Amore accidentale.

di Suicidal_Love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I. ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I. ***


Titolo: ϟ Amore accidentale.

Autore: Suicidal_love

Paring: Arthur/Merlin  è il paring della fanfic centrale, peccato che arriverà pian piano.

Gwaine/Merlin – Arthur/Ginevra (solo per poco se no mi decapito da sola XD) – Lancelot/Merlin (appena accennato) – Lancelot/Ginevra e altri.

Avvertimenti: Slash – Lemon - Tragicomico – Long-fic - SPOILER.

Rating: Per ora arancione, ma poi salirà a rosso.

N.A: Ecco che la Sui torna all’attacco con Merlin.

Sinceramente questa fanfic la metto SPOILER perché per alcune cose tiene conto della terza stagione, ma solo per POCHE cose si intende.

Il resto è tutta mia invenzione .__.” e beh … che dire … sono innamorata del personaggio di Gwaine e ce l’ho a morte con l’asino, però, sempre fedele al Merarthur alla fin fine.

Spero vi piaccia.

So che questo è un banale inizio, ma credetemi è solo l’infarinatura di una situazione più complicata.

Grazie a tutti coloro che commenteranno.

 

AMORE ACCINDENTALE

 

 

 

 

Merlino si sedette sulla sommità della collina sassosa con le braccia strette attorno ai ginocchi.

Rovesciò il capo all’indietro e fissò l’immensa volta del cielo, provando un profondo e rassicurante senso di solitudine.

Per un valletto della corte di Camelot, era raro trovare dei momenti dedicati solamente a se stessi, una vera conquista, a dire il vero.

Erano cambiate molte cose da quando Arthur aveva sfidato apertamente il padre asserendo senza paura di essere innamorato della sua giovane amica, Ginevra.

Vi erano state urla, oggetti buttati contro i muri, minacce di esilio, minacce di morte, ma a nulla erano valsi gli sforzi di Uther quella volta ed allora dopo settimane di litigi aveva acconsentito al fidanzamento trovando, però, in esso un certo vantaggio.

Il suo popolo ora, lo considerava un buon re.

Non più un tiranno, ma un sovrano che pensava non solo agli affari del regno, ma anche un uomo di buon cuore che aveva lasciato che una semplice serva divenisse la donna del principe e forse futura regina.

Merlino fece vagare lo sguardo per il cielo, nuovamente e con voce incerta si rivolse ad esso “Sono un mago” disse assaporando le parole.

Come risposta udì solo il silenzio; allora si rizzò in piedi e ripeté con più forza “SONO UN MAGO” e spalancò le braccia per racchiudere nel suo gesto tutto ciò che poteva sentire dalla natura, dal suo essere.

 

 

Un vento incessante spazzava la campagna di un verde splendente.

Veniva direttamente dal mare, spingendo dinnanzi a sé ammassi di nuvole gravide di pioggia, che si sarebbero alla fine liberate su Camelot.

Ancor prima che la pioggia iniziasse a battere al suolo l’aria era già densa, pesante e ricca d’umidità.

Le felci risplendevano negli anfratti come fiamme smeraldine; i fianchi tondeggianti delle montagne lanciavano improvvisi bagliori; nell’aria si respirava profumo di vita, morte e crescita.

Sotto i cumuli di pietra e i Domen eretti per ricordare i defunti, dentro la cinta difensiva in rovina, nel cuore accogliente della terra ricoperta di muschio, i fantasmi, i caduti della grande purga si agitarono.

Merlino sbatté le ciglia, dalle quali caddero piccole gocce d’acqua che si confusero con le sue lacrime.

Era raro che il giovane mago piangesse e quando lo faceva aspettava per ore che la pioggia nascondesse il suo dolore.

Piangeva, piangeva e sfogava la rabbia, l’amarezza, la delusione e tutti i soprusi che era costretto a subire, ma soprattutto lasciava che il suo cuore si aprisse totalmente all’assurdo destino che gli era stato affidato.

Doveva aiutare quell’asino a essere un buon re, ma non aveva previsto che questo avrebbe portato il suo cuore ad affidarsi nelle mani del biondo principe, che inconsapevole, l’aveva calpestato più di una volta e quel giorno, nel bosco, quando gli aveva confessato di amare con grande ardore Gwen, era riuscito a spezzarlo definitivamente.

Era sbagliato, ne era consapevole, ma non poteva assolutamente fare nulla se non nascondere tutto il suo puro e sincero amore dietro una maschera di finta idiozia e amicizia.

Alla fine, era normale che avesse preferito una donna a lui, peccato che nonostante tutti i suoi ragionamenti puramente logici, era arrivato ad una sola soluzione: lo amava e ciò non cambiava nulla, se non un suo profondo e straziante dolore al petto.

Si asciugò le lacrime mischiate alla pioggia prima di osservare il confine con espressione spenta.

Il richiamo di Lancelot che lo cercava, però, lo scosse dai suoi dolorosi pensieri.

Era venuto a cercarlo.

Aveva dei compiti e il mago se ne era dimenticato per parecchie ore, in cui era stato seduto a riflettere.

Si volse verso l’amico che lo guardò scuotendo il capo.

“Ah! Eccoti sei qua!” gridò vedendolo rigirarsi “non ti fai mai trovare quando qualcuno ti cerca vero?” esclamò allungando una mano sulla sua spalla scrollandolo appena “guardati sei fradicio e gelido Merlino” continuò con dolcezza scompigliandogli i capelli già zuppi d’acqua, come i suoi del resto.

“Sto bene” gli disse in tono rassicurante cercando di nascondere un tremito nella propria voce.

“No Merlino non stai bene” Asserì il neo-cavaliere e il mago sorrise.

Lancelot era l’unico in tutta Camelot, che era al corrente dei suoi sacrifici e sofferenza.

“Andiamo” proferì prendendolo per l’esile polso e rivolgendogli un sorriso rassicurante iniziando a correre con il più giovane verso il cavallo lasciato al riparo sotto alcuni alberi.

Merlino osservando l’amico riuscì a recuperare il buon umore e scoppiò a ridere, seguito subito dall’amico che capendo ogni cosa, si buttò sul moretto buttandolo sull’erba bagnata ed ingaggiando una lotta infantile, ma assolutamente rinvigorente per entrambi.

Perché, i due, soffrivano allo stesso modo.

Il loro cuore era stato spezzato e stavano cercando pian piano di recuperarne i cocci sparsi per ricomporlo.

Forse, con il tempo, il cuore sarebbe tornato integro, magari più forte.

 

 

“Si può sapere dov’eri finito idiota?” chiese ancora una volta alterato il biondo che camminava avanti ed indietro per la stanza, lasciando che il servitore si riscaldasse davanti al caminetto.

“Aldilà dei boschi, sulle colline” rispose nuovamente il servitore non nascondendo una punta di irritazione nella voce.

Il principe alzò lo sguardo su quello di Merlino che sostenne fieramente quella muta lotta.

“Avevi dei doveri da compiere, invece, sei andato alle colline a giocare” quel giocare lo disse con acidità “con un  mio cavaliere, con Lancelot” finì spostando stavolta le sue iridi su quelle del cavaliere che fissava insistentemente terra, non per paura ma per non incontrare la figura di lei, che con grazia sedeva sulla grande sedia in noce, rivestita di morbida pelle d’orso.

“Arthur” sussurrò Ginevra con voce morbida “non hanno fatto nulla di male, stavano solo divertendosi come due amici” esordì nascondendo la gelosia che le attanagliava il cuore ogni volta che sentiva di Lancelot e Merlino.

“Non è questo il punto Ginevra” la interruppe Arthur “ciò che voglio dire è che entrambi hanno dei compiti da svolgere e che in questi ultimi mesi, soprattutto Merlino, li ha trascurati per cosa? Rotolarsi come bambini nel fango, ingaggiando lotte stupide”.

Il mago allungò le mani verso il fuoco e chinò leggermente il capo.

“Mio asino reale” disse, infine, dopo un lungo silenzio “se permettete sono anni che sto dietro ad ogni suo ordine e scusate se in questi mesi ho osato ritagliarmi qualche ora da passare in compagnia di un amico”.

Entrambi si osservarono rabbiosi.

Lancelot sospirò.

Sapeva che Merlino non riusciva a tacere di fronte a certe accuse e sapeva fin troppo bene che il suo principe non prendeva bene certi “affronti”.

“Mio principe, voglio scusarmi a nome di entrambi, abbiamo sbagliato” disse con voce ferma, ma il nulla rispose.

Solo Arthur e Merlino che si fissavano con ostilità.

“Se essere il mio valletto non ti aggrada puoi cambiare occupazione” ringhiò il nobile, ricevendo in risposta un’occhiata indignata e ferita.

“Allora la cambierò asino” asserì rabbioso e amareggiato il maghetto stringendo i pugni lungo i fianchi, prima di ritrovarsi con le spalle al muro e il biondo che lo teneva bloccato “TU NON CAMBI NESSUN LAVORO!” urlò Arthur prima di lasciarlo andare.

“Ora entrambi fuori” esclamò osservando la propria donna che lo fissava rassegnata.

I due se ne andarono e il biondo si lasciò cadere sul letto massaggiandosi le tempie, prima di lanciare un vaso a terra quando da fuori riecheggiò la risata di entrambi.

 

 

Gli uomini si incurvarono davanti al fuoco lasciando che varie canzoni, non troppo cavalleresche, risuonassero per l’aria satura di alcol e puzzo d’uomo, della taverna.

Erano ormai anni che non faceva visita a Camelot, la città che tanto l’aveva affascinato da bambino.

Non aveva un perché il suo tornarci.

Nessuna scusa sentimentale, in effetti, una notte l’aveva sognata e il giorno dopo era partito per quel lungo viaggio.

Ora era solo ad un giorno dalla città ma il suo cuore già fremeva.

Non riusciva a capire il perché, pensò l’uomo, ma sapeva che v’era qualcosa da fare in quel luogo.

Alzò il braccio e si bevve un sorso di Idromele prima che un riso gli partì spontaneo dalla gola, lasciandolo un attimo senza fiato.

Sputò un po’ della bevanda e tossì un paio di volte, lasciando che la giovane sopra lui lo guardasse con espressione lussuriosa.

La mano della donna, rovinata, accolse nel palmo il suo membro stretto nei pantaloni e un gemito uscì roco dalla sua gola.

“Sir Gwaine volete andare di sopra?” chiese lei con malizia, cercando di risultare seducente.

Peccato, che fosse sì carina e ben dotata delle forme giuste, ma non era quella bellezza che tutti decantavano, inoltre era un’oca.

Come aveva potuto credere che lui fosse davvero un cavaliere.

“Ma certo lady Megan” rantolò leggermente brillo l’uomo alzandosi a fatica.

La donna rise e lo tenne un po’ su, riuscendo a fargli compiere due o tre passi più o meno dritti, prima di cadere rovinosamente su un povero ragazzo.

“Mio signore” esclamò questo sotto lui.

Gwaine aprì gli occhi e sorrise sornione “Voi sì che siete proprio una bella fanciulla sapete?” disse biascicando prima di posare le labbra su quelle dello sventurato.

“MERLINO!” si sentì e poi Gwaine vide due occhioni blu e il buio.

 

To Be Continued.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


N.A: Ehm CIAO *si nasconde* scusate belle pimpe ma … insomma … non avevo ispirazione. Scusate se la storia va a rilento ma è fatto apposta u.u.

Non preoccupatevi però … arriverà presto quel QUALCOSA *-*. Ora passiamo ai ringraziamenti *tossicchia con una pergamena in mano*.

GRAZIE A: Agito, frida_E, draco potter, Shannara_810 (*__* sei sempre una gran ispirazione my lady!), Stella_Oscura.

 

BROKEN SMILE

 

Quando riaprì gli occhi Gwaine sentì distintamente la testa pulsare e ogni suo muscolo ribellarsi alla sola idea di muoversi.

Sbatté più volte le palpebre cercando di superare il fastidio di quella piccola luce che maligna penetrava la socchiusa finestra in legno concentrandosi sul suo viso scaldandolo.

Richiuse le iridi e poggiò i palmi delle mani sulla soffice superficie su cui era steso. Strano, molto strano, pensò.

La sera prima si ricordava la taverna, una prostituta di nome Megan e un paio di occhi lapislazzulo che l'avevano stregato tanto da lasciar perdere il divertimento con quella donna.

Oh sì, occhi-blu era sicuramente una fanciulla fantastica, si disse divertito, assaporando ancora quel colore nella sua mente. Larghi, sinceri, puri ... occhi di una vera dama, una delle più belle dame.

Si leccò le labbra aride e con un gran sforzo di volontà aprì nuovamente gli occhi affrontando la perfida nemica, la luce.

Si fece forza con le braccia sollevandosi con il busto, notando solo ora di non avere più la sua camicia -beh non era una delle sue preferite- pensò non demoralizzandosi.

Ora bisognava solo capire dove fosse e possibilmente rintracciare occhi-blu.

 

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Lancillotto osservò torvo l'amico che sorrise innocentemente a quello sguardo pieno di rimprovero.

"Perchè?" domandò dopo parecchi minuti in cui non aveva fatto altro che guardarlo dritto negli occhi.

Il giovane mago inclinò il viso di lato tenendo fra le mani il mantello del suo principe appena lavato.

"Perchè cosa?" chiese con voce candida, fingendo di non aver compreso ciò che l'amico volesse chiedergli.

Il cavaliere sbuffò sonoramente lanciandogli un'occhiataccia aspettando che Merlino rispondesse alla sua domanda.

Il servo chinò appena il capo ed osservò il cortile interno del castello costellato da mille dame che con i loro abiti formavano quasi un arcobaleno di colori.

Tutte giovani, tutte ridenti, tutte felici in attesa che il padre o il tutore le dessero in sposa ad un nobile coraggioso.

"Merlino?" lo chiamò di nuovo Lancillotto non nascondendo dell'irritazione che fece riscuotere il valletto.

"Non era giusto abbandonarlo per terra in quella locanda ... inoltre era ubriaco e non l'ha fatto di proposito." spiegò brevemente controllando i corridoi in attesa di scorgere Ginevra o Arthur.

"Potrebbe essere un ladro, un brigante o peggio un assassino" rispose il moro con espressione più dolce.

Merlino sorrise. Lancillotto era un buon amico e si preoccupava troppo per lui.

"Non preoccuparti, sono sicuro che quell'uomo sia una brava persona." replicò allegro contagiando anche il cavaliere che gli circondò le spalle con un braccio scompigliandogli i capelli.

"Sei troppo buono Merlino e ..." si girò quando il principe finì la frase "troppo stupido".

Entrambi si scambiarono un'occhiata rivolgendo l'attenzione al biondo che severo li osservava furioso memore ancora della loro "gita" del giorno prima.

"Mi sembrava di aver detto che voglio si lavori qui, non che si giochi alla coppietta felice." disse stringendo le labbra in una smorfia tutto fuorché benevola. "Oppure avete bisogno di un viaggetto in solitudine per tubare piccioncini?" continuò sarcastico.

Il mago si morse il labbro inferiore osservando il suo padrone con fierezza nonostante gli volesse urlare quando lo amasse e che il suo cuore era suo e che non vi era nulla se non lui a mandarlo avanti.

Era inutile anche solo pensarlo, si disse maledicendosi.

Si stava facendo male da solo e in grande stile avrebbe osato aggiungere.

Era talmente innamorato di quell'asino borioso da non riuscire più a cambiare i suoi sentimenti in disprezzo, odio o in semplice relazione servo-padrone.

Deglutì senza farsi vedere, benedendo quella fascia che portava sempre al collo e lo guardò con determinazione nascondendo tutto quell'amore dietro ad un falso muro d'indifferenza.

"Magari dovreste andare voi non credete? Ginevra potrebbe sentirsi quasi trascurata dalla vostra costante vigilanza nei riguardi di me e Sir Lancillotto." replicò egregiamente notando con sadico piacere quelle iridi azzurre dipingersi di rabbia e umiliazione per la sagace risposta.

Perché oltre alla tristezza provava collera e mortificazione.

Collera verso Arthur che cieco non riusciva a comprendere il suo amore.

Mortificazione verso se stesso che stupidamente sperava che i suoi sentimenti un giorno fossero ricambiati.

"In questi mesi sei diventato un servo ancora più inutile ed insopportabile." disse il nobile principe stringendo le mani a pugni per trattenere l'ira che gli aveva pervaso il corpo a quella risposta impertinente.

Lancillotto osservò i due e sospirò mentalmente poggiando una mano sulla spalla di Merlino.

"E' ora che ci dedichiamo ai nostri compiti che dici?" sussurrò con voce morbida quasi vicino al suo orecchio distogliendo l'attenzione del mago dal padrone.

Merlino guardò gli occhi scuri di Lancillotto ed annuì provando un senso di calma in quel tono caldo e soffice, in quegli occhi pieni di sentimento.

Era grato a Lancillotto di stare al suo fianco.

"Hai ragione, se permette sire vado a finire i compiti per voi e Lady Ginevra." disse infine allontanandosi in fretta.

Lancillotto sorrise e guardò il suo principe che ricambiò il suo sguardo rabbioso, ma non abbassò le iridi, affrontando con coraggio la sua furia.

"Cosa c'è fra te e Merlino?" domandò con voce calma, troppo calma.

"Una forte amicizia." rispose prontamente il cavaliere stringendo l'elsa della spada cercando di captare una qualche reazione da parte del biondo che semplicemente scrollò le spalle e si allontanò a grandi passi lasciandolo solo.

Lancillotto non nascose un sospiro sollevato. Gli pareva di aver appena scampato un duello con un leone di montagna affamato della sua carne.

 

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Le nuvole gravide di pioggia si stesero sulla città come un largo mantello e Merlino corse verso gli appartamenti di Gaius di fretta non volevo bagnare il bucato dell'asino appena fatto.

Svoltò a destra e aprì la porta della piccola abitazione notando con piacere che il suo "ospite" era sveglio e di buon umore visto che stava allegramente mangiando una zuppa, sicuramente offertagli da Gaius.

Posò i panni su una sedia libera e lo guardò con un bel sorriso.

"Sei sveglio!" esclamò contento, lasciando che lo straniero lo osservasse con cautela prima di sgranare gli occhi quando incontrò i suoi.

"TU SEI OCCHI-BLU!" urlò Gwaine alzandosi dal tavolo rovesciando la brocca d'acqua che si infranse al suolo.

Merlino balzò in avanti e lo guardò confuso "Occhi cosa?" chiese scioccato quasi quanto lo straniero che si portò una mano sul viso.

"Credevo fossi una dama!" ribatté lamentoso offendendo il giovane mago.

Una dama?

Una dama?

Non era sicuramente una dama e non era stato carino pensare lo fosse, pensò il moretto alzandosi in piedi per cercare qualcosa con cui asciugare l'acqua.

Gwaine conscio della figuraccia cercò di rimediare e prese una camicia da sopra la sedia e si mise a pulire per terra per sdebitarsi creando però orrore nel viso del ragazzo.

Cosa aveva fatto?

"Quella è la maglia del principe." spiegò Merlino osservandola con tristezza, per poi scoppiare a ridere senza motivo.

Una risata cristallina che a sua volta lo contagiò spingendolo a dar voce anche alla sua allegria che si unì a quella di occhi-blu.

"Perché ridi?" chiese Gwaine avvicinandosi al ragazzo che inclinò il capo all'indietro.

"Perché sei così buffo quando cerchi di rimediare a qualche danno causandone, però,  uno peggiore." rispose cercando di trattenere quel riso che dopo tempo gli pareva alleggerirgli il cuore pensate "scusa" mormorò, qualche secondo dopo, raccogliendo la casacca di Arthur ormai compromessa

"Scusami tu ... il tuo nome?" domandò il castano ottenendo in risposta -Merlino- "Beh ... Merlino, io sono Gwaine … al tuo servizio." disse facendo una finta deferenza che fece ridacchiare il ragazzo "sei il servo del principe?" chiese curioso.

Il mago alzò gli occhi ed annuì adombrandosi.

Ancora quel sentimento lo assalì come un vento impetuoso il cui unico fine era di farlo cedere sotto i suoi violenti attacchi.

Gwaine senza pensarci gli passò una mano fra i capelli e Merlino sorrise.

"Hai un sorriso spezzato." disse solamente staccando la mano dal capo del moretto che sgranò appena gli occhi "qualcuno ha spezzato il tuo cuore vero?" chiese per poi scuotere il capo "scusa Merlino non sono affari miei!" esclamò sorridendo per poi andare verso la porta aprendola "grazie ancora per la tua bontà occhi-blu." disse infine uscendo dall'uscio in legno che cigolò sinistramente.

Il mago rimase solo e per un attimo sentì tutta la solitudine calargli addosso.

Sorriso spezzato.

L'ombra di quello che era.

Destinato a proteggere l'uomo che appena Re avrebbe sposato il suo vero amore, Ginevra … non lui.

Destinato a restare nell'ombra.

Destinato a mantenere quel sorriso spezzato.

 

To Be Continued.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Salve! Ecco un nuovo capitolo! Spero vi piaccia! Piano piano le cose si stanno sviluppando e fra poco scoprirete una cosa KUKUKU *-*.

Ora l’angolo dei ringraziamenti. Grazie di cuore a: Stella_Oscura; FairyCleo; Shannara_810; Edian.

 

EVERYTHING CHANGES

 

Giselle cercava disperatamente di non ricadere nell’incoscienza, di mantenere in funzione la mente, di capire ciò che avveniva intorno a lei, ma quasi sempre i suoi sforzi risultavano vani. Aveva dei momenti di lucidità in cui vedeva altre persone e avvertiva sensazioni dolorose; poi, di suoni e di immagini del quale non afferrava nulla.

Adesso stava di nuovo tornando alla realtà. C’era un uomo curvo su di lei … un momento! L’aveva già visto. Riconosceva quel volto. Sì! L’aveva ferito al viso quando aveva tentato di portare via la sua bambina, Costanza.

Una collera selvaggia le liberò nel sangue una scarica di adrenalina e restituì il movimento alle sue membra: tese un braccio ed affondò le unghie nel collo dell’uomo.

Alaric urlò e fece un balzo indietro; si portò una mano alla zona lesa e, quando la ritirò, era sporca di sangue.

Quella strega gliel’aveva fatta di nuovo! Furibondo, si chinò su di lei e la colpì con violenza.

Giselle spalancò le iridi castane e il suo capo tornò a terra facendola tornare in uno stato di semi incoscienza.

Immagini confuse si fecero strada in lei ed il terrore la paralizzò. La sua bambina, la sua Costanza!

Aprì le labbra in un gemito muto prima di vedere Alaric cadere a terra così come tutti gli uomini di quel brigante.

Era un sogno?

La donna sbatté più volte le palpebre e un altro uomo si chinò su di lei sollevandola. Rabbrividì impaurita e perse nuovamente i sensi.

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Quel mattino Merlino, appena arrivato nelle stanze del principe, aprì le tende con un gesto secco rivelando nel grande letto a baldacchino due figure che abbracciate si stavano svegliando a quell’improvvisa e fastidiosa luce.

Il giovane mago fece una piccola smorfia di disappunto ed uscì dalla stanza per poi rientrarvi qualche secondo dopo con un vassoio riccamente riempito di ogni prelibatezza. Solo il meglio per il principe e la sua fidanzata, pensò Merlino poggiando con poca grazia l’oggetto sul grande tavolo in legno di quercia creando un fastidioso rumore che si sparse per la stanza.

La reazione di Arthur non  fu proprio cordiale. Si erse con il busto e afferrato un cuscino glielo lanciò contro, naturalmente l’oggetto fu abilmente schivato dal valletto che semplicemente lo raccolse da terra e si avvicinò al letto reale osservando come Gwen si fosse messa a sedere poggiando la gota sulla spalla dell’asino.

Nascose abilmente una smorfia di dolore e d’istinto buttò il cuscino sul viso del biondo elargendo uno scocciato “E’ pronta la colazione” prima di sparire in gran fretta.

A differenza della settimana precedente, Merlino era diventato totalmente insofferente alla vista della coppia reale.

Ogni qual volta li incrociava sentiva la magia scorrergli nelle vene creandogli un forte fastidio e dolore che si spargeva con velocità in tutto il corpo.

Una rabbia improvvisa gli appesantiva il cervello e la razionalità veniva soffocata pian piano lasciando posto all’istinto.

Gli pareva che ogni giorno quella sensazione peggiorasse e non gli lasciasse scampo, tanto che avrebbe preferito a volte che Uther condannasse Gwen ingiustamente allontanandola dal principe; poi, però, scuoteva il capo e si rimproverava per quel maligno pensiero.

Gwen era sua amica ed era felice che avesse trovato la felicità in Arthur giusto? MENZOGNE! Non era felice e non poteva far altro che maledirsi più e più volte per quel sentimento che lo stava corrodendo dall’interno.

Maledizione!

 

 

Giselle sentì una mano posarsi sul suo braccio ed udì la voce di Costanza sussurrare: “Mamma, stai bene?”.

La donna sorrise ed annuì stancamente. La sua Costanza era viva ed era con lei. Ringraziò gli Dei ed alzò il viso scorgendo il volto di quell’uomo che a quanto pare era il suo salvatore. “Grazie mille signore” mugolò mettendosi a sedere a fatica aiutata dalla figlia che si prodigò a tenerla sollevata.

“Io sono qui per aiutare voi signora, per aiutare chiunque sia in difficoltà” rispose lui riponendo la spada nel fodero con un gesto fluido.

“Chi siete?” chiese lei abbracciando la figlia con dolcezza, quasi a volersi accertare che fosse davvero salva.

Lui la guardò e con un sorriso raggiante mise una mano al suo fianco fiero di ciò che era e che faceva. “Sono Perceval e farò tutto ciò che è nelle mie possibilità affinché nessuno nella vostra condizione sia più vittima dei briganti!” esclamò.

Giselle rise e diede un bacio sulla guancia della piccola Costanza che si staccò dalla madre abbracciando la vita di quel signore che sobbalzò sorpreso.

“Voi siete un gigante buono!” esclamò la bambina facendo nascere sul volto di Perceval un tenero sorriso.

Era questo che lo faceva star bene. La gratitudine e il vedere una famiglia di nuovo riunita.

 

 

“Complimenti Merlino!” esclamò il mago a se stesso “ora non solo il principe ti riempirà di compiti, ma crede anche che sei geloso!”.

Il moretto si chinò a terra e raccolse l’ennesimo ceppo per ravvivare il focolare reale.

Quando era tornato nelle stanze di Arthur, poco più tardi quella stessa mattina, questi lo aveva osservato con cipiglio severo tamburellando le dita sul tavolo.

Merlino gli aveva restituito lo sguardo grato che Gwen non fosse al suo fianco come ormai succedeva spesso.

Solo qualche minuto dopo il biondo aveva stancamente posato la schiena sulla morbida sedia e si era passato una mano sul viso massaggiandosi gli occhi.

Il servitore era rimasto fermo in attesa di qualsiasi reazione prima che appunto il principe lo accusasse di essere geloso dei sentimenti che provava per Gwen perché in qualche modo anche lui ne era invaghito.

Baggianate!

Merlino era rimasto totalmente scioccato, che ciò che ne era conseguito dopo non gli aveva dato peso.

 Quell’asino … quel brutto asino borioso e senza cervello credeva che LUI nutrisse dei sentimenti per Gwen!

Si era per caso ammattito? Il giovane mago ne era certo.

Lui … invaghito della sua amica, ora divenuta fastidioso soprammobile nelle stanze di Arthur, roba da pazzi!

Sospirò buttandosi seduto a terra tenendo la legna stretta al petto in un’espressione infantile.

Non era preso per Gwen, anzi … in un momento di confessione con Lancillotto l’aveva per giunta apostrofata vacca riuscendo a zittire l’amico scioccato da quella cattiveria.

Merlino ne era rimasto sconvolto quanto lui, tanto che tentò di giustificarsi, di far capire che quel termine era rotolato fuori dalla sua bocca senza pensarci, invano.

Lancillotto aveva solamente posato una mano sul suo capo e ridacchiato mestamente per poi confessare di aver chiamato spesso Arthur, porco.

Il valletto aveva riso sguaiatamente aggiungendo con un pizzico di bambinesca ripicca che Arthur era sì un porco, ma reale!

Merlino si morse il labbro inferiore sorridendo segretamente a quelle piccole confessioni che avevano risollevato il morale di entrambi.

Lancillotto era davvero un buon amico, pensò prima che una freccia si conficcasse nella sua coscia facendolo urlare dal dolore.

Che succedeva?

Si guardò attorno e portò una mano all’oggetto notando come pian piano il suo pantalone si colorasse di cremisi.

Sgranò gli occhi ed estrasse, facendo violenza su se stesso,  la freccia buttandola a terra, prima che due briganti armati sbucassero davanti a lui sguainando la spada.

“Oh guarda guarda chi abbiamo qui? Un topolino indifeso” gracchiò uno di loro assottigliando gli occhi.

Il compagno lo tenne puntato con la balestra e si leccò le labbra. “Eddard credo che avremmo un po’ di divertimento oggi” esclamò avvicinandosi al mago che teneva le mani premute contro la ferita, imbrattandole di sangue.

Li guardò negli occhi ma non accadde nulla perché, Gwaine, si era parato davanti a lui con la spada in mano pronto a combattere.

“Non dovreste prendervela con  chi non può difendersi!” esclamò scagliandosi contro i due.

L’uomo armato di balestra alzò l’arma pronto a colpire il suo salvatore ma prima che potesse scoccare la freccia, Merlino sussurrò un incantesimo facendola volare via dalle sue mani.

Gwaine continuò a battersi contro colui che aveva sentito chiamarsi Eddard, tentando anche di curarsi del compagno che persa la balestra aveva tirato fuori la spada avventandosi contro l’avversario.

Il mago lo guardò tentando di focalizzare la vista su uno dei due briganti, ma questa pareva non dargli ascolto.

Allungò un braccio a fatica sentendo la testa pesante prima che un altro uomo, un gigante, si abbattesse su uno dei due dando man forte a Gwaine che quando si girò esclamò un sorpreso –Perceval!- pima di abbassare il capo evitando che la spada lo decapitasse.

La battaglia durò qualche minuto prima che i due malviventi cadessero a terra storditi.

“Gwaine!” disse Perceval abbracciando l’amico che ricambiò goffamente la stretta.

“Ehy omone!” rispose il castano passandosi una mano fra i capelli umidicci prima di spostare il suo sguardo su Merlino che pian piano stava scivolando nell’incoscienza.

Si precipitò da occhi-blu, come l’aveva ormai ribattezzato e gli passo una mano sul viso osservando la ferita.

Imprecò strappandosi un lembo della casacca.

“Aiutami Perc! Dobbiamo portarlo a Camelot!” esclamò allacciandogli l’improvvisata benda alla ferita per fermare il flusso di sangue.

Il ‘gigante’ non appena l’amico ebbe finito lo prese in braccio senza fatica dirigendosi verso la città capitanato dal castano che gli fece strada controllando più e più volte che nessun altro brigante spuntasse fuori da qualche arbusto.

Merlino aveva bisogno delle cure dell’anziano cerusico con il quale viveva.

 

 

 

Quando il moro riaprì gli occhi si ritrovò il viso di Arthur e quasi credettte di avere una visione. Era davvero lui?

Sorrise stupidamente prima di focalizzare meglio la figura. Era Gwaine, pensò amaramente.

Ovvio … Arthur non si sarebbe premurato di venir da lui, si disse come a rimproverarsi da solo per averci sperato.

Si leccò le labbra secche e si concentrò su di esso che gli sorrise impertinente carezzandogli i capelli.

“Pensavo che non avrei più rivisto i tuoi occhi” sussurrò creando un insolita sensazione nello stomaco del servitore che tossicchiò un poco imbarazzato.

“Grazie per avermi salvato! Se non ci fossi stato tu …” rispose facendo arrossire stranamente Gwaine che si grattò il collo.

“In realtà ti avevo seguito … andare nella foresta da solo, senza un’arma con i tempi che corrono …” spiegò facendo spallucce.

“Beh … grazie lo stesso” disse di nuovo prima che due labbra si posarono sulle sue in un piccolo bacio che pian piano si fece più audace. Le labbra massaggiarono quelle del mago che docilmente le schiuse, lasciando che la lingua di Gwaine toccasse la sua in una piccola danza.

Merlino chiuse totalmente gli occhi e si concentrò su quelle labbra, quella lingua e quella barba che gli graffiava piacevolmente il viso.

Lui amava Arthur, ma quel bacio lo rasserenava. Era un egoista, pensò scontento di se stesso.

Sentì una mano calda e ruvida posarsi sulla sua guancia ed alzò di poco il capo d’istinto prima che un tonfo violento lo riscuotesse.

Gwaine si staccò girandosi e si trovò di fronte un uomo biondo vestito con un paio di pantaloni ed una casacca rossa.

Questi lo osservò malevolo e posò il suo sguardo azzurro su Merlino che lo sostenne a sua volta.

“Non credevo fossi così impegnato” sbottò improvvisamente Arthur battendo il piede a terra come a voler rimarcare il concetto.

“Non rimproveratemi Arthur, voi siete impegnato in queste attività molto più spesso di quanto dovreste” rispose a tono il moro ricevendo in risposta un piccolo ringhio.

“Credevo fosti innamorato della mia fidanzata ed invece scopro che ti piacciono gli uomini” storse il naso “da taverna a quanto sento”.

Perceval, che fino a quel momento era rimasto in disparte, si alzò dalla piccola sedia offertagli da Gaius qualche ora prima e si parò davanti al biondo.

“Non potete parlare così di Gwaine! Non lo conoscete. E’ un uomo di tutto rispetto che ha salvato Merlino da uno stupro o morte certa!”.

Arthur spalancò gli occhi ma non osò chiedere scusa. “Naturalmente salvandolo ha voluto un bacio come ricompensa!” ribatté irritato “e naturalmente Merlino da brava meretrice ha deciso di concedergli di più!” finì pentendosi mentalmente di quell’insulto che provocò dolore negli occhi del mago e sdegno in quello dei due uomini. “Quando avrai finito con loro due ti aspetto nelle mie stanze, hai del lavoro da compiere!”.

Detto ciò il principe abbandonò le stanze del servitore sentendo un forte dolore al petto e lo stomaco in subbuglio.

Quando aveva visto quel Gwaine baciare il suo servitore aveva provato una rabbia che gli aveva pervaso il corpo.

Non era gelosia … era solo rabbia perché il suo servitore aveva osato avere una relazione omosessuale senza il suo consenso, ovvio.

Sospirò pensando alla sua dolce Ginevra e ripensò a come aveva sbagliato a giudicare Merlino geloso di lui.

Il valletto aveva una relazione con Lancillotto ed ora con quel Gwaine! Ne era certo!

Quel pensiero, tuttavia, non lo rallegrò, anzi … lo fece fremere ancora più di rabbia senza motivazione.

Diede un calcio al muro e si allontanò dalle stanze del medico di corte di tutta fretta. Aveva bisogno di sfogarsi ed un buon allenamento con la spada lo avrebbe aiutato.

 

 

“Ma chi si crede di essere quel … quel biondo” sbottò Gwaine marciando avanti ed indietro per la stanza, mentre Perceval si era seduto al capezzale di Merlino presentandosi in principio, per poi controllare la ferita.

“Il principe ereditario di Camelot e futuro Re” rispose Merlino zittendo il castano che guardò Perceval con occhi sgranati.

“I nobili mi piacciono sempre meno” brontolò incrociando le braccia al petto, venendo trascinato fuori dal gigante che sorrise bonario al giovane mago.

“Torneremo fra qualche ora, riposa Merlino” mormorò chiudendo la porta.

Gwaine sbuffò e diede una pacca sulla spalla dell’amico che lo guardò stranamente.

“Sei interessato a lui?” domandò Perceval sistemandosi la spada alla vita.

Il castano lo guardò dritto negli occhi prima di ridere “E’ così evidente?”.

Si voltò ed iniziò a camminare per i corridoi “Andiamo alla taverna allora? Hanno dell’ottimo idromele!” esclamò allegro lasciandosi dietro un Perceval che chinò leggermente il capo amareggiato prima di mascherare la delusione di quella confessione con un sorriso falso.

“Alla taverna!”.

 

To be continued …

 

 

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