Speranza di Prue786 (/viewuser.php?uid=21161)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** Parte Terza ***
Capitolo 4: *** Parte Quarta ***
Capitolo 5: *** Parte Quinta ***
Capitolo 6: *** Parte Sesta ***
Capitolo 7: *** Parte Settima ***
Capitolo 1 *** Parte Prima ***
Nuova pagina 1
Speranza
Parte Prima
Corre!
Un berretto sportivo a copre in parte il viso, un
giubbotto slacciato e dei jeans molto larghi... gli passa accanto e, con un
movimento veloce del braccio, gli allunga un oggetto, scomparendo, come
inghiottito dalla folla.
Stupore e confusione.
Gira la mano e vede un piccolo cellulare, un modello
comunissimo tra i teenager, blu scuro. Lo schermo si illumina, Per Elisa
risuona nell’aria e l’oggetto prende a vibrare. Preme il pulsante verde e lo
porta all’orecchio.
“Si?”
Silenzio
“Chi è?”
Silenzio
“C’è qualcuno?”
Silenzio
La chiamata si interrompe. Qualcuno che urta...
Si gira: una mamma si trascina dietro il pargolo
urlante, una grande borsa nera le pende da una spalla.
Ritorna a fissare il telefonino e si guarda intorno:
la confusione è ancora più grande. Con un sospiro si avvia verso casa, l’oggetto
sempre stretto in una mano; non capisce, è una situazione surreale. Cinquecento
metri e giunge in una strada semi deserta: le case si susseguono parallelamente
su entrambi i lati, i giardini sono ben curati, dai balconi si vedono i gerani
in fiore e i bucati stesi ad asciugare. L’aria è afosa e il vento caldo quasi
toglie il respiro.
Con una mano cerca di far arrivare un po’ di fresco al
viso accaldato, mentre gira in una traversa. La temperatura è davvero
insopportabile, ma fortunatamente la stradina è per la maggior parte in ombra.
Un gatto bianco passa vicino ad una gamba facendo le
fusa e attirando la sua attenzione.
“Ciao! Come va, micio?”
Si ferma e lo accarezza; il felino gradisce e si
lascia toccare senza timore; il pelo è morbido e pulito. Un’ombra e distoglie lo
sguardo dal gatto.
Stupore
Incomprensione
Buio
Sirene, tante sirene, gente che corre e un corpo,
immobile, gli occhi sbarrati pieni d’orrore.
Una figura, un berretto a nascondergli occhi e sul
volto un’espressione indecifrabile, si allontana; l’urlo delle sirene diventa
sempre più tenue; un fiocco di neve si poggia placidamente a terra.
“Chi ti ha dato la patente? Idiota!”
Urla
Nervosismo
Una macchina rossa ha appena tagliato la strada, non
rispettando uno stop.
Riprende a guidare.
“A certa gente non dovrebbe essere permesso
guidare!”gli da man forte la persona seduta al suo fianco.
Il vento soffia forte e scaraventa sul cruscotto
foglie ingiallite.
Un semaforo
Un venditore ambulante
L’auto si ferma alla vista del dischetto rosso.
“Accendino?”
“No, vai via!”
A gesti fa andar via la persona che infastidisce.
Il semaforo diventa verde.
Il piede sull’acceleratore e una fumata grigia.
Un accendino cade a terra rimbalzando una volta
sull’asfalto.
Un lampo
Un tuono
La grandine
“Eccoci qui!”
Scende dall’auto e saluta mentre l’automobile riparte.
Rabbrividisce e si sfrega le mani per poi prende le
chiavi che ha in tasca ed aprire il portone.
Silenzio
Un fulmine squarcia il cielo.
Un tonfo
Fumo, tanto fumo.
La testa sul volante, un grosso taglio sulla fronte,
sangue dalla bocca: la radio continua a suonare un motivetto orecchiabile.
Un’ombra; la zip di un giubbotto viene tirata su e qualcuno si allontana fra i
cespugli.
Una lucertola attraversa l’asfalto scuro.
La pioggia colpisce il suo viso con violenza, il vento
muove il cappotto nero. Il volto è scuro e furioso, ma deciso. Le mani sono
distese lungo il corpo e la figura ciondola avanti e indietro. Gli occhi sono
fissi nel vuoto e una tenue luce si fa largo in lontananza.
Il silenzio avvolge l’ambiente circostante e solo
l’ululato del vento si sente sempre più forte.
Tanti pensieri si accavallano nella mente: immagini,
suoni, voci e rumori, uno dopo l’altro, sempre di più, sempre di più. Le mani si
stringo intorno alla testa, convulsamente, e gli occhi si chiudono come a non
voler vedere qualcosa, o qualcuno, che tormenta, non da pace.
Una voce, una risata, un ghigno sinistro... No, no,
non si vuol vedere, non si vuol sentire... dimenticare, sì, dimenticare, ma
come? Come rimuovere tutto ciò?
È impossibile, impossibile, impossibile...!!!
Un urlo straziante squarcia la notte mischiandosi
all’ululato del vento e alla pioggia. Le dita diventano artigli e si levano
alte, gli occhi si spalancano e guardano il cielo plumbeo, poi, tutto torna
tranquillo. Un piede si muove leggermente in avanti e tutto il corpo diventa
all’improvviso leggero, sembra galleggiare nell’aria. Le braccia si aprono come
a voler volare... via, lontano da lì, volare e migrare, come gli uccelli. Gli
occhi si chiudono e un sorriso si dipinge sul viso... una discesa veloce, che
però sembra non finire mai... mai...
Urla di terrore lungo la strada, sirene di ambulanze
si rincorrono nelle vicinanze. La zona viene transennata e una piccola folla di
curiosi si raggruppa dietro il filo rosso e bianco. Tra di loro qualcuno con
jeans molto larghi osserva il corpo straziato, immobile sul marciapiede.
Lentamente si allontana da quel posto rumoroso. La pioggia gli batte sulle
spalle ma, incurante di ciò, continua a percorre il viale illuminato. Si ferma
sotto una lampione; la luce è intermittente e la sua mano si poggia sul palo,
mentre le dita prendono a sfiorarlo. I mattoni sotto i suoi piedi si asciugano,
come se un improvviso raggio di sole vi fosse arrivato sopra. Intorno, il
temporale continua ad imperversare.
Ascolta lo scrosciare delle onde che si infrangono
sulla riva mentre cammina lentamente sul bagnasciuga; le impronte lasciate nella
sabbia che vengono immediatamente cancellate dall’acqua. Tiene le scarpe in
mano, il jeans è arrotolato fin sopra le ginocchia e il giubbino è tenuto su di
un braccio. Una leggera brezza accarezza il suo volto mentre il sole, color
amaranto, sta per sorgere. Gli occhi si socchiudono come a voler assaporare
quegli attimi di assoluta tranquillità.
Una figura vestita completamente di bianco si staglia
sulla spiaggia deserta.
“Buongiorno!” esclama con un sorriso ambiguo.
“Per voi sicuramente, per me, non so!”
Le scarpe da ginnastica e il giubbino vengono gettati
sulla sabbia asciutta.
“Cosa c’è?”
Un ghigno si fa largo sul volto scarno.
“Prendo le ferie anticipate!”
Una risata sinistra rompe il breve silenzio.
“Bella, questa! Pensavo che ormai il peggio fosse
passato!”
Lo sguardo duro viene ricambiato con un altro ghigno.
“Peccato... era andato tutto bene, fino ad ora!”
“Tutto troppo bene!”
“Un vero peccato... già, un vero peccato... !”
Una mano si stringe intorno al suo collo e, a poco a
poco, i piedi prendono a penzolare nel vuoto... una frase sussurrata...
“Non ce la farete!!!”
La testa si reclina lentamente all’indietro e un
berretto verde cade sulla sabbia, bagnato a poco a poco dall’acqua salmastra.
A passo lento percorre la strada di campagna. Sullo
sfondo piantagioni di grano a perdita d’occhio: tutto sembra ricoperto d’oro. Il
canto degli uccelli allieta la giornata soleggiata e le montagne, che si
stagliano all’orizzonte, sembrano quasi irreali, con i loro colori rarefatti. In
lontananza si ode lo sciabordio di un fiumiciattolo e il ronzio degli insetti.
Il suo volto, in netto contrasto con il ridente
paesaggio, è furioso. Ha gli occhi rossi e le lacrime rigano le guance. Si morde
un labbro; i denti stringono con estrema violenza la carne e la pelle si spacca
mentre il sangue prende ad uscire lentamente. Una mano pulisce le labbra sporche
di rosso; i suoi occhi prendono a guardare il liquido sull’epidermide chiara e
con un gesto stizzito pulisce l’arto sulla lunga veste che ricopre il suo corpo.
Ai piedi porta un paio di sandali marroni, consumati e pieni di polvere; i
capelli neri arrivano sotto la schiena e sono mossi leggermente del vento. Il
viso, scarno e pallido, è orribilmente sfigurato; una cicatrice lo divide
esattamente in due parti asimmetriche. La guancia del lato sinistro è
completamente bagnata dalle lacrime che non smettono di uscire e il labbro
inferiore sanguina copiosamente. Sul lato destro, l’occhio color ebano è
arrossato e trattiene a stento le lacrime. Il sangue arriva a macchiare il mento
e a gocciolare sulla tunica... una veste di cotone, completamente bianca, mossa
qua e la dal venticello estivo. La figura continua a camminare...
Inciampa
Cade
Impreca e sferra un pugno a terra. Si alza un leggero
pulviscolo. Un bagliore improvviso e una risata isterica si spande nei dintorni.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Parte Seconda ***
Nuova pagina 1
Parte Seconda
“Io vado, ciao!”
Raggiunge velocemente la strada; la neve picchia
violentemente sul suo volto e un brivido percorre la schiena. Sfregando
velocemente le mani e, soffiandoci sopra, cerca di riscaldarle; l’aria esce
fuori sotto forma di fumo e sale velocemente nella notte buia. Sul manto nevoso,
il rumore dei suoi passi è quasi impercettibile.
Un sorriso smagliante.
Felice, cammina speditamente con la sciarpa arancione
che sobbalza ad ogni passo…
Un rantolo
Un rantolo che in quell’atmosfera celestiale stona un
po’ troppo!
Si ferma un attimo e, girandosi intorno, resta in
ascolto non riuscendo però a percepire nulla. Riprende il cammino, il respiro
regolare; le sue impronte rimangono impresse lungo il tragitto, quella sera sono
le uniche...
Un singhiozzo soffocato
Questa la sua attenzione viene attirata da un’ombra
che si muove furtiva, qualcuno che si accovaccia dietro un’automobile
parcheggiata a pochi metri.
Incuriosisce
Insospettisce
Molto lentamente e con cautela, si avvicina. Passo
dopo passo, con gli occhi ben aperti, con i nervi tesi, il corpo pronto a
reagire…
Un fagotto, un mucchio di materiale bianco che quasi
si confonde con il manto nevoso.
Si china per vedere meglio e la corpo si muove,
lentamente; si allontana strisciando, come se volesse andar via.
La curiosità è più forte del timore: una mano si
allunga e con tocco leggero si posa sull’essere che al tocco è ruvido, freddo… e
trema.
Comincia ad accarezzare in modo rassicurante il
fagotto: “Ehi, cosa c’è? È tutto ok, non aver paura!” Al suono della sua voce,
quella che sembra una coperta si solleva lentamente.
Un urlo acuto.
Un mezzo balzo indietro.
Una caduta
Si solleva, le sue mani tremano convulsamente. Un
nuovo urlo; si volta e comincia a correre, sempre più forte, con i piedi che
affondano nella neve, rallentando i movimenti. Negli occhi il terrore… un piede
in fallo e una nuova caduta: a terra, con tutto il corpo. Tenta di rialzarsi,
velocemente, ma si sente afferrare una gamba. Una mano la stringe forte,
convulsamente.
“Lasciami stare, lasciami stare!” le urla si propagano
nell’aria.
Un volto... orribile! Due occhi spalancati pieni di
terrore...
Quando una mano si avvicina al suo braccia scalcia per
fuggire a quella presa ma non riesce ad ottenere nulla...
Una stretta al cuore e il buio.
Una luce, tenue, e un dolce tepore. Gli occhi si
aprono e prendono a guardare intorno: il luogo è in penombra, a stento si
distingue una candela, su di una cassa di legno, con la fiamma vacilla
debolmente; vicino, un contenitore con all’interno qualcosa di verde.
“Ti sei svegliata? Come va?”
Una voce, calda e rassicurante.
“Chi è? Dove sei?”
Lo sguardo passa velocemente da un punto all’altro e
il busto si alza con uno scatto.
“Calma, non c’è alcun motivo per aver paura!”
Una figura esce dal buio e le si avvicina: indossa una
tunica bianca che le copre l’intero corpo all’infuori delle mani e del viso;
quest’ultimo, però, è per metà celato da una folta capigliatura nera. È una
donna, abbastanza giovane, dalla carnagione molto chiara.
“Ti senti meglio, ora?”
La sua voce è gentile ma si percepisce qualcosa di
strano in lei.
“Chi sei?” Chiede con titubanza, mentre un dubbio
atroce prende ad insinuarsi nel suo animo.
“Il mio nome è Anthres!” Le parole sono accompagnate
da un cenno del capo.
“Dove sono?” incalza l’altra, inarcando le
sopracciglia.
“Questa è la mia casa!”
Anthres non sembra far caso alla velata agitazione con
la quale è stata posta la domanda.
“Voglio andar via!” Sbotta sollevando la coperta che
si ritrova addosso e solo in quel momento si rende conto di essere su di un
materasso poggiato a terra. Resta interdetta per qualche secondo prima di
alzarsi, notando si non avere più né cappotto né sciarpa.
“Dove sono le mie cose?” La voce risulta incrinata
dall’ansia.
“Sono qui, prego!” le dice l’altra con calma,
porgendole gli indumenti.
Allunga una mano per prenderli e involontariamente
sfiora quella della donna. Un brivido le percorre l’intero corpo. La guarda in
viso: sembra sofferente… implorante.
“Ehm... grazie per avermi aiutata!” sussurra
abbassando lo sguardo, imbarazzata.
“Aiutata?” Anthres sembra genuinamente sorpresa.
“Si, c’era qualcuno che... non so cosa volesse da me,
però...”
“Tu credi che potesse essere pericoloso?”
“Io... penso di si, era... era orribile: non avevo mai
visto una cosa del genere!”
“Non credi di esser stata un po’ superficiale?” La
voce si fa improvvisamente tagliente attirando l’attenzione dell’altra che
spalanca gli occhi, sorpresa.
“Superficiale? Perché?”
“Hai giudicato quella persona su due piedi, solo
perché non era... attraente!”
“No! Mi ha afferrata, non voleva lasciarmi andare!”
Sbotta, a difesa del suo comportamento.
“Non ti sei chiesta il perché? Non hai avuto il dubbio
che forse non aveva intenzione di farti del male?”
Il tono della voce si fa più alto.
“Io, no, in quel momento proprio no!”
“Giudicate troppo in fretta, di questo passo non si
arriverà da nessuna parte... sarà la fine... !” conclude la donna in un
sussurro.
La giovane la fissa interdetta, prima di chiedere,
quasi con timore: “Posso andare via, ora? Mi stanno aspettando!”
“Vai, vai pure, ma non dovresti giungere a conclusioni
affrettate. La prossima volta tienine conto!”
Si volta, allontanandosi...
Muove un passo per andar via, gettando un’ultima
rapida occhiata alla figura e lo vede! L’essere terrificante di poco prima! Di
nuovo! Questa volta, però, non grida, resta solo immobile, con il cuore che
prende a pulsare velocemente prima che la voce esca fuori: “Aspetta!” esclama in
un sussulto.
La donna si ferma e, lentamente, si gira.
L’altra comincia a sudar freddo: vorrebbe scappar via,
allontanarsi da quel luogo, ma qualcosa glielo impedisce… un istinto quasi
naturale o la pura e semplice curiosità! Vuol saper, vuol capire. È spaventata
da quella che potrebbe essere la risposta, spaventata dalla verità, ma è quello
che ora più che altro vuole.
“Io...” Fissa la persona di fronte a lei ed esita per
qualche istante “Tu... perché?”
L’altra la fissa impassibile
Un sospiro
Un sorriso appena accennato
“Torna a casa, ti stanno aspettando!”
Lo sguardo si sposta lateralmente, come a voler
smentire la frase appena pronunciata.
Non può, non sarebbe giusto... o almeno, non in questo
modo...
“Cosa ti è successo?”Chiede di nuovo, senza muovere un
passo.
“Vai via, non devi rimanere qui!”
“Perché? Non capisco?”
La donna sembra esasperata da quelle continue domande
e con un gesto stizzito sposta i capelli dal viso rivelando un’enorme cicatrice:
un bagliore improvviso la colpisce in pieno.
L’altra, senza parole, cerca di indietreggiare ma urta
con le gambe la cassetta di legno alle sue spalle; la candela cade a terra
spegnendosi.
Buio
Un altro schianto.
Rumore di vetro infranto.
“No!”
Un urlo disumano riecheggia nella bettola illuminata a
giorno da una luce accecante che scompare in un secondo.
Persa
Si sente persa!
Barcolla nell’oscurità con le braccia tese in avanti
prima che una mano le afferri il collo.
“La... lasciami andare!”
La stretta si fa sempre più forte ed asfissiante.
Afferra il braccio con entrambe le mani e cerca di far
allentare la presa ma, nonostante tutti i suoi sforzi, non succede nulla e,
mentre l’aria non arriva più ai polmoni, le forze l’abbandonano. Le braccia le
ricadono lungo il corpo e gli occhi si chiudono... poco a poco.
Un improvviso luccichio verde e in poco tempo lo
spazio viene completamente riempito da un denso fumo dello stesso colore.
“Non ce la farete!”
Un sussurro dall’oltretomba.
“Non ce la farete!”
Un urlo e la mano lascia il corpo esanime, che cade a
terra con un tonfo. La pelle bianca e liscia dell’arto inizia a rattrappirsi e a
diventare color cenere.
“No!”
La figura guarda con orrore la carne che si ritira e
le ossa comparire sotto il fine strato dell’epidermide. “Me la pagherai!”
Una risata isterica e poi, il silenzio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Parte Terza ***
Nuova pagina 1
Parte Terza
La candela
viene riaccesa e, con il suo chiarore, illumina debolmente la casupola: un
piccolo spazio, le pareti di legno, a terra un po’ di ghiaia, un materasso con
una coperta di lana, una cassa, dei vetri rotti e una ragazza immobile; gli
occhi chiusi, i capelli castani rivolti sul pavimento e un brutto segno rosso
sul collo.
Le si china
accanto e le solleva la testa. Un brivido percorre l’intero corpo; con una mano
le sfiora una guancia: è calda! Poi, un movimento inatteso: il torace!
Sgrana chi
occhi, le poggia una mano sul petto e quasi non riesce a crederci.
“È... è ancora
viva! Ma... com’è possibile, riesco a toccarla?! … ehi, ehi, riprenditi! Su,
apri gli occhi!” comincia a schiaffeggiare leggermente il viso pallido e dopo
qualche secondo le palpebre si muovono quasi impercettibilmente mentre due occhi
scuri prendono a fissare il suo volto stupefatto e confuso.
“Ciao…
bentornata!” riesco comunque a sussurrare, accennando un sorriso.
“È… è andata
via?” chiede l’altra con voce tremula, cercando di guardarsi intorno.
“Parli di
Anthres?! Si, sono andati via!”
“Perché… dici
sono ? Tu chi sei?” La giovane si solleva un po’ a fatica, mettendosi a
sedere e massaggiando lentamente il collo; si sente ancora un po’ intontita.
“Il mio nome è
Christopher.”
“Che sta
succedendo? Io stavo... stavo tornando a casa e...” Afferra la testa fra le
mani, scuotendola e lasciandosi sfuggire uno sbuffo “Devo essere impazzita!”
Avverte una
mano sulla spalla e si ritrova a fissare un paio di occhi verdi e un sorriso che
vuol essere rassicurante.
“Con calma, c’è
tempo per capire! Ora cerca di tranquillizzarti!”
La giovane
continua a scrutare il ragazzo di fronte a lei soffermandosi sulle efelidi che
danno al volto chiaro un’aria fanciullesca.
“Sono già
tranquilla…” si limita a rispondere, cominciando ad alzarsi “Ora devo tornare a
casa!” con un passo incerto comincia a guadagnare la porta prima di bloccarsi e
tornare indietro; afferra il cappotto a terra e lo indossa.
Il giovane si
alza di scatto “Aspetta!” esclama mentre un lampo di panico che gli attraversa
lo sguardo subito mitigato da un sorriso “Per favore, fa attenzione!”
L’altra lo
fissa confusa, ma si limita ad annuire e ad uscire.
La neve la
colpisce violentemente e il sibilo del vento sembra quasi un urlo. Guarda
davanti a sé non riuscendo a vede quasi nulla: quasi inspiegabilmente comincia a
batterle forte il cuore.
“Devo tornare a
casa!” pensa la ragazza serrando le labbra e infilando le mani in tasca con fare
spavaldo, come a darsi coraggio; fissa con aria di sfida il nevischio le scende
rapidamente davanti al suo viso e muove un passo, prima di fermarsi.
“È stata solo
la mia immaginazione. Ho avuto un’allucinazione, sono caduta ed ho battuto la
testa!”
La sua voce si
perde nell’aria rarefatta. Muove altri rapidi passi.
“C’è tempo
per capire... cosa avrà voluto dire?” Si ferma nuovamente guardando
indietro: c’è una vecchia baracca, niente di più.
“Anthres...”
La giovane
porta una mano sul collo, avvertendo un leggero bruciore e un brivido correrle
lungo la schiena. Respira profondamente come se avesse finalmente preso una
decisione, torna indietro. Socchiude la porta e sbircia all’interno; il giovane
è accoccolato a terra intento a raccoglie i cocci di vetro: indossa solamente un
paio di jeans e una maglietta a mezze maniche.
“Come fa a non
aver freddo, mi chiedo.” Fa spallucce stringendosi ancor di più nella sua
sciarpa prima che un gemito non la scuote.
“Va tutto
bene?” Chiede prima ancora di riflettere, avvicinandosi con passo rapido
all’altro che, nel sentirla, solleva lo sguardo con aria sorpresa.
“Come mai
ancora qui?”
“Beh, a dire la
verità, questa zona isolata mi fa paura!” Fa una smorfia e inclina la testa
notando il taglio sul palmo di Christopher che le rivolge un rapido sorriso
prima di ritornare a guardare l’arto.
“Aspetta,
dovrei avere dei fazzolettini.”
La giovane
s’inginocchia a terra ed estrae dalle tasca del cappotto un involucro azzurro.
Prende un fazzoletto e, tenendo ferma la mano destra del giovane, con tocco
leggero, prende a picchiettare sul palmo.
“Era da tanto
che non vedevo il mio sangue!” bisbiglia Christopher.
“E non ti
ritieni fortunato?... no, così non va, hai bisogno di un medico: uno o due punti
non te li toglie nessuno!” esclama l’altra scuotendo la testa.
“Non posso! È
già strano che tu possa vedermi!” un sospiro rassegnato accompagna la frase.
La ragazza
fissa il giovane che ha assunto un’aria costernata.
“In che senso?
Non capisco! Hai bisogno di cure, quel taglio è profondo!”
“Non mi
succederà nulla, tranquilla!”
“Lo so, ma
perderai parecchio sangue! Che ti costa, andiamo...”
Gli afferra un
braccio e fa per alzarsi...
“Dannaz…”
Christopher chiude gli occhi con un’ espressione di dolore; stringe la testa con
la mano e sussurra, quasi a fatica “Vai via... allontanati!”
“Cosa? Perché?
Che ti prende?” la ragazza resta immobile a fissare l’altro con aria stupita, la
mano ancora stretta al suo braccio.
“Allontanati!”
grida più forte strattonando il braccio.
“Non ti lascio
in questo posto!” sbotta l’altra inarcando le sopracciglia e restando
cocciutamente ferma.
“Ma allora
sei…” riesce solo a sibilare il ragazzo, a denti stretti.
Un bagliore
improvviso a cui segue un drastico cambio di scenario.
Una strada di
montagna
Un autobus
Un ragazzo
pronto a salirvi sopra
“No!”
Con uno scatto
improvviso Christopher si alza da terra per intraprendere una corsa disperata:
deve raggiungerlo!
Gli è vicino,
sempre più vicino...
Gli si butta
praticamente addosso ma lo attraversa come se fosse fatto d’aria, cadendo a
terra dall’altra parte.
Il pullman
chiude la porta e si avvia.
Cento metri
Una brutta
sterzata
Un dirupo
Uno scoppio e
il fumo che prende a salire denso e nero.
“Dannazione!”
urla Christopher sbattendo il pugno a terra e l’asfalto viene macchiato da
piccole chiazze scure.
“Mi era
sfuggito, maledizione! Sono impotente!”
Rimane
immobile, il volto scuro e lo sguardo rivolto a terra.
“Oh... oh mio…
! No!”
Un singhiozzo
Una corsa verso
il luogo del disastro e poi tutto il resto viene sopraffatto dall’orrore e
dall’incredulità.
Le lacrime
bagnano il volto della ragazza mentre le fiamme si riflettono negli occhi
sgomentati.
Una mano le si
poggia sulla spalla.
“Ormai non puoi
fare nulla... non potevamo fare nulla!”
La giovane si
gira con uno scatto improvviso: a dispetto degli occhi lucido e arrossati, ha
un’aria furiosa. Con uno scatto afferra la maglia di cotone di Christopher e
comincia a strattonarlo.
“Perché? Perché
non l’hai fermato, perché non hai impedito che il pullman partisse? Tu sapevi!
Tu sapevi, e allora perché non fatto qualcosa? Perché?”
Grida fra le
lacrime e i singhiozzi che riescono per qualche istante a coprire il crepitio
dell’incendio poco distante. Il ragazzo le lancia un’occhiata eloquente e la
stringe a sé.
“Hai ragione!
Hai tutte le ragioni di questo mondo ma... ci sono cose che non puoi ancora
capire…” un sorriso rassegnato si disegna sul volto chiaro prima che il giovane
sussurri, quasi a se stesso “ Ci sono cose che neanche io riesco ancora a
capire…”
Silenzio
L’assenza di
rumori si impadronisce dell’aria circostante.
Un breve sibilo
La ragazza
solleva la testa e comincia a guardarsi intorno mentre si allontana dall’altro.
“Si- siamo di
nuovo qui...” sussurra sbattendo le palpebre cose se si fosse appena svegliata
dopo un incubo. Con passo incerto va a sedersi sul materasso a terra e incrocia
le braccia al petto rimanendo immobile a fissare il vuoto “Cos’è successo...?”
domanda con un fil di voce, quasi a se stessa.
Christopher
rimane a fissarla per qualche istante, indeciso sul da farsi prima di
raggiungerla e poggiarle una mano sulla spalla “Ti accompagno a casa!”
L’altra asciuga
le lacrime con la manica del cappotto e, senza alzare lo sguardo, annuisce.
per kari87: ciao! Ti rispondo qui perché ormai è
un’abitudine e perché in fondo mi diverto da matti^__^ Enigmatico e contorto…
questo capitolo non credo che lo sia, o sbaglio? XD Almeno sono comparsi dei
nomi, no? ^^; Spero che si cominci a capire qualcosa XD anche se mi piace da
matti lasciare tutto celato… anche se poi, effettivamente, non ci capisce un
tubo XD Ehhhh va beh! Capita! ^^ Baci baci!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Parte Quarta ***
Nuova pagina 1
Parte Quarta
Camminano nella
neve, senza parlare; lei con lo sguardo basso, la fronte accigliata e le labbra
strette, lui con aria preoccupata continua a guardarsi intorno con sospetto e,
di tanto in tanto, lancia un’occhiata alla ragazza.
Si fermano
ndavanti ad un palazzo bianco.
“Io sono
arrivata!” sussurra la giovane, infilando una mano nel cappotto e tirandone
fuori le chiavi del portone. “Allora... stammi bene!” esclama voltandosi a
guardare l’altro prima di aggiungere, con un lieve sorriso “Grazie… per tutto!”
“Credimi, non
ho fatto nulla!” Replica Christopher accennando un saluto con la mano mente
muove un passo indietro: addosso ha un paio di jeans blu scuro, ai piedi non ha
nulla e solo una maglietta di cotone a maniche lunghe gli copre la parte
superiore del corpo; la neve gli ha completamente bagnato le spalle. Si volta,
pronto ad andar via.
“Ti prego,
rimani qui!”
Una frase detta
all’improvviso, di getto, quasi senza pensare.
“Ehm... cioè,
volevo dire: aspetta, per favore, Christopher!”
L’altro si gira
a fissarla con aria sorpresa e curiosa.
La ragazza
abbassa lo sguardo, un po’ imbarazzata: “Se... se per te non è un problema... mi
farebbe piacere... a dire il vero, sarei meno spaventata se... I miei sono a
letto e mio fratello non si accorgerebbe neppure che sono rientrata...!”
“Hai un
fratello?” chiede Christopher quasi a voler spostare l’attenzione su un nuovo
soggetto.
“Sì, è il mio
gemello, si chiama Vincent!” Il volto della giovane si illumina di colpo e
ritorna a guardare il giovane.
“Vincent... e
la sua gemella, invece? Ha un nome o no?” domanda il ragazzo, sorridendo di
rimando.
L’altra ride
sommessamente.
“Speranza, il
suo... il mio nome è Speranza!”
“Un nome
particolare…” Sussurra Christopher “Proprio quello di cui avrei bisogno… anche
se, a dire il vero, non l’ho mai persa completamente...!”
Le parole si
perdono nel silenzio della notte.
“Allora, vieni
o no? Se continui a rimanere nella neve ti prenderai un accidenti! Ah, dobbiamo
fare qualcosa per quel taglio!”
Il giovane
viene travolto dalle parole di Speranza e, quando la giovane lo afferra per un
braccio e lo trascina sulle scalinate, l’altro non riesce a porre resistenza.
Tre piani dopo
i due si ritrovano davanti ad un portone color ocra.
“Prima di tutto
tenteremo di fasciare quella mano!” Bisbiglia la ragazza guidando Christopher
lungo un piccolo corridoio ed entrando in quella che sembra essere la sala da
pranzo.
“Ora fai
silenzio e siediti lì!” continua, con l’aria di chi non ammette repliche,
indicando un divano.
“Come vuoi, ma
tanto, anche se gridassi non cambierebbe nulla!” Sussurra l’altro, scrollando le
spalle, come se l’esser stato trascinato in una casa sconosciuta non gli facesse
né caldo né freddo.
Venti minuti
dopo i due sono seduti entrambi sul divano, in silenzio; lui, la mano fasciata e
lo sguardo perso nel vuoto... pensieri confusi gli attraversano la mente; lei,
il braccio sul bracciolo del divano e la testa sorretta da una mano; ha il viso
disteso e gli occhi socchiusi.
L’orologio
ultramoderno sulla parete alle loro spalle segna le 11:35; il ticchettio della
lancetta dei secondi, ha un effetto quasi ipnotico.
Silenzio
Respiri
regolari
Morfeo
accarezza con dolcezza i capelli della ragazza.
Gli occhi si
chiudono, il corpo si rilassa...
Il sonno
Il sogno
Un rumore sordo
La giovane
sussulta e apre gli occhi di scatto..
Una risata
Ironica
Divertita
“Accidenti che
salto hai fatto! Così impari ad addormentarti sul divano!”
Un giovane che
le assomiglia in modo impressionante le è seduto affianco e la fissa con un
mezzo ghigno.
“Idiota! Mi hai
fatto prendere un colpo!” Speranza si raddrizza, colpendo il ragazzo su un
braccio e strofinandosi gli occhi “Stupido…” sibila fra i denti
“Beh, e secondo
te come si chiama quello che hai fatto prendere alla mamma questa mattina quando
non ti ha trovata nel tuo letto?” Domanda facendole il verso: “Però sei strana!
Potevi anche buttarti sul letto con i vestiti invece di spaccarti le ossa sul
divano!” Conclude con un’alzata di spalle.
“Avevo sonno...
non me ne sono resa conto!” esclama in fretta la ragazza.
“Beh, contenta
tu!”
Il ragazzo
scruta la sorella con gli occhi castani ben attenti per poi voltarsi di lato,
come se stesse riflettendo. Un brivido di freddo attraversa la spina dorsale di
Speranza mentre guarda con terrore la figura addormentata sul divano. L’altro,
però, sembra non far caso a nulla e, alzandosi con uno scatto esclama, uscendo
dalla stanza.
“Devo andare! I
corsi mi aspettano! Tu continua a dormire tanto poi dovrai raccontarmi tutto
della splendida festa a cui hai partecipato!”
Il portone si
chiude con un tonfo e la casa rimane in silenzio.
Stupore
Confusione
Sollievo
Si gira e un
sorriso le si dipinge in viso; il giovane ha il braccio sul bracciolo del divano
e la testa reclinata sopra. Speranza fa per avvicinarsi a lui, ma si blocca di
colpo, sussultando.
“Aspetta! Cosa
accidenti sto facendo!” Morde nervosamente un’unghia, guardandosi intorno.
“Ho portato in
casa mia uno sconosciuto senza farmi troppi problemi e mi sono addormentata come
una bimbetta. Fantastico!” Pensa con un sorriso tirato “Non so assolutamente
nulla di lui… assolutamente nulla e… me lo son portato dietro… dannazione!
Spery, sei una pazza! Una pazza completa! Accidenti!” Si alza di scatto come per
andar via, ma dopo qualche istante ritorna lentamente a sedersi. “Ma come mi è
saltato in mente, dico io…” Sospira, nascondendo il viso tra le mani “Ok, ok,
ero spaventata e… tutta la situazione era così assurda che… e poi era ferito!”
Pensa con enfasi, come se quel particolare riuscisse a mettere a tacere la sua
mente.
“Buongiorno!”
La ragazza
sobbalza visibilmente prima di voltarsi “Ciao… ehm… buongiorno… Christopher!”
Esclama sforzandosi di sembrare tranquilla “Dormito bene?”
L’altro la
fissa perplesso, ma le rivolge un sorriso allegro “Perfettamente, grazie… posso
dire altrettanto per te?”
“Oh, beh,
ovviamente!” Ridacchia muovendosi a disagio sul divano prima di aggiungere,
spostando lo sguardo in giro “La tua mano sta meglio?”
Il giovane
annuisce senza muoversi “Credo di aver approfittato fin troppo della tua
ospitalità!” Si alza e allunga la mano non fasciata verso Speranza “È stato un
piacere conoscerti!”
La ragazza
rimane qualche secondo a fissarlo, quasi confusa “Possibile che mi abbia letto
nel pensiero?” Una smorfia buffa le compare in viso “Ma che stupidaggini dico,
non è possibile! E poi è meglio che sparisca prima che qualcuno…” La ragazza
strabuzza gli occhi “Giusto!” Esclama con stupore e ignorando l’espressione
interrogativa dell’altro continua “Vinc… mio fratello è appena uscito e non ti
ha visto... o ha fatto finta di non vederti?”
Christopher
rimane immobile qualche istante prima di sorridere debolmente “Meglio lasciar
stare… è ora che tolga il disturbo, è stato bello chiacchierare con te!” esclama
riuscendo però a muovere solo un passo prima che la mano della ragazza gli
afferri con forza un braccio.
“Perché
dovresti lasciar stare? Conosci Vincent? È un tuo amico? Avete messo in scena
tutto quel teatrino per divertirvi alle mie spalle?” La voce di Speranza si alza
di un tono ad ogni domanda e il suo volto si fa sempre più scuro.
“Co… che cosa?
Guarda che ti stai sbagliando! E di grosso, anche!” Il giovane scuote la testa
con un sospiro “Non conosco tuo fratello e non mi sognerei mai di fare uno
scherzo di così cattivo gusto! Ora per favore lasciami, devo andare!”
“Dove?”
La domanda
coglie Christopher impreparato che si limita a fissare l’espressione accigliata
di Speranza, senza riuscire a rispondere subito.
“Accidenti, che
diamine mi salta in mente ora?” Speranza cerca di non abbassare lo sguardo,
nonostante la cosa le risulti difficile “Sta andando via, no? È perfetto, no? E
allora che diamine sto facendo? Perché continuo a fermarlo? Cosa sto cercando di
fare? Chi se ne importa se conosce o meno Vinc! Chi se ne importa se quello di
ieri sera è stato uno scherzo o no… anzi tanto meglio se mi hanno presa in giro
e basta… oh, cavolo, mollagli il braccio e falla finita!”
La stretta si
allenta leggermente “Scusa… non volevo…” Sussurra la ragazza abbassando lo
sguardo.
“Vado dove non
possano trovarmi… anche se so che non esiste un posto del genere!” Un lungo
sospiro segue le parole del giovane che torna a sedersi.
“Cosa vuoi
dire?” Sussurra Speranza, quasi temendo un’eventuale risposta.
“Non è una
bella storia, anzi, non lo è per niente, credimi!”
“C’entra con
quello che è successo ieri sera?” Questa volta è la curiosità che la spinge a
chiedere.
“Ascolta, è
qualcosa più grande di me o di te, meglio starne fuori!” Christopher ha assunto
un’aria torva e fissa il pavimento come se volesse colpirlo all’improvviso.
Tutto ciò non fa che irritare Speranza che muove nervosamente le mani prima di
esclamare: “Ascolta, ieri sera mi è sembrato di essere incappata in un incubo...
mio o di qualcun altro. Non so dare una spiegazione, non so cosa pensare... ho
una gran confusione in testa e, se una parte di me preferirebbe non sapere,
cercando di dimenticare il tutto, l’altra parte ha sete di chiarezza!” Afferra
il volto del giovane e lo costringe a guardarla negli occhi “Ho rischiato di
essere uccisa! E se non si trattava solo di uno scherzo di pessimo gusto, credo
di avere il diritto di sapere…”
La giovane
abbassa lo sguardo e sospira mestamente, lasciando andare l’altro
“Dimmi una
cosa...” Christopher parla lentamente “Sei sicura di voler sapere?”
Speranza
annuisce leggermente prima di tornare a guardarlo.
“Va bene!”
Sospira il giovane “Allora ti dirò come stanno le cose!”
per kari87: ehhhh finalmente ce l’ho fatta… ormai anche il
pc è contro di me ç_ç Spero ti sia goduta questo capitolo^^ Baci!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Parte Quinta ***
Nuova pagina 1
Parte Quinta
“Tutto è
cominciato tre anni fa, almeno per quanto mi riguarda.”Comincia Christopher con
aria assorta: “Avevo 17 anni. Quel giorno stavo tornando a casa, dopo la scuola,
e sentii qualcuno gridare. Ero in mezzo alla strada e, nel piazzale poco più
avanti, ho visto due figure: Anthres e un uomo; quest’ultimo aveva un’aria
terrorizzata, era seduto a terra e rimaneva immobile. Mi sono avvicinato in
silenzio e li ho visti mentre afferravano...”
“Aspetta! Frena
un attimo!” esclama Speranza con aria accigliata “Anche ieri l’hai fatto: perché
usi il plurale quando parli di questo Anthres?”
Il giovane
scuote il capo: “Una cosa per volta; abbi pazienza e saprai tutto!” Sospira
lentamente e dopo un attimo di silenzio riprende a parlare.
“Ho visto
Anthres mentre afferravano l’uomo per il collo, come a volerlo soffocare. Sono
rimasto a fissare la scena, quasi incredulo, poi, ho deciso di fare qualcosa: ho
trovato una pietra e l’ho scagliata contro la figura vestita di bianco... avrei
dovuto centrare la testa!” Esclama con stizza: “La pietra ha colpito il fianco
ed hanno mollato la presa. L’uomo è fuggito via in preda al panico ed Anthres
hanno guardato me. Non nego di aver avuto un tremito d’orrore: quel volto
sfigurato... quell’enorme cicatrice. Sì, ho avuto paura, ma ero anche
incosciente. Quando mi si sono avvicinati non ho fatto una grinza.” Christopher
scuote la testa prima di bloccarsi e portare lentamente la mano al collo. “Mi
hanno afferrato per la gola e, con una facilità assurda, mi sono trovato a
penzolare con i piedi a qualche centimetro da terra. Lo ricordo come se fosse
successo ieri... Mi guardavano con un’espressione rabbiosa. In quel momento devo
essermi reso conto della mia situazione, devo aver capito che non c’era più
speranza perché la paura avuta fino a quel momento è sparita di colpo. Ho
sostenuto lo sguardo nonostante avvertissi la stretta stringersi sempre di più
e…” trattiene il respiro per pochi secondi “…e per un attimo ho avuto come
l’impressione che la loro espressione cambiasse, come se li avesse colti un
improvviso, quanto inspiegabile, moto di pietà... che è sparito in una frazione
di secondo perché il suo sguardo si è fatto truce. Hanno sorriso in modo tetro e
il respiro mi si è spezzato.”
Nella stanza
cala il silenzio fin quando Christopher non riprende a parlare, la voce più
fioca.
“Sono riuscito
a resistere poco, ho tentato anche una debole reazione ma non c’era nulla da
fare. Ho avvertito un dolore acuto ai lati del collo, poi il cervello mi si è
annebbiato e tutto è diventato nero.
Quando ho
riaperto gli occhi ero disteso a terra, nel stesso posto, completamente solo. Mi
sono auto convinto che non fosse successo nulla o, almeno, che quella presenza
inquietante fosse andata via. Sono tornato a casa quasi in trance; non riuscivo
a togliermi dalla testa quel volto, quell’aria malvagia. Ho incrociato quasi
subito mia madre che però non ha risposto al mio saluto. Mi ha completamente
ignorato, come se fossi stato trasparente. Non ho dato importanza alla cosa. Un
quarto d’ora dopo, però, la cosa ha cominciato a puzzarmi. Il resto della
famiglia è rientrato e, nonostante fossi seduto regolarmente a tavola, nessuno,
né mio padre, né tanto meno i miei due fratelli, mi hanno degnato di uno
sguardo. Solo mia sorella, la più piccola, mi ha fissato.. almeno così mi è
sembrato, senza però rivolgermi la parola. Ho addirittura pensato allo scherzo
idiota di uno di loro ma, più i minuti passavano, più mi accorgevo che c’era
sotto qualcos’altro.
Mia madre ha
cominciato a preoccuparsi per il mio ritardo e, quando le ho poggiato una mano
sulla spalla per dirle che ero lì, proprio accanto a lei… questa ha attraversato
il corpo non sortendo alcun effetto.” Il giovane si guarda le mani stringendole
poi a pugno con un sospiro: “Ancora oggi, a distanza di anni, avverto
quell’orrenda sensazione di essere fuori dal mondo... completamente tagliato
fuori. Sono rimasto in uno stato di semi incoscienza per l’intera giornata.
Sentivo la mia vita scivolarmi addosso; all’improvviso tutto è diventato inutile
ai miei occhi.
Quella che ho
trascorso a casa, è stata una settimana terribile. La mia famiglia preoccupata
per la mai scomparsa ed io incapace di fare qualsiasi cosa... è stata la prima
volta che ho visto mia madre piangere! Sono riuscito a resistere solo sette
giorni, poi sono andato via…”
La voce diventa
quasi un sussurro. Il giovane serra le labbra, fissando con aria assente il
pavimento prima di scuotere la testa. Sembra sul punto di continuare quando
Speranza esclama “Scusa se ti interrompo, ma, non capisco una cosa: perché non
hai provato, che so, a scriver loro un biglietto, una lettera... qualcosa? Non
dirmi che in tre anni non hai provato a metterti in contatto con loro!”
“Sì, certo e
cosa avrei dovuto scrivere? Sono qui ma voi non potete vedermi, né sentirmi?
Siamo seri!”
Christopher
inarca le sopracciglia, con aria infastidita, e fissa la ragazza che a quello
scatto improvviso, risponde abbassando lo sguardo.
“Hai
ragione...”
“Sì, ci ho
provato!” Aggiunge Christopher in tono più pacato: “Però mi sembrava crudele. In
quel modo avrei rischiato di far soffrire ancora di più la mia famiglia. Ho
preferito scomparire del tutto...” Con una mano scompiglia i capelli, in un
gesto quasi impaziente: “Ho camminato senza meta per giorni senza avvertire la
stanchezza, né la fame... era come se quella che andava in giro fosse solo la
mia pelle, non il mio corpo! Camminavo fra la gente ma era come se non lo
facessi. Invisibile agli occhi di tutti, incapace di far sentire la mia
presenza.
Alla fine mi
stancai di vedere senza essere visto e presi una strada di campagna, isolata.
Almeno lì mi sarei sentito un po’ più normale. E fu proprio in quel posto che mi
sentii chiamare, non per nome, ovviamente… però mi voltai e li vidi, di nuovo.
Non ci voleva
un genio per capire che c’entravano loro in tutta quella storia ma ormai la
rabbia era sbollita da un pezzo ed era subentrata solo la rassegnazione quindi
non feci altro che ignorarli. Mi chiamarono di nuovo, pregandomi di aspettare.”
Scuote la testa con un sorriso amaro “Mi avete rovinato la vita, cosa volete
ancora?... fu questo che urlai, ma loro, con una calma irritante mi risposero
che volevano… parlare! Volevano parlare, volevano spiegarmi... ma spiegarmi
cosa? Perché ero in quello stato? Inizialmente non volli sentir ragioni, ma,
poi, quando furono a poca distanza, notai qualcosa...
Non sembravano
neppure lo stesso essere della volta precedente. Avevano l’aria da cane
bastonato. Mi decisi ad ascoltarli! Hanno cominciato col dirmi il loro nome...
Anthres... mi si è impresso nella memoria per quanto fosse strano...”
Seduto sul
sentiero di campagna, Christhoper tiene d’occhio la figura seduta poco distante.
“È la prima
volta dopo tanto tempo che riesco a parlare con qualcuno senza vedere nei suoi
occhi il terrore!”
L’altro alza
le spalle:“Non vedo dove sia il problema! È vero, hai il viso sfigurato, ma ci
si può passare sopra!”
Un ghigno e
un breve silenzio.
“Molti anni
fa non ero così! Non ricordo più quanto tempo sia passato, ma, una volta eravamo
due! Due persone distinte e separate!”
Christopher
inarca le sopracciglia.
“Cosa stai
dicendo? Due persone?”
“Sì certo,
due gemelli monozigoti!”
Il giovane
prende a fissare Anthres: una cicatrice che parte dall’attaccatura dei capelli e
che scompare sotto la veste bianca, divide in due il viso. La carnagione è
chiara e, a primo acchito non vi è nulla di strano ma, dopo un’osservazione più
attenta, la parte sinistra risulta avere lineamenti più delicati rispetto
all’altra. Ma è quando la figura alza lentamente le mani che la cosa comincia ad
esser più chiara. La mano sinistra è aggraziata e affusolata, le unghie ben
curate, l’altra è grande e robusta... non sembrano quelle della stessa persona!
“Ma che
diavolo...” sussurra Christopher sporgendosi in avanti.
“Cosa ne
pensi?”
”Penso che
sia la cosa più strana che abbia mai visto! Ma... cosa ti è successo?”
“Eravamo in
due, un ragazzo, Nartan, e una ragazza, Shiren. Giovani come tanti, ma in noi si
annidava un animo spietato. Eravamo quelli che oggi definite teppisti,
sovversivi, ultrà! Vivevamo in una comunità con tendenze all’isolamento,
all’autonomia. Il nostro... diciamo così, paese, si trovava in una zona chiusa e
difficilmente accessibile e questo non creava alcun disagio, al contrario, noi
ci sentivamo al sicuro, protetti da tutti e da tutto. La vita trascorreva come
in un qualsiasi altro posto. Noi ragazzi ci conoscevamo tutti ma, la nostra, era
un vita un po’ monotona; sempre lì, sempre le stesse persone, le stesse facce e
poi... quegli odiosi protettori che vigilavano su tutti!”
“Protettori?”
“Sì, degli
spiriti che vegliavano sulla nostra vita!”
“Spiriti? Ma
dove accidenti vivete?”
“Perché, che
c’è di strano, ogni popolo ha i suoi spiriti protettori!”
Christopher
inarca un sopracciglio.
“Amico, ti
stai sbagliando... siamo nel XXI secolo. È vero, c’è ancora chi crede a queste
cose, ma la maggior parte della gente non penso sia convinta che gli spiriti
esistano... sarebbe come credere ai fantasmi!”
L’altro
alza le spalle.
“Beh,
pensala come vuoi, io sono la prova vivente della loro esistenza! Come ti ho
detto eravamo due gemelli; eravamo sempre insieme, ci capivamo al volo, ma la
nostra condotta non era delle migliori. Fino a quel giorno era sempre andato
tutto liscio, fino a quel giorno nessuno si era fatto mai davvero male...”
per kari87: eheh me contenta che Chris abbia fatto
una buona impressione… chi sarà mai??? XD beh, in questo capitolo credo di aver
spiegato un pochino! Ehhh Kari, Kari, vedi inciuci ovunque, tu? XD … Vincent
regna e basta XDDD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Parte Sesta ***
Nuova pagina 1
Parte Sesta
“Allora, quando
ci muoviamo? Mi sto davvero stufando!”
Una giovinetta
è accoccolata fra i cespugli; suoi occhi vispi osservano con impazienza il
giovane accanto a lei che tiene sottocontrollo qualcuno a qualche decina di
metri.
“Un attimo di
pazienza, deve avvicinarsi un altro po’!” risponde l’altro stizzito prima di
alzare la testa, sussurrando“Bene, è ora!”
I due si alzano
e, con passo felino, si avvicinano ad un bambino che dà loro la schiena; è
seduto in riva ad un fiume e, con un piccolo retino, cerca di intrappolare uno
dei tanti pesci che popolano il corso d’acqua.
Una luce tetra
rischiara gli occhi dei due fratelli che, silenziosi, si avvicinano al loro
obiettivo.
Sono a pochi
centimetri da esso quando, dopo un’occhiata d’intesa, spingono violentemente il
bambino. Questo non si accorge neppure di ciò che sta accadendo e, senza un urlo
finisce in acqua. La corrente non è forte, ma il piccolo non è in grado di
nuotare.
“Aiut...
aiutatemi!” comincia ad urlare in preda al panico.
“Nartan,
Shiren, vi prego, aiutatemi!”
I due lo
guardano mentre sprofonda sott’acqua e riemerge, chiedendo aiuto. Lo fissano con
fiera soddisfazione e sui loro visi aleggia un sorriso malefico.
“Aiuto!”
“È inutile che
gridi, non ti può sentire nessuno! Dai, forse è la buona volta che impari a
nuotare, impiastro!” Esclama Nartan accompagnando le parole con un’espressione
indignata.
“Avanti, muovi
quei tronchi che hai al posto delle gambe!” Incalza la ragazzina.
Il bambino
continua a muovere convulsamente i quattro arti senza risultato e, mentre viene
trascinato lentamente via dalla corrente, l’acqua gli riempie i polmoni, non
lasciandogli via di scampo. Il suo corpo sparisce a poco a poco sotto il pelo
dell’acqua e le increspature si attenuano fin quando il corso del fiume non
ritorna tranquillo come prima.
“Ma guardalo,
che idiota!” Nartan scuote la testa.
“Imbecille,
devi muovere le gambe!” Urla Shiren riuscendo a stento a rimanere seria per poi
sbuffare “Uffa, non esce più! Ha deciso di toglierci tutto il divertimento!”
”Ti sbagli
Shiren, ha paura di esser preso in giro per l’eternità e ha deciso di scappare,
quel vigliacco! Andiamocene a casa!” Sbatta il giovane, infilando le mani in
tasca.
Trascorrono
diversi giorni prima che il corpo esanime del bambino venga trovato lungo il
corso del fiume... gli occhi sbarrati, il ventre gonfio a causa dell’acqua.
Un urlo
straziante squarcia il silenzio della notte: l’urlo di una madre che ha perso il
proprio figlio.
Un luce
pulsante in lontananza: voci incomprensibili si accavallano nel silenzio della
notte. Entrano nella testa, confondendo e terrorizzando.
Un forte
bagliore e un risveglio improvviso.
Il respiro
affannoso, il battito cardiaco accelerato e il viso madido di sudore.
La testa
gira quando poggia i piedi a terra.
Si trascina
fino al bagno.
Accende la
luce; si guarda allo specchio... un urlo di terrore.
“In quel
momento ho capito che la mia vita non sarebbe stata più la stessa!” sussurrano
mestamente Anthres, dopo il breve racconto. La figura ha continuato a fissare
nel vuoto durante tutta la durata della narrazione come se la vergogna per il
gesto compiuto non riuscisse ad abbandonarlo e gli impedisse di guardare negli
occhi l’interlocutore.
“Insomma, vi
siete trovati uniti quasi senza accorgervene!” Esclama Christopher con aria
scettica.
“Proprio così!
La condanna è stata delle peggiori... è vero, quello che è stato fatto non
ammette perdono, però... “
“La vostra
condanna? Ed io che devo dire?” Il volto del giovane si fa scuro. “Io non ho
fatto nulla. Ho solo salvato la vita ad un tizio; ho attirato l’attenzione di un
essere sfigurato su di me ed ecco cos’ho ottenuto! Cosa sono ora io?” Il tono si
inasprisce; Christopher si alza di colpo e prende a camminare.
“Vedo e sento
gli altri ma loro non vedono e non sentono me! Posso toccare gli oggetti ma
attraverso le persone, come se fossi aria! Mi avete strangolato, mi avete
ridotto così ed ora... “
Il giovane si
volta a fissare con odio Anthres. “Ora perché mi state raccontando tutta questa
storia? Per muovermi a compassione? Bene, non ci siete riusciti, mi fate ancora
più schifo!” urla prima di allontanarsi, camminando in fretta.
“No, aspetta
non andare via, ascolta... devo ancora dirti una cosa... tu... devi fermarti!”
Anthres si
alzano e cominciano a seguire il giovane, che non accenna a fermarsi.
“Aspetta!”
“No! Lasciami
in pace! Non ne voglio sapere; perché non mi avete ucciso e basta? Perché?
Perché mi avete trasformato in un fantasma ambulante?”
Una mano gli
stringe all’improvviso il braccio.
“Ti prego,
ascoltami! Sei l’unico che può fermare questa carneficina!”
“Quale? Quale
carneficina?” Sbotta Christopher, furioso; con uno strattone libera dalla
stretta “Non so cosa pretendete da me! Mi avete già tolto tutto quello che
avevo! Mi avete privato della mia vita! Cosa volete di più? Andate via, sparite,
lasciatemi in pace!” sibila fra i denti.
Gli occhi si
inumidiscono lentamente e le mani, strette a pugno, tremano per la rabbia.
Un sussurro
“Va bene! Come
vuoi tu!”
Un vento
leggero; Christopher si volta ma davanti ai suoi occhi vi è solo la stradina...
deserta.
Il giovane
continua il suo cammino senza meta finché il buio della notte non gli impedisce
di vedere. Si sdraia sul ciglio della strada e, con lo sguardo fisso al cielo
stellato, vaga con il pensiero.
Un leggero
bagliore lo distoglie dalle sue riflessioni. Si tira su a sedere e fissa il buio
intorno a sé.
Un dolore
lancinante alla testa.
Uno scoppio di
luce poi tutto passa e il paesaggio cambia radicalmente.
“Ma che diavolo
è successo?” dice a mezza voce.
Si guarda
intorno: è giorno, la visibilità è ottima; è su di un’impalcatura e, a poca
distanza, un operaio continua a spennellare colore sul muro, incurante della sua
presenza.
“Cosa succede
ora?” si chiede il giovane alquanto nervoso.
“Perché ora è
pieno giorno e mi trovo qua sopra? Anthres!!!” urla alzandosi in piedi.
“Se questo è
uno dei vostri stupidi giochetti, non mi sto divertendo! Avete capito, ammasso
di idioti?!”
Sta perdendo
davvero la pazienza, ha quasi voglia di buttarsi giù; si affaccia e vede le
macchine che corrono... sì, forse sarebbe la soluzione migliore, farla finita
una volta per tutte!
Un rumore sordo
lo fa voltare: l’uomo ha lanciato il pennello in un barattolo di colore e guarda
soddisfatto la sua opera ma, all’improvviso, come spinto da una mano invisibile,
barcolla e cade dall’impalcatura riuscendo suo malgrado ad aggrapparsi ad una
delle travi di legno.
“A... aiuto!”
Comincia a gridare.
Christopher
dimentica il proposito di suicidio e in breve è vicino all’uomo.
“Tranquillo, ci
sono i...”
Tenta di
afferrare il braccio dell’operaio ma inevitabilmente attraversa il corpo senza
riuscire ad ottenere nulla.
“Diavolo! Come
faccio? Dannazione!”
Il giovane
comincia a guardarsi intorno alla ricerca di qualcosa che possa aiutarlo.
L’unico oggetto utile sembra essere il pennello nel bidone di pittura ed
afferratolo lo mette vicino alle mani dell’uomo che però guarda confuso
l’oggetto che gli viene incontro come per magia.
“Dai,
afferralo! Avanti!”
L’operaio
continua a gridare ignorando l’oggetto.
“Per la
miseria, afferralo!” urla Christopher colpendo leggermente la mano dell’uomo che
quasi lascia la presa per lo spavento; ormai è al limite delle forze: la voce
diventa sempre più flebile e le dita scivolano inesorabilmente sul legno.
“Per l’amor del
cielo! Afferra questo dannato pennello!” grida esasperato il giovane.
Le mani
lasciano la presa e l’uomo precipita per alcune centinaio di metri per poi
smettere con l’impatto violento a terra.
“Nooooooo... !”
urla Christopher dall’impalcatura.
Vede il corpo
straziato a terra e, quasi immediatamente si ritrae, impressionato dalla scena
che gli si è presentata davanti agli occhi. Cade seduto a terra, lo sguardo
fisso nel vuoto, prima di stringere al petto le ginocchia: “No... no... perché?”
Le lacrime
cominciano a rigargli le guancia prima che l’addome venga scosso dai singhiozzi.
Rimane così per
minuti che sembrano interminabili mentre nell’aria risuonano le sirene della
ambulanze e il vociare dei curiosi si fa sempre più forte.
Si sente solo,
Christopher, ora più che mai. Solo e impotente.
per kari87: ehhh finalmente ho aggiornato… povero
Christopher… lo sto maltrattando troppo. Povero cucciolo!!! Prossimo capito
arriverà più in fretta, promesso^^ Anche perché il racconto non è ancora finito
XD povera me… o dovrei dire: povera te? Boh! XD Baci baci!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Parte Settima ***
Nuova pagina 1
Parte Settima
Sembra uno
zombie mentre si trascina da un lato all’altro della città, senza un perché. Ha
lo sguardo spento, perso nel buio della notte, e il volto pallido.
La pioggia gli
batte sulle spalle ma lui sembra non sentirla. Continua a camminare lungo la
strada come per inerzia.
Una mano gli si
poggia sulla spalla. Con uno scatto improvviso di volta: una figura
completamente vestita di bianco e con un cappuccio a coprirgli il volto
sussurra: “Seguimi!”
Annuisce senza
replicare e i due si dirigono in un vicolo isolato.
Un sospiro.
“È una domanda
superflua, però, te la faccio ugualmente: come ti senti?”
Christopher
sospira e si siede pesantemente a terra.
“Inutile! Mi
sento completamente ed inevitabilmente inutile!”Scuote la testa e nasconde il
viso fra le mani.
“Già, e questo
è solo l’inizio, purtroppo!”
“Cosa volete
dire?” Il giovane alza la tasta e i suoi occhi scintillano di sdegno.
“Dico solo che
questa non è la prima e non sarà l’ultima persona che soccomberà... se non fossi
andato via, ti avrei spiegato tutto... ecco, tu ora vedi come siamo diventati,
almeno fisicamente, ma, ancora non ci conosci dal punto di vista psicologico!”
Il ragazzo
fissa Anthres con aria confusa e frustrata. “No… mi dispiace, non sono nelle
condizioni di capire. Sono confuso e le vostre parole non fanno che peggiorare
la situazione... perché non sono riuscito a salvarlo? Perché mi sono trovato lì?
Quell’uomo non è inciampato, non ha perso l’equilibrio! Non è stato un
incidente! Ho visto cos’è successo, è… è… oh, accidenti!” Christopher stringe la
testa fra le mani e chiude gli occhi sospirando.
“È proprio
questo che sto tentando di spiegarti!”
La figura si
mette a sedere e poggia la schiena al muro, prendendo a guardare il cielo scuro.
“Quella è la
nostra parte peggiore!”
“Ecco,
fantastico. Ve ne uscite con queste frasi enigmatiche e il povero scemo che
sarei io, ci capisce meno di niente!”
Un timido
sorriso compare sul volto del ragazzo... per la prima volta dall’inizio di
quella storia da incubo e, strano a dirlo, ma nonostante tutto il quel momento
si sente anche un po’ meglio, come sollevato: sa di non essere del tutto solo.
“Avanti, adesso
spiegatemi cos’è questa parte peggiore!” Sospira con aria rassegnata e guarda
Anthres.
“Io...”
Un blocco
improvviso
Gli occhi
sbarrati
“No! Ora no!
Christopher, mi dispiace!”
Il ragazzo
guarda la figura con aria interrogativa.
“Che vi
prende?”
Nessuna
risposta, ma ha un bruttissimo presentimento quando comincia a pulsargli la
testa ed è costretto a stringerla convulsamente tra le mani; la visibilità si
riduce a zero, poi, la luce….
“Ma bene,
giochiamo pesante, ora!” Sibila Christopher sorridendo sarcasticamente: è in un
ascensore in movimento e all’interno non vi è nessuno.
Il giovane
rimane in attesa; il mezzo si ferma e la porta si apre: entra una giovane donna
che preme il pulsante del secondo piano. Il ragazzo guarda la figura che gli dà
le spalle ed inarca leggermente le sopracciglia. Viene invaso da una strana
sensazione, un brivido di freddo percorre il suo corpo, e, quasi come per magia,
qualcuno vestito di bianco compare in ascensore.
Christopher
rimane un po’ sorpreso e sta per dire qualcosa quando la donna si volta di
scatto, scorgendo l’essere e con un sussulto si appiattisce con la schiena
contro la parete dell’ascensore, che si blocca fra un piano e l’altro.
“Chi sei? Come
sei entrato... no... non ti avvicinare!”
Incurante delle
sue parole, la figura si avvicina alla donna e, con una mano sola, le afferra il
collo. La giovane cerca di divincolarsi. Stringe le mani sul braccio coperto di
bianco ma non riesce ad ottenere nulla.
Christopher,
che fino a quel momento è rimasto immobile, digrigna i denti gridando
“Lasciatela in pace!” avventandosi su Anthres e colpendo violentemente la
testa.
L’essere
allenta le presa e la donna scivola a terra.
“Vorresti
mettermi i bastoni fra le ruote? Beh, hai decisamente sbagliato i tuoi calcoli!”
Degli occhi
pieni d’odio fissano il giovane che ha rimane a fissarli quasi con stupore.
“Ora ho capito
cosa intendevano con la parte peggiore... voi mi avete ridotto così1” Si avventa
di nuovo sulla figura ma quest’ultima, senza fare una piega, con un manrovescio
lo fa finire a terra, stordito; Christopher riesce solo a udire poche parole
prima di chiudere gli occhi.
“E adesso
concludiamo il lavoro…”
Scuote la testa
e sbatte le palpebre mentre si alza lentamente guardandosi intorno; con lui c’è
solo la giovane donna, seduta a terra, immobile, il busto poggiato alla porta
chiusa dell’ascensore.
Massaggiando la
nuca si avvicina e fissa il viso pallido della ragazza: gli occhi chiusi, la
testa reclinata su una spalle con i capelli tagliati corti che le coprono la
fronte. Si accoccola accanto al corpo, mentre i battiti accelerano e avverte un
vuoto alla bocca dello stomaco. Avvicina lentamente una mano al volto e le
sposta una ciocca di capelli.
Un brivido.
Afferra di
colpo le spalle e tira il corpo verso di sé, quasi a volerlo stringere. Lo sente
freddo e rigido... prova a trovare qualche segno di vita ma il cuore è ormai
fermo. Respira profondamente e guarda nel vuoto, invaso di nuovo da una
sgradevole sensazione di inutilità.
L’ascensore si
muove lentamente e arriva al secondo piano.
Christopher si
scuote solo quando si accorge che la porta si è ormai aperta e istintivamente
alza gli occhi.
“Oh mio Dio!”
Le parole fanno
trasalire il ragazzo che allontana il corpo da sé, indietreggiando. Un uomo di
mezza età entra nello stretto spazio e controlla le condizioni della donna.
“Non... non
sono stato io...” sussurra il giovane con aria spaventata. “Era già morta quando
mi sono avvicinato!” scuote il capo cercando di discolparsi.
L’uomo compone
un numero sul cellulare.
“Non sono
riuscito a fermarlo... mi dispiace!” continua il ragazzo stringendo i pugni e
rimanendo immobile con il cuore che gli martella nel petto.
Pochi minuti e
il suono delle sirene si fa sentire, in lontananza.
Christopher
continua a fissare davanti a sé fin quando non si convince che nessuno accuserà
mai lui, che nessuno cercherà mai lui, mai più…
Un sospiro e
poi solo rassegnazione.
“A quanto pare
è questa la vita a cui sono stato condannato!” penso il giovane fra sé,
rannicchiando le ginocchia verso il petto e nascondendo il viso fra le braccia.
Quando si
decide ad allontanarsi da lì non vi è più nessuno. Sta camminando con passo
sostenuto, ma senza una meta quando una voce domanda “Ancora schoccato?”
Sbuffa e senza
alzare lo sguardo borbotta:“Sì, non ci si può abituare a certe cose... o, beh,
forse si, però... io non mi ci voglio abituare!”
“Cosa vuoi
dire? Neanche io sono riuscito a fermare me stesso... non pensare, però, che non
ci abbia provato. A muoverli è l’odio... la cattiveria allo stato puro. L’unico
sentimento che riescono a provare è la rabbia... la rabbia e la sete di
vendetta!”
“Vendetta? Ma
vendetta verso chi? Verso quegli idoli che hanno creato un essere solo da due
distinti e separati, o vendetta verso il mondo intero, che non li accetta?” Urla
Christopher sferrando un pugno al muro più vicino.
“Cosa?”
Domandano
Anthres, fissando il giovane come se stesse delirando.
“Io... io non
so niente di... di questi dei a cui credete... ho solo 17 anni e non so nulla
della vostra cultura, forse certe cose non le posso capire, però... però una
cosa credo di saperla! Non ci si vendica uccidendo la gente senza motivo, per
sola rabbia! Ci deve essere qualcosa sotto, anche una sciocchezza, ma ci deve
essere oppure siete completamente pazzi, tutti quanti pazzi!”
Il ragazzo si
siede a terra e resta in silenzio.
“Sai, forse...
forse hai ragione. Sono ormai tantissimi anni che ho gettato la spugna, mi sono
rifiutato di continuare a cercare un perché... oh, sì, lo so perché sono...
siamo ridotti così, ed è un motivo più che valido, però... ancora non sono
riuscito a spiegare il perché di questa doppia faccia della medaglia! Perché
esisto se in realtà Nartan e Shiren erano capaci di fare solo cattiverie? Cosa
ci faccio io qui? Forse è proprio questo il problema! È questo che mi sfugge...”
Lo sguardo dell’essere si incupisce, le labbra tirate in un sorriso che di
allegro ha ben poco.
Un sospiro
“Hm... non lo
so, non lo so! L’unica cosa che mi è chiara è che sono condannato ad una vita di
eterna solitudine!” Bisbiglia il ragazzo con aria tetra.
“Beh, non
direi... ora sono anch’io del gruppo…” Una smorfia poco convinta “…beh, almeno
possiamo fare due chiacchiere!”
“E continuare a
confonderci le idee!” esclama di rimando Christopher alzando le spalle, con aria
poco convinta. Il giovane alza gli occhi, guardando il cielo amaranto finché non
lo coglie un pensiero improvviso.
“Ma, secondo
te, sono morto o no?” Guarda Anthres con aria interrogativa.
“No, non direi
proprio!”esclamano con un sorriso.
“Già, la cosa è
abbastanza ovvia... o forse no…”
“Diciamo che
sei in bilico... non sei vivo, la gente non si accorge delle tua presenza, però
non sei neanche morto perché... beh, oggettivamente esisti!”
“Ma questo solo
per voi... per il resto del mondo...” Christopher prende a fissare il vuoto,
rimanendo la frase a metà prima di sospirare mestamente e sibilare “Non gli darò
questa soddisfazione! Fosse l’ultima cosa che faccio!”
Una frase che
si sembra perdersi nel nulla.
“Mi dispiace,
non riesco a star dietro ai tuoi pensieri... ma non importa!”
“A volte sono
un mistero anche per me stesso!” Un sorriso... pieno di fiducia... delle voci in
lontananza si accavallano... sempre di più...
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=606371
|