Rewriting of Evangelion - Continuity

di Darik
(/viewuser.php?uid=262)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


1° CAPITOLO

Da quanto tempo si trovava lì?

Non sapeva dirlo.

Nella vuota cella dalle pareti bianche non c’era nulla che potesse indicare lo scorrere del tempo.

E non c’erano finestre.

Perché si trovava lì?

Non sapeva dirlo.

Erano stati degli uomini in camice bianco a sbatterlo lì dentro senza dargli una sola spiegazione.

Chi era lui?

Non poteva dirlo.

Non riusciva a ricordare se aveva un nome e non aveva dati sul suo passato.

Chi lo aveva rinchiuso lì?

Questo lo sapeva.

Chi lo aveva creato.

Deluso dal risultato finale, qualunque fosse.

Sarebbe uscito da lì?

Forse.

“Che cosa sta facendo?” domandò un uomo intento a scribacchiare qualcosa su un quaderno.

Si trovava in una stanza buia e piena di monitor.

“Niente. Sta pensando come al solito, seduto in posa meditativa” rispose il suo collega fissando pigramente uno dei monitor.

Lo scribacchino si guardò un momento intorno, pose la penna e si avvicinò al collega del monitor. “Senti, ma tu non hai paura?”

“Di cosa?” domandò mezzo incuriosito l’altro.

“Di lui. Voglio dire, sono ormai sei mesi che sta cosi lì dentro. Passa tutto il tempo a fissare davanti a se. Non si lamenta mai, non si muove mai da quella posizione se non per prendere la pillola nutritiva. Chiunque al suo posto avrebbe già dato segni di squilibrio”.

“Non lui. Lui è diverso. Come lo erano pure gli altri”.

“E’ proprio questa diversità il problema. C’è qualcosa d’inquietante”.

“In questo posto, nei nostri capi, nei loro scopi, tutto è inquietante. A confronto quel tizio e del tutto normale. Non capisco perché ti spaventi”.

“Perché non l’hanno eliminato. E’ stato giudicato inutile, no? E allora perché non gli hanno aperto un buco in testa? Dopo quello che è successo sei mesi fa, fatto nove, si poteva pure fare dieci”.

“Pensano di potersene servire in qualche modo”.

“E’ troppo pericoloso mandarlo nel mondo” commentò quasi scandalizzato lo scribacchino “Ho tirato un sospiro di sollievo quando i suoi simili sono morti tutti, ma proprio tutti”.

“Ci sono già altri tre esseri dalla pericolosità mostruosa che i nostri capi hanno mandato nel mondo. E adesso sta per arrivare pure il quarto. Ora finisci il tuo rapporto, concludi il tuo turno e vai a farti una bella dormita” concluse l’uomo del monitor.

****

Il sole dell’alba cominciò a filtrare dalle finestre.

Con grande fastidio della donna che dormiva in maniera assai scomposta sotto un futon.

Qualcuno bussò alla sua porta e l’aprì. Un ragazzo di quattordici anni dall’aria mite e gentile.

“Signorina Misato, io vado a scuola” esordì.

Dalle coperte giunse un mugugno di approvazione. “Mmm, bene, bravo. E Asuka?”

“Lei è già uscita” rispose lui.

Una testa assonnata sbucò da sotto la coperta. “Perché non sei andato con lei?”

“Non mi ha aspettato”.

“Shinji, ma tu le hai chiesto di aspettarti?”

Shinji fece cenno di no.

“E allora vai, o rischi di fare tardi. Buona giornata”.

“Buona giornata a lei” si congedò il ragazzo con un inchino.

Shinji chiuse la porta.

Misato cercò il suo cellulare sepolto sotto qualche montagnola di riviste. “E’ appena uscito. Sorvegliatelo come al solito” ordinò con una risoluzione che stonava con il suo abbigliamento da dormigliona appena svegliata.

“Signorsì” rispose una sconosciuta voce dall’altra parte.

Fatto questo, Misato sbadigliò notevolmente e si rimise a dormire.

Il destino però aveva deciso altrimenti: perché poco prima di chiudere gli occhi, lo sguardo le finì su un foglietto appoggiato vicino al futon.

Il contenuto del foglietto era scritto a caratteri cubitali rossi.

Misato lesse e ci rimuginò sopra.

Un istante dopo una frase urlata risuonò nell’appartamento vuoto. “DEVO ANDARE A PRENDERE IL FOURTH ALLA STAZIONE!!!”


La ragazza non riuscì a trattenere uno sbadiglio. Il viaggio era stato davvero lungo.

Prima aveva dovuto prendere un aereo speciale che senza scalo l’aveva condotta dagli Stati Uniti in Giappone.

E una volta arrivata, per motivi di sicurezza l’avevano fatta salire in successione su ben tre treni pubblici, che però erano sempre stati vuoti.

Erano stati infatti riservati solo a lei.

Almeno dieci ore di viaggio e appena tre ore per dormire.

Un termine tra l’altro gonfiato: tre ore di sonno a intermittenza, disturbato prima dal rombo dei motori dell’aereo e poi da quello delle ruote del treno.

E per quale motivo aveva dovuto cambiare treno per la terza volta per percorrere solo quindici chilometri prima dell’arrivo a Neo-Tokyo 3?

Sospirò e si diede un’occhiata: il suo bell’abito bianco tutto di un pezzo era anche tutto spiegazzato.

“Mah, spero che dopo le presentazioni potrò farmi una bella dormita” pensò tra se e se.

“Yeahhh! Ce l’abbiamo fatta!” esclamò improvvisamente una voce maschile, seguita da altre tre voci.

La ragazza si spaventò: quelle voci provenivano da uno scompartimento dietro il suo.

Ma chi poteva essere? Quando era salita, le avevano assicurato che sul treno, oltre al controllore, ci sarebbe stata solo lei.


Quattro giovani entrarono nello scompartimento.

“Avete visto? Ce l’abbiamo fatta! Siamo riusciti a salire su un treno riservato!” esclamò raggiante quello che sembrava il capo.

“Per me abbiamo fatto una grossa sciocchezza” replicò un altro. “Questo è un treno governativo, o qualcosa di simile. Se ci beccano, potrebbero pure arrestarci”.

“Smettila, Yota” lo zittì il capo “Ci voleva una prova di coraggio e l’abbiamo fatta. Ora le gemelle Kitano e Kayano dovranno mettersi con noi per forza. Quattro ragazze, le più belle della scuola, hanno voluto che facessimo qualcosa di speciale. E l’abbiamo fatto. E anche il modo in cui l’abbiamo fatto: ci siamo nascosti in alcuni vani per il bagagliaio quando il treno è arrivato a capolinea ieri sera, e ci abbiamo passato tutto la notte dentro. Ora ci viaggiamo pure. Una doppia impresa. Perfetto per conquistarle! Hiroshi, Jiro, scattate delle foto come prova. Mi raccomando, si capisca bene dove siamo” ordinò agli altri due, che obbedirono prontamente tirando fuori delle piccole macchine fotografiche.

Yota si guardò intorno nello scompartimento. “Ehi ragazzi, guardate!”

Gli altri accorsero: Yota aveva trovato una borsa da viaggio su un sedile.

Allora quel treno non era vuoto come credevano.

E, in effetti, il loro amico alla stazione, quello che gli aveva fatto la soffiata, aveva detto solo che si trattava di uno speciale treno riservato, senza specificare il motivo.

Quindi poteva benissimo esserci un passeggero, da qualche parte.


Il treno arrivò nella stazione in perfetto orario, alle nove e mezzo.

Il controllore, un uomo sulla quarantina, attese che il mezzo si fermasse per andare ad avvertire la passeggera.

E fu sorpreso quando se la vide arrivare incontro mezza trafelata.

“Signorina, cosa le è successo?” domandò l’uomo.

La ragazza prese fiato. “Mi… mi è sembrato di sentire delle voci provenire dallo scompartimento dietro il mio. Mi sono preoccupata e sono venuta a cercarla”.

“Davvero? Questo è strano. Lei scenda e vada vicino all’ingresso, io vado a controllare. Li troverà l’inviato della Nerv”.

Le porte si aprirono, la giovane prontamente scese e usò il sottopassaggio per raggiungere l’ingresso della stazione mentre il controllore con passo veloce si diresse verso lo scompartimento.

La viaggiatrice arrivò sul piazzale antistante alla stazione, deserto.

Si guardò intorno smarrita.

Un forte rumore attirò la sua attenzione, un rumore che proveniva dalla strada che fiancheggiava la stazione.

Da dietro una curva sbucò sgommando una Alphine Renault di colore blu, percorse in un lampo la distanza che la separava dalla stazione e con un’ultima sgommata si fermò proprio affianco all’allibita ragazza.

Dall’auto scese Misato Katsuragi.

“Uff, perdona il ritardo, ho… avuto un problema con la macchina” si scusò mentendo la donna.

“Non fa niente” rispose la viaggiatrice.

Misato le andò incontro e le porse la mano. “Allora presentiamoci: io sono il maggiore Misato Katsuragi, ufficiale tattico della Nerv e tuo superiore nelle battaglie, piacere”.

“Ed io sono Mana Kirishima, il Fourth Children designato per l’Eva-03, lusingata di conoscerla” rispose Mana stringendo quella mano.

“Bene, allora adesso ti accompagno alla base. Ci sono altre persone che devi conoscere. Il servizio traslochi della Nerv trasporterà entro oggi pomeriggio i tuoi bagagli nell’appartamento che ti verrà assegnato”.

Mana rimase un po’ contrariata. “Oggi pomeriggio? Veramente io muoio dalla voglia di farmi una doccia. Mi sono fatta dieci ore di viaggio sballottata tra aerei e treni”.

“Tranquilla, nella base ci sono anche delle docce. E potrai approfittarne per indossare il Plug Suit” la tranquillizzò Misato.

“Benissimo! Allora possiamo andare”.

Dopo qualche passo, Mana si fermò. “Ehi, il mio bagaglio a mano!”

E come se lo avesse evocato, arrivò il controllore con la sua borsa. “Signorina, stava per dimenticare questa”.

Mana fece un inchino. “La ringrazio molto. Non ha trovato nessuno?”

“No. Ho controllato il treno da cima a fondo, e non c’era nessuno”.

Mana si mise una mano sul mento. “Strano. Me lo sarà immaginata?”

“Di che parlate?” chiese Misato.

“Prima sul treno, mi era sembrato di sentire delle voci maschili. Siccome su quel treno dovevo esserci solo, mi sono spaventata. Sono corsa via e ho pure lasciato indietro la borsa” spiegò la giovane.

Il controllore sorrise. “Come già detto, il treno è deserto. Sarà stata la sua immaginazione, signorina”.

“Mi sa che ha ragione lei. Mi scuso per averla disturbata”. Mana s’inchinò nuovamente.

“Non si preoccupi, nessun disturbo” disse allora il controllore.

Misato guardò l’orologio. “Ora muoviamoci. Molte persone non vedono l’ora di conoscerti”.

“Subito, maggiore Katsuragi” rispose prontamente Mana.

“Chiamami Misato”.

Salirono in macchina, Misato partì a velocità sostenuta.

Durante il tragitto, incrociarono un’ambulanza con le sirene accese.

“Qui ambulanza 7-29. Sono nei pressi della stazione” disse il guidatore parlando col vivavoce.

“Bene. Segui i binari sulla strada parallela andando in direzione ovest per circa cinque chilometri. Noi stiamo chiamando il centro ferroviario per chiedere di bloccare quel tratto. Se occorre, chiameremo anche la polizia” gli risposero dall’ospedale.

“D’accordo. Ma esattamente cosa è successo?”

“Alcuni passanti dicono che ci sono quattro corpi sulle rotaie. Non sanno se sono vivi o morti”.


Era da tanto tempo che non scrivevo un racconto lungo su Evangelion.

E siccome dall'ultima volta che l'ho fatto è passato parecchio, e in questo lasso di tempo è uscito molto materiale nuovo su Evangelion, ho deciso di riprovarci.

E di aggiornarmi, come potete intuire già dal titolo generale.

Dopo i Renewal e i Rebuild, arriva rewrintg, con la consapevolezza comunque che Evangelion resta un capolavoro al quale non potrò neppure avvicinarmi^^.

Anche se devo confessare che l'idea è in parte 'antica', perchè la ebbi tanto tempo fa vedendo un'immagine di Mana con indosso la Plug Suit nera.

Ci ho messo alcuni anni, ma infine sono riuscito a tirarne fuori un racconto.

Spero che lo leggerete in molti e spero che vi piacerà.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2° Capitolo ***


2° CAPITOLO

“Uao! Non pensavo che fosse cosi spettacolare!”

Mana osservava l’immenso Geo-Front che si estendeva sotto di lei.

Aveva già sentito parlare della dislocazione particolare della base Nerv, ma vederlo con i propri occhi era tutto un altro discorso.

Senza contare che la luce proveniente da pannelli solari posti sulla volta di quell’immenso spazio, infrangendosi su strutture e sulla superficie di un lago sotterraneo, creava bellissimi riflessi luminosi.

L’auto con Mana e Misato viaggiava su un binario posto sulla volta del Geo-Front e l’altezza era davvero impressionante.

Il binario s’infilò in un tunnel, sottraendo quel paesaggio alla vista.

“E’ bellissimo!” esclamò Mana. “Maggiore, pensa che un giorno sarà possibile fare un pic-nic sulla riva del lago?”

“Be, solitamente il regolamento non lo prevede, ma ci sono delle eccezioni” rispose Misato ammiccando con lo sguardo.

“Fantastico! E spero davvero di poter invitare anche gli altri piloti. Non vedo l’ora di fare amicizia con loro!”

Misato lanciò al Fourth Children un’occhiata leggermente compassionevole.


In un altro punto della base, per l’esattezza la sala mensa, una ragazza con lunghi capelli rossicci rimase stupefatta. “Che?! Il Fourth Children è arrivato!? E’ per di più è una ragazza?!”

Shinji si turò le orecchie. “Asuka, che bisogno hai di urlare cosi? Non ci vedo nulla di scandaloso”.

“Zitto, idiota. Non capisci? Questo significa che avrò un’altra rivale! Un’altra ragazza che rischia di mettere in ombra la grande Asuka!”

“Combattere con gli Evangelion non è uno spettacolo. Asuka, pensavo lo avessi capito”.

“Non darmi lezioni, Stupi-Shinji!”

Asuka concluse tirando la cartella in testa a Shinji.

Poi sbuffando si diresse verso il self-service.

Tenendosi una mano in testa, Shinji si sedette rassegnato su una sedia.

Meglio attendere che Asuka avesse sbollito la sua rabbia prima di andare anche lui al self-service.

“Dovresti mettere dell’acqua fresca sulla testa”.

Shinji si voltò, vedendo affianco a se Rei Ayanami, imperturbabile come sempre.

“Ayanami, mi hai spaventato” disse Shinji davanti all’apparizione improvvisa della ragazza.

Rei si sedette su una sedia davanti a Shinji, tirando fuori un libriccino. “Stai pensando al Fourth Children?” domandò la ragazza cominciando a leggere.

“Be, si. Tu non sei curiosa? Voglio dire, torniamo da scuola e ci comunicano tutto a un tratto che avremo una nuova compagna. Non è cosa di tutti i giorni. Peccato che Asuka sia rimasta molto seccata dalla cosa”.

“Dovresti sapere com’è fatta Soryu”.

“Ayanami, io e Asuka viviamo sotto lo stesso tetto da neanche un mese. Un po’ presto per dire che la conosco appieno”.

Rei non distoglieva lo sguardo dal libro. “Allora da cosa nasce il tuo stupore?”

“E che dopo la vicenda del 9° Angelo, pensavo che avesse imparato a collaborare con gli altri. Il gioco di squadra, insomma. Invece se n’è uscita di nuovo con i suoi discorsi da ragazza superiore”.

Shinji guardò in un punto imprecisato. “Ti confesso di essere un po’ dispiaciuto”.

“Capisco” commentò Rei scorrendo una riga dopo l’altra.

Il ragazzo volle cambiare discorso. “Ma torniamo al Fourth Children. Secondo te che tipo di persona sarà? Riusciremo a diventare amici?”

“Se mi ordineranno di farlo, le diventerò amica” rispose l’azzurrina.

Shinji si lasciò scappare una lieve risata, e Rei, pur non alzando gli occhi dalle pagine, se ne accorse. “Perché ridi?”

“Perché hai detto la stessa cosa quando hai incontrato per la prima volta Asuka. Le stesse parole e anche lo stesso tono. Lo trovo buffo”.

A quel punto Rei guardò Shinji dritto negli occhi.

E il ragazzo ammutolì.

“C-che c’è?”

“Ti consiglio di andare a mettere qualcosa di bagnato sulla testa”.

Shinji stavolta obbedì subito, alzandosi e dirigendosi verso i bagni.

Allontanandosi, si voltò un ultima volta verso Rei che aveva ripreso a leggere.

“Non l’avrò mica offesa” pensò prima di andarsene.

Rimasta sola, Rei piegò un lato della bocca in un leggero sorriso.

“Io…. Buffa. Che novità”.


Shinji percorse il corridoio per il bagno.

In effetti toccandosi la testa, sentiva che c’era un punto del cuoio capelluto leggermente lacerato.

“Non dovrebbero sbucarmi bernoccoli, ma è meglio metterci dell’acqua”.

Sul tragitto, trovò la porta per gli spogliatoi con le docce.

“Uhm, un panno bagnato andrebbe a pennello. Tanto questi spogliatoi li usiamo solo io e le ragazze, che ora sono di là”.

Per questo entrò senza farsi problemi.

Un attimo dopo un doppio urlo risuonò per il corridoio.

Asuka lo sentì e scattò verso il bagno, seguita da Rei.

La Second Children andava più veloce e arrivò per prima.

Entrò nello spogliatoio. “Shinji! Cosa è su…cce….sso…”

Nello spogliatoio c’erano: Shinji seduto per terra, rosso come un peperone e con una mano davanti agli occhi.

Davanti a lui una ragazza altrettanto rossa come un peperone, con i capelli castani e indosso solo un accappatoio, appena uscita dalla doccia.

“S-H-I-N-J-I!!!” tuonò Asuka unendo le mani e facendo rumore con le nocche.

“N…. no…. Non è come credi…. Non sapevo che….” tentò di giustificarsi Shinji.

“MANIACO!!!” concluse gridando Asuka.


Misato non sapeva se rimproverare Asuka o mettersi a ridere. Ma prima il dovere. “Allora, dopo questo… incidente… facciamo le presentazioni. Ragazzi, questa è Mana Kirishima, Fourth Children e pilota dell’Evangelion 03”.

Mana imbarazzata salutò con la mano.

“Mana” riprese Misato “Loro sono i tuoi compagni: il ragazzo con l’occhio pesto è Shinji Ikari, il Third Children pilota dell’Eva-01, la ragazza che ora gli regge un pacco di ghiaccio sull’occhio è Rei Ayanami, pilota dell’Eva-00 e First Children. Infine la ragazza-pugile è il Second Children Asuka Soryu Langely, cui è assegnato l’Eva-02”.

La risposta dei tre Children: Rei proferì un “Salve”, Shinji tirò fuori un sorriso distorto dall’imbarazzo e dal dolore all’occhio, Asuka guardò dall’altra parte mugugnando qualcosa che avrebbe potuto essere di tutto, quindi anche un ‘Salve’.

“Signorina Misato, sbaglio o nella sua presentazione c’era un certo tono da presa in giro?” obbiettò Shinji.

“Non posso negarlo. Ammetto che Mana non avrebbe dovuto essere là, doveva attendervi nella sala mensa. Però siccome insisteva per farsi una doccia, e visto che doveva cambiarsi comunque per indossare il Plug Suit, allora…” rispose il maggiore.

“Non si preoccupi. E’ acqua passata, è stato solo un incidente” rassicurò Mana, che indossava una tuta rossa con il logo della Nerv.

“Bene. Adempiute questa formalità, andiamo in sala mensa. A pancia piena si parla meglio” propose Misato.

Durante il percorso per la mensa, Mana scrutava quelli che sarebbero stati i suoi tre compagni di battaglia: la First sembrava priva di emozioni e incapace di muovere un solo muscolo facciale.

E quei capelli azzurrini, e gli occhi rossi.

Una sola parola: inquietante.

Il ragazzo invece sembrava un tipo a posto, anche abbastanza carino.

Ma dava l’impressione di essere troppo timido.

La Second invece pareva un vulcano sul punto di eruttare, con un sacco di occhiatacce lanciate contro Ikari e qualcuna anche contro di lei, nonostante si fossero appena conosciute.

Arrivati a destinazione, il gruppo si servì sedendosi poi allo stesso tavolo.

Misato iniziò il discorso. “Allora, Mana, parlaci un po’ di te”.

“Non c’è molto da dire. Sono nata in America e solo due settimane fa sono stata selezionata come Fourth Children. Di conseguenza sono stata spedita per gli addestramenti nella quarta sezione della Nerv. E ieri mi hanno consegnato un foglio con su scritto ‘idonea’, di conseguenza mi hanno rimessa in viaggio ed eccomi qui. Lo 03 arriverà domani” raccontò la nuova arrivata.

“Nient’altro?” domandò Shinji.

Mana inarcò un sopracciglio. “Che intendi dire, Ikari?”

“Parlo della tua famiglia”.

“Non c’è niente da raccontare. La mia famiglia è normalissima. Mio padre fa l’avvocato, mia madre è un insegnante. Ho due fratelli maggiori che vanno all’università. E io fino a due settimane fa ero una normalissima studentessa delle medie. Tra i ragazzi delle medie americane e quelli giapponesi non c’è molta differenza in fondo”.

Shinji si fece pensieroso. “Capisco. Sei davvero fortunata, sai?”

“Be, penso di si. E voi invece cos…”

Mana sussultò lievemente.

Misato le aveva dato un colpetto al piede.

Lei e Mana si scrutarono per qualche secondo, la donna aveva uno sguardo di quelli ammonitori.

Quindi la ragazza in un angolino della sua mente trovò una domanda di riserva.

“E voi invece cosa avete fatto finora contro questi cosiddetti angeli? Finora ne avete combattuti sei, giusto?”

“Si, e finora abbiamo sempre vinto. Però è stato molto difficile, davvero terribile” rispose Shinji.

“Che parole da perdente!” commentò Asuka alzandosi e andandosene con il piatto quasi pieno.

La sorpresa per Mana fu forte. “Ma cosa le è preso?”

Shinji allargò le braccia.

“Col tempo, penso che capirai” fu la risposta di Misato.

Rei invece continuava a mangiare imperturbabile.


L’Albero della Vita troneggiava sull’intero ufficio di Gendo Ikari, seduto alla sua scrivania con le mani giunte davanti al mento.

Al suo fianco c’era il vicecomandante Kozo Fuyutsuki, impegnato nella lettura di un manuale di scacchi.

“Cosa ne pensi?” domandò il vice.

“Non ci sono prove che sia stata lei. La faccenda è avvolta nel mistero”.

“Oh oh, non dirmi che Gendo Ikari, che vive perennemente nel mistero, per la prima volta non sa che pesci pigliare”.

Gendo non si scompose. “Nella vita di quella ragazzina non c’è niente di anormale, dal giorno della sua nascita fino ad adesso. E non può essere un infiltrata, la sua selezione per pilotare lo 03 è stata quasi casuale, dato che nel soggetto precedentemente scelto si è scoperta una malformazione cardiaca”.

“Potrebbe allora averli davvero aggrediti lei?”

“Una quattordicenne che non pesa neppure cinquanta chili difficilmente può buttare giù dal finestrino di un treno quattro ragazzi molto più grandi di lei”.

Kozo sfogliò un'altra pagina del manuale. “I quattro sono stati interrogati, giusto?”

Gendo osservò le foto poggiate davanti a lui. “Si, e non sono niente. Quattro giovani impegnati in una balordaggine tipica di quell’età. E non hanno fatto in tempo a capire cosa è successo. Hanno detto che qualcuno li ha presi e buttati fuori dal finestrino uno dopo l’altro in pochi secondi. Ne avranno per almeno un mese, e già devono ritenersi fortunati”.

“Proprio vero. Quando li hanno buttati giù, il treno stava rallentando perché vicino alla stazione. In caso contrario…”

Kozo immaginò alla lontana cosa sarebbe successo e sentì un brivido lungo la schiena.

“A proposito. La facilità con cui sono saliti su quel treno riservato è inaccettabile. Dobbiamo sostituire subito il responsabile del servizio di sicurezza esterno” aggiunse Gendo.

“Naturalmente. Ma ora cosa facciamo?”

“Indaghiamo” concluse il comandante della Nerv.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3° Capitolo ***


3° CAPITOLO

La porta si aprì con un lieve ronzio.

“Bene, siamo arrivati” annunciò Misato entrando e facendo cenno a Mana di fare lo stesso.

La ragazza entrò e si guardò intorno.

L’appartamento era munito di tutto il mobilio necessario, in un angolo c’era una fila di scatoloni con sopra il marchio della Nerv.

Nell’aria c’era odore di chiuso.

Misato cominciò ad aprire le finestre. “Vuoi che ti dia una mano a sistemare le tue cose più importanti?” domandò.

“Se non la disturba…” fu la timida risposta di Mana.

“Figurati! Con la mia roba e poi quella di Shinji e Asuka sono diventata un esperta di traslochi!” esclamò allegramente la donna.

Le due cominciarono ad aprire gli scatoloni.

Per un po’ fu l’unico rumore che riempì l’appartamento.

Poi Mana fissò a lungo Misato, indaffarata a sistemare alcuni quadretti da appendere su una parete.

“Senta, Misato…”

“Mmh?”

“Perché prima mi ha impedito di fare quella domanda a Shinji?”

“Tu volevi chiedergli della sua famiglia, giusto?”

“Be, si”.

Misato si fece seria. “Essendo loro questioni personali, non voglio entrare nei dettagli. Ma sappi che Shinji e Asuka hanno una situazione familiare molto…. complessa. E non è un argomento di cui parlano con piacere, soprattutto Asuka. Se le cose tra di voi andranno bene, saranno loro a dirtelo. Fino ad allora, ti prego di non fargli domande sulle loro famiglie”.

“Va bene” rispose perplessa Mana.

Il lavoro sugli scatoloni ricominciò e continuò nel silenzio.

Alla fine la roba era meno di quanto sembrasse, nel giro di un ora fu tutto sistemato.

Solo una scatola più piccola era rimasta chiusa, per volere di Mana.

Comunque l’appartamento aveva ormai acquistato vita.

“Direi che abbiamo fatto un buon lavoro” commentò Misato togliendosi la polvere dalle mani.

“Oh si, la ringrazio” Mana guardò l’orologio. “Sono le otto di sera. Vuole che collaudi la cucina facendole la cena? Me la cavo coi fornelli”.

Misato mise le mani avanti. “Ti ringrazio, ma a casa ho già una cena che mi aspetta, preparata da Shinji”.

“Eh? Shinji vive da lei?”

“Si, insieme ad Asuka”.

“Non lo sapevo”.

“Ci sono ancora tante cose che non sai. Le apprenderai per gradi. Domani verrò a prenderti e ti porterò insieme agli altri a scuola. Dopo ricordatevi di venire alla base: ci sarà il test di collaudo del tuo Eva-03”.

“Non mancherò assolutamente”.

“A domani allora. E buonanotte” si congedò Misato uscendo.

La porta si chiuse.

Mana allora si appoggiò di schiena alla porta e si lasciò cadere a terra, tirando un forte respiro di sollievo.

Poi corse ad aprire l’ultima scatola, il cui contenuto sembrò rincuorarla.


Misato guidava verso il suo appartamento, il sole era ormai calato e i lampioni avevano iniziato ad accendersi.

Poco prima dell’ultima curva per il suo condominio, c’era una costruzione a due piani.

Una piccola casa che si trovava lì già da prima del Second Impact, abbandonata e poi restaurata in attesa di trovarle un utilizzo.

Era una strategia elaborata dal consiglio comunale di Neo-Tokyo 3 per popolare la città con qualcuno che non fosse legato alla Nerv.

Il ragionamento era: cerchi un edificio che ti faccia da casa o da negozio?

Te lo diamo noi, a patto che tu ti trasferisca qui.

“Ma gli angeli sono esclusi” ridacchiò Misato.

Che si fermò quando vide le luci accese in quella casa.

“Qualcuno l’ha comprata?”

Misato intendeva solo passare davanti a quell’edificio, ma si fermò quando vide una persona uscirne: “Maaya? Maaya Sakamoto?!”

La persona chiamata dal maggiore della Nerv era una ragazza molto bella e piuttosto alta, sui diciotto anni, con capelli castani raccolti in due codini che le cadevano sulle spalle.

Un paio di occhiali dalla montatura rossa e con delle piccole ali da angelo intorno alle lenti, incorniciavano due occhi azzurri.

Sentendosi chiamare, Maaya si voltò sorpresa: “Misato! Hai visto? Ci sono riuscita!”

Misato scese dalla macchina e andò a stringerle la mano. “Sono davvero felice per te! Quando hai avuto la licenza?”

“Proprio stamattina. E’ stata dura ma alla fine hanno dovuto cedere!” esclamò orgogliosa Maaya.

Misato conosceva quella ragazza da almeno sei mesi: neo-diplomata, si era trasferita a Neo-Tokyo 3 per cercare subito un lavoro, ritenendo la laurea ‘un inutile pezzo di carta buono solo per un utilizzo igienico’. Lei e Misato andavano a fare compere nello stesso stand, e vedendosi sempre nello stesso luogo avevano cominciato a parlarsi.

Da cosa era nata cosa.

Misato l’aveva invitata a casa sua, Maaya si era rivelata una cuoca provetta (gli spaghetti erano la sua specialità) nonché una persona assai diretta, affabile e simpatica, capace persino di competere con Misato nella gara a chi beve più birra.

Qualche volta aveva pure dormito da Misato, quando le due ragazze facevano troppo tardi nel parlare di sogni e delusioni sotto la spinta della birra.

Quegli incontri però erano terminati con l’arrivo di Shinji. I piloti erano troppo importanti, i contatti con l’esterno dovevano essere assai ristretti, specie se si trattava di persone senza alcun legame con la Nerv. Per questo Maaya e Shinji non si erano mai visti.

Ma Misato aveva continuato ad incontrare Maaya allo stand, dove la giovane le aveva rivelato il suo sogno: aprire un piccolo ristorante rustico.

Aveva messo gli occhi su quella casa, e a quanto pare dopo un mese di tira e molla ce l’aveva fatta.

“Tempo tre giorni e lo inaugurerò!” dichiarò orgogliosa Maaya. “E tu sarai l’ospite d’onore. Spero che potrai portare anche Shinji Ikari e Asuka Langley. Sono curiosa di conoscerli”.

“Senz’altro. Però..” Misato sbirciò dietro le sue spalle “il locale è completamente vuoto. Pensi di riuscire a sistemarlo in appena tre giorni?”

Maaya fletté un braccio e picchiettò sul bicipite gonfiato. “Aspetta e vedrai. Resterai a bocca aperta!”


Shinji stava apparecchiando la tavola per la cena, mentre Asuka guardava la tv nel soggiorno. Pen Pen invece dormicchiava nel suo piccolo frigo.

“Senti Asuka” esordì Shinji “io penso che tu sia stata un po’ troppo brusca oggi pomeriggio”.

“A che ti riferisci?” replicò Asuka senza girarsi.

“Al tuo comportamento davanti a Kirishima”.

“Ma se non le ho detto niente”.

“A lei no. Ma il tuo atteggiamento denotava un certo fastidio. Cosa ti ha fatto Kirishima?”

Fu allora che si scatenò un piccolo pandemonio: con una rapidità incredibile, Asuka raggiunse la cucina, piazzandosi rigida come un palo davanti a Shinji, che impallidì.

L’espressione di Asuka esprimeva una estrema irritazione. “Stammi a sentire: credi che me ne freghi qualcosa di quello che pensa quella tizia?!”

Shinji abbozzò col capo un cenno indefinibile.

“Quella lì mi sembra una tizia incolore, proprio come te. Quindi me ne strafrego di lei! E se tu non vuoi diventare peggio di come sei adesso, ti consiglio di mettere da parte il tuo perbenismo ipocrita e di fare come me!!”

Asuka tornò al suo posto, in quel momento Misato rientrò.

Vide Shinji che fissava il vuoto davanti a se. “Shinji, cosa è successo?”

Shinji scosse la testa e riprese ad apparecchiare.

****

Il giorno dopo Misato accompagnò Shinji, Asuka e Mana a scuola.

Kensuke aveva già preannunciato alla classe l’arrivo di una nuova alunna, che come sempre suscitò interesse tra gli altri ragazzi.

Tuttavia si trattò di un interesse minore rispetto agli ultimi arrivi: nessuno sapeva che Mana era un pilota di Eva.

Il padre di Kensuke, evidentemente su ordini superiori, aveva dato una bella strigliata al figlio sul non divulgare informazioni della Nerv.

I piloti stessi erano stati consigliati di tenere nascosto il più possibile il loro ruolo.

E infatti a parte Shinji, solo Toji, Kensuke e Hikari sapevano che anche Asuka e Rei erano piloti di Evangelion.

Inoltre Mana non aveva niente di particolare da raccontare della sua vita, una vita che fino a due settimane prima era uguale a quella di tanti adolescenti.

Qualcosa di particolare c’era: la sua famiglia da due generazioni viveva ormai in America.

Tuttavia avevano sempre conservato nomi e lingua giapponesi per rispetto alle loro radici.

Ed era una cosa particolare ma non straordinaria.

Quindi non ci fu alcun assedio al suo banco.

Le cose cambiarono abbastanza durante l’intervallo, quando i piloti salirono sul tetto della scuola insieme ai loro tre amici.

“Uao! E’ un vero onore conoscere il Fourth Children!” esclamò Kensuke filmando con estremo interesse la ragazza e girandole intorno quasi con fare da maniaco.

L’oggetto di tanto interesse si sentiva alquanto in imbarazzo. “Ehm… lusingata di essere cosi apprezzata”.

Kensuke si mise in ginocchio davanti a lei. “Dimmi, ti prego: allo 03 serve un pilota di riserva? Ti assicuro che sono molto capace. Metti una buona parola con la signorina Misato per me! Ti scongiuro!”

“Aida, lasciala in pace” intervenne allora la capoclasse.

“La capoclasse ha ragione” continuò Toji “Preoccupiamoci di altro. Oggi sono stati fissati dei colloqui tra genitori e insegnanti. Col risultato che stasera dovrò farmi ospitare da te, Kensuke, dato che al 99% verrò cacciato da casa”.

La capoclasse volse gli occhi al cielo. “Esagerato. Allora Mana, dunque sei anche tu un pilota di Evangelion. Spero che tu possa fare un buon lavoro. Però vorrei farti una domanda: perché lo fai? Voglio dire, è una cosa estremamente pericolosa, si rischia la vita. E io ad essere sincera, non so se ne avrei il coraggio”.

“Be, perché lo faccio? Per dovere. Voglio dire, questi misteriosi angeli minacciano l’umanità. Dobbiamo difendere il nostro pianeta, no?” rispose Mana abbozzando un sorriso.

Che si spense davanti alla faccia perplessa di Hikari.

“E' per questo?” commentò la capoclasse.

“Si. Che altro motivo dovrei avere? Ikari, Soryu e Ayanami perché lo fanno allora?”

Shinji si mise una mano dietro la testa. “Io lo faccio per la pace sulla Terra…. credo…”

“Non ho nient'altro” rispose Ayanami che fino ad allora era stata in silenzio appoggiata al parapetto per contemplare il panorama.

“Salvare il mondo, ovvio no? Comunque non sono affari tuoi!” concluse seccata Asuka consumando in disparte il suo pranzo.

Mana rimase senza parole.

Poi si fece forza. “Stando cosi le cose, io…”

Il suo cellulare la interruppe.

Lo prese e lo guardò. “Un sms da Misato. Già, ieri le avevo dato il mio numero. Dice che l’Eva-03 è atterrato a Matsushiro e ora è in viaggio verso la città. Arriverà tra poco. E io devo recarmi subito alla base. I professori sono già stati avvertiti. Verrà a prendermi lei”.

“Eehhh!? La signorina Misato viene qui?!” esclamarono in preda ad una gioia irrefrenabile Toji e Kensuke.

Nel parcheggio sottostante si udì una sgommata e come le api col miele, i due ragazzi si fiondarono sul parapetto.

“E’ arrivata!!! E’ arrivata!!! Eccola!!! Eccola!!” gridarono all’unisono.

Misato si accorse dei suoi due fan e ammiccando inviò loro un bacio con un dito.

Col risultato che a Kensuke si ruppero gli occhiali per l’emozione, mentre Toji stramazzò al suolo mormorando ‘Mi ama! Mi ama!’.

“Idioti!” mugugnò nera in viso Hikari.

Mana si alzò. “Allora io vado. Ci vediamo tra un’ora alla base” disse ai suoi tre compagni.

“D’accordo” rispose Shinji.

Rei si limitò ad annuire, Asuka non rispose proprio.

Rassegnata, Mana lasciò l’edificio.

Una decina di minuti dopo, era alla base della Nerv, nello spogliatoio, intenta a mettersi il Plug Suit.

Premette il pulsante sul polso e la tuta, di colore nero, aderì perfettamente al corpo.

Era un Plug Suit molti diverso da quello che aveva indossato nella sezione americana: lì le avevano messo una tuta cosi gonfia di protezioni da far sembrare Mana una culturista in erba.

Il Plug Suit standard invece era molto più aderente.

“Aderisce anche troppo” disse tra se e se la ragazza guardandosi il sedere. “Mamma mia, mi sembra di non indossare niente”.

Lo 03 l’attendeva nella gabbia numero 4, per cominciare subito test di sincronia e di addestramento.

Misato era andata via un momento per prendere alcune scartoffie burocratiche, assicurando che sarebbe tornata subito.

Mana si strinse tra le braccia. “Lo spero che torni subito. Questa base è cosi silenziosa che adesso mi fa paura”.

Improvvisamente le luci si spensero.

Mana agitata si guardò intorno: se non fosse stato per alcune luci di emergenza da cui proveniva un’illuminazione biancastra, la stanza sarebbe caduta nel buio più completo.

La ragazza cercò di uscire, ma la porta era automatica e non funzionava più.

Provò il citofono per comunicare con l’esterno.

Niente.

Le venne in mente una sola parola per spiegare tutto.

“E’ un blackout!”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4° Capitolo ***


4° CAPITOLO

“Eccolo lì. Sempre fermo”.

L’informazione dell’addetto al monitor non sorprese lo scribacchino impegnato nell’ennesimo rapporto.

“Ci potevo scommettere” rispose.

Il tempo sembrava davvero essersi fermato lì.

Però la noia si avvertiva comunque.

“Uff, se quelli non fossero impazziti, non ci sarebbe stato bisogno di sottoporlo a un controllo 24 ore su 24” sbottò lo scribacchino.

L’osservatore fece spallucce. “E che ci vuoi fare? I nostri capi non amano spendere inutilmente i loro soldi. Dobbiamo tenerlo sotto costante osservazione”.

“Questo tizio non ha dato problemi per anni”.

“Neanche quegli altri, i superforzuti tontoloni. Poi sei mesi fa è successo il fattaccio”.

“Bah, sarebbe stato meglio se fosse morto anche lui! In fondo sin dalla nascita subirono una prima sfoltita”.

“Perché allora non vai dal nostro principale a chiedergli di completare il lavoro?”

Lo scribacchino mormorò qualcosa d’incomprensibile e controllò il suo ennesimo rapporto.

****

La situazione era quella.

Non sembravano esserci vie d’uscita.

Bloccata in quella stanza senza luce.

Chissà quando sarebbe tornata l’elettricità.

O se sarebbe tornata.

Ma doveva tornare, la Nerv era all’avanguardia nel campo della tecnologia.

Però in tal caso non avrebbe neppure dovuto esserci il blackout.

Mana si mise le mani nei capelli e si sedette su una sedia.

Non poteva fare altro che aspettare.

Se la luce non fosse tornata, alla fine qualcuno sarebbe venuto sicuramente a cercarla.

E lei si sarebbe fatta trovare dove doveva essere.


“Coraggio, Shinji. Adesso è arrivato il tuo turno!”

Quello di Asuka era chiaramente un ordine.

E il povero Shinji dovette impegnarsi non poco per attivare l’apertura manuale di quella porta d’emergenza.

La ruota che muoveva il meccanismo funzionava, ma dalla resistenza che opponeva e dai rumori che produceva, dava l’impressione di non essere mai stata usata.

Alla fine Shinji era stremato, le braccia indolenzite e le mani diventate bianche.

Rei rimase a guardare, mentre Asuka soddisfatta entrò.

I corridoi erano immersi in un buio quasi totale, rotto solo dalle pallide luci di emergenza.

In quella zona solitamente non passava mai nessuno, quindi non si erano certo impegnati per renderla in qualche modo confortevole.

Shinji provò una certa inquietudine.

Asuka invece s’impose arrogantemente come leader, scavalcando Rei che sembrava al contrario molto più capace di fare da guida in quel labirinto silenzioso.

Mentre camminavano, Shinji volle rompere quel silenzio. “Secondo voi cosa è successo?”

“Sarà stato un guasto” ipotizzò Ayanami.

“Il perché non ha importanza adesso” dichiarò Asuka.

“Però mi chiedo cosa ne è stato degli altri. Potrebbero essere nei guai”.

“Ma figurati. Sono tutti adulti e vaccinati. Specialmente il signor Kaji!” Quest’ultimo nome fu pronunciato da Asuka con orgoglio.

“Veramente io mi riferivo a Mana” replicò Shinji “Non sappiamo dove sia. E non sa assolutamente nulla di questa base. Se c’è qualcuno che potrebbe essere in pericolo, è lei”.

“Non capisco cosa te ne freghi di quella stupida. Se non è completamente tonta, allora farà attenzione a non mettersi nei guai” rispose seccamente Asuka.

“Un momento!” esclamò Rei.

Gli altri due si fermarono.

“Sento una voce!” spiegò impassibile l'albina.

Asuka e Shinji rimasero in ascolto.

Poi la udirono.

Era una voce maschile, che arrivava molto attutita e lontana.

“E’ il signor Hyuga!” esclamarono Asuka e Shinji, e gridarono nel tentativo di farsi sentire.

Tuttavia l’annuncio di quella voce li raggelò: “Angelo in avvicinamento! Ripeto: angelo in avvicinamento!”

“Un angelo in avvicinamento!” ripeterono insieme Shinji e Asuka.

Rei propose una scorciatoia, e data l’emergenza, Asuka dovette accettarla.


Mana invece non aveva potuto sentire nulla.

Aveva cercato di dormire un po’, senza riuscirci a causa della situazione.

Il silenzio e il buio diventavano sempre più intensi, e adesso erano accompagnati dal freddo.

Il silenzio ricordava la quiete che precede la tempesta.

Il buio era la sede perfetta per chissà quanti mostri in agguato.

E il freddo ricordava la morte.

La giovane tentò di scacciare quei pensieri, inutilmente.

Sentì gli occhi diventare lucidi, cercò di controllarsi.

Poi chinò il capo.

“Spero davvero di essere ancora la piccola miracolata”.


Shinji, Asuka e Rei stavano attraversando un corridoio, stranamente in salita come notò il ragazzo.

Prima avevano seguito la scorciatoia indicata da Rei, e dopo diversi minuti erano arrivati molto in profondità.

Ma giunti di fronte ad un bivio, Asuka si era nuovamente imposta e aveva scelto lei la strada.

Cosi adesso erano arrivati di fronte ad una porta chiusa.

“Dai Shinji, mostraci di essere un vero uomo” ordinò Asuka sfoderando il suo sorriso da essere superiore.

Shinji girò la seconda, faticosa, maniglia, e anche dopo averla girata a dovere, la porta non si aprì.

Asuka sbuffò. “Tsk, lascia fare a me, stupiShinji!”

Con un forte calcio, la ragazza aprì la porta, e la luce del sole inondò il corridoio.

Erano tornati in superficie.

Prima che qualcuno dei tre potesse dire qualcosa, la luce fu nuovamente oscurata, uno strano oggetto piombò al suolo proprio davanti alla porta, facendo tremare tutto.

Asuka per lo spavento cadde all’indietro.

L’oggetto sembrava un cono rovesciato di colore verde oscuro.

Si sollevò e qualche decina di metri più in là, tra le strade, apparve un corpo immenso con sopra raffigurati degli occhi umani.

E il cono rovesciato era in realtà una zampa.

Come un fulmine Asuka chiuse la porta girandosi verso i suoi due compagni, impassibili.

“Angelo avvistato a occhio nudo. Ora abbiamo un motivo per sbrigarci!” sentenziò con voce saccente.

Poi intravide qualcuno dietro di loro, nell’oscurità.

“Chi è là?” domandò gridando.

Shinji e Rei si voltarono scrutando il buio.

Ci volle qualche attimo perché i loro occhi si riabituassero all’oscurità.

“Kirishima?!” esclamò Shinji.

Il Fourth Children stava in piedi, col braccio destro alzato e un dito puntato verso la porta.

Anche attraverso la fioca luce di emergenza, Shinji si accorse che Mana era sbiancata.

“Kirishima, cosa c’è?” domandò Shinji avvicinandosi.

La ragazza indietreggiò fino a sbattere contro una parete e cadde a terra. “Cos…. Cos’era…. Quello?!”

“Quello? Era un angelo” rispose il Third Children.

Mana lo guardò stupita e sembrò sbiancare ancora di più.

Prima che Shinji potesse dirle qualcosa, Asuka lo scostò bruscamente, prese Mana per le spalle e la sollevò di peso.

“Quello era un angelo! E’ allora? Che credevi? Che fossero dei moscerini? Non hai visto i precedenti?”

Mana annuì. Però una cosa erano dei filmati, un’altra cosa vederli dal vivo.

“Vedi di darti una svegliata! Noi andiamo a fare il nostro dovere! Se non te la senti, resta qui a tremare e non romperci con i tuoi piagnistei!”

Asuka mollò la presa e Kirishima ricadde a terra.

Poi la rossa se ne andò e quasi trascinò via Rei chiedendole quale’era la strada giusta.

Shinji si avvicinò a Mana e le porse la mano. “Dai, ti aiuto ad alzarti”.

“Mi… mi dispiace…” mormorò Mana.

Shinji le sorrise. “E di cosa? Di aver avuto paura? Secondo te io il Terzo Angelo l’ho affrontato in maniera spavalda come un eroe dei cartoni animati? Ero cosi spaventato che stavo per mettermi a piangere”.

“Da…. Davvero?”

“Certo. In una situazione come la nostra, avere paura è normale. Devi solo farci l’abitudine. Ce l’ho fatta anch’io. Non prendertela per Asuka, è fatta cosi”.

“Ti ringrazio” rispose Mana, e prendendo la mano del ragazzo si rialzò.

“Coppia di stupidi, muovetevi!” gridò Asuka sbucando da dietro un angolo e lanciando contro di loro uno sguardo inceneritore.

Il gruppetto si rimise in movimento.

Ormai il ruolo di guida era stato preso del tutto da Rei.

Asuka, che le stava dietro, era troppo intenta a lanciare occhiatacce contro Shinji e Mana, che avanzavano con lei attaccata al braccio di lui.

“Ora dobbiamo passare di qui” avvertì Rei indicando un condotto di aerazione sopra di loro.

A quel punto tornò l’Asuka leader: “Shinji, sali sulle mie spalle e apri la grata, poi vai nel condotto”.

“Eh? Ma forse dovresti salirci tu sulle mie spalle” obbiettò Shinji.

Asuka s’infiammò. “Assolutamente no! Potresti approfittarne per guardarmi le mutandine! E poi cosa vorresti insinuare? Che sono debole? Credi che non ce la faccia a reggerti?”

“No, mai”.

“E allora fai come ti ho detto!”

E cosi fecero: Asuka riuscì a sostenere il peso di Shinji, e rifiutò un aiuto da parte di Mana e Rei.

Quando il ragazzo fu salito, tese le braccia verso Asuka, che ordinò alle altre due di sollevarla.

Dopo Asuka, Rei fece cenno a Mana che era il suo turno.

“First! Sali tu!” esclamò freddamente Asuka.

“Perché?” domandò impassibile Rei mentre Mana rimase leggermente interdetta.

“Perché sei la First, no? Dammi la mano e fatti alzare da Mana. Poi noi due la tireremo sopra”.

Anche le ultime due operazioni si conclusero senza problemi.

I quattro ora si muovevano strisciando nello stretto condotto, con Shinji capofila e Mana all’ultimo posto.

Ad un tratto il ragazzo si fermò.

“Che succede?” gli chiese Asuka che stava dietro di lui.

“Mi sembra che in questo punto la lamiera sia più instaaaaahhhh….”

Il pezzo di condotto sotto di loro cedette all’improvviso, facendo cadere in una stanza sottostante Shinji e Asuka, mentre Rei e Mana si calarono saltando giù senza problemi.

“Siete voi ragazzi!” li salutò contenta una donna.

“Signorina Ritsuko!” esclamò Shinji.

Mana squadrò la bella donna dai capelli biondi e in camice bianco: sapeva chi era ma non l’aveva mai incontrata di persona.


Il liquido del LCL la sommerse rapidamente.

Non era freddo come Mana si aspettava, ma tiepido.

Stare dentro l’LCL dava un’inaspettata sensazione di benessere.

Guastata però da un lieve odore e sapore di sangue, sempre più avvertibile col passare del tempo.

La strumentazione davanti alla ragazza s’illuminò, come pure lo spazio circostante: le pareti dell’Entry Plug furono sostituite dalla visione esterna della gabbia numero quattro.

Mana intravide sulle strutture circostanti i tecnici della Nerv che finivano di installare le batterie d’emergenza e le armi sui supporti dei quattro Eva.

Dalla radio giunse la voce di Ritsuko Akagi, che prima aveva rapidamente fornito loro i dati sull’attacco dell’angelo: “Unità Evangelion, aprite i blocchi con le vostre mani!”

Mana aprì e chiuse più volte i pugni: “Pensa di stare muovendo il tuo corpo. Pensa di stare muovendo il tuo corpo”.

Sospirò e creò nella sua mente l’immagine delle sue braccia che si alzavano e cominciavano a spingere all’indietro le strutture di bloccaggio.

E lentamente l’Eva-03, identico allo 02 ma di colore nero e con due occhi soli, eseguì gli stessi movimenti.

Una volta liberi dagli ancoraggi, bisognava raggiungere la superficie.

Una finestra olografica si aprì davanti a Mana, contenente le indicazioni su dove andare.

E subito dopo i quattro Eva stavano strisciando in un condotto perpendicolare a uno dei tunnel usati di solito per lanciare i giganteschi umanoidi all’esterno.

Era Asuka ad aprire la fila, e fu la prima che cominciò ad arrampicarsi lungo il tunnel una volta raggiuntolo, subito seguita da Shinji e da Rei.

Mana fu l’ultima perché si muoveva più lentamente degli altri, e fu allora che accadde qualcosa: Asuka sembrò scivolare senza motivo, cadde addosso all’Eva-01 che cadde sopra lo 00.

I suoi tre compagni scivolarono lungo il tunnel sparendo dalla vista di un’atterrita Mana.

Inoltre uno strano e viscido liquido arancione cominciò a piovere copioso dall’alto.

“No… non ditemi che sono…”

“Kirishima, dacci una mano!” gridò Shinji via radio.

Lo 03 si sporse in avanti e vide i suoi tre compagni stare poco più giù, uno ammassato sull’altro.

Uno per volta lo 03 li afferrò per le braccia e li aiutò a tornare nel condotto.

“L’obiettivo sta cercando di entrare nella base usando un potente liquido corrosivo” annunciò con freddezza Ayanami.

“Ora che facciamo?” domandò Shinji tramite la finestra olografica.

“Mi sembra chiaro, dobbiamo attaccare” rispose decisa Asuka.

“Si, ma in che modo? I Pallet Gun che portava lo 00 sono caduti in fondo al pozzo e ci rimangono meno di tre minuti di autonomia” replicò Shinji.

Un sorriso audace apparve sul volto di Asuka nella finestra olografica. “Mi è venuta un’idea. Un’unità farà da scudo contro l’acido, un’altra salterà nel pozzo e recupererà i Pallet Gun, per poi lanciarli allo 01 e allo 03, che spareranno contro il nemico”.

Ayanami annuì con un cenno. “Perfetto. Io farò da difesa”.

E la finestra olografica dello 00 mostrò la sorpresa della ragazza quando Asuka reclamò quel ruolo per se.

“Ma è pericoloso” obbiettò Shinji.

“Proprio per questo. Finché non avrò saldato il mio debito per l’altra volta non riuscirò a sentirmi bene. E ora andiamo. Novellina, sei pronta?”

Nessuna risposta dallo 03, il cui pilota non aveva partecipato alla discussione.

Mana cominciò a sentirsi la testa girare, il suo sguardo si alternava tra l’acido che colava a tratti e il timer della batteria che inesorabilmente si avvicinava allo zero.

“Novellina, rispondi!”

La voce via radio di Asuka fece sobbalzare Mana.

“S-si, sono qui” rispose.

“Hai ascoltato il piano?”

“Si… dovrò sparare”.

“ E allora andiamo!” gridò Asuka lanciandosi nel tunnel e volgendo le spalle verso l’altro.

L’acido colò ampiamente sull’Eva-02, che aveva esteso al massimo le braccia e le gambe per ancorarsi alle pareti del tunnel.

I gemiti di dolore di Asuka si udirono via radio.

Lo 00 atterrò sui resti di una paratia erosa dall’acido, recuperò i fucili caduti e li lanciò verso lo 01 e lo 03, che stavano al centro del tunnel, anche loro reggendosi con le gambe e le braccia tese.

I due Eva, ciascuno con un braccio, afferrarono al volo i fucili e li puntarono verso l’alto.

“Asuka, spostati!” gridò Shinji.

E aprirono il fuoco insieme.

Una pioggia di colpi passò affianco allo 02 diretta verso l’alto.

Asuka la osservava soddisfatta.

Poi si accorse che qualcosa non andava: alcuni colpi erano troppo vicini.

E si stavano avvicinando ancora!

Talmente vicini che la Second Children riusciva a distinguere chiaramente le forme dei proiettili.

Asuka guardò in basso: “Mana! Deficiente! Che fai?!”

Il grido di Asuka fece voltare Shinji verso lo 03: quest’ultimo non riusciva a tenere saldo il fucile mentre sparava!

Shinji non perse tempo e con il braccio armato colpì l’arma dello 03 facendola cadere.

Un istante dopo lo 02 precipitò su di loro, preso al volo dallo 01.

Asuka guardò l’unità sotto di lei. “Con questo il mio debito è saldato”.

Poi si accorse di alcuni buchi ancora fumanti su uno dei supporti verticali dello 02.


I quattro Evangelion, attraverso un altro condotto, raggiunsero l’esterno.

Giusto pochi secondi prima che le batterie si esaurissero.

Non erano dentro la città, ma in cima a una collinetta del circondario, dalla quale si poteva vedere tutta Neo-Tokyo 3.

Ormai il sole stava tramontando.

I piloti erano appena scesi dai mezzi.

Mana toccò il suolo con le ginocchia tremanti.

Era spaventata.

E l’oggetto della sua paura era proprio lì: Asuka con passi decisi si avvicinò a lei e la spinse a terra.

Poi le mise un piede sullo stomaco e si chinò in avanti.

Lo sguardo di Asuka emanava una rabbia gelida e controllata. “Stammi bene a sentire, novellina. Visto che questa era la tua prima battaglia, e dato che non hai ricevuto un regolare addestramento, per stavolta lascio correre. Ma fammi ancora un errore del genere e ti faccio ingoiare tutti i denti. Capito?”

Mana annuì.

Asuka allora se ne andò, afferrando per un braccio Shinji, che era intenzionato ad aiutare Mana.

“Non la toccare o rischia di attaccarti la sua stupidità. Andiamo laggiù a goderci il panorama” ordinò portandolo via.

Mana rimase distesa a terra, in silenzio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***


5° CAPITOLO

Il sole rendeva quella giornata particolarmente torrida.

Sembrava di essere in estate, invece si era ancora in primavera.

Ma per la professoressa di ginnastica non era affatto un problema giocare a pallavolo con quel caldo.

Le ragazze della seconda A erano state sfidate dalla seconda B, e ora stavano svolgendo una partita nel campo della scuola, sotto lo sguardo di alcuni spavaldi giovanotti che dal tetto dell’edificio sbirciavano le giocatrici.

A volte il sudore poteva fare meraviglie nel mostrare dettagli che solitamente erano nascosti.

Nella squadra della II A c’erano anche Asuka e Hikari.

Mana e Rei invece stavano in panchina.

La prima con lo sguardo basso, la seconda persa in chissà quali pensieri.

Erano passati già tre giorni dall’attacco dell’angelo e Mana aveva sempre fatto attenzione a evitare lo sguardo di Asuka, che comunque non dimostrava di interessarsi molto a lei.

Shinji invece più volte era parso sul punto di dire qualcosa, per poi trattenersi.

Ayanami invece sembrava vivere fuori dal mondo.

Per Mana non era un problema.

Voleva stare da sola.

“Dai Tako, fai un servizio dei tuoi!” gridò il capitano della II B a una delle schiacciatrici.

La ragazza obbedì prontamente, saltò e colpì la palla.

“La prendo io!” urlò Asuka, che si sporse in avanti tenendo le braccia tese e le mani giunte.

La ragazza sentì qualcosa sfiorarle a velocità altissima la testa.

La palla si conficcò nella rete di protezione del campo.

E lo fece con tale forza che la rete si deformò e la palla esplose.

Sul campo scese un silenzio sbigottito.

La giocatrice Tako si guardò le mani, stupefatta.

“Asuka! Stai bene?” domandò Hikari andando affianco ad Asuka.

“S-si, credo di si” rispose sbalordita la ragazza.

“Ma cosa è successo?”

“Non lo so. Stavo per prendere la palla, quando è… è come sparita. Poi mi è sembrato che un proiettile mi passasse affianco alla testa”.

La professoressa si chinò ad esaminare la rete piegata dalla forza dell’impatto e i resti del pallone.

Tra tutte le ragazze, soltanto Rei sembrò accorgersi di qualcosa: si alzò, andò al centro del campo e si chinò per raccogliere un oggetto.

Mana se ne era andata.


Quando tutti gli studenti tornarono in classe, lo strano incidente sembrava essere stato già dimenticato, ma non da tutti.

“Dov’è Mana?”

La domanda di Shinji non trovò risposta da Toji e Kensuke, che si strinsero nelle spalle.

“Mana ha chiesto di uscire prima” gli disse allora Hikari, che stava cercando di ricostruire con Asuka cosa era successo.

Shinji fissò il banco vuoto della sua nuova compagna.


Nel suo appartamento, Mana piangeva a dirotto, stringendo al petto la scatola che solo lei poteva toccare.

La scatola era aperta, ne guardava il contenuto e ogni occhiata sembrava scatenare una nuova ondata di singhiozzi.

Sarebbe stata capace di piangere ancora a lungo, ma fu interrotta dal bussare alla sua porta.

Rapidamente la ragazza rimise a posto la scatola e cercò di darsi una sistemata prima di andare ad aprire.

Guardò dallo spioncino.

Sorpresa aprì la porta. “Shinji Ikari?”

Shinji sembrava alquanto imbarazzato. “Ehm… si. Ho pensato che ti servisse qualcosa”.

“Come facevi a sapere dove abito?”

“L’ho chiesto alla signorina Misato”.

“Be, prego entra”.

La ragazza fece accomodare Shinji.

“Posso offrirti qualcosa?”

“No, non disturbarti”.

Shinji si guardò in giro: nell’appartamento stavano in bella vista molto foto, per la maggior parte panorami.

C’erano anche alcune foto della famiglia di Mana, di suo padre e sua madre, persone dall’aspetto distinto e simpatico, e dei suoi fratelli maggiori.

“Hanno gli stessi capelli della sorella” pensò Shinji.

Mana gli andò affianco. “Ikari, cosa volevi dirmi?”

“Eh?”

“Avevi detto che eri passato nel caso mi servisse qualcosa. Cosa?”

In effetti, non lo sapeva nemmeno Shinji.

O meglio, lo sapeva. Ma non sapeva se ne era all’altezza, dato che lui sembrava essere l’ultima persona al mondo capace di offrirlo.

“Aiuto” disse semplicemente.

“Aiuto?” ripeté Mana.

“Si, per via di quello che ti ha detto Asuka. Mi dispiace davvero che sia stata cosi dura con te. In effetti il suo comportamento mi sembra strano. Con me non si è mai comportata cosi, almeno non fino a quel punto”.

“Ma io non me la sono presa”.

“E allora perché quegli occhi arrossati?”

Mana sospirò e si avvicinò a uno dei quadri. “Ho pianto, si. E non perché me la sono presa. Ma perché Asuka ha ragione, ha perfettamente ragione. La mia prima prova con l’Eva è stata un disastro. Ti rendi conto? Se tu non avessi spostato la mia arma, avrei crivellato di colpi lo 02. Asuka ha fatto bene ad arrabbiarsi, mi sarei arrabbiata anch’io davanti ad un compagno cosi inetto”.

“Ma era la tua prima volta” replicò Shinji “Il problema non è in te, Kirishima. E che ti è successo tutto troppo in fretta. Ti sei ritrovata sballottata all’improvviso in qualcosa molto più grande di te. Però puoi farcela”.

“E tu cosa puoi saperne?” rispose Mana guardando Shinji negli occhi. “In America ho sentito parlare di te, sai? Nella Nerv sei una sorta di leggenda, il ragazzo che ha raggiunto il 41% di sincronia al primo tentativo, che ha battuto tre angeli e aiutato a sconfiggerne altri tre. Per molti sei una sorta di veterano. Io sono solo una nullità in confronto a te. E sparisco anche di fronte ad Asuka, che ha una tecnica di pilotaggio sublime. Mentre Ayanami finora non ha potuto fare molto, tuttavia non è certo il tipo che commette simili gaffe. Ed io? Che cosa ho fatto io finora? Ho solo rischiato di uccidere il Second children!

Mi sa tanto che sono solo di troppo, qui. Forse dovrei ritirarmi”.

Shinji si passò una mano sulla testa. “Guarda che hai un’opinione troppo alta di me. Ti ricordi quando ti ho detto che nella mia prima battaglia stavo per mettermi a piangere? Bene, avessi fatto solo quello. La mia prima battaglia è stata un disastro, non ho saputo reagire in alcun modo, l’angelo ha spezzato il braccio dello 01, gli ha trapassato il cranio ed io non ho fatto niente. L’Eva ha vinto solo perché è andato in berserk, in caso contrario sarei morto da un pezzo. E col quarto angelo? Figurati, anche il mio esordio con le armi da fuoco è stato un disastro. Mi sono fatto nuovamente bloccare dalla paura, alla fine ho vinto in preda alla disperazione e alla rabbia. E decisi di andarmene, però dopo ci ripensai.

Col quinto angelo non ne parliamo. Dopo il primo attacco fui nuovamente tentato di mollare tutto. E riguardo gli altri tre angeli, la parte del leone l’ha fatta Asuka.

Perciò io non sono per nulla speciale. Pensa che ancora adesso non so veramente perché piloto lo 01”.

Quelle parole erano una sorpresa per Mana, perché in America le avevano detto i fatti ma non come si erano svolti.

“E infine” Shinji abbassò lo sguardo “anche prima di conoscere gli Eva, la mia vita era già stata sconvolta, perché…” Il ragazzo si fece forza “perché mia madre è morta quando ero piccolo. E mio padre, il comandante della Nerv, mi ha abbandonato. Poi mi ha richiamato poco tempo fa, e solo per pilotare l’Eva. Immagina come mi sono sentito”.

Shinji dovette farsi forza, dopo aver fatto una simile descrizione della sua vita, per ricordare il motivo della sua visita.

“Eppure sono riuscito ad andare avanti. E se ce l’ho fatta io, puoi farcela anche e soprattutto tu, che hai una vita felice alle spalle”.

Mana gli andò vicino e gli accarezzò il viso. “Visto che siamo in tema di confidenze, allora mi confiderò anch’io. Ricordi il mio primo giorno di scuola? Hikari mi ha chiesto perché pilotavo l’Evangelion. Io ho risposto che lo facevo per la salvezza del mondo. In realtà del mondo non me ne frega granché. Temo che sia un concetto troppo astratto, lontano. Quello che faccio, lo faccio solo per la mia famiglia. Sono loro il mio mondo, io voglio proteggere loro. Una protezione che ha come conseguenza secondaria la difesa del mondo. In fondo è un discorso piuttosto egoista il mio, non credi? Tanto più che prima stavo piangendo, e sai perché? Perché se avessi fatto del male ad Asuka, avrei diminuito le possibilità di salvezza della mia famiglia, e poi del mondo. Hai capito quindi che razza di persona sono?”

Stavolta fu Mana a doversi fare forza.

“Ma io dico chi se ne frega. Rappresentano il mio tesoro, senza il quale non potrei vivere”.

“Capisco” annuì Shinji. “Sei davvero fortunata, Kirishima”.

Calò allora il silenzio.

Cos’altro potevano dirsi?

“Ho trovato!” esclamò Mana “Shinji, vorresti diventare il mio senpai?”

A quella proposta, Shinji indietreggiò come se avesse visto un fantasma. “Eeehhh?!”

“Si, aiutami. Aiutami con l’Eva!” insisté Mana.

“Ma non mi hai ascoltato prima? Io non sono un eroe o un maestro. So a malapena badare a me stesso”.

“Puoi aiutarmi col tuo esempio! Tu sei riuscito a farcela. Mostrami come. Mostrami come si può evitare di fuggire!”

Shinji non sapeva cosa fare o dire.

Quella era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato.

Poi però si ricordò della ragione per cui era venuto.

“E va bene, accetto. Tu, comunque, promettimi che continuerai sempre a ragionare con la tua testa, Kirishima. Le possibilità che io sbagli sono molto, troppo alte”.

“Contaci”.

Dopo aver stretto l’accordo, Shinji guardò Mana con occhi particolari.


“Bene ragazzi, il test di sincronia è finito. Potete uscire” annunciò Misato.

I quattro Evangelion erano posizionati nelle loro gabbie.

“Kirishima, tu devi restare ancora. Il tuo tasso di sincronia ha avuto un buon incremento, ma Il ritardo nel tuo addestramento richiede ulteriori test e allenamenti”.

“Molto bene, Misato” rispose Mana “Però avrei una richiesta”.

“Ovvero?”

“Vorrei che Shinji Ikari restasse a guardarmi”.

Misato rimase sorpresa. “E perché?”

“La sua presenza mi… rasserena” confessò con una punta d’imbarazzo Mana.

Il maggiore della Nerv inarcò un sopraciglio. “Oh be, tu Shinji sei d’accordo?”

“Si” rispose risoluto il ragazzo.

“In tal caso, Asuka e Rei voi potete andare. Asuka ci vediamo stasera”.


Negli spogliatoi, Rei e Asuka si stavano cambiando.

“Ma che storia è questa? Chi si crede di essere quella? Quanto crede di poter diventare brava?” sbottava Asuka.

Rei ascoltava in silenzio le escandescenze della tedesca.

Finì di cambiarsi e uscì dallo spogliatoio dicendo freddamente ‘arrivederci’.

Rimasta sola, Asuka sferrò un pugno contro l’armadietto.


I giorni passarono.

E Mana si sottopose per interi pomeriggi a estenuanti allenamenti e test di sincronia.

Maya Ibuki rimase sorpresa del ritmo che riusciva a sostenere il Fourth Children.

Misato supervisionava i risultati delle prove, e Shinji stava sempre con lei.

Stupendo Misato, il ragazzo non di rado non si limitava ad assistere ma prendeva la parola, spiegando la strumentazione dell’Entry Plug a Mana o avvertendola di fare attenzione alla meccanicità degli allenamenti.

“Non fissarti sul ‘inquadra il bersaglio e spara’, può giocare brutti scherzi” le diceva con semplicità.

E Mana faceva attenzione a ogni singola parola.

Ma era soprattutto la presenza di Shinji che la rassicurava.


Ritsuko Akagi, leggendo l’ultimo risultato del test di sincronia, si accese un’altra sigaretta.

“Che ne pensi?” domandò a Misato, persa nei suoi pensieri.

“Questo dovresti dirmelo tu. I risultati sono buoni, no?” rispose il maggiore.

“Oh si, la sincronia e l’abilità del Fourth Children aumentano a vista d’occhio. E il merito sembra essere davvero di Shinji. Certo, i suoi consigli non sono nulla di speciale, potresti darli anche tu. Però detti da una persona che parla per esperienza diretta, acquistano più valore per Mana”.

“Mi sorprende”.

“Davvero? Eppure mi sembra una buona cosa”.

“Lo è, lo è” ribadì Misato “Mi sorprende la velocità con cui Shinji sta crescendo. Sta imparando a prendersi cura degli altri. Speravo che accadesse. Ma cosi presto…”

Ritsuko tirò fuori uno dei suoi sorrisetti maliziosi. “Ah, ho capito. Tu ti sei messa a fare la mamma con Shinji, e ora temi che il pulcino possa lasciare il nido anzitempo”.

“Chi sarebbe la mamma?!” esclamò Misato con una buffa espressione irata “Ti ricordo che essendo il comandante e il vicecomandante al polo sud, ora sono io che comando!”

“Tiri fuori la storia dei gradi perché non sai come replicare, vero?”

Il maggiore fu salvato dall’arrivo di un messaggio sul suo cellulare.

“Spero non sia quell’idiota di Kaji. Restare chiusa dentro quell’ascensore sarebbe stato un paradiso se non ci fosse stato anche quello scemo”.

Aprì il messaggio: “Oh, è di Maaya. Già, mi aveva invitato all’inaugurazione del suo locale, ma tra blackout, riparazioni e prove dello 03 non ho proprio avuto il tempo. Dovrò trovare un’occasione speciale per portare tutta la comitiva da lei”.

Un istante dopo, risuonarono gli allarmi.

“Un angelo!!” esclamarono Misato e Ritsuko in coro.


Lo schermo mostrava le immagini dell’enorme angelo in orbita intorno alla Terra.

“Sembra uscito da un quadro futurista o qualcosa di simile” pensò Mana davanti a quell’immagine.

Lei, Shinji, Rei e Asuka ascoltavano le spiegazioni di Misato.

“Quindi la situazione è questa: l’angelo si sta posizionando per attaccarci col suo intero corpo precipitando da lassù. Esiste una sola possibilità per fermarlo: gli Eva 01 e 03 lo bloccheranno con le mani e attivando gli AT-Field al massimo, lo 00 aprirà lo scudo del nemico e lo 02 colpirà il nucleo”.

“Misato, ne parli come se fosse una sciocchezza. Fermare quel coso con le mani?!” obbiettò scandalizzata Asuka.

“Mi rendo conto del rischio, ma non abbiamo altre possibilità. Solo questa strategia” rispose Misato.

“E secondo te sarebbe una strategia questa?!” insisté il Second Children.

Misato distolse gli occhi. “In effetti, non lo è. Siete liberi di rifiutare, se volete”.

I quattro Children non dissero niente.

Il maggiore fu rincuorato. “Secondo il regolamento vi è permesso fare testamento”.

“Tsk, non se ne parla, non ho alcuna intenzione di morire” replicò Asuka.

Anche Shinji e Rei non vollero, Mana sentì una lieve tentazione, che respinse subito.

“Molto bene” riprese Misato “Il vostro coraggio vi fa onore. A operazione conclusa vi offrirò una cena da farvi leccare i baffi! Una mia amica ha da poco aperto un ristorante, lì si mangia da re”.

“Davvero? Evviva!” commentò tutto contento Shinji.

Quando rimasero soli, Asuka sbuffò: “Figuriamoci, ci porterà in qualche stamberga. Si sa che la generazione del Second Impact è cresciuta povera”.

“Non si possono certo incolpare per questo” replicò Shinji.

“Io penso di sapere a quale ristorante si riferisce. La proprietaria ha una faccia simpatica che promette bene” osservò Mana.

“Nessuno ha chiesto il tuo parere” le disse bruscamente Asuka.

Dopo un attimo di smarrimento, Mana si fece forza. “Ho diritto di parlare quanto te!”

Le due ragazze si scambiarono delle occhiatacce.

“Bah, fa come credi. Basta che non rischi nuovamente di ammazzarmi” la liquidò Asuka andandosene.

“Io sono sicuro che ce la farai, Kirishima” disse Shinji.

“Grazie. Se ne usciamo vivi, promettimi che mi chiamerai Mana”.

“Promesso”.


E infine arrivò il momento dello scontro.

I quattro Evangelion si disposero in diversi punti fuori della città, che era stata evacuata.

Da quelle posizioni avrebbero potuto raggiungere ogni zona di Neo-Tokyo 3.

I Magi si sarebbero occupati di calcolare il punto esatto in cui sarebbe caduto il nemico e avrebbero dato le indicazioni ai piloti.

“Il nemico è in avvicinamento!” gridò Misato. “Eva in posizione di partenza!”

I quattro Evangelion si misero in posizione da corridore pronto alla partenza.

Mana respirò profondamente più volte. “Non devo fuggire!”

Mise saldamente le mani sulle cloche.

“Partenza!” ordinò Misato.

I quattro giganti partirono con perfetta sincronia, i loro passi veloci facevano tremare in continuazione la terra.

Una mappa olografica dentro l’Entry Plug indicò il punto d’impatto, mentre una grande ombra sembrò coprire tutta la città: l’angelo si stava facendo strada tra le nuvole.

Gli Eva accelerarono il passo, saltando agilmente palazzi, colline e tralicci.

“Aumentate la velocità!” ordinò ancora Misato.

Mana obbedì, cominciò a sentire un forte vento vorticarle intorno: l’Eva le trasmetteva la sensazione dell’attrito.

I contorni del panorama che vedeva intorno a se sfumarono, solo la zona davanti era sempre nitida.

E quando spiccava un balzo enorme, doveva guardare davanti e concentrarsi perché il suo stomaco non finisse sottosopra a causa della percezione di vuoto d’aria durante la discesa.

Raggiunse il luogo prestabilito, una collina: l’angelo incombeva su di lei, era talmente grande da dare l’impressione che lo stesso cielo stesse precipitando.

Meno di un istante dopo arrivò lo 01.

“AT-Field potenza massima!!” gridarono Shinji e Mana.

L’aria intorno a loro assunse una sfumatura violastra perché satura dell’energia degli AT-Field, i due Eva alzarono le braccia con le mani verso l’alto.

E infine toccarono l’angelo.

Per Mana fu una sensazione di dolore quasi accecante: sembrava che una montagna fosse stata poggiata sulle sue braccia.

I muscoli del collo e delle spalle s’irrigidirono e dopo pochi secondi cominciarono a dolere intensamente.

La ragazza strinse i denti, al punto che temette di spezzarli, e dovette lottare contro la forza invisibile che cercava di farle mollare le cloche spinte in avanti il più possibile.

L’ambiente esterno era un delirio: tutto tremava all’impazzata, l’aria era sia viola sia rossa, incandescente a causa dell’attrito dell’angelo che si scaricava verso il basso, il terreno cedeva sotto i piedi.

Fu un’eternità o qualche secondo.

La tensione diminuì abbastanza: il grosso della forza d’impatto era stato assorbito.

Fu allora che giunsero lo 00 e lo 02: unirono le loro braccia a quelle degli altri due, respingendo in alto l’angelo.

L’enorme peso dalle braccia scomparve quasi del tutto.

“Adesso!” gridò Shinji ad Ayanami: quest’ultima estrasse il Prog Knife e usandolo come un bisturi tagliò lo scudo del nemico per poi aprirlo con le mani.

“Prendi questo!!!” urlò Asuka conficcando il suo Knife nel nucleo dell’angelo.

Che si afflosciò sui quattro Eva.

E infine esplose fragorosamente.


Terminata l’operazione, quando i quattro piloti tornarono nella sala comando, furono riempiti di lodi da Misato.

Anche gli operatori Ibuki, Hyuga e Aoba li applaudirono.

Shinji e Asuka erano chiaramente felici.

Persino Rei si abbandonò, a suo modo, a una lieve soddisfazione.

Anche Mana, che però per almeno una settimana non avrebbe più voluto saperne di oggetti da sollevare con le braccia.

Si attivò uno schermo olografico, da cui arrivò la voce del comandante Gendo Ikari, in quel momento al Polo Sud. Una voce che Mana trovò inquietante.

Il comandante e il suo vice, che il Fourth Children non aveva mai incontrato, erano stati fino ad allora irraggiungibili a causa d’interferenze radio provocate dall’angelo in orbita.

Misato fu elogiata.

E poi: “Mi è stata riferita ogni cosa. Sei stato bravo Shinji”.

Shinji trasalì a quelle parole del padre, che chiuse il contatto dopo un’ultima raccomandazione a Misato.

“E sei stata brava anche tu”.

Stavolta fu Mana a trasalire per le parole che le aveva appena detto Asuka guardando da un'altra parte.


Quella sera, Misato rispettò la promessa fatta ai Children, invitandoli nel ristorante di Maaya.

Non era ancora giorno di paga, ma il maggiore sperò che l’amica le facesse uno sconto.

Il ristorante era davvero gradevole, semplice e sobrio.

Maaya rimase estasiata quando vide i quattro ragazzi.

“Whoa! Che ospiti carini che mi hai portato!”

E li abbracciò tutti e quattro insieme lasciandoli senza fiato per quanto era forte quell’abbraccio.

Poi prese a servirli.

Le pietanze furono portate rapidamente, essendo loro gli unici clienti quella sera, ed erano squisite.

Maaya e Misato si dedicarono ad una gara della birra, cercando di coinvolgere anche Rei e Asuka.

Per la prima non si fece niente, ma Asuka fu quasi costretta a ballare con Maaya mezza ubriaca, sotto lo sguardo divertito di Misato che teneva il passo.

“Ehi, Asukina fringuellina, mi sembri giù di morale” osservò Maaya.

“Non ho niente. E non storpiarmi il nome” replicò indispettita Asuka.

“Ooohh, ma come siamo seri. Perché non ti fai una birretta?”

Dal bancone afferrò un boccale di birra alla spina, di quelli più grandi di una mano e lo porse alla ragazza.

“Fatti un goccetto!”

“Scordatelo! Io non bevo!”

“Mmm, se bevi, prometto che ti darò una serie di consigli su come si conquistano i ragazzi”.

“Tsk, gli stupidi ragazzini non m’interessano” concluse Asuka andandosene ad un tavolo.

E portandosi dietro il boccale.

Mana e Shinji invece mangiavano standosene appartati.

Shinji mostrava una certa contentezza. “Hai visto, mio padre mi ha elogiato. Sai, penso di aver trovato un motivo valido per pilotare l’Eva”.

“Ed io ti devo ringraziare per avermi dato la forza di continuare a pilotare l’Eva”.

“Non ho fatto nulla di speciale, Kiri… cioè, Mana”.

Mana si rallegrò e riprese a mangiare, pur sentendosi intensamente osservata alle spalle.

A un tratto una mano la afferrò per le spalle: “Che ci fate in disparte, musoni?” esclamò Maaya, piuttosto brilla, tirandola a se e costringendola a ballare.

Misato, alquanto sbronza, fece la stessa cosa con Shinji. “Vieni Shinji, comportati da ometto!”

“Signorina Misato! La prego. Lei è ubriaca!”

“Ma come siamo perbenini” disse Misato stringendosi Shinji al petto.

“Non soffiarti l’uomo della situazione!” la rimproverò Maaya strappandole Shinji e abbracciandolo di petto.

Il ragazzo cominciò a sentirsi la testa girare, preso com’era tra quelle ragazze alquanto formose.

Mana invece pensò di svignarsela, venendo prontamente afferrata da Maaya che se la mise sotto il braccio destro, reggendola senza problemi come se fosse un sacco, mentre col sinistro la giovane ristoratrice continuava ad abbracciare il povero Shinji.

“Giù le mani! Non fate esaltare questo maniaco!” strillò Asuka portando a se il suo coinquilino.

Il quale si accorse di come l’alito di Asuka sapesse di birra.

E di come il contatto col seno della Second Children, anche se più piccolo di quello di Misato e Maaya, fosse comunque molto, ma molto piacevole.

“Guarda che io di uomini ne capisco più di te e Misato!” dichiarò Maaya con aria di sfida.

“Che cosa?!” esclamò furente Misato. “Asuka, mostriamole chi è la più matura!”

“Ok!” annuì Asuka.

Come risultato le quattro ragazze, anche se Mana venne di nuovo trascinata nella mischia, salirono divise in due coppie su un paio di tavoli e cominciarono a ballare il can can.

Shinji fu costretto a stare nel mezzo, perché doveva fare da giurato.

Rei impassibile si chiese se i tavoli avrebbero retto il peso.


Gendo Ikari e Kozo Fuyutsuki erano in volo verso Neo-Tokyo 3.

Il primo stava consultando un rapporto appena trasmessogli dalla città.

“Cosa stai leggendo con tanto interesse?” volle sapere Fuyutsuki.

“E’ il rapporto dei tecnici che hanno supervisionato la nostra base dopo il black out. C’è un dettaglio che mi ha incuriosito e ho chiesto un controllo specifico”.

“Per cosa?”

Gendo si prese qualche attimo per rispondere: “Lo spogliatoio in cui era rimasto bloccato il Fourth Children. Quella ragazza ha raccontato che la porta bloccata si è come aperta da sola, all’improvviso”.

“E invece”?

“Stando ai tecnici, i blocchi della porta sono stati divelti”.

Fuyutsuki rimase in silenzio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6° Capitolo ***


6° CAPITOLO

Qualcosa stava cambiando.

Da quanto tempo si trovava lì?

Da circa sei mesi.

In una vuota cella dalle pareti bianche.

Perché si trovava lì?

Questo invece non sapeva dirlo ancora con certezza.

Sapeva che gli uomini in camice bianco lo avevano sbattuto lì dentro per qualcosa che lui aveva fatto.

Anche se non sapevano che era stato lui.

Chi era lui?

Non poteva dirlo.

Continuava a ricordarsi di non aver mai avuto un nome o informazioni sul suo passato.

Chi lo aveva rinchiuso lì?

Questo lo sapeva da tempo.

Chi lo aveva creato.

Deluso dal risultato finale, qualunque fosse.

Sarebbe uscito da lì?

Sentì che le possibilità aumentavano.


“Ehi guarda, si è mosso” disse lo scribacchino indicando lo schermo.

Il controllore del monitor, di ritorno da una seduta in bagno, non sembrò sorpreso. “Sì, è allora? Non è un mistero che sappia muoversi”.

“Ma tu sai che finora quando stava seduto, era sempre immobile. E ora sta guardando… verso la telecamera. Però è nascosta!”

“Ti preoccupi troppo. Dovresti semmai essere contento di avere qualcosa di nuovo da scrivere sul tuo rapporto”.

Lo scribacchino si strinse nelle spalle e riprese a scrivere uno dei suoi tanti rapporti.

Si fermò un attimo a contemplare lo schermo, poi riprese il suo lavoro.

Gli era parso per un momento che la figura ripresa dalla telecamera avesse sorriso per un istante.

****

“…. e fu cosi che la località in cui abitavo venne distrutta del Second Impact”.

Il professore sembrava davvero un disco rotto: quante volte aveva ripetuto la storia della sua vita nel periodo del Second Impact?

Cosi tante volte che persino Mana, pur trasferitasi da poco, sentiva la tentazione di sbadigliare ogni minuto.

Diede un’occhiata distratta alla classe: erano tutti chiaramente presi da altri pensieri, che nulla centravano con la lezione.

Comunque erano costretti a fingere un minimo d’interesse.

Tutta un’altra storia la sua vecchia classe in America: talmente scalmanata e agitata che il professore di turno era ben lieto di lasciare che la maggior parte degli alunni si rifugiasse in bagno o nel cortile a fare chissà che, accontentandosi di avere un gruppetto di alunni più diligenti che ascoltavano la lezione.

Mana era in quel gruppetto, ma adesso, davanti alla monotonia di lezioni che non c’entravano nulla col programma, provava nostalgia per il caos dei suoi ex-compagni.

La ragazza spostò lo sguardo sul trio Suzuhara-Aida-Horaki: i tre erano impegnati, rispettivamente, a cercare di non addormentarsi, a guardare sul PC roba militare e a tentare di non far addormentare Toji dandogli qualche piccola gomitata.

Mana guardò i suoi tre ‘colleghi’: Ayanami osservava fuori dalla finestra, Asuka picchiettava sul banco con una matita e Shinji sembrava perso nei suoi pensieri.

C’era davvero da sperare che il resto della giornata fosse migliore.


“E’ gelida!” gridò Mana sotto un getto di acqua freddissima.

Tra l’altro l’acqua usciva con tale violenza che anziché bagnare, si doveva dire che colpiva.

Quando la dottoressa Akagi aveva detto loro che sarebbero stati sottoposti a un test diverso dal solito, l’interesse del Fourth Children si era ridestato.

Ora l’interesse stava diventando preoccupazione: per quale motivo si stavano facendo una raffica di docce in quelle condizioni?

Li avevano ficcati tutti e quattro in delle cabine, separate da un pannello che lasciava intravedere solo la testa e i piedi di chi stava affianco.

Ed erano pure nudi.

La richiesta di poter indossare almeno un costume era stata rifiutata.

E Mana aveva Shinji, anche lui piuttosto a disagio, alla sua destra, per cui cercava di dargli le spalle.

Finalmente il ciclo di docce terminò.

“Ecco, ora sono come volevate. Pulita e lavata per ben diciassette volte!” grugnì Asuka alquanto seccata.

Da un altoparlante invisibile giunse la voce della dottoressa Akagi: “Bene. Ora entrate cosi come siete negli Entry Plug”.

“Cheee?!” esclamò sbalordita Asuka.

“Non preoccupatevi, il monitoraggio visivo verrà spento, la vostra privacy sarà rispettata”.

“Non è questo il punto! E’ una questione di sensazioni!”

“Scopo di questo test è analizzare la sincronia senza la presenza di Plug Suit o indumenti”.

“Asuka, è un ordine” intervenne Misato sempre tramite l’altoparlante.

“Uffa! Non guardate per alcun motivo!” ordinò la tedesca.

E la telecamera che li riprendeva si spense.

Davanti a loro si aprirono delle porte scorrevoli, oltre le quali si vedevano i portelloni d’ingresso spalancati per gli Entry Plug.

“Ehi Mana, sei nervosa?” chiese Shinji guardando davanti.

“Un po’. Fare un test in queste condizioni…”

“E’ vero, è piuttosto imbarazzante. Una condizione del genere rende difficile entrare nella capsula, forse anche più dell’affrontare un angelo”.

“Eheh, hai ragione”.

“Piantatela con questi discorsi! Entrate e basta!” gridò Asuka, che stava affianco a Shinji.

“Sì, non preoccuparti. Volevo solo alleggerire la tensione di Mana” spiegò il giovane.

“Cosa?! E da quando sei il suo baby sitter?!”

“Non sono il suo baby sitter” replicò indispettito Shinji “E ti pregherei di non essere cosi isterica”.

“Isterica?! Chi sarebbe isterica?! Brutto idiota, ora ti…”

Presa dal furore, Asuka si appoggiò sul bordo superiore del pannello divisorio e si sporse in avanti per picchiare Shinji.

Che in un istante divenne più rosso di un pomodoro.

Asuka prima lo squadrò, poi inarcò un sopraciglio, guardò in basso e divenne rossa anche lei.

“Arghhh!!! Non guardarmi il seno, maniaco!!”

Sporgendosi il più possibile in avanti, Asuka cercò di colpire il ragazzo, che spaventato indietreggiò e istintivamente si girò per scappare.

“Shinji, attento!” gridò Mana sporgendosi anche lei per aiutare il ragazzo.

Asuka colpì l’aria, e a causa dello slancio cadde nella cabina del Third Children.

Si risentì di nuovo l’altoparlante. “Ma che sta succedendo lì?!”

Misato e Ritsuko avevano sentito le grida attraverso il collegamento radio, e volevano vederci chiaro.

Specie Misato, la quale rimase a bocca aperta quando il monitoraggio si riattivò.

Per quale motivo Shinji, appoggiato di petto sulla parete sinistra della sua cabina, stava con la faccia tra i seni di Mana, rimasta pressoché immobilizzata?

E perché Asuka, che ora li fissava con occhi quasi spiritati, stava nella cabina di Shinji?

Shinji si allontanò da Mana spaventato e sorpreso, scivolò sul pavimento bagnato e cadde addosso ad Asuka.

Dalla padella nella brace.

“Stupido! Me la paghi! Oh se me la paghi!” urlò Asuka.

“Non l’ho fatto apposta! Mi sono girato e Mana stava lì! No Asuka! I capelli no!” implorò Shinji.

“Avevi predisposto tutto, vero?! Dannato maniaco! ARGHHHH! Ti si è pure ingrossato!!! Porco! Maniaco!! Idiota!!!” strillò Asuka.

Invano Shinji chiedeva pietà, e che fossero risparmiati nell’ordine: il suo collo, la sua testa, le sue mani, il naso, le orecchie, le gambe e la schiena.

Mana stava rannicchiata nella sua cabina, coprendosi il petto con le mani.

Rei osservava un po’ accigliata il tutto.

Misato invece si sedette e ordinò a Makoto Hyuga di andarle a prendere una birra.

“Però maggiore, lei è in servizio” obbiettò l’operatore.

“Una birra!” ordinò la donna esasperata “O tra poco andrò lì dentro e sculaccerò Shinji e Asuka fino al giorno del giudizio!”

Ritsuko invece decise di riportare l’ordine, sapeva essere più autoritaria di Misato.

Prima però doveva smettere di ridere.


Quando tutto finì, i danni per Shinji non erano ingenti, solo qualche livido.

Quindi si poteva proseguire con l’esperimento.

Tuttavia sia Asuka sia Mana cercarono sempre di evitare lo sguardo di Shinji, il quale evitava il loro, quindi guardava sempre davanti.

Con i piloti nelle capsule, quest’ultime furono inserite nei meccanismi di simulazione, in pratica degli Evangelion ridotti al tronco e alle braccia.

Iniziò l’esperimento, e Mana si sentì strana: come se il suo corpo fosse intorpidito.

Dai commenti che sentiva via radio, sembrava che anche i suoi tre compagni provassero sensazioni simili.

Il fatto che si fosse proseguito col test sembrò una cosa buona per la ragazza: dovendo pensare alla sincronia, poteva distrarsi dall’incidente di poco prima.

Improvvisamente un formicolio le investì il braccio destro.

“Ehi, che diavolo succede?!” esclamò Mana cominciando a grattarsi.

Quel formicolio era fortissimo, sembrava che un esercito di formiche stesse passando sul suo braccio.

E ora quell’esercito inesistente si stava spostando sulla spalla. Poi sulla schiena. Il collo. La testa. Tutto il corpo!

E non si limitava alla superficie della pelle, era come se qualcosa stesse penetrando dentro di lei!

Mana gridò.

Cominciò a dimenarsi, e anche quello che aveva intorno tremava e si agitava come se fosse preda di spasmi.

Il tempo sembrò fermarsi: dopo la sorpresa, il dolore e la paura, arrivò un fortissimo torpore.

Le ultime cose che Mana udì furono una sirena d’emergenza, un ordine di espulsione e poi suoni indistinti.

Infine fu tutto buio e silenzio.


“Mmm, questa è una vera novità!” commentò Rioji Kaji stando sul letto di un ascensore e guardando verso l’alto.

Quando la sirena dell’allarme era scattata, aveva temuto che qualcuno lo avesse scoperto.

Tuttavia dopo aver visto quegli strani bagliori rossi sulla sommità dell’immenso pozzo del Central Dogma, aveva capito che si trattava di qualcosa di ancora più pericoloso del suo mestiere triplogiochista.

“Cosi quello sarebbe un angelo. Be, questo non è il momento di pensare al lavoro”.

Le paratie blindate avevano cominciato a uscire dalle pareti: in una decina di secondi avrebbero chiuso il pozzo in tanti segmenti sigillati ermeticamente.

Ed era meglio non farsi trovare in uno di questi segmenti.

Gli ascensori, che salivano e scendevano a spirale lungo le superfici del pozzo, erano bloccati.

Quindi Kaji saltò giù, verso uno degli ingressi del Dogma, prima che fosse chiuso da un’altra paratia.

Atterrò senza problemi e corse via: finita l’emergenza, gli conveniva spostarsi in un luogo tranquillo.

Sempre ammesso che nel frattempo non si fosse scatenato il Third Impact.

Mentre correva dando le spalle alla paratia, l’uomo udì un clang sospetto dietro di lui.

Si girò e non vide nessuno.

Ebbe solo l’impressione che la paratia si stesse chiudendo con qualche secondo di ritardo rispetto alle altre, nonostante fossero tutte perfettamente sincronizzate.

Ma era solo un’impressione, quindi riprese a correre.

****

Stati Uniti (10 anni prima)

Nella cucina c’era solo una persona, una donna, impegnata a cucinare.

La cucina era molto semplice, come il resto della casa: una villetta in legno circondata da distese di campi coltivati e prati.

C’erano anche delle collinette.

E una stava proprio affianco alla villetta.

La donna era sulla trentina, con un viso gradevole ma normale, i capelli castani raccolti in una piccola coda di cavallo. Aveva le mani affondate in un pasticcio di carne.

Una donna più anziana si affacciò alla porta. “Emiko, tutto bene?”

“Certo, mamma. Ormai sono grande e so cucinare da sola” osservò Emiko senza togliere gli occhi dalla carne.

“Abbi un po’ di rispetto per tua madre. Volevo solo sapere se ti serviva aiuto”.

“Ti ringrazio per il pensiero, mamma, ma non mi serve aiuto. So cucinare dei pranzetti come si deve. Chiedi ai miei figli e a mio marito”.

“A proposito di tuo marito Koichi, come mai non è qui con noi?”

“Arriverà domani. Lo sai, lui è un volontario per la donazione del sangue. La guerra è finita da poco, finalmente stiamo tornando alla normalità dopo quel dannato Second Impact, ma i danni sono ancora ingenti. E se Koichi può aiutare qualcuno col suo sangue non si tira certo indietro” spiegò Emiko prendendo del prezzemolo.

“Oh, hai ragione. Ricordo quella volta in cui tornò pallido come un morto. Chissà quanto sangue aveva donato in quei giorni” rammentò l’anziana.

“Decisamente troppo! Al punto che il nostro medico lo mise a riposo. E meno male che non si è dedicato al volontariato nelle zone disastrate. Altrimenti non lo avremmo più visto per anni”.

Detto questo, Emiko rimase turbata.

“Cioè, non volevo dire che aiutare gli sfollati è sbagliato, ho fatto anch’io volontariato. E’ che…”

“Ami tuo marito e lo vuoi anche per te e la famiglia. Lo so, lo so. Parole equivoche possono scappare a tutti. Cambiamo discorso, va bene? Dove sono i ragazzi?”

“Miwako e Koji stanno giocando nel fienile. Mana è nel soggiorno che guarda la televisione. E papà dov’è?”

“Sulla collinetta che armeggia con quel vecchio trattore. Quante volte gli ho detto di cambiarlo. Ormai è andato, soprattutto i freni” rispose la madre di Emiko.

In quel momento le due donne udirono un grido lontano, poi una specie di forte rombo, anch’esso lontano ma che si faceva sempre più vicino e minaccioso.

“Ma…. Ma che succede?! Un terremoto?!” domandò angosciata Emiko.

“Figliola, l’America non è zona sismica come il nostro Giappone” rispose l’anziana.

Ci fu come uno schianto, un rumore di lamiere, e contemporaneamente il rombo terminò.

“Veniva dal soggiorno. Mana!!” gridò Emiko terrorizzata andando nel salotto.

Col cuore in gola entrò nella stanza: era intatta. Mana stava seduta per terra, intenta a guardare la tv e sembrava non essersi accorta di nulla.

“Mana! Tesoro! Tesoro mio!” esclamò Emiko prendendo la piccola e abbracciandola.

Mana non capì il perché di quell’abbraccio, ma ne fu comunque felice e ricambiò circondando il collo della madre con le sue piccole braccia.

Un uomo anziano piombò nella stanza: “State tutti bene?!”

“Papà” rispose Emiko “cosa diavolo è successo?!”

“Io… venite a vedere” disse l’uomo facendo cenno alla figlia e alla moglie di seguirlo.

Tutti uscirono e rimasero bloccati davanti a quella vista: vicino alla parete del soggiorno c’era un grosso e vecchio trattore ribaltato su un lato.

Il fianco destro della parte anteriore era tutta piegato, quasi accartocciata su se stessa.

“Questo dannato trattore! Lo avevo parcheggiato sulla cima della collinetta. Il tempo di andare giù al capanno per prendere un attrezzo, esco e vedo che il trattore è scomparso.

Sento un rombo, capisco che il freno si è rotto nuovamente e il trattore sta scendendo come in picchiata verso la casa. Corro, grido, faccio il giro della collinetta e lo trovo ribaltato! Un attimo prima di piombare nel soggiorno! Incredibile!” spiegò il padre di Emiko.

La moglie prese a rimproverarlo per la sua stupidità nel voler usare ancora quel vecchio arnese.

Emiko guardò il trattore ribaltato: non sapeva spiegarsi come avesse fatto a capovolgersi ad appena un metro dalla casa. Sulla sua strada non c’erano ostacoli di alcun genere. E un simile bestione non può certo sobbalzare molto.

La logica avrebbe voluto che piombasse sulla casa, sfondasse come niente la parete e irrompesse nel soggiorno, schiacciando la piccola Mana.

Ma non era successo.

E questa era in fondo la sola cosa che importava.

“Sei davvero una piccola miracolata” disse dolcemente Emiko alla figlia baciandola su una guancia.

****

Mana aprì lentamente gli occhi.

Sentiva intorno a se delle voci indistinte, molte luci.

Qualcosa era davanti a lei, l’immagine era sfocata.

Poi mise a fuoco meglio: era Misato.

“Meno male che ti sei ripresa” le disse il maggiore sorridendo.

“Cosa… cosa è successo?” domandò la ragazza guardandosi attorno.

Era su una barella, coperta da un lenzuolo.

“Un angelo” rispose Misato “non sappiamo come, ma è penetrato nella base. Per fortuna l’abbiamo sconfitto, con un tipo di battaglia poco convenzionale.”

Mana mugugnò qualcosa, poi si ricordò un particolare: durante l’esperimento era nuda!

Si alzò di scatto avvolgendosi intorno il lenzuolo.

“Sta tranquilla” le disse allora Misato mettendole le mani sulle spalle “ho pensato anche a questo. Il vostro recupero lo sta eseguendo il personale femminile”.

Solo allora Mana si accorse che, in effetti, intorno a loro c’erano soltanto donne.

Erano donne anche gli occupanti di tre motoscafi che si stavano dirigendo verso gli Entry Plug galleggianti nel mezzo del lago sotterraneo del geo-front.

“Vanno dai tuoi compagni. Le capsule le recupereranno dopo con una gru” spiegò ancora Misato.

“Davvero? E perché la mia capsula l’avete recuperata per prima?” domandò Mana.

“Non l’abbiamo recuperata. La tua capsula, con te dentro, era già sulla riva del lago. L’avrà spinta la corrente”.

“Ah” mormorò il Fourth Children.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7° Capitolo ***


7° Capitolo

Quanto silenzio.

Troppo silenzio.

A Mana quel silenzio non piaceva.

Stava immersa nel buio del soggiorno.

La tv era spenta: il suo rumore non era stato sufficiente.

Era troppo abituata al frastuono che erano soliti fare i suoi fratelli maggiori prima di andare a letto.

In quelle serate, rammentava chiaramente i rimproveri che muoveva a Miwako e Koji, che ascoltavano musica e tv a tutto volume e, pur stando nelle proprie stanze, impedivano a lei di addormentarsi.

Siccome anche i suoi genitori avevano una certa tendenza a fare le ore piccole, solo dopo mezza notte la madre o il padre intervenivano dicendo che era arrivato il momento di andare a dormire.

Per questo motivo fu per lei quasi una liberazione quando i due fratelli iniziarono ad andare al college, cominciando cosi a passare sempre più tempo fuori di casa.

Spesso nei finesettimana tornavano, ma almeno Mana aveva guadagnato cinque giorni su sette di nottate tranquille.

Ora, a Neo-Tokyo 3, le due nottate di fastidio le mancavano immensamente.

Come tutto il resto.

Quando sarebbe tornata a casa?

O meglio: sarebbe tornata a casa?

Ecco, questo era molto più giusto.

A quel punto Mana si mise una giacchetta e uscì da casa.

Le strade erano deserte, illuminate solo dai lampioni sui marciapiedi.

Il condominio che la ragazza aveva appena lasciato alle spalle era un immenso oggetto scuro, freddo e immobile come una tomba.

Mana cominciò a correre.

Correndo, finì davanti ad un incrocio e solo un improvviso colpo di clacson le permise di fermarsi prima che un’auto la investisse.

La ragazza tirò un sospiro di sollievo e vide poco distante un edificio illuminato.


Gli ultimi clienti uscirono con delle espressioni chiaramente soddisfatte.

E Maaya, controllato l’orologio, cominciò a sparecchiare per chiudere il locale.

I clienti non erano cosi numerosi da giustificare chiusure troppo ritardate.

“Buonasera”.

Maaya rimase piacevolmente sorpresa per quell’inaspettato cliente.

Si sistemò gli occhiali “Buonase… oh, sei tu”.

“Ehm, si” rispose l’altra.

“Se non sbaglio, ti chiami Mana Kirishima, giusto?”

“Sì. Mi scusi se la disturbo a quest’ora, ma avevo fame. Potrebbe prepararmi qualcosa?”

“Naturalmente, fringuellina. Accomodati!”

Mana si sedette a un tavolo.

Maaya le porse un foglio. “Eccoti il menù”.

“Mi basta del ramen” spiegò lei.

“Te lo preparo in due secondi”.

Mentre l’altra andava in cucina, Mana si guardò intorno: all’odore di nuovo si era aggiunto quello di chissà quanti altri cibi.

In effetti, non ci volle molto perché Maaya si presentasse con un piatto di ramen fumante e invitante.

Mana lo assaggiò, trovandolo davvero gustoso

“Vedo che mangi con appetito. La cosa mi fa felice” le disse la proprietaria riprendendo a sparecchiare.

“Finisco subito e me ne vado”.

“Oh, e perché?”

“Be, vedo che sta sparecchiando. Immagino che debba chiudere e non voglio farle perdere tempo”.

“Ma figurati!” rispose prontamente l'altra dando a Mana una pacca assai energica sulla spalla, talmente forte che il Fourth Children sentì quasi il suo braccio staccarsi. “Io sparecchio per trovarmi già tutto pronto per domani. Però non ho alcuna fretta. E poi dormo qui sopra” col dito indicò il piano superiore “quindi puoi restare tutto il tempo che vuoi”.

“La ringrazio”.

Mana ricevette un'altra mega pacca sulla spalla. “Niente lei. Dammi del tu! Il lei mi fa sentire vecchia!” esclamò Maaya.

Continuando a mangiare, Mana vide che Maaya, finito di preparare gli altri tavoli, la fissava intensamente.

“C’è qualcosa che non va?”

“No, niente. Stavo solo pensando che in fondo è strano vederti qui, a quest’ora, e non in compagnia”.

“Davvero?”

Maaya afferrò una sedia e si sedette vicino a lei sporgendosi in avanti. “Una ragazza carina come te non ha un fidanzato?”

“Ehm, no. Almeno per il momento”.

“Forse quel cucciolotto grazioso di Shinji Ikari?”

“No! Assolutamente no!” rispose Mana arrossendo.

Tuttavia la sua interlocutrice tirò fuori uno sguardo scrutatore.

Mana tentò di reagire. “E lei, cioè, tu, Sakamoto, hai un fidanzato?”

Maaya si abbandonò sullo schienale della sedia. “Mai avuto il tempo” ammise con una certa malinconia.

Sembrarono già esauriti gli argomenti, poi la proprietaria del ristorante chiese: “Soffri di solitudine?”

“Eh? Io?”

“La tua presenza qui, dopo la tanta baldoria fatta l’altra volta, mi fa pensare questo”.

“In effetti… si”.

“Ti manca la tua famiglia?”

“Sì. E a pensarci bene, in questi casi ci vorrebbe Tasty”.

“Sarebbe?”

Mana fu un po’ titubante, come se si vergognasse.

“Coraggio, fai conto di essere davanti ad un prete in confessionale” la rassicurò Maaya.

“Ok… Tasty era il mio amichetto immaginario di quando ero piccola. A volte, nei momenti in cui restavo sola in casa, o quando c’era un temporale fortissimo e dormivo, non mi spaventavo perché mi sembrava di sentire qualcuno vicino a me. Non so spiegartelo, era una sensazione. Non so neppure perché lo chiamai Tasty. Fatto sta che mi sentivo bene, al sicuro. D’altronde non mi risulta di essere mai stata tra quei bambini che chiedevano ai genitori di dormire con loro nel lettone. Grazie a Tasty. Pensa che una volta, quando in casa c’eravamo solo io e la nonna, due ladri tentarono di entrare. Chiamammo la polizia e ci chiudemmo in cantina. Non successe nulla, i ladri se ne andarono senza nemmeno entrare. Avranno avuto paura. Io comunque pensai che li avesse spaventati Tasty”.

Parlando, Mana aveva cominciato distrattamente a giocherellare con la posata.

“Poi hai smesso di crederci?”

“Oh sì, adesso sono troppo cresciuta per credere ancora agli amici immaginari. Ti confesso” e Mana represse una lieve risata, visto l’esempio che le era stato fatto prima “che me lo ero persino dimenticato. Solo adesso mi è tornato in mente”.

“La memoria ha i suoi meccanismi. Su, visto che cerchi compagnia, ci penso io a spomparti per bene” esclamò radiosa Maaya.


Gli Evangelion 00, 01 e 03 erano sistemati nelle gabbie per dei nuovi test di sincronia.

L'unica assente era Mana: avrebbe dovuto esserci, ma dato il pesante allenamento delle settimane scorse, e l’attacco dell’11° angelo durante il quale la ragazza aveva forse rischiato una contaminazione, Misato aveva chiesto che al Fourth Children fosse concesso un breve periodo di riposo.

Ritsuko aveva acconsentito, dicendo inoltre che quella sera dovevano testare la compatibilità dei piloti con unità diverse rispetto a quelle assegnate loro.

Shinji sullo 00, Rei sullo 01, e anche Asuka e Mana avrebbero dovuto scambiarsi gli Eva.

Ma siccome già Asuka aveva mugugnato alla grande perché infastidita dal fatto di dover salire sullo 03, sapere che Mana sarebbe salita sullo 02 l’avrebbe mandata in bestia come non mai, rischiando di disturbare il risultato del test.

Quindi era pure conveniente che Mana non ci fosse quella sera.

Il test di compatibilità poteva benissimo farlo da sola in seguito, magari senza dirlo al Second Children.

“Certo che se pensano di fregarmi cosi, sono davvero delle stupide!” borbottò Asuka sull’Evangelion 03.

Le sensazioni che provava sul nuovo Eva erano strane: molto simili e allo stesso tempo molto diverse da quelle che aveva sul gigante rosso.

L’idea che Mana potesse salire sul suo 02 le faceva ribrezzo.

Però in fondo non avrebbe potuto ribellarsi.

Allora era meglio che lo facesse quando lei non c’era, fintamente ingannata dalla dottoressa Akagi.

Inoltre anche in quel caso avrebbe saputo dove si trovava il Fourth Children: lontana.

“Asuka, sembri distratta” le comunicò Ritsuko via radio “Cerca di concentrarti”.

“Si, si” rispose scocciata la ragazza.

“Il tasso di sincronia è buono, anche se non raggiunge i livelli che hai con lo 02. Comunque in caso di necessità, potresti diventare il pilota di riserva dello 03”.

“Tsk, questo rottame non vale il mio 02. E poi non vedo perché dovrei sostituire quella stupida di Kirishima. Se le capita qualcosa, sono affari suoi!”

“Non è l’unica possibilità” obbiettò Ritsuko.

“Eh? Ehi, che vorrebbe insinuare dottoressa?! Che io potrei diventare la ruota di scorta del Fourth Children?!”

Dalla radio non giunse risposta.

E Asuka diede un calcio al quadro comandi davanti a lei.

“Il mio Evangelion 02 è indistruttibile!” ringhiò.

Sentendosi ignorata, si mise a gambe incrociate, infischiandosene altamente del test.

Poi aprì il collegamento con lo 00, e apparve l’immagine di Shinji assorto.

“Allora, idiota, ti senti al seno della mamma? Oppure di qualcun altro?”

Shinji sospirò girando la testa verso di lei. “Asuka, per quanto tempo me la farai pesare? Sono giorni che m’insulti per quell’incidente”.

“Incidente? Nella stessa occasione ti sei abboffato con le tettine di quella là e sei caduto addosso al magnifico corpo della sottoscritta! Doveva per forza essere tutto pianificato!”

“Non è vero!”

“Solo un deficiente ti crederebbe!”

“Asuka, non disturbarlo!” ordinò piuttosto seccata Ritsuko.

Asuka allora chiuse il collegamento, poi avvolse la mano destra nella sua chioma.

E tra i morbidi capelli rossicci s’intravide un dito medio alzato.

Asuka si rimise in posizione corretta, attese: non successe nulla.

“Tsk, sensori ultra sofisticati piuttosto facili da ingannare” pensò con infantile soddisfazione.

Finché non risuonò in lontananza una sirena d’allarme, seguita da uno strano rumore.

Come di metallo strappato.


“Oh mamma, basta, basta! Non ce la faccio più!”

Mana crollò letteralmente tra le braccia di Maaya.

Da quanto tempo ballavano al ritmo di canzoni pop accompagnate da una sorta d’intricata break dance?

Mana non sapeva dirlo.

Aveva smesso di contare il tempo.

Certo Maaya si era rivelata sorprendentemente un’ottima ballerina.

Mentre Mana, incalzata dall’altra, più che altro cercava di scimmiottare i suoi movimenti.

Ma quando l’ennesimo cd finì, poté finalmente mettere gli occhi sul suo orologio.

“Cavolo! E’ mezzanotte e quarantaquattro! Devo tornare a casa. Altrimenti non riuscirò ad alzarmi per andare a scuola”.

“Davvero? Mi dispiace che tu debba andartene” disse Maaya dispiaciuta. “Comunque, ti sono piaciute le mie esibizioni?”

“Eccezionali! Saresti capace di diventare la migliore ballerina di tutti i tempi secondo me! A proposito, quanto ti devo per il ramen?”

Maaya mise le mani in avanti. “Nulla. Essermi esibita ed essere stata apprezzata sono un pagamento più che sufficiente per me”.

“Dici sul serio?”

“Oh yes!”

“Allora io vado, buonanotte e alla prossima” concluse Mana avviandosi verso l’uscita e cominciando a sbadigliare a tutto spiano.

“Vuoi che ti accompagni?” le domandò Maaya.

“No, grazie, non sono troppo stanca” rispose Mana.

Che quindi barcollò in avanti e l’altra prontamente la afferrò.

“Dai che ti porto a casa io”. La ragazza si caricò Mana sulle spalle e chiuse l’ingresso del suo ristorante.

Scrutò le strade buie. “Dov’è casa tua?”.

“Laggiù” indicò Mana puntando il braccio in avanti.

Maaya si avviò, portando Mana sulla schiena senza problemi, come se pesasse niente.

Il sonno era tale che Mana non resistette e dovette appoggiarsi con la testa su una spalla della sua accompagnatrice.

E poi il dondolio dei suoi passi era cosi rilassante.

Mana cadde addormentata.

“Eh, faticoso ma appagante fare la babysitter” commentò la ragazza con gli occhiali.


Shinji si svegliò di soprassalto.

Intorno a lui non c’era nessuno.

Inizialmente non capì dove si trovava, poi vide che si trattava di una stanza d’ospedale e cominciò a ricordare: era sull’Eva-00 per un test di sincronia… quando era successo… qualcosa.

Qualcosa riguardante in qualche modo Ayanami.

Tuttavia i ricordi erano pochi e sfuggenti.

Si mise a sedere sul letto e contemplò la stanza.

Poi si sdraiò di nuovo.

“Ancora questo soffitto” commentò impassibile.

Poi a un tratto la porta automatica della stanza si aprì.

Shinji si voltò per vedere chi fosse.

Però non c’era nessuno.

“Chi è là?” domandò con una certa inquietudine.

La porta si richiuse.

Shinji fu tentato di alzarsi per controllare, ma poi concluse che forse la porta aveva avuto solo un contatto e cercò di dormire.

Se la porta fosse stata ancora aperta, si sarebbe accorto dei passi che cautamente si allontanavano.


Kozo Fuyutsuki stava giocando una partita di Mahjong contro se stesso nell’ufficio di Gendo e si aiutava consultando un manuale.

Nonostante fosse un classico tra i giochi da tavolo in Giappone, l’anziano uomo non era mai stato molto bravo. E ogni raro momento libero lo usava per impratichirsi.

“Un’invasione di un angelo fuori programma e di seguito una pressione della commissione venuta a conoscenza del fatto. Quegli uomini sanno solo lamentarsi. Sono davvero inutili”.

Affianco a lui, impassibile nella sua solita posa, Gendo Ikari. “Le carte vincenti sono tutte in mano nostra, loro non possono nulla”.

“Non per questo può essere saggio indispettirli. Se la Seele si dovesse muovere ora, le seccature sarebbero molte. Senza contare che stavolta anche noi non possiamo dire di avere tutto sotto controllo” obbiettò Kozo.

“Hai ragione. Più passa il tempo, più mi rendo conto che nel nostro copione si è inserito un elemento estraneo”.

Gendo estrasse un fascicolo da un tiretto della sua scrivania e lo passò a Kozo, che mise giù il manuale e lesse quel dossier. “Mmm, un rapporto balistico”.

Mentre leggeva, il vicecomandante inarcò più volte un sopraciglio, poi guardò Gendo: “Non sapevo di questo incidente occorso al Second Children”.

“E’ successo mentre noi eravamo in viaggio per il polo sud, poco prima che apparisse il 10° angelo. E’ stata Rei a parlarmi di alcuni dettagli” spiegò Gendo.

“Se quello che è descritto qui è vero, immagino il perché i nostri esperti ci abbiano messo cosi tanto a scrivere il fascicolo”.

“Già. Dimmi, Fuyutsuki: secondo te è possibile con una vite intercettare in volo un pallone e dargli una spinta tale da fargli quasi sfondare una rete metallica e poi distruggerlo?”

“Be, in teoria sì. Ma se a fare questo è una persona, allora deve essere una persona speciale”.

“Sì, cosi speciale che magari può anche buttare già da un treno quattro persone in pochi secondi. E magari scassinare anche una porta automatica priva di energia”.

“Oh” mormorò Fuyutsuki.

Lo stupore fu tale che il vicecomandante non sentì più il bisogno di domandare a Ikari del recente incidente dello 00, del progetto Adam e della Lancia di Longino.

Già sapeva che per Gendo era tutto sotto controllo, in questi casi.


Continua...

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=571153