare per il castello e a conversare con un po’ di quadri con la scusa di trovare informazioni per un compito di Storia della Magia.
Che poi, cosa ci fosse nell’andare in giro a chiedere che cosa si provasse nell’essere innamorati in comune con la Storia della Magia doveva ancora capirlo.
Alla fine, si arrese. Prese una coperta e vi si avvolse dentro, accoccolandosi come faceva da bambina per proteggersi dal freddo.  Si sedette sul bordo della finestra e alla luce forte e intimidatoria del sole che tramontava cominciò a leggere il libro. Il suo, ovviamente.
Dopo qualche ora Lily chiese il volume con un tonfo, come faceva sempre. A dispetto del titolo da romanzetto sciocco aveva scoperto che tutto il libro era scritto bene e sapeva andare a fondo, toccando il lettore con dolcezza e stupendolo.
Alla fine, le era scappata anche una lacrima, prontamente asciugata con un fazzolettino qualsiasi, trovato per caso nella tasca della gonna.
Ora, sapeva ciò che fare.
Anzi, non lo sapeva, ma doveva farlo lo stesso.
Guardò la vecchia sveglia ammaccata e la rimise a posto sul comodino, puntandola come al sempre alla solita ora. Le tre di notte. Posò il libro sul comodino e uscì dal dormitorio, gettando uno sguardo alle sue compagne addormentate che non avevano detto niente quando l’avevano vista leggere accanto alla finestra come di consueto. Solo alice aveva sorriso, leggendo il titolo del libro, ma si era voltata ed era andata a dormire senza fare storie.
Lily uscì, infine.
“Dannato Potter, maledetta sveglia, dannatissimo libro di Potter , maledettissimi occhi marroni e decisioni idiote da nottambula”
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Un ragazzo dormiva, con gli occhi chiusi e un’espressione beata sul volto.
Muoveva un piede ritmicamente, come se sentisse una musica tutta sua e le coperte giacevano accanto a lui, sparpagliate con un loro ordine privo di senso.
Si rigirò su un fianco e borbottò qualcosa, prima di rigirarsi e....
-Potter, svegliati... Ti dovrei parlare...- e questa volta il ragazzo si svegliò subito, focalizzando immediatamente il volto conosciutissimo della ragazza che aveva davanti. Una ragazza da particolarissimi occhi verdi. 




Wee! Scusate, capitolo orribile, ma volevo scriverlo da un po'.. Precisiamo un paio di cose: innanzitutto, il fazzolettino "casuale" è quello di colazione. Spero si sia capito.. xD Poi ho voluto lasciare il finale con la suspence perchè... MISTERO! xD Adoro tenervi sulle spine.. lo so sono sadica.. xD Adesso vado..un bacione.. Writer96
 

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Capitolo 5
*** 5. Lentiggini ***


 

Capitolo 5: Lentiggini



Un ragazzo dormiva, con gli occhi chiusi e un’espressione beata sul volto.
Muoveva un piede ritmicamente, come se sentisse una musica tutta sua e le coperte giacevano accanto a lui, sparpagliate con un loro ordine privo di senso.
Si rigirò su un fianco e borbottò qualcosa, prima di rigirarsi e....
-Potter, svegliati... Ti dovrei parlare...- e questa volta il ragazzo si svegliò subito, focalizzando immediatamente il volto conosciutissimo della ragazza che aveva davanti. Una ragazza da particolarissimi occhi verdi. 

 

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-Evans che ci fai qui alle... Tre del mattino?!- dopo un’occhiata rapida all’orologio da polso il ragazzo guardò con aria sempre più interrogativa la ragazza, che rispose senza abbassare gli occhi.
-Proprio perché sono le tre del mattino ti dovrei parlare...-
James borbottò qualcosa che c’entrava con un possibile ricovero della ragazza in una casa di cura e si rigirò, cercando di riaddormentarsi.

“Potter che non si vuole svegliare... non ha capito un tubo!” pensò Lily, mentre strappava con forza le coperte da addosso il ragazzo, che a quel punto fu costretto a rialzarsi e a guardarla.

-Evans, io capisco la tua inevitabile attrazione per me ma non sarebbe meglio continuare questa conversazione domani mattina?- disse, sorridendole malizioso nonostante il sonno.

Lei, in tutta risposta, levò la bacchetta e senza dire una parola fece ritrovare il ragazzo appeso per aria con la caviglia ad un gancio invisibile.

-Lily... wow, così mi stupisci... usare incantesimi da Malandrini, e da quando in qua?- esclamò lui, ridacchiando e facendo borbottare Sirius, evidentemente disturbato dalla loro conversazione.
Mentre parlava, Lily aveva cominciato a camminare in direzione della porta del dormitorio e si era tirata dietro un ciarliero James Potter, del tutto ignaro della situazione.
Arrivata in Sala Comune l’aveva adagiato poco delicatamente su un divano e si era seduta su una poltrona davanti ad esso, incrociando le gambe e aspettando che lui riprendesse una posizione più consona ad una conversazione...
Finalmente il ragazzo si sedette con un po’ più di compostezza e si voltò verso di lei,incitandola a parlare con lo sguardo.
All’improvviso Lily si sentì una sciocca.

Che cosa gli avrebbe detto?
Che pensava che lui avesse letto in realtà quel libro e che glielo avesse regalato spingendola a farla riflettere su di loro?
Che pensava che lui non fosse tanto male ma che non si rassegnava ad ammettere a sé stessa che gli piaceva?
No, lei non poteva.
Questi erano i discorsi che facevano le oche tra di loro, discorsi che non arricchivano culturalmente neppure per scherzo.
Si era sempre rifiutata di arrendersi e di mostrarsi debole.
Aveva mentito a sé stessa, lo ammetteva e non una sola volta.
Eppure, questa volta era diverso.
Perché non solo ci poteva rimettere la faccia e la reputazione, ma anche perché, come le diceva una vocina fastidiosa nel cervello, infondo loro due erano solo due ex-nemici che ora, casualmente, si parlavano e stavano gettando le fragili basi di un’amicizia.

“Potter che non si vuole svegliare e i miei conflitti interiori che mi fanno sembrare una pazza... ed eccoci giunti ad uno dei passi più importanti del libro: come fare una figuraccia perfetta...”

Evidentemente  James dovette leggere qualcosa di questo suo conflitto interiore nei suoi occhi e nel modo in cui si mordicchiava il labbro, perciò attese pazientemente senza fare domande.
-Potter, so che ti sembrerà stupido... ma a me sembra che tu abbia voluto farmi capire qualcosa con quel libro. Sì, alla fine l’ho comprato, dannazione. E l’ho pure letto, va bene?- disse lei, irritata dallo sguardo stupito e poi malandrino del ragazzo.

-Lily, a parte gli scherzi... tu pensi davvero che io abbia anche solo mai provato a leggere un libro?- esclamò lui, sorpreso. A queste parole, la rossa avvampò, ma evidentemente James non aveva ancora finito.

- Però, il fatto che tu l’abbia comprato e letto vuol dire che comunque... beh, che comunque ti interessa qualcosa. Forse ti senti pronta a mettere le basi per un’amicizia e non una continua guerra, Lily... E io non voglio metterti fretta, sia chiaro. Anche perché ho una certa urgenza di tornare nel mio letto. Mi hai fatto venire qui solo per dirmi che ti sembrava che... lasciamo perdere...- continuò, terminando la frase con un sorriso mezzo scocciato e mezzo divertito.

Lei si alzò dalla poltrona, con fare minaccioso tanto che James, che aveva tentato di alzarsi, si ritrovò a cadere all’indietro spaventato da quella furia rossa.
-No, non ti ho fatto venire qui solo per dirti questa cosa, a dire la verità. Ma non importa. Hai detto di non avere fretta. Bene, neanche io... quindi, se sei deciso a “mettere le basi per un’amicizia” allora non ti disturberà il fatto che io ti lasci sulle spine, vero?- disse lei, avvicinandosi a lui. Poteva vedere benissimo il contorno nero dei suoi occhi nocciola al quale non aveva mai prestato attenzione e le lentiggini chiarissime che erano sulla punta del suo naso.

“Potter che non si vuole svegliare e i miei conflitti interiori che mi fanno sembrare una pazza.. ah, e non dimentichiamoci il fatto che ho fatto una figura da idiota e ora sto ammirando le lentiggini di James... ma che cosa ho fatto per meritarmi ciò?”

Lo vide deglutire e poi avvicinarsi sempre di più.
Si ritrasse, spaventata dal battito accelerato del proprio cuore e lo salutò con un sorriso delicato, che non gli aveva mai riservato, prima di salire in dormitorio.
Lui, invece, rimase lì ancora per un po’, indispettito eppure straordinariamente contento.
Sì, ora lo sapeva con certezza...

La Evans aveva ben 134 lentiggini sul naso... 




E rieccomi qui, finalmente ad aggiornare... chiedo pietà, ma mi è venuta solo ora l'ispirazione... sarà, ma a me questo apitolo non convince molto.. ma del resto, che ci potete fare? Sono fatta così... che cosa avrà Lily da dire a James di tanto importante? O il suo era solo un bluff per non fare una figuraccia ancora più grande?
Che ne pensate?
Un bacione, Writer96

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Capitolo 6
*** 6. Cambiamenti? ***


 Solitamente, a Lily piaceva Cura delle Creature Magiche. Le piaceva osservare gli animali e studiarli, cercando di capirli. In particolare, amava gli ippogrifi. Fieri, alteri, ma anche profondamente insicuri. Così li aveva definiti una volta Alice e Lily le aveva rubato la definizione, aggiungendo anche “Liberi”. In effetti, Lily aveva sempre desiderato di assomigliare almeno un po’ ad un ippogrifo e poter volare via.

Ma quel giorno era un giorno particolare. Lily, reduce da una nottata un tantino assurda aveva fatto colazione con il caffè, cosa parecchio inusuale, considerato il fatto che di solito un solo goccio di esso la mandava completamente fuori di testa, facendo saltare i suoi nervi come tanti coniglietti rosa che saltano di arcobaleno in arcobaleno.

Sì, in effetti come definizione non era particolarmente azzeccata, ma in effetti questa era la prima cosa che aveva pensato Lily a dieci anni, dopo aver bevuto la sua prima tazzina di caffè e da allora era rimasta ben impressa nella sua mente.

Perciò la ragazza non riusciva a concentrarsi e lasciava vagare lo sguardo oltre gli alberi della Foresta Proibita, ripensando alla sua ultima conversazione notturna con Potter. Era stata davvero strana. Anzi, più che strana diversa.
Sicuramente era una delle loro prime conversazioni civili da molto, molto tempo. Da sempre, forse.

La Sala Grande, una volta svuotatasi da tutti gli studenti, era particolarmente imponente. Una bambina percorse con lo sguardo l’intero soffitto, perdendosi tra le sfumature blu cobalto del cielo ricreato magicamente. Si sentiva così piccola eppure anche importante, lì da sola tra le quattro lunghe tavolate.
Era rimasta indietro apposta, confidando nella sua conoscenza teorica della scuola. Il suo pensiero volò al suo migliore amico, che era uscito tra i primi dalla Sala, il volto basso e le mani in tasca.

Quando si era seduto al tavolo dall’altra parte della Sala dopo lo Smistamento Lily aveva sentito una stretta allo stomaco e gli occhi le si erano riempiti di lacrime. All’improvviso, qualcuno le aveva dato uno spintone e girandosi si era trovata davanti la faccia ghignante del ragazzino del treno, che aveva detto di chiamarsi Potter.
-Hey, Lily.... come mai con quelle lacrime agli occhi? Piangi di gioia perché il tuo amichetto non è qui con te?- aveva esclamato, ridendo convinto di aver detto chissà che cosa. Lei si era limitata a guardarlo sprezzante, prima di esclamare:- Solo perché qualcuno ha un cervello più grande de tuo non significa che tu debba per forza essere invidioso, sai? E comunque, ricordati per il futuro. Per te sono solo Evans-


La bambina scrollò la testa, cercando di eliminare il brutto ricordo. Il solo pensare che lei e quell’altro essere insopportabile avrebbero dovuto condividere le lezioni e una parte della vita per i seguenti sette anni la faceva rabbrividire.
Uscì senza fretta dalla Sala Grande e si apprestò a salire le scale che l’avrebbero portata, almeno secondo i suoi conti. Peccato che le scale... non c’erano.

Maledetto Potter e ricordi su Potter! Pensò, sapendo che si prospettava una serata difficile...

Lily sorrise ripensando alla sua prima sera ad Hogwarts. Era rimasta a vagare per la scuola fino a quando un Prefetto non l’aveva trovata nel bel mezzo della ronda e l’aveva portata al dormitorio. In realtà lei aveva continuato a ripetere per tutto il tragitto di essere sonnambula e di camminare nel sonno.

Certe cose non sarebbero mai cambiate, pensò. Lei e il suo orgoglio. Lei e il suo amore per la scuola. Lei e la sua intraprendenza.
Poi il volto familiare di Severus riemerse dai suoi ricordi, provocandole acute fitte di dolore. Si sbagliava. Tutto era cambiato. Lei. Il mondo. La guerra.

-Signorina Evans, può rispondere alla mia domanda?- chiese la professoressa Caporal e lei all’improvviso tornò nel mondo reale. A dire il vero, non aveva sentito nemmeno una parola tra quelle pronunciate dalla professoressa.

-Bacche di agrifoglio- le aveva sussurrato qualcuno all’orecchio. Lei si era girata, incontrando gli occhi di Potter, assai divertito. Per qualche attimo rimase in silenzio, gli occhi sbarrati e la bocca socchiusa, poi sbatté le palpebre e si affrettò a rispondere riuscendo anche a guadagnare qualche punto per Grifondoro.

Mentre tornavano verso il castello, aumentò il passo fino a raggiungere Potter.
-E comunque, potevi rispondere tu, già che c’eri- disse, senza girarsi a  guardarlo.

-No, Evans, molto meglio tu...- rispose lui, sorridendo e fissando un punto imprecisato davanti a sé.

-Oh beh, giustamente ad ognuno il suo ruolo...- esclamò lei, studiandosisi una mano con finto interesse. In verità stava osservando con la coda dell’occhio Potter, che si era fermato a guardarla.

-Hey, Lily, che cosa sarebbe questo? Uno strano modo di ringraziarmi?- disse lui, cercando di nascondere il ghigno che gli si stava disegnando in faccia.

-No, James, in verità stavo cercando di dirti che è meglio se tu continui ad inseguire boccini...- rispose, prima di farsi scappare un sorriso ed aumentare il passo.

-Non c’è di che Lily, è sempre un piacere aiutarti!- urlò lui, da un punto imprecisato alle sue spalle.

Non importava il fatto che il suo nome, pronunciato da quel boccino con gli occhiali suonasse particolarmente bene.
Non importava che grazie a lui si era evitata una grande figuraccia.
Non importava se le loro conversazioni notturne erano particolarmente sconvolgenti.
Certe cose sarebbero sempre rimaste uguali, capì, sorridendo.
 

-Evans, James, per te solo Evans!-

Anche se con piccole variazioni sul tema...





 

Salve gente! La vostra Writer è di nuovo qui.. aaarg, pietà, non mi uccidete.. sì, lo so che è passato tantissimo tempo e... e che questo capitolo è meno acido o comico degli altri, ma mi ci voleva. Facciamo il punto della situazione (no, non situatione come se fossi una latina!) .
Lily ha parlato con James riguardo al libro che lui l'ha spinta a comprare. Diciamo che si chiamano per nome...  Lily ha parlato con James durante la notte del suddetto libro (*Ah Autrì, sei 'na pizzaaa!* TACI CERVELLO!) ed ora hanno deciso di provare ad essere amici. Lily va a lezione. Lily non riesce a seguire. Lily ripensa ad una delle sue prime conversazioni con James. Lui la aiuta. Si prendono in giro. Lei ribadisce il concetto del "Solo Evans" chiamandolo però per nome. Ok, ci siamo? Troppo sconclusionato? troppo brutto? Troppo.... ok, mi calmo.. fatemi sapere che ne pensate... P.S. GRAZIEEE!

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Capitolo 7
*** 7. Ridendo ***


Lily respirò con forza, godendosi l’odore di bagnato che impregnava l’aria.
Le piaceva quell’odore.
Era freddo, eppure non gelido e la circondava, abbracciandola.
Era un odore freddo e caldo allo stesso tempo.

La ragazza uscì dall’aula con sollievo e si diresse sotto il peso dei molti libri verso la Sala Comune.
Avere un’ora buca le era sempre sembrata una cosa fantastica, ma mai come quel giorno.

Non il giorno in cui era stata costretta a lavorare solo a qualche centimetro di distanza da lui. Severus. Piton.

Doveva chiamarlo così, per non sprofondare nella malinconia. Perché se l’avesse fatto, sarebbe successo qualcosa di terribile. Lily Evans era.. era un rimedio anti-tristezza per molte persone e di certo non poteva deluderle.
 

Non per colpa sua. Non per colpa di Severus Piton.

Salutò con un sorriso Alice e Mary che si diressero subito verso la Biblioteca.
Erano rimaste indietro con i compiti, al contrario suo, che nonostante odiasse apparire come una secchiona, si ripeteva sempre che “Così non ci avrebbe più pensato”...
Beh era vero... fino a che non arrivavano quelle due pazze a chiederle di farle copiare.
Mormorando la parola d’ordine, entrò nel buco del ritratto e si lanciò letteralmente su una delle poltrone più vicine al fuoco.
Peccato che non avesse calcolato che quella era un’ora buca per molti studenti del sesto anno.

Potter compreso.

-Evans, io capisco che ora che mi parli non riesci a non saltarmi addosso, ma insomma, in maniera così sfacciata!- disse il suddetto ragazzo, mentre una Lily Evans estremamente imbarazzata saltava giù dal divano e si affrettava a sedersi su un’altra poltrona.

Provò a farfugliare qualche scusa, ma intanto pensò alla sua fortuna che si era dimenticata, per l’ennesima volta, di dirle che era partita ed emigrata verso chissà dove.

-Tranquilla, guarda che c’è posto per tutti e due qui...- disse il ragazzo, sorridendo in risposta allo sguardo mortificato di Lily e battendo sul posto accanto a sé sul divano.

Lei lo squadrò, perché dopotutto era pur sempre Potter, ma alla fine l’aria terribilmente comoda e calda di quel posticino la spinse ad alzarci e ad appollaiarsi cercando di occupare meno spazio possibile.
Non cercò come facevano tante ragazzotte un po’ sciocche di dirsi che il caldo che provava era solo colpa del caminetto.
Sapeva perfettamente che era, per l’ennesima volta, colpa di Potter, che negli ultimi tempi sembrava destinato a stupirla.

Non parlava degli ultimi episodi, come il suo suggerimento ad Cura delle Creature Magiche o della restituzione del suo tema perfettamente immacolato o del libro.

Si riferiva piuttosto al cambiamento che quel ragazzo aveva avuto negli ultimi tempi, provato dal fatto che invece che passare tutto il viaggio sul treno a pavoneggiarsi o a lanciare incantesimi se n’era rimasto chiuso nel suo scompartimento. Parola di Remus Lupin. Che giurava sulla CIOCCOLATA.

Lily sorrise pensando allo smisurato amore del ragazzo per la cioccolata. Lei gliene aveva regalata una barretta una volta, che era sparita nel giro di poco più di un quarto d’ora.

James si voltò e la vide sorridere.
Non si era mai fermato a pensare al fatto che Lily fosse bella o meno.
Lei era sempre stata la Evans, la sua grande rivale, la sua grande sfida.
Certo, da un po’ di tempo era diventata Lily, la ragazza che lui desiderava accanto a sé.  Non era più un capriccio. Non era niente, ancora.
Purtroppo.

Tuttavia, quando la vide sorridere si incantò qualche secondo a guardarla. Non l’aveva mai considerata brutta, anzi era a detta di molti una ragazza abbastanza carina, ma...
Quando sorrideva era bella davvero.

E lui, spinto dalla sua solita curiosità, le chiese improvvisamente:- Perché sorridi, Lily?-
Lei si girò a guardarlo, prima di aprire la bocca per cominciare con il solito..

-Evans, James, per te solo Evans... sì, lo so, ma sinceramente penso che sia ora di smettere di prenderci in giro, dai. Non siamo più Evans e Potter, siamo James  e... Evans, d’accordo!- si corresse lui, vedendo che lei si apprestava a tirargli una cuscinata in faccia.

Cominciò a farle il solletico e la vide cadere per terra, lacrimante e completamente arruffata.
Lei, la perfetta Lily Evans era talmente spettinata e disordinata da essere comica.
E James rise, con Lily, che non potè fare a meno di pensare che Ci doveva pur essere una ragione per la quale tutte le ragazzine si innamoravano di lui.

Si diede della stupida e cercò di ricordarsi che era sempre lo stesso ragazzo che al primo anno le aveva tirato addosso dei vermetti solo per sentirla strillare in mezzo alla Sala Grande.

Eppure non era lui quel Potter. Questo era James, decisamente diverso. In un modo o nell’altro.

-Non mi hai ancora detto perché ridevi...- le disse lui, tornando serio all’improvviso.
Lei si risedette sul divano e cercò di ricordarselo lei stessa perché avesse riso.

-Pensavo a Remus che è fissato con la cioccolata...- rispose e un altro sorriso comparve sul volto di James. Decisamente, lei aveva ragione. Ancora una volta.

-Posso farti... un’altra domanda?- le chiese, guardandola raccogliere le gambe per stringersi le ginocchia al petto.

-Oltre a questa?- gli rispose lei, beffarda. Diamine, era ancora Lily Evans che parlava con James Potter!

-Sì, Evans, oltre a questa...- disse, mentre un altro sorriso gli spuntava sulle labbra.

-Ok-

-Perché quando sei arrivata avevi un’aria così stanca?- le chiese e la vide rabbuiarsi. Per qualche secondo e basta, certo, ma abbastanza perché si preoccupasse.

Lei prese un profondo respiro, esattamente come quando era uscita dall’aula e alzò gli occhi, che aveva abbassato mentre lui parlava. Se l’aspettava quella domanda, era ovvio. James, che sembrava sempre così superficiale, era sempre dannatamente attento a tutto.

-Per Severus. Era da tanto tempo che non mi era così vicino. E non parlo solo di un senso fisico. Essere lì, con le spalle quasi attaccate, concentrati e determinati a fare la nostra pozione al meglio come tempo fa... Non ho retto. Perché Severus, o Piton che dir si voglia, è stato la causa delle mie prime gioie e dei miei mali, alla fin fine.- attese qualche secondo, prima di ricominciare a parlare. Potter la guardava attento, studiandola e stringendo i pugni. Si chiese perché gli stesse rivelando tutte quelle cose. Forse era solo il disperato bisogno di dirle a qualcuno.

Non credeva veramente che lui avrebbe mai capito cosa provava lei, così amato e coccolato.
Eppure voleva che lui capisse. Lo voleva davvero. Perché lui comprendesse quanto male le faceva vedere come lui e i suoi amici trattavano Severus, come se fosse feccia.
Forse lo era adesso, ma non lo era sempre stato. E lei questo lo sapeva bene.

-Siamo diventati amici quando avevo circa dieci anni. Io ho ricevuto la lettera da Hogwarts, mia sorella no. Lo abbiamo scoperto insieme. Quando sono partita, lei mi ha chiamata mostro. Severus, prima è stato mio amico. Poi mi ha chiamata Mezzosangue. Ma del resto, questo tu lo sai bene. C’eri, no?- concluse chiedendogli e lui si sentì attanagliare lo stomaco. Avrebbe voluto dirle che sapeva come si sentiva, ma la verità era che non poteva.

E perciò si limitò a sussurrarle un –Mi dispiace- che sapeva molto più di scuse che di dispiacere per ciò che era successo.
Rimasero lì qualche minuto, silenziosi, a guardare da lati opposti. Lei guardava il fuoco, incantata, lui guardava lei, chiedendosi perché nessuno si era mai preso la briga di chiederle qualcosa in più sulla sua vita.

Probabilmente, si disse, perché era Lily quella più impegnata a chiedere cose agli altri. Ma non cose tipo segreti o robe simili. Lily era più il tipo di persona che ti chiedeva com’era la tua cioccolata calda e se ti piaceva di più il sole o la pioggia. Cose alle quali non faceva caso nessuno, ma che per lei dovevano essere davvero importanti.

Lei era lì, con un grosso sbaffo nero sulla guancia, che le partiva da sotto l’occhio fino a toccare un angolo della bocca. Era leggermentearrabbiata, ma insomma, era stata troppa la tentazione di dirle di girarsi mentre la sua compagna teneva la penna in mano così vicina a lei. Era qualcosa di divertente, avrebbe dovuto ridere anche lei. E invece no, era arrabbiata.
“Donne” pensò James, mentre lei si avvicinava furiosa.
-Preferisci il tè o il caffè, Potter?- gli aveva chiesto, all’improvviso.

Lui aveva ovviamente risposto che preferiva il tè.
Inutile dire che il giorno dopo si ritrovò con una salamandra dentro alla tazza di tè...
 
Ripensando a quella scena, il ragazzo sorrise. E chi l’avrebbe detto che un giorno lei si sarebbe seduta di sua spontanea volontà accanto a lui e non per ucciderlo?
All’improvviso, provò il bisogno di chiederle qualcosa.

-Io e te siamo amici, Lily?- disse e si chiuse subito la bocca con una mano.
Porca Pluffa, e da dove veniva quella domanda così infantile? Si chiese James, mentre lei spalancava gli occhi, sorpresa.

-Credo di sì, anche se è strano dirlo. Ma, James, quante volte ti devo dire che io per te sono solo Evans?- rispose lei, e mentre lo diceva si sentì stanca di dirlo. Lily suonava in una maniera particolarmente buffa, quando lui lo pronunciava, perché sembrava un bambino piccolo che diceva una parola proibita..

“Certo che io, i miei neuroni e Potter dobbiamo essere allergici l’uno all’altro, perché se questi pensieri sono il risultato..”

Poi mentre lui stava già per dire qualcos’altro, un ricordo la investì, con una forza tale da immobilizzarla..

-Io e te siamo amici, vero Lils?- aveva le mani sudate mentre glielo diceva, camminandole nervosamente a fianco.
-Certo, Severus. E niente ci dividerà..- aveva risposto lei, afferrandolo per un braccio e sorridendo allegramente.

Avrebbe voluto rimangiarsi ciò che aveva appena detto.
Esclamare che no, che loro non erano amici. Perché alla fine, anche l’amicizia se ci credi troppo finisce.. Ma mentre lo pensava, sapeva che non era così. Severus aveva smesso di pensare a lei come ad un’amica e lei aveva fatto altrettanto. Ma lui era comunque Severus, il suo Sev, quello che preparava le pozioni con lei e che le raccontava dei Dissennatori. E per quanto cercasse di dimenticarselo, non poteva.

James si accorse del suo nervosismo, quindi rimase in silenzio.
La risposta di lei lo aveva stupito. Si aspettava che lei gli dicesse di no. Eppure, sapeva anche che qualcosa era cambiato.

All’improvviso, Lily sembrò riscuotersi da chissà quali pensieri e si girò a guardarlo negli occhi.
C’era una strana determinazione in lei, nel suo sguardo verde brillante, mentre lo guardava.

-Ma non pensare che per questo avrai una vita più facile, Potter... forza, tirati su, che si va a lezione...- Esclamò lei, mentre lui si tirava su stancamente dal divano e la seguiva con lo sguardo vedendo che si avviava quasi correndo verso il buco del ritratto.

-Arrivo, Lily...- disse, calcando particolarmente sull’ultima parola e godendo nel sentire la risposta della ragazza, leggermente attutita dalla distanza.

-Evans, James, per te solo... oh, al diavolo! Spreco il mio fiato per te?-

-Vorresti forse un aiuto a recuperarne un po’, Evans?- le rispose lui, malizioso. Adorava provocarla.

-Perché non ci provi con la Piovra Gigante, James?- le urlò lei, sbucando in corridoio..

“E perché dovrei? Con lei, non posso mica sperare di sentirmi dire un giorno Per te Lily, James, solo Lily






Omamma! Ho aggiornato! E in meno di... di.. di due settimane! (credo)... ok, diciamo in meno di un mese.. >.< che ne pensate di questo capitolo? Troppo sdolcinato? Ho cercato di far capire che non è che Lily si innamora di James da un giorno all'altro, ma ci sono state una serie di cause che l'hanno fatta ricredere e che probabilmente narrerò in altri FlashBack... Mi credevo un'idiota a continuare a tenere due storie incomplete da scrivere... ora mi ritengo una pazza scriteriata perchè ne ho tre... che ci posso fare? :D
Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che seguono le altre mie due storie e tutti coloro che commentano le mie One-Shot (che sono davvero tante.. ^^")
Un bacione, Writ

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Capitolo 8
*** 8. Colazione ***


-Buongiorno, Lily-

-‘Giorno, James...-

Alice smise di parlare, bloccandosi con la bocca leggermente spalancata.
Mary posò la fetta di toast sul piatto, o per meglio dire, le cadde la fetta di toast sul piatto, spargendo la marmellata sulla tovaglia e sul bicchiere di succo di zucca.
Le due si guardarono negli occhi per qualche secondo, poi scoppiarono a ridere in maniera molto sonora.

Lily si girò verso di loro e inarcò un sopracciglio, come faceva ogni volta che era sorpresa. Poi decise di ignorarle e continuare a mangiare, mentre il ragazzo si buttava sulla panca davanti a lei e si serviva di una discreta dose di porridge.
Intanto metà della tavolata di Grifondoro si era girata a guardare le due ragazze che ridevano così forte, cercando la causa di tale ilarità.

Alice cominciò a boccheggiare e dopo un po’ aveva ripreso abbastanza controllo di sé per dire:- Ok, Lily, bello scherzo. Tu non hai davvero salutato James Potter chiamandolo per nome! Potter, io non ti consiglierei di metterti lì... Lily ha una certa mira quando si tratta di lanciare oggetti o fette di pane addosso a qualcuno.-
Lily, in risposta, addentò la sua fetta di pane e chiese, con molta noncuranza:- Come sono andati gli allenamenti, ieri?- al ragazzo che le sedeva di fronte.

Lui ci mise qualche attimo a rispondere e stava già per parlare quando vide le spalle della rossa iniziare a tremare e poi lei che cominciava a ridere.
“Diamine, evidentemente devo scatenare in lei reazioni di ilarità...” pensò lui, mentre un sorriso cominciava a increspargli le labbra.

All’improvviso, Lily tornò seria e si girò verso le amiche, che la guardavano con aria scandalizzata, mentre cercavano di capire quando avrebbe scagliato la sua colazione addosso al povero Potter.

-Alice?- chiese Lily, cercando di avere un’espressione abbastanza severa, guastata totalmente dal baffo di marmellata che le si era creato sopra il labbro superiore.

-Sì?- le rispose l’amica, cercando altri segni di pazzia nel suo comportamento.

-Ti pare che io a quest’ora di mattina sarei in grado di elaborare uno scherzo del genere?- le disse, sorridendo ancora, per poi tornare alla sua colazione con calma e tranquillità, lasciando Alice terribilmente basita.

-Hai un po’ di marmellata sulla faccia!- esclamò allegro James, mentre Alice faceva serpeggiare lo sguardo tra lui e Lily chiedendosi se per caso qualche bolide non fosse sfuggito dalla mazza del suo adorato Frank che in quel momento, invece di essere scandalizzato come lei, sembrava molto più interessato ai suoi compiti di Trasfigurazione.

-Un po’? Io direi che ci si è trasferito direttamente tutto il barattolo!- lo rimbeccò Mary, che superato lo shock iniziale aveva deciso di comportarsi come se tutto fosse assolutamente normale.
 
Del resto, si disse, fino a che Lily Evans non si metteva a urlare come una matta in mezzo a tutti poteva andare tutto più che bene.

-Hey, grazie, begli amici che ho... Alice, chiudi la bocca, che così sembri più un pesce che un essere umano...- rispose Lily, guardando l’amica che si allontanava sempre di più da lei sulla panca.

-Chi sei tu, cosa ne hai fatto di Lily Evans?- le chiese, con finto orrore, mentre Frank, finalmente soddisfatto dei propri compiti, Mary e James se la ridevano di gusto.
Lily scosse la testa, esasperata.

-Alice, mi facesti la stessa domanda al quarto anno, quando ti dissi di Bootes,me la facesti al quinto, quando ti dissi che avevo un disperato bisogno di caffè e l’anno scorso pure quando cominciai a strillare istericamente sul fatto che dovevo finire ancora i compiti. Perciò ti do sempre la stessa risposta.. No, non sono io. Sono il suo rapitore, mascherato da anni e anni con la Pozione Polisucco che ha deciso di nasconderla perché il suo cervello sarebbe stato un danno troppo grande per l’umanità. E ora scusami, ma devo andare a prendere una S in Pozioni e a dar fuoco alla Biblioteca...- il tutto venne detto con un tono perfettamente calmo, che lasciò abbastanza perplessa la maggior parte della gente, che era incerta se preoccuparsi o ridere. Alla fine, prevalse la seconda opzione.
Alice cercò di resistere, ma alla fine si mise anche lei a ridere, abbracciando la compagna.

-Tu mi devi spiegare un sacco di cose...- le sussurrò con fare minaccioso all’orecchio, confermando gli atroci sospetti di Lily. Pensava di averla scampata. Avrebbe tanto voluto che fosse stato davvero così.. ma ahimè, non era proprio possibile...

- Beh, ragazzi si è fatto tardi... dobbiamo andare a lezione...- il tono di James Potter e soprattutto ciò che aveva appena detto fece ammutolire buona parte dei presenti.
Lily si girò e lo guardò scetticamente, con un sopracciglio inarcato.

-Potter, che fai, tiri fuori il tuo inspiegabile lato di Caposcuola?- gli chiese, mentre si alzava. Mary, che aveva deciso che i due dovevano evidentemente essere molto malati, si avvicinò a Sirius, con la scusa di chiedergli qualche informazione in più sulla stranezza dei due.

-Sirius? Tu sai?- gli chiese, con tono fintamente circospetto..

-Di essere il più bello? Ma certo, McDonald.. – le disse, con uno strano sorriso in volto.

Lei era sempre stata piuttosto restia a considerarlo un playboy sciupafemmine... Che fosse bello era scontato, ma da lì a dire che si trattasse dell’essere più bello del mondo ne correva di strada.

-No, mi spiace deluderti... intendevo, tu sai che cosa è successo a Potter e alla mia amica? Cosa le ha somministrato? Una Pozione?- gli disse, pentendosene poi subito dopo. Alle sue spalle era infatti sopraggiunta Alice che, apprensiva come al solito, una volta colte le parole “Potter” e “Pozione” si era subito preoccupata.

-Lui... Lui... Cos’ha fatto? Ah, ma io lo uccido, lo disintegro, lo spezzo e poi lo infilo in uno degli anelli della porta di Quidditch...-  cominciò a borbottare, placata subito da Mary che sembrava abbastanza propensa all’idea di colpirla e di lasciarla lì, tanto per farle smaltire un po’ d’ansia...
Poi, vedendo che James e Lily si allontanavano, più vicini l’uno all’altra di quanto non avesse mai visto, prese la ragazza per un braccio e la fece voltare. Sirius si voltò nello stesso momento e le guardò, con aria indignata.

Era dura, per lui, vedere il suo migliore amico allontanarsi, anche se di così poco, per avvicinarsi a lei. Non che Lily gli stesse antipatica, ma ecco, non era nella sua top ten di persone con cui passare un pomeriggio.
Eppure sapeva che James era felice, così. Aveva quel dannato sorriso stampato in faccia da qualche tempo e ogni tanto si lasciava andare ad esclamazioni di gioia.

Sirius però era felice. Lo vedeva, lui, il James vero, quello che temeva per tutti e anche un po’ per sé stesso, quello che sapeva che là fuori c’era una guerra, quello che voleva vivere a tutti i costi.
E allora, si diceva, che l’avesse James un po’ di quella felicità che gli spettava.
 
 
-Lily, andiamo, lo sai che lo faccio solo per tirarti fuori dai pasticci, non crederai mica che io sia diventato tutt’a un tratto responsabile!- esclamò James, mentre lei si schiaffava una mano sulla fronte in maniera decisamente poco elegante. Lo sapeva, lo sapeva che lui avrebbe risposto così. Perché gliel’aveva chiesto?

-Andiamo, James, lo sappiamo tutti e due che muori dalla voglia di prendere un bel voto in qualcosa!- gli rispose lei, pregustandosi la reazione di Potter... che non si fece attendere.

-Tu.. vuoi forse insinuare che io non ho bei voti? Evans, non sai a cosa vai incontro!- le disse lui, cominciando a solleticarle i fianchi. Lei gli schiaffeggiò la mano e gliela bloccò, a qualche centimetro dal proprio fianco.

Lily aveva le mani fredde, notò James. Le lunghe dita di lei, magre e chiare come tutta la sua pelle arpionate attorno al suo polso creavano una sorta di barriera con tutto il resto. Non percepiva più la propria mano, ma solo quei pochi centimetri di pelle che toccavano quella di lei.
Lily si girò e vide che James guardava le loro mani. Subito staccò la propria e si chinò a recuperare la borsa, caduta durante il solletico.

-Andiamo..- borbottò lei, cominciando a camminare più veloce e lasciandosi dietro un basito James.
La spaventava, quel loro rapporto così acerbo. Era bello conoscere il nuovo James, certo, ma aveva paura di sé. Aveva paura di rimanere troppo coinvolta e di scottarsi, irrimediabilmente.

Aveva paura, Lily Evans, e questo era probabilmente il motivo principale del suo attuale terrore. 





Rieccomi... ovviamente in ritardo.. -.-" Ma vabbè, l'importante è che io sia qui.. anche se con un capitolo totalmente sconclusionato, in effetti.. sperate nel prossimo, gente! xD Solo un saluto veloce e un maxi-ringraziamento per chi è arrivato fin qui... :P
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Capitolo 9
*** 9. Pazzia ***


A Lily piaceva camminare. Le piaceva sentire le irregolarità del pavimento sotto i propri piedi e amava accelerare impercettibilmente sulle piccole salite. Amava sentire i polpacci bruciare e il cuore battere un po’ più forte. Contare i battiti sempre più vicini la rilassava inspiegabilmente.

E, almeno ultimamente, la faceva pensare a Potter.

Anche quel giorno era la stessa cosa. Non aveva pranzato in Sala Grande, aveva preso un piccolo tramezzino dalle Cucine prima di avventurarsi fuori nel Parco di Hogwarts, sfidando il freddo e il vento.
Le veniva da ridere pensando che lei, proprio lei, sapesse delle Cucine e usufruisse di questa conoscenza. Era per quello che non si era mai arrabbiata con Potter e compagnia bella quando organizzavano feste con cibo preso dalle Cucine.

Beh, quasi mai.

Due anni prima si era talmente arrabbiata con i Malandrini da uscire addirittura fuori dalla Sala Comune minacciando di chiamare la McGranitt e Pix. Era stata in quell’occasione che Remus le aveva mostrato le Cucine, facendole anche fare amicizia con un Elfo Domestico. Nessuno, all’infuori di loro due, sapeva che lei sapeva.

E Lily era contenta di ciò. Amava stare da sola, in alcuni momenti.  Staccare la spina, diceva lei, da buona figlia di Babbani.

Pensare alla sua famiglia non era più doloroso come una volta, ora riusciva a visualizzare i loro volti mentalmente senza provare dolore. Dolore fisico, intendeva. Per quello mentale, ci sarebbe voluto ancora tempo. Molto tempo.

Mia sorella è un mostro.
Io non ho una sorella.
I mostri devono stare con i loro simili.


Prima, ogni parola era come una pugnalata che faceva male quasi come un Cruciatus. Adesso era solo uno strazio mentale. Una tortura che non si poteva fermare, perché originata dai ricordi.

-Lily?- una voce la riportò alla realtà. All’improvviso, le sembrò che il freddo si facesse sentire con molta più prepotenza sulla sua pelle. La ragazza respirò piano, cercando di ignorare la sensazione di benessere che l’aveva colpita quando una mano si era posata sul suo braccio.

La mano della stessa persona che l’aveva costretta a quella maledetta camminata al freddo.

La mano di James Potter.

Lei  non si voltò, si sedette per terra incrociando le gambe, ignorando, ancora una volta, il freddo. Era come se tutte le sue percezioni nervose fossero concentrate sui punti toccati dalla sua mano.

-Oggi a pranzo non c’eri. Io credo che potresti anche evitare di evitarmi...- riprese lui, ignorando il silenzio della ragazza e concludendo con un tono leggermente irritato. Lei si girò lentamente, inarcando le sopracciglia e cercando di non far spuntare un sorriso divertito sul proprio volto.

Quando James faceva così era... assolutamenteinfantile, certo, anche leggermente irritante, ma anche irrimediabilmente tenero.

Si odiò per quel pensiero. Cos’era, una di quelle ochette che gli sbavavano dietro solo perché aveva il coraggio di dire ciò che pensava con una battuta? Solo perché adorava tutto ciò che faceva con la discrezione che solo le persone che si fingono estroverse hanno? Solo perché... si fermò un attimo.

Quelli non erano i motivi per cui le ochette lo amavano.

A loro bastava vedere il suo sorriso allegro, i suoi occhi vivaci e i suoi allenamenti a Quidditch per adorarlo. Nessuna di loro si era chiesta chi fosse James Potter. A dire il vero, non ci aveva mai pensato molto nemmeno lei. Ma ora si era dovuta ricredere. Lo aveva capito nell’esatto momento in cui, toccandolo per la prima volta in una maniera tanto casuale e semplice, aveva provato paura.

Lily Evans, per la prima volta nella propria vita, si pentì di non avere mai avuto abbastanza coraggio da ammettere che dietro a tutto c’era solo la paura.
All’inizio di era limitata a vedere quello che le ochette vedevano e, non trovandoci niente di straordinario, aveva deciso che Potter non la interessava.

Ora capiva molte più cose. Non era stata un’illuminazione improvvisa e sconvolgente. Ne aveva acquistato pian piano la consapevolezza  e si era ritrovata a combatterci contro.

Povera Lily Evans.

Aveva una grande passione per le cause perse.

E nell’auto- commiserarsi in questa maniera, si rese conto di qualcosa di ancora più profondo. Perché non aveva lei stessa definito Potter per un’infinità di volte una causa persa?

Il suo mondo, un mondo all’apparenza solido, che si era costruita lottando, si iniziò a sgretolare senza che se ne rendesse conto. Perché era tutto chiaro. Semplice. Lineare.
La sola cosa fuori posto era lei e quella sua insana voglia di scappare.

Aveva ragione Severus. Sarei stata un’ottima Serpeverde.

Non poteva sapere che James, in quel momento, aveva pensieri alquanto simili. Stava ricordando la prima volta che aveva capito quanto fosse importante Lily. Lei non era mai stata una sua sfida. Mai. Aveva sempre avuto un qualcosa che lo attirava e lo respingeva al tempo stesso. All’inizio, lui ci aveva lottato, convinto che solo se fosse riuscito a capirla l’avrebbe lasciata perdere.

Si diceva che, una volta compreso un suo sorriso, avrebbe abbandonato la “Causa Lily Evans in Potter” come la chiamava Sirius.
Lily l’aveva colpito per quello sguardo risoluto che ogni tanto, nei momenti più strani, lasciava spazio ad una breve malinconia. Quando prendeva un bel voto, ad esempio. Una volta, alla fine di una lezione di Trasfigurazione dove Lily aveva preso una E particolarmente meritata, era passato accanto al suo banco. Su un foglietto di carta c’erano alcune parole scritte per metà. Ma lui le aveva comprese lo stesso.

Sareste fieri di me?

Sapeva a chi si riferivano. Lily non vedeva i suoi genitori da molto tempo, perché non tornava mai a casa per le feste. Non sapeva perché, ma ogni volta che si parlava della famiglia, Lily si stringeva le mani ad un fianco e sibilava qualcosa, prima di rimanere muta tutto il tempo.

James aveva così deciso di scoprire qualcosa di più sulla sua famiglia di quella strana ragazza. E poi, senza che se ne rendesse conto, si era ripromesso di scoprire sempre più cose fino a che una battuta di Sirius non gli aveva fatto aprire gli occhi.

Lily Evans è la ragazza più complicata che io conosca. Cerca di essere semplice, ma è evidente che non ci riesce. Solo un pazzo vorrebbe capirla per davvero.

E lì, James Potter aveva capito di essere pazzo.

In quei brevi momenti che passavano da soli, lui e lei, senza essere James Potter o Lily Evans, tutta la sua pazzia si manifestava con una forza improvvisa e assurda e le labbra del ragazzo fremevano per aprirsi, per fare domande, per dare risposte.

Ma Lily rimaneva chiusa e sigillata e lui poteva solo ammirare quel muro così bello. Lily non si chiudeva come le persone normali: era allegra, vivace, con la battuta pronta il più delle volte. Ma quando era presa dalla malinconia o dalla paura si chiudeva in una coltra spessa e impenetrabile, liscia, così da farci scivolare sopra tutto.

Le lacrime, il dolore e la pioggia.

James sapeva che Lily amava la pioggia. E questo non faceva che rafforzare la sua pazzia e la sua determinazione a sposarla.

-Ma quanto sei egocentrico, Potter? Secondo te avrei rinunciato a pranzare, accontentandomi di un piccolo tramezzino ai funghi solo per stare lontana da te e non vederti e...? Che poi, a me i funghi nemmeno piacciono, ma gli Elfi mi hanno regalato quello e io non volevo distruggere la loro felicità...  Anche se mi sembra un po’ esagerato a pensarci bene... del resto anche non pranzare lo era, ma ehi, io ho mangiato e...- avrebbe continuato a lungo, se il ragazzo non le avesse tappato la bocca con una mano. Lei continuò a mugugnare ancora un po’, prima di accorgersi di ciò che stava succedendo.

Le guance di Lily si imporporarono all’improvviso e smise di parlare imbarazzata. A quel punto James staccò la mano dal suo volto, conscio che in quel momento la ragazza era già abbastanza agitata. La adorava letteralmente quando cominciava a straparlare senza dare un apparente filo logico al proprio discorso.

-Ok, lo ammetto. Ti stavo evitando.- borbottò lei, imbronciandosi come aveva fatto James poco prima.

Ma sì, vai così Lils, magari aggiungi anche che hai capito...qualcosa e che adesso sogni tanti piccoli Potter che corrono intorno a voi...

Al ragazzo scappò una risata nervosa, ma non smise di guardarla sottecchi. Aveva tuffato la testa tra le braccia e non sembrava intenzionata a tirarla su per un bel po’. Il che era un grande spreco, per quanto lo riguardava.

-Comunque, visto che sono buono, caro, magnanimo, educato, gentile e tanto, tanto bello...- uno scappellotto gli arrivò con forza sulla nuca. Il ragazzo si mise a ridere, mentre Lily riportava la testa tra le proprie braccia. La cosa che più le piaceva di lui era che sapeva rendere ogni momento davvero importante, ma anche leggero.

-Dicevamo, siccome sono una specie di super-uomo ho notato la tua assenza e ti ho portato qualcosa da mangiare...- concluse con un sorriso, nel vedere la ragazza girarsi verso di lui con un movimento brusco del capo.

Le porse un piatto incartato in un tovagliolo che lei prese immediatamente. Lo scartò con delicatezza e lo poggiò a terra accanto a sé prendendo una patata arrosto e mordendola in punta, gustandosela per qualche secondo ad occhi chiusi.

Poi li riaprì di scatto e spinse con una mano il piatto verso Potter, che si era distratto qualche istante.
Ad un leggero colpo di tosse della ragazza si voltò e spostò lo sguardo sul piatto, prima di dire la cosa più stupida che ci fosse:- Guarda che non è avvelenato!-

Lei lo guardò sollevando un sopracciglio, poi prese un pezzo di pane e glielo offrì.

Sembrate due uomini delle caverne, usare un po’ di parole non è che fa male...

Lily sorrise per il proprio pensiero assurdo e cercò di parlare, ma aveva la bocca piena. Così si limitò a concentrarsi sul proprio pranzo.

-Che poi, diciamocelo, io non ho ancora capito perché volevi evitarmi...- disse James, facendo sì che Lily alzasse gli occhi al cielo.

-James, diciamocelo, tu non hai ancora capito molte cose...- lo rimbeccò la ragazza, pulendosi la bocca con il tovagliolo. Era bello tornare alle vecchie abitudini. Quel botta e risposta che non imbarazzava nessuno, ma che serviva solo a ricordar loro che, a discapito di tutto, erano ancora loro, Lily e James.

-Eddai, Eli, questa era scontata!- esclamò lui, spintonandola leggermente. Lei si voltò e, stralunata, gli chiese:- ELI? Mi chiamo forse Elinor o Elise?-

-Ma no, solo che... EL, come L, I come E... Lily Evans, capisci?- cercò di spiegarsi lui, continuando a gesticolare, ottenendo come unico risultato una spinta da parte della ragazza.

-Limitati a Evans, al massimo Lily se proprio non puoi evitarlo, ma non cercarmi più soprannomi, ok? E torniamo dentro, che ci sono le lezioni!- disse lei, alzandosi in piedi.
Come quella volta in Sala Comune, pensò James.
Ma questa volta era determinato a fare qualcosa di nuovo, di stupefacente.

-Ehi, tu...- la chiamò da dietro, facendola voltare sbalordita. Stava già per insultarlo per la sua poca finezza, quando lui le porse una mano.

-Piacere, James Potter. James, per gli amici... Tu sei?-

-Ehm, Evans, cioè, Lily Evans. Lily per gliamici. Ma per Potter faccio un’eccezione!- gli rispose lei, facendolo ridere. Era incredibile. Dopo tutto il tempo che aveva sprecato arrabbiandosi, ora Lily riusciva solo a ridere in compagnia di quello strano ragazzo.

Forse, si disse, lo strano non è lui. Forse quella strana sono io. Ci vuole coraggio, a negare qualcosa che non si è ancora capito, a negarsi una possibilità. Ci vuole coraggio per chiudersi ogni volta per paura di essere colpita, ma chiudersi solo per lui. Ci vuole coraggio per non averne abbastanza da affrontarsi.

Io non ho una sorella.
Mia sorella è un mostro.
I mostri devono stare con i loro simili.

E se il mostro ne avesse trovati altri, come lei? Mostri che andavano oltre alla sua mostruosità, mostri che apprezzavano quella sua mostruosità senza che nemmeno lei ci riuscisse?

Mostri che le avevano dato una famiglia. E ora gliene proponevano un’altra.

Mostri che le dicevano di avere coraggio anche quando non ne aveva.

Per la prima volta, Lily Evans si ritrovò a pensare a sua sorella senza provare alcun dolore. Ringraziò James Potter, per quello che aveva fatto per lei inconsapevolmente.

E, con delicatezza, gli sfiorò un braccio con la mano. Ma questa volta non la tolse, mentre rientravano nel castello.
 








Salve gente! Sono tornata! Davvero, non sto scherzando! E' incredibile, lo so. Ma questo capitolo è stato difficilissimo da scrivere... più o meno l'ho scritto cinque volte. Eppure, adesso non riesco a togliermelo dalla testa. Lo so che lo stile è un po' contrastanta con quello iniziale, ma la storia doveva andare in un altro modo, all'inizio. Dovevano esserci molte battute e poca malinconia. E poi Lily ha cominciato a diventare sempre più presente nella mia testa, una figura che non potevo scollarmi di dosso. Farli baciare ora, in questo capitolo, non mi sembrava giusto. Stanno facendo chiarezza. Lily sa che c'è qualcosa che la spinge verso James, ma solo ora capisce cosa. Non so, giudicate voi. Per la prima volta, sono stranamente soddisfatta di un capitolo.
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Capitolo 10
*** 10. Lettere ***


-Io dico rossi e castano!-

-Io dico neri e verde!-

-No, rossi e castano! Come può dominare, in quell’altra maniera che dici tu?-

-Assolutamente no, io continuo a sostenere neri e verde!-

La porta del dormitorio femminile si aprì, rivelando una Lily Evans che guardava con le sopracciglia sollevate le sue due migliori amiche che continuavano ad urlare colori senza alcun senso apparente.

-Rossi!-

-Neri!-

-BLU!- urlò Lily, cercando di capirci qualcosa. Nella stanza piombò il silenzio più assoluto, mentre le tre ragazze si guardavano con aria stupita.

-Ehm, Lily, cosa c’entra il blu?- le domandò Mary, mentre Alice cominciava a spazzolarsi con molta foga i capelli. Lily scrollò la tesa, incredula: loro urlavano colori manco fossero al Bingo e venivano a chiedere a lei che cosa c’entrasse quel maledetto colore?!

-E che ne so io, siete voi che facevate l’appello della tavolozza di colori!- esclamò, sedendosi sul letto. Aveva ancora in mente la scena di qualche minuto prima, dove James l’accompagnava in Sala Comune e poi le stringeva con dolcezza ed intensità la mano prima di salire in Dormitorio.

La ragazza si chiedeva come mai quella stretta l’avesse turbata. Non come quella mattina di un po’ di giorni prima, quando James le aveva fatto il solletico. Non si trattava di niente del genere. Era turbata perché le era sembrato che il ragazzo si fosse aggrappato a lei con tutta la propria anima in quel momento.

Come se le avesse voluto dire Ho bisogno di te.

Intanto, Mary ed Alice si erano messe a ridere. Poi Mary le si era seduta accanto e le aveva passato un braccio attorno alle spalle, mentre Alice faceva altrettanto dal lato opposto, rendendo la situazione spiacevolmente comica.

-Lily, dolce Lily, cosa vai a pensare? Non facevamo niente di così assurdo. Stavamo solo decidendo il colore di capelli e di occhi di vostro figlio!- esclamò Mary, sorridente. A Lily stava già per scappare un sospiro di sollievo, quando le sue orecchie colsero il particolare accento posto sulla parola “vostro”.

-Vostro di chi, per la precisione?- chiese, cominciando a preoccuparsi.

-Ma tuo e di Potter, naturalmente!- le rispose Alice, sfoderando un ghigno particolarmente malandrino...
 
                                                                            *************
 
 
-Sirius...- cominciò James, entrando in dormitorio. Doveva parlare con lui, assolutamente. Doveva sfogarsi, doveva capire qualcosa. E per una volta, Lily Evans c’entrava solo limitatamente.

Quando si erano separati, in Sala Comune, lui le aveva afferrato la mano istintivamente. L’aveva stretta, mentre una certa preoccupazione si impossessava di lui. Sapeva che Lily aveva capito qualcosa: lei capiva sempre tutto, se non troppo. Aveva sorriso cercando di risultare naturale e allegro, ma senza troppi risultati.

Niente da fare, Sirius non c’era. Il suo letto, ancora sfatto, era ricoperto da un ammasso di coperte e si poteva intravedere benissimo il coprimaterasso con su scritto “Io Mordo” seguito da una serie di zampe canine. Il suo migliore amico aveva uno strano senso di segretezza.

In compenso c’era Remus, che stava uscendo proprio in quel momento dal bagno. Normalmente non si sarebbe preoccupato troppo vedendo arrivare James alla ricerca di Sirius che, non trovandolo, controllava sotto il letto e nell’armadio.

Se lo ricordava ancora quella volta che, al terzo anno, James aveva fatto un incantesimo di Disillusione a Sirius per sbaglio e l’aveva dovuto cercare per tutta la stanza perché nello stesso momento era scappato ad un Peter alla ricerca di Cioccorane un Petrificus Totalus. C’erano volute quasi tre ore a ritrovare un furente Sirius incastrato tra l’armadio e il letto di Frank.

Qual giorno c’era qualcosa di strano in James, però, qualcosa che saltava subito all’occhio e, come in quel caso, alle orecchie. Era preoccupato per qualcosa di serio.

Remus si avvicinò a James, colpendolo su una spalla e facendolo sobbalzare per la paura, così da farlo sbattere contro il letto. Una situazione che sarebbe sicuramente risultata davvero comica in un altro momento.

-Ramoso, che succede?- gli chiese, mentre si sedevano sul suo letto, l’unico che poteva definirsi ancora degno di quel nome tra quelli dei Malandrini.

-Io... vorrei tanto saperlo, Rem. Questa mattina stavo scendendo per fare colazione con Lily ed ero in anticipo. Sappiamo tutti quanto Lily sia puntuale ed io ritardatario, perciò volevo farle una sorpresa. Invece, a metà delle scale, ho sentito un sussurro provenire da dietro l’arazzo di Ulrich il Grosso. Erano Mulciber e Avery e, ne sono quasi sicuro, c’era con loro anche Mocciosus. Stavano parlando, non so di cosa, quando ho sentito Mulciber dire... aspetta, com’erano le parole? Ah sì: E ci libereremo di quei dannati Nati Babbani. Non ho voglia di respirare la loro stessa aria ancora per molto...- James si interruppe, mentre Remus faceva una faccia schifata. Lo sapeva cosa stava succedendo, sapeva che, a dispetto di quanto dicevano tutti gli altri c’era una maledettissima guerra in corso. E questa non si sarebbe conclusa se tutti continuavano a far finta di niente.

Guardò l’amico, che si stava passando una mano tra i capelli, disperato. Sapeva esattamente a chi che stava pensando: Lily.

-Dobbiamo combattere, James. Non possiamo far finta di niente. Di certo non possiamo continuare a propinarci queste cavolate come “E’ una situazione temporanea, la risolveremo”. Io sono con te, James.- e mentre pronunciava queste parole, una strana sensazione cominciava  a invaderlo.

Rabbia.

Per la sua impotenza piena di possibilità, per la sua voglia di fare repressa. E per quella maledizione che gli imponeva di essere ciò che era, senza rimedio.

La Luna Piena era lontana, ma la rabbia era la stessa.

E sapeva che così si sentiva anche James.
 
                                                                           
 
-Ho fame!- ululò Sirius entrando, buttandosi sul primo letto disponibile.

Quello di Frank.

Che era stato appena occupato dal suo proprietario.

-Ouch!-

-Ragazzi, perchè non venite di sotto? Ci sono le costolette. Le costolette, capite? Muovetevi o finiranno. E saranno così sole, senza papà Sirius!- continuò lui, ignorando le lamentele di Frank sotto di lui che cercava di spostarselo dallo stomaco.
Sirius e le costolette erano due cose che non si potevano dividere. Un po’ come James e i capelli, o Remus e la Biblioteca, o Peter e il cioccolato o...

Insomma, Sirius rischiava un attacco d’ansia ogni volta che c’erano le costolette a pranzo. Sosteneva che non ce ne fossero mai abbastanza e che dovevano correre assolutamente a mangiare appena era possibile. In quei momenti, gli passava di mente il fatto che andasse praticamente ogni giorno in cucina a prendersene una poco prima di cena.

Il suo ingresso quantomeno rumoroso in camera distolse  James e Remus dalle loro cupe riflessioni, costringendoli ad aiutare Frank a pronunciare qualcosa di diverso da “Sirius, io ti uccido” una volta spostato il suddetto ragazzo da sopra di lui.

-Si sentiranno meno sole chiuse nel tuo stomaco?- chiese James, beffardo. In quel momento voleva dimenticarsi quelle parole così odiose che gli avevano avvelenato la giornata. Voleva godersi un pranzo divertente in compagni dei suoi migliori amici e di Lily, come faceva sempre.

-Sì, perché avranno compagnia. Tanta compagnia!- esclamò Sirius, suscitando le risate di tutti, compreso Frank. In quel momento entrò anche Peter, ansimando e cercando di dire qualcosa di sensato.

-Pete, che succede?- domandò Remus, tornando serio nel vedere la faccia preoccupata dell’amico.

-Niente. Niente, solo che.. solo che... ci sono le costolette, oggi e cercavo Sirius...- disse, guardando la porta senza vederla davvero.

Remus si fece pensieroso. Finse di sorridere e si diresse lui stesso verso la porta, ma osservò anche Peter con la coda dell’occhio. Sembrava spaventato.

E un Sirius affamato per quanto potesse far paura di certo non riusciva a terrorizzare Peter...
                                                                           
 
I cinque ragazzi si chiusero la porta del dormitorio alle spalle poi scesero  in Sala Comune. O meglio, Remus, James, Peter e Frank scesero, Sirius si tuffò di sotto, travolgendo Mary che stava scendendo le scale battibeccando con Alice, mentre Lily alzava gli occhi al cielo.

-Scusa, MacDonald! Non ti avevo vista!- disse Sirius, aiutandola a rialzarsi. Lei sorrise, facendo una strana smorfia che era un misto tra imbarazzo e sorpresa, ma anche un po’ scocciata.

James affiancò Lily, che non si accorse di lui perché impegnata a ridere. A ridere. Era bello sapere che lei riusciva a mantenere ancora quella gioia genuina che la caratterizzava e che finalmente mostrava anche in sua compagnia.
Era bello sapere che Lily esisteva, si disse semplicemente James. Era bello saperla viva.

Lei si girò, sentendo su di sé il suo sguardo.

-Come mai Sirius ha tutta questa fretta?- domandò, guardando il ragazzo sparire dietro al buco del ritratto.

-Costolette..- le rispose Frank, passando. Poveretto, lui era quello che conosceva meglio di tutti l’innato amore del ragazzo per le costolette.  E per il suo letto.

Lily fece una smorfia sconcertata, mentre Alice accarezzava in maniera comprensiva il braccio di Frank, mormorando di tanto in tanto “Ancora? Povero amore mio, ma quand’è che ti deciderai a cambiare letto?”

-Sirius ama alla follia le costolette, che, per inciso, piacciono molto anche a me...- disse James in risposta a Lily, sorridendo tra sé nel pensare che lui era un cervo affamato di costolette..

-Comunque sia, è tradizione che i Malandrini scendano a pranzo tutti insieme, perciò oggi era molto turbato per il nostro ritardo! E, James, fossi in te mi preoccuperei dei miei gusti in fatto di cibo...- concluse Remus, colpendolo su una spalla con un pugno. Aveva messo particolare attenzione nel dire “turbato”. Era il suo modo di dire a James di non dire niente a Lily per non farla preoccupare. La conosceva bene e sapeva che era meglio per lei essere allegra sul serio di tanto in tanto.

-Oh, e perché eravate in ritardo?- chiese lei. Non le sfuggiva nulla, James lo sapeva. Si inventò una mezza scusa che comprendeva i suoi capelli e i compiti di Remus. Odiava mentirle, ma non poteva dirle ciò che aveva sentito quella mattina.

Arrivati in Sala Grande si sedettero ai soliti posti, mentre Sirius, con un urlo belluino, si lanciava su una costoletta che un povero primino aveva avuto la cattiva idea di mettersi nel piatto prima di lui.

-Allora, a Natale che cosa farete?- chiese Mary, tra un boccone e l’altro.

-Io credo che chiederò ospitalità al caro James...- esclamarono in coro Sirius e Remus, facendo ridere i presenti. Era tradizione che i Malandrini si riunissero a casa Potter per Natale, una tradizione che si era rafforzata ancora di più da quando Sirius era scappato di casa.

Peter provò a parlare ma gli era andato di traverso il succo, perciò rantolò solamente qualcosa che somigliava a “Anche io”.

-Io e Frank andremo a sciare!- esclamò Alice, abbracciando il ragazzo che in quel momento aveva avuto la malcapitata idea di sollevare la forchetta per mangiare che per poco non lo accecò in seguito all’attacco della fidanzata.

Mary disse che probabilmente sarebbe andata dai suoi e poi avrebbe fatto un salto da Alice verso la fine delle vacanze.

Solo Lily rimase in silenzio. Come ogni anno avrebbe passato il Natale a scuola, chiusa in dormitorio a studiare. Oppure sarebbe andata da Mary per qualche giorno, ma nulla di più.
A casa sua, le aveva detto una volta Petunia, i mostri non erano ben accetti a Natale.

Tutti i ragazzi la guardarono, mentre Mary e Alice ripresero a mangiare. Avrebbero voluto fare qualcosa per lei, ma Lily non glielo permetteva.
La ragazza fu salvata da un fruscio sopra la sua testa, prodotto dalle ali dalla sua civetta Atena.

-Ehm, Lils, quella non è la tua civetta?- le chiese Mary, indicandola.

-Sì e non capisco perché... Porta una lettera da parte dei miei genitori! Cosa...? Gli avevo scritto qualche giorno fa per far loro gli auguri, ma non capisco come mai mi hanno risposto così in fretta!- esclamò, muovendosi freneticamente per prendere la lettera dalle zampe della civetta.

Nessuno del gruppo parlava. Sirius teneva l’ennesima costoletta in aria, a qualche centimetro dalla bocca, mentre un po’ di succo di zucca gocciolava addosso a Peter senza che lui facesse niente per fermarlo.
James la guardava preoccupato, come le ragazze che si scambiavano sguardi allucinati. Solo Remus si manteneva perfettamente calmo, almeno esteriormente, mentre Frank teneva la forchetta sospesa a qualche centimetro dal proprio orecchio.

Se si fosse trattato di un altro momento, la scena sarebbe stata sicuramente comica.

Lily cominciò a leggere e mano a mano che leggeva si incupiva sempre di più. Giunta alla fine della lettera la buttò sul tavolo, gli occhi pieni di lacrime. Si alzò e scappò via.

-Ma cosa diamine...- provò a dire Sirius, ma James lo zittì con un gesto della mano. Prese la lettera e cominciò a leggerla. Giunto in fondo, si alzò e seguì Lily fuori dalla sala. Mentre anche gli altri leggevano, spaventati, le parole si rincorrevano nella sua testa senza dargli tregua.

Torna a casa questo Natale, tesoro. E prima di dire di no a priori, leggi tutto.

Dunque era una scelta di Lily non tornare a casa... Perché?

Anche Petunia è d’accordo, o almeno credo. Ma non fare caso a lei. Torna, ti prego.

Petunia... era la sorella di Lily, giusto? Remus gli aveva raccontato che non erano in ottimi rapporti..

Papà sta male. Molto male. E’ peggiorato e i medici temono tanto per lui, dicono che questo potrebbe essere il suo ultimo Natale. Vorrebbe rivederti, rivedere il tuo sorriso dice. Vorrebbe riavere la sua famiglia attorno in questi ultimi giorni. Abbiamo tutti paura, Lily, ma ti prego, torna. Fallo per lui.

Suo padre stava male. Molto male. E lei lo veniva a sapere così. Gli sembrava di avere un intero Gigante in gola, mentre ricordava le ultime parole, ancora bagnate da una delle lacrime di Lily.

Fallo per la nostra famiglia spezzata, Lily. Con affetto, la tua mamma.

 






Ed eccomi nuovamente qui. Finalmente è tornata. L'ispirazione è tornata. Siamo tutti felici, giusto? GIUSTO? (vi sto minacciando con un coltellaccio, quindi fareste meglio a dire Giusto anche voi!) Comunque sia, è tornata con questo capitolo che, lo so, è sadico. A volte mi chiedo io stessa perchè mi diverta tanto a far finire i capitoli così, ma purtroppo non trovo spiegazioni adeguate. Mi spiace, siori e siore (modo di dire dialettale... :P) Beene, parliamo un po' del capitolo. La Guerra si fa sentire e così anche il dolore. I genitori di Lily sono morti, giusto? Immagino di sì... beh, lo scoprirete più tardi il come. Tuttavia ho voluto lasciar intendere che Lily non tornava a casa per una propria scelta legata, in parte, a Petunia. Povera Tunia, la ficco sempre dappertutto. Vabbè, saltando la parte tragica, passiamo ad altro: Frank! Il mio caro Frank! Colui al quale bisognerebbe fare una statua, ma che dico, dedicargli una Piazza (giusto D a p h n e?)! Io me lo immagino come un povero ragazzo succube dei suoi pazzi compagni e la sua ragazza ma che ha, in fondo, un cuore grande come la sua Piazza (e la sua Piazza è tanto, tanto grande.. ù.ù) Detto questo, vi lascio. Un bacione dalla vostra adorata (ehm ehm) Writ

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Capitolo 11
*** 11. Casa ***


Il viaggio in treno era stato faticoso. Lily aveva solo dovuto prendere posto in uno scompartimento e lasciarsi cadere sul sedile, accanto al finestrino, provando a non pensare.

Inutile dire che non ci era riuscita.

I pensieri l’avevano invasa, sommersa, soffocata. Ogni parola sarebbe stata priva di significato in quel frangente, Lily lo sapeva. E lo sapevano anche i Malandrini e Frank e Alice e Mary.
Lo sapevano tutti.

Anche Potter.

In nome di quella loro strana amicizia, che ogni giorno rischiava di diventare qualcosa di più si era seduto lontano da lei, lasciandole il finestrino freddo come unico conforto al mal di testa terribile che la teneva nel sacco.
Alice, accanto a lei, le teneva la testa poggiata su una spalla e ogni tanto faceva una risatina involontaria a causa di una qualche smorfia di Frank che era seduto accanto a Peter.
E Peter, era noto a tutti, non era esattamente un campione nella materia “stai fermo e non scocciare i bolidi al tuo povero vicino”. Si dimenava, cercando qualcosa da fare che fosse abbastanza silenzioso da non coprire Sirius o James ma che allo stesso tempo permettesse al mondo di notare la sua esistenza.

Più o meno quello che aveva fatto Potter in quei sette lunghi anni, pensò Lily, concedendosi un breve sorriso dopo tanto tempo. Solo che Potter non aveva la decenza di arrossire ogni qualvolta le persone gli ricordavano quanto fosse effettivamente molesto anche il suo solo respirare.

Il ragazzo in questione intercettò il breve sorriso di Lily, ma non fece nulla. Rimase fermo, le gambe stese sopra quelle di Sirius ad ascoltare solo passivamente ciò che Black cercava di dire per rendere un po’ meno triste l’atmosfera.

Siano lodati lo spirito natalizio e Black, pensava Mary, seduta accanto a Remus ed esattamente davanti a Sirius.

Più precisamente Black, però.

Sentiva la sofferenza dell’amica, ma sapeva che in quel momento Lily avrebbe voluto fare un viaggio normale, in attesa di un ritorno normale con un pranzo e una famiglia normali ad attenderla.

Passarono i minuti e con essi anche parte della preoccupazione di Lily. Stava tornando a casa per Natale dopo tanti anni di reclusione, dopo tanti anni di paura e di sofferenza. Avrebbe riabbracciato sua madre e acceso il forno per fare i biscotti, quelli che tutti le chiedevano sempre. Quando ancora c’era un sempre legato alla sua famiglia.

Lo schermo del vetro rifletteva i suoi occhi verdi che pian piano andavano chiudendosi. James non sapeva se esserne felice o meno. Vedeva le occhiaie di Lily, la camicia spiegazzata e i capelli legati con semplicità, ma allo stesso tempo guardava i suoi occhi e non poteva fare a meno di chiedersi che cosa nascondessero.

-Miao!-

Tutti si girarono verso Sirius, colpevole di aver emesso quel verso, così poco canino.

-Sirius, potresti spiegarmi come mai hai deciso che i gatti hanno una lingua che preferisci rispetto alla.... nostra?- gli chiese Remus, bloccandosi appena in tempo prima di dire  “che preferisci rispetto a quella canina”. Sirius alzò le spalle, facendo ghignare James.

Tra cervi affamati di costolette e cani che emettevano versi felini c’era da contattare lo zoo più vicino. Poco ma sicuro.

-Avevo voglia di dirlo, sai quando vuoi dire una cosa che magari non c’entra niente, ma sei sicuro di doverla dire? Ecco, più o meno il concetto è questo!- esclamò, sorridente e poco ci mancava che tirasse fuori la lingua in versione Felpato.

Peter annuì e si mise a raccontare qualcosa di assurdo, che non ricordava nemmeno lui con precisione ma che servì a catturare l’attenzione dei presenti. In una qualche strana maniera si arrivò a parlare dei ricordi dei Malandrini e delle loro imprese.

Lily tacque, evitando di dire che c’erano due Caposcuola lì dentro e che quindi potevano cacciarsi in grossi guai.

Diciamo pure un Caposcuola e mezzo. Diciamo uno. Diciamo mezzo.

James Potter aveva la capacità inquietante di farle dimenticare di essere Caposcuola. Il fatto che lui avesse fatto in modo che sulla propria spilla si leggesse solo Capo non aiutava di certo.

-E tu, Frank? Come fai a vivere con loro?- domandò ad un certo punto Mary, facendo in modo che tutti si girassero a guardare il ragazzo, diventato spiacevolmente rosso.

-Io... oh, ehm, credo che dopo un po’ ti ci abitui. A... a tutto, voglio dire. Nel senso, dopo che per sette anni ti svegli ogni mattina con uno di loro che sicuramente non è dove si era addormentato la sera precedente, ad esempio steso sotto al letto oppure attorcigliato attorno alle tende oppure dentro all’armadio smetti di chiederti come ci sei arrivato. È un po’ più difficile abituarsi all’idea delle loro lotte per il bagno. Nel senso che...- e qui lanciò un’occhiata a James, indeciso tra il ridere o lo strozzare Frank – che insomma, si chiudono in bagno e si rifiutano di uscire.... e poi escono e sembrano un’altra persona. Tranne che James. Anzi, i suoi capelli...-

Concluso il suo discorso tra le risate generali, Frank chiuse la bocca e non parlò per tutto il viaggio, anche perché sarebbe stato difficile visto che Alice aveva cominciato a parlare dei loro progetti sugli sci.

Lily ne era contenta. Tutto era, in un certo senso, normale. E lei voleva solo questo.

E poi, forse troppo presto, il treno si fermò.

Un’ansia la prese, costringendola a respirare un po’ più forte. All’improvviso non voleva scendere, non voleva vedere i suoi genitori o sua sorella. Voleva rimanere chiusa l e continuare a viaggiare, avanti e indietro, da Londra fino a Hogwarts e poi il contrario.

James sembrò intuirlo, perché rimase nello scompartimento, quasi imponendole la sua presenza come ai vecchi tempi. Solo che adesso era una specie di boccata d’aria per Lily. Gli passò davanti, cercando di raccogliere abbastanza coraggio da non sembrare spaventata, ma si ritrovò ad abbracciarlo, senza sapere come ci fosse finita. Sapeva solo che aveva bisogno di farlo, aveva bisogno di quel calore che solo chi ci vuole bene ci può dare.

Staccandosi non lo guardò. Non c’era bisogno. Camminò con più forza verso l’uscita del treno, sentendosi un soldato al fronte.
Ripensò a quella volta in cui Alice le aveva detto che sembrava un militare quando lasciava Potter basito dopo una rispostaccia, tutta impettita e con lo sguardo feroce.

Le scappò una risatina, perché era esattamente così che si sentiva.

E in quel momento vide sua madre.

Le corse in contro, abbracciandola e lasciandosi abbracciare a sua volta come quando era una bambina piccola. Sua madre le baciò la fronte e la testa, passandole una mano sui capelli che ormai erano parecchio lunghi. La allontanò qualche secondo da sé per osservarla meglio, pronta a dire come ogni altra madre che sua figlia stava benissimo e oh, quant’era cresciuta, ma che era anche troppo magra.

Di norma Lily avrebbe sbuffato, ma si sarebbe sentita meglio in quel piccolo momento di atroce normalità. Quella volta, invece, si limitò a guardare sua madre come non faceva da tempo.

Sarah Goldson in Evans era ancora una bella donna, nonostante avesse qualche ruga di troppo sulla fronte, evidente segno che la preoccupazione non lasciava mai nemmeno lei. I capelli erano di un rosso più scuro di quelli della figlia, ma il volto aveva la stessa forma così come il naso e la bocca. I suoi occhi azzurri erano ricolmi di apprensione ma anche di gioia tranquilla, come quella che la prendeva nei momenti di felicità.

Vestita come al solito con semplice eleganza era più magra dell’ultima volta in cui lei e Lily si erano viste, ma non era questo il cambiamento maggiore nel suo fisico, piuttosto le spalle leggermente incurvate, che sembravano sostenere il peso di molto dolore.

Dopo tanto tempo, Lily si sentiva di nuovo uguale a sua madre.

Nel tornare a casa Sarah fece a Lily le domande di rito, ovvero “Come va la scuola”, “Le amiche cosa fanno”, saltando però quella sui ragazzi. Aveva già trovato una risposta nel bel viso di un ragazzo della stessa età di Lily che era sceso subito dopo di lei e che l’aveva guardata con la dolcezza e la preoccupazione di un innamorato.

Si chiese se si trattasse del fantomatico e, a detta di Lily, irritante James Potter...

Ma ci sarebbe stato del tempo, si diceva, osservando la figlia poggiare la testa contro il finestrino dell’auto. Avevano tante cose da raccontarsi.
 
                                                                                ****
 
-Mamma! Sono a casa!- urlò James, subito dopo essersi materializzato in giardino, appena fuori l’area di protezione. Lo seguivano Remus e Peter. Sirius era già corso in avanti, allettato dal profumo che proveniva da Villa Potter.

Dorea Potter uscì in giardino, trascinandosi dietro Sirius e scompigliandogli i capelli. Era una donna leggermente in carne, il viso a forma di cuore e i capelli corti e lisci, neri come quelli del figlio. La guerra si faceva sentire anche su di lei, potandole ogni giorno una ruga in più di preoccupazione.

Abbracciò il figlio e poi, a turno, i suoi amici che si guardavano intorno progettando già un’epica battaglia di neve. L’ennesima.
Con un  gesto deciso della bacchetta ignorò le lamentele del figlio e degli amici e portò tutto, loro compresi, dentro, dove li aspettava una tavola ricolma di ogni cosa.

I ragazzi, affamati, si gettarono sul cibo. Tutti tranne James.

La cosa non quadrava, si disse. Di solito suo figlio era sempre il primo a mangiare, dimenticandosi le regole dell’ospitalità. Invece si attardò sulla soglia e per un attimo i suoi occhi, tanto simili a quelli del padre, si scontrarono con quelli di sua madre, che vi lesse dentro la sua stessa angoscia e la stessa sofferenza.

Le sorse spontanea la domanda Per chi?

Poi James, superato quel momento di tristezza, si buttò a capofitto sul cibo, mangiando e ridendo quasi più del solito, picchiando per finta Sirius con una coscia di pollo.

Dorea si pulì le mani sul grembiule, poi tornò in cucina per finire di lavare le pentole e i piatti sporchi.

Dalla stanza accanto provenivano voci allegre, sopra le quali svettava quella di Sirius, che stava cantando una canzone natalizia molto poco natalizia.

-Tu scendi dal Platano, oh Lunasto-o-o-rta e vieni qui da noi per mangiare a casa Po-o-o-tar- urlava, mentre Remus cercava disperatamente di zittirlo a colpi di tovagliolo.

James aveva perso ormai da tempo le speranze che riguardavano un certo rinsavire del ragazzo e così si limitò a ricordargli che il suo cognome non era Pottar, ma Potter, suscitando le risatine di Peter, che cercava di ridere un po’ di tutto per non scontentare nessuno.

-James, che hai?- gli chiese a un certo punto Remus, approfittando di un momento in cui Sirius, trasformatosi in cane, correva sotto alla neve e poi la spruzzava tutta addosso a Peter, che rideva come un matto.

-Io... Remus, hai mai temuto per qualcuno in una maniera tale che ti fa smettere di pensare a te stesso?- gli domandò, guardandolo negli occhi. Il ragazzo rimase in silenzio per qualche istante, prima di rispondere:- Stai pensando a Lily, vero?-

Nel sentire quel nome James sussultò, mentre i suoi occhi vagavano per la stanza, come se si aspettasse di trovarla lì, perfettamente sana e felice.

-Vai da lei, allora, James. E’ Natale, tu hai diritto come tutti ad essere felice e se la tua felicità ti impone di correre da Lily anche solo per vederla... beh, fallo. C’è qualcuno che te lo vieta? Sono sicuro che anche gli altri ti direbbero così. Sirius forse te lo direbbe in un’altra maniera, ma il succo sarebbe questo. Va’, forza, idiota di un cervide!- concluse, passandogli una mano tra i capelli.

James si alzò e sorriso all’amico, prima di urlare qualcosa sul fatto che usciva per un po’.

-E non mi distruggete casa mentre non ci sono!-

Mentre James spariva, Remus smise di sorridere, sentendo ogni cicatrice pesare e bruciare, come se la Luna Piena si fosse fatta più vicina tutta d’un colpo.
 
                                                                *****
 
-Sono a casa!- urlò Lily entrando e chiudendo la porta dietro di sé.

Usare quella parola, casa, le faceva sempre uno strano effetto. Era difficile, per lei, associare a quella parola quelle mura verde chiaro, il divano a strisce, il portaombrelli a fiori e le porte bianche.

Casa era Hogwarts, con i suoi corridoi freddi e il Lago Nero. Casa era il suo dormitorio, le tende, i letti a baldacchino e le sue amiche.

Casa era James e i suoi abbracci disperati.

Poggiò le chiavi sul tavolino dell’ingresso e cominciò a salire le scale, per salutare il padre. Sua madre era andata a fare un po’ di spesa, ma Lily sapeva che era una scusa per far sì che potesse salutare come si deve Mark Evans.

La ragazza aprì la porta della camera, proprio in cima alle scale. All’inizio non riconobbe suo padre in quella figura mingherlina e sommersa dalle coperte, che teneva la testa girata verso la finestra. Poi però l’uomo voltò la testa e lei si vide riflessa in quegli occhi tanto simili ai suoi, che le fecero venire da piangere.

Suo padre abbozzò un sorriso e lei gli corse in contro, stringendolo piano tra le braccia. I capelli ispidi e biondicci dell’uomo le premevano contro il collo ma lei non voleva staccarsi. Mark cercò di abbracciarla, ma il suo braccio era troppo debole e così si limitò ad accarezzarle un braccio, con dolcezza.

Sua figlia era diventata una donna, lo vedeva nei suoi occhi che non riuscivano a celare la preoccupazione e nel golfino che ormai le stava un po’ piccolo. Avrebbe voluto chiederle tante cose, ma riuscì solo a dire, con un filo di voce:- Sei tornata, piccola...-

Lily annuì, gli occhi umidi. Si staccò da lui e gli passò una mano sulla guancia, così pallida e vuota. Un tempo Mark Evans era stato robusto e forte, un uomo gioviale che amava sua moglie e le figlie alla follia. Poi, un giorno, un infarto l’aveva quasi ucciso e da allora non si era più ripreso. Lily ogni sera pregava perché lui migliorasse, perché stesse bene, ma in cuor suo sapeva che suo padre non sarebbe stato in grado di lottare ancora per molto. Si era aggravato il diabete, che l’uomo non aveva mai tenuto sotto controllo e il risultato era questo: un uomo ridotto ad una bambola di pezza, ancorato ad un letto che non riusciva a lasciare, con gli occhi spenti per la fatica di tenerli aperti.

La ragazza strinse una mano al padre, guardandolo e cercando di ricordarlo com’era prima della malattia, di ricordare i suoi sorrisi.

-Mamma ti ha scritto che volevo passare un Natale felice con te e la mia famiglia al completo. Sono così felice di esserci riuscito..- mormorò, cercando di alzarsi un po’ con a schiena. Lily intuì  ciò che voleva fare e sollevò il cuscino così da dargli un appoggio.

La porta si aprì, rivelando sua madre e Petunia dietro di lei. Lily sentì il proprio cuore accelerare mentre un rivoletto di sudore le solcava la schiena. Incontrando gli occhi della sorella, Lily non vi lesse disgusto. C’era una sorta di blocco in lei, qualcosa di insuperabile che andava oltre le dispute tra sorelle: loro padre stava morendo e ne erano consapevoli entrambe, portandosi via l’ultimo strascico di normalità che c’era ancora su quella casa.

-Tesoro, ti ho portato gli ingredienti per fare i biscotti...- disse sua madre, porgendo a Lily un sacchetto di plastica con la spesa all’interno. Gli occhi di Mark brillarono per qualche istante, mentre un sorriso cercava di farsi strada sul suo volto.

-Biscotti? Oh Lis, che bella notizia! Petunia ti può aiutare, vero?- chiese l’uomo, usando il soprannome di Lily di quand’era piccola.
Petunia scosse la testa, declinando l’invito.

-Sono passata a salutarti, papà, non posso trattenermi abbastanza da aiutare...- avrebbe voluto dire il mostro, ma sapeva che per suo padre sarebbe stato un dispiacere, così si limitò a dire un freddo e banale “Lily”.

Alla ragazza non sfuggì l’occhiata in tralice che le aveva rivolto Petunia, così si affrettò a baciare suo padre sul capo e a scendere di sotto per cominciare a cucinare. Sua madre le sfiorò un braccio, sorridendo dolcemente, mentre chiudeva la porta dietro di sé e Petunia.

Lily si sedette sulle scale e cominciò a piangere, silenziosamente.

Pianse per la sua famiglia, pianse per Petunia e per se stessa. Pianse per Marmalade, il suo gattino di appena due anni, che lei lasciava sempre a casa perché non poteva portarlo ad Hogwarts.

Pianse per il suo maglioncino troppo corto e per i suoi capelli che non ne volevano sapere di avere una forma.

Pianse fino a quando Sarah non uscì e la affiancò, sedendosi accanto a lei. Si abbracciarono, madre e figlia, e rimasero in silenzio a guardare la porta.

-Vieni, tesoro, troviamo qualcosa da metterti...- disse sua madre, alzandosi e prendendola per mano. Entrarono in camera di Lily, che era come lei l’aveva lasciata: i suoi peluches di quand’era bambina, l’armadio bianco con ancora i resti di qualche figurina e poi le foto più recenti di lei e Alice e Mary che ridevano e quella con tutte le persone del suo anno di Grifondoro.

Ce n’era anche una di lei con i suoi genitori e una con Petunia da bambine. Sfiorò le foto con le dita, cercando di non ricordare troppo, perché sapeva che sennò non sarebbe stata in grado di reggere ancora quella tensione.

Intanto sua madre aveva tirato fuori qualcosa dall’armadio e gliel’aveva messo sul letto. Poi vi poggiò sopra qualcos’altro, che fece sorridere Lily.

-Pensavo che potesse essere originale...- mormorò la donna, nel vedere il sorriso della figlia. Uscì, lasciandole l’intimità per cambiarsi.

Quando Lily scese di sotto, vestita, aveva di nuovo il solito sguardo fiero e l’aria battagliera che l’aveva sempre contraddistinta. Prese gli ingredienti dalla busta e li dispose metodicamente sul tavolo immacolato. Accese il forno e iniziò a guardare la ricetta, anche se la sapeva a memoria.

Le sue mani impastavano e mescolavano senza tregua. Quando infilò i biscotti nel forno si gettò su una sedia, spossata dalla fatica.

All’improvviso suonò il campanello e lei si alzò pigramente, pulendosi le mani su uno strofinaccio prima di correre ad aprire.

La porta sbattè contro qualcosa e lei si portò le mani alla bocca, reprimendo un risolino...
 
                                                                                    ****
 
James aveva cercato l’indirizzo di Lily durante il loro quarto anno, in un momento di noia totale e se l’era impresso nella memoria con la scusa di doverlo ricordare per poterle fare qualche scherzo.

Quando si materializzò, si trovò davanti una casa bianca a due piani, circondata da un giardino che forse un tempo era stato curato, me che ora presentava i segni del tempo. Ogni cosa, dalla staccionata verde alla cassetta delle lettere rossa ricordava Lily e il ragazzo si ritrovò a sorridere. Si avvicinò alla porta e vide un piccolo campanello d’ottone, con su scritto M. Evans e S. Goldson. Premette l’aggeggino, memore delle lezioni di Babbanologia e fece un salto, spaventato dal trillo acuto che quello emise. Si voltò a studiarlo meglio e in quel momento la porta si aprì, colpendolo con forza.

Qualcuno mi vuole morto pensò, tenendosi la testa per il dolore e gli sembrò di sentire qualcuno ridere. Si chiese chi fosse, se uno dei familiari di Lily o lei stessa.

Voltandosi, riuscì solo a pensare qualcuno mi vuole davveromorto.

Lily era davanti a lui, le mani davanti alla bocca. Aveva indosso un maglioncino a collo alto color crema e una gonna verde scuro, sopra la quale c’era... una cravatta.

James sbattè gli occhi qualche istante, guardando la bizzarra cintura, che effettivamente era una cravatta, per la precisione una cravatta rossa con disegnati tanti piccoli abeti sopra. Alzò la testa e vide che Lily aveva iniziato a ridere e aveva tolto le mani da davanti al viso, rivelando una semplice treccia laterale che cedeva morbidamente sulla sua spalla destra.

Era bellissima.

Semplice  eppure così elegante da far invidia a chiunque, in quel momento James non poteva fare altro che guardarla ridere, continuando a tenersi la testa. Lei si fermò e lo guardò, prima con aria interrogativa, alla quale lui rispose con un’alzata di spalle, poi sorrise e si scostò dalla porta, invitandolo ad entrare.

-Ciao James!- disse, sporgendosi per dargli un delicato bacio sulla guancia. Il ragazzo si guardò intorno e la prima cosa che notò fu un albero di Natale grande il doppio di Lily, completamente addobbato. Sotto c’era un solo pacchetto, che recava la scritta Per Lily da mamma e papà.

Mentre James guardava casa sua, Lily si chiese cosa ci facesse lì, cercando di ignorare la fitta allo stomaco che l’aveva presa nel vederlo. Era contenta di vedere il suo amico, precisò. Vide James annusare per aria e si accorse che i biscotti erano pronti.

-Ho fatto i biscotti...- disse, con semplicità. Lui la guardò, gli occhi spalancati e, Lily ne era certa, un bel po’ di acquolina. Lo condusse in cucina, aprendo il forno.

-Bella cintura...- commentò James, sorridendo, mentre lei tirava fuori la teglia dal forno.

-Era una cravatta di mio padre. Mia mamma dice che da un tocco di originalità al tutto...- spiegò, togliendosi le manopole da forno ed aprendo uno sportello, alla ricerca dello zucchero a velo. Che, puntualmente, era in fondo a tutto.

James si avvicinò e lo prese senza sforzarsi troppo, al che Lily commentò:- Però così non vale... tu sei più alto!-

Rimasero in silenzio a guarnire i biscotti, quando Lily chiese- Come mai sei qui, comunque?-
James avrebbe voluto rispondere,  ma effettivamente, cosa ci faceva lui lì?

-Ehm, passavo da queste parti e... ehm... ok, ero preoccupato e sono venuto a trovarti!- concluse, cercando di evitare di arrossire. Inutilmente.

James Potter non arrossisce mai, questa era una regola.

In quel momento sbucò una donna dalla porta e James lasciò cadere un biscotto. Era pressoché identica a Lily, se non per gli occhi azzurri e le rughe.

-Oh, mamma, ho quasi finito. Mamma, James Potter. James Potter, mamma...- presentò pigramente, disponendo i dolcetti su un vassoio.
La donna sorrise, mentre il ragazzo le porgeva una mano imbarazzato. E così ci aveva visto giusto. Quello era James Potter.
Si chiese cosa ci facesse lì, ma vedendo il ragazzo aiutare maldestramente la figlia, decise che non le importava. Era bella la serenità che c’era in quella stanza, in stridente contrasto con l’ansia e la tristezza che regnavano nella casa.

-Ok, porto i biscotti a papà! Potter, con me!- esclamò Lily, afferrando il vassoio ed evitando che James afferrasse il quinto biscotto. Il ragazzo portò una mano alla tempia, come se stesse facendo un saluto militare e la seguì impettito, sotto le risate di Sarah. Quel tipo era buffo, davvero. Le ricordava tanto Lily quand’era bambina e inseguiva Petunia giocando a fare il cane.

-Agli ordini, sergente Evans!-

All’improvviso, dalla stanza dei genitori di Lily uscì Petunia, tirando su col naso. Vide James e Lily sorridere e qualcosa la prese dall’interno, una sorta di triste rabbia.

Petunia si accorse di essere invidiosa di quei due sorrisi complici.

Lily la superò senza degnarla di un’occhiata, mentre James si volse a guardarla: capelli biondicci e occhi scuri, un viso allungato e magro, Petunia Evans non somigliava quasi per niente alla sorella, se non per lo sguardo fiero nonostante ferito.

-Papà, ti ho portato i biscotti!- esclamò Lily, entrando. James la seguì, timoroso, senza riuscire a scrollarsi di dosso lo sguardo ferito di Petunia. L’uomo nel letto aveva gli stessi occhi di Lily e sembrava un bambino quando assaggiò i biscotti.
All’improvviso una mano gentile si posò sulla spalla di James e lui si voltò, scoprendo il sorriso gentile di Sarah Evans.

-E lui chi è?- domandò il padre di Lily, facendo arrossire James per la seconda volta nella giornata. Lily si affrettò ad affiancarlo e a spingerlo avanti:- Lui è James, un mio amico! Questo bimbo goloso è invece mio padre, Mark...-

Era serena, finalmente. Sembrava che tutto andasse per il meglio. La porta si aprì, rivelando Petunia che sbirciava curiosa. In quel momento Lily avrebbe potuto abbracciarla e dirle che andava tutto bene, avrebbe voluto portarla in camera e raccontarle qualcosa di più su James...

SI udirono dei tonfi provenire dalla porta. E poi una voce, che Lily non avrebbe mai più dimenticato.

-Evans, lo sappiamo che sei lì dentro! Perché non ci vieni ad aprire, così ti salutiamo come si deve?-

James la guardò, mentre il vassoio cadeva per terra, spargendo ovunque i biscotti. La mano di Lily corse alla bacchetta e una gran paura la prese. L’avevano trovata.

I Mangiamorte.







Ed eccomi qui... ok, mi vorrete uccidere... non ho mai scritto un capitolo così lungo, davvero. 4000 parole. Il mio bradipismo si è superato... innanzitutto grazie a tutti coloro che commentano... ^^ poi, passiamo a qualcosa sulla storia: volevo rendere la tristezza di Lily, la sua angoscia e poi il suo sollievo nel vedere James. Mi sembra di aver scritto qualcosa di tremendamente clichè, ma vabbè. Ultima curiosità: il gatto di Lily si chiama Marmalade... il nome significa marmellata, ma lo stesso significato ha anche la parola Jam (anche se Jam indica un'altro tipo di marmellata)... in qualche maniera vedevo Jam come l'abbreviazione di James, segno che quindi Lily a lui ci pensava già da prima, anche se inconsapevolmente... :)
Un bacione, Writ

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Capitolo 12
*** 12. Lotta ***


dedicato alla mia gemellina squinternata  per il suo compleanno







Petunia correva. Era da molto, moltissimo tempo che non lo faceva più, ma ora sentiva di non poterne fare a meno. Correva come faceva una volta, quando a quindici anni aveva scoperto che a scuola di sua sorella imparavano a volare e ci era rimasta talmente tanto male da cercare lei stessa un modo per farlo.
Correre le piaceva, i primi tempi le sembrava di volare. Poi Lily aveva cominciato a parlare di sport dei maghi a cavallo di scope volanti e lei aveva capito che volare era qualcosa di magico.

E quindi, per la proprietà transitiva, di cattivo.

Aveva smesso di correre e aveva imparato a guardarsi intorno, a cercare il più possibile la normalità delle cose. Aveva abbandonato i calzoncini da atletica e le chiodate e aveva iniziato ad usare gli occhiali da sole per spiare senza essere spiata. Aveva dimenticato la sensazione della terra che scivolava sotto i suoi piedi.

Con una fitta d’irritazione si accorse che aveva ripreso a correre, a volare, in quel momento tragico.
Le parole di Lily, piene di ansia e di paura avevano agito come un balsamo sulle sue gambe.

Petunia, scappa, corri!”

Lei era scappata, sentendosi una vigliacca. Non era rimasta con Lily a proteggere casa sua e i suoi genitori. Non era rimasta a difendere ancora quel po’ di normalità che si era conservata. Non era rimasta, punto e basta. Era inutile.

La rabbia la fece schizzare giù per le scale e oltrepassare la porta, diretta a quella secondaria in cucina. Ogni passo era una martellata, uno sfogo, un grido rabbioso.

Lily. Stunf.

I maghi. Stunf.

Piton. Stunf.

Il ragazzo di Lily. Stunf.

I suoi genitori. Stunf.

La casa. Stunf.

La sua inutilità. Stunf.

Aprì la porta della cucina e continuò a correre, cercando di non fare troppo rumore. Ansimava leggermente, eppure non era mai stata così bene. Voleva fare qualcosa, aveva un disperato bisogno di non sentirsi inutile. I suoi piedi e le sue gambe la accompagnarono fino alla stazione di Polizia. Cominciò a parlare, cercando di raccontare qualcosa di assurdamente convincente. Dopotutto era stata lei la bugiarda per tutti quegli anni.

Io non ho una sorella.

Non era vero, Petunia lo sapeva benissimo. Era una consapevolezza che batteva a tempo del suo cuore mentre le parole scorrevano dalla sua bocca e partiva una pattuglia diretta verso la sua casa in fiamme.

Guardò l’orologio che portava al polso e la prese una strana consapevolezza: aveva percorso tutta quella strada in un tempo irrisorio.
Un tempo sarebbe avvampata per l’orgoglio, ma non quel giorno. Quel giorno, Petunia era tornata ad avere una sorella, nonostante la odiasse ancora e stava per perdere una famiglia.

No, non una famiglia, pensava, vedendo casa sua cominciare a bruciare inesorabilmente. Stava per perdere tutta la sua vita costruita con impegno fino ad allora.

Stava per perdere la sua normalità.

E le lacrime cominciarono a scendere, correndo come aveva fatto poco prima lei.

Lily, mi spiace, non riesco a non odiarti. Lacrima.

Ragazzo di Lily, mi spiace, ma sono costretta ad odiare pure te. Lacrima.

Mamma, papà, mi spiace. Non sono lì a difendervi. Lacrima.

 
                                                                       ****

Mentre Petunia schizzava via, la mente di Lily tornò fredda e lucida come al solito. Sua madre la guardava, disperata, stringendo la mano di suo padre. La ragazza deglutì, cercando di trovare la forza di parlare. Sentiva su di sé lo sguardo di tutti, James compreso, che respirava in maniera affannosa.
Il ragazzo aveva una maledetta paura. Era come se fosse tornato indietro nel tempo, a quella maledetta estate di due anni prima.

-Papà, siamo qui! Papà? Papà, ci sei? Papà, rispondi! PAPA’!-
Il Marchio Nero ghignava, maleficamente, esattamente come le persone innanzi a lui e a sua madre.


La voce di Lily riportò James alla realtà, strappandolo da quei ricordi dolorosi. Non era più a Villa Potter, con sua madre, davanti al cancello divelto dai cardini, ma in una stanza piccola e e leggermente soffocante di una casa babbana, con Lily e i suoi genitori.

E dei Mangiamorte che gentilmente attendono alla porta.

Grandioso.

-Mamma, scappa anche tu. Papà... troveremo un modo di portarlo via...- ogni parola era come una dolorosa pugnalata, lo si vedeva negli occhi verdi di Lily.

La verità era che non sapeva come portare via suo padre. Non poteva Materializzarsi, perché sarebbe stato fatale per lui e per via degli incantesimi di protezione che aveva lanciato sulla casa qualche istante prima di cambiarsi.

Non poteva portarlo giù in braccio, magari facendosi aiutare da James perché i Mangiamorte li avrebbero attaccati.

Non poteva fare niente, dannazione. Era diventata completamente inutile.

-No, Lily. Io resto con papà. - la voce di Sarah interruppe i suoi pensieri frenetici, facendole sbarrare gli occhi per lo stupore. James stava già per dire che no, non sarebbe stato il caso, che avrebbero trovato un modo sicuramente ma si rese conto che erano tutte balle, dalla prima all’ultima. E poi, quella decisione spettava a lei e semmai a Lily.

La ragazza annuì, pur sentendosi gli occhi pieni di lacrime. Abbracciò la madre, abbandonando fin da subito l’idea di farla desistere. Erano testarde, tutte e due, ma Sarah aveva la naturale cocciutaggine di una madre che vuole salvare la figlia dalla sua.

Non avrebbe mai abbandonato il marito. Avevano fatto tutti insieme ed ora, se di morte si parlava, avrebbero affrontato anche quella l’uno a fianco all’altra.
Lily si sentì orgogliosa di sua madre, per il suo coraggio. Poi prese James per mano e uscì dalla stanza, bisbigliando un Colloportus che sperava fosse abbastanza potente. Ora i mangia morte non avrebbero potuto prendere i coniugi Evans.

Sul pianerottolo, James guardò Lily negli occhi senza lasciarle la mano. Fu lei a sfilarla per prendere la bacchetta dalla tasca e tenerla dritta davanti a sé.

Poi, successe tutto in un lampo. Un Mangiamorte fece un incantesimo particolarmente potente, che mandò in frantumi una delle finestre. Fu facile per lui, lanciare una maledizione all’interno da quella.

E colpire Lily, seppure di striscio. Immediatamente gli altri lo seguirono, cominciando a lanciare altri incantesimi che volavano, la barriera di protezione di Lily ormai infranta in quel punto. Lei e James rotolarono uno da una parte e una dall’altra delle scale, nascondendosi dietro ad un muro.

Il braccio di Lily sanguinava copiosamente e lei non riusciva nemmeno ad evocare delle bende per bloccare l’emorragia.

-Ferula...- sussurrò James, ottenendo un’occhiata piena di gratitudine da parte della ragazza.

-Lily Evans, sei una strega potente, dopotutto. I tuoi incantesimi sono quasi riusciti a contrastarci. Ma vedi, se c’è una cosa riguardo alla quale siamo più che
sicuri è che tu, a differenza nostra, sei molto debole sotto un altro punto di vista. Di’ ciao a tua sorella, Evans! E fallo in fretta, perché potrebbe trattarsi di un addio!- la voce del Mangiamorte che aveva lanciato per primo l’incantesimo dalla finestra si abbatté su di Lily come una cascata gelata, impedendole di sentire qualunque altra cosa che non fossero quelle parole, ripetute dalla sua mente in maniera incessante.

James scuoteva la testa, convinto che fosse tutta una farsa. Non potevano aver preso Petunia, non sapevano nemmeno il suo nome né che esisteva. O forse sapevano quello e basta, perché Piton –qui gli occhi di James si ridussero ad una fessura- doveva aver cantato.

Il lato Malandrino di James sperò che Piton fosse stato quanto meno stonato.

Lily non sembrava pensarla così, invece. Era terrorizzata ed era più pallida del solito. A sua cravatta-cintura pendeva di lato, prossima a sciogliersi e a cadere, ma lei non ci fece caso. I suoi occhi continuavano a restare fissi sulla porta.

Decise di muoversi all’improvviso e corse giù dalle scale, bloccandosi di fronte alla porta. La paura aveva lasciato il posto alla rabbia, feroce e distruttiva. Lei e Petunia avevano più cose in comune di quanto pensasse e una era proprio che non erano due stupide.

-Cosa volete da me, luridi bastardi?- esclamò, rivolta a qualcuno fuori della porta.

Un’altra cosa che però avevano in comune lei e Petunia era che spesso, quando la rabbia era più forte che mai, agivano d’impulso. E così Lily, deconcentrandosi, passò attraverso uno dei limiti della sua barriera protettiva che, già incrinata dagli incantesimi dei Mangiamorte, crollò definitivamente.

Con lei crollò anche la porta e Lily al suo seguito, schiacciata dalla massa di legno che non era riuscita ad evitare. Un Mangiamorte entrò, la bacchetta fumante in mano.

-Cosa vogliamo da te, ragazzina? Eliminarti. Non so se ti hanno mai detto che i Mangiamorte non amano lo sporco e la feccia. E tu sei stata una bambina cattiva, pensando di sporcare senza essere punita. Crucio.- il tono con cui disse l’ultima parola fu di soddisfazione e piacere. Il corpo di Lily si inarcò per il dolore e i suoi occhi cominciarono a lacrimare, mentre cercava disperatamente di non urlare. Sentiva di essere sempre meno cosciente, ma non avrebbe dato mai a quegli esseri la soddisfazione di sentirla soffrire. Strinse i denti e pronunciò due parole, prima di cadere nel buio.

-Finite incantatem

Almeno Petunia non avrebbe visto la vera mostruosità di quelli che si facevano chiamare maghi.


 
                                                                       ****

Vedendo Lily correre giù per le scale, James intuì cosa stava succedendo, ma non riuscì a muoversi. Lei lo aveva pietrificato, realizzò. Non potè fare altro che assistere impotente alla sua tortura, sopportata con un coraggio impossibile. Era la ragazza più fiera che avesse mai visto e vederla così, sottomessa e torturata spingeva lui stesso a voler urlare.

Poi, d’improvviso, sentì di nuovo di avere il controllo del proprio corpo. Si rifiutò di pensare a cosa fosse dovuto ciò, preferendo concentrarsi sulla battaglia.
Il Mangiamorte che era entrato per prima aveva finito di torturare Lily e, notando che la ragazza era... James cercò di trovare un’altra parola  meno terribile e definitiva, immobile, aveva ghignato in maniera soddisfatta e le aveva sputato addosso.

Fu quel gesto a far partire lo Schiantesimo di James, che centrò il bersaglio con una precisione allarmante. I suoi due compari, entrati subito dopo, si guardarono attorno spaventati.

Troll ammuffiti, pensò James, ritirandosi dietro al muro. Il cuore gli batteva nel petto in maniera furiosa e il ragazzo cercava di non pensare a quello di Lily. I passi dei due uomini – se era possibile definirli tali- lo riportarono con i piedi per terra e lui vide che avevano cominciato a girare per casa, circospetti. Non facevano caso al compagno schiantato, né alla ragazza che giaceva sotto le macerie della porta.

Questo rafforzò la tesi che James portava avanti, e cioè che quelli non potevano essere umani. Deglutì, mentre scendeva con cautela al piano inferiore. Uno scoppiò e delle risate lo fecero sussultare, mentre con orrore vedeva un pezzo del tavolo della cucina giacere abbandonato accanto all’albero di Natale dell’ingresso. Erano vicini, troppo vicini perché lui si potesse avvicinare a Lily.  La cucina era molto più vicina all’ingresso delle scale, pensò con amarezza.

Sfruttando l’abete come rifugio si accucciò, tenendo d’occhio i Mangiamorte che, dopo aver distrutto tutto il piano inferiore si apprestavano a salire.
Uno di loro notò la porta chiusa e cominciò a spingerla, con scarsi risultati.

-E furba la bimbetta, l’ha sigillata!- aveva detto, senza curarsi del fatto che a quell’ora forse l’incantesimo sarebbe dovuto finire.
James avrebbe voluto cullarsi nel pensiero che forse Lily era sopravvissuta, ma l’immagine di lui che sigillava in maniera non verbale la porta per una seconda volta senza controllare se fosse ancora chiusa gli impediva di farlo.

-Nasconderà qualcosa, allora....- disse il terzo Mangiamorte, cominciando a salire. –O qualcuno...-
James trasalì, vedendo che i due uomini sapevano, purtroppo, fare due più due. A conferma di questa tesi, quello che aveva parlato per primo disse:- Ma scusa, ma non è morta, lei?-

Quelle parole ferirono James, che cercò di calcolare la maniera più veloce di avvicinarsi a Lily senza essere visto. I due, però, si erano voltati a guardarla, con una sorta di macabro interesse che fece accapponare la pelle a James.

-Deve esserci qualcun altro, allora! Altrimenti come ha fatto Rookwood ad essere schiantato?!- disse il secondo, sembrando la mal riuscita imitazione di una scimmia che cercava di ragionare.

L’altro non rispose, ma si guardò intorno prima di lanciare un incantesimo sulla porta. James strinse la presa sulla propria bacchetta, cercando di resistere pensando a Lily. Intanto i due uomini, sentendo un grido soffocato provenire dalla camera avevano ridacchiato soddisfatti e uno dei due si era chinato, mormorando qualcosa.
James uscì dal suo rifugio, chiudendo la mano sinistra attorno a qualcosa che aveva vicino, per farsi forza.

-Stupeficim!- urlò, par la seconda volta, mancando però il bersaglio. Una raffica di incantesimi rischiò di travolgerlo, ma lui si chinò in tempo e lì evitò. I due Mangiamorte lo guardarono, cercando di colpirlo e, quando un incantesimo lo sfiorò, James si buttò a terra, fingendosi colpito.

Sentì i due ghignare, prima che si avvicinassero. Si contrasse, aspettando che lo torturassero. Invece i Mangiamorte lo ignorarono e James sentì il forte crack dovuto alla Smaterializzazione accanto a lui.

Aprì gli occhi, circospetto. Dapprima, pensò che non fosse successo niente, poi notò le fiamme. Erano spaventosamente simili ai capelli di Lily e, James ne era certo, non si sarebbero spente con un banale Aguamenti. Prese in considerazione l’idea di correre di sopra e salvare gli Evans, ma notò che le fiamme erano partite da lì. Il terrore lo invase, mentre cominciava a sudare e a tossire per il caldo. Strisciando, raggiunse Lily. La afferrò, stringendo con forza ciò che aveva afferrato prima di attaccare i Mangiamorte.

La sua mano, quella della bacchetta, si strinse attorno al polso di lei. E poi, con un risucchio terrificante, si ritrovò davanti al cancello di casa sua.

 
                                                                                       ****

Dorea non si era fatta troppe domande, nel vedere James che si smaterializzava. Era un ragazzo con la testa sulle spalle, anche se la pila di lettere di Hogwarts sembrava voler dimostrare il contrario. Sorrise affettuosamente, mentre le voci degli amici del ragazzo provenivano soffuse dal piano di sopra.

Guardò pigramente fuori dalla finestra, ansiosa di affogare le sue preoccupazioni e la sua tristezza nella neve che ricopriva il giardino, ma notò che qualcuno aveva avuto la sua stessa idea.

Qualcuno di lacero e sporco, che portava con se un altro corpo, esanime.

Qualcuno che assomigliava in maniera spaventosa a..

-James!- la donna si lanciò fuori dalla porta, correndo senza nemmeno prendere la giacca. Il ragazzo ansimava e c’erano delle piccole ferite sul suo corpo, delle quali però non si curava.

I suoi occhi erano fissi sul corpo della ragazza che aveva poggiato a terra, una ragazza dagli inconfondibili capelli rossi, che perdeva molto sangue e che era completamente ricoperta di polvere e cenere e ferite.

James mormorava incantesimi, infaticabile, traendo quel poco di energia che gli era rimasta dal sottile e labile respiro che, incredibilmente, sfuggiva ogni tanto dalle labbra di Lily. Era pieno di sangue, suo e della ragazza, ma non poteva fare a meno di pensare che fosse comunque bellissima anche se ridotta in quello stato.

Dorea lo affiancò subito e lui la guardò riconoscente. Il corpo di Lily era terribilmente leggero ed era talmente pallida da far paura, ma era viva.

Viva. Stunf.

Viva. Stunf.

James pensava a questo, correndo con il corpo di Lily in braccio, una mano di lei poggiata in maniera innaturale contro il suo petto, che si alzava e abbassava con rapidità, quasi volesse farlo per entrambi.

Lily socchiuse con difficoltà un occhio, facendo aumentare il respiro di James, che si beò qualche istante di quel verde stupendo.

-James...- mormorò, con fatica. Lui le fece segno di non parlare, ma lei era testarda, come era sempre stata.

-Mi hai salvata..- concluse, chiudendo di nuovo l’occhio e le labbra e non respirando per un lasso di tempo che fece tremare James. Il divano si avvicinava, ma lui non voleva lasciarla andare.

Poi, le sfuggì un respiro.

Viva. Stunf.

Un ultimo passo, si disse James.

-Come avrei potuto vivere sapendo che non eri con me?- le domandò, in maniera retorica, mentre sua madre si affannava cercando dittamo e quant’altro.
Lily sospirò ancora, mentre lui l’appoggiava sul divano e veniva raggiunta dagli altri Malandrini.

Viva.









E rieccomi, incredibilmente in anticipo. Ma ringraziate Ispy, non me. (Ispy è la mia ispirazione, tanto per capirci... )
Che ne dite di questo macabro e tetro capitolo? Ho provato a metterci un po' di humor, giuro. Ma non ci riuscivo. Ero davvero depressa. Anche perchè fateli morire voi i genitori della protagonista senza piangere, sì! Accidenti! Non so cosa dire della storia, so solo che cercherò di pubblicare un altro capitolo prima di partire (domenica) ma considerate la narrazione ferma a questo punto.. vedrete, signori, VEDREEEEETE! Una cosa: ho cominciato con Petunia, spero non vi dispiaccia. Alla fine, lei odia comunque Lily. Anzi, odia comunque sua sorella. Credo che sia qui la chiave del tutto. Non so, ditemi voi. Un bacione alle splendide otto persone che hanno recensito lo scorso capitolo. 
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Capitolo 13
*** 13. Buio ***


Lily aprì gli occhi, scoprendo di essere al buio.

Un gran bel guadagno, insomma...

A dire il vero, non era nemmeno sicura di aver aperto gli occhi, perché lì dove sarebbero dovuti essere i suoi occhi sentiva una forte pressione, che non voleva  togliere.
La ragazza si chiese se fosse morta.

O andiamo Lily, morta per... per che cosa?

Se non altro, sapeva di avere un nome e sapeva pure quale fosse, una cosa che non era comune a chi perdeva la memoria. Quindi, amnesia scartata, rimanevano poche altre ipotesi.
Era abbastanza sicura che fosse successo qualcosa, sicuramente qualcosa di brutto, ma non riusciva a capire cosa.

Le immagini di ciò che sapeva essere successo le sfrecciavano via dalla mente, come scope volanti cavalcate da quell’idiota di Potter.
A quel nome, ebbe un sussulto e non soltanto la lei che aveva aperto gli occhi, ma anche la lei che non li aveva aperti.
Lily decise, molto diplomaticamente, che esistevano due lei, in quel momento. Si chiese come mai al nome di Potter avesse reagito in quella maniera.

O beh, quando succede qualcosa di strano, Potter c’entra sempre...

Quel pensiero venne fuori con naturalezza, come se fosse sua abitudine farlo.

-Lily? Lily, ti prego, svegliati!-


Ecco, quella voce avvalorò la sua tesi che Potter, in una qualche maniera, c’entrava sempre, indipendentemente dalle situazioni.
Si chiese come mai Potter stesse parlando con lei, anche se  probabilmente con la frase con lei s’intendeva la Lily dagli occhi chiusi.

Un’immagine sfrecciò velocissima davanti agli occhi della ragazza che, ne era certa, se la sarebbe persa se non l’avesse guardata con una tale forza.

Mangiamorte, tre Mangiamorte. Sulla soglia di una casa babbana, la sua molto probabilmente. Una porta che cadeva e una ragazza con il volto contratto dal dolore. Una bacchetta stretta in mano, delle parole lasciate sulla punta della lingua, parole pronunciate appena. Tre cuori, oltre a quello della ragazza e dei Mangiamorte, battevano. Tre cuori di tre persone estremamente importanti.
Mamma.
Papà.
James.

E un’altra ragazza che mancava all’appello, una ragazza  la cui assenza non era mai stata più bella.
Petunia.

L’immagine si dissolse e Lily socchiuse la bocca, lasciandosi sfuggire un piccolo verso di sorpresa, subito seguito da un gemito di dolore. Tutto nella sua mente acquistò un posto preciso, ogni ricordo tornò a dov’era prima.

All’improvviso gli occhi di Lily si riempirono di lacrime e lei non potè fare a meno di chiedersi cosa fosse successo ai suoi genitori e a Potter.
Già, James. L’aveva salvata, questo era riuscita a dirlo prima. Sia lei che la Lily di fuori. Era contenta di averlo fatto.

-Lily, ti prego, non morire!-


Di nuovo la sua voce, carica di apprensione. Si chiese se anche la lei di fuori la sentisse e sentisse il cuore scaldarsi in quel modo, mentre il ragazzo pronunciava il suo nome.

-Lily!-
-Potter, ti ho detto mille volte di non chiamarmi Lily! Io sono Evans!- urlò lei, arrabbiata, dicendo addio a tutto l’autocontrollo che aveva sperato di ottenere in ben quattro anni di conoscenza.
-Andiamo, Lily, lo sai anche tu che non ti ci chiamerò mai! Arrenditi all’evidenza.... e poi, se tutti ti chiamano Lily e io solo Evans, non credi che questo faccia di me una persona speciale?- le chiese lui, facendola avvampare per la rabbia. Era questo che non sopportava di lui, quel suo modo sempre ottimistico di vedere le cose. Anche lei era ottimista, dannazione, ma non arrivava all’idiozia nel portare avanti la sua Campagna-Allegria!
-Arrenditici tu all’evidenza, Potter... purtroppo, nemmeno giocando tanto a Quidditch riuscirai a far avere al tuo cervello una dimensione maggiore di quella di un Boccino!- lo aveva rimbeccato, ghignando e lasciandoselo alle spalle. Sapeva che in quel momento lui la stava guardando incerto se arrabbiarsi, scimmiottarla o memorizzare la battuta. E odiava
sapere di sapere ciò che stava facendo Potter.

-Evans, te lo chiedo come un favore personale, svegliati oppure dovremo far addormentare anche noi James... Per sempre!-
-Andiamo, Sirius, non dire cavolate... Ehi, Lils, se mi senti... uhm... batti un colpo?-
-Rem, non fare il medium da strapazzo, per favore!-
-Ragazzi.... c’è la mamma di James che vi guarda preoccupata!-
-Oh, scusa Pete... Dai, Evans, svegliati! E’ disperato l’idiota!-
-Ehi, l’idiota è qui!-


La Lily che aveva aperto gli occhi sorrise con affetto, sentendo quelle voci. I Malandrini. Aveva passato anni a combatterli, a contrastarli e ad arrabbiarsi con loro. Eppure, questo lo sapeva con certezza, facevano parte di lei in maniera indissolubile. Riusciva a vederli, mentre si spintonavano per parlarle, Black in testa che cercava di essere distaccato e Remus che invece la guardava preoccupato, mentre Peter sgomitava per guardarla. Potter... non riusciva a collocarlo, sfuggiva alla sua immaginazione. Era come uno specchio d’acqua, i cui cambiamenti erano imprevedibili eppure era sempre  trasparente.

Specialmente quando era con i suoi Malandrini.

-Ehi, Prefetto Evans!-
-Black, sappi che non stai parlando con il tuo amico Lupin!- gli disse, senza alzare gli occhi dal libro che stava leggendo, un libro
estremamenteinteressante. Un libro sul corretto allevamento dei Vermicoli.
-Non ti avrei chiamata Evans, se ti avessi scambiata per Remus. Comunque sia, devi farci un favore. Rem è d’accordo però servi anche tu!- replicò, sorridendo in maniera tanto sfacciata da risultare grottesco. In effetti, poteva aver imparato a sorridere in quel modo solo dal suo grande amico Potter. Lily strinse i denti in maniera quasi inconsapevole, pensando che Potter se non altro appariva scemo, sì, ma non grottesco.
-Black, sappi solo che io non sono Remus, perciò convincere me andrà al di là del promettermi di non copiare più i compiti o di lasciarmi in pace a lezione....- brontolò, chiudendo il libro perché effettivamente persino quell’idiota di Black era più interessante dei Vermicoli.
-Evans, dolce Evans, non ti preoccupare. Per questa volta non si tratta di niente di illegale!- a Lily non sfuggì l’accento posto sul “Per questa volta”, ma decise che la cosa la incuriosiva abbastanza. In quel momento, Potter affiancò l’amico e cominciò a parlare a bassa voce, in maniera molto concitata. Sirius annuì un paio di volte poi si voltarono in contemporanea verso di lei, tanto che Lily sobbalzò.
-Vedi, Evans, ci chiedevamo se...- la tenne in sospeso Black, mentre Potter annuiva ad ogni sua parola come un vero e proprio idiota. Lei rimase a bocca chiusa, privandoli della soddisfazione di sentirla rispondere con un altro “se...” segno che era interessata.
-Gliel’avete già chieeesto?- urlò Peter Minus, entrando di corsa dal buco del ritratto. Lily alzò le sopracciglia, chiedendosi il motivo di tanta attenzione verso di lei. Se solo Black si fosse dato una mossa.... per quanto noioso, leggere quel maledetto libro era parte di un compito...
-No, Pete, stavamo appunto per farlo...- gli disse Potter, sorridendo con calma. Lily si era sempre chiesta come facesse Minus a stare tra quei ragazzi così... beh,
particolari. Eppure, vedendo Potter nella parte di Simil-papà le era sembrato di avere una risposta.
-Allora, Evans, dicevamo... volevamo chiederti se ci puoi correggere i compiti che
abbiamo fatto!- esclamò Black, sorridendo di nuovo in maniera esasperante. Lily rimase a bocca aperta, guardandoli in attesa che qualcuno cominciasse a ridere dicendole che era uno scherzo e che volevano chiederle qualcosa di stupido.
-State scherzando, vero? I malandrini che fanno i compiti?- domandò, con aria scettica. Sirius, dopo qualche istante di silenzio cominciò a ridere, seguito subito da Peter, mentre Potter esibiva un sorriso che doveva essere accattivante, ma che nascondeva molto di più. Sorrise anche lei, capendo di essere caduta nel loro tranello.
-Ci sei caduta come un’idiota, Evans! Ahah! No, volevamo chiederti se domani puoi prendere appunti per noi e per Remus, che non ci saremo...- le disse Black, sorridendo ancora. Lei, dopo una sorta di riflessione, annuì, riaprendo il libro per far capire loro che la conversazione era terminata. Ascoltò i passi dei Malandrini allontanarsi mentre ripartiva a leggere. Remus stava di nuovo male, doveva ricordarsi di andarlo a trovare.
Qualche giorno dopo, alla restituzione dei compiti di Incantesimi, a Lily capitarono sotto gli occhi quelli di Potter, Black e Lupin. E, si accorse lei con sorpresa, non avevano di uguale niente, a parte il titolo e il voto. Uguale al suo.
Forse, si disse, tornando seduta, avrebbe dovuto leggere meglio la non-risata di Potter.

 

-Lily, svegliati... dai, Lily, tesoro!-


Altre due voci conosciute giunsero alle orecchi di Lily, che sentì un sorriso salirle spontaneo alla bocca. Si domandò perché fossero lì, visto che una specie di vocina nel suo cervello (in quel momento Lily si sentiva molto simile ad una scatola cinese) le ricordava che loro non sarebbero dovute essere lì.

-Io sono Lily, piacere!- sorrise alla ragazzina di fronte a lei, con i capelli lunghi e leggermente arruffati, di un indefinibile colore a metà tra il biondo e il castano chiaro.
-Lo so, ho seguito lo Smistamento...- rispose quella, aprendosi in un piccolo sorriso timido. A Lily piaceva già, era una di quelle persone che probabilmente sapevano tirare fuori la grinta al momento giusto. Altrimenti non si spiegava la sua assegnazione a Grifondoro. E soprattutto, a Lily piaceva il fatto ch avesse prestato
attenzione.
-Anche io, anche se devo ammetterlo, ci vuole molta più capacità e sangue freddo per seguirlo prima di essere Smistati!- le disse, cominciando a studiare attentamente una forchetta. Era.. incredibile. Emanava una sorta di aura magica anche quella...
-Non me ne fare un merito, io l’ho seguito solo perchè speravo di capitare insieme a lui!- disse la ragazzina, avvicinandosi a Lily e indicando un ragazzino davanti a loro. Lily storse la bocca, vedendo come la sua nuova amica indicasse chiaramente...
-Black? E’  un idiota, se mi permetti di dirtelo...- ma le sue parole si persero nel vuoto, perché l’altra si era voltata a salutare la nuova arrivata al tavolo. I capelli neri e ricci, tenuti indietro da una fascetta arancione, continuavano a muoversi seguendo il movimento della nuova arrivata, una ragazzina con un sorriso quasi sfacciato che sembrava composto di fossette, più che altro.
-Io sono Alice, lei è Lily, tu sei?- chiese Alice, facendo scoppiare a ridere Lily. Severus non era ancora stato smistato, pensò. Mancavano ancora due persone prima di lui. Sperò scetticamente che fosse messo a Grifondoro, con lei.
-Io sono Mary, Mary MacDonald!- disse dopo un po’, mentre seguiva lo Smistamento rapita.
Ma anche la sua risposta si perse, mentre Potter veniva smistato a Grifondoro e si sedeva accanto a lei, seguito da Severus che si sedeva al tavolo. Di un’altra casa. Fu la rabbia e la tristezza della fine della serata che le fecero passare di mente, per qualche tempo, che accanto a Black c’era un timido e silenziosissimo Frank Paciock.


Quel ricordo ne portò altri, che erano più che altro immagini o suoni senza una vera e propria connessione con la realtà. E, unito ad essi, il bisogno disperato di sentire altre voci che la chiamavano, con la stessa dolcezza e tenerezza delle altre.

-Lily!-
-Sev, piantala, dai! Sto cercando di concentrarmi!- rispose, sorridendo leggermente, mentre con la punta della piuma si grattava il mento con aria pensosa. Erano seduti sotto un albero del parco, uno dei loro preferiti. Lily stava cercando di fare i compiti, mentre Severus non faceva niente in particolare, se non richiamarla  di tanto in tanto quando la vedeva distratta.
-E come, Lils, guardando la squadra di Grifondoro allenarsi? Guardando
Potter?- concluse, con amarezza mentre lei si girava a guardarlo sbuffando leggermente e con gli occhi al cielo.
-Dai, quel decerebrato sbruffone? Per favore... forza, mi mancano due o tre righe per finire il tema e poi sono libera!- disse, concludendo il tema con uno svolazzo. Severus sorrise nel vederla riporre il tema nella borsa e le venne spontaneo chiedergliene il perché.
-Sembri contenta. Non sapevo che fare i compiti ti mettesse di buon umore...- le disse, passandole una mano sulla zazzera rossa che stava ricrescendo dopo il taglio radicale dell’anno prima. Si alzarono, cominciando a camminare fianco a fianco lungo il perimetro del Lago Nero. Era bello stare così, in compagnia l’uno dell’altra, come due amici
normali.
E Lily continuava a sorridere. Ma non avrebbe mai detto a Severus che il motivo di tanta allegria era che un certo Tom Bootes l’aveva salutata, prima di cadere dalla scopa. Anche perchè sennò avrebbe dovuto ammettere che Potter volava decisamente meglio di lui... e decisamente, non aveva voglia di farlo.

Severus. Ripensare a lui era strano. Lily non riusciva a pentirsi di quell’amicizia, nonostante le avesse causato tanto dolore. Prima di ricordarle che era una Mezzosangue che non si sarebbe mai adattata, Severus non gliel’aveva mai fatto pesare...

-Lily!-
-Tunia! Tanti auguri!- esclamò una bimbetta dai capelli rossi che non poteva avere più di dieci anni. Tra le mani stringeva un pacchetto e lo porse alla sorella, che la guardava con gli occhi che brillavano per la contentezza. Petunia scartò il pacchetto con impazienza, buttando la carta accartocciata per terra nello scoprire il contenuto del regalo. Spalancò gli occhi, nel prendere in mano una bambola di porcellana con i vestiti ricamati a motivi floreali. Sorrise e strinse la bambola tra le braccia. Prima che potesse fare qualcosa, la sorellina l’anticipò.
-E non è tutto, guarda!- disse, corrugando le sopracciglia. La bambolina si agitò qualche secondo prima di battere le manine, senza che nessuno la toccasse. Lily si aspettava che Petunia ridesse di gioia, invece il suo viso si contrasse in una smorfia e lasciò quasi cadere la bambola.
-Smettila, falla smettere per favore!- urlò e subito la bambola cessò di muoversi mentre gli occhi di Lily si riempivano di lacrime. Sua sorella si accorse del turbamento e le si avvicinò cercando in qualche maniera di confortarla.
Senza toccarla.
-Era molto bella, Lils...- provò a dire, ma l’altra scosse la testa e sorrise tristemente. Lily vide la sorella rabbuiarsi e poi anche lei cominciò a piangere.
-Tu... tu cosa volevi dimostrarmi? Di essere migliore? Di essere
speciale?E allora corri, tornatene dal tuo Piton, tu e quell’altro arrogante che pensate di essere migliori solo perché... solo perché...- chiuse la bocca e Lily scappò via, facendo cadere il biglietto che teneva in mano. Sentì i suoi genitori chiamarla, ma li ignorò, chiudendosi la porta di casa alle spalle. Sedendosi sotto un albero si mise a piangere, senza sapere che qualche tempo dopo avrebbe detto le stesse cose ad un’altra persona, furiosa come non mai.

Lacrime inconsistenti scendevano sulle guance della Lily di dentro e all’improvviso capì molte cose. Prima di tutto, i suoi genitori non ci sarebbero più stati per richiamarla dopo l’ennesima lite con Petunia. Non ci sarebbero stati e basta. Capì che nemmeno Severus sarebbe tornato, perché alla fine l’aveva dovuto ammettere che Potter volava molto meglio di quell’idiota di Bootes. Alla fine, tutto il suo mondo si era rivoltato, come un calzino appena lavato.

Ma lei non aveva ricevuto quella lettera solo per litigare con sua sorella, non era stata smistata a Grifondoro per poi starsene lì a piangersi addosso, non era tornata a casa solo per vedere la morte in faccia.

Lei era una strega e in quanto tale avrebbe lottato. Non si sarebbe fatta sottomettere ancora, non avrebbe permesso a quei bastardi di distruggere altre famiglie. 

Avrebbe lottato. Lily avrebbe lottato e sarebbe scesa in campo, difendendo ciò che amava e ciò che avrebbe amato. E non poteva certo farlo rimanendo lì a dormire.

-Lily, ti prego, svegliati...-
-James, si sveglierà quando penserà che sarà giusto farlo...-
-Mamma...-
-Tesoro mio...-
-Va, mamma, resto io...-
-Non la tormentare troppo, povera ragazza...-
-Lils,ti prego, svegliati. Anche se solo per picchiarmi perché ti ho chiamata così, anche se solo per dirmi di smetterla di blaterale, anche se solo per dirmi che sono un tremendo mammone...-


Per una volta nella sua vita, Lily pensò di fare qualcosa che andava contro i suoi principi: dare ascolto a James Potter.

Aprì un occhio, poi l’altro e si trovò davanti un James Potter con la testa chinata e le mani tra i capelli. Era l’emblema della tristezza e della stanchezza. Non si era ancora accorto che lei era sveglia e continuava a borbottare, il suo nome oppure qualche altra parola indistinta, tra cui “cagnaccio traditore”, “Pollo allo spiedo” e anche “dentifricio nuovo”.

Avrebbe voluto chiedergli cosa significasse ognuna di quelle cose, ma prima doveva dire qualcosa di cui si era accorta in quei momenti di buio. Qualcosa che forse diceva da tanto tempo, ma che mai aveva avuto un significato così... vero.

-Tu c’entri sempre, Potter...- brontolò, senza riuscire a reprimere un sorriso stanco.







E quando pensavo di non farcela più, sono riuscita a finire il capitolo. Che permettetemi di dire, fa schifo. Non mi piace molto, non era così che me l'immaginavo. A dire il vero, non lo immaginavo affatto. Dovevo andare avanti con la storia, ma allo stesso tempo non potevo andare troppo avanti perchè per tre settimane non ci vedremo. E così vi ho lasciato questo capitolo, strano e addurdo. Un buone vacanze a tutte, le spiegazioni nel prossimo capitolo, che arriverà a inizio agosto. Buone vacanze, dunque, e buon HP7 parte due a tutti! :D
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Capitolo 14
*** 14. Respiro ***


Non aveva mai disprezzato il calore, mai. Le piaceva starsene la sera accanto al caminetto, stringendo la mano del marito con una tazza di cioccolata calda in mano a parlare del più e del meno. Le piaceva farsi abbracciare quando faceva freddo e sentire i respiri caldi di Mark sulla sua pelle.

Lei amava il caldo.

Ma in quel momento era troppo, era soffocante. La stringeva con troppa forza, come un serpente e non la lasciava andare, inondando di fumo la sua gola. Sentì delle lacrime uscire e scivolare sulle sue guance, terribilmente fredde in tutto quel calore.

-Sarah?- la voce di Mark la scosse, facendole venire i brividi. Era bello vedere come lui le facesse ancora quell’effetto dopo tanti anni di matrimonio. La donna si girò, prendendo teneramente la mano del marito tra le proprie. Si sedette sul letto, con uno sguardo afflitto ma dolce e lo guardò negli occhi, perdendosi in quel verde che tante volte l’aveva ospitata ed amata.

Il fumo inondava la stanza, ma Sarah sentiva che non era per quello che continuava a piangere, come una bambina triste dopo aver rotto il suo giocattolo preferito. Piangeva perché sapeva che sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe fatto e si odiava per non essere riuscita a fare tutto ciò che voleva. Avrebbe voluto potare la siepe in giardino ed appenderci quelle deliziose decorazioni natalizie che aveva comprato a Londra. Avrebbe voluto mangiare uno dei biscotti di Lily e farle i complimenti, dicendole che ormai la superava come cuoca. Avrebbe voluto rimettere in ordine l’album di foto per farlo rivedere alla zia Elizabeth e tirare fuori dall’armadio il giacchetto nero che le piaceva tanto.

Avrebbe voluto la sua famiglia riunita per il pranzo di Natale.

Si stese accanto a Mark, poggiandogli la testa contro il collo e cercando di sentire il suo odore nonostante quel maledetto fumo. Sincronizzò il suo respiro al suo e cominciò a contare ogni respiro, ogni boccata di quell’aria sporca e maledetta.

Uno. Lily, spero che tu ti salvi.

Due. Petunia, corri e non incolpare nessuno.

Tre. Lily, non è colpa tua.

Quattro. Petunia, sii felice.

Cinque. Lily, vivi una vita bellissima con il tuo ragazzo.

Sei. Mark, ti amo.

Sette....


 
 
                                                                            ****
 

 
Le ore passavano in maniera interminabile, scandite solo dal respiro irregolare di Lily. Spesso, passando, Dorea vedeva James intrecciare le dita con quelle della ragazza e sussurrarle qualcosa in tono convinto.

Sirius e Remus ogni tanto lo affiancavano, così come Alice e Mary, corse subito lì appena saputo della disgrazia. Frank e Peter spesso rimanevano in silenzio, il primo perché per abitudine parlava solo se c’era qualcosa di davvero importante da dire e in quel momento avrebbe solo voluto che tutto il mondo tacesse per permettere a Lily di non sentirsi sola nel suo silenzio forzato, il secondo perché sentiva il dolore di James crescere e diventare un muro insuperabile per lui così piccolo e timido.

L’ora di cena arrivò, trascinandosi dietro i minuti zoppicanti. Ognuno di loro mangiò qualcosa più perché intimorito dalle occhiate della signora Potter che per fame, tranne James che sedeva in maniera silenziosa accanto a Lily, come una vecchia sentinella che si rifiutava di abbandonare il proprio posto.

A mezzanotte andarono tutti a letto, dopo essere passati a salutare Lily e James, con le teste basse e le bocche già aperte, pronte ad uno scambio sussurrato di pareri ed opinioni su quanto era accaduto. Solo James rimase lì, le gambe piegate in maniera rigida e lo sguardo stanco, con un paio di tagli ancora leggermente sanguinanti sulla guancia. Dorea si avvicinò a lui e prese una sedia, alzandola per non fare rumore e si sedette, poggiandogli un braccio sulle spalle e attirando il capo del ragazzo sulla sua spalla, cominciando a carezzargli i capelli.

James chiuse gli occhi e stese una mano fino al braccio di Lily, dove cominciò a tracciare piccoli disegni invisibili sulla manica logora del maglioncino.

-Lily, ti prego, svegliati...-

Lo disse con tono disperato, senza preoccuparsi di sussurrare. James avrebbe voluto urlare, tanto era grande la sua frustrazione in quel momento. Avrebbe voluto scrollare quel corpicino inerme, sperando di ottenere una qualche reazione. Avrebbe voluto farsi insultare da lei, sentire le sue urla e le sue frasi spezzettate. Avrebbe voluto la sua Lily, quella Lily sempre in movimento con il sorriso sulle labbra.

L’avrebbe voluta sveglia.

-James, si sveglierà quando penserà che sarà giusto farlo...- disse Dorea, continuando ad accarezzargli ritmicamente i capelli con una mano e sospirando. Quel comportamento teneramente infantile sembrava volerle ricordare come suo figlio, a discapito di tutto il dolore provato, tutta l’angoscia fosse in realtà solo un ragazzo. Un ragazzo di diciassette anni che avrebbe dovuto vivere la sua vita senza preoccupazioni, senza ansie.

-Mamma...-
-Tesoro mio...-

Quello scambio di battute, sussurrato e intrappolato nel loro improvviso abbraccio riportò James alla realtà. Mentre sua madre gli accarezzava la testa, era riuscito a pensare che tutto si sarebbe sistemato. Ma il dolore era tornato a colpirlo, veloce, fugace.

Lily gli mancava da morire.

-Va, mamma, resto io...- Lo disse con convinzione, vedendo l’espressione distrutta della madre che sicuramente rifletteva la sua. Dorea sorrise, tristemente, staccandosi da lui per guardarlo negli occhi. Occhi di un uomo. Occhi di un uomo posati sul volto di un uomo che si comportava come un uomo.

Un uomo che in realtà era un bambino, pensò, ricordando la pila di lettere mandate da un’esasperata professoressa McGranitt.
Il posto di James era lì, accanto alla sua Lily.

-Non la tormentare troppo, povera ragazza...- gli rispose, alzandosi e spostando la sedia con un tocco di bacchetta. Lui le sorrise, mentre un po’ della sua aria malandrina si riaffacciava sul suo volto. Avrebbe continuato a lottare, James. Lo avrebbe fatto sempre, perché era giusto. Lo avrebbe fatto perché ci credeva, esattamente come lui.

Charles.

Un sospiro sfuggì dalle labbra di Dorea, mentre si sedeva stancamente sul letto.

Charles.

Una foto sorrise di fronte alla sua muta richiesta di salvezza.


 
                                                                                     ****


 

-Lils,ti prego, svegliati. Anche se solo per picchiarmi perché ti ho chiamata così, anche se solo per dirmi di smetterla di blaterale, anche se solo per dirmi che sono un tremendo mammone...- cominciò a dire, ridendo e sbuffando mentre cercava di auto- convincersi che tutto era perfettamente normale. Lily aveva bisogno di normalità. Aveva bisogno di sentire che quello a fianco a lei era il solito Potter, lo sbruffone che si divertiva a farla arrabbiare.

James ne era sicuro, Lily doveva averlo sentito. Non poteva spiegare altrimenti il movimento infinitesimale del suo naso, che si era storto come faceva ogni volta che lei capiva che lui la prendeva in giro.

Se ci fosse qua Sirius, mi prenderebbe in giro lui. Cagnaccio traditore, starà nel suo letto a poltrire come al solito... Borbottò, lieto che almeno Sirius riuscisse a dormire. Lieto che suo fratello non dovesse avere anche una parte troppo grande di questo peso sulle spalle.

Domani mangeremo pollo allo spiedo, Lils. Anzi no, domani è Vigilia. Va bene, allora mangeremo un po’ di merluzzo, ti va? Però mia mamma tende ad esagerare con l’aglio, quindi occorre stare attenti. Oh, diamine, ho bisogno di un dentifricio nuovo. Ho lasciato il mio ad Hogwarts.

Chiacchiere senza senso, destinate solo a lui. E a lei, certo. Avrebbe voluto sentire lo sbuffo di Lily ancora una volta, anche una sola. Avrebbe voluto che lei si muovesse, che facesse qualcosa di più che storcere il naso.

La rabbia lo prese, investendolo e prosciugandolo. Si prese la testa tra le mani, mentre vedeva il mondo cadere in frantumi, sgretolarsi, sfasciarsi. Gli stupidi scherzi fatti ai Serpeverde. La Mappa del Malandrino. Le tavolette portate via dai bagni di Hogwarts. Tutto perdeva un senso, mentre si mescolava ad altri detriti della sua vita. Charles che rideva, James che rompeva i piatti cercando di trasportarli con la magia. Tutti pezzi di vita che si smarrivano tra gli altri, momenti e secondi lanciati da qualche parte in quel guazzabuglio di vite che sembrava destinato a finire troppo presto.

-Potter, tu c’entri sempre...- la sua voce ruppe il silenzio all’improvviso, mentre le immagini cupe e scure che si celavano dietro alle palpebre di James si trasformavano in un’esplosione di colori senza più fine.

Alzò lo sguardo su di lei, desiderando di essersi almeno dato una ripulita perché così era davvero impresentabile. Lo guardava sorridendo leggermente, con espressione confusa.

Viva.

All’improvviso quella loro fuga così pericolosa, così dolorosa sembrò perdersi nel sorriso di Lily. James non disse nulla, limitandosi a guardarla.

Verde, la vita era verde. Non rossa, non bianca, non blu. Era verde, ne era sicuro. Verde come la speranza. Verde come le foglie primaverili. Verde come Lily.

Scese dalla sua sedia, cadendo in ginocchio sul pavimento. Le sue mani raggiunsero il corpo di Lily, aggrappandosi a lei con forza mentre le lacrime scendevano cancellando un po’ di sporco dal suo volto. In quel momento, mentre il corpo di Lily respirava sotto il suo abbraccio, James comprese che era giunto il momento di respirare anche per lui.

-Buffo, mi aspettavo un’accoglienza più in stile urla melodrammatiche...- commentò Lily, mentre il calore ormai familiare di James la calmava, rendendo tutta quella luce meno accecante. Aprire gli occhi non era stato troppo difficile, si rese conto. La parte difficile era stata capire perché voleva farlo.

Una risatina isterica le ricordò che l’essere che stava abbracciando era Potter e che effettivamente aveva fatto qualcosa di un po’ melodrammatico.

-Scusa, la parte alla Romeo e Giulietta me la riservo per la prossima volta...- commentò lui staccandosi piano da lei. La guardò negli occhi e per la prima volta si rese conto di quanto avevano rischiato. Aveva rischiato di non vederla più. Aveva rischiato di non esserci più una Lily da abbinare alla perfezione al suo cognome.

Rise anche lei, sollevata. Ci sarebbe stato un altro momento per pensare al dolore, si rese conto. La gioia di essere viva era talmente soffocante da minacciare di ucciderla. Ogni respiro era una conquista, qualcosa di imperdibile. E Potter era con lei.

Provò ad alzarsi, ma il ragazzo la spinse di nuovo giù, sorridendo a mo’ di scusa. Sapeva che non sarebbe riuscita a rimanere in piedi, non dopo tutto quello.
Le risparmiava l’umiliazione di dover cadere davanti a lui.

James cercò di convincersi di ciò, ma la verità era che toccarla, anche se solo per pochi secondi, gli faceva capire che lei era lì. Non un’immagine prodotta dalla sua mente. Lily, Lily Evans era lì.

E lui avrebbe dovuto dirlo a tutti.

Non voleva, ma sapeva che era necessario. Non era stato l’unico a soffrire così tanto.

-Mamma... Mamma! Si è svegliata!-

Lily sorrise, cercando di non pensare al fatto che lei, una cosa del genere, non avrebbe più potuto urlarla.
 


 
                                                                            ****
 

Sirius non ricordava quando si fosse addormentato. Probabilmente, era stato quando Mary aveva smesso di piangere nel sonno, aggrappata istericamente ad Alice da un lato, ma con l’altro braccio che sfiorava il suo.

Remus e Peter avevano ceduto al sonno poco dopo le ragazze, seguiti a ruota da Frank. Il fatto che dormisse era confermato solo dal suo lieve russare scomposto.

Sirius, invece, era rimasto sveglio a pensare. Dopo tutte le congetture che avevano fatto, le sole parole che erano riuscite a trovare un posto in quella scomposta accozzaglia di eventi erano morte, Mangiamorte, Lily, Mezzosangue.

James non aveva detto niente, si era rifiutato di parlare con loro. Chiuso nel suo silenzio, aveva resistito stoicamente. E loro, lui, non avevano fatto domande.

Mary ed Alice si erano arrabbiate, ma solo perché era l’unica cosa che riuscivano a fare con chiarezza, senza bisogno di spiegazioni. I Malandrini avevano cercato di aiutare James nell’unico modo che conoscevano: con la loro ironia.

Ma non era servito. Lily si era mossa poco, troppo poco. E James aveva cominciato a fare altrettanto. Per come la vedeva Sirius, ciò che faceva Lily faceva anche James.

E no, non era decisamente una bella cosa.

Si stava affezionando a Lily, a quelle sue occhiate strane lanciate da sopra le sopracciglia sollevate. Si stava affezionando a quei capelli rossi che prendevano tutto a pugni, risaltando nel mondo come poche altre cose.

Si stava affezionando alla Lily di James.

E ora rischiava di perderli entrambi. Fu quest’ansia che lo spinse a svegliarsi e a liberarsi dei pochi momenti di pace ottenuti con il sonno. La Guerra infiammava intorno a loro e lui stava lì a dormire?

Patetico.

Sarebbe voluto diventare Felpato e dimenticarsi di tutto per un po’.

-Mamma.... Mamma! Si è svegliata!- urlò qualcuno dal piano inferiore.

La speranza si riaccese sul volto di Sirius, mentre un ghigno affiorava spontaneamente sul suo volto.

Tipico di James omettere il soggetto della frase.
Tipico di James pensare che la vita di tutti sia focalizzata sul Lily Evans Channel.
Tipico di James dare per scontato che io sappia qualcosa e non avvertirmi per primo.

Ma per fortuna che esisteva, qualcosa tipico di James...


 
                                                                                              ****
 
Una donna si precipitò per le scale, la veste sgualcita e i capelli leggermente in disordine. Lily era certa di sapere chi fosse. Nessuno, tranne la madre di James, poteva sorridere in quella maniera così simile a lui.

Lily si girò verso il ragazzo che, dopo lo slancio d’affetto di poco prima, stava seduto sul bordo del divano, quasi timoroso di farle male. Si era aspettata che lui la ricoprisse di chiacchiere, invece no. Lui era stato zitto, a guardarla, senza compassione, senza pena, senza pietà nello sguardo.

La ragazza non era mai stata più grata a qualcuno come in quel momento. Non avrebbe retto lacrime, pianti o sguardi compassionevoli. Deglutì, mentre con lentezza calcolata cercava di sollevare un po’ il busto, cercando di non farsi vedere da Potter.

-Cosa stai cercando di fare, Evans?- mormorò lui, chinandosi ancora verso di lei. La ragazza aprì la bocca per rispondere, quando la donna che aveva visto prima si avvicinò a loro, sorridente e con aria... sollevata.

Per la prima volta Lily si chiese quanto diamine fosse durato quel viaggio all’interno della sua testa.

-Lily... tu sei Lily, giusto cara? Sono contenta che tu ti sia svegliata. Hai sete?- le domandò la donna, mentre James si spostava all’indietro, le guance leggermente arrossate.

La ragazza si ritrovò ad annuire, mentre un groppo che non si era ancora accorta di avere le bloccava la gola, rendendole difficile anche il più semplice respiro.

Eccolo.

Accolse il dolore come se si trattasse di un vecchio amico. Si manifestò con una stretta sempre più forte attorno alla sua gola, che scese fino ad arrivare al torace. Aveva bisogno d’aria, aveva bisogno di liberarsi da quelle catene invisibili.

Aveva bisogno di sentirsi dire che era tutto a posto.

Dorea non disse nulla, bloccando il figlio sul punto di parlare. Si limitarono a guardare la ragazza che si era immobilizzata, a metà del suo annuire. Apriva la bocca, alla disperata ricerca d’aria, ma loro sapevano che non era aria ciò che Lily voleva.

Loro sapevano che era dell’altro. Conoscevano quella sensazione di vuoto assoluto, quel bisogno spasmodico di vedere, di fare, di toccare qualcosa.
Conoscevano quel bisogno di rassicurazioni.

-Nessuno ci ha invitati alla festa? Lily Evans si sveglia e nessuno ci dice niente? Perlomeno qualcuno fosse accorso al nostro, di letto!-

La voce di Sirius risuonò con prepotenza nella casa dove regnava il silenzio, passando come un soffio di vento sulla polvere.
Sorrisero tutti, Lily compresa. Forse non erano le parole più delicate o azzeccate da dire, ma erano parole vere.

-Scusami, Black, ho avuto da fare. La prossima volta spedisco un biglietto ai Mangiamorte chiedendogli di rimandare, ti va?- rispose Lily, mentre la pressione scivolava dalle sue spalle come una cascata d’acqua.

Ci sarebbe stato tempo per il dolore lancinante che le impediva di respirare, decisamente.

Adesso, voleva solo ingurgitare più aria possibile, più aria che la facesse sentire leggera e che scorresse nel suo corpo facendola sentire viva.
 


 
                                                                                                                            ****
 
-Vernon...-

Il ragazzo aprì la porta, stringendosi addosso la giacca e borbottando contro coloro che rompevano le scatole a mezzanotte passata del 23 Dicembre. Il suo sguardo si posò sulla figura rannicchiata contro lo stipite della porta, le guance rigate da lacrime luccicanti.

-Petunia? Cosa ci fai qui fuori?- domandò, la voce sorpresa mentre si faceva di lato per far passare la fidanzata.

-Sono morti. Morti, Vernon, morti! È stata tutta colpa sua, tutta colpa sua...- esclamò Petunia, buttandosi tra le braccia di Vernon, mentre lui le batteva una mano sulla schiena con aria preoccupata. Odiava consolare le persone.

Vendeva trapani, lui, mica frasette sdolcinate.

Ma lei era Petunia e piangeva, aggrappata a lui.

-Loro chi, Tuney?- domandò, mentre lei tirava su con il naso e non staccava il volto dal suo petto. Lei sembrò farsi più piccola, cominciando a tremare.

Cominciò a respirare affannosamente, sempre più in fretta.

-Posso restare qui?- disse lei, senza dargli una risposta. Non ce l’avrebbe fatta. Lo sapeva, lo sentiva che non era colpa sua. Non era colpa di Lily, non fino in fondo.

Ma loro, i mostri, avevano distrutto tutto, la sua vita e la sua casa.

-Ti preparo il letto, aspettami qui...- disse Vernon, mentre si dirigeva in camera da letto. Forse, la mattina dopo con calma lei sarebbe riuscita a spiegargli meglio la situazione. Una buona dormita riesce sempre a sistemare i nervi, si disse lui.

Ma Petunia dubitava che sarebbe riuscita a dormire.

 







OMG! Ce l'ho fatta! Merlino, ho postato! Non ci credevo neppure io... sì, lo so, è un capitolo orripilante. Perdonatemi, sono un po' depressa. Cose che capitano, insomma. Sono contenta di aver pubblicato di nuovo. Non questo, ma in generale, ecco. Tanto epr sapere, c'è qualcuno che legge il mio spaxio autrice?! O.O Vabbè, dicevamo...

Capitolo strano, sia come inizio che come fine. Amo i personaggi secondari ma non troppo. Volevo dire qualcosa di più sulla morte di Sarah. Non so perchè, ma mi sono affezionata a lei. Anche la parte di Petunia è strana, soprattutto eprchè non era prevista. Ma chi mi conosce sa che quando mi viene in mente un'immagine la devo per forza tradurre in parole. E così è successo. Vedevo Petunia davanti a casa di Vernon. E la sua confusione. Per ilr esto, non mando molto avanti la storia. Solo qualche battuta, qualche pensiero. Il prossimo capitolo sarà più attivo, prometto! Non so quando lo posterò, però non vi preoccupate, arriverà un messaggio che vi avviserà... ora devo scappare, miei cari.

Un abbraccio, vostra Writ <3



 

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Capitolo 15
*** 15. Nuovo inizio ***


-Hai fatto un ottimo lavoro, ragazzo. Il Signore Oscuro ha guadagnato un seguace importante...- nella voce della donna c'era una punta d'orgoglio ben percepibile. Era stata lei a suggerire  a lui di dare qualche compito importante a quel ragazzino. 

-Non ho fatto niente d'importante, lo sai bene, Christina...- disse il ragazzo, tirandosi la sciarpa fin sopra il naso cercando di combattere il gelo di fine Dicembre.

Come se il gelo che volessi scacciare fosse dato dalla neve...

-Scherzi? Senza di te non avremmo avuto un altro... soggetto da controllare. Ora come ora, se l'attaccasimo avremmo molte speranze di vincere..- esclamò lei, scuotendo la chioma castana e ravvivandola. Nonostante lo squallore di quel luogo, appariva lo stesso superiore e aristocratica.

Ma pur sempre pericolosa.

Il ragazzo davanti a lei represse a stento un brivido, sentendola pronunciare quelle parole. Non era una creatura umana, per loro.

-Peccato che non conosciamo la sua attuale posizione...- completò la frase di lei con una punta d'amarezza nella voce. Se ne sarebbe voluto andare, scappare da quella voce morbida e da quegli occhi lucenti.

-L'importante è averla indebolita. Il Signore Oscuro è dotato di molta... pazienza...- disse, storcendo la bocca sull'ultima parola. Non era una tipa paziente, lei. Forse per questo non la mandavano mai in Missioni d'Esplorazione. Rischiava di far saltare tutto.

Si girò verso il ragazzo, che guardava lontano, gli occhi vacui e le mani serrate nelle tasche della giacca.
Sarebbe stato un ottimo Mangiamorte, Christina lo sapeva. Aveva fiuto per questo genere di cose. E proprio per questo suo particolare dono sentiva che quella strana resistenza del ragazzo non sarebbe caduta tanto facilmente.

-Comunque sia, ti siamo grati di averci donato queste informazioni, Severus. Riceverai altre notizie tra breve...- disse in tono distaccato l'ultima frase, come se l'avesse ripetuta milioni di volte. Con un pop sonoro si Smaterializzò, lasciando il ragazzo da solo davanti alla porta di casa sua.

Donato non era il termine giusto. Ma non era colpa sua se quel Piton non era un Occlumante così dotato come credevano tutti...
 


 
                                                                                      *****

 
 
-E poi lei mi ha tolto di dosso il Petrificus Totalus, permettendomi di intervenire. Mi sono nascosto e abbiamo duellato, poi l'ho raggiunta e siamo arrivati qua...- concluse James, la voce ridotta ad un sussurro.
Si era ritirato in camera sua, ma nonostante fossero le tre di notte e lui non chiudesse occhio da giorni non riusciva a prendere sonno, in parte per colpa di Remus, Sirius e Peter che avevano voluto sapere tutta la storia.

Lasciare Lily di sotto era stato doloroso e ogni volta che chiudeva gli occhi, James rivedeva l'espressione di muto dolore di Lily torturata e schiacciata dalla porta. Nonostante ci fossero Mary e Alice con lei, il ragazzo aveva la stupida sensazione di averla abbandonata.

-Sei stato coraggioso, James!- disse Peter, rischiando di cadere dal letto a causa della veemenza con cui aveva pronunciato quelle parole. Sirius lo riacciuffò appena in tempo, stranamente in silenzio.

Remus sapeva cosa gli stava passando per la testa. Aveva paura di aver deluso James, avendolo lasciato solo in quei momenti così tremendi. Sirius era fatto così, sempre terrorizzato dall'idea di perdere qualcuno.

-Ha ragione Peter, hai avuto coraggio...- commentò Remus, posando una mano sul braccio dell'amico.
James gli restituì uno sguardo intenso, che costrinse Remus ad abbassare il suo. C'era un tale dolore in quelle iridi scure che era quasi insopportabile.

-Però, ehi amico, immagina che Lily fosse morta. le sue ultime parole sarebbero state Finite Incantatem e non Ti amo James, smack smack!- esclamò all'improvviso Sirius, facendo definitivamente cadere Peter dal letto e facendo alzare gli occhi al cielo a Remus.

Per qualche attimo ci fu il silenzio e Remus temette che James si fosse arrabbiato per quelle parole. Invece il ragazzo cominciò a ridere, seguito a ruota da tutti gli altri.

Continuarono a ridere, mentre qualcuno ogni tanto imitava il falsetto con cui Sirius aveva detto smack smack. James cominciò a sentire le lacrime che premevano al bordo dei suoi occhi, ma per la prima volta da ore non erano lacrime di dolore quelle che minacciavano di uscire.

Risero per molto tempo, senza un vero e proprio motivo alla fin fine. Risero perchè era bello e perchè avevano avuto paura di non riuscire a farlo più.

Risero perchè ognuno traeva forza dalle risate degli altri. Risero perchè era l'ultima cosa che si sarebbero aspettati di fare, alle tre di notte, ma che in quel momento sembrava l'unica cosa possibile.

Risero e James più di tutti, per impedirsi di chiudere gli occhi ed essere rapito dai propri incubi ricorrenti.
 

 
                                                                                      *****

 
 
-Tesoro, sei sicura di stare bene?- le domandò per la centesima volta Mary, poggiando sul tavolo la tazza di thè alla vaniglia che la signora Potter aveva preparato e sporgendosi in avanti per osservare l'amica.

Si era lavata il viso e disinfettata i graffi sulle guance. I capelli rosso scuro erano tenuti indietro da un elastico e le lentiggini spiccavano chiaramente sul suo viso pallido.

-Mary, la consumi a furia di preoccuparti così!- esclamò Alice, scuotendo la testa mentre Lily si apriva in un sorriso timido. Era bello essere di nuovo con le sue amiche.

-Scusa se io invece di fare la parte della suocera antipatica mi preoccupo per la mia migliore amica!- la rimbeccò Mary, mettendo su un broncio tanto finto da risultare comico. Alice scosse la testa, guardandola scetticamente.

-Intanto la qui presente Suocera ha portato il suo fidanzato a conoscere i suoi futuri suoceri e...- si bloccò, azzardando un'occhiata preoccupata a Lily, che però pareva intenta a bere il suo thè senza prestare troppa attenzione a loro.

In realtà, aveva sentito tutto. Se l'era aspettata che l'argomento genitori uscisse fuori per sbaglio. Era troppo facile stare lì con le sue amiche fingendo che fosse tutto normale. O per lo meno, era più facile che starsene lì a piangersi addosso. 

Mary trattenne rumorosamente il fiato, facendo correre lo sguardo tra le due. Lily smise di bere e le guardò a sua volta, cercando di ignorare il groppo che le si era formato in gola. Deglutì e sorrise, continuando a tenere le mani intorno alla tazza fumante.

-E' vero, Alice! Me n'ero scordata... com'è andata, alla fine?- domandò Lily, con un'allegria che non pensava di possedere. alice, dopo qualche momento di smarrimento decise di fingere che fosse tutto normale cominciò a raccontare, usando il suo solito tono pratico e squillante:- Oh, bene. Frank è stato bravissimo ed è pure riuscito ad ottenere un invito da parte di zia Carola... -

-Sul fatto che sia stato bravissimo non ho dubbi, cara... Cos'è, l'hai minacciato di buttarlo giù da un burrone per sbaglio? O la minaccia è andata più sul personale?- chiese Mary, sorridendo maliziosa mentre avvicinava la tazza alle labbra per bere.

-MARY!- esclamarono Alice e Lily in coro, colpendola in contemporanea su un braccio e facendola sobbalzare. Il thè uscì dalla tazza, finendole sulla felpa bianca.

-Accidenti, cos'ho fatto? Oh no, guardate... La mia felpa!- disse, mentre cercava di pulirsi, continuando a borbottare con tono scandalizzato.

-Che acume, tesoro... Se tu non me l'avessi detto, io avrei continuato a pensare che quello che indossavi fosse un centrotavola...- esclamò Lily, facendo sghignazzare Alice. Mary alzò la testa, facendole una linguaccia e cominciando a scimmiottarla.

-Hai bisogno di un ragazzo, Lils, fattelo proprio dire. Magari così farai un'indigestione di dolcezza, una volta tanto...- la prese in giro Mary, mentre l'amica alzava lo sguardo al cielo fintamente scocciata.

Era normale. Si trattava di una situazione perfettamente normale, normale sul serio. Tre normali diciassetteni che facevano normali discorsi sui ragazzi, con le normali battutine di turno.

Il pensiero di Lily corse a Petunia, così affamata di normalità e un'ombra le solcò lo sguardo. Sapeva che l'avrebbe odiata, accusandola e dandole la colpa di tutto.

Ha ragione. Perfettamente ragione. E' tutta colpa mia.

Alice notò la momentanea tristezza di Lily e si zittì, mentre tendeva una mano fino ad intrecciare le sue dita con quelle di lei. Mary la seguì immediatamente, prendendole l'altra mano. Rimasero così in silenzio, aggrappate le une alle altre per qualche minuto.

Lily respirò profondamente, mentre l'ormai familiare sensazione di malessere la prendeva da dentro, rubandole l'aria.

-Non è per fare la parte dell'acida di turno, ma ragazze, sembriamo tre medium da strapazzo...- esclamò infine, la voce rotta e flebile. Le altre due sorrisero mestamente, mentre si asciugavano le lacrime uscite a tradimento.

-Non è per essere cattiva, Lils, ma tu sei l'acida di turno... E' per questo che sei la mia migliore amica..- disse Mary, facendola ridere. Alice fece invece una faccia scandalizzata, mentre le sopracciglia si univano sopra il suo naso a causa della fronte aggrottata.

-Ecco, per l'appunto! Già che torniamo sull'argomento, io chi sarei, la vicina della porta accanto?- ribattè infatti Alice, cominciando così un allegro battibecco con Mary.

Lily sorrise, tornando a bere il suo thè. Era cambiato qualcosa, lo sapeva.

Non si trattava solo della morte dei suoi genitori, no. Si trattava della sua posizione nel Mondo, ora. Era diventata una vittima e sarebbe dovuta stare attenta.

Non aveva paura,però, non più. C'erano loro, le sue migliori amiche. le sue sorelle. C'erano loro, i Malandrini, i nuovi e vecchi amici.

E poi, dettaglio non trascurabile, c'era lui. C'era James.


 
 
 
                                                                   ******
 
 
James si svegliò in un groviglio di gambe e braccia. Quasi sicuramente, la cosa che minacciava di distruggergli lo stomaco era il gomito di Remus.

Accidenti... che utilità hanno gli addominali, qualcuno me lo spieghi...

Un piede di Sirius era poggiato candidamente accanto al suo orecchio e James era sicuro che i sogni canini del ragazzo e i suoi conseguenti movimenti convulsi fossero la causa del tremendo mal di testa che avvertiva da quel lato del capo.

E poi beh, c'era qualcosa di Peter sotto alla sua schiena e, chissà perchè, James non aveva la minima voglia di sapere cosa fosse.

Si era addormentato senza farci caso, troppo impegnato a tenre lontani i ricordi spiacevoli. E così, per tutto il tempo aveva cercato di rievocare la sensazione di calore che gli aveva dato il corpo di Lily poggiato contro il suo.

Sbattè gli occhi un paio di volte, sicuro che ormai non avrebbe più ripreso sonno. Secondo il suo orologio erano le otto, ma il ragazzo non sapeva se di sera o di mattina.

Probabilmente di mattina, perchè gli sembrava strano che sua madre l'avesse lasciato dormire così a lungo il giorno della Vigilia di Natale.

Ripensò a tutti i regali di Natale buttati in un angolo dell'armadio e per la prima volta ripensò anche ad un altro regalo, quello salvato dalle fiamme.

L'ultimo regalo dei genitori di Lily.

Si alzò, cercando di ignorare il dolore acuto che provava in ogni angolo del proprio corpo e lentamente si chiuse la porta della camera alle spalle.

Scese in salotto, sedendosi là dove Lily era stata stesa per tanto tempo. Sospirò, poggiando la testa contro lo schienale. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, si rese conto. Aveva bisogno di parlare davvero, di sfogarsi. Aveva bisogno di Sirius.

Aveva un bisogno impellente di parlare con suo fratello, di sentirsi dire con il suo solito tono scherzoso che era tutto a posto, doveva smetterla di farsi così tanti problemi.

Certo, Sirius non sarebe stato così.. delicato, ma il succo del discorso era quello. James si alzò, deciso a fare qualcosa. Qualsiasi cosa era meglio di quell'apatia forzata, si disse.

Dei passi sulle scale interruppero i suoi pensieri, facendogli alzare lo sguardo.

Un Sirius insonnolito lo guardava struffandosi le nocche sugli occhi appoggiato al corrimano. James sorrise e si sedette sul divano, raggiunto poco dopo dall'amico.

-Co..Co..Come pretendevi che riuscissi a do..do..dormire senza il mio poggiapiedi?- domandò Sirius, sbadigliando di tanto in tanto. Si era alzato perchè sapeva che lasciare James da solo in quel momento non era un'ottima mossa. Non era una mossa, punto.

James aveva bisogno di loro, anche se era troppo frustrato o orgoglioso per dirlo. Sirius l'aveva sentito gemere nel sonno e più di una volta aveva cercato di farlo stare zitto o di calmarlo delicatamente.
Ma nessuno sano di mente potrebbe pensare ad un Sirius delicato alle cinque di mattina, nemmeno Sirius stesso. Se non altro, dopo ogni calcio, James si calmava per un po'.

-Sirius, in questo momento stai dormendo... E poi, scusa, non mi risulta che i cani necessitino di poggiapiedi..- gli disse James, mentre l'amico lo ignorava bellamente cercando una posizione più comoda sul divano.

-Sai, è una fortuna che Lily sia così magra. Tu immaginatela di cinque o sei chili più grassa... anche se non ti avessero ucciso i Mangiamorte l'avrebbe fatto lei mentre la portavi in braccio!- esclamò Sirius senza una particolare ragione. Voleva spingere James a parlare, a confidarsi. Lo vedeva dai suoi occhi, suo fratello aveva bisogno di vomitare addosso a qualcuno tutta la sua ansia e la preoccupazione delle ultime ore.

Sirius sperò che si limitasse a vomitare solo quello, nonostante in cuor suo avrebbe preferito un James che stava male per una qualche malattia e non per cose come quella.

-Sirius...- la voce di James interruppe i pensieri del ragazzo, facendolo voltare. L'altro aveva stretto le ginocchia al petto e ogni tanto i suoi occhi correvano in direzione della camera delle ragazze.

-Sirius, perchè? Cosa c'è di sbagliato in lei? Perchè si accaniscono su di lei e sugli altri... Mezzosangue?- James sputò l'ultima parola sentendosi un verme. La odiava, odiava quelle stupide classificazioni, quelle divisioni inutili. 

-Non c'è niente di diverso, amico. Niente. Chiunque conosca Lily sa che è così. Perchè lei deve soffrire, quando merita quella bacchetta molto più di essere ignobili come Malfoy o Avery o Nott?- il ragazzo aveva il respiro accelerato e negli occhi una luce che svelava la sua profonda frustrazione. Non capiva e questo lo faceva infuriare. Si girò verso Sirius, che guardava in avanti, le labbra strette e le sopracciglia aggrottate.

-Mi chiedi perchè, James... Ma perchè me lo sono chiesto tante volte anche io, guardando mia madre che disprezzava i non-Purosangue, mio padre così freddo e distaccato. Mi chiedo perchè ogni volta che vedo Regulus e quella luce di follia nei suoi occhi, quando segue adorante gli esseri ignobili. Mi chiedo perchè e non trovo una risposta. L'unica cosa che so è che ora, in questo momento, io voglio solo lottare affinchè nessuno si chieda più perchè per cose così orribili. Lily... Lily è forte, James. Sii forte anche tu in questa lotta. Hai degli alleati incredibili, che Voldemort non si sogna nemmeno. Chi non vorrebbe dalla sua parte un topo, un Lupo Mannaro pacifico e secchione e un affascinantissimo cane?- concluse, sollevando leggermente le labbra. Non si pentiva di ciò che aveva detto. Le parole gli erano uscite di bocca senza che lui ci pensasse. Aveva rievocato Regulus, sua madre e suo padre.

Eppure, ne era certo, quello con cui stava parlando era la sua famiglia, non l'altra.

-Beh, può fare quello che vuole, ma non ha speranze contro il mio bellissimo palco di corna, cagnacciod dei miei stivali...- esclamò James, allungandosi per tirare un pugno amichevole a Sirius, che rispose colpendolo su una gamba.

Si azzuffarono per un po' e alla fine si ritrovarono incastrati, Sirius con una gamba in braccio a James e James con un piede sulla testa di Sirius. Erano entrambi scaramigliati e con le guance arrossate.

Chissà cosa direbbe Evans vedendomi così in questo momento...

-Ehm... Ehm...- 

James si girò verso l'origine del suono e per poco non si strozzò con la sua saliva. Imbacuccata in una felpa troppo grande, i capelli legati alla bell'e meglio, Lily Evans li fissava con le sopracciglia alzate e le braccia incrociate sul petto.

-Oh, io e James stavamo.. ehm... discutendo di yoga, sì, di yoga! Ecco, vedi, questa è la posizione del cane bagnato e serve a... ehm... favorire la concentrazione, sì, ecco, la concentrazione... Oh, James, si è fatto tardi! Io vado a svegliare Pete e Remus, tu esercitati!- esclamò Sirius, balzando giù dal divano. Lily trattenne una risata, mentre il ragazzo correva verso le scale e scompariva dalla sua vista.

La ragazza si sedette accanto a James, osservando con apparente interesse la manica della felpa.

- Me l'ha data tua madre, spero non ti dispiaccia se la uso...- disse poi, indicando la felpa e rompendo il silenzio. James annuì, poi scosse la testa e alla fine si limitò ad alzare un pollice per dire che era tutto Ok.

Era sicuro che quella felpa sarebbe diventata una reliquia più che preziosa. Si girò e vide Lily che lo fissava intensamente. Incrociando il suo sguardo la ragazza arrossì e si voltò per cercare un cuscino.

-Non riuscivo a dormire. Non più, per lo meno. Ogni volta che chiudo gli occhi... beh, vedo. E non voglio rivivere ancora una volta quei momenti, James. Non voglio riviverli più.- disse, dopo aver trovato una posizione abbastanza comoda. Lui la guardò, stupito da quella confessione. Non che non fosse ovvio che lei non volesse più rivivere quei momenti, certo. Ma lo diceva a lui e in maniera così esplicita.

Per la prima volta, a James sembrò che la distanza tra lui e Lily non fosse così esagerata.

Cercando una conferma per il proprio pensiero scivolò sul divano avvicinandosi a lei. La ragazza non si scompose, anzi gli sorrise.

-Non posso prometterti che non rivivrai più quei momenti, Lily. Ma posso prometterti che non sarai sola. Mai.- disse, guardandola negli occhi. C'era un'intensità tale in quello sguardo che arrossirono entrambi, forse consci della loro improvvisa vicinanza.

-Io... è come se all'improvviso si fosse sgretolato tutto. Ogni convinzione, ogni cosa su cui era basata la mia vita è andata in frantumi nell'esatto momento in cui quei maledetti Mangiamorte sono entrati in casa mia. Come hanno fatto a trovarmi?- esclamò Lily, prendendosi la testa tra le mani. Aveva solo tanta, tantissima voglia di tornare a casa.

-Non so come abbiano fatto a trovarti, Lily. Ma so esattamente come ti senti. Vorresti affidarti a qualcuno, ma allo stesso tempo devi essere forte. Non hai tempo per farti consolare, devi fare in modo che non ci siano altre persone da consolare. Hai voglia di fare qualcosa, ma ogni cosa ti ricorda chi hai perso.- consluse il suo discorso posandole una mano sulla spalla. La ragazza rabbrividì, ma non si scostò. Sollevò la testa e lo guardò di nuovo negli occhi, inclinando leggermente la testa come un piccolo animale curioso.

-Vorresti vendicarli, ma il loro ricordo ti entra dentro e ti impedisce di fare qualunque cosa. E il bello è che se potessi tornare indietro nel tempo rifarei esattamente le stesse cose, gli stessi errori...- disse Lily, continuando a guardarlo. Ad ogni sua parola James annuiva, affascinato da quanto le loro menti fossero simili in momenti come quello.

-...Perchè ogni errore e ogni cosa faceva parte di quella dannata normalità che sai non ti apparterrà più.- concluse il ragazzo, passando il braccio dietro alle spalle di Lily. Si era voltata nuovamente e sentiva i suoi respiri diventare sempre più profondi. Avrebbe voluto fare di più, ma sapeva che quel suo far niente era la cosa migliore per Lily.

Darle il suo tempo. Darle tutto il tempo. Darle un briciolo di normalità.

-Parli come se sapessi esattamente come provo...- disse lei alla fine, con un tono che James sarebbe riuscito a descrivere solo con un colore: oro scuro.

Sentirlo parlare in quella maniera aveva fatto nascere delle domande in Lily. All'improvviso si pentì di non essergli stata vicina prima, di non avregli permesso di conoscerlo per come era davvero.

-Parlo così perchè so cosa provi, Lily. Parlo così perchè due anni fa ho provato il tuo stesso identico dolore. So cosa vuol dire perdere un padre per colpa dei Mangiamorte...- lo disse in tono piatto, senza scendere in particolari. Non voleva ricordare, non in quel momento.

Si sentì di nuovo arrabbiato, furioso. Lily non conosceva il suo passato, Lily non lo conosceva davvero. Lui, per lei, non era mai stato altro che una fonte di fastidio. L'aveva tormentata, l'aveva fatta arrabbiare. Aveva sprecato così tanto tempo. 

Se non fosse stato per la sua stupidità e per quel suo essere così infantile, ora Lily non gli avrebbe detto quelle cose, non l'avrebbe guardato con gli occhi dispiaciuti e l'espressione ferita.

Da parte sua, Lily era in preda ad una grande confusione. James era sempre stato il rompiboccini che la infastidiva ventiquatttr'ore su ventiquattro, ma aveva sempre rappresentato l'allegria e l'ottimismo.

Era riuscito a celare tutto quel dolore e non aveva fatto trapelare niente. Niente! E lei non se n'era mai interessata. La voce piatta e distaccata del ragazzo e la bruciante assenza del suo braccio da sopra le sue spalle doveva essere la giusta punizione per la sua indifferenza.

Mi sono sempre sentita superiore. Migliore. E invece ora scopro un coraggio e una forza di cui non
sospettavo nemmeno l'esistenza.

-Mi dispiace, James... io... non lo sapevo..- mormorò, facendo aumentare la rabbia del ragazzo. Era sicuro che la ragazza si stesse dando della stupida e dell'idiota e cose così. Inutilmente.

James si ritrasse nel suo angolo di divano, sentendosi crudele e stupido.

-Lo so. Lo so perchè non te l'ho mai detto e ho proibito a Remus, Sirius e Peter di dirlo a qualcuno. Lo so, Lily, perchè a volte mi rendo conto che in realtà non ti ho mai detto niente di me ed è come se ci conoscessimo solo da poco. Lily, sinceramente, ho paura. Ho paura che tu decida che non sono abbastanza interessante, che...- ma non terminò la frase, perchè un pugno della ragazza l'aveva raggiunto sul braccio. Non gli aveva fatto male, ma a fermarlo era stato il gesto.

-James. Potter. Non dirlo nemmeno per scherzo che non sei interessante. Non è colpa tua se non ti ho mai visto in maniera diversa dal rompiboccini della situazione. Non mi interessa quanto poco di te sapevo prima. Ora, solo ora, sto imparando a conoscerti. E anche se non so dettagli privati della tua vita, posso dirti quello che so di te. So che adori le costolette e i tuoi amici. So che ti sei presentato a casa mia senza un motivo particolare, solo per vedermi. So che hai combattuto per salvare me e i miei genitori, anche se erano perfetti sconosciuti. So che hai vegliato su di me per non so quanto e che sei riuscito ad interpretare meglio di me il mio dolore. So che a colazione aspetti che sia io a prendere la marmellata per prima, perchè ti piace prendermi in giro quando mi sporco. So che anche se ho strane reazioni, quando mi tocchi lo fai perchè c'è una ragione precisa. So che sai che soffro il solletico e ti diverti a provocarmi in questo modo. So, James Potter, che sei una persona unica. E mi basta sapere questo per dirti, in tutta onestà, che sei anche un grande, grandissimo idiota.- concluse il suo discorso con il sorriso sulle labbra, mentre James la guardava senza proferir parola.

Forse avrebbe potuto aggiungere So che mi sto innamorando di te. Ma non sarebbe stato il caso.

Voleva far crescere quel rapporto tra loro, farlo diventare qualcosa di speciale. 

Rimasero in silenzio a guardarsi per qualche minuto. Poi James si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli senza rendersene conto.

Il discorso di Lily l'aveva annientato. Mentre lei parlava, aveva sentito qualcosa scaldarsi in lui. Lily sapeva quelle piccole cose che costituivano la loro quotodianità, il loro modo di essere e non si era fatta troppi problemi ad ammetterlo. Quella ragazza era incredibile. L'avrebbe definita una prestigiatrice in grado di stupire tuttti con un trucco inaspettato, se non avesse saputo ciò che realmente Lily era: una persona vera.

-Ti sei dimenticata di aggiungere che sai che io sono bellissimo...- annunciò alla fine in tono pomposo, mentre la ragazza inarcava le sopracciglia come suo solito. 

Dalle scale provennero dei rumori, segno che anche gli altri erano svegli e che stavano per scendere. Lily
sorrise esasperata, guardando Potter che ghignava come suo solito. 

-No, Potter, per quello basti tu...-

   
                                                                                             *****

 
-Severus! Chiudi quella porta, per la miseria, sto cercando di vedere questo dannato Campionato!- la voce aspra di un uomo accolse il rientro del ragazzo.

Lui lo ignorò, posando la sciarpa su un tavolino pieno di polvere. Tutto, in quella casa, era pieno di polvere. Sembrava che fossero ricoperti di polvere anche i cuori dei suoi abitanti.

-Tesoro, dove sei stato?- una voce di donna raggiunse Severus mentre lui si stava andando verso la sua stanza.

-Taci, Eileen! Non vedi che sto guardando la TV? A volte mi sembri così stupida che mi domando perchè ti ho sposata... Non sai cucinare nemmeno un hot dog decente!- urlò di nuovo l'uomo, buttando qualcosa sul pavimento.

-Stupida? Stupida?! Tobias Piton, sei l'essere più ignobile che io conosca. Sempre lì a guardare quella tua maledetta TV, non provi nemmeno ad aiutarmi, a cercare di migliorare questo posto orribile!- rispose la donna, con una nota isterica nella voce.

-Questo posto orribile? Ricordati grazie a chi esiste questo posto orribile. Senza di me tu saresti rimasta in mezzo alla strada, senza un tetto sulla testa! Sta zitta, Eileen, Stai zitta! Non voglio alzarmi e venire lì a farti stare zitta!- la voce di Tobias Piton giunse attutita quando Severus chiuse la porta della stanza dietro di sè con un tonfo.

Si buttò sul letto, cercando di ignorare le urla dei suoi genitori. Il suo mondo non era quello, no. Ancora qualche giorno e sarebbe stato libero di non tornare mai più in quel posto orribile.

-...Tu! Tu e quel rifiuto umano che chiami figlio! Come osi dirmi certe cose? Strega!-

In momenti come quello, pensò Sevrus con un dolore acuto in mezzo al petto, Lily gli mancava più che mai.
 
 
 


 

Oh My God (in teoria angolo Writ, in pratica angolo cianfrusaglie cervello)

Ho pubblicato... oggi! Rendetevi conto gente, oggi! Non ci credo, davvero. Certo, un totale di dieci ore di macchina aiuta a scrivere, ma è tutto relativo. Capitolo più allegro ma anche agrodolce, credo.

Lily torna lentamente alla sua normalità, anche se affronta il discorso "morte dei miei" un po' con James e le sue amiche la confortano. James torna a ridere, ma Lily è onnipresente nei suoi pensieri.

Perdonatemi, lo so che non è un granchè come capitolo (non so nemmeno quanto sia lungo, l'ho scritto in blocco note sul mio notebook)... però scriverlo è stato strano.

Come avrete capito è in parte colpa di Severus. I Mangiamorte hanno preso informazioni su Lily con l'Occlumanzia. Non chiedetemi come m'è venuta quest'idea, non lo so nemmeno io... :P
Christina è un personaggio inventato, una Mangiamorte che si occupa di trovare nuovi seguaci. Anche lei non so come sia... venuta fuori.

Il semi-litigio tra James e Lily era stato ideato in un altro modo, con lui che se ne va e lei che torna a dirgli cosa sa di lui... ma poi ho pensato che vi avevo promesso un capitolo allegro e la cosa si è risolta qui. E Lily (attenzione attenzione) si sta innamorando di James... *W*

Bene io vado gente... grazie a tutti coloro che hanno recensito e messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite. Vi adoro!

Bacioni Writ




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Capitolo 16
*** 16. Vigilia ***


La vigilia di Natale passò lentamente, strascicandosi con lentezza disumana. Frank era dovuto ripartire e Dorea cercò in tutti i modi di risollevare l’atmosfera, coinvolgendo tutti gli ospiti della casa nella preparazione della cena. Andò a finire che Alice rovesciò l’intero pacco di farina nel tentativo di raggiungere lo zucchero a velo da mettere sulla torta. Mary riuscì, nessuno seppe mai come, a infradiciare completamente Remus, che abbandonò tremando la cucina, ritirandosi in camera e rifiutandosi di uscire fino alla fine della preparazione. Sirius accettò il ruolo di aiuto-cuoco ufficiale con un tale entusiasmo da contagiare Peter, che cucinò dei dolcetti che tutti mangiarono trovandoli piacevolmente croccanti. Lily e James si ritrovarono, per un malefico tranello di Dorea, insieme a cucinare. Lily con un groppo alla gola annunciò di voler preparare qualcosa di salato e James le posò una mano sulla spalla, sorridendole comprensivo.

-Allora… allora io mi occupo della verdura…- commentò lui, rifiutandosi di guardare la ragazza negli occhi per paura di scoppiare in lacrime. Sembrava che Lily vivesse in un mondo forzatamente normale. Non l’aveva mai vista, per tutto il giorno, con un’espressione affranta, ma ogni volta che sorrideva sospirava e chiudeva gli occhi in preda ad un grande ed evidente dolore. Cominciò a preparare un’insalata e all’improvviso se ne uscì con un’imprecazione che avrebbe fatto trasalire persino il mortissimo  calmissimo professor Ruf.

Lily sussultò e le sfuggì di mano la forchetta, che atterrò tintinnando sul pavimento. Si voltò verso James, con un sopracciglio inarcato ed un’espressione curiosa. Lui alzò la mano sinistra, mostrandole un dito pieno di sangue. Lei scosse la testa e gli si avvicinò, estraendo dalla tasca della gonna la bacchetta e mormorò qualche parola, ricoprendogli il dito di bende.

-Potter, seriamente. Ti consiglio di lasciare il ruolo di capo-chef a Sirius e limitati ad apparecchiare…- lo schernì, ghignando leggermente. Lui guardò affascinato il proprio dito fasciato per qualche istante, prima di sbuffare e imitarla scimmiottandola.

-Evans, guarda dov’è finita quella forchetta. Ti senti in grado di giudicarmi?- rise, mentre lei  lo colpiva su una spalla giocosamente. Appellò la forchetta e gliela passò, sentendola mormorare un grazie stentato.
Il silenzio galleggiò nell’aria fino a quando Dorea non entrò prepotentemente in cucina, sostenendo che sembrava stessero preparando il loro pranzo di nozze, per lentezza.

Lily sbuffò, ridacchiando divertita, mentre James alzava gli occhi al cielo imbarazzato. Uscirono a testa bassa, Lily troppo impegnata  a cercare di mantenere un contegno, James cercando di capire cosa mai l’avesse fatta ridere così tanto.
Sirius li intercettò e, vedendo le loro facce, mise un braccio attorno alle spalle di Lily.

-Voglio ridere anche io, Evans... Che cos’hai combinato, James?- chiese Sirius, mentre l’amico scuoteva la testa e Lily cominciava a ridere senza ritegno.

-Po...Po...Potter, ti prego, dimmi che se mai ci sposeremo non preparerai tu il pranzo!- riuscì infine a rantolare lei, tra una risata e l’altra. Non sapeva perché stesse ridendo così. Certo, Dorea era stata fantastica e lei aveva tutto il diritto di ridere, ma, insomma, si stava spanciando perché qualcuno aveva detto che erano lenti.

Il vostro pranzo di nozze.

Quelle parole, che prima l’avevano fatta tanto ridere, la fecero gelare, di colpo. Lily annaspò, cercando aria, sommersa da un torrente di ricordi che non poteva e non voleva trattenere.

-Com’è stato il vostro matrimonio, mamma?- domanda Lily, seduta sul divano con i piedi che non toccano a terra. Sarah le passa una mano sui capelli e si alza, per prendere un album di foto. Lily lo consoce a memoria, potrebbe dire quante e quali foto contiene senza sbagliare. Lei ama quell’album, ama quel vestito di panna montata che indossa sua mamma, il suo sorriso sereno. Ama il papà elegante, sorridente e ancora in forma, gli occhi brillanti per la gioia.
-E’ stato bellissimo, tesoro. C’erano tante persone, tutte intorno a noi. Ballavamo, e c’era anche tanta musica. Poi,  ci siamo seduti a tavola e abbiamo mangiato delle cose buone, buonissime e alla fine c’era anche una torta grande come una casa.- dice la donna, mentre alla bambina brillano gli occhi. Lo vorrebbe anche lei un matrimonio così bello e felice. Vorrebbe anche lei una torta gigante.
-Mamma, prepariamo una torta per il mio matrimonio?-


James stava ancora rimuginando sulle parole di Lily quando smise di sentire la sua risata. Prima alzò gli occhi piano, in attesa di un qualche sguardo minaccioso o scettico da parte sua, poi tirò su la testa di scatto, cercando di capire cosa non quadrasse.
Nemmeno Sirius rideva.

Guardava Lily, che se ne stava rannicchiata in un angolo di divano, lo sguardo perso e il sorriso congelato sul volto. James se l’aspettava. Se l’aspettava da quando Lily aveva riaperto gli occhi, se l’aspettava da quando l’aveva vista fingere che andasse tutto bene. Se l’aspettava ma non fece niente comunque. Non la toccò, non le si avvicinò. La guardò e basta, chiedendosi perché non potesse avere lui una parte delle sue sofferenze. Al suo fianco Sirius pensava la stessa cosa. Fu lui ad avvicinarsi e ad accucciarsi per terra vicino a lei, la testa poggiata contro un suo ginocchio.

Lily chiuse gli occhi e irrigidì il viso, poggiandolo sullo schienale del divano.

-A tavola!- urlò Dorea, scuotendo tutti e tre. Lily spalancò gli occhi, che tornarono ad essere verdi e brillanti come al solito e li abbassò su Sirius, che cancellò la sua espressione preoccupata e le sorrise maliziosamente.

-Evans. Che ginocchio morbido che hai....- commentò, mentre James alzava gli occhi al cielo. Lei sorrise debolmente, prima di ribattere:- Peccato che la tua testa sia vuota, Black. Così non posso dirti se è morbida oppure no, visto che è tanto leggera da galleggiare...-
Il suo sguardo si posò su James, che ricambiò con curiosità. Non voleva pietà. E lui non gliene avrebbe data. Lei annuì, scostandosi una ciocca di capelli da davanti al volto.

-Potter, sai se ci sarà un dolce?- domandò, mentre sorridendo entrava in cucina.

                                                                                *****

-Dofea, è ciuoniffimo... Posrei avepfne un aftro pou’?- domandò Sirius, la bocca così piena di cibo da far paura. Mary cominciò a Ridacchiare, mentre Alice sussurrò a
Remus “Pensa se avessi fatto io così con Augusta...”. Peter e James canticchiavano musichette natalizie riadattate sul tema Sirius Chef. Lily aveva alzato il tovagliolo davanti alla faccia per evitare gli sputacchi di Sirius, mentre Dorea, rassegnata, aveva riempito di nuovo il piatto del ragazzo.

-Mamma, senti, non è che mi aiuteresti con il Tema di Storia della Magia?- domandò James, mentre Peter ridacchiava in silenzio accanto a lui. Tutta l’attenzione della tavolata si concentrò sulla strana domanda del ragazzo e Dorea inarcò un sopracciglio.

-Su che cos’è esattamente il tema, James?- chiese, cautamente, mentre Mary si metteva una mano sugli occhi e Remus e Lily si scambiavano un’occhiata preoccupata.

-Sulla proliferazione di Chef in Gran Bretagna e la conseguente nascita dell’associazione Sirius the kitchen-chicken.- rispose, con orgoglio, il ragazzo, mentre Sirius lo guardava con evidente disprezzo, che risultava però comico a causa della sua bocca piena di cibo.

Mary sorrise e si voltò verso Lily, che ridacchiava a sua volta. Sembrava stanca. No, meglio, lei era stanca. Distrutta. Con discrezione le posò una mano sul braccio, strofinandolo piano. Aveva sempre fatto così, questo era il suo modo di consolare le persone. Sfruttando l’attrito, dava calore vero. Non voleva stressare Lily, non in quel momento. Sarebbe stata lei a parlare, a raccontare. Delicatamente, allontanò il braccio da quello dell’amica, che allungò la mano per sfiorarle le dita.

-Chi vuole un po’ di torta?- esclamò Dorea e Lily irrigidì il braccio che cadde con un tonfo sul fianco della sedia. Nessuno parve accorgersene e lei potè declinare l’offerta ostentando una pienezza di stomaco che in realtà non aveva per niente.

-Sapete, ragazzi, credo sia necessario un brindisi. Alla Vigilia! A Dorea! Ai Potter! E al cibo!- ululò Sirius e questa volta nessuno si risparmiò una grassa risata.

                                                                                         ****

-Quando ero piccolo mi rifugiavo spesso qui la notte della Vigilia. Dicevo che avrei visto apparire i regali e proprio per questo ne avrei ricevuti il doppio. Mi aveva raccontato questa cosa mio cugino, ma in realtà è successo il contrario. Una volta riuscii a sorprendere gli Elfi Domestici nel cuore della notte e loro si spaventarono così tanto che urlarono e svegliarono i miei genitori. Quel Natale riuscii anche a farmi punire e mi furono sequestrati i nuovi regali. Buffi, gli scherzi del destino, vero?- domandò James, sedendosi sul davanzale accanto a Lily. Lei guardava fuori, persa nei suoi pensieri, ma non trasalì sentendolo arrivare. Annuì e disse solo: -Immagino sia stato tuo cugino a suggerirti di comportarti da vero idiota durante gli anni Hogwarts...- facendolo sorridere.

-Mi piace la neve, sai? Molto più del caldo estivo. Da bambina mi buttavo a terra e rotolavo, riempendomi i vestiti di neve e prendendomi sempre qualche strano malanno. Così ero costretta a passare il Natale a casa. Quando non mi ammalavo, i miei erano davvero stupiti e, scherzando, cercavano di convincere Petunia ad ammalarsi al posto mio per non interrompere la tradizione. Credo che quest’anno eviterò di ammalarmi, ma non rinuncerò al mio angelo nella neve. Non rinuncerò al mio passato- la voce di Lily si incrinò e James sorrise, guardandola stropicciarsi gli occhi come una bambina. Era terribilmente tenera, con quella felpa troppo grande e l’aria un po’ smarrita, ma dava anche l’impressione di debolezza. Lily non era debole, era una persona forte ed allegra, eppure in quel momento non era che l’ombra forzata di se stessa.

La campana della chiesa rintoccò tre volte e finalmente la ragazza si girò, guardandolo con forza negli occhi.

-Buon Natale, James.- lo disse con una voce forte e chiara e lo sentì sbuffare.

-Sei in ritardo di tre ore, Evans....- la sgridò lui, allungando una mano per colpirla giocosamente sulla testa. Era la sua Sirius. Una Sirius decisamente più attraente e... femminile, certo, ma era la sua Sirius. Glielo disse, in un momento di vuoto mentale. Lo sguardo scettico e poi divertito della ragazza precedette un sarcastico “Caspita, Potter, non sapevo della vostra storia... Anche se, in effetti, avrei potuto sospettarlo da quando vi ho visti fare yoga...”

Lui si strozzò con la propria saliva e cominciò a ridere prima piano, pois sempre più forte, fino a cadere giù dal davanzale. Un piede nudo di Lily lo colpì sulla nuca, accompagnato dal suo sibilo “Cretino..”

-Sirius ed io stiamo... ahahah, stiamo insieme.... ahahah... Aspetta un secondo!- il ragazzo si interruppe e la fissò, per poi continuare con un tono più guardingo – Ehi! Se io e Sirius stiamo insieme, per la proprietà transitiva... Stiamo insieme pure io e te!-

Lily avrebbe voluto sbattere la testa contro il vetro. Non la sua, intendiamoci, quella di James. Perché, ancora una volta, l’aveva fatta sentire una totale e completa demente. Senza contare, ovviamente, la figuraccia.

-James, la matematica non fa per te. Meglio se ti dedichi alla Trasfigurazione o cose simili...- sbuffò, mascherando il rosso re delle guance con una mano davanti alla faccia, cercando di sembrare il più possibile scoraggiata. Lui si rialzò e si sedette nuovamente accanto a lei, prendendo le sue parole molto sul serio.

-Beh, da molto tempo l’uomo cerca di entrare in simbiosi con gli animali. Anzi, meglio, cerca di diventare un animale lui stesso.  Gli Animagi, dopo anni e anni di studio, ci riescono. Possono vivere due vite, una con gli occhi di tutti i giorni e una con... con altri occhi, altri corpi, altre menti. Si devono registrare, ma così facendo bloccano un po’ della loro libertà...- disse, con tono saccente e il cuore in gola. Aspettava, da secoli probabilmente, di poterle rivelare quella cosa. Di poterle rivelare tutto.
E se il tutto doveva aspettare, una parte poteva essere svelata adesso.

-Cos’è, Potter, sei diventato un adepto della McGranitt? O mi vuoi dire che conosci qualche Animagus non registrato?- scherzò lei, ma la sua espressione si congelò di fronte all’aria colpevole del ragazzo.

-Non... non proprio...- ammise e vide Lily capire. Lo vide da come strabuzzò gli occhi e poi tornò calma, impettita come quando cercava di sostenersi con le sue teorie tratte dai libri. Respirava ed inspirava velocemente e lui pensò che, forse, avrebbe dovuto aspettare un momento più tranquillo per dirglielo.

-Potter. Dimmi che mi sono sbagliata e tu non sei diventato un Animagus illegale.- ringhiò e lui si appiattì contro il vetro. Aveva avuto una pessima idea a mettersi lì, in effetti. Come minimo, tentando di salvarsi, si sarebbe ricoperto di sangue. E per Natale voleva indossare cose rosse, non essere rosso lui stesso.

-Lily, sai che ti ho sempre considerata infallibile...- commentò e la vide scrollare le spalle.

Un Animagus. Un Animagus illegale. Potter è un Animagus illegale. E certo, bravo a Trasfigurazione, lui...

-Raccontami tutto. Ma proprio tutto, compresi gli altri Animagi illegali che conosci...- disse, infine, cercando una posizione comoda. Aveva come l’impressione che sarebbe stata una lunga storia.

Lui sospirò. E le parole uscirono, senza sapere come. Le raccontò di come lui e Sirius avessero costretto Remus a svelare loro il nome del suo coniglietto peloso e pericoloso, di come ogni giorno si fossero rintanati in Biblioteca cercando di capire come diventare animali. Non le risparmiò l’orgoglio di quando c’erano riusciti né la libertà provata nell’uscire dalla scuola senza rischi. Parlò di Remus, dei suoi complessi e della sua pietà per Fenrir Grayback. Le disse di Peter, così contento di essere riuscito a fare qualcosa bene e di Sirius, che adorava infastidirlo durate le notti.
Quando terminò, Lily era indecisa se apparire arrabbiata, ammirata o preoccupata.

-Perché me l’hai detto oggi, James?- gli chiese infine, scendendo dal davanzale e andando verso l’albero di Natale, pieno di palline colorate. Ognuna rifletteva il suo volto, distorcendo l’immagine nel riflesso e faceva apparire le sue occhiaie particolarmente marcate.
Si passò una mano tra i capelli, voltando le spalle al ragazzo. Era stanca. Non per il sonno, no, quello credeva non sarebbe tornato mai più. No, era stanca dentro. Stanca della guerra e della morte. Stanca di dover fare la sopravvissuta.
Una mano le si posò sulla spalla e Lily avvertì come al solito le piccole ondate di calore che solo Potter sapeva mandare.

-Volevo farti un regalo particolare. In un mondo dove le bugie sembrano essere più forti dei Mangiamorte, volevo regalarti un po’ di verità.- commentò semplicemente, inciampando quando lei si voltò ad abbracciarlo con foga. La sentiva respirare velocemente contro la sua spalla, lottando contro la voglia di piangere.

-Sei veramente un incosciente, Potter, tu e i tuoi amici. Remus, è paranoico quel ragazzo. Dannazione. Se vi scoprissero passereste guai seri. E poi, girare con un Lupo Mannaro di notte. Siete degli irresponsabili. E tu mi hai appena fatto il regalo più bello della mia vita...- concluse lei, staccandosi lentamente. Si guardarono, imbarazzati, e lui si passò una mano tra i capelli.

Infine si voltò e prese un pacco, da dietro l’albero. Un pacco dalla carta rovinata e bruciacchiata, ma sul quale comparivano, di sfuggita, alcune lettere.

..ly. Da amm e apà.

-Volevo dartelo subito, ma poi ho pensato che in effetti sarebbe stato meglio dartelo a Natale...- si giustificò, porgendoglielo. La bocca della ragazza era una o perfetta e tutto il suo corpo una statua immobile. Si portò una mano davanti alla bocca, poggiandosi l’indice sul naso e prendendo il pacco con l’altra, tremante.
Lo scartò con lentezza, sotto lo sguardo curioso di James.

La prima cosa che vide era un biglietto. Scritto con la grafia infantile di sua madre, quella con le g troppo piccole e le a con un ricciolo sul fondo. La sollevò, sfiorando i solchi della penna con le dita.

Cara Lily, buon Natale.
Per noi, buono sarà di sicuro. Sei tornata a casa e non potevi renderci più felici.
E’ la felicità, Lily, che ti rende una persona speciale. Quella che dai, quella che prova chi ti incontra. Quella che rappresenti, con il tuo sorriso. Non osare spegnerlo, quel sorriso. So che c’è la guerra Lily. Lo so, me l’hai raccontato tu con i tuoi gesti e i tuoi timori. Ma non voglio che ti cambi. Qualunque cosa succederà, sappi che tu sei dalla parte giusta. Sappi che tu meriterai sempre di essere felice.
Ti vogliamo bene, Lily. Te ne vorremo sempre. E anche se tu ti dividerai tra noi e il tuo innamorato (ripongo le mie speranze in questo famoso Potter), non ti dimenticare mai chi sei.
Lotta, Lily, lotta come hai sempre fatto. E ama la vita, sempre.
Buon natale, tesoro.

Mamma e Papà.

La ragazza deglutì, passando il biglietto a James con un sorriso forzato.

-Sei diventato famoso persino tra i babbani, te ne rendi conto?- disse e passò al regalo vero e proprio. In cima c’era un album di pelle, che era pieno di foto sue e della sua vita. Sorrisi gentili e bambini pieni di cibo sulla faccia la circondavano. Le guardò tutte, mentre voci, parole, gesti si succedevano nella sua mente. Sotto l’album c’era una scatola, piccola e rossa come piaceva a lei.

Non c’era niente di appariscente dentro ma solo un bracciale, talmente sottile da sembrare invisibile. Il mezzo c’era un fiore, minuscolo anch’esso e bianco, bianco ed elegante. Lily ricordava quel bracciale. Le si era rotto l’anno prima ed era stato un trauma. Si trattava di un regalo di sua nonna, Elizabeth, e lei ci teneva moltissimo. Non aveva un grande valore, certo, e non era nemmeno stato fabbricato dai folletti come molti gioielli magici, ma aveva un valore simbolico che nessuna cifra sarebbe riuscita ad eguagliare.

La ragazza porse il braccio a James, e lui le allacciò con le dita tremanti il fermaglio, facendole poi scivolare la catenina lungo il braccio. Era leggermente largo e le si appoggiava al dorso della mano, ma lei non ci fece caso. Era freddo, innaturalmente freddo per trattarsi di un oggetto scampato ad un incendio, ma per Lily era un toccasana.

Guardandolo meglio, si accorse che sembrava che i petali formassero un sorriso sbilenco. Sorrise anche lei mentre prendeva dal pacco un altro biglietto. L’ultimo.

“La felicità è una scelta quotidiana. Non la trovi in assenza di problemi. La trovi nonostante i problemi.
Stephen Littleword

Alzò lo sguardo. C’era James, davanti a lei, che la guardava esitante, in attesa di qualcosa. Guardò fuori dalla finestra, verso quello che doveva essere il campanile della chiesa e che presto avrebbe battuto le tre e mezzo. Spostando lo sguardo un po’ più in alto incontrò le stelle, nei loro disegni intricati. E infine guardò se stessa, il suo riflesso sulla pallina dell’albero di Natale.

C’era la guerra e lei rischiava, ogni giorno, di perdere una delle persone più importanti della sua vita. Aveva perso i suoi genitori e non era nemmeno andata al loro funerale. Era riuscita a salvare il suo baule, o meglio, c’era riuscito Silente, dove si trovavano i suo regali, il sottile collegamento tra il prima e il dopo.

E poi c’era lei, lei che ancora una volta era costretta a fare la superstite, ad andare avanti senza davvero volerlo. A lottare tra due mondi che erano entrambi suoi.
Ma lei la sua scelta l’aveva già fatta, si rese conto, mentre scompigliava dolcemente i capelli di James e andava in camera cercando di non ricordare troppo.

Aveva scelto di essere felice.

****

Petunia era chiusa nella stanza che Vernon le aveva offerto e non parlava con nessuno. Rannicchiata, i capelli arruffati e sporchi, non si rendeva conto del tempo che passava. Le tende erano tirate, perché la luce faceva male, il caldo faceva male. Si limitava a mangiare qualcosa ogni tanto e ad andare in bagno, senza provare a fare altro. Camminava a piedi nudi, godendo del freddo sotto le dita. Vernon bofonchiava qualcosa, ogni tanto, altrimenti le stava vicino e le scaldava qualcosa, a rotazione. Ogni tanto la mano, ogni tanto un piede, poi un braccio e un pezzo di gamba. Ma l’unica cosa che lui non sarebbe mai riuscito a riscaldare era l’urlo agghiacciato che la svegliava ogni volta che provava a dormire.

                                                                                                                                   ****

Con un sospiro, passò anche la mezzanotte. Severus allungò pigramente una mano per prendere il pacchetto davanti a sé. Lo scartò con lentezza, cercando di non rompere la carta verde e lucente. Le foto uscirono quasi con violenza, sparpagliandosi sul tavolo.
Il ragazzo ripiegò la carta con cura e la posò in un angolo del tavolo sbeccato di casa sua.
-Buon Natale...- augurò infine ad ognuna delle Lily nelle foto.









E' tornata. Writ è tornata. Niente angolo autrice chilometrico, lo studio la chiama e lei deve rispondere. Però, vi fa sapere che è più che felice di essere riuscita a pubblicare di nuovo. Non sapeva come scrivere questo capitolo e difatti non le piace nemmeno un po'. Però le mancavate. Vi ama, ragazzi. Con tutto il cuore. Vuole dire solo poche cose, semmai si spiegherà nelle risposte alle recensioni. Gli ultimi due pezzi raccontano una parte di Natale di altri personaggi. Il prossimo capitolo sarà dedicato completamente a loro, a casa Potter. Vi vuole bene, Writ. Grazie.
 
 

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Capitolo 17
*** 17. natale (parte 1) ***


-E’ arrivato un altro Natale, Horace.- commentò l’uomo con la barba argentea, posando un bicchiere sul tavolo e osservando il cielo scuro quasi si stesse rivolgendo a lui e non all’altro uomo nella stanza, avvolto nella sua giacca da camera smeraldina.

-Che sia felice e pieno di gioia per tutti, è questo che vuoi dire, vero Silente?- rispose  Horace, bevendo un sorso dal suo bicchiere pieno di liquido ambrato. Sospirò, mentre la pendola batteva il quinto colpo dei dodici che le spettavano. Fuori, tutto era immobile e nero e, a vedere la cosa da fuori, sarebbe stata solo un’altra banale notte di dicembre.

-Me l’auguro, ma purtroppo per te sono dotato di una sorta di pessimismo che assale tutte le persone ad una certa età. E questo, di Natale, si preannuncia cupo, mio caro amico. Cupo e doloroso. Il futuro non è mai stato nero quanto questo cielo, purtroppo...- ammise Silente, giocherellando con il bicchiere con un dito, battendo a ritmo dell’ottavo e del nono colpo della pendola.

-E cosa dovremmo fare, allora? Lo ammetti pure tu, che a volte persino i più coraggiosi devono arrendersi all’inevitabile destino...- sbottò Horace, finendo il contenuto del bicchiere con un sorso.
Una fiamma scarlatta apparve nel bel mezzo della stanza, portando con sé una piuma rossa a sua volta e una pergamena. Silente le afferrò entrambe, e le poggiò accanto a sé con un sorriso.
La pendola battè il dodicesimo colpo, mentre la neve cominciava, con estrema lentezza, a cadere fuori dalla finestra.

-Forse basta una luce, mio caro Horace...-

                                                                            ****

Lily aprì gli occhi di scatto, svegliata dal suono della porta sbattuta dai suoi genitori nel suo sogno. Respirò affannosamente per qualche secondo, ricacciando le lacrime indietro. Uno sguardo fuori dalla finestra la informò che quella notte aveva nevicato ancora. Si alzò frettolosamente, scendendo dal letto con i piedi nudi e correndo verso la finestra. Il suo respiro caldo formò un alone sul vetro  e lei vi posò una mano sopra, lasciandovi un’impronta gocciolante.

Le immagini dell’incubo le apparivano ancora davanti agli occhi a sprazzi e ogni volta lei sentiva qualcosa rompersi dentro, eppure il dolore era attutito, come se vi fosse caduta sopra della neve.
Un brivido le passò per la schiena e afferrò la felpa di James che si era messa il giorno prima. Subito la invase il consueto calore e lei arrossì, quando si ritrovò ad alzarsi il cappuccio fin sopra alla bocca, toccandone il bordo con il naso. Tutto era caldo, persino l’odore che vi era sopra, che le arrivava in una qualche strana maniera anche in bocca, accarezzandole dolcemente il palato.

Dondolò qualche secondo sul posto, mentre una lacrima fuggiasca le attraversava la guancia e si posava sul bordo della felpa. Lily sorrise, sfregandosi i piedi sui pantaloni del pigiama che le aveva prestato Dorea.
Un paio di pantofole la attendeva appoggiato al fianco del letto e lei si diresse lì con piccoli passi frettolosi.

Era come se tutto fosse avvolto nella neve e non arrivavano suoni o rumori fastidiosi. I suoi ricordi, quelli dolorosi, quelli lancinanti erano anch’essi come congelati nel ghiaccio ed apparivano distorti e sfigurati, come davanti agli specchi deformanti  dei Luna Park. Non facevano paura in quel momento, erano solo strani, come bizzarre creature uscite da qualche fiaba.

Lily si infilò le pantofole e, sempre avvolta nella felpa troppo grande, aprì la porta, uscendo nel corridoio in silenzio, guardando le porte chiuse con un sorriso mesto. Loro riposavano, chiusi nei loro sogni e nelle loro aspettative dei regali. Lei camminava, vagando per i corridoi. Era sfinita, interiormente. Aveva bisogno di un appoggio, di una sicurezza.
Non voleva più situazioni a metà.

Era questa la cosa peggiore del dolore: la divideva, la spezzava, la lasciava in bilico sull’orlo di una voragine. E lei voleva cadere, voleva buttarsi oppure appoggiarsi a terra definitivamente.
Quando aprì la porta della camera di James e dei ragazzi, sentì una brezza sul viso.
Non c’entrava niente il vento che entrava dalla finestra aperta. Era la sensazione di incredibile paura che le scompigliava i capelli mentre lei volava dentro alla voragine.

                                                                                         ****

Il vento era fastidioso e pungeva la schiena di Sirius come decine di aghi, costringendolo a voltarsi e rivoltarsi alla ricerca di un posticino caldo.
Si rese conto che non avrebbe dormito più quando decise, finalmente, di sistemarsi la maglia del pigiama in modo che gli coprisse il pezzo di schiena nuda. Sbuffò, rigirandosi ancora una volta, tentando di riacciuffare il suo sogno così bello, così caldo.

Sentiva il russare di Peter e i lamenti soffocati di James. Remus dormiva in silenzio, forse alla ricerca di quella normalità che di solito non poteva permettersi. Sirius li vedeva nella sua mente, con tanta chiarezza quanta ne avrebbe avuta se si fosse messo a studiarli ad occhi aperti.

Probabilmente avrebbe visto Peter tutto accoccolato ed avvolto nelle lenzuola, con la testa poggiata direttamente sul materasso e non sul cuscino, mentre Remus se ne sarebbe stato su un fianco, appoggiato al muro, con una mano dietro alla testa ed un piede poggiato sull’altra gamba.
Infine ci sarebbe stato James, con le braccia spalancate e le gambe unite, mezzo sotto le coperte e mezzo fuori, direttamente senza cuscino.
Quando aprì gli occhi, scoprì con soddisfazione che aveva indovinato tutti gli elementi della stanza, compresa Lily che li guardava appoggiata alla porta con addosso la felpa di James.

Un momento.

Lui non aveva incluso nessuna Lily, nei suoi pensieri. Ciò che gli venne in mente per primo fu il fatto che si era sbagliato e fu preso da un leggero disappunto.
Subito dopo, balzò in piedi guardando la ragazza ad occhi spalancati, realizzando che, in effetti, in nessuna visione logica si sarebbe vista Lily Evans nella camera dei Malandrini.

-Zitto, Black, o ti ammazzo il giorno di Natale. Così faccio un bel regalo a tutti...- sussurrò Lily, ghignando amaramente. Sirius rimase per qualche secondo immobile, poi si tirò giù la maglietta e la ritirò su subito dopo.
Fido Bello Di Papà non era un pigiama decente. E i suoi addominali avrebbero sicuramente fatto una scena maggiore. Sentì Lily sbuffare, mentre si sedeva sul bordo del letto di James, vicino al suo.

-Buon Natale anche a te, Lily cara...- soffiò lui, coprendosi con le coperte perché comunque i suoi spettacolari addominali stavano per morire congelati. La ragazza estrasse la bacchetta da una tasca e chiuse la finestra con un movimento delicato del polso.

-Non mi diventare un pinguino, Black. Saremmo tutti costretti a sorbirci le tue lamentele su quanto sei grasso e coccoloso...- replicò lei, spostando con gentilezza un piede di James che le premeva contro la gamba. Sirius sorrise, mentre lei si raccoglieva le gambe al petto e ci appoggiava la testa sopra.

-Comunque, immagino che tu non sia venuta qui solo per evitarmi una polmonite.- commentò lui, sarcastico, mentre Remus borbottava irritato Sirius, piantala di spettegolare con James e fammi dormire.

-Mi ha scambiata con James?- soffiò Lily, divertita. Quella camera era bella. Talmente anormale, pazza, disordinata da rappresentare la normalità.

-Per quanto possa sembrare strano l’avrei fatto anche io. Tu e lui avete lo stesso modo di muovervi, a passi lunghi e veloci, con gli occhi fissi davanti a voi. Avete modi di scuotere la testa molto simili. E ti giuro, a volte quando ti vedo sorridere mi sembra stia sorridendo lui...- disse Sirius, sorpreso da se stesso.
Non parlava così chiaramente con nessuno, se non con...James. Arricciò le labbra, aggrottando le sopracciglia, come se quel suo pensiero fosse ovvio.

-Ehm, Black, così mi destabilizzi. Comunque sia, da me faceva freddo. Anche qui fa freddo, ma per lo meno non sono da sola.- spiegò lei, agitando una mano. Non sorrise nessuno dei due, sentendo il retrogusto amaro dell’affermazione di Lily.

-Siuuus. E’ Nalate. Cioè, Latane. Uh. Natale. Comunque sia, io stao domendo.- biascicò James, cercando di rotolare su un fianco, colpendo Lily per l’ennesima volta. La ragazza cominciò a ridacchiare sommessamente, facendo tremare tutto il letto e anche James, che riprovò a protestare ma si bloccò alla vista della ragazza.

-Sirius. Perché hai una parrucca e la mia felpa?- domandò, cercando a tentoni gli occhiali sul comodino. Lily si morse le labbra mentre guardava il vero Sirius che ostentava
un’aria fredda e distaccata. Peccato che fosse così rosso da far paura.

-Perché credo che dovresti metterti gli occhiali, James...- gli disse lei, mettendoglieli in mano e aspettando che lui la mettesse completamente a fuoco.

Un battito di ciglia.
Le sopracciglia inarcate.
Il battito che cambiava ritmo, adattandosi a quello del risolino soffocato di lei.
Le labbra socchiuse.

-Lily, sei stata tu a chiudere la finestra?- domandò James, cercando di assumere un’aria meno ebete. Lei annuì, passandogli una mano tra i capelli e inclinando la testa verso Sirius.

-Il Pinguino aveva deciso di congelarsi la pancia per non farmi vedere il suo pigiama che ho comunque visto...- rispose, ricevendo un’occhiata contrariata da sotto quel bozzolo di coperte.

Sirius si chiese perché non avesse fatto commenti sulla scritta del pigiama. Forse lo riteneva troppo stupido. Oppure pensava semplicemente che lui amasse i cani. Oppure...
Guardò la ragazza, che era tornata a posare gli occhi su James che sbadigliava. Non aveva posato lo sguardo su nessun altro, ma solo ogni tanto lanciava un’occhiata al calendario sul muro.

Un calendario lunare.

La prima cosa che pensò fu che, nonostante fosse prima mattina aveva una mente particolarmente sveglia.
La seconda fu che se avesse urlato, probabilmente sarebbe sembrato assolutamente idiota.
La terza fu che James Potter probabilmente sarebbe stato ucciso da qualcuno.

-...Sì, Buon  Natale anche a te. Natale, Potter.-
-So come si dice Natale...-
-No, non lo sai, James. Altrimenti prima...-
-Prima ero convinto che ci fosse un Sirius in parrucca sul mio letto! E comunque ti sta bene la mia felpa.-
-Oh. Ehm. Grazie...-
-Quindi sei venuta qui perché...-
-E’ Natale e io stavo gelando, di la. Ho cominciato a vedere specchi deformanti...-
-Non ci sono specchi deformanti in camera tua...-
-Lo so. Era una metafora.... Il Pinguino ci è arrivato prima di te, James.-
-Chi è il Pinguino?-
-Chi è che rompe così tanto anche la mattina di Natale? Oh, ciao Lily!- esclamò Remus, interrompendo così lo scambio di battute tra la ragazza e James. Lei lo salutò con la mano e gli sorrise, cercando di non fissare troppo le vistose occhiaie che aveva sotto gli occhi.

Ci aveva pensato, mentre saliva le scale per andare in camera, mentre si infilava il pigiama, mentre chiudeva gli occhi in attesa dell’incubo. Ci aveva pensato così tanto che alla fine si era stupita di averlo fatto.

Remus.

La cosa più stupida che avesse fatto era stato permettere a quegli idioti di saperlo prima di lei, aveva concluso. Non avrebbe detto stupidaggini come Anche se ora lo so, ti vorrò bene come prima. Era sbagliato.
Gli avrebbe voluto ancor più bene.
E lui avrebbe dovuto immaginare una cosa del genere.

-Remus, sono io la causa dello scompiglio, scusa.... Ehm, io... vado... vado  a vestirmi, sì. I vostri regali credo ve li abbiano portati gli elfi, quindi... Mm. Sì. Buon Natale a tutti...- disse,mentre si alzava e cominciava ad andare verso la porta. Si fermò sulla soglia e guardò Remus negli occhi, cercando di avere lo stesso sguardo che aveva sua madre quando la consolava.

-Ti voglio bene, Remus...-

Mentre si chiudeva la porta alle spalle, udì James borbottare Perché a te sì e a me no?  e sorrise. Sorrise, perché era Natale e lei doveva essere allegra. Sorrise nonostante le bruciassero terribilmente gli occhi e sembrasse uno spaventapasseri rosso.  Sorrise, perché mancava ancora un regalo alla lista.

-Evans, vieni a prenderti i regali delle tue amiche? O preferisci rimanere impalata fuori a fare da Babbo Natale con le occhiaie?-

                                                                                      ****

-Perché a te sì e a me no?- James mugolò rotolando sul letto e cercando di incenerire Remus con lo sguardo allo stesso tempo. Si aspettava una qualche battutaccia di Sirius o un commento superiore di Remus o persino uno sbadiglio di Peter.
E invece niente.

Silenzio.

-Ragazzi? Ho appena fatto una battuta molto stupida e molto infantile comportandomi da primadonna gelosa. Perché non mi avete ancora insultato?- domandò, alzandosi e trovando due volti molto scettici che lo fissavano. Aprì la bocca e aggrottò la fronte, mentre un dubbio gli pervadeva la mente.
Non potevano essere così svegli.
Non di prima mattina.

-Tu non l’hai fatto, vero, James?- domandò Remus, zittendo subito la battutina sulle vergini indifese di Sirius con un’occhiataccia. Tornò a guardare il ragazzo cercando di calmarsi.
Ma non c’era niente da fare per calmarsi.
Il cuore batteva forte come non mai e ormai non gli importava più di sapere che era sveglio da ore perché James parlava nel sonno e Sirius gli rispondeva con parole inventate.
Non gli importava più dei bellissimi regali di Natale che se ne stavano in un angolo della stanza.
Tutto quello a cui riusciva a pensare era che Lily non era smancerosa per natura.
E ogni volta che a Lily succedeva qualcosa, c’entrava sempre James.

-Io... Uhm, cosa non avrei fatto?- domandò James, ostentando una calma che... aveva.
Per la prima volta, era scoperto a fare qualcosa e non bluffava.
Era tranquillissimo.
Era sicuro che gli avrebbero dato ragione.

-Le hai detto di... noi, vero?- domandò Sirius, cercando di suonare minaccioso. In realtà nemmeno lui sapeva cosa pensare. Pensava che quel momento lo avrebbero affrontato insieme e magari anche lui si sarebbe preso i rimproveri di Lily e le risate di James. E invece si ritrovava a guardare il suo migliore amico annuire guardando il piumino arrotolato vicino a lui e Remus che faceva respiri sempre più profondi, cercando di calmarsi.

-Sì Sirius. Ho deciso di dire a tutto il mondo della nostra relazione....-

-Idiota. Sono serio.-

-Era il mio regalo. So che mi direte che sono malato, che ho manie di protagonismo e cose del genere. Ma proprio non ne potevo più di fingere davanti a lei. Voglio che sia felice. Anche se è difficile, voglio provarci. E raccontarle bugie sarebbe soltanto qualcosa di molto, molto negativo. Perciò. Sì, l’ho fatto.- disse lui e c’era una forza in quello sguardo che fece intrappolare il respiro in gola a Remus. James aveva ragione.
Aveva sbagliato a non dir loro niente, ma per una volta, aveva fatto una cavolata sensata.
A pensarla così, Remus si sentiva come una di quelle maestre che guardano con orgoglio i loro bambini di cinque anni far loro un ritratto.
E il ritratto di James, una volta tanto, aveva un aspetto decente.

-Ho un fratello stupido e sentimentale. Speriamo solo che la sua ragazza abbia più buon senso ed ironia...- borbottò Sirius soffocando uno sbadiglio. Sorrise a James nella sua maniera canina e si chinò leggermente per evitare la ciabatta del ragazzo che volò a colpire il bozzolo-Peter.

-Ragazzi...- mugugnò – E’ Natale. Mi sono perso i regali?-

-No, Pete. Sei ancora in tempo!- esclamò Remus scendendo cautamente dal letto, mentre James e Sirius rotolavano direttamente a terra e arrivarono gattonando alla pila di regali.

-Ehi, guarda quel pacco rosso. E quello blu! Saranno miei.- urlò belluinamente James, scrollando il piede che Sirius gli aveva intrappolato nel tentativo di rallentarlo.
I due ingaggiarono una lotta violenta, con tanto di James che riuscì a finire sotto il letto e Sirius che si impigliò all’albero di Natale.
E alla fine, ad uscirne vincitori, furono proprio Remus e Peter.

-Mi dispiace dirtelo, Jim, ma questi due sono per Remus e me...- disse Peter e i due si bloccarono per qualche secondo guardandoli con gli occhi spalancati.

-Cosa vuoi dire, Codaliscia? Esprimiti, caro.- biascicò Sirius senza muoversi e spalleggiato dal continuo annuire di James, che spuntava dal letto solo con qualche ciocca di capelli e la stanghetta degli occhiali.

-Che... beh, c’è un biglietto con scritto Per Peter da Lily e Per Remus da Lily.... – bisbigliò lui e si strinse il pacco al petto correndo verso il proprio letto. Remus alzò le braccia al cielo e subito dopo prese il pacco in mano. Il regalo di Lily era pesante e morbido, oltre che enorme. E anche James doveva pensarla alla stessa maniera, visto come lo guardava.

-E dai, ragazzi. Guardate quanti altri regali...- provò a consolarli Remus, scatenando uno scintillio negli occhi di entrambi.
E subito dopo, una tempesta di carte colorate.

-Sirius! Il modellino di Comet! Sei un cane profeta. E il kit di pulizia per la scopa oh, mia madre, che donna. Il solito maglione e i cioccolatini.... Uh, ehi, Remus, grazie per il diario del buon Malandrino. Hai ragione, dovremmo davvero scrivere alcune parole d’ordine e robe così... e, oh, Peter. Il cervo. Sì, dai, i modellini di Hogsmeade! Vieni qui, fatti abbracciare!- urlò James nello stesso momento in cui Sirius faceva altrettanto buttandosi alle spalle la poesia d’amore di una ragazza, un maglione e una scatola di Api Frizzole.

Teneva tra le mani il “Manuale del conquistatore” che gli aveva regalato Remus, il collare di James e il modellino di cane di Peter. I due si buttarono addosso agli altri, soffocandoli e atterrando in un’esplosione di coriandoli lucenti.
Remus rideva, schiacciato dai due pazzi, mentre i suoi occhi guardavano ancora l’incredibile pila di regali che gli avevano fatto, compreso l’immancabile modellino di lupo e i nuovi rotoli di pergamena con piume abbinate da parte dei due Potter. E la sciarpa fatta da Lily, già.
Peter li abbracciava come meglio poteva, quasi strozzato dalla sciarpa simile a quella di Remus e tenendo saldamente in mano il regalo degli altri tre, una serie di scherzi vari che dovevano appartenere alla metà di Zonko.
Ogni tanto si sentiva solo, si sentiva sperduto davanti a  quei ragazzi belli e bravi. Si chiedeva come facesse ad essere loro amico e stava diventando paranoico. Era arrivato a temere che ridessero di lui.
Cercò di visualizzarsi, nel suo corpo cicciottello e quasi deforme che li abbracciava tutti, perché aveva avuto una bella idea per il regalo e si sentì felice. Così felice che smise anche di pensare.

-Ehi, Ramoso, che ti ha regalato Lily?- chiese e il ragazzo si zittì di colpo. In realtà tutti trattennero il respiro, fino a quando James non si alzò e barcollò fino al letto.

-Un biglietto.- rispose, sventolandolo, ma senza far vedere loro cosa c’era scritto. Ancora cercava di capirlo, di interpretarne il significato, ma senza riuscirci. Lily doveva averci spruzzato sopra del profumo, come una di quelle eroine dei film babbani che mandavano lettere d’amore ai loro uomini cosparse di profumo.

-E che c’è scritto sul biglietto?- chiese Sirius, alzandosi e avvicinandosi.

-La felicità è nascosta dietro a una porta chiusa. Solo tu puoi scoprire quale è e aprirla.- mormorò, mettendoselo in tasca. Probabilmente Sirius avrebbe iniziato a prenderlo in giro e a dirgli che era una checca filosofica e Remus avrebbe cominciato a interpretare la frase parola per parola, mentre Peter si sarebbe interessato solo a come si sentiva.
Fu per questo che si stupì quando vide Sirius fissarlo con molta serietà.

-Beh, amico. In questa casa ci sono un sacco di porte. Direi che potresti cominciare a cercare...-

                                                                                       ****

-Uh. Sono stata rapita il giorno di Natale per ricevere i miei regali. Accidenti, ragazze, questo sì che è uno shock!- esclamò Lily, venendo sommersa dall’abbraccio di Alice che subito dopo le ficcò tra le braccia un pacchetto urlando Buon Natale! Mary le guardava sistemando i suoi regali sul cuscino, mentre quelli di Alice erano sparpagliati un po’ ovunque per la stanza. Lily le vide indossare orgogliosamente le sciarpe che aveva fatto per loro quando ancora c’era qualcosa chiamato tranquillità nella sua vita, quando ancora poteva mandare una lettera a sua madre per chiederle dei consigli.

-Un libro di Pozioni avanzate. E un manuale sul perfetto corteggiamento... Ma voi due siete due pazze isteriche!- esclamò e si avvicinò a loro facendo roteare pericolosamente il nastrino del regalo. Le due ragazze si ritrassero con urletti fintamente spaventati e cominciarono ad implorare il perdono della grande  e potente Evans.

-Lily, hai il mondo nelle tue mani, ricordatelo. Un giorno avrai la possibilità di cambiarlo, ma fino ad allora non desistere dal tuo intento. Sei grande, Lily. Sei forte. E’ un’impresa come preparare delle sciarpe per i tuoi amici sono sicura che sia assolutamente facile da affrontare....-
-Mamma, non mi prendere in giro!-
-Su, tesoro, sto scherzando. Avanti, devi fare così. Dammi una mano. Ecco, vedi? Un giro qui, un altro così...-


-Lily, stai bene?- le domandò Mary, vedendo che era scivolata a terra con le mani tra i capelli.

-Come? Oh sì, benissimo. Stavo solo pensando... solo pensando a quest’estate. Sapete, è stata un’impresa imparare a lavorare a maglia...- rispose, cercando di sdrammatizzare.
Alice la guardò quasi con rimprovero, ma poi le si sedette accanto e le mise un braccio sulle spalle.

-E il grande e misterioso Potter, cosa ti ha regalato?- le chiese con curiosità.
Solo in quel momento Lily si rese conto di non aver ancora aperto i propri regali, che dovevano essere da qualche parte in un angolo della stanza. L’unico che aveva aperto era stato quello dei suoi genitori, la cui busta era appoggiata accanto al cuscino nonostante la forte puzza di bruciato che emanava.

-Ecco, in verità non li ho ancora aperti... Forse dovrei... andare?- disse e Mary si battè una mano sulla fronte, sospirando melodrammaticamente.

-Vai. Ti concediamo questa grazia. Ma poi devi assolutamente tornare a descriverceli con precisione, intesi?- la minacciò Alice con un dito mentre la ragazza si alzava. Lily annuì e si chiuse la porta alle spalle con delicatezza, rivolgendo loro l’ultimo sorriso.

I regali erano lì dove se li era immaginati. Li aprì con delicatezza, poggiandoli sulle coperte uno dopo l’altro con gesti tranquilli. Così si accumularono cioccolatini, libri, sciarpe e cappelli e pure una bellissima penna d’aquila nuova regalatale da Remus. C’era uno strano congegno che ogni tanto fischiava da parte di Sirius e Peter le aveva regalato un libro di incantesimi.

Mancava solo quello di Potter.

-E’ permesso?- chiese James, aprendo la porta e Lily avrebbe sicuramente detto che doveva avere strane manie di protagonismo se non l’avesse saputo già da molto tempo.

-Sei Potter? Allora va via!- esclamò lei in risposta, ma in contemporanea si alzò e si avvicinò alla porta per aprirla. James era lì, con un nastro colorato impigliato ai capelli e un graffio sulla guancia.

-Però, Potter. Grande guerra, eh, aprire i regali?!- chiese lei appoggiandosi al muro. Lui alzò il mento e sbuffò cercando di avere un po’ di contegno nonostante il luccichio sospetto che proveniva dai suoi capelli.

-Il tuo, poi, mi è piaciuto moltissimo.... Cos’hai regalato a Sirius, a proposito?- commentò lui sarcasticamente. Lily si sentì arrossire e all’improvviso la sua fantastica idea non le parve poi così fantastica.

-Un biglietto con su scritto “Fagli aprire la porta.” e una maglietta di un gruppo rock da sfigati babbano. Non glielo dire, che non hanno successo. Lui pensa che sia meraviglioso...- rispose lei guardandolo negli occhi fino a che non sorrise.
Si sentiva strana. Forse, se avesse guardato per terra, avrebbe notato che stava galleggiando o forse, più semplicemente, che era sospesa a qualche centimetro da terra.

-Userò quest’informazione come un ricatto...- replicò James e si appoggiò al muro accanto a Lily. La ragazza sentì il suo cuore che aumentava e stupidamente si ricordò che lei non aveva mai chiesto a sua mamma come si era sentita poco prima di baciare per la prima volta suo padre.
C’erano tante cose che avrebbe dovuto fare e altre che sarebbero rimaste per sempre nascoste chissà dove nel suo animo.

-Mi sembra giusto...- replicò sottovoce e staccandosi dal muro.

-A me sembra ingiusto non aver ricevuto un regalo, invece...- disse James e Lily si sentì come quando Bootes l’aveva salutata per la prima volta, con quelle ginocchia che non la smettevano di tremare e le guance sicuramente rosse.
La ragazza si chinò e prese un pacchetto da sopra il letto. Glielo porse con un gesto veloce e per una volta ebbe la soddisfazione di vederlo leggermente indispettito.

-Quindi.... sarebbe questo il mio regalo? Tutta questa scena per... questo?- disse e cominciò a scartarlo con gesti esageratamente lenti. Ne uscì l’ennesima sciarpa, gialla e rossa, con le sue iniziali ricamate in un angolo.

Probabilmente avrebbe iniziato a ringraziarla fintamente e se ne sarebbe andato via deluso.
E Lily odiava deludere le persone.
Forse fu per questo che lo baciò. Così, di scatto, senza aver fatto prima tutto il suo brillante discorso che si preparava da settimane. Lo baciò per qualche istante, giusto il tempo di sentire le sue labbra troppo sottili premute sulle sue.

-Buon Natale, Potter...-








Buonasera.
Ahh.
Sono tornata.
Sì, con un capitolo schifoso e lungo e prolisso ed inutile.
Perdonatemi. In effetti, sono io quella inutile, ma fingeremo che sia tutto tranquillamente normale. u.u
Non so cosa dire, in verità.
(In realtà avevo scritto "Non so cosa dire, a dire il vero" ma UzKaNt si è messa a parlare di paradossi, di vero, di falso e siccome l'unica cosa vera che rischiava d esserci era un pugno in testa ho preferito aggirare l'ostacolo)
Detto ciò, procediamo nell'analisi del capitolo. Seguirà una seconda parte, dove accadrà effettivamente qualcosa e ritroveremo gli altri personaggi, che qui sono scomparsi. 
Il mio pinguino Black. **
Peter regala a tutti i Malandrini un modellino per rafforzare l'unità, ma comincia già ad avere dei dubbi lui stesso. E mi sono immaginata un Sirius abbastanza folle che fa ragionamenti giusti ma insensati di prima mattina.
Ok. 
Io.... scappo.
Grazie a chi ha letto.
Writ.

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Capitolo 18
*** Natale (parte II) ***


Probabilmente avrebbe iniziato a ringraziarla fintamente e se ne sarebbe andato via deluso.
E Lily odiava deludere le persone.

Forse fu per questo che lo baciò. Così, di scatto, senza aver fatto prima tutto il suo brillante discorso che si preparava da settimane. Lo baciò per qualche istante, giusto il tempo di sentire le sue labbra troppo sottili premute sulle sue.
-Buon Natale, Potter...-
 
 
Ci sono persone che, quando le baci per la prima volta, ti deludono, forse per una mancata reazione, forse per un contatto sbagliato. Non hanno, per così dire, il giusto modo di cambiarti e di farti accelerare il battito. Semplicemente, le baci e stanno lì, statiche, presenza inutili.
Baci con persone di questo tipo scivolano via come saponette bagnate, con l’unica differenza che dopo che avvengono non ti lasciano una sensazione di pulito, ma piuttosto una specie di disgusto.

E poi ci sono quelle che, quando ti baciano, anche solo sfiorandoti, rischiano di ucciderti.

Lily apparteneva sicuramente a questa categoria, pensò James quando lei si staccò da lui e si rifiutò di incrociare il suo sguardo. Il ragazzo riusciva ancora a sentire il peso leggero di quelle labbra sulle sue e il profumo di cioccolato della ragazza che gli aleggiava intorno al naso nonostante lei si fosse allontanata di circa un metro e guardasse verso il basso come una bambina timida.

-Lily?- le chiese, ritrovando finalmente la voce e cercando di darsi un contegno mentre lei lo snobbava, preferendo studiare il cordino sfilacciato della felpa. Si teneva il labbro inferiore tra i denti come quando era assorta in chissà quale cosa della massima importanza e se ne stava appoggiata al letto con le gambe incrociate.

-Mmm, dimmi.- disse lei con una certa esitazione, alzando contemporaneamente il volto e le sopracciglia.
Si sforzava di non sorridere come un’ebete, ma la cosa era difficile considerando che James aveva rinunciato a resistere e se ne stava lì a guardarla intensamente con le labbra sollevate.

-Buon Natale anche a te...- ribadì lui, avvicinandosi di nuovo e poggiando il naso contro il suo. Lily sorrise timidamente e gli poggiò una mano sul petto.
E poi lo spinse via.

-Potter. Solo perchè ti ho baciato non vuol dire che sei autorizzato a farmi gli occhi dolci.- disse seccamente lei, aprendosi in un altro sorriso e smentendo immediatamente la voce seria.

-Ci rifletterò su...- borbottò James, avvicinandosi e poggiando le labbra sulle sue nonostante le numerose proteste della ragazza. La sentì sorridere e poi lei si staccò ancora una volta, rossa in volto e il labbro nuovamente tra i denti. James si appuntò di ricordarle di usare qualcosa per evitare di romperlo.
Uno strano calore gli invase il petto e il ragazzo rimase per qualche secondo ad osservare Lily che cercava di non guardarlo e allo stesso tempo di rimanergli vicino. Si avvicinò e mosse un braccio, forse nel tentativo di passarglielo intorno alle spalle e abbracciarla, come faceva suo padre quando ancora era lì con loro e voleva tranquillizzare sua madre dopo una missione particolarmente difficile terminata tardi.

-Ragazzi! Venite a darmi una mano in cucina!-



                                                                                      ***



-On Aale a uhi!- bofonchiò Sirius, alzando il bicchiere pieno di Vino Elfico che aveva sottratto a Dorea con un ammiccante”Ma sono maggiorenne!”.
-Qualunque cosa tu abbia detto, la auguro anche io a te, Sirius....- disse serafica Lily, versandosi un’altra porzione di patate e facendo ridacchiare Remus accanto a lei.

Lily era scesa con una strana aria rilassata e per tutta la mattina aveva portato piatti da una parte all’altra della casa, a volte con, a volte senza magia. Il Natale era stato per lei un toccasana e si poteva vedere ogni tanto un piccolo sorriso incresparle le labbra, terribilmente simile a quelli che James si faceva sfuggire mentre apparecchiava.

-Come hai capito che era un augurio?- le chiese Mary con allegria, sorridendo a Sirius e rubando una patata dal piatto di Lily. Sirius deglutì con un grande sforzo e tossicchiò, rischiando di strozzarsi, prima di riuscire a ritrovare un colore facciale più tendente al rosa che al viola.

-Perché quando parlo io tutti mi capiscono, ovviamente.-
-Hai alzato il bicchiere, idiota. Quando uno alza un bicchiere, brinda. Quando uno brinda, di solito fa gli auguri.- lo zittì Lily, continuando a sorridere. Dorea scoppiò a ridere, seguita a ruota da James che se ne era stato stranamente zitto per molto tempo.
-E tu James non parli? Cos’è, hai finito le cartucce per Natale?- gli chiese Alice, facendolo sbuffare. Lanciò un’ultima occhiata a Lily, che aveva iniziato a sogghignare portandosi una mano davanti alla bocca e si era toccata il labbro con l’indice, probabilmente in maniera casuale.

-Io non finisco mai le cartucce, Prewett. Piuttosto, verifico come si senta la mia assenza...- rispose lui, dando il gomito a Sirius e facendo annuire frettolosamente Peter, che si era dimenticato di togliersi una coccarda intrappolata sulla sua testa, che quindi ondeggiò e gli scivolò sul naso.

-Ecco perché l’assenza di mal di testa, James...- brontolò Lily, strizzandogli un occhio e facendo sputacchiare un po’ di vino a Sirius, che cominciò a ridere senza ritegno. Anche Mary sghignazzò senza ritegno, guardando James che diventava sempre più rosso e veniva consolato da Dorea.

-Lily, oggi sei chiacchierina. Che succede, tesoro?- le chiese invece Alice a voce bassa. A nessuno era sfuggita l’incredibile allegria di Lily, ma solo lei aveva riconosciuto quello sguardo un po’ perso che la ragazza aveva nei momenti di silenzio. Si ricordava ancora il suo primo appuntamento con Frank, che l’aveva gettata nell’ansia e nella confusione e che per giorni l’aveva tenuta in uno strano stato a metà tra la frustrazione e la gioia più pura.
Sapeva cosa voleva dire voler sfuggire alle occhiate di tutti per potersi guardare dentro.
E se lei si era sentita confusa, nella sua semplicità di banale ragazza sedicenne, figurarsi come doveva sentirsi Lily, diciassettenne reduce da un’enorme sofferenza e impegnata nella guerra alle prese con qualcosa di nuovo.

-Niente. Solo... è Natale. Natale, semplice e chiaro. Natale, no?- farfugliò lei, facendo sorridere maternamente Alice, che mimò un “Dopo parliamo per bene” con le labbra, prima di tuffarsi in una nuova conversazione con la signora Potter, che era letteralmente entusiasta per la presenza di così tanta allegria e gente in quella casa.

Dopo la morte di Charles la vita in quella casa era scappata come la sabbia tra le dita di James quando lo portavano al mare da bambino. A guardarlo era così diverso, così cresciuto rispetto al bambino paffutello che lei e Charles avevano viziato e amato con tutto il cuore.
Se lo ricordava ancora a quattro anni con una mini-pluffa in mano che correva da una parte all’altra urlando “Io coquitteò il monno!” mentre Charles lo sollevava e lo lanciava in aria con quell’aria felice che gli avrebbe sempre ricordato addosso.

-Lily, mi aiuteresti, per favore con il dolce che con tanta cura hai preparato questa mattina? – le domandò James all’improvviso, facendole abbassare le spalle e alzare le sopracciglia e distraendo Dorea dal suo momento nostalgico.
-Uh, quel dolce. Certo. Che ovviamente io non posso aver cucinato perché non so cucinare. Una scusa meno banale per portarmi di là  firmare il biglietto no?- rispose Lily alzandosi e facendo aggrottare per qualche istante la fronte di James.
-Il biglietto?-
-Quel biglietto, Potter. Quello che non va detto per chi è.- inventò lei, cercando di non scoppiare a ridere ed entrando in cucina con parecchia nonchalance. James la seguì ridacchiando e chiuse con delicatezza la porta alle loro spalle.

-Certo che te ne inventi di tutti i colori...- le disse, appoggiandosi al tavolo e incrociando le caviglie, nella stessa identica posizione che aveva lei quella mattina. La guardò alzare gli occhi al cielo e avvicinarsi a passo di marcia, con le braccia piantate sui fianchi che però non le davano per niente l’aria austera che sicuramente avrebbe voluto ottenere.
-Io. Certo, io. Che non so cucinare e quindi faccio torte inesistenti...- brontolò la ragazza, sedendosi pesantemente sul tavolo e sbirciando nella sua direzione da sotto i capelli che le erano scivolati via dal cerchietto nero di seta. Aveva quasi paura che si vedesse il battito folle del suo cuore sotto il maglioncino messo al posto della felpa rossa di James, della quale sentiva però la mancanza.

-Volevo che venissi di qua.- si difese il ragazzo, con una semplicità disarmante che zittì Lily per qualche secondo. Il ragazzo approfittò di questa esitazione per avvicinarsi e passarle un braccio dietro la schiena, facendola voltare con gli occhi spalancati. Era una delle sensazioni più strane che Lily avesse mai provato, stare seduta su un tavolo il giorno di Natale con un braccio di Potter dietro la schiena. Le sembrò di vedersi da fuori mentre appoggiava la testa contro la sua spalla, borbottando qualcosa contro il fatto che lui non doveva farsi strane idee, aveva solo torcicollo.

James ridacchiò e chinò il volto per sfiorarle di nuovo le labbra, con quell’incertezza di chi non sa cosa accadrà dopo. Non gli batteva follemente il cuore, né tremava all’impazzata. Semplicemente, era come se da quel gesto dipendesse tutta la sua vita e ne era consapevole, mentre vedeva Lily trattenere il fiato e guardarlo con gli occhi più spalancati, senza però ritrarsi.
Quando lei rispose al bacio con la solita sfrontata timidezza, gli sembrò che tutto avesse ripreso a girare, scuotendosi da quel torpore che lo aveva invaso fino a qualche secondo prima. Sorrise inconsapevolmente mentre la sua mano cercava quella di Lily, in quella maniera che hanno i bambini alle prese con il primo, grande e platonico amore.

-Oh, mamma, lo sposerò un giorno. E’ così bello!-
-Lily, tesoro, ma è un cantante e poi è... beh, è vecchio per te...- brontola Sarah, passando un’ultima volta la spazzola tra i capelli annodati della figlia, che sorride, dondolando le gambette.
-Ma... Ma è bellissimo!- risponde Lily, imbronciandosi e incrociando le braccia magre sulla maglietta gialla sporca di gelato. Sarah ride e scuote la testa mentre la fa scendere dalla seggiola dello studio.
-Allora facciamo così. Quando avrai finalmente sposato Paul McCartney beh, dimmelo che ti faccio da damigella al matrimonio!- la prende in giro, guadagnandosi una linguaccia e uno storcimento di naso, così pieno di lentiggini da sembrare abbronzato.
-Lo farò. E se non sposerò lui, sarà un uomo comunque bello e famoso. E invecchieremo insieme e diventerò più rrugosa di te.- la sbeffeggia la bambina, arrotando la
r di rugosacosì da far intravedere la burla alla madre.


Lily si irrigidì e si staccò dal ragazzo, respirando profondamente. Avrebbe dovuto immaginarlo. Troppa... felicità. Troppa davvero. Si sentiva in colpa, ad essere così innaturalmente allegra dopo un avvenimento così orribile. Si portò una mano alla bocca e cominciò a mangiucchiarsi un’unghia fino a quando James non le prese la mano e gliela riportò sul tavolo, con uno sguardo preoccupato.

Sembra una di quelle soap-opera che vedeva mia madre, pensò Lily con amarezza, deglutendo e costringendosi a sorridere. Il bracciò di James era ancora lì, dietro alla sua
schiena, quando lei vi si appoggiò, cercando un sostegno. Chissà cosa sarebbe successo, ora.
Provare a definire lei e Potter sarebbe stato come provare a distinguere il sale mescolato dall’acqua. Impossibile. Faceva ridere solo a pensarci, lei che baciava James Potter senza sapere bene per quale motivo.
Era quasi certa che qualunque cosa potesse succedere in seguito, si sarebbe rivelata difficile o comunque complicata. E benchè lei non avesse la forza di complicarsi ancora di più la vita, se ne sarebbe fregata totalmente, si rese conto.
James era capace di renderla felice come nessun altro.

E questo era esattamente ciò che aveva scelto.

Si girò a sorridergli, avvicinando il vento a quello di lui. Stava diventando pian piano familiare il contatto fra la sua bocca e quella di James e la cosa la fece sorridere di nuovo. Non si vedeva nemmeno troppo male a camminare tenendolo per mano o con un braccio di lui posato semplicemente sulle sue spalle.
Invecchiare. Essere felici insieme, per tutta la vita.

La cosa non aveva nemmeno un sapore malsano, a dirla tutta.
Era complicato, questo sì.
Ma Lily amava, le cose complicate.
Il suo naso sfiorava ormai quello di James, era questione di attimi.
E poi...

-NO! Io non lo permetterò! Sono giovani! Troppo!- urlò Dorea nell’altra stanza.
Semplice e lineare.
-Torniamo di là?- domandò James con le sopracciglia aggrottate. Lily si limitò ad annuire.

Ah, beata tranquillità!


 
                                                                           ***


Quando James e Lily se ne andarono, Alice nascose il sorriso trionfante nel tovagliolo, mentre Mary si limitò a dare una gomitata a Sirius, che la diede a Remus, che la diede a Peter che fece cadere la salsa sopra la mano di Dorea.

-Ahi!- protestò Sirius, massaggiandosi il fianco. Mary era carina, simpatica e tutto. Ma aveva dei gomiti terribilmente affilati.
-James, hai visto cos’ha fatto?- domandò ad una sedia vuota e solo dopo cinque, estenuanti secondi, si rese conto che il suo migliore amico era sparito e con lui quella testa calda di Lily Evans. In quei cinque secondi, Alice abbassò il tovagliolo con aria soddisfatta, Mary si servì altre patate, Peter pigolò qualche scusa a Dorea e Remus cominciò a sbattere la testa contro la mano, con lentezza e tranquillità, conscio che affrettare i neuroni di Sirius sarebbe stato assolutamente inutile.
-Aspetta un secondo, James non c’è!- concluse Sirius, conquistando un piccolo applauso sarcastico da parte di Mary e un colpo più forte da parte di Remus, che aveva ormai perso sensibilità sulla mano.

-Sono lieta che tu non sia troppo ubriaco per capirlo, Sirius. Quindi, per favore, torna a mangiare, ora.- gli ordinò Alice con lo stesso tono che usava quando al club di Gobbiglie pretendeva il silenzio tombale, sortendo lo stesso effetto.
Cioè niente.

-Cioè, è sparito. Non mi ricordavo sapesse smaterializzarsi così silenziosamente. Accidenti, me lo deve proprio insegnare! Io, la prima volta che mi sono smaterializzato ho perso un alluce. Un alluce, vi rendete conto?- cominciò a ciarlare Sirius, muovendo animatamente le mani come a scacciare farfalle invisibili.
Non era ubriaco nemmeno un po’. Tutta la sua... apparente stupidità era dovuta al fatto che cercava di tenere lontano dall’attenzione generale l’allontanamento di James e Lily. Quella mattina il ragazzo era rientrato e aveva una faccia così piena di energia che sembrava avesse inghiottito uno Snaso in una stanza piena di Galeoni. Correva da una parte all’altra, sistemando coccarde, scartando regali, posando coperte sopra i comodini nel tentativo di fare il letto perché era Natale per tutti. Sirius sapeva fare due più due, nonostante la gente sostenesse il contrario, e non ci aveva messo molto a capire che James gli nascondeva qualcosa, anche se non sapeva cosa.

Probabilmente Remus l’avrebbe indovinato al primo sguardo, ma era così concentrato sull’imminente Luna Piena che a stento si accorgeva del colore dei calzini. In effetti, quella mattina era stato abbastanza allegro e loquace, ma era solo perché ancora non aveva realizzato la vicinanza della prossima Luna Piena.
Sirius sorrise, continuando a parlottare e scherzare con Mary e Alice, che lo guardava da sotto la fronte corrugata. Era troppo... troppo vago per essere ubriaco. E poi non si sarebbe ubriacato mai davanti a Dorea, no. Nascondeva qualcosa, Alice ne era certa, ma lo lasciò fare perché in fondo era Natale davvero per tutti.

Stava per rispondere ad una domanda particolarmente assurda quando si sentì bussare. Dorea li guardò tutti interrogativamente e infine andò ad aprire alla porta, la bacchetta alla mano e l’aria sospettosa.

-Fatti riconoscere!- urlò attraverso il portone. Il fatto che avessero trovato la casa denotava il fatto che doveva trattarsi o del Custode Segreto o di qualcuno che lo conosceva. Ma la prudenza non era mai troppa.
-Albus Percival Wulfic Brian Silente. Custode Segreto di questa casa, che appartiene a Dorea Potter. Sono il Preside della scuola di Magia dove va tuo figlio e venerdì scorso ti ho mandato una lettera sigillata per mandarti gli auguri e farti una comunicazione estremamente riservata ma solo per poco.- rispose l’uomo dall’altra parte della porta e Dorea aprì con l’aria leggermente meno preoccupata.
-Albus! Che piacere averti qui...- disse, stringendogli la mano con energia e aggiustandosi i capelli con un colpo deciso della mano. Il mago che le stava davanti aveva una lunga barba argentea intrecciata, per l’occasione, con alcuni nastrini rossi, intonati al mantello e al cappello a punta.
Il preside avanzò nella casa fino a raggiungere la Sala da pranzo, incontrando gli sguardi stupiti dei cinque ragazzi, che scattarono subito in piedi, guardandosi confusi l’un l’altro.

-Piacere mio, Dorea cara. E tanti auguri a te e alle signorine MacDonald e Prewett e ai signori Black, Lupin e Minus...- disse Silente, scostando la sedia di Lily dal tavolo sedendo visi sopra dopo aver chiesto il permesso a Dorea con un cenno del capo. I ragazzi risposero agli auguri e si sedettero con la schiena dritta e l’aria concentrata, tutti tranne Sirius che si sporse in avanti per ammirare i nastrini nella barba del preside, che gli strizzò l’occhio e sorrise.

-Se non erro mancano la signorina Evans e il signor Potter. Mi auguro arrivino presto, perché ciò che mi appresto a raccontar loro è assai importante. E’, come dire, essenziale.- disse lui, incrociando le dita davanti al naso ricurvo e guardandosi intorno con interesse. Dorea trattenne il respiro, cominciando a temere il peggio. Ogni volta che Albus le mandava una lettera o veniva a trovarla, temeva terribilmente che fosse per qualcosa di grave. E il più delle volte non si sbagliava. La guerra reclamava il suo prezzo e loro erano il più delle volte costretti ad andare a funerali che non dovevano essere celebrati, che erano sempre terribilmente in anticipo rispetto a quanto sarebbe stato giusto.

-Cosa, di preciso?- domandò Alice con serietà, sporgendosi in avanti per guardare negli occhi il preside. Quell’uomo aveva un’aria di potenza e importanza che la faceva spesso sentire piccola e indifesa, ma allo stesso tempo aveva quello sguardo sempre un po’ divertito che la faceva subito sorridere e sentire un po’più partecipe.

-Mi è stato riferito che voi volete combattere ed essere attivi. Sono venuto ad offrirvene l’opportunità.- rispose lui tranquillamente, giocando con il sale. A Dorea andò di traverso della saliva e si irrigidì sulla sedia, prima di rendersi conto di cosa lui stava per fare.
E lei non glielo avrebbe permesso.

-NO! Io non lo permetterò! Sono giovani! Troppo!- urlò, alzandosi improvvisamente e facendo sobbalzare tutti i ragazzi. Albus sorrise di nuovo e per un po’ nessuno parlò. La porta della cucina si aprì e ne uscì Lily seguita da James, che le teneva una mano sulla schiena. Il ragazzo salutò il preside con un cenno del capo e Lily fece lo stesso, avvicinandosi alla sedia di Mary e appoggiandosi allo schienale. James la seguì, fronteggiando però la madre.

-Permetterci cosa, mamma?- chiese, con una ruga di preoccupazione in fronte.
Fu Silente a rispondere, ancora una volta.

-Di unirvi all’Ordine della Fenice.-







Ahhh, fa schifoschifoschifo.
Non sono minimamente capace di descrivere le scene romantiche.
No. Quindi risulto malsana e il tutto sembra una soap opera di serie C1.
Pessima.
E vabbè.
Ci ho messo secoli a scrivere il capitolo quindi non ci si poteva aspettare niente di meglio, anche perchè l'ho finito a mezzanotte. Ma facciamo finta che sia tutto ok.
Sirius è troppo saggio? Probabile. Ma io non voglio vederlo solo come l'idiota di turno.
Io scappo, bellissimi.
Buona Scuola a tutti
(DDDDDD:)
Ah, ultima cosa.
Lemmie, so che ci sei.
Fermati e smettila di inseguirmi.
O meglio fallo pure, perchè il capitolo è veramente brutto.

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Capitolo 19
*** 19. Capodanno ***


Prima della lettura:
Ebbene sì, non è un miraggio, nè un avviso, nè niente.
E' il vero 19 capitolo di Combinazioni. <3
So che mi odierete per averci messo cos' tanto e siete più che autorizzati a lapidarmi e ad abbandonare la storia seduta stante.
Ma sappiate che in tutto questo tempo non ho scritto perchè aspettavo di ricevere la giusta ispirazione per non scrivere un capitolo orribile.
Pure questo è orribile, ma almeno c'è.
Grazie, a chi continua ad interessarsi e a chiedere della storia (sì, piovra, sto parlando anche di te).



Riassunto delle puntate precedenti:
Lily, a Hogwarts, si sta iniziando ad innamorare di James. Dopo vari episodi, lui e Lily diventano amici.
A Natale, la loro amicizia sta diventando qualcosa di più e James va a trovare Lily a casa dei suoi, ma un attacco di Mangiamorte finisce con la morte dei signori Evans e James porta Lily a casa sua. A Natale, Lily capisce che Remus è un licantropo e bacia James, come regalo.
Arriva Silente, a metà del pranzo, e...
(A scriverla così, è una trama orribile e scontatissima. D:)

 









-NO! Io non lo permetterò! Sono giovani! Troppo!- urlò, alzandosi improvvisamente e facendo sobbalzare tutti i ragazzi. Albus sorrise di nuovo e per un po’ nessuno parlò. La porta della cucina si aprì e ne uscì Lily seguita da James, che le teneva una mano sulla schiena. Il ragazzo salutò il preside con un cenno del capo e Lily fece lo stesso, avvicinandosi alla sedia di Mary e appoggiandosi allo schienale. James la seguì, fronteggiando però la madre.
-Permetterci cosa, mamma?- chiese, con una ruga di preoccupazione in fronte.
Fu Silente a rispondere, ancora una volta.

-Di unirvi all’Ordine della Fenice.-
 
 
Per un po’, il silenzio volteggiò nell’aria, dando giocosi schiaffetti alle facce perplesse della maggior parte dei presenti. Dorea deglutì, inspirando profondamente e cercando di controllare il tremito delle proprie mani.
Questa volta no, decise. Si sarebbe opposta. Li avrebbe tenuti lontani da quella matassa oscura, che la gente chiamava guerra.
Il suo sguardo passò tra i volti vicini, soffermandosi quasi con insistenza su quello del figlio e del figlio adottivo, mentre con uno spasmo pensava a quello che sarebbe potuto accadere. Erano giovani, loro, più giovani che mai. Giovani e allegri, spensierati.
Si costrinse a correggersi nel pensare a Lily, che stava seduta con le gambe accavallate innaturalmente strette, vicina a Mary, che fino a pochi secondi prima le aveva accarezzato maternamente i capelli.
-L’Ordine di che cosa?- domandò Sirius, spalancando gli occhi e scuotendo ognuno dai propri pensieri.
Silente sorrise amaramente e si toccò la punta della barba piena di nastrini, lisciandola leggermente.
-Della Fenice, signor Black.- disse, con un accenno di sorriso vero nel vedere il ragazzo alzare un sopracciglio, scettico.
-Di cosa si tratta, professore?- chiese Alice, inspirando ed espirando violentemente subito dopo. Lily annuì, come a confermare la sua domanda e si tese impercettibilmente in avanti, all’ascolto.

-Si tratta di un’organizzazione per così dire... segreta. Come avrete sicuramente notato, il Ministero sta iniziando a perdere colpi. Non è più in grado di garantire la sicurezza che pensava di averci dato in tutti questi anni. Confido nel fatto che sappiate che gli infiltrati al Ministero sono molti di più dei dipendenti effettivi e che ormai ogni nostra mossa può essere facilmente... controllata. Siete giovani, ragazzi, Dorea ha perfettamente ragione nel cercare di tenervi lontani da questo mondo orribile, fatto di ingiustizie e di colpi al cuore, ma la verità è che non possiamo più resistere con le sole forze di noi vec?chi. Abbiamo bisogno di voi, delle vostre energie, dei vostri sogni. Non vi dirò che si tratta di qualcosa di poco pericoloso o che non lascerà segni nella vostra anima: al contrario, so che molti di voi rimarranno segnati a vita da questa esperienza. Vi verrà chiesto di non essere più bambini e di assumervi delle responsabilità, di prendere delle decisioni che influenzeranno la vita di altre persone. Avete dimostrato, in molteplici occasioni, di essere in grado di resistere alla pressione, di combattere con forza e con convinzione. Per questo vi chiediamo di riflettere nell’accettare o meno il nostro... invito. L’Ordine della Fenice non è come il club di Gobbiglie – per quanto io ami questo onorevole sport-, non è solo un’iscrizione ed un incontro settimanale. E’ un impegno adulto e responsabile. E’ un impegno che riguarda la vostra vita.- concluse Silente, guardandoli con serietà.

Sirius aveva le labbra contratte, ma allo stesso tempo un’espressione sicura sul suo volto non lasciava possibilità di dubbio, che era invece sovrano sul volto di Remus. Il ragazzo stringeva tra le mani l’angolo del tavolo, le unghie conficcate nel legno e una serie di immagini che gli sfrecciavano nella mente. Un lupo mannaro tra i buoni. Faceva quasi ridere, a pensarci, ma di ridicolo o esilarante non c’era niente, a parte la barba di Silente che continuava ad attirare il suo sguardo.
Peter non guardava nessuno, preso dalla punta delle dita grassocce che stava esaminando da una buona mezzora. Il terrore lo pietrificava, lo teneva inchiodato a quella sedia che aveva conquistato con fatica e che si rifiutava di lasciare. Non era pronto a combattere, lui. Non che non volesse provare a difendere i suoi amici, se stesso, anche la sua famiglia. Aveva paura di non farcela, paura di perdere, paura di veder cadere ogni pezzo conquistato a fatica del suo mondo. Continuò a guardarsi le mani, stringendosi le dita e osservando il loro movimento, così simile a quello dei vermi per certi versi, ed ebbe paura anche di perdere quelle piccole appendici del suo corpo.
Alice aveva una mano tra i capelli e si massaggiava la nuca, facendosi scivolare le ciocche tra le dita. I suoi occhi erano pieni delle immagini di Frank, il suo Frank, quello con cui avrebbe dovuto condividere un futuro e una guerra. Si chiese se ci fosse davvero una scelta, se davvero avrebbe potuto non combattere e le venne quasi da sbuffare a quel pensiero.

 Non si sfugge alla guerra, Alice. Non si sfugge neanche al futuro.

James stava deglutendo, il collo teso e la mascella serrata, mentre la sua mente lavorava frenetica nel tentativo di assimilare tutte quelle informazioni.
In un’altra occasione, Lily avrebbe riso, commentando che per James erano troppe cose su cui riflettere in una volta sola, ma in quel momento rimase zitta, guardando la punta del proprio piede con insistenza e quasi con ferocia. Avrebbe combattuto?
La risposta era chiara nella sua mente, ben delineata, sicura, priva di esitazioni. Era un “sì” che riecheggiava con forza, sbattendo contro le pareti del suo cervello, occupandole gli occhi. Tutto il dolore era riunito in quelle due lettere e si mescolava alla paura di perdere i propri cari –ormai sarcasticamente ridotti ad un numero decisamente esiguo- in una maniera tale che a momenti la ragazza non poteva respirare.
Annuì, riscuotendo Mary dallo stato di trance riflessivo in cui era caduta da qualche minuto, persa tra le considerazioni che le avevano riempito la mente, e sembrò spezzare la tensione  che si era creata.
Dorea la vide con la coda dell’occhio, vide quei capelli rossi che si muovevano e istintivamente sentì un colpo al cuore, seguito da un dolore sordo e da una nuova consapevolezza.

-Io sono disposta a lottare.- sussurrò Lily, decidendo le sorti di tutti.
Dorea e Albus lo sapevano dall’inizio. La decisione del primo sarebbe stata quella definitiva e non perché si trattava di una massa priva di volontà, ma perché era un gruppo di ragazzi che si stringevano gli uni agli altri, come cuccioli impauriti che si fanno coraggio l’un l’altro.
-Io non me ne resto qui a casa a fare la calza mentre la mia futura moglie va a fare la bella vita in battaglia...- disse James a bassa voce, facendo sorridere persino Remus. Sirius scrollò le spalle, mentre lanciava un’occhiata al fratello piena di ironia, ma anche di affetto.
-Ah beh, figuriamoci se io rimango qui e me li perdo mentre litigano anche in punto di morte. Io vengo...- esclamò Sirius e anche Mary annuì, contenta che qualcuno avesse espresso il suo stesso pensiero.
-Non pensate di andare senza di me. Non pensateci nemmeno. Accidenti, Lily, mi devi raccontare tante di quelle cose ancora!- questa era Alice, che si era alzata e guardava l’amica con fare canzonatorio. I toni spavaldi, le battute: tutto era un tentativo estremo di farsi ancor più coraggio, di ignorare i crampi dovuti alla paura, di indirizzare il loro dolore da qualche parte. Erano solo ragazzini, ma ragazzini che vivevano in un mondo dove non si poteva non essere adulti, dove il dolore veniva lanciato ovunque come zucchero a velo su una torta e loro erano solo affossature di quella povera torta, affossature costrette a ricevere una quantità maggiore di zucchero perché tutto sembrasse uniforme.
Avevano paura, ma avevano anche quella voglia di affermarsi e di mostrarsi coraggiosi che era stata, per molti, un motivo di salvezza dal dolore. Fisico, ma anche mentale.
-Ci pensate a voi senza di me, in guerra? Vi farete uccidere subito. Non esiste che partiate senza di me, è bene che lo sappiate.- la voce di Remus era riecheggiata e lui si era raddrizzato, con un colpo di reni, dal tavolo sul quale si era seduto.

Mancava solo Peter, che non parlava, rimanendo immobile e sentendo le mani che sudavano copiosamente. Qualcuno si schiarì la gola, forse Mary, ma il silenzio rimase intatto, continuando a prendersi gioco di quei volti che erano la rappresentazione dei pensieri di ogni cervello.
Peter prese un respiro profondo, mentre la paura, quella dannata migliore amica di sempre, gli impediva di fare altro. Ogni battito del suo cuore era più forte, quasi a ricordargli che avrebbe potuto smettere di vivere da un momento all’altro, e ogni respiro era una stilettata al petto, un colpo che sanciva la possibile fine della vita. Fu questo che lo scosse, alla fine, facendolo sobbalzare e vergognare di se stesso.
-Stavo pensando. Voglio dire, pensavo al fatto che ho paura di morire. Potrei morire in ogni istante, no? E quindi... beh, se lo faccio combattendo almeno ho uno scopo. No?- sembrava più un processo di autoconvinzione, ma James guardò lo stesso l’amico con l’affetto di un padre. Dorea annuì e si sentì più leggera, come se fosse stata lavata all’interno.
Una volta, in un momento di cupo dolore, aveva detto di essere come una tovaglia rotta. Piena di buchi che non potevano essere riparati, che non si sarebbero mai potuti saldare, piena di macchie che sarebbe stato difficile far scomparire. Eppure, davanti a quei ragazzi, le sembrava di essere appena stata lavata. Non era nuova, no. Ma magari, poteva considerarsi migliore.

-In questo caso, carissima Dorea... ho sentito dire che cucini un pollo con patate meraviglioso. Se potessi usufruirei questa tua dote, te ne sarei infinitamente grato....- esclamò Albus Silente, rompendo la tensione.
Mentre Dorea gli serviva una generosa porzione di carne e patate, il vecchio mago sentì per la prima volta, dopo tanto tempo, lo spirito del Natale.
Gli era stato fatto il regalo più bello che potesse chiedere, in tempi come quelli. Il coraggio e la forza di chi ancora poteva avere speranze nel lottare.
-Oh, Albus caro, quasi dimenticavo. Ti ho fatto dei calzini nuovi, sai che te ne faccio sempre un paio per Natale...- trillò Dorea, nel silenzio generale.
Albus sorrise, mentre lei appellava il regalo.
Decisamente, era arrivato Natale.


 
                                                                                          ****


-Sirius, accidenti, è Capodanno! Capodanno! Non può invitare i suoi amici e pretendere che io non dica niente, lo capisci? Non può!- urlò James, per quella che era, all’incirca, la settima volta. Remus sbuffò e Sirius cercò di ignorare l’amico, mentre Peter gli dava dei colpetti sul braccio che sarebbero dovuti essere tranquillizzanti. In teoria.
-Pete, per quanto io apprezzi i tuoi sforzi non sono un muffin che bisogna toccare per sentire se è cotto o meno, davvero.- continuò James, la voce leggermente più rauca e un piede che colpiva ripetutamente il materasso. Se avesse potuto, avrebbe volentieri iniziato a distruggere tutto, ma un incantesimo delle pastoie lanciatogli da un Sirius ormai prossimo all’esaurimento nervoso sulle mani – in un lampo di genialità, il ragazzo aveva capito che era meglio che James non avesse l’occasione di distruggere qualcosa- aveva impedito ogni possibile movimento di sfogo da parte del ragazzo. Sirius avrebbe dovuto sostenerlo, accidenti. Dirgli che aveva ragione lui, che Dorea si era comportata da vera megera nell’invitare i propri amici a cena per Capodanno, dargli la soddisfazione di vedere che soffriva anche lui. Ma una luna piena capitata nel bel mezzo delle vacanze natalizie aveva fiaccato la sua voglia di fare e di rivoltarsi, preferendo recuperare le proprie energie. Non che non concordasse con James, insomma, era pur sempre Sirius Black. Ma era un Sirius Black con due ore di sonno alle spalle, per cui era meglio che non scatenasse la propria ira – o la propria stanchezza- su nessuno.
-Potter, se non la pianti immediatamente di fare casino, ti prendo e ti butto giù dalla finestra.- la voce di Alice era stata squillante e chiara, tanto forte da sovrastare il botto fatto dalla porta che sbatteva contro il muro. Tutti i ragazzi si voltarono nella direzione della ragazza, che stava sorridendo amabilmente e che li pregò, con una voce che stonava terribilmente con l’urlo appena lanciato, di lasciare soli lei e Potter.
-Prewett, io non vorrei distruggere i tuoi piani malefici, ma ti ricordo che tu hai un fidanzato, che tra parentesi è un ottimo giocatore di Quidditch anche particolarmente potente, e che James ha un mezzo inciucio con la tua migliore amica, quella dai capelli rossi, non quella mora, ce l’hai presente? Ecco, no, perché James ci serve stasera e non vorrei mai che qualcuno tra le persone sopracitate lo uccidesse con particolare crudeltà...- farfugliò Sirius, mentre Remus lo spingeva fuori dalla stanza con l’aria di chi vorrebbe fare tutto meno che quello che sta facendo. Quando finalmente furono usciti tutti e si udì soltanto la voce di Sirius che urlava che lui li aveva avvertiti, Alice si avvicinò a James e si sedette in fondo al suo letto, le gambe incrociate e i capelli che le ricadevano in maniera disordinata sulle spalle, ancora umidi dopo la doccia.

-Bene. Non ti libererò dall’incantesimo di Sirius, sappilo. Ho bisogno di parlare con te e di minacciarti, quindi vedendoti legato e impossibilitato ad agire potrei calmarmi e sembrare umana.- esordì Alice e James sorrise, cercando di non sembrare terrorizzato. Alice era entrata come una furia e adesso lo stava minacciando per qualcosa di ignoto con la dolcezza che avrebbe riservato ad un cagnolino. Sarebbe rimasto immobile anche se fosse stato dotato di un incantesimo fluttuante, probabilmente.
-Ho parlato con Lily...- la pressione di James scese così tanto e così in fretta che gli sembrò di essere sul punto di svenire.
-E ti ha detto cosa? – sussurrò James, mandando al diavolo la grammatica e facendo uscire tutto il lato melodrammatico e facilmente terrorizzabile che c’era in lui. Alice ridacchiò e alzò le mani, indicando che non aveva intenzioni violente. Per il momento.
-Mi ha detto che il suo regalo di Natale è stato molto particolare e che.. oh, al diavolo l’essere misteriosa. Vi siete baciati e non mi dici niente?- esclamò e James saltò in aria, mettendosi sul volto un’aria colpevole che decisamente non ci sarebbe dovuta essere. Non era mica un reato, no?
-Ehm, avrei dovuto?- domandò il ragazzo, ben consapevole del fatto che si stava scavando una fossa con le mani e non una fossa qualunque, ma una fossa talmente profonda da fare schifo. I suoi rapporti con Alice stavano migliorando man mano che i giorni precedevano e l’aver condiviso certe esperienze e certe decisioni non aveva fatto altro che confermare la buona opinione che James aveva di lei. Ovviamente, questo episodio confermava anche la versione di Frank, cioè che Alice potesse essere davvero pericolosa una volta fatta arrabbiare.
-Lei non mi ha voluto dire niente, l’ho scoperto ieri, capisci? Perché le è sfuggito il tuo nome e poi si è messa le mani in faccia e...- cominciò a lagnarsi Alice, bloccata subito da James che si era tirato su e la guardava con gli occhi spalancati.
-Ha parlato di me? Dove? Come? Quando? Ah, lo sapevo, mi odia di nuovo, ecco, adesso avevo una minima chance l’ho sprecata. Alice, ti prego, dimmi che non mi odia.- James era il ritratto di una donna isterica e incinta, ma questo la ragazza evitò di dirglielo e lo spinse di nuovo sul letto, trattenendo una risata. Era esattamente questa la reazione che voleva ottenere. Si sarebbe sentita oppressa se avesse dovuto combattere non solo in quella stupida guerra, ma anche contro il ragazzo che aveva spezzato il cuore alla sua migliore amica.
-Ha detto che non sa cosa provare. Tu le piaci James, immagino che tu l’abbia capito e, se non l’hai fatto, permettimi di insultarti. Solo che magari si aspettava qualcosa di più da te, non credi?- domandò Alice e James sentì un tuffo al cuore.

Buffo che in tutta quella situazione – l’omicidio dei genitori di Lily, la notizia di Silente, la guerra in generale, l’appena passata luna piena di Remus– lui stesse chiuso in una stanza a parlare con Alice Prewett dei suoi problemi di cuore.
-Io... sì, cioè. Questa sera. Faccio qualcosa stasera. Il primo dell’anno, Capodanno... non sono occasioni che sono notoriamente romantiche?- chiese e Alice sbuffò, cacciandosi una ciocca di capelli dietro la testa con un gesto secco della mano. Quel ragazzo era il massimo dell’originalità, sicuramente.
-James, per quanto Lily possa essere una ragazza romantica e tutto, non pensi che trattandosi di Lily Evans bisognerebbe puntare un po’ di più sull’originalità?- Alice stentava a rimanere seria, mentre James annuiva e si mordeva un labbro con forza, l’aria confusa eppure decisa a fare qualcosa.
-Bene... quindi... penso...- disse, incerto, mentre si sentiva un bambino alle prese con la prima cotta. Essenzialmente lui era un bambino alle prese con la prima cotta, visto che Lily Evans era stata la prima ragazza che gli aveva detto di “no” che lui aveva continuato ad amare nonostante tutto...
-Tu pensa, Potter. Io vado a prepararmi. Lily ha convinto tua madre a lasciarci almeno il gazebo in giardino. Ah, e prima che mi dimentichi. Se la fai soffrire, ti uccido.- concluse lei, con un sorriso soddisfatto sulle labbra. James deglutì e all’improvviso la scena gli sembrò eccessivamente surreale.
-Alice!- urlò, prima che lei uscisse –Alice, ma queste cose non le dicevano solo nei libri o nei film babbani?-
-James... potrei dire la stessa cosa della tua demenza...-

 
                                                                                          ****

-Mancano dieci minuti, Black. Dieci minuti e potremo salutare uno scoppiettante 1978. Ci pensi? E’ incredibile, davvero assurdo...- stava esclamando Mary, rallegrata da due bicchieri di champagne. Sirius sorrideva e le teneva un braccio sulle spalle, l’altra mano che reggeva un bicchiere ed indicava il cielo stellato sopra il giardino. Entrambi erano stati particolarmente vicini per tutta la sera e Lily era sicura che sarebbe successo qualcosa di importante, prima o poi.
-Mary, tesoro. Non ti vorrei dire niente, ma ogni 365, massimo 366 giorni cambia l’anno. E’ così da parecchio, sai?- disse Alice, interrompendo una discussione filosofica appena intrapresa con Frank- arrivato apposta per l’occasione- e Remus a proposito dei fuochi d’artificio babbani.
Peter interveniva ogni tanto nella discussione, sorridendo e annuendo. James e Lily erano seduti accanto a loro, le gambe incrociate in una posa pressocchè identica e il sorriso sulle labbra.
-Non puoi rovinarmi le idee così, Alice, però, accidenti. E’ meraviglioso che arrivi il 1978, non trovi?- trillò Mary e Lily scoppiò a ridere, di fronte all’espressione scoraggiata di Alice.
-Assolutamente fantastico Mary. Ora torna nel tuo universo idiliaco con Sirius...- brontolò Alice e Mary tornò a commentare su quanto incredibile fosse il Capodanno con Sirius, che la ascoltava, interessato.
-Lily? Quanto è ubriaca Mary?- chiese James e trovò che fosse una buona idea passarle un braccio dietro le spalle. Lei non si scostò, ma si concesse un’altra breve risata.
-Più o meno come Sirius...- disse e controllò per la terza volta l’orologio. I minuti stavano scemando, ormai erano solo trecento i secondi che li separavano dall’anno nuovo. James la guardò e ripensò alla sua conversazione con Alice del pomeriggio.
-Allora siamo messi male, cosa ne dici?- esclamò James, guardando Sirius che iniziava a dondolare con Mary che lo assecondava strillando “Millesettecentonovantotto... Ops! Millenovecentosettantotto!”
Il discorso di Alice si era fatto più acceso e ora era lei ad essere schierata contro Remus e Peter, spalleggiata occasionalmente da Frank che, nonostante pensasse il contrario di quanto diceva la sua ragazza, non voleva concludere l’anno in una rissa.
-Non troppo. Comunque ha ragione Mary, non vedo l’ora che arrivi l’anno nuovo. Ci sono troppe cose che vorrei lasciarmi dietro, cose che vorrei dimenticare. Anzi, meglio. Vorrei essere in grado di ripensarci ed essere in grado di essere abbastanza forte da non crollare...- sussurrò Lily e James si avvicinò a lei, riuscendo a sentire il profumo all’arancia dello shampoo della ragazza. Ogni sua parola era vera, sincera. Ogni sua parola era intrisa di dolore e di forza.
-Anche io sono tra le cose brutte da dimenticare?- domandò lui, colto da un dubbio terribile ed angosciante. Lily si girò e gli sorrise, scompigliandogli la frangia con la punta delle dita.
-No. Tu sei una di quelle cose che mi impedisce di voler dimenticare tutto.- la sincerità nella voce di Lily era disarmante e lasciò James stupefatto, gli occhi spalancati e una mano alzata a mezz’aria.
-Quanto hai bevuto, Lily?- chiese, allungando il collo per vedere il flute della ragazza. Ma non c’era nessun flute, nessuna giustificazione. Lily arrossì e per una volta si sentì una semplice adolescente che tentava di confessare i propri sentimenti. Era inesperta, spaventata eppure sentiva un calore che le prendeva le guance e le strisciava all’interno. Ogni molecola del suo corpo era consapevole dello scorrere del sangue nelle sue vene e delle piccole molecole di anidride carbonica che uscivano dalle labbra di James e si disperdevano nell’aria vicina a lei.
-Il 30 gennaio è il mio compleanno. Mi farai un regalo, Potter?- domandò lei, la voce bassa e un sorriso leggero sulle labbra.
Alice stava guardando l’orologio e faceva il conto alla rovescia urlando come una pazza, un braccio di Frank intorno alla vita e la mano stretta a quella di Peter. Mary e Sirius si erano cambiati e strillavano a loro volta i numeri che li separavano dall’anno nuovo.

-Vuoi uscire con me, Lily?- James era tranquillo, mentre guardava i secondi scorrere lungo il quadrante dell’orologio. Si strinse nel mantello e tirò la manica fino alla punta delle dita, cercando di mantenere una temperatura corporea decente.

-Cinque-

Lily era arrossita e aveva un labbro stretto tra i denti. Gli occhi erano pieni di confusione, eppure non sembrava essere preoccupata o terrorizzata, ma piuttosto sembrava pervasa da una calma glaciale.

-Quattro-

Mary stampò un bacio fragoroso sulla guancia di Sirius e Alice si strinse di più a Frank, mentre Remus strofinava le nocche contro la spalla di Peter.  Lily era ancora in silenzio, ma stava iniziando a sorridere.

-Tre-

Da qualche parte, in Inghilterra, Severus Piton stava osservando il cielo accucciato accanto ad un muro sporco, i piedi che sfioravano i bordi di un canaletto di scolo puzzolente. Una bottiglia di Burrobirra nella sua mano sinistra faceva compagnia ad una sigaretta, abbandonata accanto ai suoi piedi. Il volto di Lily era stampato nella mente del ragazzo, un’immagine così dolorosa da sembrare irreale, così contrastante con il bruciore continuo del Marchio sul suo braccio.

-Due-

Dorea sorrise, mentre qualcuno le porgeva un bicchiere di spumante e si avvicinava alla finestra, avvolto in una pelliccia esotica. La foto di Charlus sorrideva dal caminetto e qualcuno aveva posato un bicchiere accanto ad essa, probabilmente una dimenticanza. Il sorriso di Dorea si fece più largo, nel vedere i ragazzi che si stringevano in un abbraccio collettivo, raggiunti anche da James e Lily che continuavano a stare vicini.

-Uno-

Le labbra di Lily si avvicinarono all’orecchio di James, per superare le urla di Mary.

-Sì, Potter, direi di sì...-

-Buon anno!-
















Writ's corner
E io, invece, vi auguro Buone Vacanze.
Accidenti, come ho detto prima non pensavo sarei riuscita a scrivere questo capitolo.
Ma ce l'ho fatta ed eccoci qui, dunque.
Nelle ultime scene il tono cambia, la scena è meno drammatica. Probabilmente verrò contestata per questo, ma ho fatto tutto ciò perchè pensavo che comunque, anche se sono in guerra e tutto, questa è la storia di ragazzi di diciassette/diciotto anni e non sarebbe giusto essere sempre tristi e drammatici.
Avete notato come io tenda a tirare sempre in ballo i "dieci minuti"? Poveri, loro non hanno alcuna colpa... ahah

Ok. Per ogni domanda, visitate la mia pagina facebook o il mio account twitter (cercate @Writ96)
Bacioni
Writ

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Capitolo 20
*** 20. Compleanno ***



Il braccio di Severus prudeva.
Il ragazzo aveva la forte tentazione di grattarlo e si tratteneva, la mascella contratta e gli occhi che vagavano quasi istericamente per la Sala Grande, nascosti dai capelli sporchi. Strinse la presa sulla forchetta e sentì il poco calore che aveva in corpo fluire sul metallo e un pensiero, istantaneo e doloroso gli attraversò la mente.
Anche il male che era dentro di lui si sarebbe diffuso per il mondo semplicemente toccandolo?
Un ragazzo alla sua destra fece una battuta volgare e si sentì tutta una serie di grugniti e risate che si diffondevano tra le panche e Severus si costrinse a sorridere, mentre il prurito aumentava e lui provava l’ardente desiderio di grattarsi l’avambraccio sinistro.
-E tu Severus, cos’hai fatto di divertente? Non ci hai raccontato niente delle tue vacanze…- la voce di Mulciber si levò improvvisamente nella sua direzione e Severus strinse di nuovo i denti, mentre scuoteva la testa e lo guardava negli occhi.
-Niente. Non ho fatto niente.- rispose, prima di tornare a guardare la propria forchetta. Nessuno lo considerò più e lui potè continuare a mangiare il suo purè di patate, ormai freddo, tentando di ignorare il prurito.
-Niente…- ripetè sottovoce. –Durante queste vacanze non ho fatto niente di buono.-
 
                                                                                 ****

La mattina del 30 Gennaio, Lily Evans si svegliò con un mal di testa lancinante.
Aveva sognato i suoi genitori –di nuovo- e non appena si era resa conto di che giorno fosse era stata assalita da un cocente e intenso dolore. Si tirò su dal letto e si accorse del buio che ancora riempiva la stanza, segno del fatto che era ancora troppo presto perché Mary e Alice si svegliassero e la riempissero di urla, abbracci e baci. Allungò una gamba e si accorse di avere tutto il muscolo contratto, probabilmente il rimasuglio di un crampo notturno.

Si guardò intorno e il suo sguardo scivolò sulle figure ancora addormentate delle sue compagne di stanza, che si distinguevano solo dal modo di dormire: un braccio di Alice era buttato fuori dal letto e sfiorava il pavimento e un piede era sopra le coperte, le dita appena incastrate sul lenzuolo, mentre Mary era completamente avvolta nelle coperte e con il cuscino per terra. Un sorriso cercò di farsi spazio sul suo viso, ma con pochi risultati, mentre le immagini del sogno appena avuto le riempivano gli occhi.
Da quando le vacanze erano finite, aveva imparato a far convivere dolore e quotidianità e spesso si era ritrovata a desiderare di poter allungare la notte semplicemente per poter rimanere da sola con se stessa un po’ di più. Le persone le sembravano diverse ora e aveva imparato facilmente anche a riconoscere i segni delle notti insonni, del dolore che tormentava la mente e l’indifferenza sforzata nei volti di tutti. Non era tanto il dolore a lasciare il segno, quanto più la rassegnazione ad esso.

James le era rimasto vicino in silenzio, accontentandosi di abbracciarla di tanto in tanto e di ascoltarla semplicemente con un sorriso divertito quando si lanciava in una tirata senza senso sul troppo carico di lavoro o sull’antipatia di un qualche professore. Sirius, Remus e Peter avevano accettato senza fare troppe domande il suo aiuto durante la notte di Luna Piena che era passata da poco e quando Remus aveva provato a protestare, lei lo aveva zittito con un incantesimo e aveva continuato a mescolare la Pozione Lenitiva che stava preparando da un paio di giorni, mentre Mary fasciava preventivamente un braccio di Sirius e Alice indicava a Peter in quali zone era più comodo nascondersi quando Remus era fuori controllo.
Lily sbadigliò piano e si alzò, mentre i piedi freddi aderivano al terreno e una serie di brividi le attraversavano i polpacci. Si diresse verso il bagno e avvicinò le mani al rubinetto, raccogliendo l’acqua tra le dita e avvicinandosela alla bocca. Bevve un sorso e immediatamente il fresco dell’acqua si oppose al calore del fuoco che aveva sognato.
Era così la vita, in effetti.
Tutto era l’opposto di tutto, alla fine. Anche il fresco, la pace esistevano solo per differenziarsi dal fuoco e dal dolore.

Scosse la testa e si guardò allo specchio, scorgendo solo i contorni della propria figura. Allungò le dita verso il vetro e toccò quella superficie liscia lasciandovi sopra delle goccioline d’acqua, una scia che andava dal basso verso l’alto, fino a quando non incontrò il bordo dello specchio. Si aggrappò a quello con le dita e rimase così per qualche istante, aggrappata alla se stessa riflessa solo in parte, alla se stessa indefinita, quella che ancora forse non ne sapeva niente della vita ma che la guardava senza farne parte. Respirò profondamente e poi si drizzò, deglutendo rumorosamente e allontanandosi dal lavandino e dallo specchio. Tornò a letto, scostando le coperte silenziosamente e infilandosi dentro di esse, la testa quasi completamente ricoperta e i piedi che si strofinavano l’un l’altro alla ricerca di calore. Chiuse gli occhi e si chiese per quale ragione fosse così freddo.

-Buongiorno vecchia tonta!- le urla di Alice fecero sobbalzare Lily, che spalancò gli occhi contro il cuscino, la bocca leggermente aperta.  Si girò sulla pancia e vide la testa della sua amica appena sopra di lei, un sorriso enorme che stonava con le onnipresenti occhiaie e i capelli sparati ovunque.
-Mmhaaanno…- il mugolio di Mary arrivò indistinto e Lily fu quasi sicura di aver capito che contenesse degli auguri. Sorrise e si sollevò sui gomiti, scoprendo di avere i piedi freddi nonostante fossero stati tutto il tempo sotto le coperte. Aveva la strana sensazione di aver fatto un brutto sogno ed era certa che, prima o poi durante la giornata, se ne sarebbe ricordata di nuovo e non sarebbe stato piacevole, eppure non se ne curava, intenta a godersi quell’ultimo calore che precedeva il risveglio definitivo.
-Grazie mie piccole sottoposte…- disse sorniona, mentre Alice sbuffava ribattendo che in fondo lei aveva solo qualche settimana in meno di Lily. Mary rotolò giù dal letto e sospirò mentre si avvicinava al letto di Lily, i capelli scarmigliati e una mano che copriva la bocca spalancata a causa di uno sbadiglio. Era quasi certa di averla sentita muoversi quella notte, ma non ne era sicura, visto che aveva dormito malissimo, sognando per l’ennesima volta quello che le aveva fatto Mulciber al quinto anno. Istintivamente rabbrividì, ricordando come la morsa delle piante che le si erano avviluppate intorno al corpo sotto l’incantesimo degli aspiranti Mangiamorte le avesse tolto per qualche istante la facoltà di respirare, lasciandola lì tremante e sicura di morire.
-Allora, come pensi di festeggiare, Lils?- domandò Alice in quell’istante, un sorriso che le solcava il volto e le mani che si muovevano frenetiche. Mary notò come si comportasse in quella maniera per nascondere il nervosismo e si rese conto che quella notte non doveva essere stata l’unica a sentire Lily muoversi inquieta quella notte. Entrambe avevano passato quelle ultime settimane terrorizzate da una possibile ricaduta di Lily e, benchè quest’ultima se ne ricordasse raramente, erano poche le notti che passavano senza urlare o agitarsi la notte.
-Non ne ho idea. Probabilmente, passerò una giornata serena e tranquilla e vi darò ordini usando come scusa il mio compleanno.- rispose e Mary scoppiò a ridere, attirandosi addosso un’occhiataccia da parte di Alice.
-Benissimo, vecchia despota. Allora se è così che vuoi fare non ti darò il mio regalo.- esclamò risoluta l’amica e Lily sobbalzò per sbaglio, alzando un braccio per togliersi una ciocca di capelli dalla fronte, il braccialetto bianco che scivolò dal polso arrivando a metà avambraccio.

Era sempre stato lì da quando per la prima volta l’aveva messo ed era ogni volta che lo guardava motivo di gioia e di dolore. Lily era affezionata a quella sottile catenina che le cingeva il polso, ma allo stesso tempo avrebbe preferito non averla mai ricevuta. A volte le capitava di giocherellarci senza farci attenzione ed era come se fosse sempre stato lì e avesse sempre fatto parte di lei e questo, quando lei se ne accorgeva, la rendeva immensamente triste. Si rendeva conto che era come se il dolore le fosse entrato dentro e avesse iniziato a far parte del suo essere e della sua quotidianità.
-Scommetto che in realtà Ali nemmeno le interessa riceverlo…- la schernì Mary, scuotendosi i capelli e sedendosi sul letto di Lily con malagrazia. La ragazza la spinse di lato e Alice, scossa la testa con rassegnazione, si alzò e iniziò a cercare qualcosa nel proprio baule.
-D’accordo. Allora se non vuole riceverlo me lo terrò io il meraviglioso maglioncino di Madama McClan verde bottiglia fatto si misura, no?- ribattè Alice, sorridendo e tirando fuori un pacchetto. Lily strillò e si alzò di corsa, fiondandosi sull’amica e stringendo lei e il pacchetto in una morsa delle braccia. La sentì ridere sotto di sé e poco dopo venne avvolta anche dalle braccia di Mary, che si era avvicinata borbottando contro quelle persone che una volta che ti fanno andare da una parte poi si spostano.
-I miei timpani non immaginavano che questo ti avrebbe resa così felice!- esclamò Alice ridacchiando e allontanandosi un po’ dall’amica per osservarla mentre si infilava il maglione sopra il pigiama e gironzolava per la stanza cercando di specchiarsi sul mogano lucido dell’armadio.
-C’è uno specchio in bagno, sai, Evans? Potrebbe essere un po’ più comodo…- esclamò Mary e Lily la mandò a quel paese mentre si fiondava nella stanzina attigua per guardarsi.
Fu un attimo e le immagini di quella notte, piene di disperazione e di tristezza si fusero a quelle gioiose della mattinata e a Lily si mozzò il fiato, il braccialetto che le ripiombava freddo sul polso che la costringeva a rendersi conto della realtà. Scosse la testa e si guardò di nuovo allo specchio, il sorriso congelato sul volto e la faccia improvvisamente pallida, sulla quale le lentiggini spiccavano in modo evidente.
-Allora? Ti ha mangiato lo specchio oppure pensi che sia l’ora giusta per scendere a mangiare qualcosa per colazione?- chiese Alice dall’altra stanza, un sorriso invisibile che le solcava la mente.
-Arrivo, brutto stomaco con le occhiaie!- esclamò, guardandosi ancora in volto e cercando di cancellare ogni traccia di dolore da esso.
Era il suo compleanno. L’unico giorno completamente suo che avesse a disposizione in un anno.
Mary rise e spintonò Alice, che aveva portato le mani al viso e si sfiorava gli occhi come cercando di trovare delle occhiaie.
Sarebbe andata bene. Era la giornata di Lily.

                                                                                              ****

-Auguri piccola Evans!- la abbracciò Sirius non appena la vide. Lei rise e scalciò mentre lui la sollevava di peso e la trascinava in mezzo alla Sala Grande. Remus arrivò a darle man forte e una volta che l’ebbe staccata dall’amico si premurò lui stesso di incrinarle qualche costola abbracciandola. Peter la raggiunse e la abbracciò subito dopo che l’ebbe fatto Remus e le stava ancora dando delle pacchette sulla schiena quando una voce allegra lo raggiunse da dietro.
-Pete, se non ti dispiace, vorrei fare gli auguri alla vecchietta della situazione…- esclamò James, arricciando il naso e avvicinandosi a Lily che rispose con una linguaccia e si portò una mano alla faccia.
-Sono così piena di rughe?- domandò, ma James le tolse la risposta limitandosi ad abbracciarla, posandole il naso contro la spalla. Le braccia di James erano calde come sempre e sembravano avvolgerla del tutto mentre lei si aggrappava ad esse, un abbraccio che differiva del tutto da quelli degli altri. Le apparteneva, Lily lo sapeva. Era totalmente suo quel calore.

-Sei morbida…- le sussurrò James in un orecchio e lei sorrise, prima di allontanarsi, tenendo la schiena tesa così da non sfuggire troppo alle braccia del ragazzo.
-Mi stai dicendo che sono grassa?- sbuffò, fingendosi offesa. James rise e la attirò nuovamente a sé.
-Veramente sto dicendo che il tuo maglione è particolarmente morbido. E’ nuovo?- chiese, prendendola in giro ed intercettando l’occhiolino di Alice, che sorrideva compiaciuta alla vista dell’intera scena. Lily sbuffò di nuovo, sentendosi molto simile ad un cavallo e scosse la testa.
-Sì, James. Non pensare che io non me la prenda perché mi hai detto che sono grassa.- sussurrò e James, in tutta risposta, la strinse di nuovo, assicurandosi l’attenzione e le risatine di alcune ragazzine del terzo anno.
-Dopo che la gran coppia ha dato prova del suo amore, possiamo mangiare?- chiese Alice e Mary le diede una botta sul braccio, mormorando uno stizzito “Ricordami chi è quella che sta sempre appiccicata al suo ragazzo, ti prego…”

Lily si sedette a tavola mentre altre persone –le poche ancora presenti in Sala a quell’ora di mattina- le si avvicinavano per farle gli auguri. Era strano lo sguardo che leggeva nei loro occhi, una compassione mista allo sforzo di non sembrare pietosi. Le venne quasi da ridere, perché quelle persone non avevano capito che non è con la pietà che curi un dolore, né con l’impassibilità che rendi invisibile la pietà. Certo, lei stessa non riusciva a pensare a se stessa in toni non pietosi talvolta, ma aveva creduto che almeno agli altri fosse passata quell’aria di condiscendenza. Quello che non capivano era che quel dolore era suo. Faceva parte del suo essere e ormai l’aveva accettato, benchè piuttosto tristemente, così come aveva accettato la presenza di quel braccialetto che era stato l’ultimo regalo dei suoi genitori. Se gli altri l’avessero capito quel dolore non l’avrebbero guardata con pietà, ma probabilmente con paura, perché lei si sentiva come una bomba troppo piena di una vita che in parte non meritava di appartenerle.
-Allora…- James la distolse sorridendo dalle sue riflessioni –Cosa pensi di fare oggi?-
Lily scosse le spalle e lui ridacchiò mentre Peter rovesciava un po’ di thè sulla mano di Sirius, che rispose con un ringhio canino alle scuse dell’amico.
-Darti ordini e pretendere che tu li esegua alla lettera…- rispose sinceramente, con un sorriso splendente sulle labbra. James rise apertamente e Mary si allungò nella sua direzione.
-Ti ha detto della sua idea di dare ordini a tutti noi, oggi?- chiese e James annuì, passando poi un braccio intorno alle spalle della ragazza vicina a lui.
Il loro rapporto era cambiato leggermente. C’erano stati un paio di baci occasionali, lasciati con leggerezza eppure allo stesso tempo con devozione, ma niente che avesse sancito l’inizio di una vera relazione. Erano come due amici che stavano vedendo il loro affetto sconfinare in qualcos’altro, ma la cosa non li infastidiva: sembrava il giusto epilogo da applicare a quella sorta di stupida guerra che li aveva accomunati per anni.
-Quanto mi piace il suo essere terribilmente despotica?- domandò retorico James, con un sorriso che andava da un lato all’altro del volto. Lily sbuffò e afferrò la tazza in mano.
-Thè!- pretese, sbattendola sotto il naso del ragazzo e facendola ondeggiare.
-Accidenti, James. Hai la suocera, la moglie incinta, la figlia piccola e l’amica despotica tutte riunite in una sola persona!- commentò Sirius, mentre Remus si sfiorava il mento.
-Credo che tu abbia dimenticato la zietta che pretende che tu la serva quando la vai a trovare.- commentò poi, spostando la mano dal mento e brindando con la tazza con Sirius, che ridacchiava divertito.
-Pensavo che oggi fosse il mio compleanno, non il Giorno Nazionale Prendiamo In Giro Lily…- commentò acida e Alice scosse un po’ la testa, guardandola con disapprovazione.
-Tesoro, temo che in realtà qualcuno abbia cambiato la dicitura del giorno sul calendario mentre tu dormivi…- rispose Alice, sorridendo amabile e facendo sorridere James.

Lily si irrigidì e una nuova immagine di quella notte –questa volta tratta direttamente dall’incubo- le passò per la mente, facendole tremare leggermente una mano e facendo sì che cadesse qualche goccia di thè sul polso di James, che si girò a guardarla pronto a rimproverarla e se la vide davanti con quell’aria preoccupata.
-Lily?- chiese, ma lei scosse la testa e mimò un “Niente” con le labbra prima di tornare a chiacchierare come se nulla fosse. James la osservò, passando con gli occhi sul profilo della ragazza e concentrandosi su quelle labbra piene curvate in un sorriso che ora sembrava un po’ tirato. Avrebbe voluto parlare con lei, ma non era quello il momento adatto.
-Bene, meravigliosa gente. Vado di sopra a prendere un paio di libri e torno qui. Studiamo un po’ insieme fuori?- chiese Lily alzandosi dalla tavola. I ragazzi annuirono e lei scivolò lungo la panca fino ad uscire dalla Sala.

I corridoi erano vuoti e silenziosi e i suoi piedi calpestavano con forza il terreno producendo un rumore acuto e ripetitivo. Era contenta che nessuno l’avesse seguita. Dal giorno della tragedia, la gente aveva cominciato a capire volto di più il suo bisogno di solitudine.
In quel momento una figura le tagliò la strada sbucando da dietro un angolo e Lily ebbe il tempo di vedere lo sguardo del ragazzo che stava passando: due occhi neri che sbucavano da sotto le cortine di capelli troppo lunghi e troppo poco curati la trafissero e la lasciarono inchiodata in mezzo alla strada per qualche istante. Severus si fermò a sua volta, ricambiando il suo sguardo e studiandola con attenzione.
Lily aprì la bocca –avrebbe voluto parlare ma non aveva la minima idea di cosa dire- e poi la richiuse subito dopo, continuando a fissare il vecchio amico.

-Lily!- un urlo squarciò il silenzio e la ragazza si voltò per vedere James che correva nella sua direzione trafelato. Severus seguì il suo sguardo e corse via, rituffandosi dietro un altro angolo e facendo riecheggiare il suono di passi per tutto il corridoio.
-James?- chiese la ragazza, un po’ scossa, ancora confusa dall’incontro appena avuto. Non sapeva ben dire cosa avesse trovato negli occhi di Severus, ma era certa che almeno nei suoi non c’era la pietà che la circondava in ogni dove. Severus, nonostante tutto, era rimasto il ragazzo particolarmente perspicace di sempre.
-Ascolta. So che è la tua giornata per dare ordini, ma volevo chiederti una cosa io…- continuò James, lo sguardo che seguiva la traiettoria di Severus di poco prima.
-Sì.-
-Cosa sì?-
-Sì, ci vengo sabato prossimo ad Hogsmeade con te…- sussurrò Lily, avvicinandosi a lui e abbracciandolo. Le era uscito istintivo e quindi quasi non si accorse del ritardo che ebbero le braccia di James nel ricambiare.
-Oh, cavolo. Sono contento. Anche perché io ero appena venuto a chiederti se mi portavi giù la borsa…- ammise James, strizzandole un occhio in risposta all’espressione improvvisamente colpevole di Lily.
-Oh. Uhm. Ok…-
-E comunque sia, tranquilla. Sarebbe stata la domanda che ti avrei fatto un istante dopo…- sussurrò, avvicinandosi a lei e posando le labbra sulle sue per qualche istante. Lily sorrise e si allontanò con dolcezza solo dopo un po’.
-Uhm. D’accordo. Allora… vado su.- farfugliò, voltandosi e percorrendo il corridoio.

Da dietro un altro angolo, Severus era certo di aver appena sentito il proprio cuore disintegrarsi nel petto.




Writ's Corner
Mi si è cancellato tutto, prima, ma che cavolo!
Ok, dicevamo. Dopo solo... quattro mesi, aggiorno.
Ditemi che sono brava, su su *silenzio tombale*
Ok. Fa niente. Parliamo un po' del capitolo (sempre che qualcuno legga queste note, eh!)
-Lo stile: fa pena, lo so. Non avevo ispirazione e le parole uscivano troppo banali, le frasi sono piatte e il capitolo è orrendo. 
-Il braccialetto: è quello che Lily "riceve" dai suoi genitori per Natale. A ripensarci a posteriori, dovrei cambiare un sacco di cose in quei capitoli, ma non ho mai il tempo o la voglia di farlo.
-Severus: Lily non capisce che lui non ha pietà per lei perchè tutta quella che ha è rivolta a se stesso. E il braccio che gli prude, sì, è proprio quello con il Marchio.
-James: la storia si evolverà, I swear. u.u Inoltre, avete presente il dialogo del "sei morbida"? Ecco, è successo davvero tra me e il mio migliore amico. :')
-La storia: si evolverà, non temete. Adesso so che è statica e fa pena.
-La depressione cronica: ultimamente sono una depressa. Vi spammo un po' e vi dico che, se vi va di passare, ho due storie depresse e deprimenti pubblicate da poco: I Don't forget You e Gray Scarf (questa è sugli One Direction. Prima che mi insultiate, sappiate che è nata come originale e poi ci ho aggiunto un cognome che le ha fatto cambiare fandom. So che molti Potterheads odiano le Directioners, però credetemi se vi dico che sono la solita vecchia Writ)


Bacioni e ringraziamenti a tutti (alla U. che mi incita sempre a scrivere, all'Ali e alla Pot che sono due pecore, alla Nals che nonostante tutto mi segue. <3)

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Capitolo 21
*** 21. Hogsmeade ***


Non ci sperava più nessuno, eh?
Leggete, leggete e non ignorate le note autrice sotto: c'è una domanda super importante a cui rispondere







Uno strato sottilissimo di neve ricopriva tutta la passerella che collegava una riva del piccolo Wound River all’altra e Lily era certa che si sarebbe spaccata la schiena o qualche altra parte del corpo di una certa importanza prima di essere arrivata dall’altra parte. James sembrò accorgersene, perché si girò e le sorrise, serafico, prendendole poi un braccio da bravo gentleman  e conducendola fin dall’altro lato senza fare un frizzo, continuando a guardarla di sottecchi in attesa di chissà cosa. Quando lei se ne accorse sorrise, liberando il braccio dalla presa di James e allontanandosi di qualche passo prima di iniziare a camminare all’indietro.

-Allora?- chiese lui, il cappello che gli copriva le orecchie e lo faceva sembrare un bambino troppo cresciuto, con quel ciuffo riccio che spuntava da davanti come un fungo alla ricerca di gocce di pioggia. Lily rise da sola per quel pensiero e quando il suo piede prese in pieno un canaletto pieno d’acqua strillò senza riuscire a smettere di ridacchiare. James si unì a quella risata di cui non comprendeva minimamente il senso e si avvicinò alla ragazza con la bacchetta sguainata, asciugandole le calze con uno sguardo di rimprovero che stonava con il sorriso ancora congelato sulle labbra.

-Allora cosa?- chiese Lily, chiedendosi da dove le fosse uscita tutta quell’allegria improvvisa. Si era svegliata, quella mattina, consapevole del fatto che fosse sabato e che sarebbe dovuta uscire con James e tutto le era sembrato facile. L’ansia che pensava l’avrebbe assalita era scivolata via con la consapevolezza che se era sopravvissuta alla vergogna di avergli dato un bacio come regalo di Natale, poteva davvero sopravvivere a tutto.

-Non dici niente del tipo “Oh, sto uscendo con James Potter, ho appena violato l’articolo numero centoventisette bis della Costituzione Evans”? Non mi guardi male?- scherzò lui, chinando la testa e fissandola con insistenza come a cercare di carpirne oscuri segreti. Lily ridacchiò di nuovo, sentendosi molto sciocca e frivola, eppure leggera allo stesso tempo e alzò le mani verso l’alto, i palmi all’insù e le dita tese.

-Ti guarderei male se non avessi quel cappello con il ciuffo all’infuori che è troppo ridicolo e... no. Penso che se dovessi stare a contare tutte le cose che non pensavo mai di poter fare e che invece ho fatto, questa sarebbe decisamente considerata un problema minore...- scherzò, abbassando le braccia e girandosi per guardarlo e sistemargli la cuffia con la punta delle dita, reticente a toccarlo troppo. Il braccialetto le scivolò fino alla mano e cozzò con la fronte del ragazzo senza che lui se ne accorgesse.

-Cos’hai contro il mio cappello? E che fine ha fatto il buon vecchio “Non provare a chiamarmi Lily”?- mormorò lui, una smorfia confusa sul viso, dovuta anche all’intimità involontaria del gesto che stava facendo la ragazza in quel momento, sistemandogli il colletto della giacca con mosse delicate ma decise, quasi abituata a farlo. Lily scosse la testa e lasciò le mani posate sul petto del ragazzo, restia a staccarsi.

Che fine aveva fatto, davvero, tutta la sua determinazione? Forse le era successo come ad uno di quegli organismi che, al posto di combattere i batteri o i corpi estranei, semplicemente preferiscono ingerirli, rendendoli parte di sé. Doveva essere andata così, si disse Lily, perché non c’era altra possibile spiegazione alla sua incapacità di staccarsi da Potter: era entrato a far parte di lei ed era stata proprio lei a volerlo.
Si strinse nelle spalle e sorrise, lasciandosi poi stringere in un abbraccio delicato che arrivò da solo da parte del ragazzo, senza che lui potesse farci niente.
-Ti sei rammollita, Evans...- borbottò James e lei rise, in risposta, soffiandogli sul collo.

-Allora, dove mi porti?- gli chiese poi, staccandosi e lasciando che lui le afferrasse la mano, timoroso ma allo stesso tempo naturale, come se non avesse fatto altro in tutta la sua vita. Sembravano due bambini che camminavano insieme, dondolando le braccia e facendo attenzione ad avere i piedi che si muovessero con lo stesso ritmo.
-Ah, ti devo portare io da qualche parte? Non lo sapevo...- ammise lui, passandosi una mano sul ciuffo che sfuggiva dalla cuffia.
-Ma scusa, eh, mi hai chiesto tu di uscire. L’hai fatto per tre anni e passa, un piano dovrai pur avercelo, no?- ridacchiò Lily, iniziando a tirarlo verso Mielandia senza avere delle intenzioni precise. Aveva fame, non era riuscita a mangiare niente, quindi perché non andare in un posto dove davano cibo?
-Sì, ma non ho mai realmente pensato che potessi dirmi di sì. Come ci speravo, litigavamo. Era un meccanismo causa-effetto: James spera, Lily si arrabbia particolarmente.- disse candidamente e Lily si appellò con forza a tutto il proprio autocontrollo per non saltargli addosso e stringerlo lì, in mezzo a tutti. Era così sincero, James. Non aveva filtri –il che spesso era più un male che un bene- e non esitava a dirti la verità.

-Oh, beh, ho fame. Andiamo da Mielandia, muoviti.- gli ordinò Lily, entrando con il sorriso stampato sul volto. Si diresse con sicurezza verso il bancone dei nuovi prodotti e rimase a guardare le Sirene di Zucchero che si muovevano, vanitose, sotto gli sguardi attoniti dei clienti.
-Tu ci credi alle Sirene nel Lago Nero, James?- chiese, girandosi e guardandolo intento ad ammirare un Set Di ChocoQuidditch in miniatura. Lui sembrò risvegliarsi ed annuì, muovendo la testa con convinzione.
-Io credo a molti dei segreti che si dice siano custoditi ad Hogwarts. Sirene, Piovra Gigante e Unicorni compresi. Voglio dire, tutti ne parlano, quindi tutti li considerano una leggenda. E se fosse solo la più geniale delle coperture? Se fossi un Babbano, saprei con certezza dell’esistenza della magia, visto quante ne hanno dette durante i secoli: magari sono tutte teorie sbagliate, però si basano su un qualcosa di vero.- buttò fuori tutto d’un fiato, per poi arrossire e guardare Lily come se avesse esagerato e si fosse aperto troppo. Lei, d’altro canto, era piacevolmente sorpresa e non riusciva ad impedirsi di sorridere.
-Sai che sono d’accordo con te, Potter? E’ strano, ma sono d’accordo con te.- annuì, prima di girarsi e soffocare un gridolino estasiato di fronte alle boccette pieno di inchiostro di liquirizia.

-Potrei venirci a vivere, in un posto del genere.- esclamò, continuando a guardarsi intorno come se fosse la prima volta che entrava lì dentro. James la ammirò per qualche istante, chiedendosi come mai non avesse mai fatto caso, tutte le volte che l’aveva seguita per qualche istante nascosto sotto al Mantello, alla felicità infantile che la prendeva quando lei entrava lì dentro.
-Ti regalerò una Mielandia tutta tua, allora.- sussurrò e lei si voltò a guardarlo, sorridente come poche volte era stata.
-Grazie.- un ultimo sorriso, poi lei si perse nella folla che portava alla cassa, i capelli che le svolazzavano dietro alle spalle.

James si chiese per quanto sarebbe durato quello stato di quiete, quell’allegria e spensieratezza che sembravano così irrisori rispetto a tutto il dolore di poco tempo prima. Sperò che la risposta fosse quel maledetto “sempre” che anche nelle storie che gli leggeva sua madre da piccolo gli appariva un po’ scontato e poco credibile. Era buffo, era un mago e poteva credere in tutte quelle cose ritenute impossibili, ma il sempre, quella parola lì, proprio gli risultava difficile da pronunciare e da pensare. Sempre poteva essere un secondo, un minuto, una vita, cent’anni, a parer suo. Dire “ti amerò per sempre” era, per lui, come porre dei paletti, anche se invisibili. Ti amerò, diceva, dentro di sé, guardando Lily. E allo stesso tempo, sperava comunque di poterle regalare un sempre di pace.
 

                                                                                            *****


-Una Pluffa! Aveva bucato una Pluffa, ti rendi conto?- ululò James, tra una risata e un’altra, andando faccia avanti e colpendo il legno del tavolo. Lily rise altrettanto forte e poi si strofinò gli occhi con la punta delle dita, guardando il ragazzo davanti a lei con affetto. Aveva le guance rosse e i capelli terribilmente scompigliati e disordinati, piegati in angolazioni assurde a causa del tempo passato sotto il cappello di lana, eppure era così bello che a Lily si strinse il cuore.
-Come si fa? C’è un incantesimo anti-danneggiamento, su quei cosi!- esclamò, piegandosi in avanti per ascoltarlo. I calici di Burrobirra accanto a loro erano praticamente pieni e inviolati, contrastanti invece con il leggero laghetto che si era formato sotto i loro mantelli dopo che se li erano tolti per farli asciugare davanti al caminetto. James non aveva smesso un secondo di parlare e, benchè fosse stato anche leggermente irritante in alcuni momenti, Lily era certa di non aver mai riso così tanto, né di aver mai trovato qualcuno più ferrato di lui sul modo migliore di mangiare dolci di nascosto.
-Quei cosi si chiamano Pluffe, Lils, e non è un incantesimo anti-danneggiamento, quello che c’è sopra, quanto piuttosto una semplice ma efficace variante dell’Incantesimo Sladt che...- iniziò a vomitare fuori lui, muovendo avanti e indietro un dito con fare saccente. Lily riprese a ridere e anche lui si fermò, ridendo a sua volta e beccandosi una manata in testa. Lily lasciò lì la mano, le dita impigliate in un paio di nodi tra i ricci.

-Ma pettinarti, James?- chiese, ridacchiando piano, accarezzandogli il resto dei capelli, che alternavano ricci morbidissimi a punte più rigide, dove Lily sospettava lui avesse provato ad usare dei prodotti particolari. Gli strinse un po’ la cute e poi allontanò la mano, studiandolo mentre le faceva una linguaccia e poi prendeva un sorso dal proprio boccale.
-Ti sei pentita di essere venuta qui con me?- chiese, dubbioso e preoccupato. Lily scosse la testa e si strinse nelle spalle, sentendosi arrossire. Era così assurdo. Così normale. Così fuori dal resto del mondo e della vita, pensò, godendosi quegli attimi in cui l’unica cosa che la infastidiva era il legno duro della sedia su cui era seduta.
-No, direi di no. E tu? Ti sei pentito?- disse, beffarda, beccandosi un sorrisetto emblematico in risposta da James, che la guardò per qualche attimo senza dire niente.
-Avevo paura che le cose non andassero bene e che finissi per rendermi conto di aver sprecato anni e anni di tormenti a te e a me stesso. Ma... direi di no. Non mi pentirei mai di te.- lo disse con una tale convinzione e serietà che Lily allungò la mano verso la sua, stringendogliela come aveva fatto prima con le ciocche di capelli e sorridendo, le guance arrossate che nascondevano le lentiggini e le labbra che scoprivano i denti. Non avrebbe voluto fare nient’altro. Neanche alzarsi e baciare James, come aveva pensato poco prima, o dirgli quanto fosse diventato importante e quanto lei gli fosse grata. Voleva semplicemente rimanere lì, ad accarezzargli le dita in un gesto abbastanza intimo da essere preso come normale o quotidiano.

-Andiamo? Ho voglia di camminare un po’...- mormorò James, senza staccare la mano da quella di Lily, ma utilizzando l’altra per tirare fuori i soldi dalla tasca dei pantaloni. Lei annuì e sciolse a malincuore la presa per potersi rivestire, lasciando che il calore del mantello scaldato al fuoco rimpiazzasse quello della mano di James per qualche istante, prima che lui, quasi prepotentemente, riaffermasse il proprio dominio come fonte di calore per la ragazza. Lily sbuffò, indicando le monete gettate con noncuranza sul tavolo e, in cambio, James le diede una leggera spallata, che li trascinò entrambi fino ad uno dei tavolini lì accanto. La coppia di ragazzi che stava lì si girò a fulminarli con lo sguardo e James si scusò con un sorriso accattivante con la ragazza bionda a cui aveva spostato la sedia. Lei scosse la testa, fissandolo per qualche istante mentre Lily riprendeva a camminare, irritata.

-Sei gelosa?- le soffiò James in un orecchio quando furono fuori dal locale. Le strinse più forte la mano e lei divincolò il braccio, girandosi e trovandoselo vicino come aveva immaginato.
-Sì. Ma almeno ho la certezza di poterti affatturare in ogni momento, quindi sono tranquilla.- rispose con serietà lei, stringendo le labbra in una linea sottile.
-Per questo e non per quello che ti ho detto prima?- si lamentò lui e lei rise, più tranquilla, sentendo chiari i battiti del cuore nelle proprie orecchie e percependo bene come non mai ogni singolo refolo d’aria addosso. Avvicinò il naso a quello di James e lasciò che fosse lui a premere le labbra sulle sue con dolcezza, stringendola senza foga, quasi spaventato da quel contatto, prima di approfondire il tutto. A Lily venne da ridere, perché tutta quella situazione era davvero assurda, ma si accontentò di stringere un po’ più la mano di James e lasciare il proprio viso accanto al suo, i nasi ancora vicini e le labbra sollevate in un sorriso dopo che si furono staccati.

-Posso farti ingelosire ancora?- chiese lui e lei si allontanò di scatto, mettendo su un broncio che stonava con la situazione e la scena di poco prima.
-Sei irritante. Terribilmente irritante, lo sai, sì?- replicò lei, tenendosi a distanza di sicurezza mentre lui continuava a stringerle la mano, il pollice che tracciava piccoli cerchi sulla prima falange di quello di lei.

-Ma bacio bene.-
-Non c’entra niente.-
-Non l’hai negato!- scoppiò a ridere James, avvicinandosi di nuovo ed abbracciando Lily, posandole la testa sulla spalla e sentendola sciogliersi lentamente. Sorrise e le scompigliò i capelli con una mano, mentre lei gliene teneva posata una sulla nuca. Sembrava un gesto rituale, fatto apposta, e James pensò che non ci sarebbe stato niente di più bello da fare che renderlo davvero parte di una nuova quotidianità.


****



-Severus?- domandò Mulciber, avvicinandosi al ragazzo e guardando con interesse le sue mani contratte e le spalle appoggiate contro il muro, il respiro corto e spezzato. Severus non lo sentì, impegnandosi per riavere il proprio respiro normale e tranquillo, per differenziarlo da quello affannoso dei due ragazzi che fino a poco prima si erano baciati, in mezzo alla strada, allegri e stretti senza preoccupazioni.

-Severus.- ribadì Mulciber, dandogli una botta e scuotendolo.
-Ciao, non ti avevo sentito.- mormorò il ragazzo in risposta, soffiando su una ciocca di capelli che gli era scivolata sulle labbra.
-Chi spiavi?- chiese Mulciber e, davanti al silenzio di Severus, lo spinse via, scrutando anche lui da dietro un angolo e vedendo James e Lily scherzare, ignari.
-Ma quello è quel borioso di Potter? Con la Sanguesporco, quella, come si chiama...-
-Lily. Lily Evans...- pronunciò Severus, sentendo le parole che faticosamente gli uscivano dalla bocca, incastrandosi lungo la gola. Mulciber sembrò pensarci un po’ su, poi si girò verso il compagno con un ghigno sulle labbra.
-Sai, Severus? Se non fossi così talentuoso, probabilmente ora ti starei decisamente insultando per la maniera in cui guardi quella .- mormorò, malevolo. Severus si drizzò, stringendo i pugni.
-Non capisci niente.- disse, prima di andarsene.

Nessuno capiva niente.





Writ's Corner
Oh Godric Santissimo. Non ci speravate più, vero?
Beh, neanche io. La mia ispirazione per Combinazioni era andata a farsi fottere allegramente e io ero rimasta senza niente da scrivere. #divertente
In realtà ero davvero incerta su come scrivere il capitolo. La tentazione di aggiungerci alla fine un attacco di Mr Voldie era forte, ma poi mi sono detta che, vista la mia incapacità ad aggiornare in tempo, vi avrei solo fatto penare inutilmente e a lungo. Inoltre per quanto mi riguarda, gli attacchi e le lotte me li immagino fuori da Hogwarts oppure durante qualche missione dell'Ordine, quindi...
C'è poco da dire. Il capitolo, che Alyx5 ( <3 <3) ha gentilmente letto in anticipo per consigliarvi a me sembra un po' melenso e sdolcinato e non amo il pezzetto di James a proposito di sempre. Però volevo mettercelo giusto per collegarlo un pochino a Severus. In realtà di loro appuntamenti ne ho scritti tanti e mi sembra di essere tornata a Click, ma dettagli.

Proprio di Click volevo parlarvi. 
E' una questione seria alla quale pensavo già da un po': mi sono resa conto di quanto sia difficile occuparsi di due long su HP contemporaneamente, specie se sugli stessi personaggi. Mi sembra davvero irrispettoso nei vostri confronti continuare a farvi aspettare mesi e mesi per ogni capitolo solo perchè ho un'ispirazione ballerina e studio al Classico e non ho neanche tre secondi liberi quando ci si mettono i prof.
Perciò, mi trovo a farvi una domanda che si articola in tre risposte. 

Cosa devo fare?

a) Terminare Combinazioni in pochi capitoli, descrivendo ancora qualche scena Jily a Hogwarts e magari la prima missione dell'Ordine per poi scrivere un Epilogo che riassuma velocemente gli avvenimenti precedenti, ma in compenso allungare ancora Click -ho un paio di idee originali in testa- e magari studiare un possibile spin-off per Combinazioni.

b) Terminare Click in poco tempo con le ultime due o tre shots, ma dedicarmi di più a Combinazioni, pur continuando ad aggiornare con tempi lunghi, cercando di ampliare il discorso ma comunque inserendo non troppe altre cose.

c) Mantenere entrambe, con la consapevolezza che gli aggiornamenti saranno più radi del solito e che nessuna delle due storie verrà allungata più di tanto.

Ecco, scegliete. La seconda opzione è quella che a me piace di meno, perchè il pensiero di finire Click mi uccide dentro e del resto faccio un po' fatica a pensare di allungare questa storia senza andare nel banale. Però siete voi i lettori e io son serva vostra, quindi dovete scegliere voi.
Comunicatemelo nelle recensioni o, se non volete recensire, con un messaggio personale, oppure votando al sondaggio che metterò qui (la mia pagina facebook Jily). Diciamo che avrete tempo per... non so. Vedrò strada facendo.

Grazie comunque di tutto, davvero.
Love You All


Writ

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