A mai più

di VeganWanderingWolf
(/viewuser.php?uid=77762)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A mai più ***
Capitolo 2: *** regno in nessun dove ***
Capitolo 3: *** selvatichezza non s'indossa ***
Capitolo 4: *** strange people ***



Capitolo 1
*** A mai più ***


e vennero giù dal cielo

col loro videogioco di guerra

non avevamo pietà o inganno

ardevamo tra le nostre fiamme.

so che ci hai visto, signore della vita comune

 

posso ben ricordare

e lei riesce ancora a immaginare

non fummo uccisi per niente

non combattemmo per una cosa qualsiasi.

tutte le persone sedute in platea

stavano a contrappesare le motivazioni

dell'una o dell'altra parte della battaglia

cercando di decidere chi aveva più torto e più ragione

proprio nell'attimo in cui sciogliemmo il nostro abbraccio

e gridando l'anima fuori dai polmoni

alzammo le nostre braccia, le nostre voci

e i piedi iniziarono a correre.

e so, signori miei, che voi stavate a guardare

 

la mia lancia si alzò e colpì, ogni colpo al cuore loro e al mio

le sue braccia come lampi e i suoi capelli a sfidare il vento,

impazzito dalle loro pale di mulini da battaglia,

e noi nella nostra danza di guerra,

e loro, nel loro gioco di mitraglia e bombe e razzi,

tanti e tanti da far illuminare a giorno i vostri schermi.

i nostri occhi ardevano di lacrime di fuoco

il nostro cuore batteva l'ultima danza del tamburo

che ha scelto di non languire nel morire

di non piegarsi nel patire

di non indietreggiare nel vendere noi e ciò che con noi vive.

signori e signore, fu un bello spettacolo per voi, valeva il biglietto pagato?

mentre quegli schermi brillavano di bombe, era la vostra festa dei fuochi artificiali?

so che voi vedeste, so che voi udiste, ma io non vi ho udito

io non vi sento, ma il mio spirito muto ancora rimane a guardarvi

e non capisce, non capisce la morte nel vostro limbo personale e generale.

 

noi che fummo vivi morendo, voi che sembrate morti vivendo

spiegateci ora, che ci avete studiato

come eravamo, le nostre storie e tradizioni, le nostre battaglie perse

spiegateci il senso della vittoria, che non volemmo imparare

spiegateci la vostra giustizia, che rifiutammo quando ce l'abbatteste addosso

spiegateci il senso delle vostre catene, a cui fuggimmo e che spezzammo

il senso dei vostri benefici, che quando rifiutammo, ce li faceste pagare comunque

a cara pelle, signori e signore miei

a cara pelle, non vi vendemmo la nostra, né vi chiedemmo d'averci a che fare

e la squoiaste, calpestaste e bruciaste, la ingannaste, seppelliste e riesumaste in museo.

non è una colpa, forse, ma potrebbe essere una responsabilità.

e potrei sputare sulle lacrime dei vostri figli che rinnegano ciò che faceste

perché bruciavano le parole al vento, mentre non ascoltavate

e potrei continuare a volervi capire, ma non volevate raccontare se non per vendere

ma non volemmo comprarvi, non volemmo venderci,

e riguardo a ciò ci processaste e sterminaste

senza saper combattere con il coraggio della parità e del viso aperto

e certamente figuriamo ancora un po' come barbari sul vostro odierno menù.

 

ma tenetevi dunque il vostro cielo

ma tenetevi dunque le vostre parole

ma tenetevi dunque le vostre terre

ma tenetevi dunque le vostre risorse naturali

che a noi non appartennero mai

perché ci convivevamo e rispettavamo

ci sfidavamo e dimostravamo di esserci reciprocamente all'altezza.

ma tenetevi dunque i vostri schiavi e le vostre prigioni

ma tenetevi dunque le vostre buone  e ragionevoli motivazioni

ma tenetevi le vostre celebrazioni e proprietà

ma tenetevi dunque le vostre amorevoli pietà

ma tenetevi il vostro pentimento e le vostre confessioni

le vostre scienze e religioni

che a noi non servirono mai, né ci servono ora

che noi non le volemmo né chiedemmo mai

che mai ci mancarono né ci mancheranno.

se noi morimmo, voi non cresceste mai.

se voi progrediste nel vostro brodo

noi ce ne andammo con gli occhi in alto

e tutto ciò che avevamo con noi, chiuso nel nostro cuore.

per sempre, qualsiasi cosa possa ciò significare.

ciò che fu fu. a mai più.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** regno in nessun dove ***


.regno in nessun dove.

 

 

così do un'altra spinta con le dita

e il mondo ruota vorticando su un'asse instabile

in un'altro mattino mi risveglio solo

strizzando le lacrime rimaste impigliate nei rovi

sono solito arroventare il ghiaccio

guardando il clangore delle catene

clangore di fuoco negli occhi di nemici

ed è solito scoppiare il ruggito nel bel mezzo del canto

quando lei mi dice 'qui è tutto ok, il sovrano è morto per sempre'

e socchiudendo le labbra mi passa da lingua a lingua la chiave

che dischiude i confini senza serratura (spezzata) di un luogo altrove

e raccogliendo gli scarponi mi raccomando di mormorare tra me e me:

andarsene così triste, andarsene così triste...

 

E iniziano a squillarmi nelle orecchie le trombe spiegate dei regni che giungono

gladiatori romani perduti arrivano, così eleganti nei loro drappeggi dipinti

e invidiando i colori della foresta quaggiù col sole che bacia i tetti di paglia

alzano le spade e impennano i cavalli impiumati scatenando l'inferno

Pur bruciando della tua mancanza non oso chiamarti, non qui

non qui dove scorrerà il sangue di troppi di noi

non qui dove sorgeranno i pianti infiniti di tanti morti caduti

E quando tutto è perduto, ritrovandoci incatenati tra di noi a fissare i  loro lucenti elmi

ai loro ampollosi richiami al principio della civiltà suprema e moderna e avanzata

rivolgo loro un sorriso che non so spiegarmi, e rido, e rido

rido pazzo di dolore, rido, ma rido di loro, che mi dichiarano folle

E infine mi congiungono agli altri col ferro e la prigionia

alfine chiudendoci su navi che solcheranno le onde delle nostre lacrime ingoiate

quando chi di noi arriverà vivo e sfilerà con le piume colorate degli uccelli ammazzati

tra i loro coriandoli di festa, sulle loro strade puzzolenti

tra la fanfara delle genti riunite per gridare al trionfo dell'incontro cordiale

tra diverse popolazioni, stabilendo con ragionevolezza qual'è la superiore

e io rido, rido e rido, rido folle di dolore, rido della loro pazzia

io che... senza più nessun dove

 

e per questo, senza un'altra parola

allungo la mano e rifaccio girare il mondo

dichiarato imperfettamente tondo dopotutto

ma io mi accendo il mio falò nelle notti fredde, per richiamarti da me

ascolta il mio SOS... e non venire mai

 

Non venire mai a vederci lucidare i pavimenti di saloni a piedi nudi

non venire mai a vederci con collarini nuovi a spolverare le preziose porcellane

non venire mai a vederci servire diecimila portate a questi ingozzati signori

che ci porgono le mance con sorrisi agghiaccianti e si complimentano

quanto siamo carini, noi, di specie in purtroppo estinzione

col rumore delle catene che si perde, coperto dall'orchestra deliziosa

E non venire mai a vederci nelle mani di missionari caritatevoli

loro che rappresentano il lato umanitario della civilizzazione

giacché non si possa recriminare mai, che tra i buoni non vi furono i cattivi

che tra i cattivi non vi furono i buoni, e che forse, povere creature, lo eravamo noi

mentre loro ci insegnano, come perdonare e come implorare

mentre loro ci insegnano, come al bravo cittadino recitare

mentre loro ci insegnano, come infilarci dritti dritti nella loro idea di resurrezione

E allora, gridando e piangendo, scaravoltando il banco e sbagliando le vocali

pronuncio insurrezione, e rido e rido, e non so spiegare perché, davvero

loro mi riportano nello sgabuzzino, dichiarato 'caso perso'

e con camicie eleganti e leganti mi chiudono dicendo anche 'stia calmo, per favore'

io rido e rido, pazzo di dolore, e rido di loro, folli per davvero... per davvero, amore

 

Ma sento dalla gabbia squillare, i campanelli di una rivolta che arriva

e guardo alzarsi le fiamme dalle case, imbizzariti cavalli scaravoltare le carrozze

credo che morirò lì dove sono, perché non mi importa più di me stesso

ma quando riapro gli occhi ci sono angeli di ferro che solcano il cielo

serpentoni di fumo che spazzano il mondo, e in questo apocalisse

vengono, vengono ad aprire la mia cella e conducendomi per mano dicono, dicono

oggi tutto è cambiato, non sono più pazzo, solo che mi esprimo diversamente

E mentre loro mi trascinano nella loro alba di ragione, giudizio e comprensione

rido e rido, e grido e piango, chiedendo di rinchiudermi ancora, perché

non voglio vedere il mondo a cui non appartengo sorgere fino al cielo

conquistare il loro stesso inesistente dio in una parabola d'allucinazione

sbrodolando e delirando parole di autocritica e autocelebrazione

e poi crollando e crollando, ma dicendo che è il modo migliore e schiantandoci tutti

in un infinito caos ordinato di raziocinio puro ed inarrivabile follia

impreco e prego, prego e impreco, chiudetemi ancora, là in silenzio e buio

starò in pace infine, aspettando la mia tomba, da scavare con le mie mani, almeno

Pur se rimane il desiderio, quello sempre, rivederti ancora

per qualche ragione sorrido loro in un modo che non so spiegare

e quando si distraggono scappo a perdifiato, non so dove, suppongo in nessun dove

 

e sono re, di regno in nessun dove

sovrano solo di me stesso

e ribelle contro me stesso

e amico e nemico di me stesso

in questo regno in nessun dove

le cose sono molto diverse

non c'è fil di ferro a ferirti

sguardo e cuore, polmoni e strada

e le spine si succhiano via dalla pelle

in questo regno in nessun dove

in cui ancora un grido erompe in gola

mandando in frantumi i primi anelli

di ogni nuova possibile catena

e ogni respiro che si articola

si inanella in parole mie e di altri

e ogni movimento si congiunge

col mio e con quello di altri

cosicché alfine non ho parole

per spiegare ciò che si vive attraverso

corona né di spine né di gemme

nessuna corona tranne quella

del profilo della collina

dove trovo casa, culla, ritrovo, dimora

e arrivandoci di lontano ancora

ancora sento quelle voci

no, non solo gli alberi e le erbe a parlare

le loro voci danzano

c'è una festa in corso, sempre una festa

in cui piangere e ridere, combattere e rialzarsi

precipitare e riprendersi

da soli o in mezzo alle braccia di altri

cosicché alfine ritrovo che è

il mio regno, il mio regno in nessun dove

e tu, tu e loro che chiamano, chiamano il mio nome

portandomi molto più lontano dei regni lasciati indietro

tendendo le mie braccia a chi non è più cieco di sbarre

danziamo fino a nuovo mattino, penso

e perbacco, si fa davvero

e la cosa più bella rimane

con te, con te e loro, a tempo pieno

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** selvatichezza non s'indossa ***


_Selvatichezza non s'indossa_

 

 

Ti possono anche vendere vesti pinte di pelli selvatiche

ma questo non ti da la libertà della furia selvaggia, signor* mi*

Stavo gironzolando seguendo il mio intuito, mi si para davanti...

ah, se vuoi farti sentire devi gridare in parole che io possa capire

son sceso dai monti l'altro giorno, ma non m'importa della logica piana

ho ancora tutta la mia piantina e i miei valori, niente di cartaceo, tutto dentro

E queste persone che s'agghindano di pelle altrui e scarpe da giraffa

il dottore mi ha proposto di trattarle con rispetto se non voglio farmi ingabbiare

ma non ho promesso nulla in questo senso a nessuno, e rido delle loro pagliacciate

E piace loro la vita avventurosa, guidano auto che dalle mie parti hanno motivo d'essere resistenti

qui non le sanno comandare e si sfasciano nei vetri i denti, e io scuoto la testa e faccio occhio brutto

al dottore che lisciandosi i baffi o la cratavva o la giarrettiera dice alla ricchezza 'è depressione'

allora corrono a sistemare la loro noia con vacanze avventurose o un po' di liposuzione,

e io li seguo da vicino...

vai vai: dove non arriveranno i tuoi soldi, oltre ci saranno i sentieri dove non è moneta la corrente

 

Posso riposare ai margini della loro coscienza

loro litigano coi loro contribuenti, agenti e commercialisti

cercano di tirarsi fuori l'anima con l'acuminato gancio delle orientalità

e si esaltano per le originalità d'ogni genere che non facciano sembrare tutto uguale

Prova a metterti alle caviglie con orlo su misura del signor-affari

chissà se trova dal sabato alla domenica un po' della sua dose di selvaggio weekend

da lunedì si ritorna inquadrati e capelli stirati pensando alla prossima uscita senza guinzaglio

e in generale niente da ridire sulle corde e catene, che tengono tutto ordinato

come un abito che puoi spiegazzare e poi tornare a centrifugare e stirare

Oh, no no no, la selvatichezza non s'indossa, non si assaggia, non si fa souvenir

magari un giorno vi sarà fatale, o magari non la incontrerete mai per davvero

ma è pieno di addomesticatori che ve ne renderanno esperienza sicura e temporanea per vostro sollazzo

L'altro giorno ho imbucato un branco di cannibali facendoveli scambiare per camerieri e ballerini esotici

e tagliavo a pezzetti la verdura mentre sobbollivano le vostre tenere tenere carni un po' troppo grasse

mi sono messo una ciotola scaravoltata sulla testa e una tenda addosso

sono andato per un po' in giro a fare il santone, ho distribuito generosamente consigli e illuminazioni

ho mandato a casa propria un po' di gente con souvenir come febbre gialla, dissenteria, malattie veneree

e guano di pipistrello scambiato per pietra rara e preziosa

 

Allora venite a spiegarmi le ore occidentali con gli orologi dorati ai polsi tappezzati di diamantini

gli stessi che indossano quelli che girano con jeep e le armi automatiche da voi generosamente portate

e fanno a pezzi per divertimento, come insegnano i vostri programmi, come insegna la vostra idea di godimento

Allora venite a raccontarmi delle vostre religioni tanto buone e misericordiose

di come sia inelegante sputare semi, meglio tabacco di marca omicida, per uccidersi più dolcemente

e ricordatevi di portarmi qualche schermo grande come un orto, ma dall'effetto di coltivazione d'oppio

l'oppio per la mente e l'oppio per il cuore, ma volendo pure una siringa

E indottrinatemi su come deve o non deve abortire una donna, per la sua moralità o per la sua forma fisica

spiegatemi come ci si può divertire a guardare le grandi partite che svolgete nelle nostre case per il nostro bene

illustratemi come i giochi che fan da mangiatoia ai vostri guadagni insegnano la solidarietà tra popolazioni

anche se vedo una sola solidarietà, quella della lotta, poiché se qualcosa ci accomuna di sicuro è di farvi da zerbino

E vendetemi qualsiasi cosa, qualsiasi cosa, dalla plastica al green&wise, e dopo avermi avvelenato l'acqua

mi raccomando di fare le dighe per regolarne il corso, ma se non sarà l'acqua ci saranno uomini a tirarle giù

Accomunatemi alla vostra idea di 'buon e povero caro selvaggio', mettete nei musei le mie foto e ciò che mi avete rubato

e disconoscete i vostri padri che ci ammazzarono e torturarono e frodarono e derubarono e ridicolizzarono

perché ora che avete tutto potete anche giocare al boicottaggio e ai buoni sentimenti, e fare le stesse cose

le stesse cose, lo stesso effetto, ma purché abbiano nomi più giusti, purché possiate non sporcarvi le mani e gli occhi

Ditemi della vostra idea di 'bene superiore' correttamente calcolata in base al fatto che meno persone abbiano tutto

e tutte le altre un livello minimo decente di vita da ricevere a mano tesa e capo chino come tozzo di pane e goccio di vino

Raccontatemi di quei rispettabili scrittori che vi scaldarono il cuore, e i cui culi pesanti portammo in giro a caccia-safari**

 

Voi forse non capirete perché un giorno brucerò tutto

ma va bene così

se non lo capite così, che non lo vogliate o non riusciate, non mi importa

basterà che vediate le fiamme

basterà che sentiate le fiamme

basterà che ardiate nelle fiamme

perlomeno un uso utile di tutto questo combustibile

 

 

 

** riferimento ad Hernest Hemingway

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** strange people ***


.strange people.

 

Quando arrivarono

non ci colsero davvero di sorpresa

il volo degli uccelli lo aveva detto

e i nostri stregoni lo avevano letto

Quando arrivarono

sembrarono qualcosa di completamente diverso

da qualsiasi cosa che si potesse immaginare

Non eravamo in familiarità con il concetto di clamore

ma il sospetto che il nostro mondo si sarebbe potuto scaravoltare sottosopra

così, da un istante all’altro

così, con incredibile semplicità

Ma i nostri cuori erano semplici

non eravamo in familiarità col concetto di temere qualcosa di nuovo e diverso

solo perché non lo si conosce ancora

Conoscevamo solo la curiosità

solo quella permette veramente di essere vivi

 

Erano come enormi balene di legno all’orizzonte

erano come villaggi galleggianti alla deriva

Guardammo la forma delle nuvole per sapere se erano buone o cattive nuove

ma esse erano impassibili

così eravamo tranquilli

non poteva essere una tempesta

Ma l’inizio della fine si avvicinò con loro

silenziosa e semplice come la morte sotto mentite spoglie

Non eravamo in familiarità con l’inganno

perché tutto ciò che sapevamo vero

era che la natura delle cose non può ingannare se stessa così tanto

Ma loro avevano molta familiarità con l’inganno

e quella era la loro natura più vera

 

Delle nostre storie

interessava loro solo quelle che parlavano di oro

e non importava loro

che narrassero di come chi lo insegue venga maledetto

Delle nostre anime

importava loro di poterle convertire alla loro divinità

e non era importante per loro

che fossimo costretti a scegliere tra il loro dio o il nostro massacro

dei nostri corpi

Per loro valeva solo come potevano essere utili se schiavizzati e sottomessi

e non avevano pietà

di che cosa fossimo aldilà di ciò che poteva tornare a loro vantaggio

Della nostra casa

non importava loro che di conquistarla, devastarla e gettarla via

ed erano convinti che fosse una sciocchezza

quando li avvertimmo che avrebbero finito per avvelenare loro stessi e le loro generazioni future

Delle nostre saggezze

importava loro solo che fossero abbastanza affascinanti da essere scritte su carta o imprigionate in museo

e non aveva valore

il capirle per vivere piuttosto che per collezionarle come qualcosa da possedere

 

Siano maledetti

dalle loro stesse azioni

e oh, lo saranno

lo sono dal momento

che il nostro sangue hanno versato

per irrigare i loro templi e i loro tesori

E i loro templi crolleranno loro addosso

e i loro tesori li soffocheranno a morte

Non saremo qui per vederlo

ma il volo degli uccelli disse

che il loro arrivo era la nostra fine

che la nostra fine era il nostro inizio

della loro fine

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=660335