Ashes&Wine

di Sissi Bennett
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lonely days are gone, I'm a-goin' home ***
Capitolo 2: *** Pierce right through me ***
Capitolo 3: *** And it feels like home ***
Capitolo 4: *** Don’t hang around ‘cause two’s a crowd on my cloud ***
Capitolo 5: *** Tell me baby, what's your story? ***
Capitolo 6: *** You should be knocking ***
Capitolo 7: *** Have you come to raise the dead? ***
Capitolo 8: *** Don't let me be the last to know ***
Capitolo 9: *** Tomorrow's a new day ***
Capitolo 10: *** And I'm lying like a child in your arms ***
Capitolo 11: *** The heartaches come and go and the scars, they're leaving ***
Capitolo 12: *** The day's still ashes and wine? ***
Capitolo 13: *** Love is only a feeling ***
Capitolo 14: *** I will leave a key for you outside my doorway ***
Capitolo 15: *** I want to be your obsession ***
Capitolo 16: *** Take me to the riot ***
Capitolo 17: *** We can be heroes just for one day ***
Capitolo 18: *** Because losing you is something I always did so well ***
Capitolo 19: *** I can't erase the things that I've done ***
Capitolo 20: *** Mustn't let them see me cry. I'm fine, I'm fine ***
Capitolo 21: *** Let the rain come down and wash away my tears ***
Capitolo 22: *** Even if you cannot hear my voice ***
Capitolo 23: *** I will try to fix you ***
Capitolo 24: *** Lord, I need to find someone who can heal my mind ***
Capitolo 25: *** I know you've got a lot of strenght left ***
Capitolo 26: *** I still do care about you ***
Capitolo 27: *** I could offer you a warm embrace ***
Capitolo 28: *** You're in my veins ***
Capitolo 29: *** Sinners are much more fun ***
Capitolo 30: *** Sweeter than Heaven and hotter than Hell ***
Capitolo 31: *** So long and goodnight ***
Capitolo 32: *** You'll always be mine ***
Capitolo 33: *** Losing what I never found ***
Capitolo 34: *** No feelings ***
Capitolo 35: *** So darkness I became ***
Capitolo 36: *** Big girls don't cry ***
Capitolo 37: *** Anybody out there? ***
Capitolo 38: *** Savin's what I need ***
Capitolo 39: *** Be the last to kiss my lips ***
Capitolo 40: *** Goodbye, my almost lover ***
Capitolo 41: *** It's all coming back to me ***
Capitolo 42: *** Until the end starts ***



Capitolo 1
*** Lonely days are gone, I'm a-goin' home ***


Ashes &Wine

Capitolo uno: Lonely days are gone, I'm a-goin' home

 

“Maybe I know, somewhere
Deep in my soul
That love never lasts
And we’ve got to find other ways
To make it alone
Or keep a straight face

And I’ve always lived like this
Keeping it comfortable distance”

 (The only exception- Paramore)

 

Quando Stefan vide quella lettera, posata sullo zerbino, appena fuori dalla porta, pensò di avere le allucinazioni.

La prese e se la rigirò tra le mani, esaminandola per cercare se, per caso, c’era stato un errore nella consegna. Perché mai qualcuno avrebbe voluto mandare una lettera lì, al Pensionato? Ci doveva essere stato per forza un errore.

La confusione aumentò non appena si accorse che il francobollo incollato all’angolo destro della busta era italiano. Chi mai avrebbe dovuto scrivere dall’Italia? Erano anni che né lui né il fratello ci mettevano piede ed era anche da escludere l’ipotesi che la lettera fosse indirizzata al defunto Zach: l’uomo infatti non aveva mai osato uscire da Fell’s Church; era troppo spaventato da Damon, temeva che il vampiro lo avrebbe ucciso se solo avesse lasciato incustodita la dimora dei Salvatore.

Si sedette sul divano e lesse il destinatario; a quel punto lo stupore crebbe a dismisura: Zach Salvatore.

Da quando Zach aveva contatti in Italia? Lui odiava quel paese, perché era lì che era iniziato tutto, era lì che i due fratelli erano stati trasformati cinquecento anni prima, era lì che Katherine aveva deciso di chiedere ospitalità segnando per sempre la sorte della famiglia Salvatore.

Si concentrò nuovamente sulla busta, curioso di scoprire chi fosse il mittente. Mollò di scatto quel pezzo di carta che cadde svolazzando sul tappeto. Aveva capito perché quella lettera era stata mandata lì e la cosa ora cominciava ad avere senso. Pensò che sarebbe stato meglio tenerlo nascosto a Damon, se ne sarebbe occupato personalmente, senza immischiare il fratello. Non voleva riaprire vecchie ferite, soprattutto quando queste avrebbero potuto compromettere l’apparente equilibrio, che il vampiro squilibrato si era creato.

Tutti i suoi propositi finirono al vento in meno di pochi secondi. Damon apparve alle sue spalle e lo trovò seduto a guardare qualcosa che ancora giaceva a terra.

“Che cosa stai facendo, fratellino?” chiese “Stai cercando di dare una ragione alla tua miserabile vita da vampiro vegano?”.

Sempre il solito sarcasmo inopportuno, sempre il solito ghigno.

Stefan scattò a raccogliere la lettera e si affrettò a nasconderla dietro la schiena. Movimento che, di certo, non poteva sfuggire a una vista sopraffina come quella di Damon. “Che nascondi lì dietro?”.

“Niente” Stefan si maledì per la scarsa attitudine nel mentire; si sentiva come un bambino beccato in pieno con le mani nel barattolo della marmellata.

“Nulla d’importante” aggiunse.

“Per essere qualcosa di poco valore, ti stai prodigando con fatica per non farmela vedere” notò con un guizzo negli occhi: proibire a Damon di fare qualcosa era il metodo migliore per incitarlo a farla.

“Stefan, non avrai dei segreti con me vero?” domandò con tono da finto offeso.

“Ne ho parecchi di segreti, Damon” rispose Stefan “Ma questo … questo è meglio se non lo scopri. È una cosetta da nulla. Credimi ti sto facendo un favore”.

“Oh, che animo nobile” disse Damon con uno sbuffo sarcastico.

Entrambi furono interrotti dal rumore della porta che si apriva e subito dopo una voce chiedeva di Stefan.

“Credo che sia la tua ragazza” ipotizzò Damon mentre puntava alla cosa nascosta dietro la schiena di Stefan “Siamo in salotto” le disse ad alta voce.

Forse se suo fratello fosse stato distratto dalla celestiale Elena, lui sarebbe riuscito a prendere quella cosa.

“Sei pronto?” chiese Elena facendo il suo ingresso nella stanza, rivolgendosi a Stefan. Gli diede un bacio a stampo e poi salutò Damon.

“Elena” rispose lui.

“Andiamo a scuola” propose Stefan che voleva sottrarsi allo sguardo inquisitore di Damon e occuparsi di quella faccenda da solo.

“Non così in fretta” lo fermò l’altro “Perché prima non dici a me e ad Elena che cosa nascondi lì dietro?”.

Stefan lo guardò malissimo: giocare la “carta Elena” era una mossa scorretta anche da parte sua.

La ragazza solo allora notò che il vampiro aveva entrambe le mani dietro la schiena “Che hai lì, Stefan?” sporgendosi per vedere meglio “E’ una lettera?”.

“Ti sei fatto l’amante, Stef?” chiese Damon sempre più divertito.

“Non mi sono fatto nessuna amante” replicò quello piccato.

“Allora rendici partecipi di questa missiva così segreta”.

Stefan corrugò la fronte irritato domandandosi perché suo fratello doveva essere sempre così cocciuto. Gli stava risparmiando un gran fastidio, ma lui doveva per forza intromettersi. E va bene, allora! Voleva vedere la lettera, voleva leggerla?

“E’ indirizzata a Zach, viene dall’Italia” spiegò porgendogliela.

“Dall’Italia? Chi mai dovrebbe scrivere a Zach dall’Italia?” chiese, forse più a se stesso che ai presenti, iniziando a rompere la busta.

“Io non la leggerei …” gli consigliò Stefan che sospettava di avere tutte le risposte alla domande appena poste da Damon.

I suoi dubbi divennero una certezza quando vide gli occhi del fratello indurirsi, mentre scorrevano sul foglio.

Elena li fissava incerta. Damon si stava innervosendo e Stefan sembrava preoccupato da una possibile reazione.

“Credo sia per Sissy” disse.

Damon accartocciò la lettera lasciandola cadere a terra “Sono solo stronzate”.

“Sta bene?” titubò Stefan.

“Non lo so e non me ne frega nulla” rispose l’altro impassibile con una nota di durezza nella voce. Si girò deciso a lasciare la stanza ma ‘sta volta fu Stefan a fermarlo “Che dice la lettera?”.

Damon lo guardò con un ghigno indifferente “Viene direttamente dalla scuola: sembra che il nostro Zach si sia dimenticato di pagarle l’ultima rata della retta. Forse dovremmo rispondere di avere un po’ di rispetto per i morti”.

Quest’ultimo appunto era stata una cattiveria gratuita, una di quelle che facevano stare bene Damon quando era turbato per qualcosa.

Nessuno immaginava lontanamente che Zach fosse morto, nemmeno lei, che avrebbe avuto diritto più di tutti di saperlo, di dargli un sepoltura.

“Dobbiamo pagarla noi” sentenziò risoluto, convinto che fosse l’unica soluzione possibile.

“Non contare su di me per questa tua nuova buona azione” lo informò Damon tornando sui suoi passi, verso il tavolino degli alcolici.

“Glielo dobbiamo, Damon, glielo devi” specificò “Non ha nessun altro”.

Damon alzò le spalle “Non sono particolarmente legato alla famiglia”.

“Vuoi che si scopra che Zach è morto?” strepitò Stefan “Dovrai dare parecchie spiegazioni, Damon. Al Consiglio, allo sceriffo, a Sis …”.

“Stef, leggi il labiale” lo interruppe bruscamente lui “Non me ne frega un accidenti! Se vuoi sborsare un sacco di soldi per quella cazzo di scuola, fa’ pure. Io non muoverò un dito”.

Dettò ciò, buttò giù l’ultimo sorso di bourbon e se ne andò dal salotto, diretto chissà dove, chissà a combinare quali danni.

Stefan raccolse la lettera da terra e finalmente portò l’attenzione su Elena, che lo osservava ancora in cerca di spiegazione.

“Ti va se ne parliamo in macchina?” le chiese indicandosi con il dito l’orecchio, comunicandole a gesti che voleva essere sicuro che Damon non origliasse la loro conversazione.

Elena annuì, precedendolo nel vialetto dove aveva parcheggiato la sua Mini. Attese di essere fuori dall’enorme cortile del Pensionato prima di porre quella domanda che stava stuzzicando la sua curiosità.

“Chi è Sissy?”.

Stefan posò la fronte sul finestrino, mentre la macchina si fermava a un semaforo rosso “E’ la sorella minore di Zach. In realtà Sissy è un nomignolo, perché lei adorava … sai … la principessa Sissy”.

“Non sapevo avesse una sorella”.

“E’ un argomento che tendo a non trattare per evitare d’infastidire Damon”.

“Cos’è, ha cercato di uccidere anche lei ed è scappata in Italia?”.

Stefan sorrise impercettibilmente “No, anzi le era molto affezionato e lei … beh … lo adorava”.

Elena si stupì percettibilmente “Non aveva paura? Da quanto mi hai detto Zach ne era terrorizzato”.

“No, era piccola e non si rendeva nemmeno conto di chi aveva davvero davanti. Capitava che prima di andare a dormire lo chiamasse per scacciare i mostri da sotto il letto. Capisci? Chiamava un vampiro per scacciare i mostri! Ne aveva uno che le girava attorno e non ci faceva neanche caso” disse lui alzando le mani vicino alla testa come a sottolineare l’assurdità di quella situazione.

“Ma sapeva che voi eravate vampiri?”.

“No, non credo che Zach gliel’abbia mai detto. Come ti ho spiegato era piccola e forse nemmeno gliel’avrebbe creduto” poi sembrò pensarci su un attimo  “In ogni caso credo che Damon gliel’avesse espressamente proibito”.

“Perché?”.

“Perché gli piaceva Sissy, diceva che era l’unica ad avere un po’ di cervello in quella casa, sebbene fosse ancora una bambina. L-le voleva bene” azzardò “Non voleva che avesse paura di lui”.

“E poi cos’è successo? Perché è diventata un argomento tabù?” s’informò sempre più intrigata da quella storia. Le piaceva quando Stefan le raccontava del suo passato, era bello poter ricomporre il puzzle della sua vita trascorsa.

“Da quando i loro genitori erano morti, Zach si era sempre preso cura di lei e non vedeva di buon occhio il legame tra lei e mio fratello. Inoltre Damon si faceva vedere più spesso da quando lei era nata e Zach non lo voleva intorno; io ogni due anni tornavo a trovarli e non c’era problema, perché di me si fidava, ma di Damon ...” lasciò in sospeso la frase “Così quando Sissy compì undici anni, la mandò a studiare in Italia, senza avvisare né me né Damon. Sono sette anni che non torna più a casa”.

“Sette anni?” ripeté Elena incredula “E’ da sette anni che non la vedi?”.

“No” confermò “Zach ha fatto in modo che nessuno sapesse precisamente dov’era andata. Lui prendeva regolarmente la verbena ed era impossibile soggiogarlo per scoprirlo. Però io, in fondo, lo capivo: era solo preoccupato per la sua sorellina, non voleva che si facesse male”.

“Scommetto che Damon non l’ha presa così bene”.

“Quando lo scoprì, s’infuriò parecchio. Lo avrebbe ucciso se non l’avessi fermato io. Sai com’è fatto, tende ad ingigantire tutto: da Zach la colpa è passata anche a Sissy e … beh, il resto lo sai”.

“E per questo che non vuole pagarle la retta? Una sorta di ripicca?”.

“Per quello e anche perché spera, nel profondo, almeno credo, che la sbattano fuori e sia costretta a tornare. Sai, è stata la prima volta, dopo secoli, che lo vedevo abbassare la guardia con qualcuno e subito dopo si è preso un bel pungo in faccia” finì di raccontare con una nota malinconica nella voce.

Avrebbe tanto voluto tornare indietro di qualche anno, solo per rivivere quei momenti in cui suo fratello aveva dimostrato di avere ancora qualcosa di umano.

La mano di Elena si posò sulla sua stringendogliela “Mi dispiace” disse “Anche tu ti eri affezionato, non è vero?”.

Stefan annuì sorridendo “Era così tenera e fragile, così dolce, con due occhioni castani talmente espressivi da togliere il fiato. Non si poteva non volerle bene Se l’avessi conosciuta, l’avresti trovata adorabile. È un peccato che non sia rimasta qui, sareste diventate ottime amiche … migliori amiche”.

“Hai detto che se n’è andata a undici anni. Come mai non l’ho mai vista alla scuola elementare? Almeno non mi ricordo di lei” gli confidò Elena.

“No, ha studiato in casa. Probabilmente Zach aveva in mente da molto tempo di allontanarla da qui, non voleva si creasse dei legami. Scommetto che è stata piuttosto contenta di scappare in Italia”.

Stefan chiuse la portiera della macchina e aspettò che Elena prendesse la sua borse dal sedile posteriore. Poi le circondò le spalle con un braccio e la baciò teneramente su una tempia “Ti ho già detto che sei stupenda stamattina?”.

“Solo stamattina?” scherzò lei.

Il vampiro le accarezzò la testa e la strinse di più a sé, mentre entravano a scuola.

“Stefan, qual è il vero nome di Sissy?”.

 

“Sei sicura di volerlo fare?”.

“Sono costretta, Clara” rispose la ragazza premendo con forza le mani sulla valigia per far sì che si chiudesse. Tirò a strattoni la cerniera finché non si congiunse con l’altro pezzo e poi li unì con un lucchetto TSA, tanto per essere sicura che non le avrebbero fatto storia una volta arrivata negli States.

“Non è vero. Le ultime tasse sono state pagate, hai tutto il diritto di stare qui” le fece presente Clara, che non era per niente contenta di vedere scappare la sua compagna di stanza come una fuggitiva.

“Sono due mesi che non ho notizie di mio fratello. Due mesi!” ribadì alzando due dita per sottolineare ulteriormente il concetto.

“Gli ho mandato un mucchio di e-mail e messaggi, ma non ha mai risposto. L’ho tempestato di telefonate, ma il cellulare è sempre staccato. Ho cercato di contattarlo con Facebook, gli ho perfino spedito un paio di lettere, ma niente! Devo tornare a casa, Clara, è l’unico modo per scoprire che diamine gli è successo” si dovette fermare un attimo per calmare i battiti del suo cuore. Respirò profondamente, ricacciando giù i singhiozzi.

Era veramente preoccupata. Non era la prima volta che Zach non si faceva vivo per un po’, ma non era mai passato così tanto tempo. E soprattutto lei aveva sempre avuto modo di contattarlo.

Due mesi di assoluto silenzio. Sembrava sparito nel nulla, nessuno sapeva niente e cercare di chiamare lo sceriffo di Fell’s Church era difficile come parlare con il Presidente: o il telefono era occupato o le rispondeva qualche incompetente che non sapeva aiutarla e la pregava di richiamare più tardi, quando lo sceriffo non sarebbe stato impegnato.

Ma che diavolo poteva accadere in una cittadina sperduta della Virginia, da tenere sempre l’intero corpo di polizia indaffarato?

Diede un’ultima occhiata alla camera, per accertarsi non aver dimenticato nulla. Sembrava tutto a posto, ritirato alla rinfusa nelle valigie.

Clara era seduta sul letto, a gambe incrociate e la osservava con espressione triste “Mi mancherai, sai” le confessò.

Si sciolse sentendo quelle parole e corse ad abbracciarla “Anche tu mi mancherai, sei stata la miglior compagna di stanza che avrei mai potuto desiderare” le disse mentre le lacrime, questa volte di nostalgia, le si ripresentavano nuovamente a ridosso delle ciglia.

“Vedrai che tuo fratello sta bene” la rassicurò Clara.

“Lo spero, così potrò ucciderlo con queste mani per avermi fatto stare così in pena e potrò tornare qua in men che non si dica”.

“Lo spero tanto anche io”.

La ragazza si allontanò da Clara e tirò il trolley giù dal mobile, su cui l’aveva posato per comodità.

“Allora ripassiamo il piano: domani mattina ti svegli e avverti la preside della mia fuga, ok? Di’ che me ne sono andata ‘sta notte, mentre dormivi, e che non mi hai sentita. Inventati … che ieri notte non hai riposato bene e che il tuo sonno era troppo pesante anche per accorgerti di me che trascinavo via le valigie”.

“Sarà fatto. Sfodererò tutte le mie naturali doti di attrice” scherzò.

“Penso di aver fatto e detto tutto … quindi farei meglio ad andare”.

“Sì” concordò Clara “O perderai il pullman”.

“Allora …” esitò un attimo “Ci sentiamo, ok?”.

“Certo. Buon viaggio!”.

“Grazie” disse caricandosi sulla spalla un borsone e iniziando a trascinare il trolley “Ciao Clara!”.

“Ciao!”.

L’ultima cosa che vide, mentre chiudeva la porta, fu la sua amica salutarla tristemente con la mano.

Camminò per tutto il corridoio in fretta, maledicendo i suoi tacchi per tutto il rumore che stavano facendo.

Avrebbe fatto volentieri a meno di vestirsi così, ma il piano prevedeva di intrufolarsi sul pulmino che avrebbe portato un gruppo di studentesse americane, in visita per studiare l’italiano, all’aeroporto.

Erano delle universitarie di New York, abituate a vestirsi sempre al top anche per andare a prendere un caffè sotto casa.

Perciò si era messa un po’ in tiro, affinché si confondesse bene nella comitiva e non destasse sospetti.

Arrivata nel cortile d’ingresso, prese un bel respiro e si unì alla coda di ragazze che attendevano di sistemare i loro bagagli. Quando fu certa che l’autista avesse caricato anche i suoi, entrò dalla porta centrale, si sedette in un posto in fondo, vicino al finestrino, e si appiattì sul sedile pregando che nessuno la riconoscesse.

Arrivò all’aeroporto senza problemi e ,dopo aver recuperato la sua roba, si dileguò tra la folla, senza che nessuno si accorgesse di lei.

Si precipitò al check-in, pregando di trovare in fretta un volo che l’avrebbe riportata dopo tanti anni a casa sua.

“Mi serve un biglietto per la Virginia” dichiarò con foga.

L’uomo dall’altra parte del banco, la guardò aggrottando le sopracciglia “Quale aeroporto?”.

“Qualsiasi”.

“Qualsiasi?”.

“Sì, va bene tutto … devo arrivare lì il più in fretta possibile”.

“Mi lasci controllare” digitò un paio di tasti sulla tastiera e poi disse “C’è un volo che parte tra quattro ore, diretto a Richmond … no aspetti è tutto prenotato” aggiunse spezzando in un secondo tutto l’entusiasmo della ragazza.

“E non ce ne sono altri?”.

“Il prossimo parte domani sera” la informò.

“Domani sera? Io non posso aspettare fino a domani sera” affermò in preda al panico. Decise di provare con un’altra destinazione, magari Atlanta. In fondo era l’aeroporto più grande del mondo, certamente avrebbe trovato più aerei diretti là che a Richmond  “E per Atlanta?”.

“Atlanta non è in Virginia”.

“So perfettamente dove si trova Atlanta” ribatté lei infastidita.

L’uomo controllò di nuovo su PC “C’è un volo che parte tra meno di due ore”.

“E’ perfetto”.

“E’ rimasta solo la prima classe”.

“Non è un problema” assicurò lei pensando che Zach l’avrebbe ammazzato una volta scoperto quanti soldi aveva speso per quella follia.

“Allora mi dia il passaporto e mi può dire il suo nome?”.

“Bonnie … Bonnie Salvatore”.

 

“I don't care how much money I gotta spend,
Got to get back to my baby again
Lonely days are gone, I'm a-goin' home,
'Cause my baby just a-wrote me a letter”

(The Letter- The Box Tops)

Ok esperimento totalmente folle o promettente?

Confesso che questa idea era nata ponendo come protagonista un personaggio completamente inventato; poi, però, ho pensato che avrebbe potuto funzionare adattando la storia a Bonnie.

Voi che ne dite? Sono impazzita? Devo continuare per vedere cosa ne uscirà fuori o è meglio se la smetto subito?

Vorrei, in ogni caso, fare delle precisazioni per introdurre meglio la storia:

1)   Katherine e Klaus non sono ancora arrivati a Fell’s Church; o meglio, Katherine ha fatto un veloce comparsa, giusto per trasformare Caroline in un vampiro e poi è sparita nel nulla.

2)   Caroline, appunto, non sarà la solita ochetta vendicativa e repressa, ma sarà molto simile al personaggio creato nella serie ( perché è fantastica!)

3)   Non ci sarà la signora Flowers ( almeno per ora), perché mi piace molto di più l’idea che i due fratelli vivano da soli.

4)   Bonnie ha vissuto per sette anni in Italia, da sola, lontano dalla famiglia, quindi il suo carattere è certamente più forte e risoluto di quello ideato dalla Smith. Comunque non è mio intento stravolgerlo, per cui ho scelto di non mettere l’avviso OOC. Ma se leggendo, ritenete che lei sia cambiata troppo e pensate che farei meglio ad aggiungerlo, fatemelo sapere e provvederò ad indicarlo subito =)

5)   Come avete potuto notare, ci sono riferimenti sia al libro che alle serie.

6)   Il titolo è una canzone di A Fine Frenzy e si chiama appunto “Ashes and wine”.

Bene, credo proprio di aver finito!

A voi il giudizio, grazie! =)

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Capitolo 2
*** Pierce right through me ***


Ashes &Wine

Capitolo due: Pierce right through me

 

“Words like violence
Break the silence
Come crashing in
Into my little world
Painful to me
Pierce right through me
Can't you understand
Oh my little girl”

(Enjoy the silence- Depeche Mode)

 

 

 

Glielo dobbiamo Damon, glielo devi.

Questa era nuova. Lui, un vampiro di cinquecento anni, che aveva mietuto decine di vittime senza mai un rimorso, senza mai un tentennamento, lui doveva qualcosa a una semplice umana, che per altro non vedeva da anni.

Non è una semplice umana, è Sissi. Ti piaceva Sissi, ricordi?

Se esisteva una cosa peggiore di avere Stefan sempre intorno che cercava di redimerlo, era sentire la sua maledetta voce anche quando lui non c’era.

La cosa assumeva sfumature allarmanti, una volta acquisita la consapevolezza che quello non era Stefan che gli stava parlando con il pensiero, bensì la sua stessa mente che, per qualche ragione ignota, aveva scelto di vestire i panni di suo fratello minore per comunicargli quei messaggi assolutamente irritanti.

Sì, Sissi gli era piaciuta. Un tempo, quando era ancora una bambina, innocente e ingenua che si era convinta di vedere in lui il suo eroe.

Lo stesso eroe che le scacciava i mostri da sotto il letto, che le aveva insegnato ad andare a cavallo e che di notte attendeva, senza farsi vedere da Stefan o da Zach, che lei si addormentasse prima di lasciare la sua stanza.

Quell’eroe che, dopo essersi accertato che lei dormisse profondamente, se ne usciva di casa, in cerca di giovani vergini, cui succhiare il sangue, per poi ucciderle del tutto o soggiogarle e divertirsi con loro.

Sissi aveva una visione totalmente distorta di lui, ma era proprio questo che Damon apprezzava della sua compagnia. Era per quella sua dolcezza e spontaneità che si era rifiutato di usare i suoi Poteri su di lei, che aveva ordinato a Zach di non rivelarle mai la sua vera identità o quella di Stefan.

Insomma era realmente arduo resistere ai suoi grandi occhi castani che lo guardavano come se fosse stato la persona più importante che avesse al mondo. Era una sensazione che condivideva anche con Stefan e Zach e loro, con quell’enorme cuore d’oro che si ritrovavano, dovevano sicuramente sentirla più di lui, ma il fatto di provarne una piccola parte era già di per sé sconvolgente.

Chi era quella piccolina per spiazzarlo con un’occhiata? Chi era per crepare, anche se solo superficialmente, la pietra che, da tanto ormai, si era stabilita dentro di lui, dura e compatta e( almeno così credeva) indistruttibile?

Questo, però, accadeva otto anni prima, quando lei aveva solo dieci anni, viveva ancora al Pensionato e giurava che da grande avrebbe sposato zio Damon.

Questo accadeva prima che lei lo tradisse, complice di quel miserabile di Zach.

Non ti ha tradito, Damon, ha solo undici anni, cosa poteva fare?

Queste erano le vere parole di Stefan, dette in un vano tentativo di calmarlo, dopo che aveva saputo la brillante novità.

Facile nascondere le colpe dietro una mera questione di età. Sissi era ancora una bambina, adorabile e spesso accondiscendente, ma quando si impuntava su una cosa, diveniva caparbia e decisa.

Avrebbe potuto opporsi, rifiutarsi di partire, così di punto in bianco, per l’Italia senza avvertire nessuno (lui), senza lasciare un indirizzo, un recapito, senza farsi sentire per anni, avrebbe potuto dire semplicemente no.

La tua presenza non le faceva bene, ho dovuto allontanarla per il suo bene. Mia sorella non deve finire nei tuoi casini.

Che scusa patetica! Lui non l’avrebbe mai toccata con un dito, nemmeno una volta cresciuta e divenuta una donna. Non le avrebbe fatto del male. Mai.

Ora però le cose erano cambiate, ora anche l’immagine di una Sissi diciottenne si mischiava a quella di tante altre ragazze che avrebbe sedotto volentieri per il proprio piacere. Se mai se la fosse ritrovata davanti, adesso, e ne era certo, l’avrebbe usata senza ripensamenti, avrebbe infilato i canini in quel collo che, se non ricordava male, era già allora candido e invitante, e l’avrebbe guardata morire come tutte le altre. Nessuna pietà, nessun pentimento, nessun dispiacere, neanche un piccolo, stupido e inutile sentimento umano.

Perché lui era un vampiro.

Perché lui faceva certe cose per istinto.

Perché era cattivo.

Perché non gliene importava.

Perché lui non doveva niente a nessuno.

Specialmente a Bonnie Salvatore.

 

Immobile come una statua di cera. Ecco cosa avrebbero pensato i passanti vedendola lì, ferma in mezzo alla strada, con un borsone a tracolla, una valigia a fianco, posata sull’asfalto e un’altra borsa in spalla.

Una statua di cera. Ipotesi avvalorata dalla sua pelle bianca, translucida, quasi trasparente che sembrava, a momenti, riflettere i raggi del sole.

Bonnie si era imbarcata in quel viaggio completamente insensato e improvviso, senza neanche pensare realmente a quello che stava facendo.

Facile muoversi spinti dall’adrenalina, dalla voglia di rompere gli schemi, dalla consapevolezza di un’azione inaspettata e imprevedibile.

Solo in quel momento, scesa da pullman che l’aveva condotta a Fell’s Church dall’aeroporto di Atlanta, si era veramente resa conto di ciò che era successo.

Era fuggita dal suo collegio in Italia, infrangendo una decina di regole della scuola ( cosa per cui sarebbe stata minimo sospesa), aveva preso il primo volo diretto in uno stato che non era il suo, per quanto fosse comunque vicino, e aveva sbagliato tre volte pullman prima di trovare quello giusto.

Per cosa poi?

Presentarsi in casa sua e scoprire che Zach stava bene e che, semplicemente, non aveva avuto il tempo o la voglia di chiamarla?

Perché se da un lato era preoccupata che gli fosse accaduto qualcosa di male, dall’altro era terrorizzata di avere un’ulteriore conferma che a suo fratello, di lei, gliene frega poco o niente.

Era proprio quella la conclusione cui era arrivata, duranti i suoi anni in Italia.

Per quale altro motivo l’avrebbe mandata in un collegio all’estero se non per disfarsi di lei? C’erano altre ragioni per cui un fratello si separerebbe dalla propria sorella, con così poco preavviso e in maniera così definitiva?

D’altronde Zach si era occupato di lei fin da quando i loro genitori erano morti, aveva sacrificato molto per starle accanto e forse era solo stufo di ricoprire il ruolo del tutore responsabile. Era una cosa umanamente comprensibile.

Ma Bonnie non riusciva a darsi pace: sentirsi un peso, un ostacolo, un qualcosa in più, era un fardello troppo pesante da sopportare per una ragazza emotiva come lei. Non pretendeva molto dopo tutto: solo vederlo un po’ più spesso di persona e non attraverso una web-cam, solo parlargli come quando era piccola e non quelle scarne e aride conversazioni cui si era abituata negli ultimi tempi.

Avrebbe voluto poter tornare a casa ogni tanto, ma Zach non glielo aveva mai permesso. Un paio di volte l’aveva raggiunta per passare l’estate in qualche capitale europea*, ma durante gli ultimi tre anni non era più successo.  

Bonnie si era ritrovata a girare, durante le vacanze estive, da sola per il vecchio continente, con qualche amica che avrebbe dato di tutto per stare il più lontano possibile dalla famiglia. Come sei fortunata, Bonnie. Le dicevano sempre.

Strano, lei pensava la stessa cosa di loro. Loro che erano tartassate dalle chiamate dei genitori, loro che a Natale erano costrette a tornare a casa, loro che avrebbero voluto avere quella libertà che Bonnie avrebbe volentieri gettato via.

Erano sette anni che non metteva più piede a Fell’s Church e non sapeva se essere più felice o spaventata.

Compose velocemente il numero di Zach, mentre fermava un taxi.

Rispose ancora la segreteria telefonica.

“Ehi Zach, sono ancora io, Bonnie, tua sorella, hai presente? Quella che hai spedito in Italia a studiare e che non vedi da un bel pezzo. Sarà il cinquantesimo messaggio che ti lascio in dodici ore: sono tornata, sono qui a Fell’s Church e sto venendo a casa in questo momento. Richiamami o fingiti almeno un po’ felice quando sarò lì”. Chiuse la chiamata con tono amareggiato.

Sapeva che c’era la probabilità che Zach avesse avuto qualche problema, magari di salute, ma non poteva fare a meno di essere arrabbiata.

“Dove ti porto?” le chiese il tassista, dopo che ebbe caricato i bagagli.

“Solo un secondo” rispose Bonnie aprendo il portafoglio, dove aveva riposto un foglietto su cui aveva appuntato l’indirizzo.

Pazzesco non ricordarsi nemmeno la via di casa propria! Ma era troppo tempo che non tornava e aveva dovuto scriverla per non dimenticarsela.

Mentre estraeva il biglietto, l’angolo di quello che pareva un cartoncino bianco spuntò dal lato destro del portafoglio.

Lesse al tassista l’indirizzo e si concentrò su quella sua “scoperta”. Non era un semplice pezzo di carta, ma una fotografia; ritraeva lei su un cavallo.

Rammentava bene quando era stata fatta: un anno prima della sua partenza, al maneggio di Fell’s Church e ricordava altrettanto bene chi gliel’ aveva scattata.

Suo zio Damon, alias un’altra persona che era scomparsa dalla sua vita come una nuvola di fumo. Nemmeno un messaggio in sette anni. Altro brutto colpo per Bonnie, che gli si era affezionata in modo quasi innaturale.

Zach e Damon non andavano affatto d’accordo e Bonnie, seppur piccola, aveva capito fin da subito che era lei il motivo per cui Damon ritornava così spesso in città. Era una sensazione piacevole, senza contare poi il fatto che la bambina si era presa una bella cotta per il ragazzo. Fantasticava su un loro futuro insieme, come quando le bambine si convincono che da grandi sposeranno il proprio papà.

Solo che Bonnie il papà non ce l’aveva più.

Una volta l’aveva perfino confessato a Zach, facendogli quasi venire un infarto.

Sai, io e Damon un giorno ci sposeremo.

Era stato proprio quest’ultimo, udendola, a rispondere qualcosa sul fatto che la sua confessione sarebbe stata troppo lunga per una vita umana. Non aveva mai capito che cosa volesse dire quella frase, ma capitava spesso che se ne uscisse con tali perle criptiche. Anche se Zach l’aveva intesa fin troppo bene.

Era un bell’uomo, suo Zio Damon. Probabilmente lo era anche ora. Chissà, magari si era sposato davvero, aveva avuto dei figli.

Sorrise con malinconia ripensando anche al fratello minore di Damon, Stefan. Il dolce Stefan. Premuroso, gentile, buono, affettuoso, che a volte si era dimostrato molto più adatto di Zach ad prendersi cura di lei.

Non perdeva mai la calma, era rassicurante averlo intorno, la faceva sentire al sicuro, come se mai avesse potuto accadere qualcosa di male in sua presenza.

Zach era molto più tranquillo quando lui era nei paraggi; forse perché lo credeva capace di tenere a bada il fratello maggiore.

Per quale motivo, poi, Damon dovesse essere tenuto a bada, era un mistero per la piccola Bonnie, che non riusciva proprio a vedere nulla di cattivo in lui.

Avvertì che il taxi si era fermato. Guardò fuori dal finestrino e si stupì di essere già arrivata a destinazione. Si era talmente persa nei ricordi da non accorgersi nemmeno che avevano oltrepassato i cancelli del Pensionato dei Salvatore.

Pagò l’autista e recuperò le sue valigie. Attese che la macchina se ne andasse, prima di voltarsi infine verso l’enorme villa. Respirò a fondo, senza riuscire a trattenere un sorriso.

Sono a casa.

 

Strizzò le ultime gocce di sangue, rimaste nella sacca di plastica, in un bicchiere. Aveva sentito che una macchina aveva parcheggiato nel suo cortile, ma non le diede troppo peso. Doveva essere Stefan di ritorno dal suo allenamento di football. Tornato a casa con la sua Elena.

Fece una smorfia e aprì un cassetto in cerca di una camicia da mettere per l’incontro con il Consiglio. Frugò con una mano, mentre con l’altra continuava a sorreggere il bicchiere con il sangue.

Spinse la mano in fondo al cassetto, sicuro di afferrarne una a righe nere, alcune più scure, altre più chiare, ma si ritrovò a sfiorare con la punta delle dita qualcosa di completamente diverso. Un foglio, sembrava al tatto.

Lo prese e lo portò alla luce: era una fotografia.

La strinse un po’ più del dovuto, ricordandosi quando l’aveva scattata e a chi. Dopo la sua partenza, aveva fatto in modo che Zach facesse sparire ogni traccia della sua esistenza. Quella era l’unica foto sopravvissuta. L’aveva nascosta in quel cassetto tempo addietro e poi se n’era scordato.

La fissò per qualche secondo e poi ce la ributtò dentro, con uno scatto di rabbia.

Serbava troppo rancore per intenerirsi per una semplice immagine. Lei era come tutti gli altri e non si sarebbe fatto scrupoli ad assaggiarla, magari ad ucciderla.

“Zach … c’è nessuno?  Zach ci sei?”.

Una voce proveniente da sotto. Cercava Zach. Chi poteva cerca Zach? Non aveva mai avuto una gran vita sociale; lui stesso si era ben premurato di renderglielo impossibile.

Lasciò la sua stanza e scese le due rampe di scale che lo separavano dal piano terra. All’ingresso, circondata da valigie, c’era una ragazza. Capelli rossi, lisci, legati in una coda alta, francesine di pelle marrone, Jeans aderenti, una t-shirt bianca e un gilet marrone.  Bel fisico nel complesso. Bel lato B; non poté appurare se lo stesso valesse per il “davanti”, dato che lei gli dava le spalle.

Gongolò sentendo che quella giornata poteva trasformarsi in qualcosa di davvero piacevole e dolce, mentre tutto il fastidio di poco prima scemava in una aspettativa di pieno godimento.

Almeno finché la ragazza non si voltò, rivelando due grandi occhi castani che si allargarono ancora di più nel riconoscerlo.

“Damon …”.

“They tell you a good girl is quiet
That you should never ask why
Cause it only makes it harder to fit in
You should be happy, excited
Even if you're just invited
‘Cause the winners need someone to clap for them”

(Here I am- da “Camp Rock”)

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Eccoci qua con il secondo capitolo. Lo so che potrebbe risultare noioso, in effetti non succede nulla di eclatante, è ancora una parte dell’introduzione, ma ritenevo fosse importante inquadrare i sentimenti dei due protagonisti in relazione a questa parte del loro passato che ritorna prepotentemente nelle loro vite.

Rimandato quindi in loro incontro al prossimo capitolo, sperando di non avervi tediato troppo con questo =)

Solo una precisazione: nel primo capitolo avevo scritto che Zach non si era mai allontanato da Fell’s Church; quello era solo il pensiero di Stefan.

In realtà, come afferma qui Bonnie, l’uomo è andato a trovare la sorella qualche volta, senza ovviamente farlo sapere ai due vampiri, soprattutto perché non voleva rischiare di essere seguito e quindi svelare l’esatta “ubicazione” della ragazza.

Ringrazio tanto chi ha recensito e/o chi ha messo la storia tra le preferite e/o seguite. Giuro, non m’immaginavo che avesse così tanto successo.

A settimana prossima!

Fran.

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Capitolo 3
*** And it feels like home ***


Ashes &Wine

 

Capitolo tre: And it feels like home

 

“Above below you look
And so you wonder
Where the time is gone
I’m lookin’ up
Tomorrows on the way
Above below you look
And so you say
When I wake up in the morning
Is it gonna be another ugly day?”

( Bad day- Something Corporate)

 



Sapeva che era lei.

L’aveva capito non appena si era girata, ancora prima che parlasse. Gli era bastato imbattersi nei suoi occhioni sbalorditi.

In un lampo tutti i suoi propositi di strapparle la giugulare svanirono in un soffio. Ma fu un momento di debolezza che durò molto poco, giusto il tempo di sentire riaffiorare tutto il risentimento che aveva accumulato in quegli anni. E vederla lì, tutta sorridente e tranquilla, non fece altro che aumentare la sua rabbia, mentre la sua memoria, in modo oltremodo prepotente, lo costringeva a ricordarsi come era stato da schifo quando Stefan lo aveva preso da parte per riferirgli della partenza di Bonnie.

 

“Zio Damon è tornato …” urlò entrando in casa, reggendo un grosso pacco che sarebbe risultato pesantissimo per chiunque tranne che per lui.

Zach comparve subito all’ingresso, seguito da Stefan.

“ … E non ha nessuna voglia di vedere voi due!” concluse lui, oltrepassandoli, diretto alle scale.

“Sissi” chiamò “Indovina cosa ti ha portato il tuo zietto preferito” era ancora metà scala e si fermò voltandosi verso Stefan “Che per la cronaca non sei tu” gli rinfacciò puntandogli il dito contro e proseguendo verso la camera della bambina.

“Damon …” disse Stefan inseguendolo su per le scale.

“Non ora, fratellino. Non voglio che la tua voce fastidiosa mi rovini la giornata”.

“C’è qualcosa che ti devo dire” rincarò l’altro prendendolo per un braccio.

“Nulla che m’interessi” gli rispose, liberandosi dalla presa di Stefan ed entrando nella stanza di Bonnie. Aggrottò le sopracciglia nel notare che era vuota.

“Hai- davvero – bisogno- di- ascoltarmi” Stefan scandì quelle parole con estrema lentezza. Posò le mani sulle spalle del fratello e lo costrinse a sedersi. Questi, stranamente, non oppose resistenza e si sistemò sul letto.

“Dov’è?”.

Un tono duro, minaccioso e allo stesso tempo allarmato. C’era qualcosa nell’espressione del suo fratellino che non lo induceva a presagire nulla di buono.

“Promettimi che non darai di matto” gli disse.

“Dov’è?”. Nella sua voce non c’era più traccia della preoccupazione di prima. Traspariva solo una forte  determinazione, resa quasi irreale dalla calma con cui aveva posto la domanda.

“Forse non la vedremo per un po’ di tempo …”.

“Stefan hai tre fottutissimi secondi per dirmi dov’è!” questa volta aveva ringhiato.

“È in Italia” disse velocemente.

Ora Damon era confuso e disorientato “Che ci è andata a fare in Italia? Perché diamine Zach l’ha lasciata andare da sola?!”.

“Studierà là” chiarì Stefan, mentre cercava le parole giuste per raccontare tutto il resto della storia, quel “resto” che non sarebbe piaciuto a Damon.

“Oh” vide con la coda dell’occhio che anche Zach era entrato nella stanza e se ne stava dietro Stefan, come se sentisse il bisogno di avere uno scudo che lo proteggesse da Damon.

“Se voleva imparare l’italiano, glielo potevamo insegnare noi” proferì quest’ultimo “E quando tornerà?”.

Stefan lo guardò dispiaciuto “Non credo che tornerà mai”.

Crack.

Incatenò gli occhi di Zach nei suoi, in cerca di spiegazioni più soddisfacenti. Passarono attimi interminabili prima che quello si decidesse a rispondergli “La tua presenza non le faceva bene, ho dovuto allontanarla per il suo bene. Mia sorella non deve finire nei tuoi casini”.

Crack.

Damon scattò così velocemente che Stefan, pur avendo tutti i sensi sovrasviluppati, non se ne accorse nemmeno; lo avvertì solo il tonfo sul muro dietro di lui.

Damon aveva afferrato Zach per il collo e lo aveva sollevato contro la parete.

“Damon!” lo richiamò Stefan, senza essere ascoltato.

“Lo avevi giurato, Zach” lo accusò Damon digrignando i denti appuntiti “Avevi promesso che ti saresti preso cura di lei”.

I suoi occhi non erano mai stati più gravi e spietati. Scuri come la notte, sottili come lame, inesorabili come il Fato.

“Lo sto … facendo” protestò Zach annaspando per la presa ferrea.

“Damon non respira” lo avvertì Stefan inquieto, senza, tuttavia, muove un dito per fermarlo. Dopotutto, nel profondo del suo animo, condivideva quello che stava facendo suo fratello. Quello che avrebbe voluto fare anche lui.

“Mandandola dall’altra parte dell’oceano, da sola?” chiese Damon con uno sbuffo sarcastico “Ha già perso la sua famiglia una volta” gli sputò in faccia.

“Sono io la sua famiglia” replicò l’uomo con fermezza. Damon si sorprese di quell’improvviso cambio di tono e allentò leggermente la presa per lasciarlo continuare, era proprio curioso di vedere dove sarebbe andato a parare.

“Ha solo undici anni, si rifarà presto una vita, lontana da te” lo stesso discorso valeva anche per Stefan, ma Zach stette ben attento a non nominarlo esplicitamente: voleva colpire solo Damon, voleva approfittarsi di quell’occasione in cui si mostrava così esposto, voleva fargli male per ripagarlo di tutto quello aveva fatto a lui “Ti dimenticherà in fretta, Damon. E’ ancora una bambina. Tempo un anno al massimo e non avrà che un ricordo sfumato di te. Non sarai niente di più nella sua vita”.

Crack.

Questo era stato più forte. Damon era ben consapevole della presenza di un enorme pietra dentro di lui, ma non era quella che si stava rompendo; no, era qualcosa all’interno della pietra

Si ributtò addosso a Zach, obbligandolo a piegare il collo con forza “Dammi una sola buona ragione per non ucciderti”.

Zach lo guardò spaesato.

“Damon, ADESSO BASTA” urlò Stefan che si decise ad intervenire: lo prese per le spalle e cercò di tirarlo via senza molto successo “Ti odierebbe se le togliessi l’ultimo che le è rimasto”.

Tutti e tre avevano compreso a chi si riferisse, senza necessità di fare nomi. Damon si voltò leggermente verso Stefan, indeciso se dargli retta o no.

Infine liberò Zach, buttandolo a terra malamente “E’ l’ultima volta che Sissi ti salva la pelle” lo avvertì puntandogli il dito contro in un chiaro gesto d’intimidazione “Da questo momento lei, per me, è morta; quindi non provare più ad appellarti al suo nome. Se deciderò ancora di ucciderti, non avrai scampo”.

Lasciò la stanza con passo deciso, pronto a trasformarsi in corvo e volare il più lontano possibile da lì. Ma Stefan lo seguì per il corridoio.

“Possiamo rintracciarla, Damon” affermò, in un vano tentativo di consolarlo, cosa che non gli piacque per niente.

“No, fratellino” negò con forza “E’ evidente che non vuole essere trovata”.

“Andiamo, sai bene che non è stata lei a volere tutto questo”.

“Ah, no! Non ci provare nemmeno” gli intimò “Non cercare giustificazioni, attenuanti, o scuse. È piccola, non scema; sapeva perfettamente che cosa stava facendo. Per quanto mi riguarda, la ragazzina non esiste più”.

“Se ne sei convinto tu”.

“Ti sei sempre chiesto perché io trattassi gli umani come degli oggetti” incominciò Damon “Vuoi sapere perché?”.

Stefan attese la risposta, ormai rassegnato.

“Perché è quello che sono, Stefan. Gli umani fanno schifo”.

 

Eccome se ne era convinto.

Talmente tanto che alla fine aveva ucciso davvero Zach, pensò con un moto di soddisfazione. Gli aveva rotto quel collo senza contare fino a tre.

Non si era sentito in colpa, in realtà non aveva sentito neanche la più piccola emozione. D’altra parte Sissi non esisteva più e l’assassinio del fratello era stata la prova schiacciante.

Ora, però, era lì, pronta ad rientrare nella sua vita come un uragano. Ma con che coraggio se ne arrogava il diritto, quando era stata lei la prima ad escluderlo dalla sua? Con quale faccia tosta si ripresentava alla sua porta dopo così tanto tempo?

Quel turbinio di emozioni contrastanti, che stava letteralmente scombinando Damon, non sembrò toccare Bonnie, che, osservandolo ancora con un sorriso sorpreso, ripeté “Damon! Mio Dio, da quanto …! Non mi riconosci? Sono io, sono Bonnie. Si, è vero sono un po’ cambiata, ma la faccia è sempre quella”.

Sì, era decisamente Bonnie Salvatore, con quella parlata a macchinetta che una volta lo faceva morire dal ridere e che, in quel momento, lo irritava sopra ogni altra cosa “Che ci fai qui?” domandò severamente inasprendo lo sguardo.

Il sorriso sul volto della ragazza si congelò. Ci mise un po’ prima di trovare le parole giuste, che suonarono comunque molto incerte “Nostalgia di casa, suppongo”.

“Dopo sette anni?”.

Bonnie non afferrò la ragione di quell’astio così palese, ma colse la frecciatina e replicò d’istinto “Non mi sembra che si sia sentita molto la mia mancanza”.

“Hai ragione” confermò Damon “Ci eravamo dimenticati della tua esistenza”.

Mi ero dimenticato della tua esistenza e stavo benissimo.

“Apprezzo la sincerità” disse Bonnie, tentando di apparire impassibile a quelle parole che invece la stavano ferendo come coltelli affilati.

“Non fare la scontrosa con me, ragazzina” la avvisò.

Hai perso il privilegio sette anni fa.

“Io non sono Stefan, né tantomeno tuo fratello” disse oltrepassandola, con la chiara intenzione di uscire.

“Zach … ” lo fermò lei “ … Sta b-bene? Non lo sento da mesi e  non mi ha neanche pagato la retta questo trimestre”.

Quello non era vero, la rata era stata pagata, anche se in ritardo. Solo che Damon l’aveva fatta sentire veramente una stupida e così aveva aggiunto quel piccolo particolare per far capire al suo ex- zio preferito che la situazione era seria.

Non ottenne l’effetto sperato.

“Ah! Ecco, mi sembrava troppo altruista la tua motivazione” affermò lui “Ti hanno sbattuta fuori e non sapevi dove altro andare”.

“Non mi hanno sbattuta fuori!” lo contraddisse indignata, ma che razza di persona credeva fosse diventata? “Sono preoccupata per Zach”.

Fai bene ad esserlo.

Damon diede un ultimo sguardo agli occhi della ragazza, che pareva davvero sul punto di piangere, e si avviò verso la porta.

“Dov’è mio fratello, Damon?” gli urlò dietro stringendo i pugni.

“Non lo vedo da un po’ ” le rispose senza voltarsi “Ma ovunque sia, sono certo che si senta come in Paradiso”.

O all’Inferno. Pensò piegando una angolo della bocca all’insù ghignando. Se l’apparizione di Bonnie lo aveva inizialmente sconvolto, ora poteva ritenersi appagato di aver recuperato terreno in breve tempo.

Non l’avrebbe uccisa, questo no. Tra qualche giorno al massimo, l’avrebbe rispedita in Italia e non ne avrebbe mai più sentito parlare. Quello gli bastava.

Non servivano spargimenti di sangue, sarebbe stato sufficiente ricacciarla fuori dalla sua non-vita. Ma per rendere tutto ciò possibile, era necessario farla riammettere a scuola e inventare qualche scusa sulla scomparsa di Zach, ma quello era il problema minore. Poteva benissimo ammaliarla e farle credere che il fratello se n’era andato in Antartide a studiare i pinguini o in Giappone ad imparare a cucinare il sushi. Certo, sempre che la ragazza non assumesse verbena, a quel punto sarebbe stato più complicato convincerla.

Damon sentì improvvisamente il bisogno di fare quattro chiacchiere con il suo fratellino, che, apparentemente, non si era affatto occupato della faccenda “tasse scolastiche”. Ecco perché di solito lavorava da solo. Molto più efficace.

Aprì la basculante del garage, rivelando al suo interno due auto: una era una Ferrari nera, lucida come pomice levigata, l’altra era una Mustang, colore azzurro, decapottabile. Sebbene preferisse di gran lunga la prima, fu costretto a usare, per l’ennesima volta, la seconda, per non dare nell’occhio.

Mise in moto, uscì dal box e percorse il lungo vialetto del Pensionato; prima di sparire dietro una curva, diede un’ultima occhiata alla villa attraverso lo specchietto retrovisore e vide Bonnie, affacciata alla finestra di quella che era stata la sua cameretta, guardare l’auto che sfrecciava via.

 

Stefan aveva terminato l’ultimo giro di corsa, quando scorse l’auto di suo fratello parcheggiata di fianco al campo.

Si assicurò che l’allenatore fosse occupato a guardare altrove e si avvicinò, tenendo il casco da football in mano. Perché Damon era lì?

Non lo adocchiò subito, dovette far scorrere gli occhi sulle altre macchine per trovarlo, infine, appoggiato a un pick-up scassato. Quello di Matt.

“Come va l’allenamento, Golden Boy?” gli chiese Damon beffardo.

“Che ci fai qui?”. Rispondere a una domanda con un’altra domanda: tipico delle conversazioni tra i fratelli Salvatore.

“Questo catorcio è del tuo amico Mutt, vero? È con questo che ti riporta a casa dopo gli allenamenti? Come diamine fa a reggere tutti e due?”.

Stefan non si diede nemmeno la pena di correggerlo quando pronunciò, volutamente, il nome di Matt in modo sbagliato.

“Sai Stefan, tu sei sempre così serio, così responsabile, è per questo che di solito ti lascio la parte burocratica dei nostri affari, perché mi aspetto che tu te ne occupi senza seccare me”.

“Puoi arrivare al punto?” lo interruppe Stefan “Ho cose più importanti da fare che stare ad ascoltare i tuoi deliri da vampiro egoista e spaccone”.

“Avevi detto che avresti mandato i soldi alla scuola di Bonnie” tagliò corto Damon.

“L’ho fatto” confermò.

“Ooooh, allora devono avere fatto un gran bel casino alle poste, perché la nostra principessina ora è in camera sua a disfare i BAGAGLI!” lo aggiornò in un crescendo di irritazione.

“Sissi è qui?”.

“Lei con tutta la sua voglia di fare una rimpatriata per ricordare i bei tempi andati” aggiunse con un po’ di contrarietà.

Stefan aprì un paio di volte la bocca, prima di sorridere felice come poche nella vita “Oddio! Io … è tornata! È fantastico … ed è cresciuta? È cambiata?”.

“Su questo ci puoi giurare!” esclamò Damon con un mezzo sorriso malizioso ripensando alla figura della ragazza, fasciata da quei jeans così attillati che lasciavano poco all’immaginazione. Era decisamente cresciuta.

“Devo andare a salutarla” dichiarò Stefan.

“Frena l’entusiasmo” lo rimproverò il fratello riprendendosi dalle sue divagazioni “Capisco che tu non veda l’ora di ricoprire il ruolo del buon pastore che riaccoglie a braccia aperte la pecorella smarrita, ma abbiamo due questioni da risolvere prima: uno, siamo vampiri; e due, suo fratello è morto”.

“Ah, adesso te ne preoccupi” gli rinfacciò Stefan, rammentandogli come, solo qualche giorno prima, se ne fosse completamente fregato.

Damon lo fulminò.

“Quello, comunque, è un problema risolvibile: non deve per forza sapere che cosa gli è successo veramente” proseguì Stefan pensieroso “Piuttosto sa o non sa che noi due siamo vampiri?”.

“Non ne ho idea” ammise Damon.

Stefan si stupì leggermente “N- non hai mai soggiogato Zach per fartelo dire? Non gli hai mai letto nel pensiero?”.

“Sveglia Stefan! Non potevo controllargli la mente; coltivava verbena come se fosse marijuana!” disse Damon allargando le braccia.

Stefan non poté che dargli ragione e si diede dello stupido per non averci pensato. Si voltò verso il campo da football per controllare che nessuno avesse ancora notato la sua assenza, poi si rivolse di nuovo al fratello.

“Non ci resta che tenerla d’occhio e cercare di non farle sentire la mancanza di Zach. Meno s’insospettisce meglio è” concluse.

“Sapevo che l’avresti detto” dichiarò Damon “ E ti annuncio ufficialmente che io non mi farò coinvolgere in una simpaticissima riunione di famiglia. La tentazione di staccarle la testa è stata forte, quando l’ho vista poco fa; ergo è meglio che me ne stia alla larga. Lascio volentieri a te il compito di badare alla figliol prodiga”.

Stefan stava per ribattere ma entrambi vennero interrotti dell’allenatore “Salvatore” urlò sventolando la cartelletta “Vuoi anche dei pasticcini? Del the?”.

“Credo che stia chiamando te” suppose il maggiore, con il suo solito ghigno.

Stefan gli lanciò un’ultima occhiata che sapeva tanto di “Non fare disastri” e corse verso il campo da football.

“Sono serio, Stefan” gli gridò dietro Damon, sebbene sapesse che il fratello l’avrebbe sentito benissimo anche se avesse sussurrato “Falla uscire da casa mia entro domani mattina o ce la rimando io in Italia. A modo mio” precisò.

È anche casa mia. Gli rispose mentalmente Stefan senza girarsi.

A Damon non restò che accettare la provocazione. Andò alla sua macchina e aprì lo sportello del guidatore. Accese l’auto e mise la retro.

Per qualche strano motivo, forse per distrazione, non pigiò abbastanza il cambio verso il basso e inserì, per sbaglio, la prima invece della retromarcia.

Senza essersene accorto, posò una mano sul poggia testa del sedile accanto al suo e ruotò il capo per accertarsi di avere spazio dietro per fare manovra.

Il parcheggiò dietro di lui era completamente libero, schiacciò, dunque, con forza il pedale. La macchina, però, si mosse in avanti e Damon sentì distintamente il rumore metallico del paraurti che si accartocciava.

Con estrema lentezza rigirò il collo e appurò di essere finito contro il muro di fronte, che se prima stava a pochi centimetri dal muso della sua vettura, ora gli era appiccicato.

Si trattene dallo staccare il volante per il nervoso e, in fretta, ripeté le operazioni di qualche minuto prima (questa volta mettendo la marcia giusta) e sgommò via, senza riuscire ad evitare di percepire tutto il compiacimento di Stefan, cui sicuramente non era sfuggita la scena.

Che giornata di merda.

 

Fissò per la trecentesima volta la valigia, nella vana speranza che tutti i visti riposi all’interno, si alzassero e, da soli, andassero a sistemarsi nei cassetti e nell’armadio. Da piccola aveva immaginato un milione di volte di fare i bagagli come Mago Merlino nel “ La Spada nella Roccia”. Sarebbe stato un sogno fin troppo bello: pronunciare qualche formula magica, un po’ di ‘hockety pockety” e stare comodamente seduta sul letto a guardare gli abiti fluttuare e piegarsi con cura nei borsoni. Quanto tempo avrebbe risparmiato?!

Purtroppo, però, le mancavano giusto quelle due o tre abilità magiche che le avrebbero permesso di fare tutto ciò.

Accettando, dunque, il fatto di essere un’anonima, semplice mortale, senza uno straccio di magia (del resto, come tutti nel mondo: le streghe non esistevano mica!), iniziò a svuotare il trolley e mettere gli indumenti nei loro rispettivi posti: le magliette nei cassetti, i pantaloni e le camicie sugli appendini, le felpe sul ripiano dell’armadio; e poi, ovviamente i libri sulle mensole attaccate al muro, il portatile sulla scrivania e tutto il resto dove trovava spazio.

Infine prese il suo cavallino bianco di peluche e lo posò sul letto. Gli si sedette accanto, accarezzandolo con un po’ di diffidenza; come se al posto di quel tenero pupazzo ci fosse  stato colui che glielo aveva regalato, colui con il quale aveva  discusso neanche un’ora prima.

Perché diamine Damon l’aveva attaccata in quel modo? 

D’un tratto era passata dalla parte del torto? Era lei quella che aveva sbagliato?

Scosse la testa: lei non aveva fatto nulla di male e Damon non aveva nessun motivo per ritenersi offeso.

L’aveva aspettato, davvero.

Spesso ripeteva alle sue compagne di scuola di non vedere l’ora che il suo fantastico zio l’andasse a trovare, ma lui non si era mai presentato alla porta di quel collegio, non l’aveva chiamata, non le aveva scritto. Passato il primo anno, aveva capito che non l’avrebbe più cercata.

Ed era stato triste apprendere che le uniche due persone che le erano rimaste al mondo, escluso suo fratello, si erano dimenticate di lei.

Perché se Damon non si era comportato bene, anche Stefan non era stato da meno. Ma ormai l’aveva superato, del resto erano passati un sacco di anni. Chiunque sarebbe andato avanti.

Chiunque a parte Damon.

Se doveva essere sincera, quella brutta accoglienza non era stata la cosa che l’aveva lasciata più basita. Quello che, sul serio, le aveva tolto la parola per qualche minuto era stato l’aspetto di Damon: non era cambiato di una virgola da come se lo ricordava lei. Se non aveva fatto male i calcoli, ora il ragazzo doveva avere su per giù trent’anni, ma sembrava esattamente lo stesso ventenne che aveva conosciuto da bambina. Si prese per paranoica: erano trascorsi otto anni dall’ultima volta che l’aveva visto, i suoi ricordi erano confusi e un po’ sbiaditi.

Fissò sconsolata la valigia, rendendosi conto di averne disfatta solo la metà. Stava per buttarsi sul letto per schiacciare un pisolino, dato che aveva viaggiato tutta notte senza dormire, ma sentì qualcuno bussare.

Si girò in direzione della porta e rimase a bocca aperta: riccioli castani, occhi verdi, fisico asciutto ma allenato, sguardo sincero e sorriso rassicurante.

Stefan.

Uguale identico al ragazzo di sette anni prima. Com’era possibile? Ma che mangiavano quei due? Avevano per caso scoperto la fonte della giovinezza?

Il ragazzo fece qualche passo verso di lei, aprendo leggermente le braccia. Bonnie rimase immobile, incerta sul da farsi; poi si lanciò letteralmente addosso a Stefan, gettandogli le braccia al collo e stringendolo come se fosse l’unica persona che potesse darle un po’ di affetto, che potesse farla sentire a casa. Ed era vero.

Aveva paura che la rifiutasse, che la respingesse come aveva fatto Damon, ma il ragazzo le posò una mano sulla nuca, spingendole dolcemente la testa verso la sua spalla in un gesto fraterno, e i suoi timori si dissiparono.

Lasciò che qualche lacrima scendesse lungo le sue guance, troppo contenta e incredula di aver trovato qualcuno ad aspettarla, felice di rivederla.

Si separarono, continuando a sorridere, e Stefan le asciugò con le dita le scie bagnate che brillavano sulle gote bianche.

Bonnie gli prese mani e le intrecciò con le sue, mentre abbassava le braccia.

“Mio Dio” soffiò “Non sei cambiato per niente”.

Se, inizialmente, pensava di essere sbagliata riguardo Damon, in quel momento, squadrando Stefan sentiva che i suoi dubbi divenivano certezze.

“Tu invece sei cambiata eccome!” si sbalordì il vampiro “Guardati” e le fece fare una giravolta “Sei cresciuta”.

“Già” concordò Bonnie “Cosa non fanno setti anni in Italia!” scherzò.

“E ti sei fatta proprio una bella ragazza” gli faceva strano usare quella parola riferita a Bonnie, la non- più- piccola Bonnie “Chissà quanti ti hanno corteggiata” suppose.

“Non così tanti” specificò lei con un leggere imbarazzo.

Stefan la guardò intensamente “E’ bello averti a casa”.

“Davvero?” chiese in conferma ricambiando lo sguardo, fiduciosa.

Stefan annuì “Allora raccontami qualcosa, Sissi”.

“È da tanto che nessuno mi chiama più così” disse con un po’ di malinconia.

“Ti dà fastidio?”.

“No, no” quasi strillò agitando le mani “Mi piace. Mi è sempre piaciuto!”.

“Ho incontrato Damon mentre tornavo a casa, mi ha detto che ti ha vista”.

“Sì” confermò Bonnie “Un incontro che vorrei dimenticare in fretta” ammise.

Stefan non ne fu stupito. Damon doveva aver sfoderato il lato gentile che di solito riservava a lui.

“Sai com’è fatto … ogni tanto è scorbutico”.

“No Stefan, è stato proprio cattivo” lo corresse “Insomma non mi vede da otto anni e mi tratta come la peggiore delle pezze da piedi. Come se fosse colpa mia, come se io l’avessi tradito!”.

“Lui tende ad estremizzare tutto. Vedrai che gli passerà in fretta”.

“Non m’interessa” dichiarò Bonnie “Non sono venuta qua per lui, ma per Zach” avvertì quella nota di preoccupazione crescere in lei “Stefan, ti prego dimmi dov’è” lo supplicò con voce strozzata.

Stefan trasse un profondo respiro, pronto per esibirsi in quel discorso che aveva preparato nel tragitto verso casa.

“Sta bene, Sissi” mentì “Starà fuori città per un po’: è occupato con degli affari”.

“Che genere di affari?”.

“Cose per Fell’s Church, per il Consiglio” spiegò brevemente “Non posso dirti di più perché è tutto quello che so; mi spiace”.

“Ma perché non si fa sentire! Voglio dire … sparire così, senza neanche avvertirmi, non è da lui. E poi perché non mi risponde al telefono?”.

Stefan si sentì terribilmente in colpa. Non era sua intenzione prenderla in giro, ma non voleva che soffrisse e stava solo cercando di proteggerla. La cosa migliore era tenerla all’oscuro di tutto, almeno per il momento, almeno finchè Damon era così suscettibile e visibilmente turbato; non era  sicuro che suo fratello si sarebbe astenuto dallo staccarle la testa per impedirle di andare ad urlare a tutta Fell’s Church che due vampiri abitavano al vecchio Pensionato. Era chiaro come il sole che Damon serbava ancora ostilità nei confronti di Bonnie; voleva evitare di dargli un motivo per attuare la sua vendetta.

“Non ha potuto portare nulla di suo e non credo che abbia molto tempo di mettersi in contatto con noi” .

“Cos’è? In missione per conto della C.I.A.?” chiese Bonnie con sarcasmo.

“Qualcosa del genere” bofonchiò lui.

“Bene!” disse risoluta “Andrò al Consiglio e mi farò dire che cosa sta succedendo”.

“Non ti diranno niente” la dissuase lui “E’ una cosa segreta”.

“E tu come fai a sapere certe cose?”.

“Me le ha dette Zach prima di partire”.

“Hai visto Zach? Ma da quanto tempo sei qui?”.

“Da qualche mese, sono rimasto per finire qui la scuola”.

Le iridi castane di Bonnie saettarono sulla figura del ragazzo “Com’è possibile?” domandò incredula “Eri in età da diploma quando ti ho visto l’ultima volta”.

Stefan dovette formulare in fretta una scusa. Che scemo a non pensare ad un modo per giustificare il suo non- cambiamento di età.

“No, ti sbagli” negò con fermezza “Quello era Damon”.

Oddio, questa era la bugia peggiore che si fosse mai inventato! Damon non era mai neanche andato al liceo!

“No Stefan, eri tu” la sua voce tremò leggermente.

“Ti ricordi male, Bonnie. Io ero solo al primo, Damon all’ultimo” ribadì con più convinzione “Però su una cosa hai ragione: sono leggermente fuori corso”. Doveva pur inventarsi qualcosa. Erano passati sette anni dal loro ultimo incontro, lui avrebbe dovuto essere fuori dalle superiori già da un pezzo in ogni caso “Ho attraversato un paio di anni difficili, ho abbandonato la scuola e me ne sono andato. Poi però ho rimesso la testa a posto, solo che ho dovuto recuperare tutte le lezioni e gli esami persi e … sai, ci ho messo un po’. E’ per questo che sono venuto a vivere qui, volevo ricominciare da capo, costruirmi una vita”. Quella era la verità.

“Quindi tu adesso hai … ventuno anni?” chiese un po’ incerta, anche se ormai sembrava convinta di quello che Stefan le aveva raccontato.

“Sì, ma non dirlo in giro. Non voglio che gli altri lo sappiamo, è imbarazzante, sai? Studiare ancora al liceo, quando dovrei essere al college”.

“E’ assurdo, ne sei consapevole? Non ha senso”.

Quello frase lo pietrificò. Il suo piano non aveva funzionato? Lui era pessimo a mentire, non ne era proprio capace. Damon era quello bravo con le bugie, o come le chiamava lui, le verità distorte.

Quando Bonnie parlò, Stefan non poté trattenere un sospiro di sollievo nel constatare che la ragazza era tornata al discorso precedente.

“Perché mai un uomo dovrebbe andarsene in modo così furtivo, senza dire nulla all’unica persone della sua famiglia, senza offesa per te ovviamente, ma … diamine io sono sua sorella! Mi merito un po’ di rispetto, un po’ di considerazione!”.

Il vampiro si sentì ancora di più in colpa. Damon questa volta l’avrebbe pagata, oh come l’avrebbe pagata!

“Bonnie, fidati di me: Zach sta bene” che faccia tosta.

“Come fai ad esserne certo?”.

“Mi ha mandato un’ e-mail” disse di getto.

“Perché manderebbe un’e-mail a te e non a me?”.

Perfetto e adesso che t’inventi? “Non l’ha mandata a me, ma al suo secondo indirizzo, mi aveva lasciato la password. Ha scritto di essersi dimenticato il tuo contatto e mi ha chiesto di rigirarla alla scuola per fartela avere”.

“Non ho ricevuto nessun messaggio”.

“E’ arrivata solo ieri … non ho fatto in tempo a mandartela”.

Bonnie per la seconda volta sembrò quasi soddisfatta della risposta.

“E per quanto riguarda la scuola, mi dispiace tanto! Zach mi aveva detto di pagare la rata, perché lui non avrebbe potuto, ma me ne sono completamente scordato. Cioè, ho fatto il bonifico ma a quanto pare qualcosa è andato storto”.

“No, no, la retta è andata a posto, anche se in ritardo”.

Stefan parve sconcertato “Scusa, ma allora non ti hanno cacciata?”.

“NO!” esclamò lei “Almeno non per quello”.

Il ragazzo la guardò interrogativo.

“Sono scappata, di notte, confondendomi in un gruppo di studentesse newyorkesi” prese fiato “Capisci? Io dovevo tornare per Zach!” gemette “Probabilmente a quest’ora mi avranno espulsa” confessò.

Lui rimase in silenzio, riflettendo per qualche secondo poi la tranquillizzò “Non preoccuparti a questo ci penso io. Tu, sentiti libera di rimanere quanto vuoi, io intanto chiamo la direzione e li avverto che sei qui. Dirò loro che abbiamo avuto un problema di famiglia e che tornerai tra qualche tempo”.

“No, Stefan” lo fermò lei “Se ho fatto quel che ho fatto, è perché volevo essere espulsa. Io … io non tornerò in Italia” annunciò “Almeno finché non vedrò Zach”.

“Oh” fu l’unica cosa che Stefan riuscì a pronunciare.

Quello poteva costituire un bel problema. Soprattutto con un Damon piuttosto incazzato che aveva esplicitamente dichiarato di non volerla vedere mai più.

“Va bene” acconsentì Stefan. Al diavolo Damon!

“Sarai affamata, ordino delle pizze”.

“No, non ce n’è bisogno, mangerò quello che c’è in casa”.

“Ecco, il fatto è che io e Damon ultimamente abbiamo mangiato sempre fuori e il frigo è praticamente vuoto. Non ti preoccupare non è un problema prendere una pizza. Margherita, giusto?”.

“Ovvio!” rispose Bonnie, contenta che Stefan si ricordasse quel piccolo particolare che la riguardava “Io, intanto mi farò una doccia”.

Stefan sorrise ed uscì dalla stanza, chiudendosi dietro la porta.

Bonnie lanciò un’ultima occhiata alla sua valigia, ancora mezza sfatta, prima di entrare nel suo bagno e aprire l’acqua della doccia.

Restava il fatto che avrebbe tanto voluto possedere i poteri di Mago Merlino.

Uscì dal bagno solo quando sentì Stefan chiamarla. Prese una maglietta e dei pantaloni larghi della tuta, se li mise addosso e raggiunse il ragazzo nella sua camera. Non fece caso a tutte le sue cose ordinate perfettamente negli armadi e alle due valigie sistemate nello spazio tra la scrivania e il muro, chiuse e vuote.

“Guarda cosa ho trovato” le disse Stefan sventolandole un VHS davanti al naso. La afferrò e si ritrovò a sorridere come un’ebete leggendo il titolo sulla copertina: ‘La principessa Sissi’ con Romy Schneider.

“Non ci credo! Ma dove l’hai ripescato?”.

“Era dietro una fila di libri nella libreria giù in salotto e guarda caso, ho proprio un videoregistratore per le casette. Ti va di vederlo?”.

“Scherzi?! È uno dei miei film preferiti. Anche in Italia lo guardavo sempre quando lo davano in televisione” gli raccontò Bonnie mentre si buttava sul letto del ragazzo, aprendo il cartone con la pizza “Tu non la vuoi?”.

“No, grazie. Ho mangiato dopo l’allenamento”. Ormai era diventato un drago con le bugie. Damon sarebbe stato fiero di lui.

Bonnie addentò una fetta della sua margherita e aspettò che Stefan prendesse posto sul letto accanto a lei. Spense la luce quando il film partì.

Per un momento, stesa lì, sotto le coperte, sul ‘lettone’ con Stefan a guardare la sua favola preferita, mentre la musica iniziale inondava la stanza, le sembrò di ritornare indietro di sette anni. E si sentì quasi a casa.

 

“Life is a mystery

Everyone must stand alone
I hear you call my name
And it feels like home

( Like a prayer- Madonna)

 

 

 

 

Il mio spazio:

Se siete arrivati fin qui, vi meritate premio; perché ( e me ne rendo conto) è un capitolo infinito. Mentre lo scrivevo, continuavo a ripetermi che stava diventando troppo lungo, ma vi giuro che non ho potuto fare tagli; ogni cosa che leggete ha un significato essenziale per tutta la storia.

All’inizio avevo pensato anche di dividerlo in due parti, poi mi sono detta che non aveva senso, perché l’intento è proprio quello di mettere a confronto le reazioni dei due fratelli.

Capitolo bello denso, dunque: primo flashback della vita di Damon ( ce ne saranno altri che riguarderanno anche gli altri personaggi), incontro Bonnie- Damon e Bonnie- Stefan con dinamiche decisamente diverse. Sparsi qua e là troverete indizi sui futuri svolgimenti, ma tranquille tutto sarà ben spiegato con il procedere della storia.

Ancora tre cose:

1)   Il riferimento alla pietra che racchiudeva l’animo di Damon è un appunto per ricordare alla Smith, o a chi per essa scriverà i libri d’ora in poi ( sempre che la notizia del licenziamento sia vera), che la prima a crepare quella pietra è stata Bonnie e non Elena con le sue ali della redenzione/purificazione/confessione o come diamine si chiamano (altro motivo per cui ho scelto di ambientare tutto prima della morte e resurrezione, in formato ‘bambina-angelo’, di Elena: volevo risparmiarmi/vi i suoi Poteri da Sailor Moon).

2)   Se avete notato, a volte trovate scritto che i due fratelli non vedono Sissi da otto anni, altre volte da sette. Allora non sono del tutto impazzita, questi “numeri”  cambiano a seconda del fratello cui sono relazionati: Damon infatti ha visto Bonnie per l’ultima volta quando lei aveva dieci anni; Stefan è stato più fortunato, dato che è andato a trovare Zach e la sorella poco prima che lei partisse per l’Italia, quindi sette anni prima. Forse era poco chiaro, perciò ho preferito spiegarlo ;)

3)   Il soprannome ( o forse sarebbe meglio dire l’acronimo ahah) Mutt viene inventato da Damon durante il famoso e (stupendo!) salvataggio di Bonnie. Dato che la mia storia è ben lontana cronologicamente da quel fatto, questo nome non dovrebbe ancora comparire. Ma personalmente adoro “Mutt” e non potevo resistere a non inserirlo =)  

 

A voi il giudizio di questo capitolo!

Alla prossima, Fran ;)

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Capitolo 4
*** Don’t hang around ‘cause two’s a crowd on my cloud ***


 

Ashes &Wine

Capitolo Quattro: Don’t hang around ‘cause two’s a crowd on my cloud.

 

“I was sick and tired, fed up with this
And decided to take a drive downtown
It was so very quiet and peaceful
There was nobody, not a soul around
I laid myself out, I was so tired and I started to dream
In the morning the parking tickets were just like
A flag stuck on my window screen

I said: Hey! You! Get off of my cloud
Don't hang around 'cause two's a crowd on my cloud

( Get off of my cloud- The Rolling Stones)

 

 

“Le hai detto che Zach ti ha mandato un e-mail?” chiese un’ incredula Elena, dopo che, la mattina seguente, Stefan le ebbe raccontato dell’incontro con Bonnie e della loro conversazione.

“Non sapevo come altro tranquillizzarla, Elena!” si giustificò Stefan “Dovevo convincerla in qualche modo che Zach stava bene”.

“E’ un gioco pericoloso, se mai Bonnie dovesse scoprire la verità, non ti perdonerà mai per averle mentito” lo avvertì.

“Lo so e spero di trovare una soluzione prima che accada”.

“Beh la cosa potrebbe accadere presto dato che Zach non ti ha mandato nessuna e-mail. Cosa t’inventerai?”.

“In realtà l’ha fatto” la contraddisse Stefan aprendo il suo portatile e mostrandole la casella di posta del secondo indirizzo di Zach.

Elena lo guardò sbalordita “Ma … come hai fatto?”.

“Stamattina mi sono svegliato presto e sono andato al negozio d’informatica, ho soggiogato il commesso e l’ho obbligato a creare il secondo indirizzo di posta di Zach e gli ho fornito quello del primo. È riuscito ad entrare nel suo account e a mandare l’e-mail da lì, poi ha fatto in modo che risultasse scritta e inviata due giorni fa. Gli hacker di oggi sanno fare cose che non ti sogni neanche”.

Elena si schiaffò una mano sulla fronte “Hai creato un indirizzo falso! Non ci posso credere” disse trattenendo una risata.

“Non prendermi in giro” si finse indignato lui “E’ serio! Devo cercare di rendere tutto verosimile o Bonnie inizierà ad insospettirsi, sempre che non l’abbia già fatto, e lì saranno guai. O la convinco a tornare in Italia, o che tutto quello che le ho raccontato è vero, perché se dovesse dare segno di non fidarsi di quello che le dico, Damon potrebbe sul serio farle del male pur di tenere al sicuro il nostro segreto” spiegò in modo concitato.

“Credi davvero che la ucciderebbe? Hai detto che le voleva bene”.

“Voleva bene anche a me e guarda cosa sto passando da cinquecento anni. Damon conosce tanti modi per fare del male, senza uccidere”.

“Stefan questo è un problema che dovete risolvere insieme. Non puoi fare tutto da solo, Damon ti deve dare un mano” gli consigliò Elena stringendogli una mano intorno al braccio “Da quello che mi hai detto, Bonnie è stata lontana dalla sua famiglia per un sacco di tempo, si aspettava di trovare suo fratello e invece incontra voi due, Zach è scomparso, tu vivi qui, Damon l’ha trattata come un cane, entrambi siete uguali a sette anni fa; poi le hai raccontato quella storia assurda sulla ‘missione’ di Zach. In questo momento deve essere totalmente scombussolata. Se tu e Damon non fate fronte compatto, se non l’aiutate a sentirsi a casa, non farete altro che aumentare i suoi dubbi e le sue preoccupazioni. Damon deve mettere da parte il suo orgoglio”.

“La fai sembrare così facile” Stefan si costrinse a sorriderle “La voleva fuori di casa stamattina, non seppellirà in fretta l’ascia di guerra”.

“Ehi Stefan, guardami” Elena gli prese il volto fra le mani e lo obbligò a fissarla dritto negli occhi “Di qualunque cosa tu abbia bisogno, qualunque difficoltà tu debba affrontare, io sarò dalla tua parte, hai capito bene?”.

Stefan la baciò lentamente e dolcemente, beandosi della morbidezza dei suoi capelli tra le dita. A volte pensava che senza di lei sarebbe sprofondato.

“A proposito …” incominciò Elena staccandosi “Come ha preso Damon la notizia che Bonnie rimarrà qui?”.

“Oh, ecco … quello …”.

“STEFAN!”.

Entrambi si voltarono verso l’ingresso, da dove proveniva quel ruggito.

 

Chiuse con forza lo sportello della sua Ferrari. Dopo la discussione del pomeriggio precedente con Stefan, era tornato a casa giusto per cambiare auto e prendere la sua “bambina” ed era sfrecciato via da Fell’s Church senza una meta ben precisa; voleva solo allontanarsi il più possibile, magari trovare qualche bella donna con cui divertirsi o sbronzarsi in qualche squallido bar di provincia. O magari entrambe le cose.

Si era fermato in un paesino, a qualche miglio da Fell’s Church. Aveva parcheggiato di fianco ad un pub affollato. Soltanto all’uscita era accalcate un mucchio di ragazze tutte in tiro che sicuramente non avrebbe resistito al suo fascino innato e ai suoi Poteri.

Ma non le aveva raggiunte. Troppo nervoso, troppa frustrazione. Avrebbe fatto una strage se si fosse mischiato tra la folla. L’avrebbero scoperto subito.

Così aveva lanciato la macchina giù per una strada secondaria, un po’ dissestata, lontano dalle luci delle città; aveva guidato quasi tutta la notte, finché non era crollato, stremato dal sonno, in un parcheggio fuori mano. Non c’erano nessuno, non un’anima intorno, solo silenzio e vuoto. E si era beato di quella solitudine.

Al mattino, quando si era svegliato, aveva trovato il parabrezza completamente oscurato da stupidi volantini. E si era incazzato ancora di più.

Aveva girato la Ferrari sulla via di casa, superando ogni limite di velocità di almeno cinquanta chilometri. Una multa non gliel’avrebbe tolta nessuno.

Lasciò l’auto nel vialetto davanti al Pensionato e marciò verso l’entrata della villa, con la sola voglia di farsi un bel bicchiere di sangue. Tanto che c’era, avrebbe anche controllato che quella ragazzina se ne fosse andata. Ma era piuttosto certo di quel fatto; era stato chiaro con Stefan: o Bonnie se ne tornava da dov’era venuta o ci avrebbe pensato lui stesso a rimandarla indietro.

Non ne fu più così sicuro quando, avanzando verso la porta e aprendola, rimbalzò contro un muro invisibile che lo ricacciò indietro e gli impedì di proseguire.

E allora ruggì “STEFAN!”.

Suo fratello si materializzò all’ingresso, seguito da Elena. Entrambi avevano un’espressione preoccupata stampata in volto. Chi non l’avrebbe avuta, dopo aver sentito quel grido disumano?

“Damon, chi ci fai lì fuori?” domandò Stefan.

“Oh, nulla di che, mi godo la pioggia” rispose sarcasticamente.

Per concludere in bellezza il festival della sfiga, quel giorno si era anche messo a piovere a dirotto. Damon ringraziò mentalmente che la casa fosse dotata di un portico, altrimenti sarebbe stato, oltre che furioso, anche bagnato fradicio.

“Senti, io e te dobbiamo parlare, mettere le cose in chiaro o non ne verremo a capo. Ma prima di tutto ti devo dire una cosa che non ti piacerà” iniziò Stefan, deciso a seguire il suggerimento di Elena. Damon lo interruppe proferendo con tono sagace “Fammi indovinare, Bonnie ha deciso di stabilirsi qui”.

“Come fai a saperlo?”.

“Diciamo che il fatto che io non riesca ad entrare in casa mia è stato un bell’indizio” lo informò mostrandogli, poi, come non fosse in grado di oltrepassare la soglia di casa.

Stefan capì al volo il problema: quella villa, dopo la morte di Zach, era rimasta disabitata per mesi, questo l’aveva resa accessibile ad ogni vampiro. Ora che un’umana aveva preso la decisione di viverci stabilmente, la situazione era cambiata. La casa diventava off-limits per quelli della loro razza. Stefan non aveva avuto bisogno di invito, perché era già dentro quando tale scelta era stata annunciata, ma Damon non avrebbe potuto entrare finché non fosse stata proprio Bonnie a dargli il permesso.

“Questo mi fa supporre che la tua linea morbida non ha funzionato” lo riportò alla realtà Damon.

“E’ anche casa sua. Non posso lasciarla in mezzo alla strada” cercò di farlo ragionare Stefan.

“Chi ha parlato di lasciarla in mezzo ad una strada. Io pensavo più a metterla su un aereo e farle ‘ciao’ con la manina mentre vola dall’altra parte dell’oceano”.

“Damon …” anche Elena si decise a parlare, ma il vampiro la zittì con un’occhiataccia, poi si rivolse di nuovo al fratello “Me ne occupo io, tu torna pure a giocare al diciassettenne ombroso che va a scuola” si girò e tornò alla sua macchina.

“Che vuoi fare?” gli domandò Stefan allarmato “Se le torci un capello …” fu una minaccia che cadde nel vuoto, ancora una volta interrotta dal ghigno di Damon “Sto solo andando in agenzia viaggi”.

Elena si avvicinò a Stefan e gli posò una mano sulla spalla “Siamo in ritardo”.

Il ragazzo annuì, senza staccare gli occhi dall’auto che si allontanava.

“Non le farà nulla di male, vedrai” lo rassicurò.

 

Si rigirò tra le coperte, abbracciando il morbido cuscino che si era stortato tutto durante la notte. Un sorriso sereno si dipinse sul suo volto al pensiero che solo un giorno prima si era svegliata su un aereo, senza sapere che cosa ne sarebbe stato del suo futuro.

Stesa nel letto di Stefan, dove si era addormentata la sera prima, poté fare un piccolo bilancio degli avvenimenti e delle scoperte che il suo ritorno a casa aveva portato con sé.

Zach era da qualche parte, disperso chissà dove, per conto di chissà chi, a fare chissà cosa, impossibilitato a mettersi in contatto con lei per chissà quali motivi, e chissà quando sarebbe tornato. Ma stava bene. Stefan glielo aveva confermato e se c’era una persona di cui si sarebbe sempre fidata era proprio quel ragazzo.

Quel ragazzo che, però, le nascondeva qualcosa. A partire dalla vaghezza con cui le aveva spiegato la situazione di suo fratello, fino alla strana questione dell’età. Bonnie avrebbe giurato sulla sua testa che Stefan avesse diciassette anni quando lei ne aveva undici. E poi fisicamente non era cambiato per niente. Per quanto  ancora molto giovane, com’era possibile che fosse uguale identico al ragazzo di sette anni prima?

Troppo nebuloso nelle spiegazioni, troppo schivo nelle risposte, troppo abile nello sviare i discorsi. Stefan probabilmente credeva di avere ancora davanti la bambina buona e ingenua di un tempo. Bonnie, però, era cresciuta, abbastanza da capire che qualcosa non quadrava in ciò che le era stato riferito.

Buona sì, stupida no.

Almeno Stefan era stato contento di riaverla a casa. La stessa cosa non si poteva dire di Damon. Il rifiuto del suo zio preferito faceva ancora male.

Bonnie prese con decisione il cuscino, lo sfilò da sotto la pancia e se lo premette sulla testa, tentando di scacciare via i brutti pensieri.

Aveva troppe cose da sistemare per badare ai capricci di Damon.

Prima tappa: liceo Robert E. Lee. Se davvero era sicura di vivere a Fell’s Church, avrebbe dovuto iscriversi alla scuola locale per concludere le superiori.

Balzò giù dal letto e si diresse trotterellando verso camera sua, sperando con tutto il cuore di non incontrare Damon. Non avrebbe avuto la forza di sopportare uno scontro con lui appena alzata.

Entrò nella stanza, chiuse la porta e frugò nell’armadio in cerca di qualcosa da mettere. E fu lì che se ne accorse.

Tutte le sue cose erano sistemate perfettamente negli armadi e le valigie se ne stavano contro il muro, chiuse e vuote. Lei, però, il giorno prima non aveva finito di disfarle. Doveva essere stato per forza Stefan, non c’era altra spiegazione. Non potevano certo essersi messe a posto da sole. Giusto?

S’infilò una camicia a maniche corte bianca e un paio di Jeans un po’ sbiaditi, prese la sua giacca di pelle marrone, una borsa e uscì.

Scese le scale, costatando con sollievo che non c’era traccia di Damon in giro. La casa sembrava deserta, così ne approfittò per guardarsi un po’ intorno. Le serviva un mezzo per raggiungere la scuola, decise dunque di dare un’occhiata al garage, nella speranza di trovare una macchina.

Sollevò la basculante e la luce del giorno illuminò l’auto che era posteggiata all’interno: una Mustang, il cui paraurti era completamente incrinato. Era la stessa che aveva usato Damon il giorno prima; l’aveva vista sfrecciare via dal vialetto. Valutò qualche secondo se prenderla o lasciare stare. Controllò che le chiavi fossero inserite nel cruscotto: erano lì, pronte per essere girate.

Damon sicuramente l’avrebbe ammazzata se l’avesse beccata sulla sua macchina, ma, al momento, era l’unico mezzo disponibile. Non poteva aspettare qualcuno che la portasse in centro. Stefan doveva essere già a scuola e Damon … beh, Damon avrebbe preferito investirla piuttosto che accompagnarla.

Furono molti quelli che si girarono a guardarla con una nota di disappunto stampata in volto, rivolta al muso scassato della macchina. Bonnie si vergognava come poche volte in vita sua, ma non aveva avuto altra scelta che guidare quell’auto. Si fermò un paio di volte per chiedere informazioni ed infine arrivò al liceo Robert E. Lee. Dopo aver lasciato la vettura nel parcheggiò, si avviò all’ingresso. Si sorprese di vedere così tanti studenti in giro per i corridoi.

Pensò di essere capitata in un intervallo tra una lezione e l’altra; diede una rapida occhiata all’orologio a muro appeso sopra una porta e strabuzzò gli occhi. Le dodici e mezza. Ma quanto aveva dormito?

“Sissi?”.

Seppe all’istante che chi l’aveva chiamata cercava proprio lei. Si voltò per trovarsi di fronte uno Stefan piuttosto meravigliato.

“Ciao Stef!” lo salutò con un sorriso smagliante; poi i suoi occhi incontrarono due pietre preziose blu, circondate da folte e lunghe ciglia.

Accanto a Stefan c’era una ragazza, poco più bassa di lui e bella da mozzare il fiato, come non ne aveva mai viste nei suoi tanti viaggi.

Lunghi capelli biondi, morbidi e lucenti, occhi di un profondo azzurro, fisico slanciato e portamento elegante.

“Tu devi essere Bonnie?” parlò la giovane con voce soave.

“Scusami, non vi ho presentate. Bonnie questa è Elena Gilbert, la mia ragazza”.

“Stefan mi ha parlato molto di te” le disse Elena porgendole la mano.

Bonnie la strinse. Avrebbe voluto poter dire lo stesso, ma Stefan, la sera prima, l’aveva obbligata a raccontare tutto dei suoi sette anni trascorsi in Italia, finché lei non era crollata dal sonno appena finito il film. Non c’era stato il tempo di parlare anche della vita privata del vampiro. Comunque le sorrise amabilmente e ricambiò la cortesia “E’ un piacere conoscerti Elena”.

“Bonnie non mi aspettavo di vederti qui” ammise Stefan.

“Sono venuta per un colloquio con il preside. Se mi fermerò qui, dovrò anche finire gli studi. Vorrei iscrivermi”.

La compostezza di Stefan vacillò in modo impercettibile sentendo quelle parole. Bonnie era davvero decisa a rimanere e se da una parte non poteva che esserne contento, dall’altra tremava al pensiero di lei e Damon chiusi nella stessa casa, a cercare di uccidersi a vicenda.

“Ma è una notizia fantastica!” esclamò Elena prendendo il vampiro a braccetto e dandogli una leggera gomitata per incitarlo “Non è vero, Stefan?”.

Elena era a conoscenza delle preoccupazioni di Stefan, ma sentiva di dover mettere Bonnie a suo agio, come se si trovassi in un gruppo di amici, felici di riaverla in città dopo tanto bene.

Avvertiva un legame con quella ragazza, un qualcosa che l’aveva spinta ad accoglierla calorosamente.

“C- certo” indugiò un attimo Stefan “Ma ora il preside non è nel suo studio”.

“Immagino sarà a mangiare” suppose Bonnie vista l’ora “Non credevo fosse così tardi. Non importa, tornerò più tardi”.

“Perché non ti unisci a voi?” la proposta di Elena colse alla sprovvista gli altri due “Stiamo andando a pranzo. Vieni con noi e dopo parlerai con il preside”.

“Non vi disturbo?” chiese titubante Bonnie.

“No, ti pare?! Mi farebbe molto piacere conoscerti meglio”.

“Per me va bene” acconsentì Bonnie, ma prima volesse essere certa che anche Stefan fosse d’accordo “Stef?”.

“Certo che ti voglio a pranzo” dichiarò lui “Ma ti avverto: il cibo della nostra mensa ti farà schifo paragonato a quello dell’Italia!” scherzò.

“Penso di poter resistere dopo la pizza di ieri” ridacchiò la rossa seguendoli in caffetteria.

 

Tre ore dopo l’auto percorreva a ritroso la strada verso casa. Bonnie poteva ritenersi soddisfatta: il pranzo con Stefan e la sua ragazza era stato davvero piacevole. Elena si era dimostrata una persona eccezionale, bella, brillante, dotata di una gran parlata e un acume fuori dal comune, capace di metterla a proprio agio, nonostante si conoscessero da pochi minuti.

Trovava che lei e Stefan formassero una splendida coppia, non sdolcinata, ma affiatata; tenera senza, però, cadere nella banalità. Una coppia che s’intendeva al volo senza dire una parola. E Bonnie era rimasta sbalordita vedendo come, seppur così giovani, fossero completamente dipendenti l’uno dall’altra, come si appoggiassero l’una sull’altro, come se la sola presenza di uno fosse sufficiente a far star bene l’altra.

Bonnie pensò che, se mai avesse avuto la possibilità di vivere un amore, avrebbe voluto che fosse così. Semplice e inteso. Totale.  

Era anche riuscita a parlare con il preside che, dopo aver controllato il suo curriculum scolastico, si era dichiarato favorevole alla sua iscrizione, anche se tardiva. L’unica pecca: avrebbe dovuto prendere ripetizioni di matematica per mettersi in pari con il programma. E lei odiava la matematica!

Oltrepassò il cancello del pensionato e scorse in lontananza una macchina, che aveva tutto l’aspetto di essere molto costosa, ferma davanti alla villa.

Avvicinandosi, appurò che era una Ferrari. Le posteggiò accanto, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso. Di chi poteva essere?

La risposta arrivò veloce. Le bastò spostare lo sguardo sulla porta. Lì accanto, poggiato al muro, con le braccia incrociate e un’espressione piuttosto seccata, c’era Damon.

Bonnie sollevò gli occhi al cielo, preparandosi alla sfuriata che da lì a poco l’avrebbe investita. D’altronde l’aveva già scampata per troppo tempo. Prese le sua borsa e scese dall’auto; fece una piccola corsa fino al portico, per sfuggire alla pioggia che, insistentemente, continuava a picchiare sul terreno.

Damon tenne lo sguardo fisso su di lei, senza proferire parola. Bonnie ricambiò l’occhiata e si scontrò contro ghiaccio puro. Da far venire i brividi.

“Che ci f- fai qui fuori?” gli chiese spezzando quel silenzio insopportabile.

“Adoro l’effetto dell’umidità sui miei capelli” ironizzò.

Ma perché tutti dovevano fargli quella domanda così idiota?!

La fissò mentre tirava fuori dalla borsa, con mosse incerte, le chiavi di casa e le inseriva nella toppa. Si lasciò sfuggire un sorriso di rivincita nel constatare l’agitazione della ragazza. Era arrabbiato come una vipera: non poter entrare in casa propria era stata una delle cose più irritanti che gli fosse mai capitato di sperimentare. Tutto per colpa di quella sciocca ragazzina.

Era rimasto lì fuori un’ora ad aspettarla, mentre il fastidio cresceva dentro di lui in modo oltremodo impressionante; vedere, poi, il garage vuoto e la sua Mustang sparita, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Non solo Bonnie gli impediva di mettere piede in casa, ma gli aveva pure fregato la macchina! Troppe violazioni di proprietà per i suoi gusti.

“Perché non entri?” gli chiese nuovamente Bonnie che nel frattempo stava lasciando le chiavi sul tavolino all’ingresso.

“E perdermi una giornata bella come questa?”.

Doveva decisamente smetterla con quel sarcasmo e trovare un modo per farsi invitare, o sarebbe rimasto sul serio fuori per la vita.

Bonnie lo guardò interdetta dal suo comportamento “Fa’ come vuoi” gli rispose “Se vuoi entrare, la porta è aperta” e se ne andò in cucina.

Quello valeva come invito?

Damon provò a mettere un piede al di là della soglia e non incontrò nessuno ostacolo. Con un sospiro di sollievo l’oltrepassò del tutto e la seguì in cucina, pronto ad attuare il suo piano per ricacciarla in Italia.

La trovò davanti al frigorifero. Una ruga di disappunto stagliava sulla sua fronte.

“Ho qualcosa per te” disse prendendo dalla tasca del giubbotto nero una busta.

Bonnie sussultò per lo spavento “Non ti avevo sentito arrivare” mormorò chiudendo l’anta del frigo “Bisogna fare la spesa” dichiarò.

“Credo che questa ti possa interessare di più” ipotizzò sventolandole la busta davanti al naso. Lei l’afferrò “Cos’è?”.

“Leggi”.

Bonnie la scartò ed estrasse quello che sembrava un biglietto aereo. Lo fissò con cipiglio leggendo la destinazione “Che significa questo?”.

“Che te ne puoi tornare al tuo collegio in Italia”.

“La mia scuola è a Roma, questo è un volo per Milano” lo informò po’ contrariata per il fatto che Damon non sapesse nemmeno dove fosse il suo collegio.

Il vampiro alzò le spalle con fare disinteressato “Vorrà dire che prenderai un treno”. Zach non gli aveva mai rivelato dove si trovasse esattamente Bonnie e lui non si era certo dato molta pena per scoprirlo. L’Italia dopotutto non era una nazione molto grande, Milano non distava neanche seicento chilometri da Roma; con un treno veloce Bonnie sarebbe giunta a destinazione in appena quattro ore. O anche meno, quindi proprio non sussisteva il problema.

“No, senti Damon, non so se hai già parlato con Stefan, ma io mi fermerò a vivere qui per un po’, almeno finché non vedrò Zach” gli annunciò Bonnie poggiandosi al banco dietro di lei.

“Sì, l’ho sentito dire” rispose Damon senza scomporsi.

“Beh … questo non mi serve allora” disse Bonnie tendendo la mano per restituirgli il biglietto, ma il vampiro non la degnò di attenzione.

Deciso ormai a divertirsi un po’ con Bonnie, si esibì in quella che era divenuta la sua arte: fare il finto tonto “Certo che ti servirà se vuoi attraversare l’oceano. Anzi, ti consiglio di andare a fare i bagagli, il volo parte domani mattina alle undici e sarò felicissimo di accompagnarti all’aeroporto”.

Tutto pur di accertarsi che lei prendesse quel dannato aereo. Sarebbe rimasto là finché non lo avesse visto farsi un puntino indistinguibile nel cielo, finché non fosse spartito nell’orizzonte portando con sé Bonnie.

La ragazza corrugò ancor di più la fronte chiedendosi se per caso stessero parlando due lingue diverse. Non le sembrava tanto difficile il concetto che stava cerando di esprimere: lei non sarebbe partita.

Perché allora Damon la ignorava, continuando un discorso che aveva logica solo per lui? Non si era accorto di portare avanti una conversazione a senso unico?

Riprovò a formulare la frase con l’ausilio di un verbo dalle sfumature più risolute e ferme “Damon, io non voglio partire per l’Italia”.

Finalmente il ragazzo le rivolse gli occhi. Piegò con maestria un angolo della bocca all’insù e si chinò di poco su di lei “Ti svelerò un segreto, Bonnie” sussurrò come se nessuno dovesse sentirlo a parte le persone presenti in cucina “Non gliene importa niente a nessuno di quello che vuoi tu”.

Bonnie ci rimase di sasso, stringendo i pugni lungo i fianchi e osservando la schiena di Damon allontanarsi.

Ma come … come si permetteva? Quel borioso!

“Io non me ne andrò da qui!” sbottò visibilmente alterata.

Questo almeno ebbe l’effetto di fermare Damon. E se inizialmente fu soddisfatta del risultato ottenuto dalla sua presa di posizione, subito dopo se ne pentì.

Finì inchiodata tra il banco della cucina e il corpo di Damon, senza vie di fuga, bloccata ai lati dalle sue braccia forti.

Ora il vampiro era completamente piegato su di lei, puntava i suoi occhi in quelli impauriti di lei e obbligava i loro corpi ad una vicinanza che scombussolò non poco l’animo della ragazza, sopraffatta all’improvviso da una forte scarica di adrenalina. Da quando Damon la metteva così soggezione?

“Ascoltami bene, ragazzina, perché te lo dirò una sola volta” le intimò Damon “Tu domani prenderai quel volo, te ne andrai in Italia, continuerai i tuoi studi e ti rifarai una vita. Ti dimenticherai di me, di Stefan e anche di tuo fratello. Scordati di questa casa e di Fell’s Church, perché non ci tornerai mai più” pronunciò queste parole con voce bassa, mentre mandava un’ondata di Potere con il chiaro intento di ammagliarla. Avvertì distintamente che questa si andava ad infrangere contro un muro impetrabile. Trattenne a stento un ringhio.

Cazzo, la verbena!

E così la piccola Sissi assumeva o aveva addosso quell’erba velenosa per i vampiri. Damon si chiese quanto ne sapesse su di loro. Provò a leggerle nel pensiero, ma ancora la sua intrusione venne bloccata. In un moto di frustrazione, colpì con un pungo il ripiano di marmo su cui era appoggiata Bonnie, mentre la ragazza riformulava in fretta la domanda che si era posta da sola poco prima: da quando Damon le metteva così paura?

“M- mi stai minacciando?” la voce tremolò, un po’ per lo spavento, un po’ per il magone, e trafisse Damon in profondità. Per quanto tentasse in tutti i modi di sembrare distaccato, non riusciva proprio a trattarla come una delle tante che aveva soggiogato, intimorito e raggirato. Anni e anni lontano da lei non erano bastati a renderlo immune ai suoi occhi sinceri e trasparenti; perché Bonnie aveva sempre avuto la capacità di stenderlo con un’occhiata.  Il che poteva essere   stato anche accettabile fino a che era una bambina, ma adesso le cose dovevano cambiare.  Mente lucida e animo impassibile. In quel momento serviva il vecchio Damon e non quel mollaccione, dedito ai sentimenti, in cui Stefan ed Elena stavano cercando di trasformarlo. La liberò dalla sua stretta.

Bonnie si affrettò a spostarsi dall’altra parte della stanza, vicino alla porta. Avrebbe tanto voluto piangere, ma fece di tutto per contenersi; non voleva scoppiare in lacrime come una bambina, non davanti a Damon. Non poteva dar segni di cedimento, perché se se ne fosse accorto, l’avrebbe avuta vinta lui. Ma c’era quella domanda, che le ronzava nella testa insistente e non le lasciava tregua.

“Damon” incominciò “Perché mi vuoi mandare via?”.

“M’infastidisce la tua presenza” le rispose freddamente, senza metterci, tuttavia, tutta la convinzione che aveva sperato.

“Mi spieghi che cosa ti ho fatto? Sto facendo tutto il possibile per non starti tra i piedi, ma sembra che tu voglia litigare a tutti i costi”.

Se c’era una cosa da cui Damon Salvatore sarebbe sempre scappato, almeno finché gli fosse stato possibile, era il confronto; ovvero proprio ciò cui Bonnie stava tentando di portarlo. 

Non voleva perdersi in inutili discussioni, desiderava solo che quella ragazzina sparisse dalla sua vita e possibilmente anche dalla sua testa.

“Domani mattina tu te ne andrai da casa mia” ordinò ignorando totalmente la domanda.

“In realtà questa è casa mia! Sei tu l’ospite, Damon!” replicò Bonnie.

Povera illusa, è davvero convinta che questa villa appartenga a lei!

“Tu salirai sul quel maledetto aereo, dovessi trascinarti per i capelli! Fino a che tuo fratello non si rifà vivo, sono il tuo responsabile e io ho deciso che tu domani mattina tornerai in Italia. Che tu lo voglia o meno, non cambia le cose” fece qualche passo verso la porta “E la prossima volta che ti becco su una delle mie macchine, ti farò pentire di essere ancora qui” detto ciò, sparì oltre la soglia del corridoio accanto, in una ritirata strategica tipica di Damon Salvatore.

Bonnie gli riservò uno sguardo carico di rabbia e non trovò nient’altro da dire se non uno scontatissimo “Ti odio!” che non ebbe altro risultato che far ridere di gusto Damon.

“Mettiti in coda, tesoro” fu l’ultima battuta di Damon, prima di uscire di nuovo.

Bonnie sentì distintamente il rombo del motore della Ferrari allontanarsi fino a sfumare del tutto.

‘Sta volta non l’avrebbe scampata. Damon era deciso a mandarla via e neanche Stefan sarebbe riuscito a convincerlo del contrario.

Sempre che Stefan sia dalla mia parte.

Si lasciò scivolare lungo la parete, fino a terra e si circondò le ginocchia con le braccia. Ora poteva piangere, non era più necessario fingere di essere forte.

Aveva creduto che partendo alla volta di Fell’s Church, alla volta di casa, si sarebbe sentita meno sola, più in famiglia.

Ma non c’era nessuna famiglia ad aspettarla. Non c’era suo fratello a confortarla, non c’era Damon a farla divertire e Stefan era troppo giovane per prendersi cura di lei. Aveva solo ventun’anni, aveva tutto il diritto di godersi la sua vita senza averne un’altra sulle spalle.

Bonnie avrebbe tanto voluto accontentare Damon, ma proprio non poteva. Zach non era l’unica ragione per cui aveva lasciato la scuola. C’era qualcosa là, a Roma, che non la faceva sentire più al sicuro come una volta. Qualcosa che la tormentava durante la notte e che le stava con il fiato sul collo durante il giorno.

Non sapeva definire se fosse una sensazione, un presentimento o qualcosa di reale, ma era inquietante e a volte le capitava di non riuscire a combattere l’angoscia. Se fosse ritornata in Italia, sarebbe impazzita.

Alzò la testa di scatto e si asciugò le lacrime. In quel momento le era rimasta un’unica scelta: scappare anche da Fell’s Church.

Le serviva solo un posto dove trascorrere la notte, poi avrebbe preso un pullman e si sarebbe dileguata in qualche cittadina non lontana da lì e avrebbe fatto di tutto per avere notizie di Zach.

Salì di corsa le scale e preparò lo zaino. Guardò fuori dalla finestra e notò che si stava facendo buio e non aveva ancora smesso di piovere; anzi forse era peggio di prima. Ed era senza macchina. Viste le premesse, non sarebbe andata lontano.

 

Elena Gilbert spense la TV e prese in braccio sua sorella che si era addormentata mentre guardava i cartoni animati della sera. Portò Margaret su per le scale e la posò delicatamente sul suo letto, rimboccandole le coperte. Le diede un leggero bacio sulla fronte ed uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Non fece in tempo a mettere piede nella sua di camera che sentì il campanello suonare. Controllò l’orologio. Era piuttosto tardi.

“Elena puoi andare tu che sto finendo di lavare i piatti” urlò zia Judith dal piano inferiore.

“Certo! Non ti preoccupare” rispose, scendendo i gradini. Doveva essere Stefan, solo lui si presentava a quell’ora a casa sua.

Aprì la porta e allargò gli occhi riconoscendo chi le stava di fronte.

“Bonnie?”.

 

“No, I just don't understand why
you won't talk to me
It hurts that I'm so unwanted for nothing
Don't talk words against me
I wanted to know you
I wanted to show you”

(Unwanted- Avril Lavigne)

 

Il mio spazio:

Buona sera gente!

Allora i guai cominciano per Bonnie. Il loro secondo faccia a faccia non è stato propriamente idilliaco e Damon sembra abbastanza deciso a cacciarla di casa; ci riuscirà? O Bonnie troverà in Elena una fidata alleata?

Vediamo infatti le due ragazze cominciare ad avvicinarsi. Ho pensato di cominciare proprio da loro due; prima di tutto perché anche nei libri le due condividono un legame molto stretto e in secondo luogo Elena è la ragazza di Stefan e Bonnie la nipote, era ovvio che si conoscessero per prime.

Ma non preoccupatevi tra un paio di capitoli compariranno anche Meredith e Caroline e forse anche Matt =)

Penso di aggiornare ogni settimana, sempre che ci riesca. Ora come ora ho la testa piena di idee e spero non perdere l’ispirazione. Sicuramente tutti i vostri bei commenti sono un bell’incentivo e per questo vi ringrazio tantissimo!

Beh, allora alla prossima settimana!!

Fran!  

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Capitolo 5
*** Tell me baby, what's your story? ***


Capitolo cinque: Tell me baby, what’s your story?

 

“Everything is F'ed up straight from the heart
Tell me what do you do, when it all falls apart
Gotta pick myself up, where do I start?
‘Cause I can't turn to you when it all falls apart”

(When it all falls apart- The Veronicas)

 

“Bonnie che ci fai qui?” domandò con foga la bionda.

“Sono scappata da casa” le rivelò Bonnie con altrettanto impeto.

“Dai vieni dentro” la invitò Elena apprensiva “Mio Dio, sei bagnata fradicia, ma sei venuta a piedi dal Pensionato?” si spostò per farla passare.

Bonnie annuì mentre strofinava le suole delle scarpe contro lo zerbino prima di entrare “Mi dispiace così tanto, Elena di essere piombata qui così”.

“Non preoccuparti. Dammi la giacca”

Bonnie se la tolse e gliela porse. Elena l’appese all’appendiabiti posto all’ingresso.

“Elena, chi è?” gridò Judith dalla cucina.

“E’ una mia amica, zia” rispose la ragazza.

La donna sopraggiunse all’entrata; aveva ancora le mani coperte dai guanti di gomma.

“Zia Judith, lei è Bonnie Salvatore” le presentò.

“Buona sera” salutò Bonnie “Mi scusi per l’ora”.

“Figurati cara, non c’è problema. Elena da’ dei vestiti asciutti alla nostra ospite”.

“Certo” disse Elena “Seguimi di sopra”.

“Grazie mille, signora” cominciò Bonnie “Ma non vorrei creare altro disturbo”.

“Non dirlo nemmeno, fai come se fosse casa tua” le sorrise Judith.

La ragazza piegò la testa in segno di ringraziamento e seguì l’amica su per le scale, fino in camera

“Cos’è successo, Bonnie? Non che non mi faccia piacere averti qui, ma perché sei scappata di casa? Damon ti ha fatto qualcosa?”.

Bonnie si stupì di sentire Elena incolpare senza esitazioni Damon, senza per altro andare molto lontano dalla realtà.

Il Damon che ricordava lei, era parecchio diverso da quello con cui aveva avuto a che fare. Dalle parole di Elena si poteva dedurre che il ragazzo tenesse tale comportamento con tutti.

Quel nome, comunque, bastò per far scattare qualcosa in Bonnie. Non aveva avuto molto tempo per pensare alle sue emozioni mentre impacchettava poche cose e scappava via dalla villa a piedi, sotto la pioggia; esattamente come era accaduto quando era partita dall’Italia.

Ora, lì in casa di Elena, momentaneamente al sicuro, avvertì chiaramente l’agitazione, che l’aveva già assalita durante il suo faccia a faccia con Damon, riaffiorare dentro di lei.

Il suo corpo iniziò a essere scosso dai singhiozzi, a stenti cercò di spiegare cos’era successo, ma aveva la voce rotta.

“Ehi, va tutto bene, va tutto bene” la tranquillizzò Elena mettendole le mani sulle spalle “Non devi parlarmene subito, se non ti va”.

Bonnie scosse la testa e con le dita andò ad asciugarsi le lacrime.

“Prima di tutto ti servono dei vestiti puliti e ti va una bella doccia calda?” propose Elena “Andrà sicuramente meglio dopo”.

Aspettò sul letto che la ragazza si lavasse e si cambiasse. Ebbe più volte la tentazione di chiamare Stefan, ma si trattenne. C’era qualcosa dentro di lei che le diceva di dover aiutare Bonnie, di ascoltare la sua versione dei fatti prima di coinvolgere il suo ragazzo e, di conseguenza, anche Damon.

Bonnie aveva prima di tutto bisogno di un’amica con cui sfogarsi. Elena era pronta a offrirle la spalla.

La giovane rientrò in camera. Portava una maglietta e dei pantaloncini di Elena. Aveva ancora i capelli un po’ umidi e il suo viso era stravolto, ma pareva molto più sereno.

“Ti senti meglio?” le chiese cautamente Elena.

“Sì, grazie” disse quella sedendosi sul letto accanto alla bionda.

“Ti va di raccontarmi perché sei scappata da casa?”.

Bonnie sospirò e parlò con un po’ di fatica “Ho litigato con Damon”.

“Ti ha fatto del male?” la interruppe subito Elena gettando velocemente un’occhiata al collo di Bonnie.

“Non fisico” precisò l’altra “E’ solo che … sapevo che dopo tanto tempo i rapporti si sarebbe raffreddati, ma non credevo che la mia presenza lo ripugnasse”.

“Da quanto mi ha detto Stefan, tu e Damon eravate molto uniti”.

“Sì … cioè non lo vedevo spesso, ma mi ha sempre trattata bene, mi divertiva. I- io gli ero molto affezionata, soprattutto dopo che mi era rimasto solo Zach”.

“Ti è mancato quando sei andata in Italia?”.

“Sì e anche Stefan. Non è stato carino non sentirli per tutto questo tempo”.

Elena avrebbe tanto voluto rivelarle di come Zach avesse tenuto tutto segreto, ma Stefan l’aveva pregata di non farlo; Zach era molto e non voleva che Bonnie avesse un ricordo negativo di lui, così la lasciò continuare.

“Mi vuole cacciare di casa, vuole rimandarmi in Italia. Non ha sentito ragioni. Non mi ha chiesto nemmeno cosa ne pensassi, anzi sembrava quasi contento che io non fossi d’accordo, come se a costringermi ci trovasse più gusto!”.

 “Sai Bonnie, l’ultima volta che hai visto Damon eri piccola, ora le cose sono più complicate. Damon è una persona complicata”.

“Lo conosci bene?” s’informò la rossa.

“Abbastanza, ma credo sia difficile conoscerlo veramente. Ti posso solo dire quello che sono riuscita a capire: Damon ha, come dire, dei problemi a gestire le emozioni; spesso preferisce sotterrarle ma capita che esplodano” fece una pausa per cercare le parole giuste “Io credo che tu stia provocando un uragano di emozioni in lui e Damon sta facendo di tutto per eliminare il problema alla radice. Se sparisci tu, spariscono anche le emozioni” concluse la sua analisi perfetta.

“Quindi mi sta punendo perché provoco in lui qualcosa? Non ha senso! Tutti provano emozioni, non si possono semplicemente spegnere!”.

Sì se sei un vampiro.

“Non gli do ragione, Bonnie. Damon di solito è in torto, agisce d’impulso, non pensa alle conseguenze e si lascia trascinare dall’istinto. È da tanto che manchi a Fell’s Church e non hai avuto modo di conoscere il lato peggiore di Damon. Voglio solo che tu capisca che il Damon che ricordi, non è quello vero; o meglio è una parte di lui che non mostra spesso” le prese una mano per farle coraggio “Non è colpa tua, ok? Tu non hai fatto niente di male”.

Bonnie gliela strinse e si asciugò le lacrime che le erano scese giù per le guance; inspirò profondamente “Comunque non ho tempo per i turbamenti mentali di Damon. Io sono tornata per Zach e non posso andarmene senza vederlo”.

“Che hai intenzione di fare?”.

“Non lo so. A casa non posso tornare e non posso nemmeno approfittare della tua ospitalità. Pensavo … non lo so, sinceramente non so che fare. Ma mi devi promettere una cosa”.

“Dimmi pure”.

“Non dire a Stefan che sono qui”.

 

“Dove sei stato tutto questo tempo?”.

Di tutte le cose che Damon aveva visto nei suoi cinque secoli di vita, Stefan che cercava di fare l’autoritario con lui rimaneva sempre la più divertente.

“Da quando ti devo rendere conto di quello che faccio?”.

“Sono ore che provo a chiamarti!”.

Damon tirò fuori il cellulare dalla tasca: dodici chiamate perse.

“Ho tolto la suoneria … oops!” disse per nulla dispiaciuto, incamminandosi verso il salone.

“Dove sei stato?” gli richiese seguendolo.

“A cena” rispose distrattamente mentre si buttava sul divano.

“Damon”.

“Sto scherzando, Stefan rilassati! Non ho circuito nessuno, non ho morso nessuno, non ho nemmeno bevuto un goccio di alcol. È stata una serata oltremodo piatta” confessò un po’ insoddisfatto.

Stefan se ne stava in piedi e teneva lo sguardo fisso su di lui. Damon sbuffò e decise di dargli il contentino. Suo fratello sapeva essere terribilmente irritante senza fare niente.

“Se ci tieni tanto, sono andato da Caroline. Ha un problema con Tyler Smallwood, lo sapevi che a qui a Fell’s Church c’è una graziosa colonia di lupi mannari?”.

“Dici sul serio? Questo potrebbe essere un gran bel problema”.

“Già, ma grazie a Dio, sembra che l’idiota non abbia ancora scatenato la maledizione” aggiunse “Comunque” cambiò discorso “Che dovevi dirmi di così urgente?”.

“Volevo assicurarmi che non avessi fatto nulla di stupido con Bonnie”.

“Ah sì, Bonnie … abbiamo fatto un’interessante chiacchierata”.

“S-sta bene, vero?” domandò a metà tra il preoccupato e il minaccioso.

“Non l’ho toccata con un dito” lo rassicurò “Ho solo cercato di convincerla a tornare in Italia”.

“E … ?” lo incalzò Stefan con fare impaziente.

“Non è servito a molto. La ragazzina ha la testa più dura di quanto ricordassi”.

“Damon, vuoi dirmi quello che è successo o ti devo tirare fuori le parole dalla bocca ancora per molto?” sbottò Stefan. Con Damon non si poteva fare un discorso da adulti; lui lasciava sempre le frasi a mezz’aria, raccontava solo quello che voleva lui, cambiava di colpo argomento. Era come parlare a un bambino.

“Che altro vuoi sapere, Stefan?” gli chiese di rimando “Mi ha detto che non ha nessuna intenzione di andarsene. Allora ho provato ad ammagliarla e indovina un po’? E’ stato tutto inutile, evidentemente Bonnie assume della verbena”.

“Il tuo Poter non ha funzionato?”.

“No e non sono riuscito nemmeno a leggerle nel pensiero. È stato piuttosto frustrante” aggiunse con tono irritato “E’ chiaro che Zach le ha raccontato di noi”.

“Non necessariamente” disse Stefan.

Damon lo guardò, invitandolo a continuare.

“Potrebbe averle regalato qualcosa contente verbena. Come ho fatto io con il ciondolo di Elena. Magari Zach ha scelto di proteggerla, senza però dirle la verità”.

Damon annuì concordando con il fratello. Il suo ragionamento aveva totalmente senso. Bonnie d’altronde non era sembrata molto spaventata quando aveva cercato di soggiogarla, nemmeno quando l’aveva inchiodata al piano della cucina minacciandola; o almeno non tanto spaventata come qualcuno cosciente di aver di fronte un vampiro.

Non era certo il terrore che pervadeva Zach ogni volta che Damon era nelle vicinanze. Quello che aveva letto negli occhi della ragazza era stato più delusione e certo anche paura, ma più una paura mista a sorpresa.

“Dobbiamo scoprire se porta qualche gioiello” disse Stefan.

“E se non fosse così? Non mi andrebbe proprio di vederla correre dallo sceriffo urlando che i suoi zii sono dei vampiri sanguinari”.

“Se così non fosse, dovremo sapere che le ha detto Zach per convincerla a prendere della verbena ogni giorno. Potrebbe essersi inventato una scusa o qualcosa di simile” suppose Stefan “E se anche lei dovesse essere a conoscenza del nostro segreto, noi non le faremo alcun male, vero?” gli intimò con sguardo severo che Damon ricambiò con altrettanta durezza.

“Basta che se ne stia buona e con la bocca chiusa”. 

Quelle erano le sue condizioni. Non aveva alcun interesse a farle del male fisico, almeno finché lei non si fosse rivelata un pericolo per la loro identità.

“Forza andiamo a parlarle” propose Stefan, facendogli cenno di seguirlo.

“Non credo che sarebbe felice di vedermi” lo informò Damon.

Stefan chiuse lentamente gli occhi, per niente stupito da quella dichiarazione “Che cosa le hai fatto?”.

“Non m’importa se lei mi giurerà di non dire nulla a nessuno, non m’importa se non sa niente di noi e non m’importa se vuole ritrovare Zach. Voglio solo che se ne vada da qui. Oggi ho cercato di farglielo capire” chiarì.

“In altre parole hai cercato di buttarla fuori di casa” constatò Stefan.

“No, no, ci sono proprio riuscito” lo corresse “Oggi sono passato in agenzia viaggi e ho comprato un biglietto per Malpensa. Il volo parte domani mattina e l’ho gentilmente informata che lei lo avrebbe preso”.

Gentilmente?” ripeté Stefan sospettoso “E lei ha accettato?”.

“Non che io le abbia dato molta altra scelta” ghignò Damon “Come ti ho già detto ha la testa molto dura, e dato che incantarla non ha funzionato, ho dovuto fare la voce grossa. Un po’ brutale ma efficace”.

Stefan scosse la testa “Non pensarci neanche” disse “Non la costringerai ad andarsene. Questa è anche casa sua; può rimanere tutto il tempo che vuole”.

“Sai che ho ragione Stefan …”.

“Non m’interessa, ok? Non ha nessun altro. Ti ricordi che suo fratello è morto grazie a te?”.

Damon grugnì.

“Farò tutto ciò che posso per farla sentire a casa e tu non le rovinerai la vita, mi sono spiegato?”.

“Ma sentitelo: Stefan, il paladino del deboli” lo prese in giro, ghignando ancora di più. Lo osservò lasciare il salone, probabilmente diretto in camera di Bonnie.

Si alzò dal divano e afferrò una bottiglia di cristallo dal tavolino degli alcolici. Versò un po’ di liquore nel suo bicchiere e fece per stendersi sul divano per godersi quell’attimo di silenzio e pace, quando il rumore di passi affannati giù per le scale lo indusse a voltarsi. Un attimo dopo Stefan era ricomparso in salotto, reggendosi con le mani allo stipite della porta “Non c’è”.

“Chi?” non si rese subito conto di quanto fosse stupida quella domanda.

“Bonnie, non è in camera. Devi averla scioccata parecchio se ha deciso di scappare” quella era una accusa neanche tanto velata.

Damon sbuffò “Scappata, che parolone! Non ha nemmeno la macchina, non può essere molto lontana. Magari si sta solo facendo un giretto”.

“Sotto la pioggia?” disse Stefan inarcando un sopracciglio.

“Avrà l’ombrello”.

Stefan restò esterrefatto davanti a quel totale disinteresse. Suo fratello sapeva essere cinico, meschino e menefreghista, ma non quando si trattava di Bonnie; almeno era ciò che Stefan aveva sempre creduto.

Era chiaro che qualcosa si fosse spezzato, lo aveva capito sette anni prima, solo non pensava sarebbero giunti ad un punto così irrecuperabile.

Provò a giocare un’altra carta “Damon, fuori è buio, Bonnie è sola e non sa assolutamente orientarsi, mi hai appena detto che a Fell’s Church ci sono dei lupi mannari e chissà quali altri percoli; ci potrebbero essere altri vampiri, Bonnie rischia di farsi male. Davvero non te ne frega nulla?”.

“Ti dirò la verità, fratellino” disse Damon sorseggiando il suo drink “Io spero che Bonnie si faccia male sul serio, così mi libererò di lei senza alzare un dito”.

Continuò a fissare il fuoco davanti a sé, senza degnare Stefan di uno sguardo. Lo sentì prendere una giacca e uscire sbattendo la porta. Aveva avvertito tutto lo sconforto che circondava il cuore di Stefan.

Si ritrovò a sorridere in modo disincantato: suo fratello si ostinava a cercare sempre il buono in tutte le persone. Insomma, dopo cinquecento anni avrebbe ormai dovuto capire che in lui non c’era niente di buono.

Damon non si comportava bene, a meno che non gli fosse vantaggioso; non faceva nulla se non per se stesso e per pochi altri tra cui Elena e a volte (dovette ammettere con un certo disappunto) anche Stefan.

Chi era Bonnie per lui? Chi era per scomodarlo?

Solo una bambina cui era stato legato. Una volta. Ora non più.

D’altro canto Bonnie in pericolo avrebbe costituito un’ulteriore scocciatura per lui: ora che il fratello era scomparso, diveniva lui il suo tutore legale. S’immaginava già Liz Forbes che lo chiamava dalla centrale per informarlo della morte della sua adorata nipotina. La polizia avrebbe iniziato ad indagare, avrebbe voluto saperne di più riguardo la partenza di Zach e tutta la sua copertura sarebbe saltata.

Con un sospiro infastidito finì con un sorso il liquore e si alzò, agguantando la giacca ancora umida poggiata sulla poltrona lì affianco.

Poi con passo deciso uscì dalla casa, procedendo sotto la pioggia.

 

Elena diede una leggera spinta con il fianco alla porta della sua camera; aveva le mani occupate a reggere un vassoio con due tazze di latte fumante e un piatto pieno di biscotti che zia Judith aveva fatto quella sera.

Bonnie se ne stava sul letto, a gambe incrociate e fissava le foto posate sul comò di fronte. Si dondolava avanti e indietro tenendo le mani sui piedi, coperta da quella maglietta che le stava troppo larga sebbene avesse solo una taglia in meno di Elena. I capelli rossi erano ancora scuri perché umidi.

La bionda esibì un sorriso smagliante e alzò le braccia richiamando l’attenzione della ragazza sul cibo “Guarda cosa ho qui”.

“Cos’è?”.

“Latte e biscotti. Forse un po’ banale, ma funziona sempre”.

“Scherzi? Io adoro latte e biscotti alla sera! Quando ero al collegio sgattaiolavo spesso di notte nella mensa a rubarne un po’ ”.

“Allora ecco a te!” le disse porgendole una tazza “Forza! Raccontami qualcosa dell’Italia”.

“Ci sono troppe cose da dire” disse con aria trasognata “E’ un paese stupendo. Tutto quello che vedi è parte di una storia straordinaria, voglio dire … l’Italia ha una cultura millenaria … e non so, è da vivere! Non si può spiegare a parole”.

“Mi piacerebbe visitarla. Dell’Europa ho visto solo la Francia”.

“Quando vuoi, sarò felice di farti da guida”.

“Biscotto? Li ha fatti mia zia, quindi non so quanto siano commestibili”.

Bonnie ne prese uno e lo addentò. Masticò velocemente trovandolo un po’ duro, ma comunque buono.

“E hai girato anche l’Europa?”.

Bonnie annuì “Sono stata a Londra, Dublino, Barcellona, Praga, Parigi e … beh in effetti l’ho girata praticamente tutta” rimase un attimo in silenzio mentre gli occhi le si rattristavano “Non che avessi molto altro da fare in estate” sospirò.

Elena corrugò la fronte “Perché dici così?”.

“Perché ero sola là. Zach è venuto un paio di volte a trovarmi. Una volta siamo stati in Scandinavia e l’altra in Germania, ma è rimasto solo per poche settimane. Avevo totale libertà e ogni tanto qualche amica si univa a me nei miei viaggi. Il resto dell’estate lo passavo nel distaccamento estivo del collegio, a Ostia”.

“Era a Roma la scuola?”.

“Ho fatto le medie a Firenze, sai la mia famiglia è di origine fiorentina, poi mi sono spostata nella sede a Roma per le superiori” spiegò Bonnie mentre spezzava l’ennesimo biscotto e lo inzuppava nel latte.

Improvvisamente alzò la testa ed esclamò piccata “A me non è mai importato di girare il mondo, conoscere gente nuova e fare esperienze. Mi sarebbe andato benissimo crescere qui a Fell’s Church con mio fratello. Nella mia scuola c’erano quasi duecento studentesse e mi sembrava di essere lo stesso sola come un cane. Forse perché lo sono”.

“Non dire così” la confortò Elena stringendole una mano intorno alla spalla “Ora sei a casa, sei in famiglia”.

“Tsk!” sbuffò Bonnie “Quale famiglia? Zach è scomparso chissà dove, Damon mi vuole sbattere fuori di casa e Stefan …”.

“Stefan è felicissimo di averti qui, puoi credermi”.

“Elena ti prego non dirgli che sono qui” la implorò di nuovo.

“Tranquilla Bonnie, ti ho già detto che non dirò nulla”.

“Bene”.

“Anche se penso che dovresti parlargli”.

“Elena!”.

“Ok, bene! Come vuoi! Ora mettiti a dormire, io porto questi in cucina e ti raggiungo”.

Bonnie si mise sotto le coperte e si voltò verso la ragazza “Grazie di tutto, Elena”.

“E di cosa? Fa sempre piacere stare tra amiche” rispose quella.

Amiche. Bonnie aveva solo un’amica, Clara, che ora se ne stava dall’altra parte dell’oceano. Elena era stata un tesoro ad ospitarla, ad ascoltarla e a consolarla, dopotutto si erano incontrare quel giorno stesso, erano ancora delle sconosciute, ma la ragazza l’aveva accolta senza fare domande.

Molto meglio di come aveva fatto Damon.

Si rigirò dall’altra parte e chiuse gli occhi. Lì a casa Gilbert si sentiva al sicuro e per una notte, si disse, poteva ignorare le sue preoccupazioni.

Al giorno dopo avrebbe pensato il giorno dopo.

Elena diede una sciacquata veloce alle due tazze prima di metterle in lavastoviglie e farla partire.

Spense le luci della cucina, del salotto e si avviò su per le scale.

Non riuscì nemmeno a raggiungere il primo piano, perché sentì lo squillo di un cellulare, il suo. Tornò in salotto, riaccese le luci e spostò tutti i cuscini del divano, finché non vide il display illuminarsi ad intermittenza. Stefan.

“Ciao” rispose con voce più acuta di quanto avrebbe voluto.

“Elena, ho un problema” la voce dell’altro risultò, invece, molto affannata “Bonnie è sparita. Deve aver litigato con Damon. Non so bene che è successo”.

“Stefan, calmati ok? Sono sicura che sta bene” cercò di tranquillizzarlo.

“Come fai a dire che sta bene?! È da sola, in giro per la città o peggio magari per il bosco. Se si cacciasse in qualche guaio? Non ho la più pallida idea di dove possa essere andata! Tutto per colpa di Damon e del suo stupido orgoglio!” sbottò Stefan.

“Non sai che cosa si sono detti?” chiese Elena.

“Non precisamente. So che lui vuole rimandarla in Italia e lei si è opposta. Credo sia per questo che è scappata: non vuole andare via”.

“E tu che cosa vuoi, Stefan? Sei d’accordo con Damon?”.

“Sarebbe la cosa migliore per tutti se lei tornasse in Italia” disse Stefan “Ma questa è casa sua, se lei vuole restare, io sarò con lei”.

Elena non aveva mai dubitato di Stefan. Sapeva quali fossero le sue intenzioni ancora prima di chiederne conferma. Non avrebbe mai costretto Bonnie ad andarsene, ma sentirlo dire da lui fu ciò che la spinse a spifferare tutto.

“Bonnie è qui” confessò.

Per qualche secondo dall’altra parte della cornetta ci fu solo silenzio.

“Che vuol dire Bonnie è qui?”.

“Si è presentata alla porta qualche ora fa, fradicia, infreddolita e in cerca di qualcuno che le desse una mano. Abbiamo fatto una bella chiacchierata e sappi che ho un paio di cosette da dire a tuo fratello” gli annunciò con tono minaccioso.

“Vengo a prenderla”.

“NO!” strillò quasi Elena rifugiandosi in cucina per non farsi sentire “Le ho promesso che non ti avrei avvertito che era qui. Non voglio che pensi che ho tradito la sua fiducia” abbassò ulteriormente la voce e riprese con più calma “Ascolta Stefan, qui è al sicuro e credo che le abbia fatto bene stare con me. Le serve un’amica, ha disperatamente bisogno di un’amica e io sono pronta a esserlo. Lascia che le parli, lascia che si calmi e domani mattina ti prometto che tornerà a casa, ma tu non fare niente finché non te lo dico, ok? E soprattutto non tirare in mezzo Damon!”.

“Come puoi solo pensare una cosa simile? È tutta colpa sua, se non riesce a dimenticarsi il passato, è peggio per lui. Bonnie non è più affar suo e in ogni caso mi ha chiaramente fatto capire che ne vuole rimanere fuori”.

“Meglio così” commentò Elena un po’ acida.

“Mi fido di te Elena. Se ritieni che questo sia il modo migliore di agire, io non ti ostacolerò” disse Stefan “Tienila d’occhio, va bene?”.

“Lo farò, Stefan” lo rassicurò lei.

“Allora  buona notte, Elena”.

“ ‘Notte Stef, ti amo”.

“Anche io, sempre più”.

La ragazza chiuse la conversazione con un sorriso sulle labbra. Posò il cellulare sul tavolo e lasciò la cucina, mettendo un piede sul primo gradino della scala, ben decisa ad andare finalmente a letto. Ma il campanello di casa risuonò.

Per la seconda volta Elena rimase attonita davanti alla porta aperta. Damon Salvatore se ne stava dritto sulla soglia di casa sua, mani in tasca, giacca e capelli bagnati dalla pioggia.

Per un attimo le balenò in mente l’idea che Stefan avesse spifferato tutto al fratello, poi realizzò che era totalmente impossibile.

Stefan le aveva assicurato di non voler coinvolgere il fratello e le aveva dato la sua parole che avrebbe permesso a Bonnie di rimanere da lei.

Le aveva lasciato piena libertà d’azione ed Elena sapeva che Stefan non si sarebbe mai intromesso.

Damon non le staccava gli occhi di dosso e la ragazza temette che le stesse leggendo nella mente. Poi ricordò di portare al collo il ciondolo con la verbena che bloccava qualunque attacco di natura vampiresca.

Si appoggiò quindi allo stipite della porta in attesa di risposte “Che ci fai qui a quest’ora, Damon?”.

“Sono sicuro che il mio caro fratellino ti ha già chiamata in preda al panico spiegandoti cosa è successo. Quindi saltiamo i convenevoli e passiamo al punto: mi serve una mano per trovare Bonnie”.

“E perché lo chiedi a me?” indagò Elena piuttosto sospettosa.

“Sei una ragazza, lei è una ragazza. Ragionate allo stesso modo, avrai certamente un’idea su dove possa essersi nascosta”.

“In realtà non la conosco” rispose lei modulando la voce affinché risultasse fredda. Era oltremodo arrabbiata per come si era comportato con Bonnie “E in ogni caso da quando t’importa di lei?”.

“Non m’importa, anzi la ragazzina mi ha fatto un gran favore ad andarsene con le sue gambe” disse con aria annoiata “Ma è sempre stata maldestra e potrebbe cacciarmi in guai seri con Liz. Inoltre Stefan, come già sai, è parecchio agitato e prima la trovo, prima lui la smette di tormentarmi”.

Elena assottigliò gli occhi “Ti senti quando parli? Sei l’essere più egoista che abbia mai conosciuto! Quella ragazza per sette anni si è sentita sola come un cane, lontana dalla sua famiglia, tu e Stefan siete spariti dalla sua vita- e qui gli occhi di Damon furono attraversati da un lampo- Ora è tornata, suo fratello è scomparso e l’unica cosa che sai fare è farla sentire uno schifo, solo perché non sei capace di ignorare il tuo orgoglio e ammettere che ti è mancata!”.

“Hai decisamente parlato con mio fratello” dichiarò Damon “Solo un sentimentalone come lui poteva inventarsi una stronzata simile”.

“Tu non sai come si sente” disse Elena con voce ferma.

“Tu sì invece?” chiese lui alzando un sopracciglio “Non la conosci neanche” insinuò gelandola con gli occhi.

“Posso immaginarlo” dissimulò lei evasiva. Sperò che Damon se la bevesse, non poteva certo confidargli che era stata la stessa Bonnie a dirglielo solo un’ora prima.

“Ne deduco che non mi aiuterai a cercarla” suppose riprendendo la sua espressione beffarda.

“Aiuterò Stefan se dovesse chiedermelo, ma non te!” esclamò sbattendogli la porta in faccia.

Elena sospirò per averla scampata. Cosa avrebbe fatto se lui avesse scoperto che Bonnie si trovava proprio sotto il suo naso? E soprattutto che avrebbe fatto Damon?

Salì le scale, convinta che per quel giorno i guai fossero finiti, quando incrociò lo sguardo del vampiro, che se ne stava appoggiato con nonchalance al muro accanto la porta della sua stanza.

“Mi credi veramente così stupido, Elena?”.

Con un tuffo al cuore Elena si precipitò davanti alla porta, bloccandola con il suo corpo “Non osare, Damon … non osare!”

Damon ghignò più profondamente, divertito da quel patetico tentativo di Elena di fermarlo.

“Come l’hai capito? Te l’ha detto Stefan?” chiese lei.

Damon parve spaesato “No, non l’ho nemmeno sentito. Hai fatto tutto da sola. Sei stata un po’ troppo sulla difensiva per una che non ha nulla da nascondere”.

“Non hai il diritto di entrare in camera mia …”.

“E’ vero” concordò Damon “Però posso, dato che tu stessa mi hai invitato ad entrare quella notte … ricordi*?” le disse abbassandosi sul suo orecchio mentre il sapore inebriante del sangue della ragazza gli ritornava in mente. Velocemente le passò le braccia attorno la vita e la spostò di lato, dopodiché aprì la porta.

Fu impossibile dire chi dei due rimase più stupito di trovare la stanza vuota.

“A quanto pare ti ha fregato” commentò Elena con una nota soddisfatta.

Damon, dopo un primo momento di incertezza, alzò la mano imponendole di tacere e rimase in ascolto. Mosse qualche passo verso il letto e si piegò sulle ginocchia artigliando l’angolo in basso del piumone e lo sollevò “Beccata” si gongolò trionfalmente mentre allungava la testa sotto il letto.

“Che stai …?” iniziò Elena ma Damon non le prestò attenzione e si rivolse alla ragazza che se ne stava rannicchiata sotto al letto, contro il muro e una mano sulla bocca per non fare sentire il suo respiro “Non sei mai stata molto originale a nasconderti” constatò Damon.

“Vattene” soffiò Bonnie come un gatto estremamente arrabbiato che non vuole saperne di abbandonare il suo rifugio.

“Lo farò e tu verrai con me” disse protraendo il braccio per prenderle un piede, ma Bonnie iniziò a scalciare con tenacia.

“Damon lasciala in pace” gli intimò Elena senza, però, fare niente di concreto per fermarlo. Lui era un vampiro ed era più forte di qualunque essere umano; ogni tentativo di ostacolarlo sarebbe risultato vano.

Infine riuscì ad afferrarle un piede e la tirò di forza fuori. Bonnie scattò in piedi e si allontanò in fretta da lui pronunciando fermamente “Io non vengo da nessuna parte con te!”.

“Io penso di sì invece” replicò lui.

“Damon per favore …” tentò di farlo ragionare Elena.

“Grazie, Elena, credo che tu abbia già fatto abbastanza per stasera” la zittì e poi puntò il dito contro Bonnie “Raccogli le tue cose. Ce ne andiamo”.

“No” ribatté lei stringendo i pungi. Si atteggiava da dura, da coraggiosa, ma in realtà aveva una paura tremenda di Damon.

“Non provocarmi”.

Costringimi”.

 

Aveva smesso di piovere, ma era ancora piuttosto umido e faceva un freddo cane per via del vento che si era alzato, soprattutto per chi indossava una maglia a maniche corte e un paio di calzoncini.

Dopo che l’aveva sfidato così apertamente a portarla via, Damon non aveva pensato due volte ad arpionarle il polso e a trascinarla giù per le scale, senza permetterle di prendere lo zaino.

In quel momento Damon  camminava davanti a lei, stretto nella sua giacca di pelle e non le aveva ancora rivolto la parola da quando avevano lasciato la casa di Elena. Bonnie non mise neanche in conto di fuggire di soppiatto; aveva il presentimento che il ragazzo avrebbe anticipato le sue mosse; riacchiapparla sarebbe stato fin troppo facile.

“Hai ancora intenzione di mandarmi via?” gli chiese rompendo il silenzio.

“Esatto” grugnì in risposta.

“Non puoi obbligarmi”.

“Mi sembra di aver dimostrato che posso”.

Bonnie represse l’istinto di prenderlo a schiaffi “Mi piacerebbe sapere che ti ho fatto di male”.

“Te l’ho già detto: m’infastidisce la tua presenza” disse semplicemente.

“Una volta non t’infastidiva così tanto” insinuò lei.

Damon scrollò le spalle “Eri piccola e abbastanza buffa. Eri l’unica cosa pseudo- divertente in questo posto schifoso”.

“E perché ritornavi così spesso a Fell’s Church se ti faceva così schifo?”.

Finalmente Damon smise di camminare e si voltò a guardarla dritto negli occhi; ghignò furbo “Lo so dove vuoi arrivare e ti dico che sei fuori strada”.

Bonnie spostò lo sguardo e lo superò, velocizzando il passo, mentre cominciava a sfregarsi le mani sulle braccia per scaldarle.

Vide con la coda dell’occhio che Damon l’affiancava e le porgeva la sua giacca di pelle. Per un attimo sollevò il capo per fissarlo in volto, poi riprese a guardare davanti a sé e scosse la testa, rifiutando il giubbotto.

Damon se lo rimise con un gesto secco, scuotendo a sua volta la testa. Passarono ancora alcuni minuti di assoluta quiete fino a che Bonnie non decise di nuovo di parlare “Io non voglio tornare in Italia”.

Damon alzò gli occhi al cielo “Smettila con questa storia” le ordinò “E poi non la dai a bere a nessuno. So perfettamente che sei stata bene là”.

“Sì, se per star bene intendi passare sette anni lontano da casa, dalla tua famiglia, mentre tutte le persone cui ti sei affezionata non si fanno più sentire, allora  sono stata proprio da Dio!” ironizzò.

“Non fare la melodrammatica. Sei stata la prima a sparire” le fece notare Damon che aveva colto perfettamente la frecciatina.

Bonnie spalancò la bocca, indignata “Non rigirare la frittata! Tu e Stefan siete spariti, non io!” precisò la rossa “Hai idea di cosa voglia dire aspettare una persona davanti a una finestra?” gli strillò addosso “Io sì! Ogni pomeriggio per un anno mi sono messa a guardare dalla finestra di camera mia sperando di vederti comparire, ma non è mai successo! E adesso vuoi pure cacciarmi da casa mia! Ma che razza di persona sei???”.

Damon non fiatò e, comunque, non ne avrebbe avuto la possibilità, perché Bonnie riprese subito il discorso “Sai che cosa mi ha detto Zach quando gli ho chiesto perché né tu né Stefan mi chiamavate?”.

“No, ma scommetto che me lo dirai” suppose Damon con fare canzonatorio.

“Stefan e Damon non sono la tua famiglia, Sissi. Non hanno sicuramente tempo da perdere con te. Se non ti chiamano, è perché non vogliono sentirti” riportò le esatte parole del fratello, imitandone anche la voce.

Damon si fermò per la seconda volta, allargando di poco gli occhi “Ti ha detto davvero questo?”.

Bonnie annuì.

“Quel grandissimo figlio di …”.

“Non ti permettere!” lo interruppe la ragazza “Quella che stai per insultare era anche mia madre. E non parlare così di mio fratello!”.

Al che anche Damon s’infervorò “Vuoi proprio sapere che cosa ha raccontato a noi il tuo caro fratellino?” le chiese velenoso “Proprio un bel niente! Ti ha spedita in Italia senza avvisarci e poi ha fatto in modo che si perdessero le tue tracce” le rivelò con una nota amara.

“C-che stai dicendo?” titubò Bonnie, colpita dalle parole del vampiro.

“La prossima volta informati bene, prima di sputare sentenze”.

Le diede le spalle e incominciò a camminare. Bonnie si affrettò a tenere il passo. Non disse più una parole fino a che non giunsero a casa, venti minuti dopo.

“Vuoi davvero rimanere qui?” le domandò, sotto il portico.

“Sì” mormorò flebile Bonnie, troppo stanca per discutere ancora.

“Fino a che tuo fratello non torna, sono io il tuo tutore e dovrai seguire le mie regole” l’avvisò.

Bonnie fu tutte orecchie per quell’improvviso cambio di idea.

“Posso riassumerle tutte in una: non devi disturbarmi. Qualunque problema tu abbia, qualunque guaio tu abbia combinato, qualunque cosa ti serva, sono solo fatti tuoi. Non rivolgerti a me, a meno che tu non sia in pericolo di morte e anche in quel caso, assicurati che nessun altro possa aiutarti prima di chiamare me, intesi?” si spiegò “Dammi anche solo una volta noia e te ne torni da dove sei venuta in un soffio”.

“Posso respirare?” chiese Bonnie accennando un mezzo sorriso.

“Se devi” rispose Damon entrando in casa e lasciando dietro di sé la porta aperta.

Bonnie vide la sua figura sparire oltre la soglia del salone. A quel punto seppe per certo di aver vinto il primo round. Non aveva idea di quanto sarebbero stati dolorosi i successivi.

Tell me baby what's your story
Where do you come from
And where you wanna go this time
You're so lovely, are you lonely
Giving up on the innocence you left behind”

(Tell me baby- Red Hot Chili Peppers)

 

Il mio spazio:

Allora, prima di tutto mi scuso infinitamente per il ritardo!

So che vi avevo detto che avrei aggiornato ogni settimana ma non avevo messo in conto il “fattore università”. Ebbene sì, le lezioni sono ricominciate e sinceramente non credevo mi prendessero tutto questo tempo. I momenti in cui ho potuto scrivere sono stati davvero pochi e in più alla sera ero talmente stanca da non aver voglia nemmeno di ricopiare a computer quello che avevo buttato giù sul quaderno; quindi la stesura di questo capitolo è andata parecchio a rilento.

Ma eccomi qui a postare! E intanto ne approfitto per rettificare i tempi degli aggiornamenti: difficilmente saranno settimanali, ma (non preoccupatevi) arriveranno, anche se un po’ in ritardo, ma arriveranno!

Per quanto riguarda il capitolo non so davvero come sia venuto. Spero tanto che mi facciate sapere che ve ne pare; anche perché i vostri commenti saranno certamente più oggettivi dei miei ( io sono di parte eheh).

Bonnie si avvicina sempre più ad Elena e riesce finalmente a farsi “accettare” da Damon, ma quanto durerà la loro tregua?

Inoltre non dimentichiamoci che ci sono ancora due grandi questioni da risolvere: Zach è morto e i fratelli Salvatore sono dei vampiri. E Bonnie è all’oscuro di tutto ciò. Quando scoprirà finalmente la verità? E come la prenderà?

Se siete curiosi di saperlo, continuate a seguirmi =)

Alla prossima, Fran!

Ps: ho notato che le recensioni sono un po’ calate. Mi raccomando se ritenete che la storia stia diventando banale o incoerente, fatemelo sapere, ok?

Grazie comunque dei vostri bei commenti, fanno sempre un gran piacere! ;)

*Mi riferisco alla scena de “La Lotta” in cui Damon beve per la prima volta il sangue di Elena ( ringrazio Gaga96 per avermi fatto notare di non avere inserito la spiegazione inizialmente!).

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Capitolo 6
*** You should be knocking ***


Ashes &Wine

Capitolo sei: You should be knocking

 

“Here I am
with my heart on the floor
and my love out the door
you should be knocking
but there it goes
I got nothing to show for
except pictures I posed for
but I keep them in a box under my bed”

(Under my bed- Meiko)

 

 

Un lampo illuminò la stanza e subito dopo il rombo di un tuono spezzò il silenzio. Bonnie si svegliò di soprassalto, artigliando con le unghie il piumone. Girò la testa a destra e a sinistra, un attimo spaesata, e controllò tutt’intorno. La camera era immersa nel buio. Non c’era neanche la luce della luna a illuminarla.

Odiava il buio. E odiava il temporale. Ma era terrorizzata dal buio quando c’era il temporale. La sua mano scattò al comodino accanto al letto e brancolò nel vuoto per qualche secondo prima di trovare l’interruttore dell’abatjour e l’accese.

Si tolse le coperte di dosso e andò alla finestra, tirò le tende per guardare fuori: aveva ricominciato a piovere, ancora più forte di quel pomeriggio e il vento pareva quasi ululare e scuoteva le cime degli alberi. Un tempo da brividi, da film dell’orrore e Bonnie si disse che non avrebbe spento quella luce finché il temporale non si fosse quietato.

Da tanto ormai non le capitava di dormire da sola. Da quando era andata in Italia aveva sempre diviso la camera con Clara e stare in una stanza buia, se fuori c’era il temporale, non le sembrava così spaventoso se qualcuno era con lei.

Un altro lampo incendiò il cielo e Bonnie chiuse gli occhi per il fastidio e ritirò le tende con uno scatto. Ritornò veloce sul letto e portò il piumone fin sopra il naso.

D’istinto guardò verso la porta, come se si aspettasse che da un momento all’altro qualcuno bussasse. Si diede da sola dell’illusa per quella sciocca e vecchia abitudine.

Da bambina accadeva spesso che durante un temporale suo fratello o quand’erano in città, Stefan e Damon, la raggiungessero in camera per farle compagnia e accertarsi che non si spaventasse troppo.

A volte era lei stessa a chiedere che stessero con lei. Per quelle particolari circostanze, personalmente, aveva sempre preferito Damon. Lo zio aveva quel non so che di sinistro che avrebbe fatto scappare a gambe levate anche il più malintenzionato malvivente.

Sì, perché Bonnie non aveva paura del buio in sé e per sé, ma di quello che ci poteva essere dentro. Che fossero mostri immaginari o uomini in carne ossa dipendeva poi dalla serata, da quello che aveva visto in TV prima di andare a dormire o da quello che sognava.

Stava di fatto che Damon rimaneva un ottimo “scaccia incubi” e in quel momento ne avrebbe avuto decisamente bisogno.

 

Si strinse di più il suo cavallino di peluche al petto e fece in fretta le scale che la separavano dal secondo piano, mentre accendeva tutte le luci che trovava.

Percorse il corridoio di corsa e si attaccò alla maniglia di una delle ultime porte, tirandola verso il basso per poi piombare nell’enorme stanza.

La figura di Damon, steso sul letto, con le gambe accavallate, a leggere un libro sotto la tenue luce della lampada a muro, si girò verso la piccina che se ne stava ritta ancora vicino alla porta, a piedi nudi, e mordicchiava nervosamente uno zoccolo del suo cavallino. Damon guardò il suo orologio: erano quasi le tre di notte. Che ci faceva ancora sveglia una bambina di sette anni alle tre di notte?

Il rombo del tuono si propagò nell’aria, quasi a rispondere alla tacita domanda del vampiro. Doveva aspettarsi che Bonnie non sarebbe riuscita a dormire con il temporale. Non poteva certo biasimarla, nemmeno a lui piacevano molto i temporali. Non ne era spaventato (perché nulla spaventava Damon Salvatore), ma si sentiva inquieto quando si scatenavano certi acquazzoni accompagnati dai tuoni.

Il suo sguardo cadde poi sulla camicia da notte troppo leggera e sui suoi piedi scalzi. Aveva il maledetto vizio di andare in giro vestita come se fosse sempre estate. Prima o poi si sarebbe fatta venire un febbrone da cavallo.

“Quante volte ti ho detto di metterti le ciabatte?” le chiese fingendosi alterato.

“Non ho fatto in tempo … m’inseguivano” rispose lei enigmatica, non curandosi affatto del disappunto dello zio. Fece una piccola corsa e balzò sul letto.

“Chi t’inseguiva?” domandò Damon spostandosi per farle spazio.

“I mostri … arrivano con il buio” spiegò lei stritolando il peluche “Vieni a scacciarli?” lo pregò con voce impaurita.

“Sissi, lo zio sta leggendo. Non ha tempo per i tuoi mostri immaginari” disse riportando l’attenzione sul suo libro.

“Ma ci sono davvero!” ribadì Bonnie facendo i pugnetti “E non mi fanno dormire. Sono nascosti nel buio” si lamentò.

“Tieni accesa la luce” suggerì Damon corrugando la fronte. Era la terza volta che leggeva quella dannata riga senza capirla. Bonnie lo stava distraendo.

“Ma io ho paura” ripeté Bonnie.

Damon sbuffò e spostò lo sguardo su di lei. Lo stava fissando con gli occhioni aperti e lucidi, quegli occhioni cui nessuno avrebbe potuto resistere.

Buttò il libro in fondo al letto e decise di accontentarla “Sotto il letto?” s’informò sull’esatta ubicazione di tali mostri.

“Credo che sono nell’armadio ‘sta volta”.

“Si dice che siano, non che sono” la corresse alzandosi in piedi “Forza scricciolo, andiamo a prendere a calci nel sedere quei mostri”.

Lei si affrettò a raggiungerlo e ad attaccarsi ad un suo braccio, mentre l’altra mano teneva a penzoloni il pupazzo.

Damon entrò in camera di Bonnie e si diresse senza esitazioni verso il letto, si abbassò e ci cacciò sotto la testa esclamando “Qualunque cosa pensi di fare, sparisci perché hai scelto la bambina sbagliata!”.

“Nell’armadio” gli ricordò lei.

Damon emerse da sotto il letto “Lo so, stavo solo avvertendo il Babau*. Sai è un brutto tipo, scorbutico, che si annida sempre lì sotto” le disse strizzando l’occhio, poi aprì le ante dell’armadio e pronunciò perentorio “Fuori dall’armadio di mia nipote” e le richiuse.

Diede un’ultima occhiata nel bagno per accertarsi che non fosse rimasto nemmeno un mostro in giro, ritornò nella stanza e rassicurò la piccola “Ecco fatto, Sissi. Non c’è più niente, ora puoi dormire tranquilla”.

“E se poi tornano?” chiese preoccupatissima.

“Non oseranno. Forza, fila nel letto” le ordinò bonariamente scostando il piumone. Bonnie ci saltò sopra e molleggiò un momento sul materasso, prima di accoccolarsi contro il cuscino. Damon prese un lembo della coperta e gliela rimboccò.

“Fai sogni d’oro” le disse prima di darle un buffetto sulla guancia e lasciare la stanza. Tuttavia non riuscì nemmeno ad arrivare alla porta che la vocina della bambina lo richiamò “Stai qui con me?”.

Damon si voltò verso di lei “Sissi, non …”.

“Ti prego” lo interruppe lei esibendo di nuovo gli occhioni dolci.

Damon alzò gli occhi al cielo rassegnato. Era inutile, con Bonnie era impossibile spuntarla. L’aveva sempre vinta lei.

“Fatti in là, razza di pulce” disse stendendosi accanto a lei. Bonnie sorrise soddisfatta e gli si avvicinò, sistemandosi sul suo petto.

Dopo qualche attimo di esitazione, Damon l’avvolse in un premuroso abbraccio e attese che si addormentasse.

Proprio non riusciva a capire che diamine avesse quella ragazzina per farlo cedere ogni volta. Riusciva a scalfire la sua corazza con una facilità impressionante. Damon non si vergognava di essersi affezionato. Soprattutto non si vergognava di mostrarlo. Non aveva mai ritenuto una debolezza avere a cuore il bene di Bonnie. Prendersi cura di lei era una cosa che gli veniva naturale. Non sarebbe riuscito a fregarsene, a ignorare il legame che condivideva con lei. C’era sempre stato qualcosa che lo aveva indotto a proteggerla, a trattarla con il massimo dei riguardi. Perché diamine ci tenesse così tanto, quello era un bel mistero. Ma al momento non gli premeva trovare una soluzione all’enigma.

Rimase ad osservarla mentre cadeva nel mondo dei sogni; poi le posò un bacio sulla tempia e spense la luce.

 

Bei tempi quelli! Quando era ancora troppo piccola per capire tutti i problemi che dividevano la sua famiglia; ma anche se se ne fosse resa conto, non le sarebbe importato molto, perché almeno una famiglia ce l’aveva ancora!

Avvertì distintamente dei passi muoversi sul soffitto e scendere le scale. Bonnie rimase in ascolto, tendendo le orecchie al minimo rumore. Il suo cuore iniziò a battere più velocemente all’avvicinarsi dei passi. Si protese verso la porta aspettandosi di vederla aprirsi da un momento all’altro; o almeno che qualcuno avrebbe bussato.

Ma i passi non si fermarono. Proseguirono giù verso il piano terra, senza esitazioni. Bonnie restò immobile con la coperta tra le mani. Si sorprese anche di scoprirsi delusa. Che razza d’imbecille! Nessuno sarebbe venuto da lei quella notte. Nessuno avrebbe mai pensato che una ragazza di quasi diciotto anni avesse ancora paura del temporale o forse a nessuno importava. Nessuno avrebbe bussato alla porta per accertarsi che lei stesse bene.

Stupida, stupida, stupida Bonnie!

Ormai il sonno era andato a farsi benedire. Era inutile anche solo provare a riaddormentarsi. Scese dal letto, infilò le pantofole ed uscì. Il corridoio era immerso nel buio e Bonnie strisciò la mano contro il muro fino a tastare l’interruttore. Fece scattare la luce e si sentì libera di proseguire.

Pensò di controllare se Stefan fosse tornato. Passò davanti alla sua camera, la porta era aperta e poté vedere chiaramente che era vuota.

Fece a ritroso la strada e, senza sapere bene come, si ritrovò davanti alla stanza di Zach. Lentamente posò le dita sul legno della porta e la spinse con cautela. Si aprì cigolando, rivelando il solito disordine. Un moto di malinconia le strinse il cuore. Erano anni non rivedeva le cose di suo fratello.

Entrò guardandosi intorno. Il letto era sfatto, c’era qualche vestito per terra. Non sembrava affatto la camera di qualcuno che era partito per un viaggio programmato; piuttosto quella di chi era stato costretto ad andarsene in fretta e furia. Tirò le coperte sul materasso alla bell’e meglio e raccolse i vestiti con tutta l’intenzione di riporli nell’armadio. Spalancò le due ante e capì perché quegli abiti erano finiti per terra: non c’era letteralmente più spazio. Un grosso pacco riempiva il ripiano inferiore. Bonnie non resistette alla curiosità e dopo aver poggiato gli indumenti sul letto, lo prese e lo scartò. La carta era grezza e vecchia e si strappò all’istante svelando una sella nuova di zecca.

La ragazza si portò una mano alla bocca. Quello doveva essere certamente un regalo per lei, nessun altro andava a cavallo in quella casa. Voleva portarla in camera sua, ma la sua attenzione venne improvvisamente attirata dalla copertina rossa di un libro, che spuntava dietro una pila di magliette. Lo afferrò e lesse il titolo, scritto in caratteri corsivi dorati: “Il diario del Vampiro**”.

Corrugò la fronte e lo sfogliò velocemente: era una specie di manuale sui vampiri, ma non poté approfondire la lettura perché sentì dei rumori provenire dal piano inferiore. Si mise il volume sotto braccio e cinse la sella, dirigendosi nella sua stanza. Nascose il libro sotto il cuscino e lasciò la sella in un angolo vicino alla scrivania. Considerò l’idea di rimettersi a dormire, ma temeva di morire di paura appena spente le luci. Decise di scendere in cucina a bere un bicchiere d’acqua.

Scese le scale accendendo tutte le lampade. Passò davanti al salone e notò una luce soffusa  che tremolando si stagliava sul pavimento. Il fuoco probabilmente stava ancora crepitando nel camino. Incuriosita si avvicinò e scorse Damon seduto su una poltrona, con le gambe stese su un tavolino, intento a fissare il vuoto.

Appariva pensieroso e inquieto. A Bonnie venne quasi l’istinto di farsi avanti e chiedere il motivo di quella preoccupazione. Forse avrebbe potuto confortarlo, abbracciarlo, farlo sentire meno solo.

Ma sei pazza, Bonnie?! Ti tratta come una merda e tu vuoi pure consolarlo?

Damon alzò la testa di scatto e la ragazza per un momento pensò di aver parlato ad alta voce. Lui la osservò con le labbra crucciate, ma si ricompose in fretta esibendo il suo tipico ghigno “Che diamine ci fai ancora sveglia?”.

“Avevo sete” rispose subito Bonnie.

“Allora va’ … va’ a bere!” la congedò lui con un gesto sbrigativo della mano.

“C’è …” iniziò Bonnie tentennando “C’è qualcosa che non va?”. Era inutile; non poteva fare a meno di preoccuparsi per lui.

“T’informo che sei molto vicino a infrangere quella famosa regola, mia cara Sissi” disse beffardo apostrofandola con il suo nomignolo solo per prenderla in giro.

Bonnie distolse lo sguardo, si mordicchiò il labbro e si voltò per andarsene dal salotto. Un tuono rimbombò più forte degli altri e Bonnie sobbalzò vistosamente.

Il ghigno di Damon si approfondì “Non ci credo! Hai ancora paura del temporale?”.

“N- no”.

“Non verrò a scacciarti i mostri da sotto il letto” aggiunse lui.

“Non te l’ho chiesto”.

“Bene, quindi puoi anche levarti dai piedi” affermò Damon, ritornando improvvisamente serio. Riportò l’attenzione al nulla davanti a sé e la ignorò.

Bonnie s’indispettì e si tese come una corda di violino. Fece dietrofront, senza neanche passare dalla cucina e s’infilò nel letto, troppo arrabbiata anche per far caso al libro che stava sotto il suo cuscino; quel libro che si era ripromessa di leggere appena lo aveva visto.

Troppo irritata anche solo per ricordarsene, abbracciò il guanciale e cadde in un sonno agitato.

 

Via dei Condotti a quell’ora era praticamente deserta. I negozi avrebbero chiuso da lì a poco e la maggior parte della gente era già rintanata nei bar per l’aperitivo o se ne stava tornando a casa. Faceva freddo, troppo anche per i primi di dicembre, e tirava vento.

Bonnie camminava svelta per la via, diretta verso la stazione della metropolitana Spagna***. Era la più vicina e soprattutto l’avrebbe lasciata, solo dopo un paio di fermate, a pochi passi dal collegio.

Tra le mani stringeva un pacchetto di Natale, regalo per Clara. Era uscita quel pomeriggio per comprarlo, proprio perché era certa che la sua compagna non l’avrebbe accompagnata in centro: si era presa una bella febbre ed era bloccata a letto.

Non le piaceva girare da sola per la città, nemmeno di giorno. Si sentiva più vulnerabile, insicura, meno protetta. Come in quel momento.

Da quando aveva lasciato la scuola, aveva la sensazione di essere spiata, come se due occhi si fossero piantati sulla sua schiena e non l’avessero più lasciata.

Si era girata parecchie volte, per controllare che nessuno la seguisse, ma non aveva visto niente. A parte qualche passante che procedeva veloce con la testa china, ma nessuno di loro dava l’impressione di badare a lei.

Girò l’angolo e si ritrovò in una viuzza completamente deserta. Non un’anima vagava per i marciapiedi, non c’era una luce accesa o una serranda ancora alzata.

Bonnie si guardò ancora intorno, si strinse nel Woolrich e, fattasi coraggio, proseguì per l’unica strada che l’avrebbe condotta alla fermata.

Quella sensazione di disagio ora si era fatta più forte e Bonnie poté giurare di udire anche un rumore di passi alle sue spalle. Ma non aveva il fegato di voltarsi e verificare se fosse solo frutto della suggestione e se davvero qualcuno la stesse seguendo. Ogni tanto gettava un occhio alle vetrine buie e specchiandosi si accertava che dietro di lei non ci fosse nessuno.

Alla fine della via poteva scorgere l’entrata della metropolitana. Con un sospiro di sollievo aumentò l’andatura e raggiunse gli scalini che scendevano sotto terra.

Lì, praticamente al sicuro, decise di dare un’occhiata alla via e fissare in faccia quello screanzato che, probabilmente senza volerlo, le aveva fatto gelare il sangue nelle vene per tutto il tragitto.

Con grande sorpresa non vide nessuno, ma ciò ebbe solo l’effetto di farla agitare ancora di più. Si sbrigò a scendere e s’infilò sul primo treno che si fermò sui binari. C’erano altre persone su quella carrozza e Bonnie riuscì finalmente a tranquillizzarsi un attimo. La calma, però, durò poco; ed ecco ricomparire la spiacevole consapevolezza di uno sguardo puntato addosso. Non era suggestione, non più. Era reale. E pericoloso. Lo sentiva.

Bonnie quasi si lanciò fuori dal treno appena questo si arrestò alla seconda fermata, e si mise a correre verso l’uscita.

Il collegio era a due minuti a piedi, ma correndo, l’avrebbe raggiunto in un battibaleno. Vedeva già le luci delle camerate e pensò di avercela fatta, di essere riuscita a scappare. Ma a scappare da che cosa di preciso? Era una domanda cui preferiva non dare una risposta.  

Allungò una mano per suonare al citofono dell’istituto. Le sue dita non arrivarono neanche a sfiorare i tasti.

Qualcosa o qualcuno la tirò di forza indietro e l’unica cosa che Bonnie riuscì a distinguere nel buio e nella confusione, furono dei denti bianchi e affilati che la minacciavano sempre più da vicino. Poi chiuse gli occhi e a quel punto urlò.

Le mani dello sconosciuto erano artigliate alle sue braccia e non la lasciavano; stringevano e la scuotevano.

“Bonnie”. La voce dell’individuo le parve famigliare.

Non ci fece caso e continuò ad urlare, mentre lacrime di spavento avevano cominciato a scenderle per le guance.

“Bonnie!”.

Di nuovo quella voce. Perché le sembrava di conoscerla?

Si dimenò cercando di liberarsi e la stretta dello sconosciuto si allentò di un poco, rimanendo comunque salda.

“Sissi! Svegliati, forza! Sissi!!”.

La cosa ora diveniva sempre più strana: come diamine faceva il suo assalitore a sapere il suo soprannome di quando era bambina?

Alzò lentamente le palpebre e la figura dell’individuo le apparve parecchio sfocata all’inizio. Le immagini si fecero via via più nitide, fino a che Bonnie non riconobbe chi le stava davanti.

“Stefan” sussurrò.

“Va tutto bene. Tutto bene” la tranquillizzò lui, prendendole il volto tra le mani.

Bonnie ispezionò la stanza, un po’ disorientata, quasi a non credere che fosse stato tutto un sogno; o meglio un incubo. Un incubo che aveva vissuto davvero. Si ricordava bene di quel giorno in via dei Condotti. Era stato quello stesso dicembre. Aveva ancora i brividi soltanto a pensarci.  Quella volta, però, era riuscita a raggiungere il collegio, nessuno l’aveva fermata o aggredita. Perché la sua mente aveva aggiunto quel particolare? Che cosa l’aveva indotta a sognare quella specie di mostro che nemmeno lei era capace di definire?

“Stefan” singhiozzò aggrappandosi alle spalle del ragazzo. Si stava comportando come una stupida piagnona, ne era ben consapevole. Quel sogno era stato così vero, così vivido e lei aveva avuto così paura.

“Sshh” le sussurrò Stefan mentre le carezzava i capelli “Era solo un brutto sogno. È tutto finito, io sono qui con te … sei al sicuro”.

Bonnie annuì nel suo abbraccio. Alzò un poco la testa e guardò oltre la sua spalla, in tempo per vedere Damon fermarsi davanti alla porta aperta.

Lui incrociò gli occhi con quelli pieni di lacrime della ragazza. Rimase lì, qualche secondo, con un’espressione indecifrabile in volto. Poi sparì dalla sua visuale.

“Ti va di raccontarmi cosa hai sognato?” le chiese dolcemente Stefan.

“Non me lo ricordo” mentì Bonnie “So solo che mi ha spaventato. Ti ho svegliato? Mi dispiace … credo di aver urlato”.

“Non preoccuparti, sono appena tornato” la rassicurò “Ora torna a dormire”.

“Non ci riesco” confessò Bonnie “C’è il temporale … e il buio e sento i rumori …”.

“Sto qua io con te. Niente brutti sogni, te lo prometto” e le sorrise sospingendola con gentilezza sotto le coperte.

“Va meglio?”.

“Sì, grazie”. Bonnie si appoggiò sul cuscino e girò la testa. La sua attenzione venne catturata dalla sella ancora posata a terra.

Anche Stefan la vide e strabuzzò gli occhi “Sissi, perché ce l’hai tu?”.

“E’ di Zach, l’ho trovata nella sua stanza. Credevo fosse per me … ho sbagliato?” domandò un po’ apprensiva.

“No, no … è per te, ma …” non seppe bene come continuare.

“Ma …?” lo incalzò lei.

“Non l’ha comprata Zach”.

Bonnie aggrottò la fronte, confusa “Era nella sua camera”.

“Sì, l’ho ritirata io lì”.

“Me l’hai presa tu?”.

“No”. Una pausa. “E’ stato Damon. Credo fosse un regalo per te, l’ha lasciata qui parecchi anni fa” spiegò Stefan mentre le si stendeva accanto.

Bonnie avvertì una scarica di contentezza attraversarle il corpo. E’ un regalo di Damon. Pensò con un moto di soddisfazione. Sì, ma te l’ha comprato parecchi anni fa. Non hai sentito Stefan? Ora lui è arrabbiato con te. Non sei più la sua Sissi.

Tirò su con il naso per evitare di ricominciare a piangere. Si mise su un fianco, si strinse a Stefan e chiuse gli occhi.

 

I raggi del sole penetrarono attraverso le tende aperte e colpirono Bonnie dritti in viso. La ragazza a fatica aprì gli occhi e, dopo qualche attimo di smarrimento, fu felice nel constatare che finalmente il temporale era finito, lasciando posto al bel tempo. Si stiracchiò allungando le braccia e toccò con la punta delle dita un qualcosa di solido.

Scattò a sedere e tolse il cuscino, agguantando il libro che aveva nascosto la notte prima. Presa da una curiosità micidiale, lo aprì alla prima pagina. Il testo presentava un’introduzione sul termine vampiro, la sua origine, il significato, con l’aggiunta di alcune notizie di carattere storico.

Continuando a sfogliare le pagine, Bonnie poté appurare che era diviso in capitoli, ognuno riguardante un argomento diverso: come riconoscere un vampiro, le abitudini di un vampiro, come uccidere un vampiro, leggende moderne legate ai vampiri, il vampiro nella società contemporanea e via scorrendo.

Bonnie trovava quella scoperta del tutto assurda. Perché mai suo fratello avrebbe dovuto conservare un libro sui vampiri, celato sotto una pila di vestiti? Un libro piuttosto  inconcepibile tra l’altro. Sembrava scritto apposta per uno di quei malati del soprannaturale che le capitava di vedere in qualche programma TV dedicato all’occulto. Suo fratello non era proprio il tipo da credere in certe cose.

È da un bel pezzo che non lo vedo, potrebbe anche essere impazzito mentre io non c’ero. Suppose sorridendo scherzosamente. Magari ora è da qualche parte a cercare una presenza aliena sulla Terra.

“Bonnie, muoviti! Hai l’appuntamento con il preside per l’ammissione a scuola” le urlò Stefan dal piano di sotto.

Bonnie guardò l’ora accorgendosi di quanto fosse tardi. Si alzò dal letto e volò in bagno per lavarsi e cambiarsi.

Prima di uscire, ritirò il libro e la sella sotto il letto. Non voleva che nessuno (ovvero Damon) scoprisse quello che aveva trovato in camera del fratello.

 

Il preside era un omino basso, un po’ grassoccio, con due baffetti talmente sottili che quasi non si vedevano.

A parte il saluto iniziale non le aveva ancora rivolta parola. Era troppo intento a far scorrere lo sguardo sul suo curriculum scolastico e sui suoi documenti.

Bonnie si torturava le mani sotto il tavolo. Aveva una paura folle che qualcosa non andasse bene.

Fino a che il preside non alzò gli occhietti su di lei e le sorrise “E’ tutto perfetto, signorina Salvatore. I suoi voti sono ottimi e le sue attività extrascolastiche sono impressionanti. Siamo molto fortunati ad averla al Robert Lee” disse firmando alcuni fogli “L’unica pecca è matematica: vedo che è un po’ indietro con il programma; dovrà prendere delle ripetizioni. Ma non si preoccupi le affiancheremo la nostra migliore studentessa”.

Bonnie annuì e ringraziò. Odiava matematica, ma pur di rimanere in quella scuola era disposta a diventare un genio dell’algebra!

Salutò cordialmente il preside, prese i fogli che le aveva consegnato e andò in segreteria per fare formalizzare tutto.

Appoggiata al banco c’era una ragazza mora, abbastanza alta, che pareva aspettare impazientemente qualcosa.

Bonnie le si affiancò e attese il suo turno, appoggiando i documenti sul tavolo. La ragazza mora dovette leggere i moduli d’iscrizione, perché le sorrise con gentilezza e le chiese “Sei nuova?”.

“Sì” rispose Bonnie ricambiando il sorriso “Sono appena arrivata da Roma”.

“Ah!” esclamò sorpresa l’altra “Sei italiana? Complimenti per l’accento, perché non l’avrei mai detto!”.

“Oh, no, no. Sono di qui, di Fell’s Church, ho solo studiato in Italia per qualche anno” si chiarì meglio “Sono tornata per stare con la mia famiglia”.

“Che carina” si commosse quasi la mora, poi cambiò totalmente discorso “Spero che tu non abbia impegni, perché qui se la stanno prendendo con calma” disse alludendo alle segretarie “Mi hanno chiamata per delle ripetizioni di matematica, ma non si degnano nemmeno di dirmi il nome della ragazza cui devo insegnare”.

Bonnie si passò una mano tra i capelli “Credo di essere io quella ragazza, sai” dichiarò piuttosto sicura “Sono una vera frana con i numeri e devo recuperare parecchie cose. Ti è toccata un’alunna davvero disastrosa”.

“Fantastico! Ti ho trovata!” si rallegrò la mora “E non preoccuparti, sono certa che lavoreremo benissimo insieme. Mi sei già simpatica”.

“Grazie, anche tu!” rispose Bonnie “Io mi chiamo Bonnie” e le porse la mano.

L’altra ragazza gliela strinse energicamente “Meredith … Sulez”.

 

 

“But as you sleep, and none is listening
I will lift you off your feet, I’ll keep you from sinking
don't you wake up yet, cause soon I’ll be leaving you
soon I’ll be leaving you, but you won't be leaving me”

(As you sleep- Something Corporate)

Il mio spazio:

 

*Ho rispolverato la mitologia che mi ero creata da bambina per i mostri che popolavano la mia stanza (ahah)! Giusto per spiegarvi: nella mia mente bacata il Babau stava sotto il letto, mentre l’uomo nero nell’armadio! Lo che tecnicamente dovrebbero essere la stessa cosa, ma io li distinguevo; tanto per mettermi un po’ di paura da sola!

**Ho pensato fosse un’idea simpatica dare al manuale di Zach lo stesso nome della serie della Smith.

***Sono stata a Roma un po’ di volte, ma sinceramente non ricordo bene la posizione esatta delle fermate della metro, quindi sono andata a fare una piccola ricerca su Internet. Non so se ho scritto delle cose verosimili o delle emerite cavolate! Se tra voi lettrici c’è qualche romana, mi scuso per gli errori =)

 

Ecco qua il nuovo capitolo.

Piano piano stiamo entrando nel vivo della storia, cominciano a comparire i primi elementi che faranno da traino alla narrazione. Il sogno di Bonnie non è altro che un suo ricordo di qualche mese prima, ma quel particolare finale è indicativo su cosa accadrà nelle prossime puntate (eheh).

Ho pensato di dover analizzare i pensieri di Bonnie, dato che nello scorso capitolo più che altro mi ero focalizzata sull’incontro con Elena e il confronto con Damon. A proposito del nostro vampiro, il prossimo capitolo sarà prevalentemente incentrato su di lui (almeno credo), anche se ci saranno di certo delle parti su Bonnie. Non dimentichiamoci che ha trovato un libro parecchio interessante che forse le aprirà gli occhi o per lo meno le darà una spinta in quella direzione.

E poi è arrivata anche Meredith, anche se la sua è una piccola comparsa! Ma prossimamente la sua presenza sarà più rilevante.

Dato che ho un po’ di tempo mi piacerebbe ricordare e ringraziare:

Chi ha recensito lo scorso capitolo:

gaga96

gabirellasalvatore

luna nueva 96

 

Chi ha inserito la storia tra le preferite:

Bonnie98

BonnieMora

cyclopis

irene862

Lunetta921

mapi93

Paow

roxxx

Sweet Bleeding Star

TheGentle95

 

Chi tra le seguite:

Amy In Wonderland
 
ania2692
 
Barrowman
 
Bonnie98
 
Desyree92
 
espa2009
 
gabriellasalvatore
 
InsaneLady
 
iosnio90
 
irene862
polli10
Samirina
 
Saruxxa

 SassyKat
 
sonnensystem
 
tykisgirl
 
Vampire and Witch

Chi tra le ricordate:

Alessia Killyourself

 

E ovviamente anche chi legge in silenzio! Grazie mille! =)

 

Ora vi lascio con la mia ultima pazzia, ovvero ciò che la mia mente psicotica ha elaborato durante un’ora di latino.

È la trama di una nuova storia cui sto lavorando, vorrei sentire le vostre opinioni: se secondo voi è una buona idea oppure il contrario.

 

Little Crazy Thing Called Love:

Bonnie McCullough ha diciassette anni, i capelli rosso fuoco, il fiso a forma di cuore ed è sempre stata considerata da tutti la classica ragazza dalla porta accanto. Circondata da amiche più popolari e speciali di lei, non si è mai distinta tra la folla e nemmeno ha mai desiderato farlo. La sua esistenza in fondo è tranquilla e ha tutto quello che una ragazza possa desiderare, compreso un migliore amico premuroso, affettuoso e piuttosto figo: Stefan Salvatore. Tanto è legata a quest’ultimo quanto non sopporta il fratello, Damon, tipico universitario rubacuori, menefreghista e arrogante. I due Salvatore hanno sempre avuto degli attriti (specialmente dopo la morte della madre), ma ultimamente le cose si sono fatte più tese: Stefan è riuscito a conquistare il cuore della bella Elena, la giovane per cui Damon ha sempre avuto un debole e che non è mai caduta ai suoi piedi. Ma cosa succederebbe se la gemella di Elena, Katherine, ricomparisse a Fell’s Church dopo anni trascorsi a Parigi? Caroline di certo impazzirebbe nel vedere un’altra Gilbert rubarle la corona di reginetta della scuola e Damon finalmente realizzerebbe il suo sogno di avere qualcuno fisicamente uguale ad Elena, ma con un carattere più forte, più sicuro e sfacciato. Qualcuno da non dover dividere con il fratello. Ma se Katherine si volesse divertire con entrambi?
E se Bonnie, dopo un’estate passata con le amiche in Spagna, tornasse più matura, più bella, più affascinante, insomma più donna e iniziasse ad attirare gli sguardi dei ragazzi? Damon continuerebbe a considerarla solo come la migliore amica di suo fratello o cercherebbe di aggiungere il suo nome alla già lunghissima lista di ragazze con cui è stato?
Senza dimenticarci ovviamente di Meredith, alle prese con una cotta allucinante per il suo professore di storia, Alaric Saltzman.
Niente vampiri, streghe, lupi mannari. Nessuna complicazione paranormale. Solo dei semplici ragazzi che dovranno affrontare i soliti problemi adolescenziali. Il mondo non dovrà essere salvato, ma chissà se i nostri protagonisti ce la faranno a superare indenni l’ultimo anno del liceo e la loro prova più grande: crescere. 

 

Grazie ancora! Alla prossima!

Fran ;)

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Capitolo 7
*** Have you come to raise the dead? ***


Ashes &Wine

Capitolo sette: Have you come to raise the dead?

 

“It's the first time I've ever felt this lonely,
Wish someone would cure this pain
It's funny when you think it's gonna work out”

(Too much to ask- Avril Lavigne)

 

Casa Forbes non gli era mai piaciuta. Troppo bianca, troppo luminosa e soprattutto troppa Caroline. Quella ragazza era fastidiosa quanto una puntura di zanzara.

In quel momento passava da una stanza all’altra, in biancheria intima, imprecando e strepitando perché non trovava una gonna.

Damon se ne stava seduto sul letto e la guardava con cipiglio annoiato. Un tempo su letto di Caroline Forbes* era stato abituato a fare ben altro.

Purtroppo c’era stato un susseguirsi di seccature che poco alla volta gli avevano tolto il suo giocattolino dalle mani: prima suo fratello con tutta la sua voglia di fare l’eroe aveva fatto in modo che Caroline avesse un ciondolo alla verbena; poi quella stronza di Katherine l’aveva vampirizzata.

Così la ragazza era riuscita a combattere l’ipnosi che il vampiro le aveva imposto e si era ricordata tutto. L’aveva letteralmente preso a calci per vendicarsi e Damon non poteva darle torto. Si era comportato da vero bastardo, ma si era divertito così tanto! Avrebbe tanto voluto rinfrescarsi la memoria (tutto pur di zittirla), ma considerò che lei non sarebbe stata d’accordo.

Finalmente Caroline ricomparve in camera indossando la gonna incriminata e, ancora mezza svestita, si mise le mani sui fianchi come una maestrina e lo degnò della sua attenzione “Cosa vuoi, Damon? Devo andare a scuola”.

“Uh, niente di particolare. Volevo solo sapere come procede con il lupetto** ”.

“Bene, non ha ancora idea di cosa stia succedendo ed è ancora tutto umano” rispose frugando nell’armadio in cerca di una maglietta da abbinare alla gonna “Ma questo lo sapevi già; te l’ho detto non meno di due giorni fa”.

“Due giorni sono un’eternità, possono accadere un sacco di cose”.

“Il vero motivo, Damon?” tagliò corto lei “E in fretta se possibile, ti ho già detto che sono in ritardo”.

Damon rimase un attimo stordito dalla risolutezza della giovane. Da quando era diventata una vampira era maturata in modo impressionante. Ma rimane fastidiosa. “Mia nipote è tornata in città, te l’ho già detto?”.

“Me l’hai accennato” stette vaga “E ovviamente Elena mi ha detto che stai già facendo lo stronzo”.

Perché le donne non si fanno mai i fatti loro?

“Guarda che ti sento” gli fece notare Caroline.

Rettifico: è diventata anche più fastidiosa.

Caroline gli lanciò un’occhiataccia “Puoi gentilmente arrivare al punto?”.

“Devi distrarla”.

“Scusami?” chiese attonita.

“Coinvolgila in qualche attività extrascolastica … tipo comitato per i balli, beneficienza, dècoupage, qualunque cosa va bene; basta che la tenga ben lontana dalla questione ‘vampiri’ ”.

Caroline s’immobilizzò all’istante e allargò gli occhi “Sa di noi?”.

“Stiamo cercando di scoprirlo” disse Damon con aria annoiata “E’ qui che entri in gioco tu: se tu le tieni la mente occupata, lei non avrà tempo di pensare a Zach e di indagare sulla sua misteriosa partenza; ergo le probabilità che venga a sapere della nostra natura vampiresca si riducono praticamente a zero”.

“Blu o rosa?” domandò Caroline mostrandogli due camicie, senza prestare attenzione al suo discorso.

Damon indicò svogliatamente quella rosa. Caroline s’infilò la camicia blu.

“Comunque non contare su di me, Damon. Non ti aiuterò a prenderla in giro. Ha tutto il diritto di sapere come stanno le cose. Era sua fratello dopotutto …” si diede una pettinata veloce ai capelli e continuò “ … che tu hai ucciso; senza contare che al suo posto avrei potuto esserci io” puntualizzò rammentando come fosse scappata a gambe levate dal Pensionato, dopo aver liberato il vampiro.

“Me lo devi, ti ho salvato la vita!” s’impuntò Damon.

“Ma quando mai?” disse con sarcasmo.

“Dopo l’incidente in macchina. Se io non ti avessi dato il mio sangue, ora saresti morta” le ricordò con fare piccato.

“Ma io sono morta” lo corresse Caroline “Per colpa di quella psicopatica della tua ex ragazza” poi fece una pausa “E se sono ancora qui è solo grazie ad Elena. Tu mi volevi conficcare un paletto nel cuore appena hai scoperto che ero diventata una vampira” gli rinfrescò la memoria.

“Ma non l’ho fatto”.

“Non le mentirò, Damon. Non sarò io a farle crede che suo fratello è ancora vivo; non è giusto” affermò categorica.

Damon digrignò i denti maledicendo quel ridicolo senso di onestà che la ragazza aveva sviluppato dopo la trasformazione. Quanto gli mancavano i tempi in cui era un’ochetta senza rimorsi, che puntava solo a soffiare il trono di reginetta della scuola ad Elena. Ma ci doveva essere in lei ancora un lato egoista; per forza.

“Caroline, questa è una cosa che riguarda anche te” le disse con un sorrisino.

“La mia risposta è sempre no” cantilenò lei, godendosi il momento. Adorava mettere i bastoni tra le ruote a Damon Salvatore.

Seppe di aver tirato troppo la corda quando si ritrovò attaccata alla parete della camera, con una mano di Damon premuta sulla gola e il suo volto minaccioso a pochi centimetri dal suo “Non te lo sto chiedendo, Forbes” le ringhiò.

Caroline cercò di levarselo di dosso, ma lui era molto più vecchio e troppo forte.

“Conviene a tutti che la mia cara nipotina continui a brancolare nel vuoto. Non vorrai mica che se ne vada per le strade di Fell’s Church ad urlare che i vampiri sono ritornati, vero? È tanto rischioso per noi, quanto per te!” allentò un po’ la stretta “Che direbbe la mammina- sceriffo se sapesse che sua figlia è una baby vampira?”.

“Va’ all’Inferno!” sibilò Caroline.

“Credo che ci andremo insieme se il Consiglio dovesse scoprire il nostro piccolo segreto” suppose liberandola. “Allora posso contare sulla tua collaborazione?”.

“Ho altra scelta?”.

“No” dichiarò lui “Oh, un’altra cosa. Controlla se indossa dei gioielli o qualunque cosa che possa contenere della verbena” le ordinò.

“Resiste all’ipnosi?” s’informò lei.

“Pare di sì … anche se a tratti”.

“Che vuol dire a tratti???”.

“Fai un po’ troppe domande, Forbes”.

Caroline stava per rispondergli per le rime, quando vennero interrotti dalla voce di Liz Forbes che chiamava la figlia per colazione.

“Non ho tempo mamma, sono in ritardo” le urlò di rimando “Devo andare ad ingannare l’ennesima poveraccia che Damon Salvatore ha deciso di prendere per il culo”. Questo lo disse abbassando di poco la voce.

“Cosa?” gridò Liz dalla cucina, non avendo sentito bene l’ultima parte.

“Niente!” la tranquillizzò Caroline, poi riportò l’attenzione su Damon e lo avvertì stringendo gli occhi “Non farmene pentire”.

Damon ghignò, avvinandosi alla finestra con tutta l’intenzione di saltare giù. Prima di sparire oltre il davanzale, si voltò ancora una vota “Ehi, Caroline” la richiamò “Sta’ lontana da Tyler Smallwood. Evita di metterti in pericolo se puoi evitarlo” le consigliò. Poi si trasformò in corvo e volò via.

Non l’avrebbe mai confessato a nessuno, ma in un certo senso era finito per affezionarsi a quella vampira formato- barbie.

Gli sarebbe dispiaciuto se le fosse accaduto qualcosa di male.

 

Caroline parcheggiò la macchina nel posteggio della scuola. Agguantò la borsa con uno scatto e aprì la portiera. Dopo aver chiuso l’auto si diresse come un  razzo in classe ringraziando di avere la sua supervelocità vampiresca e maledicendo invece quel dannato Salvatore!

Si era fatta incastrare, di nuovo! Come un’allocca!

Entrò in aula e la sondò in cerca della nuova arrivata. La individuò all’istante: gracilina, capelli rossi, occhi grandi e castani, viso a forma di cuore ed estremamente dolce. Si sentì in colpa al pensiero di quello che doveva fare.

Solo a vederla appariva una ragazza così tenera e fragile.

Il posto accanto a Bonnie era libero e il professore non era ancora arrivato. Caroline colse l’occasione per iniziare a fare amicizia.

Le si sedette a fianco e, senza neanche darle il tempo di accorgersi della sua presenza, le parò la mano sotto al naso presentandosi “Ciao, io sono Caroline Forbes. Tu sei nuova, vero? È un piacere conoscerti!”.

Bonnie la guardò un po’ sorpresa “Piacere mio. Mi chiamo Bonnie … Salvatore”.

“Sei parente di Stefan e Damon?” chiese fingendosi colpita nell’udire quel cognome.

“Sono i miei zii, li conosci?”.

“Beh Stefan è un mio amico” spiegò Caroline “E Damon … diciamo che sono stata obbligata a conoscerlo” cercò di non entrare troppo nei dettagli “Allora, come mai non ti ho mai vista da queste parti?”.

“Ho studiato in Italia” rispose semplicemente.

“Ma va? Che bello!” Forbes sei una bugiarda nata! “E come ti trovi qui?”.

Bonnie parve impreparata su quella domanda “Bene” affermò con poca convinzione, con il solo effetto di far sentire Caroline ancora più uno schifo.

La ragazza si scostò la frangia ramata dagli occhi verdi e distolse lo sguardo per andare ad incontrare quello di Elena. L’amica corrugò la fronte e fece un cenno del capo come a dire ‘che stai facendo?’, ma Caroline non sarebbe riuscita ad affrontare quegli occhi blu che si facevano sempre più insistenti; così si rivolse nuovamente a Bonnie ed esibì un grosso sorriso.

“Ti sei già iscritta a qualche attività extra-scolastica?” le chiese.

“In realtà no. Questo è il mio primo giorno al Robert E. Lee. Devo ancora imparare ad orientarmi” le confidò Bonnie.

“Ti aiuto io, dove sta il problema?” si offrì Caroline che, missione a parte, cominciava già a provare una certa simpatia verso Bonnie “Praticamente sono a capo di ogni club o associazione in questo posto. Credimi, nessuno meglio di me potrebbe consigliarti”.

“Grazie, mi faresti davvero un favore” le sorrise Bonnie.

Improvvisamente le cadde l’occhio sul bracciale con i ciondoli che l’altra ragazza portava al polso e un campanello di allarme le suonò in testa.

Ricordi che ti ha detto Damon? Devi scoprire se ha addosso della verbena.

“Che bel braccialetto” si complimentò “Posso vederlo?”.

“Certo” acconsentì Bonnie sganciandoselo “Me l’ha regalato mio fratello”.

Caroline lo prese tra le mani con cautela; sapeva che se ci fosse stata della verbena all’interno, le avrebbe bruciato le dita. Lo sfiorò allertando tutti i sensi, ma non accadde nulla. Sospirò di sollievo: era un braccialetto comunissimo. Controllò se Bonnie indossasse qualche altro gioiello, ma non vide niente. Neanche una cavigliera sulle gambe scoperte dalla gonna di jeans.

Decise di cambiare totalmente discorso, prima di destare sospetti.

“E conosci qualcun altro, a parte Stefan ovviamente?” s’informò Caroline.

“Sì Elena, la ragazza di Stefan e Meredith … lei mi dà ripetizioni di matematica”.

“Sul serio? Sono le mie due migliore amiche!” esclamò Caroline “Allora hai già conosciuto tutti quelli che contano”. Ogni tanto la vecchia snob Caroline ri-saltava fuori “Ti mancano solo Tyler Smallwood, che è quello laggiù – e lo indicò con un dito- e Matt Honeycutt che è …”.

Non continuò la frase perché Bonnie la interruppe “E’ il tuo ragazzo” concluse per lei, piuttosto sicura di cosa stava dichiarando.

“N- no … perché dici questo?” negò Caroline mentre le guance le si arrossavano.

“E’ per caso quel biondo seduto in seconda fila?” domandò Bonnie.

“Sì” confermò Caroline.

“Non ti ha staccato gli occhi di dosso da quando sei entrata”.

L’aveva già detto che quella ragazza le stava oltremodo simpatica?

 

Quando Stefan rientrò in casa, dopo aver riaccompagnato Elena, pensò subito che un ladro si fosse intrufolato per sgraffignare qualche cimelio di famiglia. Almeno quella era l’impressione che chiunque si sarebbe fatto, se avesse sentito tutto quel fracasso provenire dal primo piano.

Stefan con il suo udito sovrumano poteva distinguere chiaramente il rumore di mani che raschiavano nei cassetti, gettando per terra tutto ciò che trovavano.

In un attimo salì le scale e si trovò di fronte alla camera di Bonnie. La porta era spalancata e Stefan ci mise meno di due secondi a capire il perché di tutto quel casino. Non era stato un ladro a provocarlo, ma Damon.

“Mi piacerebbe tanto sapere che stai facendo?” gli domandò con tono da inquisitore.

“E a me piacerebbe che tu non mi fossi sempre intorno. Non possiamo avere tutto dalla vita, fratellino” lo zittì, mentre si appoggiava alla scrivania e si voltava a fronteggiarlo con il suo solito ghigno da sbruffone.

Stefan alzò le sopracciglia, constatando quanto disordine ci fosse in quella stanza “Seriamente che hai in mente?”.

“Mi ha chiamato Caroline, mi ha assicurato che Bonnie non indossa niente che possa contenere verbena”.

“Cosa c’entra Caroline adesso?”.

“Le ho detto di tenere d’occhio Bonnie. Distrarla se può, togliercela dai piedi per un po’ e controllare se porta gioielli o cose simili. Ma a quanto pare non ha nulla su di sé, quindi deve avere la verbena dentro di sé; ed è quello che sto cercando”.

“Credi che abbia delle foglie di verbena nascoste sotto il cuscino?” chiese Stefan con evidente sarcasmo.

“No lì ho già controllato” dichiarò perlustrando la stanza con sguardo attento, poi s’illuminò “Non sotto il materasso, però!” esclamò, lanciandosi verso il letto e sollevando il materasso. Tirò fuori trionfante un libro dalla copertina rossa.

Lo dicevo che non è mai stata originale nei nascondigli.

Quel tomo, però, non aveva niente a che spartire con la verbena, ma il titolo era comunque notevole: ‘Il diario del Vampiro’.

Lo girò davanti e dietro e lo mostrò a Stefan. Questi glielo tolse dalle mani e lo esaminò “E’ di Zach” dichiarò.

“Ne sei sicuro?”.

“Sì, lo leggeva a volte … è difficile non notarlo” disse alludendo alla copertina rossa sgargiante.

“Perché mai Zach possedeva un libro del genere?!”.

“Avere per parenti due vampiri centenari penso sia una buona motivazione; soprattutto quando capita che uno di questi è un assassino fuori di testa”.

Damon ignorò la frecciatina e si concentrò sulla sua scoperta “Pensi che sappia?”.

“Il fatto che abbia quel libro non significa nulla, potrebbe averlo trovato frugando tra le cose di Zach” ipotizzò Stefan.

“Vero” concordò Damon “Ma questo potrebbe anche darle un paio di idee interessanti sulla scomparsa di suo fratello”.

“Rimettilo a posto, Damon” gli ordinò Stefan “Se non lo trovasse più, potrebbe insospettirsi sul serio”.

Il fratello sbuffò sedendosi sul letto “Dio, quanto odio quella ragazzina!” imprecò.

Stefan si spostò verso di lui con molta lentezza, esibendo un sorrisino di chi la sapeva lunga e iniziò un discorso totalmente diverso “Allora …” e fece una lunga pausa “Come mai hai graziato Sissi permettendole di restare?”.

“Abbiamo fatto una piccola chiacchierata” rispose evasivo “Sono saltate fuori delle cose … sembra che Zach ci abbia fregati tutti e tre”.

“Ammetti quindi di aver fatto un errore nel giudicarla male?”.

“E’ stato un fraintendimento, non un errore” ci tenne a precisare Damon “ … e so anche a cosa stai pensando e ti dico di non farti strane idee”.

“Andiamo, Damon!” sbottò esasperato Stefan “So perfettamente che in un modo tutto tuo sei contento che Bonnie stia qui. L’hai riportata qui l’altra notte, sei uscito a cercarla e l’hai trovata, perché eri preoccupato per lei”.

“Ero preoccupato per me” lo corresse “Non volevo che ci cacciasse nei guai con lo sceriffo ed è per lo stesso motivo che la lascio vivere qui. Preferisco tenerla sott’occhio” poi il suo sguardo s’indurì “Ma puoi star certo che se dovesse mai fare qualcosa che metta in pericolo il nostro segreto, non esiterò a squarciarle la gola” gli intimò mentre rimetteva il libro al suo posto.

“Non le farai del male, Damon. Dovrai passare sul mio cadavere”.

“Minaccia piuttosto blanda dato che sei morto cinquecento anni fa” gli ricordò riprendendo tutta la sua ironia. Gli passò accanto e gli batté una mano sulla spalla “Metti in ordine tu?” gli chiese prima di scivolare con grazia fuori dalla camera, diretto verso la sua.

Si chiuse la porta alle spalle e si lasciò cadere sul letto a peso morto. Non ne poteva più di tutti quei problemi. Né di suo fratello. Né di Bonnie.

Non l’avrebbe mai uccisa, di questo ne era certo. Non ci sarebbe riuscito. Per quanto detestasse ammetterlo, Bonnie era la prima che gli era entrata dentro dopo secoli. Nessuna ossessione, nessuna perversione, nessun secondo fine. Semplice e puro affetto, del tutto innocente e autentico.

Non l’avrebbe mai toccata con un dito. A meno che non fosse stato ubriaco e incazzato; in quel caso tutto sarebbe stato possibile.

Ma prendere in giro Stefan era diventato ormai il suo sport preferito (dopo il sesso ovviamente). Adorava tenerlo in continuazione sul filo del rasoio, sulla difensiva. Atteggiarsi da mina vagante, sempre sul punto di esplodere, era il modo migliore per farlo impazzire. Dopo tutto se lo meritava: gli aveva portato via prima la madre, poi Katherine e infine Elena.

Elena; la sosia di Katherine. Tanto simile a lei fisicamente quanto diversa nei comportamenti. Elena era forte, sicura di sé e inflessibile e soprattutto non manipolava le persone e quest’ultimo punto andava di sicuro in favore del fratello. Elena era totalmente devota a Stefan e non lo avrebbe mai lasciato per stare con lui, un vampiro assetato di sangue e di potere, cui non importava di ferire gli altri.

Nonostante fosse dura da accettare, Stefan si era all'altezza di Elena; Stefan era degno di Elena; Stefan era l’uomo giusto per Elena. Ma Damon non riusciva a togliersela dalla testa. Quello che era cominciato soltanto come un altro modo di tormentare suo fratello, era finito in qualcosa di più grande e incontrollabile. Damon aveva iniziato a tenerci, ad innamorarsi. La storia si stava ripetendo e lui sapeva benissimo che non sarebbe andata diversamente dall’ultima volta.

Non sarò scelto. Quel pensiero lo logorava notte e giorno, senza tregua.

Aveva permesso a Bonnie di rimanere a Fell’s Church in parte per Elena; lei era stata capace di toccarlo nel profondo con il suo discorso, di farlo sentire in colpa. Poi ci si era messa anche Bonnie con quegli occhioni da cane bastonato e lui aveva ceduto; non aveva potuto far altro.

Sei schiavo di due donne che ti odiano. Si vergognava solo a pensarlo.

Dov’era finito il Damon Salvatore senza sentimenti? Gli mancava così tanto.

La notte prima, quando Bonnie era scesa in salone tutta spaventata per via del temporale, gli era sembrato di tornare indietro di anni, di vedere quella bambina che correva da lui perché aveva paura del buio.

Era in quel momento che aveva sentito un pensiero della ragazza. Si era stupito parecchio. Credeva che Bonnie avesse costantemente addosso della verbena, ma evidentemente le cose non stavano così.

Questo portava con sé un dubbio ancora più grande, un mistero che si andava ad infittire ancora di più: quanto ne sapeva di loro?

Si supponeva che una ragazza a conoscenza di un segreto così pericoloso, come poteva essere dividere la casa con due vampiri, cercasse di proteggersi in tutti i modi possibili. La verbena era in cima alla lista delle difese contro i giochi mentali dei vampiri, rendeva immuni dagli attacchi psicologici e dava un gran vantaggio.

Perché mai non accertarsi di assumerla regolarmente?

Dopo che Caroline gli aveva confermato che Bonnie non portava gioielli né nient’altro che potesse contenere verbena, Damon era arrivato alla conclusione che Zach non le avesse raccontato la verità; almeno non tutta.

Sentì la rabbia ribollire ripensando a quel grandissimo infame del suo pro- pro- pro-pro nipote. Come aveva potuto mentire a tutti e tre in maniera così sfacciata? Come aveva potuto far credere ad una ragazzina di undici anni di non essere voluta dalle uniche persone che le erano rimaste al mondo?

Quindi ora non sei più arrabbiato con lei?

Ecco di nuovo che la sua coscienza faceva la sua comparsa con la voce di suo fratello. Che cosa fastidiosa!

Era ancora arrabbiato con Bonnie. Molto.

Lei che con la sua inattesa ricomparsa gli aveva riportato alla mente ricordi che avrebbe preferito lasciare nel dimenticatoio. Lei con tutta la sua voglia di giocare alla famigliola felice. Lei che si aspettava di essere riaccolta a braccia aperte, di trovare tutto esattamente come lo aveva lasciato, che pretendeva di sistemare tutto tornando a casa come se il tempo non fosse mai passato. Cosa credeva? Di riesumare ciò che era ormai sepolto, ciò che era morto?

Damon non riusciva a perdonarla.

Perdonarla di cosa?

Di avermi abbandonato.

Si pentì subito di averlo pensato. Scosse la testa indignato; si stava rammollendo, si stava decisamente trasformando in un mollaccione.

Controllare Bonnie era l’obiettivo primario, scoprire che diamine avesse in mente diventava di vitale importanza, tutto il resto passava in secondo piano.

Aveva tutta l’eternità per analizzare se stesso e per ritornare ai tempi d’oro della sua cattiveria. Ora doveva solo rimanere concentrato.

 

Era passata quasi una settimana da quando era arrivata a Fell’s Church e la situazione in casa non era affatto cambiata.

Stefan la trattava splendidamente come al solito, si prendeva cura di lei, le faceva da mangiare e appena aveva tempo si precipitava a farle compagnia.

Damon invece si ostinava ad ignorarla. Non la insultava più, non le rispondeva male, non si comportava da stronzo. Semplicemente faceva come se non esistesse. Ed era anche peggio.

Insomma le aveva permesso di restare al Pensionato, non aveva più accennato a rimandarla in Italia, doveva pur essersi un po’ addolcito!

Nonostante Stefan si adoperasse per farla sentire in famiglia, Bonnie avvertiva la solitudine farsi sempre più pesante. 

Tutto quel tempo trascorso con se stessa le aveva, però, dato la possibilità di studiare più e più volte il libro sui vampiri.

Aveva letto delle cose davvero curiose, ma totalmente campate per aria. Non credeva a una singola parola. Erano tante belle storie per spaventare i più suggestionabili, niente di più.

Un particolare l’aveva colpita, però. Era un paragrafo dedicato alle debolezze dei vampiri; spiegava come la luce del sole fosse fatale per quegli esseri maledetti e fin qui nulla di nuovo. La parte interessante arrivava qualche riga più sotto.

Per secoli, generazioni di uomini si sono illusi di poter individuare un vampiro in maniera facile e veloce: chi camminava alla luce del sole, era automaticamente escluso dalla cerchia dei sospetti.

L’errore dei nostri predecessori stava nel considerarsi più furbi dei vampiri. Non avrebbero mai immaginato che i vampiri potessero aver un alleato-nemico che avrebbe concesso loro l’immunità dai raggi solari: le streghe.

Streghe, maghi, sciamani o come li si vuol chiamare erano, infatti, in grado di incantare degli oggetti (solitamente gioielli o comunque qualcosa che si potesse indossare)  che permettevano ai cosiddetti non- morti di camminare tranquillamente di giorno, sotto il sole.

 

A Bonnie erano subito venuti in mente gli anelli di Damon e Stefan, quelli con lo stemma di famiglia. Non sapeva perché avesse fatto quel collegamento. Si era data della paranoica. La misteriosa partenza di Zach la stava mandando fuori di testa; doveva essere così. Ormai la cosa diventava talmente assurda che apriva la strada ad ogni congettura, anche la più improbabile ( in questo caso anche impossibile).

Posò il libro accanto a sé e si stese sul copriletto. Era quasi sera, aveva finito tutti i compiti e aspettava Stefan per cenare. Damon doveva essere fuori chissà dove.

Bonnie guardò il cellulare e, colta da uno slancio improvviso, lo afferrò e compose il numero del telefono di Zach. Dopo pochi secondi rispose la segreteria.

Con uno scatto di rabbia, riagganciò e buttò il cellulare dall’altra parte della stanza. Questo si aprì in due e Bonnie inveì.

“Sissi? Va tutto bene?”.

La rossa si girò verso la porta aperta e vide Stefan appoggiato allo stipite che la guardava con preoccupazione.

“Splendidamente” sorrise falsamente lei; per fortuna Stefan non ci badò molto, pensando che forse la ragazza fosse in quel periodo del mese.

“Mi ha chiamato Elena, mi ha invitato a cena. Vieni anche tu?”.

E fare dal terzo incomodo tutta sera, mentre la coppia perfetta le sbandierava in faccia tutta la sua felicità? No, grazie.

“Ti ringrazio Stefan, ma sono un po’ stanca” mentì.

“Ok, allora la richiamo e le dico che non vado neanche io”.

“Co … cosa? Perché?”.

“Non mi va di lasciarti sola, Bonnie”.

“Stefan” incominciò lei “Hai tutto il diritto di passare una sera romantica con la tua ragazza senza che la nipotina sfigata ti stia tra i piedi”.

“Tu non sei sfigata” la interruppe lui.

Bonnie sorrise teneramente “Starò bene, ok? Posso sopravvivere un paio d’ore senza di te. Tu vai e goditi la serata. Io farò qualcosa da mangiare poi m’infilerò a letto e se Dio vuole non dovrò neanche incrociare Damon” sperò con tutto il cuore. Stare con lui nella stessa stanza non la metteva a suo agio. Era come se un muro di cemento se ne andasse in giro piazzandosi ogni volta tra loro due. Era come se Bonnie potesse vedere Damon, ma Damon no. Non la degnava di uno sguardo. Invisibile. Era diventata invisibile.

“Lascialo perdere” le consigliò Stefan “E’ entrato in modalità ‘non posso ammettere di aver sbagliato, quindi faccio ancora il finto incazzato’ ”.

“Incazzato per cosa???” sbottò Bonnie.

“Un motivo vale l’altro. Damon ce l’ha con il mondo” spiegò Stefan “Puoi star certa che una scusa per essere arrabbiato la troverà sempre. Tornando al nostro discorso: sei sicura che non ti dispiaccia rimanere qui da sola?”.

“No Stefan, ci sono abituata tanto. Una volta in più o una in meno non fa la differenza” non lo disse con tono triste o seccato, ma caricò la frase con una certa ironia che fece ridere Stefan.

“Ci vediamo dopo, Sissi” la salutò dandole un bacio sulla guancia.

“A dopo!”.

Ma guardalo! Se ne va in giro con le scarpe slacciate. Pensò quando le cadde lo sguardo sui piedi del ragazzo. Fu sul punto di avvertirlo quando lui si piegò e le allacciò “Grazie!”.

“Di cosa?”.

“Di avermi detto delle stringhe”.

“Ma io …” niente da fare; se n’era già andato. Strano, avrebbe giurato di non averlo detto ad alta voce. Stava perdendo i colpi.

Lo stomaco brontolò per la fame. Quel giorno a scuola non aveva mangiato molto. In mensa avevano servito una strana brodaglia verde che non prometteva nulla di buono. Erano quelli i momenti in cui avrebbe voluto tornare in Italia, nel suo collegio con la cuoca interna.

Ritirò il libro sotto al cuscino, riaggiustò il cellulare e poi scese in cucina. La casa era vuota e Bonnie stava già progettando di attaccare la musica a tutto volume, accendere le luci e cucinare tutto quello che avesse trovato nel frigorifero.

I suoi buoni propositi andarono in fumo nel giro di dieci secondi. A sinistra della scala, un po’ nascosta dalla vista, se ne stava una porta dello stesso colore della parete. Non la prima volta che la notava, ma non le aveva mai dato molta importanza. Da che ricordasse era sempre stata chiusa.

Nessuno scendeva mai nello scantinato; di sicuro non lei, dato che là sotto doveva essere estremamente buio. Ma ora era attratta da quella porticina. Era come se la stessa chiamando, come se qualcosa nella sua testa la incitasse a varcarla per scoprire che cosa celasse.

Guardò a destra e a sinistra, si accertò che davvero la casa fosse deserta e poi girò la maniglia. Si sentiva un po’ come Jack Skeletron in “Nightmare before Christmas”, quando per caso si ritrova davanti alla porta della “Città del Natale”. Per un attimo temette di venire risucchiata come nel film, ma questo non accadde. Scese i gradini. Era buio, ma non completamente: qualche spiraglio di luce giungeva dalle lunghe finestre poste in alto. Il sole fuori era, però, quasi del tutto tramontato e la luce era fioca. Bonnie schiacciò l’interruttore e accese le lampade. Sul soffitto c’erano delle macchie di umidità e tutto era pieno di polvere. Bonnie storse il naso. Chissà da quanto tempo nessuno andava a pulire.

Arrivata in fondo alle scale si trovò in uno stretto corridoio. Lo percorse tutto fino in fondo. Là c’era un’altra porta di ferro, con una piccola grata in alto. Bonnie rabbrividì: sembrava una prigione.

Aprì anche quella ed entrò nella stanza. La mascella le arrivò fino a terra. Un tavolo enorme occupava quasi tutto lo spazio, sopra c’erano tanti vasi di quella che aveva tutto l’aspetto della pianta che aveva visto pochi minuti prima raffigurata sul libro. Verbana? O verdena? Qualcosa del genere.

Perché diamine c’era un’intera coltivazione di una pianta che serviva a proteggersi dagli attacchi mentali dei vampiri? E a quel punto un’altra domanda diventava lecita: aveva qualcosa a che fare con il misterioso “Diario del Vampiro”? O era solo una coincidenza molto sospetta? Una coincidenza, però, non sarebbe dovuta risultare sospetta, giusto?

Cominciò ad indietreggiare colta da un attacco di panico misto a spavento. Saltò praticamente due metri più in là, quando la sua schiena toccò qualcosa di robusto e definito, che aveva tutta l’aria di essere un torace.

Si voltò mettendosi una mano sul petto “Damon …” esalò, cercando di calmare i battiti del cuore “Da dove …? Quando …? Come sei entrato?”. Perché ogni volta che c’era lui nei paraggi non riusciva ad elaborare una frase di senso compiuto?

“Dalla porta” rispose Damon divertito nel vederla in difficoltà “Quello che mi piacerebbe sapere è come ci sei arrivata tu qui” affermò.

“Per le scale” replicò Bonnie con il suo stesso sarcasmo.

Damon alzò un sopracciglio e bevve un sorso dal bicchiere di vino rosso che teneva in mano. Era ovvio che non fosse quello il significato della domanda.

“Non ero mai scesa quaggiù, ero curiosa” continuò Bonnie.

“Credo che faresti meglio a salire” la gelò Damon.

“Cos’è questa pianta?” chiese con foga la rossa “Perché la tenete nello scantinato?”.

“Non è roba mia” disse Damon con tono piatto “E in ogni caso non sono affari che ti riguardano”.

“E’ verdena, vero? A che cosa serve?” insistette imperterrita.

“Si dice verbena” la corresse Damon non riuscendo a trattenere un ghigno per quell’errore “Ora che abbiamo appurato di cosa si tratti, vuoi gentilmente portare il tuo sedere di sopra?”. Non era una richiesta; Bonnie lo intese subito. Sospettava che l’avrebbe portata di forza di sopra, se lei non l’avesse seguito di sua spontanea volontà.

Damon la precedette su per le scale e richiuse la porta a chiave. Guardò ancora un attimo Bonnie, poi le diede le spalle e si diresse in salotto.

Bonnie lo imitò e spinta da non so quale coraggio gli confessò di aver trovato la sella nella stanza di Zach. Voleva vedere la sua reazione. Forse si sarebbe un po’ ammorbidito ricordando dei tempi in cui andavano a cavallo insieme.

Damon s’irrigidì d’un colpo e rimase in silenzio. Continuava a non guardarla negli occhi e la ragazza capì di essere sulla strada giusta.

“Il vecchio maneggio … c’è ancora?”.

Il vampiro grugnì qualcosa in risposta e aveva tutta l’aria di essere un sì.

“Sai pensavo che potremmo farci una cavalcata un giorno di questi. Io mi sono tenuta in allevamento in Italia; il collegio aveva una scuderia”.

Per un istante Bonnie credette di avercela fatta, credette di aver scalfito il suo animo di pietra e di averlo intenerito, ma fu una cosa momentanea.

Damon finalmente riportò gli occhi su di lei. Erano infuocati.

“Sentimi bene ragazzina, solo perché non ti ho cacciato, non vuol dire che diventerò la tua nuova amichetta del cuore”.

“Io non ti voglio come amica del cuore” ribatté Bonnie piuttosto stupidamente.

Damon non diede segno di averla ascoltata “Due sere fa ti ho detto che potevi restare ad una condizione: non darmi fastidio ed è proprio il contrario di quello che stai facendo! Sto cercando in tutti i modi di ignorare la tua presenza, di far finta che tu non sia qui ad annoiarmi con il tuo forte senso per la famiglia, ma mi stai rendendo le cose molto difficili. Ora ascoltami bene, apri le orecchie perché è la prima e l’ultima volta che te lo dico: non me ne importa nulla di te; se domani mattina tu decidessi di sparire da qui, io non me ne accorgerei nemmeno. Stammi lontano, Bonnie, o ti pentirai di essere rimasta” lo disse con magistrale cattiveria e picchiò con forza il bicchiere ancora mezzo pieno sul tavolino di vetro. Poi lasciò la stanza e uscì di nuovo di casa.

Bonnie rimase come una cretina in mezzo al salotto e fece di tutto per ricacciare le lacrime che prepotenti si erano presentate agli angoli degli occhi.

Con rabbia afferrò il bicchiere e buttò giù quello che era avanzato del vino. O almeno quello fu l’intento. Non poté neanche mandarne giù un sorso che lo risputò fuori disgustata.

La mano le tremò e fece quasi cadere il bicchiere mentre lo riappoggiava sul tavolino. Poi prese a fissarlo in un misto di incredulità, paura e orrore.

Non era vino. Non aveva affatto il sapore del vino. Sembrava più …

Ma non poteva essere. Lui lo stava bevendo come acqua. Lui non poteva farlo.

Infine le lacrime iniziarono a scenderle copiose quando ogni dubbio venne spazzato via, quando realizzò di non essersi sbagliata.

Damon non stava bevendo del vino. Quello che aveva bevuto lei non era vino.

Era … tremò ancora scappando in camera sua.

Sangue?

 

“Have you come here for forgiveness?
Have you come to raise the dead?
Have you come here to play Jesus?
To the lepers in your head
Did I ask too much?
More than a lot.
You gave me nothing,
Now it's all I got”

(One- U2)

 

Il mio spazio:

Ta- dan! Nuovo capitolo, fresco, fresco. Sono stata quasi veloce ‘sta volta.

Cavolo siamo già al settimo! Forse a voi sembrerà poco, ma per me è un traguardo!

È arrivata Caroline! Non vedevo l’ora, l’adoro! Piano, piano introdurrò bene tutti gli altri personaggi.

Per il prossimo capitolo, mi scuso in anticipo, ma non sono bene quando riuscirò a postarlo. Perché il 4 maggio ho un esame e mi devo preparare; poi ora ci sono le vacanze di Pasqua e penso che andrò via, quindi non posso portarmi dietro il computer. Sicuramente scriverò qualcosa sul mio fedelissimo “quaderno adibito alle storie” e spero che troverò il tempo per ricopiare tutto sul pc. Lo so, sono una pigrona, ma voi non mi abbandonate mi raccomando! Le vostre recensioni sono una grandissima soddisfazione! Ogni volta che le leggo mi rendono felice e di questo vi ringrazio.

Allora in questo capitolo abbiamo un altro scorcio dei sentimenti molto complicati e contradditori di Damon. Quando devo scrivere di lui mi metto sempre le mani nei capelli perché non so mai dove andrò a parare =)

E Bonnie ha fatto un’inquietante scoperta, ormai siamo vicini al fatidico momento, manca molto poco e verrà a sapere tutta la verità. O magari no (eheh).

Bene, credo di avervi detto tutto.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi lasciate un commentino! Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi.

Ora vado a vedere la nuova puntata di The Vampire Diaries!

Buona Pasqua in anticipo ;)

Fran!.

*Per quanto riguarda Caroline ogni riferimento sarà alla serie TV ( anche perché quella che vado a rappresentare io non è di certo quella del libro), solo per l’aspetto fisico sono andata a consultare i libri.

** Mi piace l’idea che per trasformarsi in lupi mannari sia necessario far scattare una maledizione =) Volevo solo avvertirvi che questa storia non segue la serie TV, ci sono degli accenni, come anche al libro, ma procederà in un modo tutto suo. Quindi niente maledizione del sole e della luna!

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Capitolo 8
*** Don't let me be the last to know ***


Ashes &Wine

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Capitolo otto: Don’t let me be the last to know

 

“Don't, don't let me be the last to know
Don't hold back, just let it go
I need to hear you say
You need me all the way
Oh, if you love me so
Don't let me be the last to know

(Don’t let me be the last to know- Britney Spears)

 

  

 

 

Si gettò dell’acqua gelata sul viso per svegliarsi. Incrociò i suoi occhi riflessi nello specchio e inorridì. Non ricordava di aver mai avuto così tante occhiaie in vita sua.

Aveva passato tutta la notte in piedi, a scervellarsi per trovare un altro motivo plausibile per cui un comunissimo umano potesse trarre piacere nel bere sangue.

C’era solo una parola che le continuava a lampeggiare sotto il naso: vampiro.

Tutti i pezzi ora andavano al proprio posto; tutto ciò che le era parso strano ora trovava una spiegazione, in gran parte grazie al manuale “Il Diario del Vampiro”.

Gli anelli con lo stemma dei Salvatore in primis: Damon non se lo toglieva mai.

 

“Zio Damon mi fai provare l’anello?”.

“No Sissi, è prezioso”.

“Ma lo voglio anche io!”.

“Sissi, lo zio rischia di farsi male se lo toglie. Vuoi che lo zio si faccia male?”.

“No!”.

 

Le erano rimaste impresse nella memoria quelle parole, di solito Damon non le impediva di fare niente.

In quel momento le cose apparivano più chiare: era ovvio che Damon non volesse togliersi l’unica cosa che potesse proteggerlo dai raggi solari.

“Perché non entri?” gli chiese nuovamente Bonnie che nel frattempo stava lasciando le chiavi sul tavolino all’ingresso.

“E perdermi una giornata bella come questa?”.

Bonnie lo guardò interdetta dal suo comportamento “Fa’ come vuoi” gli rispose “Se vuoi entrare, la porta è aperta” e se ne andò in cucina. (Dal quarto capitolo)

I vampiri non potevano entrare in una casa effettivamente abitata da umani senza prima essere invitati da chi ne aveva diritto.

Lei aveva deciso di stabilirsi al Pensionato solo pochi giorni prima e ricordava perfettamente di come Damon fosse rimasto immobile sulla soglia. Le era parso un comportamento parecchio strano, ma Damon era strano, perciò non ci aveva fatto molto caso.

Ora capiva il vero motivo: non era entrato in casa perché non poteva.

Infine c’era la questione controversa della verbena. Bonnie era certa che il libro dicesse la verità riguardo quella pianta. Era ben nascosta e sigillata in una stanza nel seminterrato e Damon se n’era tenuto lontano per tutto il tempo che avevano passato là sotto, voleva premurarsi di non entrarci in contatto.

Ma perché mai dei vampiri avrebbero dovuto coltivare un’erba dannosa per la loro specie? Era una sorta di difesa contro altri vampiri?

D’altra parte la verbena forse era di Zach, che di sicuro conosceva il loro segreto. A quel punto le cose si facevano più sensate: era lui quello che voleva proteggersi e chi avrebbe potuto biasimarlo?

La stessa Bonnie non aveva chiuso occhio tutta la notte per il timore che qualche mostro (‘sta volta reale) entrasse in camera sua per bere il suo sangue.

Era rimasta semplicemente stesa, sotto le coperte, con il lenzuolo ben stretto tra le mani e l’orecchio teso a percepire ogni singolo rumore.

Ogni qual volta che aveva sentito o le era parso di sentire il suono di passi che si avvicinavo, aveva trattenuto il respiro, cominciando a tremare come una foglia. Era stato tutt’altro che piacevole e la mattina si era fatta attendere per quello che era sembrata un’eternità.

Quella parola la obbligava a riportare l’attenzione su un’altra della tante circostanze anormali. I vampiri vivevano per sempre e il loro aspetto rimaneva lo stesso del momento in cui erano stati trasformati. Né Damon né Stefan erano cambiati di una virgola da quando li aveva visti quasi dieci anni prima.

Senza contare quella scusa inconcepibile che Stefan si era inventato per giustificare appunto il suo non- cambiamento fisico. Bonnie avrebbe giurato che fosse lui quello che stava per finire le superiori quando lei era bambina e non Damon.  Quindi anche Stefan era un vampiro? E se sì da quanto? Damon era stato trasformato con lui? Ma chi poteva averlo fatto?

Il quesito più doloroso, quello che imperterrito la martellava, che la portava sull’orlo delle lacrime era un altro: la scomparsa di Zach c’entrava qualcosa con il fatto che due dracula avevano deciso di prendere residenza in casa Salvatore?

Zach si era allontanato per paura? O era stato costretto? Perché non chiamava? Perché non l’aveva avvisata del pericolo? Era per questo che l’aveva mandata in Italia, per salvarle la vita? E lui era ancora vivo?

Quel pensiero le fece salire i brividi lungo la schiena. Scosse la testa.

Stefan la chiamò dall’ingresso intimandole di muoversi o sarebbero arrivati in ritardo alla prima ora.

Bonnie si guardò di nuovo allo specchio e tremò. L’idea di stare nella stessa macchina con un potenziale vampiro non era proprio un incentivo a scendere, ma ci sarebbe stata anche Elena e la cosa la tranquillizzava.

Chissà se la bionda sapeva. Avrebbe forse dovuta avvertirla?

Stefan la richiamò.

Ok, Bonnie. Si disse. Comportati normalmente e non si accorgeranno di niente. Scoprirai che diamine c’è sotto questo casino. È una promessa.

S’infilò la prima cosa che trovò, prese lo zaino e raggiunse Stefan giù all’entrata; e lì ebbe la prima brutta sorpresa di quella giornata: Elena non c’era.

“Dov’è Elena?” dritta al punto, senza nemmeno augurare buon giorno.

“Oggi l’andiamo a prendere noi” chiarì Stefan mentre cercava le chiavi della sua Jaguar nel mucchio sul tavolino.

Bonnie divenne un pezzo di pietra. L’assenza dell’amica la stava mandando in agitazione. Sarebbe riuscita a non destare sospetti anche senza Elena? E soprattutto quanto sarebbe resistita senza dare di matto?

Cercò al più presto una scusa per non salire in macchina con lui “Stefan forse dovresti andare da solo a prenderla; io sono sempre in mezzo, magari preferireste stare senza di me”.

Stefan corrugò la fronte “Non dire sciocchezze, Elena ti adora e anche io. Poi sono solo pochi minuti; non è che ti stiamo invitando a un nostro appuntamento”.

“No davvero” insistette Bonnie “Non mi sento molto bene, magari vi raggiungo per la seconda o terza ora”.

“E con cosa? Non hai la macchina” le fece notare lui che non si era bevuto una singola parola e aggiunse “Bonnie da quando è diventato un problema andare a scuola con me e Elena?”.

“Magari la nostra nipotina è stufa di assistere alle vostre smancerie, non ci hai pensato?” s’intromise una terza voce alle spalle di Bonnie.

La rossa la riconobbe all’istante e chiuse gli occhi in un gesto di rassegnazione; ora due opzioni le si presentavano davanti: condividere con Stefan, che si era sempre dimostrato carino e attento con lei, l’abitacolo dell’auto giusto quei cinque minuti che li separavano da casa Gilbert; o rimanere al Pensionato da sola chissà quanto a lungo con Damon che non aveva mai nascosto il rancore che conservava nei suoi confronti e che dava chiari segni di squilibri mentali. Lui beve sangue. L’ho visto, l’ho provato. Si ricordò con ribrezzo. Si trattenne dal tremare ancora. La sola presenza di Damon bastava a terrorizzarla, non si era nemmeno voltata per guardarlo in faccia, non voleva rimanere un minuto di più con lui.

La risposta arrivò rapida e solerte “Però guido io” sentenziò prendendo le chiavi dalla mani di Stefan e dirigendosi verso la macchina.

Mise in moto e si affrettò ad uscire dal cortile del Pensionato. Stefan accanto la osservava con aria ambigua. Si era accorto che lei si stava comportando in maniera decisamente insolita, ma chi non l’avrebbe notato? Le mani di Bonnie erano letteralmente arpionate al volante, sembrava quasi che volesse stritolarlo con le dita, romperlo, mandarlo in frantumi. Lo sguardo fisso sulla strada e terribilmente inquieto.

“Sissi sembri tesa” disse “Va tutto bene?”.

“Sto benissimo” rispose troppo velocemente per apparire sincera e forse con voce troppo acuta “E’ che non ho dormito molto bene stanotte”.

Non ho dormito affatto.

“Che cosa ti preoccupa? Ancora Damon?” indagò Stefan.

“No, no, ci ignoriamo e basta” mentì sorridendo appena.

Si chiese se Damon avesse detto a Stefan di averla beccata la sera prima giù nella ‘stanza della verbena’.

“Mi ha detto che ieri sera sei andata giù in seminterrato”.

Ovvio che gliel’avesse detto.

“Sì, ero curiosa, non ci ero mai stata, ma mi ha delusa un pochino. Insomma mi aspettavo di trovare chissà che cosa e invece era pieno di una pianta di cui non mi ricordo nemmeno il nome” finse così bene che si sarebbe data l’Oscar da sola.

Fermò la macchina davanti casa di Elena. Stefan prese il cellulare per chiamare la ragazza e avvisarla di uscire, ma gli cadde dalle mani finendo sotto il sedile.

Si abbassò per recuperarlo e accidentalmente sfiorò la mano di Bonnie poggiata sul cambio. La rossa ritrasse di scatto il braccio portandoselo vicino al petto, quasi si fosse scottato. Stefan rimase immobile senza capire il perché di quella reazione spaventata “Bonnie sei sicura di star bene?”.

La ragazza sentì la gola secca, ma venne salvata da Elena che li aveva visti arrivare dalla finestra ed era uscita.

“Ciao ragazzi” salutò entrando in macchina e dando un bacio a Stefan “Come va?”.

“A quanto pare tutto benissimo” rispose Stefan riportando le esatte parole di Bonnie con un tono decisamente più ironico, cosa che non sfuggì ad Elena. La bionda decise di cambiare in fretta discorso “Ho sentito Meredith ieri sera. Sta prendendo molto seriamente questa storia delle ripetizioni. Preparati perché credo ti farà sudare parecchio” disse rivolgendosi a Bonnie.

“Perfetto! Ci mancava solo la matematica …” commentò Bonnie un po’ acidamente, mentre faceva ripartire l’auto alla volta della scuola.

 

“Elena ti posso parlare un attimo?” chiese Caroline all’amica alla fine della pausa pranzo.

Elena annuì e la seguì in un aula vuota, dove nessuno avrebbe potuto origliare la loro conversazione. Caroline appariva molto agitata mentre si mordeva le unghie con insistenza “Penso che sappia” dichiarò.

“Chi sa cosa?” domandò Elena che non ci stava capendo niente.

“Bonnie” rispose Caroline “Credo sappia che sono un vampiro” spiegò abbassando la voce come se temesse che qualcuno fosse nei paraggi a spiarle.

“Perché dici questo?”.

“Prima stavamo mangiando fuori, sotto il sole e di punto in bianco mi ha chiesto di mostrarle l’anello” raccontò alzando la mano su cui luccicava l’anello di Katherine che i fratelli Salvatore le avevano dato per proteggerla dalla luce del sole “Così gliel’ho fatto vedere, ma a lei non è bastato, voleva provarlo”.

“Non ci vedo nulla di strano, magari le piace” suppose Elena.

“No, era come … come se stesse cercando di farmelo togliere per vedere che cosa succedeva, quasi volesse mettermi alla prova”.

Elena si portò una mano alla fronte con fare pensieroso “Non l’hai ancora detto anche nessuno vero?”.

“Se ti stai riferendo a Damon no” replicò Caroline che aveva colto al volo ciò che quel ‘nessuno’ stava a sottintendere “Non sono la sua spia”.

Elena arcuò le sopracciglia, poco convinta da quelle parole.

“Sto dicendo la verità” ribadì Caroline “Ho indagato su Bonnie per me stessa, ok? C’è anche la mia vita in ballo; se mia madre sapesse cosa sono diventata mi impaletterebbe nel sonno” chiarì concitata “Ma Bonnie mi sta simpatica e mi sembra una brava ragazza; non voglio che Damon si faccia delle strane idee per delle miei supposizioni. Per questo lo sto dicendo a te e non a lui”.

Elena si sentì in colpa per averla accusata senza esitazioni “Mi dispiace Caroline. So quello che hai passato per Damon e so che non faresti nulla di male se non fossi costretta” si scusò “Ma non posso aiutarti. Per quanto ne so io e per quanto ne sa Stefan, Bonnie è all’oscuro di tutto, ma sta cercando di scoprire la verità e forse ci è davvero vicina”.

“Credo che se lo meriti”.

“Cosa?”.

“Di sapere la verità. Se io l’avessi saputa prima, mi sarei risparmiata un bel po’ di guai” ammise con voce amareggiata Caroline.

“Care, io …”.

“Non ti preoccupare Elena, non sto incolpando te. Dico solo che sarebbe la cosa migliore raccontarle la verità; prima di tutto Stefan e Damon si guadagnerebbero la sua fiducia e potrebbero convincerla a mantenere il segreto. E poi è sempre più piacevole sentirsi dire le cose dai diretti interessati piuttosto che da estranei”.

“Caroline sei un genio!” esclamò Elena mentre le si illuminavano gli occhi.

“Davvero? Perché?”.

“Stefan e Damon devono giocare d’anticipo! Se le diranno come stanno le cose per primi, lei crederà a loro. Possono raccontarle la loro verità, dal loro punto di vista, possono calmarla, possono gestirla. Bonnie non sarebbe più un pericolo, ma un’alleata”.

“Elena era una cosa così ovvia, possibile che non ci sei arrivata prima?” la prese in giro Caroline.

“Forse era così scontata che non l’ho nemmeno presa in considerazione” ammise Elena “Certo forse bisognerà sorvolare sulla faccenda di Zach”.

“Beh non è che deve sapere per forza tutta la verità” incominciò Caroline “Magari potremmo modificarla un pochino”.

“Che hai in mente, Care?”.

“Bonnie deve sapere che suo fratello è morto, ne ha tutto il diritto, però si potrebbe omettere il fatto che è stato Damon ad ucciderlo”.

“Non sarebbe come mentirle ancora?”.

“Senti Elena, anche a me non piace questa situazione e non vorrei prendere in giro Bonnie, davvero è l’ultima cosa che m’interessa, ma dobbiamo fare in modo che non dia di matto, che non corra dritta dallo sceriffo a spifferare tutto. Dirle che suo fratello è morto per mano di Damon è il modo perfetto per rivoltarcela contro. È soltanto una piccola bugia per il bene di tutti” concluse Caroline nel tentativo di convincere più stessa che Elena.

L’amica fu d’accordo. Sebbene non fosse il modo più corretto di agire, sentiva che era la cosa giusta da fare. C’erano troppe persone da proteggere: Stefan, Caroline, Tyler che con la sua licantropia era legato indissolubilmente al destino dei vampiri e poi anche Damon.

Sarebbe arrivato il giorno in cui Bonnie sarebbe stata pronta ad accettare davvero tutta la verità. Ma fino ad allora, quello sarebbe stato un segreto che nessuno avrebbe mai rivelato.

 

Si sentiva come sbalzata in una versione deformata di ‘True Blood’. Vampiri ovunque. Era l’unico pensiero che martellava nella sua testa.

Ormai era sicura che anche Caroline fosse un vampiro. Aveva visto l’anello così simile a quelli di Stefan e Damon. Aveva provato a farglielo togliere mentre erano a pranzo insieme, ma non era servito a nulla. Caroline era volata via come una scheggia inventandosi una banalissima scusa, cosa che aveva rafforzato la sua convinzione. Si era pentita di averla forzata a rivelarsi; sicuramente Caroline avrebbe raccontato tutto a Stefan, forse l’aveva giù fatto.

Bonnie trasse un bel respiro e decise di batterla sul tempo: avrebbe chiesto lei stessa la verità a Stefan, una volta per tutte!

Lui era sempre stato così comprensivo e Bonnie sapeva di potersi fidare, sapeva di poter contare su di lui senza temere nulla.

Si stupì perfino di averla presa così bene; non aveva urlato, non si era fatta prendere dal panico, anzi aveva mantenuto la calma meglio di quanto avesse mai potuto credere, almeno fino a quel momento.

Entrò nella stanza di Stefan e la trovò vuota. Poteva sentire lo scrosciare della doccia nel bagno lì a fianco. Decise di aspettarlo e si sedette sul letto.

Si stese lentamente e avvertì qualcosa di duro sotto la sua schiena. Si rialzò e guardò dietro di sé: sul materasso c’era un libro aperto.

Lo prese tra le mani e lo sfogliò. Era il diario di Stefan.

Bonnie diede un’occhiata alla porta del bagno e riportò gli occhi sulle pagine un po’ ingiallite. Sapeva che leggere il diario di altri era una cosa oltremodo sbagliata, era una violazione della privacy, ma non poté proprio resistere.

 1 settembre 2010

Caro diario,

sono tornato a Fell’s Church per trovare Zach e ricominciare daccapo la mia vita, ma ho fatto una scoperta sconvolgente. A scuola ho visto una ragazza uguale e identica a Katherine; credo si chiami Elena Gilbert.

 

3 settembre 2010

Caro diario,

Elena ha messo gli occhi su di me e per quanto vorrei conoscerla e lasciarmi andare, so che devo resistere; per il suo bene. Non potrebbe mai essere felice con me, perché non potrei mai dirle la verità.

 

5 settembre 2010

Caro diario,

un vecchio è stato attaccato giù a Wickery Bridge e io ho un vuoto di memoria.

 

6  ottobre 2010

Vickie Bennet è stata aggredita al cimitero. Io ero lì con Elena. Alla fine ho ceduto, non ho saputo resisterle; in fondo non deve per forza sapere la verità, almeno non ancora. Voglio far finta di essere un diciassettenne qualunque che si è innamorato della più bella della scuola. Voglio solo passare del tempo con lei.

 

2 novembre 2010

Caro diario,

Mr. Tanner è stato ucciso. È stata Meredith a trovarlo, non credo di averla mai vista così agitata in vita mia, era completamente fuori di testa. Elena alla fine ha scoperto il mio segreto. Sono stato costretto a svelarmi per salvarla e inoltre penso sia più sicuro per lei conoscere la verità. Damon è tornato, ne sono quasi certo e temo possa farle del male.

L’ho detto anche a Zach e quando ho pronunciato il suo nome è quasi impazzito. È da un paio di notti che dorme con un paletto di legno sotto il cuscino.

 

8 novembre 2010

Caro diario,

sì, Damon è tornato. Si è fatto vivo ieri notte con tutta la sua voglia fare casino. Zach vorrebbe che io lo cacciassi di casa, ma non so davvero come fare. Vorrei cacciarlo perfino dalla città, ma lui si nutre di sangue umano ed è troppo forte per me. Si è avvicinato a Caroline, la sta chiaramente usando come riserva ambulante e l’ha messa sotto ipnosi. Farò in modo che Elena le dia un ciondolo alla verbena, è l’unico modo in cui posso aiutarla.

 

15 novembre 2010

Caro diario,

Zach è morto.*

 

Bonnie lasciò il libricino di scatto, senza neanche finire di leggere e si portò una mano alla bocca. Gli occhi le si riempirono in un istante di lacrime che premettero sulle ciglia.

No. Non poteva essere. Stefan … lui le aveva assicurato che suo fratello stava bene. Lei si era fidata.

Non aveva creduto a tutta la storiella della partenza improvvisa, ma era certa che Stefan non le avrebbe mai mentito su quel punto, sulla vita di Zach.

Il vampiro uscì dal bagno con un asciugamano legato in vita e si sorprese di trovare la rossa in camera sua con un aspetto decisamente sconvolto.

“Sissi, che succede?” chiese allarmato.

Lei si voltò ed emise un gemito tra l’addolorato e l’impaurito “Stammi lontano”.

Stefan si stupì di quelle parole, ma gettando un occhio sul suo diario aperto sul letto capì tutto.

“Sissi” la chiamò facendo un passo verso di lei.

“Ti ho detto di starmi lontano!” strillò Bonnie quasi istericamente “Che diavolo sei?” chiese con un coraggio che non credeva di avere.

“Ti giuro che posso spiegarti ogni singola cosa” disse Stefan tentando di calmarla.

“Zach è morto” pianse “E tu mi avevi giurato che stava bene!” urlò.

Stefan abbassò lo sguardo colpevole “Mi dispiace”.

“Ti … ti dispiace?” ripeté Bonnie sconvolta “Mi hai mentito, mi hai tradito” gli rinfacciò “Mi sarei aspettata una cosa del genere da Damon, ma non da te. Almeno lui è stato zitto, non ha negato, non mi ha dato spiegazioni, tu invece … tu mi hai detto un sacco di cazzate fissandomi dritto negli occhi!” lo accusò.

“Sissi, ti prego … lascia che ti spieghi” la supplicò Stefan muovendosi verso di lei.

“NON TI AVVICINARE!” gridò Bonnie indietreggiando mentre un tremito incontenibile l’assaliva. Aveva la vista appannata dalle lacrime, cercò di fermarle, ma fu tutto inutile  “Anche Caroline è un … è come te, vero? Le ho visto l’anello. È quello che vi protegge dal sole”.

“Bonnie, per favore …”.

“Rispondimi” ordinò. Stava giocando con il fuoco, Stefan avrebbe potuto ucciderla in qualsiasi momento, ma lei aveva troppa rabbia in corpo, troppa delusione.

“Sì”.

“E chi altro lo sa, a parte Elena?”.

Stefan si passò una mano tra i capelli rassegnato.

“Meredith lo sa?”.

Stefan annuì.

“E Matt?”.

Stefan annuì di nuovo.

“Magari anche Tyler?”.

“No, Tyler non sa nulla. Ma lui è un lupo mannaro” tanto valeva essere sinceri fino in fondo.

Bonnie boccheggiò “E’ un lu … un cosa?” quasi non aveva fiato per far uscire le parole dalla bocca. Quello non stava succedendo a lei. Era tutto così irreale.

Si ritrovò a singhiozzare anche più forte di prima “Voi … tutti voi sapevate e non mi avete detto niente! Tutti conoscevano il vostro segreto e me l’hanno tenuto nascosto” fu costretta a prendere un paio di respiri profondi per calmare il pianto tanto quanto bastava per permetterle di parlare “Tu, Caroline, Damon … siete … siete dei … vampiri”  finalmente l’aveva detto “O mio Dio! Voi siete degli assassini. MIO DIO, bevete sangue umano!”.

“No, Bonnie” negò con forza Stefan “Io e Caroline beviamo sangue animale. Noi non uccidiamo nessuno”.

“E Damon?”.

Il silenzio di Stefan fu eloquente. Bonnie iniziò a respirare affannosamente, sembrava sul punto di esplodere. Agitazione, angoscia, rabbia, sconforto, debolezza, tutte sensazioni che andavano mescolandosi tra loro, mentre il suo cervello si ostinava ad mandarle un unico impulso: fuggire. Il ragazzo si girò verso l’armadio per prendere qualcosa da mettersi addosso e proseguire con più calma. Ma fu un attimo di distrazione che permise a Bonnie di scappare dalla stanza.

La ragazza si lanciò giù per le scale e per poco non cadde arrivata agli ultimi gradini. Corse lungo il corridoio d’ingresso fino alla porta che si spalancò ancora prima che lei potesse toccarla rivelando la figura statuaria di Damon.

Il vampiro entrò senza prestarle molta attenzione e si tolse la giubbotto nero.

“Lasciami andare, per favore” lo pregò Bonnie.

Damon si stupì di quella frase, dato che non la stava trattenendo in alcun modo, ma quello che lo colpì maggiormente fu l’espressione distrutta che deformava il volto di Bonnie.

Damon si ritrovò a annuire come automa dandole il suo tacito permesso di lasciare la casa. Ma perché Bonnie aveva così fretta di uscire?

Dopo neanche un secondo Stefan scese coperto ancora dal solo asciugamano legato attorno ai fianchi. E la cosa divenne alquanto bizzarra.

A Damon vennero in mente un paio di idee per cui una ragazza dovesse fuggire da uno coperto solo da un pezzo di stoffa, ma trattandosi di Stefan con la sua ferrea condotta morale e di Bonnie che era ancora convita di avere uno stretto legame di parentela con entrambi, si sentì di escluderle senza esitazioni.

“Dov’è andata?” domandò Stefan frettolosamente.

“E’ appena volata fuori dalla porta. Ma che diamine le hai fatto? Sembrava avesse il diavolo alle calcagna”.

“No, ma un vampiro sì”.

“Che significa questo?” chiese corrugando la fronte.

Non poterono continuare il discorso. Furono interrotti dal rumore di una macchina che sfrecciava via per il viale.

“Non ci credo! Mi ha fregato di nuovo la Mustang!” esclamò Damon.

“No, no Damon, non capisci. Lei ha scoperto tutto”.

Il vampiro più vecchio lo fissò con occhi infuocati “Che cazzo stai dicendo, Stefan?! Come ha fatto?”.

“E’ entrata in camera mia, ha trovato il mio diario …”.

“Sei un’idiota!” ruggì Damon “Che ti salta in mente di lasciare incustodito quel fottuto diario con quella razza di ficcanaso in giro per casa!” imprecò “Dio! Lo sapevo, lo sapevo! Aveva ragione a volerla rimandare in Italia, ma no! Facciamo a modo tuo invece! E guarda il risultato! Non sei stato capace di gestire una ragazzina”.

“Non è che tu mi abbia proprio aiutato sai!” replicò Stefan “Tu hai fatto il casino e io come al solito ho dovuto rimediare. Se non avessi ucciso Zach, tutto questo non sarebbe mai successo”.

“Merda, merda, merda!” proruppe Damon “Dobbiamo trovarla prima che vada dallo sceriffo. Pensi sia andata da Elena o da qualcuna delle altre?”.

“No, si sente tradita anche da loro. Credo sia andata a nascondersi da qualche parte dove si sente protetta, dove crede che noi non andremmo mai a cercarla”.

Damon rimase qualche secondo in silenzio a riflettere, poi parlò “Muoviti, so dov’è” affermò rimettendosi il giubbotto.

 

Il vecchio maneggio di Fell’s Church era situato appena fuori dalla città, al limitare del bosco. Non era molto grande, di certo non quanto quello che avevano costruito un paio di anni prima, ma era ben tenuto e tranquillo, perfetto per chi voleva farsi una bella cavalcata in mezzo alla natura e starsene lontano da sguardi indiscreti. Perfetto per chi voleva nascondersi in un angolo di mondo che pareva quasi sparato da tutto il resto.

Quella sera il cielo era limpido e luminoso. La luna svettava alta nel cielo e le stelle erano ben visibili lì, lontano dalle luci della città.

Non c’era un filo di vento, non si muoveva una foglia; alcuni cavalli se ne stavano con la testa a penzoloni fuori dai box, altri erano già stesi a dormire sul loro morbido letto di fieno.

“Ricordati di tenere la tua aurea nascosta, non vogliamo fare imbizzarrire i cavalli” intimò Damon gettando una veloce occhiata agli animali.

“Mi sono sempre chiesto come facessi a non farti disarcionare” disse Stefan mentre scandagliava la zona in cerca di Bonnie.

“Loro non hanno paura di me perché io non li mangio” lo freddò ghignando. Procedette lungo le scuderie a forma di ‘L’, dritto verso la staccionata che delimitava il campo di pratica. Sapeva perfettamente dove Bonnie si trovava.

 

“Sissi … Sissi che ci fai nascosta lì dietro?”.

La bambina singhiozzò con la schiena appoggiata al tronco della grossa quercia. Le ginocchia tutte sbucciate piegate al petto e le mani che cercavano di pulire le ferite dal sangue con scarsi risultati.

Damon sbuffò chiedendosi perché quella bambina dovesse essere così dannatamente cocciuta. Dopo essere caduta da cavallo, raschiando le ginocchia sul terreno, era scappata via rifiutandosi di farsi medicare.

Il disinfettante brucia! Aveva gridato ed era corsa a rifugiarsi sotto la chioma di quella grande quercia che faceva ombra a gran parte della scuderia. 

“Dammi qua” le disse Damon con un tono che non ammetteva repliche e prese saldamente tra le mani la gamba destra, iniziando a pulirla con un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante.

Bonnie cercò di scostarsi ma Damon non la lasciò “Ti spiace stare ferma?”.

“Ma fa male!” si lamentò lei mordendosi il labbro inferiore.

Damon sfregò il cotone in modo più delicato, mentre tentava in tutti i modi di pensare a qualcosa che non fosse il sangue di Bonnie che colava dalle piccole abrasioni. Fosse stata una qualsiasi altra persona probabilmente non avrebbe neanche provato a combattere l’istinto di leccarlo e succhiarlo.

Ma si trattava di una bambina. Si trattava di Sissi e anche volendo non avrebbe potuto farle del male. Avrebbe provato disgusto per se stesso.

“Forza devi ritornare in sella” la incitò dopo averle messo due bei cerottoni sulle ginocchia.

Bonnie negò con decisione “No, io non ci torno lassù”.

Damon sorrise considerando quanto dovesse sembrare alto quel cavallo ad una bambina di sette anni.

“Perché? Sei stata tu a voler prendere queste lezioni”.

“E se cado di nuovo? E se mi faccio male? E poi quel cavallo mi fa paura, è tutto nero e ha un aspetto spaventevole” mormorò.

“Non ti facevo una bambina che si arrende, sai” le confidò lui sapendo di andare a colpire il suo punto debole. Per essere così piccina, era davvero orgogliosa. La degna nipote di suo zio!

“Voglio un altro cavallo” dichiarò neanche fosse ad una trattativa.

“Se ne può parlare” l’accontentò Damon.

“E tu starai lì con me?” chiese Bonnie innocentemente.

Damon la fissò dritto negli occhi “Ti prometto che non ti accadrà niente di male”.

Bonnie lo abbracciò di slancio “Ti voglio bene, zio Damon”.

Lui non rispose. Si limitò a guardarla mentre correva di nuovo verso il recinto. La seguì con più calma urlando all’istruttore che se sua nipote fosse caduta ancora una volta, ci sarebbero state serie conseguenze.

 

E lei, dieci anni dopo, era proprio sotto quello stesso albero, nella stessa identica posizione, solo più cresciuta. Gambe al petto, corpo scosso dal pianto, testa rossa che brillava sotto la luce della luna.

Bonnie li aveva sentiti arrivare ancora prima che mettessero veramente piede nel maneggio. Non sapeva nemmeno lei spiegare come, ma li aveva percepiti.   

Non alzò il capo, anzi si nascose ancora di più tra le braccia e si rifiutò di affrontarli. Non ne aveva la forza.

Gli eventi l’avevano travolta come un uragano ed ora si trovava a rimpiangere i tempi in cui si sentiva sola e abbandonata in Italia.

“Bonnie” la chiamò Stefan.

Lei lo ignorò, voltò la testa dall’altra parte e sperò che la lasciasse sola. Ma si parlava di Stefan Salvatore, il buono e caro Stefan che non avrebbe sopportato di essere la causa della sue sofferenze ancora a lungo.

Il vampiro si piegò davanti a lei e le sfiorò la guancia. Bonnie si ritrasse al tocco.

“Ti prego, parlami” la scongiurò.

Bonnie scosse la testa come una bambina capricciosa.

“Ho bisogno che tu mi ascolti” le disse Stefan mettendole una mano sotto al mento. La ragazza non solo si scostò, ma si alzò in piedi allontanandosi.

“Cosa vuoi dirmi ancora?” domandò con voce rotta “Tutto quello che mi hai detto era solo una bugia, non mi serve sentirne altre”.

“Ho sbagliato, lo so” ammise lui “Ma ti giuro che tutto quello che ho fatto, è stato per proteggerti. Non volevo che soffrissi e non volevo che qualcuno ti facesse del male” spiegò lanciando una veloce occhiata a Damon che, incurante della situazione, si era messo ad accarezzare il muso di un cavallo.

“Mi hai preso in giro da quando sono arrivata qui, Stefan!” gli puntò il dito contro

“Su Zach, sulla vostra natura! Mi hai assicurato che Zach stava bene, mi hai fatto credere che i miei ricordi fossero tutti sballati, che tu avessi appena iniziato il liceo quando me ne sono andata, che fosse Damon quello all’ultimo anno”.

“Quella è stata una mossa davvero stupida” s’intromise Damon “Insomma, io al liceo? Potevi inventartene una migliore”.

Sia Bonnie che Stefan si trovarono d’accordo a fulminarlo con un’occhiata.

“E adesso che succede?” chiese Bonnie.

“Che vuoi dire?” replicò Stefan confuso.

“Ho scoperto il vostro segreto. Avete intenzione di uccidermi o che ne so … non avete paura che io possa andare dallo sceriffo?”.

Stefan avrebbe voluto rispondere, ma ancora una volta Damon prese la parola “Credimi, se avessi pensato che tu fossi un pericolo, ti avrei già chiuso la bocca da tempo” asserì con tono quasi divertito. L’intenzione era quella di tranquillizzarla; l’unico effetto fu di farla tremare.

“Damon, così non sei di aiuto” gli fece notare Stefan, zittendolo. La domanda che gli pose Bonnie un attimo dopo lo spiazzò.

“Come è … morto?” aveva quasi paura a chiederlo.

“E’ stato un incidente” si affrettò a mettere in chiaro Stefan, mentre Damon si tendeva come una corda di violino. Finalmente il momento della verità era arrivato; chissà come avrebbe reagito la sua cara nipotina scoprendo che quello che una volta considerava come il suo zio preferito le aveva ammazzato il fratello.

“E’ stato ucciso da un vampiro” completò Stefan “Era fuori controllo e non sono riuscito a fermarlo”. Quella in fondo era la verità, non tutta, un po’ distorta, ma pur sempre la verità.

Damon si voltò stupito verso il fratello. Perché diamine lo stava proteggendo?

Bonnie d’altro canto cominciò a far qualche passo in tondo, tenendosi la pancia con le mani. Le lacrime scendevano senza tregua e lei prese a mormorare frasi sconnesse su suo fratello. Sembrava impazzita, forse lo era.

Continuò per qualche secondo, finché non si accasciò a terra in ginocchio rannicchiandosi su se stessa.

Damon inizialmente osservò quasi con disprezzo la scena e ringraziò di essere un vampiro. Tutti quei sentimenti, quei dolori costituivano solo una seccatura. Essere un umano faceva schifo, non si poteva semplicemente spegnere le emozioni; no, si era costretti a provarle una a una e a soffrire come dei dannati.

D’un tratto tutta la sua sicurezza vacillò. Il motivo della sua indifferenza verso il male altrui lo colpì come un fendente. Lui era morto. Per questo non sentiva niente di niente. Per questo non riusciva a comprendere il dolore di Bonnie.

In quel momento invidiò la ragazza, invidiò la facilità con cui era riuscita ad esternare i suoi sentimenti,  a sfogarsi, invidiò la naturalezza del pianto, invidiò il modo in cui tutte le emozioni venivano buttate fuori lasciando un gran vuoto.

Lui non poteva più farlo. Lui aveva rinchiuso tutte le sue debolezze in una pietra.

Si ricordò con un moto di nostalgia di quando era umano. Si ricordò della ragione per cui gli umani erano obbligati a soffrire. 

Soffrire era ciò che li rendeva vivi. Soffrire assicurava loro di essere ancora vivi. Soffrire era ciò che di più umano potesse esistere.

Senza sapere bene come o perché, si ritrovò a muovere qualche passo incerto verso Bonnie, fino a raggiungerla. Si abbassò su di lei e l’avvolse tra le braccia.

La ragazza provò a divincolarsi, a tirargli qualche spallata senza troppa convinzione; poi si arrese, abbandonando pesantemente la testa sul petto del vampiro. E riprese a piangere se possibile con più intensità.

“I miei genitore sono morti. Zach è morto” gemette “Come faccio?”.

“Ssshh” la calmò Damon accarezzandole i capelli “Andrà tutto bene”.

“Io … sono … sola” affermò lei avvertendo il nulla davanti a sé.

“Non sei sola. C’è Stefan” le sussurrò nell’orecchio con voce tenue “Lui ci sarà sempre. E io … non ti lascio. Adesso mi prendo io cura di te”.

Bonnie si artigliò alla giacca di Damon.

 

La mise nel letto, esattamente come era abituato a fare quando era piccola. Le tolse le scarpe e la coprì con il piumone stando ben attento a non svegliarla. Nel tragitto verso casa gli si era addormentata in braccio. Non era riuscito neanche a posarla sul sedile per guidare, lei gli si era attaccata addosso così tenacemente che sarebbe stato impossibile staccarla senza disturbarla. Aveva guidato Stefan.

Lasciò la stanza e si richiuse la porta dietro. Stentava quasi a credere di essere stato quello che l’aveva consolata e coccolata, quando solo qualche ora prima avrebbe voluto metterla sul primo volo per l’Italia. Vederla là per terra, affranta e confusa aveva risvegliato l’istinto di protezione che aveva sempre avuto verso Bonnie. Non voleva che lei si sentisse abbandonata, non era giusto.

“Damon” lo chiamò Stefan dalla sua camera “Puoi venire un attimo?”.

Damon lo raggiunse stranamente accondiscendente “Che vuoi, Stefan?”.

“Come facevi a sapere che Bonnie era al maneggio?” gli chiese curioso.

“Beh fratellino, per quanto la tua analisi sia stata molto da dr. Freud, hai toppato in pieno. Bonnie non voleva nascondersi, voleva essere trovata. Voleva essere certa che noi tenessimo ancora a lei. Quello era il suo posto preferito” rispose senza nemmeno pensarci due volte. Lui conosceva bene Sissi.

Stefan fece una faccia impressionata.

“Ora posso chiederti io una cosa?” disse Damon “Perché hai mentito sulla morte di Zach? Perché non le hai detto che sono stato io?”.

“Elena me l’ha suggerito” lo informò Stefan “Ha detto che avremmo potuto raccontarle la verità senza entrare troppo nei dettagli. Era un modo per farci odiare di meno, quanto bastava per non farla correre dallo sceriffo a consegnarci”.

“Elena piccola manipolatrice” commentò Damon “Quella ragazza mi stupisce ogni giorno di più …”. Stefan lo interruppe subito “Non è per questo che ti ho coperto”.

Damon con un cenno del capo lo invitò a proseguire.

“E’ talmente chiaro che voi due siete legati da qualcosa di speciale. Sei stato tu a trovarla qualche sera fa, sei stato tu a ritrovarla oggi. T’importa di lei, ti è sempre importato, anche se non lo vuoi ammettere. D’altra parte per qualche strana ragione a me ignota, lei ti ha idealizzato, non riesce a vedere la tua parte cattiva. Non sarò io a rivelarle che il suo eroe ha ucciso suo fratello e non sarò io ad allontanarti dall’unica persona capace di tirare fuori la tua umanità”.

Damon ascoltò in silenzio, non avendo nulla da replicare. Perché sapeva che Stefan aveva dannatamente centrato il punto.

“Ti avverto, però” aggiunse Stefan “E’ l’ultima volta che ti do una mano, che mi prendo la colpa per te. Manda ancora tutto a puttane per colpa del tuo orgoglio e saranno solo fatti tuoi” lo avvisò con voce cupa.

Damon ricambiò lo sguardo di sfida. Stefan aveva ragione e ammetterlo a se stesso era già un gran passo avanti, ma non poteva certo permettergli di trattarlo come un ragazzino che non era in grado di cavarsela da solo.

“Ragazzi” s’intromise una terza voce. Entrambi si voltarono verso la porta.

“Che diamine ci fai ancora in piedi? Torna a letto” le ordinò Damon.

“Noi abbiamo deciso di essere sinceri, giusto?” chiese la rossa inaspettatamente.

“Certo” rispose prontamente Stefan, mentre scambiava un’occhiata preoccupata con Damon temendo che Bonnie avesse origliato la loro conversazione.

“Vi devo confessare una cosa” iniziò lei “Io non sono tornata solo per … per Zach, c’è un altro motivo” raccontò “Non mi sentivo più al sicuro in collegio. È iniziato tutto un paio di anni fa. Io non so spiegarlo bene, era come se qualcuno mi spiasse. Mi dava fastidio avvicinarmi alle finestre, non mi piaceva andare in giro da sola, di notte chiudevo a chiave la porta della stanza anche se era contro il regolamento. Era come se una telecamera mi seguisse costantemente e io non potessi sottrarmi ed era una sensazione che cresceva sempre più. Poi è successa quella cosa …” si fermò un attimo “ … Era uno degli ultimi giorni di scuola, avevamo appena finito gli esami, la direttrice non c’era e noi abbiamo fatto festa, come al solito. Era una specie di tradizione di fine anno. Io, però, non stavo bene e sono rimasta in camera. Mi stavo per addormentare quando ho sentito come una presenza pericolosa lì nel collegio, ho sentito i suoi passi. I corridoi erano pieni ragazze che stavano festeggiando, ma io sapevo che non appartenevano a nessuna di loro. I passi si sono avvicinati, erano sul mio corridoio; hanno superato la mia stanza e sono saliti su per le scale. Io mi sono alzata di botto e sono uscita a controllare, ma c’era troppo casino, troppa confusione e non ho sentito più niente. Il giorno dopo il notiziario annunciava la scomparsa di Giada Presti, un’alunna della mia scuola. La polizia ha interrogato le ragazze del suo corridoio: hanno detto che era lì con loro, erano tutte piuttosto euforiche e lei si è versata l’alcol addosso. È andata in camera a cambiarsi e non è più tornata. Nessuno l’ha vista uscire, nessuno l’ha vista lasciare l’istituto, nessuno di estraneo avrebbe potuto entrare, quindi nessuno riesce a capire come abbia potuto sparire senza lasciare traccia. La sua camera era proprio sopra la mia”.

Stefan e Damon la guardavano senza capire dove volesse arrivare. Bonnie chiarì subito “L’hanno rapita, io so che l’hanno portata via. C’era qualcuno di cattivo quella sera, io l’ho sentito”.

“Sissi” cercò di calmarla Stefan “Capita che a volte gli esseri umani abbiamo una specie di sesto senso per queste cose, avvertono che sta per succedere qualcosa di male, un po’ come gli animali. Ma forse la tua è stata solo una coincidenza, forse ti sei fatta suggestionare”.

“Lei è sparita davvero, Stefan. Non era suggestione”.

“Hai detto che non stavi bene, hai detto che ti sentivi spiata. Magari hai creduto di udire qualcosa di strano e il giorno dopo ti sei convinta che fosse la realtà, ma non è detto che lo sia”.

“E se invece ho ragione io? E se fossi uscita prima a controllare? E se stesse cercando me? Forse ero io, forse ha sbagliato stanza …”.

“Ok, adesso basta” tagliò corto Damon “Sei sconvolta, sei stanca e hai bisogno di dormire” le disse poggiandole le mani sulle spalle e girandola verso camera sua.

“Toglimi solo una curiosità” insinuò il vampiro riaccompagnandola a letto “Che ti ha detto tuo fratello per convincerti a prendere la verbena?”.

“Verbena?”.

“Sì e mi piacerebbe anche sapere dove l’hai nascosta. Praticamente ho rivoltato la camera, ma non ho trovato niente”.

“Damon, non ho mai preso della verbena in vita mia”.

 

“And you can’t fight the tears that ain’t coming
Or the moment of truth in your lies
When everything feels like the movies
Yeah you bleed just to know you’re alive”

(Iris- Goo Goo Dolls)


Il mio spazio:

Salve a tutti!!!! Come sono andate le vacanze? Spero bene!! Io ero talmente presa da questo capitolo che sono riuscito a scriverlo prima di partire, quindi era pronto per essere pubblicato.

Ecco a voi il capitolo tanto atteso! Come vi è sembrato? Non so proprio come sia venuto! Io mi sono davvero impegnata, ma non ho mai sperimentato una perdita come quella di Bonnie, quindi ho cercato di calarmi un po’ nelle sue possibili sensazione e reazioni; non so se l’intento è riuscito.

Comunque finalmente, posso annunciare che Bonnie ha scoperto la verità!!! Che ne pensate? Secondo voi Stefan ha fatto bene a coprire suo fratello per dargli una seconda possibilità con Bonnie? O doveva essere sincero del tutto?

Damon alla fine ha ceduto, non potendo più sopportare di vedere Bonnie così rotta per il dolore e ha fatto il possibile per rimediare ai suoi stessi errori. Ma non preoccupatevi, Damon non si trasformerà d’un tratto in un romaticone tutto zuccheroso! Hanno ancora un po’ di strada da fare questi due.

E nelle ultime righe si sono sollevati altri due enigmi: il racconto di Bonnie e questo mistero sulla verbena. Bonnie sta dicendo la verità e non ha mai assunto della verbena o non si fida ancora del tutto e sta cercando di proteggersi?

Bene e con questo capitolo si conclude la parte certa di questa storia! Ora ho in mente la linea generale, ma non per ogni singolo capitolo. Se volete darmi qualche idea, o se vi piacerebbe leggere qualche scena, ditemi pure e io cercherò di accontentarvi come posso =)

Finalmente poi sono riuscita ad inserire l’immagine; vi piace la “Bonnie” che ho scelto?

Volevo solo avvertirvi di una cosa: la frase è tratta dalla canzone “Ashes and wine” di A Fine Frenzy da cui la storia prende il nome. In un mio delirio di onniscienza ho scritto quella frase senza controllare il testo originale. Risultato? Ho fatto un errore. La versione corretta sarebbe “Is there a chance you may change your mind?”. Io ho scritto “might” invece che “may”; il significato cambia poco (praticamente è lo stesso), ma mi sembrava giusto segnalarlo. Anche perché non ho voglia di rifare tutta l’immagine per correggerlo, quindi mi limito a indicarlo qui. Sappiate però che è sbagliato ehehe.

Ultima cosa e poi vi lascio in pace: ho sempre inserito i testi della canzoni in inglese senza la traduzione in italiano, più che altro per questione d’immagine (mi piace di più vedere solo la versione originale senza la traduzione a fianco), ma se qualcuno di voi ha qualche problemino con l’inglese o magari non conosce qualche parola e vi piacerebbe avere la traduzione, non esitate a chiedermela!

Vi ringrazio ancora tantissimo per le recensioni, per aver inserito la storia tra seguite/ ricordate/ preferite e anche solo per aver letto.

Al prossimo capitolo!

Baci, Fran ;)

 

*Questi piccoli estratti del diario ripercorrono in breve gli eventi del primo libro, ovviamente con qualche piccolo aggiustamento per compensare l’assenza di Bonnie.

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Capitolo 9
*** Tomorrow's a new day ***


Ashes &Wine

Capitolo nove: Tomorrow’s a new day

 

“Sometimes in our lives
We all have pain, we all have sorrow
But, if we are wise
We know that there's always tomorrow
Lean on me, when you're not strong
And I'll be your friend, I'll help you carry on
For, it won't be long
Till I'm gonna need somebody to lean on”

                                                                                     (Lean on me- Bill Withers)


“No, questo non è possibile” affermò Damon convinto “Bonnie smettila di fare la recita, so che prendi della verbena”.

“Non ho mai preso della verbena” ribadì lei “Non sapevo neanche che cosa fosse finché non l’ho vista giù nello scantinato”.

“Ho provato a soggiogarti, ho provato a leggerti nel pensiero e non ci sono riuscito. La verbena è l’unica difesa per un umano contro gli attacchi mentali dei vampiri. Tu devi aver preso quella dannata erbaccia!”.

“Ti ripeto che non … un momento, mi hai letto nel pensiero?!” esclamò con tono sdegnato come se sentisse la sua privacy violata.

“E’ questo il punto: non sono riuscito a farlo”.

“Fallo” ordinò Bonnie “Leggimi ora nella mente, così ti potrò dimostrare che non assumo verbena”.

Damon la guardò un po’ di sottecchi cercando di capire dove stesse l’inganno, ma Bonnie sembrava veramente risoluta. Avvicinò il suo volto a quello della ragazza e la fissò dritto negli occhi. Aprì la mente, pronto ad accogliere qualsiasi pensiero. Non successe nulla, neanche una piccola, minuscola parola.

Damon si allontanò scocciato “Se questa è una presa per il culo, non è per niente divertente”.

Bonnie allargò gli occhi “Non hai sentito niente?”.

“No”.

“Ed è grave?”.

Damon non rispose, diede le spalle alla ragazza e fece per uscire.

“Damon …” lo richiamò “Non ti sto prendendo in giro. Devi credermi”.

Lui si voltò e annuì lentamente, poi la lasciò sola chiudendosi la porta alle spalle.

Salì in camera sua, dribblando Stefan che certamente lo stava aspettando in qualche antro della casa per fargli un agguato e cominciare a parlare e parlare di quello che era successo.

Si tolse i vestiti, li buttò per terra ed entrò in bagno accendendo la doccia. Aspettò qualche minuto che diventasse calda poi si mise sotto il getto bollente. Rimase fermo. Non s’insaponò, non sfregò i capelli con lo shampoo. Restò semplicemente con le braccia lungo i fianchi a fissare davanti a sé mentre lo scrosciare dell’acqua lo aiutava ad estraniarsi da tutto il resto.

Aveva bisogno di tempo per stare da solo e riflettere sulle sue prossime mosse, perché gli eventi di quella sera avevano rivoluzionato un bel po’ i suoi piani.

Avrebbe voluto prendere a testate il vetro della doccia. Non c’era una spiegazione razionale per il suo comportamento. Non avrebbe mai pensato di essere quello che l’avrebbe convinta a restare, che l’avrebbe consolata, abbracciata, calmata. Semplicemente non aveva potuto fare altro. Vederla lì per terra, a singhiozzare per la morte del fratello era stato penetrante; per un momento aveva pensato che non avrebbe più smesso di piangere. Piangere per causa sua.

Non poteva permetterlo. Poteva sopportare di non vederla mai più, sopportare l’idea di essere cancellato dalla sua vita, poteva mentirle, poteva urlarle addosso, respingerla, ignorarla, insultarla, mortificarla, ma non avrebbe mai e poi mai potuto sopportare di essere la causa primaria del suo dolore senza muovere un dito.

Con che coraggio avrebbe lasciato quella piccola e fragile ragazzina in preda agli spasmi, quando lui per primo l’aveva privata dell’unica persona che costituiva la sua famiglia?

Neanche il grande Damon Salvatore avrebbe avuto quella faccia tosta! Orgoglio, arroganza, superiorità, presunzione, menefreghismo, tutto andava a farsi fottere quando si parlava di Bonnie.

Ormai poteva anche ammetterlo a se stesso: Bonnie era importante. Si era affezionato, inevitabilmente. L’aveva vista crescere e avrebbe fatto di tutto per proteggerla. Non avrebbe mai pensato che sarebbe stato lui stesso il motivo della sua sofferenza.  Ma non c’era bisogno di farlo sapere agli altri. Non c’era bisogno di farlo sapere a lei.

Chiuse l’acqua e uscì dalla doccia. Completamente nudo si buttò sul letto. Aveva sonno, ma non sarebbe riuscito a dormire, ne era certo.

Tralasciando le sue paranoie mentali, c’era una questione piuttosto cruciale: la verbena. Se davvero Bonnie stava dicendo la verità, come diamine faceva a combattere i suoi attacchi mentali? 

Giunse alla conclusione che stesse mentendo, perché era l’unica spiegazione possibile. Nessuno avrebbe potuto resistere al suo Potere, soprattutto una semplice ragazzina che era vissuta anni e anni lontano da qualsiasi cosa di paranormale. Forse voleva solo proteggersi, forse temeva che le avrebbe fatto del male, forse non si fidava ancora di loro.

Di te non si fida. Di Stefan sì.

Si tirò su di scatto. Aveva bisogno di sangue.

E anche un po’ di whiskey.

 

Era sveglia ovviamente. Per la quarta notte di fila non aveva chiuso occhio. Come avrebbe potuto?

Due vampiri in giro per casa erano il minore dei problemi, anzi non costituivano neanche un problema.

Se qualche notte prima era terrorizzata al solo pensiero, ora che finalmente la verità era saltata fuori, si sentiva come tranquillizzata su quel fronte.

Si girò dall’altra parte, mentre avvicinava una mano al viso per asciugare le lacrime. Non aveva pianto molto, meno di quello che si sarebbe aspettata. Per lo più era stata con il viso rivolto verso il soffitto e la mente completamente svuotata.

La morte di Zach le sembrava una notizia così assurda che quasi stentava a credere che fosse vera. Non l’aveva ancora assimilata.

Se ripensava a tutti gli anni passati lontano da suo fratello, a tutte le occasioni sprecate per stare con lui, a tutte le telefonate non fatte, a tutte le volte che lo aveva incolpato di averla lasciata sola. Tutto solo per proteggerla.

La verità era che aveva passato così tanto tempo a biasimarlo da non aver mai voluto indagare suoi veri motivi che l’avevano spinto a mandarla in Italia. Non le era interessato sapere il perché, non si era preoccupata di metterlo alle strette, di costringerlo a raccontarle come stavano veramente le cose, aveva solo voluto punirlo per essere sparito dalla sua vita.

Le lacrime di colpo si ripresentarono copiose e Bonnie dovette mettersi una mano sulla bocca per trattenere i singhiozzi. Non voleva farsi sentire.

Zachary Salvatore era stato sepolto in una buca dietro il Pensionato. Nessuna tomba, nessuna lapide, neanche un’epigrafe, un’indicazione.

Nessuno in città era a conoscenza della sua morte. Erano tutti convinti che fosse partito. Per questo non poteva essere sepolto come conveniva, non bisognava far insospettire il Consiglio, non ora che Liz Forbes si fidava di Damon.

Ma Bonnie voleva un bene dell’anima a suo fratello e sapere che tutti si erano scordati di lui faceva ancora più male della sua scomparsa.

Aveva sempre creduto di essere sola al mondo, ma era chiaro che Zach lo fosse molto più di lei. Nessuno si era preoccupato di scoprire dove fosse, nessuno aveva trovato strano che fosse sparito senza lasciare traccia, nessuno aveva mai telefonato per avere sue notizie.

E mentre suo fratello rimaneva a Fell’s Church a gestire il terrore per i vampiri, lei se ne stava dall’altra parte dell’oceano, al sicuro, e cercava tutti i pretesti di questo mondo per odiarlo. Si sentì terribilmente in colpa per essere stata così cieca e stupida. E pure credulona.

Tirò la coperta fin sopra la testa. Non si sarebbe mai più mossa da quel letto.

Qualcuno bussò.

Bonnie guardò la porta e velocemente si voltò dall’altra parte e finse di dormire. Non aveva voglia di parlare né con Stefan né tantomeno con Damon. Il rapporto con lui era decisamente in bilico.

Dopo la dimostrazione di simil- affetto di qualche sera, Bonnie non avrebbe proprio saputo come comportarsi. Che fare se lui fosse tornato a disprezzarla? Non avrebbe sopportato anche quello. Perdere una persona, ritrovarla e riperderla nel giro di pochi giorni era qualcosa che nessuno cuore avrebbe retto; di certo non il suo, già abbastanza compromesso.

La porta si aprì lentamente e Bonnie si sorprese di udire delle voci femminili. D’istinto alzò il capo in direzione delle tre figure che la fissavano apprensive: Elena, Meredith e Caroline.

Si scoprì felice di vederle. Le serviva una presenza femminile accanto a lei. Tre erano ancora meglio.

Fu buffo vedere come cercarono di approcciare nel modo meno invasivo possibile. Erano a disagio, non sapevano da dove cominciare e probabilmente si sentivano in parte responsabili per aver mantenuto il segreto.

“Bonnie” iniziò Meredith che tra le tre pareva l’unica ad avere il controllo della situazione “Ci dispiace così tanto”.

Le altre due annuirono ed Elena prese subito la parola “Ti abbiamo mentito, ti abbiamo fatto credere cose non vere, ma ti assicuro era solo un modo per aiutare St …”.

“Non dovete scusarvi, Elena” la interruppe Bonnie “Voi non mi conoscete bene. Per quanto ne sapete, avrei potuto fare qualcosa di stupido … avete protetto le persone cui volete bene. Anche io avrei fatto lo stesso” le rassicurò la rossa.

“No, no, non abbiamo scusanti. Noi non avevamo il diritto di dirti niente sulla questione dei vampiri, quello spettava a Stefan e a Damon, ma non avremmo dovuto mentirti riguardo Zach” insistette Meredith.

“Tutto questo discorso è per dire che …” parlò finalmente anche Caroline “ … è vero, non ti conosciamo bene, ma tutte abbiamo avuto fin da subito la sensazione di poterci fidare di te e vogliamo farti sapere che anche tu puoi contare su di noi. Per qualunque cosa ci saremo”.

“Grazie, lo apprezzo davvero”.

“Siamo amiche, è per questo che ci hanno inventante” disse Elena come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Bonnie si ritrovò a sorridere dopo giorni di pianto. Aveva un bisogno disperato di amiche.

“Allora come … ti senti?” chiese un po’ incerta la bionda.

“Così” rispose con una debole alzata di spalle Bonnie “Sto cercando di capire alcune cose. Non credo di aver ancora accettato questa storia dei vampiri e …”.

“Oh per quello puoi chiedere a me. È una materia su cui sono piuttosto ferrata” si offrì Caroline esibendo un grosso sorriso.

“Da quanto …?”.

“Un mese più o meno. Stefan mi sta aiutando a gestire tutti gli effetti collaterali. Pensavo sarebbe stato molto più difficile, invece è una cosa a cui ci si abitua”.

“Chi ti ha trasformato?”.

Caroline aspettò qualche secondo prima di rispondere “Dovresti chiederlo a Stefan e a Damon”.

“Sono stati loro?”.

“No” intervenne Elena “E’ una storia un po’ complicata, ma nessuno dei due ha ucciso Caroline”.

“Ti spiace se apro la finestra? C’è un odore di chiuso insopportabile?” domandò Meredith in un chiaro tentativo di cambiare discorso. Non era il momento di toccare l’argomento Katherine; non ancora.

“Ottima idea, Meredith!” concordò Caroline “Da quant’è che non ti alzi dal letto, Bonnie? Ti sei almeno fatta una doccia?”.

“Care” la rimproverò Elena per la solita mancanza di tatto.

“Che c’è? Deve lavarsi se vuole venire alla festa di sabato prossimo al Grill!” esclamò cambiando di colpo tono come se stessero facendo una normale conversazione tra ragazze.

“Non penso sia in vena di festeggiare” ipotizzò Elena piuttosto sicura di quello che stava affermando.

“Una festa invece è proprio quello che le serve, vero Bonnie?” disse Caroline rivolgendosi di nuovo alla ragazza seduta su letto “E poi Christopher Rydell mi ha chiesto di te l’altro giorno”.

“Chi è Christopher Rydell?”.

“Un ragazzo inglese che si è trasferito qui qualche settimana prima che arrivassi tu. Un bravo ragazzo, carino” spiegò Meredith.

“Carino?!” ripeté Caroline incredula “Solo carino? È un figo allucinante!” la corresse, poi si voltò di nuovo verso Bonnie “Sai all’inizio aveva puntato me, ma io sono troppo presa da Matt, quindi te lo cedo volentieri” scherzò.

“Ma che animo nobile” commentò Elena con tono sarcastico.

“Stai mettendo in dubbio la mia generosità? Ti ricordo che sono stata io a organizzare la raccolta fondi quest’anno. L’autolavaggio sexy ha avuto un enorme successo” disse con un moto di orgoglio.

“Mi viene male solo a ripensarci …” mormorò Meredith.

Caroline la guardò male.

“Sono passata da Dunkin’ Donuts* prima di venire qui” annunciò Elena frugando nel suo zaino, ben decisa a chiudere quel discorso che stava degenerando “Chi vuole una ciambella?”.

Bonnie sorrise di nuovo, confortata dall’idea di aver trovato non una, ma ben tre ragazze fantastiche disposte ad essere sue amiche, ad aiutarla e a supportarla. Le cose sembravano più facili se non dovevano essere affrontate da sole. Tutto sarebbe andato meglio; bisognava solo aspettare e il tempo avrebbe portato via la sofferenza, giorno dopo giorno.

 

“Ho praticamente saccheggiato la nostra libreria, ma non ho trovato nulla”.

Damon si voltò svogliatamente verso suo fratello “E questo che vuol dire?”.

“Parlo di Bonnie e del fatto che resiste al nostro Potere pur non assumendo verbena” spiegò Stefan lasciandosi cadere su una poltrona del salotto.

“Chi lo dice che non assume verbena?”.

“L’ha detto lei”.

“Appunto, non credo ci stia dicendo la verità”.

“Perché non dovrebbe?”.

“Ha paura di noi, è ovvio. Ma dato che non voglio saltare subito alle conclusioni affrettate, ho deciso di chiamare i rinforzi”.

“Ovvero?”.

In quel momento il campanello di casa Salvatore suonò. Damon andò ad aprire e ricomparve nel salone poco dopo, seguito da Alaric Saltzman.

“Spero che tu abbia un buon motivo per avermi fatto venire qui alle otto del mattino durante il mio giorno libero” disse l’uomo ancora parecchio assonnato.

“E’ un caso davvero interessante per un cacciatore dell’occulto come te” rispose Damon con il suo solito sarcasmo che Alaric non apprezzò molto.

“Abbiamo un problema con Bonnie” chiarì subito Stefan “Non prende la verbena eppure non riusciamo né a soggiogarla né a leggerle nel pensiero”.

“Cosa normalissima per un vampiro deboluccio come te, ma sono io quello che ha fallito e non avrebbe dovuto succedere” lo interruppe Damon “Tu hai mai sentito di qualche altro rimedio per difendersi dai vampiri che non implichi la verbena?”.

Alaric scosse la testa “No, non esiste nessun altro modo”.

Damon guardò Stefan con un’espressione che sapeva tanto di “visto?!”.

“Sicuro che non esista? Che so, tipo un amuleto o qualcosa del genere?” insistette Stefan.

“Sì ma dovrebbe contenere comunque della verbena” precisò Alaric.

“E abbiamo già appurato che Bonnie non indossa niente del genere, a parte quello stupido braccialetto, ma Caroline ha detto che è un comunissimo bracciale con tanti ciondoli che fanno rumore” concluse Damon “La ragazzina ci sta prendendo in giro” affermò.

“Ma a che scopo? Dopo tutto quel discorso sulla sincerità!” s’intestardì il fratello.

“Non si fida di noi! Suo fratello è stato ucciso da un vampiro, noi siamo vampiri; sinceramente mi sarei stupito se avesse accettato tutto senza battere ciglio. Si vuole proteggere e ha paura che noi le porteremo via la verbena se dovessimo scoprire che ce l’ha”.

“No, no, questo non ha senso; l’altra sera ti ha chiesto di leggere nella mente”.

E non ci sono riuscito”.

“Ma perché chiedertelo allora? Se sapeva di avere della verbena in corpo, perché farti insospettire ancora di più?.

“Forse credeva di averla smaltita”.

Alaric stava assistendo a quello scambio di battute in assoluto silenzio. Era troppo stanco per intromettersi nella discussione, in quel momento avrebbe voluto essere nel suo letto a dormire e non lì ad ascoltare strane congetture sul perché Bonnie assumesse o no verbena.

“Tu sei riuscito a sentire un suo pensiero!” rincarò Stefan puntandogli un dito contro quasi ad incolparlo.

“E’ successo una sola volta! E non l’ho nemmeno fatto apposta, me ne stavo lì sulla poltrona e quel pensiero mi è arrivato dritto in testa. Non era tanto gentile, avrei preferito non sentirlo”.

Quella frase ebbe il potere di risvegliare Alaric; fu come una secchiata di acqua gelata in faccia. Alzò il capo verso Damon e chiese “Ripeti quello che hai detto”.

Damon restò sorpreso dall’improvviso cambiamento di tono dell’uomo ma lo accontentò “Dicevo che il suo pensiero non era tanto carino …”.

“No, no, no” lo rifermò Alaric “Prima hai accennato qualcosa sul fatto che ti è arrivato così dal nulla”.

“Sì, è vero. Non mi ero neanche accorto che lei fosse lì. Non capisco che cosa c’entri con il nostro discorso”.

“Andiamo ragazzi, mi stupisco che non ci abbiate neppure fatto caso” dichiarò Alaric agitando le mani “Da quello che mi hai detto sembra che sia stata Bonnie a mandarti quel pensiero – Damon confermò con un cenno del capo- ma è una cosa impossibile. Non è comune per gli umani mandare pensieri; siete voi vampiri a  percepirli, siete voi quelli con il Potere. Voi potete parlare mentalmente, noi no. Una semplice ragazza come Bonnie non dovrebbe essere in grado di farlo”.

“Stai suggerendo che mia nipote non è normale?” domandò Damon con una nota un po’ infastidita.

“Sto dicendo che è insolito” replicò Alaric “Verbena o no, comunicare telepaticamente non è una capacità prettamente umana”.

“Fantastico!” commentò Damon “E qual è il tuo piano, signor Giles**?”.

Alaric sorvolò sulla battuta e annunciò che da lì a poco sarebbe dovuto partire alla volta della Scozia per alcuni studi sui druidi, ma che avrebbe fatto delle ricerche. Da qualche parte avrebbe trovato certamente qualcosa.

La loro conversazione non poté continuare poiché furono disturbati dalla tre ragazze che scesero in salone dopo aver lasciato la camera di Bonnie.

“Ah! Le tre Grazie!” esclamò Damon “Giusto voi cercavo” disse avvicinandosi e abbassando un po’ la voce “Non una parola sulla vera morte di Zach” intimò.

“Non abbiamo detto niente Damon, non siamo stupide” ribatté Elena piccata.

“Tanto per essere sicuri” ghignò Damon.

“A proposito di questa storia” parlò Meredith “Ci stiamo cacciando in un guaio ancora più grosso. Mentirle di nuovo non ci porterà a nulla di buono”.

“Nessuno ha chiesto la tua opinione, miss Inquietudine” l’apostrofò il vampiro.

“Damon!” lo riprese Alaric.

“Senza offesa Ric” disse a mo’ di scusa. Anche se era la ragazza del suo unico pseudo amico, rimaneva lo stesso inquietante.

“Mi dispiace ma io non voglio essere tirata in mezzo” affermò Meredith con un’autorevolezza disarmante “Perché quando scoprirà la verità e vedrete che succederà” li avvertì “Ci odierà tutti”.

“Alaric potresti portare la tua ragazza e tutta la sua positività fuori di qui?” chiese Damon ironicamente fronteggiando Meredith dritta negli occhi.

“Trova un modo di dirle la verità, perché altrimenti lo farò io” minacciò Meredith per nulla intimorita per poi marciare fuori dalla porta seguita da Alaric che si voltò verso Damon e, vedendo una vena pulsare pericolosamente sulla sua fronte, lo pregò con gli occhi di non intervenire. Avrebbe risolto tutto lui.

Caroline seguì la coppia mormorando tra i denti qualcosa che suonava tanto come uno “stronzo”. Damon fu sicuro che si riferisse a lui.

“Come sta?” domandò Stefan ad Elena, l’unica rimasta in casa.

“Non male” rispose lei “Ha mangiato metà ciambella”.

“Rispetto a quello che ha spiluccato in questi quattro giorni è un record” disse il vampiro con un occhio puntato sulla schiena del fratello che era immobile a fissare il punto in cui poco prima stava Meredith.

Damon, senza aggiungere una parola, lasciò la stanza.

“Mere non dirà niente” assicurò Elena rivolgendosi al suo ragazzo “E’ solo un po’ contrariata ma terrà il segreto”.

Stefan annuì “Lo so”. Prese lo zaino da terra “Andiamo a scuola?”.

Elena lo prese per una mano e lo tirò verso di sé “Ehi, calma” gli sussurrò “Stamattina non mi hai ancora dato il bacio del buongiorno”.

Stefan sorrise “Sono un fidanzato imperdonabile” mormorò mentre avvicinava le labbra al volto della bionda.

 

Erano passati sette giorni. Era lunedì e Bonnie decise di lasciare il suo letto. Spostò le coperte lentamente e andò subito ad aprire la finestra. Quella stanza aveva bisogno di un cambio d’aria e di un po’ di luce.

Il sole di mezzogiorno l’accecò mentre tirava le tende. Si era talmente abituata alla penombra di camera sua che dovette tenere per qualche minuto una mano davanti agli occhi. Fece una doccia e si cambiò.

Infine guardò la porta, incerta se oltrepassarla o no. Fuori da quelle quattro mura avrebbe dovuto fronteggiare la realtà. Il che voleva dire affrontare davvero la morte di Zach, confrontarsi con Damon e cercare di superare questa folle favola horror che era diventata la sua vita.

Fece un bel respiro e chiuse gli occhi finché non percepì di non essere più in camera, ma in corridoio. Sembrava una cosa da stupidi ma per Bonnie lasciare il caldo rifugio della sua stanza appariva come un’impresa emotivamente devastante.  

Si trovò quasi senza accorgersene davanti alle scale. Prima cosa da fare: scendere. Seconda: trovare qualcuno che potesse chiarirle le idee. Voleva sapere tutto sui vampiri, soprattutto su Damon e Stefan. Quando erano stati trasformati, perché, da chi. Quella era una questione che aveva cercato di risolvere durante quei giorni, ma da sola non sarebbe riuscita a venire a capo.

“Bonnie”.

La ragazza s’irrigidì e strinse la balaustra delle scale. Non adesso, ti prego.

“Ti sei alzata”.

Già, grande idea di merda.

“Vorrei guardarti in faccia”.

Io no.

Con molta calma si girò fino ad incontrare gli occhi neri e penetranti del vampiro. Il suo sguardo era diverso dall’ultima volta che lo aveva incrociato. Temeva di trovarlo impenetrabile, scuro e rancoroso; invece era stranamente aperto.

Damon d’altra parte era rimasto senza parole; insomma lei aveva appena scoperto che suo fratello era stata ucciso da un vampiro, che diamine si poteva dire a una persona passata attraverso uno shock del genere. Come va?

Vederla in piedi, pulita e cambiata era stato un sollievo. Non indossava niente di che: una maglietta bianca e un paio di Jeans, ma almeno si era tolta quel dannato pigiama che aveva tenuto addosso per una settimana di fila.

Calò un silenzio imbarazzante. Bonnie avrebbe voluto scappare, ma s’impose di stare lì e non abbassare la testa.

“Hai fame?” chiese Damon “Certamente troverai qualcosa di tuo gradimento nel supermercato in cucina”. Era vero. Da quando Bonnie era tornata a Fell’s Church, Stefan non aveva fatto altro che comprare e comprare roba. Il frigorifero era ormai strapieno.

Bonnie scosse la testa. “Ho bisogno di farti alcune domande”.

Damon acconsentì “Scendiamo in salotto”.

Bonnie si accoccolò su una poltrona, mentre Damon rimase in piedi davanti a lei, facendo saettare lo sguardo per tutta la stanza. Aveva paura di quello che Bonnie gli avrebbe chiesto, ma lei meritava delle risposte e Meredith in fondo aveva ragione: lui aveva fatto il casino, lui doveva rimediare.

“Cosa vuoi sapere?”.

Bonnie ragionò un attimo prima di rispondere. Voleva chiarezza, solo quello. Le bastava soltanto ricomporre con ordine e precisione i pezzi della storia. Di tutta la storia. La sua storia di famiglia.

“Da quanto sei così? Voglio dire è successo in questi anni? O lo eri anche prima? E Stefan, è stato trasformato con te?”.

“Siamo così da parecchio tempo” affermò vagamente. Sospettava che se avesse rivelato la sua vera età alla ragazza, questa sarebbe svenuta dritta sul tappeto.

“Quanto?” lo incalzò lei che al contrario voleva sapere ogni singolo dettaglio.

Damon sbuffò e decise di accontentarla “Siamo nati nel ‘500, a Firenze”.

Bonnie spalancò gli occhi e boccheggiò “O mio Dio” scandì queste tre parole con una lentezza smisurata “Siete voi i Salvatore di Firenze! Zach mi aveva detto che la nostra famiglia era originaria dell’Italia ma … siete voi quella famiglia originaria dell’Italia!!”.

“Risposta esatta” la prese in giro “Mio padre aveva un fratello, così la casata dei Salvatore non è finita con me e Stefan. Credo che gli altri Salvatore si siano trasferiti qui nel 1800 o giù di lì”.

“Chi è stato?” domandò di slancio Bonnie. Non c’era bisogno di continuare la frase; era fin troppo chiara.

“E’ una lunga storia” sviò Damon restio a trattare di quel particolare argomento.

“Non ho altro da fare” lo mise con le spalle al muro lei.

“Dovresti chiedere a Stefan, lui è molto più bravo di me in queste cose, ci mette più pathos. Adora raccontare della sua vita da eroe e della mia da depravato”.

“Fai un piccolo sforzo. Io ho bisogno di sapere!”.

“A quale scopo? Perché dovrei sprecare fiato se alla fine risulterei lo stesso io il fratello cattivo?!”.

“Perché io voglio sentirlo da te”.

Damon ci rimase di sasso. Era la prima volta che qualcuno voleva ascoltare anche la sua versione dei fatti, ma non era ancora pronto.

“Ma io non voglio dirtela” senza aggiungere altro, se ne andò. Aveva ripreso a comportarsi da stronzo, ne era ben consapevole, ma la ‘questione Katherine’ non era proprio il suo argomento di conversazione preferito. Non dopo averla amata per quasi mezzo millennio, non dopo essere stato preso in giro in quel modo, non dopo aver scoperto che lei era ancora viva e vegeta, mentre lui aveva passato secoli a tormentarsi per aver contribuito in parte alla sua morte, anzi finta morte.

Bonnie aveva tutto il diritto di sapere, ma non sarebbe stato lui a raccontarle di come aveva ucciso suo fratello per colpa di una donna che non lo aveva mai voluto. Non che se ne pentisse (era da tempo ormai che non conosceva il pentimento), ma se ne vergognava; un po’ per essersi fatto abbindolare come il più stolto degli stolti, un po’ perché aveva realizzato che Stefan era l’unico della sua famiglia rimastogli. Ma adesso c’era anche Bonnie; anche lei era rimasta sola.

Per colpa sua.

Non le avrebbe mai rivelato la verità sulla morte di Zach e non le avrebbe mai chiesto scusa per il suo comportamento. Ma si sarebbe fatto perdonare comunque in qualche modo, prima o poi.

D’altronde aveva tutta l’eternità. Il domani non era certo un problema.

 

Bonnie restò in salotto. Alzarsi per inseguirlo era l’ultima cosa che avrebbe fatto. Damon aveva eretto di nuovo quel maledetto muro e in quel momento lei non avrebbe avuto proprio la forza di abbatterlo. Non era arrabbiata, ma piuttosto dispiaciuta; aveva capito che il vampiro non si era innervosito per colpa sua. Ricordarsi e raccontare della sua trasformazione doveva essere per Damon un’esperienza troppo dolorosa; evidentemente non voleva rivangare il passato. C’era qualcos’altro sotto, di questo ne era sicura. Non era il processo in sé che faceva stare male Damon. Forse il come. Forse il chi. Forse c’entrava Stefan; risultava una coincidenza piuttosto curiosa che entrambi fossero stati trasformati in vampiri, entrambi nello stesso periodo.

Guardò l’ora sul cellulare: mezzogiorno e mezzo. Avrebbe potuto andare in cucina e farsi qualcosa da mangiare. Ma quella poltrona era così calda e comoda e lei era così stanca. Chiuse gli occhi per un istante e si addormentò come una bambina.

Quando si risvegliò era buio. Quanto aveva dormito?.

“Che ore sono” sbiascicò a se stessa con la bocca ancora impastata dal sonno mentre a tentoni cercava il cellulare.

“Sono quasi le dieci” rispose una voce. Bonnie sobbalzò e si girò. La luce della lampada sul tavolino si accese illuminando la figura di Stefan. Aveva un libro in mano. La rossa si chiese come facesse a leggere al buio, poi si rispose da sola: lui era un vampiro, aveva una vista sovrasviluppata.

“Perché non mi hai svegliata?”.

“Dormivi così bene” disse il ragazzo “Sono notti ti sento girarti e rigirati nel letto, volevo lasciarti tranquilla”.

Bonnie si liberò della coperta avvolta intorno a sé e si alzò dalla poltrona dandosi una leggere spinta con le braccia.

“Grazie per questa”.

“Cosa?” chiese Stefan distrattamente.

Bonnie sventolò il plaid. Era certa di essersi addormentata senza coperta, doveva per forza averla messa Stefan.

“Oh, non sono stato io” precisò subito, ma non diede molta importanza alla cosa, almeno non la stessa importanza che gli diede Bonnie; perché se non era stato Stefan, allora era stato …

“Come ti senti?” s’informò lui.

“Meglio” rispose di getto “Riposata”.

“Hai fame?”.

“Da morire”.

“Bene, perché ho preparato le lasagne. Vado ad accendere il forno” annunciò dirigendosi verso la cucina “Ah, credo che ti sia arrivato un messaggio, il tuo telefono prima ha vibrato”.

Bonnie trovò finalmente il cellulare e lesse il nome sul display: Clara.

Ciao rossa! Indovina chi sta per venire a trovarti? Ho convinto i miei genitori, mi hanno dato il permesso, se per te va bene ovviamente =)

Bonnie esplose in urlo di felicità “STEFAN!!!!”. Corse in cucina, tenendo il telefonino in mano per mostrare al ragazzo il messaggio.

“E’ la tua compagna di stanza, giusto?”.

“Esatto! Può venire a trovarmi? Ti prego, ti prego!!!” supplicò come una bambina che voleva le caramelle. Clara sarebbe stata una boccata di aria fresca; doveva assolutamente vederla.

“Sì, non ci sono problemi” acconsentì lui.

“Neanche per sogno” tuonò una voce dal piano superiore “Questa casa non è un ostello!” si oppose perentorio Damon.

“Per favore” mugolò Bonnie che in un nanosecondo abbandonò Stefan in cucina per salire due rampe di scale verso la camera di Damon.

Lo trovò in corridoio con un espressione severa e irreversibile sul volto “Non voglio ragazzine urlanti per casa”.

“Giuro che è la prima e l’ultima cosa che ti chiedo. Non ti accorgerai nemmeno che è qui. Non urleremo e non ci comporteremo da stupide ragazzine. Ti pregooo” e fece il broncio.

“Cosa non capisci della parola ‘no’?”.

“Damon” diventò improvvisamente seria “E’ la mia migliore amica. Mi conosce meglio di chiunque altro, sa cosa deve dire e quando lo deve dire. Per favore, ho bisogno di lei”.

Damon distolse lo sguardo, non potevo più sopportare quegli occhi così lucenti da commuovere “So già che me ne pentirò” sibilò.

“Sarebbe un sì?”.

“Sparisci dalla mia vista, prima che cambi idea” l’avvisò.

“Grazie, grazie, grazie” esultò Bonnie prima di tirarsi su, in punta di piedi e stampargli un sonoro bacio sulla guancia, poi riscappò in cucina.

Damon sorrise leggermente. Senza saperlo Bonnie gli aveva suggerito il modo perfetto per riottenere la sua fiducia.

Avrebbe potuto sopportare anche centinaia di ragazzine urlanti se fosse servito a renderla così contenta.

Quando due giorni dopo Bonnie andò ad aprire la porta e si trovò di fronte Clara, entrambi proruppero in un grido di gioia.

E Damon seppe per certo che se ne sarebbe pentito amaramente.

 

“Never thought I'd say I'm sorry
Never thought I'd be the one to bring you down
Now when I look out my window
But there doesn't seem to be anyone around
And I, I think I'll change my ways
So all your words get noticed

Tomorrow's a brand new day
Tomorrow's a new day

(Brand new day- Forty Foot Echo)

Il mio spazio:

Ed eccoci arrivati al nono capitolo.

Scusate per il ritardo, ma la scuola mi ha assorbito completamente.

Non succede nulla di che in questo pezzo, volevo lasciare un po’ di respiro ai nostri protagonisti, dato che già nel prossimo ricominceranno i guai.

Che ne dite? Lo trovate noioso? Scrivere questo è stato peggio di quello scorso. Entrare nella mente di Bonnie e cercare di esprimere i suoi pensieri è stata un’impresa difficile, spero di averli resi al meglio.

Damon sta cercando di rimediare ai suoi errori, ma non è ancora pronto ad affrontare la storia della sua trasformazione. Parlarne lo fa star male e teme che Bonnie possa guardarlo con disprezzo una volta saputa la verità. Stefan è colpevole quanto lui, ma Damon sa che suo fratello passerebbe lo stesso come il povero santo, perché Stefan si è pentito davvero di quello che ha fatto, Stefan non avrebbe mai voluto uccidere suo fratello. Ma la strada di Damon verso la redenzione è ancora lunga.

Dal prossimo capitolo conosceremo un po’ di più Clara, spero che apprezzerete questo personaggio inventato.

Inoltre tra un po’ potrete leggere di intesa chiacchierata con Meredith; so che molte di voi la adorano, quindi ho deciso che sarà lei quella che darà una bella scrollata a Bonnie.

Ho un piccolo sondaggio da fare: per Caroline preferite Matt o Tyler? All’inizio io preferivo Matt, ma guardando la serie Tv ho cominciato a rivalutare anche la coppia Care/Tyler.

Vi ringrazio tantissimo per le splendide recensioni che mi avete lasciato! Siete fantastiche!

Al prossimo capito, Fran;)

*Dunkin Donuts è una famosa catena americana di negozi di ciambelle.

**Citazione da “Buffy, l’ammazza vampiri”. Giles è l’osservatore di Buffy e l’uomo più informato su tutte le implicazioni soprannaturali.

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Capitolo 10
*** And I'm lying like a child in your arms ***


Ashes &Wine

Capitolo dieci: And I’m lying like a child in your arms

 

“Turnaround, every now and then I get a
little bit restless and I dream of something wild
Turnaround, every now and then I get a
little bit helpless and I’m lying like a child in your arms
Turnaround, every now and then I get a
little bit angry and I know I’ve got to get out and cry
Turnaround, every now and then I get a
little bit terrified but then I see the look in your eyes”

(Total eclipse of the heart- Bonnie Tyler)

 

Aprì la porta e urlò.

Poi saltò e urlò più forte.

Infine l’abbracciò, continuando a saltare e a urlare.

“Sei qui! Sei qui! Sei quiiii!!!”.

“Ehi ragazza mia, calmati, mi stai strozzando!”.

Bonnie la liberò dalla sua stretta soffocante, ma non smise di fissarla, quasi non credesse che lei era davvero lì.

Clara si guardò un po’ intorno lanciando un fischio di approvazione “Però! Questa è casa tua? Cavolo, la mia potrebbe starci quattro volte”.

“Non è poi così grande” le assicurò Bonnie “Dopo un po’ ti ci abitui. Dai, ti aiuto a portare su i bagagli”.

Prese lo zaino di Clara e se lo caricò sulla spalla, mentre l’amica la seguiva su per le scale con il borsone.

La ragazza era talmente presa ad ammirare quella casa meravigliosa che non badò assolutamente a dove posava i piedi ed inciampò su un gradino.

Il borsone le cadde e scivolò giù dalle scale fino all’ingresso. Bonnie si voltò sentendo il fracasso “Quanto sei sbadata” commentò.

Clara le sorrise colpevole e riscese per recuperare il borsone. Si piegò per prenderlo ma un’altra mano le si parò davanti e sollevò il bagaglio senza alcuna fatica, porgendoglielo.

Clara alzò lo sguardo per incontrare i più begli occhi che avesse mai visto. Neri come la pece. Facendo scorrere lo sguardo sulla figura del vampiro, poté appurare che quei bellissimi occhi appartenevano a un bellissimo ragazzo che la stava fissando con un sopracciglio alzato.

“Damon” disse Bonnie dietro di lei.

Damon? Pensò Clara. Lo zio Damon? Questo gran figo è suo zio???

“Avevamo detto niente urli da ragazzine” pronunciò il vampiro con la sua voce calda e ferma.

“Scusami … è che mi mancava” si giustificò Bonnie “Damon, questa è la mia amica Clara. Clara lui è mio zio” li presentò.

Damon diede un’altra occhiata sospettosa a Clara “Immagino che questo sia tuo” suppose passandole il borsone.

Clara lo prese titubante farfugliando un ‘grazie’.

Bonnie da dietro le spalle dell’amica, intanto, incitava Damon a comportarsi un po’ più gentilmente. Lui colse subito il messaggio e alzò gli occhi al cielo scocciato “I patti erano che lei poteva venire a trovarti, non che io dovessi essere gentile” le ricordò con una vena ironica “Ora avrei un paio di cose da sbrigare, quindi se volete scusarmi …” salutò con un veloce gesto della mano e salì verso lo studio.

Bonnie gli lanciò un’occhiataccia mentre lui spariva lungo il corridoio, poi si rivolse verso Clara, che se ne stava immobile, ancora attonita dalla bellezza dello zio della sua migliore amica.

“Beh, che fai lì?” la smosse “Forza, camera mia è di qua!”.

Appena entrante nella stanza, Clara lasciò cadere i bagagli sul pavimento e chiuse la porta con un botto.

“Quello- è- tuo – zio????” chiese ancora incredula.

“Sì, perché?”.

“Perché?! Tuo zio è un figo pazzesco e tu non me l’hai mai detto!” spiegò abbassando un po’ la voce per paura che Damon la sentisse. Bonnie non si premurò nemmeno di avvertirla di quanto fosse inutile parlare piano. Cosa avrebbe potuto dirle: mio zio è un vampiro e ha l’udito sovrasviluppato?

“Ti ho detto che era bello” rispose Bonnie.

“Bello? Solo bello? Bonnie ma lo hai visto? Toglie il fiato”.

“Adesso non esagerare!”.

“Mi prendi in giro o sei cieca?”.

“E’ mio zio, Clara, io non lo guardo in quel senso”.

Bugiarda. Sì, forse doveva ammetterlo, un paio di volte le era capitato di rimanere a guardarlo proprio in quel senso, ma chi non l’avrebbe fatto?

Damon era di una perfezione quasi sovrumana. Non era solo bello, ma aveva un fascino indescrivibile. Chiunque si sarebbe sciolto sotto il suo sguardo enigmatico e orgoglioso.

“Non ti ho detto di intrecciare una relazione incestuosa, ti ho detto solo che non puoi negare che sia stupendo”.

“Non lo nego” affermò Bonnie “Ma deve essere una cosa genetica, anche suo fratello è molto bello” era meglio sviare il discorso sull’altro Salvatore. Stefan era un territorio meno pericoloso di Damon. Stefan, per quanto fosse bello, gentile e dolce, non era capace di rigirarle lo stomaco come Damon.

“Stefan è più piccolo, vero?”.

“Sì, ha più o meno la nostra età” confermò la rossa.

“Presentamelo!” gridò quasi Clara.

“E’ innamoratissimo della sua ragazza”.

“Oh” disse delusa Clara “Sembra proprio che mi dovrò accontentare di Damon. Quanti anni ha?”.

“Quasi trenta” mentì Bonnie. Damon non dimostrava assolutamente trent’anni, ma quella era la versione ufficiale per non fare insospettire Clara.

“Sembra più giovane”.

Bonnie ridacchiò pensando che Damon fosse molto, ma molto più vecchio di quello che appariva a tutti “Si mantiene bene” rispose stortando un angolo della bocca all’insù.

“E tuo fratello? Alla fine hai scoperto perché non rispondeva alle chiamate?”.

Bonnie tentennò. Alla fine erano giunte alla domanda che temeva di più. Sapeva esattamente come rispondere, ma soltanto il nominare Zach le provocava una stretta al cuore opprimente. Non poteva e non voleva parlarne.

“Sì, è dovuto partire per lavoro, un viaggio improvviso” respirò profondamente per cercare di asciugare gli occhi che si erano fatti parecchio lucidi “Io devo … devo andare a controllare una cosa, ma tu sistemati pure, come se fossi a casa tua” pronunciò tutto alla velocità della luce e scattò fuori dalla porta per non scoppiare a piangere di fronte a lei.

Trattenendo i singhiozzi con una mano, uscì di casa e si accucciò sotto il porticato.

E lì  lasciò cadere le lacrime.

 

Stefan sapeva che ci sarebbe voluto del tempo. Non si era mai illuso che Bonnie da un momento all’altro si sarebbe scordata di suo fratello. Non si poteva semplicemente fare finta di niente.

Vederla, però, in veranda, rannicchiata su se stessa a piangere, faceva male lo stesso. Faceva male perché Stefan era in parte responsabile. Faceva male perché Bonnie non se lo meritava. Faceva male perché lei stava piangendo sulle basi di una mezza verità. E quando finalmente non ci sarebbero stati più segreti, avrebbe fatto ancora più male.

Le si sedette accanto e passò un braccio attorno alla vita sottile della ragazza, avvicinandola un po’ a sé.

“Mi consideri una piagnona, vero?” chiese lei tirando su con il naso.

“Hai tutti i motivi per essere una piagnona” la rassicurò Stefan buttandola sul ridere “Non è ancora arrivata Clara?”.

“Sì, è di sopra. Penserà che sono una pazza. Mi ha chiesto di Zach e le ho detto che è partito, poi … che so … mi è venuto improvvisamente da piangere e sono scappata dalla stanza come un’idiota”.

“Non sei un’idiota”.

“Sono contenta che almeno uno di noi due ne sia così sicuro” ironizzò “Possiamo stare qui finché non mi passa?”.

“Possiamo rimanere tutto il tempo che vuoi”.

Bonnie sorrise timidamente ringraziandolo. Poggiò la testa sulla sua spalle e fissò per interminabili minuti la targa dell’auto di Stefan, poi domandò a bruciapelo della sua trasformazione.

Damon non aveva voluto raccontarle niente, ma lei voleva sapere. Non poteva aspettare che il vampiro fosse psicologicamente ed emotivamente pronto. Avrebbe preferito sentire la storia da Damon, perché in quei giorni aveva capito di quanto bisogno avesse di essere ascoltato. Avrebbe voluto aiutarlo, ma non sapeva da dove cominciare. Era chiaro che lui non volesse collaborare e lei non era proprio dell’umore per mettersi a discutere, ad insistere.

Stefan era la via più facile.

“Sei sicura di voler sentire tutta la storia? Ti avviso che non è piacevole e forse alla fine vorrai scappare per il disgusto”.

“Sono sicura e ti giuro che non andrò da nessuna parte. Qualunque cosa tu o Damon abbiate fatto, è ormai passata. Io non voglio giudicare, voglio solo capire”.

E così Stefan cominciò a raccontare. Era un fiume in piena, rovesciò una quantità infinita di informazioni partendo dalla sua infanzia: la morte della madre, l’avversione di Damon che si era poi trasformata in odio, il difficile rapporto tra il padre e il fratello, la vita sregolata di Damon, l’arrivo di Katherine e tutto ciò che ne era conseguito.

Bonnie ascoltava affascinata, spinta da una voglia di sapere irresistibile. Sembrava che Stefan le stesse leggendo uno di quei libri per adolescenti, sull’amore immortale tra vampiri e umani. Solo che quella era la realtà.

“Vi siete uccisi?” chiese Bonnie incredula.

Stefan annuì “Ed è una cosa che mi dà il tormento da cinquecento anni”.

“Tutto per una donna?” rincarò lei che non avendo mai sperimentato una passione così forte, non poteva capire cosa si era portati a fare per amore.

“Una donna che non è morta” confermò Stefan sganciando un’altra bomba. Bonnie strabuzzò gli occhi e lui proseguì “Katherine ha finto di uccidersi, perché voleva che noi ci riappacificassimo, l’ha fatto per noi … anche se il risultato non è stato quello sperato”.

“Quindi l’hai rivista?”.

“No, ho scoperto che è ancora viva circa un mese fa. È stata lei a trasformare Caroline”.

Al che Bonnie saltò quasi sul posto “P – perché l’avrebbe fatto?”.

“Non lo so, Sissi. È una delle tante cose che vorrei sapere. Ancora non capisco perché è sparita in tutti questi anni”.

“Sei ancora innamorato?” domandò Bonnie “Pensi alla possibilità che se dovesse tornare, tu e lei potreste stare ancora insieme”.

“Innamorato” sbuffò lui “Avevo diciassette anni non so se fosse amore vero. Qualunque cosa fosse, mi ha fatto uccidere mio fratello. Non ho alcun interesse a riavvicinarmi ad un sentimento del genere. E poi adesso c’è Elena”.

“Damon invece la ama ancora, vero? È per questo che non ne vuole parlare” era una domanda, ma appariva molto più come un’affermazione.

Stefan confermò la sua teoria “Lui è sempre stato legato al ricordo di Katherine … non l’ha mai scordata. Scoprire che lei è viva e che per tutto questo tempo non l’ha cercato, lo ha shockato molto più di me”.

“Cosa è successo dopo? Dopo che vi siete trasformati?” continuò Bonnie.

“Vedi, Sissi, la vita da vampiri può essere estremamente facile e meravigliosa. Se spegni le emozioni e ti abbandoni alla tua natura, proverai piaceri indescrivibili” spiegò Stefan quasi con una nota di malinconia nella voce “Ma fai del male a moltissime persone, fisicamente, emotivamente, mentalmente e prima o poi il peso delle tue azioni ti schiaccia. Le emozioni non si possono spegnere per sempre, alla fine sei costretto a sentirle”.

“Perciò hai deciso di non nutrirti più di sangue umano” completò Bonnie per lui, ricordandosi di cosa le aveva rivelato giorni prima.

“Sì” dichiarò lui “Il sangue animale non mi rende forte come Damon e il mio Potere è piuttosto debole, ma per me va bene così”.

“Perché … perché Damon non ha smesso di bere sangue umano?”.

Poteva apparire stupido continuare a chiedere di Damon. Non voleva dare l’impressione che le importasse soltanto dell’altro vampiro, perché non era così. Ma Damon era così difficile da decifrare rispetto a Stefan. Non diceva mai una parola in più, non si sbilanciava, si nascondeva dietro il sarcasmo, era talmente riservato da cadere nel criptico.

Una volta loro due avevano un rapporto più aperto, probabilmente dovuto al fatto che Bonnie era una bambina e ancora non capiva molte cose. Ora era cresciuta, era più consapevole e percepiva il disagio e l’inquietudine che circondavano Damon. Sentiva di doverlo aiutare, ma lei per prima aveva bisogno di una mano per comprenderlo.

“Damon ha sempre avuto un approccio diverso dal mio” rispose Stefan “Lui non pensa alle conseguenze, agisce e basta, ha sempre fatto così. Si lascia guidare dall’istinto, cerca di soddisfare ogni suo piccolo desiderio: sangue, sesso, vendetta, ebbrezza, tutto diventa un bisogno primario per lui. Non ha freni, non ha un motivo per smettere. Anche se devo ammettere che da un po’ di tempo è cambiato, si è calmato … oserei dire che è diventato quasi più responsabile”.

Bonnie si tirò i capelli all’indietro in un gesto nervoso “Non mi sono mai accorta di niente, Stefan”.

“Come avresti potuto? Quando c’eri tu, diventava la persona più brava di questo mondo. Non ti avrebbe mai fatto del male, come non te lo farebbe ora. Semplicemente non ci riesce. Tu gli ricordi che una volta è stato umano”.

 

C’era di tutto in quella libreria. Di tutto, tranne l’unica cosa che gli serviva.

Non si era fidato di Stefan, aveva voluto controllare personalmente, ma non aveva trovato niente che lo aiutasse a capire perché la mente di Bonnie era impenetrabile. Che gran casino.

“Wow!” esclamò una voce dietro di lui “Che posto è questo?”.

Damon si girò, sorpreso di non averla sentita arrivare. Era l’amica di Bonnie … Chiara o qualcosa di simile. Ma perché era lì? E soprattutto, perché gli aveva rivolto una domanda così stupida?

“La biblioteca” rispose con tono ovvio riportando l’attenzione sui libri.

“Questo l’avevo capito” replicò lei tagliente.

Damon si stupì. Adesso si permetteva anche di rispondere a tono?

“Hai visto Bonnie?” chiese la ragazza.

“No, era con te in camera”.

“E’ scappata via e non so perché”.

Damon increspò le labbra infastidito. Sicuramente quell’idiota le aveva chiesto di Zach. Lo sapeva che era una cattiva idea ospitarla, lo sapeva che avrebbe solo riaperto vecchie ferite. Ma nessuno ovviamente gli aveva dato ascolto!

“T’immaginavo molto peggio” confessò Clara di punto in bianco.

“Ma va?!” esclamò lui con voce piatta per nulla interessato ad ascoltarla.

“Sì, da come ti ha descritto Bonnie, credevo mettessi molta più soggezione”.

Damon piegò un angolo della bocca all’insù. Povera ragazza, non sapeva di che cosa stava parlando. “Credimi quando ti starò soggiogando, te ne accorgerai”.

O forse no. Pensò malignamente.

“Sai non pensavo esistessi davvero” saltò su lei.

Damon per la seconda volta si trovò costretto a voltarsi verso la ragazza, con espressione accigliata. Questa affermazione lo aveva colpito. “Prego?”.

“Sì, Bonnie parlava così spesso di te, ma nessuno ti ha mai visto. Ho creduto che tu fossi … tipo un amico immaginario o qualcosa di simile”.

Damon stentava a credere alle sue orecchie. Non tanto per quel paragone che già di per sé rasentava l’assurdità, ma perché aveva capito benissimo la piega che stava prendendo quel discorso.

Clara si avvicinò e, senza guardarlo in faccia, prese a scrutare i libri impilati uno sull’altro nei ripiani della libreria. Damon sentì il suo spazio violato, tutta quella confidenza, quella naturalezza lo infastidirono.

“Bonnie è una ragazza molto fragile, lo sai vero?” domandò Clara tenendo lo sguardo fisso davanti a sé “Al collegio non aveva molte amiche; era gentile con tutti e sempre molto carina ma non ha mai legato veramente con qualcuno, a parte me, ma io ero la sua compagna di stanza … ci è stata costretta”.

“E questo mi dovrebbe interessare perché …?” la interruppe Damon con il suo solito ghigno, mentre studiava un modo per togliersela di torno.

“Ha la sindrome dell’abbandono” tagliò corto Clara “I suoi genitori sono morti, a undici anni suo fratello l’ha mandata in Italia e praticamente non si è più visto e tu sei sparito nel nulla … ti senti davvero di biasimarla per non aver stretto legami?” lo criticò con una determinazione sorprendente.

“Non so se ti hanno informata, ma non sono l’unico che è sparito” la corresse un po’ acidamente, alludendo a Stefan.

Era stufo di marcio di affrontare quel discorso un’altra volta. Perché la colpa doveva sempre e comunque ricadere su di lui? Stefan era responsabile quanto lui! E Zach … era lui che aveva architettato tutto. Soprattutto Damon trovava parecchio seccante che un’estranea si permettesse di fargli la morale senza sapere come erano davvero andate le cose. Chi era lei per giudicarlo?

“Ho intenzione di fare lo stesso discorso anche a tuo fratello, appena avrò il piacere di incontrarlo” lo rassicurò lei con sarcasmo.

“Bene, fantastico! Lui sicuramente ti darà più soddisfazione di me” rispose Damon, riprendendo la sua ricerca, ignorandola.

“Sto solo cercando di proteggere la mia migliore amica” continuò decisa Clara, nel vano tentativo di riavere l’attenzione del vampiro.

“Scommetto che vincerai il premio di amica dell’anno” ironizzò Damon.

“Lei … voi … ho preferito parlare prima con te che con Stefan, perché so che tu e Bonnie avevate un rapporto speciale” disse quasi a fatica “Ora lei è contenta di essere tornata qui e io …” si stropicciò le mani con fare nervoso “Io ti chiedo solo di non ferirla …” lo pregò “ … di nuovo”.

La mano di Damon posata sulla mensola artigliò il legno così tenacemente che questo si sgretolò per la forza della presa.

Ora era infuriato. Primo perché quella ragazzina aveva osato disturbarlo, secondo perché si era intromessa nella sua vita senza conoscere la verità e terzo perché tutto ciò che aveva detto, era terribilmente vero.

Ma una sconosciuta con la lingua così sferzante non poteva mettersi a dargli lezioni di vita.

Si girò a fissarla dritto negli occhi e schioccò la lingua contro il palato. Diceva che non lui non la metteva abbastanza in soggezione?

Adesso avrebbe constatato di persona cosa era capace di fare un vampiro arrabbiato e nel pieno dei suoi Poteri.

“Ecco cosa faremo Claudia” sibilò calando su di lei come un falco sulla preda. La fece indietreggiare fino al muro e la bloccò con le braccia.

“Clara” lo corresse lei con voce più tremante, mentre la spavalderia di poco prima scemò via in un istante.

“Te ne andrai da questa stanza e la smetterai di fare domande. Non osare nominare mai più Zach davanti a Bonnie, perché se  scopro un’altra volta che si è messa a piangere per colpa della tua fottuta voglia d’impicciarti nei fatti suoi, ti squarto da parte a parte, hai capito?” le intimò mandando un’ondata di Potere e vide che le pupille di Clara si erano allargate. Lei annuì.

Solo allora Damon notò che non era affatto un brutta ragazza. Capelli castani, lunghi e lisci, occhi chiari, non molto alta ma con un fisico proporzionato.

La giovane, seppur in ipnosi, era spaventata e il suo cuore batteva più forte pompando il sangue lungo la giugulare, che pulsava lì sul collo in maniera molto invitante. Il richiamo del sangue si fece sempre più prepotente e Damon fu colto dall’istinto di morderla. Avvertì che il suo volto stava cambiando, che le vene attorno ai suoi occhi si facevano più scure e che i canini premevano per scendere.

Clara sussultò.

“Sshh” la tranquillizzò Damon accarezzandole una guancia “Non farà male se anche tu lo vorrai e tu lo vuoi, vero?”. Un’altra sferzata di Potere.

Clara piegò leggermente la testa di lato, esponendo il collo.

“Brava ragazza” commentò Damon e si piegò su di lei.

“Che sta succedendo qui?”.

Quell’interruzione non era prevista.

Damon si affrettò a riprendere un aspetto umano e si voltò pronto ad incrociare gli occhi severi di Bonnie.

O cazzo.

“Che cosa sta succedendo?” ripeté con voce ferma.

“Due chiacchiere” rispose vagamente Damon.

Bonnie guardò la sua amica: era ferma contro il muro, il viso inespressivo, lo sguardo vuoto. Non sembrava nemmeno cosciente.

“L’hai soggiogata?” chiese Bonnie incredula.

“Può darsi”.

Bonnie riportò gli occhi furenti su di lui “Qualunque cosa tu le abbia detto, ritirala subito!” ordinò.

Damon sbuffò come un bambino privato del suo giocattolo. Si avvicinò nuovamente a Clara, le mise le mani sulle guance e la costrinse a guardarlo “Dimenticati di tutto quello che ti ho detto poco fa”.

Clara sbatté un paio di volte le palpebre e arrossì di colpo, trovando Damon così vicino al suo volto. Poi si accorse anche della presenza di Bonnie, immobile dietro Damon, con le sopracciglia inarcate. Si affrettò a spostarsi da Damon.

“Bonnie!” la chiamò “Perché diamine sei scappata così prima? Va tutto bene? I- io mi dispiace se ho detto qualcosa che ti ha turbato, non vol- ”.

“Non preoccuparti” le sorrise Bonnie “Non hai detto niente di sbagliato” la rassicurò “Ti va di aspettarmi di sopra? Io vorrei parlare con Damon un attimo”.

“Certo” acconsentì Clara. Lanciò un’ultima occhiata a Damon e lasciò la stanza.

Bonnie aspettò di non sentire più i passi dell’amica, prima di girarsi verso il vampiro e urlargli addosso “Come ti è saltato in mente?!”.

“Credimi, stavo facendo un favore anche a te” le confidò sfogliando distrattamente un libro che aveva preso dagli scaffali. Damon Salvatore era un vero campione nell’arte del dissimulare.

“Stavi per morderla” lo accusò Bonnie.

Gli occhi neri di Damon saettarono sulla figura della rossa. Sperava che non ne se fosse accorta, ma l’aveva beccato con le mani nel sacco.

A quel punto gli restava solo una cosa da fare: negare, negare e negare!

“Non è il mio tipo” sviò con una alzata di spalle.

“L’hai soggiogata per poterla mordere!”.

“Non mi serve l’ipnosi per morderla; crede che io sia uno strafigo. Ho sentito che ne parlavate prima … e a proposito, Stefan bello? Ma ti prego!”.

“Ascoltami bene, Damon Salvatore: tu non userai la mia migliore amica come snack! Chiaro?” lo minacciò puntandogli il dito contro.

“E’ un sfida?”.

“Sta’ lontano da lei!” gli intimò e con un’occhiata di fuoco se ne andò.

Damon rimase in biblioteca, allibito. Perché diamine Bonnie gli si era rivoltata contro in quel modo? Era vero, lo aveva colto in flagrante, ma lo aveva incolpato senza nemmeno attendere spiegazione. Non era un atteggiamento tipico di Bonnie. Stefan e Elena si sarebbero comportati così, ma loro due conoscevano la sua natura crudele e menefreghista. Bonnie era ancora all’oscuro di tutto ciò. A meno che …

Soffocò un ringhio, mentre un nome si materializzava nella sua testa.

Stefan.   

 

 

Erano le sette di sabato sera. Clara era in bagno a prepararsi. Bonnie fissava a vuoto l’armadio aperto davanti a lei.

Avrebbe dovuto vestirsi per la festa di cui le aveva parlato Caroline, ma la sua testa era decisamente altrove.

Dopo l’incedente nella biblioteca lei e Damon non si erano più rivolti parola. La rossa lo ignorava e lui se ne stava alla larga, senza provare neppure a farsi perdonare. E Bonnie ci stava da schifo.

Si era pentita. Si era pentita moltissimo di aver incolpato Damon in quel modo; non era da lei. Non avrebbe voluto aggredirlo così, senza lasciargli il tempo di difendersi, ma dopo il racconto di Stefan qualcosa era scattato in lei.

Damon era diverso da Stefan, lui non ostacolava la sua natura di vampiro, non combatteva la sete di sangue e questo lo rendeva pericoloso.

Bonnie aveva fatto bene a comportarsi in quel modo, aveva ragione, era lui a essere in torto, ma la ragazza non poteva fare a meno di sentire un gran rimorso per ciò che gli aveva detto.

Era troppo buona, troppo buona. Damon non si meritava nemmeno tale preoccupazione. Probabilmente in quel momento si trovava in qualche angolo della città a bere e ad adescare povere ingenue. Probabilmente si era già dimenticato tutto.

E lei che faceva?? Invece di prepararsi per la festa al Grill, se ne stava seduta sul letto a rimuginare sulle sue azioni e progettava già di chiedergli scusa.

“Bonnie, ma non ti sei ancora cambiata?” la riprese Clara.

La rossa si riscosse e formulò in fretta una scusa “Sto ancora scegliendo” era una bugia bella grossa, dato che non sapeva nemmeno cosa mettere “Tu piuttosto stai veramente bene” si complimentò.

Clara indossava un vestito di un bel rosso corallo, semplice e corto. Avrebbe di sicuro fatto un figurone alla festa.

“Ma che? Questa cosuccia?” chiese con finta modestia “L’ho messa in valigia all’ultimo, in caso ci fosse stata un’occasione come questa. Non si sa mai!”.

Bonnie le sorrise debolmente e ritornò a fissare il suo armadio.

“Ok, adesso basta” disse Clara “Non posso più sopportarlo!”.

Bonnie, confusa, la guardò sedersi sul letto accanto a lei “Qualunque cosa tu debba dirmi, fallo e basta! Sono giorni che hai il muso”.

“Cla, non so di cosa tu stia parlando” le fece notare Bonnie, presa totalmente alla sprovvista.

“Non sono scema sai? Mi sono accorta che tu e Damon non vi parlate da quel fatto in biblioteca e in qualche modo mi sento responsabile”.

“Clara, no. Non è colpa tua” le assicurò Bonnie.

“Mi dispiace davvero tanto” si scusò sinceramente l’amica “Io non riesco proprio a ricordarmi come io e Damon siamo finiti così vicini! Stavamo parlando e poi mi sono trovata contro il muro con lui davanti a me. Non so come sia successo”.

“Non mi devi chiedere scusa, non hai fatto niente di male …”.

“Ehi, è giusto che tu sia turbata. Voglio dire, se io ti avessi trovata in quella posizione con mio fratello, avrei reagito molto peggio”.

Bonnie si schiaffò una mano sulla fronte. Perfetto! Clara credeva che lei stesse mostrando una forma latente di possessività nei confronti di Damon! Un misto di gelosia e controllo che suonava tanto come un “Ehi, quello è mio zio quindi tu non hai diritto di provarci”.

Chissà se avesse saputo il vero motivo per cui Bonnie era così irrequieta! La faccenda era ben più complicata di un semplice attaccamento nei confronti di un parente; perché il parente in questione era un vampiro che solo qualche giorno prima stava per fare merenda con la sua migliore amica. Bonnie non sapeva come gestirlo.

“Clara, sei lontanissima dalla verità, te lo posso assicurare” la tranquillizzò “E’ solo che … ogni volta che io e Damon facciamo un passo avanti, poi ne facciamo altri cinque indietro ed è demoralizzante”.

“Ti vuole bene” dichiarò Clara. Bonnie la guardò sorpresa “Come fai ad esserne certa?”.

“L’altro giorno in biblioteca abbiamo parlato di te. Fingeva che non gliene importasse niente, ma non me la sono bevuta. È un pessimo attore”.

Perché risultava a tutti così palese tranne che a lei? Le voleva bene? E quando glielo aveva mostrato ultimamente?

Lei non era così certa che non le avrebbe mai fatto del male, perché non era il Damon che si ricordava. Quel Damon non l’avrebbe mai ferita in nessun modo, ma questo? In fondo per poco non aveva morso Clara, la sua migliore amica, se davvero le avesse voluto bene, non gli sarebbe nemmeno passato per la testa di fare una cosa del genere.

Era diventato tutto così dannatamente complicato.

“Ehi mi rispondi? Allora hai deciso cosa mettere?” la richiamò Clara sventolandole una mano davanti agli occhi.

Bonnie guardò ancora l’armadio. Una maglietta e i Jeans sarebbero andati benissimo.

Un quarto d’ora dopo scesero. Clara aveva dipinto in volto un’espressione di pieno disappunto per l’abbigliamento dell’amica. Troppo semplice, ma d’altronde da Bonnie Salvatore non si poteva pretendere molto altro.

L’ingresso era vuoto. La rossa aggrottò la fronte non vedendo Stefan in giro. Sentì dei rumori in salone e immaginò che fosse lì.

Quando scorse un figura abbandonata sciattamente sul divano, capì che non poteva essere Stefan.

Chiese dunque dove fosse finito il minore dei due vampiri.

Damon non alzò nemmeno lo sguardo su di lei, segno che doveva essere ancora parecchio arrabbiato per il fatto della biblioteca. E il senso di colpa di Bonnie aumentò ulteriormente.

“E’ andato a prendere Elena” disse Damon atono “Mi ha chiesto di accompagnarti”.

Bonnie alzò le braccia mimando un “Che aspetti!”, che l’uomo colse anche se i suoi occhi erano rivolti altrove.

“Lui me l’ha chiesto … io non ho detto che l’avrei fatto”.

Perfetto, era decisamente incazzato.

“Ho capito, guido io” asserì Bonnie facendo dietrofront verso il tavolino con le chiavi delle auto.

“Tu non hai una macchina” le fece presente Damon “E non userai le mie”.

“Come ci arriviamo al Grill allora?” chiese Bonnie un cenno stizzito.

“Non è un problema mio. Chiama un taxi”.

Bonnie strinse i pugni lungo i fianchi, prese Clara per un braccio e la trascinò via verso la porta. Il fuoco che crepitava nel camino aumentò improvvisamente, ma nessuno ci fece caso. Le due erano ormai lontane per notarlo e Damon gli gettò una rapida occhiata senza emozione. Con l’uscita delle due ragazze le fiamme si quietarono e tornarono come prima. Damon classificò la cosa come non rilevante.

 

“Così questo è il Grill?” domandò Clara un po’ delusa.

“Non giudicare da fuori” la rimproverò Bonnie “Dentro è carino”.

“Sono solo contenta di divertirmi un po’. Non vado ad una festa da quando …” lasciò la frase in sospeso ma Bonnie conosceva il resto: da quando l’estate prima Giada Presti era sparita nel nulla durante la festa di fine anno.

“Ci sono state novità?” si informò Bonnie.

Clara la guardò allarmata “Non hai saputo …?”.

“Ehm, no”.

“Hanno ritrovato il suo corpo, poco dopo che sei partita. E- era seppellito in un campo non molto lontano dal collegio. Non so perché ci abbiamo messo così tanto tempo a trovarlo”.

Bonnie gelò sul posto. Il discorso, però, cadde nel vuoto, perché Caroline comparve dietro di lei con il suo solito sorriso a trentadue denti “Bonnie sei arrivata finalmente! Ti aspettavamo tutti! Tu devi essere Clara! Bonnie chi ha parlato molto di te, io sono Caroline” si presentò porgendo la mano con la manicure perfetta.

Clara gliela strinse e Caroline spinse tutte e due dentro il locale, verso il loro tavolo. Erano già tutti lì. Intorno c’era una baraonda che Bonnie non aveva mai visto in vita sua. La sala era strapiena, tutta la gente era accalcata intorno al palco su cui stava cantando una bella ragazza dalla voce un po’ graffiante.

“Allora loro sono Meredith, Matt, Tyler” disse Caroline indicando i tre seduti su una panca “Poi lei è Elena …”.

“Sì ci siamo vista l’altro giorno, al Pensionato” la interruppe la bionda “Ti ricordi?”.

“Sì, sì” confermò Clara “La ragazza di Stefan, giusto?”.

Elena sorrise e le fece spazio accanto a lei, invitandola a sedersi.

“Grazie per avermi lasciata a piedi” grugnì Bonnie piegandosi sull’orecchio di Stefan.

“Mi dispiace, sono dovuto passare a prendere Elena. Ma ho detto a Damon di accompagnarvi” si scusò il ragazzo.

“Sì, la prossima volta però accertati della risposta. Abbiamo dovuto prendere un taxi” gli raccontò e fece per sedersi accanto a lui, quando Caroline la agguantò per un braccio “Cosa pensi di fare tu? Forza, ti devo presentare qualcuno”.

“Cosa? Chi? Caroline che hai fatto?” si preoccupò Bonnie.

“Io? Niente! Ti avevo parlato di Christopher Rydell. Mi ha detto che voleva conoscerti, quale migliore occasione di una festa?” le spiegò costringendola a seguirla verso il bancone.

“No, non credo sia una buona idea … e poi c’è Clara, non posso lasciarla sola” cercò di divincolarsi dalla presa di Caroline.

“Non dire sciocchezza, Clara starà benissimo con noi! Tu pensa a divertirti. Guarda è quel ragazzo laggiù. Non è bellissimo?”.

Bellissimo era troppo poco. Aveva i capelli biondi, un po’ lunghi, gli occhi verdi. Indossava una camicia azzurra e un paio di Jeans chiari. Se ne stava seduto, leggermente rivolto verso di loro, con un bicchiere in mano.

Bonnie rimase qualche secondo attonita, con la bocca semiaperta. Si ricompose velocemente e si rivolse a Caroline scuotendo la testa “No, Care, è troppo imbarazzante. Non posso andare semplicemente là e presentarmi!”.

“E chi lo dice?” replicò Caroline “Senti Bonnie sei una bella ragazza e … beh magari potevi metterti un vestito invece che quei Jeans sgualciti, ma il punto è che lui ti vuole conoscere. Che male c’è? Vai e buttati” la incitò.

“Mi avrà vista due volte se è tanto” ribatté Bonnie.

“Allora?” Caroline proprio non vedeva il problema “Abbiamo diciotto anni, è un nostro sacrosanto diritto divertirci ed è quello che stai per fare” dopodiché le diede una leggera spinta verso Christopher.

Caroline, però, era un vampiro e il suo concetto di “spinta leggera” era piuttosto relativo. Bonnie si ritrovò praticamente tra le braccia di Christopher che si era sporto apposta per impedirle di cadere a terra.

Quando Bonnie alzò la testa e incrociò gli occhi del ragazzo, pensò che forse non sarebbe stato così male.

“Tutto bene?” chiese Christopher con le mani ancora sui fianchi di Bonnie.

“Sì, scusami … sono inciampata” inventò lei.

“Sono Christopher Rydell. Frequentiamo la stessa scuola” si presentò.

“Bonnie Salvatore” sorrise la rossa.

“E’ da un po’ che non ti vedo in giro” disse lui per rompere il ghiaccio.

“Ehm, sì … problemi in famiglia” rispose Bonnie un po’ vaga.

“Scusa, sono stato inopportuno” sembrava davvero dispiaciuto “Spero che si sia risolto per il meglio”.

Certo! Mio fratello è morto, ucciso da un vampiro. I miei zii sono dei vampiri e uno di questi vorrebbe tanto assaggiare la mia migliore amica. Va tutto alla grande!

“Diciamo che ci sto lavorando”.

E fu così che incominciarono.

Un’ora dopo Bonnie sapeva che Christopher era arrivato un paio di settimane prima di lei a Fell’s Church, veniva dal Galles, dove la sua famiglia possedeva un podere, ma aveva frequentato il liceo a Londra. Adorava i cavalli; praticava l’equitazione fin da bambino, dato che la sua tenuta comprendeva anche una scuderia. Era stato parecchie volte in Italia e si era letteralmente innamorato di Firenze, patria della più grande letteratura trecentesca. Grande appassionato di cinema, più che altro quello dell’epoca d’ora hollywoodiana, ma non disprezzava nemmeno le pellicole contemporanee purché gli lasciassero un segno.

Bonnie ascoltava estasiata. Gli sembrava di parlare con la sua versione al maschile. All’inizio aveva ritenuto quella assurda situazione totalmente imbarazzante, ma ora era contenta di aver dato ascolto a Caroline.

Christopher, pur essendo così attraente e sveglio, non era per niente sfacciato o presuntuoso. Aveva uno charm, un’educazione di altri tempi. Mentre parlava, pareva quasi fosse circondato da un’aurea sfumata, come quella dei vecchi film in bianco e nero. Bonnie non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, ma l’aspetto fisico c’entrava ben poco.

Bonnie pensò che sarebbe rimasta lì a chiacchierare con lui anche tutta la notte, ma guardando distrattamente l’orologio si rese conto di aver lasciato troppo a lungo Clara sola con gli altri.

“Ti devo proprio aver annoiato tanto, se guardi così intensamente il tuo orologio” disse il ragazzo con un mezzo sorriso.

“Oh, no! No, no!” si affrettò a contraddirlo lei “Mi ha fatto davvero piacere parlare con te, ma è venuta una mia amica a trovarmi dall’Italia e dovrei tornare da lei. Puoi … puoi unirti a noi, se vuoi” lo invitò con non so che coraggio.

“No, ti ringrazio, ma è meglio se me ne torno a casa. Mia madre diventa fastidiosamente assillante quando rientro tardi. In ogni caso sono venuto solo per incontrarti e ora che l’ho fatto, nulla mi trattiene qui” le sorrise mostrando i denti perfetti e quasi scintillanti. Bonnie per poco non si sciolse.

“Spero di rivederti a scuola” le confessò lui.

Bonnie annuì energicamente “Certo, ci vediamo lunedì”.

Stettero un po’ a guardarsi, finché Bonnie, non riuscendo a reggere oltre, lo salutò arrossendo leggermente e si girò per andare dai suoi amici.

Sentì, però, la mano di lui toccare leggermente la sua “A presto, Bonnie” le disse baciandole dolcemente il dorso della mano. Poi si alzò dallo sgabello e sparì dalla folla. Bonnie rimase in iperventilazione per un altro minuto.

Raggiunse il tavolo e trovò Clara e Meredith immerse in una fitta conversazione. Quando la videro, smisero di bisbigliare e aspettarono trepidanti il verdetto.

“Oddio! È supercarino” esplose Bonnie saltellando come una liceale alle prime armi. Clara e Meredith la imitarono e incominciarono a tempestarla di domande.

Bonnie si lanciò volentieri in una dettagliata descrizione. Era così contenta di poter occuparsi per una sera di un fatto così assolutamente banale. Le erano mancate moltissimo quelle chiacchiere da adolescente.

Meredith e Clara la ascoltavano in silenzio, senza interromperla, prese dal discorso almeno quanto lei, se non di più.

“Lo sai che Caroline ti farà ripetere tutto almeno tre volte?” l’avvertì Meredith.

“Aveva ragione, no? Mi sono divertita, mi sono divertita un sacco!” esultò la rossa.

“Ok, frena l’entusiasmo, ci stanno fissando tutti” l’ammonì bonariamente Clara “Allora voglio che mi racconti tutto un’altra volta, perché sono certa che ti sei dimenticata qualcosa, ma prima fammi andare in bagno, non la tengo più” alluse al bicchiere vuoto che prima conteneva della coca cola “Mere, mi accompagni?”.

La bruna acconsentì e insieme si alzarono dirette verso la toilette.

Bonnie non rimase a lungo da sola. Lo spazio lasciato vuoto sulla panca di fronte a lei venne ben presto occupato da Stefan.

“Da quando conosci Chris?” le domandò con fare inquisitorio.

“Da stasera, è stata un’idea di Caroline … Chris? Lo conosci anche tu?” replicò Bonnie sorpresa del tono confidenziale di Stefan.

“Sì, è nella mia squadra di football. Rispondi alla mia domanda”.

“Ti prego dimmi che non stai per farmi uno di quei discorsi da ‘fratello maggiore’ ” ridacchiò Bonnie.

“No, sono solo curioso”.

Bonnie gli lanciò un’occhiata eloquente.

“Davvero! È un bravo ragazzo” cercò di convincerla della sue buone intenzioni “Mi chiedevo solo come facessi a conoscerlo, dato che non sei praticamente mai uscita di casa”.

“Già sono cose che capitano a una ragazza che deve gestire un fratello morto, ucciso da un vampiro. E comunque non sono affari tuoi” replicò tagliente.

Stefan abbassò gli occhi mortificato.

“No, senti, mi dispiace … sono stata cattiva” si scusò Bonnie immediatamente “Tu sei stato un angelo con me, non ti meriti la mia rabbia”.

“Va tutto bene, Sissi. Penso di meritarmela tutta”.

“Questo non è vero” negò Bonnie “Sono stata stupida io e tu hai tutto il diritto di intrometterti nei miei affari. Sei parte della mia famiglia, Stefan, ed è questo che deve fare la famiglia”.

Stefan fece per rispondere, ma furono interrotti da Elena e Caroline. La seconda non perse tempo e le chiese subito di Christopher. Un secondo dopo tutti e tre avevano le orecchie ben tese ad ascoltare il racconto di Bonnie.

Mezz’ora dopo Clara e Meredith non erano ancora tornate.

Era risaputo che le donne potevano anche metterci le ore prima di uscire dal bagno, ma in quel momento era davvero troppo. Bonnie sentiva che qualcosa non quadrava e ne ebbe la certezza quando Meredith uscì dal bagno e corse verso di loro, affannata “Clara è sparita”.

“Che stai dicendo Mere?” chiese Elena.

“Appena siamo entrate in bagno, qualcuno mi ha tramortito e sono svenuta. Quando mi sono svegliata Clara non c’era più”.

“Che vuol dire che non c’era più?!” esclamò Bonnie tra l’isterico e il terrorizzato.

Un urlo agghiacciante superò la musica, facendo sobbalzare tutti quelli che erano nelle vicinanze dell’ingresso.

Bonnie fu la prima a precipitarsi fuori, seguita a ruota da Stefan.

La ragazza che aveva urlato era davanti alla porta, in piedi, con una mano sulla bocca e l’altra ad indicare qualcosa che giaceva a terra, scompostamente.

“CLARA!” gridò Bonnie gettandosi sul corpo immobile dell’amica: aveva la gola squarciata, piena di sangue. Bonnie mise una mano sulla carotide, tentando ingenuamente e invano di fermare l’emorragia. Tastando la pelle del collo, avvertì sotto le dita dei piccoli forellini. Sbiancò e le mancò il respiro. Incominciò a scuoterla e a chiamarla “Clara! Clara svegliati! Ti prego, forza …”.

Stefan s’inginocchiò davanti a lei, mentre la folla iniziava ad accalcarsi alle sue spalle. Il vampiro prese il polso di Clara per sentire il battito.

“Stefan! Stefan, non respira, non sta respirando” continuò a ripetere Bonnie in preda al panico e alle lacrime “Fa’ qualcosa, fa’ qualcosa, non respira”.

“Bonnie …”.

“Per favore, Stefan! Ti prego fa’ qualcosa, non respira, non respira”.

“Bonnie, non posso fare niente”.

“No, no. Non è vero!” s’intestardì Bonnie “Clara, apri gli occhi! Clara mi senti? Per favore svegliati, svegliati …”.

“Bonnie, mi dispiace …”.

“Non dirlo! Non dirlo come se fosse già finita!” gli ordinò Bonnie fuori di sé “Lei non è morta, non può essere mor- ” un singhiozzò troppo forte la sopraffece e non riuscì a continuare.

Stefan sentì le sirene della polizia e dell’ambulanza. Capì che Bonnie non sarebbe stata in grado di affrontare l’ospedale e l’interrogatorio in quelle condizioni. Si alzò e si piegò di fianco a Bonnie, prendendola delicatamente per le spalle “Bonnie, ti porto a casa”.

“NO!” si divincolò lei “Non possiamo lasciarla qua, Stefan … non …”.

“Sta arrivando l’ambulanza, Sissi, se ne occuperanno loro. Fidati di me, andiamo a casa” le disse dolcemente, aiutandola ad alzarsi e sorreggendola. Bonnie si lasciò condurre alla macchina come se non sapesse più camminare.

Quando vide dallo specchietto retrovisore i paramedici tirare fuori un telo bianco, non ebbe il coraggio di voltarsi indietro.

 

“Allora com’è andata la festa? Vi siete ubriacati e avete fatto casino?” li accolse la voce di Damon al loro rientro “Cosa sono quei musi lunghi? Siete andati ad una festa o a un funerale?” continuò cogliendo le espressioni buie che  scurivano il viso dei due.

“Damon” cercò di zittirlo Stefan.

“Ma non manca qualcuno? Te ne sei dimenticata una, Stef?” chiese sempre con il suo tono strafottente. Il suo atteggiamento cambiò in un secondo quando vide le mani piene di sangue di Bonnie.

“Che è successo?” domandò seriamente questa volta.

“Come hai potuto?” mormorò una Bonnie completamente sconvolta.

“Scusami?”.

“Era la mia migliore amica, come diavolo hai potuto?” ripeté lei.

“Di cosa stai parlando?”.

“E’ morta!” strillò sta volta Bonnie “Ed è tutta colpa tua! Ti ho visto l’altro giorno, volevi il suo sangue!”.

“Bon-”.

“Perché? Ti ha infastidito che ti abbia detto di no? Volevi farmi vedere che nessuno può darti ordini? Che puoi fare quello vuoi?”.

Damon guardò Stefan stralunato “Ma che le prende? È impazzita?”.

“L’hai uccisa tu!” gli gridò addosso Bonnie “Sei stato tu!”.

Damon non seppe come reagire. Davvero lo stava accusando di aver ucciso la sua migliore amica? Lo credeva capace di un’azione simile?.

“Senti. Per quanto mi sarebbe piaciuto tapparle quella boccaccia, hai preso il vampiro sbagliato” le disse con estrema calma.

“Ah sì? Quanti altri vampiri sanguinari ci possono essere là fuori?!”.

“Non te lo immagini nean-” Damon non finì la frase; Bonnie gli si buttò addosso cercando di spingerlo e picchiando le mani contro il suo petto.

“Io ti odio!” gli sibilò in faccia “Non sei nemmeno capaci di frenare i tuoi istinti. Sei una bestia! Perché mi hai fatto questo? Ti odio … non hai un cuore, non hai un anima, sei solo un animale!”.

Damon le prese facilmente i polsi e la bloccò, fissandola dritto negli occhi “Bonnie, non sono stato io … non mi sono mosso da casa”.

Bonnie parve calmarsi, ma il suo petto continuava ad alzarsi e abbassarsi freneticamente. Gli occhi rossi e gonfi, faceva quasi impressione.

“Sissi, non è stato lui” le disse anche Stefan, staccandola da Damon “Ma ti prometto che troveremo il colpevole”.

Bonnie annuì mestamente e diede le spalle ad entrambi i fratelli scappando in camera sua.

“Non sei stato tu, vero?” chiese di nuovo in conferma Stefan.

Damon lo fulminò e rispose duramente “No, fratellino, non sono stato io”.

Stefan indugiò un attimo e seguì Bonnie su per le scale, mentre Damon si chiedeva quando diamine fosse successo? Da quando tutto a un tratto era diventata Bonnie quella ostile nei suoi confronti e lui quello a rimanerci male?

 

La morte di Zach era stato un duro colpo. Un fratello era pur sempre un fratello. Bonnie aveva creduto di non poter provare un dolore più grande, ma si sbagliava. La perdita di Clara era stata straziante. La sua migliore amica, la sua compagna di stanza, colei con cui aveva vissuto per sette anni della sua vita; tutti i giorni, tutte le ore, tutte le lezioni, le feste e le vacanze. Era una seconda famiglia.

E adesso? Cosa le rimaneva? Le sembrava di essere rimasta senza un passato, solo ricordi, niente di concreto. Solo un mucchio di cenere in mano.

“Non sei sola. C’è Stefan. Lui ci sarà sempre. E io … non ti lascio. Adesso mi prendo io cura di te”.

Parole le martellavano in testa. Parole che aprivano alla speranza di non essere sola. Lei, però, aveva mandato tutto all’aria accusando Damon in quel modo.

Ma come le era saltato in testa?

Lui non c’entrava niente, non era stato lui, l’aveva capito dallo sguardo che si erano scambiati quando lo aveva attaccato.

Non sapeva dire che cosa le era preso. Dopo il racconto di Stefan sulla vita dissoluta di Damon, dopo averlo trovato così vicino a Clara, pronto a morderla, non era riuscita a ragionare lucidamente.

Alla vista del cadavere di Clara, aveva sentito il bisogno di identificare un colpevole al più presto, Damon era diventato il capro espiatorio perfetto.

Doveva chiedergli scusa. Doveva farsi perdonare.

Sentì dei rumori davanti alla porta della camera. Qualcuno stava passando.

“Damon” chiamò sperando che fosse lui.

Un attimo dopo l’ombra del vampiro strisciò lungo il pavimento.

Bonnie non riusciva a vederlo dal letto, ma era certa che fosse lui “Damon, puoi venire qui un attimo?”.

“Che c’è? Devi incolparmi di qualcos’altro di cui non sono al corrente?” disse la voce proveniente dal corridoio.

“No, ma vorrei guardarti in faccia”.

Lentamente Damon fece il suo ingresso nella stanza, ma rimase vicino alla porta.

“Contenta?”.

Bonnie annuì tirando su con il naso. Non sapeva come cominciare “Damon” tentennò torturandosi le mani “Mi dispiace. Tu non hai idea di quanto sia mortificata. Io non avrei dovuto dirti quelle cose”.

“Non devi dispiacerti se è quello che pensi”.

“Non lo è” si affrettò a mettere in chiaro “Ero solo arrabbiata, non ragionavo. Non penso nessuna delle cose che ho detto. Avevo solo … bisogno di sfogarmi”.

“Certo e io ero un pungiball coi fiocchi” ironizzò.

“Damon, ti chiedo scusa. Vorrei poter rimangiarmi tutto quello ho detto” affermò Bonnie cercando gli occhi di Damon che la stavano evitando.

Damon sbuffò avvicinandosi “Non preoccuparti, sono abituato a passare per il cattivo” la informò “Ma sai una cosa? Io sono il cattivo”.

“So che non sei stato tu” riprese la parola Bonnie “E so che non sei il cattivo, vuoi solo fare il cattivo”. Su quel punto non era tanto convinta, ma lo disse con ugual fermezza, perché prima o poi ne avrebbe avuto la conferma.

Damon allungò una mano e fece per spostarle una ciocca di capelli, ma Bonnie si ritrasse con uno scatto.

La mano di Damon rimase a mezz’aria “Hai paura di me, Bonnie?”.

La ragazza abbassò il capo avvilita. Per quanto cercasse di fidarsi di lui, non riusciva a levarsi dalla testa l’immagine della biblioteca. Damon non aveva ucciso Clara, ma se ne sarebbe approfittato senza esitare se lei non lo avesse fermato. E non poteva dimenticarlo. Sentiva di non essere in grado di controllare Damon e questo non le metteva sicurezza.

Damon interpretò alla perfezione il silenzio di Bonnie “Mi sarei stupito del contrario” si voltò e fece per lasciare la stanza, quando le dita esili della rossa si chiusero intorno al suo polso.

“Stai qui finché non mi addormento?”.

Sì, aveva paura ma aveva anche bisogno di lui.

Damon esitò un secondo. Non era il tipo da fare certe cose; una volta Bonnie era una bambina, il che era un alibi perfetto, ma ora era grande e Damon aveva tutto il diritto di dirle di no, di fregarsene, di ignorarla.

Gli sovvennero le parole di Clara, tutto il discorso sulla sindrome dell’abbandono, sul fatto di non ferirla. E alla fine cedette.

Andò fino in corridoio, controllò che Stefan non fosse nei paraggi e si chiuse la porta alle spalle.

“Sia chiaro: non ho intenzione di abbracciarti, coccolarti o accarezzarti i capelli finché non ti addormenti!” le intimò.

“Mi basta che tu stia qui” rispose lei accondiscendente, facendogli spazio sul letto. Damon si stese accanto a lei e la guardò chiudere gli occhi.

Inconsciamente chiuse gli occhi pure lui e in breve tempo si addormentò.

Venne svegliato dal suo cellulare che aveva preso a vibrare insistentemente nella sua tasca.

Si mosse con grazia dal letto fino a scendere e uscì dalla camera per non disturbare Bonnie. Controllò un’ultima volta che stesse dormendo e accostò la porta.

“Caroline” rispose dopo aver letto il nome sul display del telefono “Spero che tu abbia un buon motivo per chiamarmi alle …”.

“Tyler ha avuto un incidente” lo interruppe frettolosamente lei.

“E questo mi dovrebbe interessare?”.

“Un ragazzo ubriaco si è buttato in mezzo alla strada. Tyler lo ha investito. Il ragazzo è morto”.

Damon ammutolì di colpo.

“Ha scatenato la maledizione” proseguì Caroline “Tyler è un lupo mannaro”.

Damon pensò che qualcuno lassù dovesse volergli molto, ma molto male.

 

“Don't you cry tonight
I still love you baby
Don't you cry tonight
Don't you cry tonight
There's a heaven above you baby
And don't you cry tonight”

(Don’t cry- Guns ‘n Roses)

 


Il mio spazio:

Allora prima di ricevere insulti o padelle in testa ho due precisazione da fare.

Primo, no, non sono impazzita del tutto! So che può apparire strana questa mia scelta di introdurre un nuovo personaggio e farlo sparire nel giro di un capitolo, ma volevo farvi percepire appieno l’immediatezza con cui la stessa Bonnie ritrova e perde una persona molto importante.

Secondo, no, non sono nemmeno affetta da sadismo! Ho deciso di far morire Clara perché credevo che fosse la cosa migliore per Bonnie. Clara era l’ultima che teneva Bonnie legata al passato e la nostra strega aveva bisogno di un taglio netto per poter finalmente accettare la sua nuova vita!

Ora passo alle scuse! Lo so, vi ho fatto aspettare un’eternità, ma sono in un periodo davvero folle e vi chiedo di pazientare! È tutta colpa di questi esami!

Vi ringrazio davvero tanto dell’interesse che state mostrando per questa storia e l’ultima cosa che vorrei fare è deludervi! Quindi spero che sia valsa la pena aspettare!

Un ringraziamento speciale va a irene862 che nella sua recensione mi ha suggerito, forse inconsapevolmente, la scena del confronto tra Damon e Clara; non era prevista all’inizio poi mi sono detta che invece era proprio una buona idea. Vi invito ovviamente a lasciarmi tutte le vostre opinioni e consigli perché sono davvero preziosi!

Bene, allora alla prossima!

Fran;)

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Capitolo 11
*** The heartaches come and go and the scars, they're leaving ***


Ashes &Wine

Capitolo undici: The heartaches come and go and the scars, they’re leaving.

 

“You see the smile

that's on my mouth
It's hiding the words that don't come out
All of these lines across my face
Tell you the story of who I am
So many stories of where I've been
And how I got to where I am
But these stories don't mean anything
When you've got no one to tell them to”

(The Story- Brandi Carlile).

 

Tyler Smallwood era un lupo mannaro. Non poteva esserci cosa peggiore.

Damon in tutti quei secoli aveva avuto modo di incontrare esseri di tutte le specie sovrannaturali, ma i licantropi erano sempre stati difficili da gestire.

I vampiri erano individui solitari, vivevano al massimo in piccoli gruppi e non erano molto leali l’uno con l’altro, dividerli e sconfiggerli era abbastanza semplice. Un vampiro da solo non era più pericoloso di uno in gruppo. Per battere un vampiro era necessario valutare il suo singolo Potere, senza badare a chi lo accompagnava.

Le streghe erano fedeli solo ai loro ideali e alla loro famiglia. Erano poche le streghe che decidevano di mettersi contro le discenti della loro stessa linea di sangue. D’altra parte non ogni strega possedeva una grande Potere, alcune erano deboli, altre avevano sfruttato troppo le loro abilità e soprattutto erano umane e in qualche modo vulnerabili.

I lupi mannari erano tutt’altra storia: erano abituati a vivere in branco da cui traevano tutta la loro forza. Il branco non era un gruppo chiuso, ma accettava chiunque si meritasse di farne parte. Erano legati da un forte senso di solidarietà che li spingeva ad aiutarsi l’un l’altro, specialmente quando si trattava dei novellini. Se si fosse sparsa la notizia che il giovane Smallwood aveva scatenato la maledizione, Damon era certo che una valanga di cani rabbiosi si sarebbe riversata su Fell’s Church, pronta a prendere Tyler sotto la sua ala protettiva.

Damon in passato aveva avuto a che fare con i licantropi, ne aveva uccisi alcuni, aveva anche rischiato un paio di volte di essere morso. Si era fatto un nome nella loro comunità, ma la sua fama era tutt’altro che positiva.

I lupi mannari lo odiavano, almeno tanto quanto lui odiava loro, e se avessero saputo che abitava lì, sarebbero stati guai.

Tutto, dunque, riconduceva a Tyler. Damon era deciso ad eliminare il problema alla radice. Fatto sparire il ragazzo, sarebbe sparito anche il problema.

Ma prima c’era un’altra questione da risolvere, prima doveva fare due chiacchiere con Stefan.

Entrò nella stanza del fratello, che, data l’ora tarda, stava dormendo. Damon gli tirò via le coperte con forza. Stefan si mise a sedere e guardò l’orologio.

“Damon, sono le quattro del mattino!” si lamentò “E’ successo qualcosa?”.

“Sì in effetti è successo qualcosa” confermò Damon “Chi ti ha nominato racconta storie ufficiale di Villa Salvatore?” chiese astioso.

“Scusami?”.

“Hai raccontato tutta la nostra storia a Bonnie. Come diavolo ti sei permesso?”.

“Me l’ha chiesto, cosa dovevo fare, rifiutarmi?”.

“Sì, avresti dovuto”.

“Ha il diritto di sapere come sono andate lo cose o non riuscirà mai accettare che questa è la realtà! Che male c’è?”.

“C’è di male che ti sei premurato di sembrare il solito santo, mentre io sono stato classificato ancora una volta come una minaccia!” gli ringhiò in faccia “L’hai fatto per metterla contro di me? Per attirarla dalla tua parte?”.

“Ehi! Sono io quello che ha mentito sulla morte di Zach per far sì che voi due vi riprendeste il vostro rapporto!” gli ricordò “Le ho solo raccontato la verità, le ho raccontato anche dei miei sbagli!”.

“Sì, come no!” sbuffò Damon “Chissà come mai ha puntato il dito dritto contro di me per la morte della sua amica. Chissà perché tra te, me e Caroline, sono io il pazzo assassino”.

“Non c’è bisogno di me per farti sembrare un pazzo assassino. Ci riesci benissimo da solo” replicò Stefan con altrettanta freddezza.

I canini di Damon si allungarono mostrandosi a Stefan. Lo tirò giù dal letto afferrandolo per la canottiera che indossava per dormire “Non dovevi raccontare la mia parte della storia”.

“Allora perché non gliel’hai raccontata tu?” lo affrontò Stefan scrollandoselo di dosso.

“Non sono affari tuoi”.

Stefan lo guardò sorridendo amaramente “Non glielo hai detto perché sei un codardo, Damon, perché ti vergogni del tuo passato e non vuoi che lei sappia che razza di persona sei”.

Damon ringhiò sommessamente e indurì gli occhi in direzione di Stefan; tuttavia non lo contraddisse.

“Allora c’è qualcuno che riesce ancora a farti provare un po’ di vergogna” rincarò Stefan “Qualcuno che non sia la mia ragazza” precisò.

Damon avrebbe potuto davvero ucciderlo. Sentiva il sangue salirgli agli occhi, i canini più lunghi, la rabbia che gli montava dentro.

Il cellulare vibrò nella sua tasca. Damon avrebbe voluto ignorarlo, ma sapeva chi lo stava chiamando e non poteva non rispondere.

“Io scenderei in salone se fossi in te” disse a Stefan e scese all’ingresso, andando ad aprire la porta. Caroline se ne stava sulla soglia, un’espressione stravolta in volto, niente a che vedere con l’aspetto raggiante di qualche ora prima.

“Caroline che ci fai qui a quest’ora?” domandò Stefan alla spalle di Damon.

“Le ho chiesto io di venire” rispose quest’ultimo, spostandosi per permetterle di entrare.

“Perché?”.

Caroline si voltò confusa verso Damon “Non gliel’hai ancora detto?”.

“Me ne sono dimenticato, colpa mia!” disse Damon con un’alzata di spalle “Tyler ha ucciso un ragazzo stanotte, questo lo rende a tutti gli effetti un grazioso lupacchiotto”.

“Non l’ha ucciso” lo corresse Caroline “E’ stato un incidente”.

“Ma è morto, giusto?” continuò Damon “Il risultato è lo stesso, incidente o meno”.

“Fermi un attimo” li bloccò Stefan “Tyler ha scatenato la maledizione?” richiese in conferma.

“Cento punti al Golden Boy” ironizzò Damon.

Stefan lo ignorò e si passò le mani tra i capelli “Che vuoi fare, Care?” le domandò escludendo apposta Damon dalla conversazione. Conosceva già la soluzione del fratello.

“Non lo so” ammise Caroline “Per ora è in ospedale con la sua famiglia per degli accertamenti. Non sa ancora che cosa gli accadrà”.

“Non aggirate l’ostacolo con queste stupide digressioni” li rimproverò Damon “Sapete entrambi cosa è necessario fare. Dobbiamo evitare che la notizia si diffonda e possibilmente impedirgli di attirare troppo l’attenzione con altre morti, inclusa la nostra” dichiarò “E c’è un unico modo per …”.

“No” lo fermò Caroline che finalmente aveva capito le intenzioni del vampiro “Tyler è un mio amico, non possiamo fargli del male!” si oppose.

“Sei per caso impazzita, Baby Vamp? Il suo morso è letale per noi! Non puoi addestrarlo come un cagnolino da compagnia!”.

“Lo aiuterò io” si offrì la ragazza “Lo aiuterò a tenere un profilo basso, lo chiuderò da qualche parte durante la luna piena, nessuno saprà cosa è diventato”.

“No, no, niente da fare” negò Damon con forza “Un solo passo falso e tu sei morta. E noi saremo tutti in pericolo, perché questa città sarà infestata da un branco di sudici lupi che verranno in aiuto del cucciolo!”.

“Noi non uccideremo Tyler” s’impose Stefan.

“Nessuno ha chiesto la tua opinione frat-”.

“Ti prego” mormorò Caroline con un groppo in gola “Ti prometto che baderò io a lui, ci starò attenta, ma non fargli del male. Me lo devi, Damon” questa era una chiara allusione a ciò che Caroline aveva passato per colpa del vampiro.

“Siete tutti e due degli idioti” li insultò Damon “Fa’ come vuoi” acconsentì seppur malvolentieri “Ma se per caso lo becco a scodinzolare in giro quando non dovrebbe, tu sarai la seconda a morire … dopo di lui”.

 

Spiegare ai genitori di Clara come era stato possibile che la loro figlia venisse uccisa in una cittadina apparentemente tranquilla come Fell’s Church, era stato oltremodo straziante.

Fortunatamente Liz Forbes, in quella circostanza, era stata d’aiuto. Appena era arrivata sul posto, aveva capito subito che si trattava dell’opera di un vampiro. Perciò aveva cercato d’insabbiare la cosa, spacciandola per l’ennesimo attacco animale. Che animale fosse, rimaneva un bel mistero per la maggior parte dei cittadini, che iniziavano a chiedersi se fosse ancora sicuro girare per le vie del paese con una bestia così pericolosa in circolazione.

Bonnie aveva affrontato l’interrogatorio con una calma che rasentava quasi la rassegnazione. Una perfetta maschera che si era frantumata in un istante non appena aveva lasciato l’ufficio dello sceriffo e aveva incontrato lo sguardo severo dei genitori di Clara. Uno sguardo accusatorio.

Il funerale si sarebbe tenuto due giorni dopo, in Italia. Bonnie era stata freddamente invitata a non presentarsi ed in ogni caso non avrebbe avuto il coraggio di partecipare alla cerimonia. Non sotto gli occhi di amici e parenti della ragazza che la incolpavano per la sua morte.

Non avresti dovuto farla uscire da sola! Avresti dovuto avvertirla del pericolo, avresti dovuto tenerla d’occhio. Le aveva urlato addosso la madre di Clara quel giorno al commissariato di polizia.

Bonnie si era ritrovata senza parola, con la gola intoppata dai singhiozzi. Aveva sentito Stefan abbracciarla e portarla verso l’uscita, verso la macchina.

Bonnie non poteva biasimare i genitori di Clara, anzi dava loro completa ragione: era tutta colpa sua se Clara era stata uccisa. Non avrebbe dovuto permetterle di venire a trovarla, avrebbe potuto trovare qualche scusa, avrebbe dovuto tenerla lontana, ma voleva così tanto riavere un assaggio di normalità che non aveva pensato che una città come Fell’s Church non fosse affatto un luogo sicuro.

Oltre a Stefan, Damon e Caroline, là fuori ci potevano essere centinaia di vampiri, che sembravano parecchio attratti da quel piccolo paese della Virginia.

“Bonnie, Bonnie mi stai ascoltando?”.

La rossa alzò la testa dal foglio pieno di equazioni “Hai detto qualcosa, Meredith?”.

La bruna sbuffò, posando con un gesto secco la penna “Non hai sentito una sola parola della mia spiegazione, vero?” il tono era quello di una domanda, ma sembrava più un dato di fatto.

“Mi dispiace … credo di essermi distratta” si scusò con voce flebile.

“Bonnie, se non te la senti di fare ripetizioni, va bene” la rassicurò Meredith “Basta che me lo dici, però! Non possiamo stare qui tutto il pomeriggio con te su un altro pianeta e con me che parlo a vuoto!”.

“No, no,  io voglio fare lezione” disse convinta “Scusami, Mere! Starò attenta, promesso” le assicurò mettendosi una mano sul cuore.

Meredith le diede un’occhiata poco sicura, poi s’incurvò di nuovo sui libri, pronta a riprendere la spiegazione daccapo, ma fu a quel punto che Bonnie la interruppe di nuovo “Secondo te passerà mai?”.

Meredith riportò gli occhi sulla ragazza seduta di fronte a lei “Cosa?”.

“Questo senso di vuoto, questo senso di colpa, questa confusione che ho in testa, questa sensazione di irrealtà. Secondo te smetterà di fare così male?”.

Meredith aspettò un attimo prima di rispondere; non si sentiva proprio la persona più adatta. Lei non aveva mai sperimentato la perdita di qualcuno amato. Elena forse poteva essere più d’aiuto, ma lei …?

Elena, però, in quel momento non c’era e Bonnie stava cercando così disperatamente delle certezze che Meredith non poté negargliele.

“Tutto passa prima o poi” affermò con un tono talmente deciso che riuscì a trasformare quella frase così banale in una verità assoluta.

“Ho paura di non riuscire a resistere ancora molto. Vorrei solo smettere di sentire, almeno per poco” confessò Bonnie dondolandosi sulla sedia come una bambina.

“Ti serve solo del tempo” continuò Meredith “Non sarà sempre tutto così nero”.

“E cosa faccio mentre aspetto i colori?” chiese Bonnie con un sarcasmo non molto adatto a quel discorso.

“Respira, mangia, dormi, svegliati e rifallo daccapo finché un giorno non sarà più tutto così difficile*”.

Bonnie annuì mestamente e fece per ritornare ai suoi esercizi di matematica, quando Meredith riprese a parlare “Ascoltami, Bonnie, so che questa per te può sembrare la fine di tutto, ma non lo è. La vita va avanti e … è giusto che tu ti senta afflitta, ma non lasciare che il dolore ti vinca. Tu hai attraversato la morte di tuo fratello, la scoperta che Stefan e Damon sono vampiri, sei riuscita a superarlo. Ce la farai anche questa volta. Solo … non pensare che la vita non possa essere migliore di così, perché tutto andrà al suo posto e tu ti sentirai bene alla fine” le disse prendendole le mani, quasi come una mamma a una figlia “Guarda Elena, per esempio, è rimasta orfana, ma si è fatta forza e è riuscita a trovare un po’ di tranquillità” tralasciò il fatto che il suo ragazzo fosse un vampiro e che il fratello di questo fino a poco meno di un mese prima si divertisse ad insidiarla e minacciarla “Oppure Caroline: è diventata un vampiro, ci ha messo un po’ ad imparare a gestire la sua nuova natura, è maturata e adesso sta bene, nonostante tutto quello che Damon le ha fatto”.

“Perché che cosa le ha fatto Damon?”.

Meredith avrebbe voluto mordersi la lingua dopo aver pronunciato quelle parole. Ecco un’altra cosa che i fratelli Salvatore avevano tenuto nascosto a Bonnie. Meredith non era una pettegola e non ricavava nemmeno tanto piacere nell’immischiarsi nei fatti altrui, ma riteneva una cosa davvero ingiusta ciò che tutti stavano facendo a Bonnie (lei compresa). Impedirle di conoscere la verità sulla morte del fratello, tutti quei segreti riguardo alla sua famiglia, quel tacito accordo per cui nessuno aveva il coraggio di svelarle tutto. Era sul serio il modo migliore di agire?

A quel punto Meredith si trovò di fronte ad un bivio: inventarsi in fretta una scusa e lasciare cadere il discorso nel vuoto o essere sincera.

Optò per la seconda scelta; non perché volesse fare la guastafeste a tutti i costi, ma perché credeva fermamente che Bonnie dovesse sapere con chi condivideva casa. Meredith non si fidava ancora di Damon. Non si era mai fidata. Lei non era Elena, né tantomeno Caroline. Lei non aveva mai subito il fascino del bel vampiro, lo aveva inquadrato nel primo momento in cui lo aveva visto.

Stava cambiando? Questo non era ancora in grado di dirlo. Forse era solo una messinscena per entrare nelle grazie di Elena, forse il peso di tutte le sue scelleratezze cominciava a schiacciarlo, ma chi era lei per poterlo giurare?

Per questo decise di parlare, per proteggere Bonnie. Bonnie che stava cercando così ostinatamente di ritrovare le sicurezze che aveva da bambina, Bonnie che lottava per distinguere realtà da finzione, Bonnie che vedeva il suo futuro così ambiguo. Forse quello che la bruna le stava per dire l’avrebbe confusa ancora di più, forse l’avrebbe aiutata a fare chiarezza, ma in ogni caso sarebbe stata la verità e Bonnie se ne meritava almeno un po’.

“Qualche mese fa Stefan è arrivato qui a Fell’s Church” incominciò Meredith “Stava solo cercando di fare una vita normale, da persona normale. Si è unito alla squadra di football, è diventato amico di Matt e ha iniziato a frequentare Elena. Certo non è stato semplice all’inizio, ma poi si è integrato alla grande. Nel frattempo ci sono stati incidenti, alcuni sono morti, il signor Tanner è stato ucciso alla festa di Halloween” qui rabbrividì al ricordo del cadavere senza vita del suo insegnante “Vicki Bennett è stata attaccata al cimitero … nessuno riusciva a capire che diamine stesse accadendo, finché Damon non ha fatto la sua entrata in scena. Era ritornato solo per rendere la vita di Stefan un inferno, come sta facendo praticamente da mezzo millennio. All’inizio voleva che la colpa di tutti quegli incidenti ricadesse su Stefan, poi ha cercato di intromettersi nella sua relazione con Elena” fece una pausa per riprendere fiato, poi proseguì “Ma per farlo gli serviva una specie di aggancio ed è qui che è entrata in gioco Caroline. Damon l’ha sedotta, l’ha incantata, l’ha usata per i suoi bisogni di sangue e sesso, l’ha usata per intromettersi nella vita di Elena. Quando ha capito che Caroline non lo stava aiutando a raggiungere il suo obiettivo, l’ha mollata. Poi Stefan ha dato a tutte dei ciondoli con la verbena e Damon si è convinto a lasciarla stare una volta per tutte**” finì il suo discorso senza distogliere lo sguardo dagli occhi di Bonnie.

La rossa rimase in silenzio, con le labbra contratte. Meredith non seppe dire che cosa passò nella testa della ragazza in quel momento, ma si sorprese quando Bonnie ruppe il silenzio con una domanda un po’ inattesa “Ma ora è cambiato?”.

Appariva quasi come una speranza e a Meredith fece un’immensa tenerezza. Dopo tutto quello che aveva sentito, cercava ancora di difenderlo, di cercare una giustificazione.

“Non lo so, Bonnie” ammise Meredith “Ti posso dire che ha smesso di andare in giro a squarciare gole, almeno credo. Ma temo che l’unica ragione sia la sua cotta per Elena- Bonnie sentì lo stomaco contrarsi per qualche ragione sconosciuta- Damon ha capito che non riuscirà mai a conquistare il suo cuore se continua a comportarsi da pazzo irresponsabile***”.

Meredith vide che Bonnie era ancora più crucciata di prima e aggiunse “Senti Bonnie, io non voglio turbarti, ok? Voglio solo che tu stia attenta. Questa non è una favola horror, è la realtà, per quanto sia difficile crederci, è la pura e semplice realtà ed è più complicata di quello che sembra. Tu vuoi ritrovare la tua serenità, ma per farlo devi sapere come stanno davvero le cose, non è più come quando eri una bambina, perciò … non fermarti alle apparenze” le consigliò con un tono estremamente serio “Ma per qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno, io, Elena e Caroline siamo dalla tua parte, siamo qui per te, ok?”.

Bonnie sorrise mentre si asciugava una lacrima che capricciosa le era scivolata lungo la guancia “Grazie, Mere, lo apprezzo tantissimo” e l’abbracciò.

“Ti spiace se finiamo qui la lezione? Vorrei andare a casa” le chiese quando si sciolsero dall’abbraccio.

Meredith acconsentì e guardò Bonnie che ritirava le sue cose e usciva dall’aula. E si chiese se avesse fatto la cosa giusta o se avesse incasinato ancora di più tutto.

Bonnie volò praticamente fuori dalla classe, tirandosi più su sulla spalla la borsa a tracolla. Fece due passì e si scontrò con un ragazzo. Christopher.

“Bonnie” disse lui con voce stupita “Non mi aspettavo di trovarti qui”.

“Stavo facendo ripetizioni di matematica” spiegò lei.

“Bonnie” la chiamò di nuovo Christopher “Ho sentito della tua amica. Mi dispiace davvero tanto. E se volessi sfogarti o qualsiasi cosa, io ci sono”.

Il volto della rossa si scurì “Ti ringrazio, ma ora ho bisogno di tempo per stare sola e sistemare un po’ di cose”.

Christopher annuì comprensivo “Tranquilla, non ti voglio forzare, volevo solo che lo sapessi”.

“Grazie ancora” gli disse Bonnie con un mezzo sorriso e si diresse verso l’uscita.

 

Damon cominciava a trovare la cosa piuttosto irritante. Si sentiva sotto osservazione, come un animale chiuso in una gabbia tenuto costantemente sotto controllo per qualche strano esperimento.

Quando non poté più resistere, si volse verso la porta aperta della biblioteca e fissò di sbieco la ragazza che se ne stava in piedi senza staccargli gli occhi di dosso. “Ti serve qualcosa, Bonnie?”.

Bonnie non rispose, ma si diresse verso di lui e poggiò le mani sui braccioli della poltrona su cui era seduto e la girò aiutandosi con le rotelle sottostanti, verso la finestra. La luce del sole inondò Damon che si coprì gli occhi con una mano, senza capire cosa volesse fare Bonnie.

“Tu non luccichi” dichiarò lei.

Damon pensò che la morte di Clara dovesse averla mandata completamente fuori di testa. “Dovrei?” le chiese incerto.

“No” mormorò Bonnie con uno sbuffo “E’ che sto cercando di trovare informazioni sui vampiri, voglio farmi una cultura e ho chiesto a Caroline se a casa aveva dei libri che potessero aiutarmi, ma aveva solo la saga di Twilight; non mi sembra che corrisponda alla realtà, però …”.

“Oh no” gemette Damon “Non un’altra fan dei vampiri vegetariani! Non ho mai letto tante cazzate come in quel libro” disse con disgusto “Vuoi leggere qualcosa d’interessante e vero sui vampiri? Chiedi a me” le consigliò alzandosi e dirigendosi verso gli scaffali della libreria. Fece scorrere l’indice sulla mensola fino al titolo che stava cercando “Ecco, questo sì che è un libro come si deve!”.

Bonnie lo prese tra le mani e aggrottò le sopracciglia “Intervista col vampiro? Ho visto il film, mi è piaciuto”.

“Si non era fatto male” concordò Damon “Ma devi assolutamente leggere qualcosa di Anne Rice, quella ne sa di vampiri. Sospetto che sia una di noi o che ne abbia conosciuto almeno uno. Magari ‘Intervista col vampiro’ è una specie di autobiografia, magari era lei l’intervistatrice” suppose piuttosto compiaciuto.

“Teoria interessante, prova a venderla a qualche giornale. Magari farai i soldi” lo prese in giro Bonnie.

Damon in risposta ghignò e riportò l’attenzione alla libreria “Da qualche parte ci dovrebbe anche essere il Dracula di Stoker …” solo in quel momento notò com’era vestita la ragazza e per poco non saltò fuori dai suoi stessi indumenti. Una divisa da cheerleader. La bocca del vampiro si piegò in una posa sconcertata. Non che Bonnie stesse male, anzi stava fin troppo bene, con quella gonna così corta da mostrare le gambe non molto lunghe ma sottili e toniche, così corta che Damon quasi poteva figurarsi il suo sed-. Damon si riscosse prima di aver la possibilità di formulare quel pensiero poco casto. Bonnie aveva un lato B favoloso, piccolo e ben definito ( era una cosa fin troppo evidente sia che lei indossasse i Jeans o una gonna), ma non era quello il punto.

Il punto era Bonnie, ragazza pompon. Bonnie che non aveva l’aria di una ragazza pompon, che era riservata e pudica, che non si sarebbe mai messa in mostra in quella divisa così aderente di sua spontanea volontà.

“Che c’è?” chiese Bonnie imbarazzata dal modo in cui Damon la stava guardando “L’ho provata per vedere se mi stava bene” si lisciò un po’ la gonna “N-non sto bene?”.

“Io la uccido!” sentenziò Damon senza nemmeno risponderle.

“Chi?” domandò Bonnie sorpresa.

“Caroline” disse Damon “Le avevo chiesto di coinvolgerti in qualche attività extrascolastica, non le aveva detto di trasformarti in una sua copia!”.

“Non prendertela con Caroline! Mi fa piacere far parte di una squadra, mi distrae” replicò Bonnie.

“Ci sono centinai di squadre oltre le cheerleader!”.

“Che c’è di male ad essere una cheerleader?” protestò Bonnie incrociando la braccia sul petto.

“Sono stupide” disse Damon “Tu non lo sei”.

“Care non è stupida!” ribatté Bonnie arrossandosi.

“Si vede che non la conosci bene! Caroline è la capo oca! Guarda solo cosa ti ha consigliato: Twilight! La cagata più cagata tra le cagate!” s’infervorò Damon.

Questa era una bugia. Caroline era stata il colonnello di tutte le oche, ma da quando era diventata un vampiro era cambiata. Più matura, più seria, più consapevole della vita. Meno ragazzina e più donna.

Ad essere sinceri Damon era piuttosto orgoglio di lei. Questo, però, non poteva certo farlo sapere a Bonnie.

“Non dire queste cose di Caroline! Sei tu che non la conosci” lo contraddisse lei “Dopo tutto quello che le hai fatto, non dovresti avere nemmeno il coraggio di chiamarla per nome”.

Damon s’irrigidì. Dopo quello che le hai fatto. Bonnie sapeva? Anche questo?

“Hai fatto un’altra chiacchierata con Santo Stefan?” s’informò, già pronto a spezzare il collo del fratello, questa volta definitivamente.

“No, non è stato Stefan a dirmelo”.

Damon assottigliò gli occhi. Allora chi? Poi si diede dello stupido da solo per non averci pensato prima. Chi altri poteva averglielo rivelato se non colei che una settimana prima aveva declamato la necessità di essere totalmente onesti.

“Ma certo, la ragazza inquietante!” esclamò Damon “Dovrò suggerire ad Alaric di dire alla sua fidanzata di farsi un po’ più gli affari suoi”.

“Ha fatto bene a dirmelo” la difese Bonnie “Io voglio sapere tutto”.

“Allora buon per te!” si congratulò Damon “Comunque se proprio lo vuoi sapere: la nostra neovampira mi ha preso a calci quando ha scoperto che cosa le avevo fatto. Direi che si è vendicata ampiamente”.

“L’hai soggiogata, l’hai usata come riserva di sangue ambulante, ti sei approfittato di lei e poi l’hai scaricata come spazzatura. Non credo esista vendetta abbastanza soddisfacente” e con questo lasciò la stanza.

Damon rimase attonito al centro della biblioteca. Gli sembrava di essere stato sbalzato tutto a un tratto in uno di quei programmi ad eliminazione, in cui il conduttore gli annunciava che era  stato nominato.

In quel caso la frase suonava più come “Damon Salvatore sei appena stato freddato”.

   

“Chi ha smesso di credere in Dio o nel bene, continua a credere lo stesso nel diavolo. Non so perché. No, anzi lo so: il male è sempre possibile. E il bene è eternamente difficile****”.

Bonnie chiuse il libro e lo appoggiò sulle ginocchia, tenendo il segno con un dito.

Era forse quella la soluzione? La facilità del male? Era per quello che Damon nemmeno provava a fare la parte del buono, perché il bene costava una fatica continua? Forse quello voleva dire essere dei vampiri: scegliere la via più facile.

Spegnere le emozioni, far finta di non vedere il male che si provocava, inebriarsi del sangue e fuggire dai problemi, dai legami e dagli affetti.

Bonnie si sentì male per Stefan e Damon. Erano vampiri da così tanto tempo e forse si erano dimenticati cosa significasse voler bene a qualcuno. No, Stefan lo sapeva: lui amava Elena, lui aveva combattuto la sua natura e aveva riscoperto il suo lato umano. Quanto ce n’erano come lui, però? Uno su un milione?

Damon era così diverso da Stefan, aveva abbracciato la sua natura senza esitazioni. Lei poteva davvero biasimarlo? Forse si sarebbe comportata allo stesso modo. Una vita senza sofferenze era il sogno di chiunque, ma Bonnie non era tanto certa che Damon non soffrisse, anzi probabilmente era diventato così insensibile proprio per il sentir troppo.

Bonnie era così confusa. Voleva di fidarsi di Damon, ma c’era qualcosa che glielo impediva; quello stesso qualcosa che due sere prima l’aveva spinta ad incolparlo senza indugi. Perché era stato così facile accusarlo.

Il vampiro perfido, egoista e senza rimorsi; un colpevole coi fiocchi. Bonnie aveva sentito il bisogno di trovare un capro espiatorio, qualcuno con cui prendersela, qualcuno con un motivo e con la forza di compiere un atto tanto orribile, perché la morte di Clara non poteva rimanere così, senza senso.

Allo stesso modo aveva bisogno anche di convincersi che le uniche due persone rimastale al mondo non le avrebbero mai fatto una cosa simile.

Perché se Damon avesse davvero ucciso Clara, per Bonnie avrebbe voluto dire perdere anche lui e proprio non avrebbe avuto la forza di sopportarlo. Non due persone nella stessa sera.

Ora si aggiungeva anche la storia di Caroline e ancora una volta Bonnie non si era trattenuta dal rimproverare Damon per il suo atteggiamento. E ancora una volta, in quel preciso istante, sentiva la voglia di andare da lui e sistemare le cose.

Per questo stava cercando di capire che cosa volesse dire essere un vampiro. Se l’avesse scoperto, forse l’avrebbe accettato, forse l’avrebbe smessa di comportarsi come una schizofrenica.

“Sono stufo della gente che parla di me alle mie spalle. Vuoi sapere come sono andate le cose? Allora chiedi a me!” ringhiò Damon entrando come una furia  in camera e sbattendo la porta.

Bonnie seduta sul letto, sobbalzò violentemente e per poco non le cadde il libro che stava leggendo dalle mani.

“Che cosa hai detto?” chiese lei un po’ intontita da quell’ingresso così burrascoso.

“Hai sentito benissimo” la gelò Damon “Non accetto di essere preso in giro! Sono giorni che mi accusi per quello che altri hanno detto di me, poi dici di perdonarmi, fai tutta la carina e di nuovo mi tratti come il peggiore degli assassini. Vuoi odiarmi? Va bene, odiami! Ma smettila di contraddirti”.

“Io non ti odio” rispose senza esitazioni Bonnie “Io … ho provato a chiederti di raccontarmi della tua vita, ma non hai voluto!” si giustificò.

“Perché mi avresti creduto dopo le parole di Stefan e Meredith?”.

“Te l’ho chiesto prima” gli fece notare Bonnie. Damon distolse lo sguardo e si sedette sulla poltrona a fianco al letto, con fare scocciato. C’era qualcosa nella sua espressione di diverso, sembrava … deluso? Bonnie si maledì! Alla fine era sempre lei quella che si sentiva in colpa!

“Ricordi quando l’altro giorno mi hai chiesto se avevo paura di te?” incominciò Bonnie “E che io ti ho risposto di sì? Beh, è vero, a volte mi fai paura” confermò nuovamente “Ma io non voglio avere paura di te”. Era la verità.

“Anche io vorrei un sacco di cose, ragazzina, non per questo accadranno” la demolì Damon con il suo solito cinismo.

“Raccontami della tua vita da vampiro” lo incalzò lei.

“A che servirebbe? Stefan ti ha già detto tutto”.

“Stefan non … non m’interessa di quello che ha detto Stefan. Raccontami la tua versione” cercò di incitarlo Bonnie.

“Non c’è una mia versione, tutto quello che ti hanno detto Stefan o Meredith è vero. Io sono così. Non provo rimorso per quello che ho fatto. Sono un vampiro, mi comporto da tale, è nella mia natura. Sono senza cuore, d’altronde l’hai detto anche tu non meno di qualche giorno fa” affermò convito Damon “Penso solo alla mia felicità, degli altri me ne frego”.

Allora Bonnie capì, capì in pieno il senso della frase che aveva appena letto.

Essere un vampiro non voleva dire per forza possedere la felicità assoluta, anzi forse per un vampiro la felicità consisteva in un sogno irrealizzabile. Come si poteva essere felici quando la propria sopravvivenza dipendeva dalla violenza verso altri?  Le emozioni si potevano spegnere, ma Stefan le aveva assicurato che non era una condizione eterna, prima o poi sarebbero ritornate. Ma era la loro natura, non potevano sottrarsi alla loro indole, quindi erano legati indissolubilmente a un destino d’infelicità? Cominciava finalmente a comprendere i continui cambi di umore di Damon, a comprendere la sua finzione. Damon aveva bisogno della sua maschera da menefreghista crudele o non sarebbe riuscito a sopravvivere al dolore di  una vita a metà.

“So che t’importa, Damon, puoi anche non ammetterlo, ma di qualcuno t’importa” lo riprese Bonnie.

“Ah sì? E di chi?”.

“Di me t’importa” dichiarò con un coraggio che non pensava neanche di avere.

“Ma va? Cosa ti fa credere di essere così importante per me? Non sei un po’ troppo vanitosa, ragazzina?” la prese in giro, ma Bonnie era serissima. Si avvicinò a lui e gli si inginocchiò di fronte. Si tirò su la manica della maglia e gli offrì il polso “Allora mordimi” comandò.

“Cosa?”.

“Se non t’importa di me, trattami come tutti gli altri. Mordimi” Bonnie stava giocando con il fuoco, ma in quel momento era più risoluta che mai.

Damon alzò le sopracciglia e le scostò il polso “Ti farà male”.

“Che t’importa?” lo incastrò Bonnie, rimettendo il polso davanti alla sua bocca.

“Non ti morderò Bonnie, rinunciaci” cedette Damon, allontanando la mano della ragazza di nuovo.

“Perché t’importa” ne concluse Bonnie “E anche a me importa di te” gli confidò.

“Non fai un grande affare, sai? Ne rimarrai delusa” l’avvertì.

Bonnie sorrise, ma di un sorriso che sapeva tanto di canzonatorio “Ti credi tanto spietato, Damon? Ti credi un essere disumano? Sei terribilmente umano, Damon, a volte sei più umano di Stefan”.

Damon scoppiò a ridere “Questa non me l’avevano ancora detta!”.

“Hai sofferto nella tua vita” disse Bonnie “E ti sei lasciato andare all’istinto, per distrarti, per non sentire più, per smettere di soffrire e questo è un atteggiamento tipicamente umano. Per noi, quando stiamo male, è molto più normale avere reazioni incoerenti, estreme, a volte violente, piuttosto che cercare di controllarci come fa Stefan. Noi abbiamo voglia di spaccare tutto, mandare il mondo a quel paese, far finta che i problemi non esistano, cancellarli e ignorarli. Tu non sei molto diverso di tanti uomini che sono là fuori”.

Sei uno schiavo della sofferenza esattamente come noi.

“Ne conosci tanti che insidiano giovani fanciulle a donare il loro sangue? Che seducono mamma e figlia per portarle a letto, morderle e infine ucciderle?” stava cercando di evitare il discorso, di nascondersi, di farla arrabbiare ed essere lasciato in pace, ma Bonnie non demorse.

Ripensò alle parole di Meredith.

Tu vuoi ritrovare la tua serenità, ma per farlo devi sapere come stanno davvero le cose, non è più come quando eri una bambina, perciò … non fermarti alle apparenze”.

Lei non si sarebbe fermata alle apparenze, perché Damon poteva apparire un vampiro sanguinario, ma era solo uno schermo e di questo Bonnie ne era convinta come mai in vita sua.

“Ma per qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno, io, Elena e Caroline siamo dalla tua parte, siamo qui per te, ok?”.

Chi c’era per Damon? Chi stava dalla sua parte? Era forse per questo che si era così tanto chiuso nel suo personaggio? Perché nessuno voleva capirlo?

“Sei un vampiro, è nella tua natura” ripeté le stesse parole che poco prima proprio Damon aveva pronunciato “Non approvo quello che fai, ma non posso cambiarti perché lo voglio io. Quando ti sentirai pronto, quando sarai tu a voler diventare migliore, allora lo farai. Per adesso, ho capito che ti devo accettare così come sei e ti difenderò … sarò dalla tua parte”.

Damon restò sbalordito dalla parole di Bonnie. Era la prima volta che qualcuno non lo spingeva ad essere “l’uomo migliore”, a fare l’eroe, che qualcuno decideva di stargli accanto pur sapendo che forse non sarebbe mai cambiato.

Era come avere un’amica ed lo faceva stare bene. I suoi occhi si rabbuiarono quando gli sovvenne che Bonnie non conosceva ancora la vera morte di Zach. Se mai l’avesse scoperta, si sarebbe rimangiata tutto.

“Aspetta a parlare” l’avvisò con tono tetro.

Bonnie assottigliò gli occhi un po’ ferita da quella affermazione, perché aveva capito che Damon non voleva aprirsi di lei. Fu lì per lì per rispondere, ma il campanello suonò.

Si mossero contemporaneamente. Uscirono dalla stanza, giù per la scala fino all’ingresso. Bonnie aprì la porta. Sulla soglia stava Elena tutta sorridente.

“Elena?” disse Bonnie sorpresa “Non dovevamo trovarci da te tra un’ora?”.

Il sorriso di Elena s’incrinò leggermente ma riprese subito vigore “Sì, ho pensato di salutare Stefan. Poi possiamo andare insieme a casa mia” si offrì “Ciao anche a te Damon” salutò.

“Ok, va bene! Intanto che saluti Stefan, io devo ancora fare la doccia e cambiarmi. Forza, ent-”.

“Bonnie, non invitarla” ordinò Damon che non aveva distolto lo sguardo da Elena.

Bonnie si girò verso di lui “Che stai dicendo?”.

“Quello che ho detto, non devi invitarla, non è la benvenuta” dichiarò fissando Elena dritto negli occhi. Lei ricambiò lo sguardo di sfida.

“Non essere così scortese!” lo rimproverò Bonnie.

“Va’ in camera tua” le impose Damon.

“Cosa? Perché? Ma che hai?”.

“Bonnie, obbediscimi, va’ in camera tua e restaci!” le ripeté.

Bonnie titubante abbandonò l’ingresso e salì al piano superiore. Quando Damon non la vide più, si girò verso la bionda “Hai davvero una bella faccia tosta a presentarti qui, Katherine”.

“E’ un piacere rivederti, Damon. Un po’ mi sei mancato sai?”.

 

“Stefan!” esclamò Bonnie entrando in camera del vampiro “Tuo fratello è completamente impazzito!”.

“Che è successo?” chiese preoccupato saltando giù dal letto.

“Non so che gli è preso. È arrivata Elena, è giù all’ingresso. Lui ha cominciato a trattarla male e mi ha ordinato di non invitarla. Non so perché! Ehi, ma dove vai?” s’indispettì Bonnie vedendolo correre verso la porta.

“Sta’ in camera tua, Bonnie” le gridò lui che aveva già capito il problema.

Bonnie non si fece persuadere così in fretta! Lei voleva sapere che diamine stava accadendo. Perciò lo seguì di nuovo all’entrata, dove Damon se ne stava ancora davanti ad Elena, fuori dalla casa.

Stefan raggiunse il fratello e Bonnie rimanendo alle loro spalle urlò “Qualcuno mi spiega perché vi state comport-” non poté finire la frase.

I due Salvatore si voltarono e le gridarono all’unisono “Ti ho detto di stare in camera tua!” poi non la degnarono più della loro attenzione.

Bonnie strinse i pungi e fece dietrofront verso la sua stanza, come una bambina mandata in castigo dopo aver fatto qualcosa di male.

Si buttò sul letto e incrociò le braccia sul petto e mise il broncio. Attese. Prima o poi sarebbero saliti a spiegarle tutto. O almeno sperava.

Passarono alcuni minuti e sentì vociferare lungo il corridoio. In punta di piedi raggiunse la porta e allungò il collo fuori, guardando a destra e a sinistra. Damon e Stefan erano in fondo, vicino alla camera di quest’ultimo.

“Come si è permessa di ritornare?” stava inveendo Damon.

“Dopo tutti questi anni ci deve essere un motivo. Non può aver deciso così di punto in bianco di tornare” ipotizzò Stefan.

“Se proprio devi spiare, fallo in modo più discreto” disse Damon girandosi verso Bonnie. La ragazza arrossì per essere stata colta in flagrante.

“Suppongo che tu non abbia raccontato a Bonnie un particolare molto interessante su Katherine” ipotizzò Damon rivolgendosi a Stefan.

Il fratello scosse la testa “Speravo non si facesse più vedere e non volevo coinvolgere Bonnie” spiegò Stefan.

“Oh certo!” ghignò Damon “Scopriamo che quella pazza è viva, viene in città, trasforma Caroline e tu non pensi di dire a Bonnie che Katherine è la copia di Elena!”.

“Cosa?” strabuzzò gli occhi Bonnie.

“Ti ho detto che non volevo metterla in pericolo! Stavo facendo esattamente il contrario!” si arrabbiò Stefan.

“Ragazzi!” li richiamò Bonnie “Io sono qui!” entrambi si voltarono verso di lei “E voglio sapere che cosa sta succedendo”.

“Succede che la vampira sgualdrina ha i giorni contati, perché se si rifà viva, la uccido con le mie mani” grugnì Damon dileguandosi.

“Tu devi andare da Elena, giusto?” le chiese Stefan.

Bonnie annuì.

“Ti accompagno io. Ti spiego strada facendo”.

 

“Katherine si è presentata a casa tua?” disse Caroline allibita.

“Che ti aspettavi?” saltò su Meredith “E’ tornata in città, ti ha trasformata nella moglie di Dracula e davvero credevi che sarebbe sparita per altri 500 anni?”.

“Giusto questa mi mancava!” esclamò Elena “Un altro pericolo per zia Judith e Margaret. Mi spiegate come faccio a proteggerle? Se dicessi la verità, mi prenderebbero per matta. Che casino di famiglia!”.

“Non dirlo a me!” si lamentò Bonnie “Damon si è chiuso in camera sua e dai rumori sembra sia esplosa una bomba. Stefan tra un po’ scoppierà per tutte queste preoccupazioni. Non so come aiutarli”.

“Senza offesa Bonnie, ma prima di tutto devi cominciare a stare bene tu, prima di fa star bene gli altri” le consigliò Meredith.

“Ed è per questo che sei qui” esultò Caroline battendo le mani.

Bonnie guardò stranita le tre.

“Sai, oggi, quando abbiamo parlato, ho avuto l’impressione di averti scombussolata un po’, quindi ho pensato di rimediare” spiegò Meredith.

Elena apparve alle spalle della rossa e con delicatezza le allacciò una catenina al collo. Era la stessa collana che indossavano in quel momento le altre tre.

“Noi siamo sempre state grandi amiche, fin da piccole” cominciò a raccontare la bionda “Eravamo sempre insieme, c’eravamo l’una per l’altra, tanto da sentirci come delle sorelle”.

“Allora abbiamo iniziato a pensare un nome, come una specie di club” continuò Caroline “Dopo varie proposte, ne è uscito ‘sorellanza velociraptor’ ”.

“Sorellanza velociraptor?” ripeté Bonnie alzando un sopracciglio.

“Sì, sai … sorellanza perché siamo come sorelle e velociraptor perché se una ha bisogno le altre arrivano alla velocità della luce”.

“Perciò da oggi tu fai ufficialmente parte della nostra sorellanza!” le sorrise Elena.

Bonnie rimase di sasso.

“Se ti va …” titubò Elena, spiazzata dalla non- reazione della rossa.

Poi Bonnie scoppiò in una fragorosa risata e corse ad abbracciare le tre. Caddero sul letto di Elena e rotolarono fino a terra ridendo.

Bonnie si strinse la catenina che pendeva al suo collo.

Forse le cose cominciavano davvero ad andare al loro posto.

 

 Chiquitita, you and I know
How the heartaches come and they go and the scars they're leaving
You'll be dancing once again and the pain will end
You will have no time for grieving
Chiquitita, you and I cry
But the sun is still in the sky and shining above you
Let me hear you sing once more like you did before
Sing a new song, Chiquitita
Try once more like you did before
Sing a new song, Chiquitita”

(Chiquitita- ABBA)

 

Il mio spazio:  

Ciao a tutti!!! Sono riuscita ad aggiornare in tempi decenti stavolta!

Vi confesso che sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo, ma è la vostra opinione quella che conta quindi mi raccomando fatemi sapere! ;)

Dunque vi annuncio che per qualche capitolo per Bonnie ci saranno solo buone notizie, basta morti e tristezze per un po’. Questa ragazza ha decisamente bisogno di riprendersi e di aggiustare le cose e io ho il dovere di darle il tempo per farlo.

Allora Katherine ha fatto finalmente la sua comparsa, credo che ve lo aspettaste! Tranquille la sua conversazione con i fratelli Salvatore non è stata completamente eliminata, la potrete leggere nel prossimo capitolo, così come di Tyler. Ho pensato di rimandare la scioccante rivelazione sulla sua licantropia, ma dal prossimo capitolo iniziamo a entrare davvero nel vivo della storia (finalmente direte voi!).

So di scrivere capitoli molto lunghi, ma non riesco a farne a meno. Li trovate noiosi o vanno bene? Perché se li trovate troppo pesanti, posso sempre rimediare.

Ringrazio ancora una volta tutte le fantastiche persone che mi supportano, è davvero gratificante! Per favore continuate così J.

 

*OK, lo ammetto, questa è una frase rubata direttamente dalla bocca di Elena Gilbert dall’episodio 2x22. L’ho trovata perfetta per la situazione.

** Vorrei ricordarvi ancora una volta che tutto ciò che riguarda Caroline è preso dalla serie TV.

*** Meredith non parla delle volte in cui Damon si è intrufolato nella camera di Elena per scambiare il sangue con lei. Questo fatto è accaduto anche nella mia storia, ma da quanto ricordo Elena nella serie della Smith all’inizio non lo racconta alle sue amiche, per questo Meredith non ne parla. Inoltre vi voglio informare che ora Damon ha smesso di scambiare il sangue con Elena, perché sta cercando di diventare un uomo migliore per lei e ha capito che quello non è il modo migliore per farsi amare. Anche Stefan non ne è a conoscenza.

**** Frase tratta dal libro “Intervista col vampiro”.

Bene, ora vi lascio.

Alla prossima, Fran!!!

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Capitolo 12
*** The day's still ashes and wine? ***


Ashes &Wine

Capitolo dodici: The day’s still ashes and wine?

 

Is there a chance?
A fragment of light at the end of the tunnel?
A reason to fight?
Is there a chance you may change your mind?
Or are we ashes and wine?
The day's still ashes and wine
Or are we ashes?
(Ashes and wine- A Fine Frenzy)

  



 

“Hai davvero una bella faccia tosta a presentarti qui, Katherine”.

“E’ un piacere rivederti, Damon. Un po’ mi sei mancato, sai?”.

“Non dirmelo”.

Era vera? Era lei?

Ovvio che era lei! Quel ghigno da seduttrice poteva essere solo suo, ma Damon faticava a crederci lo stesso.

“Mio Dio” mormorò Stefan appena giunto all’ingresso.

“Qualcuno mi spiega perché vi state comport-”.

Damon si voltò “Ti ho detto di stare in camera tua!” sentì Stefan urlare la stessa cosa, poi osservò Bonnie stringere i pungi e salire al piano superiore.

Nella sua mente tirò un sospiro di sollievo.

“Allora, non m’invitate ad entrare?”.

Damon riportò l’attenzione su Katherine “Vuoi anche fermarti a prendere un caffè?”.

“Penso sia meglio che tu te ne vada” le consigliò Stefan con voce ferma.

“Stefan!” s’indignò Katherine “Dopo tutto questo tempo vuoi sbattermi la porta in faccia senza nemmeno chiedermi come sto?”.

“E dove sei stata per tutto questo tempo, Katherine?”.

“Un po’ qua, un po’ là” fu vaga “Il mondo è grande, ci ho messo un po’ a girarlo tutto” spostò il peso su una gamba con fare un po’ scocciato.

“In cinquecento anni non hai trovato nemmeno un minuto per farci sapere che non eri morta?” Damon assottigliò gli occhi, ancora indeciso se baciarla o strangolarla.

“Ho avuto da fare” rispose semplicemente Katherine “Tante cose da fare”.

“Come trasformare Caroline in vampiro” suggerì Stefan.

“Mi sono sempre piaciute le entrate ad effetto” alzò le spalle Katherine “Suvvia, non guardatemi con quegli occhi astiosi” li pregò con un finto broncio “Anche voi due vi siete rifatti una vita, giusto? Soprattutto tu Stefan … mi sembra di averti visto con una biondina che è praticamente la mia brutta copia. Elena, se non sbaglio. Davvero poco originale”.

“Lascia Elena fuori da questa storia” le intimò Stefan.

Un inquietante luccichio passò negli occhi di Katherine “E chi è la pargoletta che volete tenere lontano da me?” chiese alludendo a Bonnie.

“Nessuno” questa volta era stato Damon a parlare “Hai qualcos’altro da dirci?”.

Katherine scosse la testa “Per ora no”.

“Bene, allora ti consiglio ti spostarti se non vuoi beccarti la porta sul naso. Sarebbe davvero poco elegante per te cadere come un sacco di patate”.

Poi la porta si chiuse con un botto.

 

Un altro botto scosse i muri del Pensionato quando Damon scagliò con tutta la sua forza un quadro contro lo specchio di camera sua.

Perché era tornata ora? Perché non poteva semplicemente sparire per altri cinquecento anni?

La morte di Katherine era stata al contempo l’inizio e la fine delle sue inquietudini.  E in quel momento stavano crescendo più forti che mai: prima fra tutte, il confronto con Stefan. Con Katherine non era riuscito ad imporsi su Stefan, con Elena stava perdendo miseramente, ma adesso che la vampira si era rifatta viva, chi avrebbe scelto? E lui sarebbe stato disposto a perdonare tutti quei secoli di silenzio?

Per Katherine sì. Se solo lei gli avesse confessato il suo amore, Damon avrebbe mollato tutto e tutti e l’avrebbe seguita anche in capo al mondo.

Katherine lo amava? E lui? Era amore quello che sentiva per la donna?

Katherine era sempre stata una contraddizione: dolce e fragile, ingenua e riservata, ma quando serviva sapeva essere vendicativa, sfacciata e tagliente.

Forse era iniziato tutto come un modo per infastidire Stefan, un modo per mostrargli ancora una volta tutto il suo rancore, poi si era trasformato in qualcos’altro. Katherine lo aveva stregato, attirato, legato a sé, perché lei era così buona, tanto quanto lui non lo era da tempo.

La sua vita da umano non era stata molto diversa da quella da vampiro: aborrire le responsabilità, andare a donne, ubriacarsi appena ne aveva l’occasione, sperperare i soldi al gioco d’azzardo, rovinare l’esistenza a suo fratello. Sì, decisamente non era cambiato molto, eccetto la sete di sangue e l’immortalità.

Ma Katherine gli aveva ricordato che anche lui poteva essere una brava persona, perché anche in lui c’era del buono. La sua morte era stato un colpo al cuore, tanto forte da fermare il battito per sempre.

La sua Katherine. Sua. Era mai stata davvero sua? Probabilmente no. Avrebbe tanto voluto poter definirla sua, ma lei era sempre stata qualcosa di condiviso. Con Stefan. Come tutto il resto d’altronde.

Damon da che aveva memoria aveva dovuto combattere per tutto: l’amore di Katherine, l’affetto della madre, il rispetto del padre.

Quando aveva visto il corpo incenerito della vampira, aveva provato quasi sollievo: basta competere, non c’era più nulla da vincere.

Katherine, però, non era mai morta. Ora era tornata e da quanto Damon aveva potuto constatare, era cambiata parecchio. Era diventata una vampira vera.

Non c’era traccia di dolcezza nei suoi occhi, solo malizia e sfida.

Sentì Stefan e Bonnie andare via. Chiuse gli occhi e buttò giù un altro sorso di bourbon. Poi scagliò il bicchiere contro il muro.

 

Picchiò la testa contro il volante. Era davanti casa sua da quasi mezz’ora, ma non aveva nessuna intenzione di uscire dalla macchina e suonare il campanello.

Era andata per spiegargli cosa gli stava succedendo, ma cosa poteva dire? Ciao Tyler, lo sai di essere un lupo mannaro?

Nella migliore delle ipotesi avrebbe chiamato sua madre e l’avrebbe fatta arrestare. Il coinvolgimento dello sceriffo era la prima cosa da evitare.

Ricordava ancora quando aveva scoperto di essere un vampiro; sapeva che qualcosa era successa al suo corpo, lo poteva percepire, ma non ci aveva voluto credere. Non subito, pur provandolo sulla sua stessa pelle.

Tyler non si sarebbe comportato diversamente.

Caroline sentiva il bisogno di aiutarlo. Aveva promesso a Damon che lo avrebbe tenuto d’occhio, aveva giurato a se stessa che non gli avrebbe permesso di commettere i suoi stessi errori. Tyler aveva già sulle spalle la morte di un ragazzo (seppur accidentale), non poteva caricarsene altre.

Presse un bel respiro e aprì la portiera. Era sopravvissuta alla morte, avrebbe superato anche quello.

Si diresse con decisione alla porta di casa Smallwood e suonò il campanello. Fu la madre di Tyler ad aprirle con un grosso sorriso.

“Caroline, che piacere, è da molto che non ci vediamo!”.

“Buongiorno signora Smallwood, come sta?”.

“Non c’è male! Sto giusto andando ad una riunione indetta da tua madre” le disse “Sei venuta per vedere Tyler?”.

“Ehm sì … c’è?”.

“Certo, è in camera sua a fare i compiti. Raggiungilo pure”.

Caroline dopo aver ringraziato cordialmente, salì velocemente le scale fino a trovarsi davanti alla soglia della camera del ragazzo.

Ricordava quando da piccoli giocavano in quella grande casa, lei si perdeva sempre. Quella volta, però, raggiunse subito il suo obiettivo, senza sbagliare nemmeno una volta porta. Era talmente determinata che il suo istinto la guidò con estrema precisione. Sapeva che se avesse esitato, tutto il suo coraggio sarebbe andato in fumo.

Bussò. Nessuna risposta. Riprovò. Ancora niente. Allora decise di entrare. Mise la mano sulla maniglia e la girò.

Tyler era steso sul letto, cuffie nelle orecchie, occhi chiusi. Un libro mezzo aperto infondo al materasso.

Caroline si schiarì la gola, ma Tyler non la sentì per via della musica troppo alta.

La ragazza si avvicinò ulteriormente e lo toccò sul braccio. Lui sobbalzò spalancando gli occhi.

“Care!” esclamò togliendosi gli auricolari “Che ci fai qui?”.

“Volevo vedere come stavi” gli disse cercando di metterlo a suo agio.

“Ora meglio” rispose lui “I miei hanno parlato con tua madre. Ha confermato che è stato un incidente, quel ragazzo era completamente ubriaco. Almeno non sarò perseguito penalmente”.

“E’ una sensazione orribile, vero? Sentirsi responsabile per una cosa di cui non si ha veramente colpa”.

Il ragazzo annuì mestamente e si affrettò a cambiare discorso “Vuoi qualcosa da bere? O da mangiare?”.

“No Tyler, io in realtà sono qui per un altro motivo … dobbiamo parlare”.

“Uh, il tono sembra serio … mi devo preoccupare?” scherzò lui iniziando a giocherellare con l’I-pod.

Caroline iniziò il suo discorso prendendola molto alla larga “Ti ricordi quando eravamo piccoli e guardavamo quel film con Micheal J. Fox, ‘Voglia di vincere’? Quello in cui lui scopriva di essere un lupo mannaro?”.

“Sì, Caroline, me lo ricordo. Era il mio film preferito”.

“Ecco e ti ricordi che facevi finta di essere un lupo mannaro pure tu? Dicevi che avresti voluto essere un lupo mannaro, ricordi?”.

“Sì, mi ricordo, ma avevo dieci anni! Tu volevi essere l’Imperatrice Bambina della Storia Infinita!” si mise a ridere lui ripensando a come già da piccola Caroline volesse essere la reginetta della situazione.

Anche Caroline sorrise. Certo che se lo ricordava! Andava sempre in giro con un vestito bianco a dare ordini a tutti. Il sorriso si congelò quando si focalizzò nuovamente sul motivo per cui era andata a trovare Tyler.

“Ok, forse è meglio se ti siedi”.

 

“Riempilo ancora”.

“E’ il sesto”.

“Questo non ti deve interessare finché ti pago”.

Il barista prese la bottiglia di whiskey e riempì il bicchiere fino all’orlo. L’uomo davanti al bancone afferrò il bicchierino e buttò giù d’un sol colpo.

“Ma guarda: un uomo della tua età che si ubriaca come un ragazzino” lo sbeffeggiò una voce alle sue spalle.

“Pensavo te ne fossi andata” disse di rimando Damon picchiando il bicchiere sul bancone. Con gli occhi fece cenno al barista di riempirlo di nuovo.

“Non senza salutare” replicò Katherine sedendosi sullo sgabello accanto.

“Non sarebbe la prima volta” grugnì lui.

“Come sei scortese. Una volta eri molto più gentile”.

“Una volta ero anche più ingenuo”.

Katherine ghignò tamburellando le dite sul legno del tavolo “Non ho visto Stefan in giro. È da qualche parte insieme alla mia dolce copia?”.

“Quando Stefan ti ha detto di stare lontano da Elena, era serio. E io lo sono più di lui” dichiarò duramente.

Katherine liberò una risata canzonatoria “Sta succedendo di nuovo! I fratelli Salvatore in lotta in la stessa ragazza. La storia si ripete”.

“La storia non si sta ripetendo”.

“Oh, no … giusto! La piccola Elena ha occhi solo per Stefan. Sembra che tu sia sempre la seconda scelta” cantilenò la vampira.

“Non c’è nessuna scelta da fare. Ora vattene”.

Katherine sospirò rumorosamente “Damon, Damon, Damon” disse “Povero Damon” continuò “Non c’è più traccia di umanità in te. Io ero l’unica che poteva aiutarti a essere una persona migliore, ma ora hai spento completamente le emozioni. Lo percepisco. Come puoi solo pensare che un’umana come Elena possa provare affetto per te? Quando Stefan ogni giorno le dimostra di meritarsi il suo amore?”.

Nemmeno Katherine con i suoi sensi sovrasviluppati poté impedire a Damon di sbatterla in un angolo al buio, lontano dagli occhi della gente.

“Anche tu sei cambiata, sai? Cinquecento anni fa non eri una puttana così saccente” le ringhiò a poco centimetri dalla bocca.

“Sono cose che succedendo quando una finge la propria morte per la pace di due fratelli e poi scopre che si sono uccisi” sibilò lei con rancore togliendosi la mano di Damon dal collo, poi il suo tono tornò beffardo “Che parole volgari! Sei così duro anche con la rossa che vive in casa tua? Mi sembra una tipetta piuttosto sensibile”.

“Ti ho già detto che non è nessuno”.

“Perché ti ostini così tanto a tenermela nascosta? Piuttosto importante per non essere nessuno” insinuò lei.

Le dita di Damon strinsero nuovamente il collo sottile della vampira “Dammi un solo buon motivo per non ucciderti!” disse mentre l’altra mano premeva sotto il seno sinistro, all’altezza del cuore.

“Vuoi uccidermi, Damon? Riusciresti a farlo? A guardare negli occhi la donna che hai amato per tutti questi anni mentre le strappi il cuore?”.

Katherine sapeva che tasti toccare con Damon. Era certa di aver ancora un certo ascendente su di lui. Dopotutto era stata il suo primo amore e il primo amore non si scordava mai.

Damon la lasciò libera come se la sua pelle scottasse “Ho solo bisogno di sapere una cosa …” le confessò con un cambiamento di umore di 360°.

“Damon”.

“Dopo tutto questo tempo me lo devi!”.

“Ti prego non chiedermelo, perché non ti piacerebbe la risposta”.

Damon incassò e distolse lo sguardo. Fece per dirigersi all’uscita, ma venne bloccato per un braccio da Katherine.

“Non sono venuta qui per niente, Damon. Devo parlarti”.

“Non m’interessa niente di quello che hai da dirmi” se la scrollò di dosso e uscì dal locale più abbattuto di quando era arrivato.

 

“Se è uno scherzo, potevi inventartene uno più credibile” la freddò Tyler dopo l’assurdo racconto della ragazza su come la famiglia Smallwood fosse stata colpita dalla licantropia e su come lui avesse scatenato la maledizione investendo quel giovane ubriaco.

Che non sarebbe stato facile, Caroline lo aveva capito fin da subito e Tyler sembrava più che intenzionato a non ascoltarla.

D’altra parte credeva davvero che lui le avrebbe dato retta senza scomporsi? Era la cosa più assurda del mondo. Lei stessa conosceva bene quella sensazione di incredulità e smarrimento, perché l’aveva provata sulla propria pelle. Era entrata subito in fase di negazione, prendendo tutto per scherzo.

Sentiva che nel suo corpo qualcosa era cambiato: gola secca, sensibilità alla luce, suoni più amplificati, ma era appena scampata ad un incidente, chiunque sarebbe stato frastornato.

Solo dopo aver rubato una sacca di sangue e essersela bevuta tutta in un unico sorso, aveva iniziato a spaventarsi veramente.

Senza l’aiuto di Stefan ed Elena non sarebbe sopravvissuta a quella notte e senza il supporto di Meredith sarebbe impazzita. E Matt, anche lui era stato così dolce e premuroso, anche dopo aver saputo che lei aveva ucciso un ragazzo.

Gli amici erano importanti per chiunque dovesse affrontare una situazione anche lontanamente simile. Perciò non voleva lasciare Tyler da solo. Doveva sapere che lei era lì per sostenerlo, doveva sapere che tutti loro erano dalla sua parte.

“Tyler, ti prego devi ascoltarmi”.

“No, Care, no!” la fermò lui “Ti rendi conto di quello che mi hai detto? E ti aspetti che ti creda? Lasciami stare, Caroline. Devo studiare” cercò di cacciarla via.

“No, non me ne vado” si rifiutò lei “Non me ne vado finché non mi crederai!”.

“Non voglio ascoltare una parola di più. Vattene o ti …”.

“O cosa?” lo sfidò la ragazza “Cosa vuoi fare? Cacciarmi fuori a forza? Sto solo cercando di aiutarti e ti sto dicendo la verità”.

“Basta!” gridò lui “Smettila, non ti voglio ascoltare, non voglio!” si mise le mani sulle orecchie e le diede le spalle.

Caroline in un attimo fu davanti a lui e gli prese gentilmente le mani “Sei agitato, Tyler” gli disse “Ti vedo che sei agitato. Fai di tutto per ignorarmi perché sotto, sotto sai che non ti sto mentendo. Il tuo corpo sta cambiando e tu lo senti e non sai perché e ne se tremendamente spaventato”.

“Non so di cosa tu stia parlando”.

“Come ti senti dopo l’incidente?” gli chiese a bruciapelo.

“Come vuoi che mi senta?! Un ragazzo è morto finendo sotto la mia macchina, tu come ti sentiresti?” Tyler cercava di evitare la risposta.

“Non fingere come me” gli ordinò Caroline “Parlo del tuo corpo, dei tuoi sensi … come sono cambiati?”.

Tyler distolse lo sguardo allontanandosi dalla ragazza.

“Sono diversi, vero? Più sviluppati” dichiarò lei.

“Gli odori sono più forti e anche i suoni. A volte perfino io sono più forte e mi capita di essere più aggressivo, come se non riuscissi a controllarmi” cedette infine Tyler “Ma questo non c’entra niente. Immagino sia qualche reazione postraumatica” suppose.

Questa volta fu Caroline a non riuscire a sostenere gli occhi di Tyler.

“Reazione postraumatica” ripeté atona “Anch’io avrei voluto che fosse stato solo quello”.

“Perché dici così? Hai scoperto di essere un licantropo anche tu?” la prese in giro.

“So come ti senti” gli confessò Caroline “Ogni singola emozione che stai provando, l’ho provata anche io e non mi sono mai sentita così persa in vita mia”.

“Caroline, ora inizi davvero a spaventarmi” si allarmò lui.

“Tyler ti giuro che ti racconterò tutto senza tralasciare niente, ma tu devi promettermi su ciò che hai di più caro che terrai il segreto su quello che dirò. Io voglio proteggerti, Tyler, non voglio che ti accada nulla di male, ma dovrai darmi retta e fare come ti dico, perché non tutti la pensano come me” questa era un’allusione a Damon, ma Tyler non poteva saperlo.

Si limitò a sedersi sul letto e a prestare infine attenzione a Caroline. La ragazza pensò di cominciare dall’inizio, dall’arrivo di Stefan. Era certa che dopo aver spiegato tutto con chiarezza, Tyler avrebbe iniziato a prendere sul serio la cosa.

Non gli staccò gli occhi di dosso per tutto il racconto. Vide la sua espressione passare da divertita a preoccupata, da tranquilla a arrabbiata, infine si stabilizzò in una maschera contratta e inquieta.

“I fratelli Salvatore sono vampiri?” domandò come un automa.

“Sì”.

“E la loro ex- ragazza vampira che si era finta morta, è ritornata giusto in tempo per vampirizzare te?”.

“Ok, detta così sembra una cosa che non sta né in cielo né in terra” concordò Caroline attorcigliandosi nervosamente una ciocca di capelli ramati tra le dita.

“Provamelo”.

Caroline allargò gli occhi “Provarti cosa?”.

“Che sei una vampira. Insomma non ti aspetterai davvero che ti creda così su due piedi … è la storia più assurda che abbia mai sentito e ho bisogno di vederlo con i miei occhi”.

Caroline scosse la testa con forza. Non voleva accontentare Tyler, sarebbe stato troppo pericoloso.

“Forza Care, sei venuta qui tutta decisa e ora ti tiri indietro?” la incitò lui “Voi vampiri bevete sangue, giusto? E se io mi tagliassi un polso?” si alzò di scatto dal letto verso la scrivania e afferrò il tagliacarte, ma non fece nemmeno in tempo ad avvicinarlo al polso.

Caroline, con la sua supervelocità, si avventò sulla mano del ragazzo e gli strappò il tagliacarte, poi si allontanò altrettanto velocemente.

Incominciò a respirare profondamente, sebbene non ne avesse bisogno, ma doveva calmarsi. Sentiva le vene intorno agli occhi pulsare e i canini le facevano male e premevano contro il labbro inferiore. Il solo pensiero del sangue di Tyler l’aveva mandata completamente fuori controllo.

Lui la guardava schiacciato contro la scrivania, atterrito. Caroline si voltò dall’altra parte vergognandosi come una ladra “Eccoti la tua prova” sussurrò amaramente.

“Non stavi mentendo” mormorò lui.

“N- no”.

“O … mio … Dio …” si affannò Tyler “Questo non sta accadendo! Non a me!”.

“Tyler … calmati. Io sono qui per te, posso aiut-”.

“Vattene”.

“Tyler …”.

“Vattene via. Fuori di qui!”.

“Per favore …”.

“Vattene, Caroline. Sono serio. Non ti voglio qui” la gelò indicando la porta.

La ragazza lo guardò un’ultima volta e sparì oltre la porta. Scese in fretta le scale e si diresse verso la macchina.

Era stato un disastro, un vero disastro! Damon l’avrebbe ammazzata! E poi avrebbe ammazzato Tyler, tutto per colpa sua e per la voglia di sistemare le cose.

 

Ritrovare la donna che aveva amato con tutto se stesso e perderla il giorno dopo. Damon Salvatore credeva di aver sperimento ormai tutto nella vita, ma vedere scappare via l’amore per cui aveva lottato e ucciso era riuscito a sconvolgerlo di nuovo.

Chiuse dietro di sé la porta facendola cozzare rumorosamente contro gli stipiti, senza curarsi di svegliare Stefan o Bonnie.

Non fece nemmeno due passi lungo l’ingresso, che una furia dai capelli rossi piombò giù dalla scale in pigiama e piedi nudi.

“Dove sei stato?”.

Damon inarcò le sopracciglia indeciso se essere più stupito dal fatto che la ragazza lo avesse aspettato sveglia fino alle due di notte o più infastidito dal tono da mammina con cui lo avevo apostrofato.

“Davvero? Ti sembro un quindicenne?” la liquidò sorpassandola.

“Puzzi di alcol” constatò Bonnie storcendo il naso.

“Scusa, mamma, non lo farò più” la prese in giro.

“Cos’è successo?”.

“Vino” disse Damon ignorandola “Mi serve del vino” andò in cucina in cerca della bottiglia di Pinot che aveva adocchiato il giorno prima. Prese un bicchiere dalla credenza e se lo versò.

“Damon sei sconvolto” asserì Bonnie seguendolo.

“Niente che un bicchiere di vino non possa aggiustare” continuò ad eludere le domande della rossa. Si versò altro vino e si diresse in salotto sedendosi pesantemente sulla sua poltrona.

“Cos’è successo?”.

“Niente, Bonnie. Rilassati” bevve un sorso “Piuttosto non dovresti essere a dormire?”.

La ragazza assottigliò le labbra e marciò a gran passi verso Damon, strappandogli il bicchiere di mano. Lo appoggiò con forza sul tavolino versando un po’ di vino.

“Torni a casa nel mezzo della notte, ubriaco e con una faccia stravolta e ti aspetti che io me la beva? Cos’è successo?”.

“Vuoi sapere che c’è, Bonnie?” s’infervorò anche Damon alzandosi per fronteggiarla “Succede che tutto questo è inutile” allargò le braccia come ad indicare qualcosa d’indefinito “Noi, voi. Umani e vampiri. Tutti ci sbattiamo nella vita, facciamo qualsiasi cosa per ottenere quello che desideriamo. Stiamo male, commettiamo errori, soffriamo e facciamo soffrire e per cosa? Per un attimo di felicità?” rise beffardamente “La felicità non esiste ed è tutto inutile! Finiremo come cenere, torneremo alla cenere” sostenne prendendo un pugnetto di fuliggine dal camino e lanciandolo per la stanza “Mi chiedi perché bevo? Perché mi ubriaco? Perché da sbronzi è tutto più facile, perché così ho l’illusione che questo schifo passerà più in fretta. Anche l’immortalità prima o poi dovrà finire”.

Bonnie sbatté un paio di volte le palpebre incredula “Mi stai dicendo che noi siamo questo? Un mucchietto di cenere e un po’ di vino?”.

“Se vuoi metterla così” si risedette sulla poltrona.

“No” affermò con decisione Bonnie “Mi dispiace, ma io non ci sto, non ci credo”.

“Sei ancora una ragazzina, non puoi capire”.

“No, sei tu che non capisci” lo contraddisse lei “Non hai nessun diritto di buttarti via in questo modo”.

“Ah, non ne ho il diritto?” chiese mentre gli venivano in mente un paio di motivi per cui si sentiva pienamente autorizzato a comportarsi in quel modo.

“Stai facendo la vittima e tu non lo sei”.

“Cosa vuoi da me, Bonnie?” chiese rassegnato.

“Voglio che mi dimostri di non essere questo rottame autodistruttivo in cui ti sei trasformato. Tu sei diverso”.

“Pensavo avessimo appurato che io sono esattamente questo rottame. I vampiri ogni tanto fanno così” le disse finendo il vino.

“Smettila, maledizione!” imprecò Bonnie “Ti ho già detto che non me la bevo. Io so che non sei questo, tu una volta non eri questo” replicò ricordandosi di un Damon diverso, il Damon di quando era bambina.

“Va’ a dormire, Bonnie, lasciami in pace” mormorò il vampiro chiudendo gli occhi per la stanchezza.

“Ho ragione, vero?” lo incalzò Bonnie “Non permettere che una stronza qualunque abbia un tale potere su di te” lo pregò con sguardo comprensivo “Lo sai che con me non ti devi nascondere dietro a un bicchiere di vino. Puoi essere te stesso”.

Per un attimo le parve di vedere una scintilla di gratitudine negli occhi di Damon, ma venne subito coperta da un velo di rabbia.

Il vampiro si alzò e la fissò dritto nelle iridi marroni “Io sono me stesso, Bonnie! Smettila di cercare qualcos’altro in me, perché non troverai niente”.

Abbandonò la sala e una Bonnie più scossa di prima.

 

“Caroline sei in ritardo per la scuola” la chiamò sua madre dal piano inferiore.

La ragazza finì di mettere i libri nello zaino e si caracollò giù per le scale.

“Scappo, mamma. Ci vediamo stasera” non attese nemmeno che sua madre la salutasse. Volò fuori dalla porta diretta alla macchina.

L’aprì e lanciò lo zaino sul sedile di destra.

“Caroline”.

Lei si voltò per vedere Tyler attraversare la strada nella sua direzione.

“Perché sei qui?” domandò tra il sorpreso e il sospettoso.

“Care … mi dispiace”.

“No, non devi …”.

“Non avrei dovuto trattarti così. Stai solo cercando di aiutarmi e io ho reagito male. Ma stanotte ci ho pensato e credo di aver davvero bisogno del tuo aiuto”.

“Non preoccuparti, non devi scusarti” lo rassicurò lei.

“Allora è tutto vero? Alla prossima luna piena mi trasformerò in un lupo?”.

“Ho paura di sì”.

“Come … come è potuto accadere che la mia famiglia fosse colpita dalla maledizione della licantropia?”.

“Credo che un lupo mannaro abbia morso un tuo antenato e da lì è iniziato tutto” spiegò appoggiandosi con la schiena alla macchina.

“Caroline ho guardato sul calendario: la prossima luna piena è tra meno di due settimane” l’avvertì con voce tremante.

“Ti aiuterò io” gli promise “Ti chiuderò in un posto sicuro, dove non potrai fare male né a te né agli altri. Ti giuro, Tyler, che non lascerò che accada nulla di male. Ti starò vicina. Non sei solo ad affrontare questa cosa”.

Tyler piegò la testa in segno di ringraziamento e si mise di fianco alla ragazza, nella sua stessa posizione “Così sarà questa la mia vita d’ora in poi? Ululare alla luna e alzare la gamba quando devo fare pipì?”.

“Ehi, lo dici a me che vivo come una zanzara?”.

 

 

“Don't know what to do anymore
I've lost the only love worth fighting for
I'
ll drown in my tears
Don't they see?
That which show you, that which make you hurt like me”

(Ashes and wine- A Fine Frenzy)

 

Il mio spazio:

Salve a tutti!

Prima di tutto vorrei fare una comunicazione di servizio: il 31 partirò e per un po’ non riuscirò ad aggiornare. Cercherò di impegnarmi per postare il capitolo tredici entro questo fine settimana, ma non riesco a promettervi nulla =(

Dovrei comunque riuscire ad aggiornare ad agosto, ma in caso non potessi, spero davvero di ritrovarvi tutti a settembre!

Passando al capitolo: non è molto lungo, ma sinceramente non ritenevo di dover scrivere di più.

Poca interazione tra Damon e Bonnie (anche se le loro scene sono sempre molto intense), ma un bel confronto tra lui e Katherine. Per il personaggio della vampira ho voluto fare un mix tra quello del libro e quello della serie, non so se ci sono riuscita, ma approfondirò più avanti il suo carattere.

E infine un bel momento tra Caroline e Tyler. Come vi è sembrato?

Chissà ora che succederà! E Katherine che cosa vuole in realtà? I fratelli Salvatore saranno disposti ad ascoltarla. Damon riuscirà a superare l’ennesima delusione?

E Bonnie darà una risposta definitiva alla domanda se tutto si riduce davvero solo a cenere e vino?

La mia personalmente è no! Credo che Caroline e Tyler siano un bell’esempio. Voi che ne pensate?

Domani risponderò anche alle vostre magnifiche recensioni, non vi ringrazierò mai abbastanza!

Alla prossima e buone vacanze!

Fran ;)

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Capitolo 13
*** Love is only a feeling ***


Ashes &Wine

Capitolo tredici: Love is only a feeling.

 


“Love is only a feeling
(Drifting away)
When I'm in your arms I start believing
(It's here to stay)
But love is only a feeling
Anyway, anyway
Love is only a feeling
(Drifting away)
And we've got to stop ourselves believing
(It's here to stay)
‘Cause love is only a feeling”

(Love is only a felling- The Darkness)

 

L’amore non esiste.

Quella era una frase che Damon Salvatore aveva ripetuto centinaia di volte in vita sua, senza crederci veramente. Perché in fondo, nel suo cuore ormai fermo da secoli, aveva conservato una piccola speranza che anche per lui prima o poi ci sarebbe stato il lieto fine.

C’era sempre un lieto fine, cazzo.

Era quello che andavano a ripetere tutti. Stefan, Elena, Bonnie, tutti ne sembravano convinti e Damon aveva finito per crederci. Ma dopo cinquecento anni passati a cercarlo, anche l’ultima scintilla era scomparsa.

C’era sempre un lieto fine, questo era vero, ma per gli altri. Lui non ne era degno. Come poteva un mostro essere amato? Come poteva un mostro amare? Non era quello il suo destino, non lo era mai stato. L’amore non esisteva, non per lui. E più ripensava alle parole di Bonnie, più se ne convinceva.

Quella piccola sciocca ragazzina si era intestardita che in lui ci fosse qualcosa di più, che lui potesse essere dopotutto un bravo ragazzo, che anche in lui ci fosse nascosta da qualche parte la luce.

Nessuna luce, solo buio in lui fin dal giorno in cui era nato. La trasformazione in vampiro lo avevo semplicemente aiutato a far uscire la sua vera essenza. Malvagia, subdola e perversa.

“Per favore …”.

Damon trovava davvero fastidioso tutto quel lamentarsi per niente. Era solo un graffietto sul collo, niente di che paragonato a cuori strappati e a gole squarciate.

Quella donna doveva ringraziarlo di non averle ancora fatto davvero male.

Suppose che per un’umana fosse legittimo essere spaventata dalla situazione. Non capitava certo tutti i giorni di trovarsi immobile contro la propria volontà, abbandonata lungo il muro del retro di un supermercato con un vampiro seduto scompostamente accanto che meditava su quanto facesse schifo la sua morte.

Gli occhi di Damon vagarono sulla donna tremante come una foglia, con una mano premuta sul collo.

L’aveva notata subito, appena fuori dalle porte automatiche del negozio, carica di pacchi tra le mani, il cuore che pompava il sangue per la fatica di non farli cadere; e l’odore lo aveva fatto impazzire.

In un secondo l’aveva trascinata in una stradina sul retro e l’aveva morsa, tappandole la bocca per soffocare le urla. L’aveva poi costretta a restare ferma contro il muro mentre lui decideva della sua sorte.

Da quanto non assaggiava sangue fresco? Da troppo tempo. Tutto per colpa di Elena. Lei e la sua stupida storiella sull’uomo migliore, lei e la sua voglia di trasformarlo nella copia di suo fratello.

Damon le aveva fatto da cagnolino troppo a lungo, solo per la speranza che i suoi sentimenti prima o poi sarebbero stati ricambiati. Ma Elena amava Stefan e nel frattempo conosceva bene l’effetto che aveva su di lui e lo sfruttava a suo favore per tenerlo sotto controllo.

Nessuno poteva tenere sotto controllo Damon Salvatore, lui non poteva essere lo schiavetto di una semplice umana.

Tu ne sei innamorato ed è una cosa che non puoi cambiare.

Damon ringhiò sommessamente. L’amore era una perdita di tempo. Cinque secoli a cercare la donna di cui credeva di essere innamorato per poi rimanere fregato. Katherine lo aveva raggirato, tenendolo legato a sé anche dopo la morte. Aveva avuto molte donne ma nessuna era stata lei. Non si era mai sentito libero di poterla sostituire. Chi avrebbe potuto prendere il posto di quell’angelo che si era sacrificato per la pace tra lui e suo fratello?

Quell’angelo, però, non c’era più. Si era tramutato in un demone ingannatore e malizioso che infestava i suoi sonni.

Ora c’è Elena.

Rise sconnessamente. Elena. Elena che provava attrazione per lui. Elena che stava sempre e comunque dalla parte di Stefan. Elena che amava alla follia Stefan, esattamente come Katherine.

Quindi perché sprecare energie a comportarsi bene solo per amore, se quell’amore guardava altrove?

“Che vuoi farmi?”.

La voce tremolante della donna lo riscosse.

Damon si alzò di scatto, la strattonò per la camicia e la spinse contro il muro. Con il naso percorse tutta la lunghezza del collo fino alla mascella “Sto decidendo se lasciarti andare o no” confessò abbastanza divertito dalla situazione.

“Ti prego …”.

“Sshh” la zittì “Non farà male, se lo vorrai anche tu, sai? E tu lo vuoi, lo posso sentire … tu muori dalla voglia di essere morsa”.  

“Per favore … ho due bambini” lo supplicò la donna singhiozzando.

La sicurezza di Damon s’incrinò per un frangente di secondo, ma fu solo un attimo. Davvero avrebbe dovuto provare pietà per quella donna? Aveva sul serio il coraggio di lasciare due bambini orfani di madre?

Quel pensiero lo scosse percettibilmente. Lui era stato orfano di madre. Lui non aveva potuto godere delle carezze materne, delle coccole, del suo amore. Perché quei bambini sì e lui no? Che diritto avevano di stare meglio?

Quando si portò di fronte al volto della donna il suo viso si erano trasformato in quello di un vampiro.

“Credi di farmi pena?” la sfidò per poi soffiarle nell’orecchio “Ti svelerò un segreto: noi vampiri siamo senza cuore”.

La donna non ebbe nemmeno il tempo di registrare quelle parole che Damon si era abbassato sulla sua gola e aveva conficcato i canini allungati nella giugulare.

Il sapore del sangue gli inebriò i sensi offuscandogli quasi la vista dal piacere.

La morte più dolce che si possa desiderare.

Quella era la sua natura, quello era il suo lieto fine; l’amore a che cosa serviva? In fondo era solamente un sentimento, un sentimento come tanti altri. E doveva essere rinchiuso nella sua pietra, doveva essere represso.

Mentre lasciava cadere il corpo della donna, ormai senza vita, Damon ricordò che essere un vampiro significava poter vivere senza sentire e si costrinse a premere con forza il pulsante che avrebbe messo fine alle sue sofferenze, amore compreso.

Spento.

 

Stefan osservò rassegnato il casino che suo fratello aveva lasciato in salotto la sera prima. Un paio di bottiglie vuote sul tappeto, la giacca di pelle buttata sulla poltrona, le scarpe lanciate e abbandonate in un angolo. Per non parlare della scia di vestiti che Damon doveva essersi tolto mentre saliva in camera sua.

Stefan poté affermare con sicurezza che l’altro vampiro doveva essere rimasto nudo già al primo piano da tanto era ubriaco.

Si affrettò a ripulire quel disordine prima che Bonnie scendesse per colazione; la ragazza aveva già troppi pensieri per la testa per accollarsi anche le ansie di un vampiro depresso.

In casa poi c’era anche Elena, rimasta per la notte, e Stefan preferiva non renderla partecipe della ricaduta di Damon. Sapeva che per il fratello la fiducia di Elena era indispensabile e se da una parte avrebbe tanto voluto che lei ricominciasse ad odiarlo, dall’altra non poteva fare a meno di proteggerlo. Come al solito.

Si piegò per raccogliere la prima bottiglia, ma la sua mano si bloccò a mezz’aria. Con uno scatto si volse verso la porta, le orecchie tese, la mente aperta alla ricerca della fonte dell’aura che aveva percepito.

La seconda ondata di Potere che avvertì gli tolse ogni dubbio. Si diresse all’ingresso e aprì la porta trovandosi davanti esattamente chi si aspettava.

“Allora hai ancora abbastanza Potere da sentirmi” ghignò la snella figura della vampira fasciata in un abito così stretto da togliere il fiato.

Stefan alzò gli occhi al cielo “Che cosa vuoi, Katherine?”.

“Beh per iniziare potresti invitarmi ad entrare” suggerì la bionda muovendo qualche passo verso la soglia.

“Scordatelo”.

Katherine sbuffò “Tu e tuo fratello cominciata a essere fastidiosi” commentò un po’ acidamente “Come se aveste qualche motivo di fare gli offesi”.

“Risparmiarti la messinscena … sai benissimo dove hai sbagliato con noi” replicò Stefan duramente.

Katherine non si scompose minimamente, sebbene dentro di lei si stesse scatenando una battaglia interiore come non ne provava da secoli. Stefan aveva sempre avuto il potere di farla sentire all’Inferno e in Paradiso nello stesso tempo.

“Sono venuta per parlare con te” tagliò corto lei “E’ importante”.

“Credo che tu abbia sprecato l’occasione di parlarmi tanti anni fa”.

“Stefan ho davvero bisogno che tu mi ascolti, riguarda tutti voi” cercò di convincerlo.

“Katherine, qualunque cosa tu debba dirmi, io non riuscirei mai a crederti. Mi hai  preso in giro fin dall’inizio, per me tu sei solo una bugia, quindi per favore vattene e lasciaci in pace”.

“Non ti ho mai mentito né su chi ero né su quello che provavo per te. Ti amavo, di questo dovresti esserne sicuro” Katherine non era la tipica ragazza che girava attorno alla questione; era abituata ad andare dritta al punto, sfacciatamente onesta.

“Mi amavi” ripeté Stefan “Ma eri così capricciosa da non poter rinunciare a Damon. Ho ucciso mio  fratello per te, Katherine, perché lo incolpavo della tua morte, l’ho condannato a questa vita. Ma tu non sei morta e tutto quello che ho fatto ha perso perfino una giustificazione” disse con voce palesemente incrinata dall’amarezza “Non conti più niente per me ormai”.

Katherine tremò appena, colpita nel profondo da quella dichiarazione così sincera e distruttiva. Il suo sguardo s’intenerì per un momento, ma s’indurì subito dopo sentendo la voce di Elena chiamare il suo ragazzo.

“Stefan dove sei?”.

Il vampiro si girò e le rispose “Arrivo subito” poi riportò l’attenzione su Katherine.

“Tu credi di non provare più nulla per me, ma ti sei messo con una ragazza che è identica a me. Qualcosa mi dice che stai cercando semplicemente di sostituirmi, ma ti svelerò un segreto: nessuna copia è come l’originale” sussurrò lei piegando un angolo della bocca all’insù.

“Tu non sarai mai al livello di Elena” la freddò lui.

“Stefan ma con chi stai parlando?” chiese la sopracitata guardando oltre alla spalla del ragazzo.

Trattenne il respiro per qualche secondo; aveva sentito spesso parlare di Katherine, ma era la prima volta che se la trovava di fronte ed era scioccante. Si assomigliavano molto, quasi gemelle. Ad osservarli bene, però, i capelli e gli occhi erano leggermente diversi, ma solo un occhio attento avrebbe colto quelle minime differenze.

Elena restò lì attonita finché non si riprese e assottigliò le palpebre “Che ci fai qui?”.

Katherine aprì la bocca piacevolmente sorpresa “Uh, uh piccola Elena, non ti facevo così aggressiva”.

“Te ne devi andare” ordinò Elena con fermezza.

“Tranquilla, me ne stavo già andando … il tuo ragazzo aveva paura che tu scoprissi che ero qui”.

Stefan le lanciò un’occhiataccia.

“Te ne devi andare da Fell’s Church” precisò Elena.

A quel punto Katherine corrugò le sopracciglia “E chi saresti tu per dirmi quello che devo fare?”.

“Che razza di faccia tosta!” le urlò addosso Elena che con fin troppo coraggio si slanciò verso la vampira intenzionata a spingerla via, ma Stefan la fermò appena in tempo per impedirle di uscire dalla casa “Con tutto quello che hai fatto dovresti vergognarti di essere ancora in vita!” rincarò Elena “Prima Clara, poi quella signora trovata morta dietro un supermercato! Aveva due figli, lo sai? Dannata!”.

Katherine adesso sembrava confusa “Quale donna?”.

“L’hanno appena detto al telegiornale”.

“Per la ragazzina del pub mi assumo tutto il merito, ma questa donna … mi spiace ma non sono stata io”.

“Non prendermi in giro! Solo tu avresti potuto fare una cosa simile”.

“In realtà a me viene in mente qualcun altro assolutamente pazzo e senza pietà” disse Katherine.

Stefan e Elena si scambiarono un’occhiata preoccupata, immaginandosi già a chi si stava riferendo la vampira.

“A quanto pare la nostra chiacchierata deve averlo sconvolto più del previsto” Katherine scosse la testa e sorrise tra sé e sé “Ora me ne vado, ma ricordarti Stefan che ti devo parlare” e in un attimo sparì lungo il vialetto.

Rimasero qualche secondo in silenzio. Stefan si voltò verso la sua ragazza che guardava il punto in cui era scomparsa la sua sosia con occhi carichi di delusione. “Non può essere stato lui” mormorò.

“Elena …”.

“No, Stefan” lo interruppe bruscamente “Mi aveva promesso che si sarebbe comportato bene”.

“E’ di Damon che stiamo parlando. Devi dargli tempo” le fece notare Stefan “Non possiamo sapere se Katherine stia dicendo la verità, lei è una bugiarda nata”.

“Che motivo avrebbe di  mentirci su questo? Voglio dire … avrebbe avuto molto più senso negare di c’entrare qualcosa con la morte di Clara. Che le importa di ammettere un omicidio in più?”.

“Non lo so, Elena. Ti chiedo solo di non saltare a conclusione affrettate” la pregò, memore dell’ultima volta che Damon era stato accusato di qualcosa. Anche se sta volta il suo istinto gli suggeriva di dare ragione a Katherine, l’ultima cosa che gli serviva in quel momento era che Elena andasse fuori di matto; non con Bonnie in giro che si stava lentamente riprendendo. Perciò intimò alla bionda il silenzio su quella faccenda. Almeno finché non fosse riuscito a fare chiarezza.

 

Aveva capito subito che qualcosa non andava. Il comportamento schivo di Stefan e Elena era stato un bell’indizio e anche il fatto che il vampiro non volesse dirle chi avesse suonato alla porta non li aveva certo aiutati a scagionarsi. C’entrava sicuramente Damon, ma sta volta Bonnie non aveva la forza e la voglia di mettersi ad indagare.

Dalla loro ultima chiacchierata, non l’aveva più nemmeno visto. Tornava tardi alla sera (quando tornava) e se ne stava rintanato nella sua camera da letto. Bonnie aveva provato un paio di volte a bussare e a parlargli, ma dall’altra parte non aveva ricevuto risposta e alla fine ci aveva rinunciato. L’avrebbe cercata lui quando ne avrebbe avuto voglia.

Bonnie al momento aveva cose più importanti a cui pensare. Prima tra tutte sbarazzarsi di Caroline che la stava tormentando per convincerla a partecipare alla recita scolastica in onore della fondazione della città.

“Dai Bonnie, perché no?”.

“Perché non sono brava a recitare e sono timida! Non riuscirei mai a stare su un palco davanti a tutta quella gente”.

“E’ solo una recita scolastica, nessuno richiede la perfezione”.

“Care, ho detto di no …”.

“Perché? Dai io e Elena partecipiamo e Meredith ha scritto la sceneggiatura. Manchi solo tu” cercò di convincerla.

“Non hai nessun altro da tormentare?”.

“No, sei tu la mia Honoria Fell. Avrai un abito bellissimo, rosso, ti starà d’incanto e poi hai letto chi interpreterà Thomas Fell?”.

Bonnie buttò un occhio sul foglio su cui c’era scritto l’elenco dei partecipanti e il rispettivo ruolo.

Thomas Fell- Christopher Rydell.

Arcuò le sopracciglia “Sul serio?” domandò scettica “Caroline, è tutto un piano per procurarmi un appuntamento con Christopher?”.

“No” rispose subito l’altra “Ma è un bell’incentivo ad accettare”.

Bonnie si voltò verso Meredith in cerca di aiuto. La mora per risposta scrollò le mani in senso di diniego “Non guardare me. Ho provato a dirle di lasciarti in pace, ma non sente ragioni. Se vuoi un mio consiglio, accontentala. È l’unico modo che hai per disfarti di lei”.

Caroline guardò torva Meredith, poi riportò l’attenzione su Bonnie “E’ l’ultimo favore che ti chiedo, ma ti prego, ti prego, dimmi di sì”.

Bonnie alzò gli occhi al cielo rassegnata e annuì un po’ irritata “Va bene, va bene! Ma ti avviso che sono una pessima attrice quindi non lamentarti se farò schifo!”.

“Aaawww! Grazie, grazie” esultò Caroline saltandole addosso per abbracciarla. Batté le mani come una bambina e gettò una breve occhiata sul campo da football dove si stava allenando la squadra. Aveva dato alle cheerleader qualche minuto di pausa cosicché lei e Bonnie potessero raggiungere Meredith sugli spalti e farle compagnia.

“Bene ora torniamo ad allenarci” disse trotterellando giù per i gradini richiamando le altre ragazze pompon.

“Mi farà morire prima o poi” si lamentò Bonnie salutando mestamente Meredith e seguendo con più calma Caroline.

Fu alla fine degli scalini che vide Elena, in disparte poggiata alla rete che delimitava gli spalti.

“Ehi, Elena!” la chiamò “Che ci fai qui?” le sorrise mentre si avvicinava “Sei venuta a vedere Stefan?”.

“No, sono venuta per te in realtà” le rispose la bionda “E non sono Elena”.

Bonnie sbarrò gli occhi e fece lentamente qualche passo indietro, ma si trovò con la schiena attaccata al petto della vampira “Calma, piccola rossa, non voglio farti del male” le sussurrò tenendole le braccia.

Bonnie si sottrasse alla presa e si girò a fronteggiarla “Che vuoi?”.

“Wow … allora sai parlare!” la sbeffeggiò “Considerando come si affannano tutti a tenerti nascosta non credevo fossi nemmeno in grado di reggerti in piedi”.

“Mi metto ad urlare” la minacciò Bonnie.

“Fidate non ne avresti nemmeno il tempo” le sconsigliò Katherine “Senti, Bonnie … è così che ti chiami, giusto? Voglio solo fare una chiacchierata”.

“Lasciami andare, per favore” la pregò Bonnie che voleva solo scappare il più lontano possibile.

“Bonnie, non devi aver paura di me” le assicurò “Io non sono la cattiva, sono qui per aiutarvi”.

“Come hai aiutato Caroline?” le domandò forse un po’ troppo avventatamente.

“Ancora con questa storia” sbuffò la vampira “La supererete mai?” ghignò “In ogni caso sono seria. So delle cose che potrebbero interessare tutti voi”.

“Parlane con Stefan o Damon allora”.

“Ci ho provato, ma non sono proprio la loro vampira preferita al momento. Non posso obbligarli ad ascoltarmi, con te invece la cosa è molto più facile”.

“Non credo” la contraddisse Bonnie “Lasciami stare” fece qualche passo avanti ma Katherine la prese con forza per le spalle e la sbatté contro la rete di ferro.

Bonnie trattenne un gemito di dolore.

“Tu devi” le ordinò Katherine mandando istintivamente un’ondata di Potere che s’infranse come era successo tutte le altre volte che avevano cercato d’incantare Bonnie. Quel giorno, però, accadde qualcosa di diverso: alla ragazza parve quasi di percepire l’energia che la vampira aveva usato contro di lei. Era una sensazione nuova e strana, come se potesse controllare quell’energia, come se potesse ributtargliela contro.

“Lasciami andare” le disse con voce ferma e si stupì nel vedere Katherine obbedire come un automa.

Katherine liberò una risata sorpresa “Impressionante” commentò, poi sparì con la sua supervelocità.

 

Elena entrò in casa Salvatore. C’era un silenzio quasi irreale.

Non cercava né Stefan né Bonnie. Sapeva che entrambi erano impegnati con allenamenti di football e cheerleader. Lei voleva Damon.

Doveva essere certa che Katherine avesse detto la verità. In cuor suo sperava che avesse mentito; Damon aveva fatto dei progressi da quando era arrivato in città e non avrebbe sopportato di vederlo tornare quello che era un tempo.

Non vi era traccia del vampiro in giro, probabilmente doveva essere rintanato ancora nella sua stanza; se lo immaginava buttato sul letto, a pancia in giù in un groviglio di lenzuola.

La camera invece era vuota. Elena corrugò la fronte: era certa di trovarlo. Aveva bisogno di parlare da sola con lui. Dove diamine poteva essere?

E poi comparve alle sue spalle “Principessa”.

La bionda sobbalzò voltandosi. Eccolo lì, davanti a lei, con la solita camicia sbottonata, sorriso furbo, bicchiere in mano, espressione piacevolmente sorpresa. Poteva avere Elena tutta per lui per chissà quanto poco tempo, non voleva lasciarsi sfuggire la situazione.

“Stefan non è ancora tornato”.

“Non cercavo lui”.

“Lo sospettavo dato che sei in camera mia”.

“Sono venuta per te”.

Ora sì che la cosa si faceva interessante.

“A cosa devo la visita?” sorseggiò il suo drink e posò il bicchiere sul comò.

“Oggi ho visto Katherine” andò dritta al punto, senza giri di parole.

“Stai bene?” s’informò Damon tradendo una certa apprensione. Per quanto si sforzasse di essere distaccato, quando si trattava di Elena non poteva fare a meno di apparire preoccupato.

“Sì, voleva parlare con Stefan … io l’ho vista per caso” lo tranquillizzò “Ma ha detto una cosa … su di te”.

“Cos’ha da dire la puttana?” ridacchiò “Si è messa a fare anche i gossip?”.

“Ieri sera è stata uccisa una donna” Elena sospirò “Sei stato tu?”.

La testa di Damon si girò così velocemente verso Elena che la ragazza pensò che si fosse staccata dal collo. La sua attenzione si concentrò sugli occhi del vampiro percorsi da uno strano scintillio; sembrava di vedere un cielo nero tempesta illuminato da fulmini.

“E’ per questo che sei venuta?” chiese Damon così freddamente che Elena non seppe che cosa rispondere. Cominciò a temere una reazione tipica del vecchio Damon.

Il vampiro comunque non attese e continuò “Cos’è, Elena? Hai paura che io non stia più ai tuoi ordini? Che il cane si sia liberato dal guinzaglio?!”.

“Io non ti considero il mio cane” replicò lei incredula dalla piega che stava prendendo la conversazione.

“Ah, no?” la derise “Davvero … mi devo essere sbagliato”.

“Damon, che è successo?” domandò Elena tenendo ferma la voce. Quello che aveva davanti assomigliava molto al Damon che aveva incontrato nella palestra la sera di Halloween, il Damon che aveva dissanguato il signor Tanner, perciò s’impose di rimanere calma e di non mostrare paura. Era chiaro che ci fosse un motivo alla base di quel brusco cambiamento, forse la stessa Katherine. Elena voleva andare a fondo di quella storia.

“Niente, Elena, niente rispetto al solito”.

“Tu sei diverso”.

“No, no … è qui che ti sbagli. Io sono esattamente come dovrei essere. Forse mi confondi con la copia di Stefan in cui stavi cercando di trasformarmi”.

Elena si accigliò chiedendosi da quando Damon era così ostile nei suoi confronti.

“E’ brutto, vero? Sentire qualcosa che eri convinta di aver domato sfuggirti dalle mani” ghignò Damon.

“Io non ho mai voluto domarti” affermò Elena sempre più sconcertata.

Damon contrasse la mascella prima di scoppiare in una sonora risata. Questa era davvero bella, avrebbe dovuto registrarla.

“Per favore, sii sincera almeno con te stessa! Tutta la storia dell’uomo migliore, di come io sotto sotto potessi cambiare, potessi meritarti …”.

“Non è una storia, è la verità!”.

“Stronzate” la interruppe “Sono un vampiro. Fin’ora mi sono comportato bene per te, ma non è la mia natura. Io non voglio essere così”.

“Le tue sono stronzate” s’infiammò anche Elena “Non devi comportarti bene perché te lo dico io, ma perché lo vuoi tu”.

“Ho appena detto di non volerlo”.

“Invece sì” ora stava gridando “Tu fingi che non t’importi di niente, ma la verità è tutto l’opposto. Ogni volta che fai qualcosa di sbagliato o che qualcosa va storto, cominci a fare il matto non perché tu lo sia, ma perché ti struggi dai sensi di colpa e il tuo unico sfogo è giocare al vampiro assassino. Non freghi più nessuno con questa recita, men che meno me! Io ti conosco”.

“Non mi conosci affatto, se mi conoscessi mi lasceresti in pace”.

“Damon” lo richiamò lei avvicinandosi e poggiandogli una mano sulla spalla “Io voglio aiutarti”.

Damon la osservò in un attimo di malinconia; non erano così vicini e soli da quando si erano scambiati il sangue.

“Vattene via Elena, non puoi continuare a fare la brava mogliettina con Stefan e la crocerossina con me o finirai come Katherine” le consigliò scostandosi.

“Io non sarò mai come Katherine”.

“Oh piccola Elena Gilbert, tanto ingenua e pura. Tu non hai nemmeno idea di quanto sia simile a lei”.

“Io non vi farei mai quello che vi ha fatto”.

Damon mosse qualche passo verso la bionda che indietreggiò fino ad incontrare il muro “Lo stai già facendo. Hai i fratelli Salvatore in pugno” alzò la mano per accarezzarla la guancia. La ragazza fremette appena, ma non sfuggì alla vista sovrasviluppata di Damon “Innamorata di un fratello, ma inevitabilmente attratta dall’altro”.

“Io non sono attratta da te” mormorò lei.

“Quante bugie Elena, quante bugie. Mi dici che non devo fare la recita? Sei tu l’attrice da queste parti” abbassò la testa fino a posare la fronte su quella della ragazza “Lo so che lo vuoi anche tu” con il naso segnò il contorno delle sopracciglia, poi la guancia e si fermò all’angolo della bocca.

Elena inspirò a fondo e per un momento pensò di lasciarsi andare a tutte quelle fantastiche sensazioni. Puntò gli occhi dritti in quelli di Damon e si perse nel buio. Almeno fino a che le iridi nere si schiarirono e brillarono di verde.

Si ritrasse per quanto possibile e posò una mano sul petto di Damon. Stava per fare la cosa più infame che potesse immaginare.

Damon strinse i pugni, ma non si mosse. Avvertì la pietra nel suo stomaco indurirsi, come se si stesse creando un nuovo strato.

Portò le labbra all’orecchio di Elena e sussurrò con tutta la cattiveria che trovò in corpo “L’ho uccisa io quella donna. Lei mi pregava di risparmiarla per i suoi bambini, ma l’ho ignorata. Ho succhiato tutto il suo sangue fino all’ultima goccia e sai una cosa? … me la sono goduta”.

Elena lo spinse via e Damon non oppose resistenza.

“Forse il mio corpo sarà anche attratto da te, ma il mio cuore è di Stefan e un mostro come te non proverà mai una sensazione del genere, perché non ti meriti l’amore di nessuno”.

Si guardarono freddamente negli occhi. Si erano feriti a vicenda e non c’era più nient’altro da dire. Elena scappò dalla stanza.

Damon inspirò a fondo. L’odore della ragazza era ancora nell’aria. Chiuse gli occhi e inspirò di nuovo. Gli pareva quasi che lei fosse lì, che non fosse fuggita. Ma la verità era che ancora una volta lui aveva incasinato tutto. Non aveva potuto evitarlo.

Quando l’aveva vista in camera sua, quando gli aveva confessato di essere lì per lui e non per Stefan, qualcosa gli aveva scaldato il cuore. Si era, però, gelato un momento dopo, appena lui aveva scoperto il motivo della visita.

Perché, per quanto si sforzasse, tutti avrebbero continuato a puntargli il dito contro. Perché tutti gli ripetevano che avrebbe potuto essere un uomo migliore, ma nessuno ci credeva davvero.

Non che sta volta Elena avesse torto. Era stata onesta: non lo aveva accusato, gli aveva solo chiesto se c’entrasse o no. Voleva la verità e lui gliel’aveva data.

Avrebbe potuto starsene zitto, negare … magari gli avrebbe anche creduto, ma a che sarebbe servito?

Elena non aveva occhi che per Stefan, così come Katherine, quindi perché mai nascondere la propria natura? Per sentirsi premiare come un cagnolino obbediente?

Ed essere così vicino, così in sintonia, in intimità con lei e venire rifiutato, sentire i pensieri della ragazza su suo fratello, lo aveva annebbiato, lo aveva annullato. Damon si era richiuso in se stesso e aveva mostrato il peggio di sé.

Elena, Elena, Elena. Sempre Elena. Tutto per Elena. Soltanto per Elena. Quando sarebbero stati ripagati tutti i suoi sforzi? 

Un mostro come lui non poteva amare una creatura come Elena; non poteva amare nessuno, tanto valeva farsene una ragione. Lei aveva ragione.

Si buttò sul letto, stravolto e staccò la spina. In pochi secondi si addormentò.

Fuori era ormai buio quando decise di alzarsi. Era ora della sua dose serale di bourbon e di sangue fresco.

Si fece una doccia veloce e si vestì. Prese il suo cellulare e lasciò la stanza. La casa appariva vuota. Stefan doveva essere da Elena. Gli venne da vomitare solo a pensarci. Ma Bonnie? Possibile che a quell’ora fosse ancora fuori casa e non lo avesse avvertito?

La risposta arrivò da sé: mentre scendeva le scale, avvertì distintamente il rumore di pentole spostate provenire dalla cucina.

Trovò lì la piccola rossa, con i capelli sciolti e bagnati e una maglietta troppo grossa per lei, che arrivava a coprire il sedere. Rimase appoggiato allo stipite della porta della cucina, intento a seguire con occhio vigile i movimenti della maglietta che a ogni spostamento faceva intravedere l’incavo tra gluteo e coscia.

Ok, sarà stata pure sua nipote, ma doveva ammettere che era dotata di un gran bel culo e osservarlo era un piacere per la vista*.

“Santo Cielo, Damon!” strillò la ragazza che dopo aver messo su l’acqua per la pasta, lo aveva notato “Devi smetterla di comparire dal nulla, mi farai venire un infarto prima o poi!”.

Damon sollevò le braccia in segno di scuse “Colpa mia”.

Bonnie torturò il bordo della maglia tentando inutilmente di allungarla. Anche se Damon era suo zio, si sentiva ugualmente in imbarazzo a farsi vedere conciata in quel modo “Credevo che non ci fosse nessuno in casa” ammise.

“Tranquilla” disse Damon intuendo il suo disagio “Considerando a quello cui sono abituato, sei anche fin troppo vestita”.

Tentativo di calmarla? Fallito. Bonnie arrossì figurandosi in che razza di situazioni doveva essersi trovato il vampiro.

Si voltò verso la dispensa e prese la confezione degli spaghetti.

“Mangi a quest’ora? Sono quasi le dieci” disse lui.

“Lo so, ma prima avevo gli allenamenti delle cheerleader, poi Caroline mi ha praticamente costretta a far parte della recita scolastica e mi ha tenuta in auditorium fino a mezz’ora fa”.

“Lo sai che abbiamo uno scantinato pieno di verbena?” le butto lì lui “Voglio dire se Caroline ti stressasse troppo e avessi voglia di mandarla a fare un pisolino …”.

“Damon!”.

“Scherzavo” più o meno.

Bonnie versò il sugo di pomodoro in una padella e accese il fuoco. Tentennò un istante prima di girarsi e raccontare “Oggi ho visto Katherine”.

“Anche tu?” fu la risposta istintiva di Damon. Non avrebbe sopportato un altro terzo grado.

Bonnie lo ignorò totalmente e proseguì “Mi voleva parlare, non so di cosa, ma l’ho mandata via”.

“Hai fatto bene. Quella sa dire solo bugie … il più delle volte”.

“Non è questo che volevo dirti. È successa un’altra cosa … strana. Ha usato l’ipnosi su di me e …”.

“Quella bastarda” commentò Damon.

“Mi fai finire?!” replicò Bonnie piccata “Ha usato l’ipnosi ma non ha funzionato”.

Damon non ne fu stupito. Sapeva perfettamente che Bonnie non era un elemento soggiogabile.

“Lei non è riuscita ad ammaliarmi, ma forse io sì”.

Damon allargò gli occhi.

“Io … ho sentito l’energia che ha usato per ipnotizzarmi, lo sentita nella mia testa, poi le ho ordinato di lasciarmi andare e lei ha obbedito, senza opporsi”.

Damon si appuntò che quella era un’altra delle cose da riferire ad Alaric, ma non lo diede a vedere. Dissimulò lo stupore e minimizzò il fatto “Probabilmente si è resa conto che non era saggio farti del male o insistere o che ne so di quello che passa nella mente di quella pazza”.

“Sì, ma io ho sentito la sua energia” protestò Bonnie.

“Prima di tutto si chiama Potere e non energia. Secondo devi aver creduto di sentirlo, forse eri talmente decisa a mandarla via che hai immaginato di avvertire qualcos’altro. Gli umani non possono ipnotizzare nessuno, Bonnie”.

La rossa annuì e ritornò ad occuparsi della sua cena “Vuoi un po’?” gli offrì.

“Grazie per l’offerta ma passo. Nel mio armadietto degli alcolici c’è qualcosa di meglio che mi aspetta”. Sparì oltre la porta.

Bonnie spense i fornelli e scolò la pasta. Dal salotto arrivava un silenzio tombale e lei era quasi sicura di conoscere la ragione di quella calma. Prima della tempesta.

Poco dopo udì Damon imprecare sonoramente e materializzarsi di nuovo in cucina. Aprì tutti gli armadietti e li scannerizzò con la sua vista da vampiro.

Quando capì che non avrebbe trovato quello che cercava, richiuse lentamente le ante e si rivolse alla ragazza “Bonnie, sono spariti tutti i miei liquori”.

Lei non lo degnò di uno sguardo continuando a condire i suoi spaghetti con il sugo “Uh” grugnì.

“Ne sai qualcosa?”.

“Perché lo chiedi a me?”.

“Dubito che qualcuno si sia intrufolato in casa solo per rubare tutto l’alcol. E Stefan non è il tipo da farsi fuori tutta la mia scorta”.

“Io invece ti sembro un’alcolizzata?”.

“Mi sembri furba”.

Bonnie abbassò la testa non riuscendo ad evitare di sorridere “Ok, mi hai beccata” confessò.

“Dove li hai messi?”.

“Buttati” rispose semplicemente assaggiando una forchettata di pasta. Serviva del formaggio.

“Cosa hai fatto?!” proruppe Damon “E quando l’avresti fatto?”.

“Quando sono tornata. Li ho presi tutti e gettati via, poi mi sono fatta una doccia e ho cucinato. Possibile che tu non mi abbia sentita? Ma che razza di superudito hai?” lo stava prendendo in giro. Quella situazione la stava divertendo parecchio.

“Perché diamine l’hai fatto?”.

Bonnie posò il piatto sul bancone della cucina e si ricompose. Ora era il momento di ritornare seria “Sono stufa di sentirti tornare ubriaco fradicio a orari improponibili. E sono stufa di Stefan che cerca in tutti i modi di coprire le tracce dei tuoi casini. Dato che continuate imperterriti a non dirmi niente, ho deciso di agire per conto mio”.

Damon ci restò di sasso; perché doveva essere così maledettamente cocciuta?

“Tutto questo non serve a niente, posso ricomprarli”.

“Butterò anche quelli”.

“Posso bere fuori, al bar, che per inciso è la ragione per cui torno ubriaco ogni notte”.

“Limito i danni come posso. E per inciso l’alcol non risolverà i tuoi problemi con Katherine” gli fece notare “Ti farebbe meglio parlarne con qualcuno”.

“Suggerisci qualche seduta dallo psicologo” ironizzò il vampiro.

“Da quanto non ricevi un abbraccio?” lo spiazzò totalmente Bonnie. Damon non sapeva bene come rispondere a quella domanda. Optò per il suo solito atteggiamento equivoco e indifferente “Dipende da che tipo di abbraccio intendi”.

“Uno disinteressato. Non come quello che condividi con le donne che ti porti a letto. Uno dato da un amico, da qualcuno che vuole solo confortarti senza secondi fini. Uno di quelli che ti fanno sentire meglio”.

“Mai ricevuto uno”. Forse solo la sua mamma era abituata a trasmettergli quel tipo di sensazioni, ma ormai i ricordi erano sfocati.

“Vuoi sentire che si prova?” gli domandò Bonnie incerta se fosse la cosa giusta da fare o meno.

“Io non voglio provare più niente” asserì Damon “E comunque non c’è nessun problema con Katherine. L’ho superata. Lei non mi ha mai amato, io l’ho fatto per quasi cinquecento anni. Conclusione? L’amore fa schifo e io ho chiuso”.

“Non è vero” lo contraddisse Bonnie “Tu ora sei innamorato di Elena”.

Damon s’irrigidì. Non seppe dire se essere più sorpreso dal fatto che Bonnie se ne fosse accorta o se essere più irritato a sentire il nome della bionda.

Negare, negare, negare. “Non so come ti vengano in mente certe idee”.

“Davvero, Damon? Credi di darmela a bere?” gli disse Bonnie “Ti uccideresti per lei … è abbastanza palese. Ti ho già detto che non devi nasconderti con me”.

“Non mi nascondo. Solo che non c’è nulla da dire”.

Bonnie sospirò “Senti, non che io approvi questo tuo cercare di fregare la ragazza a tuo fratello,  ma non riuscirai mai a conquistare il rispetto di Elena se continui a comportarti così”.

“Non andare avanti” la bloccò Damon alzando la mano “Non ho intenzione di stare ad ascoltare un’altra favola sull’uomo migliore”.

“Non mi riferivo a quello” si affrettò a precisare Bonnie “Tu sei contorto, incasini tutto, te ne freghi, ma non è questo che fa arrabbiare tutti” fece una pausa “E’ il tuo rifiuto verso ogni tipo di sentimento, e invece è così evidente che tu senti più di tanti altri. Soffri ma non lo ammetti. Fingi di non aver debolezze e questo, fattelo dire, è una delle cose più vigliacche che tu possa fare. Sei come … come un bambino capriccioso”.

Damon ascoltò senza fiatare.

“Quindi il punto qui non sta tanto nel diventare un uomo migliore” concluse Bonnie “Quanto nell’iniziare a comportarti da uomo” prese il piatto di pasta ormai diventata fredda e parlò un’ultima volta prima di salire nella sua stanza “Smettila di fare il ragazzino”.

Damon represse l’impulso di seguirla e strozzarla. Perché la ragazzina aveva ancora una volta c’entrato il fulcro della questione.

 

Il giorno dopo Elena stringeva tenacemente il volante della sua mini, immaginando che quello tra le sue mani fosse il collo di Damon.

Bonnie seduta al suo fianco ogni tanto le lanciava un’occhiata divertita. Per un momento le parve un semplice sfogo di una ragazza di diciassette anni alle prese con un ragazzo libertino, restio a comportarsi bene e a mantenere promesse.

Si rabbuiò ricordandosi il motivo per cui la bionda era così arrabbiata con Damon. Quella volta l’aveva combinata davvero grossa e Bonnie si chiese  perché dovesse per forza rovinare sempre tutto.

Lei aveva cercato di stargli vicina, capirlo. Non lo aveva giudicato, diamine non si era nemmeno arrabbiata! Eppure Damon continuava a sbatterle la porta in faccia ogni volta che lei tentava da farlo ridere, di essergli amica, di non lasciarlo solo. Bonnie voleva solamente farlo stare meglio. Chiedeva troppo?

“Non ci posso credere che l’abbia fatto davvero! Ti rendi conto? L’ha uccisa e poi me l’ha confessato con quel tono così compiaciuto, come se ci trovasse gusto a farmi provare orrore”.

“Credimi, Damon non troverebbe mai piacevole farti star male. È solo che … è colpa di Katherine. Il suo ritorno lo ha stordito parecchio” tentò di smorzare la cosa Bonnie.

“Ora lo difendi pure?!” scandalizzò Elena.

“Non lo sto difendendo” ribatté la rossa “Anche io non sono per niente contenta di quello che ha fatto. Nessun bambino dovrebbe crescere senza la sua mamma e io e te lo sappiamo fin troppo bene! Però devi capire che Damon ha vissuto cinquecento anni senza freni e ora sta cercando di darsi una regolata, soprattutto per te, e ogni tanto la sua rabbia si sottrae al suo controllo” si morse il labbro nervosamente non sapendo bene come continuare “Non dico che dobbiamo fare finta di niente, ma si sta impegnando quanto può per rigare dritto, noi dobbiamo avere un po’ di pazienza. Tu più di tutti, considerando che lo sta facendo per te”.

“Non voglio che lo faccia per me” ripeté Elena per l’ennesima volta “E comunque dall’ultima conversazione che abbiamo avuto, direi che non ho più tutto questo ascendente su di lui”.

“Se lo dici tu” rispose Bonnie poco convinta dall’affermazione dell’amica.

“Ma perché non si muovono!!!” sbraitò Elena pigiando con forza il clacson “Sono in super ritardo, Margaret penserà che sono una sorella orribile!”.

“La scuola è lì dietro l’angolo, siamo quasi arrivati” la tranquillizzò Bonnie.

“Come ho fatto a dimenticarmi di passarla a prendere?” si lamentò “Vorrei sapere cosa cavolo ho per la testa in questi giorni”.

“Ma non so” suppose la rossa “Vampiri, lupi mannari? La ex ragazza del tuo ragazzo ricomparsa dall’oltretomba? O forse il fatto che siete uguali?”.

Elena scosse la testa ridendo e le diede una leggera spinta sulla spalla. Parcheggiò l’auto e si fiondò fuori, seguita da Bonnie.

La scuola era vuota eccezion fatta per i bidelli che stavano pulendo le aule. Elena raggiunse la classe della sorella e si sciolse dal sollievo nel trovare la sua insegnante seduta alla cattedra.

“Signora Fabrey, mi dispiace così tanto per il ritardo! Ho avuto un contrattempo” si scusò.

La donna parve stranita “Elena, che cosa ci fai qui?” le chiese.

“Sono venuta a prendere Margaret” rispose “Dov’è?”.

“Ti senti bene, Elena?”.

“S- sì” tentennò un po’ confusa Elena “Dov’è mia sorella?”.

“Sei venuta a prenderla mezz’ora fa, quando è suonata la campanella di fine lezioni” le ricordò “Sei sicura che sia tutto a posto?” le domandò di nuovo vedendola sbiancare di colpo.

“Mi scusi, è che … è un periodo un po’ incasinato” senza aggiungere una parola fece dietrofront e uscì dalla classe incrociando Bonnie che la stava aspettando fuori.

“Dov’è Margaret?” le chiese.

Elena non fiatò. Con mani tremanti compose il numero di Stefan sul cellulare e pregò Dio di ricevere risposta.

“Pronto?”.

“Stefan è successa una cosa terribile” si affannò la ragazza.

“Elena, calmati … cosa c’è?”.

“Katherine … ha preso Margaret. Ha rapito mia sorella”.

 

“But everytime I try to make you smile
You'd always grow up feeling sorry for yourself
Everytime I try to make you laugh
You stand like a stone
Alone in your zone
Is it too much that I'm asking for?”

(Too much too ask- Avril Lavigne)

 

Il mio spazio:

Ben ritrovate a tutte voi! Come sono andate le vacanze? Spero bene, così magari sarete più di buon umore e mi perdonerete per questo terribile ritardo.

Ma ho un’ottima scusa, più o meno: le mie previsione di avere internet ad agosto si sono rivelate sbagliate e non ho potuto aggiornare. Inoltre ero impegnata come al solito con gli esami e mi sono ritrovata a settembre con il capitolo da scrivere.

Mi dispiace davvero di avervi fatto aspettare così tanto, cercherò di non farlo più.

Dunque ora passiamo al capitolo:

1)   Damon/Elena : prima scena dedicata a loro. Non avete idea di quanto tempo ci abbia messo a scriverla. Prima di tutto perché odio scrivere di loro e secondo perché temevo di essere andata completamente fuori strada. Il loro incontro non è andato molto a buon fine, ma non credete che Damon abbia chiuse con lei; ci vorrà ancora parecchio prima che se la tolga dalla testa. Anche se non tratto molto spesso della loro relazione, non vuol dire che lui se la sia dimenticata quindi non fatevi troppe speranze per adesso:P In questa storia sto cercando di rendere Elena un po’ più simpatica e coerente. Non posso eliminare l’attrazione che prova per Damon (anche se lo vorrei), ma lei non si dimenticherà di Stefan. Cercherò sempre di renderla il più onesta e corretta possibile nei suoi atteggiamenti. Apprezzate il cambiamento? Notate il cambiamento? =)

2)   Damon/Bonnie: poca interazione tra i due o meglio poca interazione sentimentale. Per adesso i due sono semplici amici e lei cerca di aiutarlo in tutti i modi possibili. Vuole fargli riscoprire il suo lato umano, ma per riuscire nell’impresa anche lui deve collaborare e per ora non sembra intenzionato ad aprirsi. Ma noi confidiamo che la streghetta prima o poi lo scioglierà. Ricordiamoci che Bonnie è la sua unica vera alleata, che non lo giudica e non lo vede come una bomba sul punto di esplodere, e Damon dovrà ripagarlo di tutto questo affetto. Bonnie lo difende, soprattutto con Elena, facendole notare che lui sta cercando di comportarsi bene per lei. Una piccola precisazione sul punto in cui Damon osserva in modo piuttosto malizioso il sedere di Bonnie: non prendetelo come un manico che ha certe fantasie su sua nipote, ma come un uomo che si trova di fronte una ragazza ormai cresciuta. Damon non vede Bonnie da quasi dieci anni ed è difficile considerarla solo come la sua nipotina, senza contare che il loro legame di parentela è mooooolto alla lontana.

3)   Katherine. Lovely Katherine. Che diamine ha in mente questa vampira? Che cosa dovrà dire di così importante? Perché ha rapito la sorella di Elena?

Con questi quesiti e con tutti quelli che vi verranno in mente, vi lascio.

Preparatevi per il prossimo capitolo che vedrà comparire un Damon molto protettivo ;)

Grazie mille a chi mi sostiene recensendo, leggendo e seguendomi! Spero di non deludervi mai!

Alla prossima, Fran!

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Capitolo 14
*** I will leave a key for you outside my doorway ***


 

Ashes &Wine


Capitolo quattordici: I will leave a key for you outside my doorway

 

“Tear down the mountains
Yell, scream and shout like you can say what you want
I'm not walking out
Stop all the rivers, push, strike and kill
I'm not gonna leave you
There's no way I will”

(And I’m telling you I’m not going- Jennifer Hudson).


Cercare di tranquillizzare Elena era stata un’impresa piuttosto difficile, considerando il fatto che la stessa Bonnie aveva avuto seri problemi a mantenere la calma. Ma era abbastanza orgogliosa del risultato: non aveva urlato, non si era fatta prendere dal panico e non aveva pianto dall’ansia.

Elena d’altra parte aveva lanciato la macchina verso il vecchio Pensionato infrangendo ogni regola esistente della strada.

Bonnie poteva capirla; c’era in ballo la vita della sorella.

Quando arrivarono alla villa, trovarono ad aspettarle i due fratelli. Elena non parve molto contenta di vedere anche Damon, ma non disse niente. Scese dalla macchina e si rivolse direttamente a Stefan, senza degnare di uno sguardo l’altro vampiro; Bonnie la seguì.

“Mi ha chiamato Katherine” annunciò Stefan “Ci aspetta vicino a Wickery Bridge”.

Bonnie non volle nemmeno sapere come Katherine avesse ottenuto il numero di Stefan.

“Cosa vuole da mia sorella?” chiese Elena con voce leggermente rotta dall’apprensione.

“Niente” rispose Damon “Vuole solo attirare la nostra attenzione. Non le farà nulla se noi l’accontentiamo”.

“E andrà sempre avanti così?” insinuò Elena “Dargliela vinta ogni volta per stare al sicuro?”.

“No mia cara Elena” le disse Damon dirigendosi verso la Mini e facendo cenno alla ragazza e a Stefan di seguirlo “Ora noi andiamo là, recuperiamo tua sorella e le strappiamo il cuore. Problema risolto”.

“E’ questo il tuo grande piano? Andare là e ucciderla? Katherine non mi sembra il tipo che si fa cogliere di sorpresa e se mia sorella si farà male in tutto questo …”.

“Ehi, ehi” le disse Stefan parandosi davanti a lei e prendendola per le spalle “Non le accadrà nulla di male, ok? Ti fidi di me?”.

Elena annuì ricacciando giù il groppo che le si era fermato in gola.

Bonnie che fino al quel momento non aveva pronunciato parola, si avviò alla macchina, intenzionata a salire e ad accompagnarli.

Tuttavia non fece nemmeno in tempo ad aprire la portiera che Damon l’afferrò per un braccio tirandola indietro “Dove pensi di andare?” le chiese quasi ringhiando.

Bonnie lo guardò spaesata “Vengo con voi”.

“No” fu la decisione di Damon “Te ne resti qui”.

Bonnie socchiuse gli occhi contrariata “Non penserai davvero che vi lasci andare da quella vampira psicopatica, mentre io me ne sto al sicuro in casa?!”.

“Tu non c’entri niente in questa storia, ok? Non ha senso che rischi la vita” le impose lui “Voglio che rimani qui”.

Bonnie si divincolò dalla stretta e ricambiò lo sguardo deciso “Non sono una bambina! Non puoi pretendere che io vi lasci andare da soli con la paura di non vedervi tornare. Voi siete la mia famiglia”.

Damon abbassò gli occhi. Per un attimo parve cedere, poi la prese nuovamente per il polso allontanandola dalla macchina “Torneremo, te lo prometto” la rassicurò “Ma fino ad allora non ti muoverai dalla tua camera, intesi?”.

Bonnie strinse le labbra. Avrebbe voluto urlargli in faccia, ma si trattenne. Fece dietrofront e corse in casa.

“Mi piacerebbe sapere perché ogni volta che parla con te o scappa o piange” commentò Stefan quando Damon salì in macchina.

“Zitto e guida, razza di vampiro sdentato” borbottò Damon distogliendo lo sguardo dalla mano del fratello che stringeva quella di Elena. Si chiese perché lo stava facendo? Dopotutto a lui che importava se Katherine aveva rapito Margaret? Chi era Margaret? Non ci aveva neanche mai parlato.

Poi i suoi occhi caddero sul volto stravolo di Elena riflesso nello specchietto retrovisore e Damon seppe per certo che non avrebbe mai potuto sopportare di vedere quell’espressione così angosciata sfigurare il viso della bionda.

Bonnie forse aveva ragione: lui non poteva rinunciare all’amore, anche rifiutandolo con tutte le proprie forze.

Poteva urlare al mondo di essere ancora il vecchio vampiro egoista e senza scrupoli, poteva fingere di essere indifferente a tutto ciò che gli accadeva intorno, poteva uccidere, poteva ubriacarsi fino a non ricordarsi più il suo nome, ma la verità rimaneva solo una: lui avrebbe smosso mari e monti ad un semplice gesto di Elena. Perché quello che sentiva per lei era la cosa più simile all’amore che avesse mai avuto. Katherine era stato un amore passionale e travolgente. E finto. Elena, al contrario non aveva mai ceduto al suo fascino, seppur attratta da lui, non aveva tradito Stefan. Damon in fondo apprezzava questa sua lealtà e qualunque cosa lo legasse alla ragazza, che fosse davvero amore o no, si era trasformato in una forza che lo obbligava a fare il possibile per vederla felice.

In modo disinteressato. 

L’avrebbe respinta, come era successo il giorno prima, ma alla fine l’avrebbe accontentata, perché era giunto al punto di non poter più far a meno di lei.

Stefan fermò la macchina. Entrambi i vampiri avvertirono l’aura di Katherine. Li chiamava come la miglior delle delizie.

“E’ qui vicino” disse Damon scandagliando la zona.

“Dietro di te” cantilenò la voce della vampira.

I tre si voltarono e si trovarono di fronte Katherine che teneva delicatamente Margaret per una spalla.

“Meggie” la chiamò Elena facendo un passo avanti “Lasciala subito andare o giuro che …” non finì la frase che la sua sosia rise di gusto interrompendola.

“Cosa vuoi fare, piccola Elena?” la derise “E poi Margaret si è trovata benissimo con me, vero tesoro?” chiese alla bimba che si morse il labbro tremolante, troppo spaventata per contraddirla.

“Che cosa vuoi, Katherine?” si spazientì Damon “Non dirmi che vuoi macchiare la tua fedina penale con un sequestro di minore?!”.

“Non mi avete dato scelta” spiegò lei “Ho cercato di parlarti, ho cercato di parlare con Stefan, anche con la rossa che volete nascondermi, ma non mi avete dato retta”.

“Lascia andare Margaret” le propose Stefan “E poi ti ascolteremo”.

“Ahah, ho più di cinquecento anni, secondo te sono così scema? Appena presa la bambina ve ne andrete e forse cercherete anche di uccidermi”.

“Sull’ultima ci puoi contare” ghignò Damon.

Katherine ricambiò la smorfia “La piccola resta con me” dichiarò Katherine stringendo la presa sulla spalla “E voi dovreste aprire le orecchie” socchiuse le labbra senza emettere altro suono. Mosse leggermente la testa verso la boscaglia e scosse la chioma bionda “Perché non ammettiamo alla nostra conversazione anche la nuova arrivata?”.

Gli occhi di Stefan ed Elena scattarono verso la direzione indicata da Katherine, Damon invece non si mosse nemmeno. Sapeva già di chi stava parlando. L’aveva sentita parcheggiare e nascondersi dietro un albero. Non si era stupito che Stefan con il suo debole Potere non avesse percepito la sua tenue aura, ma aveva sperato ardentemente che Katherine non se ne accorgesse.

“Bonnie, vieni fuori da lì” la richiamò la vampira.

La testa rossa della ragazza fece capolino da dietro un tronco e lei avanzò con gli occhi bassi, non osando incrociare quelli di Damon. Affiancò Stefan.

“Ora che ci siamo tutti, possiamo anche cominciare” iniziò Katherine “Sarò breve e concisa: Klaus sta arrivando”.

La mascella di Stefan si contrasse, Elena e Bonnie corrugarono la fronte e Damon sbuffò sonoramente “Hai orchestrato tutta questa cosa solo per raccontarci una storia di fantasmi?”.

“Non è una storia di fantasmi, Damon. Lo sai bene” replicò Katherine “Klaus è reale. Io l’ho visto”.

“Perché un vampiro originario dovrebbe venire a Fell’s Church?” domandò Stefan.

“Non le senti? Le linee di energia che attraversano questa città? Hanno una forza così inebriante che ti entra nelle ossa” tremò dal piacere “E poi qui c’è qualcuno che gli interessa”.

“Di che stai parlando?” incalzò Stefan.

“Non ci credo che nessuno di voi ci abbia mai pensato. Insomma non è una cosa normale che al mondo esistano due persone identiche con secoli di differenza”.

Osservò le reazione sorprese dei quattro non appena capirono a chi si riferiva. “Esatto, Klaus vuole la vostra preziosa Elena”.

“Ti do quattro secondi per spiegarti” ringhiò Damon “Poi vengo lì e affondo i miei canini nel tuo collo”.

“C’è un motivo se Klaus ha deciso di salvarmi secoli fa” chiarì Katherine “Credeva che il mio sangue avrebbe potuto aumentare il suo già immenso Potere, ma non è stato così. Gudren aveva barattato la mia salvezza con gran parte del mio sangue. Klaus accettò solo per motivi egoistici, ma non ottenne l’effetto sperato. Fu un esperimento fallito” una pausa “Anni più tardi Klaus scoprì che quello non era il momento, avrebbe dovuto attendere ancora prima di poter accrescere il suo Potere. Elena è uguale a me, il che fa presumere che sia una mia discendente, il che fa presumere che il suo sangue abbia le mie stesse qualità. Klaus sa bene queste cose e prima o poi se la verrà prendere”.

“E che cos’avrebbe di speciale il tuo sangue?” le chiese Damon.

“Non lo so” rispose sinceramente Katherine “Klaus non è mai stato chiaro su quel punto, ma non puoi negare che il mio sangue fosse incredibilmente buono”.

Damon non la contraddisse. Doveva ammettere che, pur essendo umano, aveva sempre bevuto con piacere il sangue delle vampira, l’idea non lo aveva mai ripugnato, anzi ogni sorso aveva un qualcosa di eccitante. E il sangue di Elena era paradisiaco, così pieno di forza e destabilizzante.

“Come fai ad avere queste informazioni?” continuò Stefan.

“Dopo aver lasciato Firenze, tornai da Klaus e mi raccontò tutto. Lo aiutai per un po’. Girammo mezzo mondo in cerca di novità, ma ogni volta ci veniva detto che non era ancora giunto il momento, che non era ancora nato nessuno di così potente da rendere Klaus invincibile …”.

“Perché ci stai dicendo queste cose?” la interupper Elena.

“Voglio aiutarvi ad ucciderlo”.

“Perché dovresti volere morto il tuo creatore e maestro?”.

“Perché lui vuole me morta” rivelò Katherine “La ricerca di Potere era diventata un’ossessione per Klaus e io non volevo più essere coinvolta. Ma non è così facile allontanarsi da lui e ho tentato di liberarmene. Non sono riuscita ad ucciderlo e sto scappando da due secoli. Ora mi sono stufata” sentenziò “Quando ho sentito che qui a Fell’s Church abitava una ragazza totalmente identica a me e che aveva attirato le cure dei fratelli Salvatore, ho pensato che fosse un’occasione unica per sconfiggere Klaus una volta per tutte”.

“E’ per questo che sei tornata” soffiò Damon “Ti serve protezione”.

“Sei incredibile!” esclamò Stefan con una nota delusa nella voce “Pensi davvero che ci fideremo di te? Dopo tutte le bugie che ci hai detto? Dopo tutto il male che ci hai fatto?”.

Katherine assottigliò le labbra e gli occhi le si arrossarono “Tutto il male che vi ho fatto?” ripeté incredula “Tutto quello che ho fatto è stato solo per aiutarvi! E voi mi avete ripagato uccidendovi a vicenda. E quando finalmente vi ritrovo, cosa scopro? Che tutti e due vi siete presi una cotta per una stupida umana uguale a me e che il mio anello è al dito di quell’oca capo cheerleader” li accusò con un fremito. Il suo volto si era trasfigurato e Margaret al suo fianco aveva preso a piangere. Elena avrebbe voluto avvicinarsi e abbracciarla, ma temeva la reazione della vampira che in quel momento appariva più instabile del solito.

“Eppure sono qui ad offrirvi il mio aiuto!” adesso strillava istericamente “Avrei potuto rapire Elena, portarla da Klaus e pagare il mio debito. Invece sono qui. Voi non avete diritto di incolparmi di niente”.

“Non ho intenzione di stare qui ad ascoltarti mentre fai la vittima” la beffeggiò Damon “Nessuno qui è disposto a crederti e non è  che tu ci stia dando una mano. Rapire una bambina solo per attirare la nostra attenzione! Davvero poco di classe”.

“Proprio tu dici queste cose, Damon? Tu che non meno di qualche settimana fa hai minacciato di uccidere questa stessa bambina per ottenere il sangue di Elena?” gli sbatté in faccia Katherine.

Un attimo dopo tre paia di occhi scattarono verso Damon: quelli mortificati di Elena, quelli stupiti di Bonnie e quelli adirati di Stefan.

“Uh, uh ho forse detto qualcosa che non dovevo?” si finse dispiaciuta la vampira “Vi tengo d’occhio da parecchio. Tutti voi. Non potete nascondermi niente e così non è riuscito a fare Klaus. Credetemi, sono la vostra unica speranza di sfidarlo e uscirne vivi”.

Stefan spostò l’attenzione da Damon. Sebbene la voglia di fargliela pagare fosse forte, decise comunque di rimandare il loro scontro. Non si poteva permettere di rompere quel delicato equilibrio che si erano creati. Se quello che Katherine andava dicendo era vero, avrebbero dovuto rimanere il più uniti e possibile.

“Hai ottenuto quello che volevi. Ti abbiamo ascoltata. Ora lascia Margaret” Stefan era stanco e lo si percepì dal tono di voce basso e strisciato.

Katherine acconsentì e tolse la mano dalla spalla di Margaret che corse senza farselo ripetere dritta nelle braccia della sorella.

Elena si inginocchiò e la tirò su, accarezzandole i capelli.

“Non m’importa se sei qui davvero per aiutarci. Prova a usare o a fare del male ancora a una sola delle persone che amo e te la farò pagare”.

Le diede le spalle e si avviò alla macchina. Stefan dietro di lei.

Damon lanciò un’ultima occhiata adirata a Katherine poi si voltò pure lui e incontrò gli occhi di Bonnie. Fisse sulla donna, carichi di apprensione.

Non aveva fiatato per tutto il tempo, non si era quasi mossa, pietrificata dalla paura, sconvolta dalle rivelazioni, più di Elena che era la diretta interessata.

Un vampiro antico stava per arrivare nella loro cittadina con l’intenzione di usare quella che era diventata una della sue migliori amiche per rendere se stesso imbattibile e avrebbe ucciso tutti coloro che si sarebbero intromessi. Questo includeva Stefan e Damon. La sua famiglia.

La ragazza iniziò a tremare e gli occhi le divennero lucidi non appena realizzò che la sua vita avrebbe potuto essere stravolta per l’ennesima volta, in modo definitivo e irreparabile, non appena realizzò che avrebbe potuto rimanere di nuovo sola al mondo. E sta volta per davvero.

“Bonnie, andiamo” le ordinò Damon.

Lei non mosse un muscolo. Paralizzata. Continuò a fissare negli occhi Katherine, sperando con tutto il cuore di vederla sparire, di accorgersi che era solo un incubo.

“Bonnie”.

“Sembra che la piccolina di casa abbia qualche problema” s’intromise Katherine.

Damon la ignorò e scosse leggermente Bonnie. Una lacrima le rigò il volto.

“Perché sei venuta?” le chiese. Non era arrabbiato “Ti avevo detto di rimanere a casa”.

“Mi dispiace” mormorò Bonnie “Avevo paura che vi accadesse qualcosa di brutto e non volevo starmene ad aspettare da sola. Avevo paura che non saresti tornati”.

“Grazie della fiducia” scherzò un po’ inopportunamente Damon.

“Non volevo essere esclusa” ammise lei “Tu e Stefan siete la mia famiglia e voglio sapere sempre che state bene”.

“Ce la siamo cavata per cinquecento anni” sospirò Damon “La tua presenza non risolverà la situazione, forse la peggiorerà. Una ragazza alla volta da salvare”.

Bonnie avrebbe voluto ribattere che non era più una bambina, che alla fine era sempre stata in grado di sopportare e superare tutto, che non le importava di essere debole e inutile, che avrebbe contribuito senza pestare i piedi a nessuno, ma qualcosa nello sguardo di Damon la indusse a rimandare quel discorso. C’era una sorta di preoccupazione nei suoi occhi e questo la convinse a cedere. Raggiunse Stefan ed Elena.

“Che tenera la cara Bonnie” commentò Katherine con tono beffardo “Non capisco proprio perché me la volgiate tenere nascosta, ancora più di Elena. È così dolce che non avrei mai il coraggio di farle del male”.

“Elena ha Stefan che la protegge” disse Damon “Ma se mai oserai alzare un dito su Bonnie, dovrai vedertela con me”.

 

Meredith si chiese nuovamente chi diamine glielo avesse fatto fare.

Poi la risposta arrivò: Caroline Forbes. Quella pazza, opportunista! La odiava, la odiava. Già farsi coinvolgere nella recita era stata un’idea suicida, ma lei aveva accettato solo di scrivere la sceneggiatura, nessuno aveva mai accennato alla regia. Eppure senza sapere bene come Meredith si era trovata a dirigere insieme a Caroline quella buffonata per il giorno dei Fondatori.

Insieme. Forse era una parola troppo forte, considerando che la vampira era talmente presa dall’organizzazione di tutta la festa che spesso la lasciava da sola ad occuparsi delle prove, sparendo e ricomparendo giusto per mettere il naso in tutto ciò che Meredith aveva deciso.

La cosa si era comunque rivelata superabile ed erano arrivati indenni ad un paio di giorni dalla prima.

La ragazza mora, seduta in platea, guardava i suoi compagni mettersi in posa per la foto per il giornale locale. Non avrebbe mai creduto che l’impresa più difficile sarebbe stata quella di farli stare fermi.

Sembrava una speranza vana: c’era chi provava il suo profilo migliore, chi continuava a spostarsi per paura di non entrare nell’obiettivo, chi si lamentava dei costumi di scena, troppo pesanti e chi semplicemente non riusciva a stare fermo.

Meredith avrebbe voluto fucilarli tutti o legarli o almeno farli smettere di urlare. Si massaggiò le tempie: aveva così tanto mal di testa.

“Ehi, Mere” salutò Bonnie buttandosi sulla poltrona accanto alla sua.

Meredith si voltò “Oh tranquilla, non scusarti per il ritardo” l’accolse con sarcasmo accavallando le gambe.

“Non hai nemmeno idea di quello che è successo. Giuro che comincio ad odiare i vampiri” si confidò la rossa.

“Stefan e Damon litigano?”.

“Noo” disse Bonnie “Almeno non ancora” aggiunse ripensando a ciò che aveva rivelato Katherine su Damon ed Elena “E’ stata quell’altra”.

“Cos’ha combinato stavolta la vampira sgualdrina?” s’informò intendendo subito a chi si stesse riferendo l’amica.

“In poche parole? Pare che Katherine sia stata coinvolta con un vampiro originario, un certo Klaus, che ora vuole il sangue di Elena per accrescere il proprio Potere. Non chiedermi che cosa significhi perché non ci ho capito niente. Ero paralizzata dalla paura, mi sono sentita una bambina piccola” poi entrò nei dettagli e più li raccontava più si rendeva conto di quanto fossero assurdi.

“E’ per questo che Stefan e Elena sono così turbati” ne dedusse Meredith guardando la coppia sul palco, una di fianco all’altro, in silenzio, sguardi perplessi e tesi.

“Credo che dovremo stare vicine ad Elena e non solo per Klaus e Katherine” suggerì Bonnie un po’ enigmatica. Non voleva essere lei a spifferare i segreti di Elena. Credeva che la bionda fosse già abbastanza in imbarazzo per gli scambi segreti di sangue con Damon.

Meredith annuì “Tutte noi dobbiamo stare unite. Abbiamo bisogno l’una dell’altra. E per la cronaca, Bonnie, non permetteremo a Stefan e Damon di farsi ammazzare mentre difendono Elena, lasciando sola te”.

Bonnie sentì il suo cuore aggiungere un battito; era la prima volta da tanto che qualcuno si ricordava anche di lei e si preoccupava di confortarla.

Non che Stefan o Damon non si fossero occupati di lei, ma le era parso che lo facessero specialmente per dovere; Meredith invece era stata spontanea.

“O mio Dio che stanno facendo Dick e Jesse con quei cappelli?!” si lamentò Meredith “Scusami, Bonnie, ma devo sistemare un paio di cose. Tu va’ a cambiarti; tra poco arriverà il fotografo”.

La rossa la guardò alzarsi, salire sul palco e inveire contro i due ragazzi. La imitò poco dopo, infilandosi dietro le quinte, nei camerini. Trovò il suo abito appeso sullo stand, avvolto nel cellophane. Era rosso, abbastanza scollato, ma non le importava dato che non c’era molto da far vedere. Corpetto stretto da togliere il fiato e gonna gonfia. Lo prese e si tolse i suoi vestiti e lo indossò. Fece passare le braccia nelle maniche aderenti e se lo aggiustò.

Si ammirò nello specchio, spostò i capelli di lato e lisciò la gonna con le mani. Si ritrovò a sorridere contenta: si piaceva. Le stava bene e si sentiva quasi bella.

Portò le mani dietro la schiena e cercò di raggiungere la zip. Tentativo vano. La cerniera terminava troppo in basso e non sarebbe mai riuscita a  portarla fino alla fine. Fece un paio di volte il giro su se stessa sbatacchiando le braccia per prenderla.

“Serve una mano?”.

Momento di gelo.

Bonnie rimase con le mani in aria e non ebbe il coraggio di voltarsi. In quel momento fronteggiare un vampiro le parve una bazzecola rispetto alla figura che aveva appena fatto con Christopher Rydell.

Sentì le guance colorarsi di rosso tanto che era difficile dire dove fosse il viso tra capelli e vestito. Cercò di darsi un’aria composta.

“Non arrivo alla cerniera” ammise così ingenuamente che chiunque si sarebbe intenerito.

“Ti aiuto io” si offrì il ragazzo posizionandosi dietro di lei. Le mise una mano sulla spalla e con l’altra prese la linguetta della zip e la tirò verso l’alto.

Bonnie osservò la scena dallo specchio e non poté fare a meno di pensare a quanto fosse provocante quella situazione. Christopher non stava facendo nulla di male, non c’era malizia nei suoi gesti, ma era proprio l’innocenza dell’azione a rendere tutto molto più ambiguo.

Quando poi le dita del ragazzo le sfiorarono la schiena a lavoro terminato, Bonnie non riuscì a trattenere un tremito che non sfuggì a Christopher.

Da bravo gentiluomo finse di non essersi accorto di nulla e cominciò a fare conversazione per mettere Bonnie a suo agio “Tra due giorni debuttiamo”.

“Eh già …” tremolò la rossa “Non dirmelo neanche! Sono super agitata e non abbiamo neppure finito di provare le battute”.

“Quello non è un problema” la rassicurò lui “Possiamo vederci per finire di studiarle. In realtà volevo chiederti di uscire una di queste sere; così ne parliamo un po’, soprattutto del bacio … sai non vorrei creare dell’imbarazzo”.

La testa di Bonnie scattò in alto “Bacio?”.

“Non hai letto il copione?”.

Lei scosse la testa. Non aveva nemmeno fatto in tempo a finire di leggerlo. Era stata troppo impegnata a preoccuparsi del ritorno di Katherine, a salvare Damon dalla sua fase autodistruttiva e a non impazzire.

“Alla fine della nostra scena ci dobbiamo baciare” spiegò lui “Ma non preoccuparti, io pensavo a un bacio a stampo o sulla guancia, potremmo girarci un po’ dando al pubblico l’impressione che il bacio sia vero …”.

“Non ti va di baciarmi?” chiese Bonnie di getto pentendosi subito di averlo detto. Ma che cavolo le era saltato in testa?! Si morse la lingua pregando di poter rimandare indietro il tempo e rimangiarsi tutto.

“Non mi va di farlo se tu non sei convinta” rispose Christopher.

Bonnie sbatté un paio di volte le palpebre, incredula. Era una sua impressione o quel ragazzo bellissimo di fronte a lei aveva appena detto di volerla baciare?

“Ha - ai ragione. Credo ci dovremo vedere per parlarne bene. Stasera al Grill?” propose fingendosi indifferente.

Christopher sorrise “Stavo per chiederti la stessa cosa”.

Sul palco, nel frattempo, Stefan ed Elena se ne stavano zitti uno accanto all’altro. Entrambi volevano chiarire quella situazione spiacevole ma nessuno osava cominciare il discorso, perché avrebbe voluto dire ammettere il problema, ammettere che Damon alla fine era riuscito a intromettersi tra loro, costringendo Elena ad avere dei segreti con Stefan.

Alla fine fu lei a cedere, ben conscia di essere in torto. Era lei a dover cominciare, a dover sistemare le cose. Perché Stefan era il suo  unico pensiero.

“Mi dispiace” si scusò “Avrei voluto dirtelo, ma non volevo che ti accadesse niente di male. Non volevo che affrontassi Damon, avevo paura che …”.

“Che mi avrebbe ucciso? Perché io sono il più debole” concluse Stefan.

“Dovevo essere sincera con te. Tu meriti la verità. Sempre” mormorò Elena “E parlando di sincerità mi sono vergognata come una ladra”.

“Non sei tu che ti dovresti vergognare; aveva minacciato tua sorella …”.

“No, non farlo” lo interruppe “Non dare la colpa a Damon, per piacere” gli prese le mani “E’ cambiato nella ultime settimane e anche se gli capita di sbagliare ancora, credo si stia impegnando per essere migliore. Ha bisogno anche di te, Stefan; non attaccarlo, ok?”.

Il vampiro non era affatto d’accordo con Elena. Damon non poteva continuare a fare quello che più gli piaceva, qualcuno avrebbe dovuto porgli un freno. Avrebbe voluto continuare il discorso con Elena, ma Meredith arrivò come una furia costringendoli a mettersi in posa con gli altri.

“Bonnie, Christopher! Volete farvi una mossa?!” urlò la bruna vedendo sopraggiungere i due.

Osservò tutti prendere il proprio posto. Tirò un sospiro di sollievo per essere finalmente riuscita a farli stare fermi.

Qualcosa, però, non quadrava. C’era un buco sulla destra. Perché aveva l’impressione che mancasse qualcuno? Poi realizzò …

“Dove diamine sono Matt e Caroline?!”.

 

“Matt! Ehi Matt” bisbigliò una voce.

Matt Honeycutt si fermò in mezzo al corridoio che portava all’auditorium e si girò verso l’aula da cui proveniva la voce.

Caroline spuntò da dietro la porta e gli fece cenno di entrare. Matt si guardò intorno ed entrò nell’aula chiedendosi il perché di quell’essere così furtivi.

“Caroline, perché sei nascosta qui dentro?”.

“Sshh” lo zittì “Se ci becca Meredith, ci uccide”.

“Che succede?”.

“Ti devo chiedere un favore che neanche t’immagini”.

Matt si rabbuiò all’istante. Per una frazione di secondo aveva pensato che Caroline lo avesse chiamato lì per parlare di loro. Il ragazzo aveva avuto l’impressione che tra loro si fosse instaurata una certa complicità, che si fossero avvicinati, specialmente dopo averle donato il sangue per completare la sua trasformazione *. Insieme a Stefan l’aveva aiutata ad abituarsi alla sua nuova vita, sebbene avesse voluto scappare a gambe levate.

Lui era un ragazzo al limite della normalità e dei cliché: biondo, occhi azzurri, bel fisico, capitano della squadra di football, aveva frequentato la bella del liceo; perfino il suo nome sprizzava banalità da tutti i pori. Matt.

Era, però, anche un ragazzo buono, gentile e altruista. Non avrebbe mai lasciato una sua amica d’infanzia sola a gestire una tale situazione.

La conosceva da quando era nato, l’aveva vista crescere, erano stati nello stesso gruppo da che riusciva a ricordare.

Soltanto dopo la sua vampirizzazione l’aveva riscoperta per davvero: Caroline era cambiata, si era responsabilizzata. Era diventata più attenta, più emotiva, per assurdo appariva più umana.

Matt credeva avessero stabilito un legame di supporto reciproco e fiducia. Si erano trovati più volte in situazioni intime, vicinissimi a baciarsi, intenti ad aprirsi e a sfogarsi con l’altro, a sfiorarsi le mani e a condividere le stesse idee.

Quando si trovavano nella stessa stanza, magari da soli o a pochi metri di distanza, l’attrazione era percepibile. Non era passione, era qualcosa di più puro e innocente, come un amore tra due quindicenni. Tutto delicato, tutto tenero.

Matt adorava quella sensazione.

Forse, però, la sua immaginazione aveva lavorato un po’ troppo, perché Caroline da un paio di settimane si era allontanata. Magari non ricambiava i suoi sentimenti o ne aveva per qualcun altro …

Perciò s’irritò ascoltando la ragazza, perché iniziava a essere stufo che tutti dessero per scontato la sua disponibilità.

Matt, il bravo ragazzo, Matt che aiuta tutti, Matt che rimane fregato.

“Certo, che vorresti altrimenti?!” s’indispettì.

Caroline colse il cambiamento di tono e si accigliò “Perché dici così, Mattie?”.

“Non ho più tre anni, non chiamarmi Mattie”.

“Matt” si corresse Care “Qualunque problema tu abbia, puoi parlarmene”.

“Dimmi solo che ti serve”le disse Matt.

“Tyler …”.

Il biondo sbuffò “Mi pareva strano che non c’entrasse lui”.

“Si può sapere che ti prende? Sembra che tu stia facendo il geloso”.

“Forse perché lo sono!” sbottò lui “Fino a due settimane fa eravamo sempre insieme, ci sentivamo tutte le sere, ti vedevo tutti i giorni e poi che diamine è successo? Mi hai rimpiazzato con Tyler! Probabilmente con lui ti trovi meglio a parlare di soprannaturale”.

Caroline si portò una mano alle labbra trattenendo a stento le risate.

“Faccio così tanto ridere? Mi credi così patetico?”.

“Ti credo adorabile”.

Matt tese il collo sorpreso. Cosa voleva dire quella frase? Aveva una sfumatura di tenerezza fraterna oppure …

“Sono stata parecchio con Tyler, è vero” gli diede ragione la ragazza “Perché è un mio amico, perché io ho provato sulla mia pelle quello che sta passando lui e mi sono sentita il dovere di aiutarlo. Senza contare che sto cercando di salvargli la vita: non voglio che Damon gli faccia del male”.

“Care …” iniziò Matt “Io non … sto facendo la figura dello stupido, me ne rendo conto, è solo che … non ne farò una tragedia se preferisci Tyler, lo posso capire, ma vorrei che fossi onesta con me”.

“Non voglio stare con Tyler, voglio aiutarlo, te l’ho detto e … tra pochi giorni c’è la luna piena e lui si trasformerà per la prima volta. Abbiamo deciso di andare fuori città, nella sua tenuta nel Maryland. È una vecchia casa coloniale e nel basamento ha una stanza che potrebbe contenere la forza di un lupo mannaro. Volevo chiederti di accompagnarci. Io non posso farcela da sola e mi fido di te. Ho bisogno di te”.

“Caroline, io non so se è una buona idea”.

“E’ anche un tuo amico e se non stiamo attenti potrebbe fare seriamente del male a se stesso e agli altri”.

Matt alzò gli occhi al cielo. In un modo o nell’altro finiva sempre per essere tirato in mezzo.

 

Quella sera Damon si era programmato una serata tranquilla: un bicchiere di vino (l’unica bottiglia che era riuscito a nascondere), un buon libro, magari una sacca di sangue e soprattutto tanta calma e solitudine.

Comprese al volo che i suoi piani sarebbero stati stravolti non appena sentì il rumore di tacchi che scendevano i gradini.

Dopo poco apparve la figura snella di Bonnie fasciata in un abitino blu, abbastanza corto. Scarpe chiuse con un tacco non smisuratamente alto ma che la slanciava ugualmente.

Stava bene, stava parecchio bene, stava un po’ troppo bene.

“Io esco” gli comunicò.

“E dove vai?”.

“Al Grill”.

“Ci vai vestita così?”.

“Perché?” domandò la rossa con intonazione intimorita “Non sto bene?”.

“Ho visto di meglio” fu la risposta disinteressata di Damon.

“Tu sì che sai come fare un complimento ad una donna!”.

“Come mai sei tutta in tiro?” riprese l’argomento il vampiro “Non è la prima volta che ti vedi con le altre ma non ti sei mai vestita così”.

“Oh no, non mi vedo con le altre … ho una specie di appuntamento”.

“Con chi?” tuonò Damon forse con troppa enfasi dato che Bonnie sobbalzò“Christopher Rydell, viene nella mia scuola. Stefan non te l’ha detto?”.

“No”.

“Ma come? Non passate tutto il giorno a parlare di me? Di come potrei esplodere da un momento all’altro perché voi siete vampiri, mio fratello è morto, la mia ex compagna di stanza pure e un vampiro originario sta venendo a Fell’Church in cerca della mia migliore amica per colpa della sua sosia vampira?”.

“Ah! Fai anche la spiritosa adesso?”.

Bonnie ridacchiò, prese la sua borsa e si diresse verso la porta.

“Non mi pare di averti detto che puoi andare” l’apostrofò Damon raggiungendola all’ingresso.

“Che fine ha fatto Mr. Va’ e divertiti, non scocciarmi con queste cose inutili?”.

“Prima di sapere che uscivi con un ragazzo” precisò lui.

“Davvero non capisco dov’è il problema …”.

“Il problema sta nel fatto che tutti i ragazzi della tua età hanno in mente solo una cosa” spiegò Damon lasciando sottointeso a cosa si riferisse.

“Se tu sei sesso- dipendente non vuol dire che tutti sono come te”.

“Primo non stiamo parlando di me, secondo nella mia vita non c’è solo il sesso”.

“Giusto, mi ero dimenticata il sangue” disse Bonnie con un’espressione di rimprovero stampata in volto “Senti, è un bravo ragazzo, educato, simpatico, ottimi volti a scuola e gioca in squadra con Stefan”.

“Questo mi conferma che è un imbecille”.

“Non è la prima volta che gli parlo, sai? E il suo comportamento è sempre stato impeccabile!”.

“Tutti i ragazzi fanno i perfetti quando vogliono mettere le mani nei pantaloni di una ragazza. Fidati, è un trucchetto che funziona”.

“Non dirmelo! Ma tu non ammagliavi le donne per portartele a letto?”.

“Tesoro, non ho bisogno di stupidi giochi mentali per entrare nelle mutande di una donna” si pavoneggiò.

“Damon, ti stai comportando come un fratello geloso”.

“Non sto facendo il geloso, voglio solo avvertirti” replicò lui “Ma sai che ti dico? Fa’ come vuoi, ma quando ti lascerà dopo essersi infilato sotto le tue lenzuola, non venire a piagnucolare da me”. Perché se lo scopro, gli taglio la gola.

Le diede le spalle e se ne andò. Da quando aveva bisogno di uscire con un ragazzo? Damon credeva che stesse ancora raccogliendo i cocci della sua vita e che l’ultima cosa cui pensasse fossero gli uomini!

Era stato talmente occupato a controllare Katherine ed Elena che doveva essersi qualche pezzo di Bonnie.

Non era geloso, quello no. Semplicemente non voleva che qualcun altro la ferisse; per quello bastava già lui.

Si rendeva conto di essere una grandissima testa di cazzo e di non riuscire a rigare dritto per troppo tempo. L’aveva già fatta soffrire abbastanza e l’avrebbe fatto ancora inevitabilmente, perché lui era così. Ma se non poteva proteggerla da se stesso, almeno avrebbe evitato ad altri di farle del male.

“Bonnie esce con un ragazzo” annunciò a suo fratello che se ne stava seduto alla scrivania a scrivere il suo diario.

“Sì, lo so. Christopher Rydell, è un bravo ragazzo”.

“Perché non me l’hai detto?”.

“Sono fatti suoi”.

“Non avevamo deciso niente più segreti?”.

“Quella regola è per Bonnie. Tu non c’entri niente” gli disse Stefan “E adesso dove vai?” chiese vedendolo uscire come una furia dalla stanza.

“Al Grill” gli urlò di rimando Damon mentre scendeva le scale.

Stefan su momento non vi prestò molta attenzione e continuò a riportare i suoi pensieri sul libricino aperto davanti a lui; finché, come un fulmine, le intenzioni del fratello non gli furono chiare. Abbandonò penna e diario e corse a inseguirlo “No, Damon! Non le rovinerai la serata!”.

 

 

“Queste battute sono così stupide!” si lamentò Bonnie “Ci credo che nessuno riesca a recitare bene … sono irreali!”.

Christopher ridacchiò proseguendo la lettura del copione poggiato sul tavolo del locale. Bonnie, d’altra parte, ci rinunciò e prese a bere il suo analcolico.

“Tu credi che queste siano irreali?” domandò lui “Leggi qua sotto!”.

Bonnie fece come le aveva detto e arrivata alla fine della scena di schiaffò una mano sulla fronte. Erano le battute più sdolcinate che avesse mai letto! Caroline quella volta gliel’avrebbe pagata cara!

“Non ci credo nemmeno morta che Honoria e Thomas Fell si siano detti queste cose prima di ufficializzare il fidanzamento” disse.

“E’ un testo teatrale … è normale che esagerino un po’ ” non si scompose Christopher “Più che altro io avrei qualcosa da dire sui vestiti. Il mio ha il colletto che pizzica”.

“Vogliamo parlare del mio costume?! È così stretto e scollato e poi è rosso e appariscente! Non bastava obbligarmi a stare su un palco davanti a un sacco di persone. No! Dovevano pure vestirmi come un semaforo”.

“Io trovo che ti stia molto bene” le confidò lui “Non è un male che la gente ti noti, anche se potrei essere un po’ geloso”.

Bonnie lo guardò cercando di trattenere un sorriso “In che senso geloso?”.

“Non fare la modesta; qualunque ragazzo si riterrebbe fortunato ad uscire con te e quando ti vedranno su quel palco, con quel vestito … beh diciamo che non mi andrebbe proprio di vedere qualcun altro seduto qui, al mio posto, con te”.

“Non sono così bella” lo contraddisse Bonnie “Niente paragonata ad Elena”.

“Non a tutti piacciono le ragazze come Elena, sai? Certo lei è bellissima, sembra un angelo, ma mi dà l’impressione di essere troppo perfetta, appare finta. Tu sei molto più vera, Bonnie” allungò una mano e le spostò una ciocca di capelli che le era finita davanti al volto “Non dubitare mai di te stessa” mormorò “Ti ho osservata parecchio in questi giorni. Il modo in cui hai superato la morte della tua amica è stato ad dir poco sorprendente. Sei molto più forte di quello che pensi”.

Bonnie non riusciva nemmeno a sbattere le palpebre. Aveva paura a socchiudere gli occhi anche per un secondo, aveva paura che una volta riaperti Christopher non ci sarebbe stato più.

Aveva una voglia matta di prendere la mano nella sua, ma dall’altro lato si vergognava troppo. Sebbene le avesse detto, nemmeno troppo velatamente, di essere interessato a lei, Bonnie proprio non riusciva a credere che un ragazzo del genere potesse stare dietro a una come lei. Non con ragazze tipo Caroline, Elena o Meredith in giro per la scuola.

“C’è Stefan” disse Christopher.

Bonnie non ci badò ancora incerta su come comportarsi. Sentiva di star facendo la figura della bambina impacciata e non sapeva in che modo uscirne.

“E quello è suo fratello? Com’è che si chiama … Damon?”.

Al che Bonnie iniziò a registrare tutte le informazioni.

C’è anche Stefan.

Fin lì niente di strano … forse era venuto per Elena.

Quello è suo fratello?

Che cosa ci faceva al Grill in una serate per i liceali?

Com’è che si chiama?

Bonnie si girò e fece vagare gli occhi per il locale alla ricerca del vampiro. Voleva una conferma che fosse davvero lì e che Christopher non si fosse sbagliato.

Damon?

Incontrò le iridi nere di Damon un attimo dopo. Era seduto al bancone, su uno sgabello, voltato verso di loro.

E quello è suo fratello? Com’è che si chiama … Damon?

Damon.

DAMON!

“Ora lo uccido” pensò Bonnie “Scusami un momento” disse al suo accompagnatore, poi si diresse a passo di marcia verso i due vampiri.

Stefan alzò le mani, mortificato cercando di farle capire a gesti di non essere riuscito a fermarlo. Damon le sorrise, più che altro ghignò.

“Che- diamine- ci- fai- qui?” scandì bene le parole per apparire più minacciosa.

“Avevo voglia di uscire” rispose innocentemente Damon.

“Tu non vieni mai al Grill di mercoledì. Dici che è una sera da sfigati perché è pieno di liceali”.

“Volevo bere qualcosa”.

“Non potevi farlo a casa?”.

“Lo avrei fatto, ma qualcuno ha buttato tutti miei alcolici” le ricordò.

“Sei venuto per spiarmi?” si fece sospettosa Bonnie.

“Tsk!” sbottò lui “Vuoi sempre stare al centro dell’attenzione, eh? Ho di meglio da fare, ragazzina”.

“Questa è la prima cosa normale che mi capita da quando sono arrivata qui. Prova a rovinarmi la serata con Christopher e non ti parlerò mai più!” gli intimò.

“E’ una minaccia o una promessa?” la prese in giro.

Bonnie girò sui tacchi e tornò al tavolo. Disse qualcosa al ragazzo che si alzò; poi entrambi si spostarono verso il tavolo da biliardo, parzialmente nascosto da un muro.

Dovrai fare di meglio per nasconderti da me, scricciolo. Pensò Damon.

“Sarebbe carino che tu la lasciassi in pace, sai?” lo richiamò alla realtà Stefan.

“Sarebbe carino che tu lasciassi in pace me, ma ormai ho perso le speranze” cercò di scrollarselo di dosso “Comunque è appena arrivata la tua dolce metà”.

Stefan si voltò in tempo per vedere Elena entrare nel locale con Meredith. Le salutò e riportò l’attenzione sul fratello “Non voglio parlare con te di questo, abbiamo già abbastanza preoccupazioni senza che ci sbraniamo a vicenda; ma se scopro che continui ad infastidire o a usare Elena o un’altra delle sue amiche, giuro che non te la farò passare liscia”.

“E cosa vorresti fare fratellino? Nelle tue vene scorre solo il Potere dei conigli”.

Stefan ricambiò lo sguardo duro “Fatti da parte, Damon, o stavolta la perderai per davvero” gli diede le spalle e raggiunse le due ragazze.

Damon digrignò i denti infastidito. Ordinò da bere e diede un’occhiata veloce al tavolo da biliardo: Bonnie e il bell’imbusto erano spariti.

 

“Scusa per la fuga, non avevo voglia di stare là dentro con mio zio a tenermi d’occhio”.

Erano seduti su una panchina, poco lontani dal Grill. Bonnie aveva visto Damon distratto da Stefan e aveva colto l’occasione per sgattaiolare via.

“Vivi con lui adesso?” le chiese Chris.

Bonnie confermò “Si occupa di me, mentre mio fratello è via” si fermò respirando a fondo; ogni volta che doveva ripetere quella bugia, avvertiva il cuore rallentare.

“Prende molto sul serio i suoi doveri di tutore” constatò il ragazzo.

“La maggior parte delle volte si ricorda di me nei momenti meno opportuni. Mi reputa ancora una bambina che non sa prendere le proprie decisioni”.

“Si preoccupa per te … non ci vedo nulla di male”.

“Non c’è nulla di male” concordò Bonnie “Vorrei solo un po’ di fiducia”.

“Forse scappare così non è stata una gran prova di maturità” suggerì Christopher.

“L’ha voluto lui” disse decisa Bonnie “In ogni caso dobbiamo provare quella maledetta scena e non mi andava proprio di farlo davanti a tutti”.

“Uh, uh è di questo che si tratta? Non vuoi che i tuoi amici ci vedano baciarci?” insinuò lui. Bonnie si chiese come facesse a passare dalla dolcezza alla sfrontatezza in così poco tempo.

La rossa abbassò la testa, incerta. Christopher le piaceva e questo lo aveva capito dalla prima volta in cui l’aveva incontrato. Ci stava bene, il tempo passato con lui era l’unico instante in cui poteva fingere di vivere una vita normale. Una normale adolescente alle prese con una normalissima cotta.

Doveva ammettere, però, di non conoscerlo così bene, non era sicura di voler condividere qualcosa di serio con lui. Baciarlo avrebbe significato esattamente il contrario e quello  era solo il loro primo appuntamento. Voleva davvero baciarlo al primo appuntamento? Un appuntamento, tra l’altro, non ufficiale.

Christopher aveva intanto avvicinato il viso e lo sguardo di Bonnie cadde sulle sue labbra. Sembravano così morbide e attraenti. In fondo stavano solo provando una scena, giusto? Non sarebbe stato un vero e proprio bacio.

Ce ne sarebbe stato di tempo per conoscersi. Quello era solo un piccolo esperimento, per capire cosa avrebbe provato a baciarlo.

Bonnie, però, non lo scoprì mai.

“La mezzanotte è scoccata, ragazzina. La zucca ti sta aspettando”.

Bonnie spalancò gli occhi e si voltò lentamente. No, si disse, non poteva averlo fatto davvero. Non poteva averla messa così in imbarazzo.

“Che cosa ci fai qui?” chiese la rossa.

“Cosa ci fai tu qui?” rigirò la domanda Damon “In un vicolo buio, con un ragazzo”.

“Stavamo solo provando una scena” spiegò Chris “Non facevamo niente di male”.

“Non mi sembra di averti chiesto niente, Justin Bieber”.

“Damon!” Bonnie avrebbe voluto scavarsi una buca sotto i piedi.

“Andiamocene” le ordinò.

“No!” s’intestardì lei.

“Bonnie non rendere difficile una cosa facile” l’avvisò.

“Tu non puoi obbligarmi a fare niente”.

“Conto fino a tre e ti vengo a prendere io. Uno”.

“Damon non osare …”.

“Due”.

“Giuro che mi metto a urlare …”.

“L’hai voluto tu” il vampiro la afferrò per la vita sollevandola e se la caricò in spalla. Bonnie iniziò a scalciare e a battere i pugni sulla schiena di Damon comandandogli di metterla giù.

Christopher fece qualche passo nella loro direzione ma Damon lo bloccò “Stammi lontano, se sai cos’è meglio per te” e si allontanò con una Bonnie che a stento tratteneva lacrime di nervoso e frustrazione.

 

 

Damon parcheggiò la macchina davanti al Pensionato. Per un attimo valutò l’idea di scendere, chiudersi in camera sua e rimandare la discussione con Bonnie il più in là possibile.

La rossa era seduta accanto a lui, labbra serrate, braccia incrociate, sguardo puntato sul cofano dell’auto. Appariva proprio una bimba capricciosa, ma Damon preferì non dirglielo o l’avrebbe fatta arrabbiare ulteriormente.

“Hai intenzione di tenermi il broncio ancora per molto?”.

“Sì” fu la risposta secca di Bonnie “A meno che tu non mi chieda scusa”.

“Scusa di cosa?!” esclamò Damon.

“Di avermi fatto fare la figura della bambina! Mi hai messa in imbarazzo!” trillò lei “Non credo di essermi mai vergognata tanto in vita mia”.

“E’ lui quello che dovrebbe vergognarsi. Avresti dovuto sentire i pensieri che aveva su di te”.

“Che cosa c’è di male? Probabilmente gli piaccio. Ha diciott’anni! Ogni diciottenne ha certi pensieri sulla ragazze che gli piace. Si chiamano apprezzamenti”.

“Fidati, erano più che apprezzamenti …”.

“Tu sei l’ultimo che gli dovrebbe fare la predica. Lui almeno non uccide le donne che gli interessano”.

“Ehi! Qui non si parla di me, ma di te che potresti finire come quelle donne!”.

“Dissanguata? Impossibile. Christopher non è un vampiro”.

“Intendevo con il cuore spezzato”.

La rabbia di Bonnie scemò in un istante. Non poté sostenere lo sguardo oltre. Dentro di sé si ritrovò a sorridere: era la prima volta da quando era arrivata a Fell’s Church che Damon le rivolgeva parole così sincere. Era la prima volta che si mostrava preoccupato. Bonnie sapeva che nel profondo Damon teneva a lei, ma non gliel’aveva mai dimostrato apertamente. Voleva proteggerla.

“Prima o poi dovrà succedere” gli fece notare “Capita quando si cresce. Non tutti possono rimanere Peter Pan come te”.

“Bonnie …”.

“Non ho finito” lo bloccò “Quello che hai fatto prima è stato imbarazzante, ma posso capirlo, sai? E lo apprezzo” sospirò “Insomma vuol dire che tieni a me, giusto?” Damon non si permise di controbattere “Ma non ho più dieci anni. Non devi più controllare che io non cada da cavallo e mi sbucci le ginocchia. Sono grande adesso e non puoi evitare che qualcuno mi ferisca”.

“Mi sottovaluti, rossa”.

“Anche tu, Salvatore” replicò Bonnie “Ho superato la morte di mio fratello, quella di Clara e tra poco dovremo fare i conti con un vampiri originario. Credi che una delusione d’amore possa davvero buttarmi a terra?”.

“Com’è che si dice? Meglio prevenire che curare”.

“Ti devi fidare di me” dichiarò la ragazza “Non puoi continuare ad escludermi come hai fatto oggi con Katherine. Io ho già perso tanto e quando vi succede qualcosa d’importante voglio saperlo, non posso restare a casa aspettando di avere notizie perché rischio d’impazzire. Ti devi fidare di me, perché io sto imparando di nuovo a fidarmi di te e … tu … tu non mi dai fiducia. Non ti apri con me, non mi dici che ti passa per la testa nonostante io sia l’unica che cerca di esserti amica”.

“Credimi, sei l’unica qui che può dire di avere la mia completa fiducia” le confessò senza esitazioni “E probabilmente sei anche l’unica a cui devo qualcosa” proseguì considerando di essere la causa di gran parte del suo dolore.

“Quindi la prossima volta che sarai turbato per qualcosa verrai a parlarne con me invece di uccidere giovani donne con una famiglia e un futuro?”.

“Non ti assicuro niente ma farò uno sforzo” era tutto quello che poteva mettere in gioco. Non sarebbe cambiato da un giorno con l’altro, non avrebbe smesso di essere un vampiro e non poteva dare nessuna certezza, ma il solo fatto che qualcuno fosse lì per lui gli trasmetteva una nuova serenità.

Bonnie, dopotutto, aveva ragione: si era affidata totalmente a lui e a Stefan, era saltata nel buio senza sapere dove sarebbe atterrata. Era stata sbalzata in una realtà fuori controllo ed era riuscita a mantenere la calma, a sopportarla. Era giunto il momento di darle qualcosa in cambio. Si era guadagnata la sua fiducia.

“Ma ti deluderò” l’avvertì cupamente.

“So quello che fai: tu respingi le persone che ti vogliono stare vicino, ma non m’importa di quello che dirai o farai, io non me ne vado”.

Ti voglio bene. avrebbe voluto confidargli ma non ne ebbe il coraggio.

“Promettimi solo che d’ora in poi non ci saranno più segreti” gli chiese.

Il vampiro gelò sul posto. Di Damon Salvatore si potevano dire molte cose, ma non che non mantenesse le promesse. Come poteva stringere la mano che Bonnie gli porgeva sapendo di doverle tenere nascosto il più terribile dei segreti?

Si ritrovò a chiedersi da quando si facesse certi problemi morali. Poi rifletté meglio sulle parole della ragazza: aveva detto “d’ora in poi”, perciò tutto ciò che era accaduto prima apparteneva al passato e non rientrava nella promessa.

Si decise a risolverla così e accontentò la nipote “Lo prometto, contenta?”. Fece per scendere dalla macchina ma si accorse che Bonnie non accennava a muoversi e che lo fissava con insistenza “Che c’è?”.

“Non suggelliamo il nostro patto con un abbraccio?”.

“Sei appena stata nominata mia confidente sentimentale … non tirare troppo la corda, ragazzina”.

Bonnie scosse la testa rassegnata e aprì la portiera. Poté definirsi soddisfatta per il momento. Sapeva che Damon non avrebbe ceduto subito a tutte le sue richieste, si sarebbe stupita del contrario, ma sentiva di avere fatto gran passi avanti con lui.

Finalmente si stava ricostruendo una famiglia e tutta la preoccupazione per Klaus, Elena, Katherine fece spazio all’immagine di una bambina dai capelli rossi che giocava con vampiro dagli occhi color dell’onice.

 

“Woe is me
faithless you and selfish me
I will leave a key for you outside my doorway

[…]

Woe is me
Sentimental you and faithful me
And I will be the one to gaze on you discreetly”

(The ladder- Andrew Belle)

 

Il mio spazio:

Capitolo numero quattordici è arrivato! In ritardo, ma rispetto all’ultima volta ho fatto passi da gigante.

Che ne dite? È bello lungo quindi sicuramente ci saranno delle parti che non vi piaceranno; ho fatto un po’ fatica a tenere tutto sotto controllo.

Avete scoperto perché Katherine ha rapito la sorellina di Elena: sostanzialmente non le serviva a nulla, solo a richiamare l’attenzione su di sé.

Ha portato anche un’inquietante notizia: Klaus sta arrivando in cerca di Elena. Vi avviso fin da subito che non vi tedierò con la storia del rituale, con il voler proteggere a tutti i costi Elena, per questo mi sono già bastati i 22 episodi della seconda stagione.

Inoltre la mia storia prende solo spunto dalla serie e dai libri per cui gli sviluppi saranno diversi; fidatevi di me ;)

Bonnie, finalmente aggiungerei, sta cercando di ritrovare la sua normalità e lentamente sta approfondendo il suo rapporto con Chris. L’attrazione che ha per lui è palese e in fondo vorrebbe lasciarsi andare come una qualunque liceale. Chi se ne frega se lo conosce poco, se si vuole solo divertire o se la cosa diverrà seria. Quello che per la rossa conta è che con lui si trova bene, in pace con se stessa e riesce a dimenticare la sua vita straincasinata! Vedremo come proseguirà, anche perché c’è qualcuno che si oppone …

E qui arriviamo al pezzo forte: Damon che come al solito non si risparmia. Come un fratello geloso arriva pronto a difendere e salvare la sua sorellina. Ma Bonnie non vuole essere salvata, è stufa di essere salvata e cerca di dimostrare di essere cresciuta. Ci riesce? Più o meno, ma alla fine Damon la lascia entrare nel suo mondo e d’ora in poi, vi posso assicurare, che da parte sua non ci saranno ripensamenti sul suo rapporto con la ragazza, ma solo passi avanti. La riconosce come l’unica alleata e amica, quindi perché continuare a respingerla?

Piccola parentesi tra Matt e Caroline (che sarà approfondita tra un paio di capitoli) e prima apparizione di Matt!

Con gli ultimi due episodi della serie ho iniziato ad innamorarmi di lui, l’ho trovato assolutamente adorabile, anche se a volte un po’ idiota eheh.

Questo mi riporta al dilemma lui o Tyler con Caroline? Boh, probabilmente lo deciderò negli ultimi capitoli. Per ora, comunque, è in vantaggio lui!

Tenetevi forte per il prossimo capitolo: sarà quasi interamente incentrato su Damon e Bonnie e il titolo è “I want to be your obsession”.

Ci vediamo alla prossima!

*Nel libro Matt dona il suo sangue ad Elena. Ho voluto mantenere questo particolare con Caroline.

 

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E naturalmente chi recensisce e anche solo a chi legge!

Grazie davvero, Fran ;)

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Capitolo 15
*** I want to be your obsession ***


Ashes &Wine

Capitolo quindici: I want to be your obsession.

 

So here's my confession (This time)
Don't just want you to love me
I want to be your attention (This time)
Want my name on the Marky
I want you (To want me)
I want you (To need me)
I want you to hear my confession
I want to be your obsession

(Obsession- Sky Ferreira)

 

 

“Credi che Katherine abbia detto la verità?” chiese Stefan entrando nella camera del fratello.

“Non lo so … è quello che andrò a scoprire stasera”.

“Ti perdi la recita?”.

Damon alzò un sopracciglio “La cosa ti sorprende? Ti aspettavi davvero che venissi a vedere la tua recita?”.

“La recita di Bonnie” lo corresse Stefan.

“Sa come la penso su certe cose. Non si offenderà”.

Stefan storse la bocca poco convinto ma non provò nemmeno a fargli cambiare idea. Ultimamente aveva notato che lui e Bonnie andavano abbastanza d’accordo, quindi ci avrebbe pensato lei.

“Qual è il tuo piano?”.

“Voglio andare a Greensboro”.

“Dalla colonia di vampiri?”.

“Sì, quelli se ne vanno avanti indietro per la Dimensione Oscura, sapranno certamente come si accresce il Potere di un Antico e come ucciderlo”.

“Rischi di farti ammazzare; sbaglio o l’ultima volta sei stato cacciato dal loro covo?”.

“E’ stato tempo fa e ora i vertici sono cambiati. Fratellino, ti stai preoccupando per me?”.

“Mi preoccupo per la mia ragazza. Dato che stai andando a cercare informazioni per salvarle la vita, mi piacerebbe che tornassi vivo”.

“Non ti crucciare, troverò il modo di salvare Elena. Lascia le cose pericolose ai grandi … tu va’ a recitare”.

Stefan s’impose di mantenere la calma. La voglia di piantargli un paletto nel cuore era forte, ma lo voce di Bonnie fu provvidenziale “Stefan, sei pronto? Caroline mi ha già chiamato quattro volte: siamo in ritardo”.

Damon alzò la mano e scrollò le dita in segno di saluto, mentre un sorrisino soddisfatto e irritante andava a formarsi sulle sue labbra.

Stefan lo trucidò con lo sguardo.

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Bonnie osservò la gente applaudire divertita alla fine dello spettacolo. Non era stato perfetto: tanti si erano inceppati, si erano dimenticati battute e non proprio tutti erano dei grandi attori, ma era piaciuto. In fin dei conti si trattava di festeggiare la fondazione della città e parte del ricavato sarebbe andato in beneficienza. Ma ormai era finita e Bonnie ne era ben contenta.

“Ma quello è Damon?” le chiese Meredith alludendo alla figura del vampiro in fondo al teatro, poggiata contro il muro. La rossa annuì.

Alla fine era venuto. Bonnie non poté evitare di sorridere teneramente. Che avesse assistito alla recita per lei, per Elena o per chiunque altro, poco le importava. Lui era lì e questo dimostrava che sotto, sotto ci teneva.

Il vecchio vampiro scorbutico ad uno spettacolo di liceali! Sembrava l’inizio di una barzelletta. In quella città era sempre tutto così dannatamente assurdo!

Bonnie lo tenne d’occhio per un po’, fino a che non lo vide sparire tra la folla e dileguarsi. Ignorò Caroline che la esortava ad andare a cambiarsi per il rinfresco del dopo-spettacolo e scese dal palco. Zigzagando, si fece largo tra la gente urtando qualcuno e inciampando un paio di volte nel suo stesso vestito.

Non seppe dire perché si fosse lanciata ad inseguire Damon; probabilmente se ne stava tornando a casa, ma il suo istinto le suggeriva che il vampiro stava nascondendo qualcosa. E Bonnie Salvatore ormai era diventata una maga ad immischiarsi nei fatti altrui.

Uscì dall’auditorium e proseguì per il corridoio silenzioso fino al portone. Lo aprì e sentì l’aria fredda della sera colpirla in volto.

L’abito che indossava era pesante da portare, ma estremamente leggero se si trattava di tenere caldo. Rabbrividì e cercò con lo sguardo Damon.

Era in fondo al parcheggio, stava aprendo la portiera della sua Ferrari. Tra lui e la sua macchina era difficile dire chi veniva notato di più. Costituivano una combinazione vincente: un ragazzo figo su una macchina altrettanto figa.

“Dove vai?” urlò Bonnie scendendo a fatica i gradini per via dei tacchi.

Damon non si voltò neanche “A casa” rispose.

“Non mentirmi” gli intimò Bonnie. Vide Damon tendersi e sbuffare, prima di girarsi verso di lei “Sul serio, perché non ti occupi delle tue faccende da teenager?”.

“Lo stavo facendo due sere fa, prima che tu arrivassi a strapparmi dal divertimento” gli ricordò “Dove stai andando?” gli richiese.

“Voglio scoprire se quello che ci ha detto Katherine è vero e conosco chi può dirmelo” le spiegò appoggiandosi all’auto.

“Ok” asserì Bonnie “Vengo con te”.

“Scordatelo”.

“Damon! Ricordi quello che ci siamo detti l’altro giorno? Sul fatto che non sono più una bambina e che ti devi fidare di me?”.

“Vagamente”.

Bonnie lo fulminò con gli occhi.

“Perché t’interessa tanto? Vado solo a cercare delle informazioni, non è una gran cosa!”.

“Considero Elena come una delle mie migliori amiche. Con me è stato buona e onesta, mi ha accolto in casa sua quella volta che sono scappata e … mi conosceva da un giorno, ma mi ha trattato come se fossimo amiche da sempre. Voglio aiutarla, voglio che stia con la sua famiglia, voglio che viva”.

“Ti perderai il rinfresco” l’avvertì Damon.

“Ne posso fare a meno. Hai qualche altra obiezione o possiamo andare?”.

“Accomodati pure, ma … io parto ora, non posso aspettare che ti cambi, perciò … sarà per la prossima volta” alzò le spalle, la salutò con la mano ed entrò in auto.

Bonnie strinse i pugni e arrossì dal nervoso. Marciò  verso la portiera di destra e l’aprì. Lei e il suo vestito ingombrante si sedettero sul sedile in pelle sotto lo sguardo seccato di Damon.

“E va bene” l’accontentò lui cedendo alla testardaggine della ragazza “ Ma prova ad infastidirmi e ti lascio sul ciglio della strada, intesi?”.

“Starò muta come un pesce”.

Dopo mezz’ora Damon si accorse che Bonnie non aveva la più pallida idea di cosa significasse l’espressione “stare muti come dei pesci”.

Negli ultimi trenta minuti Bonnie aveva abbassato e rialzato il riscaldamento una decina di volte, aveva fatto il giro di tutte le stazioni radio in cerca di qualcosa che le piacesse e aveva continuato a blaterare su quanto fosse stato imbarazzante stare su quel palco davanti a tutti.

Ma ciò che in assoluto lo irritava maggiormente era quello stramaledetto abito che ingombrava tutto il sedile di destra e buona parte di quello di sinistra, ovvero dove lui era seduto.

“Potresti gentilmente togliere quella tenda dal mio cambio?”.

“Non è una tenda!” replicò Bonnie offesa “E lo terrei volentieri lontano dal tuo cambio se riuscissi a sgonfiare un po’ la gonna!” guardò fuori dal finestrino “Dove siamo diretti?”.

“A Greensboro”.

Bonnie allargò gli occhi “E’ nel Nord Carolina” dichiarò.

“Già, grazie per le coordinate geografiche” disse Damon “Se per te è troppo lontano, fai sempre in tempo a scendere e farti venire a prendere da Stefan”.

“Non è troppo lontano; ero solo curiosa! Perché stiamo andando lì?”.

“C’è una colonia di vampiri che mi possono aiutare” spiegò Damon con fare un po’ sfinito “Non hai sonno? Non hai voglia di rilassare la voce dopo tutto quel declamare sul palco?”.

“Scusami, cercavo di fare un po’ di conversazione”  si sdegnò la ragazza cambiando nuovamente la stazione radio. Quella volta, però, il pezzo fu di suo gradimento e lo lasciò.

“Let’s spend the night together” dei Rolling Stones. L’ascoltava sempre quando era più piccolina; aveva tutto il cd e spesso le capitava di metterlo proprio durante i viaggi in macchina.

Una volta lei e Clara erano partite con la famiglia di quest’ultima per un viaggio on the road attraverso la Francia e Bonnie aveva portato quel cd d’ascoltare.

Senza rendersene conto, si ritrovò a canticchiarla. Appoggiò la testa la finestrino e prese a guardare la strada. Avevano abbandonato le luci delle città da tempo e ora procedevano per le strade secondarie circondate solo dalla campagna. Un paesaggio da far venire i brividi, così immerso nel buio e nel silenzio, ma con Damon accanto acquistava sfumature quasi piacevoli.

Bonnie aveva girato tutta Europa, ma non aveva mai visitato nessun luogo negli Stati Uniti che non fosse Fell’s Church. Era la prima volta che si allontanava dalla cittadina per vedere un angolo di America.

“Avrebbero dovuto farti cantare, non recitare” Damon la distolse dai suoi pensieri.

“Come?” Bonnie lo fissò interrogativa.

“Ho detto che avresti fatto un figura migliore come cantante che come attrice” le ripeté “Eri rigida come un palo su quel palco” constatò facendo arrossire Bonnie fino alla punta dei capelli “Ma forse era colpa del tuo compagno di battute; non sapeva trasmetterti la passione di cui avevi bisogno. Mi sono commosso di più guardando una puntata di Lost. Jack e Kate, quei due sì che avevano chimica”.

“Ho sempre detto a Caroline che non ero brava a recitare” si difese Bonnie “E Chris ha fatto un ottimo lavoro, è entrato perfettamente nel personaggio e mi ha messa a mio agio.

“Certo” asserì Damon sarcastico chiedendosi da quando in qua fosse diventato Chris e non più Christopher “Talmente a tuo agio che non vi siete nemmeno baciati” ghignò “E per inciso, se vuoi far vedere le scintille, non devi sentirti a tuo agio” le consigliò.

“Ci siamo baciati!” lo contraddisse Bonnie. Ok, era stato un bacio a stampo all’angolo della bocca, velocissimo; perché nessuno dei due aveva piacere a condividere il loro primo vero bacio sulla scena.

“Se quello lo chiami bacio, allora, fattelo dire, nessuno ti ha mai baciato veramente” la informò Damon senza riuscire a trattenere un sorriso di schermo.

Bonnie diventò color ciliegia e assottigliò le labbra “Per tua informazione so cosa significa baciare. Io e Chris abbiamo preferito qualcosa di leggero perché lui è un gentiluomo e non voleva baciarmi per la prima volta su un palco”.

“Chiamasi stoccafisso”.

“Sai, non tutti infilano la lingua nella gola di una donna alla prima occasione come fai tu” lo ribeccò lei.

“Che ne sai di come bacio?” le domandò girando di scatto la testa verso di lei “Credimi, rossa, una volta provata, non riusciresti più a fare a meno della mia lingua” la stuzzicò piegando il viso verso le labbra della ragazza.

“La strada” lo freddò Bonnie spingendolo via “Tieni gli occhi sulla strada”.

Damon scosse la testa e continuò a guidare senza badare più alla rossa seduta accanto. La ragazza d’altra parte riprese a cantare il ritornello finale della canzone ad alta voce e poco ci mancò che non coinvolgesse anche il vampiro.

A Damon era sempre piaciuti i Rolling Stones, più dei Beatles. Li trovava una versione meno censurata dei Fab Four, più trasgressiva e dopo cinquecento anni di vita essere eccessivi diveniva l’unica soluzione per non annoiarsi.

Era quasi l’una quando l’auto superò il cartello di Greensboro. Bonnie fece due calcoli e realizzò che ci avevano impiegato quasi quattro ore.  Chissà a che ora sarebbe tornata a casa.

La città era piuttosto grande e passando per il centro Bonnie poté constatare che quanta gente vi abitasse. Le vie principali erano intasate dal traffico nonostante fosse tardi e i marciapiedi erano affollati da gente che si accalcava nei vari locali.

A Fell’s Church non aveva mai visto tutta quella vita notturna. A parte il Grill, non c’erano altri locali frequentati da ragazzi. Era un paesino tranquillo, più che altro residenziale; d’altro canto l’alto tasso di sopranaturalità compensava la calma che pervadeva quella cittadina.

Greensboro era tutta un’altra storia, ma presto abbandonarono tutte le luci, il vociare e si addentrarono in stradine di periferia e lo scenario cambiò: lampioni qua e là e non sempre funzionanti, case dai muri anneriti e un po’ ammuffiti, vie mal lastricate con qualche ciottolo mancante. Le sembrava di essere finita in uno di quei quartieri londinesi in cui venivano ambientate le storie dell’orrore su vampiri e licantropi. E voltandosi verso Damon, ricordandosi che cosa fosse, pensò di non essere tanto lontana dalla realtà.

Damon parcheggiò al lato di un marciapiede, davanti ad un divieto di sosta grande come una casa, ma Bonnie non considerò nemmeno di farglielo notare. Tanto non l’avrebbe spostata lo stesso.

Scese dalla macchina e tremò. Se quando aveva seguito Damon fuori dalla scuola, aveva creduto di sentire freddo, ora si era accorta che non era niente paragonato all’aria dell’una di notte.

L’uomo non disse una parola; si limitò ad un cenno della mano indicandole di seguirlo e di fare silenzio.

Oltrepassarono un portone in pietra, entrando in un cortile, se possibile, ancora più malconcio dell’isolato in cui si erano fermati.

Era il retro di uno strano negozio che emanava un odore insopportabile. Bonnie fece una smorfia disgustata e si portò una mano al naso.

Damon girò subito a sinistra e scese una piccola scala in pietra e la ragazza lo imitò felice di sottrarsi a quel fetore.

Arrivarono di fronte ad una porta di legno, scardinata in basso.

“Damon, sei sicuro che sia il posto giusto?”. Insomma degli unici vampiri che conosceva, due vivevano in una reggia e l’altra aveva una casa più che confortevole. Le veniva difficile credere che altri della loro specie si accontentassero di stare in una bettola del genere.

“Più che sicuro” rispose lui “Stammi vicino”.

Spinse la porta e l’aprì rivelando un corridoio deserto e illuminato da torce alle pareti. Damon si avviò con Bonnie alle calcagna che si guardava attorno affascinata: era tutto in legno dall’aspetto un po’ malandato, sembrava una casa fatta di cunicoli che si snodavano nei basamenti degli edifici superiori.

Tanto era presa dal muovere la testa a destra e a sinistra che non fece caso a Damon, fermo e andò a sbattere sulla sua schiena. Lui non le diede conto.

“Hai una bella faccia tosta per ripresentarti qui dopo quello che hai combinato”.

Bonnie si sporse oltre le spalle del vampiro e scorse due donne. Entrambe bionde, ma molto diverse fisicamente. Apparivano tanto belle quanto pericolose.

“Signore” le salutò Damon “Verrò qui più spesso se sarete voi ad accogliermi”.

“Dovrei staccarti la testa solo per esserti avvicinato a Greensboro” ringhiò la più alta tra le due.

“Ecco la prima lezione, Bonnie” le si rivolse Damon “Le donne sono delle maghe nella vendetta, ma le vampire sanno serbare rancore per secoli”.

“Togliti quel sorrisino del cazzo dalla faccia” gli intimò sempre la solita donna “Non costringermi a venire lì”.

“Non sono venuto qui litigare con te, Julia, ma non rifiuto mai una bella scazzottata con una donna”.

“E’ Juliet, figlio di pu-”.

“Che sta succedendo qui?” tuonò una voce alle spalle delle due donne.

Bonnie allungò il collo per individuare il nuovo arrivato: era un uomo abbastanza alto, capelli ramati e lunghi fino alle spalle, torso nudo.

“Damon Salvatore” disse “Sei venuto per farti ammazzare?”.

“In realtà sono venuto per te, Sage”.

 

“Vorrei sapere dove è finita!” esclamò Caroline sedendosi al tavolo di fronte a Meredith e sbattendo il cellulare sul tavolo.

“Chi?” le chiese la mora.

“Bonnie! Con il vestito” spiegò Caroline “L’avrò chiamata una decina di volte e non mi risponde, a scuola non c’è e il vestito non era sullo stand, quindi vuol dire che se n’è andata che ce l’aveva addosso”.

“Può riportartelo domani”.

Deve riportarmelo domani! È il vestito che Honoria ha indossato al fidanzamento! La famiglia Fell mi uccide se gli succede qualcosa”.

“Non preoccuparti, Care, se ne sarà andata da qualche parte con Christopher; è da un po’ che non vedo nemmeno lui”.

“Se osa fare delle porcherie con quel vestito addosso …”.

“Solo perché tu lo faresti, non vuol dire che lei faccia lo stesso” sentenziò l’amica con una nota un po’ velenosa nella frase.

“Meredith!” s’indignò Caroline “Hai davvero così una brutta opinione di me?” finse di offendersi e poi tornò seria “Comunque è da parecchio che non faccio certe cose. E lo ammetto … inizia a mancarmi”.

“Non dirmelo: hai deciso di preservare la tua virtù vampiresca?”.

“Prendermi in giro se vuoi, ma essere un vampiro è anche peggio. È tutto più forte” sussurrò abbassando un po’ la voce “Parliamo di te piuttosto! Dov’è sparito Alaric? La supplente di storia fa schifo!”.

“E’ in Scozia, a studiare i Druidi o qualcosa del genere. Dovrebbe tornare tra pochi giorni, a meno che non ci siano ancora cambi di programma”.

“Perché? Doveva essere già di ritorno?”.

“Sì, ha allungato di qualche giorno il viaggio … pare che stia facendo ricerche per conto di Damon, ma non ha voluto aggiungere altro”.

“Per Damon? Che cosa c’entra Damon con i Druidi?” chiese Caroline un po’ sospettoso.

“Ormai non mi stupisco più di niente” commentò Meredith e subito dopo si tese come una corda di violino.

Caroline non comprese subito quel cambiamento finché di fianco a loro non comparve Christopher Rydell “Ehi ragazze, sapete per caso dov’è Bonnie? Ci dovevamo incontrare qui ma non la vedo”.

Caroline e Meredith si guardarono allarmate.

“Vado ad avvertire Stefan” disse la mora.

 

“Ahah!” rise Sage “Mon ami, è un plaisir vedere che sei ancora vivo*” esclamò.

“Non è così facile sbarazzarsi di me” replicò quell’altro.

“E chi è questa petite rossa?” domandò Sage piegandosi su Bonnie.

“Sage!” urlò la donna più bassa “Non puoi permettergli di stare qui dopo quello che ha fatto!”.

“L’ultima volta che ho controllato ero io il capo qui dentro” la gelò il vampiro dai capelli color bronzo “E poi sono sicuro che Damon farà il bravo, vero?”.

“Croce sul cuore che possa crepare” confermò l’altro con la sua solita ironia fuori posto.

In un batter d’occhio le due vampire scomparvero lanciando un ringhio cupo.

“Non dovevi presentarti qui” lo rimproverò Sage “Sai di non essere il benvenuto  e io non posso tenerli tutti a bada”.

“Sono venuto per discutere con te di una cosa importante” disse Damon rivolgendosi all’amico.

“Così importante da non poter aspettare che io uscissi per la caccia?”.

Bonnie gettò un’occhiata severa a Damon. L’aveva portata in un covo pieno zeppo di vampiri sebbene ci fosse la possibilità ottenere informazioni in un modo più sicuro? Così tipico di Damon.

“Si tratta di Klaus”.

Sage divenne d’un colpo rigido “Non qui. Vieni con me” gli diede le spalle e sparì dietro una delle porte del corridoio.

“Aspettami fuori” ordinò Damon a Bonnie.

“No!” si oppose la ragazza “Non puoi lasciarmi qui! Quei vampiri …”.

“Non oseranno fare niente. Sage è il loro capo ed è dalla mia parte. Non gironzolare e vedrai che non succederà niente” poi raggiunse Sage.

Bonnie digrignò i denti. Tutti quei discorsi sulla fiducia e poi la tagliava fuori quando era vicina a sentire la verità.

Se ci fosse stata Elena non l’avrebbe mai lasciata sola qua fuori. Si ritrovò a pensare con una nota di disappunto.

Che senso aveva portarla fino a Greensboro e poi non permetterle di ascoltare quello che Sage aveva da dire.

Una bambina. L’avrebbe sempre vista come la piccolina di dieci anni prima. Bonnie strinse i pugni lungo i fianchi innervosita. Quanto lo odiava quando si comportava così da cazzone.

Udì il vociare degli altri vampiri; dovevano essere in molti a giudicare dal baccano che stavano facendo. Bonnie avrebbe dovuto sentirsi intimorita, avrebbe dovuto starsene lì buona e ferma finché Damon non fosse uscito, sperando che nessuno degli altri la notasse. Invece fece esattamente l’opposto.

Oltre ad essere affascinata da quel posto inquietante ma nel contempo suggestivo, aveva anche una voglia matta di osservare tutti quei vampiri. Dopo tutto stava ancora cercando di capire che cosa significasse essere un non-morto e quale migliore occasione se non quella?

Erano vampiri veri, non vegetariani come Stefan e nemmeno adolescenti come Caroline, ma cacciatori come Damon.

Bonnie iniziò ad addentrarsi nei cunicoli di quella strana casa. Procedeva seguendo le voci. Vagò lungo il corridoio che si snodava sottoterra e appariva attorcigliato come un labirinto. Bonnie temette che non sarebbe riuscita a ritrovare la via per tornare indietro.

“Quel grandissimo bastardo!”.

Bonnie si bloccò sul posto. Guardò verso sinistra: una porta era aperta. Si avvicinò in punta di piedi e rimase ad ascoltare.

“Dopo che ha ucciso mio sorella, ha avuto il coraggio di tornare qui e prendermi pure in giro!”.

Bonnie riconobbe all’istante la voce: era Juliet, la vampira bionda e alta.

“Davvero non capisco come Sage possa permettere che rimanga impunito”.

“Ho sentito un’altra voce? Chi c’era con lui?” questo invece era un uomo.

“Un topolino rosso” rispose Juliet “E qualcosa mi dice che ci sta ascoltando in questo preciso istante”.

Bonnie chiuse gli occhi lentamente: beccata.

“Forza, unisciti a noi” improvvisamente Juliet comparve davanti a lei e la prese malamente per un braccio costringendola ad entrare nella stanza.

“E’ umana!” esclamò un ragazzo dai capelli rosso scuro.

“Certo che è umana, Bert! Deve essere la sacca di sangue di Salvatore” sibilò Juliet.

“Non sono la sua sacca di sangue!” ribatté Bonnie.

“Il topolino parla” scherzò l’altra bionda di cui Bonnie non aveva ancora afferrato il nome.

Tremò visibilmente. Quella stanza era piena di vampiri: a parte i tre che avevano parlato, tutti gli altri erano stesi sui divani e assistevano alla scena incuriositi.

“Tranquilla non ti faremo del male” la rassicurò Bert.

“Anche se sarebbe divertente fare incazzare Damon” disse Juliet “Bel vestito” si complimentò scannerizzando l’abito “Ti ricorda qualcosa, Dana?”.

La bionda più bassa di nome Dana le diede man forte “E’ praticamente uguale a quello che indossavi quando sei stata trasformata”.

“George voglio quel vestito” tuonò Juliet.

Bonnie in quel momento notò un altro vampiro nascosto dalla luce, seduto in un angolo. Sembrava piuttosto crucciato e assolutamente indifferente a ciò che gli stava accadendo attorno “Prenditelo” fu la risposta.

Bonnie non aveva mai incontrato dei vampiri abituati a vivere in gruppo, ma non le risultò difficile capire le dinamiche di quelli che le stavano davanti.

Juliet appariva come una bambina viziata, ma con una certa influenza sugli altri; Dana doveva essere una sua vecchia amica o addirittura un’altra sorella considerando la somiglianza; George era solitario e guardava tutti con una sorta di disgusto, tutti tranne Juliet; probabilmente erano compagni e infine Bert, un ragazzino al comando della vampira bionda.

Gli altri nella stanza erano spettatori silenziosi e attenti allo spettacolo.

“Bert!” trillò Juliet “Prendimi quel vestito”.

Bonnie sgranò gli occhi e fece qualche passo indietro mentre il giovane vampiro avanzava verso di lei. Si trovò presto con le spalle attaccate alla parete e nessuna via di fuga. Cosa avrebbe fatto?

Non poteva strapparglielo di dosso o sì? Bonnie non voleva assolutamente cedere ma se questo comportava essere ferita, non sarebbe stato meglio mettere da parte l’orgoglio?

Damon era un vampiro potente e in quel momento era insieme al loro capo. Le avrebbero lo stesso fatto del male andando incontro all’ira dei due?

Bert le posò le mani sulle spalle e abbassò il viso fino a guardarla direttamente negli occhi. Si concentrò come gli aveva insegnato Juliet e si preparò ad usare il suo Potere dato che la rossa non pareva collaborativa.

“Togliti il vestito e dammelo” pronunciò mandando una sferzata di Potere.

“No!” si oppose Bonnie “Levami le mani di dosso”. Non seppe nemmeno lei dove avesse trovato il coraggio di parlare ma fu un bene perché Bert sollevò subito le mani e si allontanò.

Appariva confuso e frastornato, come se fosse stato influenzato. Bonnie deglutì rendendosi conto che era accaduto esattamente la stessa cosa che aveva fatto con Katherine qualche giorno prima. Ma ciò che la terrorizzò davvero fu la reazione di tutti gli altri vampiri. Se prima se ne stavano seduti, assistendo sì alla scena ma badando anche ai fatti loro, ora si erano alzati e non le staccavano gli occhi di dosso. Si sentì come un pezzo di carne fresca in mezzo ai leoni.

“L’avete sentito anche voi?” chiese titubante Bert.

Juliet stentava quasi a trattenere un sorriso di gioia “Avete idea di quanto sia buono?” si rivolse a tutti gli altri.

“Non l’ho mai assaggiato! Non credevo nemmeno di poter incontrarne una!” batté le mani Dana saltellando felicemente.

“Questa sembra anche inesperta” asserì George alzandosi dalla sedia e venendo alla fine sotto la luce “Non dovrebbe essere difficile farla stare ferma”.

“Siete sicuri che sia una buona idea?” s’intromise di nuovo Bert “Voglio dire … è venuta con Damon Salvatore e io non ci tengo molto a vederlo arrabbiato”.

“Nessuno ti obbliga a farlo” gli assicurò Dana “Vorrà dire che ce ne sarà più per noi” poi si rivolse a Bonnie “Forza topolino vieni qua, nessuno ti farà del male”.

“Non ti avvicinare” le intimò Bonnie “Damon ti strapperà il cuore se solo mi toccherai”. Dana rise e Bonnie impallidì. Come le era uscita quella frase? Suonava così patetica, ma era l’unica che le fosse venuta in mente.

Aveva ben inteso che tutto quel parlare di assaggiare, di essere buono, si riferiva al suo sangue; anche se non aveva ancora capito che cosa avesse di speciale.

Aveva tanto sperato che quella minaccia fosse sufficiente a farli desistere, ma quando alla risata di Dana si aggiunse quella di tutti gli altri iniziò ad avere sul serio paura.

“La cosa non fa che eccitarci di più, topolino. A Damon non farà piacere scoprire che qualcun altro ha mangiato la sua cena” cantilenò Dana.

“Io non sono la sua cena!” la contraddisse Bonnie.

“Dana” chiamò Bert “La ragazzina ha ragione: quel vampiro ci farà a pezzi!”.

“Ti abbiamo già detto che puoi startene in disparte. Nessuno sentirà la tua mancanza” Juliet mosse qualche passo verso Bonnie in modo così strisciato da sembrare un serpente.

Bonnie non ebbe neanche il tempo di urlare che Juliet scattò in avanti e protese le zanne. La ragazza ebbe solo la forza di scansarsi di lato appena prima che la vampira si schiantasse contro il muro.

Bonnie finì contro un tavolo di legno che si spezzò per l’impatto. La rossa cadde a terra tra i pezzi del tavolo e si ferì. La manica del vestito si era strappata. Il sangue uscì a gocce dal suo braccio; ci mise una mano sopra provando a fermarlo e a pulire la ferita ma un ruggito la distrasse. Torse lentamente il collo fino a incrociare gli sguardi affamati dei vampiri. Il sangue aveva solleticato i loro sensi e li aveva spinti al massimo.

Bonnie ebbe la certezza che non ne sarebbe uscita viva. La sua mano si strinse istintivamente intorno ad un pezzo di legno che aveva l’aspetto parecchio appuntito. Ma chi vuoi prendere in giro! Non sai neanche come si impugna un paletto di legno.

Era vero: non era propriamente la versione reale di Buffy, ma doveva pur tentarci no? L’alternativa era morire.

Voleva con tutto il cuore chiamare Damon, ma temeva di peggiorare ulteriormente la situazione. L’unica soluzione era prendere tempo.

“Tirati su” comandò Juliet prendendola per un braccio e obbligandola ad alzarsi. Senza battere ciglio, le piegò il polso e se lo portò alla bocca. Leccò la ferita e la lavò di tutto in sangue emettendo mugolii di godimento “Dove sei stata nascosta tutto questo tempo, topolino?”.

Bonnie sollevò di poco l’altro braccio e a tutta velocità diresse il paletto verso lo stomaco della vampira. Juliet, però, non era una novellina e senza sforzo le afferrò il braccio, glielo storse e Bonnie fu costretta a lasciar cadere il paletto, ovvero l’unica arma che possedesse.

Juliet la spinse indietro e altri due vampiri la presero e la bloccarono per le braccia. Bonnie si dimenò inutilmente.

“Adesso tocca a te, Dana” la invitò.

“Possiamo farlo insieme” propose Dana. Le due si sorrisero e rivolsero tutta l’attenzione a Bonnie.

Capendo di essere spacciata, si decise finalmente ad urlare “DAMON!”.

 

“Quindi mi stai dicendo che Katherine ha detto la verità?” chiese un incredulo Damon.

“Sto dicendo che quello che ti ha raccontato ha senso. Il sangue degli esseri soprannaturali ha sempre un qualcosa di speciale; quello dei vampiri ad esempio ha poteri curativi. Le doppelgaenger sono considerate come supernaturali e il loro sangue di solito è associato a maledizioni o rituali, per cui è molto potente. Se Klaus sta cercando di accrescere il suo Potere, il sangue di una doppelgaenger è l’ingrediente indicato” spiegò Sage.

Damon non proferì parola e rimase a riflettere su ciò che aveva appena ascoltato. Qualcosa dentro di lui s’incrinò: per la prima volta cominciava a realizzare che la vita di Elena era in pericolo. Non si trattava più di una competizione amorosa con suo fratello; quella volta avrebbe dovuto affrontare un avversario molto più potente e abile, con anni di esperienza e una determinazione che non si sarebbe fermata di fronte a due fratelli in difesa di un’umana.

Avrebbe rischiato sul serio di perderla e non riusciva nemmeno a pensare ad un mondo senza Elena Gilbert.

Damon Salvatore era forte, scaltro e aveva sempre la situazione in pungo; non era il tipo da ritrovarsi impreparato, ma ora si sentiva impotente come un bambino.

“Come faccio a fermarlo, Sage?” il tono sembrava proprio quello di un bimbo che chiedeva aiuto ad un adulto.

“Non puoi” gli svelò l’altro vampiro “Uccidere un antico è pressoché impossibile. Possono essere feriti solo dal legno di frassino bianco, ma è rarissimo, praticamente introvabile”.

“Ed è l’unico modo?”.

“E’ tutto quello che so, mon ami, mi dispiace ma non posso aiutarti” si scusò Sage rammaricato “Anche se …”.

“Anche se?” lo incalzò Damon.

“I riti di questo genere sono legati alla magia e forse la magia è la soluzione” suggerì il vampiro francese.

“In poche parole dovrei chiedere aiuto alle streghe” semplificò Damon e vedendo Sage annuire, aggiunse in un sussurro “Fantastico! Le streghe mi odiano”.

“Allora trovane una a cui stai simpatico o la tua diventerà una missione suicida”.

Damon s’incupì ancor di più. Rintracciare una strega che non lo volesse morto risultava più difficile di sconfiggere Klaus.

Poi arrivò qualcosa che lo scollegò completamente da Elena, dal vampiro originario e da tutti gli altri problemi. Un urlo. Bonnie.

“DAMON”.

Sage, nonostante la sua vista sovrumana, quasi non percepì l’altro vampiro volare fuori dalla stanza.

Damon raggiunse in un soffio la grande sala dove si erano riuniti tutti i vampiri. Si fece spazio, scostandoli malamente fino a scorgere Bonnie trattenuta da Juliet e Dana. La prima le aveva tappato la bocca per impedire che gridasse nuovamente, la seconda aveva già allungato i canini e aveva preso a carezzare il collo di Bonnie.

Damon le afferrò entrambe per le maglie e le tirò indietro con forza. Bonnie fu strattonata e cadde per la seconda volta a terra; si sbrigò a rintanarsi in un angolo, portando le ginocchia al petto impaurita.

Aveva azzeccato a classificare Bert come lo schiavetto di Juliet. Il giovane vampiro, come vide la sua adorata trascinata indietro malamente, si gettò su Damon con l’intenzione di morderlo.

Non riuscì nemmeno a metterli le mani addosso: Damon con una facilità sorprendente chiuse la mano a pugno attorno al suo cuore e lo strappò dalla gabbia toracica.

Bonnie dovette mettersi una mano sulla bocca per trattenere un conato di vomito.

Gli occhi di Juliet s’infiammarono per l’umiliazione e gli ringhiò addosso. Damon raccolse il paletto usato precedentemente da Bonnie e alzò la mano pronto a colpire la vampira.

Venne bloccato da George, che infine si era messo in mezzo per proteggere la sua compagna. Gli bloccò entrambe le mani e lo spinse al muro.

Bonnie per un attimo ebbe timore per la vita di Damon; ma quest’ultimo non si lasciò sopraffare: gli assestò un calcio in pieno stomaco e lo spinse fino alla parete opposta. Strinse il paletto di legno e procedette verso George. Tutto il suo Potere era concentrato su di lui e non fece caso a Juliet che, rifiutandosi categoricamente di perdere un’altra persona cara, si piazzò dietro a Damon pronta ad attaccare.

Bonnie fu presa dal panico, perché sapeva che con buone probabilità Juliet sarebbe riuscita nella sua impresa di uccidere una volta per tutte Damon Salvatore. La rossa valutò velocemente le due opzioni e si accorse subito che l’unica cosa possibile per fare uscire entrambi da quel posto vivi, era distrarre Juliet. Così colta da un improvviso istinto di sopravvivenza, si mise in piedi e saltò sulla schiena della vampira.

La scena doveva anche risultare comica per chi vi stava assistendo, ma Bonnie se la stava letteralmente facendo sotto.

Juliet allargò gli occhi, sorpresa anche lei da quell’atto di coraggio, e iniziò a scuotersi e a girare per scrollarsela di dosso.

Damon rimasse di stucco, come tutti gli altri del resto, a osservare la lotta tra le due. Con tutto quello che stava facendo per salvarle la pelle, quella ragazzina si era buttata senza pensarci tra le fauci del mostro.

Si ripromise di ucciderla con le sue mani, se mai fossero riusciti a scamparla.

George approfittò di quel momento di esitazione per attaccare e a lui si unì Dana. Fino a quel momento tutti erano stati presi dal dramma di Juliet che nessuno si era accorto che Dana fosse combattiva quanto lei se non di più.

Damon ebbe serie difficoltà a gestire sia la vampira che George e più di una volta rischiò grosso.

Juliet nel frattempo cercava in tutti i modi di sbarazzarsi di Bonnie che le si era avvinghiata addosso come un koala; probabilmente sarebbe anche riuscita a liberarsi della piccola umana se non avesse inciampato nel tavolo precedentemente rotto. Tutte e due caddero: Bonnie, però, scivolò sul pavimento senza farsi male; Juliet invece capitò proprio su un pezzo appuntito di quello che rimaneva di una gamba del tavolo e le si conficcò in un fianco. Muggì di dolore.

Damon riuscì a bloccare Dana e la impalettò mancando volutamente il cuore e si girò per affrontare George.

“Ora basta!” li fermò la voce adirata di Sage.

“Mi chiedevo giusto quando saresti venuto a rimettere in riga i tuoi cani” disse Damon sfacciatamente.

“Avevi promesso che ti saresti comportato bene” Sage non sembrava così ben disposto a fare battute.

“Questo prima che cercassero di assaggiare la mia ragazza”.

Bonnie non poté fare a meno di arrossire. Nonostante Damon avesse dato a quella frase sfumature ben diverse da ciò che si poteva pensare, Bonnie si chiese, involontariamente, come ci si dovesse sentire ad essere la ragazza di Damon Salvatore.

“Credo che faresti meglio ad andartene, Damon” era stato formulato come un consiglio, ma era un comando molto palese.

“No!” si oppose Juliet “Non puoi lasciarlo andare via così! Ha ucciso mio sorella, ha ucciso Bert! E avrebbe ucciso anche Dana se non avesse sbagliato”.

“Ho sbagliato di proposito, razza di gallina”.

“E guarda cosa mi ha fatto quella sgualdrina” si lamentò indicando il legno che le trapassava il fianco “Ci metterò ore a togliere le schegge!”.

“Cosa vuoi che faccia, Juliet?” le chiese pazientemente Sage.

Lei aprì la bocca, ma Sage la fermò prima che potesse emettere suono “Qualcosa che non comporti la morte di nessuno, se possibile …”.

Juliet mise il broncio e incrociò le braccia come una bambina “Voglio il suo vestito” e puntò il dito contro Bonnie.

“Cosa?” saltò la ragazza.

“Il vestito, lo voglio” ripeté Juliet caparbia.

“No!” si rifiutò Bonnie.

“Toglilo” l’ordine non era arrivato né da Juliet né da Sage.

“Damon …” boccheggiò Bonnie “Non dirai sul serio!”.

“Dalle quel maledetto vestito” la voce era ferma e non ammetteva repliche.

Bonnie strinse le labbra tra i denti per non piangere. Si portò le mani sulla cerniera dell’abito e la tirò giù. Fece scivolare le maniche sulle braccia scoprendo la parte superiore, poi con una leggera pressione sulla gonna sgusciò fuori dal vestito restando in sottoveste rossa e tacchi.

Non si era sentita mai così nuda in vita sua e nei suoi occhi non si leggeva altro che vergogna. Senza aggiungere altro, voltò le spalle e s’incamminò verso l’uscita.

Un attimo dopo Damon la imitò.

 

Stefan tirò una spallata alla porta dell’auditorium e l’aprì. Entrò ed Elena lo seguì “Pensi che sia ancora qui?” gli chiese.

“Caroline ha detto di aver controllato tutto il teatro e di Bonnie non c’era traccia, ma forse è tornata a riportare il vestito” suppose Stefan “Tu la stai chiamando?”.

Elena annuì con il cellulare attaccato all’orecchio “Squilla ma non risponde”.

Stefan si mosse tra le poltrone della platea, fino al palco e salì sulla scaletta. Elena fece lo stesso dall’altra parte e s’infilò dietro le quinte a cercare nei camerini. Continuava a chiamare il cellulare di Bonnie senza ottenere risposta. Poi all’improvviso sentì una vibrazione. Si voltò verso la porta aperta sulla sua destra, quella della stanza dei costumi. Lì sul tavolo con lo specchio c’era il telefono di Bonnie; il display illuminato a segnalare il nome di Elena.

“Stefan!”.

Elena prese fra le mani il cellulare e lo mostrò al suo ragazzo “Non è tornata a prendere la sua roba. La borsa con il cambio è ancora qui”.

Stefan si passò un mano tra i capelli senza sapere bene cosa fare, cosa pensare. Non aveva idea del perché fosse sparita in quel modo, senza avvertire nessuno, senza portare con sé il cellulare, senza cambiarsi.

Stefan non riusciva a calmare le sue ansie poiché tutto in quella situazione faceva pensare che a Bonnie fosse successo qualcosa di male. Non c’era altra spiegazione o la ragazza non sarebbe scomparsa senza lasciare traccia.

“Dove può essere andata?” domandò Elena.

“C’è un nome che mi gira in testa” rispose Stefan “E non promette niente di buono”.

“Parli di Katherine?”.

“Sempre ad accusare me” s’intromise la voce calda e divertita della vampira “E’ già la seconda volta che mi prendo la colpa per tuo fratello”. Katherine comparve alle loro spalle e si appoggiò al muro in una posa da diva. Era incredibile come quella donna trasudasse sensualità e malizia da ogni poro.

“Che ci fai qui?” indagò Stefan mettendosi davanti ad Elena.

“Bazzicavo qui intorno e vi ho visti entrare. Ho pensato che steste cercando la rossa” disse lei “Posso aiutarvi”.

“Cosa sai? E cosa c’entra mio fratello?”.

“Perché devi sempre essere così aggressivo?” domandò Katherine facendo qualcosa passo in avanti fino a stargli di fronte “Quando capirai, Stefan, che di me ti puoi fidare?”.

Elena alle spalle di Stefan ribolliva di rabbia e gelosia, ma non poteva fare nulla: Katherine era troppo forte, le avrebbe spezzato la schiena con un dito.

“Bonnie e tuo fratello se ne sono andati poco dopo la fine dello spettacolo, con la Ferrari di Damon. Non so dove, non l’hanno detto” riferì “A quanto pare, non sono io quella ad avere dei segreti con te” e con questa frecciatina sparì dalla loro vista.

Il vampiro rimase imbambolato a fissare il punto in cui pochi istanti prima se ne stava Katherine. E le sue parole gli rimbombavano già in testa.

“Se dice la verità, allora Bonnie è al sicuro con Damon!” esclamò Elena “Giusto?” titubò leggermente notando l’incertezza di Stefan.

Lui conosceva il luogo in cui Damon era diretto: un covo di vampiri della Dimensione Oscura che avevano più di un motivo per detestare suo fratello.

Bonnie era tutt’altro che al sicuro.

“Damon” ringhiò sommessamente.

 

“Damon!” urlò Bonnie una volta uscita da quella vecchia casa sgangherata. Era tutta decisa a fargli un bel discorsetto ma, girandosi, si ritrovò a fronteggiare due occhi furiosi.

“Cosa diamine ti è saltato in testa?” s’imbestialì Damon squadrandola minacciosamente “Che cosa non hai afferrato del mio aspettami qui ?”.

“Mi stavo annoiando a morte!” si giustificò Bonnie facendosi piccola, piccola.

“Ottima scelta di parole dato che è proprio dove stavi finendo: dritta tra le braccia della morte” l’afferrò in malo modo per le spalle e la scosse “Che cosa c’è di sbagliato in te?”.

“Che cosa c’è di sbagliato in te?!” gli rigirò la domanda “Se quei vampiri ce l’avevano così tanto con te, non avresti dovuto portarmi là dentro” provò a divincolarsi ma Damon non mollò la presa.

“Sei tu che hai insistito per venire!” le rinfacciò “E se tu mi avessi ascoltato standotene buona, tutto questo non sarebbe mai successo”.

“Dopo tutto quel discorso sulla fiducia, mi hai lasciato fuori, mi hai escluso un’altra volta! Credevi davvero che ti avrei aspettato come un cane?”.

“Oh brava, fatti ammazzare per una questione di orgoglio” la schernì lui “Anzi sai che ti dico? La prossima volta col cazzo che ti vengo a riprendere. Razza d’ingrata!” berciò lasciandola andare.

“Osi parlare di orgoglio proprio tu!” strillò Bonnie “Ho rischiato di morire per colpa del tuo stupido orgoglio, per colpa dei tuoi problemi con quella vampira, con tutti quei vampiri e … dove credi di andartene?!” s’indispettì Bonnie vedendo che Damon le aveva voltato le spalle e, dopo aver attraversato la via, si stava allontanando. Lo inseguì con passo deciso e proseguì con il suo discorso “Non vedevano l’ora di farti un dispetto dissanguando me. E guarda come mi trovo: mezza nuda in mezzo ad una strada. Come hai potuto permettere che mi umiliassero così?” chiese tra le lacrime che alla fine avevano preso il sopravvento.

Damon si fermò e per un attimo valutò l’idea di tornare da lei e sistemare le cose; non avrebbe voluto vederla così scossa tra i singhiozzi, ma non poteva lasciar correre. Era stata una tale sconsiderata e lui aveva avuto una tale paura quando l’aveva sentita urlare e Damon Salvatore non si poteva permettere di aver paura. La colpa era di entrambi, ma lui non era pronto ad ammetterlo. Doveva prima sbollire la rabbia e la preoccupazione, poi forse sarebbe stato in grado di parlarle senza urlare in faccia.

“Ringrazia che ti abbiano tolto solo il vestito” le disse sottintendendo che avrebbe potuto perdere molto di più. Riprese a camminare.

“D- dove vai? La macchina è dall’altra parte” lo richiamò Bonnie asciugandosi le lacrime.

“Non sto andando alla macchina” l’avvertì “Ho bisogno di rilassarmi” non si girò neanche a guardarla, ma continuò ad allontanarsi lungo la via.

Il labbro di Bonnie tremolò leggermente. Non voleva rimettersi a piangere ma l’indifferenza di Damon le mandava i nervi in fiamme. Il fatto di essere presa così poco in considerazione dopo il pericolo che aveva corso la faceva sentire insignificante. Davvero aveva il coraggio di abbandonarla ancora a se stessa con la possibilità che Juliet o Dana spuntassero di nuovo in cerca di vendetta?  Improvvisamente la voglia di piangere sparì.

Bonnie tenne la testa alta e seguì Damon. Non sarebbe rimasta indietro quella volta. Faceva un freddo da lupi ma Bonnie non lo percepiva; l’adrenalina la stava riscaldando.

Passò un paio di incroci e cambiò tre volte via fino a quando Damon, sempre senza curarsi che lei fosse dietro o no, entrò in un locale.

Tutto Bonnie si sarebbe aspettata di trovare in quella zona tranne che un locale notturno. Si era convinta che ci fossero solo case e vecchie fabbriche. D’altra parte l’aspetto del locale non stonava affatto con tutto il resto: molto squallido e poco rassicurante.

Bonnie si guadagnò l’entrata e si trovò la strada sbarrata da due bodyguard. Festa finita. Pensò. Sicuramente l’avrebbe fermata per colpa dei suoi “vestiti” o per colpa della minore età.

Al contrario la fecero passare senza fare storie, ma una volta dentro, Bonnie non si stupì. Ditemi che è uno scherzo!

Era finita in un nightclub, in un locale per spogliarelliste. L’abbigliamento della ragazza era più che adatto per quell’ambiente.

Bonnie si maledisse. Ma perché non se n’era stata a casa? Se pensava che a quell’ora avrebbe potuto essere con Chris …! E invece si ritrovava in un ritrovo di pervertiti, con un vampiro mezzo schizofrenico che non si trovava da nessuna parte, senza cellulare e coperta da una sottoveste leggerissima e cortissima.

Damon non si vedeva da nessuna parte, ma Bonnie sapeva bene dove cercare. Dove si sarebbe potuto rilassare se non al bancone ad ubriacarsi? E infatti eccolo là, seduto ad uno sgabello, di spalle, appoggiato al bancone con i gomiti.

“Sei davvero un … uno …” lo apostrofò Bonnie prendendo posto al suo fianco.

“Sei sempre molto convincente” disse con sarcasmo lui.

“Mi hai lasciata sola in strada! Dopo tutto quello che è successo!”.

“Smettila di petulare, ragazzina, sono un vampiro, sapevo perfettamente che mi stavi seguendo. Non ti ho lasciato proprio da nessuna parte”.

“Non sembrava” mise il broncio Bonnie “Almeno hai scoperto qualcosa?”.

Gli occhi di Damon si scurirono e si portò il bicchiere alle labbra; Bonnie lo interpretò come segnale di cattive notizie. Qualunque fossero le informazioni che aveva ottenuto da Sage non dovevano essere buone.

Bonnie era ammirata e allo stesso tempo spaventata dal sentimento che Damon provava per Elena. Non poteva dire per certo che si trattasse di amore, ma sicuramente di un’ossessione. Il loro non era un rapporto sano, a tratti appariva squilibrato, disonesto, ma non poteva negare che fosse potente e inebriante. Le sarebbe piaciuto che qualcuno fosse ossessionato in quel modo da lei, anche se avrebbe potuto rivelarsi un danno.

Ma chi voleva prendere in giro? Chi mai si sarebbe potuto innamorare di lei così intensamente? In fondo non era Elena, né Meredith o Caroline. Sembrava così facile amare una di loro, perché ognuna brillava di luce propria. Erano donne.

Bonnie, invece, era solo una ragazzina, come la chiamava sempre Damon. Non si sentiva matura come le altre, la maggior parte delle volte si sentiva persa e non sapeva come comportarsi.

Chi avrebbe potuto essere ossessionato da una così assolutamente normale?

“Come hai fatto a resistere così a lungo senza di me tra quei vampiri?” Damon la risvegliò dai suoi pensieri.

“Q- quello che è successo con Katherine” spiegò Bonnie “Ma tu tanto sostieni che è impossibile quindi non spreco neanche tempo a dirtelo” c’era una sfumatura di amarezza nelle sue parole, perché nonostante tutti i suoi tentativi per dimostrare il contrario, lui continuava a considerarla una bambina “Che ci facciamo qui, Damon?”.

“Ho bisogno di bere. Dopo lo spavento che mi hai fatto prendere, direi che me lo merito”.

Lo spavento che mi hai fatto prendere. Bonnie non poté che gioire per quell’affermazione “Non possiamo andare in un altro posto?”.

“Certo! Magari in uno dei tanti locali del quartiere” ironizzò.

“Abbiamo una macchina, possiamo spostarci”.

“Ti mettono in imbarazzo le spogliarelliste, Bonnie? Curioso considerando che alcune di loro sono più vestite di te” le fece l’occhiolino.

“Non sono in imbarazzo!” replicò Bonnie ma il rossore sulle sue guance la tradì.

La ragazza si prese qualche momento per scannerizzare il locale. In confronto all’aspetto esterno, dentro non era poi così male. C’era un grosso palco che si protraeva fino ai tavoli. Le ragazze che si esibivano non si limitavano a togliersi pezzi di vestiti ma facevano piccoli show: canzoni, stacchetti, lap dance (Bonnie si chiese come diamine facessero ad arrampicarsi su quei pali e apparire comunque sensuali). Anche le persone ai tavoli erano invitate a partecipare nella postazione karaoke; in quel momento cantava una donna poco intonata ma divertente.

Bonnie notò che il locale non era occupato solo da uomini, ma c’erano anche parecchie donne; probabilmente attirate dagli addominali di quei due strip dancer che facevano compagnia alle ragazze.

In definitiva l’atmosfera non era così perversa come credeva all’inizio.

“Cosa stai bevendo? Bourbon?” Bonnie tentò di cambiare discorso.

“Tequila”.

“Ne voglio una”.

“Ti piacerebbe, ragazzina! Arriva ai ventun anni, poi ne riparliamo”.

“Oh non fare il guastafeste, Damon!” mugugnò Bonnie “E’ stata una serata lunga anche per me e me lo sono guadagnata anche io”.

“Non voglio rogne e la tua espressione sta gridando MINORENNE”.

Bonnie si accigliò “E’ un modo per dire che sembro inadeguata?”.

“Una liceale spaurita, ecco cosa sembri … forse perché lo sei”.

Bonnie si stizzì. Spinta da una strana sensazione di spavalderia saltò giù dallo sgabello e si diresse sul palco. La donna aveva appena lasciato il posto del karaoke e lei la sostituì subito.

Damon credeva che fosse una piccolina senza coraggio? Gliel’avrebbe fatta vedere lei! Afferrò il microfono mentre le luci la abbagliarono. Era già stata su un palco quella stessa sera; decise che una volta in più non le avrebbe fatto male. Dopo qualche secondo iniziò la musica e sullo schermo apparvero le parole della canzone. Bonnie la conosceva: Obsession di Sky Ferreira.

Parlando di ossessioni. 

Bonnie era brava a cantare; gliel’avevano sempre detto anche in collegio, ma era anche molto timida, perciò non era una cosa che capitava spesso.

Quando partì la melodia e fu il momento di cantare, il tirare fuori la voce non costituì un problema. Non la preoccupava la parte vocale, piuttosto quella delle movenze. Damon aveva ragione: lei sul palco aveva il sex- appeal di un tostapane.

Era tutta una questione di atteggiamento e di sicurezza; Bonnie non era forte in nessuno dei due casi.

Con lo scorrere delle note, però, iniziò a divertirsi. In quel locale non la conosceva nessuno, chi se ne importava se avesse fatto la figura dell’idiota? E allora iniziò a muoversi con una grazia che non pensava di possedere. Scese dal palco, passò tra i tavoli, scherzò con i clienti, sempre cantando, sempre ballando. Improvvisò anche una piccola danza al palo. Niente di serio, una cosa per ridere, ma lo fece.

La parte più incredibile giunse quasi alla fine del brano, quando lei avanzò verso Damon con andatura da diva e incominciò a stuzzicarlo. Gli mise una mano sulla spalla, vicina all’incavo del collo, lo guardò intensamente e poi gli girò intorno cantandogli nell’orecchio. Non c’era malizia nei suoi gesti, si vedeva lontano un miglio che era solo un gioco, ma per Bonnie fu un atto di coraggio fino a quel momento mai sperimentato.**

Ritornò sul palco giusto per concludere l’esibizione e ricevere gli applausi. Damon ci aveva definitivamente azzeccato: Caroline avrebbe dovuto farla cantare, non recitare.

Con un sorriso che andava da un orecchio all’altro e rossa come un pomodoro, fece ritorno da Damon che non le staccava gli occhi di dosso, completamente a bocca aperta: non si sarebbe mai aspettato uno show simile.

“Sembro ancora una liceale spaurita?”.

“Sì” riconfermò Damon “Ma permettimi di offrirti da bere”.

Bonnie accettò e trangugiò lo shot di tequila non appena il barman lo appoggiò sul bancone.

“Vacci piano, Dita***! Non voglio che mi vomiti tutto in macchina”.

“Damon, posso farti una domanda?” Bonnie trascurò palesemente le parole del vampiro e si concentrò sul nuovo dubbio che le era sorto.

Damon le fece segno di continuare.

“Perché non hai ucciso Dana?”.

“Dana e Juliet sono sorelle” svelò il vampiro “E Juliet mi odiava già abbastanza per aver ucciso la loro terza sorella, non volevo farla incazzare più di quanto già fosse. Se le avessi tolto anche Dana non ci avrebbe lasciati andare così facilmente”.

“L’hai fatto per proteggermi, vero? Sapevi che se la sarebbe presa con me”.

Damon piegò un angolo della bocca all’insù “Forse”. 

 

Dopo altri tre chupiti di tequila Bonnie era parecchio euforica e Damon decise che era tempo di riportarla a casa.

La ragazza camminava davvero in maniera traballante su quei tacchi; Damon l’aiutò a stare in piedi e la coprì con il suo giubbotto di pelle cosicché non prendesse freddo. A quell’ora l’aria era gelida.

Raggiunta l’auto Bonnie si buttò sul sedile, si tolse le scarpe, tirò su le gambe e si appoggiò al sedile sul fianco sinistro, il capo pesantemente abbandonato sul poggiatesta.

“Caroline mi strozzerà per il vestito” osservò quando l’occhio le cadde sulla sottoveste.

“E’ stato il tuo lasciapassare per uscirne viva. Caroline capirà”.

“Preferirei dover affrontare di nuovo quei vampiri che Care” sbiascicava mentre formulava quella frase. Non si sentì più allegra, aveva un sonno fortissimo, ma aveva ancora la forza di restare sveglia.

“Non avrei dovuto andarmene in giro da sola. Mi dispiace” ammise flebilmente.

“Non potrei essere più d’accordo”.

“E tu non avresti dovuto lasciarmi là fuori”.

Damon si girò verso la ragazza “No, non avrei dovuto” asserì serio guardandola intensamente. Gli occhi di lei, però, erano concentrati sulla sua bocca. Bonnie alzò la mano e con le dita sfiorò le labbra di Damon che non mosse un muscolo.

Bonnie era ormai in preda all’alcol e alla stanchezza. Non avrebbe mai detto o fatto certe cose se fosse stata sobria, ma la sua mente non aveva più freni e vagava libera.

“Chissà come dev’essere baciare un vampiro …” mormorò in modo disconnesso. La sua mano, che si era fermata sula guancia del ragazzo, le scivolò sul fianco e lei abbassò le palpebre. Damon tentennò un attimo prima di inserire la chiave e mettere in moto.

Quando parcheggiò l’auto nel cortile di fronte al Pensionato era l’alba passata. Bonnie aveva dormito profondamente per tutto il viaggio e non accennava a voler interrompere il suo riposo.

Damon scese dalla macchina, ci girò attorno e arrivò davanti alla portiera di destra. La spalancò e, dopo aver fatto passare le braccia attorno alla vita della ragazza e sotto le sue ginocchia, la prese in braccio.

Udì la porta della villa sbattere e chiuse gli occhi capendo già che cosa lo stesse aspettando.

“Cosa diavolo ti è saltato in mente?!” proruppe uno Stefan su tutte le furie.

“Ti spiace abbassare la voce?” sussurrò Damon indicando con il capo la ragazza che dormiva tra le due braccia.

“Sei stata un incosciente” lo insultò Stefan con un tono leggermente più basso “Portarla a Greensboro è stata una delle tue mosse più stupide!”.

“Rilassati, fratellino. Sta bene” cercò di calmarlo mentre salivano le scale diretti alla camera di Bonnie “E comunque è stata una sua idea”.

“Potevi dire di no”.

“E’ tutta intera, ok?” si spazientì Damon “So occuparmi di lei!”. Pareva una litigata tra due genitori che discutevano sull’educazione del figlio.

Stefan storse il naso e lasciò cadere la discussione, tanto sarebbe stata una causa persa in partenza; troppo testardo, troppo orgoglioso. Non avrebbe mai ammesso di aver sbagliato.

Il minore dei Salvatore decise quindi di chiedere ciò gli premeva come un macigno sul cuore fermo “Hai saputo qualcosa? Sage ti ha detto come proteggerla da Klaus?”.

Damon non rispose e abbassò gli occhi. Superò il fratello ed entrò nella stanza, ma temporeggiò qualche secondo sulla soglia immobilizzato dalla domanda di Stefan “Elena è spacciata, vero?”.

Damon gli rivolse un’ultima occhiata stravolta “Va’ a dormire, Stefan” gli consigliò troppo spossato per ripetere tutto ciò che gli aveva riferito Sage, per ricordare che disgrazia stesse per piombargli addosso.

Adagiò Bonnie sul materasso, le infilò le gambe sotto la coperta e poi le coprì anche il busto.

Ripensò con un moto di affetto al momento che avevano condiviso poche ore prima in macchina: il tocco di lei era stato così delicato che per un istante gli aveva fatto dimenticare tutto l’affanno.

Con qualunque altra ragazza la situazione sarebbe parsa equivoca; con Bonnie era stato talmente innocente che Damon non era stato nemmeno sfiorato dall’idea di approfittarsi di lei in quello stato così vulnerabile. Stanca e poco lucida.

Sorrise appena scostandole una ciocca di capelli dal viso. Uscì dalla stanza conscio del fatto che in un altro tempo, in un altro luogo, in altre condizioni, Bonnie avrebbe potuto decisamente essere la sua ossessione preferita.****

 

“This doesn't happen to me everyday (oh my)
Let's spend the night together
No excuses offered anyway (oh my)
Let's spend the night together
I'll satisfy your every need (every need)
And I now know you will satisfy me
Oh my, my, my, my, my
Let's spend the night together
Now I need you more than ever
Let's spend the night together now”

(Let’s spend the night together- The Rolling Stones)

 

Il mio spazio:

Salve a tutti!! Come state? Avete passato bene halloween??

Io ovviamente mi sono ammalata!

Ho letto che è uscito Mezzanotte, ma è vere che è solo metà del libro originale? Che cosa senza senso! Quanto odio ste cavolate!

Io invece ho appena finito di leggere Phanton e sono rimasta abbastanza sconcertata. Però ammetto che non mi è dispiaciuto pur non essendo stato scritto dalla Smith. Ho letto fa qualche parte che prima di essere licenziata ha lasciato alla casa editrice alcune idee molto interessanti per Damon e Bonnie e Phantom mi pare proprio abbia messo le basi per sviluppare queste idee nel prossimo libro, quindi non dispero.

Anche perché se così non fosse mi premurerò personalmente di scrivere alla Harper and Collins che se proprio dovevo essere presa in giro, avrei preferito che lo avesse fatto l’autrice stessa e non una ghost writer!

Sfogo a parte, che ve ne pare del capitolo?? Confesso: sono quasi venti pagine di Word, è lunghissimo. Mi dispiace un sacco, ma quando inizio a scrivere di Bonnie e Damon non mi fermo più e dato che questo capitolo è praticamente dedicato a loro mi sono lasciata un po’ prendere la mano.

Il rapporto tra la strega e il vampiro sta prendendo una piega interessante … chissà quando durerà questa ritrovata armonia?

Pare proprio che anche Elena dovrà affrontare settimane pesanti; non c’è modo di uccidere un Originario. Certo, Damon potrebbe sempre rivolgersi ad una strega, ma dove trovarla? Guarda caso ce n’è una che abita in casa sua! Le coincidenze della vita! Eheh.

Davvero non so come ringraziarvi per il sostegno; è il mio lavoro più lungo e impegnativo quindi fa sempre piacere vedere che è apprezzato =)

Anticipazioni per il prossimo capitolo: Elena fa di testa sua e prende in mano la situazione, Matt, Tyler e Caroline si preparano per partire per il Maryland e Bonnie si ribella a una decisione di Damon.

 

*Non so una parola di francese, quindi tutto quello che c’è scritto è stato tradotto da google traduttore. Se qualcuna di voi conosce il francese e vede degli errori per favore me lo dica e correggerò subito!

**Questa scena è ispirata ad un’altra tratta dall’episodio “Victor Victrola” di Gossip Girl.

***Riferimento a Dita Von Teese, regina del burlesque.

**** Allora prendete quest’affermazione con “le pinze”. Damon intende che se non ci fosse stata Elena, se fosse stato ancora umano, se Bonnie non fosse sua parente, forse avrebbe potuto innamorarsi di lei o comunque di una ragazza come lei, pura e semplice.

So che voi lettrici non siete stupide e ci arrivate da sole, ma a volte mi sembra di spingermi troppo in là e mi sento il dovere di chiarire =)

Bene, allora alla prossima!!

Fran ;)

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Capitolo 16
*** Take me to the riot ***


Ashes &Wine

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Capitolo sedici: Take me to the riot

 

“I wonder if you're happy or just glad to see me scarred
took my drunken self-confession

sober up your bleeding heart
I am bending over backwards to get close to you

but still I feel so far”

(I wonder- Diffuser)

 

Come era giunta lì?

Corridoio lunghissimo, soffitto talmente alto che quasi non si vedeva.

Bonnie aggrottò le sopracciglia. C’era silenzio assoluto, inquietante; i suoi passi rimbombavano nell’aria. Perfino respirare le risultava pesante, perché poteva sentire distintamente il suono dei suoi polmoni che si dilatavano e stringevano.

Abbassò gli occhi e studiò la sua stessa figura: aveva ancora addosso la camicia da notte ed era a piedi nudi.

Non ricordava proprio di aver lasciato il letto, non sapeva come era arrivata in quel posto. Precisamente, poi, dove cavolo era finita?

Era lì per qualcosa. Ma cosa? Nel suo petto, all’altezza del cuore, un peso le diceva di continuare a cercare. L’angoscia le attanagliava la gola; era così secca  che se avesse provato a parlare, si sarebbe strozzata con la sua stessa voce.

Perché provava tutta quella preoccupazione? Che cosa la stava turbando? Non riusciva a capirlo.

Un motivo l’aveva portata fino a quel posto. Era importante, era vitale. Sapeva che se non fosse riuscita nel suo intento, sarebbe morta di dispiacere.

Camminò per minuti interminabili e fu come perdere e ritrovare la strada centinaia di volte, fino a che la parete di sinistra scomparve, lasciando posto a vetrate spesse come porte blindate.

Bonnie si avvicinò e guardò attraverso: centinaia di uomini con i piedi immersi nella sabbia. Sembrava una prigione in cui i detenuti erano costretti ai lavori forzati. L’utilità, poi, di quello che stavano facendo era oscura: trasportavano pesanti martelli e pale. Scavavano nella sabbia. Attorno al perimetro quelle che sembravano guardie. Bonnie non poteva udire le loro voci; la stanza doveva essere insonorizzata.

Istintivamente girò la testa e notò un’apertura nel vetro, abbastanza grande per passarci attraverso. Senza pensarci due volte, s’infilò e sbucò dall’altra parte; e all’improvviso tutto le fu chiaro.

Non badò alle guardie, che comunque non diedero segno di averla vista, e con apprensione cercò con gli occhi la persona per cui era venuta.

Anche lui la stava osservando da lontano. Le iridi scure puntate nelle sue.

Bonnie sentì gli occhi pizzicarle e si mise a correre nella sua direzione. Era completamente sudato ma non le importava. Gli saltò addosso, buttandogli le braccia al collo e si avvinghiò come se fosse la sua ultima occasione di averlo così vicino.

Lui la strinse con egual intensità, una mano ad accarezzarle i capelli, l’altra attorno ai fianchi, le dita chiuse intorno alla camicia da notte. (Dio, quanto non avrebbe voluto lasciarla!).

Bonnie si scostò leggermente solo per guardarlo in viso, con le mano gli prese le guance e lo avvicinò.

“Perché sei qui?” le chiese lui, fronte contro fronte.

“Mi dispiace così tanto! È tutta colpa mia” Bonnie singhiozzava .

“Sshh” la tranquillizzò asciugandole le lacrime con le dita “Devi andare. Se ti scoprono …”.

“Non ti lascio qui. Vieni via con me” lo pregò. Ormai le sue dita erano scivolate nel capelli del ragazzo.

“Non è così facile, Bonnie. Per favore va’ via, non puoi restare qui”.

“Come faccio senza di te?” sussurrò lei. Non poteva credere di averlo trovato e di dovergli dire addio così presto “Vorrei tornare indietro. Vorrei non essere stata così stupida. Potessi rifare tutto daccapo”.

“Ehi, ehi. Tu sei salva e io non mi pentirò mai di questo. Preferire passare qui dentro tutta l’eternità che …”.

Non poté finire la frase. Bonnie venne strappata brutalmente dalle sue braccia e trattenuta indietro,

“Damon!”.

Una della guardie colpì con un pugno il vampiro che si piegò emettendo un rantolo.

“Pare che non sia stata proprio una bella idea venire qui” le disse la guardia estraendo un paletto di legno dalla manica.

“No, Damon” Bonnie si dimenò e iniziò a scongiurare “No, ti prego, è stata tutta colpa mia. Non fargli del male, ti prego, non …”.

“Dovevi pensarci prima, tesoro” la guardia riportò la sua attenzione su Damon. Gli occhi del vampiro non lasciarono un secondo quelli della ragazza che davanti a lui si disperava e urlava come una matta, neanche quando il paletto colpì il suo cuore fermo da secoli.

Bonnie riuscì a liberarsi dalla presa della guardia e si gettò a terra cercando di prendere il corpo di Damon prima che cadesse.

Si tirò a sedere ad una velocità sovrumana e si trovò impigliata nella coperta. Era di nuovo in camera sua. Aveva ancora le guance bagnate.

Non aspettò nemmeno due secondi che saltò giù dal letto e a piedi nudi schizzò letteralmente fuori dalla porta. Fece alla velocità della luce la strada che la separava dalla stanza di Damon. La camera era immersa nell’oscurità: Bonnie non riusciva a vedere niente, ma sapeva perfettamente dove si trovava il letto di Damon. Prese la rincorsa e balzò sul materasso. Avvertì sotto di lei il corpo del vampiro tendersi e muoversi bruscamente. Gli avviluppò le braccia attorno al torace e strinse forte.

“Sei qui! Sei qui!” sospirò di sollievo.

“Maledizione Bonnie!” imprecò Damon alzando il capo. Squadrò la figurina della ragazza avvinghiata a lui. Tese la mano in cerca dell’interruttore della luce e lo fece scattare “Che fai? Adesso controlli se sto in camera mia di notte?!”.

“Ho fatto un brutto sogno”.

Damon sbuffò “Non dirmelo! Mostri?”.

“Peggio … c’eri tu”.

Damon si accigliò “E sarebbe un incubo?”.

“No, non hai capito: ti facevano del male” gli rivelò lei.

Il vampiro scoppiò a ridere, stentava a credere alle proprio orecchie. Quella ragazzina era un vero spasso. Così fragile, così tremendamente umana.

“Non c’è niente da ridere! Mi sono presa uno spavento”.

“Beh uno a ciascuno, non ti pare?” disse Damon alludendo alla sera prima, quando Bonnie si era quasi fatta ammazzare “Che hai sognato?”.

“Non lo so. Era una specie di prigione e tu ci eri finito per colpa mia. Io ti stavo cercando e sono riuscita ad entrare. Volevo farti scappare, ma mi hanno beccato e per punirci … ti hanno ucciso”.

“Bonnie”.

“Ti hanno conficcato un paletto nel cuore, sei morto davanti ai miei occhi ed era talmente reale” tremò leggermente.

“Era solo un sogno, io sono ancora vivo. Più o meno”.

Bonnie si strinse di più a lui, aveva la guancia appoggiata sul suo petto e sentiva che quello era il suo posto.

“Sto bene, Bonnie” la rassicurò Damon “Puoi tornare a dormire nel tuo letto”.

“Te lo puoi scordare” dichiarò caparbiamente la rossa andando ad avvolgere le gambe attorno a quelle del vampiro “Io me ne resto qui”.

Damon allargò le braccia e le lasciò cadere pesantemente sul materasso “Fa’ come vuoi, basta che mi lasci dorm-” Damon tese le orecchie e ascoltò il ritmo regolare del respiro di Bonnie: si era addormentata.

Damon spense la luce e si spostò leggermente su un fianco tentando di non svegliarla. Chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno, evitando di soffermarsi sul perché avere Bonnie stesa nel suo stesso letto lo facesse sentire così bene.

 

“Sei sicuro che serva tutta sta roba?” chiese Caroline caricando delle pesanti catene nel retro del pick-up di Matt.

“Come faccio a esserne sicuro, Care?” replicò Tyler “Non è che io conosca molti lupi mannari. Ho rovistato in casa e ho trovato un vecchio libro che parlava della trasformazione. E a giudicare da quello che c’è scritto ne serviranno altre”.

Se il cuore di Caroline fosse stato ancora pulsante, probabilmente ci sarebbe stato un vuoto per la preoccupazione.

Voleva aiutare Tyler, lo voleva davvero, ma si accorse di essere stata troppo avventata a proporre quella “gita”. C’erano un sacco di cose che potevano andare storte: Tyler avrebbe potuto scappare, liberarsi, uccidere qualcuno. Lei poteva essere morsa e, essendo un vampiro, le sarebbe stato fatale. E Matt … era quello che rischiava più di tutti. Non era sovrumano, non aveva la supervelocità o una forza esagerata. Un lupo mannaro lo avrebbe sbranato vivo.

Lei doveva badare a tutti e tre.

“Care” la chiamò Tyler “Tutto bene?”.

“Alla grande” sorrise lei. Non poteva mostrare la sua insicurezza.

“Perché hai chiesto anche a Matt di venire?”.

“Avevo bisogno di una mano”.

“Dio … è tutto così strano” commentò Tyler passandosi una mano nei capelli “Voglio dire: tu sei diventata un vampiro, io domani notte mi trasformerò in un lupo mannaro e … mi sorprende che tu sia riuscita a convincermi così velocemente!”. 

“Mi è bastato mostrarti i miei denti” ridacchiò Caroline “Senti, so che è difficile crederci e sarà ancora più difficile accettarlo e conviverci, ma non è detto che sia un male” cercò di consolarlo.

“Da quello che ho letto nel libro è una trasformazione molto dolorosa e una volta completata io non avrò più il controllo delle mie azioni, mi lascerò guidare dal mio istinto … sarò solo un animale”.

“A tutti fa bene lasciarsi un po’ andare ogni tanto” scherzò lei.

“Potrei fare del male a qualcuno”.

“Sarai legato in un sotterraneo di una tenuta in mezzo al nulla … non avrai nemmeno la possibilità di fare del male”.

“Il mio morso è letale per te”.

“Sì, deve avermelo detto qualcuno”.

“Potrei ucciderti”.

“Prima mi devi prendere”.

“Caroline sono serio!” s’indurì Tyler.

“Anche io” ribatté la ragazza con lo stesso tono.

“Perché lo fai?”.

“Per un sacco di motivi. Ma penso possano essere riassunti tutti dicendoti che sei mio amico” disse Caroline “E poi tra scherzi della natura ci si deve aiutare!”.

Tyler la osservò con attenzione e si chiese come diamine facesse a sorridere sempre anche quando ci sarebbe stato da piangere.

“Sai qual è il lato positivo di tutto ciò?” iniziò “Passare questi due giorni con una delle ragazze più fighe della scuola”.

“Tyler!” esclamò Caroline sdegnata.

“Non fare la finta tonta … come se non lo sapessi di ess … quella è Bonnie?”.

La ragazza si voltò verso il cancello e alzò la mano in segno di saluto.

“Ehi Caroline!” rispose Bonnie “Ciao Tyler”.

“Bonnie” piegò leggermente il capo. Non conosceva da molto la rossa e non era il tipo da dare subito confidenza. Si sentiva anche un po’ in imbarazzo perché Bonnie sapeva del suo segreto.

“Te lo portata” disse la ragazza all’amica e le passò una boccetta di vetro.

“Cos’è?” s’incuriosì Tyler notando il liquido giallastro all’interno.

“Strozzalupo” spiegò Care “Anche io ho fatto le mie ricerche, sai?”.

“Il nome non è invitante” dichiarò Tyler.

“E’ un erba velenosa per i lupi mannari. T’indebolirà un po’ così saremo sicuri che non scapperai da nessuna parte”.

“Mi vuoi avvelenare?” si finse sospettoso “Dove l’hai presa?” s’informò rivolgendosi a Bonnie.

“Me l’ha data Damon”.

“Il vampiro sanguinario che mi vorrebbe morto?! Ora sono certo che tu mi voglia avvelenare!”.

“Non fare il bambino, Tyler!” lo rimproverò Caroline “Non ti può uccidere, è come la verbena per noi vampiri. Ci fiacca ma non ci ammazza”.

“Cos’è questo? Il tuo nuovo motto?”.

Caroline gli lanciò un’occhiata di fuoco. Tyler capì di doverla lasciare sola per un po’ con Bonnie. Aveva decisamente bisogno di chiacchiere femminili prima di avventurarsi in quell’impresa. Salutò tutte e due e con una scusa rientrò in casa.

“Sembra che l’abbia presa bene” constatò Bonnie.

“Già” concordò Caroline “Ma ho l’impressione sia una finta” sospirò “Fa tanto lo spavaldo ma in realtà è spaventato a morte. Ha paura di trasformarsi, del male, di ferire qualcuno … e io comincio a pentirmi di aver chiesto aiuto a Matt” fece un’altra pausa come se non riuscisse a trovare le parole giuste “Ci sono troppe cose che possono andare storte. Tyler potrebbe scappare, io potrei essere morsa, Matt pure e io sono l’unica che deve badare a tutti, ma … mi serviva una mano,  capisci? Elena è troppo presa con Katherine e Klaus, Meredith questo week end è via con i suoi; Matt era l’unico! E se devo essere sincera, sono contenta che venga. Ti potrà sembrare egoista, ma Matt riesce a calmarmi con uno sguardo e io ho bisogno di rimanere concentrata … niente attacchi di panico”.

In quel momento Bonnie ebbe un’idea illuminante. Chiunque altro l’avrebbe trovata completamente folle e avventata, ma lei la vedeva piuttosto come una possibilità di rendersi davvero utile.

“Che Matt tra tutti sia quello meno pratico del soprannaturale, è una cosa su cui siamo tutti d’accordo” disse e Caroline capì al volo che l’amica stesse macchinando qualcosa “D’altro canto sappiamo che farebbe di tutto per te, anche rischiare la sua vita”,

“Ora sì che mi stai tranquillizzando!”.

“Porta anche me”.

Caroline alzò le sopracciglia in un’espressione sorpresa “Cosa?!”.

“Ci vuole qualcuno che tenga a bada Matt mentre tu ti occupi di Tyler” chiarì Bonnie “L’hai detto tu stessa che qualcosa potrebbe andare male e Matt si butterebbe tra te e Tyler pur di proteggerti. Risultato? Nessuno di voi tre ne uscirebbe vivo”.

“Bonnie …”.

“Fammi finire” la pregò la rossa “Tu sei l’unica che può fronteggiare Tyler in caso di pericolo. Sei forte, veloce, agile e hai i riflessi pronti; sei l’unica che potrebbe fuggire alla sua furia animale e riuscire a renderlo inoffensivo. Io vivo con due vampiri, ormai non mi sorprendo più di niente … sono preparata! Mentre tu ti occupi di Tyler, io impedirei a Matt di farsi ammazzare per salvarti. Non ti dovrai preoccupare per lui”.

“Dovrei lasciare il ragazzo per cui ho una cotta in mano a colei che l’altro ieri si è buttata nella fossa dei vampiri?!”.

“Ho imparato la lezione, Care. Basta con le mosse avventate” le assicurò Bonnie “Poi l’altra sera si trattava solo di me, non metterei mai qualcun altro in pericolo”.

“E mentre tieni d’occhio Matt, chi terrà d’occhio te?”.

Bonnie le rivolse un sorriso carico di fiducia.

Caroline considerò l’idea “Non dico che non mi farebbe piacere averti con me e con Matt …”.

“Fantastico!”.

“Non cantare vittoria troppo presto” l’avvertì l’altra “Chiedi prima il permesso a Damon o a Stefan; non voglio trovarmi un paletto nel cuore per averti portata senza il loro consenso”.

“Non c’è problema” disse Bonnie “Stefan è via a caccia, ma Damon mi farà di sicuro venire”.

L’importante è crederci.

 

Quando Meredith Sulez si ritrovò di fronte alla porta di casa Elena Gilbert capì subito che da lì a poco sarebbero arrivati i guai.

Dal momento in cui Stefan era arrivato a Fell’s Church con il fratello, la sua vita era stata sconvolta: la sua migliore amica si era innamorata di un vampiro, l’altra sua migliore amica era diventata un vampiro, Mr. Tanner era stato ucciso, lei lo aveva trovato il cadavere e poi si era innamorata dell’insegnante di storia. Se i suoi genitori l’avessero scoperto avrebbero probabilmente rinchiuso a vita lei e denunciato lui. Motivo per cui avrebbe aspettato fino alla fine del liceo prima di rivelare il suo piccolo segreto.

In fondo Alaric era solo un insegnate; c’era di peggio … avrebbe potuto essere un vampiro. Ottima motivazione per i suoi genitori; avrebbe potuto usarla.

Alaric cominciava a mancarle; era via da quasi un mese e per via del fuso orario non riusciva a sentirlo con regolarità.

Non sapeva nemmeno che cosa fosse andato a fare in Scozia. Lui continuava a fare il misterioso e il fatto che tutta la faccenda riguardasse anche Damon non la metteva a suo agio.

Lei era sempre stata abituata ad avere tutto sotto controllo, ora sentiva che qualcosa incominciava a sfuggirle di mano.

E non appena Elena le disse per quale ragione fosse andata a trovarla, Meredith seppe per certo che la sua vita ormai aveva preso una direzione così inaspettata da risultarle impossibile tornare indietro.

Perché la vecchia Meredith non avrebbe mai acconsentito ad una tale cazzata!

“Tu sei fuori come un balcone, Elena” l’apostrofò con tono turbato “Giuro, non so come ti sia venuta in mente un’idea così … te l’ha consigliato Bonnie per caso?” si accertò con sospetto. Si era davvero affezionata alla piccola rossa, ma non poteva negare che fosse la regina dei piani sconsiderati.

“No, non ho parlato con Bonnie, ma la capisco, sai?” la difese Elena “Non è bello essere esclusi da qualcosa che ti riguarda. Alaric è in Scozia da un mese e tu non sai nemmeno che cosa stia facendo! Non vorresti andare là e scoprirlo da sola?” insinuò toccando un tasto dolente.

“Sì, Elena … muoio dalla voglia, ma non è una buona ragione per farlo”.

“Senti, so che può sembrare una pazzia e … forse lo è, ma io ho bisogno di sapere che cosa sta succedendo. Bonnie non ha potuto raccontarmi niente perché Damon l’ha lasciata fuori dalla stanza e Stefan non vuole dirmi niente perché mi preoccuperei per nulla. Non hanno ancora la soluzione, non sanno se io sono la doppelgaenger che Klaus cerca e non mi vogliono allarmare inutilmente. Come se io potessi stare calma!”.

“Cercano di proteggerti, Elena” le disse Meredith “Tu vorresti fare di testa tua e loro ti tengono all’oscuro per impedirti di peggiorare le cose. Con la tua fortuna finiresti tra le braccia di Klaus prima del previsto”.

“Grazie per la fiducia” berciò Elena “Dai, Mere, ti prego” e le fece gli occhioni dolci “Ti chiedo solo di accompagnarmi a Greensboro per parlare con quei vampiri”.

“Oh sì! Una cosuccia da niente” sminuì con sarcasmo la mora.

“Voglio solo parlare con questo Sage … non dobbiamo per forza farci vedere dagli altri” cercò di convincerla.

“Non posso Elena, devo partire questa sera con i miei. Lo sai che devo andare a trovare i miei nonni, non li vedo da una vita”.

“Torneremo in tempo. Ho guardato gli orari dei treni, ce n’è uno che parte tra mezz’ora e non ci mette nemmeno due ore per arrivare. Per tornare indietro possiamo prendere quello delle cinque. Sarai in casa prima che i tuoi genitori si accorgano che sei uscita”.

Meredith alla fine cedette alle richieste dell’amica. Pensò, infatti, che se avesse rifiutato, Elena sarebbe andata lo stesso da sola e si sarebbe cacciata in un guaio davvero serio. Meglio tenerla d’occhio.

“Dimmi almeno che sei in macchina, perché non ho intenzione di camminare fino alla stazione”.

Elena esultò e saltò ad abbracciarla.

Mentre il treno sfrecciava sui binari, Meredith non aveva trovato niente di meglio da fare che osservare Elena dormire.

Per quanto a volte desiderasse ardentemente che i Salvatore non fossero mai arrivati a Fell’s Church, doveva ammettere che Stefan era stato un vero toccasana per ridimensionare Elena.

La bionda era sempre stata la reginetta di turno, otteneva tutto senza sforzi, era amata, coccolata e ammirata. Meredith la considerava come una sorella, ma a volte avrebbe voluto che non le fosse tutto così facile.

Poi i suoi genitori erano morti in un incidente stradale, si era lasciata con Matt e Stefan era giunto a Fell’s Church e per parecchio tempo non l’aveva degnata di uno sguardo. Meredith si era sentita tremendamente in colpa, come sei lei fosse la responsabile di ciò che era accaduto all’amica.

Elena, però, ne era uscita forte e più matura. Più consapevole dell’effetto che aveva sulle persone e più restia  ad usarlo a suo favore come in precedenza. Elena Gilbert grazie a Stefan era decisamente cresciuta e Meredith non poteva che esserne orgogliosa. D’altra parte era anche preoccupata dall’influenza che Damon incominciava ad avere sulla ragazza.

Meredith era sicura che Elena provasse per lui una forte attrazione e non voleva assolutamente che quello compromettesse la relazione con Stefan.

Con tutto il cuore sperò che l’amica sarebbe stata abbastanza assennata per non buttare tutto al vento per una fissazione da ragazzina.

“Adesso che facciamo?” chiese dopo essere scesa dal treno.

“Bonnie mi ha detto che il posto è in periferia, è un quartiere un po’ squallido, con un night club per spogliarelliste”.

“Accattivante!” ironizzò Meredith “Non vedo l’ora di arrivarci. Come lo troviamo, genio?”.

Elena si guardò intorno un po’ smarrita “Ottima osservazione. Ehi! Scusi lei! Non è che mi potrebbe aiutare?” urlò ad un passante e gli corse dietro.

Meredith si schiaffò una mano sulla fronte. Ogni tanto la vecchia, sfacciata Elena tornava a galla.

Cominciarono a camminare nella direzione indicata dal signore, cercando con lo sguardo d’individuare l’insegna del locale, almeno per accertarsi di essere nel quartiere giusto.

“Così tu vorresti incontrare questo vampiro con cui ha parlato Damon?”.

“Esatto” rispose Elena “Dato che sia Stefan che Damon tacciono come delle tomba, mi tocca andare dritta alla fonte”.

“Certo! Perché te l’ha ordinato il medico”.

“Non c’è bisogno di essere così acide!” la ribeccò Elena “Comunque dovremmo essere vicine ormai … guarda là, è un night club, no?”.

“Mai credevo che nella mia vita sarei andata alla ricerca di un night!”.

Le due si scambiarono un’occhiata e scoppiarono a ridere, perché nell’assurdità della situazione quella era assolutamente la cosa più stramba.

“Katherine?”.

Entrambe gelarono sul posto e non ebbero il coraggio di voltarsi.

 

Bonnie fissava indecisa un paio di felpe stese sul letto. Stava facendo lo zaino per partire con Caroline e non sapeva bene cosa portarsi dietro.

“Vai da qualche parte?”.

Si girò verso la porta per incrociare gli occhi incuriositi di Damon, appoggiato allo stipite con aria scanzonata.

“Ehi” lo salutò Bonnie.

“Com’è che non mi sgridi per essere uscito senza avvisarti? Non hai più paura che mi mettano sotto chiave e mi torturino?” la prese in giro.

“Non è divertente!” replicò Bonnie “Stanotte ho davvero pensato di dover venirti a riprendere da qualche parte”.

“Mi fai sciogliere il cuore con queste belle parole” la canzonò mettendosi una mano sul petto.

“Prima dimostrami di avere un cuore”.

“Ahia!” finse di offendersi il vampiro “Così mi ferisci”.

Bonnie scelse infine una felpa vecchia e un po’ consumata; stava per andare a fare da babysitter ad un lupo mannaro, poteva permettersi di non essere vestita come una modella.

“Il fatto che tu stia ritirando quel maglione mi suggerisce che non stai per fare un fuga d’amore con Christian”.

“Christopher” lo corresse Bonnie “E comunque accompagno Caroline e Matt nel Maryland per aiutare Tyler” aveva dato per scontato che Damon avrebbe acconsentito senza fare storia.

Grandissimo errore.

“Dove hai detto che vai?” tuonò l’uomo tra l’incredulo e il teso.

“N- non va bene?” balbettò Bonnie colta di sorpresa.

“No che non va bene” dichiarò Damon “Tu sei pazza se credi che ti lascerò andare dopo quello che hai combinato a Greensboro”.

“Mi è servita di lezione. Non farò mai più mosse avventate, te lo giuro”.

“E sei arrivata a questa conclusione nel lunghissimo tempo tra scorso tra ieri e oggi? Non si cresce in una notte, ragazzina”.

A certa gente non bastano nemmeno cinquecento anni. Pensò con irritazione la giovane “Damon, perché? È una specie di punizione?”.

“Questa volta è sul serio pericoloso. Tu non ci andrai, fine della discussione”.

“Ma non sono da sola … Caroline è un vampiro, lei mi può difendere”.

“Chi? Baby vamp? Non sa badare nemmeno a se stessa” .

“Viene anche Matt e lei non lo porterebbe mai se pensasse di non poterlo proteggere” gli fece notare come se fosse un’ovvietà.

“Sinceramente se dovesse succedere qualcosa a quell’umano, non me ne importerebbe nulla. E poi Caroline ha una cotta per quel tipo; credi che si preoccuperebbe di te se lui fosse in pericolo?”.

Bonnie incassò il colpo a fatica. Odiava sentirsi l’ultima arrivata, quella non così importante.

“Ha bisogno del mio aiuto” continuò imperterrita. Aveva la testa troppo dura, non si sarebbe arresa facilmente.

“Sono certo che potrà fare a meno di te”.

“Perché mi vuoi costantemente tenere sotto una campana di vetro? Non sono fatta di porcellana!” gli gridò addosso “Preferivo quando te ne fregavi di me”.

“Bonnie”.

“No, Damon!” lo interruppe “Perché devo essere io quella diversa? Perché Elena, Caroline e Meredith possono giocare a fare le grandi, ma io rimango sempre la bambina?! Cosa c’è di sbagliato in me?”.

Damon abbassò lentamente le palpebre con stanchezza “Meredith e Caroline non sono mie nipoti”.

“Ed Elena?” lo incalzò.

Damon rimase in silenzio.

“Scusa, dimenticavo: lei può comandarti a bacchetta. Ha un potere che io mi sogno” commentò in modo più velenoso di quanto volesse.

“Cazzo, Bonnie!” sbottò Damon e innervosito la prese per le braccia e l’attirò a sé “Farai mai quello che dico! Non capisci che cerco di tenerti al sicuro? Stiamo parlando di un licantropo durante la luna piena, non sarà più il tuo amico Tyler. Ti sbranerà senza esitazioni, nemmeno ti riconoscerà. Credi davvero che affiderei la tua vita ad una neovampira che deve occuparsi anche di un altro umano e nel frattempo evitare di farsi mordere?  Non sono così sconsiderato” questa volta aveva alzato lui la voce “L’altra sera eri con me e quasi ti sei fatta uccidere. Eri con me, ma non è bastato. Ho passato i cinque minuti più brutti della mia vita e non mi era mai capitato di provare una così fottuta paura” la voce ora si era fatta bassa, quasi un sussurro “Faccio di tutto per proteggerti, perché me la devi rendere così difficile?”.

Gli occhi di Bonnie si addolcirono in un istante. Le sue mani scattarono tra i capelli del vampiro e avvicinarono le due fronti “Io sono qui, non vado da nessuna parte, Damon, non mi perderai” mormorò “E’ solo che non mi sento libera; mi sembra sempre di dover dimostrare qualcosa. Ogni volta devo prendermi la tua fiducia, tu non me la dai mai …”.

“Mi fido di te … è degli altri che non mi fido”.

Bonnie ridacchiò. Sembrava uno di quei genitori apprensivi.

“Vorrei solo che la smettessi di paragonarmi alla bambina di dieci anni fa”.

Damon si scostò appena e le accarezzò la guancia con delicatezza “Forse sei davvero cresciuta”.

E il campanello suonò. Bonnie non ci volle credere. Damon stava finalmente per concederle il suo permesso, pareva disposto ad ammettere che non poteva controllare la sua vita, che la riteneva ormai abbastanza matura. Bonnie valutò seriamente di strozzare chiunque li avesse interrotti.

“Sparisci per cinquecento anni e ora ti vedo un giorno sì e due pure” commentò acidamente Damon dopo aver aperto la porta e aver rivelato Katherine.

“Ritieniti fortunato considerando che sto per salvare il tuo amore” rispose lei.

“Ovvero?”.

“Stavo gironzolando intorno alla casa di quella mora, quella inquietante … a proposito la casa più brutta che abbia mai visto …”.

“Sto per chiudere la porta” l’avvertì Damon.

“Elena ha deciso di fare una piccola gita a Greensboro. Non credo sia molto soddisfatta di quello che le avete raccontato” spiegò Katherine “Da che mi ricordo quei vampiri mi odiano. Non credo che sia sicuro per la mia doppelgaenger andarsene in giro per quelle strade”.

“Damon” lo chiamò Bonnie alle sue spalle “Se Elena è andata da quei vampiri dobbiamo andare a riprenderla” si allarmò ricordando quello che le avrebbero fatto se Damon non fosse intervenuto.

“Rimani qui, ok?” le disse “Sistemo io questo casino”.

“Sì tesoro, lascia le cose da grandi a noi” le disse Katherine con un sorriso di circostanza.

“Io vado, tu no” la freddò Damon e si trasformò in corvo volando via.

“Pf!” sbuffò Katherine “Come se fosse l’unico che possiede un paio di ali” dopodiché si tramutò in una bellissima civetta bianca e seguì Damon.

Bonnie rimase sulla soglia a guardare due puntini sparire oltre gli alberi. Richiuse la porta mestamente.

Perché ogni volta che Damon sembrava concederle un po’ di libertà poi ritirava tutto, troppo preoccupato che si facesse male? Non era una bambola di pezza! Perché con lui doveva sempre essere due passi avanti e cinque indietro?

Non si aspettava certa che le avrebbe dato il permesso di aiutare Tyler, ma qualcosa di base era sbagliato. C’era ancora qualcosa di irrisolto, altrimenti non si sarebbe sentita così incompleta.

Con un ultimo sbuffo salì in camera per chiamare Caroline.

 

“Katherine?”.

“N- no … mi chiamo Elena” rispose la bionda che al nome della vampira si era tesa come una corda di violino.

“Ma certo, come ho potuto confondermi! Damon mi ha parlato di te” disse l’uomo.

“Tu … sei Sage?” gli domandò Elena facendosi avanti. Meredith rimase in disparte osservando la scena in silenzio.

Oui, mademoiselle, al tuo servizio” le sorrise il vampiro “Damon ti ha mandato da me?”.

“Non proprio” fu vaga Elena “Ma so che avete parlato l’altra sera … di me” .

Sage annuì “E’ stata una chiacchierata interessante, poi una piccola rossa ci ha interrotto”.

“C’è un motivo se sono qui” continuò Elena “Speravo che tu potessi darmi delle risposte”.

“Siete venute qui da sole? Senza protezione?”.

“I nostri amici … non credo sarebbero felici di trovarci qui” questa volta era stata Meredith a parlare. Sperava che Sage sarebbe stato disposto a raccontare ciò che sapeva o sarebbe stato un viaggio a vuoto “Abbiamo preso un treno e abbiamo camminato fino a qui, quindi … per favore … spiegaci che cosa sta succedendo”.

Sage acconsentì ma insistette a scortarle fino alla stazione. Lì in giro c’erano vampiri che avevano parecchi conti in sospeso con Katherine e la somiglianza con Elena avrebbe messo la ragazza in serio pericolo.

Avrebbe chiarito tutti i loro dubbi nel tragitto verso i treni, ma voleva essere certo che le due ragazze arrivassero a casa sane e salve. Damon lo avrebbe ammazzato se fosse accaduto loro qualcosa. Senza contare che lo avrebbe odiato lo stesso per aver detto ad Elena i piani di Klaus.

“Katherine, lei ha detto che sono la sua doppelgaenger, non so nemmeno che cosa significhi, ha detto che Klaus ha bisogno del mio sangue per accrescere il suo Potere e …”.

“Ferma, partiamo dall’inizio” la interruppe Sage “Partiamo dalla parola doppelgaenger, perché è la chiave di tutto. È nata per definire un doppio di sé, un doppione di qualcuno già esistente, di solito in seguito ad uno sdoppiamento della personalità, ma è qualcosa di temporaneo, prima o poi il sosia viene riassorbito dalla figura principale. Nel tempo, poi, il suo significato è traslato ed è passato ad indicare quel fenomeno soprannaturale per cui ogni tot anni compare una persona totalmente uguale ad una esistita nel passato; stesso fisico, stesso patrimonio genetico, se si dovesse fare l’esame del DNA, ci sarebbe completa corrispondenza. Ma è l’unico aspetto che condividono, perché caratterialmente si è del tutto indipendenti. È come se una tua antenata fosse stata clonata e tutte le sue sosia comparissero negli anni a intervalli irregolari”.

“Quindi Katherine non è la prima doppelgaenger?”.

“No, è troppo giovane. Io parlo di un fenomeno molto più antico. Proprio per questa periodicità il loro sangue è usato per legare incantesimi, riti, maledizioni”.

“Perché il sangue?”.

“Perché è la vostra linfa vitale, è quello che trasmette il vostro gene, è lì che sta tutta l’energia. Tutti i rituali sono creati per accrescere i Poteri ed è una strega a sigillarli, ma le streghe sono serve della natura, devono mantenere l’equilibrio, non possono permettere che qualcuno sia troppo più potente, troppo diverso. Alcune di loro sono costrette dalle circostanze perciò hanno trovato questa scappatoia. Non si sa mai dove o quando comparirà la prossima doppelgaenger , è difficilissimo trovarle, c’è quindi una buona possibilità che il rito non venga mai eseguito”.

Elena e Meredith ascoltavano zitte e attente, come a scuola. Affascinate da quella mitologia, preoccupate per il destino della bionda.

“Ho incontrato Klaus una volta” proseguì Sage “Bel ragazzo, ma con manie di grandezza. È un originario e il più potente al mondo, ma è ossessionato che qualcuno possa batterlo. Quando uno è abituato per così tanto tempo a essere il primo, è dura accettare di essere superato, ti rende vulnerabile. Non mi ha mai accennato a come era intenzionato ad aumentare la sua forza, ma suppongo che quello che ti ha detto Katherine sia possibile. Insomma siete identiche e lei ha avuto a che fare con Klaus. Non so se sia vero, ma è molto verosimile”.

“Non c’è un modo per ucciderlo?”.

“Ho spiegato a Damon che l’unico modo per uccidere un Antico è il legno di frassino bianco, ma è introvabile. In alternativa potrebbe chiedere ad una strega; la magia ha creato il rito, la magia può spezzarlo. Non sarà facile, però: prima di tutto dovrebbe trovarne una che non lo odi e deve essere anche abbastanza potente da contrastare un incantesimo così antico”.

“Hai detto che il fulcro di tutto è il mio sangue. C- come può averlo?”.

“Il modo più semplice per un vampiro è morderti. Parliamo di una magia antica, legata ad una concezione sacrificale. È necessario che tu muoia per completare l’incantesimo”.

Elena ammutolì. La sua espressione s’impietrì ma cercò di non darlo a vedere, anche se fu palese.

“Non c’è niente che possiamo fare per fermarlo?” s’intromise Meredith “Forse non sa nemmeno di Elena …” suppose.

“Damon è un mio amico e gli devo un favore. Ho intenzione di andare nella Dimensione Oscura e cercare informazioni. È tutto quello che posso fare”.

Sia Meredith che Elena non avevano la più pallida idea di cosa fosse la Dimensione Oscura, ma in quel momento non era la questione più importante.

“Io … ti ringrazio, Sage, per tutto quello che hai fatto e che farai” gli sorrise Elena.

Sage ricambiò con un cenno del capo “Spero di portarti notizie migliori la prossima volta che ci vedremo” si piegò a fare il baciamano a entrambe le ragazze “Au revoir, cheris” le salutò “E’ stato un piacere conoscervi”.

Elena si appoggiò alla carrozza del treno e osservò con sconforto la figura del vampiro francese. 

Quando quella mattina si era svegliata con l’idea di andare ad indagare, aveva intuito che avrebbe ricevuto brutte notizie. Pensava di essere preparata. Invece dopo le parole di Sage si sentiva come in un altro mondo, come se quella che le stava davanti fosse un’altra realtà, un’altra Elena Gilbert. Non la bionda, bellissima, affascinante, popolare, ma una  ragazza estranea, diversa che non condivideva la sua stessa vita.

Come era arrivata a quel punto? Quando era cominciato tutto? Con Stefan? Ma forse se lui non fosse mai giunto a Fell’s Church sarebbe stato peggio. Lei non avrebbe mi potuto sospettare che un vampiro antico le avrebbe dato la caccia. Poi il suo pensiero si rivolse a Margaret e a zia Judith e a tutti i suoi amici. Sarebbero stato sbalzati nel pericolo più buio e la colpa era solo sua.

“Elena”.

Avrebbe dovuto farsi forza, per loro, per salvarli. Avrebbe affrontato Klaus, avrebbe fatto di tutto per proteggere le persone che amava. Non avrebbe permesso a nessuno di far loro del male; sarebbe morta piuttosto.

“Elena”.

“Hn?”.

“Sage non è stato preciso … potresti non essere tu la doppelgaenger che Klaus cerca” la confortò Meredith.

“Hai ragione, deve essere un’altra, perché il mondo è pieno di doppelgaenger” ironizzò Elena distogliendo lo sguardo “Scusami, Mere, non volevo risponderti male. Sono solo un po’ scossa”.

“Non ti succederà niente, ok?” la tranquillizzò Meredith “Stefan e Damon non ti lasceranno morire e anche noi faremo del nostro meglio anche se non abbiamo i superpoteri”.

Elena l’abbracciò stretta. Il supporto delle sue migliore amiche, della sorellanza velociraptor era ciò che di più importante possedeva. Nient’altro avrebbe potuto farle superare quel momento difficile.

“Dimmi se non è quella puttanella di Katherine Von Swartzschild!” esclamò una voce alle loro spalle.

Per la seconda volta in poche ore il nome di Katherine fece tremare le due giovani. Lì a pochi metri da loro se ne stavano due uomini a fumare. Meredith ed Elena capirono al volo che quell’incontro non sarebbe stato così piacevole come quello condiviso con Sage.

“Con quello che mi hai fatto l’ultima volta non so con che coraggio ti ripresenti qui a Greensboro”.

Elena fece scivolare la mano sul braccio di Meredith senza farsi notare e lo tirò leggermente verso di lei. Dovevano andarsene alla svelta.

La stazione era deserta e quei due vampiri (era palese che lo fossero) avrebbero potuto attaccarle in qualsiasi momento.

“Corri” le mormorò quasi non emettendo suono.

Le due diedero loro le spalle e fuggirono più veloce della luce, ma non abbastanza. Si trovarono la strada sbarrata dopo pochi metri.

Non le lasciarono nemmeno il tempo di chiarire il malinteso; uno di loro prese Elena per il collo e l’attaccò al muro sollevandola leggermente.

“Sono anni che sogno di staccarti il cuore” le ringhiò a pochi metri dal volto.

“N – non sono Kat- therine” annaspò lei tentando con le dite di smollare la presa.

“Smettetela!” strillò Meredith in modo autoritario “Levatele le mani di dosso!”.

“Tu stanne fuori” le intimò l’altro vampiro.

“Non è Katherine! Non è Katherine” ripeté istericamente e si appigliò alle spalle del vampiro che teneva l’amica con l’intenzione di liberarla “Lasciala, dannazione! Non senti che il suo cuore batte!”.

Il vampiro tese le orecchie e, rendendosi conto dell’errore, tolse subito le mani dalla ragazza. Elena cadde in ginocchio tenendosi il collo rosso e dolorante e tossì un paio di volte. Meredith le fu subito accanto.

“Come è possibile?” si accigliò il vampiro “Sei uguale a lei” tirò un pungo al muro facendo sobbalzare le due ragazze “Maledizione!” imprecò “Un’altra occasione buttata in fumo”.

“Prima o poi la troverai e ti vendicherai” gli disse l’altro quasi a dargli il contentino.

Gli occhi del primo vampiro vennero attraversati da un lampo di rabbia e in un attimo artigliò il braccio di Meredith e la costrinse ad alzarsi “Non siete quello che stavo cercando, ma capitate nel momento giusto. Ho una sete terribile” detto questo sfoderò le zanne e calò sul collo di Meredith.

La mora sentì le punte dei canini sfiorarle la pelle ma non andarono oltre. Il corpo del vampiro divenne improvvisamente rigido e crollò a terra.

“Vampiri della Dimensione Oscura” sentenziò Katherine gettando il suo cuore sulla strada “Sempre così coglioni” commentò “Oh eri tu Joseph?” chiese fintamente dispiaciuta al cadavere “L’uomo dagli attributi più piccoli che abbia mai visto. Beh tu che hai da guardare?!” esclamò in direzione dell’altro compare “Sparisci prima che ti spezzi il collo”.

Quello indietreggiò e si girò con la chiara intenzione di darsela a gambe, ma Damon lo intercettò staccandogli la testa di netto “Schifoso codardo”.

“Damon” bisbigliò Elena stupita quanto Meredith di vederlo lì con Katherine a difenderle.

“Tu sei davvero nei guai” la informò puntandole un dito contro.

“Perché sei qui con lei?” gli domandò di rimando, un po’ scocciata.

“Siamo venuti a salvare il tuo regale culo, Principessa, nel caso non te ne fossi accorta” la freddò lanciandole un’occhiata tagliente “Ora filate su quel treno, tutte e due, prima di fare altri spiacevoli incontri”.

“Non volevo fare niente di male” si giustificò Elena che solo in quell’istante, studiando lo sguardo glaciale di Damon, si rese conto di quanto irresponsabile fosse stata.

“Sul treno” ordinò Damon “Ora”.

Meredith annuì, prese Elena per mano e si avviò alle porte del vagone più vicino senza proferir parola. Damon le imitò e Katherine per ultima seguì il trio.

Prima di salire sulla carrozza Elena si girò “Lei non viene con noi” dichiarò indicando Katherine.

“Cosa?!” si sdegnò la vampira.

Elena non controllò nemmeno se le avrebbe dato retta o no. Entrò nel vagone e con Meredith andò a occupare dei posti.

“Sta scherzando, vero?” chiese incredula Katherine “Le ho appena salvato la vita e mi ripaga così!”.

Damon era piuttosto divertito dal battibeccare le due “L’hai sentita, no? È lei il capo”.

“Ti fai comandare così a bacchetta come se fossi una foca ammaestrata?” insinuò la donna alzando un sopracciglio.

“Ti dà fastidio di non essere più tu ad avere questo potere su di me?” le rinfacciò Damon.

“Sono venuta da te perché sapevo che Elena era in pericolo. Voglio solo un po’ di fiducia. So di aver ferito sia te che Stefan, ma devi capire Damon che non sono io il tuo nemico, non più”.

Damon assottigliò le labbra e un velo di tristezza pervase i suoi occhi “Hai ragione, ci hai ferito”.

Salì sul treno senza voltarsi.

 

Elena richiuse con delicatezza la porta del Pensionato. Erano arrivati Fell’s Church in ritardo, Meredith era schizzata dentro casa appena avevano fermato la macchina mormorando qualcosa sul fatto che i suoi l’avrebbero uccisa.

Elena valutò che avrebbe preferito cento volte affrontare i genitori di Meredith piuttosto che una sola volta Damon Salvatore arrabbiato.

Il vampiro stava davanti a lei, girato di spalle, immobile. Elena sgattaiolò via verso la cucina. Aveva bisogno di bere dell’acqua e di stare lontano da lui, perché in quel momento la faceva sentire come una bimba beccata con le mani nella marmellata; una piccola e stupida irresponsabile.

“Chiariamo una cosa” proruppe Damon irrompendo in cucina “Io mi preoccupo per te e non me ne frega niente se pensi che io non ne abbia diritto solo perché non sono Stefan. So di non essere Stefan, sono grato di non essere Stefan, ma continuo a preoccuparti per te. Potrà anche sembrarti una cosa patetica, fastidiosa, potai anche odiarmi, però io farò tutto ciò che è in mio potere per proteggerti”.

“Damon”.

“Fammi finire” la bloccò prima che potesse ribattere “Quello che hai fatto oggi è stato incosciente e da idioti. Che senso ha cercare informazioni per salvarti da Klaus quando ti fai ammazzare da sola? Hai idea di cosa sarebbe successo se quei vampiri ti avessero presa? Stefan non si sarebbe mai perdonato, tu saresti morta e io …”.

Mi dispiace” si scusò Elena con gli occhi lucidi posando una mano su quella del vampiro “E ti ringrazio per essere venuto ad aiutarmi. Ci avrebbero uccise se non ci fossi stato tu”.

Gli di Damon incastonati in quelli di Elena brillarono. Sapere di essere stato quello che aveva tenuto Elena in vita era la ricompensa più gratificante che potesse ricevere.

“Beh … anche Katherine ha aiutato”.

Elena rise “Già … sono in debito con lei. Chissà perché ma non credo sia una cosa buona” spostò la mano “Darò ascolto sia a te che a Stefan d’ora in poi, ma mi dovete promettere che ascolterete anche la mia opinione. L’altro giorno mia sorella è stata rapita, ora non c’entro solo io, altri sono coinvolti, quindi … non fate tutto da soli, ok?”.

“Mi pare abbastanza giusto” acconsentì Damon.

Sentirono la porta della villa aprirsi e richiudersi. Dopo un attimo Stefan comparì in cucina. Li fissò allarmato “Che succede?”.

“Niente” rispose Damon con nonchalance “Elena mi stava annoiando con le sue chiacchiere da femminuccia. Meno male che sei tornato”.

Elena si girò verso Damon strabuzzando gli occhi. Era certa che avrebbe raccontato a Stefan quella che aveva combinato, invece l’aveva coperta.

Stefan si avvicinò ad Elena e la baciò; la bionda lo abbracciò con trasporto e chiuse gli occhi beandosi del profumo del ragazzo. Qualche ora prima aveva temuto di non vederlo mai più.

“Ti fermi per cena?” le domandò con dolcezza.

Elena annuì scuotendo la testa.

“Vado a chiamare anche Bonnie, vorrà unirsi a noi” suppose Stefan.

“Non è in casa” disse Damon “Mi ha mandato un messaggio poco fa, ha raggiunto Meredith, dice che passerà la notte là”.

“Non può essere” lo contraddisse Elena.

“Non fare l’offesa, Principessa” la prese in giro Damon “E’ tutto il giorno che sei con Meredith, è comprensibile che non ti voglia più tra i piedi per un po’ ”.

“No, no, non hai capito: Meredith non c’è per tutto il week end. È partita stasera con i suoi genitori”.

Damon contrasse le sopracciglia e serrò le labbra. Intuì subito dove fosse andata quella piccola peste. Ribollì di rabbia. Perché lei uniche due ragazze cui teneva dovevano per forza essere delle testarde e sconsiderate amanti del rischio.

Avevano per caso un desiderio di morte? Forse lui avrebbe potuto accontentare una di loro.

“Stefan quando torna, tienimela lontana. Perché se la prendo le rompo il collo”.

 

“Ehi Bonnie, sei sicura che Damon sia d’accordo con questa cosa?” le chiese per la centesima volta Caroline mentre guidavano verso il Maryland.

“Sì, Care” mentì la rossa abortendo, senza farsi notare, l’ennesima chiamata di Damon. Premette il pulsante rosso e spense il cellulare.

Quando sarebbe tornata a casa, sarebbe scoppiato l’inferno. Probabilmente l’avrebbero rinchiusa a vita in camera sua.

Poteva apparire un’altra delle sue idee da folli, ma in realtà quello era un modo per dimostrare a se stessa di non essere inutile, di potere fare qualcosa di buono. Sapeva cavarsela da sola, l’aveva fatto per tutti quegli anni, si era presa cura di se stessa da quando era andata in Italia. Sentiva di dover accompagnare Caroline. Era cresciuta ormai, non era una bambina, non lo era più da tempo.

E forse anche Damon prima o poi l’avrebbe capito.

 

“You sprung me, I'm grateful
I love when you tell me not to speak
I owe you but I know you, you'll have me back but it's gonna take a week
What now kid?, which way love?
Will we ever make up and be friends?

[…]

Saturday nights in neon lights, Sunday in the cell
Pills enough to make me feel ill, cash enough to make me well
Take me, take me to the riot
Take me...”

(Take me to the riot- Stars)

 

Il mio spazio:

101 recensione! Voi siete pazze e io vi adoro!!!!!

Non credevo che una delle mie storie avrebbe raggiunto un risultato del genere; non finirò mai di ringraziarvi! Siete davvero fantastiche!

E io come vi ripago? Aggiornando ogni morte di papa. Ormai le scuse sono imbarazzanti e questo capitolo non mi convince nemmeno granché, per cui forse vi lascio con qualcosa di orripilante.

Però ho buone notizie! Si avvicinano le lunghe vacanze natalizie dell’università e, anche se dovrò preparare gli esami, avrò sicuramente più tempo per scrivere.

Altra cosa positiva: la pausa invernale di tutte le serie tv! Io sono una drogata di serie tv, le guardo praticamente tutte e in questo periodo se avevo un momento libero guardavo una nuova puntata togliendo tempo alla scrittura. Sono davvero imperdonabile =(

Che ve ne pare della prima parte della terza stagione di TVD? A me è piaciuta molta per tre motivi:

1)   Klaus. Dovrebbe esserci un Klaus per ogni show e un Joseph Morgan per ogni città.

2)   Il cambiamento di Stefan. Già amavo il suo personaggio (a volte più di Damon), ora lo trovo superbo! Spero davvero che gli autori proseguano con questa vendetta.

3)   Bonnie e Jeremy hanno rotto! Giuro non credo di aver esultato così tanto dai tempi in cui Lindsay Gardner se ne era andata da New Port lasciando finalmente Ryan libero di tornare tra le braccia di Marissa.

Ammetto che sono anche riusciti a non farmi detestare i momenti Delena (anche se rimango una fan di Stelena).

Ora, digressione a parte, passiamo al capitolo.

Il sogno di Bonnie è in realtà un mio sogno ( non chiedetemi cosa avevo mangiato quella sera) e ho pensato subito di scriverlo. È da tre capitoli che volevo inserirlo ma non c’era mai spazio.

Voi che ne pensate? Credete che i sogni di Bonnie siano dettati dalla soggezione o siano premonitori?

Poi ovviamente la nostra piccola rossa deve per forza fare la ribelle e ovviamente disobbedisce a Damon e parte con Caroline, Matt e Tyler. Credere che abbia fatto bene? io credo di sì; magari avrà sbagliato, potrà sembrare una che non impara mai, ma sta crescendo anche lei, deve trovare una sua dimensione, per cui … diciamo che farà parecchi tentativi prima di arrivare al traguardo.

Damon finalmente dice chiaro e tondo di tenere a lei. Non usa queste specifiche parole ma è palesassimo. Morirebbe se dovesse succedere qualcosa a Bonnie e si arrabbia perché sente che lei gli sfugge dalle mani.

L’ultima scena ricorda un po’ l’ultima di TVD 3x09 “Homecoming”. L’ho fatto apposta :P … in fondo le due situazioni mi sembrano molto simili.

A questo proposito vorrei precisare una cosa, perché questa storia è improntata sulla relazione Damon-Bonnie e non si è ancora vista una scena romantica tra i due.

Mi spiace ma dovrete aspettare ancora un bel po’. Ora come ora non credo siano ancora pronti per condividere un bacio o qualcosa di simile. Sentono qualcosa, certo, però sono appena diventati amici e si sono ritrovati da poco  e non riescono a pensare all’altro in quel senso.

Non dimentichiamo inoltre che Bonnie deve ancora scoprire che Damon ha ucciso suo fratello. Dovranno attraversare la fase dell’odio, della negazione, del perdonoe poi di nuovo amicizia, fiducia e infine qualcosa accadrà.

Ovviamente non tratterò tutte queste fasi singolarmente ( se no finiamo davvero l’anno prossimo), ma si completeranno.

Il loro è un percorso e cerco di renderlo il più realistico possibile; spero che non vi annoierete di questa attesa, che continuerò ad appassionarvi, che avrete pazienza e seguirete la Strega e il Vampiro fino alla fine.

Consolatevi nel sapere che è una sofferenza anche per me dover continuare a interrompere i loro momenti, inserire scene con alcune distrazione (vedi Christopher ed Elena). Non vedo l’ora di arrivare al punto che tutte aspettate perché lo attendo anch’io con ansia!

Parlando appunto di parentesi Delena, che vi è parsa la loro scena? Non sono molto brava a scrivere di loro, quindi mi scuso se c’è qualche loro fan che segue la mia storia. Non so se sto trattando del loro rapporto nel modo giusto. Anche se io non sono una appassionata di questa coppia, so che è molto importante quindi vorrei darle giustizia.

Nello scorso capitolo mi sono dimenticata di menzionare tra le note Sage! Errore mio! Sì lo so, è solo una comparsa e dopo questo capitolo non lo vedremo per un po’, ma sono riuscita a trovare uno spazietto anche per lui.

Non sarà l’unica guest star a comparire in questa storia. Tra un po’ ne arriverà un’altra.

Dopo questo sproloquio vi lascio e ringrazio nuovamente chi mi segue, recensisce e legge. Tutto questo va avanti grazie a voi

Anticipazione del prossimo capitolo: Trasformazione di Tyler e ritorno di Alaric!

Titolo: We can be heroes just for one day.

Fran ;)

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Capitolo 17
*** We can be heroes just for one day ***


Ashes &Wine

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Capitolo diciassette: We can be heroes just for one day

 

“Though nothing, will keep us together
We could steal time, 

just for one day
We can be Heroes, forever and ever
What d'you say?
Oh we can be Heroes  just for one day
We're nothing, and nothing will help us
Maybe we're lying,
then you better not stay
But we could be safer, 

just for one day”

(Heroes- David Bowie).

 

Cinquecento anni.

Cinquecento dannatissimi anni a squarciare gole, ad ubriacarsi, a corrompere centinaia di donne e a fottersene della gente.

Ed era stato benissimo.

Nessuna preoccupazione, nessuno rimorso, nessun legame. Un paradiso!

Allora qualcuno potrebbe spiegarmi che diavolo è successo?!
La risposta era semplice: Bonnie Salvatore era nata. Nata per rovinargli la vita.

Dopo tutti quegli anni sentire qualcosa nel petto era stato strano, a tratti fastidioso, in altri tremendamente confortante.

Poi Bonnie gli era stata portata via e, sfumata la rabbia, aveva ritrovato la sua dimensione, si era sentito di nuovo come un dio, ma la vita è una grandissima stronza e ovviamente il suo cammino aveva dovuto intersecarsi con quello di Elena Gilbert e da quel momento era stato un turbinio di emozioni. Su e giù. Montagne russe pure. Per tutta la sua eternità Damon avrebbe continuato a ringraziare Elena per quel dono e a dannarla per quella maledizione.

Per un po’ era riuscito a tenere i suoi sentimenti a bada, chiusi nella sua pietra costruita con tanta fatica; il piano era semplice: fregare la ragazza a suo fratello, trasformarla in vampiro e renderla la sua Principessa delle Tenebre. Innamorarsi di lei non era previsto.

Il ritorno di Bonnie non era previsto. Casa Salvatore improvvisamente si era riempita ancora una volta, di bontà, altruismo e una buona dose di sani principi morali; che non potevano certo accettare un vampiro sanguinario, senza cuore, approfittatore e disonesto. Damon era stato costretto ad adattarsi a quel nuovo clima e da lì in poi la pietra non aveva più retto; si era crepata e piano, piano tutte le emozioni era fuoriuscite.

Per qualche grazia divina il suo autocontrollo era quasi sempre riuscito a rimanere intatto e Damon non aveva perso la concentrazione. Non si era fatto prendere dal panico, era rimasto focalizzato sul suo obiettivo senza lasciare che tutta la sua interiorità lo sopraffacesse impedendogli di compiere ciò che si era prefissato: tenere in vita Bonnie ed Elena.

In quei due giorni si era dato parecchio da fare, con le due ragazze impegnate a farsi mangiare da dei vampiri della Dimensione Oscura, ma era riuscito a salvare la situazione. Almeno fino a che, dopo essere ritornato a casa, non aveva scoperto che la rossa era sgattaiolata via per farsi mangiare (questa volta) da un lupo mannaro. Delle serie: non faceva in tempo a metterne una in salvo che l’altra si gettava tra le braccia della morte.

Perciò Damon, scolandosi la sua dose mattutina di bourbon, si stava chiedendo perché le uniche due donne di cui gli importasse, dovevano essere anche due pazze suicide con strani desideri di autolesionismo. Perché una persona sana di mente non sarebbe mai andata spontaneamente ad un picnic con un licantropo.

Avrebbe fatto meglio a tornare tutta intera, perché altrimenti Damon avrebbe dovuto diventare decapitare metà del gruppetto di Elena, il che non sarebbe stato utile al suo piano di conquistarla.

D’altra parte se Bonnie fosse tornata viva, ci avrebbe pensato lui a porre fine ai suoi giorni. Aveva già deciso: l’avrebbe chiusa nel seminterrato e avrebbe buttato via la chiave. Per sempre. Forse le avrebbe tolto la voglia di scappare di casa ad ogni occasione.

Stupida umana.

“E’ tutta la mattina che provo a chiamarla. Non risponde”.

Vampiro fastidioso.

“Ha staccato il telefono” spiegò Damon con voce annoiata.

“Anche Tyler, Caroline e Matt? Non credo siano tutti complici della sua fuga”.

“Non ci sarà campo”.

Stefan allargò le braccia esterrefatto “Come fai ad essere così calmo?!”.

“Cerco di stare calmo, ma tu mi stai rendendo la cosa difficile” iniziò ad alterarsi.

“Con chi coraggio l’hai lasciata sola?” sbottò Stefan “Non è che in queste settimane ti abbia mai dato retta. La domanda mi sorge spontanea: che diamine ti è passato per la testa?”.

“Uh, non so, fammi pensare … forse la tua ragazza che stava per essere dissanguata con la sua amica? Sì, mi sembra che il motivo fosse quello!”.

Stefan s’irrigidì e torse il collo con un gesto innervosito. Damon sospirò e socchiuse lentamente le palpebre. Si era ripromesso di tacere al fratello riguardo alla piccola avventura vissuta da Meredith ed Elena; un po’ perché non voleva mettere ulteriormente nei guai quest’ultima, un po’ perché voleva risparmiarsi scenate di panico e ansia.

“Di che cosa stai parlando?” indagò Stefan.

Damon, per quanto restio a rispondere, si trovò costretto a raccontare la verità “Elena voleva sapere di Klaus; è andata con Meredith a Greensboro a parlare con Sage. Io e Katherine siamo arrivati appena in tempo per impedire che venissero attaccate da due vampiri”.

“Che cosa c’entra Katherine?”.

“E’ stata lei ad avvertirmi. Sembra che la sua brutta abitudine di ficcanasare si sia rivelata utile”.

“Quindi mi stai dicendo che sono stato via dodici ore ed Elena si è quasi fatta ammazzare e Bonnie è riuscita a fuggirti da sotto il naso” Stefan era arrabbiato, era terribilmente arrabbiato e non vedeva l’ora di ferire il fratello infilando più e più volte il dito nella piaga.

“Sono dovuto volare a salvare Elena” ringhiò Damon “Non è colpa mia se quella ragazzina ha deciso di essere l’eroina della situazione!”.

È questa la tua scelta allora. Fu il pensiero di Stefan che lo colse come un fulmine a ciel sereno. Damon non l’aveva mai considerata da quel punto di vista. Non credeva si potesse ridurre ad una scelta, lui odiava scegliere; preferiva avere tutto. Stefan, però, aveva ragione: Damon aveva scelto senza nemmeno accorgersene. Aveva scelto Elena.

Sapeva che Bonnie se ne sarebbe andata, dentro di sé lo sospettava; il dubbio c’era, ma lui aveva preferito ignorarlo, metterlo a tacere. In quel momento tra proteggere Elena o Bonnie, era prevalso il sentimento travolgente che lo spingeva verso la bionda.

Si diede mentalmente dello stupido. Perché non aveva riflettuto un attimo prima di lasciare Bonnie da sola? Il giorno precedente non era sembrata una brutta idea; in fondo Elena rischiava nell’imminente molto più di Bonnie, ma la rossa ora aveva le stesse possibilità di morire dell’amica.

Una volta Damon non avrebbe commesso un tale errore, una volta sarebbe riuscito a difendere una e a badare all’altra.

Aveva permesso ai sentimenti di prendere il sopravvento e gli avevano annebbiato la lucidità. Dannate emozioni.

“Non mi piacciono i segreti, Damon” rincarò Stefan conscio della lotta interiore che aveva scatenato nel fratello “Soprattutto non mi piace che tu abbia dei segreti con la mia ragazza. E questo è già il secondo”.

“Cosa c’è, fratellino?” chiese Damon maligno “Ti dà fastidio che Elena non te l’abbia detto o che sia stato io quello a tenerla in vita mentre tu eri a caccia di cervi?” sputò velenosamente.

Stefan ruggì e gli si lanciò contro. Lo afferrò per il collo e lo sbatté a terra. Damon cadde dal letto su cui era seduto e rotolò sulla schiena. Si mise accovacciato in posizione di attacco e mostrò la sua maschera da vampiro.

Era pronto a ripagare Stefan dell’offesa quando una voce bloccò entrambi.

“Sono arrivato nel momento sbagliato?”.

Damon guardò verso la porta della stanza. Lo stesso fece Stefan. I loro volti tornarono normali e i due fratelli decisero di rimandare ad un altro momento il loro scontro. Tra Elena e Bonnie quella volta vinse la seconda.

Sulla soglia stava Alaric Saltzman.

 

Bonnie si rigirò nel letto coprendosi la testa con la coperta. La luce del sole filtrava attraverso le tende e le picchiava fastidiosamente sugli occhi, ma lei si rifiutava di svegliarsi.

Erano arrivati a casa Smallwood nel Maryland a notte fonda, Bonnie in macchina non aveva chiuso occhio, troppo presa dalla nausea, e appena Tyler le aveva mostrato la sua stanza, si era buttata a capofitto nel letto. La voglia di lasciarlo era molto poca. C’era del lavoro da fare, però.

Dovevano preparare la stanza per la trasformazione di Tyler.

Nessuno di loro si era mai trovato di fronte ad un licantropo, non sapevano come comportarsi. Avevano bisogno di tutto il tempo disponibile.

Alla fine si alzò, anche se malvolentieri, si lavò, cambiò e scese in cucina da dove provenivano le voci degli altri tre.

“Finalmente! Credevo di doverti strappare le coperte di dosso” esclamò Caroline “Caffè, latte o tè?”.

“Latte” rispose ancora un po’ assonnata, prendendo posto con gli altri “Allora, qual è il piano?”.

“Beh, andiamo nel seminterrato, prepariamo tutto e aspettiamo che arrivi la luna piena” spiegò Tyler.

“Tutto qui?” Bonnie appariva un po’ delusa.

“Per ora sì” confermò Caroline “Poi improvviseremo”.

“Oh … i piani più semplici sono quelli più efficaci, no?”.

“Questo è lo spirito giusto!” esultò Caroline “Non dobbiamo perdere tempo. Abbiamo un mucchio di cose da fare” tolse la tazza di Bonnie dal tavolo, obbligò Tyler ad alzarsi e lo spinse su per le scale.

Bonnie rimase attonita a fissare il punto in cui stava la sua tazza ancora mezza piena “Io veramente non avevo ancora finito” bisbigliò intristita.

“Concordo con te” disse Matt pronto a raggiungere gli altri due “Siamo fottuti”.

Bonnie lo seguì con lo sguardo senza trattenere un sorriso divertito. Sentire Matt dire certe parole le avrebbe fatto sempre uno strano effetto.

Uscirono dalla grande villa e girarono subito a sinistra. Lì, dietro due grossi cespugli, era nascosta una porticina di legno.

Tyler l’aprì rivelando un’angusta rampa di scale. I quattro scesero i gradini fino a trovarsi di fronte ad un lungo corridoio stretto da due pareti altrettanto lunghe costeggiate da porte di legno spesso.

“Cos’è questo posto?” chiese Matt girando la testa a destra e a sinistra.

“Una piccola prigione” spiegò Tyler “E’ qui che venivano rinchiusi i prigionieri dell’Unione durante la guerra civile”.

“Vuoi rinchiuderti dentro una di queste celle?” domandò Bonnie titubante costatando quanto fragili sembrassero.

Tyler non rispose, proseguì fino alla fine del corridoio, oltrepassò un arco di pietra e scese ancora alcuni gradini.

Arrivò finalmente a destinazione, attraversando un cancello, fermandosi di fronte ad una porta di legno (dall’aspetto decisamente più robusto), coperta da un’ulteriore grata.

“Questa doveva essere per i prigionieri molto agitati” commentò Matt.

“Questa non era per prigionieri comuni. Penso che l’abbiano costruita per i lupi mannari della famiglia Smallwood” disse Tyler “Da quanto mi ha detto Caroline, la licantropia è un gene che viene tramandato di generazione in generazione e la maledizione viene scatenata dall’omicidio. Questa casa è stata costruita in epoca coloniale e a quel tempo c’era il delitto d’onore, gli schiavi non era considerati persone; uccidere era molto più semplice. Poi c’è stata la guerra di secessione e sicuramente qualche Smallwood è stato un soldato, è andato in guerra e ha ucciso. Spesso quando eravamo piccoli, io e i miei cugini venivano qua sotto a giocare di nascosto e ci siamo sempre chiesti perché questa cella sembrasse più rinforzata rispetto alle altre. Solo ora ne capisco il motivo” Tyler entrò nella stanza e guardò dietro la porta “Questo me lo conferma”. Il legno scuro e massiccio era rovinato da profondi graffi.

Caroline batté le mani “Che fortuna, no?!” esclamò per allentare la tensione “Questo ci conferma che esiste una camera a prova di lupo mannaro che t’impedirà di uscire durante la luna piena! Te l’aveva detto, Tyler, che sarebbe andato tutto bene”.

Bonnie si avvicinò al muro in fondo, dove sotto il muschio creatosi per l’umidità s’intravedevano delle catene. Ne prese in mano una “Queste sono marce ormai” li informò “Dobbiamo sostituirle con le nostre”.

Caroline si avvicinò, le afferrò tra le mano e usando la sua forza vampiresca le tirò via dall’anello principale, buttandole in un angolo.

“Potremo mettere anche della strozza- lupo per terra e sulla porta” suggerì Matt.

Gli altri lo guardarono interrogativi.

“Dai graffi si capisce che i tuoi avi- lupi riuscivano a raggiungere la porta nonostante le catene. Possiamo mettere la strozza- lupo sul pavimento qui vicino all’uscita e direttamente sulla porta, così ti terrà lontano per un po’, almeno finché non si asciuga”. Il ragionamento non faceva una piega, pensò Caroline. Lei non poteva nemmeno avvicinarsi alla verbena, figuriamoci toccarla o camminarci sopra; per Tyler sarebbe stato lo stesso.

“E i proiettili d’argento funzionano?” chiese Bonnie d’un tratto “Nei film sui lupi mannari li usano sempre per ucciderli”.

“Vedi!” saltò su Tyler rivolto a Caroline “Ora sono certo che Damon Salvatore l’abbia mandata per farmi fuori!”.

“Non voglio ucciderti” negò Bonnie “Dico solo che potremmo usarli per indebolirti nel caso tu riesca a fuggire. Se Stefan improvvisamente impazzisse e cercasse di mordermi, prenderei un paletto di legno e glielo conficcherei nello stomaco; senza ucciderlo, solo per fiaccarlo, per avere la possibilità di mettermi al sicuro” appena pronunciate quelle parole Bonnie si morse la lingua, rendendosi conto di aver peggiorato le cose. Tyler era già abbastanza impaurito di ferire qualcuno dei suoi amici; non aveva certo bisogno di qualcuno che gli ricordasse quanto fosse pericoloso. “Era solo una domanda per precauzione. Non credo che ce ne sarà bisogno” si corresse la ragazza “Questa cella sempre piuttosto sicura”.

“Sul mio libro non c’è scritto niente riguardo le pallottole d’argento, ma la tua è una buona idea” disse Tyler cercando di farla sentire meglio. Non voleva che Bonnie si preoccupasse di aver urtato i suoi sentimenti. Dopo tutto era lì per aiutarlo e Tyler non poteva che ringraziarla.

“E’ meglio se cominciamo ad andare a prendere le catene, che ne dite?” propose Matt “Bonnie mi accompagni?”.

La rossa annuì e lo seguì fuori dalla cella, non prima di aver lanciato a Tyler un’altra occhiata di scuse.

Il ragazzo contrasse la mascella e diede la schiena a Caroline, con la scusa di staccare le ultime catene rimaste.

Lei gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla. Lui si scostò.

“Tyler …”.

“Lo dice anche Bonnie” sbottò bruscamente Tyler “E’ convinta che io scapperò e che farò del male a qualcuno”.

“E’ solo preoccupata … voleva solo essere più sicura”.

“Perché l’hai fatta venire, Care? Ero già terrorizzato all’idea che venissi tu. Poi si è aggiunto Matt, ora anche Bonnie. Io non posso avervi tutti sulla coscienza se le cose dovessero andare storte”.

“Niente andrà storto” dichiarò la ragazza prendendogli il viso tra le mani “Mi hai sentito? Non lascerò che ti succeda quello che è successo a me” gli assicurò mentre un velo di tristezza le coprì lo sguardo al ricordo del ragazzo che aveva ucciso alla fiera, in preda ai suoi istinti di vampira.

“Ti chiedo solo un favore” sussurrò Tyler “Matt … io, so che sono stato un coglione, che è da tanto che non ci frequentiamo ma lo conosco da tutta la vita, l’ho sempre considerato come il mio migliore amico. Promettimi che non gli accadrà niente”.

Caroline annuì con gli occhi lucidi. Matt. “Te lo giuro”.

Tyler ricambiò lo sguardo e si commosse quasi dalla sincerità che vi lesse. Avrebbe tanto voluta abbracciarla, stringerla, magari anche baciarla.

“Ehilà!!!” li richiamò la voce di Matt dal corridoio “Qui sarebbe utile la vostra superforza. Le catene stanno per schiacciare Bonnie”.

“Non mi stanno schiacciando!” replicò l’altra piccata “Mi sono fermata per una pausa”.

Tyler e Caroline si scambiarono un’occhiata divertita e andarono ad aiutarli.

Sistemarono tutto con cura. Agganciarono le catene all’anello principale, incastrato nel muro di pietra. Cosparsero la strozza- lupo sul pavimento adiacente alla porta e sul legno della porta stessa. Controllarono che non ci fossero altre uscite, nessuna finestra, nessuno spiraglio.

Ogni tanto si fermavano a scherzare per allentare un po’ la tensione. Rimasero lì sotto a mangiare dei panini che Caroline aveva preparato. Risero e si dimenticarono per un momento della notte che dovevano affrontare.

Fino a che Matt, controllando l’orologio, si rese conto dell’ora tarda. Erano le sei di sera, il sole stava tramontando ma la luna sembrava ancora lontana.

Tyler insistette lo stesso per restare nella cella e iniziare ad incatenarsi.

“Tyler c’è ancora tempo” gli disse Matt.

“Non so come funziona questa cosa” ammise Tyler “Preferisco rimanere qui per essere sicuro. Voi salite pure in casa, io me la caverò”.

Matt e Bonnie annuirono, augurarono buona fortuna a Tyler e si avviarono all’uscita. Caroline si trattenne. L’amica se ne accorse e la chiamò.

“Non preoccuparti: resto io qui” la tranquillizzò Care.

“E’ rischioso” si oppose Tyler.

“Serve qualcuno che ti aiuti con quelle catene e finché non ti trasformerai del tutto, voglio rimanere con te … è giusto così”.

“Caroline so che hai la supervelocità ma non credo sia una buona idea” le fece presente Bonnie un po’ allarmata.

“Andrà tutto bene” le sorrise l’altra “Tu occupati di Matt, ok? Assicurati che Matt non scenda qua sotto e anche tu cerca di stare buona” le intimò lanciandole un’occhiata circospetta.

“Va bene” acconsentì Bonnie incerta “Ma se hai problemi, urla, ok?”.

“Spaccherò i vetri” e le fece l’occhiolino.

Bonnie raggiunse Matt che l’attendeva all’uscita “Caroline?”.

“Sale tra poco” lo prese per un braccio e lo trascinò via.

“Perché non ora?” s’insospettì Matt.

“Sta controllando che tutto sia a posto, la conosci”.

“Bonnie …” il tono del ragazzo si fece d’un tratto acuto.

“Maaat” gli fece il verso lei.

Le sopracciglia del biondo si arcuarono.

“Andiamo, Matt! Sa quello che fa! Si sta solo occupando che vada bene. Quando la situazione comincerà a farsi rischiosa, ci raggiungerà qui” Bonnie non sembrava molto convinta, non era nemmeno sicura di quello che aveva appena detto. La verità era che si stava seriamente preoccupando per la sua amica e si sentiva uno schifo a cercare di calmare Matt.

Si buttò sul divano e guardò fuori dalla finestra: il sole era totalmente tramontato, da lì a poco la luna piena sarebbe comparsa e Tyler …

“E’ difficile stare calmi” si lamentò Matt “Insomma Tyler è un vecchio amico e io mi sento inutile a stare qui”.

Benvenuto nel club.

“Mi sento quasi in colpa”.

Bonnie alzò la testa e lo guardò confusa. Per quale motivo avrebbe dovuto sentirsi in colpa?

Matt era l’unico, insieme a Meredith, a potersi definire del tutto normale. L’unico; eppure eccolo lì ad aiutare il suo amico licantropo o a donare il sangue alle sua amica vampira per la trasformazione.

Gli altri avrebbero dovuto sentirsi in colpa per averlo coinvolto.

“Caroline sta facendo di tutto per aiutare Tyler. Le sue intenzione sono le migliori e mi dispiace così tanto per quello che deve affrontare Tyler ma c’è un pensiero fisso e non riesco a levarmelo dalla testa” fece un sospiro il ragazzo “Sono geloso. Sono geloso perché tengo davvero a Caroline e la considero più di un’amica … so che sto facendo un discorso da egoista, ma vorrei avere le attenzioni che sta dando a Tyler. Sono una persona orribile”.

Bonnie pensò che Fell’s Church dovesse essere la città con il più alto tasso di triangoli amorosi tra liceali soprannaturali.

S’intenerì immensamente ascoltando le parole di Matt. Le piaceva per una volta avere a che fare con un banalissimo caso di gelosia adolescenziale.

Normale, normale, normale; era tutto ciò che riusciva a pensare e lo trovava fantastico. Pura e semplice emozione umana.

Ringraziò il cielo che Matt fosse suo amico, ringraziò che fosse così ingenuamente dolce, ringraziò che non fosse ancora inquinato. Era così adorabile osservarlo mentre arrossiva parlando di Care.

“Non sei egoista, Matt” gli disse “Sei solo innamorato”.

Quella dovette essere una rivelazione anche per lui perché strabuzzò gli occhi e quasi si strozzò con la sua stessa saliva.

“Forse quello è un termine un po’ forte” azzardò.

“Forse” concordò Bonnie “Ma qualunque cosa tu senta per Caroline è molto forte e credo che anche lei provi lo stesso. Tyler è solo un amico in difficoltà ed è capitato che lei fosse l’unica a poter dargli una mano”.

“Lo so, me l’ha detto” parve rifletterci un attimo “Mi sto comportando da idiota” e scosse la testa.

“Quando tutto sarà finito, quando saremo al sicuro, parlale. Sii sincero. Dopotutto Caroline ti adora, sei il suo eroe”.

Matt corrugò la fronte “Io? Eroe? Sono solo un umano di diciott’anni”.

“Sei qui, ci sei sempre stato per lei. Le hai donato il sangue rischiando la tua sicurezza. Qualunque ragazza sarebbe impressionata”.

Matt distolse lo sguardo un po’ imbarazzato. Parlare con Bonnie era spossante: sapeva sempre cosa dire in un modo così maledettamente innocente da farti sentire sporco.

“Ti sei mai innamorata, Bonnie?”.

La rossa venne colta di sorpresa dalla domanda, ma conosceva perfettamente la risposta “No”.

Probabilmente perché aveva solo diciott’anni e non aveva ancora incontrato la persona giusta, o probabilmente era ancora troppo giovane per comprendere il significato della parola amore. O magari perché lei era una sognatrice che desiderava l’amore totale. Appartenersi, questo per lei era amore.

Non credeva di avere la maturità per donarsi completamente ad un’altra persona e di certo non aveva ancora trovato chi potesse farle cambiare idea.

La luna era quasi piena e dalle celle sotterranee iniziavano a provenire degli strani gemiti che si trasformarono presto in ringhi.

Matt si agitava allarmato; continuava a guardare fuori dalla finestra e poi verso la porta nella speranza di vedere Caroline entrare.

“Bonnie vado a vedere perché non sale” sentenziò.

“No!” urlò Bonnie tagliandoli la strada. Caroline l’avrebbe ammazzata se l’avesse lasciato scendere “Matt è pericoloso”.

“Anche per Caroline”.

“E’ un vampiro, può scappare molto più in fretta. Non stiamo parlando di una sprovveduta”.

“TYLER” gridò la sopracitata e la sua voce rimbombò per tutta la tenuta “Tyler ti prego smettila!”.

Matt si mosse e Bonnie lo afferrò per un braccio bloccandolo nuovamente.

“Bonnie” la pregò Matt “Hai detto che sono l’eroe di Caroline. Permettimi di essere veramente”.

Bonnie si morse il labbro inferiore. Le urla di Caroline aumentarono d’intensità.

“Però io vengo con te” gli impose.

Matt acconsentì con un cenno della testa ed entrambi corsero giù.

 

Alaric Saltzaman in tutta la sua stanchezza, bagagli ancora in mano, espressione abbastanza affaticata. Aveva tutta l’aria di essere arrivato direttamente dall’aeroporto.

Dopo un mese passato in Scozia avrebbe solo voluto andarsene a casa, chiamare Meredith, buttarsi sul letto e dormire fino al giorno dopo. Ed era stato molto tentato di farlo, ma quello che aveva scoperto era parecchio importante.

“Ric!” si stupì Stefan; per quanto ne sapeva doveva rimanere in Europa ancora per qualche giorno; invece eccolo lì. Con un perfetto tempismo, tra le altre cose.

“Ho delle cose da dirvi” annunciò Alaric.

“Non sei nemmeno passato da casa?” chiese Stefan mortificato che l’amico si fosse precipitato lì solo per loro.

“Da cosa l’hai capito? Dalle occhiaie lunghe fino alla mascella o dalle valigie sparpagliate in camera mia?” ironizzò Damon che non aveva ancora smaltito la rabbia di un secondo prima. Era un periodo di tensione tra loro, molto peggio rispetto ad altre volte. Era tanto che non erano costretti a condividere un rapporto così ravvicinato e tutti quei legami non contribuivano a migliorare la situazione. Tra Elena e Bonnie. Klaus e Katherine.

Stefan gli lanciò un’occhiata di fuoco e per un momento pensò davvero di saltargli nuovamente alla gola e metterlo a tacere per un periodo di tempo seriamente lungo. Si trattenne per Alaric.

“E’ importante. Questa dovreste davvero sentirla” li avvisò Alaric.

“Perfetto, Ric, mi serviva giusto un’altra buona notizia” sbottò Damon intuendo che da lì a poco avrebbe ricevuto un altro colpo.

Alaric si piegò sulla sua borsa e estrasse un libro che andò a posare sulla scrivania di Damon. Lo aprì.

“Sono andato in Scozia per studiare i Druidi, lo sapete, no?” iniziò “Quello che non sapevo è che avrei scoperto questo” e indicò un paragrafo del tomo “Parla di antica magia celtica legata all’energia della natura. All’inizio non mi era sembrato molto rilevante, non con tutta la roba che avevo da studiare, poi ho ripensato a ciò che mi aveva detto Damon, riguardo Bonnie e quella volta che aveva sentito un suo pensieri. Da che mi ricordo non stavi cercando di leggerle nella mente, ti è arrivato così, giusto?”.

Il vampiro annuì “Va’ avanti” lo incitò.

“Non è una cosa normale. Noi umani non possiamo parlare con il pensiero, non possiamo leggere le menti altrui e non possiamo mandare messaggi telepatici”.

“Questo lo avevi già detto” lo interruppe Damon.

“Sì, mi era fatto un’idea del motivo ma non potevo esserne certo. Poi ho approfondito i miei studi e ho avuto le mie conferma. La telepatia è propria solo di chi ha poteri soprannaturali: vampiri, lupi mannari, demoni e streghe”.

“Mi sentirei di escludere le prime tre ipotesi” disse Damon senza essere troppo meravigliato da quella novità. Qualche sospetto in fondo gli era già venuto.

Stefan lo guardò un po’ insospettito da tutta quella calma ma preferì non indagare “Quindi mi stai dicendo che Bonnie, la piccola Bonnie, è una strega?” domandò un po’ frastornato. La rossa non aveva mai dato segni di essere diversa da tutti gli altri. Ci rifletté un po’ su e giunse alla conclusione che qualcuno dei suoi Poteri avrebbe dovuto manifestarsi quando era piccola, quando non aveva bene il controllo delle sue emozioni, ma così non era stato “E’ possibile che noi non ce ne siamo mai accorti? Siamo vampiri, certe cose dovremmo percepirle. Almeno un accenno di aura”.

“E’ strano ma non impossibile. L’aura di Bonnie è molto debole dato che non hai mai praticato la magia, ma credo che siano i suoi stessi Poteri a nasconderla” rispose Alaric. Non aveva rivelato tutta la verità, il bello doveva ancora arrivare.

“Come si può nascondere la propria aurea se nemmeno si sa di averne una?” ora Damon appariva sorpreso.

“Ho cominciato ad interessarmi della cosa quando ho ricevuto la tua telefonata, quella in cui mi dicevi che Bonnie sosteneva di aver influenzato Katherine”.

“Non me l’avevi detto!” accusò Stefan.

“Me ne sono dimenticato” lo liquidò Damon riportando l’attenzione su Alaric che proseguì con la sua spiegazione “Non si può soggiogare un vampiro, nemmeno una strega può farlo. Inoltre mi pareva strano che lei stessa fosse immune dai vostri attacchi mentali, ma alla fine tutto mi è stato chiaro grazie a questo” e puntò di nuovo il dito sulla pagina aperta “Bonnie non è una strega comune, è una specie di canale di energia”.

“Tutta sta storia fa tanto Dragon Ball” commentò Damon fuori luogo come al solito.

“Cosa intendi per canale di energia?” chiese Stefan ignorando completamente il fratello.

“E’ un Potere che posseggono solo alcune streghe, sono veramente poche, parliamo di alcune decine nel corso di millenni. Loro riescono ad assorbire l’energia di qualunque essere vivente e usarla a loro piacere per manipolare le menti. Esattamente come i vampiri, solo che funziona anche con i vampiri. È impossibile ipnotizzarle o invadere i loro pensieri perché hanno un meccanismo di difesa che respinge i vostri Poteri, possono soggiogarvi perché assimilano la vostra energia mentale e la incanalano verso di voi, buttandovela contro, nascondo la propria aura senza nemmeno accorgersene. È un fenomeno straordinario” chiarì Alaric incredulo della sue stesse parole.

“Bonnie non sa di questa cosa” affermò convinto Damon “Non può aver fatto tutto quello che hai detto”.

“E’ istinto”rispose Alaric “Sono processi spontanei. La sua mente percepisce il pericolo e fa di tutto per proteggersi. Al momento lei può solo avvertire le energie molto forti, come quelle dei vampiri, perché non è allenata. Non riuscirebbe mai a influenzare un umano come lei, parliamo di un’energia mentale troppo fiacca per poter essere avvertita da una strega inesperta. Ma se dovesse fare un po’ di pratica, imparare a riconoscere le diverse auree, imparare a gestirle … beh … sarebbe una forza abbastanza incontrastabile”.

“Questo mi convince che sia una buona idea non dirglielo” sentenziò il vampiro più anziano.

“Damon!” lo rimproverò Stefan.

“Andiamo fratellino, preferirei prima capire che cosa può davvero fare un canale di energia. Ti ricordo che la ragazzina non sa ancora che io le ho ucciso il fratello, vorrei che non fosse nel pieno dei suoi Poteri quando lo scoprirà”.

“Forse sarà la volta buona che qualcuno ti brucerà quel cu-”.

“Mi fa piacere notare che non è cambiato niente da quando sono partito” s’intromise Alaric per scongiurare l’ennesima lite non necessaria.

Damon e Stefan si rilassarono un attimo, distogliendo lo sguardo uno dall’altro.

“Cosa pensi che sia meglio fare, Ric?” glie chiese consiglio Stefan.

“Se volete la mia opinione: avete un’arma potentissima tra le mani e se fossi in voi, io farei di tutto per insegnarle tutto ciò che dovrebbe sapere sulla stregoneria. Damon, tu mi hai parlato di Klaus e ho fatto un paio di ricerche: è un nemico forte, non possiamo sottovalutarlo. Il Potere di Bonnie ci potrebbe essere di molto d’aiuto” suggerì Alaric.

“No” si oppose Stefan “Assolutamente no! Sissi non verrà coinvolta in questa guerra con Klaus. Basta già Elena” scosse la testa convinto di quello che stava dicendo “Se vorrà imparare delle cose sulla magia, sarò il primo ad aiutarla come posso, ma non permetterò che si metta in mezzo con Klaus”.

Alaric annuì capendo appieno l’apprensione dell’amico “Non devi usarla come un agnello sacrificale” lo rassicurò “Ma sarebbe più sicuro anche per lei sapere usare la sua magia. La proteggerebbe anche da un Antico”.

“Facciamo un piccolo riassunto” propose Damon “La rossa è una strega, con una magia sovra potenziata, la cui mente non può essere influenzata o letta, ma che ha la capacità di fare uno scudo e influenzare a sua volta. E unito a tutto ciò abbiamo i Poteri standard di una strega?”.

Alaric annuì.

“Sono spacciato”.

 

Bonnie seguì Matt con il cuore in gola. Sperò con tutta se stessa che non fosse niente di grave, di rischioso perché se Matt si fosse ferito, Caroline l’avrebbe ammazzata.

Le urla della vampira aumentavano man mano che i due si avvicinavano alla cella. Non ebbero nemmeno bisogno di scendere, ma la trovarono schiacciata contro la prima porta di legno mentre cercava di tenerla chiusa con il suo peso. La porta tremava violentemente per i colpi che riceveva dall’altra parte. Bonnie si chiese come Tyler avesse fatto a liberarsi dalle catene e a superare anche l’altra porta.

“Tyler, smettila! Sono io” urlò Caroline.

“Che succede?” chiese Matt.

Caroline si girò premendo la porta con la schiena. Li guardò sconcertata “Che diamine ci fate qua? Non dovevate starvene di sopra?” scambiò un’occhiata eloquente con Bonnie che avrebbe dovuto fare in modo che lei e Matt rimanessero al sicuro in casa.

“Ti abbiamo sentito urlare” spiegò Matt “Che cosa sta succedendo?”.

“Non lo so” ammise Caroline “All’inizio era tranquillo. Ha ingerito la strozza- lupo, era incatenato, poi … ha cominciato a trasformarsi ed è cambiato all’improvviso. Sembrava impazzito. Sono scappata fuori, ma non ho chiuso bene la prima porta, per questo è già qui”.

“Le catene si sono spezzate?”.

“Credo di sì. Non possono essere così lunghe da farlo arrivare fino qui” Caroline si appoggiò pesantemente alla porta. Tyler pareva essersi calmato.

“Dobbiamo andarcene subito” disse la vampira.

“E Tyler?” si preoccupò Bonnie.

“Starà bene, dobbiamo solo aspettare che la luna piena se ne vada, poi tornerà tutto come prima”.

Bonnie, sebbene titubante, acconsentì. Diede le spalle alle cella e fece per guadagnare l’uscita, quando la porta riprese a traballare. Sta volta più forte.

Caroline le diede una spallata e spinse con le mani, tentando di farla stare ferma. Matt si mise a fianco a lei, puntando anche con i piedi.

“Va’ via!” gli strillò Caroline presa dal panico “Andatevene tutte e due”.

“Non ti lascio qui da sola” s’intestardì Matt rifiutandosi categoricamente di spostarsi “E’ rimasta della strozza- lupo?”.

“No” disse Caroline “L’ho finita spargendola sul pavimento. Mi chiedo come faccia a starci sopra con le zampe”.

“Ormai si sarà asciugata” suppose Bonnie “Dobbiamo trovare un modo per tenerlo dentro o di calmarlo”.

La rossa non ebbe nemmeno il tempo di concludere la frase. Accadde tutto molto in fretta: dopo l’ennesimo colpo di Tyler, più violento rispetto agli altri, un pezzo di legno s’incrinò conficcandosi nella mano di Caroline. La ferita era superficiale ma la vampira d’istinto abbassò la guardia. Quell’attimo fu fatale perché Matt da solo non poté contrastare la forza di Tyler. La porta venne spalancata con un boato ed entrambi finirono a terra.

Davanti a loro apparve un grosso lupo nero, con le zanne scoperte in posizione d’attacco. Sembrò puntare prima Caroline, poi Matt, ma era indeciso chi colpire per primo.

“Non muovere un muscolo” sibilò Caroline senza staccare gli occhi dall’animale di fronte a lei.

Bonnie alle loro spalle era atterrita. Iniziava a capire cosa intendesse Damon quando si era rifiutatati di lasciarla partire. Una bestia. Tyler non era più lui, era stato sopraffatto dall’istinto, non aveva il controllo della sua mente. Era come posseduto dalla rabbia. Voglia di mordere, di carne, di uccidere.

Poi gli occhi di lui s’incatenarono in quelli di Bonnie e la ragazza sentì una scossa elettrica su per la spina dorsale. Era come se la sua mente si fosse fusa con quella del lupo. Menti collegate.

Aveva già sperimentato quella sensazione: con Katherine al campo da football e con Bert a Greensboro.

“Caroline, porta Matt fuori di qui” mormorò a denti stretti. Sapeva cosa fare, ma doveva essere da sola, doveva avere la certezza che gli altri fossero al sicuro.

“Sto pensando come fare per portare via tutti e tre”.

“Dovete uscire voi due” replicò Bonnie.

Tyler ringhiò più forte.

“Andate via” ripeté Bonnie, aveva il respiro pesante “Care, fidati di me”.

Caroline chiuse gli occhi combattuta. Voleva solo portare tutti in salvo, ma qualcosa nella voce di Bonnie la induceva a seguire l’ordine dell’amica.

Perché?

Se fosse successo qualcosa a Bonnie, Damon non le avrebbe lasciato un giorno di vita in più. Altro motivo per non accontentarla. Idea totalmente folle.

La scelta era una sola: scagliarsi su Tyler e dare a Matt e a Bonnie il tempo di scappare.

Il piano geniale venne stroncato sul nascere. Tyler si era stufato di aspettare, riuscì a distogliere lo sguardo da Bonnie rompendo la connessione. Piegò le zampe posteriori e balzò con le zanne scoperte su Caroline.

La vampira si ritrasse come una bambina.

Rischiare di morire per salvare i suoi amici. Morire per salvare Matt. Sì, poteva accettarlo, le sembrava una fine abbastanza onorevole.

Tyler non la raggiunse mai. Matt si frappose tra i due, spingendo Caroline di lato. Il lupo saltò direttamente su Bonnie, in piedi dietro tutti, buttandola a terra. Le ringhiò in faccia ma non diede segni di voler fare altro. I loro occhi si erano di nuovo incontrati e le loro menti unite. Tyler chiuse la bocca con uno scatto vicinissimo al viso della ragazza, ma non per morderla. Appariva più come un gesto di sfida.

“Ci penso io! Andatevene” si era quasi stufata di ripeterlo. Girò il volto per incontrare quello di Caroline, fortemente allarmato.

Capiva la sua preoccupazione. Perché avrebbe dovuto fidarsi di lei? Cosa aveva Bonnie di speciale per poter tener testa a un lupo mannaro?

Evidentemente qualcosa negli occhi di Bonnie la convinse perché afferrò Matt per la vita e lo trascinò fuori alla velocità della luce.

Il lupo l’annusò fino alla pancia e poi di nuovo fino al collo.

“Tyler” mormorò impaurita.

Lui riprese a ringhiare.

“Tyler sono io” supplicò cercando di tirare quel contatto mentale dalla sua parte “Tyler smettila!” urlò e qualcosa parve cambiare.

Il lupo si zittì di colpo e si levò dal suo corpo, fissandola intontito. Bonnie capì di essere sulla strada giusta. Avvertiva la stessa energia che aveva condiviso con Katherine e l’altro vampiro.

“Tyler” lo chiamò “Devi tornare nella cella, ok? O farai del male a qualcuno e tu non lo vorresti. Ti prego, rimani nella cella”.

Il lupo piegò la testa di lato, ammansito; fece dietrofront e si avviò nella piccola prigione. Bonnie lo seguì a debita distanza e quando fu sicura che Tyler fosse dentro la stanza, richiuse la porta di metallo e quella di legno.

Tirò un sospiro di sollievo. Non sapeva che cos’era accaduto, ma ce l’aveva fatta.

Fuori e al sicuro Matt e Caroline si stavo riprendendo dallo shock. La vampira era del tutto intenzionata a tornare indietro a prendere anche Bonnie, ma Matt la bloccò per un braccio “Sa quello che fa”. Era un frase dettata dall’istinto. Un’intuizione. Nulla gli confermava che Bonnie avrebbe potuto gestire la situazione. Semplicemente le stava dando fiducia. Sapeva che Bonnie avrebbe dimostrato di essere utile.

“Non ti aspetterai mica che la lasci lì dentro?” gli chiese prima di avviarsi all’entrata dei sotterranei.

“Vengo con te”.

“NO”.

“Tu puoi rischiare la vita per salvarla e io no?”.

“Non è la stessa cosa, Matt. Io sono già morta”.

“Ti considero più viva adesso di quando eri umana” le confessò in un moto di onestà.

“Mattie!” lo riprese la ragazza con tono intimidatorio.

“Care” la imitò lui.

La vampira sbuffò incrociando le braccia intuendo che non sarebbero arrivati da nessuna parte. Entrambi volevano tenersi al sicuro, quindi nessuno dei due avrebbe ceduto.

Caroline si chiese per quale motivo Matt fosse così sicuro che Bonnie avrebbe potuto cavarsela da sola. Dopotutto era un’umana, una ragazza di diciott’anni che da poco aveva scoperto il mondo del sovrannaturale, inesperta e con una certa tendenza a cacciarsi nei guai.

Dovette ammettere, però, che Bonnie si era mostrata molto determinata e sicura di sé quando aveva ordinato loro di lasciarla sola. Non sembrava una scelta dettata dal pericolo, piuttosto dalla consapevolezza di sapere come comportarsi.

Caroline aguzzò l’udito tentando di captare qualunque segno che le confermasse che Bonnie e Tyler stavano bene.

Silenzio. Assoluto silenzio.

Non seppe se interpretarlo come un cattivo o un buon segno.

“Sto beneeee!” urlò la rossa. La sua voce rimbombò per il corridoio e arrivò dritta alle orecchie dei due.

Dopo pochi minuti Bonnie spuntò dalla porta togliendosi di dosso la polvere dai vestiti. Alzò la testa per incrociare gli sguardi allibiti di Caroline e Matt che tutti si aspettavano tranne di vederla tutta intera, senza un graffio e soprattutto senza Tyler che cercava di farla a pezzi.

“Come hai fatto?!” chiese Caroline correndo ad abbracciarla. Per un momento aveva davvero temuto di non vederla più.

“E’ tornato nella sua gabbia” rispose Bonnie “Care … mi soffochi così”.

“Come è tornato nella sua gabbia?!” si sorprese l’amica “Due secondi fa stava cercando di mangiarci!”.

“Non so perché si sia calmato” mentì Bonnie. Sapeva perfettamente perché si era calmato; era stato per merito suo, ma preferiva non rivelarlo a Caroline. Era una cosa assurda e incredibile, inspiegabile; non voleva che la guardassero in modo strano. Già si sentiva quella fuori dal gruppo, avrebbe volentieri evitato di essere etichettata come quella strana.

Caroline annuì un po’ incerta, poi diede un’occhiata al cielo “La luna sta svanendo” disse “Tyler tra poco dovrebbe ritornare umano. Vado a prendere dei vestiti in casa; dovrai portarglieli più tardi” si rivolse a Matt.

Il ragazzo acconsentì con un cenno del capo. Aspettò che Caroline entrasse in casa prima di voltarsi verso Bonnie sorridendo “Lei potrà anche essersela bevuta, ma non credere che funzioni con me” la canzonò “Che è successo là sotto?”.

“Davvero non lo so, Matt” ripeté Bonnie convinta “Gli ho detto di tornare nella cella e lui l’ha fatto. Era come se riuscissi a parlare con la sua mente” chiarì apertamente. Non aveva problemi a confidarsi con Matt. Era anche lui un semplice umano che, come lei, tentava di mettere un po’ d’ordine in quel casino che era diventata la sua vita dopo l’arrivo dei fratelli Salvatore.

Matt fece per rispondere ma Caroline uscì nuovamente in giardino con un groviglio di vestiti in mano “Eccomi qua!”.

“Glieli porto io” si offrì Bonnie. Dopo tutto quello che era successo sentiva che Matt e Caroline aveva bisogno di un po’ di tempo da passare da soli. Entrambi avevano rischiato la vita per salvarla all’altro; era talmente chiaro che tra loro ci fosse qualcosa di più di una normale amicizia.

Prese gli indumenti dalle mani di Caroline e si diresse nuovamente verso i sotterranei.

“Hai visto!” esclamò Matt “Te l’avevo detto che se la sarebbe cavata”.

Caroline aveva lo sguardo fisso sul punto in cui poco prima c’era Bonnie. Stentava ancora a credere che si fosse salvata. Poi in un moto improvviso di rabbia si girò verso Matt puntandogli il dito contro “TU!” urlò.

Il ragazzo indietreggiò di un passo.

“Che cosa ti è saltato in mente?!  Mettersi in quel modo davanti a me! Mentre Tyler cercava di mordermi! Hai perso del tutto il cervello?”.

“I- io volevo solo aiutarti” davvero non capiva il motivo di quella sfuriata.

“Ottimo modo di aiutarmi! Farti ammazzare. Volevi per caso farmi morire di paura? Non so, ti diverte vedermi così dannatamente spaventata?”.

“No che non mi diverto …”.

“Beh, sembrerebbe il contrario! Ti ho detto di stare in casa e sei sceso lo stesso, ti ho detto di andartene e per poco non ti fai sbranare. Già che ci sei la prossima volta chiuditi nella stanza con Tyler!”.

“Solo un morso dei suoi ti potrebbe uccidere! Credi davvero che io ti lascerei morire così solo perché vuoi salvarmi la vita?”.

“Sì! Avresti dovuto”.

“Sei una mia amica, non esiste che io ti lasci in pericolo quando so di poterlo evitare” le disse Matt risoluto.

“Anche Bonnie è una tua amica eppure non sei tornato indietro a soccorrerla” gli rinfacciò Caroline.

“Bonnie non era in pericolo” affermò Matt “E comunque nemmeno tu sei tornata indietro”.

“Perché tu volevi scendere con me!”.

Matt si avvicinò pericolosamente alla ragazza fissandola intensamente negli occhi “Che cos’ho io di speciale, Care? Perché non hai esitato un attimo a portarmi via di lì ma hai lasciato Bonnie? Perché io e non lei?”.

Caroline tirò su col naso avvertendo che gli le si facevano lucidi “Sono solo un’egoista” piagnucolò “E’ che … non avrei sopportato … tu non potevi morire” confessò “Sono una pessima amica, lo so. Ma in quel momento l’unico mio pensiero eri tu”.

Matt le prese una mano “Ti devo dire una cos-”.

Caroline lo fermò mettendogli la mano libera sulla guancia e attirandolo a sé. Le loro labbra vennero dolcemente a contatto e rimasero lì, pressate le une contro le altre, finché Matt non decise di aprire leggermente la bocca. Quella di Caroline si mosse immediatamente seguendo i suoi movimenti.

Sciolsero le mani. Quelle di lei andarono ad avvinghiarsi al suo collo, quelle di lui le strinsero i fianchi; tutto nel più classico dei baci.

Caroline sorrise contro le labbra del ragazzo. Considerò che quello fosse un ottimo motivo per tenerlo sempre al sicuro.

Bonnie, intanto, attendeva seduta contro la porta della cella, con gli abiti di Tyler in grembo. Era da un pezzo che non proveniva nessuno rumore da dentro la stanza, ma lei prudentemente rimaneva lì. Fino a che non avesse avuto prova che Tyler era ritornato umano, non si sarebbe mossa.

Appoggiò la testa alla grata della porta e aspettò con pazienza. Alla fine udì distintamente dei colpi di tosse. Si girò di scatto verso la stanza e si alzò. Con una mano bussò lievemente “Tyler?”.

“B- bonnie?” fu la flebile risposta dall’altra parte.

Senza esitazione la ragazza aprì entrambe le porte ed entrò nella cella. Era buio, ci mise qualche secondo ad abituarsi e a individuare la figura rannicchiata di Tyler in un angolo. Era nudo ma c’era talmente poca luce e lui era talmente arrotolato su se stesso che non era possibile scorgere nessuna parte compromettente.

“Stai bene? Sei ferito?” gli chiese Bonnie apprensiva.

“Ho male dappertutto” bisbigliò lui.

“Suppongo sia normale” ipotizzò Bonnie “Ti lascio i vestiti qui, ok? Ti aspetto  fuori, quando te la senti …”.

Passarono altri dieci minuti prima che Tyler lasciasse finalmente quella cella maledetta. Si richiuse la porta alle spalle e si preparò ad affrontare Bonnie. Aveva ricordi confusi della notte passata da lupo, ma sapeva di aver rischiato di fare del male a tutti i suoi amici. Si sentiva così in colpa.

“Dove sono Caroline e Matt?” domandò agitato.

“Di sopra, in casa”.

“Stanno bene?”.

“Sì, avevano solo bisogno di un po’ di tempo da soli” lo rassicurò.

Tyler abbassò il capo frastornato. Aveva vergogna. Vergogna di quello che era diventato, vergogna di quello che avrebbe potuto fare.

“Mi dispiace, Tyler” si scusò Bonnie “Avrei voluto aiutarti di più”.

Tyler si stupì perché avrebbe dovuto essere lui quello a chiedere scusa “Non dispiacerti per me, Bonnie” le disse “Non me lo merito”.

“Non dire stupidaggini. Non hai fatto niente di male”.

Il ragazzo scoppiò a ridere “Stai scherzando, vero? Niente di male? Avrei potuto causare molto male … mi è semplicemente andata bene”.

“Ringraziamo la fortuna, allora!” sorrise Bonnie “E’ bello sapere che non siamo perseguitati solo dalla sfiga”.

Tyler sospirò e si sedette sul gradino accanto a lei “Sento di aver deluso tutti voi. Sento di non aver fatto del mio meglio per controllarmi”.

“Non hai deluso nessuno. Era la tua prima luna piena. Sinceramente mi sarei stupita se fossi rimasto buono e tranquillo in quella cella. Andrà meglio le prossime volte; la prima è sempre la peggiore”.

“Non posso credere che tutti i mesi sarà così, che mi trasformerò in questa specie di bestia, di mostro”.

“Non sei un mostro” lo contraddisse lei.

“Come definiresti un lupo incontrollabile con un solo desiderio: dilaniare tutto quello che incontra. Il licantropo non è mai l’eroe”.

“Nemmeno il vampiro è mai l’eroe, ma tu reputi Caroline un mostro?”.

“Caroline si nutre di sangue animale e dalle sacche. Ha imparato a controllarsi” le fece notare.

“Avrebbe potuto fregarsene e dare libero sfogo alla sua inclinazione da assassina” replicò Bonnie “Non è stata la sua natura a determinare chi dovesse essere, ma è stata lei stessa. Tu avresti potuto seguire l’istinto, lanciarti nel bosco senza timore di ferire qualcuno. Invece sei venuto in questo posto smarrito, ti sei chiuso in una cella, legato con delle catene, hai bevuto la strozza- lupo. Nessuno è mostro e  eroe di nascita. Siamo noi a fare la scelta e tu oggi sei stato decisamente l’eroe”.

 

Stefan ripose un altro libro sugli scaffali della libreria. Damon era sparito il giorno prima, dopo che Alaric se n’era andato, e non era ancora tornato a casa.

Stefan se lo immaginava ad ubriacarsi al bar o nel letto con qualche donna abbordata in strada. Lui invece era rimasto al Pensionato a fare qualche ricerca per trovare più informazioni su questi canali di energia. Nessuno dei suoi libri della biblioteca gli era stato utile.

Bonnie gli aveva mandato un messaggio qualche ora prima assicurandogli che tutto era andato per il meglio. Almeno non avrebbe dovuto preoccuparsi di quello.

“Che stai facendo, fratellino?” chiese Damon facendo il suo ingresso nella stanza. Appariva tranquillo, sobrio e padrone della situazione. Stefan si era aspettato molto peggio.

“Controllo alcune cose. Voglio approfondire quello che ci ha detto Alaric”.

“Mi è parso piuttosto chiaro, no?”.

“No, Damon, altrimenti non sarei qui”.

“Cos’è che ti turba?” scherzò buttandosi su una poltrona.

“La magia è un gene, giusto? Può saltare qualche generazione ma prima o poi rispunta sempre. Viene trasmesso lungo la discendenza”.

“Qual è il punto, Stefan?”.

“Noi siamo in giro da cinquecento anni. Non ti pare strano che nessuno della nostra famiglia abbia mai dato segni di avere dei Poteri?”.

“Non molto, in realtà” Damon alzò le spalle “Non è che frequentassi molto gli altri Salvatore … tanti non ho avuto nemmeno il piacere di conoscerli”.

“Beh io sì. Tutti quanti e nessuno di loro ha mai avuto un’aura sospetta”.

“C’è anche da dire che la tua dieta non aiuta molto ad individuare le auree soprannaturali” gli ricordò il fratello.

“Ho controllato nei diari di famiglia. Li hanno scritti tutte le generazioni di Salvatore e non c’è nessun accenno alla magia. Niente di niente” ribadì Stefan “La magia è ereditaria, i nostri successori non la possedevano, quindi è geneticamente impossibile che Bonnie sia una strega”.

Damon sapeva di non essere un eroe, non lo era mai stato, non ci era portato. In realtà era l’antieroe: subdolo, egoista, a tratti meschino e soprattutto disonesto. Non che non mantenesse le promesse, quello sì; e non gli piaceva nemmeno mentire in modo spudorato; piuttosto ometteva particolari, faceva il vago, ma all’occorrenza era in grado di insabbiare la verità in maniera egregia.

Ma quella bugia … quella bugia sarebbe stata letteralmente una bomba. Aveva mantenuto il segreto per anni e si era giurato di non rivelarlo per nessuna ragione. Solo che Stefan era troppo risoluto, determinato a capire non cosa non andasse nel quadro che aveva figurato Alaric; avrebbe scoperto per conto suo come stavano realmente le cose e sarebbe stata una catastrofe.

Scrutando gli occhi del fratello, Stefan comprese che quello che Damon stava per dire avrebbe cambiato per sempre le loro sorti.

“Hai ragione: nella nostra famiglia non ci sono mai state streghe” confermò Damon “Ma forse nella sua sì”.

 

“When the full moon turns white that’s when I'll come home,
I am going out to see what I can sow,
And I don't know where I'll go,
But I don't know what I'll see,
But I'll try not to bring it back home with me.
Like the morning sun your eyes will follow me,
As you watch me wander, curse the powers be
'Cos all I want is here right now,
But it’s already been and gone,
Our attentions always last that bit too long”

(Full moon- The Black Ghosts).

 

Il mio spazio:

Allora prima che mi prendiate a padellate per I miei soliti tempi biblici di aggiornamento, vi volevo informare che venerdì scorso sono ufficialmente terminate le mie lezioni quindi per un paio di mesi non avrò l’università per cui … più tempo per scrivere! Sta volta sul serio!

Non aspettatevi un aggiornamento ogni settimana, ma almeno ogni due invece di tre; mi pare già un buon miglioramento =)

Credo che il capitolo si spieghi da solo, non ci sono molte precisazioni da fare.

Non ho descritto tutta la trasformazione di Tyler perché crede che tutti l’abbiamo già vista nella seconda stagione e non volevo annoiarvi con qualcosa di già conosciuto. Matt e Caroline si sono finalmente dichiarati e chissà come s’inflirà Tyler in tutto ciò!

Alaric è tornato con un bel po’ di novità, eh? Credete che la storia del canale di energia sia stupida?

Come avevo detto nel primo capitolo, questa storia era nata inizialmente con un personaggio originale come protagonista femminile, poi l’ho adattata usando Bonnie. Nelle mie intenzioni iniziali la protagonista era solo un canale di energia; sostituendola con Bonnie non ho potuto eliminare la sua natura di strega, ma nel contempo mi piaceva l’idea di qualcuno che non poteva essere assolutamente influenzato ma che poteva influenzare tutti gli altri. (E’ un Potere che ho iniziato ad apprezzare guardando la serie della “Spada della Verità”; la figura della Depositaria ha questa capacità).

E infine la frase finale di Damon cambierà parecchie carte in gioco. Qualcuna di voi ci aveva azzeccato nelle recensioni, ma tutto verrà spiegato bene nel prossimo capitolo che, fidatevi, non vorrete perdere.

Sto lavorando anche a una piccola one-shot di Natale, spero di riuscire a pubblicarla in tempo!

Qualunque dubbio vi venga, chiedete pure nei commenti ;).

Vi ringrazio tantissimo come al solito! Mi fate sempre molto felice!

A presto, Fran;)

Ps: stasera risponderò alle recensioni dello scorso capitolo.

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Capitolo 18
*** Because losing you is something I always did so well ***


Ashes &Wine

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Capitolo diciotto: Because losing you is something I always did so well.

 

“She wants to go home
But nobody's home
That's where she lies
Broken inside
With no place to go
No place to go
To dry her eyes
Broken inside”

(Nobody’s home- Avril Lavigne).

 

 

“Cosa intendi per forse nella sua sì?”.

In realtà era piuttosto chiaro cosa significasse. O meglio sarebbe stato chiaro se Stefan non fosse stato sicuro al cento per cento che non potesse essere vero.

“Credo tu abbia capito benissimo cosa voglio dire” Damon odiava ripetersi, ma in quel caso non poteva sopportare di pronunciare ancora quelle parole. Si sentiva inadeguato, si sentiva additato, come se tutti gli occhi fossero su di lui, come se fosse l’unico al centro dell’attenzione (fatto che avrebbe apprezzato in altre circostanze).

“Voglio sentirlo da te, perché a me sinceramente la cosa mi pare assurda e spero di essermi fatto un’idea sbagliata”.

Stefan di solito non l’aveva mai vinta, ma quella volta seppe metterlo alle spalle al muro e Damon si rese conto che non sarebbe servito fare il vago. Aveva sempre sospettato che prima o poi la verità sarebbe venuta a galla, tanto valeva dirlo una volta per tutte e liberarsi da quel peso.

“Bonnie è una trovatella. Non c’è nessun motivo di stranirsi del fatto che lei abbia poteri magici perché non è una Salvatore”.

Non l’aveva mai detto ad alta voce prima di allora; l’aveva fatto sembrare meno reale. Poteva fingere che tutto fosse normale, che Bonnie fosse davvero una di famiglia. Lui l’aveva sempre considerata come parte del suo stesso sangue.

Stefan era entrato in quella fase di shock incredulo che impediva qualsiasi espressione emotiva. Sembrava una statua di marmo, non un movimento delle palpebre, non un cenno delle labbra, nessun arricciamento di naso.

Damon si preparò perché da lì a poco il fratello si sarebbe ripreso, esplodendo nel migliore dei suoi rimproveri. Non poté biasimarlo. Se i ruoli fossero stati invertiti, lui l’avrebbe già preso per la gola e scaraventato per tutta la stanza. Ad essere sinceri, ammirava tutta la compostezza del fratello. 

“No” fu la prima di Stefan. Passarono altri interminabili minuti prima che il vampiro si riprendesse del tutto, riacquistando pienamente le sue facoltà raziocinative. Aveva bisogno di ogni briciola della sua lucidità per affrontare quella conversazione.

“Mi rifiuto di credere ad una sola parola!” affermò convinto.

“Temo che te ne dovrai fare una ragione” lo avvertì Damon “Per la prima volta in vita mia sto dicendo la verità, tutta la verità vostro onore”. Dannata ironia.

Finalmente il viso di Stefan venne segnato da un’emozione; non proprio quella sperata da Damon: ira.

“Sapevo che eri capace di tante cose ma questa …” sibilò Stefan al limite della delusione “Hai ucciso i suoi genitori?” lo accusò come se fosse l’unica soluzione possibile.

“NO!” negò con forza Damon “Santo cielo, non sono uno sterminatore di famiglie!” si difese sentendosi per la prima volta davvero offeso.

“Allora quello che mi hai detto è una bugia” lo ribeccò Stefan “Perché per nessun motivo al mondo Arthur e Monica* avrebbero tenuto a tutti nascosta l’adozione di Bonnie se tu  non avessi fatto qualcosa di male e non li avessi minacciati”.

“Grazie per la fiducia, fratellino” s’indignò Damon “Ma ti è andata male. Non ho fatto niente di male, anzi …”.

“Spiegami perché tu sai certe cose e io no. Perché te l’hanno detto? Non si fidavano di te! Perché tu e non io?” c’era una punta di gelosia nella voce di Stefan. Damon si era sempre comportato male con i loro successori, tutti lo odiavano, tutti avrebbero voluto ucciderlo. Perché mai rivelare una cosa talmente speciale proprio a lui?.

“Ho chiesto io di mantenere il segreto” precisò Damon “E so certe cose perché sono io quello che l’ha trovata”.

 

Fell’Church era stata da quanto riusciva a ricordare un paradiso per i vampiri. Un tempo in quel luogo erano state eseguite grandi magie e la traccia di quel Potere era ancora ben marcata nel terreno. Ogni essere soprannaturale ne era inconsapevolmente attratto. Una volta giunti lì ci si accorgeva, però, che era un normalissimo paesino della Virginia abitato da persone altrettanto normali nelle cui vene scorreva un comunissimo sangue umano.

Ci si poteva divertire un paio di giorni, l’aura veniva ristorata da tutta quell’energia sovrannaturale ma alla fine non c’era niente di così straordinario da trattenere tutti i vampiri che erano passati per la città.

Damon Salvatore ci ritornava saltuariamente a fare visita ai suoi parenti, a infastidirli, a trascorrere un po’ di tempo nel grande Pensionato, senza venire disturbato. Dopo Firenze quella, dopo tutto, era la sua città, sapeva muoversi e adorava andare a caccia nei dintorni.

Se poi aveva anche la fortuna di incontrare suo fratello, la giornata migliorava. Dargli noia era il suo sport preferito, subito dopo insidiare giovani donne e lì, a Fell’s Church, poteva avere entrambi.

Appena entrato nel paese aveva scandagliato la zona in cerca dell’aura del fratello senza successo. Ne era rimasto scontento, ma nell’istante successivo qualcosa aveva colpito i suoi sensi. Sangue, tantissimo sangue. Un odore intenso e fortissimo che quasi lo stordì.

Immaginò che dovesse esserci stato un incidente o qualcosa di simile. L’unica spiegazione logica per la presenza di quell’enorme quantità di sangue.

Seguì la scia, pregustando già il sapore del dolce nettare. Si figurava un bel collo di un maldestro guidatore finito fuori strada, offertogli su un piatto d’argento. Occasione che non poteva farsi scappare.

Quando raggiunse, però, la zona da cui l’odore proveniva più intenso, si accorse che qualcosa non quadrava. La via era pulita, deserta. Nessuna macchina fracassata contro un muro, nessuna moto a terra. Ma l’odore era persistente.

Individuò subito la fonte: una casa in fondo alla strada, un pelo più scostata dalle altre. Dopo aver finalmente raggiunto il vialetto d’entrata, fece un passo indietro disgustato perfino lui dallo spettacolo che gli si presentava davanti.

Una bambina a terra, sotto un’altalena, in una posizione scomposta. Non una goccia di sangue usciva dal suo corpo ma Damon intuì che fosse morta. Non percepì nessuno battito.

L’orrore non era finito.

Sui primi gradini dell’ingresso, appena fuori dalla porta, era steso un uomo, presumibilmente il padre, con lo sguardo vitreo e un buco all’altezza del cuore.

Damon non ci mise molto a capire che fosse opera di un vampiro. Ma chi poteva essere così spietato da uccidere una ragazzina?

La porta era aperta, Damon vedeva l’interno della casa. Un altro corpo era a terra poco più avanti. Una donna e si muoveva.  Impercettibilmente, ma Damon lo notò, il petto si alzava e si abbassava a fatica.

La donna percepì la presenza del vampiro e girò lentamente la testa verso di lui. La prima cosa che impressionò Damon furono i suoi occhi: grandi e coloro nocciola.

Aveva un profondo taglio sulla gola. Non c’erano speranze di salvarla e lei sembrava saperlo ma prima di morire doveva fare una cosa.

Piegò le dita della mano come per invitarlo ad entrare. Damon provò ma venne bloccato da una barriera invisibile.

“E- entra” mormorò la donna flebilmente. Lui la udì e in un secondo le fu in ginocchio accanto.

La donna non aveva la forza di parlare, ma era al corrente di chi le stava di fronte. Poteva percepire la sua aura sovrannaturale, quindi gli parlò con il pensiero.

Trovala. Era un ordine.

“Chi?” domandò Damon.

Devi proteggerla, ti prego.

“Voglio aiutarti” cercò di calmarla Damon “Ma devi spiegarti”.

Non c’è tempo. Non ho più tempo. Gli rispose telepaticamente. Prometti che ti prenderai cura di lei. Promettimelo.

Damon arricciò le labbra incerto sulla risposta. Se solo avesse saputo di cosa stesse parlando.

Per favore.

Damon annuì “Te lo prometto”.

La donna sorrise quasi sollevata. È qui in casa. Puoi entrare anche lì, hai il mio permes …

Damon non avvertì più nessuna aura. La donna era morta, non era rimasta più la forza di finire la frase. Il vampiro ne restò leggermente scosso. Era la prima volta che vedeva qualcuno morire non per mano sua.

Una cosa era uccidere, un’altra assistere impotente ad una morte lente e certa. Non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea di donarle il suo sangue, non sarebbe bastato a salvarla. Certo l’avrebbe trasformata in vampiro concedendole un’altra possibilità, ma Damon ebbe l’impressione che la donna non ne sarebbe stata contenta.

Si tirò in piedi e diede un’occhiata in giro: la casa era un vero casino. Era evidente che il vampiro responsabile di tutto ciò era giunto in quella casa in cerca di qualcosa; probabilmente proprio quel qualcosa che la donna gli aveva pregato di proteggere. Perché avesse accettato? Aveva promesso.

Perché avesse promesso? Neanche lui poteva essere così senza cuore da rifiutarsi di esaudire l’ultimo desiderio di una donna brutalmente uccisa.

Damon poteva a stento ricordare tutte le giovani cui aveva tolto la vita, erano troppe, ma era certo di non aver mai commesso uno scempio del genere.

Una madre, un padre, una figl-

Damon dovette ricorrere a tutta la sua forza per non voltarsi dall’altra parte quando incontrò gli occhi spenti di un’altra bambina, appena più giovane della prima, distesa sul divano con un braccio a penzoloni e il collo sporco di sangue.

Cominciò a cercare in giro, deciso a trovare in più in fretta possibile ciò che doveva proteggere. Desiderava solo andarsene.

Sulla libreria, accanto al divano, riposto su uno scaffale c’era un libro bianco, dalla copertina lucida e spessa. Attirò l’attenzione di Damon. Lo prese e lo aprì. Era un album di fotografie; lo sfogliò fino ad arrivare ad una pagina con tre foto. Le prime due erano le bambine che aveva visto qualche minuto prima, sotto le immagini c’erano scritti i loro nomi: Mary e Jane.**

La terza ritraeva un bebè, di al massimo un anno o anche meno. Bonnie.

Eccola. Era lei di cui si doveva occupare, ma dove poteva essere. Chiuse l’album e lo rimise a posto, poi tese le orecchie. La casa era immersa nel silenzio, nessuno avrebbe potuto udire quei piccoli gemiti ovattati. Presto i lamenti si trasformarono in pianti. Provenivano da sotto il pavimento.

Damon si mise in ginocchio e iniziò a tastare il parquet in cerca di una botola e di un passaggio, fino a che una lista del legno traballò sotto il suo tocco. Premette sull’estremità e questa scattò verso l’alto. Un attimo dopo una piccola porticina si aprì sul pavimento.

Il vampiro sostò all’entrata di quella stanza segreta. I singhiozzi erano più forti.

È qui in casa. Puoi entrare anche lì, hai il mio permesso.

Comprendeva solo in quel momento il significato. A giudicare dalle pareti quelle dovevano essere le fondamenta della casa su cui era stata costruita quella attuale.*** Ecco perché l’altro vampiro non era riuscito ad entrare, non era stato invitato.

Scese le scale di ferro. Lo spazio era buio, ma con la sua vista sovrasviluppata non fu difficile individuare il fagottino che si agitava in una piccola culla.

Damon non sapeva che fare. La piccola non accennava a voler smettere di piangere; lui voleva portarla via ma non aveva la più pallida idea di come si prendesse in braccio un neonato.

Il primo approccio fu disastroso: la bambina si ritrovò a cadere di nuovo nella culla, questa volta a pancia in sotto. Il risultarono fu l’aumento delle urla.

Damon ci riprovò e andò meglio. Quando raggiunse finalmente la luce del salotto, poté incrociare i suoi meravigliosi occhi; gli stessi della madre. Rimase incantato.

Si ritrovò a pensare che avrebbe voluto torturare fino alla pazzia il responsabile dello sterminio della sua famiglia.

Anche lei ricambiava lo sguardo; rossa come un peperone e con il respiro affannato. Era palese che volesse essere cullata dalla madre o comunque da qualcuno che ci sapesse fare più di lui.

Le labbra sottili e rosse tremolarono pronte per una nuova crisi di pianto.

Damon avvicinò il suo volto e le accarezzò una guancia “Andrà tutto bene” mormorò in un soffio “Ora dormi” e mandò una sferzata di Potere. La piccola Bonnie parve resistere un attimo all’ipnosi ****, poi chiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo.

C’era un solo posto dove sarebbe stata al sicuro.

 

“Così l’ho portata qui e ho pregato Arthur, Monica e Zach di non rivelare mai a nessuno che Bonnie non fosse loro”.

Pregato?” Stefan alzò un sopracciglio.

“Ok, li ho minacciati di morte!” si corresse Damon “Darle una nuova identità era l’unico modo per metterla al sicuro. Inoltre qui potevo tenerla d’occhio senza dare sospetti; dopotutto è casa mia”.

“E’ per questo che da quando è nata Bonnie, sei venuto molto più spesso qui? È per questo che ti sei arrabbiato quando Zach l’ha mandata in Italia? Perché non potevi più proteggerla” disse Stefan che infine vedeva le cose più chiare.

“Con tutto quello che avevo fatto per tenerla sana e salva, quell’imbecille la spediva oltreoceano, chissà dove, alla mercé di chiunque” ribollì Damon al ricordo di quel giorno.

“Hai promesso a sua madre di occuparti di lei, l’hai portata al Pensionato, le hai dato una famiglia, l’hai trattata come se fosse stata davvero tua nipote … che incantesimo ti ha fatto quella ragazza?” si meravigliò Stefan.

“Che stai blaterando?” borbottò Damon intimorito dall’entusiasmo del fratello.

“Avresti potuto tenerla d’occhio da lontano, invece sei entrato nella sua vita. Non eri tenuto a farlo”.

“Non viaggiare troppo con la fantasia, fratellino. Ho fatto una promessa a sua madre e ho ritenuto che questo fosse il modo migliore per mantenerla”.

“Hai scoperto chi ha ucciso la sua famiglia?”.

Damon scosse la testa “Nessuno si è più fatto vivo, ma chiunque fosse, sapeva dei Poteri di Bonnie. Che fosse speciale l’avevo capito dalla caparbietà di sua madre di salvarle la vita, ma non credevo fosse così tanto speciale” ammise Damon alludendo alle scoperte di Alaric.

“Non posso credere che tu non mi abbia mai detto niente in tutti questi anni” si sdegnò Stefan, sfumata la sorpresa iniziale “Avrei potuto aiutarti, avrei potuto aiutarla …”.

“Meno gente sapeva, minori erano le possibilità di metterla in pericolo. Niente di personale, Stef” ghignò ironicamente.

Il fratello più piccolo scosse la testa in un moto di sconforto “Non cambierai mai. Sempre a fare di testa tua, sempre ad agire da solo, come se credessi di essere migliore degli altri”.

“Non mi sembra mi aver fatto un cattivo lavoro considerando che è ancora viva e vegeta” gli fece notare Damon.

“Ma davvero?” rispose Stefan con tono derisorio “Trovati una scusa più convincente perché questa volta non te la caverai così facilmente quando lo saprà”.

“Frena, frena, frena” ripeté Damon alzando le mani “Qui nessuno scoprirà niente. Qui nessuno dirà niente”.

“Ha diciott’anni, Damon, non puoi tenerle nascosta una cosa tanto grande. Come le spiegherai il fatto che ha dei Poteri magici?”.

“Vuoi dirle che è una strega? Fa’ pure” gli concesse “Ti proibisco di dirle che è stata adottata, a costo di strapparti le corde vocali”.

“E’ ovvio che non vuoi che lo sappia” sentenziò Stefan “Si arrabbierebbe parecchio, magari ci metterebbe anni a perdonarti. Sei il solito egoista, pensi solo a te stesso! Ti vuoi proteggere, perché fai una cazzata dopo l’altra ma poi non sai come rimediare” lo accusò “Non voglio essere complice di questa cosa. Ha tutto il diritto di sapere la verità sulla sua natura, sulla sua famiglia. Deve sapere che potrebbe essere in pericolo, che qualcuno la cerca. Da quando è tornata continui a ferirla, come se fosse una tua proprietà. Tu …”.

“Io cosa, Stefan?” lo interruppe Damon con uno scatto “Io ho fatto di tutto per tenerla al sicuro. Forse avrò sbagliato, ma l’ho fatto per lei. Le ho dato una madre, un padre e un fratello; le ho dato una casa, le ho dato un’infanzia felice, l’ho trattata come una principessa, l’ho tenuta d’occhio e se quell’idiota di Zach non l’avesse mandata in Italia, probabilmente le cose sarebbero anche andate meglio. Avresti preferito che le dicessi che è una bambina adottata? Che la sua famiglia è stata fatta a pezzi da un vampiro? Che le sue sorelle sono morte? Che è una fottutissima strega con Poteri straordinari che potrebbero portarle più male che bene? Vorresti questo? O magari preferiresti dirglielo tu, così io fare ancora una volta la figura del bastardo senza cuore?!”.

Stefan aprì la bocca per replicare ma il rumore di una porta che sbatteva in modo violento e nervoso gelò entrambi.

Damon schizzò in corridoio trovando lo zaino di Bonnie per terra. I due fratelli si precipitarono giù per le scale, fino all’ingresso. Porta spalancata a rivelare il buio della sera. Damon stritolò la maniglia “Non può continuare a fare così” mormorò esausto “Non può continuare a scappare quando sente qualcosa che non le piace”.

“Qualche buon motivo questa volta ce l’ha” disse Stefan.

“Secondo te ha ascoltato tutto?”.

“Credo sia bastata l’ultima parte”.

 

Aveva sentito male.

Aveva sicuramente sentito male.

Perché scappi?

Era passato un altro giorno dalla trasformazione di Tyler. Avevano dormito fino alle quattro del pomeriggio (Caroline e Matt non avevano proprio dormito), poi avevano chiuso casa, caricato le cose in macchina ed erano ritornati a Fell’s Church.

Bonnie era entrata nel Pensionato aspettandosi di trovare entrambi i fratelli infuriati e pronti a metterla in punizione.

Invece le si era presentato un ingresso buio e vuoto, un salone altrettanto desolato e una quiete opprimente.

Aveva accesso qualche luce e si era diretta al piano superiore, dove finalmente aveva udito le voci dei due vampiri. Sembrava parlassero di una cosa importante e, immaginandosi si trattasse di Klaus o Elena, si era avvicinata alla porta della biblioteca in punta di piedi per origliare.

Mai si sarebbe sognata di essere l’argomento della conversazione. O meglio, non credeva che una conversazione del genere potesse riguardare lei.

Anche se era arrivata a fine discussione, le ultime parole di Damon avevano riassunto pienamente il discorso: parlavano di una ragazza, una strega, che era stata adottata.

Non aveva nemmeno atteso che Damon terminasse la frase. Aveva fatto dietrofront ed si era caracollata giù per le scale verso l’uscita, senza voltarsi indietro. Dal casino che aveva fatto, Damon e Stefan dovevano essersene accorti per forza, ma per il momento nessuno la stava seguendo.

Quella ragazza non poteva essere lei.

Bonnie non era stata adottata, Bonnie aveva conosciuto i suoi genitori, Bonnie aveva un fratello, Bonnie era una Salvatore.

In realtà c’erano alcuni dettagli che non le erano mai risultati chiari, come ad esempio il colore dei capelli; nessuno li aveva rossi. Ma era una cosuccia insignificante; poteva averli presi dalla nonna o da un lontano parente. Non era necessariamente indicativo di una non-parentela.

Un altro fatto era la grande differenza di età tra lei e Zach: quindici anni. Arthur e Monica non erano più giovanissimi quando Bonnie era nata, forse non cercavano nemmeno di avere un altro figlio, semplicemente era capitato.

Era pieno il mondo di casi del genere! In collegio aveva anche incontrato un’altra ragazza che era nata ben diciassette anni dopo la sorella.

Magari non era un evento comune, ma in ogni caso normale, possibile. Bonnie non aveva mai neppure lontanamente pensato di non essere una di loro.

Non ricordava molto dei suoi genitori. Erano morti quando aveva solo sette anni. In un incidente stradale. Un ubriaco al volante, un semaforo rosso non rispettato. Una disgrazia come tante che si sentivano al telegiornale, ma vederle in tv faceva tutto un altro effetto.

Ricordava la volta in cui aveva trovato Zach piangere nelle camera dei genitori, qualche giorno dopo il funerale. Lei era troppo piccola per capire che non li avrebbe mai più rivisti. Certo ci stava male, aveva pianto, aveva chiamato la mamma, ma non aveva ancora la consapevolezza di un adulto. Era solo una bambina, innocente, con una gran voglia di vivere.

 

“Piangi per la mamma e il papà?” chiese sedendosi accanto a Zach sul letto.

Suo fratello alzò la testa accorgendosi solo in quel momento della presenza della bambina “Vieni qui” le disse prendendola sulle ginocchia e stringendola forte.

“Non devi essere triste” lo consolò Bonnie “Sono in cielo adesso. Non se ne sono andati per davvero”.

Zach sorrise e le accarezzò i capelli “Lo so” sussurrò “Nessuno se ne va per sempre. Te lo ricorderai, vero?”.

Bonnie annuì “Ieri sera ho provato a chiamare  la mamma”.

“E ti ha risposto?”.

“Penso di sì” affermò Bonnie “Le ho detto che doveva leggermi la favola della buona notte e che poi doveva passare anche da te perché eri tanto triste”.

“Te l’avevo già letta io la favola della buona notte” protestò Zach.

“Sì ma lei lo faceva meglio”.

“Aveva un dono naturale. Papà lo diceva sempre” mormorò Zach sorridendo al ricordo dei suoi genitori.

“Anche io sono brava, sai?” saltò giù dal letto Bonnie “Stasera te ne leggo una! Così non ti senti solo e non piangi”.

“Va bene” acconsentì lui “Ma la scelgo io”.

“Vado a prendere il libro!” esultò Bonnie agitandosi tutta. Arrivata alla porta, però, si fermò, si girò e corse di nuovo ad abbracciare il fratello.

“Tu non mi lascerai mai, vero?”.

Zach con un sospiro poggiò il mento sulla testa della piccola “No Sissi, non ti lascio”.

 

Bonnie non si era nemmeno resa conto delle lacrime che le rigavano le guance. Ancora. Era stufa di piangere, ma non poteva farne a meno.

Tutte le persone che aveva amato, se n’erano andate, l’avevano lasciata. I suoi genitori, suo fratello, Clara. E non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che fosse tutta colpa sua, che lei c’entrasse qualcosa.

Quello che avevano detto Damon e Stefan l’aveva gettata nello sconforto più totale, perché se fosse stato vero, non solo avrebbe stravolto la sua vita, ma avrebbe aggiunto altre persone alla lista di coloro che l’avevano abbandonata.

Genitori, sorelle. Aveva delle sorelle.

No, tu non hai delle sorelle, cercò di convincerla la voce nella sua testa, non sei tu la ragazza di cui parlano.

Il che sarebbe risultato ancora più strano del contrario, perché avrebbe voluto dire che lì a Fell’s Church viveva un’altra che era stata mandata in Italia per molti anni dal fratello. Fatto poco probabile.

Bonnie respirò a fondo cercando di riprendere il controllo del battito del suo cuore. Si sentiva di nuovo presa in giro. Da Damon, il che rendeva tutto molto più difficile d’accettare.

Da quello che aveva potuto ascoltare, Stefan non ne sapeva niente. Ne era al corrente solo Damon e ovviamente Arthur, Monica e Zach. Ma perché tacere? Perché mai mentire su una cosa del genere? L’avevano creduta davvero così fragile da non poter sopportare la notizia di essere stata adottata?

Damon aveva detto di averla salvata. Bonnie suppose dal vampiro che aveva nominato nel suo discorso.

Forse con la mente più lucida e calma avrebbe anche potuto accettare quella piccola bugia, avrebbe potuto comprendere che l’intenzione era solo quella di proteggerla, ma in quel frangente era tutto talmente confuso.

Forse avrebbe dovuto fermarsi e chiedere spiegazioni. Sarebbe stata di sicuro la scelta più assennata.

Invece si era sentita mancare il fiato, si era sentita in trappola e non aveva avuto il coraggio di affrontare quella che poteva essere la rivelazione più sconvolgente della sua vita.

Iniziava a ricordare con nostalgia gli anni trascorsi in collegio in Italia. In confronto quelli erano stati tempi sereni.

Ammetteva che la solitudine e la mancanza di casa spesso si facevano insopportabili, ma se le avessero chiesto cosa avrebbe preferito tra rimanere lontano dalla sua famiglia vivendo nell’ignoranza e tornare a Fell’s Church a scontrarsi con tutte quelle dolorose verità, avrebbe scelto cento volte la prima ipotesi.

La questione sulla magia, per assurdo, era ciò che la disturbava meno. In quelle settimane si era resa conto di avere qualcosa di speciale. Katherine, Bert, Tyler; tutti loro erano stati influenzati per opera sua.

Era in un certo senso preparata alla notizia e sollevata di possedere un Poter che potesse in qualche modo proteggerla nelle situazioni critiche.

Bussò più volte alla porta di Elena, sperando di trovarla in casa. Aveva un disperato bisogno di confidarsi con la sua amica.

Le luci erano tutte spente e dopo qualche minuto Bonnie si rese conto che nessuno le avrebbe aperto.

Rassegnata diede le spalle a casa Gilbert e si avviò lungo la via senza una meta precisa.

La rivelazione peggiore doveva ancora arrivare.

 

Con gli anni doveva proprio essersi rimbecillito.

Questo era l’unico pensiero di Damon Salvatore; non trovava altra spiegazione alla sua stupidità. Una volta non si sarebbe mai messo a urlare in quel modo, una volta avrebbe sentito i passi di Bonnie su per le scale.

Se è per questo, una volta non ti saresti nemmeno infilato in questo casino.

Sacrosante parole!

Ormai era perfino stufo di analizzarsi da solo. Era cambiato, non c’era nulla da fare. Tanto valeva accettarlo e cercare di sistemare le cose.

Non sarebbe diventato da un momento all’altro un santo, non ne aveva neanche intenzione, ma non poteva evitare di comportarsi meglio con certe persone.

Elena. Bonnie. Stefan. No, Stefan, no.

Era suo fratello, teneva a lui, ma non aveva ancora riguardi nei suoi confronti. Aveva un passato in comune con Stefan, un passato che a volte preferiva scordare. Sentiva di aver troppo rancore da superare. Un giorno, forse ce l’avrebbe fatta. Lo avrebbe perdonato perdonando anche se stesso.

Prima di perdonarsi, avrebbe dovuto ammettere di aver fatto qualcosa di sbagliato e quello era decisamente un passo troppo lungo.

“Ho chiamato Elena” lo informò Stefan entrando nella stanza “Dice di essere in giro con Caroline e non hanno visto Bonnie”.

“E Meredith?”.

“Non è in città”.

Damon annuì distrattamente e sperò che Stefan capisse di dover lasciarlo solo. Non avrebbe sopportato una chiacchierata come quella precedente. Gli sembrava di aver parlato già abbastanza quella sera.

“Forse mi sono spinto un po’ in là prima” Stefan ruppe il silenzio “Non che non creda che tu sia un egoista, che pensi solo a te stesso, che non volessi dire niente a Bonnie per coprirti le spalle, perché ne sono più che certo …”.

“Se non hai niente di diverso d’aggiungere” Damon gli indicò la porta invitandolo ad andarsene. Aveva ascoltato la ramanzina una volta ed era stata sufficiente.

“Si tratta di Sissi quindi è diverso. Lo è sempre quando c’è lei di mezzo” continuò Stefan “Non vorresti essere la causa del suo dolore, non vuoi perderla e cerchi d’impedirlo con metodi che non approvo, ma le tua intenzioni sono b- buone” tentennò un attimo prima di usare quel termine  “Ho esagerato e mi dispiace che Bonnie sia venuta a saperlo in questo modo”.

“Anche a me” concordò Damon apatico “E non scusarti per aver detto delle cose vere. Piuttosto pensa ad una scusa per pararmi il culo quando tornerà”.

Se tornerà.

“Tornerà, Damon” rispose Stefan al suo pensiero “E’ confusa. Quando si sarà calmata, tonerà pronta ad ascoltare tutto quello che hai detto a me. Dopotutto le hai salvato la vita”.

Mentre Stefan abbandonava la stanza, Damon si gongolò di quell’ultima frase. Salvare la vita forse era un termine un po’ forte, alla fine l’aveva semplicemente portata via da quella casa e gliene aveva donata una nuova. Niente di che. Era capitato da quelle parti per caso e chiunque avrebbe potuto farlo.

Ma per la prima volta sentiva di potersene assumere tutto il merito. Era stato lui a proteggerla, era stato lui quello buono e non Stefan.

Bonnie, in fin dei conti, era un po’ sua. Non doveva dividerla con nessuno. Aveva agito da solo per il meglio della ragazza e quella sensazione di appagamento non poteva essergli strappata via.

Probabilmente Bonnie non gliel’avrebbe fatta passare liscia così facilmente, ma prima o poi l’avrebbe perdonato.

Lo preoccupava maggiormente ciò che gli aveva raccontato Alaric. Non gioiva del fatto che anche Bonnie avesse dei Poteri sovrannaturali, perché stava a significare che la ragazza non avrebbe mai potuto vivere una vita normale.

Senza contare, poi, che Bonnie aveva una certa disposizione a buttarsi a capofitto nei guai. Chissà cosa avrebbe fatto dopo aver scoperto di essere praticamente immune a qualsiasi Potere.

Forse Stefan aveva ragione, forse il modo migliore per tenerla a bada era proprio accontentarla, aiutarla a gestire la sua magia, ma d’altra parte quello l’avrebbe resa ancora più libera.

Damon detestava non poter controllarla; una volta, quando era bambina, Bonnie era totalmente dipendete da lui. Gli bastava guardarla con occhi un po’ più severi che capiva subito di aver sbagliato.

Non che Damon ci trovasse un particolare piacere a comandarla, ma era l’unico modo che conosceva per tenerla al sicuro.

La situazione, però, era cambiata: Bonnie era cresciuta nei suoi anni in Italia, si era abituata a vivere per conto suo, aveva imparato a cavarsela. Lui non poteva più permettersi di dirle cosa fare.

Non sono più una bambina. Questo ripeteva sempre Bonnie.

Era vero: non aveva più dieci anni, ma Damon credeva che aver raggiunto la maggiore età non significava automaticamente essere adulti e responsabili.

Damon lo sapeva bene: non gli erano bastati cinquecento anni per crescere e lui di esperienze ne aveva fatte. Fin troppe.

Bonnie non aveva idea dei pericoli che rischiava di correre: fisici, sentimentali, psicologici.

Il ragionamento del vampiro era egoista, se ne rendeva conto, ma non poteva fare a meno di vegliare su di lei costantemente.

Non avrebbe permesso a nessun’altro di ferirla; per quello bastava e avanza già lui.

 

Si abbandonò su una panchina in fondo alla strada di casa Gilbert.

Non aveva nessun altro posto dove andare. Avrebbe solo voluto rifugiarsi a casa e asciugare le lacrime.

Momentaneamente, però, si sentiva come senza casa, nessun luogo dove stare al sicuro, tranquilla a riflettere.

Senza famiglia, non senza casa. Lei era senza famiglia, perché tutti i suoi cari erano morti, adottivi e non.

Non aveva una mamma da abbracciare, non aveva un padre che la proteggesse, non aveva un fratello con cui litigare e poi fare pace.

Si stese sulla panchina e si rannicchiò appoggiando la testa sulle mani unite. Perché Damon non le aveva detto niente?

Faceva così male scoprire ogni volta che era lui quello ad avere dei segreti. Forse con Stefan sarebbe stato diverso. Era affezionata al più piccolo dei vampiri, ma con Damon era tutta un’altra storia; avevano sempre condiviso un legame particolare. Tutte quelle bugie avevano il sapore del tradimento.

Non si sentiva nemmeno arrabbiata, piuttosto amareggiata e confusa e non riusciva a fare chiarezza nella sua mente.

Troppe informazioni si stavano accavallando, troppe verità e non aveva mai la certezza di quale fosse quella giusta.

Si girò con la pancia in su e poggiò la testa di lato sullo schienale della panchina. Chiuse gli occhi.

Era una notte abbastanza calda. Bonnie indossava dei Jeans e una giacca leggera ma stava bene. Certamente sarebbe stata meglio nel suo letto, tra le coperte, a raccontare a Stefan e a Damon della sua avventura con Caroline, Matt e Tyler. Al momento, però, il Pensionato le risultava l’ultimo luogo dove avrebbe voluto stare.

“Bonnie”.

La ragazza alzò il capo di scatto e scorse Elena che camminava verso di lei “Stavo rientrando in casa e ti ho vista quaggiù. Mi cercavi?” e sorrise.

Bonnie fece ricadere la testa sulla panchina “Cercavo Elena, non te”.

La bionda ghignò quasi soddisfatta “Stai diventando piuttosto furba, piccola testa rossa”.

“Non credere che io sia così stupida, Katherine. Non trattarmi come una bambina” la pregò senza metterci davvero la cattiveria che avrebbe voluto.

“Non voglio trattarti come una bambina” la rassicurò la vampira sedendosi accanto a lei “Non ho mai pensato che fossi stupida, solo non ti facevo così coraggiosa” si guardò un po’ intorno con fare annoiato “Toglimi una curiosità: sono così una cattiva attrice? Alla fine scoprite sempre che non sono Elena …”.

“Oh, adiamo Katherine” sbuffò Bonnie “Sappiamo entrambe che se volessi davvero passare per Elena, t’impegneresti molto di più. E poi quei tacchi … Elena non li metterebbe mai”.

Katherine accavallò le gambe e si fissò i piedi “Fantastico! Non solo devo fingere di essere una piccola smorfiosa, ma devo pure adeguarmi al suo pessimo stile”.

Bonnie incomprensibilmente si trovò a ridacchiare per la battuta della vampira.

“Che ci fai in giro a quest’ora della notte da sola? Sei in cerca di qualche altro vampiro che ti voglia fregare i vestiti?”.

Bonnie la fulminò con lo sguardo chiedendosi come facesse a saperlo.

“Oh ti prego!” sbottò Katherine cogliendo al volo la sua espressione “Tutta la comunità di vampiri di Greensboro ne parla! Pare si stato proprio un bello spettacolo, mi spiace essermelo perso”.

Bonnie rimase zitta ignorandola.

“Non hai ancora risposto alla mia domanda” le fece notare Katherine.

“Non ne avevo intenzione”.

Katherine allargò gli occhi mentre un guizzo di acume li attraversava “Non mi dire che ci sono problemi nella famigliola felice? Fammi indovinare: qualche scheletro nell’armadio? E non sto parlando letteralmente …”.

“Mi stupisce che tu non lo sappia già. Da quando sei qui non hai fatto altro che immischiarti nelle nostre vite”.

“Sono sinceramente divertita” ammise Katherine “Adoro questo tuo lato aggressivo”.

Bonnie roteò gli occhi. La presenza della vampira non la infastidiva, ma avrebbe preferito che tenesse per sé certi commenti.

La ragazza si cucì la bocca e s’impose di non raccontarle niente. L’ultima cosa che le serviva era rendere partecipe quella vipera della sua situazione famigliare.

Katherine, però, la sorprese come al solito “Comunque hai ragione: so esattamente cosa sta succedendo e mi stupisce che tu ci abbia messo così tanto a capirlo”.

“Non so di cosa tu stia parlando”. Era vero. Non ne aveva la più pallida idea. Con Katherine avrebbe potuto trattarsi di qualsiasi cosa.

“Parlo dei tuoi Poteri magici, Sabrina”.

Bonnie avvertì un colpo al cuore. La questione “stregoneria” era passata in secondo piano rispetto a quella dell’ “adozione”.

Le parole di Katherine le avevano riproposto anche quel problema, ma non aveva la più pallida idea di come risolverlo.

Poteva affrontare il fatto di non avere sangue Salvatore nelle sue vene, ma avere quello delle streghe. Era decisamente troppo!

Significava che il soprannaturale faceva parte non solo della sua vita, ma anche di lei e non sapeva come gestirlo.

“Come fai a saperlo?”.

Katherine alzò un sopracciglio “Ora sei tu che mi tratti come una stupida” la ribeccò “Quella volta al campo da football mi hai raggirato come se fossi stata una pivellina. Gli umani normali non possono influenzare i vampiri”.

“No, non possono” ripeté Bonnie a pappagallo con tono monocorde.

Katherine scosse la testa con fare rassegnato e scoppiò a ridere “Non riuscirete mai a sconfiggere Klaus se continuate così”.

“Così come?”.

“A mentirvi” rispose con semplicità la bionda “Klaus userà tutte le vostre bugie per dividervi e affonderete come il Titanic”.

“Non ho mai avuto segreti con nessuno” affermò Bonnie convinta “Non è colpa mia se gli altri non fanno lo stesso”.

“E a te sta bene?” chiese Katherine “Ti fa piacere essere sempre l’ultima a sapere le cose, anche quelle che ti riguardano? Essere lasciata da parte? Non aver mai voce in capitolo su niente?”.

“No, non mi fa piacere” concordò Bonnie “Ma non sono discorsi che dovrei fare con te” scattò a sedere per guardare negli occhi Katherine “E’ vero: non sono sempre sinceri con me e spesso mi tengono da parte, ma lo fanno per proteggermi e le loro intenzioni non sono cattive. Stefan e Damon sono la mia famiglia. Non mi farebbero mai del male”.

Era scossa e turbata per ciò che aveva sentito dire da Damon. Non l’avrebbe superato in fretta, ma non si fidava di Katherine; qualunque fosse il suo piano, non le avrebbe permesso di metterle in testa strane idee.

Damon e Stefan potevano non essere perfetti, ma le volevano bene.

“O mio Dio!” inveì Katherine “Odio dover essere la guastafeste, ma qualcuno deve darti una svegliata. Stefan e Damon sono bravi a tenere nascosto ciò che ritengono ingombrante. Non credere che cerchino sempre di proteggere te, la maggior parte delle volte vogliono solo proteggere loro stessi. Sono egoisti, lo sono sempre stati. Dei bambini che non apprezzano chi vuole aiutarli, che non apprezzano tutto ciò che si fa per loro” nel suo tono c’erano una nota acutissima di amarezza “Non pensano di poter far del male a chi li ama; i loro bisogni vengono prima degli altri”.

Bonnie si alzò in piedi decisa ad andarsene. Non le piaceva la direzione che aveva preso il discorso. Katherine in quello stato la intimoriva. Smetteva di essere la fredda e cinica vampira che aveva conosciuto e si faceva trascinare dal rancore.

“Devo tornare a casa”.

La mano gelata dell’altra le artigliò il polso “Sai cos’è successo a tuo fratello?”.

“Lasciami, Katherine” domandò esitante. Non voleva che le parlasse di Zach “Mio fratello è morto, tienilo fuori da questa storia”.

“Lo sai come è morto, Bonnie?”.

“Un vampiro” rispose la rossa tirando su con il naso. Gli occhi cominciavano ad appannarsi per le lacrime e non voleva farsi vedere da Katherine. L’argomento “Zach” l’abbatteva ogni volta che si sentiva così vulnerabile.

Katherine si lasciò sfuggire una risata. Era incredibile come Stefan e Damon riuscissero sempre a cavarsela.

“Non è stato un vampiro qualunque, piccola rossa” le rivelò Katherine “Non ti hanno raccontato tutta la verità”.

“Katherine, lascia il mio braccio” ordinò Bonnie cercando di ripetere ciò che era successo con Tyler ma non riuscì. L’angoscia bloccava i suoi Poteri.

“Chiedi a Damon” le consigliò la bionda “Chiedigli com’è stato spezzare il collo al fratello della sua adorata nipotina”.

Ora qualche goccia salata era scivolata giù per le guance di Bonnie “Che stai dicendo?”.

Katherine era scomparsa e Bonnie si sentiva più persa che mai.

 

Rientrò in casa con lo sguardo completamente nel vuoto. Non voleva tornare al Pensionato, non era stato intenzionale. Aveva semplicemente iniziato a camminare e si era trovata davanti alla grande villa.

Pensò che se avesse avuto un paletto (e se avesse saputo come usarlo), lo avrebbe ficcato dritto nel cuore di Katherine.

Non poteva assolutamente essere vero. Di sicuro era stato un altro tentativo della vampira di mettere discordia tra loro. Era noto che Katherine trovasse gusto nel rendere infelici gli altri, quindi perché preoccuparsi?

Perché aveva dei dubbi? Perché era come se un pezzo della storia le mancasse?

Perché?

“Sissi”.

Alzò gli occhi e incontrò quelli verdi di Stefan.

Il ragazzo sapeva che Bonnie doveva essere sconvolta per ciò che aveva origliato, ma non avrebbe mai creduto di trovarla così rotta.

Tralasciando la scia delle lacrime ancora luccicanti e gli occhi scavati, tutto il resto era un disastro: sembrava più pallida, quasi malata, tremava, come se stesse per svenire da un momento all’altro, e lo fissava come se non lo riconoscesse.

“Stefan?” la voce era incerta e fioca.

“Bonnie vieni dentro” le disse chiudendo la porta che la ragazza aveva lasciato aperta “Stai bene?” cominciò apprensivo “Sei sicura che Tyler non ti abbia fatto niente?”. Prima di tutto voleva accertarsi che non fosse ferita, poi avrebbe affrontato anche l’altra questione.

Bonnie annuì e spostò gli occhi per l’ingresso in cerca di qualcosa. Damon.

Damon, dov’è Damon?

Si era quasi dimenticata del fatto di essere una strega, si era dimenticata di essere stata adottata, di aver vissuto con persone che non erano veramente i suoi genitori. Tabula rasa. Non c’era niente nella sua mente. Un solo pensiero.

Infine il vampiro incriminato si affacciò oltre la porta del salone e rimase fermo, in attesa di una sfuriata, di un pianto, di una richiesta di spiegazione.

Non si sarebbe certo aspettato una Bonnie calma al limite dell’apatia.

“Forse … è meglio se vai a riposare” le suggerì con altrettanta calma intuendo che non era il momento per parlarle. Non gli pareva troppo lucida.

“Dam-”.

“Lo so, lo so” la interruppe lui “Ne parleremo domani, ma ora hai bisogno di dormire. Sei stanca e la prenderesti peggio di quanto non lo stia già facendo”.

“Ho visto Katherine”.

Stefan e Damon gelarono sul posto. Quella non portava mai buone notizie.

“Non ti ha fatto niente, vero?” domandò Stefan.

Bonnie non si premurò nemmeno di rispondergli “Mi ha detto una cosa” portò il suo sguardo su Damon “E io vorrei tanto non crederle”.

“Che cosa ti ha detto?”.

“Che non è stato un vampiro qualunque a uccidere Zach” prese un bel respiro prima di dirlo “Che sei stato tu”.

L’espressione di Damon cambiò di colpo. Una doccia d’acqua gelata.

“Ti prego non ti arrabbiare se te l’ho chiesto! So che non devo ascoltarla perché mente sempre” parlò come una bambina in cerca disperatamente di rassicurazioni “E tu … non lo faresti mai, non me lo faresti mai. Ti ho detto che avrei creduto solo a quello che mi avessi detto tu, che avrei sempre chiesto la tua versione, che sarei stata dalla tua parte. Per questo te lo sto chiedendo, perché io crederò solo a quello che mi dirai tu”.

Damon tacque e distolse lo sguardo da quegli occhioni marroni che volevano penetrarlo. Non avrebbe potuto mentirle guardandola in faccia. Non avrebbe potuto dirle la verità e sostenere i suoi occhi.

“Damon” lo chiamò “E’ solo una bugia, giusto?”.

Il vampiro sospirò e scambiò un’occhiata con Stefan che sembrava affranto quanto lui, ma questa volta non si sarebbe intromesso. Avrebbe lasciato la scelta al fratello.

“Damon”.

Al suono del suo nome il vampiro riportò l’attenzione su di lei. Il suo silenzio era valso più di mille parole e Bonnie non era stupida; aveva percepito la sua vergogna e aveva intuito subito la risposta.

“No” iniziò a singhiozzare “Non è vero, non sei stato tu” ma vedendo che Damon  non accennava a contraddirla (anzi si era girato nuovamente) alzò la voce strillando “Smettila! Guardami in faccia! Di’ qualcosa … per favore”.

Infine realizzò di essere stata una sciocca, realizzò che Damon non avrebbe mai smentito, perché Katherine aveva completamente, fottutamente ragione.

“Come hai potuto, come hai potuto ucciderlo?” urlò senza fare un passo “Era mio fratello, avevate lo stesso sangue! Che razza di bastardo sei per togliermi l’unica persona che mi era rimasta?!”.

“Bonnie …” sussurrò Damon muovendosi verso di lei e sfiorandole un braccio.

La ragazza si ritrasse disgustata “Non toccarmi! Non osare nemmeno avvicinarti” cercò di riprendere un respiro regolare ma sembrava una cosa impossibile “Non t’immagini nemmeno lo schifo che provo guardandoti”.

“Non farlo” la pregò Damon che per la prima volta sentì davvero il terreno crollargli da sotto i piedi.

“Non parlarmi!” gli gridò addosso lei, voltandosi dall’altra parte. Non riusciva a stare nella sua stessa stanza, non trovava nemmeno le parole per insultarlo, per fargli provare l’odio che sentiva dentro. Voleva solo scappare. Voleva chiudere gli occhi, tapparsi le orecchie e nascondere la testa tra le gambe.

Poi si ricordò anche di Stefan “ E tu!” lo indicò con il dito “Tu mi hai mentito un’altra volta. L’hai protetto, l’hai …” il groppo in gola le impediva perfino di formulare una frase decente “Che cosa vi ho fatto di male per meritarmi questo?”.

“Sissi, noi …” provò Stefan.

“Non chiamarmi così” gli intimò “Solo Zach ne aveva il diritto” si asciugò le lacrime con un gesto secco “Non voglio stare qui, non sopporto di avervi così vicino. Torno in Italia, torno alla mia scuola, alla mia vita” e prima di fuggire di sopra in camera sua si rivolse un’ultima volta a Damon “Contento? Alla fine sei riuscita a mandarmi via”.

Damon era un vero portento a deludere le persone, lo era sempre stato. Le raggirava a suo piacere, se ne fregava, le trattava come oggetti.

Ma con Bonnie, una delle poche che non avrebbe mai voluto far soffrire, la cosa si amplificava. Evidentemente i suoi errori erano proporzionati all’affetto che provava per quella piccola peste rossa.

E quella volta ebbe veramente paura di averla persa per sempre.

 

“I feel swell, oh well
Because losing you was something I always did so well
I guess I just can't tell anymore
[...]
Sorry, I really lost my head
I'm sorry, I really lost my head
But you know those words that you said
They get stuck here in my head
And this feeling I dread, it makes me wish I was dead
Or just alone instead, I'll be alone instead”

(Happiness is overrated- The Airborne Toxic).

 

Il mio spazio:

Buone feste a tutti!!! Anche se in ritardo!

Come sono andate le vostre vacanze? Le mie bene, anche se sono stata una settimana senza internet e credevo di morire. Sono web- dipendente -.-

Ma bando alla ciance!

Due bombe sganciate nello stesso capitolo, mi sembra abbastanza intenso non credete? Ora le cose sono ancora parecchio confuse per Bonnie, nel prossimo aggiornamento spiegherò un po’ meglio.

La ragazza si è arrabbiata e a buon diritto. Per Damon non si prospettano momenti felici; Bonnie gliela farà pagare in tutti i modi che conosce, anche se sottilmente, come solo una donna sa fare.

Damon per una volta in vita sua si è comportato davvero da eroe: ha ascoltato la madre di Bonnie, le ha fatto una promessa e l’ha mantenuta.

È stato lui a trovare la streghetta, la considera un po’ sua e perciò condividono questo legame fortissimo.

Questa è stata la mia idea iniziale, da sempre: non volevo stravolgere troppo la storia. Ho voluto partire da una situazione completamente diversa rispetto a quella dei libri per poi tornare lentamente all’originale.

Lo so, forse questa cosa dell’adozione fa un po’ Beautiful, ma mi sembrava l’espediente più logico per spiegare l’affetto che Damon prova per Bonnie.

Inoltre, ammetto anche di essere stata influenzata dal rapporto romantico che prima o poi questi due condivideranno. Non credo che Bonnie sarebbe mai riuscita ad avvicinarsi fisicamente a Damon se fossero stata comunque parenti, anche alla lontana. Non mi sembrava un comportamento molto da Bonnie =)

Alla fine è stata Katherine a rivelare la vera morte di Zach.

Alcune di voi mi avevano chiesto di farlo dire da Elena e inizialmente l’idea mi aveva stuzzicato; poi ho pensato che per quanto volesse essere onesta con Bonnie, non avrebbe mai tradito Stefan, mettendolo così nei guai.

Credo che Katherine sia un buon compromesso: è sempre un passo avanti a tutti e gode nel togliere la felicità agli altri.

Vi ringrazio moltissimo come al solito! La storia va avanti soprattutto grazie a voi che recensite, leggete e mi seguite =D

Come al solito se avete idee e vorreste vedere qualche scena in questa storia, scrivetemelo. Cercherò di accontentarvi il più possibile!

Grazie ancora e a presto!!

Fran;)

 

*Non so come si chiamino i genitori di Zach. Ho inventato i nomi di sana pianta.

** Nel libri della Smith si dice che Bonnie ha due sorelle, una si chiama Mary, l’altra non è mai nominata (non che io ricordi), perciò le ho dato io un nome.

***Ok, lo ammetto: ho preso l’idea di “una casa bella casa” da uno dei primi libri (mi sembra “La lotta”), in cui Elena per sfuggire a Damon si rifugia in camera sua che apparteneva alla precedente casa.

**** Bonnie qui è molto piccola, per cui la sua mente non è ancora abbastanza potente per resistere all’ipnosi.

 

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Capitolo 19
*** I can't erase the things that I've done ***


Ashes &Wine

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Capitolo diciannove: I can’t erase the things that I’ve done

 

“So I try to hold onto a time when nothing mattered
And I can’t explain what happened
And I can’t erase the things that I’ve done
No I can’t
How could this happen to me
I made my mistakes”

(Untitled- Simple Plan).

Elena era bella.

Nessuno avrebbe mai potuto negarlo.

Pareva un angelo, con quei suoi capelli lunghi, biondi, talmente lucenti da catturare i raggi del sole e con quei suoi occhi blu, tanto grandi e incantevoli da ammagliare tutti quanti.

Elena Gilbert era una ragazza forte, coraggiosa, sicura di sé, determinata, leale agli amici, pronta a sacrificarsi per chi amava. E ciò contribuiva a renderla ancor più eterea e assolutamente stupenda.

Come si poteva non amarla sempre e comunque?

Contro tutte le aspettative Stefan, il suo fidanzato, credeva che esistesse un momento in cui sentiva di amarla maggiormente: mentre la osservava dormire.

Elena era l’unica che potesse trasmettergli la calma e l’amore necessario per non lasciarsi andare ai suoi istinti da vampiro. Per lei sopportava la presenza di Damon. Per lei non impazziva.

Ma quando la vedeva riposare nel suo letto, estranea a tutte le preoccupazioni, così fragile e giovane, abbracciata al cuscino, i capelli sparsi sulla coperta e il respiro leggero che quasi non si sentiva. Tutto così perfetto da non sembrare nemmeno una creatura della Terra.

Quelli erano i momenti che più amava, i momenti in cui erano loro due soli ed Elena era tutta sua, solo sua.

Le si avvicinò e si stese sul letto, accanto a lei. Le fece passare un braccio intorno alla vita attirandola dolcemente a sé senza svegliarla. Elena d’istinto di girò verso di lui e si accucciò sul suo petto. Stefan iniziò ad accarezzarle delicatamente i capelli, come se quel gesto da solo potesse riportargli un po’ di pace.

Aveva dovuto andarsene dal Pensionato, si era sentito soffocare. Tra Bonnie chiusa in camera sua che minacciava di fare le valigie e partire, e Damon rintanato in salone a scolarsi tutto ciò era aveva un sapore quanto meno etilico, non sapeva dire chi fosse peggio.

Come erano arrivati a quel punto?

Mentendo.

Stefan promise a se stesso che non avrebbe mai più detto una bugia.

Credeva che alterando la verità avrebbe protetto Bonnie e invece l’aveva fatta soffrire ancora di più.

Damon aveva creduto che tenere nascosto il segreto sull’adozione avrebbe risolto tutti i loro problemi e invece li aveva creati.

Era così strano pensare a Bonnie non più come una Salvatore. Per tutti quegli anni l’aveva trattata come una vera nipote, non gli era mai venuto nemmeno il sospetto che potesse non  esserlo.

Ricordava quando era tornato al Pensionato per far visita a Monica, Zach e Arthur, ricordava quando si era trovato di fronte una piccola furia rossa che lo fissava stranita e braccia conserte.

 

“E tu chi sei?”.

“Sono Stefan … Salvatore. E tu?”.

 

Poi Bonnie aveva sorriso e gli era salata in braccio urlando “Zio Stefan”, come se lo avesse aspettato per tutto quel tempo.

Aveva sbagliato tutto con lei. Fin dall’inizio.

Avrebbe dovuto starle più vicino, avrebbe dovuto cercarla nei suoi anni in Italia, avrebbe dovuto impedire a Damon di uccidere Zach. Avrebbe dovuto essere onesto. Dopo tutto la verità infine era saltata fuori, in un modo che Stefan avrebbe evitato. Il risultato era stato solamente quello di farsi odiare.

Bonnie non si sarebbe più fidata di loro, di lui, perché le aveva fatto del male. 

Non avrebbe mai creduto di diventare un giorno quello che l’avrebbe ferita. Su Damon non aveva mai avuto dubbi, ma su se stesso; si era sempre ritenuto una persona migliore di suo fratello, eppure alla resa dei conti, erano egualmente colpevoli.

Avrebbe voluto andare in camera di Bonnie, abbracciarla e sussurrarle che tutto si sarebbe sistemato; ma ormai ne aveva perso ogni diritto e non poteva starci peggio. Vigliacco. Era stato un vigliacco, troppo spaventato dalla bomba che avrebbe minato il suo già precario equilibrio famigliare.

“Stefan?” mormorò Elena ancora mezza intontita mentre lentamente apriva gli occhi “Che ci fai qui?”.

“Ti ho svegliata?” le domandò lui dispiaciuto.

“No” lo tranquillizzò Elena “Comunque non sarebbe stato un brutto risveglio”.

Stefan le posò un bacio leggero sulla fronte e inspirò il suo profumo. L’unico che fosse capace di annebbiargli la mente più del sangue.

Elena controllò la sveglia sul suo comodino e aggrottò la fronte “Sono le cinque del mattino. Stefan che succede? Qualcosa non va?”. Solo qualche settimana prima avrebbe pensato che il suo adorabile fidanzato fosse venuto a farle una sorpresa, ma con tutta la storia di Klaus e Katherine non aveva potuto fare a meno di allarmarsi all’istante.

“Sshh, sshh” la prese Stefan tra le sue braccia “Va tutto bene, non ti devi preoccupare. Ti volevo solo parlare”.

“Stefan, ti conosco. So che non va tutto bene”.

“Ho scoperto perché Bonnie ha poteri magici” rivelò di getto.

Elena si tirò su leggermente “Perché?” s’incuriosì.

“E’ una trovatella. I Salvatore non sono la sua vera famiglia”.

Elena arcuò le sopracciglia sconcertata “Come fai a saperlo? Come ti è venuto in mente?”.

“Me l’ha detto Damon. A quanto pare la sua famiglia è stata sterminata da un vampiro e Damon l’ha trovata …” si lanciò in una spiegazione più dettagliata mentre l’espressione della ragazza passava da meravigliata ad inorridita, da intenerita a tormentata.

“Bonnie quindi non sa niente?” chiese Elena ingenuamente.

“Vorrei poter dirlo, ma ci ha sentito parlare ed è scappata”.

“O mio Dio! Se n’è andata da sola con Katherine e Klaus là fuori? Ti prego, Stefan, dimmi che l’avete ritrovata”.

“E’ tornata a casa da sola” la rassicurò lui “Con un’altra brutta notizia”.

“Non so cosa ci possa essere di peggio che scoprire di essere una trovatella con una famiglia devastata alle spalle”.

“Forse scoprire che tuo fratello è stato assassinato da una delle persone cui tieni di più al mondo”.

“NO!” esclamò Elena “No, no. Non è possibile”.

“Gliel’ha detto Katherine”.

Elena si trattenne dal lanciarsi in una serie di epiteti poco educati verso la vampira e tentò di rimanere lucida e trovare una soluzione “Santo Cielo, si sentirà tradita da tutti noi” si rammaricò “Forse dovrei andare a parlarle”.

“Non credo sia una buona idea. Si è chiusa a chiave nella sua stanza e sembra decisa a tornare in Italia”.

“Come tornare in Italia? No, Stefan, sarebbe troppo pericoloso e se quel vampiro la trovasse? Devi convincerla a rimanere qui. Non puoi farla andare via”.

“Lo so” asserì Stefan “Non ho nessuna intenzione di lasciarla andare, non ora che l’abbiamo ritrovata” disse deciso.

Elena posò pesantemente il capo sul petto del vampiro e sospirò “E’ tutta colpa mia, non avrei dovuto suggerirti di mentirle”.

“Non è colpa tua. Volevi solo proteggere lei e me. Non è stata una cattiveria”.

“Mi dispiace così tanto. Oltre a Clara noi eravamo le sue uniche amiche e adesso crederà di essere rimasta sola”.

“Ci faremo perdonare, Elena. Te lo prometto”.

La ragazza annuì distrattamente e, facendosi forza sui gomiti, lo baciò con tutta l’intensità che trovò nel suo corpo.

Si aggrappò alla sue spalle e lo strinse come se fosse la cosa più preziosa che avesse al mondo.

Stefan si girò leggermente di lato, circondandole la nuca con una mano e i fianchi con l’altra, facendo aderire e sfregare il loro corpi.

Le dita di Elena scesero fino all’orlo della maglia del vampiro e s’insinuarono sotto la stoffa, carezzando lievemente il suo torace.

“E- elena” mormorò Stefan tra un bacio e l’altro.

“Sshh” lo zittì lei “Sei esausto. Permettimi di farti stare meglio” quasi lo supplicò mentre gli sfilava la maglia e conduceva la bocca del ragazzo al suo collo.

Il sangue fu solo la prima cosa che gli offrì quella mattina.

 

Dovevano essere le otto o giù di lì perché la sua sveglia stava suonando fastidiosamente da più di cinque minuti. Si sarebbe fermata prima o poi, o si sarebbero scaricate le batterie.

Di una cosa sola era certa: non avrebbe lasciato il suo nascondiglio nemmeno se l’avessero trascinata fuori con la forza.

Ovviamente non aveva dormito; i suoi occhi avevano rifiutato di chiudersi fino a che la stanchezza non l’aveva abbandonata definitivamente; non aveva neppure pianto, avrebbe richiesto troppe forze e non ne aveva; era semplicemente rimasta immobile sotto al letto, avvolta nel piumone che aveva portato con sé. Stesa su un lato e rannicchiata con le ginocchia al petto da tanto di quel tempo che temeva di non essere più in grado di allungare le gambe.

La cosa più intelligente appena scoperta la verità sull’uccisione di Zach, sarebbe stato far le valigie, prendere il primo aereo per l’Italia e sparire per sempre da Fell’s Church. Era quello il suo piano, ma qualcosa era andato storto.

Come aveva raggiunto la sua stanza, era stata impossessata dalla paura di uscirne. Perché abbandonare il suo rifugio avrebbe significato non solo vedere un sacco di cose che le avrebbero ricordato il fratello, non solo imbattersi in Stefan, il buono e dolce Stefan che le aveva mentito, ma anche incontrare Damon.

Il suo Damon. Il suo eroe. Improvvisamente si era trasformato nel cattivo.

Com’era potuto accadere? E lei come aveva fatto a non accorgersene?

Si sentiva una stupida per aver promesso a Damon che sarebbe sempre stata dalla sua parte, che avrebbe sempre cercato di capirlo. Solo in quel momento si era davvero resa conto di cosa volesse dire essere un vampiro.

Senza cuore, senza rimorsi, spietato, calcolatore, bugiardo, inumano, incapace di frenare gli istinti. Questa era la loro essenza.

Stefan poteva essere diverso, ma solo fino a un certo punto. Lui non aveva spento le emozioni, ma se mai lo avesse fatto, sarebbe diventato esattamente come Damon. Né più né meno.

Aveva sbagliato a sottovalutare la loro natura. Aveva fatto male a dar loro fiducia. Affezionarsi a Damon era stato l’errore peggiore che avesse mai commesso.

Era stato come vedere il mondo crollarle addosso, come sentire i vetri della sua campana frantumarsi su di lei; ed erano stati pesanti e affilati.

Ogni volta che provava a chiudere gli occhi, s’immaginava le mani di Damon strette attorno al collo di Zach, che lo spezzavano come un rametto, che lo giravano senza esitazione, che godevano di quel rumore agghiacciante.

Quanti colli doveva aver rotto Damon. Quante gole squarciate e quanti cuori strappati. Tutto a causa della sua indole totalmente incontrollata.

Non lo avrebbe perdonato, non lo avrebbe perdonato MAI.

Udì la porta aprirsi. Bonnie si appiattì sul pavimento e rimase in silenzio senza lasciare mai le scarpe che muovevano passi incerti nella camera.

“Bonnie?”.

Era Stefan.

Ovvio che era Stefan.

Ti aspettavi qualcun altro? Certo che no!

Il vampiro la chiamò un altro paio di volte e si accigliò parecchio quando non trovò Bonnie da nessuna parte.

Per un momento temette che fosse scappata di nuovo, poi si ricordò di quello che ripeteva spesso Damon.

Bonnie non è mai stata originale nei nascondigli.

Ci mise meno di un secondo a capire dove si fosse infilata. Si piegò sulle ginocchia e tirò su il lenzuolo che penzolava di lato.

“Bonnie” soffiò “Che ci fai qui sotto? Non saresti più comoda sul letto?”.

La rossa mugugnò qualcosa in risposta tra le coperte.

“Perché non vieni fuori?”.

Bonnie scosse la testa con forza in segno di totale diniego.

“Va bene! Allora vengo io” fece per stendersi accanto a lei ma l’occhiata che gli gettò la ragazza  lo bloccò.

Solo in quel momento Bonnie si era girata e aveva puntato i suoi occhi marroni in quelli verdi di Stefan, lanciandogli un avvertimento.

Stefan alzò le mani come in segno di pace e si stese accanto al letto senza invadere il suo spazio personale.

“Non hai fatto le valigie” constatò il vampiro.

“No” rispose secca Bonnie.

“Significa che non partirai?” chiese con una nota di speranza nella voce.

Bonnie sospirò spostandosi su un lato per guardarlo meglio “No, non partirò. Ci ho rifletto e non avrebbe senso ritornare là ora, senza Clara. Non posso fingere che tutto questo non sia mai successo; quello non è più il mio posto”.

Stefan annuì “Sono contento. L’ultima cosa che avrei voluto era farti andare via”.

“Rimango anche perché non ho nessun altro” ammise Bonnie “Non mi entusiasma l’idea di vivere con voi, ma non ho altra scelta”.

“So che sei arrabbiata, Bonnie, e non sai quanto mi dispiace”.

“Non sono arrabbiata. Almeno non con te” gli rivelò “Sono più che altro delusa” una pausa “Dopotutto il tuo non è stato un gesto per te stesso, ma per Damon; volevi proteggerlo. Le tue intenzioni non erano cattive”.

“Volevo proteggere anche te. Mi sembrava che tu avessi già sofferto abbastanza”.

“Non ti sto giustificando” lo interruppe lei “Però lo capisco. Anche se è un grandissimo bastardo, è pur sempre tuo fratello. Non sto dicendo che ti è tutto perdonato, ma forse un giorno mi passerà”. Non voleva sbilanciarsi troppo. Era ancora segnata da quella bugia e lo sarebbe stata per molto tempo, ma tra i due, era più incline a riappacificarsi con Stefan.

“Non mi fido più di te, però” continuò “E dovrai lavorare sodo per dimostrarmi di voler rimediare”.

“Da ora in poi niente più bugie” promise Stefan “So che non mi crederai, ma sta volta sono serio. Ti giuro che non ci saranno più segreti tra me e te”.

“Allora comincia a spiegarmi perché non sono una Salvatore”.

Stefan contrasse la mascella e sembrò restio a condividere ciò di cui era a conoscenza “Questa è una cosa di cui dovresti discutere con Damon. Me l’ha raccontato solo ieri sera, non so di preciso cosa sia accaduto”.

“Non nominarmi il suo nome” ordinò Bonnie “Non ci voglio più avere niente a che fare; almeno non per adesso. Non riesco nemmeno ad accettare ciò che ha fatto … vorrei solo che sparisse dalla mia vita. È quello che sa fare meglio, no?”.

“Ti vuole bene”.

“NON MI VUOLE BENE!” strillò Bonnie “Non avrebbe ucciso mio fratello se mi avesse voluto bene” questo era stato un sussurro ma Stefan lo aveva udito perfettamente.

“Se non hai intenzione di dirmi della mia adozione, puoi lasciarmi sola?”.

Stefan abbassò le palpebre esasperato e, seppur riluttante, ripeté tutto ciò che il fratello gli aveva riferito la sera prima.

Damon, intanto rintanato nella sua stanza, stava ascoltando tutto. Non poteva farne a meno; in qualche modo doveva pur sapere che cosa stava succedendo a Bonnie.

Chiuse i pugni in maniera così serrata che le dita avrebbero potuto trapassare la pelle del palmo: ancora una volta Stefan l’aveva passata liscia.

Perché non avrebbe dovuto?

Lui era quello buono, compassionevole; lui era l’amico degli umani.

In quella faccenda Stefan aveva meno colpe di lui, Damon dovette ammetterlo. Lo aveva aiutato, lo aveva coperto. Perché a Stefan risultava così facile comportarsi bene? Cosa diamine aveva di speciale?

Era noioso, pesante, a tratti petulante, sempre pronto a mettersi su un gradino più alto degli altri, sempre il primo a giudicare.

Eppure tutti lo trovavano fantastico, nessuno si faceva mai problemi a perdonarlo; qualunque cosa fosse stato il suo errore, alla fine non veniva punito.

E ascoltarlo mentre raccontava a Bonnie la storia della sua famiglia, della sua adozione, quello lo mandava davvero in bestia.

Lui l’aveva trovata! Lui l’aveva salvata! Avrebbe dovuto essere al posto di Stefan. Invece, stranamente, Bonnie gli aveva preferito il suo preferito.

Non poteva prendersela con Stefan, anche se ne avrebbe avuto una voglia matta, si rese conto che non sarebbe stato giusto.

Suo fratello avevo provato a difenderlo, ma Bonnie non aveva sentito ragioni. Si sarebbe stupito del contrario; stava di fatto che urlato in quel modo lo aveva fatto sentire come un moscerino.

Damon, però, non era mai stato il tipo da rimuginare sulle sue azioni: quel che aveva fatto era ormai andato. Non poteva mandare indietro il tempo e in ogni caso non era certo che non si sarebbe comportato diversamente.

Avrebbe aspettato. Avrebbe aspettato fino a che Bonnie non sarebbe stata pronta a perdonarlo. Perché prima o poi sarebbe successo. Per forza.

Stefan lo raggiunse poco dopo. Non sembrava molto contento della conversazione. Forse si sarebbe aspettato un atteggiamento meno ostile da parte di Bonnie. Era vero: gli aveva fatto intendere che un giorno tra loro sarebbe tornato tutto come una volta, ma gli si era rivolta freddamente, come non aveva mai fatto.

“Da quanto ho sentito sei stato graziato” berciò Damon trattenendosi dal tirargli un pugno ben assestato in faccia. Bonnie non avrebbe gradito.

“Se per graziato intendi che mi rivolge ancora parola, allora sì” confermò Stefan “Ma penso che l’abbia fatto più per un segno di civiltà”.

“Comunque è un privilegio che a me non è concesso” ci tenne a rimarcare l’altro.

“Non ci hai nemmeno tentato” gli fece notare Stefan.

“Sai, non è proprio il mio passatempo preferito farmi prendere a insulti” disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo “E non vedo perché dovrei fare quello che fai già tu così bene! Sei molto più bravo di me a interpretare il ruolo del santo”.

“Nel caso in cui non te ne fossi accorto: questa volta ho interpretato il ruolo del viscido doppiogiochista”.

“Nel caso in cui non te ne fossi accorto c’era tu nella sua camera, non io”.

Aveva pensato che non sarebbe stato giusto prendersela con Stefan? Rettificò tutto: era giustissimo.

“Non puoi pretendere che le passi, mentre te ne stai qui a far niente” lo rimproverò Stefan ignorando la frecciatina non tanto velata.

“Illuminami, fratellino, cosa potrei fare?”.

“Tanto per cominciare potresti scusarti” gli suggerì.

“Questo puoi anche scordartelo” lo gelò Damon “Non posso scusarmi di una cosa di cui non mi pento”.

“Damon!”.

“O mio Dio! Ti sorprendi tanto? Consideravo Zach solo una spina nel fianco, sono contento di avergli spezzato il collo” con uno scatto si alzò dal letto “Io sono così, Stefan, sono un vampiro, i vampiri uccidono e non si sentono in colpa dopo averlo fatto” poi squadrò il fratello quasi con stizza “Almeno quelli non affettati” poi sembrò che la frustrazione avesse preso il controllo “Lei aveva detto che mi avrebbe capito, che sarebbe stata dalla mia parte!”.

“Questo prima di sapere che le hai ucciso il fratello”.

“Facile parlare quando le disgrazie capitano agli altri, vero” disse Damon con una punta di sarcasmo e cinismo “Non posso cambiare perché lo dice lei”.

“T’importa di Bonnie, non è un motivo sufficiente almeno per dirle mi dispiace?”.

“Il punto è che a me non dispiace affatto! Io non torcerei un capello a Bonnie, ma non chiedermi di fare queste pagliacciate se nemmeno ci credo! Non avrei voluto farla soffrire, ma ormai è successo e io non ci posso fare niente, non posso tornare indietro e fermarmi, non posso cancellare ciò che ho fatto” marcò bene l’ultima frase “Prima o poi dovrà accettarmi”.

“E se non lo farà?”.

Damon fu sul punto di replicare ma il suo cellulare iniziò a vibrare nella sua tasca. Lo prese e lo portò all’orecchio.

“Liz” rispose “Cosa? … Cadaveri? … Ma dove? … Sei sicura? Sì, sì sto arrivando”.

Riattaccò e guardò il fratello che grazie al suo udito sovrumano aveva potuto udire tutto il breve discorso.

“Credi che Katherine si sia divertita ieri notte?” domandò Stefan alludendo ai cadaveri trovati nel bosco.

“Ci penso io a farle passare la voglia di divertirsi” assicurò Damon in tono minaccioso “E intanto che ci sono le chiudo per sempre quella dannata bocca!” e detto ciò volò fuori dalla stanza deciso a farla pagare a quella vampira saccente, fonte di ogni suo guaio.

 

“Quando li avete trovati?” s’informò Damon mentre ispezionava i corpi morti di cinque campeggiatori.

“Sta mattina sul presto” rispose lo sceriffo “Abbiamo ricevuto ieri decine di chiamate dai loro parenti che ci informavano della loro scomparsa. Non ci è voluto molto a trovarli …”.

Damon stortò il naso e iniziò a girare attorno alla zona. Sarebbe stato difficile identificarli perché erano stati fatti a pezzi con una ferocia tale da spargere i resti per tutta la radura.

“E’ opera di un vampiro, vero?”.

Damon arricciò le labbra e scosse la testa “Direi di no”.

Liz alzò le sopracciglia sorpresa. Era certa che il responsabile fosse un vampiro. Chi altri avrebbe potuto compiere uno scempio del genere?

“I vampiro non agiscono così, a meno che non abbiamo a che fare con uno molto esibizionista” spiegò Damon “Loro tendono a mordere la vittima senza squartarla in questo modo e lo fanno per succhiare il sangue e qui di sangue ne vedo parecchio per terra, tutto sprecato” si muoveva lentamente in circolo esaminando le tracce sul terreno “Opterei più un lupo mannaro”.

“Un lupo mannaro” ripeté Liz Forbes “Sei serio?”.

“Tremendamente” ribadì Damon “E credimi quando ti dico che sono molto peggio dei vampiri”. Chiamatela rivalità tra razza, ma Damon Salvatore non poteva sopportare i licantropi. Durante la luna piena erano incontrollabili, facevano carneficine come quella, senza preoccuparsi di coprire le tracce e soprattutto puzzavano come dei cani!

“Durante la luna piena si trasformano in animali totalmente travolti dall’istinto. Se incontrano un umano sul loro cammino, lo sbranano e lasciano i resti. Quando al mattino si risvegliano, fanno perfino fatica a ricordare quello che hanno fatto” chiarì il vampiro “L’altra notte c’è stata la luna piena. Questi campeggiatori devono essere finiti sulla strada di un branco di lupi mannari”.

“Perché parli al plurale?” chiese Liz allarmata.

“I licantropi si muovono in gruppo. È molto difficile trovarne uno solitario. Non posso dire in quanti hanno fatto questa strage, ma preferisco non essere troppo ottimista” concluse.

“Sai parecchie cose sul soprannaturale” insinuò Liz. Da quando Damon era giunto in città, aveva subito offerto il suo aiuto per identificare le morti per causa di vampiri e per catturarne alcuni. Liz lo aveva sempre considerato come una specie di salvatore della città, ma solo in quel momento, sentendolo parlare in maniera così precisa anche dei lupi mannari, si rese conto che la maggior parte degli omicidi era iniziata con il suo arrivo.

Non si era mai chiesta come Damon fosse a conoscenza di tutte quelle informazioni sui vampiri, ma la novità sui licantropi gettava ombre inquietanti sulla figura di quell’uomo così misterioso.

“Ho studiato la storia della mia famiglia” mentì Damon che non era lasciato sfuggire il tono sospettoso dello sceriffo “A casa mia ci sono centinaia di diari che parlano di queste cose. Sembra che un tempo questo posto pullulasse di creature del genere. Posso portarteli se vuoi. Così potrai farti un’idea tu stessa”.

“Sì mi farebbe piacere leggerli” accettò Liz  “Zach non me ne aveva mai parlato”.

“Mio zio non ama condividere i segreti di famiglia”. Ci mancava solo Zach.

“E’ da molto che non lo sento” disse Liz “Sta bene?”.

“Piuttosto bene, sì” finse Damon con una naturalezza tale da far impallidire il migliore degli attori “Da quanto ne so ha ricevuto un’offerta di lavoro a New Orleans. È per questo che io sono tornato qui a Fell’s Church: per occuparmi di Stefan, di Bonnie e di tutto il resto”.

La carta del bravo ragazzo che sacrificava la sua giovinezza per occuparsi della famiglia funzionava sempre.

“Hai lasciato l’università?”.

“Non sono mai andato all’università. Non sono il tipo da stare sui banchi di scuola. Quello è Stefan”.

“Beh non posso che esserne felice. A quanto pare la dedizione alla tua famiglia ci è stata molto più utile”.

“Oh Liz, non esiste nessuno più attaccato alla famiglia di me”. Non credeva di aver mai detto una quantità tale di cazzate nel giro di dieci minuti. Tutto pur di convincere Liz che poteva fidarsi ancora di lui.

“Su questo ci può giurare, sceriffo” concordò una voce alle spalle dei due “Damon non potrebbe mai far del male al sangue del suo sangue. Mai l’ha fatto e mai lo farà”.

“Elena non dovresti essere a scuola?” domandò Liz alla bionda che titubante si avvicinava a loro.

“La gattina di mia sorella è scappata sta notte. Margaret mi ha praticamente supplicato di venire a cercarla. Ho ancora un quarto d’ora prima che inizino le lezioni” la tranquillizzò poi il suo sguardo cadde sui corpi mutilati “O mio Dio!” si coprì la bocca con le mani nauseata e preoccupata nello stesso tempo “Che cosa è successo?”.

“E’ stato un attacco di un animale … Elena credo che dovresti andare …”.

“Sì, Elena, ti accompagno io a scuola” s’intromise Damon guardando la ragazza con occhi intimidatori “Non hai più bisogno di me, Liz?”.

“No, per favore portala via”.

Damon la salutò con un cenno del capo e si allontanò con Elena dopo averla presa per un braccio.

Attese finché ritenne di aver messo una buona distanza tra loro due e lo sceriffo, dopodiché afferrò la bionda per entrambe le spalle e la sbatté contro un albero. Le ringhiò in faccia mostrandosi per il vampiro che era.

“Deve seriamente starne fuori” la minacciò.

L’altra lo fronteggiò allo stesso modo e se lo scrollò di dosso “Odio quando diventi così rude. Una volta mi trattavi come un fiore delicato”.

“Quando ti ho conosciuto non avevi ancora vinto il premio per la vampira più stronza della storia”.

“Damon, Damon, Damon” cantilenò Katherine per nulla turbata “Non so proprio da dove ti escano certe battute”.

Il vampiro non rispose, si limitò a tenerle testa stando fermo e fulminandola con gli occhi, aspettando la sua prossima mossa.

“Mi pare di aver capito che dovremo dividere il territorio con i licantropi. Santo Cielo, fa tanto Twilight* …”.

“Non sono affari tuoi” la stroncò Damon sul nascere.

“Certo che lo sono!” lo contraddisse lei quasi indignata “Ti ricordo che il loro morso è letale anche per me”.

“Se sentissi mai odore di pericolo, scapperesti a gambe levate. Non è forse la tua specialità?”.

Katherine non parve più disposta a sorvolare su tutte le frecciatine e replicò con malignità “La tua sembra invece deludere chiunque ti stia intorno. Da quanto ho potuto vedere ieri sera, la piccola rossa appariva piuttosto sconvolta”.

Neanche il tempo di finire la frase che si ritrovò con la schiena a terra schiacciata dal peso del vampiro. L’aveva presa per la gola e le alitava sulle labbra come una bestia affamata “Ti ho detto che devi starne fuori. Non credere di avere il diritto di venire nella mia città a dettare legge. Avvicinati ancora a Bonnie e io …”.

“Tu cosa?” lo stuzzicò lei facendo passare una mano dietro la nuca del vampiro, attirandolo ancor più a sé “Cosa vuoi fare? Uccidermi? Sappiamo entrambi che non ci riusciresti mai. Potrai anche non amarmi più, ma non avrai mai il coraggio di strapparmi il cuore”.

“Perché no? Tu hai strappato il mio”.

“Fai il romantico adesso?” ironizzò la bionda dandogli una spinta con la mano che lo fece volare a metri da lei.

“Mi dispiace, Damon, ma questo vostro castello di bugie che vi siete costruiti attorno sarà un lasciapassare per Klaus. Se non risolverete i vostri problemi prima del suo arrivo, vi distruggerà tutti mettendovi l’uno contro l’altro. Io non ho intenzione di morire perché tu non hai avuto abbastanza palle per dire ad una ragazzina che hai ammazzato suo fratello” disse Katherine squadrandolo dall’alto al basso, poi si voltò per andarsene.

Appena gli diede le spalle, però, si ritrovò un ramo conficcato nel suo addome con violenza. Gemette dal dolore incontrando gli occhi minacciosi di Damon “Non sottovalutarmi, tesoro” le sussurrò all’orecchio girando il paletto nella pelle “Godrò a stringere tra le dita il tuo cuore esattamente come è successo con il collo di Zach” poi le strappò con altrettanta violenza il ramo dallo stomaco, si trasformò in un corvo e volò via.

Riprese la sua forma umana solo quando raggiunse la porta del Pensionato. Entrò sbattendola e gettò con rabbia la sua giacca di pelle sul pavimento. Avrebbe potuto uccidere Katherine, avrebbe potuto conficcare quel ramo appena più in alto e tutto sarebbe finito.

Ma la vampira aveva ragione: non avrebbe avuto il coraggio di essere il suo carnefice, almeno non ancora.

Avrebbe solamente voluto che sparisse di nuovo dalla sua vita, questa volta per sempre, che lo lasciasse definitivamente in pace, che non s’intromettesse nei suoi affari. Era tutta colpa sua se Bonnie in quel momento se ne stava nascosta sotto al letto, disorientata, affranta e distrutta. Con molte probabilità non lo avrebbe mai perdonato e la responsabile era soltanto Katherine.

Damon guardò sconsolato in cima alle scale chiedendosi se Bonnie fosse finalmente riuscita ad addormentarsi.

L’aveva ascoltata singhiozzare e sussurrare il nome del fratello tutta la notte senza aver la possibilità di confortarla.

Era così frustante sapere di essere l’unico che non meno di una settimana prima avrebbe saputo calmarla e ora … era quello che l’avrebbe fatta piangere ancora di più; era quello per cui Bonnie aveva iniziato a piangere.

Salì le scale fino a ritrovarsi di fronte alla porta della camera della ragazza. Pareva si fosse tranquillizzata ma non dormiva ancora; il respiro era troppo accelerato.

Per un momento pensò di bussare, solo per accertarsi delle sue condizioni poi cambiò subito idea. Cosa avrebbe potuto dirle?

Era serio quando aveva detto a Stefan di non essere pentito del suo gesto. Non avrebbe mai voluto fare del male  a Bonnie, ma Zach era un semplice umano come tanti altri. Di nessun valore.  Ucciderlo era stato come uccidere centinaia di altre persone. Ne aveva mai sentito il rimorso? No.

Non avrebbe mentito a Bonnie propinandole delle false scuse, era stufo marcio di tutte quei segreti e bugie.

Toccò delicatamente il legno della porta con la mano e ci posò sopra la fronte. Quello era l’unico contatto che si poteva permettere, quello era il modo per starle più vicino possibile.

Il campanello suonò mandando in frantumi quel momento. Damon imprecò perché in quella pace, gli era sembrato di poter connettersi a Bonnie.

Ritornò all’ingresso e aprì a quello scocciatore. Corrugò la fronte non appena si accorse che lo scocciatore non era uno qualunque.

Ed eccolo lì, in quell’arrogante posa da liceale fighetto, Justin Bieber dei poveri.

La tentazione di spezzare il collo anche lui lo stuzzicò pesantemente, ma se la fece passare. Non sarebbe stata una mossa proprio intelligente.

Invece indossò una maschera di totale indifferenza, che coprisse il disprezzo palese, e disse con tono fin troppo gentile “Cosa posso fare per te, Cyrus?”.

“Christopher” lo corresse l’altro.

Damon schioccò la lingua contro il palato. Ha pure il fegato di contraddirmi.

“Sono qui per Bonnie” spiegò il ragazzo per nulla intimorito “E’ dalla sera della recita che non la vedo e volevo controllare se era tutto a posto”.

“Va tutto splendidamente, ma grazie per il pensiero” rispose Damon.

“Elena mi ha detto che Bonnie è malata” disse a bruciapelo “Ho provato a chiamarla ma ha il cellulare spento. Mi sono preoccupato”.

“Non si è sentita molto bene in questi giorni” confermò Damon “Sei stato carino a passare, le porterò i tuoi saluti” mentì e fece per chiudere la porta ma Christopher mise il piede in mezzo “In realtà preferirei vederla”.

Damon lo fissò incredulo, colpito da tale impudenza “Beh sai, Chris, anche io vorrei essere un sacco di cose ma non credo che arriverà mai la fata turchina ad esaudire i miei desideri quindi …”.

“Con tutto il rispetto Damon, ma a meno che Bonnie non si trovi sul letto di morte, non capisco perché io non potrei vederla”.

Ok, ora lo ammazzo.

“Punto primo: io sono il signor Salvatore. Punto secondo: credi davvero di poter venire qui e dirmi che può entrare o no in casa mia?” gli chiese freddamente facendo un passo avanti per intimidirlo.

Christopher non si mosse di un millimetro e ricambiò lo sguardo “Non volevo sembrare scortese, signor Salvatore” lo pronunciò con lo stesso tono con cui Damon aveva detto il suo nome “E’ solo che ci terrei davvero molto a salutarla di persona e credo che anche a lei farebbe piacere vedermi”.

Con quell’ultimo appunto centrò il segno.

Damon era certo che Bonnie sarebbe stata più che contenta di vedere il ragazzo. Aveva una cotta per lui e sicuramente le avrebbe tirato su il morale.

“Se tra dieci minuti non sei ritornato qui, l’ultima cosa di cui dovrai preoccuparti sarà essere stato scortese” lo minacciò “La stanza è …”.

“Grazie, so dove si trova la sua camera” detto questo salì le scale.

Come “so dove si trova la sua camera”? Come cazzo fa a saperlo?

Basito prese il cellulare e compose il numero di Stefan. Non passarono molti secondi  che il fratello rispose.

“Ehi Golden Boy! Come procede a scuola? Spero che porterai a casa ottimi voti o dovrò prendere provvedimenti” scherzò con il suo solito umorismo fuori luogo.

“Che vuoi Damon? È successo qualcosa?”.

“Niente di particolare” disse lui con fare quasi annoiato “Ho raggiunto Liz, ho esaminato quei cadaveri … non è stato un vampiro”.

“Finalmente una buona notizia” sospirò di sollievo Stefan.

“E’ opera di un lupo mannaro” rivelò stroncando tutto l’entusiasmo del fratello.

“Ne sei certo? Non è che magari abbiamo a che fare con un normalissimo serial killer, umano?” chiese speranzoso.

“Fidati di me, vorrei proprio conoscere l’umano capace di fare quello scempio; gli stringerei la mano”.

“Non può essere stato Tyler, non era nemmeno in Virginia”.

“No” gli diede ragione Damon “Quindi aggiungi un altro problema alla lista. Sembra che i lupetti siano tornati in città”.

Sentì Stefan lamentarsi dall’altra parteuiQQq

 Della cornetta. “Come sta Bonnie?”.

“Sempre nascosta sotto il letto … ma adesso Justin Bieber è con lei”.

“Christopher? Che ci fa lì?”.

“E’ venuto a trovarla”.

“E tu l’hai lasciato entrare? Vivo?” quella notizia era ancora più sconvolgente della precedente.

“Beh in realtà l’idea di staccargli la testa mi ha sfiorato, poi ho pensato che la rossa non ne sarebbe stata entusiasta”.

“Almeno stai imparando a controllarti” disse Stefan.

“C’è solo una cosa che mi sfugge. Ha detto di sapere dove si trova la camera di Bonnie? Come diamine è possibile?”.

“Chris è già stato a casa nostra, per le prove della recita. Tu ovviamente non c’eri” chiarì Stefan ridacchiando, certo di aver sganciato una bella bomba.

Damon soffocò un ringhiò e rimase sorprendentemente calmo “Farò finta che la linea sia disturbata e metterò gentilmente giù il telefono per evitare di urlarti in faccia” dopodiché riattaccò.

 

Quando Bonnie vide lo spiraglio di luce entrare dalla porta aperta, si chiese perché non potessero lasciarla sola, in santa pace.

“Non ho voglia di vedere nessuno, Stefan!” esclamò irritata come non mai.

“Bonnie?” chiamò quella voce che la ragazza conosceva tremendamente bene. Dopo un secondo il viso di Christopher comparve a pelo del pavimento, rivolto verso di lei “Che ci fai lì sotto?”.

“Christopher!” si stupì alzandosi di botto e picchiando una testa contro le doghe del letto “Perché sei qui?!”.

“Elena mi ha detto che non ti sentivi molto bene. Sono venuto per vedere come stavi” spiegò “Posso?” domandò indicando lo spazio accanto a lei. Bonnie annuì.

“Perché siamo sotto al letto?” s’incuriosì il ragazzo.

“Mi nascondo”.

“Da chi?”.

“Dalla mia famiglia”. Non è la tua famiglia, comincia ad accettarlo.

“Avete litigato? Ti è successo qualcosa?”.

“Niente di grave” dissimulò Bonnie “Ho solo scoperto delle cose … su di me, su di loro, sul mio passato. Cose che non mi avevano detto”.

“Fa sempre male quando scopri che le persone cui vuoi bene, hanno dei segreti con te, vero? Si suppone che la famiglia dovrebbe proteggerti, ma la maggior parte delle volte ti tradisce” Chris parlò come se fosse un esperto dell’argomento.

“Sì, più o meno la sensazione è quella” concordò Bonnie.

Si avvicinò a Christopher e poggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi. Trovava una strana pace a stare con lui. Forse perché era l’unico davvero estraneo a tutta l’anormalità che la circondava. Forse perché era l’unico a non averla delusa, dato che non poteva sapere di  Zach.

Quando aveva intorno Christopher, poteva fingere di star vivendo una vita normale. Si sentiva solo come una ragazza con una cotta per un ragazzo fighissimo appena arrivato da un altro stato.

Non poteva dire  che il loro fosse un rapporto sincero come avrebbe voluto. Avevano dei segreti, lei aveva dei segreti e per questo si odiava; ma d’altra parte Christopher non le aveva nascosto niente, come se fosse sempre dalla sua parte, sempre lì per lei, senza secondi fini, senza un tornaconto, semplicemente per lei.

“Ti sei calmata?” mormorò il ragazzo.

“Sì” soffiò Bonnie. Ed era vero. La sua sola presenza era bastata per tranquillizzarla, per farle rallentare il respiro. Il peso sul cuore si era alleggerito. Sarebbe potuto restare in quella posizione per tutta la vita.

“Che farai?” riprese a parlare Christopher “Rimarrai qui sotto finché non ti sarà passata? Anche se sarà per molto tempo?”.

“L’idea era quella, sì!” asserì Bonnie “So cosa vuoi dirmi: che dovrei farmi forza, affrontare miei problemi e non nascondere la testa sotto la sabbia …”.

“No, in realtà volevo dirti tutto il contrario” la interruppe lui “Odio le persone che fanno quel genere di discorsi; una persona avrà pure il diritto di stare male senza che gli altri s’intromettano? Chissà perché quando succede qualcosa di brutto tutti ti ripetono che devi alzarti e riprenderti la tua vita! Se hai voglia di startene sotto al letto fino a quando non ti sarà passata, allora fallo! Non credo che cadrà il mondo nel frattempo”.

“Dici sul serio?”.

“Sono serissimo” affermò il ragazzo “Anche se questo vuol dire che non ti vedrò per un po’ ” continuò dispiaciuto sfiorandole una guancia con le dita.

“Hai ancora venti secondi prima che ti privi per sempre della possibilità di riprodurti!” lo avvisò Damon urlando dal corridoio.

“E’ meglio che vada” sussurrò Christopher.

Bonnie lo trattenne per un braccio “Sai che non devi fare quello che ti dice”.

“Lo so” ripeté Christopher “Ma ammetto che mi spaventa abbastanza” poi si avvicinò al viso di Bonnie, le diede un bacio sulla fronte e dopo averle regalato un bellissimo sorriso, abbandonò la stanza.

Bonnie sbuffò e rotolò dall’altra parte immaginandosi che lui fosse ancora lì. Erano stati insieme meno di un quarto d’ora, ma in così poco tempo era riuscito a farla stare bene.

Chris non le metteva pressione, non insisteva per sapere quali problemi avesse, non la importunava mai con domande stupide. Le permetteva di soffrire in pace.

Era l’unico che provava a capirla pur non chiedendo dettagli. Era rassicurante, gratificante. Christopher a volte dimostrava di conoscerla più di Stefan e Damon e Bonnie lo considerava un po’ come suo. Con lui non si sentiva messa da parte, con lui non era l’ultima arrivata. Non doveva condividere la sua amicizia, il suo affetto con nessun altro.

Bonnie lo ringraziò mentalmente per le parole di conforto che le aveva rivolto, avevano avuto un effetto positivo e motivante.

La cosa più sensata sarebbe stata quella di alzarsi, di uscire dalla sua camera e ritornare lentamente alla sua quotidianità. Ma a che pro?

Certo l’avrebbe fatto prima o poi; si sarebbe fidata di nuovo di Stefan, avrebbe ricominciato ad uscire con le sue amiche e avrebbe accettato di non essere una Salvatore e di avere poteri magici. Tutte cose fattibili. Tutte tranne una. Una cosa  che la bloccava. Damon e Zach. Questo proprio non avrebbe potuto superarlo. Non voleva superarlo, perché avrebbe significato perdonare Damon.

Io non voglio concedergli il mio perdono.

Perciò avrebbe continuato per la sua strada fino a che non sarebbe stata pronta a tornare indietro e riprende in mano la sua vita con tutte le sue assurdità.

Si rigirò dall’altra parte e socchiuse le palpebre; si ritrovò addormentata senza nemmeno accorgersene. Quando si risvegliò era sera tardi.  Fissò per un po’ la parte più bassa della porta; piano, piano striscò sul pavimento finché la sua testa non spuntò da sotto al letto e lei ebbe piena visione della sua stanza.

Christopher le era stato di grande aiuto: non solamente perché le aveva fatto capire che andava bene soffrire e non voler smettere; ma senza volerlo le aveva anche dato una scarica di energia, le aveva trasmesso una voglia matta di ritornare a scuola solo per vederlo, per passare del tempo con lui.

Perché quel quarto d’ora era sembrato così giusto, così perfetto. Se mai un giorno fosse guarita da tutta quell’afflizione, probabilmente sarebbe stato grazie a Chris.

Senza rendersene bene conto, si ritrovò con la mano sulla maniglia e l’abbassò. Mosse passi incerti per il corridoio e poi giù per le scale. Aveva sete. Aveva dannatamente sete.

Raggiunse la porta della cucina, esattamente accanto ai grandi archi che portavano al salone e soltanto in quel momento notò una figura sulla soglia di questi. Erano passate meno di dodici ore dall’ultima volta che l’aveva visto, ma le erano parsi anni. Le sembrò d’incontrare uno sconosciuto. Uno di cui avere paura. Perché lui non era più il tenero zio che le aveva insegnato ad andare a cavallo, ma il mostro che aveva ucciso suo fratello.

Tuttavia non abbassò la testa e sostenne lo sguardo buio come l’oscurità che avvolgeva la stanza. Bonnie, ovviamente, lo aveva riconosciuto ugualmente. Gli occhi di Damon brillavano come nient’altro al mondo, erano inconfondibili.

Un tempo li avrebbe adorati, ma in quell’istante provava solo disprezzo.

Disprezzo, ira, rancore, delusione, astio.

Era tutto ciò che Damon leggeva in quelli di Bonnie e avvertì qualcosa spezzarsi dentro di lui; la pietra. Che cosa gli stava succedendo?

Non si stava creando un nuovo strato, era piuttosto il contrario, come se un grosso pezzo si fosse rotto e si fosse staccato sparendo chissà dove.

Non credeva che Bonnie avrebbe lasciato così presto la sua camera, il suo rifugio. Non si sarebbe mai aspettato di affrontarla dopo poche ore. Non era preparato, aveva bisogno di più tempo.

La ragazza si era tesa come una corda e quasi non respirava. Aveva i pugni chiuse lungo i fianchi e il suo petto si alzava pesantemente.

Damon per un attimo pensò che sarebbe scoppiata a piangere. Invece indietreggiò di poco e poi si diresse velocemente in cucina sbattendo furiosamente la porta.

Damon si perse a contemplare il punto in cui era scomparsa Bonnie e si portò una mano sul petto. Percepì il suo stesso respiro diventare affannoso e si chiese come fosse possibile dato che i vampiri nemmeno avevano bisogno di respirare.

Mentre tornava mestamente nella sua camera realizzò dopotutto di rimpiangere una cosa sola nella sua vita; di non avere più il potere di farla sentire al sicuro.

Perché non poteva tornare indietro e cancellare ciò che aveva fatto.      

 

“I can’t remember why
I’m lying here tonight
And I can’t stand the pain
And I can’t make it go away
No I can’t stand the pain
How could this happen to me
I’ve got nowhere to run
The night goes on
As I’m fading away
I’m sick of this life”

(Untitled- Simple Plan).

 

Il mio spazio:

Buona sera a tutte mie care lettrici!

Sono riuscita ad aggiornare in due settimane e mi ritengo incredibilmente soddisfatta!

Ho un paio di comunicazioni di servizio da farvi: la prima è che ho buttato giù una scaletta dei prossimi capitoli e vi posso anticipare ( non so se con vostra gioia o dispiacere) che Bonnie e Damon avranno la loro prima conversazione civile tra cinque capitoli; la seconda che, sempre grazie alla suddetta scaletta, ho calcolato che questa storia consterà in tutto di una quarantina di capitoli.

Ora, dato che non siamo nemmeno al numero venti, vi voglio chiedere di avvisarmi se man mano trovate che la storia sia troppo lunga o noiosa. Posso sempre tagliare qualcosa e modificare i miei piani ;)

Passando al capitolo: non succede niente di che. È solo un capitolo post rivelazione, scritto per mostrare i diversi modi di reagire dei personaggi; anche la canzone è la stessa proprio perché volevo analizzare i comportamenti di Bonnie e Damon partendo dallo stesso punto di partenza

Non si prospettano bei tempi per il nostro vampiro. Bonnie non ha assolutamente intenzione di perdonarlo (e ha tutte le ragioni) e lui non vuole chiedere scusa neanche morto. Chi cederà per prima? Resisteranno a stare lontani?

Stefan, come dice suo fratello, è stato “graziato” ma non credete che per lui sarà facile. Bonnie si mostrerà dura e tagliente come non è mai stata, soprattutto più avanti. Inoltre vuole farla pagare ad entrambi e si riserverà delle piccole vendette quotidiane. Muahahaha!

Sono arrivati anche i lupi mannari; so che sembra di rivivere la seconda stagione di TVD, ma non è così, fidatevi di me! Più che altro questi teneri animaletti mi servono per una scena che (spero) adorerete, ma ora sto anticipando troppo quindi la smetto!

Nel prossimo capitolo: Christopher e Bonnie si avvicineranno sempre più. Bonnie si divertirà facendo diventare matti Damon e Stefan, mentre tutta la combriccola sarà alle prese con il problema “licantropia”. Forse arriverà un nuovo personaggio e forse comparirà uno già conosciuto.

Come al solito vi ringrazio di tutti i vostri bei commenti! E ovviamente ringrazio anche i miei lettori silenziosi e coloro che hanno la mia storia tra le preferite/ seguite/ ricordate!

 

*Ovviamente tutti questi riferimenti a Twilight sono solo battute. Non voglio assolutamente offendere eventuali fan; io stessa ho adorato i libri, quindi non mi permetterei mai. Ho notato che sono due modi di concepire il vampiro del tutto diversi e ho trovato simpatica l’idea di mostrare la differenza facendo dell’ironia sulla saga della Meyer.

Alla prossima,

Fran!

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Capitolo 20
*** Mustn't let them see me cry. I'm fine, I'm fine ***


Ashes &Wine

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Capitolo venti: Mustn’t let them see my cry. I’m fine, I’m fine.

 

“Does anybody know what we are living for?
I guess I'm learning 
I must be warmer now
I'll soon be turning  round the corner now
Outside the dawn is breaking
But inside in the dark I'm aching to be free
The show must go on
The show must go on
Inside my heart is breaking
My make-up may be flaking
But my smile still stays on”

(The show must go on- Queen).

 

“Scusate sono in ritardo” Elena si sedette davanti alle sue amiche “Ero con Stefan e ho perso la cognizione del tempo”.

Meredith e Caroline non ci badarono molto. Erano solo molto curiose di sapere perché Bonnie si era rinchiusa in casa.

“Non ci interessano i dettagli sconci sulla tua relazione vampiresca” tagliò corto Caroline “Cosa diamine è successo? Ho provato a chiamare Bonnie tutto il giorno e oggi Stefan aveva una faccia da funerale!”.

“Lo sa” rispose Elena.

“Sa cosa?” ripeté Meredith.

“Sa che Damon ha ucciso Zach”.

“O no!” esclamò Meredith “Io l’avevo detto che era una pessima idea, dovevamo dirle la verità”.

“E non avete ancora sentito il peggio” le avvisò Elena.

“C’è di peggio?!” si sorprese Caroline.

“Bonnie è una strega ed è stata adottata” la bionda lanciò la bomba e aspettò la reazione delle altre due.

Ci furono alcuni secondi di silenzio, poi sia Meredith che Caroline esplosero a raffica in una serie di domande. Elena cercò di spiegare in modo esauriente tutto ciò che Stefan le aveva raccontato.

Non fu facile calmarle. Quella era una notizia piuttosto scottante e non c’era da stupirsi che avesse lasciato tutti senza parole.

“Dobbiamo andare da lei” sentenziò Meredith.

“Non è una buona idea” la scoraggiò Elena.

“Sei impazzita?” s’indignò la mora “Sarà distrutta ed è anche colpa nostra se sta così. Noi siamo le sue amiche, dovremmo mostrarle che ci siamo per lei”.

“Hai detto bene” concordò Elena “E’ anche colpa nostra e non credo che ora Bonnie abbia molta volta di vederci. Lasciamole il tempo di digerire la faccenda, non stiamole troppo addosso”.

“Ma …”.

“Ha ragione Elena” intervenne Caroline “Penserà che siamo andate da lei solo perché ci sentiamo in colpa, non perché le vogliamo bene”.

Meredith parve rifletterci su qualche istante e infine annuì “E’ che sento di non aver fatto abbastanza per lei” confessò “Sento di averla presa in giro e questo non mi piace. Io non sono così” una pausa “Noi non siamo così”.

“Immagino che sia stata una bella lezione” iniziò Elena “Ci siamo fatte prendere troppo dagli eventi. Eravamo così concentrate a proteggere Stefan e Damon che non abbiamo pensato di poter far soffrire qualcun altro”.

“Così la prossima volta impariamo a decidere per le vite degli altri” commentò Caroline amaramente “Ma queste cose dovremo dirle a lei”.

“Lo faremo” Elena rassicurò entrambe “Non appena Bonnie si sentirà meglio, le parleremo. L’abbiamo ammessa nella sorellanza velociraptor, è come se fosse diventata nostra sorella e alle sorelle non si dovrebbero fare certe cose”.

“Adesso ho capito perché Alaric era così strano quando l’ho rivisto. Continuava a ripetere di aver fatto delle scoperte incredibili ma che non poteva parlarmene perché non era ancora il momento. Probabilmente aspettava che Stefan lo dicesse a Bonnie” suppose Meredith.

“Spero solo che non faccia qualcosa di stupido” auspicò Caroline “Con tutto quello che le è capitato, non mi stupirei se si lasciasse un po’ andare”.

“Bonnie non è una sprovveduta” le fece notare Meredith “Non mi pare il tipo che si scoraggia facilmente e non farà nessun gesto avventato” la ragazza appariva piuttosto convinta di ciò che stava dicendo “Al massimo cercherà di mandare Damon in overdose da verbena. Non posso dire che l’idea mi dispiaccia”.

“Il tuo amore per me è oltremodo commovente” sussurrò il vampiro in questione comparendo alle spalle della giovane.

Tirò indietro una sedia e si accomodò al loro tavolo “Non smettete di spettegolare solo per me. Adoro i segreti tra ragazze”.

“Che ci fai qui?” s’insospettì Caroline alzando un sopracciglio.

“A dire il vero sono venuto a parlare con te” rivelò Damon “A proposito del tuo uomo- lupo”.

“Non è il mio … Ehi! Non chiamarlo così!” si arrabbiò Caroline.

Damon alzò gli occhi al cielo, scocciato dalle continue interruzioni “C’è stato un attacco animale l’altro giorno. Tua madre ha trovato cinque cadaveri nel bosco. Ed è opera di un lupo mannaro”.

“Non è stato Tyler” replicò la ragazza “Non era nemmeno a Fell’s Church”.

“Su questo non posso essere più che d’accordo” disse Damon con un ghigno “Il che significa che qualcun altro è il responsabile”.

“Cosa c’entra con Tyler?”.

“Se altri licantropi sono arrivati in città, lo hanno fatto per lui. Lupi e vampiri non vanno d’accordo e qualcuno finisce sempre per morire. Ora, non mi turba che siano loro le vittime, ma non gradirei essere morso. Tieni d’occhio il tuo amichetto, perché sono certo che questo casino abbia a che fare totalmente con lui” spiegò mentre spiluccava patatine fritte dal piatto di Elena.

“Damon … quanto potrebbe essere pericoloso?” chiese la bionda agitata.

“La luna piena è appena passata. Abbiamo un mese di tempo per disfarcene” chiarì il vampiro “Prima è, meglio è”.

“Va bene, gli parlerò” accettò Caroline.

“No, Baby Vamp” scosse la testa Damon “I lupi mannari hanno una specie d’istinto di stare dalla parte del branco. Non devi dirgli niente o potrebbe mandare a puttane i nostri piani di scacciarli da qui”.

“O certo!” sbuffò Meredith intromettendosi “Andate pure avanti con le bugie, visto che portano a risultati così grandiosi” ironizzò.

Damon si voltò verso di lei visibilmente irritato “Qui nessuno ha chiesto la tua opinione”.

“No?! Dimmi, Damon, come sta Bonnie?” insistette Meredith sapendo di toccare un punto debole.

“Credimi: non vuoi cominciare questa conversazione” l’avvertì lui riducendo gli occhi a due fessure.

“Damon, noi vorremo veramente sapere come sta” lo pregò Elena.

“Chiusa in camera, oltremodo depressa, oltremodo incazzata” rispose il ragazzo facendo un gesto con la mano come per sminuire la questione.

“Sei così tremendamente irritante” sbottò Meredith “Le hai fatto male, l’hai ingannata, l’hai resa infelice e te ne stai qui, tutto tranquillo, senza un minimo di rimorso! Dovresti essere davanti alla sua porta a supplicarla in ginocchio!”.

“Chiariamo un paio di cose” propose Damon con voce tutt’altro che amichevole “Punto primo: io non proverò mai rimorso per niente di ciò che ho fatto; punto secondo: non è la mia occupazione preferita strisciare per chiedere perdono; soprattutto quando sono certo di ricevere solo insulti in cambio. Bonnie non mi vuole intorno e io la sto accontentando. So quando non sono desiderato”.

“Davvero?” proruppe Caroline con tono falsamente sorpreso “Allora non mi spiego perché tu sia ancora qui a Fell’s Church”.

“Care!” la sgridò Elena.

Damon rimase in silenzio per alcuni secondi, fissando Caroline. Non gli importava molto che la ragazza non lo volesse lì, ma sapeva che non era l’unica.

Stefan non lo voleva. Elena … chissà quanto volte si era chiesta come sarebbe stato se lui non fosse piombato nelle loro vite.

Bonnie, lo detestava e forse avrebbe preferito vederlo morto.

No, decisamente non era il benvenuto in quella piccola città. Più volte aveva pensato di andarsene, ma qualcosa lo tratteneva lì; come se si sentisse in debito, come se avesse delle questioni in sospeso.

“Bastava dirlo, non c’è bisogno di essere così scontrosa” regalò un ultimo sorriso sarcastico alle tre e poi le lasciò sole.

“Era proprio necessario?” Elena lanciò ad entrambe uno sguardo di rimprovero.

“E’ tutta colpa sua” replicò Meredith “Se non avesse ucciso Zach, noi non avremmo dovuto mentire per coprirlo” aggiunse abbassando la voce.

“Forse ho un po’ esagerato” ammise Caroline “Ma … sai … quando si comporta così, da stronzo arrogante e menefreghista, mi fa tornare in mente tutto quello che mi ha fatto e … beh, non riesco proprio ad essere gentile!”.

“Damon è un vampiro, uno di quelli che sanno come spegnere le emozioni. È imprevedibile e tu troppo spesso te ne dimentichi” insinuò Meredith.

“So perfettamente chi è Damon Salvatore” ribatté Elena “So che ha fatto delle cose orribili, so che ne potrebbe fare ancora, ma adesso sta cercando di cambiare, di trattenersi … ha dimostrato più di una volta di tenere a noi”.

“Di tenere a te, Elena” la corresse Caroline “Sappiamo tutti che si sta comportando bene solo per te”.

“Ma lo sta facendo!” sottolineò la bionda “E a volte penso che se cominciassimo a trattarlo meglio, forse sarebbe tutto più facile”.

Caroline era pronta a rispondere, quando la porta del Grill si aprì. Tyler Smallwood entrò nel locale. Caroline fu lì per alzare la mano e salutarlo, ma fermò il braccio a mezz’aria. Con lui c’era una ragazza.

Capelli lunghi e neri, occhi chiari, alta e fisico snello. Caroline arcuò le sopracciglia e attirò l’attenzione delle amiche su i due “E quella chi è?” berciò.

 

Era strano ritornare a scuola dopo tutto ciò che le era accaduto. Pochi giorni erano trascorsi, ma vampiri, lupi mannari e streghe l’avevano allontana dalla realtà studentesca. Le sembrava di non esserci più abituata.

Quel giorno il cielo era sereno, c’era un bel sole caldo; non sembrava nemmeno di essere appena usciti dall’inverno.

Bonnie se ne stava seduta sugli spalti ad assistere all’allenamento della squadra di football. L’aveva fatto solo per vedere Christopher, altrimenti non avrebbe mai abbandonato il suo rifugio sicuro.

Le era stato molto d’aiuto, le aveva ricordato la parte normale della sua vita e l’aveva spinta a combattere per tenersela bene stretta.

Non le aveva fatto particolari discorsi d’incoraggiamento (tutto il contrario), non l’aveva rimproverata per essersi nascosta come una bambina, era stato oltremodo comprensivo. Christopher non conosceva la verità sul conto di Bonnie, probabilmente aveva pensato che si trattasse di uno dei soliti problemi da diciottenni, niente di grave, ma era proprio ciò di cui Bonnie aveva bisogno.

Improvvisamente le era venuta voglia di sentire l’aria fresca sul viso, di stare tra i suoi coetanei, di uscire semplicemente di casa.

Stefan aveva fatto i salti di gioia quando gli aveva chiesto di accompagnarla a scuola. Bonnie l’aveva subito smorzato chiarendo che non stava andando per lui ma per qualcun altro, ma il vampiro l’aveva interpretato comunque come un miglioramento.

Damon non si era visto e Bonnie ne era stata ben felice. Non voleva rovinarsi la giornata già di prima mattina.

Il ritorno a scuola non era stato in ogni caso un idillio. Bonnie era stata per conto suo quasi tutto il tempo e soprattutto aveva cercato di evitare le sue amiche.

Non poteva dire di essere davvero arrabbiata con loro; si erano ritrovate in una posizione scomoda: proteggere Stefan e non farla soffrire.

Le capiva. Come aveva capito Stefan quando aveva mentito per Damon. Forse lei per prima avrebbe fatto la stessa cosa se i ruoli fossero stati invertiti.

Non le sembrava, però, ancora il momento adatto per chiarirsi; lei non poteva fare a meno di sentirsi ingannata e quindi non avrebbe potuto affrontare una tale discussione con la mente lucida.

Soprattutto provava una grande disillusione e tristezza, perché tutti, pur essendo combattuti, avevano scelto di difendere Stefan e Damon.

Era come se nessuno le volesse sufficientemente bene da prendere le sue difese, era come se non contasse abbastanza per tutti loro, era come tentare in tutti i modi di far parte di un puzzle già completo. Così maledettamente frustrante!

“Vuoi un po’ di compagnia?” chiese una voce alla sua sinistra.

“Matt!” esclamò Bonnie “Non dovresti essere giù in campo?” gli domandò notando che non indossava la divisa da football.

“Sono fermo per due settimane. Mi sono slogato il polso mentre aiutavamo Tyler” le spiegò sedendosi accanto a lei.

“Non mi ero accorta che ti fossi fatto male” si accigliò Bonnie.

“Nemmeno io. Sarà stata l’adrenalina o che so!” si girò a guardarla “In realtà volevo sapere come stavi tu”.

“Magnificamente!” rispose la rossa con sarcasmo “Sto solo cercando di capire come mai è così facile prendermi in giro. Sono una tale stupida e ingenua!”.

“Non sei una stupida” la rassicurò Matt “Ti fidi delle persone che ami. È una cosa buona”.

“Sì, sarebbe meglio se non ricevessi in cambio bugie” si lamentò Bonnie “Perché è quello il peggio: che tutti mi abbiano raccontato frottole. Soprattutto Stefan”.

Matt sospirò “A volte la famiglia preferisce non dirti certe cose, perché pensa di farti soffrire inutilmente”.

“Loro non sono la mia famiglia” lo contraddisse Bonnie “Non ti hanno raccontato la novità? Non sono una Salvatore”.

“Sì, Caroline mi ha accennato qualcosa … ma non posso dire di averci capito molto” ammise Matt.

“Benvenuto nel club” scherzò Bonnie “Se credevo che vampiri e lupi mannari fossero un’assurdità … beh avrei dovuto aspettare questo!”.

Matt rise con lei perché poteva capirla perfettamente. Quando Stefan si era presentato da lui con una Caroline appena trasformata e desiderosa di sangue, aveva pensato che non avrebbe più assistito ad una scena così sconvolgente. Quanto si era sbagliato!

“Mi dispiace davvero tanto” si scusò con voce sincera “E’ anche colpa mia se hai scoperto così la verità su tuo fratello. Avrei dovuto dirtelo prima”.

“Non ce l’ho con te, Matt” lo tranquillizzò Bonnie “Prima del week end scorso non ci siamo mai parlati molto. Non mi dovevi niente”. La ragazza s’intenerì all’istante cogliendo lo scintillio di felicità passare per gli occhi azzurri di Matt.

Le dispiaceva non averlo scoperto prima come amico; avrebbe potuto aiutarla molto; in fondo Matt era come lei, era stato costretto ad entrare nel mondo dei vampiri e l’aveva fatto solo per affetto verso i suoi amici.

“Sei una ragazza a posto, Bonnie” la confortò lui “E sono certo che passerà. Devi solamente dargli un po’ di tempo. Farai pace con Stefan e sistemerai con Damon”.

Bonnie annuì accondiscendente, convinta dalla prima ipotesi, molto meno dalla seconda “Vorrei solo che non mi dessero per scontata. Non voglio essere sempre quella brava e buona; voglio fargliela pesare e tanto” aggiunse “Se soltanto avessi il coraggio di ... non so … non sono molto brava con le vendette”.

“Senza esagerare, ci sono tante cose che potresti fare”.

“Del tipo?”.

“Ehi Tyler!” chiamò Matt. La squadra stava facendo una pausa e il ragazzo in questione alzò la testa appena sentì il suo nome “Puoi venire qua un attimo?” gli chiese Matt. Tyler fece un cenno d’assenso e si apprestò a raggiungerli.

“Che stai facendo?!” esclamò Bonnie.

“Fidati di me. Lui è un genio in queste cose”.

“Ti serve qualcosa, Matt?” domandò Tyler dopo aver salutato la ragazza.

“Oh sì” confermò il biondo “Bonnie mi stava giusto chiedendo dei consigli per non farla passare liscia ai suoi zii … senza ricorrere a metodi estremi” precisò.

“Beh è facile!” rispose Tyler posando il casco da football su uno dei gradini degli spalti “Devi solo fare leva sul loro senso di colpa e  saranno ai tuoi piedi”.

Bonnie alzò un sopracciglio un po’ scettica. Forse avrebbe funzionato con Stefan, ma Damon e senso di colpa? No, decisamente fuori da ogni schema.

“Spiegati meglio”.

“Immaginati il solito quadretto familiare” approfondì Tyler “Genitori e figli. Normalmente sono i figli a fare dei casini e i genitori ad arrabbiarsi, ma quando succede il contrario allora sì che le cose si fanno divertenti. Prima di tutto ti si senti autorizzato a fare tutto ciò che prima ti era proibito e i tuoi non si oppongono perché sanno di aver sbagliato quindi cercano di addolcirti. Poi puoi farti compare tutto quello che vuoi, loro farebbero di tutto per zittire il senso di colpa e credono che i regali siano la via più breve. Sei tu che hai il coltello dalla parte del manico e loro non possono dire niente”.

“E’ … mi sembra un po’ infantile” obiettò Bonnie.

“Lo è” confermò Matt “Ma è anche estremamente divertente e ti dà senso di potere”.

“La tua è una situazione particolare” proseguì Tyler “Vivi con i tuoi zii. Uomini centenari intrappolati in corpi da adolescenti, con gli stessi impulsi” qui il suo tono divenne malizioso “Sei una ragazza attraente, Bonnie. Prova ad andare in giro per casa in intimo e li farai impazzire”.

“Sono praticamente la loro nipotina!” si scandalizzò Bonnie “Non mi vedono in quel senso, non potrei mai attrarli in quel senso”.

“Non siete davvero parenti” le fece notare Tyler “E poi non ti hanno nemmeno vista crescere. Te ne sei andata che eri una bambina e sei tornata quasi donna. In linea teorica non ci sarebbe nulla di male, ma in pratica sarebbe moralmente scorretto. Non ti possono toccare e sarà una seccatura immensa”.

Bonnie spalancò la bocca incredula. Era una cosa malata e senza senso! Ok, non erano effettivamente parenti, ma lei li aveva sempre visti come degli zii e loro come una nipote.

“No, assolutamente no!” si oppose “Sei totalmente fuori strada” gli assicurò “Aggiungiamoci pure che Stefan è talmente preso da Elena da non riuscire nemmeno a staccarle gli occhi di dosso!”.

“Forse su Stefan hai ragione” convenne con lei Matt “Ma non ci scommetterei su Damon”.

Bonnie si mise le mani nei capelli e abbassò la testa, non volendo più ascoltare una parola. Si era appena alleata con il Gatto e la Volpe e se ne stava già pentendo.

 

Era al centro di una stanza piuttosto grande, tutt’attorno c’erano delle porte. Doveva trovarsi in un appartamento e quello sembrava l’ingresso.  C’erano un divanetto, un tavolino e un appendiabiti nell’angolo. Le porte avevano la cornice di legno e il centro di vetro opaco e scanalato; non riusciva a vedere oltre, ma di certo davano su altre stanze. Provò a girare la maniglia di una, ma era chiusa a chiave. Fece la stessa cosa con tutte le altre e con orrore scoprì che erano tutte sigillate.

Venne presa per un momento dal panico: era bloccata in una stanza di un appartamento sconosciuto e da quello che poteva dedurre era sola. Poi un rumore alle sue spalle attirò la sua attenzione.

Si voltò giusto in tempo per vedere un ragazzo chiudere una delle porte. Bonnie poteva scorgere la sua figura attraverso il vetro.

Aggrottò la fronte, sicura di averlo riconosciuto: era Damon. Perché era lì?

Si diresse verso la porta e l’aprì ritrovandosi in una camera da letto, ma del vampiro neanche l’ombra. Bonnie iniziò a stranirsi. Controllò ovunque: nell’armadio, sotto al letto. Niente.

Ritornò nell’entrata e ritentò con tutte le altre porte: questa volta si aprirono. Portavano sempre in altre stanze, tutte vuote. L’ultima rivelò un corridoio lunghissimo che non pareva nemmeno fare parte della casa. Non poteva vederne la fine e le diede la nausea quel senso di infinito.

Damon era scomparso e quella era l’unica via per allontanarsi. Bonnie decise di percorrerla. Sapeva di essere ancora furiosa con lui; in realtà non voleva parlargli, ma sentiva che qualcosa non andava.

Il suo sesto di ragazza o di strega le stava dicendo che avrebbe dovuto andare a cercarlo. S’incamminò lungo il corridoio chiamando a gran voce il vampiro.

Nessuno rispondeva e Bonnie iniziò a preoccuparsi seriamente. Aveva già sperimentato quel tipo di angoscia; ricordi confusi le venivano in mente: un altro corridoio costeggiato da vetrate, una prigione surreale, Damon in catene*.

“Damon!” urlò aumentando il passo.

La prima volta l’aveva trovato, ma ebbe la sensazione che non sarebbe stata più così fortunata. Ma perché aveva tanta paura? Che senso aveva tutto quello?

Probabilmente Damon era semplicemente andato da qualche parte a divertirsi, mentre lei si stava crogiolando nella preoccupazione senza averne un motivo ben preciso.

Avrebbe dovuto essere tutta contenta di non avere Damon tra i piedi, giusto?

Continuò a camminare fino a che non s’imbatté in un ragazzo. Non l’aveva mai visto prima, non sapeva proprio riconoscerlo. Decise di non prestargli attenzione e di attraversare l’ennesima porta che era comparsa alle sue spalle.

Oltrepassò il ragazzo ma venne bloccata per un braccio. Si voltò e strattonò il polso “Lasciami”.

“Se n’è andato” le disse quello liberandola dalla sua presa.

“Non so di che parli” fece per proseguire, ma il ragazzo le si parò di fronte.

“Si può sapere chi sei?!” chiese Bonnie indispettita.

“Se n’è andato e non tornerà”.

La situazione iniziava a farsi decisamente strana e Bonnie fece qualche passo indietro “Smettila!” ordinò con voce incrinata “Devo solo attraversare quella porta e …”.

“E non troverai niente” la interruppe lui “Non lo troverai mai più”.

“No” lo contraddisse  Bonnie scuotendo decisa la testa.

“Non tornerà indietro. Ti ha abbandonata”.

Bonnie stentava a credere alle proprie orecchie. Era come se tutti i suoi sospetti si fossero rivelati fondati. Dal momento in cui l’aveva visto sparire dietro la porta, aveva percepito un vuoto allo stomaco, aveva capito che qualcosa mancava, aveva temuto che fosse una cosa definitiva.

E si era inoltrata in quel corridoio alla cieca, sperando con tutta se stessa di rivederlo. D’un tratto si era resa conto che per quanto lo detestasse, non sarebbe riuscita a vivere senza di lui. Non era pronta. Forse un giorno l’avrebbe cacciato via dalla sua vita, ma quel giorno non era ancora vicino.

Perché si doveva sentire in quel modo? No, no, era tutto sbagliato.

Damon aveva ucciso suo fratello, non le sarebbe dovuto mancare e lei non avrebbe dovuto rivolerlo indietro.

“Fammi passare” sentenziò rivolta a quel ragazzo. Damon non se n’era andato veramente; non l’avrebbe mai lasciata senza preavviso, senza salutare.

“Credevi che sarebbe rimasto con te per sempre? Credevi di valere qualcosa per lui?” la derise quel ragazzo.

“Chi sei tu? Cosa ne vuoi sapere! Spostati”.

“Lo conosco molto meglio di te e devi prendermi sulla parola quando ti dico che non gli è mai importato niente di te. Ti ha protetto solo per via della promessa fatta a tua madre, ma ora è libero di andare e non cambierà idea”.

Bonnie lo guardava raccapricciata “Dimmi chi sei”.

“Sai che ti sto dicendo la verità, Bonnie” mormorò quel ragazzo “Perché io sono la sua parte più nascosta”.

Bonnie si artigliò al cuscino mentre un tremito le scuoteva le gambe.

Quanto odiava quegli incubi! A parte il fatto che le impedivano di dormire sonni tranquilli, le mettevano anche in testa una confusione assurda.

Probabilmente era la sua mente a giocarle dei brutti scherzi; con tutto quello che stava accadendo, sentiva lo stress accumularsi e si ripercuoteva anche sui suoi sogni. Realizzò con gran stupore che tutti i sentimenti di vuoto, ansia e mancanza, era spariti non appena aveva aperto gli occhi.

Questo la rincuorò. Per un attimo aveva temuto di essere ritornata la ragazzina che aveva un bisogno disperato di Damon. Si sarebbe data della stupida, altrimenti. Si sarebbe sentita debole e infantile.

Il vampiro l’aveva ferita in ogni modo possibile, non meritava nemmeno un po’ di comprensione e nemmeno tutta quella pena che aveva provato nel sogno.

Certo, Damon l’aveva salvata quando era piccola, ma solo per una promessa fatta ad una donna in punto di morte; le aveva dato una famiglia, ma gliel’aveva tolta brutalmente. In definitiva l’aveva protetta per motivi totalmente egoistici.

Non provava affetto per lei, quindi perché lei avrebbe dovuto provarlo per lui?

Aveva fatto di tutto per capirlo, per stargli vicino, gli aveva concesso infinite possibilità per essere onesto, per dimostrare di voler davvero sistemare le cose e lui se n’era stato sempre zitto. Si era nascosto dietro le spalle di Stefan.

Bonnie, però, conosceva i suoi punti deboli, sapeva come farlo soffrire, ma aveva deciso di trattenersi. Doveva mostrare di essere superiore, di non godere nell’infliggere pene ad altri. Lei non era un mostro.

Si sarebbe solo presa delle piccole rivincite. Damon aveva voluto prendersi l’impegno di occuparsi di un’adolescente? Bonnie gli avrebbe fatto vedere cosa significava veramente aver a che fare con un’adolescente!

Il mattino dopo si svegliò verso le dieci, ma decise di prendersela con comodo. Rimase nel letto a riposare, poi si andò a lavare e vestire. Scese in cucina per fare colazione e si rese conto di essere sola in casa.

Perfetto! Era proprio ciò che le serviva.

Si rigirò il cellulare tra le mani per un po’, indecisa sul da farsi. Inizialmente aveva pensato di chiamare Matt; in fondo l’idea era stata sua e si meritava un po’ di divertimento, ma Bonnie non aveva molta voglia di trascorrere del tempo con lui. Il ragazzo conosceva tutto ciò che la riguardava e sarebbero di certo finiti a parlare ancora una volta di Damon e di tutto il resto.

No, Bonnie aveva bisogno di svagarsi, di chiudere momentaneamente con il paranormale e di concentrarsi su se stessa.

Si chiese: che cosa l’avrebbe resa davvero felice?.

Con un sorriso abbastanza soddisfatto, afferrò le chiavi della macchina dal tavolino all’ingresso e compose un numero sul telefonino.

“Ehi, Chris!” lo salutò uscendo di casa “Hai qualcosa da fare oggi?”.

Gioì nel sentire che il ragazzo era libero per tutto il giorno “Sai, volevo fare un giro e mi chiedevo se avessi voglia di accompagnarmi …”.

Christopher accettò e si offrì di passare a prenderla, ma Bonnie rifiutò.

“Non preoccuparti, vengo io” disse mentre alzava la basculante del garage. Strinse con possessività le chiavi dell’auto “Sei mai stato su una Ferrari?”.

 

Non era felice. Non lo era mai stato; fin dalla sua infanzia, per tutta la sua vita, per tutta l’eternità.

Si divertiva, se la spassava, aveva possibilità che la maggior parte delle persone non sognava nemmeno di avere.

Ma la felicità? Quella per lui non esisteva.

Damon valutò che dopo tutti quei secoli avrebbe dovuto essersi abituato e invece giorno dopo giorno si sentiva sempre più miserabile.

Quello che gli aveva detto Caroline lo aveva … colpito? Sì, lo aveva segnato. Nessuno lo voleva a Fell’s Church. Lo odiavano tutti, lo ritenevano un pericolo, qualcuno da cui stare lontani.

Tutti loro sarebbe morti l’uno per l’altro, tranne che per lui; perché non se lo meritava. Damon non era degno di niente e ne era ben consapevole.

Aveva fallito con ogni persona che era entrata nella sua vita: con suo padre, con Stefan, con Katherine, con Elena.

Quella ragazza gli aveva fatto provare sentimenti che non credeva potesse ancora possedere; e invece erano lì, nascosti sotto strati di pietra, e lei era stata capace di farli riemergere.

Ad Elena stava a cuore Damon, questo era certo; ma non lo avrebbe mai amato quanto amava Stefan e quel pensiero uccideva il più grande dei Salvatore e non faceva altro che aumentare la sua infelicità.

Ma in quel momento, quello non rappresentava la sua preoccupazione più urgente; dopo aver ascoltato le parole di Caroline, infatti, una ragazza aveva occupato la sua mente e non era Elena.

Già, perché Damon, più di tutti, aveva deluso Bonnie.

Bonnie; l’unica che gli aveva voluto bene incondizionatamente fin dall’inizio e non aveva mai smesso, anche quando lui aveva fatto di tutto per mortificarla. E ora quel bene si era trasformato in disprezzo.

Lei non lo voleva a Fell’s Church, lei non lo voleva nella sua vita e quello … quello lo rendeva estremamente infelice.

Damon Salvatore, però, non era mai stato il tipo da piangersi addosso. Come aveva già ribadito più volte: non poteva mandare indietro l’orologio e rimediare a tutti i suoi errori; tanto valeva dunque mettersi il cuore in pace e cercare di accettare la nuova realtà.

E la realtà era solo una: aveva perso Bonnie e forse non sarebbe mai stato in grado di riaverla indietro.

Stava male? Sì.

Lo avrebbe mostrato? No.

Damon non poteva permetterselo, perché avrebbe significato rendersi  vulnerabile al mondo, palesare i suoi sentimenti e quindi ammettere la sua umanità.

MAI.

Era, oltre tutto, necessario. Damon rappresentava l’unico capace di gestire al meglio le situazioni pericolose, era quello che avrebbe salvato tutti. Di ciò ne aveva la certezza.

Non si trattava di superbia, ma era proprio un dato di fatto.

Damon era scaltro, studiava il nemico, interpretava le sue mosse ed era sempre un passo avanti. Si era abituato a cavarsela da solo ed era diventato estremamente abile ad arrangiarsi.

Si sentiva in parte responsabile per quei piccoli umani, sentiva di essere il loro pilastro; sarebbero andati a fondo senza di lui.

Suo fratello aveva bisogno di lui per salvare Elena e Damon voleva disperatamente proteggerla.

Non poteva farsi sopraffare da vari sensi di colpa e rimpianti, perché non gli avrebbero permesso di pensare chiaramente e soprattutto gli avrebbero tolto la credibilità.

Lui era un vampiro, vero. Il rimorso non apparteneva alla sua razza. O almeno questo era ciò che gli altri dovevano credere.

Perciò scacciò via quell’attimo di debolezza e decise di indossare la sua maschera di perfetta indifferenza. Di tornare ad indossarla.

In fondo non si era sempre trattato di portare una maschera?

Avvertì il cellulare vibrargli nella tasca. Roteò gli occhi quando vide che il mittente era Stefan.

“Dimmi fratellino”.

“Dove sei?”.

“Di fronte a casa del lupo. Lo sto controllando”.

“Vieni subito verso l’Old Wood” gli intimò Stefan piuttosto agitato.

“Cosa c’è? Ti serve una mano per cacciare i conigli?”.

“No!” negò Stefan “Si tratta di Bonnie”.

Damon si tese all’istante “Sta bene?”.

“Lei sì” lo tranquillizzò il fratello “La tua macchina un po’ meno”.

Damon se possibile sbiancò terribilmente. Chiuse la chiamata e si fiondò lungo la strada per il bosco come gli aveva detto Stefan.

Da lontano poteva distinguere una voltante della polizia, alcune persone intorno a qualcosa e suo fratello un po’ in disparte.

Avvicinandosi meglio capì che cosa aveva attirato i due poliziotti: ed eccola là, con il cofano spalmato contro il guardrail, la sua Ferrari nera.

Damon percepì una sorta d’irritazione mista rabbia salirgli dallo stomaco mentre identificava gli autori di quel delitto.

Ed ebbe la netta impressione che qualcuno avrebbe perso la testa!

Stefan gli andò incontro piazzandosi davanti forse per impedirgli di saltare alla gola del primo mal capitato “Damon” lo ammonì.

“La mia bambina!” balbettò il vampiro in preda alla collera “Ha ucciso la mia bambina!”.

“Non potresti essere contento che Bonnie non si sia fatta neanche un graffio” gli disse Stefan con chiaro tono polemico.

“Uh, a questo posso rimediare io! Stanne certo” gli assicuro con voce tutt’altro che tranquilla, poi lo oltrepassò volgendo tutta la sua attenzione alle altre quattro persone intorno alla macchina. I due poliziotti, Bonnie e Justin Bieber.

“Chissà perché non mi sorprende che tu sia coinvolto” lo fulminò come un padre nei confronti del ragazzo irresponsabile della figlia.

“E’ sua quest’auto, signore?” s’informò uno dei due poliziotti.

“Sì” annuì Damon tagliente, guardando dritto negli occhi Bonnie che non piegò la testa ma parve quasi sfidarlo “Cos’è successo?”.

“Sembra che la ragazza qui abbia perso il controllo del volante” spiegò lo stesso poliziotto “Queste non sono macchine per adolescenti”.

Damon vi lesse una chiara critica. Quell’uomo lo stava giudicando per il modo in cui Bonnie era stata educata. Quell’insulsa pulce umana!

“Ok, è chiaro che mio fratello non esporrà denuncia” s’intromise Stefan per calmare gli animi.

Ah no? Gli parlò con la mente Damon. In realtà ci stavo facendo un pensierino.

Non essere ridicolo. Gli rispose Stefan “Quindi chiamate pure il carro attrezzi e fatela portare in carrozzeria” continuò “Bonnie torniamo a casa”.

Entrambi i ragazzi si mossero verso la Jaguar del vampiro, ma Christopher venne fermato dalla voce di Damon “Non mi pare che abbia chiamato anche te”.

Bonnie indurì lo sguardo e serrò la mascella. Avrebbe voluto urlare addosso a Damon ma si trattenne. Aveva deciso d’ignorarlo, di farlo sentire un insetto, nemmeno degno della sua voce.

Gli diede le spalle e si girò verso Christopher “Mi dispiace”.

“Non preoccuparti. Mi faccio venire a prendere dai miei” la rassicurò.

“Penserai che sono una pazza” s’imbarazzò Bonnie.

“Per cosa? Per aver lanciato spontaneamente una macchina del genere contro al guardrail? Perché dovrei darti della pazza?!” ironizzò Chris.

“Lanciato! Non esagerare” cercò di sminuire Bonnie “Non andavo nemmeno a dieci allora. Volevo solo che il cofano si accartocciasse un po’ ”.

“Devi odiare proprio tuo zio per avergli fracassato l’auto in quel modo” suppose il ragazzo ancora stupito dal gesto della rossa.

“Ho paio di ragioni dalla  mia parte” rispose criptica “Ci vediamo lunedì a scuola, ok?” lo salutò lasciandogli un lento e dolce bacio sulla guancia, poi si affrettò a salire in macchina.

Non poté non notare l’occhiata di fuoco che Damon le mandò attraverso lo specchietto retrovisore. Bonnie sorrise soddisfatta perché era proprio l’effetto desiderato.

Aveva sperato con tutto il cuore che Chris accennasse al fatto che quello non fosse stato un incidente. Era certa che sia Stefan che Damon con il loro superudito avrebbero ascoltato.

Era solamente un piccola vendetta, una piccola soddisfazione personale, niente di che, ma le aveva lasciato un senso appagamento immenso.

Aveva tutto il diritto di comportarsi come le pareva e loro non potevano farle niente, perché sapevano di essere in torto.

Per cui la mattina dopo, pur consapevole di aver combinato un bel guaio, non ebbe remore nell’avanzare una richiesta un po’ sfacciata.

“Voglio una macchina” esordì entrando in cucina ancora in pigiama.

Damon si stava rifornendo della sua razione giornaliera di sangue e per poco la tazza non gli cadde dalle mani “Sta scherzando?!” esclamò in direzione di Stefan “Sta scherzando, vero?” ripeté sempre più allibito.

Stefan per una volta si trovava in pieno accordo con il fratello, ma sapeva anche che non accontentare Bonnie non sarebbe stata la soluzione.

Quello era il suo modo di fargliela pagare e forse, se loro si fossero mostrati più comprensivi, avrebbero risolto più in fretta i loro problemi.

“Mi sembra giusto” le disse.

“Tu sei più matto di lei!” scoppiò Damon “Ha appena spalmato una macchina da centinaia di migliaia di dollari, la mia macchina, contro un muro e tu cosa fai? Gliene compri un’altra?”.

“Almeno non dovrà più chiederla a noi” rispose Stefan.

“Quando mai ce l’ha chiesta! Di solito se la prende e basta!” continuò il vampiro assolutamente contrario a soddisfare questo nuovo capriccio.

Preferisci che vada avanti ad odiarti per il resto della sua vita? gli chiese telepaticamente Stefan.

Mi odierà lo stesso, con o senza auto. Non è l’auto il problema, Stefan.

Queste sono le uniche occasioni in cui possiamo starle vicino. Vuoi sprecarle così?

Damon sbuffò e non replicò. Stefan interpretò quel silenzio come una resa, perciò si rivolse a Bonnie “Ti accompagno domani dal concessionario, va bene?”.

La ragazza mugugnò qualcosa in assenso mentre prendeva una grossa cucchiaiata di cereali con il latte.

Stefan sorrise impercettibilmente e uscì dalla cucina, sperando che i due approfittassero di quel momento soli per scambiare due parole civilmente.

Damon, però, non appariva per niente disposto a lasciar correre. L’atteggiamento di Bonnie lo mandava in bestia; non si stava comportando da ragazza ferita ma da mocciosa viziata.

Avrebbe preferito che fosse rimasta in camera sua a piangere, che avesse mostrato qualche segno di cedimento e non che si preoccupasse di stupidate superficiali come la macchina. Quella non sembrava più la sua Bonnie.

“Potrai aver raggirato Stefan con questa messinscena, ma non credere di fregare me” affermò “Non m’interessa se è una specie di ripicca, non m’interessa se credi di poter ottenere qualcosa in questo modo. So perfettamente che non te ne frega niente della macchina, so che vorresti solo vedermi morto, quindi smettila di comportarti come una bambina spocchiosa e reagisci”.

Bonnie aumentò la presa sul manico della tazza. Non badò nemmeno alla faccia tosta di Damon, lui che avrebbe solo dovuto tacere e vergognarsi, ma si sentì punta sul vivo. Continuò a fissare un punto sul pavimento.

Quel gesto non fece altro che aumentare l’irritazione di Damon; in un attimo fu davanti a lei e le prese il mento tra le dita obbligandola ad alzare il volto “E guardami in faccia quando ti parlo” le sibilò.

Il vampiro si pentì subito di quella mossa. Bonnie scattò indietro fulminea, la tazza le cadde dalle mani e volò a terra, in frantumi con tutto il latte e i cereali.

La ragazza si aggrappò al piano della cucina dietro di lei, impaurita come poche volte nella vita e fissò l’uomo davanti a lei come un cerbiatto braccato dal lupo.

Damon si maledisse per la sua avventatezza. Avrebbe dovuto essere più delicato, più cauto perché Bonnie, sebbene tentasse di non darlo a vedere, era ancora tremendamente scossa e spaventata da lui.

Il vampiro non provò neppure a fermarla quando la vide scappare via dalla cucina. Ottimo lavoro, Salvatore, tu sì che sai come mandare tutto a puttane.

Bonnie, intanto, chiuse con una botta la porta di camera sua e ci si appoggiò cercando di calmare il respiro.

Damon le aveva messo addosso una dannata paura. La ragazza chiuse gli occhi stravolta; non avrebbe dovuto permettergli di controllarla così, ma il vampiro aveva il potere di farle quell’effetto. Non poteva evitare si esserne spaventata, non dopo aver scoperto che per lui non esistevano limiti.

Per tutta quella settimana aveva finto di essersi un po’ ripresa, si era riempita la testa per non pensare a Zach e ai suoi genitori, ma sembrava quasi che Damon fosse lì per ricordarle tutto il male che doveva patire.

Ammetteva anche lei di essersi fissata su quelle ripicche infantili che non l’avrebbero portata da nessuna parte, ma l’aiutavano a sentirsi più normale, come tutti gli adolescenti con problemi familiare; attenuavano il suo dolore e Bonnie aveva bisogno di provare meno male.

Damon come al solito aveva la capacità di riportarla giù nel baratro, ma Bonnie si ripromise di non permettergli più quel lusso. Non meritava le sue lacrime, non meritava di vederla piangere per colpa sua; quindi trattenne i singhiozzi.

Doveva migliorare, doveva solo continuare a ripetersi di stare bene.

Io sto bene, sto bene … sto bene, sto bene, sto be …

 

“Mi stai prendendo per il culo?” fu il primo commento di Damon quando qualche giorno dopo vide una BMW nuova fiammante parcheggiata in cortile “La prossima volta intanto che ci sei comprale un Jet”.

“Che altro ti aspettavi?” gli rispose Stefan “Io ho una Jaguar e tu una Ferrari”.

“Correzione: avevo una Ferrari. La ragazzina me l’ha distrutta, di proposito” ci tenne a sottolineare ritenendolo un fatto molto rilevante.

“Io ringrazierei che non ti abbia ancora ucciso nel sonno” lo sbeffeggiò Stefan.

“Io ringrazierò quando ucciderà te nel sonno” rigirò la frase Damon.

Stefan non si diede nemmeno la pena di controbattere; suo fratello si sarebbe cucito la bocca piuttosto che affrontare l’argomento ‘Bonnie arrabbiata e in modalità vendicativa’.

In ogni caso non ci sarebbe stato nemmeno il tempo per cominciare quel discorso; Elena entrò nel Pensionato un attimo dopo, chiedendo di chi fosse la macchina nuova ferma lì fuori. Damon alzò gli occhi al cielo per il pessimo tempismo.

“Amore” esordì Stefan baciandola “Che cosa ci fai qui?”.

“Caroline mi ha mandato un messaggio. Mi ha detto di venire subito qui, perché ha delle novità”.

Fantastico! Pensò Damon seccato. Adesso organizzano riunioni in casa mia e nemmeno mi avvertono.

“Dovremo aprire un centro congressi, fratellino” ironizzò mentre lasciava i due piccioncini a sbaciucchiarsi. Si diresse nel salone e cercò una bottiglia di liquore. Bonnie aveva ormai smesso di buttare via l’alcool. Era totalmente disinteressata alla sua vita e Damon non poteva biasimarla.

“Stai bene?”.

Il vampiro si voltò per incontrare gli occhi color cielo di Elena.

“E’ una domanda a trabocchetto?”.

“No, volevo solo sapere come stavi” gli confidò lei “L’altro giorno mi è sembrato che le parole di Caroline ti abbiamo ferito”.

Damon si ritrovò a sorriderle dolcemente, come non aveva mai fatto “Non preoccuparti per me, principessa” mormorò “Per ferirmi ci vuole ben altro”.

Tipo una ragazza che rifugge ogni contatto con te. Non seppe dire nemmeno lui come mai l’immagine di Bonnie, che si ritraeva quasi schifata al suo tocco, gli si parò davanti agli occhi, ma seppe affermare con certezza che quello lo aveva ferito.

“Nessuno di noi ti vuole lontano da Fell’s Church” continuò Elena.

“Già” ghignò lui “Scusami se non ti credo”.

Io non ti voglio lontano da Fell’s Church” precisò la ragazza “Ci tengo a te e non mi va di vederti stare male”.

Damon istintivamente trattenne il fiato, pur non avendone bisogno, ma era una reazione naturale. Ogni volta che Elena gli parlava in quel modo, gli sembrava di poter di nuovo sentire il cuore battere.

Ma l’euforia scemò con la stessa fretta con cui era salita. Stefan era nella stanza lì accanto; era lui l’uomo della vita di Elena e Damon avrebbe fatto bene a ricordarselo senza farsi strane illusioni.

“Ragazzi non avete idea di cosa ho scoperto!!” Caroline irruppe nella stanza, seguita da Stefan.

“Non sto nella pelle” borbottò Damon buttandosi sul divano.

“Elena, ti ricordi quella ragazza che era con Tyler al Grill?”.

La bionda annuì.

“E’ un lupo mannaro” rivelò l’amica.

I tre sgranarono gli occhi e si guardarono a vicenda sorpresi “Come fai ad esserne certa?” incalzò Elena.

“L’ho drogata con la strozza- lupo” confessò l’altra.

“Caroline!”.

“Che c’è! In questa città ne succedono di tutti colori: con Katherine, Klaus, questi nuovi lupi mannari e poi … improvvisamente Tyler si presenta al Grill con una mora tutta gambe? Io non ci casco!”.

“Brava, Baby Vamp!!” esultò Damon alzandosi di scatto “Sapevo che doveva esserci un po’ di stronzaggine vampiresca in quelle vene. E dov’è ora?”.

“A casa mia, chiusa in cantina” disse lei “Mia mamma è via fino a domani sera, quindi abbiamo tutto il tempo d’interrogarla”.

“Andate voi” li incitò Stefan “Io devo fare una cosa con Sissi. Ho avuto un’idea su come farla stare meglio”.

“Non vuoi andare con lui Damon?” gli suggerì Elena spingendolo ad avvicinarsi a Bonnie per riappacificarsi.

“Neanche per idea!” si sottrasse il vampiro “Cedo volentieri l’adolescente schizzata al mio fratellino”.

Stefan non se la prese minimamente per le parole di Damon, anzi lo osservò quasi sollevato andarsene via con le due ragazze.

Era una cosa che voleva fare da solo perché sapeva che suo fratello maggiore non avrebbe approvato; inoltre Bonnie non sarebbe stata contenta di passare del tempo con Damon e con molte probabilità si sarebbe rifiutata di seguirlo.

La prima domanda, infatti, che la ragazza pose fu proprio riguardo a Damon; voleva essere sicura di starli lontano.

Saputo, poi, che sarebbero stati soltanto lei e Stefan, accettò di salire in macchina con lui anche se con qualche rimostranza.

“Si può sapere dove stiamo andando?” chiese infastidita per l’ennesima volta guardando fuori dal finestrino “Perché siamo in campagna?”.

“Il posto in cui voglio portarti è fuori città, ma ci siamo quasi, cinque minuti al massimo” le promise Stefan.

“Di cosa si tratta?” insistette lei.

“Bonnie, so che non vuoi parlare di quello che è accaduto, ma c’è una cosa che devi sopportare” incominciò Stefan “Tu sei una strega e non puoi cambiarlo. Hai bisogno di fare pratica, devi imparare a gestire il tuo Potere”.

“E se io non volessi?”.

“Devi farlo per te stessa” tentò di convincerla “Se è vero che Klaus arriverà a Fell’s Church, saremo tutti in grave pericolo. Tu possiedi una magia fuori dal comune e se saprai usarla, potrai proteggerti”.

“O potrò proteggere Elena?” insinuò la rossa con una nota ambigua.

“Che tu ci creda o no, sto facendo tutto questo solamente per te” dichiarò Stefan mentre parcheggiava la Jaguar in un vialetto di una casetta di periferia.

Scese dall’auto e Bonnie lo imitò.

“Io e Damon non siamo esperti di incantesimi. Noi vampiri non andiamo molto d’accordo con le streghe” chiarì Stefan dirigendosi verso la porta.

“Ma non mi dire!” commentò con sarcasmo la ragazza appoggiandosi al muro di quella casa con fare annoiato “Comunque non ho ancora capito dove vuoi arrivare”.

“Ho semplicemente pensato che ti servisse un po’ di aiuto” le disse bussando.

Poco dopo un’anziana signora aprì con un sorriso a trentadue denti “Credevo non sareste mai arrivati” trillò “Tu devi essere Bonnie”.

La rossa annuì allungando la mano per stringerla alla signora.

“Io sono Teophilia Flowers”.

 

“I am not a child now
I can take care of myself
I mustn't let them down now
Mustn't let them see me cry
I'm fine, I'm fine

(I’ll try- dal film Peter Pan 2: ritorno all’Isola Che Non C’è).

 

 

 

Il mio spazio:

Buona sera a tutti!! Eccomi qua con il mio aggiornamento bisettimanale!

Ammetto di non ritenerlo il mio pezzo migliore, non scrivere di Damon e Bonnie insieme mi uccide e forse si nota! Ahah

Non ho molte precisazioni da fare. È un altro capitolo un po’ di passaggio, sempre per spiegare come Bonnie stia reagendo.

I nostri eroi hanno catturato una dei lupi mannari e chissà se riusciranno a scoprire qualcosa!

E poi Bonnie incontra una strega che potrebbe aiutarla a capire il suo Potere. Mrs Flowers! Sarà anche lei una guest star, un po’ come Sage; non ho davvero la capacità di aggiungere un altro personaggio principale, ma il suo lavoro sarà essenziale per la crescita della rossa come strega.

Nel prossimo capitolo mi concentrerò parecchio sulla sua relazione con Christopher, spero che non mi ucciderete! =)

Ho una notizia per tutte voi fan di Bonnie. Dato che si avvicina l’uscita del prossimo libro del Diario del Vampiro, sono andata in cerca di un po’ di informazioni e ho trovato sulla pagina in inglese di Wikipedia una lettera scritta dalla Smith in cui vengono spiegate tutte le sue idee per Moonsong. Visto che, purtroppo, lei non è più l’autrice del libro, c’è la possibilità che non vengano utilizzate; ma spero fermamente che il ghost writer le terrà  in considerazione. Sono davvero delle buone idee e non solo su Bonnie e Damon, ma su tutti. Perciò se avete voglia di qualche spoiler, andate a dare un’occhiata =)

Ringrazio tutti voi che sostenete questa storia; VI ADORO!!! E stasera o domani risponderò alle vostre magnifiche recensioni!

Alla prossima,

Fran!

 

*Mi riferisco all’altro sogno che Bonnie ha avuto.

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Capitolo 21
*** Let the rain come down and wash away my tears ***


Ashes &Wine

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Capitolo vent’uno: Let the rain come down and wash away my tears.

 

“I knew I'd make it through
And the world thought I had it all
But I was waiting for you
Hush Now
I see a light in the sky
Oh, it's almost blinding me
I can't believe
I've been touched by an angel with love
Let the rain come down and wash away my tears
Let it fill my soul and drown my fears”

(A new day has come- Celine Dion).

Erano passate due settimane da quando Stefan aveva portato Bonnie dalla signora Flowers.

La ragazza era scappata non appena aveva scoperto che quella gentile vecchietta era una strega e che voleva iniziarla alle arti magiche.

Ma il giorno dopo aveva chiesto a Stefan di riaccompagnarla là. Si era convinta che fosse la decisione migliore

Bonnie si era scoperta curiosa di queste sue nuove capacità. Era giunta alla conclusione che ormai quella era la sua nuova vita e non avrebbe più potuto lasciarsela alle spalle.

Se voleva riacquistare un minimo di serenità, se voleva davvero riprendere il controllo, doveva smetterla di piangersi addosso e mostrare di sapersi rialzare e tornare più forte di prima.

La signora Flowers si era rivelata una fantastica insegnante. Era una persona empatica, aveva capito subito lo stato d’animo di Bonnie e si era adeguata. Avevano passato la prima settimana a parlare, soltanto a parlare. Bonnie aveva spiegato tutto ciò che le era successo da quando aveva lasciato l’Italia. La signora Flowers sosteneva che solo in questo modo la ragazza avrebbe potuto usufruire appieno dei suoi Poteri, perché dirlo ad alta voce costituiva sempre un fattore di accettazione, indispensabile per entrare in contatto con la propria magia.

Nei giorni successivi, poi, l’anziana le aveva spiegato in che cosa consisteva il suo Potere e Bonnie non credeva di aver mai sentito niente di più affascinante.

Se fosse riuscita a sviluppare quel Potere che possedeva solo lei, sarebbe stata al di sopra di qualsiasi forza, sarebbe stata sempre al sicuro; nessuno l’avrebbe più ferita. Controllare la mente era una possibilità molto allettante, ma allo stesso tempo le incuteva timore. Se tutto ciò le avesse dato alla testa? Se l’avesse trasformata in una donna tanto superba da ritenersi invincibile?

Aveva più volte espresso le sue paure alla signora Flowers che l’aveva sempre rassicurata. Una creatura pura di cuore come Bonnie non avrebbe mai potuto corrompersi e abusare della sua magia. Inoltre le streghe erano serve della natura, avevano un istinto innato nel riconoscere ciò che era sbagliato e ciò che era giusto. In passato erano esistite streghe malvagie, ma non era il caso di Bonnie; l’anziana lo poteva percepire.

Così da due settimane a quella parte, Bonnie spendeva la maggior parte del suo tempo tra compiti, scuola e esercizi per la mente. Avrebbe ancora dovuto aspettare un po’ per compiere i primi incantesimi.

In quei giorni, però, era successo ben altro. Christopher. Era accaduto Christopher. E Bonnie si sentiva su di giri ogni volta che pensava a lui.

Soprattutto dopo il loro primo bacio.

 

“Sei sicura che i tuo zii non si arrabbieranno?” le chiese il ragazzo “Voglio dire … è piuttosto tardi”.

“Non preoccuparti, non ho il coprifuoco” gli assicurò Bonnie “Almeno non più”.

“Più che altro mi spaventa Damon” ammise con un po’ d’imbarazzo lui “Non credo di piacergli”.

“Grazie a Dio, non è a lui che devi piacere” gli fece notare Bonnie con uno sguardo eloquente “Comunque vorrei sapere dove mi stai portando”.

“Suono banale se ti dico che è una sorpresa?”.

Bonnie alzò le spalle “Me l’aspettavo”. Appoggiò la testa al finestrino e osservò il paesaggio passarle davanti agli occhi troppo velocemente per riuscire a vedere veramente qualche cosa. La macchina procedette lungo dei tornanti in salita fino ad arrivare sulla sommità di una collina. Christopher parcheggiò e scese dall’auto.

Bonnie confusa lo imitò. Si guardò un po’ in giro poi portò la sua attenzione su Christopher “Dove siamo?”.

“Questo è il belvedere di Fell’s Church”.

Bonnie alzò le sopracciglia “Mi hai portato dove vengo le coppiette a divertirsi?!” domandò incredula indicando con il dito l’area circostante.

“Sono le due di notte, Bonnie, le coppiette ora sono a nanna” scherzò lui “Comunque no, ti ho portato ad ammirare lo spettacolo più bello del paese”.

Bonnie si avvicinò all’orlo della collina e lanciò uno sguardo verso il basso “Intendi la vista della città di notte? Dimentichi che ho vissuto quattro anni a Roma” non voleva risultare scortese o ingrata. In realtà la sua intenzione era solo fare una battuta, ma non appena ebbe pronunciato quelle parole si accorso di quanto fosse stata arrogante.

Per fortuna Christopher non parve nemmeno farci caso. Si avvicinò a lei e con la mano la obbligò ad alzare il volto dritto davanti a lei “Riuscivi a vedere anche questo a Roma?” le chiese in un sussurro.

Bonnie deglutì meravigliata. Di fronte ai suoi occhi si presentava la stellata più luminosa che avesse mai visto. Fell’s Church era solamente una piccola città e le sue luci non potevano minimamente coprire quella delle stelle.

Ed eccolo lì, al centro, sull’orizzonte, il mezzo spicchio della luna. Bonnie sollevò la mano e la protese verso il cielo, perché appariva così vicino da poterlo toccare.

“Certo, con la luna piena avrebbe fatto decisamente più effetto” disse Chris “Ma non potevo aspettare ancora così a lungo”.

“Tu sì che sai come stupire una ragazza di città” sorrise Bonnie.

“Quando stavo nella mia tenuta nel Galles, mi capitava spesso di vedere un panorama simile. Da quanto mi hai detto hai sempre vissuto in grandi città e ho immaginato che tu non abbia mai potuto godere di notti del genere”.

Normalità.

Ecco cosa facevano i ragazzi normali: portavano le ragazze a vedere le stelle e non a trovare strambe vecchiette con poteri magici.

“Hai immaginato bene” asserì lei “Credo che sia stato il gesto più carino che abbia ricevuto in questi due mesi”.

“Oh beh, se Damon mi staccherà la testa, almeno ne sarà valsa la pena” si consolò Chris ridacchiando.

Bonnie non aspettò un momento di più; gli posò le mani sul viso e si alzò in punta di piedi, posandogli un delicatissimo bacio sulle labbra.

Fu una cosa velocissima, di qualche secondo perché la giovane si ritrasse quasi subito per paura di aver fatto qualcosa di sbagliato.

Ma Christopher non le permise di allontanarsi troppo, anzi la ri-attirò in un attimo a sé e la coinvolse in un bacio decisamente meno timido.

Bonnie si spinse più in su sulle proprie punte dei piedi appoggiandosi completamente al corpo del ragazzo che l’accolse stringendola con una mano sulla schiena e l’altra alla base del collo.

Si staccarono giusto per riprendere fiato, ma sentirono all’istante la mancanza l’uno dell’altra.  Le loro labbra si incontrarono di nuovo e poi ancora e ancora.

Bonnie pensò che dopotutto Chris avesse perfettamente ragione. Non si era mai goduta un’altra serata come quella.

 

Bonnie si passò una mano sulla bocca arrossendo al solo pensiero del bacio. Continuò a pettinarsi davanti allo specchio mentre altri ricordi di quella notte si affollavano nella sua mente.

Era tornata tardi; erano le tre passate quando si era richiusa la porta di casa alle spalle. Non si aspettava di trovare qualcuno in piedi ma dopo pochi passi si era dovuta ricredere.

Il camino era ancora acceso e il crepitio del fuoco l’aveva costretta a girarsi verso il salone adiacente all’ingresso. E lì, seduto sul divano, di schiena, stava Damon. Non aveva dato segni di averla sentita. Non si era nemmeno voltato, aveva mantenuto la sua posizione con le spalle ricurve, probabilmente rigirandosi un bicchiere di liquore tra le mani; ma la ragazza non ci aveva fatto molto caso.

Era andata dritta in camera sua non curandosi neppure di essere stata beccata a rientrare così tardi.

Seppe il giorno dopo che la cosa non era stata gradita al vampiro, perché venne buttata giù dal letto dalla musica, proveniente dalla stanza di Damon, sparata a tutto volume. Alle sei del mattino.

I rapporti con lui non miglioravano né peggioravano. Non si erano scambiati una parola per tutte le settimane, neanche in caso strettamente necessario. Per lo più s’ignoravano e se, per disgrazia, si incontravano per il Pensionato evitavano perfino di fare incrociare i propri occhi.

Con Stefan le cose andavano meglio o per lo meno si parlavano civilmente. Bonnie apprezzava l’impegno del vampiro per ottenere il suo perdono e riacquistare la sua fiducia. Non erano ancora tornati amici o confidenti e a volte pure Stefan doveva subire la freddezza di Bonnie, ma la tensione tra loro era meno soffocante.

Con Elena, Caroline e Meredith non aveva fino allora risolto; la situazione con loro era diversa; non aveva, però, trovato il coraggio di chiarire.

Mentre raccoglieva i capelli in una coda bassa, Bonnie si scrutò allo specchio e cercò di auto motivarsi perché era giunta l’ora di affrontarle.

E lo avrebbe fatto quel giorno stesso a scuola.

Si mise lo zaino sulle spalle e scese le scale. Da quando aveva una macchina tutta sua, non doveva più aspettare che Stefan la portasse a scuola. Decise, perciò, di iniziare ad avviarsi. Se fosse arrivata in largo anticipo magari avrebbe potuto passare del tempo con Chris.

Il suo buon umore venne subito rovinato da colui che aprì la porta di casa fischiettando. Un Damon Salvatore stranamente allegro fece la sua comparsa lanciando la sua giacca di pelle sull’appendiabiti nell’angolo.

“Buongiorno, Bonnie!” esclamò.

La ragazza tentò in tutti i modi di trattenere la sorpresa per quell’atteggiamento così espansivo ( e molto poco tipico di Damon) e senza degnarlo di un’occhiata, uscì con lo sguardo dritto davanti a sé.

“Anche io sto bene! Grazie dell’interessamento!” le urlò dietro per nulla turbato da quell’indifferenza.

“Sei posseduto?” gli chiese Stefan che scendeva in quel momento dal piano superiore, completamente allibito.

“Un vampiro centenario non può essere di buon umore?”.

Stefan aggrottò la fronte “Hai avuto per caso notizie del lupo mannaro che era con Tyler?”.

“Chi? Quella che è riuscita a scappare dalla cantina di Caroline prima che noi arrivassimo? Direi proprio di no” rispose con noncuranza.

“Allora scusami ma non capisco tutto questo entusiasmo”.

“Non lo senti, Stef?” domandò Damon come se fosse la cosa più ovvia al mondo “Sta arrivando la primavera, la stagione degli amori. La città è piena di adolescenti con gli ormoni impazziti e il sangue è delizioso!”.

“Dimmi che non ti sei nutrito di nessuna ragazza” lo pregò Stefan.

“Sono ancora tutte vive e in forze, se è questo che vuoi sapere” lo tranquillizzò Damon “Ma non è per questo che sono così contento”.

Stefan lo invitò a proseguire.

“Stamattina stavo tornando dalla mia fantastica serata, passavo vicino all’Old Wood e mi è sembrato di sentire qualcosa. Così ho fermato l’auto e sono sceso per scandagliare la zona e indovina cosa ho trovato? Tracce di aura canina, evidentemente i lupi non sono riusciti a coprirla del tutto”.

“Pensi che si stiano nascondendo nel bosco?”.

“Probabile” disse Damon “Ma prima di buttarmi nella fossa dei leoni, voglio parlare con quella ragazza. Magari non si sono nemmeno accorti che in città ci sono dei vampiri e non vedo perché stuzzicarli. Abbiamo già abbastanza problemi senza dover strigliare i cani”.

“Ok, ora sono davvero confuso” ammise Stefan “Tu che rinunci a una zuffa con i lupi mannari, tu che non marchi il territorio?! Hai bevuto del sangue avariato?”.

“Io spero che tu prima o poi perda l’uso della parola” lo apostrofò Damon per tutte quelle domande così cretine. Poi salì verso camera sua saltando tre gradini alla volta lasciando uno Stefan assolutamente sconcertato.

Il mondo doveva essersi capovolto e lui non se n’era accorto.

 

Caroline era ferma da un buon dieci minuti sulla stessa riga del nuovo capitolo di storia. Credeva che avere come insegnante il fidanzato della propria migliore amica sarebbe stato un vantaggio, invece si era rivelato ancora peggio. Alaric li caricava di compiti per non favorirli e non accettava scuse se per caso uno di loro si presentava impreparato. Nemmeno per motivi particolarmente eccezionali.

Il paragrafo trattava della seconda guerra mondiale, l’attacco a Pearl Harbor. Aveva visto il film una volta, bello! Ben Affleck da schianto e un sacco di lacrime alla fine, ma aveva l’impressione che non avrebbe preso propriamente una A raccontando quelle cose durante l’interrogazione.

Come faceva a concentrarsi quando una ragazza lupo era riuscita a scappare da casa sua e probabilmente stava aspettando la prossima luna piena per farla fuori? Senza contare la furia nera di Damon.

Aveva cercato anche di chiamare Tyler, ma non le aveva mai risposto e a scuola sembrava un fantasma. Invisibile.

La stava forse evitando? Se sì, per cosa?

Caroline sbuffò e tamburellò le dita sul tavolo annoiata. Se solo avesse potuto parlargli, magari l’avrebbe aiutata anche con quella ragazza.

Come per esprimere i suoi desideri, Tyler passò proprio dietro del vetrate della biblioteca. Caroline non perse tempo, chiuse il libro e lo infilò in borsa e uscì a schizzo inseguendolo “Tyler!”.

Il ragazzo non diede nemmeno segno di averla sentita, ma Caroline sapeva che era impossibile dato che aveva urlato a squarciagola come una gallina!

Lo raggiunse in un attimo e lo prese per un braccio facendolo voltare “Tyler” ripeté “Dove sei stato tutta la settimana? Ti ho chiamato ma non mi hai risposto, a scuola mi eviti … ho fatto qualcosa di male?”.

Tyler esibì un’espressione fintamente pensierosa “Non so? Forse rinchiudere la mia amica nella cantina di casa tua non è stata proprio la mossa migliore”.

Caroline gelò sul posto “Lo sai?”.

“Sono stato io a liberarla. Ti ho visto sparire nel bagno del Grill con lei e nessuna delle due è più uscita. Così ho aspettato che tornassi alla tua macchina e poi ti ho seguita”.

Caroline ora era basita “Sei entrato in casa mia di nascosto? Hai commesso effrazione in casa dello sceriffo?!”.

“Parla quella che ha sequestrato una ragazza in casa dello sceriffo” le rinfacciò Tyler.

La vampira arricciò le labbra “Cerca di capire” lo pregò “Volevamo solo farle delle domande! Con tutto quello che sta succedendo, la presenza dei lupi mannari ci è parsa sospetta; tra vampiri e licantropi non c’è molto feeling”.

“E questo chi l’ha detto? Damon?” le chiese lui con tono pressante “Lei non sapeva nemmeno che qui ci fossero dei vampiri. Era venuta qui per me, per aiutarmi e io non le ho detto niente”.

“Come ha fatto a sapere che hai scatenato la maledizione? La conoscevi già?”.

“No” negò Tyler “Deve essersi sparsa la voce … non so come funzionano queste cose. So solo che tra quelli come noi esiste una regola: aiutare sempre i novellini” le spiegò “Ma dopo la tua fantastica idea di drogarla e chiuderla nella tua cantina, ha scoperto della vostra esistenza e non ne è stata contenta”.

“Sa che sono un vampiro?”domandò Caroline allarmata.

Tyler annuì “Ha visto una tua foto mentre la portavo fuori da casa tua e ha collegato. Ora si sta nascondendo con la sua famiglia da qualche parte”.

“Con la sua famiglia?” la ragazza spalancò gli occhi “Non è qui da sola?”.

“No, i lupi mannari si spostano in branco”.

“Aspetta: stiamo parlando di famiglia o di branco? Perché ho il sospetto che un branco sia molto più grande di una famiglia”.

“Non so con precisione quanti siano, altri potrebbero raggiungerli. Non le ho parlato molto durante questa settimana, visto che pensa che sono dalla vostra parte”.

“Certo che sei dalla nostra parte” replicò Caroline stringendo la tracolla della borsa “Noi siamo amici!”.

“Sei stata tu a sbagliare, Care”.

Lei stentava a credere alle proprie orecchie “Stai dicendo che sei contro di me?”.

“No, certo che no!” obiettò Tyler con forza “Dico solo che loro non hanno fatto niente di male e che voi siete stati prevenuti”.

“Devi smettere di vederla, Tyler” gli ordinò Caroline “Potrebbe essere qui per qualunque cosa, potrebbe averla mandata Klaus, non ti puoi fidare di lei, non la conosci …”.

“Penso che tu stia esagerando” replicò lui.

“Ok, senti questa: per scatenare la maledizione bisogna uccidere qualcuno, giusto? Ti sembra normale che una ragazza della nostra abbia già commesso una cosa del genere?” argomentò Caroline con decisione.

“Io l’ho fatto” controbatté Tyler “E non stiamo parlando di un omicidio volontario, ok? Basta essere responsabili per la morte di qualcuno. Gli incidenti capitano Care, soprattutto a quelli come noi” chiarì “Ma se proprio vuoi saperlo Layla mi ha detto che è stata legittima difesa: un anno fa un ragazzo ha cercato di rubarle la borsa, lei è riuscita a spingerlo via e lui è scivolato battendo la testa”.

Layla? Caroline si concentrò sul nome prima di tutto Come la principessa di Guerre Stellari? No, quella forse si chiamava Leila.

Poi elaborò anche tutte le altre informazioni e rispose “E il padre? Anche lui ha il gene? Anche lui ha scatenato la maledizione?”.

“Sì anche suo padre” ma prima che la ragazza ribattesse con qualche insinuazione velenosa, lui aggiunse “E’ un poliziotto”.

“Quindi è una famiglia a cui capita occasionalmente di uccidere, per lavoro o per sfiga? Ne parli come se le morti avvenissero da sole, per mano del destino. Cos’è? Final Destination? Adesso magari mi dirai che la mamma è un chirurgo!”.

“Non mi ha accennato della madre ma non credo abbia il gene della licantropia” rispose Tyler con una strana calma “Ora me ne vado perché la conversazione sta prendendo una piega assurda. Se scopro qualcos’altro, ti avverto” dopodiché fece dietrofront e se ne andò.

Caroline batté un piede a terra irritata. Forse non aveva portato le migliori argomentazioni per convincere Tyler che quella ragazza sarebbe stata solo una fonte di guai, ma lui avrebbe dovuto capirlo da sé.

Come poteva fidarsi della prima spuntata dal nulla a reclamare il diritto di aiutarlo per le prossime lune piene. Dov’era stata durante la prima trasformazione?

Forse Tyler ci era cascato, ma Caroline non era così stupida da farsi incantare. Quelle cose potevano essere percepite solamente dal sesto senso femminile e lei aveva intenzione di andare in fondo a quella faccenda.

“Ehi, pensavo dovessimo trovarci in biblioteca” Matt le diede un bacio sui capelli “Va tutto bene?”.

Caroline scosse la testa “No, non va bene: Tyler ha scoperto che sono stata io a rapire quella là” raccontò “E credo di aver fatto un bel casino … potrei aver scatenato il loro istinto di difesa/ vendetta”.

“Wow!” esclamò Matt bombardato in un secondo da tutte quelle notizie “E sei riuscita a fare tutto questo prima di pranzo?” la buttò sul ridere.

“Non è uno scherzo!” strillò Care “Io … ora devo andare, Bonnie ci vuole parlare. Tu … puoi tenere d’occhio Tyler? Sarebbe davvero un’ottima cosa se riuscissimo a ritrovare quella ragazza. Non so, cerca di parargli. Devo sistemare le cose prima che scoppi una guerra per colpa della mia impulsività”.

“Vedrò se riesco a convincerlo”.

“Grazie” gli stampò un bacio sulle labbra e corso in mensa.

Meredith ed Elena erano già sedute al loro solito tavolo; Caroline le raggiunse e li aggiornò sui nuovi sviluppi mentre aspettavano Bonnie.

Quando la ragazza arrivò, le tre avevano appena finito di discutere di quel nuovo problema; decisero di rimandare ogni preoccupazione perché in quel momento Bonnie era più importante.

“Sono davvero contenta del tuo messaggio” le sorrise Elena “Siediti con noi!”.

Bonnie parve visibilmente imbarazzata “Oh no … scusatemi ma ho promesso a Christopher di pranzare con lui. Però volevo parlarvi prima”.

“Beh non c’è problema!” sorvolò Caroline “Ti sei trovata un ragazzo da urlo e devi godertelo!” le suggerì con entusiasmo.

Bonnie non poté fare a meno di scoppiare a ridere; doveva ammettere le era mancata la costante allegria di Caroline.

“Mi dispiace di essermi nascosta fino adesso da voi …”.

“Non sei tu che ti devi scusare, Bonnie” la interruppe Meredith.

“No, no, fatemi finire” le pregò lei “Ci tengo  farvi sapere che non sono arrabbiata con voi, sul serio. Avete solo protetto un amico e un fidanzato e probabilmente avrei fatto lo stesso se fossi stata al vostro posto” prese un bel respiro “Ma … beh, il problema è che mi sono sentita ingannata, no … mi sono sentita esclusa. Ho cercato in tutti i modi di essere una di voi ma nel vostro gruppo vi conoscete tutti da molto tempo ed è ovvio che ci sarà sempre qualcuno che arriverà prima di me”.

“Bonnie … non è così. Noi ti siamo molto affezionati” le assicurò Elena mortificata.

“Lo so” disse la rossa accennando un sorriso “Siete delle brave ragazze e delle brave amiche e sono certa che un giorno anche io mi sentirò alla pari di tutte voi; solo che quel giorno non è oggi” fece un altro sospiro “Adesso ho bisogno di stare con qualcuno che mi metta al primo posto. Non sto dicendo queste cose perché ce l’ho con voi, ma mi servirebbe davvero starmene un po’ per conto mio, credo che mi farebbe bene, che mi aiuterebbe a essere un po’ più sicura di me”.

“Prenditi tutto il tempo che vuoi, Bonnie, quando sarai pronta a tornare, noi saremo qui ad aspettarti” la rassicurò Meredith.

Bonnie fu sollevata; aveva avuto paura che non la capissero, e invece erano disposte ad accontentarla in ogni suo capriccio pur di farsi perdonare. Sapevano di aver sbagliato, lo ammettevano e volevano sistemare le cose.

Bonnie fu confortata da quel gesto di amicizia perché avevano compreso di doverla lasciare andare; ma nel frattempo sarebbero state lì in attesa e pronte ad aiutarla.

Mentre elaborava tutti pensieri, si sentì rasserenata e piena di energia. Proprio ciò che le serviva per la nuova lezione con la signora Flowers.

Aveva mentito alle ragazze, non doveva vedersi con Christopher ma con la sua insegnante di magia. Non aveva voluto dirlo alle sue amiche; era una cosa troppo personale e non era ancora il momento per tornare a quel tipo di confidenze.

Avrebbe saltato anche le ore di scuola pomeridiane ma non le importava. Era solamente eccitata all’idea che avrebbe imparato finalmente qualcosa di pratico.

“Perché siamo qui?” chiese alla vecchia strega quando la condusse fuori in giardino e la fece sedere sul prato.

“Oggi t’insegnerò a percepire i diversi tipi di aura, a partire dalla tua” le spiegò “E’ la prima volta che fai questo esercizio, quindi dovrai prendere un po’ di Potere in prestito dalla natura. Metti le mani con l’erba, coraggio!” la incitò.

Bonnie ubbidì.

“E ora chiudi gli occhi e concentrati su te stessa”.

Bonnie abbassò le palpebre e ascoltò attentamente tutto ciò che la signora Flowers le stava dicendo.

“Mi hai raccontato che hai già usato i tuoi Poteri inconsapevolmente”.

“Sì” sussurrò Bonnie.

“Ricordi cosa hai provato?”.

“Una scarica di energia lungo le ossa che si è rigettata tutta fuori; era come …” ma si bloccò per paura di suonare ridicola.

“Va’ avanti” la incoraggiò la signora.

“Ok” Bonnie si lasciò sfuggire una risata imbarazzata “Mi sentivo come un conduttore elettrico, come se fossi stata investita da un’ondata di energia”.

“Devi cercare di ricreare quella sensazione perché è proprio la tua aura. Tutte le streghe hanno bisogno di incanalare energia per compiere i loro incantesimi, ma tu sei speciale, tu riesci anche ad assorbirla. È questa la tua componente più forte ed è su questa che ti devi focalizzare per percepire la tua aura”.

Bonnie strinse tra le dita i fili d’erba e si concentrò tentando di visualizzare uno di quei momenti in cui la sua magia si era manifestata.

Rivide Katherine ad un centimetro dal suo volto e poi Bert, li rivide sferzarla con la loro ipnosi, convinti di avere il controllo; invece era stata lei a batterli. Ricordava la sensazioni di Potere, l’energia lungo il suo corpo, la determinazione a salvarsi. Ed ecco che tutto ritornò chiaro come il sole, nella sua testa.

In quel momento era soltanto una cosa mentale. Bonnie stava facendo tutto in maniera consapevole e volontaria.

“La senti?”.

Eccome se la sentiva, anzi la vedeva. Bianchissima e luminosissima, quasi accecante; la sua aura.

“Ora prova con la mia” le disse la signora Flowers prendendole le mani e stringendole.

Bonnie si focalizzò sulla strega di fronte a lei e poté scorgere anche la sua di aura: bianca ma un po’ meno luminosa. Limpida e benevola.

La ragazza le lasciò le mani e aprì gli occhi “Ce l’ho fatta!” esultò alzando le braccia in segno di vittoria.

“Non dubitare mai delle tue capacità, Bonnie” l’ammonì la signora Flowers “E’ la fiducia in te stessa che ti permetterà di sviluppare appieno il tuo Potere. Ora torna a casa e prova a individuare le aure dei due Salvatore, sarà un ottimo esercizio” le consigliò.

“Va bene” acconsentì Bonnie “Ora devo andare, ma ci vediamo, giusto?”.

Poco dopo, alla guida della sua macchina, la ragazza si sentiva esaltata come non mai. Finalmente qualcosa nella sua vita stava andando per il verso giusto e non vedeva l’ora di continuare ad esplorare quel lato di se stessa.

Quando si fermò al semaforo rosso, frugò nella borsa in cerca del cellulare e controllò se qualcuno l’avesse cercata. Trovò un messaggio di Christopher che le chiedeva d’incontrarsi al maneggio verso le tre e mezza.

Bonnie guardò l’ora: le quattro. Cavolo!!

Appena scattò il verde, girò a destra su per una stradina un po’ in salita, sperando che il ragazzo fosse ancora lì ad aspettarla.

Fortunatamente Christopher non se n’era ancora andato. Bonnie lo trovò, poco dopo aver parcheggiato l’auto, nelle scuderie a finire di sellare un cavallo.

Lo abbracciò da dietro e nascose il volto nel suo collo “Sono una pessima ragazza, vero?” gli disse in segno di scuse “Ho il messaggio solo poco fa”.

Lui si girò e sorrise genuinamente portandole le mani alla base del collo in una morbida carezza “Non preoccuparti, sono abituato al ritardo di voi ragazze”.

Bonnie s’imbronciò “E questo cosa vorrebbe dire?”.

“Vuol dire che adoro quando fai la gelosa” le sussurrò avvicinandosi mentre faceva sfiorare le punte dei loro nasi.

“Io non sono gel-” non poté nemmeno controbattere che le labbra del ragazzo piombarono sulle sue in un bacio esigente e lei non esitò ad accontentarle.

Christopher normalmente si comportava in modo impeccabile, sempre dolce, sempre delicato, quasi avesse paura di offenderla; sembrava un ragazzo di altri tempi, molto attento a trattarla con il dovuto rispetto. Per ciò Bonnie impazziva quando lui si lasciava andare; diveniva improvvisamente più provocante e irresistibile. E lei si sentiva molto più apprezzata.

Bonnie sospirò nel momento in cui si separarono e subito arrossì. Non era abituata a certi suoni, non era soprattutto abituata ad esserne l’artefice e temeva ogni volta di risultare un po’ troppo sfacciata. Ma d’altro canto facevano parte della natura umana, facevano parte della sua natura di donna e prima o poi avrebbe dovuto accettare che a certe sensazioni seguivano certe reazioni.

“Perché mi hai chiesto di venire qua?” gli domandò sciogliendosi dall’abbraccio.

“Non è ovvio?” rispose Christopher “Andiamo a cavalcare” e indicò il cavallo che aveva appena sellato e un altro già pronto poco più in là.

Bonnie per un soffio non si mise a saltare di gioia. Da troppo tempo non andava a cavallo, da troppo tempo non galoppava con l’aria fredda contro il viso, da troppo non si sentiva più così libera.

“Io prendo quello bianco!” esclamò correndo verso il cavallo prima che Christopher potesse replicare.

Aspettò che il ragazzo finisse di preparare il suo, poi insieme condussero fuori gli animali tirandoli per le briglie; poi saltarono in groppa e lentamente procedettero lungo il sentiero che li avrebbe guidati verso il bosco, uno a fianco all’altro.

Bonnie si prese un po’ di tempo per guardarsi attorno; era tutto così famigliare. Aveva passato in quel posto la maggior parte della sua infanzia a Fell’s Church. A sette anni era montata per la prima volta su un cavallo. Voleva essere come la principessa Sissi ed era andata da suo fratello pretendendo di prendere lezioni di equitazione. Zach non era stato molto d’accordo. I loro genitori erano morti da poco tempo e temeva che la bambina potesse farsi seriamente male. Bonnie aveva pianto, aveva fatto i capricci, aveva tenuto il muso ma suo fratello era stato irremovibile. Almeno fino a quando non era arrivato Damon e, fregandosene totalmente dell’opinione di Zach, l’aveva portata al maneggio.

Passarono di fianco all’ultimo campo- pratica prima del bosco e senza nemmeno accorgersene si ritrovò a sorridere malinconicamente.

 

“Ma è piccolo!” si sorprese la piccola Bonnie quasi lamentandosi.

“E’ un pony”.

“Ma la principessa Sissi non andava sui pony” obiettò lei.

“Sì invece” replicò Damon scanzonato “Quando era una bambina come te”.

“Io voglio un cavallo!” dichiarò lei stringendo i pugnetti lungo i fianchi e battendo un piedino a terra.

“Di’ un po’ scricciolo: quanto credi di essere alta?!” la prese in giro abbassandosi alla sua altezza.

“Non lo so” ammise Bonnie apparendo un po’ confusa “Perché? Anche qui è come al Luna Park? Che non posso salire sulle giostre per i grandi perché sono piccola?”.

Damon colse la palla al balzo “Sì, esatto!” confermò “Non puoi salire su un cavallo fino a che non diventi alta così” le disse mettendo la sua mano un buon dieci centimetri sopra la testa di Bonnie.

“Uffa” sbuffò lei “Essere bambini fa schifo, non posso fare niente” s’intristì incrociando le braccia al petto “Devo andare a dormire presto, non posso mangiare i dolci e di notte ci sono sempre i mostri sotto al mio letto. Perché i mostri non vengono anche da voi adulti?”.

Alcuni di noi sono già mostri, pensò Damon con un po’ di amarezza.

“I mostri sono solo degli esaltati” chiarì il vampiro “Tu ignorali, prima o poi si stuferanno”.

“Forse non mi dispiace che stanno in camera mia” ci ripensò Bonnie.

Damon non si curò nemmeno di correggerla, voleva vedere dove sarebbe andata a parare “Perché?”.

“Perché quando loro vengo da me, io posso dormire nel tuo letto, che è mooooolto più grosso del mio” aggiunse molte “O” per enfatizzare “E poi posso stare sotto le coperte con te e tu mi difendi, come un cane da guardia”.

Damon tralasciò l’ultimo paragone, davvero poco poetico, e si concentrò su tutto il bene che Bonnie gli dimostrava ogni volta. Quella bambina non perdeva occasione per ricordargli di avere un bisogno disperato della sua presenza.

Damon non era abituato a essere così bel voluto; nessuno l’aveva mai fatto sentire indispensabile; nessuno eccetto Bonnie.

“E’ il tuo giorno fortunato, piccola pulce rossa” le comunicò “Perché si dà il caso che io possa salire su un cavallo vero e posso portarti con me”.

Bonnie allargò gli occhi “Davvero?”.

“Sì” asserì Damon “Ma non dirlo a tuo fratello. Non ho proprio voglia di subirmi le sue urla da ragazzina”.

 

Avevano fatto un piccolo giro intorno al maneggio e Damon le aveva fatto anche tenere le redini. La volta dopo Bonnie era salita sul pony senza fare storie.

“Sei ancora tra noi?”.

La voce di Christopher la riportò bruscamente alla realtà. La ragazza sbatté le ciglia e lo fissò “Sì, sì” balbettò “Hai detto qualcosa?”.

“In realtà ti ho appena invitata alla fiera di venerdì sera e ammetto che il tuo silenzio è stato abbastanza imbarazzante” scherzò facendo aumentare al cavallo l’andatura.

Bonnie lo seguì “Fiera? C’è una fiera?”.

“Ne deduco che tu non abbia ancora risolto con le tue amiche” ghignò Christopher “C’è la fiera di primavera. Sai le solite cose: bancarelle, giochi a premi, dolci … ruota panoramica” aggiunse esibendo un’espressione da furbetto.

“Uh, ammetto che sembra tutto molto …” cominciò Bonnie.

“Cliché?”.

“Romantico” specificò Bonnie “E’ il nostro primo appuntamento ufficiale” arrossì mentre pronunciava quella frase, ma doveva ammettere di essere abbastanza agitata per quell’invito. Non aveva mai avuto un vero e proprio appuntamento. Certo le era capitato di frequentare qualche ragazzo, ma niente di speciale. Nessuno era mai riuscito a conquistarla e lei per prima non era il tipo da far breccia nel cuore dei ragazzi. Con Christopher era diverso, era giusto e perfetto.

“Quindi è un sì? Ci andremo insieme come coppia?” domandò in conferma lui.

“Mi piacerebbe molto” Bonnie si aprì in un sorrisone a trentadue denti.

“Bene!” esclamò Christopher “Ma c’è un’altra cosa che ti voglio chiedere” le rivelò lui “Spero che non ti sembri troppo affrettato e credimi, non ti voglio fare pressioni, è solo che … l’altro giorno potrei avere accennato ai miei genitori di avere una ragazza e loro vorrebbero tanto conoscerti”.

“E così sono già la tua ragazza?” ripeté Bonnie senza trattenere un moto di soddisfazione “Comunque mi farebbe piacere incontrarli. Ho voglia di conoscere la tua famiglia. È un modo per conoscere meglio anche te”.

“Suppongo di sì” concordò Christopher “Se t’invitassi a cena a casa mia stasera?”.

“Mi presenterei alle otto”.

“Che fortuna! Noi mangiamo proprio a quell’ora” le disse “Allora Bonnie, che ne dici di una gara?”.

La ragazza non capì subito che cosa intendesse, fino a che non lanciò il cavallo al galoppo per il campo in mezzo al bosco. Lei rimase un attimo a fissarlo mentre scompariva in lontananza e colpì i fianchi dell’animale con il tallone cominciando ad inseguirlo.

 

“Spiegami ancora che cosa ci facciamo qui?” chiese Alaric per la terza volta mentre Damon parcheggiava la Mustang al limitare del bosco “E perché hai voluto che portassi i miei fucili alla verbena?”

Damon non rispose, si limitò ad aprire la portiera e a scendere. L’altro uomo lo imitò e lo osservò scaricare le armi dal baule.

“Questi funzionano a fiale, giusto?” si accertò Damon. Alaric annuì.

“Bene! Allora si va a caccia!” esclamò il vampiro lanciando un paio di boccette contenenti un liquido giallino all’amico “Sostituisci la verbena con queste”.

“Che roba è?” appena posta la domanda Alaric capì di cosa si trattava “Strozza- lupo?. Vuoi andare a caccia di lupi mannari?!”.

“Cento punti al professore di storia; ti sarà spedito un premio a casa”.

“Damon” lo ammonì Alaric.

“Andiamo!” lo incitò l’altro “Sono qui, da qualche parte nel bosco. L’altro giorno ho sentito una traccia della loro aura, potrei percepirla anche oggi”.

“E cosa hai intenzione di fare se li troviamo? Offrirgli da bere e chiacchierare civilmente?” ironizzò Alaric.

“Pensavo di stordirli con la strozza- lupo e obbligarli a dirci perché sono a Fell’s Church, ma anche il tuo piano non è male”.

Alaric si trattenne dallo sparagli con il fucile ancora carico di verbena. Ogni volta Damon riusciva a coinvolgerlo nei suoi folli progetti che comportavano come minimo il pericolo da farsi molto male.

Quando era accaduto? Cos’era cambiato? Perché Alaric Saltzam si era trasformato da un semplice insegnante di storia con il pallino per il soprannaturale in un cacciatore dei misteri, unico amico di un vampiro di cinquecento anni incazzato con il mondo?

E soprattutto perché ogni sacrosanta volta si faceva incastrare in situazioni ingestibili? All’inizio temeva che Damon, ad un suo rifiuto, potesse reagire in modo sconsiderato, magari mettendo in pericolo proprio Meredith, ma poi cos’era cambiato?

Alaric poteva dire con un buon grado di certezza di aver capito l’animo complesso che si celava dietro la maschera di freddezza di Damon e forse era proprio per questo che continuava ad accettare le sue proposte fuori dal mondo.

Damon aveva bisogno di un amico, un amico umano che gli ricordasse ogni tanto la differenza tra vampiri e persone normali.

Alaric rappresentava per Damon un punto di vista lontano dal suo modo di concepire la vita e questo lo aiutava a rapportarsi meglio con tutti gli altri.

Inoltre il vampiro era solo e lo avrebbe capito anche un imbecille. Damon vagava nella solitudine e per quanto fingesse di esserne contento e di non aver bisogno di nessuno, la verità era ben altra.

La verità era che Damon apprezzava molto il suo rapporto con Alaric, aveva un certo valore quell’assurda amicizia. Dopo una giornata passata a proteggere l’una o l’altra ragazza, a combattere contro qualche vampiro spaccone, era davvero piacevole poter trovarsi al bar con un amico e ubriacarsi come due adolescenti.

La loro era un’amicizia strana, ma era il legame più autentico che Damon avesse da secoli. Tra loro non c’erano segreti, s’intendevano piuttosto bene e soprattutto si fidavano l’uno dell’altro. In aggiunta Alaric era l’unico che riuscisse a psicoanalizzarlo senza dargli sui nervi.

“Damon, non possiamo controllare tutto l’Old Wood. Per quanto ne sai, quella traccia potrebbe essere arrivata da molto lontano” gli fece notare Alaric dopo quasi un’ora che vagavano per il bosco senza una meta, in circolo.

“Non stai parlando con un novellino” lo freddò Damon “So riconoscere una traccia e so anche localizzarla. Quella che ho percepito stamattina era solo un residuo, per questo non sono riuscito a rintracciarla. Prima o poi dovranno abbassare di nuovo la guardia”.

“E ti aspetti che succeda di recente?” chiese l’uomo “Perché, sai, io avrei anche una vita, una ragazza e mi piacerebbe vederla un giorno di questi, ma per un motivo o per l’altro sono sempre bloccato con te da qualche parte”.

“Sono certo che Miss Inquietudine possa fare a meno di te per un altro paio d’ore”.

Alaric roteò gli occhi rinunciando ad insistere perché sarebbe stata una causa persa in partenza. Cambiò, dunque, argomento “Come sta Bonnie? Meredith mi ha detto che non si parlando molto ultimamente”.

“E’ una tua alunna non mia, dovresti saperlo meglio di me” rispose il vampiro con voce apparentemente neutra, in realtà sussultò in maniera impercettibile al nome della rossa.

“Vive in casa tua, non mia” replicò Alaric.

Damon sbuffò decidendosi ad accontentarlo “Non la vedo molto in realtà. Ma da quello che ho capito si sta riprendendo. È sempre in giro con quel tipo, credo che la cosa la faccia contenta”.

“Contenta?”.

“Contenta”.

“Credi sia contenta?”.

Damon si fermò e si voltò per guardarlo dritto negli occhi “Non dovrebbe?”.

“Non è contenta” affermò Alaric sicuro “Non può esserlo. Ha perso troppi affetti in poco tempo e ha solo diciott’anni. Forse non lo dà a vedere, ma è tutto fuorché contenta”.

“E’ solo una ragazza, è giovane. Presto le passerà tutto e dimenticherà. Gli umani superano facilmente il dolore”.

“Non dopo poche settimane. Bonnie non è un’insensibile”.

“La sottovaluti, Alaric. Tutti voi la sottovalutate. La ragazzina è più forte di quanto sembri, sa gestire se stessa” gli promise il vampiro.

“Continua a ripetertelo se ti fa stare meglio” lo provocò Alaric “Bonnie non sta bene, perché è stata ferita da chi le voleva più bene”.

“Sì lo so” disse Damon con fare annoiato “Stefan ha tradito la sua fiducia mentendole. Bonnie ci passerà sopra prima o poi, non è così grave”.

“Mi riferivo a te” gli svelò l’amico con uno sguardo tremendamente serio “Adesso Bonnie è in fase di negazione. Ti conviene starle vicino perché non durerà per sempre: prima o poi esploderà e non vorrei che fosse troppo tardi”.

Damon venne colpito da quelle parole ma non ebbe il tempo di elaborarle perché entrambi si girarono verso dei cespugli con i fucili puntanti. Avevano sentito dei rumori, ma mentre Alaric non riusciva a capire che cosa li provocasse, Damon aveva semplicemente reagito d’istinto imitando le mosse dell’altro. Era il rumore di zoccoli sul terreno; evidentemente qualcuno si stava facendo una cavalcata.

Abbassò l’arma e proseguì fino a superare i cespugli: davanti a lui si apriva un prato molto esteso, lungo cui due cavalli correvano al galoppo in lontananza.

Damon riconobbe all’istante le due figure: Bonnie e il biondino.

Li osservò fermasi e smontare da cavallo. Christopher stava indicando qualcosa a terra, probabilmente un riccio o un altro animaletto.

Un moto di gelosia invase il vampiro. I cavalli erano una cosa sua e di Bonnie e di nessun altro. Era stato lui a portarla per la prima volta al maneggio, lui le aveva insegnato a tenere le redini, lui l’aveva medicata ogni volta che era caduta da cavallo e sempre lui l’aveva rimessa in sella nell’istante successivo.

Da quando la ragazza era tornata a Fell’s Church non avevano avuto tempo di fare una passeggiata con i cavalli; anzi la quando lei glielo aveva proposto, lui aveva rifiutato senza pensarci più di tanto. Non aveva dato molto peso alla cosa, non si era mai reso conto di quanto fosse speciale per entrambi. Cavalcare era il loro modo per passare del tempo insieme, era metaforicamente il loro rifugio segreto e in quel momento Christopher aveva preso il suo posto.

Chi era quel ragazzino per arrogarsi un tale diritto? Chi gli aveva dato il permesso di portarla a cavallo? Chi era per violare così sfacciatamente il suo spazio?

Nemmeno Damon sapeva da dove provenisse tutto quel fastidio; se Bonnie avesse frequentato Matt, non si sarebbe sentito così irritato. Certo avrebbe pensato che la ragazza avrebbe potuto scegliersi qualcuno di migliore, ma niente di più. Con Christopher, invece, c’era qualcosa che non andava. Damon non si fidava di lui, per un migliaio di ragioni che potevano essere riassunte in una sola: era troppo attaccato a Bonnie.

E quando lo vide prendere la ragazza per le mani e baciarla, prima di risalire in groppa, fu certo di una sola cosa: Justin Bieber doveva morire.

Quando Damon la sentì rientrare in casa quella sera, all’inizio non ci fece nemmeno molto caso. Era troppo preso dal problema lupi mannari per poter accorgersi che in Bonnie c’era qualcosa di diverso.

La ricerca nei boschi era stata un totale fallimento; il sole era tramontato e i due aveva deciso di abbandonare il piano. Quei lupi si erano nascosti chissà dove e a Damon non era rimasta altra scelta che sperare in Caroline. Forse la vampira sarebbe stata capace di scoprire qualche novità. In che modo avrebbe ottenuto nuove informazioni, a lui non importava. Che circuisse Tyler, che si spogliasse davanti a lui, che lo facesse ubriacare fino alla nausea … un metodo valeva l’altro. L’importante era ritrovare quella dannata ragazzina e il suo branco.

Damon, steso sul divano, di fronte al camino, ripensò poi alla conversazione avuta con Alaric riguardo Bonnie. Il suo amico di sicuro aveva ragione; d’altronde era quello che continuava a ripetergli anche Stefan. Doveva trovare il modo di farsi perdonare. Più facile a dirsi che a farsi.

Avrebbe potuto partire da delle semplici e umili scuse, ma rivalutandola bene, quell’ipotesi era fuori discussione. Era serio quando aveva confessato a Stefan di non provare pentimento per l’omicidio di Zach e la cosa dal suo punto di vista risultava pure normale. L’equazione era semplice: “vampiro+morte= niente rimpianti per il suddetto”.

Non avrebbe mentito a Bonnie solo per entrare nella sue grazie, non l’avrebbe presa in giro simulando un finto dispiacere per la morte del fratello.

Dal punto di vista umano era un gesto inconcepibile, dal punto di vista di un vampiro era la normalità. Damon non poteva rinnegare se stesso; non l’avrebbe mai fatto per nessuno, nemmeno per Elena.

Stava cambiando, stava migliorando, ma ciò non significava che avrebbe cancellato tutto il male che aveva causato in passato.

E comunque Bonnie stava cento volte meglio senza di lui e lo poteva capire perfettamente dall’ euforia che l’aura della ragazza irradiava dalla sua camera.

Damon si tirò su a sedere. Un momento: aura? Da quando in qua riusciva a percepire l’aura di Bonnie? La ragazzina non aveva una specie di meccanismo automatico per nasconderla? Come diamine aveva fatto a sprigionarla?

E poi da dove arrivava tutta quell’entusiasmo? La cosa cominciò ad assumere contorni veramente strani nel momento in cui Bonnie scese nuovamente verso l’ingresso, vestita elegantemente e prese le chiavi della macchina pronta ad uscire.

Damon guardò l’ora: le otto meno un quarto. Non era tardi, non era affatto tardi. Aveva fatto orari peggiori, tipo quella volte quando era tornata alle tre; ma il vampiro s’insospettì lo stesso.

In un secondo si parò davanti alla porta di casa impedendole di uscire “Dove stai andando?”.

Bonnie ci rimase di sasso, attendendosi di tutto tranne quella scena. Si guardò intorno in cerca di una via di fuga da quella situazione così imbarazzante. Non voleva parlare con Damon, ma d’altra parte doveva uscire di casa. Christopher e i suoi genitori la stavano aspettando e lei non poteva mancare. Che figura avrebbe fatto a disdire all’ultimo?

“Devo uscire” rispose brevemente sperando che bastasse.

“Per andare dove?” incalzò Damon.

“Devo vedermi con le mie amiche a cena”.

Damon piegò un angolo della bocca all’insù e si piegò lentamente verso la ragazza “A chi vuoi darla a bere? So che non vi parlate ancora”. Ringraziò mentalmente Alaric per averglielo riferito solo qualche ora prima “Ti vedi con quel tipo, vero?”.

“Non sono affari tuoi. Ora mi fai passare?” chiese irritata cercando di aggirarlo.

Damon si appoggiò alla porta impedendole ogni tentativo “Credo che invece siano proprio affari miei, perché qualunque cosa tu stia combinando con quel tipo, fa brillare la tua aura come un lampione e sarà solo questione di tempo prima che tutti i vampiri della zona piombino qui per cercare di assaggiarti”.

Bonnie spalancò gli occhi e impallidì. Era talmente contenta dell’invito di Christopher e della lezione con la signora Flowers che aveva lasciato libera la sua aura di esprimersi senza pensare di nasconderla una volta rientrata in casa.

“Ora mi piacerebbe tanto sapere come diamine è possibile che tu sia riuscita a sbloccarla?” continuò Damon fingendosi pensieroso.

Bonnie intuì di essere con le spalle al muro. Avrebbe preferito tenere le sue lezioni con la signora Flowers private, ma era sicura che il vampiro non avrebbe mollato finché non gli avesse detto la verità. “Qualcuno mi sta aiutando”.

Damon non fece una piega, forse perché non gli importava o forse perché non voleva mostrare il suo turbamento “Dovrebbero aiutarti a tenerla sotto controllo, non a esibirla come un trofeo”.

“Mi è sfuggita, ok? Pensavo ad altro, ma non succederà più. Tranquillo, non verrà nessuno a disturbare la tua pace. Ora se non ti dispiace, sono già in ritardo …”.

“Cosa devi fare?”.

“Sono stata invitata a cena a casa di Christopher, va bene?!” scoppiò Bonnie.

“Ti presenta già i suoi genitori? Non vede proprio l’ora di arrivare in casa base” commentò Damon acidamente “Chiamali e disdici la cena” ordinò.

“Cosa?! Nemmeno per sogno! Chi ti credi di essere per dirmi cosa fare?!”.

“Quel tipo non mi piace”.

“Beh, non mi sembra di aver mai chiesto il tuo parere”.

“Sei sempre con lui; non ti vedi con nessun altro. Ti sembra normale?” le fece notare Damon.

Christopher è normale” replicò Bonnie “Lui non mi fa pressioni, mi lascia fare quello che ritengo giusto e soprattutto non ha segreti”.

“Certo perché tu lo conosci così bene” sbottò Damon “Non ti fa pressioni perché non ha la minima idea di cosa tu stia passando; è un umano, Bonnie, non s’immagina neanche cosa c’è davvero lì fuori! Tu non appartieni al suo mondo, non appartieni a lui” sottolineò con enfasi.

“Non appartengo nemmeno al tuo di mondo” controbatté Bonnie “E sto bene con lui proprio perché non ha niente a che fare con tutte le assurdità che tu e Stefan avete portato nella mia vita”.

“Ha qualcosa di strano” continuò Damon come se non l’avesse neanche ascoltata.

“Mi fido di lui”.

“Il tuo radar della fiducia allora si deve essere guastato”.

“Su questo non c’è dubbio: mi sono fidata di te” lo gelò.

“Me lo merito” Damon accettò di buon grado quella frecciatina “Ma non è necessario che tu esca con quel tipo solo per farmela pagare”.

Bonnie scoppiò a ridere “Pensi che il mondo giri attorno a te!”.

“Ascoltami …”.

“No” lo interruppe “No, Damon! Cosa vuoi da me? Quando sono tornata qui dall’Italia mi ha trattato come il peggiore degli zerbini, volevi mandarmi via perché avevi paura che scoprissi cosa avevi fatto, mi hai tenuto sotto  una campana di vetro, non mi hai mai dato fiducia; poi tutta la verità è venuta a galla e io non ho fatto niente. Non sono andata dallo sceriffo. Ti ho semplicemente ignorato, quindi dimmi Damon, cosa diavolo vuoi dalla mia vita? Perché non puoi lasciarmi in pace?”.

“Prova a dirlo agli altri! Sono settimane che mi dicono di fare il contrario”.

“E’ per questo che ti stai inventando questa storia di Christopher? Perché volevi che la smettessero di starti addosso?!” lo accusò Bonnie sempre più inviperita.

“Non mi sto inventando niente, sono serissimo” la corresse lui “E qui non si tratta né di me né degli altri, si tratta di te che ti sei fatta raggirare dal primo pirla che ti è passato sotto al naso”.

Bonnie ricorse a tutta la sua pazienza per non tiragli uno schiaffo ben assestato in faccia “Io non sono un vampiro, non sono capace di spegnere le emozioni. Non posso andare avanti come se niente fosse successo. Christopher mi ha aiutato molto e tu … non sei nemmeno la metà dell’uomo che è lui”.

Damon strinse le labbra con stizza “Sei convinta che rimarrà con te per sempre? Svegliati, ragazzina, sei soltanto la prima abbastanza carina con cui ci ha provato e che ci è stata. Ti mollerà appena ne troverà un’altra e tu rimarrai sola perché sei stata troppo orgogliosa per fare pace con le tue amiche”.

Bonnie trattenne il respiro al suono di quelle parole. Sentiva un groppo in gola, sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi e abbassò la testa per non farsi vedere “Grazie, Damon, grazie per avermi ricordato ancora una volta che ci sarà sempre qualcuno migliore di me” lo scostò dalla porta.

Damon ammorbidì immediatamente lo sguardo e maledì il suo cattivo temperamento. Perché non riusciva a tenere chiusa quella maledetta boccaccia? Come faceva a rovinare sempre tutto?

“Bonnie … non era quello che intendevo”. Si spostò accondiscendente al tocco delle sue mani sul suo braccio. La sua voce la fermò prima che oltrepassasse la porta “Non permetterò che ti faccia il cuore a pezzi”.

Bonnie rimase di spalle, con la mano sulla maniglia della porta. Si girò leggermente senza però guardarlo in faccia “Non ti preoccupare, ci hai già pensato tu” e chiuse la porta con un botto.

Damon sussultò. Si era sbagliato. Si era dannatamente sbagliato: Bonnie non stava affatto bene e prima o poi sarebbe esplosa.

Sì, ma quando?

 

Come si permetteva? Dopo tutto quello che le aveva fatto passare, come si permetteva d’intromettersi ancora nella sua vita?

Era un tale bambino! Si arrampicava sugli specchi solo per non essere rilegato nello sfondo. Era altezzoso, adorava stare al centro dell’attenzione, nel bene o nel male, e non poteva sopportare di essere ignorato; soprattutto non da lei che fino a qualche settimana prima pendeva dalle sue labbra.

Bonnie non sapeva più cosa pensare. Forse Damon desiderava trattenerla con forza nella depressione, forse preferiva vederla sola e infelice. Aveva continuato a ripeterle che il mondo degli umani non era più il suo, che avrebbe dovuto abituarsi alla sua nuova vita, che nella sua realtà non c’era  spazio per uno come Christopher.

In un altro momento, in altre circostanze Bonnie avrebbe apprezzato i consigli di Damon e magari li avrebbe anche presi in considerazione; un tempo avrebbe pensato che il vampiro si stava solamente occupando del suo bene; e preso dal punto di vista logico quel ragionamento non faceva una piega: non era una buona idea coinvolgere Christopher in quel casino che era diventata la sua vita, perché non avrebbe potuto capire, non ci avrebbe neppure creduto. Ma Bonnie non voleva lasciarlo andare. Era un atto egoistico e da viziata, ne era consapevole. Non avrebbe potuto comportarsi altrimenti: quel ragazzo era l’unica cosa normale che le era rimasta, ciò che condividevano era genuino e rassicurante e la faceva stare bene. Non ci avrebbe mai rinunciato. Damon non poteva mettersi tra di loro.

E poi perché doveva essere sempre così cattivo?

Perché è cattivo.

Doveva immaginarselo: Damon era un vampiro centenario, abituato a studiare l’avversario e a trovare le sue debolezze; sapeva che tasti toccare anche con lei.

Bonnie soffriva molto il fatto di essere l’ultima arrivata. Aveva passato quasi otto anni della sua vita a sentirsi insignificante. Quando Zach l’aveva mandata in Italia, lei aveva solo undici anni e non ne aveva capito la ragione. Credeva di aver fatto qualcosa di male, credeva fosse una specie di punizione per aver fatto infuriare suo fratello per qualche motivo sconosciuto. Damon e Stefan erano scomparsi, non aveva mai ricevuto una visita o una chiamata; e lo stesso Zach era andato a trovarla davvero poche volte. Bonnie era giunta alla conclusione di non essere sufficientemente importante; non del tutto irrilevante, solo non era  abbastanza.

Tutto ciò aveva fatto nascere in lei un complesso dell’abbandono/ inferiorità che non era ancora riuscita a scrollarsi di dosso. Damon conosceva il suo lato debole e lo usava contro di lei per farla crollare.

Ma quella volta non gli avrebbe dato ascolto, non si sarebbe fatta influenzare. Damon non avrebbe rovinato la sua relazione con Christopher; non gli avrebbe permesso di metterle in testa certe idee.

Chris  era migliore degli altri, era migliore di Damon e forse era proprio per quello che il vampiro non poteva sopportarlo.

“Bonnie, ti senti bene? Sei stata strana per tutta la sera” le fece notare Chris.

La cena non era andata benissimo, per colpa sua. Era stata taciturna per quasi tutta la sera, troppo nervosa per il suo scontro con Damon.

I genitori di Christopher erano stata carinissimi e molto ospitali. L’avevano accolta gentilmente e avevano fatto finta di non accorgersi del malumore della ragazza. Avevano colmato i silenzi imbarazzanti con domande o battute divertenti, la maggior parte sull’infanzia del loro ragazzo.

Il signore e la signora Rydell erano molto attraenti, alti e ben educati e Bonnie non stentava a credere che Christopher fosse figlio loro. Apparivano come la famiglia perfetta e lei era terribilmente mortificata di essere stata una tale musona.

Dopo la cena, Christopher le aveva fatto fare un giro della casa e infine l’aveva portata in camera sua. Bonnie si era seduta sul letto e il giovane aveva iniziato a raccontare la storia di un trofeo posato sul comodino accanto a letto; quando si rese conto che lei non lo stava ascoltando, le rivolse quella domanda.

Bonnie sbatté le ciglia come scossa da un sogno “O mio Dio! Sono una persona orribile” si lamentò “I tuoi mi avranno presa per pazza. Mi dispiace così tanto di aver rovinato tutto”.

“Non hai rovinato niente, Bonnie” la tranquillizzò lui “I miei genitori non sono tipi da formalizzarsi su certe cose. Hanno capito che c’era qualcosa che ti turbava. Sai che puoi sfogarti con me, vero?”.

Bonnie annuì lentamente e posò il capo sulla spalla del ragazzo “Soliti problemi in famiglia”.

“Damon?”.

“Sì. Mi ha detto delle cose che … beh, sa come farmi male”.

“Non credo che siano quelle le sue intenzioni” lo difese Christopher mentre faceva passare un braccio intorno alla vita di Bonnie e la faceva stendere accanto a lui sul letto “Vuole fare il meglio per te”.

“Non sa che cos’è meglio per me; non lo ha mai saputo” dichiarò lei con un moto di ostinazione “Vorrei solo che sparisse dalla mia vita, almeno per un po’ ”.

“Ok, ora cominci a preoccuparmi” si allarmò Christopher “Perché ce l’hai a morte con lui? Ti ha fatto qualcosa?”.

“Niente di serio” Bonnie fu costretta a sminuire anche se moriva dalla voglia di raccontargli tutto “Vuole solo controllarmi, ma non è mio fratello e non ne ha nessuno diritto”.

“Sei così arrabbiata che sprigioni energia negativa per tutta la stanza” scherzò lui “Vediamo se riesco a distrarti” e in un attimo le fu sopra.

Bonnie trattenne il respiro sentendo le sue mani accarezzarle i fianchi. Il ragazzo scese sulla sua bocca e iniziò a massaggiarle lentamente con le proprio labbra.

In un istante tutte le preoccupazioni di Bonnie svanirono e tutto ciò che le importava era il corpo del giovane premuto contro il suo e le sue dita che erano scivolate appena sotto la maglietta a sfiorarle la pancia.

Brividi cominciarono a correrle lungo la pelle elettrizzata da quei tocchi provocanti.

“Ci sono riuscito?” domandò Christopher in un sussurro.

“Direi di sì” gli sorrise lei “Chi è il ragazzo nella foto?” domandò di gettò non appena vide una cornice appesa alla parete proprio di fronte a loro. Christopher si girò leggermente a guardarla “Oh … è … mio fratello, ora è al college”.

“Non mi hai detto di avere un fratello”.

“Ci sono un sacco di cose che non sai di me” la prese in giro lui, stampandole un bacio sulla bocca “Ad esempio a quest’ora scendo sempre a guardare la pagina sportiva con mio padre. Ti vuoi unire?”.

“Grazie, ma passo” declinò lei “Credo che aiuterò tua mamma a sparecchiare, così magari mi farò perdonare”.

Entrambi scesero nel soggiorno e Bonnie raggiunse subito la signora Rydell in cucina, che stava sciacquando i piatti prima di metterli in lavastoviglie.

“Posso darle una mano?”.

“Non preoccuparti, cara, ho quasi finito” le sorrise dolcemente la donna.

“Mi dispiace di essere stata così intrattabile a cena. È che ho litigato con mio zio prima di venire qua ed ero ancora un po’ scossa”.

“Non ti devi scusare, non sei stata affatto intrattabile” la calmò “Comunque ti capisco, non deve essere facile convivere con due ragazzi così giovani. Dovrebbero occuparsi di te e probabilmente non sono nemmeno in grado di occuparsi di se stessi” scherzò.

Bonnie ridacchiò “Lei ne deve sapere qualcosa. Voglio dire ha cresciuto due figli”.

L’espressione della donna si fece d’un tratto confusa “Che vuoi dire?”.

“Ho visto la foto del fratello di Chris di sopra. Deve essere stato difficile gestire due maschi, no?”.

“Tesoro, ti devi essere confusa. Christopher è figlio unico”.

Bonnie ci rimase di sasso. Strinse gli occhi sconcertata e si guardò intorno smarrita senza comprendere che cosa stava accadendo.

“Mi scusi tanto, ma devo proprio andare. Si è fatto tardi” balbettò prima di andare in salotto, agguantare la sua giacca e la sua borsa e volare fuori dalla quella casa alla velocità della luce.

 

“Ehi! Miss Inquietudine”.

Vedere Damon in giro di mattina presto era un evento inusuale; vedere Damon in giro di mattina presto nei pressi della scuola era un evento più unico che raro; vedere Damon in giro di mattina presto nei pressi della scuola e in cerca di Meredith Sulez era un evento epico.

Per questo gli occhi sospettosi della ragazza non lo abbandonarono un secondo mentre le si avvicinava con fare guardingo.

“Non ho tempo, Damon”.

“Mi servono solo cinque minuti” le chiese lui “Mi devi fare un favore”.

Meredith inarcò le sopracciglia “Di che cosa si tratta?”.

“Di Bonnie e Christopher” spiegò Damon “Ieri sera Bonnie è andata  a casa sua ed è tornata sconvolta. C’è qualcosa che non va nel loro rapporto. Vorrei che li tenessi d’occhio e che mi avvertissi se notassi qualcosa di strano”.

“Perché lo stai chiedendo a me?”.

“Perché Caroline e Elena si farebbero prendere dal panico e farebbero solo dei gran danni”.

“Scusami Salvatore ma non sono la tua spia” si rifiutò e gli diede le spalle iniziando a camminare.

“Andiamo Meredith” la seguì lui insistente “Bonnie è in un momento delicato, è facilmente plagiabile, darebbe piena a fiducia a chiunque non sia del nostro gruppo. Non dirmi che tutto questo ti sembra normale. Sei una ragazza intelligente e credo che ti sia accorta che Christopher è un po’ troppo interessato a Bonnie”.

Meredith si fermò “Ti ascolto”.

“Correggimi se sbaglio, ma Bonnie ultimamente esce solo con lui – Meredith annuì e il vampiro proseguì nel suo discorso- chiunque le avrebbe consigliato di cercare di sistemare il rapporto con voi e invece quello che fa? Non la molla un secondo e sembra quasi contento che lei non abbia più amici”.

“Mi trovo d’accordo con te” confessò Meredith “E’ da un po’ che li osservo qui a scuola e sai … non è tanto il comportamento di Bonnie che mi stupisce ma quello di Christopher. Voglio dire tra di noi ci sono state delle incomprensioni, è normale che lei preferisca starsene un po’ lontana, ma lui? Non l’ho mai visto con nessuno. A parte qualche parola scambiata in classe, Christopher non ha nessun amico”

“Stai dicendo che mi aiuterai?”.

“Forse ti sembrerò paranoica e un po’ possessiva, ma credo che quando delle amiche litighino, si debba far di tutto per sistemare le cose. Bonnie per il momento non è disposta a farlo e non penso siano tutte sue idee. Non dico che Christopher l’abbia di proposito messa contro di noi, ma forse è così felice di averla tutta per sé che vuole tenersela stretta”.

“Bene” asserì Damon “Tienimi aggiornato”.

Meredith rispose con un cenno di assenso e proseguì verso la scuola mischiandosi tra i suoi compagni.

Damon ritornò alla macchina, sollevato di aver trovato finalmente qualcuno che condividesse la sua idea. Meredith era sveglia e sarebbe stata un’alleata perfetta.

“Saranno vent’anni che non ti vedo, Salvatore”.

La mano di Damon si bloccò sulla maniglia della portiera. Si voltò piuttosto scocciato, chiedendosi chi osasse importunarlo. Appena riconobbe la figura davanti a lui, agghiacciò fiutando guai all’orizzonte.

“Ho sentito che mi stavi cercando”.

Merda.

 

“Then I saw, what it was, that I had done
And last night we fell apart,

and broke to pieces
Our love was in the hall, all packed in boxes
And I saw, what it was, that I had done to you

I was wrong, I was wrong
I was wrong, I was wrong”

(I was wrong- Sleeperstar).

 

Il mio spazio:

Buon venerdì sera a tutteee!

Ho aggiornato con un capitolo un po’ più lungo del solito. Ho sentito che era il momento di dare un po’ più spazio anche ad altri personaggi e forse mi sono lasciata un po’ prendere la mano, ma spero di aver scritto qualcosa ugualmente interessante. Sapete che ho sempre paura di cadere nel noioso =D

Cominciamo dall’inizio:

-      Bonnie inizia finalmente a riprendersi e il merito è quasi tutto di Christopher. Ho letto dai commenti che una parte di voi è pro- Christopher e l’altra è contro. Sono contenta che nel bene o nel male abbiate sviluppato un certo interesse per questo personaggio. Bonnie, forse non sta ancora bene (come sostiene Alaric e come comincia a credere Damon), ma di certo con Chris si sente bene e per ora è tutto ciò che le importa. Lui non sa quanto gravi siano i veri problemi di Bonnie e per questo non le pressioni, le parla s’altro, la fa divertire e soprattutto la fa sentire come l’unica ragazza sulla terra. Invito ufficiale alla fiera di primavera, presentazione ai genitori che sembrano perfetti tanto quanto il figlio; insomma un sogno d’amore in piena a regola, ma qualcosa arriva a rovinare tutto. Il fratello di Christopher esiste o no? E se non esiste, perché lui le ha mentito?

Non preoccupatevi, nel prossimo capitolo tutti i nodi verranno al pettine e verrà data una spiegazione più che logica.

-      Tyler e Caroline iniziano ad avere delle divergenze su come affrontare la questione dei lupi mannari. Prima di tutto vi ricordo ancora (probabilmente non mi sopporterete più) che non sto ripercorrendo la secondo stagione di TVD. Ho preso ispirazioni sia dal libri sia dalla serie; la base di partenza può essere la stessa ma porterà a risultati molto diversi, per cui in questa storia non vedrete mai Tyler versione lobotomizzato che se ne sta a guardare mentre Caroline viene spalmata contro una roulotte con una pistola puntata alla testa ( vedi 2x13). Qui nessuno zio Mason è stato ucciso e Caroline è stata sincera fin dall’inizio, perciò Tyler non ha motivo di non fidarsi di lei. Questo non toglie che i due abbiano idee diverse.

-      Damon ha due problemi: il primo riguarda i lupi mannari, il secondo Bonnie.

Ho voluto esplorare un po’ la sua amicizia con Alaric perché credo che sia l’unico che possa infilargli un po’ di senno in testa ed è l’unico cui Damon dia retta. Alaric gli fa notare che Bonnie non sta così bene come tutti pensano e che forse sarebbe meglio starle vicino perché potrebbe esplodere e arrabbiarsi sul serio senza via di ritorno.

Poi c’è la questione Christopher. Credete che Damon sia solo molto possessivo e anche un po’ geloso o che abbia ragione? Potrebbe essere entrambe le cose; sta di fatto che Damon inizia a capire quanto gli manchi non essere più il punto di riferimento di Bonnie; ovviamente non sto ancora parlando in senso romantico, ma servirà per fare passi avanti. Damon non aveva valutato di tenere così tanto alla ragazzina e magari capirà di dover lottare di più per tenersela stretta, perché da un momento all’altro potrebbe arrivare un qualunque Justin Bieber a portargliela via.

Infine stringe una strana alleanza con Meredith, l’unica ad avere notato il comportamento ambiguo di Christopher.

E poi chi è l’ultimo personaggio che è entrato in scena? Damon non sembra molto felice di vederlo e nel prossimo capitolo scoprirete che ne ha tutte le ragioni.

 

Ho postato a fine capitolo le foto delle tre macchina che ho immaginato per Bonnie, Damon e Stefan. AriaSolis me l’aveva chiesto nella recensione e ho pensato che anche a qualcun altro avrebbe fatto piacere.

Potrei fare la stessa cosa con i personaggi della mia storia. Potrei caricare le foto dei protagonisti dal prossimo capitolo, se vi va. Fatemi sapere che ne pensate.

Ringrazio moltissimo tutti voi che recensite, leggete e seguite questa storia. Mi date il giusto entusiasmo per andare avanti =)

Ci vediamo tra due settimane,

Fran ;)

 

Bonnie

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Damon

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Stefan (per questa mi sono ispirata a quella della serie tv).

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Capitolo 22
*** Even if you cannot hear my voice ***


Ashes &Wine

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Capitolo ventidue: Even if you cannot hear my voice.

 

“You don't even know the meaning of the words "I'm sorry"
You said you would love me until you die
And as far as I know you're still alive, baby
You don't even know the meaning of the words "I'm sorry"
I'm starting to believe it should be illegal to deceive a woman's heart”

(Illegal- Shakira).

 

Meredith stava scarabocchiando l’angolo del suo quaderno di matematica da qualche minuto. Era la sua materia preferita, ma al momento non aveva proprio la testa per stare attenta alla lezione.

Stava ancora pensando alla conversazione avuta con Damon. Le era parso strano che avesse chiesto aiuto proprio a lei, considerando che non erano esattamente in buoni rapporti, ma d’altro lato la rincuorava.

Quando Bonnie il giorno prima aveva chiesto loro un po’ di spazio per stare da sola, le era parso subito un po’ avventato.

Che la ragazza fosse sconvolta, era chiaro. E Meredith trovava anche sensato non riallacciare subito i rapporti come se niente fosse successo.

Ma ormai erano passate due settimane e si sarebbe aspettata qualche progresso e non un altro allontanamento.

Era convinta che bisognasse lavorare insieme per risolvere le incomprensioni e temeva che se Bonnie si fosse attaccata troppo a Christopher, sarebbe finita per dimenticarsi di tutte loro.

Meredith odiava non poter rimediare ai suoi errori, odiava che non le venisse nemmeno data la possibilità e incolpava Christopher per questo.

All’inizio aveva pensato di essere paranoica, di manifestare una gelosia ritorta nei confronti del ragazzo, perché era colui che teneva Bonnie lontano. Il discorso che Damon le aveva fatto poco prima fuori da scuola era stato rivelatore.

Non che il vampiro fosse proprio il miglior termine di paragone, in fondo era la quintessenza della paranoia, possessività e gelosia, ma era anche intuitivo e aveva una certa capacità di classificare le persone. Di certo essere al mondo da così tanto tempo lo aveva aiutato a studiare con attenzione tutto ciò che lo circondava. Per assurdo, Meredith in quel frangente si fidava del giudizio di Damon, perché lei stessa aveva avuto la stessa impressione.

La campanella di fine lezione iniziò a suonare e la ragazza quasi non se ne accorse da tanto era immersa nelle sue valutazioni.

Vedendo che tutti avevano ritirato la propria roba e stavano lasciando l’aula, anche lei fece lo stesso. Una volta in corridoio ebbe la prova di ciò che le aveva riferito Damon.

Bonnie le passò davanti senza nemmeno notarla; aveva gli occhi stanchi e sembrava molto turbata, stringeva i libri al petto in maniera nervosa guardandosi intorno come se avesse paura di incontrare qualcuno. Doveva essere successo qualcosa la sera prima con Christopher.

Meredith la seguì fino all’armadietto e non resistette “Bonnie, stai bene?”.

La rossa sobbalzò al suono della voce della mora e si girò di scatto; un quaderno le scivolò di mano e cadde in terra. Si chinò per raccoglierlo e approfittò di quel momento per risponderle senza guardarla negli occhi “Certo, va tutto bene”.

Meredith non era il tipo da credere alla prima bugia buttata lì senza nemmeno troppa convinzione. Le pareva quasi che Bonnie da una parte non volesse esporsi, dall’altra che volesse confidarsi.

“Sei sicura? Sai che con me puoi parlare e che non dirò niente ad anima viva”. Eccetto Damon, ma dopotutto non è un’anima viva.

“Niente d’importante … voglio dire, ci sarà sicuramente una spiegazione logica” disse Bonnie in un susseguirsi di parole che avevano senso solo nella sua testa.

“Spiegazione per cosa?” insistesse Meredith che iniziava a preoccuparsi.

“Giurami che non lo dirai né ad Elena né a Caroline” le fece promettere, sicura che le due sarebbe corse subito da Stefan a raccontare tutto.

“Non ne farò parola con loro” garantì Meredith.

“Ieri sera Christopher mi ha detto una cosa sulla sua famiglia e poi … sua madre me l’ha smentita” dallo sguardo di Meredith capì di essere stata ancora più confusionaria di prima  e si spiegò meglio entrando nei dettagli “Ha detto di avere un fratello. Al momento mi è sembrato strano perché non me ne aveva mai parlato, ma non ci ho dato molto peso, fino a che sua madre non mi ha detto che Christopher è figlio unico”.

“E lui come ha replicato?”.

“Non c’era quando ne ho parlato con la madre. Sono scappata subito, non credo nemmeno sappia il motivo del mio comportamento. Mi ha chiamato un sacco di volte ma non ho mai risposto”.

Meredith corrugò la fronte non sapendo che pensare “Perché dirti di avere un fratello se non è vero? A che scopo?”.

“Ho provato ad immaginarmi per tutta la notte il motivo per cui mi abbia mentito, ma onestamente non riesco a pensare a niente di verosimile”.

“Oggi non l’hai ancora incontrato?”.

“No” negò Bonnie “Stamattina c’era un allenamento straordinario della squadra di football, i giocatori sono tutti esonerati dalle lezioni. Dovrebbero tornare dopo pranzo”.

“Forse posso controllare nell’archivio della scuola. L’anno scorso davo una mano in segreteria. Userò l’account di Alaric … conosco la sua password da mesi e non se n’è mai accorto” propose Meredith “Raggiungimi in biblioteca quando hai finito di mangiare, ok?”.

“Grazie, Mere” le disse Bonnie; sapeva che poteva fidarsi di Meredith. Tra tutte era quella che aveva cercato di essere il più sincera possibile. In più era una ragazza riflessiva, razionale e molto pratica e il suo giudizio di solito era obiettivo e piuttosto azzeccato.

La mora le strinse una spalla in segno di conforto, poi la sorpassò, diretta alla lezione successiva.

Damon ci aveva dannatamente visto giusto. Christopher nascondeva qualcosa di grosso e Bonnie sarebbe stata l’unica a rimetterci. Ancora.

 

Non ci poteva credere.

Di tutte le sfortune che gli erano piovute in testa, quella era la più eclatante. Da più di  vent’anni non vedeva quel maledetto spaccone. Fred Lehmann era il lupo mannaro che più aveva odiato in tutti i suoi cinquecento anni di vita.

Ricordava ancora quando ci era quasi rimasto secco. Avrebbe voluto staccargli il collo, ma era stato drogato con la verbena, era debole e il vigliacco era scappato prima che lui potesse mettergli le mani addosso.

Non ne aveva più sentito parlare e mai avrebbe pensato di rivederlo. Mai avrebbe pensato che il lupo avesse il coraggio di affrontarlo di nuovo.

Eppure, eccolo lì, invecchiato di vent’anni, ma con la stessa identica espressione di sfida e con la stessa voglia di creare problemi.

Erano in un luogo pubblico, ma in quel momento tutti gli studenti erano in classe e attorno a loro c’era il deserto. Damon allertò i sensi e si preparò per un eventuale attacco. E quella volta non lo avrebbe lasciato andare vivo.

“Chissà perché ma temevo che tu saresti stato la mia nuova spina nel fianco” gli disse avvicinandosi.

“Speravo in un saluto più caloroso … dopo tutto questo tempo” lo stuzzicò l’altro.

“Ok, per qualunque cosa tu sia qui, finiamola in fretta perché ho altro di cui occuparmi” tagliò corto Damon “Fammi indovinare: la solita storia della vendetta? Seriamente, dopo vent’anni è andata fuori moda”.

L’altro uomo rise amaramente “Immagino che sarà meglio non aspettarmi delle scuse da parte tua. Credevo che la biondina da cui sei così preso ti avesse insegnato un po’ di umanità. Per la cronaca: è fuori moda innamorarsi di nuovo della ragazza di tuo fratello”.

Damon indurì gli occhi. Come faceva a sapere di Elena?

“Da quanto mi stai spiando?”.

“Da qualche settimana” rivelò Fred “Ero venuto qua per tutt’altri motivi. Se avessi mantenuto un profilo basso nemmeno avrei scoperto che ti eri trasferito qui; ma voi vampiri dovete sempre fare le scene plateali”.

“Arriva al punto. Io sono immortale, ma tu, se continui così, potresti morire di vecchiaia ancora prima di avermi detto cosa vuoi”.

“Non mi piace minacciare tirando in ballo persone che non c’entrano niente, soprattutto se si tratta di umani innocenti, ma dato che voi vampiri avete toccato ciò che non dovevate, io mi sento libero di fare lo stesso con la tua bionda. O anche con quella ragazzina rossa che vive in casa tua”.

Damon si diede altri cinque minuti prima di saltargli addosso. Quel lupo andava nella sua città, invadeva il suo territorio, si permetteva di sfidarlo e di minacciare le sue ragazze. Se quell’uomo non aveva un desiderio di morte, allora era completamente impazzito. Non c’era altra soluzione.

“Non ho toccato niente. Non so neppure di cosa stai vaneggiando. So solo che sto per strapparti il cuore una volta per tutte. Hai un ultimo desiderio?”.

“La ragazza che avete rapito”  iniziò Fred “E’ mia figlia”.

Damon contrasse la mascella. Questa non se l’aspettava. Un padre in modalità “proteggi la prole” era un elemento molto pericoloso. Se tale padre era pure un lupo mannaro, allora la faccenda si faceva veramente seria.

“Non c’entro niente in quella storia. Non l’ho rapita io, non so neanche che faccia abbia tua figlia. Se mi passasse davanti, la riconoscerei solamente per l’odore di cane”.

“Non sono venuto qui per giocare a chi fa le battute migliori, Salvatore” annunciò Fred “Voglio proporti un patto: mia figlia per le tue ragazze. Tu e i tuoi amichetti ci lascerete stare e io non torcerò un capello a nessuno di voi”.

“Io ho un’idea migliore: ti uccido subito e mi tolgo il pensiero”.

“Se mi uccidi, altri ti verranno a cercare. Noi ci muoviamo in branco e qualcuno verrà a vendicare la mia morte” lo avvertì Fred per nulla intimorito “E anche se riuscissi a scappare, questa volta non puoi pensare solo a te stesso …”.

“Perché vorresti una  tregua?” Damon si fece sospettoso.

“Perché sono venuto qui con la mia famiglia solo per aiutare Tyler. Non ho intenzione di essere coinvolto nei casini di voi vampiri. Voglio semplicemente fare finta che tu non sia nemmeno qui. Ti do la mia parola che nessuno ti farà del male durante la luna piena. E quando Tyler sarà in grado di cavarsela da solo, ce ne andremo per sempre”.

Damon arricciò le labbra “Scusami se non ti stringo la mano” berciò “Tanto per essere chiari: fingerò di crederti; ma al primo passo falso, ti farò rimpiangere di non essere morto vent’anni fa”.

“Hai cominciato tu questa battaglia, Salvatore” gli ricordò Fred prima di dargli le spalle e allontanarsi con le mani in tasca.

Damon rimase a fissarlo finché non scomparve dietro l’angolo, poi mandò un messaggio a Stefan chiedendogli di incontrarsi nel parcheggio della scuola.

Mentre lo aspettava in macchina, considerò che la vita era una vera puttana e che il karma ne era un degno consorte ed entrambi avevano uno strumento molto efficace per fotterti: il passato che ritorna, il passato che ti tormenta.

Damon nella sua esistenza aveva compiuto gli atti peggiori che si potessero immaginare ed era certo che prima o poi le conseguenze gli avrebbero dato la caccia fino a fargli purgare tutto il male che aveva causato.

Certamente non si sarebbe mai sognato che la punizione per tutte le sue scelleratezze gli sarebbe piombata addosso in una volta sola.

Evidentemente non bastava l’improvviso l’innamoramento per Elena che lo stava rammollendo a poco a poco, non bastava l’astio di Bonnie, non bastava Katherine che cercava in tutti i modi di farli impazzire o la minaccia incombente di Klaus, non bastava nemmeno avere tra le palle quel grandissimo imbecille di Christopher, buono solo ad insidiare la rossa per chissà quali voglie; oltre a tutto ciò, ci si metteva anche un lupo mannaro potenzialmente pericoloso, in cerca di vendetta e deciso a proteggere la figlia.

Stefan aprì la portiera di destra e si sedette di fianco al fratello “Spero che sia una cosa importante. Ho dovuto soggiogare l’allenatore per far finire l’allenamento prima del previsto. Che cosa c’è di così urgente da mettere un’intera fila di punti esclamativi a fine messaggio?” domandò piuttosto irritato.

“Qual è la cosa peggiore che potrebbe capitare?”.

“Ok, se hai intenzione di parlare per indovinelli, me ne torno in classe”.

“Aspetta un attimo, vampiro emo” tornò all’istante serio Damon “Ho incontrato uno dei lupi mannari che si aggirano nel bosco”.

“C’è da nascondere il cadavere? È per questo che mi hai chiamato?”.

“Non sto giocando a GTA*, Stef” lo smorzò Damon “Non massacro ogni persona che incontro. Ha detto di voler stringere una tregua. Pare che siano venuti solo per aiutare Tyler e non hanno intenzione d’incominciare una guerra con noi vampiri; mi ha dato la sua parola”.

“Non ne sembri convinto”.

“Ho già incontrato quell’uomo, più o meno vent’anni fa” raccontò Damon “Mi ha colto di sorpresa, è riuscito a stordirmi con la verbena e mi ha quasi ucciso. Non aveva tenuto conto che un vampiro di cinquecento anni non è così facile da mettere fuori gioco”.

“Se ha già cercato di ucciderti una volta, ci riproverà” concluse Stefan altrettanto preoccupato, senza esserne però stupito. Damon si era fatto molti nemici, tra cui parecchi licantropi. Non era una novità che lo volessero morto definitivamente.

“Questa volta è diverso” puntualizzò Damon percependo i pensieri del fratello “Questo qui ha un motivo per volere la mia testa”.

Stefan aspettò in silenzio che l’altro vampiro gli rivelasse la ragione.

“E’ orfano di madre per colpa mia”.

Stefan chiuse gli occhi lentamente, rassegnato. Erano fregati.

“L’avevo incontrata in un bar, era molto che non mi nutrivo e la situazione mi è sfuggita di mano. Non aveva scatenato la maledizione quindi non avevo idea che fosse un lupo mannaro, non pensavo che qualcuno potesse intuire il coinvolgimento di un vampiro. Suo figlio mi ha cercato per molti anni, finché non mi ha trovato vent’anni fa. Il resto lo sai”.

“Perché l’hai lasciato andare? Potevi liberartene subito … non dirmi che ti sei fatto prendere dai sensi di colpa!”.

“NO!” Damon lo guardò come se avesse ricevuto il peggiore degli insulti “Se l’avessi ucciso, altri sarebbero venuti a vendicarlo. Volevo evitare di scatenare una reazione a catena”.

In realtà l’aveva fatto per proteggere Elena e Bonnie; era ovvio che le due fossero nel mirino di quegli animali, erano la loro merce di ricatto.

Se lui avesse anche solo ferito Fred o qualcuno della sua famiglia, tutto il branco sarebbe piombato sulle sue ragazze.

“Quindi cosa facciamo?” chiese Stefan “Aspettiamo e speriamo che mantenga la parola data?”.

“Aspettiamo” concordò Damon guardando dritto davanti a sé “Ultimamente non possiamo fare altro”.

 

Bonnie fece rotolare con la forchetta un’oliva nell’insalata che aveva comprato poco prima alla mensa.

Non aveva fame, nemmeno un po’, ma si era sforzata di mandare giù qualcosa almeno per arrivare fino a sera.

Era contenta di aver parlato con Meredith, anzi si sentiva sollevata. Non le piaceva tenere tutto dentro e non ne era neanche capace.

Bonnie era una ragazza molto riflessiva, rimuginava e ripensava e spesso arrivava a conclusioni sbagliate, affrettate e totalmente campate per aria.

D’altronde, si era detta, c’erano sicuramente un mucchio di motivi per cui un ragazzo avrebbe potuto inventarsi un fratello. Al momento non gliene veniva in mente nessuno, ma ci dovevano per forza essere.

E se Christopher non le avesse dato una motivazione convincente, allora Meredith avrebbe potuto aiutarla a vederci chiaro.

Bonnie aveva intenzione di parlare con il suo ragazzo (ora si permetteva di considerarlo suo); e se non si fosse fatta prendere dal panico, gli avrebbe anche chiesto subito spiegazione.

Ma Bonnie aveva sviluppato proprio un disgusto e un’intolleranza verso i segreti e le bugie, di qualunque tipo, anche a fin di bene.

Troppe volte le persone cui voleva bene l’avevano tenuta all’oscuro dei fatti, troppo volte aveva assaggiato il gusto del tradimento e non desiderava provare di nuovo quella sensazione. Perciò aveva ignorato le chiamate e i messaggi che Christopher le aveva lasciato la sera prima, perché aveva preferito passare la notte fingendo che niente fosse successo, aveva preferito riflettere, dormirci un po’ su e affrontare la faccenda con più calma il giorno successivo.

Era comunque spaventata da ciò che Christopher avrebbe potuto dirle; il ragazzo costituiva il suo unico appiglio per il momento e perderlo avrebbe significato essere di nuovo sola.

Tutti gli altri premevano per riallacciare i rapporti, si davano tutti un gran da fare per starle vicino, ma lei non riusciva proprio a passare sopra alle loro divergenze. Aveva solamente bisogno di ancora un po’ di tempo; il tempo avrebbe sistemato tutto, ma Christopher … era colui che non la faceva sentire persa.

“Bonnie”.

La ragazza gelò sul posto e fece cadere la forchetta.

O no! Non subito, non adesso! Era nel pieno delle sue meditazioni, non era psicologicamente pronta.

Non si girò né rispose, ma Christopher non demorse e si sedette di fronte a lei fissandola intensamente.

“N- non avevi l’allenamento?” chiese Bonnie balbettando un po’.

“Il coach ci ha lasciati andare prima” spiegò Christopher chiaramente poco interessato a quell’argomento “Va tutto bene, Bonnie?”.

“Uh, uh” mugugnò la ragazza mentre masticava una bella forchettata d’insalata.

“Sei sicura? Perché ieri sera sei scappata da casa mia senza nemmeno salutare e non hai risposto a nessuna delle mie chiamate. Mi stai evitando?”.

“Evitando? No, perché mai …” mentì (per altro in modo pessimo).

“Ti stai comportando in modo strano. È perché non vuoi più venire alla fiera con me? Ti ho infastidita in qualche modo?”.

Davvero non s’immagina nemmeno perché sto facendo così.

“Niente del genere” dichiarò Bonnie con una voce innervosita.

“Bon, dimmi che c’è che non va” le domandò il ragazzo “Se ho fatto qualcosa di male, mi dispiace tantissimo e voglio rimediare” la scrutò con i suoi occhi chiari e limpidi, così intensi che la rossa non poté reggerli a lungo e alla fine cedette.

“Ieri sera in camera tua mi hai detto di avere un fratello che è al college, ricordi?” incominciò e quando lo vide annuire proseguì “Tua madre sostiene che sei figlio unico … ora mi chiedo come la cosa sia possibile”.

Christopher rimase impassibile per qualche secondo, poi si sciolse in un lungo sospiro e abbassò la testa. Quando la rialzò i suoi occhi erano lucidi.

Bonnie si allarmò tendendosi istintivamente verso di lui con la mano. Studiando l’espressione del ragazzo, sentì di aver commesso un errore, di averlo ferito ma davvero non riusciva ad immaginarsi in che modo.

“Mi dispiace è colpa mia … avrei dovuto dirtelo subito ieri ma n- non … stavamo bene e non volevo rovinare il momento con …” una lacrima gli scivolò sulla guancia ma lui la spazzò via prontamente con un gesto della mano.

“Chris, mi stai facendo preoccupare”.

“Io avevo un fratello” disse lui “E’ morto un anno e mezzo fa in ospedale. Aveva avuto un attacco di appendicite ed era stato ricoverato. L’operazione era di routine ma qualcosa è andato storto” raccontò “Mia mamma ne è stata devastata più di tutti, è entrata in depressione e ha cominciato a negare la sua morte, come se non fosse mai esistito. Da qualche mese va da uno psicologo e sta migliorando, ma con le persone che non conosce bene ha ancora una specie di blocco”.

Bonnie ascoltava senza parole “Perché mi hai detto che era all’’università”.

“Perché mi è sembrata la scelta più semplice. Io non me la sentivo ancora di parlartene e non volevo nemmeno rattristirti o metterti in imbarazzo. Lo so che sembra stupido … io sono stato stupido; ma da quando mi sono trasferito qui non ne ho mai parlato con nessuno. Non ho nessuno con cui parlare di questa cosa e alla fine me la sono tenuta dentro continuando a rimandare”.

Bonnie si portò una mano agli occhi vergognandosi di se stessa. Aveva pensato le cose peggiori, aveva dubitato al primo segnale.

Se solo avesse saputo che Christopher era nella sua stessa situazione.

“Te l’avrei detto prima o poi. È che la ferita è ancora fresca e a volte mi sembra che nessuno possa capirmi; sai come ci si sente?”.

Eccome se lo so.

Si sentiva una persona orribile; essere scappata in quel modo, saltare alle conclusione senza chiedere chiarimenti. Si era ripromessa di finirla con le bugie, di andare sempre dal diretto interessato e non pensare subito male.

Non aveva potuto evitarlo: con tutto quello che le era successo, ormai fidarsi delle persone era diventato difficile. Al primo sospetto era portata a credere che le stessero nascondendo qualcosa di brutto, qualcosa che l’avrebbe ferita.

Damon. Era tutta colpa di Damon se si stava piano, piano trasformando in una ragazza diffidente con strane manie di persecuzione e complotti.

“Chris” lo chiamò Bonnie dolcemente alzandosi. Si portò dietro di lui, si abbassò sul collo del ragazzo nascondendo il viso e gli accarezzò i capelli “Ti capisco, non hai nemmeno idea di quanto ti capisca e mi dispiace così tanto …”.

Christopher le circondò i fianchi e se la fece scivolare sulle ginocchia “Dove sei stata nascosta tutto questo tempo?”.

“Sotto al letto” ridacchiò Bonnie.

 

La sera dopo Meredith era ancora più dubbiosa del giorno prima.

Era nell’appartamento di Alaric e avrebbe dovuto godersi quel tempo con lui, dato che non si erano praticamente visti per un mese.

Alaric era stato impegnato in Scozia per fare delle ricerche, poi era tornato ma Damon lo aveva sequestrato per le loro bevute al bar, per le pattuglie in giro per la città, per altre ricerche e per ogni altra cazzata che veniva in mente al vampiro.

Alaric avrebbe tanto voluto sottrarsi ma sapeva che il suo amico era leggermente instabile e preferiva tenerlo d’occhio di persona piuttosto che lasciarlo andare libero di combinare casini.

I momenti che poteva trascorrere con la sua ragazza erano davvero pochi e Meredith si sentiva parecchio in colpa di avere la testa completamente da un’altra parte quella sera.

Il giorno prima Bonnie era corsa da lei immediatamente dopo aver chiarito con Christopher e le aveva raccontato tutto.

Francamente la spiegazione le era parsa completamente assurda, ma aveva visto la sua amica così euforica per il fatto che Chris non stesse facendo nulla di male, che non era proprio riuscita a rovinarle la festa.

La mora aveva fatto delle ricerche e aveva scoperto cose interessanti ma niente di compromettente, niente che potesse suggerirle che Bonnie fosse in pericolo.

Perché poi avrebbe dovuto esserlo? Christopher era un bravo ragazzo e aveva sempre trattato Bonnie come una principessa; possibile che Damon le avesse instillato quel dubbio così insistente? Che prove avevano?

L’istinto.

Il suo istinto le urlava praticamente che c’era qualcosa di sbagliato in quel quadro perfetto e pure Damon era del suo stesso avviso. Non che quella per lei fosse una gran discriminante, ma aveva dovuto ammettere che il vampiro poteva anche essere un omicida psicopatico senza rispetto per la vita umana, ma non era uno sprovveduto.

“Alaric ti devo dire una cosa” proruppe Meredith interrompendo il fidanzato.

“Non hai sentito una sola parola di quello che ti ho detto, vero?” Alaric alzò un sopracciglio.

“Assolutamente no” confermò Meredith “Si tratta di Bonnie”.

Alaric tagliò un pezzo di carne e attese che la sua ragazza continuasse.

“Ieri Damon mi ha cercata: voleva parlarmi di Christopher; ha detto di non fidarsi, che stava prendendo in giro Bonnie”.

“O no, è venuto addirittura da te?!” si stupì lui “Damon non sa più nemmeno da che parte è girato. Ho completamente rovinato il suo rapporto con Bonnie e invece di rimediare, punta il dito contro gli altri”.

“Io gli credo”.

Alaric strabuzzò gli occhi “Gli credi?”.

“Gli credo!”.

“Fai sul serio?”.

“In realtà mi ha solo confermato un sospetto” precisò Meredith “Mi sembra che Christopher sia troppo attaccato a Bonnie. Non ha un amico, non esce mai con nessuno e ultimamente si è concentrato solo sulla sua relazione con Bonnie. Ho paura che la stia allontanando da noi e penso che lo stia facendo intenzionalmente”.

“E’successo qualcos’altro, giusto?” insistette il ragazzo “So che ti fidi del tuo istinto, ma non saresti così preoccupata se non avessi qualcosa di concreto”.

Meredith gli riportò tutto ciò che Bonnie le aveva confidato. Non esitò un attimo a raccontare tutto per filo per segno, non lo aveva preso come un tradimento di fiducia nei confronti dell’amica, era solo un tentativo di proteggerla. E se anche Alaric le avesse dato ragione, allora sarebbe stata sicura al cento per mille.

In effetti l’espressione del suo fidanzato si faceva sempre più incredula man mano che proseguiva nel racconto. “Non è inverosimile quello che ha detto Chris, ma devo ammettere che sembra anche a me abbastanza assurdo”.

“Mi ero offerta di fare delle ricerche nell’archivio della segreteria, ma poi Bonnie mi ha detto che non era più necessario”.

Alaric storse un angolo della bocca “Le hai fatte lo stesso”.

“Ovviamente” rispose Meredith “Non c’era niente riguardo un fratello morto, ma ho recuperato l’indirizzo di casa sua. Ho fatto un altro controllo e ho scoperto che non meno qualche mese fa la casa apparteneva a una certa famiglia Carlyle, il cui figlio si è diplomato un paio di anni fa al Robert Lee ed ora è al college. Ho stampato una foto” si alzò da tavola e prese la fotografia dalla sua borsa porgendola ad Alaric.

“Pensi che sia la stessa foto che Bonnie ha visto?”.

“Non lo so, questo sta a te e a Damon scoprirlo”.

“A me e a Damon?”.

“Puoi smetterla di ripetere tutto quello che dico?”.

“Cosa c’entriamo io e Damon. O meglio, posso capire Damon, ma io?!” replicò Alaric. Non si sentiva molto a suo agio in quella situazione, gli sembrava una violazione della vita privata di Bonnie e credeva che la sua ragazza e il suo amico stessero un po’ esagerando.

“Damon è l’unico che può entrare in camera di Christopher senza destare sospetti; basta andare a casa sua quando lui è fuori e ipnotizzare i suoi genitori. Tu sei il suo compagno di scampagnate, non vorrai mica lasciarlo solo?” Meredith la buttò lì e sbatté le ciglia con civetteria.

“Tu credi che Damon abbia il Potere della persuasione? Voi donne siete molto peggio” borbottò l’uomo distogliendo lo sguardo.

“Sarebbe un sì?” canticchiando la ragazza abbracciandolo da dietro e strofinando il naso sul colletto della camicia.

Alaric mugugnò qualcosa in risposta ancora indispettito per essere stato coinvolto nell’ennesima pazzia. Dopo un secondo il suo telefono, posato sul tavolo, cominciò a squillare.

Meredith buttò un occhio sul display e scoppiò a ridere “Sembra che la tua fidanzata ti stia chiamando”.

Alaric, prima di rispondere, le lanciò un’occhiata di fuoco commentando “Cominci ad assomigliare a lui in maniera inquietante”.

Meredith alzò un sopracciglio con cipiglio dato che Alaric aveva appena usato l’aggettivo con cui Damon la definiva sempre.

Recuperò la sua giacca, si attorcigliò la sciarpa intorno al collo e si mise la borsa in spalla. Salutò l’uomo con un appassionato bacio mentre poteva sentire Damon dall’altra parte della cornetta lamentarsi e suggerire di prendersi una camera.

Alaric, appena ripresa la parola, lo zittì diede un’ultima carezza sul viso della mora prima di chiudere la porta di casa.

Meredith raggiunse la sua macchina, aprì la portiera buttando la sua borsa sul sedile di destra e poi si accomodò. Girò la chiave e pigiò l’acceleratore partendo.

Fell’s Church era una città piccola, ci s’impiegava al massimo venti minuti ad attraversarla tutta e di notte le strade erano perlopiù deserte.

Qualunque ragazza si sarebbe sentita un po’ intimorita a girare per la città da sola con quel buio, anche se protetta dall’auto, ma Meredith non era decisamente un tipo impressionabile, pur sapendo che là fuori si nascondevano esseri ben più pericoli di semplici brutti ceffi.

Accese la radio e tamburellò le dita sul volante a tempo di musica. In quel momento stava percorrendo una strada poco frequentata, al limitare del bosco, dove non c’erano nemmeno i lampioni. Accese gli abbaglianti per vedere meglio e si trattenne dall’urlare quando vide una figura in mezzo alla strada, immobile.

La ragazza non era certo stupida ed aveva la quasi certezza che non fosse una semplice persona colui che la stava aspettando. Chi mai si sarebbe piazzato al centro di una strada così buia?

La soluzione migliore sarebbe stata non fermarsi, scartarlo e proseguire il più velocemente possibile. In ogni caso non avrebbe avuto nemmeno il tempo di schiacciare il freno. Formulò velocemente quei pensieri e riuscì solo a rallentare un po’ prima d’investire in pieno quella figura.

Nel momento dell’impatto, Meredith ebbe la conferma che quello non era un umano, perché la sua macchina prese una botta pazzesca, facendo un testacoda da capogiro e finendo con il fianco contro il guardrail.

L’airbag si gonfiò immediatamente e Meredith dovete scivolare sul sedile di destra per liberarsi. Capì di essere spacciata: sia che fosse rimasta in macchina sia che fosse uscita, quella cosa l’avrebbe presa.

L’unica possibilità era chiamare aiuto; cercò in fretta il cellulare nella borsa ma non ebbe nemmeno la possibilità di sfiorarlo con le dita che la portiera si aprì di colpo e due mani l’afferrarono buttandola sulla strada.

Se non fosse stato per la giaccia di pelle, si sarebbe graffiata tutto il braccio su cui era caduta. Alzò il capo e non vide nessuno intorno a lei. Poté percepire il suo cuore aumentare vistosamente i battiti per la paura.

Si tirò in ginocchio e guardò ancora a destra e sinistra ma la strada era deserta. Apparentemente. Dove si era cacciata quella bestia?

Scappare era fuori discussione, non sarebbe servito a niente, anzi avrebbe solo dato più soddisfazione a quello schifoso.

L’unica speranza era raggiungere il cellulare e far partire la chiamata rapida verso Alaric. Meredith scattò in piedi e corse alla macchina con la mano già protesa.

“E’ il momento che preferisco” sibilò una voce maschile, bassa e canzonatoria. Il vampiro le circondò i polsi con le sue dita ferree e la strattonò facendo aderire la schiena della ragazza al suo torace. Le circondò con un braccio la vita attirandola ancor più vicino e con l’altra la obbligò a piegare il collo spostandole i capelli con un gesto secco, tanto da strapparne alcune ciocche “Quando credete ancora di potermi sfuggire, perché l’adrenalina rende il vostro sangue così dolce”.

Meredith gemette e sentì gli occhi pizzicarle. Non per la paura ma per il male, anche se non era neanche una minima parte di quello che avrebbe sofferto da lì a poco.

Avrebbe voluto girarsi per vedere in faccia il suo assalitore, ma i canini del vampiro piombarono sulla sua pelle lacerandola e non curandosi minimamente di del dolore che le stavano provocando.

Meredith urlò. Non era abituata ad avere delle reazioni così potenti e si stupì perfino di poter raggiungere note così acute.

Le forze l’abbandonarono troppo presto e si afflosciò contro il corpo del vampiro. Questi, dopo essersi accertato di averla lasciata in fin di vita senza possibilità di salvarsi, la lasciò cadere sul ciglio della strada e si dileguò nel buio.

 

Matt non smetteva di accarezzare i capelli di Caroline mentre questa singhiozzava istericamente sulla sua spalla. Aveva cercato di calmarla invano. Era troppo scossa e così spaventata. Anche lui si sentiva parecchio nervoso ma non voleva darlo a vedere; doveva essere forte, per Care, per Meredith.

L’avevano trovata stesa scompostamente ai margini della strada, tornando da una serata romantica fuori città.

Caroline con la sua vista sovrumana aveva subito individuato la figura umana che giaceva a terra apparentemente immobile e senza vita, ma non l’aveva riconosciuta. Non appena Matt aveva fermato la macchina, la vampira era scesa per controllare e in un attimo si era lanciata sul corpo dell’amica prendendolo tra le braccia e scuotendolo in preda al panico.

Al che, anche il ragazzo era sceso, avvicinandosi alla scena e inginocchiandosi accanto alle due. Come aveva visto il viso di Meredith, così pallido in confronto alla sua solita carnagione olivastra, aveva perso il respiro.

Caroline si era portata il polso alla bocca, lacerandolo, e l’aveva premuto con forza contro la bocca dell’amica. Aveva avuto la prontezza di percepire il lievissimo battito della mora e si era affrettata ad aiutarla. Matt aveva inteso all’istante ciò che stava cercando di fare e l’aiutò facendo passare una mano dietro la nuca di Meredith obbligandola a piegare il collo e ad alzare il capo per facilitare l’accesso del sangue. Dopo quelli che parvero anni, la ragazza iniziò a deglutire, seppur ancora svenuta.

Matt e Caroline l’avevano portata immediatamente all’ospedale, dove era stata operata d’urgenza. A detta dei medici, tutto sembrava essere andato per il meglio, ma data l’ingente perdita di sangue, avrebbero dovuto aspettare fino al risveglio.

I due fidanzati non avevano lasciato il reparto per tutta la notte e nemmeno alla mattina per andare a scuola. Con Elena, Stefan, Bonnie e Tyler avevano deciso di fare dei turni in modo che rimanesse sempre qualcuno in ospedale ad attendere notizie. Caroline, però, era così sconvolta che si era rifiutata di lasciare la struttura e si era piantata su una sedia con caparbietà. Matt non se l’era sentita di lasciarla sola e aveva convinto gli altri a raggiungerli nel pomeriggio e dar loro il cambio, nella speranza che Caroline si sarebbe convinta a riposare un po’ a casa.

Anche Alaric non si era mosso. Era crollato su una sedia con espressione vuota e non aveva proferito parola se non per rispondere ai dottori.

La famiglia Sulez attendeva impazientemente come tutti loro.

Anche Liz Forbes, la mamma di Caroline, era passata sia per verificare di persona le condizioni dell’amica della figlia, sia per ritirare il rapporto medico sull’incidente. Attacco animale; anche se lo sceriffo era di tutt’altra idea.

“Se … se non ce la facesse?” singhiozzò Caroline contro la spalla di Matt.

“Stiamo parlando di Meredith, ricordi? Meredith è la più forte di tutti noi; sono sicuro che appena si sveglierà, ti rimprovererà per tutte queste lacrime” la rassicurò Matt baciandole teneramente i capelli più volte.

“Non capisci” s’intestardì lei “Le ho dato il mio sangue e se dovesse morire … diventereb-” abbassò la voce ma non riuscì comunque a terminare la frase colta da un altro singhiozzo “Mi odierebbe per averla trasformata”.

“Le hai salvato la vita” la corresse Matt.

“I- io … non v- voglio cond-dannarla a ques- sta male – dizione” si sentiva come una bambina che non riusciva nemmeno a parlare per il pianto.

“Care, Care” la richiamò Matt prendendole il volto tra le mani “Andrà tutto bene. Meredith tra poco si risveglierà e sarà esattamente come prima” la baciò dolcemente sulle labbra e le sussurrò “Non pensare mai più di essere maledetta. Non ho mai incontrato una ragazza che si avvicini agli angeli più di te”.

Caroline inspirò forte. Nemmeno Elena? Avrebbe voluto chiedere ma proprio la sua amica bionda, Stefan e Bonnie fecero la loro comparsa.

“Allora? Si sa qualcosa?” chiese Elena con apprensione.

Caroline scosse la testa e sarebbe stato sul punto di piangere ancora se un medico non si fosse avvicinato ai genitori di Meredith annunciando che la figlia si era finalmente svegliata.

Il gruppo di amici scattò a quella notizia e Alaric per poco non attraversò il muro per arrivare prima alla camera di Meredith, ma venne fermato da Stefan.

Prima avrebbero dovuto vederla i suoi famigliari, poi gli amici.

Fortunatamente dopo nemmeno mezz’ora i signori Sulez diedero loro il permesso di entrare nella stanza a patto che non affaticassero la giovane.

Alaric parve non sentire nemmeno quelle raccomandazioni, dato che si fiondò accanto al letto di Meredith e se la strinse addosso come se stesse per sparire da un momento all’altro.

La ragazza gemette leggermente per la ferita al collo ma non si sottrasse all’abbraccio. Si sarebbe fatta saltare i punti piuttosto che lasciarlo!

“Stefan!” lo chiamò Caroline con impazienza “Controlla che sia tutto a posto”.

Il vampiro si avvicinò a Meredith e la guardò dritto nel gli occhi, scandagliano la sua mente con il Potere “E’ ancora umana” confermò.

Tutti nella stanza tirarono un sospiro di sollievo.

“Non dovrei?” chiese Meredith confusa.

“Avevi il mio sangue nelle vene” spiegò Caroline “Avevo paura che …” lasciò sottointeso il senso.

“Cos’è successo là fuori, Mere?” indagò Elena in cerca di risposte.

“Ho dei ricordi confusi” ammise l’amica “C’era qualcuno in mezzo alla strada, ha fermato la mia macchina e non so … credo di aver sbattuto la testa” poi si passò una mano sul collo sfiorando la fasciatura “A giudicare questa, direi che non ho solo sbattuto la testa”.

“Non l’hai visto in faccia?” domandò Bonnie “Non ti ricordi niente che possa aiutarci a capire chi ti ha fatto questo?”.

Meredith scosse la testa.

“E’ stata Katherine, di sicuro” affermò Elena più risoluta che mai.

“No” negò Meredith sfiorandosi le tempie come per cercare di ricordare “Ho sentito la sua voce … era maschile”.

Bonnie si tese e lanciò a Stefan un’occhiata pensierosa “Non credete che sia …”.

“Klaus?” concluse il vampiro per lei “Non credo proprio. Non credo che un Antico mostrerebbe così palesemente la sua presenza. Potrebbe essere stato un novellino, uno cui non interessa coprire le tracce” chiarì “Comunque sia, preferirei che qualcuno rimanesse sempre con Meredith finché non verrà dimessa. Non vorrei che chi ti ha fatto questo, tornasse qui per finire il lavoro” suggerì Stefan rivolgendosi direttamente alla ragazza.

“Non è necessario” cercò di scoraggiarlo Meredith.

“No, no” la interruppe Alaric “Stefan ha perfettamente ragione: finché quel bastardo non finirà all’inferno, tu non te ne andrai più in giro da sola”.

Meredith si accigliò e stava per opporsi, ribattendo di non essere più una bambina e di non aver bisogno della balia, ma qualcosa nello sguardo di Alaric le fermò la voce in gola. Piegò la testa e acconsentì con un cenno della testa.

Il cellulare di Bonnie suonò e la ragazza, un po’ in imbarazzo, guardò lo schermo sorpresa. Era un messaggio di Christopher.

La rossa corrugò le sopracciglia e si scusò con tutti gli altri “Mi dispiace Mere, ma devo andare: Chris è venuto a prendermi. È in anticipo … io, posso dirgli di aspettare” si rese conto che sarebbe stato davvero poco carino andarsene con quello che era accaduto alla sua amica. Christopher si era offerto di passare a prenderla solo dopo aver ricevuto una sua chiamata, quindi Bonnie si stupì molto nel leggere quel messaggio.

“Non preoccuparti, Bonnie” la tranquillizzò Meredith “Ho già abbastanza guardie del corpo qui”.

Bonnie annuì e l’abbracciò con affetto prima di lasciare la stanza. Era quasi arrivata all’uscita, quando le porte scorrevoli si aprirono rivelando la figura scura di Damon. Probabilmente era stato avvisato da Alaric.

Alla buon ora! pensò Bonnie, dato che non si era nemmeno degnato di presentarsi all’ospedale per confortare Alaric durante le ore più incerte dell’operazione.

La ragazza gli passò accanto ignorandolo come al solito e Damon non fece nulla per attirare la sua attenzione. Bonnie considerò che se avessero continuato con quell’indifferenza reciproca, sarebbe stato decisamente più semplice sopportarsi.

“Chris, perché sei qui?” chiese Bonnie dopo aver chiuso la portiera dell’auto “Meredith si è appena svegliata, avrei voluto stare ancora un po’ con lei”.

“E’ da parecchio che sei lì dentro, volevo che prendessi un po’ d’aria fresca. Scusami, pensavo avessi bisogno di una pausa. Stamattina a scuola eri un fascio di nervi” disse il ragazzo mentre metteva in moto la macchina.

“Non fa niente. Tornerò più tardi” liquidò in fretta la faccenda Bonnie che non aveva assolutamente la forza di reggere una discussione. In fondo le intenzioni di Christopher erano buone.

“Come sta?” s’informò lui.

“Bene. Sembra tutto a posto, a parte lo spavento”.

“C’è un articolo sul giornale locale. Dicono che è stato un attacco animale”.

“Così dicono” fu vaga la giovane.

“Non credi sia stato un animale?” evidentemente Chris aveva colto il suo tono un po’ incerto.

“Sì” disse con più forza “Certo che è stato un animale! Voglio dire che altra spiegazione può esserci per i segni di morsi sul collo”.

“Un vampiro!” scherzò lui alzando le spalle.

COSA?” quasi strillò Bonnie saltando sul sedile.

“Era solo una battuta” rise Christopher stupito che la sua ragazza avesse preso così seriamente un semplice scherzo.

Bonnie sorrise forzatamente e girò la testa dall’altra parte, verso il finestrino. Era stata proprio una stupida a reagire in quel modo. Ovviamente Christopher la stava prendendo in giro, come aveva potuto solo pensate che fosse serio!

Christopher parcheggiò l’auto nel cortile del Pensionato e si piegò verso Bonnie per baciarla e salutarla, ma lei gli mise una mano sul petto “Stefan e Damon sono in ospedale” mormorò rossa come un pomodoro “Ti va di entrare?”.

Il ragazzo ghignò alzando un sopracciglio “Stai cercando di sedurmi, Bon?” insinuò con voce calda.

Lei rabbrividì e sorrise imbarazzata “Pensavo che fosse un’occasione per starcene un po’ da soli e tranquilli”.

Il tempo di scendere dalla macchina, aprire la porta di casa, fare le scale e si erano già stesi sul letto di Bonnie a baciarsi.

La giovane sentì il cuore battere all’impazzata perché era la prima volta che si trovava in una situazione così intima con un ragazzo. In realtà intendeva davvero passare solamente del tempo con lui, senza malizia o secondi fini, ma le cose si erano fatte in fretta molto più esigenti.

Christopher smise di baciarla e sollevò leggermente la testa per bisogno di respirare. Guardò quella piccola ragazza dai capelli rosso fuoco e le accarezzò una guancia “Sei bella” le confessò con ammirazione.

Bonnie sgranò gli occhi e arrossì di nuovo. Non era abituata a certi complimenti, soprattutto detti con quel tono premuroso.

“Chris” incominciò con una nota tremolante “Mi dispiace davvero per tuo fratello e mi dispiace di averti costretto a raccontarmelo”.

“Sono felice di averlo fatto” la rassicurò lui “Ero stufo di parlarne solo con i miei genitori. Non voglio avere segreti con te, Bonnie”.

“Puoi parlarne con me” ribadì lei “Io – avrebbe voluto dire di essere nella sua stessa situazione, ma tacque- mio fratello è via da tanto tempo e non lo sento da mesi, un po’ ti posso capire”.

“Non pretendo che tu mi capisca, mi basta avertelo detto. È come se mi avessi sollevato da un peso” le confidò “Ma ora non voglio parlare di mio fratello” cambiò discorso “Ora sono con te” e scese a baciarle il collo.

Bonnie sospirò e gli prese il volto tra le mani portandolo alle labbra. Il bacio s’infuocò in un attimo e lei strinse così tanto i capelli del ragazzo che temette di strapparglieli.

Christopher fece scivolare le mani lungo i fianchi e raggiunse l’orlo della maglia che la rossa indossava. Le sue dita trovarono immediatamente la strada per raggiungere la pelle della pancia e iniziarono a coccolarla con movimenti circolari.

Mentre una mano continuava a stuzzicarle l’ombelico, l’altra scese fino alla sua gamba destra, coperta dai Jeans, ed iniziò ad accarezzarla sempre più audacemente, sempre più su.

Bonnie sorrise contro le sue labbra, chiedendosi fino a dove si sarebbero spinti. Non lo scoprì mai. Udì distintamente la porta di casa sbattere e interruppe bruscamente il bacio.

Maledì mentalmente il loro disturbatore. Sicuramente si trattava Damon; Stefan non avrebbe mai lasciato l’ospedale così presto.

“Festa finita?” intuì Christopher leggermente deluso.

“Mi dispiace” Bonnie si morse le labbra.

“Non preoccuparti” le disse alzandosi e liberandola dal suo peso “E’ meglio che torni a casa. Ti chiamo più tardi, ok?”.

Bonnie lo seguì fino alla porta della camera e decise di vendicarsi di Damon. Il vampiro odiava Christopher, odiava vederlo in casa, odiava vederlo con lei e la giovane seppe come sfruttare al meglio quel risentimento.

Baciò Christopher un’ultima volta, strusciandosi su di lui e spingendolo contro lo stipite della porta. Lui rispose con altrettanto ardore.

Damon con il suo superudito ovviamente aveva sentito ogni singolo suono da quando era entrato e si trattenne dal salire al piano superiore e staccare il collo a quello stronzetto.

Restò all’entrata e aspettò che scendesse. Il biondino comparve dopo poco con un’espressione talmente idiota e soddisfatta che Damon sentì il desiderio incontrollabile di tirargli un pungo sui denti.

“Non hai una casa tua?” disse il vampiro ironicamente.

“Non stavamo facendo niente di male” si difese Christopher innocentemente.

“Risparmiati, ragazzino, so perfettamente cosa fanno una ragazza e un ragazzo in una camera. Ma preferirei che non lo faceste in casa mia”.

“E anche casa di Bonnie e finché lei avrà piacere ad avermi qui, io non mi scuserò con te”.

Damon si tese, chiedendosi da dove arrivasse quell’improvviso cambiamento di tono e di atteggiamento.

“Tu non mi piaci” dichiarò Damon piegandosi su di lui minacciosamente “E non è un mistero. Ma se mi accorgo che Bonnie torna ancora a casa sconvolta come qualche sera fa per colpa tua, ti farò così male che non guarderai mai più una ragazza in vita tua”.

“E’ una minaccia?”.

“Sì” Damon non aveva nessun bisogno di nascondersi.

“Con tutto quello che le hai fatto, non dovresti nemmeno pronunciare il suo nome” replicò Christopher “Lo vedo come l’hai ridotta, so che è tutta colpa tua. Settimane fa era uno straccio, non parla più con le sue amiche. Io sono quello che è riuscito a farla stare meglio e sono io l’unico che ha il diritto di proteggerla”.

Damon restò allibito mentre osservava il ragazzo uscire di casa. Era senza parole (cosa più unica che rara), non aveva ribattuto perché quel fottuto sosia di Baby** aveva ragione quasi su tutto.

Vero, era Damon il responsabile del tracollo emotivo di Bonnie. Falso, non era Christopher colui che avrebbe dovuto occuparsi di lei.

Quel ragazzo era furbo, aveva raggirato tutti con una facilità impressionante (tutti tranne Meredith, lei era troppo intelligente), era viscido, perché aveva la capacità di cambiare faccia da un momento con l’altro, ed era anche un ottimo osservatore: aveva capito subito che Damon era il meno amato, sapeva che qualunque cosa avesse detto contro di lui, Bonnie non gli avrebbe mai creduto.

Si stava scontrando con qualcuno molto più esperto, però. Il vampiro non si sarebbe fatto sottomettere così facilmente. Avrebbe allontanato Christopher da Bonnie a costo di farsi odiare per tutta la vita.

Salì, dunque, al piano superiore con l’intenzione di proibire a Bonnie di farlo entrare in casa, ma la visione che si trovò di fronte lo spiazzò totalmente.

La ragazza era in corridoio, appena fuori da camera sua, in biancheria intima. Niente di sexy, un semplicissimo completo nero senza nemmeno un po’ di pizzo o di trasparenze, ma la sua gola si seccò ugualmente.

Bonnie non aveva delle grandi forme. Una prima scarsa di reggiseno e un sedere piccolo, ma sodo. Non era una cosiddetta “bomba sexy”, ma essendo così bassina le proporzioni erano azzeccate e … beh forse non era proprio la classica ragazza da poster in camera, ma faceva ugualmente la sua figura.

Provò immaginarsi per un attimo come doveva essere toccare la sua pelle così bianca da sembrare trasparente, cosa si provava a sfiorare quel collo da ballerina con i denti, che sapore avevano le labbra ancora rosse dai baci di Christopher.

Scosse la testa scacciando quei pensieri saltati fuori da chissà dove.

D’altra parte mancò poco che Bonnie scappasse di nuovo nella sua stanza per nascondersi.

Da qualche giorno il suo bagno privato era inagibile, per colpa di una tubatura rotta. L’idraulico aveva detto che ci sarebbe voluto un po’ per cambiare tutto l’impianto che ormai era vecchio.

Così Bonnie aveva iniziato ad usare il bagno in fondo al corridoio. Di solito andava avvolta in un asciugamano o si cambiava direttamente là per fare la doccia. Quella sera, però, era uscita semplicemente in intimo credendo che Damon fosse rimasto in salotto. Dopotutto il bagno era a tre metri da camera sua, ci sarebbe voluto un secondo per raggiungerlo; non aveva proprio previsto che il vampiro sarebbe salito in quel preciso secondo.

Fu, quindi, lì per lì per coprirsi poi le vennero in mente i consigli di Matt e Tyler, che per quanto apparivano ridicoli, erano anche abbastanza diabolici.

Decise, perciò, di restare dov’era, d’ignorare Damon come al solito, di superarlo e dirigersi verso il bagno come niente fosse.

L’uomo, superato il primo momento di stordimento e ritornato in sé, le sbarrò la strada “Dobbiamo parlare”.

No. Gli inviò Bonnie mentalmente. Non voleva sprecare neanche una parola.

“Va bene, io parlo tu ascolti” propose Damon “Non voglio più vedere quel tipo in questa casa”.

Bonnie scoppiò a ridere “Damon, fatti una vita tua e smettila d’intrometterti nella mia” gli intimò.

“Non lo voglio qui” ripeté lui.

“Ma io sì” obiettò Bonnie.

“Ti va male che la casa sia mia e che tu sia sotto la mia custodia, quindi devi fare quello che dico io”.

“Io non devo fare un bel niente!” s’infervorò lei “Qual è il tuo problema? Perché non mi vuoi lasciare in pace?”.

“Non mi piace quel ragazzo, non è una bella persona, non mi fido di lui e se potessi ti proibirei di vederlo. So che non mi daresti mai ascolto, ma almeno posso impedirti di farlo entrare in casa”.

Bonnie aprì e richiuse la bocca più e più volte senza trovare le parole per esprimere tutta la rabbia.

“Con tutto quello che hai fatto … non so nemmeno come mai t’importi tanto che io esca con il ragazzo sbagliato. V- vuoi vedermi infelice per sempre? Ti dà fastidio che qualcuno possa essere buono con me? Pensi che non mi meriti qualcuno che mi ama?”.

Qualcuno che mi ama. Damon ripeté nella sua testa. Un momento: da quando in qua si parlava di amore?

“Ti sta mentendo, Bonnie! E tu sei così stupida da cascarci! Ma non lo vedi? È tutto troppo perfetto per essere reale”.

“E’ così difficile credere che un ragazzo come Christopher sia interessato a una come me?” urlò Bonnie in preda al furore “Perché non accetti il fatto che io valgo qualcosa! Solo perché tu mi consideri una cretina, non vuol dire che siano tutti come te!”.

“Non ho mai detto di considerati una cretina”.

Ma lei nemmeno lo ascoltava più “Se non lo avessi ancora notato, qui l’unico che mi ha mentito, che mi ha raggirato sei tu! Tu sapevi che ero stata adottata, tu hai ucciso mio fratello …. Tu, tu e tu, solo tu. Eppure hai ancora il coraggio di accusare l’unica persona che mi sta aiutando”.

“Bonnie, Bonnie, guardami ora” ordinò Damon circondandole il viso tra le mani. Le cercò di divincolarsi, ma non c’era verso di sfuggire alla presa “Guardami negli occhi e dimmi se non sono sincero in questo momento”.

Bonnie non rispose e si rifiutò di ricambiare lo sguardo. Odiava essere così debole ma non poter sottrarsi a quel tocco. Desiderò che la signora Flowers le avesse già insegnato qualche incantesimo per proteggersi dai vampiri.

“Sai che ho ragione” parlò Damon “Dentro di te sai che Christopher vuole qualcosa da te e quando l’avrà ottenuta, scomparirà”.

“Lasciami”.

“Non devi stare con lui solo per dimostrare il punto, non devi stare con lui solo per fare arrabbiare me”.

“Sto con lui perché mi piace”.

“Torna dalla tue amiche, Bonnie” sembrava quasi una supplica “Stai con persone che tengono davvero a te, che non ti lasceranno mai”.

“Come hai fatto tu?” lo sfidò la ragazza.

“Non ho intenzione di andare da nessuna parte”.

“Rimarrai qui?” chiese Bonnie senza credere nemmeno per un attimo alle sue stesse parole.

“Sì”.

Risposta spiazzante; Bonnie dovette ammetterlo, ma un leggero disorientamento fu tutto quello che suscitò.

“Non sei niente nella mia vita” disse con convinzione “Sei il primo che non vorrei intorno e vorrei davvero che sparissi come sette anni fa. Ora lasciami” tolse con le sue mani quelle del vampiro ancora appoggiate alle sue guance e corse in bagno chiudendosi la porta alle spalle.

 

“Come sta la nostra inferma oggi?” chiese Damon entrando nella stanza dove riposava Meredith.

“Damon, vattene” gli ordinò Alaric, seduto accanto al letto “Il tuo sarcasmo non è richiesto”.

“Ok, solo perché non puoi fare sesso con la tua ragazza per qualche giorno, non c’è bisogno di essere così acidi”.

Alaric divenne livido in volto, mentre Meredith scoppiò sorprendentemente a ridere. Da tre giorni era circondata da persone tremendamente serie che continuavano a chiederle delle sue condizioni di salute. In quel momento le battute fuori luogo di Damon erano più che apprezzate.

“Comunque non sono venuto qui per dilettarvi con la mia dirompente simpatia. Ho intenzione di fare visita ai genitori di Christopher e mi serve la fotografia di cui mi hai parlato per confrontarla con quella che ha visto Bonnie”.

“E’ a casa mia. Devi proprio andarci oggi?” rispose Alaric.

“Sì; so per certo che il biondino è alla fiera con Bonnie, quindi ho via libera”.

“Accompagnalo” la ragazza si rivolse ad Alaric “Va’ con lui”.

“No, Mere” si oppose lui “Non voglio lasciarti sola”.

“Ci sono i miei genitori qui fuori. E poi Tyler si è offerto di venire a trovarmi più tardi dato che non vuole andare alla fiera. Voglio che andiate tutti e due e voglio che risolviate questa faccenda entro stasera”.

“Uuuh, adesso capisco perché impazzisci per questa ragazza, amico” commentò Damon con un fischio “E’ così autoritaria anche nel letto?”.

“FUORI!”.

Mezz’ora dopo i due uomini osservavano la casa incriminata seduti nella macchina di Damon.

“Credo che dovresti andare solo tu” suggerì quest’ultimo.

“Perché?” s’insospettì Alaric.

“Come dovrei presentarmi io?” sbuffò Damon “Come lo zio della ragazza del loro adorato figlio? Tu sei il suo insegnante di storia; puoi inventarti una palla su qualche compito andato male o su una punizione”.

“Sei un vampiro. Non devi presentarti, puoi influenzarli per farti entrare” gli fece notare Alaric.

“Ottima idea!” sbottò l’altro con sarcasmo “E se Bonnie gli avesse dato della verbena? Mi beccherebbero in un attimo!”.

“Mi devi una birra” concluse l’amico infilandosi la fotografia stampata in tasca e dirigendosi verso la porta di casa Rydell.

Damon attese pazientemente in auto, ma passata un’altra mezz’ora iniziò prima ad annoiarsi, poi a insospettirsi. Perché ci stava mettendo così tanto?

Scese anche lui dalla macchina e decise di bussare alla porta, palesando la sua presenza. Voleva controllare che il suo amico non si fosse messo nei guai.

Aprì una donna che assomigliava molto a Christopher; una bella donna e Damon ci avrebbe fatto anche un pensierino se le circostanze fossero state diverse.

“Signora Rydell, credo che non ci siamo mai presentati ufficialme-”.

“So chi sei” lo interruppe lei freddamente “E non posso farti entrare in casa”.

Damon si sconcertò per quella risposta. Si portò più vicino alla donna e la fissò negli occhi, mentre un dubbio gli s’insinuava nella mente.

L’espressione della signora era vuota e sembrava proprio che qualcuno le avesse inculcato quell’ordine e che lei lo ripetesse a macchinetta.

Non ci volle molto per capire che era stata soggiogata. In quell’esatto momento Alaric scese le scale ritrovandosi all’ingresso, dopo essere finalmente riuscito ad intrufolarsi in camera di Christopher, e sventolò davanti a Damon la cornice con l’immagine del presunto fratello di Christopher e il foglio con la foto che aveva stampato Meredith. Raffigurava entrambe lo stesso ragazzo.

“Cazzo” esclamò Damon lanciandosi verso la macchina, seguito da un Alaric altrettanto agitato.

 

Quel venerdì sera di fine marzo era singolarmente caldo. Bonnie si era vestita con un vestito un po’ pesante con un motivo a fiori, ma non aveva messo le calze. L’aria era particolarmente tiepida e non sentì nemmeno la necessità di portarsi dietro una giacca.

Perché poi prendere qualcosa per coprirsi quando c’erano già le braccia di Christopher a tenerle caldo?

La fiera era esattamente come se l’era immaginata e Bonnie non aspettava altro che salire sulla ruota panoramica e baciare Christopher sul punto più alto. Era una fantasia da quindicenne malata di film romantici fino alla nausea, ma non poteva farne a meno.

Non si sarebbe mai stancata di ripeterlo, ma ciò di cui aveva bisogno era normalità e il bacio sulla ruota panoramica alla fiera della scuola era il cliché più gettonato tra le adolescenti.

Le era parso di vedere Elena e Stefan alla bancarella dei premi e Caroline e Matt a quella dei dolci. Aveva parlato alle sue amiche solo all’inizio della serata, si erano aggiornate sulle condizioni di Meredith e poi ognuno per la sua strada.

Bonnie dovette ammettere che quella distanza che si era frapposta fra loro la rendeva triste. Era stata lei la prima a metterla e non se ne pentiva, perché era convinta che le sarebbe servita, ma a volte le mancava il rapporto che avevano condiviso.

Quando qualche giorno prima aveva confidato a Meredith i suoi dubbi sulla sincerità di Christopher, si era sentita subito sollevata, come se fosse tornata indietro di qualche tempo.

Non voleva pensarci, però proprio in quel momento, non quando era con Christopher che la stringeva contro di sé con un braccio attorno alle spalle, mentre giravano per la fiera.

“Guarda” lo richiamò Bonnie “La ruota ha quasi finito il giro, dai mettiamoci in coda!” lo pregò saltellando.

“No ho molta voglia di stare tra la gente, Bonnie” ammise Chris “Vorrei starmene solo con te”.

“Ma è il nostro primo appuntamento ufficiale … volevo fare qualcosa di romantico” mise il broncio la ragazza indicando ancora la giostra.

“Non voglio allontanarmi per molto” promise lui “In realtà avevo programmato una passeggiata vicino al bosco. Con questa luna deve essere molto romantico”.

Bonnie guardò verso gli alberi, che le parvero terrificanti, ma sicuramente insieme a Christopher avrebbero avuto tutt’altro aspetto.

“Vuoi per caso approfittarti di me?” chiese Bonnie stando al gioco.

“Ti darebbe fastidio?”.

Bonnie arricciò le labbra, gli prese la mano lo tirò leggermente verso il bosco, in segno di assenso.

Superarono il limitare degli alberi e si addentrarono per un po’ tra le radici e i cespugli, in cerca di privacy. Infine giunsero in una zona abbastanza appartata, la musica della fiera arrivava fioca e indistinguibile e attorno a loro non si muoveva una foglia.

In altre circostanze Bonnie avrebbe avuto brividi di paura lungo tutto il corpo, ma la presenza del giovane le trasmetteva una sicurezza disarmante.

Si ritrovò contro il tronco di un albero, premuta da un Christopher piuttosto spinto che non vedeva l’ora di sentire il corpo della ragazza vicino al suo.

Bonnie lo strinse a sé come era solita fare e non si sorprese di percepire le mani di Christopher vagare per i suoi fianchi e fermarsi una appena sopra il suo sedere e una appena sotto. Lo sentiva più coinvolto del normale, più agitato, quasi fremente e Bonnie rimase un po’ scombussolata da tutta quella passione. Non avrà in mente di farlo in un bosco, contro un albero, vero? Fu la domanda che si pose da sola.

Le labbra di lui si scostarono e Bonnie fu sul punto di protestare, ma quelle trovarono presto la via per il suo collo che s’inarcò istintivamente.

Christopher riportò le mani più in alto sulla schiena e l’attirò, se possibile, ancora più a sé e continuò a baciarle il collo come se fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto. E fu lì che Bonnie, inizialmente persa dai brividi che quella bocca le provocava, capì che qualcosa non andava.

Improvvisamente avvertì come due puntine lambirle la pelle e fare sempre più pressione. Entrò nel panico in un nanosecondo.

Non può essere, no, no, è impossibile.

Si divincolò come un animale in trappola e Christopher la lasciò andare senza opporre resistenza.

Bonnie poté verificare con i suoi occhi quanto i suoi sospetti fossero fondati: il viso di Christopher era trasfigurato in quello di un vampiro, denti allunganti, occhi rossi.

L’istinto fu quello d’indietreggiare ma l’albero glielo impedì. Si schiacciò contro il tronco, portandosi una mano alla bocca.

“Delusa, Bon?” le chiese il vampiro “Dovresti essere abituata a quelli come me” la sua voce era cambiata, non più dolce e rassicurante, ma strafottente.

“Questo è un incubo, è solamente un incubo” seguitò a ripetere la ragazza tenendo gli occhi chiusi.

“Mi dispiace rovinarti la festa, ma è tutto terribilmente reale” la contraddisse Christopher, il suo Christopher, il ragazzo normale. Un vampiro.

“Come può essere?” tremolò Bonnie “Nessuno se ne è mai accorto”.

“Sono vecchio, tesoro. Sono veramente troppo vecchio e sono capace di nascondere alla perfezione la mia aura” spiegò “E poi i tuoi amici vampiri sono una tale banda d’imbecilli che non se ne sarebbero mai accorti”.

“Devo andarmene” sentenziò Bonnie prossima al vomito. Si girò senza pensare che Christopher l’avrebbe bloccata al primo passo.

Infatti le si parò di fronte impendendole il passaggio “Non così in fretta”.

“Cosa vuoi?” domandò lei con una calma innaturale.

“Non è ovvio?” la prese in giro lui posandole le mani ai lati del collo “Voglio te e il tuo sangue”.

Bonnie si sottrasse al tocco e fece un passo indietro. Christopher non la trattenne, gli piaceva da matti giocare al gatto e al topo.

“E’ da tanto che ti seguo, Bonnie, da quasi un anno, eppure non sono mai riuscito ad avvicinarti”.

La rossa aveva le gambe deboli ma non voleva cedere. Lo fronteggiò con una certa spavalderia, sebbene dentro di lei morisse dalla paura, e cercò di prendere tempo sperando di trovare una via di fuga o che qualcuno venisse in suo aiuto.

“Eri tu quella volta a Roma, vicino al mio collegio***” era più un’affermazione che una domanda.

“Intuizione azzeccata!” confermò lui “E sono anche riuscito ad intrufolarmi nel dormitorio una volta, ero certo di aver raggiunto la tua stanza. Immaginati la mia rabbia quando ho scoperto di aver tra le mani la ragazza sbagliata”.

Giada, la ragazza scomparsa, ritrovata morta in un campo.

“Sono stato punit per quell’errore” Bonnie non trovò il senso di quella frase ma lo lasciò proseguire “Così quando ti sei trasferita qui, ho ottenuto la mia occasione di riscattarmi e di averti” era così contento di averla in pungo che si perse nei racconti “Eppure non potevo toccarti, non potevo assaporarti, non potevi rivelarmi fino al momento giusto. È stato così frustrante resistere al richiamo del tuo sangue”.

“Che cosa t’impediva di mordermi?”.

“Dovevo aspettare che scoprissi la verità sul tuo conto, sciocchina. Giuro, credevo non sarebbe mai successo e quando improvvisamente sei venuta da me dicendomi che avevi litigato brutalmente con la tua famiglia, ho capito che finalmente la verità era venuta a galla. Ma ho dovuto lavorare per far sì che ti fidassi di me, pensavo che non ti saresti mai più staccata dalla sottana di Damon. Chi avrebbe mai immaginato che l’idiota avrebbe incasinato tutto da solo. Anche nelle mie fantasie più originali, non mi sarei mai sognato che avesse ucciso tuo fratello” disse sinceramente colpito “Beh … meglio per me!”.

“Tutto quello che mi hai detto sulla tua famiglia è una bugia? Non sono i tuoi genitori e non hai nessun fratello morto” Bonnie stava piano, piano mettendo tutti i pezzi al posto giusto.

“Dio, no!” esclamò Christopher “Il ragazzo che hai visto sulla parete della stanza è il loro vero figlio. È al college per cui sapevo che non mi avrebbe dato problemi. I suoi genitori non vivevano più a Fell’s Church da anni, ma possedevano ancora la casa, quindi mi è bastato trovarli, ipnotizzarli, cancellare loro la memoria e crearmi una famiglia. Sarebbe tutto andato splendidamente se tu non avessi mai visto quella foto, ma è stato un mio errore; lo ammetto: mi era sfuggita”.

“Ti sei inventato tutto? Dalla prima all’ultima parola” Bonnie era sconvolta, si sentiva come in una realtà parallela, come in una vita non sua.

“Sono molto creativo” fece le spallucce Christopher “Poi sei talmente facile da ingannare. Avresti creduto ad ogni mia singola parola. Il tuo unico sbaglio è stato confidarti con Meredith, quella mossa ha complicato parecchio le cose”.

Bonnie spalancò gli occhi “Sei stato tu ad aggredirla!”.

“Colpevole” confessò lui “Non potevo permettere che indagasse su di me, perché mi avrebbe smascherato. L’ho ridotta in fin di vita, ero convinto sarebbe morta e invece quella stupida coppia di fidanzatini l’ha trovata!”.

“E’ una delle mie migliori amiche”.

“Lo stai dicendo come se la cosa mi dovesse importare”.

Il suo tono era terribilmente simile a quello di Damon.

“Tutto quello che ho detto e fatto, le parole dolci, i baci, gli appuntamenti, era tutta una recita, Bonnie. Tu per me sei stata soltanto lavoro e francamente non me ne frega nulla se devo uccidere qualche tuo amico per ottenere quello che voglio” le rivelò e lo stomaco della ragazza si contrasse.

“Perché mi stai dicendo queste cose adesso?”.

“Meredith non è morta, quindi è solo questione di tempo prima che i tuoi amici mi scoprano. Ho deciso che ti porterò via stanotte. Ormai hai accettato i tuoi Poteri e li stai allenando, sei sbloccata per quanto mi riguarda. Completerai i tuoi studi da un’altra parte e io avrò finito la mia missione. Ti lascerò a chi ha realmente bisogno di te” concluse con fare pragmatico “Ma prima voglio assaggiare il tuo sangue, lo bramo da mesi e non posso più resistere”.

Prima che Bonnie potesse anche solo respirare, il vampiro le fu addosso, la spinse di nuovo contro un albero mormorando in modo disconnesso “Si arrabbierà, si arrabbierà con me, ma il desiderio è troppo forte”.

Bonnie credette che stesse delirando e si preoccupò maggiormente di ciò che avrebbe subito.

I canini di Christopher stuzzicarono ancora la sua pelle e si prepararono ad affondare. Bonnie chiuse gli occhi e iniziò a piangere.

Due mani, furiose e decise, strapparono il corpo del mostro da Bonnie e lo buttarono per terra.

La ragazza ebbe appena il tempo per riconoscere Stefan, prima che Christopher si scagliasse contro di lui prendendolo per le spalle.

I due vampiri iniziarono a lottare forsennatamente, come indemoniati, ma era chiaro che Christopher fosse molto più forte.

Stefan parava i colpi e riusciva a schivare, ma controbatteva debolmente e per ogni pugno o calcio andato a segno, ne riceveva il doppio.

Era più giovane di Christopher e non si nutriva di sangue umano, questo lo rendeva inoffensivo.

Damon dove sei? Si chiese Bonnie.

In due avrebbero avuto più chance e inoltre Damon era più potente e più spaventoso.

Bonnie si accovacciò su se stessa sentendosi inutile e fragile. Non aveva ancora sviluppato i suoi Poteri da strega per potersi difendere e non aveva idea di come aiutare Stefan.

Christopher stava decisamente avendo la meglio. Aveva inchiodato l’altro vampiro contro un tronco e lo teneva fermo mentre Stefan si dibatteva tentando di morderlo.

Fu allora che Bonnie scorse un pezzo di legno appuntito a terra, a neanche un metro da lei. Si allungò lentamente e lo afferrò e notò con sollievo che Christopher era troppo occupato per accorgersene.

Fece un bel respiro e agì in fretta: si alzò e spiccò una corsa verso la schiena del suo ex- fidanzato e gli conficcò il ramo dritto all’altezza del cuore.

Il vampiro s’irrigidì e crollò a terra in un mucchio di ceneri.

Stefan guardò Bonnie e Bonnie guardò Stefan. La ragazza aveva il fiato corto e scoppiò a piangere istericamente fissando le polveri del giovane di cui si era così cecamente fidata.

Lo aveva ucciso, lo aveva ucciso! Si sentiva sporca, in colpa, anche se non avrebbe dovuto.

Le braccia di Stefan la circondarono e lei quasi non se ne rese conto. Non fece nemmeno caso alla voce di Damon, infine sopraggiunto, che ringhiando chiedeva al fratello di raccontare l’accaduto.

Le gambe le cedettero e svenne nell’abbraccio del vampiro dagli occhi verdi.

Si risvegliò in auto, stesa sui sedili posteriori. La testa le doleva ed era tutta frastornata. Si tirò su a sedere e guardando fuori dal finestrino vide che stavano imboccando il vialetto di casa.

“Bonnie” la chiamò Stefan girandosi dal sedile di destra “Come ti senti?” allungò una mano indietro.

Bonnie la strinse forte e scosse la testa tranquillizzandolo. Non era ferita, stava bene fisicamente, ma era ancora troppo impaurita e scombussolata per parlare.

Scesero tutti e tre dall’auto e si diressero verso il Pensionato. Bonnie li lasciò andare avanti e si fermò sul portico.

Si voltò verso l’enorme cortile, dove solo il giorno vi era parcheggiata la macchina di Christopher. Si appoggiò ad una colonna della veranda e si lasciò scivolare fino a sedersi sui gradini.

Restò immobile con lo sguardo vacuo. Non riusciva a piangere, aveva esaurito le lacrime e nemmeno voleva.

Non sentiva più niente, niente tristezza, rabbia, delusione, niente emozioni. Vuoto totale. Assenza di sentimenti. Avrebbe soltanto desiderato addormentarsi e dimenticare tutto.

Damon tornò indietro non appena la notò seduta sui gradini del portico. La raggiunse e si mise nella sua stessa posizione, dall’altra parte rispetto a lei.

“Dillo” pronunciò Bonnie monocorde.

“Cosa?”

“Che me l’avevi detto”.

Damon avrebbe voluto dirlo, davvero con tutto il cuore, ma si trattenne. Bonnie non aveva bisogno di rimproveri. “Mi dispiace di non essere arrivato in tempo” mormorò “Avrei dovuto essere lì con te questa sera”.

Bonnie non rispose, non diede neanche segno di averlo ascoltato.

“Ti prometto che nessuno ti farà più del male”.

“Avevi ragione, Damon” lo accontentò Bonnie “Ma non ti ho perdonato e non voglio la tua compassione, quindi puoi anche rientrare” non sapeva neppure lei da dove provenisse quella cattiveria.

“Non me ne vado” replicò Damon “Io sono qui”.

Ed era dannatamente vero.

Era lì e non se ne sarebbe mai andato. Anche se lei lo avessi respinto, gli avesse urlato addosso, lo avesse cacciato o odiato,Damon sarebbe stato sempre lì per lei.

L’aveva delusa, l’aveva ferita e l’aveva ignorata. Non avrebbe mai più commesso un errore simile.

E anche se avrebbe voluto abbracciarla, stringerla fino a toglierle il respiro, coccolarla fino a farla addormentare, restò fermò sul quel gradino lontano da lei.

In quel momento forse Bonnie non lo avrebbe voluto troppo vicino o forse sì. Forse aveva bisogno di lui, ma non lo avrebbe mai ammesso.

Ma Damon lo sapeva. Se Bonnie gli avesse chiesto un abbraccio, lui glielo avrebbe concesso e se fosse stata in silenzio tutta notte a fissarsi i piedi, lui le avrebbe tenuto compagnia.

E perciò non si mosse.

Perché lui c’era.

 

“Light up, light up
As if you have a choice
Even if you cannot hear my voice
I'll be right beside you dear
Louder, louder
And we'll run for our lives
I can hardly speak, I understand
Why you can't raise your voice to say”

(Run- cover by Leona Lewis).

 

Il mio spazio:

Scusate, scusate, scusate!! So di essere in megaritardo ma sono stati giorni da delirio: è ricominciata l’università e settimana era a letto con febbre e non sono riuscita a scrivere =(

Come avete notato è un capitolo molto lungo e denso; non mi andava di scriverlo in fretta e male e quindi mi sono presa una settimana in più; spero ne sia valsa l’attesa.

Ricordate quando, qualche capitolo fa, vi ho assicurato che per Bonnie non ci sarebbero state più delusioni? Ecco, mi era dimenticata di questa piccola svolta.

Ora probabilmente la maggior parte di voi saranno divise tra coloro che mi vorrebbero uccidere per aver eliminato l’unico in grado di scatenare la gelosia di Damon, e coloro che stanno festeggiando per la dipartita di Justin Bieber.

Quando ho inserito il personaggio di Christopher, avevo già in mente come sarebbe andata a finire e ammetto di aver accelerato parecchio i tempi in questo ultimi due capitoli. Sapevo che se avessi messo vari indizi qua e là, voi avreste intuito subito tutto e non volevo rovinare l’effetto a sorpresa, ecco perché ho scelto di farlo sparire così in fretta.

Comunque non preoccupatevi, anche se Christopher non c’è più, ha svolto benissimo il suo lavoro: Damon si è reso di poter perdere Bonnie in un attimo, che chiunque gliela può soffiare davanti agli occhi e si sarà una bella regolata; specialmente nei prossimi due capitoli.

La fine è volutamente un po’ affrettata, ma nel prossimo pezzo analizzerò la reazione di Bonnie, che (anticipo) non sarà certamente delle migliori.

Damon, poi, inizia ad avere certi pensieri sulla sua nipotina e non saranno certo gli ultimi. Secondo voi quanto ci metterà Bonnie a ricambiare? Non dimentichiamoci che in mezzo c’è anche Elena!

Per adesso i lupi mannari sembrano in modalità “facciamo la pace”, ma quanto durerà la tregua? Chi sarà il primo a fare un passo falso?

Ragazze, come al solito siete invitate a lasciarmi i vostri pareri su questi quesiti e a lasciarmi anche tutte le vostre richieste =)

Ho in mente anche un sacco di idee per storie future e la prossima volta ve ne sottoporrò alcune, così magari mi potrete aiutare a decidere su quale iniziare a lavorare una volta finita Ashes&Wine.

Come al solito sono anche in ritardissimo con le risposte alle vostre recensioni. Prometto che tra oggi e domani risponderò a tutte quelle del capitolo precedente!

Vi ringrazio immensamente per tutti i consigli che mi date, ringrazio chi legge, recensisce e segue!!

E ora vi lascio con le immagini dei personaggi originali che sono apparsi fino ad’ora

 Ps: vi consiglio di leggere il capitolo con le due canzoni segnate =)

Christopher Rydell.

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Clara.

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Layla Lehmann. 

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*GTA: Grand Theft Auto (abbreviazione: GTA, letteralmente Grande Furto di Auto, cioè furto d'auto aggravato) è il nome di una serie di videogiochi multipiattaforma catalogabile come "simulazione della vita criminale", distribuita da Rockstar Games. Il protagonista di ogni episodio è infatti un criminale esperto. Il gioco è chiamato "Grand Theft Auto" per indicare la frequenza con cui il giocatore si ritroverà a dover compiere furti di automobili (nessun protagonista della serie possiede una macchina propria, infatti). Per guadagnare soldi e farsi una reputazione all'interno della città in cui si svolge il gioco, il giocatore dovrà scontrarsi con i criminali e le gang rivali, portando a compimento le missioni che gli saranno assegnate dagli amici, dagli alleati, dai boss o dalla gang di appartenenza (definizione presa da Wikipedia)

** Baby: canzone di Justien Bieber.

***: Mi riferisco al primissimo sogno avuto da Bonnie, nel quale si descrive un momento realmente accaduto in cui si è sentita inseguita da qualcuno quando ancora viveva a Roma.

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Capitolo 23
*** I will try to fix you ***


Ashes &Wine

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Capitolo ventitre: I will try to fix you

 

“And the tears come streaming down your face
When you lose something you can't replace
When you love someone but it goes to waste
could it be worse?
Lights will guide you home
and ignite your bones
And I will try to fix you

(Fix you- Coldplay).

 

Caro diario,

È passata una settimana da quando Christopher si è rivelato per il mostro che era. È stato uno dei momenti peggiori della mia vita, non solo perché ho rischiato di morire, ma perché per un soffio non abbiamo perso Bonnie.

Mi ha raccontato tutto ciò che Christopher le ha confessato prima di attaccarla, ma ci sono ancora dei punti non chiari: perché la cercava? Come poteva essere a conoscenza dei suoi Poteri? Di che missione stava parlando?

Ci ha fregati tutti: me, Caroline, Damon; soprattutto Damon. Mio fratello non lo ammetterà neanche sotto tortura ma non si perdonerà mai di non essere arrivato prima.

Era l’unico ad aver fiutato qualcosa di sbagliato e nessuno gli ha creduto. Credevamo fosse solo un’infantile forma di protezione e gelosia, invece aveva maledettamente ragione.

Lui sapeva di essere nel giusto e non ha fatto niente per paura di ferirla ancora di più. Un mese fa se ne sarebbe fregato e avrebbe ucciso Christopher al primo sospetto. Ma ora è diverso, si è trattenuto per Bonnie, perché sperava di sbagliarsi.

Damon Salvatore su certe cose non si sbaglia mai.

Bonnie non l’ha presa bene. E’ in fase di negazione, ma è chiaro come il sole che è stata l’ennesima delusione. Non ha ancora dato cenni di cedimento; cerca di mostrarsi forte, finge che non sia successo niente. Dopo quella sera non ne ha più parlato, non vuole nemmeno sentire il suo nome e se qualcuno di noi cerca di tornare sull’argomento, lei cambia discorso.

Non so come aiutarla, non la riconosco più. A tratti è allegra, a tratti è scontrosa, esce di casa tutte le volte che può, il rapporto con le altre è un po’ migliorato ma è ancora lontano da ciò che condividevano prima; con Damon, invece, non è cambiato nulla e con me non si confida.

Credo non voglia più aprirsi con nessuno, che non voglia più far entrare nessuno nella sua testa e nel suo cuore. Non vuole soffrire di nuovo.

Due giorni fa c’è stata la luna piena e i lupi mannari hanno mantenuto la parola: se ne sono stati nel bosco, lontani dalla città e da noi.

Caroline non era per niente convinta a lasciar andare Tyler con il branco, ma per fortuna è tornato sano e salvo e senza aver fatto del male a qualcuno.

È una pace apparente e non so quanto durerà.

 

Stefan.

 

Il vampiro posò la penna e chiuse il suo diario.

Ogni parola era maledettamente vera, soprattutto quelle riguardanti Bonnie. Non scherzava quando aveva scritto degli sbalzi di umore della ragazza.

Capitava che entrasse in casa salutandolo con un gran sorriso e poi c’erano le volte in cui scoppiava come una bomba, freddando chiunque osasse rivolgerle parola.

Era piena di rabbia, per  essere stata ingannata, per essere stata delusa, per avere permesso di nuovo a qualcuno di ferirla, per non essere riuscita a difendersi, perché Damon aveva ragione e per essere diventata un’assassina.

Stefan aveva provato a spiegarle che non aveva fatto niente di male, che il suo gesto gli aveva salvato la vita e che uccidere un vampiro non significava uccidere davvero qualcuno. Quella era stata una delle volte in cui Bonnie era esplosa.

“Questa storia deve finire” dichiarò Damon entrando nella stanza del fratello.

Stefan, seduto alla scrivania, non si girò neanche. In quel periodo Damon si lamentava di qualsiasi cosa.

“Potresti dire gentilmente alla pargola di vestirsi un po’ di più?”.

Al che Stefan torse la schiena fino ad incontrare gli occhi dell’altro vampiro “Di che cosa stai parlando?”.

“Parlo di Bonnie che gira tranquillamente per casa in canotta e mutande!”.

Stefan capì al volo cosa intendesse Damon. Da quando il bagno della stanza di Bonnie era inagibile, la ragazza se ne andava a fare la doccia in fondo al corridoio senza preoccuparsi di coprirsi.

Solo che il bagno era stato riparato. Bonnie si ostinava a girare per casa come se fosse stata sola.

Stefan non ci faceva molto caso e poi l’aveva vista così poche volte e talmente di sfuggita che nemmeno se lo ricordava.

Per Damon era tutt’altra storia. Sembrava quasi che Bonnie mettesse in scena le sue sfilate ogni volta che il vampiro si aggirava nei pressi della sua camera.

Non ci era voluto molto a Stefan per capire cosa stesse facendo: stava provocando Damon. Doveva essere uno dei suoi metodi contorti per fargliela pagare e stava funzionando.

Il fratello maggiore dei due Salvatore era particolarmente sensibile al fascino femminile, soprattutto se si trattava di qualcosa di proibito. E sopra Bonnie aleggiava un cartello con scritto “INTOCCABILE”.

Stefan si era stupito parecchio del comportamento della ragazza; non era affatto da lei. La Bonnie che conosceva si sarebbe vergognata perfino a mettersi in costume.

Questo cambio di atteggiamento doveva essere sicuramente attribuito al tradimento di Christopher. Da quella notte Bonnie si era rinchiusa in se stessa e sembrava quasi che niente le importasse.

Giocare con Damon per la “nuova Bonnie” era una questioncina da poco.

“Damon stai facendo dei pensieri sporchi su Sissi?”.

“Non sto facendo pensieri sporchi su nessuno” negò Damon “Ma se non la smette di gironzolare mezza nuda, potrei seriamente iniziare”.

“E’ tua nipote!”.

“Primo, non è mia nipote; secondo, sarò pure morto, ma rimango sempre un uomo e certe cose mi turbano”.

“Anch’io sono un uomo eppure l’idea non mi ha neanche sfiorato la mente”.

“Sei un vampiro che si nutre di scoiattoli; questo dovrebbe darti un indizio sulla tua virilità” lo schernì Damon, poi accorgendosi dello sguardo da puritano che aveva assunto il fratello aggiunse “Non fissarmi come se fossi un pervertito! L’ultima volta che l’ho vista era alta un metro e trenta, correva per il giardino in salopette di Jeans e adorava la principessa Sissi. Ora è cresciuta. Ha diciott’anni e l’hai vista bene? Ha un culo che parla; permetti che la cosa mi faccia un attimo effetto” si giustificò.

“Perché non puoi dirglielo tu?” replicò Stefan.

“Ottima idea, fratellino!” esclamò con sarcasmo “Sono settimane che non ci rivolgiamo una parola carina e adesso le vado a chiedere di vestirsi di più perché c’è una parte di me che l’apprezza un po’ troppo!”.

“Va bene, se per te è così un problema” cedette Stefan “Ma non ti sembra strano? Non è se stessa ultimamente”.

“A me sembra più normale adesso di quando frequentava quello stronzetto”.

“Normale?” ripeté Stefan incredulo “Certo perché Bonnie normalmente se va in giro in biancheria intima senza pudore, normalmente sta sempre fuori casa, normalmente ha sbalzi d’umore degni di una donna incinta. Questo è tutto perfettamente normale secondo te?”.

“Sta attraversando uno shock! Dalle tregua” la scusò Damon “Cerca solo di dimenticare e divertirsi”.

“Siamo bel oltre il divertimento” lo avvertì Stefan “L’altra notte è tornata molto tardi, l’ho sentita cadere dalle scale un paio di volte … credo avesse bevuto”.

“Si è presa una sbronza! Come il novanta per cento delle sue coetanee” sminuì l’altro.

“Si sta lasciando andare, Damon” disse seriamente Stefan “Sta oltrepassando i limiti e si farà del male se non stiamo attenti”.

“E’ passata solo una settimana” gli ricordò Damon “Non sta andando avanti così da mesi, ma da qualche giorno. È semplicemente entrata nella fase ribelle dell’adolescenza ed è la cosa più normale che le potesse accadere”.

Se ne andò dalla stanza prima che Stefan avesse il tempo di formulare la risposta.

Che Bonnie apparisse un tantino strana, era un fatto assodato, ma Damon non credeva che fosse un gran problema; anzi era convinto che la ragazza avesse tutto il diritto di soffrire in santa pace come più preferiva.

Chi se ne importava se usciva tardi, si divertiva, beveva? Stava solo cercando di dimenticare, di pensare ad altro. Era così chiaro che il suo unico desiderio fosse tenere la mente occupata.

In realtà si era messa anche sotto con lo studio. Damon la vedeva spesso piegata sui libri. E passava gran parte delle sue giornate dalla signora Flowers a esercitarsi con i suoi Poteri.

Non aveva parlato di Christopher con nessuno, non si era sfogata e Damon apprezzava la cosa. Voleva che quel bastardo passasse sotto silenzio, che venisse scordato da tutti, precipitando nell’oblio. Non si meritava nemmeno l’infamia.

C’era solo un atteggiamento di Bonnie che lo turbava. Parecchio.

Quel suo continuo vagare per casa come se attorno non ci fossero due vampiri maschi, di cui uno particolarmente devoto alla bellezza femminile.

Il peggio era che Bonnie pareva quasi farlo innocentemente, come se incappasse per caso in lui, come se non si aspettasse di trovarlo lì.

La cosa, invece, era palesemente voluta, perché ogni volta non faceva una piega. Si addentrava nella stanza o proseguiva per il corridoio come se niente fosse. Non arrossiva, non cercava di coprirsi, non si scomponeva minimamente.

Di solito quando lo incrociava, lo guardava con una faccia del tipo ‘Oh, anche tu qui?’ e continuava a occuparsi dei fatti suoi ignorandolo.

Ogni tanto era Damon quello a sentirsi in imbarazzo e ad abbandonare più che volentieri la stanza.

Lei così tranquilla e pacifica e lui che avrebbe voluto renderla invisibile o sparire. O saltarle addosso, ma questo è meglio negarlo.

Ricordava ancora che qualche giorno prima, mentre lui stava scaldando una tazza di caffè* nel microonde, Bonnie era piombata in cucina con un completo che rispetto ad altri era quasi da suora.

Una canotta bianca con le spalline sottili e delle culottes sempre bianche con un fiocchetto rosa a stringerle la coulisse intorno alla vita. I bordi di entrambi gli indumenti erano ricamati in pizzo san gallo.

Era l’intimo più sobrio che avesse mai visto ma Bonnie appariva maledettamente provocante, soprattutto nell’attimo in cui si era allungata per prendere i biscotti dagli armadietti in alto.

Damon era arrivato alla conclusione di aver toccato il fondo quando si era accorto che quelle che indossava la ragazza non erano culottes, ma dei pantaloncini bianchi molto corti e che quello non era affatto un completo intimo, ma un pigiama. Un pigiama!

Si era fatto abbindolare da un pigiama!

E Stefan nemmeno ci faceva caso! Che diamine di problema aveva quel ragazzo?

Lui ha Elena, tu no.

Gli ricordò fastidiosamente la sua mente.

Se tu avessi una ragazza come Elena tutta per te, non vedresti nessun’altra.

Forse. Ma non ne era così sicuro. Aveva il forte sospetto che Bonnie non gli sarebbe stata così indifferente anche se avesse avuto Elena e Katherine nello stesso letto contemporaneamente.

Non che la rossa avesse quella gran sensualità, ma era decisamente fuori dalla sua portata, era letteralmente inviolabile e questo era un fattore di attrazione.

Era come profanare qualcosa di sacro.

La soluzione si riduceva a una sola, lontano dagli occhi, lontano dal cuore: Bonnie doveva ricominciare a rivestirsi!

Ma su una cosa era costretto a concordare con Stefan: Bonnie non stava bene. E la tremenda magrezza ne era il segno più evidente.

Bonnie era sempre stata piccola di costituzione, ma nell’ultima settimana aveva perso peso. Sembrava quasi sgonfiata.

Damon l’aveva potuto appurare proprio grazie al nuovo piano che la ragazza aveva ideato per torturalo.

Coperta solo da poca stoffa, Bonnie svettava in tutta la sua gracilità, specialmente sulla schiena, dove si potevano scorgere senza difficoltà tutte le vertebre della spina dorsale.

Un corpo normale avrebbe impiegato molto di più a svuotarsi in quella maniera, ma quello di Bonnie, già sottile di suo, si mostrava in tutto il suo malessere molto più apertamente.

È una fase. Si continuava a ripetere Damon. Solo una fase che sarebbe finita in fretta. Purtroppo non riusciva ad esserne così sicuro.

Le parole di Alaric gli ritornavano alla mente senza tregua. Bonnie prima o poi scoppierà.

Non l’aveva ancora fatto e Damon si aspettava l’esplosione più potente cui avesse mai assistito.

 

“Che diamine ci fa qui?!” berciò Caroline stritolando la cannuccia con cui stava bevendo la sua coca cola.

Meredith seguì il suo sguardo fino ad incontrare la chioma scura di Layla Lehmann, il lupo mannaro che avevano rapito qualche settimana prima e che Tyler aveva liberato.

“Si è iscritta a scuola ieri, non lo sapevi?”.

“Sono la presidentessa di ogni associazione in questa scuola. Com’è possibile che io non lo sappia?” si indignò Caroline.

“Forse sei stata troppo occupata a divertirti con Matt negli spogliatoi” suppose Meredith mentre addentava un hamburger.

“Come fai a saperlo?”.

“Non lo so” ammise lei “Ma ti conosco e ho tirato ad indovinare”.

Caroline mise il broncio “Con tutto quello che sta capitando è assurdo che nessuno sospetti della principessa Leila” ormai Layla Lehmann era diventata per la vampira Leila Skywalker “Lei e tutta la sua bontà, la sua voglia di aiutare un suo simile! E Tyler ci è cascato come un pollo!”.

“Forse sono sinceri. In fondo la luna piena è passata e loro non si sono nemmeno avvicinati alla città”.

Caroline non la stava neanche ascoltando “Credo che ci dovremo presentare”.

“Cosa?!”.

“Hai ragione tu: dobbiamo essere superiori e mature. Andiamo a darle il benvenuto che si merita” propose Caroline prendendo l’amica per una mano e trascinandola al tavolo dei due licantropi.

Tyler guardò le due avvicinarsi e fiutò subito odore di guai. Sapeva che era Caroline a guidare la carica e non poteva significare niente di buono.

Tenne d’occhio anche Layla per paura che le saltasse al collo. Dopotutto Caroline era colei che l’aveva rapita, era un po’ la sua nemica e si sa che tra ragazze la rivalità è molto più accesa e duratura.

“Ehilà!” salutò Caroline sedendosi proprio di fronte alla giovane “Tu devi essere Layla. Lei è Meredith e io sono Caroline …” e allungò la mano.

“La ragazza che mi ha drogata, rapita e chiusa in cantina?”.

Ecco appunto! Tyler era certo che una delle due prima o poi avrebbe morso l’altra.

“A proposito di quello …” tentennò un po’ “Non si è mai troppo previdenti. Niente di personale … volevo solo sapere da che parte stessi”.

Meredith si girò lentamente verso l’amica. E quelle dovevano essere delle scuse?

“Io sto dalla parte di Tyler” rispose Layla molto sicura di sé.

Caroline impietrì ma non lo diede a vedere “Allora siamo tutti dalla stessa parte” dissimulò da vera maestra “Dunque” continuò con un battito di mani “Com’è andata l’ultima luna piena?”.

“Molto bene” rispose Tyler “Meglio della prima volta, comunque”.

“Dove vi siete nascosti? So che eravate nel bosco, ma non mi viene in mente nessuno posto dove potevate legarvi” continuò Caroline.

“No niente corde, niente catene” chiarì Layla “Senza costrizioni soffriamo meno la trasformazione. Siamo liberi e non ci svegliamo alla mattina con lividi, non abbiamo male alle ossa. È tutto molto meno logorante”.

I sensi di Caroline scattarono a quelle parole, completamente allibita “Non vi legate? Andate in giro per il bosco, liberi?” ripeté sperando di non aver capito bene “Sei completamente impazziti?”. Al diavolo la diplomazia! Non sarebbe stata zitta di fronte ad un gesto di tal irresponsabilità “Potevano esserci campeggiatori! Potevate fare del male a qualcuno!”.

“Layla e suo padre hanno controllato la zona per accertarsi che nessuno fosse nei paraggi. Eravamo in mezzo al bosco. Laggiù non viene mai nessuno” replicò Tyler.

“Non è la Foresta Proibita di Hogwarts!” esclamò Caroline alzando la voce e riabbassandola subito dopo, dopo essersi resa conta di aver attirato l’attenzione di un po’ di persone “Non ci sono zone inaccessibili. Le coppiette vanno in continuazione nel bosco per stare da soli. Poteva esserci chiunque, poteva entrare chiunque a qualunque ora! E voi non vi siete legati perché così alla mattina non avete mal di ossa?! Non avete controllo di questa cosa!”.

“Parli di controllo proprio tu?” ribatté Layla mostrando tutto l’odio che intercorreva tra le due specie “Sei una morta che vive succhiando il sangue delle persone. Sei schiava della tua stessa fame. È la tua specie quella fuori controllo, non la nostra”.

“Caroline ha imparato a controllarsi” la difese Meredith “E sono d’accordo con lei Tyler” questa volta di rivolse direttamente all’amico “Credo che dovresti prendere delle precauzioni più serie”.

“No Mere” la fermò Caroline “Layla ha ragione: anche io ho perso il controllo e so cosa si prova quando te ne rendi conto. Il senso di colpa non se ne va mai e vi auguro davvero di non scoprirlo mai. Ma non potete giocare ai lupi liberi nella prateria, non a spese delle altre persone” li avvertì.

Si alzò e lasciò al tavolo. Era arrabbiata con Tyler. Era arrabbiata come poche volte in vita sua.

Ricordava quando Tyler l’aveva pregata di non permettergli di fare del male ai suoi amici. Era spaventato a morte. No, era terrorizzato! Sembrava un bambino, sembrava un cucciolo in difficoltà di fronte al mondo.

Poi era arrivata la prima lupa della zona e lo aveva convinto che correre liberi per il bosco durante la luna piena rischiando di fare del male a qualcuno, che andava tutto sommato bene perché in questo modo loro soffrivano molto di meno.

Aveva ascoltato Layla darle del mostro fuori controllo, del parassita e Tyler non si era intromesso.

Caroline aveva passato i primi momenti della sua nuova condizione sentendosi uno schifo. Aveva una bruttissima percezione di sé: un abominio, un qualcosa che non dovesse esistere.

Aveva completato la trasformazione con il sangue di Matt e questa prima cosa l’aveva fatta sentire dannatamente in colpa. Poi alla fiera aveva ucciso un ragazzo. L’odore del sangue era stato troppo forte e lei non era stata capace di resistere alla tentazione. Aveva rischiato di cedere un’infinità di volte e si era sempre fermata per un pelo o qualcun altro l’aveva fermata.

Conosceva il significato di ‘essere fuori controllo’, lo aveva provato sulla sua pelle. Tyler era un suo amico e avrebbe voluto proteggerlo da quella terribile situazione.

Come poteva lui non capirlo? Come poteva dare retta a quella sconosciuta? E se mai fosse giunto il momento di schierarsi, da che parte sarebbe stato?

Delle braccia le avvolsero le spalle e delle dita delicate le asciugarono le lacrime. Nemmeno si era accorta di star piangendo. I ricordi degli scempi che aveva commesso l’avevano scossa parecchio.

Sorrise a Meredith che la strinse a sé, appoggiando la testa alla sua.

Tyler intanto aveva osservato le due ragazze andarsene piuttosto turbate, specialmente Caroline.

“Sanno di cosa parlano, Layla” la riprese il ragazzo “E’ stato carino l’ultima luna piena, ma questi boschi sono piuttosto frequentati. Siamo stati fortunati a non fare del male a nessuno”.

“Non sanno di cosa parlano” lo contraddisse lei “Non sono come noi, non possono capire che cosa vuol dire stare legati, sentirsi soffocare e rompersi tutte le ossa nel tentativo di liberarsi” si pulì le mani con il tovagliolo “Poi non mi faccio dare delle lezioni di moralità da una succhia sangue”.

“Caroline ha fatto i suoi errori, ma ha imparato a controllarsi. Siamo molto più pericolosi noi durante la luna piena che lei in un ospedale”.

“Non mi riferisco alla sua capacità di resistere al sangue, ma alla facilità con cui i vampiri spengono le emozioni” precisò Layla “Forse adesso ti sembra la solita Caroline, ma prima o poi sceglierà la via più facile”.

“Tu non la conosci” tagliò corto Tyler “Non ha chiesto lei di diventare un vampiro; è stata trasformata contro la sua volontà, ma si è impegnata e sta facendo un ottimo lavoro”.

Layla non parve molto persuasa ma decise di cambiare soggetto “So che in città ci sono anche i fratelli Salvatore. Mio padre conosce quello più vecchio. Mi ha detto che è un bastardo”.

L’espressione di Tyler fu abbastanza eloquente. Non aveva una gran stima di Damon, anche se personalmente non ci aveva mai avuto a che fare.

“Quello più piccolo invece com’è?” s’informò Layla.

“Non frequento molto casa Salvatore. Me ne tengo lontano” disse il ragazzo “So che le mie amiche si fidano di loro e per quanto mi riguarda mi basta”.

Per Tyler la discussione finì lì. Non era un fan di Stefan e Damon, ma non volle parlare male di loro davanti alla ragazza.

L’odio tra i vampiri e i lupi mannari era secolare; non voleva alimentare il rancore. Apprezzava davvero l’aiuto che Layla e la sua famiglia gli stavano dando, ma non sarebbe diventato il loro accesso verso i segreti dei Salvatore.

Elena passò accanto al loro tavolo e salutò Tyler. Non si fermò a parlare; Stefan la stava aspettando dietro gli spalti del campo da football. Avevano pensato di mangiare da soli in un luogo poco frequentato.

A Elena mancava Stefan; il tempo con lui era molto prezioso e lei custodiva gelosamente ogni attimo insieme.

Aveva paura che da un momento all’altro tutto le sarebbe stato strappato via; per colpa di Klaus, di Katherine o di Damon. Ma ad essere sincera, temeva se stessa più di tutti gli altri.

Erano inutile negarlo: Damon le era entrato nelle pelle**; ogni giorno dimostrava di tenere a lei, le dimostrava che ormai non era più solo un modo per far soffrire Stefan, che si era davvero innamorato.

E lei? Lei iniziava ad avvertire segni di resa.

Damon era come una calamita: ogni volta che era nei paraggi l’attirava inesorabilmente a sé ed Elena sapeva che presto o tardi avrebbe ceduto.

Da un po’ di tempo a quella parte aveva iniziato ad evitare di stare sola con lui in una stanza o di ritrovarsi in situazioni scomode.

Non avrebbe mai rinunciato a Stefan, perché era tutto per lei e si sarebbe strappata i capelli se per una stupida tentazione avesse buttato tutto all’aria.

Stefan era il suo centro, doveva solamente tenerlo bene in testa.

In ogni caso cercava di godersi tutti i loro momenti insieme, perché aveva il brutto presentimento che non sarebbero duranti a lungo.

“Avevo paura che mi avessi dato buca” le sussurrò il vampiro all’orecchio stringendola da dietro.

Elena si girò tra le sue braccia e sorrise “Ciao a te”.

“Ciao bellissima” e la baciò lentamente senza preoccuparsi che qualcuno li potesse vedere.

Elena si appoggiò alle sue spalle rispondendo con altrettanta foga al bacio. Niente studenti, niente professori. Solo Stefan e Elena.

“Perché non facciamo questa cosa più spesso?” propose la bionda “Insomma, mi sembra quasi un miracolo non avere nessuno attorno”.

“Sì, possiamo” assentì Stefan “Domani sera?”.

“Signor Salvatore, mi sta chiedendo un appuntamento?”.

“Andiamocene fuori città, dove nessuno ci conosce”.

“Possiamo fingere di essere due ragazzi normali? Niente vampiri, niente doppelgaenger” era entusiasta come una bambina a Natale.

“Tutto quello che vuoi” l’accontentò Stefan “Saremo Stefan White ed Elena Smith”.

“Due perfetti anonimi adolescenti” concluse lei stampandogli un bacio.

Elena si sedette a terra e prese l’hamburger dal sacchetto. “Allora” s’incuriosì “Hai parlato con Damon?”.

Stefan si accovacciò accanto a lei “Sì, ma non è servito a niente. Dice che è la cosa più normale che ci potesse capitare” raccontò “Non so cosa mi aspettassi! Bonnie ha adottato il Damon- metodo. Era ovvio che lui avrebbe approvato”.

“Stefan, questa volta sono d’accordo con tuo fratello: Bonnie non ha fatto niente di male. Torna a casa tardi e forse l’altra sera ha bevuto un po’. Sai quante volte sono rientrata ubriaca?”.

“La cosa mi preoccuperebbe meno se sapessi con chi esce. Prima era sempre con Christopher ma ora …”.

“Christopher era un vampiro che la pedinava da un anno e progettava di rapirla e assaggiare il suo sangue. Con chiunque stia uscendo, non può essere peggio” gli fece notare.

Stefan si passò una mano nei capelli “E’ che … è stato tutto così improvviso. Si è tutto accumulato ed è esploso in una sola volta. Ho paura che questo non sia un semplice modo per dimenticare”.

“E’ solo una fase, ok?” cerco di tranquillizzarlo lei “Bonnie non è sull’orlo dell’autodistruzione. Fidati, io so che vuol dire: dopo la morte dei miei genitori ho agito nello stesso modo; credevo che uscire, ubriacarmi, mi avrebbe aiutata a riprendermi e invece alla mattina mi svegliavo peggio. Poi mi sono guardata intorno: c’era Margaret, c’era zia Judith, c’erano le mie amiche e Matt. Tutti lì per me. Bonnie sa che noi la stiamo aspettando e tornerà presto”.

Stefan sospirò e si abbassò fino ad appoggiare la testa sul grembo di Elena che prese ad accarezzargli i capelli.

“Dici che sto esagerando?”.

“Dico che saresti stato un perfetto fratello maggiore”.

 

Bonnie prese dal suo armadietto la divisa delle cheerleader. Non aveva molta voglia di partecipare all’allenamento, ma avrebbe fatto qualunque cosa pur di occupare la mente.

Quella settimana era stata particolarmente pesante. Stava ancora rielaborando tutto ciò che era successo alla fiera e stentava ancora a credere a certi fatti.

Le sembrava un brutto sogno, talmente irreale e doloroso che non poteva essere concepito nella sua vita.

Invece era tutto terribilmente vero: lei, Bonnie Salvatore(?) aveva ucciso il ragazzo di cui avrebbe potuto innamorarsi in un futuro non tanto lontano.

Non aveva rimorsi, perché Christopher si era rivelato un vampiro spietato che aveva compiuto gesti terribili, ma era comunque scioccante.

A volte chiudeva gli occhi e le pareva di rivivere l’istante in cui gli aveva piantato il ramo nel cuore e lo aveva visto dissolversi in un mucchio di polvere.

Al momento non aveva realizzato la gravità della cosa, non avrebbe mai pensato a cosa l’avrebbe portata quell’ennesima delusione.

La botta era arrivata il giorno successivo all’incidente, quando si era svegliata rendendosi contro di non provare niente.

Certo, si era data della cretina per esserci cascata ed era scossa, ma a parte ciò, nel suo animo non c’era nient’altro.

All’inizio si era preoccupata. Cos’era diventata? Una specie di fantasma apatico?

Poi le cose si erano fatte più chiare e Bonnie, dopo aver analizzato la cosa con attenzione e con una freddezza quasi innaturale, era giunta alla conclusione di essere una presenza totalmente irrilevante nella vita degli altri.

Tutti coloro che l’avevano cercata, avevano una ragione, un secondo fine. Nessuno le si era avvicinato spontaneamente e senza propositi.

Christopher l’aveva corteggiata per il suo sangue e l’avrebbe rapita e ceduta chissà a chi, senza pensarci un secondo di più.

Stefan tentava in tutti i modi di rimediare alle sue bugie solo per calmare il senso di colpa che lo avrebbe ucciso poco a poco.

Elena, Caroline e Meredith erano diventate sue amiche perché era la nipote di Stefan, perché dovevano proteggere i due vampiri e tenerla d’occhio.

Damon le aveva salvato la vita e era rimasto con lei solo per una promessa fatta a sua madre. Una madre che Bonnie nemmeno ricordava.

Nessuno era interessato soltanto a lei. C’era sempre un motivo dietro le attenzioni che tutti le davano.

E dopo tutte queste riflessioni, una nuova consapevolezza era nata dentro al suo cuore: nemmeno a lei importava di se stessa.

Non aveva ragioni di credersi speciale, di sentirsi amata e di amarsi. Non aveva nemmeno la forza di provare al mondo di valere qualcosa. Non ne aveva la voglia.

Questo vuoto che le si era creato dentro la spaventava da matti; lei non viveva, lei tirava avanti. Tremendamente triste e terrificante a soli diciott’anni.

Perciò trascorreva più tempo che poteva fuori casa, a studiare, ad esercitarsi dalla signora Flowers, a parlare con perfetti sconosciuti che non potevano ferirla. A volte beveva; non che le piacesse, ma doveva ammettere che era un ottimo metodo per staccare la spina. Di solito fregava delle bottiglie dalla scorta di Damon o si intratteneva in qualche locale, dove s’incontravano anche delle persone interessanti capaci di farli sorridere, seppur per poco.

Aveva preso, poi, l’abitudine di girare per casa con pochi indumenti a coprirla. Il suggerimento di Matt e Tyler era stato davvero lungimirante.

Non avrebbe mai pensato di poter fare quell’effetto a Damon; ma non si stupì più di tanto. Tutto si ricollegava al ragionamento precedente. Gli altri la usavano, si servivano di lei e Damon non era diverso.

Era chiaro che avrebbe voluto avere il corpo di Bonnie tutto per sé, ma non perché fosse Bonnie. Se al suo posto ci fosse stata un’altra ragazza, con un bel fisico, non sarebbe cambiato niente.

Quindi la rossa gli aveva sostanzialmente dato ciò che desiderava; tanto non le importava essere vista così. Anzi provava una sorta di potere.

Con la divisa tra le mani si diresse verso gli spogliatoi femminili per cambiarsi, ma si scontrò con qualcuno appena prima di raggiungere la porta.

Jesse*** Evans si scusò e l’aiutò a raccogliere i vestiti che le erano caduti. Jesse era il miglior amico di Dick, e faceva parte di un gruppo di teppisti che Tyler aveva frequentato fino a qualche mese prima. Ma questo Bonnie non lo poteva sapere, perché nessuno l’aveva mai avvertita.

“Bonnie, giusto?” chiese il ragazzo.

“Sì” confermò lei “Tu sei Jesse? Abbiamo fatto la recita insieme”.

“Mi ricordo! Sei stata una splendida Honoria Fell” si complimentò “Ieri sera eri per caso al Grill, mi sembra di averti vista lì”.

Bonnie annuì “Ero andata per bere qualcosa”.

“Io e i miei amici spesso andiamo al Grill anche durante la settimana, se ti va puoi unirti a noi. Ho notato che ieri eri sola”.

Stranamente.

“Sarebbe carino”.

“Stasera andiamo a fare un giro vicino al bosco, ti va di venire? Ci sarà anche Vicki Bennet! L’hai conosciuta, no? Dovrebbe fare scienze nella tua classe”.

“Sì, sì, so chi è. Mi farebbe piacere” accettò. Jesse non le dava l’impressione di essere un bravo ragazzo e questo le piaceva un sacco.

Cosa c’era di meglio per distrarsi se non un gruppo di ragazzi dediti solo al divertimento?

Si segnò il suo numero di cellulare, lo salutò e filò a cambiarsi. Poté già immaginarsi le urla di Caroline per il suo ritardo.

Dopo dieci minuti uscì sotto la luce nel sole caldo del primo pomeriggio e raggiunse le sue compagne a bordo campo.

Si avvicinò ad una panchina e prese una bottigliata d’acqua, facendo caso, in quell’istante, a chi era seduto proprio lì accanto.

“Elena? Che ci fai qui?”.

La bionda alzò un sopracciglio “Ragazza sbagliata, rossa”.

“Katherine” intuì subito lei “Vattene prima che Stefan ti veda” le consigliò lanciando un’occhiata verso il vampiro che si stava allenando con la squadra.

“Sono venuta per te, in realtà” rivelò Katherine “Ho sentito della tua piccola disavventura. Chi l’avrebbe mai immaginato che quel bellissimo ragazzo fosse un vampiro. Siamo davvero dappertutto” commentò con una risata.

“Ci vediamo, Katherine” Bonnie terminò la conversazione, allontanandosi.

Non fece un passo che la mano della vampira si artigliò attorno al suo polso “Avanti, Bonnie, non essere scontrosa. In fondo io sono l’unica che non ti ha mai ferito, sono stata molto sincera con te”.

“Tu sei la causa di tutti i miei problemi” le fece notare Bonnie strattonando il braccio.

“Io sono quella che ti ha aperto gli occhi” la corresse Katherine “Senza di me, ora staresti ancora trattando Damon come se fosse il tuo orsacchiotto e non come l’assassino di tuo fratello”.

“Lasciami in pace” chiese con fermezza “Non mi hai rivelato quelle cose per un moto di bontà; volevi che scoppiasse questa bomba, quindi non fare l’amica”.

“Lungi da me essere tua amica … voglio dire, non è che la gente attorno a te faccia una bella fine”.

Bonnie assottigliò gli occhi.

“I tuoi veri genitori, quelli finti, tuo fratello, la tua amica italiana, Meredith … la lista è lunga”.

“Perché sei venuta qui? Vuoi provare a tutti di essere una stronza senza cuore? Beh, missione compiuta”.

“Sono venuta qui per ricordarvi che tra poco arriverà la minaccia più pericolosa che ci potesse capitare e tu con i tuoi drammi stai incasinando tutto”.

“Va’ a quel paese, Katherine!” si arrabbiò la ragazza “Non ho chiesto io di essere immischiata con le faccende di voi vampiri”.

“Non hai altra scelta” disse la bionda “Sei una strega. Le streghe sono sempre legate ai vampiri. E tu invece di esercitare il tuo Potere …”.

“Non andare avanti” la interruppe Bonnie “Quello che faccio con la mia magia sono affari miei, non sono tenuta ad aiutare nessuno” mise bene in chiaro “E di sicuro non ho intenzione di aiutare te, quindi lasciami stare”.

“Ti preferivo quando era una piagnucolona” ammise Katherine “Damon avrebbe dovuto uccidere te, non tuo fratello”.

“Non nominare Zach” le intimò.

“Perché? Parliamo di un buon a nulla che non è riuscito a farsi una famiglia e nemmeno a tenersi la sua. Non mi stupisce che tu abbia rovinato tutti i tuoi rapporti se sei come lui …”.

Caroline strillò il nome di Stefan non appena vide Bonnie lanciarsi su Katherine.

 

“Mi ha chiamato il preside dicendomi che Bonnie si è azzuffata con Elena” disse Damon, una ventina di minuti dopo, quando raggiunse suo fratello davanti alla presidenza “E’ uno scherzo, vero?”.

Stefan scosse la testa confermando ogni singola parola “Non era Elena, era Katherine” lo corresse.

Damon spalancò gli occhi. Bonnie aveva fatto a botte con Katherine. Oh, avrebbe proprio voluto vederla “E lo scricciolo è ancora vivo?”.

“Erano davanti a tutta la scuola, Katherine non poteva usare la sua forza da vampiro. E comunque io e Caroline le abbiamo divise subito”.

“Dove adesso la vampira sgualdrina?”.

“Scappata, ovviamente. Ho chiamato Elena ed è corsa qui per prendere il suo posto e non destare sospetti”.

Damon si sedette sulla panca accanto a lui “Prima mi chiama la polizia per dirmi che Bonnie ha distrutto la mia aiuto, adesso questo. Stef, stiamo crescendo una criminale?” chiese con evidente sarcasmo che velava, però, una nota più seria.

Stefan non poté rispondere; la porta dell’ufficio del preside si aprì rivelando le due ragazze. Avevano entrambe una faccia contrariata.

“Un giorno di sospensione” dichiarò Elena “Quando becco Katherine, l’ammazzo. Tu sei sicura di stare bene, Bonnie? Non ti ha fatto del male?”.

“No” assicurò la ragazza “Mi ha solo strappato un po’ di capelli” disse massaggiandosi il punto della testa incriminato “Perché lui è qui?” domandò a Stefan indicando Damon.

“Mi ha chiamato il tuo preside per venirti a prendere. E comunque io sono qui, puoi chiedere direttamente a me”.

Elena capì al volo che la situazione si stava facendo tesa e si affrettò a cambiare argomento “Stefan, ti raggiungo più tardi per studiare biologia?”.

Il ragazzo annuì e l’accompagnò verso l’uscita.

Damon si volse verso Bonnie. Non poteva credere che quella ragazzina così piccola avesse avuto il coraggio di affrontare fisicamente una vampira vecchia come Katherine.

Sicuramente qualcosa in lei stava cambiando, ma Damon non era ancora in grado di stabilire se fosse positivo o meno.

Sospirò e fece un cenno verso l’uscita “Forza, Mike Tyson****” la prese in giro “Ti porto a casa”.

 

Qualche ora più tardi, quello stesso pomeriggio, Elena tentennò davanti alla porta del Pensionato. Stefan le aveva detto che si sarebbero incontrati lì, ma lei non era sicura di voler oltrepassare quella soglia senza la certezza che il suo ragazzo fosse davvero in casa.

Paura stupida! Era stata decine di volte in quella villa ad aspettarlo, a fargli sorprese. Capitava spesso che lei si presentasse senza che lui l’avesse invitata.

Allora qual era il problema? Semplice: aveva una fifa blu di incrociare Damon, di essere sola con lui in una stanza.

Si chiese quando era successo? Quando aveva permesso a quell’attrazione che provava per il maggiore dei Salvatore di diventare un sentimento così destabilizzante.

Solo qualche settimana prima la sola idea di stare insieme a Damon la nauseava ed ora sembrava una tentazione così allettante. Perché?

La risposta era fin troppo scontata: il vampiro era cambiato. Le aveva mostrato un lato di sé nascosto e bellissimo, aveva dato prova di essere capace di sentimenti fortissimi. Damon risvegliava la sua parte più oscura, la metteva al centro della sua eternità, la faceva sentire potente e irraggiungibile.

Si stava forse ritrasformando nella vecchia Elena? La ragazza egoista, vanitosa ed egocentrica. Quella che dava tutto per scontato, che si circondava di ragazzi solo per gioco; quella stessa ragazza che aveva avuto il coraggio di ferire Matt?

No, lei era cambiata. Damon certo rappresentava il pericolo eccitante del proibito, ma non tirava fuori la sua parte migliore. Quello era Stefan.

Inspirò infondendosi coraggio e girò la maniglia procedendo lungo l’ingresso. “Stefan?”.

Mosse qualche passo fino al salone dove trovò la figura di Damon sfogliare con fare piuttosto interessato un catalogo di intimo femminile. Ovviamente interessato alle ragazze e non ai capi in sé.

Si accorse subito della presenza della giovane e le fece cenno di avvicinarsi “Cercavo qualcosa di carino per Bonnie” incominciò sorprendendo Elena “Se proprio deve fare la sfilata tutte le sere mezza nuda, preferirei che indossasse qualcosa di un po’ più osé. Che mi suggerisci?”.

Per quanto Bonnie cercasse di essere provocante la sua scelta di completi intimi lasciava un po’ a desiderare: tutti indumenti monotoni, monocolori, senza pizzi e trasparenze; in poche parole: una vera noia.

Nonostante il tono evidentemente sarcastico, Elena avvertì lo stomaco contrarsi immaginandosi un Damon assorto in contemplazione di una Bonnie in biancheria.

“Da quello che stai pensando ne deduco che invece Stefan sia autorizzato a guardare” la provocò Damon con un moto di soddisfazione.

Elena era gelosia di lui.

La bionda arrossì d’imbarazzo e rabbia “Stai fuori dalla mia testa, Damon!” lo avvertì “Dov’è Stefan? Dovevamo vederci per studiare”.

“E’ uscito mezz’ora fa” rispose meccanicamente Damon proseguendo nella sua lettura “Appena abbiamo riportato a casa Bonnie, è uscita di casa come una scheggia. Stefan l’ha seguita. Vuole scoprire che cosa fa sempre in giro” sospirò fingendosi pensieroso “Lo beccherà in un minuto”.

“Tu non preoccuparti troppo, mi raccomando” ironizzò Elena. Era scandaloso quanto Damon se ne fregasse di tutti, soprattutto di Bonnie.

“Non vuole il mio aiuto, ecco perché non mi preoccupo” disse Damon tagliente “Non mi vuole intorno, le do fastidio. Peggiorerei le cose se le stessi con il fiato su collo. E non vuole nemmeno Stefan, ma questo il mio fratellino non l’ha capito”.

“Perché lui ci tiene alle persone! Soprattutto a quelle cui vuole bene; ecco perché” replicò Elena rigirando le stesse parole che Damon aveva usato poco prima. Si diede dell’incoerente da sola, considerando che poche ore prima aveva difeso la teoria di Damon.

“Oh certo Stefan Salvatore, il vampiro dal il cuore d’oro” cantilenò lui “Peccato che il suo cuore d’oro non basti a soddisfarti”.

“Me ne vado” sentenziò Elena intuendo la piega del discorso “Di’ a Stefan che sono passata” si girò e allungò il piede per compiere il primo passo ma fu costretta a tirarsi indietro. Damon le si era parato davanti sfoderando un sorriso a 250 kilowatt e scuotendo la testa “Elena, Elena, Elena, il tuo ragazzo passa la maggior parte del suo tempo dietro a quella testa rossa e tu non ne sei minimamente turbata. Invece salti come una molla all’idea che io possa guardare Bonnie in mutande e reggiseno” quanto adorava poter leggere nella mente “Chiamami tradizionalista, ma qui c’è qualcosa che non va”.

“Stefan considera Bonnie come sua sorella. Non ho nessun motivo per preoccuparmi”.

“Questo è lampante” concordò Damon “Quello che non mi è chiaro è la ragione per cui sei gelosa di me”.

“Non sono gelosa di te” dichiarò con un tono che non convinse neppure lei.

“Ho cinquecento anni, Elena. So riconoscere quando una donna intende esattamente l’opposto di quello che ha detto”.

“Tu vaneggi”.

“Perché non lo ammetti, principessa?” il vampiro si piegò sul suo collo e strofinò il naso contro la sua pelle morbida, mentre la cingeva con le mani sulla vita facendola indietreggiare fino al muro “Perché non ammetti di sentirti trascurata?”.

“Damon … per favore” lo pregò Elena chiudendo lentamente gli occhi al suo tocco.

“Perché non ammetti che vorresti sapere cosa prova a stare con me?” le mormorò all’orecchio mentre ne vezzeggiava il lobo “Sai perfettamente che se fossi mia, nessuno si metterebbe in mezzo. Saresti la mia principessa e niente potrebbe distrarmi da te. Nemmeno Bonnie”.

“S- smettila” poggiò le mani sul petto del ragazzo e tentò di spingerlo, senza metterci tuttavia abbastanza forza. Non avrebbe spostato nemmeno un bambino con quella pressione, figuriamoci un vampiro.

“Noi due siamo uguali, Elena” continuò Damon come se non l’avesse neanche sentita “Siamo capaci di azioni inaccettabili, lottiamo per quello che vogliamo senza guardare in faccia nessuno, abbiamo l’istinto di prevalere nelle vene. Siamo forti e irresistibili. Devi accettare che solamente insieme a me puoi essere te stessa, solo con me puoi seguire la tua natura” disegnò una scia di baci dall’orecchio fino alla mascella, per poi risalire e fermarsi all’angolo della bocca “Ma la scelta è tua” le sussurrò.

Elena si tirò indietro giusto quanto bastava per guardarlo negli occhi.

Tentazione. Proibito. Gioco pericoloso. Chiamatelo come volete, ma per quell’insieme di sensazioni travolgenti la ragazza si tuffò sulle labbra tanto agognate e impazienti.

Damon la schiacciò contro la parete, tendendola ferma con le mani premute possessivamente sui fianchi di lei.

Da quanto attendeva quel bacio? Da quanto lo sognava?

Qualcosa dentro di lui iniziò a festeggiare. Forse era solo un momento, forse era soltanto un bacio e forse, anzi sicuramente, Elena sarebbe tornata subito tra le braccia di Stefan. Ma chi se importava! Erano insieme, si stavamo baciando e c’era qualcosa tra loro che ormai non si poteva più negare.

Liberò Elena dalla sua presa per permetterle di riprendere il respiro, ma non staccò gli occhi da quelli di lei. Due cieli in contrapposizione e nel contempo complementari: sereno e in tempesta.

Fu, però, una sensazione fastidiosa, un brivido lungo la spina dorsale, a rovinare quel momento; come se qualcuno li stesse spiando.

Elena non si era ancora resa conto di niente e continuava ad accarezzargli amorevolmente il viso. Damon si sentì gelare e spostò delicatamente le dita della giovane, voltandosi per controllare se ci fosse effettivamente qualcuno in quella sala oltre a loro.

Anche lo sguardo di Elena viaggiò per la stanza fino alla porta, fino ad incrociare due occhi color caramello.

Damon continuò a fissare Bonnie, immobile sulla soglia del salone con un’espressione talmente fredda da gelare l’Inferno.

Era un gelo rivolto totalmente ad Elena; come al solito Bonnie non lo stava minimamente considerando e quello fece male.

Era ovvio che la ragazza non avrebbe sprecato la sua delusione per lui. Lo reputava una mina vagante, uno capace di gesti terribili, uno buono solo a rovinare la vita degli altri. Non c’era bisogno di altri rimproveri.

Ma Elena era un’altra storia. Era colei che declamava amore eterno per Stefan, colei che non aveva mai ceduto al fascino maledetto di Damon. E invece si era mostrata ipocritica esattamente come tutti.

Damon poteva avvertire il disgusto di Bonnie. Dio, quanto odiava il potere che quella ragazzina aveva su di lui!

La rossa sparì su per le scale senza proferire parola ed Elena si mise una mano sulla bocca rendendosi finalmente conto di ciò che aveva fatto.

Si vergognò come una ladra.

Forse la vecchia Elena non se n’era andata del tutto.

 

Era notte fonda. Forse le due o giù di lì. Stefan si era stufato di guardare l’orologio. Bonnie non aveva ancora fatto ritorno.

Aveva fatto un enorme buco nell’acqua quando l’aveva seguita quello stesso pomeriggio: era semplicemente andata dalla signora Flowers. Niente di compromettente o allarmante.

Stefan si ritrovava ancora con un pungo di mosche in mano e la brutta sensazione che Bonnie si stesse rovinando da sola ma senza averne prove certe.

Improvvisamente un rumore lo attirò: la chiave ch girava nella serratura, la porta principale che si apriva e che si richiudeva. Poi un tonfo.

Stefan si affrettò a raggiungere l’ingresso e la scena che gli si parò davanti aveva dell’incredibile: Bonnie stesa sui gradini delle scale che cercava di rialzarsi con poco successo e un fortissimo odore di alcol.

Alla fine si tirò in piedi e si appoggiò alla ringhiera chiudendo gli occhi per evitare di vedere la stanza girare alla velocità della luce.

Quella sera aveva esagerato. Anche se aveva la mente un po’ annebbiata, se ne rendeva conto.

Fece altri due gradini e scivolò di nuovo ma Stefan l’afferrò al volo prima che il suo viso picchiasse contro la scala.

“Hai bevuto” disse lui.

“Sei sempre stato così perspicace” ribatté Bonnie appoggiandosi completamente a lui per non cadere di nuovo.

Sentiva la testa pesante e avrebbe voluto mettersi direttamente nel letto e sprofondare in un sonno senza sogni.

Stefan la sorresse e l’aiutò a finire le scale, per poi dirigersi verso la camera della ragazza “Cos’hai bevuto?” le chiese prendendole il mento tra le dita e avvicinandole il volto: aveva gli occhi persi e stanchi.

“Non lo so” sbiascicò lei.

“Dove sei stata? Chi c’era con te?” Stefan non era certo che Bonnie sarebbe stata in grado di rispondere, ma preferì comunque tentare. C’erano molte più possibilità di ottenere la verità ora che ubriaca rispetto alla mattina, quando sarebbe stata terribilmente irritabile per il mal di testa e quando si sarebbe rifiutata di dare spiegazioni.

“Con nessuno” lo accontentò lei.

“Bonnie” il suo tono di voce si era fatto quasi minaccioso.

“Rilassati, Stef” lo riprese la ragazza cercando di scostarsi da lui, ma traballò sulle proprie gambe come se fossero di pastafrolla “Ho preso una bottiglia di Damon … e … ragazzi della scuola …”.

Sebbene quello che stesse dicendo non avesse molto senso, Stefan capì lo stesso: aveva rubato una bottiglia dall’armadietto degli alcolici e doveva aver fatto un festino con altri ragazzi della scuola.

Sì, ma dove? E soprattutto con chi?

“Devo … ho la nausea” e in un attimo schizzò in bagno chiudendo la porta.

Stefan si stupì di come una ragazza così piccola ed evidentemente ubriaca, che a malapena si reggeva in piedi, potesse scattare in bagno a quella velocità senza neanche sbandare.

Era passato parecchio tempo dalla sua ultima sbronza, ma suppose che nemmeno un tale stato di euforia potesse dominare certe necessità.

Udiva distintamente il rumore del rigetto, ma non pensò neppure per un attimo di andare a darle una mano. Era infastidito dal comportamento della giovane; Damon aveva ragione: si stava atteggiando da bambina infantile e capricciosa e loro non avrebbero dovuto darle corda.

Stefan capiva che cosa stesse attraversando Bonnie, capiva che cercasse una piccola rivincita, ma adesso stava oltrepassando il limite.

Poteva accettare che avesse distrutto la macchina di Damon o che riducesse al minimo il contatto con loro, ma tornare a casa completamente disfatta, dopo aver trascorso la serata con perfetti sconosciuto a fare chissà cosa … quello era inammissibile.

Dopo poco Bonnie uscì dal bagno. Un disastro: i capelli arruffati, la pelle cadaverica e un po’ sudata, l’andatura incerta. Liberarsi di tutto quell’alcol l’aveva certamente aiutata a riacquistare un po’ di lucidità, ma non un aspetto migliore.

“Non puoi continuare così, Sissi” le disse mentre le circondava la vita con braccio e la conduceva verso la sua camera.

“N- non chiamarmi così” tenne la voce molto bassa ma marcò bene quell’ordine. Non voleva sentire quel nome, non da lui, non da loro.

“Ti ho sempre chiamato così. Non è cambiato niente per me” replicò Stefan.

“Per me sì”. Bonnie si liberò dalla stretta del vampiro e gli diede le spalle; si tolse il vestito e s’infilò la camicia da notte.

Stefan si voltò dall’altra parte nell’istante in cui la ragazza, sfilandosi l’abito, tirò via anche il reggiseno. Non che avrebbe visto comunque niente dato che lei stava di schiena, ma non voleva invadere la sua intimità.

Bonnie sorrise nel percepire il disagio del vampiro; in realtà si era presa quella confidenza solamente perché sapeva che Stefan non si sarebbe soffermato a guardarla, a studiarla, a memorizzarla (come invece faceva qualcun altro). L’intento non era stato provocatorio.

Si stese lentamente sotto le coperte augurandosi che Stefan capisse di dover lasciarla sola a riposare. Speranza vana.

“Cosa cerchi di dimostrare, Bonnie?” l’affrontò lui “Di essere cresciuta? O di essere diventata insensibile ed egoista?”.

“Voglio solo che tu te ne vada. Puoi pensare di me quello che vuoi”.

Stefan si piegò accanto a letto e portò una mano sui suoi capelli rossi “Mi dispiace per tutto”, la sua espressione si addolcì e sentì l’istinto di abbracciarla, ma la frase che uscì dalla bocca della ragazza lo spiazzò totalmente.

“Non preoccuparti per me” mugugnò Bonnie mentre chiudeva gli occhi colta dal sonno “Pensa a … pensa ad Elena”.

Stefan si accigliò “Cosa c’entra Elena?”.

Bonnie sbadigliò e finalmente si rilassò sul cuscino pronta per cadere tra le braccia di Morfeo “Tuo fratello è uno stronzo” e si addormentò.

Stefan le rimboccò le coperte e abbandonò la camera.

Il fatto che i nomi di Elena e di Damon si fossero susseguiti nel discorso, seppur disconnesso, di Bonnie lo aveva mandato in bestia.

Che cosa stava facendo suo fratello alla sua ragazza? La stava forse costringendo di nuovo a scambiarsi il sangue? La minacciava in qualche modo?

Doveva affrontare Damon su quella questione; era inevitabile che prima o poi sarebbero arrivati alla lotta per Elena.

Ma Stefan era anche estremamente assennato; così tanto da accantonare per il momento la rivalità con il fratello e concentrarsi solamente su Bonnie.

Era lei quella cui serviva aiuto, era lei quella a rischio.

Perciò la mattina dopo raccontò tutto a Damon. Gli raccontò in che stato avesse trovato la ragazza, come si fosse comportata e cosa gli avesse rivelato.

Bere alcol ( alcol di Damon, ergo pesante), nel cuore della notte, lontano da luoghi pubblici, con ragazzi (termine vago) della scuola. Qui non si trattava più di una ragazza che cercava di distrarsi; c’era qualcosa sotto, qualcosa di più grave.

Damon, come da copione, gli scoppiò a ridere in faccia.

Una diciottenne che torna ubriaca alle due di notte. Questo sì che è trasgressivo. Commentò il maggiore dei Salvatore senza dare peso al fatto.

Stefan rise a sua volta della stoltezza di suo fratello che non aveva ancora avuto il piacere di occuparsi di Bonnie in quello stato.

Come per esaudire le preghiere di Stefan, Damon ne ebbe un assaggio quella sera stessa.

Il suo fratellino ed Elena erano andati fuori città per la loro cena romantica. Damon avrebbe voluto essere una mosca per spiare la scena. Gli sarebbe piaciuto vedere come Elena avrebbe gestito la situazione. Si sarebbe vergognata per quello che era successo, per quello che avevano fatto a Stefan o avrebbe continuato la recita con eccellente maestria?

Più probabile la seconda ipotesi.

Il piano, in realtà, era quello di trasformarsi in corvo e spiarli durante il loro appuntamento, ma Stefan gli aveva fatto promettere che non si sarebbe mosso da casa e avrebbe dato un’occhiata a Bonnie. E Damon Salvatore manteneva sempre le promesse, anche quelle che avrebbe volentieri infranto.

Ed eccolo lì, bloccato sul suo letto a fare zapping sul suo televisore a schermo piatto, appeso al muro, in cerca di qualcosa che gli occupasse la serata.

Bonnie era uscita ore prima e Damon non si aspettava di vederla tornare tanto presto. Sbuffò rotolando sul letto.

Infine decise di lasciare su Mtv. Stavano trasmettendo le repliche di True Blood. Damon trovava quel telefilm un po’ irreale e da vampiro non poteva che sentirsi abbastanza offeso.

Tralasciando i canini che sembravano più denti da castoro, tutta la storia non stava in piedi. Avevano infilato di tutto in quello show: oltre ai canonici vampiri, lupi mannari e streghe, ci si erano messi pure i mutaforma e le fate.

Le fate, per l’amor di Dio!

Il tutto condito dal solito triangolo amoroso tra due vampiri e un’umana (ok, quella storia gli suonava familiare). Un’umana piuttosto insulsa e irritante, tra le altre cose.

Presto scivolò nel sonno, annoiato come non mai. Quando si risvegliò la lancetta dell’orologio segnava le quattro.

Tese le orecchie: Stefan ed Elena non erano ancora tornati. Probabilmente si erano fermati da lei.

In casa, però, c’era qualcuno. Un tintinnio di vetro. Bonnie doveva essere rientrata.

Damon in un attimo fu in salone, giusto in tempo per beccare la ragazza con le mani nell’armadietto degli alcoli che riponeva una bottiglia presa precedentemente.

“Sai preferirei che me li chiedessi” la sgridò bonariamente Damon “Sono piuttosto costosi”.

Bonnie ghignò “Come se li avessi pagati”.

“Touchè” esclamò lui “E’ curioso … non eri tu quella che me li aveva buttati perché, e cito testualmente, non avrei risolto i miei problemi con l’alcol?”.

“Non mi farai la predica proprio tu?” gli chiese Bonnie e lo superò verso il piano superiore.

Aveva bevuto, ma non quanto la sera prima. Riusciva a stare benissimo in piedi, la stanza non girava e non le sembrava di sentire tutto ovattato.

Era alticcia, non tanto da barcollare come aveva fatto tra le braccia di Stefan, ma abbastanza da mostrarsi totalmente disinibita e senza peli sulla lingua.

“No, no. Sono piuttosto contento che tu sia passata al lato oscuro” la seguì Damon approfittando del momento. Erano settimane che Bonnie non parlava così civilmente con lui e quella sera sembrava disposta a sostenere un discorso senza cercare di ucciderlo con gli occhi “La prossima volta invita anche me, però” le suggerì “O potremo fare un festino solo noi due. Sono sicuramente più divertente di quei ragazzini che frequentano il tuo liceo”.

“Di certo sei più attraente” osservò lei.

Fu lì che qualcosa s’incrinò.

Damon ghignò compiaciuto. Adorava la nuova versione sfacciata di Bonnie, adorava stuzzicarla e adorava il fatto che lei stesse al gioco.

Si rese, però, subito conto di essersi spinto troppo in là. Inizialmente pensò che Bonnie stesse ancora scherzando, che stesse fingendo di essersi trasformata all’improvviso nella ragazza seducente. Poi lei continuò a camminare nella sua direzione con uno sguardo tremendamente lascivo, quasi osceno. Uno sguardo che la vecchia Bonnie, la vera Bonnie non si sarebbe mai sognata di esibire.

Damon restò ammaliato dalle movenze della rossa; non aveva mai fatto caso a quanto potesse essere aggraziata nel portamento, di quanto potesse essere consapevole dell’effetto che i suoi movimenti avevano sugli altri.

Perché si trattava proprio di questo: di sicurezza personale. Bonnie si stava comportando in quel modo perché sapeva che Damon non sarebbe riuscito a staccarle gli occhi di dosso.

Il vampiro notò con una sorta di piacere la contraddizione che la giovane stava mettendo in scena. Si poteva tranquillamente pensare che una ragazza, che si stava esibendo in una camminata degna di Jessica Rabbit, indossasse un vestito corto e aderente, un paio di tacchi, che fosse truccata almeno un po’.

Bonnie invece incarnava la fidanzatina d’America: maglietta bianca, Jeans stretti, scarpe da ginnastica e neanche un filo di trucco.

Come poteva una persona sola trasudare innocenza e malizia nello stesso momento? Come poteva Bonnie?!

Totalmente spiazzato e incredulo, Damon le lasciò condurre le danze e indietreggiò fino a toccare la parete. Di solito era lui che metteva le ragazze con le spalle al muro e non il contrario. Che diamine gli stava succedendo quella sera?

“Bon-” provò a dire ma lei lo zittì subito mettendogli una mano sulla bocca.

“Non provarci, Damon” gli intimò con voce bassa “La recita del bravo ragazzo non funziona su di te” tolse la mano dalle sue labbra e piegò leggermente la testa di lato “Lo vedo come mi guardi, so che ti metto in imbarazzo quando giro in biancheria. Non ti vergogni a fare certi pensieri su di me?” domandò sbattendo le ciglia ingenuamente.

Dove diavolo ha imparato a fare la civetta in questo modo?

“Non sei certo il tipo che si fa questi scrupoli, vero?” continuò lei “Ma in fondo ti do ragione: noi non siamo parenti e non c’è niente di male” si avvicinò fino a far sfiorare i loro nasi e lo tormentò fermandosi un millimetro prima che le loro bocce s’incontrassero “Non vedi l’ora di toccarmi, Damon” non era una domanda. Bonnie si alzò in punta di piedi e strinse le dita dietro la nuca del vampiro “Non vuoi baciarmi?”.

Damon pensò a quanto la fortuna fosse una buffa entità. Solo il giorno prima le ragazze cui teneva di più lo ignoravano e lo disprezzavano, ed ora nel giro di dodici ore entrambe gli si erano buttate tra le braccia.

Voltò la testa dell’altra parte appena in tempo per evitare le labbra di Bonnie che si posarono sulla sua guancia “Sei ubriaca” disse freddandola.

“E’ un problema?” lo stuzzicò lambendolo con altri leggerissimi baci che avrebbero trovato presto la strada per il suo collo se lui non le avesse preso i polsi e non l’avesse staccata brutalmente “Ho un po’ più di esperienza in questo campo, ragazzina” sibilò “Non mi faccio abbindolare dalla prima adolescente con l’alito che sa di alcol”. Era stato duro, ma era l’unico modo per farla rinsavire.

Bonnie si divincolò dalla sua stretta, sdegnata. Lanciò attraverso gli occhi dardi infuocati “Improvvisamente ti è tornata una coscienza?” lo derise “Non te n’è mai fregato niente di ferire i miei sentimenti e adesso decidi fare il gentiluomo soltanto perché ho bevuto?”.

“So cosa stai facendo, ragazza interrotta*****” l’ammonì Damon “Stai sempre fuori casa, torni sbronza, fai la sgualdrina con me. Stai cercando di attirare l’attenzione. Scusami, ma non sarò il tuo antistress”.

La mano di Bonnie scattò così velocemente che Damon non si diede nemmeno la pena di bloccarla.

Lasciò che colpisse la stessa guancia che poco prima lei stava baciando e girò il capo per assecondare lo schiaffo in modo che Bonnie non si rompesse qualche osso.

La rossa sapeva che da lì a poco il vampiro le avrebbe staccato la mano dal polso, ma se ne fregò. L’aveva chiamata sgualdrina, l’aveva umiliata per l’ennesima volta; che altro si aspettava di ricevere?

“Che ne sai di quello che faccio?” urlò “Cosa vuoi che me ne importi della vostra attenzione! Siete tutti lì che vi preoccupate perché credete che mi stia rovinando la vita; se mi fossi comportata come al solito non vi sareste nemmeno sprecati a chiedermi come stavo” ormai si era fatta travolgere dal risentimento e tanto valeva scoprire le carte “Cosa vuoi che me ne importi se la mia vita è sregolata, se nemmeno ritengo di averne una! Tutti voi volete qualcosa da me: Stefan vuole che gli calmi il senso di colpa e tu mi stai intorno solo per quella stupida promessa fatta a mia madre!”.

“Adesso hai attivato la modalità vittima?” la sfidò Damon “Sono stato tutta la notte sotto quel cazzo di portico con te!”.

“Nessuno te l’ha chiesto” replicò Bonnie istericamente.

“Allora cosa vuoi?” gli chiese stremato dall’esasperazione “Perché sembra che qualunque cosa che faccia sia sbagliata”.

“Non voglio niente” rivelò Bonnie sinceramente “Non sto facendo la capricciosa, non sto facendo la vittima; essere importante o no per voi, non mi cambia niente. Io non sono importante per me stessa”.

Damon, se fosse stato umano, sarebbe impallidito per quella confessione. Iniziava a vederci chiaro nella nebbia che circondava il ragionamento di Bonnie e constatò quanto fosse grave.

“Cosa stai suggendo? Di voler porre fine alla tua miserabile vita?” era solo una provocazione, ovviamente.

“Vuoi provvedere tu?” gli offrì Bonnie “So che non vedi l’ora di sbarazzarti di me, sono solo una seccatura” anche questa era una provocazione “Fallo, Damon, strappami il cuore. Non pensare a mia madre, STRAPPALO!”.

Damon inorridì. Era completamente impazzita?

“Stai sragionando. Vattene a letto”.

“Smettila di trattarmi come una bambina” gli ordinò strillando, poi indurì lo sguardo e scatenò i suoi Poteri contro di lui.

Damon sentì una fitta lancinante alla testa. Fissò stupito la ragazza di fronte a lui, che se ne stava dritta in mezzo al corridoio cercando di fargli più male possibile “Sto diventando forte, Damon. Farai meglio a liberarti di me, prima che io ti faccia fuori” lo avvertì poi scappò in camera sbattendo la porta.

Il male scemò e Damon riprese fiato. Ebbe l’impressione di aver peggiorato parecchio lo stato emotivo di Bonnie.

Infine l’esplosione c’era stata.

Anche se gli era parso più che altro di vedere Bonnie implodere e afflosciarsi su se stessa.

Ma l’avrebbe guarita.

Era stato lui che l’aveva ridotta in quello stato, che l’aveva rotta togliendole il sorriso. Qui non c’entrava niente la promessa fatta diciott’anni prima.

L’avrebbe guarita e basta.

 

“Avevi ragione” ammise Damon la mattina dopo, al telefono con Stefan.

“Su cosa?” domandò l’altro con circospezione.

“Su Bonnie” precisò il fratello “Ieri è tornata a casa piuttosto sbronza. Si è esibita in uno show da delirio. Sembrava esaurita … ha detto delle cose …”.

Stefan studiò il tono dell’altro vampiro: appariva seriamente preoccupato; qualunque cosa Bonnie gli avesse detto, doveva averlo scosso nel profondo.

“Comunque me ne sto già occupando” lo informò “E per questa volta mi piacerebbe che seguissi anche tu il mio metodo”.

“Damon, che cosa hai fatto?” chiese Stefan con tono allarmato.

Il fratello estrasse dalla tasca una chiave e se la sventolò sotto al naso.

“DAMON!!!”  un urlo rimbombò dal piano di sopra “FAMMI USCIRE SUBITO!”.

“L’hai chiusa in camera?” Stefan allargò gli occhi, udendo la voce di Bonnie, e realizzò subito cosa aveva fatto suo fratello.

“Voglio vedere se riuscirà ancora a sgattaiolare fuori. Il divertimento è finito per la nostra streghetta”.

“Non pensi che aprirà lo stesso la porta con i suoi Poteri?”.

“Non ho niente da fare in questi giorni. Me ne starò qui a controllarla. Può friggermi il cervello quanto vuole. Se desidera lasciare questa casa, dovrà passare sopra al mio cadavere”.

Cosa che farebbe  più che volentieri.

Damon chiuse la chiamata e finì di versare in un bicchiere il liquore che la sera prima Bonnie aveva rimesso a posto.

Salì le scale fino alla camera della ragazza e si appoggiò allo stipite “Non farti venire il mal di gola, Bonnie. Uscirai quando sarai pronta a parlare come una persona con un po’ di buon senso”.

“Butto giù la porta!” lo avvisò lei.

“Fai pure”.

“E ti uccido!”.

“Voglio proprio vederti provare”.

“Damon se non mi fai uscire, dirò a Stefan che cosa avete fatto tu ed Elena”.

Carta disonesta! Doveva essere proprio disperata.

“Tesoro …” la vezzeggiò Damon “Mi faresti solo un favore”.

Mentre lei continuava ad urlare e a tirare pugni contro la porta, il vampiro si allontanò per il corridoio sorseggiando il suo drink.

Ora era lui che controllava la situazione, che stabiliva le regole.

Ghignò con soddisfazione.

Finalmente la terra era tornata nel suo asse.

 

“To all of you who've wronged me
I am, I am a zombie
Again, again you want me to fall on my head
I am, I am, I am a zombie
How low, how low, how low will you push me
To go, to go, to go, before I lay, lay down dead”

(Zombie- The Pretty Reckless).

                                                                                             

Il mio spazio:

Buona sera a tutti!

Questa volta ho aggiornato nei tempi prestabiliti!

Prima di analizzare questo capitolo, volevo parlare un secondo di quello precedente.

Non voglio sembrarvi affetta da “ansia da recensione”, ma ho notato che i commenti sono un po’ calati.

Magari non avete avuto (giustamente) voglia o tempo per lasciarmi il vostro parere, ma mi piacerebbe davvero sapere se il capitolo non vi è piaciuto. Era molto lungo e denso e anche a me in certi punti non convinceva molto, quindi se qualcuna di voi ha delle critiche da farmi, vi prego fatevi avanti! Così mi darò una regolata anche per i prossimi capitoli =)

Comunque ho cercato di rendere questo un po’ più leggero (esclusa la parte Damon-Bonnie). Avrei voluto farlo anche un po’ più corto, ma quando comincio a scrivere non mi fermo più e sinceramente non volevo tagliare nulla … perciò ecco a voi un altro capitolo da venti pagine! Giuro che per le prossime storie mi limiterò.

Damon ha avuto un gran bel da fare tra Elena e Bonnie; ma partiamo da quest’ultima.

Ci terrei a precisare che Bonnie non ha davvero intenzione di togliersi la vita; era solo una provocazione. Semplicemente si è resa conto che tutti quelli che le si sono avvicinati, l’hanno fatto con un secondo fine. Ha capito di non avere costruito niente nella vita, di non essersi creata degli affetti, quindi non ha sostanzialmente niente da perdere. Non le importa più di quello che pensa la gente di lei, non le interessa di essere vista in intimo, non dà peso a se stessa e non crede di avere un valore. Ovviamente questo è solo il suo pensiero.

Damon si è accorto di avere tra le mani un soggetto pericoloso che non solo non ha pudore nel provocarlo, ma che ha rinunciato anche a battersi per se stessa. Si è ripromesso di guarirla e testardo com’è sicuramente ce la farà.

I suoi metodi non sono proprio ortodossi, ma almeno sono efficaci. Non è come Stefan, non cerca di analizzare il problema. Lui preferisce sbatterlo in faccia e dare una forte scossa. Ed è chiaro che quello che ha detto ad Elena è una falsità: Bonnie sarà sempre in mezzo.

In una recensione Amy in Wonderland mi aveva chiesto di inserire questa Bonnie che fingeva di rovinarsi la vita. Ho accettato il suo consiglio e l’ho trasformato in qualcosa di reale … sperò che apprezzerai lo stesso!

Mi rendo conto che Bonnie possa risultare un po' fuori dal personaggio in questo capitolo, ma considerate che è parecchio provata e che nei suoi confronti con i due fratelli è molto più disinibita per via dell'alcol. La vecchia e dolce Bonnie tornerà presto!

Ora passiamo ad Elena. Posso quasi sentire i vostri insulti ahaha. Prima che la o che mi uccidiate, fatemi spiegare. (mio Dio, sto davvero per lanciarmi in difesa di Elena?).

Questa non è la stessa ragazza che ha creato la Smith, non sta giocando con i sentimenti dei due vampiri da otto libri, è sempre rimasta fedele a Stefan.

Ma ha solo diciott’anni ed è palesemente attratta da Damon; ha cercato di resistergli il più possibile ma alla fine ha ceduto. Quante lo hanno già fatto anche nella vita reale?

Mi spiego meglio: è giovane e si è gettata in questo amore con Stefan, senza pensare che forse si sta perdendo tante altre esperienze. In questo capitolo non viene messo in dubbio il suo amore per Stefan, ma capisce di provare dei sentimenti anche per suo fratello. Che fare? Come fa a sapere se si tratta solo di attrazione o se c’è qualcosa di più profondo? Questo è stato un momento di debolezza, non aveva programmato di tradire Stefan, ma ora è successo, quindi si porrà qualche domanda.

Ripeto che non è la stessa Elena dei libri e cercherà di risolvere la situazione alla luce del sole senza tirarla troppo per le lunghe.

Infine Tyler e i licantropi. A me sembra che la sua amica Layla sia interessata un po’ troppo alle faccende dei vampiri, a voi no? ;)

Ora vi lascio con alcune idee che mi sono venute in mente per le prossime storie. Avevo già postato la prima trama un po’ di tempo fa ed ora convinta di cominciare con quella, poi sono arrivate tutte le altre e non so davvero quale sia la migliore, quindi mi rivolgo a voi per un aiuto.

Non assicuro niente; queste cose vanno ad ispirazione e potrei non averne molta per quella più votata, ma m’impegnerò per accontentarvi!

Le prime due sono pensate per questo fandom, le ultime due sono invece per la serie tv. Ho notato che la sezione per la serie tv manca di fan fiction su Damon e Bonnie; forse perché Bonnie non è molto amata e la loro coppia non è considerata nello show. Io ci vedo un gran potenziale!

Grazie mille a real, Refia, bonniemc e meiousetsuna per le splendide recensioni e a tutte voi che mi seguite!!!

 

*Non mi ricordo in che episodio di TVD Damon spiega che alcuni alimenti come il caffè aiutano a tenere la temperatura dei vampiri più alta e quindi a destare meno sospetti.

** Questa e l’ultima frase, sono tratte dall’episodio 3x16, 1912.

*** Nel primo libro della Smith si parla di Tyler amico di un certo Dick, ragazzo di Vicki Bennet. Dato che io ho preso in prestito il Tyler della serie tv, ho inserito questo Jesse al suo posto. Ne parlerò maggiormente nel prossimo capitolo.

****Mike Tyson, famoso pugile.

*****Ragazze interrotte (Girl, Interrupted) è un film del 1999 diretto da James Mangold con Winona Ryder e Angelina Jolie. È tratto dal diario di Susanna Kaysen La ragazza interrotta. (definizione presa da wikipedia).

 

Crazy little thing called love: Bonnie McCullough ha diciassette anni, i capelli rosso fuoco, il fiso a forma di cuore ed è sempre stata considerata da tutti la classica ragazza dalla porta accanto. Circondata da amiche più popolari e speciali di lei, non si è mai distinta tra la folla e nemmeno ha mai desiderato farlo. La sua esistenza in fondo è tranquilla e ha tutto quello che una ragazza possa desiderare, compreso un migliore amico premuroso, affettuoso e piuttosto figo: Stefan Salvatore. Tanto è legata a quest’ultimo quanto non sopporta il fratello, Damon, tipico universitario rubacuori, menefreghista e arrogante. I due Salvatore hanno sempre avuto degli attriti (specialmente dopo la morte della madre), ma ultimamente le cose si sono fatte più tese: Stefan è riuscito a conquistare il cuore della bella Elena, la giovane per cui Damon ha sempre avuto un debole e che non è mai caduta ai suoi piedi. Ma cosa succederebbe se la gemella di Elena, Katherine, ricomparisse a Fell’s Church dopo anni trascorsi a Parigi? Caroline di certo impazzirebbe nel vedere un’altra Gilbert rubarle la corona di reginetta della scuola e Damon finalmente realizzerebbe il suo sogno di avere qualcuno fisicamente uguale ad Elena, ma con un carattere più forte, più sicuro e sfacciato. Qualcuno da non dover dividere con il fratello. Ma se Katherine si volesse divertire con entrambi?

E se Bonnie, dopo un’estate passata con le amiche in Spagna, tornasse più matura, più bella, più affascinante, insomma più donna e iniziasse ad attirare gli sguardi dei ragazzi? Damon continuerebbe a considerarla solo come la migliore amica di suo fratello o cercherebbe di aggiungere il suo nome alla sua già lunghissima lista di ragazze con cui è stato?

Senza dimenticarci ovviamente di Meredith, alle prese con una cotta allucinante per il suo professore di storia, Alaric Saltzman.

Niente vampiri, streghe, lupi mannari. Nessuna complicazione paranormale. Solo dei semplici ragazzi che dovranno affrontare i soliti problemi adolescenziali. Il mondo non dovrà essere salvato, ma chissà se i nostri protagonisti ce la faranno a superare indenni l’ultimo anno del liceo e la loro prova più grande: crescere. 

 

Highway to Hell: È passato un anno dalla fine di Midnight. Tante cose sono cambiate: i kitsune sono stati distrutti, Elena ha fatto chiarezza nel suo cuore scegliendo Stefan definitivamente, Bonnie e Damon si sono avvicinati fino a innamorarsi. Tutto sembra perfetto a Fell’s Church, ma nel loro quadretto romantico qualcosa deve andare storto.

Un giorno, durante una passeggiata nel bosco, Bonnie incontra Shinichi, invecchiato e debole, che la incolpa della morte della sorella. Allo stremo delle sue forze, il suo tempo è quasi finito ma la sete di vendetta lo tiene in vita abbastanza da permettergli di eseguire un ultimo incantesimo: Bonnie si ritroverà nella Dimensione Oscura, in una realtà completamente diversa dalla sua. Ai suoi amici è stata cancellata la memoria, non si conoscono, abitano tutti lì, ma non hanno praticamente rapporti. E lei sarà costretta a diventare la schiava personale di Damon Salvatore. Un Damon Salvatore che non ha ancora riscoperto la sua umanità e che non si ricorda più del suo Uccellino Rosso.

 

Always where I need to be :Bonnie odia Damon. Gliel’ha fatto capire in più di un modo. Ha cercato di dargli fuoco, gli ha fritto il cervello e lo avrebbe osservato molto volentieri morire in preda ai dolori del morso di Tyler, ma per il bene di tutti sa che devono collaborare se vogliono tenere Elena al sicuro.

Bonnie crede si essere l’unica che vede il vampiro per quello che davvero è; tutti gli altri, per quanto cerchino di tenerlo nascosto, hanno una sorta di debole per Damon, gli  sono affezionati.

L’unica che sembra darle un po’ di supporto è Emily, la sua antenata che più di una volta ha cercato di fermare i piani di quel pazzo.

Una notte però Bonnie sogna la donna che le dà uno strano avvertimento e la convince ad eseguire un incantesimo.

La giovane strega si ritroverà nel 1864, bloccata a suo malgrado a Mystic Falls durante le guerra di secessione e durante la vita umana di Stefan e Damon. Cosa ci potrebbe essere di peggio? Semplice: Damon è molto lontano dall’immagine spietata che lei ha del vampiro. È  umano, è un gentiluomo, è affezionato a suo fratello e dà valore ai sentimenti.

E non sarà facile stargli alla larga.

 

Thank you for the venom: una sera durante un giro di pattuglia, Bonnie ed Elena vengono attaccate da un vampire. Bonnie per salvare la sua amica si mette in mezzo e viene brutalmente ferita. Elena capisce che la strega non ha scampo e chiede a Damon di darle il suo sangue e trasformarla in vampiro.

Bonnie nei suoi ultimi attimi di vita, cerca di rifiutarsi ma Damon è troppo forte e non rispetta il suo desiderio, sollecitato da Elena.

Bonnie quindi si sveglierà con una difficile decisione da prendere: completare la trasformazione o lasciarsi morire?

 

A presto,

Fran;)

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Capitolo 24
*** Lord, I need to find someone who can heal my mind ***


 

Ashes &Wine


Capitolo ventiquattro: Lord, I need to find someone who can heal my mind.

 

“Tender is the night lying by your side.
Tender is the touch

of someone that you love to much.
Tender is the day the demons go away.
Lord, I need to find someone who can heal my mind”

(Tender- Blur).



 

 

Avrebbe dovuto essere al settimo cielo. Avrebbe dovuto sentire la sua pietra rompersi di gioia. Dopo un evento del genere, se non proprio felice, avrebbe dovuto come minimo ritenersi soddisfatto.

Elena aveva ceduto. Non era una dichiarazione d’amore, ma comunque un gran passo avanti.

Damon sapeva che non ci sarebbe voluto molto per farla capitolare definitivamente. Avrebbe dovuto portarla via, allontanarsi da Fell’s Church, da Stefan e farla la sua principessa delle tenebre.

Il piano era sempre stato quello ed Elena prima o poi avrebbe imparato ad amarlo, dimenticando finalmente tutto ciò che la teneva legata alla sua vita umana.

Il vampiro avrebbe dovuto festeggiare per essere così vicino al suo obiettivo. Il vecchio Damon lo avrebbe fatto.

Allora perché l’unica emozione che lo assillava in quel momento era il tormento?

Capelli rosso fuoco, pelle trasparente, occhi grandi e castani, viso a forma di cuore, corpo sottile e fragile. Ecco perché.

Non era quella la vita che Damon aveva programmato per Bonnie. L’aveva portata via per metterla al sicuro, per darle una famiglia, per darle un futuro lontano dalle sofferenze che la madre le aveva prospettato.

Si supponeva che Damon fosse colui che avrebbe dovuto occuparsi di lei e invece aveva fallito miseramente.

Non tanto per tutte le volte che Bonnie si era trovata in pericolo di vita, quanto per il cambiamento che aveva investito la ragazza trasformandola in una versione di se stessa distorta e distruttiva.

Come poteva anche solo pensare di non essere importante? Di non aver legato a sé tutti quelli che aveva incontrato?

Bonnie era intelligente, di buon cuore, altruista e tremendamente determinata ad aiutare tutti quanti, a dispensare consigli. Parlava con passione ed era vera.

Ma la ragazza che Damon aveva incontrato il giorno prima era totalmente l’opposto: vendicativa, insensibile e annichilita.

Aveva distrutto tutto il buono che c’era nel suo cuore o forse l’aveva sepolto sotto strati pietra, così come aveva fatto lui tanti secoli prima.

Damon aveva avuto l’impressione di vedere una versione senza controllo di se stesso. Era come se Bonnie aveva preso tutti i suoi difetti e li avessi spinti all’ennesima potenza non per ferire gli altri, ma per ferire se stessa. O forse voleva proprio ferire gli altri ferendosi.

Damon per la prima volta dopo tanto tempo, non solo si sentiva colpevole, ma non sapeva nemmeno come rimediare.

L’avrebbe guarita, questo era certo. Doveva ancora stabilire un piano, però.

Avesse dovuto tenerla rinchiusa nella sua stanza per settimane, l’avrebbe fatta rinsavire. Perché Bonnie era la cosa più luminosa che gli fosse capitata nella vita e non le avrebbe permesso di spegnersi.

Dociott’anni prima la madre della rossa, gliel’aveva affidata, no, gliel’aveva donata perché se ne occupasse. L’aveva designato suo protettore. Damon non aveva potuto tirarsi indietro e dopo anni si era reso conto che non avrebbe ringraziato mai abbastanza la donna per quella bellissima bambina piombatagli tra le braccia. Lei e i suoi grandissimi e dolcissimi occhi.

Damon grugnì: stava diventando un po’ troppo smielato. Ma dopotutto, era la verità. Gli occhi di Bonnie sarebbero stati magici con o senza Poteri.

La prima volta che lo aveva guardato completamente indifesa era stato sotto la botola di casa sua. C’era stata un’intesa in quel momento, anche se dopo era scoppiata a piangere come una fontana.

Damon a quel tempo era ancora troppo distante e chiuso nei confronti della bambina per cogliere quella connessione.

Se n’era accorto solo quattro anni dopo. Era la prima volta che ritornava al Pensionato da quando aveva portato Bonnie ad Arthur e Monica chiedendo (ordinando) di accoglierla come figlia loro.

Aveva visto la piccola di sfuggita, nascosta dietro una colonna, con i suoi grandi occhioni puntati verso di lui quasi a riconoscerlo. Non ci aveva fatto molto caso, non l’aveva salutata, non l’aveva cercata. Gli era bastato vedere che fosse viva e in salute, non gli importava d’altro. Il suo compito si riduceva solo a quello.

Si era rinchiuso in camera sua; il piano era di fermarsi una notte e ripartire la mattina successiva.

Non aveva dormito bene: c’era il temporale e ad ogni tuono Damon sobbalzava per via del suo superudito. Infine era riuscito ad addormentarsi anche se per poco. Si era risvegliato un’ora dopo ed era ancora notte fonda. Era appoggiato su un fianco e si sentiva terribilmente scomodo ed indolenzito, perciò si era stiracchiato e si sarebbe anche girato se, allungando un braccio sull’altro lato del letto, non avesse toccato qualcosa.

Con uno scatto si era voltato posando gli occhi su una figurina lunga neanche un metro, rannicchiata contro la sua schiena. Anche nel buio i suoi capelli fiammeggiavano.

Damon era rimasto scottato da quell’immagine. Era al limite dell’assurdo il pensiero che quella piccola, innocente creatura si fosse nascosta nella tana del mostro per paura del temporale. Ed era proprio il paradosso il fatto che fosse riuscita ad addormentarsi profondamente.

Una strana sensazione di calore aveva avvolto il cuore di Damon. C’era Zach, c’erano i suoi genitori, c’era perfino Stefan e lei aveva scelto di rifugiarsi lì, con lui; non proprio l’elemento più affidabile della casa.

Ma Bonnie aveva sempre avuto fiducia in lui, soprattutto quando non se la meritava. Bonnie credeva in lui.

Era giunto il momento di renderle il favore.

Inserì la chiave nella serratura e girò aprendo la porta e serrandola di nuovo. Come se niente fosse infilò la chiave nei suoi pantaloni sentendola cadere nei boxer. Era il luogo più sicuro dove custodirla in presenza di Bonnie, perché lei non avrebbe mai messo le mani . Due occhi si posarono su di lui con odio; gli stessi che una volta lo scrutavano con affetto.

Non si aspettava di certo che lo accogliesse a braccia aperte dopo quello che si erano urlati la sera prima. In effetti si era perfino stupito che non lo avesse di nuovo reso vittima dell’incantesimo friggi- cervello.

Lo sguardo di Bonnie era talmente gelido che Damon per un secondo ebbe timore che la rossa cercasse di trasformarlo in un ghiacciolo.

Si avvicinò al letto su cui era seduta con le gambe al petto e posò sul comodino un vassoio.

Bonnie alzò un sopracciglio: un toast e un bicchiere d’acqua.

Era diventata per caso una carcerata? Sfamata a pane e acqua?

Ignorò il cibo e continuò a fissare un punto per terra. La presenza di Damon la infastidiva, specialmente alla luce di ciò che aveva fatto la sera prima.

Ma come le era saltato in mente di provarci così spudoratamente? Era allegra per via dell’alcol, ma non così tanto da non avere il controllo di sé.

Aveva solo sentito l’irrefrenabile istinto di togliergli quel ghigno strafottente dalla faccia. Aveva voluto sfidarlo, destabilizzarlo, scandalizzarlo.

Quel punto era stato pienamente soddisfatto, ma Bonnie non aveva fatto i conti con l’innata sfrontatezza del vampiro. E si era ritrovata battuta nel suo stesso gioco, arrabbiata e mortificata con il solo desiderio di annientarlo.

Si era comportata da stupida e aveva permesso alle sue emozioni di prendere il sopravvento.

Per tutta la settimana aveva resistito proprio perché le aveva represse. Non era in grado di eliminarle del tutto, ma rilegarle in un angolo era un buon inizio.

Non aveva pianto una sola volta, era stufa di sprecare lacrime per chi non se le meritava; non aveva pensato ai momenti vissuti con Christopher, non ne aveva parlato con nessuno. Aveva semplicemente finto di non avere nessun problema, come se non fosse mai accaduto niente.

E in effetti così era stato perché a rifletterci bene era chiaro che tutta la sua storia con Christopher fosse frutto della sua immaginazione. La verità stava davanti a lei, chiara e lampante: il fatto che qualcuno di così assolutamente straordinario si fosse interessato ad una comunissima ragazza come lei, senza secondi fini, senza brutte intenzioni … era del tutto inconcepibile.

Damon lo aveva capito subito, ma nessuno gli aveva dato retta. E questo aveva fatto sentire Bonnie ancora più insignificante. Sembrava che, per quanto cercasse di dimostrare di poter cavarsela da sola, in un modo o nell’altro Damon dovesse essere sempre lì per salvare la situazione.

La piccola Bonnie, la povera Bonnie, la sfortuna Bonnie.

Non era né piccola, né povera, né sfortunata. Basta con la commiserazione, basta con il bisogno di essere difesa.

Accettare la realtà delle cose era la miglior soluzione. Accettare di non essere importante e agire di conseguenza. Accettare di non essere stata capace di costruirsi degli affetti, di rendersi indispensabile per gli altri.

Sì, ma che bisogno c’era di buttarsi addosso a Damon in quel modo?

Cosa, tra l’altro, piuttosto inutile dato che il vampiro l’aveva rimessa al suo posto in due secondi. E adesso si ritrovava chiusa nella sua stessa camera da letto.

Non credeva che nella sua vita avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, soprattutto con Damon. Non era da lei atteggiarsi in quella maniera o ritenersi così seducente da far capitolare un uomo come il maggiore dei Salvatore.

Si era sentita così potente e sicura di sé e poi … poi aveva fallito miseramente.

Nella sua testa quei momenti erano molto confusi, non ricordava bene la sequenza degli eventi, né con che coraggio si fosse spinta oltre il limite. Ricordava, però, una piacevole sensazione nell’avere il corpo di Damon così vicino al suo, le mani quasi a sfiorargli i capelli e le labbra a pochi centimetri. Senza contare, poi, quello che gli aveva detto … baciare … toccare … termini che le avevano mandato i brividi per tutta la schiena; ma in fondo si parlava di un bel ragazzo e qualunque donna avrebbe reagito nello stesso modo.

Se Damon non l’avesse rifiutata, lei fino a che punto sarebbe arrivata? Era cominciato come un gioco, ma avrebbe potuto trasformarsi in qualcosa di più serio e complicato?

Non poteva dare una risposta definitiva, ma era certa di un fatto: Damon in pochi minuti l’aveva incasinata di nuovo, l’aveva costretta a sentire ancora. Frustrazione, collera e amarezza; tutti i sentimenti che Bonnie aveva faticato a spazzare via, per non soffrire ancora.

Lo odiava, lo odiava, lo odiava.

Damon d’altro canto non voleva arrendersi. Aveva compreso quanto la ragazza fosse decisa a seppellire tutte le sue emozioni, in un malato meccanismo di difesa e non poteva permetterlo.

Avrebbe cominciato a lavorare sulla rabbia e sull’astio nei suoi confronti per far ritornare la vecchia Bonnie, la sua Bonnie.

Afferrò una sedia, la trascinò vicino al letto e si sedette a cavalcioni appoggiando le mani e il mento sullo schienale.

“Dobbiamo parlare, ragazzina”.

E magari si sarebbe fatto anche perdonare.

 

Cosa c’era di sbagliato in lei?

Alzò la mano e toccò titubante la superficie dello specchio, sfiorando la sua immagine riflessa. Era così simile a Katherine.

Capelli d’oro e occhi che sembravano lapislazzuli, fisico perfetto.  Tanto bella fuori quanto brutta dentro.

Era proprio così che Elena si sentiva: una brutta persona. Più simile alla sua gemella vampira di quanto pensasse.

Non voleva diventare quel tipo di ragazza; non voleva giocare con nessuno. Si era divertita fin troppo negli anni passati e non voleva più scendere a quel livello.

Eppure non poteva fare a meno di chiedersi se non avesse sbagliato tutto con Stefan, se non si fosse buttata troppo in fretta nella loro storia.

Non riusciva ad immaginarsi una vita senza di lui che l’aveva aiutata così tanto, che l’aveva cambiata. Ma era chiaro che ci fosse qualcosa di storto nel quadro.

Non avrebbe dovuto nutrire quei sentimenti nei confronti di Damon. Non lo amava, di ciò ne era certa, ma comunque si trattava di qualcosa di molto forte; abbastanza irresistibile da offuscare la figura di Stefan, mentre stava baciando suo fratello.

In quel momento le era sembrata l’unica cosa sensata da fare, perché sarebbe stato ancora più ipocrita negare la connessione che condividevano. Ed era sembrato anche così maledettamente giusto.

Le labbra di Damon erano morbide e insaziabili ed Elena non avrebbe voluto abbandonarle mai. Cosa le stava succedendo?

Quando aveva smesso di essere una mera questione fisica per trasformarsi in una con implicazioni sentimentali?

Se ripensava poi allo sguardo di Bonnie. Disgustato e per nulla sorpreso, come se fosse una cosa destinata ad accadere.

Avrebbe mantenuto il segreto o lo avrebbe rivelato a Stefan? Elena non l’avrebbe biasimata se avesse scelto la seconda opzione.

Aveva tradito il ragazzo di cui era innamorata, con il fratello che cercava di rovinargli l’esistenza da cinquecento anni. Quando Elena Gilbert doveva commettere un errore, lo faceva in grande.

Per la loro cena romantica Stefan l’aveva portata in un ristorante a Danville*; aveva prenotato una sala solo per loro ed era stato come al solito un perfetto gentiluomo. Elena non aveva avuto il coraggio di guardarlo in faccia per la maggior parte della serata, troppo segnata dalla vergogna. Combattuta se confessare tutto o stare zitta.

Ovviamente era rimasta in silenzio. Non aveva avuto il fegato di rovinargli la serata e non voleva essere guardata con disprezzo anche da Stefan.

Per quanto potesse amarla, non l’avrebbe mai perdonata. Non con Damon.

E quando durante la notte Stefan l’aveva fatta sua trattandola con la solita cura, con la solita dolcezza, con la solita intensità, Elena aveva tenuto gli occhi serrati per tutto il tempo; un po’ in preda al piacere, un po’ per trattenere le lacrime che avrebbero voluto inondare le sue guance.

Non avrebbe sentito lo stesso senso di colpa, se si fosse trattato di un altro ragazzo, ma Stefan non se lo meritava. Lei non si meritava Stefan. E forse non ne sarebbe mai stata degna.

La ragazza si strinse l’accappatoio addosso e si diresse in camera per cambiarsi. Non fece in tempo ad aprire l’anta dell’armadio che si ritrovò stretta tra due forti braccia e sospirò colta da un bellissimo bacio.

“Mi sei mancato” gli disse. Intendeva ogni parola, ma si rendeva conto di quanto suonassero false.

“Sono solo passate poche ore” le fece notare Stefan dandole lo spazio per respirare “Ma sono contento di sentirtelo dire”.

Elena sorrise timidamente e si voltò verso l’armadio per prendere dei vestiti puliti.  Sciolse il nodo alla cintura dell’accappatoio e se lo sfilò restando nuda. Non era una ragazza timida da quel punto di vista e di certo non si sarebbe nascosta da Stefan che l’aveva vista centinaia di volte. “Sei stato al Pensionato?”.

“Sì” confermò lui stendendosi sul letto e osservando la sua ragazza in tutta la sua bellezza.

“Bonnie è ancora chiusa in camera sua?”.

Il vampiro annuì “Non so quanto ci resterà. Ho paura che butterà giù la porta se Damon non la farà uscire” arricciò le labbra un po’ contrariato nel vedere Elena coprirsi con gli indumenti scelti “Non c’era bisogno che ti vestissi, sai? Da quaggiù la vista era perfetta”.

Elena finì d’infilarsi la maglietta e sorrise arrossendo. Quel commento era così da Damon. Subito dopo il sorriso si cancellò dalle labbra della bionda.

Ora cominciava pure a fantasticare su Damon mentre era con Stefan? Era caduta davvero così in basso?

“E’ davvero necessario tenerla chiusa in camera?” Elena continuò il discorso per non destare  sospetti e sperò che Stefan con la sua ferrea condotta morale non le avesse letto nel pensiero.

“E’ abbastanza fuori controllo” affermò lui “Peggio di così non può andare, quindi tanto vale provarle tutte. Spero che questa sia la soluzione”.

“Sarà una fase, Stefan” cercò di tranquillizzarlo Elena sedendosi accanto a lui sul letto “Qualunque cosa abbia detto o fatto, era dettata dalla confusione. Non posso credere che Bonnie sia diventata come me la descrivi tu”.

“Tu non c’era l’altra sera … non sai cosa mi ha detto e comunque questa è stata un’idea di Damon. E se mio fratello si preoccupa, significa che è una cosa seria”.

Su quello Elena non poteva controbattere. Se c’era qualcuno che poteva instillare ancora un po’ di senno in Bonnie, quello era Damon.

Era l’unico che riusciva a capirla davvero, che poteva calmarla, che sapeva come gestirla. Anche se negli ultimi tempi non erano stati molti uniti, era ovvio che continuassero a condividere un legame speciale.

Ed era altrettanto evidente quanto entrambi tenessero all’altro. Bonnie cercava di negarlo, ma nonostante tutto voleva ancora bene a Damon, altrimenti non avrebbe provato così tanto rancore nei suoi confronti; e lui non poteva più nascondere l’affetto che sentiva.

Elena dovette ammettere di sentirsi un po’ gelosa del loro rapporto perché andava oltre alla comprensione di chiunque. Era come se fossero incatenati indissolubilmente uno all’altra e niente e nessuno potesse dividerli. Avrebbero potuto farsi le cose peggiori, ma sarebbero sempre ritornati insieme.

Era più forte dell’amicizia, dell’attaccamento, della famiglia. Qualunque cosa li unisse, viaggiava ad un livello nettamente superiore.

“Elena” la voce di Stefan la riportò alla realtà “L’altra sera Bonnie mi ha detto una cosa … strana”. Aveva provato a non pensarci durante l’appuntamento con Elena e lo aveva trascurato, ma da un paio di giorni la sua fidanzata appariva confusa e turbata. Le parole di Bonnie erano ben ancorate alla sua memoria e il dubbio lo tormentava “Ha detto qualcosa riguardo te e Damon”.

Elena trattenne il respiro.

A Stefan non sfuggì, ma tralasciò “Era completamente sbronza e probabilmente stava solo delirando e si è addormentata prima che potesse spiegarmi di che stesse parlando. Volevo solamente essere sicuro che Damon non ti stesse più minacciando”.

Minacciare non è proprio la parola che userei. Elena chiuse gli occhi e si girò dall’altra parte. Non avrebbe mentito, non voleva fare niente alle spalle di Stefan e  soprattutto non avrebbe negato l’evidenza.

“Ti ha fatto del male?” insistette il vampiro allarmato.

“Stefan” iniziò Elena, interrotta subito dagli squilli del cellulare del ragazzo. Lui le fece cenno di fermarsi un attimo e rispose a Damon.

Lupus in fabula.

“Pollyanna è scappata**”.

Stefan per un momento pensò che si trattasse di un linguaggio in codice, poi realizzò il significato di quella frase “Scappata dove?”.

“Non sarei al telefono con te se lo sapessi. Mi devi aiutare a cercarla”.

“Damon …”.

“Sì, lo so” tagliò corto il fratello “Me la farai dopo la paternale, ora vedi di trovarla, perché se la prendo prima io, questa volta le faccio davvero male” e chiuse la comunicazione.

“Bonnie se n’è andata” spiegò Stefan appena agganciò “Io vado dalla signora Flowers, potrebbe essere là. Tu puoi controllare il Grill?”.

“Certo” si offrì Elena, precipitandosi fuori dalla stanza, seguita da Stefan.

Era preoccupata per la sua amica, ma non poteva che sentirsi sollevata per quell’interruzione. Aveva bisogno di più tempo per trovare il modo giusto di dire a Stefan tutta la verità e per schiarirsi le idee.

 

“E’ un mese che non ci parliamo, non vedo perché incominciare adesso”.

“Mangia” ordinò Damon indicando con un cenno il piatto “O hai intenzione di consumarti lentamente?”.

“O certo! Perché un toast mi salverà la vita” commentò lei acida.

Damon non staccò gli occhi dai suoi, irremovibile. Nessuno dei due sarebbe uscito da quella camera se prima non avesse risolto. Damon non pretendeva il suo perdono, voleva semplicemente che Bonnie ritornasse alla sua vita, voleva farla stare bene.

“E va bene” acconsentì lei sbuffando “Di cosa vuoi parlare?”. Sapeva che l’unico modo per liberarsi di Damon sarebbe stato accontentarlo.

“Potremmo partire dal tuo piccolo show di ieri notte. Ti ricordi che mi sei saltata addosso come un’assatanata?”.

“Non ero tanto ubriaca come credi. Mi ricordo di quello che ho fatto” rispose come se fosse un nonnulla.

“E ti sta bene?”.

“Non capisco davvero dove vuoi arrivare” com’era diventata brava a temporeggiare “Non è che ti abbia molestato o cose simili. Ci ho provato ed mi è andata male”.

“Potrei anche crederti se poi non fossi crollata com’isterica farneticando su quanto non ti ritenga importante e su come gli altri ti usino e basta”.

“Ho detto la verità. Da quando ho lasciato l’Italia non ho più avuto un amico sincero. Tutti mi hanno nascosto qualcosa e l’ultima volta per poco non ci rimango secca” le mancava Clara, le mancava qualcuno che le volesse bene per quella che era “Sono stufa di piangermi addosso e struggermi perché non mi considerate una di voi; sono stufa di dover dimostrare di essere degna del vostro eroico gruppo” qui era ovviamente ironica “Non valgo niente per nessuno. Me ne sono fatta una ragione”.

“Quindi quello di ieri era un piano perverso per incastrarmi? Volevi provare di avere ragione: che io me ne sarei fregato di te e me ne sarei approfittato per il mio piacere?”. Damon si chiese come mai ogni volta che parlava con Bonnie finiva sempre per riferirsi solo a se stesso. Forse perché quella era una questione tra loro e basta, forse perché sotto, sotto era consapevole di essere il colpevole di tutto. Bonnie si sentiva tradita soprattutto da lui e di riflesso aveva gettato anche sugli altri tutto il suo rancore.

“Su per giù” confermò la ragazza “Chi l’avrebbe mai detto che in questo mese ti saresti trasformato nel grillo parlante”.

Damon sogghignò. Potevano anche non avere lo stesso sangue, ma l’influenza che aveva avuto su di lei era innegabile. Adorava averle inculcato un po’ del suo sarcasmo. La rendeva ancora più interessante di quello già era.

O forse non sono bella come Elena.

Damon storse il naso avvertendo quel pensiero. Bonnie iniziava a diventare davvero abile con i suoi Poteri, ormai era in grado di comunicare telepaticamente senza problemi.

Decise d’ignorare quell’ultimo appunto.

“Beh, ragazzina, dovresti baciare il culo a questo grillo parlante. Senza i miei scrupoli ora ti staresti disperando per aver perso la tua virtù, ubriaca e con un vampiro che odi” replicò Damon.

“Chi ti dice che qualcuno non se la sia già presa?” chiese a bruciapelo Bonnie.

Gli occhi neri di Damon vennero attraversati da un lampo, ma si rilassò subito dopo “Puzzi ancora di latte, Bonnie. So riconoscere quando una ragazza è ancora vergine”. In realtà l’aveva capito quando aveva percepito la sua aura: era così bianca e pura, innocente. Un’aura di quel tipo apparteneva solamente a qualcuno che non aveva ancora sperimentato certe cose.

“Comunque mi sarei fermata prima” precisò lei senza obiettare “Ti ripeto che non ero così tanto ubriaca, non sarei mai venuta a letto con te”.

Ok, sentire Bonnie usare un linguaggio del genere rasentava l’assurdo.

“Bene ora che abbiamo chiarito quest’incomprensione, sono libera di andare?” domandò la ragazza visibilmente impaziente e seccata.

“Ti piacerebbe” la prese in giro lui “Non sono venuto qui a parlare dei tuoi ormoni. Voglio sapere cosa ti passa per la testa”.

“Allora leggimi nel pensiero” lo provocò lei “Oops, non puoi” finse di aver fatto una gaffe portandosi una mano alla bocca.

Damon con uno scatto improvviso si alzò dalla sedia e prese posto sul letto davanti a Bonnie. Si piegò sul suo viso per scrutarla intensamente come se volesse trapassarla con lo sguardo “Lo so che sei ancora lì”  sussurrò.

La rossa allargò gli occhi e si guardò attorno confusa “Sono davanti a te” gli rispose “Certo che sono ancora qui”.

“Parlavo della vera Bonnie” disse Damon “Quella che mi pregava di darle fiducia perché sapeva di valere molto di più”.

La giovane si spostò dal letto, sottraendosi all’interrogatorio serrato del vampiro, e si avvicinò alla finestra “Non sono bipolare” ribatté “Non esiste una vera o una falsa Bonnie. Ce n’è solo una ed è questa qua” e con un dito indicò se stessa “Le persone cambiano”.

“Tu no” la contraddisse “Non in peggio” aggirò il letto per trovarsi ancora una volta di fronte a lei “Stai mettendo in scena soltanto una recita che non ti si addice neanche. Tu non sei così, Bonnie”.

“Che ne sai di come sono?” chiese lei alzando la voce di un tono “Non mi vedi da otto anni, non hai idea di chi io sia”.

“Ce l’ho” affermò l’uomo convinto “Sei la ragazza che per questi due mesi mi ha sbattuto in faccia la realtà, che non è corsa dallo sceriffo a denunciarci, che mi ha buttato tutti i liquori, che mi ha inseguito in quel covo di vampiri per aiutare Elena, che si è messa davanti ad un lupo mannaro per salvare i suoi amici, che mi ha affrontato ogni volta che pensava stessi facendo qualche cazzata. Sei stata dalla mia parte, mi hai obbligato a parlare dei miei sentimenti, hai creduto che fossi migliore di quello che mostravo. Non hai rinunciato a me”.

E io non mi arrenderò con te. Avrebbe voluto aggiungere.

“Smettila!” ordinò Bonnie mettendosi le mani sulle orecchie “Smettila! Non sai niente di me … non permetterti di categorizzarmi! Non importa di quello che pensi, che pensate tutti. Questa è la mia vita e ci faccio quello che mi pare. Non hai idea di quello che ho passato, non puoi sapere come sto reagendo!”.

“Stai scherzando, Bonnie?!” si sbalordì Damon “So benissimo quello che stai facendo, perché è quello che faccio io ogni giorno! Nascondi i tuoi sentimenti, ti chiudi a riccio e poi sputi veleno su chi prova ad aiutarti. Ciliegina sulla torta: ora stai praticamente urlando al mondo di usarti a suo piacimento! Abbiamo già affrontato questa conversazione, a ruoli scambiati, ricordi?” la sollecitò “Eravamo in salotto e tu mi hai urlato in faccia  che non ci possiamo ridurre a un mucchio di cenere e ad un bicchiere di vino. Hai detto che io non ero un rottame autodistruttivo. Beh, nemmeno tu sei questo rottame autodistruttivo”.

Bonnie rimase in silenzio un secondo per poi rispondere con l’intenzione di apparire tagliente ma ne uscì solo una voce rotta “Io non sono un cavolo di vampiro! Non posso spegnere le emozioni quando voglio. Non voglio più illudermi, non mi aspetto niente da nessuno, nemmeno da me stessa, se non il peggio. Se dovessi essere ferita un’altra volta, non saprei più come riprendermi. Mi fa male il cuore, mi fa un male cane e non riesco a farlo smettere”.

Ecco, l’aveva detto!

Aveva stabilito di comportarsi nel modo opposto, di manifestare solo indifferenza, freddezza e apatia e, invece, aveva appena mandato tutto a rotoli.

Bonnie aveva smesso di essere sempre positiva e disponibile, aveva smesso di fare l’amica e di seguire la via del giusto; non perché fosse diventata una bambola di pezza senza emozioni, ma perché quelle stesse emozioni la stavano uccidendo.

Così si era creata una specie di barriera difensiva che se da un lato la proteggeva da eventuali delusioni, dall’altro la rendeva estremamente vulnerabile. Si era arresa, aveva rinunciato a combattere per se stessa perché era troppo difficile.

“Benvenuta nel mio mondo” borbottò Damon tirando un sospiro di sollievo e si abbandonò sul letto. Finalmente era riuscito a farle ammettere la verità ed era quello che gli premeva.

Bonnie si appoggiò al muro e si lasciò scivolare fino ad inginocchiarsi. Era stato un confronto estenuante e non era nemmeno finito. Rimanevano ancora delle questioni in sospeso.

“Non ti ho perdonato” mormorò.

Damon spostò l’attenzione su di lei “Lo so” disse debolmente “Ma posso aspettarti per un’eternità”.

Bonnie incrociò gli occhi del suo interlocutore. Era proprio di fronte a lei e sarebbe stato facilissimo buttarsi tra le sue braccia e lasciarsi cullare come quando era bambina.

Sentire la sua stretta protettiva, inspirare il suo profumo, godere della calma che riusciva a trasmetterle, della sua presenza, del fatto che fosse lì per lei.

Avrebbe potuto dimenticarsi per qualche minuto di ciò le che aveva fatto, fingere che non fosse cambiato niente e nascondere il viso nel suo collo. Poteva quasi immaginarsi le mani di lui accarezzarle i capelli. Bonnie si trovò sul punto di cedere; aveva maledettamente bisogno di un abbraccio, del suo abbraccio.

Ma non si mosse.

Passarono minuti infiniti di silenzio prima che uno dei due si decidesse a dire qualcosa. Iniziò Damon “Perché non hai detto niente a Stefan? Di me ed Elena?”.

Bonnie spalancò gli occhi con stizza e si diede della stupida. Si era appena ripromessa di non farsi illusioni, di non darsi troppo credito ed ecco che i suoi buoni propositi si frantumarono in maniera assordante.

“E’ per questo che sei venuto qui?” lo accusò tirandosi in piedi “Per assicurarti che non svelassi a Stefan il vostro piccolo segreto?”.

Damon corrugò la fronte per l’improvvisa aggressività che Bonnie stava sfoderando “Cosa? No!”.

“Credevo fossi venuto per me! E invece ancora una volta stai badando solo a te stesso”.

“Era solo una domanda!” affermò Damon con forza.

“Non posso credere di esserci cascata. Mi avevi quasi convinto” urlò lei “Ma cosa potevo aspettarmi da uno che se ne va in giro a baciarsi la fidanzata del fratello?”.

“Certo! Stefan il Santo” fu l’aspro commento di Damon “Lui non sbaglia mai, invece. Ti ricordo che ti ha mentito, esattamente come me”.

“L’ha fatto per proteggerti! Perché sei suo fratello!” continuò Bonnie “E dopo cinque secoli ti vuole ancora bene per una ragione che non capisco proprio. Tu come lo ripaghi? Fregandogli la ragazza di cui è innamorato?”.

Damon si chiese come fossero passati a parlare del legame tra lui e Stefan, ma sapeva che si stavano addentrando in un campo minato ed era meglio troncare il discorso “Te lo ripeto: non sono venuto per questo. Che vantaggi ne trarrei? Sarei solo felice se Stefan lo scoprisse!”.

“Sei qui per Elena, allora” ne dedusse Bonnie “Quella ragazza ti tratta come il suo cagnolino personale, eppure cerchi ancora di usarmi per fare un favore a lei”.

“Sei fuori strada”. Damon non voleva parlare di Elena. Era andato lì per Bonnie,  davvero solo per Bonnie.

“Sveglia Damon!” inveì lei “Elena non lascerà mai Stefan; non hai visto come si guardano? È la sua anima gemella. Ti sta palesemente usando e quando si sarà divertita, ti getterà via come un giocattolo rotto” gli gridò addosso “Eppure lei è perfetta e tutti darebbero la vita pur di salvarla. Io invece sono solamente una cretina che non si merita nemmeno un po’ di sincerità. PERCHE’ NESSUNO MI VUOLE UN PO’ DI BENE?!” concluse picchiandosi una mano contro il petto.

“Bonnie … ti prego” la supplicò Damon. Perché era così instabile? Perché era scattata come una molla al solo nome di Elena. Non voleva che finisse così, non doveva finire così.

Tutta la rabbia che aveva provato anche il giorno prima, riaffiorò in Bonnie e si convertì in un’ondata di Potere fortissima.

Damon sentì come se tutte le vene del cervello gli stessero esplodendo e gemette per il dolore, artigliandosi i capelli con le mani, cercando di resistere.

Bonnie, però, era molto più determinata della sera prima e concentrò tutte le sue energie su di lui, osservandolo mentre cadeva a terra e si contorceva per il male.

Solamente quando il vampiro perse i sensi, la strega si fermò. Dovette appoggiare una mano sulla scrivania per non barcollare. La forza dell’incantesimo l’aveva prosciugata. Guardò verso la porta chiusa a chiave. Non avrebbe potuto usare la magia per aprirla o sarebbe svenuta anche lei.

E prendere la chiave dalle mutande di Damon era fuori discussione. Non avrebbe mai messo le mani lì. Rimaneva un’unica via di fuga.

Damon si risvegliò quasi un’ora dopo e fuori era buio. Gli servì qualche secondo per ricordarsi che cos’era accaduto. La stanza attorno a lui era vuota. Avvertì un leggero venticello muovergli i capelli e notò la finestra aperta.

Schioccò la lingua contro il palato con fare infastidito e prese il suo cellulare.

“Pollyanna è scappata”.

 

Bonnie fermò la macchina nel parcheggio del Grill e riprese fiato. Era talmente tanto arrabbiata che per tutto il tragitto aveva respirato affannosamente.

Scese dall’auto e chiuse la portiera. Il cielo si era annuvolato in pochi minuti; avrebbe voluto prendersene il merito ma non era ancora abbastanza forte per governare i cambiamenti climatici quindi suppose che si dovesse trattare di qualcosa di naturale.

Entrò nel locale e si diresse subito al bancone sedendosi su uno sgabello. Era un luogo molto frequentato e ci avrebbero messo davvero poco a trovarla lì, ma non le importava. Non avrebbe permesso a nessuno di loro di riportarla a casa.

Al Pensionato si sentiva soffocare e non solo per essere stata segregata in camera sua. Era come avere costantemente degli occhi puntati addosso, era come se tutti si aspettassero che da un momento all’altro sarebbe ritornata la ragazza sorridente che era sempre stata.

Non doveva niente a nessuno ed era stanca di venire psicoanalizzata ad ogni singolo sbalzo d’umore. Non potevano costringerla a tornare come una volta, non potevano costringerla a parlare di ciò che non voleva.

Dopotutto chiedeva solo di essere lasciata in pace, a struggersi come più preferiva. Non aveva dato fastidio a nessuno, non si era rivoltata contro nessuno, non aveva fatto scenate.

Odiava il loro finto buonismo, odiava il loro interessamento, sentito solo come un dovere. Volevano semplicemente assicurarsi che lei non desse di matto, che tornasse la solita vecchia Bonnie. La Bonnie che accettava tutto grazie al suo cuore troppo grande.

Anche se, per un momento aveva creduto, o meglio aveva voluto credere, che Damon fosse andato a parlarle per una reale preoccupazione. Invece era solo un modo come un altro per proteggere Elena; perché Stefan non avrebbe mai dovuto sapere ciò che era successo, perché altrimenti la loro storia sarebbe finita, perché la perfetta signorina Gilbert non poteva ammettere di aver commesso un errore.

Che fosse per la sua preziosa principessa o per la promessa fatta a sua madre o per qualsiasi altro motivo, Damon non era mai stato sincero con lei. Eppure era stato in grado di farle abbassare la guardia ancora una volta.

Il vampiro era abile e la conosceva fin troppo bene; sapeva di avere un certo ascendente su di lei e lo sfruttava a suo favore. E se avesse giocato meglio le sue carte, forse sarebbe anche riuscito a convincerla.

Ma ormai non si parlava più della Bonnie che senza esitazione lo aveva accolto a braccia aperte totalmente fiduciosa; ora c’era una ragazza ferita e inquieta che non si sarebbe più fatta ingannare.

Non bastavano più delle belle parole per raggirarla, né delle stupide frasi su quanto lei fosse importante, su quanto lui ci tenesse. Bonnie non ci credeva più.

Ma faceva male ugualmente. Perché nonostante facesse di tutto per negarlo, il suo legame con il vampiro era ancora molto forte da parte sua.

Per anni Damon era stato il suo eroe. Lo aveva considerato uno zio, uno scudo, un confidente, un amico, un protettore, un punto fisso. Quando qualcosa andava storto, lui sapeva sempre come sistemarla. Damon era un luogo sicuro, un rifugio. Damon era casa. O almeno lo era stato.

Tutto le era stato tolto nel momento in cui aveva scoperto di essere una strega adottata, nel momento in cui il vampiro non era riuscito a guardarla in faccia mentre lei lo accusava di aver assassinato Zach.

Come poteva ancora fidarsi di un mostro del genere? Di un uomo che dopo averla vista soffrire in quel modo, affranta e persa, non si era nemmeno degnato di chiedere scusa. La ragione era semplice e ovvia: non si era pentito quindi non avrebbe dovuto neanche dispiacersi.

Di conseguenza Bonnie non poteva essere così importante per lui, perché, in caso contrario, avrebbe dovuto mostrare un po’ di sensibilità.

Non si sarebbe mai permesso di ferire Elena in quel modo: non avrebbe mai fatto del male a Margaret o a zia Judith, perché la ragazza non lo avrebbe mai perdonato e vivere con il suo odio sarebbe stato inconcepibile.

Bonnie era arrivata a tutte quelle conclusioni nell’arco di quelle settimane e aveva deciso di mettere un muro tra lei e Damon Salvatore; e la cosa le era risultata anche abbastanza facile, almeno fino a quello stesso pomeriggio.

Forse era troppo provata, forse aveva bisogno di qualcuno che le ridesse sicurezza, forse aveva sperato con tutto il cuore che Damon finalmente avesse scelto di prendersi veramente cura di lei; tutti questi fattori insieme l’avevano spinta ad aprirsi. Risultato? Un’altra musata contro il muro.

L’importante era solo che nessuno rovinasse la storia perfetta tra Stefan ed Elena.

Come al solito.

“La Rossa Salvatore” l’apostrofò qualcuno da dietro “Ci stavamo giusto chiedendo se saresti venuta stasera” Jesse e Dick le si sedettero ognuno ad un lato e ordinarono da bere.

“Io mi chiedevo quando sareste arrivati” rigirò la frase lei “Non mi danno alcolici senza di voi”.

“La fortuna di avere le conoscenze giuste” scherzò Jesse, poi si girò verso il barman e chiese una tequila per Bonnie.

La ragazza prese lo shot e lo buttò giù d’un colpo. Distrarsi. Distrarsi. Distrarsi.

Rimasero a parlare per una mezz’oretta. Dick e Jesse più che altro prendevano in giro chiunque entrasse al Grill, a volte in maniera molto arrogante, ma Bonnie si divertiva da morire.

Erano l’esatto opposto di tutti quelli che era abituata a frequentare: non avevano rispetto per le regole, si godevano la vita senza preoccuparsi del futuro; erano in sostanza dei cazzoni, ma Bonnie apprezzava proprio quella loro leggerezza.

Avevano ordinato dopo i primi shot, un cocktail a testa e Bonnie aveva appena finito il suo Long Island, quando Jesse pronunciò una frase che le fece gelare il sangue nelle vene.

“Guardate chi è arrivata! La reginetta della scuola, Miss Gilbert” esclamò indicandola all’amico “Ed è sola!”.

“Il suo cane da guardia l’ha fatta uscire senza scorta?” disse Dick “Ci sono problemi in paradiso?”.

Bonnie storse il naso sentendo come avevano insultato Stefan, ma non fiatò. Se Elena era lì, significava che da lì a poco sarebbero arrivati anche i due vampiri.

Era passata più di un ora da quando aveva lasciato il Pensionato e Damon si doveva essere ripreso e doveva aver avvertito tutti.

“Quanto me la farei!” desiderò Jesse “Peccato che sia frigida come un ghiacciolo”.

“Già” concordò Dick “Se non sei come minimo un fotomodello, non ti caga neanche”.

Bonnie iniziava a sentirsi a disagio e piegò ancora di più la testa in basso per non essere vista.

“Andiamocene” propose Dick “Non ho voglia di spendere altri dieci dollari per un cocktail di merda. Ho una bottiglia in macchina”.

Bonnie colse l’occasione, saltò giù dallo sgabello e seguì i due fuori dalla porta. Non c’erano altre vie d’uscita quindi fu costretta ad incrociare Elena ferma sulla soglia ad aspettarla. La bionda l’aveva scorta appena aveva messo piede nel locale, non ce n’erano molte con i capelli rossi come i suoi. Erano rimasta scioccata nel riconoscere i due ragazzi accanto alla sua amica; Jesse e Dick non erano dei bei soggetti. Ricordava ancora dopo il Ballo, quando era andata con loro al cimitero; se non fosse stato per Stefan …

“Bonnie” l’afferrò per un braccio appena ebbe la possibilità di agguantarla “Eravamo tutti preoccupati”.

L’altra ragazza fece un cenno ai due di aspettarla fuori, poi si rivolse ad Elena “Avevo bisogno di un po’ d’aria … sai com’è, dopo un giorno chiusa a forza in una camera”.

“Dai vieni via con me. Non devi per forza tornare al Pensionato, possiamo farcene un giro noi due”.

“Grazie, ma sono già qui con qualcuno”.

Elena spalancò gli occhi “Bonnie, da quant’è che li frequenti?”.

“Non li sto frequentando … abbiamo passato qualche serata insieme, tutto qui” spiegò con calma, anche se le dava terribilmente fastidio il tono da terzo grado che Elena aveva assunto.

“Non sono dei bravi ragazzi” l’avvisò Elena “Voglio dire … so che sembrano solo degli imbecilli che si ubriacano e fanno festa, ma sono molto peggio. Non è gente con cui vorresti trovarti in un vicolo buio”.

“Con tutto il rispetto, Elena, sei l’ultima persona che può farmi questi discorsi da moralista. Non è che tu sia mai stata tanto onesta con me” le fece notare con un tono più tagliente di quello che aveva in mente.

Elena sospirò “Non voglio giustificarmi, ma non era mia intenzione ferirti. Era una situazione delicata e non sapevo come gestirla”.

“Hai scelto di mentirmi”.

“Damon aveva …” non continuò la frase un po’ per non urtare ulteriormente Bonnie, un po’ per non farsi sentire “Tu eri molto legata a Damon. Come potevo venire a dirti che era colpa sua ciò che è accaduto a Zach? Ti conoscevo da così poco e non sapevo come avresti reagito. È stato un modo per proteggere tutti, per proteggere anche te. Per questo abbiamo scelto di mentire”.

“Voi non volevate proteggermi, volevate controllarmi” sibilò Bonnie “Eravate terrorizzati che io potessi correre dallo sceriffo per vendicarmi, che potessi sbandierare il vostro segreto a tutto il Consiglio!”.

“Non sono fiera di quello che ho fatto, Bonnie” ammise Elena “Ma da quando Stefan e Damon sono entrati nella mia vita, ho dovuto prendere decisioni che non mi sono piaciute. Con te non mi sono trovata in una posizione facile e non mi sono comportata come avrei dovuto, ma ti giuro che non avrei mai voluto vederti sconvolta come sei ora. Che tu ci creda o no, mi ritengo sul serio tua amica”.

“Non sono sconvolta” replicò Bonnie ignorando l’ultima frase di Elena “Vorrei solo poter uscire da casa mia quando preferisco”.

“Damon era preoccupato per te. Voleva soltanto aiutarti”.

“No, voleva solo essere sicura che io tenessi la bocca chiusa”.

Elena corrugò la fronte senza capire che cosa volesse dire quella precisazione. Sorvolò, poiché l’unica cosa che le premeva in quel momento era portare Bonnie il più lontano possibile da Dick e Jesse.

“Andiamo a parlare in un posto più tranquillo” suggerì.

La rossa si divincolò dalla presa che l’altra ragazza aveva anche sul suo braccio “Ti ho detto che sono già impegnata”.

“Bonnie non scherzo quando ti dico che sono dei tipi pericolosi!” Elena cercò di sembrare più seria e categorica possibile “Dopo il Ballo d’Autunno Jesse mi ha messo le mani addosso*** e se non fosse arrivato Stefan …”.

“Beh, magari sei tu che hai dato l’impressione sbagliata” la interruppe Bonnie proseguendo in un commento davvero velenoso “Non è che tu sia proprio una santarellina”.

Elena era scioccata; quel comportamento non era assolutamente tipico di Bonnie e inoltre le sue parole erano intrise di una cattiveria gratuita. No, non era una santa e non c’erano dubbi. Ma quello che Jesse le avrebbe voluto fare era gravissimo e nessuna ragazza se lo sarebbe mai meritato.

“Se è per quello che hai visto l’altro giorno …”.

“Stai parlando di te avviluppata come un polipo al fratello del tuo ragazzo? No, non è per quello” ironizzò Bonnie “Tu ti spacci per quella che non sei, Elena e forse Damon è la tua anima gemella, perché entrambi vi siete trasformati in traditori” la accusò.

“E’ una cosa complicata … non l’avevo certo programmato”.

“Non l’hai nemmeno impedito” ribatté Bonnie “Non hai baciato un ragazzo qualunque, ma Damon, il fratello del tuo fidanzato! Vai in giro a sputare sentenze, giudichi chiunque, ti metti sopra un piedistallo quando sei tu la prima a non rispettare le persone che ti amano” la biasimò “Quindi scusami se non accetto le tue ramanzine. E per inciso Damon non voleva aiutarmi, voleva solo assicurarsi che io non spifferassi tutto a Stefan. Dovresti essere contenta: potrai ancora fare avanti e indietro da un fratello all’altro”.

Elena abbassò la testa mortificata. Quello che Bonnie stava asserendo era assolutamente falso: non aveva mai avuto intenzione di destreggiarsi tra i due Salvatore, ma apprendere che l’amica aveva una così bassa opinione di lei, fece male. Non voleva che Bonnie la credesse capace di pugnalare alle spalle le persone cui voleva bene.

Doveva fare chiarezza nel suo cuore, questo tuttavia era vero ed era stata anche vigliacca a non dire nulla a Stefan, ma avrebbe rimediato.

“Senti Elena” la richiamò Bonnie “Non m’interessa cosa fai nella tua vita. Voglio solo che tu la smetta d’intrometterti nella mia”.

Elena non mosse un dito per fermarla; la lasciò andare via mentre quelle parole pesanti le gravitavano ancora in testa. Infine si decise a chiamare Stefan.

Bonnie marciò verso l’auto di Dick, irritata come non mai. In realtà voleva bene ad Elena e le doveva molto; era stata lei ad accoglierla la prima volta che era scappata di casa e l’aveva protetta per quanto possibile da Damon. E in fondo poteva anche capire il motivo per cui le aveva mentito sulla morte di Zach.

Ma quella sera Bonnie si sentiva intrattabile e nervosa e gelosa. Gelosa di Elena. Sapeva che se fosse mai giunto il momento di una scelta, Damon e Stefan, coloro che costituivano la sua famiglia, l’avrebbero volentieri sacrificata per la vita del loro prezioso angelo.

Bonnie non valeva quanto Elena per loro.

E dire che per tanto tempo la bionda era stata un po’ il suo modello: così bella, ammirata, così passionale e coraggiosa. Eppure anche una persona perfetta come Elena poteva essere tentata dal brivido della corruzione.

Aprì la grande portiera del Defender di Dick e si aiutò con il gradino per entrare e sedersi su uno dei due sedili rimasti liberi.

Jesse le passò la bottiglia ma lei rifiutò. Iniziava a sentire un po’ di mal di testa e voleva aspettare che l’altro alcol facesse effetto prima di prenderne dell’altro.

Dopo qualche minuto passato a parlare, il mal di testa la stava stordendo. Lentamente cominciò ad avere la mente annebbiata, più del dovuto. Dopodiché si sentì libera come se tutto il fastidio che provava fosse scemato e si trovò in uno stato di calma surreale.

Solo in quel momento realizzò di essere a pochi centimetri dalla bocca di Jesse. Come ci era arrivata? Piano, piano perse il controllo delle sue azioni, come se i freni inibitori fossero spariti, come se agisse solamente per impulsi e non per volontà. Niente a che vedere con la situazione creatasi la sera prima con Damon; per quanto fosse stato lo sbaglio più clamoroso della sua vita, era rimasta lucida tutto il tempo; forse un po’ disinibita ma comunque in sé.

Improvvisamente le labbra di Jesse premettero sulle sue. Bonnie non si mosse e lasciò che il ragazzo la stuzzicasse fino a che non si decise a rispondere al bacio senza però aprire troppo la bocca. C’era un allarme nella sua testa che le diceva che qualcosa non quadrava, ma non gli diede retta. Non aveva ben compreso la gravità della faccenda.

Si ritrovò a sospirare quando le mani del ragazzo risalirono a massaggiarle il seno attraverso la stoffa della maglietta e del reggiseno.

E lì capì che cosa non andava in quel quadro scabroso.

Se le mani di Jesse erano sul suo petto, di chi erano quelle sui suoi fianchi?

In un barlume di lucidità si staccò bruscamente e la sua schiena toccò il torace dell’altro ragazzo. Non riusciva a ricordare l’istante in cui gli si era seduta in braccio. Si guardò il corpo per accertarsi che non fosse soltanto la sua immaginazione. Con orrore appurò che la scena era più grave di quanto pensasse: era seduta sulle ginocchia di Dick e le sue mani le stavano ancora accarezzando il seno, mentre Jesse era sul sedile davanti a lei e le sue di mani facevano lo stesso con i fianchi.

Scappa, Bonnie, scappa.

Cercò di alzarsi e di sottrarsi al tocco troppo sfrontato dei due, ma Dick la riacciuffò per la vita e la costrinse a risedersi su di lui.

“Bonnie, è solo per divertirsi” le mormorò Jesse.

“No!” si oppose lei dibattendosi con più forza “Non voglio”.

Il giovane per tutta risposta la prese le spalle spingendola ancora di più contro il corpo dell’amico.

Bonnie venne attraversata da una scarica di paura e urlò “Lasciami!”.

Jesse venne sbalzato indietro e lei riuscì a togliersi di dosso Dick e si caracollò giù dall’auto, aprendo con qualche difficoltà la pesante portiera. Non usò il gradino come appoggio per scendere e per poco non cadde sull’asfalto, mentre sentiva i due imprecare e insultarla, ma non ci badò molto.

Aveva pensato che l’aria fresca le avrebbe rischiarito la mente e invece non fu così. Avvertiva ancora la stessa confusione, la stessa sensazione di annebbiamento. Gli occhi le bruciavano e tutt’intorno sembrava girare.

Non poteva essere così tanto ubriaca. Aveva bevuto solo uno shot e un cocktail; magari brilla, ma non tanto sbronza da non stare in piedi.

Il cuore iniziò a batterle furiosamente e delle goccioline di sudore le bagnarono la fronte. Perché stava così male?

Proseguì per il parcheggio senza vedere davvero dove si stesse dirigendo, barcollando. Ormai Jesse e Dick erano un ricordo lontano, quasi non era neppure più preoccupata che la seguissero.

Voleva solo riprendere il controllo del proprio corpo, voleva calmare il respiro e il suo cuore, voleva che la testa la smettesse di girare e dolerle.

Dei fari l’accecarono e Bonnie si rese conto di essere finita in mezzo alla strada. In uno scatto si tirò indietro e perse l’equilibrio. L’auto le passò di fianco e lei cadde a terra sbattendo la testa.

 

Tutto era bianco. Probabilmente se avesse avuto una vista più acuta, avrebbe potuto distinguere gli elementi della stanza, ma per lei era tutto solo maledettamente bianco.

Le sembrava che la testa le stesse per scoppiare da un momento all’altro. Era stordita e assonnata, spossata come se si fosse rotta tutte le ossa.

L’atmosfera appariva quella di un sogno: i contorni sfocati, la luce intensa e accecante, i suoni ovattati.

Bonnie faticò a tenere gli occhi aperti che si ostinavano a rimanere socchiusi, troppo stanchi per spalancarsi, troppo curiosi per serrarsi.

C’era una porta in fondo alla stanza o almeno così sembrava e qualcuno stava parlando oltre quella stesse porta, o meglio stava urlando.

“Dov’è?! Stefan, fammi entrare o ti rompo il collo”.

“Sta dormendo e non ha proprio bisogno delle tue urla; anzi se potessi abbassare un po’ la voce … siamo in un ospedale”.

“Non dirmi che cosa devo fare!” tuonò l’altro “Mi vuoi spiegare come ci è finita qui?!”.

“L’hanno drogata, le hanno messo qualcosa nel bicchiere”.

“Chi?”

“Damon, non è il momento …”.

“Nessuno ha chiesto la tua opinione, Elena! Chi è stato?”.

Il capo di Bonnie crollò sul cuscino e lei ricadde in un sonno profondo e ristoratore; senza sogni e senza ansie.

Quando si risvegliò, le sue condizioni erano decisamente migliorate: non aveva più la vista offuscata e sentiva la mente lucida. Aveva ancora l’emicrania e aveva ancora qualche difficoltà a ricordarsi com’era finita lì, ma almeno riusciva a riconoscere l’ambiente: era in una stanza di ospedale. Tutti bianco, tutto pulito e assolutamente tranquillo. Fece scorrere lo sguardo intorno fino a che non si accorse di non essere sola: una testa scura appoggiata sulle braccia incrociate sul letto e un corpo che, seppur immerso nel sonno, non appariva per niente rilassato.

Bonnie fece ruotare il capo per assicurarsi di non essersi persa qualcun altro, ma, eccetto loro due, la camera era vuota. Quando riportò l’attenzione su Damon, lui aveva alzato la testa per incrociare i suoi occhi.

La ragazza si aspettò di leggervi rabbia ed invece venne palesemente smentita: si avvicinava più allo sguardo intenerito rivolto ad un cucciolo che aveva appena combinato un disastro. Della serie: dovrei essere furioso con te, ma proprio non ci riesco.

“Come ti senti?” le chiese e allungò la mano per toccare quella della ragazza ma si fermò a mezz’aria e la ripose sul materasso.

“Come se fossi finita dentro una lavatrice” rispose Bonnie e si accorse di avere un terribile mal di gola.

“Ti hanno fatto una lavanda gastrica, hanno dovuto intubarti” spiegò Damon “Faresti meglio a non parlare se non vuoi rimanere senza voce”.

Bonnie corrugò la fronte chiedendo chiaramente ulteriori dettagli. Perché diamine le era servita una lavanda gastrica?

“Ringrazia i tuoi amici” ringhiò Damon “Pare che abbiano corretto il tuo cocktail. Elena ti ha trovata poco dopo sull’asfalto; hai picchiato anche la testa. Una leggera commozione, niente di grave. Ti ricordi qualcosa?”.

Bonnie si portò istintivamente una mano alla fronte per toccare una grosso cerotto vicino alla tempia destra. I momenti passati al Grill con Jesse e Dick erano molto confusi; aveva ordinato da bere, poi si era confrontata con Elena e aveva raggiunto gli altri due in macchina.

Bonnie trattenne il respiro mentre le immagini di ciò avvenuto dentro il Defender la colpivano come un pungo in faccia: le mani di Jesse e Dick sul suo corpo, il primo tentativo non riuscito di andarsene, poi il totale smarrimento nel parcheggio e infine la caduta per evitare una macchina.

Incominciò a tremare al pensiero di ciò che avrebbe rischiato se i suoi Poteri non fossero intervenuti ancora una volta a salvarla.

“Bonnie” la chiamò Damon “Cosa è successo?”. Aveva capito subito dalla sua espressione che si trattava di qualcosa di grave.

“Non avevo bevuto molto eppure mi sembrava di essere ubriaca fradicia” raccontò Bonnie “Credo che mi abbiamo drogata per approfittarsi di me”.

“Cosa vuol dire credi?”.

“Vuol dire che ci hanno provato” confessò Bonnie terribilmente a disagio “Santo Cielo, che stupida! Elena mi aveva avvertito”.

Damon non l’ascoltò nemmeno si alzò di scatto, deciso a sistemare le cose a modo suo. Prima si era trattenuto perché suo fratello l’aveva pregato di non fare sciocchezze, ma non aveva idea che le cose si fossero spinte così oltre il limite.

“No” lo bloccò Bonnie con voce flebile prendendolo per un polso “Non farlo”.

Damon guardò in basso, nel punto in cui le dita sottili della ragazza si era chiuse sul suo braccio. Anche lei si accorse di quel contatto e ritirò subito la mano.

Il vampiro sbuffò e si lasciò ricadere sulla sedia accanto a letto. Si prese la testa tra le mani e dopo pochi secondi di riflessione si decise a pronunciare quelle maledette parole che avrebbe dovuto dirle molto tempo prima.

“E’ chiaro che siamo arrivati ad un punto di non ritorno” cominciò “Avrei preferito evitare questa conversazione, ma la prossima volta potrei non averne più l’occasione quindi ascoltami bene perché non te lo ripeterò”.

“Damon lascia stare … non ho voglia di altri rimprov-”.

“Mi dispiace” dichiarò spiazzando completamente la ragazza davanti a lui “Non di avere ucciso tuo fratello; era una spina nel fianco e per me non significava niente, sono contento di essermene liberato. Ma mi dispiace di averti fatto soffrire; questa è una cosa di cui mi pento e che non mi perdonerò mai” ammise. Scusarsi non era nella sua natura, esporsi così apertamente lo faceva sentire vulnerabile, ma era l’unico modo per convincere Bonnie di quanto fosse importante. Per lei aveva messo da parte il suo orgoglio, per lei aveva accettato di avere dei rimpianti.

“Non posso tornare indietro e sistemare le cose e nemmeno vorrei perché altrimenti tu non saresti mai ritornata e io sono felice di riaverti nella mia vita. Ci tengo a te, Bonnie; anche quando mi comportavo da completo stronzo, nel profondo ero contento di averti di nuovo qui e odio vederti così sconvolta, soprattutto per colpa mia. Lo so; avrei dovuto pensarci prima, avrei dovuto sapere che uccidendo tuo fratello ti avrei causato tutto questo dolore, ma sto ancora imparando a frenare i miei istinti. Non sono abituato al fatto che le mie azioni hanno delle conseguenze”.

Bonnie ascoltava in silenzio, senza osare interrompere. Un sacco di emozioni si erano scatenate in lei a quelle parole, la maggio parte contrastanti tra loro.

“Tutto quello che ho fatto non è stato per ciò che ho promesso a tua madre, né per Elena. L’ho fatto perché volevo, perché sei l’unica cosa buona che ho fatto nella mia vita. E se non ti ho detto subito la verità sul tuo conto, è stato solo per tenerti al sicuro e riguardo tuo fratello … beh, non avrei sopportato che tu mi guardassi come mi hai guardato per tutto questo mese”.

Damon Salvatore non era mai stato così sincero in tutta la sua vita e questo lo spaventava parecchio.

“E adesso tutti i tuoi amici sono fuori da questa stanza solo per te. Non vogliono niente in cambio, non hanno secondi fini. Sono qui solo per te, perché ti ritengono importante per loro”.

Durante il suo lungo discorso non aveva staccato nemmeno per un attimo i suoi occhi da quelli di Bonnie che ricambiava con la stessa intensità.

“E’ tutta colpa mia, sono io che ti ho ridotto così” mormorò “Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace” e poi d’un tratto tirò un pugno al comodino “E dannazione a te, Sissi, se dovevi finire in ospedale per farmi dire queste cose!”.

Bonnie nonostante il dolore alla schiena per via della caduta, si tirò su a sedere. Era rimasta calma per tutto il monologo, ma quel nome l’aveva fatta balzare in aria come una molla “Come mi hai chiamata?”.

Damon non comprese subito quella domanda, ma si accorse presto di ciò che aveva detto, trascinato dall’onda del suo discorso.

Bonnie, dal canto suo, lo interpretò come un segnale di resa da parte di Damon. Da quando era tornata dall’Italia, il vampiro non aveva mai usato il soprannome “Sissi”, neanche per sbaglio.

Sembrava quasi che nel suo cervello ci fosse una specie di blocco che gli impediva di lasciarsi andare a quel tipo di intimità. Sarebbe stato come ammettere di essere ritornato il Damon che Bonnie aveva sempre cercato.

Per lei quel nomignolo pronunciato dal vampiro aveva una valenza molto rilevante; era come se le si fosse messo davanti e le avesse rivelato di essere pronto a comportarsi come l’uomo che lei avrebbe voluto accanto.

L’uomo ridacchiò quasi inconsapevolmente: era andato per curare la mente di Bonnie e ancora una volta era stata lei ad aiutare lui.

Aveva bisogno di qualcuno che lo guarisse dal buio che aveva dentro di sé e Bonnie si confermava l’unica in grado di aiutarlo, di dargli sollievo dai tormenti che lo dilaniavano. Dopo aver pronunciato quel nome, Damon si sentì liberato da un peso, come se la sua pietra si fosse alleggerita.

E forse lui era l’unico capace di fare altrettanto con Bonnie, l’unico che, per assurdo, potesse allontanare l’oscurità dal suo cuore. Avrebbe raccolto i pezzi e li avrebbe sistemati. L’avrebbe rimessa in piedi, avrebbe scacciato quel fantasma che le stava appresso succhiandole tutta la forza, l’autostima e la positività.

Sarebbe stato il suo guaritore e le avrebbe curato la mente, così come lei aveva fatto con la sua per quasi diciott’anni.

“Damon” disse la giovane strega “So di avere esagerato e apprezzo quello che mi stai dicendo. Voglio credere che tu sia sincero, ma ho bisogno di tempo. Non è facile perdonarti dopo quello che hai fatto, non so quando riuscirò a passarci sopra”.

Damon annuì e mostrò un mezzo sorriso “Prenditi il tempo che ti serve. Ti ho già detto che ho un’eternità per aspettarti”.

Bonnie sprofondò nuovamente sul cuscino e avvertì la stanchezza sopraffarla di nuovo; eppure aveva paura di chiudere gli occhi e scoprire che era stato tutto solo un sogno.

“E’ meglio che vada ad avvisare gli altri che ti senti meglio” suppose Damon avviandosi alla porta.

“Ringraziali per essere qui” gli chiese Bonnie.

“Ora dormi, rossa” la rabbonì Damon “E se hai bisogno, io sarò qua fuori”.

Bonnie mugugnò qualcosa in risposta coprendosi con le coperte. Il vampiro si accertò che si fosse addormentata prima di chiudersi la porta alle spalle.

Aggiornò in fretta Stefan e gli altri sulle condizioni di Bonnie poi si allontanò dall’ospedale. Sarebbe stato via per poco, una mezz’oretta al massimo.

Il tempo di evirare un paio di ragazzi.

 

“Tender is the ghost

the ghost I love the most hiding from the sun
waiting for the night to come.
Tender is my heart, it's screwing up my life.
Lord, I need to find  someone who can heal my mind

(Tender- Blur)

 

Il mio spazio:

No, vi assicuro che non è un miraggio: ho davvero aggiornato con qualche giorno di anticipo!

Domani mattina parto e starò via fino a domenica, per cui non avrei potuto postare per un po’. Allora mi sono messa d’impegno e ho finito il capitolo stamattina in modo da non lasciarvi ancora ad aspettare =)

Finalmente Damon chiede scusa! Giuro, non ne potevo più, non vedevo l’ora di scrivere quella scena. E adesso saranno solo rose e fiori per lui e Bonnie. Beh, non proprio … ci sarà ancora qualche difficoltà da superare (es: Elena), ma da adesso in poi ci saranno dei bei momenti per loro due!

La scena con Dick e Jesse è stata un po’ forte e forse anche un po’ banale, però credo che Bonnie avesse bisogno di un brusco risveglio per tornare alla realtà.

Era troppo vulnerabile, troppo debole, si era lasciata andare e solo uno spavento di quel genere poteva farle capire quanto si stesse sbagliando.

Spero di aver risolto i vostri dubbi e di aver sistemato qualche contraddizione; ho cercato di mettere tutto al propri posto in modo che la storia fosse coerente, ma ovviamente voi siete molto più obiettive di me e mi darete un parere sincero se secondo voi qualcosa non funziona ancora.

Damon si è arreso all’inevitabile: le sue scuse erano necessarie per aiutare Bonnie. Ora può davvero iniziare a guarirla e a riacquistare la sua fiducia.

La questione dei lupi mannari è rimandata al prossimo capitolo, qui non ci stava più niente e poi volevo incentrarlo principalmente sulla nostra strega.

Ci saranno anche altri confronti con Elena, più pacati di questo e Bonnie si renderà anche conto di aver alzato un po’ troppo i toni e di aver detto cose che non pensava; ovviamente non parlo del triangolo Damon- Elena- Stefan, su questo punto Bonnie ha le idee ben chiare e le ha espresse forse con un po’ di cattiveria già in questo capitolo, quindi non se le rimangerà.

Stasera cercherò di rispondere alle vostre fantastiche recensioni, ma se non dovessi riuscirci, prometto che rimedierò al mio ritorno! Scusatemi in anticipo.

Ringrazio ovviamente tutti voi che seguite, leggete e recensite questa storia!

Vi auguro una buona Pasqua e mi raccomando mangiate tantissime uova di cioccolato!!!

Alla prossima,

Fran;)

 

*Danville: città della Virginia.

** Pollyanna per andare alla festa del paese, esce dalla finestra arrampicandosi su un albero.

***Mi riferisco ad una scena del “Risveglio” che in realtà vede protagonista Tyler non Jesse. Ho cambiato un po’ le cose per adattarle alla mia storia.

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Capitolo 25
*** I know you've got a lot of strenght left ***


Ashes &Wine

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Capitolo venticinque: I know you’ve got a lot of strength left.

 

“I know you've got a little life in you yet
I know you've got a lot of strength left
I should be crying but I just can't let it show
I should be hoping but I can't stop thinking
All the things we should've said that I never said

All the things we should have done that we never did
All the things we should have given but I didn't”

(This woman’s work- Greg Laswell).

 

 

 

Percepiva una strana calma a quell’ora ed era talmente rasserenante che l’aveva fatta diventare un’abitudine.

Si svegliava molto presto alla mattina, metteva i libri nello zaino, si preparava per andare a scuola, ma una volta salita sulla sua BMW, dirigeva la vettura verso il vecchio maneggio.

La prima volta era capitato per caso: l’orologio segnava le sei e mezza del mattino e Bonnie non aveva per niente sonno. Così si era cambiata ed aveva deciso di fare un giro in macchina. Si era ritrovata davanti al maneggio senza sapere bene come. Il vecchio custode era già in piedi e stava preparando il mangime per gli animali. Era stato così gentile e disponibile da permetterle di prendere uno dei cavalli e fare una passeggiata.

Bonnie, poi, era tornata il giorno dopo e quello dopo ancora. Andava avanti così da un settimana circa, tanto che la ragazza incominciava a reputarlo come un rito mattutino prima delle lezioni.

Con tutto quello che le era accaduto, soltanto una pazza se ne sarebbe andata in giro per il bosco, alle sette di mattina, da sola. Bonnie, però, non avrebbe potuto reputarsi più al sicuro di così.

Aveva sentito parlare di pet therapy, la cura attraverso l’affetto degli animali, e iniziava a credere che non ci fosse rimedio migliore per la sofferenza che aveva patito. Cavalcare le era sempre risultato molto rilassante.

Adorava galoppare in mezzo alla natura, lontano dai rumori della città, lontano dai giudizi altrui, a pieno contatto con l’animale che, così docilmente, le permetteva di stare sulla sua groppa, che le offriva conforto senza richiederne.

Bonnie fece aumentare l’andatura al destriero e s’inspirò l’aria fredda del mattino. Era un ottimo modo per cominciare la giornata perché l’aiutava ad affrontare molto più serenamente la realtà. Era trascorsa solo una settimana dal suo ricovero in ospedale, eppure Bonnie si sentiva decisamente meglio.

Tutta la rabbia e il rancore era scemati, come se tutti i sentimenti negativi si fossero sgonfiati, cedendo il posto a quelli positivi.

Non andava ancora tutto bene, almeno non come un mese prima, ma ci stava lavorando. Finalmente riusciva a guardare in faccia tutte le persone che le avevano mentito e a non provare più risentimento.

Aveva immagazzinato tutto, l’aveva rielaborato ed era giunta alla conclusione che si era lasciata trascinare troppo dalla delusione; non aveva pensato lucidamente.

Non aveva dimenticato le bugie e i segreti, non aveva dimenticato la sensazione di nullità e irrilevanza che l’aveva fatta quasi andare matta, non aveva dimenticato i dubbi sulla sincerità dei suoi amici, ma ora sapeva di poter superarli, di poter ricominciare daccapo.

Nessuno rapporto era semplice: bisognava mettersi in gioco, bisognava ammettere le proprie colpe, bisognava impegnarsi a mantenere saldi i legami e a sistemare ciò che non andava bene.

Come avrebbe saputo che si trattava di amicizia vera, se non avesse dovuto affrontare nemmeno un ostacolo?

Tutta quell’esperienza l’aveva aiutata a crescere.

Anche con Damon la situazione non era più così tesa e in gran parte dipendeva dal fatto che il vampiro era diventato oltremodo accondiscendente e protettivo nei suoi confronti.

E anche se a volte Bonnie avrebbe ancora voluto vendicarsi di ciò che aveva fatto a Zach, l’amarezza si addolciva in fretta di fronte alle premure che Damon le riservava. Si stava davvero impegnando per rimediare ai suoi errori e lei finalmente riconosceva il suo sincero interessamento.  

Chi l’avrebbe mai detto che delle scuse avrebbero potuto farla sentire così bene? Sapeva quanto Damon fosse orgoglio e non avrebbe mai creduto che si sarebbe abbassato a chiedere perdono proprio per lei.

Poi quando l’aveva chiamata con il suo soprannome da bambina, aveva avvertito un tuffo al cuore. Era come se si fosse totalmente arreso, come se avesse buttato via tutti i suoi limiti solo per renderla contenta.

Bonnie non poteva perdonargli tutto, non ancora, ma sperava che quella fase le sarebbe passata in fretta, perché non vedeva l’ora di gettarsi tra le braccia del vampiro e stringere tanto da farsi male. Voleva addormentarsi nel suo letto, voleva averlo vicino come se fosse perfettamente normale.

E le veniva quasi da piangere al pensiero che avrebbe dovuto aspettare per farlo, dato che non era ancora il momento giusto.

Per il resto tutto era andato al suo posto: Dick e Jesse erano stati condannati ai lavori sociali per sei mesi per uso di sostanze illegali e molestie. Avevano anche blaterato qualcosa riguardo un mostro orribile che quella stessa notte li aveva minacciati e aggrediti ma nessuno aveva creduto ad una parola. Nemmeno Liz Forbes, che pur era a conoscenza della presenza di vampiri in città; ma i due ragazzi erano talmente fatti, quando erano stati arrestati, che nessuno aveva dato loro credito. In ogni caso avevano fatto la loro comparsa a scuola con entrambe le mani rotte e ingessate.

Bonnie ridacchiò: Damon aveva avuto davvero un’idea geniale. Evirarli sarebbe stato un po’ troppo drastico, perciò li aveva privati per qualche tempo della possibilità di usare le mani per togliersi qualche fastidio.

Era talmente chiaro che, dopo quello che avevano fatto, nessuna ragazza si sarebbe più avvicinata a loro, per cui per qualche settimana avrebbero dovuto accontentarsi di docce fredde. Parecchie docce fredde.

Bonnie guardò l’orologio che aveva al polso e si accorse di aver indugiato un po’ troppo. Tirò le redini e condusse il cavallo di nuovo verso le scuderie.

Da lontano, appoggiato ad uno steccato del recinto, grazie alla sua supervista, il suddetto vampiro la stava tenendo d’occhio.

La seguiva ogni mattina senza farsi scoprire, per accertarsi che non le succedesse più niente di male.

Gli trasmetteva un certo senso di calma vederla cavalcare come se il mondo intorno a lei non esistesse. Era uno sfogo sano, molto appropriato per Bonnie, la riconnetteva con la sua essenza, con la sua infanzia e in qualche modo anche con lui; e Damon percepiva distintamente tutta la serenità che le alleggiava intorno.

Dopo tanto tempo era così contenta che il ragazzo avrebbe sacrificato volentieri tutte le sue dormite mattutine pur di controllarla e nel frattempo permetterle di essere così tranquilla.

Per la prima volta aveva il presentimento che tutto sarebbe andato bene; lui per primo aveva fatto la cosa giusta.

Scusarsi con Bonnie era stato il gesto migliore che avesse mai compiuto in vita sua. Non era stato un sollievo solo per la giovane, ma anche e soprattutto per lui stesso. Essere il responsabile della sofferenza di Bonnie era stata l’esperienza più logorante che avesse mai sperimentato. Ed era contento che ormai fosse finita.

Le cose tra loro non erano ancora sistemate, non del tutto, ma di certo erano sulla buona strada.

Sapeva che avrebbe dovuto rischiare molto di più; delle scuse non sarebbero bastate a farsi perdonare, ma per Bonnie non c’erano limiti.

Voleva che la sua presenza fosse una costante nella vita della ragazza, voleva che lei potesse contare al cento per cento su di lui. Era sempre stato protettivo nei suoi confronti, ma mai come in quel momento.

Quando la rossa era finita in ospedale, Damon aveva capito che poteva perderla davvero in un istante. Era stato ancora peggio di ciò che era successo con Christopher, perché Bonnie in quel caso non aveva idea di quanto fosse pericoloso. Nel secondo caso invece ci si era buttata spontaneamente, ignorando i consigli di Elena e il buon senso comune.

Insomma, infilarsi in una macchina con due ragazzi di dubbia fama, appena conosciuti, non era stata potenzialmente una buona idea. Bonnie in condizioni normali non l’avrebbe mai fatto.

Il sangue di Damon ribolliva al pensiero delle mani di quei due sudici sul corpo piccolo e indifeso di Bonnie. Nessuno avrebbe dovuto toccarla in quel modo, nessuno avrebbe dovuto toccarla e basta!

Nessuno avrebbe mai potuto comprendere quanto fosse preziosa, nessuno avrebbe mai potuto apprezzarla a sufficienza. Il valore di Bonnie era inestimabile e tutti quei ragazzini che le giravano intorno non sarebbero mai stati abbastanza degni di averla come compagna.

Damon valutò che probabilmente Bonnie sarebbe rimasta zitella a vita, perché lui non l’avrebbe ceduta a nessuno.

Il vampiro stesso non ne aveva approfittato, quindi proprio non capiva che diritto ne avevano gli altri.

Quando Bonnie ubriaca e sconvolta gli era saltata addosso, il primo istinto di Damon era stato tutt’altro che casto. La voglia di baciarla, toccarla e assaporare il suo sangue … il ricordo lo faceva quasi arrossire.

Non avrebbe dovuto considerarla in quel modo, non avrebbe nemmeno dovuto vederla come una “ragazza”, ma in quel preciso frangente era stato impossibile. Bonnie non si era comportata da Bonnie e si era messa sotto una luce completamente diversa.

Damon, comunque, aveva saputo fermarsi; con tutto quello che era successo, non aveva idea di come sarebbero andate le cose tra loro, ma non avrebbe mai sfruttato un momento di debolezza come quello solo perché i suoi impulsi maschili gli suggerivano di cogliere l’occasione.

Non aveva mai usato quella cortesia con nessuna, ma comportarsi diversamente gli sarebbe costato davvero tanto.

In ogni caso quel momento di pazzia da parte della rossa gli aveva aperto gli occhi e si era reso conto di quanto Bonnie potesse rendersi desiderabile. E questo aveva convinto Damon a controllarla per evitare che situazioni spiacevoli si ripetessero.

In quell’istante, quando l’aveva vista pronta a dare via il suo corpo (per finta o sul serio, era ancora da appurare), totalmente vulnerabile e rassegnata, aveva avuto paura che non si sarebbe più ripresa, che non sarebbe più tornata a essere la ragazzina fantastica di una volta.

E invece poteva constatare l’esatto contrario mentre la osservava cavalcare con i capelli rossi mossi dall’aria fredda del mattino.

Damon non avrebbe mai dovuto preoccuparsi: Bonnie non era una che mollava, aveva ancora un sacco di forza in quel corpicino; serviva solo qualcuno che glielo ricordasse, che le ridesse fiducia in se stessa.

Se Damon avesse mostrato prima un po’ di umiltà, se solo le avesse parlato sinceramente, si sarebbero risparmiati molto di quel dolore. Eppure il vampiro si riteneva soddisfatto di come aveva risolto il problema.

Appena in tempo, ma almeno ci era riuscito.

E da lì in poi non avrebbe mai più smesso di lottare per Bonnie.

La guardò mentre guidava il cavallo di nuovo verso il maneggio e la seguì silenziosamente tenendo nascosta la sua aura per non farsi scoprire.

Bonnie smontò dal destriero e prese le redini lo tirò verso il box. Gli tolse la capezza* di cuoio e gli mise quella di stoffa, assicurandola agli anelli attaccati al muro. Poi gli slacciò la sella e la lasciò scivolare fino a prenderla tra le mani.

Uscì dal box per andare a posarla e procedere con la pulizia dell’animale ma inciampò nella sbarra di scorrimento della porta.

La sella le scappò di mano e volò a terra, e lei si preparò a fare la stessa fine, ma qualcuno la riagguantò per la vita.

Damon non avrebbe voluto mostrarsi, perché Bonnie sarebbe stata furiosa del fatto che lui la pedinasse, ma preferì avere a che con la sua rabbia piuttosto che lasciare che il suo bel viso picchiasse contro il pavimento in pietra.

Bonnie inspirò trovandoselo così vicino: per quanto le cose stessero andando un po’ meglio, lei provava ancora disagio quando era costretta a stare sola con lui. E quella posizione intima di certo non l’aiutava.

Si appoggiò sulle sue spalle e si stabilizzò prima di allontanarsi lentamente. Cercava di mantenere le distanza, perché sapeva che altrimenti non avrebbe resistito alla tentazione di abbracciarlo. Il che non era propriamente un toccasana per il suo piano di ‘andarci con i piedi di piombo’.

“Damon” disse chiedendosi finalmente perché il vampiro si trovasse lì “Che cosa ci fai qui?”.

“Mi assicuro che ritorni a casa tutta intera” rispose aspettandosi da un momento all’altro una scenata.

Bonnie, però, si limitò ad annuire e si chinò a raccogliere la sella, ma le mani di Damon la precedettero “Lascia, faccio io” si offrì spostandola su una trave apposta. Si fermò un attimo ad analizzarla e si rivolse a Bonnie “Questa te l’ho regalata io”.

“Così mi ha detto Stefan” confermò Bonnie rientrando nei box. Si piegò per prendere una zampa del cavallo e gliela fece alzare, poi iniziò a pulirgli uno zoccolo.

Le labbra di Damon si piegarono in un mezzo sorriso: il fatto che Bonnie non avesse bruciato quella sella era già di per sé un traguardo.

“Da quando accetti così di buon grado di essere controllata?” domandò Damon un po’ sorpreso.

“Da quando il mio ragazzo si è rivelato essere un vampiro assassino e da quando ho rischiato lo stupro su una jeep nel parcheggio del Grill”. Tutte cose vere. Il suo metro di giudizio si era un po’ sfasato, quindi non poteva che apprezzare il fatto che qualcuno la tenesse d’occhio, per sicurezza.

Damon rimase allibito dal cambiamento della ragazza; solo qualche settimana prima lo avrebbe acceso come la Torcia Umana**.

“Serve aiuto con quelli?”.

“No, grazie, ho quasi finito” declinò Bonnie passando all’ultimo zoccolo.

Damon mugugnò qualcosa e si guardò intorno. Non sapeva bene come comportarsi e si sentiva un po’ fuori luogo.

“Vuoi un passaggio a scuola?”.

Bonnie si alzò e si scrollò di dosso del fieno che le si era attaccato alle ginocchia “Sono venuta in macchina”.

Damon notò di essere stato appena congedato. Non c’era più niente di cui parlare e non aveva senso di rimanere lì ancora, dato che Bonnie aveva tutto sotto controllo.

“Cerca di arrivare a scuola sana e salva, ok?” le raccomandò e s’incamminò verso l’uscita.

Lo sguardo di Bonnie s’intenerì; aveva percepito l’imbarazzo di Damon e se ne dispiacque: era chiaro che il vampiro ce la stesse mettendo tutta.

“Damon!” lo richiamò “Ti ringrazio”.

Lui si voltò e le rivolse uno sguardo interrogativo “Di cosa?”.

“Di esserci”.

Damon alzò la mano in cenno di saluto e se ne andò soddisfatto. Non poteva pretendere che tutto tornasse come prima magicamente.

Poteva solo starle accanto, confortarla con la sua presenza e attendere il giorno in cui lo avrebbe accolto nuovamente.

Per il momento gli bastava solo quello: esserci.

 

Layla si rigirò la busta tra le mani. Doveva imbucarla ma preferiva non essere vista da nessuno. Era mattina presto e la maggior parte delle persone stava andando al lavoro o a scuola.

I suoi genitori l’aspettavano in auto, poco più in là. Davvero non capiva perché dovesse essere lei a farlo. Suo padre le aveva detto che avrebbe destato meno sospetti, ma la cosa la disturbava comunque.

Finalmente, in un momento di calma, Layla fece la sua mossa. Si avvicinò circospetta alla buca delle lettere e vi lasciò cadere dentro la busta.

Come se niente fosse, si girò e s’incamminò verso la macchina, aprendo la portiera e sedendosi sui sedili posteriori.

“Hai fatto?” le chiese suo padre.

“Sì”.

“Bene, ora dobbiamo solo sperare che lo sceriffo se ne occupi”.

“Dobbiamo sperare che non ci uccidano prima” lo corresse sua moglie.

“Eileen …”.

“No, Frank! Ci stai mettendo tutti in pericolo” lo interruppe lei “Se Damon Salvatore dovesse scoprire che hai infranto il patto che tu hai proposto, ci strapperà il cuore con le sue mani”.

“Damon Salvatore è un abominio che non dovrebbe nemmeno esistere. Proporre quel patto era l’unico modo per tenerlo buono mentre elaboravo un piano per distruggerlo”.

“Spero che tu sappia cosa stai facendo, perché se qualcosa dovesse andare storto, ne pagheremo tutti le conseguenze”.

Layla sbuffò: odiava sentire i suoi genitori litigare, ma questa volta si trovò in accordo con la madre. Il piano che Frank aveva ideato era molto azzardato e se Liz Forbes non avesse fatto il suo dovere, Damon avrebbe facilmente collegato l’evento a loro, lupi mannari.

“Mamma ha ragione: ci stiamo mettendo in un sacco di guai” disse la ragazza.

“Tesoro, sto cercando di proteggere tutti noi. Il mio piano B è molto più pericoloso e preferirei evitarlo” spiegò Frank mettendo in modo la macchina “Piuttosto, Tyler da che parte pensi che stia?”.

“Tyler non sta da nessuna parte” rispose lei “Non vuole che sia fatto del male a Caroline, ma non credo che gliene freghi della sorte dei Salvatore”.

“Non ho alcun interesse in Caroline, purché non si metta in mezzo” chiarì l’uomo “Ma dovrai fare di più perché Tyler si unisca a noi; non possiamo permetterci che ci si rivolti contro”.

“Ci penso io a quello” lo rassicurò la figlia “Non sarà un problema”.

 

“Qual è il tuo problema?” berciò Caroline facendo un passo indietro per guardare meglio il ragazzo davanti a lei.

“Nessuno! Vorrei solo che mi lasciassi vivere! Non ho bisogno della balia” le rispose velenosamente Tyler.

“Forse non avrai bisogno della balia, ma ti stai comportando proprio come un bambino dell’asilo!”.

“Non sono io l’immaturo, Caroline! Sei tu che non riesci ad andare oltre degli stupidi pregiudizi”.

“Stupidi pregiudizi?! Scorrazzate in giro come i cuccioli della giungla e ti aspetti che non dica niente!”.

“Stanno cercando di aiutarmi. È una cosa che non potrai mai capire” alzò la voce Tyler, spazientito.

“Sono stata io la prima ad aiutarti” gli rinfacciò lei, ormai stavano urlando davanti a tutta la scuola.

“Tu non mi stavi aiutando! Mi stavi controllando!” replicò Tyler. Stavano attirando l’attenzione di molti loro compagni, ma entrambi se ne fregarono: volavano parole confuse, non compromettenti “Come cerchi di controllarmi ora! Chi ti ha eletto Miss Perfezione?! Eh, Caroline? Hai fatto molti più errori di me, eppure non mi sono mai permesso di giudicarti”.

La ragazza si ritrasse, ferita dal tono dell’amico “Bene! La prossima volta non venire a piangere da me; arrangiati!” e girò i tacchi. Si passò velocemente una mano sull’occhio per non far scappare una lacrima.

“Non ho bisogno di te!” continuò ad urlare Tyler “Abbiamo chiuso!”.

Si sentiva uno schifo per aver detto quelle cose, ma era necessario. Non avrebbe voluto iniziare quella lite con Caroline; era l’unico modo però per portare a termine il suo piano.

Aveva capito che Layla e la sua famiglia stavano tramando qualcosa e per saperne di più aveva bisogno di guadagnarsi la loro fiducia.

Una lite pubblica con la giovane Forbes gli era sembrato il modo più veloce ed efficace per convincere Layla che lui non voleva più avere a che fare con i vampiri. Cosa vera fino ad un certo punto: non aveva interesse verso i Salvatore, ma doveva molto a Caroline e le voleva bene. La considerava la sua migliore amica, quasi una sorella. Se per proteggerla avrebbe dovuto allontanarla, allora lo avrebbe fatto. Anche a costo di rendersi odioso ed ingrato. Un giorno o l’altro avrebbe avuto l’occasione di spiegarle tutto e mettere le cose a posto.

Layla li aveva osservati da lontano. Sebbene ne fosse rimasta sorpresa, fu sollevata nel constatare che alla fine Tyler si era schierato dalla loro parte. Quel ragazzo la intrigava e le sarebbe dispiaciuto molto se suo padre, pur di portare a termini i suoi progetti, gli avesse fatto del male.

Meredith assisté incredula alla scena, con una tazza di caffè in mano. Era nell’ufficio di Alaric e la finestra dava sul cortile interno, dove era avvenuto il litigio. Meredith diede ancora un’ultima occhiata a Caroline che scappava via, fumante di rabbia.

“Si può sapere cosa sta succedendo a tutti?” sbottò, voltandosi verso il suo fidanzato.

Alaric alzò la testa dai compiti che stava correggendo “Scusa?”.

“Mi sembrano tutti impazziti!” proseguì senza preoccuparsi di ripetere “Caroline e Tyler che litigano come cane e gatto! Bonnie per poco non ci rimette la vita, due volte! Elena è totalmente confusa e non si confida più con nessuno, nemmeno con Stefan; Stefan che è talmente impegnato ad occuparsi di Bonnie che non si accorge neanche la sua ragazza si sta allontanando e Damon che non perde occasione per intromettersi” Meredith posò con forza la tazza sulla scrivania di Alaric facendolo sobbalzare “Katherine ha ragione a dire che Klaus ci distruggerà. Ci stiamo dividendo e neppure ce ne siamo resi conto”.

“Tesoro, credo che tu stia cominciando a delirare: hai appena dato ragione a Katherine. La vampira sgualdrina, ricordi? Quella che ha dato inizio a tutto questo”.

“Non è questo il punto” s’infervorò la mora “Noi non siamo mai stati così; non abbiamo mai permesso a niente di separarci. Ci conosciamo da tanto, siamo una famiglia e non posso guardare la mia famiglia che si fa a pezzi da sola” continuò in un sussurro “Io parlerò con Caroline; temo che questa storia con Tyler comprometterà la sua relazione con Matt ed è l’ultima cosa che ci serve” poi con una giravolta tornò a guardare il suo ragazzo e gli puntò il dito contro “Tu devi occuparti di Damon”.

Alaric sbiancò “Io?”. Sentiva già puzza di guai; ogni volta che Meredith si metteva in testa qualcosa, era impossibile farle cambiare idea.

“Sei l’unico amico che ha; forse ti darà ascolto. Devi dirgli di smetterla di inseguire Elena”.

“In realtà mi pare che ora stia inseguendo Bonnie, più che altro” puntualizzò Alaric. Era da un pezzo che Damon non gli parlava più di Elena: era troppo concentrato su Bonnie per poter pensare alla sua principessa.

“Perché adesso sta male” disse Meredith “Ma non appena si sarà ripresa del tutto, Damon riprenderà la sua caccia per il cuore di Elena. Non mi interessa se vuole rendere la vita di suo fratello un inferno, può fare quello che vuole, dopo che avremo sconfitto Klaus! Lui e Stefan sono le nostre uniche speranze di vincere. Se saranno troppo presi a combattersi, come faranno ad affrontare Klaus? Damon deve farsi da parte, almeno per il momento”.

“Tutti sembrate dimenticare che Bonnie è una strega e ci potrebbe essere molto più utile di quei due” le fece notare Alaric.

“Non mi pare in condizione ora come ora” protestò Meredith.

“Siete talmente convinti che per Damon esista solo Elena che non vi accorgete neanche del lavoro che sta facendo con Bonnie” disse Alaric difendendo il suo amico “Dirgli di farsi da parte sortirà solo l’effetto di spingerlo ancora più verso Elena e trascurare Bonnie”.

“Alaric …”.

“Meredith” la interruppe lui “Conosco Damon e ti prometto che se mi dovessi accorgere che sta facendo qualche cazzata, sarò il primo ad intervenire. Per quanto ne sappiamo ora si sta comportando bene e non ho intenzione di accusarlo o destabilizzarlo”.

Meredith sospirò “Nella vita tutto avrei pensato, tranne che Damon Salvatore potesse guarire una ragazzina ferita, ma immagino che tu lo conosca meglio” suppose sedendosi sulle ginocchia dell’insegnante “Promettimi comunque che gli parlerai e cercherai di capire che gli passa per la testa, ok?”.

Alaric annuì e si protese per baciarla.

Nel parcheggio della scuola, dentro la macchina di Elena, la coppia dell’anno non stava passando altrettanti bei momenti.

Elena sapeva che prima o poi quel momento doveva arrivare, ma se l’era immaginato diversamente: credeva che sarebbe stata lei a raccontare tutto, a prendersi le proprie responsabilità e affrontare le conseguenze. Non si sarebbe mai aspettata di trovarsi in auto con il suo ragazzo che non solo aveva già capito tutto, ma che la poneva pure davanti ad una scelta.

Era sempre stata una ragazza coraggiosa, schietta; non si era mai fatta troppi problemi a perseguire ciò che desiderava, anche a costo di ferire qualcuno. Qui, però, si trattava di un’azione vergognosa ed era Stefan a soffrire. Non avrebbe mai voluto vederlo star male, soprattutto per colpa sua.

Che razza di persona si sarebbe messa tra due fratelli? Come si era permessa di agire alle spalle del suo ragazzo?

Avrebbe dovuto rendersi conto di provare dei sentimenti anche per Damon, avrebbe dovuto essere onesta con Stefan e prendersi del tempo per pensare, per decidere con chi avrebbe voluto stare.

L’idea di lasciare Stefan anche se per poco, la terrorizzava e il fatto che Damon fosse lì ad aspettarla le metteva tranquillità.

Aveva rimandato, aveva trovato mille scuse per non affrontare soprattutto se stessa. Chi era adesso Elena Gilbert?

Si rifiutava di essere un’altra Katherine, ma si stava comportando allo stesso modo.

No, no, no! Lei non era come Katherine. Katherine volevo entrambi i fratelli Salvatore ai suoi piedi; Elena doveva solo capire di quale dei due poteva fare a meno. Non le sarebbe stato facile e il cuore avrebbe pianto nel vedere uno dei fratelli allontanarsi irrimediabilmente da lei, ma era necessario.

Non sarebbe stata egoista, non avrebbe giocato con i sentimenti di nessuno. Ma l’espressione distrutta di Stefan, seduto di fianco a lei, la fece vacillare. Avrebbe scelto lui subito, su due piedi, ma sapeva non sarebbe passato molto prima di sentire anche la mancanza di Damon.

“Come l’hai scoperto?” gli chiese cercando il suo sguardo; lui teneva gli occhi fissi davanti a sé.

“Quando ti ho chiesto che cosa stesse succedendo tra te e Damon, il tuo cuore ha cominciato a battere all’impazzata. Credevo che ti stesse minacciando ancora, ma non era paura quella che ho sentito, era imbarazzo, come una bambina beccata a fare qualcosa di male”.

Elena abbassò il capo esattamente come quella bambina appena descritta “Stefan, io … non so cosa mi sia preso”.

“Sapevo che prima o poi sarebbe successo” la interruppe Stefan “Ma mi aspettavo che saresti stata sincera, mi aspettavo che mi avresti detto che qualcosa non andava, prima di baciare mio fratello”.

“Non c’era niente che non è andava … non, non me ne sono nemmeno accorta finché non è successo. Credevo fosse qualcosa di passeggero, pensavo di poterlo controllare”.

“Elena, va bene, va bene” la rassicurò Stefan “Hai solo diciott’anni e va bene essere confusi. Ti amo e ti amerò sempre” le disse accarezzandole una guancia “Ma non posso stare con te”.

Elena perse il respiro e iniziò a scuotere la testa colta dal panico “No, Stefan, no, no, no … per favore no”.

“Almeno finché tu non farai una scelta” continuò lui “Devi chiarirti le idee, devi scoprire cosa vuoi davvero dalla tua vita, se no io non potrò più fidarmi di te”.

“Stefan non puoi lasciarmi” mormorò Elena trattenendo le lacrime “Non farlo … non posso stare senza di te”.

“E Damon? Non puoi stare anche senza Damon?”.

Elena strinse le labbra. Aveva paura a dire quelle parole, perché tutto sarebbe stato reale “Sì, anche Damon è importante. Hai ragione”. Tanto valeva essere completamente sinceri. Non voleva passare per incoerente: dire una cosa e farne un’altra.

Stefan incassò il colpo. Ormai conosceva i sentimenti di Elena per suo fratello, ma sentirli dire da lei era tutta un’altra storia “Prenditi il tempo che ti serve per riflettere. Quando avrai deciso io sarò ancora qui; ma non tornare se non sei certa della tua scelta” aprì la portiera dell’auto e scese.

Elena si portò una mano alla bocca per trattenere i singhiozzi.

 

Bonnie prese un bel respiro prima di bussare alla porta. Da quando era tornata a casa dall’ospedale, da quando era tornata in sé, si era resa conto di doverle delle scuse. Era stata davvero troppo crudele.

Ricordava perfettamente le parole che aveva praticamente sputato contro Elena la sera in cui Dick e Jesse l’avevano drogata.

Nessuna ragazza si meritava uno scempio del genere, nessuna si meritava di essere forzata contro la sua volontà.

Elena aveva fatto molti sbagli, sia con lei sia con i due fratelli. Bonnie sentiva di avere il diritto di essere arrabbiata, ma non si sarebbe dovuta permettere di darle della poco di buono, come se Elena stessa se la fosse cercata***.

Dovevano chiarirsi. A Bonnie mancava la sua amicizia; c’erano state incomprensioni, bugie e tensioni, ma la rossa non si era dimenticata di come Elena l’avesse accolta a casa sua la prima volta che era scappata e di come si fosse messa davanti a Damon per difenderla.

Aveva commesso degli errori, ma tutti in buona fede. Voleva proteggere tutti e la situazione le era sfuggita di mano. Bonnie l’aveva capito ed era pronta a ricominciare daccapo.

Stava ancora guarendo e aveva bisogno di un nuovo inizio; voleva che Elena ne facesse parte.

Ad aprire la porta fu proprio la ragazza in questione e i suoi occhi si aprirono di sorpresa “Bonnie!” esclamò “Che ci fai qui? È successo qualcosa?”.

Lei scosse la testa “No” e sorrise “Volevo parlarti; posso entrare?”.

“Certo!” rispose con foga Elena, spostandosi per farla passare. Una volta che furono in camera sua, si voltò e cominciò a torturarsi le mani “Bonnie …”.

“No” la interruppe l’amica “Ti ho detto delle cose orrende e ti devo delle scuse. Mi sento davvero male per essere stata così cattiva. Non avrei neanche dovuto pensare così male di te”.

Elena sorrise “Non devi scusarti, Bonnie. Non è stato un periodo facile per te e ti ho dato qualche motivo per pensare quelle cose” s’imbarazzò.

“No, no … sono stata cattiva e io non faccio così di solito. Non voglio essere quel tipo di persona”.

“Bonnie, ti ho mentito due volte, mi hai visto baciare Damon, ho tradito Stefan e avrei dovuto starti vicino molto di più e aiutarti non appena hai scoperto la verità su tuo fratello, ma non ho mosso un dito. Eppure tu sei qui a scusarti con me. Non sei proprio quel tipo di persona” le assicurò Elena avvicinandosi “Mi dispiace così tanto per tutto” la circondò in un abbraccio passandole le mani sulla schiena e sperando che l’altra apprezzasse e ricambiasse.

Bonnie rimase qualche secondo con le braccia a penzoloni, poi fu travolta dal sollievo e strinse Elena con egual forza. Fu come se un peso l’avesse abbandonata: una parte del rancore che aveva provato fino a quel momento, si era disintegrata. Non era capace di fare la guerra; la rabbia l’aveva quasi distrutta. Voleva disfarsene per sempre.

Elena ne fu molto contenta. Aveva bisogno di buone notizie quel giorno.

Bonnie, però, non aveva ancora finito. Era andata a casa sua per sistemare un’altra questione, per lei importante quanto la prima.

“A proposito di quel bacio”.

Elena impallidì. Non aveva le forze per affrontare quel discorso, non proprio quel giorno, ma si accorse di non avere altra scelta.

“Riguardo a Damon e a Stefan …” proseguì Bonnie.

“Lo so, lo so!” sbottò Elena “Ho fatto una cosa tremenda tradendo Stefan e hai ragione: devo fare una scelta”si passò una mano nei capelli e si buttò a peso morto sul letto.

Bonnie ridacchiò un po’ a disagio “Ammetto che baciare il fratello del tuo ragazzo non sia stata la tua mossa più elegante. E sì, devi scegliere” fu d’accordo con tutte queste affermazioni “Però … io volevo parlare di Damon”.

Elena aggrottò le sopracciglia, confusa e lasciò che Bonnie si spiegasse meglio.

“Credo che tu sia arrivata ad un punto in cui non sarai mai sicura della tua decisione, almeno non subito” chiarì la rossa “E ti chiedo, per favore, di pensarci davvero bene prima di scegliere e di non cambiare idea dopo averlo fatto; e se ti dovessi rendere conto di non potere fare a meno di nessuno dei due, lasciali liberi entrambi. Non dividerli più di quanto già siano”.

“Bonnie, non farei mai una cosa del genere!” affermò Elena con decisione “Ho sbagliato, ma non sono così egoista”.

L’altra ragazza annuì “Lo so, ma cerca di capire: si sono già uccisi una volta, per una vampira che è la tua identica copia. Non hanno bisogno di essere coinvolti di nuovo in questo triangolo distruttivo. Stefan è più forte, potrebbe sopportarlo e gestirlo, ma sono preoccupata per come potrebbe reagire Damon”.

“Quindi mi stai consigliando di scegliere Stefan?”.

Bonnie scosse la testa “Non sono io a doverti dire chi scegliere; però non tornare sui tuoi passi. Se vuoi Stefan, che sia Stefan. E se vuoi Damon …” non riuscì a concludere la frase, le parole le morirono in gola.

Improvvisamente le immagini del bacio cui aveva assistito una settimana prima la colpirono come uno schiaffo. L’idea di Damon ed Elena insieme le aveva tolto per un attimo il respiro.

Perché?

Sapeva benissimo che Damon era innamorato della sua amica e la cosa non l’aveva mai turbata. Cos’era cambiato allora?

Elena era cambiata; fino a quel momento non aveva avuto altri che Stefan negli occhi, ma ora anche Damon era entrato nel suo mondo, ora Damon era diventato una possibile scelta.

Bonnie stessa era cambiata: da quella sera in cui aveva cercato di provocare il vampiro, il suo corpo rispondeva in maniera inaspettata; tensione, elettricità, brividi. Non sapeva che cosa significasse, ma era abbastanza destabilizzante.

“E’ cambiato tanto in questi mesi. Sta cerando di tenere a bada la sua natura impulsiva perché vuole renderti orgoglioso, sta ricominciando a sentire e se tu dovessi illuderlo, lo distruggeresti”.

Bonnie non si era dimenticata di tutto il male che Damon, volente o non volente le aveva fatto e forse avrebbe dovuto ripagarlo con la stessa moneta; ma era inutile negare  a stessa di tenere comunque a lui. Era parte della sua famiglia, l’aveva salvata e protetta, a modo suo le era sempre stato vicino e stava realmente cercando di riconquistarsi la sua fiducia. Bonnie sapeva quanto il vampiro fosse fragile e non voleva vederlo ferito come lo era stata lei. Troppi cuori erano stati strappati e quello di Damon meritava di rimanere al suo posto, intatto.

“Ti prometto che non giocherò con nessuno dei due” giurò Elena “E credimi quando ti dico che non era mia intenzione trovarmi in questa situazione”.

“Lo so” mormorò Bonnie “Non sei una cattiva persona, Elena” e si avvicinò abbracciandola ancora “Ti voglio bene, amica mia”.

“Anche io” ricambiò la bionda “Da adesso in poi conta su di me per qualsiasi cosa; non ti tradirò più”.

L’altra ragazza le sorrise e la salutò dandole le spalle per oltrepassare la porta.

“Bonnie” la richiamò Elena appena sulla soglia “Damon non sta riscoprendo la sua umanità solo grazie a me” le fece notare. Avrebbe voluto arrogarsene il merito, ma sapeva di doverlo condividere con l’amica.

Quando vide i capelli rossi sparire giù dalle scale, Elena si sciolse in un grosso sospiro e nascose il viso tra le mani.

Non le aveva confessato di essere stata lasciata da Stefan; la ferita bruciava ancora. Inizialmente avrebbe voluto sfogarsi con Bonnie, ma quando lei aveva attaccato con quel discorso tremendamente assennato, la bionda non aveva avuto il coraggio di dire tutta la verità.

Un po’ per una questione di orgoglio, un po’ perché Bonnie non poteva essere neutrale in tutta quella situazione e aveva preferito non metterla in una posizione scomoda.

Non poté nemmeno radunare i pensieri e valutare un secondo tutto ciò era che era successo, perché la figura di Damon con un balzo fluente entrò in camera sua attraverso la finestra aperta.

Elena si alzò di scatto, sentendosi subito in trappola, sebbene lui non avesse ancora detto o fatto niente. Semplicemente non era il momento più adatto per averlo a così poca distanza.

“Damon” balbettò “Che cosa ci fai qui?”.

“Ti spio, principessa, come al solito” le rispose sfoderando il suo sorriso a 250 kilowatt.

“Stavi origliando?” si agitò. Non voleva che proprio lui tra tutti avesse ascoltato la conversazione che aveva avuto con Bonnie.

“Sono arrivato ora” negò il vampiro inginocchiandosi sul materasso e molleggiando un poco “Tu e Sissi avete fatto pace?”.

“Sì, ci siamo chiarite” asserì Elena con voce incerta per via del nome che Damon aveva appena pronunciato. Da quando in qua aveva ripreso a chiamarla Sissi? Non era una specie di tabù? Un qualcosa che non doveva essere riportato a galla, legato alla sua umanità che non avrebbe mai voluto mostrare?

Improvvisamente si rese conto di non poter solamente dividere a metà il merito di aver cambiato Damon; Bonnie aveva avuto un ruolo molto più rilevante.

Quella consapevolezza non la fece gioire, ma ricacciò giù a forza il groppo che le era salito in gola; non aveva diritto di arrabbiarsi. Non doveva intromettersi nel rapporto tra loro due.

Piuttosto avrebbe dovuto occuparsi dei suoi problemi, avrebbe dovuto capire che cosa significasse Damon nella sua vita.

Il vampiro parve accorgersi del conflitto interiore che si stava scatenando nella bionda e le si fece vicino accarezzandola una guancia “Principessa?”.

Elena si ritrasse a quel tocco, sentendo il suo autocontrollo sull’orlo del crollo “Stefan lo sa” gli confidò “Sa che ci siamo baciati”.

Damon non riuscì a contenere un sorriso di liberazione “Prima o poi lo avrebbe scoperto. Finalmente non dovrai tenerti tutto dentro”.

Ad Elena pianse il cuore quando incrociò gli occhi del ragazzo: erano così speranzosi di avere infine ottenuto una possibilità, così fiduciosi che lei avesse accettato dopo tanto tempo di esplorare la loro relazione. Così terribilmente umani, come non li aveva mai visti.

“E’ complicato, Damon” la giovane gli prese la mano e fece intrecciare le loro dita “Non so davvero come comportarmi”.

Ora gli occhi di Damon si erano lievemente rabbuiati “Elena, tu provi qualcosa per me?”.

“Sì” rispose lei sapendo di non poter più negarlo.

“Ma non hai nessuna intenzione di lasciare Stefan” concluse Damon per la ragazza, con tono amareggiato.

“E’ già successo” lo informò “Ma sarò onesta: è stato lui”.

“Quindi stai facendo tutto questo solo perché Stefan ti ha dato il benservito? Se lui non se ne fosse accorto, tu non avresti mai detto niente, vero?”. Ora iniziava ad arrabbiarsi. Si era illuso ancora una volta inutilmente.

“NO!” Elena lo contraddisse con forza “Mi ha solo preceduto. Gli avrei detto tutto; quello che ho fatto è sbagliato e non potevo andare avanti così”.

Sbagliato? Continua, Elena, stai guadagnando un sacco di punti!” la incitò Damon sarcasticamente.

“Baciare il fratello del mio ragazzo è stato scorretto” precisò Elena “Ma non lo considero un errore. Vorrei solo non averlo fatto alle sue spalle”.

“E cosa vorresti, Elena? Giocare al trio perfetto anche tu? Perché ti avverto che l’ultima volta non è finita molto bene”.

“Non vi farei mai una cosa così meschina” s’indignò lei “Ma ho bisogno di stare sola, di pensare. Provo sentimenti così contrastanti e voglio essere sicura di prendere la decisione giusta e definitiva” si ricordò le parole pronunciate da Bonnie poco prima.

Se vuoi Stefan, che sia Stefan. Se vuoi Damon, che sia Damon. Per sempre. Niente ripensamenti.

“Ne deduco che tu mi stia chiedendo del tempo” disse Damon arricciando le labbra in un gesto disincantato “E va bene, ma cerca di sfruttarlo al meglio” le consigliò con una nota quasi intimidatoria. Le prese il mento tra le dita e la baciò con ardore, poi spostò le labbra fino al suo orecchio sussurrandole “Perché io non sono Santo Stefan, non ti aspetterò in eterno”.

Quando Elena riaprì gli occhi, precedentemente chiusi per la forza del bacio, si trovò in camera da sola e, attraverso le tende mosse dal vento, vide un corvo dalle piume nero lucente volare via.

Damon si allontanò il più velocemente possibile dall’abitazione. Non intendeva sul serio ciò che aveva detto, almeno non ne era sicuro. Si era proposto di farsi valere con Elena, di non renderle vita facile, ma alla fine ci sarebbe riuscito?

Per il momento fu solo contento di averla messa con le spalle al muro. Era giunta l’ora che lei gli dimostrasse qualcosa, che gli dimostrasse di amarlo.

 

Bonnie poté ritenersi abbastanza soddisfatta del discorso che aveva fatto ad Elena. Qualcuno doveva dirle quelle cose, era il caso che capisse il peso delle sue decisioni. Si era trovata coinvolta in una faccenda più grande di lei e Bonnie poteva comprendere quanto fosse difficile da gestire per una ragazza di soli diciotto anni. Elena rischiava di farsi trascinare dalla passione del momento senza riflettere, senza badare alle conseguenze.

Come faceva ad essere certa del suo amore per Damon? Se si fosse rivelata solamente una fortissima infatuazione, un fuoco che si sarebbe spento dopo poco tempo? Chi avrebbe raccolto i cocci sparsi da Elena Gilbert, seppur involontariamente?

Damon in passato aveva commesso atti terribili e su ciò che la toccava personalmente, Bonnie non avrebbe sorvolato con leggerezza. Ma Damon era anche cambiato e gli serviva qualcuno che lo proteggesse.

Forse era soltanto una sciocca che credeva nei miracoli e prima o poi sarebbe stata ferita di nuovo dalla stessa persona che ora stava cercando di aiutare.

Non poteva farne a meno. Qualcosa di incomprensibile li legava e alla fine Damon sarebbe stato lì per lei, e Bonnie gli avrebbe coperto le spalle.

Elena condivideva con il vampiro un rapporto non sano: era nato di nascosto, all’ombra della sua relazione con Stefan. Elena aveva mentito e Damon procedeva su una precaria linea di equilibrio; gli sarebbe bastato un soffio di vento per ricadere nella sua totale crudeltà autodistruttiva.

Almeno quella era l’opinione di Bonnie. Inoltre non poteva evitare di sentirsi un po’ infastidita e gelosa. Sapeva di sparire davanti ad Elena.  Avrebbe voluto avere più tempo per sistemare le cose con Damon, ma se la bionda l’avesse scelto, lui sarebbe stato risucchiato dal ciclone Gilbert e chi si sarebbe più ricordato della piccola Bonnie?

La casa appariva vuota e la ragazza decise che sarebbe andata di filato nel letto, ma qualcosa catturò la sua attenzione.

Lasciò la giacca  e la borsa in camera sua, poi si diresse in quella di Stefan. Aveva percepito attraverso il suo Potere un’aura triste e mortificata

Trovò il vampiro accovacciato sul letto ad aggiornare il suo diario. Bonnie si fermò sulla soglia e bussò.

Stefan alzò il capo e lei sussultò nel constatare quanto fosse stravolta la sua espressione. “Tutto bene?” chiese avvicinandosi e sedendosi sul materasso, accanto a lui.

“Ho lasciato Elena” sentenziò con tono piatto.

Bonnie strabuzzò gli occhi. Era appena stata dall’amica, ma perché non le aveva detto niente?

La rossa allungò una mano per posarla su quella del ragazzo ma lui la scostò “Sapevo che stava succedendo qualcosa tra lei e Damon. Così le ho detto che avrebbe dovuto prendersi una pausa, almeno finché non si fosse schiarita le idee” raccontò “Speravo che mi dicesse di non averne bisogno, di essere innamorata solo di me e invece …”.

“E’ confusa e non vuole fare del male a nessuno dei due” tentò di giustificarla Bonnie.                                                                                                                               
“Avevo giurato che la storia non si sarebbe ripetuta, che non ci sarebbe stata un’altra Katherine”.

“Elena non è Katherine”.

“Lo so, ma il risultato è lo stesso, no? Io e mio fratello in lotta per la stessa ragazza. Forse questa volta ha vinto Damon”.

“Nessuno ha vinto” Bonnie liberò uno sbuffò spazientito “Tu e tuo fratello siete due tali ottusi! Invece di pensare a chi Elena sceglierà, dovreste preoccuparvi di come questa cosa vi allontanerà ancora”.

Stefan la guardò colpevole, turbato da quella parola terribilmente vere e sagge.

“Elena non è Katherine, non vi vuole entrambi per sé. O meglio, vi vorrebbe ma sa di non poterlo fare, sa benissimo che il suo cuore appartiene ad uno solo di voi due”. E sei tu, avrebbe voluto aggiungere ma lo tenne per sé “Io sono più spaventata dal rancore che ne potrebbe uscire, piuttosto che dalla perdita della ragazza” ammise.

Stefan e Damon erano la sua famiglia, gli unici rimasti. Non poteva lasciare che si facessero a pezzi ancora una volta per una donna.

“Credi che non sappia che Damon mi odierà ancora di più, se Elena scegliesse me?” domandò Stefan con una punta di amara consapevolezza “Ho già perso mio fratello, avrei preferito non perdere anche l’amore della mia vita”.

Bonnie non se la sentì di controbattere. Stefan era un vampiro di cinquecento anni e sapeva pesare le parole. Amava davvero Elena; la considerava la compagna della sua eternità, la sua anima gemella. Bonnie poté solo immaginare quanto potesse essere doloroso.

“Tu sapevi del bacio, vero?” chiese a bruciapelo Stefan.

Bonnie deglutì. Cos’era quello? Un beffardo scherzo del destino? Come Stefan aveva dovuto sopportare la vergogna di averle mentito, ora toccava a lei?

“Ti riferivi a quello la notte in cui ti sei ubriacata, quando ti ho portato a letto” sorrise tristemente lui. Non era una domanda.

“Era successo quel giorno stesso” confessò Bonnie “Avrei dovuto parlartene ma …”.

“Va bene” la calmò Stefan “L’hai fatto per proteggere Elena. E Damon. Lo so che lui è il tuo preferito. Qualunque cosa faccia lo sarà sempre”.

“Non è il mio preferito” replicò Bonnie quasi a pappagallo.

“Avete un legame speciale; non c’è niente di male”.

“Non è il mio preferito”.

Era vero: non lo era. Il rapporto che condivideva con Stefan non aveva nulla a che fare con quello che condivideva con Damon. Erano due cose diverse e non paragonabili; non poteva favorire uno o l’altro.

Stefan era il suo amico più caro, quasi un fratello. Mentre Damon …, non sapeva ancora come classificarlo. Solo di una cosa era certa.

“Non è il mio preferito” ripeté per la terza volta, portandosi davanti a lui per guardarlo dritto negli occhi “Forse per te non sarà molto, ma tu sei parte della mia famiglia e sarò sempre dalla tua parte”.

Stefan le passò una mano dietro il collo, attirandola a sé per posarle un bacio sulla fronte; poi l’abbracciò e la fece stendere sul letto con lui, accarezzandole con una mano la nuca e con l’altra la schiena “Per me vali moltissimo, Sissi”.

Bonnie mugugnò qualcosa in risposta e, cullata dalle dita del vampiro, si addormentò con la testa sul suo petto. Stefan la seguì poco dopo.

Damon non nascose un sorriso osservandoli, un’ora dopo, immersi nel sonno sul letto del fratello.

Non gli importava che Bonnie si fosse lasciata andare prima con Stefan che con lui. Finalmente aveva di nuovo permesso a qualcuno di entrare nel suo mondo, finalmente non era più timorosa a concedere la sua fiducia, finalmente stava tornando la vecchia Bonnie.

E dopo tutto, Damon sapeva che la strega non lo odiava per davvero. Aveva ascoltato ogni singola parola della conversazione tra lei ed Elena, anche se aveva affermato il contrario.

La piccola rossa lo aveva difeso. Si era mostrata palesemente team Stelena***, ma Damon non ne era rimasto turbato. Bonnie aveva agito per proteggerlo da un’eventuale delusione, perché, nonostante tutto, non poteva sopportare di vederlo soffrire. Era un pensiero confortante, era un piccolo passo verso la riconciliazione.

L’aveva detto che quella streghetta aveva una gran forza dentro di sé e lo dimostrava perdonandolo giorno dopo giorno.

L’aveva ferita in tutti i modi possibili, eppure non si era arresa, aveva continuato a cercare il buono in lui e aveva chiesto ad Elena di non spazzarlo via.

Damon diede le spalle alla stanza, volgendosi verso la sua. Sentì che era giunto il momento di fare qualcosa di concreto per il suo scricciolo.

L’avrebbe riconquistata una volta per tutte. Era una promessa.

Compose il numero di Alaric sul suo cellulare e attesa la risposta. Aveva bisogno anche di lui per concludere ciò che aveva in mente.

Meredith probabilmente lo avrebbe ammazzato.

 

“I found a place so safe, not a single tear
The first time in my life and now it's so clear
Feel calm I belong, I'm so happy here
It's so strong and now I let myself be sincere
I wouldn't change a thing about it
This is the best feeling
This innocence is brilliant, I hope that it will stay
This moment is perfect, please don't go away, I need you now
And I'll hold on to it, don't you let it pass you by”

(Innocence- Avril Lavigne).

 

 

Il mio spazio:

Scusate, scusate davvero tanto per il ritardo! Ma ho fatto un po’ di vacanza a Pasqua e non ho avuto il tempo di scrivere; poi come avete visto, ho lavorato anche al primo capitolo di Crazy Little Thing Called Love, quindi ho ritardato un po’ gli aggiornamenti.

Colgo l’occasione per ringraziarvi tantissimo per come avete accolto la mia nuova storia! Non credevo venisse così apprezzata; avevo paura che fosse un po’ banale e semplice … grazie mille di cuore!!

Passando ad Ashes&Wine: iniziamo a vedere che i lupi mannari si stanno muovendo; secondo voi cosa avranno in testa?

Meredith è l’unica che si accorge di come il suo gruppo stia cadendo a pezzi e corre a sistemare tutto. Riusciranno lei ed Alaric ad instillare un po’ di senno agli altri?

Il punto più infuocato? Beh ovviamente Stefan- Elena- Damon, prima o poi dovevano scoppiare.

Questo è stata un po’ una mia rivincita dell’ultima puntata della serie tv. Ho fatto dire ad Elena tutti quei “sì” che non gli autori di TVD non le hanno fatto dire. Mi piace l’Elena della serie tv (anche se non la vorrei con Damon), ma l’hanno trasformata in “Miss I Don’t Know” e comincia a diventare incoerente e irritante. Che una buona volta ammettesse i suoi sentimenti per entrambi e la finesse di piangersi addosso!

Lasciamo stare questo sfogo e ritorniamo alla mia sfera di competenza =) I due vampiri stanno mettendo alle strette la bionda, ma in modi diversi. So che alcune di voi forse si aspettavano una reazione di Stefan più forte, ma personalmente non ce lo vedo a perdere il controllo o a urlare contro Elena mandandola al quel paese. Ha chiarito il punto: non l’accetterà più a meno che non farà una scelta definitiva, ma la ama profondamente ed è pronto a concederle tutto il tempo che le serve.

Damon invece si è stufato di stare in disparte e non vuole attendere in eterno senza essere nemmeno certo che Elena rimarrà sua per sempre.

Non se l’avete notato, ma provate a confrontare ciò che ha detto a Bonnie nel capitolo precedente (“Prenditi il tempo che ti serve. Ti ho già detto che ho un’eternità per aspettarti”) e quello che ha detto qui ad Elena (“Io non sono Santo Stefan, non ti aspetterò in eterno”), c’è una gran bella differenza, eh?

Cominciano ad emergere strane sensazioni in questi due, cose che non dovrebbero sentire uno per l’altra; quanto ci metteranno a capire che forse c’è qualcos’altro che li lega a parte un passato insieme e un’amicizia altalenante.

Bonnie, intanto, sta guarendo: ha fatto pace con Elena e con Stefan e piano, piano sta perdonando Damon.

Ma il vampiro sa di dovere impegnarsi di più per stupirla. Che farà?

Prossimo capitolo: un bel dialogo Meredith- Caroline- Matt, il piano dei lupi mannari va in scena e per il resto un sacco di Damon- Bonnie!!!

Ringrazio tantissimo tutti voi che leggete, seguite e commentate! Come al solito mi riempite di gioia!

 

*Capezza: La capezza è un finimento utilizzato per legare e per condurre a mano un animale. Definizione presa da Wikipedia.

** Torcia Umana: personaggio dei “Fantastici Quattro”.

***Stelena: adoro scherzava con queste cose degli ship! Scusate ma volevo metterlo da tempo!

 

A presto!

Fran ;)

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Capitolo 26
*** I still do care about you ***


Ashes &Wine

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Capitolo ventisei: I still do care about you.

 

“Lost and insecure you found me, you found me
Lying on the floor surrounded, surrounded

Why'd you have to wait? Where were you? Where were you?
Just a little late you found me, you found me”

(You found me- The Fray).

 

Aveva fatto centro.

Era ancora un po’ presto per dirlo; forse prima sarebbero dovuti atterrare, ma Damon era sicuro di aver fatto centro.

Bonnie accanto a lui dormiva. Aveva passato le prime due ore a guardarsi intorno preoccupata un po’ per il lungo volo, un po’ perché non capiva il motivo di quel viaggio.

Damon l’aveva tirata giù dal letto notte e le aveva detto di mettere in valigia abbastanza vestiti per qualche giorno.

Poi l’aveva portata in aeroporto e si erano imbarcati su un volo per Edimburgo*. Bonnie aveva provato a protestare ma il vampiro aveva frenato ogni replica e con un’occhiata l’aveva convinta.

Damon era grato che fosse crollata dopo poche ore. Non avrebbe sopportato gli occhi indagatori della ragazza posati su di lui per capire che cosa avesse in mente.

In realtà Bonnie non era la sola ad essere agitata. Lo stesso Damon non aveva idea di come sarebbe andata a finire. Sperava di farla felice, lo desiderava davvero tanto, ma per quanto lo ritenesse un piano geniale, restava il timore di sconvolgerla più del necessario.

Aveva sequestrato Alaric per tre notti di fila e Meredith non gliel’aveva perdonato. L’ultima notte si era presentata al Pensionato per accettarsi che il suo ragazzo fosse ancora vivo.

Damon si sarebbe risparmiato volentieri le lamentele di Miss Inquietudine, ma Alaric era l’unico che potesse aiutarlo a districarsi nei meandri delle genealogia delle streghe celtiche.

Quando aveva iniziato le sue ricerche, non sapeva nemmeno se ci fosse qualcosa da cercare. Alla fine aveva trovato un nome e da quel nome era risalito all’indirizzo. Da lì era stato facile accertarsi di aver intrapreso la strada giusta.

Si girò un’altra volta verso Bonnie, appisolata con la testa contro il finestrino e le gambe rannicchiate contro il bracciolo del sedile.

Damon si stupì di come riuscisse a dormire in una posizione così scomoda; aveva a disposizione una poltrona allungabile, morbida e accogliente come un letto e lei se ne stava raggomitolata come un gatto.

Invidiò la facilità con cui gli umani trovavano conforto nel riposo; per quante preoccupazioni potessero avere, prima o poi dovevano crollare sfiniti.

Anche i vampiri potevano dormire, la maggior parte delle volte anche molto bene, ma capitava che il peso degli anni portati sulle spalle si facesse più soffocante ed era difficile trovare una via di fuga.

Damon picchiettò le dita sulle ginocchia, annoiato e bevve un sorso dello champagne che gli avevano offerto poco prima. Trattenne una smorfia. Che cosa serviva comprare un biglietto in prima classe se non poteva nemmeno gustare del vino decente!

Sbuffò e allungò le gambe. Non sapeva più come mettersi. Era stufo di stare seduto, si sentiva intorpidito.

Fece vagare lo sguardo sugli altri passeggeri; non erano molti in prima classe. Alcuni sonnecchiavano, altri cercavano di seguire un film. Nessuna distrazione disponibile. Finché un paio di tacchi non gli passarono davanti agli occhi, catturando la sua attenzione. Si diede dello stupido da solo.

Hostess! Ecco la parola magica.

La donna fece una mezza giravolta, chiamata da un passeggero che aveva il posto davanti al vampiro e, dopo aver soddisfatto la sua richiesta, non scordò di lanciare una lunga, maliziosa e provocante occhiata a Damon. Gli diede, poi, le spalle e sparì oltre le tende dell’ala riservata al personale di bordo.

Povere donne. Tutte indistintamente ammaliate dal suo fascino, speranzose di finire tra le sue braccia e convinte di aver vinto alla lotteria quando ricevevano le sue attenzioni. Nemmeno gli serviva l’ipnosi per adescarle. Se solo avessero saputo a cosa stavano andando incontro.

Mors tua vita mea. Ma detto era stato più azzeccato.

Posò il flute sul tavolino e, dopo essersi accertato che Bonnie dormisse ancora, seguì la hostess.

Aveva bisogno di un altro tipo di drink.

Quando riprese il suo posto, la piccola rossa non si era ancora svegliata. Le labbra del vampiro si piegarono all’insù. Aveva tanto sonno arretrato la sua streghetta e finalmente aveva ottenuto la tranquillità per recuperare.

Tuttavia fu costretto a interrompere la sua pace quando arrivò il carrello con il pranzo. La scosse leggermente e lei brontolò, cacciando la testa sotto la coperta.

Damon alzò gli occhi al cielo: certe abitudini non morivano mai.

“Bonnie” la chiamò con voce ferma “Non obbligarmi a strapparti via la coperta”.

La ragazza si girò di scatto fulminandolo con gli occhi.

“E’ ora di pranzo” la informò lui e prese il vassoio che la sua hostess gli stava porgendo e lo passò a Bonnie “Devi ancora riprendere il peso che hai perso nel tuo periodo emo”.

Bonnie piantò la forchetta nella pasta “Scusa se non sono un’insensibile con il cuore ghiacciato come te” lo punzecchiò.

“Hai sempre delle belle parole per me” ironizzò il vampiro “E vedi di finirle tutte” le intimò indicando le penne al ragù che fumavano nel suo piatto.

Bonnie ignorò il suo commento e prese a mischiare la pasta con il parmigiano “Vuoi un po’?” gli offrì.

“No, grazie” declinò lui “Ho già mangiato”.

Il tono con cui lo disse allarmò Bonnie e si guardò intorno intercettando lo sguardo appassionato che una delle hostess stava riservando al vampiro.

Damon!” lo ammonì esterrefatta. Non poteva averlo fatto. Non sull’aereo.

“E’ una vera fortuna che la divisa delle hostess preveda un foulard intorno al collo, non trovi? Direi quasi provvidenziale” commento quanto mai adatto.

Damon” ripeté Bonnie come se stesse rimproverando un bambino.

“Che c’è? Avevo sete!” si giustificò “E’ ancora viva! Sono stati solo un paio di sorsi; giusto per togliermi dalla bocca il sapore di quel pessimo vino!”.

Bonnie non seppe se ridere o piangere, ma il sarcasmo di Damon le impedì di mettere il broncio “Fa’ come ti pare, basta che lasci stare i piloti. Vorrei atterrare sana e salva”.

“Io non vado con gli uomini!” sentenziò lui quasi con tono bigotto. Non era abituato a mordere individui di sesso maschile, a meno non fosse particolarmente in vena di fare stragi o non fosse molto assetato. Preferiva di gran lunga le donne: la caccia era una questione di seduzione, di complicità e di coinvolgimento. Doveva sentirsi in un certo modo in connessione con la sua vittima perché lo scopo era trarne massimo piacere e, quando era di buon umore, anche donarlo.

“Anche se questo aereo dovesse cadere, ti salveresti lo stesso” la tranquillizzò “Sono i vantaggi di avere un accompagnatore immortale. Considerami la tua assicurazione sulla la vita”.

Bonnie alzò un sopracciglio per niente convinta “Curiosa definizione per uno che di solito la vita la toglie!” osservò.

“Nulla da obiettare a riguardo” fu la serafica replica di Damon.

La ragazza prese un’altra forchettata di penne, nascondendo un sorriso. Era da parecchio che non riusciva a scherzare con Damon in quella maniera. Le erano mancate le loro battutine, le era mancata la confidenza con cui erano soliti punzecchiarsi. Forse non avrebbe dovuto cedere così in fretta. I dubbi su Damon c’erano ancora e niente poteva cancellare ciò che aveva fatto. Non poteva, però, portargli per sempre rancore; anche lei avrebbe dovuto fare uno sforzo, avrebbe dovuto mantenere la promessa fattagli qualche tempo prima: cercare di capirlo.

Il mondo dei vampiri funzionava secondo regole totalmente diverse da quelle cui era abituata. Non era una scusante, Bonnie non avrebbe accettato e basta; non le importava che la loro concezione della vita si discostasse parecchio da quella delle persone normali. Non si sarebbe adeguata accondiscendente; ma lei e Damon dovevano trovare un punto di contatto, trovarsi a metà strada; una sorta di compromesso. E da quanto la giovane poteva constatare, il vampiro aveva già compiuto molti passi avanti; ora toccava a lei.

Si perse nella visione di un film; non era molto interessata soprattutto per via dello schermo un po’ piccolo e degli auricolari che continuavano a saltarle via dalle orecchie. Probabilmente si abbioccò pure un paio di volte, l’ultima proprio sul finale. Venne destata dalla musica dei titoli di coda.

Si stiracchiò il collo, torcendolo alla sua sinistra e notò che il sedile di Damon era vuoto. Bonnie gelò. Dov’era finito?

Perlustrò il corridoio di prima classe ma non vi trovò traccia. Non poteva essere andato in bagno; i vampiri non avevano certi bisogni.

Si diresse nella zona riservata alle hostess per chiedere se qualcuno lo avesse visto e se si potesse chiamare all’auto parlante. Si fermò un attimo prima di attraversare le tende tirate. Un gemito.

Immediatamente Bonnie colse cosa stesse accadendo. La cosa più sensata sarebbe stato tornare al proprio posto e lasciare che Damon si nutrisse, ancora.

La curiosità prese il sopravvento. Inizialmente la ragazza pensò di interromperli e salvare quella povera donna dalle grinfie del vampiro. Una volta, ok. Ma due erano troppe.

Quando, però, scostò il tessuto blu della tenda rimase incantata dalla scena che le si presentò: la donna era appoggiata al muro dietro di lei, la testa leggermente inclinata, una mano nei capelli di Damon, gli occhi chiusi e il labbro inferiore serrato tra i denti a trattenere i mugolii di piacere. Lui la teneva possessivamente per la vita mentre succhiava lentamente il suo sangue. Non era un gesto brutale come Bonnie se l’era sempre immaginato. Non poteva dire nemmeno che fosse delicato o gentile, ma comunque trasmetteva un qualcosa di allettante e coinvolgente. Damon si stava comportando da perfetto amante: non mancava di accarezzarle i fianchi o di muoversi sensualmente contro di lei, stuzzicando le voglie fisiche della donna. Era una vera scarica erotica.

Le uniche volte che Bonnie aveva rischiato di essere morsa, erano state terrificanti, preludio di qualcosa di orribile e assolutamente doloroso. Soprattutto quando i canini di Christopher le avevano sfiorato il collo, Bonnie si era figurata la sua pelle completamente squarciata, un male indescrivibile.

In quel momento scopriva che esisteva un altro modo di vivere quell’esperienza, un modo che non sarebbe stata restia a provare.

Era quello che Elena provava quando Stefan la mordeva? No, non poteva essere. Loro si scambiavano il sangue ed era una connessione immensamente superiore. Però anche il godimento mostrato da quella hostess non sembrava di poco conto.

Non appena Damon si staccò dalla sua gola, Bonnie si riscosse. Aveva visto il vampiro tendersi, segno che aveva percepito di non essere solo. La rossa mollò d’istinto la tenda che tornò a coprirli e corse al suo posto. Scappò via perché non voleva vedere il viso di Damon trasfigurato dai tratti vampireschi; quello non lo avrebbe proprio sopportato.

L’uomo imprecò a bassa voce scorgendola fuggire; l’ultima cosa di cui aveva bisogno, era venire beccato all’opera. Era certo di averla lasciata addormentata, non aveva previsto che sarebbe andata a cercarlo.

Si ripulì la bocca, cancellò la memoria alla donna e si precipitò ad inseguirla.

“Bonnie …” le disse sedendosi sulla sua poltrona.

La ragazza tenne lo sguardo verso il finestrino.

“Bonnie …” riprovò.

Lei alzò la mano come per liquidare il fatto “Non preoccuparti” mormorò “E’ stata colpa mia”. Ed era vero! Se non si fosse impicciata.

Damon temeva di averla turbata, spaventata, ma non aveva idea di ciò che avesse provocato nell’animo della rossa.

Bonnie era sì turbata, ma non per il motivo presunto dal vampiro. Era rimasta scioccata da ciò che aveva provato: non disgusto o disprezzo, come avrebbe dovuto; solo una gran voglia di essere al posto della hostess.

Passarono il resto del viaggio in silenzio.

 

“Con che coraggio si fanno vedere in giro?” sbottò Caroline mentre il suo sguardo lanciava dardi infuocati verso Tyler e Layla seduti ad un tavolo poco distante.

“Perché non dovrebbero? Non hanno legami con nessuno, loro” precisò Meredith calcando parecchio sull’ultima parola. Caroline doveva decidersi una volta per tutte a farsi da parte. Era talmente presa da Tyler da sembrava una fidanzata inacidita e gelosa del proprio ragazzo. Solo che tale ragazzo era Matt, non Tyler. E Matt era seduto in quel momento con loro, con un’espressione da funerale.

“Lo sta palesemente raggirando! Anche un idiota lo capirebbe” continuò Caroline ignorando del tutto il commento dell’amica.

“Forse dovresti lasciarli in pace” suggerì Matt con tono neutro, ma in realtà stentava a trattenere lì irritazione “Ti attirerai l’antipatia di Layla e porterà solo guai considerando cosa siete”.

“Adesso è diventata Layla anche per te?!” esclamò lei incredula.

“E’ il suo nome, come dovrei chiamarla?”.

La cagna. Pensò malignamente Caroline ma si morse la lingua per non fiatare.

“Voi non sapete cosa mi ha detto Tyler! Non sembrava nemmeno lui”.

“Lo sappiamo” la corresse Meredith “Avete urlato davanti a tutta la scuola”.

“Volevo controllarlo e non aiutarlo! Come ha potuto dire una cosa del genere?! Dopo che è venuto da me piangendo perché non sapeva come affrontare la trasformazione” trillò Caroline in un crescendo di rabbia “Ho quasi rischiato di morire per aiutalo! Tu c’eri, l’hai visto” puntò il dito verso Matt.

“Abbiamo tutti rischiato di morire” puntualizzò lui “E Tyler era soltanto arrabbiato, sa benissimo che il tuo scopo era solo aiutarlo. Adesso, però, gli do ragione: stai cercando di controllarlo”.

Meredith chiuse lentamente gli occhi; rassegnata ad un’imminente litigata. Era chiaro che Matt non fosse più disposto a sopportare.

Caroline, d’altro canto, spalancò gli occhi indignata e allibita. Ci mancò poco che divenisse rossa come un peperone e che le sue orecchie cominciassero a fumare.

“Non lo sto controllando, sto cercando di tenerlo lontano dai guai”.

“No, Care, vuoi controllarlo” ribadì Matt “Non ti fidi di lui; credi che potrebbe passare dalla loro parte. Ma sai una cosa? Se continuerai a comportarti così, non farai altro che spingerlo tra le sue braccia. E di sicuro questa è una cosa che non vuoi” ora il tono si era fatto molto più freddo.

Si alzò e dopo aver salutato Meredith se ne andò.

Lo sguardo sbalordito di Caroline lo seguì fino a quando non fu uscito dal Grill, poi ritornò sull’amica che la fissava con un sopracciglio alzato.

“Cosa gli è preso?” domandò Care.

“Dopo tutti questi anni a flirtare con i ragazzi dovresti essere più esperta in materia” le fece notare la mora.

“Ok, Mere, se hai intenzione di parlare per enigmi …”.

“Non ci vuole Sherlock Holmes per capire che Matt è geloso di te che sei gelosa di Tyler”.

Caroline si prese qualche secondo per rielaborare le parole di Meredith. Sherlock Holmes o no, quello che aveva appena ascoltato era fuori da ogni logica.

Matt non poteva essere geloso per via di Tyler, perché lei non era gelosa di Tyler. Ragionamento semplice e lineare, senza rischi di fraintendimenti.

“E’ impossibile” sentenziò “Non ne avrebbe motivi”.

“Davvero?” la punzecchiò Meredith “Perché a me sembra proprio che tu non possa sopportare quella Layla vicino a Tyler”.

“Infatti non la sopporto!” confermò Caroline con enfasi “Lo sta manovrando a suo piacimento, ecco perché non mi piace”.

“Mmm” Meredith mugugnò qualcosa poco convinta.

“Matt non penserebbe mai una cosa simile!” s’intestardì la ragazza “Abbiamo già affrontato questo argomento e ho messo in chiaro che per me esiste solo lui”.

“Forse dovresti ripeterglielo allora” le consigliò Meredith “E fallo il prima possibile prima che Matt si stufi e ti sbatta la porta in faccia”.

“Adesso sei ingiusta” si lamentò l’altra “E cattiva”.

“Sono sincera” replicò semplicemente Meredith “Matt è rimasto già scottato da Elena e non ha bisogno di trovarsi ancora in una storia complicata. L’hai sognato per una vita, perché non riesci a stare con lui senza pensare agli altri?”.

“Ora mi stai dipingendo come una poco di buono” fu la risposta “E non penso a nessun altro. Tyler è solo un amico”.

“Io ti credo” le assicurò Meredith “Ma immaginati la situazione a parti invertite: come ti sentiresti se Matt continuasse a parlare di Elena e a preoccuparsi per tutto il suo coinvolgimento nelle faccende dei vampiri?”.

Caroline si zittì di colpo. Si sarebbe sentita da schifo, si sarebbe sentita ancora la seconda scelta e soprattutto non sarebbe stata sicura dell’amore di Matt.

Il suo cruccio s’intensificò quando si accorse di non avergli mai detto quelle famose due parole. Perché? Davvero nel profondo pensava a qualcuno che non fosse lui? No, impossibile. C’era solo Matt nel suo cuore, di ciò era certa.

“Io non parlo sempre di Tyler” disse un po’ stupidamente “O sì?”.

“Care sei ossessionata da lui e Layla insieme. È il tuo unico argomento di conversazione. Per colpa tua avete pure litigato”.

“Non mi piace Tyler, non in quel senso” specificò Caroline “Mi ci sono affezionata e non voglio che gli capiti niente di male. Da quando è arrivata quella lì, lo vedo cambiato e vorrei solo capire che cosa gli sta succedendo” spiegò “Ma sono innamorata di Matt”.

“Allora faresti meglio a dirglielo”.

 

Bonnie fu veramente grata di rimettere piede sulla terra dopo dieci ore di volo. Dieci ore di volo soffocanti.

Damon non aveva fatto altri spuntini durante il viaggio e aveva tenuto gli occhi ben puntati sui suoi piedi per evitare d’incrociare gli sguardi invitanti delle hostess e di cadere nuovamente in tentazione.

Non aveva avuto alcuna intenzione di inquietare Bonnie, anzi la sua intenzione era stata proprio quella di evitare incidenti successivamente. Erano diretti in un luogo lontano dai centri abitati, dove al massimo avrebbe potuto incontrare qualche pecora e, dato che si rifiutava categoricamente di seguire la dieta Stefan, aveva provveduto a nutrirsi sufficientemente.

Non credeva davvero che Bonnie sarebbe spuntata proprio nel mezzo della sua caccia. Quello era il genere d’impulsività che in futuro avrebbe dovuto imparare a controllare. Non solo per la rossa, ma anche per Elena.

Se avesse ottenuto finalmente la possibilità di stare con la sua principessa, avrebbe dovuto fare attenzione a non rovinare tutto.

Elena non avrebbe certo approvato i suoi metodi, non avrebbe accettato di buon grado di condividere la vita con chi si faceva beccare a compiere un gesto così sconsiderato. Non si sarebbe accontentata di uno qualsiasi. Lei voleva l’uomo migliore.

Osservò Bonnie, che se ne stava davanti al rullo in attesa dei bagagli. Osservò come i suoi capelli rossi contrastassero con l’azzurro chiaro della camicia che portava. Osservò come piano, piano stesse ritornando a riempire i Jeans che fino a una settimana prima le stavano tremendamente larghi. La osservò mettersi in punta di piedi per avere una migliore visuale. La osservò e basta.

Da qualche tempo aveva scoperto quanto fosse piacevole studiarla. In tutti quegli anni gli erano sfuggiti un sacco di dettagli: si mordeva le pellicine e non le unghie, stava spesso con la mano destra in tasca, ogni due secondi spostava i capelli di lato. Cose irrilevanti, semplici gesti ripetuti, ma Damon ne era rimasto lo stesso affascinato. Aveva avuto quella piccola pulce in casa per anni eppure non l’aveva mai conosciuta fino in fondo.

Certo, poteva con una certa sicurezza arrogarsi il merito di essere l’unico a capirla veramente, ma ormai non gli bastava più. Voleva sapere ogni singola cosa riguardo Bonnie, ogni aspetto e non si sarebbe mai stancato. Perché, per quanto potesse sembrare assurdo, quella ragazzina aveva ben poco di ordinario.

Damon soffocò una risata quando la vide cercare di prendere una delle valigie. Solo una testa cocciuta come la sua avrebbe potuto pretendere di sollevare un trolley più pesante di lei.

Bonnie posò a fatica il bagaglio a terra e si allungò per afferrare l’altro, ma una mano s’intromise nel processo. Si voltò trovandosi di fianco Damon che senza sforzi tirò giù anche l’altra valigia. Le scoccò un’occhiata tronfia poi, con un trolley per mano, prese a trascinarli verso l’uscita, facendo cenno alla giovane di seguirlo. Che fosse stato un vampiro o no, rimaneva comunque l’uomo e un po’ di galanteria non guastava mai. Non avrebbe mai fatto portare ad una ragazza (specialmente mingherlina come Bonnie) le valigie.

Una volta fuori dall’aeroporto di affrettò a fermare un taxi e a consegnare i bagagli all’autista perché li caricasse.

A quel punto Bonnie, però, si rifiutò di salire “Mi hai tirata giù dal letto a notte fonda, mi hai detto di preparare una valigia, mi hai fatta salire su un volo per Edimburgo e io ho accettato, ma non muoverò un altro passo se non mi dici dove stiamo andando”.

“Possiamo parlarne quando saremo arrivati?” propose Damon aprendo la portiera.

“No, adesso”.

Come faceva uno scricciolo alto a stento un metro e sessanta ad essere così autoritario?

Damon chiese al tassista di aspettarli in macchina e si rivolse a Bonnie. Avrebbe voluto dirglielo in un momento più opportuno ma non aveva scelta “Ho fatto delle ricerche sulla tua vera famiglia. Non è stata tutta sterminata la notte in cui ti trovai. Il tuo cognome è McCullough e hai ancora una nonna che abita qui, ad Edimburgo”.

Per Bonnie ogni parola fu un colpo e sulle prime non seppe se voler abbracciare Damon o ucciderlo. Prevalse la seconda.

“E tu mi hai portato qui senza dirmelo?!” esclamò socchiudendo gli occhi.

“Mi avresti seguito se ti avessi detto dove stavamo andando?”.

“Certo che no!” Bonnie confermò tutti i suoi sospetti “Tu sei pazzo! Io non sono pronta a incontrare mia nonna. Mia nonna” ripeté incredula “Nemmeno sapevo di avere una nonna fino a cinque minuti fa. Quando me lo avresti detto, davanti a casa sua?”.

“L’idea era quella di metterti davanti al fatto compiuto” ammise il vampiro.

“Non salirò su quel taxi” si oppose lei, dandogli le spalle e iniziando a camminare verso l’aeroporto di nuovo.

“Sissi!” la richiamò Damon bloccandole la strada “Non sarai mai pronta per una cosa del genere. Se te l’avessi detto, avresti continuato a rimandare e alla fine ti saresti rifiutata!”.

“Infatti è proprio quello che ho in programma di fare” s’intestardì lei “E’ troppo per me, Damon. Non saprei neanche come comportarmi … io … io …” cominciò ad annaspare in cerca delle parole.

“Ehi, coraggio, respira” la calmò Damon mettendole le mani sulle spalle “Respira”.

Bonnie abbassò il capo mortificata e temette che da un momento all’altro le sarebbe venuto un attacco di panico.

“Nessuno ti obbliga a farlo, Sissi” mormorò lui “Ma penso che sarebbe solo un bene. Dovresti fare un tentativo. Non so quando ti ricapiterà l’occasione” con tutto quello che stava accadendo tra Klaus e i lupi mannari, Damon sospettava davvero che non avrebbe più avuto modo di ritrovare i suoi cari.

“Perché lo stai facendo?” gli domandò Bonnie.

“Perché ti ho tolto l’ultimo membro della famiglia che ti fosse rimasto” rispose Damon senza esitare “E sto cercando di rimediare a quel vuoto”.

Non poteva riportare in vita Zach, ma poteva dare a Bonnie la possibilità di ritrovare una parte della sua famiglia. Aveva agito in quel modo così impulsivo e fulmineo proprio per non darle possibilità di sottrarsi. Forse era stata l’ennesima mossa stupida, ma sinceramente non vedeva altra maniera.

Lo sguardo della rossa si addolcì. Capiva che Damon fosse piuttosto impacciato nelle questioni emotive ed evidentemente aveva fatto del suo meglio.

Una nonna. Pensò con un moto di tenerezza. Ho una nonna. E per quanto la cosa la spaventasse a morte, tuttavia il suo cuore si riempì di gioia.

Cedette alla richiesta di Damon e s’infilò con lui sul taxi.

Non si rese conto di quanto l’avesse scioccata quella notizia fino a quando non si trovarono di fronte alla casa.

Era situata parecchi chilometri fuori Edimburgo, totalmente immersa nella campagna. Damon immaginò che per una strega celtica il contatto con la natura fosse fondamentale.

Bonnie, d’altro canto, aveva speso molto meno tempo ad ammirare il panorama. Teneva lo sguardo fisso sulla villetta, titubante. Aveva le mani sudate e il respiro corto. Il suo cuore batteva così forte che le parve di averlo in gola.

Non poteva farlo. Non poteva farlo.

Due mesi prima era convinta che Zach fosse suo fratello, che fosse vivo, che Damon e Stefan fossero i suoi zii naturali e che i vampiri esistessero solo nei libri. Poi tutto era stato smentito, ribaltato. La sua vita era cambiata. Aveva scoperto di essere stata adottata, di essere una strega speciale e che un vampiro aveva ucciso tutta la sua famiglia. Ed ora veniva pure a sapere di avere una nonna.

Una nonna che abitava in quella casa bianca che si stagliava di fronte a lei e da cui non poteva più scappare.

Era troppo. Troppo da sopportare. Troppo da gestire.

Cosa sarebbe successo una volta che avesse bussato alla porta? E se non l’avesse riconosciuta? O peggio se non l’avesse accettata? Bonnie non poteva permettersi un altro rifiuto.

Scosse la testa e fece qualche passo indietro. La sua schiena si andò a scontrare con un petto immobile e duro come la pietra.

“Non ci provare neppure” le soffiò Damon nell’orecchio “Fifona”.

Bonnie fece una giravolta “Per favore” lo supplicò “Non ci riesco. Portami via”. Forse lo avrebbe anche convinto, ma la porta di casa si aprì alle sue spalle e una voce piuttosto emozionata pronunciò il suo nome “Bonnie”.

Gli occhi imploranti della ragazza non lasciarono quelli del vampiro che per un attimo pensò davvero di aver fatto un’altra cazzata.

Grazie a Dio, Bonnie si decise a voltarsi per affrontare sua nonna, in piedi sulla soglia ad aspettarla.

Ci furono istanti di silenzio, in cui nessuno dei tre ebbe il coraggio di proferire parola. Fu proprio l’anziana donna a togliere tutti dall’imbarazzo.

“Ti sembrerò una totale sconosciuta” le disse “Non avevi nemmeno un anno l’ultima volta che ti ho tenuto in braccio; non puoi ricordarti di me”.

In realtà il suo volto non risultava completamente estraneo alla ragazza. Le parve di averlo già visto come in un fotogramma. La sua memoria non riuscì a risalire a niente di definito, i contorni dei suoi ricordi erano molto sfumati, però quel viso … quel viso le risultava famigliare.

“Non stati lì fuori, si sta facendo buio. Entrate” li invitò la donna e fece loro strada verso il salone “Immagino che vorrete riprendervi dal fuso orario. Vi mostro le vostre camere, così potrete rinfrescarvi … voglio dire …” si accorse solo allora di aver fatto il passo più lungo della gamba “Vi fermate qui a dormire?”.

Bonnie gelò sul posto e guardò Damon in cerca di aiuto. Non era certa di voler rimanere in quella casa. Stava accadendo tutto troppo in fretta.

“E’ la rossa che decide” rispose il vampiro. Le aveva già fatto troppa pressione per obbligarla a passare la notte nella stessa casa in cui una volta aveva vissuto sua madre. Voleva farle sapere che sarebbe bastata una sola parola e lui l’avrebbe riportata a Fell’s Church. Sperava, però, che la ragazza scegliesse diversamente, perché l’avrebbe aiutata più di quanto s’immaginava.

Bonnie riportò l’attenzione sull’anziana che poi tanto vecchia non sembrava; probabilmente grazie a qualche incantesimo: il suo sguardo era fiducioso e pieno di affetto. Era facile capire che avere lì la nipote fosse il regalo più bello che avesse ricevuto in tanto tempo.

Bonnie non ebbe il cuore di deludere le sue aspettative; così accolse la sua proposta con un sorriso un po’ forzato e si lasciò accompagnare verso la sua camera. Declinò, però, l’invito di scendere a cena: aveva bisogno di stare da sola e le si era chiuso lo stomaco.

Disse alla donna che si sarebbero viste la mattina dopo. La notizia rattristì la nonna ma cercò di non darlo a vedere. La salutò gentilmente e la lasciò sola.

“Stai bene?” domandò Damon appoggiandosi allo stipite della porta.

Bonnie continuò a guardare la finestra e annuì poco convinta “Non so neanche  il suo nome”.

“Come?”.

“Non so come si chiami mia nonna”.

“Sheila**” disse Damon “Il suo nome è Sheila” tentennò ancora qualche istante sulla porta e poi le diede la buona notte “Se hai bisogno di me, sono in fondo al corridoio. Credo che tua nonna non si fidasse a darci le camere vicine. Le solite paranoie di voi streghe” si lamentò.

Bonnie ridacchiò e aspettò che se ne fosse andato prima di chiudere la porta e spogliarsi. Si buttò sotto la doccia, si mise il pigiama e si lasciò sprofondare sul materasso. Come c’era da immaginarsi, il sonno non arrivò subito, anche se fisicamente si sentiva distrutta.

Sapeva di non poterla più scampare: il giorno dopo avrebbe dovuto affrontare sua nonna e tutto ciò che ne sarebbe conseguito.

Era contenta di averla trovata? Sì, ma anche spaventata. Le sembrava tutto così surreale, così tremendamente da soup opera. Avrebbero potuto scrivere un libro sula sua vita e farci anche un film o forse sarebbe stata meglio una telenovela. Molti colpi di scena, momenti strappa- lacrime, un pizzico di sovrannaturale. Avrebbe fatto invidia agli show più famosi sui vampiri.

Ma non si trattava più di vampiri; si trattava di lei che si era appena ricongiunta con un membro della sua vera famiglia.

Non si era mai chiesta se qualcuno dei suoi parenti fosse ancora vivo, non ci aveva proprio dato peso. Non poteva dare tutta la colpa alle disgrazie che le erano capitate dopo aver scoperto la verità; lei stessa infatti non ci aveva mai pensato. Forse perché aveva paura che chiedendo e cercando, tutto sarebbe improvvisamente divenuto reale e avrebbe spazzato via gli anni passati a credere di essere una Salvatore.

Le era piaciuto far parte di quella famiglia: aveva avuto dei bravi genitori e un fratello adorabile che non avrebbe scambiato per niente al mondo. Non aveva sentito la necessità di crearsi una nuova famiglia … perché non voleva che sostituisse quella vecchia.

Tutte scuse, tutte esitazioni e dubbi che avevano solo il risultato di ritardare il confronto con la realtà delle cose: Bonnie non era una Salvatore. O meglio quello costituiva solo una parte di lei; i McCulluogh completavano l’equazione.

Bonnie era il frutto di due famiglie. Sapeva perfettamente ricondurre le sue radici nell’albero dei Salvatore, ma quanto aveva anche dei McCuclluogh?

La magia proveniva da loro, quella magia che ormai riconosceva come sua e di nessun altro. Le appariva difficile immaginare se stessa senza.

Damon aveva ragione: conoscere sua nonna era solo un bene. Magari tutto le sarebbe parso più chiaro, magari avrebbe trovato il pezzo mancante che finalmente l’avrebbe aiutata a superare il passato.

E con quell’ultimo pensiero la stanchezza la colse.

Si risvegliò la mattina dopo, tardi. Quasi all’una. Si stupì di aver finalmente potuto godere di un sonno tranquillo senza sogni. Si lavò e vestì in fretta e scese pronta per parlare finalmente con sua nonna.

Sheila era in cucina e stava ritirando le ultime stoviglie che aveva usato per il pranzo. Quando la vide, il suo volto s’illuminò “Buongiorno!!”.

“ ‘Giorno” rispose la ragazza “Damon?”.

“E’ andato a fare un giro … spero che non uccida nessuna delle mie pecore” guardò fuori dalla finestra un po’ preoccupata.

“Oh no, non è Stefan” la battuta le venne spontanea ma la donna non poté afferrarla.

“Hai fame? Posso farti quello che vuoi!”.

“Mi bastano un po’ di tè e dei biscotti”.

“No, signorina!” replicò la donna con un trillo “Il tuo vampiro mi ha dato precise indicazioni di farti mangiare e non posso dargli torto. Sei troppo sottile!”.

Bonnie si chiese perché tutto volessero farla passare per l’anoressica di turno. Era ancora scossa dal viaggio e da quella novità e non aveva molta fame. Tutto lì. Comunque si arrese alle cure di Sheila che si mise a preparare una colazione inglese con i fiocchi.

“D’altronde penso sia la tua costituzione. Anche tua madre era un grissino”.

L’attenzione di Bonnie si risvegliò dopo quel commento su sua madre. Sheila parve accorgersene “Puoi giurarci, bambina” rise “E avete anche gli stessi occhi, anche se i tuoi sono un po’ più grandi”.

“Non ho visto sue foto in giro …”.

“Le ho messe via dopo … l’incidente. Faceva troppo male vederla bloccata dietro una lastra di vetro”.

“Come si chiamava?” era così strano parlare della donna che l’aveva messa al mondo e non sapere nemmeno il suo nome.

“Gwen, è celtico. Significa luminosa. E tuo padre Percy”.

“Avete vissuto sempre qui?”.

“Sì, la tua camera era la sua e quello che ho dato a Damon è di tuo zio”.

“Ho uno zio?” Bonnie strabuzzò gli occhi.

Sheila annuì mentre metteva su un piatto il bacon e due uova strapazzate, accompagnate da pane tostato “Vive con la sua famiglia in Svizzera. Non sapevo se avvertirlo, ma ho ritenuto che fosse meglio aspettare. Credevo non avessi voglia di avere troppa gente intorno”.

“Hai fatto bene” la rassicurò Bonnie assaggiando il cibo “E come mai i miei genitori hanno deciso di trasferirsi a Fell’s Church?”.

“Tua madre ha conosciuto tuo padre mentre frequentavano l’università. Si sono sposati molto giovani, poi lui ha ottenuto un lavoro a Fell’s Church”.

Per alcuni minuti l’unico rumore fu il tintinnio della forchetta sul piatto. Erano entrambe in imbarazzo perché sapeva dove le avrebbe condotte quella conversazione ma nessuna della sue voleva essere la prima a parlarne.

Oltre ogni aspettativa, fu proprio Bonnie che toccò quell’argomento scottante “Perché non mi hai mai cercato?”.

“Io ti ho cercato, bambina” disse subito la donna “Non hai nemmeno idea di quanto io ti abbia cercata, ma a quanto pare il tuo vampiro ha fatto un ottimo lavoro a nasconderti. Stento ancora a credere che tua madre abbia affidato la tua vita ad uno di loro”.

“Damon non è uno di loro” le venne istintivo difenderlo. Non le piaceva che fosse confuso con la marmaglia di vampiri che popolavano il mondo. Damon aveva tanti difetti ma aveva anche dimostrato di poter diventare migliore.

“Mi dispiace, non voglio giudicare” si scusò sinceramente Sheila “Dopo quello che è successo a Gwen non riesco a essere molto obiettiva”.

“Perché è stata uccisa? Perché sono stati tutti uccisi?”.

“Tu sei speciale, Bonnie. Non sei una semplice strega, ma hai un Potere immenso e molto raro e chiunque sarebbe praticamente invincibile se ti avesse dalla propria parte. Molti ti vorrebbero con loro”.

“Ma qualcuno è arrivato prima degli altri” proseguì Bonnie per lei.

“Tua madre non aveva mai creduto molto nella magia, cercava d’ignorarla, voleva essere come tutti gli altri, ma io avevo insistito per insegnargliela. Non la praticava molto spesso però sapeva riconoscerla e percepì subito il tuo Potere durante la gravidanza. Quando tuo padre le propose di trasferirsi in un paesino nella Virginia, lei accettò subito perché pensava che fosse più sicuro, pensava di poterti nascondere. Facemmo costruire una stanza segreta sulla fondamenta della vecchia casa per precauzione, in caso ci fosse stato bisogno di ulteriore protezione per tutti voi” spiegò la donna “Suppongo che quella notte ci sia stato il tempo di nascondere solo te, suppongo che tua madre sia tornata dalla sua famiglia per cercare di difenderla. Non posso essere sicura di come siano andate le cose, posso solamente fare ipotesi. Ho preso il primo volo per Richmond e mi sono precipitata in quella casa, in quella stanza convinta di trovarti ma tu non c’eri” raccontò con un moto di commozione “Piansi perché vi avevo persi tutti. Se non vi avessi lasciati partire, forse avrei potuto fare qualcosa, ma avevo fallito; ero una madre che non era stata capace di proteggere la propria figlia. Per anni ho creduto che foste tutti morti, poi ho avuto una visione: una bambina di cinque anni al massimo, con i capelli rossi. Ti ho riconosciuta subito; non so nemmeno io come, non ti vedevo da quando eri una neonata, ma certe cose una nonna le sente. E ho cominciato a cercarti senza fortuna, finché non ho ricevuto una telefonata da Damon”.

Bonnie ascoltò ogni singola parola e solo alla fine si accorse di avere gli occhi lucidi. Divisa tra il senso di colpa per  aver attirato il male contro la sua famiglia e la rabbia verso l’essere che aveva causato così tanto dolore.

“Io … ho scoperto da poco la verità” sentì quasi il bisogno di giustificarsi per avere aspettato così tanto a farle visita.

“Damon mi ha spiegato tutto. Non sono una grande fan dei succhia sangue ma devo ammettere che il tuo vampiro ti ha protetta nel modo migliore”.

Perché continua a chiamarlo il mio vampiro? Si accigliò Bonnie. Non era abituata a considerare Damon suo; le pareva troppo romantico e totalmente fuori luogo considerata la loro strana relazione.

“Posso vedere delle foto?” chiese lei incerta. Non desiderava turbare la nonna più di quanto già non fosse, però aveva davvero voglia di vedere il volto di sua madre, di suo padre e delle sue sorelle. Non le piaceva l’idea di piangere per persone invisibili, era stufa di immaginarsele e basta, le serviva qualche prova della loro esistenza. E allora, forse, sarebbe stata in grado di accettare le sue vere origini.

“Ho un album in camera mia” asserì Sheila “Te lo posso portare”.

“Grazie” sorrise Bonnie.

“C’è qualcuno che ti sta insegnando come gestire i tuoi Poteri?”.

“Oh sì!” rispose Damon apparendo improvvisamente in cucina facendo sobbalzare dallo spavento la nonna di Bonnie. La ragazza non si scompose; ormai ci aveva fatto l’abitudine. “Ci sta pensando la Grimilde*** di Fell’s Church, vero Sissi?” la canzonò “Racconta alla tua nonnina di come sei brava con l’incantesimo friggiamo il cervello di Damon” la incitò ironicamente.

“Hai imparato a produrre un aneurisma?!” esclamò sbalordita Sheila “E l’hai usato su di lui?” indicò il vampiro. “Sei proprio mia nipote!”.

E alla faccia offesa, per nulla divertita, di Damon, Bonnie non poté fare a meno di scoppiare a ridere.

 

Aprì gli occhi a fatica. Li sentiva stanchi e, seppur le palpebre fossero alzate, continuava a vedere nero.

Le ci volle qualche secondo per capire che non dipendeva da lei, ma dalla stanza immersa nel buio. Bonnie si tirò seduta lentamente, usando le mani per tastare il pavimento in cerca di qualcosa che le potesse dire dove si trovasse.

Si mise in piedi e provò a scorgere qualcosa nell’oscurità ma ogni tentativo fu vano. In quel momento la supervista avrebbe fatto davvero comodo.

Un urlo agghiacciante la immobilizzò sul posto e lei alzò d’istinto gli occhi verso il soffitto da qui provenivano le grida.

Sebbene il suo buon senso le suggerisse di fare il contrario, Bonnie iniziò a muoversi per la stanza, strisciando principalmente lungo il muro, per cercare qualcosa che prima di tutto le permettesse di uscire da quel posto e secondo che le facesse raggiungere il piano superiore.

Trovò infine quella che sembrava una scala di ferro e cominciò a salire i gradini, tenendo le mani sulla propria testa in attesa di entrare in contatto con una porta o una botola. Quando toccò la superficie dura di legno, spinse leggermente e finalmente un raggio di luce la illuminò.

Il suo capo fuoriuscì con estrema cautela dalla botola per valutare la situazione. Era finita in un salotto e a prima vista appariva deserto.

Poteva ancora sentire le grida di paura e disperazione provenire dall’altro lato della parete, probabilmente l’ingresso.

Bonnie richiuse la botola sotto di sé e si guardò intorno, pensando ad un piano per aiutare chiunque fosse in pericolo, senza farsi scoprire.

Ma tutti i suoi buoni propositi svanirono non appena si accorse di non essere sola nella stanza: seduta sul divano, stava una bambina con i capelli rossi e gli occhi chiari. Non dava segni di averla vista; anzi, benché il suo sguardo puntasse dritto verso di lei, sembrava trapassarla, troppo concentrato sulla porta socchiusa. Quella bambina doveva essere davvero impaurita per via delle continue urla.

Sapeva che stava succedendo qualcosa di brutto ai suoi genitori, ma aveva troppo timore per andare a vedere che cosa stava succedendo.

Bonnie provò a parlarle, ad attirare la sua attenzione ma non servì a nulla. Pareva invisibile. E solo allora capì di essere in un sogno. No, in un incubo. Stava rivivendo lo sterminio della sua famiglia.

Tutto combaciava: la botola in cui era stata nascosta, quella bambina (sua sorella) che le assomigliava così tanto. Si girò con estenuante lentezza verso il punto da cui arrivavano le grida: oltre quella porta stava avvenendo lo scempio che l’avrebbe resa orfana, oltre quella porta un vampiro stava uccidendo la sua mamma.

Aveva il coraggio di attraversare la soglia e vedere in faccia il bastardo che le stava rovinando la vita? Che stava stroncando una famiglia intera?

No, ma sarebbe andata lo stesso. Voleva scoprire il colpevole. Era come se i suoi Poteri le stessero dando la possibilità di rivivere quel momento per  vendicarsi.

Si diresse verso la porta e l’aprì rivelando l’ingresso: una donna era a terra con una ferita sul collo. C’era una figura, ma Bonnie non fece nemmeno in tempo a posarci sopra gli occhi, perché essa scattò come una furia verso di lei, sbattendola indietro, di nuovo in salotto, e gettandosi sull’ultima bambina rimasta.

La sentì urlare per mezzo secondo prima che fosse completamente prosciugata. Quando Bonnie si voltò, il vampiro era sparito e aveva lasciato sua sorella stesa scompostamente sul divano.

Bonnie si precipitò verso di lei, incespicando sui suoi stessi piedi.

Non sapeva come comportarsi; avrebbe voluto abbracciarla, ma aveva paura di spezzarla in due; era talmente piccola.

“Mary” sussurrò accarezzandole i capelli, mentre due grosse lacrime le scendevano sulle guance. Aveva capito subito che si trattava di Mary, era stato come un istinto.

Incominciò a piangere, sentì il cuore accartocciarsi. Non le importava dove fosse finito l’autore di tutto ciò, probabilmente in qualche parte della casa a cercarla invano. La sua famiglia si era sacrificata per proteggerla da quell’essere orribile; tutta la sua famiglia e Bonnie non poté fare a meno di ritenersi in parte responsabile.

Voleva che quell’incubo finisse, voleva tornare alla realtà, in Scozia, dove le era rimasta ancora una parente, voleva porre fine a quella tortura, ma non riusciva. Chiudeva gli occhi sperando di svegliarsi, eppure ogni volta si ritrovava di nuovo in quel salotto, con sua sorella davanti.

Improvvisamente le mani di qualcuno la presero per le spalle e la inchiodarono al muro. Bonnie gemette per la botta alla schiena.

“Ti hanno nascosta per bene” le sibilò una voce.

Bonnie cercò di distinguere il volto dell’uomo di fronte a lei, ma non ci riuscì. Aveva la vista appannata e stanca e non poteva mettere a fuoco.

“Sai che prima o poi ti troverò, vero?” continuò a minacciarla “Verrò a prenderti e non potrai fare niente per impedirlo. Se mi combatterai, ucciderò tutti quelli cui tieni. L’ho già fatto una volta”.

Bonnie rabbrividì e deglutì sentendo la gola secca per il pianto.

Le dita del vampiro serpeggiarono fino al suo collo e la schiacciarono ancora più contro il muro “Ho aspettato per quasi vent’anni … non hai idea di quanto sono impaziente di averti” e poi incominciò a stringere.

Bonnie cercò di togliere le mani dal suo collo ma la presa era troppo forte. Annaspò e le lacrime riscesero copiose. La stava strozzando; le mancava l’aria sul serio e per un momento credette che sarebbe morta in un sogno.

Iniziò, per quello che poteva, a dimenarsi.

“Oh, Bonnie” la canzonò quello.

Le sfuggì un singhiozzo; l’ultimo perché non aveva più fiato nemmeno per lamentarsi.

“Bonnie”.

Chiuse gli occhi rassegnata.

“Dannazione! Svegliati!”.

Aprì gli occhi di scatto e la prima cosa che fece fu tirare un grandissimo respiro per riempire i polmoni di aria.

Era ritornata nel letto su cui si era addormentata. Finalmente quell’incubo era terminato, ma il suo petto si alzava e abbassava ancora affannosamente.

Si rese conto di avere la braccia alzate e i polsi imprigionati tra le mani di qualcuno. Mise a fuoco, per quanto potesse in quel buio, e riconobbe Damon.

L’aveva sentita agitarsi e l’aveva trovata che si rigirava e respirava a fatica, muovendo freneticamente le braccia come a scacciare qualcosa.

Aveva provato a svegliarla gentilmente, ma era stato inutile. Allora le aveva afferrato i polsi ed era salito a cavalcioni su di lei per impedirle di muoversi ulteriormente e farsi male. Poi aveva imprecato.

Poco signorile, ma almeno aveva funzionato.

“Ancora i mostri, Sissi?” le chiese scherzando senza avere idea di cosa avesse effettivamente sognato.

“E’ stato orribile” mormorò Bonnie con voce così flebile che se il vampiro non avesse visto muoversi le labbra, avrebbe creduto di esserselo immaginato “E’ colpa mia”.

Delicatamente le lasciò le braccia e si abbassò di poco per asciugarle le lacrime “Cosa hai visto?”.

“L- la notte in cui è stata uccisa la mia famiglia e poi quel vampiro è rimasto e … e … non riuscivo a respirare” frasi sconclusionate insieme al fiato corto. Era difficile capire che cosa stesse tentando di dire, ma Damon lo afferrò.

Le sfiorò delicatamente il collo come per assicurarsi che non ci fossero dei segni.

“Perché non sei arrivato prima?” chiese Bonnie in un sussurro.

Il cipiglio segnò il volto di Damon incerto su cosa intendesse la ragazza. Si riferiva in particolare al sogno, a come avrebbe potuto svegliarla prima, oppure a quella notte?

Nel secondo caso Damon, pur rendendosi conto di risultare estremamente egoista, si ritenne felice di non essere arrivato in tempo per impedire il massacro della sua famiglia. Se avesse fermato quel vampiro, Bonnie non sarebbe mai entrata nella sua vita. Niente più mostri da cui proteggerla, niente più cadute da cavallo, niente più Sissi.

Non avrebbe espresso il suo pensiero ad alta voce; sarebbe stato inopportuno e sicuramente Bonnie lo avrebbe ucciso. Come darle torto?

Avrebbe dovuto sentirsi un vero schifo eppure non riusciva proprio a dispiacersi fino in fondo. Lo considerava un po’ come un segno del destino. Un destino che gli aveva consegnato quell’angelo direttamente tra le mani.

Chi era lui per disdegnarlo?

Quella richiesta, comunque, rimase lì in sospeso, poiché nessuno dei due approfondì il discorso.

Damon restò completamente spiazzato quando Bonnie si mise seduta e attorcigliò le dita dietro la sua nuca, avvicinando le due fronti.

“Hai fatto una promessa a mia mamma” mormorò.

Damon non rispose, non osò spezzare quel sacro equilibrio. Per un momento si chiese se Bonnie fosse del tutto sveglia o stesse parlando nel sonno, perché sembrava tutto troppo surreale.

“Ora ne devi fare una a me” continuò lei.

No, era decisamente lucida. Damon attese.

“Prometti che non mi lascerai”. Era sorprendente come riuscisse a dire qualcosa di così innocente, pur trovandosi in una posizione altrettanto compromettente.

Damon era ancora seduto a cavalcioni su di lei e i loro bacini si scontravano ad ogni minimo movimento, anche se divisi dalle coperte. Le loro fronti erano a contatto, i loro visi a pochissima distanza con i nasi che si sfioravano.

Damon pensò che gli sarebbe bastato sporgersi appena per far congiungere le loro labbra. Se la sarebbe stretta addosso e l’avrebbe baciata fino a toglierle il respiro.

Perché aveva quel tipo d’impulsi verso Bonnie?

Non stava girando in biancheria e non stava cercarlo di sedurlo; la situazione era tutt’altro che provocante. Ma era intima, era emotivamente intima.

Non poteva rovinare quel momento, non voleva nemmeno compromettere la loro riappacificazione con un gesto totalmente sconsiderato.

Si limitò a posarla un leggerissimo bacio sul naso, annuendo silenziosamente alla domanda di Bonnie.

La rossa a quel contatto si accorse di quanto la loro posizione fosse sconveniente e con lentezza si sciolse dall’abbraccio e si stese di nuovo sul cuscino.

Damon la liberò dal suo peso e si lasciò scivolare accanto a lei, osservandola mentre chiudeva gli occhi.

“Non vado da nessuna parte, Sissi” le promise.

La mano destra di Bonnie si districò dalle coperte e si allungò verso quella del vampiro che la incontrò a metà strada.

Dopodiché il sonno la sopraffece e cadde addormentata.

Damon si permise un mezzo sorriso, stringendo le dita bianche e sottili della ragazza. Finalmente le cose andavano meglio.

Andavano decisamente meglio.

La mattina dopo non osò svegliarla: era ancora profondamente addormentata e Damon non voleva rovinare quel momento di pace.

Si alzò leggermente su un gomito e rimase in silenzio a contemplarla; aveva dormito con lei decine di volte, ma non aveva mai fatto caso all’espressione di totale beatitudine che le illuminava il volto. Sembrava di vedere un angioletto riposare su una nuvola. Era la prima immagine che gli era venuta in mente; non avrebbe potuto pensare a niente di più puro e innocente. E semplice.

Bonnie non aveva bisogno di vestiti elaborati o scarpe altissime per apparire bella; le bastava giacere su un cuscino candido, totalmente immersa nei suoi sogni. Qualcuno avrebbe perfino potuto disegnare un quadro prendendo a modello quella scena e Damon avrebbe scommesso tutte le sue ricchezze che importanti collezionisti avrebbero fatto a gara per accaparrarselo.

Poteva figurarsi già la tela appena alla parete di qualche museo e centinaia di turisti intenti ad osservarla e a chiedersi se la sua pelle fosse davvero così morbida e trasparente come sembrava e se i suoi capelli fiammeggiassero come il fuoco. Bonnie non era di una bellezza canonica eppure Damon trovava difficile staccarle gli occhi di dosso.

Allungò una mano per scostarle una ciocca rossa dal viso, poi con uno scatto felino saltò giù dal letto senza fare il minimo rumore.

Scese in cucina deciso a prepararsi una tazza di caffè.

“Sai non ti ho dato la camera in fondo al corridoio perché tu sgattaiolassi di notte in quella di mia nipote”.

Fu il turno di Damon sobbalzare, colto di sorpresa. Non l’aveva proprio sentita arrivare e forse era esattamente l’intenzione di Sheila.

“Ha avuto un incubo” liquidò in fretta la faccenda. Non era in vena di ricevere prediche, non a quell’ora del mattino, non da un’estranea.

“Esattamente qual è il tuo rapporto con Bonnie?” indagò la donna.

Damon per poco non si strozzò con il caffè. Davvero stava per subire un terzo grado? Davvero quella donna credeva che tra di loro …?

“Non insulterò la sua intelligenza dicendole che non c’è niente di cui allarmarsi”.

“Chissà perché sono tutto fuorché tranquilla” persistette Sheila “Con tutto quello che è successo a Bonnie, non credo che le farebbe bene rimanere invischiata con uno di voi”.

“Sta parlando con quello che l’ha tenuta al sicuro per diciott’anni, non se lo dimentichi” le ricordò Damon prendendo un altro sorso.

“Non ti ringrazierò mai abbastanza per questo” confessò la donna “Bonnie chiaramente si fida di te e io non posso che fidarmi di lei; ma non sono cieca, sai?” lo sfidò.

Damon non fiatò e attese che Sheila continuasse il discorso, curioso di sentire dove volesse andare a parare.

“Sono una Psichica e certe cose le percepisco. La mia vista interiore funziona molto meglio dei miei occhi”.

“Sul serio … non sono venuto qui per sentire i suoi responsi da Sibilla Cumana****” la interruppe Damon con un gesto della mano.

“C’è qualcosa tra di voi, una specie di forza che vi attira e vi respinge” Sheila non diede segno di aver ascoltato “Ieri sera l’ho sentita per tutta la casa, quando l’hai raggiunta nella sua stanza. Qualunque cosa sia, fermala prima che sia tardi. Bonnie non ha bisogno di distrazioni, deve concentrarsi sulla sua magia, deve imparare a proteggersi da sola, perché là fuori c’è ancora qualcuno che la sta cercando”.

“Io non so che cosa il suo occhio interiore abbia visto, ma credo sia una abbaglio” le assicurò Damon.

Ancora una volta Sheila lo ignorò “Bonnie non può perdere tempo ad aspettarti, soprattutto dopo che te ne sarai andato”.

“No, no, fermi tutti! Chi ha mai parlato di andarsene?”.

“Hai intenzione di fermarti a vivere qui, in Scozia?”.

Damon iniziò finalmente a capire lo scopo del discorso “Mettiamo in chiaro una cosa: io non lascerò Bonnie qui”.

“Devi!” insistette la donna “Ha bisogno di una maestra, di una guida. Potrò insegnarle a difendersi e ad usare appieno la sua magia; non può andarsene”.

“Abbiamo già una strega che la sta aiutando e capisco che lei sia euforica di aver ritrovato sua nipote ma Bonnie non può rimanere qui”.

“Questa è casa sua”,

“Casa sua è a Fell’s Church con Stefan e me” replicò Damon in tono fermo “La sua vita è già stata scombussolata troppo; non ha bisogno di un altro cambiamento, ha bisogno di tornare a casa dalle persone che le vogliono bene”.

“E tu sei uno di queste?” chiese con fare polemico “E’ lei che ha bisogno di te o tu di lei?” lo provocò.

Damon sorvolò volutamente su quel commento “Bonnie vuole tornare a Fell’s Church”.

“Glielo hai chiesto?”.

Quello fu un colpo basso. Per chi stava parlando? Per se stesso o per Sissi? Come faceva a sapere che cosa desiderasse veramente la ragazza se nemmeno si era sprecato di chiederle la sua opinione?

Non aveva neppure preso in considerazione l’idea che lei potesse voler rimanere in Scozia con sua nonna, almeno per un po’. Gli pareva così folle.

Sheila aveva ragione: Bonnie aveva tutto il diritto di scegliere dove e con chi stare e forse un periodo lontano dai vampiri le avrebbe fatto solo bene.

Damon si rassegnò, seppur malvolentieri. Non avrebbe voluto separarsi da lei, ma avrebbe rispettato la sua decisione.

“Le parlerò” cedette.

“Ti ringrazio”.

“Sheila” la chiamò appena prima che lasciasse la cucina “Sa chi sta cercando Bonnie?”.

“Non ne sono sicura, ma sospetto che entrambi sappiamo la risposta”.

Quella frase gli confermò che Fell’s Church da lì a poco sarebbe stato il posto meno sicuro per la piccola rossa.

Damon passò quasi tutto il pomeriggio a meditare su ciò che gli aveva detto Sheila. Il pensiero di Bonnie così lontano gli dava la nausea.

Cosa gli era venuto in mente di portarla in Scozia? C’erano decine di modi per farsi perdonare e lui quale sceglieva? Ricongiungerla con la sua vera famiglia! Con il rischio di doverla dire se non addio, almeno arrivederci.

Era coinvolto ormai e non poteva fingere che quella conversazione non fosse mai avvenuta. Doveva darle la possibilità di decidere da sola. Doveva fidarsi.

La trovò seduta sul letto, con le spalle alla porta; stava sfogliando l’album che le aveva dato sua nonna.

Damon s’inginocchiò sul materasso, dietro di lei.

“Nonna ha ragione: ho gli stessi occhi della mamma” gli disse Bonnie alzando un po’ l’album per mostrarglielo e, quasi inconsapevolmente, lasciò che la sua schiena si appoggiasse al petto di Damon. Lui si tese come una corda e non mosse un muscolo; cominciava a capire la tensione di cui parlava Sheila.

“Mary invece aveva i miei capelli” continuò lei disinvolta, indicando la foto di una bambina abbracciata ad un orsacchiotto di peluche.

“Sarebbe stato bello avere una sorella” osservò Damon, in un moto di compassione.

“E’ stato bello anche avere un fratello” obiettò la ragazza. Non voleva lamentarsi o piangere. Si riteneva fortunata di essere cresciuta nella famiglia Salvatore; non rimpiangeva di aver avuto come genitori Arthur e Monica, né Zach come fratello.

Damon, d’altro canto, si sentì una merda. Una persona le era rimasta al mondo e lui gli aveva spezzato il collo. Bonnie doveva aver davvero un cuore immenso se mai avesse trovato la forza di perdonarlo del tutto.

La giovane avvertì in quel momento la loro vicinanza e ricordò la scena cui aveva assistito in aereo e le perplessità che le erano sorte.

Si staccò dal corpo di Damon e si girò per porgergli quella domanda che le frullava in testa da un po’ “Fa male il morso di un vampiro?”.

L’espressione di Damon mutò in un secondo, sfacciata “Perché? Vuoi provare?”.

“Non essere ridicolo!” s’indignò Bonnie indietreggiando “E’ solo che … tutte le volte che ho rischiato di essere morsa è stato orribile, ma la hostess dell’altro giorno sembrava … in estasi”.

“Lo era” confermò Damon “Fa male solo se non lo vuoi, se lo combatti” spiegò “Se sei consenziente diventa l’esperienza più eccitante della tua vita”.

“E quella donna lo voleva?”.

“Sono bravo a persuadere le donne a volerlo”.

“Stupida io a chiedertelo” commentò tra i denti Bonnie, stendendosi sul letto.

“Ho parlato con tua nonna stamattina” le rivelò infine “Mi ha detto che vorrebbe tenerti qui con lei”.

Bonnie si tirò nuovamente a sedere “Non vuoi che torni con te?”.

“Tu cosa vuoi?”.

“Ci ho pensato anche io” ammise lei “Non credo di essere ancora pronta. Forse un giorno, finita tutta la storia di Klaus, tornerò qui per conoscere meglio la nonna, mio zio e i miei cugini. Ma sono cresciuta a Fell’s Church. Il Pensionato è casa mia … questa villa non mi appartiene”.

“Non vuoi rimanere qui?”.

“No” affermò sicura “Torniamo a casa, Damon”.

 

Caroline non perse tempo ad aprire la porta non appena sentì il campanello suonare. Temeva che non sarebbe mai arrivato, che ce l’avesse a morte con lei. Non che potesse biasimarlo; Meredith ancora una volta aveva centrato il punto.

Caroline non si era comportata bene con Matt; sapeva quanto fosse sensibile e in parte insicuro. Diamine, era il quarterback della squadra di football e uno dei più bei ragazzi della scuola, eppure appariva un nulla in confronto a un vampiro o a un lupo mannaro. Solo uno dei tanti.

Nessuna poteva capirlo più di lei; lei che per tanti anni era rimasta all’ombra di Elena ed ora invece di rassicurarlo si metteva a correre dietro alla coppia più pelosa di Fell’s Church.

Le sue intenzioni non erano cattive, Caroline non aveva avuto doppi fini. Era sinceramente preoccupata per un amico, ma solo grazie a Meredith si era resa conto che le sue azioni avrebbero potuto venire fraintese.

Per quanto tempo aveva aspettato che gli occhi blu di Matt, troppo accecati dal fulgore di Elena, si posassero su di lei?

Caroline lo abbracciò, felicissima che avesse accettato di presentarsi nonostante il loro litigio “Mi dispiace, mi dispiace!” continuò a ripetere.

Le mani di Matt le si posarono sulle spalle allontanandola leggermente “Forse sono stato io a esagerare”.

“No, no è colpa mia” insistette Caroline “Questa storia di Tyler mi ha presa talmente tanto che non mi sono accorta di averti dato l’impressione sbagliata. Non è cambiato niente da quando ci siamo parlati prima della sua trasformazione: Tyler è solo un amico e resterà sempre un amico”.

“Lo so” la blandì Matt “E’ che ultimamente mi riesce difficile pensare che qualcuno si accontenterebbe di me”.

“Metà delle ragazze di Fell’s Church mi ucciderebbe pur di stare al mio posto; quindi non direi che mi sto accontentando!”.

Matt ridacchiò “Ti conosco, Care. So che sei una pazza, maniaca del controllo che vorrebbe tutti felici e contenti …”.

“Non risparmiare complimenti” ironizzò la vampira.

“E sei una ragazza e voi ragazze non sopportate quando un’altra invade il vostro territorio. Non puoi negare che non ti dia fastidio vedere Layla ronzare attorno a Tyler”.

“Ok, forse sono un po’ gelosa” confessò “Ma è sempre una questione di amicizia. Non mi va che quella lì improvvisamente mi spodesti … insomma ho fatto di tutto per aiutare Tyler e adesso non mi dà più neppure retta”.

“Sono stato stupido a pensare che tu provassi qualcosa per lui” si scusò Matt “Devo avere fiducia in te e se mi dici che è soltanto un po’ di sana gelosia al femminile, allora ti credo”.

“Mattie, guardami negli occhi” gli mormorò Caroline prendendogli il viso tra le mani “Io ti amo”.

Il ragazzo la baciò all’istante e la spinse in casa chiudendo la porta con un calcio. Le chiese se sua madre fosse in casa e, a risposta negativa, le sfilò in fretta la maglia. Dopodiché non ci più spazio per le parole.

Un’ora dopo erano stesi per terra e ansanti. Matt ancora sopra di lei con il viso nascosto nel suo collo.

“L’abbiamo fatto davvero sul pavimento dell’ufficio di tua madre?” boccheggiò.

Caroline annuì ridendo come una pazza “Forse è meglio che ci spostiamo prima che torni”.

Matt concordò e liberò la ragazza dal suo peso. S’infilò di nuovo i boxer e i Jeans. Nel farlo, buttò un’occhiata sulla scrivania scorgendo delle immagini sparse su tutta la superficie.

Si avvicinò e ne prese una in mano; tutte le fotografie in basso a destra riportavano una data.

“Care, perché tua madre ha le foto di Damon Salvatore negli anni ottanta?”.

Lei aveva appena finito di rivestirsi e si precipitò a prenderne una. Liz stava indagando sul vampiro? Il suo non- cambiamento nel corso di quel ventennio doveva esserle saltato all’occhio.

Poi un foglio scritto a computer catturò la sua attenzione e iniziò a leggerlo.

“Matt!” esclamò in preda al panico “Chiama subito Stefan”.

 

Bonnie fu contenta di rivedere il Pensionato; le era mancato.

Aveva passato dei giorno piacevoli, ma era sempre bello ritornare a casa. Fissò Damon che aiutava il taxista a scaricare le valigia dall’auto.

Si rasentava l’assurdo constatare che colui che l’aveva gettata nella crisi più nera, era anche colui che l’aveva aiutata a uscirne.

Quello, dopo tutto, era il compito di Damon: trovarla e salvarla. L’aveva trovata e salvata diciotto anni prima e aveva fatto lo stesso in quelle settimane.

Era arrivato per un pelo, se avesse aspettato ancora un po’, sarebbe stato troppo tardi. Ma Damon Salvatore non era il tipo da arrendersi e Bonnie gli era grata per non aver rinunciato a lei.

Aveva avuto dei dubbi sul vero interesse del vampiro nei suoi confronti; la promessa fatta a sua madre aveva fatto vacillare le sue certezze; ma ora ogni esitazione era sparita.

Damon teneva a lei; in un modo tutto suo e contorto, ma non ci si poteva aspettare diversamente.

Aveva cercato i suoi parenti ancora in vita, li aveva trovati, aveva cercato di restituirle quella famiglia che lui le aveva tolto.

Le avrebbe perfino permesso di rimanere con sua nonna. Per una volta lo aveva visto davvero preoccupato per la sua felicità.

“Casa dolce casa” esclamò Damon tirando i trolley fino al portico “La Scozia sarebbe il paese adatto a Stefan; con tutte quelle pecore a spasso”. Non poté non notare che la rossa continuava a tenere lo sguardo fisso su di lui “Che c’è?” chiese temendo di aver fatto, inspiegabilmente, qualcosa di sbagliato.

“Niente” sorrise lei imbarazzata “E’ stato carino quello che hai fatto per me”.

“Non c’è di che” scrollò le spalle Damon “Tua nonna è proprio uno zuccherino” affermò con sarcasmo.

“L’ho apprezzato molto” disse Bonnie e si alzò in punta di piedi “Grazie”. Voleva solo dargli un bacio sulla guancia, ma la sorte volle finalmente scuotere gli eventi.

Bonnie perse l’equilibrio e Damon per non farla cadere l’accolse tra le sue braccia piegando leggermente il capo per accertarsi che stesse bene. Le labbra della ragazza andarono a posarsi su quelle dell’altro, involontariamente e inaspettatamente.

Fu questione di pochi secondi perché si staccarono subito, appena registrarono che cosa stesse accadendo.

Bonnie sentì il cuore partirle a mille, un po’ per l’imbarazzo, un po’ per l’emozione. Damon per poco non si ritrovò ad arrossire*****, cosa impossibile per un vampiro. La giovane fece qualche passo indietro, confusa e dispiaciuta. Voleva scusarsi, ma non trovava le parole.

I loro occhi non si lasciarono. Entrambi avvertirono il disagio che aleggiava.

Poi uno sparo frantumò il silenzio. Damon cadde a terra con una smorfia di dolore.

 

“Maybe I could have loved you
Maybe I could have shown
That I still do care about you
More than you could know
Don’t say it’s to late to try
To make it right”

(Make it right- Joe Jonas).

 

Il mio spazio:

Odio quando sto leggendo un capitolo e finisce così! Giuro lo odio; quindi capisco perfettamente come vi sentite. Vi prego non uccidetemi!

Non ho molto da dire su questo pezzo, credo sia tutto chiaro.

Le parti tra Matt e Caroline, per quanto siano brevi, servono soprattutto per un confronto tra i momenti Stefan- Elena. Mi sembra lampante la differenza tra Caroline che in un giorno chiama Matt per sistemare le cose ed Elena che non sa ancora cosa fare.

Passando a Damon e Bonnie direi che succedono parecchie cose e su questo vorrei chiedervi un parere: credete che stia andando troppo in fretta?

Voi direte: sono passati ventisei capitolo e non è successo niente … altro che fretta!

È solo che non vorrei che tutto apparisse un po’ campato per aria. Per come la penso io, questo sentimento è nato lentamente, ma in realtà era già presente dal primo momento in cui si sono rivisti. Inizialmente c’erano molti ostacoli, ora invece le cose si stanno sistemando ed è il momento giusto per chiedersi che tipo di rapporto condividono. Però questa è solo la mia opinione e io non sono molto obiettiva sulla mia storia, perciò mi affido al vostro giudizio ;)

Spero che nessuno di voi odierà la nonna di Bonnie per essere così ostile nei confronti dei vampiri ma provate a capirla!

Un grosso ringraziamento va come sempre a tutti voi che mi supportate!!!

Ci vediamo al prossimo capitolo con: la scelta di Elena ( oltre che nella serie TV dovrete sorbirvela anche qua!), il ritorno di Katherine e ovviamente Damon e Bonnie!

A presto,

Fran;)

 

*Non credo esista un volo diretto da Atlanta ad Edimburgo. Ho guardato la distanza da Londra e l’aereo ci impiega circa dieci ore, quindi fate finta sia lo stesso.

**Sheila: la nonna di Bonnie ha il nome di quella della serie TV.

***Grimilde: strega di Biancaneve.

****Sibilla Cumana: inizialmente volevo mettere Sibilla Cooman, ma non ci vedo molto Damon come esperto di Harry Potter. Ho optato per il personaggio classico dell’Eneide.

*****Sono certa che voi appassionate di Damon e Bonnie sappiate a che scena io mi sia ispirata.

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Capitolo 27
*** I could offer you a warm embrace ***


Ashes &Wine

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Capitolo ventisette: I could offer you a warm embrace.

“When the rain is blowing in your face
And the whole world is on your case
I could offer you a warm embrace
To make you feel my love
When the evening shadows
And the stars appear
And there is none there to dry your tears
I could hold you for a million years
To make you feel my love”

(Make you feel my love- Adele*).

 


Uno sparo frantumò il silenzio. Damon cadde a terra con una smorfia di dolore.

Bonnie istintivamente si piegò per accertarsi delle sue condizioni. Il vampiro si piantò una mano nell’addome estraendo un proiettile di legno. Entrambi sgranarono gli occhi, ma non ebbero il tempo di reagire perché partì un colpo ferendogli la spalla.

Bonnie si rialzò e si mise davanti a Damon mossa da un impulso di protezione e difesa. Si girò per fronteggiare chiunque li stesse attaccando e impallidì quando vide la madre di Caroline avanzare con una pistola in mano.

“Spostati da lì, Bonnie” le ordinò.

“Sceriffo, cosa sta facendo?!” si allarmò lei. Il fatto che avesse usato proiettili di legno era molto indicativo. Sapeva quanto il Consiglio si stesse impegnando per epurare la città dai vampiri. Damon era uno di loro ed era riuscito ad integrarsi perfettamente nella vita cittadina, diventando quasi un’autorità per lo sceriffo e per lo stesso sindaco. Questo lo rendeva un esemplare pericoloso, perché conosceva molti dei loro segreti e progetti.

“Non te lo ripeterò un’altra volta, Bonnie, togliti da lì!”.

“Liz, sta commettendo un errore” temporeggiò la ragazza. Doveva trovare il modo di fermarla, ma non sapeva proprio come impedirle di uccidere Damon.

“So che cos’è” affermò la donna senza abbassare l’arma “Si è finto nostro alleato, si è finto nostro amico, solo per continuare a fare i comodi suoi. Abbiamo cercato per mesi il mostro che depredava la nostra città e ce l’avevamo davanti agli occhi”.

“Non stavo fingendo niente” rantolò Damon in un vano tentativo di riprendersi. I secondo proiettile era imbevuto di verbena che lo stava infiacchendo “Vi ho aiutato a proteggere questa città”.

“Ci hai riempito di bugie!” lo zittì lo sceriffo “Da quando sei comparso in città, le persone hanno cominciato a morire. Devo ritenerla una coincidenza?”.

“Liz, per favore …” la pregò Bonnie.

“Scommetto che anche Zach è sparito per colpa tua” lo accusò. Damon chiuse gli occhi, arrendevole. “Era tuo fratello, Bonnie” la richiamò Liz “Non vuoi che il colpevole venga punito?”.

“Sì” rispose senza esitazione.

Sono fottuto. Pensò il vampiro.

“Ma Damon non c’entra niente con la scomparsa di mio fratello. Il responsabile ha lasciato la città e non si farà più vedere”.

Sia Liz che Damon rimasero scioccati da quella rivelazione. La prima poteva anche bersela, ma il secondo sapeva com’erano andate le cose, sapeva di aver ucciso Zach. Perché Bonnie lo stava coprendo? Perché stava mentendo così spudoratamente?

La ragazza rimase sempre davanti a lui e mosse qualche passo vanti in direzione dello sceriffo, che continuava a tenere l’arma puntata; ma non le avrebbe sparato. Lei era umana e innocente.

“Abbassi la pistola” le chiese ancora una volta con tono supplichevole “Non è Damon l’assassino che state cercando; lui vi sta aiutando”.

“Come puoi difendere un essere del genere?!” si scandalizzò Liz “Mi hai appena detto che tuo fratello è morto per mano di un vampiro. La tua amica italiana è stata uccisa da uno di loro. Che cos’ha di diverso Damon?”.

“Lui non è un mostro” urlò Bonnie e la sua voce acuta ammutolì tutti. C’era veramente dell’assurdo in quelle parole, considerando che solo poche settimane prima lei stessa non solo lo reputava un mostro, ma non poteva neppure guardarlo in faccia senza provare una rabbia smisurata per tutto il dolore che le aveva causato. Eppure, eccola lì: in piedi davanti a lui, a difenderlo con il suo corpo, con il cuore a mille per la paura di non poterlo aiutare.

Sperava in un intervento provvidenziale perché non avrebbe saputo come fermare Liz, che sembrava determinata a sbarazzarsi di quello che una volta aveva considerato come il più fidato dei membri del Consiglio.

Non temeva solo per la vita di Damon, ma anche per quella dello sceriffo. Se il vampiro si fosse ripreso dall’effetto della verbena,
chissà come avrebbe reagito a quell’attacco.

Bonnie voleva credere che Damon non avrebbe commesso atti avventati, soprattutto davanti a lei, ma come poteva esserne certa?

Si sentiva tra l’incudine e il martello e non aveva la più pallida idea di come uscire da quella situazione.

Sperò che arrivasse Stefan o Elena, chiunque che avrebbe potuto darle una mano a far ragionare lo sceriffo.

A esaudire le sue preghiere, la macchina scassata di Matt entrò nel vialetto e si fermò a pochi metri dalla donna. Caroline si precipitò giù dall’auto urlando alla madre di fermarsi.

Bonnie ringraziò il Cielo. Qualcuno lassù doveva volerle davvero bene perché in un modo o nell’altro finiva sempre per cavarsela.

“Caroline, cosa fai qui? Torna subito a casa!” le intimò Liz, palesemente colta alla sprovvista dall’intervento della figlia.

“Mamma, metti giù quella pistola” disse lei affiancando Bonnie.

Liz Forbes rimase a bocca aperta e indietreggiò confusa, ma tenne comunque sotto tiro Damon. Aveva paura ad abbassare l’arma.

“Matt porta a casa mia figlia” comandò la donna “E anche Bonnie. Voi ragazzi non sapete di che cosa si tratta!”.

“Invece sì, mamma” obiettò Caroline “Lo so molto meglio di te”.

Liz corrugò la fronte. Dalla conversazione di poco prima aveva appreso che Bonnie sapesse dell’esistenza dei vampiri (d’altronde ne aveva in casa due), ma come facevano Caroline e Matt ad esserne a conoscenza?

“Credimi, avrei preferito non essere coinvolta in questa storia” le assicurò la figlia, dopo averle letto nel pensiero “Ma ci sono dentro più di quanto pensi e … per favore, ascoltami: non sono tutti degli assassini come pensi tu”.

“Come puoi dirlo? Come puoi essere coinvolta? Caroline, tu non conosci la storia di Fell’s Church come me, non sai di cosa sono capaci questi esseri”.

“Non volevo che lo scoprissi in questo modo” disse la ragazza con le lacrime agli occhi, ricacciando giù il magone “E ti giuro che non ho mai voluto fare del male a nessuno, mi è capitato solo una volta, ma poi ho imparato a controllarmi e adesso … adesso sto bene e non sono un pericolo”.

“Care, cosa stai cercando di dirmi?” provava a tenere la voce ferma, ma traballava dall’apprensione. Iniziava a vederci chiaro nel discorso della figlia, però si rifiutava di crederci; almeno finché non avesse avuto una conferma.

“Sono come loro, mamma” le rivelò Caroline. Era dispiaciuta di procurar pena alla madre, ma non abbassò la testa in segno di vergogna. Non era colpa sua, lei non lo aveva mai voluto. Era capitato. Non poteva ritenersi del tutto fiera, né innocente, perché anche lei aveva stroncato una vita umana, ma non aveva potuto fare altrimenti. Si era appena trasformata e non era stata capace di controllare la sete.

Dopo quell’episodio, però, si era impegnata e aveva imparato a tenere a bada i suoi istinti. Non aveva più ferito nessuno, non ne aveva quasi sentito più il bisogno. Stefan era stato un ottimo maestro.

Le braccia di Liz caddero lungo i suoi fianchi, incurante del rischio che correva ad abbassare infine l’arma. Attraversò momenti di pura confusione e angoscia, incredulità e rifiuto.

Bonnie provò una gran compassione per quella donna. Sapeva che cosa stava passando, poteva riconoscere ogni singola sensazione, ogni singolo pensiero, perché li aveva provati tutti sulla sua pelle quando aveva letto il diario di Stefan.

Caroline si mosse verso la madre, mentre lei e Matt rimanevano indietro. Il ragazzo rimase in silenzio, osservando madre e figlia impegnate in una fitta conversazione, mentre Bonnie si rivolse finalmente verso Damon.

Era ancora a terra, ma l’effetto iniziava a farsi sentire meno; i suoi occhi assistevano apprensivi alla scena. La rossa si diresse verso di lui e si inginocchiò fino ad arrivare alla sua altezza “Tutto bene?”.

Damon annuì e fece per tirarsi in piedi. Il suo viso si contorse in una smorfia per via delle gambe ancora intorpidite che gli impedivano di reggersi da solo.

Bonnie si affrettò a passargli un braccio intorno al torace per aiutarlo a sollevarsi. La situazione con lo sceriffo pareva essersi placata, perciò decise di portare Damon in casa. Ora era compito di Caroline gestire la faccenda.

Scambiò un saluto veloce con Matt e si chiuse la porta alle spalle. Lasciò Damon solo quando raggiunsero un divano.

“Sangue” mormorò lui.

Quando Bonnie tornò con una sacca di zero positivo, il vampiro si era steso completamente sul sofà e teneva gli occhi chiusi, in un vano tentativo di rilassarsi e scacciare il mal di testa.

Gli porse la sacca di plastica e gli spostò le gambe per sedersi accanto a lui. Damon grugnì in protesta ma non fece nient’altro. Si limitò a succhiare avidamente tutto il sangue.

Bonnie esibì un’espressione un po’ schifata “Non sei solo, sai?” lo rimproverò “Potresti evitare di bere come un cavernicolo?”.

“Nessuno ti ha chiesto di restare” la freddò lui chiaramente irritato. Non era dell’umore per sopportare qualunque tipo di battute, seppur bonarie.

“Siamo alle solite!” sbottò Bonnie “Io ti salvo la pelle e tu mi tratti come uno zerbino!”.

“Da che mi ricordo, sono io quello che di solito ti salva la pelle” precisò il vampiro.

“Bene” sentenziò lei istericamente buttandogli di nuovo le gambe giù dal divano “Allora la prossima volta fatti impallinare fino a diventare uno scolapasta” fece per andarsene, ma Damon con uno sbuffo, alzò la gamba sinistra e l’allacciò attorno ai fianchi della ragazza ributtandola sul divano “Non fare la scontrosa pure tu, Streghetta”.

“Non sono io quella scontrosa”.

“Mi hai difeso là fuori”. Non era una domanda.

“Ah! Ora te ne accorgi?” ironizzò lei.

“Perché hai mentito riguardo tuo fratello? Credevo non vedessi l’ora di farmela pagare” continuò lui, un po’ sorpreso.

“Non ho mentito” negò lei “Ho distorto la verità. Me lo hai insegnato tu” le sue labbra si piegarono in un sorriso scaltro. Damon, però, non demorse e seguitò a guardarla seriamente in cerca di una risposta più soddisfacente.

“Non ho mentito, Damon” ripeté lei “Non sei più quel vampiro; ora non faresti mai una cosa del genere. Ho passato troppo tempo ad essere arrabbiata con te e non dimenticherò mai che sei stato tu ad uccidere mio fratello, ma non posso portarti rancore per sempre. Fai parte della mia famiglia e non ti lascerei mai morire davanti ai miei occhi senza muovere un dito. Non sono pronta ad un mondo in cui tu non esisti, mi sentirei sola”.

La sincerità di Bonnie era sempre stata disarmante e destabilizzante. Nessuna sarebbe mai riuscita a perdonarlo e riaccoglierlo con un animo più sereno del suo. Damon si rese conto di voler un bene smisurato a quella pulce dai capelli rossi e di non essere pronto, nemmeno lui, a vivere in un mondo senza Bonnie McCulluogh; adesso poteva chiamarla così.

“Mi dispiace per prima” si scusò lei, dal nulla “Sono scivolata, non era mia intenzione … baciarti” divenne tutta rossa nel dirlo.

Damon restò un po’ deluso da quell’affermazione, ma non poté aspettarsi nient’altro. Era stato chiaramente un incidente; per quanto gradito!

“Non ti nascondere, rossa” la prese in giro lui “Nessuno può resistermi”.

Bonnie avrebbe voluto ridere, ma i suoi muscoli del viso erano bloccati. Si sentiva come colta in flagrante, come se le sue intenzioni fossero state smascherate.

A salvarla da quell’imbarazzante situazione ci pensò Stefan, che entrò come una furia in casa e con il volto segnato dalla preoccupazione.

“Caroline mi ha chiamato” disse “Mi ha detto che sua madre ha scoperto tutto”.

“Sei sempre un passo avanti a tutti” commentò con sarcasmo il fratello “Se la mia vita dipendesse da te, sarei già morto”.

“Liz Forbes è stata qui poco fa” raccontò Bonnie “Ha sparato a Damon”.

“Stai bene?” si accertò il minore dei Salvatore.

“Sì, fratellino” lo tranquillizzò l’altro “Ma la prossima volta che lo sceriffo decide di farmi fuori, prova a mandarmi un tweet, eh!”.

Il campanello suonò, interrompendo quel divertente siparietto. Fu Stefan ad andare ad aprire, dato che Damon aveva tutta l’intenzione di rimanersene steso sul divano e Bonnie era bloccata dalle gambe di quest’ultimo.

Sulla soglia c’era Katherine, in tutto il suo splendore, con un braccio appoggiato allo stipite di destra e un ghigno stampato in volto “Credete ancora che non vi serva il mio aiuto?”.

 

“No, no, no! Lo ho già detto no? NO**!” urlò Damon per l’ennesima volta, sbattendo la porta della sua camera.

Stefan e Bonnie si guardarono esasperati  e rimasero in corridoio ad attendere. Dopo qualche secondo Damon uscì di nuovo dalla sua stanza ribadendo un altro “no” e li oltrepassò scendendo le scale “E’ inutile che continuate a seguirmi. Niente potrà convincermi a fidarmi di quella stronza; neanche morto!” dichiarò una volta arrivati in cucina.

“Guarda che ti sento” lo informò Katherine apparendo alla finestra “E per l’appunto sei già morto”.

Damon, furioso, chiuse con un botto le ante e tirò in basso le tendine.

“Invece di comportarti come un bambino di tre anni, che ne dici di discuterne qui fuori? O potresti dire a Bonnie d’invitarmi ad entrare; comincia a diventare ridicola questa conversazione con in mezzo un muro” gli fece notare la vampira alzando la voce di due tonalità per farsi sentire.

“Non scenderò a patti con lei, Stefan” disse fermo sulle sue convinzioni “Ogni volta che apre bocca ne esce una bugia, come facciamo a sapere se sta dicendo la verità o no? E io propendo per il NO!”.

Bonnie si sedette su uno degli sgabelli vicino alla penisola della cucina per godersi lo spettacolo. La situazione era tragica, ma quei tre rasentavano il comico.

“Forse potresti … che ne so … stare zitto un attimo e ascoltare? Così, come idea!” propose Stefan prendendo posto accanto a Bonnie.

Damon si prese un momento per osservare quei due, seduti uno accanto all’altro, con i gomito appoggiati al tavolo e gli occhi fissi su di lui “Tu quoque, rossa? Ti schieri contro di me?”.

“Io non ho fiatato” Bonnie alzò le mani in segno di pace “Ma se vuoi la mia opinione …”.

“No, non la voglio” provò a fermarla invano Damon.

“ … dovresti dare retta a Stefan”.

“Ho già sentito quello che aveva da dire” replicò Damon “I lupi mannari hanno infranto il patto, mandando una lettera anonima a Liz Forbes e denunciandomi. Se davvero sapeva tutte queste cose, perché non è venuta qui prima?”.

“E’ Katherine, cosa ti aspettavi? Si presenta solo quando qualcosa le fa comodo” asserì Stefan come se fosse un’ovvietà.

“Beh non mi serve il suo aiuto; li ucciderò uno a uno fino a che non avrò liberato il mondo da questa piaga”.

Sei sempre così catastrofico. Con una sferzata di Potere Bonnie mandò quel commento a Damon. Il suo sguardo saettò su di lei minaccioso.

“Ma per favore!” esclamò Katherine “Non sai nemmeno dove trovarli”.

“Perché tu sì?” la sfidò il vampiro, sperando di zittirla.

Il risultato fu quello desiderato, dato che non ricevette risposta. Damon e Stefan si scambiarono un’occhiata allarmata e, intendendosi al volo, si fiondarono entrambi alla finestra aprendola: Katherine stava lì appoggiata al davanzale, in una posa da civetta.

“Tu lo sai?” chiese Stefan.

“Con chi credete di avere a che fare?” ribatté lei quasi offesa “E’ inutile: potete cercare tutti i miei cloni, ma non ne troverete mai una come me” e sorrise maliziosa.

“Damon la luna piena è tra due giorni” la voce di Bonnie risuonò limpida alle loro spalle “Se non li trovate prima di allora, potrebbe diventare rischioso”.

“Mi duole ammetterlo, ma la vostra strega ha centrato il punto: non vorrei diventare cibo per cani” disse Katherine.

“Qual è il piano? Li andiamo a stanare?” domandò Damon con un luccichio negli occhi.

Dieci minuti dopo erano pronti a partire: avevano caricato in macchina alcuni fucili con siringhe di strozza lupo, per precauzione.

“Cercate di tornare tutti interi, ok?” si raccomandò Bonnie, per niente tranquilla a lasciare andare i suoi vampiri da soli a caccia di lupi con Katherine.

“Saremo a casa per cena, Bonnie” le assicurò Stefan dandole in bacio sulla fronte.

“Che scena carina!” finse di commuoversi la vampira “Sulla via del ritorno potremo passare a prendere delle pizze e un film e poi guardarlo tutti assieme”.

“Fottiti, Katherine” rispose Bonnie a denti stretti. Fece dietrofront e rientrò in casa.

Damon non provò nemmeno a contenere la risata che salì spontanea e Stefan lo seguì a ruota. Katherine salì in auto, sbattendo istericamente la portiera.

Strega 1; vampira 0.

Bonnie come prima cosa si buttò sotto la doccia. Dopo un viaggio di dieci ore, dopo un salvataggio in extremis, dopo la ri-apparizione della vampira sgualdrina, non aveva la forza di fare nient’altro.

Indossò dei vestiti puliti e si stese sul letto. Una persona normale avrebbe approfittato della situazione per recuperare il sonno perso per il fuso orario. La rossa, però, continuò a fissare il soffitto mentre una strana inquietudine si faceva strada in lei. L’incubo che aveva avuto qualche notte prima, l’aveva davvero spaventata. Era come se avesse sentito il Potere di quel vampiro, la sua aura. Non aveva mai avvertito niente di più nero e cattivo, assetato d’immortalità e invulnerabilità.

Era stata indubbiamente una visione del passato, ma quell’ultima minaccia cosa stava a significare? Era stata la sua stessa mente a produrla? Era un avvertimento dei suoi Poteri premonitori? O quello stesso vampiro stava giocando con la sua testa?

E se chi la stava cercando fosse stato vicino? Così vicino e potente da riuscire ad entrare nei suoi sogni e manovrarli a suoi piacimento?

Le tornarono in mente le parole che Christopher le aveva sussurrato poco prima di morire: mi ha mandato a cercarti. Non poteva essere solo una coincidenza.

Era evidente che l’avesse ormai trovata e stava solo aspettando il momento adatto per fare la sua comparsa.

Cinque minuti dopo la ragazza stava guidando la sua BMW verso la casa della signora Flowers. Era l’unica che potesse aiutarla a proteggere tutti.

Bonnie era speciale: aveva in sé un Potere latente, che si manifestava solo in casi estremi e pericolosi; doveva imparare a controllarlo.

La vecchia strega fu sorpresa di vederla presentarsi senza prima avvisare, ma l’accolse a braccia aperte chiedendole dove fosse scomparsa in quei giorni.

Bonnie le parlò della Scozia e dell’incontro con sua nonna. La donna l’ascoltò sorpresa e non osò interromperla. Lei si agitava per la stanza, gesticolando e raccontando senza tralasciare particolari, specialmente riguardo il sogno/visione che aveva avuto.

“So che devo ancora impratichirmi con gli incantesimi standard, ma sembra che questa mi capacità sia la chiave di tutto e se riesco a capire come funziona, posso risolvere questo problema. Sarei più preparata”.

“Hai fatto parecchi progressi da quando sei venuta qui la prima volta” disse la singora Flowers “E se per te è importante, non vedo perché non dovremmo concentrarci sul tuo Potere speciale”, la invitò nel salotto e prima di cominciare la lezione, le offrì una tazza di tè per calmarla.

“In realtà non è facile da spiegare” iniziò lei mentre osservava la sua allieva sorseggiare il tè “Non c’è un vero modo per imparare a controllarlo, devi solo sentirlo. Il tuo è un Potere molto simile a quello dei vampiri: puoi soggiogare gli altri, ma non puoi essere soggiogata perché la tua mente ha creato una specie di scudo. Hai già imparato a comunicare con il pensiero, il che vuol dire che sai come alzare e abbassare a tuo piacimento quello scudo ed è già un passo avanti”.

“Non è stato difficile” Bonnie poggiò la tazza sul tavolino in vetro “Mi basta formulare un pensiero  e dirigerlo verso chi voglio, poi mi basta focalizzarmi sulla mente di quella persona”.

“Il principio è più o meno lo stesso” chiarì l’altra strega “Ricordi la prima volta che ti chiesi di sentire la tua aura? E poi di allenarti con quella di Stefan e Damon? Devi fare la stessa cosa … devi sentire la loro energia; non parlo di Potere, perché non è una cosa che puoi fare solo con gli esseri soprannaturali”.

“In che senso?” s’incuriosì Bonnie.

“Tutti possiedono un’energia mentale, anche gli animali; per poterla controllare devi riconoscerla e sentirla. Qui cominciano a nascere i primi guai: immaginati di voler ipnotizzare un semplice umano; la sua energia mentale è debole e quindi è complicato percepirla, ma una volta individuata è facilissimo controllarla. Avviene il contrario per una mente molto più potente, come ad esempio quella di un vampiro”.

“Le poche volte che ho usato questo Potere è stato con dei vampiri” obiettò Bonnie.

“Perché la loro energia è molto più forte ed è semplice coglierla; ma il controllo è tutta un’altra cosa. In quei casi hai avuto la meglio, perché eri spaventata, quindi la tua mente ha agito istintivamente. Correggimi se sbaglio: è stata una cosa momentanea, giusto?”.

Bonnie annuì.

“Se quei vampiri avessero insistito, tu forse non avresti potuto fare niente per fermarli. L’ipnosi di una mente non allenata ha gli stessi effetti di quella di un vampiro che non si nutre regolarmente di sangue umano. È traballante e non è sempre certo che funzioni”.

“Lei crede che … ce la possa fare?” domandò Bonnie.

“Dipende tutto da te, da quanto lo vuoi veramente” le disse dolcemente la donna “Dovrai incominciare a fare pratica su un soggetto semplice e so come aiutarti” sparì su per le scale e tornò in salotto con una gabbietta “Questo è Kol***”.

Bonnie arcuò le sopracciglio e si abbassò sulla griglia della gabbia: dall’altro lato un gatto nero ricambiava il suo stesso sguardo crucciato.

“E’ il mio micio” trillò la donna “Puoi portarlo a casa per un po’ e esercitarti. Ti basterà fissarlo negli occhi, concentrarti e dargli un ordine. Se lo esegue, sei a cavallo”.

“E se non lo fa?”.

“Continua finché non ci riesci” rispose la strega con semplicità “Ah, sono piuttosto affezionata a quel gatto, perciò … non fargli fare cose pericolose, va bene?” le raccomandò.

Bonnie riportò, un po’ sconcertata, gli occhi sul felino che non appariva per niente contento di quella notizia.

Lei non poteva biasimarlo: stava per finire in una casa con due vampiri, di cui uno particolarmente ghiotto di sangue animale. Povera bestia.

“Quindi una volta che avrò capito come far funzionare questo Potere, sarò capace di ipnotizzare chiunque?”.

“Sì” asserì la signora Flowers “Non credere che sia una buona cosa, però” l’avvisò “Se non starai attenta, questo Potere comanderà anche te. Continuerai ad usarlo a tua favore, lo sfrutterai al massimo e chi ti starà intorno sarà solo uno schiavetto. Per questo non puoi affrontare tutto da sola; ti serve qualcuno che ti ricordi costantemente di non approfittartene, che non permetta alla tua parte più oscura di prendere il sopravvento”.

“Io non ho una parte oscura” obiettò fermamente Bonnie.

“Tutti ce l’hanno” insistette la donna “Non per questo siamo persone malvagie. È tutta una questione di scelte, Bonnie. La tua aura è bianca e pura, così come il tuo cuore; devi rimanergli fedele e io ti aiuterò”.

“Signora Flowers” la voce della giovane risultò tremante e allarmata “Che cosa posso fare esattamente con il mio Potere?”.

“Praticamente tutto” rispose quella “Controlli l’energia del cervello, che è il motore del corpo”.

Bonnie tornò a casa più timorosa che mai. Non era sicura di volere tutto ciò. Aveva paura di trasformarsi in un mostro, assettato e insaziabile di controllo.

Doveva stare molto attenta, doveva imparare a non abusarne.

Non aveva mai considerato il lato negativo di quella storia, non credeva nemmeno che potesse essercene uno. Non le era mai passata per la testa l’idea di venire assuefatta da quel Potere; non aveva mai avuto intenzione di usarlo su tutti, anche solo per divertimento. L’aveva considerata una grossa possibilità per proteggere tutti quanti, se stessa inclusa.

Aveva affrontato un sacco di disgrazie, di perdite, di dolorose verità. Si sentiva più forte, matura e consapevole dei suoi limiti. Poteva gestire qualunque ostacolo. Non avrebbe permesso a niente di offuscarle la mente e di cambiarla in qualcosa di orribile.

Posò la gabbia del gatto sul tavolo della cucina e si rimise a fissarlo, senza sapere bene cosa fare. Doveva dargli un ordine? Quale?

L’animale la guardava più scettico che mai, come se avesse saputo già in partenza che Bonnie non ce l’avrebbe fatta.

“Cos’è quello?”.

La ragazza alzò la testa di scatto e si sorprese di trovare Damon in piedi davanti a lei. “Un gatto” rispose.

“Questo l’avevo capito”.

“Domanda stupida, risposta stupida”.

Damon alzò gli occhi al cielo.

“Me l’ha dato la signora Flowers” spiegò Bonnie “Devo esercitarmi ad ipnotizzarlo”.

“Ora ti dà pure i compiti?” si stupì il vampiro mentre dalla cucina tornava all’ingresso seguito dalla rossa “Tra qualche giorno ti vedrò a cavallo di una scopa a cercare palline volanti in soggiorno****?” ironizzò prendendo le chiavi della Mustang dal tavolo all’entrata.

Bonnie non si diede nemmeno la pena di replicare alla battuta “Perché sei a casa? Non dovresti essere a caccia di lupi?”.

“Elena ha un colloquio per l’università alla UVA. Con Klaus in giro non è sicuro che vada da sola, quindi l’accompagno”.

“Non può farlo Stefan?” forse la domanda uscì un po’ più acida di quanto avesse voluto.

“Doveva, infatti” disse Damon “Se n’è ricordato poco fa e ha mandato me. Lui ed Elena non sono proprio in buoni rapporti”.

“E tu non hai perso tempo a prendere il suo posto”.

Damon questa volta non poté ignorare l’amarezza nella voce della ragazza “Vorrei davvero che la smettessi di essere così ostile”.

“Io vorrei che tu pensassi un po’ di più a tuo fratello invece che alla sua ragazza”.

“Si sono lasciati, Bonnie” le ricordò Damon marcando bene il concetto.

Lei distolse lo sguardo, sbuffando. Indugiò ancora un attimo prima di alzare una mano e liquidare la faccenda con un “Lascia stare”. Poi gli diede le spalle e ritornò in cucina, dal gatto.

Damon si sentì punto sul vivo e la imitò, raggiungendola, deciso una volta per tutte a sistemare quella questione “E’ chiaro, ok? Mi è perfettamente chiaro che non mi ritieni degno di prendere il posto di Stefan. Lui è buono, è dolce, è sensibile, è  tutto quello che io non sono. Ma io farei di tutto per Elena. Le sono stato accanto, sono cambiato e se mi desse la possibilità, non la lascerei mai, la metterei al primo posto. Quindi smettila di ripetermi che non la merito!”.

“Hai totalmente mancato il punto” sussurrò lei scuotendo la testa.

“Allora qual è il punto”?”.

“Non si tratta di meritarsela, Damon!” alzò la voce lei “Anche Matt è un ragazzo d’oro e si meriterebbe Elena, come un sacco di ragazzi là fuori; ma questo non vuol dire che staranno mai insieme! Lei ama Stefan. Adesso è in confusione totale e non sa quello che vuole, ma il suo cuore è di Stefan. L’hanno capito tutti tranne te e lui!”.

Damon strinse i pugni fino a farsi diventare le nocche bianche.

“Il punto è che tu getti sempre tutto all’aria per una ragazza che non ti vuole sul serio!” gli urlò addosso.

Odiava dovergli aprire gli occhi in quel modo, odiava dovergli sbattere in faccia la realtà, ma era stufa di vederlo tormentarsi in quel modo per una storia che non avrebbe avuto un lieto fine.

“Non puoi saperlo” si oppose Damon “Lei non ha ancora scelto. Tu non puoi saperlo”.
“Se dovesse scegliere Stefan, che farai eh?” lo provocò Bonnie “Ucciderai ancora tuo fratello? Sparirai dalla città senza tornare mai più?”.

Damon calmò la rabbia con respiri profondi, mentre intravedeva attraverso quelle frasi il vero punto della discussione: Bonnie aveva paura che lui se ne andasse, che lui la lasciasse. Il vampiro era una testa calda e lei lo sapeva. Rifiutato dal suo amore, colpito dall’ennesima delusione avrebbe potuto fare qualsiasi cosa; anche andarsene per sempre per allontanarsi dal dolore.

Sparirai dalla città senza tornare più, abbandonandomi? Ecco come suonava per davvero ciò che aveva detto Bonnie.

Damon con due ampie falcate si portò vicinissimo al viso della giovane “Elena non è padrona della mia vita. Resterò a Fell’s Church finché ce ne sarà bisogno”.

Finché tu ne avrai bisogno. Era bellissimo come dietro delle semplici affermazioni si nascondesse una verità molto più profonda, che nessuno dei due era disposto ad ammettere.

Bonnie si morse la labbra e sospirò, cedendo a quegli occhi neri puntati nei suoi. Avrebbe tanto voluto sapere da dove proveniva quella voglia di distruggere tutte le sue speranze riguardo ad Elena.

Forse aveva ragione lui, forse l’avrebbe scelto. E il pensiero non le piaceva per niente. Neanche un po’!

“Cerca di tenere quel gatto lontano da Stefan, ok?” le raccomandò Damon bonariamente.

“E tu cerca di non fare stupidate”.

“Io non faccio mai stupidate, Sissi” e dopo averle posato un bacio sulla fronte, si dileguò.

Bonnie si sedette piuttosto imbronciata. Anche Stefan l’aveva baciata sulla fronte quella mattina e lei non aveva avuto niente da ridire.

Ora invece si sentiva delusa, perché una parte di lei avrebbe voluto che le labbra di Damon si fossero poggiate da un’altra parte.

Sulla bocca per esempio. Le suggerì una vocina.

Da quando in qua voleva baciare Damon Salvatore?

Solo perché, per un fortuito incidente, quella mattina le era capitato di farlo, non doveva per forza diventare un’abitudine.

Portò due dita alle labbra, toccandole delicatamente, come ad imitare la stessa pressione della bocca di Damon. Non era nulla di paragonabile.

In quei due secondi di contatto, Bonnie non poteva dire di aver sentito elettricità e brividi; tutti termini troppo prevedibili e banali e non esaurivano la complessità della lotta che le era nata dentro.

Non avrebbe mai pensato che un bacio a stampo, breve com’era stato quello, potesse mettere in serio dubbio l’idea che aveva di Damon.

Era stata più una scarica di tensione, come se fosse riuscita a sfogare un’eccitazione che cresceva di giorno in giorno.

Non poteva dire con certezza di che tipo di eccitazione si trattasse: fisica, emotiva, mentale? Sapeva solo che, dopo la notte in cui aveva cercato di sedurlo, ogni volta che lo aveva troppo vicino non riusciva a tenere la mente lucida come avrebbe voluta, e quando era lo aveva lontano le sembrava di soffocare.

Era successo anche qualche notte prima, quando aveva avuto l’incubo sull’uccisione della sua famiglia. All’inizio era talmente presa dallo spavento che non aveva neanche fatto caso alla situazione d’intimità che si era creata; ma non appena se n’era accorta, si era tirata indietro come se si fosse scottata.

Averlo sopra di lei, abbracciato a lei, con la fronte schiacciata contro la sua … cosa avrebbe dato perché si sporgesse e la baciasse? Eppure non era una voglia normale: Damon era suo zio, più o meno! Era cresciuta credendo di essere sua parante, come poteva provare un sentimento del genere? Da ciò ne conseguiva che non potesse essere totalmente pentita del bacio di quella mattina, anche se trasgrediva le regole della logica.

Repulsione e attrazione;  perfino quando avrebbe voluto odiarlo per ciò che aveva fatto a suo fratello e avrebbe dovuto cacciarlo dalla sua vita, non era stata capace di tagliarlo del tutto fuori.

Continuava a sperare, nel profondo, che prima o poi lui avrebbe fatto qualcosa che le avrebbe fatto dimenticare il rancore.

Era difficile vivere senza Damon.

 

Elena rimase sconcertata nel momento in cui in fondo alla strada comparve la Mustang e non la Jaguar rossa che si aspettava.

In realtà fino all’ultimo aveva temuto di non vedere arrivare proprio nessuna macchina. Aveva ricevuto la lettera che le chiedeva di presentarsi a Charlottesville per un colloquio in vista dell’ammissione all’UVA (University of Virginia), settimane prima, quando le cose con Stefan andavano ancora a gonfie vele. Il vampiro si era offerto di accompagnarla per proteggerla da eventuali imprevisti.

Dopo quella straziante conversazione in macchina, lei e il suo ragazzo non si erano più parlati e ovviamente l’argomento “Charlottesville” non era stato toccato. Elena non poteva mancare, ne andava del suo futuro scolastico, ma nello stesso tempo non aveva avuto il coraggio di chiedere a Stefan che cosa avesse intenzione di fare a riguardo.

Stefan, però, non se n’era dimenticato e aveva mandato suo fratello. Elena proprio non capiva quella decisione. Era forse un modo per chiudere definitivamente la loro storia e consegnarla dritta nelle mani di Damon? Si era arreso così senza combattere?

L’intento del vampiro era molto diverso, ma lei non poteva saperlo. Lasciare che Damon accompagnasse la ragazza gli era costato molto. C’era il pericolo che quella piccola gita li avvicinasse maggiormente di quanto già non lo fossero. Doveva accettare quella possibilità, doveva imparare a conviverci. Elena doveva passare del tempo con Damon e capire che cosa voleva davvero dalla sua vita. Stefan la stava in un certo senso mettendo anche alla prova, voleva testare il suo autocontrollo, voleva verificare fino a che punto si sarebbe spinta e quanto avesse in comune con Katherine.

L’esito di quel lunghissimo giorno gli avrebbe dato nuove speranze o le avrebbe distrutte completamente.

Anche Damon era stato spiazzato da quella richiesta. Tutto si sarebbe aspettato tranne che il suo fratellino gli permettesse di andarsene fuori città con Elena.

Tutta la sua contentezza era stata smontata pezzo per pezzo dal discorso di Bonnie. Non era un segreto che la strega non approvasse la strana relazione che lui condivideva con la bionda; quella volta, però, era stata fin troppo schietta, quasi cattiva, come se volesse non solo aprirgli gli occhi, ma anche ferirlo. Il motivo gli era del tutto estraneo.

Era forse per via del bacio di quella mattina? Si era trattato di un incidente, non era voluto, quindi perché prendersela? Inoltre Bonnie lo considerava come un amico, più o meno … qualunque cosa rappresentasse per la piccola strega non implicava sentimenti romantici.

Escludendo la notte in cui mezza ubriaca e parecchio incazzata gli si era buttata tra le braccia, la ragazza aveva sempre evitato contatti fisici compromettenti.

Ne aveva avuto prova qualche sera prima, dopo aver svegliato Bonnie dall’incubo. Se avessero voluto combinare qualcosa, quello sarebbe stato il momento perfetto: una stanza immersa nel buio, in piena notte, lei emotivamente provata e abbastanza vulnerabile, lui impaziente di approfondire.

Aveva frenato i suoi impulsi perché la giovane in questione era Bonnie, ma se lei avesse acconsentito, lui non si sarebbe rifiutato.

Purtroppo la strega, non appena si era accorta della loro compromettente vicinanza, si era subito ritratta. Con un certo disappunto da parte di Damon.

Non sapeva da dove venisse quella voglia fisica stare con Bonnie, ma preferì non indagare oltre. Era un uomo, dedito al piacere e al proibito: la rossa era una bella ragazza ed era intoccabile. Il ragionamento filava liscio come l’olio.

La pietra dentro di lui si contrasse in un minaccioso avvertimento: c’era molto di più oltre alla delizia della proibizione, ma il vampiro non era ancora disposto ad ammetterlo, soprattutto a se stesso.

Alla vista di Elena tutte le perplessità sparirono lasciando tabula rasa. Doveva concentrarsi sul tempo che avrebbe trascorso con lei, perché forse non avrebbe avuto altre occasioni simili.

Elena era tutto ciò che aveva sempre desiderato in una donna: non solo era la copia del suo primo amore, ma era anche forte, coraggiosa, con una volontà di ferro, a tratti egoista e testarda. Sarebbe stata una perfetta vampira e sua Principessa delle Tenebre.

Damon aggrottò la fronte: l’aveva sempre chiamata così, eppure in quel momento gli sembrava così stupida e scontata, troppo tipico di quei romanzetti da quattro soldi che facevano impazzire le ragazzine.

Era meglio definirla come sua compagna per l’eternità.

“Non sapevo che saresti venuto tu” gli rivelò Elena salendo in macchina.

“E’ stata una sorpresa dell’ultimo minuto anche per me” la informò Damon “Delusa?”.

“No” replicò lei con assoluta calma “Solo che non credevo nemmeno che fossi in città” e gli puntò gli occhi blu contro.

“Sono tornato questa mattina e il comitato di benvenuto è stato davvero eccellente!” commentò sarcastico.

Elena gli rivolse un’occhiata interrogativa “Che è successo?”.

“Liz Forbes mi ha sparato” raccontò “Prima dei proiettili di legno e poi della verbena. A quanto pare i lupi mannari le hanno spedito una lettera anonima per denunciarmi”.

“O mio Dio, Damon!” esclamò Elena sentendo un brivido di paura pervaderla “Come fai ad essere ancora vivo?”.

“Qualcuno lassù mi ama” rispose con nonchalance ridacchiando “E anche quaggiù” e tirò le labbra in un ghigno.

“Parli di Stefan?”.

“No, di Bonnie” precisò e non gli sfuggì il velo che adombrò lo sguardo prima luminoso della bionda “Poi è arrivata Caroline e ha convinto sua madre a lasciarmi andare”.

“Come ha fatto? Liz è irremovibile sulla questione dei vampiri”.

“Sua figlia è una di noi; credo che dovrà cambiare idea per forza”.

Elena sgranò gli occhi “Liz non sa … o Santo Cielo, chi gliel’ha detto?!”.

“Caroline; mi scoccia ammetterlo ma devo la vita a quella piaga di vampira!”.

“Com’è che io vengo a sapere queste cose solo adesso? E Bonnie? Sta bene?”.

“Certo che sta bene; Liz non le avrebbe mai fatto del male: è un’umana” le assicurò “Avresti dovuto vederla: mi si è parata davanti così velocemente che pensavo le rubasse la pistola dalle mani e che mi sparasse. Dopo tutto quello che le ho fatto non credevo mi avrebbe difeso così” ammise con voce debole.

“Bonnie non ti lascerebbe mai morire” affermò Elena “Sei importante per lei”.

Damon lasciò cadere il discorso; non voleva parlare di lei mentre era con Elena, eppure per un motivo o per un altro la tirava sempre nel discorso.

“A proposito, dove siete stati voi due fino ad oggi?” chiese la bionda con una nota d’invidia nella voce che fece gongolare Damon.

“L’ho portata dalla nonna ad Edimburgo. Mi sorprende che Miss Inquietudine non te l’abbia detto”.

Elena restò a bocca aperta “Bonnie ha una nonna ad Edimburgo? Ed è tornata lo stesso a Fell’s Church?”.

“Ahia, principessa! Questo è cattivo. Vorresti sbarazzarti di Bonnie per avermi tutto per te?” la provocò.

Elena gli tirò uno schiaffo sulla spalla “Non dire sciocchezze!”. Una piccola parte avrebbe voluto che Damon si concentrasse solo su di lei, ma non a quel prezzo. Bonnie era una sua amica e non l’avrebbe mai tradita per stare con il vampiro. “Intendevo dire che … insomma, dopo tutto questo tempo scopri che la tua vera nonna è ancora in vita e invece di rimanere a conoscerla, torni in questo casino di città? Non so se avrei fatto lo stesso”.

“Forse qui c’era qualcuno o qualcosa per cui valeva la pena tornare” suppose Damon “Qui c’è casa sua, la sua famiglia e i suoi amici. Mi sembrano motivi validi per voler vive a Fell’s Church”.

“Forse hai ragione” concordò Elena accoccolandosi sul sedile per quanto poté “La mia vita è cambiata così tanto negli ultimi mesi che se trovassi un po’ di normalità, mi ci fionderei” gli confessò mestamente.

“Io e Stefan ti abbiamo sconvolto per bene, eh?”.

“Non è questo. Sono contenta di avervi con me” disse Elena con determinazione “Ma preferirei non dovermi preoccupare che qualcuno di voi possa morire; soprattutto per proteggere me”.

“Nessuno morirà, principessa” la tranquillizzò Damon “Io e mio fratello siamo in giro da cinquecento anni; ci vuole più di un vampiro assettato di Potere per farci fuori”.

“Spero che non siano le ultime parole famose” borbottò Elena appoggiando il capo contro il finestrino della macchina.

“Non essere troppo ottimista, mi raccomando” la prese in giro lui.

Distolse lo sguardo dalla strada per posarlo sulla ragazza, un po’ preoccupato. Lui e Stefan le avevano stravolto la vita; non sapeva dire se in meglio o in peggio. Per quanto potesse risultare una storia romantica, non avrebbe augurato a nessuno di venire conteso da due vampiri. Prima del loro arrivo a Fell’s Church lei era una come tante, certo bellissima e speciale, ma rimaneva una ragazza normale, alle prese con i problemi normali di tutte le adolescenti. Damon  non si ricordava nemmeno quando aveva iniziato ad innamorarsi di Elena.

All’inizio era stato tutto un piano per tormentare suo fratello come sempre, poi aveva imparato ad osservarla e a conoscerla; aveva capito di trovarsi di fronte alla sua possibile compagna per l’eternità e l’aveva costretta a scambiare il sangue con lui, minacciando la vita della sua sorellina.

Dal desiderio all’amore, però, c’era un bel salto. Sempre che di amore si trattasse. Aveva passato così tanto tempo ad odiare suo fratello e ad amare Katherine che si era più volte chiesto se non avesse proiettato quei sentimenti confusi su Elena.

Aveva creduto di amare Katherine dal profondo del suo cuore ed invece si era rivelata tutta un’illusione.

Temeva di commettere lo stesso errore di nuovo. Quello che provava per la sua umana era travolgente e irresistibile; era intrigato dalla sua personalità e completamente perso del suo corpo. Magari non poteva definirlo ancora amore, non al 100%, ma avrebbe dato di tutto per vincere il suo cuore, perché in quel momento sentiva che nient’altro avrebbe potuto renderlo felice.

Avrebbe di gran lunga preferito non trovarsi in quella situazione nuovamente: in lite con suo fratello per la stessa ragazza e avrebbe preferito che Elena non si fosse trovata in mezzo a quella disputa che durava da mezzo millennio.

Damon e Stefan non erano i migliori che le potessero capitare, ma erano gli unici in grado di difenderla. Perciò, accantonate tutte le sue ragioni egoistiche, Damon non si pentiva di essere piombato nella sua vita come una bomba.

Lo stesso discorso valeva per Bonnie. Lui le aveva sconvolto la vita, nei modi più atroci che potessero esistere, ma l’aveva anche salvata e protetta. Finché non avesse scoperto il responsabile dell’uccisione della sua famiglia, Damon non le avrebbe mai permesso di allontanarsi.

Non gli importava dell’opinione di Sheila. La donna aveva ragione: andava contro ogni logica portare via Bonnie dalla Scozia, dalla sua vera famiglia appena ritrovata; Damon le aveva dato la possibilità di scegliere e aveva sospirato di sollievo quando la rossa si era rifiutata di stare con sua nonna. Non l’avrebbe mai obbligata ad andare via contro la sua volontà, ma di certo non l’avrebbe costretta a rimanere, sebbene sarebbe stato più saggio e prudente lasciarla con qualcuno che potesse insegnarle davvero a difendersi, lontano da ogni traccia di vampiro.

Fanculo alla prudenza! Pensò. Bonnie era al sicuro soltanto vicino a lui.

Era andato tutto benissimo fino a che Zach non l’aveva mandata in Italia; Christopher l’aveva trovata, l’aveva seguita, rapita e per poco non l’aveva ammazzata. E chi la cercava era ad un passo da lei, almeno quanto lo era Klaus da Elena.

Non aveva intenzione di offrire Bonnie a quel mostro su un piatto d’argento; non voleva vivere nella paura che un giorno o l’altro sarebbe giunta la notizia della sua morte, nel rimorso per non aver fatto niente per impedirlo.

Sua madre l’aveva affidata a lui. Lui l’aveva trovata. Lui l’aveva nascosta. Lui l’aveva vista crescere. Bonnie era sua!

Damon non aveva mai brillato per altruismo, ma quando si trattava delle sue ragazze diventava estremamente possessivo. Un giorno sarebbe stato pronto a lasciarle andare, ma in quel momento le voleva più vicino che mai.

Entrò in un bar e ordinò da bere, mentre aspettava Elena a colloquio con il rettore dell’università. Intorno a lui parecchie studentesse lo fissavano con interesse, alcune fin troppo sfacciatamente. Damon grugnì con disappunto: una volta ne avrebbe scelte un paio a caso e si sarebbe andato a divertire; adesso invece si doveva comportare bene o Elena lo avrebbe castrato.

Restò seduto al tavolo per più di un’ora prima di vederla ricomparire con un sorriso stampato in faccia. Quando si unì a lui, tutte le ragazze distolsero lo sguardo deluse e consapevoli di non poter competere con tanta bellezza.

“Dalla tua espressione sembra che sia andato bene” ne dedusse Damon.

“Credo proprio di sì” confermò lei tutta contenta.

“Non ti capisco; hai tre vampiri a tua disposizione che potrebbero farti ammettere ovunque e fatichi tanto per degli stupidi colloqui”.

“Non scelgo la strada facile” obiettò Elena “Voglio farcela da sola”.

“Per favore!” sbuffò lui non credendo ad una singola parola “Ti conosco e faresti di tutti per ottenere quello che vuoi, non sei una che si arrende. Sappiamo entrambi che se non entrerai nel corso che hai scelto, lascerai che qualcuno di noi provveda a rimediare” e bevve un sorso del suo drink senza staccare i suoi occhi neri dalla iridi blu della giovane.

“Evidentemente non mi conosci così bene” lo gelò lei, piuttosto offesa.

“Ti conosco perfettamente; siamo uguali io e te”.

Elena si alzò di scatto e scappò in bagno così velocemente che Damon pensò che avesse messo le ali ai piedi.

Con più calma posò il bicchiere sul tavolo e la seguì cercando di non farsi notare mentre entrava nel bagno delle ragazze. Chiuse la porta a chiave.

“Non la tenevi più, Elena?” scherzò.

La bionda non si voltò; continuò a dargli le spalle e a tenere le braccia incrociate vicino al petto per calmare il respiro “Non posso farcela, Damon”.

“Di cosa parli?”.

“Di questo!” esplose girandosi “Di te che cerchi di tentarmi, di portarmi dalla tua parte. Io non sono più quella persona”.

Damon fece due passi avanti e la tirò contro di sé, mandando dardi infuocati con gli occhi “Tu sei esattamente questa persona; solo che sei troppo vigliacca per ammetterlo”.

Elena scosse la testa con fermezza e avrebbe anche replicato se le labbra del vampiro non si fossero tuffate sulle sue bloccando sul nascere ogni protesta.

Per i primi momenti si abbandonò alla forza di quel bacio, ma ben presto di trovò a divincolarsi. Damon lasciò la presa e l’apostrofò con rabbia “Smettila di combattermi. Lo vuoi quanto me”.

“Non è giusto!” ribatté lei “Non vedi quello che stiamo facendo? Io e te tiriamo fuori il peggio l’uno dall’altra”.

“Perché tu vuoi che sia così!” le urlò contro l’uomo.

E’ così” lo corresse “Se fosse giusto, non ci staremmo baciando nascosti in un bagno di un bar sconosciuto di una città lontana chilometri da Fell’s Church”.

“Dobbiamo nasconderci, Elena, perché tu ti vergogni di me” l’accusò.

“Non mi vergogno di te” giurò lei “Ma non sono pronta a rinunciare a tutto”.

“A Stefan” precisò il vampiro amareggiato allontanandosi da lei con fare frustrato.

Elena lo riagguantò e gli prese il volto tra le mani, avvicinandoselo “Io ti amo, Damon” gli confessò “Anche se non so dirti di che tipo di amore si tratti. Ti amo, ma non sono innamorata di te. Stare con te sarebbe bellissimo e mi piacerebbe darci una possibilità, ma so che alla fine non riuscirei a dimenticarmi di Stefan”.

“Come puoi esserne sicura se non ci abbiamo nemmeno provato? Come puoi sapere che io non riuscirò mai a togliertelo dalla testa?”.

“Perché io non te lo permetterei, perché non voglio dimenticarlo!” protestò Elena “Non sono niente senza di lui. Stefan fa emergere la mia parte migliore, mi fa sentire viva e crede in me” gli spiegò. Sapeva di ferire Damon con quelle parole, ma stava dicendo la verità. Non avrebbe sopportato di perdere Stefan; era lui quello insostituibile nella sua vita.

“Il nostro non è un rapporto sano, Damon” disse mentre con una mano scacciava via le lacrime “Ci facciamo del male a vicenda e lo facciamo agli altri. Io non potrei portare niente di buono nella tua vita”.

“Sei la prima persona che abbia risvegliato dei sentimenti in me” insistette lui, rifiutandosi di guardarla per la delusione bruciante.

“E che sentimenti sono? Invidia verso tuo fratello, rabbia verso di me perché non posso darti quello che mi chiedi, commiserazione per te stesso perché credi di non essere all’altezza. Ce n’è qualcuno di positivo?”.

“E’ l’unico modo di amare che conosco” sussurrò Damon come un cucciolo ferito.

“Questo non è amore. È ossessione, è voglia di rivincita”.

“Non ci provare” le intimò lui, d’un tratto minaccioso “Non osare sminuire quello che provo”.

“Non lo sto sminuendo” replicò Elena “Ma nessuno ti ha mai insegnato che cos’è l’amore vero e sincero. E se dopo avermi conquistata, ti stufassi di me? Avresti sprecato il tuo tempo dietro un sogno e avresti perso del tutto tuo fratello”.

“Elena non farlo” la pregò Damon “Sai bene che non ti lascerei mai e sai che i miei sentimenti sono sinceri”.

“Lo so” la ragazza tirò su con il naso; aveva smesso di piangere ma il suo cuore urlava per quello che stava patendo Damon “E’ solo che … io non ti faccio stare bene come dovrei, con me non ti sentiresti mai al sicuro perché non sono quella giusta”.

“E io non sono quello giusto per te” concluse lui “Stefan lo è”.

“Puoi negarlo quanto vuoi, Damon, ma nel profondo sai che ho ragione. Non siamo nati per stare insieme”.

“So quello che provo ed è tutto vero” rispose lui “Credo che come al solito tu ti stia nascondendo dietro delle scuse, ma non ho intenzione di umiliarmi ancora chiedendoti di ripensarci. D’ora in poi non ti disturberò più con i miei sentimenti così sbagliati”.

“Damon …” provò a richiamarlo invano; se n’era già andato come una furia.

Nessuno dei due parlò per tutto il viaggio di ritorno e, non appena raggiunsero casa Gilbert, Elena scese dalla macchina senza guardarsi indietro.

 

Il gatto iniziava a trovare la situazione davvero ridicola. Era steso su quel letto da qualche ora e avrebbe voluto appisolarsi e trovare pace dalla voce che lo stava tormentando, ma la ragazza seduta di fronte a lui non desisteva, convinta di potergli dare ordini.

Kol miagolò infastidito: era un gatto, non un cane addomesticato. I gatti dominavano il mondo e nessuno poteva dire loro cosa fare e quando.

Bonnie si lasciò cadere sul materasso con le braccia aperte, esasperata e annoiata. Aveva provato per tutto il pomeriggio ad esercitarsi come la signora Flowers le aveva chiesto, senza ottenere risultati.

Sarebbe stato tutto molto più facile se non avesse avuto la testa da un’altra parte. Non aveva mai fatto così tanta fatica a concentrarsi e trovava pure assurdo il motivo di quella distrazione: stava morendo dalla voglia di sapere che cosa stessero combinando Elena e Damon insieme.

Era gelosa, tremendamente gelosa.

Rotolò su un fianco e nascose la testa nel cuscino mugugnando qualche verso di protesta. Non era così che doveva andare. Lei non avrebbe dovuto prendersi una cotta per Damon; non l’aveva previsto e nemmeno avrebbe voluto.

Poteva negarlo fino alla morte, ma era palese che il loro rapporto avesse superato la fase della semplice amicizia. Era una pillola amara da ingoiare e Bonnie se ne vergognava e non riusciva ad accettarlo.

Per quanto tenesse a Damon, restava pur sempre il vampiro che aveva ucciso suo fratello, e quei sentimenti erano totalmente sbagliati e avrebbero dovuto farla sentire in colpa. Appunto, avrebbero dovuto; tuttavia la realtà era ben diversa, era l’esatto contrario.

Bonnie non credeva di aver mai provato niente di così giusto in vita sua. Non c’era altra spiegazione al bisogno di averlo accanto, alla voglia di renderlo felice, alle farfalle che giravano nel suo stomaco quando si sfioravano.

Forse quelle emozioni erano sempre state lì ma Bonnie non era stata capace di riconoscerle. Adesso erano state sbloccate e lei non sapeva come gestirle, perché sapeva che prima o poi si sarebbe resa ridicola.

Damon era innamorato perso di Elena e solo di Elena. Che speranze poteva avere una ragazzina dai capelli rossi che niente era in confronto alla bellissima Gilbert?

Bonnie avvertì la frustrazione montarle nello stomaco. Damon un tempo era suo.

Ora, però, era Elena ad avere potere su di lui e a Bonnie sembrava quasi di essere stata spodestata.

Probabilmente in quel momento si trovavano da qualche parte a baciarsi e a fare chissà cos’altro. Forse a confessarsi il loro amore, forse a cercare un compromesso per convivere con i loro sentimenti. Forse Elena cercava di convincerlo a non abbandonarla anche se lei avesse scelto Stefan.

Ripensò con tristezza alla scena cui aveva assistito qualche settimana prima, quando li aveva beccati a baciarsi in salone come se non ci fosse un domani.

All’impatto era stato sconfortante, ma Bonnie non si era resa conto di quanto fosse stato anche doloroso, non fino a quell’istante almeno.

Immaginò se stessa al posto di Elena, così come era successo con la hostess morsa in aereo. Immaginò di stringere i suoi capelli tra le dita e di spingersi verso di lui, immaginò di essere presa con decisione per i fianchi e di essere schiacciata contro il muro mentre le loro labbra giocavano, mai soddisfatte, mai sazie.

Bonnie si rigirò nuovamente a pancia all’aria, completamente sconvolta da quelle fantasie. Era stata colpita da una vera bomba, improvvisa e fortissima.

Kol tirò su la testa e percepì l’agitazione dell’umana vicino a lui. Irritato, balzò giù dal letto e schizzò fuori dalla stanza.

Bonnie se ne accorse subito e corse ad inseguirlo per tutto il corridoio “Dove pensi di andare?” gli urlò dietro mentre quello zampettava veloce su per le scale.

“Torna qui!” lo richiamò la ragazza facendo i gradini a due per stargli dietro.

Lo trovò poco dopo nell’ultima stanza in cui avrebbe dovuto entrare; più precisamente lo trovò sul letto, con gli artigli conficcati nella stoffa del cuscino a farsi le unghie. “Scendi da lì!” e si accinse a prenderlo, ma il felino più veloce si sottrasse e iniziò ad arrampicarsi su una delle colonne del letto a baldacchino.

“Vuoi farci ammazzare tutti e due?!” strillò Bonnie cercando di riagguantarlo. Damon li avrebbe uccisi; lei e il gatto. Probabilmente prima lei.

Raggiunta la cima, Kol si fermò e puntò le sue iridi in quelle marroni della ragazza. Bonnie non ruppe quel contatto, anche provò a focalizzare la sua magia e ad incanalarla come le aveva insegnato la signora Flowers.

“Ti ho detto di scendere e di stare fermo”.

Dopo un secondo l’animo balzò di nuovo sul materasso e si sedette con tutta calma di fronte a lei. Non si mosse, in attesa d’istruzioni.

Bonnie batté le mani “Ce l’ho fatta!!!”.

Saltellò intorno poi riportò l’attenzione su Kol “Ora torna i camera mia e stacci”.

Il gatto obbedì.

“Ce l’ho fatta!” strillò battendo ancora le mani “Ce l’ho fattaaaaaa!”.

Uscì dalla camera senza preoccuparsi di sistemare quel disastro. Scese fino al piano terra, esaltata dalla magia che aveva compiuto. Era solo un piccolo passo, ma sarebbe riuscita nel suo intento; se lo sentiva.

Credeva di essere sola in casa ma venne presto smentita dalla figura di Damon, seduta sul divano con le spalle curve davanti al fuoco.

“Damon!” esclamò Bonnie “Ce l’ho fatta! Ho controllato la mente del gatto!”.

“Dieci punti a Grifondoro” si congratulò lui senza entusiasmo.

Bonnie percepì subito dal tono che qualcosa non andava. Si avvicinò di più per studiare la sua espressione: era vuota, fissa nelle fiamme, devastata e sfiancata.

“Che è successo?” chiese presa da una strana agitazione.

Damon non rispose.

“E’ stata Katherine, non è vero?” ne trasse Bonnie senza pensare che Damon non aveva visto la vampira per tutto il giorno. Non si sarebbe mai sognata  che la responsabile di quella sofferenza fosse Elena, non credeva che avrebbe fatto la sua scelta così in fretta. A dirla tutta, non credeva che avrebbe mai scelto.

Il vampiro non ascoltò nemmeno una parola della sfuriata della rossa; aveva sentito il nome di Katherine ma non vi badò.

Era svuotato e abbattuto, umiliato. Avrebbe voluto affogarsi nel bourbon, avrebbe voluto essere ubriaco marcio per non sentire ancora il tocco delicato di Elena sul suo volto. Eppure era sobrio ed estremamente lucido; non riusciva a scacciare via il dolore.

Forse Elena non aveva tutti i torti, forse non erano destinati a stare insieme, ma lei non aveva nemmeno voluto fare un tentativo: lui non ne valeva la pena.

Desiderava con tutte le sue forze spegnere le emozioni, chiuderle di nuovo dentro la sua pietra, ma gli sembrava un’impresa impossibile. Aveva bisogno di alcol, aveva un bisogno disperato di smettere di sentire.

“Ok, questa storia deve finire, ne ho abbastanza!” affermò la rossa “Dove hai nascosto i paletti? Dov’è che l’hai lasciata? Le faccio rimangiare …”.

“Bonnie” la voce di Damon era così fievole che la ragazza smise di parlare per accertarsi di aver sentito bene.

“Ricordi quando mi hai parlato di quei tuoi abbracci disinteressati? Quelli che ti fanno sentire bene?”.

“S- sì”.

“Me ne servirebbe uno”. O forse aveva semplicemente bisogno della sua Sissi.

Bonnie sentì il cuore stretto in una morsa. Riempì la distanza che la separava dal vampiro e gli si sedette accanto. Gli circondò le spalle con le braccia e delicatamente lo condusse verso di lei, fino ad appoggiare la fronte contro la sua tempia destra. Era talmente vicino che i loro respiri si confondevano e Bonnie fu colta dalla tentazione di assaporare ancora le labbra soffici dell’uomo.

Si trattenne; non si trattava di lei, di quello che voleva. L’importante era Damon, che aveva maledettamente bisogno di affetto. Affetto che Bonnie gli poteva dare.

“Elena ha scelto Stefan” mormorò lui.

La giovane non poté fare a meno di dispiacersi, di provare il suo stesso male. Non credeva che Elena fosse la ragazza giusta per lui, ma se lo rendeva felice, lei lo avrebbe accettato.

Bonnie gli accarezzò con tenerezza i capelli, dopodiché rimasero in silenzio, ad ascoltare il crepitio delle fiamme.

Con lentezza la rossa scivolò sui cuscini alle sue spalle e s’immerse nella loro morbidezza, portando Damon con sé.

Il vampiro rannicchiò le gambe sul divano e finalmente ricambiò l’abbraccio; strinse con una mano il fianco di Bonnie e appoggiò il capo sul suo petto.

Cullato dalle carezze e dal respiro della ragazza, Damon sprofondò nel sonno e poco dopo lei lo imitò.

La mattina dopo Stefan li trovò nella stessa posizione: stesi sul divano, accoccolati l’uno contro l’altro, il viso di Damon nascosto nel collo di Bonnie.

E seppe per certo che qualcosa tra loro era cambiato.

 

“I still think we could
‘cause you and me, we`re good
And I`ll tell you why this hurts, 'cause I`m sober
But I just wanna be drunk
so I can forget about you
and all the stupid things that love has pulled me through
Even when I've had too much,
I still feel your touch
Maybe this just means that I`m not drunk enough”

(Not drunk enough- Adele Erichsen).

Il mio spazio:

Buona sera a tutte voi, mie carissime lettrici!

Le mie lezioni sono finite e io sono più contenta che mai! Allora dovrei proprio riuscire a scrivere il prossimo capitolo in tempo per il solito aggiornamento, ma dato che dall’11 giugno comincio gli esami, sarò un po’ presa; per cui comincio a scusarmi già da ora di eventuali ritardi.

Passando al capitolo:

-      Elena e Damon: non so se tra di voi ci siano dei fan di questa coppia; se così fosse, non aveva nessuna intenzione di sminuire il loro rapporto.

L’idea, però, che io mi sono fatta di questi due è proprio come la spiega Elena. Non metto in dubbio che Damon ami sinceramente Elena, ma i suoi sentimenti sono sempre molto confusi e tutto è nato solo come una vendetta nei confronti del fratello.

È vero che poi conoscendola, si è reso conto che Elena avrebbe potuto essere davvero la sua compagna ideale, però trovo che tutto sia un po’ troppo programmato. Inoltre, sono molto simili di carattere e più volte nei libri mi sembra che tirino fuori il peggio l’uno dall’altra; non vedo una crescita per i loro personaggi insieme. Ovviamente questa è solo la mia opinione=)

Mi spiace che abbiate dovuto sorbirvi un’altra gita fuori città; potrebbe ricordavi molto la puntata 3X19, ma in realtà aveva già in mente questa scena da parecchio tempo e ho cercato di cambiare un po’ di cose per non scrivere qualcosa di già visto e sentito! Anche la scelta non è stata assolutamente influenzata dalla 3X22. Per sarà sempre e solo Stefan, in ogni caso ( a proposito che ne pensate del finale? Io sono arrivata alla conclusione che io e gli sceneggiatori di TVD abbia visto due stagioni diverse, perché ho bocciato ogni singola cosa!!!).

-      Bonnie e Damon: ecco, loro anche nei libri mi sono sempre sembrati più spontanei. Le cose cominciano a smuoversi e come aveva detto qualcuna di voi, è lei ad accorgersene per prima.

Damon è troppo impegnato con i suoi drammi sentimentali e con il suo orgoglio per ammetterlo. Bonnie capisce che qualcosa è cambiato e dopo averci riflettuto, ammette di essersi infatuata (per adesso).

Credo che ormai fosse inutile continuare a fare finta di niente, inutile negarlo. Non si fanno certi pensieri verso una persona che si considera solo come un’amica. Questa gelosia non è del tutto innocente, non è più come tra fratello e sorella o zio e nipote.

Nel prossimo capitolo ci sarà una bella svolta e desterà delle discussioni; spero positive ma ovviamente sarò contenta di ricevere anche pareri negativi. C’è sempre da imparare XD

Penso di aver detto tutto e vi lascio con le note!

Ringrazio come sempre tutti voi per i bei commenti e grazie di continuare a seguirmi, anche ai lettori silenziosi. Siete tantissimi e mi fa strapiacere!!!

Un bacio e ci vediamo tra due settimane se tutto va bene!

Fran ;)

 

*Make you feel my love: questa canzone è di Bob Dylan, ma in questo caso è più adatta la canzone di Adele.

**Battuta presa dalla puntata 3X22 di TVD. Era troppo bella per non metterla.

***Per chi non guardasse la serie tv, Kol è uno degli Originari, fratello di Klaus.

****Non posso resistere a non mettere i riferimenti a Harry Potter, con tutta questa storia della stregoneria ahaha.

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Capitolo 28
*** You're in my veins ***


Ashes &Wine

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Capitolo ventotto: You’re in my veins.

 

“If I should die before I wake
It's 'cause you took my breath away
Losing you is like living in a world with no air
I'm here alone, didn't wanna leave
My heart won't move, it's incomplete
Wish there was a way that I can make you understand”

(No air- Jordin Sparks).

 

Damon intese subito di non trovarsi nelle sua stanza. Il suo piede sinistro penzolava nel vuoto e questo non accadeva mai nel suo grandissimo letto.

Aprì gli occhi malvolentieri e ci mise qualche secondo per individuare il soggiorno. Doveva essere mattina inoltrata a giudicare dalla luce e il fuoco si era spento. Sbatté un paio di volte le palpebre, cercando di ricordare perché si fosse addormentato sul divano nel salone. Si era forse ubriacato? No, non vedeva bottiglie sparse per terra.

Mentre si svegliava con molta calma, le immagini del giorno prima iniziarono a tornargli alla mente e la nausea gli montò nello stomaco. Charlottesville. Il bagno delle donne. Elena. Stefan. Elena e Stefan per sempre.

Elena lo aveva rifiutato; aveva scelto il suo fratellino. Niente di cui stupirsi, fin troppo prevedibile, anche se per un attimo aveva pregato e creduto il contrario.

Si sorprese, costatando di non essere così affranto come si sarebbe aspettato. Forse era ancora in fase di negazione, forse non era ancora arrivato il colpo. No, c’era qualcosa che non quadrava.

La stanza intorno a lui era fin troppo in ordine: non una bottiglia sul pavimento, non un quadro rotto, nessuna ragazza mezza moribonda.

Come diamine si era calmato la sera prima? E come mai era altrettanto calmo anche in quel momento?

Sotto di lui qualcosa si mosse leggermente e Damon metaforicamente sbiancò, mentre un ciuffo rosso fuoco gli cadeva davanti agli occhi. Ora era tutto chiaro.

Quale miglior cura se non trovare conforto tra le braccia dell’unica ragazza che sembrava accettarlo per ciò che era, sebbene non se lo meritasse?

Bonnie era il ritratto della serenità: respirava silenziosamente, aveva la testa piegata di lato, i capelli a coprirle metà volto e le mani che ancora lo stringevano al petto, quasi per paura che potesse scappare.

Damon non era assolutamente intenzionato a spostarsi. Aveva l’impressione che non appena avesse lasciato il calore di quel corpicino, sarebbe esploso in tutta la sua rabbia ed era l’ultima cosa che voleva.

Stava bene lì e non aveva alcun desiderio di porre fine a quel sollievo. Era a dir poco meravigliato di come Bonnie fosse riuscita a placare la sua angoscia.

Un abbraccio. Un cazzo di abbraccio era stato in grado di spazzare via i suoi demoni e lenire il dolore. Probabilmente avrebbe dovuto focalizzarsi su chi gliel’aveva dato e non sul gesto in sé.

Intorno a lei quella fastidiosa sensazione di nullità spariva. Il fatto che Bonnie avesse bisogno di lui lo faceva sentire utile e amato.

Tutta la quiete che percepiva era solo un’ulteriore conferma: la streghetta sarebbe stata sempre la miglior medicina al suo malessere.

Alzò di poco la il capo e le stampò un bacio alla base del collo, inspirando il suo profumo. Non era dolce o pungente come quello di tutte le donne con cui era stato e non si trattava di qualcosa di confezionato, era proprio l’odore della sua pelle. Damon non seppe definirlo e lo giudicò unico.

Bonnie si mosse e strizzò gli occhi nel dormiveglia. Quando li aprì apparvero confusi, evidentemente stupiti alla vista del vampiro.

“Buongiorno, scricciolo” la salutò a bassa voce.

“Buongiorno” rispose lei con uno sbadigliò. Si stiracchiò cercando sollievo a quell’intorpidimento; aveva i muscoli indolenziti e doloranti per colpa del peso del vampiro.

Damon si spostò per permetterle di mettersi più comoda.

“La prossima volta sto io sopra” si lamentò Bonnie in tutta la sua innocenza, senza pensare minimamente all’enorme doppio senso che ne era appena uscito.

Il vampiro lo colse subito “Non ti facevo il tipo che sta sopra” poi annullò di nuovo la distanza che li separava e le sussurrò ad un centimetro dalle labbra “Ma sono aperto a tutte le posizioni”.

Bonnie diventò un semaforo e trattenne il fiato presa dal panico. Non le poteva fare questo, non di prima mattina! Non dopo aver appurato di essersi presa una cotta! Oh, ma questo lui non lo sapeva.

Non era nei progetti di Damon, voleva solo prenderla in giro, ma improvvisamente fu invaso dal desiderio di baciarla; sta volta per davvero.

Il cockblocker* più talentuoso di tutti i tempi, alias suo fratello Stefan, decise di fare la sua comparsa in quel preciso istante e si schiarì la gola.

Damon si chiese perché non fosse già a casa Gilbert a scoparsi la sua adorata Elena, invece di rovinargli la festa.

“Credo che andrò a farmi una doccia” disse Bonnie più che contenta di sgattaiolare via dalla quell’imbarazzo e magari cambiarsi i vestiti.

Nella salone rimasero Damon e Stefan, a fronteggiarsi.

“Qualunque cose tu stia pensando, è sbagliata” lo rassicurò Damon, alzandosi per versarsi finalmente un bicchiere di whiskey.

“Non ho aperto bocca” gli fece notare l’altro con nonchalance, sebbene entrambi sapessero che cos’era sottointeso.

“Le rughe sulla tua fronte parlano per te”.

“E la tua coda di paglia per te”.

Damon per poco non si strozzò con il liquore. Da quando Stefan era diventato così bravo non solo a fare battute, ma anche ad insinuare? Lo fissò socchiudendo un po’ gli occhi e arricciando le labbra.

“Forse non avrei nemmeno sospettato nulla, se tu non fossi subito saltato a negarlo” lo canzonò Stefan senza tuttavia palesare il fulcro della discussione.

Non era difficile da immaginarlo: Damon e Bonnie praticamente spalmati uno sull’altro sul divano, a distanza di un bacio.

Stefan non era né cieco né stupido e si chiese che gioco avesse in mente suo fratello. Dichiarava amore per Elena quando non riusciva a stare per più di qualche ora lontano da Bonnie. Non sapeva quanto fossero sinceri i sentimenti per una e per l’altra, sapeva solo che a qualcuno si sarebbe spezzato il cuore.

“Che cosa stai facendo?” gli domandò con una leggera velatura di minaccia.

“Di solito sono io quello che pensa sempre male. Non ti facevo così lascivo, Stef” lo prese in giro dondolando la mano con il bicchiere, poi, notando che suo fratello non accennava a rilassare la sua espressione corrugata, sbottò “Santo Cielo, prima che ti parta una vena! Ci siamo solo addormentati sul divano. È successo un sacco di volte nel suo letto e tu non hai mai detto niente” precisò.

Sì, ma sta volta è diverso. Pensò Stefan; quando li aveva trovati quella mattina, c’era una strana quiete nell’aria, quasi surreale per i tempi che correvano. Era come se due pezzi di un puzzle si fossero perfettamente incastrati sprigionando armonia. Poco prima, invece, nell’attimo in cui stavano per baciarsi –perché è quello che stavano per fare- aveva percepito pura elettricità.

Le frasi ironiche e fuorvianti di Damon non potevano ingannarlo; chiunque con uno straccia di Potere avrebbe capito che c’era qualcosa di diverso.

“Avete trovato i lupi?” cambiò discorso il diretto interessato, sperando di riuscire a distrarlo dall’argomento Bonnie.

“No” rispose Stefan “Katherine mi ha portato al loro campo, ma era abbandonato. Si stanno spostando per il bosco. Oggi continuiamo le ricerche e ci servirebbe il tuo aiuto”.

“Questo è poco ma sicuro. Il tuo Potere non riuscirebbe a trovare nemmeno una fatina”.

Stefan non poté che concordare in silenzio. Le sue capacità erano migliorate da quando aveva preso l’abitudine di scambiare il sangue con Elena, ma per ovvi motivi da qualche settimana era tornato alla sua rigida dieta vegetariana.

Damon finì il suo drink e si risedette sul divano chiudendo gli occhi. Sapeva che quel silenzio avrebbe portato all’argomento Elena e avrebbe preferito evitarlo.

“Com’è andata a Charlottesville?”.

Appunto.

“Straordinariamente bene” dissimulò ancora con gli occhi chiusi “Mi mancavano le universitarie, sono molto meno timide della liceali” commentò con un sorrisino sulle labbra. Non udendo risposta, aprì gli occhi. Ed eccolo lì: suo fratello Stefan in piedi davanti a lui, con l’argomento Elena scritto sulla fronte.

“Smettila di darmi quelle occhiate di biasimo. Sei tu che mi hai mandato!” gli ricordò.

“Certo e tu non ti sei tirato indietro” replicò il minore quasi con tono accusatorio.

“No, Stefan, non mi sono tirato indietro. Io approfitto delle opportunità che mi vengono date e faccio di tutto per raggiungere il mio obiettivo”.

QUANTE VOLTE LO DEVO RIPETERE?! Urlò Damon nella sua mente. Perché dopo cinquecento anni, suo fratello si stupiva ancora?

“So che vuoi farmi sembrare uno stupido” disse Stefan a bassa voce “Io amo Elena, ma non posso ignorare i sentimenti che ha per te. Deve passare del tempo con te per capire che cosa vuole realmente”.

“Sai, che ti dico?” lo affrontò Damon tirandosi in piedi “E’ vero: voglio farti sembrare uno stupido, perché me l’hai consegnata su un piatto d’argento! Se Elena fosse stata mia, non ti avrei mai permesso di avvicinarti a lei, non l’avrei mai lasciata andare. Questa è la differenza tra me e te”.

“Non parliamo di un oggetto. Elena è una persona che pensa con la sua testa. Non posso tenerla legata come un cane”.

“Anche se ti dicessi che con questa tua mossa così generosa, forse l’hai persa per sempre?”. Era una bugia, ma voleva fargli male. Non era giusto che fosse solo lui l’unico a soffrire.

Qualcosa si ruppe in Stefan. Sembrò che anche l’ultima delle speranze gli fosse stata strappata via brutalmente e illecitamente. La sua paura più grande si era avverata perché sentiva di aver perso in una sola volta l’amore e la famiglia.

Damon sospirò stancamente e si lasciò cadere di nuovo sul divano. Ferire Stefan non sarebbe servito a niente, non gli avrebbe dato la sua principessa e non lo avrebbe fatto sentire meglio.

“Ha scelto te”.

In modo impercettibile la luce tornò negli occhi del vampiro “Come?”.

“Hai capito benissimo: ha scelto te”.

Ora le sue iridi verdi brillavano come smeraldi “Non mi ha detto niente”.

“Beh, lo ha detto a me!” tagliò corto l’altro “Ho cercato di conquistarla, ho cercato di portartela via ma è stato inutile. Lei non mi vuole; anche se sappiamo  tutti e tre che io sono l’unico che tira fuori la vera Elena, sono l’unico con cui potrebbe davvero diventare inarrestabile. Ma non mi vuole e un gentiluomo non importuna mai una signora; quindi godetevi pure il vostri lieto fine. Mi faccio da parte. Hai vinto tu, Stefan. Hai vinto ancora tu” sputò veleno ad ogni parola.

L’altro vampiro si morse un labbro e per la prima volta dopo tanto tempo, provò davvero compassione per Damon. Forse aveva ottenuto la ragazza, ma aveva perso il fratello. Si trattava di una vittoria amara.

“Ora te ne andrai?” non era una speranza ma un timore. Non voleva che Damon lasciasse la città, non ora che, nel bene o nel male, erano costretti a condividere una sorta di rapporto.

“Elena non è l’unico motivo che mi trattiene a Fell’s Church” dichiarò suo fratello con tono calmo ma deciso.

Stefan annuì rincuorato. Bonnie. Bonnie era un motivo più che valido per rimanere; e poi c’era lui. S’illudeva di potersi annoverare tra le persone cui Damon teneva. Probabilmente non era vero, ma gli piaceva pensarla così.

“Allora verrai con me e Katherine a cercare i lupi?”.

“Certo che verrò” asserì “C’è anche la mia vita in ballo e non la lascerei mai nelle vostre mani incompetenti. Però prima voglio cambiarmi” fece per dirigersi alle scale ma la voce di suo fratello lo fermò.

“Damon, mi dispiace”.

“No, non è vero. Ma grazie” e sparì al piano superiore.

Non passò che qualche secondo prima che un urlo fece traballare i vetri di casa Salvatore “CHE CAZZO E’ SUCCESSO AL MIO LETTO?”.

Un attimo dopo Stefan vide Bonnie scendere furtiva le scale e  portare un gatto giù nella stanza della verbena.

Gatto?

 

Caroline marciava arrabbiata come non mai verso la villa di Tyler Smallwood. Probabilmente i suoi genitori si trovavano in casa, quindi non era proprio il momento adatto per fare una scenata ma non poteva trattenersi oltre.

Bussò con prepotenza alla porta in legno bianco e liscio e attese. Provvidenzialmente fu proprio il ragazzo ad aprirle. Lei non frenò la rabbia e gli puntò il dito sul petto senza dargli il tempo di parlare.

“Dove sono?” ringhiò.

“Chi?” Tyler si sentì molto stupido a porle quella domanda ma non poté fare altro. Era piombata in casa sua all’improvviso senza una spiegazione.

“Sai benissimo chi!” strillò lei “La tua lupa e la sua famiglia; dove diamine si nascondono?”.

Tyler sbuffò “Siamo tornati al punto di partenza, Care? Pensavo che ormai l’avessi superata! Non ho intenzione di tradirli”.

“Non hai avuto problemi a tradire me”.

“La solita esagerata; solo perché non sono stato dalla tua parte …”.

“Hanno mandato una lettera a mia madre” lo interruppe lei “Con delle foto che provano che Damon Salvatore è un vampiro”.

Tyler spalancò gli occhi “N- non ne sapevo nulla … sei sicura che siano stati loro?”.

Caroline non lo ascoltò nemmeno “Ha preso una pistola ed è andata al Pensionato, per poco non uccide Damon”.

“Hanno parlato anche di te?”.

Caroline per un momento apprezzò quella preoccupazione, ma presto le tornò la rabbia “Damon e Stefan sono la famiglia di Bonnie!” gli ricordò “Vuoi davvero che rimanga da sola al mondo?”.

Tyler chinò la testa mortificato. Non aveva pensato a Bonnie. Per quanto lui non avesse interesse nei fratelli Salvatore, non poteva negare di avere un debole per la piccola rossa e non avrebbe sopportato di vederla nuovamente triste. Non dopo quello che aveva fatto per aiutarlo con la trasformazione.

“Mia madre lo sa” gli rivelò Caroline “Ho dovuto dirglielo per impedirle di uccidere Damon sotto i miei occhi. Adesso dorme con un paletto di legno sotto al cuscino e non mi rivolge quasi la parola. Tutto questo per colpa dei tuoi amichetti; quindi dimmi subito dove si sono NASCOSTI!”.

“Non lo so” mentì Tyler. In realtà gli sarebbe bastato fare una telefonata a Layla per scoprilo, ma non voleva tradirli. Lo aveva aiutato molto ad accettare la sua natura di licantropo e non poteva voltare loro le spalle in quel modo. I vampiri li avrebbero uccisi tutti. D’altra parte era chiaro il loro intento di sbarazzarsi dei succhia- sangue e quella sera c’era la luna piena. Erano tutti in pericolo.

“Tyler” lo avvertì la ragazza “Dimmi dove si trovano o …”.

“O cosa, Caroline?” la sfidò lui “Sono pieno di verbena e non puoi soggiogarmi. Mi dispiace per quello che hanno fatto e ti giuro che non ne sapevo niente, ma non posso fare altro”.

Caroline tremò per il nervoso e poco ci mancò che lo schiaffeggiasse in pieno viso. Dopo avergli scoccato un’occhiata carica di delusione, gli diede le spalle e tornò alla macchina.

Tyler chiuse la porta e aspettò che l’auto avesse lasciato il suo cortile. Poi salì sulla sua e chiamò Layla. Aveva un bel po’ di spiegazioni da dargli.

Si nascondevano in un vecchio casolare, nella periferia di Fell’s Church, dove si erano rifugiati dopo aver spedito la lettera.

Rimanere nel bosco era troppo pericoloso, perché prevedibile.

Sebbene Tyler avesse voglia di entrare ed urlare contro tutti per la poco consideratezza che avevano mostrato, si trattenne. Si era finto loro alleato per proteggere Caroline. Certo, si era affezionato a quella famiglia di licantropi e avrebbe fatto il possibile per tenere al sicuro anche loro, ma se doveva scegliere tra i suoi nuovi amici e i suoi vecchi, non c’era nemmeno competizione: Caroline e tutti gli altri vincevano.

“Fantastico” commentò Frank acidamente, apprese le ultime notizie “Quindi Salvatore è ancora vivo e più vendicativo che mai. Se ci trova prima della luna piena siamo spacciati”.

“Che cosa facciamo, papà?” chiese sua figlia, intimorita.

“Ce ne stiamo qui fino a sta notte” disse l’uomo “Da quanto mi hanno detto i miei esploratori, i vampiri ci stanno cercando per il bosco, con un po’ di fortuna li coglieremo di sorpresa e ce ne disferemo una volta per tutte”.

“Non staranno mai nel bosco durante la luna piena” gli fece notare Layla “E’ troppo rischioso per loro”.

“Lo so, tesoro, ma noi non possiamo lasciare la foresta; potremmo fare del male a qualcuno” obiettò Frank “E comunque non si nasconderanno mai nelle loro case; sarebbe troppo facile raggiungerli”.

“Cosa suggerisci?” domandò Tyler che si era calato perfettamente nel ruolo di spia doppiogiochista.

“Ce ne staremo nel bosco, se avremo fortuna li troveremo, se no, non appena sorge il sole, fuggiremo da questa città per sempre. Ti unisci a noi, Tyler?”.

Il ragazzo annuì “Non m’importa della morte dei fratelli Salvatore, ma Caroline non si tocca. Su questo non voglio discutere”.

Fran batté le mani soddisfatto “Allora siamo d’accordo! Non ho interesse per quella giovane vampira, finché terrà i suoi canini lontano da mia figlia”.

Layla alzò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto, per nulla convinta. Quella era una corsa al suicidio, lo sapeva. Lo aveva sempre saputo.

 

“E’ una mia impressione o è più scontroso del solito?” mormorò Katherine nell’orecchio di Stefan. Stavano perlustrando un’altra zona dell’Old Wood; lei e Stefan camminavano uno accanto all’altro, mentre Damon li precedeva di alcuni metri, attorno a lui un’aura cupa e il cielo si era fatto nuvoloso.

Stefan la ignorò e continuò a guardare dritto davanti a sé. Non voleva cominciare quella conversazione, non con Katherine, non con suo fratello così vicino, amareggiato non solo per la scelta di Elena, ma anche nervoso per il casino che il gatto della signora Flowers aveva combinato al suo letto.

“Che stupida” ridacchiò la vampira “Ovviamente c’entra quella piccola ladra d’identità. Passano i secoli, ma certe cose non cambiano mai”.

“Non credo che tu sia nella posizione di giudicare, Katherine”.

“Voi continuate a giudicare me per una cosa che sta facendo anche la vostra adorata Raperonzolo; ma a lei è permesso, giusto?” sibilò lei con una punta di gelosia.

“E’ stato permesso molto più a te, fidati” replicò Stefan freddamente “Dovresti smettere di paragonarti a lei, non avete niente in comune. Mai mettersi contro una donna più giovane, ne usciresti solo afflitta”.

Katherine mise il broncio “Non mi sembra di essermi conservata male” sentenziò “Dev’essere merito del mio elisir della giovinezza” scherzò liberando una risata cristallina “Comunque qualcosa in comune ce l’abbiamo: l’amore dei fratelli Salvatore”.

“E’ storia vecchia per te” precisò l’altro.

“Una volta mi amavi” disse con una tristezza disarmante.

Stefan, comunque, non si fece intenerire e rispose con pacatezza “Eri la ragazza perfetta, Katherine: bella, amabile, dolce, un po’ timida. Solo una cosa non potevo proprio sopportare: ti portavi a letto mio fratello”.

“Mi avresti accettato lo stesso, perché mi amavi”.

“Ho ucciso Damon per te; che razza di amore è?”.

Katherine si voltò di scatto verso di lui, punta sul vivo. Ricordava ancora quel giorno, quando aveva inscenato il suo suicidio, quando i due fratelli si erano trafitti a vicenda con la spada. Era stato il giorno più brutto della sua vita, perché le avevano strappato il poco bene che le era rimasto in corpo “Non mi sembra che abbiate imparato la lezione: dopo cinquecento anni innamorati ancora di una ragazza che non sa decidersi e che è la mia copia. Vediamo quanto durerete questa volta prima di massacrarvi”.

“Non succederà” affermò Stefan con fermezza “Elena non è egoista come te”.

Qualcosa in Katherine s’incrinò “Non osare darmi dell’egoista” urlò quasi istericamente “Mi sono finta morta per darvi una seconda possibilità e voi l’avete macchiata con il vostro delitto!”.

Stefan si fermò sul posto e osservò la vampira che, furente, ricambiava lo sguardo con un rancore che lo spiazzò totalmente.

“Se avete finito di ricordare i bei tempi andati, io avrei trovato qualcosa” l’informò Damon per niente toccato dalla discussione di quei due. Il suo amore per Katherine era l’ultima cosa che lo turbava.

Considerava quella storia un capitolo chiuso della sua vita e non era interessato a rinvangare il passato e portare a galla solo brutti ricordi.

Qualunque cosa avesse provato per Katherine, ora era sparita dal suo cuore ed era inutile accanirsi per ritrovarla.

“E’ un’impronta” disse “Questa non è una zona molto frequentata; potrebbe appartenere ad uno di loro, forse il loro campo è vicino”.

“Allora muoviamoci a trovarli, comincia a farsi tardi” suggerì Katherine, mentre Stefan rispondeva al telefono.

 

Sentiva lo stomaco brontolare: erano le due passate e Bonnie non aveva ancora toccato cibo.

Dopo il brusco risveglio, la corsa per salvare il gatto dalle grinfie di Damon, dopo lo sguardo insospettito che le aveva rivolto Stefan, l’ultima cosa cui aveva pensato era mangiare.

La casa era vuota, i due fratelli era con Katherine da qualche parte nell’Old Wood a caccia di lupi e lei non aveva le forze per uscire di casa e andare a trovare le sue amiche. Caroline aveva il suo gran da fare con la madre, Meredith doveva essere con Alaric ed Elena … non aveva voglia di vedere Elena.

Da una parte l’avrebbe abbracciata per aver finalmente liberato Damon, dall’altra ucciderla per averlo ferito così profondamente.

Bonnie la sera prima si era veramente preoccupata trovandolo in quelle condizioni. Per un momento aveva desiderato che Damon spegnesse le emozioni e tornasse ad essere un vampiro senza cuore, perché non sopportava la commiserazione che si era gettato addosso da solo. Se le fosse stato possibile, lo avrebbe protetto da ogni delusione.

Il vampiro fino a quel momento aveva sperimentato solamente il lato negativo dei sentimenti umani che stava riscoprendo e non era giusto; c’erano così tante cose di cui gioire ma lui sembrava non notarle.

Bonnie avrebbe voluto, almeno una volta, che il sorriso gli toccasse anche gli occhi; era stufa del perenne ghigno che indossava come maschera.

La sera prima era crollato nel suo abbraccio, fisicamente ed emotivamente. Aveva bisogno di qualcuno che lo cullasse senza fare domande, senza giudicarlo. Da tanto tempo aspettava di dargli quel conforto che lui cercava di rifiutare con tutte le sue forze. Per quanto l’avesse ferita con le sue azioni sconsiderate, Bonnie non poteva non concedergli una seconda possibilità.

Glielo doveva, a conti fatti, Damon si era preso cura di lei come nessun altro.

Dormire con il vampiro aveva sempre esercitato su di lei un effetto calmante, fin da quando era bambina, e quella notte non era stato diverso; ma per la prima volta sentiva di avergli trasmesso un po’ di serenità.

Alla mattina non si era svegliato urlando o imprecando, anzi appariva piuttosto a suo agio e Bonnie poteva dirlo con un certo grado di sicurezza dato che aveva percepito la sua aura. Sembrava davvero che si fosse dimenticato il turbinio di eventi in cui era stato spinto a forza il giorno prima.

Ripensò al commento ambiguo che lei stessa aveva detto e arrossì mordendosi la lingua. Ma perché non imparava a contare fino a dieci prima di parlare?

Damon non si era scandalizzato. Era stato al gioco, forse con un po’ troppa audacia. Possibile che non si rendesse conto dell’imbarazzo che le scatenava? Probabilmente lo sapeva e se ne approfittava.

Si era piegato quasi a volerla baciare. L’avrebbe fatto veramente se Stefan non li avesse interrotti?

Bonnie non sapeva più distinguere la realtà dal sogno. Perché qualcuno così bello come Damon, innamorato pazzo di un’altrettanto splendida Elena, avrebbe perso tempo con una comunissima ragazzina e pure incasinata?

Era un passatempo? No, Damon non si sarebbe mai preso gioco di lei, non fino a quel punto. Allora che stava succedendo?

A stomaco pieno, si disse, sarebbe stato tutto più chiaro.

Con disappunto appurò lo stato di abbandono in cui giaceva il frigorifero: vuoto, a parte una sacca di sangue.

Bonnie storse il naso: non voleva quelle cose vicino al suo cibo; c’era il refrigeratore in cantina, perché non le mettevano lì?!

In quel momento, comunque, non fu così infastidita, perché non c’era cibo da contaminare!

Aprì il freezer sperando di avere più fortuna: i suoi occhi si illuminarono scorgendo un vasetto di ragù surgelato.

Perfetto! Le sarebbe bastato riscaldarlo nel forno a microonde mentre la pasta bolliva. Non era un granché ma si doveva accontentare.

Mise l’acqua sul fuoco e prese un pacchetto di maccheroni.

“Cucini a quest’ora?”.

Bonnie lasciò cadere il cucchiaio di legno per lo spavento e si mise una mano sul cuore “La devi smettere di comparire così!”.

La ignorò completamente “Da quant’è che non mangi?”.

Bonnie fu colta di sorpresa da quella domanda: la sera prima non aveva cenato e quella mattina niente colazione. “Ventiquattro ore” borbottò colpevole.

“Spostati” le ordinò e le prese il pacchetto della pasta dalle mani versandone ancora sulla bilancia per aumentare il dosaggio “Ti diverti a digiunare?”.

“Non è che avessi molto tempo” replicò lei piccata “Ieri sera ero con te e stamattina ci siamo svegliati tardi”.

Damon le scoccò un’occhiata scettica e non commentò.

“Tu piuttosto che cosa ci fai qui?”.

“Sono venuto a prendere altra strozza- lupo. Ci dobbiamo nascondere durante la luna piena; Caroline ha una casa fuori città” spiegò.

“Come fai a sapere che non ti cercheranno qui a Fell’s Church? Potrebbero fare del male a qualcuno”.

“Il lupetto è una nostra spia” rivelò lui “Ha chiamato Caroline; sappiamo i loro piani: ci daranno la caccia nella foresta, pensano che resteremo lì. È il loro elemento e si sentono al sicuro. Non appena si trasformeranno di nuovo in umani, li prenderemo e ci toglieremo questa piaga per sempre”.

“Voglio venire con voi”.

Damon buttò i maccheroni nell’acqua dopo averla salata e ridacchiò “Neanche per sogno, rossa”.

“Ma …”.

“Niente ma” la bloccò “Te ne starai qui. Sei impazzita se pensi che ti porterei fuori in una notte di luna piena con i lupi mannari in giro. Me n’è bastata già una”.

Bonnie arricciò le labbra: ricordarle quella notte era un colpo basso anche per Damon.

“Credo che sia più sicuro per te andare da qualcuno delle tue amiche finché non sarà tutto finito” continuò lui.

“Meredith” disse istintivamente la giovane.

“Ti ci porto io, appena avrai mangiato”.

“Ti fidi di quello che ha detto Tyler?” gli chiese mentre tirava fuori il piatto.

“Neanche un po’ ” ammise il vampiro.

“Credigli” gli consigliò Bonnie “Tyler è molto affezionato a Caroline, non la metterebbe mai in pericolo”.

“Prendi lo scolapasta, Sissi. È pronto” tagliò il discorso Damon.

Bonnie si diresse verso gli armadietti e aprì le ante. Lo scolapasta stava sulla mensola più alta. Chi lo ha messo lì?

Si allungò per prenderlo.

“Lascia, faccio io”.

Bonnie sentì il corpo del vampiro appoggiarsi al suo e si trovò intrappolata contro il lavandino. Trattenne il respiro.

O mio Dio, o mio Dio, o mio Dio! Non così vicino, non così vicino!!!

Dopo aver afferrato ciò che cercava, Damon rilassò il torace e si tirò un po’ indietro; c’era giusto lo spazio per Bonnie di girarsi.

I loro occhi s’incrociarono e Damon fu colto dalla stessa voglia di baciarla di quella mattina.  Con una mano posò lo scolapasta e con l’altra le accarezzò la guancia. Bonnie si morse il labbro e lui non si controllò più.

La baciò, dapprima castamente, poi aprì le labbra con movimenti incerti. La rossa era impietrita e non rispose.

Damon si staccò lentamente, quel tanto che bastava per guardarla. Si aspettava lo schiaffo più doloroso della sua vita e invece Bonnie gli prese il volto tra le mani e lo avvicinò di nuovo al suo.

Questo bacio non aveva nulla d’innocente: entrambi gemettero nella bocca dell’altro e Damon la sollevò per la vita e l’adagiò sulla penisola della cucina, riattirandola a sé, mentre la ragazza apriva istintivamente le gambe per fargli spazio e si aggrappava alle sue spalle.

Le loro lingue lottarono fino a che quella di Bonnie non cadde vittima dell’altra. Non era mai stata baciata così; non che avesse grande esperienza!

Aveva gli occhi chiusi e tutto era nero, ma sembrava che dei fuochi d’artificio le fossero esplosi in testa.

Mentre Damon continuava a vezzeggiarle le labbra, un suono a metà tra un ringhio e un sospiro gli risuonò in gola e Bonnie tremò per i brividi, ringraziando di essere seduta o sarebbe crollata a terra come una pera cotta.

Quando finalmente il vampiro si allontanò per permetterle di riprendere fiato, tutti e due realizzarono che cosa era accaduto.

Il volto di Damon si scurì. “Mangia” fu ciò che disse prima di voltarsi e scomparire, senza guardarsi indietro.

 

Layla percorse la stanza per l’ennesima volta. Non le piaceva tutto quello che stava succedendo. C’era qualcosa nell’aria che le diceva che qualcosa sarebbe andato storto.

Suo padre aveva chiesto di parlare ancora con Tyler e lei non aveva idea di cosa volesse dirgli. Si avvicinò al muro della sala e tese l’orecchio per captare la conversazione. Non aveva l’udito sviluppato come quello dei vampiri ma le sarebbe bastato per quella distanza.

“Dovreste andarvene subito” stava suggerendo Tyler “Appena finita la luna piena vi verranno a cercare e vi troveranno. Perché non avete mantenuto il patto? E perché continuano ad arrivare altri lupi in città?”.

“Posso essere del tutto onesto con te, Tyler?” gli chiese Frank “I vampiri non staranno mai nel bosco durante la luna piena, non abbiamo nessuna possibilità di prenderli con questo piano”.

“Allora perché rimanere?”.

“Tutti gli uomini e le donne che vedi qua fuori, sono venuti per aiutarmi ad uccidere Damon; hanno tutti dei conti in sospeso con lui. Non c’importa degli altri vampiri, noi vogliamo solo quel Salvatore”.

“Come pensate di fare? Non credo che Damon si butterà in mezzo a voi in una notte di luna piena” suppose Tyler.

“Abbiamo deciso di tendergli una trappola e questa è la parte che non ti piacerà” sospirò l’uomo “Ci sono già dei miei uomini appostati attorno al Pensionato, nascosti e io presto li raggiungerò. So che Damon è molto affezionato alla ragazzina dai capelli rossi che vive con loro e …”.

“Un momento” lo fermò Tyler “Volete attaccare Bonnie per attirare Damon?”.

“Correrà per salvare la ragazzina”.

“Damon è nascosto con gli altri da qualche parte; non può sapere quello che succede al Pensionato …”.

“So che la rossa è una strega; possono comunicare telepaticamente, lei gli chiederà sicuramente aiuto. E se Salvatore non si dovesse presentare, allora gli toglierò la ragazza, così come lui mi ha tolto mia madre”.

“Volete uccidere Bonnie?” esalò Tyler.

“So che è una tua amica. Ma devi capire che Damon Salvatore è troppo pericoloso, deve essere eliminato. C’è un prezzo da pagare. Per questo ti devo chiedere di fidarti di me e di non dire niente a nessuno, perché quello che stiamo per fare è troppo importante”.

Lalyla pensò che suo padre fosse del tutto impazzito. Aspettò che il ragazzo lasciasse la stanza e la casa e poi raggiunse suo padre decisa a chiedergli spiegazioni.

“Cos’è questa storia? E perché l’hai detto a Tyler? Ci tiene a Bonnie e sai benissimo che andrà subito a dirlo alla sua vampira!”.

“E’ proprio quello che spero” rispose suo padre con estrema calma.

“Cosa?”.

“Quello che ho detto è tutto vero; è il nostro piano e voglio che Salvatore lo sappia, voglio che corra a casa a salvarla”.

“Ti ucciderà ancora prima che ti riesca ad entrare in cortile”.

“Guarda fuori Layla, la luna piena sorgerà tra poco. Damon non avrà il tempo di prendere la sua strega e scappare; dovrà per forza affrontarci e noi siamo in tanti. Per quanto possa essere potente, non avrà scampo contro cinque lupi”.

“Non abbiamo il controllo di noi stessi quando siamo trasformati, uccidiamo chiunque si metta in mezzo all’obiettivo. Bonnie potrebbe farsi veramente male” gli fece notare Layla.

“Come ho detto, c’è un prezzo da pagare”.

“Ma è solo una ragazza! È innocente” obiettò lei.

“Sta dalla parte dei vampiri, non è così tanto innocente” commentò Frank.

“Sei uscito completamente di testa” lo rimproverò “Non so che cosa ti sia preso, ma non sperare che io mi faccia coinvolgere. Non contare su di me”. Abbandonò la stanza in cerca della madre. Magari lei sarebbe riuscita a far ragionare Frank.

 

Forse dopo tutto, le sue non erano solo fantasie. Forse anche Damon non la vedeva più come la piccola Sissi.

Il bacio che si erano scambiati in cucina non aveva nulla a che fare con quello che avevano condiviso il giorno prima sotto al portico, per errore.

Questo non era stato uno sbaglio; questo era stato voluto e ricambiato. Molto.

Solo il giorno prima si trovava in quella stessa camera  a bruciare di gelosia al pensiero di Elena e Damon insieme, ora stava bruciando al ricordo di quello che era successo in cucina.

Nessuno l’aveva mai baciata in quel modo; credeva che volesse consumarla con i suoi tocchi. Damon non aveva esitato un attimo a sollevarla fino al farla sedere sul ripiano e l’aveva stretta come se fosse la sua ultima occasione di starle così vicino. Bonnie non credeva di essere una gran baciatrice, non aveva molta esperienza, ma si era sentita talmente sicura da muovere le mani attorno al suo collo e alle sue spalle senza incertezza.

Cosa le stava capitando? Com’era possibile che lui l’avesse ammaliata a tal punto? Perché non riusciva a levarselo dalla testa? Perché voleva di più?

Chiaramente quei sentimenti erano sempre stati dentro di lei, latenti, camuffati; non potevano essere saltati fuori così all’improvviso. Erano nati senza che lei se ne accorgesse, rintanati nel suo cuore in attesa di essere accesi.

Ora avrebbe solo voluto spegnerli, ghiacciarli, eliminarli. Temeva che le avrebbero portato solamente altro dolore.

Damon aveva preso l’iniziativa, Damon l’aveva baciata, Damon era scappato nell’istante successivo. Una sintesi che la diceva lunga su come sarebbe finita.

Forse non erano sue fantasie, forse il vampiro non la vedeva più come la piccola Sissi, ma di certo non la considerava una donna alla sua altezza. Non come Katherine o Elena.

Bonnie inorridì: da quando voleva diventare la donna della sua vita? Da un bacio era già passata a questo?

Si riteneva un tipo romantico ma ora stava esagerando. Era confusa. Aveva un gran casino in testa; tutte le sue certezze erano appena state ribaltate.

Non avrebbe mai immaginato di trovarsi a quel punto. Probabilmente Zach si stava rivoltando nella tomba; e a buon diritto. L’aveva mandata in Italia per allontanarla da quel mondo e lei che faceva? Si metteva a pomiciare in cucina con il vampiro che lo aveva ucciso.

No, non con il vampiro che lo aveva ucciso; lei aveva baciato il nuovo Damon, il vero Damon, il suo Damon. Quello che da piccola le teneva compagnia di notte, che le scacciava i mostri da sotto il letto, che le voleva bene. Quello era il Damon di cui avrebbe anche potuto innamorarsi, l’unico.

Innamorarmi? Sono già fregata fino a questo punto? Sto già pensando ad una possibile storia d’amore? Amore e Damon?

Bonnie scosse la testa come a scacciare quell’idea; si stava tormentando per una cosa che forse non avrebbe avuto un futuro. Un bacio e non ce ne sarebbero stati altri. Non si voleva trasformare in una ragazzina depressa per colpa di un momento di debolezza. Aveva già fatto la vittima per troppo tempo.

Rotolò sul letto e si girò verso la finestra. Strabuzzò gli occhi, e saltò in piedi: la luna piena era alta nel cielo.

Damon le aveva detto di andare da Meredith, perché sarebbe stato più sicuro, ma se n’era completamente scordata.

Doveva uscire subito di casa e allontanarsi o avrebbe causato l’ennesimo casino.

Udì un botto al piano di sotto e impallidì.

Poteva essere qualunque cosa: un libro caduto dalla libreria, un comunissimo rumore del legno, o forse erano tornati.

Con passi incerti raggiunse la porta della sua stanza e l’aprì; si appoggiò alla ringhiera della scala e guardò in basso. L’ingresso era deserto.

“Stefan? … Damon?” provò a chiamarli sperando di ricevere una loro risposta.

Poi lo sentì, basso e intimidatorio, un ringhio.

Le sembrò di volare mentre si fiondava di nuovo nella sua camera chiudendo la porta a chiave. Immediatamente si accinse ad aprire la finestra e a sgattaiolare fuori. Passare per il tetto che ricopriva la veranda e arrampicarsi giù dall’albero lì accanto era la sua unica via d’uscita.

Appena mise i piedi sulle prime tegole, trovò ad aspettarla una brutta sorpresa: un lupo sfondò il vetro della stanza accanto alla sua e le bloccò la strada digrignando i denti.

Alle sua spalle sentì la porta spalancarsi per i colpi degli artigli. Tornare indietro non era, quindi, un’opzione e fece l’unica cosa che le era concessa. Si voltò e cominciò a correre lungo il tetto pregando di trovare un’altra finestra aperta in cui infilarsi per rientrare in casa e cercare una via di fuga.

Scivolò un paio di volte e qualche tegola le scappò da sotto i piedi. Dietro di lei i lupi erano vicinissimi, non sapeva dire quanti fossero o se ce ne fossero altri anche nella villa. Al momento non le importava.

Ringraziò il cielo quando scorse l’ultima finestra aperta e si tuffò dentro cadendo sul pavimento sgraziatamente. Si affrettò a richiuderla per guadagnare un po’ di tempo e si rimise a correre. Non ebbe altra scelta che salire fino al secondo piano: con la coda dell’occhio vide che altri lupi stavano popolando il corridoio impendendole il passaggio.

Oltrepassò la camera di Damon e si chiuse dentro l’ultima stanza, un po’ rialzata rispetto alle altre, che loro usavano come magazzino. Conteneva tutti i ricordi della famiglia Salvatore da quando si era trasferita a Fell’s Church.

Si avvicinò alla finestra e guardò fuori: era troppo alto per saltare e non si sarebbe potuta aggrappare a niente per scendere almeno fino al tetto.

Era spacciata. Non c’era scampo. Presto o tardi l’avrebbero trovata e Bonnie non osò immaginare che cosa avrebbero potuto farle.

L’unica soluzione era usare il suo Potere speciale, ma non sarebbe servito a niente. Non si trattava di un lupo solo, come l’ultima volta; non poteva tenere a bada più lupi contemporaneamente, non si era esercitata abbastanza.

Si mise una mano sulla bocca per soffocare i singhiozzi che le premevano in gola per la paura. Inspirò profondamente cercando di calmarsi.  

Bonnie?

La ragazza si guardò intorno confusa e il suo cuore prese a battere per la speranza di non esserselo immaginato.

Bonnie, mi senti?

Damon?

La stava contattando telepaticamente, perciò non doveva trovarsi molto lontano. La rossa si accovacciò sotto al davanzale. Damon, sei tu?

Sei al Pensionato?

Sì, squittì sapendo che quella risposta lo avrebbe fatto infuriare. Damon, hanno circondato la casa, sono nascosta ma …

Un botto e poi un altro. I lupi l’aveva individuata e stavano cercando di entrare.

Merda, Bonnie! Damon aveva percepito l’aura terrorizzata della strega e aveva intuito che cosa stava succedendo. Sto arrivano. Cerca di non farti ammazzare.

Come?!

Il legno della porta scricchiolò pericolosamente.

Fa’ in fretta. Lo scongiurò e non ricevette risposta.

La porta tremò ancora e gli artigli degli animali iniziarono a conficcarsi nella parte che stava cedendo.

Damon, stanno per entrare.

Bonnie non poté fare altro che rannicchiarsi ancora di più, stringersi le ginocchia e tenere gli occhi puntati sull’entrata. Dall’altra parte i lupi ringhiavano.

Damon, perché non rispondi?

Dove diamine era? Nella foresta? Forse altri lupi lo avevano preso. Se gli fosse successo qualcosa per colpa sua, non se lo sarebbe mai perdonato. Ma quanti ce n’erano? Da quanto le aveva detto Tyler erano solo Layla e suo padre.

La porta si frantumò sotto le spinte feroci e uno dopo l’altro entrarono: erano cinque e si disposero in semicerchio attorno a lei.

Damon!

Bonnie si alzò in piedi e sostenne lo sguardo di quello al centro, che sembrava il capo branco. Forse se fosse riuscire ad ipnotizzarlo ad andarsene, gli altri lo avrebbero imitato.

Damon! Strillò quando il lupo scoprì le sue zanne e si avvicinò con movenze da cacciatore. I suoi compagni si misero in posizione di attacco, in attesa del segnale.

DAMON! Si prese le testa tra le mani per proteggerla e chiuse gli occhi d’istinto: il lupo aveva piegato le zambe posteriori e aveva spiccato un balzo verso di lei.

Bonnie venne colpita in pieno fianco e credette che fosse questione di momenti prima che artigli e zanne le squarciassero la pelle.

Furono delle mani, invece, ad arpionarla malamente per la vita e a trascinarla nello sgabuzzino della stanza.

Non volle aprire gli occhi e continuò a respirare affannosamente. Forse non sarebbe morta sbranata da un lupo, ma di crepacuore.

“Cosa non era chiaro della frase: va a dormire da Meredith?”.

Quasi si sciolse al suono di quella voce. Lo abbracciò per assicurarsi che fosse reale. Non si ricordava nemmeno più del bacio e di tutto l’imbarazzo che avrebbe dovuto provare. Era solo contenta di essere ancora viva e di averlo lì con lei.

“Grazie” mormorò.

“Mi hai preso per il tuo Salvatore personale?” le chiese con sarcasmo senza riuscire, però, a trattenere un sorriso per il sollievo di essere arrivato in tempo.

La porta che Damon aveva chiuso non avrebbe retto ancora molto e lui sapeva qual era l’unico modo per fare uscire Bonnie sana e salva.

“Sissi, ascoltami bene” le ordinò “Promettimi che qualunque cosa ti dirò, tu mi ubbidirai”.

Bonnie rispose flebilmente “Okay”; non voleva discutere e non era nemmeno il momento adatto. Mai avrebbe potuto immaginarsi il piano del vampiro o non avrebbe acconsentito nemmeno sotto tortura.

Damon esitò a parlare; poteva essere l’ultimo istante in cui avrebbe visto Bonnie. Le accarezzò il viso, soffermandosi in particolare sugli zigomi massaggiandoli e asciugandole le lacrime. La baciò dolcemente, premendo le labbra contro le sue, scrivendosi nella memoria la morbidezza di quella pelle che forse sarebbe stata il suo unico conforto una volta caduto nell’abisso della morte.

Perché era lì che si stava dirigendo: dritto sulla falce della dea nera.

“Non uscire da qui finché non si farà giorno. È me che vogliono, tu non c’entri niente. Quando si sarà tutto calmato, chiama Stefan”.

“Damon, che … che stai dicendo?” domandò Bonnie ancora senza fiato.

“Ti voglio bene, Sissi” le confessò e in un battito di ciglia lei si trovò sola.

“No” sussurrò la rossa sentendo il rumore della porta che si chiudeva a chiave “No!” ripeté con più forza, tirando la maniglia inutilmente.

Fu presa dal panico, scioccata da quello cui aveva appena assistito. Batté forte i pungi contro la porta in un disperato tentativo di aprirla “Damon!”.

Dall’altra parte, nella stanza si sentivano i rumori della lotta, dei colpi, dei ringhi e infine quello che lei temeva maggiormente: un grido. E poi un altro e un altro ancora finché non ci fu pace dalle urla.

“No! Damon, Damon!” tirò una spallata alla porta “Apri questa dannata porta! Damon! Non te la perdonerò mai! Damon, ti prego …”.

Come aveva potuto sacrificarsi così? L’aveva ingannata, lei non glielo avrebbe permesso se lo avesse saputo.

Riuscì ad aprì la porta, con la forza di volontà o con la sua magia … poco le importava, ma non ebbe il tempo né di vedere né di fare nulla perché venne sbattuta indietro da un’ondata fortissima di Potere e sbatté la testa contro la parete. Svenne.

Riaprì gli occhi a fatica e mise a fuoco la stanza. Non c’era più nessuno. La luna piena era ancora alta, perciò non doveva essere passato molto. Forse i lupi erano scappati spaventati dal Potere di Damon.

Damon!

Bonnie scattò in piedi e corse in cerca del vampiro, senza fare molta strada: era steso lungo il pavimento del corridoio, poco più avanti.

“O mio Dio” disse lei mentre lo stomaco le si rivoltava.

Damon era straiato a terra, privo di coscienza e ricoperto interamente di sangue. I vestiti strappati e molte ferite sfiguravano la sua pelle bianchissima. Molti erano i morsi che lo deturpavano come una sentenza di morte.

Bonnie si piegò su di lui e allungò la mano per toccarlo ma tentennò: temeva perfino di fargli male; come se le sue dita potessero fare peggio degli artigli dei licantropi.

“Damon” lo chiamò con voce rotta “Non dovevi, non … Perché?”.

Avrebbe dovuto comportarsi per l’egoista che era, avrebbe dovuto stare lontano dal Pensionato, avrebbe dovuto scappare. Invece era tornato e rimasto. Per lei.

“Signora Flowers, che cosa posso fare esattamente con il mio Potere?”.

“Praticamente tutto. Controlli l’energia del cervello, che è il motore del corpo”.

Le tornò alla mente la conversazione del giorno prima con la vecchia strega e fu colta da un’illuminazione. Era un’idea assurda e forse impraticabile, ma tanto valeva provare.

Con delicatezza gli circondò le tempie con le mani e si concentrò, pregando perché funzionasse. Si focalizzò per percepire l’energia di Damon e quando l’avvertì scorrere nella sua testa, iniziò a mandare telepaticamente l’ordine.

“Ti prego, ti prego … resisti, Damon, resta con me” mormorò per fare forza più a se stesse che a lui.

Il volto del vampiro divenne mano a mano sempre più grigio e la pelle si fece più ruvida fino a raggrinzirsi. Era uno spettacolo straziante ma era anche un buon segno. Il sangue di Damon iniziò a scorrere fuori dai graffi e dai morsi, e con esso pure il veleno.

Bonnie continuava a comandare al suo cervello di spingere fuori il sangue così da purificare il corpo dalla tossina dei lupi mannari. Lui grugnì di dolore.

Era una sofferenza ancora peggiore: si stava dissanguando, essiccando e indebolendo. La sua forza vitale fluiva fuori dalle sue vene lasciandolo privo di forze. Bonnie cercò d’ignorare i suoi lamenti. Una trasfusione di sangue era la sua unica speranza di salvezza; una volta prosciugato del tutto, avrebbe potuto nutrirsi di nuovo e riacquistare vigore.

“Bon –n … Bon- nie, smettila” le chiese in un momento di lucidità ma perse subito conoscenza.

“Sshh” lo zittì dolcemente lei “Starai meglio, te lo prometto”.

Le lacrime seguitavano a scenderle ma non ci faceva più nemmeno caso. Si rilassò solo quando fu certa di aver concluso il suo compito e si abbandonò ad un pianto liberatorio appoggiando la testa sul torace del vampiro.

La porta d’ingresso sbatté e la voce del minore dei Salvatore rimbombò per il Pensionato, chiamando lei e suo fratello.

“Stefan!” urlò Bonnie felice di non essere più sola, felice che ci fosse qualcuno ad aiutarla. Guardò ancora una volta Damon che aveva tutto l’aspetto di un morto e l affanno s’impossessò nuovamente di lei.

“STEFAN!”.

 

Bonnie non riusciva a dormire. Ad ogni singolo rumore, la sua testa scattava in aria e con i suoi Poteri scandagliava la casa in cerca di aure sospette.

La luna piena era passata e i lupi erano tornati uomini; non c’era più pericolo, ma lei era letteralmente terrorizzata. E se fosse tornati per finire il lavoro?

Non avrebbe sopportato di vedere Damon sul punto di morire per la terza volta in due giorni. Se l’attacco di Liz aveva risvegliato qualcosa in lei, facendole finalmente capire quanto davvero tenesse a Damon, quello dei licantropi l’aveva mandata fuori di matto.

Era stata sul punto di perdere la persona che più le stava a cuore al mondo; l’aveva salvato per un soffio e al solo pensiero le saliva un groppo in gola.

Artigliò il cuscino e lasciò cadere qualche lacrima per scaricare l’angoscia che provava ancora. Non riusciva a stare tranquilla, non riusciva a calmare la paura.

Damon era debole, praticamente privo di sangue. Chiunque avrebbe potuto sopraffarlo in quel momento, chiunque avrebbe potuto fargli del male.

Stefan le aveva ordinato di non avvicinarsi alla camera del fratello perché sarebbe stato troppo pericoloso.

Damon aveva sete, aveva bisogno di sangue umano ed avere intorno una giovane ragazza, in piena salute, con le vene pulsanti sarebbe stato un richiamo troppo forte da combattere nelle sue condizioni.

Il minore del Salvatore l’aveva nutrito con copiose sacche di sangue, ma Bonnie sapeva che soltanto del sangue fresco lo avrebbe messo completamente, di nuovo, in forze.

Quando si trattava di proteggerla, Damon era sempre stato in prima linea, come a Greensboro: si era quasi fatto ammazzare per impedire che quei vampiri la mordessero. Quel giorno si era comportato allo stesso modo: si era buttato in mezzo a un branco di lupi per salvarla, pur sapendo che anche solo un morso gli sarebbe stato fatale.

Davvero lei se ne sarebbe stata rintanata in camera, lasciandolo soffrire dolori atroci per tutto il sangue che aveva perso, solamente perché Stefan le aveva detto di stare lontana? C’era il rischio di venire prosciugata, e allora? Damon non aveva forse corso lo stesso pericolo?

No, Damon aveva fatto molto di più: per un vampiro lanciarsi tra i lupi mannari costituiva una sentenza di morte; non c’era la possibilità di restare uccisi, c’era la certezza assoluta.

Bonnie mise un piede giù dal letto e poi l’altro. Mosse lentamente dei passi fino alla porta e uscì in corridoio. Sembrava tutto deserto e tranquillo. Non aveva controllato l’ora, ma doveva essere tardi.

Sperò con tutto il cuore che Stefan stesse dormendo, che non la beccasse rispedendola in camera. Salì le scale con movenze felpate, per quanto poteva, e si maledì per ogni scricchiolio del legno. Era arrivata al secondo piano, quasi alla stanza del vampiro. Non poteva fermarsi adesso.

Quando girò la maniglia della porta spalancandola, ringraziò che una delle tende non fosse stata tirata; la luce della luna illuminava tenuemente la stanza e Bonnie non dovette nemmeno sforzare gli occhi per vedere dove metteva i piedi.

Si avvicinò al letto: Damon era steso sulla schiena, il capo voltato dall’altra parte.

Con quella luce surreale appariva perfino più pallido del solito e tremava, scosso dai tremiti del freddo. Era impressionante come la mancanza di sangue delle vene gli procurasse reazione del tutto umane. Bonnie non l’aveva mai visto così vulnerabile; sembrava un bambino in preda alla febbre. A guardarlo così, nessuno avrebbe pensato di trovarsi davanti ad un pericoloso vampiro.

Bonnie non sapeva bene come muoversi: non voleva svegliarlo bruscamente, non voleva agitarlo né aizzarlo. Doveva procedere cauta.

Si accinse a chiudere la porta e quando si girò di nuovo, venne pietrificata dagli occhi di Damon. Era steso su un fianco verso di lei, con la testa appoggiata sul braccio sinistro. La fissava intensamente, ma non con sguardo da cacciatore. Sembrava piuttosto curioso di vederla lì. Era stanco e provato, ma il suo cervello funzionava perfettamente e se ne avesse avuto la forza le avrebbe urlato di andarsene. Perché quella ragazzina doveva sempre correre in braccio al pericolo?

Bonnie trattenne il respiro; non si aspettava di doverlo affrontare così presto. Era ancora molto vicino alla porta, le sarebbe bastato voltarsi e scappare in camera.

Aveva fiducia in Damon: non le avrebbe mai fatto del male, sebbene non avesse il pieno controllo dei suoi istinti.

La ragazza camminò un po’ incerta verso il letto, mordicchiandosi il labbro inferiore con i denti. Damon non la perse di vista nemmeno un secondo e ghignò impercettibilmente. Nemmeno si rendeva conto di quanto fosse invitante coperta solo da una canotta scura e pantaloncini abbinati e quella tortura al suo labbro non aveva altro effetto che stuzzicargli i sensi.

Forse non l’avrebbe uccisa quella sera, ma Damon si ripromise di farlo non appena gli fossero ritornate le forze. Come faceva ad essere così sprovveduta! Era come immergersi in acque piene di squali con una ferita sanguinante sulla gamba. Un suicidio!

Continuò ad osservare le sue mosse tentando di capire quali fossero le sue intenzioni. Perché aveva l’impressione che non si sarebbe limitata ad accertarsi delle sue condizioni fisiche?

Bonnie s’inginocchiò ai piedi del letto, senza che i suoi occhioni da cerbiatto lasciassero quelli neri del vampiro.

Bambi. Ecco a chi assomigliava; ad un povero Bambi indifeso davanti al cacciatore. Perché deve sempre mettersi nei guai, con tutta la fatica che faccio per tenerla in vita? Pensò Damon seccato. Rimase esterrefatto quando la vide abbassare lo sguardo imbarazzata e spostare i capelli rossi a lato per esporre il suo collo bianco da ballerina.

Il vampiro contrasse la mascella, intuendo solo in quel momento il significato di quel gesto. Era impazzita del tutto?

Bonnie rialzò il capo facendo incontrare i loro sguardi ancora una volta. Sembrò pregarlo, invitarlo con gli occhi a morderla. Quei suoi grandi occhi così sinceri.

Damon perse il lume della ragione. Scattò verso di lei, la afferrò per le spalle e la trascinò sul materasso. Ora era rannicchiata sotto di lui, aveva il respiro affannato ma non accennava a voler scappare. Era andata per donargli il suo sangue e sarebbe rimasta finché non avesse ottenuto il suo scopo. A tutti i costi.

Calò velocemente su di lei, come un corvo, e Bonnie strinse istintivamente le lenzuola preparandosi al morso. Spalancò gli occhi quando la bocca di Damon si unì con la sua, lambendole le labbra, con movenze dolci ma esigenti.

Le mani della ragazza si chiusero tra i capelli del vampiro e lo attirarono più vicino, mentre i due corpi si stendevano uno sull’altro sui cuscini.

Damon strinse la vita della giovane, alzandole leggermente il bacino tanto da farlo sfregare contro il suo. Bonnie gemette per la sorpresa e lui per il desiderio.

La voleva, la voleva. Dio, quanto la voleva.

Il labbro inferiore della rossa sapeva di ferro per via delle piccole ferite che lei stessa si era procurata; tanto bastò per risvegliare la sua sete di sangue.

Le sue labbra si spostarono a sfiorare la linea della mascella e poi il collo, fino a fermarsi e succhiare il punto in cui la vena pulsava maggiormente.

Damon continuò a stuzzicarle la pelle mentre attendeva un qualsiasi segnale che gli desse il via libera ad affondare i denti.

Il profumo del sangue era forte e anche il bisogno, ma in qualche modo riusciva a mantenere un certo autocontrollo e non avrebbe fatto niente se lei non avesse voluto.

Bonnie piegò leggermente il collo e chiuse gli occhi un po’ per l’ansia dell’attesa, un po’ per la voglia che cresceva in lei.

Si ricordò dell’hostess; non le era parsa una cosa dolorosa, tutt’altro. Sembrava quasi un’esperienza ogni oltre piacere.  Lei non era stata soggiogata e non si trovava intrappolata da un vampiro qualunque. Questo era Damon.

“Fa male solo se non lo vuoi, se lo combatti”. Le aveva detto qualche giorno prima, in Scozia.

Lo voleva? Oh, sì. Non era solo per la propria curiosità, ma anche per lui, perché guarisse più velocemente.

“Fa’ piano” gli sussurrò.

Damon esitò un attimo, poi si concentrò su quella pelle nivea e sentì il sangue scorrergli agli occhi e i canini sporgere famelici. Con estrema lentezza e delicatezza graffiò la pelle tesa del collo fino a bucarla quel tanto che bastava per succhiare il sangue.

Nessuno prima aveva mai assaggiato la linfa vitale di Bonnie e lei era sempre stata piena di dubbi su come sarebbe stato. Damon voleva essere dolce e travolgente allo stesso tempo, voleva farle conoscere una nuova intimità che poteva apparire spaventosa, ma che in realtà era bellissima.

Doveva diventare il ricordo più prezioso per Bonnie. Non lascivo o sporco; doveva essere puro e naturale.

La strega si contorse di poco, tentando di sottrarsi inconsapevolmente. Non le faceva male, era piuttosto un fastidio, come se stessero cercando di portarle via qualcosa di suo. Ma presto quella sensazione sgradevole sfumò: il suo cuore prese a battere più velocemente e Bonnie venne colpita da un piacere inaspettato. Era come se il suo corpo fosse improvvisamente divenuto sensibile ad ogni minimo tocco, come se ogni punto fosse accarezzato dalle labbra di Damon, come se si stesse per sciogliere da un momento all’altro. Strinse le mani ancora nei suoi capelli e li tirò quasi a reggersi, perché non credeva di poter resistere a quell’assalto di emozioni.

Damon sorrise contro il suo collo, soddisfatto dell’effetto ottenuto. Lui d’altra parte non poteva sentirsi più vivo. Il sangue umano fresco di per sé portava una forza immensa, ma quello di Bonnie era una scarica di adrenalina. Era ricco dei suoi Poteri, non solo da strega, ma anche di tutta l’energia che aveva accumulato.

Era intossicante e il vampiro venne investito e accecato dalla potenza dell’aura bianca e luminosa di Bonnie. Ora quella lucentezza scorreva nelle sue vene.

Di malavoglia abbandonò quel dolce nettare e liberò la ragazza dalla sua stretta. Non si rese conto di aver mantenuto i suoi lineamenti da vampiro fino a quando le mani di lei non li andarono a delineare con tocchi leggeri. Credeva che Bonnie si sarebbe spaventata a morte vedendolo per il mostro che in realtà era; e invece stava esplorando il suo viso, con un’espressione curiosa e affascinata.

Damon perse la testa. Voleva di più, non solo il sangue. Voleva essere il suo primo in tutti modi umanamente possibili.

Congiunse le loro bocche di nuovo e, come quel pomeriggio in cucina, non si risparmiò. Appena ne ebbe la possibilità, intrufolò la sua lingua smaniando per quella di lei e Bonnie non gliela rifiutò.

Le sue mani dai fianchi risalirono per strusciare ai lati del suo seno e poi ancora giù, indugiando qualche momento sull’elastico dei pantaloncini, e alla fine glieli sfilò per quanto poté. Bonnie lo aiutò facendoli scendere lungo le gambe e calciandoli via.

Sapeva in che guai si stava cacciando e aveva ancora tempo di fuggire via, nessuno la stava obbligando a fare niente. Le sue gambe erano molli e non accennavano a muoversi per scendere dal letto e la sua mente era talmente annebbiata che aveva annullato ogni pensiero sensato.

Damon le alzò il bordo della canotta e le leccò l’ombelico per poi prendersi cura di tutta la pelle attorno. Bonnie s’inarcò e si morse un labbro appena in tempo prima che un miagolio le scappasse.

Capì che le sue chance di tornare indietro erano ormai passate quando le dita di lui s’insinuarono tra le sue mutande e le tirarono verso il basso, con una calma esasperante.

Ok, Bonnie, ora o mai più. Te ne vuoi andare?  Le chiese quell’ultimo barlume di lucidità rimastole. Damon la baciò di nuovo, sospirando sulle sue labbra.

Assolutamente no!

 

“Oh, you’re in my veins, and I cannot get you out
Oh, you’re all I taste, at night inside of my mouth
Oh, you run away, cause I am not what you found
Oh, you’re in my veins, and I cannot get you out”

(In my veins- Andrew Belle).

 

Il mio spazio:

Ok, vi do cinque secondi per riprendervi dallo shock (sempre che ci sia!).

1

2

3

4

5

Credo di dovervi dare un paio di spiegazione e inizierei dalla scena finale, sulla quale ho meditato a lungo.

Non sono una grande fan delle storie in cui i protagonisti in due settimane non solo si giurano amore eterno, ma programmano già matrimonio, figli e animali annessi. Per cui vi sembrerò totalmente impazzita perché nel giro di due capitoli Bonnie e Damon si sono baciati, lei gli ha permesso di bere il suo sangue e sono andati proprio fino in fondo.

Quell’ultima scena era nei miei progetti fin da quando scrissi i primi capitoli ma al momento di inserirla qui ho esitato, perché avevo paura che fosse troppo affrettato. Poi mi sono mi sono immaginata la scena: stanza buia, Damon ancora debole, Bonnie che gli offre spontaneamente il sangue per guarirlo, l’attrazione che cresce; io non mi sarei tirata indietro, non vedo per quale motivo privare Bonnie di questo piacere.

Ho seguito il mio istinto e non l’ho cancellata. Spero di non avervi deluso; altrimenti mi auguro che continuiate a seguirmi in modo che io possa rimediare.

Ho costruito il loro rapporto in modo strano; se avete notato ogni volta che si sono aperti l’uno con l’altra è stato in seguito ad un grande pericolo o ad un evento emotivamente importante.

L’attacco dei lupi li ha portati a unirsi in tutti i modi possibili e questo che cosa comporterà? Cosa cambierà tra loro?

Anche la scena nello sgabuzzino forse è un po’ tragica, ma erano davvero in un momento tra la vita e la morte. Damon non ha avuto molto tempo per pensare e non voleva andarsene senza prima aver fatto sapere a Bonnie quanto lui le voglia bene. chissà se ritratterà tutto nel prossimo capitolo?

Ora vi do qualche comunicazione di servizio: il prossimo aggiornamento arriverà venerdì 22 giugno, se tutto fila liscio.

Per quanto riguarda Crazy Little Thing Called Love dovrete aspettare fin dopo il 27 giugno. Mi dispiace davvero molto, ma quella settimana ho due esami e ho bisogno della mente libera per scrivere il secondo capitolo. Dopo quella data lavorerò anche a questa storia.

Grazie mille a tutti voi che mi seguite e che commentate! Ci vediamo tra due settimane.

Un Bacio,

Fran ;)

 

*Cockblocker:  non saprei come tradurlo in italiano. È un’espressione inglese che si usa per indicare qualcuno quando interrompe una situazione intima.

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Capitolo 29
*** Sinners are much more fun ***


Ashes &Wine

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Capitolo ventinove: Sinners are much more fun.

 

“They say there's a heaven for those who will wait
Some say it's better but I say it ain't
I'd rather laugh with the sinners than cry with the saints
Sinners are much more fun
And only the good die young”

(Only the good die young- Billy Joel). 

 

Bonnie chiuse gli occhi con un po’ di fastidio, il respiro le si bloccò in gola e piantò le unghie nelle spalle di Damon, mentre la mano di lui l’accarezzava dove nessuno aveva mai osato.

“Damon”.

Le dita del vampiro non si fermarono finché non furono avvolte dal calore di quelle zone totalmente inesplorate e si mossero senza fretta, dando a Bonnie il tempo di prendere confidenza con quelle nuove sensazioni.

La ragazza, quasi istintivamente, alzò di poco il bacino, andando incontro a quella deliziosa tortura. Damon le baciò una guancia.

 

Bonnie si svegliò di soprassalto e strinse la federa del cuscino, in un gesto che rasentava l’isterico. Era arrivata davvero a quel punto? A fare sogni erotici su Damon? Aveva accettato neanche un giorno prima di provare qualcosa per lui e già passava ad immaginarsi le scenette intime e romantiche?

Si girò a pancia in su e i suoi occhi si trovarono a fissare un lampadario che non era quello della sua stanza. Aggrottò le sopracciglia e si tirò sui gomiti; l’aria passò sotto alle coperte alzate e lei si sentì improvvisamente … fresca?

Con estrema lentezza, quasi non volesse scoprilo, fece scorrere una mano su di sé e si rese conto che canotta e pantaloncini, ma soprattutto mutande, non erano dove avrebbero dovuto.

Con la coda dell’occhio, vide un braccio alzarsi accanto a lei e posarsi pesantemente sull’altro cuscino.

Lampadario. Altro cuscino. Braccio non suo. Niente vestiti. Questi indizi non avrebbero portato a nulla di buono.

Se ne sarebbe pentita, lo sapeva, ma si fece coraggio e spostò lo sguardo verso l’altro occupante del letto: Damon Salvatore, steso a pancia in giù, braccia alzate sotto la testa, viso voltato dall’altra parte; il lenzuolo lo copriva da età schiena in giù e aveva tutta l’aria di essere nudo pure lui.

Cazzo. Fu l’unico pensiero che Bonnie riuscì a formulare; quanto mai appropriato alla situazione, se proprio si voleva essere maliziosi.

Ci mancò poco che si mettesse ad urlare, buttando giù dal letto lui e se stessa, ma si morse la lingua.

Il suo cuore iniziò a battere così forte da arrivarle in gola in un nanosecondo, mentre il suo cervello cercava di elaborare le informazioni appena raccolte per trarne una conclusione. Non serviva certo un genio per capire che Bonnie non aveva sognato un bel niente; Bonnie aveva fatto proprio tutto!

Doveva andarsene prima che Damon si svegliasse. Non voleva affrontarlo subito, non ne avrebbe avuto la forza.

Era così imbarazzata e scioccata che non sarebbe nemmeno riuscita a parlare. Per dirgli cosa, poi? Come ci si doveva comportare dopo aver donato la propria  verginità all’uomo che fino a due mesi prima era come uno zio e che, per di più, era innamorato di un’altra ragazza?

Bonnie scosse la testa; detta così sembrava una cosa completamente malata.

Scannerizzò la stanza in cerca dei suoi indumenti; individuò la maglietta per terra, poco lontano dal letto e a pochi metri c’erano i pantaloncini.

Con cautela scivolò fuori dalle coperte e gattonò fino a raggiungere i suoi vestiti. Si sentiva tremendamente a disagio a dover girare per la stanza nuda ed esposta, ma non ebbe altra scelta. Indossò la canotta, prese gli shorts e si guardò intorno. Dov’erano finite le sue mutande? Sbiancò ricordando improvvisamente dove fossero nascoste: in fondo al materasso, sommerse da strati di tessuto, bloccate dal corpo di Damon.

S’infilò i pantaloncini rassegnata. Non poteva prenderle o lo avrebbe svegliato.

Stava scappando come una ladra, stava facendo la camminata della vergogna via da quella stanza e non ne era per niente fiera. Che altro poteva fare? Non avrebbe sopportato di sentirsi dire che era stata solo una notte, un errore. Non voleva vedere il pentimento stampato sulla faccia di Damon.

Controllò per un’ultima volta che il vampiro fosse ancora beatamente addormentato e uscì, richiudendo la porta con estrema delicatezza.

“Bonnie?”.

Oh no. Non quella voce! Non lei.

“Elena” tentò di darsi un contegno “Cosa … cosa ci fai qui?”.

Non sei per niente convincente, Bonnie! La rimproverò la sua coscienza.

“Sono venuta per Stefan; dovrei parlargli. Stai bene?” le chiese notando l’agitazione dell’amica. La squadrò da capo a piedi e si sorprese di trovarla così poco vestita fuori dalla stanza di Damon.

“Non è in camera sua?” replicò Bonnie con nonchalance.

“No, sono appena passata ora ma è vuota. Volevo vedere se era nello studio. Bonnie, sei sicura di sentirti bene? Perché sei qui?”.

“Sono venuta a vedere come stava Damon” rispose la rossa senza riuscire a dissimulare come avrebbe dovuto “Non so dove sia Stefan, non lo vedo da ieri sera. Forse è giù in salone” suppose per invogliare la bionda a scendere con lei e fece un passo con la chiara intenzione di allontanarsi, ma Elena le prese un braccio “O mio Dio, che cos’hai lì?”.

Bonnie non capì subito ma le bastò seguire gli occhi dell’altra ragazza. Portò una mano sul collo e nascose il morso e la pelle ancora rossa per il sangue che si era depositato e seccato.

“Non è niente”. Questa sì che è una bugia credibile!

“Damon ti ha fatto questo? Ti ha morso?” insistette l’amica scostandole i capelli per esaminare meglio il collo “Ti ha obbligata?” domandò apprensiva temendo il peggio.

“No, Elena” la interruppe Bonnie scostandosi “Non è stato lui. Io … aveva bisogno di sangue. Non mi ha costretta; sono venuta io nella sua stanza”.

Se è per questo, sei venuta anche nel mio letto. La voce di Damon le rimbombò in testa e la strega divenne di pietra. Pregò di essersela immaginata, ma sapeva perfettamente che il vampiro si stava godendo tutta la scena grazie al suo udito super sviluppato. Quel commento la fece tendere come una corda di violino e il suo viso arrossì a tal punto che fu impossibile distinguerlo dai capelli.

Dopo un istante la porta alla sue spalle si aprì “Ti sei dimenticata queste, cara”.

Damon allungò una mano oltre la spalla della giovane e le sventolò davanti agli occhi le mutande infami.

Elena impiegò meno di un secondo per collegare tutto: il morso, le mutande, Damon a torso nudo nascosto parzialmente dietro una Bonnie vestita poco di più. Spalancò la bocca, incredula. Mai nella vita avrebbe pensato di assistere ad una scena simile.

Bonnie inspirò nervosamente, poi strappò le mutande dalle mani del vampiro e senza girarsi marciò via da quei due, decisa a rintanarsi nella sua stanza per non uscire mai più!

Senza più la rossa a fare da scudo a Damon, Elena poté appurare che il torso non era l’unica cosa ad essere nuda del vampiro. Lui se ne stava in piedi, in tutta la sua gloria, come mamma l’aveva generato, senza un minimo di pudore.

Elena restò immobile fissando il corpo davanti a lei, senza tuttavia mettere a fuoco niente in particolare. Era troppo scioccata e intontita.

“Vuoi un poster?” fu la domanda derisoria di Damon.

Finalmente Elena sembrò prendere atto di ciò che stava accadendo sotto i suoi occhi e voltandosi dall’altra parte urlò con tono scandalizzato “Copriti!!!!!”.

Il vampiro ghignò, soddisfatto come non mai e si ritirò nella pace della sua camera, lasciando Elena alle prese con l’infarto che da lì a poco l’avrebbe colta.

Si ributtò sul materasso e per la prima dopo tanto tempo, un sorriso vero gli dipinse le labbra, luminoso e sincero.

Sul cuscino accanto al suo c’era una macchia rossa che ancora profumava di Bonnie e più in basso un altro tipo di sangue colorava le lenzuola non più immacolate. Damon schioccò la lingua contro il palato. Quella era stata una notte epica sotto tutti i punti di vista. Già se ne figurava molte altre.

Si spostò sul fianco, reggendosi la testa con la mano e si perse contemplando il lato dove poco prima dormiva beatamente la ragazza. Damon si lasciò trasportare dai ricordi.

 

Avrebbe davvero volto dirle di smetterla di mordersi quel dannato labbro, di liberare la tensione, gemere, urlare, di non trattenersi; ma non lo fece.

Riusciva ad essere pudica e timida anche in quel preciso atto. Lui non voleva sporcarla né forzarla. Con lei era giusto così: Bonnie non era un’esibizionista, non era volgare, non esagerava. Si vergognava di sciogliersi in suoni troppo osceni e Damon la trovava assolutamente adorabile.

Lasciò che le braccia serpeggiassero dietro e intorno alla schiena di Bonnie e con uno scatto si tirò a sedere portandosela al petto.

Lei boccheggiò per il cambio di posizione e il vampiro fermò ogni movimento per permetterle di abituarsi.

Le accarezzò dolcemente la schiena e si chiese se stesse andando troppo in fretta, se fosse il caso di interrompere tutto perché forse lei non era pronta, forse si era fatta trascinare in qualcosa di troppo incontrollabile “Bonnie ….”.

“Non ti fermare” fu l’ordine della rossa.

Damon fece scorrere la mano fino a raggiungere la sua nuca e la obbligò a piegare di poco la testa, giusto per far toccare le due fronti. Lei s’inclinò ancora di più e si baciarono di nuovo. Con l’altra mano, rimasta appena sopra il sedere, il vampiro la guidò nelle spinte e per un po’ le lasciò condurre il gioco, le lasciò prendere il suo tempo. Voleva accertarsi che anche lei traesse il suo piacere, come più desiderava.

Fu la prima a rompere il contatto tra le loro bocche ma solo per rivolgergli un sorriso così luminoso e contento che Damon restò spiazzato per qualche secondo.

Riprese subito il controllo di sé, ricongiungendo le loro labbra e la premette ancora una volta sul materasso. Bonnie accettò senza obiezioni quel nuovo ritmo, più esigente e profondo; un po’ impacciata piegò le gambe e le allacciò intorno ai fianchi di Damon. Lui quasi non se ne accorse, drogato del sangue della strega e perso in lei. Finalmente, tra il bacio e l’altro, le sfuggì un gemito.

Dolce melodia.

 

Alla fine non aveva urlato. Solo qualche gemito le era scappato dalle labbra e Damon non credeva di aver sentito niente di più vero.

Era stato con molte donne nella sua lunga vita e la maggior parte si erano contorte come serpenti, avevano strillato tanto da spaccargli i timpani, troppo arrendevoli, lascive e rumorose. Erano un vero toccasana per la sua reputazione di amante, ma alla lunga stufavano.

Il vampiro non ricordava nemmeno l’ultima volta che si era veramente goduto quell’atto. Il piacere era ingannevole, durava talmente poco che quasi passava inosservato, e per raggiungere l’apice Damon era costretto ad inebriarsi totalmente del sangue della sua vittima.

Forse la differenza stava proprio lì: Bonnie non era una preda.

Da tanto tempo ormai il vampiro considerava il sesso un passatempo, un elemento accessorio per arricchire la sua caccia. Il pensiero di affondare in un corpo caldo non poteva soddisfarlo quanto affondare i suoi canini in un collo morbido. Nessuna donna lo aveva attratto per un mero piacere fisico e umano.

Elena era stata l’unica a suscitargli certe fantasie, ma inizialmente anche con lei era stata solo una questione di sangue. L’aveva costretta a donargli la sua linfa vitale per compiacere una sua brama. Il desiderio fisico era arrivato dopo.

Non si sarebbe mai aspettato, però, neanche nei suoi sogni più maliziosi, che sarebbe stata proprio Bonnie a risvegliare i suoi istinti di uomo.

Mai una volta aveva osato pensare di morderla, di usarla per sfamarsi. Bonnie non era mai stata una sua vittima.

La notte precedente, quando gli si era presentata in camera ai piedi del letto, avrebbe voluto strozzarla con le sue mani per essersi messa in una situazione così pericolosa e compromettente.

Lui non voleva farle male, non voleva segnare la sua pelle candida né usare il suo sangue a proprio vantaggio.

Quale mostro avrebbe potuto trattarla in quel modo barbaro? Lei che era solamente una bambina.

Va bene; forse non proprio una bambina considerando tutte le cose che le aveva fatto, ma comunque restava l’incarnazione dell’innocenza. Damon si sentiva come se avesse profanato qualcosa di sacro. Non poteva, però, negare che ne avesse adorato ogni singolo istante e l’avrebbe fatto e rifatto cento volte.

Chi avrebbe mai immaginato che Bonnie, sotto di lui, nuda, totalmente indifesa e un po’ imbarazzata si sarebbe dimostrata molto più provocante di tutte le modelle in lingerie che si era portato a letto.

Non sapeva che cosa stesse succedendo tra loro; sapeva solo che non si sarebbe tirato indietro. Non era pentito e voleva esplorare quelle nuove sensazioni.

L’umiliante rifiuto di Elena incombeva ancora su di lui e bruciava, ma non lo opprimeva come si sarebbe aspettato. Quella mattina si era svegliato con la voglia di sorridere ed era merito di Bonnie. Sarebbe stato un pazzo ad allontanarla proprio quando aveva capito quanto bene potesse fargli.

Forse per Bonnie sarebbe stato meglio il contrario, forse avrebbe dovuto fermare la cosa ora che ne aveva ancora tempo, ma Damon era un vampiro egoista e non voleva rinunciare a quel sollievo che gli aveva circondato il cuore.

E qualunque cosa fosse, pregò perché non finisse mai.

Bonnie, dopo aver lasciato Damon a sbrigarsela con Elena, corse nel suo bagno e si guardò allo specchio.

Il morso si era rimarginato un po’ ma era ancora evidente, soprattutto per il sangue che le si era seccato intorno. Non poteva essere guarito del tutto perché non avevano fatto un vero scambio, Damon non le aveva dato il suo.

Elena una volta le aveva raccontato che per un vampiro scambiare il sangue era il massimo dei piacere e che stabiliva una connessione. La maggior parte di loro sceglieva di suggellare il loro amore condividendo col la compagna anche i pensieri più intimi e nascosti. Altre volte quegli scambi portavano al progressivo Cambiamento, fino alla vampirizzazione completa dopo la morte.

Damon non era innamorato di lei e non voleva trasformarla; era più che logico che non le avesse permesso di bere il suo sangue.

Eppure quella notte era stata come lei se l’era sempre sognata.

 

Damon congiunse le loro bocche di nuovo e, come quel pomeriggio in cucina, non si risparmiò. Appena ne ebbe la possibilità, intrufolò la sua lingua smaniando per quella di lei e Bonnie non gliela rifiutò.

Le sue mani dai fianchi risalirono per strusciare ai lati del suo seno e poi ancora giù, indugiando qualche momento sull’elastico dei pantaloncini, e alla fine glieli sfilò per quanto poté. Bonnie lo aiutò facendoli scendere lungo le gambe e calciandoli via.

Sapeva in che guai si stava cacciando e aveva ancora tempo di fuggire via, nessuno la stava obbligando a fare niente. Le sue gambe erano molli e non accennavano a muoversi per scendere dal letto e la sua mente era talmente annebbiata che aveva annullato ogni pensiero sensato.

Damon le alzò il bordo della canotta e le leccò l’ombelico per poi prendersi cura di tutta la pelle attorno. Bonnie s’inarcò e si morse un labbro appena in tempo prima che un miagolio le scappasse.

Capì che le sue chance di tornare indietro erano ormai passate quando le dita di lui s’insinuarono tra le sue mutande e le tirarono verso il basso, con una calma esasperante.

Ok, Bonnie, ora o mai più. Te ne vuoi andare?  Le chiese quell’ultimo barlume di lucidità rimastole. Damon la baciò di nuovo, sospirando sulle sue labbra.

Assolutamente no!

Non si rese conto di non indossare più nemmeno la canotta finché non la vide volare oltre le spalle del vampiro.

Si portò le braccia davanti al seno per coprirlo. Se n’era sempre vergognata perché era piccolo. Sapeva di non avere delle forme molto femminili e non le piaceva mostrarlo; capitava che si sentisse a disagio anche in costume.

Damon le prese i polsi e delicatamente la obbligò ad aprire le braccia. Non disse una parola, nessun banalissimo “Sei bellissima”. Si limitò a far scorrere il suo sguardo per tutto il suo corpo ormai nudo. Non aveva mai visto niente di così piccolo e fragile e con una mano le sfiorò lo sterno, per poi scendere al ventre piatto e ancora su fino al collo. Glielo massaggiò e le sue labbra si piegarono all’insù, intenerite. Bonnie era la prima ragazza che si concedeva a lui di sua spontanea volontà pur sapendo che razza di mostro fosse.

La rossa, sempre un po’ incerta, liberò anche l’altra mano dalla stretta del vampiro e raggiunse l’orlo della sua maglia. Insinuò le dita sotto ed esplorò la schiena, risalendo e portando con sé la stoffa dell’indumento.

Damon se ne disfò in fretta e finalmente Bonnie poté sentire le loro pelli venire a contatto. Il vampiro iniziò  a lasciare dei dolci baci per tutte le spalle, il collo e il viso, mentre le loro dita si andarono ad intrecciare.

Bonnie strinse così forte che le nocche diventarono bianche e lo stesso fece Damon. Le sarebbero rimasti i segni, sicuramente.

 

Bonnie esaminò le sue mani ma non vide nessun rossore, anche se le faceva un po’ male piegare le dita.

Tornò in camera e prese il grimorio che le aveva prestato la signora Flowers in cerca di un incantesimo per far sparire quel morso. Voleva evitare che la notizia si espandesse per tutta Fell’s Church nel giro di dieci minuti.

Elena li aveva beccati in pieno e Stefan sicuramente lo sapeva già o l’avrebbe scoperto presto. Già se li immaginava, uno di fianco all’altro, a farle la paternale come due genitori.

Si passò una mano nei capelli e si sedette a terra, con il grosso tomo posato sulle ginocchia incrociate. Sfogliava le pagine ma non leggeva niente. La sua testa era ancora da un’altra parte.

Come le era venuto in mente di spingersi così in là con Damon? Com’era possibile che una cotta scoperta appena pochi giorni prima si fosse infiammata a tal punto?

Avrebbe voluto rimpiangere tutto, ma la realtà era ben diversa: il suo cuore non poteva essere più felice ed si congratulava per aver preso la decisione giusta.

Povero stupido. Lo derise lei. Non sai che finirai in mille pezzi?

Bonnie aveva visto come si era comportato Damon non appena aveva percepito la presenza di Elena fuori dalla porta: non aveva esitato a sbandierare le sue mutande come se fossero un trofeo, senza riguardi per la sua riservatezza. Non aveva pensato che forse Bonnie avrebbe preferito tenere il segreto; no! L’importante era sbatterlo in faccia ad Elena, farla ingelosire e punirla.

Forse stava lavorando troppo con la fantasia, forse era stata semplicemente una mossa da Damon, uno scherzo.

Qualcosa dentro di lei l’avvisa di non essere così ottimista; dall’altro lato non poteva credere che il vampiro l’avesse usata in quel modo, non dopo aver affrontato da solo un branco di lupi per salvarla.

Il dubbio, però, rimaneva. L’unico modo per toglierselo definitivamente sarebbe stato parlarne direttamente con lui, ma non ne aveva il coraggio.

Un po’ perché temeva di mettersi ancor di più in imbarazzo, un po’ perché non si fidava nemmeno di se stessa. Damon aveva destato in lei emozioni incontrollabili e sarebbe stata capace di saltargli addosso se si fossero ritrovati di nuovo soli in una stanza.

Il vampiro l’aveva accesa come un fiammifero. Era bastato un piccolo strofinamento per mandarla sulle nuvole, per eccitarla. Si nascose il volto fra le mani arrossendo inevitabilmente. Lei non era il tipo da fare certi pensieri così poco pudici. Sentiva di non avere più il controllo sul suo corpo ed era frustrante. Le mancavano i suoi tocchi e i baci, i suoni quasi animaleschi nei momenti più brucianti, i gesti delicati e i sospiri in quelli più intimi.

Era successo solo una volta e già sarebbe corsa nella camera di Damon per ricominciare daccapo.

Sono fregata.

Doveva parlare con qualcuno. Doveva sfogarsi perché non capiva più che cosa le stesse succedendo.

C’era solo una persona che poteva darle una mano perché lo aveva provato sulla sua stessa pelle. Doveva andare da Caroline.

 

“Sai cosa è successo nella stanza di tuo fratello?”.

Stefan alzò la testa dal suo diario e la rivolse verso la porta aperta: sulla soglia, una splendente Elena lo guardava allarmata.

Dopo aver praticamente colto in flagrante Damon e Bonnie, si era diretta subito nello studio in cerca del minore dei Salvatore e lì lo aveva trovato.

Era andata al Pensionato per parlare finalmente con Stefan, per dirgli che lo aveva scelto, che non lo avrebbe mai più tradito, che Damon avrebbe sempre avuto un posto nel suo cuore ma non poteva neanche avvicinarsi all’amore che provava per lui.

Tutto era andato a farsi benedire nel momento in cui aveva visto Bonnie fuori dalla camera da letto dell’altro vampiro, tutto era passato in secondo piano.

Era rimasta sbigottita, senza parole, un po’ gelosa, ma soprattutto un campanello di allarme le era suonato nella testa.

L’invidia c’era, ma non la turbava più di tanto. Sentiva più che altro di dover proteggere la sua amica o per lo meno metterla in guardia.

Damon aveva una venerazione per Bonnie e su questo non c’era dubbio, ma fino a che punto si spingeva?

“Sì Elena. Ho un udito sovrasviluppato, ricordi?” le rispose Stefan. Certi suoni erano inequivocabili.

“E ti sta bene?”.

“No” ammise sinceramente lui “Però mio fratello ha rischiato di morire ieri sera, quindi penso che aspetterò fino a domani prima di fargli la predica”.

“Ha rischiato di morire?” trillò Elena “Cos’è successo? Perché io non ne so niente?” premette.

Stefan realizzò solo in quel momento che la ragazza non era a conoscenza dell’attacco dei lupi mannari. Come poteva? Era capitato tutto così in fretta!

Le raccontò gli eventi del giorno prima, nei dettagli, studiando ogni espressione del volto della giovane che in cinque minuti passò in rassegna tutte le emozioni fino a stabilizzarsi in un cruccio.

“Ecco perché gli ha dato il suo sangue” mormorò tra sé e sé.

Stefan lo udì ugualmente e chiese spiegazioni “Chi ha dato il sangue a chi?”.

“Poco fa ho visto Bonnie fuori dalla stanza di Damon e il suo collo era tutto sporco di sangue; c’era il segno di un morso. Non avevi detto di sapere tutto?”.

Così credeva Stefan. In realtà non aveva sentito proprio tutto: si era svegliato nel cuore della notte e aveva percepito distintamente i mugugni di piacere di Bonnie; da lì era stato facile collegare che cosa stesse accadendo, ma non era stato ad ascoltare e non li aveva interrotti.

Non era contento dei nuovi risvolti della storia tra suo fratello e Bonnie, ma non si sarebbe mai permesso di piombare in camera e violare la loro privacy.

La rossa doveva aver offerto a Damon il sangue prima che lui si svegliasse. Non c’era altra spiegazione per cui non se ne fosse accorto.

“Prima o poi si farà ammazzare” fu il primo commento che sfuggì dalle labbra di Stefan “Se mio fratello non le volesse così bene, sarebbe già morta”.

“Perché dici questo?”.

“Era debole ieri sera, Elena. Bonnie ha dovuto dissanguarlo con i suoi Poteri per togliergli tutto il veleno dei lupi. Immaginati un vampiro che non si nutre da qualche settimana e capirai quanto poteva essere pericoloso Damon davanti ad una preda umana. Se non fosse stato per l’affetto che prova verso Bonnie, non si sarebbe mai controllato”.

La bionda spalancò gli occhi, capendo solo ora l’importanza dell’atto consumato dai due quella notte. Forse aveva sottovalutato le intenzioni di Damon e forse le sue paure che Bonnie fosse un rimpiazzo erano totalmente infondate.

“Non sembri molto turbato” gli fece notare.

“Sono arrabbiato” la corresse lui “Non per il sangue, quello non è stata colpa sua, la sete era troppo forte. Sono arrabbiato per quello che è successo dopo”.

“Stefan …”.

“Non li sto giudicando” precisò il vampiro “Ho solo paura che Bonnie riceverà un’altra delusione e questa volta non lo perdonerà mai”.

Elena conosceva Stefan meglio di chiunque altro e le bastò un secondo per interpretare quelle parole: Damon e Bonnie era legati da qualcosa di indescrivibile e per quanto cercassero di respingersi, prima o poi tornavano l’uno dall’altro. Damon, però, l’aveva ferita troppe volte e lei non si sarebbe fatta prendere in giro ancora. Entrambi sarebbero usciti sconfitti da quella storia, entrambi si sarebbero persi, senza possibilità di rimediare.

“Perché sei venuta qui, Elena?” chiese dal nulla Stefan; non voleva accertarsi delle condizioni di Damon perché non ne sapeva niente, quindi perché?

“Per te” confessò lei “Voglio parlarti di quello che è successo a Charlottesville”.

Stefan chiuse gli occhi rassegnato: non aveva alcun desiderio di affrontare l’argomento in quel momento, ma non aveva altra scelta.

“Eravamo in un bar e Damon …. Damon mi ha ricordato quanto egoista e competitiva io possa diventare, mi ha ricordato la persona che sono, che ero. Non mi piace molto quella persona” raccontò con un sorrisino imbarazzato. “Ci siamo trovati a discutere dei nostri sentimenti nascosti nel bagno delle donne ed è stato orribile e umiliante”.

Stefan aggrottò le sopracciglia ma non la interruppe. Non capiva dove volesse arrivare svelandogli tutti i dettagli di cui lui avrebbe anche fatto a meno.

“Non voglio stare con Damon” disse con fermezza “Forse con lui potrei essere bellissima e potente, ma non è quello che voglio, non mi importa. Molti ragazzi mi hanno idealizzato e mi hanno messo su un piedistallo, ma presto hanno scoperto  che non ero proprio quest’angelo che credevano. Tu non hai solo visto la parte migliore di me, ma l’hai anche tirata fuori. Mi spingi a fare meglio, credi in me, credi che io possa essere più di una reginetta. È come se avessi portato la luce nella mia vita, sei stato il primo a farmi sorridere dopo tanto tempo. Tu mi rendi buona, Stefan, mi rendi degna di ogni bene”.

“Elena” la chiamò stancamente il vampiro “Apprezzo che tu stia cercando di sistemare le cose, ma non dobbiamo affrettare niente. Tu hai ancora dei dubbi su mio fratello o non ti saresti alterata così tanto per quello è successo tra lui e Bonnie”.

“No, no, no” ripeté a macchinetta la bionda, in preda la panico. Si inginocchiò davanti al ragazzo, seduto su una poltrona, e gli prese le mani tra le sue, baciandogliele “Ero solo turbata e preoccupata come te; non voglio che facciano la scelta sbagliata, tutto qui” gli assicurò “E’ vero: provo ancora qualcosa per Damon, non posso spegnere le mie emozioni, ma non ho dubbi sulla mia decisione: scegliere lui, significherebbe prendere la strada più facile; siamo cresciuti molto in questi mesi e stare insieme ci farebbe solo tornare indietro. Io non posso crescere con Damon” prese un bel respiro per concludere il suo discorso “Sono irrimediabilmente innamorata di te, Stefan. E alla fine sceglierò sempre e solo te ed è un fatto che non cambierà mai”.

Aveva gli occhi lucidi e ancora più azzurri del normale; sprizzavano sincerità e speranza. Rivoleva Stefan “Non riesco nemmeno a capacitarmi di non averti più al mio fianco. Ti prego, perdonami” lo supplicò con voce rotta.

Stefan si piegò e le posò un dolcissimo bacio sulla fronte “Ti amo, Elena e non dubitarne mai” le giurò “Stanno capitando troppe cose insieme e ho bisogno di un po’ di tempo. Devo risolvere questa cosa tra Damon e Bonnie, dobbiamo sconfiggere Klaus e sono passati troppi pochi giorni da quando ti ho chiesto una pausa. Aspettami, Elena, aspettami fino a che tutto questo non sarà finito e se siamo destinati a stare insieme, allora nessuno potrà dividerci più”.

Alla giovane si strinse il cuore: non voleva rimandare, non voleva sprecare altro tempo, ma Stefan aveva ragione.

Non era passato molto da quando aveva respinto Damon e la sua scelta poteva apparire affrettata. Come poteva Stefan essere sicuro che lei non sarebbe corsa un’altra volta tra le braccia di suo fratello?

“Ho perso la tua fiducia, vero?” domandò timorosa ma certa della risposta.

Stefan scosse la testa “Capita a tutti di fare degli sbagli” la tranquillizzò “Niente è imperdonabile”.

Non si sbilanciò oltre. Faticava a restituirle quella fiducia che le aveva totalmente donato nel momento in cui si erano incontrati, perché aveva timore di rimanere scottato di nuovo. Prima o poi gliel’avrebbe concessa, gli serviva solo un po’ di tempo per riflettere.

Elena annuì, leggermente delusa, più che altro da se stessa. Non credeva che sarebbe mai scesa tanto in basso da mettersi tra due fratelli.

Stefan le prese una mano e la condusse fuori dallo studio, verso l’ingresso. Fu lì che incontrò Bonnie.

“Esci?”.

La rossa rispose chiaramente a disagio “Sì. Vado da Caroline” non osò incrociare gli occhi con Elena.

“Ti accompagno io” si offrì Stefan. Le doveva parlare.

Bonnie non parve molto contenta ma acconsentì e li seguì fuori in cortile. Dopo aver salutato Elena, lei e il vampiro salirono sulla BMW.

Un silenzio fastidioso calò su di loro. Bonnie si affrettò a rivolgere lo sguardo fuori dal finestrino. Sapeva che cosa sarebbe arrivato in pochi minuti: il terzo grado di Stefan, seguito dai suoi occhi indagatori e dalle sue parole tanto assennate da farle ritrattare tutte le sue convinzioni. E quella volta non sarebbe stata diversa.

“Come ti senti?” le chiese “Dopo quello che è successo ieri”.

“Bene” rispose subito Bonnie “Sono solo un po’ scossa, tutto qua. Non mi hanno fatto niente”.

“Non t’immagini nemmeno che cosa mi è passato per la testa quando Caroline ha ricevuto quella chiamata da Tyler” sussurrò Stefan mentre la macchina usciva dal vialetto del Pensionato “Era come se mi fosse caduto il mondo in testa”.

Bonnie finalmente si voltò a fissarlo: lui aveva la mascella contratta in uno scatto di rabbia. “Stef, sto bene” cercò di calmarlo “Adesso è finita”.

“Eravamo nascosti nella casa fuori città di Caroline. Tyler ci ha chiamato e ci ha detto che i lupi sarebbero venuti a cercarti. Damon è scattato fuori dalla porta come un fulmine, non l’ho neppure visto. Io e Caroline lo abbiamo seguito ma siamo stati costretti a passare per la foresta e i lupi ci hanno intercettato. Quando sono arrivato al Pensionato e ti ho sentito urlare … poi Damon era steso e sembrava morto” continuò a spiegare e la sua voce ogni tanto tentennava “Per un attimo ho creduto di avervi persi entrambi”.

Bonnie gli prese una mano “Ho l’impressione che dovrai sopportarci ancora per un po’, sai?” scherzò “I lupi non mi hanno nemmeno sfiorato e tuo fratello si è già ripreso”.

“Grazie a te” disse Stefan “Sei stata piuttosto brava con quell’incantesimo”.

“Lo so” sorrise Bonnie terribilmente compiaciuta di sé “E’ stato un bel trucchetto, non è vero?”.

“Sì” concordò Stefan “E ti farei anche i complimenti se poi non avessi donato il tuo sangue ad un vampiro debole, instabile e assetato” tono calmo ma palesemente di rimprovero.

Ecco la predica, ecco il terzo grado.

“Aveva bisogno del mio sangue. Ha affrontato quei lupi per salvarmi pur sapendo che non ne sarebbe uscito vivo. Glielo dovevo”.

“No, Bonnie. Dopo quello che ha rischiato per proteggerti, tu avresti solo dovuto rimanere lontano dai guai. Pensa se non fosse riuscito a controllarsi, se ti avesse ucciso. T’immagini che tragedia?”.

Bonnie impallidì, non aveva preso nemmeno in considerazione l’idea che Damon potesse farle del male, ma in quel caso doveva dar ragione a Stefan: era stata una mossa avventata e irresponsabile. Se le fosse accaduto qualcosa, Damon si sarebbe torturato per il resto della sua esistenza.

Però l’avrebbe fatto e rifatto e fatto ancora, perché Bonnie non era capace di ragionare con la testa, non era come Meredith. Si faceva trascinare dal cuore e dall’istinto e non si era pentita di niente.

“Vorrei dirti che mi dispiace, Stefan, ma non è così. Non è stata una delle mie scelte più intelligenti, lo ammetto. Potevo fare altro?”.

Stefan si stupì del tono con cui la ragazza pronunciò quelle tre parole: sembrava affranta di avergli causato tutta quella preoccupazione; dall’altro lato appariva intrappolata, bloccata in un punto di non ritorno, come se non avesse visto altre soluzioni, come se l’idea di aspettare che Damon si rimettesse fosse insopportabile.

Stefan si diede dell’ipocrita: non si sarebbe comportato allo stesso modo se al posto di Damon ci fosse stata Elena?

Lui amava Elena, era tutt’altra cosa. Bonnie non …

Per poco non inchiodò, colpito da quella rivelazione. Era chiaro che tra la rossa e suo fratello ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia, ma addirittura amore? Gli pareva un po’ troppo presto per parlare di un sentimento così importante; eppure sotto al suo naso stava nascendo qualcosa di potente, più di quanto si sarebbe mai sognato.

E il paradosso stava nel fatto che nessuno dei due interessati si fosse accorto di quanto indomabili stessero diventando le loro emozioni.

“Perché vai da Caroline?” s’informò sospettoso.

“Le devo parlare”.

“Di cosa?”.

“E’ da quando sono entrata in macchina che vuoi chiedermelo” replicò Bonnie“Falla finita e arriva al punto, per favore”.

“Voglio solo che tu stia attenta” la pregò Stefan “Tutti e due vi state inoltrando in una zona pericolosa e poi non si torna più indietro”.

Il vampiro sapeva quanto suo fratello tenesse a Bonnie, non le avrebbe mai fatto un torto così grande come illuderla. Ma sapeva anche che Damon era spaventato da quel genere di sentimenti e confuso per Elena. Un vampiro in preda alla sua sete di sangue era trasportato da tutti gli impulsi del suo corpo e forse lui si era lasciato andare proprio per colpa di quelle forze.

Stefan non poteva dire con certezza se tutto quello che era avvenuto in camera di suo fratello fosse frutto di una voglia genuina o se la mente di Damon fosse stata talmente offuscata da non distinguere bene cosa si celava nel suo cuore.

Era un gioco rischioso e Bonnie doveva stare in guardia “Accertati di essere sulla sua stessa lunghezza d’onda prima di buttarti in qualcosa che potrebbe fare male ad entrambi”.

Bonnie avvertì il suo stomaco attorcigliarsi e le salì la nausea. Non era proprio quello che avrebbe voluto sentire una ragazza che aveva appena perso la verginità con qualcuno che non era neppure il proprio fidanzato.

Salutò Stefan e scese dall’auto. Bussò alla porta di casa Forbes quando ormai il malumore si era impossessato di lei.

Fu proprio Caroline ad aprire e, non appena la vide, il suo viso s’illuminò di gioia. L’abbracciò, stringendola e sollevandola, e non le fece toccare terra fino a che non furono dentro “Sei viva! Ho perso dieci anni della mia vita quando Tyler mi ha detto il piano dei lupi mannari. Se li avessi qui tra le mie mani, non sai che farei” fumò letteralmente di rabbia alzando un pungo in aria.

Bonnie scosse la testa divertita. Caroline non le permise nemmeno di parlare, le prese un polso e la trascinò di forza in camera sua. La obbligò a sedersi sul letto quasi fosse una malata inferma, ma Bonnie non si arrabbiò. Quello era il modo di Caroline di prendersi cura delle persone.

“Tu come stai, Care? Stefan mi ha detto che siete stati attaccati dai lupi”.

“Niente di che. Sono dovuta scappare via, ma loro erano molto più lenti di me e poi Katherine è venuta ad aiutarmi”.

“Katherine?”.

“Lo so; sono sconvolta anche io. Sto cercando di dimenticare di esserle debitrice”.

“E con tua mamma? Mi dispiace così tanto che tu sia stata costretta a rivelarle tutto, non l’avrei mai voluto”.

“Prima o poi se ne sarebbe accorta lo stesso” liquidò la faccenda con un’alzata di spalle “Dorme ancora con un paletto sotto al cuscino ma sta elaborando finalmente. Con questa storia dei lupi mannari ha realizzato di poter perdere la sua unica figlia quindi … ci stiamo lavorando”.

“Sono contenta per te” le sorrise la rossa.

Caroline ricambiò e si accinse a cambiare discorso “Damon sta meglio? Ieri sera si è comportato proprio da eroe, eh?” le disse dandole una gomitata eloquente.

“Sta bene” la rassicurò Bonnie “Soprattutto dopo che gli ho dato il mio sangue” confessò a bassa voce, colpevole, in attesa della reazione della vampira.

La testa dell’amica scattò così velocemente verso di lei che si sarebbe potuta staccare “Hai degli istinti suicidi per caso?” domandò sarcasticamente “No perché non vedo altra spiegazione a questa tua voglia di rischiare inutilmente la vita. È chiaro che il tuo subconscio ha un desiderio latente di morte” concluse neanche fosse stata una psicoanalista di fama mondiale “Per non parlare della posizione in cui hai messo Damon: se ti avesse ucciso, non se lo sarebbe mai perdonato”.

Bonnie si chiese se Caroline e Stefan condividessero lo stesso cervello. S’imbronciò “Va bene, va bene! Non lo farò più” promise “Ma non è questo il problema comunque”.

“Ah no?” si sorprese la vampira “Cosa puoi aver combinato ancora?”.

“Care, qualche mese fa tu e Damon avete avuto una storia, giusto?”.

L’altra non comprese quel cambio repentino di argomento ma non si sottrasse alla domanda “Mi ha soggiogato per del sesso e del sangue. Se è questo che intendi per storia, allora sì”.

“Ma tu sentivi tutto? Cioè: il tuo corpo come reagiva alla sua presenza? Cosa provavi quando eri con lui in intimità?”.

“Perché? Vuoi fare un giro sul Damon - express?” scherzò lei.

Il silenzio di Bonnie fu molto più espressivo di molte parole.

“O mio Dio!” esclamò Caroline portandosi una mano alla bocca “Tu hai già provato la sua locomotiva?!”. Era a metà tra una domanda e un’accusa e bastò per far arrossire Bonnie fino alla punta dei capelli “Possiamo uscire dalla metafore ferroviaria, per favore?”.

Caroline non si fermò “Quando è successo? Come? Perché?” assottigliò gli occhi come se quel gesto potesse aiutarla a fare chiarezza “Ma certo, la brama del sangue!”.

“La brama del sangue?”.

“Brama, sete, chiamala come vuoi. Amplifica le emozioni di un vampiro e capita che sia preso da voglia irrefrenabili”.

“Credi che sia per questo che … è venuto a letto con me?”.

“Ho detto che amplifica le emozioni, non che le crea” le fece notare Caroline “Damon non ha mai avuto il fegato di fare il primo passo, ma ti desidera da tempo. Sveglia, Bonnie!” la scosse.

“Perché dovrebbe desiderarmi?”.

“Perché non dovrebbe?” Caroline non vedeva proprio nessuna ragione che potesse contrastarli.

Bonnie ci restò di sasso: non aveva mai pensato a se stessa come qualcuno di desiderabile, o anche solo attraente.

“Ma è normale che io mi senta così …”.

“Dolorante?” la interruppe Caroline.

“No, cioè … a parte quello! È che quando ripenso a ieri notte mi batte il cuore e non riesco stare ferma, mi sento come …” arrossì per l’ennesima volta quel giorno.

“Eccitata?” completò la frase l’amica “Puoi dirlo, non è mica una brutta parola. E per rispondere alla tua domanda: sì, è normalissimo”.

“Provavi lo stesso anche tu?”.

Caroline si sedette accanto a lei sul letto “Damon ha secoli di esperienza, è un perfetto amante, sa come far sciogliere il tuo corpo, sa dove mettere le mani e capisce al volo che cosa ti piace di più.  È  bello, ha fascino ed è molto persuasivo, ti entra di forza in testa. Se il tuo corpo non fosse un’esplosione di ormoni, mi preoccuperei” le disse sbattendo le ciglia quasi con fare innocente “Però non posso paragonare la mia esperienza alla tua, Bonnie. Lui mi ha ipnotizzato, mi ha tolto la libertà di scegliere. Avrei accettato lo stesso di andarci a letto insieme, ovviamente, dico l’hai visto? Ma mi sarei risparmiata tutta la faccenda dei vampiri e del sangue e dei morsi. Per lui non ero diversa dalle altre, non provava niente nei miei confronti”.

“Mi dispiace, Care. Deve essere stato orribile” la consolò Bonnie prendendole una mano “Non avrei dovuto risollevare l’argomento”.

L’altra ragazza sorrise “L’ho superata e non l’ho presa sul personale” sminuì. Stava mentendo, ma preferiva non parlarne “E poi hai fatto benissimo a venirne a parlare con me! Sai che amo il gossip e questa è decisamente una notizia bomba!”.

“Bomba è un eufemismo”.

“Bonnie posso chiederti una cosa? Tu che cosa senti per Damon?”.

“Non lo so” ammise sinceramente “E’ successo tutto così velocemente: prima era mio zio, poi un lontano parente vampiro, poi l’assassino di mio fratello, poi è diventato colui che mi ha protetta, che mi  ha aiutata e salvata. Da quando ho cercato di sedurlo qualche settimana fa, non riesco più a guardarlo solo con gli occhi di un’amica”.

“Hai cercato di sedurlo?!” si scandalizzò Caroline “Ma sei posseduta?”.

“No, no, è tutta farina del mio sacco purtroppo. Sto davvero perdendo il senso della realtà”.

“Tesoro mio, direi che lo stai trovando invece” la contraddisse la vampira “Solo un cieco non vedrebbe il legame che unisce te e Damon. Per questo non dovresti sottovalutare quello che è accaduto ieri notte: non sei stata una sua vittima” sottolineò bene quel concetto “Però ti consiglio di andarci con i piedi di piombo, ci sono troppe questioni in sospeso”.

“Parli di Elena?”.

Caroline scosse la testa con fare sbrigativo “Elena è una tappa obbligata, tutti s’innamorano di lei ma pochi sono in grado di starle accanto: presto ci si accorge che non conta solo l’aspetto angelico. Comunque sì, anche lei fa parte delle questioni in sospeso. Damon non può essersi scordato di lei in tre giorni”.

Il viso di Bonnie si scurì.

“Non vuol dire che non abbia dei sentimenti anche per te. Ieri sera ha fatto davvero un gran bel gesto, non dimenticarlo. Però tu devi capire da dove nasce quest’attrazione insostenibile e lui deve buttarsi alle spalle Elena e l’ossessione che ha per lei. Tu hai bisogno di Damon; ho visto come ti sei ridotta quando non vi parlavate. Ora vi siete ritrovati, evitate di perdervi di nuovo perché non sapete più che direzione prendere”.

“Credi che dovrei stargli lontana per il momento?”.

“Cerca di non finire nel suo letto” le consigliò l’amica “E fai molte docce fredde”.

 

Caroline l’aveva aiutata a riflettere molto, anche se non era riuscita a dipanare la matassa che le occupava la testa.

Qualunque cosa sentisse per Damon era ancora confusa e incerta. Aveva questa fortissima attrazione che era esplosa la sera prima e che non l’aveva abbandonata. Per quanto il suo corpo la stesse pregando di ritornare da quelle carezze, Bonnie sapeva che se si fosse trattata di una mera questione fisica, sarebbe riuscita a resistere; lei non era quel tipo di ragazza.

C’era qualcos’altro di molto più profondo che la legava al vampiro, qualcosa che era sempre rimasto rintanato nell’ombra ma che adesso, poiché scoperto, scalpitava per non essere represso.

Come si era ritrovata in quella situazione? Come avrebbe convissuto con questi sentimenti per un uomo che aveva considerato un parente fino a qualche mese prima?

Le tornarono alla memoria le parole di Caroline: tutti se n’erano accorti, tutti eccetto la diretta interessata. Mascherati e invisibili quei sentimenti si erano fatti spazio nel suo animo e ora erano stanziati lì, senza desiderio di sparire.

Era difficile da accettare ma prima o poi sarebbe stata capace di affrontarli. Il problema era un altro, il problema era Elena.

Non aveva pensato molto alla sua amica bionda neppure dopo essere incappata in lei uscita dalla camera di Damon; eppure, dopo la conversazione con Caroline, l’idea non le dava tregua.

Possibile che Elena c’entrasse con ciò che lei e il vampiro avevano condiviso quella notte? Era stata solo un rimpiazzo, un modo per dimenticare, almeno per poco, la bellissima Gilbert?

Elena si era negata a lui, aveva scelto Stefan; ma se avesse detto sì? Niente di tutto quello sarebbe successo.

Damon sarebbe stato con lei tutto il tempo e forse non sarebbe nemmeno corso al Pensionato per salvare Bonnie.

La strega si sentì subito in colpa per aver pensato così male di lui; Damon, dopo tutto, non se lo meritava, non dopo quello che aveva fatto per proteggerla.

Ma il dubbio rimaneva, perché, in fondo, lei era stata la seconda scelta o forse nemmeno quello. Forse era stata solo uno sbaglio, una notte e basta.

Bonnie era una novellina in faccende romantiche. L’unica volta che si era avvicinata a provare qualcosa di molto forte, il suo lui si era rivelato un vampiro che avrebbe voluto solo assaggiare il suo sangue e poi consegnarla a chissà quale pazzo. Nessuno l’aveva mai considerata così importante da mettere tutto il resto in secondo piano.

Ma forse era solo paranoia.

“Mi stai evitando?”.

Presto o tardi le avrebbe causato un infarto.

Bonnie ripose il libro nel suo scaffale e impassibile rispose “No”.

I monosillabi non sono il modo migliore per mostrare indifferenza. L’avvertì la sua coscienza.

“Ti ho cercato per tutto il giorno ma non c’eri” sembrava quasi un’accusa.

“Sono andata a trovare Caroline. Volevo vedere se stava bene”.

Damon parve bersi quella scusa e comunque non indagò oltre “Ti ha detto qualcosa sui cani?”.

“Se ne sono andati” gli comunicò “Sono scappati come è sorto il sole. Pare che tu ne abbia ferito uno a morte”.

“E’ la fine che faranno tutti non appena li troverò” ruggì con astio e rancore.

La porta della biblioteca sbatté chiudendosi quasi come un rifiuto. Damon si voltò verso Bonnie “Sei stata tu?”.

“Tu non darai la caccia a quelle persone” ordinò lei ignorando la sua domanda, ma era evidente che fosse opera sua “Con quello che ho fatto per tenerti in vita, non butterai all’aria i miei sforzi” gli intimò.

I tuoi sforzi?” ripeté Damon incredulo “Sono io che ti ho salvato la vita, ragazzina. Cerca di tenerlo a mente”.

“Anche io ti ho salvato la vita” precisò Bonnie.

“Beh, nessuno avrebbe dovuto salvare la vita a nessuno, se tu fossi andata da Meredith come ti avevo detto” le fece notare con una notare talmente amareggiata da rasentare la rabbia.

Bonnie abbassò la testa. Non l’avrebbe mai scapata in un confronto con Damon.

“Mi darai mai retta una buona volta?” le chiese con lo stesso tono.

“Non mi diverto a sfidarti, Damon. Non volevo mettere nessuno in pericolo, davvero. Mi dispiace” si scusò alzando gli occhi su di lui.

La fermezza di Damon tremolò sotto il perso di quello sguardo capace di piegarlo come un fuscello. Ma perché doveva avere degli occhi così innocenti?

“Non posso dire di non essermela cercata” cedette “Sei testarda come un mulo. Avrei dovuto accertarmi io stesso che tu andassi a casa di Meredith”.

“Non sono testarda come un mulo” obiettò offesa lei “Non l’ho fatto apposta, me ne sono dimenticata. Non credevo che sarebbero venuti qui”.

Damon alzò un sopracciglio e sospirò “La prossima volta ascoltami, però” le mormorò. Con una mano le scostò una ciocca di capelli che le era finita davanti al viso e gliela portò dietro all’orecchio.

Bonnie si sottrasse al tocco come se si fosse bruciata e Damon rimase con la mano a mezz’aria, sconcertato.

“Sissi …”.

“No” la ragazza scosse la testa “Non farlo”.

“Perché no?” replicò Damon “Sei una continua sorpresa, streghetta, non ti facevano nemmeno il tipo da una notte e via”. Era stata ovviamente una battuta, molto simile a quella che le aveva rivolto la mattina prima, sul divano.

“Perché?”.

Damon sbatté le palpebre, perplesso “Perché cosa?”.

“Perché ieri notte abbiamo …? Che cos’è successo?”.

“Correggimi se sbaglio, ma quando un ragazzo incredibilmente sexy si trova una ragazza poco vestita nel letto, di solito va a finire in quel modo”.

“Quindi è solamente capitato?” continuò Bonnie un po’ delusa “Sono solo una ragazza poco vestita che si è infilata nel tuo letto e non hai saputo resistere alla tentazione?”.

Damon sapeva dove voleva andare a parare la rossa: sentimenti. Lui preferiva aggirarli e godersi il momento.

“Dobbiamo per forza analizzare ed etichettare tutto? Non possiamo solo cavalcare l’onda e divertirci?”.

“Forse hai ragione” disse Bonnie accondiscendente, troppo accondiscendente per essere seria “Perché parlare di una cosa che è già finita!”.

Damon fu colto alla sprovvista “Finita?”.

“E’ chiaro che nessuno di noi due lo voleva veramente; ci siamo fatti prendere dal momento, è stato uno sbaglio. È inutile continuare a metterci in imbarazzo per una cosa che non si ripeterà più”.

Lo consideri uno sbaglio?”. Damon odiava trovarsi in quel genere di situazioni perché non ci era proprio abituato; odiava restare spiazzato e senza parole, odiava che le cose non stessero andando come aveva programmato, anzi l’esatto opposto.

Uno sbaglio. Perché tutti lo ritenevano soltanto uno sbaglio. Che cosa c’era di così sbagliato in lui da non meritarsi un lieto fine?

Bonnie distolse lo sguardo, incapace di reggere più a lungo quegli occhi in tempesta, e superò Damon, decisa ad abbandonare la stanza e il discorso.

La mano del vampiro si chiuse attorno al suo polso e lo strattonò senza gentilezza “Non mi pare di averti detto che potevi andartene” la fulminò.

“Non me ne starò qui a farmi prendere in giro” s’imputò lei e agitò il polso per liberarsi “Non sono il tuo giocattolo, Damon, e non sono a tua disposizione. Il tuo scopo l’hai ottenuto, no? Elena ci ha beccati in pieno e ora sarà da qualche parte a crogiolarsi nella gelosia. Non mi stupirei se piombasse qui e ti supplicasse di tornare da lei”. Non credeva ad una singola parola che aveva appena pronunciato, ma voleva ferirlo.

Voleva che si sentisse piccolo e insulso esattamente come lui l’aveva fatta sentire poco prima, riducendo la loro notte ad un semplice divertimento che non meritava neanche la sua considerazione.

Aveva la brutta impressione che sarebbe stata lei la prima a finire con il cuore spezzato e aveva deciso di attaccare prima di difendersi. Non era fiera del suo comportamento, ma le parole le erano esplose in bocca e non poteva più rimangiarsele.

Passarono attimi di silenzio e tensione. Damon non aveva ancora mollato il suo polso e i suoi occhi erano diventati ancora più neri, ancora più spaventosi.

L’attirò a sé bruscamente e Bonnie trattenne il fiato quando le loro fronti si sfiorarono.

“La devi smettere” era quasi un ringhio quello che fuoriuscì dalle labbra del vampiro “La devi smettere di cacciarti sempre nei pericoli, perché non t’immagini neanche lontanamente che cosa voglia dire morire. Sai che cosa si prova quando la tua pelle viene lacerata dalle zanne di un lupo? Io sì. Mi sono buttato in un branco per salvare il tuo bellissimo culo – e qui, senza permesso, una delle sue mani scese fino al sedere di lei e lo strinse spingendola verso di sé, in segno di possesso- Elena non ha niente a che fare con quello che è successo ieri notte e mai lo avrà”.

Bonnie boccheggiò rendendosi conto di essere sola nella biblioteca. Il suo cervello ci mise mezzo secondo ad elaborare quanto accaduto e, inconsciamente, si ritrovò a rincorrere il vampiro per il corridoio fino alla sua camera da letto.

“Fuori” fu la minaccia che provenne dal buio della stanza.

“Damon, io …”.

“Fuori” ribadì comparendo in un attimo di fronte a lei “Non m’interessa quello che hai da dire. Sei stata cristallina su quello che pensi di me; non vedo perché sprecare altro fiato”.

Non era il tipo da vantarsi delle sue imprese da eroe (che si potevano contare sulle dita di una mano), ma ci teneva particolarmente a ricordarle di come fosse stato disposto a sacrificare la sua vita per proteggerla dai lupi. Non era un gesto da poco, soprattutto per lui e non si sarebbe mai e poi mai permesso di trattarla come una qualsiasi sgualdrina, né tanto meno di usarla per far ingelosire Elena.

A che serviva perdere tempo per difendersi da un’accusa già data per vera? Tanto, alla fine, lui rimaneva sempre il cattivo ragazzo senza possibilità di redenzione.

“Non so più cosa fare per dimostrarti che ci tengo, non so che fare per riprendermi la tua fiducia” la sua voce ora era flebile e mortificata.

Il senso di colpa per poco non divorò Bonnie; non era capace di essere cattiva, non le piaceva vedere le altre persone stare male per qualcosa di cui era responsabile, specialmente Damon.

“Mi fido” gli disse posandogli una mano sulla guancia. È di me stessa che non mi fido. Ma questo non lo aggiunse. Tutto quello che aveva detto era nato più da una sua insicurezza interiore che da un’insicurezza verso Damon.

Il vampiro piegò leggermente la testa verso il palmo della ragazza e chiuse gli occhi. Che diamine mi stai facendo, Bonnie?

“Mi dispiace se le mie parole ti hanno ferito”.

Il vampiro riaprì gli occhi di botto: era la prima volta che qualcuno si preoccupava dei suoi sentimenti. Di solito tutti davano per scontato che non li avesse e li calpestavano senza ritegno. Di solito lui nemmeno ci faceva caso, perché non gli importava di niente ma con Bonnie …

Chinò il capo, incapace di resisterle, e fu lì per baciarla ma lei si scostò, indietreggiando “No … non possiamo”.

Damon imitò le sue mosse e le si avvicinò di nuovo “Perché non possiamo?”.

“E’ sbagliato”.

Il vampiro si spazientì “Comincio ad odiare quella parola” ormai l’aveva intrappolata contro la parete “Dimmi un motivo per cui non potremmo”.

Bonnie durante quella giornata aveva stilato una lista di contro, tutti validissimi, ma in quel momento non se ne ricordò nemmeno uno. Aveva il cervello completamente in tilt.

“Appunto” ghignò Damon e questa volta riuscì a premere le sue labbra contro quelle delle ragazza.

Bonnie tentò di mantenere una certa coerenza e si ritrasse picchiando la testa contro il muro. Lui ridacchiò e alzò gli occhi al cielo.

“Possiamo andare avanti quanto vuoi, streghetta. Ma sappi che ti torturerò giorno dopo giorno fino a che non cederai”. Il tono era tremendamente serio, tanto da far rabbrividire la rossa.

Damon scelse un approccio diverso. Voleva farla capitolare ed era chiaro che un semplice bacio sulle labbra non sarebbe stato sufficiente.

Si diresse, quindi, al suo collo, al suo bellissimo collo da ballerina e iniziò a lambire e succhiare e lasciò una scia fin dietro l’orecchio. Bonnie fremette di nuovo e le scappò un gemito. Si morse il labbro.

“Non vergognarti” le disse dolcemente l’altro “Non devi trattenerti. È il tuo corpo che reagisce, è normale, se lo combatti è peggio” si allontanò dal suo collo e le prese il viso tra le mani “Non stiamo facendo niente di male, Sissi, non è sbagliato” i loro nasi si sfiorarono “Non mandarmi via, ti prego”.

Damon si rese conto che non avrebbe sopportato un altro rifiuto. Katherine, Elena, ma anche suo padre. Nessuno di loro lo considerava abbastanza degno.

Qualcosa s’incrinò in Bonnie, qualcosa nel tono del vampiro la obbligò ad arrendersi. Mandò a quel paese il buon senso, le parole di Stefan e di Caroline, gli sguardi allucinati di Elena e la vocina che dentro di lei le urlava di andarsene.

La bocca di Damon le era mancata anche per sole poche ore e il vuoto si riempì non appena la risentì sulla sua. Gli altri loro baci non erano stato molto innocenti, ma questo fu a dir poco famelico.

Le mani del vampiro serpeggiarono fino alle cosce di lei e la costrinsero ad aprire le gambe. Bonnie si aggrappò alle sue spalle e gli circondò i fianchi stringendogli le caviglie attorno alla schiena. Lui la premette contro la parete: voleva farle sentire quanto la volesse.

Un mugolio uscì dalla bocca di Bonnie tra un bacio e l’altro, avvertendo l’eccitazione di lui sfregare contro il suo centro attraverso i pantaloni.

Tenendola in braccio, Damon indietreggiò fino al letto e si lasciò cadere sul materasso portando la giovane con lui. Il bacio s’interruppe.

Bonnie si levò la maglietta e si tirò i capelli indietro in un gesto che, seppur fatto senza malizia, infiammò gli istinti del vampiro.

Con uno scatto di reni, invertì le posizioni, si tolse pure lui la maglietta e si prese un momento per contemplarla: capelli rossi sulla pelle diafana delle spalle e del petto, nudi se non per un reggiseno color carne.

Damon si ripromise di recuperare quel catalogo d’intimo perché la biancheria della strega necessitava di un bel make over.

Le dita timide di Bonnie gli accarezzarono gli addominali, ma lui le prese i polsi e le fece alzare le braccia sopra alla testa. Quella sera era il suo turno.

“Questa volta ti farò urlare, ragazzina” le promise e veloce le sganciò il reggiseno.

Bonnie chiuse gli occhi, abbandonò le braccia sul cuscino e inarcò la schiena per godersi appieno tutte quelle attenzioni.

Ripensò distrattamente ad una canzone che piaceva tanto a Clara e si trovò a concordare con le parole dell’autore.

Damon si slacciò la cintura dei pantaloni e Bonnie si morse di nuovo il labbro, non per trattenere qualche suono compromettente, ma per la trepidazione di sentirlo ancora dentro di sé.

Peccare era decisamente molto più divertente.

Oh sì.

 

“Don't even talk about the consequence
‘Cause right now you're the only thing that's making any sense to me
And I don't give a what they say or what they think.
‘Cause  you're the only one who's on my mind.
I'll never ever let you leave me
I'll try to stop time forever
Never wanna hear you say goodbye. 
I feel so untouched and I want you so much
That I just can't resist you”

(Untouched- The Veronicas).

 

Il mio spazio:

14 recensioni per lo scorso capitolo! 14!! E abbiamo superato le 200! Io non so come ringraziarvi, siete state fantastiche!

Sono così contenta che il capitolo precedente vi sia piaciuto così tanto! Era importante per me e per la storia, quindi è stata un’immensa soddisfazione.

Parlando di questo: so che alcune di voi si aspettavano la continuazione della scena dell’ultimo capitolo, ma questa storia ha un raiting arancione e non potevo scrivere tutto nei dettagli (non credo di essere nemmeno capace). Ho preferito inserire questi piccoli flashback tentando di stare nei limiti del mio raiting. Non penso che nessuno si scandalizzerà per qualche termine un po’ esplicito e per certi riferimenti, non mi pare di essere stata volgare però, come al solito, siete voi ad avere l’ultima parola =)

Non ho altro da dire su questo capitolo; si commenta da solo. Voglio che questi due si divertano per un po’.

Ora vi do un po’ di date:

-      Nella settimana del primo luglio arriverà il secondo capitolo di Crazy Little Thing Called Love.

-      Questo fa scalare di un po’ l’aggiornamento di A&W che dovrei postare intorno al 13 luglio.

Scusate per l’attesa ma con questi esami non ho molto tempo per scrivere e mi sembra giusto dedicarmi un po’ anche all’altra storia. (Poi magari sarò particolarmente ispirata  e  posterò in anticipo).

Grazie mille a tutte voi che commentate, mi seguite e avete messo le mie storie nelle preferite/ricordate!

Buona serata!

Baci, Fran ;)

Ps: forse Damon vi sembrerà un po’ OOC in questo capitolo. Volevo, però, che si mostrasse un po’ vulnerabile per quello che è successo e credo che con Bonnie se lo possa anche permettere. Nel prossimo ritornerà sempre più affascinante e sempre più deciso a corrompere la nostra streghetta! Ahah.

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Capitolo 30
*** Sweeter than Heaven and hotter than Hell ***


Ashes &Wine

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Capitolo trenta: Sweeter than Heaven and hotter than Hell.

 

“I've been waiting for so long
Now I've finally found someone to stand by me
We saw the writing on the wall
As we felt this magical fantasy
Now with passion in our eyes
There's no way we could disguise it secretly
So we take each other's hand
'Cause we seem to understand the urgency”

(The time of my life- da “Dirty Dancing”).

 

Non voleva svegliarsi, non voleva aprire gli occhi.

Stava così bene lì dove si trovava, al caldo e coccolata. La luce di quella mattina soleggiata le picchiava fastidiosamente contro le palpebre, disturbando il suo riposo. Strusciò il viso contro il cuscino fino a nasconderlo sotto le coperte; il suo naso accarezzò la pelle liscia e tesa dei pettorali appena definiti di Damon.

Non saltò giù dal letto come il giorno prima, né si sorprese; quella volta  si ricordava tutto perfettamente e un sorrisino soddisfatto apparve sulle sue labbra.

Con gli occhi ancora chiusi, sentì le braccia del vampiro stringerla di più a sé nel sonno, in un riflesso incondizionato, quasi per paura di farsela scappare di nuovo. Bonnie non sarebbe fuggita.

La notte precedente era stata diversa dalla loro prima volta: più urgente, più sicura, più passionale. E si era protratta per alcune ore.

Bonnie stiracchiò le gambe intorpidite e sentì i muscoli delle cosce dolerle parecchio. Forse non era stata una grande idea ripetere quella fantastica esperienza subito dopo la prima; il suo corpo non era abituato.

Non pensò nemmeno di pentirsene. Era appagata come mai nella sua vita e le sembrava di aver finalmente trovato il suo posto nel mondo.

Era tutto sbagliato, tutti i presupposti, tutte le previsioni, ma sinceramente a chi importava? Bonnie non aveva mai fatto una mossa avventata in vita sua, non sentimentalmente almeno, e per una volta non voleva nemmeno pensare alle conseguenze ma viversi il momento.

Aveva passato mesi a cercare una ragione per odiare Damon, eppure era sempre tornata da lui, incapace di stargli lontano.

Il vampiro aveva commesso molti errori, troppi per chiunque ma le aveva dimostrato con la vita quanto lei valesse. Si era guadagnato il suo rispetto, la sua fiducia e il suo perdono.

Il cuore della ragazza le urlava di non tirarsi indietro perché quella era la cosa giusta da fare. Chi era lei per contraddire il suo stesso cuore? Per voltargli le spalle? Aveva provato ad essere una persona responsabile, a seguire la sua testa che le elencava tutte le ragioni per cui non avrebbe dovuto. Non era servito a niente e Bonnie aveva deciso di zittire il buon senso e di lasciarsi trasportare dall’istinto.

Aprì lentamente gli occhi e osservò la figura del vampiro, steso accanto a lei. La teneva stretta contro il suo petto e le loro gambe erano intrecciate. Bonnie non avrebbe potuto andarsene nemmeno se l’avesse voluto.

Appariva così innocuo mentre dormiva immerso nei sogni più profondi; invece era un animale pericoloso. Un bellissimo animale pericoloso. Ed era suo.

Bonnie si accigliò a quel pensiero: era davvero suo?

Essere passata un paio di volte tra le sue lenzuola non le dava la certezza di avere l’esclusiva. Trattandosi di Damon niente era sicuro.

Alzò una mano e gli accarezzò le punte dei capelli, scostandogliele dalla fronte; le attorcigliò delicatamente tra le sue dita.

Dal nulla la mano del vampiro scattò alla sua guancia e l’attirò al suo viso unendo le loro bocche in un bacio mozzafiato. La spinse sul materasso e la coprì con il suo corpo mentre l’altra mano raggiungeva la sua gemella e prendeva a torturarle il collo.

Quando la liberò, Bonnie trattenne il respiro e cercò di calmare il suo cuore che batteva all’impazzata. Nessuno, ancora mezzo addormentato, avrebbe dovuto ricevere un bacio del genere; era un attentato alla salute.

“Non avrai sul serio pensato che ti avrei lasciato giocare con me senza prendermi la mia parte” le soffiò ad un centimetro dalle labbra.

Scivolò di lato e si stese con le braccia aperte mentre il lenzuolo scivolava pericolosamente in basso; Bonnie distolse lo sguardo.

“Damon, l’abbiamo rifatto”.

“Non ti sfugge mai niente” ridacchiò lui prendendola in giro.

“Credevo che fosse stato solo un momento di debolezza e invece …”.

“E invece no” completò Damon con forza per sottolineare che di momenti come quello ce ne sarebbero stati molti altri.

“Tu non dovresti farmi questo effetto” dichiarò la rossa.

“Io faccio sempre questo effetto”.

“Tu sei mio zio!” esclamò lei “Tu mi vedi come una sorella! Non dovrei fare certi pensieri su di te e non si dovrebbero fare certe cose con una sorella”.

“Credo che tu abbia centrato il punto: io non sono tuo zio ed è lampante che non ti considero una sorella” le fece notare alzando le sopracciglia come per ribadire un’ovvietà.

Bonnie sbuffò contrariata e arricciò le labbra.“Non mi hai morsa questa volta”.

“Sì, l’ho fatto” la contraddisse il vampiro scostando con un gesto secco le lenzuola, lasciandola completamente scoperta e le aprì le gambe puntando il dito sul suo inguine.

Bonnie impallidì, scorgendo per  metà un morso sul suo interno coscia. Non si ricordava di quello. Perché non se ne ricordava? Doveva averla colta un piacere davvero travolgente per essere stato cancellato così dalla sua memoria.

“Non me ne sono accorta” ammise un po’ stupidamente.

“Pf! Ieri notte avrebbe potuto entrare il mostro di Loch Ness e tu non l’avresti nemmeno visto” la punzecchiò.

Bonnie arrossì fino alla punta dei capelli “Smettila di fare il figo!” lo rimproverò “Eri preso abbastanza anche tu. Cos’è che continuavi a ripetere? Bonnie, mi farai impazzire” lo scimmiottò tentando d’imitare il tono affannato con cui il vampiro aveva pronunciato quella frase, colpito da un momento molto intenso.

“Non stuzzicarmi, streghetta” l’avvertì “Perderesti in partenza con me”.

“Mi sottovaluti così tanto?” chiese lei fingendo ingenuità quando in realtà sprizzava malizia da tutti i pori. Non volle nemmeno sapere da dove arrivava quell’audacia, ma lo guardò profondamente mordendosi un labbro e fece scorrere le dita sul suo torace.

Damon le bloccò la mano in un secondo e riprese la posizione precedente, sovrastandola con il suo corpo “Ho affinato l’arte della provocazione in questi lunghi anni, ragazzina” le sussurrò all’orecchio “Posso farti diventare matta con una semplice carezza” e la mano eseguì ciò che lui aveva appena detto.

Le sfiorò una gamba, risalendo verso il suo centro e le solleticò la pelle attorno al suo punto più caldo. Bonnie deglutì avvertendo la bocca del vampiro tormentarle il collo. Durò pochi secondi.

Damon si sollevò d’un tratto e scese dal letto, senza preoccuparsi di coprirsi. Lei per poco non si sciolse a quella vista.

Datti un contegno; si ordinò da sola.

“Smettila di analizzare quello che c’è tra noi, Bonnie” le disse lui “So che lo vuoi quanto me. So che ti fa stare bene, che ci fa stare bene” si corresse “Accettalo e ti libererai di un peso” le consigliò “E se vuoi un altro motivo per non avere remore, io sono nella doccia e ti aspetto”.

Ci mancava solo di farlo di mattina, dopo una notte trascorsa a rotolare tra le lenzuola come animali. Il suo corpo le avrebbe chiesto pietà.

Più discretamente abbandonò anche lei il tepore del letto e si mise alla ricerca dei suoi vestiti che, come al solito, erano sparsi per i quattro angoli della stanza.

S’impose di tenere lo sguardo sul pavimento perché il bagno era collegato direttamente con la camera da una grande apertura, niente porte. Non voleva incappare nella visione di Damon nudo sotto la doccia o non avrebbe resistito.

Non fu difficile individuare i pantaloni e la sua maglia, ma fu un’impresa recuperare le mutande da sotto un mobile. Come fossero finite lì, restava un mistero. Al momento di infilarsele, si sentì tremendamente osservata e la tentazione fu troppo forte.

Alzò gli occhi per incontrare quelli neri di desiderio di Damon che la guardava con un’espressione così sfacciata, così oscena da farle tremare le gambe.

Se ne stava dritto di fronte a lei, con il getto d’acqua a lambire il suo corpo, del tutto a suo agio sebbene fosse nudo e con una parte in particolare visibilmente euforica.

L’autocontrollo di Bonnie andò a farsi benedire e gettò i suoi indumenti di nuovo a terra. Entrò nel bagno senza curarsi delle proprie nudità e abbracciò Damon che l’accolse più che volentieri.

La schiena della ragazza venne a contatto con la parete dalla doccia e fremette per il contrasto tra il freddo delle piastrelle e il caldo dell’acqua.

Finalmente il Paradiso.

 

Stefan si chiese come avesse potuto accettare un’idea tanto folle.

Con la minaccia di Klaus che si avvicinava, Elena era sempre più in pericolo. Non si poteva sapere se altri vampiri sarebbero venuti a cercarla per conto di Klaus o per ingraziarsi i suoi favori.

Doveva fare in modo che fosse pronta a difendersi, doveva allenarla o prepararla in qualche modo.

Lui, però, era debole. Non era abituato a combattere con altri vampiri, di certo non vampiri potenti come Klaus.

Avrebbe potuto chiedere a Damon, ma aveva messo in chiaro di non voler stare vicino ad Elena, senza contare che ultimamente era piuttosto occupato con Bonnie.

Così Katherine si era presentata la sera prima al Pensionato, offrendo il proprio aiuto per addestrare Elena.

Stefan non era né fiero né contento di dover dividere il lavoro con la vampira, ma in fin dei conti era stata l’unica in grado di uccidere Klaus; sebbene non avesse funzionato, comunque era riuscita a colpirgli il cuore.

Era esperta, era scaltra, era perfetta per quel compito; eppure Stefan sentiva di non potersi fidare totalmente di quella tentatrice.

Mentre osservava Katherine spiegare ad Elena come s’impugnava un paletto, gli sembrava di vedere due normalissime gemelle battibeccare.

Quelle due era praticamente identiche; lui per primo avrebbe fatto fatica a distinguerle se non avesse avuto la capacità di udire il battito del cuore.

Ricordò con un moto di nostalgia gli ultimi mesi della sua vita umana, quando aveva incontrato Katherine per la prima volta, e stentava a credere che la vampira fosse la stessa dolce ragazzina di cui si era innamorato.

Era arrivata nella tenuta dei Salvatore a Firenze in estate, insieme alla sua cameriera Gudren e subito Stefan se n’era infatuato. Sembrava un angelo: così ingenua e innocente, tanto da non capire la rivalità che si era creata tra lui e Damon per conquistare il suo cuore.

Appariva quasi come una bambina, bisognosa di protezione, benché fosse molto più forte e pericolosa di qualsiasi essere umano. Stefan non le aveva creduto la prima volta che lei gli aveva confessato il suo segreto. Come poteva una tale bellezza, così fragile, nascondere un mostro letale?

Ma Katherine all’inizio era tutt’altro che un mostro. Non avrebbe mai fatto volontariamente del male a qualcuno, non voleva essere causa di sofferenza. Inevitabilmente si era trovata in una situazione più grossa di lei, ingestibile e la ragazza si era dimostrata infantile e incapace di rinunciare ad uno di loro; fino a preferir  fingere la sua morte piuttosto che compiere una scelta.

La sua decisione era stata dettata dalla giovane età e dal buon cuore: non voleva vederli soffrire e litigare per colpa sua.

Perciò Stefan si chiedeva come una persona avesse potuto cambiare in modo così radicale. Katherine era sempre stata un po’ viziata, ma mai cattiva o subdola. Dopo tutti quei secoli invece era diventata meschina e manipolatrice, a tratti lunatica e isterica; una fredda calcolatrice interessata solo al proprio bene.

Non la voleva vicino ad Elena, temeva che avrebbe potuto plagiarla o ferirla; non poteva fidarsi: le sue intenzioni sembravano troppo nobili per essere vere, considerando il rancore che serbava in sé.

Stefan, però, non poteva negare che il suo aiuto fosse stato molto prezioso e non solo per tutte le informazioni che gli aveva rivelato. Non si era scordato di come fosse volata a Greensboro con Damon per recuperare Elena o di come solamente poche ore prima avesse salvato Caroline dai lupi mannari.

Sulla carta Katherine non aveva ancora commesso errori e si era guadagnata quanto meno il beneficio del dubbio. Il vampiro poteva sfruttare le sue doti e l’avrebbe fatto. Tutto pur di proteggere Elena.

Non riusciva ad ignorare quello che era accaduto con Damon, quella maledetta storia che si era ripetuta ancora, però Elena era il suo amore, il suo vero amore.

Non poteva nemmeno essere paragonato a ciò che aveva provato per Katherine tanto tempo prima. Aveva solo diciassette anni all’epoca e si era lasciato trasportare dal fascino del mistero che circondava la vampira, dalla passione e dall’inesperienza. Non era emotivamente pronto per innamorarsi sul serio.

Cinquecento anni dopo poteva dire di avere capito la differenza tra desiderio, infatuazione e amore. Elena era padrona assoluta del suo cuore e lo sarebbe stata per sempre.

Stefan non l’aveva perdonata del tutto, ma non l’avrebbe abbandonata al suo destino fatale. Non poteva immaginarsi un mondo senza Elena.

Sarebbe sceso a patti anche con il diavolo pur di tenerla con sé.

“Il cuore non è lì!” sbraitò Katherine “Più al centro! Non ti hanno insegnato un po’ di anatomia a scuola?”. Non era proprio l’insegnante più paziente del mondo.

“So dove si trova il cuore” replicò Elena astiosa “Non è facile prendere la mira”.

“Ottima scusa; prova ad usarla quando Klaus affonderà i suoi canini nel tuo collo” le consigliò ironicamente con un pizzico di malignità.

“Katherine” il tono di Stefan era di avvertimento.

“Lasciami fare il mio lavoro” lo zittì “Non è fatta di porcellana, sai! Ora prendi il paletto e colpisci il cuore di quel manichino” ordinò.

Elena assottigliò le labbra, strinse il paletto e lo piantò a pochi centimetri dall’obiettivo. Katherine le tirò un leggero schiaffo sui capelli.

“Ehi! Perché lo hai fatto?” chiese l’altra con astio.

“Forse così non lo mancherai la prossima volta!”.

“Sai, inutile vampirella, forse potrei usare il metodo di Bonnie. L’ultima volta le hai prese o mi sbaglio?” la minacciò Elena piazzandosi di fronte al viso dell’altra pronta a saltarle addosso.

“Devo mettervi in punizione come a scuola?!” esclamò Stefan incredulo per la scena cui stava assistendo “Katherine, Elena deve prima allenarsi; non è abbastanza forte per piantare un paletto nel cuore di un vampiro”.

“Che idea geniale” applaudì la vampira e si rivolse alla sua sosia umana “Potremmo cominciare con una bella corsa” propose “Perché non giochiamo al gatto e al topo; io faccio il gatto”.

Stefan sbuffò. Per un momento aveva sperato che Katherine fosse seria, ma come al solito si era rivelato un modo come un altro per torturare Elena.

Non avrebbe dovuto neppure prendere in considerazione quella proposta; sarebbe finita molto male, lo prevedeva già.

“Che sta succedendo qui?”.

Damon apparve alle spalle di Stefan e si fermò di fianco a lui incrociando le braccia. Osservò incuriosito le due ragazze litigare.

“Katherine mi sta aiutando ad allenare Elena per difendersi da Klaus”.

“Sei impazzito? Ucciderà Elena non appena ti girerai”.

“Katherine è la sola tra di noi ad avere conosciuto Klaus e l’ha quasi ucciso. Può aiutarla molto più di noi” chiarì Stefan.

“Perché non hai chiamato me?”.

“Mi sembravi troppo impegnato a fare altro; anzi mi sorprende che tu abbia trovato il tempo di scendere fin quaggiù. Già finita la doccia?”

Damon lo guardò con occhi assassini. Odiava che suo fratello potesse sentirli. Non gli era mai importato con le altre donne che si era portato a letto, non l’aveva mai vista come una violazione della privacy; erano vampiri con un superudito e non potevano evitare di sentire tutto.

Con Bonnie era diverso. Avrebbe voluto proteggerla da orecchie indiscrete. Aveva un forte senso di possessività nei confronti della streghetta e non gli piaceva che altri udissero la sua voce e i suoi gemiti, perché erano riservati a lui soltanto.

“Dov’è adesso?” chiese Stefan.

“Sta dormendo” rispose suo fratello. Dopo essere uscita dalla doccia, Bonnie si era stesa di nuovo sul letto ed era crollata. Damon valutò che forse avrebbe dovuto andarci un po’ più piano con lei perché la stava sfinendo: era solo un’umana che aveva scoperto le gioie del sesso due giorni prima e lui un vampiro con cinque secoli di esperienza; decisamente le loro forze non erano bilanciate.

“Allora, c’è qualche speranza di assistere ad una lotta nel fango tra doppelgaenger? Io punto su Elena” cambiò discorso mentre i suoi occhi divertiti non lasciavano un secondo le figure identiche delle due bionde.

La testa di Katherine scattò, sentendo quel commento, verso Damon e lei ghignò “Che ne dici, Elena, di una dimostrazione pratica?”.

Neanche il tempo di battere le ciglia che il vampiro si trovò schiacciato a pancia in giù, con il viso contro il terriccio; Katherine era salita a cavalcioni sui suoi fianchi e lo teneva fermo con una mano sulla schiena e l’altra puntava il paletto sul suo cuore, sfregandogli la pelle.

“Questo è quello che si chiama effetto a sorpresa, gemellina” spiegò la vampira pigiando di più il paletto contro la scapola dell’altro “Se non se l’aspettano, è più facile ucciderli”.

“Credo abbia capito” s’intromise Stefan che si era avvicinato pronto per soccorrere il fratello nel caso Katherine si fosse spinta troppo in là.

“Certo, sarebbe più piacevole se Damon fosse girato verso di me” suppose lei ignorando Stefan.

Un attimo dopo, il maggiore dei Salvatore venne costretto a voltarsi in modo tale che fosse la sua schiena a toccare il terreno. Katherine lo pressò in basso e gli bloccò le braccia vicino alla testa “Forse questa posizione ti si addice di più, Elena” insinuò senza, però, staccare gli occhi da quelli di Damon.

Fu obbligata a lasciare la presa e boccheggiò liberando l’altro vampiro dal suo peso. La sua sosia umana, con l’aiuto di Stefan, era riuscita a conficcarle un paletto nel fianco e le mani di entrambi lo spingevano in profondità

“Intendevi questo per effetto a sorpresa?” le sibilò Elena all’orecchio, estraendo il pezzo di legno. Lo buttò a terra con fare sprezzante e si diresse in casa.

Damon si tirò in piedi e si beò dell’espressione umiliata con cui Katherine li stava fulminando.

“Questi sono i momenti in cui vorrei avere un Iphone” disse Stefan, rammaricato che il suo attuale cellulare fosse veramente scadente per le foto e i video.

Katherine, senza aggiungere altro, si trasformò in una bellissima civetta bianca e volò via.

“Lo sapevo che puntare su Elena sarebbe stato un ottimo affare” Damon non riuscì a trattenere un sorriso compiaciuto, mentre un’incazzatissima Katherine sbatteva le ali in un cielo improvvisamente fattosi tempestoso “Credo che oggi avremo bisogno di un ombrello”.

 

Bonnie si guardò allo specchio quella mattina e dopo tanto tempo fu soddisfatta della sua immagine riflessa sul vetro: era riposata e felice.

Il giorno precedente era stato dedicato completamente all’ozio. Dopo essersi svegliata in camera di Damon, da sola, si era rifugiata nella sua per cambiarsi i vestirsi e trovare un attimo di pace dal tornado di emozioni che l’aveva colpita.

Era rimasta nella sua stanza praticamente tutto il pomeriggio e quando il silenzio aveva invaso la casa, lei ne aveva approfittato per riportare il gatto al sicuro dalla signora Flowers. Kol era stato più che contento di rivedere la sua legittima padrona e di salutare per sempre quella gabbia di matti che era il Pensionato.

Quando Bonnie era rientrata, la villa appariva ancora deserta. Si era fatta da mangiare e poi si era buttata sul suo letto a leggere un po’. Senza accorgersene era ricaduta nel sonno e si era svegliata alla mattina rilassata e serena.

Spremette il dentifricio e lo spalmò sullo spazzolino iniziando a lavarsi i denti. Era sollevata che Damon la notte prima non si fosse presentato nella sua stanza; non avrebbe retto un altro round.

Era solo un’umana, non aveva la resistenza di un vampiro e il suo corpo aveva bisogno di una pausa per recuperare dall’intensa attività fisica.

Sebbene, dovette ammettere, da una parte rimpiangeva di non aver trascorso ancora del tempo con Damon. Si sentiva diversa, un po’ scossa e incompleta.

Non si era spinta più in là di un bacio con nessuno e non era abituata a quel calore che le pervadeva le membra ogni volta che pensava al vampiro.

Ci sarebbe voluto un po’ per riprendere il controllo del suo corpo che era in fiamme. Espressione scontata, ma che rendeva alla perfezione ciò che stava vivendo. Non aveva idea che un solo uomo potesse sconvolgerla in quel modo; almeno non Damon!

Certamente era un bellissimo uomo, d’indiscutibile fascino e … beh … era pure sexy, ma da qui a diventare la sua fantasia sessuale ricorrente il passo diventava  lungo. Non era neanche solo una fantasia, era una realtà concreta!

Bonnie trattenne un risolino scemo, mentre si legava i capelli rossi in una coda alta. Sembrava una ragazzina alla prima cotta, con le guance imporporate d’imbarazzo e un sorriso ebete stampato sulle labbra.

Ma non poteva evitarlo e soprattutto non voleva. Stava bene. Stava dannatamente bene e lo avrebbe urlato a tutto il mondo.

Che cosa fossero precisamente lei e Damon, non era ancora bene definito. Non le interessava molto. Non credeva che lui stesse solo giocando o soddisfacendo qualche voglia. Non si sarebbe permesso dopo tutto quello che le aveva combinato.

La strega sapeva di non essere ancora al livello di Elena e forse non lo sarebbe mai stata; ma al momento non si voleva sentire in difetto perché non aveva la più pallida idea di che posto occupasse Damon nel suo cuore.

Per come la vedeva Bonnie, erano pari.

Di una cosa in assoluto aveva la certezza: non era solo sesso, almeno non per lei. Ne avevano passate troppo insieme, si erano aperti l’uno con l’altra, i demoni più oscuri delle loro anime si erano rivelati. Si erano amati, odiati, sopportati, aiutati, salvati in tutti i modi possibili, attraverso vie incomprensibili e difficili.

Non poteva ridurre quel crescente desiderio ad una mera questione fisica. Era una componente molto forte, ma non reggeva il confronto con i sentimenti che stavano nascendo in Bonnie.

Sentimenti che l’atterrivano, se doveva essere sincera.

Anche Damon provava la stessa cosa? E il fantasma di Elena dove si collocava in tutto ciò?

La giornata era cominciata così bene e non voleva rovinarsela rimuginando troppo su Elena Gilbert. Non voleva nemmeno prendere l’abitudine di paragonarsi a lei; erano due ragazze così diverse e non avrebbe avuto senso.

Bonnie applicò un po’ di blush sulle guance per dare un po’ di colore e si allungò le ciglia con il mascara. I suoi compagni di scuola l’avevano quasi sempre vista in condizioni pietose e voleva mostrare a tutti come fosse finalmente guarita dalla tristezza e solitudine.

Erano le ultime settimane di scuola e poteva permettersi di saltare qualche giorno, ma per svariati motivi ne aveva già persi tanti e preferiva non accumulare altre assenze per niente.

Rientrò in camera sua per cambiarsi e notò che sul letto era posato un sacchetto. La stanza era vuota; chiunque l’avesse messo lì, aveva fatto in fretta. Bonnie si avvicinò sospettosa alla busta e tirò un bordo verso di lei sbirciando il contenuto. La sua bocca si aprì d’istinto. La ragazza afferrò il sacchetto e lo ribaltò sul letto: una cascata di reggiseno e mutande riempì il materasso.

Bonnie esaminò incredula quella massa di intimo arruffata per la caduta. Non era difficile immaginare chi gliel’avesse regalato; a meno che Stefan non le stesse dando il via libera per fare le cose sporche con suo fratello, ma ne dubitava seriamente.

Cominciò a frugare in quell’assortimento di intimo degno di un catalogo di Victoria’s Secret e  tirò fuori alcuni completini davvero carini, altri davvero indecenti e scommise che gli ultimi fossero i preferiti del vampiro.

Non penserà che me le metta?! Si scandalizzò quando tra le mani le capitarono un paio di mutande che … non avevano nemmeno la stoffa per essere definite tali. Un assemblaggio di filo interdentale forse era più adatto. Non osò nemmeno cercare il pezzo cui erano abbinate.

Non seppe se prendere quel regalo come un insulto o che altro. Gettò sconsolata un’occhiata al cassettone aperto della sua biancheria.

Che cosa c’è che non va in quelli?

Erano un po’ più sobri e meno colorati. Non c’era molto pizzo ma in fondo erano comodi. Non aveva mai dovuto sedurre nessuno per cui non aveva sentito il bisogno di comprare lingerie osé.

In effetti sono un po’ tristi. Ammise.

Si voltò di nuovo verso i suoi nuovi completi e ne scelse uno color rosa antico con i bordi di pizzo nero. Il reggiseno aveva ovviamente la coppa preformata e le mutande erano trasparenti eccetto qualche decorazione in nero.

Provocanti ma raffinate. Per Bonnie era il massimo della trasgressione. S’infilò un paio di pantaloncini e una blusa scura e scese a fare colazione.

Con sorpresa trovò entrambi i fratelli Salvatore in cucina a bere del caffè.

“Buongiorno” li salutò raggiante prendendo il cartone del latte dal frigorifero.

“Sembri allegra stamattina” constatò Stefan piacevolmente sorpreso dal buon umore della ragazza.

“Lo sono” confermò lei mentre attendeva che il latte si scaldasse.

“Chissà di chi è il merito” borbottò Damon a bassa voce, ma gli altri due lo sentirono senza problemi.

Bonnie si girò per non mostrare il suo rossore e spense il fornello.

“Vuoi che ti dia un passaggio a scuola?” le propose Stefan “Devo andare comunque a prendere Matt, il suo pick-up è morto”.

“Non ce c’è bisogno” declinò Bonnie “Ho voglia di guidare la mia macchina; magari passo da Meredith, è da un sacco che non la vedo”.

“Adesso va da Meredith!” esclamò Damon come se lei non fosse nemmeno nella stanza “Perché non sei stata colta da questa brillante idea anche due sere fa?”.

Bonnie sbuffò versando il latte nella tazza. L’avrebbe tormentata per quella dimenticanza finché avesse avuto memoria. A momenti era costata la vita ad entrambi ma se l’erano cavata; perché continuare a infilare il dito nella piaga?

“Okay, io comincio ad andare allora” spezzò il silenzio Stefan “Matt abita in periferia e non voglio fare tardi”.

“Che studente diligente, fratellino” lo derise Damon.

Stefan non l’ascoltò nemmeno. Baciò sui capelli Bonnie e lasciò la cucina. Poco dopo la sua Jaguar rossa abbandonò il cortile del Pensionato.

Bonnie finì di riempire la sua tazza di cereali e si voltò per raggiungere il tavolo ma il suo naso si spalmò contro il petto di Damon.

“Hai ricevuto il mio regalo?” le chiese come se non vedesse l’ora di fare altro.

“Secondo te?” la rossa lo aggirò e si andò a sedere.

“Tutto qui? Non mi dici neanche se ti è piaciuto?”.

“Sinceramente mi sono sentita un po’ offesa. Cosa c’è di male nella mia biancheria?”.

“Niente, a parte il fatto che la indossavano nell’anteguerra” rispose lui.

“Cosa te ne frega di quello che indosso se intanto me lo strappi via?!” domanda più che legittima.

“Okay, un punto per te” le concesse Damon “Questo non toglie che mi piacerebbe vedertela addosso in altri momenti. Mi mancano le tue sfilate” finse di piagnucolare piegando il labbro inferiore.

“Non ero in me quando facevo quelle cose” replicò Bonnie ripensando con disagio a quel periodo della sua vita.

“Eri una stronza totale, te lo concedo” concordò Damon beccandosi un’occhiata di fuoco “Ma non mi dispiacerebbe se prendessi spunto da quella ragazza” le confessò “Sai, parlo di quella Bonnie che camminava verso di me facendo le fusa”.

“Io non facevo le fusa!” ribatté lei mettendosi le mani davanti agli occhi in preda alla vergogna.

“Non mi stavo mica lamentando” proruppe Damon in un vago tentativo di rassicurarla.

“Mi farai diventare matta” affermò la giovane rassegnata.

“E’ proprio quello che spero”.

Damon le prese le mani e gliele tolse dagli occhi. Due secondi e la miccia s’incendiò di nuovo. Le loro bocche si scontrarono in una lotta struggente che si trasformò presto in un tocco lento e languido e nessuno dei due volle trattenere dei gemiti di apprezzamento per essersi finalmente riuniti.

“Sono quasi impazzito stanotte per non venire da te” le sussurrò lui quando si staccarono.

“Perché non l’hai fatto?” domandò Bonnie con gli occhi che le brillavano.

“Non posso mica consumarti tutta subito, streghetta” ridacchiò l’altro accarezzandole il volto “Ma ora ho intenzione di rimediare”.

Bonnie cacciò un urletto sentendosi sollevare fino a che non fu seduta sul tavolo. Lui si piegò per baciarla ancora.

“No, Damon” si rifiutò lei mettendogli una mano sul petto “Ho scuola”.

“Saltala” fu la semplice richiesta del vampiro che aveva trovato un nuovo obiettivo nel collo.

“Non posso, mi bocceranno se faccio troppe assenze”.

“Li soggiogherò io” propose Damon mentre la baciava dietro l’orecchio “Risulterai come un’alunna modello”.

“Io sono un’alun – ah!” non poté finire la frase perché i canini di Damon le avevano bucato la pelle delle spalla attraverso il tessuto della blusa.

“La mia camicia … me la rovinerai tutta”.

Detto, fatto. Damon le slacciò i primi bottoni e la scostò di lato quanto bastava per esporre la sua spalla e ritornò a bere senza foga, gustando quel dolce nettare, stando attendo a non farle male.

Bonnie mugolò avvertendo un po’ di dolore per la posizione scomoda. La spalla non era proprio il punto migliore per farsi mordere.

Damon si ritrasse immediatamente e le baciò i due graffi per lenire il fastidio.

“Devo andare … sul serio” Bonnie provò a saltare giù dal tavolo ma lui la riagguantò al volo.

“Ti ho fatto male” le disse.

“Non è stato niente, come una puntura” lo tranquillizzò lei.

“Devo farmi perdonare” s’imputò il vampiro riappropiandosi delle labbra della rossa che accettò volentieri di essere zittita.

“Salta la scuola” le chiese ancora Damon con voce roca.

Ecco di nuovo il caldo assalirla; partiva dal basso ventre e le avvolgeva tutto il corpo “Forse posso entrare alla seconda ora” accettò.

Damon scese a lambirle il collo e ancora la spalla ferita, mentre le sue mani le arpionarono i fianchi e l’attirarono sul bordo del tavolo. I loro bacini si toccarono e l’uomo iniziò a strofinarsi contro di lei.

“Magari anche alla terza” azzardò Bonnie. Il suo cervello aveva staccato completamente la spina.

Damon non poté essere più d’accordo. Le slacciò il bottone dei pantaloncini, abbassò la zip e li fece scivolare via.

Si accovacciò e sorrise “Ottima scelta” si complimentò osservando le mutande che aveva comprato personalmente.

Le sfilò pure quelle e le aprì le gambe. Senza tentennare, la sua testa s’intrufolò  in mezzo alle sue cosce, smaniosa.

Bonnie inarcò la schiena per attutire l’urto di quel nuovo piacere e per poco non piantò le unghie nel legno del tavolo.

Al diavolo la scuola.

 

“Dov’è Bonnie?” s’incuriosì Meredith mentre si sedeva insieme alle altre in biblioteca “Sono due giorni che manca da scuola. È successo qualcosa?”.

“Non che io sappia” rispose Elena “Ieri ero al Pensionato; non l’ho vista ma Stefan mi ha detto che stava dormendo. È molto stanca, tutto qui”.

“Chi non lo sarebbe dopo essere stata attaccato da un branco di lupi mannari” si tranquillizzò un po’ Meredith aprendo il libro di matematica.

Caroline soffocò una risatina: aveva consigliato a Bonnie di stare lontana da Damon fino a che non fosse riuscita a far chiarezza nella sua testa, ma sapeva quanto il vampiro potesse essere irresistibile. Ci era passata anche lei.

Dai suoi ricordi, era anche piuttosto sfiancante. Ovvio che la rossa fosse stanca, ma i lupi non ne avevano colpa.

“Hai ragione, Elena: non c’è motivo di allarmarsi” concordò Meredith “Bonnie sarà a casa a riposarsi. Magari in questo momento è ancora nel letto”.

“Oh, su questo ci puoi giurare” si lasciò scappare Caroline.

Elena le tirò un calcio da sotto il tavolo.

Meredith la fissò interrogativa ma non indagò oltre. Si concentrò sulle pagine del suo libro e tutte e tre iniziarono a studiare.

“La cosa sta diventando ridicola” commentò Meredith dopo mezz’ora.

Elena e Caroline portarono confuse l’attenzione su di lei.

“E’ da quando ho chiesto di Bonnie che vi scambiate occhiate strane. Cosa mi state tenendo nascosto?”.

“Niente” rispose Caroline con una voce talmente acuta che non avrebbe potuto ingannare neanche un bambino.

“Elena?” insistette la mora rivolgendosi all’altra amica.

“Nulla di cui preoccuparsi, Mere” le assicurò la Gilbert.

“Bonnie sta benissimo” ribadì Caroline “Sta meglio di tutte noi messe insieme, credimi” voleva rimediare e invece fece più danni.

“Non mi state tranquillizzando” le avvertì Meredith.

“E’ una sciocchezza …” continuò Caroline senza riuscire a tenere la bocca chiusa.

“Care!” l’ammonì Elena.

“Ma dai! Stiamo parlando di Meredith! Lei sa tenere un segreto”.

“Come te?”.

“Ragazze” le richiamò la terza amica sventolando una mano “Io sono ancora qua”.

Elena sbuffò rassegnata e alzò le braccia in segno di resa. Era inutile continuare a fingere: Meredith non era stupida e Caroline praticamente le aveva servito lo scoop su un piatto di argento.

Proprio quest’ultima fu la prima a parlare “Sai che Bonnie e Damon sono stati attaccati dai lupi mannari e che Damon ha rischiato di morire, no?”.

Meredith annuì incitandola a proseguire.

“Ecco … quella sera Bonnie gli ha donato il suo sangue e … sai com’è, una cosa tira l’altra …”.

“O mio Dio!” Meredith si portò le mani alla bocca, incredula “Non dirmi che … o mio Dio, Bonnie? La nostra piccola e innocente Bonnie?”.

“Piccola sì, innocente non più!” confermò Caroline.

“Voi credete che non sia a scuola, perché è a casa con lui?” chiese Meredith un po’ scettica. Le pareva eccessivo saltare le lezioni solo per non reprimere le loro voglie fisiche.

“Non lo so. Io ed Elena stavamo scherzando ma tutto può essere” le disse Caroline “Le ho suggerito di stargli lontana per un po’ di tempo, però Damon sa essere molto persuasivo. Io l’ho sperimentato, è difficile resistergli”.

“Non posso credere che Bonnie ci sia cascata” fu il commento improvviso di Elena, che incrociò le braccia nervosamente.

Meredith aggrottò le sopracciglia “Che cosa vuoi dire?”.

“Quello che ho detto: mi pare assurdo che Bonnie abbia ceduto al fascino di Damon” ripeté.

“A pensarci bene la cosa non mi stupisce” rifletté Meredith “Era solo una questione di tempo”.

“Su questo ti do ragione” concordò Caroline “Quei due non possono fare a meno dell’altro. Litigano come dei matti ma alla fine non riescono a stare lontani. Era inevitabile che succedesse qualcosa”.

“Solo io trovo che sia un po’ … strano?” buttò là Elena.

“Dove vuoi arrivare?” s’incuriosì Meredith.

“Damon è innamorato di me. O era innamorato; ora non lo so più”.

“Ahia!” esclamò Caroline “Se fossi in te questo non lo direi a Bonnie” la sgridò freddamente, infastidita dalla presa di posizione di Elena.

“No, Care …” si corresse subito “Mi è uscita male” ed era vero; non intendeva essere così acida, il suo discorso era un altro “Io ho rifiutato Damon ma se gli avessi detto di sì? Dove saremmo adesso?”.

“Ti stai pentendo della tua decisione, Elena?” l’accusò Caroline pronta a frantumare le esigenze da prima donna della bionda. Meredith, al contrario, iniziava a capire qualche fosse il punto dell’amica.

“Voglio Stefan” asserì Elena “Voglio solo Stefan, non sono pentita. Avrò sempre un po’ di gelosia verso Damon, lo sapete come sono fatta, ma non ho rimorsi riguardo la mia scelta” chiarì con fermezza “Però provate a pensare se io avessi detto sì a Damon o se ora dovessi tornare da lui, qual è il posto di Bonnie in tutto questo?”.

Caroline tacque. Colta improvvisamente dallo stesso timore.

“Sono solamente preoccupata che Bonnie possa soffrire” disse Elena “Pochi giorni fa Damon voleva sapere cosa provassi per lui e adesso cos’è cambiato?”.

“Credi che la stia usando come rimpiazzo?” Caroline provò a dare voce ai pensieri della Gilbert.

“Non la userebbe mai come un rimpiazzo, Damon ci tiene a lei” escluse Elena “Ammettete, però, che è stato tutto molto improvviso e che nessuno dei due si sia fermato a riflettere un attimo. Bonnie è già stata ferita tanto in passato, non voglio che ricapiti”.

“Ho capito quello che vuoi dire” s’intromise Meredith “E’ vero: è stato improvviso ma c’era da aspettarselo” precisò “I loro sentimenti hanno incominciato a crescere nel momento in cui Bonnie è tornata a Fell’s Church. Damon era troppo preso da te per rendersene conto; ora che tu l’hai liberato …”.

“Quella parte di lui può venire a galla senza freni” concluse Elena.

“Con questo nessuno di noi sta dicendo che Damon è un santo e sono sicura che farà qualcosa per mandare tutto a puttane, passatemi il francesismo” sottolineò Caroline “Noi non possiamo immischiarci più, Elena. Se la devono sbrigare da soli. E forse … chissà … magari sono destinati a stare insieme”.

“Non era mia intenzione fare la stronza” si scusò la bionda “So di non avere degli ottimi precedenti ma vorrei solo impedire a Bonnie di trovarsi a pezzi”.

“Lo vogliamo tutti” la confortò Meredith passandole un braccio attorno alle spalle “Fidati, sarà Damon quello a finire a pezzi se prova a far star male la nostra rossa. Spingerò il paletto così in profondità che ci metterà settimane a togliere tutte le schegge” giurò scoppiando a ridere, sebbene credesse che il vampiro avrebbe fatto del suo meglio per non procurare altro dolore a Bonnie.

“Correggerò tutti i suoi liquori con la verbena e gliela spruzzerò perfino sulla tavoletta del water” Caroline si strofinò le mani progettando la sua vendetta.

“I vampiri vanno in bagno?” fu la domanda spontanea delle altre due.

“Tendenzialmente no” spiegò Caroline “Ma tutto quell’alcol prima o poi dovrà uscire da qualche parte*”.

Meredith sorprese se stessa ammettendo che per una volta il ragionamento di Caroline non faceva una piega.

 

Bonnie non era una piagnucolona. Non si lamentava quasi mai e di notte dormiva come un ghiro senza disturbare il sonno della sua famiglia.

Capitava davvero raramente che si svegliasse piangendo, ma quelle poche volte recuperava per tutte le altre perché urlava come un’ossessa.

Damon si premette il cuscino sulle orecchie dannandosi per non essere rimasto a dormire dalla bionda che aveva circuito al bar poche ore prima.

Dopo aver bevuto il suo sangue, si era reso conto di voler tornare a casa e sdraiarsi nel suo letto in pace e tranquillità. Nemmeno aveva pensato a Bonnie perché di solito quella bambina era un angelo.

Invece quella notte aveva deciso di mostrare a tutta Fell’s Church le sue prodezze vocali, con gran gioia dell’udito sovrasviluppato del vampiro.

Perché nessuno andava a prenderla? Perché la ignoravano tutti? Come faceva quel corpicino ad avere così tanta forza in corpo?

Damon voleva che quell’inferno finisse a tutti i costi perché altrimenti l’avrebbe uccisa con le sue mani. Fanculo la promessa fatta a sua madre.

Bonnie strillò più forte.

“Nessuno ha pietà di me?” esclamò nella speranza che qualcuno gli desse ascolto.

Bonnie non si placò.

Con uno scatto di rabbia si tolse il cuscino dalla faccia, scese dal letto e furioso si diresse verso la stanza della piccola.

Sulla soglia della porta incrociò Monica Salvatore, madre naturale di Zach e adottiva di Bonnie.

“Fa’ qualcosa” le ordinò quasi supplichevole.

“Ho provato di tutto, Damon” si giustificò la donna “Non ha fame, non ha sete, forse le fa male la pancia ma non posso fare niente. Capita che i bambini si mettano a piangere. Prima o poi smetterà”.

“Mai far fare ad un umano quello può fare un vampiro” borbottò Damon e superò Monica entrando in camera.

“Sei la sua nuova balia adesso?” lo punzecchiò lei.

“No, sono uno con il potere di ipnotizzare la gente. Dammi un minuto e dormiremo tutti benissimo” rispose annoiato.

La donna gli scoccò un’occhiata scettica e se ne andò lasciandogli campo libero. Non le piaceva che sua figlia venisse soggiogata, ma non sarebbe mai riuscita a distogliere Damon dal suo obiettivo.

Il vampiro si avvicinò al lettino e artigliò le dita attorno alla spondina. Avvicinò il volto a quello della bambina “Sei una spina nel fianco, lo sai?” le sussurrò.

Bonnie puntò i suoi occhioni marroni in quelli neri dell’altro e si calmò lentamente fino a tacere del tutto.

“Beh, dovevi proprio farmi alzare dal letto per smettere?” le chiese irritato. Se avesse aspettato altri cinque minuti, avrebbe potuto starsene nel letto in santa pace. Quella rossa non era un angelo; era un diavoletto!

Damon si allontanò dal suo lettino e fece per tornare nella sua camera. Mise un piede fuori dalla porta e Bonnie ricominciò a piangere.

No, non è possibile. Pensò lui. Doveva essere per forza uno scherzo.

Ritornò dentro “Ascoltami bene, razza di peste!” la sgridò con tono minaccioso e Bonnie si zittì nuovamente “Lo stai facendo apposta?” l’accusò.

Se qualcuno fosse entrato in quel momento non avrebbe mai riconosciuto lo spietato vampiro temuto da tutti: parlava con una bambina come se si aspettasse che gli rispondesse.

“Se ti rimetti a piangere, giuro che …” le intimò puntandole il dito contro ma non poté concludere la frase perché lei glielo strinse in una manina paffuta e glielo tirò.

Damon alzò le sopracciglia, incredulo. Lo stava sfidando?

Bonnie rise e qualcosa in lui s’incrinò. Lei si portò il dito alla bocca e iniziò a succhiarlo. In qualunque altra situazione Damon si sarebbe ritratto schifato, ma non con Bonnie, perché lei riusciva ad intenerirlo.

Con l’altra mano il vampiro le scostò la frangetta dalla fronte “Cosa mi stai facendo, scricciolo?” le domandò in un sussurro.

Agguantò una sedia e la posizionò vicino al lettino. Si sedette e continuò a giocherellare e a parlare con lei finché non la vide addormentarsi.

Finalmente poteva godersi il suo meritato riposo ma non riuscì a prendere sonno per colpa di una domanda che lo attanagliava.

Cosa gli stava facendo?

 

Damon aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu una massa di capelli rossi sparsi sul cuscino accanto al suo.

Restò in silenzio a studiarla e solo in quel momento si accorse di quanto fosse cresciuta quella piccola peste.

Certe cose per fortuna non cambiavano mai: era ancora lui l’unico capace di donarle sonni tranquilli.

Era inutile negare la loro intesa. Fin dal primo instante in cui i loro occhi si erano incrociati, un legame inevitabile e indistruttibile li aveva connessi.

Damon credeva che Bonnie fosse stata creata per lui. Non solo per via del suo corpo che si plasmava e scioglieva ad ogni minimo tocco delle sue mani, ma soprattutto per la straordinaria capacità della rossa di farlo sentire amato.

Già da bambina era stata in grado di far emergere dei lati del suo carattere che non sapeva di possedere neanche quando era un umano.

Stare con Bonnie, la solo sua presenza, gli toglieva ogni pensiero, ossessione o turbamento. Era come entrare in un mondo dove esistevano solo loro due, un posto al sicuro, da cui nessuno avrebbe mai potuto strapparli via.

Damon sapeva di essere una persona meschina ed egoista, non era degno di una tale gioia. Aveva commesso troppe scelleratezza in passato e non sarebbe bastata un’eternità per fare ammenda. Ma lui neppure se n’era mai pentito, perché quella era la sua natura di cacciatore e assassino. Perciò sapeva che, se mai un giorno avesse abbandonato questo mondo, non sarebbe mai neanche arrivato alle porte del Paradiso; non se lo meritava.

Con Bonnie, però, aveva l’impressione di averne un assaggio. Non avrebbe mai creduto che un essere così puro si sarebbe concesso ad un mostro come lui.

Mostro. Odiava quella parola; preferiva definirsi un predatore, superiore a chiunque, ma nella sostanza rimaneva sempre quello. Un mostro.

Bonnie non lo credeva tale, Bonnie vedeva solo il buono in lui, Bonnie lo aveva perdonato.

Dalla loro prima notte, Damon non riusciva a tenere le mani a posto ed era sollevato che lei apprezzasse la cosa e non la ritenesse inquietante o eccessiva. Nessun altro avrebbe potuto capire l’urgenza che lo prendeva ogni volta che la coglieva sola in una stanza.

Il bello in Bonnie risiedeva nella sua totale ingenuità; non si rendeva nemmeno conto del potere che aveva su di lui, di quanto potesse provocarlo.

Era inesperta, innocente e quando non ce l’aveva tra le braccia gli sembrava di bruciare in un inferno.

Da qualche tempo la considerava qualcosa di più di un’amica, ma nell’ultima settimana il desiderio era esploso cancellando ogni altra questione.

Averla vista crescere non costituiva certo un deterrente per lui; non si sentiva in colpa, non trovava niente di sbagliato in ciò che gli stava accadendo. I vampiri avevano un’altra concezione dello scorrere del tempo e il suo aspetto di eterno ragazzo poco più che ventenne era solo un altro dei vantaggi dell’immortalità.

Non si era mai fatto degli scrupoli morali e non avrebbe iniziato ora. Piuttosto che lasciarsi scappare Bonnie, si sarebbe maledetto.

Abbassò un po’ le lenzuola scoprendo le schiena nuda della ragazza ancora profondamente addormentata.

Si piegò e disegnò una scia di baci seguendo la linea della colonna vertebrale. La strega si mosse leggermente tentando di sfuggire a quel piacevole solletico.

“Damon” mugugnò nel dormiveglia “No, per favore … non ce la faccio ancora”.

Il vampiro non trattenne una risata schioccandole un sonoro bacio sulla nuca. Le sfiorò svogliatamente la schiena su e giù con le dita “Sei così magra, Bonnie”.

Lei finalmente si decise ad aprire gli occhi “Sono fatta così”. Era vero: ormai aveva ripreso a magiare regolarmente, ma la sua costituzione era molto minuta.

“Lo so, ma a volte ho paura di romperti” le confessò con un tono che non riconobbe nemmeno come il suo.

Bonnie si passò le mani sotto alla testa e sospirò “Perché non riesco a resisterti?”.

“Nessuno mi resiste”.

“Io non sono una qualunque” obiettò con un broncio.

“No” concordò “Non lo sei”.

“Vorrei solo capire come siamo arrivati a questo punto. Vorrei riprendere un attimo fiato e … insomma perché?”.

“Ti sembra tanto sbagliato?” le chiese Damon fermando le sue carezze.

“Il problema è che lo sento giusto” gli rivelò lei nascondendo il viso nel cuscino.

“Sarebbe un problema il contrario, streghetta” le fece notare il vampiro “Perché non ho intenzione di lasciarti andare”.

Bonnie strisciò sul materasso e si appoggiò al petto di Damon; allungò una mano per intrecciarla con quella di lui “Non farlo” lo pregò “Anche se questa cosa non dovesse durare, non dimenticarti di me” ribadì ciò che glie aveva detto in Scozia, dopo aver sognato il massacro della sua famiglia “Abbiamo cominciato insieme e dobbiamo finire insieme”.

Il volto del vampiro si scurì ma lei non poté vederlo. Le parole della ragazza erano state come una scossa: dobbiamo finire insieme.

Bonnie era mortale. Quale sarebbe stata la sua fine? Sarebbe potuta arrivare da un momento all’altro, imprevista e improvvisa.

“Cosa stava succedendo oggi in cortile?” Bonnie, totalmente inconsapevole del turbamento che aveva colpito il vampiro, cambiò discorso.

“Stefan e le sue idee” rispose lui “Ha chiesto a Katherine d’insegnare ad Elena come difendersi”.

“A Katherine?”.

“E’ una bugiarda e una traditrice, ed è pazza. Non sanno in cosa si stanno cacciando”.

“Un po’ mi dispiace per lei” disse Bonnie accoccolandosi meglio sul torace di Damon “Da quello che mi ha raccontato Stefan, una volta Katherine era molto diversa”.

“Era troppo buona per essere vera. Avrei dovuto capirlo che era solo una piccola truffatrice”.

“L’hai amata, Damon” gli fece presente la ragazza “L’hai amata per moltissimo tempo e hai ucciso per lei. Non fingere che sia una cosa di poco conto”.

“Katherine amava Stefan” replicò lui “E usava me” si prese una piccola pausa ma ricominciò subito “Quando la vidi per la prima volta, stentavo a credere che stesse capitando a me. Era così bella e innocente, non avrebbe mai fatto volontariamente del male a nessuno. Ma era anche infantile e viziata, tanto da non poter rinunciare né a me né a mio fratello. Volevo strapparla a Stefan, volevo che s’innamorasse soltanto di me perché lui era sempre il primo in tutto …”.

Bonnie ascoltò in silenzio e non lo interruppe neanche una volta. Le raccontò di Katherine, di suo padre, del suo perfetto fratello. Le raccontò di come avesse lasciato l’università e si fosse dato al gioco e alle donne. Le raccontò cose di cui andava fiero, altre meno. Bonnie sapeva già una parte della storia, ma non distolse un attimo l’attenzione, incredula che alla fine Damon stesse condividendo la sua versione.

Tante volte lo aveva pregato di farlo, ma lui si era sempre rifiutato; forse per paura del suo giudizio, forse perché non voleva apparire ancora più meschino di quanto già non si sentisse.

Dopo mesi e mesi Damon stava riponendo in lei completa fiducia e nemmeno se ne rendeva conto. Parlava come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se non dovesse più nascondere niente.

Bonnie lo lasciò fare. C’erano moltissime altre questioni irrisolte tra di loro. Prima o poi quell’attrazione si sarebbe attenuata e avrebbero dovuto affrontare i sentimenti che si celavano dietro la passione. Prima o poi avrebbe dovuto anche capire che cosa rappresentassero l’una per l’altro.

Per il momento a Bonnie bastava starsene stesa sul petto del vampiro e abbandonarsi al suono della sua voce, perdersi in racconti lontani.

Perché sapeva che, nonostante tutto, ci sarebbe sempre stato nell’universo un angolino solo per loro due. Dove essere solo Damon e Bonnie.

Due anime unite inesorabilmente.

                    

“As I move my feet towards your body
I can hear this beat it fills my head up
And gets louder and louder
It fills my head up and gets louder and louder
There's a drumming noise inside my head
That starts when you're around
I swear that you could hear it
It makes such an all mighty sound
Louder than sirens, louder than bells
Sweeter than Heaven and hotter than Hell

(Drumming Song- Florence and The Machine).

 

Il mio spazio:

Ragazze oggi sono particolarmente di buon umore perché mercoledì ho finite la sessione estiva e fino al 5 di settembre non sentirò più parlare di esami!!!!

Allora che dire di questo capitolo? Lo volevo fare un po’ leggero e divertente; niente drammi per una volta.

Vi avviso che ancora per un paio di capitoli non ci saranno grossi colpi di scena (Klaus o cose simili); il rapporto tra Damon e Bonnie è cambiato radicalmente e vorrei avere lo spazio per risolvere le loro questioni in sospeso (es: Elena). Spero davvero di non annoiarvi troppo =(

Però vi anticipo che nel capitolo 32 avremo il Ballo di Fine Anno. Mi sono accorta solo ora che questi ragazzi non hanno ancora fatto una festa e mi piacerebbe che si godessero una serata da normali liceali!

Il 6 agosto partirò e me ne starò via tutto il mese senza internet, però dovrei proprio riuscire a postare ancora due capitoli prima di quella data; anche perché dal 33 comincerà la nuova fase della storia e vorrei rimandare l’ultimo blocco a settembre.

Spero di non essere andata troppo oltre i limiti del mio raiting con qualche scena, non credo di aver scandalizzato nessuno ahah! Comunque, a parte un pezzo un po’ spinto all’inizio del prossimo capitolo, poi la smetterò di raccontare solo delle loro imprese nelle lenzuola e passerò ad un confronto vero e proprio: qui qualcuno dovrà parlare di sentimenti, che lo voglia o no!

Forse la frase finale di questo capitolo risulterà un po’ banale, ma io ho sempre visto il loro rapporto proprio così: non importa se la loro storia funzionerà oppure no, rimarranno comunque uno accanto all’altra per sempre perché sono legati da qualcosa che va oltre la semplice comprensione umana.

Ora non posso che ringraziarvi per l’immenso affetto con cui avete accolto gli ultimi due capitoli di questa storia e il secondo di Crazy Little Thing Called Love ( a proposito, presto risponderò alle vostre recensioni).

Grazie davvero infinte a tutti coloro che commentano, seguono e leggono!! Mi fate sempre felicissima.

Non so darvi una data precisa per il prossimo aggiornamento, non ci dovrei mettere molto … magari anche settimana prossima =)

Un bacio,

Fran;)

 

*il corpo dei vampiri non ha gli stessi bisogni fisiologici di quello umano, però grazie al sangue funziona pressoché nello stesso modo; per cui, immagino, che tutto l’alcol che si accumula nella vescica di Damon prima o poi dovrà uscire!

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Capitolo 31
*** So long and goodnight ***


Ashes &Wine

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Capitolo trentuno: So long and goodnight.

 

“Burning on just like a match you start to incinerate
The lives of everyone you knew
And what's the worst to take, from every heart you break
And like a blade you stake
Well I've been holding on tonight 
What's the worst that I could say?
Things are better if I stay
So long and goodnight

(Helena- My Chemical Romance)

 

“Da- amon”.

Qualche settimana prima non l’avrebbe mai considerata il tipo che stava sopra. E gliel’aveva pure detto, facendola arrossire come un semaforo.

Fu costretto a rimangiarsi tutto.

Non aveva certo pensato che tutti quegli anni di equitazione l’avessero resa, invece, il prototipo della ragazza che stava sopra.

A dire il vero, Bonnie sarebbe stata benissimo in qualunque posizione: il suo corpo era talmente minuto e sensibile da diventare quasi plasmabile.

Adorava che ogni suo tocco la facesse tremare, adorava il rossore che le imporporava le guance ogni volta che la punzecchiava con qualche commento un po’ troppo spinto, adorava lo sguardo di completo abbandono che gli riservava quando arrivava al culmine per poi afflosciarsi stremata.

“Da- amon”.

Bonnie normalmente aveva vergogna perfino a lasciarsi sfuggire un piccolo gemito, ma a volte non poteva evitarlo. Eppure c’erano dei momenti in cui avrebbe voluto urlare per sfogare il piacere crescente che le si accumulava nel basso ventre, ma in quei rari casi la voce le si strozzava in gola.

“Daaa- mon”. Era poco più che un sussurro, quasi esalato; capace comunque di mandare il vampiro su di giri perché erano gli unici istanti in cui la ragazza perdeva completamente il controllo di sé.

Bonnie si aggrappò alle sue spalle e si spinse più giù, piegandosi fino a sfiorare con la fronte il torace di lui. Damon le passò le mani dietro la schiena nivea e le fece aumentare il ritmo, sentendo di essere prossimo all’apice.

La giovane si tirò indietro e lui la seguì, contraendo gli addominali per mettersi seduto, e con delicatezza permise ai suoi canini di morderla appena sopra al seno. Entrambi esplosero.

Bonnie collassò contro il suo corpo, Damon l’accolse tra le braccia e si stesero insieme  sul materasso.

Rimasero in silenzio per infiniti minuti, lei per riprendere fiato, lui per riprendere un minimo di contegno. Non aveva mai incontrato nessuno che lo destabilizzasse quanto quella strega.

“Dobbiamo darci una calmata, Damon” mormorò Bonnie rotolando sul fianco in modo da prendere un po’ d’aria.

“Perché mai?” fu la domanda stupita del vampiro.

“Se andiamo avanti così, non riuscirò nemmeno ad alzarmi da questo letto”.

“La cosa non mi dispiacerebbe affatto. Sei la benvenuta qui ad ogni ora del giorno e della notte” la stuzzicò prendendo a baciarle il ventre piatto.

“Forse Caroline avrà qualcosa di cui lamentarsi” suppose Bonnie.

La testa di Damon scattò in alto “Che cosa c’entra adesso Caroline?”.

“Venerdì c’è il Ballo di Fine Anno. Ha chiesto a tutti di aiutare: hai presente? Sistemare i tavoli, alzare scatoloni? Ho bisogno delle mie forze”.

“Perché vuoi aiutare ad organizzare una festa cui nemmeno parteciperai?” chiese Damon poggiandosi sui gomiti per guardarla meglio in faccia.

“Chi ha detto che non ci andrò?” ribatté Bonnie.

Damon alzò le spalle “Credevo che avresti preferito stare qui … con me” le si avvicinò sfiorando il naso contro il suo con tutta l’intenzione di baciarla ma ciò che disse la ragazza lo gelò.

“In realtà speravo che mi avresti accompagnato”.

Il vampiro si allontanò subito dal viso della rossa e si sdraiò nuovamente sul cuscino, cercando di non mostrare il suo turbamento. Portarla ad un ballo avrebbe significato rendere tutto molto reale. Damon si trovava troppo bene nella bolla che si era creato, solo con lei.

“I balli non fanno per me, Sissi”.

La delusione sfigurò il bellissimo volto a forma di cuore della ragazza; Damon era un tipo solitario, si riteneva superiore alla massa e le feste della scuola non erano proprio il suo genere preferito di svago, ma Bonnie aveva sperato che potesse fare un piccolo sforzo per lei.

Iniziò a giocherellare nervosamente con una ciocca di capelli e, colta da un improvviso sospetto, freddò Damon per la seconda volta con una domanda molto diretta “Non vuoi farti vedere con me?”.

Il vampiro per un attimo temette che Bonnie gli potesse leggere nel pensiero. Il problema non stava tanto nel fatto in sé quanto in ciò che avrebbe comportato.

Era il Ballo di Fine Anno; una festa che le ragazze caricavano di aspettative. Fare da cavaliere a Bonnie avrebbe significato urlare al mondo che cosa provasse per lei. C’erano dei sentimenti, ma di che intensità non sapeva proprio dirlo.

Aveva passato talmente tanto tempo a nasconderli che faticava a comprenderli e a distinguerli. Non si trattava solamente di attrazione fisica, non si trattava di uno sfizio; era qualcosa di molto più profondo ma Damon non riusciva ad esternarlo, non era preparato a gestire quel tipo di emozioni. Le considerava private, da condividere eventualmente con Bonnie, in un futuro non ben definito.

Non era proprio la sua massima aspirazione far sapere a tutti che Damon Salvatore aveva ceduto alla forza dei sentimenti come un qualsiasi mortale.

“Io e te stiamo molto meglio da soli, streghetta” le disse tentando in tutti i modi di girare il discorso a suo favore.

“Non vuoi che Elena ci veda?”.

Quella fu la terza volta che Bonnie riuscì a ghiacciarlo nel giro di pochi minuti.

Elena.

Un enorme punto interrogativo, un argomento ormai tabù.

La bionda era a conoscenza della loro storia, li aveva beccati in pieno, ma per quanto ne sapeva lei, poteva trattarsi solo di sesso.

Un altro conto sarebbe stato presentarsi mano nella mano con Bonnie al Ballo di Fine Anno; avrebbe implicato ufficializzare la loro relazione.

A quel punto Damon avrebbe perso Elena per sempre, perché non si sarebbe mai intromessa nella vita privata dell’amica, rovinandole il suo momento. Lui non era ancora pronto per lasciarla andare.

Era un ragionamento estremamente egoistico e irrispettoso eppure non poteva fare a meno di trattenere quelle ultime illusioni.

Non stava usando Bonnie. Elena non aveva nulla a che fare con ciò che il vampiro nutriva per la rossa, però la sua immagine era ancora lì, salda nella sua mente.

Improvvisamente si sentì un verme perché Bonnie non se lo meritava.

Ma certe abitudini erano dure a morire e Damon non poteva fare altro che rimanere attaccato ad un vecchio sogno, pur consapevole di ciò che si sarebbe perso nella realtà.

Guardò Bonnie negli occhi e le sorrise debolmente ripetendo in un vano tentativo di tranquillizzarla “I balli non fanno per me, davvero”.

Fu come se le iridi marroni della ragazza si rompessero in mille pezzi per il dispiacere. Era terribilmente ferita e mortificata. Damon aveva eluso la domanda ma la risposta brillava chiara come il sole: Elena, sempre e solo Elena.

Il vampiro allungò una mano per accarezzarle una guancia ma lei scosse la testa con forza e si voltò di lato. A Damon non rimase che fissare impotente la sua schiena. Avrebbe voluto abbracciarla e cullarla fino a far sparire tutte le sue incertezze ma non era possibile; almeno finché lui sarebbe stato il primo a non essere sicuro. Si limitò ad ascoltare il respiro affannato della rossa, indice di un animo inquieto; probabilmente stava facendo di tutto per non piangere.

Dopo un tempo indefinito, Damon senza accorgersene sprofondò in un sonno agitato e al suo risveglio Bonnie se n’era andata.

 

Caroline Forbes si era scusata raramente in vita sua.

Non perché avesse sempre ragione o si ritenesse particolarmente intelligente, ma aveva cercato di stare ben lontana da qualunque litigio. Durante i suoi diciotto anni non aveva mai sentito l’interesse di sollevare discussioni. Era sempre stata una ragazza un po’ frivola, per nulla toccata dai lati più seri della realtà. Con la trasformazione in vampiro tutto era cambiato, compresa la percezione di ciò che le stava attorno.

Non se n’era mai resa conto fino al giorno precedente: Matt l’aveva raggiunta  per cena, i suo genitori erano usciti.

Avevano la casa tutta per loro e Caroline aveva in mente di recuperare per tutte le volte in cui non erano riusciti a concludere il loro tempo insieme. Aveva preparato tutto nella sua camera da letto ma a fine serata non si erano nemmeno baciati.

Matt non era in vena di effusioni; Matt era andato con uno scopo.

Quando Caroline lo aveva sentito nominare Tyler, per poco non lo aveva sbattuto fuori di casa. Non voleva parlare del licantropo; era ancora arrabbiata e ferita, ma non voleva mostrare nessuna di queste emozioni a Matt perché aveva paura di dargli l’impressione sbagliata.

Matt, però, aveva capito tutto, molto meglio di lei e quando era riuscito finalmente a calmarla, lei aveva aperto gli occhi rendendosi conto di quanto fosse stata stupida.

Matt aveva una sensibilità fuori dalla norma: entrambi erano due dei suoi più vecchi amici e per colpa di pregiudizi infondati si erano schierati l’uno contro l’altra. Mentre Caroline era rimasta ferma sulle sue convinzioni, Tyler le aveva sempre guardato le spalle, assicurandosi che non le capitasse nulla di male.

Caroline era stata cieca, frenata dal suo stesso orgoglio; arrabbiata perché Tyler non aveva mai voluto rivelarle niente su Layla e la sua famiglia, senza tener conto che se Bonnie e tutti loro erano sani e salvi, il merito era solo del ragazzo.

Tyler era il suo migliore amico e non avrebbe dovuto mischiarsi con certa gente, non avrebbe dovuto tradirla così.

Qualche mese prima Caroline aveva perfino pensato di provare dei sentimenti per lui ma si erano rivelati solamente dei falsi sospetti; comunque ci teneva molto più di quanto avrebbe immaginato: condividevano lo stesso destino, si potevano capire perché avevano vissuto le medesime esperienze. Erano diversi da tutti gli altri adolescenti e lo sarebbero sempre stati.

Tyler, dopotutto, si era comportato in maniera corretta: non si era dimenticato di come la vampira lo avesse aiutato ad accettare la trasformazione e sapeva che lei lo conosceva meglio di chiunque altro. Si sentiva in debito con la famiglia di Layla e non l’avrebbe mai messa in pericolo, ma d’altra parte si era impegnato perché tutti i suoi amici fossero al sicuro.

Caroline lo aveva accusato di cose non vere ed era giunto il momento di chiedere perdono.

Il ragazzo era seduto al suo solito posto e scarabocchiava qualcosa sul quaderno in attesa del professore. Lei si avvicinò e si sedette nel banco di fronte.

Tyler alzò la testa e la fissò interrogativo.

“Ciao Ty!” lo salutò allegra.

“E’ successo qualcosa?” si preoccupò subito l’altro.

“No, perché dovrebbe?”.

“Sono settimane che non mi rivolgi parola se non per insultarmi. C’è sicuramente qualcosa sotto”.

“E’ vero, c’è un motivo se sono qui ma non è niente di grave” disse lei “Ti devo delle scuse; sono stata una totale stronza ultimamente. Non concepivo come potessi stare dalla loro parte, credevo ci stessi tradendo”.

“Stavo solo cercando di aiutarvi!” si difese Tyler “E Layla mi piaceva … mi piace ancora a dire il vero. Non volevo che nessuno si facesse male”.

“Lo so, ma sono una maniaca del controllo, non ci posso fare niente” sorrise imbarazzata lei “Però se mi avessi detto che li stavi spiando …”.

“Me lo avresti impedito per paura che mi succedesse qualcosa. Sei una maniaca del controllo, ti conosco troppo bene!”.

“Certo che te l’avrei impedito!” ripeté Caroline “Ti potevi mettere in un mare di guai. Ci è mancato tanto così che Damon ti staccasse la testa. Credeva che fossi dalla loro parte”.

“Non mi stupisce che Damon non si fidi di me, ma tu Caroline … tu avresti dovuto capirlo” le fece notare con tono quasi ferito.

“Come potevo? Mi hai urlato in faccia davanti a tutta la scuola! Hai detto che non avevi bisogno di me, che avevamo chiuso”.

“Era una recita, Care!” sbottò lui “Dovevo guadagnarmi la fiducia di Layla; era l’unico modo per farle credere di essere totalmente dalla loro parte”.

“Credevo che avessi ingannato me e invece hai ingannato lei” sussurrò Caroline con un moto di soddisfazione.

“Non ne vado fiero” confessò Tyler “A Layla non piacciono i vampiri, ma non voleva creare tutti questi problemi … di certo non voleva coinvolgere Bonnie. È stata tutta un’idea di suo padre”.

“Non voglio più sentire parlare di loro!” lo fermò Caroline “Non voglio sapere se li stai ancora sentendo … sono fatti tuoi e ho deciso di fidarmi del tuo giudizio. Comunque se ti capitasse di parlarci, metti bene in chiaro che qui non sono i benvenuti”.

“Ora ti riconosco; mi sembravi troppo buona prima”.

“Lo dico anche per il loro bene” disse lei con nonchalance “Se li prende Damon, li scuoia vivi. Non vorrei mai che alla tua preziosa Layla succedesse qualcosa”.

“Caroline Forbes non fare la gelosa”.

“Non sono solo maniaca del controllo, sono anche una prima donna” scherzò la ragazza “Sono davvero contenta che abbiamo fatto pace perché mi servirebbero giusto due braccia forti come le tue”.

“E’ una proposta indecente?”.

“Dipende: quando scandaloso credi che sia spostare dei tavoli?”.

 

Damon bevve un altro sorso del suo liquore e guardò fuori dalla finestra per l’ennesima volta. Bonnie non era ancora tornata.

Dopo essersi svegliato solo nel letto, l’aveva cercata ma lei era già scappata a scuola con la chiara intenzione di non farsi vedere per un po’.

Il vampiro non poteva aspettare di scorgere la sua macchina rientrare nel vialetto. Sapeva di averla delusa la notte prima e voleva sistemare per quanto poteva le cose; anche se non sarebbe stato facile.

Bonnie richiedeva più di quanto lui potesse darle. Quei giorni trascorsi assieme erano stati bellissimi, ma solo ora la realtà lo stava colpendo come un pungo in faccia. Davvero aveva creduto di potersi divertire senza pensare alle conseguenze?

Le aveva già incasinato abbastanza la vita, quindi perché, almeno per una volta, non poteva essere un persona responsabile?

Avrebbe tanto voluto portarla a quel ballo (sebbene non fosse proprio il suo genere di divertimento), avrebbe voluto renderla contenta e dirle che non gli importava dell’opinione degli altri, che non gli importava essere visto da lei. Avrebbe detto solamente un mucchio di bugie.

Desiderava davvero costruire qualcosa d’importante con Bonnie, ma aveva deciso che non si sarebbe esposto fino a che non avesse risolto la sua ossessione per Elena. Non voleva illudere la sua streghetta, non voleva regalarle un sogno che forse non si sarebbe mai avverato, almeno per il momento.

Damon aveva passato tutta la sua esistenza a dannarsi per due ragazze innamorate di suo fratello. Era una cosa malata e deleteria, ma, come aveva già affermato più di una volta, era anche l’unico modo di amare che conosceva.

Si sentiva pronto ad affrontarlo; erano esperienze già vissute e che sapeva gestire, era un territorio familiare. Ci era talmente tanto abituato da esserne assuefatto. Trovava molto difficile disintossicarsi da quel rapporto tormentato.

Probabilmente perché, nel profondo del suo animo, era consapevole di non meritarsi un lieto fine, di non essere degno della felicità a causa di tutto il dolore che aveva inflitto.

D’altro canto Elena rappresentava tutto ciò che lui aveva sempre bramato e non poteva accettare di perderla. Il vampiro credeva di avere ancora qualche possibilità di riconquistarla sebbene lei avesse scelto Stefan. Se avesse insistito maggiormente, magari sarebbe caduta ai suoi piedi; o per lo meno era ciò che gli piaceva pensare.

Portare Bonnie al ballo, tenerla sotto braccio, danzare con lei e stringerla davanti a tutti, avrebbe significato perdere la sua ultima speranza.

A dire il vero, Damon non progettava neanche di riavvicinarsi ad Elena. Stava bene con Bonnie e non sentiva di aver bisogno di altro, ma non voleva precludersi una chance qualora un giorno gli fosse tornata la voglia.

Finì il suo drink, disgustato dal suo stesso egoismo. Avrebbe dovuto lasciare libera Bonnie di godersi la sua vita; tenerla incatenata a sé le avrebbe procurato solo altro dolore. Quella, però, era un’altra ipotesi fuori discussione. Non sarebbe mai riuscito a stare senza di lei.

In due parole chiare e concise: era fottuto.

Comunque per il momento non gli importava molto di Elena. Voleva solo che Bonnie tornasse al Pensionato e voleva trovare un modo per rassicurarla.

Evidentemente il destino era contro di lui perché sentì all’improvviso dei rumori in soffitta, come se qualcuno stesse trafugando tra i ricordi di famiglia.

Stefan era fuori in cortile con Katherine ed Elena per una sessione di allenamento; aveva già appurato che Bonnie non fosse in casa, perciò chi poteva essere?

Posò il bicchiere sul tavolino e salì i due piani di scale. Una volta arrivato alla botola della soffitta, scoprì che ad aspettarlo c’era una vecchia tentazione: Elena Gilbert che rovistava in una cassapanca. Le sue riflessioni dovevano averlo risucchiato completamente per non accorgersi nemmeno che la sua bionda preferita era entrata nella villa.

Si prese un momento per contemplare la sua figura aggraziata. Era bella; bella come poche altre nel mondo; bella come Katherine.

Damon restò un attimo perplesso a quel pensiero; la somiglianza tra le due non lo aveva mai disturbato, ma adesso cominciava a notare qualcosa di stonato nell’armonia di quella perfezione.  

Non era un tantino morboso infatuarsi di una ragazza fisicamente identica al suo primo amore? Era stato facile sostituire Katherine con Elena, anche prima di scoprire che la vampira era ancora viva. Quale delle due era vera? Ne conseguiva che i sentimenti per Katherine non erano così forti e solidi come aveva creduto; e se fosse accaduto lo stesso con Elena?

Più volte si era chiesto se avesse proiettato l’amore nei confronti della prima sulla figura della seconda, e altrettante volte la risposta era stata negativa, poiché, sebbene all’esterno potessero apparire gemelle, caratterialmente erano una l’opposto dell’altra.

Prima di allora, però, il dubbio non era mai stato così opprimente e soprattutto non aveva mai messo in discussione ciò che provava verso Elena.

Ricordò le parole della bionda, al Charlottesville, nel bagno delle donne. 

“Questo non è amore. È ossessione, è voglia di rivincita”.

Rivincita. Verso chi? Verso Stefan che otteneva sempre tutto? Voleva dimostrare al mondo che anche lui poteva vincere la ragazza?

Tutte  quelle domande lo assalirono e non fu più sicuro di niente. Per tutto quel tempo si era ripetuto che Bonnie non era uno sfizio e ora iniziava a sospettare che fosse Elena il capriccio, mascherato sotto le spoglie dell’amore.

Damon si rifiutò di credere che le cose stessero così o si sarebbe sentito ancora più miserabile del dovuto.

Per provare a se stesso il contrario, entrò con forza in soffitta facendo saltare Elena dalla paura.

“Damon?” boccheggiò mettendosi una mano sul cuore “Che ci fai qui?”.

“Ho sentito del rumori” rispose sfoderando il suo sorriso da 250 kilowatt “Dopo l’attacco dei lupi mannari, sono diventato un po’ paranoico”.

Elena annuì guardandosi intorno imbarazzata. Non si era trovata in una stanza sola con il vampiro da quando aveva chiuso la loro storia a Charlottesville “Sono venuta a cercare dei paletti di legno. Stefan mi ha detto che li avrei trovati qui” sentì il bisogno di giustificare la sua presenza nella casa.

“Perseverate con questi stupidi allenamenti, eh?”.

“Non sono stupidi!” replicò Elena “Ma vorrei che non fosse Katherine ad insegnarmi; la odio”.

“Sono sicuro che il sentimento è reciproco”.

“Si aspetta che io faccia centro al primo colpo” si lamentò Elena.

“Se continui a tenerlo così non riuscirai mai” le fece notare Damon alludendo all’impugnatura “Katherine è un vampiro e ha una forza che tu non possiedi. Dammi qua” le disse prendendole il paletto “Con una mano lo stringi e prendi la mira, con l’altra spingi” posizionò la seconda mano dietro il paletto simulando il movimento “Poi colpisci con tutte le tue forze” e conficcò il paletto nel coperchio della cassapanca “Prova tu”.

“Non riuscirò mai a trapassare quel legno; è troppo spesso per me” obiettò lei.

“Lo so. Voglio solo vedere se hai capito”.

Il primo tentativo fu un disastro e il paletto le scappò dalle mani.

“Lascia stare la cassapanca” Damon provò un nuovo approcciò “Fingi che il muro sia il tuo avversario” e si spostò dietro di lei per aiutarla. La sua mano sinistra si posò su quella della ragazza e insieme impugnarono il paletto e lo stesso fece con la destra. Aveva chiuso Elena in un abbraccio ma nemmeno ci aveva fatto caso, tanto era preso dalla sua spiegazione.

Quando quel pezzo di legno penetrò l’intonaco, Elena esultò e si voltò verso Damon incrociando il suo sguardo.

Lui le sorrise ribadendo a se stesso che sarebbe stato un insegnante molto più bravo di Katherine.

Il momento fu spezzato da una voce melodiosa “Elena?”.

Entrambi si voltarono verso Bonnie e Damon si rese conto, solo in quell’istante, di avere ancora le mani sulle braccia della bionda.

“Scusate l’interruzione, ma Stefan ti cercava” continuò la strega rivolta all’amica.

Senza aggiungere altro, fece dietrofront e sparì dalla loro visuale. Un attimo dopo anche Elena lo salutò andandosene, ma il vampiro quasi non se ne accorse.

Fissava ancora il punto occupato da Bonnie fino a pochi secondi prima; l’espressione della rossa era inequivocabile: umiliata e offesa.

Damon avvertì il senso di colpa invaderlo. Non aveva fatto niente ma era riuscito a farla stare male lo stesso. Ancora una volta.

Bonnie marciò via verso la sua stanza. Teneva i pungi stretti lungo i fianchi e il suo stomaco si era rivoltato dall’altra parte.

Chiuse la porta sbattendola e si buttò sul letto sospirando seccamente. Stava reagendo in maniera esagerata, ma trattandosi di Damon ed Elena niente poteva essere lasciato al caso.

Aveva visto lo sguardo che si erano lanciati, pieno di nostalgia e desiderio represso. Rimpiangevano quello che avrebbero potuto essere. Forse entrambi si chiedevano se fosse stato giusto porre un freno ai loro sentimenti.

Bonnie era certa che nel profondo del cuore Elena amasse solamente Stefan, che lo rivolesse indietro, perciò aveva cercato di trattenersi.

Provava qualcosa per Damon ma non avrebbe più rischiato di compromettere il suo rapporto con l’altro Salvatore solo per un’infatuazione.

Damon, invece, amava Elena e non aveva ceduto ai suoi istinti solo perché lei lo aveva espressamente rifiutato in favore del fratello. Se la ragazza gli avesse detto sì, lui non si sarebbe posto scrupoli.

Questo feriva Bonnie più di ogni altra cosa. Che ruolo aveva lei nella vita del vampiro? Voleva credere di non essere solo un ripiego ma ogni giorno diventava sempre più difficile non farsi divorare dai dubbi e dalla gelosia.

Aveva provato a non pensarci, a lasciarsi andare alla passione e vivere il momento; per un po’ aveva pure funzionato. La realtà, però, alla fine era tornata a schiaffeggiarla e avrebbe lasciato il segno.

Bonnie non sapeva come comportarsi: Damon non aveva fatto nulla e lei non poteva pretendere che da un giorno all’altro si dimenticasse di Elena. Ci sarebbe voluto del tempo, ma era così frustrante non essere l’unica.

Ricordava ancora di come Christopher riuscisse a metterla sempre al primo posto; con lui Bonnie si sentiva perfetta ed insostituibile, come se nessuno potesse raggiungere il suo livello. Per questo motivo Christopher era stato capace di tenerla legata a sé e lontana dagli altri. Poi si era rivelato un vampiro manipolatore e crudele, ma almeno le aveva regato un momento di gloria.

La rossa non si era mai considerata importante, soprattutto da quando era andata a vivere in Italia. Zach aveva deciso di mandarla all’estero, nonostante lei fosse l’ultima della sua famiglia, e non le aveva permesso di ritornare. Era andato a trovarla poche volte e anche al telefono sembrava sempre assente. Damon e Stefan erano spariti nel nulla.

Ora conosceva tutti i dettagli, sapeva che in realtà non l’avevano mai abbandonata, ma inevitabilmente tutti quegli anni trascorsi in collegio l’avevano indotta a costruire un’idea di se stessa distorta, come di un elemento irrilevante.

La storia si stava ripetendo ancora: Damon ci teneva, non l’avrebbe fatta soffrire di proposito ma se Elena fosse tornata, lei sarebbe scomparsa in un soffio dalla mente del vampiro. E forse nemmeno il tempo  avrebbe cambiato qualcosa.

Il che era davvero un paradosso, perché Bonnie aveva quasi la certezza di essere la sola a conoscere realmente Damon.

Quanto volte lo aveva ascoltato, calmato e capito? Quante volte gli aveva offerto il suo aiuto e aveva cercato di rimanergli vicino?

Quante volte lo aveva fatto stare bene?

Si sentiva come la cosa migliore che gli fosse capitata; l’unica che potesse donargli un po’ di sollievo, l’unica che potesse amarlo come meritava, senza compromessi, senza condivisioni. Soltanto loro due.

Ma ripetersi di essere la ragazza migliore per lui non avrebbe risolto niente, perché magari non era quella giusta.

Al cuore non si comanda. Diceva così un vecchio proverbio; non importava quanti dolori e delusioni poteva portare, perché alla fine si era costretti a seguirlo, nonostante la ragione dicesse il contrario.

Se l’amore fosse stato una questione di buon senso, Bonnie sarebbe corsa via a gambe levate senza guardarsi indietro. Lo stesso valeva per Damon.

Pregò di trovare la forza di uscirne prima di scoprirsi troppo coinvolta, prima che fosse troppo tardi. Aveva ancora una dignità e se la situazione fosse diventata insostenibile, lei avrebbe dovuto lottare per se stessa.

Non voleva diventare un secondo Damon, un burattino perso dietro un’illusione dannosa. Non si sarebbe mai fatta intrappolare da uno stupido triangolo.

“Bonnie?”.

La strega si girò verso la porta e sorrise debolmente al vampiro dagli occhi verdi che tentennava sulla soglia.

“Non volevo disturbarti … è che ho incontrato Elena che scappava praticamente fuori di casa e … ti avevo mandato a cercarla; volevo solo sapere se andava tutto bene” si accertò.

“Non hai niente di preoccuparti, Stefan” lo tranquillò lei.

“Non sono qui per me, Sissi” obiettò il vampiro “Voglio sapere se tu stai bene”.

Bonnie annuì distrattamente “Stefan, ti ricordi quel posto dove mi portavi quando mamma e papà litigavano?”.

Lui fece un cenno di assenso.

“Possiamo andarci?”.

Passarono tutto il resto del giorno in quel capanno nel bosco, rifugio dei cacciatori, situato vicino ad una sorgente. Stefan ricordava perfettamente dove si trovasse perché ci era stato parecchie volte: capitava, quando Bonnie era piccola, che tra i suoi genitori scoppiassero liti molto accese, la maggior parte delle quali avevano come argomento della discussione Damon. Sissi non poteva ascoltare, all’epoca lei non sapeva niente sulla sua vera natura e Stefan era obbligato a portarla fuori casa. Aveva scelto quel capanno perché rappresentava un luogo fuori dal mondo, in cui la bambina poteva svagarsi senza preoccuparsi per la sua famiglia.

Stefan e Bonnie trascorsero tutto il pomeriggio a ridere e scherzare, a ricordare gli anni ormai andati. Il vampiro le raccontò pure alcuni aneddoti dei suoi secoli vissuti da vampiro e non una volta le chiese cosa la turbasse. Un po’ perché poteva immaginarlo da solo, un po’ perché a Bonnie serviva una distrazione.

Rientrarono la sera tardi e si addormentarono sul letto di lui guardando un vecchio film con Sandra Dee. Alla mattina Stefan l’accompagnò a scuola.

Caroline li aveva segregati tutti  affinché aiutassero ad allestire la palestra per il Ballo di Fine Anno, ma Stefan riuscì ad eludere la sua sorveglianza e a tornare alla villa.

Il giorno prima aveva visto quanto Bonnie fosse sconvolta e rattristata. Non si era intromesso fino a quel momento ma aveva giurato a se stesso d’intervenire nel caso le cose si fossero aggravate. Non voleva che Sissi soffrisse, ne aveva già passate tante e si meritava un po’ di serenità.

Era giunta l’ora di fare quel famoso discorso a suo fratello.

Lo trovò in salone, con un bicchiere in mano a guardare fuori dalla finestra come il giorno prima.

“Non arriverà prima di sera. Caroline vuole che tutti diano una mano per il ballo” lo avvisò Stefan entrando nella stanza.

“Uh” borbottò Damon poco interessato “E perché tu non sei a scuola?”.

“Ti devo parlare”.

“Improvvisamente ho qualcos’altro da fare” s’inventò palesemente e cercò di oltrepassare il fratello ma questi gli si parò davanti.

“Sei serio?” era a metà tra una minaccia e una risata. Notando che il fratello non accennava a muoversi, aggiunse “Stanne fuori, Stefan. Non sono affari tuoi”.

“Invece mi riguardano eccome” obiettò lui “Ieri ho mandato Elena a cercare dei paletti in soffitta e dopo dieci minuti la vedo scappare dal Pensionato e trovo Bonnie rannicchiata sul letto che mi prega di portarla fuori di casa. Cosa diamine hai fatto?”.

“Tra me ed Elena non è successo niente, fratellino. Non c’è bisogno di aggiungere altre rughe alla tua fronte”.

“Non sono qui per parlare di Elena”.

Damon sgranò impercettibilmente gli occhi, sorpreso. Si aspettava che Stefan gli intimasse di stare lontano dalla Gilbert, di farsi da parte una volta per tutte; invece appariva molto più preoccupato per Bonnie.

Chiuse gli occhi esasperato: sarebbe stata una lunga e tediosa chiacchierata.

“Allora cosa vuoi sapere di preciso?”.

“Come puoi essere così menefreghista? Non t’importa dei sentimenti di Bonnie? Non hai paura di romperla per l’ennesima volta?”.

Damon si sedette sulla poltrona e aprì le braccia “Stai esagerando come al tuo solito, ho la situazione sotto controllo”.

“Ma davvero?!” ironizzò Stefan “Chissà perché non ti credo. Santo Cielo, Damon! Non ti basta tutto quello che le hai fatto passare? Dovevi per forza trascinarla nella tua storia angosciante con Elena?!”.

“Chiariamo questo punto una volta per tutte” dichiarò Damon “Tra me ed Elena non c’è nessuna storia. Lei ha scelto te e io non ho intenzione di farmi strapazzare come un burattino”.

“Ieri Bonnie era piuttosto agitata; vuoi dirmi che non aveva niente a che fare con te ed Elena?”.

Non è successo niente, NIENTE!” ribadì l’altro “Non è colpa mia se la tua ragazza non sa stare da sola con me senza mangiarmi con gli occhi”.

La mascella di Stefan si contrasse a quella rivelazione ma tentò di non mostrare il suo fastidio.

“E’ così tipico di te” sibilò lui “Non ti prendi mai una responsabilità, sono sempre gli altri a fare tutto. Non hai mai pensato, nemmeno per un momento, che forse Bonnie è così insicura per colpa tua?”.

Damon ricordò la discussione della mattina precedente, quando si era rifiutato accompagnarla al ballo. Non le aveva detto esplicitamente il motivo, ma Bonnie non era stupida e aveva capito che c’entrasse Elena.

“Non la sto usando” giurò.

“Certo che non la stai usando o ti avrei già strappato i genitali!” esplose Stefan mandando a quel paese tutto il suo contegno “Ma non ti sei nemmeno fatto scrupoli: sai benissimo di non aver ancora superato la delusione per Elena, ma questo non ti ha fermato”.

“Non mi ha fermato” ripeté Damon alzando la voce “E neppure mi voglio fermare! Tu devi invece imparare a starne fuori!”.

“Non puoi chiedermi di starne fuori quando c’è in ballo la felicità di Bonnie” ribatté Stefan “So cos’è successo a Charlottesville, okay? So che se Elena ti avesse detto di sì, ora stareste insieme e dopo nemmeno due giorni vai a letto con Bonnie? Credi davvero che potrei fare finta di niente?”.

Damon si voltò verso il camino rifiutandosi di rispondere. Era assurdo, se ne rendeva conto anche lui. Probabilmente anche Bonnie si era chiesta decine di volte quale fosse la genuinità dei suoi sentimenti. Damon non poteva biasimarla data la velocità degli eventi.

Era così inconcepibile l’idea di provare emozioni molto forti per due persone?

Damon non si sarebbe mai sognato di giocare come aveva fatto la bellissima bionda eppure a lei era concesso. Voleva Bonnie ma nel frattempo era incapace di lasciare andare Elena. Era forse un reato? Perché nessuno gli concedeva un po’ di tempo; perché lo ritenevano sempre e comunque il cattivo ragazzo?

Non aveva mai dato prova di grande bontà, ma quella volta stava davvero cercando di fare le cose per bene.

Avrebbe voluto accontentare Bonnie con quella storia del ballo; semplicemente non si sentiva ancora pronto.

Improvvisamente si rese conto, con sconforto, che sarebbe sempre stato sotto accusa, qualunque cosa avesse fatto. Era troppo difficile credere che lui, il vampiro senza cuore, avesse delle buone intenzioni.

Lui non era Stefan. Non era il ragazzo buono, ma solo una mela marcia che presto o tardi avrebbe mostrato la sua vera natura corrotta.

Non gli importava che suo fratello lo pensasse, non gli importava neanche che Elena lo pensasse; aveva, però, sperato che almeno Bonnie vedesse un po’ di luce in lui; e invece era lì, come tutti, in attesa di un suo errore.

“Questa storia deve finire” la voce di Stefan lo distolse dai suoi pensieri. Damon per i primi secondi si convinse di aver sentito male e liberò una risata “Scusa?”.

“Tra te e Bonnie deve finire. Finché tu non sarai sicuro dei tuoi sentimenti, non dovrai più toccarla” gli ordinò.

Damon si alzò dalla poltrona per fronteggiare il fratello “E tu chi saresti per dirmi quello che devo fare?”.

“Sono uno che tiene alla felicità di Bonnie” non demorse tenendo gli occhi fisse in quelli neri dell’altro vampiro.

“Ma guardati” lo sbeffeggiò Damon camminando verso di lui con movenze un predatore “Il cavaliere nella sua scintillante armatura, senza macchia e senza paura” prese a girargli intorno come uno squalo “Ti stai godendo questo momento, vero? Non vedevi l’ora di metterti in mostra salvando un’altra fanciulla in pericolo, non vedevi l’ora di affibbiarmi il ruolo del mostro”.

“Adesso è questo il problema? La nostra rivalità? Puoi per una volta lasciar perdere questo vittimismo e renderti conto che stai costruendo tu da solo il muro?”.

“Pensi che non lo sappia?” continuò Damon come se non lo avesse neppure ascoltato “Vi ho visti ieri sera addormentati nel tuo letto”.

“Cosa sarebbe questa? Una scenata di gelosia?”.

“Scommetto che vi siete divertiti un mondo a parlare male di me; scommetto che ti è piaciuto consolarla … tu adori fare l’eroe”.

“Non ce ne sarebbe stato bisogno se tu fossi stato lì per lei” disse Stefan con tono tagliente “Ma non ne sei capace … no, l’unica cosa che puoi fare è portarla a letto fino allo sfinimento!”.

La schiena di Stefan sbatté violentemente contro un mobile del salotto e lui crollò sul pavimento.

“La devi smettere di ascoltare quello che non devi” lo minacciò Damon con il volto sfigurato dai suoi tratti vampireschi.

“Non è che io possa proprio evitarlo” gli fece notare Stefan con tono di beffa; ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma il suo superudito glielo impediva.

“Ancora una parola e ti strappo le orecchie” ringhiò Damon “Bonnie è mia e non ti permetterò di rivoltarla contro di me”.

“Stai già facendo un ottimo lavoro per conto tuo, fratellone”.

Quello era troppo. Damon lo prese per un braccio e lo gettò dall’altra parte della stanza distruggendo un tavolino di vetro.

Gli fu addosso in un momento e lo sollevò per la gola “Davvero non so cosa ci trovino in te … Santo Stefan, il paladino della giustizia; sei il disonore di ogni vampiro” e strinse le dita intorno al suo collo.

Stefan gli storse il polso e gli diede una spinta allontanandolo da sé “Non sono io quello solo come un cane” lo provocò.

Ci fu poco spazio per le parole e ancora meno per gli insulti. Damon si sentiva come alla resa dei conti, come se finalmente fosse arrivato il momento per riversare su Stefan tutto il rancore che aveva accumulato in quegli anni.

Il minore parò una buona parte dei colpi del fratello ma non aveva la determinazione di quest’ultimo. Non aveva niente contro Damon, voleva soltanto fargli capire come le sue azioni influenzassero anche coloro che gli stavano attorno e come sarebbe finito per ferire Bonnie se non avesse fatto chiarezza nella sua testa.

Damon riuscì ad atterrarlo e lo bloccò a terra iniziando a tempestargli di pugni il volto, sfogando tutta la sua rabbia. Stefan gli afferrò entrambe le mani e lo obbligò ad aprire le braccia allontanandole dal suo viso, poi con un piede lo calciò via contro uno scaffale.

Damon era pronto per tornare all’attacco ma una voce lo bloccò.

“Che diamine sta succedendo qui?” urlò Bonnie correndo ad inginocchiarsi di fronte a Stefan. Gli prese il capo tra le mani ed esaminò le ferite che si stavano lentamente rimarginando “Damon sei completamente impazzito?” lo rimproverò spostando la sua attenzione su di lui “Non ci posso credere” sbottò mentre aiutava Stefan a mettersi in piedi “State ancora litigando per Elena?”.

Aveva apostrofato entrambi ma la critica era rivolta palesemente a Damon. Il vampiro lo intuì all’instante dallo sguardo di fuoco che puntava verso di lui.  Si alzò un po’ a fatica e con una manica si pulì un rivolo di sangue dall’angolo della bocca “In realtà stavamo litigando per te” precisò con tono amareggiato, poi sparì dal salone.

Bonnie spalancò gli occhi e lo chiamò più volte; lui non le diede ascolto.

La rossa portò a Stefan delle sacche di sangue e si accertò delle sue condizioni. Quando fu sicura che non fosse niente di grave, lo lasciò riposare sul divano e si diresse verso la camera di Damon.

Bussò alla porta ma non ricevette risposta. Entrò con cautela e cercò con gli occhi il vampiro: era seduto sul letto, le dava le spalle e, pur percependo la sua presenza, non le prestò attenzione.

“Damon” lei mosse qualche passo verso il letto. Appoggiò un ginocchio sul materasso e si piegò verso l’uomo; allungò una mano per toccarlo sulla spalla.

Lui si scostò.

“Ehi” mormorò dolcemente Bonnie “Mi vuoi dire cosa è successo?”.

“Daresti ragione a Stefan, come al solito” la liquidò.

“Siamo tornati all’inizio?” gli chiese retoricamente scivolando accanto a lui “Per me non funziona così. Crederei a qualunque cosa mi dicessi”.

“Non è vero” la contraddisse Damon continuando a guardare fisso davanti a sé “Sei come tutti gli altri, sempre a darmi la colpa di qualcosa”.

“Io non …”.

“Ti prego, evita la scena da santarellina” la interruppe con voce fredda “Quando sei arrivata mi hai subito gelato, hai dato per scontato che fossi stato io ad iniziare”.

“Tuo fratello ha il naso rotto e tu non hai neppure un graffio. Non stavo dando la colpa a te, stavo solo cercando di capire perché l’avessi massacrato di botte”.

“E questo ti elegge automaticamente difensore di Stefan. Scommetto che il riferimento ad Elena era casuale” ipotizzò con una punta di sarcasmo alzandosi per allontanarsi da lei.

“Vorrei soltanto farti capire che rischi di perdere l’unica persona che è con te fin dall’inizio e ci rimarrà fino alla fine, per una donna che non ti vuole!”.

Damon sbuffò scettico e glissò volutamente l’argomento Stefan per concentrarsi sulla bionda. Sentiva di aver qualche sassolino da togliersi dalla scarpa “Dici di essere dalla mia parte, di credere a tutto quello che ti dico; eppure, non appena hai il dubbio che c’entri Elena, mi punti sempre il dito contro”.

Bonnie si ritrovò a corto di parole. Adesso era diventata lei la cattiva? Adesso Damon faceva pure l’offeso?

“Sono davvero stanco di questa storia. Sei tu quella che continua a metterla in mezzo, non io. Cresci una buona volta e supera le tue insicurezze!”.

Bonnie aprì la bocca incredula; da un lato voleva scoppiare a ridere, dall’altro prenderlo a schiaffi; e la seconda opzione era più allettante.

“Non è che tu sia proprio innocente” gli fece notare.

“No, Bonnie, non lo sono. Ma tu non mi dai tregua! Ogni volta che tra me e te le cose non vanno come vuoi, sei sempre lì ad immaginarti gli scenari peggiori. Non so più come dirti che niente di quello che è successo fra noi ha a che fare con Elena”.

“Beh, scusami se ho un paio di motivi per pensare il contrario!” replicò la ragazza alzandosi in piedi come una furia “Poco più di una settimana fa sei tornato a casa disperato perché ti aveva rifiutato e ieri … in soffitta … ho visto lo sguardo che vi siete scambiati”.

“O mio Dio!” tuonò il vampiro “Le stavo solo insegnando come impugnare un paletto; non è stato niente e tu sei arrivata nell’unico momento in cui …”.

“In cui?” lo incalzò lei.

“E’ stata solo un’occhiata, Sissi” disse Damon “Non significa niente”.

“Ti manca” asserì Bonnie con gli occhi lucidi “Vorresti lei al mio posto”.

“Non mi sprecherò a negare, tanto non ti fideresti lo stesso” sospirò Damon passandosi nervosamente una mano nei capelli.

“E’ passato troppo poco tempo; non puoi essertela dimenticata” insistette lei.

“Non me la sono dimenticata!” ammise esasperato “Non vuol dire, però, che sia il centro dei miei pensieri; non quando sono con te” sentì l’impulso di accarezzarle una guancia, di toccarla, di farle capire in qualche modo quanto ci tenesse ma si trattenne. Non era lui quello a sbagliare per una volta.

Bonnie inspirò per ricacciare giù il groppo che si era fermato in gola: non voleva che la vedesse piangere, non voleva mostrarsi debole.

“Ci sto provando e tu lo sai” mormorò il vampiro “Evidentemente non mi merito neanche il beneficio del dubbio: devi sempre dedurre il peggio di me”.

“Mi dispiace se non sono capace di darti una mano a capire i tuoi sentimenti. Vorresti forse carta bianca per passare dal mio letto a quello di Elena? Forse ti renderebbe la vita più facile”.

“Tra me ed Elena è finita!” gridò Damon al limite della pazienza.

“Perché lei ha deciso così!” replicò Bonnie con la stessa determinazione “Sei talmente ossessionato che non riesci nemmeno a portarmi ad un ballo per paura di rovinare tutto con lei!”.

“Dannazione, Bonnie” imprecò l’altro e la prese per le spalle sbattendola contro il muro, perdendo il controllo “Sapevi in cosa ti stavi cacciando quando sei venuta a letto con me la prima volta, sapevi che sarebbe stato complicato quindi mi piacerebbe che mi dicessi cosa diavolo vuoi da me?!”.

Bonnie lo spinse via con forza ancora più arrabbiata “Voglio che tu sia onesto. Ho capito che sei allergico ai sentimenti, ma se vuoi stare con me, dovrai fare uno sforzo perché io non accetto le cose a metà” lo avvertì “E io forse dovrò superare le mie insicurezza, ma tu devi smetterla con questo complesso d’inferiorità verso tuo fratello” raggiunse la porta con tutta l’intenzione di andarsene ma, poggiando la mano sulla maniglia, si girò un’ultima volta “Non ti compatirò perché pensi ci sia un complotto contro di te. Fatti una bella autoanalisi, Damon: ti lamenti tanto di essere sempre la seconda scelta ma mi stai trattando esattamente in quel modo”.

“Tu non sei un rimpiazzo” ribatté subito il vampiro scuotendo la testa.

“E’ come mi sento” e con quelle parole abbandonò la stanza libera finalmente di lasciar cadere alcune lacrime.

Si trovava a combattere contro qualcosa più grande di lei e non avrebbe voluto rinunciare a Damon, ma se la situazione fosse diventata insostenibile, si sarebbe tirata indietro. Forse condividevano la stessa sorte infelice, ma Bonnie non era come il vampiro e non si sarebbe accontentata di attimi fugaci, rubati al fidanzato ufficiale.

O tutto o niente. Mentre si chiudeva la porta del bagno alle spalle, ebbe una tremenda paura di rimanere proprio con niente.

 

Elena finì di spazzolarsi i capelli e si guardò allo specchio, malinconica.

Sentiva che tutta la sua vita stesse andando a rotoli. Stefan non accennava a rivolerla con sé e Stefan era la sua vita.

Avrebbe tanto voluto trovare il coraggio d’invitarlo al Ballo di Fine Anno, ma ogni volta che credeva di potercela fare, si diceva che sarebbe stata troppo sfrontata.

Dopo tutto quello che gli aveva fatto patire, con che faccia tosta poteva chiedergli di accompagnarla al ballo, come se non fosse successo niente?

Quel pomeriggio aveva sbagliato tutto con Damon e ringraziava il Cielo che Stefan non fosse stato presente. In realtà non stavano facendo niente di male: il vampiro le aveva solamente mostrato come colpire al meglio delle forze, ma la situazione era totalmente equivocabile, soprattutto per colpa dell’ultimo profondo e lungo sguardo che si erano scambiati. Era stato dettato più che altro dalla nostalgia, però chiunque avrebbe frainteso vedendoli. Bonnie aveva decisamente travisato ed Elena non se n’era stupita. A ruoli invertiti avrebbe dedotto la stessa identica cosa.

Le mancava Damon, le mancavano le attenzioni che riservava solo a lei, le occhiate ammiccanti e i tocchi carichi di tensione, ma si riduceva tutto lì: ad un po’ di nostalgia. Poteva vivere benissimo senza. Era Stefan quello che le toglieva il respiro; sarebbe sempre stato solo Stefan.

Posò la spazzola, andò in camera di Margaret e le diede un bacio sulla fronte poi tornò nella sua stanza.  Una sorpresa l’attendeva seduta sul letto.

L’ultima persona che avrebbe voluto vedere.

“Damon?”.

“Forse avevi ragione” disse quello senza spiegarsi.

“Hai bevuto?”  non sembrava ubriaco ma quella frase l’aveva spiazzata, non capendone il senso.

“No, sono più sobrio che mai. Quindi dovrai prendere tutto quello che dirò molto seriamente, perché intendo ogni parola”.

Elena istintivamente indietreggiò. Ogni volta che Damon iniziava così un discorso non andava mai a finire bene. Uno dei due veniva sempre ferito in qualche modo.

“Tu hai scelto Stefan” sentenziò lui “Sei sicura che non ti tirerai indietro?”.

“Damon …”.

“Rispondi”.

“Sì”. Una conversazione quasi a monosillabi; non le piaceva la piega che stava prendendo.

Damon si alzò dal letto e gironzolò per la stanza “Puoi staccarti da quel muro, Elena, non sono venuto qui per circuirti. Voglio solo mettere alcune cose in chiaro” la rassicurò voltandosi verso di lei.

La ragazza timidamente prese posto sul materasso e attese.

“Avevi ragione quando hai detto che il nostro era un amore malato, che avrebbe fatto stare male noi e gli altri, ma me ne sono accorto solo oggi. Non ci siamo solo noi due, Elena; adesso le cose sono cambiate”.

“Damon, scusami ma mi sto perdendo”  lo interrupe Elena confusa.

“Non voglio più trovarmi in situazioni come quella di questo pomeriggio; niente più occhiate ambigue, niente più commenti fuori luogo, niente più ripensamenti. Tu hai preso la tua decisione e non puoi stravolgere ancora tutto”.

“E’ stato solo un momento, oggi. Nulla di più. Non ho intenzione di cambiare idea” replicò sicurissima Elena.

“Bene” ne fu contento Damon “Perché sto guarendo, principessa, non sono più assillato dal tuo pensiero e non sopporterei di essere ributtato in quel tunnel”.

Elena si accigliò: le faceva un po’ male ascoltare quelle parole. Sebbene fosse stata la prima a definire il loro sentimento sbagliato e dannoso, non credeva di essere stata un tale morbo per lui.

“Sto bene, Elena, mi sento davvero bene e incredibilmente  il merito non è tuo” fu forse un po’ troppo brusco ma voleva che la sua posizione fosse ben salda “Sono sempre stato inquieto, alla ricerca di non so nemmeno cosa, ma adesso l’angoscia è sparita. Per la prima volta mi sento sereno e non voglio allontanare l’unica persona mi dona tutto ciò”.

Elena iniziava a capire il punto della questione: Damon non era andato a casa sua per convincerla a scegliere lui, ma per proteggere il suo rapporto con Bonnie.

“Mi dispiace per quello che ha visto oggi” si scusò sinceramente la bionda “Le posso parlare, le spiegherò che è stato un malinteso. Tra me e te non c’è più niente” affermazione davvero paradossale eppure molto vera.

“Il problema non è quello che è successo questo pomeriggio. Il problema siamo io e te. Tu hai scelto Stefan e io ho cercato di farmene una ragione, ma la verità è che nessuno dei due ha lasciato perdere davvero. È come se ci fosse uno spiraglio di speranza per noi e ci sta rovinando”.

Elena abbassò la testa conscia di essere colpevole quanto Damon. Lo aveva rifiutato a parole, lo aveva evitato ma l’attrazione c’era ancora e lei non l’aveva affrontata, l’aveva semplicemente ignorata e sepolta.

“Le nostre strade si sono incrociate ma abbiamo preso direzioni diverse. Se voglio arrivare dove intendo, devo lasciarti andare una volta per tutte e tu devi fare lo stesso o non riavrai mai Stefan”.

Elena sorrise un po’ imbarazzata e annuì “Sono stata un po’ egoista, lo ammetto. Ho continuato a considerarti mio anche se non ne avevo il diritto. Hai ragione: ci dobbiamo liberare a vicenda. Io forse non otterrò mai il perdono di Stefan, ma tu … sembra che Bonnie ti renda felice e non voglio mettermi in mezzo”.

“Non so se sono felice, non credo di sapere come ci si senta quando si è felici. Ma sto bene e non posso farla soffrire ancora. Bonnie non si merita di essere un rimpiazzo, Bonnie non è un rimpiazzo” precisò correggendosi da solo.

“Lo so” mormorò Elena “Non l’ho mai pensato”.

“Qualunque cosa ci sia stata fra noi, finisce sta notte, qui, in questa stanza” ribadì nuovamente, categorico.

La giovane concordò ma sorrise mestamente “Allora questo è l’addio definitivo?”.

“Devo andare avanti con la mia vita, Elena” disse Damon. Non era una giustificazione, ma la semplice verità “Rimarrai sempre importante per me” le rivelò senza remore. Non voleva cancellarla; l’avrebbe difesa e aiutata, ma le avrebbe più concesso il suo cuore.

“E io sarò sempre un po’ gelosa di te” gli confidò lei sorridendogli questa volta teneramente e serenamente.

“Buona notte, Elena” la salutò il vampiro sparendo dalla finestra.

“Buona notte, Damon” rispose lei.

Entrambi si sentirono improvvisamente liberi da un grande peso.

Damon era soddisfatto di come era riuscito a gestire la situazione. Era andato tutto secondo i piani e non rimpiangeva ciò che aveva detto.

Elena Gilbert era stata un’ossessione, un sogno ad occhi aperti che gli aveva fatto riscoprire emozioni travolgenti ma non era reale. Quella sorta di fissazione, di amore distorto l’aveva tenuto ancorato troppo a lungo ed ora che se n’era disfatto, si sentiva molto più leggero e pronto per definire il suo rapporto con Bonnie.

Le ultime velenose parole che gli aveva rivolto la ragazza erano state un’illuminazione. Improvvisamente l’aveva immaginata camminare via non solo dalla sua stanza, ma anche dalla sua vita. Si era sentito soffocare.

Aveva passato secoli ad essere la seconda scelta ed era stato orribile; non avrebbe mai voluto mettere la piccola rossa in quella posizione.

Bonnie non era una seconda scelta; doveva essere messa al primo posto, in cima a tutto. Meritava di essere protetta, meritava qualcuno che si prendesse cura di lei, meritava qualcuno di totalmente devoto.

Non sapeva se sarebbe stato capace di darle tutto ciò di cui aveva bisogno; forse non sarebbe mai riuscito a fare le cose per bene, ma ci avrebbe provato perché Bonnie aveva dimostrato di tenere a lui più di chiunque altro.

Quello che provava per la strega era ancora molto confuso e chissà se Damon sarebbe mai riuscito a capire di che si trattava, ma di una cosa era più che certo: lasciare andare Elena era stato difficile, non impossibile; lasciare andare Bonnie sarebbe stato inconcepibile.

Con questa nuova consapevolezza, rientrò in casa e trovò l’oggetto dei suoi pensieri rannicchiato sul divano, già in pigiama, addormentata.

Le si avvicinò e s’inginocchiò di fronte a lei, chiedendosi come fosse possibile che diventasse più bella ogni volta che la vedeva.

Le accarezzò una guancia e Bonnie si mosse svogliatamente, aprendo di poco gli occhi ancora stanchi “Damon?” lo chiamò sottovoce.

“Ti sei addormentata sul divano” le disse lui giocando con una ciocca infuocata.

“Ti stavo aspettando” mugugnò voltandosi dall’altra parte per riprendere il suo riposo. Probabilmente non distingueva nemmeno il sogno dalla realtà.

Il vampiro passò un braccio attorno alla sua vita e uno sotto le ginocchia e la sollevò. La ragazza appoggiò la testa sul suo petto “Che fai?” sbadigliò accoccolandosi meglio; i suoi occhi si erano richiusi.

“Ti porto a letto” le rispose mentre la trasportava sul per le scale verso la sua camera. L’adagiò sul materasso e l’aiutò a mettersi sotto le coperte.

Bonnie si lasciò guidare nei movimenti come una bambola e quando fu avvolta dalle lenzuola, strinse il cuscino e si preparò per cadere di nuovo tra le braccia di Morfeo “Comunque sono ancora arrabbiata con te” ci tenne a puntualizzare mentre sprofondava nel guanciale.

“Riposa, Sissi” l’ammonì bonariamente “Domani avrai tutto il tempo di friggermi il cervello” le concesse. Dopo pochi minuti Bonnie sprofondò in un sonno profondo.

Damon rimase ad osservarla per un tempo che gli parve infinito, godendosi la pace del momento; quella stessa pace che gli rasserenava l’anima ogni volta che Bonnie gli era vicino. Piegò leggermente le labbra all’insù.

Quello che condivideva con la strega era giusto, era dannatamente giusto e niente gli avrebbe mai tolto quella convinzione. Lui non avrebbe permesso che gli fosse portata via.

Quando tornò nella sua stanza, si era fatta ormai l’alba.

 

“Want you to make me feel like I'm the only girl in the world
Like I'm the only one that you'll ever love
Like I'm the only one who knows your heart
Only girl in the world
Like I'm the only one that's in command
‘Cause I'm the only one who understands

How to make you feel like a man”

(Only girl- Rihanna).

 

Il mio spazio:

Vi ho già detto quanto adoro le vacanze? Questa settimana mi sono data alla scrittura finalmente libera da impegni!

Prima di tutto voglio ringraziarvi di cuore perché nonostante sia estate e probabilmente molte di voi sono via, continuate a seguirmi in tanti e a commentare! Grazie infinite del vostro tempo.

Ora manca ancora un capitolo prima della pausa estiva e sarà un po’ come la seconda parte di questo.

Ci sono alcuni punti incompleti che avranno bisogno di ulteriori spiegazioni (come la decisione finale di Damon) e troverete tutto nel ballo di fine anno! Non vedo l’ora di scriverlo.

Bonnie e Damon sono due testoni; non so dire chi ha ragione e chi ha torto … credo che la colpa sia condivisa: lei non gli dà tregua e lui preferisce rimanere legato ad un amore malato piuttosto che cedere a quei nuovi sentimenti.

Forse Stefan è risultato un po’ saccente in questo capitolo ma personalmente trovo che abbia ragione: anche se Damon non sta volutamente giocando con i sentimenti di Bonnie, non è giusto che continui a prestarle attenzione solo in camera da letto, tenendo una porticina aperta per Elena.

Vi avviso: non penso che in questa storia i due fratelli faranno mai veramente pace. Ci sono troppi secoli di odio da superare e mi ci vorrebbero un sacco di capitoli per dipanare quella matassa di astio, bisogno, gelosia e quant’altro (almeno è solo la mia opinione). Probabilmente prima o poi raggiungeranno un’intesa ma niente di più. Il perdono arriverà in un tempo in cui questa fan fiction sarà già conclusa.

So che forse vi aspettavate un capitolo diverso; so che non vedete l’ora che Damon e Bonnie si dichiarino ma non volevo liquidare il problema “Elena” e tutte le questioni affettive del vampiro in un solo pezzo … sarebbe stato un po’ troppo facile. Il capitolo 32 chiuderà questi problemi =) Spero di non avervi allungato troppo il brodo!

Ora vi lascio e risponderò a tutte le vostre recensioni il prima possibile!

Buon weekend!

Fran;)

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Capitolo 32
*** You'll always be mine ***


Ashes &Wine

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Capitolo trentadue: You’ll always be mine.

 

“Watching I keep waiting still anticipating love
Never hesitating to become the fated ones
Turning and returning to some secret place to hide
Watching in slow motion as you turn to me and say
Take my breath away
Through the hourglass I saw you, in time you slipped away
When the mirror crashed I called you, and turned to hear you say
If only for today I am unafraid

Take my breath away”

(Take my breath away- Berlin).

 

“Hai qualcosa da dirmi?”.

Era una domanda che Bonnie avrebbe preferito non ricevere di prima mattina; soprattutto perché più che una semplice curiosità sembrava un’intimidazione.

Non che Meredith le fosse mai parsa molto spaventosa o inquietante (come sosteneva qualcun altro), ma gli occhi grigio scuro dell’amica la guardavano con una tale intensità da penetrarle nella pelle.

Bonnie capì subito che Meredith già sapeva. Che glielo avesse detto Elena o Caroline poco le importava, perché la ragazza ormai sapeva e non l’avrebbe lasciata in pace finché non glielo avesse confessato lei stessa.

La rossa avrebbe potuto negare, eludere la domanda, fare la finta tonta; Meredith non poteva costringerla a parlare di ciò che non voleva.

Quando finalmente Bonnie si decise ad aprire bocca, la sua stessa voce la sorprese. Le sue intenzioni erano di mentire e, invece, si era trovata a svelare tutto come un fiume in piena, senza riuscire né a fermarsi né a controllarsi.

Non si era mai confidata con nessuno e tutte le preoccupazioni, le ansie, le gioie e i timori erano esplosi contemporaneamente, felici di potersi liberare.

Bonnie raccontò tutto dall’inizio fino agli eventi del giorno precedente, stando bene attenta a non tralasciare nulla.

Non aveva potuto parlarne con Elena perché era troppo coinvolta e Caroline era una grande amica, con un buon cuore ma a volte prendeva le cose con troppa leggerezza, le rendeva facili; Meredith era l’unica che poteva ascoltarla e aiutarla in modo obiettivo senza giudicarla.

Fu felice di potersi sfogare, soprattutto riguardo la sera prima. Ricordava che, pur essendo ancora arrabbiata con Damon, aveva riconosciuto in parte le sue ragioni.

Era ovvio che gli servisse del tempo per smaltire tutta la passione con cui aveva amato Elena. Sarebbe parso ancora più sospetto se da un giorno con l’altro se ne fosse dimenticato. In fondo lui non aveva fatto niente di male.

Bonnie non era il tipo da lasciare le questioni irrisolte; non si pentiva di quello che gli aveva detto ma avrebbe preferito chiarire. Nascondere la testa sotto la sabbia non sarebbe valso a nulla.

Così si era addormentata sul divano in attesa del ritorno del vampiro e alla mattina si era risvegliata nel suo letto. Damon l’aveva riportata in camera sua o almeno era quello che credeva Bonnie; forse se l’era solo sognato.

Alla mattina, comunque, tutti i suoi buoni propositi erano svaniti e la ragazza, dopo essersi cambiata alla velocità della luce, era schizzata fuori di casa con tutta l’intenzione di evitarlo il più a lungo possibile.

Si stava comportando come una bambina, indecisa e lunatica. Aveva decisamente bisogno del consiglio della più saggia tra le sue amiche o avrebbe fatto un gran casino.

“Capisco perché ti sei lasciata andare la prima volta, quello che non capisco è perché tu non ti sia fermata dopo” fu la prima cosa che le chiese Meredith.

“Onestamente non lo so. Anche Caroline mi aveva suggerito di stargli alla larga, ma non ci sono riuscita” chiarì Bonnie con voce triste.

“Scusa se te lo chiedo ma hai una qualche idea di quello che ti sta succedendo? Mi sembri completamente smarrita. Ci hai pensato un po’ in questi giorni?”.

“E’ da parecchio che ci penso” asserì la rossa “Ma non sono giunta a nessuna conclusione. Se torno indietro di un mese soltanto, non riuscirei mai ad immaginarmi niente del genere, ma nel frattempo quasi non mi ricordo come fosse la mia vita quando io e Damon eravamo solo amici”.

“Bonnie” sbuffò Meredith “Possiamo ammettere che tu e Damon non siete mai stati solo amici?” domandò esasperata “Da quando sei tornata a Fell’s Church, qualunque cosa vi abbia legato è sempre stata superiore all’amicizia”.

“Forse hai ragione” le concesse Bonnie “E’ come se questi sentimenti ci fossero sempre stati ma non me ne sono accorta finché non ci siamo baciati la prima volta. Che è assurdo, perché è stato pure uno sbaglio! Se ci rifletto bene, però, credo che in me qualcosa sia cambiato nel momento in cui ho scoperto di essere stata adottata”.

“Come se ti avessero dato il via libera?”.

“Sì … cioè, è brutto detto così ma da quella notte ho incominciato a vederlo con occhi diversi. All’inizio pensavo che fosse solo colpa dell’odio che nutrivo per l’omicidio di Zach, ma più tardi ho capito che ero a disagio perché mi faceva sentire cose che non avrei dovuto sentire … non per lui”.

“Secondo te è sbagliato quello che state facendo?”.

“No” rispose di getto Bonnie “So che potrebbe sembrarlo ma non è quello che provo quando io e Damon siamo insieme”.

“Allora non riesco a vedere il problema” si rassegnò Meredith “In quest’ultimo periodo ti ho vista tranquilla come non mai. Okay, forse sei un po’ più svanita del solito, ma stai bene; e anche lui sta bene: Alaric mi continua a ripetere che Damon è in uno stato di totale beatitudine. Dice che è diventato sopportabile per la maggior parte del tempo”.

Bonnie non trattenne una risata, ma fu fugace “Tra di noi non c’è stata la fase intermedia” spiegò “Siamo passati da un bacio innocente, dato per sbaglio a …”.

“A copulare come dei ricci senza farvi più vedere in giro” concluse l’amica in un commento che sarebbe stato molto più consono ad una come Caroline che a lei.

Bonnie le lanciò un’occhiataccia ma riprese il suo discorso “Il concetto è che non riusciamo a toglierci le mani di dosso e ho paura che quando questo bisogno passerà, Damon si pentirà di tutto”.

“Se fosse solo uno sfizio, non ti avrebbe nemmeno toccata, ti rispetta troppo. E poi ci sono centinaia di ragazze che potrebbe usare per del sesso, perché rovinare il vostro rapporto?”.

“Non dico che lo stia facendo apposta” precisò Bonnie “E hai ragione: dovrei valere qualcosa per lui, ma un giorno si accorgerà che non sono quello che vuole. Io non sono Elena”.

“No, sei Bonnie, l’opposto di Elena” disse Meredith con tono quasi scocciato “E sembri anche essere l’unica persona davvero importante nella vita di Damon. Ti devo ricordare che si è quasi fatto ammazzare per salvarti?”.

“No, grazie” borbottò lei “Me lo ricorda lui ogni giorno”.

“Ti voglio bene, Bonnie, sei fantastica ma ti serve una bella dose di autostima!” la rimproverò la mora “Chi se ne frega di Elena o di quello che rappresenta per Damon. Ci sei tu adesso e se continui ad abbatterti così, non risolverai la situazione”.

“E se Elena dovesse tornare?”.

“Elena ha Stefan e non deve rompere le scatole” sbottò l’amica “E poi, detto sinceramente: non credo che farebbe la differenza”.

Bonnie corrugò la fronte.

“In altri termini sei tu quella da battere, non lei. Se Elena fosse così stupida da rivolerlo, dovrebbe fare i conti con quello che lui prova per te”.

“Non so cosa prova per me. Non vuole nemmeno cominciare il discorso!”.

“Siamo parlando di Damon! Mi preoccuperei se ti dichiarasse amore domani mattina!” esclamò Meredith “Però hai ragione: non può continuare ad ignorare l’argomento” concordò “Hai fatto bene a metterlo alle strette: è l’unico modo per farlo cedere. Damon è il genere di ragazzo che deve toccare il fondo prima di capire che sta sbagliando”.

“Non mi stai consolando” l’avvertì Bonnie “Come posso dire che sta sbagliando quando sono la prima a comportarmi così? È passato talmente poco tempo ed è comprensibile che non riesca a lasciare andare Elena. Anche io non riesco a lasciarlo andare, anche se sarebbe meglio per tutti”.

“Quello che avete voi due è reale, non è un’illusione come la sua”.

“Lo sappiamo io e te, ma non posso obbligarlo ad aprire gli occhi se non vuole. D’altra parte non mi va neanche di tirare troppo la corda perché non voglio allontanarlo”.

“Non ritrattare tutto quello che gli hai detto, Bonnie” le consigliò caldamente la ragazza prendendole le mani “Continuare a gettargli la realtà in faccia è la cosa migliore che tu possa fare. Se ti mostri decisa, capirà che sei seria e che non può evitare per sempre di affrontare le sue stesse emozioni”.

Bonnie si torturò il labbro “Figurati!” proruppe scettica “Non vuole nemmeno portarmi ad un ballo per paura che gli altri ci vedano! Il giorno in cui si deciderà a parlare di sentimenti sarà l’apocalisse”.

“Beh, Damon Salvatore non è l’unico cavaliere in città” le fece notare la mora “La scuola è piena di bei ragazzi liberi, invita uno di loro”.

“Mi stai suggerendo di farlo ingelosire?”.

“No, scordati di Damon” le ordinò “E’ il tuo ultimo anno, la tua festa, la tua serata! Lui non ti vuole accompagnare? Amen. Trovatene un altro e goditi il ballo. Per una notte devi solamente pensare a essere normale e a divertirti”.

“Sì!” esultò Bonnie “Sì, hai ragione! Al diavolo Damon! Questo è il mio ballo; se non mi ci vuole portare, peggio per lui. Inviterò qualcun altro” si auto-convinse con forza “Ma chi?”.

Anche Meredith parve colta di sorpresa da quella domanda “Ci sarà sicuramente qualche altro ragazzo che trovi carino”.

“Non è che abbia avuto molto tempo di guardarmi in giro” considerò Bonnie “Ci penserò su … voglio dire, posso sempre ipnotizzarli no?” scherzò riferendosi al suo speciale Potere che aveva quasi imparato a controllare.

Meredith le sorrise solidale ed entrambe si diressero verso la classe di letteratura.

Bonnie ascoltò poco e niente; da un lato perché il programma era finito e ormai era solo un ripasso; dall’altro perché non riusciva a smettere di pensare a ciò che le aveva consigliato la sua amica.

L’idea era ottima. Bonnie non aveva fatto niente di male e non sarebbe stato giusto precludersi quella serata per colpa della testardaggine di Damon.

Non poteva rimuginare su qualcosa che non poteva neanche controllare.

Lei gli aveva aperto il suo cuore, gli aveva praticamente sbattuto in faccia tutto ciò che non le permetteva di sentirsi bene come avrebbe dovuto. Quando si trovavano solo loro due nella pace della loro intimità, Damon non le faceva mancare niente: si occupava di lei con devozione come se davvero fosse l’unica ragazza che occupasse i suoi pensieri; ma non appena la bolla si spezzava, non appena erano costretti a fronteggiare la realtà il vampiro si tirava indietro, rompendo l’incantesimo.

Bonnie desiderava stare con lui, desiderava sentirsi sempre come in quei momenti, alle sue condizioni però. Niente condivisioni. Non c’era posto per Elena nella sua visione delle cose, non c’era posto per un terzo incomodo, che fosse lei stessa o la bionda.

Alla fine aveva dato a Damon un ultimatum, che sebbene non fosse stato espresso proprio a caratteri cubitali, rimaneva comunque lampante: se avessero deciso di intraprendere una relazione seria, anche al di fuori delle coperte, allora il fantasma di Elena e tutte le riserve del vampiro sui sentimenti dovevano essere cancellate; quantomeno affrontate insieme.

Schizzò fuori dall’aula come udì il suono della campanella e corse verso gli spogliatoi per cambiarsi per la lezione di educazione fisica.

Fece per aprire la porta, quando qualcuno la afferrò per un braccio, catturando la sua attenzione.

“Tyler” sorrise lei “Come stai? Caroline mi ha detto che finalmente avete fatto pace”.

“Sì ma me ne sto pentendo” scherzò il ragazzo “Sono giorni che sistemo la palestra per la sua grande festa; non sento più le braccia”.

“Pensa al risultato finale” lo consolò Bonnie imitando la voce della loro amica che continuava a ripetere quella frase per incitarli a lavorare.

“Già, a proposito … è un po’ imbarazzante perché non vorrei che ti facessi l’idea sbagliata ma …” tentennò lui “Ti va di venire al ballo con me?”.

Bonnie strabuzzò gli occhi e si trovò la bocca asciutta per mancanza di risposte.

“Non prendere male quello che ti sto chiedendo; intendo come amici” si spiegò meglio Tyler “Siamo gli unici due del gruppo a non avere qualcuno con cui andare: Elena è con Stefan, Caroline con Matt e Meredith con Alaric. Ho pensato che avremmo potuto farci compagnia”.

Bonnie non si premurò nemmeno di avvisarlo che Elena e Stefan probabilmente non si sarebbero presentati insieme. Era troppo presa a capire se quell’invito fosse un complimento o un insulto.

Anche Tyler se ne accorse “No, cancella quello che ti ho detto, è uscito malissimo. Non te l’ho chiesto come ultima spiaggia, davvero! Mi piacerebbe andare con te al ballo: sei una bella ragazza, mi farai fare un figurone! E poi mi trovo bene a stare con te e so che passerò una bella serata” parlò a macchinetta “Non volevo solo darti l’impressione di averci provato, non volevo offenderti …”.

“Tyler” lo fermò Bonnie “Va tutto bene, ho capito” lo tranquillizzò “Accetto volentieri la tua proposta. Neanche io voglio andare da sola al ballo; preferisco avere come cavaliere un amico piuttosto che un ragazzo che conosco di vista”.

“Perfetto!” esultò lui “Di che colore è il tuo vestito? Devo comprarti un bouquet che stia bene*”.

Bonnie sbiancò realizzando di non aver nemmeno cercato un abito. “Ti mando un messaggio più tardi, va bene? Sto ancora scegliendo” inventò per guadagnare un po’ di tempo.

Tyler annuì e la salutò. Si diresse verso gli spogliatoi maschili e rimase sconcertato nel trovare Elena che faceva avanti e indietro davanti alla porta.

Quando la ragazza lo vide, gli sorrise raggiante e gli chiese se le potesse chiamare Stefan, dato che lei non poteva entrare.

Elena aspettò che Tyler sparisse negli spogliatoi prima di tirare un sospiro per liberare la tensione.

Da che ricordasse non era mai stata nervosa, soprattutto in materia di ragazzi. Di solito andava sul sicuro: nessuno resisteva al suo fascino. Era un gioco già vinto in partenza.

Quella volta, però, non si trattava di uno qualunque ma di Stefan. Lo amava con tutto il cuore, eppure era stata capace di tradire la sua fiducia nel modo peggiore. Solamente per qualche minuto da brivido.

Il vampiro avrebbe avuto tutte le ragioni per dirle di no e lei se lo sarebbe pure meritato. Sapeva di avere una gran faccia tosta; solo pensare di chiederglielo rasentava la sfacciataggine ma non poteva farne a meno.

Si era ripromessa che avrebbe lottato per quell’amore e avrebbe continuato fino a che Stefan non l’avesse perdonata e ripresa con sé.

“Elena, è successo qualcosa?”.

La bionda si girò e per poco non le venne un infarto: non appena Tyler lo aveva avvertito Stefan era corso fuori, temendo che Elena avesse qualcosa di grave da comunicargli, e nella fretta non aveva indossato la maglietta.

Tutta la lucidità della ragazza andò a farsi benedire e lei si trovò per la prima volta da tempo ad arrossire come una quattordicenne alla prima cotta.

“Stefan” si schiarì la voce “Non era così urgente” gli disse cercando di non fare caso al fisico perfetto del suo ragazzo … no, ex ragazzo.

“Mi hai fatto chiamare nello spogliatoio; pensavo non potesse aspettare”.

“Infatti non può … se aspetto ancora, mi passa il coraggio e non te lo chiedo più” fece un bel respiro e si buttò “Vorresti venire al ballo con me?”.

Stefan alzò un sopracciglio, in un’espressione tra l’incredulo e il divertito.

Per Elena furono i cinque minuti più brutti della sua vita, consumata dall’attesa e attanagliata dall’ansia.

Le sarebbe scoppiato a ridere in faccia. Ne era certa.

 

Aveva tenuto quel maglioncino per sfizio. Non era il tipo che rubava dei ricordini delle sue conquiste; era entrato in possesso di quell’indumento per caso.

Elena se l’era dimenticato una sera al Grill e Damon l’aveva raccolto con l’intenzione di riportarglielo e approfittare per farle una visita ma una volta arrivato alla finestra della sua camera, l’aveva vista con Stefan. Aveva stretto la stoffa fino quasi a strapparla ed era ritornato come una furia al Pensionato.

Non gliel’aveva più ridato, l’aveva nascosto in fondo al suo armadio e lo aveva tenuto per avere l’impressione di possedere qualcosa di lei.

Damon se lo rigirò tra le mani e alla fine lo posò sul letto di Stefan. Era giunta veramente l’ora di chiudere in modo definitivo con Elena.

Per lei, per Stefan, per Bonnie ma soprattutto per se stesso.

Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere e non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. Damon si era categoricamente rifiutato di ascoltare.

Solo le urla di Bonnie avevano fatto centro, gelandolo e obbligandolo a ripensare a tutte le sue azioni e a pentirsi di alcune.

“Ti lamenti tanto di essere sempre la seconda scelta ma mi stai trattando esattamente in quel modo”.

Seconda scelta. Quelle parole erano talmente sbagliate ed era un paradosso perché Damon non aveva mai provato niente di così giusto. In quel frangente si era reso conto di cosa non andasse nella sua piccola bolla. Non c’era posto per qualcosa di sbagliato nel rapporto con Bonnie. Lui non voleva che ci fosse qualcosa di sbagliato.

Si era ritrovato improvvisamente a comparare le due relazioni; Bonnie ed Elena. Sebbene il vampiro non si fosse mai interessato molto alla moralità e sebbene la sua capacità di discernere tra giusto e sbagliato fosse decisamente non condividibile, persino lui aveva notato quanto stonassero l’una con l’altra.

La sua testardaggine nel conquistare Elena aveva ferito innumerevoli persone; da Stefan e Bonnie, passando per la bionda e arrivando a se stesso.

Si era torturato da solo, languendo in un’eterna incertezza, accontentandosi di momenti brevi e di baci rubati, di sguardi proibiti e d’incontri clandestini.

Così era stato con Katherine, così con Elena. In definitiva Damon era rimasto intrappolato nella stessa situazione di cinquecento anni prima, senza muovere un passo avanti. Finché non era arrivata Bonnie e gli aveva mostrato come si potesse amare e tenere a qualcuno senza esserne necessariamente ossessionati.

Gli avevano sempre ripetuto che l’amore, se era vero, avrebbe dovuto migliorarlo, ma Damon non ci aveva creduto. Si sentiva perfetto così com’era e non vedeva motivi per cui dovesse cambiare.

Elena aveva fatto di tutto per trasformarlo in ciò che lei voleva, per renderlo l’uomo migliore, uno di cui potesse innamorarsi, uno che potesse assomigliare almeno in minima parte a Stefan.

Bonnie non ci aveva neanche provato; lo aveva accettato e basta. Eppure era stata quella che gli aveva sconvolto il mondo, senza accorgersene.

Gli era entrata nelle vene, nella testa e anche nel cuore; almeno a se stesso poteva ammetterlo.

Con Elena non avrebbe potuto avere neanche una chance, non contro il perfetto Santo Stefan. Non era, però, la paura di rimanere per sempre un ripiego a spaventarlo, ma la certezza di perdere Bonnie.

L’aveva considerata una bambina, fragile e innocente, ma era stata capace di porre un limite, di proteggere la sua dignità. Non si sarebbe mai accontentata di un amore a metà e non sarebbe scesa a compromessi.

Damon l’ammirava per la sua forza e si sarebbe maledetto piuttosto che lasciarla andare. Poteva fare a meno di Elena, poteva liberarsi di quel rapporto nocivo.  Aveva passato mesi ad urlare che tra di loro non c’era niente di sbagliato, che avrebbero dovuto concedersi un’opportunità e solo ora comprendeva la gravità del suo errore. Non aveva senso struggersi per una donna che gli avrebbe rovinato la salute mentale: con lei non si sarebbe mai sentito a casa, non l’avrebbe mai sentita sua.

Probabilmente non l’avrebbe mai dimenticata del tutto- aveva rappresentato un sentimento molto forte e sarebbe rimasto un ricordo prezioso-  ma finalmente il vampiro era pronto per andare avanti, verso il futuro, verso Bonnie.

Quella streghetta era sua, lo era sempre stata e lo sarebbe stata per l’eternità. Era qualcosa di inevitabile, non l’aveva deciso lui. Semplicemente si appartenevano, s’incastravano e si miglioravano.

Per cui, dopo una notte praticamente trascorsa insonne, Damon aveva deciso di accompagnarla al ballo. Non era il suo genere di divertimento, ma se l’avesse resa contenta e le avesse fatto capire quanto tenesse a lei, allora si sarebbe sacrificato.

Nella sua lunghissima vita aveva presenziato ad un’infinità di balli più o meno eleganti, uno in più non lo avrebbe certo ucciso.

Così uscì abbandonò la camera di suo fratello e raggiunse quella della ragazza.

Al primo impatto credette che fosse esplosa una bomba per via del disordine che regnava incontrastato. Una pila di abiti eleganti, ammucchiati malamente uno sopra l’altro, troneggiava in mezzo al letto.

Bonnie era in piedi davanti allo specchio e continuava a girarsi a destra e a sinistra con il corpo per vedere come le stesse il vestito che indossava: blu scuro, senza maniche, con un corpetto stretto e cosparso di Swarovski e con una lunga gonna che aveva un aspetto ampio e pensante. Era molto bello, ma non adatto a Bonnie. Un fisico minuto come il suo scompariva là dentro.

La rossa sbuffò, tirò giù uno scatto nervoso la cerniera che stava a lato sotto l’ascella e sgusciò fuori restando solamente in mutande. Ignara della presenza del vampiro, s’infilò una sottoveste e riprese la ricerca nel mucchio.

Damon, che quasi era arrossito alla vista del corpo praticamente nudo della ragazza, si vergognò a studiarla in modo così indiscreto a sua insaputa, ma non riuscì a toglierle gli occhi di dosso.

Aveva comprato lui la sottoveste che stava indossando e si complimentò per la scelta azzeccata. Certo, sarebbe stato tutto più piacevole se avesse potuto levargliela con le sue mani, ma al momento non ne aveva il permesso.

Bonnie prese un abito rosa cipria a sirena, molto stretto, monospalla. Con un’occhiata Damon poté stabilire che nemmeno quello sarebbe stato adeguato al suo corpo ma aspettò di ammirarla prima di esprimere un giudizio.

La ragazza, dopo essersi tolta di nuovo la sottoveste, se lo mise e camminò fino allo specchio tendendoselo al seno con una mano affinché non le scivolasse giù dato che non l’aveva ancora chiuso.

L’impresa si rivelò più difficoltosa del previsto poiché la zip era stata cucita dietro.

Stava per rinunciare e provare il successivo, quando due mani fredde si posarono sulle sue e strinsero i due lembi dell’abito, sfiorandole la schiena.

Rabbrividì e attraverso lo specchio incrociò gli occhi neri di Damon che la provocavano apertamente. Il vampiro chiuse la cerniera e con le dita le accarezzò il profilo delle spalle e del collo.

Bonnie chiuse gli occhi e si appoggiò al petto di lui, arrendevole. Li riaprì solo avvertendo le labbra dell’uomo posarsi sulla sua pelle e riacquistò un po’ di lucidità. Si sottrasse alla morsa e si allontanò, voltandosi verso di lui solo quando fu certa di aver messo tra loro una ragionevole distanza.

“D- da quanto sei qui?” chiese a disagio maledicendosi per essersi cambiata più volte senza controllare la porta.

“Niente che non avessi già visto” fu la risposta sfuggente di Damon che aveva intuito i pensieri della rossa “Dove hai preso tutti questi vestiti?”. Sembrava che avesse svaligiato una boutique di alta moda.

“Ho rovistato negli armadi” spiegò lei “Devono essersi accumulati nel tempo”.

“Sei ancora decisa ad andare a quel ballo?”.

“E’ il mio ultimo anno, non ho intenzione di perdermi questa festa” replicò Bonnie lapidaria.

Era ancora arrabbiata. No, si corresse Damon, era proprio incazzata.

“Credo di aver risolto il problema dell’accompagnatore” annunciò lui con il tono più cordiale che potesse trovare cercando di scalfirla un po’.

“Non c’è più nessun problema: Tyler mi ha invitata”.

Il cervello di Damon smise di funzionare per un paio di secondi.

Non c’è più nessun problema.

Aveva trovato una soluzione da sola.

Tyler mi ha invitata.

Qualcuno si era permesso prendere il suo posto.

Tyler.

Il lupo mannaro.

Tyler l’aveva invitata.

La sua pelliccia sarebbe presto diventata arredo del pavimento di casa Salvatore.

“Tyler quello che ha attirato in città i lupi? Tyler che ci ha fatto quasi ammazzare? Quel Tyler?”.

“Tyler, quello grazie cui siamo ancora vivi” precisò Bonnie senza prestargli molta attenzione mentre aveva preso ad esaminare ancora una volta quei vestiti.

“E gli hai detto di sì?”.

Bonnie smise di cercare percependo il tono indifeso con cui il vampiro aveva posto quella domanda. Si costrinse a non cedere e ribatté con voce dura “Non ti aspetterai davvero che mi presenti da sola?”.

“Credevo puntassi più in alto di uno che si gratta le orecchie per spulciarsi” commentò Damon velenosamente.

Bonnie ignorò quell’appunto non ritenendolo nemmeno degno di attenzione. Il vampiro era un vero asso nell’evidenziare i difetti altrui, ma avrebbe fatto meglio a occuparsi dei propri che erano ben più gravi.

“M’immaginavo diversamente il tuo accompagnatore” disse lui, quasi con una nota di malinconia.

“Anche io, ma i balli non fanno per lui” ribatté Bonnie. Ogni riferimento era puramente voluto.

“Tyler manca di galanteria” continuò ostinatamente, come un ottuso.

“E’ meno manchevole di qualcun altro” quella frecciatina era stata cattiva e la rossa se ne rese conto. Odiava essere una tale carogna.

“Chiamalo e digli che non puoi andare con lui” le ordinò Damon.

“Che cosa …?”.

“Ti porto io”.

Bonnie per poco non rimase a bocca aperta come un pesce. Quanto aveva desiderato sentire quelle parole? Ma in quell’istante avevano un gusto amaro. Non voleva che Damon si proponesse perché spinto dalla gelosia.

“Mi sono già messa d’accordo con Tyler”.

Lo sguardo del vampiro si scurì “Bonnie, non era una richiesta”.

La giovane sorrise e scosse la testa incredula “Non so nemmeno perché sto ad ascoltarti”.

“Da quando in qua tieni così tanto a Tyler?!” domandò Damon pronunciando il nome come un insulto.

“Cerco di non ferire le persone quando posso” spiegò lei “E poi vorrei davvero godermi questo ballo e divertirmi lontano dai soliti drammi”.

“Io sono un tipo divertente” tentò di persuaderla ghignando sornione.

“Damon” lo chiamò la strega esasperata “Ho già accettato l’invito di Tyler e andrò con lui. Fine della storia”.

“Non ti voglio con lui” dichiarò Damon “Non voglio che tutti ti vedano ballare con lui. Tu sei mia, Sissi”.

“Peccato che tu non possa fare niente a riguardo” replicò lei “E sono io a decidere quando e se sarò tua”.

“Un po’ troppo tardi per questo non credi?” le fece notare l’uomo avvicinandosi e sfiorandole una guancia “Il tuo corpo la pensa diversamente”.

“Un paio di amplessi non mi rendono tua. Non hai nessun diritto su di me, non a queste condizioni”.

Damon dovette controllarsi per non liberare il letto da tutti quei vestiti e mostrare a Bonnie quanto fosse sua. Davvero non riusciva a capire cosa stesse facendo di sbagliato. L’aveva pregato di accompagnarla a quel ballo ed ora che si era finalmente offerto, lei gli preferiva Tyler.

“Bonnie, te le ripeterò solo una volta: sarò io il tuo cavaliere”.

“Fino a due giorni fa non volevi nemmeno sentirne parlare! Lo stai facendo solo perché sei geloso, perché devi dimostrare di non poter essere superato da un ragazzino. Beh … a me non sta bene!”.

Brutalmente sincera, tanto che Damon sentì il bisogno d’indietreggiare ma non lo fece. “Presentati a quel ballo con Tyler, e tra noi è finita” la incastrò.  Era risaputo che Damon manteneva sempre le sue promesse; Bonnie non avrebbe corso quel rischio. Lui ne era certo.

“Anche io te lo ripeterò solo una volta: andrò con Tyler, mi divertirò un sacco, ballerò con lui e se a fine serata mi andrà, lo bacerò per ringraziarlo!”.

Ora sì che stai facendo la donna matura, complimenti! Si rimproverò da sola.

Trascorsero interminabili minuti, durante i quali Bonnie temette seriamente la reazione di Damon. Il vampiro era livido di rabbia, aveva contratto tutti i muscoli del viso e i suoi occhi minacciavano tempesta.

“Bene” sibilò con astio e un secondo dopo lei si trovò sola.

 

Bonnie fece un’altra giravolta davanti allo specchio e poi guardò l’orologio: erano le sette e mezza, quasi ora.

Il vestito era quello giusto. Ci aveva messo mezza giornata prima di trovarlo, ma alla fine era saltato fuori dal mucchio.

Verde smeraldo, con una scollatura a V abbastanza profonda e una grossa spilla d’argento appena sotto al seno. La gonna scendeva morbida e regolare fino a coprire le scarpe con un tacco da capogiro.

Aveva arricciato i capelli e li aveva raccolti in uno chignon ordinato. Un cerchietto ornato di brillanti completava l’opera**.

Si sentiva bella, come mai prima di allora. Qualunque ragazza sarebbe uscita di casa con un sorriso luminosissimo stampato in volto. Lei no.

Stava iniziando ad odiare quella dannata festa; era stata la causa di tutti i suoi problemi. Se avesse deciso subito di non andare, si sarebbe risparmiata molti inconvenienti.

Tyler era un bravo ragazzo, un buon amico, simpatico e anche carino, ma non era il cavaliere che si era immaginata.

Suonava tanto come un cliché ma quel ballo segnava un punto di svolta nella vita di una liceale. Non ci sarebbero più stati momenti come quello, era un evento unico e irripetibile e doveva essere perfetto.

Tutte le ragazze sognavano quella sera per mesi, si preparavano nei minimi dettagli, scattavano foto, affittavano la limousine, si consigliavano con le amiche. Volevano essere bellissime e pronte, volevano brillare e lasciare il segno perché sarebbe stato uno dei ricordi più preziosi della loro vita.

Un ruolo fondamentale era ovviamente giocato dall’accompagnatore, ma tutte in un mono o nell’altro sembravano riuscire ad accalappiare chi desideravano.

Bonnie si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore: non era così che doveva andare. Si diede della stupida perché era un pensiero frivolo e non poteva dispiacersi così tanto per una sciocchezza come quella. Con tutte le disgrazie che le erano capitate, non avrebbe dovuto neanche permettersi di lamentarsi.

Ma le risultava difficile essere assolutamente contenta. Dopotutto chiedeva solo un po’ di normalità e l’unica persona che avrebbe voluto al suo fianco, gliel’aveva negata.

Era forse troppo sognare che Damon la mettese al primo posto almeno per una notte davanti a tutti? Che dimostrasse con i fatti di non bramare nessun’altra?

Era forse presuntuoso da parte sua pretendere di essere l’unica?

Stefan la chiamò dal piano inferiore. Bonnie si diede un ultimo tocco di blush e assunse un’espressione spensierata per non destare sospetti.

Scese le scale, arpionandosi alla ringhiera per non cadere. Odiava i tacchi; che cosa mai le era venuto in mente di indossarli così alti!

Damon era steso sul divano e si rigirava un bicchiere di scotch tra le mani, annoiato. Quella sera si prospettava terribile; tutti gli adolescenti stipati in una palestra e nessuna ragazza di cui cibarsi.

Risolse di andare fuori città non appena Stefan e Bonnie avessero lasciato il Pensionato.

Udì suo fratello chiamare la piccola rossa e arricciò le labbra infastidito. Era ancora estremamente seccato per la loro litigata. Non che lui non avesse colpe, ma Bonnie aveva oltrepassato il limite.

Si era accontentata della compagnia di un cavaliere mediocre che nulla aveva a che spartire con l’eleganza naturale del vampiro.

Se quella era la sua massima aspirazione, allora peggio per Bonnie! Lui non se ne sarebbe certo dannato.

Si voltò distrattamente verso l’ingresso chiedendosi che cosa avesse deciso di indossare. Tutti gli abiti che Damon aveva visto non si adattavano per niente alla figura di lei. Se la immaginò coperta da un vestito assolutamente inadeguato, troppo grande o troppo piccolo, se la immaginò a disagio come un pesce fuor d’acqua.

Davanti a lui, invece, si presentava la ragazza più aggraziata e raffinata su cui avesse mai posato gli occhi.

Non gli piaceva dispensare complimenti a vuoto, ma dovette ammettere che era splendida. Niente a che vedere con la ragazzina impacciata cui era abituato.

Senza farsi notare, si tirò seduto per studiarla meglio, ancora attonito. Lei non lo aveva degnato di uno sguardo; continuava a parlare con Stefan stringendo con le dita sottili la sua pochette.

Dopo pochi minuti, entrambi uscirono dalla villa. Damon non aveva mosso un muscolo. Restò in quella posizione riflettendo sul da farsi e non appena ebbe elaborato un piano, salì in camera sua pronto a metterlo in atto.

 

Stefan lanciò l’ennesima occhiata preoccupata a Bonnie. Il ballo era cominciato da poco più di mezz’ora e la piccola rossa non sembrava divertirsi molto, sebbene si sforzasse di mostrare il contrario.

Il vampiro non sapeva come farla stare meglio, ma anche se l’avesse saputo, non spettava a lui. Non gli restava altro che attendere che suo fratello rinsavisse e finalmente vedesse la luce.

Una mano gli si posò sulla spalla, delicata ma decisa. Elena lo trascinò verso la pista da ballo pregandolo con gli occhi di accontentarla.

Stefan cedette senza lamentarsi. La musica era piuttosto veloce e il ragazzo pensò di buttarsi. Non ci sarebbe stato molto contatto, per cui sarebbe stato semplice non cadere in tentazione.

In fondo non si pentiva di aver accettato il suo invito. Si era ripromesso di non perdonarla subito e di rivalutare la loro relazione, ma non voleva nemmeno buttare tutto all’aria.

I tradimenti capitavano ed Elena era solamente una ragazza di diciotto anni che aveva commesso un errore. Stefan non era il tipo da chiudere ogni rapporto senza possibilità di tornare indietro. Gli piaceva quel lato comprensivo del suo carattere, lo faceva sentire molto in contatto con la sua parte umana. Aveva scelto di concedere una possibilità alla bionda, di fare un passo avanti per chiarire che non tutto era perduto.

In fin dei conti, lui l’amava con ogni fibra del suo essere. Dal primo momento in cui l’aveva vista, non era riuscito ad immaginare nessun’altra come compagna per la vita.

Elena era imprevedibile e a tratti sfuggente, ma Stefan aveva capito come tenerla legata a sé. Sapeva di averla migliorata, di averla cambiata; era certo di essere quello giusto.

Quante volte aveva giurato a se stesso di starle lontano, perché le avrebbe solo portato confusione e dolore? Quante volte aveva infranto quel voto?

Elena era la sua vita, Elena era casa.

La tresca con Damon bruciava ancora; il fatto che suo fratello fosse riuscito ad entrare nella testa della giovane era frustrante, umiliante ma Stefan stava imparando a conviverci.

Non sarebbe servito a nulla serbare rancore; avrebbe solo finito col perdere due delle persone cui teneva maggiormente.

Elena e Damon erano una parentesi chiusa, di questo di ne era certo. Il destino per suo fratello si allontanava di parecchio dalla bellissima bionda che gli aveva stregato il cuore all’inizio, doveva solo accorgersene.

Per quanto riguardava Elena, invece, Stefan aveva creduto al suo dispiacere. Era andata da lui a scusarsi, ad aprirgli il cuore, a confessargli tutto il suo amore. Dopo cinque secoli trascorsi sulla Terra, il vampiro poteva dirsi un esperto nel riconoscere la sincerità e questa brillava negli occhi di lei.

Non sapeva ancora quanto gli ci sarebbe voluto per perdonarla in modo definitivo, senza ripensamenti o dubbi. Ma Elena  si stava lentamente riconquistando la sua fiducia e il suo rispetto e si meritava un’opportunità.

“Non posso credere che tu abbia accettato il mio invito” gli confidò Elena.

“Non posso credere che tu mi abbia invitato”.

“E’ stato un po’ sfacciato da parte mia” ammise lei arrossendo.

“Sei sempre stata sfacciata” le fece notare “Ma sono contento che tu l’abbia fatto”.

Elena sorrise di gioia e quasi si dimenticò di continuare a ballare. Se fosse stato per lei, gli sarebbe saltata addosso senza indugi, ma Stefan non le aveva ancora dato il via libera ed era costretta ad aspettare pazientemente. Inoltre le rimaneva un’ultima confessione prima di redimersi del tutto.

“Sono davvero felice di essere qui con te stasera. Forse mi sto facendo false speranze, ma lo considero come un gran passo avanti tra noi due … solo che … c’è un’altra cosa che dovresti sapere”.

Stefan smise di muoversi e si tese d’istinto.

“L’altra sera Damon è venuto a casa mia …”.

L’inizio non era per nulla promettente.

“Abbiamo parlato a lungo di noi, di te, di Bonnie” proseguì lei “E’ vero: gli avevo detto che non lo volevo a Charlottesville ma non ci siamo mai detti addio seriamente. Era come se ci fosse ancora qualcosa in sospeso; fino all’altra sera. Tra di noi è finita per davvero, Stefan. Abbiamo capito tutti e due di non essere fatti l’una per l’altro; lui non è quello giusto e io non sono quella giusta. Per colpa del nostro egoismo per poco non abbiamo perso le uniche persone che hanno tirato fuori qualcosa di buono da noi e tu sei troppo importante per me, Stefan” si era commossa e si fermò per riprendere un po’ di contegno, non volendo scoppiare a piangere nel mezzo della pista “Non ti devi più preoccupare né di Damon né di nessun altro. Sono tua e basta”.

Stefan restò abbastanza spiazzato. Benché Elena fosse una ragazza molto passionale, non era mai stata così vulnerabile. La sua anima si era spontaneamente offerta a lui senza nessuna barriera.

Alzò una mano e le asciugò una lacrime sfuggita dalle ciglia “Non voglio che piangi, Elena” le mormorò “Siamo qui per divertirci e non devi essere triste. Godiamoci questa serata, okay? Sei troppo bella per rovinarti il trucco”.

Elena ridacchiò e si tirò i capelli indietro, senza incrociare lo sguardo del vampiro, troppo imbarazzata per il suo momento di debolezza. Non era abituata a lasciarsi andare in quel modo, si sentiva troppo esposta ma con Stefan veniva tutto così naturale che non era in grado di trattenersi.

“Vieni qui” disse lui passando una mano dietro la sua nuca e l’avvicinò a sé posandole un bacio sui capelli. La strinse e la cullò, incurante della musica assordante che avrebbe richiesto ben altri movimenti.

Elena gli allacciò le braccia attorno al torace e nascose il viso nell’incavo del suo collo. Forse sarebbe stata la sua ultima possibilità di averlo così vicino e non voleva perdersi nemmeno un attimo.

I suoi occhi vagarono per la sala oltre la spalla del vampiro e si sgranarono scorgendo una figura elegante vicino all’ingresso della palestra.

“Ma quello è Damon?”.

Stefan si voltò e strinse i denti ricacciando giù un ringhio.

Poco più in là, un’altra coppia stava condividendo il suo momento di normalità in maniera più discreta.

Sebbene Meredith non fosse un’alunna della classe di storia di Alaric, sarebbe scoppiato uno scandalo se qualcuno avesse scoperto la loro relazione.

Dopo il diploma della giovane, non ci sarebbero stati più ostacoli, ma fino ad allora dovevano mantenere un profilo basso.

Per Alaric era una vera tortura stare accanto alla sua fidanzata senza poterla toccare; era bellissima in quell’abito color avorio che spiccava sulla sua pelle olivastra. Aveva un fisico alto e slanciato, particolarmente adatto a portare vestiti da sera e la sua carnagione le permetteva un trucco molto leggero. Il punto forte di Meredith stava nell’eleganza e nella pacatezza.

Era quel tipo di ragazza che si sarebbe potuto adattare a qualunque situazione e che non avrebbe mai sfigurato; di ciò Alaric andava molto fiero.

Restava comunque frustrante non poter nemmeno ballare con lei. Avrebbe destato dei sospetti e soprattutto avrebbe distolto l’attenzione dagli altri studenti e il livello di sorveglianza si sarebbe abbassato. Non che fosse molto concentrato. La presenza di Meredith portava la sua buona dose di distrazione.

Lei, come al solito, era di una compostezza disarmante e si guardava intorno piuttosto soddisfatta “Sembra tutto tranquillo” commentò.

“Ti aspettavi qualcosa di diverso?”.

“Con quello che è capitato ultimamente, trovo che sia un successo il fatto che siamo arrivati sani e salvi a fine anno”.

“Sani sì, salvi non so. Da quello che mi ha raccontato Damon il peggio deve ancora venire”.

“Non essere troppo ottimista, mi raccomando” lo ammonì sarcasticamente la mora “Sono stufa di aver paura di questo Klaus; magari non sa neanche che Elena esiste. Ci siamo affidati alle parole di Katherine e di un vampiro francese i cui compagni hanno cercato di uccidere Bonnie … scusami se sono un po’ scettica”.

“Siamo immischiati fino al collo con i vampiri ma siamo due umani” cominciò Alaric “Non abbiamo nessuna capacità Meredith, siamo completamente indifesi. Odio non avere le forze per proteggerti”.

“So cavarmela, Ric” lo rassicurò “E poi nessuno sta cercando me. Mi terrò lontana dai guai”.

“Come l’ultima volta?” chiese Alaric alzando un sopracciglio “Per poco non sei morta in mezzo alla strada, nemmeno quel vampiro voleva te” le ricordò quel terribile incidente provocato da Christopher che voleva toglierla di mezzo per impedirle di smascherarlo.

“Sono le mie amiche, Ric, io ci sono per loro” disse Meredith “Parli proprio tu? Il migliore amico di quel disgraziato di Damon! Ogni volta che uscite insieme ho il terrore che non tornerai vivo”.

“Siamo due stupidi” sentenziò Alaric “Potremmo andarcene in un’isola da qualche parte nel Mediterraneo e invece ce ne stiamo qui come dei martiri”.

“Non siamo degli stupidi” obiettò lei “Vogliamo solo aiutare le persone cui vogliamo bene”.

“Damon mi dovrà un sacco di bevute alla fine di questa storia”  asserì l’insegnante.

“E poi non è vero che tu non hai capacità speciali” Meredith tornò al discorso precedente “Sei un professore di storia di giorno e di notte ti trasformi in un cacciatore del soprannaturale. Io lo trovo piuttosto intrigante” lo stuzzicò passandogli un dito sul braccio.

Lui si scostò “Sta’ attenta” l’avvisò “Se ci vedono, siamo morti”.

“Scusa … sarà l’imminente pericolo che mi rende così intraprendente” scherzò la mora “Comunque sono davvero contenta di essere qui stasera” gli confidò “Non sono un’amante delle feste, ma il Ballo di Fine Anno è un rito, è un momento di passaggio all’età adulta e avere qui te e tutti i miei amici è importante. Senza serate come queste saremmo impazziti”.

Alaric le sorrise con affetto e, fregandosene delle apparenze, le passò un braccio attorno alle spalle e la strinse “Mere, Mere, Mere, ti prometto appena saremo al sicuro, organizzerò feste a casa tutte le sere”.

“Ti ricordi il primo party che hai dato?”.

“Come potrei dimenticarlo? Damon per poco non ha dissanguato una ragazza all’ingresso”.

Meredith lo guardò malissimo, quasi volesse disintegrarlo “Solo questo?”.

“E naturalmente ci siamo conosciuti io e te” Alaric sapeva perfettamente perché la ragazza avesse parlato di quella sera ma lui aveva preferito prenderla un po’ in giro prima.

Non avrebbe mai scordato il giorno in cui Meredith Sulez era entrata nella sua vita. Con lei non solo era arrivato il vero sovrannaturale, quello che il ragazzo studiava e cercava da tempo, ma anche l’amore.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti fino a che la mora non si staccò da lui, visibilmente sconcertata. Alaric non ne capì subito il motivo, anzi inizialmente si allarmò credendo che stesse per accadere qualcosa di male.

“Ti prego, dimmi che ho un’allucinazione e quello non è Damon Salvatore” gli disse con un tono che rasentava la minaccia.

Purtroppo quello era proprio il vampiro in questione, a braccetto con una studentessa dell’ultimo anno. Erano appena entrati e lui le stava sussurrando qualcosa all’orecchio. Lei ridacchiò.

Meredith con gli occhi cercò immediatamente, apprensiva, Bonnie in quella folla di studenti e la trovò accanto a Tyler: come a tutti, neanche a lei era sfuggito l’arrivo di Damon e sembrava sull’orlo dello svenimento.

“Alaric” lo chiamò Meredith “Va’ a parlare subito con il tuo amico, prima che lo uccida con le mie mani davanti a tutti”.

“Mettiti in coda, tesoro, io ho il diritto di anzianità” le disse Alaric marciando con decisione verso il suo amico non- morto, che presto lo sarebbe stato del tutto.

Damon era vicino al tavolo delle bevande e dall’espressione si capiva perfettamente che si stesse schifando della mancanza di alcolici.

Aveva percepito l’avvicinarsi dell’amico ma aveva provato ad ignorarlo. Speranza vana. Grazie al suo super udito aveva potuto anche ascoltare lo scambio avvenuto tra i due fidanzatini ed era certo che niente gli avrebbe risparmiato una bella ramanzina.

Versò da bere in due bicchieri e si voltò, porgendone uno all’amico e sfoderando un sorriso noncurante.

Alaric lo ignorò, trucidandolo con un’occhiata. Prese il bicchiere e lo riposò sul tavolo, troncando ogni tentativo di rabbonirlo.

Non lo attaccò subito a parole, voleva aggirarlo, altrimenti Damon non gli avrebbe mai detto che cosa gli passava per la testa. Trattandosi del vampiro, tutto poteva essere.

Per cui approcciò nel modo più neutrale che potesse conoscere “Mi è sfuggito qualcosa?”.

Damon sorseggiò il suo drink tranquillamente “Non che io sappia”.

“Perché sei qui con una delle mie studentesse?”.

“Geloso, Ric?”.

“Perplesso piuttosto. Quando ci siamo visti l’altro giorno mi eri parso molto preso da una certa rossa e ora ti trovo a braccetto con un’altra ragazza. Cos’è successo? L’hai soggiogata per caso?”.

“Perché tutti avete così poca fiducia nel mio fascino? Sempre a pensare all’ipnosi” si lamentò il vampiro eludendo come solo lui sapeva fare la domanda.

“Possiamo girarci intorno quanto vuoi, ma prima o poi ti caverò la verità” lo avvisò Alaric con tono intimidatorio.

Damon sbuffò “Volevo imbucarmi alla festa e l’unico modo era farmi invitare da qualcuno della scuola”.

“Potevi chiedere a me”.

“Non sei il mio tipo”.

“Ti avrei fatto entrare come chaperon; è già successo altre volte! E poi da quando sei interessato ai balli studenteschi tanto da portarci una ragazza che non hai mai visto prima?!”.

“Bonnie è venuta con Tyler”.

Ci furono secondi di imbarazzante silenzio; primo perché Damon non poteva credere di aver praticamente ammesso di essere geloso; secondo perché Alaric stava tentando in tutti i modi di trattenere una risata di scherno e incredulità.

“Quanti anni hai? Mi sembri un po’ grandicello per questi giochetti, Damon, se ci sono dei problemi, va’ e parlale”.

“Credi che non ci abbia già provato?” esplose il vampiro “La risposta è stata sempre la solita: andrò con Tyler” finì imitando la voce della strega.

“Ogni volta che sento la tua versione, tu appari sempre come la vittima innocente” gli fece notare Alaric socchiudendo gli occhi con fare indagatorio “Cos’è che non mi stai dicendo?”.

“Niente di rilevante” rispose frettolosamente l’altro “Ho fatto un casino ma l’ho sistemato. È lei che non mi vuole ascoltare”.

“E pensi che presentandoti qui con un’altra ragazza risolverai qualcosa? Mi sorprende che il tuo cervello non stia già friggendo!”.

“Bonnie non voleva venire con Tyler, voleva venire con me” specificò il vampiro “All’inizio mi sono rifiutato e lei non l’ha presa bene” gli raccontò “Non avevo proprio i motivi più nobili del mondo, però ho eliminato il problema alla radice. Sono tornato da Bonnie ma Tyler l’aveva già invitata. Non ha sentito ragioni e non ha voluto nemmeno darmi una possibilità”.

“E quindi cos’è questa? Una specie di punizione per aver accettato l’invito di un altro, dopo che tu avevi rifiutato il suo?” le sopracciglia di Alaric si alzarono tanto da toccare l’attaccatura dei capelli.

“Dio mio, potresti far concorrenza alle rughe di Stefan” commentò con tono quasi disgustato il vampiro.

“Qual è il tuo problema?!” esclamò Alaric scandalizzato dalla totale mancanza d’interesse dell’amico.

“Rilassati” lo calmò Damon “Le sto solo facendo assaggiare la sua stessa medicina. A fine serata correrà da me in ginocchio”.

“Se ci arrivi a fine serata” gli fece notare Alaric “Meredith ha mandato me come paciere prima di scatenare l’inferno*** e a giudicare dalle occhiate che ti sta lanciando Bonnie direi che sta cercando un incantesimo per evirarti”.

“Allora cerca di tenere a bada la tua ragazza e io penso alla mia” quelle parole gli uscirono dalla bocca senza che neanche se ne accorgesse.

Entrambi apparvero visibilmente sorpresi ma non commentarono quell’affermazione tanto spontanea quanto destabilizzante.

Damon s’infastidì solo di averla pronunciata ad alta voce, ma a conti fatti non fu una gran rivelazione. Che Bonnie fosse sua per lui era già una certezza; c’era solo da farlo capire lei.

Si voltò verso la rossa che ormai non gli prestava più attenzione ed era tornata a parlare sorridente con Tyler; come se il vampiro fosse stato solo una nuvoletta che aveva oscurato il sole per poco, come se non contasse niente.

Alaric notò subito il cambiamento nell’amico e intuì la sua voglia di tentare un approccio con Bonnie. Il professore ghignò maleficamente e gli passò un braccio intorno alle spalle deciso a rovinargli i piani.

Damon voleva davvero far ingelosire Bonnie? Voleva passare la sera con una bionda sconosciuta e lasciare la rossa a crogiolarsi nel rimorso?

Bene! Allora così sarebbe stato.

Alaric si decise a tenerlo il più possibile lontano da Bonnie solo per vedere quanto effettivamente avrebbe resistito; sarebbe stata una vera tortura per il vampiro vederla danzare con un altro senza poter intervenire per colpa del suo stupido orgoglio.

Lo guidò verso la sua dama e li lasciò soli, intimando al vampiro di starsene al suo posto e non causare danni.

Damon emotivamente era ancora un bambino e necessitava di una spinta nella direzione giusta; Alaric sperò davvero che prima della fine della serata si sarebbe reso conto dell’errore che stava commettendo. Da quando aveva conosciuto Damon, non lo aveva mai visto così sereno ed il merito era di Bonnie. Se quei due si fossero persi, sarebbe stata una tragedia e il professore di storia lo sapeva bene. D’altra parte perché non divertirsi un po’ alle spalle del suo amico e farlo scottare con il suo stesso fuoco?

Sarebbe stata una lunga e movimentata notte.

Bonnie sorrise distrattamente a Tyler senza che avesse ascoltato un parola di quello che le aveva detto.

Non li stava guardando, ma la sua mente era tutta indirizzata a Damon e alla sua accompagnatrice.

Quando avevano fatto il loro ingresso, Bonnie si era sentita come se il mondo se lo fosse caduto in testa.

Tante storie per portarla ad un ballo e poi si presentava con una bionda, brutta copia di Elena?

Era per caso diventato un passatempo per il vampiro umiliarla e ferirla?

Il primo istinto della rossa fu di provocargli l’aneurisma più potente che avesse mai sperimentato, di fargli esplodere tutte le vene nel cervello e costringerlo ad accasciarsi in mezzo alla palestra.

Aveva scelto di non prestargli nemmeno attenzione, si era voltata dall’altra parte e aveva ripreso la sua conversazione con Tyler. Era difficile, però, ignoralo del tutto.

“Bonnie, andiamo a prendere qualcosa da bere?”.

Si risvegliò dalla sua trance e annuì lasciando che il ragazzo la conducesse tra la folla verso il bancone.

Passarono accanto alla pista e gli occhi di Bonnie non poterono non cadere sulla coppia che l’aveva sconvolta.

La bionda era una studentessa dell’ultimo anno ma lei non la conosceva che di nome: Amber Donovan****. Era una bella ragazza, niente di più e pareva avesse vinto alla lotteria ora che portava come cavaliere Damon Salvatore.

Li superò velocemente e si premurò di tenere la schiena rivolta verso di loro per non assistere alla scena.

La curiosità, però, è donna e Bonnie non resistette molto alla tentazione e gettò un’occhiata: Damon fece fare ad Amber una giravolta e poi un casquè; se la strinse addosso ed entrambi continuarono ad ondeggiare al ritmo frenetico della musica. Nel momento in cui gli occhi neri si unirono con i suoi nocciola, il vampiro ammiccò nella sua direzione e ghignò con furbizia.

Bonnie avvertì la rabbia montare. Cos’era quello? Un disperato tentativo di ingelosirla o di punirla?

Anche lei poteva giocare.

Accettò con un sorrisone il bicchiere che Tyler le porgeva e poi si appoggiò su di lui con nonchalance e non si lamentò quando il braccio del ragazzo le passò attorno alla vita. Era un gesto senza malizia, ma Damon non poteva saperlo.

Bonnie scherzò e stuzzicò Tyler per tutto il tempo sfiorandogli con naturalezza le spalle o il torace, a volte il viso e arricciandosi tra le dita le ciocche che erano sfuggite dall’acconciatura.

Trovava quel giochetto molto stupido e presto si rese conto di non essere in grado di proseguire. Non era il suo elemento e se non si fosse fermata, non solo si sarebbe sentita a disagio ma sarebbe anche diventata impacciata.

Guardò un’ultima volta Damon e Amber: stavano ballando una davanti all’altro, una contro all’altro, in uno spettacolo molto provocante ma che a Bonnie risultò solo nauseante.

Damon sembrava godersi ogni attimo di quella danza e roteava il bacino con maestria sfregandolo contro il sedere di Amber che seguiva estasiata i suoi movimenti. Le mani di lui si alzavano in aria per poi andare a stringerle i fianchi.

Bonnie si morse con forza un labbro e distolse lo sguardo. Si rifiutò di piangere benché la tentazione fosse forte.

Si scusò frettolosamente con Tyler e con passo svelto abbandonò la palestra sbucando nel corridoio deserto. Si rifugiò in aula vuota e si appoggiò alla porta chiusa mentre riprendeva a respirare regolarmente.

Si allontanò dalla porta e trovò un nuovo appiglio nella cattedra. Si fece aria con le mani e cercò di riacquistare un po’ di controllo.

Non poteva tornare in quelle condizioni o tutti si sarebbe accorti che qualcosa non andava.

Si chiese perché Damon avesse voluto rovinarle in quel modo la serata pur sapendo quanto ci tenesse. Era sicuramente un modo per ferirla; forse il suo orgoglio non poteva sopportare che lei fosse andata al ballo con qualcun altro.

Il vampiro, però, non si immaginava neanche il male che le stava infliggendo; o almeno fu ciò che si augurò Bonnie.

Valutò seriamente l’idea di lasciare la festa ma non sarebbe stato carino nei confronti di Tyler e sarebbe parso troppo sospetto.

Si specchiò alla finestra e si sistemò i capelli per rendersi un po’ più presentabile; attraverso il riflesso si accorse di non essere sola.

Nemmeno il tempo di sbattere le ciglia e si ritrovò contro la cattedra intrappolata dal corpo dell’ultima persona che avrebbe voluto con sé in quell’istante.

Il vampiro la baciò irruento, obbliandola quasi ad aprire la bocca. Bonnie lottò per sottrarsi, ma presto non le restò che soccombere.

Le mani di Damon vagarono per tutta la sua figura; arricciarono la lunga gonna del vestito e s’infilarono sotto accarezzandole la pelle delle gambe.

La giovane sospirò contro la sua volontà mentre quella logorante tortura si spostava sulle sue cosce, inesorabilmente verso l’interno.

“Ti voglio, Bonnie” le mormorò all’orecchio con voce soffocata. Lei dovette aggrapparsi alle sue spalle per non crollare a terra.

Per quanto fosse arrabbiata, quel tono, quel corpo, quelle mani erano irresistibili e Bonnie stava per essere sopraffatta senza via di scampo.

Le baciò il collo, spingendo il suo bacino contro quello della ragazza; la schiena di quest’ultima toccò la superficie liscia della cattedra mentre il corpo del vampiro si stendeva sul suo impaziente. La gonna del vestito era completamente arruffata.

Damon scese a lambirle con le labbra la pelle scoperta dallo scollo e Bonnie artigliò le dita tra i suoi capelli.

“Odio quel ragazzo” disse lui stampandole dolci baci sulle spalle “Odiavo come ti toccava, ti guardava … solo io posso farlo”.

Bonnie allentò la presa tra i suoi capelli, improvvisamente colta da un turbamento.

Damon le scostò le mutande “Nessuno si deve permettere di avvicinarsi a te in quel modo. Tu sei mia, Bonnie, mia soltanto” risalì con le labbra fino al mento “Mia, mia, mia”. Unì di nuovo le loro bocche.

In quel momento i denti di Bonnie si chiusero attorno alla sua lingua e morsero.

Il vampiro si ritrasse per la sorpresa mista al male e lei ne approfittò per sgusciare via e risistemarsi il vestito.

“Cosa ti è preso?” ringhiò Damon portandosi due dita alla bocca per toccare una sottilissima scia di sangue.

“Cosa è preso a te!” rigirò la domanda Bonnie, furiosa “Sei per caso un animale? Che non riesce nemmeno a controllare i suoi bassi istinti?”.

“Non ti sei mai lamentata dei miei bassi istinti. Non vuoi farlo a scuola? Hai paura che ci becchino? Ti ricordo che abbiamo entrambi il Potere dell’ipnosi”.

“Mi dispiace  deludere le tue aspettative ma non sono il tipo che consuma sulla cattedra del mio prof. di letteratura” replicò acida “Forse potresti chiedere a Amber; sono sicura che sarà più che felice di accontentarti”.

Damon sogghignò compiaciuto e si sedette sulla cattedra “Non fare la gelosa”.

“Non era forse il tuo obiettivo?” lo accusò Bonnie togliendogli il sorriso.

Il volto del vampiro si scurì “Hai cominciato tu questo gioco”.

Bonnie spalancò gli occhi indignata e gli puntò il dito contro “Tu mi hai detto di no! Io te l’avevo proposto e ti sei rifiutato perché ti vergognavi di essere visto con me, perché non volevi rovinare il tuo rapporto con Elena” ad ogni parola alzava la voce “E tanto per essere chiari: io non ho accettato la proposta di Tyler per fartela pagare! Volevo solamente passare una bella serata con i miei amici e tu me l’hai appena rovinata!”.

“Anche io ti ho invitato, Bonnie” rimarcò Damon.

“Solo perché hai scoperto che avevo trovato un altro accompagnatore” obiettò Bonnie “Anche stasera, non mi hai degnata di uno sguardo e poi mi sei saltato addosso perché non sopportavi che Tyler mi toccasse. Tu non volevi portarmi al ballo, non volevi stare con me; volevi solo segnare il territorio” concluse con voce triste e abbassò la testa.

“Se anche fosse?” fu la replica di lui “Difendo ciò che è mio”.

“Difendere da cosa?!” chiese la rossa “Non stai parlando di un oggetto; non sono una proprietà”.

“Che tu lo voglia o no, sei mia” ribadì Damon “Mi appartieni”.

“Non appartengo a chi non mi appartiene” rispose Bonnie; dopodiché abbandonò l’aula mentre una voce metallica che giungeva dagli autoparlanti annunciava l’imminente elezione del re e della reginetta.

Bonnie aveva trascorso molti anni in Italia da sola ma non era il classico tipo indipendente. Le piaceva l’idea di poter contare su qualcuno, di aver bisogno di qualcuno. Non capiva proprio quando nei film sentiva ripetere ‘Io sono solo di me stessa’.

Non era decisamente il genere di ragazza che non poteva concepire l’inevitabilità di appartenere a qualcuno; si sarebbe sentita incompleta altrimenti. Era fermamente convinta, però, che dovesse essere una cosa a doppio senso, un appartenersi a vicenda. Con Damon non sembrava possibile. Il vampiro era troppo sfuggente, allergico ai sentimenti e restio ad impegnarsi, se non con chi reputava alla sua altezza.

Bonnie a che livello stava della classifica? Forse occupava già il primo posto ma non aveva sicurezze e finché Damon si fosse deciso ad esporsi, lei non gli avrebbe più concesso il controllo.

Senza sorprese Elena e Stefan vinsero. Caroline applaudì sinceramente contenta. Sarebbe stato bello venire incoronata ma poteva sopravvivere senza. In quell’anno aveva scoperto cosa fosse veramente importante, era maturata e si era lasciata alle spalle le frivolezze del liceo.

Incrociò lo sguardo blu di Matt. Il ragazzo le porse la mano e la condusse verso la pista dove varie coppie avevano iniziato a ballare sulle note di “Take my breath away”, dopo che Elena e Stefan avevano aperto le danze, come da tradizione.

Gli circondò il collo con le braccia e posò il mento sulla sua spalla; i suoi occhi vagarono per la sala fino a posarsi su una sconsolata Bonnie.

“Gliel’avevo detto di stargli lontano” borbottò crucciata.

“A chi?” chiese Matt che si tirò leggermente indietro per guardarla.

“A Bonnie; le avevo detto di stare lontana da Damon” chiarì Caroline.

Matt sbiancò: Bonnie e Damon? E da quando?

“Perché non ne sapevo niente?” si offese.

“Per colpa di questa festa me ne sono quasi scordata” si giustificò lei “E poi non posso mica raccontarti tutti i segreti delle mie amiche”.

“C’è qualcosa che non quadra” saltò su Matt “Bonnie è qui con Tyler e Damon è con … chi è quella? Amber?”.

“Appunto” sibilò Caroline “Quello stronzo! Ma fidati, gli farò rimpiangere di essersi presentato con quella! Metterò tanta di quella verbene nel suo letto che dovrà bruciare il materasso!”.

“Care, abbassa la voce o ti sentirà” l’avvertì il ragazzo riferendosi al super udito vampiresco.

“Lo spero proprio! Si merita tutti gli insulti. Razza di insensibile! Come si può ferire una ragazza come Bonnie? Se fossi in lei, lo metterei al sole senza il suo anello”.

“Sbaglio o sento del risentimento personale?” azzardò Matt.

“Posso sempre unire le due cause” suppose Caroline.

“Forse” disse il biondo “Ma per adesso vorrei che pensassi alla tua festa perfetta, al tuo bellissimo abito e al tuo cavaliere servizievole”.

Caroline sorrise come una bambina e si sporse per posargli un dolce bacio sulle labbra “Penso di poterlo fare”.

Tyler e Bonnie ballavano senza molta convinzione ai lati della pista. La strega si augurò che la serata finisse il più presto possibile; non poteva aspettare di tornare a casa e dimenticarsi del terribile confronto avuto con Damon.

Tyler la guidava nei movimenti. Aveva provato a tirarle un po’ su il morale e a rendersi una compagnia piacevole, ma tutti i suoi sforzi erano inutili: la testa di lei era da tutt’altra parte.

“Mi vuoi dire che ti succede?” sbottò infine.

Bonnie parve risvegliarsi “Come scusa?”.

“E’ tutta la sera che sei strana e adesso sembri pure triste. Hai perfino cercato di flirtare con me”.

“Oh … te ne sei accorto?” arrossì Bonnie.

“Ti sei praticamente strusciata su di me. Non che me ne lamenti, ma non penso d’interessarti in quel senso”.

La ragazza nascose il suo viso contro la sua spalla. Perfetto! Si era resa ridicola davanti a tutti; poteva andare peggio?

“Vuoi dirmi perché sei così distratta?” le chiese Tyler dolcemente.

“Mi dispiace se ti ho messo a disagio” si scusò lei “Sono una pessima dama”.

“In realtà mi sto divertendo molto” la rassicurò “Vorrei che anche tu ti divertissi”.

“Non è colpa tua; ho solo un po’ di cose per la testa ma prometto che mi farò perdonare”.

“Vuoi tornare a casa?” le domandò Tyler “O possiamo andare da qualche altra parte; nessuno ci obbliga a stare qui se non vuoi”.

Bonnie avrebbe accettato volentieri entrambe le opzioni ma una voce alle loro spalle la gelò, bloccandole le parole in gola.

“Veramente speravo che mi concedessi un ballo”.

Tyler guardò preoccupato prima Damon poi Bonnie e attese una reazione dalla giovane; non aveva intenzione di lasciarla se lei non avesse acconsentito.

Alla fine Bonnie annuì in un cenno di assenso e Tyler le diede un buffetto sulla guancia, prima di dileguarsi.

Damon non perse tempo: fece intrecciare le dita delle loro mani destre e la strinse in vita con la sinistra. Bonnie portò l’altra a sfiorare la spalla di lui.

“Puoi avvicinarti, sai” le disse il vampiro.

“Va bene così, grazie” rispose fredda stando ben attenta a non incrociare le sue iridi nere.

Damon sospirò, determinato a confessare tutta la verità. Portare Amber al ballo, cercare di far ingelosire Bonnie aveva solo peggiorato la situazione. Non aveva più senso cercare di conquistare Bonnie con quei trucchetti o fingere che tra loro non ci fosse qualcosa di più di una semplice attrazione.

Lo sapevano tutti, lo sapeva lui; era il momento di rivelarlo ad alta voce anche a lei.

“Volevo già invitarti al ballo prima che tu mi dicessi di Tyler” le svelò “E quella ragazza con cui sono venuto non significa niente, non ho nemmeno bevuto il suo sangue; mi serviva solo qualcuno che mi facesse entrare”.

Gli occhi di Bonnie adesso lo fissavano intensamente, impazienti.

“Avrei potuto chiedere Alaric, ma volevo che tu provassi quello che stavo provando anche io immaginandoti tra le braccia di un altro” proseguì lui “Sono stato un idiota, Bonnie. Tu sapevi già come ci si sentiva; tu sai già cosa significa vedermi con un’altra”.

“Allora perché l’hai fatto?” premette lei con voce flebile.

“Sei scesa da camera tua con questo vestito; ti ho vista così bella ed elegante e ho pensato che dovevo riprenderti in qualche modo e nel frattempo che dovevo punirti perché la gelosia mi stava divorando” le spiegò “Sono geloso di te, Sissi. Sono dannatamente geloso di te. Potrei uccidere se qualcuno ti toccasse come ho fatto io per tutto questo tempo”.

“Non ti ha nemmeno sfiorato l’idea di parlarmene, vero?” chiese lei afflitta.

“Non sono il tipo che parla, Sissi” disse il vampiro “Prima faccio e poi penso; di solito faccio solo cazzate”.

“Sì” confermò Bonnie “Questa volta non è stato diverso. Dici di essere geloso di me; perché? Sono sfuggita al tuo controllo? Mi consideri come il tuo passatempo e nessun altro mi deve contaminare?”.

“Sai perfettamente che non ti userei mai in quel modo”.

“Rispondimi”.

“Sei la cosa più bella che mi sia capitata, ecco perché” ammise “Sei troppo buona per me, io non ti merito. Se avessi un minimo di buon senso, ti avrei già lasciata andare da un pezzo, non avrei dovuto neanche sfiorarti con la mente. Sono geloso di te perché non sopporto l’idea di condividerti con qualcuno; con te non potrei mai accontentarmi di baci nascosti o momenti rubati. Ti voglio per me, con me perché ormai sei dentro di me e non so come farti uscire”.

Gli occhi di Bonnie si fecero sempre più lucidi, mentre lei cercava in tutti i modi di non cedere alla emozioni.

“Non è una questione di possessività, c’è molto di più e se ti lasciassi andare, che ne sarebbe di me?” domandò Damon, forse più a se stesso che alla ragazza.

“Neanche a me piace condividere” puntualizzò Bonnie. Le sue parole rimanevano fredde ma il suo corpo si stava lentamente abbandonando al tocco del vampiro.

Senza accorgersene, iniziò a piegarsi verso il torace di Damon fino ad appoggiare la fronte e inspirò forte il suo profumo, trovando finalmente quiete per le sue angosce.

“E’ finita, Bonnie” le promise lui “Non devi più preoccuparti di Elena, te lo giuro” lasciò che anche la mano destra si unisse alla sinistra a stringere la vita della ragazza e la circondò in un abbraccio confortante, nascondendo il viso nell’incavo del collo niveo.

Restarono in silenzio, cullandosi a vicenda e ascoltando i versi del brano che forse potevano descrivere meglio di tante parole che cosa stesse accadendo tra loro.

“Come puoi dimenticarti di Elena?” gli chiese quasi impaurita dalla risposta.

“Non so se la dimenticherò” ammise sinceramente Damon “Ma non ho problemi a perderla se significa che potrò tenerti con me. Posso vivere senza Elena Gilbert”.

“Nonostante tutto quello che ti fa sentire?”.

“Mi sono aperto ad alcune emozioni grazie a lei, ma se devo fare un paragone, non è niente in confronto a quello che sento per te” dichiarò “Ho scelto te, Bonnie”.

La ragazza avvertì il suo respiro sulla pelle e tremò; una lacrima le segnò il viso. Alzò il capo si spinse sulle punte per quanto i tacchi glielo permettessero “Tu mi togli il fiato” gli sussurrò sulle labbra senza riuscire a formulare un pensiero più originale rispetto alla canzone che stava sfumando sul finale.

Damon spostò delicatamente la sua mano sulla guancia di Bonnie e unì le loro labbra, cogliendola di sorpresa.

Nessuno dei due ci fece caso, ma parecchie teste si erano voltata verso di loro, incredule.

Fu il bacio più dolce e sentito che Damon avesse mai dato. Le loro bocche approfondirono quel contatto e si mossero una sull’altra incastrandosi alla perfezione, mordicchiando e sospirando fino a che non furono sazie.

“Andiamo a casa” lo pregò Bonnie, in un’implicita richiesta.

Damon la prese per mano e la trascinò fuori. Non guidò mai veloce come quella volta e quando furono al Pensionato, fecero giusto in tempo a raggiungere il salone.

Si spogliarono trepidanti e caddero sul tappeto davanti al fuoco mentre si toglievano gli ultimi indumenti, un po’ goffamente dato che le loro labbra si erano di nuovo scontrate e si rifiutavano di dividersi.

L’acconciatura di Bonnie si disfece del tutto, in modo disordinato; alcune ciocche rimasero intrappolate nella crocchia, altre scesero a solleticare il petto del vampiro mentre la strega lo lambiva con caldi baci.

Le dita di Damon esploravano il corpo della ragazza ma avevano perso tutta la brutalità e possessività di qualche ora prima e la stavano curando con una devozione mai conosciuta.

Quando entrò in lei, Bonnie gli graffiò la schiena con le unghie, non trovando altro sfogo da quel piacere così bruciante.

Damon le afferrò la vita e si piegò a baciarle la linea della mandibola e su fino all’orecchio. Una spinta “Ho bisogno di te”. Un’altra spinta, questa volta più profonda “Mia”. Ancora una spinta “Sei- solo- mia”.

Bonnie ebbe la lucidità di invertire le posizioni, aiutandosi con i suoi Poteri, e gli mise una mano sul bacino tenendolo fermo e interrompendo il ritmo “Mio” soffiò.

Il vampiro mosse i fianchi ma lei lo bloccò ancora “Mio” ripeté con più forza.

Damon si portò di nuovo sopra, obbligandola ad alzare le braccia sopra la testa per guardarla dritta negli occhi lucidi per il desiderio “Tuo” si arrese con un sussurro e riprese ad amarla molto più lentamente, assaporando ogni fibra di quel corpo sotto di lui.

Ci fu solo spazio per gemiti, ansiti e suppliche sconnesse. Un urlo finale di Bonnie, il primo vero grido liberatorio che fosse mai uscito dalla sua bocca, squarciò il silenzio, dopodiché la strega si addormentò stremata senza preoccuparsi minimamente di essere nuda nel mezzo del salotto. Damon la prese tra le braccia e la coccolò, vegliando su di lei.

Quando Stefan rientrò in casa, un paio di ore più tardi, un ringhio sommesso rimbombando per il Pensionato, gli intimò di stare alla larga dal salone.

La sua presenza era evidentemente non gradita.

 

“I think you know but still I want to say

When we first kissed I felt it right away

It only took one touch to know

How very much you mean to me till eternity

And I know I will always be your baby until the end of time

All I know I will always be your baby

And you’ll always be mine

(I will always be your baby- Jenny and the Fentones).

 

Il mio spazio:

Lo so che è un po’ tardi ma volevo davvero aggiornare questa sera.

È il capitolo più lungo che abbia mai scritto e mi scuso se c’è qualche passo un po’ noioso; questo ballo è un momento di passaggio molto importante nella vita di uno studente e volevo dare uno spazietto per tutti i personaggi, anche se magari alcune scene potevano essere evitate=)

Ci ho messo davvero il cuore in questo capitolo e mi sono impegnata molto per costruire questa dannata dichiarazione.

Forse non è stata proprio eclatante ma è come me la sono immaginata per Damon. Non so quando effettivamente il “ti amo” arriverà; ora era troppo presto.

Lui arranca ancora un po’ con questi sentimenti e ho impressione che il suo percorso riserverà altre sorprese.

Però alla fine ha ceduto e sono abbastanza soddisfatta del momento che hanno condiviso; hanno finalmente ammesso di appartenersi ed è un gran punto di partenza.

La scena in cui ballano insieme è ispirata alla punta 3x19 di Glee (amo alla follia questa serie tv e Rachel Berry è il mio idolo!), anche la canzone è la stessa … ok, lo ammetto: l’ho scoperta guardando proprio quell’episodio!

Un appunto per Stefan ed Elena: c’è un piccolo riavvicinamento, ma lui non l’ha ancora perdonata (sono cattiva e la voglio far penare).

Mi sono accorta ora di non aver mai specificato (anche se l’avrete capito di sicuro) che Meredith non è una cacciatrice di vampiri.

Bene ragazze, questo è l’ultimo capitolo prima della pausa estiva e a settembre ritornerò con l’ultima parte della storia dove si cambierà decisamente tono: abbiamo un Klaus in arrivo e ancora tantissime cose da dire su Damon e Bonnie.

Vi avviso fin da ora che manca una decina di capitoli alla fine … lo so, sono ancora molti ma prometto che farò di tutto per tenere viva l’attenzione.

Vi ringrazio davvero tantissimo per le risposte che date ad ogni capitolo che pubblico! Vi sono molto grata che sacrifichiate del tempo delle vostre vacanze anche solo per leggere; significa tanto per me!

Ora per fare il punto della situazione, ci rivediamo a settembre con:

-      Il capitolo 33 di Ashes&Wine

-      Il capitolo 3 di Crazy Little Thing Called Love

-      Si spera con qualche one-shot che stanziano sul mio pc da tempo e forse è ora di concluderle e postarle.

-      E se tutto va bene, vorrei riscrivere la prima stagione di Lost. Trovo che la morte di Boone fosse un insulto alla serie e mi piacerebbe vedere come sarebbero potute andare le cose se gli avessero dato una storia diversa. Probabilmente sarà un progetto che non verrà mai alla luce ma volevo condividerlo con voi e magari sentire qualche parere!

Bene, ora vi lascio con un piccolo regalino: se avete del tempo quest’estate e avete voglia di leggere una storia ben scritta e coinvolgente, fate un salto su “The Guardian” di Emily Alexandre. E’ ambientata nella Londra moderna, s’ispira ad “Orgoglio e Pregiudizio” e i due protagonisti sono due perle rare.

Ora vi lascio andare per davvero!

Grazie ancora tantissimo, spero di rivedervi tutti a settembre!

Buone vacanze!!!

Un grosso bacio,

Fran;)

 

*Nei balli americani è tradizione che il ragazzo regali un fiore alla sua dama, di solito da mettere al polso come bracciale.

** Per il vestito di Bonnie mi sono ispirata a quello indossato da Charlize Theron ai Golden Globes 2012, con qualche riadattamento (la gonna, ad esempio, è lunga senza il fiocco laterale).

***Eco di una delle battute più famose de “Il gladiatore”.

****Donovan è il cognome di Matt nella serie tv.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 33
*** Losing what I never found ***


Ashes &Wine

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Capitolo trentatré: Losing what I never found.

 

“I shot for the sky
I’m stuck on the ground
So why do I try, I know I’m gonna fall down
I thought I could fly, so why did I drown?
I'll never know why it’s coming down, down, down.
Oh I am going down, down, down
Can’t find another way around
And I don’t want to hear the sound, of losing what I never found

(Down- Jason Walker).

 

“Non andare” fu la richiesta quasi supplichevole del vampiro.

“Ho già accettato, non posso disdire adesso” rispose Bonnie riponendo con cura un paio di Jeans in una valigia “Si tratta solo di un weekend”.

“Datti malata” le suggerì lui tirando fuori dal bagaglio ciò che era appena stato sistemato.

“Ho voglia di farmi questa vacanza; ho voglia di passare del tempo con le mie amiche, quindi non inventerò delle scuse per non andare”.

“Ti sei già stufata di me?”.

Bonnie smise di preparare la sua valigia e si girò verso Damon, fissandolo seriamente “Come potrei?”.

Il vampiro ghignò, le prese i polsi e, dopo essersi steso sul letto, la fece sdraiare su di lui. La baciò teneramente, tenendola ferma per la nuca.

“Ora che hai finito la scuola, hai un sacco di tempo libero” cominciò Damon “Potremmo farci una vacanza io e te. Ti potrei portare in Italia, magari a Firenze”.

“Sarebbe fantastico” mormorò Bonnie mordicchiandosi il labbro “Però ho passato quattro anni a Firenze, la conosco come le mie tasche”.

Il vampiro si corrucciò “Giusto” asserì “Dove vorresti andare allora?”.

Bonnie sorrise imbarazzata e scosse la testa “Non importa” liquidò “In ogni caso non possiamo lasciare Fell’s Church. Ricordi? Klaus, Elena”.

“Fanculo tutti! Tu dove vorresti andare?” ripeté lui resolutissimo.

Bonnie rimase spiazzata dalla risposta. Non sapeva se Damon si fosse effettivamente dimenticato di Elena (cosa improbabile) ma sembrava che avessero chiuso la loro storia in modo definitivo. Il vampiro si comportava in modo impeccabile, non parlava più della bionda, non si nascondeva dalle occhiate curiose degli altri e soprattutto faceva sempre in modo che Bonnie si sentisse come la ragazza più importante della sua vita. L’unica.

La rossa gli era molto grata, perché finalmente riusciva a godersi la loro storia senza farsi divorare dalle insicurezze. Finalmente poteva affermare che tutte le emozioni che provava, non solo erano vere, ma erano anche condivise da Damon.

“Ti lascio carta bianca per quest’estate” gli concesse “Ma voglio andare a New York per Natale”.

“A New York? A Natale?”.

“Sì, lo so, è una cosa banalissima ma è uno dei miei sogni. Ho girato tutta Europa, ma non ho mai visto niente degli Stati Uniti; Zach non ha mai voluto che io tornassi. E New York a Natale deve togliere il fiato. Probabilmente ci sarai stato un milione di volte, davvero non ti voglio essere di peso però …”.

Damon la zittì mettendole un dito sulle labbra “Ti porto dove vuoi, streghetta. Sono stato praticamente in ogni posto su questo pianeta, ho già visto tutto. Non m’importa del panorama, m’importa di stare con te”.

Dov’era finito Damon Salvatore e chi diamine era costui?

Bonnie ebbe seri problemi a ritrovare l’uso della parola. Il cuore le batteva a mille e un bellissimo sorriso le illuminò il viso che si colorò di rosa.

Quello era l’effetto che aveva su di lei il vampiro. E non si poteva evitarlo.

Damon si era dedicato totalmente a lei, le aveva donato piano, piano la sicurezza che le serviva e aveva infine iniziato a credere nel futuro del loro rapporto.

Bonnie era giunta alla conclusione che la vita era determinata dalle scelte; Damon forse provava ancora dei forti sentimenti verso Elena ma aveva scelto di non struggersi più per un amore senza speranze e di chiudere quel capitolo. Aveva scelto di aprirsi a tutte le emozioni che Bonnie scatenava in lui, emozioni che aveva evitato a lungo perché vere e destabilizzanti, troppo belle e positive per qualcuno di così spietato. Bonnie gli aveva dimostrato che tutti si meritavano un lieto fine e che una scelta giusta poteva rimediare per tante sbagliate.

Damon aveva scelto Bonnie.

Nessuno aveva osato chiedere spiegazioni perché la loro connessione era fin troppo evidente e solo un ottuso avrebbe potuto negare l’intesa che li legava.

Bonnie non sapeva per quanto sarebbe durata; sperava solo che qualunque cosa il destino avesse deciso per loro, non li avrebbe separati.

Damon d’altra parte si era giurato di proteggere non solo la sua piccola strega ma anche il sentimento che stava crescendo senza possibilità di tornare indietro.

Bonnie era l’unica che gli aveva voluto bene dalla prima volta in cui i loro sguardi si erano incrociati. Ed era un affetto sincero, illimitato, profondo e totale.

Il vampiro ricambiava in modo quasi viscerale perché stare lontano da lei era come perdere un po’ di se stesso.

Aveva trascorso cinquecento anni ad annegare nei piaceri e nelle proibizioni, ad oltrepassare ogni limite e ad inventare nuove trasgressioni. E per cinquecento anni era rimasto solo, escluso da ogni forma di calore.

Damon non era degno di Bonnie, del bene che provava per lui, ma sarebbe stato un pazzo a rifiutarli. Non sarebbe mai diventato l’uomo perfetto, l’uomo migliore ma sarebbe stato l’uomo giusto per lei. Era una promessa.

L’attirò a sé e la baciò dolcemente; troppo per i suoi gusti. Avrebbe voluto divorare quelle labbra così morbide ma si trattenne: non voleva dare l’impressione che il suo fosso solo desiderio fisico.

“Non c’è proprio niente che possa fare per convincerti a rimanere?” le sussurrò esibendo il suo solito ghigno provocante.

“Con me non funzionano questi trucchetti, Salvatore” lo avvisò Bonnie rialzandosi per finire la sua valigia “Quindi smettila di fare la voce sexy”.

“Questa è la mia voce” replicò Damon quasi offeso “Non è colpa mia se sono così dannatamente irresistibile in qualunque cosa che faccio”.

“Sei anche dannatamente umile” ironizzò lei.

“E’ per questo che mi ami” scherzò il vampiro prendendo a giocherellare con la cerniera del bagaglio.

Era stata una battuta, una frase fatta, di quelle che si dicono senza riflettere ma Bonnie per poco non smise di respirare.

Anche Damon dovette rendersi conto del peso delle sue stesse parole perché alzò all’improvviso lo sguardo su Bonnie, un po’ spaesato, in attesa di una reazione della rossa.

Si era spinto, involontariamente, troppo in là. Aveva toccato un argomento davvero delicato e nessuno dei due sapeva gestirlo.

Fu il cellulare della ragazza a salvarli da quell’imbarazzante situazione. Bonnie corse a rispondere e Damon, dopo averle accarezzato una guancia quasi in segno di scuse, lasciò la camera.

 

“Seriamente, non riesci a seminarla?”.

“Elena, ti prego smettila” la rimproverò Meredith.

“E’ una presenza inquietante” continuò imperterrita la bionda “Mi sembra di essere sempre sotto osservazione”.

“Ringrazia che abbia preso la sua macchina” disse Caroline.

Bonnie non s’intromise in quel battibecco e si limitò a sorridere sinceramente divertita. Capiva alla perfezione lo stato d’animo delle sue amiche e non poteva biasimare il loro malumore, soprattutto di Elena.

Qualche giorno prima, Caroline aveva proposto di organizzare un weekend per sole ragazze, in nome dei vecchi tempi e per cercare di alleggerire la tensione.

Alla fine aveva prenotato in un centro benessere in una città non molto distante da Fell’s Church ma quando Damon e Stefan erano venuti a conoscenza della loro idea, si erano opposti.

Sostenevano che fosse troppo pericoloso allontanarsi dalla città senza protezioni, in particolare per Elena.

Nessuno sapeva se Klaus si sarebbe fatto vivo e nemmeno dove fosse. Avrebbe potuto piombare su di loro in qualsiasi momento.

Ma nessuna delle ragazze voleva rinunciare alla tanto agognata vacanze e alla fine erano scesi tutti ad un compromesso: Katherine avrebbe dovuto accompagnarle e proteggerle. Era pur sempre una donna, perciò non infrangeva la regola ‘niente uomini’ ed era anche l’unica che avrebbe potuto affrontare Klaus in caso di necessità.

Nessuno era rimasto molto soddisfatto da quella soluzione (Katherine in primis), ma era l’unica possibile.

Bonnie non sapeva quanto ci si potesse fidare della vampira e avrebbe preferito cento volte portarsi dietro Damon; d’altra parte era giunta l’ora che Katherine dimostrasse davvero di stare dalla loro parte e quella era un’ottima occasione.

La rossa era migliorata molto e il suo Potere si era rafforzato in maniera impressionante, tanto da riuscire ad influenzare volontariamente una mente allenata come quella di Damon, che si prestava gentilmente per qualche esperimento. Bonnie era certa di poter tenere a bada Katherine se ce ne fosse stato bisogno. Aveva accettato di buon grado quella presenza non gradita.

Lo stesso non si poteva dire per le altre tre, impegnate ancora a discutere per trovare il modo per sbarazzarsi della vampira.

L’unica che si era ragionevolmente rassegnata all’inevitabile era Meredith, che in quel momento stava guidando.

Caroline ed Elena progettavano, inutilmente, come due bambine, un piano per levarsela di torno e si lamentavano.

Il discorso scottante introdotto da Damon era stato presto dimenticato dalla rossa; o piuttosto ignorato.

In realtà nemmeno lei sapeva dare una risposta a quella questione e aveva preferito accantonarla e far finta di niente, invece di tormentarsi inutilmente.

Poteva prendersi tutto il tempo necessario per capire quanto fosse profondo il sentimento che nutriva per Damon; per fortuna il vampiro era ben riluttante a ricominciare quella conversazione e Bonnie poteva dirsi libera da ogni pressione.

“Non capisco perché non potevamo farci un weekend in santa pace, da sole” sibilò Elena, con il broncio.

“Klaus potrebbe essere vicino, Elena” le ricordò Meredith “Neanche a me piace avere Katherine intorno ma abbiamo bisogno di protezione”.

“In pratica devi incolpare il tuo maledetto culo che deve essere sempre salvato” riassunse Caroline con il suo solito aplomb.

“Non l’avrei messa in questi termini, ma il concetto è quello” concordò la mora.

“Però do ragione alla nostra principessina” disse Caroline rivolgendosi a Meredith “Se tu riuscissi a seminarla, ce la potremo togliere dalle scatole”.

“Stiamo parlando di una vampira che ha più di cinquecento anni. Credete davvero che non ci ritroverebbe?” chiese scettica Meredith “Per non parlare del suo superudito; probabilmente ha già ascoltato tutto quello che abbiamo detto”.

“Trovo assurdo che Stefan e Damon si siano fidati a lasciarla venire con noi” si sdegnò la bionda.

“Era inevitabile” le fece notare Bonnie intromettendosi per la prima volta nella conversazione “Katherine dal primo momento in cui ha messo piedi a Fell’s Church si è presa gioco di noi, ci ha mentito. È stata lei a rivelarmi di Zach. Ma ha anche salvato te e Meredith da quei vampiri a Greensboro e ha aiutato Caroline con i lupi mannari. Fino a che Klaus non sarà morto, lei starà dalla nostra parte. Le serviva un’occasione per dimostrarlo”.

“Ah fantastico!” esclamò Caroline con finto entusiasmo “Quindi noi siamo una sorta di esperimento?! Mi sento molto carne da macello”.

“Katherine non vi farà niente. Posso tenerla sotto controllo” assicurò Bonnie.

Le altre tre si stupirono di quella determinazione, ma non poterono fare altro che compiacersene: Bonnie stava diventando una giovane strega molto potente e sicura delle proprie capacità. Quella forza d’animo ne era la prova.

“Va bene, lasciamo perdere tutti questi pensieri negativi” propose Caroline “Questo weekend è solo per rilassarci!”.

“Nonostante una presenza indesiderata là dietro” cominciò Elena alzando volutamente il tono della voce per farsi sentire da Katherine che le stava seguendo con la sua macchina “Sono davvero contenta di essere qua con voi”.

“Ultimamente non abbiamo avuto molto tempo per noi” disse Meredith “Mi siete decisamente mancate”.

“Non dire bugie” la rimproverò scherzosamente Caroline “Lo sappiamo tutte che ne hai approfittato per fare sesso selvaggio con Alaric!”.

“Care!” sbottò Bonnie trattenendo una risata.

“Ecco qua un’altra che fa la finta santarellina” sbuffò la ragazza “Chissà come mai non ti si vede in giro così spesso, eh streghetta?” la punzecchiò.

Bonnie arrossì e non rispose. Non voleva cominciare quel discorso con Elena in macchina; sarebbe stato troppo strano.

“Forse qui l’unica che si potrebbe lamentare è Elena” considerò Caroline che non aveva alcuna intenzione di chiudere la bocca “Quand’è che ti decidi a riconquistare Stefan?”.

“Non è così facile come sembra” borbottò la bionda “Non si fida più di me. Lo capisco … voglio dire, anche io farei fatica a fidarmi di me stessa” ammise.

“E’ solamente ferito” la consolò Meredith “Ha bisogno di tempo”.

“Posso aspettarlo quanto desidera” affermò Elena decisa “Ma ho paura che non mi perdonerà mai”.

“Lo ha già fatto” intervenne Bonnie “Vuole solo essere certo di non rimanere scottato un’altra volta”.

Elena la guardò intensamente attraverso lo specchietto retrovisore, le sorrise dolcemente in un silenzioso ringraziamento.

La rossa ricambiò il sorriso e pensò che quella vacanza sarebbe servita anche a chiarire un po’ di cose. Per colpa di quell’assurdo triangolo (o quadrato) che si era venuto a creare, la loro amicizia ne aveva sicuramente risentito.

Elena era stata la prima con cui aveva legato, la prima con cui aveva avvertito una connessione. Si erano aiutate e capite. Bonnie non voleva che ci fosse del disagio. Considerava il rapporto con la bionda troppo importante per ignorare le questioni che si erano frapposte tra loro.

Abbandonò la testa contro il finestrino e chiuse gli occhi. La scuola era finita e l’estate stava arrivando ma Bonnie si sentiva ogni giorno più stanca per via dei continui allenamenti con gli incantesimi. Presto cadde in un sonno profondo.

Quando riaprì gli occhi, l’auto si era appena fermata in un grande parcheggio. Le ragazze scesero e, ancora prima di scaricare i bagagli, rimasero attonite ad osservare la struttura che si stagliava davanti a loro.

Molto moderna, quasi imponente, che stonava con il verde che la circondava. Il prato attorno perfettamente curato che raggiungeva il limitare di un giardino molto articolato, a tratti selvaggio; ricordava un piccolo bosco.

“Porca miseria!” proruppe Caroline in un moto di allegria “Anche la foto del sito era bella ma non credevo così tanto”.

“Volete darvi una mossa” le riprese Katherine superandole con la sua valigia sulla spalla, come se non pesasse niente “Vi comportate come se non aveste mai visto un albergo di lusso”.

“Visto sì ma non credevo ci sarei mai entrata” commentò Meredith sognante “Caroline quanto ci verrà a costare questo weekend di relax?” chiese quando riprese possesso della sua ragione.

“Niente di impossibile” assicurò l’altra “Ho scelto delle camere standard”.

Alla reception le attendeva un’altra sorpresa. Caroline ci rimase davvero di sasso nel momento in cui le fu annunciato che due suite erano pronte per loro.

“M- ma io non ho chiesto delle suite!” obiettò.

“Ho cambiato io la prenotazione” la informò Katherine mentre lanciava il suo trolley praticamente in faccia ad un facchino “Non ti aspettavi sul serio che io stessi in qualcosa di standard?”. Neanche fosse una parolaccia “Una è per me, una è per voi”.

“Significa che non starai in stanza con noi?” domandò Elena.

“Sono venuta qui per proteggervi, non per fare la babysitter. Non ho intenzione di spendere l’intero weekend con voi. Sono sicura che potrete cavarvela per un paio di giorni senza una sorveglianza costante. Se vi serve aiuto, avete il mio numero. E per aiuto, intendo circostanze di vita o morte” detto ciò sparì nell’ascensore.

“La vacanza si prospetta migliore del previsto” gongolò Elena alzando le mani al cielo in segno di ringraziamento.

“Non so come ho fatto a non pensarci” borbottò Caroline più a se stessa che alle altre dopo che si furono sistemate nella loro immensa camera “Sono un vampiro, ho il Potere di influenzare le persone. Perché diamine non ho prenotato una suite fin da subito?”.

“Sei troppo onesta per questi trucchetti” disse Bonnie.

“O troppo stupida” aggiunse Meredith a bassa voce pur sapendo che Caroline l’avrebbe udita comunque. Il ghigno sul suo viso sparì non appena la vampira la colpì con un cuscino.

E lì si scatenò una guerra.

 

Damon Salvatore fece il suo ingresso al Grill che il sole era già calato da un pezzo. Bonnie era da qualche parte a divertirsi con le sue amiche, tanto voleva anche lui si divertisse con il suo unico amico.

Prima di raggiungere il balcone, si concesse qualche minuto per dare un’occhiata in giro. Era da parecchio che non metteva piede in quel locale.

Non si stupì di beccare molte donne con gli occhi puntati su di lui, quello ormai era diventato un rito, ma gelò quando incontrò lo sguardo minaccioso di Liz Forbes.

Nonostante gli avesse risparmiato la vita, grazie a Caroline, non lo aveva ancora perdonato per averla ingannata, intrufolandosi nel Consiglio e spacciandosi per un semplice umano in modo da poter carpire informazioni utili.

Il che costituiva davvero una seccatura perché Liz non solo era un membro del Consiglio, non solo faceva parte delle famiglie fondatrici, ma era pure lo sceriffo della città. Avrebbe potuto smascherarlo in qualsiasi momento.

La soluzione migliore sarebbe stata quella di toglierla dalla circolazione per sempre ma l’idea non aveva mai allettato Damon.

Il vampiro considerava quella donna un’alleata, un’amica e sebbene tutto fosse nato come una bugia, alla fine si era trasformato in qualcosa di reale. Avrebbe sul serio fatto di tutto per aiutarla.

Inoltre era la madre di Caroline e nemmeno lui poteva essere così crudele da procurare un dolore così grande a quella ragazza; almeno non più.

L’aveva fatta soffrire oltre ogni misura soggiogandola e usandola; e benché non se ne pentisse del tutto, cercava di non ferirla più del dovuto.

Si avvicinò al bancone; Alaric era già seduto su uno sgabello e si rigirava fra le mani un bicchiere di liquore.

“Per essere uno che ha la super velocità, ce ne hai messo di tempo per arrivare” lo apostrofò un po’ seccato.

“E’ il bello dell’immortalità: posso sprecare tutto il tempo che voglio” rispose Damon, poi chiamò la cameriera e ordinò da bere.

“Hai sentito Meredith?” chiese.

“Mi ha chiamato quando è arrivata. Pare che Katherine abbia prenotato delle suite e che se ne sia presa una tutta per sé”.

“Quella sgualdrina viziata” commentò il vampiro bevendo un sorso “Avrei fatto esattamente la stessa cosa” e ghignò.

“Comunque se era un modo per avere notizie di Bonnie, puoi sempre alzare il telefono e chiamarla”.

“Come sai che non l’ho già fatto?”.

“Non ti crederei; altrimenti non mi avresti mai invitato a bere”.

“T’invito sempre a bere” precisò Damon “Dato che quelle quattro si sono levate dai piedi, ho colto l’occasione al volo. Almeno la tua ragazza non mi maledirà per averti strappato dal vostro letto”.

“Un’altra battuta su me e Meredith a letto e me ne vado” lo avvisò Alaric “Davvero non capisco perché non riesci a comportarti come una persona normale. Che cosa c’è di male nel chiamarla? Non sminuirà certo la tua virilità vampiresca”.

“Non mi comporto come una persona normale perché sono un vampiro e non faccio le cosa da fidanzatini normali. E poi neanche lei ha chiamato; evidentemente non le interessa farmi sapere come sta”.

Alaric si girò verso di lui come se fosse stato colpito improvvisamente da un’illuminazione “E’ questo il problema dunque? Bonnie sembra non sentire la tua mancanza e a te dà fastidio!”.

“Chi ti dice che non le manco? Probabilmente starà cercando una scusa per tornare dritta da me”.

“Però non ti ha chiamato” gli contestò Alaric “E tu sei troppo orgoglioso per fare il primo passo. Sei sempre così maturo, Damon” lo prese in giro.

“Pensala come vuoi” borbottò questi soffocando il suo disappunto nel liquore.

Alaric scoppiò a ridere e gli batté una pacca sulla spalla quasi con pietà “Giuro, non credevo che questo momento sarebbe mai arrivato”.

“Quale momento?”.

“Quello in cui ti avrei dovuto consolare per le tue pene amorose. Ti stai rammollendo, Salvatore”.

Damon si accigliò e trattenne l’istinto di piantargli i canini nel collo. Continuò a sorseggiare il suo liquore in silenzio.

Alaric aveva ragione: per quanto avesse sofferto per Elena, non ne aveva mai fatto parola con nessuno; forse perché il loro rapporto non era nemmeno reale, per cui sarebbe stato inutile anche solo incominciare il discorso.

Di certo non si era mai lamentato di cose così futili come una telefonata mancata. Bonnie a volte era in grado di trasformarlo nel più sciocco degli umani. Era una cosa che lui odiava e amava nello stesso tempo.

“Non è un peccato essere insicuri, Damon. Ti rende solo un po’ più vulnerabile, ma Bonnie non ne approfitterebbe mai”.

“Non sono insicuro” obiettò l’altro “E’ che non sono abituato a dipendere da qualcuno” chiarì.

“Fattene una ragione. È così che succede quando decidi di condividere la vita con qualcun altro” gli svelò Alaric “Anche con Elena sarebbe successa la stessa cosa”.

“Non mi sono mai posto il problema con lei, non è mai stato vero”.

“Posso solo dire di essere contento che questa tua stupida ossessione sia finita perché portava solo danno” ammise Alaric “Perché l’ha dimenticata, giusto?”.

“Forse non l’ho dimenticata del tutto, ma non mi manca. Ho scelto di andare avanti e sto dannatamente bene”.

“E se lei dovesse tornare?”.

“Ama Stefan, non cambierà idea”.

“Ma se dovesse?”.

“Come hai gentilmente sottolineato tu prima: ora sono dipendente da un’altra ragazza e a né a me né a Bonnie piace condividere”.

Per Alaric quella risposta fu più che sufficiente; sbatté il bicchiere sul bancone e guardò il suo amico seriamente “Allora prendi quel cazzo di cellulare e chiamala!”.

Lo lasciò lì da solo e Damon si ritrovò a fissare attonito lo sgabello vuoto accanto a lui. La sua era una questione di principio davvero stupida. Probabilmente Bonnie non lo aveva chiamato per timore di disturbalo e perché pensava che non gli importasse.

La strega non lo avrebbe mai lasciato sulle spine di proposito, non gli avrebbe mai fatto un dispetto.

Damon si rese conto ancora una volta di essere il responsabile: come poteva Bonnie sapere che lui fremeva di avere sue notizie quando non era nemmeno certa se le regole base di un rapporto normale funzionassero anche tra loro?

Il vampiro si diede del paranoico: girava sulla terra da cinque secoli e aveva paura di fare una chiamata solo per orgoglio?

Non era più un ragazzino, anche se quella situazione era totalmente nuova; ma non poteva continuare a vivere come aveva sempre fatto, ora non si trattava più solo di se stesso, doveva prendersi cura anche di qualcun altro.

Tirò il cellulare fuori dalla tasca e digitò il numero di Bonnie ma prima di poter premere il tasto, una chiamata in arrivo illuminò il display. Era Stefan. Qualcosa era andato storto; se lo sentiva.

Damon volò fuori dal locale ancora prima di rispondere.

 

“Lasciatemi morire qui” esalò Caroline sprofondando nella piscina con l’idromassaggio “Venire qui è stata l’idea migliore che potessi avere”.

“Potremmo sempre rimanere per tutta la vita” suggerì Bonnie “Tanto la scuola è finita; e se proprio dobbiamo nasconderci da Klaus, questa SPA mi sembra un’ottima soluzione”.

“Non parliamo di Klaus, per favore” le pregò Elena “Mi sento già abbastanza in colpa per tutto; almeno per questo weekend fingiamo che vada tutto alla grande”.

“Infatti sta andando tutto alla grande” ribadì Caroline “Siamo in un bellissimo centro benessere, abbiamo una suite a nostra disposizione, non c’è nemmeno un ragazzo in giro ad incasinarci la vita e la nostra bodyguard sembra decisa a non romperci le palle più del dovuto. Io la prendo come una conquista!”.

“Come vi ho già detto prima, trovo che sia una conquista il fatto che siamo qui tutte e quattro assieme; che sia un hotel di lusso o una bettola poco m’importa” ammise Meredith.

“Indubbiamente anche io sono felice di stare con voi” aggiunse Caroline “Ma non mi lamento di essere in un albergo di lusso invece della bettola”.

“Nemmeno io” concordarono Elena e Bonnie all’unisono.

“Siete delle insensibili materialiste!” le accusò Meredith scherzosamente schizzando le altre tre.

“Ma smettila!” la zittì Caroline saltando su di lei per tirarla sott’acqua. Come era accaduto alla mattina con i cuscini, impazzò una lotta di schizzi.

A turno qualcuna veniva mezza affogata e riemergeva addosso a qualcun’altra. L’acqua cominciò a fuoriuscire dalla piccola piscina e la schiuma aumentò a dismisura. Solo quando si ritrovarono praticamente senza fiato, chiamarono una tregua e si adagiarono addosso ai bordi stremate.

“Non ho più il fisico per fare cose del genere” boccheggiò Meredith mettendosi una mano sul petto.

“Hai cominciato tu!” le rinfacciò Caroline, l’unica che non sembrava provata dopo quella battaglia di gavettoni.

“Parlando di cose importanti” cominciò Elena mentre si strizzava i capelli “Dobbiamo prenotare il tavolo per la cena?”.

“Ragazze abbiamo una suite” disse Meredith “Possiamo anche permetterci il servizio in camera, no?”.

“Sulez finalmente stai diventando una ragazza irresponsabile!” esultò Caroline.

“Dico solo che preferirei gustarmi la mia cena sul letto, in accappatoio, piuttosto che prepararmi per scendere in sala”.

“Mi trovi d’accordo” la spalleggiò Bonnie “E’ un weekend tra ragazze, quindi dobbiamo fare anche una serata tra ragazze”.

“Mi piace l’idea; ho voglia di mettermi in pigiama e stendermi sul letto” disse Elena “Credo che comincerò andare in camera e farmi la doccia. Anzi no! Mi preparerò un bel bagno”.

Caroline ridacchiò “Esci da una vasca per entrare in un’altra vasca” considerò “Aspettami, ti accompagno. Mi raggrinzendo a furia di stare nell’acqua”.

“Vedete di farvi la doccia! Non ho voglia di aspettare quando salirò!” intimò Meredith.

“Agli ordini generale Sulez!” scherzò Caroline e seguì l’amica fino agli ascensori, dopo aver indossato l’accappatoio.

Era felice, quasi raggiante. Per la prima volta da quando era stata trasformata in vampira, si sentiva normale, ordinaria.

Quella piccola gita tra amiche era stata un vero toccasana. Lontana da Fell’s Church, Caroline poteva essere chiunque, poteva fuggire dai pericoli, dimenticarsi perfino di non appartenere più ai mortali.

Non aveva mai rinunciato alla sua umanità, ma a casa c’era sempre qualcosa a ricordarle che era diventata una sorta di mostro, che le sarebbe bastata una semplice spinta per spegnere ogni emozione e trasformarsi in un essere spietato senza cuore. A Fell’s Church il soprannaturale alloggiava in ogni angolo.

In quell’albergo, invece, a pochi chilometri dalla sua città natale, Caroline si sentiva come rinata, merito anche della spensieratezza delle sua amiche.

Tutte loro aveva bisogno di una vacanza, di staccare dal mondo.

Il loro non era uno stress da liceali, non si preoccupavano semplicemente per il college o per la fine delle superiori. La situazione era ben più seria: dovevano occuparsi della sicurezza delle proprie famiglie e  cercare di non farsi uccidere. I loro guai erano ben più gravi di quelli delle loro coetanee.

Caroline sapeva di non potersi sottrarre a quel destino, ma una pausa ogni tanto le serviva per non impazzire.

Non appena chiusero la porta della suite, la vampira sentì il suo cellulare suonare. Rovistò nella borsa e corrugò la fronte leggendo il nome sulle schermo.

“E’ Stefan” disse ad Elena.

Il viso della bionda si scurì e abbandonò la sala dirigendosi in bagno.

Caroline sospirò, intuendo di averla tubata e rispose “Ehi, Stef”.

“Grazie al Cielo, Care!” inveì lui “Ho provato a chiamare Bonnie ma non mi rispondeva. Cominciavo a preoccuparmi”.

“Eravamo al centro benessere, abbiamo lasciato in camera i cellulari”.

“Come procede? Va tutto bene?”.

“A meraviglia” confermò Caroline “La stronzetta ha cambiato prenotazione: ora abbiamo due suite. Una se l’è presa lei, ma noi possiamo benissimo adattarci” sminuì con falsa modestia.

“Katherine si sta comportando bene?”.

“Direi di sì. È da stamattina che non si fa vedere e … scusa un secondo, Stefan, hanno bussato alla porta”.

Il sorriso le morì sulle labbra alla vista della suddetta vampira “Parli del diavolo” sibilò.

“Sono qui per la sessione di allenamenti con Elena” la informò la bionda entrando in camera senza aspettare il permesso.

“Mi sembrava troppo bello per essere vero” commentò Caroline acidamente, poi riportò l’attenzione su Stefan “Ora devo andare; devo controllare che queste due non si uccidano a vicenda”.

Il vampiro dall’altra parte del telefono ridacchiò ma non ebbe tempo di rispondere perché sentì Katherine aggiungere “Non abbiamo bisogno della babysitter. So comportami bene”.

“In un’altra galassia, forse” sbuffò Caroline “Non ti lascerò sola con Elena” poi le diede le spalle e si accinse a salutare Stefan.

“Questa cosa avrebbe potuto andare diversamente” mormorò Katherine e con uno scatto repentino spezzò il collo all’altra vampira che cadde a terra con un tonfo sordo. Il telefono, con la comunicazione ancora aperta, le scivolò dalle mani.

Katherine lo raccolse “Scusa, Stefan. Niente di personale” e riattaccò prima che il ragazzo potesse parlare.

La vampira si diresse a colpo sicuro in bagno. Elena, pur conscia di ciò che stava accadendo, non poté fare altro che lasciarsi trascinare fuori.

“E’ ora di mettere fine a questa storia, mia piccola sosia” ghignò malignamente Katherine e la obbligò ad uscire dalla suite. La prese per le braccia e la spinse verso gli ascensori. La ragazza si dibatté e cercò di scappare senza successo.

“Se ti muovi ancora ti spacco un polso” le intimò Katherine.

“Non m’interessa” la sfidò Elena con spavalderia.

“Allora mettiamola così: se non farai la brava, ucciderò tutte le persone che incontreremo nel tragitto. Intese?”.

Elena fu costretta a seguire i suoi ordini sotto il peso di quella minaccia. Scesero nella hall, comportandosi entrambe con disinvoltura per non destare sospetti e uscirono nell’immenso giardino.

Elena sbiancò  quando Katherine cambiò bruscamente direzione, verso il piccolo bosco. La ragazza capì di essere spacciata.

Non sapeva se la vampira stesse agendo di sua iniziativa o per conto di qualcuno, forse proprio di Klaus; sapeva solo che in ciascuna delle ipotesi lei avrebbe fatto una bruttissima fine.

Era contenta che le sue amiche fossero al sicuro; certamente Caroline si sarebbe risvegliata con un dolore atroce al collo ma nulla di più.

Continuò a procedere con passo incerto, spaventata a morte. Non era pronta per affrontare niente di tutto quello che la vampira aveva in serbo per lei, ma si fece forza e pensò che avrebbe preferito cento volte morire da sola piuttosto che mettere in pericolo qualcuno dei suoi cari.

Quando furono abbastanza lontane dall’albergo, Katherine spintonò la sua doppelgaenger che rovinò sul terreno.

Elena si sbucciò i palmi delle mani e rimase ferma, a quattro zampe, a testa bassa, umiliata e impaurita, totalmente inerme e alla mercé di quella pazza.

“Per chi lo stai facendo?” ebbe il coraggio di chiedere cercando in tutti i modi di non far traballare la voce “Per Klaus?”.

Katherine sbuffò divertita “Pensi sempre di essere al centro del mondo” la derise.

Elena si girò finalmente verso di lei corrugando la fronte; non capiva il significato di quella frase ma non osò controbattere.

“Klaus o non Klaus, stasera sarò io a porre fine alla tua miserabile vita”.

“E’ sempre stato questo il tuo obiettivo, vero? Hai aspettato tutti questi mesi solo per uccidermi?!” le domandò in tono provocatorio e al contempo incredulo.

“Sì e no” rispose quella piegando la testa prima da un lato e poi da un altro “Diciamo che sono stata costretta. Non sai quante volete avrei voluto staccarti quella testolina così uguale alla mia ma non potevo … non era ancora il momento. È stato così frustrante!” trillò con un lampo di follia negli occhi.

“Non avremmo dovuto fidarci di te”.

“E’ saltato fuori che avevi ragione! I Salvatore avrebbero fatto bene a darti retta” asserì Katherine “Ti svelo un segreto: non vi avrebbero mai mandate qui da sole con mia in condizioni normali. Diciamo che sono diventata piuttosto brava a condizionare la mente dei vampiri”.

Elena spalancò gli occhi “I vampiri non possono influenzare altri vampiri”.

“Ma sentila! Ora sei un’esperta?” esclamò Katherine un po’ scettica “Comunque no, non li ho influenzati. Ho semplicemente offuscato la loro mente e la loro capacità di giudizio; esattamente come ho fatto quando li ho attirati a Fell’s Church*”.

“Attirati?”.

“Non penserai che sia stata solo una coincidenza? Con tutte le città degli Stati Uniti, i fratelli Salvatore capitano così per caso, proprio nell’unico paese in cui abita la sosia del loro amore perduto? Non siamo mica in Twilight! Questa è la vita reale: c’è sempre una ragione sottesa”.

“I loro discendenti abitano qui da secoli … loro …”.

“Erano anni che non tornavano a Fell’s Church, da quando la piccola Bonnie è sparita in Italia. Stefan faceva qualche sporadica visita, Damon nemmeno quella. Sono stata io ad indurli a tornare e a trattenersi in giro, perché ti vedessero” spiegò la vampira “Da lì il gioco è stato facile: Stefan si è invaghito di te e Damon è rimasto per rendergli la vita impossibile. L’imprevisto è stato che entrambi si sono innamorati di te”.

“Quindi uccidi me per punire loro?” continuò Elena.

“Per quello; e anche perché non sopporto che in giro ci sia qualcuno d’identico a me”.

“Non pensi a Klaus, Katherine?” la bionda cercò di guadagnare tempo e di convincerla a lasciarla in vita “Si arrabbierà parecchio quando scoprirà che mi hai uccisa … ti darà la caccia”.

“Klaus non se ne fa niente di te, tesoro” le rivelò l’altra “Era solo una scusa per inserirmi nel gruppo e conquistarmi la vostra fiducia”.

Elena si sentì improvvisamente davvero una stupida. Come avevano potuto credere che quella storia fosse vera? Katherine era evidentemente una bugiarda, un’attrice, eppure ci erano cascati al primo colpo.

Una cosa, però, non le era chiara “Perché non mi hai uccisa subito? Perché hai aspettato così tanto?”.

“All’inizio il mio piano era solo quello di farli impazzire lentamente, poi hanno iniziato ad innamorarsi di te e ho deciso che dovevano essere puniti. Ho semplicemente pensato che più tempo fosse passato, più avrebbe fatto male”.

Elena non si bevve una sola parola. Stefan e Damon si erano innamorati di lei molto tempo prima e la vendetta di Katherine avrebbe sortito lo stesso effetto lacerante. Senza contare che Damon era ormai ben lontano da quei giorni in cui avrebbe dato tutto per salvarla. Qualcosa non quadrava, ma la ragazza sapeva che Katherine non le avrebbe mai dato una risposta soddisfacente.

“Li odi davvero così tanto?” le domandò invece “Ti sei finta morta per cinquecento anni e ti sorprendi perché alla fine ti hanno dimenticata?”.

“Ho inscenato il mio suicidio per loro, perché ritornassero ad essere fratelli. E loro si sono uccisi, hanno sprecato il mio dono! E per tutto questo tempo non hanno fatto altro che detestarsi! Li ho persi nel momento in cui le spade si sono conficcati nelle loro pelli. Ora devono soffrire quanto ho sofferto io”.

“Li hai persi nel momento in cui non hai saputo scegliere. Forse se fossi stata meno egoista, le cose sarebbero andate diversamente” le fece notare Elena con una punta di amarezza nella voce.

“Tu non hai fatto diversamente, principessina viziata”.

“Io ho scelto Stefan”.

“Anche io; solo che ci ho messo qualche secolo per capirlo” disse Katherine con fare da finta innocente “Vedi Elena, l’unica differenza tra me e te è Bonnie. L’unico motivo per cui non si sono ammazzati a vicenda è che quella piccola peste rossa li ha tenuti uniti. È grazie a Bonnie che Damon ha capito quanto tu non valessi niente in realtà”.

La ragazza trattenne il respiro, realizzando solo in quel momento di non essere l’unica in pericolo. Sperò con tutto il cuore che Bonnie e Meredith avessero già trovato Caroline e che fosse scappate lontano da quel posto.

“Anche la streghetta pagherà” Katherine confermò le sue paura “Ma adesso io mi devo occupare di te” la prese con forza da terra e la sbatté contro un albero.

“Esprimi il tuo ultimo desiderio, Elena Gilbert” dopodiché affondò i canini nel suo collo. Il male arrivò seguito da un urlo disperato.

 

“Tra un po’ diventerò una prugna” constatò Bonnie guardandosi le mani.

“Sei a mollo da più di un’ora, non stupirtene” le disse Meredith, stesa sul bordo della vasca a godersi quell’attimo di pace.

“Forse dovremmo ritornare in camera; si sta facendo tardi” suggerì la rossa.

Meredith l’aiutò ad uscire dalla piscina “Giuro che se quelle due non si sono ancora fatte la doccia, le ammaz-” si guardò intorno crucciata “Deve essere davvero tardi, non c’è più nessuno in giro”.

Lo sguardo di Bonnie fece una veloce ricognizione del grande spazio intorno a loro, occupato da un susseguirsi di piscine. Totalmente vuoto.

L’unico rumore che spezzava il silenzio era il borbottare delle ultime bolle dell’idromassaggio.

Senza dire una parola, le due ragazze si diressero negli spogliatoi per recuperare un paio di accappatoi. Se possibile, i camerini risultarono ancora più inquietanti. Bonnie non ci aveva mai fatto caso, ma quella luce da obitorio gettava ombre angoscianti sulle pareti dai colori freddi.

Gli spogliatoi erano uno di quel luoghi che di notte cambiavano totalmente aspetto, al limite dello spettrale.

Nei film horror succedeva sempre qualcosa di brutto quando ci si trovava da soli nelle docce o negli spogliatoi. Improvvisamente un’orrenda sensazione d’impadronì di lei. Meredith dovette notare la sua espressione preoccupata perché le strinse un bracco per attira la sua attenzione e chiederle che cosa stesse accadendo.

Cominciava a sospettare che ci fosse qualcosa di strano nell’aria. C’era una quiete surreale e l’eco dei loro stessi movimenti sembrava soffocante.

Ormai doveva essere quasi ora di cena per cui tutti probabilmente o si trovavano già in sala da pranzo o si stavano preparando in camera.

Eppure Meredith trovava assurdo non si udisse nemmeno una voce o il più piccolo suono. Sembrava che qualcuno avesse imposto il silenzio assoluto.

Il turbamento nell’animo delle due giovani crebbe sempre di più e si affrettarono ad aprire l’armadietto in cui erano riposti i loro accappatoi.

La luce si spense.

“Non mi piace, Bonnie, non mi piace per niente” sussurrò Meredith che richiuse con uno scatto l’anta senza prendere nemmeno ciò che le serviva “Andiamocene”.

Bonnie avrebbe tanto voluto seguire quel consiglio, ma era letteralmente paralizzata dal timore.

Fu in quel momento che percepì un’aura nera, fredda e maligna. Non ne aveva mai sentito di quel genere; non a Greensboro nella colonia di vampiri, né quando Christopher aveva cercato di rapirla. Nemmeno Damon nei suoi momenti di ira incontrollabile rasentava quei livelli di mostruosità.

Una paura primordiale la colse e la scosse fino alle ossa, mentre un unico impulso continuava a martellarle nella testa “Corri, Mere, CORRI”. La spinse nel buio, confidando solo nella tenue luce che filtrava dalle finestre strette e poste in alto contro le pareti.

Bonnie non era mai stata un’amante dell’attività fisica, men che meno della corsa, ma in quel momento le parve quasi di mettere le ali tanto era terrorizzata. Meredith procedeva spedita davanti a lei e quando raggiunse la porta che dai camerini dava direttamente agli ascensori, la aprì con tanta di quella forza che sarebbe riuscita a staccarla dai cardini.

Non poterono oltrepassare la soglia: il passaggio era bloccato da una figura parzialmente nascosta nell’ombra.

Bastarono davvero pochi secondi perché le due giovani facessero dietro front, scappando nella direzione opposta.

C’era un’altra porta che collegava le docce alle piscine; entrambe le ragazze avevano l’impressione che si sarebbero infilate in un vicolo cieco ma non avevano molta altra scelta. Meredith era totalmente impotente e Bonnie, l’unica che effettivamente avrebbe potuto fare qualcosa, era entrata nel panico più totale.

Non aveva mai avvertito un’aura così agghiacciante, non si era mai sentita così atterrita in vita sua. Il suo cervello era governato dal caos, nemmeno riusciva a ricordare gli incantesimi più semplici.

Doveva darsi una calmata, doveva recuperare l’autocontrollo e trovare una via d’uscita. Anche Meredith era coinvolta e lei non poteva permettere che le venisse fatto del male.

Meredith.

Non sentiva più i suoi passi seguirla. Si voltò da tutte le parti e non vide altro che buio. Aveva corso talmente velocemente che neanche si era accorta di essere arrivata nello spazio delle piscine e della sua amica non vi era traccia.

“Meredith” la chiamò dapprima a bassa voce poi alzando sempre più il tono, quasi istericamente. Non si curava di non farsi scoprire. Chi le inseguiva era certamente un essere soprannaturale che probabilmente si stava godendo la scena pronto all’agguato in qualche angolo. Non c’era modo di trovare un rifugio.

E Bonnie restò ferma. Ogni sua mossa sarebbe stata intercettata; era in trappola. Sperò che Meredith si fosse nascosta da qualche o che avesse raggiunto gli ascensori.

Si sentiva come in quegli incubi in cui le porte che chiudeva a chiave si aprivano lo stesso, in cui voleva correre ma le sue gambe sembravano intorpidite, in cui cercava di urlare senza che la voce uscisse dalla sua gola.

Odiava quel silenzio così opprimente e quel buio che le infastidiva gli occhi, le impediva la vista.

All’improvviso quell’aura si fece sempre più vicino, più nitida e Bonnie non resse più la tensione e mosse qualche passo in direzione della luce proveniente dal corridoio alla fine dell’immensa sala.

Un’ondata di Potere la travolse e lei volò in piscina.

“Caroline” bisbigliò una voce “Caroline”. La vampira aprì lentamente gli occhi e osservò confusa le due figure davanti a lei.

Ci impiegò qualche secondo per realizzare dove fosse e soprattutto cosa fosse successo. Scattò seduta mettendosi una mano sulla bocca “O mio Dio, Elena! Dov’è? L’avete trovata?”.

Stefan l’aiutò ad alzarsi e scosse la testa “No, Care, devi dirci cosa ha fatto Katherine”.

“Non lo so; voleva rimanere sola con Elena e poi mi …”.

“Sì, la sappiamo la storia” la interruppe Damon immaginando come fossero andati gli eventi “Meredith e Bonnie, dove sono?”.

“Ancora al centro benessere credo; noi siamo salite prima”.

“Katherine potrebbe essere ovunque con Elena, non le troveremo mai” mormorò Stefan mortificato guardando fuori dalla finestra “Potrebbero ess- … Damon!” esclamò “Il bosco, se fossero nel …”.

Non concluse nemmeno la frase che suo fratello era già sparito oltre la porta. Stefan si rivolse a Caroline, ordinandole di trovare Bonnie e Meredith e di rimanere in albergo finché loro non fossero tornati.

La scena poi cambiò velocemente.

Un uomo, voltato di spalle, teneva la mano stretta attorno al collo di Meredith. L’aveva sollevata contro ad un muro. La ragazza annaspava e cercava in tutti i modi di liberarsi, graffiava con le unghie le dita che la stavano strangolando.

“Credevi di potermi scappare?” sibilò l’uomo “Credevi di poter avvertire gli amici della tua piccola gang?”.

“N- non res- spiro” ansimò Meredith.

“E’ proprio questo l’obiettivo” rispose quello crudelmente; poi senza preavviso girò con uno scatto la mano e le spezzò il collo**.

Bonnie rinvenne con un grido ma la sua voce risuonò soffocata. Una mano era sulla sua bocca per impedirle di fare rumore.

Fu presa un’altra volta dal panico e iniziò a dimenarsi e a respirare ansiosamente con il naso; il cuore a mille non giovò alla situazione.

“Se ti agiti avrai ancora meno fiato” le venne intimato. La mano premette maggiormente sulle sue labbra, mentre l’altra serpeggiò attorno alla sua vita bloccandole ogni movimento delle braccia.

“La tua amica sta bene” le soffiò un respiro caldo nell’orecchio “Ma se proverai a ribellarti, sarà esattamente la fine che farà”.

Bonnie era fradicia, coperta solo dal costume stava gelando e tremava, per il freddo o per la paura, forse per entrambi. Chiuse lentamente gli occhi, ispirando profondamente.

Che ne sarebbe stato di lei?

“Sembra che nessuno verrà a salvarti questa volta, sono tutti presi da Elena” continuò quella voce dietro di lei “Non c’è più nessun posto in cui la tua mamma ti possa nascondere, non c’è più neppure la tua mamma. Questa volta sei mia”.

Bonnie sentì come se il mondo fosse sparito da sotto i suoi piedi. Non aveva mai pensato che prima o poi l’avrebbe davvero trovata, non l’aveva neanche mai presa come possibilità reale. Forse perché in un modo o nell’altra era sempre stata al sicuro, protetta. In quel momento era sola. Faceva perfino fatica a formulare un pensiero coerente.

Avrebbe voluto solamente raggomitolarsi per terra, chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie. Avrebbe voluto che qualcuno la stringesse e le dicesse che sarebbe andato tutto bene.

Perché non c’era nessuno ad aiutarla? Perché l’avevano abbandonata?

“Ora ti dico come faremo” disse il vampiro “Usciremo da quella porta, da questo hotel e tu non proverai a chiamare aiuto, te ne starai attaccata a me. Quando saremo fuori, ti porterò via e tu ti dovrai dimenticare della tua vecchia vita, perché non la riavrai mai più indietro”.

Bonnie deglutì per ricacciare giù il magone che le era salito fino in gola. Era incredula, spaesata. Come se quell’incubo non stesse veramente accadendo.

L’uomo le diede uno strattone per ottenere una risposta e Bonnie si rese per la prima volta conto che i suoi vestiti erano bagnati, grondanti d’acqua. Probabilmente si era buttato nella piscina per recuperarla.

La strega si ricordò di un incantesimo che le aveva insegnato la signora Flowers, molto semplice, che non richiedeva un gran spreco di energie.

Era l’unica cosa che le fosse venuta in mente, l’unica chance che aveva di cavarsela. Non aveva né la forza né il tempo di ideare un piano più complesso.

Doveva, però, trovare il modo di staccarsi dal corpo del vampiro. Lui la spinse leggermente avanti obbligandola a spostarsi verso la porta.

Bonnie raccolse tutto il suo Potere, facendo di tutto per tenere a bada il panico, e si concentrò per indirizzarlo contro al vampiro.

Funzionò: lui venne sbalzato indietro e Bonnie scattò in avanti. Si voltò e si focalizzò sull’immagine di un incendio, proprio come le aveva spiegato la signora Flowers. Subito il corpo del vampiro prese fuoco.

Bonnie non rimase un attimo di più. Si mise a correre verso la porta, più veloce che poté. Pregò che le fiamme lo distraessero almeno il tempo di raggiungere gli ascensori. Sapeva di non averlo ucciso, la sua aura era troppo potente; non era un vampiro comune.

La ragazza cominciò a premere con insistenza il pulsante per chiamare l’ascensore. Il tempo sembrava scorrere a rallentatore e lei non resistette. Scelse le scale e fece i gradini due a due.

“Bonnie!”.

La rossa arrivò in cima e udì qualcuno chiamarla per nome. Vide Meredith e Caroline andarle in contro. Si buttò fra le loro braccia e scoppiò a piangere, finalmente libera di sfogarsi, finalmente al sicuro.

“Stai bene?” si accertò apprensiva Caroline “Che ti è successo? Bon-”.

“E’ stato orribile” gemette Bonnie “Credevo che non vi avrei riviste mai più” singhiozzò “Meredith, sei sparita, avevo paura che … che …”.

“Sono corsa a cercare aiuto. Mi dispiace di averti lasciato da sola ma non sapevo che altro fare. Ho incontrato Caroline; abbiamo fatto il più in fretta possibile”.

“E- elena?” domandò la strega.

Caroline e Meredith si scambiarono un’occhiata preoccupata “Katherine l’ha portata via. Stefan e Damon sono andati a cercarla. Non avevo idea che tu fossi in pericolo, altrimenti li avrei avvertiti” raccontò la vampira in segno di scuse.

 

Elena gridò ancora, disperata.

Era come se Katherine stesse tentando di staccarle il collo a morsi. Non aveva niente a che vedere con gli scambi di sangue che aveva condiviso con Stefan.

Desiderava con tutto il cuore perdere i sensi ma il suo cervello si ostinava a rimanere vigile e attivo. Lei era costretta a provare tutto il dolore.

Il corpo di Katherine venne bruscamente strappato via dal suo ed Elena si accasciò su se stessa.

Finalmente le sue palpebre iniziarono a farsi pesanti e la ragazza sarebbe sicuramente sprofondata in un sonno letale se una sostanza calda e dal sapore di ferro non le avesse invaso la gola. Tossì un paio di volte e poi cominciò a deglutire lentamente.

“Stefan?” sussurrò con la bocca ancora impastata, non appena la vista riprese nitidezza.

“Va tutto bene” disse lui mentre le accarezzava i capelli “Sei al sicuro, ci sono io”.

“Oh … Stefan”.

“STEFAN!”.

Questa volta il suo nome era stata pronunciato con più determinazione.

“Porta via Elena! Ci penso io qua” gli ordinò Damon schivando un colpo di Katherine.

Da quel momento in poi il maggiore dei Salvatore non badò più a suo fratello. Katherine era una vampira forte e più anziana, tutta la sua attenzione doveva incentrarsi su di lei.

La bionda era a dir poco furiosa. I suoi progetti erano appena stati rovinati, le aveva soffiato la preda da sotto il naso e la sua copertura era saltata.

Stordì Damon con un forte getto di Potere e poi gli saltò addosso, tempestandolo di pugni. Voleva fargli male, terribilmente male.

Lo avrebbe messo fuori gioco; poi sarebbe andata alla ricerca di Stefan ed Elena e dopo averli catturati, avrebbe costretto i due Salvatore ad assistere alla tortura e alla morte della loro amata. Infine li avrebbe uccisi.

Solo così avrebbe potuto salvare se stessa.

Non aveva fatto i conti, però, con la tenacia di Damon. Era stufo, esasperato da tutti quei continui tentativi per minare la sua tranquillità.

Katherine lo aveva ingannato dal primo giorno in cui si erano incontrati, gli aveva fatto credere di amarlo, si era spacciata morta, aveva minacciato la sicurezza delle persone che gli erano care, aveva sconvolto la sua città, aveva rivelato a Bonnie la verità su Zach. E lui era stato così stupido da mandarla con le sue ragazze, con la sua streghetta. Ora doveva pagare per tutto la sofferenza che aveva causato e doveva essere eliminata.

Con uno scatto di reni, capovolse le posizioni e, cogliendola alla sprovvista, l’afferrò per le spalle e la sbatté contro il tronco di un albergo, bloccandole ogni via di fuga.

In un gesto repentino, staccò un ramo e glielo conficcò nello stomaco. Katherine grugnì. Un altro nella scapola e lei gemette più forte.

Si procurò un terzo paletto e prese la mira, pronto a sferrare il colpo mortale.

“Damon, no!” scongiurò la vampira.

“Troppo tardi per le suppliche”.

“Non capisci … posso aiutarti”.

“Dillo a qualcuno cui interessa” posò la punta di legno sul cuore di Katherine “Ora lo infilerò molto lentamente e mi godrò lo spettacolo. Questa volta morirai per davvero”.

“Damon, non mentivo su Klaus … non mentivo”.

Il paletto le sfiorò la gabbia toracica “Vuole Bonnie” urlò tentando il tutto per tutto per salvarsi.

Il vampiro fermò la sua mano e corrugò la fronte. Era un’informazione che già sospettava, ma era curiosa di sapere perché Katherine ne fosse a conoscenza.

Lei proseguì “Non ha mai voluto Elena, non le serve a niente, non è nemmeno la mia doppelgaenger. Vuole Bonnie, ha sempre e solo voluto Bonnie”.

“Perché dovrei darti retta?”.

“Io faccio parte del suo piano per riprendersela. Ti prego, Damon, io so tutto, sono la tua unica possibilità di proteggerla”.

“Cosa sai?” ringhiò Damon.

“Te lo posso mostrare”.

Katherine sedeva in un lussuoso ristorante di Parigi; sfogliava distrattamente il menù. Non c’era niente che potesse interessarle in quelle pagine ma non poteva mettersi a dissanguare l’intera sala solo per soddisfare la sua voglia di sangue.

S’irrigidì istantaneamente quando il posto di fronte a lei venne occupato dall’ultima persona che avrebbe voluto vedere.

“Saranno tre secoli che non ci vediamo” le sorrise.

“Klaus” tremò lei resistendo all’impulso di trasformarsi in una civetta proprio nel mezzo del ristorante e volare via.

“C’è qualcosa di buono sul menù? Ho notato che prima lo studiavi attentamente” le chiese con nonchalance.

“Cosa ci fai qui?”.

“Katherine, non vorrai fare una scenata proprio davanti a tutta questa gente” la rimproverò Klaus, posando il menù sul tavolo “Potresti trattarmi in po’ più gentilmente. Dopotutto, l’ultima volta che ci siamo visti, hai cercato di uccidermi”.

“Pensavo di averlo fatto”.

Klaus ghignò “Ho sempre adorato la tua sfacciataggine”.

“Sei qui per uccidermi?”.

“Sono qui per riscuotere il tuo debito. Tu hai cercato di sbarazzarti di me; eppure ti ho permesso di rimanere in vita. Questo ha un prezzo”.

“Se pago questo prezzo, poi mi lascerai libera? Non mi darai più la caccia?”.

“Siamo già alle richieste, Miss Katherine?” la prese in giro Klaus come era solito fare quando l’aveva conosciuta secoli prima “Se fai questa cosa per me, sparirò dalla tua vita”.

“Cosa devo fare?” le parole le uscirono di bocca ancora prima che lei potesse pensarle.

“Hai mai sentito parale di streghe con dei Poteri fuori dalla norma, molto simili a quelli dei vampiri, che posso controllare l’energia mentale a loro piacimento?”.

“Sì” annuì Katherine “Credevo che fossero una leggenda”.

“Per anni le ho cercate in lungo e in largo senza mai avere successo. Poi circa diciott’anni fa, la fortuna girò dalla mia parte: venni a sapere che una di loro era nata in un paesino degli Stati Uniti. Sterminai la sua famiglia, entrai nella sua casa, ma la madre era riuscita a nasconderla e per me fu tutto inutile. Fui costretto ad abbandonare il mio piano e la piccola sparì nel nulla”.

“Hai bisogno di aiuto per ritrovarla?”.

“O no, quello l’ho già fatto. Studia in un collegio a Roma. Uno dei miei la sta tenendo d’occhio. Ha anche provato a rapirla e portarmela ma ovviamente è andato tutto storto” raccontò con tono amareggiato “Con il senno di poi mi sono detto che era meglio così. Vedi, la ragazza non sa di essere una strega, nella condizioni attuali non mi serve a niente”.

“Non capisco perché hai bisogno di me”.

“Si dà il caso che la ragazza sia nata a Fell’s Church”.

Katherine sgranò gli occhi, intuendo fin da subito che non poteva essere una coincidenza.

“Proprio la cittadina in cui tu hai attirato i fratelli Salvatore per la tua insulsa vendetta” confermò Klaus “E si dà il caso che la piccola Bonnie sia stata adottata dai discendenti dei tuoi due amati. Quale migliore modo di farla entrare in contatto con il sovrannaturale se non buttarla in una famiglia piena di vampiri?”.

“Quindi vuoi che io la riporti a Fell’s Church?”.

“No, cara, a quello ci ha già pensato il tuo Damon, involontariamente” chiarì Klaus “Pare che abbia ucciso l’ultimo vero discendente della famiglia Salvatore, nonché fratello della piccola Bonnie. Sono mesi che lei non ha suo notizie e ora sta programmando di tornare a casa”.

“Cosa vuoi che faccia allora?”.

“Bonnie non solo non ha idea di essere una strega, ma non sa nemmeno di essere stata adottata. Devi spingerla a sbloccare il suo Potere, devi fare in modo che lei scopra la verità e che s’impegni ad esercitare le sue capacità. Quando sarà pronta, io la verrò a prendere”.

“E io cosa ci guadagno in tutto ciò?”.

“Ti risparmio la vita, è già un’ottima cosa, no? Poi ti lascerò il piacere di uccidere la tua sosia, come era nei tuoi programmi, ma solo dopo che io avrò preso Bonnie”.

“Stefan e Damon mi credono morta; non posso avvicinarmi a questa strega senza che loro lo scoprano”.

“Beh sì, quello lo avevo già messo in conto” disse Klaus come se non fosse assolutamente un problema “E’ ora di affrontare la loro ira, Katherine”.

“Non si fideranno mai di me”.

“Mi sono permesso di inventarmi una piccola bugia per te” la informò lui “Dirai che sono secoli che stai scappando da me –questo, in fin dei conti è vero- dirai che ti serve il loro aiuto per uccidermi. Dirai che io sto per arrivare a Fell’s Church con l’intenzione di portare via Elena, la tua doppelgaenger. Siete talmente uguali che ti crederanno subito. Il sangue delle doppelgaenger è particolarmente prezioso per vari rituali; è totalmente verisimile che io, uno dei vampiri antichi, abbia bisogno di quel sangue per accrescere il mio Potere. Li distrarrai dal mio vero obiettivo e ti inserirai nel loro gruppo. Nel giro di qualche mese, tu avrai la tua vendetta ed io la mia strega”.

Damon ripiombò nella realtà e fu come una doccia ghiacciata.

Aveva già sospettato che il responsabile dello sterminio della famiglia di Bonnie potesse essere Klaus o uno degli Originali, ma era sempre stata un’ipotesi, una possibilità. Nemmeno credeva che avrebbero mai scoperto dove si nascondeva.

In quel momento, invece, tutto era divenuto incredibilmente vero; o almeno così diceva Katherine.

“Christopher era uno dei complici di Klaus” continuò la vampira “Il suo compito era tenerla d’occhio e fare in modo che si allontanasse da voi cosicché sarebbe stata più semplice da manipolare. L’idiota, però, non ha saputo resistere al suo sangue e si è fatto scoprire”.

“Come posso essere sicuro che tu non mi stia raccontando un sacco di cazzate?”.

“Ti ho mostrato i miei ricordi, cosa vuoi di più?” sibilò lei “Klaus non ha mai voluto Elena, era solo una copertura e voi ci siete cascati in pieno. Mentre eravate qui a cercare di salvare la vostra principessa, lui probabilmente avrà già rapito Bonnie. Se vuoi rivederla viva, io sono la tua unica speranza”.

Katherine non aveva alcuna intenzione di aiutarlo per davvero; doveva solamente distrarlo e poi sarebbe scappata senza guardarsi indietro.

Damon alzò una mano e le accarezzò una guancia “Mi dispiace, Katherine, ma non posso fidarmi di te; sai troppe cose”.

Il paletto si conficcò così rapidamente nel cuore della vampira che lei non ebbe neanche il tempo di gemere. I suoi occhi si coprirono di un velo di sorpresa mista a tristezza e le sue esili dita strinsero impercettibilmente la camicia di Damon, quasi in segno di scuse, come se in quella frazione fosse ritornata la giovane vampira un po’ viziata e capricciosa, ma ingenua, di cui lui si era innamorato.

Damon fece un passo indietro e lasciò che quel corpo ormai privo di vita cadesse a terra decomponendosi in cenere.

Sentì un grande vuoto all’altezza del cuore, sentì di aver perso qualcosa che nessuno gli avrebbe mai restituito.

Tutto si era rivelato inutile: aveva amato per cinque secoli una donna che non lo aveva voluto, aveva seminato morti e terrore, aveva continuato quel gioco di torture con suo fratello fino ad invaghirsi di una nuova ragazza che comunque non lo aveva scelto. Ed era stata tutto maledettamente inutile, perché, alla fine, il destino aveva deciso di beffarsi di lui, aveva scombinato ancora una volta le carte in tavola impedendogli di rimediare ai suoi errori.

Avvertì una vertigine e le gambe gli tremarono e cedettero. Si ritrovò in ginocchio sul terreno e fu come se il mondo non avesse più un senso, come se le sue certezze si fossero frantumate in un battito d’ali.

Non si accorse del ritorno di suo fratello con Elena tra le braccia, né della voce di Meredith che chiedeva con insistenza che cosa fosse successo, men che meno dell’entusiasmo di Caroline nel constatare la morte di Katherine.

Cominciò a riprendere coscienza di ciò che lo circondava quando una massa di riccioli rossi entrò nel suo campo visivo. La rossa si piegò su di lui, evidentemente preoccupata per l’espressione sconvolta che deturpava il suo volto bellissimo.

Il vampiro non ascoltò nemmeno una parola che la ragazza gli rivolse, ma l’abbracciò, aggrappandosi alla sua schiena.

Non gliel’avevano portata via. Bonnie era lì.

Non ci fu altro da dire. Damon si alzò in piedi, sempre stringendola a sé, e la sistemò in modo che stesse attaccata a lui come un koala; dopodiché oltrepassò suo fratello e le altre ragazze e si allontanò da bosco.

 

Finalmente raggiunsero il Pensionato e Damon si affrettò a lasciare la macchina e ad entrare in casa.

Bonnie stava bene, suo fratello stava bene, stavano tutti bene; tranne lui.

Si rifugiò in camera sua, come un animale solitario e si prese la testa tra le mani. Cercava in tutti i modi di togliersi da davanti l’immagine di Katherine morta, il rumore delle ossa rotte dal paletto e  del suo cuore pugnalato.

Quel suono gli avrebbe dato la caccia per anni, un doloroso ricordo di ciò che aveva perso, di ciò che in realtà non aveva mai trovato.

Aveva sprecato secoli della sua vita inseguendo un’illusione, aveva setacciato il mondo intero nella speranza che prima o poi la felicità avrebbe benedetto anche lui. Non era servito a niente.

Nessuno avrebbe mai potuto ridargli indietro quegli anni, nessuno avrebbe potuto convincerlo che dopotutto ne era valsa la pena.

Era incazzato. Si era trasformato in uno zimbello con le sue stesse mani, aveva permesso al suo stupido cuore di mettersi in mezzo e trasformarlo nell’ombra dell’uomo che era stato.

Molto tempo era passato eppure nulla era cambiato. Aveva creduto di potersi meritare la felicità ma ancora una volta era stato smentito, ancora una volta gli sarebbe stata strappata via.

E poteva prendersela solo con se stesso.

“Damon?”.

Non ora, non ora, vattene.

“Damon, che cosa … hai bisogno di me? Odio vederti così turbato”.

Perché non capisce che voglio restare solo?

“Sono solo stanco, Bonnie”.

La ragazza esitò un attimo “Mi dispiace per quello che sei stato costretto a fare. Se ne vuoi parlare o se …”.

“Bonnie, devi andartene. Lascia questa stanza, sono serio” le intimò voltandosi verso di lei “Sono arrabbiato e vorrei solo sbatterti contro quel muro e prenderti e sfogarmi e … ti farei male, so che ti farei male. Quindi, per favore, vattene perché non voglio farti del male”. Era stato di una freddezza disarmante.

Le diede nuovamente le spalle.

Bonnie abbassò il capo mortificata ma non obiettò. Non era il momento e lei non aveva le forze di gestire Damon in quelle condizioni.

Tornò verso la sua stanza senza lasciarsi demoralizzare. Avevano entrambi bisogno di una notte di riposo prima di poter affrontare qualsiasi discussione.

Era solo certa di una cosa: non lo avrebbe abbandonato in quello stato, non avrebbe rinunciato a lui. Non si sarebbe fatta allontanare dai suoi scatti d’ira e dalle sue cattiverie.

Il vampiro era impulsivo e autodistruttivo e qualunque cose fosse realmente accaduta in quel bosco aveva già iniziato a logorarlo dall’interno.

Bonnie non poteva permettersi che Damon si perdesse di nuovo perché questa volta non si sarebbe più ritrovato.

 

“And when you're needing your space

To do some navigating

I'll be here patiently waiting

To see what you find

'Cause even the stars they burn

Some even fall to the earth

We've got a lot to learn

God knows we're worth it

No, I won't give up”

( I won’t give up- Jason Mraz).

 

Il mio spazio:

Ciao ragazze!

Scusatemi davvero tanto per il ritardo ma ho avuto una specie di blocco. Sapevo esattamente che cosa ci doveva essere in questo capitolo ma non sapevo come scriverlo. Dopo l’estate ho perso un po’ il ritmo e ho deciso di prendermi più tempo per scrivere. Ovviamente poi l’ispirazione mi è tornata con il procedere del capitolo e ora vi siete dovute sorbire 20 pagine di word!

Spero siano venute e che abbiamo compensato il ritardo.

Vi avevo detto che a settembre avremmo cambiato decisamente tono! I prossimi capitoli saranno particolarmente delicati e non garantisco di essere all’altezza delle idee che mi frullano in testa, quindi come sempre vi prego di avvisarmi se notate che la narrazione sta perdendo tono! Mi fido molto del vostro giudizio =)

Era ormai chiaro a molte che Klaus stesse cercando Bonnie, ma vi aspettavate il coinvolgimento di Katherine e la svolta del ruolo di Elena? Credete sia stato un bel colpo di scena?

Avete visto un Damon un perso nel finale. L’uccisione di Katherine è stata una bella botta; è come se si fosse reso conto che la sua vita è stata sostanzialmente inutile ed è anche spaventato per il futuro di Bonnie.

Il prossimo capitolo sarà un po’ tormentato per lui; la sua reazione sarà abbastanza forte e farà cose decisamente opinabile ma abbiate fiducia in me, niente di drastico. Credo che il suo personaggio sia in continua crescita e qualche errore è accettabile. Il suo è un percorso lungo che forse troverà compimento in questa storia solo quando metterò la parola fine.

Ringrazio tantissimo tutte le persone che, pur essendo estate, hanno letto e/o commentato il capitolo precedente!

Grazie per il continuo supporto!

Da oggi riprendono regolarmente gli aggiornamenti ogni due settimane, quindi ci rivediamo il 5 ottobre.

Sperando che la lettura sia stata piacevole,

un bacio,

Fran!

 

Ps: entro qualche giorno dovrei cambiare nickname. Frankie91 è stato ideato quando avevo 12/13 anni e ormai non ha più significato per me.

Quello nuovo sarà Sissi Bennett; quindi se vedete la mia storia sotto quel nome, tranquille, nessuno mi ha rubato l’account.

Sissi è preso proprio da questo storia, perché Sissi è anche un po’ la mia creatura; c’è un po’ di Bonnie ma anche un po’ di me.

Bennett arriva dritto dritto da Orgoglio e Pregiudizio; amo la letteratura inglese e Lizzie è una delle protagoniste con cui più mi sono identificata. C’è anche un piccolo riferimento a una certa di Bonnie di una certa serie tv, che io apprezzo molto (anche se credo di essere una delle poche).

 

*Nel libro “Il diario del vampiro- La furia” Katherine dice di aver attirato Damon e Stefan a Fell’s Church tramite una specie di controllo mentale.

**In questo caso, entrambe le scene sono opera di Klaus: la prima accade realmente e la usa in modo che Bonnie si senta abbandonata dai suoi amici; la seconda è falsa ed è usata per  minacciarla.

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Capitolo 34
*** No feelings ***


 

Ashes &Wine

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Capitolo trentaquattro: No feelings.

 

“Someone’s at the door, understanding too demanding
Can this be wrong, it's love that is not ending
Makes him insane again to know

She should not lock the open door
run away, run away, run away
Full moon is on the sky and he's not a man anymore
She sees the change in him but can't
run away, run away, run away
See what became out of her man”

(Full Moon- Sonata Artica).

 

Sarebbe stato troppo bello chiedere un attimo di pace.

Forse sarebbe stato anche troppo pretenzioso.

Bonnie, però ci aveva sperato fino alla fine; ad un certo punto aveva anche creduto di meritarselo.

Dopo una notte come quella precedente, avrebbe solamente desiderato dormire fino al pomeriggio successivo. Le era sembrata una richiesta più che legittima.

Non aveva calcolato il ‘fattore Damon in modalità depressa e incazzata’.

Era da parecchio che non aveva a che fare con quel Damon e, se proprio, doveva essere sincera, non le mancava per niente.

Quando il vampiro era ferito, feriva a sua volta, attaccava, si nascondeva, reprimeva le emozioni e scatenava tutta la sua rabbia su chi lo circondava.

Bonnie sapeva di essere la prima della lista, era pronta a subirne le conseguenze ma ne era anche spaventata.

Non avrebbe davvero sopportato di essere maltrattata ed esclusa, non dopo tutto ciò che c’era stato, non dopo tutte le parole che si erano detti.

Era snervante essere incastrati in una relazione in bilico perenne; una leggera spintarella avrebbe mandato tutto in frantumi.

La ragazza aveva davvero creduto di aver trovato un equilibrio, ma avrebbe dovuto aspettarsi che non sarebbe durato. La sua vita non era normale, non poteva pretendere di condividere dei rapporti normali.

La sera prima aveva sperimentato il terrore più puro, un incubo senza via d’uscita; avrebbe voluto piangere e cercare conforto nelle braccia dell’unica persona che poteva calmarla, avrebbe voluto dormire accucciata contro di lui ma non l’aveva fatto. Damon l’aveva mandata via.

Era amareggiato e turbato e voleva restare solo. Bonnie lo aveva accontentato, quasi rassegnata. Non se l’era presa, poteva anche capirlo, ma odiava vederlo ridotto in quelle condizioni, odiava  essere l’unica a lottare per loro, odiava dover gestire e frenare l’impulso di mandarlo a fuoco per farlo ritornare in sé.

Era andata quindi a dormire con l’unica speranza di sprofondare in un sonno segna sogni;  aveva temporaneamente accantonato il problema del vampiro.

La mattina successiva si era presentato più rumoroso che mai: una scarica di chitarra elettrica la fece sobbalzare violentemente sul suo letto.

Non faticò ad intuire il responsabile di tutto quel baccano, non era la prima volta che accadeva. La rossa si premette il cuscino sulla testa e mugugnò infastidita.

Un giorno di pace totale sarebbe stato decisamente troppo bello.

Bonnie provò ad ignorare quella musica assordante ma fu un’impresa vana. Era un avvertimento, anzi un’esortazione ad alzarsi e affrontare di petto la questione.

Con uno scatto nervoso, scostò le coperte e scese dal letto. Iniziò a chiamare il nome del vampiro a gran voce, piuttosto innervosita e marciò giù per le scale.

Stefan non si vedeva da nessuna parte; probabilmente aveva già litigato con suo fratello e si era rintanato nella sua stanza.

Bonnie era preparata a tutto ma non alla scena che le si parò davanti: Damon seduto su una poltrona con un bicchiere di whiskey in mano che osservava piuttosto annoiato tre ragazze ballare poco vestite. Sul loro corpo qualche morso.

Lei contò fino a dieci. Il primo istinto fu quello di cominciare ad urlare ma si trattenne. Seppur tutto stesse gridando “tradimento” a caratteri cubitali, Bonnie mantenne la calma. C’era qualcosa di strano in quel quadro: tutto troppo aperto, tutto troppo esibito. Spense la musica.

“Che cosa sta succedendo qui?” berciò con una nota isterica che non riuscì a rimandare giù.

Damon alzò lo sguardo e il suo sguardo si coprì di una maschera impassibile “Bonnie! Era ora che ti unissi alla festa”.

Ecco la prova che cercava: Damon per niente toccato dalla sua presenza, né sorpreso. Damon che non si premurò neppure di giustificarsi.

Era tutta una recita architettata per ferirla; questo le era chiaro. Ma perché? Che cosa aveva fatto di male? Certo, si aspettava di dover fronteggiare una vera tempesta di delusione ed ira, non di venire eletta come capo espiatorio ancora prima di aver aperto la bocca.

“Cosa sta succedendo, Damon?” ripeté con gelido autocontrollo.

“Ho invitato un paio di amiche a celebrare la dipartita di Katherine. Attendevamo giusto te”.

Bonnie gettò un’occhiata alle tre che continuavano a muoversi indisturbate pur senza la musica “Le hai morse?”.

Damon inarcò le sopracciglia ed indicò con un cenno i segni evidenti “Pur essendo prima mattina, sei perspicace”.

“E le hai soggiogate”.

“Stiamo giocando a ribadire l’ovvio?”.

“Mandale via”.

“Non fare la solita guastafeste”.

“Damon!”.

Il vampiro sbuffò. Cedette e andò da ognuna delle ragazze, ipnotizzandole a non ricordare più niente e a curare quei morsi.

Quando le tre si chiusero la porta alle spalle, dopo aver indossato di nuovo i loro indumenti, Bonnie contò ancora una volta fino a dieci. Non poteva permettersi di perdere la testa anche lei o non sarebbe mai riuscita a capire che cosa non quadrava, che cosa Damon le stesse nascondendo.

Lui, d’altra parte, senza degnarla di uno sguardo si diresse verso l’armadietto degli alcolici e si versò altro liquore.

Bonnie si lasciò cadere sul divano e fissò la schiena dell’uomo “Posso stare qui con te o hai ancora voglia di sfogarti e farmi male?” chiese un po’ velenosamente.

Damon indurì la presa sul bicchiere. Sentì il bisogno di precisare che non avrebbe mai voluto farle del male, per quello la sera prima le aveva chiesto di andarsene, eppure tacque. Non era il momento di farsi prendere dalla tenerezza.

“Mi vuoi dire che cos’hai in mente?” insistette Bonnie.

Damon si sedette accanto a lei “Assolutamente niente. Katherine è morta, Elena è salva e sembra che la storia di Klaus sia solamente stata inventata. Non potrebbe andare meglio” esultò allargando le braccia.

Elena. L’attenzione si era concentrata su Elena e non c’era stato neanche un accenno al vampiro che aveva cercato di rapirla nelle spogliatoi. Decisamente l’intento di Damon era ferirla.

Bonnie era troppo furba per farsi cogliere dalla rabbia e dalla gelosia. Il gioco era chiaro e lei non ci sarebbe cascata. In un moto di estrema umanità, lo abbracciò, passandogli le mani intorno al collo e lo attirò a sé.

Gli aveva promesso che sarebbe sempre stata dalla sua parte, che lo avrebbe aiuto e capito. Non aveva gradito quell’orrendo spettacolo cui l’aveva sottoposta e in condizioni normali, gli avrebbe già riversato addosso fiumi di collera.

In quel momento, però, Damon era tornato il vampiro senza sentimenti; talmente schiacciato dal peso della morte di Katherine che aveva preferito spegnere le emozioni invece di lasciarsi sopraffare.

Bonnie come prima cosa doveva guarirlo e confortarlo. Per i rimproveri ci sarebbe stato tempo.

Lui, d’altro canto, restò spiazzato da quella reazione, non esattamente quella prevista. Non ricambiò ma chiuse gli occhi godendosi quel tocco delicato tra i suoi capelli. Quanto amava quelle braccia sempre pronte ad accoglierlo e a cullarlo. Quanto avrebbe voluto nascondere il volto nel collo di Bonnie e inspirare il suo profumo e dimenticarsi di tutto il resto.

Rimanere con lei, perdersi in lei. Solo questo avrebbe desiderato. Il resto del mondo avrebbe anche potuto andare in rovina.

Si sforzò di riaprire gli occhi. Si detestò per ciò che aveva già pianificato. Sarebbe stata una vera tortura, ma era necessaria.

“Che stai facendo?” domandò con voce distaccata.

“Ti sto dando uno dei miei abbracci, quelli per farti stare bene” gli rispose innocentemente.

Perché devi rendere tutto così difficile, Bonnie?

“Oggi preferisco uno dei miei abbracci” la stroncò. Veloci le sua mani passarono sulle cosce della ragazza fino al suo sedere.

“Damon” era un richiamo di avvertimento ma lui non l’ascoltò. Si tuffò sulle sue labbra famelico e rude. Non l’aveva mai baciata in quel modo.

Bonnie si scostò infastidita “Smettila … che ti prende?”.

“Andiamo, streghetta, hai detto che vuoi farmi stare meglio. Allora fallo” la stuzzicò mentre la sua bocca vagava per il viso di lei.

“N- non così” la rossa lo spinse via e si allontanò in fretta dal divano “Si può sapere che cosa ti sta succedendo? Perché vuoi farti odiare a tutti i costi?”.

“Non so di cosa stai parlando” obiettò Damon con la massima indifferenza “Io sono sempre lo stesso”.

“Ah sì? Allora cos’era la scenetta cui mi hai obbligata ad assistere poco fa?”.

“Sei gelosa?”.

“Le hai morse, Damon”.

“Sono un vampiro. I vampiri mordono”.

Bonnie distolse lo sguardo turbata “Non è mai stata mia intenzione cambiarti, lo sai. Vorrei solo che non ti chiudessi così in te stesso quando vieni ferito”.

“Sto alla grande” replicò lui.

“Raccontane un’altra e soprattutto raccontala a qualcun altro”.

Questa volta fu Damon a fuggire gli occhi sospettosi di Bonnie.

“Credevo che avessimo superato questa fase in cui tu fingi di essere il vampiro senza cuore, credevo che almeno con me non ti saresti più nascosto”.

“E poi? Credevi che avresti trovato un incantesimo per trasformarmi in un umano, che ci saremmo sposati e avremmo avuto dei figli?” mantenere quella maschera di freddezza risultava sempre più difficile, ma Damon era un bravo attore.

“E’ la morte di Katherine?” continuò Bonnie imperterrita “O c’è dell’altro?”.

“Vuoi farmi stare bene?” proruppe Damon eludendo volutamente la domanda “So io cosa potresti fare. Così magari capirai come sono davvero fatti i vampiri”.

Un secondo dopo la teneva schiacciata contro le rifiniture in pietra del camino “Questa mattina sono particolarmente insaziabile”.

Bonnie gli mise le mani sulle spalle in una vano tentativo di fermarlo. In genere non aveva problemi a fari mordere, ma in quel momento appariva tutto troppo sbagliato, troppo freddo, senza sentimento.

Non voleva essere soltanto una valvola di sfogo.

“Damon, no!”.

Lui non le diede retta. I suoi canini affondarono nella sua tenera pelle, senza curarsi della suppliche della ragazza. Bonnie aveva detto no ma Damon non pensava che lo intendesse davvero, non si sarebbe mai immaginato il dolore che stava provando.

“Basta, Damon … mi fai male, mi stai facendo male”.

A quelle parole il vampiro si tirò subito via, sconcertato. Il suo intento era solo di spaventarla un po’, ma si rese conto di essersi spinto troppo in là.

Bonnie sgusciò via dalla sua stretta e si portò dietro al divano, come se si sentisse più sicura ad avere qualcosa che la dividesse da lui.

Tutte la sua determinazione, i suoi buoni propositi svanirono. Si era sopravvalutata: non era in grado di affrontare Damon in quelle condizioni. Non sarebbe riuscita a superare tutto quel veleno. Non era abbastanza forte.

“Ho capito che sei arrabbiato, ho capito che stai cercando di ferirmi perché anche tu sei ferito ma non me ne starò qui a sopportare lo schifo che mi vuoi tirare addosso. Sono sempre stata accanto a te, ti ho difeso e ti ho accettato anche quando non avrei dovuto. Questo è il ringraziamento? Non stupirti se nessuno ti ama. Tu non sei un uomo, non sei nemmeno un vampiro, sei una bestia”.

Damon non si voltò per tutto il discorso e incassò ogni parola, benché bruciasse come il fuoco. Quando finalmente rimase solo nella sala, sospirò stravolto.

Non era fiero di quello che aveva fatto, ma era stato per il bene di Sissi. Prima o poi lo avrebbe capito anche lei. Forse.

 

Stefan aprì a fatica gli occhi; aveva le palpebre pesanti e la vista sfocata. Si sentiva intontito, aveva mal di testa, sebbene non fosse paragonabile al bruciore alla gola che quasi gli impediva di parlare. Sentiva del terriccio umido sotto al suo corpo.

La vista lentamente si fece sempre più chiara e il ragazzo riuscì a distinguere i contorni di ciò che lo circondava.

Era notte, di fronte a lui c’era un bosco. Era ancora vestito con gli abiti del giorno prima. Si chiese come mai non fosse nel suo letto e soprattutto come fosse finito in quel luogo.

I ricordi delle ore precedenti erano confusi. Per un momento temette di soffrire dei postumi di una sbornia ma lo escluse subito. Lui non beveva mai se non per un paio di bicchieri di vino a pasto. Non era come suo fratello.

Cercò di riordinare gli ultimi eventi che la sua memoria aveva trattenuto: Katherine aveva scelto entrambi, Katherine era scappata ferita dalla loro rabbia, Katherine era scomparsa. L’avevano ritrovata, con una lettera e un anello …

Katherine era morta.

Stefan si tirò seduto con uno scatto improvviso mentre le immagini del giorno precedente gli scorrevano davanti agli occhi.

Katherine si era tolta la vita per loro, perché tornassero ad essere fratelli. Il rancore era esploso, le lame delle spade avevano cozzato le une contro le altre fino a trafiggere il cuore dei due Salvatore. Damon era caduto a terra agonizzante, Giuseppe aveva urlato disperato.

Stefan si portò una mano al petto, dove a rigor di logica avrebbe dovuto esserci la ferita. Lui doveva essere morto e invece … perché non era morto?

“Per essere il più intelligente dei due, ce ne metti di tempo per capire. Meno male che considerano me il più stupido” disse una voce ironica alle sue spalle.

“Damon …”.

“Mi riconosci!” esclamò l’altro con la stessa vena di sarcasmo “E’ già qualcosa”.

“Che cosa ci è successo? Perché siamo qui?” domandò a raffica Stefan “Io dovrei essere morto. Tu mi hai ucciso!” gli puntò un dito contro.

“Anche tu, ma non sto facendo tutte queste scene”.

Almeno uno di loro non aveva perso il senso dell’umorismo.

“Sembra che Katherine ti abbia fatto bere il suo sangue. Sono un po’ deluso, credevo di essere l’unico” continuò con un’alzata di spalle “Di che mi stupisco poi, io non sono mai l’unico” aggiunse a bassa voce. Chiunque non avrebbe potuto udire quell’ultimo commento ma a Stefan giunse forte e chiaro.

“S- sono un vampiro?” titubò il minore dei fratelli, dopo aver messo insieme tutti i pezzi del puzzle.

“Sei in transizione, devi bere sangue umano per completare la trasformazione”.

Stefan si prese la testa fra le mani, sconvolto e smarrito. Tutto era così maledettamente amplificato che non credeva avrebbe più riavuto il controllo delle sue azioni.

Katherine era morta, lui si era macchiato di uno dei peggiori peccati che potessero esistere, era divento un Caino, un fratricida. Avrebbe dovuto morire, com’era nel corso della vita e invece si risvegliava come un non- morto, in una sorta di limbo in cui gli si presentavano due vie: perire per davvero con buone probabilità di finire all’Inferno o trasformarsi in un mostro. Non solo lui stesso era intrappolato in quella terribile condizione, ma aveva anche costretto il suo unico fratello a ritrovarsi nella stessa posizione.

L’idea di divenire un vampiro non sembrava così terribile con Katherine accanto, ma senza di lei niente aveva più un senso.

“Coraggio” lo incitò Damon prendendo da sotto le ascelle e obbligandolo ad alzarsi “Ti porto via da qui prima che qualcuno ci veda e chiami un esorcista”.

Stefan si lasciò trascinare via e guardandosi attorno, si accorse solo allora di trovarsi nel cimitero “Come siamo usciti dalle tombe?”.

“E’ stata la cameriera di Katherine” spiegò Damon “E’ una specie di strega o qualcosa di simile. Ha fatto un incantesimo per liberarci”.

Si fece guidare per le stradine buie e strette in cerca di un riparo. La città era immersa nel silenzio.

Stefan ancora faticava a realizzare ciò che era accaduto. I suoi pensieri erano tutti rivolti al loro povero padre. Quale terribile tragedia doveva essere assistere impotente mentre i proprio figli si uccidevano a vicenda? Che dolore poteva aver provato nel seppellirli?

Alzò la testa per guardare il fratello che camminava accanto a lui sostenendolo. Appariva così tranquillo. Stefan proprio non riusciva a capirlo. Morire una volta era stato terribile e ora entrambi sarebbero stati costretti a riviverlo una seconda volta.

Sapeva a cosa sarebbe andato incontro non nutrendosi ma non c’era altra scelta. Senza Katherine, senza una guida né lui né Damon sarebbero riusciti a controllarsi; non potevano permettersi il lusso di rischiare. Si trattava di vite umane, Stefan non avrebbe sopportato il peso di averle sulla coscienza.

L’idea di morire una seconda volta era terrificante; si consolò pensando che in questo caso ci sarebbe stato anche Damon, non più come suo carnefice ma come suo compagno.

Suo fratello si fermò e sciolse la presa attorno alle sue spalle. Stefan cercò sostegno in un muro. Si stava indebolendo per la mancanza di sangue che il suo organismo ora richiedeva come acqua.

“Non muoverti da qua” gli ordinò l’altro per poi scomparire in un vicolo. Riapparve dopo poco da un angolo e con lui c’era un uomo.

Stefan corrugò la fronte in una tacita domanda: che intenzioni aveva Damon?

“Avrai fame” disse questi “Hai bisogno di nutrimento”.

Stefan lo guardò come se fosse impazzito. Aveva dato per scontato che anche suo fratello si sarebbe abbandonato alla morte; per quale motivo avrebbe voluto completare la trasformazione ora che Katherine non c’era più?

“Non possiamo” si rifiutò.

“Perché no?”.

“E’ sbagliato”.

“Non ti facevi tutti questi problemi quando Katherine ti aveva proposto di trasformarti” obiettò Damon.

“Appunto, c’era Katherine!” gli ricordò Stefan “Mi avrebbe aiutato e poi l’avrei fatto solo per rimanere con lei! Ora non ha più senso … io non voglio questo”.

“Sei spaventato, fratellino, lo capisco” lo tranquillizzò Damon “Ma non puoi pensare di morire davvero. Sarebbe da stupidi. Ci è stata concessa un’altra occasione, perché sprecarla?”.

“Non voglio passare il resto della mia esistenza ad odiami”.

Damon ghignò “Questa è proprio la risposta che mi aspettavo” un secondo dopo i suoi canini si allungarono e affondarono nel collo dell’uomo lì accanto che non aveva ancora proferito parola.

Stefan fece un passo per aiutarlo e il suo urlo risuonò per tutta la via. Come aveva potuto non intuirlo prima? Era chiaro che fosse stato ipnotizzato e ciò poteva significare solamente che Damon si era nutrito precedentemente completando la transizione.

“Coraggio, fratellino” lo incoraggiò il vampiro “Solo un piccolo morso”.

Stefan sentì le gengive dolergli. Non voleva, non voleva, ma l’istinto era forte e l’odore del sangue così penetrante; impossibile resistergli.

Si avventò sull’uomo che cadde a terra dopo qualche minuto. Il suo cuore aveva smesso di battere. Stefan osservò la figura stesa sulla strada, incredulo di essere il responsabile di quell’orrore.

Damon, con le spalle appoggiate ad un muro, batté le mani, piuttosto compiaciuto.

Stefan si voltò con gli occhi ancora iniettati di sangue “Come puoi desiderare tutto questo?”.

“Vedi, fratellino, Katherine non era l’unico motivo per cui ho accettato di diventare un vampiro. Pensa un attimo ai vantaggi: immortalità, potere, controllo sulle persone, superiorità, piaceri a non finire e nessuna regola. Io sono così, Stefan, sono nato per diventare questo. Katherine è morta ma non ho intenzione di sprecare il suo ultimo dono”.

“Io non lo volevo,  non lo volevo” prese a ripetere a macchinetta l’altro “Perché mi hai obbligato a nutrirmi?”.

“Ti ho giurato odio eterno”.

“Ti saresti liberato di me se non mi avessi fatti bere quel sangue!”.

“Ho un obiettivo molto chiaro in mente: renderti l’esistenza un vero inferno. Sarebbe un po’ difficile se tu non esistessi. Capisci perché non ho potuto lasciarti morire?” spiegò con tutta calma Damon.

“Santo Cielo! Ci siamo uccisi a vicenda! Non ti pare una punizione abbastanza dolorosa?”.

“Neanche lontanamente” replicò Damon “So perfettamente che tu saresti diventato un vampiro solamente per Katherine, so che non hai la stoffa per esserlo. Tu sei troppo sensibile e buono e non vorresti mai fare del male a persone innocenti ma purtroppo non potrai evitarlo. E io sarò là a godermi lo spettacolo, sarò là quando il senso di colpa ti soffocherà, quando il peso di tutte quelle vite umane ti schiaccerà e tu cadrai nel baratro. D’ora in poi non sarai più un santo, un eroe. D’ora in poi sarai un animale, esattamente come me”.

Stefan istintivamente indietreggiò turbato dal veleno che sgorgava da ogni singola parola “Non hai pensato all’effetto collaterale? Non hai considerato che anche tu sentirai quel peso sulla sua coscienza?”.

“Non avevo una coscienza da umano, figuriamoci da vampiro” gli fece notare Damon con una nota vittoriosa nella voce “Ricordi quando Katherine ci ha parlato della possibilità di spegnere le emozioni? Ho intenzione di sfruttare questo vantaggio. Non sono mai stato un amante dei sentimenti e adesso posso finalmente disfarmene del tutto”.

Stefan scosse la testa “Parli così perché non ne hai mai provati di positivi”.

“E chi è il responsabile? Ero felice con Katherine e tu me l’hai rubata!” lo incolpò.

“Sei tu che me l’hai portata via” gli rinfacciò Stefan, rivoltando l’accusa “Tu sei arrivato dopo”.

Il voltò di Damon si rabbuiò “Mi sembra inutile stare a discuterne ora. Ormai il tuo destino è segnato. A meno che tu non voglia piantarti un paletto nel petto” ironizzò, dopodiché gli diede le spalle, deciso ad andarsene.

“Credi davvero di essere immune ai sentimenti?” lo bloccò Stefan “Credi che prima o poi non torneranno a tormentarti? Ti conosco da tutta la vita e so per certo che senti più di chiunque altro. Hai scelto di diventare un vampiro perché temevi d’impazzire sotto il peso di tutte quelle emozioni; hai cercato una via d’uscita, un modo per eliminarle ma se non riuscirai più a sopprimerle, che farai?” insinuò “Tu non mi hai costretto a trasformarmi soltanto per rendere il mio futuro una tortura perenne, lo hai fatto per sentirti meno solo. Lo hai fatto perché potrai pensare che anche io sono diventato un mostro come te e starai meno male. Mettila come preferisci, Damon, ma tutto torna sempre al solito punto: tu senti troppo e vuoi disperatamente trovare un modo per smettere”. Fu Stefan il primo ad andarsene mentre Damon rimase nel mezzo di quella via silenziosa ad ascoltare il suono dei passi di suo fratello.

Nella sua vita umana non aveva mai brillanto per bontà. Come suo padre amava ripetergli, era meschino, egoista, sfaticato e altezzoso; non credeva, però, che un giorno sarebbe mai diventato un assassino.

Ne era fiero? No, ma se quello era il prezzo da pagare per annientare tutti i sentimenti che lo stavano consumando, allora lo avrebbe pagato.

Katherine era entrata nella sua vita come un raggio di luce e gli era stata strappata via rigettandolo nelle tenebre. Nessun altro sarebbe mai più stato capace di farlo sentire meritevole di un lieto fine. Era ormai condannato.

Quindi aveva scelto il ruolo più semplice: il cattivo.

Camminando nella notte Damon scelse di rinunciare per sempre alla redenzione e al pentimento, scelse di racchiudere tutte le sue emozioni in un’unica pietra impenetrabile e indistruttibile.

E la sua umanità si spense.

 

La Jaguar rossa rientrò nel viale del Pensionato verso metà mattina. Stefan aveva sentito il bisogno di fare un giro per schiarirsi le idee.

Si era svegliato pervaso da una strana inquietudine. Era da tempo che non sognava più la notte della sua trasformazione. La notte in cui lui era stato costretto ad un’eternità di tormenti, la notte in cui Damon aveva rinunciato alla sua umanità.

Forse era stato un presentimento; forse il suo subconscio aveva voluto avvertirlo del rischio imminente: Katherine aveva sempre avuto un effetto devastante su suo fratello ed ora era morta.

Stefan temeva che le conseguenze di quel gesto estremo si sarebbe ripercosse a lungo.

Una conferma lo attendeva già in garage: Bonnie rannicchiata in un angolo a contemplare il vuoto.

“Sissi?” la chiamò sorpreso “Che cosa ci fai qui?”.

“Mi sto nascondendo da Damon”.

Stefan per un istante credette di aver sentito male “Da Damon?”. Fino alla sera prima suo fratello rappresentava per la piccola rossa il rifugio più sicuro e ora ne era spaventata? Poteva davvero cambiare così tanto in poche ore?

Bonnie si strinse le ginocchia al petto, come una bambina “Non capisco perché si diverta a ferirmi. Io faccio di tutto per stargli vicino e lui mi scaccia via come se avessi la rabbia. Anche stamattina, quel teatrino che ha inscenato … non gli ho detto niente perché so che sta male, eppure mi ha trattato come una delle sue schiavette” raccontò.

Stefan s’inginocchiò accanto a lei “Damon ha ucciso Katherine. È sconvolto” cercò di giustificarlo.

“Pare che un sacco di donne abbiano questo effetto sconvolgente su di lui” si crucciò la ragazza “Tranne me”.

Stefan liberò una risata “Fidati, nessuno lo ha mai sconvolto quanto te”.

“Allora come mai sono io quella che finisce a piangere?” sospirò “Tu credi che andrà sempre avanti così? Ad alti e bassi? Tutto perfetto finché non succederà qualcosa che lo agiterà di nuovo?”.

“Forse” suppose Stefan “Damon fatica a mantenere il suo equilibro. Se si chiude ai sentimenti, può star certo che nulla lo potrà turbare”.

“Ho già sperimentato il Damon senza sentimenti” affermò lei ricordando le prima settimane a Fell’s Church “Non mi è piaciuto”.

“Sissi … tu non hai idea di come sia Damon senza sentimenti” le assicurò “Quanto si tratta di te, lui non è mai senza sentimenti”.

“Perché mi allontana allora?” si lamentò la giovane, mentre la sua testa scivolava sulla spalla del suo confidente.

“Non è mai stato il tipo che esterna le sue emozioni” spiegò lui “Le odia. Diventare un vampiro è una vera salvezza perché puoi spegnerle e non sentirle più. L’inconveniente è che prima o poi riaffiorano, magari anche per poco, ma tornano e costituiscono una bella botta per chi non vi è abituato. Damon ha passato centinai di anni a nasconderle e ignorarle poi sei arrivata tu e te ne sei andata; è arrivata Elena ma non l’ha scelto. E tu sei ritornata” continuò Stefan “E’ stato costretto a ricominciare a sentire. Cinque secoli senza emozioni e negli ultimi vent’anni sono esplose tutte. Non è capace di gestirle”.

“Non so se sono in grado di gestirle al posto suo” borbottò lei seccata.

“Nessuno ti ha chiesto di farlo” rispose Stefan “Però sei l’unica cui dà ascolto. E non devi nemmeno parlare, ti basta un’occhiata”.

“Gli ho detto che sarei sempre stata dalla sua parte” gli confidò “Non immaginavo che fosse così tanto incasinato e adesso ho paura di non averne le forze” ammise “Sai, a volte mi domando se ho fatto bene a perdonare certe cose, quando per lui è così facile premere quel dannato interruttore”.

“Gli hai perdonato anche la morte di Zach?” chiese Stefan a bruciapelo.

“Cose del genere non si perdonano né dimenticano” s’impensierì Bonnie “La sto superando ogni giorno. Da quando ho scoperto, la verità Damon sta provando in tutti i modi di rimediare e ho cominciato a credere che tenesse veramente a me, che stesse cercando di migliorarsi per me anche se non gliel’ho mai chiesto”.

“E’ così” le confermò l’altro.

“Già, felici e contenti finché dura” ironizzò la ragazza “Ma se un giorno dovesse capitargli qualcosa di veramente brutto? Come reagirebbe?”.

“Bonnie, qual è la domanda che vuoi farmi?” la incitò Stefan.

“Potrebbe ritornare ad essere cattivo? Intendo, davvero cattivo?”.

Stefan pensò accuratamente alle parole da usare per spiegare la complessità dell’animo di suo fratello. Non era una questione facile e sebbene non approvasse i suoi metodi, era ben deciso a difenderlo. Bonnie non doveva arrendersi, doveva capire che sarebbe valsa la pena di combattere.

“Se dovessi ascoltare la ragione, ti direi di scappare il più lontano possibile” le confidò “Ma Damon è mio fratello e nonostante tutto gli voglio bene; tu lo rendi felice, gli fai bene e probabilmente ci saranno momenti in cui lo odierai, in cui vorrai che sparisca, in cui vorrai andartene. Bruciagli il cervello, dagli fuoco al sedere, fagli fare il bagno nella verbena ma ti prego non abbandonarlo” si raccomandò “Mi rendo conto di quanto Damon sia complicato ma ogni volta che ha sperimentato qualcosa di bello, poi è andato tutto a rotoli. Sotto, sotto credo sia spaventato almeno quanto te. Per quanto riguarda Zach, non posso dirti se perdonarlo o no, o se sarei mai pronta per farlo. È una cosa con cui la tua coscienza deve fare i conti”.

“Era mio fratello, Stefan”.

“Non per Damon” le fece notare lui “Per Damon era una persona qualunque, non gliene importava niente. Non ha minimamente pensato a quanto ti avrebbe potuto ferire. Se ti può consolare è la cosa che rimpiange di più al mondo. Non di aver ucciso tuo fratello, lo odiava! Ma non avrebbe mai voluto fare del male a te”.

Bonnie abbassò la testa e prese a tormentarsi il labbro.

“Il problema qui è solo uno” proseguì Stefan “Sei disposta a scendere a patti con la parte più oscura di Damon?”.

La rossa non seppe di preciso quanto rimase in garage dopo che il vampiro se ne fu andato. Sperava che quella chiacchierata le avrebbe schiarito le idee e invece gliele aveva ingarbugliate ancora di più.

Dal suo punto di vista il problema era un altro: Damon sarebbe stato capace di scendere a patti con la sua parte umana?

Bonnie non voleva separarsi da lui, non l’aveva mai voluto; nemmeno quando undici anni prima Zach l’aveva mandata in Italia.

Le serviva, però, un po’ di collaborazione; non poteva fare tutto da sola: Damon doveva imparare a non sfogare la sua frustrazione su di lei.

Si alzò dal pavimento e rientrò in casa. Non incontrò nessuno nel tragitto fino al bagno. Si spogliò e s’infilò sotto il getto bollente della doccia.

Si sentiva uno schifo per mille ragioni. Aveva promesso che non avrebbe rinunciato a Damon e già temeva di non avere le forze di aiutarlo in quelle condizioni. Se sentiva in colpa per non aver più affrontato la questione di Zach, per averla lasciata cadere.

Come si faceva a capire quando era il tempo giusto per perdonare? Il gesto di Damon era di una gravità enorme ma ancora una volta Bonnie stava ragionando con i parametri umani. Non si poteva certo biasimare, dato che erano gli unici che conoscesse.

D’altra parte, quando qualche mese prima avevano iniziando lentamente a fare pace, Bonnie sapeva a cosa stava andando incontro.

Con Damon tutto correva a cento all’ora, tutto era proiettato all’estremo. Forse il suo subconscio aveva già messo in conto cosa effettivamente sarebbe stato il loro rapporto, forse qualcosa in lei era già pronto a buttarsi in quella storia, per questo era stato relativamente semplice non pensare alla tragedia di Zach.

Il vampiro aveva dimostrato decine di volte quanto tenesse a lei, si era aperto, aveva fatto innumerevoli passi avanti.

La verità era che Bonnie non aveva avuto quasi occasione di riflettervi a dovere. Damon si era comportato troppo bene per essere associato al vampiro che aveva assassinato suo fratello; era come se la piccola strega si fosse costruita la sua favola.

La caduta di quella mattina le aveva ricordato che Damon in sé teneva una parte difficile da controllare che avrebbe potuto emergere in qualsiasi momento.

Un grosso campanello di allarme era suonato nella testa di Bonnie: il terrore che il vampiro avrebbe potuto chiudersi di nuovo ai sentimenti l’aveva paralizzata, facendole sorgere mille dubbi.

Bonnie desiderava con tutto il cuore superare quella brutta faccenda; questo la rendeva una persona orribile?

La sua estrema bontà la portava a credere che si potesse sempre concedere una seconda possibilità e Damon se l’era più che meritata, quindi perché ritornaci su?

Bonnie sbuffò strizzandosi i capelli per togliere l’acqua in eccesso. Avrebbe tanto voluto che fosse tutto così semplice.

Scrollarsi di dosso il senso di colpa ingiustificato e vivere serenamente la sia vita. Odiava tormentarsi su una questione che non avrebbe mai avuto una risposta certa. Odiava essere lei stessa il principale ostacolo.

Uscì dalla doccia e si avvolse nell’accappatoio; massaggiò i capelli con un asciugamano e poi iniziò a pettinarli.

Lo specchio era appannato dal vapore e lì per lì, la ragazza non si accorse di una presenza alle sue spalle.

Fu solo quando una mano si posò sulla sua, impugnando la spazzola, che riconobbe all’istante chi era stato a fissarla tutto il tempo senza palesarsi.

Un tremito di paura percorse tutta la sua colonna vertebrale, che fu subito quietato nel momento in cui quelle dita presero a districarle i nodi delicatamente e senza fretta.

Bonnie deglutì in un vano tentativo di calmare i nervi. Si sentiva come il topo braccato dal gatto ed era sicura che quel gatto stesse percependo la sua paura.

Il vapore lentamente sfumò dal vetro dello specchio e finalmente la giovane poté incrociare quegli occhi affamati.

Restò immobile ad osservare la figura dietro di lei che continuava indisturbata a pettinarla. Un gesto del tutto innocente, se quei dannati occhi neri non la stessero letteralmente mangiando attraverso lo specchio.

La carica erotica toccava quasi le stelle e la tensione avrebbe potuto far saltare la luce di casa. Bonnie si chiese come mai il brivido del pericolo rendesse tutto così provocante.

Fu costretta a girarsi fino a trovarsi faccia a faccia con il suo tentatore. Come al solito quando se lo ritrovava così vicino, il suo cervello staccò la spina e i suoi principi morali finirono nel dimenticatoio.

Il bacio arrivò dopo un paio di secondi, esigente e prepotente. Bonnie non poté negare quanto in realtà le piacesse, ma era evidente che ci fosse qualcosa di sbagliato. Proprio come alla mattina, quel gesto trasmetteva solo disperazione.

“Damon” sospirò e si divincolò senza nemmeno tanta convinzione.

“Sshh” la zittì lui scendendo a lambirle il collo.

La strega si agitò: non voleva essere morsa ancora; il suo corpo lo agognava immensamente ma la sua mente era contraria. Le avrebbe fatto un male atroce.

“Smettila, per favore … non farlo”.

“Piccola, piccola Sissi” cantilenò il vampiro “Io sono una bestia, l’hai detto tu stessa. Le bestie non si fanno impietosire, seguono l’istinto” sciolse la cintura dell’accappatoio e le sue mani s’intrufolarono indisturbate sotto la stoffa. Una serpeggiò attorno alla vita, l’altra andò a torturale un seno.

Era una sensazione così seducente che Bonnie si abbandonò a quel tocco. Damon l’avrebbe fatta cedere senza neanche sforzarsi più di tanto.

Con l’ultimo barlume di razionalità, lo respinse di nuovo “Fermati, Damon. Questo non sei tu”.

“Non lo darei per scontato” le sussurrò all’orecchio.

La rossa non ci cascò; gli prese con forza il volto tra le mani e lo costrinse a guardarla.

“Sei l’unica cui dà ascolto. E non devi nemmeno parlare, ti basta un’occhiata”.

Le iridi color nocciola intrappolarono quelle nere del vampiro e non gli lasciarono via di scampo. Lo sguardo di Bonnie era sempre stato il più sincero che Damon avesse mai avuto il piacere d’incontrare. Lo penetrava in profondità, riusciva a leggergli l’animo e lo rendeva completamente vulnerabile.

Le sue difese sarebbero cadute miseramente, se un intervento provvidenziale non fosse giunto in suo aiuto: Stefan bussò alla porta con insistenza.

Bonnie liberò Damon dalla sua dolce stretta e si voltò sconfitta “Avanti” mormorò.

Il minore dei Salvatore aprì la porta e fulminò subito con un’occhiata suo fratello “Va tutto bene?”.

Bonnie annuì “Sì, ho finito” disse flebilmente; dopodiché uscì dal bagno.

“Mi cercavi per un motivo, fratellino?” domandò Damon da un lato seccato, dall’altro sollevato “O volevi solo rovinarmi la festa?”.

“Non so cosa tu stia facendo, ma dovresti fermarti prima che Bonnie scappi senza guardare indietro” gli intimò “E comunque credo che faresti meglio a scendere in salone”.

“Perché dovrei?”.

“Sage ti sta aspettando”.

 

“Sage?” lo chiamò Damon “Cosa ti porta qui?”.

Il vampiro era voltato verso il camino e rispose al suono della voce del suo amico. Non ci furono convenevoli né saluti. Era fin troppo chiaro che la sua non fosse una visita di piacere.

“Teme brutte notizie, mon amis” gli rivelò “Sono venuto il più in fretta possibile; devo dirti molte cose”.

Stefan, appoggiato, alla parete, ascoltò in silenzio la loro conversazione.

“L’ultimo volta che ci siamo visti, mi hai chiesto alcune informazioni su Klaus e sulla doppelgaenger di Katherine”.

“Sappiamo che Klaus non sta cercando Elena” s’intromise Stefan “Era una scusa inventata da Katherine per farsi accettare dal gruppo”.

Sage non trattenne un ghigno “Non si può certo dire che non sia furba. Dov’è adesso che il suo piano è saltato?”.

“E’ morta” disse velocemente Damon, facendo intendere di non voler soffermarsi su quella vicenda.

Sage allargò gli occhi, stupito ma non proferì parola. Sorvolò sull’argomento e proseguì “Ho fatto delle ricerche, dopo che sei venuto da me. Ho scoperto che Katherine non ha mai avuto figli da umana, per cui non poteva nemmeno esistere una sua doppelgaenger. Ma le tue parole mi hanno ricordato qualcosa; non era la prima volta che sentiva storie su Klaus e la sua fame di Potere, perciò sono andato nella Dimensione Oscura, nella speranza che qualcuno potesse darmi una mano a capire”.

“L’hai scoperto?” chiese Stefan.

Oui” annuì Sage “Avete mai sentito parlare di streghe con Poteri speciali, molto simili a quelli dei vampiri?”.

I due Salvatore tremarono appena: tale strega stava sotto il loro stesso tetto.

“Va’ avanti” lo incitò Stefan.

Damon, d’altro canto, andò a versarsi del bourbon. Conosceva già la storia; Katherine gliel’aveva confessata prima di morire, ma fino all’ultimo aveva pregato che fosse un’altra delle sue bugie.

“Queste streghe sono in grado di assorbire l’energia degli essere viventi e manipolarla a proprio piacere per controllare la mente. È una capacità straordinaria e molto rara. Se una strega riesce a gestirla alla perfezione, diventa praticamente inattaccabile; immune perfino ai vampiri Originali”.

“Cosa c’entra questo con Klaus?” s’incuriosì Stefan, dato che suo fratello aveva deciso di chiudersi nel silenzio più totale.

“Klaus non sopporta che al mondo possa esserci qualcuno di più potente di lui. Anche la più remota possibilità di venire sopraffatto lo spaventa. Tanti esseri soprannaturali lo temono, la maggior parte lo odia; tutti sono in cerca di un’arma che possa distruggerlo. Queste streghe sono le uniche con qualche possibilità”.

Nella sala non c’era altro rumore che il crepitio del fuoco. Gli altri due vampiri non osavano interrompere la spiegazione.

“Ho visto la piccola rossa che vive con voi; Damon l’ha portata a Greensboro. I miei compagni mi hanno raccontato che cos’è successo: l’hanno vista ipnotizzare uno di loro. Per questo l’hanno attaccata, perché hanno riconosciuto i suoi immensi Poteri: il sangue di queste streghe è inebriante, quasi divino”.

Damon nella sua mente confermò. Lui era stato l’unico ad assaggiare quel sangue.

“Sage, perché ci stai dicendo tutto questo? Bonnie è in pericolo?”. Stefan cominciava a sospettare il peggio.

“Klaus verrà a prenderla e la porterà via” dichiarò l’altro vampiro “L’unico modo che ha per rendersi invulnerabile ai Poteri di Bonnie è assorbirli. Dovrà compiere un rituale, dovrà bere il suo sangue”.

“F-fino alla morte?” tentennò Stefan.

“Non necessariamente, non serve dissanguare la strega per prendere i suoi Poteri” ma prima che Stefan potesse sospirare di sollievo, aggiunse “In ogni caso, che Klaus si fermi oppure no, non cambierà il risultato. Una strega come Bonnie, privata della sua speciale capacità, è destinata a morire. Il suo corpo non reggerà una perdita del genere e si consumerà”.

Damon, girato di spalle, chiuse lentamente gli occhi e fu come se un pugnale gli si fosse piantato nel cuore.

Fino all’ultimo aveva voluto credere che Katherine gli avesse rifilato un’altra delle sue menzogne, solo per salvarsi la pelle, ma quella era una conferma troppo rilevante per ignorarla.

Se Sage aveva fatto tutta quella strada non solo per andare a fondo della storia, ma anche per avvisarli, allora ci doveva essere almeno un fondo di verità.

“C’è un modo per impedirlo?” la voce di Stefan risuonò distante alle orecchie di Damon.

“Temo di no” rispose Sage mortificato “L’unica che potrebbe avere qualche chance di riuscita, è Bonnie stessa, ma ad una strega servono anni di allenamento per poter controllare un Antico e non credo che lei sia ancora a quel livello”.

“Se la portassimo via?”.

“Guadagnereste un po’ di tempo” gli concesse Sage.

“Klaus sa perfettamente dove si trova Bonnie” intervenne infine Damon “Chi pensi che l’abbia attaccata ieri sera, eh Stefan? È stato lui a sterminare la sua intera famiglia, la tiene d’occhio da anni; Christopher era suo complice Non abbiamo nemmeno la possibilità di mettere piede fuori da Fell’s Church senza che lui lo scopra!” scoppiò sbattendo con forza il bicchiere sul tavolino.

“Che cosa suggerisci, allora?” gli rinfacciò Stefan.

“Devo uscire da qui” affermò Damon senza dar segni di aver ascoltato suo fratello. Si diresse verso la porta d’ingresso, sentendo il bisogno disperato di allontanarsi da tutti.

Per Stefan fu un gioco da ragazzi collegare tutte le informazioni e improvvisamente il comportamento di Damon acquistò un senso: non era sembrato sorpreso da quella notizia ed era arrivato troppo in fretta ad una conclusione per esserne all’oscuro.

Lo intercettò prima che riuscisse ad uscire e gli bloccò la via “Tu lo sapevi già?”.

L’altro vampiro era stanco e rassegnato, quasi spossato; non aveva la forza di negare e di fingere ancora “Me l’ha confessato Katherine prima di morire; era anche lei complice di Klaus”.

“Perché non mi l’hai detto?”.

“Cosa volevi che facessi, Stefan? Che mi mettessi ad urlare ‘allarme rosso’ quando non avevo nemmeno idea se fosse la verità o no? Katherine non ha fatto altro che mentire e … e …”. Quanto avrebbe pagato per far sì che anche quella fosse un’altra bugia!

“E’ per questo che ti stai comportando come uno stronzo?”. Non aveva ucciso Katherine per la sicurezza di Elena, ma di Bonnie. Non era turbato dalla morte della vampira, ma per quello che gli aveva rivelato.

“Sissi lo sa?”.

La non risposta di suo fratello fu esauriente.

“Non possiamo starcene zitti. Abbiamo già visto cosa succede quando teniamo dei segreti tra di noi”.

“Non dirle niente” gli ordinò Damon “Non ancora, per favore”.

Stefan venne colto di sorpresa da quella specie di supplica; nessuna minaccia o intimidazione, solo una semplice richiesta.

Acconsentì con un gesto della testa e un attimo dopo Damon era sparito oltre la porta e correva nella notte. Non voleva prendere la macchina o trasformarsi in corvo, voleva soltanto sentire l’aria fredda contro la sua pelle e perdersi nel buio e nel silenzio.

Doveva restare solo per ritrovare un certo contegno. Non poteva tornare a casa in quelle condizioni, perché era fottutamente spaventato ma nessuno se ne sarebbe mai dovuto accorgere. Perché se perfino Damon Salvatore poteva permettersi di avere paura, allora cosa ne sarebbe stato del mondo? Cosa ne sarebbe stato di Bonnie?

Damon si sentì un verme al solo pensiero della ragazza. Non avrebbe mai immaginato di poter raggiungere quel grado di crudeltà nei confronti della rossa, ma in fin dei conti era per una buona causa. O almeno era ciò che continuava a ripetersi per calmare la coscienza.

La morte di Katherine era stata particolarmente rivelatoria e lo aveva gettato nello sconforto più totale. Era come se avesse neutralizzato in un istante tutta la sicurezza che Damon si era costruito in quei secoli.

Ora ogni cosa spiccava di una nuova luce, molto meno rassicurante.

Se si voleva essere precisi, il vampiro aveva passato gli ultimi momenti della sua vita umana ad amare una donna che lo aveva solamente usato e durante gli anni successivi aveva fatto sì che a nessuno fosse più concesso il potere di ferirlo.

Eppure la storia ripetuta pressoché uguale ed Elena, benché diversa da Katherine sotto molti aspetti, aveva compiuto la sua stessa scelta.

Nel frattempo, Bonnie silenziosamente gli era entrata nella pelle e i mesi con lei erano stati i più felici della sua vita; si sentiva come se niente potesse andare storto. Ma il fato era stato beffardo e Damon si era riscoperto, con suo grande stupore, di un’inutilità imbarazzante.

In definitiva lui, il vampiro senza cuore e sprezzante dei sentimenti, aveva permesso che suddetti sentimenti lo governassero. Così la sua lucidità era stata irrimediabilmente compromessa.

Le cose sarebbero andate diversamente se avesse mantenuto un certo distacco. Gli venivano i brividi a ripensare alle innumerevoli volte in cui Bonnie si era trovata in pericolo per colpa sua; la maggior parte di quelle situazioni avrebbero potuto essere evitate se solamente lui avesse dato retta al suo istinto.

Una per tutte: la vicenda travagliata con Christopher. Ogni singolo osso del suo corpo gli suggeriva di staccargli la testa, di sbarazzarsene finché vi era il tempo, perché in un modo o nell’altro avrebbe fatto del male a Bonnie, ma infine non aveva mosso un dito; troppo preoccupato a difendere i sentimenti della ragazza, restio a ferirla per l’ennesima volta.

Non poteva ritenersi orgoglio per come l’aveva trattata quel giorno, ma era il per meglio. Allontanarla era l’unica soluzione valida, l’unica possibilità di riacquistare la sua capacità di prevedere i pericoli e annientarli.

Aveva promesso alla madre di Bonnie che l’avrebbe sempre protetta e ormai era diventato anche un giuramento verso se stesso.

Poteva concepire un mondo in cui la sua piccola strega lo odiasse; non poteva concepire un mondo in cui la sua piccola strega non esistesse.

Se per tenerla al sicuro sarebbe stato necessario trasformarsi di nuovo nel vampiro freddo e calcolatore, allora lo avrebbe fatto. Avrebbe spento i suoi sentimenti, si sarebbe dimenticato di tutto l’affetto che provava per Bonnie e di tutta la tenerezza e la passione che scatenava in lui.

Se tutto ciò sarebbe servito a salvarle la vita, allora sarebbe stato più che felice di sacrificare e recidere il loro legame.

E forse un giorno lei avrebbe capito e lo avrebbe perdonato (ancora) e sarebbe ritornata. O forse no, ma almeno sarebbe rimasta in vita.

Ricordava benissimo gli attimi di terrore quando Katherine gli aveva svelato il piano di Klaus e di come l’Antico stesse cercando di rapire Bonnie.

Erano stati i cinque minuti peggiori della sua vita, almeno finché non aveva visto ricomparire la rossa davanti a lui. Non le aveva chiesto cosa fosse successo, nemmeno come stesse. L’aveva solamente abbracciata, quasi per accertarsi che fosse veramente lì e che nessuno gliel’avesse portata via.

Era rimasto semplicemente paralizzato dal timore di averla persa. Damon non poteva più permettersi di avere paura; era una cattiva consigliera e oscurava il suo giudizio. Doveva sparire come tutti gli altri sentimenti.

O almeno quello era il suo piano originario. Dopo tutto il racconto di Sage, le spiegazioni e quella terribile rivelazione, gli sembrava che la sua testa sarebbe esplosa da un momento all’altro. Era come se il suo corpo volesse spaccarsi in due, in una divisione molto semplice: una parte con i sentimenti e l’altra senza.

Il suo vecchio essere scalpitava per ritornare a galla ma sarebbe davvero riuscito a vincere contro quella pietra che si era spezzata?

In via teorica i suoi proposti erano perfetti e probabilmente avrebbero anche portato ottimi risultati; ma in pratica avrebbe sul serio fatto credere a Bonnie di non tenere più a lei? Dopo tutto ciò che si erano detti, nonostante tutte le emozioni che provava nel suo animo?

Era sensazioni fastidiose e le riteneva schifosamente umane eppure non sapeva se era in grado di vivere senza, ora che le aveva sperimentate.

E considerando il modo in cui stava per cedere sotto lo sguardo innocente della strega … beh … non sarebbe stato così facile.

Frenò la sua corsa solo quando l’insegna illuminata del Grill gli lampeggiò davanti agli occhi. Chissà come, ma in un modo o nell’altro finiva sempre a caccia di alcol, perfino quando non lo cercava spontaneamente.

Entrò nel locale completamente vuoto, fatta eccezione per il personale e per una donna bionda appoggiata al bancone, di spalle.

Damon aggrottò la fronte stupito: non aveva mai visto Liz Forbes frequentare così tante volte quel bar.

Accantonò per un momento il desiderio di rimanere solo. Aveva appena deciso di chiudersi a qualunque tipo di sentimento, ma non poteva lasciare che Klaus arrivasse in città, senza avvertire l’unica persona che avrebbe potuto fare qualcosa per proteggere Fell’s Church.

“Ti sei iscritta anche tu al club degli alcolisti?” scherzò sedendosi accanto a lei.

La donna non lo degnò di uno sguardo “Vattene” sibilò.

“Su, Liz! Non dirmi che ce l’hai ancora con me per quella piccola omissione”.

“Piccola omissione?!” ripeté lei scandalizzata “Mi hai mentito sulla tua identità solo per ingraziarti il Consiglio e conoscere le nostre mosse”.

“Vero” ammise il vampiro con un’alzata di spalle “L’ho fatto per sopravvivere. Chiamalo istinto di auto- conservazione. Non mi biasimerai per questo?”.

“So solo che da quando sei arrivato in città sono incominciate le sparizioni e le morti per dissanguamento, gli attacchi animali. Coincidenze?” domandò con fare evidentemente scettico.

“No” non si sprecò nemmeno a negare “Ma non sono il colpevole di tutte quelle morti”.

“Ah no? Il signor Tanner? Il vagabondo al cimitero? E quella ragazza, l’amica italiana di Bonnie?”.

Damon si voltò incredulo verso di lei “Era la sua migliore amica!” esclamò “Non l’avrei sfiorata nemmeno con un dito”.

Forse quell’affermazione era un po’ esagerata dato che aveva soggiogato Clara e aveva provato a morderla ma non l’avrebbe uccisa.

“Come posso fidarmi di te quando non mi hai dato nessun buon motivo?”.

“Non sono qui per riconquistarmi la tua fiducia” disse Damon “Sono qui per avvisarti che presto qualcosa di potente e terribile potrebbe colpire Fell’s Church. Dovete prepararvi o molti moriranno”.

Liz parve incerta e turbata “Perché me lo stai dicendo?”.

“Perché ti ho sempre detto tutto! Ti ho sempre aiutata e che tu ci creda o no, ti consideravo un’amica; ti considero tutt’ora un’amica” confessò “Ho protetto questa città come ho potuto e continuo a farlo”.

“Sei un vampiro, Damon. Siete subdoli per natura”

“Anche tua figlia?” insinuò tagliente.

“Caroline è una vittima. Si è trovata in mezzo ma in fondo è la …”.

“E’ la stessa Caroline di sempre, lo so” concluse il vampiro “E’ così che succede quando non spegni la tua umanità. Non sono un santo, Liz, non lo sono mai stato; ma se Fell’s Church non è caduta nel caos è anche merito mio. Non ho alcun interesse che questo paese venga travolto da una guerra tra vampiri, quindi per favore, dammi retta e avverti il Consiglio”.

“Vuoi che ti ascolti? Bene! Allora comincia dalla verità: com’è possibile che mia figlia sia stata coinvolta negli affari di voi vampiri? E come mai è tornata a casa dal suo weekend di relax in anticipo e terrorizzata?”.

“Non ti ha raccontato nulla?”.

“Ha detto che non era niente ma una madre certe cose le capisce al volo”.

“Mi fa piacere sapere che non è cambiato molto tra voi. Tu che cerchi in tutti i modi di fare la madre perfetta e lei che t’ignora”.

“In realtà … beh, è come un paradosso ma da quando ho scoperto la verità, parliamo molto di più, siamo sincere, ci siamo ritrovate” gli confessò “D’altra parte fatico ancora a credere che quella sia la mia Caroline; a volte ho ancora paura. Per tutta la mia vita mi hanno insegnato che i vampiri non erano più persone, che dovevano essere eliminate perché dopotutto erano già morte e non avevano pietà né cuore. Invece Caroline è sempre la solita e non riesco a capire perché …”.

Damon si chiese come fossero passati dalle accuse alle confidenze. Probabilmente il bicchiere di vino appoggiato sul bancone davanti allo sceriffo cominciava a fare il suo effetto.

“Ha mantenuto la sua umanità!” sbottò Damon “I vampiri sono senza cuore perché posso spegnere i sentimenti ma Caroline non l’ha fatto. Anzi ora è una bomba di emozioni; la rabbia, la gioia, l’angoscia, l’entusiasmo è tutto amplificato a mille; quindi la tua cara figlia è rimasta la solita rompiscatole, maniaca del controllo” spiegò Damon con una punta di disprezzo e un po’ d’invidia che non sfuggì a Liz.

“Ne parli come se fossi schifato”.

“Non stavo offendendo Caroline”.

“Intendevo i sentimenti. Eri come disgustato”.

“I vampiri non sono fatti per i sentimenti, ma alcuni di noi si ostinano a rimanere in parte umani ed è la loro più grande debolezza”.

“E tu non ha mai provato niente per nessuno?” domandò Liz “Da quanto mi ha raccontato Caroline, hai avuto un periodo piuttosto travagliato tra Elena e Bonnie”.

“Mi fa piacere sapere che Baby Vamp non ha perso la sua bocca larga” commentò Damon seccato “Comunque uno scivolone capita a tutti”.

“Non credo che sminuire i sentimenti ti farà sentire meglio” gli fece notare lei “Se è vero quello che mi hai detto, ti sei legato a questa città e a qualcuno dei suoi abitanti, in pochi mesi. È chiaro che sentissi la mancanza di un po’ di calore affettivo”.

“Sì, va bene! I sentimenti sono il succo della vita” scimmiottò il vampiro “Ma per le cose importanti sono solamente d’intralcio”.

“Che stai dicendo?”.

“Perché credi che ai chirurghi non sia permesso di operare i propri famigliari? Per far sì che non vengano coinvolti emotivamente” dichiarò lui “La stessa legge può essere applicata alla vita di tutti i giorni. Se Caroline, fosse in pericolo, non preferiresti essere distaccata e lucida? Non preferiresti che quello che provi per lei non ti fosse di ostacolo e non offuscasse il tuo giudizio? Se fosse per il suo bene, non l’allontaneresti per assicurarti che sia al sicuro?”.

Liz ebbe l’impressione che improvvisamente il soggetto del discorso fosse cambiato; iniziava a pensare che Damon non stesse più parlando di lei e Caroline.

“Farei esattamente in contrario” asserì “Le starei vicino, le farei sentire che le voglio bene; perché se le cose dovessero andare male, Caroline avrebbe passato le sue ultime ore ad odiarmi e non lo sopporterei”.

Un fastidio nauseante s’impossessò del corpo di Damon. Perché mai nessuno gli dava ragione? Perché erano tutti così accecati dai sentimenti da non vedere quale fosse la soluzione migliore?

Soluzione migliore per Bonnie o per te?

Lo sguardo di Damon s’indurì. Era convinto di essersi liberato di quell’irritante coscienza mascherata sotto la voce di suo fratello.

“Se fossi stata meno umana, più razionale, forse ti saresti accorta che qualcosa non andava con Caroline, forse avresti potuto proteggerla”.

Liz si alzò dallo sgabello infuriata. Damon cercava di toccare i suoi tasti deboli ma lei non ci sarebbe cascata. Sapeva di aver fatto tutto il possibile per tenere Caroline al sicuro e anche il vampiro lo sapeva.

“Come puoi comportarti così? Come puoi essere così freddo?*”.

“E’ ciò che mi mantiene in vita*”.

“No, è ciò che ti fa restare solo*” e uscì dal locale senza aggiungere altro.

A Damon non restò altro che darsi da solo dello stupido. Attaccarla in quel modo non era servito a niente, anzi era stato davvero un colpo basso cercare di ferirla nel suo senso di colpa di madre.

Le parole della donna lo avevano innervosito e spiazzato. Sperava in una conferma della sue teorie e invece aveva ricevuto l’ennesima lezione di vita da un’umana.

Le sue posizioni, già non molto solide all’inizio, preso a traballare pericolosamente.

La domanda è: ti stai comportando così per proteggere Bonnie o te stesso?

Ecco di nuovo quella dannata coscienza.

Hai trascorso cinquecento anni a preoccuparti per te stesso e continui a farlo.

Si prese la testa tra le mani. Sarebbe impazzito, sarebbe di sicuro impazzito.

La verità è che hai il terrore di soffrire ancora se qualcuno dovesse fare del male a Bonnie e credi che eliminando i sentimenti, eliminerai anche il dolore.

Ok, era pazzo.

Pagò il conto ed uscì dal Grill, ripercorrendo la strada a ritroso.

Puoi scappare finché vuoi, Damon, ma quello che provi per Bonnie non sparirà e se lo combatti sarà solo peggio.

Rientrò al Pensionato immerso nel silenzio. Era tardi.

Salì le scale e ad aspettarlo c’era la camera della rossa, con la porta dimenticata aperta. Un segno? Una piccola spintarella del destino?

La strega era stesa sul materasso, girata su di un fianco. Non dormiva, Damon lo intuì dal respiro accelerato.

Sei davvero capace di portare avanti questa recita? Di farti odiare così tanto?

Damon tentennò sulla soglia, lasciando che il suo lato umano e quello vampiresco continuassero a lottare.

Liz ha ragione: rimarrai solo per l’eternità. Hai già passato cinque secoli in solitudine, ti è piaciuto?

No.

Se andrai avanti così, perderai Bonnie in ogni caso.

No, non posso perderla.

Ti lascerà e troverà qualcuno che le stia vicino e che riesca a darle ciò che merita.

Bonnie è mia.

Fece un passo nella camera senza nemmeno accorgersene. E poi un altro e un altro ancora, fino a che non si stese sul letto accanto a lei.

“Vattene” mormorò la ragazza; il suo sguardo fisso sulla finestra.

“No” sussurrò Damon.

“Devi andartene” s’impuntò Bonnie “Oggi mi hai ferita, mi hai fatto male”.

“Lo so” rispose lui a bassa voce “E mi dispiace”.

“Non ti voglio qui”.

“Sissi, sei arrabbiata e lo capisco. Domani potrai vendicarti come più ritieni opportuno ma adesso … adesso ho bisogno che tu mi stia ad ascoltare perché devo dirti una cosa importante”.

Damon si tirò a sedere e Bonnie si girò verso di lui, colpita dal suo tono serio.

Il vampiro le raccontò tutto quello appreso da Katherine e da Sage; raccontò di Klaus, del rituale, di come Elena fosse solo una copertura.

La ragazza ad ogni parola sentì sempre più l’angoscia che aveva provato la sera prima quando aveva affrontato Klaus, la paura di essere strappata via dai suoi cari, di finire in mani nemiche e sconosciute.

Per tutto il giorno aveva finto di stare bene, tentando d’ignorare e dimenticare più possibile quel vampiro che aveva sterminato la sua famiglia e che voleva rapirla per usarla, magari torturarla.

Per tutti gli anni in Italia era stata costretta a stare divisa dalla sua famiglia e dalla sua città, non voleva rivivere quel senso di solitudine e abbandono.

I suoi nervi non tennero più ed esplose in un pianto incontrollabile. Nascose il viso nel petto di Damon e continuò a singhiozzare cullata dalle sue braccia.

Al momento non le importava come l’avesse trattata, né che l’avesse morsa; si scordò delle ragazze mezze svestite e della freddezza che le aveva riservato. Non era una questione conclusa, ma avrebbe potuto aspettare almeno fino al giorno dopo.

Voleva solamente restare nell’abbraccio di Damon, voleva sentire la sua bocca baciarle i capelli e dirle che sarebbe andato tutto bene.

Voleva addormentarsi accoccolata accanto a lui e credere di poter rimanere così per tutta la vita.

Voleva sentirsi a casa, almeno finché ne avesse avuto la possibilità.

 

“I got no emotions for anybody else

You better understand I'm in love with myself

My beautiful self

A no feelings a no feelings

A no feelings

For anybody else”

(No feelings- Sex Pistols).

 

Il mio spazio:

Ehm … ehm … ehm.

Mi state odiando? State odiando Damon?

State tranquille, consideratela solo una caduta; giuro che nel prossimo capitolo il nostro vampiro si rimetterà in sesto e striscerà anche un po’ (non troppo, ma il giusto).

Questo capitolo è praticamente tutto incentrata sulla lotto interiore di Damon: era ora che le sue due componenti si scontrassero.

Non siate troppo severe nei suoi confronti; si è comportato malissimo con Bonnie ma cercate di capirlo.

Il mondo gli sta crollando addosso, la sua streghetta rischia grosso e lui per tutto il tempo non si è nemmeno preoccupato del pericolo, troppo impegnato a vivere le emozioni.

Allora fa ciò che gli riesce meglio: scappa.

Scappa perché lui per primo non potrebbe sopportare di perderla e scappa perché crede che sia il modo migliore per tenerla al sicuro.

È convinto che i suoi sentimenti siano la causa di tutto, è convinto che abbiamo offuscato la sua lucidità. Ergo l’unica soluzione è il distacco emotivo.

Ben presto però si accorge che è un’altra delle sue idee del piffero, grazie anche a una piccola spintarella da parte di Liz Forbes.

La verità è che ormai è immerso fino al collo nei sentimenti e non vuole nemmeno mandarli via, non vuole far star male Bonnie.

Nel prossimo capitolo ci sarà spazio per tutte le questioni lasciate sospese in questo, ma per ora voleva lasciare un momento di pace e tenerezza per quei due.

Che ne dite anche sul flashback sulla trasformazione dei Salvatore? Ho voluto fare proprio il contrario rispetto al telefilm.

Nel libro non è mai stata descritta, ma è stato più volte ribadito che Damon odiasse suo fratello già prima di Katherine, per cui ho pensato che sarebbe stato coerente scrivere di un Damon che “costringe” Stefan a nutrirsi solo per vendetta.

Settimana prossima ricomincia TVD con la quarta stagione! Non vedo l’ora!

Cosa vi aspettate?

Io personalmente spero di vedere una Bonnie diversa; un po’ meno maestrina. Dagli spoiler sembra che si addentrerà un po’ nel lato oscuro della magia quindi mi pare illogico che continui con il suo odio verso i vampiri!

Ora vi lascio!

Ringrazio tantissimo chi commenta, chi mi segue e legge!

Ci vediamo il 19 ottobre con il capitolo 35 e se tutto va bene dopo arriverà il quarto di Crazy Little Thing Called Love (a proposito, risponderò presto alle recensioni che mi avete lasciato in quella storia, scusate il ritardo!).

Buona serata,

Fran;)

 

*Queste tre battute sono tratta dal film di 007, Goldeneye del 1995. Ieri sera c’era la tv accesa; ho sentito questo scambio di battute e mi sono detta: sarebbero perfette per Damon e Liz. Beh, eccole qui =)

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Capitolo 35
*** So darkness I became ***


Ashes &Wine

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Capitolo trentacinque: So darkness I became.

 

“And in the dark, I can hear your heartbeat
I tried to find the sound
But then it stopped, and I was in the darkness,
So darkness I became

The stars, the moon, they have all been blown out
You left me in the dark
No dawn, no day, I'm always in this twilight
In the shadow of your heart

I took the stars from our eyes, and then I made a map
And knew that somehow I could find my way back
Then I heard your heart beating, you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you”

(Cosmic love- Florence and the Machine).

 

C’era una prima volta per tutto.

Era una sensazione che Stefan aveva sperimentato più volte, senza abituarcisi troppo.

Gli effetti erano sempre i soliti: nervosismo, sorpresa, insicurezza.

Stefan stentava perfino a ricordare tutte le innumerevoli prime volte della sua vita. C’erano state delle prime volte da umano e ne aveva ripetuto molte da vampiro. Tante altre invece erano sopraggiunte solo dopo essersi trasformato.

Nonostante i suoi cinque secoli portati egregiamente, alcune esperienze erano ancora sconosciute e spaventose.

Come camminare per ore davanti alla casa della propria ex ragazza, cercando di trovare le parole giuste per riprenderla con sé.

Non che fosse colpa di Stefan. Aveva avuto tutto il diritto di prendersi una pausa e dare tempo ad entrambi di riflettere sulla loro relazione.

Aveva desiderato con tutto il cuore stare con Elena ma non poteva permettersi di venire nuovamente ferito da un altro tradimento, da altre incertezze.

Voleva condividere il resto della sua vita con la sua amata ma non voleva dividerla più con nessuno, il suo cuore doveva essere rivolto solo verso di lui.

Elena in quei mesi si era veramente impegnata per farsi perdonare e per rimediare ai suoi errori.  Stefan non poteva scordare la sincerità con cui lei gli aveva confessato i suoi sentimenti.

D’altra parte la ragazza era ancora molto giovane; il fascino di suo fratello l’aveva già tentata una volta, avrebbe potuto ricapitare.

Stefan aveva preferito temporeggiare perché non avrebbe potuto sopportare un’altra delusione. Fidarsi di Elena e contemporaneamente di se stesso si era rivelato più difficoltoso del previsto.

Almeno fino a quel giorno.

Chi lo avrebbe mai detto che Katherine avrebbe segnato la svolta decisiva nel loro rapporto? Ironia della sorte: voleva separarli e al contrario il suo gesto estremo li stava per riavvicinare, probabilmente in maniera definitiva.

Elena aveva confessato tutto a Stefan, aveva chiuso la sua storia con Damon, si era pentita e aveva accettato di aspettarlo finché non fosse riuscita a riconquistare il suo vero amore.

Stefan forse ne aveva approfittato un po’ troppo. Certo, lui non aveva colpa, era stato ferito, quindi comprensibilmente non voleva subito rigettarsi in una storia che forse non avrebbe avuto lieto fine, ma da un lato aveva voluto farla penare un po’, prendersi una piccola ripicca.

Ma quanto avrebbe potuto costargli quel moto di orgoglio?

L’apparizione di Sage e tutte le notizie che aveva portato, gli avevano fatto capire che in una vita come la loro non c’era spazio per i tentennamenti. Tutto avrebbe potuto cambiare da un momento con l’altro.

Fino a qualche giorno prima, Elena era la doppelgaenger di Katherine, Klaus la stava cercando e in qualche modo tutti si erano preparati all’idea.

Nel giro di poche ore, Katherine era morta, Bonnie si era ritrovata al centro delle mire del vampiro originale. Lo era sempre stata ma nessuno se n’era mai accorto.

Stefan aveva visto lo sguardo di disperazione sul volto di suo fratello quando aveva dovuto rivelare (e quindi rendere reale) di essere già a conoscenza dei nuovi risvolti. Aveva taciuto tutto nella speranza che fosse solo una brutta bugia e invece la conferma era giunta puntuale come un orologio.

Stefan non voleva provare quel tipo di dolore; non voleva assistere impotente mentre l’amore della sua vita gli veniva strappato via.

Elena per il momento era salva ma quanto sarebbe durato?

Non poteva più permettersi di sprecare tempo. Elena era salvezza, Elena era amore, Elena era casa.

Il vampiro aveva bisogno di lei; mai come in quel frangente. Aveva bisogno di qualcuno che gli desse la forza di andare avanti e trovare un modo per proteggere Bonnie e tutti loro.

Eppure non riusciva a suonare quel dannato campanello, qualcosa lo frenava. Stefan non era mai stato un insensibile, il suo cuore era puro e aveva mal sopportato la sua condizione di vampiro;  non era capace di spegnere le emozioni.

Sentiva di essere colpevole, di aver abbandonato Elena. Forse se avesse messo da parte prima le sua riserve, la bionda non si sarebbe mai trovata ad un passo dalla morte. Non era molto nobile tornare da lei spinto dalla paura di perderla nuovamente.

Temeva che la ragazza lo avrebbe rifiutato perché convinta che la sua non fosse una decisione presa a mente lucida. Il che da una parte era vero.

Ma se c’era una cosa che Stefan non aveva mai messo in dubbio era il suo amore incondizionato per Elena. Allora perché tergiversare come un ragazzino alla sua prima cotta?! Era un vampiro di cinquecento anni, per diamine!

Elena era sua e solo sua; aveva tutto il diritto di riprendersela.

Proprio quando si era finalmente deciso a suonare il campanello, la manica della camicia si alzò lasciando scoperto l’orologio da polso e Stefan si rese conto di essere stato (forse) un po’ troppo precipitoso. Erano le sei e mezza di domenica mattina. Zia Judith lo avrebbe ammazzato se li avessi svegliati a quell’ora.

Piano B: la finestra di Elena.

Sebbene non fosse proprio educato sgattaiolare in camera di una ragazza senza essere stato esplicitamente invitato, Stefan non vedeva altra soluzione.

Dopotutto suo fratello lo aveva fatto decine di volte senza averne nemmeno il diritto.

Era passata da poco la metà di giugno e faceva parecchio caldo anche di mattina presto: la finestra era spalancata e per Stefan fu facile entrare.

Si mosse attorno al letto della bionda che ignara continuava a dormire tranquillamente. Per Stefan fu un sollievo vederla così immersa nel sonno.

Un po’ di risposo serviva a tutti, ma Elena, dopo Bonnie, era quella che se l’era passata peggio qualche sera prima e si meritava un po’ di pace.

Si stese sul materasso e cominciò a carezzarle i capelli lisci. Lei si mosse nel sonno e si accoccolò contro il corpo del vampiro, strofinando la punta del naso sul suo collo.

“Stefan?” sussurrò accomodandosi meglio.

“Sshh, sono qui” la tranquillizzò lui “Continua a dormire”.

Piano, piano la consapevolezza di averlo accanto a sé si fece strada in Elena che di colpo si svegliò come se avesse ricevuto una secchiata d’acqua gelata.

“Perché sei qui? Che ore sono?” chiese a raffica, scattando a sedere e sottraendosi all’abbraccio “E’ successo qualcosa? È Bonnie? Sta bene?”.

“Va tutto bene” cercò di calmarla “Non devi preoccuparti, non è successo niente” e la riaccolse tra le sue braccia stendendosi nuovamente sul materasso.

“Allora perché sei qui?” mormorò con un fil di voce la bionda.

“Non avrei dovuto lasciarti andare via con Katherine; sono stato stupido e ti ho messo in pericolo” ammise subito, senza tanti giri di parole.

“Non dire così” lo consolò lei “Katherine aveva offuscato la tua mente e quella di Damon; non avresti potuto fare niente comunque”.

“Avrei dovuto stare più attento. Ho permesso a Katherine d’insinuarsi tra noi, le ho permesso di insegnarti a difenderti”.

“Quello è stato utile in realtà. Anche se non sono riuscita a difendermi così bene” sorrise Elena un po’ imbarazzata “Ne è valsa la pena, Stefan” gli fece notare “Katherine si è smascherata, ci ha detto del vero piano di Klaus. Ora possiamo proteggere Bonnie come si merita”.

Il volto del vampiro si rabbuiò.

Elena gli posò una mano sul viso girandolo verso di lei “Non le succederà niente, Stefan. Tu e Damon la terrete al sicuro; nessuno ce la porterà via” tentò di rassicurarlo. Non sapeva quanto fossero veritiere le sue parole, ma doveva crederci.

“Se ti avessero fatto del male, non me lo sarei mai perdonato” disse lui scostandosi dal tocco leggero della ragazza “Non ho mai voluto questo per te, Elena. Avevo ragione, all’inizio, a tenerti lontana. Tu non avresti dovuto essere coinvolta in tutto questo casino”.

“Ma io sono felice” obiettò Elena “Ho fatto tanti sbagli ma conoscerti è stata la cosa migliore che mi sia mai capitata e mi dispiace di non avertelo dimostrato”.

“Non ti biasimo per quello che è successo” le confidò lui “Mi hai ferito ma non posso continuare a punirti per tutta la vita perché sto punendo anche me stesso. Non voglio che il mio orgoglio m’impedisca di stare con te, non voglio più sprecare tempo. Io ti amo, Elena”.

“Anche io ti amo”.

L’aveva detto talmente velocemente e con una naturalezza tale da stupire entrambi. Non era certo la prima volta che si dichiaravano amore, ma ora aveva un significato diverso, più maturo, più consapevole.

“Sono seria, Stefan. Ci sei sempre stato tu e ci sarai per sempre. Dal primo momento in cui ti ho visto, ho sentito qualcosa: era come se tutto stesse andando al suo posto. Non sono perfetta, ma sei l’unica persona per cui vorrei esserlo”.

Stefan sbuffò sinceramente divertito da quella situazione paradossale “In questo credo di essere molto simile a mio fratello con Bonnie”.

“Che vuoi dire?”.

“Se avessi un minimo di buon senso ti lascerei in pace. Ma sono egoista e ti voglio per sempre con me”.

“Allora tienimi con te”.

Nessuno si stupì del bacio che arrivò qualche istante dopo, irruento e passionale come non lo era mai stato.

Stefan la schiacciò sul letto con il suo corpo nel disperato bisogno di sentirla vicina e sua. La giovane piegò istintivamente il collo.

Il vampiro affondò delicatamente i suoi canini nella carne mentre la nutriva con il suo sangue attraverso il polso.

Non c’era bisogno di parole o di confessioni. Le loro menti, le loro anime si erano nuovamente legate, i loro cuori uniti.

Quella scambio di emozioni era più forte di qualunque connessione fisica, più eloquente di qualsiasi dichiarazione. Era una promessa.

Per sempre e in ogni caso.

Così come avrebbe dovuto essere fin dall’inizio.

 

C’era una prima volta per tutto.

Damon Salvatore, per quanto lo riguardava, credeva di averne provate un po’ troppe negli ultimi sei mesi.

Nella sua lunga esistenza c’erano state parecchie prime volte; tutte rivolte al suo piacere, tutte rivolte al suo volere. Nessuna di queste lo aveva mai infastidito.

Perché mai? Erano state perfettamente in linea con la sua indole di vampiro. Certo, da umano non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe trasformato un assassino spietato e senza scrupoli ma infine quella era diventata la sua natura e non c’era motivo di stranirsi.

Tutto aveva continuato a procedere splendidamente; poteva convivere benissimo con quelle scelleratezza fino a che le sue emozioni fossero rimaste spente.

Le cose erano drasticamente cambiate grazie a Bonnie, o per colpa sua; dipendeva dai punti di vista.

In apparenza Damon Salvatore restava un vampiro, senza scrupoli e senza sentimenti, anche se in pratica si era rammollito parecchio. Non nei confronti di tutti, ma almeno verso chi contava qualcosa per lui.

Bonnie troneggiava in cima alla lista. Eppure le aveva fatto del male; l’istinto di proteggerla l’aveva portato a ferirla nel profondo, più e più volte. Il giorno prima era stato solamente uno dei tanti episodi.

Ammetteva che farsi trovare in mezzo al salotto, circondato da una banda di danzatrici seminude, non era stata proprio la sua mossa più nobile.

Probabilmente se i ruoli fossero stati invertiti e l’avesse trovata anche solo a ballare con un qualunque ragazzo, avrebbe ucciso lui e segregato lei nel seminterrato fino a data da stabilirsi.

Bonnie, invece, aveva mantenuto una calma invidiabile; non solo aveva scoperto subito il suo trucco, ma aveva pure cercato di aiutarlo, supportarlo, consolarlo.

Il risultato? Si era sentito un piccolo vermiciattolo e come tale ora era giunta l’ora di strisciare per la prima volta.

Se gli altri vampiri avessero saputo che il grande e temuto Damon Salvatore si era ridotto in quello stato per colpa di una ragazzina, avrebbero inventato tante di quelle barzellette da far ridere intere generazioni di esseri sovrannaturali.

Fortunatamente nessuno obbligava Damon a mostrare quel lato di sé al mondo. La sua reputazione era ancora intatta e poteva pretendere un certo rispetto.

Trattandosi di Bonnie, però, urgeva un bel cambiamento o l’avrebbe seriamente persa. Aveva già corso il rischio in un’infinità di occasioni, voleva davvero tentare di nuovo la fortuna?

Perdere Sissi: quella era una prima volta che non sarebbe stato disposto a sperimentare; perché non sarebbe stato possibile rimediare.

Alla fine, ecco che era giunto il giorno che Damon aveva evitato per tutti quegli anni come la peste: il giorno in cui doveva prendersi le sue responsabilità.

Non sembrava comunque una prospettiva così spaventosa se lo avesse aiutato a farsi perdonare definitivamente da Bonnie.

Si era sempre comportato come un immaturo, come un bambino ma adesso era deciso ad imparare.

Imparare a fare le cose diversamente, imparare ad essere migliore, imparare ad ascoltarla e aspettarla, imparare a non sbagliare più.

La rossa era l’unica capace di donargli un po’ di luce e dopo tutti quei secoli di tenebre, Damon cominciava davvero ad apprezzare un cambiamento.

Gli piaceva stare nella luce, sebbene non si sentisse ancora degno ma prima o poi avrebbe trovato anche lui uno spazietto ad attenderlo.

Perciò quella mattina si era svegliato abbastanza presto, ben risoluto a sistemare quel casino che aveva combinato.

Aveva lasciato Bonnie nel letto, a dormire placidamente come se niente potesse disturbarla. Vederla così serena era una gioia per gli occhi.

Girò un’altra volta la frittata al prosciutto che stava cuocendo a fuoco lento sulla padella. I vantaggi di essere italiano cominciavano a risultare utili.

Aveva già chiamato il centro commerciale di Fell’s Church, commissionando un grosso ordine di scarpe e borse firmate e aveva lavato la macchina di Bonnie; o meglio aveva ipnotizzato qualcuno a farlo, ma il risultato era sempre lo stesso.

Certamente la strega non si sarebbe lasciata comprare così facilmente, ma almeno era un buon inizio.

Dopotutto, quello era solo un assaggio; il vero piatto forte sarebbe arrivato quella sera. Damon aveva programmato una cenetta solamente per loro due, accompagnata da musica classica. Al solo pensiero gli venivano le carie; avrebbe fatto un grande sforzo e Bonnie lo avrebbe apprezzato.

O almeno così sperava.

La ragazza si stiracchiò nel letto e si guardò intorno un po’ spaesata. Si voltò istintivamente dall’altra parte del letto ma non vide nessuno. Ricordava di essersi addormentata con Damon ma forse si era sbagliata.

Dopo la bomba che le aveva sganciato la notte prima, si doveva essere dileguato per non subire troppe pressioni. Tipico.

Bonnie si sorprese parecchio di scoprirsi così calma nonostante la terribile notizia  che le aveva dato il vampiro.

Tra le sue braccia aveva avuto un tracollo nervoso, scoppiando a piangere a dirotto ma ora non sentiva più niente.

Si era appena svegliata, era ancora intontita. Probabilmente il colpo sarebbe arrivato durante il corso della giornata. Al momento non voleva preoccuparsene.

Udì un rumoroso sbattere di pentole al piano di sotto. Aggrottò la fronte.

Chi stava cucinando? In casa erano in tre, due dei quali prediligevano la carne cruda.

Scese in cucina per trovarsi di fronte alla scena più surreale cui avessi mai assistito: Damon Salvatore davanti ai fornelli, con un canovaccio sulla spalla, mentre spadellava un’omelette da profumo molto invitante.

Stava ancora sognando, non c’era altra soluzione.

“Bonnie!” esclamò il vampiro con un sorriso smagliante “Sei arrivata giusto in tempo, la colazione è quasi pronta”.

“Cos’è tutta questa roba?” chiese lei ancora incredula.

“Ho fatto le frittelle e qualche toast. Lì ci sono ciambelle e brioches, al cioccolato, so che sono le tue preferite. Non stare in piedi; siediti!” la incitò, spingendola verso il tavolo e spostandole la sedia per farle posto “Fossi in te comincerei con la frittata al prosciutto, ancora calda” e le posò il piatto sulla tavola.

Bonnie afferrò titubante le posate che Damon le stava offrendo, mentre lo osservava di sbieco.

“Vuoi del succo d’arancia?” le consigliò alzando la brocca.

In che diamine di universo parallelo sono finita?!

“Grazie”.

“E’ stato divertente. Era da tanto che non cucinavo”. Praticamente da mai. “Come hai dormito?”.

Bonnie bevve un sorso della spremuta “Abbastanza bene; nessun incubo”.

“Questo lo so” le disse Damon “Ho fatto in modo che non ci fossero” le svelò.

La giovane rimase attonita. Era stato un gesto … carino?

“Credevo che la mia mente fosse impenetrabile”.

“Per lo più lo è” confermò Damon “Quando dormi però le difese abbassano la guardia e … sono riuscito a tenere lontano qualunque tipo di sogno”.

Bonnie sorrise “E’ buona” si complimentò indicando la frittata con il coltello “Ma non sono il tipo da farmi corrompere da un po’ di cibo”.

La contentezza lasciò il volto del vampiro; doveva aspettarselo che la rossa non avrebbe abboccato al suo piano per rabbonirla.

“E’ un inizio” provò ad intenerirla con un ghigno stiracchiato.

“Quello che mi hai detto ieri sera era un inizio, essere stato sincero con me era un inizio” lo corresse “Un’ottima colazione e dei modi gentili non mi faranno dimenticare quello che hai combinato con quelle ragazze o con me”.

Non l’avrebbe passata liscia così facilmente; Damon doveva immaginarselo.

“Sta per arrivare anche un ordine speciale dal centro commerciale. Il tuo numero è il 37, giusto?” fece un ultimo tentativo.

“Damon!” lo sgridò lei fulminandolo con un’occhiata.

“Ci sto provando, okay!?” sbottò il vampiro “Sto provando a comportarmi come vorresti ma non sono bravo a fare il fidanzatino perfetto”.

“Io non voglio che tu sia il fidanzatino perfetto” replicò Bonnie “Mi sarei semplicemente accontentata di tornare a casa e non trovarti nel bel mezzo di un sexy party con tre galline schiavizzate al tuo volere”.

“Non ci ho fatto niente, le ho solo morse” si difese lui “Non è successo assolutamente niente, ma tu dovevi crederlo perché era giusto … e io … io non  ho fatto niente”.

Bonnie faticò seriamente a star dietro al ragionamento dell’uomo di fronte a lei “Perché dovevo credere che fosse successo qualcosa?”.

“Era l’unico modo … ti dovevo allontanare, tu avresti dovuto odiarmi”.

“Odiarti? Ti ricordi che inferno abbiamo passato quando pensavo di odiarti? Vuoi davvero tornare a quel punto?”.

Damon abbassò il capo mortificato “Avresti fatto meglio a non perdonarmi”.

“Non è una cosa che posso fare a comando. Odiarti intendo” chiarì Bonnie “Sai quando mi sono veramente arrabbiata? Non per la squallida scenetta in salone né per l’assalto in bagno. È stato ieri sera, quando mi hai raccontato tutto quello che ti avevano rivelato Katherine e Sage. Tu lo sapevi e non mi hai detto niente!” lo accusò “Qualcuno aveva appena cercato di rapirmi e strapparmi dalla mia vita e io non capivo il perché. Ero spaventata e confusa e avevo bisogno che qualcuno mi tranquillizzasse e mi spiegasse. Avrei dovuto preoccuparmi di queste cose, ma riuscivo solo a pensare perché ti stavi comportando così, che cosa aveva fatto di male per meritarmi un trattamento così freddo. In un modo o nell’altro mi ferisci e lo fai di proposito. Questa è una cosa che non riesco a sopportare”.

“Ma è una cosa buona, vero?” chiese Damon con un moto di speranza che Bonnie proprio non comprese “Il fatto che io riesca a ferirti così in profondità è una cosa buona!” ribadì “E tu hai lo stesso potere su di me perché noi teniamo uno all’altra, siamo legati. Noi ci apparteniamo, Bonnie, è per questo che c’importa così tanto”.

La strega non sapeva se essere toccata da quel discorso o costernata “Io non userei mai quel potere su di te! Non vorrei mai vederti soffrire, tu invece non hai problemi a farmi del male”.

“Non è divertente nemmeno per me, te lo assicuro” berciò Damon “E se dipendesse solamente da me, io …”.

“Dipende da te!” alzò la voce la ragazza “Sei stato tu a portare quella ragazze in casa nostra, sei stato tu a mordermi!”.

“Non sono io che ti voglio portare via, dannazione!” urlò lui “Sto cercando di proteggerti. Ho bisogno di tutta la mia lucidità per farlo, ho bisogno di mantenere la calma e tutti questi sentimenti che ho per te mi coinvolgono troppo! Quando ti penso, è come se avessi la mente offuscata, non riesco a ragionare. Credevo che l’unica soluzione per proteggerti fosse spegnere le emozioni e tornare ad essere il vampiro egoista che ero un tempo”.

“Stai dicendo che ti rendo debole?” domandò a bruciapelo.

Damon sospirò “Sto dicendo che non sono bravo a gestire quello che provo. Mi rendo conto di aver fatto lo stronzo e so che una colazione e qualche regalo non risolverà magicamente tutto. Ti sto chiedendo di fidarti di me. Sto imparando ma mi serve anche il tuo aiuto”.

“Sai una cosa, Damon” iniziò Bonnie con una certa freddezza “La verità è che tu mi dai per scontata. Sei convinto che qualunque cosa farai, io sarò sempre lì ad aspettarti. Il che è vero, ma c’è un limite anche per me. Prima o poi smetterò di perdonarti”.

Il vampiro quasi non si accorse di essere rimasto solo nella cucina da tanto era rimasto gelato da quelle parole.

Si era deciso a sistemare tutto e invece aveva solo peggiorato le cose. Forse Bonnie aveva ragione, forse lui stava tirando troppo la corda.

Ma come poteva ammettere così apertamente l’effetto che la streghetta aveva su di lui? L’avrebbe reso ancora più vulnerabile di quando già non fosse.

Come poteva confessare di aver fottutamente paura di non poterla difendere? Sarebbe scoppiato il panico.

Per il momento, aveva un violinista da disdire.

 

“Mi sono proprio rotta le palle!” s’infervorò Meredith e sbatté una grossa balestra sul tavolo della cucina di Caroline.

“Ti dispiace toglierla da lì? Mia madre tornerà tra poco e non sarà felice di trovare un’arma medievale in bella vista”.

“Beh tua madre è lo sceriffo! Dovrebbe fare qualcosa” replicò Meredith agitando le mani con aria agitata.

“Stai per caso impazzendo?”.

“Sì!” confermò “Sto impazzendo, perché qui ci hanno preso tutti per il culo e noi nemmeno ce ne siamo accorti!”.

Sentire Meredith parlare in quel modo era scioccante. Di solito così calma e composta, si era lanciata in imprecazioni e scelte lessicale discutibili.

“E’ il momento di prendere una bella camomilla, che ne dici?” propose Caroline.

“Così la istighi a staccarti un braccio,  non a calmarsi” le fece notare Matt sedendosi accanto a lei intorno al tavolo della cucina.

“Sto per fare una domanda forse stupida” se ne rese conto da solo Tyler “Ma quando pensavamo che Klaus volesse Elena, non ci eravamo fatti prendere così dallo sconforto. Che cosa cambia ora con Bonnie? Nessun piano?”.

“Non avevamo un piano nemmeno per Elena” svelò Meredith “L’unica che poteva aiutarla era proprio Bonnie”.

“Allora Bonnie non potrebbe proteggere se stessa?”.

“Alaric e Sage hanno setacciato tutti i libri in loro possesso” spiegò la mora “Ci vogliono anni di allenamento per poter controllare un Originale e Bonnie ha scoperto solo da qualche mese di essere una strega. Inoltre contavamo sull’effetto a sorpresa: nessuno era a conoscenza dei suoi poteri. Sarebbe stato un gran vantaggio”.

“La verità è che ci siamo seduti sugli allori” sospirò Caroline “Ci potevamo basare solo sulla parola di Katherine; Sage ci aveva detto che la sua versione era verosimile ma non ne avevamo prova certa. In tutti questi mesi Elena non è mai stata in pericolo, nessuno l’ha cercata, non potevamo nemmeno dire se Klaus sapeva o no della sua esistenza, poi c’è stata la questione dei lupi mannari e ce ne siamo scordati. Forse eravamo convinti che non sarebbe arrivato davvero”.

“Ci siamo fatti ancora una volta accecare dalla luce di Elena” s’incolpò Matt “Quando Christopher ha provato a rapire Bonnie avremmo dovuto capire che c’era qualcosa di sospetto. Dopotutto, dalla storia di Damon, qualcuno ha sempre dato la caccia a Bonnie e anche se non potevamo immaginare che fosse proprio Klaus, avremmo lo stesso dovuto pensare anche a lei”.

“Va’ avanti così, Matt; fammi sentire ancora un po’ in colpa” brontolò la vampira.

“Non ci daremo già per vinti?!” si indignò Tyler.

“Per quanto vorrei aiutarla, non so come potremmo essere utili. Neanche qualche giorno fa Katherine per poco non uccideva Elena sotto al naso di Caroline e Klaus non rapiva Bonnie sotto al mio. Ammettiamolo, io e Matt siamo umani e tu e Care non aveva ancora la forza di combattere contro un vampiro così anziano” si demoralizzò Meredith.

Tyler stentava a credere le proprie orecchie: se anche la calmissima e imperturbabile Meredith gettava la spugna, allora non c’era più speranza.

Gli pareva assurdo e non poteva accettarlo. Bonnie gli era stata vicina durante la sua trasformazione sebbene non lo conoscesse così bene. Gli aveva impedito di fare del male a Matt e Caroline ed era rimasto con lui confortandolo. Aveva sempre avuto delle belle parole per lui, era stata buona e non meritava certamente di venire abbandonata in quel modo.

“Bonnie è una brava ragazza” disse Matt “Ha dato una mano a tutti noi. Non l’abbiamo sempre trattata nel modo migliore, le abbiamo spesso tenuto segrete delle cose che l’hanno fatta soffrire. Ha patito troppo dolore nella sua vita, speravo che almeno ora potesse godersi un po’ di pace”.

“Ne state parlando come se fosse già morta” si accigliò Tyler.

“Cosa possiamo fare?” chiese Caroline più a se stessa che agli altri “Forse dovremmo portarla via finché ne abbiamo ancora il tempo”.

“Sì così Damon ci ammazza” sbottò Meredith “Klaus è arrivato a tanto così dal prenderla in quel centro benessere; probabilmente la starà tenendo d’occhio da un pezzo”.

“Quindi siamo fregati” concluse Tyler con uno scatto seccato.

“Non era così che doveva essere l’ultimo anno di scuola” s’intristì Meredith “E Tyler ha ragione! Non possiamo permettere a quel bastardo di passarla liscia!”.

“Giuro, Mere, non credo di averti mai sentito dire così tante parolacce nel giro di dieci minuti” considerò Caroline con una risata.

“Ci serve semplicemente più tempo” continuò l’altra “Bonnie ha fatto progressi da gigante in queste settimane con le sue capacità. Anche quando non sapeva di essere una strega, è riuscita ad ipnotizzare Katherine e i vampiri di Greensboro. Non ne è consapevole ma è già molto potente. Se riuscisse ad esercitarsi, magari sarebbe in grado di mettere fuori gioco Klaus almeno il tempo di fuggire da qualche parte”.

“Posso vedere le rotelle girare nel tuo cervello” disse Matt “Che cos’hai in mente?”.

“In realtà il mio piano è piuttosto banale: la rinchiudiamo in casa fino a che non sarà abbastanza brava. Klaus è un vampiro, deve essere invitato per entrare nel Pensionato”.

“Il vampiro più antico e potente di tutti i tempi che si fa fermare da un semplice invito?” ripeté Tyler allibito.

“Hai un’idea migliore?”.

“Il piano in sé non è male” concordò Matt “Potrebbe funzionare per un po’; il problema è: come pensate di convincere Bonnie a restare chiusa in casa? Parliamo della stessa ragazza che a momenti si fa ammazzare da una colonia di vampiri, che è scappata per aiutarci con Tyler” elencò.

“Senza dimenticarsi che è finita in ospedale dopo che Jess e Dick le hanno corretto il cocktail” aggiunse l’altro ragazzo.

“A questo punto direi che Klaus se ne può stare tranquillo dov’è; Bonnie è capacissima di farsi uccidere senza aiuti esterni” commentò Caroline con un velo di ironia.

“Bene!” esclamò Meredith battendo una mano sul tavolo “E’ ora di chiamare l’unica persona che può tenerla a bada”.

“Stai parlando di Damon?” domandò Matt “Non è una cosa un po’ inutile? Voglio dire: Bonnie è diventata piuttosto brava con quegli aneurismi. Lo metterebbe K.O in un secondo”.

“E’ più furbo di quello che sembra” lo tranquillizzò Meredith mentre componeva il numero.

“E se non funzionano le buone maniere, può sempre approfittare del suo fascino” suggerì Caroline “Potrebbe facilmente legarla al letto in un momenti d’intimità”.

“Stai ancora leggendo ‘Cinquanta sfumature di grigio’?” s’incuriosì Matt un po’ sospettoso.

“Sì!” affermò lei “E dovremmo proprio provare qualcuno dei loro giochetti …”.

“Credo di non volere più ascoltare questa conversazione” li interruppe Tyler davvero poco interessato dalle loro attività tra le lenzuola.

“COSA VUOL DIRE CHE NON E’ IN CASA?!” urlò istericamente Meredith al telefono, mentre Damon le spiegava con tono molto più calmo di non avere la minima idea di dove fosse Bonnie.

“Pare che la piccola rossa ci è sfuggita di mano” ne dedusse Tyler.

“Mi dicono che il nostro piano sarà attuabilissimo” commentò Matt con sarcasmo.

Caroline si alzò dalla sedia, diretta verso i fornelli: quella camomilla cominciava ad essere molto allettante.

 

C’era una prima volta per tutto.

Bonnie, però, nella sua vita avrebbe preferito non trovarsi mai in una situazione simile.

Era una ragazza onesta e molto innocente, cercava di pensare il meglio di chiunque, non prendeva in giro le persone e soprattutto evitava di ferirle.

Come avrebbe potuto immaginare che un giorno di sarebbe trovata invischiata in un triangolo amoroso?

E chi avrebbe potuto immaginare che la sua avversaria sarebbe stata una delle sue più care amiche?

Alla fine aveva vinto lei, Damon l’aveva scelta ed Elena era ritornata da Stefan, ma qualcosa si era irrimediabilmente incrinato nel loro rapporto.

Ricordava ancora la prima settimana che aveva passato a Fell’s Church, qualche mese prima, quando Damon era ben deciso a rimandarla in Italia con la forza.

Era scappata di casa correndo quasi involontariamente verso casa Gilbert; conosceva da pochissimo Elena, eppure aveva sentito di potersi fidare.

La bionda era stata così dolce e protettiva nei suoi confronti; l’aveva accolta come una sorella. Un tempo confidarsi con lei era un istinto naturale.

Ora anche parlarle era diventato imbarazzante.

Tutto era incominciato in tempi non sospetti, quando l’unico triangolo conosciuto era composto da i due fratelli Salvatore e la bellissima giovane.

Bonnie si era trovata in una posizione piuttosto scomoda: considerava Stefan e Damon come la sua famiglia e non poteva starsene ferma mentre l’amore per Elena li divideva sempre più.

Ne aveva discusso con l’amica, si erano chiarite, sembrava che tutto fosse tornato alla normalità; questo almeno finché qualcosa di molto profondo non era nato tra la piccola strega e il suo vampiro protettore.

Da quel momento l’amicizia tra Bonnie ed Elena non era stata più la stessa; entrambe consapevoli della necessità di una bella chiacchierata per sistemare la cose, ma entrambe troppo stranite da quella situazione per trovare il coraggio e la voglia di confrontarsi.

La vita ‘tranquilla’ di Fell’s Church non aveva poi favorito la conciliazione.

Bonnie non poteva certo dire di essersi sentita sola, Meredith e Caroline erano state delle ottime amiche e le avevano sempre dato dei consigli sinceri e schietti, ma con nessuna di loro aveva potuto ricreare la connessione che aveva con Elena; si avvicinava molto al legame che aveva con Clara.

Bonnie non credeva di fare un torto alle altre sue amiche, ammettendo che tra lei e la bionda c’era un’intesa speciale. Elena era quella che su certi aspetti poteva capirla meglio, condivideva con lei una bella complicità.

C’erano questioni in sospeso che dovevano essere risolte per riavere indietro quell’amicizia così speciale e Bonnie avrebbe fatto meglio a sbrigarsi perché ormai il tempo scarseggiava.

L’attendeva un periodo difficile da affrontare; aveva bisogno di fare pace con Elena prima che fosse troppo tardi.

Con un brivido ripensò a qualche sera prima, nella piscina del centro benessere. Era una sensazione che non voleva sperimentare mai più. L’aveva odiata, l’aveva temuta. E se l’avesse tormentata per sempre?

La verità era che non aveva avuto la possibilità di preoccuparsi per se stessa, di riflettere abbastanza, troppo presa da Damon per realizzare quanto fosse reale e vicino il pericolo.

Da quando era arrivata a Fell’s Church in qualche modo era stata coinvolta nel ‘Damon show’, perché tutto, alla fine, riguardava lui.

Era ora di prendersi un momento per se stessa, per ragionare, per metabolizzare gli ultimi avvenimenti della sua vita.

Era stata stupida a credere che l’avrebbe lasciata in pace; un vampiro così crudele da sterminare una famiglia, uccidendo due figlie piccole, non si sarebbe certo fermato al primo ostacolo. L’aveva cercata e l’aveva trovata.

Mille indizi avrebbero dovuto insospettire Bonnie, ma lei non li aveva ascoltati.

La scomparsa di Giada, la ragazza del suo collegio; quella terribile sera nei pressi di piazza di Spagna quando era stata pedinata; Christopher che si era finto innamorato di lei e si era rivelato uno dei più viscidi esseri su cui avesse mai posato gli occhi. La sua stessa nonna aveva insistito perché rimanesse in Scozia, protetta e lontano dai vampiri.

Bonnie non aveva voluto sentire ragione. Fell’s Church era casa sua e per quanto potesse risultare assurdo, i vampiri l’avevano tenuta al sicuro per anni.

Si era messa innumerevoli volte nei guai, rischiando grosso, ma a conti fatti, si era creata la sua bolla e non credeva che nessuno potesse scoppiargliela.

Non era mai stata il tipo da chiedere tutte le attenzioni, le piaceva il fatto di passare inosservata, di non essere poi tanto speciale.

Odiava i suoi poteri perché la obbligavano ad essere tutto ciò che non voleva, la obbligavano a mettersi in prima linea e ad esporsi.

Si sentiva una di quelle protagoniste da romanzetti, quelle cui ne capitavano inspiegabilmente di tutti i colori, quelle che avevano sempre gli occhi puntati addosso, quelle che avevano il controllo e che finivano sempre per salvare la situazione.

Odiava quel genere di personaggi; troppo perfettine, troppo Mary Sue*.

Una parte di lei, però, quella affetta dalla ‘sindrome del martire’, era felice che nessun altro fosse direttamente in pericolo, era felice che Elena non fosse mai stata nelle mire di Klaus. Con Katherine morta, la sua amica era libera di vivere la sua vita, crescere in serenità.

Meglio io che lei. Si ripeté per l’ennesima volta. Almeno se Klaus si fosse concentrato solamente su di lei, tutti i suoi cari sarebbe stati al sicuro.

Perché, per citare Bella Swan, la regina delle ‘Mary Sue’, Bonnie non aveva mai pensato alla sua morte, ma morire per qualcuno che amava le sembrava un bel modo di andarsene**.

In teoria poteva anche apparire un sacrificio poetico; in pratica, purtroppo, la rossa non si sentiva ancora pronta.

Il cielo aveva cominciato a scurirsi. Da lì a poco avrebbe cominciato a piovere. Le mancava giusto un bel temporale per stare tranquilla.

Zia Judith l’accolse con un gran sorriso e le disse di raggiungere Elena in camera. Bonnie rimase leggermente sconvolta dal casino che trovò; sembrava fosse esplosa una bomba.

“Hai combattuto contro una tigre?” chiese la rossa accigliata.

Elena riemerse da dietro il letto, rimettendo un paio di grossi cuscini sul materasso. Arrossì.

“Stamattina è venuto a trovarmi Stefan”

“Ah …OH!” esclamò intendendo il vero significato di quelle parole. Ora si spiegava il disordine “Sembra che sia andata bene” osservò Bonnie un po’ a disagio ad immaginarsi Stefan ed Elena insieme … in quel senso.

“Siamo tornati insieme” svelò la bionda “Sai, tra quello che è successo con Katherine e poi Klaus …” sbiancò pronunciando quel nome e divenne improvvisamente apprensiva “Mio Dio, Bonnie! Va tutto bene, vero? Cioè … non è successo ancora nulla di grave? Klaus non è arrivato?”.

Bonnie scosse la testa “E’ tutto okay … per adesso” precisò “Klaus non si è ancora fatto vivo. In realtà sono qui per una cosa che riguarda me e te”.

“Di che si tratta?” chiese Elena sedendosi sul letto mezzo disfatto e invitando Bonnie a prendere posto accanto a lei.

“E’ qualcosa che avrei dovuto dirti da molto tempo ma non ho avuto il coraggio perché era ancora troppo fresca. Non devi interrompermi, però, va bene?”.

L’altra ragazza acconsentì con un cenno della testa.

“Mi dispiace per quello che è successo con Damon” si scusò “Tu provavi qualcosa per lui e anche se alla fine lo hai rifiutato, capisco che non dev’essere stato carino vederci insieme. Insomma … quando sono arrivata a Fell’s Church tu mi hai accolta in casa tua come una sorella e mi sembra di non averti ripagato come meritavi. Praticamente non hai fatto in tempo a scegliere Stefan che io ero già tra le braccia di Damon. Non era una cosa programmata, non avrei mai pensato che potesse accadere. Ci tengo molto alla nostra amicizia e avrei dovuto parlartene prima di cominciare questa storia”.

“Bonnie … non ti devi scusare … tu …”.

“Per piacere, non interrompermi” la pregò la rossa. Il suo discorso non era proprio così buonista come appariva all’inizio “D’altra parte non riesco a sentirmi davvero in colpa. È come se avessi avuto il diritto di fare quello che ho fatto. Tra me e Damon c’è sempre stato qualcosa, fin da quando ero piccola, una connessione. Non credevo che si sarebbe mai trasformato in qualcosa di romantico ma è successo e io lo sento giusto, capisci? Tu hai scelto Stefan e quando mi è capitata l’occasione di avere Damon non me la sono fatta scappare perché si meritava anche lui un po’ di felicità e anche io … anche io me la sono meritata. Nessuno l’aveva pianificato, Elena, ma è stato inevitabile”.

Bonnie alzò gli occhi su Elena, un po’ timorosa. Si era decisa a parlarle chiaramente, a scusarsi da un lato ma dall’altro a prendere una posizione e a difenderla. Sperava di non aver rovinato irrimediabilmente la loro amicizia.

Inaspettatamente la bionda non disse una parola ma si avvicinò all’altra e l’abbracciò cominciando a ridere come una pazza nel suo collo.

“Temevo che non saremmo mai tornate al punto di essere così sincere” confessò.

Bonnie corrugò la fronte “Non sei arrabbiata?”.

“Arrabbiata di cosa?” domandò Elena incredula “Tutto quello che hai detto è giustissimo. Io ho scelto Stefan, non Damon, non ho nessuno diritto di fare la gelosa. Lo ammetto: all’inizio ero un po’ infastidita ma non mi sarei mai intromessa. Tu non hai agito alle mie spalle e non ho mai pensato che stessi aspettando il momento buono per portarmelo via” la tranquillizzò “Sinceramente, credo che anche se avessi scelto Damon, non avrebbe fatto molta differenza: presto o tardi mi sarei ritrovata da sola. Non sono io la ragazza giusta per lui”.

“Vorrei che avessi ragione, Elena” sospirò lei alzandosi dal letto.

“Cosa c’è che non va?”.

“Damon non è la mia idea di ragazzo, sai? Da piccola mi immaginavo una persona molto più dolce e comprensiva, qualcuno che mi proteggesse, una specie di Stefan, ecco! Ma da piccola non pensavo nemmeno che vampiri e streghe esistessero quindi … direi che sono stata smentita su tutti i fronti” scherzò un po’ debolmente “Damon è un disastro: è orgoglioso, impulsivo e introverso, crede di avere sempre ragione ed è terribilmente egoista. La cosa assurda? Vicino a lui mi sento più al sicuro che in qualunque altro posto, è sempre stato così; in qualche modo mi riesce a calmare e si prende veramente cura di me”.

“Bonnie, scusami ma non vedo il problema” disse Elena confusa.

“Il problema è che io non riesco a farlo sentire allo stesso modo: io lo rendo debole” si lamentò ripetendo le stesse parole di quella mattina “Adesso che Klaus è diventato davvero un pericolo concreto, Damon è come impazzito. Si è richiuso un’altra volta in se stesso, ha cercato di allontanarmi perché dice che io gli offusco la mente, che non riesce a ragionare lucidamente se mi ha vicino” spiegò agitando le mani “Dovrei preoccuparmi di come poter sconfiggere Klaus e invece riesco a pensare solo a Damon; vorrei legarlo a me una volta per tutte, ma non solo non sono capace, non sarebbe nemmeno giusto. Se una persona ti ama davvero non hai bisogno di costringerla. L’amore dovrebbe farti crescere, non regredire”.

“Bonnie” la chiamò Elena con tono estremamente serio “Tu sei innamorata di Damon?”.

La ragazza si girò verso l’amica come se avesse appena pronunciato un’eresia ma si rese conto di essere stata la prima a parlare di amore. Le era venuto così spontaneo che neanche ci aveva prestato molta attenzione.

Amava Damon? Bella domanda.

Non se l’era mai chiesto, aveva cercato persino di non pensarci. Non era mai stata innamorata, perciò non aveva neppure idea di come ci si sentisse.

“Hai importanza, adesso?” rispose tornando a guardare la finestra con occhi tristi “Non credo che lui sia pronto per affrontare una relazione; non si rende conto che alcuni suoi atteggiamenti rischiano di rovinare tutto. Forse non ci tiene abbastanza”.

“Tu sai che Damon è venuto qui da me, la sera prima del ballo?” s’incuriosì Elena.

Bonnie negò. Non era sicura di voler ascoltare quel nuovo segreto; temeva brutte notizie.

“E’ venuto qui per dirmi che anche lui aveva fatto una scelta e non ero io” rivelò la bionda “E’ venuto per troncare ogni rapporto, per dirmi addio. Non voleva più farti soffrire, non voleva perderti” le raccontò.

“Non me l’aveva detto”.

“Non è il tipo che ama vantarsi” sorrise Elena.

“Oddio, la mia testa scoppierà!” trillò Bonnie “Dovrei essere arrabbiata con lui, non farmi intenerire da un gesto carino di cui per altro non ero a conoscenza!”.

“Eri così sicura di voler stare con lui, lo hai sempre difeso fino alla morte, lo capivi come nessun altro. Che cos’è cambiato?” insistette l’amica.

“Lo voglio ancora ma è dannatamente difficile. E se non fossi abbastanza forte? E se alla fine Damon decidesse di tornare ad essere il vecchio vampiro perché non sopporta i sentimenti che io lo costringo a provare?”.

“Io non credo che tu lo renda debole; credo che tu sia la sua debolezza ed è ben diverso. Se ti dovesse accadere qualcosa di male, lui ne morirebbe, se ti dovesse perdere di nuovo, probabilmente non si riprenderebbe più. Grazie a te, si è aperto nuovamente alle emozioni, molto prima di conoscere me. Tu non lo rendi più debole, lo rendi più umano. Sei la sua debolezza perché per colpire lui, dovrebbero prima colpire te” chiarì Elena con una sicurezza disarmante.

“Io vorrei davvero fidarmi delle tue parole ma c’è qualcosa che mi blocca. Damon ha ucciso mio fratello, ha seminato morte praticamente fino a qualche mese fa, mi ha tenuta nascosta la verità sulla mia famiglia ed è sempre ad un passo dal chiudersi in se stesso …”.

“Ti ha anche salvata quando eri piccola” le ricordò Elena interrompendola “E avrebbe dato la sua vita per proteggerti da quei lupi, ti ha dato una famiglia e un luogo sicuro dove crescere. Non ha fatto solo sbagli nella sua vita”.

“No” concordò Bonnie “Ma i suoi errori sono molto gravi e non so se sono in grado di sopportarli come se nulla fosse”.

“Okay, Bonnie, sarò brutale” disse Elena prendendola per le spalle “Damon è un vampiro, va bene! Ragiona con i parametri dei vampiri, non è una giustificazione ma non puoi pretendere che cambi da un giorno con l’altro, lui non è un umano, ha una concezione delle cose diversissima. Non sto dicendo che devi fargliele passare tutte lisce, ma devi dargli un po’ di tregua perché vuole meritarsi di stare con te e si sta veramente sforzando. Farà sicuramente degli scivoloni ma non tu non puoi abbandonarlo e arrenderti. Hai portato la luce nella sua vita, Bonnie, ma devi accettare dei compromessi, devi incontrarlo a metà strada. È la sua natura e non è facile sbarazzarsene. Il vero problema è che tu hai talmente paura del buio che non riesci nemmeno a fare un passo verso di lui”.

“Ho sempre avuto paura del buio” le confidò la rossa mordicchiandosi il labbro.

“E’ ora di crescere anche per te” la incitò Elena “Hai aiutato Damon a migliorarsi, è il momento che tu gli permetta di fare lo stesso”.

“Non voglio perdermi nel buio, Elena” tremò Bonnie.

“Non sei sola in quel buio” le fece notare “Nessuno ti farà del male” e la fissò sorridendo dolcemente “Ora dipende solo da te. Dipende se hai la forza di perdonarlo, di correre il rischio di perdere un po’ di te stessa per stare con lui. Dipende da quanta voglia hai di continuare a combattere”.

Bonnie annuì debolmente.

“Credo che Zach sarebbe fiero della persona che sei diventata” la rassicurò “Portare rancore non ti servirà a niente”.

 

Bonnie sta bene;  è qui da me.

Nonostante il messaggio rassicurante, Damon un tempo sarebbe andato a prenderla per i capelli a casa della Gilbert.

Un vampiro originale solo pochi giorni prima aveva cercato di rapirla e ora aspettava il momento giusto per attaccare di nuovo; lei che faceva? Prendeva la sua macchina e se ne andava in giro da sola per la città.

Non che Damon non avesse colpe: dopo la loro litigata in cucina, aveva lasciato il Pensionato per sbollire la frustrazione, come al solito.

Al suo rientro, la casa era vuota e senza quel messaggio provvidenziale, il vampiro avrebbe probabilmente raso al suolo la città pur di ritrovarla.

Bonnie era una sfida continua e stare al suo passo era più complicato del previsto.

Damon si rendeva conto di aver commesso un grosso sbaglio, ma si era aspettato almeno un po’ di comprensione.

Dei bei regali e una cena romantica non potevano risolvere tutto, però si era sforzato e Bonnie non lo aveva nemmeno apprezzato.

Non che lui fosse stato completamente sincero; era ancora in imbarazzo ad ammettere di avere paura. Ma con che coraggio le avrebbe detto di non essere sicuro di poterla proteggere? Non voleva toglierle l’ultima speranza.

Lasciò cadere il libro che stava leggendo, sulle ginocchia e sbuffò contrariato. Un leggero colpo di tosse attirò la sua attenzione.

Sissi era appoggiata allo stipite della porta e lo osservava in silenzio. Si stava torturando le mani mentre cercava di oltrepassare la soglia.

Infine fece un passo avanti e lentamente salì sul materasso e s’inginocchiò di fianco al vampiro che la guardava di sottecchi, sospettoso di tutta quella calma.

Continuò ad avvicinarsi procedendo in ginocchio e tenendo la testa bassa come se fosse colpevole di qualcosa.

“Damon, io … ti rendo debole o sono la tua debolezza?”.

Il vampiro non capì subito la differenza tra le due domande. Riflettendoci un attimo, gli fu facile collegarle al discorso interiore che stava facendo con se stesso da giorni. Bonnie era la sua debolezza e la considerava una cosa positiva. Bonnie lo aveva esposto, lo aveva sensibilizzato. Una volta il vampiro non avrebbe apprezzato tale cambiamento, ma in quel momento quasi non si ricordava come fosse vivere prima.

Non era certo un tipo da cenette al lume di candela o dal film strappalacrime; non provava nemmeno troppa empatia per il resto della banda, figuriamoci per le altre persone; ma Bonnie era tutta altra storia.

“Perché … oggi ho parlato con un po’ con Elena e mi sono accorta che non mi dispiace essere la tua debolezza” proseguì Bonnie con un sorrisino timido.

Non avrebbe mai pensato che sarebbe stata proprio Elena a darle una visione più ampia del suo rapporto con Damon, ma la bionda era riuscita a stupirla.

Aveva centrato pienamente il punto: il vampiro non era perfetto e probabilmente non lo sarebbe mai stato, ma non tutte le sue azioni erano stati dei grossi sbagli. Non poteva tornare indietro e cancellare il dolore che aveva causato, non poteva resuscitare Zach; poteva solo impegnarsi per rimediare e guadagnarsi un po’ di rispetto. Ormai aveva fatto tutto ciò in suo potere per redimersi, ora spettava a Bonnie l’ultima parola.

Elena aveva ragione: era il momento di crescere, era il momento di andare avanti.

Quella era la strada che aveva scelto, con Damon. Avrebbe dovuto gestire sia il suo lato umano che il suo lato da vampiro perché le sue due nature lo rendevano l’uomo di cui Bonnie non poteva assolutamente fare a meno.

“Non mi piace parlare di queste cose” disse lui “Non ci sono ancora abituato, ma immagino di dover fare uno sforzo”.

Bonnie si sedette più comodamente e attese.

“Non è colpa tua, è mia” chiarì Damon “E’ come se mi avessero tolto il lume della ragione. Potrei elencarti ogni singola volta in cui sei stata in pericolo per causa mia: non avrei dovuto permetterti di venire a Greensboro e invece mi sono fatto intenerire e a momenti diventi lo stuzzichino di quei vampiri. Avrei dovuto portarti personalmente da Meredith prima che quei lupi ci attaccassero e invece sono scappato di casa perché ero sconvolto da quel bacio. Tua nonna mi ha implorato di lasciarti da lei dove saresti stata molto più al sicuro e io avrei dovuto obbligarti a stare là ma non l’ho fatto perché ti volevo a casa con me. Il mio egoismo sarà la tua morte”.

“In realtà il tuo egoismo mi ha salvata parecchie volte” obiettò Bonnie.

“Dopo che ti avevo messo nei guai” precisò Damon “Credevo che se avessi spento le mie emozioni e ti avessi allontanata, sarei riuscito a proteggerti meglio. Io sono sempre stato freddo e cinico ed è sempre andato tutto bene; è l’unico modo che conosco per cavarmela” poi si zittì meditando sulle sue stesse parole “La verità è che sono stato egoista ancora una volta: non volevo tenere al sicuro solo te, ma anche me stesso perché se ti dovesse succedere qualcosa, mi farebbe davvero tanto male. Sono spaventato, Bonnie, e la cosa mi spaventa perché non mi è mai capitato”.

“Oh beh” tirò su le spalle la rossa “Pare che ci sia una prima volta per tutto”.

Che schifo” fu il commento disgustato di Damon.

“Noi non ce la siamo cavata male, dopotutto” considerò Bonnie “Siamo ancora vivi, siamo insieme, i nostri amici stanno bene …”.

“Il tuo ragazzo è il vampiro più sexy dell’ultimo mezzo millennio”.

“Anche il più modesto”.

“Sono pieno di pregi”.

“Non voglio odiarti” riprese il discorso Sissi dopo una piccola risata “Non sono capace di odiarti quindi non provarci più perché tanto non funziona”.

“Te lo prometto” le assicurò il vampiro “Ma ora sei tu che mi devi fare una promessa”.

“Di che si tratta?”.

“Klaus è veramente lì fuori e ti sta aspettando. Questa casa è tua e non può entrare se non invitato quindi finché non troviamo il modo di sbarazzarcene …”.

“Vuoi che me ne stia chiusa dentro il Pensionato” concluse la ragazza.

“Non abbiamo un piano migliore” si scusò Damon.

“Va bene” capì Bonnie “Non voglio più litigare, non voglio metterti in ansia inutilmente”.

“Grazie” disse Damon sorpreso della facilità con cui aveva accettato la strega.

Lei si stese sul letto e appoggiò la testa sul petto del vampiro raggomitolandosi contro al suo corpo “Posso restare a dormire qui stanotte?”.

Un tuono rimbombò facendo tremare i vetri delle finestre e la luce saltò. Damon imprecò e fece per alzarsi con l’intendo di andare a sistemare il contatore.

Bonnie lo fermò con una mano e lo pregò di rimanere con lei.

“Non preferisci che torni un po’ di luce?” le chiese Damon stupito “C’è il temporale; non hai paura del buio?”.

“No” rispose sicura “Non più”.

E per quanto quell’affermazione risultasse paradossale alle orecchie del vampiro, acquistava senso nella mente della ragazza.

Per tutto quel tempo aveva avuto talmente tanto timore di venire corrotta dal fascino dell’oscurità che aveva preferito fingere che nemmeno esistesse. Damon non era un santo, Damon non era un umano e, per quanto non fosse una giustificazione, Bonnie ogni tanto avrebbe dovuto calarsi nei suoi panni. Più di una volta aveva cercato di capirlo ma forse non era stata capace fino in fondo. E quando il giorno prima le si era rivoltato contro come mai prima, lei ne era rimasta così scottata da non voler sentire ragioni. Troppo spaventata per addentrarsi in quel buio.

Damon, però, stava lì: a metà tra la luce e le tenebre, a metà tra il vampiro e l’umano. Da solo, forse, non sarebbe mai riuscito a trovare un compromesso stabile.

Bonnie non era più una bambina, aveva ormai imparato che nessuno mostro si nascondeva nell’ombra. Damon non era un mostro da temere.

E quindi almeno per un po’ sarebbe rimasta nei paraggi per aiutarlo a reggersi in piedi senza il rischio di cadere. Sarebbe rimasta nel buio.

Con lui.

 

“I’ll be waiting for you when you’re ready to love me again,

I’ll put my hands up, I’ll do everything different,

I’ll be better to you, I’ll be waiting for you

when you’re ready to love me again,

I’ll put my hands up, I’ll be somebody different,

I’ll be better to you, let me stay here for just one more night,

Build your world around me and pull me to the light,

So I can tell you that I was wrong,

I was a child then, but now I’m willing to learn”

(I will waiting- Adele).

 

Il mio spazio:

Scusate immensamente per il ritardo ma questa settimana mi sono ammalata e non riuscivo proprio a guardare lo schermo del pc per cui ci ho messo un po’ di più a finire il capitolo.

Mi spiace dovervi annunciare che l’università è ricominciata e ho davvero poco tempo per scrivere quindi non potrò sempre aggiornare ogni due settimane come vi avevo detto; comunque posterò sempre al massimo entro la terza settimana dall’ultimo aggiornamento. Scusatemi davvero per l’inconveniente ma è il meglio che riesco a fare =(.

Secondo avviso: ci saranno in tutto 41 capitoli, 39 regolari e due di epilogo. Forse sono un po’ tanti, ma mi sono sentita di costruire la storia in questo modo e proseguirò così facendo ovviamente del mio meglio per tenere vivo l’interesse.

In questo capitolo non succede molto; mi serviva più che altro per mettere a posto alcune questioni prima del boom finale con Klaus e prima di qualche altra sorpresina che non so se gradirete molto, ma ci sarà tempo per discuterne :P

Mi è sembrato giusto far fare a Bonnie qualche passo verso il lato meno umano di Damon perché anche lei deve capire fino a fondo che cosa significa stare con un vampiro e soprattutto esserlo.

So che vi avevo promesso delle scuse striscianti da parte di Damon ma non volevo stravolgere troppo il personaggio e quindi ho preferito che lui fosse del tutto onesto con la sua streghetta.

Nel prossimo capitolo la questione Klaus verrà risollevata pesantemente, per ora godiamoci un po’ di momenti Damon/Bonnie in santa pace!

Ammetto di non essere totalmente soddisfatta di questo capitolo, c’è qualcosa che non va ma non capisco dove (saranno i postumi dell’influenza), quindi se notate qualcosa di incoerente o incompleto avvisatemi così sistemerò un po’ nel prossimo.

Volevo anche consigliarvi prima della lettura (soprattutto nei prossimi capitoli) di controllare i titoli delle due canzoni che metto sempre. Ascoltatele mentre leggete perché dovrebbe dare la giusta atmosfera.

Questa settimana risponderò a tutte le recensioni che mi avete lasciato, lo giuro!! Sia per A&W sia per Crazy Little Thing Called Love. Vi ringrazio tantissimo!

Altra cosa: sto pensando ad una mini-long a raiting rosso su Damon e Bonnie, un racconto po’ spinto. Avevo in mente, però, di pubblicarla solo quando sarà conclusa. Volevo sentire anche la vostra opinione, mi raccomando ;)

Ora vi lascio!!

Grazie mille come sempre!

Fran.

 

*Mary Sue, a volte abbreviato in Sue, è un termine peggiorativo adoperato per descrivere un personaggio immaginario, in genere femminile  che si attiene alla maggior parte dei cliché letterari più comuni, ritratto con una idealizzazione eccessiva, privo di difetti considerevoli e soprattutto che ha la funzione di realizzare e autocompiacere i desideri dell'autore. (definizione presa da wikipedia).

** Frase tratta dal film Twilight. Senza offendere nessuno, credo che Bella Swan si possa definire tranquillamente la Mary Sue per eccellenza e la più famosa. Insomma tutti vogliono lei, lei ha poteri straordinari ecc.

I libri della serie mi sono piaciuti (tranne il quarto) ma trovo che i film siano un po’ bruttini e non ho una grande opinione delle doti di attrice di Kirsten Stewart, per cui la poca simpatia che nutrivo per Bella ne ha risentito ulteriormente.

Ammetto però che i libri sono pieni di belle frasi, molto d’effetto e mi sono presa la libertà di inserirne una.

Ovviamente questi sono pareri personali e non voglio offendere chi tra di voi apprezza tutto il lavoro della saga! =)

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Capitolo 36
*** Big girls don't cry ***


Ashes &Wine

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Capitolo trentasei: Big girls don’t cry.

 

“Come into these arms again
And lay your body down
The rhythm of this trembling heart
Is beating like a drum
It beats for you, it bleeds for you
It knows not how it sounds
For it is the drum of drums
It is the song of songs ”

(Love song for a vampire- Annie Lennox).

 

Damon non li sopportava.

Aveva sempre pensato che fossero degli imbecilli e ogni giorno ne aveva la prova.

Li avrebbe ammazzati, tutti, dal primo all’ultimo.

Erano appena le nove di mattina; i ragazzini delle superiore avrebbero dovuto godersi il meritato riposo delle vacanze e invece quella patetica gang del bosco si era ritrovata nel salotto del Pensionato a fare chiasso.

Damon gettò una veloce occhiata a Bonnie che dormiva profondamente tra le sue braccia. Quegli idioti dovevano ringraziare il Cielo di non averla ancora svegliata; era l’unico motivo per cui non li aveva ancora uccisi.

Si ritrovò a sorridere come un ebete: era felice.

La loro vita era appena stata sconvolta da una terribile notizia, Bonnie era in grave pericolo e forse non sarebbero sopravvissuti a quella nuova disgrazia, eppure era felice.

Felice perché per una volta si sentiva in pace con se stesso. Felice di essere stato totalmente sincero. Felice che Bonnie lo avesse finalmente capito.

Cinquecento anni di solitudine, rancore e cattiveria avevano trovato infine un senso, lo avevano preparato per quel momento: tutto si era annullato, tutto si era quietato per lasciare posto a quella piccola peste dai capelli rossi che lo aveva pazientemente guarito.

Damon era sempre stato convinto che non esistesse una cura al suo male. Com’era possibile donare un po’ di luce ad un’anima così nera e corrotta? Perché poi cambiare? Tutto quel malessere lo rendeva proprio ciò che avrebbe sempre voluto essere: potente e temuto. Si era rassegnato alla sua condizione di dannato, ad un’esistenza nel buio. Non conosceva altro modo d’essere, non si sforzava di trovare un motivo per migliorarsi.

L’odio, l’egoismo, la superbia lo rendevano sicuro e consapevole di se stesso; poteva gestirli. Se li avesse abbandonati, si sarebbe perso completamente.

Perché quei sentimenti distruttivi erano tutto ciò che gli rimaneva, costituivano la sua ragione di vita. Senza, che ne sarebbe stato di lui? Si sarebbe consumato nell’immortalità, trascinato dalle emozioni, non più padrone di se stesso.

E poi era arrivata Bonnie e Damon lentamente si era dimenticato della sensazione di smarrimento che per tutti quei secoli lo aveva tenuto lontano da qualsiasi cosa che si avvicinasse all’idea del bello e del buono.

Il lieto fine non gli era precluso, si stava avvicinando sempre più. Era minacciato da innumerevoli pericoli, ma splendeva più che mai e Damon era felice.

Bonnie si mosse leggermente nel suo abbraccio e lo chiamò ancora mezza addormentata.

Il vampiro abbassò lo sguardo su di lei e le diede un bacio sui capelli continuando a cullarla nel vano tentativo di farla riaddormentare.

“Cosa sono queste voci?”.

Damon si accigliò, seccato “Mi basta una tua parola e li zittisco tutti a modo mio”.

Bonnie scosse la testa e nascose il volto nel collo del vampiro e lo abbracciò più stretto “Possiamo rimanere qui ancora un po’?”.

Sì, cazzo. Voleva risponderle.

Non avrebbe avuto problemi a chiudersi in quella stanza con la sua streghetta. Non aveva bisogno di altro, a parte di qualche sostentamento per rimanere in forze; e poi poteva anche privarsi di tutto il mondo attorno. Non era essenziale. Per quanto banale potesse essere: non poteva concepire un mondo senza Bonnie, ma sarebbe stato disposto a vivere solo con lei anche sull’orlo della rovina.

“Di cosa stanno parlando?” chiese la ragazza, sempre con un filo di voce, incuriosita dalle voci che soffuse provenivano dal salotto.

“Niente di speciale” liquidò Damon.

“Parlano di Klaus, vero?” intuì Bonnie alzando leggermente la testa.

“Sono degli incompetenti, non capiscono niente” disse lui “L’unica persona che devi ascoltare è qui accanto a te e ti ordina di continuare a dormire”.

Bonnie sorrise e appoggiò nuovamente il capo sul petto del vampiro “Sì, penso di poterlo fare. Tu non andare via però”.

Dove dovrei andare? Pensò Damon. Con la quella banda di stupidi giù in salotto a bloccare il passaggio.

“Vi avverto che sto salendo, quindi se siete nudi, per piacere rivestitevi”.

Damon guardò inorridito la porta. La voce di suo fratello era arrivata forte, chiara e soprattutto minacciosa.

Anche Bonnie si era nuovamente destata e alzò lo sguardo oltre la spalla del vampiro “Sta arrivando Stefan?”.

“Ignoralo” suggerì Damon “Prima o poi capirà di NON essere GRADITO!!” urlò con la vana speranza di scacciare il suo invadente fratello.

“Lo sento che siete svegli!” li informò Stefan mentre bussava alla porta.

Bonnie si nascose sotto le coperte come una bambina che non voleva lasciare il suo caldo giaciglio. Damon squadrò quel fagotto di coperte poi a malincuore si costrinse ad alzarsi per lasciar entrare suo fratello.

Aprì la porta “Vattene” e la richiuse.

“Ragazzi è importante” insistette quello “Dobbiamo seriamente pensare ad un piano per tenere Sissi al sicuro. Ci servite anche voi”.

Damon riaprì la porta “Sissi è al sicuro” replicò “Questa casa è sicura finché Klaus non viene invitato”.

“Matt è stato attaccato ieri notte. Niente di grave ma …”.

“Sai quel che me frega di quel biond-”.

“Adesso scendiamo, Stefan” lo tranquillizzò Bonnie “Dacci cinque minuti”.

Il vampiro dagli occhi verdi annuì e li lasciò soli. Damon sconsolato richiuse la porta e si sedette sul letto accanto alla sua ragazza.

“Non era niente di urgente”.

“Hanno bisogno di noi” mormorò lei.

“Tu hai bisogno di dormire” obiettò Damon.

“Posso farlo più tardi. Non è che io sia così impegnata, dopotutto” e sorrise debolmente per darsi forza.

“Guardami in faccia, streghetta” l’apostrofò lui “Niente gesti eroici, okay? I tuoi amici se la devono cavare senza di te”.

“Va bene, papà” scherzò la rossa “Posso andare almeno in bagno?”.

“Ottima idea” concordò Damon “Ci vuole una doccia?” la prese in braccio e la sollevò dal letto caricandosela su una spalla.

“Non abbiamo tempo!!” protestò Bonnie ridendo “Dobbiamo scendere dagli altri!”.

Il vampiro la lasciò solo quando arrivarono alla doccia “Tesoro, ormai dovresti aver capito che il tempo non è un problema per me”.

Ogni obiezione di Bonnie venne bloccata dalle labbra di Damon.

 

Quando Stefan tornò, Elena gli si accucciò vicino, sul divano, attaccandosi al suo braccio in cerca di rassicurazione.

Quello che era successo a Matt era grave e gettava ombre inquietanti e incerte sul futuro di Bonnie. Non sembravano esserci vie di scampo, anzi la fine appariva ormai segnata. Era tutto così ingiusto e inevitabile.

Gli altri condividevano il suo umore nero. Se ne stavano seduti per tutta la stanza, senza proferire parola, guardandosi i piedi, in attesa di dare la brutta notizia alla loro amica.

Il compito ingrato toccava a Matt: Klaus lo aveva scelto come vittima e messaggero. Avrebbe tanto voluto disubbidire a quell’ordine, tacere il fatto a Bonnie e continuare a proteggerla al meglio delle sue capacità, ma purtroppo non era l’unico coinvolto.

Sapeva bene che se non avesse riferito quella minaccia a Bonnie, Klaus avrebbe trovato qualcun altro e forse non sarebbe stato così clemente come con lui.

“Spero che abbiate un buon motivo per presentarvi a casa mia prima di mezzogiorno” berciò Damon entrando in salone con passo sicuro. Era l’unico che professava un velo di ottimismo in quel mare di pensieri negativi.

“Matt” intervenne invece la rossa con voce preoccupata, spuntando subito dopo il vampiro “Cosa ti è successo?” notò il braccio fasciato dell’amico.

“E’ solo rotto” la calmò lui.

“Visto? Sta bene! Tempo tre settimane e andrà tutto a posto!” commentò Damon sbrigativo “Possiamo tornarcene di sopra” prese Bonnie per un braccio ma lei si sottrasse al tocco e fissò Matt in attesa di spiegazioni.

“E’ stato Klaus” raccontò il ragazzo “Ieri sera stavo tornando a casa dal lavoro e me lo sono trovato in mezzo alla strada. Il mio pick-up ha sbandato, sono finito contro il guardrail e ho picchiato il braccio”.

“Continuo a non capire come questo ci possa interessare” insistette Damon.

Bonnie lo zittì con un’occhiata, lui distolse lo sguardo sbuffando. Si portò alle spalle della ragazza seduta su una poltrona.

“Voleva mandarti un messaggio” continuò il biondo “Non verrà a cercarti; sa che qui dentro sei ben protetta e che non potrebbe mai entrare senza il tuo invito. Ti dovrai consegnare di tua spontanea volontà o ucciderà tutte le persone cui vuoi bene finché non cederai”.

Damon strinse le spalle di Bonnie, a metà tra una rassicurazione e un avvertimento: la più grande dote di Sissi era l’altruismo; si sarebbe sacrificata volentieri per salvare la vita dei suoi amici. Non avrebbe sopportato una tale colpa. Il vampiro doveva trovare il modo di annientare il suo complesso da martire.

La ragazza sospirò rassegnata e non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo per incrociare quello apprensivo e probabilmente impietosito dei suoi amici.

“Cosa stai suggerendo? Che dovrebbe cedere al ricatto di Klaus?” ringhiò Damon rivolto a Matt.

“Certo che no!” li interruppe Caroline “Noi siamo qui per ideare un piano. È chiaro che dobbiamo sbarazzarci di Klaus prima che cominci a fare del male”.

“Dov’è Sage?” chiese Damon quando si accorse dell’assenza dell’amico.

“E’ andato in cerca di qualcuno che potrebbe aiutarci. Non ha detto chi, non sa nemmeno se potrà tornare … in tempo” svelò Stefan.

“Quindi chi abbiamo qui?” disse ironicamente suo fratello “Un vampiro vegetariano, la sua fidanzata bionda, l’inutile quarterback, la versione maschile di Buffy, una ragazza inquietante, Teen Wolf e Baby Vamp. Direi che sei in ottime mani, Ginny Weasley”.

Per quanto fosse inopportuno quel sarcasmo legato ad Harry Potter, risultava comunque molto azzeccato.

“Damon, ascolta …” disse Stefan.

“No, ascoltami tu, fratellino!” lo bloccò subito l’altro “Stare in casa è l’unica soluzione possibile. Se volete rimanere qui al sicuro, non ne farò un dramma ma non provate nemmeno a suggerire una delle vostre stupide idee perché non la seguiremo”.

“Ti ricordo che questa grande idea di rinchiudere Bonnie in casa è stata mia!” replicò Meredith.

“E io ti ricordo che ogni volta che Bonnie è venuta da qualche parte con voi, per poco non ci rimane secca. Vicino a me è l’unico posto sicuro”.

“Sì, come a Greensboro?!” insinuò Tyler difendendo l’amica.

“Non hai il diritto d’intrometterti!” lo freddò Damon “Se non fosse stato per te, nessun lupo mannaro sarebbe arrivato a Fell’s Church”.

“Ragazzi!! Io sono ancora qui!” li richiamò Bonnie “Apprezzo davvero la vostra passione, ma se andate avanti a litigare non risolverete niente. Sono contenta che siate tutti qui per cercare una soluzione ma temo che non esista. Klaus è sempre un passo avanti e a meno che Sage non torni con un miracolo, non abbiamo molta scelta”.

“Bonnie non puoi arrenderti” disse Elena.

“Non è mia intenzione, ma comunque l’ultima parola ce l’ho io, è una mia decisione. Non so ancora cosa farò ma vi prometto che non vi capiterà niente per causa mia”.

Si alzò dalla poltrona e abbandonò la stanza alla velocità della luce, troppo scossa per continuare il discorso.

Damon era pietrificato. Era come se il suo peggior incubo si fosse avverato. La bontà e l’altruismo della strega la stavano spingendo a proteggere i suoi cari anche a costo della sua stessa vita.

Non aveva ammesso completamente che si sarebbe consegnata a Klaus ma non l’aveva nemmeno escluso e questo era bastato per mandare Damon in panico.

La seguì con la stessa determinazione con cui lei se n’era andata e riuscì a raggiungerla a metà scala. Le afferrò un braccio e la obbligò a voltarsi: aveva già gli occhi rossi e lucidi e poca voce per parlare.

“Damon, ti prego …”.

“Mi hai promesso che non avresti fatto niente di stupido” mormorò con la stessa voce rotta.

L’espressione ferita del vampiro impietrì Bonnie. Odiava vederlo così indifeso, quasi impotente, odiava non poter rimediare, odiava esserne la causa.

“Non voglio fare niente di stupido. Non ho detto che cederò al ricatto di Klaus”.

“Non hai detto nemmeno il contrario”.

Bonnie aprì la bocca per parlare ma nessun suono ne uscì. Abbassò lo sguardo e si sedette su un gradino nascondendo la testa tra le ginocchia.

“E’ un gran casino” singhiozzò “Io non voglio andare via, non voglio che K-klaus vinca, non voglio che lui … lui … voglio restare qui …”.

“Nessuno ti sta obbligando ad andartene. Tu devi restare qui” ribadì lui.

“M-ma ucciderà tutti”.

“Che si fottano!” inveì Damon “Sarò dannato prima che ti permetta di varcare quella porta”.

“Come puoi pretendere che io mandi a morire i miei amici solo perché sono stata troppo codarda?”.

“Non devono morire, possono rimanere qui dentro!”.

“Per quanto tempo? Lo hai detto tu stesso che non c’è altra soluzione. Non possiamo nasconderci in eterno”.

Damon si inginocchiò sullo scalino inferiore e prese il volto di Bonnie tra le mani “Ti posso liberare da ogni responsabilità” le sussurrò “Tu non sarai una martire, Sissi. Non me ne frega niente se ti sentirai in colpa per i tuoi amici o se mi detesterai per averti impedito di difenderli. Ti proibisco di consegnarti a Klaus” le ordinò con gli occhi che lanciavano fiamme.

“Damon”.

“No, non se ne parla!”.

“Non ci sono solo gli altri; ci sei anche tu!” mise le mani sulle sue e le strinse quasi come se volesse fargli capire la gravità della sua posizione, come se quel gesto potesse trasmettergli la tragicità della scelta “Ricordi quando sono corsa in camera tua perché avevo avuto un incubo? Ti uccidevano davanti ai miei occhi senza pietà. E poi … poi ne ho avuto un altro: te ne andavi per tornare più, mi lasciavi perché non t’importava più di me!”.

“Erano solo dei sogni”.

“Io sono una strega” ribatté lei “I miei non sono mai solo dei sogni. E se fossero delle visioni? Se si avverassero? Se ti uccidessero per colpa mia? Come potrei vivere con un peso del genere …senza di te!”.

“Sono abbastanza grande per prendermi cura di me stesso” scherzò Damon.

“Mi hai detto che hai paura. Paura che mi portino via, paura che mi succeda qualcosa di brutto. Ti sto capendo meglio di quanto tu creda. Sono spaventata a morte” confessò “E non per me stessa”.

“Quei sogni non diventeranno mai realtà” le assicurò il vampiro “Ed ora ti dimostro che sono soltanto incubi: in uno di questi io me ne andavo perché improvvisamente non me ne importava più di te, giusto?” chiese in conferma.

Bonnie mugugnò qualcosa in risposta, mordendosi il labbro affinché non tremolasse più.

“Non potrà mai capitare una cosa del genere perché io … io …” perché era così difficile ammetterlo? “Mi importa di te come di nessun altro. Non mi è mai successo di tenere così tanto a qualcuno in tutta la mia vita”.

“Neanche a me” ricambiò Bonnie. Si allungò stringendogli le braccia al collo e si aggrappò a lui come un koala.

Quello che avrebbe voluto dire era ben altro ma ultimamente le sembrava che tutto il suo coraggio fosse svanito nel nulla.

“Vado un po’ a dormire” gli sorrise carezzandogli una guancia. Si alzò e finì di salire le scale.

“Vuoi che venga anche io?” le chiese Damon “Ti posso aiutare a dormire meglio; non hai avuto incubi stanotte?”.

“Neanche uno”.

Mentiva. Li aveva fatti ed erano stati terribili.

 

“Beh, l’hanno presa bene” ironizzò Caroline.

“Damon ha ragione” prese la parola Stefan “Siete tutti in pericolo. Dovete restare qui al Pensionato”.

“Non voglio essere un prigioniero” si oppose Tyler “Non mi va che quel vampiro detti le regole”.

“Già e poi per quanto dovremmo stare qui?” gli diede man forte Alaric.

“Finché Sage non tornerà con delle risposte o finché non ci verrà in mente qualcosa” rispose Stefan con tutta tranquillità.

“Non possiamo andarcene in giro come se niente fosse” concordò Elena stringendo la mano del suo ragazzo “Siamo tutti un bersaglio e non ci deve succedere niente di male”.

“Non dobbiamo nemmeno dare a Bonnie un pretesto per consegnarsi” aggiunse Meredith.

“Forse non sarà il piano migliore della storia ma è l’unico che abbiamo” sospirò Stefan “Mi dispiace che tutti voi siate così coinvolti ma non voglio che a nessuno sia fatto del male; né a voi né a Sissi”.

“Ci poteva capitare di peggio” considerò Matt “Questa casa è enorme e c’è tutto. Siamo sopravvissuti fino adesso, ci verrà pur in mente qualcosa”.

“Prima o poi” concluse Caroline.

“E’ deciso” sentenziò Meredith battendo la mani “Andiamo a casa e mettiamo quello che ci serve in una valigia”.

“Dobbiamo dire qualcosa ai nostri genitori, non possiamo sparire di casa così” osservò giustamente Tyler.

“C’inventiamo una scusa. Andiamo a fare una vacanza per festeggiare il diploma” propose Matt “Almeno le nostre famiglie saranno al sicuro”.

Insieme studiarono una versione comune e pattuirono di ritornare al Pensionato la mattina seguente. Non potevano restare chiusi nella proprie case, benché sicure quanto villa Salvatore; i loro genitori si sarebbero insospettiti se non li avessero visti uscire nemmeno una volta, soprattutto d’estate.

Il gruppo si spostò verso l’ingresso e uno alla volta salutarono e si diressero verso le rispettive macchine.

L’unico che indugiò nel corridoio di entrata fu Alaric. Meredith si girò verso di lui per chiamarlo ma l’uomo scosse la testa.

“Io ti raggiungo dopo” le disse. Meredith comprese subito il motivo e non fece obiezioni. Gli stampò un bacio sulla bocca e uscì.

Alaric puntò in direzione della cucina. Mentre stavano discutendo sul da farsi, aveva scorto con la coda dell’occhio la figura di Damon strisciare tristemente giù dalle scale e superare il salone.

Non poteva abbandonare il vampiro in quelle condizioni. Lo conosceva da quasi un anno, non molto paragonato al altre amicizie che aveva avuto, ma lo capiva senza nemmeno sforzarsi. Era diventato il suo migliore amico, la persona da chiamare in caso di difficoltà.

Aveva assistito alla sua intera trasformazione, ad ogni momento che aveva segnato il suo faticoso percorso. Gli era stato vicino quando aveva sofferto per Elena, quando si era trovato a combattere tra l’odio e l’affetto che nutriva per il suo fratellino, quando Bonnie era ripiombata nella sua vita portando un uragano di emozioni.

Lo aveva supportato, rimproverato. Gli aveva urlato addosso e lo aveva anche abbracciato, assicurandosi ovviamente che nessuno fosse nei paraggi.

Damon aveva compiuto un cambiamento sconvolgente senza tradire se stesso; era migliorato ma la sua natura non si era stravolta. Non si era trasformato in qualcun altro, aveva semplicemente accettato un parte di sé che non aveva mai creduto di possedere o di meritare. Bonnie lo aveva salvato.

Alaric non avrebbe mai potuto immaginare che qualcuno avesse un tale effetto sul vampiro ma chiaramente la rossa non era una ragazza qualunque. Era stato incredibile scoprire quanto Damon tenesse alla piccola strega, non ci si aspettava da un tipo come lui un affetto così incondizionato, spontaneo e soprattutto disinteressato, senza niente in cambio.

Alaric aveva ricominciato a rivalutare il vampiro, riuscendo infine a scavare e a vedere molto più di quello che voleva mostrare. Perché di sentimenti ce n’erano fin troppi sotto quella scorza dura come la pietra.

Si sentiva un privilegiato ad essere entrato nella cerchia delle confidenze di Damon, poteva definirsi un suo confidente, il suo unico amico.

Abbandonarlo in quelle condizioni era fuori discussione.

Lo trovò appoggiato sulla penisola della cucina, con la fronte appoggiata sui gomiti e un bicchiere di whisky accanto. Il ritratto della desolazione.

“Qualunque bella parola tu abbia in mente, ti prego tienitela per te” lo freddò Damon senza nemmeno alzare la testa “Sono sicuro che Stefan avrà già preparato un discorso pieno di stronzate su come tutto si risolverà per il meglio. Uno mi basta e avanza”.

“Non essere troppo ottimista, mi raccomando” commentò Alaric tamburellando casualmente le dita sul ripiano.

La mano di Damon piombò sulla sua un secondo dopo. Aveva deciso infine di sollevare il capo e i suoi occhi mandavano fulmini “Vattene, Ric. Metti al sicuro la tua ragazza, tu che puoi” afferrò il suo bicchiere e trangugiò il contenuto. Poi si dedicò direttamente alla bottiglia.

“Potrei sbagliarmi” azzardò l’uomo “Ma non credo che ubriacarsi prima di pranzo migliorerà la situazione”.

“Non la peggiorerà nemmeno”.

“Almeno potresti avere la decenza di offrire”.

“Non mi sento uno spirito molto cordiale oggi” grugnì il vampiro e si lasciò cadere pesantemente su una delle sedie attorno al tavolo. Posò la bottiglia e rimase a fissarla senza vederla veramente.

Tutto stava andando a puttane e il grande Damon Salvatore per la prima volta in cinque secoli non poteva fare niente. Era totalmente impotente e si sentiva in una condizione schifosamente umana perché né i suoi Poteri né la sua esperienza sarebbero serviti a qualcosa. Era diventato ordinario come tutti.

“Dov’è Bonnie adesso?”.

“Sta dormendo” rispose Damon dopo un lungo sorso.

“Ne sei sicuro?” si accertò Alaric. La rossa era sgattaiolata innumerevoli volti via dal Pensionato per motivo futili; chissà cosa non avrebbe tentato per salvare i suoi amici.

Il vampiro annuì “La sento respirare”.

“Credi che scapperà?”.

Il vampiro tentennò in un vano tentativo di riordinare i pensieri. Bonnie non poteva fargliela così grossa, non poteva lasciarlo in quel modo senza neanche lottare; ma d’altra parte avrebbe davvero rischiato la vita di uno dei suoi amici solamente per amore suo? Per una promessa?

Forse se Damon avesse fatto finalmente chiarezza nelle sue emozioni, se fosse riuscito a dare un nome a quel sentimento e a confessarlo, l’avrebbe convinta a restare con lui per sempre.

“Non lo so” soffiò “Ma al momento m’importa poco della sua opinione. Non varcherà quella porta finché non sarà tutto finito. E se anche voi farete lo stesso, magari riusciremo a sopravvivere”.

“Nessuno può rimanere rinchiuso qui dentro per sempre, neppure tu. Hai bisogno di nutrirti”.

“Beh … con una casa piena di umani non sarà difficile” suppose Damon con tono intimidatorio.

Lo sguardo di Alaric se possibile si fece ancora più scettico e le sue labbra si piegarono in una smorfia molto eloquente. Le sopracciglia arcuate completavano l’espressione sospettosa.

“Cosa vuoi da me?!” sbottò Damon “Non posso fare altro, va bene? Non so do dove sia Klaus, non posso affrontarlo senza un piano perché è troppo forte. Bonnie non ha ancora le capacità di difendersi. Sage è la nostra unica speranza” allontanò la bottiglia con uno scatto nervoso “E’ come se avessi un orologio sulla mia testa che segna l’ora della fine. Mi sembra che mi manchi l’aria e io ho nemmeno bisogno di respirare”.

“Benvenuto nel regno dei sentimenti. Ti ci abituerai”.

“Avrei dovuto andarmene quando ne avevo l’occasione, non avrei dovuto farmi coinvolgere da questa banda di adolescenti. Avrei dovuto sganciare Bonnie in qualche orfanotrofio e dimenticarmi di quella notte”.

“Saresti più contento ora?” domandò Alaric.

“No” replicò Damon senza esitazioni “Perché sono un cazzo di egoista e non la vorrei da nessun’altra parte se non accanto a me” ci fu una breve pausa “Dio santo, parlo come mio fratello” realizzò con una nota disgustata “Ho paura, Ric. Ho paura che alla fine me la porteranno via e non la rivedrò più. Ho paura che spezzeranno il suo sorriso e che le faranno talmente tanto male da lasciarle solo le lacrime. Ho paura che prima o poi qualcuno mi dirà che se n’è andata per davvero. E allora mi maledirò perché non sono riuscito a proteggerla come le avevo promesso; mi maledirò di non essere stato con lei negli ultimi …” la voce gli si strozzò in gola.

Alaric si commosse nel vedere tanto dolore e tanto affetto concentrati in poche parole: la sofferenza sul volto stanco dell’amico era evidente.

“Dicono che sia da stupidi non avere paura” asserì “Non so se sia vero ma non puoi farla sparire solo perché non ti piace. Smettila di commiserarti davanti ad una bottiglia di liquore. Il Damon Salvatore che conosco io, non permetterebbe mai ad altri di prendere ciò che è suo”.

Sacrosante parole.

 

Un tempo quel letto era la quintessenza della comodità. Quando era bambina non vedeva l’ora di rifugiarsi sotto le coperte e accucciarsi al caldo.

Crescendo niente era cambiato e il suo letto rimaneva uno dei posti più sicuri e confortevoli in cui potesse trovare un po’ di sollievo.

Bonnie non aveva mai avuto problemi di sonno, almeno fino all’arrivo di Klaus. Ora aveva perfino paura ad chiudere gli occhi.

L’angoscia la tormentava e l’agitava, per non parlare degli incubi che s’intrufolavano nella sua mente non appena trovavano uno spiraglio.

Il letto stesso era diventato qualcosa di temuto ma al contempo di agognato. Una speranza di prendere una piccola pausa dal mondo che a volte si trasformava in immagini peggiori della realtà.

Altre volte capitava invece che fossero proprio il materasso e i cuscini a darle noia oppure era lei stessa a mettersi in posizioni improponibili e a svegliarsi tutta indolenzita.

Si passò una mano sul collo e se lo massaggiò nel vano tentativo di sciogliere i nervi e lenire il male. A poco servì ogni sforzo.

Ci mancava solo il torcicollo a rallegrarle la giornata; già che era stata piena di buone notizie.

Era un peso enorme quello che si era ritrovata sulle spalle: una sua mossa poteva determinare il destino dei suoi amici e lei decisamente non voleva quel tipo di responsabilità.

Se Elena fosse rimasta l’obiettivo di Klaus, sarebbe riuscita a gestire molto meglio la situazione. Lei era più coraggiosa e determinata, era una perfetta eroina. Bonnie al massimo avrebbe potuto interpretare la buona amica, la spalla, non la protagonista. Eppure qualcuno là fuori doveva pensarla diversamente.

Chiudersi tutti insieme nel Pensionato era una grande idea? Assolutamente no.

Si sarebbero scannati nel giro di una settimana. Damon odiava avere gente intorno, li avrebbe sbattuti fuori a pedate nel sedere.

Bisognava cercare un’altra soluzione.

Prese il grimorio appoggiato sul comodino e iniziò a sfogliarlo. Doveva esserci qualcosa di utile, qualcosa che avrebbe potuto fermare Klaus almeno temporaneamente.

Riteneva assurdo che in quel libro non ci fosse nemmeno un accenno ai suoi Poteri speciali. Possibile che la strega che lo aveva scritto non ne avesse mai sentito parlare? Nemmeno un piccolo aiutino?

Forse avrebbe fatto meglio a chiamare la signora Flowers; se anche lei si fosse nascosta nel Pensionato, avrebbe potuto continuare ad insegnarle come controllare il suo Potere.

Bonnie si stese nuovamente sul cuscino e lo abbracciò. Tremava leggermente ma non aveva freddo. Era spaventata, i suoi nervi stentavano a stare fermi, si sentiva costantemente pedinata, osservata. Cominciava a dare anche i primi segni di paranoia.

Un rumore un po’ sinistro veniva ingigantito dalla sua immaginazione, una parola sbagliata la faceva scattare, la vicinanza dei suoi amici invece di rassicurarla la metteva maggiormente in crisi. Si sentiva un cucciolo ferito, spaventato anche dalla sua stessa ombra.

Quella non era vita. Non poteva pensare di nascondersi per il resto dei suoi anni, non poteva permettere che i suoi cari venissero coinvolti ma d’altro canto non riusciva nemmeno a pensare di uscire dal Pensionato e affrontare Klaus.

Non voleva morire. Non aveva vissuto neanche la metà delle esperienze che le spettavano, non voleva che le venisse tolta la possibilità di crescere.

C’erano così tante cose che aveva appena scoperto e rinunciarvi non solo le risultava difficilissimo ma anche di una tristezza struggente.

Si tirò a sedere e spostò malamente il grimorio dalle sue ginocchia. Riportò le mani sul collo e le sfregò con decisione sui punti che le dolevano.

“Male?”.

Gli occhi scattarono istintivamente verso la porta e la rossa sibilò di dolore per il movimento brusco. Annuì a fatica.

“Vuoi un massaggio?”.

“Farai sicuramente meglio di me” si scansò per fare spazio al vampiro che si posizionò dietro di lei.

In un attimo le sue mani furono alla base della nuca della ragazza e la carezzarono delicatamente premendo dove i nervi erano più tesi.

Bonnie si abbandonò a quel tocco e il suo corpo lentamente si appoggiò sempre più a quello di Damon. Chiuse gli occhi e per un attimo, solo per un attimo dimenticò il resto e si sentì bene.

Le dita del vampiro abbandonarono il suo collo e scivolarono sulle spalle, attirandola più vicino. Le tirò una manica della maglietta e l’abbassò scoprendole la pelle. Vi posò un bacio e inspirò l’odore.

La strega intuì la prossima mossa e ridacchiò ma cercò di scostarsi. Non era in vane di farsi prelevare del sangue.

La stretta di Damon s’indurì. Bonnie aprì gli occhi e provò a girare il viso. La mano di lui le prese il mento tra le dite e glielo impedì, tenendola ferma; poi passò alla sua guancia e con una leggera pressione la indusse ad angolare il collo.

La ragazza provò ancora a divincolarsi e chiamò il nome dell’altro.

“Sshh” le intimò mentre il suo braccio le arpionava la vita.

“Damon, no” si rifiutò “Non è il momento”.

Il vampiro la ignorò e i suoi canini sfiorarono la carne.

Bonnie trattenne il respiro “Mi farai male”.

“Non m’importa” furono le sue ultime parole prima di morderla, sordo ad ogni sua protesta.

Non fu né gentile né cauto: le squarciò la pelle con i denti senza esitare e bevve avidamente, stritolandola sempre più nella sua morsa.

Si staccò per un istante e ritornò all’attacco con più ferocia.

Il grimorio volò letteralmente via dalle gambe della rossa mentre lei scattava a sedere trattenendo un urlo a fatica.

Si mise una mano sul cuore e sentì una fitta lancinante al collo per via della posizione scomoda che aveva tenuto fino a pochi secondi prima nel sonno. Doveva essersi addormentata mentre sfogliava il suo libro di magia e ancora una volta la sua mente le aveva giocato brutti scherzi.

“Bonnie?”.

E come nel suo incubo, Damon comparve sulla soglia della sua camera, quasi avesse fiutato l’agitazione che l’aveva colta.

Entrò e si sedette sul materasso senza toglierle gli occhi di dosso. Allungò le dita per sfiorarle il volto imperlato di sudore e lei per poco non si ritrasse ancora scossa. Riuscì a restare ferma e a non destare più preoccupazione del dovuto.

“Hai i brividi” constatò lui “Brutti sogni ancora?”.

Bonnie distolse lo sguardo.

“Vuoi raccontarmelo?”.

Lei scosse la testa in segno negativo.

“Ti fa male il collo? Vuoi che te lo massaggi?”.

“NO!” urlò Bonnie saltando indietro.

Damon sgranò gli occhi e la fissò mortificato. Non credeva di aver fatto nulla di sbagliato, ma l’espressione terrificata della ragazza gli suggeriva il contrario.

“Sicura di non dovermi dire niente?”.

“Scusami” si dispiacque lei accorgendosi della reazione esagerata “Sono solo un po’ turbata. Tu non c’entri niente”.

Prima che il vampiro potesse ribattere, suo fratello irruppe nella stanza “Damon!” lo chiamò con una nota affannata “Alaric è stato attaccato”.

Bonnie improvvisamente si dimenticò di tutti i suoi problemi e si protese verso Stefan in attesa di ulteriori dettagli.

“Dicono che sia stato un animale ma noi sappiamo chi è stato”.

Gli occhi della giovane non si staccarono dal volto contratto del vampiro. Non le importava che Stefan stesse ancora parlando, non le importava nemmeno della sua presenza.

“Dov’è adesso?” chiese l’altro.

“E’ stato ricoverato in ospedale ma Caroline ha soggiogato i dottori a dimetterlo per portarlo al sicuro a casa sua. Ora sta bene”.

“Quando è successo? Era qui fino nemmeno un’ora fa!”.

“Non molto lontano da qui”.

Damon senza preavviso, si precipitò fuori dalla camera e giù per le scale verso la porta d’ingresso. Klaus voleva giocare al gatto e al topo?

Non aveva nessun problema ad accontentarlo. Lo avrebbe scovato ed annientato.

Bonnie lo seguì con le medesima foga ma con intenzioni differenti. Se Damon avesse sfidato Klaus, sarebbe stato il primo della lista degli obiettivi da colpire. Ma giunta alla porta d’entrata, ebbe una brutta sorpresa. Non ebbe il coraggio di andare oltre.

E se Klaus fosse stato nascosto lì vicino? E se, vedendola, l’avesse rapita?

Aveva abbastanza Potere da agire indisturbato sotto gli occhi di altri due vampiri e lei sarebbe sparita per sempre.

La paura l’attanagliò. Le sue membra si paralizzarono.

Damon non sembrava essersi accorto del suo turbamento e se ne stava in mezzo al cortile, scandagliando la zona con ondate di Potere.

Klaus sarebbe dovuto uscire allo scoperto presto o tardi e lui lo avrebbe aspettato. Era ora di finirla. Per troppo tempo li aveva terrorizzati senza averne il diritto; per troppo tempo aveva infestato i sogni di Bonnie. Aveva ucciso tutta la sua famiglia, aveva minacciato i suoi amici. Aveva osato toccare Alaric. Doveva pagarla.

Il suo ringhio rimbombò nell’aria e le ondate aumentarono sempre di più. Il cielo si fece più buio. Vederlo in tutta la sua oscura potenza era uno spettacolo bellissimo ma al contempo tremendo.

“Damon, vieni dentro” lo pregò Bonnie.

Il vampiro non si mosse. Non si voltò nemmeno.

“Per favore” insistette lei “Torna in casa”.

Damon strinse i pugni. Alla fine rientrò. La superò senza degnarla di un’occhiata e si ritirò in camera sua.

Bonnie appoggiò una mano al muro in cerca di sostegno. Che razza di codarda era diventata? Il migliore amico del suo ragazzo aveva appena rischiato di morire e lei non riusciva neppure a oltrepassare la porta di casa.

Damon non aveva avuto la forza di guardarla. Era arrabbiato, forse provava ribrezzo. Aveva capito che per tenerla al sicuro avrebbe per forza dovuto rinunciare a qualcosa. Bonnie, però, non voleva che gli mancasse nulla; non ora che aveva trovato tutto ciò che gli bastava per essere felice.

Doveva fare qualcosa al più presto.

 

Meredith osservò il suo uomo piegato su un grosso libro, immerso nella lettura, con un’espressione corrugata in volto.

La stanza era del tutto buia, a eccezione di una piccola lampada posta sul tavolo. Il dito di Alaric seguiva con cura le righe del grosso tomo. Sembrava avesse trovato qualcosa di veramente interessante ma la ragazza non ne era per niente contenta.

Il suo fidanzato era stato attaccato da un vampiro, era finito in ospedale ed era stato salvato per un pelo da Caroline che lo aveva portato a casa e curato. Avrebbe dovuto essere a letto, a riposarsi, senza affaticarsi riguardo strane leggende o vicende paranormali ed invece eccolo a cercare nuovamente una soluzione, a passare un’altra notte insonne facendosi beffe del suo povero corpo indebolito.

Le era sempre piaciuto vedere Alaric all’opera. Le trasmetteva una certa sicurezza. Il fatto che lui fosse più grande, che fosse già laureto, che fosse molto più uomo di molte sue conoscenze, la faceva sentire protetta e accudita.

Non era un vampiro, non aveva super capacità ma era quello giusto per lei, quello che non si sarebbe fermato davanti a niente e l’avrebbe amata sinceramente.

Alaric era una persona molto fedele e non solo romanticamente parlando. Non era il tipo che estendeva la sua confidenza a chiunque ma non avrebbe negato mai il suo aiuto ai suoi veri amici.

Questo era un aspetto di cui Meredith andava molto fiera. Alaric era un semplice umano ma non era un codardo e di sicuro non era uno abituato ad arrendersi. Le assomigliava molto sotto quel punto di vista.

Anche lei era sempre stata in prima linea per le sue amiche, avrebbe dato tutto per loro. Ma in un istante, un piccolissimo istante, quando Alarci si era trovato ad un passo dalla morte, in quel minuscolo istante aveva sperato che Bonnie si piegasse al ricatto del vampiro originale e li liberasse da quell’oppressione.

Si era sentita uno schifo ma non aveva potuto evitare di pensarlo, perché se da una parte era felice che la sua amica fosse al sicuro al Pensionato, dall’altra aveva sofferto le pene dell’Inferno credendo che il suo fidanzato non ce l’avrebbe fatta.

Presumeva che fosse quello il piano di Klaus: metterli l’uno contro l’altro, così come avevano cercato di fare precedentemente Christopher e Katherine. Divisi erano più deboli.

Nella mente dell’Originale due erano le opzioni possibili: o Bonnie si sarebbe consegnata spontaneamente per il senso di colpa oppure qualcuno di loro l’avrebbe costretta per salvarsi la vita.

Klaus non aveva fatto i conti con la loro tenacia. Nonostante quell’attimo di debolezza, Meredith non avrebbe permesso a nessuno di cedere. E da quanto poteva constatare, anche il suo ragazzo condivideva la sua stessa idea.

“Che cosa stai leggendo?”.

“Ho avuto un’illuminazione mentre Klaus mi attaccava” rispose lui.

Le labbra di Meredith si piegarono in una smorfia “Mm … mi fa piacere. E di che tipo?”.

“Del tipo che forse non ci dovremmo nascondere per così tanto tempo come pensavamo”.

“Credi di potermelo spiegare subito o devo avere un permesso speciale per entrare nella tua testa?” continuò Meredith un po’ seccata da quelle mezze informazioni che il suo ragazzo le stava propinando.

Alaric se ne rese conto e spostò finalmente lo sguardo su di lei “Scusami, ero concentrato. Vieni qui” la invitò e accennò alle pagine del libro “Durante le mie ricerche in Scozia ho scoperto che le streghe non sempre sono abbastanza potenti per compiere alcuni incantesimi e in quel caso devono ricorrere a degli aiuti. Spesso si affidano alla forza della natura, ma altre volte condividono i propri Poteri per crearne uno molto più efficace”.

“Stai suggerendo che delle streghe dovrebbe donare i loro Poteri a Bonnie?”.

“Esattamente, ma sarebbe solo una condizione temporanea per sconfiggere Klaus” precisò l’uomo.

“Credevo che le capacità di Bonnie fossero uniche. Da quanto tu e Sage ci avete detto non ce ne sono altre al mondo”.

“Sto parlando di Poteri normali, che tutte le streghe hanno”

“E le sarebbero utili lo stesso?”.

“Nessuna persona può nascere solamente con le capacità speciali di Bonnie, nessuno è un canale di energia e basta” disse lui “Sono tutte streghe che hanno anche i Poteri normali che costituiscono la base di quelle capacità, capisci? Più il Potere è vasto, più la strega riesce a sviluppare il suo controllo dell’energia”.

“Se aumenta il Potere, aumenta anche il controllo” concluse Meredith “E se delle streghe le cedessero la loro magia, Bonnie riuscirebbe ad accrescere la sua. C’è solo una cosa che non mi convince: non ci vorrà del tempo prima che riesca a gestire tutto quel Potere?”.

“Sì ma molto meno che aspettare che il suo si fortifichi con un normale allenamento. E in realtà credo che tutto questo ricatto possa spronarla a fare meglio” considerò Alaric.

“Ah sì?” s’incuriosì Meredith “Io credo che la manderà solo fuori testa più di quanto non lo sia già. Sinceramente ho paura che farà qualcosa di stupido, tipo la martire”.

“Qui c’è scritto che questi Poteri si manifestano appieno nelle situazioni di grande difficoltà. Ricordi di come Bonnie riuscisse ad ipnotizzare i vampiri anche quando non sapeva di essere una strega? Succedeva sempre quando si trovava in pericolo. Ora Klaus sta minacciando tutte le persone cui lei vuole bene, questo magari l’aiuterà a sbloccarsi ulteriormente”.

“E dove pensi di trovarle tutte queste streghe? Mettiamo un annuncio su Internet con scritto: AAA cercasi strega che condivida i suoi Poteri per sconfiggere un Antico?”.

“Sai, a volte credo che tu abbia in comune con Damon molte più cose di quanto immagini” commentò Alarci riferendosi al suo evidente sarcasmo “Comunque possiamo cominciare a chiedere alla signora Flowers e alla nonna di Bonnie. Conosceranno altre streghe disposte a collaborare. Dopotutto sono serve della natura, vogliono mantenere l’equilibrio e non avrebbero nessun vantaggio a lasciar vincere Klaus”.

Meredith alzò gli occhi al cielo e ridacchiò furbetta “Ce ne occupiamo domani; chiameremo Damon, Bonnie e chi vorrai. Ma ora devi prenderti cura anche di me” lo invitò con un’occhiata ambigua.

“Perché mai?” stette al gioco Alaric.

“Perché alla tua ragazza oggi è quasi morta mentre aspettava di avere notizie sulle tue condizioni e adesso ha bisogno di essere rassicurata”.

“Ma davvero!” esclamò lui; dopodiché la prese improvvisamente in braccio, dirigendosi in camera da letto.

 

Aprì gli occhi a fatica. Li sentiva stanchi e, seppur le palpebre fossero alzate, continuava a vedere nero.

Le ci volle qualche secondo per capire che non dipendeva da lei, ma dalla stanza immersa nel buio. Bonnie si tirò seduta lentamente, usando le mani per tastare il pavimento in cerca di qualcosa che le potesse dire dove si trovasse.

Si mise in piedi e provò a scorgere qualcosa nell’oscurità ma ogni tentativo fu vano. In quel momento la supervista avrebbe fatto davvero comodo.

Un urlo agghiacciante la immobilizzò sul posto e lei alzò d’istinto gli occhi verso il soffitto da qui provenivano le grida.

Sebbene il suo buon senso le suggerisse di fare il contrario, Bonnie iniziò a muoversi per la stanza, strisciando principalmente lungo il muro, per cercare qualcosa che prima di tutto le permettesse di uscire da quel posto e secondo che le facesse raggiungere il piano superiore.

Improvvisamente le persiane di una piccola finestra posta molto in alto si aprirono e la stanza s’illuminò di una debole luce. Bonnie la riconobbe subito: era il seminterrato del Pensionato. Come ci era finita lì?

La porta era chiusa a chiave ma per lei fu facilissimo aprirla con un incantesimo. La oltrepassò e salì le scale; si trovò in pochi attimo nell’ingresso della grande casa. Non si sentiva un rumore e non sembrava esserci nessuno.

Atmosfera opprimente? C’era.

Silenzio inquietante? Pure.

Brutto presentimento? Presente.

Bonnie seppe per certo che stava per andare incontro a qualcosa di terribile; anche senza il suo sesto senso da strega lo avrebbe capito.

Si mise a cercare freneticamente chi avesse urlato in maniera così disperata solo pochi minuti prima ma non dovette fare molta strada per scoprirlo: in salotto c’erano due corpi stesi dietro al divano, entrambi non davano segni di vita.

Avvicinandosi, li identificò con orrore: Matt con il collo spezzato e Caroline con un paletto nel cuore; poco più in là, nascosto parzialmente da una poltrona stava Tyler, riverso sulla schiena, con gli occhi freddi e vitrei.

Bonnie sentì la nausea montarle nello stomaco e si voltò dall’altra parte, abbandonando velocemente il salone.

Appena superato l’arco che congiungeva quella sala con l’ingresso, si appoggiò al muro e si mise una mano sulla bocca per soffocare un gemito. Sapeva che era un gesto inutile, che presto sarebbe scoppiata in lacrime.

Chiunque avesse ucciso i suoi amici probabilmente la stava osservando da qualche angolo della casa e trattenere i singhiozzi non le sarebbe servito a nulla. La sua presenza era già ben nota e non avrebbe avuto occasione di nascondersi.

Mosse qualche passo in direzione delle scale ma si bloccò sui primi gradini: in cima poteva scorgere Alaric a terra e immobile come gli altri tre in salotto.

Fu in quel momento che Bonnie comprese di non poter proseguire. Non era sicura delle altre sorprese che l’attendevano al piano superiore ma preferiva rimanerne all’oscuro. Non aveva la forza di scoprire chi altro aveva perso la vita.

Fece dietrofront e corse alla porta ma non ebbe nemmeno il tempo di aprirla. Delle mani l’arpionarono per le spalle e si ritrovò bloccata contro il legno mentre una voce calda ma tagliente le sussurrava nell’orecchio “Credevi davvero che non sarei riuscito ad entrare solo perché non mi avevi invitato?”.

Bonnie strizzò gli occhi e cercò di piegare la testa e nasconderla il più possibile solo per sottrarsi al quel suono disgustoso.

“Ti ho cercata per secoli, ti ho trovata quando eri in fasce, ti ho ritrovato anche quando mi eri sfuggita, ho mandato dei miei fidati a tenerti d’occhio e mi sono infilato nella tua vita senza nemmeno che tu te ne accorgessi. Sono più volte arrivato ad un soffio dal prenderti e credi sul serio di potermi scappare? Di poter stare chiusa qui dentro per sempre?” la schernì per poi strattonarla con forza e obbligarla a salire al primo piano “Diamo un’occhiata a quello che succede quando cerchi di sfidarmi”.

Bonnie era determinata a tenere gli occhi serrati per non vedere l’orrore che deturpava la tranquillità di quello che una volta considerava un posto sicuro.

Il vampiro la sollevò quasi per tutto il tragitto, come se volesse affrettare la disperazione e la tortura.

Quando le ordinò di aprire gli occhi, la rossa scosse furiosamente la testa e provò a sottrarsi a quella stretta che cominciava pure a dolerle.

“Visto che sei così restia a collaborare, ti descriverò io cosa vedono i miei occhi” le disse lui con una vena di perfidia e frenesia “Siamo in camera tua e ci sono tre persone; indovina chi sono?”.

La strega non volle neppure immaginarlo e si concentrò il più possibile per ignorare quelle parole che sembrano ferirla ad ogni sillaba.

“Una è una ragazza mora, Meredith, giusto?” descrisse “Poi c’è la copia di Katherine. La sua bellezza è davvero sbalorditiva, non mi stupisco che i due fratelli Salvatore ci siano cascati per ben due volte. E chi abbiamo qui invece? Oh sì, Stefan, il vampiro vegetariano, troppo buono e sensibile per essere uno di noi” una delle sue mani serpeggiò fino al collo di Bonnie, lo carezzò e la costrinse ad alzare la testa “Peccato che siano tutti morti; sono sicuro che sarebbe stato un confronto molto commovente”.

Le lacrime scendevano copiose sulle guance della ragazza ma i suoi occhi non accennavano ad aprirsi. Il viso contratto in una smorfia di sofferenza.

“Ora passiamo al pezzo forte, che ne dici?”.

La trascinò per un’altra rampa di scale e questa volta Bonnie non ebbe bisogno di usare la vista per capire dove stessero andando. La camera di Damon occupava, insieme allo studio, l’ultimo piano.

“Se fossi in te, non mi perderei la scena” le suggerì Klaus.

E lei stranamente ubbidì. Sollevò lentamente le palpebre e affrontò la sua più grande paura. Il colpo fu tremendo e le tolse il fiato. Avrebbe voluto gridare, almeno per sfogare il suo dolore e la sua rabbia, ma non trovò la voce o la forza. Dalla sua bocca uscì un fievole “No” mentre il suo corpo si scioglieva in un’altra serie di singhiozzi incontrollabili.

Piangere. Odiava piangere ma ormai era tutto perduto e non le restava altro.

“Questo era il vampiro che avrebbe dovuto proteggerti e guarda come è finito” sibilò Klaus facendo un cenno verso il cuore che giaceva sul pavimento accanto al petto di Damon “Ammetto che è stato un avversario difficile, davvero determinato a difenderti ma destinato a soccombere. Ed è tutta colpa tua. Tutti i tuoi amici sono morti a causa tua. Io ti aveva detto di consegnarti, ti avevo avvertito ma hai voluto fare di testa tua, mi hai provocato e questo è il risultato”.

Finalmente la lasciò libera ma lei non si voltò.

“Lascia che metta in chiaro una cosa: questo non è il tuo subconscio, non è la paura che ti provoca questi brutti sogni. Questo è ciò che succederà se tu continuerai a negarti a me. Sono stato paziente, ti ho concesso del tempo, non sprecarlo oppure il tuo incubo diverrà una realtà”.

 

Il soffitto della sua camera costituiva la cosa più interessante su cui posare gli occhi.

Era sveglia da quasi un’ora. Dopo quel terribile incubo non ne voleva più sapere di dormire. Ormai era diventato un tormento.

Erano visioni? Erano i suoi timori? O era davvero Klaus che riusciva a infilarsi nella sua testa?

Di qualunque cosa si trattasse era spaventosa e aveva certamente un fondo di verità. Bonnie doveva accertarsi che nessuno di quegli eventi accadesse mai.

L’espressione ferita e apprensiva di Damon alla notizia dell’attacco ad Alaric era stata davvero penosa per lei.

Non voleva che il suo bellissimo volto fosse deturpato da una tale angoscia, non voleva metterlo di fronte ad una simile scelta: lei o Alaric; oppure lei o Stefan.

Perché quello sarebbe stato il risultato, se non avessero trovato una soluzione al più presto. La vita di tutti era in pericolo ma Damon avrebbe pagato il prezzo più caro: avrebbe perso le uniche persone cui voleva bene.

Bonnie non solo non poteva permettere che i suoi amici corressero un rischio del genere, ma nemmeno che Damon vivesse con una tale mancanza.

Conoscendo poi l’indole impulsiva del vampiro, era sicura che non avrebbe retto quello stress e che sarebbe andato da solo in cerca di Klaus per mettere la parola fine a quella brutta storia. Ne aveva avuto la prova proprio quel pomeriggio, quando si era lanciato fuori dal Pensionato, pronto per ingaggiare una battaglia.

Forse non era stata una casualità che fosse proprio lei a nascere con quelle capacità speciali, forse era un segno. Non avrebbe salvato il mondo, ma almeno tutti i suoi cari non sarebbero stati coinvolti in una faccenda in cui neppure c’entravano. Se ne sarebbe andata almeno con la consolazione di averli messi tutti in salvo, di aver loro donato una vita normale e soprattutto lunga.

Qualcuno bussò alla porta e Bonnie si affrettò a schermare la sua mente per non lasciar trapelare la sua idea.

Dopo un secondo sulla soglia apparve Damon. Le si avvicinò con aria agitata e quasi imbarazzata, tanto che la ragazza per un istante si dimenticò che quello davanti a lei fosse un vampiro centenario.

Non era arrossito perché non poteva ma poco ci mancava. E lì la strega sospettò subito che ci fosse sotto qualcosa.

Non era andata tanto lontano dalla verità ma non poteva neanche sognarsi che quel qualcosa fosse una faccenda davvero molto seria, da non prendere alla leggera. Damon ci aveva rimuginato su tutto il giorno prima di risolversi a compiere quel passo, ma alla fine lo aveva ritenuto necessario.

“Mi importa di te come di nessun altro. Non mi è mai successo di tenere così tanto a qualcuno in tutta la mia vita”.

Si vergognava ancora di quella penosa dichiarazione. M’importa di te, Bonnie. Quante volte glielo aveva già detto? Non è che fosse niente di nuovo.

In quel momento così drammatico magari avrebbe potuto sbilanciarsi un po’ di più, avrebbe potuto essere per una volta del tutto onesto senza riserve.

Ma non era bravo con le parole, di solito faceva peggio; per cui aveva deciso di passare direttamente ai fatti.

C’era una ragione ben precisa per cui non aveva mai donato il suo sangue a Bonnie nei loro momenti d’intimità: lo scambio era appunto intimo, personale, era una condivisione di segreti ed emozioni e Damon non si era mai sentito pronto a rivelare così apertamente tutto ciò che stava nel suo cuore.

Lo avrebbe reso totalmente vulnerabile, avrebbe dato a Bonnie il controllo completo e lui si sarebbe esposto ad un altissimo rischio di rimanerne scottato. Con il tempo, però, aveva capito che entrambi possedevano quel tipo di potere sull’altro, che potevano ferire e far stare bene; ma nessuno dei due se ne sarebbe mai approfittato perché solo uno stupido avrebbe inflitto sofferenza ad una parte di se stesso.

Non disse niente. La baciò così lentamente che Bonnie si sciolse senza esitazioni contro di lui e lo trascinò a stendersi sul letto.

Damon si allontanò leggermente, giusto lo spazio per portare la sua bocca al polso e morderlo. Bonnie sbiancò.

Per molto tempo si era chiesta come mai il vampiro non le avesse mai proposto di scambiarsi il sangue. Con Elena non aveva avuto nessun tipo di problema, nonostante all’inizio non provasse nulla se non un senso di possessione nei confronti della bionda.

Con lei, invece, non aveva mai neanche accennato all’argomento, troppo restio a creare quel tipo di connessione così profonda.

Bonnie si era sentita in difetto per molto ma non aveva mai domandato spiegazioni. Temeva di ricevere un’altra batosta sentimentale e aveva preferito dimenticarsene e aspettare un momento più tranquillo per rifletterci di nuovo.

Ed ecco che Damon, finalmente, le proponeva il legame definitivo, il vero e assoluto piacere per un vampiro. Un flusso ininterrotto di sentimenti, senza schermi, senza scuse, lontano dal mondo, in una dimensione creata apposta soltanto per loro due.

E lei non poteva accettarlo.

Gli avrebbe dato libero accesso alla sua mente, svelando l’unico piano che avrebbe messo tutti al sicuro definitivamente.

Inoltre se fosse morta con il suo sangue in circolo, si sarebbe trasformata in vampiro e non era una decisione da prendere in modo affrettato. Non voleva diventare una di loro, non ancora e non così.

Allontanò con rammarico il suo braccio e gli coprì la ferita con una mano “Perché ora?” gli chiese.

Damon si accigliò per quello che aveva tutta l’aria di un rifiuto ma non si lasciò scoraggiare “Avrei dovuto farlo prima ma qualcosa mi tratteneva. Non volevo darti la possibilità di leggere dentro di me; era troppo, capisci?” iniziò a spiegarsi “Ma tu sei mia, Sissi, da sempre. Sei stata creata per me e mi dispiace di non essermi preso cura di te come avrei dovuto. Voglio fare lo scambio di sangue perché è l’unica cosa che ci manca per essere davvero uniti. Non importa se scoprirai cose che nessuno conosce o se t’inoltrerai in ricordi di cui nemmeno io ho memoria. Sono stato troppo tempo da solo perché sentivo che mi mancava qualcosa. Adesso il vuoto, però, è sparito, ormai sei diventata una parte di me e non ho paura di affidarti i miei segreti. Voglio che tu sia mia in ogni senso che concepisco” e poi sospirò  “Spero solo che tu non scapperai vedendo quanto oscurità c’è nella mia anima”.

“Damon” mormorò Bonnie sedendosi sulle sue ginocchia “Ricordi qualche mese fa, quando tu sentisti la mia aura per la prima volta e mi rimproverasti perché stavo attirando troppo l’attenzione di altri essere sovrannaturali?”.

Il vampiro annuì stringendo i suoi fianchi sottili tra le braccia.

“Anche io ho sentito la tua aura in quel momento: era tormentata, in lotta con se stessa, mi sembrava che non riuscisse a trovare pace, ma era anche passionale e protettiva, determinata. Non aveva niente a che fare con la malvagità. Tu non sei cattivo, Damon; è quello che vuoi far credere ma nel profondo sei esattamente l’opposto. È per questo che alla fine ti ho perdonato; sarei stata una stupida a lasciarti andare” gli confessò “La tua anima non è nera”.

“Allora perché non vuoi accettare il mio sangue. Non hai paura di quello che potresti scoprire?”.

“No” negò Bonnie “E’ solo che … possiamo solo per stasera allontanarci da qualsiasi cosa sia sovrannaturale? Possiamo essere solo noi due?”.

“Cosa vuoi che faccia, Sissi?”.

La rossa si mordicchiò il labbro, un po’ agitata, ma non distolse lo sguardo. Strinse maggiormente le dita nei capelli di lui e si avvicinò per baciarlo “Amami e basta” lo pregò ad un centimetro delle labbra.

Il ringhio eccitato del vampiro le mandò i brividi lungo la schiena. Lui la spinse sul letto e aumentò la presa sui suoi fianchi, quasi le fece male ma nessuno dei due vi badò. I vestiti sparirono in fretta.

Il corpo di Damon premette così tanto contro il suo che le era difficile capire dove cominciasse uno e finisse l’altro. La ragazza aprì le gambe per fargli spazio mentre le mani di lui scivolavano fino alle sue cosce.

Il gridolino di Bonnie si perse nei tanti baci mentre Damon entrava in lei con decisione e prendeva il ritmo senza fretta, beandosi di quel calore che era riservato a lui soltanto. La rossa gli graffiò la schiena con le unghie non trovando altro sfogo per non morire dal piacere.

Si perse totalmente in quella meravigliosa sensazione, si lasciò trascinare nell’oblio dei baci e delle carezze.

“Damon … ti prego …”.

Il vampiro scese a lambirle il collo e andò ancora più a fondo, dandole ciò che gli chiedeva con così tanta insistenza.

L’apice arrivò troppo in fretta e Bonnie si afflosciò, priva di forze mentre Damon rotolava sul fianco portandosela dietro.

La strega si concesse un po’ di sonno, rassicurata dalla sua presenza; ma fu un riposo breve e presto fu costretta ad alzarsi.

Quando si fu cambiata, si prese un momento per osservare il vampiro per l’ultima volta. Si piegò su di lui e gli accarezzò il volto con le nocche.

Damon aprì gli occhi ancora assonnati e la guardò un po’ confuso “Bonnie? Che cosa ci fai sveglia? Torna a letto, è presto”.

Bonnie lo baciò sulle labbra e cercò di trasmettergli tutto l’affetto che nutriva e che avrebbe continuato a dimostrargli se il fato glielo avessero permesso.

“Ora dormi” lo influenzò manipolando la sua energia. Il suo Potere funzionò alla perfezione e la testa del vampiro ricadde sul cuscino.

La rossa si caricò in spalla il borsone che aveva preparato qualche ora prima. Corse giù dalle scale, più in fretta che poté, fuori dal Pensionato fino alla sua macchina. Mise la valigia nel baule e si sedette nel posto di guida.

L’auto percorse il vialetto della villa e Bonnie s’impose di non guardarsi indietro, nemmeno attraverso lo specchietto, altrimenti sarebbe scoppiata in lacrime.

Ma ormai il pianto non era più cosa per lei perché era cresciuta, era grande e non doveva più comportarsi come una bambina impaurita.

Aveva trascorso quasi un anno a tentare di convincere tutti di essere in grado di cavarsela da sola, di poter gestire anche le situazioni più pericolose o le notizie peggiori, di non avere bisogno di nessuno.

Eppure in quel momento avrebbe tanto desiderato ritornare ad essere quella bambina impaurita che si nascondeva nel lettone del suo eroe.

 

“I hope you know, I hope you know
That this has nothing to do with you
It's personal, myself and I
We've got some straightenin’ out to do
And I'm gonna miss you like a child misses their blanket
But I've got to get a move on with my life
It's time to be a big girl now
And big girls don't cry

(Big girls don’t cry- Fergie).

 

Il mio spazio:

L’ultima scena tra Bonnie e Damon vi avrà probabilmente fatto venire le carie dato l’alto livello di zucchero ma un po’ di tenerezza mi sembrava dovuta.

Damon si sveglierà parecchio arrabbiato per la brutta sorpresa e se mai ritroverà Bonnie, il loro incontro non sarà molto romantico.

Quell’ amami finale è abbastanza equivoco: si riferisce più che altro alla dimensione fisica ma è chiaro che nasconda qualcosa di più emotivamente profondo.

Come potete vedere siamo alla resa dei conti, nel prossimo capitolo apparirà Klaus in tutto il suo splendore quindi vorrei fare le cose per bene. Ho deciso perciò che il prossimo aggiornamento arriverà entro il 23 novembre (magari qualche giorno prima ma non prometto niente).

Ma c’è una buona notizia! Lunedì prossimo posterò il capitolo 4 di Crazy Little Thing Called Love; non smetterò di tormentarvi!

Mi scuso davvero per queste lunghe attese ma l’università mi sta togliendo moltissimo tempo =(

Per quanto riguarda lo scambio di sangue, non sarà l’ultima volta che ne sentirete parlare! A proposito ma solo a me è sembrato strano che improvvisamente sia diventata una cosa personale e intima anche nella serie tv? Voglio dire, per tre stagioni si sono scambiati tutti tranquillamente il sangue e adesso si è trasformato in un gesto quasi estasiante per Damon ed Elena. Mi sembra che questo triangolo cominci ad essere gestito un po’ male, voi che ne pensate?

Ora è tardi e vi lascio andare!

Vi ringrazio tantissimo per continuare a seguire questa storia anche se si sta rivelando davvero lunga! Vi ringrazio di cuore!

A lunedì,

Fran;)

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Capitolo 37
*** Anybody out there? ***


Ashes &Wine

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Capitolo trentasette: Anybody out there?

 

“Hello, hello, anybody out there?
‘Cause I don't hear a sound. Alone, alone
I don't really know where the world is but I miss it now
I'm out on the edge and I'm screaming my name
Like a fool at the top of my lungs
Sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright
But it's never enough
‘Cause my echo, echo is the only voice coming
back
My shadow, shadow is the only friend that I have
I would take a whisper if that's all you have to give
But it isn't, isn't. You could come and save me
Try to chase it crazy right out of my head”

(Echo- Jason Walker).

 

Damon riprese i sensi a metà mattina. Uscì lentamente dal sonno e mugugnò nella speranza di guadagnare ancora un po’ di pace.

Respirò piano, anche se non gli serviva veramente, ma gli piaceva mantenere quella parvenza di tranquillità e normalità.

Sghignazzò ancora con gli occhi chiusi. Stava davvero diventando patetico quanto suo fratello; stranamente non ne era infastidito.

Per tutto il mondo avrebbe continuato ad essere Damon Salvatore, il vampiro che per cinquecento anni aveva compiuto stragi seminando sangue tra tutte le specie, ma con la sua streghetta non temeva di mostrarsi senza maschera. Rimaneva sempre lui, con un po’ più di umanità che Bonnie lo aveva spinto ad accogliere.

Chiuse le braccia convinto di trovare il corpo minuto della ragazza ad aspettarlo. Aprì gli occhi trovando il vuoto. Si girò di scatto dall’altra parte del letto: il lenzuolo spiegazzato e freddo, segno che chiunque avesse dormito lì, aveva lasciato già da tempo quel comodo giaciglio.

Niente panico. Si disse. Poteva essere ovunque per la casa, magari in bagno, o in cucina a prepararsi la colazione.

Rimase in silenzio e acuì l’udito: niente. Nemmeno un piccolo rumore, il minimo respiro, un battito di cuore.

Mantenne ancora la calma. Per la prima volta sperò che le sue capacità da vampiro non stessero funzionando come al solito. Si sentiva un po’ intontito, faticava a riordinare le idee. Normalmente era molto più scattante, anche appena sveglio. Qualcosa non quadrava.

Setacciò tutta la casa, partendo da quella stessa camera. Il bagno, la sua stanza, quella di Stefan. Lo studio, il salotto, la cucina, perfino la cantina e tutte le altre camere da letto.

Nessuna traccia di Bonnie.

Rimaneva solamente il garage ma Damon tentennò. Aveva il terrore di uscire e scoprire che la BMW era sparita. Quello sarebbe stata una conferma della fuga della rossa.

E fu proprio quello che trovò.

Ebbe un momento di cedimento, d’incredulità. Entrò nel box tastando come uno scemo l’aria, quasi si aspettasse di veder riapparire l’auto.

Il suo peggior incubo si era avverato: Bonnie se n’era andata; a quell’ora Klaus l’aveva già sicuramente raggiunta.

Non era più lì, lo aveva lasciato. Come aveva potuto?

Aveva promesso di non sacrificarsi, aveva promesso di non uscire dal Pensionato, di non mettersi inutilmente pericolo. Non si era fidata di lui. Non aveva creduto in Damon e nei suoi sforzi per proteggerla e tenere tutti al sicuro.

Il vampiro avvertì qualcosa incrinarsi. Si sentì terribilmente tradito. Quanto avrebbe voluto riappropriarsi della sua pietra e sigillare quel male al cuore che lo aveva colpito.

Fece un ultimo disperato tentativo. Prese il telefono e chiamò suo fratello.

“Stefan, dove sei?”.

“Damon?” la voce dell’altro vampiro risuonò sorpresa “Sono rimasto a dormire da Elena. Ora sta preparando la valigia e vi raggiungiamo al Pensionato”.

“Bonnie è con te?”.

“Cos’è successo?”. Evidentemente la risposta era: no.

“Se n’è andata, Stefan” disse Damon con voce rotta e spaventata “E’ andata da Klaus … non c’è più, non la trovo più”.

“Torno subito”.

 

Bonnie molto lentamente scivolò via dal sonno. Avrebbe desiderato dormire ancora ma la luce del sole le si rifletteva negli occhi fastidiosamente.

Tirò su la testa e si accorse di essere stesa sul sedile della sua macchina. Impiegò qualche secondo per ricordarsi che cosa fosse successo e fu invasa dalla tristezza.

Aveva abbandonato Fell’s Church da appena poche ore e già sentiva la nostalgia.

Non era ancora certa di aver fatto la cosa giusta, forse aveva solo peggiorato la situazione; considerando la tenacia dei suoi amici probabilmente si stavano già mobilitando per andare a cercarla, mandando in fumo i suoi tentativi di proteggerli.

Probabilmente la sua non era stata l’idea migliore del mondo, ma aveva altra scelta? Non avrebbe sopportato di passare il resto della sua vita soffocata dal senso di colpa per la morte dei suoi cari.

Klaus era un Antico e non si sarebbe certo fatto fregare da un trucchetto come quello che avevano messo in atto. In un modo o nell’altro sarebbe riuscito ad arrivare a lei, una casa non gli avrebbe impedito di perseguire i suoi scopi.

Bonnie si accucciò meglio sul sedile e sospirò; in fondo non tutto era perduto: non poteva sapere quando Klaus avrebbe fatto la sua mossa. Magari aveva ancora qualche possibilità di scamparla.

Avrebbe potuto prendere un aereo e volare da sua nonna in Scozia. Sicuramente Sheila aveva qualche idea su come sconfiggere quel vampiro.

Per il momento era salva. Nessuno l’aveva inseguita. Le piaceva pensare positivo finché le restava qualche speranza.

Si guardò intorno e notò che la pompa di benzina in cui si era fermata per riposarsi era deserta. Nessun gestore nei paraggi, men che meno dei clienti.

Non sapeva nemmeno dire con certezza dove si trovasse. Aveva guidato tutta la mattina senza una meta precisa, con l’unica preoccupazione di allontanarsi da Fell’s Church.

Credeva che Klaus sarebbe piombato su di lei non appena la sua macchina avesse superato il cartello della città per cui non aveva programmato il viaggio. Era andata alla cieca.

Cercò il suo cellulare nella borsa per impostare il navigatore. Se lo rigirò tra le mani, un po’ indecisa.

Damon era la prima scelta tra le chiamate rapide. Le sarebbe bastato premere un tasto e quell’incubo sarebbe finito.

Il vampiro le avrebbe fatto patire le pene dell’Inferno per quello scherzetto che gli aveva tirato ma lei avrebbe accettato volentieri qualunque punizione.

Se i ruoli fosse stati invertiti, lo avrebbe ucciso con le sue mani quindi poteva benissimo capire il suo stato d’animo e si sentiva uno schifo ad averlo lasciato in quel modo, nel sonno, come una ladra.

Maledisse la sua scarsa determinazione. Aveva mille dubbi, mille rimorsi ma si fece forza e decise di portare avanti il suo piano. Il rischio era troppo alto e troppe persone era coinvolte.

Accantonò l’idea di contattare i suoi amici e fece scorrere le icone sul display del telefono aspettando di vedere comparire quella del navigatore.

Improvvisamente il cellulare le venne strappato dalle mani. Intontita inseguì con lo sguardo il volo dell’oggetto fuori dal finestrino fino all’impatto con il terreno.

“Non penserai di tirarti indietro proprio adesso” fu la domanda retorica che catturò la sua attenzione, risvegliandola dallo sbigottimento.

“Ti sei arresa piuttosto in fretta. Voglio dire … so che sei un tipo altruista e tutto il resto, ma credevo di dover uccidere almeno uno dei tuoi amici per farti uscire allo scoperto”.

Bonnie si spalmò sulla portiera, terrorizzata.

La sua aura era più nera di quanto ricordasse, e spaventosa. La ragazza non volle nemmeno immaginarsi quanto potessero essere malati i suoi progetti. Una mente del genere avrebbe partito di tutto.

“Che ne dici se ci scambiamo i posti? Così ti posso guidare verso la tua nuova casa”. Poteva apparire come una gentilezza ma era soltanto una minaccia.

In un istante Bonnie si trovò sul sedile di destra e come prima si spinse sempre di più verso la portiera, nel vano tentativo di tenersi a distanza. Tutte le sue speranze si frantumarono: davvero non le restava scampo.

Era la prima volta che riusciva a vederlo dal vivo e l’aspetto fisico non rendeva assolutamente giustizia alla sua malvagità: sembrava un uomo come tanti, sui trent’anni, biondo. Un bel ragazzo nel complesso.

Anche la sua voce era ammaliante. Calma e profonda e avrebbe anche potuto trasmettere sicurezza se non fosse stato per quella vena ambigua e inquietante.

Era la classica arma letale nascosta sotto le vesti di un tenero cucciolo.

Bonnie appoggiò la guancia contro il finestrino freddo in cerca di un po’ di sollievo. Chiusa in quella macchina con lui era come stare in una stanza senza aria. Intrappolata, soffocata, schiacciata.

Le tremavano le mani, fremeva di far scattare la serratura ma sapeva che sarebbe stato tutto inutile. Se non si fosse sfracellata sull’asfalto, Klaus l’avrebbe comunque riacciuffata e le avrebbe fatto rimpiangere quella fuga nel peggiore dei modi. Si limitò quindi a tamburellare le dita con fare nervoso, quasi isterico.

Non vedeva l’ora di scendere e mettere un po’ di spazio tra lei e il vampiro ma il viaggio le parve infinito. La rossa restò a guardare con malinconia il paesaggio scorrere indefinito sotto i suoi occhi. Quanto avrebbe dato per stendersi su quei prati e addormentarsi scaldata dal sole? Libera e in pace.

Si morse il labbro con rabbia. Era tutto così ingiusto. Per tutta la vita si era sentita fuori posto, la sua infanzia era stata segnata da perdite e dolore e i suoi cari l’avevano lasciata sola. Era stato bello avere una famiglia ma era durato davvero troppo poco per una bambina che desiderava solo un po’ di affetto.

E quando finalmente la felicità aveva raggiunto anche lei, Klaus era piombato con il solo intento di strappargliela via.

Dopo quelle che parvero ore, l’auto si fermò davanti ad un capannone industriale, posto nel centro di uno spazio. Intorno non c’era niente.

Desolazione e solitudine.

Klaus le fece un cenno con il capo e lei scese dalla macchina. Non ebbe il tempo di muovere un passo che il vampiro l’afferrò malamente per un braccio e la trascinò dentro.

Il capannone era diviso in due parti. La prima era una vera e propria fabbrica, mentre la seconda, cui si accedeva attraverso una porticina laterale, era più piccola, spoglia e fredda.

Alla parete erano addossate delle gabbie alte fino al soffitto. Sul fondo pendevano catene di varia lunghezza.

Il respiro di Bonnie si fece sempre più pesante.

“Katherine mi aveva detto che eri un tipino timido ma non credevo che fossi muta” la punzecchiò Klaus.

La rossa quasi non lo ascoltò e continuò a studiare con preoccupazione l’arredo.

“Smettila di guardarti in giro con quella faccia schifata. Cosa ti aspettavi? Un hotel a cinque stelle?” la sgridò alludendo all’albergo dove avevano alloggiato lei e le sue amiche prima di scoprire il tradimento di Katherine.

Klaus assottigliò le labbra con fare stizzito; la prese con forza per il mento e la costrinse ad alzare il volto “Mettiamo in chiaro una cosa: quello scherzetto con il fuoco mi è costato parecchio tempo. Qui non siamo in un hotel pieno di gente, non ci sono i tuoi amici a proteggerti. Se proverai a scapparmi, ti riprenderò in un secondo e sentirai il dolore più grande della tua vita”.

Bonnie deglutì ma trovò il coraggio di sottrarsi al quel tocco, e fece qualche passo indietro sfregandosi il mento con una mano.

“Allora piccola strega” i cambi repentini di umore di Klaus iniziavano a diventare fastidiosi “Dimmi un po’ cosa sai del rituale”.

La ragazza ancora una volta non fiatò. Ridurre le conversazione al minimo, si disse; voleva soltanto farla finita. In ogni caso, anche se si fosse decisa a collaborare, non avrebbe comunque trovato la voce per parlare.

Il vampiro si spazientì e si portò alla sue spalle, bloccandole le braccia dietro la schiena. Bonnie gemette.

“Non tirerei troppo la corda se fossi in te” ringhiò lui “Potrei facilmente romperti il braccio o strappartelo, tanto non ti serve per quello che ho in mente. Te lo ripeterò ancora un volta: cosa sai?”.

Tutta la spavalderia della giovane andò a farsi benedire. Klaus non scherzava: le avrebbe strappato davvero il braccio e lei ci teneva a rimanere tutta intera.

“So solo che attraverso il mio sangue tu puoi rubarmi i Poteri”.

“Tutto qui?”.

“Suppongo che si debba fare un incantesimo per il rituale”.

Klaus la liberò dalla sua presa e la obbligò a voltarsi “Rubare è una parola un po’ forte, considerando che devi essere tu a darmeli”.

Bonnie aggrottò le sopracciglia, confusa.

Il vampiro ridacchiò incredulo “E’ sorprendente! Sai davvero così poco della tua storia? Di quello che ti riguarda?”.

Lei continuò a fissarlo sospettosa.

“Se fosse stato così semplice, cara, lo avrei già fatto quando ti ho trovato in Italia. Perché credi che ti abbia spinta a ritornare a Fell’s Church, perché credi che abbia mandato Christopher e Katherine a tenerti d’occhio? Per compiere il rito, tu mi devi donare i tuoi Poteri di tua spontanea volontà. Io volevo che tu scoprissi la verità sul suo passato. Non potevi darmi qualcosa che non sapevi neanche di possedere”.

Bonnie inspirò un paio di volte profondamente. Quello cambiava tutto.

Klaus la guidò fino alla gabbia e chiuse la serratura. “Ti lascio da sola per un po’. Ho delle cose da fare” le comunicò “Tu pensa attentamente a come vuoi comportarti. Questa cosa non deve per forza essere dolorosa” e con quell’intimidazione sparì.

 

Stefan rientrò al Pensionato. Si avviò su per le scale in punta di piedi. Temeva di turbare l’equilibrio e la quiete apparente che aleggiavano tra le mura.

Con cautela aprì la porta della camera di suo fratello e lo scenario che gli si parò davanti era esattamente quello che si era aspettato: una stanza distrutta almeno quanto il cuore del suo proprietario.

I mobili erano irriconoscibili, il letto sfasciato, il materasso a terra; i cuscini squartati e le tende strappate. E poi lui rannicchiato in un angolo come a cercare di proteggersi. Da cosa poi?

Non alzò lo sguardo, non diede segno di riconoscere il fratello. Forse voleva semplicemente che tutto il mondo sparisse e lo lasciasse con il suo dolore.

Stefan s’inginocchiò davanti a lui, provando ad ottenere una reazione, di qualunque tipo. Avrebbe preferito essere preso il per collo piuttosto che quel silenzio così irreale e opprimente.

Il viso di Damon appariva stravolto, la sua espressione segnata. In quei mesi aveva dovuto affrontare grandi scambiamenti, sfide che aveva sempre ritenuto insuperabili. Era stato messo alla prova, costretto a fronteggiare le sue paure. Più volte aveva pensato di gettare la spugna, più volte si era detto che tutti quei sentimenti non valevano la sofferenza che comportava perderli.

Ma mai come in quel momento si era sentito così senza speranze, totalmente al buio. Era rassegnato, sconfitto, indifeso.

Stefan iniziò sul serio ad allarmarsi. Se perfino Damon sembrava aver abbandonato ogni tentativo di sistemare le cose, allora la situazione diventava irrecuperabile.

In qualsiasi altro caso, Stefan si sarebbe ritirato nella sua solitudine, avrebbe permesso a Damon di riprendersi in santa pace. Qui, però, si trattava di Bonnie.

Della sua nipotina, che aveva visto crescere. Si trattava della bambina che aveva portato la luce e l’allegria nella loro casa, spesso segnata da lutti. Era la ragazza che aveva salvato Damon dalla autodistruzione.

Senza di lei probabilmente loro due si sarebbero uccisi un’altra volta a vicenda. Bonnie in qualche modo era stata capace di tenerli uniti, con il più semplice e banale dei motivi: erano fratelli.

Troppo spesso se n’erano dimenticati, troppe volte lo avevano dato per scontato. Alla fine di tutto, condividevano lo stesso sangue, erano una famiglia. Una donna poteva valere tutte quelle sofferenze e quel rancore?

Sissi con la sua innocenza aveva loro ricordato l’importanza dei legami, dell’affetto e del conforto. Non avevano fatto pace, non avevano scordato gli anni passati a tormentarsi o tutti i problemi che li dividevano; ma almeno avevano imparato a contare uno sull’altro, a fidarsi uno dell’altro.

Bonnie aveva dato a Stefan la forza di resistere e a Damon la possibilità di essere amato. Si meritava qualcuno che lottasse per lei.

Il minore dei Salvatore era ben deciso ad aiutarla ma aveva bisogno di suo fratello; dovevano combattere insieme e riportarla a casa, al sicuro, con loro.

“Mi ha chiamato Alaric” furono le prime parole che uscirono dalla bocca di Damon “Ha detto di aver trovato un modo per rafforzare i Poteri di Bonnie”.

Stefan chiuse gli occhi lentamente. La vita a volte si dimostrava una vera bastarda. Erano quei momenti in cui ci si chiedeva perché il susseguirsi degli eventi dovesse per forza avere un così pessimo tempismo.

“Sarebbero bastate poche ore” continuò Damon a bassa voce “Se avesse aspettato solo un giorno prima di … perché non mi ascolta mai!” afferrò di colpo un soprammobile caduto a terra e lo buttò con forza contro il muro dopo essersi alzato “Me lo aveva promesso, Stefan, me lo aveva promesso” ripeté stupidamente.

“Damon …” provò l’altro.

“Mi ha guardato negli occhi e mi ha promesso che non avrebbe fatto niente di stupido, che non sarebbe uscita da qui. Mi ha mentito, mi ha tradito” sibilò.

“Cercava di salvarti, di salvarci tutti”.

“Io non ho bisogno della sua protezione!” tuonò “Ero io che dovevo tenerla al sicuro; lei lo sapeva! Mi ha soltanto preso in giro per tutto questo tempo”.

“Come ha fatto a scappare?”.

“Mi ha indotto ad addormentarmi” spiegò Damon, abbassando la testa sconsolato “Sono stato uno stupido, avrei dovuto accorgermene. Ho fallito”.

“La ritroveremo”.

“E come pensi di fare, fratellino?” domandò indossando nuovamente la sua maschera scettica “A quest’ora Klaus l’avrà già presa e portata chissà dove. Non mi stupirei se fosse già m-”.

Un pugno fortissimo colpì la sua mascella mandandolo letteralmente al tappeto.

“Non osare dire una cosa del genere” esplose Stefan con un noto così autoritario da zittire Damon che si limitò a guardarlo con disappunto ma non provò a restituirgli la botta.

“Questa scenetta poteva funzionare fino a qualche mese fa ma non m’inganni più” continuò il minore dei Salvatore puntandogli il dito contro “So cosa stai cercando di fare; non ti permetterò di spegnere i sentimenti e fingere che non ci sia più nessuna speranza. Bonnie è ancora là fuori, è viva e ci sta aspettando”.

“Ti prego …” disse Damon con una smorfia “Non cominciare con il discorso d’incoraggiamento, non servirà a niente”.

“Stai soffrendo, sei ferito. Va bene, puoi ammetterlo” lo incitò Stefan “Ma hai davvero il coraggio di chiuderti nella tua rabbia e non fare niente per aiutarla? Riuscirai a vivere con questo peso sulle spalle se le succedesse qualcosa?”.

Damon distolse lo sguardo e sbuffò.

“Si tratta di Sissi” gli ricordò Stefan “La tua Sissi”.

Gli occhi dell’altro vampiro s’intenerirono e un fugace sorriso si disegnò sulle sue labbra. La sua Sissi. La sua bellissima e testarda Sissi.

“Se non ci sbrighiamo, Klaus le farà del male. Le fare del male sul serio” premette Stefan “Non la puoi abbandonare, Damon. Lei ha bisogno di te”.

E io di lei. Pensò l’altro. Se la immaginò con i suoi capelli rosso fuoco nascosti tra le gambe, a singhiozzare, da sola in uno spazio lugubre e buio. La immaginò ad urlare come mai in vita sua mentre qualcuno cercava di spezzarla e piegarla al suo volere. E infine immaginò delle zanne indegne profanare la sua pelle bianchissima e squarciare la morbida carne e il sangue scorrere giù per il suo corpo senza vita.

Ringhiò.

“Hai vinto, Stefan. La troveremo e la porteremo a casa. Poi la drogherò e la metterò nel seminterrato e non le permetterò di uscire fino a che non sarà brutta e vecchia” si convinse.

“Hai qualche idea?”.

Damon annuì “Forse so chi ci potrebbe aiutare. Devo fare una telefonata e prima di domani non sapremo nulla. Vale un tentativo, giusto?”.

“Io richiamo Alaric. Possiamo cercare di capire bene in cosa consiste questo rituale e quanto tempo abbiamo prima che sia compiuto”.

“Gliela farò pagare” dichiarò Damon “Farò rimpiangere a Klaus di aver solo posato gli occhi su Bonnie”.

Stefan non obiettò. In quel caso non poteva che concordare con suo fratello. Non era mai stato il tipo di vampiro che godeva delle sofferenze altrui ma avrebbe augurato  Klaus le più atroci pene dell’Inferno.

Si girò e procedette verso la porta; venne fermato dalla voce di Damon “Non so se potrò perdonarla. Aveva già in mente di andarsene. Cercavo un modo di proteggerla e lei …” fece una pausa “La odio, Stefan, la odio”.

“Non è vero” replicò lui. Il sentimento che animava suo fratello era esattamente l’opposto dell’odio.

Damon lo osservò uscire dalla sua stanza prima di prendere il cellulare. Titubò davanti al display nero. L’indecisione era la peggiore delle consigliere, soprattutto se accompagnata dalla paura.

Era un terreno nuovo per lui, un campo minato. Klaus era avanti anni luce. Mai prima di allora gli era capitata una cosa del genere.

Nessuno dei suoi avversari era mai stato così potente e così determinato. Nessuno di loro aveva avuto tra le mani la sua cosa più preziosa.

Doveva agire con cautela.

Alzò il capo e incrociò i suoi occhi stanchi nello specchio infranto. Come aveva potuto essere così stupido da cadere nell’inganno di Bonnie.

Avrebbe dovuto intendere che qualcosa non andava nel momento in cui lei si era rifiutata di  scambiare il sangue. Invece si era fatto raggirare e stregare.

Sapeva che Bonnie non lo aveva sedotto con cattive intenzioni. La stessa parola seduzione era troppo forte. Damon strinse la mascella e cacciò giù il magone al ricordo della sua piccola strega che lo aveva praticamente supplicato di unirsi a lei come un semplice uomo e non come un vampiro.

Voleva passare la sua ultima notta tranquilla tra le braccia dell’unica persona che poteva darle conforto e sicurezza.

Damon lo aveva detto che quei sentimenti lo avrebbero portato alla rovina. Bonnie era stata una sconsiderata e lui uno stupido.

Era il momento di rimediare.

 

Si strinse le ginocchia al petto. Aveva freddo.

Nonostante fosse estate, le sue ossa erano tormentate dal gelo. Forse era l’agitazione o forse davvero in quel capannone la temperatura era molto più bassa; in ogni caso la ragazza non riusciva a smettere di tremare.

Klaus se n’era andato da molto ormai, lasciandola sola ad annegare nell’incertezza e nella paura.

Le aveva tolto ogni libertà, ogni prospettiva. Lei si crogiolava nell’attesa estenuante di una terribile fine.

Magari Klaus non le avrebbe fatto del male; magari una volta ottenuti i suoi Poteri le avrebbe permesso di ritornare a Fell’s Church. Bonnie senza magia non sarebbe stata un pericolo per lui; magari avrebbe avuto pietà di una povera ragazza segnata da un destino che non aveva chiesto.

La strega scosse la testa, sconfortata. Erano passate solo poche ore e già cominciava ad impazzire. Klaus non le avrebbe mai risparmiato la vita. Klaus non sapeva neppure in che cosa consistesse la bontà, men che meno la compassione.

Solo per il gusto di infliggere sofferenza l’avrebbe dissanguata fino all’ultima goccia e l’avrebbe abbandonata in quella fabbrica senza il minimo rispetto.

Le sue dita sottili si artigliarono lungo le sbarre della gabbia. Urlare sarebbe stato inutile: non c’era nessuno nei paraggi e la sua voce avrebbe solamente rimbombato a vuoto fino a restituirle un eco demoralizzante.

Non aveva idea di dove l’avessero portata, il mondo era sparito dalle sue preoccupazioni ma le mancava terribilmente. Le mancavano i suoi amici, la sua casa, il suo angolo protetto. Sarebbe stata contenta perfino di rivedere Katherine perché in qualche breve e sporadico istante era riuscita a leggere la sua anima e a riconoscere quella ragazzina viziata ma ingenua di cui le aveva parlato Stefan. Lei forse le avrebbe mostrato per lo meno un po’ di comprensione.

Stava di certo diventando matta se credeva che sarebbe stato meglio essere nella mani di quella stronza, bugiarda e manipolatrice.

Si stese sul pavimento duro e sporco e ripensò alla notte precedente. Avrebbe voluto ritornare indietro nel tempo per poter godere di nuovo di quei momenti che forse aveva dato troppo per scontati. Tutti quei mesi trascorsi ad essere arrabbiata e diffidente nei confronti di Damon ora apparivano sprecati. Se solo avesse avuto il più pallido sospetto di come sarebbe andata a finire, avrebbe ammesso molto prima i sentimenti che la legavano a lui. Avrebbe messo da parte il rancore per tutto il dolore che le aveva fatto patire e avrebbe provato a capirlo.

In fin dei conti, Damon non era stato l’unico a nascondere le proprie emozioni. Anche Bonnie aveva ignorato tutti gli istinti che le suggerivano di perdonarlo e aveva soppresso sul nascere ogni sensazione di gelosia e attrazione che aveva provato all’inizio, ritenendole imbarazzanti, al limite della decenza.

Era stata una stupida ad aspettare che esplodessero tutte insieme dopo l’attacco dei lupi mannari. Ora le sue perplessità, le questioni irrisolte con Elena, i problemi affettivi di Damon, ogni ostacolo sembravano una questione da niente.

La giovane sorrise tristemente: si figurava il suo vampiro infuriato con lei che minacciava di rinchiuderla per sempre nel Pensionato. Poteva quasi vederlo mentre inveiva contro chiunque provasse a calmarlo; gli occhi infiammati e la sua camera distrutta nel tentativo di sfogare la sua rabbia sui mobili e non su suo fratello.

Quell’immagine che poteva sembrare quasi caricaturale, venne presto sostituita da una molto più triste: un ragazzo solo e disperato, con il capo chino e il cuore scoperto, vulnerabile come mai prima d’ora. Si chiedeva come qualcuno di così speciale avesse potuto abbandonarlo e ferirlo.

Bonnie pianse silenziosamente. Si riteneva una persona speciale per lui e si odiava per non essere rimasta come gli aveva promesso.

Quante volte proprio lei gli aveva chiesto di non andarsene, di non lasciarla sola perché sarebbe stato come non avere più una parte di se stessa. Eppure aveva avuto la faccia tosta di comportarsi esattamente in quel modo.

Era stata ipocrita? Sì.

Aveva le sue buone ragioni, però. Gli aveva salvato la vita, l’aveva salvata a tutti. Quella era la sua unica consolazione.

Anche Damon dopotutto si era lanciato in mezzo ad un branco di lupi mannari per tenerla al sicuro.

Sì, ma lui non mi aveva promesso niente. È come se lo avessi tradito.

Struggersi su quella questione non sarebbe servito a niente; ormai non poteva più tirarsi indietro. Prima o poi Damon e tutti gli altri avrebbero accettato la sua decisione, prima o poi sarebbero stati di nuovo bene.

La porta si aprì con uno scatto e finalmente Klaus fece il suo ritorno seguito da un uomo sconosciuto a Bonnie.

“Allora, come se la sta passando la mia preziosissima strega?” si avvicinò alla gabbia e l’aprì “Ti presento Maddox*, il mio mago personale. Sarà lui a compiere il rito” spiegò come se ritenesse una gentilezza metterla al corrente “Spero che tu abbia sfruttato bene queste ore. Hai preso una decisione? Mi donerai i tuoi Poteri?” e s’inginocchiò fino arrivare al suo livello.

Alla ragazza rimanevano due possibilità: o collaborare spontaneamente oppure opporsi ed ostacolare i suoi piani. In entrambi i casi sarebbe morta; nel primo il suo corpo non avrebbe sopportato di essere separato dalla sua magia, nel secondo Klaus con molta probabilità l’avrebbe uccisa.

Il risultato per se stessa non sarebbe cambiato ma almeno avrebbe potuto limitare i danni. Aveva ceduto al ricatto del vampiro solo per tenere al sicuro i suoi amici, senza credere di avere scelta.

Ora, però, aveva appreso che l’ultima parola spettava a lei e non avrebbe mai permesso che un essere dalla mente così perversa e mitomane s’impadronisse di capacità tali da governare su ogni forma vivente.

Il suo silenzio ostinato risuonò come un fortissimo rifiuto.

Klaus le concesse ancora qualche secondo poi con uno scatto fulmineo la fece alzare stringendole le dita attorno alle braccia e la trascinò fuori dalla gabbia “Sarebbe potuto andare in tutt’altro modo” commentò.

Tirò un paio di manette giù dal soffitto e gliele chiuse attorno ai polsi “Vedi, piccola strega, Maddox non è solo qui per aiutarmi con il rituale, ma sarà così gentile da convincerti a fare la brava”.

Bonnie sgranò gli occhi e indietreggiò, come un animale spaventato dal bastone. Legata ed inerme, preda di due uomini senza scrupoli e lontana da qualsiasi forma di aiuto.

Improvvisamente la sua testa parve esplodere. Lei urlò colta non solo dal dolore ma anche dalla sorpresa. Sentì gli occhi pizzicarle e bagnarsi, ebbe paura che non si trattasse di lacrime ma di sangue.

Voleva prendersi il capo tra le mani in un vano tentativo di lenire il dolore ma le catene la strattonarono, così come le impedirono di cadere a terra, una volta che le sue gambe traballarono fino a cedere.

Il male lentamente si affievolì. Il respiro, che poco prima le si era bloccato in gola, riprese, sebbene a fatica e in modo affannato.

Il terrore le sfigurò il viso. Non ebbe la forza di alzare gli occhi sugli altri due, anzi li chiuse pregando di scomparire, di svegliarsi da quell’incubo.

“Davvero un incantesimo interessante questo che voi streghe usate per procurare aneurismi ai vampiri” osservò Klaus.

Bonnie s’irrigidì. Aveva avuto un aneurisma? Come faceva stare ancora in piedi?

“Peccato che tu mi serva in vita” continuò lui “Maddox ne ha creata una versione molte utile che può funzionare anche sui normali esseri umani. Simula solamente lo stesso dolore ma non infligge nessun danno fisico. Nessuna parte del tuo corpo viene lesa, clinicamente sei in ottime condizioni. È solo la tua mente che viene colpita, è tutta un’illusione. Il male, però …oh, quello è reale” le mise due dita sotto al mento “Ho visto gente impazzire per questa magia. Dammi quello che voglio e tutto finirà. Ostinati a negarti a me e peggiorerà soltanto. Intanto, goditi qualche ora con Maddox. Non potrà che toglierti quell’aria impertinente che deturpa il tuo bel faccino”.

Bonnie tremò. Era quello che Damon aveva provato quando si era accanita con quell’incantesimo? Come aveva potuto sopporta una cosa simile?

Nascose il viso contro il suo braccio e attese la seconda ondata di dolore.

“Come al solito, se ti venisse la balzana idea di scappare, ricordati che io sono proprio qui fuori” l’avvertì Klaus prima di uscire.

Rimase sola con Maddox. Era come lei, aveva Poteri magici. Forse era stato costretto a servire l’Antico, forse non era cattivo. Avrebbe potuto aiutarla, capirla. Avrebbe potuto darle un attimo di tregua.

“Ti prego …” non riuscì nemmeno a finire la frase.

Il suo urlo tagliò l’aria. Il male era arrivato e questa volta non sarebbe svanito tanto in fretta.

Il padrone di Maddox gli aveva ordinato che la strega avrebbe dovuto imparare a rispettarlo. E lui non si sarebbe fermato finché non lo avesse soddisfatto.

 

Il campanello del Pensionato prese a suonare con un’insistenza quasi isterica. Stefan si rivolse a suo fratello, sorpreso che qualcuno potesse presentarsi a casa loro di mattina così presto “Ma chi è?”.

“La mia fine” borbottò suo fratello “Ti consiglio di aprire e accogliere calorosamente la persona che sta aspettando, perché sarà quella che mi ridurrà in cenere”.

Stefan si diresse all’entrata ma non raggiunse nemmeno la maniglia, che la porta si aprì lasciando entrare una folata di vento. Un ruggito risuonò per tutta la casa mentre una figura marciò dentro “Dov’è? Dov’è quel farabutto?”.

Individuò subito la sua vittima e con un gesto della mano la sbatté contro al muro; Damon si ritrovò paralizzato contro la parete, delle dita invisibili a stringergli la gola.

Stefan assisteva basito alla scena, incerto se intervenire oppure no.

“Fratellino” boccheggiò Damon “S- saluta la nonna di B-onnie”.

L’altro sgranò gli occhi e li direzionò verso la signora: non era molto alta ma emanava un’autorevolezza sorprendete. In meno di un minuto aveva fatto irruzione nella loro casa e aveva intrappolato e insultato Damon come se si trattasse di un vampirello qualunque.

“Sheila McCullough” disse lei “Tu sei il fratello intelligente?”.

Stefan non seppe se confermare o smentire; sembrava tanto una domanda a trabocchetto.

“TU!” l’attenzione della donna ritornò con tutta la sua carica su Damon “TU!! Lo sapevo che non potevo fidarmi di te! Dovevi lasciarla in Scozia con me, avrei potuto proteggerla”.

“Ne possiamo parlare civilmente?” domandò Damon cercando di afferrare la mano invisibile che lo teneva bloccato.

“Dovrei essiccarti in questo momento! Ti dovrei sciogliere nella verbena”.

“Buona fortuna con quello; sono anni che ci provo” commentò Stefan.

“Non sei di aiuto, fratellino” gli fece notare l’altro.

Finalmente Sheila si decise a fermare il suo incantesimo e il corpo di Damon volò a terra. Rimase a fissarlo con gli occhi che lanciavano saette; attendeva spiegazioni, chiarimenti. Voleva un piano di azione.

Stefan le raccontò nei dettagli tutto quello che era successo, dalla confessione di Katherine alle informazioni di Sage riguardo il rituale.

La donna rimase in ascolto, angosciandosi sempre più mentre nel suo cuore si faceva spazio un dolore che non provava da quasi diciott’anni, dalla morte di sua figlia e di tutta la sua famiglia.

Impallidì non appena appresa di che tipo di rito si stava parlando “O no”.

“Cosa?” domandò bruscamente Damon allarmato dal tono atterrito.

Lei non si rispose; si limitò a frugare nella sua valigia e tirare fuori un vecchio tomo che assomigliava molto ai libri su cui Alaric aveva svolto le sue ricerche.

“Lo sapeva, vero?” fu il turno di Damon accusarla “Sapeva che Klaus la stava cercando, sapeva che le avrebbe preso i Poteri!”.

“Sapevo che qualcuno la stava cercando e sì, ero a conoscenza che esistessero incantesimi capaci di assorbire i Poteri di una strega”.

“Perché non me l’ha detto quando sono venuto in Scozia?”.

“Ti ho detto che qualcuno le dava la caccia; anche tu lo sapevi benissimo, perché credi che mia figlia ti abbia chiesto di proteggerla?!”.

Damon scosse la testa “Lei non mi ha mai parlato di Klaus! Nemmeno di un fottuto rituale per strapparle i suoi Poteri”.

Tutta la ansia e la rabbia della donna si riversarono nuovamente sul vampiro “Non osare dare la colpa a me per il tuo egoismo! Ti ho pregato di lasciarla in Scozia con me, ti ho detto che le serviva una guida”.

“Non mi ha mai avvertito del reale pericolo!” si giustificò lui.

“Sarebbe cambiato qualcosa?”.

“Lei non voleva rimanere in Scozia, voleva tornare qui, a casa sua”.

“Allora avresti dovuto costringerla! Il suo posto è tra le streghe, solo quelle come me posso proteggerla”.

“Sì è visto che bel lavoro ha fatto con sua figlia”.

Stefan si mise in mezzo prima che Sheila si avventasse a mani nude su Damon. I toni si erano decisamente alzati e litigare non avrebbe certo migliorato la situazione “Perché si è agitata quando le ho parlato del rito? C’è qualcos’altro?” le domandò.

Sheila sospirò “Bonnie non era ancora nata e già sapevamo che non sarebbe stata una semplice strega: mia figlia poteva sentire la sua aura già durante la gravidanza e temeva che qualcuno prima o poi l’avrebbe scoperto e sarebbe venuto a prendersela. Per gli anni successivi io non ho fatto altro che cercarla, non m’importava dei suoi Poteri, rivolevo solamente mia nipote indietro. Sospettavo che il vampiro che aveva sterminato la mia famiglia fosse molto potente e antico; giravano delle storia su uno di loro, un certo Klaus, ma Bonnie era sparita nel nulla e io non mi preoccupai di approfondire le ricerche. Quando finalmente lei è tornata da me, non ho voluto farle pressioni, non era mia intenzione impormi perciò le ho permesso di ritornare a Fell’s Church. Per tutto questo tempo voi l’aveva protetta, ero convinta che fosse al sicuro”.

“Possiamo saltare la parte in cui si ribadisce per l’ennesima volta il mio fallimento?”  berciò Damon con una nota più mortificata che seriamente amareggiata.

Sheila annuì “Credevo che chi la stesse cercando volesse attirarla dalla propria parte, che volesse usarla per i propri scopi. Non ho mai pensato a un rituale per assorbire i suoi Poteri; non se ne parla molto tra le streghe perché è un tipo di magia oscura, quasi profana” spiegò “Il problema è che Bonnie non è una qualunque e anche il rito è diverso: non basta un semplice incantesimo, deve essere lei a volerlo”.

Damon e Stefan si scambiarono un’occhiata confusa. Non erano esperti delle pratiche magiche e quell’affermazione, per quanto chiarissima, alle loro orecchie appariva assurda.

“Ci avevano detto che Klaus avrebbe assorbito i Poteri di Bonnie bevendo il suo sangue” disse Stefan.

“E’ così” conferma la donna “Ma lei glieli deve donare spontaneamente. È come quando voi vampiri mordete una persona: se questa non è consenziente prova un dolore atroce; se lo è, il piacere si fa sempre più intenso. Il gesto è lo stesso, cambia l’effetto. È tutta una questione psicologica. Se Bonnie accetterà volontariamente di trasmettergli la sua energia, la sua mente non si opporrà, perché prevarrà la volontà della persona. E’ una sorta di scappatoia per impedire che chiunque possa impadronirsi di queste capacità speciali”.

Damon inorridì “Non glieli darà mai” affermò “Ha il complesso della martire: non permetterà che qualcuno diventi così invincibile”.

“Klaus non mi sembra il tipo che si fermerà per una cosa del genere” obiettò Stefan.

“Infatti non lo farà” garantì Sheila “Proverà a convincerla in tutti i modi”.

“Bonnie non può essere influenzata” ribatté Stefan.

La donna abbassò il capo, trattenendo un singhiozzo.

Dio mio” rabbrividì Damon “Continuerà a torturarla finché non cederà. È l’unico mezzo per spezzarla”.

“No, no” si oppose Stefan “Dobbiamo aiutarla! Non possiamo lasciarla nelle mani di quel pazzo, Damon. È troppo piccola e fragile e … perché è venuta qui?” chiese furiosamente alla donna “Bastava una telefonata per quello che ci ha detto. Perché ha preso il primo aereo ed è venuta qui? Cosa può fare?”.

“Posso eseguire un incantesimo di localizzazione. Abbiamo lo stesso sangue, userò quello come tramite e scoprirò dove è stata portata. Mi serve una mappa”.

Poco dopo tutti e tre erano piegati sulla scrivania dello studio a contemplare una cartina degli Stati Uniti spiegata per tutta la superficie.

“E se non fossero più nel Paese?” s’incupì Stefan.

“Prenderemo un mappamondo” risolse Damon “Recupererò anche una mappa dei pianeti se è necessario!”.

Sheila li zittì con un sibilo. Si tagliò lievemente il palmo della mano e lasciò colare qualche goccia sui fogli. Iniziò a mormorare qualche parola incomprensibile ai due vampiri che, però, si accorsero quasi subito che qualcosa non andava.

La donna aggrottò le sopracciglia e continuò a tentare, strizzando sempre più la ferita per far cadere più sangue.

Rassegnata riaprì gli occhi.

“Beh?” insistette Damon “Che sta succedendo?”.

“Non riesco a vedere niente, è come sei ci fosse un buco nero intorno a lei. È impossibile creare una connessione”.

“Questo non significa che è …”.

“Non è morta” li tranquillizzò la donna “Ma c’è qualcosa che blocca la mia magia. Klaus si deve essere procurato uno stregone che mi sta ostacolando. Avrà lanciato un incantesimo di copertura o qualcosa di simile”.

“E non c’è nient’altro che si possa fare?” premette Damon, incredulo che le sue preghiere si fossero già infrante.

“Temo di no”.

“Quindi siamo al punto di partenza? È stato tutto inutile?” esplose il vampiro accartocciando la mappa e buttandola sul pavimento “Quasi due decenni a tenerla al sicuro per perderla così … da coglioni!”.

“Non abbatterti, Damon; nessuno qui ha intenzione di arrendersi” cercò di confortarlo il fratello.

L’altro si allontanò “A che pro? Non sappiamo dove sia! Non c’è possibilità di ritrovarla! Anche con tutta la buona volontà, non possiamo salvare qualcuno che è sparito nel nulla”.

“Bonnie non è sparita nel nulla” lo corresse Stefan “Non hai sentito quello che ci ha appena detto sua nonna? La scelta di donare i Poteri è sua e se lei riuscirà a resistere ancora un po’, noi avremmo più tempo …”.

“Sai come passerà quel tempo?” lo interruppe Damon “Verrà torturata fino a che non cederà. Non oso nemmeno immaginare cosa le faranno. Con tutta onestà, spero che dia a Klaus quello che vuole in fretta, almeno questo incubo finirà per lei e non starà invano ad aspettare una cosa che non arriverà mai. Noi non arriveremo mai”. Sparì in un baleno lasciando dietro di sé una scia di rassegnazione e sconforto.

Sheila si appoggiò al tavolo e alzò gli occhi su Stefan ancora voltato nella direzione in cui era sparito il fratello.

Nessuno dei due osò parlare ma entrambi condivisero lo stesso pensiero: forse le parole di Damon non erano così lontane dalla realtà.

 

Durante la sua prima sessione di tortura, Bonnie fece la spiacevole scoperta che l’incantesimo ideato da Maddox funzionava su ogni parte del corpo. Bastava che lui s’immaginasse qualunque tipo di dolore o di malattia che immediatamente la mente della ragazza produceva quella sensazione.

Aveva provato il male di un braccio rotto, l’ansia di non riuscire a respirare per via dell’asma, il prurito insopportabile della varicella e le piaghe in gola. In quel momento stava sperimentando per la prima volta in vita sua il mal di pancia provocato da un’appendicite in peritonite acuta.

Maddox si era mostrato sadico, crudele ed implacabile. Un degno servo del suo altrettanto spietato padrone.

Le gambe della rossa ormai avevano abbandonato qualunque tentativo di resistenza e se ne stavano piegate per metà, mentre tutto il peso era sostenuto dalle catene che pendevano dal soffitto. I polsi le bruciavano.

Era solo il primo giorno e già i suoi propositi cominciavano a capitolare. Ma chi avrebbe potuto sopportare una pena simile? Una pena che non sarebbe cessata fino a che lei non si fosse data per vinta.

L’idea di spegnersi lentamente per la perdita dei Poteri sembrava molto più appetibile di quel tormento. Anche il quel caso, chi le assicurava che non sarebbe morta in preda ad atroci sofferenze, se Klaus non avesse avuto pietà di lei prosciugandola completamente?

Senza contare che acconsentendo a quella terribile condizione, avrebbe ceduto le sue capacità ad un essere completamente fuori controllo.

Si era consegnata a lui per salvare i suoi amici; tutto si sarebbe vanificato se Klaus le avesse rubato i Poteri, perché a quel punto nessuno sarebbe stato più al sicuro. Doveva attenersi al suo piano.

Più facile a dirsi che a farsi.

Quanto poteva durare sotto la pressione di quelle torture? Se fosse davvero impazzita? Avrebbe potuto assecondare qualunque cosa senza neanche rendersene conto.

Non le rimaneva che sperare in un miracolo.

Bonnie liberò un altro singhiozzo nel momento in cui Maddox le concesse un attimo di tregua. Aveva più volte ripetuto a se stessa di non essere tagliata per fare l’eroina della situazione; era chiaro che non avesse la forza d’animo adatta.

Si era cacciata in quel guaio per un moto di altruismo verso i suoi cari ma non ne era stata mai totalmente convinta.

Aveva il diritto di vivere ancora molte esperienze, aveva degli affari in sospeso, questioni importanti da chiarire, sentimenti da rivelare. Andarsene così, lontana da tutti, le sembrava ingiusto.

Non voleva morire. A soli diciott’anni non era pronta a sparire dalla faccia della terra; era un pensiero così triste e demoralizzante. Il suo cuore ormai palpitava soltanto di rimpianti.

Notò che Maddozx aveva indurito nuovamente lo sguardo. Poteva significare una cosa sola: una nuova ondata di dolore stava per colpirla.

Fu come se qualcuno le stingesse tutti i capelli in una morsa e cercasse di strapparglieli in una volta sola.

Sentì gli occhi pizzicarle e mugugnò. Non aveva nemmeno più la forza di urlare. Continuò a lamentarsi e si morse il labbro per attutire il male. Supplicare non sarebbe servito a niente. Ci aveva già provato.

“Allora come procede l’allenamento?”.

Bonnie a fatica sollevò il capo. Non si era neppure accorta che qualcuno fosse entrato. Ripiegò di nuovo il collo, dato che riusciva a malapena a sostenere il peso della testa.

“E’ più ostinata di quanto pensassi” ammise Maddox “Forse ci vorrà qualche giorno in più del previsto per persuaderla”.

“Perché rendi tutto così difficile, cara?” le chiese Klaus con voce suadente piegandosi per guardarla negli occhi “Tutto questo può finire con una tua parola. Unisciti a me”.

Bonnie abbassò le palpebre stanche. Percepì un’ondata di Potere investirla. Il vampiro aveva provato a soggiogarla ma la barriera difensiva era ancora ben salda e protesse la sua mente.

La ragazza sorrise amaramente: da una parte era confortante sapere che la propria volontà era protetta da una botte di ferro. Nessuno avrebbe potuto penetrarla, non così facilmente.

“Cos’hai da sorridere, piccola strega?” domandò Klaus con tono dubbioso.

Bonnie aprì gli occhi e li puntò in quelli del vampiro; un ghignò degno di Damon Salvatore le si disegnò sulle labbra “Non importa quanto t’impegni, non importa quanto sei potente o antico. Finché rimango in vita, ci sarà sempre una ragazzina in grado di fregarti”.

Un gran bel paradosso.

Klaus assottigliò le labbra; la sua mano destra scattò al collo latteo della giovane “Attenta, cara, potrei sempre rettificare la situazione. Prima o poi mi stuferò della tua insolenza e non avrò problemi ad eliminarti; con o senza Poteri”.

L’altra mano salì alle manette e le sganciò. Le braccia di Bonnie vennero liberate e tutto il suo corpo sarebbe crollato a terra se non fosse stato per la presa di Klaus sul suo collo. Lei annaspò in cerca di aria e dopo quella che parve un’infinità di tempo, il vampiro tolse la mano.

Come previsto, le sue gambe tremarono vistosamente e Bonnie si ritrovò in ginocchio sul pavimento del capannone.

“Forza” la incitò Klaus “Nella gabbia, ora”.

Nessuno dei due uomini si degnò di darle una mano ad alzarsi. La strega non poteva fidarsi delle sue stesse gambe; debole e umiliata, fu costretta a strisciare a carponi fin dentro alle sua piccola prigione.

Klaus chiuse con una botta la porta fatta di sbarre. Dopo aver gettato un’occhiata disgustata alla figura accovacciata per terra, si voltò dirigendosi all’uscita, seguito dal suo fedele complice.

Bonnie si accucciò in un angolo, raggomitolandosi su se stessa. Il pianto le sorse spontaneo. Lei non ebbe il coraggio di fermalo: era la sua unica fonte di sfogo.

Il buio la circondava come una presenza minacciosa e il suo stomaco brontolava per la fame. Non ne sarebbe uscita viva da quella faccenda, ne era sicura.

“Voglio tornare a casa” sussurrò al vuoto.

 

Erano passati due giorni da quando Bonnie se n’era andata. Da due giorni mancava da casa. Sola da due giorni, probabilmente nella mani di Klaus.

Damon bevve l’ultimo sorso di bourbon dal bicchiere e si premurò di riempirlo nuovamente.

Credeva che con l’aiuto di Sheila qualcosa si sarebbe smosso, invece era stato tutto inutile.

Se solo avesse saputo dove la rossa si trovava, sarebbe corso a costo della sua stessa vita. Non gli importava di morire, voleva soltanto che lei ritornasse a casa.

Si sentiva un fallimento, una delusione, un incapace.

Per la prima volta da che ricordasse, non aveva un piano, nemmeno la più pallida idea di come procedere. Aspettava solamente che qualcuno gli dicesse cosa fare. Le sue capacità decisionali erano svanite insieme a tutte le sue speranze.

Erano stremato e disperato, avrebbe accettato anche la più stupida delle trovate se l’avesse portato da qualche parte.

Le risorse di Alaric erano limitate e di Sage si era persa ogni traccia. Chiedere alla signora Flowers rimaneva fuori discussione; era una strega esperta ma se neppure la nonna di Bonnie aveva potuto risolvere la situazione, allora nessuno sarebbe stato in grado.

Davvero non capiva perché quella ragazza ogni volta doveva fare di testa sua. Per quanto gli aveva parlato di fiducia? E poi era stata la prima a non fidarsi di lui, a non credergli. Evidentemente non lo aveva ritenuto adatto a tenere tutti al sicuro. Damon ammise che, in effetti, se avesse dovuto scegliere tra Bonnie o qualunque altro dei suoi amici, avrebbe sempre messo al primo posto lei; ma era proprio necessario andarsene dopo appena un giorno?

“Mi dispiace di averti urlato addosso in quel modo” si scusò una voce alle sue spalle “Tieni molto a mia nipote e so che stai soffrendo anche tu”.

Il vampiro si girò lentamente verso la donna e annuì comprensivo. Normalmente le avrebbe risposto malamente, nonostante le scuse, ma in quel momento era troppo stanco anche per elaborare un insulto.

Sheila si rattristì ancor più osservando la figura affranta di Damon. Percepì la sua aura cupa e tormentata e le venne un brivido. Poteva capire perfettamente il suo stato d’animo.

Bonnie era l’unica che le era rimasta, l’ultimo ricordo di sua figlia. Perderla una volta era stato terribile, non ne avrebbe sopportata un’altra.

Si rendeva conto, però, che restava molto poco da fare. Lei stessa non aveva altri mezzi per localizzarla, men che meno per sconfiggere Klaus.

Trovarla sarebbe stato un ottimo punto di partenza e poi? Come liberarla e come sbarazzarsi per sempre di quell’antico vampiro?

Non poté che concordare con Damon: Bonnie era stata troppo precipitosa a consegnare se stessa; aveva lo stesso spirito di sacrificio di sua madre.

Se solo fosse rimasta al Pensionato, se solo avessero guadagnato un po’ di tempo. Quanto poteva reggere una ragazzina di appena diciotto anni ai tormenti di Klaus e del suo stregone?

Il campanello suonò.

Entrambi si voltarono verso l’ingresso. Era sera tardi e non aspettavano visite.

Damon andò alla porta e non appena riconobbe l’aura di chi stava dall’altra parte, si affrettò ad aprire.

Mon ami, ho sentito cos’è successo” disse Sage addolorato “Ma ho buone notizie. Ti ho portato qualcuno che ci può aiutare” lo informò spostandosi di lato, rivelando un uomo vestito elegantemente che attendeva di essere presentato.

Anche la nonna di Bonnie si avvicinò all’ingresso e guardò sospettosa i due nuovi arrivati. Ignorò completamente Sage e si concentrò sull’altro. Qualcosa di misterioso aleggiava intorno all’uomo.

Istintivamente allungò una mano e gli toccò un braccio. Sgranò gli occhi e si rifugiò maggiormente in casa intimando a Damon di allontanarsi.

“Non farlo entrare” lo avvertì “E’ uno di loro!”.

Damon aggrottò la fronte e chiese spiegazioni a Sage.

“Non c’è niente di cui preoccuparsi” lo tranquillizzò il francese.

“Se posso intromettermi” l’interruppe l’altro “Il mio nome è Elijah”.

 

“This Romeo is bleeding
But you can't see his blood
It's nothing but some feelings
That this old dog kicked up
It's been raining since you left me
Now I'm drowning in the flood
You see I've always been a fighter
But without you I give up”

(Always- Bon Jovi).

 

Il mio spazio:

Buona sera ragazze! Come state?

Finalmente sono riuscita ad aggiornare nella data prestabilita … non ci credo!

Allora, che ve ne pare di questo Klaus? Sinceramente credo si avvicini molto di più al personaggio spietato del libro anche se nel suo modo di parlare mi sono ispirata un po’ allo show.

Allora in questo capitolo ritornano Sage e la nonna di Bonnie e appare un nuovo personaggio, Elijah, sotto il suggerimento di alcune di voi. Ovviamente non sarà proprio uguale a quello della serie, ci sarà qualche piccolo cambiamento.

Bonnie si è cacciata in un bel guaio, come ne uscirà secondo voi? Damon ce la farà a salvarla?

Mancano tre capitoli alla fine della storia, più due di epilogo. Considerando i miei tempi di aggiornamento, mi sa che finiremo dopo le vacanze di Natale ma… cavolo, il tempo passa così in fretta che mi dispiace già.

Anche il banner di questo capitolo è stato creato da Bumbuni ed è di sua proprietà. Lo trovo bellissimo!

Non ho altro da aggiungere; questo è stato solo il preludio di ciò che succederà prossimamente. Bonnie forse ci sorprenderà.

Ringrazio tantissimo tutti colore che leggono, commentano e seguono la storia; come al solito mi rendete felicissima.

Buon weekend!

Fran;)

 

*Maddox è il nome di uno degli stregoni di Klaus in TVD.

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Capitolo 38
*** Savin's what I need ***


Ashes &Wine

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Capitolo trentotto: Savin’s what I need.

 

“Little one's broken lying on the ground
Trying to get up 'till his last breath out
Wings are strung everywhere, there's blood all around
'Cause even angel's die, but that light just fades
It's so sad, but he'd be so proud”

(Broken angel- Hanson).

 

 

 

Ci furono attimi di esitazione.

I quattro all’ingresso si scambiarono occhiate sospettose. Damon sembrava l’unico a non aver capito che cosa stesse succedendo.

La nonna di Bonnie aveva un’espressione terrorizzata in volto e non staccava gli occhi da quell’Elijah che non appariva per niente turbato da quell’astio.

Sage si stava sinceramente preoccupando; credeva che il suo ritorno sarebbe stato accolto con gioia e invece aveva scatenato ulteriore tumulto.

“Non farlo entrare” ripeté Sheila “Non è qui per aiutarti”.

“Sono un vampiro, non posso invitarlo in casa. Solo Bonnie potrebbe” disse Damon con voce bassa e triste.

“Allora non abbiamo niente da dirci” concluse Sheila e mise mano alla porta per chiuderla.

Sage la bloccò e si rivolse al suo vecchio amico “Devi ascoltarlo se vuoi salvare la tua petit rossa. Mi conosci da secoli, devi fidarti di me”.

“Chi sei?” chiese Damon che cercava di vederci chiaro in quella faccenda.

“E’ uno di loro” presa la parola la donna “E’ uno degli Originali”.

Ce n’era più di uno? Damon spostò lo sguardo su Elijah. La sua totale ignoranza sulla storia della sua specie era imbarazzante, ma sinceramente non gli era mai importato nulla.

Aveva sentito storie riguardo questi vampiri antichi e potenti. Lui non li aveva mai incontrati, non ne era mai stato infastidito, perciò non si era neppure sprecato a scoprire altro sul loro conto.

Ora se ne pentiva.

Bonnie era tra le mani di Klaus, un Antico; e lui era costretto a mettere pace tra la nonna fin troppo battagliera della giovane ed Elijah, un altro Antico.

“Che cosa sta succedendo qui?” la voce di Stefan giunse provvidenziale.

Damon si voltò come se si aspettasse di trovare un santo corso in suo aiuto “Grazie al Cielo! Fa’ tu da mediatore perché la mia pazienza si sta esaurendo” sbottò.

“Non c’è niente da mediare! Non scenderò a patti con quell’assassino” s’imputò Sheila, tanto che Stefan cominciò davvero a preoccuparsi.

“Fratellino, ti presento Elijah, un Originale” spiegò Damon.

“Un altro?” inorridì Stefan.

“Credo che sia giunto il momento di chiarire la mia posizione” suppose il suddetto vampiro allarmato dalla piega che stava prendendo quella conversazione.

“Dovete ascoltarlo” ripeté Sage “Siamo tutti dalla stessa parte qui”.

“Vale un tentativo” accettò Stefan.

“Io non posso entrare in casa. Sarebbe un segno carino se usciste voi” propose Elijah, un po’ infastidito da quella diffidenza.

“Comincia a parlare. Se mi piacerà quello che hai da dire, allora potrei anche avvicinarmi” replicò il maggiore dei Salvatore.

Elijah sorrise “Sei piuttosto famoso, Damon. Le voci dicono che tu abbia ammaliato molte più donne di quanto si possa avere memoria”.

L’altro alzò le mani con nonchalance “E’ bello sapere che qualcuno apprezza le mie qualità”.

“Dicono anche che sei impulsivo, arrogante e testardo” continuò il vampiro “Ti consiglio di abbandonare questa tue qualità o non salverai mai la tua strega”.

Lo sguardo di Damon si scurì. Una volta si sarebbe arrabbiato solo per il tono superiore con cui era stato rimproverato, ora il suo unico cruccio era riportare Bonnie al sicuro. Sentirla nominare gli provocava un moto al cuore.

“Perché non ci spieghi che rapporto ti lega a Klaus?” domandò Stefan “Siete entrambi Antichi, che cosa significa?”.

“Ero un umano anche io, sapete” raccontò lui “Migliaia di anni fa ero solo un inutile uomo, debole e insignificante in confronto alla natura che mi circondava. I pericoli erano infiniti, tutto ci poteva uccidere in un attimo: animali, malattie, anche solo il maltempo ci spaventava”.

“O mio Dio! Hai intenzioni di partire dagli arbori del mondo?!” esclamò Damon impaziente.

Sage lo fulminò con un’occhiata.

Elijah si limitò ad un’alzata di sopracciglia, totalmente indifferente alla fretta dell’altro vampiro e proseguì con la sua storia “Io e alcuni uomini del mio villaggio, amici, decidemmo che dovevamo trovare un modo per tenere al sicuro le nostre famiglie. Avevamo sentito delle storie riguardo uomini e donne che avevano il potere di dialogare con la natura e con gli spiriti. Potevano fare cose sconosciute ai semplici umani. Io e i miei compagni compimmo un lungo viaggio fino alle coste della Scozia, la terra dei Druidi. Trovammo un gruppo di streghe disposte ad ascoltarci che alla fine accettarono di aiutarci. Ci dissero che ci avrebbero donato un Potere immenso, che saremmo stati superiori agli altri esseri viventi e che avremmo potuto proteggere le nostre famiglie da ogni pericolo; ci avvertirono anche che ogni magia aveva un suo prezzo e che il nostro non sarebbe stato solo un dono ma pure una maledizione”.

“E’ così che siete diventati vampiri?” disse Stefan.

Elijah annuì “Presto ci rendemmo conto quanto fosse grave il prezzo da pagare. La sete di sangue si faceva sempre più intensa e incontrollabile; alcuni di noi uccisero i propri cari nel tentativo di soddisfare la loro indole e tutti fummo costretti a veder morire le nostre famiglie, perché potevamo proteggerle da tutto tranne che dalla vecchiaia. Al tempo eravamo molto inesperti, nessuno ci aveva detto che avremmo potuto trasformare altri in vampiri, lo scoprimmo solamente quando fu troppo tardi. Eravamo adirati e ci sentivamo traditi dalle streghe. Ci avevamo aiutato ma senza guidarci in quel difficile cammino. Volevamo vendicarci e cominciammo a seminare stragi e a creare altri come noi”.

“E così si generò tutta la stirpe dei vampiri. Fantastico, ma cosa c’entra con Bonnie tutto questo?”.

“Klaus era uno di loro” li informò Sage “E’ stato uno dei primi ad essere trasformato e il primo a perdere la testa”.

“Aveva perso tutta la sua famiglia; credevamo volesse davvero proteggere gli altri abitanti del villaggio ma la sua era solo sete di potere. All’inizio non ce ne accorgemmo, eravamo troppo inebriati dalla nostra invincibilità e dalla nostra rabbia. Con l’andare dei secoli ci rendemmo conto che il dolore altrui ci era totalmente indifferente, non provavamo più l’adrenalina di una volta. Eravamo diventati più raffinati, non ci piaceva mischiarci con gli altri vampiri e per assurdo nutrivamo più empatia nei confronti degli umani. Capimmo che ci eravamo comportati in maniera scellerata; noi non avremmo dovuto nemmeno esistere. Formammo una sorta di Consiglio, tutti sullo stesso piano, nessuno più potente dell’altro. Klaus non era della nostra stessa idea, non poteva concepire che qualcuno limitasse la sua forza e si staccò dal gruppo”.

Ora anche Damon ascoltava interessato senza aggiungere nessuno commento sarcastico. Sentiva che si stavano avvicinando al ruolo che Bonnie giocava in tutta quella storia. Forse, finalmente, qualcuno gli avrebbe svelato come salvarla.

“All’inizio non ci preoccupammo, era soltanto una testa calda; poi cominciarono a girare voci riguardo streghe con il Potere d’incanalare l’energia e usarla a loro piacimento, si diceva che potessero perfino ipnotizzare un Originale. Anche Klaus sentì quelle dicerie e a quel punto ci fu una corsa contro il tempo”.

“Com’è possibile che in tutti questi anni non sia mai riuscito nel suo intento?” si stupì Stefan.

“Perché le abbiamo sempre trovate prima noi … e uccise”.

Neppure la super vista del vampiro poté accorgersi dell’attacco repentino di Damon che, in un millesimo di secondo, lasciò il rifugio sicuro della casa e si lanciò contro l’Antico sbattendolo a terra. Lo tenne fermo per la gola.

“Non credo che userò i tuoi metodi dopotutto” gli ringhiò ad un centimetro dal viso “Vedi nel mio piano … la strega rimane in vita”.

Elijah avrebbe potuto strappargli il cuore con una semplice mossa ma non si scompose. Quello era un suo alleato e doveva giocarsi bene le sue carte.

Ci pensò Sage a liberarlo dal corpo di Damon. Lo prese per la maglia e lo trascinò via allontanandola con una spinta.

“Lo sapevo che era solo un trucco!” urlò Sheila.

Damon la ignorò e si scatenò su Sage “Che cosa ti è venuto in mente di portarlo qui?”.

“E’ diverso ora …”.

“E’ questo il tuo grande aiuto? Toglierla dalle mani di un pazzo per consegnarla ad un altro? Ma da che parte stai?”.

“Se lo lasciassi finire di parlare!”.

“Non starò qui a sentire mentre mi racconta i mille modi per uccidere una strega. Non m’importa se Bonnie è la fonte dei loro guai, nessuno qui le torcerà un capello” ruggì sempre più furioso.

“Non è Bonnie la sua vittima!” replicò Sage “E’ Klaus. Il Consiglio ha deciso di uccidere Klaus una volta per tutte”.

“Credevo che gli Antichi non si potessero uccidere” obiettò Stefan.

“Si può” confermò Elijah “Basta avere l’arma giusta”.

 

Klaus non avrebbe mai immaginato che quella ragazzina così fragile e giovane potesse sopportare un livello tale di tortura senza piegarsi.

La cosa lo affascinava invece che infastidirlo. Se il suo Potere raggiungeva i livelli della sua volontà, allora sarebbe stato sul serio inarrestabile una volta assorbita quell’energia.

Erano rintanati in un luogo disperso e deserto della Virginia, protetti da un incantesimo di copertura. Nessuno li avrebbe mai trovati. Aveva tutto il tempo del mondo per convincerla.

D’altra parte si sentiva anche un po’ offeso, quasi oltraggiato. Non aveva mai incontrato qualcuno che lo volesse sfidare così tenacemente. Chi era quella piccola rossa per mettersi contro il più grande vampiro di tutti i tempi? Come si permetteva di ostacolarlo e negargli quel prezioso dono?

E poi arrivava la paura. La paura di perdere. La sconfitta non era qualcosa disposto ad accettare, ma doveva ammettere che in quei secoli ne aveva incassate parecchie, perché in un modo e nell’altro i suoi piani erano sempre andati in fumo per colpa degli altri Originali.

Adesso, per la prima volta in centinaia di anni, teneva stretta tra le mani l’unica che avrebbe potuto esaudire il suo desiderio più profondo.

Per tutta la vita era stato perseguitato da Elijah e i suoi compagni. Loro non potevano capirlo, erano soltanto invidiosi. Si erano subito stufati della loro vita, non comprendevano neanche lontanamente il fascino e il valore dell’immortalità e di un Potere immenso; lui sì.

Non voleva confondersi con quel branco di mediocri. Klaus era migliore di loro, Klaus era l’unico che si sentisse degno di portare il nome di vampiro. Riteneva quella trasformazione come un dono, un privilegio. Ne era onorato e non l’avrebbe sprecato per essere uguale a tutti gli altri. La parità non faceva per lui.

Sapeva che era in atto un complotto per toglierlo di mezzo; doveva proteggersi. Una volta ottenute le capacità di Bonnie sarebbe stato nettamente superiore ad ogni forma vivente e soprattutto avrebbe messo in atto la sua rivincita sui suoi vecchi amici.

Avrebbe fatto loro rimpiangere di avergli tolto secolo dopo secolo la possibilità di realizzarsi. Tutte le streghe che erano nate con Poteri speciali erano state eliminate. Non credeva che qualcuna fosse scampata a quella pulizia.

Osservò Maddox infliggere ancora una volta il finto aneurisma alla ragazza. Lei si contorse e gridò.

A Klaus quella visione fece pena. Non inteso come sentimento di pietà, ma di disgusto. Era uno spettacolo penoso, patetico nell’accezione più negativa che si potesse trovare. Una ragazza dai Poteri così straordinari costretta a soccombere sotto gli incantesimi di un mago che, a conti fatti, valeva la metà di lei.

Il vampiro non avrebbe mai permesso che tali capacità finissero in un esserino così debole; perché nonostante la strega fosse molto orgogliosa e determinata, rimaneva pur sempre un’umana, custode non adatta di una simile magia.

Klaus odiava le streghe. Non aveva mai capito come un potere così grande potesse essere affidato a persone tanto indegne.

Lui non avrebbe commesso gli stessi sbagli.

Si avvicinò ai due. Bonnie era svenuta, stremata.

“Ancora non collabora?” s’informò il vampiro.

“Niente da fare; è testarda ma tutti prima o poi cedono. Non potrà sopportare ancora per molto i miei incantesimi”.

“Perché non riesco a penetrare la sua mente? So che le sue capacità speciali la proteggono ma questo non mi ha impedito di controllare i suoi sogni per tutto questo tempo”.

“Le condizioni sono diverse, ora. Prima si sentiva al sicuro, in casa sua, non credeva che tu avresti potuto raggiungerla e ha permesso alla sua mente di abbassare la guardia. Adesso è in una situazione di pericolo e sta sulla difensiva. Anche quando dorme, i suoi Poteri alzano le barriere”.

“E non si può fare niente per rimediare?”.

“Te l’ho già detto, non potrà resistere ancora molto. Tra qualche giorno sarà talmente stravolta che non riuscirà a compiere nemmeno il più semplice degli incantesimi. Forse potrai perfino soggiogarla affinché ti ceda i suoi Poteri”.

“Sarà meglio che funzioni” sbottò Klaus “Ho altri metodi per persuaderla e non credo che le piacerebbe il mio piano di riserva”.

Maddox prese tra le mani il volto della giovane e chiuse gli occhi “La sua aura si sta indebolendo. Se vado avanti così forse per stasera potrai giocare un po’ con la sua mente. L’ultima volta i tuoi incubi l’hanno fatta uscire allo scoperto; potrebbe funzionare ancora”.

“Continua con il tuo lavoro” ordinò Klaus “Prima di ricominciare però portala in bagno e dalle da mangiare. Mi serve viva”.

Lasciò lo stregone al suo lavoro e si allontanò dal capannone, diretto verso la città più vicina. Aveva bisogno di nutrirsi.

Avere tra le mani una strega dal sangue così dolce e non poterne usufruire iniziava a diventare un vero supplizio. Si consolò con il pensiero che presto non solo avrebbe goduto di quel dolce nettare ma avrebbe anche assorbito tutti i suoi Poteri rendendosi finalmente inattaccabile.

La morte lo aveva sempre spaventato. Fin da bambino quando era rimasto solo al mondo, dopo la scomparsa della mamma.

Nessuno aveva mai saputo chi fosse il padre e un po’ tutto il villaggio si era preso cura di quel piccolo che, però, non si era mai sentito parte di nessuna famiglia. Era cresciuto solitario e diffidente, estraneo ad ogni forma di affetto. Non capiva l’amore, si era rifiutato di concepirlo. Per anni aveva visto la gente del suo villaggio morire e altri soffrirne, lui stesso aveva sperimentato quel tipo di dolore. Si era autoescluso da ogni forma di stretto contatto, si era sentito sradicato; alla fine aveva sviluppato un’indole egoista e approfittatrice.

Quando un giorno gli altri uomini gli avevano parlato di un viaggio per ottenere il potere di proteggere le loro famiglie, lui non aveva esitato a partire, deciso a conquistarsi lo strumento per difendere se stesso.

Uccidere per sopravvivere non era mai stato un suo problema. Essere un vampiro comportava enormi vantaggi, in primis la possibilità di spegnere tutte le emozioni, compreso il senso di colpa. La sua natura feroce e calcolatrice si era amplificata, così come la sua sete di potere. Si era sentito come un dio, invincibile e intoccabile, superiore a tutti, capace di qualunque cosa.

Mentre gli altri avevano cominciato a pentirsi lentamente delle loro scelleratezze e a considerare il vampirismo come una maledizione, Klaus si era sempre più inebriato di quella eccezionalità cercando e progettando nuovi modi per elevarsi sopra tutto e tutti.

L’immortalità era divenuta la sua consolazione più grande, il suo puntello. L’idea che qualcuno potesse essere anche solo un suo pari lo mandava in paranoia. Vedeva negli altri suoi compagni dei rivali, invidiosi e malevoli. Viscidi esseri che desideravano liberarsi di lui.

Poi c’erano le streghe. Lo avevano odiato fin dal primo momento, lo avevano reputato troppo arrogante e non meritevole di una tale forza. Erano prevenute e rancorose. Si compiacevano delle sue sconfitte.

Klaus sapeva di essere attaccato su tutti i fronti. Si era prodigato per cercare in lungo e in largo una protezione sicura ed efficace. Doveva rendersi invulnerabile.

Era in vita da così tanto tempo che si era disabituato alla morte. Nascere, crescere, vivere e morire; quello era il ciclo. Ma un vampiro come lui non poteva sottostare allo stesso fato di tutti gli altri.

Bonnie era una strega speciale; Elijah lo aveva ostacolato per troppo tempo. Ora finalmente era arrivato il suo momento e quella stupida, piccola ragazzina non gli avrebbe impedito di perseguire il suo scopo.

Se non voleva cedere con il dolore, allora ci avrebbe pensato lui.

 

Bonnie si guardò intorno spaesata. Ricordava di essere svenuta dopo l’ennesima tortura e poi il nulla. Quando aveva aperto gli occhi, però, non si era ritrovata nella solita gabbia circondata dal nulla. Klaus e Maddox erano spariti.

Al loro posto, intorno a lei, si estendeva solo un fitto gruppo di alberi. Il terriccio sotto di lei era umido, probabilmente era mattina presto.

Come diamine ci era finita lì?

Di certo non era stata lei a scappare ma perché portarla in quel luogo? Quale altro sevizio si erano inventati per farla impazzire?

Sembrava un bosco qualunque, innocuo. Volevano forse darla in pasto a qualche bestia? A che scopo se poi non avrebbe potuto donare i suoi Poteri a Klaus?

C’era decisamente qualcosa che non quadrava ma Bonnie non capiva. Tutto appariva molto tranquillo, lontano da qualsiasi rischio. Lei stessa non avvertiva auree minacciose nei paraggi.

Si alzò in piedi e cautamente curiosò intorno in cerca di qualche indizio che le potesse dire cosa le stava accadendo.

Quello, però, rimaneva sempre e solo un bosco. Un normalissimo bosco.

Come tanti, come l’Old Wood.

La rossa si appoggiò stancamente ad un tronco ripensando alla foresta che circondava Fell’s Church. Le cavalcate al suo limitare. Non le sarebbe mai piaciuto girovagare tra quegli alberi da sola ma in quel momento lo avrebbe preferito a ciò cui era stata sottoposta.

Attese e attese. Non successe niente. Nessuno si fece vivo.

Iniziò a camminare. Starsene fermi non sarebbe servito a niente. Proseguì per un po’, incespicando in qualche radice. Procedette lentamente girandosi a destra e sinistra per controllare di non essere seguita. La cosa si fece davvero strana quando appurò che effettivamente nessuno la stava pedinando. Magari la tenevano d’occhio da lontano, ma alla fine né Klaus né Maddox apparvero a fermarla. Qualunque fosse il loro piano, Bonnie non riusciva proprio a capirlo.

Dopo aver percorso un buon tratto, la ragazza cominciò a pensare che non sarebbe arrivata da nessuna parte. Probabilmente stava pure girando intorno e nemmeno se n’era accorta.

Il diramarsi degli alberi, però, catturò la sua attenzione: si stava avvicinando ai confini di quella foresta. Scorse una strada, coperta ancora da alcuni tronchi che le impedivano la vista. Accelerò il passo e giunse alla fine.

Conosceva quella strada. L’aveva percorsa decine di volte negli ultimi mesi. Il cuore incominciò a batterle furiosamente dalla gioia e lei non fece caso a quanto sospetta fosse la situazione. Si limitò a correre come mai in vita sua.

Quello era davvero l’Old Wood e quella era la strada principale che attraversava tutta Fell’s Church; proprio lì a destra l’aspettava una traversa che l’avrebbe portata al Pensionato. Aumentò la velocità.

Aveva poco fiato ma voleva arrivare a casa. Non si chiese se davvero l’avessero lasciata andare, né il perché.

Era troppo felice per porsi delle domande. Era il suo momento di estrema felicità e non voleva rovinarselo. Forse era morta e quello era solo un sogno, ma sarebbe stata disposta a vivere per sempre nell’illusione, se avesse significato incontrare di nuovo tutti i suoi amici, la sua famiglia. Damon.

Saltellò quasi per tutto il vialetto di entrata e si fermò giusto davanti alla porta. Mise una mano sulla maniglia ma questa si abbassò. Un secondo dopo Stefan Salvatore era apparso sulla soglia.

Bonnie sorrise raggiante, con le lacrime agli occhi “Stefan!” esclamò.

Lui non la degnò neppure di uno sguardo. Si sistemò meglio un borsone sulla spalla e uscì a passo spedito, sorpassandola come se fosse stata invisibile.

La giovane lo seguì con lo sguardo, crucciata e incredula. Lo seguì fino al garage e lo chiamò un’altra volta “Stefan. Stefan sono io, sono tornata”.

Nessuna reazione, come se non l’avesse sentita.

Bonnie non seppe interpretare quel comportamento. Che non potesse vederla? Era forse quella la sua punizione? Klaus non poteva concederle un lieto fine neppure da morta; doveva per forza tormentarla per l’eternità?

Il vampiro chiuse con impeto il baule della macchina. Appariva furioso e triste, svuotato e amareggiato.

La rossa s’impensierì sul serio.

Rimase immobile fino a che l’auto non fu sparita oltre il cortile, e si decise ad entrare in casa. Doveva fare un altro tentativo.

Salì le scale saltando i gradini, fino all’ultimo piano. Tentennò davanti alla porta di Damon. Era terrorizzata che perfino lui potesse ignorare la sua presenza ma era fiduciosa. Quello che la legava al vampiro era una connessione troppo forte per poter essere spezzata da stupidi trucchetti. Avrebbero superato in qualche modo quell’ostacolo, si sarebbero riuniti perché così doveva essere.

“Damon” sussurrò alla camera vuota. “Damon” ripeté con più voce.

Eccolo comparire, appena fuori dal bagno, con indosso solo un paio di pantaloni. Bello da togliere il fiato. La fissò con il suo solito sorriso sornione ma i suoi occhi risplendevano di una felicità folgorante. L’intensità del suo sentimento cresceva sempre più, limpida sul suo volto, splendeva nella sue iridi. Solo un’altra volta l’aveva guardata in quel modo: durante la loro ultima notte insieme, quando lei gli aveva chiesto di amarla semplicemente da uomo.

“Sei arrivata finalmente”.

Lo sapeva. Bonnie sapeva che Damon l’avrebbe riconosciuta; era l’unico ad avere quel potere, l’unico che non poteva essere ingannato. L’aveva trovata.

La strega non riuscì a muovere neanche un passo. Una figura le sfrecciò accanto tuffandosi tra le braccia del vampiro che l’accolsero senza esitazioni.

Una ragazza dai lunghi e lucenti capelli biondi. Elena Gilbert.

Senza aggiungere una parola presero a baciarsi come se non ci fosse un domani. Stretti in un abbraccio soffocante, persi l’uno nell’altra, le loro dita artigliate attorno agli altrui vestiti per non lasciarsi mai.

Bonnie percepì una fitta all’altezza del cuore. Totalmente smarrita, indietreggiò cercando appiglio in un mobile. Le gambe minacciarono di cedere.

“Se n’è andato sul serio?” chiese Elena con un fil di voce, separandosi dal vampiro giusto lo spazio per parlare.

Damon annuì “Non sopportava di rimanere nella nostra stessa città. Lo capisco, nemmeno io sarei resistito ancora molto a vederti nella braccia di Stefan”.

“Mi sento così in colpa” si lamentò Elena liberandosi dall’abbraccio e sedendosi sul letto “Non avrei dovuto illuderlo”.

“Era inevitabile. Io e te siamo fatti per stare insieme, ci completiamo, ci capiamo. Non possiamo tirarci indietro ora; abbiamo già negato i nostri sentimenti troppo a lungo, soprattutto tu. Siamo stati degli sciocchi a pensare che Stefan e Bonnie potessero renderci felici”.

Questo fece male. La strega sentì il suo cuore sgretolarsi lentamente.

“Non ti sembra che la stiamo tradendo? Insomma, lei è nella mani di Klaus e noi ci diamo alla pazza gioia?”.

“L’avrei lasciata comunque ad certo punto” ammise Damon “Non era quello che cercavo, non lo è mai stato. Ho solo provato a distrarmi. Non volevo che finisse così, Elena, l’avrei protetta se avessi potuto. Ora però è andata, sparita chissà dove, forse Klaus l’avrà anche già uccisa. Non la troveremo mai più. Dobbiamo rassegnarci e andare avanti. Non mi farò tormentare dal senso di colpa; dopotutto se l’è cercata, è stata lei a scappare”.

Non lasciò tempo di replica; prese la bionda per il volto e la baciò nuovamente spingendola a stendersi sul letto. La maglietta di lei volò oltre le loro teste.

Bonnie desiderava correre via ma i suoi piedi sembravano incollati al pavimento. La vista era oscurata dalle lacrime. Urlò quasi istericamente, sconvolta e disperata “Voi non potete … non potete abbandonarmi così!” li accusò “Non smettete di cercarmi, sono qui, sono viva. Tu me lo avevi promesso. Lo hai promesso a mia madre, hai detto che mi avresti protetta! Mi hai giurato che lei non contava più niente … t’importava di me, volevi scambiare il sangue!”.

Parole sconnesse e soprattutto buttate al vento.

“Davvero scortese da parte loro, non trovi?” osservò una voce alle sue spalle “Hanno aspettato che ti togliessi di mezzo per approfittarsi del momento”.

Bonnie spostò l’attenzione su di lui ma non ebbe nulla da obiettare.

“Deve essere terribile sapere che le persone per cui ti sei sacrificata, hanno così poco rispetto dei i tuoi sentimenti e ancor meno della la tua salvezza”.

Le palpebre della ragazza si fecero pensanti. I contorni di Klaus sfocarono sempre più, persero i colori fino a che la sua figura non fu sostituita da una massa nera.

Quando Bonnie riaprì gli occhi si trovò di nuovo nella sua prigione, stesa a terra sul pavimento freddo. Iniziò a ricordare chiaramente cosa fosse successo davvero.

Dopo essere svenuta la prima volta in seguito al male, Maddox le aveva concesso una pausa e l’aveva accompagnata in bagno. Avevano ripreso quasi subito ma il corpo della rossa ancora una volta non aveva retto ed era scivolato a terra privo di sensi. Evidentemente Klaus era riuscito a penetrare nella sua mente.

Quello mise in allarme Bonnie: significava che le sue difese iniziavano a traballare, troppo provate per resistere.

“Bentornata nell’incubo, cara” l’accolse lui.

“Smettila di giocare con la mia testa” ordinò fiaccamente la ragazza mentre tentava di tirarsi almeno seduta.

“Ti stavo solo mostrando che cosa sta accadendo a casa tua mentre tu sei qui ad offrirti così generosamente a me”.

Bonnie sorrise tristemente “Non ti credo”. Con la mente più lucida e lontana da quelle immagini, si rese conto di quanto fosse assurdo e totalmente irreale ciò che aveva visto. Non poteva perdere la speranza in quel momento né tantomeno la fiducia nei suoi amici. Non avrebbe permesso a Klaus di convincerla del contrario o di manipolarla. Per quanto fosse difficile, doveva impegnarsi a reagire e a lottare.

“Chi te lo assicura?” rincarò il vampiro “Damon ed Elena sono fatti l’una per l’altra, sono della stessa pasta. Stefan ha gettato la spugna e tu sei sparita; perché dovrebbero sprecarsi a cercare qualcuno che potrebbe solo dividerli?”.

“Sei in giro da molto tempo ma non hai idea di cosa sia l’amicizia, non sai che significa contare su qualcuno. Mettermi in testa quelle immagini non mi farà piegare più velocemente, mi istiga solo a negarti ciò che vuoi”.

“Ti tradiranno, mia dolce strega, perderanno le speranze e penseranno a loro stessi. Tutti senza eccezione. Sei l’ultima arrivata, non sanno quanto tu sia speciale. Sai perfettamente che il tuo destino è di morire per mano mia, in un modo o nell’altro” si piegò su di lei “Prima o poi ti arrenderai; che ti piaccia o no, adesso sei mia. Maddox!” lo chiamò “La nostra ospite ha bisogno di essere convinta ancora un po ”.

Bonnie strisciò indietro allontanandosi dallo stregone che camminava verso di lei, pronto ad infliggerle nuovo dolore.

Istintivamente nascose il capo tra le mani per proteggersi inutilmente dal male.

Doveva trovare il modo di scappare. E alla svelta.

 

“L’arma giusta?” ripeté Damon sempre più scettico e spazientito “Mi sembra di star giocando a Cluedo. Qualcuno mi dice perché tutto questo mi dovrebbe interessare?”.

Elijah sorrise tranquillamente ed estrasse dall’interno della giacca un paletto.

“E’ di frassino bianco; uno dei pochi rimasti in giro e unico legno che possa uccidere un Antico”.

Gli occhi di Damon s’illuminarono. Fu come se la sua vita acquistasse improvvisamente un senso.  Era stati due giorni d’inferno, durante i quali il suo livello di pessimismo aveva toccato i minimi storici.

Nemmeno in tutti i secoli precedenti si era sentito così solo e vuoto. La colpa per l’ingiusto destino di Bonnie ricadeva sulle sue spalle. Era stato sciocco e ingenuo. Una volta non si sarebbe lasciato ingannare così facilmente.

La nonna della ragazza non aveva saputo risolvere la situazione, Klaus sembrava sparito nel nulla, lui stesso non aveva nessuno potere.

Per quasi quarantotto ore Damon si era preparato al peggio e crogiolarsi nell’incertezza era stato ancora più terribile di quanto potesse immaginare.

Quel pezzo di legno appariva come lo scettro di un re. Finalmente aveva davanti agli occhi una reale possibilità di eliminare per sempre il vampiro che aveva sterminato la famiglia di Bonnie, che l’aveva terrorizzata per gli anni successivi, che aveva osato portargliela via.

Era tempo di vendetta. Era tempo di riprendersi la sua Sissi.

“Perché questa volta è diverso?” si insospettì Stefan “Per quale motivo avete deciso di uccidere Klaus proprio ora?”.

“Uccidere una strega come Bonnie sarà solo una soluzione temporanea. Prima o poi ne nascerà un’altra e la storia comincerà daccapo. Abbiamo ripetuto per migliaia di anni lo stesso schema nella speranza che Klaus desistesse da questo folle piano. Non sopporta di essere superato, non sa che cosa significhi fare parte di un gruppo e mai lo imparerà. Gli abbiamo concesso troppe possibilità e le ha sempre sprecate. Non ci ha lasciato altra scelta”.

“Quindi lo troverai e lo ucciderai con quel paletto?” si accertò Sheila che rimaneva la più diffidente dei tre.

“No” rispose Elijah “Vi consegno l’unica arma in grado di ammazzare un Originale; spetterà a voi il compito di finire Klaus”.

Damon alzò un sopracciglio “Non fraintendermi: non vedo l’ora di infilzare quel bastardo fino a trapassarlo da parte a parte ma non è un po’ vigliacco da parte vostra lasciare il lavoro sporco agli altri?”.

Elijah contrasse la mascella chiaramente seccato da quelle continue libertà che l’altro vampiro si prendeva senza un minimo di rispetto.

“Noi non uccidiamo gli altri Originali. È contro le regole. Questa è una grossa eccezione e siamo stati costretti a misure drastiche. Nessuno accetterà di mettersi contro Klaus; voi siete gli unici disposti a rischiare la propria vita perché avete un interesse. Vi stiamo usando? Sì, ma se tutto andrà bene, tutti otterranno ciò che vogliono”.

Damon e Stefan si scambiarono un’occhiata allarmata. Il problema stava proprio lì: se fosse andato tutto bene.

“Va bene, abbiamo l’arma” iniziò Stefan “Ora dobbiamo solo trovare Bonnie. Qualche idea?” si rivolse all’Antico.

“Temo di non potervi aiutare su questo punto. Klaus è molto abile a nascondersi. I miei compagni stanno perlustrando lo Stato, spero di potervi dare notizie al più presto ma per ora sono all’oscuro come voi”.

Fantastico” sibilò Damon “Adesso sì che abbiamo fatto dei passi avanti”.

“Ci serve del sangue” dichiarò Stefan “Dobbiamo essere nel pieno delle forze se vogliamo affrontare Klaus. Vado all’ospedale, ruberò qualche sacca”.

Dobbiamo?” fu la replica di Damon “Noi non dobbiamo fare niente, io devo andare a riprenderla, io devo affrontare Klaus” chiarì con un tono che non ammetteva obiezioni.

“Capisco le tue manie di protagonismo ma non sono io di solito quello che gioca  fare l’eroe?” lo ribeccò il fratello.

“Klaus è un Originale, non uno dei soliti coniglietti che sei abituato a cacciare. Non ho tempo di badare anche a te mentre cerco di salvare Bonnie e di certo non starò a sorbirmi le lagne di Elena quando ti riporterò indietro in un’urna funebre”.

“Grazie per la preoccupazione ma stai sprecando fiato. Non ti lascerò partire da solo per questa missione suicida e Bonnie non è importante solo per te. Ci siamo dentro tutti e due. Accetta il mio aiuto per una volta”.

Damon rimase colpito dall’intensità di quelle parole e dallo sguardo di Stefan capì che non si sarebbe tirato indietro tanto facilmente. Acconsentì con un cenno del capo; un attimo dopo suo fratello era scomparso, diretto alla banca del sangue.

“Siamo d’accordo?” si accertò Elijah.

Damon prese il paletto e se lo rigirò tra le mani “Mi basta infilzargli il cuore con questo e il gioco è fatto?”. Sembrava troppo semplice.

“Funziona come tutti i paletti” disse Elijah “Attento a non sbagliare mira, Klaus non ti darà una seconda possibilità” lo avvertì “Io raggiungerò i miei compagni nelle ricerche. Quando lo troveremo, chiamerò Sage per fargli sapere tutti i dettagli. Buona fortuna” gli augurò. Scomparve come Stefan, in un istante.

“Non mi fido” esternò infine tutte le sue preoccupazioni la nonna di Bonnie “Non avete sentito? Hanno sempre ucciso le streghe come mia nipote. Chi ce lo dice che non sia ancora il loro piano? O se volessero sbarazzarsi di Klaus solo per aver via libera con lei?”.

“Conosco Elijah da molto tempo. È un uomo di parola, non vi tradirà” li rassicurò Sage mentre tutti i tre si dirigevano in salone.

L’altro vampiro non fiatò. Era impensierito dalle parole del fratello e allo stesso tempo rincuorato: rimaneva sempre bello poter contare su qualcuno.

Probabilmente Stefan si era offerto solo per Bonnie, dopo tutto sacrificarsi come eroe era nella sua natura, ma Damon non ebbe il coraggio d’infastidirsi questa volta, anzi gli era grato. Per lui o per Sissi, Stefan si era offerto di combattere dalla sua parte, di aiutarlo, ma non sarebbe mai sopravvissuto allo scontro.

Bere qualche sacca di sangue umano non lo avrebbe reso invincibile, non gli avrebbe conferito la forza di tenere testa a Klaus.

Damon si ritrovò a preoccuparsi dopo tanto tempo della salvezza di suo fratello. Era sempre stato abituato a cavarsela da solo, si fidava di se stesso, della sue forze, sapeva gestirsi e controllarsi. Avrebbe avuto più possibilità senza Stefan. E magari, gli avrebbe pure salvato la vita.

“Ho bisogno di una mano” disse interrompendo l’animata discussione nata tra il vampiro francese e la nonna di Bonnie.

“Stefan non può venire con me” affermò “Si farebbe ammazzare subito. Non ho tempo di badare anche a lui. Dovete impedirgli di seguirmi”.

“Potrebbe esserti di aiuto, invece” insinuò Sage.

“Non ci sono molte probabilità di uscirne vivi. Non mi serve il suo aiuto”.

Sage sospirò rassegnato. Nella sua mente contorta il suo amico cercava solo un modo per proteggere l’unico fratello che aveva, la sua famiglia.

“Con tutto il rispetto, Damon” si oppose Sheila “E’ mia nipote che deve essere salvata; non ce la farai mai da solo. C’è bisogno di qualcuno che ti copra le spalle. Non ho intenzione di fermare l’unico che potrebbe volgere in nostro favore le sorti dello scontro” sentenziò “Anzi, verrò anche io”.

Damon alzò gli occhi al cielo. Era finito in un covo di martiri.

“Questa generosità mi sta nauseando” commentò “Sheila, sono stato molto paziente con lei ma adesso mi deve ascoltare. Io ho tirato fuori Bonnie da quella casa insanguinata, io le ho dato una famiglia, io l’ho tenuta al sicuro fino adesso e posso continuare a lungo con la lista dei miei meriti, ma sono stato sempre io in tutti questi anni! Questa cosa si fa a modo mio e se non è d’accordo quella è la porta” sbraitò.

La donna incassò il colpo e gli lanciò un’occhiata di fuoco. In altre circostanze lo avrebbe fatto volare dall’altra parte del Pensionato ma al momento le serviva.

“Quando Elijah ci dirà di preciso dove si trovano, dovrete mettere Stefan fuori gioco … in qualunque modo” proseguì Damon.

“Sei sicuro che sia la decisione migliore? Se davvero vuoi salvare Bonnie, sarà utile una persona in più. Noi tutti potremmo venire …”.

“Voglio coglierlo di sorpresa, se sono solo sarà più facile” spiegò.

“E se fallissi?” ipotizzò la donna.

“Se non torno entro un giorno, andate a cercarla” concesse Damon “Ma fino ad allora tenete Stefan a bada”.

Non ci fu il tempo per gli altri due di aggiungere qualcosa perché il cellulare del vampiro iniziò a squillare.

Guardò il display: numero sconosciuto. Aggrottò la fronte.

“Pronto?”.

“Damon?”.

Trattenne il fiato. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.

 

Klaus aveva sempre trovato l’amore una cosa molto stupida. Nemmeno riusciva a concepire il concetto di amicizia, figuriamoci l’idea di essere legato inevitabilmente ad un’altra persona.

Per tutta la sua vita aveva evitato accuratamente di cadere nei tranelli dell’amore e si era premurato di non costruire nessun tipo di rapporto, nemmeno con gli altri Originali.

Non avrebbe potuto prendere una decisione migliore. Sapeva che se avesse permesso a qualcuno di scalfire il suo muro, quel qualcuno lo avrebbe fatto desistere dai suoi intenti. Essere soli significava essere liberi.

Klaus era diventato così grande grazie alla sua tenacia e alla sua determinazione a contare solamente sulle proprie forze. Se avesse dato retta ad Elijah e agli altri si sarebbe trasformato in uno dei tanti vampiri da quattro soldi che rimpiangevano la loro vita umana.

Non capiva come una ragazza dal corpo così delicato potesse sopportare un tale sfinimento per persone che le avevano procurato più sofferenze che gioie, che le avevano tappato le ali.

Era suo compito portarla a spezzare i suoi legami. Una ragazza sola diventava molto più vulnerabile; sarebbe stato molto più semplice convincerla.

Klaus era stato reso forte dalla solitudine, Bonnie ne sarebbe stata indebolita.

Aveva passato gli ultimi anni della sua vita a studiare un piano per dividerla dai suoi affetti. Suo fratello Zach aveva già svolto un ottimo lavoro mandandola in Italia. Christopher aveva cercato di metterla contro la sua famiglia senza successo. Katherine le aveva svelato il vero responsabile dell’assassinio di Zach. Tutti i tentativi erano andati a vuoto.

La bontà di quella ragazzina le impediva di chiudersi ad ogni contatto umano, la portava istintivamente a perdonare, amare e capire tutti coloro cui voleva bene. In un modo o nell’altro aveva superato il dolore per i segreti e le bugie. Un rapporto del genere era davvero difficile da rompere.

Per questo doveva far sì che Bonnie lentamente incominciasse a dubitare di quel legame, che credesse di essere stata abbandonata per sempre. Lei così generosa da sacrificare la sua felicità e loro sollevati di non doversi più preoccupare di un tale peso. Lì sarebbe entrato in scena lui; con i suoi trucchetti mentali l’avrebbe indotta a cedergli i Poteri, promettendole di liberarla da quell’insopportabile sconforto.

Il ricordo della sua vita le dava coraggio. Era giunto il momento di strapparglielo, farlo a pezzettini, frantumarle ogni suo sogno e attirarla dalla sua parte.

Camminò fino alla gabbia e si appoggiò alle sbarre. La giovane non aveva notato la sua presenza: stava dormendo rannicchiata a terra. Era talmente piccola che quasi non si vedeva.

Prima di svegliarla, pensò di divertirsi ancora un po’ con la sua mente. Era la via più diretta per arrivare al suo inconscio per girarlo a suo favore.

L’ondata di Potere che direzionò verso di lei si infranse contro una solida barriera. Klaus ruggì frustato. Quella mattina ci era riuscito e adesso veniva ancora ostacolato? Aprì con uno scatto secco la gabbia.

La rossa alzò la testa di scatto a quel rumore. Guardò il vampiro e strisciò sul pavimento, allontanandosi da lui come un animale spaventato.

I suoi occhi erano stanchi. Dopo che Klaus aveva invaso la sua mente con quel terribile incubo, lei temeva di addormentarsi e rivivere tutto. Alla fine, colta dalla fatica, si era lasciata andare al sonno. Aveva innalzato di nuovo le sue difese, nella speranza che questa volta avrebbero retto.

Si tirò le ginocchia al petto e il suo stomaco brontolò. Non aveva mangiato quasi nulla, la nausea per i continui dolori fisici era troppo forte; ma almeno le avevano permesso un paio di volte di andare in bagno.

Attese la mossa di Klaus. Lui si limitò a fissarla, fermo sulla soglia della gabbia.

“Non funzionerà” gli disse Bonnie “Non ti darò quello che vuoi; tanto vale che mi uccidi”. Era più che altro una supplica velata da un po’ di spavalderia.

“Sarebbe una bella liberazione, eh?” fu la replica del vampiro “Sono un tipo molto paziente, ho aspettato secoli per avere una come te tra le mani, posso resistere qualche giorno in più. E poi sono anche testardo. Quando voglio una cosa, la ottengo” ghignò “Ma per adesso non voglio riprendere l’allenamento”.

“Allora perché sei qui?”.

Klaus entrò e si sedette di fronte a lei “Voglio parlare un po’ di te”.

Bonnie alzò le sopracciglia incredula: prima la sbatteva in una cella e la torturava fino allo stremo e poi s’interessava della sua vita?

“Perché lo fai?”.

“Cosa?”.

“Hai dei Poteri immensi, non ancora bene sviluppati ma potresti fare grandi cose. Avresti potuto studiare con le streghe o scappare già da molto tempo, invece sei rimasta per il bene di persone che probabilmente non si stanno nemmeno sprecando a cercarti”.

“Non voglio che vengano a cercarmi. Voglio che siano al sicuro” rispose Bonnie accucciandosi di più su se stessa. Se si fossero anche solo avvicinati, Klaus li avrebbe distrutti. Sarebbero morti tutti e tutto ciò che lei aveva fatto, avrebbe perso senso.

Il vampiro arricciò le labbra “Analizziamo un attimo per chi hai sacrificato tutto, ti va?” le chiese innocentemente.

In realtà no.

“Dal quadro generale non la scampa nessuno direi” annotò “Tutti in un modo o nell’altro ti hanno mentito o raggirato. Quando sei arrivata, nessuno voleva davvero essere tuo amico, dovevano solo tenerti a bada. Ma andiamo nello specifico. Partiamo da Stefan: ti ha ingannato per proteggere un fratello che da secoli lo tormenta e che odia, ma ha comunque preferito salvaguardare lui che te. Elena, la tua cara amica Elena che pur sospettando i tuoi sentimenti per Damon lo ha tenuto legato a sé. È una ragazza bellissima e determinata. Ora ha scelto Stefan ma se dovesse cambiare idea, non si farebbe certo scrupolo per quello che provi tu, non scambierebbe mai la sua felicità per la tua. E il piatto forte: Damon, il vampiro che ti ha tenuto lontana da me per tutti questi anni” e un lampo di rabbia gli attraversò gli occhi. Bonnie tremò.

“Ha ucciso tuo fratello, ti ha trattata come uno zerbino, non ti ha considerata per mesi e quando Elena lo ha rifiutato è corso da te. Mi sembra che tu abbia rivolto la tua bontà a persone ingrate”.

“Non pretendo che tu capisca l’altruismo. Fare senza chiedere niente in cambio”.

“Sono inesperto in materia” ammise “Però mi sembra che tu abbia rinunciato a molto per nulla”.

Bonnie distolse lo sguardo. Non era mai piacevole rivivere quei mesi visti da quella prospettiva. Alcune delle questioni sollevate da Klaus se le era poste lei stessa. Con il tempo erano state smentite ma facevano ancora male.

“Cosa speri di ottenere?” domandò svogliatamente la rossa.

“Vorrei che capissi quanto questa tua ostinazione non ti porterà da nessuna parte. Resistermi non ti salverà e non farà correre i tuoi amici in tuo aiuto. Ricordati che se anche riuscissi a scapparmi o a sconfiggermi, non avresti nessuno da cui tornare, perché nessun ti vuole”.

Bonnie sentì per un momento gli occhi bagnarsi ma ricacciò subito giù le lacrime. Non poteva farsi incasinare la testa in quel modo, non poteva permettergli di rovinare il ricordo dei suoi cari; era l’unica cosa che le rimaneva.

“Unisciti a me, Bonnie” le propose “Prenderò solo il sangue necessario per il passaggio dei Poteri. Ti prometto che i miei stregoni cercheranno il modo per tenerti in vita, il tuo corpo non soffrirà la perdita”.

La ragazza ricambiò lo sguardo con egual intensità. Poteva  dirgli che neanche per tutto l’oro del mondo gli avrebbe passato la sua magia, che lo disprezzava e che mai si sarebbe alleata con lui. Poteva urlargli di andare all’Inferno o di ucciderla, ma alla fine pensò che per rifiutare sarebbe bastata una sola parola.

“No”.

La situazione precipitò drasticamente. Klaus in un lampo fu su di lei, schiacciandola a terra con il suo corpo e prendendole i polsi in una mano.

Era furente, sembrava impazzito. I suoi occhi luccicavano di collera e risentimento, s’iniettarono di rosso mentre le vene si scurivano sempre più.

“Quanto odio le donne che fanno le difficili” ringhiò.

Bonnie avvertì una punta di metallo affilata premere contro il suo fianco.

“Mi sono chiesto come mai tu non abbia scelto la soluzione più semplice, che stava davanti ai tuoi occhi; poi ho inteso che una ragazza così buona da sacrificarsi per il bene comune non avrebbe potuto accettare un compromesso simile, il tuo animo non lo sopporterebbe”.

Bonnie non comprese subito il significato di quelle parole. Il suo cuore batteva a mille dalla paura e sapeva che tutta la sua facciata da finta coraggiosa era miseramente crollata.

“Ti farò bere il mio sangue, dolce strega” le rivelò “Ti trasformerò in un’assassina. Ti costringerò a nutrirti e a uccidere fino a che il senso di colpa non sarà così opprimente che dovrai spegnerlo. E allora non avrai più freni, sarai una vampira perfetta e i tuoi amici saranno le prime vittime. Magari possiamo fare a metà? Muoio all’idea di assaggiare Elena; è così simile a Katherine … mi domando se anche il suo sangue sia ugualmente dolce”.

“Non avrai i Poteri che tanto desideri” gli fece notare l’altra. La punta del pugnale le sferzò il viso lasciando un vistoso segno sulla guancia. Fuoriuscirono alcune gocce di sangue. Klaus si piegò e le raccolse con un bacio, fremendo. Cosa avrebbe dato per prosciugarla in quell’esatto momento! Risalì fino all’orecchio per sussurrarle “Arrenditi a me, Bonnie, o distruggerò tutto quello che ti sta a cuore”.

Lei scostò il viso per quanto poté “La tua vicinanza mi ripugna”.

Neanche un istante dopo e il pugnale aveva trafitto la sua carne. Il respirò le si mozzò in gola. Di riflesso, la sua magia esplose scaraventando Klaus contro le sbarre. Dopo tanti giorni, finalmente la strega sentì il suo Potere scorrere in lei.

Il vampiro riprese subito la sua posizione. Convinto di poter penetrare la sua barriera, provò ad influenzarla concentrando tutta la sua energia. Bonnie la percepì e fu più svelta. Prontamente gliela rigettò contro, come aveva imparato a fare grazie all’aiuto della signora Flowers e di Damon, e a sua volta lo ipnotizzò “Dimenticati di me” ordinò “Di me e di Fell’s Church, dimenticati del tuo piano, dei miei amici. Non mi cercherai più. Ora levati di dossi e addormentati”.

Straordinariamente il suo piano funzionò. Venne liberata dal corpo del vampiro che si accasciò a terra, colto da un sonno profondissimo.

Non poteva credere di avercela fatta, di aver accumulato così tanto Potere da stordire e soggiogare un Originale.

Si alzò a fatica, tenendosi una mano sulla ferita. Non era un taglio molto profondo ma la continua perdita di sangue l’avrebbe lentamente indebolita se non avesse trovato il modo di fermarla.

Uscì dalla gabbia. Maddox attendeva nell’altra stanza e non ebbe nemmeno il tempo di realizzare che cosa fosse successo. Bonnie con le sue ultime forze lo sbatté contro al muro, facendogli perdere i sensi. Frugò nelle sue tasche in cerca del cellulare. Lo estrasse e si diresse fuori dal capannone. La sua BMW era sparita. Chiamare a casa sarebbe stato inutile perché senza nessun riferimento non avrebbe saputo indicare la sua posizione.

Decise di allontanarsi il più in fretta possibile nella speranza d’incontrare qualcuno o di raggiungere la città più vicina.

Non fece molto strada, camminò al massimo per una mezz’ora. Il male aumentava sempre più e Bonnie si sentiva sempre più fiacca. La pugnalata doveva essere peggio di quanto le era parsa all’inizio; forse non si era accorta dell’effettiva gravità del taglio per via dell’adrenalina.

Si guardò disperatamente intorno ma scorse solo campi a perdita d’occhio e nessun segno di vita.

Accusò un forte senso di vertigini e, un po’ a fatica, raggiunse uno dei pochi alberi che costeggiavano la strada e si lasciò cadere lungo il tronco. Cominciava ad avvertire un certo formicolio alle gambe e anche le dita perdevano piano, piano la sensibilità. La mano sulla ferita era fradicia di sangue.

Bonnie capì di essere spacciata ma non si fece prendere dallo sconforto. Paragonato a quello che aveva subito fino a quel momento, andarsene dolcemente circondata dalla natura era una prospettiva quasi rosea.

Guardò il telefono che stringeva ancora e compose il numero. L’ultima chiamata del condannato a morte, pensò amaramente. Non sarebbe stata in pace se prima non lo avesse sentito per un’ultima volta.

“Pronto?”.

“Damon?”.

Attimi di silenzio fino a che, dopo un paio di sospiri agitati, non si udì “Bonnie?”.

“Ehi” lo salutò lei, trattenendo lacrime di contentezza e al contempo di afflizione.

“Bonnie?” ripeté l’altro scioccato “Bonnie! Stai bene? Dove sei?”.

“Va tutto bene” mentì mordendosi il labbro “Ho sistemato tutto”.

“Sistemato cosa?” chiese allarmato “Non importa. Dimmi dove sei che ti vengo a prendere”.

“Gli ho fatto dimenticare tutto. Di me, di voi. Vi lascerà in pace, non vi cercherà, siete al sicuro”.

“Klaus? Ti ha trovata? Dimmi dove sei … non m’interessa altro”.

“Ti devo dire una cosa, Damon” gli confessò flebilmente. Doveva dirglielo o l’avrebbe rimpianto anche nella morte.

“Dopo mi racconterai tutto quello che vuoi, ma ora devi dirmi dove sei” insistette lui, cercando di controllare il tono di voce.

“Non lo so” disse “Intorno a me non c’è niente”.

Sentì delle voci di sottofondo bisbigliare, poi il vampiro tornò al telefono “Sto venendo a prenderti” la tranquillizzò.

“No. N- no” si oppose lei “Non puoi venire qui, non so quanto l’ipnosi durerà, non so se l’ho fatta nel modo giusto … io ti ho chiamato per un altro motivo”.

“Non mi convincerai così facilmente a desistere, streghetta” la prese un po’ in giro “Mi parlerai di persona appena sarò lì”.

“Devo farlo ora!” insistette lei “Non mi rimane molto tempo”.

“Dio … Sissi” mormorò Damon che infine aveva capito lo scopo della telefonata e tutta quell’urgenza “Vi volete dare una mossa?” ringhiò per poi tornare ad occuparsi di Bonnie “Che cosa ti ha fatto?”.

“Damon, io …”.

“Rimani con me, scricciolo. Continua a parlare, io sto arrivando” la incoraggiò.

“Mi dispiace così tanto” singhiozzò la strega.

“Sshh” provò a calmarla “Non agitarti. Andrà tutto bene; presto saremo insieme, te lo prometto. Devi resistere solo un altro po”.

La vista le si annebbiò lentamente.

“D- damon … io …”.

“Ho capito cosa vuoi dire, Sissi; non ti sforzare a parlare. Resta solo sveglia, resta con me”.

“T- t …”.

“Sissi? … Sissi?”.

Si piegò per terra.

“Sis-”.

Il buio.

 

Una mano leggera e delicata la accarezzò la guancia. “Bonnie?”.

La ragazza uscì lentamente dal sonno, la sua mente riprese i sensi. Una voce fioca le sussurrava parole dolci. Era famigliare.

Un’aura lontana le giungeva debolmente a solleticare il suo Potere.

Ancora con gli occhi chiusi e l’udito ovattato, provò a mormorare qualcosa, un nome. L’immagine di un ragazzo dai capelli neri le riempì la memoria.

Parlò un po’ più forte, chiamandolo.

“Bonnie?”.

La voce era famigliare e sempre più chiara.

“Bonnie?”.

Sembrava diversa. Non era rassicurante come ricordava. La rossa sbatté un paio di volte le palpebre.

“Brava, così” la incitò l’altro “Dovrei rinchiuderti per tutta la vita per quello che hai fatto”.

Quella frase sembrava decisamente da … Bonnie mise a fuoco e venne rigettata di nuovo nella disperazione.

“Molto sgarbato da parte tua scambiarmi per il tuo vampiro” osservò Klaus “E molto sgarbato cercare di soggiogarmi, ma non sono arrabbiato con te” le assicurò “Questa tua piccola fuga mi ha portato un gran regalo. Sono certo che noi tre ci divertiremo molto insieme. Sono certo che questa volta sarai più collaborativa”.

Noi tre?

Impaurita e ancora confusa, la ragazza fece scorrere lo sguardo fino ad individuare un corpo steso a terra nella cella di fronte alla sua.

Perse un battito nel riconoscerlo.

Era Damon.

 

“I never thought I'd be speaking these words,
I never thought I'd need to say.
Another day alone is more than I can take.
Won't you save me? Savin's what I need.
I just want to be by your side.
Won't you save me?
I don't wanna be.
Just drifting through this sea of life”

(Save me- Hanson).

 

Il mio spazio:

Ta da da dan! Musichetta inquietante.

Sono stata cattiva in questo capitolo, lo so ma prima o poi andrà meglio.

La storia si complica ora. Come andrà a finire adesso che anche Damon è caduto nella trappola di Klaus?  E soprattutto abbiamo lasciato una Bonnie morente e ne troviamo una in perfetta salute, cosa sarà successo; si aggiungeranno dei problemi?

Mancano dei pezzi che aggiungerò nel prossimo capitolo in cui spiegheranno meglio che cosa è accaduto a Damon.

Elijah ha svolto il suo compito; era proprio una comparsa che mi ha dato modo di raccontare un po’ come sono nati gli Antichi. Come vedete è leggermente diverso dalla serie tv, loro non sono fratelli. Che ne dite poi del breve viaggio nella mente di Klaus? Ho pensato che potesse chiarire qualche punto.

Nel prossimo capitolo, che arriverà tra paio di settimane, nel weekend, tutti i nodi verranno al pettine.

Non so davvero come ringraziarvi per tutto l’incoraggiamento che mi date … è una gioia per me! Grazie a chi commenta, segue e legge!!

Alla prossima!

Fran;)

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Capitolo 39
*** Be the last to kiss my lips ***


Ashes &Wine

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Capitolo trentanove: Be the last to kiss my lips.

 

“Though I'm walking through the shadows

You are with me and you comfort me

Lay me down now, time for sleeping

But before that, would you miss on me?
Before I pluck your wings, cover me

Please, spread your wings, cover me and
Promise this if I die before I wake up

Promise this, take a time to say your grace

On your knees you pray for me

Promise this, be the last to kiss my lips

(Promise this- cover by Adele).

 

“Pronto?”.

“Damon?”.

Trattenne il fiato. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.

Attimi di silenzio fino a che, dopo un paio di sospiri agitati, non si decise a parlare “Bonnie?”.

“Ehi” lo salutò lei, trattenendo lacrime di contentezza e al contempo di afflizione.

“Bonnie?” ripeté l’altro scioccato “Bonnie! Stai bene? Dove sei?”.

“Va tutto bene” mentì mordendosi il labbro “Ho sistemato tutto”.

“Sistemato cosa?” chiese allarmato “Non importa. Dimmi dove sei che ti vengo a prendere”.

“Gli ho fatto dimenticare tutto. Di me, di voi. Vi lascerà in pace, non vi cercherà, siete al sicuro”.

Damon strinse il cellulare tra le mani “Klaus? Ti ha trovata? Dimmi dove sei … non m’interessa altro”.

“Ti devo dire una cosa, Damon” gli confessò flebilmente.

“Dopo mi racconterai tutto quello che vuoi, ma ora devi dirmi dove sei” insistette lui, cercando di controllare il tono di voce.

“Non lo so” disse “Intorno a me non c’è niente”.

Damon imprecò. Si girò verso Sheila e le fece cenno di prendere una mappa per compiere di nuovo l’incantesimo di localizzazione. Bonnie si era chiaramente allontanata da Klaus, forse non era più protetta dalla copertura magica “Sto venendo a prenderti” la tranquillizzò.

“No. N- no” si oppose lei “Non puoi venire qui, non so quanto l’ipnosi durerà, non so se l’ho fatta nel modo giusto … io ti ho chiamato per un altro motivo”.

“Non mi convincerai così facilmente a desistere, streghetta” la prese un po’ in giro, cercando in tutti i modi di apparire pacato “Mi parlerai di persona appena sarò lì”.

“Devo farlo ora!” insistette lei “Non mi rimane molto tempo”.

“Dio … Sissi” mormorò Damon che infine aveva capito lo scopo della telefonata e tutta quell’urgenza. Si passò una mano tra i capelli. “Vi volete dare una mossa?” ringhiò agli altri due che stavano ancora temporeggiando sulla mappa; poi tornò ad occuparsi di Bonnie “Che cosa ti ha fatto?”.

“Damon, io …”.

Si spostò nella stanza accanto e abbassò leggermente la voce “Rimani con me, scricciolo. Continua a parlare, io sto arrivando” la incoraggiò. Damon stava esercitando un autocontrollo sorprendente quando avrebbe voluto urlare dalla frustrazione. La sentiva così vicina eppure non poteva fare niente.

“Mi dispiace così tanto” singhiozzò la strega.

“Sshh” provò a calmarla “Non agitarti. Andrà tutto bene; presto saremo insieme, te lo prometto. Devi resistere solo un altro po′ ”. Voleva convincere lei e allo stesso tempo darsi coraggio.

“D- damon … io …”.

“Ho capito cosa vuoi dire, Sissi; non ti sforzare a parlare. Resta solo sveglia, resta con me”. Lo aveva capito eccome, ma non poteva permettere che quelle parole fossero sprecate in un momento così tragico. Più volte aveva pensato a quella maledetta dichiarazione e ogni scenario era ben diverso da quello che stavano vivendo. Bonnie meritava di più.

“T- t …”.

“Sissi? … Sissi?”.

Panico. Non rispondeva più. Perché non la sentiva più? Perché il respiro si era fatto così rarefatto da lasciare appena una traccia?

“Sis-”.

La comunicazione cadde.

No. No. No. No. No.

Si precipitò di nuovo nella stanza. Sheila aveva appena terminato l’incantesimo individuando la posizione di Bonnie.

Damon diede un’occhiata alla mappa, la memorizzò e prese il paletto. Non poteva perdere altro tempo.

Bonnie. Bonnie. Bonnie. Era tutto ciò cui riusciva a pensare.

“Dove stai andando?” lo fermò Sheila.

“A salvare sua nipote” risposte frettolosamente. Aprì la porta e si bloccò. Si voltò indietro e fissò Sage “Occupati di Stefan” gli chiese “Tienilo lontano da Klaus finché puoi. Non deve sapere dove sono andato; non prima di ventiquattro ore”.

“Sono riuscita a rintracciare Bonnie, vuol dire che è lontana da Klaus. Ora è più sicuro! Stefan deve venire con te, qualcuno deve!” insistette la donna “Voglio vedere mia nipote, voglio aiutarti”.

“Non c’è tempo” rispose Damon. “Ci pensi tu Sage?”.

Il vampiro francese aveva ascoltato la conversazione tra il suo amico e Bonnie; aveva capito che alla piccola rossa potevano rimanere solo pochi minuti. Sheila era un’umana e avrebbe solamente rallentato la corsa.

Damon attese un cenno del capo dell’altro e dopo aver scambiato un’ultima occhiata d’intesa, sparì oltre la porta trasformandosi in corvo.

 

“Dove diavolo è mio fratello?” proruppe Stefan stritolando tra le mani le sacche di sangue che aveva appena rubato dall’ospedale. Era stato via meno di mezz’ora, eppure tutto sembrava essersi capovolto.

“Dov’è mio fratello?” ripeté con più fermezza.

“Stefan …” provò Sage.

“E’ andato da solo, vero?” intuì il minore dei Salvatore. Il suo tono fremeva di rabbia e amarezza.

“E voi lo avete lasciato fare?!” sbottò “La sua parole d’ordine è IMPULSIVITA’ e voi gli permettete di lanciarsi nelle mani di Klaus!”.

“Bonnie è riuscita a scappare” gli rivelò Sage “E’ una cosa sicura, non c’era bisogno che andassi anche tu. Damon voleva che ne restassi fuori”.

“Se è così sicura perché non voleva immischiarmi?” insinuò Stefan “Ditemi dov’è andato; faccio ancora in tempo a raggiungerlo”.

Sage distolse lo sguardo “Dagli un po’ di fiducia”.

“Io lo uccido, altro che fiducia!” esplose “Perché non l’avete fermato? Perché non mi avete aspettato?”.

“Non c’era tempo” spiegò Sage “Bonnie ha chiamato Damon. Dalla voce sembrava ferita, aveva il respiro affannato. Ha detto di essersi liberata di Klaus ma era davvero messa male. Tuo fratello ha fatto l’unica cosa possibile: è corso da lei”.

“Se non c’è più pericolo, allora dimmi dov’è” tentò un’altra volta Stefan.

“Te lo dirò … se non avremo loro notizie entro un giorno”.

Stefan non poteva credere alle sue orecchie. Era allibito. Solo lui vedeva quanto fosse critica la situazione? “Hai idea di quante cose potrebbero succedere in un giorno?” gli chiese.

“Sto solo mantenendo una promessa fatta ad un amico”.

“C’è la sua vita in ballo” strepitò Stefan “E quella di Bonnie. Damon crede di poter fare tutto da solo ma non è così! Ha bisogno di qualcuno” si rivolse a Sheila “Come può essere certa che Klaus sia stato sconfitto? È di sua nipote che si parla; la prego … mi dica dove sono” far leva sul cuore di una nonna; era l’unica carta che gli rimaneva.

Sheila titubò, vacillò. Sembrò sul punto di cedere ma si ricompose. Anche se avesse provato a rivelare tutto, Sage avrebbe trovato il modo di zittirla. Era molto più determinato e più forte di lei.

“Bene” Stefan strinse le labbra “Risolverò questa faccenda da solo”.

Non si sarebbe mai aspettato di trovarsi a quel punto: la possibilità di non rivedere più suo fratello gli aveva messo una strana inquietudine addosso.

Non erano mai andati d’accordo, nemmeno da umani. Uccidersi a vicenda non era qualcosa che si poteva perdonare facilmente.

Si supponeva che due fratelli dovessero volersi bene e non seppellirsi con le proprie mani. Stefan aveva faticato molto a superare il senso di colpa che dopo mezzo millennio non era ancora stato debellato.

Il peso di quell’atto lo aveva tormentato per secoli e secoli, fin dal momento successivo all’assassinio di suo fratello. Aveva provato ad odiarlo, se n’era pure convinto.

Damon lo aveva obbligato a trasformarsi in vampiro, lo aveva accusato di avergli rubato Katherine, di averlo ucciso, di avergli tolto tutto. Ma anche Damon aveva fatto tutte quelle cose e altre peggiori.

Stefan non voleva comportarsi come il solo santo ma credeva fermamente di essere, tra i due, quello che aveva subito; fin da piccolo quando non poteva neanche capire il motivo di quell’astio. Aveva provato in tutti i modi a conquistarsi il suo favore, ma la sua sopportazione aveva raggiunto il limite.

Damon lo aveva ingannato affinché bevesse del sangue umano, aveva sperato che il suo piccolo fratellino diventasse un mostro, che venisse schiacciato dal rimorso e che si perdesse nell’oblio. Stefan ricordava il compiacimento e la cattiveria nei suoi occhi. E quel momento aveva per sempre segnato il loro rapporto.

Poi era arrivata Elena. Si erano di nuovo innamorati della stessa ragazza, costretti dalle circostanze a stare a stretto contatto per il bene di lei.

Non era stata Elena a tenerli uniti, però. Per quanto l’amasse, Stefan doveva ammettere che li aveva divisi almeno quanto Katherine.

Il merito era tutto di Bonnie. Senza di lei non sarebbero sopravvissuti alla convivenza, senza di lei non avrebbero mai riscoperto un certo interesse verso l’altro.

Il perdono era ancora parecchio lontano, forse non sarebbe mai giunto. Troppo rancore da superare, troppa delusione, troppi sospetti ma grazie a Bonnie avevano incominciato a considerarsi nuovamente parte di una famiglia da difendere.

Stefan non si poteva permettere di perdere Damon un’altra volta né di lasciarlo solo ad affrontare un rischio così grosso.

Forse non sarebbe riuscito a salvarlo, forse era tardi anche per Bonnie ma ci doveva provare. Perché era un idealista, perché riteneva davvero che la speranza fosse l’ultimo appiglio cui aggrapparsi.

E sebbene Damon lo avesse sempre criticato, per una volta avrebbe dovuto ringraziare quelle idee irreali del suo tanto odiato fratello.

 

Bonnie ebbe seri problemi a registrare le parole di Klaus dal momento in cui i suoi occhi si posarono sulla figura di Damon a terra.

Improvvisamente si sentì inutile, fu come se tutte le sue azioni avessero perso senso.

Per un solo motivo si era offerta a Klaus: tenere al sicuro i suoi cari. Ed ora la persona più importante della sua vita giaceva inerme alla mercé di quel pazzo.

Appoggiò stancamente il capo contro una sbarra di metallo e chiuse gli occhi. Non ci sarebbe stata più nessuna via d’uscita. Erano spacciati, finiti.

Il suo piano si era rivelato un totale fallimento.

Per tutta la vita, le persone che le stavano più a cuore si erano sacrificate per il suo bene, senza che lei avesse la possibilità d’impedirlo.

A che serviva avere Poteri straordinari se alla fine non era nemmeno capace di proteggere i suoi amici?

“Non disperarti così tanto” la stuzzicò Klaus “Dovresti essere contenta: finalmente potrai morire in pace”.

Bonnie riaprì gli occhi. Non aveva la forza di ribattere, né d’implorarlo. Non l’avrebbe ascoltata, anzi l’avrebbe derisa.

“Ti rendi conto che tutto questo è colpa tua, vero?” considerò Klaus “Sono stato molto indulgente a prendermela solo con te, a tortura te, a minacciare la tua vita. Non mi hai dato retta e questo è il risultato. Se avessi ceduto subito, Damon ti avrebbe trovata morta e non sarebbe stato coinvolto; ma tu sei testarda. Che peccato che non ti abbia lasciata andare, così ha firmato la sua condanna a morte” valutò gettando una breve occhiata al vampiro steso nella gabbia “Ammetto che per me è stato come un dono dal cielo: non ho dovuto neppure farmi tutta la strada fino a Fell’s Church per prendere qualcuno che ti persuadesse a seguire il mio volere”.

“Era questo il tuo piano fin dall’inizio?” chiese Bonnie “Ricattarmi un’altra volta?”.

“Se non ricordo male, ti ho dato diverse opportunità di acconsentire di tua spontanea volontà. Prima con le buone, poi con le cattive. Ti ho pure minacciato di trasformarti in un vampiro ma tu sei stata irremovibile. Beh, certo … vampirizzarti mi avrebbe negato per sempre la possibilità di assorbire i tuoi Poteri, questo ha giocato a tuo favore, ma guarda cos’hai ottenuto”.

“Ora sei in una botte di ferro, Klaus” disse Bonnie “Hai appena preso l’unica persona che ti assicurerà d’impadronirti di questi dannati Poteri”. Voleva mettere bene in chiaro che qualunque cosa le avesse chiesto, lei avrebbe obbedito, tutto purché Damon si salvasse.

Il bene comune non era più rilevante come qualche giorno prima. Il mondo si sarebbe trovato tra le mani un mostro invincibile ma era il prezzo da pagare per tenere al sicuro Damon. Poteva tollerare un peso simile per lui.

“Non penserai di cavartela così facilmente?” ghignò Klaus “Mi avevano detto che eri ingenua ma non immaginavo così tanto! Mi hai stregato, mi hai soggiogato e sei scappata; non credi di meritare una punizione?”.

La strega si allontanò istintivamente dalle sbarre. Non voleva essere torturata di nuovo; aveva sopportato troppo dolore e l’idea di riprovarlo era terrificante.

“Sei svenuta morente contro un albero, Bonnie” le fece notare “Le ferite non si rimarginano magicamente, nemmeno le tue”.

La ragazza allargò gli occhi e tremò, sperando con tutto il cuore che i suoi sospetti fossero infondati ma tutto puntava in quella direzione.

“Grazie a Dio, mi è bastato darti un po’ di sangue di vampiro, il mio” sibilò confermando le sue paure “Ti avevo avvertito, cara, di non metterti contro di me. Mi hai ingannato, sei fuggita, hai provato a farmi dimenticare tutto quello che per cui ho lottato in questi secoli. Non posso accontentarmi solamente di privarti dei tuoi Poteri, tartassare un po’ il tuo amichetto e lasciarti morire. Sarebbe troppo gentile da parte mia” strisciò fino alla cella e si beò nel fiutare il terrore intorno alla rossa “La mia minaccia è ancora valida: appena avrò compiuto il rituale, ti trasformerò in vampiro, ti farò nutrire dei tuoi amici e devastare la tua città. Quando avrò finito con te, sarai solo la pallida ombra della ragazza che sei adesso. Non ti ricorderai nemmeno più di cosa sia l’umanità. Compassione e bontà saranno tue nemiche e tu diventerai un animale mosso dall’istinto”.

Una lacrima silenziosa scese lungo la guancia della giovane e cadde a terra.

“Non piangere, dolce strega” la consolò con finto interesse Klaus “Questo è quello che succede quando decidi di usare la tua magia contro un Antico senza sapere se l’hai fatto nel modo giusto o no. Direi che è tardi per pentirsi”.

“E lui sarà libero?” mormorò Bonnie indicando con il capo Damon; non era disposta a trattare quella condizione.

“Adesso vuoi negoziare?” Klaus alzò un sopracciglio sinceramente divertito da quel patetico tentativo di imporsi “Suppongo di doverti pur concedere qualcosa” sospirò “Se farai la brava, hai la mia parola che Damon Salvatore sarà l’unico che rimarrà lontano dalla mia furia, e della tua” aggiunse.

Bonnie annuì, acconsentendo a quel folle patto.

“Il rito si svolgerà domani mattina” la informò l’altro “Fino ad allora credo che ti lascerò sola con il tuo vampiro. Immagino che abbiate molto di cui parlare” s’incamminò verso l’uscita “Non essere troppo dura con lui; dopotutto voleva salvarti, non condannarti a morte” dopodiché uscì sbattendo la porta.

Bonnie si ritrovò di nuovo sola; un nuovo fardello ad opprimerla. Una risata le sorse spontanea, isterica e senza gioia.

La situazione era paradossale: era stata strappata dalla sua città, intimidita, torturata, umiliata e qualcuno poteva veramente pensare che si meritasse una punizione? La morte non era forse abbastanza?

Klaus le aveva tolto già tutto, perché non poteva semplicemente lasciarla andare ad un riposo eterno senza tormentarla?

La rossa non comprendeva da dove potesse nascere una crudeltà tale. Era puro divertimento, noia, piacere per la sofferenza gratuita. E presto quello sarebbe stato il suo stesso destino: un’esistenza senza emozioni, vuota e perduta.

Con la coda dell’occhio percepì un leggero movimento del corpo di Damon: si stava finalmente svegliando.

Il vampiro alzò la testa un po’ a fatica. Ci mise qualche secondo per schiarirsi le idee ma non appena incrociò lo sguardo stremato della ragazza, collegò subito gli eventi. La grande stanza era immersa nella penombra ma la sua super vista gli permise di studiarla in ogni minimo particolare: appariva più fragile, spaventata e scossa.

Ciò che avrebbe dovuto intenerirlo, lo fece infuriare più di quanto non lo fosse già. Accantonò in un attimo la contentezza di averla infine ritrovata e la rimproverò con freddezza “Sta volta sei davvero nei guai, ragazzina”.

Bonnie abbassò il capo, sorridendo tristemente “Me n’ero accorta”.

“Non sto parlando di Klaus, ma di me” si corresse. Si alzò con uno scatto, intenzionato a rompere le sbarre per raggiungerla ma dovette ritrarsi: erano state bagnate con dell’acqua alla verbena e bruciavano come il fuoco. Trattenne un ringhio.

“Hai idea del panico che hai scatenato a casa? Stefan è più depresso del solito, le tue amiche stanno impazzendo; ci è mancato tanto così che Caroline non andasse alla C.I.A. a soggiogare qualche agente perché ti trovasse! E tua nonna è furibonda, con me, con te! Non te la farà passare liscia questa volta”.

“Nonna?” ripeté Bonnie incredula “La nonna è a Fell’s Church?”.

“Dovevamo trovarti in qualche modo! Chi altro potevo chiamare?” spiegò Damon “Mi hai ingannato, mi hai ipnotizzato e sei scappata nel cuore della notte! Puoi immaginare come mi sia sentito quando l’ho scoperto?”.

“Non è che sia stato divertente” si difese lei “Non avevo altra scelta: dovevo proteggervi. E il mio piano sarebbe andato a gonfie vele se tu non fossi così testardo. Perché sei venuto?”.

Damon indurì la mascella “Secondo te? Quale sarà mai il motivo che mi ha portato qui?” suppose con fare ironico “Abituati a stare rinchiusa in una cella, perché è la fine che farai quando questa storia sarà finita. Il seminterrato sarà la tua nuova camera per almeno dieci anni e mi assicurerò di buttare via la chiave”.

Bonnie sbuffò “Non dire sciocchezze, non puoi mettermi in castigo!”.

“Sì che posso: legalmente sono il tuo tutore” replicò l’altro.

“Tu … non sei il mio tutore, t- tu non sei più il mio tutore” obiettò la rossa. Forse all’inizio poteva avere anche un senso, ma quel punto Damon non era più solamente qualcuno che doveva occuparsi di lei, non poteva più comandarla a bacchetta.

“Non m’importa se siamo amanti, fidanzati, amici o che altro” ribatté “Hai fatto una grandissima cazzata e non ti permetterò di sfuggire al mio controllo tanto presto. Fattene una ragione”.

Bonnie era incredula. Stavano litigando e discutendo del loto futuro come se ci fosse effettivamente qualche possibilità di viverlo.

L’imminente rito, Klaus e la sua condanna erano stati dimenticati all’improvviso. Niente lacrime o frasi romantiche; sembrava di assistere ad un gara su chi fosse più testardo o più arrabbiato. su chi cercasse più tenacemente di tenere l’altro al sicuro. Per un brevissimo momento, Bonnie respirò aria di normalità.

“E ti avviso: prova una sola volta a disubbidirmi e ti caccerò il mio sangue giù per la gola! I tuoi Poteri ti hanno portato solo guai; forse trasformarti in vampiro sarebbe la soluzione perfetta” ragionò lui.

Sebbene Damon non lo intendesse sul serio e quella fosse solo una triste battuta, Bonnie non poté che fulminarlo con un’occhiata. Aveva toccato un tasto scoperto, non era andato molto lontano dalla verità, ma la giovane non se la sentì di rivelarle i progetti di Klaus, non ancora. Aveva tutta la notte davanti, prima o poi avrebbe avuto il coraggio di confessarglielo.

“Non sopporto quando mi tratti come una bambina” si lamentò.

“Perché tu sei una bambina! Una bambina immatura e irresponsabile”.

“Ho fatto quello che ritenevo giusto; non puoi incolparmi per questo. Avresti dovuto dimenticarti di me, a quest’ora saresti sicuro” mormorò.

“Se davvero hai pensato, anche solo per un secondo, che ti avrei lasciata nelle mani di questo pazzo, allora mi stai deludendo più di quanto immaginavo”.

“Non sapevo come salvarvi. Non c’era altra soluzione”.

“Avresti potuto fidarti di me” disse Damon “Se solo avessi aspettato qualche …” e strinse i pugni lungo i fianchi “Ti bastava fidarti di me per qualche ora! Alaric aveva trovato il modo per aumentare i tuoi Poteri e Sage si è presentato alla mia porta con l’unica arma in grado di uccidere un Originale. C’erano altre soluzioni, Sissi, ma tu hai preferito agire alle mie spalle” constatò con sconforto.

Bonnie si nascose il viso tra le mani, rendendosi conto in quell’istante di quanto fosse stata stupida e impulsiva.

Si era scavata con le sue mani la fossa. Aveva permesso a Klaus di manipolarla e intimorirla; aveva dubitato delle persone che fino a quel momento l’avevano in un modo o nell’altro protetta.

“Sissi” la chiamò il vampiro, pentendosi di essere stato così duro. Avrebbe dovuto mordersi la lingua prima di aggredirla. Quello non era il luogo né il tempo adatto, ma era stato più forte di lui.

“Non parlare, ti prego … non parlare” ansimò Bonnie.

Rimasero per molto tempo in silenzio, rannicchiati nelle loro gabbie.

 

Caroline guardò fuori dalla finestra, sconsolata.

Erano trascorsi quasi quattro giorni dalla scomparsa di Bonnie; non molti, ma parevano un’infinità.

Anche qualche ora poteva essere una tortura se vissuta nell’incertezza.

Era un detto comune che solo nel momento in cui si perdeva una persona, ci si accorgeva di quanto valesse.

Caroline aveva sempre saputo che Bonnie era speciale, fin da quando Damon l’aveva arruolata per distrarre la rossa e carpirle informazioni. Lei non era mai stata una ragazza dai molti scrupoli o dalla riserve morali; se una cosa era a fin di bene perché non farla?

Avvicinarsi a Bonnie solo per interesse le era parso subito sbagliato; aveva provato a opporsi alla richiesta dell’altro vampiro ma non aveva avuto altra scelta. Si era autoconvinta che fosse davvero una questione necessaria, che non avrebbe fatto del male a nessuno in fondo. Invece il suo senso si colpa si era risvegliato arzillo come non mai, non appena i suoi occhi avevano incrociato quelli di Bonnie. Quei maledetti, grandi occhi da cucciolo.

Adesso si vergognava al ricordo di ciò che le avevano fatto passare lei e i suoi amici solo per proteggere tutti i loro segreti.

Non si stupiva se per un certo periodo Bonnie si era sentita usata e insignificante; non le avevano dato motivo per pensarla diversamente.

Avevano recuperato in tempo, aveva sistemato le cose, si erano riguadagnati la sua fiducia e la sua amicizia ma Caroline avrebbe voluto più tempo per dimostrarle quanto fosse importante per tutti, per il gruppo. Bonnie era una di loro e lo sarebbe sempre stata. Era una sorella e bisognava proteggere le proprie sorelle. Damon non era l’unico ad aver fallito su quel punto.

Caroline provava un odio atroce verso Klaus. Il vampiro li aveva ingannati, raggirati, aveva tormentato e rapito Bonnie; aveva tolto la speranza a tutti loro, costringendoli a sentirsi inutili e piccoli, incapaci.

Lo odiava perché in quel momento una sua amica era sola, lontana da casa, destinata a chissà quali crudeltà e obblighi. Quella stessa amica che aveva offerto la propria vita per salvare la loro.

Una ragazza di diciott’anni non avrebbe dovuto avere quella prospettiva davanti.

La sua assenza era intollerabile; aveva lasciato dietro di sé un vuoto avvilente. Caroline trovava difficile pensare in positivo, il suo umore di solito era nero, aveva improvvisi attacchi di malinconia, perfino sorridere le risultava pesante.

Era così snervante non avere alcun tipo di notizia. Come poteva farsi un’idea di come aiutare Bonnie quando aveva addirittura dei problemi a trovarla.

Sheila non era stata in grado di risolvere niente, Damon era in stato depressivo, Alaric scartabellava tra le sue carte senza venirne a capo.

Erano fermi ad un vicolo cieco e non potevano permettersi di sprecare altro tempo. Ma quando si brancolava nel buio, l’unica via possibile era proprio aspettare. Cosa poi? Un miracolo?

Caroline liberò uno sbuffo frustrato. A che cosa servivano tutti quei sensi sovrasviluppati se non riuscivano nemmeno a trovare una traccia?

Per una maniaca del controllo come lei, con tutte le emozioni amplificate, starsene ferma a fare niente era una tortura. La preoccupazione per Bonnie era a mille, sentiva la sua mancanza il doppio rispetto agli altri e aveva una tremenda voglia di spaccare tutte le ossa di Klaus con le sue mani.

Sarebbe esplosa.

“Care, ti esce il sangue”.

“Cosa?” sobbalzò la vampira, voltandosi verso Matt che la guardava allarmato, seduto sul divano.

“Smettila di mordicchiarti le dita: ti sta uscendo il sangue”.

Lei si portò la mano davanti agli occhi ed esaminò le dita. Se le sfregò contro il palmo per pulirsi.

“Puoi sederti un attimo, per favore?” la implorò Matt “Ti scoppierà la testa se vai avanti così”.

“Non posso farne a meno” piagnucolò stendendosi accanto a lui “Bonnie è là fuori da qualche parte con Klaus e noi siamo qui a piangerci addosso”.

“Non piace neanche a me” confessò Matt “Vorrei fare qualcosa ma …”.

“ … non sai cosa” concluse lei “Siamo inutili”.

“Vorrei davvero che Bonnie fosse qui con noi” disse il ragazzo “Ti ricordi quando abbiamo aiutato Tyler con la trasformazione e ci è sfuggito? Ricordi come si è buttata in mezzo per salvarci?”.

“Piccola scavezzacollo” commentò Caroline “Dovevano capire fin d’allora che avrebbe fatto di tutto pur di proteggerci”.

“E’ stata piuttosto coraggiosa” osservò lui.

“E’ stata stupida e avventata e … uh! Se avesse aspettato almeno qualche ora!” s’infervorò “Mattie! Rivoglio la mi amica” posò il capo sulla sua spalla e tirò sul con il naso “E’ l’estate del diploma; doveva essere la migliore della nostra vita!”.

“Damon troverà una soluzione” confidò Matt.

“Ne sei certo?”.

“Sì” affermò il giovane “Perché è quello che farei io per te”.

Caroline sorrise “Sai, è stata la prima a capire che tra noi c’era qualcosa. Credeva che fossimo fidanzati” gli rivelò.

“L’ho sempre detto che era una ragazza intelligente” constatò Matt “D’altra parte è una strega, no? Avrà usato una della sue capacità speciali”.

“L’intuito” rispose Caroline.

La discussione venne troncata sul nascere dal cellullare della vampira. Il nome di Stefan lampeggiava sul display.

Caroline e Matt si scambiarono un’occhiata. Che fosse infine giunta una buona notizia?

 

Bonnie si girò per l’ennesima volta verso Damon.

Per giorni non aveva fatto altro che sognarlo e ora che lo aveva lì davanti, aveva solo voglia di strozzarlo.

Ma cosa gli era saltato in mente di andare a cercarla? Perché mettere in pericolo la propria vita per lei?

Tu hai fatto lo stesso. Le ricordò la sua coscienza.

La rossa s’imbronciò. Era scappata con uno scopo: salvare i suoi cari. Le sembrava che la cattura di Damon avesse vanificato ogni sforzo.

Per quanto fosse arrabbiata, desiderava solamente uscire da quella maledetta gabbia e correre da lui, verificare che fosse reale e che stesse bene, e per farsi confortare dal suo abbraccio sicuro.

Considerando il malumore del vampiro, forse l’avrebbe presa a schiaffi ma sarebbe valso un tentativo. Dopotutto condividevano lo stesso stato d’animo inquieto; insieme, magari, sarebbero riusciti a calmarsi.

Riacquistare un po’ di lucidità non sarebbe stato male, in fin dei conti; si trovavano in una situazione molto critica e la loro priorità era certamente uscirne vivi. Avrebbero avuto tempo per colpevolizzarsi a vicenda; o magari presto se ne sarebbero pure dimenticati, perché ciò contava sul serio era il motivo per cui avevano agito così. Non si poteva condannare qualcosa fatto per il bene dell’altro.

Bonnie guardò di nuovo Damon seduto contro il muro, con gli occhi fissi sui piedi, immusonito almeno quanto lei.

Da una parte era offeso e costernato dalla testardaggine della strega, sempre pronta a ritenere le proprie ragioni inattaccabili; dall’altra si pentiva di averla rimproverata così duramente. Non era stata una gran mossa raccontarle delle scoperte di Alaric e Sage in quel momento; l’aveva soltanto mortificata e demoralizzata, quando sarebbe stato meglio incoraggiarla a non mollare.

Ma Bonnie quasi se n’era scordata; pensava e ripensava alle parola di Damon mentre una piccola speranza si faceva strada nel suo cuore.

“Hai parlato di un’arma capace di uccidere un Antico” asserì infine.

Il vampiro annuì senza voltarsi “E’ un paletto speciale, di frassino bianco”.

“E dov’è adesso?”.

Damon attese qualche secondo prima di rispondere “Ce l’ha Klaus. Suppongo che l’abbia già distrutto”.

 

Da tutti i racconti che aveva sentito su Klaus, si aspettava un tipaccio dall’aria crudele e autoritaria. Quello di fronte a lui sembrava un ragazzino qualunque. Se non fosse stato per la potentissima aura che non si era preoccupato di nascondere, Damon non l’avrebbe mai riconosciuto.

Riparato dal un cespuglio non molto alto, ma abbastanza folto da coprirlo del tutto, Damon lo studiò: era in ginocchio, gli dava le spalle; sembrava piegato su qualcosa.

“Devi sempre rendermela così difficile, vero dolce strega?” sussurrò per poi spostarsi leggermente rivelando il piccolo corpo di Bonnie, svenuta contro il tronco.

Damon strinse il paletto fra le mani ed elaborò in fretta un piano. Non poteva attaccarlo direttamente: Klaus era un Originale, lo avrebbe sentito subito e fermato, senza concedergli una seconda chance.

Non poteva nemmeno sprecare un’occasione del genere, però. Inspiegabilmente l’Antico non sembrava essersi accorto di lui; l’effetto a sorpresa era tutto.

Decise di stordirlo con il suo Potere e finirlo una volta per tutte piantandogli l’arma nel cuore. Raccolse tutte le sue energie, si focalizzò su Klaus e lo colpì pesantemente con un’ondata dei suoi Poteri.

L’altro vampiro, colo alla sprovvista, venne sbalzato a terra e si accasciò privo di sensi, immobile e inerme.

Gli occhi di Damon saettarono sulla rossa: era messa molto male, ma poteva resistere ancora qualche secondo.

La sua priorità era sbarazzarsi definitivamente di Klaus; solo in quel modo avrebbe potuto salvare per davvero Bonnie.

Gli lanciò su di lui, con il paletto puntato verso la sua schiena all’altezza del cuore. Arrivò a sfiorargli la maglia e poi la corsa della sua mano venne bruscamente fermata. Klaus all’ultimo si girò, artigliandogli le dita attorno al polso, e lo sbatté a terra con un semplice movimento del braccio.

Le posizioni s’invertirono: ora era Damon quello bloccato.

“Finalmente ho il piacere di vederti di persona, Salvatore” ghignò Klaus.

“Non condivido la tua gioia, scusami” gli rispose e con il piedi gli tirò un calcio in mezzo alle gambe. Vampiro o meno, quella restava una zona delicata.

Klaus grugnì, mordendosi la lingua per impedire ai lamenti di uscire. Damon ne approfittò per scrollarselo di dosso. Si rimise in piedi in posizione d’attacco.

Klaus si riprese in fretta e si gettò contro di lui, veloce e letale come un felino all’attacco. Le sue mani si chiusero intorno all’aria e rimase attonito a guardare un corvo volare via con il paletto tra gli artigli.

Si girò freneticamente in cerca del volatile ma non riuscì a scorgerlo finché non udì un frullio di ali alle sue spalle.

Damon gli piombò addosso, premendolo sul terreno. Klaus riuscì ad opporsi e rotolò su un fianco ed è lì che l’altro lo trafisse. Aveva mirato al cuore ma il repentino movimento lo aveva costretto a piantare il paletto tra una costola e l’altra.

Klaus annaspò. Malgrado il dolore lancinante, sembrava avere ancora abbastanza energia per impedire a Damon di sferrare il colpo finale. Si liberò del suo peso e scappò lontano in cerca di un luogo sicuro dove togliersi il paletto e riprendersi.

Damon era pronto ad inseguirlo ma un leggerissimo sospiro catturò la sua attenzione. In un istante fu davanti alla piccola rossa. La contentezza di rivederla venne presto sostituita dall’ansia per le sue condizioni.

Era parecchio dimagrita, la sua pelle era più bianca del solito e fredda. Il respiro sempre più pesante e il battito cardiaco più debole. Aveva perso molto sangue.

Damon si morse il polso, squarciando la sua carne e lo avvicinò alla bocca della ragazza, mentre l’altra mano scivolò dietro al suo collo per aiutarla a deglutire.

Era a soli pochi centimetri dalla sue labbra quando venne spinto violentemente di lato. Il corpo della strega perse il suo precario equilibrio e cadde mollemente.

Damon si dimenò con impeto nel vano tentativo di raggiungerla ma Klaus pareva aver recuperato tutte le forze e lo teneva saldamente a terra.

“Festa finita, Salvatore” esultò Klaus mentre gli passava le mani attorno al collo.

“Fottiti” sputò Damon con disgusto. L’ultima cosa che vide fu la figura esamine di Bonnie, prima di sentire un forte crack. E poi il buio.

 

Sul finire del racconto, Damon inorridì, dandosi da solo dello stupido. Come aveva fatto a trascurare un dettaglio così rilevante? Come aveva potuto dimenticarsene?

Aveva lasciato una Bonnie morente e ora se ne trovava una in perfetta salute, abbastanza in forze da sfidarlo con la sua solita, irritante caparbietà.

“Sissi” la chiamò con tono esitante “Eri ferita. Quando mi hai chiamato eri ferita, io ti ho vista, ho provato ad aiutarti” disse. Sapeva quale sarebbe stata la domanda successiva, ma aveva paura di porla, di ricevere una conferma dei suoi sospetti “Come hai fatto a guarire così in fretta?”.

La giovane si mordicchiò il labbro inferiore. Non voleva ripetere il piano che Klaus aveva in serbo per lei, non voleva pensarci.

Chiuse gli occhi e scosse la testa, invitando silenziosamente Damon a non insistere. Il vampiro non demorse; capiva quanto fosse doloroso per Bonnie rivivere quei momenti, ma aveva bisogno di sentirlo dire da lei.

“Sissi” insistette.

I grandi occhi castani della strega si scontrarono con le iridi scure del vampiro; attimi di pace aleggiarono nell’aria fino alla penosa rivelazione.

“Mi ha dato il suo sangue”.

Damon pestò un pugno contro il muro, poi si accanì contro le sbarre della sua gabbia. Erano ancora bagnate di verbene, le mani gli bruciavano ma lui ignorò il male. Desiderava solo spezzare le aste di ferro e andare a riprendersela.

Bonnie non ebbe il coraggio di intromettersi. Sapeva che il vampiro non si sarebbe fermato nonostante le sue preghiere. Avrebbe continuato a prendere a calci e a pugni quella dannata cella, finché le suole della sue scarpe non si fossero consumate e le sue dita spellate.

Picchiò violentemente l’ultima botta contro il ferro e si appoggiò al muro sconfitto. Non c’era verso di uscire.

Alzò gli occhi sulla rossa che lo osservava dispiaciuta dalla sua cella.

Damon riordinò in fretta le idee: il rito si sarebbe svolto in poco tempo, Bonnie sarebbe morta con il sangue di Klaus nelle vene, diventando un vampiro.

Non era il futuro che aveva sperato per lei, almeno non così. Più volte aveva pensato alla possibilità di trasformarla, soprattutto da quando aveva scoperto di provare certi sentimenti nei suoi confronti, ma l’eventualità era così in là nel tempo che non si era preso nemmeno la briga di considerarla veramente.

Ora era tutto sbagliato.

“Andrà bene” si sorprese perfino di udire la sua voce, ma immaginò di doverla rassicurare in qualche modo “Non sarai sola, okay? Ti aiuterò io, t’insegnerò io”.

“Non capisci”.

“Lo so che non è quello che vuoi, lo so” proseguì Damon “Non avrei mai …”.

“No” lo interruppe “Lui non me lo permetterà. M’impedirà di stare con te; mi odia, mi vuole rovinare” riferì “Lo sta facendo per punirmi, perché sono scappata, perché l’ho sfidato. Ha detto che mi trasformerà in un mostro senza emozioni, senza rimorsi …”.

“Non può toglierti ciò che sei” replicò Damon “Non può obbligarti a spegnere i tuoi sentimenti”.

“Sì che può” ribadì Bonnie “Mi costringerà a nutrirmi di Elena, Meredith e tutti gli altri; sarò il flagello di Fell’s Church. Il senso di colpa sarà talmente grande che cancellerò la mia umanità senza nemmeno accorgermene”.

“Non accadrà niente del genere; tu non lo faresti mai”.

“Sei un suo prigioniero, Damon” gli fece notare “Direi che Klaus possiede l’arma per farmi fare tutto ciò che vuole”.

“Direi che Klaus dovrà passare sul mio cadavere prima che succeda una cosa del genere” affermò con decisione.

“Mi devi promettere una cosa” gli chiese Bonnie ignorando le sue ultime parole “Mi dovrai fermare, Damon, prima che io diventi un serio pericolo. Mi dovrai fermare in qualunque modo”.

Il vampiro alzò un sopracciglio, sbalordito da quella richiesta “Dimmi che non mi stai chiedendo quello che credo … per favore”.

Dimmi che non mi stai chiedendo di ucciderti.

“Non sarò più io”.

“Sarai sempre tu” ribatté l’altro “Anche se le tue emozioni verranno sepolte da strati di pietra, anche se diventerai l’essere più crudele su questo mondo, in una piccola parte del tuo cuore sarai sempre tu. E se sarà necessario, ti perseguiterò per il resto della mia esistenza fino a che non ti tirerò fuori da quella roccia”.

Bonnie tremò sotto l’effetto di quelle parole, ma non vacillò. Klaus l’aveva gettata in uno stato di angoscia tale che niente e nessuno avrebbe potuto calmarla.

“Non ho diritto a chiederti quest’ultima cosa?”.

“No” le negò lui “Lo hai perso nel momento in cui hai infranto l’unica promessa che tu abbia mai fatto. Ma se sei proprio così avida di promesse, te ne posso concedere solo una: ti prometto che Klaus non vincerà. Ti riporterò a casa, Sissi, sana e salva e al sicuro”.

E per un attimo Bonnie ci volle credere.

 

“Come sarebbe a dire che Sage si rifiuta di parlare?” tuonò Meredith dopo aver appreso le novità.

“Damon vuole fare da solo” spiegò Stefan.

“E Bonnie?” chiese Elena “Perché è andato da solo se sa che anche lei è in pericolo?”.

“Sembra che sia riuscita a scappare da Klaus; è così che Sheila ha potuto ritracciarla. Damon non credeva di aver bisogno di aiuto”.

“E’ evidente che sia successo qualcosa” considerò Meredith “A quest’ora dovrebbero già essere a casa”.

“Un giorno” chiarì Stefan “Damon ha chiesto a Sage un giorno di tempo prima di rivelarci tutto”.

“Non è molto” constatò Elena.

“Ecco perché credo che Klaus non abbia portato Bonnie molto lontano da qui. Mio fratello sarà anche impulsivo ma non è uno sprovveduto, ha fatto bene i suoi calcoli. Contando andata e ritorno e vari imprevisti, prevedeva di essere indietro in poche ore”.

“Forse ci stiamo allarmando troppo” suppose Alaric che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad ascoltare “Diamogli un po’ di credito”.

“Ho provato a chiamarlo decine di volte e non risponde” replicò Stefan “Per quanto ne sappiamo Klaus potrebbe averli già catturati se non peggio. Non me ne starò con le mani in mano mentre la mia famiglia viene massacrata”.

“Dicci cosa dobbiamo fare” lo incoraggiò Elena. Normalmente non si sarebbe preoccupata: Damon era molto potente e deciso, tra tutti era quello con più capacità di riuscita, ma Stefan aveva ragione. Klaus non era un nemico qualunque; non potevano permettersi di lasciare niente al caso.

“Puoi recuperare una mappa della Virginia, Ric?”.

L’uomo annuì e accese il computer.

“Pensi siano ancora in questo stato?” si stupì Meredith.

“Klaus non ha bisogno di andare lontano per nascondersi. Ha uno stregone dalla sua parte che ha lanciato un incantesimo di copertura; è per questo che Sheila non è riuscita a localizzarli finché Bonnie non è scappata”.

“Cosa devo cercare?” s’informò Alaric “Qualcosa di specifico?”.

“Prova delle zone industriali o aree isolate. Klaus non vuole attirare l’attenzione; avrà cercato qualche capannone abbandonato o cascina dismessa. Posti in cui non corre il pericolo di venire disturbato”.

Alaric si mise al lavoro.

“Poi quale sarebbe il piano?” continuò Meredith.

“Troviamo il luogo che ci sembra più plausibile e andiamo là. Ho chiamato Caroline, le ho detto di portare Tyler; è un lupo mannaro, il suo fiuto è molto più sviluppato del nostro, potrebbe trovare una traccia” ipotizzò il vampiro “So che non è molto per adesso, ma non abbiamo altro. Da qualche parte dobbiamo pur cominciare”.

Meredith gli sorrise confortante e si avvicinò ad Alaric per aiutarlo nella ricerca.

Stefan li lasciò fare. Si sedette sul divano accanto ad Elena e abbandonò pesantemente la testa all’indietro, sullo schienale.

Le mani bionda accarezzarono delicatamente i suoi capelli, nella speranza di donargli un attimo di sollievo.

Non lo aveva mai visto così crucciato e la cosa la spiazzava un po’. Normalmente era sempre Stefan quello calmo, che le dava coraggio e la rassicurava. Ora appariva perso e sconfortato, trascinato da eventi che non poteva controllare.

Si piegò per baciargli il capo “Andrà tutto bene”.

“Ha passato tutta la sua vita a tormentarmi” sussurrò lui “Non vedeva l’ora di sbarazzarsi di me, non gli è ne mai importato di me. Cosa c’è questa volta di diverso?”.

“Non c’è niente di diverso. Tuo fratello ti ha sempre protetto a modo suo”.

Stefan ridacchiò “Sì, proprio a modo suo” e scosse la testa “Io e Damon non ci siamo mai comportati da fratelli, ci siamo odiati per tutto questo tempo ma sapevo comunque di non essere solo al mondo. Ora per la prima volta ho davvero paura”.

“Non credo che ti libererai di lui tanto presto. È Damon Salvatore, dopotutto”.

Il vampiro non poté che concordare.

“Forse ho trovato qualcosa” li avvisò Alaric.

Prima che Stefan potesse controllare, il suo cellulare suonò. Rispose pregando di udire la voce di suo fratello.

“Stefan?”. Non era chi si aspettava. “Sheila?”.

“Ti dirò dove sono” gli disse la donna “Promettimi solo di riportarmi mia nipote”.

Stefan non poteva chiedere notizia migliore.

 

“Ti ho odiata”.

Non era certo la cosa più dolce da dirle ma Damon ce l’aveva sulla punta della lingua da troppo. Bonnie per tutto quel tempo non aveva fatto altro che ripetergli quanto le azioni di ciascuno avessero delle ripercussioni sugli altri ma non aveva mai pensato che le sue stesse decisioni comportavano gravi conseguenze. Doveva capire che gli atti eroici, per quanto fossero coraggiosi e nobili, portavano grandi dolori a chi la circondava.

Svegliarsi quella mattina senza trovarla nel letto era stato devastante. Damon non avrebbe potuto sopportarlo ancora. Era risaputo che non fosse un grande fan dei sentimenti, specialmente nelle situazioni in cui era costretto ad ammettere di averne sofferto. Il suo orgoglio si opponeva fermamente ma in quel caso non riuscì e non volle frenare il suo istinto.

“Cosa?” chiese la ragazza confusa.

“Quando te ne sei andata, quando ho capito che mi aveva indotto ad addormentarmi per fuggire indisturbata, c’è stato un momento in cui ti ho odiata” chiarì socchiudendo gli occhi.

“Davvero?” gli domandò anche se avrebbe preferito non sapere la risposta.

“L’ho pensato … ho pensato di odiarti perché in un secondo hai vanificato tutti i miei sforzi di tenerti al sicuro. Per cosa poi? Per finire tra le mani di Klaus?”.

“Mi dispiace” mormorò lei “Non avrei mai voluto che per colpa mia tu ti trovassi qui. Credevo di fare la cosa giusta”.

Tu non dovresti trovarti qui” precisò Damon “Non mi sono mai sentito così inutile in tutti questi secoli di vita”.

“E io così stupida” si accodò Bonnie.

“Chissà che imparerai qualcosa questa volta” sperò il vampiro sbuffando “E per la cronaca è stato piuttosto deprimente trovare il letto vuoto. Di solito sono io quello che scappa dopo aver consumato” scherzò con un mezzo sorriso.

“Per quello che vale sarei rimasta più che volentieri”.

L’atmosfera si distese per qualche minuto. Damon fu il primo a tornare serio “Tua nonna mi ha detto che nessuno può prendersi i tuoi Poteri, che devi essere tu a donarli di tua spontanea volontà” incominciò “Sei ancora viva, significa che ti sei rifiutata” ne dedusse “Che cosa ha fatto fino adesso Klaus per convincerti?”.

“Niente”.

“Sei dimagrita, sei stanca; ti ho ritrovata in fin di vita. Che cosa ti ha fatto? Devi dirmelo” insistette.

“A che servirebbe?”.

“Voglio saperlo”. Riusciva a pensare più lucidamente da arrabbiato.

“C’è un’altra cosa che dovresti sapere” disse Bonnie “Ho provato in tutti i modi quando ti ho chiamato, ma mi ha sempre interrotto. Credo che non ci sarà un momento più adatto”. Forse non ci sarà un altro momento e basta.

“Non dirlo”.

“Damon …”.

“No” la zittì “Pensi di non avere più tempo; per questo me lo vuoi dire”.

“Te lo voglio dire perché lo sento”.

“Allora lo sentirai anche dopo” affermò Damon.

Bonnie sospirò. C’era gente che buttava al vento quelle tre dannate parole; alcune senza crederci veramente, per abitudine o per foga. Lei lo provava davvero e non riusciva a confessarlo.

Forse erano gli ultimi istanti in sua compagnia; quanto ancora avrebbe aspettato?

Damon doveva sapere che al mondo qualcuno lo aveva amato così com’era. E Bonnie per un momento si arrogò la presunzione di occupare un posto speciale nel suo cuore, un posto che non era stato di nessun’altra fino ad allora.

Se l’avesse scoperto prima, forse sarebbe stato più semplice, forse Damon l’avrebbe accettato. Così appariva solamente una dichiarazione affretta, indotta dal timore di non avere più altre occasioni.

“E tu … lo senti?” si ritrovò a chiedere lei. In realtà era una domanda verso se stessa, ma le parole le sfuggirono dalla bocca inconsapevolmente.

Il vampiro apparve spiazzato. Aveva provato varie volte a dare un nome a quel sentimento senza giungere a nessuna conclusione. In un modo o nell’altro sapeva che avrebbe detto qualcosa di stupido che avrebbe rovinato tutto.

Non era capace di elaborare certe emozioni né tanto meno di esprimerle, soprattutto se si trattava di emozioni vere.

Le doveva una risposta. Non ebbe, però, il tempo di riflettere perché Klaus scelse quell’esatto istante per rientrare.

Era stato via per ore, tanto che Damon aveva quasi sperato che si fosse dimenticato di loro.

Sembrava felice e sicuro come mai in tutta la sua esistenza. Il giorno della sua gloria era finalmente arrivato. Aveva gli elementi per compiere il suo destino.

“Scusate se vi ho fatto aspettare” ghignò “Credevo fosse doveroso lasciarvi … un po’ di spazio”.

“Perfino Marte sarebbe troppo vicino” sibilò Damon.

Klaus assottigliò le labbra “Direi di procedere allora. Prima finiamo, prima ci sbarazziamo l’uno dell’altro”.

Aprì la porta della cella di Bonnie. Lei si schiacciò contro la parete, impaurita. Venne presa malamente per le braccia. Il ringhio di Damon rimbombò per la stanza. Klaus la lasciò per un attimo e si girò verso l’altra gabbia.

“Ti dà fastidio che io la tocchi?” disse “Un bell’inconveniente considerando che tra poco dovrò bere il suo sangue e tu sarai lì ad assistere”.

Damon aumentò l’intensità del suo avvertimento, in segno di aperta sfida.

“Siete davvero una coppia perfetta” constatò Klaus “Tutte e due vi divertite così tanto a provocarmi” i suoi occhi scintillarono di una luce crudele “Adesso tocca un po’ anche a me”.

Afferrò Bonnie, la trascinò fuori dalla cella buttandola a terra, poi chiamò Maddox. Aveva intenzione di divertirsi un po’ prima di completare il rito.

La ragazza si rialzò e corse verso Damon, ma l’altro vampiro la riacciuffò subito, bloccandola con la schiena contro il suo petto.

“Perché non mostri al qui presente Salvatore quanto sono potenti i tuoi aneurismi?” si rivolse a Maddox.

Bonnie fece appena in tempo a sussurrare un ‘no’ prima di contorcersi per le fitte atroci, tra le braccia di uno dei suoi carnefici.

Damon si lanciò ancora una volta contro le sbarre senza riuscire a scalfirle di un millimetro. Non potendo fare altro, mandò un’ondata di Potere che costrinse il mago ad interrompere la sua magia, buttandolo a terra.

Klaus abbandonò la presa sulle spalle della giovane che si accasciò sulle ginocchia scossa dai tremiti; in un secondo fu davanti alla cella e la sua mano scattò tra le sbarre stringendosi attorno al collo di Damon.

“Non hai più potere su di lei. Adesso è mia e ne faccio ciò che voglio” gli mormorò ad un centimetro dal viso “Ti consiglio di morderti la lingua o quella ragazzina soffrirà molto più del dovuto”.

Damon s’impose di tacere e Klaus sembrò soddisfatto. “Te ne occupi tu?” disse a Maddox, poi sollevò di peso Bonnie e la portò fuori. Si udirono le urla del vampiro; la ragazza sgranò gli occhi voltandosi in direzione delle grida ma non poté fare altro.

Klaus la condusse dietro il capannone. Avrebbe preferito svolgere il rituale all’interno, ma il suo stregone aveva bisogno del contatto con la natura per eseguire correttamente l’incantesimo.

Si fermò appena pervenne ad un piccolo praticello che divideva lo spazio attorno alla fabbrica dalla strada.

Era piuttosto agitato ed euforico. Nemmeno la lingua velenosa del maggiore dei Salvatore poteva cancellargli il buon umore. Niente ormai sarebbe andato storto.

Si prese un momento per assaporare la sua vittoria. Aveva trascorso anni e anni ad essere deriso ed escluso, assolutamente non compreso. Ora finalmente aveva raggiunto il suo obiettivo: avrebbe sconfitto la morte per sempre.

Nessuno sarebbe stato superiore a lui, nessuno avrebbe avuto il potere di batterlo. Tutto grazie ad una piccola strega che lo fissava con due occhioni spalancati e pieni di terrore.

In un certo senso l’ammirava: era stata molto coraggiosa e tenace a resistergli. Per assurdo, era stata l’avversaria più estenuante che avesse mai avuto il piacere d’incontrare. Anche per lei, però, era giunto il momento di soccombere, esattamente come per tutti gli altri.

Elijah si sarebbe pentito di averlo ostacolato, i suoi compagni pure. Poi sarebbe toccato alle streghe che lo avevano disprezzato troppo a lungo per poter anche solo sperare nella sua misericordia. Tutti gli esseri sovrannaturali lo avrebbero rispettato e venerato.

Per non parlare del suo nuovo giocattolo preferito: Bonnie. Ricordava i tempi in cui Katherine era stata sua allieva; all’inizio lo aveva trovato divertente ma con il passare degli anni, lei era diventata sempre più irragionevole, esagerata rasentando spesso la pazzia.

Con la giovane rossa le cose sarebbero andate diversamente. Bonnie non era Katherine, non aveva mai mostrato nemmeno un piccolo cenno di malizia o presunzione. Era buona e generosa, un po’ testarda ma la sua mente si rivolgeva sempre al bene degli altri. Era una ragazza che viveva per i sentimenti.

Quanto sarebbe stato appagante spingerla in un circolo di vizi e perversioni, accompagnarla passo a passo nella perdizione, osservala scivolare e perdersi nel buio e nell’oblio?

Una volta conquistato il Potere assoluto, doveva pur trovare qualcosa per occupare le sue giornate, no?

Maddox arrivò poco dopo tirandosi dietro Damon. Bonnie osservò preoccupata il vampiro: strisciava i piedi appoggiandosi alla spalla del mago, era più pallido del normale, appariva sfiancato.

“Che cosa gli avete fatto?” s’indignò lei.

“E’ solo un po’ di verbena per tenerlo calmo” spiegò Klaus “E Maddox si è esercitato ancora con gli aneurismi”.

Bonnie non lo stava più ascoltando. Aveva già visto una scena simile da qualche parte, forse in un sogno.

Gli occhi le si fecero lucidi.

Si mise a correre nella sua direzione. Era completamente sudato ma non le importava. Gli saltò addosso, buttandogli le braccia al collo e si avvinghiò come se fosse la sua ultima occasione di averlo così vicino.

Rammentava quell’incubo, era stato uno dei primi quando ancora non era a conoscenza delle sue vere origini.

“Mi dispiace così tanto! È tutta colpa mia”.

Ora singhiozzava. Era davvero colpa sua.

“Tanto per essere sicuri che non cambierai idea nel mezzo del rito” iniziò Klaus avvicinandosi a Damon. Estrasse il paletto di frassino dal retro dei pantaloni.

“No, ti prego, è stata tutta colpa mia. Non fargli del male, ti prego, non …”.

“Dovevi pensarci prima, tesoro” la guardia riportò la sua attenzione su Damon. Gli occhi del vampiro non lasciarono un secondo quelli della ragazza.*

Bonnie davanti a lui si disperava e urlava come una matta, non appena comprese le intenzioni di Klaus.

Il paletto si conficcò nel petto del vampiro steso a terra, qualche millimetro sotto al cuore. Il legno sfregò fastidiosamente contro il tessuto dell’organo. Damon boccheggiò senza emettere un suono.

“Hai solo una possibilità, tesoro” l’avvisò Klaus “Se dopo aver svolto il rituale, io non avrò quei Poteri, quel paletto colpirà irrimediabilmente più in alto”.

Bonnie annuì senza esitazioni.

“Ottimo!” esclamò Klaus “Ora, Maddox inizierà con l’incantesimo per unire le nostre due nature di vampiro e di strega, nel frattempo dirai ad alta voce la promessa di donarmi spontaneamente i Poteri, dopodiché io ti morderò e il tuo sangue farà il resto. Tutto chiaro?”.

La ragazza non rispose. Lo stregone pronunciò la sua litania in latino.

Klaus ghignò compiaciuto “Ripeti con me, mia adorata” le ordinò “Io, Bonnie McCullough”.

“Io, Bonnie McCullough”.

“Cedo a te, Klaus”.

“Cedo a te, Klaus”.

“Di mia spontanea volontà”.

Quella parte fu più difficile “Di mia spontanea volontà”.

“Attenta, devi crederci davvero”.

“Di mia spontanea volontà” ribadì con maggior convinzione.

“Tutti i miei Poteri di canale di energia”.

“Tutti i miei Poteri di canale di energia”.

In un attimo Klaus le fu davanti. Mise le mani sui suoi fianchi e l’attirò a se. La bocca scese al suo orecchio a sussurrale “Ci vediamo tra poco” e le posò un bacio al di sotto del lobo.

I suoi canini le lacerarono la pelle del collo e cominciarono a succhiare.

Bonnie pregò che finisse tutto al più presto. Era stizzita e disgustata per il presente, spaventata per ciò che l’attendeva.

I suoi occhi si posarono sulla figura di Damon vagamente cosciente di ciò che stava accadendo intorno a lui. E fu come se qualcosa si accendesse in lei.

La repulsione e l’odio verso Klaus aumentarono a dismisura, la rabbia esplose. Si sentì sopraffatta da ogni singola emozione negativa che quell’essere le suscitava. Ricordò tutte le persone che erano morte per causa sua, che stavano soffrendo e che avrebbero sofferto.

La sua volontà prese possesso del suo corpo e si rifiutò di concedere a Klaus ciò che agognava così disperatamente. Bonnie percepì l’energia fluirle nelle vene, incontenibile e travolgente, quasi violenta.

Klaus si staccò dal collo della giovane e urlò. Il suo corpo venne attraversato da fitte tremende di dolore, come non ne sentiva da secoli.

Stentava a credere a quel risvolto totalmente inaspettato, non lo concepiva. Non aveva neanche mai sentito parlare di una magia simile.

Bonnie, libera finalmente da ogni costrizione, si voltò verso di lui. Sapeva di non essere padrona delle sue azioni, era la sua mente a guidarla ma lo sentiva giusto. Con un semplice movimento del polso sbatté Klaus contro uno dei pochi alberi nelle vicinanze; poi chiuse la mano lentamente a pugno. Il vampiro avvertì quelle dite invisibili fracassare la sua cassa toracica e stringersi attorno al suo cuore.

La strega non aveva idea di che fine avesse fatto Maddox, forse era scappato o forse era ancora lì. Non vi badò.

Sorrise, per la prima volta in vita sua con una vena sadica, e si preparò a tirare indietro la mano e a strappargli il cuore dal petto.

Una figura si frappose tra lei e Klaus, spezzando la trance in cui era caduta. Damon, con le sue ultime forze, aveva rotto il paletto conficcato nel suo petto ricavandone un pezzo abbastanza grande e si era lanciato contro l’altro vampiro. Il legno gli penetrò la carne e trafisse il suo cuore millenario. Il corpo s’irrigidì e diventò sempre più grigio. Dopo pochi attimi si sgretolò in piccoli granelli di polvere. La fine di Klaus, il più temuto tra gli Antichi.

Le gambe di Damon cedettero, lui rovinò sul terreno. Era stata una mossa dettata dall’impulsività e aveva solo aggravato le sue condizioni. Si era sentito, però, il dovere di ucciderlo con le sue mani, aveva voluto togliersi la soddisfazione di vederlo capitolare per opera sua.

Bonnie gli fu subito accanto. Pur tremando riuscì ad estrarre quello che rimaneva dell’arma di frassino bianco ma Damon non accennò ad aprire gli occhi.

Lo chiamò più volte senza successo. Fu come se il suo peggior incubo si stesse avverando proprio ad un passo della salvezza.

Con il legno rimasto si praticò un’incisione sul palmo della mano. Il sangue era l’unica cosa che avrebbe potuto guarirlo o almeno restituirgli un po’ di forze. All’inizio parve tutto inutile, poi con lentezza esasperante, deglutì un po’ per volta.

Non passò molto che i suoi istinti di predatore prevalsero sulla sua lucidità. Abbandonò la mano della ragazza e la schiacciò a terra sotto di lui. I suoi canini trovarono in fretta il suo collo e cominciarono a succhiare con più avidità a foga. Bonnie gemette e si divincolò. Provò a spingerlo via; non servì a nulla.

Avrebbe potuto allontanarlo con la magia ma non lo fece. Damon aveva bisogno del suo sangue o non sarebbe sopravvissuto. L’avrebbe lasciata andare una volta sazio; avrebbe capito da solo quando fermarsi. Doveva capirlo.

 

La stava uccidendo.

Sentiva il suo cuore rallentare il battito e le forze lasciarla; la sua pelle diventata sempre più fredda e il suo corpo si piegava tra le sue braccia.

La stava uccidendo ma non riusciva a fermarsi, non voleva fermarsi. Il sangue di Bonnie era troppo dolce, era una droga. La sua mente era lucida ma si rifiutava di rispondere alla sua volontà.

L’istinto da vampiro si era risvegliato, impossibile da combattere.

La udì lamentarsi debolmente e le mani della giovane, senza convinzione, fecero una leggera pressione per spostarlo. Ultimo tentativo prima di arrendersi completamente.

Non sapeva come aiutarla, non sapeva come salvarla da se stesso. Poteva solo alleviare la sua sofferenza, donarle una morte dolce.

Entrambi vennero accecati da una forte luce bianca e poi …

“Dove siamo?” chiese Bonnie guardandosi intorno.

Il vampiro aprì gli occhi “Non lo so” ammise semplicemente “Volevo un posto che fosse lontano da tutto”. Dove niente ti farebbe soffrire.

“Damon” lo chiamò con voce fioca “Sto morendo, vero?”.

Lui la prese tra le braccia e la strinse al petto. Aveva un disperato bisogno di piangere ma le lacrime non volevano scorrere. Forse dopo tutti quei secoli si erano seccate, forse aveva sepolto così in profondità le sue emozioni da scordarsi persino come piangere. Infine una piccolissima goccia scivolò sulla sua guancia, poi un’altra e un’altra ancora. Caddero tutte sui capelli della strega.

“Non è colpa tua” lo confortò Bonnie che provava tutto il dolore del vampiro per ciò che le stava facendo. Non dipendeva da lui: la brama del sangue era troppo forte per resisterle.

“Mi puoi fare un ultimo favore?” lo pregò, avvicinandosi al suo viso “Baciami”.

Fu intenso ed esigente; un piccolissimo paradiso in cui poterono fingere di essere felici e insieme. Bonnie non avrebbe mai voluto lasciare quelle labbra. Se morire significava rivivere quel bacio, lo avrebbe fatto e rifatto all’infinito finché anche lui non l’avesse raggiunta.

“Chiudi gli occhi, Sissi” mormorò Damon baciandola ancora sulla fronte “Presto starai bene” e le accarezzò i capelli “Nessuno ti farà più del male”. Soprattutto non io. Avvertì che lentamente gli stava sfuggendo dalle mani.

“Sarai al sicuro”. La sua voce s’incrinò.

Poi ci fu spazio solo per il buio.

 

“I remember tears streaming down your face

When I said I’d never let you go
When all those shadows almost killed your light
I remember you said ‘Don’t leave me alone’
But all that’s dead and gone and past tonight
Just close your eyes, the sun is going down
You’ll be alright, no one can hurt you now
Come morning light
You and I will be safe and sound”

(Safe and sound- Taylor Swift ft The Civil Wars).

 

Il mio spazio:

Non so davvero da dove iniziare con questo capitolo. È triste. Io stessa ho lasciato andare qualche lacrimuccia.

Non vi auguro di piangere, ovviamente, ma spero di avervi trasmesso qualche emozione, spero di aver scritto bene.

Ci sono molti momenti tra Damon e Bonnie, dove molte cose vengo dette e tante altre sottointese. Lei ha detto molto e soprattutto si è capito cosa volesse dire. Damon ha avuto più problemi ma indirettamente mi pare che abbia dimostrato abbastanza quanto le voglia bene.

Lo vediamo fin da subito, quando la rimprovera nonostante la situazione non sia propriamente adatta e soprattutto quando le dichiara eterna fedeltà; perché anche se Bonnie dovesse trasformarsi in mostro, lui sarà sempre lì a ricordarle chi era. È un po’ quello che ha cercato di fare lei in questi mesi. In definitiva, questi e due non si abbandonerebbero mai.

La fine è stata ispirata totalmente dalla canzone di “Safe and sound”, il che è davvero strano perché io non ho gran simpatia per Taylor Swift (le taglierei tutti i suoi boccoli biondi!), ma questo pezzo mi ha conquistato.

Per chi guarda la serie tv, ricorderà anche la scena tra Damon e Rose nell’episodio 2x12. Qui è un po’ più tragica, perché in quel caso Damon l’ha uccisa per risparmiarle l’agonia, in questo la sta uccidendo per supplire a un suo bisogno fisico che forse riuscirebbe a controllare con un po’ di sforzo. Per cui, vedrete che i risvolti saranno parecchio sconvolgenti.

Io so cosa accadrà nel prossimo capitolo, so se Bonnie ce la farà oppure no; ma in ogni caso non preoccupatevi: ha il sangue di Klaus in circolo per cui, in un modo o nell’altro, avete la certezza di rivederla.

Spiegherò sempre nel prossimo capitolo come mai Damon non è riuscito a tenere a freno l’istinto e capirete che non totalmente colpa sua; come dice anche Bonnie è la brama di sangue a spingerlo.

Ho voluto inserire anche un piccolo pezzo su Caroline perché lei rappresenta il pensiero di tutti gli altri, come stanno vivendo questa situazione. Ho scelto proprio questo personaggio per un mio sfizio personale, perché mi sembra che nello show stia perdendo molta della sua simpatia. A parte che ormai dovrei fare una lista dei personaggi che faccio fatica a capire, a partire dai tre protagonisti. Già, credo che far scegliere ad Elena Stefan alla fine della stagione scorsa sia stata una mossa un po’ bruttina per allungare il brodo, ma questa cosa dell’asservimento!! La storia degli innamorati sempre divisi ha stufato; i Promessi Sposi sono già stati scritti e Julie Plec non è Manzoni, per cui, per piacere, fate stare insieme sti due poveri vampiri e pensiamo ad altro (tipo Shane e il mistero che si porta dietro!).  chiudiamo questa parentesi ahah!
La canzone “Promise this” è in realtà di Cheryl Cole, ma ho messo la versione di Adele perché trovo che sia più adatta e anche più bella.

Ragazze, grazie mille per tutto il sostegno che date a questa storia! Dovrei farvi una statua, sul serio!

Buone feste a voi e alle vostre famiglie!!

Ci vediamo con il capitolo 40 nella settimana del 7 febbraio (magari anche prima, ma parto per le vacanze quindi non so quanto potrò scrivere”.

 Banner di Bumbuni.

*le parti in corsivo le ritrovate nel capitolo 16, è uno dei primissimi sogni premonitori di Bonnie.

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Capitolo 40
*** Goodbye, my almost lover ***


Ashes &Wine

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Capitolo quaranta: Goodbye, my almost lover.

 

“Car is parked, bags are packed

but what kind of heart doesn't look back
At the comfortable glow from the porch,

the one I will still call yours?
All those words came undone and now I'm not the only one
Facing the ghosts that decide if the fire inside still burns”

(Breath again- Sara Bareilles).

 

 

 

Bonnie strinse tra le dita la tazza di sangue e se la portò alla bocca. Non era molto incline all’idea di cominciare a berlo ma doveva ammettere che le piaceva dopotutto. Era ciò di cui aveva bisogno in quel momento.

Da due giorni ormai  vi era costretta; volente o nolente, le serviva. Il sapore decente era l’unico aspetto confortante; per il resto, l’aveva stordita completamente.

Odiava sentire il suo corpo cambiare senza poter fare nulla per impedirlo. Odiava avere l’udito più acuto e la vista più nitida. Era così diverso dal mondo cui era abituata e sperava che la situazione si sarebbe stabilizzata in fretta.

Non sapeva dire di preciso che cosa fosse accaduto dopo il rituale. Aveva dei ricordi confusi e stentava a credere che Klaus fosse morto, sparito per sempre. Soprattutto stentava a credere di essere stata lei ad ucciderlo, anche se il colpo finale lo aveva sferrato Damon.

Stentava riconoscersi in quella ragazza che aveva portato alla rovina Klaus. Non credeva che nelle sue vene potesse esplodere una tale rabbia, non credeva che la sua mente tollerasse un livello d’odio così alto. Le sue dita si erano chiuse attorno al cuore del vampiro, senza nemmeno toccarlo, pronte a strapparlo.

Era stato come se la parte più oscura della sua anima avesse scalpitato per uscire, prendendo il controllo delle sue azioni. Avrebbe potuto tranquillamente radere una città al suolo, solamente per sfogare la ira.

Era grata a Damon per essersi intromesso. Per quanto fosse assurdo, per quanto Klaus meritasse quella morte atroce, se Bonnie fosse davvero riuscita a frantumare il suo cuore tra le mani, sarebbe stata per sempre perseguitata da quel ricordo. Per un attimo era diventata il mostro senza pietà in cui Klaus aveva progettato di trasformarla.

Il male non era parte di lei; non desiderava sentire mai più in vita sua il bisogno di uccidere, non voleva avere quel potere.

Damon in un certo senso l’aveva salvata di nuovo; questa volta dal rimorso.

La tentazione di eliminare Klaus era stata difficile da combattere, l’idea la allettava ancora. Dopotutto, ne aveva ogni diritto; temeva, però, che una volta provata l’adrenalina di aver sconfitto il suo nemico, poi non sarebbe più riuscita a disfarsi della voglia di riprovare.

La morte non doveva entrare nella sua vita, non doveva diventare un’abitudine. La stessa convinzione di essere invincibile non avrebbe portato niente di buono. Aveva visto con i suoi occhi che cosa la brama di potere spingesse a fare, cosa comportasse. Non voleva entrare in quella spirale distruttiva: le sue capacità speciali nascondevano un lato torbido; non aveva intenzione di cedervi.

Se fosse arrivata a provarlo fino in fondo almeno una volta, poi non ci sarebbe stato più un ritorno.

Damon l’aveva sollevata di un peso ancor prima che lei stessa lo sperimentasse.

Bonnie prese un altro piccolo sorso e storse il naso. Non era male, ma il suo stomaco cominciava a ribellarsi. Il sangue non faceva parte della sua dieta, non vi era abituata. Fortunatamente, entro poco, sarebbe potuta tornare alla sua solita alimentazione, da umana.

Damon era riuscito a fermarsi appena in tempo ma il corpo della ragazza aveva perso troppo sangue per potersi riprendere con del semplice risposo. Così ogni giorno era costretta ad assumere una discreta quantità di sangue di vampiro per recuperare pienamente le forze.

Klaus era morto e lei era finalmente libera; nessuno l’avrebbe più cercata o terrorizzata. I suoi amici erano al sicuro; l’estate alle porte.

Sarebbe stato tutto perfetto se la persona che l’aveva salvata, non la stesse evitando come una lebbrosa.

Damon da un paio di giorni sembrava invisibile; o se ne stava chiuso nella sua stanza o usciva direttamente di casa. In entrambi i casi cercava il più possibile di starle alla larga.

 

Il momento prima del risveglio era sempre il peggiore.

“Damon, sto morendo?”.

Si trovava in uno stato di pace toltale e qualcuno la voleva turbare.

“Baciami”.

Ricordi confusi le si affollavano in mente.

“Sei al sicuro”.

Lacrime, sangue, un abbraccio stretto e disperato.

Bonnie aprì gli occhi di colpo e strinse il cuscino tra le dita. Si guardò attorno, spaesata. Si trovava in camera sua, ma all’inizio non la riconobbe.

Davanti agli occhi aveva ancora le immagini di qualche ora prima. Respirò profondamente, cercando di calmare il suo cuore che batteva all’impazzata.

Cos’era quello, un altro scherzo? Uno dei soliti incubi ideati da Klaus? Perché continuava a darle false speranze?

Eppure sembrava tutto vero: il suo letto, il suo armadio, la finestra leggermente aperta, il profumo di pulito tra le lenzuola, Stefan che la fissava preoccupato…

Stefan?

“Che ci fai tu qui?” gli chiese come se avesse appena visto un fantasma.

Il vampiro ridacchiò “Questa è casa mia, Sissi”.

Bonnie strabuzzò gli occhi. Allungò la mano e gli toccò il braccio. Ritrasse rapidamente le dita non appena entrarono in contatto con la sua pelle.

“Sei a casa” le riferì lui ancora una volta, per rincuorarla.

Casa.

“Whoaaaa!!” esultò la strega e si buttò tra le braccia dell’altro. Non era un incubo, non era finzione. Klaus era stato sconfitto. Andato, sparito, per sempre!

Lei era ancora viva. Era a casa. Stefan era lì!

“Damon?” domandò con apprensione girandosi a destra e a sinistra senza trovare nemmeno una traccia.

L’espressione del giovane Salvatore si rabbuiò “Sta riposando”.

“Ma sta bene, vero? Non è ferito? I-io gli ho dato il mio sangue, dovrebbe essere guarito” si affannò.

“Sta bene” le assicurò “E tu devi decisamente smetterla di offrirgli il tuo sangue” la rimproverò “Questa volta poteva finire molto male”.

Bonnie si accigliò “Sono un vampiro?” chiese più a se stessa che a Stefan. si portò una mano al cuore: batteva ancora. Sentiva il bisogno di respirare. Tutto la portava a pensare di essere rimasta umana.

“Come è possibile che io sia … viva?”.

“Mio fratello si è fermato appena in tempo, ma avevi perso una gran quantità di sangue; ho dovuto darti il mio per salvarti”.

La ragazza si mordicchiò un labbro “Perché non me l’ha dato lui?”.

“Era sotto shock” spiegò “Non avevamo molto tempo, ho agito in fretta”.

“Grazie” gli sorrise dolcemente Bonnie ma il suo pensiero era già scattato verso Damon. Voleva vederlo, sentirlo, constatare di persona che fosse ancora lì con lei.

“Devo andare da lui”.

Stefan la bloccò per un braccio “Non è una buona idea. È troppo presto”.

“Non posso lasciarlo solo. Lui mi ha protetta fino alla fine, mi ha tenuto tra le sue braccia … stava piangendo” gli disse rammento gli ultimi attimi che avevano condiviso prima che il buio s’impossessasse di lei “Stava piangendo!” realizzò con più lucidità “Ha bisogno di me; ti prego, Stefan”.

“Adesso non è qui”.

“Ma hai detto che stava riposando”.

“E’ da Alaric” chiarì “Gli serve qualche ora da solo. Verrà da te quando sarà pronto”.

Bonnie annuì accondiscendente, ma la sua testa le diceva di fare il contrario. Finse di voler dormire ancora un po’ e il vampiro lasciò la stanza.

La rossa attese, sveglia e vigile, davanti alla finestra con gli occhi fissi sul viale d’entrata. Rimase per ore, appollaiata sul davanzale e si addormentò un paio di volte prima che la macchina di Damon fece il suo ritorno.

L’orologio segnava l’una e mezza di notte.

Bonnie ignorò totalmente i consigli di Stefan e, a piedi nudi, corse giù per le scale. Lo trovò in salone, seduto sul divano con il viso rivolto verso un quadro. Certamente si era accorto della sua presenza ma si ostinava a rimanere girato.

“Credevo non tornassi più” confessò lei, con un filo di voce, mentre si torturava le mani per l’ansia “Mi sono preoccupata”.

L’altro non diedi cenno di averla ascoltata.

La giovane deglutì a disagio “Stefan mi ha detto quello che hai fatto. Sapevo che ti saresti fermato”.

Damon contrasse la mascella ma s’impose di rimanere impassibile. Pregò con tutte le sue forze che se ne andasse, non voleva averla così vicina.

Bonnie fece il giro del divano e prese posto accanto a lui. Con una mano gli sfiorò delicatamente la guancia e impresse una leggera pressione per farlo voltare. Il vampiro, come un automa, girò il collo.

“Ehi” sussurrò la strega continuando ad accarezzargli il volto “E’ finita, noi …ce l’abbiamo fatta”.

Nessuna risposta. Il suo sguardo rimaneva freddo, vuoto e indifferente.

“Perché non mi parli?” chiese Bonnie “Perché non …”.

La frase rimase a mezz’aria. La ragazza si trovò bloccata contro il muro, in una presa saldissima. Le iridi di Damon finalmente la osservavano con desiderio, affetto e un pizzico di sollievo.

Non passò molto che le loro labbra si scontrarono con urgenza, veloci e affamate, felici di potersi riassaporare nonostante tutto.

Niente a che vedere con il loro ultimo bacio, disperato e triste.

Lei strinse le dita tra i suoi capelli; Damon la spinse di più contro la parete. Le baciò la mandibola, l’orecchio, il collo e di nuovo la bocca.

Bonnie era reale: il suo cuore, i suoi sospiri, il suo corpo. Tutto di lei era tremendamente vivo. E poteva averla per sempre, lontano da ogni pericolo, lontano da ogni male.

All’improvviso, spinto dall’ultimo barlume di assennatezza che gli restava, si staccò e frappose le sue mani “Mi dispiace, non posso” ansimò “Non posso”.

In un attimo Bonnie si ritrovò sola. Ancora.

 

Era stata l’ultima che avevano diviso un momento da soli. Damon non rimaneva per più di due minuti nella sua stessa stanza, limitava i contatti al minimo e ancor meno la conversazione.

Stefan era l’unico con cui poteva parlare in casa. Sheila era partita quella mattina per la Scozia per sbrigare alcuni affari; Bonnie aveva promesso di raggiungerla appena si fosse ripresa; sentiva di aver bisogno di un po’ di tempo con la sua nonna prima di ritornare alla vita di tutti i giorni.

Prima, però, doveva risolvere il problema con Damon. Non riusciva proprio a interpretare quell’improvvisa repulsione. Avevano scampato un pericolo immaginabile, morte certa e altri mille problemi, svaniti con la dipartita di Klaus e invece di passare ogni istante con lei, la scansava con cura magistrale.

Nelle migliore delle ipotesi, Damon stava cercando di elaborare il peso di averla quasi uccisa. Forse aveva bisogno solo di qualche giorno per superare la cosa e ritornare ad essere sicuro del proprio autocontrollo.

Nella peggiore, si era semplicemente stufato: di lei, di salvarle la vita, di rischiare la propria per tirarla fuori dai guai.

In fin dei conti, era sempre stato il tipo che schivava ogni genere di responsabilità; la promessa fatta alla madre di Bonnie era un’eredità difficile da portare e l’aveva mantenuta fin troppo a lungo.

La ragazza posò la tazza sul tavolino e si alzò. Salì le scale fino al terzo piano, fino alla camera da letto del vampiro. Ovviamente era vuota.

Si stese sul materasso e raccolse le gambe al petto. Preferiva non pensare alle motivazioni che avevano spinto Damon a comportarsi in quel modo; non sarebbe servito a nulla tartassarsi con domande cui non poteva dare una risposta.

Abbracciò il cuscino. Era l’unico posto che le donava un po’ di pace. Era un’illusione, ma almeno riusciva a quitare l’angoscia.

Doveva solo dargli tempo, aspettare un po’. Prima o poi sarebbero riusciti a parlarne e sarebbero andati avanti.

Cedette in fretta al sonno. Il suo corpo e la sua mente non potevano sopportare ulteriore affanno.

Fu così che Damon la trovò non molto più tardi.

Era tanto difficile capire di lasciarlo in pace, solo? Cosa doveva fare per tenerla alla larga?

Sebbene ogni parte del suo corpo gli suggerisse di andarsene o portarla nella sua stanza, non riuscì a trattenere un moto di tenerezza. Raggomitolata in quel modo, appariva ancora più piccola e fragile.

Le si stese accanto; fece passare un braccio attorno ai suoi fianchi e se la tirò vicino al petto, appoggiando il mento sui suoi capelli.

Si concesse un istante, un solo piccolissimo istante per stare con lei. Non avrebbe dovuto cedere alla tentazione, ma non ebbe altra scelta.

L’ostinazione di quella ragazza non aveva limiti, ma Damon non riuscì ad arrabbiarsi fino in fondo. Aveva bisogno di averla accanto, anche per poco. Ignorarla per quei giorni era stato un’agonia, una violenza psicologica.

Per loro, ormai, la via era spianata, in discesa: niente più Klaus, niente più pericoli, niente più vampiri alla ricerca di un immenso Potere.

Gli Originali avevano promesso di mantenere segreta l’identità di Bonnie, nella speranza che prima o poi la sua storia sarebbe caduta nel dimenticatoio.

La situazione non poteva che volgere a loro favore; un futuro tranquillo li aspettava, ora che avevano eliminato anche l’ultimo ostacolo.

Tutto sarebbe stato perfetto, fatta eccezione per un minuscolo dettaglio: Damon l’aveva quasi uccisa.

Faticava a ricordare quei momenti; probabilmente il suo subconscio stava lottando per cancellarli ma il senso di colpa era così forte da togliergli il respiro.

Dannazione, avrebbe dovuto proteggerla, non diventare il suo carnefice!

Non c’erano scuse per quello sbaglio né giustificazioni. Era stanco, provato, indebolito, ma non si era impegnato abbastanza per tornare lucido, non aveva combattuto la sete. Si era lasciato travolgere dall’istinto.

Il sangue di Bonnie aveva sempre avuto un qualcosa in più, gli aveva sempre provocato un certo grado di assuefazione ma mai fino a quel punto.

Aveva abbassato la guardia, si era comportato da superficiale. Questa volta, però, la sua leggerezza gli era costata parecchio. E se non si fosse fermato in tempo … avrebbe sicuramente perso il lume della ragione.

 

Uscì dall’illusione che lui stesso aveva creato.

I canini gli dolevano, sentiva il sangue cadere a gocce giù per il mento. La sua mente era ancora parzialmente annebbiata dalla sete ma piano, piano stava riprendendo il controllo di sé.

Il vampiro mise a fuoco la figura immobile che teneva tra le braccia e sentì il suo cuore accartocciarsi: il corpo della strega era freddo, il battito quasi assente; respirava a malapena.

Damon la guardò inorridito. Era lui il responsabile? Come aveva potuto ridurla in quello stato?

Non riuscì a muovere un muscolo, bloccato dallo shock, confuso e spaesato.

Non udì la voce di Stefan che lo chiamava con insistenza; quasi non avvertì nemmeno la botta che lo spostò violentemente di lato né le mani di Caroline che lo scuotevano nel tentativo di riportarlo alla realtà.

I suoi occhi non lasciarono neanche per un secondo la figura di Bonnie; distrattamente si accorse che Stefan si era tagliato il polso e la stava guarendo con il suo sangue.

Damon acquistò lentamente consapevolezza di ciò che stava avvenendo solo quando sentì il cuore di Bonnie riprendere a pulsare con maggior vigore.

Dentro di sé, accanto al sollievo, si fece largo una nuova emozione, molto meno nobile: delusione.

Delusione, perché tra la paura e lo smarrimento, Damon aveva intravisto la possibilità concreta di spendere con lei l’eternità.

Entrambi da vampiri.

 

Si disprezzò da solo. Che razza di persona poteva pensare, anche se per pochissimi secondi, di condannare una creatura innocente come Bonnie ad un destino così nero?

Ora, soltanto l’idea lo ripugnava ma in quel frangente aveva seriamente considerato quell’eventualità.

Non che desiderasse trasformarla in vampiro, non era mai stato nelle sue intenzioni, se non in un futuro molto lontano.

Eppure quei brevi momenti lo avevano buttato nello sconcerto più totale.

Non solo si era nutrito di lei fino a quasi prosciugarla ma aveva pure esitato a curarla con il suo sangue.

Cominciava a sospettare che una parte di lui lo avesse indotto a non agire, a lasciare che la trasformazione compisse il suo corso.

Se non fosse stato per Stefan, con molte probabilità Bonnie si sarebbe risvegliata come una non-morta.

Sapeva di essere egoista e non se n’era mai preoccupato. Alcune volte il suo egoismo lo aveva perfino salvato da situazioni scomode.

Aveva sempre pensato che la sua impulsività, il suo egoismo e la sua possessività avrebbero protetto Bonnie fino all’infinito. L’avevano tenuta al sicuro per tutto quel tempo e Damon non aveva mai considerato la possibilità di cambiare.

Ma dopo la vicenda con Klaus, tutto era diverso.

Il suo egoismo aveva portato la sua streghetta così vicino alla morte che quasi non riusciva a guardarla senza provare disgusto per se stesso e rimorso.

Nella sua testa regnava la confusione più totale; da troppo tempo andava avanti quella storia. Da mesi il vampiro era bloccato nella sue decisioni.

Gli sembrava sempre di sbagliare, troppo pieno di dubbi per muovere un passo.

Senza Bonnie, probabilmente non avrebbe mai messo in discussione tutta la sua vita. Solo negli ultimi giorni aveva capito che la sua furbizia era stata semplicemente fortuna sfacciata; gli era andata bene.

Quanto sarebbe durata?

Era riuscito a fermarsi appena prima di dissanguare Sissi; ma chi gli assicurava che non avrebbe commesso un errore ancora più grave in futuro?

Era sempre stato una mina vagante, pronta ad esplodere. Lo divertiva. Quella volta, però, aveva bruciato qualcuno che aveva giurato di proteggere anche a costo della sua vita.

Il perdono non era nemmeno lontanamente in vista. Bonnie glielo aveva concesso in passato e lo avrebbe fatto ancora. Damon non era disposto ad accettare quella condizione; non poteva passarla liscia; doveva trovare un modo per punirsi. Se nessuno voleva porgli un limite, allora ci avrebbe pensato lui.

La ragazza mugugnò qualcosa e si mosse leggermente; il corpo del vampiro s’irrigidì. Non poteva rimanere lì; lei non doveva vederlo.

Sciolse lentamente l’abbraccio e si alzò dal letto.

Stette un attimo a guardarla. Poteva avere tutto e invece aveva preferito rovinare la sua unica possibilità di felicità.

Abbandonò la stanza; stava per prendere la decisione più dura della sua vita.

 

“Un brindisi a noi!” esultò Caroline alzando il bicchiere.

“Per aver finito la scuola” aggiunse Meredith.

“Per la nostra fantastica estate” disse Elena.

“Per essere ancora viva” mormorò Bonnie con un sorrisino tirato.

“Hai vinto tu” considerò Meredith.

Bonnie tirò un sorriso; da un po’ di tempo a quella parte vinceva sempre lei in quanto a disgrazie.

Ciò che la rendeva speciale, era pure la fonte di tutti i suoi guai; tanto che in quel momento si sentiva felice solo a stare con le sue amiche.

Decise di non pensare ai mille problemi che erano sorti in quei pochi giorni e si lanciò nella conversazione.

Elena aveva organizzato una serata tra ragazze per festeggiare la sconfitta di Klaus e soprattutto la fine di tutte le loro sfortune.

Vino e pizza forse era un po’ dozzinale ma si potevano accontentare.

Stentava a ricordare l’ultima volta che si era felicemente e pienamente divertita con le sue amiche.

C’erano sempre state per lei, l’avevano supportata ma ogni momento con loro era inevitabilmente stato rovinato dalle ombre che l’avevano perseguitata per quegli anni. Finalmente si sentiva libera di divertirsi.

Le guardò una per una, mentre sorridevano e si scambiavano battute. Non avrebbe mai immaginato di poter stringere un legame così saldo in così pochi mesi.

Le premesse non si erano certo rivelate le migliori: molti segreti e qualche inganno, senza contare le altrettante bugie.

In fin dei conti stavano solo cercando di proteggere i loro amici; lei avrebbe fatto lo stesso. Aveva ormai superato la diffidenza dei primi momenti.

Sapeva di poter contare su di loro; la capivano perché erano toccate dalle stesse vicende. La normalità non sarebbe mai stata parte della loro vita, ma andava bene così. Bastava stare unite e avrebbero affrontato qualsiasi cosa.

Per quanto banale potesse risultare, era un consiglio da tenere buono.

“Credete che sia davvero finita?” si ritrovò a chiedere, colta da un’improvvisa sensazione di gelo.

“Che ci può essere peggio di un Antico, Bonnie?” replicò Caroline “Elijah e gli altri hanno promesso di mantenere il segreto e sono sicura che si impegneranno perché nessuno ti venga più a cercare”.

“Non ti devi preoccupare” le diede manforte Meredith “Voglio dire: la nostra strada non sarà mai in discesa ma non credo che ricapiterà mai più un pericolo simile”.

“No, non è questo” disse la rossa corrugando la fronte “E’ qualcos’altro … un’impressione; non so, magari mi sto solo facendo suggestionare. È semplicemente incredibile che potremo stare un po’ tranquille”.

“E’ un’impressione da strega?” si accertò Elena.

“No” rispose abbastanza sicura Bonnie “Solo un’impressione”.

“Non badarci troppo” la rassicurò “Probabilmente sei ancora scossa”.

“Parliamo di vacanze piuttosto!” cambiò discorso Caroline “Potremo andare da qualche parte solo noi quattro” propose “Giusto per rifarci del weekend disastroso, rovinato da quella stupida vampira”.

“Per me si può fare” acconsentì Meredith “Ma dobbiamo tornare prima di metà agosto; devo organizzare il trasferimento ad Harvard”.

“Ma sentitela, la nostra dottoressa” la prese in giro Elena “Ti ci vedo già a tenere i corsi dopo appena qualche lezione”.

Meredith liberò uno sbuffo spazientito.

“Dobbiamo farlo, ragazze” s’impuntò Bonnie “L’anno prossimo sarà tutto diverso: Meredith andrà ad Harvard e noi tre saremo a Dalcrest. Con l’università si cresce, si cambia. Forse sarà la nostra ultima occasione di stare tutte insieme”.

“Allora è deciso!” esultò Caroline “Ma dobbiamo fare le cose per bene. Che ne dite di un posto extra lussuoso dove saremo servite e riverite tutto il giorno?”.

“Dico che le mie finanze sono un po’ in crisi dopo l’iscrizione al college” le fece notare Meredith.

“Non dobbiamo per forza pagare” insinuò Caroline “Io ho il dono dell’ipnosi, ricordate?”.

“Care!” la rimproverò Elena “Questa è una truffa”.

“Ne hanno fatte di peggiori” sbuffò la vampira “E se chiedessimo a Stefan e Damon di finanziare il nostro viaggio? Hanno tanti di quei soldi da buttare via”.

“Non sono sicura che sia una cosa carina da chiedere” disse Elena.

“Sapete … non è un’idea malvagia” s’intromise Bonnie “La mia famiglia ha accumulato molto denaro nei secoli. Legalmente sono una Salvatore e sono maggiorenne; posso usare quei soldi per quello che voglio. Sarei contenta di sponsorizzare il nostro divertimento”.

“Beh, amica mia, ti ringrazio della tua generosità” scherzò Caroline.

“Prima sentiamo cosa ne pensano Stefan e Damon, va bene?” suggerì Elena.

“Stefan non avrà niente in contrario” assicurò Bonnie “E Damon … è un miracolo se sa che esisto”.

“Se sa che esisti? Stai scherzando vero?!” esclamò Meredith scettica “Come minimo ti avrà installato un dispositivo GPS sotto la pelle per tenerti sempre sott’occhio”.

Quello era il vecchio Damon; questo m’ignora da quando siamo tornati a casa. Forse è stufo di rischiare la vita per salvare la mia”.

“Bonnie” la chiamò Elena “Se lo conosco almeno un po’, ti sta evitando per calmare il suo senso di colpa”.

La strega la guardò interrogativa.

“Era stanco, ferito; si è nutrito di te e  ti ha quasi ucciso. Non è riuscito a fermarsi. Non deve essere una cosa facile da elaborare” spiegò la bionda “Probabilmente sta solo cercando di superarlo”.

“Ma” obiettò Bonnie “Non è stata colpa sua; lo so”.

“Tu lo sai, lui no” disse Elena “Prova ad immaginare la situazione a ruoli invertiti. Come reagiresti?”.

“Ora basta stressarsi per queste cose” tagliò corto Caroline “Mi avevate promesso una serata senza drammi. Continuiamo a parlare di vacanze, piuttosto. Mi piaceva l’argomento”.

“E’ bello sapere che ti preoccupi sempre di cose importanti” sbuffò Meredith.

“Le vacanze sono una cosa seria!” ribatté la vampira “E poi Bonnie ha ragione: forse sarà la nostra ultima occasione di stare insieme” poi alzò le mani per enfatizzare le sue parole “Santo Cielo! Ci è mancato tanto così che questa fosse immolata per le mire di un vampiro pazzo” e indicò la rossa “Dobbiamo goderci i momenti come questi! E se i ragazzi di cui siamo innamorate non riescono a capirlo, peggio per loro. A che serve un uomo quando le mie amiche sono così fighe?”.

“Il ragionamento non fa una piega” constatò Meredith.

“Tu parli così perché il tuo ragazzo ti ama” considerò Bonnie.

“Anche il tuo” le ricordò Elena.

“Già” concordò Caroline “Solo che è troppo stupido per capirlo”.

Bonnie non seppe se era più rincuorata o rattristita, ma seguì il consiglio delle amiche e si lasciò quei problemi davvero alle spalle, come aveva progettato fin dall’inizio.

Non parlarono solo dell’estate, ma dell’università, dei loro progetti; argomenti che normalmente riempivano le chiacchiere delle altre neodiplomate.

Loro non si erano mai soffermate molto sul futuro perché non sembrava una  possibilità concreta. C’era sempre qualcosa di più serio di cui occuparsi.

Presto si ritirarono nei loro sacchi a pelo e si addormentarono, con il sorriso sulle labbra. Per una volta si sentivano al sicuro e tranquille.

Bonnie fu la prima a svegliarsi ma si accorse che era ancora notte fonda. Le altre riposavano serenamente con il respiro leggero.

Aveva la gola secca, così si alzò e scese in cucina per prendere un bicchiere d’acqua. Tutto quel vino l’aveva solo disidratata.

“Sei sicura di reggere tutta questa normalità?”.

Per poco non si strozzò con l’acqua. Chiuse gli occhi e non si girò. Sapeva cosa avrebbe visto; le capitava tutte le notti da una settimana.

Tu non sei reale, non sei reale. Si ripeté nella testa, come una cantilena.

“Non lo sono?” insistette quella voce.

A quel punto Bonnie si voltò e gli puntò un dito contro “Tu sei morto!”.

“Lo ero anche prima che tu e il tuo vampiro mi uccideste”.

“E’ una cosa diversa” s’intestardì “Ora sei morto, morto. Finito”.

Klaus sollevò le spalle e si appoggiò al tavolo “Non importa se sono morto per il resto del mondo; importa se sono vivo per te”.

“Tu non sei vivo per me!” strillò Bonnie “Sei morto, morto sepolto!”.

“La tua mente la pensa diversamente”.

“Sparisci” sibilò lei. Cercò di oltrepassarlo per tornare in camera e dimenticarsi di quell’orribile allucinazione ma venne strattonata malamente all’indietro.

“Presto ti stuferai di giocare alla ragazza normale” l’avvertì Klaus “Tu non sei fatta per le cose comuni, prima o poi rivorrai il brivido del pericolo nella tua vita. Se ti fossi unita a me, non ti saresti mai annoiata; io ero tutto ciò di cui avevi bisogno, adesso non ti è rimasto nulla”.

“Ho tutto quello che mi serve, ma grazie dell’interessamento” ribatté scostando il braccio.

“E cosa sarebbe? Un ragazzo che per poco non ti uccide? Un vampiro che non ti potrebbe mai dare dei figli e che ti ostacolerebbe in tutte le tue scelte, prendendo lui le decisioni? Parlo soprattutto delle situazioni tra la vita e la morte” insinuò.

“Sei morto, Klaus” ripeté Bonnie impassibile “Fattene una ragione e lasciami in pace. Tormentarmi non ti riporterà indietro”.

“Basta che nei sia sicura tu” canticchiò l’altro con un ghigno furbo “Sono uno degli Antichi, la fine arriva solo quando lo dico io”.

Chiuse gli occhi e in un attimo entrambi si trovarono in camera di Elena, dove le altre dormivano ancora beatamente.

“Sarà divertente piombarvi alle spalle quando meno ve lo aspetterete” commentò Klaus “Ma guardale: riposano così serene; sarebbe facilissimo per me squarciare la gola a tutte” e il suo sguardo si posò sulla strega, illuminato da una perfida luce “Per adesso mi accontenterò della tua”.

Bonnie indietreggiò inciampando sui suoi stessi piedi e cadde.

Si svegliò di soprassalto. Le sue amiche non davano segni di essersene accorte: avevano ancora gli occhi chiusi e il respiro leggero.

Non aveva urlato come le altre volte ma le mani le tremavano.

Da qualche notte le capitava di sognare Klaus. Klaus che la minacciava, Klaus che la attaccava, Klaus che tornava per vendetta.

Era certa che non fossero delle visioni, ormai aveva imparato a distinguerle. Una specie di sesto senso da strega o qualcosa di simile.

Sebbene si trattasse solo di incubi, la lasciavano sempre parecchio turbata. Ultimamente Stefan le faceva compagnia di notte quando si svegliava urlando. Damon l’avrebbe calmata con uno sguardo ma sembrava essersi dato alla macchia per cui non le restava che accettare il conforto del minore dei Salvatore; di cui, comunque, era grata.

“Bonnie … tutto bene?” bisbigliò Meredith nella penombra della camera.

“Sì” mormorò la rossa “Era solo un sogno. Ti ho svegliata?”.

“Non importa, non ho sonno” disse avvicinandosi senza far rumore “Sei sicura di star bene?”.

La strega scosse il capo “Faccio fatica a togliermi Klaus dalla testa. Di notte mi perseguita”.

“Ne hai parlato con qualcuno?”.

“Di cosa? Degli incubi?”.

“Di tutto: Klaus, il sacrificio …”.

“No”.

“Vuoi parlarne ora?”.

Bonnie rimase in silenzio, a riflettere. Voleva parlarne, voleva sfogarsi ma non sapeva cosa dire.

Poi le parole, inconsciamente, trovarono la via per la sua bocca “Dicono che quando stai per morire, vedi tutta la tua vita passarti davanti. Io ho visto solo Zach e Clara” ammise con una nota malinconica “Mi sono sempre chiesta che cosa abbiano pensato nel momento in cui hanno capito che per loro era arrivata la fine. E ancora adesso, dopo esserci passata, non so darmi una risposta. È quasi come se non riuscissi a ricordarlo, non posso descriverlo”.

“Ti capisco, Bonnie” le disse Meredith “Anche io l’ho sperimentato, quando Christopher mi ha lasciato morente sulla strada; e Caroline quando è stata trasformata in vampira. Credo che sia un bene non ricordarci di quei momenti; non è giusto che a diciott’anni si debbano sopportare esperienze simili” le prese una mano “Ci ho messo un po’ a riprendermi dopo che Christopher mi ha attaccato; ero spaventata, non volevo girare da sola e per un mesetto ho avuto gli incubi. Va bene … è normale; l’importante è che siano soltanto incubi”.

“Lo sono” affermò Bonnie “Klaus è morto, per sempre. Come ha detto Elena, sono solo un po’ scossa”.

“Quindi le visioni sono finite?” si accertò Meredith.

“Beh sì, direi che si sono tutte avverate”. Vi meditò un po’ su. La prima visione, quella che le aveva rammentato il fatto di piazza di Spagna, si riferiva a Christopher. Poi c’era stata quella della prigionia e quasi uccisione di Damon, e quella che le aveva mostrato l’aggressione da parte di Damon.

Improvvisamente allargò gli occhi e balzò a sedere “Meredith! Ne manca una” realizzò con orrore.

“Che succedeva?”.

“Se ne andava” rivelò. Non serviva specificare il soggetto. Nella sua mente il significato era fin troppo chiaro.

 

“Ancora non riesco a capire come abbia fatto ad ucciderlo”.

“Non lo ha dato Damon il colpo di grazia?”.

“Alaric!”.

“Stefan … vorrei tanto sapere perché mi hai preso per un oracolo” replicò il professore “Io non so tutto di tutto”.

“Ma ti sei fatto un’idea?” insistette il vampiro.

Alaric lo guardò senza riuscire a trattenere un sorriso “Potrei avere una teoria”.

“Ti spiace condividerla con me?” premette Stefan, un po’ seccato.

Alaric sospirò “Ho solo tirato ad indovinare. Nessuno sa bene  come funzioni lo scambio di Poteri che Klaus era intenzionato a fare. Tutte le streghe come Bonnie sono morte quindi il rituale non è mai avvenuto” spiegò “In poche parole invece di passargli le sue capacità speciali, gli ha passato la morte. È come se l’odio verso Klaus abbia trasformato il suo sangue in veleno”.

“L’ennesimo meccanismo difensivo della sua mente” riassunse Stefan.

“Qualcosa del genere”.

“Riguardo a … sai … pare che Sissi abbia quasi strappato il cuore a Klaus senza toccarlo. Anche quello fa parte delle sue capacità?”.

“No, non credo” nego l’altro “Qualunque strega potrebbe farlo ma non è così facile come sembra: Bonnie è stata spinta dal rancore e dalla rabbia, non sarebbe in grado di ripeterlo in condizioni normali; è stato un gesto quasi inconscio. In realtà è una fortuna che Damon si sia messo in mezzo: le ha impedito di oltrepassare un confine molto delicato. Quel tipo di magia è pericolosa e bisognerebbe praticarla gradualmente e soprattutto con consapevolezza. Non so se Bonnie avrebbe sopportato un peso del genere”.

“Ci mancava solo una strega votata alla magia nera” sussurrò Stefan “Abbiamo già abbastanza problemi così”.

“Ti riferisci al fatto che Damon per poco non la mandava all’altro mondo?” domandò Alaric con poca delicatezza “Ne ha combinate di peggio, alla fine è rinsavito. Bonnie lo perdonerà”.

“Non è lei che mi preoccupa” mormorò mentre sentiva la macchina di Damon entrare nel vialetto.

Per quanto Stefan ne sapesse, Damon non si era mai pentito di averlo ucciso cinque secoli prima e comunque, ammesso che il senso di colpa fosse riemerso, aveva avuto parecchi anni per affrontarlo e lasciarselo alle spalle senza particolari strascichi sulla sua condotta.

Stefan al contrario era stato subito devastato dal rimorso. Aveva speso moltissimo tempo a vagare, spaesato e confuso, prima di riuscire a trovare di nuovo il suo posto nel mondo.

Ora leggeva la stessa luce tormentata e colpevole negli occhi di suo fratello. Non ne poteva nascere niente di buono. Normalmente Damon, quando era costretto a fronteggiare i sentimenti, sceglieva le soluzioni più drastiche.

Il vampiro entrò in salone, con gli occhi degli altri due puntati addosso. Li osservò guardingo. Aveva l’impressione di aver fatto qualcosa di male, ma per una volta non sapeva cosa.

“Vi serve qualcosa?”.

“No” rispose subito Stefan “Alaric mi stava solo le sue teorie sulla morte di Klaus”.

“Gli ho piantato un paletto nel cuore. Che teorie ci possono essere?”.

“Tu avrai anche sferrato il colpo mortale, ma Bonnie è riuscita a fermarlo” gli fece notare Alaric “Il trucchetto con il cuore è stato sorprendente”.

“Può rifarlo?” chiese Damon allarmato.

“No” lo rassicurò Alaric “A meno che tu non la faccia molto arrabbiare” scherzò, ma la battuta ebbe sull’altro un effetto agghiacciante “Ora è meglio che vada; devo passare a prendere Meredith”.

“E’ ancora da Elena?” s’informò Stefan.

“Si è svegliate poco fa; mi ha scritto un messaggio” salutò i due Salvatore con una pacca sulla spalla e lasciò il Pensionato.

“Quindi anche Bonnie dovrebbe essere qui tra poco” ne dedusse Stefan rivolgendosi a suo fratello “Forse è giunta l’ora di parlarle”.

“Nah” replicò Damon versandosi da bere “Va bene così, per ora”.

“Ah sì? Allora come mai eri così preoccupato che Bonnie potesse strapparti il cuore?” incalzò Stefan “Non ti pare di aver tirato un po’ troppo la corda? Ti ha già perdonato per … averla quasi uccisa; non c’è bisogno che la eviti”.

“So che non mi strapperebbe mai il cuore per quello che ho fatto” disse Damon aprendo le braccia; alcune gocce del liquore caddero sul tappeto “Ma potrebbe non essere così magnanima per quello che farò”.

“Che farai?” chiese a bruciapelo Stefan, con tono spaventato, quasi tremante.

“E’ stato carino per questi mesi giocare alla famigliola felice ma credo di dover prendere il largo” annunciò.

L’altro vampiro impiegò qualche secondo per metabolizzare quella notizia. Il cipiglio sul suo volto era più che evidente e le uniche parole che sentì il bisogno di pronunciare furono davvero poco signorili “Grandissimo figlio di …”.

Non poté concludere il suo insulto, Damon lo fermò prima con il suo ghigno strafottente “Ricordati che abbiamo la stessa madre”.

“Tu non puoi andartene” s’impuntò stupidamente.

“Mi auguro che tu sappia che io posso tutto”.

“Io non voglio che te ne vada” ribadì Stefan con più convinzione. Si era ormai abituato a stare con lui, a condividere la casa. C’erano stati momenti di alta tensione, a volte avrebbe voluto ammazzarlo e di certo non erano improvvisamente diventati amiconi né avevano risolto i loro problemi ma rimaneva comunque spazio per un po’ di speranza.

“Per fortuna, non me ne frega niente di quello che vuoi tu” lo gelò Damon.

“Distruggerai Bonnie” lo avvertì l’altro “Sta andando tutto bene. Ora andrà anche meglio, perché vuoi rovinare quello che hai costruito? Perché vuoi andartene?”.

“Non sta andando tutto bene, Stefan” gridò Damon “Ho solo creato casini! Sono egoista e alla fine metto il mio benessere sopra quello degli altri”.

“Hai ragione: sei egoista. Non pensi che certe persone si sono affezionate a te e che potrebbero stare male se tu partissi”.

“Chi?” domandò Damon con una nota provocatoria “Siamo realisti: ti ho torturato per secoli, mi sono innamorato della tua ragazza, l’ho insidiata e se lei avesse accettato, forse l’avrei anche portata via con me. Dovresti detestarmi”.

“Cosa credi, che non ci abbia provato? Probabilmente c’è stato un momento nella mia vita in cui ti ho odiato ma sei mio fratello e questo non posso cambiarlo”.

“Non dobbiamo volerci bene per forza solo perché siamo fratelli” replicò lapidario il maggiore.

Non è per forza, Damon”. Stefan non si volle sbilanciare troppo con le parole ma era piuttosto chiaro quello intendeva. Alla fine, dopo tutte le sofferenze che si erano procurati, non poteva fare a meno di tenere a suo fratello; sarebbe stato innaturale il contrario.

“So che non t’importa di me” continuò “Ma pensa a Sissi”.

Il vampiro sospirò esasperato “Sissi starà cento volte meglio lontano da me. Ho ucciso suo fratello, le ho mentito, mi sarei cibato della sua migliore amica se ne avessi avuto la possibilità. E per concludere l’ho portata più vicino alla morte di quanto abbia fatto Klaus”.

“Vero” confermò Stefan “Ma l’ha anche salvata da tutti i pericoli in cui si è cacciata, l’hai protetta, le hai fatto conoscere sua nonna. Non serve che io ti stia ad elencare i lati positivi della faccenda! Tu stesso hai sempre sostenuto che lei fosse molto più al sicuro vicino a te”.

“Sì … prima di usarla come la mia scorta di sangue!”.

“Hai fatto un errore” asserì Stefan “Ti sei fermato in tempo”.

“E’ già un miracolo che non si sia trasformata con tutto il sangue di vampiro che ha bevuto per guarire. Non fingere che non sia una cosa grave!”.

“Ti sei fermato in tempo” ribadì Stefan. Quello era un dettaglio molto importante, fondamentale. Nonostante la sete avesse totalmente annebbiato la sua mente, lui aveva trovato lo stesso la forza di staccarsi. Doveva significare pur qualcosa.

“E se la prossima volta non ci riuscissi? Saresti ancora così comprensivo nei miei confronti?” lo sfidò.

“Perché sei così convinto che ci sarà una prossima volta?”.

“Perché sono un vampiro! Bevo sangue!” sbottò nervosamente “E i vampiri solitamente vivono per uccidere”.

“Quindi il tuo brillante piano sarebbe solo quello di … scappare?” Stefan alzò un sopracciglio.

“Non ci provare, fratellino” gli intimò Damon “Le tue tattiche da psicologia inversa non funzioneranno. Bonnie mi dimenticherà e finalmente si rifarà una vita; tu potrai goderti il lieto fine con la tua ragazza senza preoccuparti che il tuo fratellone ti rovini tutto; ed io potrò tornare a squarciare gole senza scandalizzare nessuno di voi. È una vincita per tutti” concluse.

Posò il bicchiere, ormai vuoto, che aveva usato fino a quel momento come antistress, e si avviò in camera sua.

Non voleva sentire prediche; non voleva sentire proprio niente.

Purtroppo, troppo preso a lottare contro i suoi stessi demoni, non si accorse che una ragazza dai capelli rossi, nascosta dietro al pilastro dell’arco, aveva ascoltato tutto.

 

Bonnie, dopo aver lasciato casa di Elena, non aveva perso tempo a tornare al Pensionato. Il ricordo di quella visione-sogno l’aveva davvero spaventata. Non aveva mai preso in considerazione l’idea che Damon potesse andarsene. Se era rimasto fino a quel momento, perché mollare?

Era entrata nella grande villa e li aveva uditi discutere ad alta voce. Troppo occupati a litigare come al solito, nessuno dei due aveva fatto caso a lei.

E il suo peggior timore si era concretizzato.

Non aveva trovato il coraggio di affrontare il vampiro nei giorni successivi. Controllava sempre che le sue cose fossero ancora riposte negli armadi e la sua macchina posteggiata nel garage. A volte stava persino alzata in attesa di sentire i suoi passi per il corridoio; le bastava anche percepire un guizzo della sua aura. Qualunque cosa che testimoniasse la presenza di Damon in casa.

In cuor suo sperava che fosse solamente una minaccia caduta nel vuoto ma si dovette ricredere quando, un pomeriggio della settimana seguente, vide il bagagliaio della Mustang aperto e pieno di roba.

Fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso.

Le sue gambe si mossero automaticamente e corsero in casa e su per le scale; lei si lasciò guidare e sfondò quasi la porta della camera del terzo piano.

Damon la osservò sbalordito. Strinse le labbra; era giunta l’ora di parlarle chiaro. Aveva rimandato troppo a lungo. Sarebbe stato uno strazio ma almeno l’avrebbe saputa al sicuro, lontana da lui.

“Ho visto le tue valigie, giù in macchina” incominciò Bonnie con un’espressione tremendamente severa in volto “Avevi intenzione di avvertirmi o saresti partito senza neanche salutare?”.

“Bonnie” il vampiro non sapeva bene in che direzione andare. La sua non era certo una nobile mossa e niente avrebbe potuto giustificarla; la ragazza aveva tutto il diritto di essere arrabbiata.

Nemmeno lui era contento di quella soluzione ma non vedeva altra via d’uscita; così si esibì nell’arte che meglio gli riusciva: fare lo stronzo.

“E’ stato bello finché è durato ma l’impegno non fa per me” si scusò “Io non sono un bravo ragazzo”.

“E questo quando lo avresti deciso di preciso?”.

Damon continuò a piegare gli indumenti rimasti e a riporli nel bagaglio “E’ una questione di indole”.

“Una volta eri più bravo a mentire” lo gelò la rossa. Se davvero credeva di poterla raggirare con quella storiella, allora non la conosceva per niente.

Il vampiro rimase un attimo spiazzato ma non lo diede a vedere “Lo so che sarà difficile rinunciare a me” commentò pomposo, stendendosi sul materasso con un’aria tra l’annoiato e l’altezzoso “Sono bello e affascinante, misterioso al punto giusto e sono un amante perfetto; al mondo non ne sono rimasti molto altri. Ma troverai qualcun altro che ti scaldi le lenzuola”.

“Io non voglio qualcun altro” sussurrò Bonnie, gettando via la sua maschera di freddezza “Voglio te”.

Damon sentì qualcosa incrinarsi. Come si poteva rimanere impassibili davanti a quegli occhioni tanto affettuosi quanto imploranti?

“Non mi puoi abbandonare” rincarò la giovane sedendosi accanto a lui.

Devo. Quello che nella sua mente avrebbe dovuto risuonare come un comando irremovibile, ebbe la forza di un flebile mormorio. Improvvisamente le sue convinzioni vacillarono. Damon fu lì per cedere alla tentazione di restare.

Dopotutto, il danno non era irreparabile; avrebbe potuto lavorare su se stesso, evitare situazioni pericolose, stare più attento, essere più responsabile.

Le dita di Bonnie si intrecciarono con le sue “Ti ho sentito discutere con Stefan l’altro giorno; so che pensi di avermi fatto male” gli rivelò “Me ne farai di più se te ne andrai”.

“Per un po’; poi ti passerà” rispose il vampiro senza troppa enfasi, appoggiando la fronte su quella della strega. I loro nasi si sfiorarono e lui riprese coscienza di sé. Si allontanò di scatto e procedette a chiudere il borsone.

Bonnie era troppo buona per cacciarlo via; non le importava quante volte aveva sofferto, lo avrebbe sempre riaccolto e perdonato, perché era la sua natura. Non riusciva a vedere il male in lui.

Sebbene il desiderio tenerla per sempre con sé fosse forte, quasi travolgente, Damon s’impose di non desistere dal suo piano.

Anche Bonnie si alzò furiosamente e gli tolse il borsone dalle mani “Tu hai promesso a mia madre di proteggermi”.

“E’ quello che sto facendo!” replicò lui, riprendendo il suo bagaglio e oltrepassandola. La stava proteggendo da se stesso, il peggior pericolo.

“Mi stai ferendo”.

“Adesso, adesso!” esplose Damon “Adesso ti sto ferendo ma presto andrai al college, crescerai e ti dimenticherai di me senza nemmeno accorgertene”.

“Non posso dimenticare la persona di cui sono innamorata” ammise Bonnie.

Il vampiro ne restò spiazzato.

“Sì, Damon, sono innamorata di te, va bene?!” ribadì lei “Grazie di avermi rovinato questo momento! Ho provato a dirtelo decine di volte ma mi hai sempre bloccata e adesso mi è uscito da schifo” si lamentò gesticolando.

La dichiarazione che normalmente gli avrebbe fatto scoppiare il cuore di gioia, in quell’istante lo mandò in panico più totale.

L’aveva quasi uccisa e lei, invece di prenderlo a calci nel sedere, non solo lo perdonava ma gli confessa pure il suo amore.

Quello lo convinse più che mai della sua scelta. Doveva allontanarla, anche a costo di mentirle “Non posso darti quello che mi chiedi”.

Una mezza verità. Non poteva darle una vita normale, stabile, umana,  non poteva darle una vera tranquillità né una vera famiglia, non poteva darle figli. Semplicemente non era il ragazzo adatto.

Le diede le spalle e scese le scale.

Bonnie, paralizzata dalla delusione, lo guardò avviarsi alla porta “Non è vero!” urlò seguendolo “Eri pronto a morire per salvarmi la vita. Tu mi hai sempre dato tutto ciò che mi mancava!”.

“Forse sono stufo d’impegnarmi così tanto per farti contenta” le sibilò più velenosamente di quanto intendesse.

Bonnie non demorse e guardò con occhi supplichevoli Stefan, appena sopraggiunto all’ingresso. Impallidì sconcertata, quando realizzò che l’altro vampiro non avrebbe mosse un dito per fermarlo.

Stefan si limitò a ricambiare lo sguardo con occhi tristi: suo fratello era determinato a partire e non gli avrebbe dato mai retta. Poteva solo sperare in un rinsavimento, un cambio di piani.

“Occupati di lei” gli chiese Damon. Era il saluto più sentito che potessero condividere ma in realtà nascondeva un significato più profondo. Gli stava affidando la sua piccola strega; grande prova di fiducia e rispetto. Uscì sul portico. Bonnie gli andò dietro.

“Non … n-non andartene” lo pregò “Ho bisogno di te” gli sgusciò davanti passandogli le braccia al collo e si spinse sulle punte dei piedi. Giocare la ‘carta bacio’ era un colpo basso ma ormai non restava altro.

Damon le prese le mani e indietreggiò. Scosse la testa come a scoraggiarla. Sarebbe stato meglio se fosse sparito così, senza lasciare traccia, senza aggiungere altro ma una piccola parte, la più egoista, lo spinse a parlare.

“Magari non … non cancellarmi del tutto, se puoi”. Gli sarebbe bastato avere uno spazietto nella sua memoria, nel suo cuore.

Si diresse alla macchina, caricò la sua ultima borsa e aprì la portiera. Bonnie continuava a chiamarlo istericamente dal portico.

“Damon, no!” gli intimò “Dico sul serio! Prova a salire su quell’auto e mi perderai per sempre!”. Forse la minaccia lo avrebbe intimorito.

Il vampiro prese posto davanti al volente e accese il motore.

“Damon!” Bonnie fece velocemente i gradini e marciò fino alla vettura “Non te lo perdonerò mai. Damon!”.

La Mustang percorse lentamente il vialetto di uscita.

“Damon … Damon! Damon!”.

Lui non si girò neanche una volta; mantenne gli occhi fissi sulla strada e non rallentò.

Bonnie continuò a chiamarlo e non si mosse. Non credeva che l’avrebbe abbandonata per davvero. Si aspettava che da un momento all’altro avrebbe fatto inversione, tornando da lei.

Era l’ordine delle cose. Loro due erano stati creati per stare insieme.

Ma la macchina accelerò e basta, senza tentennare e proseguì a velocità sempre più elevata fino a che persino Stefan, con la sua super vista, non riuscì più a scorgerla.

Bonnie tremò: forse era finita sul serio.

 

“Well I’d never want to see you unhappy

I thought you’d want the same for me

Goodbye my almost lover

Goodbye my hopeless dream

I'm trying not to think about you

Can't you just let me be?

So long my luckless romance

My back is turned on you

Should've known you'd bring me heartache

Almost lovers always do”

(Almost lover- A Fine Frenzy).

 

Il mio spazio:

Ciao a tutte!!

Scusate il ritardo ma sono partita e non ho scritto molto; poi ho avuto problemi con internet … mi si è rivoltata contro la tecnologia!

Stento a credere di aver appena postato il capitolo 40. Ma ora direi che delle spiegazioni sono dovute.

So che molti di voi penseranno che sono impazzita, probabilmente non condividete nemmeno questa scelta; lo ammetto: è un po’ azzardata.

Si parla spesso dell’egoismo di Damon (soprattutto nella serie tv); si dice che dovrebbe cambiare, pensare agli altri, fare la cosa giusta. Ora, io sinceramente non ci trovo niente di male in un po’ di sano egoismo, specialmente perché è ciò che definisce il personaggio di Damon. Lui è un casinista, segue l’istinto ma non è cattivo. Vuole semplicemente tenersi vicino le persone che ama, non gliene faccio una colpa. A me piace tantissimo così.

In tutta la mia storia, ho cercato di stare sulla linea di questa impulsività ma adesso lo vediamo compiere una scelta un po’ drastica e lontana dalle sue idee. Perché? Beh, ha quasi ucciso Bonnie ed è stato un bel colpo. Improvvisamente si è reso conto di costituire un grandissimo pericolo per la ragazza e ha rivalutato molte sue scelte: lei è finita spesso nei guai per colpa sua; avrebbe potuto lasciarla dalla nonna, al sicuro, starle lontano e non darle ulteriori sofferenze. Alla luce di quella quasi uccisione, le sue prospettive sono cambiate.

Vuole che cresca, che abbia una vita umana, dei figli, che diventi vecchia come sarebbe giusto. E soprattutto vuole proteggerle dai lati più egoistici del suo carattere che potrebbero indurla, un giorno, a diventare una vampira senza che ne sia pronta e consapevole.

È chiaro che Damon non farebbe mai una cosa del genere, ma ora è spaventato.

Parte per liberarla, per mantenere la promessa fatta a sua madre.

Vi avevo detto che sarebbe cresciuto fino alla fine della storia ed eccolo qui, il suo culmine: l’altruismo, il bene di Bonnie.

Spero tanto che potrete, non dico condividere, ma almeno capire questa decisione.

Detto ciò, ricordate che c’è ancora l’epilogo, diviso in due per cui … tante cose possono accadere! Fidatevi di questa autrice che vi sta tormentando da quasi due anni!

Mi lancio in una piccolissima difesa anche di Stefan: quando c’è stato bisogno di sollevare suo fratello di peso e dargli due schiaffi, lo ha fatto. Ora sa di non poter cambiare il piano dell’altro; cerca di convincerlo ma ad un certo punto si rassegna. Damon dovrà trovare da solo la strada per tornare a casa.

Ora facciamo un piccolo riassunto delle visioni di Bonnie; giusto per un po’ di chiarezza:

-      Il primo sogno/ ricordo in piazza di Spagna, le predice l’arrivo di Christopher e la conseguente aggressione. (capitolo 6).

-      Il secondo era quello della prigionia di Damon che poi si avvera nel momento in cui Klaus lo cattura (capitolo 16).

-      Il terzo riguarda appunto la partenza di Damon (capitolo 20).

-      L’ultimo è il sogno in cui Damon l’attacca mentre le sta massaggiando le spalle (capitolo 36); questo si riferisce alla scena che avete letto nello scorso capitolo.

Tutti gli altri sogni che avete letto su Klaus, sono stati indotti dal vampiro stesso per spaventarla e quello di questo capitolo è (come ribadisce Bonnie) solo un incubo. Klaus è morto per sempre, lo giuro!

Se avete altre domande, chiedete pure =)

Il banner è sempre di Bumbuni.

Ci vediamo a fine mese con il primo capitolo dell’epilogo ( intorno al 30- 31 gennaio).

Grazie mille per tutte le letture e le recensioni che ricevo!! Grazie di cuore.

Baci,

Fran;)

Ps: ho letto tutte le recensioni a Crazy Little Thing Called Love e vi ringrazio infinitamente. Risponderò e riprenderò ad aggiornare non appena avrò terminato A&W.

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Capitolo 41
*** It's all coming back to me ***


Ashes &Wine

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Epilogo- parte 1: It’s all coming back to me.

 

“There were nights when the wind was so cold
That my body froze in bed
If I just listened to it
Right outside the window
There were days when the sun was so cruel
That all the tears turned to dust
And I just knew my eyes were
Drying up forever”.

 

 

 

 

Bonnie guardò l’auto sfrecciare via.

Rimase lì, paralizzata per alcuni minuti finché Stefan gentilmente non la ricondusse in casa.

Quella sera Caroline piombò come una furia al Pensionato. Avrebbe sicuramente strozzato Damon se lo avesse avuto tra le mani.

Bonnie quasi non se ne accorse, non parlò nemmeno.

Dopo essersi preparata per la notte, si sedette sul davanzale della sua finestra e attese con pazienza un’oretta, poi si mise a dormire.

Così fece il giorno dopo e quello dopo ancora fino a che non divenne un’abitudine. Tra mattina, pomeriggio e sera si prendeva sempre un po’ di tempo per guardare fuori dalla finestra e aspettare.

Improvvisamente si era sentita catapultare indietro di dieci anni, quando sperava di vedere apparire Damon nel cortiletto di entrata del collegio.

Dopo la prima settimana, i momenti di attesa si accorciarono sempre più; quelle che erano ore diventarono presto minuti.

Un giorno Bonnie lasciò la sua finestra e chiese a Stefan il permesso di usare il denaro di famiglia per regalare una vacanza alle sue amiche.

Partirono per la California e fu fantastico. Da lì la rossa volò alla volta di Edimburgo e trascorse il resto dell’estate a casa della nonna.

Le insegnò cose sulla magia druida che la signora Flowers non poteva nemmeno immaginare; le fece conoscere suo zio. Bonnie scoprì di avere dei cuginetti. Scoprì di avere ancora una famiglia; una vera famiglia che non l’avrebbe mai abbandonata.

Ritornò a Fell’s Church per l’inizio dell’università. La vita riprese il suo normale corso e Bonnie si premurò di non sprecare più di qualche secondo per guardare fuori dalla finestra.

Ormai aveva capito che Damon non sarebbe più tornato.

 

Un anno dopo.

 

Bonnie si spostò per evitare uno schizzo d’acqua e passò presto al contrattacco. Si accertò che nessuno stesse guardando e roteò velocemente l’indice.

Caroline la osservò corrugando la fronte, senza capire che diamine stesse facendo. Un secondo dopo, attorno a lei si creò un piccolo mulinello che la risucchiò cacciandole la testa sott’acqua.

La rossa liberò una risata sinceramente divertita a quella scena da cartone animato. La ripicca normalmente non era nella sua natura ma capitava che Caroline abusasse un po’ troppo delle sue abilità da vampira; in quei momenti anche Bonnie si sentiva in diritto di giocare sporco.

L’amica riemerse tossendo furiosamente e le lanciò un’occhiata irritata.

“Era proprio necessario farmi bere tutto questo cloro?” berciò.

“Stai scherzando vero?” replicò Bonnie “Lo schizzo di prima per poco non mi fa arrivare dall’altra parte della piscina. Te lo sei meritato”.

“Da quando sei diventata così vendicativa?” scherzò l’altra issandosi sul bordo “Spero di non diventare mai una tua nemica”.

“Solo se la smetterai di parlare nel sonno”.

“Io non parlo nel sonno” replicò Caroline indignata.

“O sì, cara” ribadì Bonnie.

I vampiri non dovevano respirare per vivere, perciò non russavano nemmeno. Il che era un gran sollievo per la piccola strega, che necessitava più che mai un riposo senza interruzione.

Caroline compensava con delle lunghe chiacchierate con se stessa nel sonno. Non sempre, ma alcune settimane sembrava di assistere al Forbes talk show.

Elena una volta aveva provato a soffocarla con il cuscino ma c’era sempre la questione immortalità di mezzo.

Rumori notturni a parte, la loro era una convivenza niente male. Poco dopo il loro trasferimento, erano state invitate ad unirsi ad una confraternita femminile, legata ad ente di beneficienza dell’università.

Era una delle associazioni studentesche più importanti del campus, ma non aveva assolutamente niente a che fare non le confraternite snob, frivole e tutte rosa che si vedevano nei film per teenagers.

Le tre amiche avevano accettato più che volentieri, per motivi molto differenti: Caroline ed Elena per una mera questione di vanità. Appartenere ad una delle confraternite migliori del college aveva soddisfatto il loro ego da prime donne; Bonnie semplicemente era contenta di vivere in una grande villa che le ricordava il Pensionato. Aveva passato anni e anni nei dormitori della sua scuola in Italia; almeno adesso poteva respirare aria di casa.

Anche Matt e Tyler studiavano a Dalcrest; avevano una stanza nell’ala maschile delle camerate del campus. Erano stati ammessi nella squadra di football. A Matt avevano perfino offerto una borsa di studio per lo sport.

Anche Stefan, per stare vicino ai suoi amici (in particolare Elena e Bonnie) si era iscritto ai corsi ma non frequentava quasi mai le lezioni; si presentava solo per sostenere gli esami. Così aveva affittato un piccolo appartamento vicino al campus in modo da non occupare inutilmente una stanza che sarebbe servita a chi aveva davvero bisogno di seguire. Ogni tanto ritornava al Pensionato per controllare che fosse tutto in ordine. In realtà, segretamente sperava che un giorno avrebbe ritrovato Damon, a bere il suo bourbon in salone, ma si era ben guardato dal dirlo a Bonnie. La ragazza sembrava aver riacquistato la sua serenità e lui non voleva turbarla.

A conti fatti, quell’anno si era rivelato molto più tranquillo e facile di quello che si aspettavano tutti. Evidentemente, dopo aver affrontato i peggiori pericoli, il primo anno di università era parso una barzelletta.

Bonnie aveva ricercato così a lungo la normalità che quasi non credeva di averla raggiunta. Riusciva a godersi molto meglio le piccole cose, i momenti quotidiani che tanti suoi coetanei ritenevano noiosi.

Non saltava quasi mai le lezioni, affrontava gli esami con spirito tranquillo, cercava di non perdersi nemmeno un attimo della sua vita scolastica. Le sembrava un sogno essere arrivata sana e salva all’università.

Aveva poi fatto tesoro di un’esperienza che la maggior parte delle persone ripetevano ogni anno: il Natale in famiglia.

A dicembre era voltata di nuovo in Scozia, dalla nonna, con Stefan. Non trascorreva una festività con i suoi cari da talmente tanto tempo che si era praticamente dimenticata cosa si provasse: allegria, buon umore, voglia di stare insieme.

Stefan l’aveva ringraziata innumerevoli volte per aver concesso anche  lui quella possibilità. Dopo secoli da vampiro, si era sentito per poche ore davvero umano ed era stato strano e meraviglioso.

Da quando suo fratello era partito, Stefan aveva trascorso davvero molto tempo con Bonnie; forse perché condividevano la stessa perdita e pur senza parlarne, si capivano e si confortavano.

“Lo stai facendo ancora”.

La rossa sbatté le palpebre e si voltò verso Caroline che la osservava con un sopracciglio alzato.

“Cosa?” chiese confusa.

“Sembravi in trance” la informò la vampira “Sul serio, Bonnie, a volte mi fai paura”.

“Stavo solo ripensando a quest’anno”.

“Sì beh … fallo in privato!” la sgridò Caroline “Quando ti fermi così in fissa, temo sempre che i tuoi Poteri stregosi abbiano captato qualcosa di male”.

Bonnie ridacchiò “Se sono uscita io dalla paranoia, puoi farlo anche tu”.

“Tu dammi una mano, però” Caroline con la coda dell’occhio notò un ragazzo avvicinarsi a loro “Sta arrivando” le sussurrò.

“Chi?”.

“Il tuo spasimante”.

Doveva ammettere che in quell’anno non le erano mancati i corteggiatori; il college era pieno di ragazzi con gli ormoni a mille. Alcuni volevano solo una cosa, altri avevano intenzioni più serie ma pochi erano stati capaci di catturare l’attenzione di Bonnie.

Uno di questi si chiamava Zander. Sulla carta rappresentava praticamente l’uomo perfetto. Era bello, con i capelli biondi, quasi bianchi, gli occhi azzurri e luminosi; alto e allenato; il viso dai contorni definiti e gli zigomi alti.

Dolce di carattere, gentile e compassionevole, molto più maturo dei suoi coetanei. Aveva un’aria quasi di altri tempi, un vero e proprio cavaliere.

Bonnie aveva deciso di concedergli una possibilità ma già al secondo appuntamento aveva capito che avrebbero potuto essere solo amici.

Caroline ed Elena in più occasioni le avevano suggerito in modo piuttosto velato il nome di Damon come motivo per cui non riusciva più nemmeno a pensare ad una relazione romantica. Bonnie lo aveva smentito categoricamente.

Se così fosse stato, alla domanda ‘che cos’ha Zander che non va?’, avrebbe dovuto rispondere spontaneamente ‘non è lui’.

Il problema, molto più semplicemente, risiedeva nel fatto che nessuno dei ragazzi che aveva frequentato, erano riusciti a stuzzicare il suo interesse.

In quel senso Damon l’aveva probabilmente rovinata, perché le risultava davvero difficile trovare interessanti dei semplici studenti, dopo aver condiviso così tante emozioni con un vampiro centenario.

Riteneva inutile buttarsi in un altro rapporto serio, se neppure ne valeva la pena. Non le piaceva tenere i ragazzi sul filo del rasoio per sport. Se non sentiva la chimica, allora la finiva ancor prima di cominciare.

Forse non era nemmeno pronta ad avere un fidanzato. Durante quell’anno aveva ritrovato un po’ di stabilità, si era resa conta di potercela fare da sola. Adorava quella sensazione d’indipendenza e se la voleva tenere stretta.

“Ehi, Zander” lo salutò “Come sono andati gli esami finali?” gli domandò mentre prendeva un asciugamano e se lo stringeva attorno al corpo.

“Piuttosto bene … credo … spero” si corresse lui “I tuoi?”.

“Non so ancora i risultati; usciranno tra un paio di giorni. E poi mi manca ancora un appello”.

Il giovane le sorrise e tirò un sospiro; sembrava che si stesse preparando a chiederle qualcosa di grosso “Settimana prossima c’è la festa per la fine dell’anno accademico. Hai qualcuno che ti accompagna?”.

“In realtà pensavo di andarci con …” ma si bloccò. Stava per dire che voleva andare con le sue amiche ma solo in quel momento si ricordò che l’unica rimasta al campus era Caroline e che sicuramente sarebbe stata con Matt.

“No, con nessuno” rispose timidamente.

“Potrei farti da cavaliere” le propose.

Bonnie sorrise imbarazzata e cercò il modo più gentile per declinare “Zander …”.

“Non continuare; so cosa vuoi dire” la interruppe lui “Ho perso le speranze ormai d’invitarti da qualche parte come mia ragazza. Intendevo da amici; io sono qui da solo, tu pure. Sarebbe da sfigati presentarsi soli”.

Bonnie s’intenerì immensamente: Zander aveva preso bene il suo rifiuto, ma chiaramente sperava in qualche cambiamento.

Da una parte la rossa non desiderava illuderlo, dall’altra rifletté sull’ultima affermazione: lei non voleva fare la figura della sfigata e soprattutto voleva divertirsi, passare una bella serata e con Zander quello era assicurato.

Dopotutto anche lui aveva ribadito che si trattava di un invito in amicizia, che c’era di male?

“Accetto volentieri” rispose Bonnie con un grosso sorriso.

Qualche minuto dopo, Caroline la stava trascinando verso la confraternita, tempestandola di domande. Approvava in pieno quella minuscola svolta negli eventi perché magari avrebbe portato ad un sentimento più grande, sebbene Bonnie fosse molto convinta a mantenere tutto sul piano dell’amicizia.

Entrarono nella grande villa e si diressero in camera. In quegli ultimi giorni l’avevano occupata solo loro due dato che Elena era partita con Stefan alla volta dell’Europa per una vacanza.

Posarono le borse della piscina e si prepararono per farsi un doccia quando una delle loro compagne piombò nella stanza saltellando euforica.

“Sally, che ti prende?” si stranì Caroline.

“Ho appena incontrato il ragazzo più bello del mondo” esultò battendo le mani.

“E’ fantastico” esclamò Bonnie senza capire bene perché lo stesso comunicando proprio a loro.

“Peccato che non fosse interessato a me” aggiunse con una nota un po’ delusa “Cerca te, Bonnie”.

“Me?” ripeté sbalordita la strega puntando il dito verso se stessa.

“Sì” confermò l’altra “Dice di averti visto da qualche parte nel college; ha chiesto in giro e ha scoperto che vivi qui”.

“E com’è questo ammiratore segreto?” s’incuriosì Caroline più eccitata di Bonnie per quella notizia.

“Beh, non è altissimo” ammise Sally “Ma tutto il resto compensa: capelli scuri, pelle molto chiara, fisico asciutto e ben proporzionato e i suoi occhi! Mamma mia, i suoi occhi … così neri e brillanti, come la notte”.

Il sorriso di Bonnie si gelò gradualmente durante la descrizione. Occhi neri come la notte. Le ricordavano qualcuno.

“Vuole parlarti” continuò Sally “Ti sta aspettando qua fuori”.

Caroline corse alla finestra. Le era sorto esattamente lo stesso dubbio della sua amica. Diede una rapida occhiata al piazzale di fronte alla villa e inorridì quando i suoi occhi individuarono due figure, entrambe conosciute.

“Bonnie” la chiamò con un fil di voce “Vieni qui un secondo”.

“E’ lui, vero?” disse la strega avvicinandosi alla finestra. Assottigliò gli occhi per distinguere meglio i due uomini che chiacchieravano davanti alla confraternita “L’altro è Alaric?”.

“Sembra proprio di sì” confermò Caroline.

“Figurati! Il suo fedele compagno di cazzate” sbottò Bonnie togliendosi dalla finestra per non farsi scoprire.

Tornò in fretta da Sally, la prese per le spalle e si assicurò che i loro sguardi fossero fissi l’uno nell’altro. Risvegliò il suo Potere e si concentrò sulle parole che stava per pronunciare “Devi andare da quel ragazzo e dirgli che non sono più qui, che sono partita e che non sai quando ritornerò. Deve apparire convincente. E se ti chiede di essere invitato, mandalo all’inferno”.

Sally annuì e lasciò la stanza, pronta a svolgere il compito che le era stato affidato.

“Era necessario soggiogarla?”.

“Sì” affermò lei “Deve crederci davvero”.

“E se Alaric e … Damon non ci cascassero?” aveva quasi paura che quel nome causasse un tracollo nervoso alla sua amica.

“Volevo guadagnare un po’ di tempo” spiegò Bonnie “Ma perché è tornato?”.

Non era stato facile superare l’abbandono di Damon. Qualche giorno dopo la sua partenza, si era mostrata allegra e spensierata, ma di notte aveva tenuto a lungo la luce accesa.

Tra le vacanze, la visita a sua nonna e i preparativi per il college era riuscita ad occupare la mente, almeno di giorno. Ma quando calava il sole e tutti andavano a dormire, rimaneva sola con le sue paure e si tormentava.

Le mancava. Le mancava la sua compagnia, il suo umorismo sempre fuori luogo, il senso di sicurezza che le dava. Le mancavano le notti passate a parlare e le notti in cui gli unici suoni che si udivano erano gemiti e frasi sconnesse, quando la loro intimità si faceva talmente intensa da sconvolgere entrambi.

Le era sempre sembrato tutto così giusto e bello. Damon aveva i suoi difetti ma era capace come nessun altro di donarle un sorriso. E da un lato lo comprendeva; comprendeva il perché della sua partenza: nella sua mente contorta era parso il metodo più efficace per metterla al sicuro. Lei stessa si era offerta a Klaus per difendere i suoi cari; quindi non faticava a mettersi nel suo punto di vista. Ma non poteva credere che se ne fosse andato davvero. Lo sentiva come un tradimento e non lo avrebbe mai accettato.

Con Damon aveva sofferto tanto, ma aveva pure toccato livelli di felicità che non credeva raggiungibili. Si potevano cancellare quei ricordi?

No; si potevano reprimere in qualche angolo dell’inconscio. Ed era proprio ciò che Bonnie aveva fatto.

Le ci era voluto del tempo; non si era ripresa dalla sera alla mattina e in parte la colpa era anche sua: considerava quei ricordi troppo preziosi per lasciarli andare con leggerezza. Aveva lavorato su se stessa per convincersi di non avere bisogno di qualcuno per stare bene.

Giorno dopo giorno alla fine aveva relegato Damon in uno spazio buio della sua memoria, decisa a non richiamarlo mai più.

Angosciarsi non l’avrebbe fatto ritornare.

L’improvvisa ricomparsa del vampiro gettava tutti i suoi sforzi all’aria. Rimanere forte e sicura lontano da lui non costituiva un problema, ma cosa sarebbe successo ora che era lì a cercarla?

Se svanita la rabbia e la delusione, lo avesse perdonato? O se Damon in qualche modo fosse riuscito a persuaderla?

Lei non voleva perdonarlo, né essere spinta a cambiare la sua idea. Non voleva restituirgli il potere di ferirla di nuovo.

 

“There were moments of gold
And there were flashes of light
There were things I'd never do again
But then they'd always seemed right
There were nights of endless pleasure
It was more than any laws allow”.

 

“Hai la faccia tosta peggiore del pianeta, lo sai vero?”.

“Non dirmi che sei ancora arrabbiato!”.

“Arrabbiato? Per cosa? Sei sparito per un anno e adesso ritorni e pretendi il mio aiuto. Chissà perché dovrei essere arrabbiato”.

“Ti ho chiamato. Dalle Antille, ricordi?”.

“Ci è mancato tanto così perché ti raggiungessi e ti uccidessi con le mie mani”.

“Sei diventato un tipo sanguinario, Ric?”.

L’insegnante si limitò a schioccargli un’occhiata minacciosa.

Il vampiro ghignò e continuò a guidare. In realtà era davvero una fortuna che Alaric non fosse andato a cercarlo nelle Antille perché non lo avrebbe trovato.

Dopo essere partito da Fell’s Church, Damon si era diretto in California bazzicando un po’ per la costa occidentale. Party sulla spiaggia e ragazze in bikini erano il suo paradiso ma presto aveva capito che quel tipo di divertimento non faceva più per lui.

Aveva girato la macchina, ripercorrendo la strada per poi virare verso New Orleans, una delle città che vantava un ricco folklore vampiresco. Non c’era da stupirsene, dato che pullulava di vampiri perfettamente nascosti tra la gente comune. Lì, Damon era finalmente riuscito a conquistarsi un po’ di pace.

Non era durata molto. Passato poco più di due mesi, aveva iniziato a sentire un certo fastidio, un brutto presentimento; gli torturava lo stomaco fino a salirgli in gola per ricadere all’altezza del cuore.

Klaus era morto ma quanti pericoli potevano esserci là fuori? Stando lontano da Bonnie poteva proteggerla da se stesso ma dagli altri?

Non gli ci era voluto molto per puntare la macchina alla volta di Fell’s Church. Il suo piano era semplice: dare una veloce controllata al Pensionato, verificare che la rossa e suo fratello fossero ancora vivi e in salute, e ripartire.

Arrivato alla grande villa, l’aveva trovata buia e vuota. Solo allora aveva finalmente preso coscienza di quanto tempo fosse trascorso: tre mesi.

Del vecchio gruppo non era rimasto più nessuno a Fell’s Church: stavano frequentando il college.

Rintracciare Bonnie dentro il campus fu più facile del previsto: era diventata piuttosto famosa poiché faceva parte di una delle confraternite più importanti.

Damon decise di visitare la casa che la ospitava. Si immaginava di trovarla in dolce compagnia; era pronto a spezzare la gambe di quella dolce compagnia ma ancora una volta la sua streghetta era stata capace di stupirlo.

Sotto forma di corvo, il vampiro aveva preso posto su un ramo e l’aveva osservata mentre parlava ridendo con una delle sue compagne.

Damon si accorse appena della presenza dell’altra giovane; i suoi occhi neri non lasciarono Bonnie nemmeno un secondo.

Smise di mentire a se stesso: non aveva guidato fino a Dalcrest per proteggerla, per calmare il suo senso di colpa né per tenere d’occhio la situazione. Voleva semplicemente vederla. D’un tratto la sensazione di malessere che gli aveva attanagliato il corpo negli ultimi tempi sparì.

Avrebbe dovuto lasciare la cittadella universitaria il giorno seguente, ma preferì rimandare, come un bambino che chiede alla mamma cinque minuti in più prima di svegliarsi, soltanto per godersi il suo sogno.

Le settimane si trasformarono in mesi e Damon intese che non se ne sarebbe andato tanto presto.

Se ne stava in disparte, la guardava da lontano, memorizzava le sue abitudini, i suoi movimenti, le sue espressioni.

Non poteva parlarle, non poteva rivelarle la sua presenza, non poteva nemmeno toccarla. Erano separati da un confine invisibile ma Damon sembrò ritrovare un po’ di pace: la lotta in lui si era finalmente calmata.

Lentamente iniziò ad imparare molto più cose di Bonnie di quanto potesse immaginare.

Riguardando indietro, comprese che il più grande errore che avesse commesso era stato quello di non prendersi del tempo per osservarla e basta. Forse, se avesse distolto un attimo l’attenzione da se stesso o dai rischi che li circondavano, avrebbe scoperto come renderla felice senza passare per tutti i gradi di sofferenza ammessi dall’anima.

Non aveva mai creduto che per farla sorridere sarebbero bastati dei semplice atti di gentilezza, affetto e rispetto che tutti in quel college parevano riservarle.

Un tipo come lui, abituato alla grandezza, al potere, superiore alla gente comune, non aveva mai concepito la bellezza delle cose ordinarie.

Ma anche in quel caso probabilmente si sbagliava: non si trattava di cadere nel banale, ma solo di mostrare un po’ di amore. E ormai la maschera del vampiro solo, freddo e insensibile aveva perso la forza di una volta ed era diventata una scusa poco convincente.

Non sentiva di essere cambiato, non sentiva di essersi rammollito o di aver rinunciato al suo potere. Rimaneva sempre Damon Salvatore, un vampiro centenario, dal fascino fatale e il resto del mondo avrebbe fatto meglio a non dimenticarlo mai.

Ma era anche un vampiro innamorato di una piccola strega dai capelli rossi e sorprendentemente non aveva più paura di ammetterlo.

“Sul serio …” lo riportò alla realtà Alaric “ … Perché hai deciso di tornare proprio adesso?”.

Domanda legittima. Se l’era posta perfino lui stesso in più di un’occasione. Per tutti quei mesi aveva vissuto nel terrore che prima o poi si sarebbe presentato il ragazzo che lo avrebbe sostituito, il ragazzo giusto, quello che non se la sarebbe fatta scappare.

Per quanto l’idea lo tentasse, non si era mai permesso di pedinarla durante i suoi appuntamenti. L’attendeva sul solito ramo davanti alla sua camera e ogni sera temeva di non vederla ritornare a casa. Ma lei tornava sempre, da sola.

Damon ne era indubbiamente confortato: forse Bonnie non riusciva ad interessarsi a qualcuno, perché non lo aveva ancora dimenticato completamente.

Sembrava che i suoi piani gli si fossero rivoltati contro: anche l’idea di proteggerla da lontano iniziava ad apparire irrealizzabile.

Non sarebbe mai stato capace di stare a guardare qualcun altro renderla felice, legarla a sé e spazzare via tutti i ricordi e il bene che un tempo li avevano uniti. Non avrebbe ceduto il suo posto così facilmente, non senza provarci almeno un’ultima volta.

Le aveva fatto tanto male ma credeva di aver finalmente imparato qualcosa di utile dalle cazzate che aveva combinato. Si era accorto di quanto aiuto gli avesse dato senza nemmeno sforzarsi tanto. Lei, con quella testardaggine che lo aveva sempre innervosito, lo aveva sfidato, sgridato, sempre pronta a mettere tutto in discussione, a sbattergli in faccia la realtà, a porlo davanti ad una scelta.

Non nascondeva i suoi sentimenti, li lasciava scorrere liberi, a volta esplodere, non si risparmiava mai. Bonnie ci aveva creduto.

Damon invece ci aveva solo sperato, dando per scontate tante cose. Voleva rimediare, voleva dimostrare di meritarsela.

“Sarebbe bello poter annullare quest’ultimo anno” parlò infine il vampiro “Tornare indietro e fermarmi quando mi ha supplicato di non andarmene. Avrei dovuto darle retta”.

“Perché ora?”.

“Perché quando sono partito, l’ho fatta sentire inutile e superflua” chiarì “Perché non mi sono voltato quando mi ha chiamato; l’ho ignorata, evitata e non l’ho ascoltata. Non si dovrebbe sentire così per colpa mia” sospirò “Sono tornato perché ora so cosa devo fare”.

“Ti prego, dimmi che non include la morte di nessuno” si allarmò Alaric temendo già per la vita di qualche povero ragazzo che si era disgraziatamente messo tra il vampiro e la sua preda.

“No, prevede solo me in ginocchio sui ceci, con le mani in preghiera ad implorare perdono”.

L’espressione dell’amico cambiò radicalmente “Allora sono più che contento che tu mi abbia chiamato. Almeno avrò un posto in prima fila per lo show”.

“Riesci sempre a tirarmi su il morale”.

“Sono qui per questo” sorrise malignamente Alaric “Dunque, qual è il piano?”.

Damon posteggiò la macchina in uno dei parcheggi del college e si girò verso l’uomo. Non gli serviva veramente l’aiuto di qualcuno, poteva benissimo farcela da solo, ma, dopo essere sceso a patti con la sua coscienza, aveva capito che gli mancava tantissimo il suo amico. Lo aveva cercato semplicemente per condividere il piacere di un altro ricordo insieme.

“Prima di tutto devo parlarle, in privato”.

“Bonnie vive in una confraternita adesso. È una vera e propria casa; devi essere invitato per entrare e lei non sarà molto d’accordo”.

“Allora chiederò gentilmente ad una sua consorella. Non sarà un sacrificio scambiare due parole con una sexy universitaria”.

“Sexy universitaria? Quante volte hai visto ‘Maial College*’?”.

 

“If you forgive me all this
If I forgive you all that
We forgive and forget
And it's all coming back to me
When you see me like this
And when I see you like that
We see just what we want to see
All coming back to me
The flesh and the fantasies
All coming back to me
I can barely recall

but it's all coming back to me now”.

 

Ho appena incontrato il ragazzo più bello del mondo.

La rossa sbuffò sonoramente. Si girò e abbracciò il cuscino.

Cerca te, Bonnie.

Si voltò dall’altra parte e si portò dietro il lenzuolo, arrotolandosi sempre più. Iniziava a sentire caldo.

Mamma mia, i suoi occhi … così neri e brillanti, come la notte.

Scostò con uno scatto secco le lenzuola e si acciambellò su se stessa. Strinse le palpebre e scacciò quei pensieri. Era notte, doveva dormire.

Caroline dormiva tranquillamente, quindi anche lei doveva dormire.

Per qualche secondo pensò di aver finalmente ritrovato la pace e un sorriso sereno le si formò sulle labbra; poi aggrottò le sopracciglia, turbata e riaprì gli occhi innervosita.

Si alzò dal letto e uscì dalla camera, strisciando i piedi nudi sul pavimento. Scese in salotto nella speranza di incontrare qualche sua compagna ancora sveglia con cui scambiare due chiacchiere. Tutte tranne Sally.

La casa era ovviamente deserta e immersa nel silenzio. Ora che le serviva qualcuno con cui parlare, tutte le sue amiche decidevano di andare a dormire presto come delle brave studentesse!

Si accucciò su una poltrona e poggiò le braccia sopra il bracciolo e il mento sopra i gomiti. Mise il broncio.

Non era stato facile liberarsi di Damon. Non aveva sprecato molto tempo ad abbattersi nel dolore ma non aveva potuto nemmeno farlo sparire con uno schiocco delle dita.

Non aveva più pianto dal giorno in cui se n’era andato. Lo avrebbe desiderato, almeno come forma di sfogo, ma le lacrime si erano esaurite. Aveva pianto fin troppo per Damon Salvatore e qualcosa in lei le aveva imposto di non cedere. Quasi non lo aveva più nominato.

Era diventata più forte, era riuscita ad arginare i ricordi che l’avevano braccata prepotentemente, si era fatta strada da sola. Non aveva bisogno di qualcuno per andare avanti. Finalmente sentiva di aver conquistato la sua indipendenza.

Come si permetteva di tornare dopo tutto quello che le aveva fatto passare?

Lo aveva pregato, lo aveva inseguito; per poco non si era messa davanti alla sua macchina per impedirgli di proseguire. Lui non si era neanche girato.

Damon sicuramente rappresentava una parte importante della sua vita, un bel ricordo; ma quello doveva rimanere: un ricordo.

Era stata costretta a soggiogare Sally. Non voleva rischiare di essere scoperta subito. Non aveva alcun desiderio di rivedere il vampiro e si era inventata la prima scusa (banale) che le era venuta in mente.

Quanto lo avrebbe tenuto a bada?

Improvvisamente percepì qualcosa di strano, un’energia estranea e di certo non umana. La strega s’irrigidì sulla poltrona.

Da almeno un anno non aveva più avuto a che fare con creature sovrannaturali pericolose; credeva di essersene finalmente liberata.

Sempre più tesa, si concentrò per esaminare quella minuscola traccia di Potere che gradualmente s’ingrandiva.

Non riusciva a capire di cosa si trattasse, ma di sicuro era in casa e si stava avvicinando; poi improvvisamente riconobbe quell’aura.

Invece di tranquillizzarsi, si agitò ancor di più. Sapeva che non avrebbe potuto scamparla a lungo, ma sperava di superare la notte senza doversene occupare.

Non si voltò quando udì dei passi spezzare il silenzio; si mosse solo nel momento in cui lo vide attraverso il riflesso della finestra.

Balzò giù dalla poltrona e si posizionò dietro allo schienale, come se si sentisse più protetta con qualcosa a dividerla da lui.

Si fissarono per interminabili minuti. Mille pensieri ed emozioni passarono per le loro teste. Damon poteva riassumerle sotto un’unica parola: contentezza.

Bonnie avvertì un moto di conforto invaderla ma venne subito sostituito da rabbia, disillusione, avversione e sospetto.

Il vampiro aprì bocca per parlare ma lei lo interruppe subito “Come sei entrato?”.

L’altro ghignò e fece scorrere lo sguardo per il salotto “Se volevi tenermi fuori, avresti dovuto ipnotizzare tutte le tue consorelle”.

Bonnie sbuffò. Il suo piano era piuttosto traballante e poco credibile ma, diamine, urlava di stare fuori dalla sua vita. Perché Damon non poteva semplicemente accettare un ‘no’?

“Come hai trovato l’entrata, sarai anche in grado di trovare l’uscita” lo freddò, sperando che recepisse l’antifona.

Damon apparve un po’ spaesato, preso alla sprovvista. Non si aspettava che gli saltasse addosso dalla felicità ma nemmeno un’accoglienza così gelida. Fece un passo verso di lei, dando la strana impressione di essere impacciato ma Bonnie indietreggiò e alzò le mani “Non ti avvicinare”.

“Streghetta …”.

“Non cominciare con i soprannomi. Cosa sei venuto a fare?”.

“Volevo … vederti” non voleva sembrare troppo sicuro o deciso. Era pienamente consapevole di essere in torto marcio.

“Volevi vedermi?” ripeté allibita la ragazza “Adesso? Cosa c’è, Damon? Sei vicino alla morte e vuoi espiare i tuoi peccati?”.

“Voglio sistemare le cose”. Era una frase stupida, banale e dal suono fastidioso ma non c’era altro modo per dirlo.

Bonnie rise incredula e scosse la testa. Con Damon andava sempre a ripetizione il solito disco rotto: voglio, faccio, ottengo.

“C’è una cosa che devi sapere …” incominciò lui.

“Non parlare, vattene e basta” gli ordinò.

“Sissi, mi devi ascoltare” asserì; il tono a metà tra un ordine e una supplica.

“Non sono obbligata a fare proprio niente. Hai avuto la tua occasione per parlare e io ti avrei ascoltato all’infinito; l’hai sprecata”.

“Beh …” sospirò Damon “Mi fa piacere appurare che la tua testardaggine non si è scalfita minimamente”.

“Certo, continua pure con l’ironia. Tanto per te è tutto un gioco!” sibilò Bonnie trattenendosi dall’urlare.

“Non era ironia; constatavo solo un fatto” replicò.

“Ti do due secondi per uscire. Poi ti darò fuoco” lo avvertì con una calma letale.

“Sono stato uno stronzo, va bene?” sbottò infine “Hai tutte le ragioni per essere incazzata con me. Mi prenderei a calci da solo se potessi ma cerca di capire …”.

“Non c’è niente da capire, Damon! Te ne sei andato per un anno. Un anno! E adesso torni qui e pretendi di trovare tutto come prima? Sai cosa vuol dire aspettare una persona per così tanto tempo? Appostarsi alla finestra sperando di vederla anche se sai che non tornerà mai? Io sì! L’ho fatto per ben due volte e non ho intenzione di riviverlo”.

“Mi dispiace” ammise sinceramente il vampiro “Ferirti era l’ultima delle mie intenzioni”.

“Sarà anche l’ultima delle tue intenzioni, ma è quello che fai sempre” osservò Bonnie “Non ha neanche avuto il coraggio per dirmelo in faccia; se non fossi venuta io ad affrontarti forse saresti …”.

“No” la contraddisse con forza “Ho aspettato l’ultimo giorno apposta. Se te lo avessi detto prima, mi avresti convinto in qualche modo a rimanere e io avrei ceduto perché volevo restare, volevo …”.

“Allora perché te ne sei andato?” chiese con una nota particolarmente nervosa.

“Stai scherzando? Da quando sono entrato nella tua vita, ho combinato solo dei gran casini! Ti ho portato ad un passo dalla morte! Non i lupi mannari, non i vampiri di Greensboro, non Klaus; sono stato io! Pensavi davvero che me ne stessi fermo senza fare niente per impedire che accadesse di nuovo?”.

“Te ne sei andato per un anno!” ribadì Bonnie con enfasi “Mi hai abbandonata per un anno!”.

“Non ti ho abbandonata” rivelò Damon “Sono stato via per qualche tempo, poi non ho resistito. È da almeno sei mesi che ti tengo d’occhio da lontano; volevo assicurarmi che non ti accadesse niente di male”.

Bonnie alzò le sopracciglia e spalancò la bocca. Dovette ricorrere a tutta la sua pazienza per non esplodere “Cosa ti aspetti, un ringraziamento? Mi serviva un ragazzo, non una babysitter. Immagino che avessi ragione: non potevi darmi quello che ti chiedevo” gli fece notare ricordandosi le ultime parole che si erano scambiati.

“Ho sbagliato!” le concesse “Non è una novità: io sbaglio sempre! Credevo che fosse la cosa migliore, credevo di poter tenere le distanze e lasciarti vivere una vita normale ma non ne sono capace. Ho sbagliato tutto”.

“Sì, Damon, hai davvero sbagliato tutto; hai incasinato tutto” concordò Bonnie “L’hai fatta veramente grossa”.

“Non sono l’unico” le rinfacciò “Anche tu te ne sei andata, quando mi avevi promesso di rimanere in casa. Ma a te è permesso correre da Klaus per farti ammazzare!”.

“Ti stavo proteggendo” si difese Bonnie sempre più arrabbiata.

“E cosa credi che io stessi facendo?” le domandò Damon di rimando “Sei quasi morta, tra le mie braccia, per colpa mia. E in quel momento non me ne sono nemmeno preoccupato, perché avevi il sangue di vampiro nelle vene e sapevo che in qualche modo saresti tornata!”.

“Quindi ha pensato di scappare” concluse lei “Acquisti sempre più punti”.

“Mi dispiace così tanto, Sissi” si scusò Damon “Mi dispiace, mi dispiace; sei la cosa migliore che mi sia capitata, la persona più importante”.

“No, non è vero” obiettò la rossa, per nulla scalfita dal suo tono pentito “Se fossi così importante, non mi avresti lasciata. Forse non te ne è mai fregato niente di me, non mi hai mai voluto bene …”.

“Ti amo” confessò il vampiro, spiazzandola totalmente. Nonostante si fosse immaginato in modo diverso la scena, fu soddisfatto della reazione che scatenò. L’intento era stupirla, toccarla nel profondo e ci riuscì.

“C-cosa?”.

“Mi hai stregato anima e corpo, Bonnie Salvatore, e ti amo, ti amo, ti amo” all’ultimo quasi gli mancò la voce dal trasporto “D’ora in poi non voglio più separarmi da te**”.

Bonnie pensò che il destino dovesse essere molto crudele: sembrava che il loro tempismo nelle dichiarazioni rovinasse sempre tutto.

“Arrivi tardi, Damon” lo stroncò “Mi hai chiesto di dimenticarti e l’ho fatto. Lasciami in pace” si diresse velocemente verso le scale.

“Non mentire” l’’avvertì “Il tuo cuore batte come un matto. Lo sento ”.

La giovane si fermò “Non ho detto di non essere più innamorata di te” chiarì senza vergogna o tentennamenti “Ho detto che ormai è tardi” e riprese a salire i gradini.

“Bonnie” la richiamò Damon. Lei si girò.

“Sognami” le augurò rivolgendole uno dei suoi sorrisi ammalianti.

La strega non rispose e proseguì senza guardarsi indietro. Era sicura di aver bloccato ogni memoria che la legasse a lui; poteva resistere. Ma la vicinanza aveva brutalmente riportato tutto ciò che la lontananza le aveva permesso d’ignorare.

Ti amo, Bonnie Salvatore.

Si addormentò con un fremito.

 

“I finished crying in the instant that you left
And I can't remember where or when or how
And I banished every memory you and I had ever made

But when you touch me like this

and you hold me like that
I just have to admit
That it's all coming back to me
When I touch you like this
And I hold you like that
It's so hard to believe but
It's all coming back to me”.

Nei due giorni successivi Damon non le tese altri agguati. Forse aveva colto il messaggio, forse aveva desistito. A Bonnie poco importava il motivo; le bastava stare in pace.

Voleva evitare che Caroline si mettesse a setacciare il campus in cerca del vampiro per prenderlo a mazzate in testa, perciò non le disse niente. Si sarebbe portata quel segreto nella tomba piuttosto che allarmare tutti per niente.

Per impedire che qualunque pensiero su di lui le si installasse nella mente come un’erbaccia da estirpare, si offrì di dare una mano per la festa di fine anno organizzata dalle confraternite. Il suo obiettivo fu raggiunto: tra gli esami finali e i preparativi riuscì a superare indenne le prime quarantotto ore.

All’alba del terzo giorno qualcosa in lei scattò: si scoprì tremendamente arrabbiata e indignata.

Che cosa aveva dato il diritto a Damon di tornare, di cercarla e di confessarle il suo amore? Bonnie ci aveva provato innumerevoli volte ma lui l’aveva sempre bloccata perché non era il momento giusto.

Quello gli sembrava il momento giusto? Forse si aspettava anche un premio per aver trovato il coraggio di parlare di sentimenti.

Si pentì amaramente di non averlo cacciato fuori di casa a suon di aneurismi o ancora meglio fuori dai confini della Virginia.

E Alaric lo aveva pure aiutato, quel traditore! Un bel discorso sarebbe toccato anche a lui.

Bonnie fece quasi a pezzi una delle lanterne di carta che stava sistemando. L’idea era quella di ricreare la Parigi degli anni venti e tutte le sue luci; ma se la rossa avesse continuato a rompere per il nervoso ogni cosa che le passava tra le mani, sarebbero rimaste ben poche decorazioni.

Decise di prendersi una pausa. La scena dall’esterno doveva risultare parecchio comica: vedere una ragazza accanirsi su delle lanterne di carta senza un motivo apparente, quasi immaginasse sbattere con violenza la testa di qualcuno sul tavolo.

Qualcuno sghignazzò divertito, altri non vi fecero caso; l’unica a preoccuparsi davvero fu Gabby Lawrence, studentessa di legge dell’ultimo anno, direttrice della confraternita cui apparteneva anche Bonnie.

Gabby era una ragazza molto impegnata non solo nella gestione della sua confraternita e dei bilanci, ma anche nel sociale. Normalmente, gli eventi che organizzava avevano il doppio scopo di raccogliere fondi sia per le associazioni studentesche, sia per enti benefici.

Si mostrava sempre molto puntigliosa e severa nelle sue faccende, spesso rasentava un controllo maniacale (quasi ai livelli di Caroline). Decise quindi di avvicinarsi e sondare il terreno, più per accertarsi che la sua serata non finisse in fumo, che per un reale interesse per lo stato emotivo della sua compagna di casa.

“Bonnie, va tutto bene?” le chiese un po’ titubante.

La rossa alzò gli occhi su di lei, colta di sorpresa “Oh sì, certo!” assicurò.

“Qual è il tuo problema con le lanterne?” dritta al sodo.

Bonnie intuì di essere in prossimità di una sgridata e si affrettò a rimediare “Niente! È solo che ne ho rotte un paio mentre cercavo d’infilarci il lumino”.

“Cerca di salvarne qualcuna, va bene? Le ho ordinate in un negozio ad Atlanta e sarebbe un casino farne arrivare altre”.

“Starò più attenta” asserì la strega con un sorriso intimidito. Non l’avrebbe mai detto ad alta voce ma Gabby Lawrence incuteva decisamente più timore di tante creature sovrannaturali.

“Volevo parlarti anche di un’altra cosa” incominciò la ragazza.

Santo Cielo, cosa ho fatto adesso?!

“In realtà è un favore” precisò Gabby “So che verrai alla festa con Zander”.

“Sì” confermò Bonnie domandandosi come potesse saperlo “Mi ha invitata l’altro giorno”.

“Ti dispiacerebbe prestarmelo per l’asta degli scapoli?” fu la sua richiesta “So che non è educato perché è il tuo accompagnatore ma è davvero un gran figo e potrebbe tirare su un bel mucchio di soldi”.

“Non preoccuparti” la tranquillizzò Bonnie “Andiamo alla festa solo come amici, non c’è niente tra di noi. Non mi dà fastidio, se a lui va bene”.

“Glielo chiederò appena lo vedo” esultò Gabby “Grazie mille, Bon” e si dileguò, pronta a comandare a bacchetta qualcun altro.

“Non c’è di che” rispose e posò nuovamente lo sguardo sulle lanterne tutte accartocciate. Sbuffò annoiata: doveva trovare un modo per sistemarle.

Controllò velocemente che nessuno le stesse prestando attenzione e mosse le dita della mano destra sussurrando un incantesimo riparatore. Sorrise soddisfatta non appena le lanterne ripresero la loro forma originaria.

“Quello è barare”.

Bonnie per poco non saltò dall’altra parte del tavolo. Si girò furente, incrociando gli occhi palesemente divertiti di Damon e si ritrovò per la seconda volta in pochi giorni a porre quella fastidiosissima domanda “Tu che ci fai qui?”.

“Un giro. Mi fingo un giovane universitario in cerca della sua strada”.

“Ci sono centomila college in questo paese; va’ a fare lo studente bello e impossibile in uno di quelli!”.

“Hai detto che sono bello?”.

Bonnie avrebbe potuto ucciderlo, sul serio.

“Senti, Damon, non ho tempo per i tuoi giochetti. Devo occuparmi di questa festa e ho gli esami tra due giorni. Qualunque cosa tu stia cercando, non la troverai qui; perché non puoi semplicemente lasciar perdere?”.

“Mi sembra di aver già lasciato abbastanza” mormorò il vampiro piegando il capo di lato.

“E’ stata una tua scelta” gli rinfacciò lei sostenendo fiera il suo sguardo.

Damon era pronto a replicare ed insistere quando Gabby piombò all’improvviso su loro due come un falco.

“Ehi, Bonnie, chi è il tuo amico? Non credo di averlo mai visto in giro” s’intromise; era entrata in modalità flirt.

“Gabby Lawrence” si presentò porgendo la mano.

“Damon Salvatore” gliela strinse.

Gabby allargò gli occhi “Siete parenti?” il tono appariva pacato ma in realtà nascondeva un certo compiacimento: sentiva già di avere il via libera per esibirsi nelle sue doti da civetta.

“Alla lontana” specificò Damon.

“Bonnie, perché non lo porti alla festa?” propose Gabby “Sono sicura che le ragazze sborserebbero una fortuna per un appuntamento con lui” disse senza pudore.

“Appuntamento?” ripeté lui sconcertato.

“Non credo sia il caso …” iniziò la rossa.

“Di che si tratta?” s’incuriosì Damon spiazzando perfino se stesso.

“Guarda” Gabby gli mostrò il volantino che pubblicizzava la serata “E’ la festa di fine anno. Tema: Parigi, negli anni venti. Abbiamo deciso di organizzare un’asta degli scapoli: chi fa l’offerta più alta, vince un appuntamento con il ragazzo che ha scelto. Di solito tutti il ricavato lo teniamo per la gestione delle attività e gestioni scolastiche, ma quest’anno abbiamo già messo da parte un bel po’ di denaro grazie alle feste precedenti, perciò lo devolveremo totalmente in beneficienza. Daremo una mano all’orfanotrofio della città” spiegò con una precisione sorprendente

“Gabby, sono sicura che Damon abbia altro da fare” provò a dissuaderla Bonnie.

“Ci sto!” accettò lui “In fondo è per una giusta causa”.

La strega alzò le mani in segno di rassegnazione.

“Fantastico!” esclamò Gabby “Sembra che la riuscita della serata dipenderà dai tuoi uomini, Bon” azzardò e le fece un occhiolino prima di andarsene.

“Chi era quella?” ridacchiò Damon “Caroline 2.0?” ma quando riportò l’attenzione sulla sua streghetta, il sorriso gli morì sulle labbra.

“Tu non puoi venire” disse lei.

“Non è che abbia molto altro da fare”.

“Forse non mi sono spiegata bene” sentenziò Bonnie “Io non ti voglio. È la mia festa, del mio college, per la fine del mio anno! Stanne fuori! Anzi, intanto che ci sei, sta’ fuori dalla mia vita” mollò sul tavolo le sue amate lanterne e marciò fuori dalla stanza decisa a mettere più distanza possibile tra lei e quello sbruffone.

Ovviamente non fece molta strada; riuscì giusto a girare l’angolo prima che Damon le si parasse davanti con la sua super velocità.

“Non puoi usare i tuoi Poteri qui! E se qualcuno ti vedesse?” lo rimproverò digrignando i denti.

“Parla la ragazza che aggiusta magicamente le lanterne” replicò lui seccato “Lascia che ti chieda una cosa: non mi vuoi alla festa per quello che ha detto quella ragazza?”.

“Cos’ha detto?” chiese stancamente Bonnie.

“Che la riuscita della serata dipenderà dai tuoi uomini” le riportò “Significa che ci vai con qualcun altro. Chi è? Ancora quel tipo … Zander?”.

Il volto della giovane si dipinse di un’espressione indignata “Mi hai seguita anche negli appuntamenti?”.

“Non ti ho pedinata nei tuoi incontri romantici, no” negò “Ma è da parecchio che ti osservo da lontano e ho imparato qualche cosa sui tuoi spasimanti”.

“Questa conversazione finisce qui” affermò Bonnie e lo superò.

Damon la trattenne per un polso “Hai paura che succeda come alla festa di fine del liceo?” indovinò “Credi che m’ingelosirò come con Tyler e che farò un casino, vero?”.

“Finiscila qui, ti prego” gli consigliò “Questo tuo atto di finto altruismo non ti farà guadagnare punti”.

“Non voglio guadagnare punti” la corresse “Anche se mi piacerebbe che tu apprezzassi lo sforzo” aggiunse.

“Allora perché?”.

“Perché è importante per te” ammise indicando sul volantino una scritta che riportava il nome dell’orfanotrofio.

Quella non era solamente una giusta causa, era una giusta causa che stava particolarmente a cuore a Bonnie perché anche lei, dopotutto, era una bambina adottata.

“Sono stata io a proporlo” gli rivelò “Volevo che fosse l’orfanotrofio a ricevere quei soldi”.

Damon annuì “Lascia che ti dia una mano, almeno questa volta”.

Bonnie si morse il labbro, indecisa. Aveva l’impressione che il suo consenso o il suo rifiuto avrebbero determinato ben più di un evento di beneficienza.

 

“If I kiss you like this
And if you whisper like that
It was lost long ago
But it's all coming back to me
If you want me like this
And if you need me like that
It was dead long ago
But it's all coming back to me
It's so hard to resist
And it's all coming back to me
I can barely recall
But it's all coming back to me now
But it's all coming back”.

 

Bonnie doveva ammettere di non amare alla follia Parigi. La considerava una bella città ma senz’anima. Ci era stata più di una volta ma non le aveva mai trasmesso niente, non un brivido, non un’emozione.

Durante la sua ultima visita, un paio di anni prima, qualcosa era cambiato: sola, seguita dalle luci di quella grande città, accompagnata dal silenzio, senza essere soffocata né dalla folla né dal traffico, aveva camminato a lungo per le strade di Parigi e aveva scoperto una città diversa, nuova, viva. La sua fantasia aveva cominciato a lavorare e si era lasciata guidare in un percorso alla ricerca del vero spirito di Parigi, dello spirito che poteva leggere nelle pagine dei grandi intellettuali francesi ma che non era mai riuscita a percepire prima di quella passeggiata.

Era arrivata anche al punto di credere che Woody Allen le avesse rubato l’idea girando Midnight in Paris. Non era mai stata una grande fan di quel regista ma aveva quel film nel cuore.

La sala della festa non era minimamente paragonabile all’originale, anche se tutto sommato, Bonnie dovette riconoscere a Gabby un certo talento nell’allestimento. Le pareti erano state coperte da pannelli di polistirolo raffiguranti scorci della Parigi notturna, al soffitto avevano invece assicurato per l’occasione dei lampadari che emanavano una bella luce soffusa e che donavamo atmosfera. E ai tavoli c’erano le lanterne illuminate di cui la rossa andava molto orgogliosa.

Zander le strinse la mano e lei gli sorrise. Insieme fecero il loro ingresso nella sala. Salutarono i loro compagni di scuola, si congratularono per la fine degli esami che si erano svolti proprio quella mattina. Bonnie poteva dirsi abbastanza soddisfatta, sebbene non ne conoscesse ancora l’esito. Era certa di aver ottenuto almeno la sufficienza e quella sicurezza bastava per passare una serata tranquilla. Avrebbe pensato più tardi al voto effettivo e alla sua media.

Mentre Zander continuava a conversare alcuni suoi compagni di corsi, Bonnie fece scorrere lo sguardo per la sala: vide Caroline sventolare la mano con forza  invitandola a raggiungerla. La ragazza si scusò con il suo accompagnatore e si diresse verso l’amica. A metà strada, però, si fermò. Aveva una strana sensazione addosso, una specie di brivido, un richiamo. E l’inquietudine non si calmò finché non ne individuò la causa: due occhi, neri come la notte, che la stavano seguendo da quando era entrata.

Alla fine aveva accettato la presenza di Damon. Non ne era del tutto convinta né contenta, ma ci teneva che la raccolta fondi andasse bene e il vampiro avrebbe sicuramente fatto la differenza. Già s’immaginava orde di ragazze buttare letteralmente in aria le loro banconote e strisciare sul palco.

Damon si staccò dal muro su cui era appoggiato (stile bello e dannato, non si smentiva mai) e mosse qualche passo verso di lei.

Bonnie riaccese all’improvviso la macchina della fantasia, così come aveva fatto a Parigi anni prima. Lo osservò avvicinarsi sempre più, con un angolo della bocca piegato all’insù in una smorfia irresistibile; rimase immobile mentre le prendeva una mano, portandola alle labbra per baciarla. Un attimo dopo si ritrovò ad ondeggiare tra le sue braccia, seguendo la musica in sottofondo.

Tutto le riportò alla mente il ballo di fine anno, quando senza giochetti né maschere o ripensamenti, si erano confessati di appartenersi a vicenda. Da che ricordava, quella era stata la prima vera volta in cui aveva visto Damon completamente sincero e indifeso, nudo di fronte alla verità.

Peccato che accadde solo nella sua testa: Bonnie si ricompose in fretta e sorrise debolmente al vampiro che nel frattempo l’aveva raggiunta.

“Non accetterai mai un no come risposta vero?” lo punzecchiò pur non essendo veramente infastidita.

“In realtà questa volta mi hai detto sì” le fece notare lui.

“E’ solo per questa sera” puntualizzò Bonnie.

“Speravi che non venissi?” chiese Damon.

“Credevo che non saresti venuto” ammise la giovane “Questo non è il tuo genere di evento. Lo consideri noioso”.

“Ti ho detto che ti avrei aiutata ed è quello che sto facendo” dichiarò Damon piuttosto deciso “E poi … ho una scusa per guardarti tutta sera con questo vestitino, come potrebbe essere noioso?”.

Bonnie s’impose di non arrossire. Buttò una veloce occhiata al suo abito: era chiaramente anni venti, color ghiaccio ornato da perline argentate e si fermava appena prima del ginocchio. Le stava bene, lo aveva scelto apposta. Da come la fissava Damon, però, le sembrava di essere coperta solo da biancheria intima e improvvisamente sentì un po’ d’imbarazzo.

Le sovvenne una frase che le aveva detto proprio il vampiro durante la loro gita a Greensboro. “Se vuoi far vedere le scintille, non devi sentirti a tuo agio”.

Non aveva mai riflettuto su quanto fosse vero.

“Sai sempre come essere romantico” commentò con sarcasmo.

“Faccio del mio meglio”.

Bonnie avrebbe voluto arrabbiarsi o almeno irritarsi, avrebbe voluto davvero ma le risultò impossibile.

“Ho incontrato Caroline poco fa” la informò lui “Ci è mancato poco che non mi cavasse gli occhi”.

“Beh, Damon, dato che hai deciso di ronzare qui attorno, ho dovuto dirglielo”.

“Scommetto che tra poco piomberà qui anche il mio fratellino pronto a prendermi a pugni”.

“Stefan non sa ancora niente” puntualizzò Bonnie.

Damon allargò gli occhi stupito “E come mai?”.

“Non so se c’è qualcosa di dire”.

Il vampiro annuì e incassò con classe. Quella della sua streghetta era stato un avvertimento nemmeno troppo velato; della serie ‘spreca questa possibilità e ti ammazzo’.

“Forse dovrei cercare la mia dama” ipotizzò.

“Sei qui con qualcuno?” esclamò Bonnie tradendo un certo fastidio.

“Non potevo presentarmi da solo” si giustificò “Mi ha invitato quella tua amica … Gabby qualcosa … ha insistito talmente tanto che ho ceduto”.

La giovane soffiò incredula. Damon era nel campus da una sola settimana e aveva già conquistato una delle ragazze più in vista.

“E’ decisamente il tuo tipo” osservò “Bionda, occhi azzurri …”.

“In realtà avrei preferito una rossa dai bellissimi occhi marroni ma al momento non sembra disponibile” le confidò.

“La rossa è stata fin troppo disponibile” replicò lei “E adesso deve tornare dal suo cavaliere”.

“La serata è lunga e tante cose possono cambiare” suppose Damon “Se non ricordo male anche al tuo ultimo ballo sei arrivata con un ragazzo e te ne sei andata con un altro”.

“Sto per prenderti a schiaffi”.

“Va bene, ho esagerato, errore mio” le concesse “Comunque conserva un ballo per me” le chiese.

“Neanche per sogno” si rifiutò Bonnie allontanandosi.

“E ricordati che il mio numero è il 10! Punta su di me” le urlò dietro sghignazzando.

Bonnie scosse il capo senza riuscire a trattenere una risata che le si strozzò in gola non appena incrociò gli occhi indignati di Caroline.

“Che stai facendo?” chiese la vampira con tono di rimprovero.

“Non qui” le rispose l’altra. Insieme si diressero in una delle stanze adiacenti alla sala principale per evitare che la loro conversazione arrivasse ad orecchie indiscrete.

“Care … non è come sembra” si giustificò Bonnie quando fu certa che nessuno le avrebbe sentite.

“Sei grande, maggiorenne e vaccinata. Non voglio interferire nella tua vita sentimentale però … non ti pare un po’ affrettato?”.

“Di che parli? Damon mi serve solo per la raccolta fondi; tirerà su un bel po’ di soldi ed è quello che conta. Non è cambiato niente”.

“Appunto. Vi ho visto insieme e sembrava che non fosse successo niente! Bonnie ti brillano ancora gli occhi” trillò indicando il suo viso “Damon è sparito per un anno. Forse ora le sue intenzioni sono buone, forse ha capito davvero di aver sbagliato, ma se così non fosse?”.

“Non significa niente” cercò di tranquillarla la rossa.

“Sei stata male, va bene? Tanto. Io c’ero, lo so. Hai provato a non pensarci, a dimenticartene e all’inizio hai finto anche bene, ma eri triste, era spenta. Poi un giorno ti sei fatta forza e l’hai superata alla grande. Adesso hai una nuova vita e sei riuscita a costruire tutto senza l’aiuto di Damon. Non ti sto dicendo di tagliarlo per sempre fuori dalla tua vita; ti sto dicendo di stare attenta perché non voglio che tutti i tuoi sforzi vadano in fumo”.

“Hai ragione, Care. Non posso far sparire i sentimenti che ho per lui e forse non lo voglio nemmeno; però non ho dimenticato quello che ha fatto e non lo sto prendendo alla leggera. Il suo ritorno mi ha colta alla sprovvista e devo ancora capire come gestirlo”.

La vampira parve soddisfatta della risposta ottenuta e decise non insistere ulteriormente. Da amica sentiva il dovere d’intromettersi fino a un certo punto. Poteva solo consigliare Bonnie nella sue scelte, ma non poteva certo obbligarla a pensare come lei.

“Credi che abbia fatto male ad accettare l’invito di Zander?” le domandò la strega “Lo sto illudendo?”.

“Sei stata molto chiara sul vostro rapporto e lui lo sa” la rassicurò “Sta cercando di esserti amico, anche se spera che tu possa cambiare idea. Però, anche tu potevi metterti un po’ meno carina stasera!” la ammonì bonariamente “Zander non ti mollerà più! Anche se credo che questo vestito non sia per lui” alluse.

“Caroline!”.

“Okay, la smetto” si arrese “Dai, torniamo di là. I tuoi cavalieri ti aspettano” scherzò. Era più forte di lei, non riusciva a trattenersi.

Rientrarono nella grande sala. Si divisero nella ricerca dei propri accompagnatori.

Bonnie girò parecchio senza riuscire ad individuare Zander. Credette perfino che, non vedendola più, se ne fosse andato.

Finalmente, in un angolo un po’ in disparte, distinse due figure: il ragazzo se ne stava a terra e su di lui torneggiava Damon in quella che sembrava una posizione di attacco.

La rossa ne rimase sbalordita. Comò la distanza che la separava da loro e spinse via Damon, chinandosi su Zander per aiutarlo ad alzarsi.

“Non sai quanto mi dispiace” si scusò sinceramente imbarazzata.

“Non ti devi preoccupare, stavamo solo …” iniziò a spiegare lui.

“Lo so; ci penso io adesso” cercava di controllare la rabbia nella voce “Puoi darci solo un minuto? Sarò subito da te” gli promise.

Zander annuì e li lasciò soli, confondendosi tra la folla.

“Che c’è, Streghetta? Sei venuta a riscuotere quel ballo?” la prese in giro Damon come se non avesse fatto niente di male.

Bonnie si voltò furente “Come ti sei permesso?!”.

Damon la guardò confuso.

“Io veramente non ti capisco! Sei sparito per un anno, mi hai abbandonata per un anno intero e adesso ti presenti qui e aggredisci i miei amici?”.

“Sissi, io…”.

“Non hai il diritto di scombussolare la mia vita ogni volta! Mi hai ferita, mi hai lasciata, te ne sei fregato e adesso torni qui e pensi che con qualche battuta e un bel sorriso tutto vada automaticamente a posto?” la sua voce stava toccando i livelli più alti di sdegno.

Il vampiro rimase in silenzio.

“Sono stata male, Damon, ma alla fine sono guarita; non grazie a te! Anzi, forse ti dovrei proprio ringraziare perché sono diventata più forte. Ho scoperto di potercela fare da sola, ho scoperto di non aver bisogno di te, di poter vivere senza di te” svelò con brutale onestà.

Damon ancora non fiatava. Sentiva una piccola parte del suo cuore disintegrarsi per sempre ad ogni parola.

“Tornatene da dove sei venuto. Non c’è più niente per te qui” gli suggerì Bonnie prima di allontanarsi.

Lui non si mosse. Si limitò a mettere le mani in tasca per nascondere il tremore. Rimase indietro ed escluso. Ancora.

 

“There were those empty threats and hollow lies
And whenever you tried to hurt me
I just hurt you even worse
And so much deeper
There were hours that just went on for days
When alone at last we'd count up all the chances
That were lost to us forever
But you were history with the slamming of the door
And I made myself so strong again somehow
And I never wasted any of my time on you since then”.

 

Il mio spazio:

Ecco a voi la prima parte dell’epilogo.

È passato un anno, un bel salto temporale e un po’ di cose sono cambiate.

Non ho molto da dire su questo capitolo: è incentrato in particolare sulle posizioni dei due protagonisti.

Bonnie è andata avanti e Damon è rimasto indietro. Secondo voi riusciranno a ritrovarsi a metà strada?

Ci sono ancora un paio di cosette da scoprire, compreso un altro giretto nella mente del vampiro, in cui lo vedremo ribadire ancora la sua volontà di rimettere le cose a posto. È molto deciso ma anche Bonnie sembra determinata a non cambiare idea. Vedremo tutto nel prossimo capitolo.

Alla fine la dichiarazione è arrivata! Nel momento sbagliato ( o forse proprio nel momento giusto) ma c’è una piena coscienza dei sentimenti e questa volta non si possono spegnere.

Bene ragazze, ci vediamo tra un paio di settimane o poco più per l’ultima volta con Ashes&wine. Sto già preparando il discorso ahahah!

Qualche spoiler? Il capitolo si aprirà ancora con la festa in corso. C’è un’asta degli scapoli cui partecipare; secondo voi Bonnie farà un’offerta su Damon?

Volevo fare una piccola richiesta: dato che siamo davvero alla fine, mi piacerebbe sentire magari anche l’opinione di qualche lettore silenzioso; giusto per sapere cosa è piaciuto e cosa no, in cosa posso migliorare =)

Ovviamente vi ringrazio anche per il solo fatto di continuare a leggere! È davvero importante!

E i ringrazio anche chi commenta normalmente! Mi date sempre dei bellissimi consigli e mi sollevate l’umore! Grazie di cuore!

Il banner è di Bumbuni.

La canzone è “It’s all coming back to me now” di Celine Dion.

 

*Maial College, è un film abbastanza demenziale sulla vita universitaria.

**Questa è la dichiarazione che Mr Darcy fa a Lizzie Bennett nel film “Orgoglio e pregiudizio”. L’ho sempre adorata e ho pensato che fosse carino usarla per Damon.

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Capitolo 42
*** Until the end starts ***


Ashes &Wine

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Epilogo- parte 2: Until the end starts.

 

“You’ve been on my mind,
I grow fonder every day,
Lose myself in time,
Just thinking of your face,
God only knows why it’s taken me so long

to let my doubts go,
You’re the only one that I want”.

 

 

Il piano non stava funzionando. Stava proprio andando a rotoli.

Sapeva di non essere la persona preferita di Bonnie in quel momento; sapeva che avrebbe dovuto impegnarsi a fondo per riconquistarla. Non pensava, però, di aver compromesso la situazione fino a quel punto.

Era rimasto scioccato dalle parole che la rossa gli aveva gettato in faccia. Prima di partire le aveva chiesto di dimenticarlo, di rifarsi una vita. Lei lo aveva preso alla lettera.

Damon imprecò sottovoce: quella ragazzina lo aveva sfidato, provocato per mesi interi, gli aveva disubbidito ogni volta che ne aveva avuto l’occasione e sceglieva proprio quel punto per trovarsi d’accordo con lui?

In poco meno di un anno era diventata molto più forte, era cresciuta; tanto da sconvolgere il vampiro e far traballare le sue certezze.

Sebbene Bonnie fosse sempre stata tremendamente testarda, alla fine non era immune al suo fascino. In qualche maniera diventava più malleabile, più accondiscendente o almeno era disposta ad ascoltarlo senza pregiudizi.

Non che Damon fosse del tutto innocente; se l’era cercata. Negli anni passati più di una volta aveva provato ad allontanarla; a volte per rabbia, altre per egoismo, altre ancora per il semplice desiderio di tenerla al sicuro. Ma qualcosa in lui gli suggeriva che non sarebbe stato niente di definitivo, che avrebbe potuto rimediare. Ora era tutto diverso.

Quel cambiamento giocava pesantemente a suo svantaggio, ma ne era anche estremamente orgoglioso. Per la prima volta, l’aveva vista mettere se stessa prima degli altri, puntare i piedi per il suo benessere. Era una sensazione dolceamara, scatenava in lui emozioni contrastanti: compiacimento e dolore insieme.

Faceva male, faceva molto male.

Bonnie era andata avanti; Damon era rimasto indietro, sicuro di non poter avanzare nemmeno di un passo.

Sarebbe rimasto sempre bloccato nello stesso punto, in attesa; perché senza la sua Sissi sentiva di aver perso da tempo il senso dell’orientamento.

Era stato uno sciocco e un illuso a credere nelle sue stesse decisioni: lasciarla era stata una pessima idea e totalmente irresponsabile da parte sua; e se avesse avuto un minimo di buon senso, non sarebbe neanche tornato.

Le sue capacità di previsione si erano rivelate fuorvianti, dannatamente sbagliate: se n’era andato con la convinzione di poter gestire la separazione, se n’era andato perché si fidava della propria forza di volontà, perché contava che la paura di ferirla ancora sarebbe prevalsa sulla voglia di riprendersela. Se solo fosse stato un po’ più saldo nelle sue decisioni o se avesse ponderato bene sull’ipotesi di lasciarla, forse le avrebbe permesso di vivere un’esistenza tranquilla con o senza di lui, forse le avrebbe risparmiato tante pene.

Sembrava, però, che Bonnie fosse riuscita a ritrovare il suo equilibrio, senza di lui. Damon realizzò di non essere più indispensabile e fu come ricevere un pugno nello stomaco.

Ora gli si presentavano due strade davanti: seguire il suggerimento della ragazza e sparire questa volta per sempre, oppure rimanere e combattere, rientrare nel suo mondo, dimostrarle che la sua non era una messinscena, né un capriccio.

Si era mai sentito che Damon Salvatore gettasse la spugna al primo fallimento?

Non voleva riconquistarla spinto da un impulso, non si era fatto prendere da un momento di nostalgia. Aveva ragionato, valutato tutte le soluzioni; aveva speso mesi e mesi ad osservarla da lontano senza rivelare la sua presenza, rimuginando e tormentandosi. Adesso poteva dirsi sicuro al cento per cento.

Era tornato per restare.

Dall’altro lato della sala, Gabby se lo stava mangiando con gli occhi. Damon rispose con un sorrisino tirato. Aveva accettato di accompagnarla più per pietà che per vero interesse. Era bella, sì, ma era anche un po’ saccente e fastidiosa. E lo aveva praticamente pregato di farle da cavaliere.  Il vecchio Damon l’avrebbe mandata a quel paese, il nuovo Damon ci era andato vicino. Poi aveva pensato di poter trarre dei vantaggi: dopotutto, grazie a Gabby avrebbe potuto partecipare a quella festa e tenere Bonnie sotto controllo tutto il tempo e magari l’avrebbe pure ingelosita; senza contare l’asta degli scapoli. Per quanto la rossa fosse arrabbiata, non avrebbe mai permesso a qualcun’altra di vincere un appuntamento con lui.

Quel piano gli era apparso geniale fino a qualche minuto prima. Adesso aveva combinato un altro casino con Zander, compromettendo forse per sempre non solo la possibilità di passare del tempo con Bonnie in privato, ma anche la speranza di rimediare.

Non si era nemmeno sprecato a giustificarsi, la strega non lo avrebbe ascoltato comunque e lui non poteva biasimarla. In passato le aveva dato tante di quelle prove del suo egoismo e della sua impulsività distruttiva che qualunque spiegazione sarebbe parsa ridicola. Il buono in Damon sembrava una condizione provvisoria, pronta a cedere il passo alla perfidia. C’era ancora qualcuno disposto ad affermare il contrario?

Forse no, ma non era il momento di abbattersi. Per secoli aveva vestito senza problemi i panni del cattivo. Era un ruolo che gli calzava a pennello, gli si addiceva. Ora si era stufato. Non si riteneva buono, non voleva ridursi ad una figura monodimensionale; nessuno poteva essere solo buono, ogni anima era divisa tra bene e male e ognuno aveva la possibilità di scegliere quale seguire.

Damon finalmente cominciava a credere di aver del buono in sé. Bonnie era stata la prima a vederlo; le doveva tutto e le avrebbe dato tutto.

“Sei il mio cavaliere e non mi hai ancora invitato a ballare” osservò Gabby facendosi più vicina.

Il vampiro alzò le spalle, annoiato e cercò in fretta una scusa “Non vorrei che le altre ragazze s’ingelosissero. In fondo, io sono lo scapolo d’oro”.

“Vorrà dire che dovrò fare un’offerta migliore delle altre”.

“Ti avverto: la cifra potrebbe essere molto alta. Non sono uno che si accontenta di poco” mormorò, tentando di nascondere il suo tono infastidito.

“Nemmeno io” replicò Gabby, implicando un’allusione più maliziosa.

Tesoro, non mi avrai per tutto l’oro del mondo. Pensò Damon.

Fu lì per soggiogarla. Si piegò sul suo viso e notò il rossore sulle sue guance. Quella povera illusa pensava che le stesse per baciare. Il vampiro risvegliò il suo Potere e alzò per un secondo gli occhi oltre le spalle della bionda: Bonnie lo fissava con cipiglio.

Si allontanò subito, scontentando le aspettative di Gabby. Voleva ipnotizzarla, voleva disfarsene ma la strega non avrebbe approvato. L’altra ragazza si riprese in fretta dalla delusione e lo prese sottobraccio.

“E’ arrivato il momento dell’asta” gli annunciò conducendolo verso il palco “Tu sarai l’ultimo, ti vendiamo come pezzo forte”.

Damon annuì senza ascoltarla sul serio. La sua attenzione era da tutt’altra parte e si scoprì ansioso, sorprendendo anche se stesso.

Si stava mettendo in gioco per davvero, si stava abbassando a fare quello che in condizione normali avrebbe evitato come la peste. Tutti in quella sala non se n’erano neppure accorti, lo consideravano alla stregua degli altri. Bonnie, invece, sapeva che tutto quello era solo per lei. Damon si sentì quasi ridicolo.

Presentarsi su quel palco significava mettersi a nudo e mentre le altre ragazze avrebbero fatto a gara per accaparrarselo, una sola sarebbe stata l’unica e vera destinataria di un messaggio ignoto al resto dei presenti: sono qui, scegli me, punta su di me.

 

Bonnie assistette un po’ annoiata alla carrellata di ragazzi che le passarono davanti. Quasi non li vedeva nemmeno da tanto era distratta.

Era ancora sconvolta dalla presunzione che aveva mostrato Damon. Non avrebbe dovuto permettergli di partecipare alla festa.

Gli aveva dato quella possibilità perché nonostante tutto credeva nelle sue buone intenzioni; aveva sempre creduto che potesse essere di più.

Era stata smentita come tante altre volte e ora sentiva stupida come non mai.

Caroline aveva ragione: stava per ricadere nella sua trappola di seduzione e neanche se n’era accorta.

Si era lasciata abbindolare. Si era lasciata commuovere dal discorso sull’orfanotrofio. Ma Damon Salvatore non faceva mai niente per niente.

Non era andato lì per aiutarla, voleva solo intimidire Zander affinché le stesse lontano.

Le aveva detto di amarla ma probabilmente non era vero, non fino in fondo. Aveva agito solo per gelosia e possessione; era sempre la solita storia.

Sembrava quasi che si rifiutasse di liberarla. Non la voleva vicino, non la voleva lontano. Non voleva che stesse con lui e con nessun altro.

Si era infastidito e aveva deciso di presentarsi con Gabby Lawrence solo per ripicca. Tipico di lui.

Bonnie si abbandonò pesantemente su una sedia e si concentrò finalmente sull’asta. Zander era appena salito sul palco.

La rossa non sapeva come comportarsi; aveva accettato il suo invito e sarebbe stato carino fare un’offerta; d’altra parte preferiva non illuderlo. Dargli false speranza non era nelle sue intenzioni.

Una ragazza poco distante da lei venne in suo soccorso; alzò la paletta e offrì una cifra bella alta, battendo tutte le altre.

Bonnie ringraziò di aver scampato l’impiccio. Con il procedere dell’asta, iniziò ad agitarsi di nuovo. In pochi minuti sarebbe giunto il turno di Damon e sebbene lei si fosse riproposta di non cedere, qualche sicurezza traballò.

Come aveva detto a Caroline, i sentimenti erano ancora lì. E quei sentimenti le stavano urlando di prepararsi ad alzare quella dannata paletta.

Lei si era innamorata di quel Damon; del vampiro egoista, impulsivo, contorto e poco incline alle manifestazioni di affetto. Non aveva mai voluto cambiarlo; le sarebbe bastato non essere abbandonata.

Grazie a quell’anno passato da sola, aveva scoperto di non aver bisogno di lui per vivere serena; ma forse non era del tutto pronta a tagliare definitivamente i ponti, perché quei sentimenti potevano essere ignorati o repressi, di certo non cancellati.

Mentre la sua parte più razionale le diceva di chiudere la questione una volta per tutte, quella più emotiva la spingeva a tergiversare, a prendersi un po’ più di tempo.

Damon salì sul palco e le mani di Bonnie iniziarono a sudare e a stringere istericamente la paletta; tremavano combattute tra due impulsi: alzarsi o restare appoggiate al tavolo.

La strega si accorse vagamente del tumulto che era scoppiato accanto a lei. Gli occhi speranzosi del vampiro la catturarono. Damon odiava quel genere di feste, odiava la socialità, odiava mischiarsi con l’ordinario. Adorava mettersi al centro dell’attenzione ma in circostanze diverse. Posare su un palco come trofeo non costituiva il massimo del suo ideale, anzi rappresentava quasi un’umiliazione; eppure era lì.

Se ne stava in piedi, quasi indifferente al putiferio che aveva scatenato, totalmente sordo ai complimenti che una volta avrebbero lusingato il suo già gonfissimo ego.

Bonnie non riuscì a frenare un certo intenerimento. Alzare quella paletta non significava dargliela vinta subito; segnalava semplicemente una tregua, la sua disponibilità a rivalutare la situazione, seppur con la dovuta calma.

Lasciarla sul tavolo, invece, avrebbe compromesso, forse per sempre, una qualsiasi conciliazione. Voleva correre quel rischio?

Gabby Lawrence fece un’offerta molto alta e alcune ragazze rinunciarono dato che non erano in grado di competere.

Bonnie avrebbe potuto facilmente superarla e metterla poi in conto allo stesso Damon. Quando fu il momento di agire, la sua mano non si mosse.

La rossa sospirò e lasciò del tutto la paletta. Gli occhi di Damon si coprirono di un velo di sconforto; lei ricambiò mortificata ma non se ne pentì.

Il vampiro era tornato con un intento: riconquistarla. Aveva detto di amarla, si era dimostrato pentito al limite del supplichevole (almeno per i suoi standard), voleva riparare ai suoi errori.

Se le sue parole erano sincere, se il sentimento era vero, allora Damon avrebbe continuato a combattere, non si sarebbe arreso.

Erano destinati a stare insieme? Doveva provarglielo.

Gabby si aggiudicò senza sorprese la vittoria. Saltellò sul palco tutta contenta, accanto a lui. Bonnie si sforzò di non ridere all’espressione esasperata del vampiro. Poteva considerarla come una sorta di punizione.

Gli occhi di Damon si posarono nuovamente su di lei.

“Non hai fatto un’offerta” sembravano dire.

Ma qualcuno lo disse per davvero e lo ripeté.

“Non hai fatto un’offerta”.

La ragazza girò il volto verso sinistra: Zander l’aveva raggiunta silenziosamente e la fissava con impazienza.

Non hai fatto un’offerta.

“Zander, mi dispiace. Non volevo …”.

“Tranquilla” sospirò quello “E’ colpa mia; ci ho sperato fino all’ultimo” e sorrise un po’ imbarazzato “Dovrò rassegnarmi ad essere tuo amico”.

“E’ una prospettiva così brutta?”.

“No, niente affatto” le assicurò lui “Però un amico può chiedere ad un’amica da ballare, giusto?”.

“Sì, direi che è permesso” scherzò Bonnie.

Insieme si inoltrarono tra la folla sulla pista da ballo e iniziarono a muoversi dolcemente al ritmo della musica lenta.

“C’è un’altra cosa per cui dovrei scusarmi …” lo informò lei.

Zander attese curioso.

“Mi dispiace per quello che è successo stasera. Damon non avrebbe dovuto aggredirti in quel modo. Tu non c’entri niente e …”.

“Di che stai parlando, Bon?” le chiese il ragazzo “Damon non mi ha aggredito”.

“Non devi difenderlo per forza. Non si permetterà di farti ancora qualcosa”.

“Ma non mi ha fatto niente nemmeno prima; te lo assicuro” insistette.

Bonnie corrugò la fronte “Quando vi ho visti, tu eri per terra e lui ti sovrastava”.

“Stavamo parlando e un ragazzo parecchio ubriaco mi è venuto addosso. Ho perso l’equilibrio e sono caduto. Damon mi stava aiutando ad alzarmi” spiegò.

La strega sbiancò. Non era possibile; sicuramente mancavano dei pezzi nella storia, sicuramente il vampiro era colpevole di qualcosa. Lui faceva sempre qualche cazzata.

“In realtà anche se mi avesse aggredito, me lo sarei meritato” ammise Zander.

“Perché?”.

“Ho fatto delle insinuazioni poco carine” raccontò “Tu mi avevi detto che Stefan era tuo cugino ma non hai mai specificato il grado. Credevo fosse di primo. Damon è fratello di Stefan per cui ho fatto lo stesso ragionamento. Stasera l’ho tenuto d’occhio: ho visto come ti fissava, come flirtava con te e … beh, un cugino non dovrebbe guardare una cugina così. Poi ho notato che tu eri agitata e sono saltato alle conclusioni” se ne vergognò “L’ho affrontato; gli ho chiesto di smetterla perché ti stava mettendo a disagio e non era appropriato”.

“Cosa ti ha risposto?”.

“Te l’ho detto: avrebbe dovuto tirarmi un pungo. Mi ha spiegato che siete parenti alla lontana e che la vostra storia è piuttosto complicata. Ero geloso e irritato e … beh praticamente l’ho accusato d’incesto, l’ho provocato; peccato che fosse tutto falso. Tra i due sono io quello che si è comportato male” confessò.

Bonnie rimase a bocca asciutta. Chi normalmente è abituato a trattare gentilmente gli altri, accusa, insulta e incolpa solo per un valido motivo. Se la ragione viene a mancare, resta solo una sensazione di schifo.

“E’ per lui?” domandò Zander “Non hai voluto nessun altro durante tutto l’anno per lui?”.

La strega appoggiò una guancia sulla sua spalle “In parte” rispose “Non perché continuassi a pensarci, ma perché avevo finalmente raggiunto un po’ d’indipendenza”.

“Sembra un bravo ragazzo” osservò Zander.

“E’ uno stupido” borbottò Bonnie.

Poco distante, Damon si girò verso di loro, infastidito dall’ultimo commento. La situazione non poteva rivelarsi peggiore: era stato bruscamente rifiutato, Gabby Lawrence gli stava attaccata pronta a riscuotere, era costretto a stare a guardare mentre un altro ragazzo ballava con la sua Sissi, e veniva pure insultato.

Si era immaginato una serata diversa. Distolse lo sguardo dalla coppia; quel tipo, Zander, si era comportato sorprendentemente bene. Invece di mentire e approfittarsi della situazione, aveva raccontato i fatti per com’erano andati, senza gettare ulteriore fango su Damon.

Il vampiro si complimentò con se stesso per non aver perso la pazienza durante tutta la festa. La tentazione di picchiare a sangue Zander lo avevo stuzzicato parecchio ma si era trattenuto perché Bonnie non avrebbe apprezzato. Ora almeno i suoi sforzi erano stati ripagati; quasi, quasi passava anche per il bravo ragazzo.

Ma che bravo ragazzo! Si disse sarcastico. Aveva goduto quando Zander era finito lungo e disteso per terra per colpa della spinta. Ma dopotutto, lo stava aiutando con Bonnie, per cui decise di non accanirsi.

Damon aveva capito non di essere desiderato. La streghetta era stata fin troppo chiara. Forse avrebbe fatto meglio a lasciarla in pace e sparire veramente. Ma come poteva rinunciare a lei senza nemmeno tentare un’altra volta?

Aveva compiuto un bel passo avanti confessandole il suo amore, pregandola di tornare insieme. L’aveva guardata e protetta da lontano per mesi; con quella rivelazione l’aveva decisamente stupita, o innervosita ancora di più. Aveva comunque provocato una reazione.

Rimaneva ancora un ultimo step.

Congedò Gabby e abbandonò la festa. Si appostò vicino alla confraternita di Bonnie e l’aspettò.

Passarono altre due ore prima che la rossa ritornasse insieme a Zander. Si salutarono come due amici, senza imbarazzo, senza baci equivoci e Damon ne fu sollevato. Appena il ragazzo sparì dalla vista, il vampiro uscì allo scoperto. Lei lo fulminò “Che vuoi ancora?”.

“Mi sono accorto di non averti detto una cosa”.

“Damon sono stanca e stufa. Voglio solo andare a dormire. E probabilmente ti aspetti solo le mie scuse per averti trattato in quel modo … so che hai ascoltato la conversazione” fece per muoversi verso la porta.

“In realtà sono qui per quello che mi hai detto tu” specificò “Sei davvero diventata più forte” constatò “E ne sono felice. Ma io non sono così, non so come si fa a vivere senza di te. Ci ho provato ed è stato uno schifo. Non hai motivo di credermi ma sono tornato perché non riuscivo più a starti lontano, perché so che adesso non ti farei mai più soffrire. Voglio renderti felice. Credo di essere diventato dipendente da te, Sissi, e ho decisamente bisogno di te”.

Bonnie lo guardava con occhi indecifrabili, appoggiata alla porta.

“Sai che sono testardo: non ti lascerò in pace tanto facilmente” e piegò le labbra all’insù “Ho tutta l’eternità per aspettarti”.

In un batter d’occhio scomparve. Solo in quel momento Bonnie si accorse che la sua bocca era aperta in un sorriso.

 

“If I’ve been on your mind,
You hang on every word I say,
Lose yourself in time,
At the mention of my name,
Will I ever know how it feels to hold you close,
And have you tell me whichever road I choose, you’ll go?”.

 

“Ti rendi conto che razza di faccia tosta!” inveì Bonnie portandosi il telefono più vicino all’orecchio “Deve sempre fare queste uscite d’effetto, come se pensasse di stupirmi”.

“Beh un po’ ti deve aver stupita; è da venti minuti che me ne parli” considerò Meredith dall’altra parte della cornetta.

“No, no invece!” negò categoricamente “Sono allibita, non stupita! Dice che ha bisogno di me; perché non ci ha pensato un anno fa?!”.

“Perché è Damon Salvatore alias il cazzone per professione”.

“Non è una giustificazione” replicò l’altra “Per di più non riesco a capirlo. È una contraddizione unica. Sono due giorni che non si fa vedere e ho paura a pensare alla prossima volta che comparirà”.

“Caroline che dice?”.

“E’ partita questa mattina con Matt. Sono rimasta qui al campus da sola”.

“Perché non torni al Pensionato?”.

“Perché qui almeno ci sono ancora delle mie compagne; il Pensionato è vuoto. Poi voglio aspettare che escano i risultati”.

“Bonnie” la richiamò Meredith “La tua voce si è alzata”.

“In che senso?”.

“Nel senso che è più acuta” notò la mora “Stai mentendo. Tu rimani al campus perché c’è Damon”.

La giovane strega smise di sistemare la sua scrivania e meditò sulle parole dell’amica. Che il suo subconscio le stesse suggerendo qualcosa? Era davvero restata al college per quel motivo senza nemmeno esserne consapevole?

“Tu e Caroline dovreste fare le psicologhe; dico sul serio” commentò “Perché non mi stai sgridando?”.

“Dovrei?”.

“Secondo il tuo ragionamento, sto per ricascare nella reta di Damon e tu dovresti sconsigliarmelo caldamente”.

“Sei maggiorenne, puoi fare quelli che vuoi” rispose Meredith “E se proprio devo dirla tutta, sono contenta che Damon sia tornato. Sarà pure irresponsabile e immaturo ma ti tiene anche al sicuro ed è stato il primo a capire quanto sei speciale. Fa fatica a dimostrartelo ma non credo che nessuno riuscirà ad amarti quanto lui”.

“Ti ha corrotto in qualche modo? Ti ricatta?” insinuò dato che stentava a credere alle sue orecchie.

“Santo Cielo, no! Sono la fidanzata di Alaric, vedo le cose anche dal suo punto di vista. Un po’ lo capisco”.

“Alaric!” ripeté Bonnie “Ho un paio di cose da dire anche a lui” sbottò infastidita.

“Posso essere brutalmente sincera?” chiese Meredith “Penso che Damon abbia imparato molte più cose in quest’ultimo anno che in cinque secoli; e penso che faresti un grosso errore se lo escludessi dalla tua vita”.

“Gli ho dato una possibilità: gli ho permesso di venire alla festa e mi ha rovinato la serata” s’imbronciò la rossa.

“In realtà te la sei rovinata da sola. Lui si è comportato bene, sei stata tu a farti trascinare dai pregiudizi” le ricordò.

“Visti i precedenti …”.

“Certo che è triste se ci rifletti bene” la interruppe Meredith “Una volta non ti sarebbe nemmeno venuto in mente di incolparlo così, ti fidavi ciecamente; avresti creduto solo alle sue parole”.

Improvvisamente Bonnie s’infervorò “Hai ragione, Mere! E’ riuscito a rovinare la cosa più bella del nostro rapporto. Io non sono il tipo da saltare alle conclusioni così! Dimmi dove si nasconde!” ordinò.

“Come?”.

“Non fare la finta tonta Meredith Sulez” le intimò “So che Alaric ti racconta tutto. Dove diamine si è nascosto?”.

Meredith sbuffò divertita. Teoricamente era un segreto ma non aveva nessun problema a rivelarlo se fosse servito a farli riavvicinare.

“Nell’appartamento di Stefan. Non c’è bisogno dell’invito per entrarci; gli è bastato scassinare la porta …”.

La linea s’interruppe ancor prima che riuscisse a finire la frase.

Bonnie marciò come una furia verso la fermata dell’autobus. Doveva togliersi quel peso, doveva affrontarlo. Perché in fondo non era completamente colpa sua.

Non era una ragazza particolarmente aggressiva, men che meno violenta, eppure si accanì contro la porta dell’appartamento picchiando il pugno con insistenza.

Quando Damon aprì, venne malamente spintonato indietro mentre Bonnie si faceva spazio per entrare.

Girò in tondo per il salotto che ormai conosceva molto bene. Ci mise un po’ per trovare le parole giuste; si era preparata durante il tragitto ma ora si era dimenticata tutto. L’idea era di cominciare con calma, non perdere la pazienza. Il piano fallì in pieno e Bonnie proruppe come un fiume in piena.

“Sono oltremodo arrabbiata con te. So perfettamente cosa è successo, Zander mi ha spiegato tutto. Tu non hai fatto niente di male ma io ti ho accusato lo stesso” riassunse quasi sentisse il bisogno di tirare le fila “Sai perché? Perché mi hai abituata ad aspettarmi sempre il peggio da te. Io ero quello che vedeva solo il tuo lato buono e adesso vedo solo quello brutto e lo odio! Quindi è tutta colpa tua se ti sono saltata in testa e non pretendere le mie scuse”.

Damon si limitò a pronunciare uno stupido “Non le pretendo”.

“Bene, perché non le avrai” ribadì Bonnie “Fa’ qualcosa, Damon, risolvi la situazione perché non voglio più sbagliarmi su di te” dopodiché alzò il naso con fare stizzito, come se volesse ricomporre un po’ di contegno, e si avviò fuori dall’appartamento. Era stata chiara e diretta, era soddisfatta.

Damon fissò per qualche secondo la porta ancora aperta dietro cui era sparita la ragazza. Scoppiò a ridere: quella era una delle scene più comiche cui avesse mai assistito. Tra la miriade di parole sparate a raffica e la gesticolazione accentuata per dare forza, era riuscito a distinguere un filo logico.

Bonnie non voleva cedere terreno, non voleva  chiedere apertamente scusa. Aveva cercato di scaricare la colpa delle sue azioni su di lui e nella confusione aveva praticamente affermato il contrario di quello che avrebbe desiderato.

In un modo contorto e tutto suo, aveva giustificato il suo comportamento.

Scuse accettate. Pensò Damon, buttandosi sul letto.

Le cose cominciavano infine ad andare al loro posto, ma la situazione aveva bisogno di una spintarella.

Bonnie aveva ragione: era colpa del vampiro se la fiducia in lui era venuta meno; e sarebbe stato compito suo rimediare.

Rotolò su un fianco e i suoi occhi si posarono sull’immagine di Elena incorniciata sul tavolino.

Non era per niente pentito della sua scelta. Dopo più di anno riconosceva senza problemi che quella per Elena era stata un’ossessione, una vendetta scambiata forzatamente per amore.

L’amore tende ad elevare l’anima di una persona; loro due si sarebbero trascinati a vicenda verso il fondo.

La prima volta che l’aveva vista, aveva pensato che aveva tutte le caratteristiche per diventare la perfetta compagna, la perfetta principessa delle tenebre.

Già dal soprannome avrebbe dovuto capire che non si sarebbe risolto in nulla di buono.

Per quanto potesse risultare banale, Bonnie era la sua unica e ultima possibilità di raggiungere la luce, una ventata di allegria e innocenza, stati sconosciuti a Damon fino a qualche mese prima.

Doveva assolutamente riprendersela. Doveva convincerla a lasciare andare il passato. Lei era sua. Era stata creata per liberarlo dalla trappola che il vampiro stesso si era costruito. Ora bisognava solo farglielo capire.

 

“I don’t know why I’m scared,
I’ve been here before,
Every feeling, every word,
I’ve imagined it all,
You’ll never know if you never try,
To forgive your past and simply be mine”.

 

La sua mamma era la più bella di tutte.

Ogni bambina lo pensava, ma Bonnie sapeva di aver ragione: la sua mamma batteva le altre.

Molleggiò sul letto e continuò ad osserva Monica che stava finendo di prepararsi per una cena con suo marito.

Indossava un bell’abito turchese, lungo fino alle caviglie, sbracciato, dalla figura morbida. Molto adatto alla corporatura della donna e che si abbinava perfettamente con il capelli color mogano che ricadevano in riccioli.

“Non hai freddo?” chiese Bonnie con una vocina sottile.

“Metterò un cappotto, tesoro” le rispose la madre indicando il soprabito appoggiato sulla poltrona.

“Dove andate tu e papà?” continuò.

“E’ una sorpresa” spiegò Monica “E’ un’idea di tuo padre”.

“Da grande voglio farlo anche io!” esclamò la piccola saltando giù dal letto per attaccarsi alla gonna della madre “Voglio un vestito così e una grossissima sorpresa” sognò.

“Ti servirà anche qualcuno che ti faccia la sorpresa” appuntò Monica.

“Me la potete fare tu e papà, vero?”.

Monica sorrise. Si piegò e prese in braccio la figlia “Certo che te la possiamo fare io e papà” le assicurò “Ma non preferiresti essere sorpresa da un ragazzo?”.

“Un principe azzurro?”.

“Beh … tipo” disse la donna “Ma non quello della ‘Bella addormentata nel bosco’. Non ti fidare degli uomini che dicono di averti incontrata in un sogno”.

“Lo so, mamma, non devo parlare con gli sconosciuti”.

“Brava bambina” si complimentò dandole un bacio sulla fronte. La adagiò nuovamente sul letto.

“Mamma” la richiamò “Ma se non posso fidarmi del principe azzurro, di chi mi fido?”. Aveva solo cinque anni ma non era certo stupida.

“Di un uomo che ti vuole bene. E tu devi voler bene a lui, ovviamente”.

“E come faccio a saperlo. Sono cose che si chiedono?”.

“Sono cose che si sentono”.

“Tu lo senti?”.

“Vediamo cosa ha combinato tuo padre per stasera” scherzò.

Bonnie rimase in silenzio a rimuginare su quelle nuove informazioni; poi ne venne fuori con una conclusione “Mamma”.

“Dimmi, tesoro”.

“Preferisco che la sorpresa me la fate tu e papà. È un problema?” azzardò stringendo il lembo del suo pigiamino.

Monica l’abbracciò forte “Assolutamente no” la confortò “Vuoi dormire nel lettone finché non torniamo?”.

 

Bonnie strinse il suo cuscino. Si morse il labbro. Un paio di lacrime erano già scese ma non voleva scoppiare in singhiozzi. Non piangeva da quando Damon era partito, perché doveva ricominciare ora?

Erano molti anni che non ripensava più alla sua mamma. All’inizio, quando la perdita bruciava come una ferita aperta, Bonnie aveva avuto serie difficoltà ad elaborare il lutto; lentamente si era ripresa. Aveva capito che concentrare l’attenzione su altro era l’unica maniera per superare il dolore. Ad un certo punto aveva funzionato.

Crescere senza genitori era diventato normale per lei. In un modo o nell’altro aveva imparato a vivere senza e ad accettarlo. Questo non significava che in alcuni momenti non li avrebbe voluti vicini. Spesso ne aveva sentito non solo la mancanza, ma anche il bisogno.

Zach era un fratello e non un padre. Le sue amiche e sua nonna erano sì figure femminili su cui poteva contare, ma non avrebbero mai sostituito sua madre.

Il destino era stata beffardo con lei: le aveva concesso la possibilità di avere due madri e gliele aveva tolte entrambe.

Alzò gli occhi sulla finestra e guardò fuori: era ancora notte fonda. Dopo quel sogno-ricordo, dopo quei pensieri tristi, non sarebbe più riuscita ad addormentarsi.

Chissà che altri brutti scherzi le avrebbe tirato la sua mente. Forse le avrebbe riproposto lo sterminio della sua famiglia; non ci teneva a riviverlo, le era bastata una volta.

Bonnie.

Quella voce le arrivò soffusa e dolce e quasi la cullò fino al sonno.

Posso entrare?

In condizioni normali lo avrebbe mandato a quel paese, ma in quel momento … aveva bisogno di lui e non lo voleva negare.

“Sì” sussurrò e agitò lievemente la mano sotto le coperte. La finestra si spalancò; dopo pochi attimi un corvo volò nella stanza.

Damon riprese la sua forma umana. Osservò Bonnie, rannicchiata nel suo lenzuolo, con gli occhi lucidi.

“Stai bene?” le chiese.

“No” rispose semplicemente lei e si spostò per fargli spazio.

Damon le si stese accanto ma non l’abbracciò, non mosse un muscolo. Non era ancora sicuro delle intenzioni della rossa e preferiva non irritarla.

Bonnie nascose il viso sul suo petto. Non aveva voglia di stupidi giochetti o d’inutili prese di posizioni per quella sera. Le serviva qualcuno che la stringesse, qualcuno che le facesse passare la paura dell’abbandono.

“Non voglio più perdere nessuno” gli confessò chiudendo gli occhi.

“Ci sono io, Sissi” le mormorò “Te l’ho già detto che non sei sola”.

La ragazza annuì “Puoi assicurarti che non faccia altri brutti sogni”.

Damon annuì “Non ti spaventeranno più”.

“Non sono spaventata, sono triste” obiettò lei “Sono stufa di essere triste”.

“Se ti promettessi che non lo sarai mai più, tu mi crederesti?”.

“Posso risponderti domani mattina?” bisbigliò Bonnie mentre lentamente scivolava nel sonno.

“Dormi, Sissi” e continuò ad accarezzarle i capelli fino a che non sprofondò anche lui nell’incoscienza.

La mattina dopo il sole entrava prepotentemente nella stanza abbagliando i due poveri addormentati. Bonnie si raggomitolò contro il torace del vampiro, nel vano tentativo di scappare dalla luce. Strofinò il naso contro la sua maglietta e trovò per poco un po’ di pace.

Qualcuno la stava cullando, il che era davvero piacevole. Nonostante il caldo estivo, sarebbe rimasta per sempre in quella posizione. C’era un qualcosa di sicuro in quel calore, di protettivo in quell’abbraccio. Perché mai avrebbe dovuto abbandonare un posto dove si stava così bene?

Stava sperimentando un tipo di tranquillità che non riusciva più a provare da molti mesi e che le era mancata. Ne ricordava il tocco, la sensazione ma, per quanto si fosse sforzata, non le era stato possibile ricrearla. Almeno fino a quel momento.

Lentamente si rese conto che qualcun altro stava occupando il suo letto.

“Damon?” chiamò, confusa.

Il vampiro mugugnò qualcosa e aumentò la stretta.

“Sei rimasto” constatò lei aprendo gli occhi per ulteriore conferma.

“Non sapevo cosa fare” ammise Damon “Avevo paura di farti arrabbiare in entrambi i casi: credevo che mi avresti bruciato il sedere se me ne fossi andato; poi ho pensato che me l’avresti bruciato se fossi rimasto. Dato che la prospettiva era sempre un po’ di pelle abbrustolita, ho preferito approfittarmene un po’. Ti dispiace?” tentennò.

“Ti avrei bruciato anche gli occhi se mi avessi lasciato sola, di nuovo” lo minacciò Bonnie “Ma ora te ne devi andare”.

Damon alzò leggermente la testa e la guardò stranito. Perché i ragionamenti di quella ragazza dovevano per forza procedere per contraddizioni?

“Mi stai cacciando dal tuo letto, sul serio?”. Non gli era mai capitato prima.

“Devo cambiarmi, devo uscire. Oggi escono i risultati dei miei ultimi esami” spiegò Bonnie scostando il lenzuolo che li copriva.

“Beh… se vuoi cambiarti ora, non mi offenderò di certo” ghignò lui mettendo le mani dietro alla nuca.

“Damon …” lo avvisò.

“Va bene, va bene” cedette infine. Abbandonò il letto e si diresse alla finestra “Se hai bisogno … io sono qui in giro” disse prima di volare via.

La rossa andò a chiudere le tende della finestra. Probabilmente l’aveva spiata per tutti quei mesi, ora che ne era al corrente voleva mantenere un minimo di privacy.

Dopo essersi lavata e vestita, incontrò alcune sue compagne in cucina per la colazione; insieme si diressero verso l’aula magna per controllare la bacheca degli esami.

Rimase esterrefatta davanti agli esiti. Controllò più volte che nome, numero di matricola e voto fossero sulla stessa linea e che non se li stesse confondendo con quelli sotto o sopra.

Aveva preso il massimo in due esami; il terzo era comunque un buon risultato, di certo superiore alla media che aveva ottenuto in quell’anno.

Non avrebbe mai pensato di poter andare così bene; tra Damon, la preparazione della festa, si sarebbe anche accontentata di passarli e basta.

Forse la sua rabbia e il nervoso si erano trasformati in una forte determinazione; forse, per l’ennesima volta, aveva voluto dimostrare di potercela fare da sola. E ci era riuscita, senza combinare casino. Decisamente un passo avanti.

Le sue amiche rimasero a scambiarsi i complimenti, lei preferì tornare alla confraternita. Voleva cominciare a radunare un po’ delle sue cose per fare le valigie; non c’era motivo di trattenersi oltre al campus.

“I complimenti sono dovuti, credo” si congratulò una voce alle sue spalle.

Bonnie sventolò la mano in segno di ringraziamento ma continuò a camminare.

“Non sei rimasta a festeggiare con le tue amiche” notò Damon affiancandola.

“Questo fine settimana parto. Devo sistemare le mie cose”.

“Torniamo al Pensionato?”.

Io torno al Pensionato” precisò la ragazza.

“Peccato, cominciava a piacermi qui” osservò Damon, come se non l’avesse nemmeno ascoltata “Dobbiamo rendere gli ultimi giorni indimenticabili”.

“N- non …” provò ad obiettare Bonnie.

“Mi dispiace, scricciolo. Oggi decido io!” la interruppe il vampiro “Ti porto fuori a cena” le propose.

“Cosa? NO!”.

“Dobbiamo festeggiare i tuoi esami. Hai preso degli ottimi voti; chissà quando ti ricapita” la prese in giro.

“Neanche per sogno” s’imputò Bonnie affrettando il passo.

“Ma dai, Sissi” insistette Damon “Sappiamo come divertirci insieme. Ricordi la nostra piccola gita a Greensboro?”.

“Intendi quella in cui per poco ci rimango secca per colpa di quei vampiri che ti odiavano? Vago e pessimo ricordo”.

“Dopo ci siamo divertiti, però” premette il vampiro “Tu ti sei divertita. Avrei dovuto fare un filmato di quello striptease …”.

“Non era uno striptease!” lo corresse indignata.

“Allora te lo ricordi!”.

Bonnie si fermò esasperata e sospirò rumorosamente “Se accetto il tuo invito, poi mi lascerai in pace?”.

 

“I know it ain’t easy giving up your heart,
I know it ain’t easy giving up your heart.
Nobody’s perfect.
Trust me I’ve learned it.
Nobody’s perfect.
Trust me I’ve learned it.
Nobody’s perfect”.

 

Si sentiva come un ragazzino al suo primo appuntamento. No, si sentiva come un ragazzino sfigato ad un appuntamento con la bella della scuola, il che era anche peggio.

Per mesi aveva sognato di avere quell’opportunità; l’aveva ottenuta e se la stava facendo addosso. Secoli di esperienza non servivano a nulla in quella particolare circostanza. Bonnie lo conosceva troppo bene, conosceva i suoi trucchetti, le sue bugie, le sue maschere. La sua straordinaria abilità di seduttore non lo avrebbe aiutato a riconquistarla, le sue battute ambigue l’avrebbero solo fatta arrabbiare.

Camminava davvero sul filo di un burrone. Un passo falso e ogni sua speranza si sarebbe frantumata al suolo, irrimediabilmente e per sempre.

Quella sera, però, nonostante l’agitazione, si sentiva piuttosto ottimista. Le sue intenzioni era state chiare fin dal principio: la rivoleva tutta per sé senza riserve, senza compromessi; soprattutto era ben deciso a non fermarsi finché non avesse raggiunto il suo intento e Bonnie lo sapeva bene.

C’era solo un modo per allontanarlo: ipnotizzarlo a dimenticarla; lei aveva quel Potere ma non lo aveva mai usato. Damon ne era sollevato.

Parcheggiò la macchina vicino alla confraternita e uscì con un nuovo spirito. Era vicino al traguardo, ce la poteva fare.

Le sue certezze iniziarono a traballare quando scorse la piccola figura della ragazza accovacciata sugli scalini della grande villa, vestita in tenuta da casa: calzoncini da ginnastica, magliettina bianca e anonima, i capelli legati in una coda un po’ sfatta.

Era bellissima comunque, ma trovarla così dismessa gli trasmise una certa inquietudine.

Lei sollevò la testa e lo salutò con la mano. Damon non si avvicinò neppure.

“Stai bene?” le chiese. Magari era malata.

“Sì” confermò la rossa “Stasera però preferisco non uscire”.

“Hai cambiato idea” intese Damon. Le diede le spalle, deciso ad andarsene, mortificato da quel rifiuto improvviso e inaspettato.

“No!” esclamò Bonnie con forza. Si lanciò giù dai gradini e lo bloccò prendendolo per una mano. Il vampiro si girò stupito.

“Seguimi” lo incitò la strega guidandolo verso il giardino “Dobbiamo parlare di tante cose; non avevo voglia di aver gente intorno. Ho pensato che qui saremmo stati più tranquilli” spiegò indicando il parco che circondava la confraternita.

I timori di Damon si calmarono in un istante.

Continuarono a camminare per allontanarsi il più possibile dalla villa e da occhi indiscreti. Damon osservò quasi incantato le loro mani che ancora si stringevano: era il primo contatto che condividevano da quando lui era tornato.

“Non hai fame?” le chiese; era ora di cena.

“Ho già mangiato” rispose tranquillamente lei “Qui può andare bene” e si sedette sul prato.

“E’ un gran bella villa” constatò Damon “Sei fortuna a vivere qui”.

“Mi ricorda un po’ il Pensionato” disse Bonnie “Non ci credevo quando mi hanno chiesto di far parte della confraternita. Hanno accettato prima me, sai? Prima di Caroline ed Elena” raccontò con un moto di orgoglio “Le cose hanno cominciato ad andare a posto da quel momento”.

“Ti hanno scelta per prima”.

“Già”.

Quello che non hai fatto tu, pirla. S’insultò da solo.

“Perché ci hai messo così tanto?” domandò Bonnie a bruciapelo “Hai detto che sono mesi che mi tieni d’occhio; perché non sei venuto subito da me?”.

“La prima volta che sono tornato, volevo solo controllare che andasse tutto bene. Dovevo partire la mattina dopo ma non ci sono riuscito, non potevo staccarmi. Non sono venuto subito da te perché non ne ho avuto il coraggio”.

“E poi, cos’è cambiato?”.

“Quante volte ti ho deluso, ferito o umiliato? Non sono proprio il ragazzo modello; ne ho fatte di cazzate, per me è normale. Un anno fa ti ho lasciato perché pensavo di proteggerti. Ero davvero convinto di fare la giusta, di fare il tuo bene. Dovevo sistemare delle cose nella mia vita, non volevo sconvolgerti ancora. Non potevo tornare e sparire un’altra volta”.

“Damon, perché sei qui?”.

“Lo sai perché”.

“Voglio sentirtelo dire lo stesso”.

“Ti amo”.

“Ed era così difficile da accettare anche prima?”.

“No, ma …” aveva un’idea ben precisa in testa “Nella mia vita ho conosciuto solo l’ossessione. Katherine ed Elena sono state amori a metà, non erano veramente mie. Non mi sono mai impegnato a cambiare la mia situazione perché pensavo di meritarmelo. L’ho accettato. Mi sono accontentato. Non pretendevo di più perché non credevo di esserne degno. Ci ho messo un po’ a capire che potevo finalmente cercare l’amore che volevo. Tu sei l’amore che voglio”.

“Non so se è un buon punto di partenza” ragionò Bonnie “Ci hai impiegato un anno per accorgertene e durante questo anno mi sei stato lontano. E se fosse solo un capriccio, Damon? Se ti stufassi ancora? Non ero un motivo sufficiente per convincenti a restare, non ero abbastanza. Magari non lo sono ancora”.

“Eri troppo” la corresse lui “Eri travolgente e … sì, lo ammetto: non sapevo come gestirti. Non ero adatto a te, alla tua sensibilità …”.

“Ora lo sei?” lo incalzò la strega.

“Probabilmente no” ghignò Damon “Ma sinceramente non me ne frega più niente.

Mi vuoi? Per me conta solo quello”.

“Te ne sei andato perché pensavi di non essere quello giusto e ritorni con la stessa idea? Che c’è di diverso?”.

“Non sono quello adatto, Bonnie, ma so per certo di essere quello giusto. Tra noi due è sempre stato così … giusto, ricordi? Non ho molte giustificazioni, anzi non ne ho nessuna. Vuoi sapere che cosa c’è di diverso? Ho imparato a non rovinare ciò che c’è di bello nella mia vita”.

Bonnie distolse lo sguardo ma annuì. Iniziava a vedere chiaro in quel discorso “Hai finalmente capito che c’è un lieto fine anche per te” asserì.

“Me ne sono reso conto da poco. Mi dispiace di averci messo così tanto”.

“E Gabby?” saltò su la ragazza.

“Gabby?”.

“Sì, Gabby!” ripeté indispettita “Era la tua accompagnatrice alla festa, ha vinto un appuntamento con te …”.

“Santo Cielo, streghetta, frena la fantasia” la interruppe “Volevo venire alla festa e vedere te, per quello ho accettato il suo invito. Non c’è mai stato nessun appuntamento; l’ho soggiogata perché se ne dimenticasse. Non provo alcun interesse verso di lei e non posso credere che tu stia facendo una scenata di gelosia” concluse ridacchiando.

“Non hai nemmeno bevuto il suo sangue?” premette sospettosa.

“Sono un vampiro, ho bisogno di sangue fresco. Quindi sì, in questi mesi mi sono nutrito di alcune ragazze, senza spingermi oltre. Sono ancora tutte in vita comunque. Ma no, non ho usato Gabby neanche per sangue. E se te lo stai chiedendo, tu sei l’ultima che ho toccato in quel senso”.

Bonnie si stese sull’erba e fissò il cielo in silenzio. La sua testa era in una gran confusione. Gli voleva parlare di molte cose, c’erano dei punti oscuri che dovevano essere chiariti; improvvisamente tutto era passato in secondo piano. Da quanto Damon era ricomparso, lei era stata piuttosto brava a tenere a bada i suoi sentimenti. Le era mancato, ma non aveva sentito il bisogno impellente di buttarsi tra le sue braccia. Qualcosa nella sua fermezza, ora, cominciava ad incrinarsi.

“Cosa hai sognato ieri notte?” le domandò il vampiro “Un altro incubo?”.

“Non hai frugato nella mia testa per controllare?” replicò Bonnie forse un po’ troppo acidamente.

“Non mi sembrava carino” considerò Damon “So che era qualcosa di brutto. Tremavi quando ti ho visto”.

“Era bello, invece” precisò lei “Ho sognato mia mamma, Monica. Non mi capitava da tanto tempo e mi hai lasciata un po’ scossa”.

“Mi hai detto di non voler più perdere nessuno” le ripeté “Includi anche me nella lista?” aggiunse con un mezzo sorriso.

“Non ti ho mai voluto perdere” ribatté la rossa “La prima volta è stato mio fratello a mandarmi via e la seconda te ne sei andato. Tra noi due, sei tu la mina vagante” gli fece notare. Allungò una mano fino a sfiorargli un ciuffo e glielo spostò delicatamente dagli occhi. Damon sussultò sorpreso dal gesto.

“C’è qualcosa di nuovo in te” sostenne Bonnie “Mi ostino ad ignorarlo ma è qui davanti a me. Credi davvero in tutto quello che mi hai detto e mi hai quasi convinto però … come faccio a sapere che non scoppierai di nuovo?” lasciò cadere la mano lungo il suo fianco e ritornò a guardare il cielo.

“Suppongo che mi dovrai concedere un po’ di fiducia; le cose si sistemeranno con il tempo. So che non è molto” abbassò il capo quasi a scusarsi “Te lo ripeto: non sarei mai tornato se non fossi stato sicuro che questo è il mio posto. Solo qui posso trovare la mia pace, la mia felicità”.

Bonnie si sarebbe aspettata che almeno una piccola parte del suo corpo le urlasse di mollarlo lì, di tagliarlo fuori dalla sua vita per sempre; invece ogni singola fibra era concentrata su un grandissimo ‘sì’. Adesso c’era solo da trovare il coraggio di pronunciarlo.

“Penso che prima tu debba sapere a cosa vai incontro, però” puntualizzò Damon.

“Che altro c’è?” chiese Bonnie preoccupata.

“Ricordi l’ultima notte che abbiamo passato insieme prima che tu scappassi per consegnarti a Klaus?” nel suo tono persisteva ancora una traccia evidente di rimprovero “Ti avevo proposto di scambiare il sangue. Nemmeno io so cosa ci sia dentro di me; sto cercando di capirlo, a fatica, ma non potrei dare una risposta certa. Probabilmente ci sono parti di me che non ti piacerebbero. Vorrei che le vedessi con i tuoi occhi”.

“Devo bere il tuo sangue?” domandò Bonnie un po’ incerta.

“Non ora” la tranquillizzò Damon “E’ qualcosa su cui devi riflettere bene. Sono sempre io, Sissi, sono sempre un gran casinista. Non ti biasimerei se rifiutassi di affrontare tutto il marcio che c’è in me”.

“Adesso” decise lei “Voglio farlo adesso. Hai ragione: dobbiamo partire con il piede giusto questa volta; niente segreti, totale sincerità”.

Magari riuscirò anche a dimostrarti che non c’è niente che non va in te. Pensò.

Damon acconsentì. La prese per la vita e se la portò sulle ginocchia “Ti devo avvisare che sarà una cosa molto intima: avrai libero accesso alla mia mente e io alla tua e … beh, ci sarà del contatto fisico. Se non vuoi …”.

“Non m’importa” protestò Bonnie. In realtà, l’idea di condividere un momento molto intimo con lui non la disturbava affatto.

I canini di Damon si allungarono e andarono a tagliare la pelle del suo polso.

“Piccoli sorsi, okay? Non t’ingozzare” scherzò.

La ragazza si portò lentamente la ferita alla bocca; dopo averla osservata con un’espressione poco convita, premette le labbra sul sangue.

Non era il suo sapore preferito ma c’era di peggio al mondo. Deglutì con delicatezza, quasi per paura di fargli male. Passato qualche secondo, iniziò ad imbronciarsi: non sentiva praticamente nulla, nessun piacere, nessun tipo di connessione.

I sensi del vampiro erano, al contrario, completamente all’erta. Si trattava di un appagamento che non poteva essere percepito da un umano, non senza un aiuto. Damon le accarezzò i capelli fino a spostarglieli di lato, scoprendo la pelle del collo. La vezzeggiò prima con la punta del naso poi con dei lievi baci, infine la morse, mentre le sue braccia la intrappolavano contro al suo corpo.

Una scarica di brividi fece tremare la piccola rossa. Era giunto anche per lei il momento di provare qualcosa. Si dimenticò di tutta la premura che aveva usato qualche momento prima e si avventò sul taglio aperto, colta da un’improvvisa assuefazione. Ne voleva di più, molto di più.

I suoni di apprezzamento che percorrevano la gola di Damon non facevano altro che mandarla ancor più su di giri.

Di colpo venne investita da una luce bianca, fortissima. Chiuse gli occhi s’istinto. Quando li riaprì, si trovò sola. Era finita in un luogo che non riusciva a riconoscere. Per un attimo il panico s’impossessò di lei.

Poi una voce alle sue spalle parlò.

“Ti conosco?”.

Bonnie si girò trovandosi di fronte un bambino: pallido, occhi neri, capelli scuri. Le ricordava qualcuno. Ma chi?

I suoi polsi erano incatenati.

“Chi ti ha fatto questo?” si affannò inginocchiandosi davanti al piccolo.

Lui” rispose quello “Non vuole che me ne vada in giro”.

“Lui chi è?”.

“Tu chi sei?” le girò la domanda.

“Mi chiamo Bonnie”.

Il volto del bambino s’illuminò di un sorriso “Lui parla spesso di te, anche se non se ne rende conto. Lui è felice con te”.

Bonnie diventava ad ogni minuto sempre più confusa.

“Grazie per avergli dato una seconda possibilità” proseguì il bambino “Da quando ti conosce, l’atmosfera quaggiù è più allegra. Le catene si sono quasi rotte del tutto. Tra poco sarò libero di volare via”.

A quel punto Bonnie comprese. Gli prese il volto tra le dita “Damon?”.

“Mi chiamavano così una volta” confermò l’altro “Occupati di lui, va bene?” la pregò “Anche se non è facile, occupati di lui. Ti vuole bene”.

La rossa annuì con forza e si asciugò gli occhi “Lo farò”.

Avvertì qualcosa tirarla via da quel mondo praticamente inesplorato e venne riportata di colpo alla realtà. Si staccò bruscamente dal polso del vampiro.

Damon abbandonò la presa sul suo collo e si tirò indietro allarmato. Tolse le mani dai suoi fianchi per non turbarla.

“E’ così brutto?” sussurrò mortificato e intimorito da ciò che Bonnie poteva aver visto. Si era giocato con le sue mani l’ultima chance si riaverla?

La rossa portò l’attenzione su di lui “No” mormorò scuotendo la testa; posò le sue mani sulle guance del vampiro così come aveva fatto con il bambino “No” ripeté con voce un pelo più alta.

Le loro fronti si toccarono. Bonnie sorrideva mentre le sue mani scendevano ad accarezzargli le spalle.

Damon era impietrito. Credeva che si fosse trovata faccia a faccia con il suo lato malvagio e sadico, per questo non capiva il suo comportamento affettuoso e comprensivo. Lei invece aveva scoperto la sua parte più ingenua e innocente, la parte che racchiudeva i suoi buoni sentimenti e la sua purezza. Non aveva bisogno di ulteriori prove sulla sua sincerità.

“Mi sei mancato” disse spingendosi verso di lui con tutto il corpo. Il bacio che seguì fu dei uno più naturali e agognati che avessero mai condiviso.

Si strinsero talmente tanto da farsi male ma non vi badarono. Bonnie strisciò sul suo torace, premendo sulle sue spalle e per poco non caddero sul prato.

“Ti amo” sospirò tra un bacio e l’altro Damon.

“Ripetilo” lo supplicò la strega.

“Ti amo”.

“Ancora”.

“Ti amo” questo venne accompagnato da un ansito di desiderio scosse entrambi. Si divisero, a malincuore, per evitare di mettere in scena un sexy show nel giardino della confraternita.

“Portami a casa, Damon” fu l’ultima richiesta di Bonnie.

 

Rientrarono al Pensionato la sera successiva. L’ambiente era buio e freddo, chiaramente disabitato da tempo. La ragazza non ci aveva messo più piede da quando era partita per il college.

“Qualcuno si è occupato di questo posto?” sbottò Damon posando a terra le valigie.

“Stefan è tornato qualche volta per dare una controllata”.

“Spero vivamente che funzioni l’acqua calda” e con un balzo raggiunse la scala.

Tipico di Damon: spariva per un anno e pretendeva che fosse tutto pronto e in ordine per il suo ritorno.

Bonnie lo seguì più lentamente trascinandosi dietro il suo borsone. Si fermò al primo piano davanti alla sua stanza.

Accese la luce e tirò le tende aprendo la finestra almeno per cambiare l’aria. Vedere la sua cameretta così dismessa e trascurata le provocò un moto di tristezza. I mobili erano leggermente impolverati e spogli. Erano rimasti solo i suoi giochi da bambina e alcuni vestiti che non aveva portato al campus.

Bisognava trovare una soluzione per gli anni seguenti. Non poteva lasciare che il Pensionato perdesse tutta la sua bellezza solo perché lei non aveva trovato il tempo di passare almeno un weekend nella villa. Quella era casa sua, dopotutto.

“Qual è il verdetto? La caldaia funziona ancora?” chiese avviandosi in camera di Damon. Si stese sul letto e osservò il vampiro controllare il rubinetto del suo enorme bagno.

“Sembra di sì” confermò lui “Il che mi fa venire in mente che sarebbe ora di una bella doccia; vuoi unirti?”.

“Potremmo lavarci …” suppose Bonnie “O potremmo usare questo” propose indicando il materasso su cui era stesa.

“Forse è più comodo” concordò Damon.

La rossa si tirò leggermente indietro e aprì le gambe per fargli spazio. Nel giro di un giorno le sue prospettive erano decisamente cambiate, in meglio. Qualcuno forse l’avrebbe considerata debole e sciocca per esserci ricascata così in fretta, ma Bonnie non sentiva di aver fatto la cosa sbagliata. Non c’era un momento giusto per cedere; avrebbe potuto impuntarsi, ottenendo l’unico risultato di allontanarlo. Avevano già perso un’infinità di tempo ed entrambi sapevano che sarebbero finiti di nuovo insieme; perché temporeggiare?

“Aspetta … aspetta” boccheggiò Damon interrompendo il loro bacio “C’è un’ultima cosa che ti devo dire riguardo sai … a quella questione sulla fiducia”.

“Damon, io …” provò ad interromperlo la strega senza successo.

“Sì, lo so, lo so! La metafora del bambino come simbolo dei miei sentimenti è molto poetica, ma non basta. Hai bisogno di una prova più concreta”.

Non le serviva nessuna conferma, invece. Bonnie lo aveva visto; aveva visto cosa c’era dentro di lui. Il piccolo Damon le aveva dato il suo cuore, senza esitazione, le aveva chiesto di prendersene cura. E sebbene si trattasse di un gesto bellissimo e nel contempo rischioso, lei aveva scelto di donargli il suo in cambio.

C’era altro da aggiungere?

“Ho pensato ad un patto di sangue” annunciò il vampiro. Fu come sganciare una bomba.

Bonnie saltò indietro e lo guardò sbalordita “Ma sei impazzito?” lo sgridò “Lo sai che succede se si rompe un patto di sangue?”.

“E’ proprio quello il punto!”.

“Io non ti voglio morto!” si oppose Bonnie “Devi rimanere con me perché lo vuoi e non per paura di morire”.

“Non ho paura di morire” specificò Damon “Ho paura di perdere te. Lo sto facendo per dimostrarti che sono sicuro delle mia scelta. Non voglio che tu stia sempre in ansia, non voglio darti insicurezze. Capiterà che litigheremo e capiterà che me ne andrò per sbollire la rabbia, non voglio che tu stia a tormentarti nel terrore che io non torni più indietro”.

“E’ una cosa vincolante. Non posso legarti a me in questo modo, non posso toglierti la possibilità di decidere della tua vita. Credo in quello che mi hai detto, credo nella tua sincerità. So che non mi abbandonerai ancora; ma anche se dovesse accadere, anche se ti dovessi innamorare di qualcun’altra, non potrei mai condannarti a rimanere con me per colpa di un patto”.

“Tornerò sempre da te, Bonnie, con o senza patto” affermò il vampiro “Non dubitare mai che i miei sentimenti possano essere influenzati da qualcosa che non sia il mio cuore. Non voglio ferirti mai più”.

“Mi basta questo” s’intestardì la giovane “Ho parlato con la tua parte più nascosta, so che non mi faresti del male di proposito”.

“Se mi credi, allora, fidati di me ancora una volta” la pregò “Non mi stai costringendo a fare niente; è una mia decisione. Ti appartengo e questa ne è la dimostrazione”.

Prese la mano di Bonnie e se la portò alla bocca; graffiò gentilmente la sua pelle in modo che uscisse qualche goccia di sangue. Poi ripeté la stessa operazione con la sua.

“Stringi la mia mano” le ordinò dolcemente. Intrecciarono le dita e il loro sangue si fuse pronto a compiere la magia.

“Damon” cercò di fermarlo un’ultima volta la ragazza.

“Non ti farò più soffrire, Sissi, e soprattutto non ti lascerò mai. Sono tuo e questa è una cosa che non cambierà mai”.

“Damon”.

“Lo giuro”. Ora non poteva più tirarsi indietro. Se mai avesse violato i termini, sarebbe morto ma il vampiro nemmeno la considerava come un’opzione. Era certo delle sue parole, delle sue intenzioni.

Fece per ritirare la mano ma Bonnie aumentò la presa e glielo impedì.

“Anche io sono tua” aggiunse “E mi riservo la clausola di rompere il patto qualora non ci siano più le condizioni per ritenerlo valido” sentenziò. Sciolse le loro mani e guardò il vampiro dritto negli occhi “Mi hai appena offerto la tua vita” gli disse “Questo patto non deve incombere su di noi come una condanna; preferirei vederlo come una promessa”.

“Io non rompo mai le mie promesse”.

“Lo so; ti credo” gli sorrise “Sappi comunque che per te c’è una via d’uscita; dobbiamo essere liberi di scegliere ogni giorno se rimanere insieme o no”.

“Sei la donna più testarda che io abbia mai conosciuto” sbuffò giocherellando con una ciocca dei suoi capelli infuocati “Mi lascerai mai fare qualcosa di carino per te senza ricambiare il favore?” chiese sarcastico.

Bonnie si morse un labbro “Avrei un paio d’idee in effetti”.

Damon sogghignò “Se implicano i nostri corpi nudi, sono a tua disposizione”.

Ritornarono a baciarsi, affamati e sognanti, desiderosi di sentirsi uniti dopo tanto tempo passati separati.

La maglia del vampiro fu il primo degli indumenti ad essere sacrificato, seguito subito dalla canotta di Bonnie.

Damon scese a lambirle il collo e la pelle attorno al reggiseno e ancora giù per tutto il suo ventre fino all’ombelico. La rossa stiracchiò le braccia sopra la testa e chiuse gli occhi. Le mani di lui le slacciarono il bottone dei pantaloni e toccarono la zip.

“Bonnie, sono a casa!” urlò una voce dal piano di sotto.

I due sul letto gelarono. Damon alzò malvolentieri la testa abbandonando il calore del corpo della sua streghetta e guardò incredulo la porta.

“Dimmi che era un’allucinazione” sperò.

“Temo di no”.

“Che cazzo ci fa qui?” sbraitò incredulo.

“Gli avevo detto che sarei tornata nel weekend. Forse non voleva lasciarmi a casa da sola” ipotizzò Bonnie.

“Non l’hai avvertito che c’ero anche io?”.

“No” confessò lei colpevole “Non volevo che tornasse prima del tempo e ti prendesse a calci”.

“Gran bel piano, Sissi” borbottò Damon “Sei riuscita a farlo tornare comunque prima del tempo”.

“Bonnie, ci sei?” la chiamò una seconda voce.

“O mio Dio, c’è pure la sua dolce metà” piagnucolò il vampiro “E’ una congiura?”.

“Dovremo scendere a salutarli” suggerì Bonnie.

“Oppure potresti lanciare un incantesimo su quella porta e sigillarla per tre giorni” fu l’alternativa più allentate di Damon.

“Non vedi tuo fratello da un anno” gli ricordò lei “Io e te abbiamo aspettato fino adesso; un paio d’ore in più non ci uccideranno. Hai detto che avevi un’eternità per aspettarmi”.

Damon allargò le braccia sconfitto e si lasciò cadere pesantemente sul materasso “Sapevo che prima o poi questa storia dell’immortalità mi si sarebbe rivoltata contro” si lamentò.

“Non essere così tragico” scherzò Bonnie “Un saluto veloce, al massimo una cena insieme. Poi possiamo spendere tutta la notte a parlare. Abbiamo parlato tanto in queste ultime settimana; mi piace come cosa” lo stuzzicò solleticandogli una spalla. Lo avrebbe mandato fuori di matto.

Damon sbiancò “Avrà mai un termine quest’astinenza?” soffiò esasperato.

Bonnie gli tirò un leggero schiaffo sul braccio e rotolò fino ad appoggiare la testa sul suo petto. Il vampiro la cullò dolcemente. Si ritrovò a sorridere come un ebete, felice e appagato. Completo e amato. Avrebbe lottato con le unghie e con i denti per difendere quella magnifica sensazione.

La streghetta poggiò il mento sul suo sterno e si soffermò sul suo profilo. Rimasero a lungo in quella posizione: gli sguardi incatenati e le dita intrecciate.

Finalmente erano a casa, insieme.

 

“I dare you to let me be  your one and only,
Promise I’m worth it,
To hold in your arms,
So come on and give me a chance
To prove I am the one who can walk that mile,
Until the end starts”.

 

Il mio spazio:

Ed eccoci alla fine.

Pensavo che sarei stata contenta una volta conclusa questa storia e invece mi ritrovo triste.

Il primo capitolo è stato pubblicato più di due anni fa e ammetto che non avrei mai immaginato di riuscire a completarla.

Sul mio profilo ci sono un paio di storie incomplete, sul mio computer ce ne sono molte altre. È assurdo che io sia riuscita ad arrivare fin qui.

Questa storia mi ha lasciato tanto e mi ha insegnato tanto. Non scrivo solo per piacere ma anche per sfogo e qui mi sono sfogata parecchio; mi fa davvero strano aver messo la parola fine.

Sono affezionata ad Ashes&Wine e ne sono anche orgogliosa. Mi sono resa conto di poter portare avanti un progetto lungo, cosa di cui non mi credevo capace fino a qualche tempo fa. Ero convinta di essere affetta da un inevitabile e cronico calo dell’ispirazione; ora sono più sicura.

E’ innegabile il contributo che mi avete dato anche tutte voi; il numero delle letture, dei preferiti, seguiti e ricordati e i vostri commenti mi hanno davvero aiutato ad impegnarmi; il merito è anche vostro.

Vi ringrazio di cuore. Il vostro supporto è stato toccante e prezioso.

Questa storia quindi si è conclusa con il lieto fine (dopo 42 capitoli mi sembrava il minimo); spero che siate soddisfatte dell’epilogo. Non ne avevo mai scritto uno e mi sono accorto che è veramente difficile elaborare un finale.

Ho volutamente sorvolato sulla questione “vampirismo”. Bonnie ha solo diciannove anni, è giovanissima. Lei e Damon avranno tutto il tempo del mondo per parlare di un’eventuale trasformazione.

A me Bonnie piace umana, perciò, per quanto mi riguarda, in futuro riuscirà a trovare un incantesimo che la mantenga giovane e bella per l’eternità. Ognuna di voi può scegliere la soluzione che preferisce. Questo punto è totalmente aperto.

Comunque non vi libererete di me: ci vediamo settimana prossima con il quinto capitolo di Crazy Little Thing Called Love!.

Ora i ringraziamenti speciali:

-      Bumbuni per aver creato il bellissimo banner che vedete all’inizio del capitolo.

-      meiousetsuna per avermi sempre incitato e supportato, per tutto l’incoraggiamento!

 

La canzone s’intitola “One and only” ed è di Adele.

 

 

Grazie ancora di cuore! Spero che sia stata una lettura piacevole per tutti.

Un bacio,

Fran;)

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