Rewriting of Evangelion - Continuity (/viewuser.php?uid=262) Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1° Capitolo *** Capitolo 2: *** 2° Capitolo *** Capitolo 3: *** 3° Capitolo *** Capitolo 4: *** 4° Capitolo *** Capitolo 5: *** 5° Capitolo *** Capitolo 6: *** 6° Capitolo *** Capitolo 7: *** 7° Capitolo *** Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
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Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***
5° CAPITOLO Il sole rendeva quella giornata particolarmente torrida. Sembrava di essere in estate, invece si era ancora in primavera. Ma per la professoressa di ginnastica non era affatto un problema giocare a pallavolo con quel caldo. Le ragazze della seconda A erano state sfidate dalla seconda B, e ora stavano svolgendo una partita nel campo della scuola, sotto lo sguardo di alcuni spavaldi giovanotti che dal tetto dell’edificio sbirciavano le giocatrici. A volte il sudore poteva fare meraviglie nel mostrare dettagli che solitamente erano nascosti. Nella squadra della II A c’erano anche Asuka e Hikari. Mana e Rei invece stavano in panchina. La prima con lo sguardo basso, la seconda persa in chissà quali pensieri. Erano passati già tre giorni dall’attacco dell’angelo e Mana aveva sempre fatto attenzione a evitare lo sguardo di Asuka, che comunque non dimostrava di interessarsi molto a lei. Shinji invece più volte era parso sul punto di dire qualcosa, per poi trattenersi. Ayanami invece sembrava vivere fuori dal mondo. Per Mana non era un problema. Voleva stare da sola. “Dai Tako, fai un servizio dei tuoi!” gridò il capitano della II B a una delle schiacciatrici. La ragazza obbedì prontamente, saltò e colpì la palla. “La prendo io!” urlò Asuka, che si sporse in avanti tenendo le braccia tese e le mani giunte. La ragazza sentì qualcosa sfiorarle a velocità altissima la testa. La palla si conficcò nella rete di protezione del campo. E lo fece con tale forza che la rete si deformò e la palla esplose. Sul campo scese un silenzio sbigottito. La giocatrice Tako si guardò le mani, stupefatta. “Asuka! Stai bene?” domandò Hikari andando affianco ad Asuka. “S-si, credo di si” rispose sbalordita la ragazza. “Ma cosa è successo?” “Non lo so. Stavo per prendere la palla, quando è… è come sparita. Poi mi è sembrato che un proiettile mi passasse affianco alla testa”. La professoressa si chinò ad esaminare la rete piegata dalla forza dell’impatto e i resti del pallone. Tra tutte le ragazze, soltanto Rei sembrò accorgersi di qualcosa: si alzò, andò al centro del campo e si chinò per raccogliere un oggetto. Mana se ne era andata. Quando tutti gli studenti tornarono in classe, lo strano incidente sembrava essere stato già dimenticato, ma non da tutti. “Dov’è Mana?” La domanda di Shinji non trovò risposta da Toji e Kensuke, che si strinsero nelle spalle. “Mana ha chiesto di uscire prima” gli disse allora Hikari, che stava cercando di ricostruire con Asuka cosa era successo. Shinji fissò il banco vuoto della sua nuova compagna. Nel suo appartamento, Mana piangeva a dirotto, stringendo al petto la scatola che solo lei poteva toccare. La scatola era aperta, ne guardava il contenuto e ogni occhiata sembrava scatenare una nuova ondata di singhiozzi. Sarebbe stata capace di piangere ancora a lungo, ma fu interrotta dal bussare alla sua porta. Rapidamente la ragazza rimise a posto la scatola e cercò di darsi una sistemata prima di andare ad aprire. Guardò dallo spioncino. Sorpresa aprì la porta. “Shinji Ikari?” Shinji sembrava alquanto imbarazzato. “Ehm… si. Ho pensato che ti servisse qualcosa”. “Come facevi a sapere dove abito?” “L’ho chiesto alla signorina Misato”. “Be, prego entra”. La ragazza fece accomodare Shinji. “Posso offrirti qualcosa?” “No, non disturbarti”. Shinji si guardò in giro: nell’appartamento stavano in bella vista molto foto, per la maggior parte panorami. C’erano anche alcune foto della famiglia di Mana, di suo padre e sua madre, persone dall’aspetto distinto e simpatico, e dei suoi fratelli maggiori. “Hanno gli stessi capelli della sorella” pensò Shinji. Mana gli andò affianco. “Ikari, cosa volevi dirmi?” “Eh?” “Avevi detto che eri passato nel caso mi servisse qualcosa. Cosa?” In effetti, non lo sapeva nemmeno Shinji. O meglio, lo sapeva. Ma non sapeva se ne era all’altezza, dato che lui sembrava essere l’ultima persona al mondo capace di offrirlo. “Aiuto” disse semplicemente. “Aiuto?” ripeté Mana. “Si, per via di quello che ti ha detto Asuka. Mi dispiace davvero che sia stata cosi dura con te. In effetti il suo comportamento mi sembra strano. Con me non si è mai comportata cosi, almeno non fino a quel punto”. “Ma io non me la sono presa”. “E allora perché quegli occhi arrossati?” Mana sospirò e si avvicinò a uno dei quadri. “Ho pianto, si. E non perché me la sono presa. Ma perché Asuka ha ragione, ha perfettamente ragione. La mia prima prova con l’Eva è stata un disastro. Ti rendi conto? Se tu non avessi spostato la mia arma, avrei crivellato di colpi lo 02. Asuka ha fatto bene ad arrabbiarsi, mi sarei arrabbiata anch’io davanti ad un compagno cosi inetto”. “Ma era la tua prima volta” replicò Shinji “Il problema non è in te, Kirishima. E che ti è successo tutto troppo in fretta. Ti sei ritrovata sballottata all’improvviso in qualcosa molto più grande di te. Però puoi farcela”. “E tu cosa puoi saperne?” rispose Mana guardando Shinji negli occhi. “In America ho sentito parlare di te, sai? Nella Nerv sei una sorta di leggenda, il ragazzo che ha raggiunto il 41% di sincronia al primo tentativo, che ha battuto tre angeli e aiutato a sconfiggerne altri tre. Per molti sei una sorta di veterano. Io sono solo una nullità in confronto a te. E sparisco anche di fronte ad Asuka, che ha una tecnica di pilotaggio sublime. Mentre Ayanami finora non ha potuto fare molto, tuttavia non è certo il tipo che commette simili gaffe. Ed io? Che cosa ho fatto io finora? Ho solo rischiato di uccidere il Second children! Mi sa tanto che sono solo di troppo, qui. Forse dovrei ritirarmi”. Shinji si passò una mano sulla testa. “Guarda che hai un’opinione troppo alta di me. Ti ricordi quando ti ho detto che nella mia prima battaglia stavo per mettermi a piangere? Bene, avessi fatto solo quello. La mia prima battaglia è stata un disastro, non ho saputo reagire in alcun modo, l’angelo ha spezzato il braccio dello 01, gli ha trapassato il cranio ed io non ho fatto niente. L’Eva ha vinto solo perché è andato in berserk, in caso contrario sarei morto da un pezzo. E col quarto angelo? Figurati, anche il mio esordio con le armi da fuoco è stato un disastro. Mi sono fatto nuovamente bloccare dalla paura, alla fine ho vinto in preda alla disperazione e alla rabbia. E decisi di andarmene, però dopo ci ripensai. Col quinto angelo non ne parliamo. Dopo il primo attacco fui nuovamente tentato di mollare tutto. E riguardo gli altri tre angeli, la parte del leone l’ha fatta Asuka. Perciò io non sono per nulla speciale. Pensa che ancora adesso non so veramente perché piloto lo 01”. Quelle parole erano una sorpresa per Mana, perché in America le avevano detto i fatti ma non come si erano svolti. “E infine” Shinji abbassò lo sguardo “anche prima di conoscere gli Eva, la mia vita era già stata sconvolta, perché…” Il ragazzo si fece forza “perché mia madre è morta quando ero piccolo. E mio padre, il comandante della Nerv, mi ha abbandonato. Poi mi ha richiamato poco tempo fa, e solo per pilotare l’Eva. Immagina come mi sono sentito”. Shinji dovette farsi forza, dopo aver fatto una simile descrizione della sua vita, per ricordare il motivo della sua visita. “Eppure sono riuscito ad andare avanti. E se ce l’ho fatta io, puoi farcela anche e soprattutto tu, che hai una vita felice alle spalle”. Mana gli andò vicino e gli accarezzò il viso. “Visto che siamo in tema di confidenze, allora mi confiderò anch’io. Ricordi il mio primo giorno di scuola? Hikari mi ha chiesto perché pilotavo l’Evangelion. Io ho risposto che lo facevo per la salvezza del mondo. In realtà del mondo non me ne frega granché. Temo che sia un concetto troppo astratto, lontano. Quello che faccio, lo faccio solo per la mia famiglia. Sono loro il mio mondo, io voglio proteggere loro. Una protezione che ha come conseguenza secondaria la difesa del mondo. In fondo è un discorso piuttosto egoista il mio, non credi? Tanto più che prima stavo piangendo, e sai perché? Perché se avessi fatto del male ad Asuka, avrei diminuito le possibilità di salvezza della mia famiglia, e poi del mondo. Hai capito quindi che razza di persona sono?” Stavolta fu Mana a doversi fare forza. “Ma io dico chi se ne frega. Rappresentano il mio tesoro, senza il quale non potrei vivere”. “Capisco” annuì Shinji. “Sei davvero fortunata, Kirishima”. Calò allora il silenzio. Cos’altro potevano dirsi? “Ho trovato!” esclamò Mana “Shinji, vorresti diventare il mio senpai?” A quella proposta, Shinji indietreggiò come se avesse visto un fantasma. “Eeehhh?!” “Si, aiutami. Aiutami con l’Eva!” insisté Mana. “Ma non mi hai ascoltato prima? Io non sono un eroe o un maestro. So a malapena badare a me stesso”. “Puoi aiutarmi col tuo esempio! Tu sei riuscito a farcela. Mostrami come. Mostrami come si può evitare di fuggire!” Shinji non sapeva cosa fare o dire. Quella era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato. Poi però si ricordò della ragione per cui era venuto. “E va bene, accetto. Tu, comunque, promettimi che continuerai sempre a ragionare con la tua testa, Kirishima. Le possibilità che io sbagli sono molto, troppo alte”. “Contaci”. Dopo aver stretto l’accordo, Shinji guardò Mana con occhi particolari. “Bene ragazzi, il test di sincronia è finito. Potete uscire” annunciò Misato. I quattro Evangelion erano posizionati nelle loro gabbie. “Kirishima, tu devi restare ancora. Il tuo tasso di sincronia ha avuto un buon incremento, ma Il ritardo nel tuo addestramento richiede ulteriori test e allenamenti”. “Molto bene, Misato” rispose Mana “Però avrei una richiesta”. “Ovvero?” “Vorrei che Shinji Ikari restasse a guardarmi”. Misato rimase sorpresa. “E perché?” “La sua presenza mi… rasserena” confessò con una punta d’imbarazzo Mana. Il maggiore della Nerv inarcò un sopraciglio. “Oh be, tu Shinji sei d’accordo?” “Si” rispose risoluto il ragazzo. “In tal caso, Asuka e Rei voi potete andare. Asuka ci vediamo stasera”. Negli spogliatoi, Rei e Asuka si stavano cambiando. “Ma che storia è questa? Chi si crede di essere quella? Quanto crede di poter diventare brava?” sbottava Asuka. Rei ascoltava in silenzio le escandescenze della tedesca. Finì di cambiarsi e uscì dallo spogliatoio dicendo freddamente ‘arrivederci’. Rimasta sola, Asuka sferrò un pugno contro l’armadietto. I giorni passarono. E Mana si sottopose per interi pomeriggi a estenuanti allenamenti e test di sincronia. Maya Ibuki rimase sorpresa del ritmo che riusciva a sostenere il Fourth Children. Misato supervisionava i risultati delle prove, e Shinji stava sempre con lei. Stupendo Misato, il ragazzo non di rado non si limitava ad assistere ma prendeva la parola, spiegando la strumentazione dell’Entry Plug a Mana o avvertendola di fare attenzione alla meccanicità degli allenamenti. “Non fissarti sul ‘inquadra il bersaglio e spara’, può giocare brutti scherzi” le diceva con semplicità. E Mana faceva attenzione a ogni singola parola. Ma era soprattutto la presenza di Shinji che la rassicurava. Ritsuko Akagi, leggendo l’ultimo risultato del test di sincronia, si accese un’altra sigaretta. “Che ne pensi?” domandò a Misato, persa nei suoi pensieri. “Questo dovresti dirmelo tu. I risultati sono buoni, no?” rispose il maggiore. “Oh si, la sincronia e l’abilità del Fourth Children aumentano a vista d’occhio. E il merito sembra essere davvero di Shinji. Certo, i suoi consigli non sono nulla di speciale, potresti darli anche tu. Però detti da una persona che parla per esperienza diretta, acquistano più valore per Mana”. “Mi sorprende”. “Davvero? Eppure mi sembra una buona cosa”. “Lo è, lo è” ribadì Misato “Mi sorprende la velocità con cui Shinji sta crescendo. Sta imparando a prendersi cura degli altri. Speravo che accadesse. Ma cosi presto…” Ritsuko tirò fuori uno dei suoi sorrisetti maliziosi. “Ah, ho capito. Tu ti sei messa a fare la mamma con Shinji, e ora temi che il pulcino possa lasciare il nido anzitempo”. “Chi sarebbe la mamma?!” esclamò Misato con una buffa espressione irata “Ti ricordo che essendo il comandante e il vicecomandante al polo sud, ora sono io che comando!” “Tiri fuori la storia dei gradi perché non sai come replicare, vero?” Il maggiore fu salvato dall’arrivo di un messaggio sul suo cellulare. “Spero non sia quell’idiota di Kaji. Restare chiusa dentro quell’ascensore sarebbe stato un paradiso se non ci fosse stato anche quello scemo”. Aprì il messaggio: “Oh, è di Maaya. Già, mi aveva invitato all’inaugurazione del suo locale, ma tra blackout, riparazioni e prove dello 03 non ho proprio avuto il tempo. Dovrò trovare un’occasione speciale per portare tutta la comitiva da lei”. Un istante dopo, risuonarono gli allarmi. “Un angelo!!” esclamarono Misato e Ritsuko in coro. Lo schermo mostrava le immagini dell’enorme angelo in orbita intorno alla Terra. “Sembra uscito da un quadro futurista o qualcosa di simile” pensò Mana davanti a quell’immagine. Lei, Shinji, Rei e Asuka ascoltavano le spiegazioni di Misato. “Quindi la situazione è questa: l’angelo si sta posizionando per attaccarci col suo intero corpo precipitando da lassù. Esiste una sola possibilità per fermarlo: gli Eva 01 e 03 lo bloccheranno con le mani e attivando gli AT-Field al massimo, lo 00 aprirà lo scudo del nemico e lo 02 colpirà il nucleo”. “Misato, ne parli come se fosse una sciocchezza. Fermare quel coso con le mani?!” obbiettò scandalizzata Asuka. “Mi rendo conto del rischio, ma non abbiamo altre possibilità. Solo questa strategia” rispose Misato. “E secondo te sarebbe una strategia questa?!” insisté il Second Children. Misato distolse gli occhi. “In effetti, non lo è. Siete liberi di rifiutare, se volete”. I quattro Children non dissero niente. Il maggiore fu rincuorato. “Secondo il regolamento vi è permesso fare testamento”. “Tsk, non se ne parla, non ho alcuna intenzione di morire” replicò Asuka. Anche Shinji e Rei non vollero, Mana sentì una lieve tentazione, che respinse subito. “Molto bene” riprese Misato “Il vostro coraggio vi fa onore. A operazione conclusa vi offrirò una cena da farvi leccare i baffi! Una mia amica ha da poco aperto un ristorante, lì si mangia da re”. “Davvero? Evviva!” commentò tutto contento Shinji. Quando rimasero soli, Asuka sbuffò: “Figuriamoci, ci porterà in qualche stamberga. Si sa che la generazione del Second Impact è cresciuta povera”. “Non si possono certo incolpare per questo” replicò Shinji. “Io penso di sapere a quale ristorante si riferisce. La proprietaria ha una faccia simpatica che promette bene” osservò Mana. “Nessuno ha chiesto il tuo parere” le disse bruscamente Asuka. Dopo un attimo di smarrimento, Mana si fece forza. “Ho diritto di parlare quanto te!” Le due ragazze si scambiarono delle occhiatacce. “Bah, fa come credi. Basta che non rischi nuovamente di ammazzarmi” la liquidò Asuka andandosene. “Io sono sicuro che ce la farai, Kirishima” disse Shinji. “Grazie. Se ne usciamo vivi, promettimi che mi chiamerai Mana”. “Promesso”. E infine arrivò il momento dello scontro. I quattro Evangelion si disposero in diversi punti fuori della città, che era stata evacuata. Da quelle posizioni avrebbero potuto raggiungere ogni zona di Neo-Tokyo 3. I Magi si sarebbero occupati di calcolare il punto esatto in cui sarebbe caduto il nemico e avrebbero dato le indicazioni ai piloti. “Il nemico è in avvicinamento!” gridò Misato. “Eva in posizione di partenza!” I quattro Evangelion si misero in posizione da corridore pronto alla partenza. Mana respirò profondamente più volte. “Non devo fuggire!” Mise saldamente le mani sulle cloche. “Partenza!” ordinò Misato. I quattro giganti partirono con perfetta sincronia, i loro passi veloci facevano tremare in continuazione la terra. Una mappa olografica dentro l’Entry Plug indicò il punto d’impatto, mentre una grande ombra sembrò coprire tutta la città: l’angelo si stava facendo strada tra le nuvole. Gli Eva accelerarono il passo, saltando agilmente palazzi, colline e tralicci. “Aumentate la velocità!” ordinò ancora Misato. Mana obbedì, cominciò a sentire un forte vento vorticarle intorno: l’Eva le trasmetteva la sensazione dell’attrito. I contorni del panorama che vedeva intorno a se sfumarono, solo la zona davanti era sempre nitida. E quando spiccava un balzo enorme, doveva guardare davanti e concentrarsi perché il suo stomaco non finisse sottosopra a causa della percezione di vuoto d’aria durante la discesa. Raggiunse il luogo prestabilito, una collina: l’angelo incombeva su di lei, era talmente grande da dare l’impressione che lo stesso cielo stesse precipitando. Meno di un istante dopo arrivò lo 01. “AT-Field potenza massima!!” gridarono Shinji e Mana. L’aria intorno a loro assunse una sfumatura violastra perché satura dell’energia degli AT-Field, i due Eva alzarono le braccia con le mani verso l’alto. E infine toccarono l’angelo. Per Mana fu una sensazione di dolore quasi accecante: sembrava che una montagna fosse stata poggiata sulle sue braccia. I muscoli del collo e delle spalle s’irrigidirono e dopo pochi secondi cominciarono a dolere intensamente. La ragazza strinse i denti, al punto che temette di spezzarli, e dovette lottare contro la forza invisibile che cercava di farle mollare le cloche spinte in avanti il più possibile. L’ambiente esterno era un delirio: tutto tremava all’impazzata, l’aria era sia viola sia rossa, incandescente a causa dell’attrito dell’angelo che si scaricava verso il basso, il terreno cedeva sotto i piedi. Fu un’eternità o qualche secondo. La tensione diminuì abbastanza: il grosso della forza d’impatto era stato assorbito. Fu allora che giunsero lo 00 e lo 02: unirono le loro braccia a quelle degli altri due, respingendo in alto l’angelo. L’enorme peso dalle braccia scomparve quasi del tutto. “Adesso!” gridò Shinji ad Ayanami: quest’ultima estrasse il Prog Knife e usandolo come un bisturi tagliò lo scudo del nemico per poi aprirlo con le mani. “Prendi questo!!!” urlò Asuka conficcando il suo Knife nel nucleo dell’angelo. Che si afflosciò sui quattro Eva. E infine esplose fragorosamente. Terminata l’operazione, quando i quattro piloti tornarono nella sala comando, furono riempiti di lodi da Misato. Anche gli operatori Ibuki, Hyuga e Aoba li applaudirono. Shinji e Asuka erano chiaramente felici. Persino Rei si abbandonò, a suo modo, a una lieve soddisfazione. Anche Mana, che però per almeno una settimana non avrebbe più voluto saperne di oggetti da sollevare con le braccia. Si attivò uno schermo olografico, da cui arrivò la voce del comandante Gendo Ikari, in quel momento al Polo Sud. Una voce che Mana trovò inquietante. Il comandante e il suo vice, che il Fourth Children non aveva mai incontrato, erano stati fino ad allora irraggiungibili a causa d’interferenze radio provocate dall’angelo in orbita. Misato fu elogiata. E poi: “Mi è stata riferita ogni cosa. Sei stato bravo Shinji”. Shinji trasalì a quelle parole del padre, che chiuse il contatto dopo un’ultima raccomandazione a Misato. “E sei stata brava anche tu”. Stavolta fu Mana a trasalire per le parole che le aveva appena detto Asuka guardando da un'altra parte. Quella sera, Misato rispettò la promessa fatta ai Children, invitandoli nel ristorante di Maaya. Non era ancora giorno di paga, ma il maggiore sperò che l’amica le facesse uno sconto. Il ristorante era davvero gradevole, semplice e sobrio. Maaya rimase estasiata quando vide i quattro ragazzi. “Whoa! Che ospiti carini che mi hai portato!” E li abbracciò tutti e quattro insieme lasciandoli senza fiato per quanto era forte quell’abbraccio. Poi prese a servirli. Le pietanze furono portate rapidamente, essendo loro gli unici clienti quella sera, ed erano squisite. Maaya e Misato si dedicarono ad una gara della birra, cercando di coinvolgere anche Rei e Asuka. Per la prima non si fece niente, ma Asuka fu quasi costretta a ballare con Maaya mezza ubriaca, sotto lo sguardo divertito di Misato che teneva il passo. “Ehi, Asukina fringuellina, mi sembri giù di morale” osservò Maaya. “Non ho niente. E non storpiarmi il nome” replicò indispettita Asuka. “Ooohh, ma come siamo seri. Perché non ti fai una birretta?” Dal bancone afferrò un boccale di birra alla spina, di quelli più grandi di una mano e lo porse alla ragazza. “Fatti un goccetto!” “Scordatelo! Io non bevo!” “Mmm, se bevi, prometto che ti darò una serie di consigli su come si conquistano i ragazzi”. “Tsk, gli stupidi ragazzini non m’interessano” concluse Asuka andandosene ad un tavolo. E portandosi dietro il boccale. Mana e Shinji invece mangiavano standosene appartati. Shinji mostrava una certa contentezza. “Hai visto, mio padre mi ha elogiato. Sai, penso di aver trovato un motivo valido per pilotare l’Eva”. “Ed io ti devo ringraziare per avermi dato la forza di continuare a pilotare l’Eva”. “Non ho fatto nulla di speciale, Kiri… cioè, Mana”. Mana si rallegrò e riprese a mangiare, pur sentendosi intensamente osservata alle spalle. A un tratto una mano la afferrò per le spalle: “Che ci fate in disparte, musoni?” esclamò Maaya, piuttosto brilla, tirandola a se e costringendola a ballare. Misato, alquanto sbronza, fece la stessa cosa con Shinji. “Vieni Shinji, comportati da ometto!” “Signorina Misato! La prego. Lei è ubriaca!” “Ma come siamo perbenini” disse Misato stringendosi Shinji al petto. “Non soffiarti l’uomo della situazione!” la rimproverò Maaya strappandole Shinji e abbracciandolo di petto. Il ragazzo cominciò a sentirsi la testa girare, preso com’era tra quelle ragazze alquanto formose. Mana invece pensò di svignarsela, venendo prontamente afferrata da Maaya che se la mise sotto il braccio destro, reggendola senza problemi come se fosse un sacco, mentre col sinistro la giovane ristoratrice continuava ad abbracciare il povero Shinji. “Giù le mani! Non fate esaltare questo maniaco!” strillò Asuka portando a se il suo coinquilino. Il quale si accorse di come l’alito di Asuka sapesse di birra. E di come il contatto col seno della Second Children, anche se più piccolo di quello di Misato e Maaya, fosse comunque molto, ma molto piacevole. “Guarda che io di uomini ne capisco più di te e Misato!” dichiarò Maaya con aria di sfida. “Che cosa?!” esclamò furente Misato. “Asuka, mostriamole chi è la più matura!” “Ok!” annuì Asuka. Come risultato le quattro ragazze, anche se Mana venne di nuovo trascinata nella mischia, salirono divise in due coppie su un paio di tavoli e cominciarono a ballare il can can. Shinji fu costretto a stare nel mezzo, perché doveva fare da giurato. Rei impassibile si chiese se i tavoli avrebbero retto il peso. Gendo Ikari e Kozo Fuyutsuki erano in volo verso Neo-Tokyo 3. Il primo stava consultando un rapporto appena trasmessogli dalla città. “Cosa stai leggendo con tanto interesse?” volle sapere Fuyutsuki. “E’ il rapporto dei tecnici che hanno supervisionato la nostra base dopo il black out. C’è un dettaglio che mi ha incuriosito e ho chiesto un controllo specifico”. “Per cosa?” Gendo si prese qualche attimo per rispondere: “Lo spogliatoio in cui era rimasto bloccato il Fourth Children. Quella ragazza ha raccontato che la porta bloccata si è come aperta da sola, all’improvviso”. “E invece”? “Stando ai tecnici, i blocchi della porta sono stati divelti”. Fuyutsuki rimase in silenzio.
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Capitolo 6
*** 6° Capitolo ***
6° CAPITOLO Qualcosa stava cambiando. Da quanto tempo si trovava lì? Da circa sei mesi. In una vuota cella dalle pareti bianche. Perché si trovava lì? Questo invece non sapeva dirlo ancora con certezza. Sapeva che gli uomini in camice bianco lo avevano sbattuto lì dentro per qualcosa che lui aveva fatto. Anche se non sapevano che era stato lui. Chi era lui? Non poteva dirlo. Continuava a ricordarsi di non aver mai avuto un nome o informazioni sul suo passato. Chi lo aveva rinchiuso lì? Questo lo sapeva da tempo. Chi lo aveva creato. Deluso dal risultato finale, qualunque fosse. Sarebbe uscito da lì? Sentì che le possibilità aumentavano. “Ehi guarda, si è mosso” disse lo scribacchino indicando lo schermo. Il controllore del monitor, di ritorno da una seduta in bagno, non sembrò sorpreso. “Sì, è allora? Non è un mistero che sappia muoversi”. “Ma tu sai che finora quando stava seduto, era sempre immobile. E ora sta guardando… verso la telecamera. Però è nascosta!” “Ti preoccupi troppo. Dovresti semmai essere contento di avere qualcosa di nuovo da scrivere sul tuo rapporto”. Lo scribacchino si strinse nelle spalle e riprese a scrivere uno dei suoi tanti rapporti. Si fermò un attimo a contemplare lo schermo, poi riprese il suo lavoro. Gli era parso per un momento che la figura ripresa dalla telecamera avesse sorriso per un istante. **** “…. e fu cosi che la località in cui abitavo venne distrutta del Second Impact”. Il professore sembrava davvero un disco rotto: quante volte aveva ripetuto la storia della sua vita nel periodo del Second Impact? Cosi tante volte che persino Mana, pur trasferitasi da poco, sentiva la tentazione di sbadigliare ogni minuto. Diede un’occhiata distratta alla classe: erano tutti chiaramente presi da altri pensieri, che nulla centravano con la lezione. Comunque erano costretti a fingere un minimo d’interesse. Tutta un’altra storia la sua vecchia classe in America: talmente scalmanata e agitata che il professore di turno era ben lieto di lasciare che la maggior parte degli alunni si rifugiasse in bagno o nel cortile a fare chissà che, accontentandosi di avere un gruppetto di alunni più diligenti che ascoltavano la lezione. Mana era in quel gruppetto, ma adesso, davanti alla monotonia di lezioni che non c’entravano nulla col programma, provava nostalgia per il caos dei suoi ex-compagni. La ragazza spostò lo sguardo sul trio Suzuhara-Aida-Horaki: i tre erano impegnati, rispettivamente, a cercare di non addormentarsi, a guardare sul PC roba militare e a tentare di non far addormentare Toji dandogli qualche piccola gomitata. Mana guardò i suoi tre ‘colleghi’: Ayanami osservava fuori dalla finestra, Asuka picchiettava sul banco con una matita e Shinji sembrava perso nei suoi pensieri. C’era davvero da sperare che il resto della giornata fosse migliore. “E’ gelida!” gridò Mana sotto un getto di acqua freddissima. Tra l’altro l’acqua usciva con tale violenza che anziché bagnare, si doveva dire che colpiva. Quando la dottoressa Akagi aveva detto loro che sarebbero stati sottoposti a un test diverso dal solito, l’interesse del Fourth Children si era ridestato. Ora l’interesse stava diventando preoccupazione: per quale motivo si stavano facendo una raffica di docce in quelle condizioni? Li avevano ficcati tutti e quattro in delle cabine, separate da un pannello che lasciava intravedere solo la testa e i piedi di chi stava affianco. Ed erano pure nudi. La richiesta di poter indossare almeno un costume era stata rifiutata. E Mana aveva Shinji, anche lui piuttosto a disagio, alla sua destra, per cui cercava di dargli le spalle. Finalmente il ciclo di docce terminò. “Ecco, ora sono come volevate. Pulita e lavata per ben diciassette volte!” grugnì Asuka alquanto seccata. Da un altoparlante invisibile giunse la voce della dottoressa Akagi: “Bene. Ora entrate cosi come siete negli Entry Plug”. “Cheee?!” esclamò sbalordita Asuka. “Non preoccupatevi, il monitoraggio visivo verrà spento, la vostra privacy sarà rispettata”. “Non è questo il punto! E’ una questione di sensazioni!” “Scopo di questo test è analizzare la sincronia senza la presenza di Plug Suit o indumenti”. “Asuka, è un ordine” intervenne Misato sempre tramite l’altoparlante. “Uffa! Non guardate per alcun motivo!” ordinò la tedesca. E la telecamera che li riprendeva si spense. Davanti a loro si aprirono delle porte scorrevoli, oltre le quali si vedevano i portelloni d’ingresso spalancati per gli Entry Plug. “Ehi Mana, sei nervosa?” chiese Shinji guardando davanti. “Un po’. Fare un test in queste condizioni…” “E’ vero, è piuttosto imbarazzante. Una condizione del genere rende difficile entrare nella capsula, forse anche più dell’affrontare un angelo”. “Eheh, hai ragione”. “Piantatela con questi discorsi! Entrate e basta!” gridò Asuka, che stava affianco a Shinji. “Sì, non preoccuparti. Volevo solo alleggerire la tensione di Mana” spiegò il giovane. “Cosa?! E da quando sei il suo baby sitter?!” “Non sono il suo baby sitter” replicò indispettito Shinji “E ti pregherei di non essere cosi isterica”. “Isterica?! Chi sarebbe isterica?! Brutto idiota, ora ti…” Presa dal furore, Asuka si appoggiò sul bordo superiore del pannello divisorio e si sporse in avanti per picchiare Shinji. Che in un istante divenne più rosso di un pomodoro. Asuka prima lo squadrò, poi inarcò un sopraciglio, guardò in basso e divenne rossa anche lei. “Arghhh!!! Non guardarmi il seno, maniaco!!” Sporgendosi il più possibile in avanti, Asuka cercò di colpire il ragazzo, che spaventato indietreggiò e istintivamente si girò per scappare. “Shinji, attento!” gridò Mana sporgendosi anche lei per aiutare il ragazzo. Asuka colpì l’aria, e a causa dello slancio cadde nella cabina del Third Children. Si risentì di nuovo l’altoparlante. “Ma che sta succedendo lì?!” Misato e Ritsuko avevano sentito le grida attraverso il collegamento radio, e volevano vederci chiaro. Specie Misato, la quale rimase a bocca aperta quando il monitoraggio si riattivò. Per quale motivo Shinji, appoggiato di petto sulla parete sinistra della sua cabina, stava con la faccia tra i seni di Mana, rimasta pressoché immobilizzata? E perché Asuka, che ora li fissava con occhi quasi spiritati, stava nella cabina di Shinji? Shinji si allontanò da Mana spaventato e sorpreso, scivolò sul pavimento bagnato e cadde addosso ad Asuka. Dalla padella nella brace. “Stupido! Me la paghi! Oh se me la paghi!” urlò Asuka. “Non l’ho fatto apposta! Mi sono girato e Mana stava lì! No Asuka! I capelli no!” implorò Shinji. “Avevi predisposto tutto, vero?! Dannato maniaco! ARGHHHH! Ti si è pure ingrossato!!! Porco! Maniaco!! Idiota!!!” strillò Asuka. Invano Shinji chiedeva pietà, e che fossero risparmiati nell’ordine: il suo collo, la sua testa, le sue mani, il naso, le orecchie, le gambe e la schiena. Mana stava rannicchiata nella sua cabina, coprendosi il petto con le mani. Rei osservava un po’ accigliata il tutto. Misato invece si sedette e ordinò a Makoto Hyuga di andarle a prendere una birra. “Però maggiore, lei è in servizio” obbiettò l’operatore. “Una birra!” ordinò la donna esasperata “O tra poco andrò lì dentro e sculaccerò Shinji e Asuka fino al giorno del giudizio!” Ritsuko invece decise di riportare l’ordine, sapeva essere più autoritaria di Misato. Prima però doveva smettere di ridere. Quando tutto finì, i danni per Shinji non erano ingenti, solo qualche livido. Quindi si poteva proseguire con l’esperimento. Tuttavia sia Asuka sia Mana cercarono sempre di evitare lo sguardo di Shinji, il quale evitava il loro, quindi guardava sempre davanti. Con i piloti nelle capsule, quest’ultime furono inserite nei meccanismi di simulazione, in pratica degli Evangelion ridotti al tronco e alle braccia. Iniziò l’esperimento, e Mana si sentì strana: come se il suo corpo fosse intorpidito. Dai commenti che sentiva via radio, sembrava che anche i suoi tre compagni provassero sensazioni simili. Il fatto che si fosse proseguito col test sembrò una cosa buona per la ragazza: dovendo pensare alla sincronia, poteva distrarsi dall’incidente di poco prima. Improvvisamente un formicolio le investì il braccio destro. “Ehi, che diavolo succede?!” esclamò Mana cominciando a grattarsi. Quel formicolio era fortissimo, sembrava che un esercito di formiche stesse passando sul suo braccio. E ora quell’esercito inesistente si stava spostando sulla spalla. Poi sulla schiena. Il collo. La testa. Tutto il corpo! E non si limitava alla superficie della pelle, era come se qualcosa stesse penetrando dentro di lei! Mana gridò. Cominciò a dimenarsi, e anche quello che aveva intorno tremava e si agitava come se fosse preda di spasmi. Il tempo sembrò fermarsi: dopo la sorpresa, il dolore e la paura, arrivò un fortissimo torpore. Le ultime cose che Mana udì furono una sirena d’emergenza, un ordine di espulsione e poi suoni indistinti. Infine fu tutto buio e silenzio. “Mmm, questa è una vera novità!” commentò Rioji Kaji stando sul letto di un ascensore e guardando verso l’alto. Quando la sirena dell’allarme era scattata, aveva temuto che qualcuno lo avesse scoperto. Tuttavia dopo aver visto quegli strani bagliori rossi sulla sommità dell’immenso pozzo del Central Dogma, aveva capito che si trattava di qualcosa di ancora più pericoloso del suo mestiere triplogiochista. “Cosi quello sarebbe un angelo. Be, questo non è il momento di pensare al lavoro”. Le paratie blindate avevano cominciato a uscire dalle pareti: in una decina di secondi avrebbero chiuso il pozzo in tanti segmenti sigillati ermeticamente. Ed era meglio non farsi trovare in uno di questi segmenti. Gli ascensori, che salivano e scendevano a spirale lungo le superfici del pozzo, erano bloccati. Quindi Kaji saltò giù, verso uno degli ingressi del Dogma, prima che fosse chiuso da un’altra paratia. Atterrò senza problemi e corse via: finita l’emergenza, gli conveniva spostarsi in un luogo tranquillo. Sempre ammesso che nel frattempo non si fosse scatenato il Third Impact. Mentre correva dando le spalle alla paratia, l’uomo udì un clang sospetto dietro di lui. Si girò e non vide nessuno. Ebbe solo l’impressione che la paratia si stesse chiudendo con qualche secondo di ritardo rispetto alle altre, nonostante fossero tutte perfettamente sincronizzate. Ma era solo un’impressione, quindi riprese a correre. **** Stati Uniti (10 anni prima) Nella cucina c’era solo una persona, una donna, impegnata a cucinare. La cucina era molto semplice, come il resto della casa: una villetta in legno circondata da distese di campi coltivati e prati. C’erano anche delle collinette. E una stava proprio affianco alla villetta. La donna era sulla trentina, con un viso gradevole ma normale, i capelli castani raccolti in una piccola coda di cavallo. Aveva le mani affondate in un pasticcio di carne. Una donna più anziana si affacciò alla porta. “Emiko, tutto bene?” “Certo, mamma. Ormai sono grande e so cucinare da sola” osservò Emiko senza togliere gli occhi dalla carne. “Abbi un po’ di rispetto per tua madre. Volevo solo sapere se ti serviva aiuto”. “Ti ringrazio per il pensiero, mamma, ma non mi serve aiuto. So cucinare dei pranzetti come si deve. Chiedi ai miei figli e a mio marito”. “A proposito di tuo marito Koichi, come mai non è qui con noi?” “Arriverà domani. Lo sai, lui è un volontario per la donazione del sangue. La guerra è finita da poco, finalmente stiamo tornando alla normalità dopo quel dannato Second Impact, ma i danni sono ancora ingenti. E se Koichi può aiutare qualcuno col suo sangue non si tira certo indietro” spiegò Emiko prendendo del prezzemolo. “Oh, hai ragione. Ricordo quella volta in cui tornò pallido come un morto. Chissà quanto sangue aveva donato in quei giorni” rammentò l’anziana. “Decisamente troppo! Al punto che il nostro medico lo mise a riposo. E meno male che non si è dedicato al volontariato nelle zone disastrate. Altrimenti non lo avremmo più visto per anni”. Detto questo, Emiko rimase turbata. “Cioè, non volevo dire che aiutare gli sfollati è sbagliato, ho fatto anch’io volontariato. E’ che…” “Ami tuo marito e lo vuoi anche per te e la famiglia. Lo so, lo so. Parole equivoche possono scappare a tutti. Cambiamo discorso, va bene? Dove sono i ragazzi?” “Miwako e Koji stanno giocando nel fienile. Mana è nel soggiorno che guarda la televisione. E papà dov’è?” “Sulla collinetta che armeggia con quel vecchio trattore. Quante volte gli ho detto di cambiarlo. Ormai è andato, soprattutto i freni” rispose la madre di Emiko. In quel momento le due donne udirono un grido lontano, poi una specie di forte rombo, anch’esso lontano ma che si faceva sempre più vicino e minaccioso. “Ma…. Ma che succede?! Un terremoto?!” domandò angosciata Emiko. “Figliola, l’America non è zona sismica come il nostro Giappone” rispose l’anziana. Ci fu come uno schianto, un rumore di lamiere, e contemporaneamente il rombo terminò. “Veniva dal soggiorno. Mana!!” gridò Emiko terrorizzata andando nel salotto. Col cuore in gola entrò nella stanza: era intatta. Mana stava seduta per terra, intenta a guardare la tv e sembrava non essersi accorta di nulla. “Mana! Tesoro! Tesoro mio!” esclamò Emiko prendendo la piccola e abbracciandola. Mana non capì il perché di quell’abbraccio, ma ne fu comunque felice e ricambiò circondando il collo della madre con le sue piccole braccia. Un uomo anziano piombò nella stanza: “State tutti bene?!” “Papà” rispose Emiko “cosa diavolo è successo?!” “Io… venite a vedere” disse l’uomo facendo cenno alla figlia e alla moglie di seguirlo. Tutti uscirono e rimasero bloccati davanti a quella vista: vicino alla parete del soggiorno c’era un grosso e vecchio trattore ribaltato su un lato. Il fianco destro della parte anteriore era tutta piegato, quasi accartocciata su se stessa. “Questo dannato trattore! Lo avevo parcheggiato sulla cima della collinetta. Il tempo di andare giù al capanno per prendere un attrezzo, esco e vedo che il trattore è scomparso. Sento un rombo, capisco che il freno si è rotto nuovamente e il trattore sta scendendo come in picchiata verso la casa. Corro, grido, faccio il giro della collinetta e lo trovo ribaltato! Un attimo prima di piombare nel soggiorno! Incredibile!” spiegò il padre di Emiko. La moglie prese a rimproverarlo per la sua stupidità nel voler usare ancora quel vecchio arnese. Emiko guardò il trattore ribaltato: non sapeva spiegarsi come avesse fatto a capovolgersi ad appena un metro dalla casa. Sulla sua strada non c’erano ostacoli di alcun genere. E un simile bestione non può certo sobbalzare molto. La logica avrebbe voluto che piombasse sulla casa, sfondasse come niente la parete e irrompesse nel soggiorno, schiacciando la piccola Mana. Ma non era successo. E questa era in fondo la sola cosa che importava. “Sei davvero una piccola miracolata” disse dolcemente Emiko alla figlia baciandola su una guancia. **** Mana aprì lentamente gli occhi. Sentiva intorno a se delle voci indistinte, molte luci. Qualcosa era davanti a lei, l’immagine era sfocata. Poi mise a fuoco meglio: era Misato. “Meno male che ti sei ripresa” le disse il maggiore sorridendo. “Cosa… cosa è successo?” domandò la ragazza guardandosi attorno. Era su una barella, coperta da un lenzuolo. “Un angelo” rispose Misato “non sappiamo come, ma è penetrato nella base. Per fortuna l’abbiamo sconfitto, con un tipo di battaglia poco convenzionale.” Mana mugugnò qualcosa, poi si ricordò un particolare: durante l’esperimento era nuda! Si alzò di scatto avvolgendosi intorno il lenzuolo. “Sta tranquilla” le disse allora Misato mettendole le mani sulle spalle “ho pensato anche a questo. Il vostro recupero lo sta eseguendo il personale femminile”. Solo allora Mana si accorse che, in effetti, intorno a loro c’erano soltanto donne. Erano donne anche gli occupanti di tre motoscafi che si stavano dirigendo verso gli Entry Plug galleggianti nel mezzo del lago sotterraneo del geo-front. “Vanno dai tuoi compagni. Le capsule le recupereranno dopo con una gru” spiegò ancora Misato. “Davvero? E perché la mia capsula l’avete recuperata per prima?” domandò Mana. “Non l’abbiamo recuperata. La tua capsula, con te dentro, era già sulla riva del lago. L’avrà spinta la corrente”. “Ah” mormorò il Fourth Children. |
Capitolo 7
*** 7° Capitolo ***
7° Capitolo Quanto silenzio. Troppo silenzio. A Mana quel silenzio non piaceva. Stava immersa nel buio del soggiorno. La tv era spenta: il suo rumore non era stato sufficiente. Era troppo abituata al frastuono che erano soliti fare i suoi fratelli maggiori prima di andare a letto. In quelle serate, rammentava chiaramente i rimproveri che muoveva a Miwako e Koji, che ascoltavano musica e tv a tutto volume e, pur stando nelle proprie stanze, impedivano a lei di addormentarsi. Siccome anche i suoi genitori avevano una certa tendenza a fare le ore piccole, solo dopo mezza notte la madre o il padre intervenivano dicendo che era arrivato il momento di andare a dormire. Per questo motivo fu per lei quasi una liberazione quando i due fratelli iniziarono ad andare al college, cominciando cosi a passare sempre più tempo fuori di casa. Spesso nei finesettimana tornavano, ma almeno Mana aveva guadagnato cinque giorni su sette di nottate tranquille. Ora, a Neo-Tokyo 3, le due nottate di fastidio le mancavano immensamente. Come tutto il resto. Quando sarebbe tornata a casa? O meglio: sarebbe tornata a casa? Ecco, questo era molto più giusto. A quel punto Mana si mise una giacchetta e uscì da casa. Le strade erano deserte, illuminate solo dai lampioni sui marciapiedi. Il condominio che la ragazza aveva appena lasciato alle spalle era un immenso oggetto scuro, freddo e immobile come una tomba. Mana cominciò a correre. Correndo, finì davanti ad un incrocio e solo un improvviso colpo di clacson le permise di fermarsi prima che un’auto la investisse. La ragazza tirò un sospiro di sollievo e vide poco distante un edificio illuminato. Gli ultimi clienti uscirono con delle espressioni chiaramente soddisfatte. E Maaya, controllato l’orologio, cominciò a sparecchiare per chiudere il locale. I clienti non erano cosi numerosi da giustificare chiusure troppo ritardate. “Buonasera”. Maaya rimase piacevolmente sorpresa per quell’inaspettato cliente. Si sistemò gli occhiali “Buonase… oh, sei tu”. “Ehm, si” rispose l’altra. “Se non sbaglio, ti chiami Mana Kirishima, giusto?” “Sì. Mi scusi se la disturbo a quest’ora, ma avevo fame. Potrebbe prepararmi qualcosa?” “Naturalmente, fringuellina. Accomodati!” Mana si sedette a un tavolo. Maaya le porse un foglio. “Eccoti il menù”. “Mi basta del ramen” spiegò lei. “Te lo preparo in due secondi”. Mentre l’altra andava in cucina, Mana si guardò intorno: all’odore di nuovo si era aggiunto quello di chissà quanti altri cibi. In effetti, non ci volle molto perché Maaya si presentasse con un piatto di ramen fumante e invitante. Mana lo assaggiò, trovandolo davvero gustoso “Vedo che mangi con appetito. La cosa mi fa felice” le disse la proprietaria riprendendo a sparecchiare. “Finisco subito e me ne vado”. “Oh, e perché?” “Be, vedo che sta sparecchiando. Immagino che debba chiudere e non voglio farle perdere tempo”. “Ma figurati!” rispose prontamente l'altra dando a Mana una pacca assai energica sulla spalla, talmente forte che il Fourth Children sentì quasi il suo braccio staccarsi. “Io sparecchio per trovarmi già tutto pronto per domani. Però non ho alcuna fretta. E poi dormo qui sopra” col dito indicò il piano superiore “quindi puoi restare tutto il tempo che vuoi”. “La ringrazio”. Mana ricevette un'altra mega pacca sulla spalla. “Niente lei. Dammi del tu! Il lei mi fa sentire vecchia!” esclamò Maaya. Continuando a mangiare, Mana vide che Maaya, finito di preparare gli altri tavoli, la fissava intensamente. “C’è qualcosa che non va?” “No, niente. Stavo solo pensando che in fondo è strano vederti qui, a quest’ora, e non in compagnia”. “Davvero?” Maaya afferrò una sedia e si sedette vicino a lei sporgendosi in avanti. “Una ragazza carina come te non ha un fidanzato?” “Ehm, no. Almeno per il momento”. “Forse quel cucciolotto grazioso di Shinji Ikari?” “No! Assolutamente no!” rispose Mana arrossendo. Tuttavia la sua interlocutrice tirò fuori uno sguardo scrutatore. Mana tentò di reagire. “E lei, cioè, tu, Sakamoto, hai un fidanzato?” Maaya si abbandonò sullo schienale della sedia. “Mai avuto il tempo” ammise con una certa malinconia. Sembrarono già esauriti gli argomenti, poi la proprietaria del ristorante chiese: “Soffri di solitudine?” “Eh? Io?” “La tua presenza qui, dopo la tanta baldoria fatta l’altra volta, mi fa pensare questo”. “In effetti… si”. “Ti manca la tua famiglia?” “Sì. E a pensarci bene, in questi casi ci vorrebbe Tasty”. “Sarebbe?” Mana fu un po’ titubante, come se si vergognasse. “Coraggio, fai conto di essere davanti ad un prete in confessionale” la rassicurò Maaya. “Ok… Tasty era il mio amichetto immaginario di quando ero piccola. A volte, nei momenti in cui restavo sola in casa, o quando c’era un temporale fortissimo e dormivo, non mi spaventavo perché mi sembrava di sentire qualcuno vicino a me. Non so spiegartelo, era una sensazione. Non so neppure perché lo chiamai Tasty. Fatto sta che mi sentivo bene, al sicuro. D’altronde non mi risulta di essere mai stata tra quei bambini che chiedevano ai genitori di dormire con loro nel lettone. Grazie a Tasty. Pensa che una volta, quando in casa c’eravamo solo io e la nonna, due ladri tentarono di entrare. Chiamammo la polizia e ci chiudemmo in cantina. Non successe nulla, i ladri se ne andarono senza nemmeno entrare. Avranno avuto paura. Io comunque pensai che li avesse spaventati Tasty”. Parlando, Mana aveva cominciato distrattamente a giocherellare con la posata. “Poi hai smesso di crederci?” “Oh sì, adesso sono troppo cresciuta per credere ancora agli amici immaginari. Ti confesso” e Mana represse una lieve risata, visto l’esempio che le era stato fatto prima “che me lo ero persino dimenticato. Solo adesso mi è tornato in mente”. “La memoria ha i suoi meccanismi. Su, visto che cerchi compagnia, ci penso io a spomparti per bene” esclamò radiosa Maaya. Gli Evangelion 00, 01 e 03 erano sistemati nelle gabbie per dei nuovi test di sincronia. L'unica assente era Mana: avrebbe dovuto esserci, ma dato il pesante allenamento delle settimane scorse, e l’attacco dell’11° angelo durante il quale la ragazza aveva forse rischiato una contaminazione, Misato aveva chiesto che al Fourth Children fosse concesso un breve periodo di riposo. Ritsuko aveva acconsentito, dicendo inoltre che quella sera dovevano testare la compatibilità dei piloti con unità diverse rispetto a quelle assegnate loro. Shinji sullo 00, Rei sullo 01, e anche Asuka e Mana avrebbero dovuto scambiarsi gli Eva. Ma siccome già Asuka aveva mugugnato alla grande perché infastidita dal fatto di dover salire sullo 03, sapere che Mana sarebbe salita sullo 02 l’avrebbe mandata in bestia come non mai, rischiando di disturbare il risultato del test. Quindi era pure conveniente che Mana non ci fosse quella sera. Il test di compatibilità poteva benissimo farlo da sola in seguito, magari senza dirlo al Second Children. “Certo che se pensano di fregarmi cosi, sono davvero delle stupide!” borbottò Asuka sull’Evangelion 03. Le sensazioni che provava sul nuovo Eva erano strane: molto simili e allo stesso tempo molto diverse da quelle che aveva sul gigante rosso. L’idea che Mana potesse salire sul suo 02 le faceva ribrezzo. Però in fondo non avrebbe potuto ribellarsi. Allora era meglio che lo facesse quando lei non c’era, fintamente ingannata dalla dottoressa Akagi. Inoltre anche in quel caso avrebbe saputo dove si trovava il Fourth Children: lontana. “Asuka, sembri distratta” le comunicò Ritsuko via radio “Cerca di concentrarti”. “Si, si” rispose scocciata la ragazza. “Il tasso di sincronia è buono, anche se non raggiunge i livelli che hai con lo 02. Comunque in caso di necessità, potresti diventare il pilota di riserva dello 03”. “Tsk, questo rottame non vale il mio 02. E poi non vedo perché dovrei sostituire quella stupida di Kirishima. Se le capita qualcosa, sono affari suoi!” “Non è l’unica possibilità” obbiettò Ritsuko. “Eh? Ehi, che vorrebbe insinuare dottoressa?! Che io potrei diventare la ruota di scorta del Fourth Children?!” Dalla radio non giunse risposta. E Asuka diede un calcio al quadro comandi davanti a lei. “Il mio Evangelion 02 è indistruttibile!” ringhiò. Sentendosi ignorata, si mise a gambe incrociate, infischiandosene altamente del test. Poi aprì il collegamento con lo 00, e apparve l’immagine di Shinji assorto. “Allora, idiota, ti senti al seno della mamma? Oppure di qualcun altro?” Shinji sospirò girando la testa verso di lei. “Asuka, per quanto tempo me la farai pesare? Sono giorni che m’insulti per quell’incidente”. “Incidente? Nella stessa occasione ti sei abboffato con le tettine di quella là e sei caduto addosso al magnifico corpo della sottoscritta! Doveva per forza essere tutto pianificato!” “Non è vero!” “Solo un deficiente ti crederebbe!” “Asuka, non disturbarlo!” ordinò piuttosto seccata Ritsuko. Asuka allora chiuse il collegamento, poi avvolse la mano destra nella sua chioma. E tra i morbidi capelli rossicci s’intravide un dito medio alzato. Asuka si rimise in posizione corretta, attese: non successe nulla. “Tsk, sensori ultra sofisticati piuttosto facili da ingannare” pensò con infantile soddisfazione. Finché non risuonò in lontananza una sirena d’allarme, seguita da uno strano rumore. Come di metallo strappato. “Oh mamma, basta, basta! Non ce la faccio più!” Mana crollò letteralmente tra le braccia di Maaya. Da quanto tempo ballavano al ritmo di canzoni pop accompagnate da una sorta d’intricata break dance? Mana non sapeva dirlo. Aveva smesso di contare il tempo. Certo Maaya si era rivelata sorprendentemente un’ottima ballerina. Mentre Mana, incalzata dall’altra, più che altro cercava di scimmiottare i suoi movimenti. Ma quando l’ennesimo cd finì, poté finalmente mettere gli occhi sul suo orologio. “Cavolo! E’ mezzanotte e quarantaquattro! Devo tornare a casa. Altrimenti non riuscirò ad alzarmi per andare a scuola”. “Davvero? Mi dispiace che tu debba andartene” disse Maaya dispiaciuta. “Comunque, ti sono piaciute le mie esibizioni?” “Eccezionali! Saresti capace di diventare la migliore ballerina di tutti i tempi secondo me! A proposito, quanto ti devo per il ramen?” Maaya mise le mani in avanti. “Nulla. Essermi esibita ed essere stata apprezzata sono un pagamento più che sufficiente per me”. “Dici sul serio?” “Oh yes!” “Allora io vado, buonanotte e alla prossima” concluse Mana avviandosi verso l’uscita e cominciando a sbadigliare a tutto spiano. “Vuoi che ti accompagni?” le domandò Maaya. “No, grazie, non sono troppo stanca” rispose Mana. Che quindi barcollò in avanti e l’altra prontamente la afferrò. “Dai che ti porto a casa io”. La ragazza si caricò Mana sulle spalle e chiuse l’ingresso del suo ristorante. Scrutò le strade buie. “Dov’è casa tua?”. “Laggiù” indicò Mana puntando il braccio in avanti. Maaya si avviò, portando Mana sulla schiena senza problemi, come se pesasse niente. Il sonno era tale che Mana non resistette e dovette appoggiarsi con la testa su una spalla della sua accompagnatrice. E poi il dondolio dei suoi passi era cosi rilassante. Mana cadde addormentata. “Eh, faticoso ma appagante fare la babysitter” commentò la ragazza con gli occhiali. Shinji si svegliò di soprassalto. Intorno a lui non c’era nessuno. Inizialmente non capì dove si trovava, poi vide che si trattava di una stanza d’ospedale e cominciò a ricordare: era sull’Eva-00 per un test di sincronia… quando era successo… qualcosa. Qualcosa riguardante in qualche modo Ayanami. Tuttavia i ricordi erano pochi e sfuggenti. Si mise a sedere sul letto e contemplò la stanza. Poi si sdraiò di nuovo. “Ancora questo soffitto” commentò impassibile. Poi a un tratto la porta automatica della stanza si aprì. Shinji si voltò per vedere chi fosse. Però non c’era nessuno. “Chi è là?” domandò con una certa inquietudine. La porta si richiuse. Shinji fu tentato di alzarsi per controllare, ma poi concluse che forse la porta aveva avuto solo un contatto e cercò di dormire. Se la porta fosse stata ancora aperta, si sarebbe accorto dei passi che cautamente si allontanavano. Kozo Fuyutsuki stava giocando una partita di Mahjong contro se stesso nell’ufficio di Gendo e si aiutava consultando un manuale. Nonostante fosse un classico tra i giochi da tavolo in Giappone, l’anziano uomo non era mai stato molto bravo. E ogni raro momento libero lo usava per impratichirsi. “Un’invasione di un angelo fuori programma e di seguito una pressione della commissione venuta a conoscenza del fatto. Quegli uomini sanno solo lamentarsi. Sono davvero inutili”. Affianco a lui, impassibile nella sua solita posa, Gendo Ikari. “Le carte vincenti sono tutte in mano nostra, loro non possono nulla”. “Non per questo può essere saggio indispettirli. Se la Seele si dovesse muovere ora, le seccature sarebbero molte. Senza contare che stavolta anche noi non possiamo dire di avere tutto sotto controllo” obbiettò Kozo. “Hai ragione. Più passa il tempo, più mi rendo conto che nel nostro copione si è inserito un elemento estraneo”. Gendo estrasse un fascicolo da un tiretto della sua scrivania e lo passò a Kozo, che mise giù il manuale e lesse quel dossier. “Mmm, un rapporto balistico”. Mentre leggeva, il vicecomandante inarcò più volte un sopraciglio, poi guardò Gendo: “Non sapevo di questo incidente occorso al Second Children”. “E’ successo mentre noi eravamo in viaggio per il polo sud, poco prima che apparisse il 10° angelo. E’ stata Rei a parlarmi di alcuni dettagli” spiegò Gendo. “Se quello che è descritto qui è vero, immagino il perché i nostri esperti ci abbiano messo cosi tanto a scrivere il fascicolo”. “Già. Dimmi, Fuyutsuki: secondo te è possibile con una vite intercettare in volo un pallone e dargli una spinta tale da fargli quasi sfondare una rete metallica e poi distruggerlo?” “Be, in teoria sì. Ma se a fare questo è una persona, allora deve essere una persona speciale”. “Sì, cosi speciale che magari può anche buttare già da un treno quattro persone in pochi secondi. E magari scassinare anche una porta automatica priva di energia”. “Oh” mormorò Fuyutsuki. Lo stupore fu tale che il vicecomandante non sentì più il bisogno di domandare a Ikari del recente incidente dello 00, del progetto Adam e della Lancia di Longino. Già sapeva che per Gendo era tutto sotto controllo, in questi casi. Continua... |