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Ciao a tutti, eccomi qui con una breve fanfiction su Saiyuki!!! La
storia sarà di quattro, massimo cinque capitoli. Fatemi sapere cosa ne
pensate!!
Lead
us to the light
- Capitolo 1 -
«Sono Sanzo e i suoi compagni!!! Presto,
impediamogli di scappare!!»
Gojyo sbuffò, afferrando la
Shakujo. «Cosa vi fa pensare che abbiamo voglia di scappare?»
«Già, siete voi che intralciate
il nostro cammino!!» aggiunse Goku, lanciandosi per primo contro i nemici. Il
rosso lo seguì subito, mentre Sanzo estraeva la pistola e freddava un demone
che si era avvicinato un po’ troppo per i suoi gusti. Hakkai saltò giù dalla
macchina e si mise a qualche metro di distanza dai suoi amici, per parargli le
spalle e avere tutto sotto controllo. Sembrava un combattimento come gli altri,
ma quella volta i nemici si dimostrarono meno prevedibili del solito: mentre il
grosso dei demoni era impegnato nello scontro, due di essi saltarono sulla Jeep
e ne trafissero la carrozzeria con delle lunghe spade. La macchina sobbalzò e
tornò immediatamente alla sua forma originaria di draghetto bianco, gemendo
sofferente a causa di una lunga ferita alla zampa destra.
«Hakuryù!!» gridò preoccupato
Hakkai, cercando di raggiungerlo; il draghetto, però, terrorizzato dai due
demoni che si avvicinavano minacciosamente a lui, spiccò il volo e fuggì nella
direzione opposta, ignorando i richiami del suo padrone.
«Dannazione, levatevi di mezzo
stupidi demoni!!» esclamò Gojyo esasperato, scrollandosi di dosso due nemici
che si erano attaccati a lui come sanguisughe. «Hakkai, dobbiamo recuperarlo!!»
«Lo so!!»
Pochi minuti dopo i demoni
giacevano finalmente ai loro piedi senza vita. I quattro iniziarono subito a
correre nella direzione in cui era scomparso il draghetto, sperando di trovarlo
lì vicino. Sfortunatamente, di lui non c’era traccia.
«Maledetti demoni, si può sapere
perché se la sono presa con lui??» inveì Gojyo, maledicendoli più e più volte.
«Già, non era mai successo prima
d’ora!!» convenne Goku. «Ehi, Hakkai, ma tu sei ferito!!» aggiunse subito dopo,
notando un lungo graffio sul braccio dell’amico.
«E’ una sciocchezza, non
preoccuparti» rispose subito Hakkai. «E’ più importante trovare Hakuryù,
adesso. Mi curerò più tardi»
I quattro proseguirono
l’inseguimento in silenzio.
«Hakkai, forse dovresti curarti
quella ferita» osservò Goku preoccupato, notando il sudore che scivolava sul
volto dell’altro.
«Tranquillo, sto bene» rispose
Hakkai, ansimando. «Posso farcela, non è così grave»
Goku annuì, anche se non era del
tutto convinto. Qualche centinaia di metri più avanti, Hakkai cadde
improvvisamente a terra.
«Ehi, Hakkai!!! Stai bene??»
Gojyo e Goku si chinarono subito sul ragazzo, osservando il braccio: la ferita
era diventata violacea, e la pelle intorno era rossa e rovinata.
«Accidenti, questa non è una
ferita normale!» esclamò Gojyo, voltandosi verso il monaco. «Sanzo, cosa
facciamo??»
«Ci fermiamo» rispose quello dopo
aver gettato un’occhiata ad Hakkai. «Qui»
«Qui!! Ma noi non sappiamo curare
una cosa del genere!» ribatté Gojyo, infervorandosi subito. «Dobbiamo trovare
una città, qualcuno che sappia cosa fare!»
«E’ inutile che ti agiti tanto»
lo freddò Sanzo con la sua voce autoritaria. «Non ci sono città qui vicino. La
prossima dista un giorno di viaggio»
«E allora cosa proponi di fare,
razza di bonzo corrotto?? Vuoi lasciarlo morire per un’infezione??»
«Tsk, possibile che tutte le
volte che apri bocca dici idiozie? Basterà farlo riprendere un po’, e poi si
curerà da solo»
Gojyo si calmò leggermente,
tornando dal suo amico e sistemandolo in modo da farlo stare più comodo. L’idea
di Sanzo non era male, poteva funzionare.
Ma non funzionò.
Due ore dopo Hakkai stava
decisamente peggio, e Gojyo e Sanzo stavano per arrivare seriamente alle mani.
Goku continuava a tenere la mano di Hakkai e a bagnargli la ferita con l’acqua
che gli era rimasta, ma il demone era ormai preda del delirio e sembrava non
accorgersi nemmeno della sua presenza.
«Non possiamo lasciarlo così,
stupido bonzo che non sei altro!!! Morirà!!» stava gridando Gojyo, quasi fuori
di sé.
«E cosa dovrei fare, imbecille??
Non so fare miracoli!!» ribatté Sanzo, furioso. «Avrebbe dovuto curarsi quando
era in tempo!!»
«Oh, certo, quindi merita di
morire perché non si è curato prima??»
«Non sto dicendo questo» ringhiò
Sanzo, piantando le sue iridi violacee in quelle rossastre dell’altro, che si
zittì improvvisamente. Passarono lunghi secondi di silenzio, rotti solo dai
sottili lamenti di Hakkai.
«Dannazione!!!» ruggì infine
Gojyo, tirando un calcio al primo albero che si trovò davanti. «Mi sento così…
stupido!!»
«Perché lo sei» ribatté con calma
glaciale Sanzo, parole che gli sarebbero costate un bel pugno sul naso da parte
del rosso se proprio in quel momento la presenza di un’aura demoniaca non
l’avesse distratto.
«C’è qualcuno» mormorò il monaco
estraendo subito la pistola. Gojyo sbuffò ed afferrò la Shakujo.
«Vado a stanarlo io, quel
bastardo. Sembra uno solo» commentò, e si diresse verso un mucchio di cespugli
spinosi. «Ehi tu, vieni fuori o ti…» ma non ebbe il tempo di finire la frase
che due braccia sbucarono all’improvviso dal cespuglio e, afferratolo per i
polsi, lo lanciarono contro uno spesso tronco dall’altro lato della radura.
Sanzo e Goku si misero subito sull’attenti, mentre Gojyo digrignava i denti per
il dolore.
«Qualcuno vuole morire, oggi»
ringhiò, rialzandosi con non troppa fatica. «Fatti vedere, bastardo!!!!»
Sanzo puntò con calma glaciale la
sua pistola sui cespugli, ma l’aura si mosse con velocità inaudita e spuntò
esattamente alle sue spalle, facendogli cadere l’arma di mano con un colpo
secco sul polso. Il monaco si voltò di scatto, ma il demone si era già
dileguato. Goku si posizionò davanti ad Hakkai, pronto a difenderlo a qualunque
costo, mentre Sanzo riafferrava la shureju con l’intenzione di uccidere quel
piccolo bastardo alla prima occasione. Il bastardo in questione, nel frattempo,
era arrivato vicino a Goku e stava per colpirlo sul collo quando
improvvisamente si fermò. Goku si voltò di scatto per colpirlo con il nyoibo,
Sanzo prese la mira accuratamente, Gojyo sollevò la Shakujo…
«Oh, ma voi avete un ferito!!
Poverino, deve soffrire tantissimo!»
Tutti e tre si bloccarono sul
posto, paralizzati. Il piccolo bastardo era sì un demone, ma un demone femmina. E sembrava perfettamente
padrona di se stessa quando si chinò sul corpo delirante di Hakkai e gli posò
una mano sulla fronte. «Diamine, ma da quant’è che è stato ferito?? Avreste
dovuto curarlo subito, così avete permesso al veleno di entrare in circolo!!»
Gojyo lasciò cadere la Shakujo,
allibito. «Ve… veleno?»
Due grandi occhi del colore del
mare si fissarono su di lui, analizzandolo. «Non sapevate che i demoni di
questa regione si spalmano un veleno mortale sugli artigli? Il vostro amico è
fortunato ad essere ancora vivo!»
Gojyo lanciò un’occhiata a Goku
ed entrambi si avvicinarono alla demone, che stava osservando criticamente la
ferita. «Cosa dobbiamo fare, allora?» chiese Goku, riponendo il nyoibo.
«Voi? Voi niente. Dobbiamo solo
portarlo a casa mia, è qui vicino» rispose lei sollevando la schiena di Hakkai
con una mano.
«Ma siete impazziti?» li
interruppe la voce gelida di Sanzo. La sua pistola era ancora puntata contro la
demone. «Volete davvero affidare la vita di Hakkai ad una perfetta sconosciuta
che ci ha appena attaccati?»
Gojyo si fece avanti con le mani
in tasca. «Tu hai un’idea migliore? Lei se non altro sembra sapere come curare
Hakkai. Se in cambio dobbiamo rischiare di essere uccisi nel sonno, beh… io
sono disposto a correre il rischio»
Sanzo lo ignorò, continuando a
tenere la mira. «Tu. Dicci chi sei e perché dovremmo fidarci di te» ordinò,
trafiggendola con il suo sguardo. La demone si alzò e con un movimento
velocissimo fu davanti a lui.
«Io sono l’unica persona nel
raggio di chilometri in grado di salvare il vostro amico. La scelta di fidarvi
o no di me sta a voi»
Il monaco assottigliò gli occhi,
furioso. «Non hai risposto a nessuna delle mie due domande»
«Questo perché non erano domande,
ma ordini. E io non rispondo agli ordini» ribatté lei, tranquilla. «Ora, sappi
che ogni minuto che perdi in chiacchiere il vostro amico peggiora, ed è già in
condizioni gravissime. Se vuoi possiamo anche farci una lunga chiacchierata sul
chi sono e perché mi trovo qui, ma in questo caso faresti meglio a salutare
prima il tuo amico, perché non lo vedresti più. Che vogliamo fare?»
Goku e Gojyo si scambiarono uno
sguardo allibito ed il mezzo demone emise un lungo fischio di ammirazione. Il
volto di Sanzo aveva assunto una sfumatura tendente al viola e la mano in cui
teneva la shureju tremava di rabbia.
«Tu, piccola…» ringhiò, ma la demone
si era già dileguata, velocissima, e aveva preso Hakkai in braccio.
«Accidenti, pesa più di quanto
pensassi» esclamò, sistemandolo in modo che poggiasse la testa sulla sua
spalla. «Diamoci una mossa, non lascerò morire questo ragazzo perché i suoi amici
sono degli inetti» commentò, sparendo un istante dopo nel folto della foresta.
«Ehi… ehi, aspetta!!!!» gridò
Gojyo, iniziando a correrle dietro assieme a Goku. Sanzo rimase immobile al suo
posto, il braccio con la shureju ancora alzato.
Starle dietro era quasi
impossibile, stava scoprendo Gojyo con disappunto. Nonostante fosse appesantita
dal corpo di Hakkai, rimaneva di gran lunga più veloce di loro. Fortunatamente
stava lasciando numerosi segnali per permettergli di seguirla, altrimenti
l’avrebbero persa in dieci secondi. Lui e Goku stavano spronando le loro gambe
a dare il massimo e ben presto spuntarono in un’ampia radura accanto ad un
laghetto, dove sorgeva una casa in legno a due piani. La porta era aperta e i
due entrarono senza pensarci.
«Sono di sopra!» li avvisò la
voce della demone, mentre trafficava con qualcosa che dal rumore sembrava una
sedia. Gojyo e Goku salirono velocemente le scale e si trovarono in un
corridoio su cui si aprivano varie porte; la più vicina a loro, sulla sinistra,
era aperta e illuminata.
«Bene, eccovi, ho bisogno del
vostro aiuto» li accolse la demone, piazzandogli fra le mani alcuni stracci e
due bacinelle. «Queste vanno riempite con l’acqua del lago, e gli stracci
devono essere sbattuti per bene all’aria. Muoversi!» ordinò, e i due scattarono
immediatamente. Due minuti dopo riportarono ciò che la demone aveva ordinato e
la osservarono versare l’acqua di una bacinella in un pentolino, scaldarla e
versarla nuovamente nella bacinella; dopodiché posò tutto vicino al letto su
cui aveva sdraiato Hakkai e con delicatezza gli sfilò la maglia. La ferita
sembrava essersi estesa lungo la spalla e parte dell’addome del ragazzo, che
respirava a fatica. Lunghe linee viola correvano sulla pelle rossastra; la
demone immerse una pezza nella bacinella con l’acqua calda e la passò sulla
ferita, lavandola con attenzione. Afferrò poi un mazzetto di erbe verde scuro e
le schiacciò abilmente con le mani, fino a ridurle in poltiglia; fatto questo
estrasse da un cassetto un barattolo colmo di crema bianca, che spalmò sulle
erbe fino a renderlo un impasto uniforme. A quel punto lo applicò sulla ferita,
facendo bene attenzione a coprire tutte le linee viola. Infine intinse un’altra
pezza nella bacinella di acqua fredda e, dopo averla strizzata, la posò sulla
fronte bollente di Hakkai, che sembrò rilassarsi.
«Bene, il grosso è fatto. Adesso
deve assolutamente svegliarsi entro ventiquattr’ore, altrimenti vorrebbe dire
che il veleno è entrato troppo in profondità e dovrò faticare parecchio per
salvarlo»
Gojyo e Goku rimasero in
silenzio, senza sapere che fare. Lei si voltò a guardarli e inclinò la testa di
lato, pensierosa. «Beh, è quasi ora di pranzo… volete fermarvi?» propose,
leggermente esitante.
Goku saltò sul posto esclamando:
«Evviva, si mangia!!!!!!!» e Gojyo gli tirò un pugno in testa.
«Perdonalo, è una stupida scimmia
che pensa solo al cibo. Ci fermiamo volentieri, se non reca troppo disturbo»
La demone scosse il capo e Gojyo
si chiese come mai non ci aveva ancora provato con lei. Evidentemente la
preoccupazione per Hakkai aveva cancellato ogni altro pensiero, considerato che
quella ragazza era davvero carina… e lui non sapeva ancora il suo nome!! Questo
era semplicemente imperdonabile!
«Io mi chiamo Sha Gojyo» si
presentò, sfoderando il suo sorriso da seduttore. «E questa piccola scimmia
affamata è Son Goku. Possiamo sapere il tuo nome?»
La demone si alzò, sorpassandoli
per raggiungere le scale. Lì si voltò, l’espressione divertita. «E’ da molto
tempo che nessuno usa più il mio nome. Comunque potete chiamarmi Joruri»
Era ormai scesa la sera e Sanzo
ancora non si faceva vedere. Goku si affacciò alla finestra sconsolato. «Forse
dovremmo andare a cercarlo… magari gli è successo qualcosa!»
«Ma cosa vuoi che gli succeda,
stupida scimmia! Starà vagando come un idiota perché il suo stupido orgoglio
non gli permette di ammettere di essersi sbagliato!»
«Ma perché??» si lamentò Goku,
beccandosi un pugno in testa.
«Perché è uno stupido bonzo
corrotto, ecco perché!!»
«Smettetela, mi sta venendo mal di
testa» li interruppe Joruri, scendendo le scale. «Il vostro amico – Hakkai,
giusto? – sta reagendo bene all’impacco. Domattina dovrebbe svegliarsi senza
problemi»
Gojyo tirò un sospiro di
sollievo, lasciandosi cadere su una sedia. «Ah, adesso ci vorrebbe proprio un
buon bicchiere di sakè!» esclamò, portandosi le mani dietro la testa.
«Spiacente, non ne ho» ribatté la
demone, passandogli accanto e dandogli un buffetto leggero sul capo. «Sono
sicura che riuscirai a sopravvivere»
Goku nel frattempo era rimasto a
guardare il buio fuori dalla finestra, sperando di individuare la figura di
Sanzo. Joruri gli mise le mani davanti agli occhi, trascinandolo indietro.
«Guarda che il tuo amico non arriverà. E’ troppo testardo. Domattina potrete
andarlo a cercare, sono sicura che una notte all’aperto può fargli solo che
bene»
«Ma-ma lui non sa cucinare!!»
esclamò Goku, divincolandosi per liberarsi dalla presa della demone. Lei lo
lasciò andare. «Starà morendo di fame!!» continuò il ragazzo, voltandosi verso
di lei e guardandola con i suoi occhioni dorati.
«Beh, vorrà dire che domattina
sarà molto affamato e io dovrò svegliarmi presto per preparargli un’ampia
colazione. Per cui me ne vado a dormire» rispose Joruri, incamminandosi verso
le scale. «E dovreste farlo anche voi. Vi ho preparato due stanze su, ci sono i
vostri nomi sulla porta così non potete sbagliarvi. Notte»
«Ah… grazie!!» esclamò Goku,
sorpreso. Gojyo si limitò ad un cenno del capo, osservandola sparire al piano
di sopra. Era gentile, a modo suo.
La mattina dopo Gojyo si risvegliò
incredibilmente riposato, con qualche raggio di sole che filtrava dalla
finestra chiusa. Si trascinò fuori dalle coperte e uscì dalla stanza con uno
sbadiglio, dirigendosi al bagno. Dopo essersi rinfrescato tornò in stanza per
vestirsi e aprì le ante della finestra, rimanendo paralizzato davanti allo
spettacolo che gli si presentò. Fuori, proprio sotto alla sua stanza, c’era una
scena incredibile: Sanzo era in piedi appoggiato ad uno dei primi alberi della
foresta e fumava con la testa ostinatamente girata verso destra. Qualche metro
davanti a lui c’era Joruri con un piatto di cibo fumante in mano che
evidentemente stava cercando di usare come esca per farlo entrare in casa.
Gojyo rimase a fissare allibito la scena, ancor più sconcertato quando Sanzo si
lasciò convincere e seguì la demone dentro casa, chiudendosi dietro la porta.
Il mezzo demone si grattò la testa, incredulo, e finì di vestirsi con lentezza.
Dopo qualche minuto uscì nuovamente dalla stanza e si diresse alle scale,
scendendole con calma. In cucina Sanzo stava finendo la sua colazione, mentre
Joruri preparava il vassoio da portare ad Hakkai. Sul tavolo era già apparecchiato
per altre due persone e della scimmia non c’era l’ombra. Evidentemente dormiva
ancora.
Gojyo si sedette con nonchalance
e incrociò le braccia dietro alla testa.
«Ma guarda chi abbiamo qui!»
commentò allegro, beccandosi subito un’occhiataccia del monaco. «Vedo che sei
riuscita ad avvicinare un piccolo animale selvatico, Joruri»
«Buongiorno, Gojyo» rispose lei
con naturalezza, servendogli un piatto pieno di cibo. «Già, e adesso il piccolo
animale selvatico verrà con me di sopra a cambiarsi, visto che stanotte ha
piovuto e non voglio un terzo malato per casa»
Gojyo soffocò una risata nel
bacon, mentre Sanzo si alzava rigidamente e imboccava le scale senza aspettare
la demone. «Trattalo bene, non voglio risse!» ordinò lei al mezzo demone prima
di seguire il monaco al piano di sopra. Gojyo fece segno di cucirsi la bocca e
tornò allegramente al suo pasto. Quella Joruri iniziava a piacergli parecchio!
Catturare così Sanzo non era cosa da tutti. Ed era sicuro che Hakkai si sarebbe
svegliato di lì a poco, con le ottime cure che…
…e non voglio un terzo malato per casa.
Un momento.
«Buongiorno Gojyo!!!
Waaaaaaaaaaaa, guarda che splendida colazione ci ha lasciato Joruri!!! Non
trovi che sia stupenda, eh??»
Se Hakkai era il primo, e Sanzo
rischiava di diventare il terzo… chi era il secondo
malato??
Hakkai si svegliò con un
malditesta colossale e il braccio destro che bruciava da morire. Si guardò
intorno, la vista ancora annebbiata, cercando di capire dove si trovava. Era in
una piccola stanza accogliente e pulita, con delicate tendine verdi alla
finestra. La porta era chiusa, ma da fuori sentiva provenire alcune voci, fra
cui…
«Piuttosto che indossare quella
roba preferisco andare in giro nudo!!!»
Sanzo.
«Te lo lascerei anche fare se non
facesse questo dannato freddo!! Cosa vuoi, una bella polmonite?»
Una… ragazza?
«Voglio che i miei vestiti siano
pronti!!»
«Beh, mi spiace ma qui non siamo
nel tuo tempio dove sono tutti ai tuoi ordini! Per cui ficcati questi abiti e
non scocciarmi!»
«Come ti…»
«Veloce!»
Ci fu il rumore di una porta
sbattuta e poi passi che si allontanavano. Hakkai si portò una mano alla testa,
cercando di ricordare. Ricordava la battaglia, la fuga di Hakuryù, la loro
corsa, poi un dolore crescente al braccio e… buio. Si alzò a mezzobusto,
facendo cadere la pezza che aveva sulla fronte. Ma certo, la ferita! Portò lo
sguardo ancora annebbiato sul braccio destro e lo vide ricoperto da uno strano
impacco. Lo sfiorò appena con la punta delle dita e in quel momento sentì
nuovamente dei passi che si avvicinavano. Stancamente si lasciò ricadere sul
letto, mentre la porta della sua stanza si apriva dolcemente.
«Oh… ti sei svegliato. Bravo ragazzo»
commentò la voce femminile di prima, accompagnata dal rumore di qualcosa che
veniva posato su una superficie – un tavolino, magari – poi un peso sul letto,
alla sua sinistra. «Ehi, ma ti sei alzato!» esclamò la voce con rimprovero,
mentre due mani gentili gli risistemavano la pezza sulla fronte. «E’ meglio se
eviti. Non sprecare le tue poche forze in questo modo»
Hakkai rimase in silenzio mentre
la sconosciuta gli cambiava l’impacco, cercando di aprire gli occhi per vederla
– ma era come se le palpebre gli fossero state incollate.
«Mmm, stai molto meglio» osservò
lei, spalmando con attenzione il nuovo impasto. «Adesso ti darò una tisana che
ti farà recuperare un po’ di forze, così riuscirai a mangiare qualcosa. Stare a
stomaco vuoto non ti fa bene»
Hakkai cercò di annuire, ma
sembrava che il suo corpo fosse improvvisamente paralizzato. Voleva chiedere di
Sanzo, degli altri e di Hakuryù, ma la sua lingua era appiccicata al palato e
non voleva saperne di funzionare.
«E’ normale se ti senti
appesantito e immobilizzato, non preoccuparti» disse lei, come se gli avesse
letto nel pensiero. «Il fatto che tu ti sia svegliato significa che sei pressoché
fuori pericolo, quindi non agitarti. Adesso dobbiamo solo riuscire a farti bere
l’infuso»
Il demone sentì quelle mani
sottili sollevargli la schiena, sistemando il cuscino in modo da farlo stare
sollevato. Poi una tazza calda gli venne appoggiata alle labbra, che lui riuscì
a dischiudere appena. Sembrò sufficiente, perché la ragazza riuscì a fargli
bere il brodo, anche se molto lentamente; a poco a poco il liquido raggiunse
ogni parte del suo corpo, risvegliandolo. Finalmente, dopo minuti
interminabili, Hakkai riuscì ad aprire gli occhi per vedere la sua salvatrice.
Aveva l’espressione concentrata e si mordeva appena il labbro inferiore, quasi
inconsciamente; i capelli erano una morbida cascata di boccoli scompigliati del
colore delle castagne, il naso leggermente all’insù che gli conferiva un’aria
autoritaria e una ruga fra le sopracciglia che ricordava terribilmente quella
di Sanzo. Ma tutto questo svaniva di fronte ai suoi occhi: cangianti come il
mare, azzurri, blu, verdi e viola contemporaneamente, ribelli e grandi e
terribilmente ammalianti. Hakkai rimase a fissarla senza parole mentre lo
costringeva a finire l’infuso. Solo dopo notò le orecchie a punta, i canini
sviluppati, i segni sul collo e dietro l’orecchio.
Una demone.
«Bene, adesso credo che riuscirai
a mangiare qualcosa» commentò lei alzandosi e posando poco dopo un vassoio
carico di cibo a cavalcioni del suo corpo. Hakkai si lasciò imboccare
docilmente.
«Hakkai, Hakkai, sei sveglio!!!!»
esclamò Goku saltando letteralmente sul suo letto, riafferrato prontamente da
Sanzo che lo costrinse a sedersi sulla sedia lasciata da Joruri.
«Ciao ragazzi» mormorò con un
sorriso il giovane, mettendosi seduto.
«Ehi, sai che ci hai fatto
prendere un bello spavento?» commentò Gojyo sedendosi sul letto.
«Scusatemi»
«Tsk. Sbrigati a rimetterti,
piuttosto, così potremo lasciare questo inferno» ribatté Sanzo, scocciato.
Hakkai guidò lo sguardo su di lui e soffocò una risata. Il monaco indossava dei
pantaloni neri estremamente attillati e una maglietta a mezze maniche blu con un
giglio bianco disegnato sul fianco, anche quella piuttosto aderente.
«Cos’era quello?» domandò il monaco
minaccioso, alla mezza risata di Hakkai.
«Niente, niente… è che questo
nuovo look ti dona parecchio, Sanzo»
Gojyo e Goku scoppiarono a
ridere, mentre il monaco tirava fuori la shureju e la puntava minacciosamente
sul letto, digrignando i denti.
«Io vi…»
«Non vorrai sparare ad un
malato?» chiese innocentemente Hakkai, con il suo sorriso.
«Assolutamente sì» ribatté gelido
Sanzo. Fortunatamente per Hakkai Gojyo scelse proprio quel momento per dire: «E
non l’hai visto in versione animaletto selvatico!! Era così tenero…»
Inutile dire che il proiettile
sfiorò di un millimetro l’orecchio del mezzo demone.
«Ehi, ma sei impazzito??? Avresti
potuto uccidermi!!!»
«Peccato che non ci sia riuscito»
«Adesso ti faccio vedere io,
stupido bon…»
«Ehi, ragazzi»
I quattro si voltarono verso la
porta contemporaneamente, osservando il volto di Joruri che spuntava dallo
stipite. «Beh, ecco…» la demone si fece avanti titubante e uno stridio allegro
salutò il gruppetto di viaggiatori. Joruri gettò un’occhiata perplessa alla creatura
adagiata sulla sua spalla. «Dice di conoscervi»
«Hakuryù!!!!!!!!»
Quel pomeriggio il draghetto
rimase tutto il tempo nella stanza di Hakkai, entrambi felicissimi di essersi
ritrovati. Joruri, dopo lo sconcerto iniziale, sembrava essersi leggermente
intristita nel sapere che Hakuryù viaggiava con loro ed era scesa a preparare
la cena in silenzio. Gojyo l’aveva raggiunta poco dopo, sedendosi stravaccato
come al solito e accendendosi una sigaretta. Aveva aperto la bocca per iniziare
una conversazione quando la demone si era voltata di scatto, le mani sui
fianchi e gli occhi ridotti a due fessure.
«Gojyo, non ti avevo forse detto
che in questa cucina non si fuma?? Fila fuori!!!»
«Su, ammettilo che quando fumo mi
trovi estremamente affascinante…»
Il mezzo demone fu costretto a
darsela a gambe inseguito da uno scopettone, decidendo – per amore del proprio
orgoglio ferito – che non aveva più la benchè minima intenzione di consolare la
ragazza. Pochi minuti dopo, comunque, in cucina entrò Sanzo.
«E’ tanto difficile lasciarmi
cucinare in pace?» sbottò Joruri alzando gli occhi al cielo.
«Anch’io sono qui per cercare un po’
di pace, quei due idioti stavano quasi per farmi scoppiare la testa. Non sono
assolutamente interessato a parlare con te, di questo puoi esserne certa»
ribattè il monaco con voce fredda, sedendosi e afferrando il giornale dal
tavolo, dove prima l’aveva lasciato. Joruri lo osservò con la coda dell’occhio,
indecisa se scusarsi o no per l’antipatia di poco prima; alla fine decise che
le scuse, con il bonzo, erano fiato sprecato, e tornò ad occuparsi della cena.
«Ti piace particolarmente quella
sedia?» chiese dopo un po’, non riuscendo a trattenersi. Sanzo sollevò appena
uno sguardo freddamente interrogativo. «Beh, nulla, è solo che è tutto il
giorno che ti siedi sempre allo stesso posto» spiegò lei facendo spallucce,
come se la cosa non la interessasse particolarmente. Sanzo non rispose,
tornando a leggere. Ci furono altri minuti di silenzio e la demone aveva ormai
accantonato quella curiosità, quando la voce fredda del monaco la sorprese.
«E’ il posto più vicino al
camino. Qui non si sente il freddo»
Joruri si voltò, sorpresa. Sanzo
non aveva alzato gli occhi dal giornale e lei per un attimò pensò di essersi
immaginata quelle parole. Ma poi il monaco continuò, sempre senza guardarla.
«Adesso tocca a te. Come fai ad
essere così veloce?»
La demone sorrise compiaciuta,
tagliuzzando distrattamente le verdure. Stava quasi intrattenendo una
conversazione civile con il monaco burbero, un vero e proprio miracolo. «Non è
un’abilità particolare o qualcosa del genere. Puro e semplice allenamento. Ho
sempre dovuto compiere il tragitto da qui al villaggio a piedi e qualche anno
fa ho iniziato a farlo di corsa per allenare le gambe. All’inizio è stata dura,
ma dopo un po’ di tempo sono arrivati i risultati e adesso sono orgogliosa di
poter dire di non aver mai conosciuto nessuno in grado di battermi»
La sua risposta fu seguita da un
lungo silenzio e la demone temette che l’altro se ne fosse andato; ma Sanzo era
ancora lì, occupato a leggere il giornale. Probabilmente non aveva sentito una
singola parola.
«Parli troppo» osservò lui dopo
qualche attimo, spiazzandola nuovamente.
«Ehi, ma allora mi hai
ascoltata!»
«Sarebbe piuttosto stupido porre
una domanda per poi non ascoltarne la risposta, non credi?»
Joruri sentì un’improvvisa voglia
di ridere, ma si trattenne; Sanzo l’avrebbe interpretata male.
«Ti senti sola?» chiese lui a
bruciapelo, lasciandola totalmente interdetta. La demone si voltò,
concentrandosi sulla cottura della carne.
«Assolutamente no. Sono abituata
a questa vita. Che razza di domanda è?»
Sanzo alzò gli occhi per
incrociare il suo sguardo, ma lei lo sfuggì.
Il giorno dopo arrivò con una
velocità incredibile. Gojyo aveva raccontato ad Hakkai come avevano incontrato
Joruri e lei spiegò di aver trovato Hakuryù tremante vicino al suo laghetto e
di averlo curato come meglio poteva. La ferita del draghetto era infatti quasi
del tutto sparita e lui sembrava estremamente allegro. Hakkai, invece, sarebbe
stato costretto a letto almeno per tre giorni e la demone ordinò
perentoriamente agli altri di non affaticarlo con le loro chiacchiere.
«Rendevi utili, piuttosto» aveva
commentato lanciando a Gojyo un’accetta.
«Ehi, attenta!! E poi perché
proprio io devo spaccare la legna??»
«Perché non ti ci vedo né a
pescare né a raccogliere erbe, per cui fila!»
Il rosso si allontanò mugugnando
e Joruri lanciò a Sanzo una canna da pesca.
«E questa a cosa servirebbe?»
chiese gelidamente il monaco, osservando disgustato lo strumento.
«Beh, se tu conosci un uso della
canna da pesca che non sia pescare…»
Sanzo fu gettato fuori dalla
porta mentre stava ancora cercando di realizzare ciò che quella piccola bastarda gli aveva appena ordinato.
«Tu, invece» esclamò poi Joruri
puntando un dito su Hakkai. «Non azzardarti a scendere da quel letto, chiaro?»
«Sissignora» rispose obbediente
il moro, sorridendo.
«Bene. Goku, tu vieni con me a
raccogliere un po’ di… cose»
«Cose?» ripeté il ragazzino,
curioso.
«Vedrai. Andiamo» ordinò la
demone, facendogli cenno di seguirla. «Mi raccomando, riposo!!» ribadì
un’ultima volta ad Hakkai, prima di sparire oltre la porta, seguita da una
saltellante scimmietta.
«Waaaaaaaa, ma è
fantastico!!!!!!»
Goku osservò con gli occhi
luccicanti l’orto e il frutteto che la demone gli stava mostrando; non aveva
mai visto tanto cibo appeso ad un albero, o attaccato a terra!!
«Vieni, Goku, prendiamo un po’ di
queste verdure per fare lo stufato… e quelle laggiù per il contorno. Non
mangiarti niente, eh!!» lo ammonì Joruri, ma sorrideva.
«Mi impegnerò!!» gridò Goku in
risposta, raggiungendola di corsa.
«Ora ti insegno come si fa»
spiegò lei, mostrandogli il modo giusto di cogliere le verdure. «Devi stare
attento a non rovinarle… ecco, così, vedi?»
Il ragazzo aveva gli occhi a
forma di stelline per l’emozione. «E con queste si fa lo stufato??»
Joruri annuì, iniziando a
riempire il cesto.
«Cavoli, non sapevo che lo
stufato venisse dalla terra!!» esclamò lui, imitandola.
«Tutto viene dalla terra» rispose
la demone con voce tranquilla. «E alla terra ritorna quando muore»
Goku continuò a lavorare in
silenzio, pensieroso. «Mi sono sempre chiesto cosa ci fosse dopo… beh, la
morte. Che vuol dire che si torna alla terra?» chiese.
Joruri sorrise appena, prendendo
un cesto vuoto. «Vuol dire che dopo la nostra morte molto semplicemente ci
decomponiamo, cioè ogni parte del nostro corpo diventa cibo per la terra che ci
ha generati. Come quando muoiono gli animali, come quando muoiono le piante»
«E l’aldilà, allora?» chiese Goku
perplesso, osservando la demone.
«L’aldilà, caro Goku, non esiste.
E’ solo un’illusione creata da noi stessi, perché non possiamo sopportare il
pensiero di svanire come polvere e perdere la nostra coscienza»
«E l’anima, allora??»
«L’anima…» ripeté Joruri con un
sospiro. «Sai, Goku, non so dove vanno le nostre anime. Molti sostengono che vi
sia un luogo dove tutte si dirigono per trovare l’eterno riposo. Io credo nella
reincarnazione»
«Rei…carn…??»
La demone ridacchiò, vedendolo
totalmente spaesato. «Vuol dire» sussurrò, carezzandogli una guancia. «Che
l’anima entra in un nuovo corpo, e inizia a vivere una nuova vita»
«Davvero??» esclamò Goku,
sbalordito. «Ma allora tutti noi potremmo essere stati qualcos’altro, prima!!»
«Già» annuì Joruri, riprendendo a
cogliere verdure. «Solo che nel passaggio si perdono i ricordi, purtroppo. Per
questo nessuno può dimostrare che la reincarnazione avvenga davvero»
«Wow… chissà se anche gli altri
sanno tutte queste cose… Gojyo scommetto che non le sa!! Vedrai che faccia farà
quando glielo dirò!!»
La demone sorrise
silenziosamente.
«Ecco qua!» esclamò allegramente
Joruri posando in tavola un’enorme pentola di stufato. «Questo l’abbiamo
preparato io e Goku, speriamo vi piaccia»
Il ragazzo, infatti, dopo aver
raccolto verdura e frutta, aveva insistito per rimanere in cucina a darle una
mano ed imparare a fare lo stufato. Sanzo si era messo a leggere il giornale su
una sedia, tanto per stare fra i piedi mentre loro cucinavano, come aveva
commentato sarcasticamente la demone, mentre Gojyo teneva compagnia ad Hakkai. Il
malato in questione aveva insistito talmente tanto per scendere a pranzare con
loro che alla fine Joruri aveva ceduto, in cambio della promessa di passare tutto
il pomeriggio immobile a letto.
Goku fu stranamente bravo a
resistere all’odore dello stufato appena fatto e ne rubò solo due cucchiaiate,
facendo ridacchiare la demone. Quando furono tutti a tavola i due litiganti del
gruppo si gettarono sul cibo come se non ne vedessero da giorni, facendo
pulsare le vena sulla tempia di Sanzo. Fu comunque verso la fine del pasto che
Goku si ricordò del discorso fatto quella mattina con la sua nuova amica.
«Gojyo!!» esclamò, tronfio. «Scommetto
che tu non sai cos’è la reica… renica…»
«Reincarnazione» suggerì Joruri
senza distogliere lo sguardo dal suo piatto.
«Quella!!» affermò Goku
trionfante. «Scommetto che non la sai!»
«Ma che diavolo dici, stupida
scimmia?? Tutti sanno cos’è la reincarnazione!!» ribatté Gojyo esasperato.
«Ah, sì?? Beh, allora
spiegamela!!»
«Cos…?? Oh, e va bene… dunque, la
reincarnazione è…» Gojyo si grattò la testa, titubante. «Ehm… quando uno…
diventa qualcun altro. Più o meno»
«????»
«Cioè… una persona muore e ne
diventa un’altra… una a caso… e forse non sempre una persona… voglio dire…»
«…»
«Oh, insomma, è difficile da
spiegare, stupida scimmia che non sei altro!!!!»
«Non è vero, Joruri me l’ha
spiegato benissimo prima!! Avevo ragione io, non sai cos’è!!»
«Sei una stupida scimmia
bugiarda!!» inveì Gojyo, lanciandogli un mandarino dalla fruttiera.
«Joruriiiii… Gojyo mi
maltratta!!!!» piagnucolò il ragazzo avvicinandosi alla demone e prendendola
per una manica. «Diglielo tu che non sa cos’è la recarnanzione»
«Reincarnazione» ripeté Joruri
con calma. «E direi che basta guardarlo per capire che Gojyo non sarebbe mai in
grado di spiegare un concetto così complesso»
«Ehi!!!!» esclamò il rosso,
alzandosi.
«Ragazzi, potremmo finire questo
squisito pranzo in silenzio, per favore? Ho un po’ di malditesta» intervenne
Hakkai, nell’esatto istante in cui Sanzo estraeva la sua pistola.
«Cosa vi avevo detto? Non fate
affaticare il malato!» li rimproverò Joruri, allungandosi sulla tavola per
prendere un mandarino.
«Oh, aspetti, glielo passo io»
Le lunghe dita affusolate di
Hakkai afferrarono il frutto, scontrandosi con quelle sottili della demone. Ci
fu un lungo istante di silenzio, mentre Gojyo si lamentava delle ingiustizie
del mondo e Sanzo lo minacciava di morte per l’ennesima volta.
«Oh… grazie…» mormorò Joruri,
ritraendo la mano e concentrandosi sul mandarino come si trattasse di una bomba
pronta ad esplodere. Hakkai distolse in fretta lo sguardo, nascondendo la mano
sotto al tavolo. Sentiva ancora sulle dita il lieve calore della pelle della
demone e la cosa lo lasciò parecchio turbato. Pochi secondi dopo, comunque, non
resistette alla tentazione di gettarle una silenziosa occhiata furtiva.
«Ehi, scimmia, vediamo allora se
tu sai cos’è un pomp…»
«Vuoi forse morire?»
Era arrossita.
Quel pomeriggio Gojyo e Goku si
dedicarono ad un allenamento che pareva più un combattimento all’ultimo sangue,
mentre Sanzo fumava tranquillo nella stanza di Hakkai, a cui Joruri stava
cambiando l’impacco.
«Sanzo, ti ho già detto di non
fumare qui» lo riprese Joruri esasperata, lanciandogli un’occhiataccia. Il
monaco per tutta risposta soffiò una nuvoletta di fumo. «Oh, fai un po’ come ti
pare» borbottò lei, tornando ad occuparsi della ferita.
«Signorina Joruri, non si preoccupi,
sono abituato al fumo» intervenne Hakkai, pacifico.
«Non è certo un bene, questo.
Ora, dimmi se ci sono dei punti in cui senti più dolore»
Hakkai mosse il braccio ed una
smorfia gli si dipinse sul volto. «Qui»
Joruri massaggiò il punto
indicato e prima di rimetterci l’impacco lo lavò bene con acqua calda,
strofinando appena. Hakkai non emise un gemito.
«Penso che tu sia il miglior
paziente che abbia mai avuto» osservò lei distrattamente.
«E lei è indubbiamente la miglior
curatrice che io abbia mai incontrato» rispose pacatamente Hakkai, notando con
una capriola nello stomaco che era riuscito a farla arrossire di nuovo. Sanzo,
annoiato da tutta quella cortesia, uscì dalla stanza senza una parola.
«Lo perdoni, è un po’ scontroso»
commentò il moro, sorridendo.
«Oh, ti prego, dammi del tu»
rispose Joruri, imbarazzata. «Se mi dai del lei mi fai sentire vecchia!»
«Ah, allora è per questo che
arrossisce?»
«ArrossiscI. E comunque io non
arrossisco, cosa ti fa pen…»
«Questo»
Joruri si immobilizzò con il dito
di Hakkai sulla guancia, la pelle fiammeggiante. Si alzò di scatto, arretrando
di due passi.
«Io… non pensare male, è solo
che… non… non ho molti contatti con…»
«Uomini?» completò lui,
osservandola mordicchiarsi il labbro inferiore. Era così… tenera.
«Beh, avrai notato che questo
posto è parecchio isolato, no?» sbottò la demone, voltando il capo per non
guardarlo. «Nella città vicina non vado da molto tempo e…»
«Perché non hai perso il tuo io?»
la interruppe Hakkai, inchiodandola con lo sguardo.
«Il mio… io?» ripeté lei, senza
capire. «Oh, ti riferisci all’anomalia?»
Il ragazzo annuì.
«Ah… beh, non lo so. Credo… credo
che non accadrà. Insomma» Joruri si riavvicinò di un passo, guardando fuori
dalla finestra. «Se non è ancora successo, dopo che… niente» si interruppe
bruscamente, raccogliendo le medicine e dirigendosi verso la porta. Fu fermata
con la mano sulla maniglia da una voce calda.
«Joruri»
«…dimmi»
«… non ti si addice questo nome»
La demone scrollò le spalle.
«Trovane tu uno migliore, allora» propose.
Hakkai notò che Joruri non
sorrideva quasi mai, come se non fosse abituata a farlo.
«Ti lascio a cercare un nome che
ti piaccia, mentre scendo a vedere cosa combinano gli altri» continuò lei,
abbassando la maniglia. Hakkai poteva sentire il suo profumo nell’aria.
«Joruri»
«Mh?» la demone si voltò, sulla
soglia della porta.
«Non sei sempre stata sola, vero?»
«… tornerò più tardi»
Era passata ormai una settimana.
Hakuryù si era affezionato tantissimo a Joruri e la accompagnava ovunque
andasse, e lo stesso valeva per Goku. Era estremamente obbediente e adorava
soprattutto aiutarla a cucinare, senza risparmiarsi comunque le litigate
quotidiane con Gojyo. Hakkai era ormai del tutto ristabilito, a parte una
leggera debolezza che ancora lo affliggeva, ma nessuno parlava di ripartire.
Nemmeno Sanzo che, dopo i primi giorni combattuti, adesso non faceva altro che
leggere il giornale seduto in cucina mentre Joruri e la scimmia preparavano i
pasti, o in giardino, mentre loro raccoglievano verdura e frutta. Gli era pure
piaciuta la pesca, anche se non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, e
tutte le volte che Joruri ordinava pesce per pranzo lui afferrava la canna da
pesca con espressione impassibile e si dileguava. Gojyo era andato un paio di
volte nella città vicina a fare rifornimento di sigarette e sakè – gravissima
mancanza in quella casa – ma non stava mai via per più di un’ora, nonostante le
numerose ragazze della cittadina. Avevano scoperto che Joruri era del tutto
autosufficiente, persino i vestiti se li confezionava da sola! Sanzo aveva
fortunatamente riavuto indietro la sua solita veste, altrimenti non sarebbe
stato così di buonumore, mentre ad Hakkai era stato dato un comodo pigiama
stranamente da uomo. Quando aveva provato a chiedere di chi fosse, però, Joruri
gli aveva risposto di metterselo e basta, senza fare domande.
Comunque il motivo per cui
nessuno aveva ancora parlato di partenza era ben palese a tutti: lì si
respirava aria di casa, una vera casa
che nessuno di loro aveva avuto. La sensazione di benessere era troppo grande
per riuscire a rinunciarvi così facilmente. Joruri aveva intagliato sulle porte
delle loro stanze delle piccole immagini che indicavano ognuno di loro: per
Goku una scimmietta che mangiava un nikuman, per Gojyo un piccolo kappa rosso
che brandiva la Shakujo, per Sanzo una pistola con scritto sulla canna “vi
ucciderò tutti” e per Hakkai un paio di occhiali dalla montatura verde con
sotto la scritta “Fate i bravi bambini, sennò vi mando dall’orco nero nella
stanza accanto” che, ovviamente, era Sanzo. Era stata bravissima, era persino
riuscita a colorarli! Goku ne era rimasto estasiato, Sanzo un po’ meno…
«Joruri, ma così non hai rovinato
le tue porte??» chiese Goku, preoccupato, guardando il se stesso scimmietta che
mangiava beato.
«No, si possono togliere in
qualsiasi momento» lo rassicurò la demone, scompigliandogli i capelli. «E
adesso filate a giocare fuori, che devo dare una sistemata! Da quando ci siete
voi questa casa è sempre sporca, non so davvero come ci riusciate…»
«Ma cosa dici, non è vero!! Qui è
sempre tutto pulitissimo!»
Joruri lo acchiappò al volo,
spingendolo verso le scale. «Sarà, ma io vedo polvere ovunque. Perciò, fuori!!
Anche lei, signor malato, direi che una boccata d’aria fresca non può farle che
bene!»
Sanzo era appoggiato allo stipite
della sua porta, lo sguardo fisso su di lei. Joruri ricambiò, incatenando le
sue iridi colore del mare in quelle violacee del monaco.
«Lo so. Non sono una stupida,
sai»
Sanzo si staccò dalla porta,
dirigendosi a grandi passi verso le scale.
Inuyasha_Fede: ciao!! Ho come la vaga sensazione che Sanzo
ti stia antipatico… xDxD mi fa piacere sapere che segui la mia storia, grazie!!!^^
Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!! Un bacione!!
Vorrei poi ringraziare Ramona37,
Inuyasha_Fede e roxrox per aver aggiunto questa storia fra le seguite!!!!
Lead us to the light
- Capitolo 4 -
Hakkai aveva preso l’abitudine di
passeggiare, la sera, abitudine che gli permetteva di pensare a lungo e di
osservare le finestre illuminate attraverso cui ogni tanto passava la figura sottile
di Joruri. La demone aveva una corporatura esile che in qualche modo riusciva
ugualmente a farla apparire imponente e autoritaria; Hakkai si era reso conto
di aver iniziato a paragonarla a Kanan, senza sapere bene perché. Kanan aveva
forme più morbide, mentre Joruri aveva il corpo asciutto e scattante di chi si
è allenato per lunghi anni; Kanan curava sempre i suoi lunghi capelli biondi,
Joruri lasciava che i suoi si arricciassero ribelli attorno al viso, dandole
un’aria al tempo stesso infantile e indaffarata. Spesso, quando leggeva o si
fermava ad osservare il lago – cose che faceva quasi tutti i giorni – giocava
con qualche ciocca, attorcigliandosela attorno ad un dito in modo quasi
ipnotico. Kanan aveva una voce dolce e gentile, sempre pacata; Joruri perdeva
raramente la calma, ma la sua voce era forte, autoritaria, molto simile a
quella di Sanzo. Però sapeva essere anche gentile.
E infine… Kanan era morta. Joruri
era viva, ed era lì con loro.
Quest’ultimo pensiero soprattutto
lo logorava, mostrandogli una possibilità che lo terrorizzava e affascinava al tempo
stesso. Di una sola cosa era certo: la pace che provava era più difficile da
abbandonare ogni giorno che passava. Spesso si chiedeva se sarebbe stato
davvero in grado di lasciare quella casa e tornare alla sua vita da vagabondo.
«Hakkai»
Il moro si voltò lentamente,
sorridendo alla figura che si avvicinava.
«Sanzo…»
«Dobbiamo parlare» il monaco si
fermò accanto a lui. Davanti a loro la casetta di legno risplendeva di tutte le
sue finestre illuminate e dava una sensazione di sicurezza difficile da
ignorare.
«Ti ascolto» mormorò Hakkai,
anche se già sapeva benissimo ciò che l’altro intendeva dirgli.
«Sarò breve» iniziò Sanzo,
accendendosi una sigaretta. «Joruri sa tutto del nostro viaggio, ed è
perfettamente consapevole del fatto che prima o poi dovremo partire. Ora, il
punto è: tu cosa vuoi fare?»
Hakkai sorrise, e gli costò uno
sforzo indescrivibile pronunciare le parole che sapeva di dover dire, voltandosi
verso di lui. «Non vedo perché me lo chiedi, Sanzo. Verrò con voi, mi sembra
ovvio»
«E la abbandoni così?»
«La abbandoneremmo tutti, non
vedo cosa…»
«Hakkai, non dirmi che a forza di
stare a contatto con Gojyo sei diventato stupido quanto lui»
Il moro tacque, portandosi una
mano al viso. Ci furono lunghi secondi di silenzio.
«Non la abbandonerò» mormorò
infine, fissando lo sguardo sulle finestre illuminate. «Quando avremo risolto
il problema dell’anomalia, tornerò qui»
«Potrebbero volerci anni»
«Lo so. Ma se lei vorrà
aspettarmi, tornerò. Non importa quanto sarà lungo il nostro viaggio»
«E hai mai considerato l’idea che
potrebbe perdere il proprio io?»
Hakkai scrollò le spalle. «Non
succederà»
Una nuvoletta di fumo soffiata
nell’aria.
«Non succederà finchè io e Gojyo
non perderemo il nostro. Lo sento, è forte almeno quanto noi, se non di più»
«… potremmo portarla con noi»
propose distrattamente il monaco, senza guardarlo.
«Non potrei mai permetterlo. Non
riuscirei a combattere sapendola in pericolo»
Sanzo lo fissò con sguardo indecifrabile,
infine gettò il mozzicone a terra e lo calpestò con un piede.
«E’ così, allora. Sei andato
avanti»
Hakkai rimase in silenzio,
assorbendo l’impatto di quella frase. Non si era reso conto fino a quel momento
di ciò che le sue parole di prima implicavano. Aveva scelto Joruri.
«Così pare… ma credo mi ci vorrà
ancora parecchio tempo per abituarmici»
«Il tempo non ti mancherà. La
missione richiederà ancora parecchi mesi, se non anni»
Il moro sospirò, passandosi una
mano fra i capelli.
«Devo parlare con lei»
Sanzo si voltò, incamminandosi
verso la casa.
«Allora fallo stasera. Domani
partiamo»
All’interno della casa il camino
era acceso e scoppiettava un allegro fuocherello, accanto al quale era
accovacciato un Goku concentratissimo nel compito di sistemare i ciocchi di
legno. Gojyo giocherellava con un coltello, stravaccato su una sedia, e quando
Sanzo e Hakkai rientrarono furono accolti dalla voce di Joruri: «Per stasera vi
sconsiglio di stare fuori, a meno che non vogliate prendervi una polmonite con
i fiocchi»
La demone era intenta a lavare i
piatti della cena, e non li guardò. «Statevene qui in cucina, è la stanza più
calda della casa» disse soltanto.
I due si sedettero attorno al
tavolo rettangolare e Sanzo si accese subito un’altra sigaretta.
«Ma tu non fai altro che
fumare?!» commentò esasperata Joruri, alzando gli occhi al cielo. «Non ti basta
il fumo del camino?»
«No» ribattè seccamente il
monaco, aspirando un boccata con immenso piacere. «Giochiamo?» propose dopo
qualche istante. Gojyo saltò subito in piedi. «Ehi, stavo per dirlo io! Vado a
prendere le tessere!!» esclamò, scattando fuori dalla stanza.
Joruri non diede segno di essere
interessata alla cosa e i quattro si misero a giocare a Mah-Jong, fra le solite
bisticciate di Goku e Gojyo. Giocarono per più di un’ora, e fu solo dopo la
ventesima partita che Hakkai si accorse dell’assenza di Joruri.
«Continuate da soli, ragazzi, io
sono stanco» li informò, alzandosi dal tavolo. Ignorò le loro lamentele e si
diresse verso le scale, salendole silenziosamente. La cercò in tutte le stanze,
ma senza successo. Eppure non poteva essere uscita, aveva raccomandato loro di
non andare fuori con quel tempo. Si affacciò al balcone, senza sperarci troppo,
ma sorprendentemente lei era lì. Appoggiata alla ringhiera, con i lunghi
capelli sciolti che le svolazzavano intorno, mossi dal vento impetuoso,
sembrava il soggetto perfetto per un quadro. Per un attimo Hakkai rimpianse di
non saper dipingere.
«Non fa troppo freddo?» chiese,
avvicinandosi a lei. Joruri sospirò e si voltò a fronteggiarlo. Il demone si
chiese com’era possibile che rimanesse fulminato dalla sua bellezza ogni volta
che la vedeva.
«Cosa ci fai qui, Hakkai?»
«Vorrei parlarti»
La demone annuì e gli andò
incontro, spingendolo gentilmente dentro casa.
«Parliamo qui. Sei guarito da
poco, ricorda, e il tempo non è dei migliori»
Hakkai annuì e la seguì
docilmente nella sua stanza, dove non era mai entrato prima. Era più piccola
delle altre camere della casa e arredata molto semplicemente: una scrivania, un
armadio e un letto erano tutti i mobili presenti. Le pareti, però, erano
tappezzate di quadri e poster; immagini di ogni genere gli restituivano lo
sguardo dai muri che una volta dovevano essere stati bianchi.
«Li hai fatti… tu?» chiese il
demone, ammirato, ma lei scosse la testa.
«Certo che no, io non so
dipingere. Li ho comprati nei villaggi vicini»
Rimasero in silenzio alcuni
istanti, infine Joruri gli fece cenno di sedersi sul letto, accanto a lei.
Hakkai obbedì e, prima che la demone potesse dire qualcosa, iniziò a parlare.
Le raccontò tutto; di Kanan, di come era diventato un demone, di come aveva
conosciuto Sanzo e gli altri e del loro viaggio. Quando finì cadde nuovamente
il silenzio, finchè Joruri non sospirò nuovamente, e iniziò a raccontare a sua
volta.
«I miei genitori erano demoni
gentili, che andavano d’accordo con gli esseri umani. Vivevamo in una casetta
poco lontana dal villaggio e siamo stati felici per tantissimi anni. Quando l’anomalia
iniziò a diffondersi, seguita dai racconti di demoni sanguinari che uccidevano
gli umani, le persone del villaggio ci chiesero gentilmente di abbandonare la
nostra casa. Erano spaventati, lo capimmo, e ce ne andammo senza fare storie.
Iniziammo a viaggiare e vedemmo con i nostri occhi la distruzione portata dai
demoni. Decidemmo di costruire una casa isolata nella foresta» si interruppe
facendo un cenno con la mano verso le pareti. «Ci trasferimmo qui e ci facemmo
la promessa che se uno di noi avesse perso il proprio Io, lo avremmo ucciso.
Eravamo arroganti, pensavamo di essere forti, pensavamo che non ci sarebbe mai
potuto capitare. Ma la prima a cadere fu mia madre. Era una dottoressa,
abituata ad essere circondata da persone bisognose del suo aiuto, abituata a
dare la sua vita per gli altri; qui, chiusa in una casa dove tutti erano
indipendenti, finì con l’ammalarsi di depressione, diventando una facile preda
per l’anomalia. Mio padre non ebbe il coraggio di ucciderla con le proprie
mani, così lo fece mio fratello – oh, sì, avevo un fratello. Mio padre impazzì
subito dopo e stavolta fui io a porre fine alla sua vita. Ma mio fratello non
riusciva a darsi pace, diceva che forse si era sbagliato, che forse nostra
madre sarebbe potuta guarire… vivemmo per alcuni anni da soli, lui con terrore,
io rassegnata. Ero convinta che, se i miei genitori erano caduti, presto sarei
caduta anch’io. Invece a cadere fu mio fratello» fece una pausa, cercando le
parole. «Impazzì, senza alcun preavviso, senza motivo apparente; era andato a
caccia, per procurarci provviste per l’inverno, e quando tornò coperto di
sangue capii con orrore che non mi riconosceva più. Lo uccisi» la voce le si impigliò
in gola. «Eravamo gemelli» rivelò, chinando la testa. «Guardando il suo viso,
mi sembrò di aver ucciso me stessa. Per un istante pensai che sarei impazzita
anch’io, ma poi ricordai improvvisamente che qua intorno c’erano dei villaggi.
C’erano persone innocenti. Ricordai che non c’era più nessuno in grado di
fermarmi se fossi impazzita. Non so come, ma riuscii a mantenermi cosciente»
Cadde il silenzio.
«Quanti anni fa è…?»
«Non lo so. Due? Dieci?
Cinquanta? Non ho mai voluto tenere il conto»
Hakkai la guardò, chiedendosi
come poteva lasciarla da sola un’altra volta.
«Joruri…» iniziò, passandosi una
mano fra i capelli nel tentativo di schiarirsi la mente. «Noi dobbiamo partire»
La demone sospirò. «Lo so. Ma
sono comunque felice di avervi conosciuti»
«No, Joruri, io… io tornerò»
Lei alzò la testa, guardandolo
senza capire.
«Quando avremo risolto il
problema dell’anomalia, io tornerò. Non so cosa faranno gli altri, ma io… farò
in modo che tu non sia più sola»
La demone sgranò i suoi magnifici
occhi color del mare e trattenne il respiro, comprendendo il significato di
quelle parole.
«Hakkai, io non…» iniziò, ma il
demone le posò un dito sulle labbra, sorridendo.
«Nulla di ciò che dirai potrà
farmi cambiare idea, Joruri. Io ho scelto te»
Guardandoli andare via, Joruri
promise a se stessa che, se Hakkai fosse riuscito a sopravvivere e a tornare
davvero da lei, gli avrebbe rivelato di essersi innamorata di lui fin dalla
prima volta che il suo sguardo si era posato sul suo corpo febbricitante nel
bosco. Non sapeva se anche gli altri sarebbero tornati… forse Goku sì – aveva addirittura
pianto quando si erano salutati – ma dubitava che Sanzo sarebbe mai riuscito a
mettere le radici da qualche parte. Comunque aveva lasciato ad Hakuryù la chiave
per ritrovarla, ed era certa che il draghetto li avrebbe riportati da lei, un
giorno.
Alzò lo sguardo al cielo,
sorridendo appena. Le piaceva avere qualcuno da aspettare.
Hakkai aprì di scatto gli occhi. Si trovava in una stanza
piuttosto spoglia, con le pareti di legno e un fuoco ormai quasi spento che
languiva nel camino. Portò una mano alla fronte, sospirando.
Ce l’avevano fatta. Avevano fermato gli esperimenti per la
resurrezione di Gyumao, cancellato l’anomalia che aveva colpito il Togenkyo ed
erano sopravvissuti. Incredibile, assurdo, eppure erano tutti e quattro lì,
nella polverosa stanza di qualcuno che evidentemente li aveva raccolti
incoscienti sul campo di battaglia.
Lentamente voltò la testa verso destra, trovando pochi metri
più in là il letto in cui riposava Goku e, subito dopo, quello di Sanzo; Gojyo
giaceva al suo fianco sinistro. Lui e Goku erano quelli messi meglio, come al
solito. Sanzo era sveglio e fissava insistentemente il soffito, ma Hakkai non
lo chiamò né gli fece notare di essere sveglio, perché riusciva ad indovinare
perfettamente i pensieri che attraversavano la mente del monaco.
Cosa avrebbero fatto ora?
Hakkai era quasi certo che Sanzo avrebbe voluto continuare a
viaggiare; dopotutto, la sua anima sembrava alla costante ricerca di qualcosa
che non riusciva a trovare – probabilmente la pace – ed avrebbe continuato a
vagare per tutta la sua vita – oppure no, magari lo faceva solo perché
qualsiasi altro stile di vita lo avrebbe annoiato a morte. Il moro chiuse gli
occhi, lasciandosi cullare anche lui dai pensieri.
Erano passati quasi due anni, ma il ricordo di quegli occhi
color del mare non aveva proprio voluto abbandonarlo. E sapeva perfettamente
che, adesso che tutto era finito, sarebbe finalmente tornato da lei, l’avrebbe stretta possessivamente
fra le braccia e non se ne sarebbe più separato per nulla al mondo.
«E dai, ammettetelo, ci siamo persi!!» esclamò Goku per
l’ennesima volta, beccandosi occhiatacce da tutti. Gojyo si accese una
sigaretta, mentre Sanzo finiva di consumare la propria e Hakkai stringeva la
presa sul volante fino a farsi sbiancare le nocche. Era vero, si erano persi.
Quando le loro ferite erano guarite e Hakkai aveva
annunciato la sua intenzione di tornare da Joruri, Gojyo e Goku avevano
dichiarato che ovviamente l’avrebbero seguito, perché non c’era posto migliore
in cui stare, mentre Sanzo si era limitato a scrollare le spalle e commentare
che sarebbero partiti all’alba. Si erano messi in viaggio ma, dopo giorni che
girovagavano senza meta nella foresta dove viveva la demone, stavano iniziando
a perdere le speranze.
Hakkai frenò, scendendo dalla macchina.
«E’ calato il buio, fermiamoci per la cena» disse seccamente
e nessunò osò protestare. Quando era arrabbiato Hakkai faceva persino più paura
di Sanzo e in quel momento non era solo arrabbiato, era furioso. Anche se nessuno ne parlava, il pensiero era comune a
tutti: Joruri doveva aver nascosto la propria casa con qualche arte demoniaca.
Era impossibile che in una settimana non fossero riusciti a trovarla, doveva
per forza esserci qualcosa sotto. Ma perché si era nascosta se Hakkai le aveva
promesso di tornare? O aveva avuto qualche problema, oppure… oppure non voleva
rivederli o, peggio ancora, aveva perso il proprio io, distruggendo ogni cosa
senza lasciarne traccia. Tutti lo pensavano, ma nessuno avrebbe mai espresso
quel pensiero orribile ad alta voce.
Stavano per iniziare a mangiare quando una luce attirò la
loro attenzione. Era flebile e azzurra, e sembrava provenire da un punto
imprecisato vicino ad Hakkai. Tutti si voltarono alla ricerca della fonte di
quella piccola luce e rimasero a bocca aperta.
Veniva da Hakuryù.
Il draghetto si alzò in volo, con quella piccola luce che
gli brillava al centro della fronte, emise un paio di gridolini verso di loro e
poi si infilò nel buio della foresta.
«Hakuryù, aspetta!!!» esclamò Hakkai, alzandosi di scatto e
correndo dietro al suo fedele amico. Gli altri tre lo seguirono subito.
All’interno della foresta buia la piccola luce di Hakuryù
sembrava un raggio di luna e il draghetto puntava con decisione verso una meta
sconosciuta, inseguito dagli ansiti dei quattro uomini che correvano per
stargli dietro. Infine, con uno stridio di gioia, Hakuryù si gettò a capofitto
in un precipizio, strappando un urlo angosciato ad Hakkai quando, con la
migliore naturalezza del mondo, si schiantò sul fondo coperto di rocce e scomparve.
I quattro amici rimasero immobili e fissare il punto in cui
il draghetto era scomparso e poi – poi Hakkai capì. Con un sorriso mise un
piede oltre il burrone e si lasciò cadere; come aveva previsto l’impatto con il
suolo non avvenne, ma si ritrovò dolcemente steso su un prato verde, con
Hakuryù che gli svolazzava allegro attorno alla testa.
«… Hakkai?»
L’uomo si voltò. Lei era lì, a pochi metri da lui, con un
cesto di fiori tra le mani; dietro si stagliava la figura familiare della
grande casa di legno, con le finestre illuminate come tanti piccoli occhi che
lo salutavano. Joruri lasciò cadere il cesto e si portò le mani alla bocca.
«Sei tornato…!»
Hakkai si alzò lentamente, guardandola in volto con un
sorriso accenato.
«Te l’avevo promesso, no?»
Joruri sembrava paralizzata sul posto, così fu lui ad
avvicinarsi; la guardò per un lungo momento negli occhi.
«Perché ti sei nascosta?» chiese, con voce addolorata. Lei
sorrise tristemente.
«I demoni che vi inseguivano avevano iniziato a darmi la
caccia, non avevo altra scelta. Non potevo andarmene…» sussurrò e non le servì
dire altro perché Hakkai la strinse a sé con forza. Lei gli poggiò il capo sul
petto. «Avevo lasciato ad Hakuryù la chiave per ritrovarmi, se foste entrati in
questa zona della foresta…»
«Ed ha funzionato» la interruppe Hakkai senza smettere di
sorridere. «Anche se dovremo andare a ripescare gli altri, dubito che si
getteranno in un burrone…»
Joruri lo guardò sorpresa. «Ci sono anche gli altri?»
Lui annuì. «Tutti» disse, e poi la baciò.
Fu un bacio lento e intenso, in cui entrambi misero tutta la
loro voglia di colmare il vuoto di quei due lunghi anni. Hakuryù svolazzava
attorno a loro tutto contento, emettendo dei gridolini allegri di tanto in
tanto. Hakkai affondò una mano nella chioma ribelle della demone, intrecciando
le dita a quei fili di seta, stringendola in vita con l’altra mano e
sfiorandole la punta del naso mentre la baciava. Aveva sognato quel momento per
due lunghi anni…
«Wow, hai visto, non è successo niente!!»
«Ovvio, stupida scimmia, altrimenti non ci saremmo
buttati!!»
Hakkai e Joruri si allontanarono quel tanto che bastava per
osservare Goku, Gojyo e Sanzo che si alzavano spolverandosi i vestiti,
bisticciando come al solito.
«A quanto pare non servirà andarli a prendere…» sussurrò la
demone con un sorriso, mentre Hakkai le stringeva una mano.
«Oh, abbiamo per caso interrotto qualcosa??» domandò Gojyo
maliziosamente e Hakkai rispose con un sorriso, mentre le guance gli si
imporporavano appena. Joruri si fece avanti fino a raggiungere Sanzo, che non
aveva ancora proferito una parola.
«Il fatto che tu sia qui significa che dovrò sopportarti per
il resto della mia vita?» gli chiese con evidente ironia, alzando un
sopracciglio e incrociando le braccia al petto.
«Stavo per chiederti la stessa cosa» ribattè il monaco
freddamente e fece per portarsi una sigaretta alla labbra.
«Mmh, quello è un vizio per cui dovremo fare qualcosa…»
commentò Joruri, lasciando Sanzo con la sigaretta a mezz’aria e un’espressione
stranita.
«Devi solo provarci» disse infine, assottigliando gli occhi.
«Oh, ma è quello che farò!!» esclamò lei, e subito dopo
scoppiò a ridere. Sanzo incrociò le braccia, fumando con ferocia, e lei gli
posò una mano sulla spalla, lasciando che un sorriso brillasse sul suo volto.
«Bentornati a casa» mormorò, e lui rispose con un cenno
impercettibile del capo.
«Ma io sto morendo di fameeeeee!!!» intervenne Goku con voce
lamentosa, facendo voltare tutti verso di lui. Joruri si riavvicinò ad Hakkai e
gli prese la mano.
«Beh, allora venite dentro! Stavo giusto preparando la
cena…»
THE END
«Evviva, si mangia!!!»
«Non puoi stare zitto per una volta, stupida scimmia?!»
«Su, bambini, fate i bravi»
«Hakkaiiii, Gojyo mi maltratta!!»
«Scimmia bugiarda!!»
«Vi ucciderò tutti se non la smettete»
«Ma Sanzo, ha iniziato lui!!!»
«Che cosaaa?!?!?»
«Su, su, se farete i bravi potrete avere anche il dolce»
«Davvero, Joruri, c’è un dolce???»
«Come al solito la scimmia ragiona con lo stomaco!»
«Joruri, è vero che Gojyo resterà senza dolce??»
«Assolutamente»
«Che cosa?!?!?!?»
«Vuoi che crei un buco per l’ossigeno nel tuo stupido cranio
da scarafaggio?»
«Sanzo, hai detto una frase lunghissima!! Non pensavo ne
fossi capace!»
«Ahahah, Joruri sei grande!!»
«Tsk»
«Presto, io sto morendo di
fameeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!»
«Qualcuno zittisca la scimmia!»
«Prevedo una lunga convivenza, Hakkai»
«Già… ma sono sicuro che riusciremo a divertirci, nonostante
tutto»
«Scherzi? Tra il prendere in giro Gojyo e il far arrabbiare
Sanzo c’è da divertirsi per una vita intera!!!»
«Ehi!!!»
«Tsk, non sarà facile come pensi»
«Oh, beh, vedila così, Sanzo: le cose facili non sono mai divertenti…»