Speranza

di Prue786
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** Parte Terza ***
Capitolo 4: *** Parte Quarta ***
Capitolo 5: *** Parte Quinta ***
Capitolo 6: *** Parte Sesta ***
Capitolo 7: *** Parte Settima ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


Nuova pagina 1

Speranza

 

Parte Prima

 

Corre!

Un berretto sportivo a copre in parte il viso, un giubbotto slacciato e dei jeans molto larghi... gli passa accanto e, con un movimento veloce del braccio, gli allunga un oggetto, scomparendo, come inghiottito dalla folla.

Stupore e confusione.

Gira la mano e vede un piccolo cellulare, un modello comunissimo tra i teenager, blu scuro. Lo schermo si illumina, Per Elisa risuona nell’aria e l’oggetto prende a vibrare. Preme il pulsante verde e lo porta all’orecchio.

“Si?”

Silenzio

“Chi è?”

Silenzio

“C’è qualcuno?”

Silenzio

La chiamata si interrompe. Qualcuno che urta...

Si gira: una mamma si trascina dietro il pargolo urlante, una grande borsa nera le pende da una spalla.

Ritorna a fissare il telefonino e si guarda intorno: la confusione è ancora più grande. Con un sospiro si avvia verso casa, l’oggetto sempre stretto in una mano; non capisce, è una situazione surreale. Cinquecento metri e giunge in una strada semi deserta: le case si susseguono parallelamente su entrambi i lati, i giardini sono ben curati, dai balconi si vedono i gerani in fiore e i bucati stesi ad asciugare. L’aria è afosa e il vento caldo quasi toglie il respiro.

Con una mano cerca di far arrivare un po’ di fresco al viso accaldato, mentre gira in una traversa. La temperatura è davvero insopportabile, ma fortunatamente la stradina è per la maggior parte in ombra.

Un gatto bianco passa vicino ad una gamba facendo le fusa e attirando la sua attenzione.

“Ciao! Come va, micio?”

Si ferma e lo accarezza; il felino gradisce e si lascia toccare senza timore; il pelo è morbido e pulito. Un’ombra e distoglie lo sguardo dal gatto.

Stupore

Incomprensione

Buio

Sirene, tante sirene, gente che corre e un corpo, immobile, gli occhi sbarrati pieni d’orrore.

Una figura, un berretto a nascondergli occhi e sul volto un’espressione indecifrabile, si allontana; l’urlo delle sirene diventa sempre più tenue; un fiocco di neve si poggia placidamente a terra.

 

“Chi ti ha dato la patente? Idiota!”

Urla

Nervosismo

Una macchina rossa ha appena tagliato la strada, non rispettando uno stop.

Riprende a guidare.

“A certa gente non dovrebbe essere permesso guidare!”gli da man forte la persona seduta al suo fianco.

Il vento soffia forte e scaraventa sul cruscotto foglie ingiallite.

Un semaforo

Un venditore ambulante

L’auto si ferma alla vista del dischetto rosso.

“Accendino?”

“No, vai via!”

A gesti fa andar via la persona che infastidisce.

Il semaforo diventa verde.

Il piede sull’acceleratore e una fumata grigia.

Un accendino cade a terra rimbalzando una volta sull’asfalto.

Un lampo

Un tuono

La grandine

“Eccoci qui!”

Scende dall’auto e saluta mentre l’automobile riparte.

Rabbrividisce e si sfrega le mani per poi prende le chiavi che ha in tasca ed aprire il portone.

Silenzio

Un fulmine squarcia il cielo.

Un tonfo

Fumo, tanto fumo.

La testa sul volante, un grosso taglio sulla fronte, sangue dalla bocca: la radio continua a suonare un motivetto orecchiabile. Un’ombra; la zip di un giubbotto viene tirata su e qualcuno si allontana fra i cespugli.

Una lucertola attraversa l’asfalto scuro.

 

La pioggia colpisce il suo viso con violenza, il vento muove il cappotto nero. Il volto è scuro e furioso, ma deciso. Le mani sono distese lungo il corpo e la figura ciondola avanti e indietro. Gli occhi sono fissi nel vuoto e una tenue luce si fa largo in lontananza.

Il silenzio avvolge l’ambiente circostante e solo l’ululato del vento si sente sempre più forte.

Tanti pensieri si accavallano nella mente: immagini, suoni, voci e rumori, uno dopo l’altro, sempre di più, sempre di più. Le mani si stringo intorno alla testa, convulsamente, e gli occhi si chiudono come a non voler vedere qualcosa, o qualcuno, che tormenta, non da pace.

Una voce, una risata, un ghigno sinistro... No, no, non si vuol vedere, non si vuol sentire... dimenticare, sì, dimenticare, ma come? Come rimuovere tutto ciò?

È impossibile, impossibile, impossibile...!!!

Un urlo straziante squarcia la notte mischiandosi all’ululato del vento e alla pioggia. Le dita diventano artigli e si levano alte, gli occhi si spalancano e guardano il cielo plumbeo, poi, tutto torna tranquillo. Un piede si muove leggermente in avanti e tutto il corpo diventa all’improvviso leggero, sembra galleggiare nell’aria. Le braccia si aprono come a voler volare... via, lontano da lì, volare e migrare, come gli uccelli. Gli occhi si chiudono e un sorriso si dipinge sul viso... una discesa veloce, che però sembra non finire mai... mai...

Urla di terrore lungo la strada, sirene di ambulanze si rincorrono nelle vicinanze. La zona viene transennata e una piccola folla di curiosi si raggruppa dietro il filo rosso e bianco. Tra di loro qualcuno con jeans molto larghi osserva il corpo straziato, immobile sul marciapiede. Lentamente si allontana da quel posto rumoroso. La pioggia gli batte sulle spalle ma, incurante di ciò, continua a percorre il viale illuminato. Si ferma sotto una lampione; la luce è intermittente e la sua mano si poggia sul palo, mentre le dita prendono a sfiorarlo. I mattoni sotto i suoi piedi si asciugano, come se un improvviso raggio di sole vi fosse arrivato sopra. Intorno, il temporale continua ad imperversare.

 

Ascolta lo scrosciare delle onde che si infrangono sulla riva mentre cammina lentamente sul bagnasciuga; le impronte lasciate nella sabbia che vengono immediatamente cancellate dall’acqua. Tiene le scarpe in mano, il jeans è arrotolato fin sopra le ginocchia e il giubbino è tenuto su di un braccio. Una leggera brezza accarezza il suo volto mentre il sole, color amaranto, sta per sorgere. Gli occhi si socchiudono come a voler assaporare quegli attimi di assoluta tranquillità.

 Una figura vestita completamente di bianco si staglia sulla spiaggia deserta.

“Buongiorno!” esclama con un sorriso ambiguo.

“Per voi sicuramente, per me, non so!”

Le scarpe da ginnastica e il giubbino vengono gettati sulla sabbia asciutta.

“Cosa c’è?”

Un ghigno si fa largo sul volto scarno.

“Prendo le ferie anticipate!”

Una risata sinistra rompe il breve silenzio.

“Bella, questa! Pensavo che ormai il peggio fosse passato!”

Lo sguardo duro viene ricambiato con un altro ghigno.

“Peccato... era andato tutto bene, fino ad ora!”

“Tutto troppo bene!”

“Un vero peccato... già, un vero peccato... !”

Una mano si stringe intorno al suo collo e, a poco a poco, i piedi prendono a penzolare nel vuoto... una frase sussurrata...

“Non ce la farete!!!”

La testa si reclina lentamente all’indietro e un berretto verde cade sulla sabbia, bagnato a poco a poco dall’acqua salmastra.

 

A passo lento percorre la strada di campagna. Sullo sfondo piantagioni di grano a perdita d’occhio: tutto sembra ricoperto d’oro. Il canto degli uccelli allieta la giornata soleggiata e le montagne, che si stagliano all’orizzonte, sembrano quasi irreali, con i loro colori rarefatti. In lontananza si ode lo sciabordio di un fiumiciattolo e il ronzio degli insetti.

Il suo volto, in netto contrasto con il ridente paesaggio, è furioso. Ha gli occhi rossi e le lacrime rigano le guance. Si morde un labbro; i denti stringono con estrema violenza la carne e la pelle si spacca mentre il sangue prende ad uscire lentamente. Una mano pulisce le labbra sporche di rosso; i suoi occhi prendono a guardare il liquido sull’epidermide chiara e con un gesto stizzito pulisce l’arto sulla lunga veste che ricopre il suo corpo. Ai piedi porta un paio di sandali marroni, consumati e pieni di polvere; i capelli neri arrivano sotto la schiena e sono mossi leggermente del vento. Il viso, scarno  e pallido, è orribilmente sfigurato; una cicatrice lo divide esattamente in due parti asimmetriche. La guancia del lato sinistro è completamente bagnata dalle lacrime che non smettono di uscire e il labbro inferiore sanguina copiosamente. Sul lato destro, l’occhio color ebano è arrossato e trattiene a stento le lacrime. Il sangue arriva a macchiare il mento e a gocciolare sulla tunica... una veste di cotone, completamente bianca, mossa qua e la dal venticello estivo. La figura continua a camminare...

Inciampa

Cade

Impreca e sferra un pugno a terra. Si alza un leggero pulviscolo. Un bagliore improvviso e una risata isterica si spande nei dintorni.

 

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Capitolo 2
*** Parte Seconda ***


Nuova pagina 1

Parte Seconda

 

“Io vado, ciao!”

Raggiunge velocemente la strada; la neve picchia violentemente sul suo volto e un brivido percorre la schiena. Sfregando velocemente le mani e, soffiandoci sopra, cerca di riscaldarle; l’aria esce fuori sotto forma di fumo e sale velocemente nella notte buia. Sul manto nevoso, il rumore dei suoi passi è quasi impercettibile.

Un sorriso smagliante.

Felice, cammina speditamente con la sciarpa arancione che sobbalza ad ogni passo…

Un rantolo

Un rantolo che in quell’atmosfera celestiale stona un po’ troppo!

Si ferma un attimo e, girandosi intorno, resta in ascolto non riuscendo però  a percepire nulla. Riprende il cammino, il respiro regolare; le sue impronte rimangono impresse lungo il tragitto, quella sera sono le uniche...

Un singhiozzo soffocato

Questa la sua attenzione viene attirata da un’ombra che si muove furtiva, qualcuno che si accovaccia dietro un’automobile parcheggiata a pochi metri.

Incuriosisce

Insospettisce

Molto lentamente e con cautela, si avvicina. Passo dopo passo, con gli occhi ben aperti, con i nervi tesi, il corpo pronto a reagire…

Un fagotto, un mucchio di materiale bianco che quasi si confonde con il manto nevoso.

Si china per vedere meglio e la corpo si muove, lentamente; si allontana strisciando, come se volesse andar via.

La curiosità è più forte del timore: una mano si allunga e con tocco leggero si posa sull’essere che al tocco è ruvido, freddo… e trema.

Comincia ad accarezzare in modo rassicurante il fagotto: “Ehi, cosa c’è? È tutto ok, non aver paura!” Al suono della sua voce, quella che sembra una coperta si solleva lentamente.

Un urlo acuto.

Un mezzo balzo indietro.

Una caduta

Si solleva, le sue mani tremano convulsamente. Un nuovo urlo; si volta e comincia a correre, sempre più forte, con i piedi che affondano nella neve, rallentando i movimenti. Negli occhi il terrore… un piede in fallo e una nuova caduta: a terra, con tutto il corpo. Tenta di rialzarsi, velocemente, ma si sente afferrare una gamba. Una mano la stringe forte, convulsamente.

“Lasciami stare, lasciami stare!” le urla si propagano nell’aria.

Un volto... orribile! Due occhi spalancati pieni di terrore...

Quando una mano si avvicina al suo braccia scalcia per fuggire a quella presa ma non riesce ad ottenere nulla...

Una stretta al cuore e il buio.

 

Una luce, tenue, e un dolce tepore. Gli occhi si aprono e prendono a guardare intorno: il luogo è in penombra, a stento si distingue una candela, su di una cassa di legno, con la fiamma vacilla debolmente; vicino, un contenitore con all’interno qualcosa di verde.

“Ti sei svegliata? Come va?”

Una voce, calda e rassicurante.

“Chi è? Dove sei?”

Lo sguardo passa velocemente da un punto all’altro e il busto si alza con uno scatto.

“Calma, non c’è alcun motivo per aver paura!”

Una figura esce dal buio e le si avvicina: indossa una tunica bianca che le copre l’intero corpo all’infuori delle mani e del viso; quest’ultimo, però, è per metà celato da una folta capigliatura nera. È una donna, abbastanza giovane, dalla carnagione molto chiara.

“Ti senti meglio, ora?”

La sua voce è gentile ma si percepisce qualcosa di strano in lei.

“Chi sei?” Chiede con titubanza, mentre un dubbio atroce prende ad insinuarsi nel suo animo.

“Il mio nome è Anthres!” Le parole sono accompagnate da un cenno del capo.

“Dove sono?” incalza l’altra, inarcando le sopracciglia.

“Questa è la mia casa!”

Anthres non sembra far caso alla velata agitazione con la quale è stata posta la domanda.

“Voglio andar via!” Sbotta sollevando la coperta che si ritrova addosso e solo in quel momento si rende conto di essere su di un materasso poggiato a terra. Resta interdetta per qualche secondo prima di alzarsi, notando si non avere più né cappotto né sciarpa.

“Dove sono le mie cose?” La voce risulta incrinata dall’ansia.

“Sono qui, prego!” le dice l’altra con calma, porgendole gli indumenti.

Allunga una mano per prenderli e involontariamente sfiora quella della donna. Un brivido le percorre l’intero corpo. La guarda in viso: sembra sofferente… implorante.

“Ehm... grazie per avermi aiutata!” sussurra abbassando lo sguardo, imbarazzata.

“Aiutata?” Anthres sembra genuinamente sorpresa.

“Si, c’era qualcuno che... non so cosa volesse da me, però...”

“Tu credi che potesse essere pericoloso?”

“Io... penso di si, era... era orribile: non avevo mai visto una cosa del genere!”

“Non credi di esser stata un po’ superficiale?” La voce si fa improvvisamente tagliente attirando l’attenzione dell’altra che spalanca gli occhi, sorpresa.

 “Superficiale? Perché?”

“Hai giudicato quella persona su due piedi, solo perché non era... attraente!”

“No! Mi ha afferrata, non voleva lasciarmi andare!” Sbotta, a difesa del suo comportamento.

“Non ti sei chiesta il perché? Non hai avuto il dubbio che forse non aveva intenzione di farti del  male?”

Il tono della voce si fa più alto.

“Io, no, in quel momento proprio no!”

“Giudicate troppo in fretta, di questo passo non si arriverà da nessuna parte... sarà la fine... !” conclude la donna in un sussurro.

La giovane la fissa interdetta, prima di chiedere, quasi con timore: “Posso andare via, ora? Mi stanno aspettando!”

“Vai, vai pure, ma non dovresti giungere a conclusioni affrettate. La prossima volta tienine conto!”

Si volta, allontanandosi...

Muove un passo per andar via, gettando un’ultima rapida occhiata alla figura e lo vede! L’essere terrificante di poco prima! Di nuovo! Questa volta, però, non grida, resta solo immobile, con il cuore che prende a pulsare velocemente prima che la voce esca fuori: “Aspetta!” esclama in un sussulto.

La donna si ferma e, lentamente, si gira.

L’altra comincia a sudar freddo: vorrebbe scappar via, allontanarsi da quel luogo, ma qualcosa glielo impedisce… un istinto quasi naturale o la pura e semplice curiosità! Vuol saper, vuol capire. È  spaventata da quella che potrebbe essere la risposta, spaventata dalla verità, ma è quello che ora più che altro vuole.

“Io...” Fissa la persona di fronte a lei ed esita per qualche istante “Tu... perché?”

L’altra la fissa impassibile

Un sospiro

Un sorriso appena accennato

“Torna a casa, ti stanno aspettando!”

Lo sguardo si sposta lateralmente, come a voler smentire la frase appena pronunciata.

Non può, non sarebbe giusto... o almeno, non in questo modo...

“Cosa ti è successo?”Chiede di nuovo, senza muovere un passo.

“Vai via, non devi rimanere qui!”

“Perché? Non capisco?”

La donna sembra esasperata da quelle continue domande e con un gesto stizzito sposta i capelli dal viso rivelando un’enorme cicatrice: un bagliore improvviso la colpisce in pieno.

L’altra, senza parole, cerca di indietreggiare ma urta con le gambe la cassetta di legno alle sue spalle; la candela cade a terra spegnendosi.

Buio

Un altro schianto.

Rumore di vetro infranto.

“No!”

Un urlo disumano riecheggia nella bettola illuminata a giorno da una luce accecante che scompare in un secondo.

Persa

Si sente persa!

Barcolla nell’oscurità con le braccia tese in avanti prima che una mano le afferri il collo.

“La... lasciami andare!”

La stretta si fa sempre più forte ed asfissiante.

Afferra il braccio con entrambe le mani e cerca di far allentare la presa ma, nonostante tutti i suoi sforzi, non succede nulla e, mentre l’aria non arriva più ai polmoni, le forze l’abbandonano. Le braccia le ricadono lungo il corpo e gli occhi si chiudono... poco a poco.

Un improvviso luccichio verde e in poco tempo lo spazio viene completamente riempito da un denso fumo dello stesso colore.

“Non ce la farete!”

Un sussurro dall’oltretomba.

“Non ce la farete!”

Un urlo e la mano lascia il corpo esanime, che cade a terra con un tonfo. La pelle bianca e liscia dell’arto inizia a rattrappirsi e a diventare color cenere.

“No!”

La figura guarda con orrore la carne che si ritira e le ossa comparire sotto il fine strato dell’epidermide. “Me la pagherai!”

Una risata isterica e poi, il silenzio.

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Capitolo 3
*** Parte Terza ***


Nuova pagina 1

Parte Terza

 

La candela viene riaccesa e, con il suo chiarore, illumina debolmente la casupola: un piccolo spazio, le pareti di legno, a terra un po’ di ghiaia, un materasso con una coperta di lana, una cassa, dei vetri rotti e una ragazza immobile; gli occhi chiusi, i capelli castani rivolti sul pavimento e un brutto segno rosso sul collo.

Le si china accanto e le solleva la testa. Un brivido percorre l’intero corpo; con una mano le sfiora una guancia: è calda! Poi, un movimento inatteso: il torace!

Sgrana chi occhi, le poggia una mano sul petto e quasi non riesce a crederci.

“È... è ancora viva! Ma... com’è possibile, riesco a toccarla?! … ehi, ehi, riprenditi! Su, apri gli occhi!” comincia a schiaffeggiare leggermente il viso pallido e dopo qualche secondo le palpebre si muovono quasi impercettibilmente mentre due occhi scuri prendono a fissare il suo volto stupefatto e confuso.

“Ciao… bentornata!” riesco comunque a sussurrare, accennando un sorriso.

“È… è andata via?” chiede l’altra con voce tremula, cercando di guardarsi intorno.

“Parli di Anthres?! Si, sono andati via!”

“Perché… dici sono ? Tu chi sei?” La giovane si solleva un po’ a fatica, mettendosi a sedere e massaggiando lentamente il collo; si sente ancora un po’ intontita.

“Il mio nome è Christopher.”

“Che sta succedendo? Io stavo... stavo tornando a casa e...” Afferra la testa fra le mani, scuotendola e lasciandosi sfuggire uno sbuffo “Devo essere impazzita!”

Avverte una mano sulla spalla e si ritrova a fissare un paio di occhi verdi e un sorriso che vuol essere rassicurante.

“Con calma, c’è tempo per capire! Ora cerca di tranquillizzarti!”

La giovane continua a scrutare il ragazzo di fronte a lei soffermandosi sulle efelidi che danno al volto chiaro un’aria fanciullesca.

“Sono già tranquilla…” si limita a rispondere, cominciando ad alzarsi “Ora devo tornare a casa!” con un passo incerto comincia a guadagnare la porta prima di bloccarsi e tornare indietro; afferra il cappotto a terra e lo indossa.

Il giovane si alza di scatto “Aspetta!” esclama mentre un lampo di panico che gli attraversa lo sguardo subito mitigato da un sorriso “Per favore, fa attenzione!”

L’altra  lo fissa confusa, ma si limita ad annuire e ad uscire.

La neve la colpisce violentemente e il sibilo del vento sembra quasi un urlo. Guarda davanti a sé non riuscendo a vede quasi nulla: quasi inspiegabilmente comincia a batterle forte il cuore.

“Devo tornare a casa!” pensa la ragazza serrando le labbra e infilando le mani in tasca con fare spavaldo, come a darsi coraggio; fissa con aria di sfida il nevischio le scende rapidamente davanti al suo viso e muove un passo, prima di fermarsi.

“È stata solo la mia immaginazione. Ho avuto un’allucinazione, sono caduta ed ho battuto la testa!”

La sua voce si perde nell’aria rarefatta. Muove altri rapidi passi.

C’è tempo per capire... cosa avrà voluto dire?” Si ferma nuovamente guardando indietro: c’è una vecchia baracca, niente di più.

“Anthres...”

La giovane porta una mano sul collo, avvertendo un leggero bruciore e un brivido correrle lungo la schiena. Respira profondamente come se avesse finalmente preso una decisione, torna indietro. Socchiude la porta e sbircia all’interno; il giovane è accoccolato a terra intento a raccoglie i cocci di vetro: indossa solamente un paio di jeans e una maglietta a mezze maniche.

“Come fa a non aver freddo, mi chiedo.” Fa spallucce stringendosi ancor di più nella sua sciarpa prima che un gemito non la scuote.

“Va tutto bene?” Chiede prima ancora di riflettere, avvicinandosi con passo rapido all’altro che, nel sentirla, solleva lo sguardo con aria sorpresa.

“Come mai ancora qui?”

“Beh, a dire la verità, questa zona isolata mi fa paura!” Fa una smorfia e inclina la testa notando il taglio sul palmo di Christopher che le rivolge un rapido sorriso prima di ritornare a guardare l’arto.

“Aspetta, dovrei avere dei fazzolettini.”

La giovane s’inginocchia a terra ed estrae dalle tasca del cappotto un involucro azzurro. Prende un fazzoletto e, tenendo ferma la mano destra del giovane, con tocco leggero, prende a picchiettare sul palmo.

“Era da tanto che non vedevo il mio sangue!” bisbiglia Christopher.

“E non ti ritieni fortunato?... no, così non va, hai bisogno di un medico: uno o due punti non te li toglie nessuno!” esclama l’altra scuotendo la testa.

“Non posso! È già strano che tu possa vedermi!” un sospiro rassegnato accompagna la frase.

La ragazza fissa il giovane che ha assunto un’aria costernata.

“In che senso? Non capisco! Hai bisogno di cure, quel taglio è profondo!”

“Non mi succederà nulla, tranquilla!”

“Lo so, ma perderai parecchio sangue! Che ti costa, andiamo...”

Gli afferra un braccio e fa per alzarsi...

“Dannaz…” Christopher chiude gli occhi con un’ espressione di dolore; stringe la testa con la mano e sussurra, quasi a fatica “Vai via... allontanati!”

“Cosa? Perché? Che ti prende?” la ragazza resta immobile a fissare l’altro con aria stupita, la mano ancora stretta al suo braccio.

“Allontanati!” grida più forte strattonando il braccio.

“Non ti lascio in questo posto!” sbotta l’altra inarcando le sopracciglia e restando cocciutamente ferma.

“Ma allora sei…” riesce solo a sibilare il ragazzo, a denti stretti.

Un  bagliore improvviso a cui segue un drastico cambio di scenario.

Una strada di montagna

Un autobus

Un ragazzo pronto a salirvi sopra

“No!”

Con uno scatto improvviso Christopher si alza da terra per intraprendere una corsa disperata: deve raggiungerlo!

Gli è vicino, sempre più vicino...

Gli si butta praticamente addosso ma lo attraversa come se fosse fatto d’aria, cadendo a terra dall’altra parte.

Il pullman chiude la porta e si avvia.

Cento metri

Una brutta sterzata

Un dirupo

Uno scoppio e il fumo che prende a salire denso e nero.

“Dannazione!” urla Christopher sbattendo il pugno a terra e l’asfalto viene macchiato da piccole chiazze scure.

“Mi era sfuggito, maledizione! Sono impotente!”

Rimane immobile, il volto scuro e lo sguardo rivolto a terra.

“Oh... oh mio… ! No!”

Un singhiozzo

Una corsa verso il luogo del disastro e poi tutto il resto viene sopraffatto dall’orrore e dall’incredulità.

Le lacrime bagnano il volto della ragazza mentre le fiamme si riflettono negli occhi sgomentati.

Una mano le si poggia sulla spalla.

“Ormai non puoi fare nulla... non potevamo fare nulla!”

La giovane si gira con uno scatto improvviso: a dispetto degli occhi lucido e arrossati, ha un’aria furiosa. Con uno scatto afferra la maglia di cotone di Christopher e comincia a strattonarlo.

“Perché? Perché non l’hai fermato, perché non hai impedito che il pullman partisse? Tu sapevi! Tu sapevi, e allora perché non fatto qualcosa? Perché?”

Grida fra le lacrime e i singhiozzi che riescono per qualche istante a coprire il crepitio dell’incendio poco distante. Il ragazzo le lancia un’occhiata eloquente e la stringe a sé.

“Hai ragione! Hai tutte le ragioni di questo mondo ma... ci sono cose che non puoi ancora capire…” un sorriso rassegnato si disegna sul volto chiaro prima che il giovane sussurri, quasi a se stesso “ Ci sono cose che neanche io riesco ancora a capire…”

Silenzio

L’assenza di rumori si impadronisce dell’aria circostante.

Un breve sibilo

La ragazza solleva la testa e comincia a guardarsi intorno mentre si allontana dall’altro.

“Si- siamo di nuovo qui...” sussurra sbattendo le palpebre cose se si fosse appena svegliata dopo un incubo. Con passo incerto va a sedersi sul materasso a terra e incrocia le braccia al petto rimanendo immobile a fissare il vuoto “Cos’è successo...?” domanda con un fil di voce, quasi a se stessa.

Christopher rimane a fissarla per qualche istante, indeciso sul da farsi prima di raggiungerla e poggiarle una mano sulla spalla “Ti accompagno a casa!”

L’altra asciuga le lacrime con la manica del cappotto e, senza alzare lo sguardo, annuisce.

 

 

 

 

per kari87: ciao! Ti rispondo qui perché ormai è un’abitudine e perché in fondo mi diverto da matti^__^ Enigmatico e contorto… questo capitolo non credo che lo sia, o sbaglio? XD Almeno sono comparsi dei nomi, no? ^^; Spero che si cominci a capire qualcosa XD anche se mi piace da matti lasciare tutto celato… anche se poi, effettivamente, non ci capisce un tubo XD Ehhhh va beh! Capita! ^^ Baci baci!!!

 

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Capitolo 4
*** Parte Quarta ***


Nuova pagina 1

Parte Quarta

 

Camminano nella neve, senza parlare; lei con lo sguardo basso, la fronte accigliata e le labbra strette, lui con aria preoccupata continua a guardarsi intorno con sospetto e, di tanto in tanto, lancia un’occhiata alla ragazza.

Si fermano ndavanti ad un palazzo bianco.

“Io sono arrivata!” sussurra la giovane, infilando una mano nel cappotto e tirandone fuori le chiavi del portone. “Allora... stammi bene!” esclama voltandosi a guardare l’altro prima di aggiungere, con un lieve sorriso “Grazie… per tutto!”

“Credimi, non ho fatto nulla!” Replica Christopher accennando un saluto con la mano mente muove un passo indietro: addosso ha un paio di jeans blu scuro, ai piedi non ha nulla e solo una maglietta di cotone a maniche lunghe gli copre la parte superiore del corpo; la neve gli ha completamente bagnato le spalle. Si volta, pronto ad andar via.

“Ti prego, rimani qui!”

Una frase detta all’improvviso, di getto, quasi senza pensare.

“Ehm... cioè, volevo dire: aspetta, per favore, Christopher!”

L’altro si gira a fissarla con aria sorpresa e curiosa.

La ragazza abbassa lo sguardo, un po’ imbarazzata: “Se... se per te non è un problema... mi farebbe piacere... a dire il vero, sarei meno spaventata se... I miei sono a letto e mio fratello non si accorgerebbe neppure che sono rientrata...!”

“Hai un fratello?” chiede Christopher quasi a voler spostare l’attenzione su un nuovo soggetto.

“Sì, è il mio gemello, si chiama Vincent!” Il volto della giovane si illumina di colpo e ritorna a guardare il giovane.

“Vincent... e la sua gemella, invece? Ha un nome o no?” domanda il ragazzo, sorridendo di rimando.

L’altra ride sommessamente.

“Speranza, il suo... il mio nome è Speranza!”

“Un nome particolare…” Sussurra Christopher “Proprio quello di cui avrei bisogno… anche se, a dire il vero, non l’ho mai persa completamente...!”

Le parole si perdono nel silenzio della notte.

“Allora, vieni o no? Se continui a rimanere nella neve ti prenderai un accidenti! Ah, dobbiamo fare qualcosa per quel taglio!”

Il giovane viene travolto dalle parole di Speranza e, quando la giovane lo afferra per un braccio e lo trascina sulle scalinate, l’altro non riesce a porre resistenza.

Tre piani dopo i due si ritrovano davanti ad un portone color ocra.

“Prima di tutto tenteremo di fasciare quella mano!” Bisbiglia la ragazza guidando Christopher lungo un piccolo corridoio ed entrando in quella che sembra essere la sala da pranzo.

“Ora fai silenzio e siediti lì!” continua, con l’aria di chi non ammette repliche, indicando un divano.

“Come vuoi, ma tanto, anche se gridassi non cambierebbe nulla!” Sussurra l’altro, scrollando le spalle, come se l’esser stato trascinato in una casa sconosciuta non gli facesse né caldo né freddo.

 

Venti minuti dopo i due sono seduti entrambi sul divano, in silenzio; lui, la mano fasciata e lo sguardo perso nel vuoto... pensieri confusi gli attraversano la mente; lei, il braccio sul bracciolo del divano e la testa sorretta da una mano; ha il viso disteso e gli occhi socchiusi.

L’orologio ultramoderno sulla parete alle loro spalle segna le 11:35; il ticchettio della lancetta dei secondi, ha un effetto quasi ipnotico.

Silenzio

Respiri regolari

Morfeo accarezza con dolcezza i capelli della ragazza.

Gli occhi si chiudono, il corpo si rilassa...

Il sonno

Il sogno

Un rumore sordo

La giovane sussulta e apre gli occhi di scatto..

Una risata

Ironica

Divertita

“Accidenti che salto hai fatto! Così impari ad addormentarti sul divano!”

Un giovane che le assomiglia in modo impressionante le è seduto affianco e la fissa con un mezzo ghigno.

“Idiota! Mi hai fatto prendere un colpo!” Speranza si raddrizza, colpendo il ragazzo su un braccio e strofinandosi gli occhi “Stupido…” sibila fra i denti

“Beh, e secondo te come si chiama quello che hai fatto prendere alla mamma questa mattina quando non ti ha trovata nel tuo letto?” Domanda facendole il verso: “Però sei strana! Potevi anche buttarti sul letto con i vestiti invece di spaccarti le ossa sul divano!” Conclude con un’alzata di spalle.

“Avevo sonno... non me ne sono resa conto!” esclama in fretta la ragazza.

“Beh, contenta tu!”

Il ragazzo scruta la sorella con gli occhi castani ben attenti per poi voltarsi di lato, come se stesse riflettendo. Un brivido di freddo attraversa la spina dorsale di Speranza mentre guarda con terrore la figura addormentata sul divano. L’altro, però, sembra non far caso a nulla e, alzandosi con uno scatto esclama, uscendo dalla stanza.

“Devo andare! I corsi mi aspettano! Tu continua a dormire tanto poi dovrai raccontarmi tutto della splendida festa a cui hai partecipato!”

Il portone si chiude con un tonfo e la casa rimane in silenzio.

Stupore

Confusione

Sollievo

Si gira e un sorriso le si dipinge in viso; il giovane ha il braccio sul bracciolo del divano e la testa reclinata sopra. Speranza fa per avvicinarsi a lui, ma si blocca di colpo, sussultando.

“Aspetta! Cosa accidenti sto facendo!” Morde nervosamente un’unghia, guardandosi intorno.

“Ho portato in casa mia uno sconosciuto senza farmi troppi problemi e mi sono addormentata come una bimbetta. Fantastico!” Pensa con un sorriso tirato “Non so assolutamente nulla di lui… assolutamente nulla e… me lo son portato dietro… dannazione! Spery, sei una pazza! Una pazza completa! Accidenti!” Si alza di scatto come per andar via, ma dopo qualche istante ritorna lentamente a sedersi. “Ma come mi è saltato in mente, dico io…” Sospira, nascondendo il viso tra le mani “Ok, ok, ero spaventata e… tutta la situazione era così assurda che… e poi era ferito!” Pensa con enfasi, come se quel particolare riuscisse a mettere a tacere la sua mente.

 “Buongiorno!”

La ragazza sobbalza visibilmente prima di voltarsi “Ciao… ehm… buongiorno… Christopher!” Esclama sforzandosi di sembrare tranquilla “Dormito bene?”

L’altro la fissa perplesso, ma le rivolge un sorriso allegro “Perfettamente, grazie… posso dire altrettanto per te?”

“Oh, beh, ovviamente!” Ridacchia muovendosi a disagio sul divano prima di aggiungere, spostando lo sguardo in giro “La tua mano sta meglio?”

Il giovane annuisce senza muoversi “Credo di aver approfittato fin troppo della tua ospitalità!” Si alza e allunga la mano non fasciata verso Speranza “È stato un piacere conoscerti!”

La ragazza rimane qualche secondo a fissarlo, quasi confusa “Possibile che mi abbia letto nel pensiero?” Una smorfia buffa le compare in viso “Ma che stupidaggini dico, non è possibile! E poi è meglio che sparisca prima che qualcuno…” La ragazza strabuzza gli occhi “Giusto!” Esclama con stupore e ignorando l’espressione interrogativa dell’altro continua “Vinc… mio fratello è appena uscito e non ti ha visto... o ha fatto finta di non vederti?”

Christopher rimane immobile qualche istante prima di sorridere debolmente “Meglio lasciar stare… è ora che tolga il disturbo, è stato bello chiacchierare con te!” esclama riuscendo però a muovere solo un passo prima che la mano della ragazza gli afferri con forza un braccio.

“Perché dovresti lasciar stare? Conosci Vincent? È un tuo amico? Avete messo in scena tutto quel teatrino per divertirvi alle mie spalle?” La voce di Speranza si alza di un tono ad ogni domanda e il suo volto si fa sempre più scuro.

“Co… che cosa? Guarda che ti stai sbagliando! E di grosso, anche!” Il giovane scuote la testa con un sospiro “Non conosco tuo fratello e non mi sognerei mai di fare uno scherzo di così cattivo gusto! Ora per favore lasciami, devo andare!”

“Dove?”

La domanda coglie Christopher impreparato che si limita a fissare l’espressione accigliata di Speranza, senza riuscire a rispondere subito.

“Accidenti, che diamine mi salta in mente ora?” Speranza cerca di non abbassare lo sguardo, nonostante la cosa le risulti difficile “Sta andando via, no? È perfetto, no? E allora che diamine sto facendo? Perché continuo a fermarlo? Cosa sto cercando di fare? Chi se ne importa se conosce o meno Vinc! Chi se ne importa se quello di ieri sera è stato uno scherzo o no… anzi tanto meglio se mi hanno presa in giro e basta… oh, cavolo, mollagli il braccio e falla finita!”

La stretta si allenta leggermente “Scusa… non volevo…” Sussurra la ragazza abbassando lo sguardo.

“Vado dove non possano trovarmi… anche se so che non esiste un posto del genere!” Un lungo sospiro segue le parole del giovane che torna a sedersi.

“Cosa vuoi dire?” Sussurra Speranza, quasi temendo un’eventuale risposta.

“Non è una bella storia, anzi, non lo è per niente, credimi!”

“C’entra con quello che è successo ieri sera?” Questa volta è la curiosità che la spinge a chiedere.

“Ascolta, è qualcosa più grande di me o di te, meglio starne fuori!” Christopher ha assunto un’aria torva e fissa il pavimento come se volesse colpirlo all’improvviso. Tutto ciò non fa che irritare Speranza che muove nervosamente le mani prima di esclamare: “Ascolta, ieri sera mi è sembrato di essere incappata in un incubo... mio o di qualcun altro. Non so dare una spiegazione, non so cosa pensare... ho una gran confusione in testa e, se una parte di me preferirebbe non sapere, cercando di dimenticare il tutto, l’altra parte ha sete di chiarezza!” Afferra il volto del giovane e lo costringe a guardarla negli occhi “Ho rischiato di essere uccisa! E se non si trattava solo di uno scherzo di pessimo gusto, credo di avere il diritto di sapere…”  

La giovane abbassa lo sguardo e sospira mestamente, lasciando andare l’altro

“Dimmi una cosa...” Christopher parla lentamente “Sei sicura di voler sapere?”

Speranza annuisce leggermente prima di tornare a guardarlo.

“Va bene!” Sospira il giovane “Allora ti dirò come stanno le cose!”

 

 

 

 

per kari87: ehhhh finalmente ce l’ho fatta… ormai anche il pc è contro di me ç_ç Spero ti sia goduta questo capitolo^^ Baci!

 

 

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Capitolo 5
*** Parte Quinta ***


Nuova pagina 1

Parte Quinta

 

 

“Tutto è cominciato tre anni fa, almeno per quanto mi riguarda.”Comincia Christopher con aria assorta: “Avevo 17 anni. Quel giorno stavo tornando a casa, dopo la scuola, e sentii qualcuno gridare. Ero in mezzo alla strada e, nel piazzale poco più avanti, ho visto due figure: Anthres e un uomo; quest’ultimo aveva un’aria terrorizzata, era seduto a terra e rimaneva immobile. Mi sono avvicinato in silenzio e li ho visti mentre afferravano...”

“Aspetta! Frena un attimo!” esclama Speranza con aria accigliata “Anche ieri l’hai fatto: perché usi il plurale quando parli di questo Anthres?”

Il giovane scuote il capo: “Una cosa per volta; abbi pazienza e saprai tutto!” Sospira lentamente e dopo un attimo di silenzio riprende a parlare.

“Ho visto Anthres mentre afferravano l’uomo per il collo, come a volerlo soffocare. Sono rimasto a fissare la scena, quasi incredulo, poi, ho deciso di fare qualcosa: ho trovato una pietra e l’ho scagliata contro la figura vestita di bianco... avrei dovuto centrare la testa!” Esclama con stizza: “La pietra ha colpito il fianco ed hanno mollato la presa. L’uomo è fuggito via in preda al panico ed Anthres hanno guardato me. Non nego di aver avuto un tremito d’orrore: quel volto sfigurato... quell’enorme cicatrice. Sì, ho avuto paura, ma ero anche incosciente. Quando mi si sono avvicinati non ho fatto una grinza.” Christopher scuote la testa prima di bloccarsi e portare lentamente la mano al collo. “Mi hanno afferrato per la gola e, con una facilità assurda, mi sono trovato a penzolare con i piedi a qualche centimetro da terra. Lo ricordo come se fosse successo ieri... Mi guardavano con un’espressione rabbiosa. In quel momento devo essermi reso conto della mia situazione, devo aver capito che non c’era più speranza perché la paura avuta fino a quel momento è sparita di colpo. Ho sostenuto lo sguardo nonostante avvertissi la stretta stringersi sempre di più e…” trattiene il respiro per pochi secondi “…e per un attimo ho avuto come l’impressione che la loro espressione cambiasse, come se li avesse colti un improvviso, quanto inspiegabile, moto di pietà... che è sparito in una frazione di secondo perché il suo sguardo si è fatto truce. Hanno sorriso in modo tetro e il respiro mi si è spezzato.”

Nella stanza cala il silenzio fin quando Christopher non riprende a parlare, la voce più fioca.

“Sono riuscito a resistere poco, ho tentato anche una debole reazione ma non c’era nulla da fare. Ho avvertito un dolore acuto ai lati del collo, poi il cervello mi si è annebbiato e tutto è diventato nero.

Quando ho riaperto gli occhi ero disteso a terra, nel stesso posto, completamente solo. Mi sono auto convinto che non fosse successo nulla o, almeno, che quella presenza inquietante fosse andata via. Sono tornato a casa quasi in trance; non riuscivo a togliermi dalla testa quel volto, quell’aria malvagia. Ho incrociato quasi subito mia madre che però non ha risposto al mio saluto. Mi ha completamente ignorato, come se fossi stato trasparente. Non ho dato importanza alla cosa. Un quarto d’ora dopo, però, la cosa ha cominciato a puzzarmi. Il resto della famiglia è rientrato e, nonostante fossi seduto regolarmente a tavola, nessuno, né mio padre, né tanto meno i miei due fratelli, mi hanno degnato di uno sguardo. Solo mia sorella, la più piccola, mi ha fissato.. almeno così mi è sembrato, senza però rivolgermi la parola. Ho addirittura pensato allo scherzo idiota di uno di loro ma, più i minuti passavano, più mi accorgevo che c’era sotto qualcos’altro.

Mia madre ha cominciato a preoccuparsi per il mio ritardo e, quando le ho poggiato una mano sulla spalla per dirle che ero lì, proprio accanto a lei… questa ha attraversato il corpo non sortendo alcun effetto.” Il giovane si guarda le mani stringendole poi a pugno  con un sospiro: “Ancora oggi, a distanza di anni, avverto quell’orrenda sensazione di essere fuori dal mondo... completamente tagliato fuori. Sono rimasto in uno stato di semi incoscienza per l’intera giornata. Sentivo la mia vita scivolarmi addosso; all’improvviso tutto è diventato inutile ai miei occhi.

Quella che ho trascorso a casa, è stata una settimana terribile. La mia famiglia preoccupata per la mai scomparsa ed io incapace di fare qualsiasi cosa... è stata la prima volta che ho visto mia madre piangere! Sono riuscito a resistere solo sette giorni, poi sono andato via…”

La voce diventa quasi un sussurro. Il giovane serra le labbra, fissando con aria assente il pavimento prima di scuotere la testa. Sembra sul punto di continuare quando Speranza esclama “Scusa se ti interrompo, ma, non capisco una cosa: perché non hai provato, che so, a scriver loro un biglietto, una lettera... qualcosa? Non dirmi che in tre anni non hai provato a metterti in contatto con loro!”

“Sì, certo e cosa avrei dovuto scrivere? Sono qui ma voi non potete vedermi, né sentirmi? Siamo seri!”

Christopher inarca le sopracciglia, con aria infastidita, e fissa la ragazza che a quello scatto improvviso, risponde abbassando lo sguardo.

“Hai ragione...”

“Sì, ci ho provato!” Aggiunge Christopher in tono più pacato: “Però mi sembrava crudele. In quel modo avrei rischiato di far soffrire ancora di più la mia famiglia. Ho preferito scomparire del tutto...” Con una mano scompiglia i capelli, in un gesto quasi impaziente: “Ho camminato senza meta per giorni senza avvertire la stanchezza, né la fame... era come se quella che andava in giro fosse solo la mia pelle, non il mio corpo! Camminavo fra la gente ma era come se non lo facessi. Invisibile agli occhi di tutti, incapace di far sentire la mia presenza.

Alla fine mi stancai di vedere senza essere visto e presi una strada di campagna, isolata. Almeno lì mi sarei sentito un po’ più normale. E fu proprio in quel posto che mi sentii chiamare, non per nome, ovviamente… però mi voltai e li vidi, di nuovo.

Non ci voleva un genio per capire che c’entravano loro in tutta quella storia ma ormai la rabbia era sbollita da un pezzo ed era subentrata solo la rassegnazione quindi non feci altro che ignorarli. Mi chiamarono di nuovo, pregandomi di aspettare.” Scuote la testa con un sorriso amaro “Mi avete rovinato la vita, cosa volete ancora?... fu questo che urlai, ma loro, con una calma irritante mi risposero che volevano… parlare! Volevano parlare, volevano spiegarmi... ma spiegarmi cosa? Perché ero in quello stato? Inizialmente non volli sentir ragioni, ma, poi, quando furono a poca distanza, notai qualcosa...

Non sembravano neppure lo stesso essere della volta precedente. Avevano l’aria da cane bastonato. Mi decisi ad ascoltarli! Hanno cominciato col dirmi il loro nome... Anthres... mi si è impresso nella memoria per quanto fosse strano...”

 

Seduto sul sentiero di campagna, Christhoper tiene d’occhio la figura seduta poco distante.

“È la prima volta dopo tanto tempo che riesco a parlare con qualcuno senza vedere nei suoi occhi il terrore!”

L’altro alza le spalle:“Non vedo dove sia il problema! È vero, hai il viso sfigurato, ma ci si può passare sopra!”

Un ghigno e un breve silenzio.

“Molti anni fa non ero così! Non ricordo più quanto tempo sia passato, ma, una volta eravamo due! Due persone distinte e separate!”

Christopher inarca le sopracciglia.

“Cosa stai dicendo? Due persone?”

“Sì  certo, due gemelli monozigoti!”

Il giovane prende a fissare Anthres: una cicatrice che parte dall’attaccatura dei capelli e che scompare sotto la veste bianca, divide in due il viso. La carnagione è chiara e, a primo acchito non vi è nulla di strano ma, dopo un’osservazione più attenta, la parte sinistra risulta avere lineamenti più delicati rispetto all’altra. Ma è quando la figura alza lentamente le mani che la cosa comincia ad esser più chiara. La mano sinistra è aggraziata e affusolata, le unghie ben curate, l’altra è grande e robusta... non sembrano quelle della stessa persona!

“Ma che diavolo...” sussurra Christopher sporgendosi in avanti.

“Cosa ne pensi?”

”Penso che sia la cosa più strana  che abbia mai visto! Ma... cosa ti è successo?”

“Eravamo in due, un ragazzo, Nartan, e una ragazza, Shiren. Giovani come tanti, ma in noi si annidava un animo spietato. Eravamo quelli che oggi definite teppisti, sovversivi, ultrà! Vivevamo in una comunità con tendenze all’isolamento, all’autonomia. Il nostro... diciamo così, paese, si trovava in una zona chiusa e difficilmente accessibile e questo non creava alcun disagio, al contrario, noi ci sentivamo al sicuro, protetti da tutti e da tutto. La vita trascorreva come in un qualsiasi altro posto. Noi ragazzi ci conoscevamo tutti ma, la nostra, era un vita un po’ monotona; sempre lì, sempre le stesse persone, le stesse facce e poi... quegli odiosi protettori che vigilavano su tutti!”

“Protettori?”

“Sì, degli spiriti che vegliavano sulla nostra vita!”

“Spiriti? Ma dove accidenti vivete?”

“Perché, che c’è di strano, ogni popolo ha i suoi spiriti protettori!”

Christopher inarca un sopracciglio.

“Amico, ti stai sbagliando... siamo nel XXI secolo. È vero, c’è ancora chi crede a queste cose, ma la maggior parte della gente non penso sia convinta che gli spiriti esistano... sarebbe come credere ai fantasmi!”

L’altro  alza le spalle.

“Beh, pensala come vuoi, io sono la prova vivente della loro esistenza! Come ti ho detto eravamo due gemelli; eravamo sempre insieme, ci capivamo al volo, ma la nostra condotta non era delle migliori. Fino a quel giorno era sempre andato tutto liscio, fino a quel giorno nessuno si era fatto mai davvero male...”

 

 

 

per kari87: eheh me contenta che Chris abbia fatto una buona impressione… chi sarà mai??? XD beh, in questo capitolo credo di aver spiegato un pochino! Ehhh Kari, Kari, vedi inciuci ovunque, tu? XD … Vincent regna e basta XDDD

 

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Capitolo 6
*** Parte Sesta ***


Nuova pagina 1

Parte Sesta

 

 

“Allora, quando ci muoviamo? Mi sto davvero stufando!”

Una giovinetta è accoccolata fra i cespugli; suoi occhi vispi osservano con impazienza il giovane accanto a lei che tiene sottocontrollo qualcuno a qualche decina di metri.

“Un attimo di pazienza, deve avvicinarsi un altro po’!” risponde l’altro stizzito prima di alzare la testa, sussurrando“Bene, è ora!”

I due si alzano e, con passo felino, si avvicinano ad un bambino che dà loro la schiena; è seduto in riva ad un fiume e, con un piccolo retino, cerca di intrappolare uno dei tanti pesci che popolano il corso d’acqua.

Una luce tetra rischiara gli occhi dei due fratelli che, silenziosi, si avvicinano al loro obiettivo.

Sono a pochi centimetri da esso quando, dopo un’occhiata d’intesa, spingono violentemente il bambino. Questo non si accorge neppure di ciò che sta accadendo e, senza un urlo finisce in acqua. La corrente non è forte, ma il piccolo non è in grado di nuotare.

“Aiut... aiutatemi!” comincia ad urlare in preda al panico.

“Nartan, Shiren, vi prego, aiutatemi!”

I due lo guardano mentre sprofonda sott’acqua e riemerge, chiedendo aiuto. Lo fissano con fiera soddisfazione e sui loro visi aleggia un sorriso malefico.

“Aiuto!”

“È inutile che gridi, non ti può sentire nessuno! Dai, forse è la buona volta che impari a nuotare, impiastro!” Esclama Nartan accompagnando le parole con un’espressione indignata.

“Avanti, muovi quei tronchi che hai al posto delle gambe!” Incalza la ragazzina.

Il bambino continua a muovere convulsamente i quattro arti senza risultato e, mentre viene trascinato lentamente via dalla corrente, l’acqua gli riempie i polmoni, non lasciandogli via di scampo. Il suo corpo sparisce a poco a poco sotto il pelo dell’acqua e le increspature si attenuano fin quando il corso del fiume non ritorna tranquillo come prima.

“Ma guardalo, che idiota!” Nartan scuote la testa.

“Imbecille, devi muovere le gambe!” Urla Shiren riuscendo a stento a rimanere seria per poi sbuffare “Uffa, non esce più! Ha deciso di toglierci tutto il divertimento!”

”Ti sbagli Shiren, ha paura di esser preso in giro per l’eternità e ha deciso di scappare, quel vigliacco! Andiamocene a casa!” Sbatta il giovane, infilando le mani in tasca.

 

Trascorrono diversi giorni prima che il corpo esanime del bambino venga trovato lungo il corso del fiume... gli occhi sbarrati, il ventre gonfio a causa dell’acqua.

Un urlo straziante squarcia il silenzio della notte: l’urlo di una madre che ha perso il proprio figlio.

Un luce pulsante in lontananza: voci incomprensibili si accavallano nel silenzio della notte. Entrano nella testa, confondendo e terrorizzando.

Un forte bagliore e un risveglio improvviso.

Il respiro affannoso, il battito cardiaco accelerato e il viso madido di sudore.

La testa gira quando poggia i piedi a terra.

Si trascina fino al bagno.

Accende la luce; si guarda allo specchio... un urlo di terrore.

 

 

“In quel momento ho capito che la mia vita non sarebbe stata più la stessa!” sussurrano mestamente Anthres, dopo il breve racconto. La figura ha continuato a fissare nel vuoto durante tutta la durata della narrazione come se la vergogna per il gesto compiuto non riuscisse ad abbandonarlo e gli impedisse di guardare negli occhi l’interlocutore.

“Insomma, vi siete trovati uniti quasi senza accorgervene!” Esclama Christopher con aria scettica.

“Proprio così! La condanna è stata delle peggiori... è vero, quello che è stato fatto non ammette perdono, però... “

“La vostra condanna? Ed io che devo dire?” Il volto del giovane si fa scuro. “Io non ho fatto nulla. Ho solo salvato la vita ad un tizio; ho attirato l’attenzione di un essere sfigurato su di me ed ecco cos’ho ottenuto! Cosa sono ora io?” Il tono si inasprisce; Christopher si alza di colpo e prende a camminare.

“Vedo e sento gli altri ma loro non vedono e non sentono me! Posso toccare gli oggetti ma attraverso le persone, come se fossi aria! Mi avete strangolato, mi avete ridotto così ed ora... “

Il giovane si volta a fissare con odio Anthres. “Ora perché mi state raccontando tutta questa storia? Per muovermi a compassione? Bene, non ci siete riusciti, mi fate ancora più schifo!” urla prima di allontanarsi, camminando in fretta.

 “No, aspetta non andare via, ascolta... devo ancora dirti una cosa... tu... devi fermarti!”

Anthres si alzano e cominciano a seguire il giovane, che non accenna a fermarsi.

“Aspetta!”

“No! Lasciami in pace! Non ne voglio sapere; perché non mi avete ucciso e basta? Perché? Perché mi avete trasformato in un fantasma ambulante?”

Una mano gli stringe all’improvviso il braccio.

“Ti prego, ascoltami! Sei l’unico che può fermare questa carneficina!”

“Quale? Quale carneficina?” Sbotta Christopher, furioso; con uno strattone libera dalla stretta “Non so cosa pretendete da me! Mi avete già tolto tutto quello che avevo! Mi avete privato della mia vita! Cosa volete di più? Andate via, sparite, lasciatemi in pace!” sibila fra i denti.

Gli occhi si inumidiscono lentamente e le mani, strette a pugno, tremano per la rabbia.

Un sussurro

“Va bene! Come vuoi tu!”

Un vento leggero; Christopher si volta ma davanti ai suoi occhi vi è solo la stradina... deserta.

Il giovane continua il suo cammino senza meta finché il buio della notte non gli impedisce di vedere. Si sdraia sul ciglio della strada e, con lo sguardo fisso al cielo stellato, vaga con il pensiero.

Un leggero bagliore lo distoglie dalle sue riflessioni. Si tira su a sedere e fissa il buio intorno a sé.

Un dolore lancinante alla testa.

Uno scoppio di luce poi tutto passa e il paesaggio cambia radicalmente.

“Ma che diavolo è successo?” dice a mezza voce.

Si guarda intorno: è giorno, la visibilità è ottima; è su di un’impalcatura e, a poca distanza, un operaio continua a spennellare colore sul muro, incurante della sua presenza.

“Cosa succede ora?” si chiede il giovane alquanto nervoso.

“Perché ora è pieno giorno e mi trovo qua sopra? Anthres!!!” urla alzandosi in piedi.

“Se questo è uno dei vostri stupidi giochetti, non mi sto divertendo! Avete capito, ammasso di idioti?!”

Sta perdendo davvero la pazienza, ha quasi voglia di buttarsi giù; si affaccia e vede le macchine che corrono... sì, forse sarebbe la soluzione migliore, farla finita una volta per tutte!

Un rumore sordo lo fa voltare: l’uomo ha lanciato il pennello in un barattolo di colore e guarda soddisfatto la sua opera ma, all’improvviso, come spinto da una mano invisibile, barcolla e cade dall’impalcatura riuscendo suo malgrado ad aggrapparsi ad una delle travi di legno.

“A... aiuto!” Comincia a gridare.

Christopher dimentica il proposito di suicidio e in breve è vicino all’uomo.

“Tranquillo, ci sono i...”

Tenta di afferrare il braccio dell’operaio ma inevitabilmente attraversa il corpo senza riuscire ad ottenere nulla.

“Diavolo! Come faccio? Dannazione!”

Il giovane comincia a guardarsi intorno alla ricerca di qualcosa che possa aiutarlo. L’unico oggetto utile sembra essere il pennello nel bidone di pittura ed afferratolo lo mette vicino alle mani dell’uomo che però guarda confuso l’oggetto che gli viene incontro come per magia.

“Dai, afferralo! Avanti!”

L’operaio continua a gridare ignorando l’oggetto.

“Per la miseria, afferralo!” urla Christopher colpendo leggermente la mano dell’uomo che quasi lascia la presa per lo spavento; ormai è al limite delle forze: la voce diventa sempre più flebile e le dita scivolano inesorabilmente sul legno.

“Per l’amor del cielo! Afferra questo dannato pennello!” grida esasperato il giovane.

Le mani lasciano la presa e l’uomo precipita per alcune centinaio di metri per poi smettere con l’impatto violento a terra.

“Nooooooo... !” urla Christopher dall’impalcatura.

Vede il corpo straziato a terra e, quasi immediatamente si ritrae, impressionato dalla scena che gli si è presentata davanti agli occhi. Cade seduto a terra, lo sguardo fisso nel vuoto, prima di stringere al petto le ginocchia: “No... no... perché?”

Le lacrime cominciano a rigargli le guancia prima che l’addome venga scosso dai singhiozzi.

Rimane così per minuti che sembrano interminabili mentre nell’aria risuonano le sirene della ambulanze e il vociare dei curiosi si fa sempre più forte.

Si sente solo, Christopher, ora più che mai. Solo e impotente.

 

 

 

 

per kari87: ehhh finalmente ho aggiornato… povero Christopher… lo sto maltrattando troppo. Povero cucciolo!!! Prossimo capito arriverà più in fretta, promesso^^ Anche perché il racconto non è ancora finito XD povera me… o dovrei dire: povera te? Boh! XD Baci baci!

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Capitolo 7
*** Parte Settima ***


Nuova pagina 1

Parte Settima

 

 

Sembra uno zombie mentre si trascina da un lato all’altro della città, senza un perché. Ha lo sguardo spento, perso nel buio della notte, e il volto pallido.

La pioggia gli batte sulle spalle ma lui sembra non sentirla. Continua a camminare lungo la strada come per inerzia.

Una mano gli si poggia sulla spalla. Con uno scatto improvviso di volta: una figura completamente vestita di bianco e con un cappuccio a coprirgli il volto sussurra: “Seguimi!”

Annuisce senza replicare e i due si dirigono in un vicolo isolato.

Un sospiro.

“È una domanda superflua, però, te la faccio ugualmente: come ti senti?”

Christopher sospira e si siede pesantemente a terra.

“Inutile! Mi sento completamente ed inevitabilmente inutile!”Scuote la testa e nasconde il viso fra le mani.

“Già, e questo è solo l’inizio, purtroppo!”

“Cosa volete dire?” Il giovane alza la tasta e i suoi occhi scintillano di sdegno.

“Dico solo che questa non è la prima e non sarà l’ultima persona che soccomberà... se non fossi andato via, ti avrei spiegato tutto... ecco, tu ora vedi come siamo diventati, almeno fisicamente, ma, ancora non ci conosci dal punto di vista psicologico!”

Il ragazzo fissa Anthres con aria confusa e frustrata. “No… mi dispiace, non sono nelle condizioni di capire. Sono confuso e le vostre parole non fanno che peggiorare la situazione... perché non sono riuscito a salvarlo? Perché mi sono trovato lì? Quell’uomo non è inciampato, non ha perso l’equilibrio! Non è stato un incidente! Ho visto cos’è successo, è… è… oh, accidenti!” Christopher stringe la testa fra le mani e chiude gli occhi sospirando.

 “È proprio questo che sto tentando di spiegarti!”

La figura si mette a sedere e poggia la schiena al muro, prendendo a guardare il cielo scuro.

“Quella è la nostra parte peggiore!”

“Ecco, fantastico. Ve ne uscite con queste frasi enigmatiche e il povero scemo che sarei io, ci capisce meno di niente!”

Un timido sorriso compare sul volto del ragazzo... per la prima volta dall’inizio di quella storia da incubo e, strano a dirlo, ma nonostante tutto il quel momento si sente anche un po’ meglio, come sollevato: sa di non essere del tutto solo.

“Avanti, adesso spiegatemi cos’è questa parte peggiore!” Sospira con aria rassegnata e guarda Anthres.

“Io...”

Un blocco improvviso

Gli occhi sbarrati

“No! Ora no! Christopher, mi dispiace!”

Il ragazzo guarda la figura con aria interrogativa.

“Che vi prende?”

Nessuna risposta, ma ha un bruttissimo presentimento quando comincia a pulsargli la testa ed è costretto a stringerla convulsamente tra le mani; la visibilità si riduce a zero, poi, la luce….

“Ma bene, giochiamo pesante, ora!” Sibila Christopher sorridendo sarcasticamente: è in un ascensore in movimento e all’interno non vi è nessuno.

Il giovane rimane in attesa; il mezzo si ferma e la porta si apre: entra una giovane donna che preme il pulsante del secondo piano. Il ragazzo guarda la figura che gli dà le spalle ed inarca leggermente le sopracciglia. Viene invaso da una strana sensazione, un brivido di freddo percorre il suo corpo, e, quasi come per magia, qualcuno vestito di bianco compare in ascensore.

Christopher rimane un po’ sorpreso e sta per dire qualcosa quando la donna si volta di scatto, scorgendo l’essere e con un sussulto si appiattisce con la schiena contro la parete dell’ascensore, che si blocca fra un piano e l’altro.

“Chi sei? Come sei entrato... no... non ti avvicinare!”

Incurante delle sue parole, la figura si avvicina alla donna e, con una mano sola, le afferra il collo. La giovane cerca di divincolarsi. Stringe le mani sul braccio coperto di bianco ma non riesce ad ottenere nulla.

Christopher, che fino a quel momento è rimasto immobile, digrigna i denti gridando “Lasciatela in pace!”  avventandosi su Anthres e colpendo violentemente la testa.

L’essere allenta le presa e la donna scivola a terra.

“Vorresti mettermi i bastoni fra le ruote? Beh, hai decisamente sbagliato i tuoi calcoli!”

Degli occhi pieni d’odio fissano il giovane che ha rimane a fissarli quasi con stupore.

“Ora ho capito cosa intendevano con la parte peggiore... voi mi avete ridotto così1” Si avventa di nuovo sulla figura ma quest’ultima, senza fare una piega, con un manrovescio lo fa finire a terra, stordito; Christopher riesce solo a udire poche parole prima di chiudere gli occhi.

“E adesso concludiamo il lavoro…”

 

Scuote la testa e sbatte le palpebre mentre si alza lentamente guardandosi intorno; con lui c’è solo la giovane donna, seduta a terra, immobile, il busto poggiato alla porta chiusa dell’ascensore.

Massaggiando la nuca si avvicina e fissa il viso pallido della ragazza: gli occhi chiusi, la testa reclinata su una spalle con i capelli tagliati corti che le coprono la fronte. Si accoccola accanto al corpo, mentre i battiti accelerano e avverte un vuoto alla bocca dello stomaco. Avvicina lentamente una mano al volto e le sposta una ciocca di capelli.

Un brivido.

Afferra di colpo le spalle e tira il corpo verso di sé, quasi a volerlo stringere. Lo sente freddo e rigido... prova a trovare qualche segno di vita ma il cuore è ormai fermo. Respira profondamente e guarda nel vuoto, invaso di nuovo da una sgradevole sensazione di inutilità.

L’ascensore si muove lentamente e arriva al secondo piano.

Christopher si scuote solo quando si accorge che la porta si è ormai aperta e istintivamente alza gli occhi.

“Oh mio Dio!”

Le parole fanno trasalire il ragazzo che allontana il corpo da sé, indietreggiando. Un uomo di mezza età entra nello stretto spazio e controlla le condizioni della donna.

“Non... non sono stato io...” sussurra il giovane con aria spaventata. “Era già morta quando mi sono avvicinato!” scuote il capo cercando di discolparsi.

L’uomo compone un numero sul cellulare.

“Non sono riuscito a fermarlo... mi dispiace!” continua il ragazzo stringendo i pugni e rimanendo immobile con il cuore che gli martella nel petto.

Pochi minuti e il suono delle sirene si fa sentire, in lontananza.

Christopher continua a fissare davanti a sé fin quando non si convince che nessuno accuserà mai lui, che nessuno cercherà mai lui, mai più…

Un sospiro e poi solo rassegnazione.

“A quanto pare è questa la vita a cui sono stato condannato!” penso il giovane fra sé, rannicchiando le ginocchia verso il petto e nascondendo il viso fra le braccia.

Quando si decide ad allontanarsi da lì non vi è più nessuno. Sta camminando con passo sostenuto, ma senza una meta quando una voce domanda  “Ancora schoccato?”

Sbuffa e senza alzare lo sguardo borbotta:“Sì, non ci si può abituare a certe cose... o, beh, forse si, però... io non mi ci voglio abituare!”

“Cosa vuoi dire? Neanche io sono riuscito a fermare me stesso... non pensare, però, che non ci abbia provato. A muoverli è l’odio... la cattiveria allo stato puro. L’unico sentimento che riescono a provare è la rabbia... la rabbia e la sete di vendetta!”

“Vendetta? Ma vendetta verso chi? Verso quegli idoli che hanno creato un essere solo da due distinti e separati, o vendetta verso il mondo intero, che non li accetta?” Urla Christopher sferrando un pugno al muro più vicino.

“Cosa?”

Domandano Anthres, fissando il giovane come se stesse delirando.

“Io... io non so niente di... di questi dei a cui credete... ho solo 17 anni e non so nulla della vostra cultura, forse certe cose non le posso capire, però... però una cosa credo di saperla! Non ci si vendica uccidendo la gente senza motivo, per sola rabbia! Ci deve essere qualcosa sotto, anche una sciocchezza, ma ci deve essere oppure siete completamente pazzi, tutti quanti pazzi!”

Il ragazzo si siede a terra e resta in silenzio.

“Sai, forse... forse hai ragione. Sono ormai tantissimi anni che ho gettato la spugna, mi sono rifiutato di continuare a cercare un perché... oh, sì, lo so perché sono... siamo ridotti così, ed è un motivo più che valido, però... ancora non sono riuscito a spiegare il perché di questa doppia faccia della medaglia! Perché esisto se in realtà Nartan e Shiren erano capaci di fare solo cattiverie? Cosa ci faccio io qui? Forse è proprio questo il problema! È questo che mi sfugge...” Lo sguardo dell’essere si incupisce, le labbra tirate in un sorriso che di allegro ha ben poco.

Un sospiro

“Hm... non lo so, non lo so! L’unica cosa che mi è chiara è che sono condannato ad una vita di eterna solitudine!” Bisbiglia il ragazzo con aria tetra.

“Beh, non direi... ora sono anch’io del gruppo…” Una smorfia poco convinta “…beh, almeno possiamo fare due chiacchiere!”

“E continuare a confonderci le idee!” esclama di rimando Christopher alzando le spalle, con aria poco convinta. Il giovane alza gli occhi, guardando il cielo amaranto finché non lo coglie un pensiero improvviso.

“Ma, secondo te, sono morto o no?” Guarda Anthres con aria interrogativa.

“No, non direi proprio!”esclamano con un sorriso.

“Già, la cosa è abbastanza ovvia... o forse no…”

“Diciamo che sei in bilico... non sei vivo, la gente non si accorge delle tua presenza, però non sei neanche morto perché... beh, oggettivamente esisti!”

“Ma questo solo per voi... per il resto del mondo...” Christopher prende a fissare il vuoto, rimanendo la frase a metà prima di sospirare mestamente e sibilare “Non gli darò questa soddisfazione! Fosse l’ultima cosa che faccio!”

Una frase che si sembra perdersi nel nulla.

“Mi dispiace, non riesco a star dietro ai tuoi pensieri... ma non importa!”

“A volte sono un mistero anche per me stesso!” Un sorriso... pieno di fiducia... delle voci in lontananza si accavallano... sempre di più...

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