If a dream becomes reality…

di Guitarist_Inside
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduction ***
Capitolo 2: *** One, two, three, four! Go! ***
Capitolo 3: *** Ehm… What’s your name? ***
Capitolo 4: *** Why are you here? ***
Capitolo 5: *** Tell me the story of your (music) life ***
Capitolo 6: *** Non è stato solo un sogno… ***
Capitolo 7: *** Something important to say… ***
Capitolo 8: *** Ok… Quando dobbiamo partire? ***
Capitolo 9: *** Let’s go ***
Capitolo 10: *** Hai mai preso l’aereo? ***
Capitolo 11: *** Part 1: The Flight / Part 2: Insomnia ***
Capitolo 12: *** My dear assholes… ***
Capitolo 13: *** I feel so useless ***
Capitolo 14: *** Dread and attraction. / Heaven or Hell? Welcome to Paradise… But a damn pain in the ass escaped from Inferno… ***
Capitolo 15: *** The shit is so deep you can’t run away ***
Capitolo 16: *** “Romantic” engagement with Beretta ***
Capitolo 17: *** So rally up the demons of your soul! ***
Capitolo 18: *** A spark in the night ***
Capitolo 19: *** Losing my self-control… ***
Capitolo 20: *** Part 1: Stuck with me / Part 2: Can donkeys fly? ***



Capitolo 1
*** Introduction ***


La custodia della mia chitarra in una mano e l’amplificatore nell’altra. Il freddo vento di un 18 novembre soffiava in direzione contraria a quella in cui procedevo io. Mi fermai, per abbottonarmi meglio il giubbotto e per far riposare qualche secondo le braccia affaticate dal camminare portando gli strumenti. Davanti a me vidi una ragazza: anche lei camminava controvento, e imprecava cercando inutilmente di levarsi i capelli dalla faccia e tenerli fermi, ma il vento aveva sempre la meglio con quei capelli imbizzarriti che continuavano a muoversi e ad appiccicarsi alla sua faccia pochi secondi dopo che lei li aveva appena cercati di sistemare. In un certo senso era una scena comica, e non potei fare a meno di sorridere, ringraziando di avere i capelli corti: il vento riusciva sì a scompigliarmeli più di quanto già non fossero, ma almeno avevo la visuale libera. Poi la ragazza girò l’angolo e non la vidi più. Raccolsi la chitarra e l’amplificatore e continuai a camminare, col vento che mi sferzava la faccia. A un certo punto svoltai in una strada di sinistra, poi a destra… In quella via il vento era meno forte, e potei aumentare l’andatura.
Continuai a camminare finché non raggiunsi il locale. Entrai. Il palco era già stato allestito e gli altri due chitarristi che si sarebbero esibiti erano arrivati. Li raggiunsi e appoggiai anch’io la chitarra e l’amplificatore in un angolo dietro al palco, con grande sollievo delle mie braccia… Salutai i due. Uno aveva grossomodo la mia età, l’altro qualche anno in più. Tirai fuori la chitarra dalla custodia per provare anch’io i pezzi che avrei suonato. Appena la vidi, mi sentii meglio, mi tornò l’energia e l’entusiasmo: aveva un potere speciale su di me quella chitarra, l’avevo sempre detto. La mia “Baby Billie Joe”, la mia Gibson Les Paul Junior Billie Joe Armstrong, di colore bianco: la chitarra che avevo tanto desiderato e che avevo aspettato pazientemente e testardamente per sei mesi e mezzo dall’ordinazione, che mi aveva accompagnato nei momenti difficili, che era stata al mio fianco anche in quelli belli facendomi esprimere la mia felicità… Me la misi a tracolla e iniziai a suonare.
Smettemmo tutti e tre alle 8; verso le 9 avremmo cominciato a suonare. Quella sera, infatti, quel locale di una via appartata del centro di Milano, aveva organizzato una serata in cui tre chitarristi (noi tre appunto), a turno, avrebbero suonato per circa un’ora a testa. Nonostante fosse in una via appartata, il locale era abbastanza ampio, il più ampio in cui avessi mai suonato da sola. Potevamo eseguire due o tre pezzi nostri e, per il resto, cover di band a nostra scelta. Iniziava a suonare il ragazzo della mia età, poi quello poco più grande, e infine io. Non mi dispiaceva avere l’ultimo turno, anzi... Comunque, come stavo dicendo prima, smettemmo di suonare verso le 8 e andammo a mangiare: il cibo era gratis, come le bevande, dato che suonavamo in quel pub. Ordinai una pizza e una birra. Ridemmo un po’ per sciogliere la tensione. Poi, arrivarono le 9. Nel locale c’era già un po’ di gente, e il primo chitarrista salì sul palco. Suonò per un’oretta, poi iniziò il secondo, con pezzi più sul metal. Verso le 11 finì anche lui. Toccava a me.

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Capitolo 2
*** One, two, three, four! Go! ***


Ecco qui il secondo capitolo. L'ispirazione mi è venuta oggi pomeriggio, suonando appunto la chitarra... Spero vi piaccia =)

Helena89: Grazie del commento... Sarà che i primi (e soprattutto IL primo) assume per me un significato speciale, ma grazie davvero! =) Mi fa piacere che tu abbia deciso di seguire questa mia prima fic, spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento!

Per consigli e opinioni lasciate un commento, mi farebbe piacere una vostra impressione...





CAPITOLO 2 One, two, three, four! Go!



Salii anch’io sul palco. Collegai la chitarra all’amplificatore, regolai la distorsione e controllai velocemente che fosse accordata. Dopodiché salutai e presentai brevemente la prima canzone che avrei suonato, che avevo composto circa un anno prima. Suonai tre delle canzoni che preferivo tra quelle che avevo inventato. Devo dire che vennero bene e il pubblico applaudì più di quanto mi aspettassi: ciò mi diede più sicurezza e mi incoraggiò maggiormente. Dopo le mie tre canzoni, passai alle cover.
– Adesso – dissi – non posso non suonare almeno una canzone di una delle più grandi leggende del blues, del rock e della chitarra… Questo è un tributo al grande Jimi Hendrix, sempre vivo nella sua musica. This song is called Voodoo Child! –
Detto ciò, collegai il Wah-wah alla chitarra e inizia a suonare il famosissimo intro. La grinta della mia chitarra e il mio entusiasmo si mischiarono a quello del pubblico, e il risultato fu ottimo. Non pensavo davvero riuscisse così bene.
– Un altro chitarrista che mi ha avvicinato al rock e a questo meraviglioso strumento, è stato Slash, con il suo modo unico ed emozionante di suonare la chitarra. Le canzoni che suonerò adesso vogliono essere una cover in tributo a lui e ai grandi Guns N’ Roses, prima che si sciogliessero… –
Detto ciò iniziai a suonare Welcome To The Jungle, accompagnata dagli urli entusiasti del pubblico. Quando arrivai al ritornello il pubblico era quasi in delirio, cantando e urlando con me il testo.
– In the jungle!
Welcome to the jungle!
Watch it bring you to your…
sha na na na na na na na! knees, knees!
I gonna watch you bleed!
And when you're high you never
Ever want to come down, so down,
So down, so down, so dooooowwwwwn
YEEEEEEEEEEAAAH! –
A questo punto inizia il solista. Questa canzone mi trasmetteva sempre molta energia ed entusiasmo. Come in molte altre canzoni, ci mettevo l’anima nel suonarlo. E mi faceva piacere vedere l’entusiasmo del pubblico di ritorno. Il solista mi riuscì molto espressivo, e ciò mi fece molto piacere. Poi ripresi, insieme al pubblico che quasi urlava
– You know where you are?
You're in the jungle baby!
You're gonna dieeee! –
Alla fine della canzone, anche questa volta non mancarono gli applausi e le urla di incitamento. Decisi quindi di suonare November Rain, sempre dei Guns N’ Roses, una canzone che mi trasmetteva sempre una certa commozione, che mi ricordava una profonda tristezza e un’altrettanto profonda determinazione. Per la parte col piano, la feci ugualmente con la chitarra per mezzo di un effetto speciale della pedaliera che mi aveva prestato il ragazzo che aveva suonato prima di me. Della canzone, poi, mi piacevano particolarmente i solisti: non erano molto veloci, ma molto espressivi ed emozionanti, e secondo me era quello ciò che contava maggiormente…
– The next song is called Sweet Child O’ Mine!! – annunciai, scegliendo un brano dal ritmo più allegro.
Anche questa volta, arrivò un fragoroso incitamento non appena iniziai a suonare l’introduzione del brano.
– She's got a smile that it seems to me
Reminds me of childhood memories
Where everything
Was as fresh as the bright blue skyyy
Now and then when I see her face
She takes me away to that special place
And if I'd stare too long
I'd probably break down and cryyy
Oh, Oh, Ooh! Sweet child o' mine!
Oh, Oh, Oh, Ooh! Sweet love of mine! –
Poi, venne il momento dei solisti, anch’essi molto incisivi, grazie anche alla tecnica del bending… Mi piacevano molto i due solisti di questa canzone, e li eseguii con molta partecipazione e passione.
Anche al finale, il pubblico continuava a cantare con entusiasmo, insieme a me
– Where do we go?
Where do we go now?
Where do we go?
Sweet chiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiild o' miiiiiiiiine!!! –
– La prossima canzone, è una canzone che mi piace molto e per me molto significativa e veritiera nel testo, soprattutto nel titolo… Questa canzone è stata composta dagli AC/DC e si intitola It’s A Long Way To The Top If You Wanna Rock N’ Roll!! And one, two, one two three four!
Ridin' down the highway
Goin' to a show
Stop in all the by-ways
Playin' rock 'n' roll
Gettin' robbed
Gettin' stoned
Gettin' beat up
Broken boned
Gettin' had
Gettin' took
I tell you folks
It's harder than it looks…
It's a long way to the top
If you wanna rock 'n' roll!
It's a long way to the top
If you wanna rock 'n' roll!
If you think it's easy doin' one night stands
Try playin' in a rock roll band
It's a long way to the top
If you wanna rock 'n' roooll! –
Iniziai quindi il solista, facendone uno simile a quello di Angus Young e aggiungendone uno mio sul genere, improvvisato al momento. Il pubblico continuava a darmi la carica giusta per andare avanti. Mi sentivo ormai abbastanza tranquilla e a mio agio, piena di energia. Quando suonavo, e soprattutto se ero su un palco, mi sentivo sempre come se fossi attraversata da un’indescrivibile forma d’energia, potente, vitale, incalzante, ma a volte anche calma, commovente… Una strana energia che mi dava la forza di andare avanti anche nei momenti più difficili e tristi, e di godermi appieno quelli felici. Un’energia che per qualche tempo riusciva a farmi dimenticare tutto ciò che non fosse strettamente collegato a quello che stessi suonando e, nel caso stessi suonando davanti ad un pubblico, al pubblico. Sentivo l’energia percorrermi tutto il corpo per poi incanalarsi nelle mie mani, nelle mie dita, e infondersi nella mia chitarra, e da qui trasformarsi in musica e diffondersi nell’aria arrivando fino ai ragazzi che cantavano con me, per poi tornarmi indietro come un frisbee, ma amplificata. L’energia che mi si rifletteva dal pubblico era enorme e andava a fondersi con quella che mi dava la musica di per sé, facendomi sentire veramente bene. Era una sensazione stupenda, indescrivibile. Welcome to Paradise. Sì, nel caso davvero esistesse una sorta di Paradiso, doveva essere qualcosa del genere. Anzi no, questo era molto meglio, perché non richiedeva alcun pedaggio, non richiedeva la morte, anzi, era raggiungibile soprattutto da vivi. Avrei potuto continuare a suonare così per ore, pensai. Guardai il pubblico e sentii un gran flusso di energia di ritorno. Finii la strofa e attaccai con il solista: le dita che quasi si muovevano da sole sulla tastiera senza quasi bisogno di sforzo. Era davvero fantastico. Dopo il solista conclusi il brano, tra le grida entusiaste della folla.
Dopodiché, dopo una breve introduzione, iniziai a suonare una canzone divenuta ormai un simbolo e una specie di inno punk rock: Blitzkrieg Bop dei Ramones. Iniziammo a gridare – Hey! Ho! Let’s go! – 3 volte, poi, sul quarto grido, iniziai a suonare. Quattro accordi (suonati in barrè), ma con un ritmo molto grintoso e coinvolgente.
– They're forming in a straight line
They're going through a tight wind
The kids are losing their minds
The Blitzkrieg Bop!
They're piling in the back seat
They're generating steam heat
Pulsating to the back beat
The Blitzkrieg Bop!
Hey ho, let's go
Shoot'em in the back now
What they want, I don't know
They're all revved up and ready to go! –
La canzone finì ancora al grido di – Hey! Ho! Let’s go! – e io feci andare la chitarra in saturazione. L’energia ormai fluiva e ritornava a fiotti. Ormai mi sentivo sicura, carica, come se fossi quasi invincibile, su quel palco, con la mia chitarra.
– And now, last but not least, vorrei suonare qualche canzone di un gruppo, un gruppo che è nato anche grazie ai Ramones e alla loro musica, un gruppo a cui devo molto anch’io, perché la loro musica mi ha avvicinato ancor più al rock e in particolare al punk rock, e perché la prima canzone che ho suonato con la chitarra, con cui in un certo senso ho imparato a suonare questo strumento, è stata loro… E perché ha trasformato una sera di settimana scorsa, quella del 10 novembre, che poteva essere uguale a tante altre, nella migliore della mia vita. Questa band sono i Green Day e vorrei concludere suonando alcune loro canzoni. Innanzitutto, comincerei con quella che me li ha fatti conoscere, la prima che ho sentito, e che mi è piaciuta fin da subito: Basket Case! –
Detto ciò, controllai velocemente l’accordatura della mia Gibson “Baby Billie Joe” e iniziai a suonare i primi accordi e a cantare.
– Do you have the time
To listen to me whine
About nothing and everything
All at once?
I am one of those
Melodramatic fools
Neurotic to the bone
No doubt about it.
Sometimes I give myself the creeps
Sometimes my mind plays tricks on me
It all keeps adding up
I think I'm cracking up
Am I just paranoid?
Or I'm just stoned –
Anche questa volta, la maggior parte del pubblico conosceva la canzone e, un po’ per volta, iniziò a cantarla. Alla fine del primo ritornello già tre quarti dei ragazzi e delle ragazze che assistevano la stava cantando…
– La canzone che suonerò adesso, è invece una delle prime canzone che I Green Day hanno composto. Meno conosciuta di altre, ma non per questo meno bella. Il suo titolo è Dry Ice! – E con ciò, iniziai con I primi accordi della canzone.
– Late last night I had a dream
And she was in it agaaain
She and I were in the sky
Flying hand in hand.
I woke up in a cold sweat
Wishing she was by my siiiide
Praying that she'll dry the tears
Left on my face I've cried… –
Questa volta quelli che la cantavano erano molti meno delle volte precedente, ma nonostante tutto il pubblico sembrava gradire la canzone e mi trasmetteva energia.
– Come ease the pain that's in my heart...
Come ease the pain that's in my heaaaaart... –
A questo punto iniziai il solista. Un solista semplice, ma che a me piaceva moltissimo e che mi dava l’impressione, come dire, di un suono in 3 dimensioni… lo so, non è facile comprendere bene cosa intenda, risulta difficile anche per me, ma questa è la prima impressione che ho avuto ascoltandolo.
Finita questa canzone, mi accorsi che mancavano ormai solo 15 minuti scarsi a mezzanotte, quando sarebbe dovuto finire il tempo che il locale ci aveva dato.
– Questa è la penultima canzone che suonerò, perché è quasi finite il tempo che Il locale ci ha gentilmente concesso… È una canzone che amo molto, sia a livello musicale che testuale… This song is called Jesus… Of… Suburbia!! –
Un urlo si levò dal pubblico e iniziai a suonare il pezzo.
– I'm the son of rage and love
The Jesus of Suburbia,
From the bible of "none of the above"
On a steady diet of
soda pop and ritalin
No one ever died for my sins in hell
As far as I can tell
At least the ones I got away with…
But there's nothing wrong with me
This is how I'm supposed to be
In a land of make believe
That don't believe in me! –
Continuai a suonare e a cantare, con sempre più grinta, energia, foga, passione… Verso metà quasi urlavo con il pubblico:
– City of the dead
At the end of another lost highway
Signs misleading to nowhere…
City of the damned
Lost children with dirty faces today
No one really seems to caaaaaaaaaaare…
Hey!
I don't care if you don't
I don't care if you don't
I don't care if you don't caaare
I don't care if you don't
I don't care if you don't
I don't care if you don't caaare
I don't care if you don't
I don't care if you don't
I don't care if you don't caaare
I don't care if you don't
I don't care if you don't
I don't care if you don't caaare
I don't caaaaaaaaaaaaaaaaaaare!! –
L’entusiasmo continuo per tutta la canzone, fino alla fine
– And I… leave behind
This hurricane of fucking lies…
And I… walked this line
A million and one fucking times…
But not this time!!
Here we goooooooooo!! –
A questo punto mi sbizzarrii nel solista, per poi tornare su un ritmo più tranquillo e continuare
– I don't feel any shame,
I won't apologize…
When there ain't nowhere you can go
Running away from pain
When you've been victimized
Tales from another broken...
Hooooooome!!
You're leaving...
You're leaving...
You're leaving...
Ah you're leaving home! –
Finita la canzone, feci andare la chitarra in saturazione, tra le urla dei ragazzi che mi guardavano. Sì, pensai, anch’io stavo andando in saturazione, come la mia chitarra: in saturazione di tutta quella fantastica energia che scorreva nelle mie vene insieme al sangue, di cui solo la musica, la chitarra e il pubblico potevano permetterne l’esistenza. Ma era una saturazione piacevole, mi sentivo benissimo come poche altre volte. Sentivo di star raggiungendo quasi l’apice: ormai conoscevo bene quella sensazione. L’avevo vissuta anche 8 giorni prima al concerto dei Green Day. La sentivo, magnifica, tutta quella misteriosa energia che stava raggiungendo il suo punto massimo. E io l’aspettavo tra l’impazienza, il desiderio e la voglia di far sempre meglio, di trasmettere un po’ di quell’enorme forza vitale al pubblico.
Con ancora le parole e il ritmo di Jesus Of Suburbia nella testa, mischiati a questi pensieri e a questa energia, guardai l’orologio mentre il pubblico applaudiva e urlava.
– Ok, thank you very much! Il tempo a disposizione è quasi finito… Ma vorrei suonare ancora una canzone, per concludere. Una canzone che invita i ragazzi a non scoraggiarsi. Una canzone che parla di come essere un individuo, come se dovessi setacciare nel buio per trovare te stesso, come vuoi essere, e poi riuscire ad essere così per tutta la vita... Una canzone che è per me un inno e uno stile di vita… E che penso lo sia anche per altri che come me si ritengono la Minoranza, che non vogliono omologarsi ad una fottutissima massa comandata da un fottutissimo sistema! This song is called Minority!! –
Tra gli urli della folla, iniziai a suonare l’introduzione del brano e poi iniziai a cantare a gran voce, sempre assieme alla folla di ragazzi e ragazze.
– I want to be the minority!
I don't need your authority!
Down with the moral majority!
'Cause I want to be the minority!
Stepped out of the line
Like a sheep runs from the herd
Marching out of time
To my own beat now!
The only way I know…
One light, one mind
Flashing in the dark…
Blinded by the silence of a thousand broken hearts…
For crying out loud
She screamed unto me
A free for all
Fuck 'em all
You are your own sight!
'Cause
I want to be the minority!
I don't need your authority!
Down with the moral majority!
'Cause I want to be the minority! –
Eccolo. Avevo raggiunto il vertice. Un entusiasmo e una vitalità smisurati mi invasero piacevolmente corpo e anima.
– Hey!! – gridai verso il pubblico, che in risposta urlò ancor più forte.
A questo punto mi ricordai di alcune frasi dette da Billie Joe nella precedente tournée di American Idiot nel 2005, frasi che mi avevano colpito e mi erano piaciute davvero molto. Quindi iniziai a urlare anch’io la parte finale di quel discorso, se può essere chiamato così.
– Regardless of who the powers that be are. The people that you elect, the people that I elect into office... Remember! YOU have the fuckin power, WE’re the fuckin’ leaders! Don't let these bastards dictate your life by trying to tell you what to do, alright? –
A questo punto si sentì un forte – Yeaaaaaaaaaaaah! – venire dal pubblico, per poi finire di cantare la canzone, con ancora più energia e convinzione di prima
– 'Cause I want to be the minority! –
Questo fu l’urlo finale, dopo il quale finii con gli ultimo accordi arpeggiati e ringraziai ancora una volta tutti. Tra gli applausi e le grida generali, scesi dal palco e andai ad appoggiare la chitarra, che avevo a tracolla, nella sua custodia. Sentivo ancora gran parte di quella strana e magnifica energia, anche se stava pian piano abbandonando il mio corpo. Ero sudata fradicia ma contenta come poche volte. Era stato uno dei migliori, come dire… concerti, ecco… Era stato uno dei migliori “concerti” in cui avessi mai suonato. Almeno, uno dei migliori in cui avessi mai suonato senza band. Mi passai una mano sulla fronte per asciugarmi un po’ e andai velocemente a prendere qualcosa da bere, poiché non avevo praticamente quasi più voce… Presi una bottiglia d’acqua che scolai in pochi secondi, poi tornai velocemente sul palco a prendere il mio amplificatore, il mio cavo jack e ciò che avevo lasciato, portandoli nell’angolo dove avevo appoggiato la custodia con la chitarra.

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Capitolo 3
*** Ehm… What’s your name? ***


Innanzitutto vorrei ringraziare:

Helena89 : Mi fa piacere che ti sia piaciuta la mia selezione di canzoni, confesso che non è stato facile, perché per ognuna che ne mettevo me ne venivano in mente almeno altre due, ma dovevo far durare la performance circa un’ora e quindi non ci stavano tutte XD… Wow, non pensavo di poter trasmettere quell’energia che solo la musica e la chitarra mi sanno dare anche attraverso le parole =) … Spero che ti piaccia anche questo capitolo e che continuerai a leggere e a darmi opinioni sulla fic… E comunque sì, sono “Guitarist Inside 94” dell’Official Forum Green Day Italy (non dirmi che ci sei anche tu!! XD) PS: Ah, per il commento alla tua fic non c’è di ché ^^

Fujiko Chan : Grazie mille, le tue parole mi commuovono *ç*… Grazie per l’incoraggiamento! Mi fa piacere che ti piaccia il mio stile e, come ho scritto anche sopra, sono davvero contenta di aver scoperto di poter trasmettere l’energia e le emozioni che mi fa vivere la musica anche a voi attraverso la scrittura…

E grazie anche alla mia Baby Billie Joe (aka Gibson Les Paul Junior Billie Joe Armstrong), che mi dà l’ispirazione per scrivere e mi fa vivere momenti ed emozioni che dicendo bellissimi sminuirei…

E ovviamente grazie a tutti coloro che leggono questa mia prima fic…
E, per favore, commentate… ‘Cause comments make happy the writer XD

Beh, vi lascio al terzo capitolo… Lo so, non è molto lungo, ma ho deciso di spezzarlo in due parti per due ragioni: la prima era che l’altra parte non era terminata e quindi avrei ritardato la pubblicazione, la seconda è che preferivo spezzare il capitolo in due più brevi e lasciare una pausa dopo le ultime frasi del capitolo. Perché? Lo scoprirete alla fine XD. Comunque… buona lettura! ^^





CAPITOLO 3 Ehm… What’s your name?



Raccolsi il jack che avevo appoggiato per terra e iniziai ad arrotolarlo attorno alla mano, sovrappensiero. Nella mia testa scorrevano le emozioni e le sensazioni appena vissute, mentre sentivo l’energia che la musica e il concerto mi avevano regalato fluire lentamente dal mio corpo, lasciandomi però una piacevole sensazione come traccia del suo passaggio e lasciandomi in uno stato di semi trance per qualche minuto. Amavo quella sensazione, meno potente e travolgente dell’energia che mi scorreva nelle vene mentre suonavo io o mentre assistevo ad un concerto, in entrambi i casi vivendo pienamente della musica, ma ugualmente meravigliosa. Sentivo quell’energia speciale che mi attraversava il corpo dolcemente, lasciandomi poco a poco, delicatamente. Il suo non era un addio, lo sapevo bene, bensì un arrivederci, un a presto, perché presto mi avrebbe ritrovato grazie alla mia amata chitarra e alla musica, e mi avrebbe nuovamente infuso quel suo spirito vitale ed unico.
Ad un certo punto sentii una voce alle mie spalle. All’inizio non ci feci caso, ancora travolta da quell’energia, dalle immagini e dai suoni nella mia mente, ma la voce insistette e capii che si stava rivolgendo a me.
– Hey! –
Mi girai. Vidi un ragazzo. No, a guardarlo più da vicino mi accorsi che era un uomo. Avrà avuto poco più di 35 anni, a occhio e croce. Aveva un che di familiare, ma ero ancora un po’ frastornata e non riuscivo proprio a capire cosa…
– Hi… You know, you’re very good at playing the guitar… – mi disse – Ehm… Do you understand what I’m saying, don’t you? –
Aveva un perfetto accento Americano, e neanche quella voce mi era del tutto nuova… Per fortuna che in Inglese me la cavavo egregiamente, pensai.
– Yeah… However, thank you very much… –
– Oh, you’re welcome… You really play very good… How long are you been playing the guitar? –
– Ehm… For… For about 5 years… 5 years and an half… –
– Ah… So you learned quite early to play it, right? –
– Yes… I was 12 years old, more or less… I really love playing guitar, and I really love music… I identify myself in a phrase that Billie Joe Armstrong said… “Music to me is… is the air that I breathe, it’s the blood that pumps through my veins… That keeps me alive… Without her, I really don’t know what could I do…”. I think this phrase express perfectly my feeling with music, the energy, the emotions and the sensations that only music can give me… –
– It’s such a significant phrase! I totally agree… –
– Oh, awesome! So, you understand what I mean… –
– Yeah, absolutely – rispose sorridendo
– Well… Ehm… I’ll go to take something to drink ‘cause I’m very thirsty again and I’m losing my voice… –
– All right, I think I’ll take something too –
Detto ciò, ci dirigemmo verso il bancone.
– What would you like to have? – gli chiesi
– I think I’ll have a beer… – decise – How much is it? –
– Oh, it doesn’t matter. I’ll take it for you… You know, I can take everything for free tonight ‘cause of my exhibition… – risposi, stupendomi di aver usato anch’io “you know”, molto usato nello slang Americano e soprattutto da Billie Joe Armstrong che forse dopo tutte le interviste che avevo sentito mi aveva un po’, come dire, contagiato... Ultimamente mi capitava di dirlo abbastanza spesso quando parlavo in Inglese, come mi capitava di usare slang Americani che facevano impazzire la mia prof… Riemersi dai miei pensieri e ordinai al cameriere, poi tornammo dove avevo lasciato gli strumenti. Aprii la custodia.
– I like your guitar, you know? –
– Me too… I love her… She… Yeah, she, this guitar is too much important to me to call it simply “it”, you know… She’s very special to me… She has got a strong personality… She helps me… She can make me happy… She can make me fell really alive… – risi, bevendo un altro sorso di birra
– That’s awesome. I’ve a similar feeling with some of my guitars and music… –
– So, you play the guitar too… –
– Yeah – fece una pausa per bere, poi mi chiese: – Ehm… What’s your name? –
– I’m Ema, very nice to meet you… And what’s your? –
– I’m Billie Joe Armstrong, pleased to meet you too –
Oh cazzo! Ecco a chi assomigliava! Non potevo crederci, stavo parlando con Billie Joe Armstrong. E per di più si era complimentato con me per come suonavo… Era un’allucinazione? No, non sembrava… Non ero ubriaca, non avevo neanche bevuto moltissimo e reggevo abbastanza bene l’alcool… No, era la realtà!

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Capitolo 4
*** Why are you here? ***


Prima di postare il quarto capitolo (che poi sarebbe la continuazione del terzo che risulta infatti più breve) vorrei ringraziare:

Fujiko Chan : Ma così tu mi commuovi *ç* esagerata addirittura adorarmi XD Non so che dire… Beh, grazie! ^^
“Continuala ti prego ne ho bisogno PER LE MIE PIPPE MENTALI ehm volevo dire BEGLI STIVALI xDDD” <--- ahahaha XD Beh non fartene troppe che poi mi diventi cieca e non puoi più leggere!! Scherzo XD
However, spero ti piaccia anche come continua (non chiedermi anticipazioni, non ne ho idea neanch’io)
rara193 : Wow, un’altra lettrice *.*Grazie mille dei complimenti!! Spero ti piaccia anche il seguito e che di non cadere nel mio errore di iniziare bene e poi bloccarmi o andare aventi meno bene XD
Helena89 : Tu sei OrangeSmile del forum??!!?? Ma allora ci conosciamo!! Che bello XD Beh, Vale piacere I’m Ema *stringe la mano a Vale* (anche se è più una formalità dato che ci conosciamo già, vabbè)
Tornando alla fic… Beh, nelle prime righe troverai la risposta alla tua prima osservazione :D… Mi fa piacere che ti piaccia il dialogo tra Billie e Ema! E sì, non so ancora in che modo ma la protagonista avrà un futuro chitarristico grazie a Billie Joe e ai Green Day (magari succedesse davvero!!).
“ Non so come reagirà nel prossimo capitolo quando realizzerà totalmente chi ha davanti, ma io fossi in lei gli salterei addosso.. :)..” <--- Mi spiace deluderti, ma in questo hai sbagliato! Ema deve ammettere che ci ha pensato, e anche più di una volta, ma era troppo paralizzata dell’emozione (o meglio, dalle emozioni) per farlo… ^^
Per i “You know”, concordo con la spiegazione di Fujiko, anche se spesso è usato più come intercalare che come “Hai presente/sai” nel senso letterale… Come ad alcuni in Italia capita con “Cioè” o “Ecco” o “E…” o altre forme ancora… Anche per questo quando lo inserirò (qualche volta) preferirò non tradurlo e lasciarlo in Americano, perché secondo me rende meglio l’idea ^^… (Una volta ho provato a contare il record di “You know” di Billie Joe in un’intervista, arrivando addirittura in un punto alla media di uno ogni 2-3 secondi! XD)

E come sempre grazie a tutti quelli che leggono… Continuate a commentare ^^




CAPITOLO 4 Why are you here?



*** Nota dell’autrice: D’ora in poi, eccetto alcuni casi (in cui ritengo più significativo lasciare espressioni o frasi in lingua Inglese), scriverò i dialoghi in Americano tradotto in Italiano per motivi di rapidità di scrittura… ***

Perché non l’avevo capito prima? Ok, ero ancora stordita dall’emozione post-concerto, avevo bevuto un po’ (beh forse un po’ più di “un po’”), però una parte di me mi chiedeva con insistenza perché non l’avessi riconosciuto prima. Era come se quella parte l’avesse intuito, dopo un po’ che l’avevo di fronte e che parlavamo, ma la restante parte di me soffocasse quella vocina, pensando che io fossi già troppo carica di emozioni per farne entrare un’altra, e anche grande per di più. E quest’emozione allora era arrivata all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno. Un fulmine che mi aveva colpito in pieno, folgorandomi senza preavviso, lasciandomi spaesata. Ero emozionatissima, l’attimo successivo imbarazzatissima, e l’attimo dopo felicissima. “A volte i fulmini sono più piacevoli di quanto si possa immaginare” pensai. La mia mente era combattuta tra emozioni diverse, il più delle volte contrastanti, che si susseguivano nell’arco di pochi secondi, e che portavano idee molto differenti tra loro su cosa fare e come comportarmi in quel momento... Il cuore accelerò ulteriormente il suo battito. Sentivo le nuove emozioni affollarsi e aggiungersi alle precedenti: erano troppe per essere contenute, me ne rendevo conto. Troppe, sì, troppe e in troppo poco tempo. Molte bellissime, alcune discrepanti, ma sempre stancanti da gestire tutte insieme.
Questa volta non era un sogno, quello che avevo davanti era Billie Joe Armstrong, quello che poco meno di una decina di giorni prima mi aveva regalato, insieme ai Green Day al completo, una serata indescrivibile: magnifica era dire poco... E ora stava facendomene vivere un’altra peculiarmente ma allo stesso tempo diversamente unica e indescrivibile.
Per un momento sentii mancarmi le forze. No, non potevo svenire, non in quel momento, cazzo!
– Ehm… Tutto bene? – chiese ad un tratto Billie, vedendomi sbiancare
– Sì, grazie… – balbettai appena ripresi l’uso della parola, e un po’ di colore, mentre mi sedevo su una panca: “Non si sa mai…” pensai.
– Sicura? – disse, sedendosi accanto a me e appoggiandomi un braccio sulle spalle, che mi fece avvertire un leggero e piacevole brivido lungo la schiena.
Annuii debolmente, ancora frastornata da tutte quelle emozioni.
Restammo così, in silenzio, per circa un minuto. Il mio cuore batteva all’impazzata. Chiusi gli occhi, cercando di estraniarmi quel tanto che bastava per cercare di mettere un po’ d’ordine nella mia mente, ma in modo da non perdere la concezione di quel che avevo intorno. Avvertivo ancora il piacevole calore del suo corpo accanto al mio, il suo braccio sulle mie spalle. Respirai profondamente una, due, tre volte. Sì, stavo iniziando a riacquistare il controllo di me e delle mie emozioni, a capire qualcosa, il groviglio nella mia mente iniziava pian piano a sciogliersi. Respirai un’ultima volta e riaprii gli occhi, girando leggermente la testa dalla parte dove era Billie Joe.
Quasi inconsciamente, bevvi un’altra sorsata di birra. Un’altra ondata di calore mi percorse il corpo, sebbene fosse più lieve di quelle che mi avevano attraversato fino a pochi istanti prima. Ero ancora sobria, reggevo l’alcool più di altre persone che conoscevo, ma nonostante tutto sentii indebolirsi la barriera della timidezza mista all’imbarazzo che era tornata ad opprimermi da qualche minuto. Sorrisi.
– Bene, vedo che adesso ti sei abbastanza ripresa… – commentò, sorridendo anche lui – Quando ho visto la tua faccia shockata mi sono preoccupato un po’. Davvero, non mi aspettavo una reazione di quel tipo. –
– Beh… E’ che la mia testa era piena di incroci, pensieri, emozioni… Tutto insieme, capisci? E l’ennesima grande emozione beh, ecco… Mi ha fatto quest’effetto, insomma – risposi, cercando di ridere – E poi, sai, trovarmi di fronte il cantante e chitarrista di una delle mie band preferite non è proprio una cosa da tutti i giorni, ecco… –
– I know – rispose ridendo
– Comunque, davvero, grazie –
– E di che? – rispose, facendo spallucce
– Non so… About nothing and everything all at once… –
Billie rise alla mia citazione. Fece quindi una pausa, per poi continuare, più serio – You know... Anche se non ho capito bene le parti introduttive in Italiano… Beh, ho capito dalle canzoni che hai suonato e da come le hai suonate che per te la musica è qualcosa di più di quello che è per molte persone, qualcosa di vitale. You know, è anche per questo che ho deciso di parlarti… – sorrise. Nonostante cercassi di non farlo, io arrossii. – Tra le frasi che mi hanno colpito di più – continuò – c’è stata quella nel mezzo di Minority, citata da quel mio, come dire… “discorso”… –
– Quella frase… Quella frase mi ha colpito molto sin dalla prima volta che l’ho sentita in Bullet In A Bible, anni fa… Trovo che sia una frase, come dire… Una frase che racchiude un messaggio importantissimo, che per me è ed è stato fondamentale: quello di non arrendersi, nonostante il potere ce l’abbia chi ce l’abbia, in fondo il potere ce l’abbiamo NOI, e non dobbiamo permettere che qualcuno ci metta i piedi in testa e metta sotto dittatura la nostra fottuta vita… E per fare ciò non bisogna rassegnarsi e ubbidire passivamente, non bisogna essere una massa di pecore che si omologano alla massa, bisogna avere il coraggio di seguire i propri ideali e uscire dal gruppo, distinguere la propria unica personalità, camminando al tuo passo non a quello di qualcun altro che a te non è congeniale... You know… Quella frase mi ha dato più e più volte la forza di non arrendermi… –
– That’s awesome… E hai colto in pieno il messaggio –
– E ho voluto trasmetterlo ad altri… Lo cito molte volte, mentre suono Minority… You know… È un ottimo messaggio da trasmettere, davvero. E penso che con Minority ci stia perfettamente: due urla, due modelli di stile di vita che convivono perfettamente tra loro, integrandosi alla perfezione, due tasselli di un puzzle che si incastrano perfettamente, come raramente accade… –
Tutt’a un tratto, parlando, iniziai a sentirmi a mio agio, più o meno come prima di sapere con certezza di stare parlando con Billie Joe Armstrong in persona. Non sapevo bene perché, ma era così. E ciò mi fece indubbiamente piacere: è più facile parlare con qualcuno quando ti senti a tuo agio e non sei più molto imbarazzata, sorpresa, confusa, con le emozioni e il cuore in subbuglio… Ma spesso mi bastava ricordare con chi stavo parlando per far tornare a galla il tutto, che cercavo però di ricacciare il più in fretta possibile.
– Ehm… Se posso saperlo… Perché sei qui? – gli chiesi ad un tratto
– Beh… Qualche giorno fa abbiamo fatto un concerto qui a Milano, ma questo penso tu lo sappia già… –
– Yeah… Quando ho saputo la notizia e hanno messo in vendita i biglietti ho fatto un casino… Ma alla fine ho trovato i soldi e il 10 novembre c’ero anch’io in parterre, in prima fila… You kicked asses… Davvero, avete suonato benissimo, è stato tutto fantastico, indescrivibile, forse la miglior serata della mia vita – dissi sorridendo, mentre mi tornavano in mente scene di quella serata semplicemente magnifica.
– Oh, that’s fuckin’ awesome! Mi fa molto piacere… Comunque, tornando alla tua domanda, intendi perché sono a Milano e sono venuto in questo locale stasera? –
Annuii.
– Beh… Ecco… Siamo tornati qui ieri pomeriggio sul tardi. Come sai, settimana scorsa abbiamo chiuso il tour Europeo a Torino. E a metà dicembre inizieremo quello Australiano, per cui partiremo appunto tra pochi giorni. Il volo però partirà da Milano e quindi abbiamo deciso di fermarci qualche giorno da turisti… You know… Stamattina io e Mike abbiamo fatto un breve giro per la città, ovviamente cercando di non dare nell’occhio, con le dovute precauzioni per non essere circondati da fan e curiosi ad ogni passo che facevamo… Sai, certe volte non è piacevole… – disse ridendo, poi abbassò la voce e continuò – Comunque, stavo dicendo, oggi pomeriggio ero uscito a farmi un giro per prendere una boccata d’aria con Mike. Tré aveva insistito per restare in albergo a riposare, come aveva detto lui… Appena siamo tornati però, abbiamo visto Tré che continua a vomitare. Ti ricordi quella frase, sempre in Bullet In A Bible, quella in cui Tré dice “Nessun uomo può mangiare 50 uova”? –
Annuii e lui continuò – Beh, abbiamo scoperto che invece aveva tentato di compiere lui quel record… – contenne una risata, poi proseguì – Fino all’ora di cena mi sono occupato io del mio amico, però, sai, non lo dico con cattiveria, ma dopo tutto quel vomito mi era passato l’appetito… You know… Allora Mike s’è offerto di darmi il cambio e per cambiare aria sono uscito. E camminando sono giunto davanti al pub dove hai suonato, ed incuriosito dal suono familiare di una chitarra elettrica, sono entrato. Beh, direi che ti ho risposto – concluse, bevendo l’ultimo goccio della sua birra.
Rimasi senza parole ancora una volta. Poi Billie guardò l’orologio.
– Hey, tu adesso dovresti tornare a casa, giusto? –
Annuii.
– Abiti qui vicino? –
Scossi la testa. – No… Per tornare faccio un pezzo a piedi fino alla fermata dell’autobus in fondo alla via e poi prendo la metro… Oggi prorogano l’orario… –
– E tu vorresti andare in autobus e in metropolitana con chitarra e amplificatore a questa fottutissima ora? per di più dopo ciò che hai provato prima? –
Rimasi in silenzio. Beh, non aveva tutti i torti…
– Senti, se ti va ti posso dare un passaggio io… –
Se mi andava? C’era da chiederlo? Non mi pareva vero. Era tutto troppo bello per essere vero. Ma, a quanto sembrava, lo era.
– T-Thank you very much… – ringraziai. Poi mi guardai in giro perplessa
– Non guido io – rispose lui, leggendomi nel pensiero – “1” perché non ho qui alcun veicolo, “2” perché non conosco la zona e di sicuro mi perderei… – rise – e “3”, anche perché la cazzata di guidare ubriaco l’ho già fatta, e non voglio casini durante il tour… Non che sia ubriaco, figurati, mi ci vuole ben altro, ma quelli di sicuro avrebbero da ridire lo stesso per la birretta di prima – rise
Lo guardai annuendo, e lottando un'altra volta per riavere la mia voce che se n’era andata nuovamente sia per il dopo-concerto sia, soprattutto, per il fatto che mi era tornato in mente chi era quello con cui stavo parlando e che mi stava offrendo un passaggio…
– I’ll call a taxi – decise quindi Billie, prendendo il cellulare.
Poco dopo ci alzammo, presi la mia adorata chitarra e il mio amplificatore e uscii dal locale, seguita da Billie Joe. Una folata di vento gelido mi sferzò la faccia, ma non gli prestai molta attenzione: i miei pensieri erano concentrati altrove…

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Capitolo 5
*** Tell me the story of your (music) life ***


Scusate se è un po’ che non aggiorno, ma la colpa è anche da attribuire alla scuola e all’influenza (no, non quella suina per fortuna, quella “normale”), che mi hanno impedito di scrivere prima.
Oggi, essendomi passata la febbre e leggendo le vostre recensioni, ho deciso di scrivere un quinto capitolo (che spero non sia venuto malaccio per la solita influenza XD).

Ancora un grazie di cuore a tutti coloro che leggono e recensiscono questa mia prima fic ^_^
In particolare:

Helena89 : Ok allora, nel caso incontrerai mai Billie Joe, mi dirai la tua reazione XD
Tornando alla fic… Grazie davvero tanto dei complimenti *_* ! Mi fa piacere essere riuscita a non cadere in quelle tipiche forzature in cui è davvero facile cadere cercando di inventare del discorso di una ragazza con un suo idolo... beh spero di continuare così ^_^
Per quanto riguarda la citazione “nothing and everything all at once” usata in risposta dalla protagonista, beh devo ammettere che rileggendo mi ha fatto sorridere e compiacere. Basket Case è il primo brano in assoluto che ho sentito dei GD e che mi ha fatto per così dire “innamorare” della loro musica, anni or sono, e per me ha quindi un valore speciale. Mentre stavo scrivendo il quarto capitolo stavo ascoltando proprio Dookie e, dopo aver pensato più volte senza un risultato soddisfacente ad una possibile precisazione da far dare ad Ema in risposta alla domanda di Billie Joe, il mio cervello ha dettato alle mie dita quelle parole… Vabbè mi son dilungata troppo mi sa ^_^
Spero continuerai a leggere *ç*

Fujiko Chan : Grazie tanto anche a te cara *.*!
Come ti ho già scritto l’altra volta, attenta a non farti TROPPE pippe mentali eh… mi potrei sentire colpevole di qualche accenno di cecità… “…but it’s just a myth”… è vero XD
Sono contenta che anche a te piaccia il mio stile ^_^
Come ti ho detto, anche a me piacerebbe scrivere i dialoghi in Americano, ma per ragioni di tempo non riesco… Magari inserirò qualche passaggio in Inglese però ;-)
Beh… Keep on reading (si può dire? XD)

rara193 : Thanks a lot *-*! Spero continui a piacerti la fic ^-^

K_BillieJoe : Che bello una nuova lettrice *ç* ! Me davvero contenta! Grazie dei complimenti… Mi fa piacere che la storia ti coinvolga ^_^

Crazy_Me : Un’altra new reader *ç* !! Come ho scritto anche sopra, ciò mi fa contenta! “fanissima” o non “fanissima” dei Green Day, mi fa piacere che la fic ti piaccia… E grazie anche a te dei complimenti! E poi… che bello un’altra chitarrista!!! Ti dirò (anch’io mooolto onestamente) che per me la chitarra elettrica oltre che una passione è una fonte di VITA! Non so bene come spiegarlo, ma per me è così… Senza la musica e la chitarra, non so proprio come farei… Ok, sarò pazza, sarò dipendente da queste due cose (appunto, musica e chitarra),ma senza di queste penso che la vita valga molto meno… ^-^





CAPITOLO 5 Tell me the story of your (music) life


Il taxi arrivò e noi salimmo sui sedili posteriori, portandoci dietro una ventata dell’aria gelida della notte, che però sparì velocemente, come ingoiata da quella calda che usciva dall’impianto di riscaldamento dell’auto. Il tassista ci chiese dove volevamo andare e Billie mi rivolse la stessa domanda, dicendo che saremmo passati prima da me. Ancora emozionata, dissi l’indirizzo e l’autista lo trascrisse su un foglietto. Fu poi il turno di Billie, e anche il suo indirizzo finì su quel foglietto, sotto al mio. Quindi il veicolo partì.
– Hai sempre suonato da solista o anche con una band? – mi chiese ad un tratto Billie, per ricominciare un discorso e rompere l’imbarazzato silenzio.
Mi prese una stretta allo stomaco e sentii i miei occhi inumidirsi. Senza saperlo né volerlo, Billie aveva toccato una ferita che non era ancora riuscita a rimarginarsi: nonostante cercassi di curarla e medicarla in ogni modo, bastava il più piccolo ago a rompere quella crosta faticosamente costruita e a far tornare la ferita a sanguinare nuovamente… E lui senza volerlo mi aveva punto con quell’ago, minuscolo ma potente: gocce di sangue uscirono dalla lacerazione e gocciolarono dal mio cuore. Però, questa volta, una mano raccolse quelle gocce color amaranto e si pose dolcemente sopra la ferita, arginando il fluire del sangue.
Ricacciai indietro le lacrime, ma non riuscii ad evitare che notasse i miei occhi umidi.
– I’m sorry, I didn’t want… – iniziò a balbettare Billie Joe per scusarsi.
– No, non devi scusarti. Non lo sapevi… – scossi debolmente la testa abbozzando un sorriso. Tirai su col naso, deglutii, feci una pausa e poi, forse anche la birra bevuta mi aiutò, cacciai via la timidezza e decisi di aprirmi. Non ero riuscita a capire esattamente di chi fosse quella mano e cosa significasse di preciso, ma avevo capito che in qualche modo, anche se non sapevo bene quale, c’entrava con quella serata e con lui. – Ecco, sì, ho suonato anche in una band… Suonavamo vari generi, dal Rock all’Hard Rock al Punk Rock al Metal… Facevamo anche varie cover dei Green Day, vostre cover insomma… Io suonavo la chitarra e cantavo molti dei pezzi che suonavamo, un mio grande amico che conosco da 5 anni il basso e la seconda voce del gruppo, mentre un suo compagno era il batterista… – feci un’altra pausa.
– Mi ricorda vagamente noi, i Green Day agli inizi – commentò sorridendo. Sorrisi anch’io, guardandolo. Vidi nei suoi occhi che s’aspettava che continuassi, e qualcosa mi face capire che gli interessava veramente.
La Mano era ancora dolcemente premuta sulla ferita: il sangue iniziava a coagulare riformando la fragile crosta…
Sospirai e continuai: – Sì, hai ragione… All’inizio eravamo anche noi solo chitarra e voce e basso. Ma decidemmo lo stesso di formare una band: gli High Voltage. Al nome ci pensammo molto… – vedi Billie che annuiva – Poi, prendendo spunto dal titolo di una canzone e dell’omonimo album degli AC/DC decidemmo di chiamarci High Voltage… Ci piaceva come suono e anche come nome per la band che stavamo formando, “Alto Voltaggio” si addiceva bene a noi e a quello che avremmo suonato… – feci un’altra pausa per ricacciare la tristezza che voleva tornare a prendermi e, vedendo l’aria attenta del chitarrista-cantante accanto a me, continuai – Iniziammo con cover di vari gruppi, in primis Green Day, poi AC/DC, Guns N’ Roses, Ramones, qualcosa dei Nightwish… Il batterista lo trovammo circa tre mesi dopo: era un compagno del mio bassista che pareva avere gusti simili ai nostri… Iniziammo poi a comporre e suonare brani nostri… Cominciammo quindi ad esibirci, prima con un pubblico di due o tre persone, poi dieci, poi venti, e così via… Abbiamo suonato insieme per quasi un anno. Tutto andava alla grande, finché… – sentii gli occhi inumidirsi di nuovo, ma continuai lo stesso, mentre la Mano aumentava leggermente la sua dolce pressione – Finché un giorno il mio bassista ha dovuto trasferirsi a Roma. I suoi avevano trovato un lavoro e una situazione migliore lì. Mi ricordo ancora la sua faccia quando ce l’ha detto, sembrava un cane bastonato… Fu una batosta per tutti e tre, ma soprattutto per noi due… – tirai su col naso – E da lì iniziarono i problemi… Quando si trasferì, io e il batterista cercammo un altro bassista per continuare a suonare. Ma già pochi giorni dopo che il mio amico s’era trasferito iniziavamo a non intenderci più, a discutere per ogni cosa, anche per una sciocchezza… Non gli andava più bene niente di quello che facevamo… Circa due settimane dopo ha detto di non credere più nella band e se n’è andato. Sono passati circa cinque mesi. E’ da allora che suono da sola… – mi fermai. Sapevo che se avessi continuato ancora un po’ non sarei più riuscita a contenere la grande tristezza che era riaffiorata. La Mano faceva tutto il possibile per evitare che il sangue riuscisse di nuovo a fuoriuscire dall’ancor troppo debole crosta amaranto, ma non dovevo sforzare troppo…
– I’m… I’m sorry – disse Billie – Really… – aggiunse poi. E i suoi occhi confermavano che non era un “mi dispiace” detto tanto per dire. Sentii gli occhi giù lucidi inumidirsi ancora un po’. Me li asciugai col dorso della mano e tirai su col naso ancora una volta. No. Questa volta la tristezza non doveva vincere, gliel’avevo permesso già troppe volte. Sentii la Mano aumentare ancora sensibilmente la pressione. Non dovevo… non volevo piangere. Cercai di sorridere.
– Thank you – sussurrai.
Billie mi sorrise di nuovo e mi mise ancora una volta un braccio intorno alle spalle. Sentii lo stesso piacevolissimo brivido lungo la schiena di quando aveva compiuto lo stesso gesto nel locale. Anche questa volta restammo così, in silenzio, per qualche minuto, ma questa volta mi strinsi a lui maggiormente, e quasi involontariamente appoggiai la fronte alla sua spalla. Il suo respiro sul mio collo e tra i miei capelli, il suo braccio sulle mie spalle, il suo calore, mi trasmettevano un senso di protezione, di rassicurazione… Il mondo attorno a noi mi sembrò come attutito. Per una frazione di secondo mi sentii davvero bene. Strinsi i denti e respirai profondamente: questa volta non potevo lasciar vincere ancora la tristezza e lo sconforto, e sentii di poter farcela. La Mano aveva stabilizzato la pressione e il sangue aveva ricominciato a coagulare nuovamente rinforzando la sottilissima crosta.
Pian piano mi tranquillizzai e riuscii a scacciare definitivamente il groppo in gola e quel senso di tristezza e malinconia che mi aveva preso: sì, ce l’avevo fatta, ero riuscita finalmente a sconfiggerla… e mi sentivo bene.
– Cazzo! Ci mancava solo di rimanere imbottigliati nel traffico! Ma che diavolo…! – l’imprecazione del tassista mi fece tornare alla realtà. Aprii gli occhi e alzai la testa.
– What’s up? – mi chiese stupito Billie, in slang.
– Siamo bloccati in coda e il tassista ha imprecato – gli tradussi velocemente. Guardammo fuori dal finestrino: una lunga coda di luci, una lunga cosa di automobili, si estendeva davanti e dietro al nostro taxi.
Restammo in silenzio qualche secondo, poi Billie mi chiese che generi e gruppi musicali preferivo particolarmente: scoprimmo di avere gusti simili e iniziammo a parlare quindi di musica per passare il tempo. Mi faceva un enorme piacere parlare con lui, soprattutto di musica, argomento che mi infondeva vitalità e per il quale lo stimavo molto. Iniziammo parlando del Rock e di gruppi come AC/DC e Led Zeppelin, per poi passare al Punk Rock dei Ramones, o al Metal di band come i Black Sabbath. Poi, quasi senza accorgercene, passammo all’argomento chitarre. Entrambi ce ne intendevamo parecchio, e intavolammo un discorso molto interessante, approfondendo vari aspetti. Iniziammo parlando delle Fender, in particolare le Stratocaster, dei vari tipi, delle modifiche che era possibile apportargli per raggiungere vari tipi di sounds. Continuammo poi con le Gibson: ci soffermammo in particolar modo sulle Les Paul, e finimmo inevitabilmente a parlare delle Les Paul Junior che entrambi amavamo molto. Parlammo anche dell’H90, il pick up double coil che Billie aveva realizzato in collaborazione con la Gibson, modificando un già grintosissimo P90, per il suo modello personale di Les Paul Junior, diventata poi un modello signature, il modello signature di cui faceva parte la mia “Baby Billie Joe”. Quel singolo pick up aveva grinta e versatilità da vendere, riusciva sempre a stupirmi. Gli feci alcune domande chiarendo dubbi che avevo da tempo e lui mi rispose con pazienza. Dalle sue risposte traspariva tutta la passione e l’orgoglio che nutriva nei confronti di quella chitarra.
Ogni tanto scherzavamo un po’, ridendo insieme, per poi tornare a parlare un po’ più seriamente, ma non troppo.
Mi sembrava tutto così magnifico... Il tempo scorse velocemente, come accade sempre nei momenti più belli. Ce ne accorgemmo solo quando intravidi fuori dal finestrino la via adiacente alla mia e lo feci notare stupita a Billie. Infatti, pochissimo dopo il tassista mi annunciò di essere arrivata. Pagai la mia parte del conto (nonostante Billie mi avesse offerto di pagare lui anche per me, ma non accettai: dopo tutto ciò che aveva fatto per me in quella serata e tutto quello che mi aveva fatto vivere, non avrei mai potuto). Ringraziai Billie Joe per l’ennesima volta e feci per scendere, quando mi ricordai del pennarello bianco che avevo in tasca e gli chiesi un autografo. Dato che il bianco sul bianco della chitarra era pressoché invisibile, decise di firmare sulla custodia, con una dedica: “To Ema, a great young guitar player and a very nice person. I’m very pleasured to have met you. Keep on rockin’. Billie Joe Armstrong”. Non mi sarei mai aspettata una dedica del genere e, per l’ennesima volta in quella serata, rimasi senza parole. Per l’ennesima volta in quelle due ore scarse, lo ringraziai ancora come riuscii, poi scesi e il taxi ripartì. Rimasi ferma sul marciapiede a fissarlo finché questo sparì alla mia vista dietro una curva, poi entrai.
Aprii il portone e salii le scale, quindi aprii la porta di casa ed entrai. Felice, con ancora parte dell’emozione nel sangue, mi diressi in camera mia e appoggiai delicatamente la chitarra accanto al letto, sul quale mi sdraiai. “Questa serata è stata una tra le migliori in assoluto della mia vita, se non la migliore, dopo il concerto dei Green Day di settimana scorsa… La mia performance è andata alla grande… E ho persino incontrato Billie Joe, ancora non ci credo… E lui è stato anche così… così… meravigliosamente indescrivibile…” pensai, chiudendo gli occhi. Pochi secondi dopo mi addormentai, col sorriso sulle labbra.

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Capitolo 6
*** Non è stato solo un sogno… ***


Hello everybody!!
Finalmente sembra che sia guarita… Per lo meno, la febbre se n’è definitivamente andata, mi resta solo un po’ di tosse, e la voce sta finalmente ritornando (anche se oggi ho una voce che fa davvero schifo, roca e che per di più va e viene, ma per il concerto del 10 penso di essere di nuovo in forma XD)!
Ma basta divagare… Ecco qui il nuovo capitolo… Premetto subito che si tratta di un capitolo di transizione, quindi non aspettatevi colpi di scena e cose analoghe…

Grazie di cuore a tutti coloro che leggono e recensiscono questa mia prima fic ^_^
In particolare:

Helena89 : Wow, tu mi fai commuovere così *ç*
“ Dolce e comprensivo al punto giusto, giusto nell'imbarazzo di quando a lei viene da piangere.. Sembra reale, dico sul serio.. Non è per niente il Billie di quasi tutte le fanfiction che scrivono, dove è mieloso come non so cosa.. E' un Billie normale.. :) ”
<-- wow, mi fa davvero piacere leggere ciò, perché vuol dire che allora sono riuscita nel mio intento (e spero di continuare a riuscirci XD)…
Per l’invidia, probabilmente lo capisco dato che anch’io invidio moltissimo questo mio alter-ego personificato nella protagonista della mia fic XD
Per il fatto che rincontrerà Billie, speri bene, sì se lo merita… Ho nella testa qualche ideuzzola ma è ancora aggrovigliata e preferisco non anticipare… muahahah lo so sarò cattiva ma non anticipo, se no poi chi legge più se sapete già tutto? XD

K_BillieJoe : No, non è finita così, anche se volendo questo o lo scorso capitolo potrebbero anche essere conclusivi, non finirà così presto… Vi romperò ancora per un po’ contente? XD

Crazy_Me : Grazie mille anche a te dei complimenti *ç* !! Mi fa piacere che ti piaccia il mio stile, e ti dirò molto onestamente che quelle fic dove si incontrano e dopo 2 secondi son già magicamente innamorati, ecco…non mi piacciono, detto in parole povere XD.
Da quel che ho capito piacciono anche a te le band che ho citato, che bello, complimenti anche a te allora! *_*
Per la chitarra, ricordati che la TUA chitarra sarà sempre la TUA chitarra, qualunque essa sia, non deve per forza essere una Custom da 10mila euro… Il legame che stringi con lei è insostituibile (almeno, per quel che mi riguarda)… E trattala sempre bene la tua compagna a 6 corde, ché ti starà vicina anche quando sembra che il mondo faccia più schifo di quanto non sia e che tutti ti abbiano voltato le spalle, ma Lei no… (questo lo dico per esperienza personale ^-^). Se è pazzia, beh allora le pazze siamo 2 XD!!

Fujiko Chan : Sì, come ho scritto continuerò, non vi siete liberate di me muahahaha XD… Grazie mille anche a te di tutti i complimenti che mi fai, troppo buona, me commossa *ç* …
E per rispondere alla tua domanda, l’unica anticipazione che do è che sì, ci saranno anche Mike e Tré *_* penso faranno la loro comparsa tra qualche capitolo, ma non prendere ancora niente per certo al 100% ^-^

E grazie anche alla mia Gibson “Baby Billie Joe” , che mi ispira e mi regala momenti ed emozioni uniche, e che ha una parte anche in questa fic! *_*
E ovviamente ai Green Day che indirettamente mi danno anche loro l’ispirazione per questa fic con la loro musica, che mi accompagna in ogni momento della mia vita, che sia esso di gioia o di profonda tristezza. Se mi dovessero dare anche solo un singolo centesimo per ogni volta che ascolto un brano dei Green Day sarei multimiliardaria! XDD. E se penso che tra soli 4 giorni li vedrò live… Ancora non ci credo quasi: è troppo bello per essere vero, ed E’ vero… It’s a lifetime I’ve been waiting for this moment to come… And finally it comes!! *__* Ok, scusate lo sfogo, ma sono troppo felice! Madonna, se sono così emozionata già ora, non mi immagino al concerto XD

Beh, vi lascio al capitolo… Continuate a leggere e recensire!! ^^




CAPITOLO 6 Non è stato solo un sogno…


Misi la testa sotto il cuscino e mi girai dall’altra parte. Niente da fare, ormai la sveglia mi aveva svegliato. Sbuffai: non avevo nessuna voglia di alzarmi per andare a scuola, soprattutto dopo il bellissimo sogno che stavo facendo… Contrariata, mi alzai lo stesso dal letto. I miei occhi si posarono su qualcosa: la custodia della mia “Baby Billie Joe” appoggiata di fianco al letto. Con sopra l’autografo e la dedica di Billie Joe Armstrong. Allora non era stato solo un magnifico sogno, avevo davvero incontrato Billie Joe la sera prima. E davanti ne avevo la prova. Inconsapevolmente, un sorriso si disegnò sulla mia faccia.
Feci colazione, mi lavai e mi vestii abbastanza in fretta con le prime cose che trovai: un paio di jeans, la maglietta dei Green Day, una felpa aperta nera e il solito giubbotto. Salutai un’ultima volta la mia chitarra, poi presi lo zaino e uscii di casa. Come tutte le mattine, scesi le scale, mi misi le cuffie, premetti il tasto “play” del lettore MP3 e uscii in strada. “Another turning point, a fork stuck in the road… Time grabs you by the wrist, direct you where to go… So make the best of this test and don’t ask why… It’s not a question but a lesson learned in time” la voce e la chitarra di Billie in Good Riddance (Time Of Your Life) invasero dolcemente la mia mente. Canticchiando raggiunsi la fermata dell’autobus. Ero ancora di buon umore: speravo solo che non mi passasse troppo in fretta una volta arrivata a scuola. “It’s something unpredictable, but in the end it’s right… I hope you had the time of your life!”. Arrivò l’autobus e salii: non avevo neanche dovuto corrergli dietro come spesso accadeva. Una signora mi guardò in modo strano, probabilmente per la mia allegria e per il fatto che stavo cantando… Ma non me ne poteva importare di meno. E poi non era neanche la prima volta, pensai ridacchiando.
Giunta alla fermata giusta, scesi dal mezzo e, sulle note di Longview, mi incamminai percorrendo quei 250 metri che mi separavano dalla scuola.
– “I got… no motivation! Where is… my motivation? No time… for the motivation! Smokin’… my inspi…ratioooon!!” Hey, ciao Ary! – esclamai, interrompendo momentaneamente di cantare, in direzione della mia amica, che si avvicinò.
– Ciao Ema! Tutto bene? Ti vedo più allegra oggi, che è successo? Tutto bene il concerto che hai fatto ieri sera? –
– Sì, è andato a meraviglia, non avrei potuto aspettarmi di meglio… –
Suonò la campanella, lasciando la mia frase in sospeso. Entrammo e iniziammo a salire le scale: ci aspettavano i soliti faticosi quattro piani.
– E poi… – ripresi a metà della prima rampa, valutando se raccontarle subito del mio incontro post-concerto. La conoscevo da quando avevamo entrambe 3 anni. Eravamo in confidenza, ci raccontavamo quasi tutto, e sapevo che non era il tipo da sbandierare i fatti altrui ai quattro venti. Sì, negli anni eravamo cambiate, a volte avevamo preso strade un po’ diverse, ma nonostante tutto il nostro legame era ancora stretto. Una delle mie poche vere amicizie, coltivata negli anni e fortunatamente ancora mai disgregatasi. Vabbè, non era fan dei Green Day, conosceva solo qualche canzone che le avevo fatto sentire io, e tra l’altro le piaceva molto “Boulevard Of Broken Dreams”, ma conosceva ormai fin troppo bene la mia grande passione per questo gruppo. Sì, gliene avrei parlato.
– E poi? – chiese lei, all’inizio della seconda rampa di scale.
– E poi… Non ci crederai mai… Ma ho incontrato Billie Joe Armstrong – dissi, cercando di tenere un tono di voce non molto alto.
– Il Billie Joe Armstrong dei Green Day? Non mi stai prendendo in giro vero? –
– No – risposi sorridendo, e iniziai a raccontarle sommariamente tutto, appoggiate alla ringhiera del quarto piano che dava sulle rampe che avevamo appena finito faticosamente di salire.
Lei ascoltava con attenzione, mormorando ogni tanto qualche “wow” o chiedendo qualche dettaglio in più.
– Sono contenta per te, dev’essere stato stupendo – disse alla fine, mentre rientravamo in classe poiché stava arrivando la prof.
Ci sedemmo ai nostri posti. La prof fece velocemente l’appello e poi iniziò a parlare, ma non capii bene di cosa: la sentivo come se fosse sempre più lontana, come un rumore ovattato, mentre la mia mente tornava involontariamente alla sera prima… Provai a prendere distrattamente qualche appunto.
– Non ti preoccupare, li prendo io oggi e poi te li passo ok? – mi sussurrò Arianna dal banco accanto al mio.
La ringraziai sottovoce. Presi una matita e cominciai a scribacchiare il foglio con pezzi di canzoni dei Green Day, poi disegnai la mia “Baby Billie Joe”, uno dei temi preferiti dei miei disegni e schizzi in classe. Presi poi un altro foglio, dato che il primo era ormai pieno, e iniziai a schizzare qualcosa sovrappensiero, mentre la mia mente era arrivata al punto in cui avevo capito di stare parlando con Billie Joe Armstrong in persona.
– Wow… Che bello! – mi sussurrò ad un tratto Arianna, buttando un occhio sul mio disegno.
Tornai momentaneamente alla realtà e mi accorsi, in parte stupita e in parte no, di star abbozzando proprio Billie Joe. La ringraziai sorridendo e continuai il mio schizzo, rifinendo sempre più i particolari. Mi stupivo sempre più di quanto il ritratto stesse riuscendo bene: solitamente i ritratti non erano il mio forte, e non mi ci cimentavo spesso.
Ad un certo punto, sentii Arianna scuotermi leggermente.
– Ary cosa c’è? Cazzo non fare così che mi fai sbagliare! – le mormorai.
– Ehm Ema… Scusa ma… c’è la prof che ti guarda male e ti ha appena richiamato – mi sussurrò in risposta.
– Ehm… Scusi prof… – balbettai alzando lo sguardo
– Ar****o! – la prof esclamò il mio cognome facendomi sobbalzare – Si può sapere cosa diavolo hai per la testa? Stai attenta! La prossima volta che ti distrai ti metto 3! –
– Scusi prof… Starò attenta – risposi educatamente, trattenendo gli insulti che si addossavano nella mia testa.
Continuai quindi il mio disegno, prestando per un po’ attenzione alla lezione con un orecchio.

Cinque ore dopo, ero ancora davanti ad una fermata ad aspettare che passasse un autobus. Questa volta cantando “Jesus Of Suburbia”. “Everyone’s so full of shit! Born and raised by hypocrites! Hearts recicled but never saved, from the cradle to the grave…” cantai salendo, quando finalmente arrivò. E anche questa volta non me ne fregava niente delle occhiate della gente “perbene” o dei truzzi.
Arrivata a casa, buttai lo zaino in un angolo vicino alla porta (sarei tornata a prenderlo più tardi) e andai in cucina a mangiare qualcosa. Placata la gran fame, il mio primo pensiero andò alla mia “Baby Billie Joe”. Andai quindi in camera mia a prenderla e la portai in sala. Appoggiai la custodia per terra e rimasi qualche secondo a contemplare la dedica che spiccava sul nero della custodia, centrata tra il logo Gibson e il logo con l’omino fulminato di Warning simbolo dei Green Day. Poi la sfiorai delicatamente, come se fosse una delle cose più preziose del mondo, ancora un po’ incredula, come per confermare che fosse reale.
Dopodiché aprii delicatamente la custodia e mi misi la chitarra a tracolla. Presi poi il jack, lo srotolai e collegai la Gibson all’amplificatore. Aspettai quei pochi secondi necessari a far scaldare le valvole, e poi detti sfogo alla mia energia, alla mia felicità, alla mia rabbia, ad ogni mio sentimento, facendo scorrere le dita sulla tastiera. Suonai qualche cover di Green Day e Guns N’ Roses. Quindi, chiusi gli occhi per qualche secondo, per poi riaprirli con la decisione di trasformare tutti quei miei sentimenti anche in qualcosa di nuovo. Incominciai ad improvvisare degli accordi che diedero origine ad un riff che mi piacque abbastanza. Il ritmo cambiava ogni tanto, passando da parti più tranquille a parti più veloci e heavy. Inserii anche un solista non molto lungo o complicato, ma ugualmente espressivo. Ero soddisfatta del risultato e appuntai il TAB del brano appena inventato su un foglio per ricordarmelo. Suonai per quasi due ore, e smisi quando sentii il mio telefono squillare. Appoggiai delicatamente la chitarra sul divano e premetti il tasto di ricezione della chiamata.
– Pronto? –
– Hey ciao Ema! Sono Saul! – rispose una voce che conoscevo benissimo.
– Saul! Come sta il mio bassista preferito? – domandai ridendo.
– Bene, bene, non c’è male, a parte il fatto che sono a Roma e mi manchi un casino come sempre… Tu? Com’è andato il tuo concerto di ieri sera? – mi rispose il mio ex bassista nonché miglior amico e confidente, nonché anch’egli grandissimo fan dei Green Day che amava fin da quando glieli avevo fatti conoscere 4 anni e mezzo prima. Per un momento desiderai che fosse lì, che non abitasse a quasi 600 chilometri da me.
– Non sai quanto mi manchi tu… Comunque a parte questo tutto bene anch’io… Il concerto è andato benissimo, ho suonato circa un’ora e qualcosa, il pubblico ha apprezzato e cantava molte delle canzoni, mi ha dato una carica eccezionale… E poi… Beh ecco… So che non ci crederai ma… Nel pubblico c’era anche Billie Joe Armstrong –
– Billie Joe Armstrong? – mi urlò Saul nella cornetta, assordandomi un orecchio – Cazzo, Ema non scherzare! –
– Ti giuro, non sto scherzando! Anch’io all’inizio ci sono rimasta! Davvero non me lo sarei mai aspettata… –
– E… Cosa ci faceva lì Billie Joe? –
– E’ lunga da spiegare, comunque era qui qualche giorno con i Green Day prima di partire per l’Australia e passando da quelle parti incuriosito dalle chitarre e dalla musica è entrato… –
– Wow… Hai visto Billie Joe e lui ti ha anche sentito suonare… davvero, non sai quanto ti invidio! –
– Immagino – risi – E probabilmente mi invidierai ancora di più se ti dicessi che ci ho anche parlato per quasi due ore e ha voluto anche accompagnarmi a casa in taxi data l’ora… E mi ha anche autografato con dedica la custodia della “Baby Billie Joe”! –
– No… Cazzo, che fortuna! Non me l’aspettavo, di solito eri sfigata come me o anche di più… –
– Eh, mi sa che la mia sfiga s’è presa finalmente una vacanza! – risi, senza saper quanto avessi ragione.
– Beh, comunque, raccontami tutto!! –
Mi ci vollero tre quarti d’ora per raccontargli tutto nei minimi dettagli, soddisfacendo le sue mille domande, partendo dall’inizio del mio concerto fino a quando ero tornata a casa…
Quando gli raccontai di aver parlato a Billie Joe degli High Voltage e della reazione del frontman dei Green Day, sentii la voce del mio amico incrinarsi leggermente: sapevo che anche per lui era una ferita dolorosa, sapevo che si era commosso anche se non voleva farmelo capire. Sorrisi. Stemmo in silenzio per qualche secondo, poi Saul mi chiese di proseguire nel mio racconto. Mi faceva piacere rianalizzare il tutto nei particolari e raccontarglielo, condividendo con il mio miglior amico il ricordo di quei bellissimi momenti…

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Capitolo 7
*** Something important to say… ***


Hey, hello everybody!!
“I say heeeeeeeee!! Oooooh!” – “Heeeeeeeee!! Oooooh!!” *.* XD
Eccomi di nuovo, con un nuovo capitolo!
Devo dire che il concerto dei Green Day di martedì 10.11.09 (che di sicuro rimarrà sempre come uno dei giorni più belli della mia fottuta vita! XD *_* Dire che è stato stupendo è riduttivo…) mi ha dato anche qualche spunto anche per ciò che scriverò in seguito!
Beh, mi fermo subito perché se no so già che potrei andare avanti ore a parlare del concerto, pensiero fisso che in questi giorni continua a dominare la mia mente sempre ed ovunque (anche nelle verifiche che ho fatto in questi giorni, togliendomi la concentrazione XD)…

Ma passiamo ora all’angolo dei ringraziamenti!
Come sempre, grazie di cuore a tutti coloro che leggono e recensiscono questa mia prima fic ^_^
In particolare:

Crazy_Me : Mi fa piacere che il capitolo ti sia piaciuto… Devo ammettere che mi sono ispirata molto alla mia vita scolastica di tutti i giorni per scriverlo XD
Wow, non pensavo che qualcuno andasse sul mio canale di YouTube, grazie mille sia per esserci andata, sia per i complimenti che mi hai fatto come chitarrista!! *-*
Da quel che ho capito abbiamo gusti musicali abbastanza simili ^^…
E da quel che ho capito scrivi anche tu… Bello… Su chi?
E comunque non devi scusarti, fanno sempre piacere recensioni lunghe ^-^

Helena89 : Vedrai che Billie ci penserà e aiuterà la nostra cara chitarrista della fic a fare “carriera”, anche se s’è dimenticato di lasciarle il numero di telefono vedrai che la ritrova in qualche modo XD
“Te la vedi Ema o meglio, tu, visto che sei l'alter-ego, a suonare con i Green Day, magari al posto di Jason?? :) Che bello sarebbe?? *.* *.*” <-- Sì, me la vedo *-* E senza volerlo mi hai dato un tassello mancante all’ideuzzola che mi frullava da un po’ in testa… vedrai XD… Eeeeh, magari mi succedesse davvero quel che succede e succederà al mio alter-ego nella fic… *ç*
E dai, magari in un capitolo te li presenterò sì i Green Day… XD Sei sempre la mia prima lettrice, un favore te lo posso fare XD
Mi fa piacere che ti sia piaciuta anche la conversazione con Saul, inizialmente non avevo idea se fosse meglio lasciarla o no e nel caso come farla… Beh, dai commenti vedo che il risultato è venuto bene XD E grazie anche per i complimenti alla compilation musicale XD

Fujiko Chan : Vedo che anche te vuoi che Ema rincontri Billie… E va bene, eccovi accontentate!! XD
Sono contenta che ti piaccia il personaggi odi Saul, penso che ogni tanto farà capolino per tutta la fic…
Beh, l’attenzione a scuola non è facile da avere! XD Soprattutto perché mentre ti annoi ti vengono le idee migliori per delle storie o dei disegni, oppure ripensi a bellissimi momenti, come accade a me in questi giorni: come ho già scritto, spesso e volentieri penso ai Green Day e al concerto di martedì scorso, ultimamente ho anche meno capacità di concentrazione proprio per quello (
*_* ♥_♥ ) XD

K_BillieJoe : Sei andata anche tu ad uno dei tre concerti dei Green Day quindi…Mi pare di aver capito che tu sei andata a Bologna… Io ero a Milano in parterre il giorno prima, tra le prime due file a sinistra (un po’ laterale, ma ero lo stesso vicinissima!!). E’ stato stupendo vero? Spero che anche tu ti sia divertita ^-^
Tornando alla storia, ecco accontentata anche te, a grande richiesta la nostra cara chitarrista rincontra il nostro caro chitarrista XD

E ovviamente grazie anche alla mia Gibson “Baby Billie Joe” , e ai Green Day che mi hanno anche regalato una giornata bellissima e indimenticabile!! Mi è sembrato di toccare il Paradiso con un dito davvero… Grazie mille, non potrò mai ringraziarvi abbastanza… E adesso sto anche facendo mille sacrifici per convincere i miei (più o meno ce l’ho fatta) a farmi andare a vederli nell’ultima tappa a giugno nello stadio di Parigi! *_*

E grazie anche a chi aggiunge questa fic alle seguite o alle preferite, tra cui la new entry Mary17 ! Grazie mille, sono contenta che anche tu apprezzi questa mia fic, se vuoi lascia un commento!

Ok, vi lascio al capitolo… Continuate a leggere e recensire!! See you soon!! ^^




CAPITOLO 7 Something important to say…


Entrai in casa. Buttai per terra lo zaino di scuola e lanciai il giubbotto sull’attaccapanni. Era finita un’altra settimana. Cavolo, era solo il terzo mese di scuola e già non ne potevo più. Mi chiedevo seriamente come avrei fatto ad arrivare a giugno… Il brontolio del mio stomaco mi sottrasse da quei pensieri e andai in cucina a mangiare qualcosa.
Erano passati diciotto giorni dal concerto dei Green Day al Forum di Assago, poco fuori Milano, da quel giorno unico ed indimenticabile che sarebbe sempre rimasto impresso nella mia memoria come uno dei migliori in assoluto, in cui avevo vissuto grandi ed intense emozioni. “Musica Bella è la lingua di Dio”, l’aveva detto Billie Joe durante Boulevard Of Broken Dreams, dopo essersi inchinato e aver detto “I don't feel alone”: quelle parole mi erano rimaste impresse, come tutto il concerto del resto, dalla prima nota all’ultima, ogni singolo accordo, ogni singola battuta, ogni singola parola. Ma quella frase detta in Italiano, in quel momento particolare, era stata particolarmente speciale. Mi ricordavo di aver gridato in risposta qualcosa come “And so this is Paradise!”, ma tra le urla generali probabilmente la mia risposta s’era persa per strada, sì, sul viale dei sogni, ma questa volta non erano più sogni infranti, “I’m not alone”… I bellissimi ricordi del concerto riaffiorarono ancora una volta, come ormai accadeva spessissimo in quei dodici giorni. Cosa avrei dato per poter rivivere ancora quei momenti. A quel pensiero mi scese una lacrima, che asciugai rapidamente col dorso della mano. Poi, come se quelle emozioni non fossero abbastanza, inaspettatamente avevo rincontrato l’uomo che aveva detto quella frase, quella frase che mi era tornata ancora in mente e mi aveva fatto ricordare tutta quella serata in cui mi sembrava di essere in Paradiso, e stava facendo riemergere anche un altro bellissimo ed emozionante ricordo, di poco più recente del precedente, e che insieme a quest’ultimo negli ultimi giorni occupava la maggior parte della mia mente: erano passati dieci giorni da quando avevo suonato nel pub e avevo incontrato Billie Joe Armstrong, anche se a pensarci sembravano allo stesso tempo pochi secondi e parecchi mesi…
Immersa in questi pensieri, finii di mangiare. Decisi quindi di sentire un po’ di musica. Andai in sala e mi diressi verso lo scaffale dove tenevo i miei CD preferiti, indecisa su quale ascoltare. Alla fine, dopo varie indecisioni, scelsi Insomniac dei Green Day, uno dei miei album preferiti. Presi il disco e lo misi nello stereo, collegato alle mie casse da 120 Watt. Premetti il tasto “play” e misi il volume al livello 2 e mezzo, come al solito: partì subito la batteria di Armatage Shanks, accompagnata subito dopo da un urlo di Billie Joe e dall’inserimento di chitarra e basso. Come al solito, stando sotto le casse il pavimento vibrava leggermente. Solitamente questo era il massimo volume che tenevo quando c’erano in casa i miei genitori e i miei vicini, che già spesso si lamentavano per lo stereo e l’amplificatore della chitarra… Ma i miei genitori erano partiti quella mattina presto e sarebbero tornati solo l’indomani in tarda mattinata, e i vicini erano fuori fino alla sera… Indugiai un attimo, poi portai il livello del volume verso il 5: la musica si diffuse velocemente in tutta la casa e adesso il pavimento tremava sensibilmente.
– Yeah! – esclamai. Così sì che si sentiva la musica, pensai sorridendo. Dopodiché mi buttai sul divano, chiusi gli occhi e mi feci trasportare da quell’essenza vitale che usciva dalla musica e mi raggiungeva infiltrandosi piacevolmente nella mia mente e nei miei pensieri, in cui mi lasciai crogiolare per qualche minuto… Poi mi alzai, presi la mia Gibson Les Paul Junior Billie Joe Armstrong, la mia amata “Baby Billie Joe”, e la collegai all’amplificatore. Regolai quest’ultimo ad un volume simile a quello dello stereo e inserii il distorsore. Iniziai a suonare le canzoni che stavo ascoltando, camminando e saltellando per la stanza, e cantando (o meglio, urlando, dato il volume complessivo del tutto). L’avevo sempre detto: la musica è vita. Mi infondeva sempre quella vitalità, quell’energia e quell’entusiasmo che quasi nient’altro poteva darmi…
Dopo una ventina di minuti dallo stereo uscirono gli accordi distorti di Brain Stew, una delle mie canzoni preferite, nonostante amassi tutte quelle di quell’album. Con, se possibile, ancora un po’ più di entusiasmo di prima, iniziai a suonarla e a cantarla.
– My eyes feel like they’re gonna bleed…
Dried up and bulging out my skull…
My mouth is dry…
My face is numb…
Fucked up and spun out in my room…
On my own here we go!! – e qui iniziai a “pestare” con la chitarra giocando con le stoppate e la distorsione… Ad un certo punto, però, sentii un rumore in lontananza, come quello di un citofono. All’inizio non ci feci caso, me ne accorsi solo dopo un po’. Allora, abbassai il volume dello stereo e della chitarra e, staccato il jack ma con ancora questa a tracolla, andai vero la porta. “Strano” pensai “non aspetto nessuno: i miei sono via fino a domani, i miei amici… beh, il mio miglior amico è a Roma e mi avrebbe avvisato di sicuro se fosse venuto lì, quei pochi che ho qui sono via, a quanto ne so, e nessuno di quelli che ho conosciuto e che abitano in altre città doveva venire da queste parti, sempre a quanto ne so”. Nonostante ciò, raggiunsi la porta e risposi al citofono.
– Chi è? – chiesi.
– Ehm… Sorry, I can’t understand… Could you speak in English, please? – rispose una voce con un perfetto accento americano. Una voce che mi ricordava moltissimo quella in sottofondo che stava cantando Brain Stew… Anzi, Jaded, perché era appena finita la canzone precedente e la distorsione finale stava sfumando nel brano successivo. Per un attimo il mio cuore si fermò, per poi riprendere a battere a velocità doppia del normale…
– Ehm… Yes, s-sure… –
– Alright… Could you please tell me where does Ema live? I know her and I have to tell her something important, urgently… –
– I… I am Ema… Who…Who are you? – chiesi, balbettando per l’emozione. Possibile che fosse davvero lui?
– I’m Billie Joe Armstrong… Can I come up? –
“Oh, cazzo… È davvero lui…” pensai, stupita. Non ci potevo credere… Non riuscivo quasi a parlare…
– Y-Yeah, sure – balbettai in risposta, appena mi tornò la voce – La porta a sinistra al primo piano – aggiunsi, prima di aprirgli il cancello.
Poco dopo bussò alla porta e gli aprii. Ancora non ci credevo quasi… Perché era venuto? Come aveva fatto a sapere dove abitavo? Cosa doveva dirmi d’importante e urgentemente? Domande di questo tipo mi affollavano la mente, mentre sentivo l’emozione prendere nuovamente possesso di me.

– Hi! – disse entrando – Stavi suonando Brain Stew, vero? –
– Ehm... Sì… Come… Come fai a saperlo? – balbettai, sempre più stupita.
– Beh, diciamo che l’ho sentito giù dal cancello… E la chitarra che hai a tracolla suggerisce qualcosa… – rise, e la sua risata riuscì a contagiare anche me.
– E da quel che ho sentito la suoni molto bene – aggiunse poi. Io arrossii.
– G-Grazie… – balbettai. Era la seconda volta che mi diceva che suonavo bene, e da quel che sapevo non era il tipo da dire le cose senza un motivo o da fare il lecchino (per cosa poi?), quindi probabilmente era vero… Sapevo di non cavarmela affatto male, me l’avevano detto anche alcuni miei amici e conoscenti, ma sentirselo dire dal chitarrista di uno dei miei gruppi preferiti mi faceva un effetto strano, molto strano, ma certamente molto ma molto piacevole.
– Beh… Entra pure… Accomodati… Non è il massimo parlare davanti alla porta… – dissi, rendendomi conto che eravamo ancora nell’ingresso, divisa tra l’imbarazzo, l’agitazione, l’emozione e l’improvvisa contentezza di rivedere Billie Joe Armstrong.
– Good idea, thanks – rispose, seguendomi in sala. Appoggiai la chitarra sulla poltrona e ci sedemmo sul divano lì accanto.
– Can I ask you a thing? – gli chiesi.
– Yeah, sure –
– Come… Come hai fatto a sapere dove abitavo? –
– Ehm... You Know… The day that you played in that pub… You know… I took you home with a taxi… When I paid, on the bill there was written the two address: the second was my hotel’s one and the first was your home one… – spiegò.
– Ah… wow… –
– What? –
– Niente, solo non pensavo ti ricordassi di me, e meno ancora del conto del taxi con l’indirizzo… –
Stetti un attimo in silenzio, poi gli posi la domanda che mi rimbombava nella mente: – Al citofono hai detto che dovevi dirmi urgentemente qualcosa di importante… – lasciai la frase in sospeso, con una delicata flessione interrogativa della voce.
– Beh… Ecco… È una proposta un po’… come dire… strana… –
– Così mi incuriosisci sempre di più… E poi mi sta venendo una certa abitudine alle cose non troppo, come dire… non troppo normali… – risi, iniziando a sciogliermi.
– Beh, quand’è così… – rise anche lui – Comunque, tornando seri, è che… Beh, ecco… Stamattina Jason ha saputo che la sua famiglia aveva dei grossi problemi e, dopo avrecene parlato, ha preso subito un volo per gli States… – iniziò.
– Cosa… Cosa gli è successo? – chiesi, visibilmente preoccupata.
– Ecco, Jason ci ha chiesto di tenere la cosa privata… Però non è nulla di così grave – aggiunse subito, vedendo la mia faccia che si era fatta ancora più preoccupata.
– Meno male – dissi sospirando di sollievo – Spero che riesca a risolvere tutto… –
Cercai di non darlo troppo a vedere, ma ero davvero preoccupata par Jason, stimavo molto quel chitarrista e non avrei mai voluto che gli accadesse niente di male, come ad ogni membro dei Green Day del resto…
– Hey, don’t worry… – disse sorridendomi – I told you, it’s not so heavy, they could resolve anything… –
Annuii, sorridendogli anch’io, visibilmente sollevata da quel suo sorriso. Iniziavo seriamente a pensare che quel suo sorriso facesse miracoli, o per lo meno avesse su di me l’influsso di darmi, almeno per un attimo, una sensazione di felicità e spensieratezza…
Ma ancora non capivo esattamente dove volesse arrivare, perché ne parlasse proprio con me…
Billie fece una breve pausa, poi continuò: – Il problema è che adesso ci manca un secondo chitarrista per poter continuare la tournée… Da quando l’abbiamo saputo stamattina, abbiamo iniziato a prendere in considerazione le varie possibilità che avevamo… Potremmo abbandonare o rimandare la tournée, ma nessuno dei tre vorrebbe deludere tutti quei fan che da mesi e mesi aspettano il giorno di un concerto che vedrebbero sparire, magari dopo aver fatto di tutto per poter prendere un biglietto… – mentre diceva quelle ultime parole mi guardò. Quindi fece un’altra pausa, per poi riprendere: – Oppure c’è un’altra possibilità… Trovare qualcuno che sostituisca Jason e continuare il tour. Beh, ci siamo orientati sulla seconda opzione. A questo punto il problema era: come sostituire Jason? Ci serve un secondo chitarrista che conosca le nostre canzoni e voglia accompagnarci a suonarle per il resto del tour, in giro per il mondo… Potremmo cercare un bravo chitarrista, magari anche famoso, e fargli imparare in qualche giorno i nostri pezzi, ma probabilmente non ci metterebbe lo spirito giusto o lo farebbe solo per i soldi… E poi trovare e convincere un chitarrista famoso a seguirci in tour e, sempre che non sia già impegnato, imparare i nostri pezzi in pochissimi giorni, non è poi così facile… E non potremmo pretendere che ci metta anche l’anima nel suonare dei pezzi non suoi imparati in quattro e quattr’otto… – si fermò ancora un volta. Ancora non capivo l’esatto motivo per cui mi stesse raccontando tutti quei problemi, anche se un’idea si stava facendo strada nella mia mente provocandomi un fremito d’emozione… Decisi di non fare domande e di farlo continuare.
– Quando a un certo punto non sapevamo più cosa fare… Ho messo una mano in tasca… –
Lo guardai ancora una volta, senza capire cosa c’entrasse quell’ultima frase. Probabilmente lo capì e si affrettò a spiegarsi meglio.
– E in tasca dei pantaloni ho trovato il conto del taxi… – continuò, tirando fuori da una tasca un foglietto e mostrandomelo. – Così, mi è venuto in mente di quella sera, quando ero arrivato qui a Milano ed ero arrivato quasi per sbaglio in quel locale e, incuriosito dalla scritta fuori che diceva che si sarebbero esibiti dei chitarristi con brani loro e cover, e decisi di entrare. Mi sono ricordato che lì avevo notato il modo in cui suonavi e l’anima che ci mettevi nel suonare… e anche di come suonavi alcuni nostri brani… – continuò guardandomi.
Arrossii, ancora. Iniziavo a capire dove voleva arrivare. L’idea si insinuò ancora di più nella mia mente, e il fremito aumentò. Ma no, stavo solo fantasticando come al solito… Eppure al citofono non era una fantasia la voce di Billie Joe, che adesso era lì accanto a me… Quindi forse non era neanche una fantasia quella che stavo pensando… Ma no, sarebbe stato troppo bello per essere vero… Tra questi pensieri, continuai a guardare e ad ascoltare Billie.

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Capitolo 8
*** Ok… Quando dobbiamo partire? ***


Hey, Ho! Let’s go! Hello my dear readers!!
Ok, probabilmente non ve ne potrà importare di meno, ma oggi è il 18 Novembre, il giorno in cui tempo fa decisi essere il giorno in cui sarebbe iniziata la narrazione della mia fic XD
E quindi, per celebrare questa data, cosa che a voi lettrici magari importerà di più, ho deciso di scrivere e pubblicare il nuovo capitolo!

Angolo dei ringraziamenti:
Non mi stancherò mai di ripeterlo, grazie mille a tutti voi che leggete e recensite questa mia prima fic ^_^ Vi voglio bene! *_*
In particolare:

Helena89 : Sì, Billie ha davvero detto “I don’t feel alone”… *_* Dopo averci fatto cantare il ritornello di Boulevard of Broken Dreams *.* s’è inginocchiato e l’ha detto… *ç* Non ti dico come abbiamo gridato noi del pubblico… Mi dispiace che tu non sia potuta venire, ma i biglietti li hai presi e non ti sono arrivati? Chi è che ti ha truffato? *Ema prende la mazza da baseball*
La prossima volta devi venire anche tu, ci andremo tutti insieme *ç*
Comunque, tornando alla fic, ovviamente Ema accetta la proposta, onorata di suonare coi Green Day, che Billie Joe sia venuto proprio lì, anche se ancora incredula, non se lo fa ripetere due volte! XD Con la scuola e la famiglia si scontrerà poi, all’inizio è così emozionata che neanche ci pensa! XD
Sì, mi sono accorta che Billie ride un po’ tanto, mi fa piacere che ti piaccia XD, sai, non è una cosa stupida, anche a me piace molto la sua risata *.*
E se mai davvero un giorno capitasse che suonassi davvero con loro, con i Green Day, e/o facessi amicizia con loro, come prima e fedele lettrice te li presenterei… Come anche alle altre che seguono e commentano puntualmente questa fic nata dalla mia mente pazzoide XD

K_BillieJoe : Eh, sì, a quanto pare la dea bendata sì è finalmente accorta che la nostra protagonista esiste, dopo averla ignorata completamente fino ad allora, oppure la sua cara sfiga ha deciso di farsi una temporanea vacanza alle Hawaii o vattelappesca dove… (Cosa che purtroppo nella mia vita reale non accade praticamente quasi mai…) XD
However, mi fa piacere che la fic ti piaccia e che riesca a immaginarti le emozioni della nostra cara chitarrista XD Spero che continuerai a seguirla ^^

Crazy_Me : Grazie mille dei complimenti, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto ^-^
Magari quando riesco do una lettura a quel che scrivi ^^ Mi piacciono molto i Guns N’ Roses, quelli prima dello scioglimento *_* E coi Queen ci sono cresciuta *-*… I Cinema Bizarre invece non li conosco… (Oh, te e la tua amica avete proprio gusti musicali “uguali” eh… XD… Come me e una delle mie migliori amiche)

Fujiko Chan : Carissima! Ahahaha mi fanno ridere le tue recensioni, davvero carino e simpatico il modo in cui le scrivi XD
Mi fa piacere essere riuscita a coinvolgerti così tanto ^-^
Sì tranquilla continuerò… XD E anche Billie XD, nonostante per ora non abbia una precisa idea di come continuare: come penso anche molte di voi, scrivo così, di getto, quando mi viene l’ispirazione, nei momenti più disparati, non ho una visione generale, non ho la più pallida idea, per ora, di come orientare i prossimi capitoli, vedrò poi… XD Keep on reading darling and keep on writing too (mi fai troppo ridere con le tue recensioni e la tua fic XD),

E ovviamente come sempre grazie anche alla mia Gibson “Baby Billie Joe” che mi è sempre vicina in ogni situazione, e ai Green Day che mi hanno anche regalato una giornata bellissima e indimenticabile, il 10 novembre, che continua ancora a tenere il possesso della mia mente XD! E che con la loro musica sono praticamente una delle maggiori colonne sonore attive della mia vita, che mi accompagnano in quasi ogni momento, e che mi fanno sognare e mi danno l’ispirazione anche per questa fic *_* XD

E grazie anche a chi aggiunge questa fic alle seguite o alle preferite, che vedo aumentare! Benvenuta anche alla mia nuova lettrice micky_malfoy87 !
O voi, lettori silenziosi, per favore ogni tanto lasciate un segno della vostra venuta, lasciate una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate, e per farmi contenta XD

Ok, vi lascio (finalmente direte voi XD) al capitolo… Continuate a leggere e recensire!! See you soon!! ^^




CAPITOLO 8 Ok… Quando dobbiamo partire?


– Beh… E quindi, mi è venuta un’idea… Forse un po’ azzardata, lo ammetto… – Billie Joe fece un’altra pausa, poi continuò, tutto d’un fiato, guardandomi negli occhi – L’idea sarebbe che fossi tu a sostituire Jason –.
L’aveva detto. No, non era possibile, era un sogno. Sì, certamente stavo sognando, tempo 10 secondi e sarebbe suonata la sveglia… “1,2,3,4,5,6,7… Tra poco suonerà… 8,9,10… Sarà in ritardo… 11,12,13,14,15… Non suona più? O forse la bastarda vuole aspettare illudendomi fino all’ultimo e svegliandomi proprio sul più bello?”. I secondi passavano, mentre nella mia mente continuava a regnare un gran caos emotivo…
Eppure sembrava tutto così reale…
Fissai Billie a bocca aperta ancora per qualche secondo.
Il mio battito cardiaco aumentò ulteriormente. Volevo ridere, ma nel contempo volevo anche piangere. Volevo abbracciare Billie, ma nello stesso tempo avevo quasi paura a muovermi, come se tutto ciò che mi circondasse fosse un delicatissimo e sottilissimo cristallo che avrei potuto infrangere anche con un piccolo, minuscolo gesto… Ero confusa, non sapevo bene neanch’io cosa fare, a quale dei tanti pensieri che affollavano la mia mente dar retta…
Era davvero vero che il chitarrista e cantante di uno dei miei gruppi preferiti e più importanti nella mia vita mi aveva chiesto di suonare con loro? Davvero, con tutti i bravissimi chitarristi che c’erano al mondo, Billie Joe aveva scelto proprio me? Avrei davvero avuto l’onore di poter suonare con i Green Day , e per di più non per un brano, non per un concerto, ma addirittura per un’intera parte del tour? Davvero uno dei miei più grandi sogni si sarebbe realizzato? Non si trattava dell’ennesimo scherzo giocatomi dalla mia mente? Dell’ennesimo sogno che la sveglia avrebbe mandato in frantumi, dopo avermi illuso ancora una volta? O questa volta era davvero tutto reale? Era davvero possibile che fosse reale come sembrava? Certo, anche i sogni sembravano reali nel momento in cui li vivevo, ma questo aveva un che di diverso. Ancora una volta, non riuscivo a spiegarmi esattamente che cosa, ma avvertivo qualcosa di differente… Forse quel qualcosa che differenzia i sogni dalla realtà?
Volevo parlare, rispondere, ma non riuscivo a trovare la voce. Rimasi così, immobile, a fissarlo stupita.
– Hey, tutto ok? – mi domandò ad un certo punto.
Mi chiesi che faccia dovessi avere in quel momento per fargli sorgere una domanda così.
Finalmente ritrovai la voce, o almeno una parte di essa.
– Y-Yes… M-Ma dici davvero o stai… o stai scherzando? –
– Ho la faccia di uno che sta scherzando? –
Lo guardai: no, non aveva la faccia di uno che stava scherzando.
– Ok Ema… – mi dissi da sola – Ok, è un sogno… Un bellissimo sogno… Forse uno dei più fottutamente belli che hai mai fatto… Bene, allora questa volta cerca di non svegliarti… –
Billie scoppiò a ridere.
– Lo prendo per un sì? –
C’era da chiederlo? Era stato uno dei miei più grandi sogni da anni…
– Non è un sogno anche ‘sta volta vero? – chiesi, con un filo di voce.
– No, te l’ho già detto. – fece una pausa – Abbiamo REALMENTE bisogno di un secondo chitarrista per continuare il tour… E sono REALMENTE qui a chiederti se vuoi fare tu quel chitarrista – continuò, guardandomi fisso negli occhi.
Rimasi ancora senza parole. Per qualche secondo temetti di svenire, ma anche questa volta fortunatamente riuscii ad evitarlo, se pur per poco, molto poco probabilmente.
– Ok… Quando… Quando dobbiamo partire? – dissi poi, appena mi tornò nuovamente la voce.
Billie abbassò lo sguardo e guardò l’orologio.
– Ehm… You know… Dovremmo essere all’aeroporto tra… ehm…due ore… Scusami ma te l’ho detto… Jason l’ha saputo stamattina, noi abbiamo pensato ad una soluzione per circa tre o quattro ore… You know… Poi ci ho messo mezz’ora quasi a venire qui… – cercò di scusarsi.
– Ah… Be, non fa niente… No probs, non devi scusarti, figurati… Anzi… – feci una pausa – Quanto ci vuole più o meno da qui all’aeroporto? –
– Circa un’ora con un traffico medio… –
– Ok, allora abbiamo un’ora… Basterà, deve bastare… –
Questa volta fu Billie a rimanere sorpreso.
– Cosa c’è? –
– No, niente… Soltanto non mi aspettavo che così su due piedi mandassi tutto a fanculo e accettassi immediatamente di partire con noi tra appena due ore… –
– You know, sometimes I’m told I’m a bit crazy… – risi.
– Mi sa che a volte hanno ragione… Ma un po’ di pazzia non fa male, in particolare alcune volte… Rende la vita più divertente, più originale… – rispose ridendo, ancora una volta.
Mi piaceva quando rideva; mi piaceva il suo modo di ridere, semplice, sincero, senza ipocrisia, come la risata di un bambino. In fondo Billie non era altro che un ragazzino cresciuto. Certo, con gli anni aveva accumulato esperienza, ma dentro c’era ancora lo spirito di un bambino, creativo, divertito e allo stesso tempo divertente. Un ragazzino curioso, a cui piace ancora guardare il mondo con allegria, divertendosi e meravigliandosi anche per delle cose che a molti sembrerebbero insignificanti, ma che per lui possono assumere un valore enorme, ma nello stesso tempo ha imparato ad affrontare il dolore, a non farsi accecare dalle menzogne che bombardano il mondo in cui vive; un giovane vivace, sveglio, tenace, che non ha paura di dire le cose in faccia, di mandare a fanculo, che vuole essere semplicemente se stesso distinguendosi da una massa di pecoroni, che ha la voglia e la forza di non arrendersi… certo, a volte un po’ pazzo, ma comunque sempre meraviglioso...
– Wait! – disse poi, tornando serio e riportandomi alla realtà.
Guardò il mio zaino di scuola che avevo buttato non molto distante da lì, nell’ingresso.
– Con la scuola come fai? –
– Beh… Qualcuno di nome Billie Joe una volta lasciò la scuola per suonare, per fare il suo primo tour… E sempre quel certo Billie Joe una volta disse: school is practice for the future, and practice makes perfect. But nobody’s perfect… –
– …So, why practice? – completò, contenendo l’ennesima risata.
“Ma sì, tanto quando torno la scuola c’è ancora… I sogni invece non si realizzano spesso, anzi diciamo pure quasi mai… E se si realizzano… carpe diem, cazzo! Se non li prendi subito, se ne vanno e probabilmente non si faranno mai più vedere, non è che tornano quando vuoi tu…” pensai.
– Beh, io vado in camera a prendere la mia roba – dissi, dirigendomi verso camera mia, mentre Billie mi seguiva.
– Bella camera! – disse entrando, guardando con approvazione i muri tappezzati di manifesti, poster, articoli e varie altre cose, e gli scaffali dove avevo diversi album musicali sia in CD che in vinile, divisi per genere e per gruppo.
Poi, mentre Billie si guardava ancora intorno curioso, presi una sedia, la misi sotto un armadio e ci salii per prendere la mia valigia.
– Ehm… Puoi spostarti un po’ più a sinistra, per favore? – chiesi a Billie e, non appena si fu spostato, buttai la valigia per terra, come facevo di solito, cercando di fare il meno casino possibile.
– Se me lo dicevi la prendevo io – commentò Billie, con una nota di finto rimprovero nella voce.
– Ehm… È l’abitudine… – risposi, scendendo dalla sedia.
– Quanto manca? – gli chiesi poi.
– Tre quarti d’ora circa – rispose lui, controllando l’orologio – Ce la fai o dico a Mike e Tré di farci rimandare il volo? –
– No, no, ce la faccio! Figurati se dovete rimandare il volo… –
Aprii la valigia.
– Ehm… Non mi pare di avertelo chiesto prima… Quanto starò via con voi in tour? –
– Beh… Qualche mese, finché non finisce… A Dicembre faremo l’Australia, poi il Giappone eccetera… –
– Ok… Wow… E se Jason risolvesse i suoi problemi prima della fine della tournée, che ne so, mentre siamo in Australia, io dovrei tornare in Italia, vero? –
– Beh… Ecco… Non ci avevo pensato… Uhm… Comunque come vuoi… You know… Se Jason risolvesse in poco tempo, cosa che però non penso, dovresti decidere tu se tornare subito in Italia o aspettare la fine delle date Australiane o quando diavolo vuoi tu… Sai, non riesco ad avere la faccia tosta di rimandarti indietro subito in aereo, dopo che tu hai mandato subito tutto a fanculo per seguirci… –
Non sapevo che dire, non mi aspettavo un discorso del genere probabilmente…
– Wow… Grazie… – riuscii a dire, commossa.
Nel frattempo iniziai a buttare in valigia delle magliette e dei pantaloni che usavo spesso e mi piacevano particolarmente.
– E poi sono io quello disordinato! – rise Billie.
– Con l’ordine non vado molto d’accordo neanch’io… A parte per quanto riguarda la musica e gli strumenti, dove cerco di andarci più d’accordo… Ma se poi non c’è neanche molto tempo, allora ci vado d’accordo ancora meno del solito… – risi anch’io, buttando dentro i vestiti.
Avevo perso il conto di tute le volte in cui Billie mi aveva fatto ridere, mi aveva sorpreso o fatto andar via la voce in quella mezz’ora scarsa. Sapevo solo di essere fottutamente felice. Ed era semplicemente fantastico.
– Hey, guarda che in Australia sarà estate… – mi fece notare ad un certo punto Billie, ridestandomi dai miei pensieri.
Effettivamente avevo messo in valigia solo cose abbastanza pesanti. Arrossii leggermente, imbarazzata. Cazzo, perché le figure di merda mi trovavano sempre, e per di più quando non avrebbero dovuto?
– You’re right –
Ridendo, iniziai a buttare in valigia anche t-shirt e indumenti più leggere. Meno di mezz’ora dopo chiusi la valigia. Non avevo messo dentro molta roba, ma mi sarebbe bastata.
– Wow, non pensavo ci mettessi così poco… – disse Billie – Siamo perfino in anticipo… – controllò velocemente l’orologio – di un quarto d’ora circa. –

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Capitolo 9
*** Let’s go ***


Rieccomi!!
Scusate se non ho aggiornato prima, ma, oltre al fatto che per 3 o 4 giorni ho temuto di aver perso per sempre l’ispirazione, questa settimana sono stata presa da vari impegni scolastici e non…

Indovinate cosa c’è ora?
Sì, lo so, ormai sono prevedibile… XD
Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie (XD):
Come sempre, grazie mille a tutti voi che leggete e recensite questa mia prima fic ^_^ Non sapete quanto mi faccia piacere!! Thank you, thank you a lot! *_*
Especially I wanna thank:

Crazy_Me : Grazie mille!! *-* Mi fa piacere che lo scorso capitolo ti sia piaciuto… E che tu gli abbia assegnato il premio per “miglior capitolo della fic fino ad ora” XD (ok, oggi sono più pazza del solito e quindi sparo anche più cazzate del solito XD)
Brevissimo OT: an, comunque lo so che non sono obbligata a leggere ciò che scrivi ^-^ … Comunque, per curiosità e piacere mio, ho letto la tua fic sui Guns N’ Roses… Complimenti anche a te! Hai espresso bene il momento di definitiva rottura e i sentimenti di Slash e Axl… Devo confessare che varie volte ho desiderato poter vedere un concerto dei Guns, i
veri Guns intendo, ma purtroppo sono nata troppo tardi =(

ZofouArtemis : Thank you girl! Che bello, una nuova lettrice!! *ç*
Guarda, onestamente anch’io spesso ho paura di rendere il testo troppo pesante, o, al contrario, di lasciarlo troppo leggero, quindi puoi immaginare quanto mi facciano piacere i tuoi complimenti… Sei troppo buona XD
E mi fa piacere che ti piaccia il personaggio di Ema… Sì, quella pazza e giovane ribelle che attinge vita dalla musica, in alcuni aspetti può rispecchiare tutte noi… Per quanto riguarda la fortuna, beata lei sì! È l’unica cosa del personaggio che non prende spunto da me: inizialmente abbastanza “sfortunata” come la sottoscritta (se non per alcuni aspetti, che non sono molti ma per me sono importanti *ç*), ha finalmente una botta di enorme fortuna, che purtroppo non ha in comune con la sottoscritta… XD
Per quanto riguarda i consigli, sono ben accetti!!! Sto cercando di seguire il tuo, provando a descrivere maggiormente le reazioni di Billie Joe attraverso i suoi gesti e le sue espressioni… Spero di riuscirci e/o di migliorare in futuro ^-^

K_BillieJoe : Grazie anche a te, dearly beloved (ma quanto amo Jesus Of Suburbia? *.* XD)! Eh, sì, chi non vorrebbe ricevere una proposta come quella che Ema ha ricevuto da Billie Joe??! XD

Helena89 : Maledetta biglietteria del caffien! Non sai quanto odio quando fanno così, continuano a rimandare e poi rimani fregata perché non arriva più niente!! >.<
Tornando alla fic, come ho già detto (cioè, scritto XD), chi non vorrebbe l’immensa botta di fortuna della protagonista e avere l’onore di suonare coi Green Day? *ç*
Per quanto riguarda la valigia… Beh, non sono molto ordinata, si sarà capito… E da quel che so (e che ho visto da alcune foto XDD) non lo è molto neanche Billie… Davvero, se nessuno ci dicesse mai di fare un po’ d’ordine, alla fine non so chi vincerebbe la “gara di disordine” tra me e BJ… (e vantati pure -.-“ XD). Che poi è anche scientificamente provato che l’Universo tende al disordine, quindi… XD
However, mi fa piacere ti sia piaciuto il punto in cui Billie scherza dicendo che pensava di essere lui quello disordinato!
Per come farà Ema a “dire” ai suoi che se ne va in tour coi GD, beh avrai una risposta in questo capitolo… Per come lo dirà agli amici, ti tocca pazientare fino ai prossimi per saperlo XD
“Magari tra qualche anno al suo posto ci sarai tu.. :)” <-- riprendendo come risposta la tua prima parola: magariiiiiii *ç* XD Ma sarebbe troppo bello per essere vero… u.u XD

SilentMoon : Grazie mille darling *-*
Sono contenta che tu segua la mia fic, davvero ^-^
Ho provato a seguire anche il tuo consiglio di aumentare la quantità di “You know”… Li amo quegli “You know” detti con la
sua pronuncia *-* Mentre ho scoperto che la mia prof di Inglese non li ama per niente invece XD Mi ha tirato un’occhiataccia quando nell’interrogazione, quasi senza rendermene conto, ne ho messi uno o due… o.O Nooo Billie ha contagiato anche me con la “YouKnowITE”!! XDD
Ahahahah… XD ..Il concerto dei Green Day in parterre: 41 euro e 42 cent, con Mastercard; cadere all’indietro mentre Billie ti tende la mano: non ha prezzo! XD E neanche venire essere indicata da Billie che dice verso di te “You, yeah, you… Come on” (o qualcosa del genere) per farti salire sul palco, ma nel momento in cui il tipo della Security arriva per tirarti su qualcuno (qualcuna in questo caso) improvvisamente ti sotterra togliendoti l’aria e il tizio manco ti vede e tira su quest’altra… -.-“ >.< XD (Adesso rido, ma al momento non so che le avrei fatto… E a pensarci bene non so cosa le farei neanche
adesso, se la vedessi… muahaha)… Beh, vedrai che la prossima volta ce la faremo e saliremo tutte e due *ç* XD

Fujiko Chan : Carissima!! *ç*
Ok, per questa volta ti perdono il ritardo, ma non farla diventare un’abitudine eh.. XDD
Uhm… Da oggi allora devo chiamare “Ema” anche te?? Che bello allora ho trovato un’omonima! XD
Dai dai però correte non vorrete prendere l'aereo soli soletti xD (in realtà io sì ndEma) <-- XD (le tue recensioni son sempre divertenti XD)
Ema: Beh non sarebbe una cattiva idea…
Io (in qualità di scrittrice): C’avrei scommesso che l’avresti detto u.u
Ema: Beh, allora ci fai arrivare in ritardo, vero? *occhio dolci*
Io: Non ho mai detto ciò…
Ema: Cattiva *mette il finto muso*…
Io: Cattiva? Dopo il colpo di fortuna che ti ho fatto avere? Dovresti ringraziarmi, ingrata u.u
Ema: Sì, grazie ^-^… Però magari potresti mettere del traffico per strada come l’altra volta…
Io: XD Già il viaggio in taxi è abbastanza lunghetto… Accontentati u.u XD
Ema: Ok… Però quando arriviamo non ci saranno dei rompicoglioni in aereo vero?
Io: Uhm… Potrei essere cattiva e metterti la Beat…
Ema: Nononono la Beatrice no… Se non vuoi un omicidio a bordo dell’aereo lascia stare
Io: Ok, per ora te la lascio lontana se no davvero mi sa che qualcuno finisce all’ospedale…
Ema: Lei u.u
Io: Ok, lei… Comunque va bene, te lo concedo: nessun rompiballe… anzi, nessun
rompiballe troppo rilevante (è diverso u.u muahahah) sull’aereo, quando scriverò dell’aereo… Sarai sola con quei 3 pazzi dei Green Day, contenta?
Ema: Sììì *ç* Thank you, thank you!! *_*
Io: Figurati ^^” XD
o.O mi sono un po’ dilungata nel cazzeggio eh… E ho pure spoilerato un pochino… Basta devo smetterla u.u XD… Scusatemi, eheheh *risata imbarazzata*

E ovviamente come sempre grazie anche alla mia Gibson “Baby Billie Joe” che mi è sempre vicina in ogni situazione, e ai Green Day che mi hanno anche regalato una giornata bellissima e indimenticabile, che mi fanno sognare e mi danno l’ispirazione per questa fic, e alla loro musica che è quasi sempre presente nella mia fottutissima vita *_* XD

E grazie anche a chi aggiunge questa fic alle seguite o alle preferite, che vedo aumentare!

Commentate, commentate, commentate *ç*

Ok, vi lascio (era ora, direte voi XD) al capitolo… Spero vi piaccia… See you soon!! ^^




CAPITOLO 9 Let’s go


Andai in sala, misi a posto l’amplificatore e lo stereo e rimisi la mia “Baby Billie Joe” nella custodia. Poi presi in mano la custodia, mentre nell’altra tenevo la valigia.
– Hey, non c’è bisogno, ti presto io le chitarre… – disse Billie, guardandomi sbalordito, non capendone il motivo.
– Grazie mille… Però… Non posso venire senza questa, ecco… Mi ha accompagnato in ogni live in cui ho suonato, dal primo anni fa, nonché in ogni singolo momento della mia vita. Te l’ho detto cosa rappresenta per me questa chitarra… Anche se magari non la suonerò, non posso non portarla… –
Lo so, potevo sembrare impazzita completamente, poteva sembrare un capriccio, ma non lo era. Quella chitarra era davvero importante per me, da quando era con me, era sempre stata al mio fianco, ed era forse l’unica al mondo a non avermi mai voltato le spalle, l’unica che ascoltava sempre pazientemente i miei sfoghi, che fossero questi di felicità, rabbia o tristezza… L’avevo aspettata per tanto, tantissimo tempo, aveva prosciugato i miei risparmi al momento di comprarla quando finalmente era arrivata, ma ciò che era per me non aveva prezzo, e ripagava ampiamente ogni singolo secondo in cui l’avevo ansiosamente attesa e ogni singolo centesimo ottenuto con sacrificio che avevo speso per averla. No, non potevo abbandonarla, non potevo tradirla così, andandomene senza di lei.
Sapevo che per molti questi discorsi non avevano senso, ma di loro non poteva fregarmene di meno: loro non potevano capire. Speravo invece che Billie capisse, e qualcosa mi diceva che ciò fosse probabile: in fin dei conti, anche lui, come me, viveva per e grazie alla musica, anche lui aveva un rapporto simile con alcune delle sue chitarre, in primis la sua bellissima Blue…
Vidi la sua espressione farsi pensierosa per alcuni secondi.
– Beh, quand’è così… Capisco benissimo. – rispose quindi, annuendo.
Lasciai andare il respiro che avevo involontariamente trattenuto per quei secondi di silenzio. Quindi guardai la custodia che tenevo in mano, sui cui risaltava la sua meravigliosa dedica. Poi alzai lo sguardo e lo fissai un attimo, sorridendogli complice. Lo sapevo, lo sapevo che lui avrebbe capito.
Poi mi misi il lettore MP3 in tasca, altro mio compagno di vita, insieme al cellulare, e ci dirigemmo verso la porta.
– Un attimo! – mi fermò Billie, ad un tratto, poco prima di uscire.
– Che c’è? –
– L’hai detto ai tuoi? You know, se tornano e non ti trovano stasera come minimo manderanno la polizia a cercarti, pensando a una fuga o a un rapimento o a non so che cosa… –
– Beh… Casomai domani nel primo pomeriggio, quando torneranno… – risi.
– Beh, comunque sia non è il massimo essere cercati dalla polizia mentre sei in tour, non trovi? You know, è meglio se li chiami e glielo dici –
– Uhm… Non posso chiamarli quando arrivo? – chiesi timidamente.
– No. Chiamali adesso se no non parti, ok? – disse con un tono che voleva sembrare severo, ma non gli riuscì molto.
Mi venne da sorridere: Billie non era un tipo severo, anzi da quel che sapevo non nutriva particolare simpatia per i tipi austeri, ma tutt’il contrario… E anche impegnandosi non riusciva a sembrarlo. Uno che incita a ribellarsi agli ordini non è tipo abituato a vivere prendendo e dando ordini, mi sembrava una cosa giusta, logica.
Comunque, la sua espressione era abbastanza seria: mi si mise davanti a braccia incrociate e mi fissò negli occhi, con uno sguardo che sembrava non voler non ammettere repliche.
Non potei fare a meno di sorridere. Nonostante l’aria che voleva sembrare seria, severa, c’era sempre qualcosa di divertente in lui.
– Ok, ok… Come lei comanda, sir – risposi, con tono scherzoso, abbozzando un inchino.
L’aria seria di Billie andò definitivamente a farsi fottere.
– Ma riesci sempre a farmi ridere tu? Comunque, scherzi a parte, chiama i tuoi che poi andiamo –
Annuii e presi il telefono. Composi il numero dei miei.
Tu…. Tu…. Tu….
Il telefono suonava a vuoto. Ricomposi il numero, ma il risultato non cambiò. Decisi quindi di lasciar loro un messaggio. Ricomposi il numero per la terza volta, e quando la voce automatica della segreteria rispose nuovamente, dopo un’altra lunghissima serie di “tu”, lasciai il messaggio.
– Ciao mamma, ciao papà, sono Ema. Vi lascio un messaggio perché è la terza volta che provo a telefonare ma il telefono squilla a vuoto. Volevo avvisarvi che tra poco parto per l’Australia. No, non sono impazzita, vado in tournée con i Green Day come seconda chitarra, in quanto Jason White purtroppo non può seguirli… È venuto a chiedermelo Billie Joe Armstrong, lead vocals and guitar della band. Quindi adesso partiamo per l’Australia. Non preoccupatevi per me: è tutto ok, anzi, non potrebbe andare meglio. Vi chiamo quando sono lì. Ciao. Vi voglio bene. –
Rimasi col telefono in mano per qualche secondo, poi premetti il pulsante per terminare la chiamata.
Quindi tornai da Billie all’ingresso, dove avevo appoggiato anche la mia valigia e la mia amata chitarra.
– Bene, possiamo andare – dissi quindi.
– Che hanno detto i tuoi? –
– Ehm… Tutto ok… – dissi, abbassando lo sguardo.
Billie mi sollevò delicatamente la testa con una mano e mi fissò, dritto negli occhi. Quei suoi magnifici occhi verdi scrutarono nei miei: per un attimo ebbi l’impressione che potessero leggermi dentro, i pensieri, l’anima, tutto. Era una sensazione strana. Una parte di me, che provava grande imbarazzo, sentendosi scoperta, nuda, indifesa, voleva terminare quel contatto visivo il prima possibile, un’altra invece voleva che questo durasse il più possibile, provando una sorta di strano piacere nel sentirsi scandagliare da lui.
Ebbi un tremito.
Billie abbassò lo sguardo un attimo, dandomi il tempo di fare un profondo respiro, per poi tornare a fissarmi intensamente.
Annuii debolmente.
– Beh… Ecco… – balbettai.
Billie continuava a fissarmi, ma gli angoli della bocca volsero leggermente all’insù, incoraggianti.
– Ecco, a dir la verità il telefono suonava a vuoto… Ma ho lasciato loro un messaggio in cui ho spiegato tutto… E li richiamerò quando arrivo… Non preoccuparti, è tutto ok, non c’è problema… Possiamo… Possiamo andare… –
L’ultima frase assunse involontariamente un tono leggermente interrogativo.
Billie annuì, sorridendomi. Quindi spostò delicatamente la mano da sotto il mio mento, accarezzandomi, regalandomi un altro brivido di piacere a quel contatto.
– Va bene! – acconsentì, arruffandomi i capelli, che erano già scompigliati di loro.
– Di che mi lamento, io riuscivo ad essere anche peggio; almeno tu hai lasciato un fottutissimo, benedetto messaggio! – commentò poi, ridendo ancora una volta, e ancora una volta contagiando anche me.
Quindi, presi chitarra e valigia e, seguita da Billie, uscii e richiusi la porta dietro di me. Mi misi le chiavi in tasca e ripresi in mano i bagagli che avevo appoggiato per chiudere a chiave l’entrata. Ma una mano mi bloccò, precedendomi nel raccogliere la custodia.
– No, no, lascia stare… –
– Ma figurati! – mi interruppe Billie – Non c’è problema davvero… You know… È leggera, e poi sono abituato a portare chitarre, te la tratto bene –
Sorrise, guardandomi e strizzandomi l’occhio.
– Non volevo dire questo, figurati… Era solo che… –
– Te l’ho già detto, non c’è problema! – mi interruppe ancora.
– Let’s go! – disse poi, iniziando a scendere le scale.
Lo seguii riconoscente.
Da quando mi aveva citofonato, ormai mi sembrava di avere perennemente il sorriso sulle labbra…

– L’auto ce l’hanno Mike, Tré e il resto dello staff. – disse poi Billie – Quindi, you know, o ne affitto una o chiamo un taxi. Ma dato che non conosco le strade e non saprei arrivare velocemente all’aeroporto da qui, preferisco la seconda opzione. – concluse, guardandosi intorno.
Poi prese il cellulare e chiamò un taxi. Appoggiammo la chitarra e la valigia sul marciapiede, davanti al portone, ed aspettammo, guardandoci in silenzio per un po’.
Ma ad un certo punto quella bellissima atmosfera venne rotta da una voce, l’ultima voce che quel giorno avrei voluto sentire… E quella fottutissima voce si rivolgeva a me, in termini non proprio educati, urlando sguaiatamente da lontano, facendomi perdere il sorriso dipinto sul mio volto.
– Ti dispiace aspettarmi qui un secondo? Non preoccuparti, torno subito… E se dovesse arrivare il taxi, chiamami e sarò subito qui! – dissi rivolta a Billie, che annuì, guardandomi interrogativo.
– Poi ti spiego. Torno subito –
Mi incamminai quindi a passo veloce verso quella voce, e la vidi, davanti a me.
Quella faccia antipatica, quella voce odiosa, quello sguardo strafottente, quell’aspetto volgare, allo stesso tempo da troia e da truzza fighetta, quella mentalità del cazzo, quel cervello microscopico e bacato…
Quanto la odiavo! E quel giorno mi aveva già fatto particolarmente arrabbiare…
– Beatrice, vaffanculo! – le dissi, calibrando l’intonazione: né troppo alta, né troppo bassa, ma decisa.
– Oh, ma vacci te, sfigata! – ribatté quella, con quel suo tono che riusciva sempre ad irritarmi.
– Senti non hai già rotto i coglioni abbastanza, oggi? –
– Gnè-gnè… Ma vai a cagare, vai… Te, la tua musica del cazzo e la gente del cazzo sfigata e pisciatura come te! –
Quella mattina mi ero trattenuta davvero per poco, per pochissimo, e bastò che ritirasse fuori l’argomento per farmi ritornare immediatamente a galla tutto l’odio e il rancore di qualche ora prima.
– Senti, non ricominciare! Perché giuro che se no… –
– Oh che paura! Se no cosa mi fai? – disse canzonatoria, per provocarmi.
La risposta fu immediata. Quasi senza neanche rendermene conto le tirai un pugno su quella sua fottutissima faccia, lasciandola senza parole per qualche secondo.
– Oh, sfigata, m’hai fatto male porco ***… Non ci riprovare eh! Se no vengo qui e vi faccio andare all’ospedale, tu e i tuoi amici sfigati! –
– Ma sta’ zitta! E va’ a farti fottere, dato che è l’unica cosa che sai fare, oltre a rompere i coglioni alla gente e lamentarti! –
Quindi, voltai le spalle e me ne andai, lasciandola lì, in mezzo al marciapiede, ancora un po’ spaesata. Con la coda dell’occhio la vidi poi tornare indietro imprecando.
Cazzo, erano mesi e mesi che continuava a provocarmi, a istigarmi, a rompermi le balle in ogni modo possibile, a pigliare per il culo me, e cosa che mi dava ancor più fastidio, i miei ideali, i miei amici, la mia musica, nonché la musica e i musicisti che ascoltavo e che più amavo… E quella mattina aveva raggiunto il limite. E quindi quel pomeriggio era bastato pochissimo per superarlo, per farmi esplodere. Dopo aver stoicamente tenuto tutto dentro per parecchio tempo, finalmente le avevo rigettato tutto in faccia. Il testo di “Platypus (I Hate You)” dei Green Day mi riecheggiava nella mente: gliel’avrei dedicato con tutto il cuore, a quell’infame.
Nel frattempo raggiunsi Billie, che mi guardava con aria sorpresa e interrogativa. Non mi aveva mai visto così arrabbiata, anzi, lui proprio non mi aveva mai visto arrabbiata…
Appena lo raggiunsi, mi guardò un po’ titubante, indietreggiando quasi involontariamente di un passo, forse per paura che non avessi finito di sfogarmi e potessi in qualche modo prendermela anche con lui per una qualsiasi cosa.
– Hey Billie, che c’è? Non ti faccio niente… –
– E secondo te mi fido? – replicò, ridendo.
– Sì, non ho assolutamente niente contro di te, anzi è proprio il contrario, quindi non vedo cosa potrei farti di male. – risposi sorridendo.
Billie mi si riavvicinò.
– Da quel poco che sono riuscito a capire non comprendendo l’Italiano, quella tipa non ti sta proprio simpatica eh? – rise, poi mi porse una mano – Complimenti, te la sei cavata egregiamente! –
Ridendo, gli strinsi la mano con fare solenne.
– But… Who’s that fuckface? –
– L’hai detto. Una fottutissima troia testa di cazzo col quoziente intellettivo di un pinolo! – risi – Hai presente la parte finale di Platypus? Quella che inizia con gli insulti? Da “dickhead” alla fine insomma… –
Billie annuì.
– Beh, credo che possa rispecchiare gran parte dei miei sentimenti verso quella scema –
Billie rise.
– Ma dove l’hai beccata una stronza simile? –
– Ho avuto la “fortuna” di ritrovarmela in classe e dovermela sorbire ogni santo fottutissimo giorno… –
– Non ti invidio per niente… Ma che fa? –
Gli raccontai sommariamente di tutti i modi che escogitava per rompermi le scatole, dei suoi atteggiamenti, dei suoi comportamenti arroganti, stupidi, infantili ma che allo stesso tempo le davano un’aria da troia, cosa su cui Billie concordò.
– Diavolo! Ma tu sei una santa! – esclamò dopo avermi fatto sfogare – You know… Io le avrei risposto male subito, prendendola a calci e insulti… –
– Beh, ecco, diciamo che non amo i conflitti… –
– Se è per questo neanch’io, anzi li odio con tutto me stesso, you know… Ma un bel pugno o un bel calcio accompagnato da un bel po’ di insulti, dopo tutto quel che fa, è il minimo! –
– Beh, sì, hai ragione… mi sento più leggera adesso… Anche se onestamente non mi capacito ancora né di come abbia fatto a sopportarla così a lungo, né di dove abbia trovato proprio ora la forza di fare quel che ho fatto pochi minuti fa! –
– L’importante è che tu l’abbia trovata e ti sia ribellata… You know… il momento può essere determinato dal fatto che tu avessi raggiunto il tuo limite di sopportazione, oppure qualcosa ti abbia dato la forza di reagire così, oppure entrambe le opzioni… –
Sì, aveva centrato il punto, probabilmente entrambe…
– Spero abbia imparato la lezione e non venga più a romperti le balle, almeno… – commentò poi.
– Lo spero vivamente anch’io… Ma sì, chissenefotte! Tanto per un bel po’ non la vedrò più! – risi.

In quel momento arrivò il taxi.
Salimmo e dicemmo al tassista di portarci all’aeroporto, e questo confermò che il viaggio sarebbe durato un’oretta.

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Capitolo 10
*** Hai mai preso l’aereo? ***


Ciao a tutti!!
Sì, sono ancora viva… I’m so sorry, scusatemi se non ho aggiornato prima, ma in questo periodo ho avuto un casino di cose da fare, oltre alle mille verifiche e interrogazioni a cui siamo sottoposti quasi ogni giorno a sQuola (xD)
Spero mi perdonerete, e spero di riuscire ad aggiornare più in fretta in futuro ^^

Come ho accennato sopra, in questo periodo ho avuto mille impegni e verifiche, quindi ho scritto la fic a pezzi e perciò ne ho avuto una visione un po’distorta… Spero comunque sia venuto decentemente e fili senza troppe stranezze e/o senza incongruenze… ^^

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie (XD):
Come al solito, grazie a tutti voi che leggete e recensite questa mia prima fic ^_^ mi fa davvero un immenso piacere!! Continuate così *ç*
Especially I wanna thank:

SilentMoon : Thank you dear Moon!! *ç*
Soddisfatta dei You Know dello scorso capitolo?? XD Onestamente non mi ricordo qui se ne ho messi… nel caso rimedierò nei prossimi capitoli XD
Per l’ideuzza che abbiamo abbozzato su MSN… Non preoccuparti (anzi, forse preoccupati) che la metterò, aspetta solo qualche capitolo… buahahahahahaha…
See you soon dearly beloved, keep on readin’ *__*

K_BillieJoe : Grazie mille anche a te cara!
Sì, le tipe come quella Beatrice danno proprio sui nervi… Si credono superiori, fanno tanto le “fighe” e poi sono solo delle truzze coglione… (xD)… Sono d’accordo, propongo la petizione per prenderle a testate XDD… Come ho detto a Luna (SilentMoon), aspetta qualche capitolo e vedrai che succede…. Ok,basta spoiler u.u
Alla prossima cara! *-*

Crazy_Me : Ahahaha XD mi hai fatto rimanere di stucco leggendo le prime righe della tua recensione… poi son scoppiata a ridere! Non sapevo che anche tu ti chiamassi Beatrice!! Davvero, la tipa che è in classe con me che porta quel nome è un essere odioso e spregevole, ma tu non c’entri niente eh!! Anzi… XD
Beh, ovvio, la nostra compagna di vita non potremmo mai abbandonarla ç_ç u.ù
Sììì amicizia tra chitarre!! Potrei farci una fic a parte per approfondire l’amicizia che si creerà tra Baby Billie Joe, Baby Blue e le altre chitarre dei Green… Ok sono proprio fuori oggi XD
However, grazie mille dei complimenti, ne sono onorate, tu sei troppo buona *ç* … O.o ma davvero ti piacciono così tanto le mie descrizioni? *ç*
See you next darling! *_*

Fujiko Chan : Ma no, carissima, tu non sei un disastro… Anche se non sei la prima a commentare, a me basta che commenti in un tempo abbastanza rapido, come la volta scorsa va bene lo stesso… ovvio se sei la prima ancora meglio eh! XD… Come farei senza le tue recensioni? XDD
Sììì i truzzi (e Beatrice ovviamente) a pugni!!! (Luna tu sai qualcosa… XD no basta, ho detto BASTA spoiler u.u)
Sì, i genitori di Ema, probabilmente si prenderanno un colpo quando sentiranno il messaggio… XD ovvio… Ma Ema se la caverà (non so come ma se la caverà u.u)
In questo capitolo compaiono Mike e Tré *_* contenta? XD Anche se poi agiranno di più anche nei prossimi capitoli, penso XD… “Future is unwritten” (Joe Strummer)… e anche quello di questa fic non è scritto XD
A presto carissima!! *__*


Ok, ora vi lascio al capitolo XD… Spero vi piaccia… Keep on reading, see you soon!! ^^ PS: recensite recensite recensite recensite please XD *ç* (ok potevo risparmiarmela u.ù)




CAPITOLO 10 Hai mai preso l’aereo?


Nonostante ci fossimo imbattuti in un tratto di strada parecchio trafficato, riuscimmo ad arrivare all’aeroporto in orario e raggiungemmo quindi il luogo che i Green Day avevano stabilito.
Vedemmo in lontananza Mike e Tré che ci facevano segno e li raggiungemmo velocemente.
– Hey Billie! Ma… credevo fossi tu il più piccolo, non mi avevi mai detto di avere una sorella minore – rise Tré, guardandomi, con una faccia davvero divertente.
Ci guardammo per qualche secondo, poi iniziò a ridere anche Mike, seguito da Billie e, a ruota, anche da me.
– No, davvero… – disse Tré tra le risate – Da lontano sembravate fratelli –
Quindi, sotto i nostri sguardi stupiti, ci mise fianco a fianco, dicendoci di stare fermi, e sia allontanò di due o tre metri, chiamando Mike.
Ero di nuovo così fottutamente vicina a Billie…
Era così dannatamente vicino…
So damn close.
“ … I picture someone, I think it's you.
You're standing so damn close,
My body begins to swell…
Why does 1 + 1 make 2? ”
Per una rapidissima associazione mentale, mi era venuta in mente quella parte di strofa della canzone “Green Day”, la quinta traccia del loro primo album, album che amavo davvero moltissimo.
Riuscivo a percepirne l’entusiasmo, gli accordi, le note, la voce potente ma dolce di Billie che la cantava.
Mi venne da sorridere.
Quasi senza accorgermene, mi trovai a canticchiare sottovoce quelle frasi.
Lui ruotò la testa verso di me, guardandomi con uno scintillio negli occhi.
Aveva davvero degli occhi stupendi, pensai in una frazione di secondo, fissando quei due smeraldi scintillanti, in cui per un momento mi era parso di scorgere anche i miei di occhi, riflessi in quel verde che mi parve immenso.
Mi sorrise in risposta, e, mentre ci guardavamo, iniziò a cantare con me il seguito della canzone, quasi sottovoce. Sentii la sua voce, dolce ma grintosa al punto giusto, stupenda, perfetta, unica, unirsi alla mia.
– Picture sounds…
Of moving insects so surreal…
Lay around…
Looks like I found something new… –
Un brivido gelido mi percorse la schiena, attraversandomi la spina dorsale dalla prima all’ultima vertebra.
Sentii Billie cingermi delicatamente la vita con un braccio e tirarmi a sé.
Non opposi la benché minima resistenza, ritrovandomi un attimo dopo piacevolmente stretta a lui.
Il mio povero cuore dovette sopportare lo sforzo di un battito ancora più rapido: lo sentivo rimbombare forte, tanto che quasi avevo paura potesse scoppiare… Un nuovo brivido freddo attraversò il mio corpo, seguito da un’ondata di improvviso calore: mi sentii avvampare.
Feci un lungo respiro e, ancora una volta, cercai di mantenere una certa tranquillità restando abbastanza in me, nonostante mi lasciassi piacevolmente percorrere da quelle ondate ardenti, quelle fiamme che bruciavano ma non consumavano, non distruggevano, ma mi dilaniavano dolcemente regalandomi piacevoli fremiti, sensazioni ed emozioni uniche, che riuscivo a provare solo accanto a lui, accanto a Billie Joe.
Gli misi timidamente anch’io un braccio attorno alla vita.
– Ecco, così sembrate proprio fratelli – disse ad un tratto Tré, che ci fissava con un occhio chiuso, come per mettere bene a fuoco l’obbiettivo – Vero Mike? –
– Sei il solito esagerato, Tré… – si intromise Billie, ridendo nuovamente.
Potevo percepire i leggeri tremiti che percorrevano il suo corpo. Era semplicemente stupendo. In quel momento tutto mi sembrò meraviglioso, per un attimo riuscii a scordare ogni singola cosa negativa che avessi mai visto, sentito, o vissuto.
Ancora non riuscivo a credere che quello accanto a me, così dannatamente vicino da poterne percepire il calore, il respiro e ogni singolo movimento anche quasi impercettibile, era Billie Joe Armstrong. E che i due che ridevano davanti a noi erano rispettivamente Mike Dirnt e Tré Cool. E che, per di più, tra non molto avrei preso con loro un aereo diretto in Australia e avrei suonato con loro, con i Green Day! Era tutto così fottutamente fantastico: mi sembrava strano, irreale, che tutto ciò stesse capitando proprio a me… Era quasi meglio che nei sogni, e questa volta, quasi non riuscivo a crederci, era vero, era realmente vero!
– Ehm… Scusate, ma è meglio se andiamo, altrimenti perdiamo il volo! – disse Mike, tornando serio.
– Cazzo, è vero! Billie! Ema! Muovete il culo che dobbiamo correre!! – ci urlò Tré.

L’aereo era davanti a noi.
La scaletta tirata giù davanti a me, che invitava a salire.
Ciò a cui andavo incontro salendo su quell’aereo mi eccitava, ma mi turbava allo stesso momento. Mi sentivo tesa, confusa, imbarazzata, perplessa, titubante… Avevo paura di sbagliare, di deludere Billie e i Green Day… Ma nello stesso tempo ero anche molto emozionata ed incredibilmente, fottutamente, felice, forse, anzi molto probabilmente, come mai ero stata. Non sapevo se il mio cuore avrebbe retto tutte quelle emozioni, avvenute soltanto nell’arco di poche ore. Ma sapevo che sicuramente ne valeva la pena.
Whatever it takes.
Mi guardai per un’ultima volta fugacemente indietro.
Uno… Due scalini…
Salii, dapprima con un po’ d’esitazione, poi più decisa.
Tre… Quattro… E cinque.
Ero a bordo. Ormai la mia decisione l’avevo presa, e non sarei tornata indietro.
Dawning… of a new era… calling…
Don’t let it catch you falling…
Ready or not at all…

Con le note di “Waiting” in testa raggiunsi un sedile e mi sedetti.

– Hey, tutto bene? – mi chiese Billie, sedendosi accanto a me.
Annuii, mentendo. La verità era che non lo sapevo bene neanch’io, come stavo.
Mi guardò con quei suoi profondi occhi verdi, che per un attimo incontrarono nuovamente i miei. Ma probabilmente quell’attimo bastò per fargli capire la confusione e l’incrocio di sentimenti, pensieri e preoccupazioni nella mia mente.
No rest for cross top in my mind.
On my own, here we go…

Ancora una volta, come in moltissime situazioni e in moltissimi momenti della mia vita, nella mia mente si era associato un pezzo di un’altra canzone dei Green Day, questa volta “Brain Stew”. Perché la mia mente riusciva sempre a trovare una loro frase in cui rispecchiarsi…

– Hai mai preso l’aereo? – chiese dopo un po’, per cambiare discorso.
– Beh, ecco… A dir la verità… – feci una brave pausa, poi finii la frase: – No… –
Mi mise una mano sulla spalla. Sentii ancora una volta un piacevole brivido lungo la schiena. In quel momento, quel gesto per me ebbe più valore di ogni parola di rassicurazione che potesse dire.
Lo guardai con occhi riconoscenti.
Mi sorrise.
– Se hai qualche problema, mal d’aria o qualsiasi altro problema, dimmelo – mi disse poi, sottolineando il “qualsiasi” con la voce.
– G-Grazie Billie… Grazie di tutto – balbettai.
– Figurati… E grazie anche a te, per essere venuta – rispose, ancora una volta, sorridendo e guardandomi negli occhi.
I miei occhi e la mia mente si persero in quel verde così espressivo e per un attimo riuscii a dimenticare tutte le mie preoccupazioni, tutti quegli incroci che avevano saturato ogni angolo della mia mente, e provai una sensazione di pace.


– Quanto durerà il volo più o meno? – chiesi ad un tratto.
– Circa 20 ore – rispose Mike, davanti a noi.
– That’s not so terrible – aggiunse Billie, vedendo la mia faccia palesemente stupita e un po’ preoccupata.
– No, non volevo dire quello… Solo che… Beh… Non ho mai preso l’aereo e 20 ore… Beh… Sono tante – risposi.
– Non ti preoccupare, l’avevo capito… – mi rassicurò – Vedrai che andrà tutto bene e passeranno relativamente in fretta –
Sorrisi. Sì, aveva ragione. E poi 20 ore in aereo passate con i Green Day, per di più seduta accanto a Billie Joe e con Mike e Tré davanti, erano tutt’altro che una brutta prospettiva…


“Si avvisano i signori passeggeri che l’aereo **** sta per entrare in fase di decollo, si prega di allacciare le cinture. Vi auguriamo un buon viaggio”.
Imitai Billie, Mike e Tré e mi allacciai anch’io la cintura, con una mano tremante: la tensione era alle stelle.
Avvertii l’aereo prendere velocità sulla pista. Sentivo che stava per avvenire il distacco.
E avevo paura.
Non avrei voluto ammetterlo, non avrei voluto fare la figura della fifona, soprattutto non davanti ai Green Day, ma purtroppo era così: mille interrogativi che si trasformavano in paure, anche insensate, mi attraversavano la mente.
E se l’aereo non si fosse staccato dal suolo? E se si fosse schiantato?
E il vuoto d’aria al decollo?
E poi, essere lì, per aria, nel vuoto, con il pericolo di cadere… Mio Dio, Ema stai diventando troppo paranoica e pessimista…
Sentii il mio respiro farsi più affannoso. Chiusi gli occhi e artigliai il sedile con una mano.
L’aereo continuava a prendere velocità.
Cazzo, voglio scendere!!
No, non voglio scendere, voglio restare su questo fottutissimo aereo, voglio realizzare il mio sogno, voglio suonare con i Green Day! Devo farmi forza, cazzo! Non posso essere così fifona…
Sì, ma io ho paura lo stesso!
Le mie dita artigliarono maggiormente il sedile, in cerca di un sostegno, di un aiuto…
E ad un tratto sentii una mano, calda e rassicurante, appoggiarsi sopra la mia, accarezzarla dolcemente per diminuirne la tensione e intrecciarne le dita con le mie.
Non ebbi bisogno di aprire gli occhi per capire a chi appartenesse.
Un sorriso sostituì per un attimo l’espressione di tensione dipinta sul mio volto. Billie.
– T-Thank you… – sussurrai, stringendogli leggermente la mano.
In risposta ricevetti un lieve aumento della stretta anche dall’altra parte.
– Te l’ho detto: per qualsiasi problema, per qualsiasi cosa, dimmelo – mi bisbigliò all’orecchio, con un soffio altrettanto caldo e rassicurante.
– Tra pochi secondi avverrà il distacco. – mi avvertì, in quanto avevo ancora gli occhi serrati – Un consiglio, trattieni il respiro… You know, per sentire meno la differenza di pressione… –
Annuii, ringraziandolo ancora una volta e facendo come mi aveva detto.
Passarono alcuni interminabili secondi. Poi, l’aereo si sollevò.
Sentii un vuoto d’aria nello stomaco. Era una sensazione strana, abbastanza simile a quella che si può provare sulle montagne russe…
Quasi senza accorgermene strinsi maggiormente la mano di Billie, come se questa fosse l’unico appiglio che avessi a disposizione per salvarmi e non precipitare nel vuoto.
Già, il vuoto.
Il vuoto creatosi nel mio stomaco, che portava con sé quella strana sensazione che non sapevo ben definire.
Il vuoto che si stava creando ora sotto di noi, tra l’aereo e la terra.
E IL vuoto: il baratro della paura.
Mi aggrappai ancora di più alla sua mano: non volevo cadere.
Vi furono ancora uno o due brevi vuoti d’aria, poi la pressione si stabilizzò.
Mi feci forza e, sempre stretta alla sua mano, aprii finalmente gli occhi.
Incontrai dapprima il suo sguardo rassicurante, poi ci girammo e guardammo fuori dal finestrino: la città stava diventando sempre più piccola sotto di noi. Guardai tra gli edifici, ormai sempre più simili a puntini, cercando di identificarne alcuni. Distinsi dapprima il Duomo, il Castello, e il Forum di Assago, poco fuori città, dove avevano suonato i Green Day quel meraviglioso 10 novembre (che definire meraviglioso era però sminuente), poi anche la mia casa, il pub dove avevo incontrato Billie, la scuola, la casa dei miei amici, la sala prove, il mio negozio di chitarre dove ero ormai una visitatrice abituale, quello di dischi… Tutto mi richiamava ricordi e mi mise un che di malinconia, che però passò subito quando incrociai nuovamente lo sguardo di Billie.
Ora la città era diventata un puntino, gli edifici erano irriconoscibili, ma in compenso avevamo la visuale su tutta la regione: strade, città, fiumi, pianure, campi, montagne… Tutto appariva piccolissimo, mentre intorno a noi potevamo iniziare a distinguere qualche nuvola dall’aspetto soffice.
In quel momento, per un attimo, mi sentii infinitamente piccola. Minuscola, rispetto alla città, alla regione, alla nazione, al continente, al mondo, al cielo, all’infinità dell’Universo. Sì, eravamo tutti dei minuscoli puntini, insignificanti rispetto a quell’immensità. Anzi, no, non eravamo insignificanti, perché dentro ognuno di questi puntini si nascondeva un piccolo mondo a sé, relazionabile con quello degli altri puntini, e soprattutto perché eravamo proprio noi, seppur piccoli, a formare quell’immensità.
– Isn’t it wonderful? – mi chiese ad un tratto Billie, guardandomi allegro.
Non capii se si riferiva al panorama o se, con quei suoi occhi, era riuscito a leggere quel mio stravagante, ma nonostante tutto sensato, ragionamento che aveva preso forma nella mia mente.
Sorrisi ed annuii, convinta: in entrambi i casi, aveva ragione.

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Capitolo 11
*** Part 1: The Flight / Part 2: Insomnia ***


Hi everybody!
Prima di tutto, buone vacanze e buon Natale!! xD
Ed ecco che alla sera della Vigilia riesco a tornare con un nuovo capitolo, anche abbastanza lungo xD, come mio regalo (visto Fujiko Chan che ce l’ho fatta)? xD.
Beh, questa volta la struttura è leggermente diversa dal solito, ma spero vi piaccia lo stesso ^-^

Bene, passo subito ai ringraziamenti e poi vi lascio al capitolo…

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
Come sempre, grazie, grazie e ancora grazie a tutti voi che leggete e recensite ^_^ mi fa davvero un immenso piacere!! Vi voglio bene *ç*
In particolare:

Fujiko Chan : Ehhh, per l’idea nata chattando con SilentMoon porta pazienza un po’ di capitoli e la scoprirai… Lo so, sembrerò crudele, ma non posso anticiparvi nulla muahaha xDD
Anyway, mi fa piacere che lo scorso capitolo ti sia piaciuto ^-^
Ema mi ha detto di dirti (ok, sto partendo con la testa se inizio a dire cose così o.O xD) che lei ha fatto davvero fatica a non svenire tra le braccia di Billie! xD
E beh, neanch’io non sono mai andata in aereo, quindi mi scuso in anticipo se dovessi scrivere qualche cazzata (spero di no) xD.
Comunque, perché dovrei offendermi? o.O Mi fa piacere che ti piaccia il mio stile, lo so che non è molto arzigogolato e non ci sono molti paroloni, avevo anche provato in una delle fiction iniziate e mai postate (e ora purtroppo andate perse con il vecchio Hard Disk del PC rotto =(… ) Beh, stavo dicendo? Sì, ci avevo provato, ma alla fine ci avevo rinunciato optando per qualcosa di più semplice xD E mi fa piacere che ti piaccia lo stesso e che riesca a coinvolgerti)

ZofouArtemis : Grazie mille, mi fa piacere che sia riuscita a migliorare e soddisfare le tue aspettative, spero ora (o in futuro) di non deluderle però xD
Come ho appena scritto a Fujiko Chan, davvero grazie anche a te per quel che hai detto sul mio stile… Vabbè, non ho molto tempo, non sto qui a ripetere le stesse cose xD… Ma davvero c’è tutta questa fluidità, semplicità, chiarezza, ma allo stesso tempo anche coinvolgimento, risucchio, come dite? *_*
Per il cercare di far capire i pensieri di Billie tramite le sue reazioni, sì, ci sto lavorando, e grazie mille a te del consiglio datomi (sono io a doverti ringraziare u.ù)! ^-^ Spero di riuscire a migliorare grazie ai consigli di voi lettrici, quindi se ne avete, sono ben accetti!

SilentMoon : Che bello adesso hai di nuovo il PC!! (Lo so, te l’ho già detto, ho già fatto festa abbastanza xD)
Tranquilla (anzi, forse non esserlo xDD), del nostro piano su MSN non me ne dimenticherò, anzi tra un 3 o 4 capitoli MASSIMO spero proprio di metterlo!! Muahaha… *aria cospiratrice*
Ok, spero che questo capitolo ti soddisfi… Su quel che fanno in aereo in parte è lasciato all’immaginazione del lettore (all’inizio non sapevo neanche se scrivere qualcosa o lasciare totalmente alla vostra immaginazione, ma poi il tuo commento mi ha convinto a provare a scrivere qualcosa ^-^)… Comunque, no, tranquilla, per stavolta la cara Ema non rimane incinta in un bagno d’aereo (che poi m’han detto è microscopico… tipo quello di mezzo metro quadrato che avevamo alla gita di 3 media in camera, in 6, nell’ostello in Francia o.O xD) con Billie o.O ma che idee ti vengono?! xD :shifty:

K_BillieJoe : E chi non vorrebbe essere al posto della protagonista? Chi non vorrebbe conoscere il nostro caro Billie? xD *ç*
However, mi fa piacere che ti sia piaciuto lo scorso capitolo e i “ragionamenti” di Ema per cercare di non aver paura xD… Spero ti piaccia anche questo ^-^


Ok, ora vi lascio al capitolo XD… Spero vi piaccia… Keep on readin’, see you soon darlings!! ^^
And I wish you a merry Christmas! xD




CAPITOLO 11 Part 1: The Flight / Part 2: Insomnia


Part 1: The flight

– Hey… Adesso che ci penso… Mi ricordo di te al concerto – mi disse ad un punto Billie, interrompendo il silenzio e sorprendendomi per l’ennesima volta in poche ore.
– Eri in prima fila a saltare e cantare a squarciagola, con i capelli colorati di blu, vero? – chiese quindi.
Annuii.
– Stupendi quei capelli blu – disse ridendo.
– Grazie – risi anch’io – Poi dovevi vedere la faccia della gente comune al mattino presto, quando ho preso il solito autobus ma invece di andare a scuola poi ho preso la metropolitana diretta nel verso opposto per andare a prendere un mio amico alla stazione e poi venire al vostro concerto… Certe espressioni erano da fotografare! –
– Mi immagino – rise.
Ridemmo per un po’, mentre gli descrivevo le espressioni di alcune signore “perbene” che mi avevano guardato dall’alto in basso, sia perché non ero a scuola, sia, soprattutto, per i capelli, mentre io andavo in giro a testa alta fregandomene altamente.
Ben presto finimmo a parlare del concerto.
Un sorriso si dipinse sul mio volto ripensandoci. Era stato 18 giorni prima, ma quei momenti vivevano in me più che mai, indelebili nella mia memoria.
Ma mai e poi mai prima di quel giorno avrei sperato di poter rivivere il ricordo di quei momenti raccontandoli proprio a lui.
Billie si dimostrò curioso, faceva domande sulla coda fuori dal concerto, su quello che facevamo, ridendo di tanto in tanto quando gli raccontavo quel che ci inventavamo per far passare le ore… E poi finalmente era arrivata l’ora dell’apertura dei cancelli: dopo mezz’ora in cui facevamo partire urla per sfogare l’ansia e l’emozione, dopo la finta apertura dei cancelli un quarto d’ora prima, che ci aveva fatto rimanere tutti in posizioni scomodissime dopo uno scatto fulmineo, finalmente, dopo quella che era sembrata la mezz’ora più lunga della mia vita, la vera apertura dei cancelli e la corsa sfrenata… E poi, una volta arrivata sotto al palco, quella sensazione che da lì a poco sarebbe suonata la sveglia, ma per fortuna non era andata così…
A questo punto iniziava la parte più bella e carica di forti emozioni della giornata: il loro concerto.
Tutto era rimasto vivo nella mia memoria, un ricordo indimenticabile e meraviglioso.
Iniziai a raccontare con foga ogni singola emozione provata, cercando di non tralasciare niente, da quando era partita “Song Of The Century” e poi tra le urla generali erano usciti loro, all’ultimo secondo del concerto, dopo la bellissima e commovente “Good Riddance (Time Of Your Life)” acustica che Billie aveva suonato per ultima, fin quando dopo averci ringraziato se ne era andato e si erano accese le luci. E già in quel preciso istante sentivo la loro mancanza. Avrei desiderato che quelle 3 ore di concerto non finissero mai, che si ripetessero all’infinito, ogni giorno, ogni istante…
Billie mi guardava attento, e ogni tanto i suoi occhi si illuminavano. A volte mi chiedeva curioso qualche dettaglio in più, ascoltando poi attento la risposta, commentando qualcosa ogni tanto.
Sorrise quando gli ricordai il momento in cui, a metà di Boulevard, dopo aver fatto cantare il ritornello a noi, lui aveva detto di non sentirsi affatto solo e poi, tra le nostre urla emozionate, lui si era inginocchiato. E poi aveva urlato “Musica bella è la lingua di Dio”, frase che per noi fans presenti quel giorno sarebbe rimasta impressa per sempre. E si mise a ridere contento quando gli dissi che, tra le urla generali, la mia voce aveva gridato qualcosa che suonava come “…and so this is Paradise!”.

Avevo ricostruito meticolosamente tutto quel che avevo provato grazie a loro quel fantastico giorno, mettendo totalmente a nudo ogni mio pensiero e ogni emozione che avevo provato.
Ad un certo punto mi fermai un attimo, ricordandomi che avevo raccontato tutto a Billie Joe, e che dopo pochi giorni io sarei stata con lui e i Green Day su un fottutissimo palco a far vivere qualcosa di simile a migliaia di fans, e che avrei vissuto anch’io fortissime emozioni, ma dall’altra parte del palco!
Rimanemmo in silenzio per un po’, dopo aver parlato (o meglio, dopo che io avevo raccontato e Billie aveva ascoltato intervenendo ogni tanto) del concerto per una buona mezz’ora.

– Sì – proruppe ad un tratto, riscossosi dai suoi pensieri, con l’espressione di uno che si sforza di ricordare qualcosa – eri proprio sotto il palco, in prima fila, sulla destra… You know, alla mia destra, ma sulla sinistra del palco dal tuo punto di vista… Ora mi ricordo… Mi avevano colpito appunto l’entusiasmo, la felicità e la voglia di ribellione nei tuoi occhi… –
Ero sempre più stupita. Come aveva fatto a notare addirittura l’espressione dei miei occhi su 15 mila persone circa?
– Mi hanno colpito, in quei pochi secondi che li ho incrociati mentre suonavo – continuò, rispondendo alla mia domanda mentale – perché… – scosse la testa, poi proseguì – Perché ho visto qualcosa di me in quegli occhi... Anche se in questo momento non saprei dire bene cosa. –
Lo guardai con gli occhi scintillanti per la commozione, dovuta sia al fatto che lui si ricordava di me, sia alle emozioni del concerto che avevo appena, in un certo senso, rivissuto nel ricordo.
– Ora che ci penso – disse poi, dopo qualche attimo di silenzio – Ora che ci penso mi ricordo anche che ti avevo visto mentre cercavo un fottuto volontario da “salvare” in East Jesus Nowhere… You know… se non sbaglio ti avevo anche indicato per farti salire… –
Annuii.
– Poi però non ti ho vista – disse interrogativo.
– Ecco… Beh… Diciamo che una mi si è buttata addosso seppellendomi e in quel momento è arrivato il tipo della Security e nel mucchio ha preso lei… –
Quello era uno dei pochi secondi che non mi piaceva molto ricordare.
Billie sgranò gli occhi.
– Ah, ecco perché… – disse poi a bassa voce.
– Beh, però adesso qui ci sei tu, giusto? Non una qualsiasi tipa che ti si è buttata addosso – rise poi, contagiandomi.
Continuammo a ridere per un po’, destando l’attenzione di Tré e Mike che si erano appisolati.
– Per cosa si ride? – chiese Tré, sbadigliando e girando la testa verso di noi.
– È lunga da ridire tutta la storia, sei arrivato tardi dormiglione – commento Billie con una nota ironica.
– Vabbè dai non potete ridere senza di me… Uhm… La sapete quella del batterista… –
– No Tré, non quella… – disse Mike, bloccandolo sul principio.
– Perché non quella? È divertente – ribatté il batterista stupito.
– Perché è della serie “facciamoci subito riconoscere come un pazzo pervertito volgare che spara cazzate a tutto spiano” – rise Billie.
– E dov’è il problema? – domandò con nonchalance Tré, sbarrando gli occhi in modo comico.
– Che lo sei davvero… – rise il chitarrista.
Scoppiammo a ridere.
– Vabbè dai Tré spara, ci hai convinto… Se Ema non ha niente in contrario ovvio… – cedette Mike.
Si voltarono verso di me.
– Ma no figuratevi… Per chi mi avete preso? – risi.
– Uhm… Per una pazza che ha deciso di seguire un gruppo di tre altrettanto pazzi… – rise Mike.
Iniziammo a raccontarci a turno barzellette per passare il tempo, finendo non di rado anche nel volgare per la gioia di Tré. Dopo una decina di minuti comunque eravamo già tutti con le lacrime agli occhi dal ridere, e non riuscivamo più a smettere.

– Dai, cantiamo qualcosa, si canta sempre nei viaggi – propose Tré ad un tratto.
– Alright… Cosa cantiamo? – chiese Mike.
– Roll, roll, roll a joint… – iniziò quindi a canticchiare Tré, e la sua voce squillò nel silenzio.
– Tré… – commentò Mike guardandolo e trattenendo una risata.
– …Twist it at the end… – continuò Billie.
– …Light it up, and take a puff – mi unii anch’io al coro.
– …And pass it to your friends! – finì Mike, senza più riuscire a trattenere la risata.

***


Part 2: Insomnia

Aprii gli occhi. La stanza era ancora immersa nel buio. Lanciai uno sguardo ai numeri sul display della sveglia: le 2 e 27 di notte. Sospirai: eravamo arrivati in albergo verso l’una ed era la sesta volta che mi svegliavo nell’arco di 1 ora scarsa. Non riuscivo proprio a dormire, nonostante la stanchezza.
Sospirai ancora, ripensando a come era cambiata la mia vita in così poco tempo, 24 misere ore o poco più, e di come grazie e Billie e ai Green Day sarebbe cambiata ancora. Era ancora difficile da credere che fosse tutto vero…
Forse prima o poi mi sarei abituata all’idea di essere in Australia, dall’altra parte del pianeta rispetto a dove ero abituata a vivere, sia nel senso della longitudine che della latitudine, e, soprattutto, di essere in Australia in tour con i Green Day.
O forse no.
Sospirai nuovamente e mi girai sull’altro fianco, nella speranza di riuscire a chiudere occhio e riposare per un tempo superiore ai 5 minuti, ma con scarsi risultati.
Decisi di lasciar perdere, tanto non sarei riuscita a dormire, restare lì e continuare invano a provare era un’inutile e frustrante agonia, era soltanto un modo per ingannare la mente, perché in fondo questa sapeva che quella notte l’avrei passata insonne.
Mi misi a sedere sul letto, guardando nel buio che mi circondava. L’unica fonte luminosa era la debole luce sprigionata dai numeri sul display della sveglia, di fronte a me. Rimasi ipnotizzata a fissare l’avanzare dei secondi, quei numeri luminosi che si succedevano in continuazione, incessantemente, che quando arrivavano a 60 si azzeravano e ricominciavano la loro corsa, andando avanti così all’infinito…
Troppo ripetitivi, troppo prevedibili… Nessuno rompeva mai il ritmo assegnatogli, nessuno usciva dal gregge, e nessuno lasciava un segno particolare nella mia mente: sembravano tutti uguali, nonostante le differenze di valore matematico, ma in quel momento della matematica non poteva fregarmene di meno. Scossi la testa: probabilmente i secondi erano contenti, anzi, orgogliosi, di obbedire all’ordine impostogli e continuare la loro incessabile e ordinata successione. Sì, in fondo erano come la massa di pecoroni presenti nel mondo, la stragrande maggioranza delle persone, la massa di ipocriti e idioti che pensa e ragiona con la testa di chi li comanda, che si omologa al gregge, che non ha il coraggio di uscirne e procedere al proprio passo e non a quello di qualcun altro… e che poi se la prende con quelli che invece ne hanno il coraggio, con quella minoranza che riesce ad essere semplicemente se stessa, che pensa autonomamente e difende il proprio pensiero e i propri ideali, seppur sapendoli confrontare con altri, che rifiuta l’omologazione, che sa ribellarsi, che non viene accecata dalle fottutissime menzogne da cui il mondo è bombardato, e che per questo viene chiamata dalla maggioranza in vari modi: a volte pericolosa, a volte scema, a volte sfigata, a volte pazza, a seconda della situazione, di quello che alla maggioranza conviene… Ma se fosse tutta invidia? Sì, perché probabilmente, anche se non lo ammetterebbe mai, anche la maggioranza, in un angolo del cuore e della mente, ha il desiderio di rompere gli schemi imposti, di trovare il proprio ritmo, di pensare per conto proprio, di essere se stessa… E chiamano noi, la minoranza, deficienti, quando in realtà è a loro che manca qualcosa, quel qualcosa chiamato libertà forse, ma la vera libertà, non quella apparente che tanto credono di avere. Ma pur di non ammetterlo cercano di difendersi accusando gli altri di ciò che loro vorrebbero non avere, magari anche escludendoli o prendendoli di mira e rompendogli le balle in mille modi differenti…
Scossi la testa e tornai a fissare il vuoto.
Tutto quel discorso da dove era partito?
Ah, sì, dai secondi…
Sorrisi e scossi debolmente la testa ancora una volta. Probabilmente anche in quel momento quella fottutissima maggioranza mi avrebbe considerato una pazza, perché non è “normale” fare tutti i collegamenti mentali, tutti gli innumerevoli incroci che prendono forma nella mia mente… Ma per me non è un’offesa essere fuori da questo loro concetto di “normalità”, di “omologazione”, anzi, ne ero contenta e, azzarderei dire, fiera.
Sospirai, appoggiando la fronte sul palmo di una mano e passandomi le dita di questa tra i capelli. Mi sentivo la testa pesante, ma non riuscivo a dormire.
Decisi che era inutile restare a letto e mi alzai.
Sentii il freddo pavimento sotto i miei piedi, ma era piacevole nella parziale calura. Già, era strano pensare che qui era estate mentre nell’altro emisfero, dove mi trovavo fino al giorno prima, era invece inverno.
L’altro emisfero
Cazzo, me ne stavo dimenticando, dovevo chiamare i miei, che di sicuro si erano presi un colpo sentendo il messaggio che avevo lasciato loro… E dovevo anche avvisare i miei amici.
In realtà non avevo molta voglia di chiamare i miei, ma sapevo che ogni secondo che avessi rimandato sarebbe stato un secondo di agonia in più, un secondo che mi si sarebbe potuto rivoltare contro, perché nella realtà i secondi non erano così mansueti, ordinati e prevedibili come quelli sul display della sveglia.
Mi feci coraggio e presi il cellulare.
Feci un rapido conto: contando il fuso orario e l’ora legale australiana, in Italia sarebbero dovute essere circa le 5 meno 20 del pomeriggio.
Feci un profondo respiro e composi il numero.
Il telefono iniziò a squillare.
Ebbi la tentazione di terminare la chiamata prima che qualcuno potesse rispondere, ma resistetti.
Per un attimo desiderai avere qualcuno accanto a darmi forza e nello stesso tempo a tranquillizzarmi, desiderai la mano di Billie stretta nella mia, saldo appiglio che mi aveva aiutato a non cadere nel vuoto, a non farmi prendere dalla paura, ma, anzi, mi aveva dato la forza per vincerla. Cos’avrei dato perché fosse lì anche in quel momento…
E proprio allora una voce rispose.
Questa volta dovevo farcela da sola. Mi dissi che potevo farcela; quello era uno degli ostacoli che avrei dovuto superare per poter essere lì, il prezzo per poter realizzare il mio sogno. “Whatever it takes” avevo detto salendo sull’aereo: bene, era il momento di dimostrarlo.
Respirai profondamente e risposi.
– Pronto? – chiesi con voce flebile.
– Ema! Cazzo, alla buon’ora!! –la voce di mia madre era alquanto irritata.
– Ma… siamo arrivati da poco… il viaggio… il fuso orario… – balbettai.
– Niente scuse! E poi chi ti ha dato il permesso di partire per l’Australia? Ci hai fatto prendere un colpo quando abbiamo sentito il messaggio! Fai tutto di testa tua, troppo di testa tua, con quella tua testa che sforna idee una più pazza dell’altra! –
Ahia, non volevo tornare ancora su quel discorso, l’avevamo già affrontato altre volte, e in quel momento non avevo né la voglia né, probabilmente, la forza di portarlo avanti. Cercai di dirottare un po’ la conversazione, con risultati mediocri.
Il diverbio telefonico con i miei si prolungò per interminabili minuti.
Cazzo, dovevano capirlo una buona volta: né quella per i Green Day né quella per la chitarra era un’ossessione stupida o superficiale, no, era una passione che mi portavo dentro da tanto, tantissimo tempo, era davvero importante per me! Era una delle non molte cose che mi piaceva veramente! E adesso non era più un miraggio, non era più solo un sogno, adesso stava diventando la realtà. E loro non potevano negarmelo. No, non l’avrei permesso.

Sospirai e mi buttai di peso sul letto: quella telefonata era stata stancante, ma ce l’avevo fatta.
Per fortuna mio padre, suonando anche lui la chitarra e avendo avuto sogni simili in gioventù, era stato un pochino più ragionevole.
Ok, mia madre sarebbe stata incazzata con me per un bel po’, ma almeno avevo raggiunto il mio scopo e mi ero tolta quel peso, e ciò mi pareva un risultato più che buono.
Poco dopo, seduta sul letto, ripresi il cellulare per chiamare i miei amici: Saul in primis, poi avrei chiamato Arianna e i più affezionati tra quelli che avevo conosciuto proprio grazie a loro, ai Green Day, principalmente su un forum a loro dedicato. Un altro motivo per ringraziarli, pensai, un altro motivo da aggiungere alla lista degl’innumerevoli motivi per ringraziare i Green Day.

Appoggiai il telefono sulla scrivania. Ormai era bollente per l’uso prolungato, ma ne era valsa la pena.
I miei amici avevano avuto reazioni differenti, ma tutti erano felici per me e avrebbero dato non so cosa per essere lì, si capiva. Poi con alcuni mi ero persa a parlare anche per mezz’ora, e a differenza della chiamata con i miei, lì i minuti volavano via leggeri. Mi aveva fatto piacere sentire le loro voci amiche, che avevano fatto da contrappeso all’ostilità precedentemente ricevuta. Tra tutte mi tornarono alla mente quella con Saul, poi quella con Arianna, e poi quelle con molti di quei miei amici conosciuti grazie ai Green Day: Gilda, Alessandro, Arianna, Elena, Riccardo, Stefano, Luna, Stella, Francesca, Beatrice, Valentina, Federica, Andrea, Patrizia, Jessica, Luca, Chiara, Miriam, Alice, Manuele, Federico, Giulia…
Sospirai, sorridendo.

Mi alzai dal letto e mi diressi verso la mia chitarra: ormai non avrei dormito più, era inutile anche tentare, e avevo deciso di voler passare un po’ di tempo con lei.
Aprii delicatamente la custodia, sfiorandola con le dita, e presi delicatamente in mano la mia Baby Billie Joe, per poi mettermela a tracolla e tornare a sedermi sul letto.
Data l’ora, decisi fosse meglio suonare in acustico, piano, senza usare l’amplificatore…
Quasi senza accorgermene, mi ritrovai a suonare gli accordi di “Good Riddance (Time Of Your Life)”.
Sorridendo, seguii le mie dita che si muovevano agili e sicure sulla tastiera e sulle corde, cantando in un sussurro.
It’s something unpredictable, but in the end it’s right
I hope you had the time of your life…

Sorrisi.
“Yeah, I’m having the time of my life…” pensai, continuando a suonare.

Ad un tratto sentii delle voci provenire dalla stanza attigua, quella di Billie.
– Cazzo Billie, non è che una ragazzina! – si distinse ad un tratto una voce, più forte.
Smisi di suonare e stetti ad ascoltare, accostando silenziosamente l’orecchio al muro.
Sì, la sapevo anch’io la pappardella che non bisognerebbe origliare, ma di solito i primi che dicono ciò sono anche i primi che lo fanno…
E, non sapevo ancora bene perché, ma in quel momento mi sentii chiamata in causa. Forse erano solo mie suggestioni, magari dovute anche all’insonnia, ma la cosa migliore da fare per verificarlo mi sembrava appunto ascoltare.
– Ma tu non l’hai neanche sentita suonare! Dio, se solo vedessi come ci mette davvero l’anima… È impressionante… –
Quest’ultima era indubbiamente la voce di Billie, l’avrei riconosciuta anche tra mille.
La mia attenzione aumentò, ma le voci abbassarono il loro tono e riuscii a distinguere solo bisbigli confusi dai quali afferravo solo qualche parola qua e là, ma insufficiente a capirne il senso…
Ad un certo punto sentii ancora alzarsi il tono dei due.
– Cazzo James! Ormai sei il nostro manager da anni e anni, azzarderei dire da decenni, ormai mi conosci! Cazzo, per una volta non puoi solo provare semplicemente a fidarti di me? –
Era ancora la voce di Billie, ma questa volta era alquanto alterata.
Poi, ci fu silenzio.
Assoluto silenzio che regnò per diversi minuti.
Poi, dei mormorii confusi e il rumore soffocato di una porta che si chiudeva.
E io rimasi lì, sola tra mille pensieri che si affollavano nella mia mente, mentre la voce di Billie Joe in quelle ultime frasi sentite continuava a rimbombarmi in testa.

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Capitolo 12
*** My dear assholes… ***


Ciao a tutti!
Sì, sono ancora viva.
Scusate l’immenso ritardo (ndQualcuna: potevi anche non tornare eh… xD – ndMe: Ma che simpatica xD), ma oltre a vari impegni, quello che mi ha impedito di continuare a scrivere la fic e a postare, sono stati problemi con questo pazzoide del mio PC, che mi hanno rallentato assai…
However, a chi non l’avessi già detto tramite altri mezzi di comunicazione on-line, buon anno care lettrici!!

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
Un sentito grazie a tutti voi che leggete e (soprattutto xD) recensite ^_^ Non sto scherzando, non immaginate quanto mi faccia piacere!! Continuate così *_* I love you xD *ç*

SilentMoon : Ma ciao Dearly Beloved! Mi fa piacere che ti sia piaciuto lo scorso capitolo, e spero sia lo stesso per questo (ahaha… ho messo dentro anche quella cosa che c’entra con Billie e il mr. ***** di cui avevamo parlato qualche giorno fa su MSN xD. Info per : non è ancora la “grande idea di MSN”, quella devi aspettare ancora un po’ di capitoli prima di poterla scoprire muahahah *Ema e Luna assumono un’aria cospiratrice xD*)
Comunque, non sai quanto l’ho odiata IO quella tipa che m’ha seppellito proprio in QUEL momento… Già, Billie ha ragione, lì ci sono IO e non LEI, ma purtroppo è solo una fic xD… Vabbè, evviva i sogni!! *ç* I know, I’m a stargazer… *w*
PS: Cara, le idee perverse tienile bene da parte che poi ne parliamo ahahahahaha :shifty: xDD
A presto!!

Fujiko Chan : AmantaH! xD
Ahahahah xD le tue recensioni sono sempre stupende, mi fanno spezzare dale risate! Continua sempre così =)
Comunque, ok che ti ho messa prima nell’elenco delle persone che ho chiamato dopo i miei e Saul, ma non è che, come dice un proverbio mi pare, se ti do un dito ti prendi subito il braccio… Cioè, già vuoi venire anche te in Australia? xD No beh, scherzi a parte, mai dire mai, magari tra un po’, nei capitoli successivi, posso farci un pensierino a far venire temporaneamente lì in Australia te e qualcun altro *ç*
“Allora, che cosa vuole JAMES? Si facesse i cabasisi suoi >.< oh e che cavolo!” >> xDD Cosa vuole? È quello che si chiede anche Ema… o.O
E Tré… Beh, che dire, è un mito quell’uomo *-* xD fa morire dal ridere ^^
Beh, basta, ti lascio al capitolo che è meglio xD… Spero ti piaccia ^-^
See you soon

Crazy_Me : Ciao! *-* Eh, sì, la barzelletta di Tré… ahahah ti assicuro che faceva davvero ridere… però mi dispiace, davvero, ma è un segreto: se te la raccontassi pio non so cosa mi farebbe Tré xDD
Grazie mille dei complimenti!! Troppo gentile *ç*… Beh, davvero, mi fa davvero molto piacere che ti piaccia la mia Fic e che non ti annoi, spero continuerai a seguirla e che ti piacciano anche questo e i prossimi capitoli che scriverò…
Alla prossima!

K_BillieJoe : Ciao cara! Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo precedente, spero che questo non ti deluda!
See you next =)

E grazie anche a DearlyBeloved96 : Ciao! Anche se sei arrivata ai primi due capitoli, mi ha fatto davvero piacere leggere la tua recensione! Sono contenta che la fic ti piaccia, grazie dei complimenti! xD Spero che continuerai a seguirla
PS: Anch’io mentre scrivevo i pezzi delle canzoni, li cantavo! xD

E grazie mille anche a tutti voi che aggiungete questa fic alle seguite o ai preferiti!! *_* Grazie di cuore a tutti/e!!


AVVISO: Se cercate un capitolo che abbia qualcosa di serio, non proseguite oltre con lo scroll del mouse… Altrimenti, buona lettura!! xD
Ok, vi lascio al capitolo XD… Keep on rockin’ (and keep on readin’ xD), see you as soon as possible darlings!! *.*





CAPITOLO 12 My dear assholes…


Accarezzai un’ultima volta la tastiera della mia “Baby Billie Joe”, sfiorando le corde con le dita e suonando un ultimo accordo, che risuonò nell’aria per qualche istante, poi nella stanza tornò a regnare il silenzio. Quindi sistemai il plettro tra le corde e rimasi così, seduta sul letto, con la mia chitarra a tracolla, a fissare il muro davanti a me, mentre le tenebre cedevano diradandosi pian piano alla luce dell’alba.
I sit alone in my bedroom
staring at the walls…
I’ve been up all damn night long…

Mentre le note e le parole di “2,000 Light Years Away” attraversavano e riempivano la mia mente, ripensai ancora una volta agli avvenimenti degli ultimi giorni, che indubbiamente mi stavano cambiando e mi avrebbero cambiato irrevocabilmente la vita… Sospirai, abbozzando un sorriso silenzioso, e tornando a immergermi nei miei pensieri.
Nell’aria regnava il silenzio, interrotto solo dal mio leggero respiro e da qualche rara folata di vento che entrava dalla finestra socchiusa, ma le parole che avevo udito qualche ora prima dalla camera accanto rimbombavano nuovamente nella mia mente, e il tono di Billie, sempre più alterato, in contrasto con quello di James, squarciarono nuovamente il corso dei miei pensieri. E con esso tornarono anche mille dubbi, mille interrogativi.
Cosa voleva James?
Cosa non gli andava bene?
Ero io il problema?
Cosa c’era di così sbagliato in me questa volta?
But there’s nothing wrong with me,
This is how I’m supposed to be
In a land of make believe
that don’t believe in me…

Le parole di “Jesus Of Suburbia” riecheggiarono, come in risposta, ma questa volta non fu sufficiente a far tacere le mie domande, i milioni di perché che si affollavano disordinatamente nella mia testa.
Perché…
Perché Billie mi ha dato la sua fiducia?
Perché mi ha difeso da non so bene quale accusa?
Sospirai, non riuscendo a darmi risposte soddisfacenti, e rimasi ferma, con lo sguardo fisso, perso nel vuoto, davanti a me, a pensare, a pensare a tutto e a niente allo stesso tempo.

Ad un certo punto un rumore mi ridestò dalle mie bizzarre elucubrazioni. Sembrava che qualcuno avesse bussato alla porta.
Mi guardai intorno: nel frattempo il sole era sorto e i suoi raggi penetravano nella mia stanza.
Ero rimasta lì per un tempo che non riuscivo a definire… Forse mezz’ora, o forse di più.
Mi alzai pigramente, notando solo in quel momento di avere ancora la mia amata chitarra a tracolla.
– Chi è? – chiesi, sfilandomela e appoggiandola delicatamente nella sua custodia.
– Ema, siamo noi – rispose l’inconfondibile voce di Billie Joe.
Trattenni il respiro e mi fermai per un attimo, bloccata nell’atto di posare la chitarra.
– Possiamo entrare? – domandò poi la voce di Tré, riscuotendomi dai miei pensieri e facendomi tornare nuovamente a respirare.
– Sìsì, certo… Arrivo subito! –
E, senza pensarci, con addosso una t-shirt dei Ramones un po’ abbondante e un paio di pantaloni che avevo dalla sera prima, mi diressi verso l’entrata, feci girare la chiava nella serratura e aprii la porta, trovandomi davanti le facce allegre dei tre.
– Buongiorno! – salutò Tré, con un sorriso stampato in volto.
– ‘Giorno ragazzi! Ciao Tré! – sorrisi.
Poi, con un’espressione probabilmente più seria, guardai Billie, cercando nei suoi occhi una possibile risposta ad almeno uno dei miei quesiti.
– Hey, Ema, what’s up? – mi chiese, guardandomi.
Aveva notato subito la nota interrogativa che aveva assunto il mio sguardo, aveva capito che c’era qualcosa che non andava, qualcosa che mi turbava…
Abbassai lo sguardo.
Avevo mille interrogativi nella testa, ma non riuscivo a chiedergli spiegazioni neanche di uno.
Avevo una gran voglia di chiedere a lui cosa stava succedendo, cosa era successo, cosa diavolo era successo quella notte, perché aveva litigato con James (ma questo avrebbe richiesto anche di dirgli di aver origliato parte del loro diverbio nella mia nottata insonne…), e le mille altre fottutissime domande che da questa derivavano.
Ma, fanculo, non ci riuscivo.
– No, niente… – risposi semplicemente, mentre una vocina nella mia testa ribatteva contrariata e mi dava della stupida.

– Hey, va tutto bene? – domandò poi, mentre scendevamo per far colazione.
– Sì, certo… È tutto ok, davvero, va tutto a meraviglia… Grazie… –
– Sicura? Hai delle occhiaie da far paura! –
– Beh… Ecco… Stanotte non sono riuscita a dormire, ma è tutto ok… – feci una pausa, incrociando tre sguardi interrogativi e un po’ preoccupati – Beh, quando la realtà è un sogno stupendo, probabilmente non riesci ad addormentarti perché sai di non poterne fare uno migliore…
Sorrisi, e i tre musicisti fecero altrettanto.
– Hai chiamato i tuoi o sei determinata a far prendere loro un infarto? – chiese Billie ad un tratto.
– Li ho già chiamati… Stanotte… Beh, da loro era giorno… sai, il fuso orario… –
Billie annuì, guardandomi poco convinto.
– Giuro! – replicai.
– Ok, mi fido… Allora? –
– Abbiamo litigato… Ma, alla fine, tutto ok… – risposi brevemente, raggiungendo il nostro tavolo.
Non accennò al diverbio della notte prima con il loro manager, e io neanche.

– Fa caldo, siamo in Australia… Che ne pensate se ci facciamo un giro al mare? – propose Tré, dopo mangiato.
Accogliemmo la proposta volentieri, con allegria.
– Bene, prendiamo le cose e andiamo allora! – disse Tré, poi rise – Spiaggia, mare, ragazze… Aspettatemi! –

Scendemmo dall’auto, richiudendoci le portiere alle spalle, e ci incamminammo in una stradina che attraversava una piccola pineta che si stagliava davanti a noi.
Già dopo pochi passi, tra le rigogliose fronde verdi e i tronchi, intravidi il litorale: una striscia di sabbia bianca, candida, si estendeva a pochi passi da noi, e dopo questa l’azzurro cristallino, profondo, del mare, con miliardi di sfumature che andavano dal verde-acqua all’azzurro al celeste al blu oltremare… Mentre il sole creava sulla superficie leggermente increspata dell’acqua meravigliosi giochi di luce.
– Wow… – mormorai.
– Stupendo, vero? – chiese Mike.
Annuii.
Sì, era tutto fottutamente stupendo.
Stupendo il tempo, stupendo il panorama, stupendo il posto, e soprattutto era stupendo essere lì con loro.
Tré iniziò a correre urlando verso la spiaggia, rompendo la tranquillità del luogo, mentre Billie lo imitava. Io e Mike ci guardammo ridendo, e ci unimmo divertiti agli altri due, irrompendo sulla calda e soffice sabbia.
Era ancora abbastanza presto, e probabilmente sia per questo motivo, sia perché la spiaggia, benché meravigliosa, fortunatamente non era delle più note e affollate, non c’era nessun altro all’infuori di noi.
– Non c’è nessuno neanche ‘sta volta? Niente ragazze? – chiese Tré.
– Tré, mi sa dovrai rassegnarti a non dare spettacolo… E poi è meglio poter fare quel cazzo che vogliamo senza mille persone attorno, che magari si accorgono che siamo i Green Day e allora apriti cielo! You know… E devi sperare che nel caso siano “solo” fans, perché se ci trovi anche paparazzi, giornalisti e tizi vari puoi dire addio alla tua fottutissima giornata di sano fancazzismo e divertimento… – rise Billie.
– Già… E magari è la volta buona che la smetti di fare il coglione con tutte le tipe che vedi in spiaggia come l’ultima volta… – commentò Mike, trattenendo una risata.
– Ma io non ho fatto il coglione con… – cercò di ribattere il batterista.
– No, vero? – lo interruppe Billie, ironico.
– E vabbè, avete ragione voi… Però due contro uno non vale! – ribatté facendo finta di mettere il broncio.
– Eddai, Tré, lo sai che a noi piaci proprio perché sei così come sei, coglionaggine inclusa! – disse Billie.
– Poi magari qualcuno arriverà… E nel caso noi ci divertiremo a vederti in azione! – rise il bassista, seguito da me e Billie.
– Ok… – disse Tré – Beh, ma che cazzo stiamo aspettando? Perché siamo ancora qui come quattro deficienti? – urlò poi, ridendo.
Quindi buttò per terra lo zaino, si levò velocemente maglietta e pantaloni e corse verso l’acqua, buttandocisi dentro.
– Qui si sta da Dio! Hey, che cazzo aspettate a venire? – ci urlò.
Billie e Mike buttarono a loro volta gli zaini mezzi vuoti accanto a quello di Tré e si spogliarono anche loro, restando in costume.
Io invece rimasi immobile come un’emerita cogliona, fissandoli, osservando loro, le loro espressioni, i loro corpi fottutamente magnifici, i loro tatuaggi che mi avevano sempre attratto e incuriosito, mentre il mio cervello iniziava a fare ragionamenti senza un apparente senso logico… Ancora in stato di trance, notai che Billie Joe mi si avvicinò, guardandomi con quei suoi grandi occhi verdi, incontrando il mio sguardo perso, come incantato, che si rifletteva nel suo…
– Hey… Ema? Ema, ci sei? –
– Eh? – dissi, col tono di una che si è appena ridestata – Ah… Sì, sì, ci sono! –
– Alright darling… – mi sorrise, scompigliandomi i capelli.
Sorrisi anch’io, cercando di risvegliarmi completamente da quello stato di trance, mentre pian piano il mio cervello riprendeva a far ragionamenti con un qualcosa che poteva essere definito “senso logico”…
Buttai quindi anch’io il mio zaino accanto agli altri tre, mi svestii, e corsi insieme a Billie e Mike verso l’acqua verde-azzurra, cristallina, che ci attendeva invitante. Raggiunta la riva, ci buttammo tutti e tre, generando vari spruzzi che raggiunsero Tré, che ci schizzò a sua volta, ridendo e imprecando perché ne aveva bevuta un po’.
Sin da appena entrata, venni subito accolta da quell’acqua meravigliosa, limpida, che mi accolse con la sua fresca carezza, refrigerandomi dalla calura…
Già, qui faceva davvero caldo, era piena estate… E pensare che qualche ora prima i miei amici dall’Italia mi avevano ricordato il freddo che c’era lì e mi avevano detto che aveva iniziato anche a nevicare nel Nord… Mi venne in mente che, se tutto fosse stato come al solito, in quel momento probabilmente avrei dovuto essere seduta dietro un banco di scuola, a Milano… Ma invece io adesso ero lì, nell’acqua del mare Australiano (anzi, dell’Oceano…), e i tre che si stavano spruzzando e saltando addosso ridendo come ragazzini davanti a me erano niente di meno che i Green Day. Sì, ero in Australia, per suonare e divertirmi con i membri della mia fottutissima band preferita, quella che riusciva sempre a comunicarmi qualcosa con le sue canzoni e con i suoi ideali, che, con le sue canzoni, mi aveva aiutato mille volte nei momenti difficili, che mi aveva insegnato a non arrendermi, a continuare sempre ad essere me stessa, affrontando le difficoltà, ma anche che mi aveva fatto vivere momenti meravigliosi, indimenticabili, che mi aveva fatto conoscere gente stupenda, che indirettamente aveva migliorato la mia vita in mille modi diversi, ed ora stava cambiandomela in meglio direttamente
Adesso io ero lì con loro.
Ci conoscevamo, cioè, loro mi conoscevano da poco più di 48 ore, e già mi trattavano quasi come se fossimo vecchi amici.
Era… Era straordinario…
Era tutto dannatamente stupendo…
E quasi non mi rendevo ancora conto che fosse tutto reale.
Un’ondata di fredda acqua salata in faccia mi fece tornare di colpo alla realtà, riscuotendomi dai miei pensieri e dalle mie riflessioni appena in tempo per intravedere qualcosa, o meglio, qualcuno, che identificai poi come Billie, saltarmi addosso, ma non abbastanza in tempo per scansarmi.
Quello che vidi l’istante successivo fu il fondale sabbioso sotto di noi, dei movimenti confusi, probabilmente i nostri, e l’acqua marina, della quale, presa alla sprovvista, ingurgitai un sorso. Rimasi sotto per un tempo indeterminato, forse un paio di secondi, per poi tornare a galla, respirando a pieni polmoni, tossendo e sputando acqua salata.
– Ma che cazz… – fu la prima cosa dissi.
Cercai di guardarmi attorno, con ancora la vista annebbiata dall’acqua. Come la gola, anche gli occhi mi bruciavano terribilmente, e li strizzai più volte, cercando invano di far passare il bruciore e recuperare la vista.
– Billie! – urlai, appena misi a fuoco – Cazzo, sei un coglione! –
Per tutta risposta, lui continuò a ridere.
Tossendo, gli sputai addosso dell’acqua che mi era rimasta in gola.
Fece una bracciata, riavvicinandosi a me, smettendo di ridere e mettendosi una mano davanti alla faccia a mo’ di scudo, lasciando però che l’intravedessi.
– Hey… Ti ho fatto male? – chiese cautamente.
– No, ma mi hai solo fatto prendere un colpo, scemo! – risposi, ancora tossendo, con un tono che voleva essere arrabbiato, ma che lasciava trasparire i segni di un’imminente risata.
– Scusa… Non volevo… Davvero, non era mia intenzione –
Abbassò la mano e mi fissò sincero, con quei suoi occhi di smeraldo che riflettevano l’immensità marina che si estendeva intorno a noi.
– Ok… Ti scuso… Ma prima… –
Interruppi di colpo la frase, lasciandola in sospeso e buttandomi addosso al chitarrista, ripetendo ciò che lui aveva fatto prima con me, ma invertendo le parti.
Pochi istanti dopo, anche lui ritornò in superficie tossendo e sputacchiando, con gli occhi un po’ arrossati, come i miei, stupito e un po’ stordito.
– Hey, asshole! – furono le prime parole che mi rivolse, ridacchiando.
Poi, mi sentii afferrare una gamba. Mi voltai di scatto e lo vidi scoppiare a ridere.
– Cretino! Adesso che diavolo vorresti fare? – dissi con un tono divertito.
Nel frattempo Tré ne approfittò per afferrarmi un braccio, ad un suo cenno, e poco dopo Mike mi afferrò anche l’altro.
Non riuscivo a divincolarmi.
Oh merda.
Mi avevano immobilizzato.

– No, davvero! Cretini, che diavolo volete fare? Lasciatemi giù, stronzi! –
Questa volta il mio tono era anche un po’ spaventato, vedendo che i miei tentativi di liberarmi da quella posizione erano vani.
In tutta risposta, i tre risero, mentre Billie mi bloccava definitivamente anche l’altra gamba.
Imprecai: adesso iniziavo davvero ad avere un po’ paura…
Ruotai leggermente la testa e guardai fugacemente verso la riva: non era arrivato nessuno, eravamo solo noi quattro.
Oh cazzo.

Mi sentii in trappola.
– Si può sapere che cazzo volete farmi? – urlai, ripetendo la domanda per la terza volta.
Provai a divincolarmi per l’ennesima volta, ma con risultati addirittura peggiori dei precedenti, per quanto potesse essere possibile.
Mille idee, mille dubbi, mille paure attraversarono la mia mente.
Alzai di nuovo la testa, tremando, e mi guardai intorno, smarrita, completamente smarrita, incrociando lo sguardo di Billie.
Mi sorrise, sostenendo il mio sguardo, e allentando leggermente la presa che mi immobilizzava le gambe, impedendomi però comunque di liberarmi.
Stronzo.
– Hey… Don’t worry! Non hai niente di cui dover aver paura! – mi disse poi, con tono pacato.
Lo fissai con aria interrogativa, ancora smarrita.
Mi mancava quasi il respiro, sia per gli sforzi inutili fatti per cercare di liberarmi, sia per la posizione in cui ero, sia per l’ansia, il disorientamento, e il timore che avevo, nonostante lui mi avesse detto di non averne e la sua frase mi rimbombasse nelle orecchie, non riuscendo però a rassicurarmi molto.
Ad un tratto, Billie fece un segno a Mike e Tré, che mi lasciarono le braccia, mentre lui eliminava la pressione che esercitava bloccandomi le gambe.
Nel momento in cui fui di colpo libera, persi l’equilibrio, ribaltandomi e cadendo sott’acqua.
Annaspai cercando di riacquistare l’orientamento, combattere contro l’acqua che mi era entrata nuovamente nel naso, nelle orecchie, negli occhi e nella bocca, e tornare in superficie. Ad un tratto sentii due braccia afferrarmi saldamente per la vita e riportarmi su.
Un secondo dopo rividi finalmente la luce del sole e potei respirare, saziando i miei polmoni avidi d’aria, che arrivava loro insufficiente da un po’ di tempo a quella parte, all’incirca da quando Billie, Mike e Tré mi avevano bloccato in quella “strana” posizione, fino a che era stata sostituita dall’irritante acqua salata…
Ancora una volta tossii sputando l’acqua ingoiata e mi strofinai gli occhi per eliminare il velo che mi impediva la vista.
La prima cosa che il mio sguardo incontrò fu il suo, in cui lessi pazzia, divertimento, ma anche conforto e forse un po’ di preoccupazione.
Mi accorsi di essere praticamente abbracciata a Billie Joe. Sentivo le sue braccia intorno alla mia vita che mi sorreggevano, la sua pelle, bagnata, irresistibile, con i suoi tatuaggi bellissimi e significativi, a contatto con la mia. I suoi occhi erano fissi nei miei, probabilmente in cerca di un qualche segno.
Ebbi un tremito.
Grazie, stronzo – gli dissi.
– Figurati… E di che? – rise, con quella sua risata adorabile, facendo spallucce.
Lo odiavo quando faceva così.
Lo odiavo perché non riuscivo ad odiarlo.
Lo so, sembrava una cosa senza senso, ma nella mia mente ne aveva eccome…
Gli sorrisi, abbracciandolo anch’io.
– Comunque, davvero… Non volevo… – alzò lo sguardo cercando quelli di Mike e Tré, poi continuò – Non volevamo farti niente di male, prima… –
Niente di male… da che punto di vista? – chiesi ridendo.
– Non so… You know… Dal mio… Da quello di Mike e di Tré… You know… Forse… Sì, anche dal tuo penso… –
– Ok, ma bloccandomi così mi avete un po’… come dire? Spaventata? –
– I didn’t want it, darling… –
Ok, my dear assholes… – sorrisi.
– Prima o poi mi farete venire un accidente! – aggiunsi dopo una brave pausa, ridendo.

Uscimmo dall’acqua tremando, sia per la differenza di temperatura, sia, soprattutto, per il vento che, seppur leggero, sferzava, parendoci ora gelido, i nostri corpi. Corremmo verso i nostri zaini e, tirati fuori degli asciugamani da spiaggia, ci buttammo sopra questi, lasciandoci cadere, stanchi dopo quella che probabilmente era stata qualche ora in cui avevamo fatto gli scemi, scherzato e nuotato.
Quei tre erano proprio degli eterni ragazzini!
Prima o poi mi avrebbero procurato un accidente, sì, ma non mi divertivo così da un’eternità!
Guardai in alto, sovrappensiero: il sole era ormai sopra di noi, doveva essere, a occhio e croce, circa mezzogiorno.
– Mangiamo qualcosa? – propose infatti Tré.
Accettammo all’unanimità, mentre Tré iniziava già a tirare fuori dallo zaino degli enormi panini, imitato poco dopo da tutti, per poi passarci quattro bottiglie di birra, una a testa.

Finito di bere e mangiare (anche sarebbe più corretto dire “divorare”), ci sdraiammo sulla sabbia, facendoci accarezzare dai raggi di sole, per riposarci un po’ prima di riprendere a fare i cosiddetti “scemi”.
Quindi, tirai fuori dallo zaino il mio carissimo lettore MP3, mi infilai le cuffie, impostai la riproduzione casuale, premetti il tasto Play e chiusi gli occhi, facendomi trasportare dalla musica, che raggiunse subito il mio cuore, la mia anima, i miei pensieri…
Dopo 4 o 5 brani, iniziò un brano live bootleg: lo capii subito dall’atmosfera di sottofondo dei primi secondi. Poi, attaccò la chitarra. Riconobbi subito di che brano si trattava: Jaded.
Quando sentii la voce di Billie dire “All right… Milano!!” il mio cuore si fermò per un secondo, riportando con sé i mille ricordi di quella sera… Aprii gli occhi e detti una veloce occhiata al display dell’MP3: “Green Day – Jaded (Live in Milan 2005)” lessi mentalmente. Ah, quanto avrei voluto anche nel 2005 andare a vederli, ma ero ancora “troppo piccola” e avevo scoperto troppo tardi del concerto, e me l’ero perso… Deglutii, scacciando quel pensiero e cercandone altri che mi facessero star meglio, e avevo solo l’imbarazzo della scelta!
Poi, la canzone terminò e Billie iniziò a presentare i membri della band… Scacciai i pensieri dalla mente concentrandomi su quello: di solito ci metteva sempre qualche battuta… Era la prima volta che ascoltavo quel brano, l’avevo caricato sull’MP3 appena due giorni prima dell’improvvisa partenza con loro, ma ero sicura che ce ne aveva messa qualcuna…
“Ladies and gentlemen...” continuò la voce di Billie registrata, tra le urla “originally from Milano, Italy...”
Per un attimo rimasi confusa: un musicista dei Green Day di Milano?
“Ladies and gentlemen, the best fuckin' drummer in rock n' roll... Mr. Tré Cool!!”
Mi venne istintivamente da sorridere.
Cosa non si inventavano quei tre, per coinvolgere noi, il loro pubblico.
Seguirono mille applausi e urla, poi la voce di Billie aggiunse “...And my name is Cazzo!
Sgranai gli occhi: non ero convinta di aver sentito bene. Tornai indietro di qualche secondo e riascoltai.
Sì, l’aveva detto davvero, non l’avevo solo immaginato!
Solo Billie Joe e i Green Day potevano venirsene fuori con qualcosa del genere, o con tutte le altre cose che dicevano ai vari concerti… Ed era anche per questo che li amavo.
Scoppiai irrimediabilmente a ridere.
Sentii un’ombra sopra di me; aprii gli occhi e vidi Billie, girato dalla mia parte, che mi guardava. Probabilmente non aveva capito perché diavolo avessi iniziato a ridere così, senza un motivo che lui potesse comprendere.
– Hey, ciao Mr. Cazzo! – lo salutai allegra, ancora ridendo.
– What? – chiese lui, non capendo.
– Ehm… Mr. Cazzo! Mr. Dick in English… –
Sgranò gli occhi.
– Da… Da dove l’hai tirata fuori questa? – mi chiese poi ridendo.
– Veramente l’hai tirata fuori tu, al concerto di Milano il 16 gennaio 2005, dopo aver presentato Tré, Mike, Jason e tutti gli altri… Alla fine sei uscito con un “And my name is Cazzo!” –
– Ah… già… – rise – Una delle parole italiane che mi ero fatto insegnare! –
– Se vuoi te ne insegno altre io, poi… Ce ne sono parecchie che potresti imparare… – proposi allegra, con una leggera nota maliziosa nella risata.
– Oh, thanks –
– Ma figurati, è un piacere – risposi, mentre ridevamo ancora.
E quindi… il mio nome è Cazzo…
– Già –
In quel momento un rumore, che identificai come il mio cellulare che suonava, ci interruppe.
Guardai il display.
Oh shit! – commentai.
– Che c’è? –
– È quella stronza della Beatrice… Ma che cazzo vuole? – dissi irritata, mentre stavo per rifiutare la chiamata.
– Hey! Aspetta, non mettere giù, mi è venuta un’idea! – disse ad un tratto Billie – È quella testa di cazzo che ti sta sulle palle, quella a cui hai tirato un pugno prima di partire, giusto? –
Annuii.
– Com’è che si chiama, scusa? –
– Beatrice… –
– Beatrice – ripeté lui, con il suo buffo accento Americano.
Lo guardai perplessa, non capendo quale strana idea stesse attraversando la sua mente.
– Fa’ rispondere me – disse poi – Metto in vivavoce… Preparati che c’è da ridere adesso –
Ancora non avevo capito cosa volesse fare, ma gli passai comunque il telefono.
– Hello! – rispose Billie.
– Eh? Pronto? – sentii la sua voce sguaiata dall’altro capo del telefono.
– Yeah, hello! –
– Scema smettila di fare la deficiente e parla con la tua voce di merda, e in Italiano, cazzo! –
Trattenni a stento una risata a tradussi a bassa voce a Billie ciò che aveva detto, facendo in modo che Beatrice, dell’altro capo del telefono e dell’emisfero, non mi sentisse.
– Oh, I can’t, I’m sorry. Can YOU speak in English, please? – chiese Billie, facendo finta di essere educato, trattenendo in realtà un’enorme risata.
– Cos’è, pensi di fare la superiore? Guarda che lo so anch’io l’Inglese eh… – ribatté lei, in un’Inglese molto sgrammaticato, da ignorante qual’era.
– That’s ok – mentì lui.
– Ok, però adesso ascoltami bene, stronza… Non è che se te lo dico in Inglese cambia il senso eh… Ema, sfigata di merda, dove cazzo sei che ti devo menare? –
– I’m not Ema –
– E chi cazzo sei allora? –
– I’m Mister Cazzo – disse Billie.
Il suo tono risultò serio, e riuscì a nascondere alla perfezione le risa, che anch’io ormai facevo davvero molta fatica a trattenere.
– Sì, e io sono figa, lo so – rispose sghignazzando volgarmente.
– No, really, my name is Mr. Cazzo! –
– Ma va’ a cagare, va’… – continuò nel suo sguaiato inglese maccheronico – Almeno sei figo, Cazzo? –
Io e Billie stavamo scoppiando a furia di trattenere le risate.
– Oh, certo… Più di te sicuramente, cara
– Ok, sarai figo ma non più di me –
– Scommettiamo? –
– No, tanto ho ragione io –
– Secondo me sai che perderesti la scommessa invece – provocò lui, avendo capito il tipo che era.
– No… È solo che non vorrei avvilirti, caro Cazzo, poi mi verrebbero i sensi di colpa, sai, se tu non potessi più usare il tuo cazzo di nome… – si fermò un attimo, sghignazzando da sola – Perché io posso, tu no. –
E cos’è che potresti, idiot bitch? – chiese, provocandola ancora, cercando di controllare la sua voce e tenere a bada le risate – Succhiarmelo, per caso? – aggiunse poi.
Guardai Billie, abbastanza sorpresa, anzi, neanche molto sorpresa.
Anche la sua faccia era buffa: tra poco sarebbe scoppiato a ridere, come stavo per fare io. Mi tappai velocemente la bocca con una mano per soffocare le risa e continuai ad ascoltare.
– Sì, io posso tutto. – disse poi, dopo qualche secondo di silenzio – Però mi sa tanto che sarai tu a dovermela succhiare, perché io sono più figa, te l’ho detto. –
– Ma vaffanculo, motherfucker, che qualcuno ti… che qualcuno ti impali, stronza, troia del cazzo! – rispose Billie, con una nota di cattiveria nella voce.
Scoppiò a ridere, seguito a ruota da me.
Da dove l’aveva preso quel “che qualcuno ti impali”?
Boh, comunque fosse, era perfetto per quella stronza.
La voce di Beatrice ribatté sguaiatamente qualcosa in dialetto, dall’altra parte del telefono, ma Billie le chiuse bruscamente la telefonata in faccia, mentre quasi ci rotolavamo per terra dal ridere e ci davamo il 5.

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Capitolo 13
*** I feel so useless ***


Hi, my dears! xD
Anche questa volta, scusate il ritardo con il quale posto, ma in questo periodo è pieno di impegni, a scuola ci pressano come non so cosa con verifiche e interrogazioni di ogni genere… E inoltre per me è, sotto alcuni aspetti, anche un periodo un po’ di cacca u.ù… [e a volte sempre proprio che, per dirla con una citazione dei Green, “Nobody likes you, everyone left you, they’re all out without you, having fun…” =( e a ciò si aggiungono anche i/le rompiballe, vedesi anche la Beatrice nominata più volte in questa fic -.-“]
Tornando a noi….

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
Ancora grazie, grazie e ancora grazie a tutti voi che leggete e recensite e mi sostenete… Mi fa davvero tanto tanto tanto tanto piacere xD GRAZIEEEEEEE!!! *ç* Vi voglio bene!

SilentMoon : Dearly Beloved *ç*!
Soddisfatta dello scorso capitolo eh? xDD Sì, ci ho messo tutto, il caro Mr. Cazzo, la Beatrice… e altre mille cazzate inventate sul momento che mi fa piacere ti siano piaciute! xD
Sì, ormai manca davvero poco all’”idea primordiale”, all’idea che qualche tempo fa abbozzammo su MSN e che molto probabilmente prenderà forma scritta nel prossimo capitolo! xD odeo… ahahahahaha già me la immagino… xDD *ç*
Adesso però non possiamo lasciare la carissima Gì (Fujiko_Chan) senza l’arcano di svelare qualche nostra strampalata idea xD poi si offende eh… Dai, Gì non preoccuparti che rimedieremo presto muahahah xDxD
Beh, ciao carissima, e grazie di tutto (e con “di tutto” intendo tutto, sia inerente alla fic che non xDD)
See you soon *ç*

Fujiko Chan : Ed ecco anche la mia amantaH! xD
Ma quanto amo le tue recensioni? xDD ahahahaha sono stupende, davvero, mi fan sempre morire dal ridere *ç* semplicemente le adoro, continua così, perché ormai non potrei più farne a meno ^-^ xD
Coooomunque… Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto… e che ti piacciano anche i pezzi di canoni inseriti a random nei capitoli xD (beh, comunque devi sapere che il giorno in cui ho scritto il capitolo precedente era il giorno in cui ero DAVVERO fissata con 2,000 Light Years Away, che non mi usciva più di testa, e mi ero trovata a cantarla anche a scuola più volte xD e quindi è finita immancabilmente anche nella fic xD)
Embè, i tre eterni ragazzini in spiaggia… ahahahah… e Guglielmino Giuseppino (o.O intendo Mr. Cazzo… Ehm… intendo Billie Joe xD)… xD *ç* (e quelle due faccine commentano tutto u.ù)
E la telefonata con quella stronzetta della Beatrice (sorry, dovrai sopportarla ancora un po’ nella fic mi sa xD)… Beh… xD comunque mi fa piacere anche tu l’abbia gradita… Poi pensa che il giorno dopo aver scritto il capitolo, vedendo la Beatrice a scuola mi immaginavo il tutto e sono scoppiata a ridere guardandola senza che nessuno capisse il perché ;-) xD
o.O … *-*… Davvero t'è piaciuta quella frase ("Beh, quando la realtà è un sogno stupendo, probabilmente non riesci ad addormentarti perché sai di non poterne fare uno migliore…")?? No, non è una citazione, è frutto della mia mente xD *_*
Vabbè, sto scrivendo troppo xD, ci sentiamo presto cara! E grazie ancora, anche per sostenermi e avermi detto che il capitolo che sto per postare non fa schifo xD (meglio se dico qualcosa dopo a riguardo, se no qui scrivo davvero troppo xD). Ciao!!! *ç*

Crazy_Me : Ciao cara!
XD Eh beh, Ema mi dice che quella non era una posizione molto rassicurante, senza alcuna via di scampo, e che quindi hai fatto bene a preoccuparti pure tu xDD buahahah ok, basta. *sclero time modalità OFF”
Eh, sì, ci sono parecchie canzoni che conosco anch’io ad aver titoli simili o addirittura, come in questo caso, identici xD e “Jaded” è molto gettonato a quanto pare (io conosco come te quella degli Aerosmith e dei Green Day,ma mi han detto ce ne siano anche altre xD)…
Bella la conversazione con Beatrice...Mi sarebbe piaciuto sentire il nome pronunciato da Billie, con il suo accento americano! Magari senza i vari "fuck, fucking, motherfucker ecc...di fianco" :D --> Sono lieta che sia piaciuta anche a te xD… Però, mi dispiace, ma mi sa che dovrai abituarti a leggere il tuo nome riferito ad una tua omonima alquanto odiosa… xD
Beh, ciao, alla prossima!! *-*

Green Star 90 : Carissimaaaaaaa *ç*! Tu qui? A leggere il frutto della mia pazzia mentale xD? Ma quale onore! *___* (sbriluccico in tuo onore, contenta? u.ù xD)
Comunque… Purcella io?? xDD Ok, lo ammetto, però purcella anche tu che vai a immaginarti pure tutti i dettagli xD ahahahah E poi scusa, Stellina cara, ma secondo te chi è che mi ha contagiato aumentando in gran quantità la purcellaggine nascosta in me? Non per dire, ma tra i vari nomi il TUO spunta di gran lunga tra tutti!! xD (Ma io ti voglio bene, ANCHE per questo xD)
James… Eh… C’è una lista delle cose che avrebbe da ridire xD… Prima o poi (forse) verranno fuori… xD
Comunque, mi fa davvero piacere che tu non reputi una schifezza quello che scrivo xD sì, dall’inizio son migliorata (*-*) e spero di poter migliorare ancora… Grazie del consiglio… Il problema potrebbe essere anche il fatto che spesso non rileggo ciò che scrivo e/o ciò che ho scritto, e quindi c’è maggior probabilità che io possa andare incontro a ripetizioni, soprattutto magari di alcuni vocaboli… Ok, d’ora in poi presterò più attenzione ;-)
Spero che tu continua a leggere xD
A presto! *ç*

E grazie mille anche a tutti voi che avete aggiunto questa fic alle seguite e/o ai preferiti!! *_* - Fujiko_Chan, Green Star 90, Helena89 (cara, dove sei finita? È da un casino che non ti sento… I miss you ç_ç), Mary17, micky_malfoy87, millape, ZofouArtemis, 801_Underground, cerere, Crazy_Me, DearlyBeloved86, Jayden Akasuna, K_BillieJoe, Sybille… Grazie di cuore a tutte!! *-*
E se non chiedo troppo, quando riuscite, mi farebbe davvero piacere se lasciaste un commento, anche piccolo, giusto per sentire la vostra presenza e per sapere cosa ne pensate ^-^


Ok, ora basta che se no il commento diventa più lungo del capitolo xDD… Buona lettura… See you soon *ç*

NOTA DELL’AUTRICE: Premetto che questo capitolo l’ho scritto in un momento di gran malinconia… L’altro giorno, per l’esattezza… Ero parecchio giù di morale, arrabbiata e molto triste… E per di più mi ero fatta male al polso e non potevo sfogarmi neanche suonando… Lo so, non è il massimo… Onestamente, non l’ho quasi neanche riletta, e mi vergogno un po’ di postare quello che ho scritto: in normali situazioni non sono così… Non avevo neanche intenzione di postarlo, anzi… Però non ho avuto l’accortezza di cancellarlo in tempo e la mia amica, quella che mia ha costr…ehm… convinto a postare i primi 2 capitoli della fic e a continuarla (e per questo la devo ringraziare per svariati motivi xD) mi minaccia con un coltello (di plastica, ma son dettagli u.u xD) se non la posto…
E inoltre, ieri sera, dopo varie volte che insisteva, ho fatto dare una veloce lettura in anteprima a Fujiko_Chan (Gì *ç*) che sostiene non sia così terribile e mi ha convinto definitivamente a copiarla qui in html e premere il pulsante in fondo alla pagina per inviarla… (nota: di solito nessuno legge niente in anteprima, però sta volta era un caso particolare… e poi così siamo pari xD dato che ormai saranno mesi che la povera [?] Gì si scervella a cercare di capire quale sia il “malefico” piano abbozzato con SilentMoon su MSN ma di cui non riesce ad estorcerci alcuna informazione xD… vabbè tanto molto probabilmente nel prossimo capitolo troverai la risposta xD)
Quindi… o voi che leggete, non valutate male, e non prendetemi in giro per il resto dei miei giorni per ciò xDD
Vi prometto che il prossimo avrà certamente una nota più allegra (oh sì… muahaha xD)

Ok, ora vi lascio davvero al capitolo, spero di non deludervi ^-^




CAPITOLO 13 I feel so useless


Entrai in camera, chiusi la porta e mi buttai sul letto.
Il polso sinistro mi faceva un male atroce.
Imprecai a bassa voce.
Sì a bassa voce, perché quella mattina mi ero accorta di non averne più, di voce. E fino alla sera prima invece c’era, quella bastarda. E non avevo neanche gridato.
Col braccio sano, tirai un pugno al cuscino.
– Vaffanculo! – gridai in un sussurro – Proprio adesso dovevo stortarmi un polso, per di più il sinistro? – tirai un altro pugno al cuscino – E ci si mette pure ‘sta fottutissima voce che oggi decide di andarsene senza motivo. Vaffanculo, cazzo! –
Mi accorsi di avere gli occhi lucidi. Me li asciugai col dorso della mano destra e tirai su col naso.
Sentivo le lacrime che forzavano per uscire, ma le trattenni, tirando un altro pugno.
Non me ne fregava niente in sé e per sé che mi faceva male il polso.
Ma me ne fregava che quel dannato polso mi serviva per suonare la chitarra e che se era in quelle condizioni non riuscivo a piegarlo e di conseguenza a suonare.
E per di più due giorni dopo avrei dovuto suonare al primo concerto del tour australiano con i Green Day.
E a causa di quel dannato polso non avrei più potuto.
Cazzo.
Mi tornò ancora alla mente la parte del diverbio tra Billie e James che avevo udito la prima notte in hotel, pochi giorni prima…
Billie Joe mi aveva dato la sua fiducia e io lo ripagavo così…
Abbandonando lui e i Green Day quando avevano bisogno di me.
Deludendo lui, Mike, Tré e me stessa.
Tirai ancora su col naso.
Ero una scema. Un’inutile scema. Un’inutile scema che peggiorava le cose invece che migliorarle…
Mi sentivo maledettamente triste e incazzata con me stessa.
Probabilmente, disastro qual’ero, non mi meritavo neanche di essere lì, con i Green Day.
Cos’avevo di così speciale da aver fatto sì che Billie Joe scegliesse proprio me come seconda chitarra per il resto del tour?
In quel momento riuscivo a vedere solo difetti in me.
La rabbia, il dolore, la collera e l’odio verso di me, la tristezza, la paura di deludere Billie e i Green Day, e di conseguenza la depressione, la malinconia, stavano alimentandosi a vicenda in un ciclo continuo e terribile, prendendo possesso di me, trascinandomi sempre più nel baratro
Ad un tratto venni risvegliata da questi miei pensieri sentendo bussare alla porta.
Probabilmente si trattava di uno scocciatore: non avevo alcuna voglia di alzarmi e andare ad aprirgli.
Qualche secondo dopo però sentii bussare ancora.
Mi sedetti sul letto, imprecando perché avevo appoggiato male il polso sinistro e ciò mi aveva procurato una fitta di dolore ulteriore.
Il tale dietro la porta bussò una terza volta, con più decisione e forza.
Cocciuto il tipo.
Decisi di andare ad aprire, data la tanta insistenza, almeno per poterlo mandare a fanculo e dirgli di non rompermi più, e soprattutto non in quel momento
– B-Billie? – chiesi sorpresa, con un fil di voce, aprendo leggermente la porta.
Lui.
Vederlo mi fece tornare le lacrime agli occhi. Cercai di resistere all’impulso di piangere e lo feci entrare, richiudendo la porta alle nostre spalle.
Little girl, little girl why are you crying? Inside your restless soul your heart is dying… – mi canticchiò a bassa voce, con fare interrogativo.
Scossi la testa.
I feel so useless… – risposi sommessamente.
No, you’re not… – ribatté abbracciandomi.
– Sì invece – controbattei, abbracciandolo a mia volta col braccio sano, trovando un po’ di conforto in quella stretta.
– E perché mai? –
Perché sono una scema, Billie. – abbassai lo sguardo, poi continuai – Sì, lo sono. Perché sono caduta dalle scale due giorni prima del primo concerto. Perché mi sono stortata il polso sinistro e adesso mi fa un male atroce, cazzo. E oggi pomeriggio dobbiamo provare i pezzi. E io non riesco neanche a piegare questo dannato polso. E quindi non posso suonare… Capisci, non posso suonare. A voi serviva un chitarrista e io per un fottutissimo imprevisto dovuto ad una mia fottutissima distrazione mi storto il polso e non servo più a un emerito cazzo, lasciandovi quando avreste bisogno di me. Una cosa dovevo fare, e non posso più farla. Sono un disastro, ecco cosa sono: un disastro. – feci una pausa e tirai su col naso – Mi dispiace, Billie… Non sai quanto… – Non riuscii più a parlare: un groppo in gola mia aveva tolto anche quel poco di voce che mi rimaneva.
Lui mi lasciò sfogare, ascoltandomi in silenzio.
Per tutta risposta, mi strinse ancora di più a sé. Adesso riuscivo a sentire il battito del suo cuore, il suo respiro, il suo odore: un misto tra dolce ed acre, tra amore e rabbia…
The son of Rage and Love…

Per un attimo mi dimenticai del polso che mi provocava un dolore lancinante, della voce che non avevo, di ogni problema… Per un attimo trovai qualcosa che poteva assomigliare alla felicità e desiderai che il tempo si fermasse. Ma, come anch’io sapevo, ciò non era possibile: il tempo continuò a scorrere e con esso il polso tornò a farmi male, facendomi tornare in mente i miei problemi, mentre quel terribile miscuglio di rabbia e tristezza ritornava a impossessarsi di me e a logorarmi.
Lottavo sempre più duramente per non piangere: piangere era l’ultima cosa che avrei voluto fare.
Billie mi passò una mano sul viso, poi con un gesto dolce ma risoluto mi sollevò il mento di qualche centimetro e mi guardò negli occhi.
Sentii i miei inumidirsi: cazzo, così rischiavo di perdere la mia battaglia contro quelle lacrime bastarde, e cercai quindi di abbassare lo sguardo.
Tentativo vano, perché Billie mi disse esplicitamente di guardarlo negli occhi e dovetti rialzarli.
Aprii la bocca, ma non ne uscì alcun suono.
– Senti, – mi disse quindi, risoluto – togliti subito dalla testa di essere inutile, ok? Tu NON sei per niente inutile. Né tantomeno una scema o un disastro, alright? – fece una breve pausa, fissando il suo sguardo nel mio, durante la quale ascoltammo il silenzio rotto solo dai nostri respiri; poi proseguì – Senza di te probabilmente staremmo ancora cercando qualcuno che sapesse suonare bene i nostri pezzi che fosse disposto a lasciare tutto e ad accompagnarci in tour... –
No – dissi scuotendo la testa, con la poca voce che trovai, incrinata dal pianto che ormai facevo fatica a trattenere.
– Sì invece… In quel pochissimo tempo che avevamo al massimo saremmo riusciti a trovare qualcuno che però sicuramente non ci avrebbe messo l’anima come stai facendo tu… Sai, te ne sono davvero molto grato… –
I suoi grandi occhi verdi confermavano le sue parole.
Scossi leggermente la testa.
Non riuscii più a trattenermi e una lacrima mi attraversò il viso, calda e salata.
Cos’avevo di così speciale per meritare tutto ciò?
Cos’avevo di così fottutamente speciale da meritare di essere lì con i miei miti?
Cos’avevo di così maledettamente speciale da meritare la sua attenzione?
Cos’avevo di così dannatamente speciale da meritare lui, lui e tutto quello che aveva fatto e faceva per me?
– Grazie Billie, ma sono io a dovervi essere grata… – dissi con voce flebile, mentre una seconda lacrima percorreva la strada presa dalla precedente. – Grazie di tutto… Anche adesso che cerchi di confortarmi, grazie davvero… Ma non puoi… Non puoi negare l’evidenza… Per colpa mia adesso siete senza un fottutissimo secondo chitarrista e non avete neanche quasi il tempo di sceglierne un altro… Cazzo… Davvero, non immagini quanto mi dispiaccia… Forse è meglio se vai a cercarti qualche altro chitarrista per il tour che venga al mio posto, che non sia un inutile disastro come me… – quando finii la frase, ormai le lacrime scorrevano ininterrottamente sul mio viso.
– Ma sei cocciuta eh? – mi rispose, sospirando e abbozzando un sorriso, cercando di asciugarmi le lacrime con una mano – Non parlo per dare aria alla bocca, e non sto dicendo delle fottute menzogne tanto per tirarti su il morale, credimi. Davvero, non penso che avrei potuto trovare così all’ultimo momento un altro chitarrista disposto a mandare tutto a fanculo in meno di un secondo come hai fatto tu, per seguire noi tre pazzi in tour… E che come ti ho già detto che per di più ci mettesse davvero l’anima in tutto questo… Sarebbe già stato un miracolo trovarne uno, e forse l’avrebbe fatto solo per i soldi, solo per il Dio Denaro. Ti riconosci in quest’ultimo per caso? –
– N-No… – balbettai, mentre la mia faccia stava progressivamente ribagnandosi di lacrime, nonostante cercassi di fermarle.
– Anzi, hai anche rifiutato ogni somma in denaro perfino minima… –
– Dopo tutto questo… Dopo tutto quello che fai per me, dopo aver fatto sì che quello che per me era stato da anni solo un sogno potesse diventare realtà… Dopo tutto questo dovrei accettare dei soldi da te? E per cosa? Per me è già questa la ricompensa: essere qui, con te, con i Green Day, poter parlare, scherzare e suonare con voi, nonostante io sia un disastro… – ribattei con voce flebile e leggermente ferita, probabilmente nell’orgoglio.
– Sei proprio testarda eh? – sorrise – Ma mi piace, in fondo anche noi lo siamo… – fece una pausa – Beh, di questa questione ne riparleremo poi… Le tue ragioni sono comprensibili, ma non vorrei fare la parte dello sfruttatore, you know… Soprattutto vedendo che ci stai mettendo davvero tutta te stessa in questo, forse a volte anche più del dovuto… E quello che stai provando adesso ne è un grande esempio… – fece un’altra pausa, sospirò, poi continuò – Non preoccuparti, vedrai che tra due giorni riuscirai a muovere tranquillamente quel maledetto polso, da quel che vedo penso che dovrebbe guarire in tempo… E se proprio non riuscirai, non sforzarlo, sarebbe solo peggio. Troveremo in ogni caso una soluzione, vedrai… Al massimo dirò di rimandare al giorno dopo, non mi pare abbiamo altri impegni… Ma, ti prego, non dire più cazzate della serie che sei scema, inutile, un disastro o non so più che cosa, ok? Mi fanno incazzare, davvero. Devi smetterla di sottovalutarti, darling… – sorrise, asciugandomi nuovamente la faccia con una mano, che però ben presto si ribagnò.
Cercai di sorridere anch’io, tra le lacrime.
– Thank You – sussurrai con un fil di voce, abbracciandolo forte col braccio destro.
Talk to me softly… There’s something in your eyes… Don't hang your head in sorrow… And please don't cry… I know how you feel inside, I've… I've been there before… Something is changing inside you… And don't you know… Don't you cry… tonight…
Sentivo il suo fiato cado e rassicurante tra i capelli, totalmente scompigliati, mentre Billie mi sussurrava dolcemente all’orecchio cantando quel pezzo di “Don’t Cry” dei Guns N’ Roses, una canzone che amavo molto ascoltare, soprattutto nei momenti più tristi, e che in quel momento, cantata da lui, mi sembrò perfetta… La melodia, il significato acquisito delle parole che cantava, il modo in cui le cantava… tutto mi sembrava così meravigliosamente perfetto. Probabilmente era stato casuale, ma qualcosa mi disse che forse lo sapeva, o che l’aveva capito, che la scelta quindi non era stata davvero così casuale. Ma non glielo chiesi.
Mi limitai a sorridere, ancora con gli occhi lucidi e qualche lacrima che ne sgorgava, questa volta per la commozione.
– Billie, scusami… –
– No probs, darling… No probs… –
Esausta e commossa, appoggiai la fronte sulla sua spalla, abbandonando il peso della mia testa divenuto quasi insopportabile, lasciandomi andare e chiudendo gli occhi.
Rimanemmo così finché non mi fui calmata del tutto e il mio respiro, prima incerto e affannato, tornò regolare.
Quasi non riuscivo a credere che Billie avesse fatto tutto quello per me
Dolce, ma con abbastanza risolutezza per creare una miscela che era riuscita a farmi ragionare e a farmi tornare in me stessa, evitandomi di cadere in quel logorante ed interminabile baratro, quel circolo vizioso che portava solo rancore, odio, carenza di autostima e depressione, in cui stavo, quasi certamente involontariamente, precipitandomi…
Ancora una volta mi chiesi cos’avessi io di così speciale per meritare tutto ciò, da meritare di essere lì con lui, da meritare tutto quello che lui faceva per me, da meritare lui.
“Non potrò mai ringraziarlo abbastanza per tutto quello che fa e per quello che rappresenta per me” pensai.

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Capitolo 14
*** Dread and attraction. / Heaven or Hell? Welcome to Paradise… But a damn pain in the ass escaped from Inferno… ***


Ciao a tutti! xD
Sì, ebbene, rieccomi finalmente (“potevi anche non tornare per le cazzate che dici…”. “Zitto tu, cervello rompipalle. Proprio adesso devi tornare e fare il serio? XD”).
Scusate infinitamente, mi rendo conto che sono esageratamente in ritardo per postare ç_ç Chiedo umilmente perdono, le prossime volte cercherò di fare del mio meglio per essere più puntuale… (Per compensare questo abnorme ritardo però, dando retta ad alcune di voi che mi han detto di non spezzare il capitolo nonostante venisse assai lungo, e son riuscita a scrivere parecchie paginette xD)…
Posso ritenermi perdonata? *fa gli occhi dolci* pleeeease *ç*

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
Thank you, thank you, thank you so much a tutti voi che leggete il frutto di questo mio enorme sclero mentale XD, e soprattutto a tutte voi che recensite e che mi sostenete… “Graziiii” (detta alla Billie Joe che al concerto provava a dire qualche parola in Italiano con il suo adorabile accento Americano *ç*)!! Vi voglio bene, my dears *-*!

Fujiko Chan : AmantaH! *ç* (“ok, torniamo serie…”. “Seria, tu?! Ahaha ma non farmi ridere xD”. U.ù scusa le intromissioni del mio cervello ma oggi è più puntiglioso del solito.)
Cosa dovevo dire? Ah, sì… Innanzitutto scusa tantissimo del ritardo, tu sei stata velocissima a recensire e io non aggiorno da circa 3 settimane ç_ç… Spero che questo capitolo ti ripaghi della lunga attesa (oh, sei stata anche tu a dirmi di non spezzarlo assolutamente… quindi adesso ti posto le 13 e passa pagine di World, che però purtroppo con tutte le cose affibiatemi da fare non sono riuscita a completare prima di ieri sera ieri notte più che ieri sera a dir la verità xD) -a proposito di ieri… ancora tantissimi auguri a sua Altezza Billie Joe il Nano!! xD *ç*-
Comunque, lo sai che adoro troppo i tuoi “romanzi” di recensioni semiserie (e aspetta che adesso te ne scrivo uno io in risposta ahahah) *_* e spero che questi mi tengano compagnia ancora per molto *ç*
Ok, devo ricredermi, avevi ragione tu, lo scorso capitolo non faceva schifo, dato che ho visto recensioni tutt’altro che negative… Quindi grazie mille xD
Dicevo! Ah, povera Ema...ma ti è successo veramente? Mi spiace ç_ç ...ma sicuramente un abbraccio (:shifty:) di Billie ti avrebbe tirato tantissimo su il morale *-*” >> purtroppo sì… Sono l’unica babbea che riesce a stortarsi IL POLSO SINISTRO cadendo dalle scale… ahahah statisticamente è più facile rompersi o slogarsi un braccio, una caviglia, una gamba, ma il polso… OK, l’ho sempre saputo di essere un tipo strano ahah e questa ne è stata un’ulteriore prova… Beh ovviamente un abbraccio di Billie mi avrebbe tirato moooooooltissimo su il morale (:shifty: mi stai contagiando con le tue idee perverse ahah), ma purtroppo ero sola come un cane, e non ho potuto neanche suonare la mia amata “Baby Billie Joe” per ben 2 giorni e mezzo!! ç_ç appena provavo a fare un accordo saltavo dal dolore ç_ç e quindi dato che l’unica cosa che potevo fare e mi andasse a genio era scrivere, ho sfornato per vostra (s?)fortuna lo scorso capitolo xD.
Oltre ad aspettare il tuo - pardon, vostro- piano malefico, non vedo l'ora di leggere i prossimi capitoli, il concerto...lo prevedo denso di emozioni, e calcolando che letteralmente SALTELLAVO durante questi capitoli, non so che cosa potrei fare leggendo quello xD probabilmente camminerò sul soffitto come l'uomo ragno! (ok, questa era penosa ._.)” >> ahahah ok, allora dimmi se saltellerai sul soffitto ‘sta volta, dato che ci sono sia il concerto che il “piano malefico” (che in un certo senso sono pure legati xDD ok, non dico altro se no ti rovino la sorpresa che aspetti ormai da mesi)… Ti dico solo che il “piano malefico” comprende principalmente le ultime due scene del capitolo (ovviamente tu dovrai leggere prima il resto però u.ù xD)…
Essì, le parolacce ci vogliono, mi fa piacere che ti piacciano (xP), e poi come dici tu rendono tutto più credibile, chissà quante ne diranno al giorno gli “omini verdi” ahahah…
E questa fic mi sta prendendo in una maniera IMPRESSIONANTE, vorrei che la gente andasse oltre ad il primo capitolo perchè NE VALE DAVVERO LA PENA.” >> oh, ma grazie mille *ç*… Ecco ,sentito la Gì? U.ù Gente, non fermatevi al primo capitolo XD
“ P.S. Connessione Internet: 50 euro al mese. Conoscere persone fantastiche sul Web non ha prezzo. Ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto ci sono i ciccipunzi verdi e la cara Ema *-* Bene, detta sta minchiata col botto me ne posso anche andare. ” >> No, non è una cazzata… *ç* È…è…è stupenda XD
Ok, adesso basta perché come dici tu tra un po’ la lunghezza dell’angolo risposte supererà quella del capitolo (uhm… in questo caso però è alquanto difficile data la lunghezza del secondo ahaha)
Ciao amantaH, sappi che anch’io ti voglio tanto, tanto, tanto, TROPPO bene xD E spero di sentirti presto… (anzi prestissimo xD) *-*

Green Star 90 : Stellaaaaaa!! *ç*
Ti assicuro che nei momenti di rabbia nascono dei colpi genio che non si possono non annotare” >> sai che ci stavo pensando anch’io? Devo solo convincere il mio cervello ad eliminare parte delle censure che mette a ciò che scrivo in certi momenti però xD
E grazie mille dei complimenti, detti da TE, da te che stai scrivendo una delle più belle fic che abbia mai letto (e che scrivi da Dio non solo le fic), valgono davvero tanto *ç*
Tu m suggerisci di evitare giustificazioni stilistiche o di scrittura e fregarmene un po’ di più… Uhm… Non è affatto una cattiva idea muahahah (“visto cervellino caro? Lo dice anche la somma scrittrice. u.ù”. “poi però se ve ne pentite non date la colpa a me eh.. .hm! u.u”)
E in quanto riguarda la purcellaggine, non puoi e non potrai mai negare che tu sei stata tra le prime a farmi tirar fuori la purcellaggine nascosta, quindi il tuo MERITO (sì, ho detto merito, non colpa. u.ù ahahah xD) non è così piccolo *ç*.
Beh, anyway, spero che questo capitolo ti sia gradito e spero di risentirti presto darling ^^

Crazy_Me : Buonsalve *ç*! Grazie mille anche a te per i complimenti, allora come ho già detto allora devo far capire al mio caro cervellino che quello che scrivo e che ho scritto non sono totali schifezze? *ç* Ne sarei davvero onorata. (“io rimango della mia idea”. “La cambierai, oh my dear brain, la cambierai u.ù”)
Spero che ti piaccia anche questo capitolo, e grazie ancora!!
See ya soon ^^

K_BillieJoe : Ciao!! Mi fa piacere sentirti ancora, cara *-*. Lo so, non ho niente da rimproverarti, perché anch’io in questo periodo son stata un po’ sfaticata e sormontata da mille cose da fare (chepppalle ç_ç) e quindi sono in estremo ritardo, ma sappi che mi fa sempre piacere sentirti, anche per u commentino veloce… *.*
Spero ti garbi anche questo capitolo… Alla prossima!

cerere : Mateeeeeee!! *ç*
Tu non immagini quanto mi faccia piacere che tu segua il frutto della mia pazzia!!
Ahahah sono contenta che la mia fic ti abbia tenuto compagnia nella malattia (e fa pure rima! XD)
ora passo a leggere il resto (e spero di non trovare conferma delle mie teorie sul paranormale e la connessione di (de)menti a distanza.... oh, sta zitto cervello!)” >> ahahaha XD il tuo cervello è parente del mio a quanto pare, eh…E devo dirti che la connessione paranormale di (de)menti a distanza mi garba assai *ç*
Beh, mi fa piacere che ti piaccia il mio stile… E che sia soddisfatta della mia grammatica (onestamente, te l’avrò anche già detto, ma anche a me stanno assai sul culetto tutte quelle persone che l’ammazzano… Diciamo basta a questo martoria mento della lingua Italiana!!)
devo dire che la cosa che mi è piaciuta di più è il realismo che trasuda da queste pagine. non hai mai lasciato che Ema si abbandonasse ad una favola, e c'è proprio tutto a confermarlo: il polso rotto, la litigata con i genitori, la sensazione di sentirsi cosi inutili.... c'e perfino la strega cattiva! = beatrice -.-'.... ” >> Beh, allora una parte del mio intento è riuscita!! ^_^ Già, Ema non riesce mai ad abbandonarsi alla favola (perché ormai è consolidato che le favole NON ESISTONO, e per quanto ti possa piacere sognare, come nel mio caso ad esempio xD, devi sempre tenerne conto…) che viene riportata coi piedi per terra da qualcosa (o qualcuno -.-) xD ahaha stupendo il paragone strega cattiva = Beatrice XD…
se questo essere immondo esiste anche nella realtà - e vorrei non lo fosse - lo vuoi un mio consiglio? fravacala capa e muro” >> Sì, purtroppo quell’essere esiste anche nel mondo reale… Uhm… come ti ho detto, purtroppo il tuo consiglio non posso applicarlo immediatamente, i rischi son troppo grossi te l’ho detto ç_ç… Quindi per ora mi limito a sfogarmi scrivendo muahahah ma appena si potrà… *sguardo diabolico altamente poco raccomandabile* (poi quando verrai qui ti devo ancora dare la mandibola in segno di amicizia che potremo prenderci insieme… muahaha ricordati i nostri Astuti Piani Criminosi ahaha xD OK, basta scleri pazzoidi u.ù se no il mio cervello invece di una vacanza se ne va del tutto e forse qualcuno potrebbe avere qualcosa da ridire xD)
che dire? amo questa storia, il suo linguaggio e amo il modo di fare di Ema... amo la chitarra che suona (sia per il modello, sia puramente perche sa suonarla) e amo il modo casuale in cui incontra Billie. amo il motivo che l'ha fatta entrare nella band e amo quel bellissimo Mr Cazzo piazzato ad effetto. amo i brani tratti dai testi che infili qua e la, amo le parolacce e amo le frasi in slang americano lasciate libere di esprimersi per quello che sono (è vero, certe cose rendono mooooolto meglio all'originale). ^^” >> Troppo buona *ç* tu non sai quanto mi facciano piacere quelle parole che hai scritto *___*
ti direi posta presto, ma so che stai preparando un bel capitoletto corposo corposo, per cui rettifico e ti dico: "posta quando cacchio ti pare, basta che posti e mi lasci ancora vivere e sognare nella tua storia!"” Ben detto, Darling xD… mi garba assai questa frase ahahah… Anche se ancora una volta porgo le mie umili scuse causa l’abnorme ritardo ç_ç
PS: Ok, allora per il sacrificio in onore dell’HTML che ci ha fatto conoscere (non lo ringrazierò mai abbastanza quel maledetto codice XD), ti invito nella prima chiesa sconsacrata a fare i sacrifici sopra detti *ç* mentre io suonerò Enter Sandman e a seguire tutto quello che ci girerà per la testa… *ç*
Ok, adesso basta, ti lascio al capitolo (spero ti piaccia e non ti provochi un istantaneo conato di vomito… scherzo -spero- xD)
See you soon, mate *__*

E grazie mille anche a tutti voi che avete aggiunto questa fic alle seguite e/o ai preferiti!! *_* - Fujiko_Chan, Green Star 90, Helena89 (cara Prima Lettrice, dove sei finita? È da un casino che non ti sento… I miss you ç_ç), Mary17, micky_malfoy87, millape, ZofouArtemis, 801_Underground, cerere, Crazy_Me, DearlyBeloved86, Jayden Akasuna, K_BillieJoe, Sybille… Grazie di cuore a tutte!! *-*
E se non chiedo troppo, quando riuscite, mi farebbe davvero piacere (per chi non lo fa già *w*) se lasciaste un commento, anche piccolo, giusto per sentire la vostra presenza e per sapere cosa ne pensate ^-^


PS: SilentMoon : Dearly Beloved! *ç* Lo so che per te purtroppo questo non è un bel periodo, te l’ho detto anche ieri sera quando mi hai quasi provocato un infarto dalla gioia di risentirti (non immagini neanche quanto tu mi sia mancata…)! *ç* Però non potevo non scriverti niente, dato che finalmente, dopo ormai mesi, sono riuscita a mettere per iscritto il nostro “piano malefico” (ce l’abbiamo fatta a tenere la Gì nel dubbio fin’ora! Wow, complimenti ad entrambe XD)… Beh, l’ho un po’ rielaborato da quel che mi ricordavo, i due punti fondamentali del piano primordiale ci sono (prevalentemente il piano si articola nelle ultime due scene xD) *ç* e li ho anche ben articolati XD muahahah… Spero che siano di tuo gradimento, darling *-*
Quindi, uno speciale grazie anche a te, che mi hai incoraggiato e mi hai dato lo spunto per la seconda metà del capitolo *.* …
Senza fretta, quando avrai voglia, se leggerai questo capitolo, fammi sapere che ne pensi ^-^
Spero di poterti sentire ancora presto *ç* Ti voglio tanto bene (“you are the MOONlight of my life, every night…” xDD onestamente “Last Night On Earth” non è che mi piaccia molto, però dopo averla nell’atmosfera del concerto l’ho rivalutata, e certe parole… no words xD *w* … beh, scusa l’associazione mentale, ma è uscita così all’improvviso e il mio cervello non ha Saputo trattenerla in tempo ^-^)… Ciao!



Ok, ora basta che vi lascio al tanto atteso (“come no?”. “E dai, cervellino caro, lasciami illudere per una volta”), perché ho scritto davvero TROPPO nell’angolo ringraziamenti & idiozie XD, che se no come dice la cara Fujiko Chan diventa più lungo dell’intero capitolo (anche se in questo caso come le ho già detto sarebbe assai difficile dato che il secondo dura la bellezza di 13-e-qualcosa pagine di Word XD)… Beh, vi ho annoiato fin troppo per oggi, buona lettura… See ya soon *ç*







CAPITOLO 14 Dread and attraction. / Heaven or Hell? Welcome to Paradise… But a damn pain in the ass escaped from Inferno…


Mi rigirai nel letto, sperando inutilmente che cambiare posizione per l’ennesima volta potesse aiutarmi finalmente a prendere sonno. Ma ovviamente fu inutile. Riuscire ad addormentarmi in quella situazione per me era pressoché impossibile, lo sapevo benissimo, ma nonostante tutto provavo ancora.
Avevo bisogno di dormire, cazzo.
Affondai la testa nel cuscino e, sospirando, provai nuovamente a chiudere gli occhi, ma li riaprii dopo pochi istanti.
Ero troppo agitata.
Meno di una ventina d’ore dopo avrei dovuto essere su un fottutissimo palco a suonare con i Green Day, davanti a 15 mila persone, centinaia più centinaia meno. Non avevo mai suonato davanti a neanche un decimo, neanche a un ventesimo di quel numero di persone per me davvero impressionante.
Mi attraeva e mi terrorizzava allo stesso tempo.
Non vedevo l’ora che quella sera finalmente arrivasse, ma ne avevo un’enorme paura e quindi desideravo ardentemente che allo stesso tempo non arrivasse.
Il mio corpo fu percorso da un forte tremito, e iniziai a sudare freddo.
Sentivo la testa pesante, mentre pensieri sempre più contrapposti le sfrecciavano attraverso.
Dovevo riuscire a riposare, a staccare la spina anche solo per poche ore, altrimenti sarei impazzita.
Mi alzai vacillando, dirigendomi verso il bagno. Entrai e, nella fioca luce lunare che penetrava dalla finestra, aprii il rubinetto, gettandomi dell’acqua fresca sulla faccia. Poi scrollai la testa, un po’ come fanno i cani quando escono dall’acqua, col desiderio di potermi scrollare via, oltre alle gocce, anche tutta quell’ansia opprimente.
Tornata nell’altra stanza, mi guardai intorno qualche secondo, indecisa su cosa fare. Scossi la testa, pensando che in quel momento certamente non sarei riuscita ad addormentarmi, e stare lì a rigirarmi nel letto come un’idiota non avrebbe di certo non avrebbe migliorato la situazione.
Mi avvinai titubante alla mia chitarra. Aprii lentamente la custodia, con fare circospetto, quasi impaurita. Rimasi qualche secondi ad ammirarla, era davvero stupenda, e il suo bianco risplendeva nell’oscurità, risplendendo anche nel mio cuore. Mi era mancata tantissimo… Erano solo due giorni che non la suonavo, e già mi sembrava un’eternità. Ero tentata di mettere subito fine a quell’attesa, ma allo stesso tempo avevo paura di non riuscire ancora, che il polso non mi permettesse ancora di poter accarezzare con i polpastrelli quelle sei corde, quei capotasti, che però erano sempre più invitanti, che sembravano chiamarmi a gran voce…
L’accarezzai fugacemente, mentre quella voce penetrava nella mia mente urlando sempre più forte.
Basta, stai zitta! Per favore, cazzo, stai zitta!
Volevo urlare, ma mi accontentai di squarciare il silenzio solo nella mia testa.
La mia mente era in completo contrasto, divisa in due fazioni opposte…
Alla fine non riuscii più a resisterle. Ma sì, avrei solo provato, non avrei certo peggiorato la situazione, anzi, mi sarei resa conto delle capacità che aveva o no riacquistato il mio polso…
La sollevai tremante dalla custodia, con il timore di non riuscire ancora a suonarla, di rimanere delusa, di deludere i Green Day…
Scacciai quei pensieri e mi misi la mia “Baby Billie Joe” a tracolla, sedendomi sul bordo del letto.
Provai delicatamente, pian piano, a posizionare la mano sinistra sulla tastiera e suonai cautamente un accordo.
Mille grida esplosero in me.
Grida di gioia.
Riuscivo a muovere il polso sinistro sufficientemente a quello che mi serviva per suonare!
Allora… Allora Billie aveva ragione…
Volevo urlare, gridare, saltare per la stanza.
Ma ancora una volta, rimasi dov’ero, mentre un sorriso si dipingeva sul mio volto, portando con sé nuova forza, facendomi vedere la luce in quelle tenebre, mentre iniziai a suonare felice…

Il primo raggio di sole della giornata attraversò la finestra e si posò sulla mia faccia. Aprii gli occhi mugugnando qualcosa di indecifrabile. Alzandomi, notai che avevo ancora a tracolla la mia “Baby Billie Joe”, che dormiva placida appoggiata sul mio ventre, tenendomi compagnia dopo quelle ore insonni passate insieme, dove le mie dita avevano ripercorso la sua tastiera così dannatamente affascinante, e avevano fatto vibrare quelle sue corde in un mare di emozioni.

***


Il suono del campanello fece saltare Tré già dalla batteria; un secondo dopo era davanti alla porta. Scambiò due parole col fattorino, poi gli diede una banconota e in cambio ricevette 4 cartoni di pizza fumante. Soddisfatto, Tré richiuse la porta e saltellò verso di noi, che nel frattempo avevamo appoggiato i rispettivi strumenti e ci eravamo seduti sul divanetto al bordo della stanza.
Ci stringemmo ulteriormente per far sedere anche il caro batterista, che dopo essersi accomodato divise cibi e bevande, cercando di imitare una cerimonia solenne che però finì inevitabilmente nel ridicolo.
Come quattro animali affamati da un lungo digiuno, ci fiondammo quindi sulle pizze, che sparirono in pochi minuti dai cartoni, per ritrovarsi attraverso un “misterioso processo” all’interno dei nostri avidi stomaci.
– Aaah… Ci voleva – esclamò Tré ridendo, battendosi una mano sulla pancia, spaparanzandosi ulteriormente sul divano.
– Beh, le prove stanno andando alla grande, possiamo anche prenderci una pausa mezz’oretta – propose poi, aprendo la sua bottiglia di birra e bevendone un sorso.
Io, Billie e Mike ci scambiammo una rapida occhiata.
– Yeah, that’s ok… Good idea – acconsentì entusiasta il chitarrista a nome di tutti, mentre imitavamo il batterista.
– Hai visto che il polso è tornato a posto e riesci ancora a suonare? Che ti avevo detto? – mi chiese Billie ad un tratto, con tono di sfida, poggiando la bottiglia e guardandomi divertito.
– Sì… Però… Io cosa potevo saperne? –
– Dovevi sapere che Billie ha sempre ragione, no? – scherzò Tré – Ma mai quanto me… – aggiunse poi ridendo.
– Tré stai per caso prendendomi per il culo? – chiese il frontman, ridendo anche lui.
– Chi? Io? Nooooo… – sghignazzò l’altro in risposta, bevendo un altro sorso dall’ennesima bottiglia.
Quindi, l’appoggiò per terra insieme alle altre che vi giacevano vuote.
– Frank Edwin Wright III… Stai cercando botte? – replicò Billie scherzando.
– Può darsi, Billie Joe Armstrong, può darsi... E nel caso ti consiglio di iniziare a scappare… –
Tré si protese verso l’amico, facendo finta di tirargli un pugno.
– Ehm… Vi ricordo che in mezzo ci sono io –
– Beh, Ema, possiamo fare anche una cosa a tre, non c’è alcun problema – rise lui, con una nota maliziosa, perdendo l’equilibrio e cadendomi addosso.
Mike scoppiò a ridere, scuotendo la testa, leggermente in disparte dall’altra parte del divanetto.
– Hey Mike, che ci fai lì solo soletto? – proseguì il batterista, sempre con quella nota nella voce a metà tra il malizioso e l’ilare.
Si può fare benissimo anche una cosa a quattro… – continuò Billie, afferrando l’amico e trascinandolo verso di sé, tra le risa generali.
Mike, colto di sorpresa, perse l’equilibrio e cadde addosso a Billie, che a sua volta cadde addosso a me, sopra a Tré.
– Ehm… Non per dire ma… Ragazzi, non è che mi lascereste un pochino d’aria? – feci notare ad un tratto, sentendo venir meno l’ossigeno, con una sottile inclinazione ironica nella voce.
– Eh? Ah, sì, certo… scusa – si scusarono confusamente i tre, all’unisono, spostandosi leggermente e rialzandosi.
Sorrisi divertita, inspirando profondamente per riportare aria nei miei polmoni.
– What the fuck? Ma si può sapere che cazzo state facendo? – James si affacciò alla porta della sala, alquanto irritato – Dovreste provare, scansafatiche, invece di fare gli scemi ridendo come ubriachi! –
– Sì, James, andiamo, andiamo… Su ragazzi, torniamo a provare, se no James si incazza… – disse un Billie Joe dal tono semiserio.
– Billie, sono già incazzato – rispose l’uomo, guardandolo truce.
James ci squadrò tutti, con occhi torvi d’avvoltoio, per poi tornare a guardare Billie.
E con te ho anche un motivo in più… – aggiunse, gettando un fugace sguardo verso di me, che colsi nonostante l’uomo avesse cercato di mascherarlo.
Quindi, si congedò freddamente, informandoci frettolosamente che non ci avrebbe rivisto faccia a faccia fino alla sera successiva poiché quella notte, subito dopo il concerto, sarebbe andato direttamente a sbrigare certi impegni di cui non capii molto, perché il mio cervello aveva trasportato altrove i miei pensieri.
Infatti, non appena lo sguardo di James mi aveva trafitto e il manager aveva pronunciato la fatidica frase sopracitata rivolgendosi a Billie, venni scossa da un tremito quasi impercettibile. Nella mia mente riecheggiò ancora quel poco che avevo udito la prima notte, qualche giorno addietro, e tra i vari interrogativi, nella mia testa si fece largo, sempre più forte, il proposito e la volontà di metterci tutta me stessa per non deludere Billie, che mi aveva difeso da non so quali accuse, forse anche fondate, del loro manager… Per non deludere lui, Mike e Tré, che avevano fatto e facevano davvero molto per me… Nel concerto di quella sera e in quelli successivi avrei dovuto dare davvero tutta me stessa, fin’anche allo stremo. Sì. Giurai a me stessa che finché avessi avuto la forza di stare in piedi e suonare, ci avrei messo anima e corpo, sangue e sudore, su quella chitarra. Whatever it takes. Avrei dovuto dare il mio massimo, cercando di far meglio di ogni altra volta che avevo suonato prima d’allora, per meritarmi di essere lì con loro.

– Beh, non pensate di aver scampato la nostra cosa a quattro… Oh no, cari… Ricordate che dobbiamo ancora farne un po’, di cose a quattro, noi quattro… – ridacchiò Tré, ridestandomi dai miei pensieri e dal mio monologo interiore.
– Non preoccuparti Tré, ne faremo… – sogghignò il frontman, cercando i nostri sguardi.
Io e Mike annuimmo, mentre ormai stavamo quasi tutti rotolandoci nuovamente dalle risate, senza un motivo apparentemente comprensibile.
Billie raccolse da terra la sua bottiglia di birra, finendo l’ultimo goccio, poi si alzò e si mise a tracolla la sua adorata, magnifica, stupenda chitarra: Blue.
Ci alzammo, mentre Billie accordava la chitarra, e ci dirigemmo ai rispettivi strumenti.
– Alright… Dove eravamo rimasti? – chiese Mike.
– Uhm… Non ricordo bene… Dovevamo riprovare “Longview” se non ricordo male… – rispose Billie, finendo di accordare il suo prezioso strumento.
– E “Longview” sia… –
Mike iniziò a suonare la linea di basso del brano, quel motivo stupendo che mi catturò magneticamente, penetrandomi nelle orecchie e raggiungendo dritta il cuore, infondendovi nuova energia.
Cominciammo a saltare, cantando tutti insieme e facendo gli “scemi”, come avrebbe detto probabilmente James o chiunque altro ci avesse visto (soprattutto Tré, e le sue facce e certe voci e versi che faceva erano impagabili), così giusto per divertirci, prima di ricominciare a provare seriamente, per quanto fosse possibile provare seriamente con i Green Day ovviamente, mentre la mia mente si rilassava tornando nell’Empireo.

***


– Ragazzi, io vado a fare un giro, a correre un po’ insomma… Ci vediamo più tardi – disse Mike, quando finimmo di provare per l’ultima volta tutti i pezzi.
– Ok… A dopo allora – lo salutammo, sapendo l’importanza che ciò avesse per lui e per i suoi nervi.
Quindi, il bassista appoggiò il suo strumento e si diresse verso la porta.
– Mike! – lo chiamai ad un tratto, mentre stava per varcare la soglia.
– Sì? Cosa c’è? – chiese voltandosi.
– Ehm… Mike… Posso… – iniziai titubante, poi feci un respiro profondo – Posso venire anch’io? – domandai quindi d’un fiato, guardando il bassista e cercando lo sguardo dei suoi occhi acquamarina.
Lui si fermò, colto di sorpresa da quella richiesta, e mi guardò pensieroso per qualche secondo, riflettendoci su.
– Beh… Sì, ok, no probs… – concluse poi, sorridendomi.
Gli sorrisi anch’io, contenta, felice, oserei dire raggiante, mentre appoggiavo con delicatezza la “Baby Billie Joe” e mi affrettavo a raggiungerlo.

Avevo sentito in varie interviste, tra cui nientedimeno che “Bullet In A Bible” (il cui disco, per me sacro, era ormai consumato dalle migliaia di volte che l’avevo visto, e avrei potuto scommettere che anche i muri di casa mia ormai ne conoscevano ogni battuta, ogni parola, ogni suono a memoria…), che Mike affermava che non puoi tranquillamente cazzeggiare prima di un concerto. Soprattutto se per te di gran importanza e ancora a maggior ragione se questo avrebbe avuto anche un pubblico dal numero per te da capogiro (come sarebbe stato per me)… No, devi “pomparti”, devi prepararti in qualche modo… E il suo era sudare…
Condividevo in pieno il suo discorso, e anch’io avevo deciso di provare: tra tutti i vari modi possibili, quello che usava Mike poteva essere benissimo valido anche per me (e aggiunto agli altri che avevo provato, avrebbe, forse, potuto raggiungere il suo scopo ancora meglio)…
Magari sarei anche riuscita a scacciare le preoccupazioni e creare, seppur per qualche brevissimo ed eterno secondo, un pacifico vuoto nella mia mente sovraffollata…

Mentre questi pensieri scorrevano nella mia mente, io e Mike cominciammo tacitamente a correre verso il lungomare, a quell’ora pressoché sgombro, sincronizzando pian piano i respiri quasi senza accorgercene…
– Hey, tutto ok? – mi chiese ad un tratto, rallentando, vedendo che ero rimasta un po’ indietro.
– Certo, non preoccuparti! – risposi, raggiungendolo e cercando di nascondere un accenno di fiatone.
– Posso chiederti una cosa? – domandò dopo un po’.
– Yeah, sure –
– Perché… Perché sei voluta venire a correre con me invece che restare con gli altri? –
Senza accorgermene, rallentai un attimo, per poi accelerare e, dopo averlo raggiunto nuovamente, guardarlo in quei suoi occhi, così limpidi.
– Beh… Perché… Perché il concerto, stasera, sarà come saltare su un treno in corsa, you know… E io voglio essere pronta… Devo essere pronta, altrimenti potrebbe travolgermi… – risposi, dopo averci pensato un attimo, citando ciò che aveva detto lui in “Bullet In A Bible”…
Rise, poggiandomi una mano sulla spalla, mentre continuavamo a correre fianco a fianco. Il sole stava tramontando, buttandosi sempre più nel mare e colorando il suo blu profondo con strisce di luce arancione, mentre anche il cielo assumeva man mano una colorazione purpurea e dorata…
E in quella luce così suggestiva, in quel paesaggio così semplicemente stupendo, le nostre due ombre continuavano a correre, parlando sempre più fitto, mentre le mie preoccupazioni e i miei indugi trovavano conforto nelle sue parole e nell’atmosfera così dannatamente incantevole che regnava tutt’intorno attorno a noi.

***


– What kind of place is this? – mi chiese Mike ridendo, per alleviare la tensione.
– This is a holy place! – risposi ridendo, ricordando il breve dialogo pre-concerto tra il bassista e Tré in “Bullet In A Bible”.
– Why are there no clouds in the sky? –
– Because God wants to watch his favorite band again! – rispondemmo io e Tré all’unisono, divertiti.
Nel frattempo, tra le urla generali, terminò “Do You Remember Rock N’ Roll Radio?” e gli altoparlanti iniziarono a diffondere “Song Of The Century”.
Per un attimo nell’aria rimbombò un silenzio assordante, mentre migliaia di cuori battevano all’unisono e migliaia di respiri venivano trattenuti.
“Sing us a song of the century…
That's louder than bombs and eternity…”

Poi, il silenzio fu rotto da migliaia di urla, più forti delle bombe e dell’eternità.
“The era of static and contraband…
That's leading us to the promised land…”

Una ad una migliaia di voci si unirono a quella registrata di Billie, cantando quelle parole di una canzone all’apparenza così semplice ma così vera.
“Tell us a story that's by candlelight…
Waging a war and losing the fight…”

Il boato là fuori aumentava sempre più, il pubblico era sempre più in fibrillazione, riuscivo a percepirlo anche da lì.
Chiusi gli occhi e per un attimo mi tornò alla mente il concerto del 10 Novembre, quando ero anch’io dall’altra parte del palco, sovreccitata.
Urlai anch’io, ma mi accorsi che le mie corde vocali non rispondevano più. Mi limitai ancora una volta ad urlare in silenzio, assordando la mia mente per qualche secondo.
Tutto mi sembrò così simile a poco meno di un mese prima, a Milano…
A parte il fatto che ora sarei stata sul palco a suonare con i Green Day. Scossi impercettibilmente la testa, mentre le mie labbra si stendevano inconsciamente in un debole sorriso. Ma non riuscivo ancora ad abituarmi all’idea.
Pochi secondi e saremmo usciti, pochi secondi e quel pubblico sarebbe impazzito. Pochi secondi e avrei suonato con i Green Day.
Ero ipertesa. La mia frequenza cardiaca era alquanto alterata, il mio respiro affannoso e irregolare, la mia mente come impazzita in preda a tutte quelle emozioni, imprigionata tra i cavi dell’alta tensione.
– Ok, let’s go! – disse Billie, cercando vanamente di mascherare l’eccitazione, battendomi una mano sulla spalla.
– Yeah! Facciamo vedere all’Australia chi sono i Green Day! Let’s go and kick asses! – esortò Tré.
“They're playing the song of the century…
Of panic and promise and prosperity…”

Con la tensione alle stelle, mi accinsi a seguire Billie, Mike e Tré.
– Preparati a correre, che dobbiamo prenderlo, questo fottuto treno in corsa – mi bisbigliò il bassista passandomi accanto, ridendo nervosamente.
Mi limitai ad annuire sorridendo, non riuscendo più a pronunciare parola.
“Tell me a story into that goodnight…”
Sulle note finali della canzone e le urla del pubblico, uscii dietro a Tré, eccitata e terrorizzata.
"Sing us a song… for me…”
Quasi senza accorgermene, mi ritrovai anch’io a cantare, a mezza voce, l’ultimo verso, facendolo parte di me, unendo il mio bisbiglio a quelle migliaia di voci.
Deglutii.
Il cuore era un tamburo assordante che mi martellava in testa, il respiro era irregolare.
Whatever it takes, mi ripetei ancora una volta.
Seguii i tre lungo la scaletta a lato del palco e tra le urla del pubblico vi salii anch’io correndo, raggiungendo il lato alla mia destra e alla sinistra della folla urlante.
Mi accorsi che stavo tremando. Sudavo freddo. L’emozione e l’agitazione ormai dominavano il mio corpo e la mia mente.
Un tecnico mi passò la mia “Baby Billie Joe”, che presi con un debole sorriso e me la misi a tracolla, stringendola forte, cercando un sostegno in lei, lei che mi era sempre stata accanto ogni volta che avevo suonato in pubblico, anzi, no, in ogni momento della mia vita, dandomi forza. E ora ne avevo bisogno più che mai.
Billie mi lanciò uno sguardo d’intesa, poi annuì e mi urlò qualcosa che la mia mente non riuscì a decifrare.
Poi, cominciò a suonare le note d’introduzione di “21st Century Breakdown”, mentre la folla esplodeva in un fragore di voci, singole voci di persone così diverse ma così simili, ora unite in una sola, come un’unica entità.
Mi accorsi con sollievo che le mie dita non sembravano bloccate, e, guidate da una forza sconosciuta, lo seguirono scivolando sul manico della “Baby Billie Joe”, mentre la mano destra faceva vibrare le corde con il plettro.
Ad un tratto, lui smise di suonare, e si sentì solo la mia chitarra.
Holy shit.
Il mio battito cardiaco accelerò vertiginosamente, ebbi un attimo di panico, ma non mi feci vincere, chiusi gli occhi e continuai a suonare, cercando di stabilizzare il respiro irregolare, mentre il mio cuore sembrava aver preso il posto della batteria.
Poi sentii una voce dietro di me, mentre un braccio mi circondava le spalle. Provai un brivido dietro la nuca che scese poi lungo la spina dorsale e mi scosse completamente.
– Brothers and sisters! – esordì Billie, mentre venivo scossa da tremiti sempre più forti, neanche avessi l’Alzheimer…
Ma nonostante tutto, ad occhi chiusi, a denti stretti, continuavo a suonare, continuavo a riversare tutta l’energia rimastami su quelle amate sei corde.
Billie mi strinse la mano su una spalla, come per dirmi che andava tutto bene, mentre mi presentava come “la dannata ragazzina ribelle che non ha voluto arrendersi, la dannata piccola-grande chitarrista nelle cui vene scorre musica invece che sangue”.
Non sai quanto hai ragione, Billie…
– And now, I want every single person here get his hands up in the air!! Ladies and gentlemen, the new honorary unofficial Green Day member, Ema! –
Sì, ero la loro seconda chitarra, ero un membro non ufficiale, sì, consciamente o inconsciamente forse me ne ero resa conto, ma sentirselo dire da Billie Joe Armstrong in persona davanti ad una folla di 15.000 fans esultanti, e addirittura essere eletta da lui ad un sorta di “Green Day onoraria”, era tutta un’altra cosa… Venni scossa da un ulteriore brivido di eccitazione, ma riuscii comunque a rivolgere a Billie, ai Green Day e al pubblico uno dei miei più sentiti sorrisi. Quindi, con non poco sforzo, mi decisi finalmente a riaprire gli occhi.
E quello che vidi fu straordinario.
Un boato si alzò dalla folla, e mille mani si alzarono. Era uno spettacolo mozzafiato, indescrivibile.
Venni quasi travolta da quelle urla, quelle mani, e dalle parole di Billie.
Migliaia di cuori che battevano all’unisono, migliaia di voci fuse in una, migliaia di mani alzate verso il cielo, migliaia di persone unite in un'unica essenza, in un cuore pulsante di vita.
Il mio inconscio aveva mai immaginato qualcosa di simile? Forse sì, non potevo saperlo con certezza. Ma vederlo e sentirlo dal vivo era qualcosa di indescrivibile.
Per un attimo ebbi paura di svenire.
Strinsi i denti e respirai a fondo, e con grande sforzo riuscii ancora una volta ad evitare di rovinare al suolo.
– It’s… It’s all so damn awesome… – le parole uscirono in un sussurro prima ancora che me ne rendessi conto.
– Yeah, it is – bisbigliò Billie alle mie spalle, estasiato quasi quanto me, nonostante per lui non fosse la prima volta.
O forse sì? Forse ogni volta riusciva a regalare le emozioni della prima, anche dopo tanti anni?
Lo sentii sorridere.
Poi, il frontman mi diede una leggera pacca sulla spalla e riprese a suonare a pochi passi da me. Pian piano si unirono anche Mike e Tré, e Billie iniziò a cantare i primi versi della canzone, seguito da migliaia di fans.
Era un sogno. No, era meglio di un sogno. Era…era… non sapevo come definirlo, non riuscivo a trovare le parole per poter esprimere tutto ciò ed esprimere come mi sentissi.
Mai prima d’ora ero arrivata a sentirmi così, una sensazione di estrema felicità, eccitazione, energia, grinta, e qualcos’altro che non riuscivo a definire… Tutto insieme in qualcosa di mozzafiato, qualcosa di incredibilmente potente che poteva risultare letale e inabissarti negl’Inferi, oppure innalzarti portandoti in Paradiso.
Heaven or Hell?
Non potevi saperlo, dovevi rischiare, metterti completamente in gioco, per poter scoprire cosa avrebbe fatto di te.
Perché quel treno in corsa avrebbe potuto travolgerti. Oppure tu saresti riuscito a saltarci su in tempo. E nel caso, però, avresti anche dovuto saper rimanerci, facendoti sì trasportare, ma dirigendolo in parte anche tu, e soprattutto avresti dovuto riuscire anche a non cadere…
I rischi c’erano, tutto ciò poteva farti precipitare nell’abisso; ma se tu ci fossi riuscito, allora avresti provato qualcosa di straordinario, indefinibile, e sarebbe stato meraviglioso, no, meraviglioso era sminuente…
E io decisi di rischiare.
Lasciai che quella sensazione prendesse man mano possesso di me, mentre riversavo la mia anima e i miei sentimenti suonando con sempre più energia. Sapevo che nonostante avessi dato tutto di me su quella chitarra, per un inspiegabile fenomeno, ciò mi avrebbe rafforzato e non indebolito. Lasciai affogare la mia mente e il mio cuore nella musica, nelle sensazioni, nell’energia allo stato puro che aleggiava nell’atmosfera. Ormai quello che scorreva nelle mie vene, anzi no, nelle mie arterie, non era più sangue.
No, era linfa vitale, musica allo stato puro.
Welcome to Paradise, Ema.

***


Ed ecco che, ad un certo punto, incontrai l’ultimo sguardo che avrei mai voluto incontrare, soprattutto in quel momento, che mi fece precipitare drasticamente sulla Terra dal’Empireo che avevo strenuamente raggiunto.
L’avevo già vista, una decina di minuti prima, ma quando la sua faccia era sparita, inghiottita dal pogo, avevo sperato che fosse stata solo frutto della mia immaginazione.
No, invece era lì.
Cosa cazzo ci faceva lei lì?
Come aveva fatto a sapere dov’ero? Come aveva fatto a raggiungerci e ad arrivare lì, al concerto, tra le prime file?
Cosa diavolo voleva questa volta quell’odiosa testa di cazzo, quella troia succhiacazzi bastarda di Beatrice?
Alzai gli occhi al cielo, e continuai a suonare gli accordi di “St. Jimmy”, traendo energia dalla musica e cercando di fingere di non vederla.
Ma non riuscivo ad ignorarla, quella vista mi innervosiva troppo.
Un suo insulto dialettale e sguaiato riuscì ad arrivare fino a me. Ebbi l’impulso di mollare tutto e tirarle uno schiaffo, ma non potevo e non volevo interrompere e rovinare la canzone.
Quindi, ancora una volta, feci finta di non aver sentito, e iniziai a correre, raggiungendo Mike dall’altra parte del palco. Il bassista mi sorrise, rivolgendomi lo sguardo per un fugace ma eloquente secondo, che mi face capire il suo appoggio, come quello della band, infondendomi nuova forza.
Gli sorrisi anch’io, quindi chiusi gli occhi qualche secondo, inspirando profondamente e cercando di recuperare la concentrazione, estraniandomi parzialmente e amplificando nella mia mente soltanto il suono della mia chitarra, del basso di Mike, della batteria di Tré, la voce di Billie e del pubblico che cantava con lui a squarciagola.
I’m the patron saint of the denial… with an angel face and a taste for suicidal! – urlai anch’io, saltando e correndo nuovamente verso la mia parte di palco.
Quindi mi fermai, continuando a suonare mentre Billie correva avanti e indietro, scorrazzando per il palco, salendo in continuazione sulle casse spia per poi saltare giù, sempre correndo, buttandosi a volte per terra e rialzandosi in pochi secondi facendo strane acrobazie, mentre il pubblico saltava, pogava e urlava la propria anima.
Poi, mentre il brano cambiava ritmo, corse verso di me.
My name is St. Jimmy, I’m a son of a gun, I’m the one that’s from the way outside… – ricominciò a cantare accostandomisi.
Poi sorrise, mettendomi un braccio sulle spalle e posizionando il microfono in mezzo alle nostre teste, facendomi tacitamente capire di cantare con lui.
I’m a teenage assassin, executing some fun, in the cult of the life of crime… – cantammo, mentre sfogavo in quelle parole la rabbia che la vista di quella persona tra le prime file del pubblico davanti a me aveva fatto ribollire.
Quindi Billie mi lanciò un’occhiata di approvazione e si allontanò nuovamente, correndo verso la parte del palco alla nostra sinistra, cantando l’ultima strofa insieme ad un pubblico sempre più in delirio, che ci trasmetteva un’energia incredibile, che noi ritrasmettevamo a loro e così via in uno straordinario ciclo continuo di forza e linfa vitale che tramite la musica collegava me, i Green Day e il pubblico senza mai fermarsi. Con un po’ di fantasia si poteva quasi vederli, questi fiumi in piena di energia che ci travolgevano tutti.
It’s comedy, and tragedy… It's St. Jimmy… And that's my naaaaaaaame... And don't you fuckin’ wear it out! – gridò Billie dal mezzo del palco, mentre la folla esplodeva in un boato di urla ed applausi.
Ma, tra le mille urla, una arrivò dritta alle mie orecchie, rompendo quell’atmosfera magica che si era creata. I miei occhi fissarono la sua fottutissima faccia, mentre lei continuava ad urlare insulti verso di me, verso la musica e verso i Green Day.
Il mio cuore iniziò a battere sempre più furiosamente, martellandomi le tempie. Il mio respiro assomigliava più al soffiare minaccioso di un gatto parecchio incazzato, e non preannunciava niente di buono.
No, questo non potevo più tollerarlo. Le prime volte avevo fatto finta di niente, ma adesso stava davvero esagerando. Mi avvicinai al bordo del palco e, guardandola negli occhi, le soffiai contro, intimandole di smetterla immediatamente.
Per tutta risposta lei continuò con gli insulti, che si facevano sempre più pesanti, e scagliò qualcosa che pareva una sottospecie di pomodoro verso di me, che riuscii prontamente ad evitare.
Non ci vidi più dalla rabbia.
Tutto accadde in meno di un minuto.
In una manciata di secondi, tornai alla mia postazione, mi levai la chitarra, l’appoggiai per terra con tutta la delicatezza rimastami, poi presi la rincorsa e con tutta la rabbia che avevo in corpo saltai gettandomi contro di lei.
Nessuno era ancora riuscito a rendersi esattamente conto di quanto era successo o di quanto stesse succedendo, quando atterrai a pochi centimetri da lei e le sferrai un pugno in faccia con tutta la violenza, l’odio e l’ira repressa che avevo. Ancora sbigottita dalla mia reazione che probabilmente non aveva calcolato (sottovalutandomi sempre come “idiota sfigata e innocua”, nonostante ormai quella non fosse la prima volta che mi ribellavo, ma il suo cervello ottuso probabilmente non era riuscito a far tesoro dell’esperienza precedente), lei non riuscì ad evitare il colpo, e le mie nocche conclusero la loro traiettoria sul suo setto nasale.
Nella confusione generale, riuscii a sentire un leggero “crack”, e vidi con sadico piacere un fluido color amaranto colare dalla sua narice destra. I suoi occhi di quel grigio spento, vuoto, si sbarrarono, fissandomi, mentre un rivolo di sangue, seguito ben presto da altri, le raggiungeva il mento, sporcandole anche una ciocca dei suoi capelli color cenere, che prese man mano una colorazione scarlatta.
Si passò una mano sul naso rotto, urlando per il dolore, e, imprecando e lanciandomi alcuni insulti tra i più volgari e pesanti che avessi mai sentito, mi sferrò a sua volta un pugno. Cercai di spostarmi, ma non ebbi lo spazio né il tempo necessario e mi colpì in pieno volto, seppur la traiettoria risultò deviata di qualche centimetro.
Sentii in bocca un liquido caldo accompagnato da un sapore ferreo, mentre il sangue sgorgava abbondante dal mio labbro inferiore. Non provai immediatamente dolore fisico, quello arrivò qualche attimo dopo, ma sentii il sangue ribollirmi maggiormente nelle vene, in un misto fatale di odio e rabbia, rabbia e odio.
Mi pulii velocemente la bocca e il mento sporchi di sangue con il dorso di una mano e, mentre mi bagnavo con la saliva il labbro rotto, mi preparai a sferrarle un altro pugno.
Voleva la guerra? Bene, se l’era cercata, e non gliel’avrei lasciata vincere.
Ma qualcuno mi precedette.
Con ancora il mio a mezz’aria, vidi un pugno chiuso colpirle violentemente quella sua faccia odiosa, tra lo zigomo e l’occhio sinistro. In meno di un secondo vidi la sua faccia aggrottarsi in una smorfia di dolore. Tutt’intorno alla parte colpita il suo trucco volgare era colato e sporco di sangue, mentre l’occhio assumeva man mano una colorazione sempre più violacea.
La frazione di secondo dopo distolsi la mia attenzione da Beatrice per concentrarla sulla mano che aveva sferrato il pugno, che era ancora serrata a pochi millimetri dal suo viso.
L’avrei riconosciuta tra mille, quella mano…
Una mano che riusciva a far vibrare la mia anima soltanto facendo vibrare delle corde della sua chitarra.
Una mano di una persona che aveva cambiato la mia vita, e che soprattutto in quell’ultimo periodo l’aveva completamente stravolta, stravolgendola in meglio.
Una mano che mi aveva dato la forza di andare avanti, che mi aveva sostenuto nelle difficoltà, nella tristezza, dandomi la forza di non arrendermi, cancellandomi le lacrime e facendomi ritrovare il sorriso.
Una mano che sapeva essere dolce, delicata, ma anche brusca, decisa, dura, forte…
Una mano che riusciva a farmi rabbrividire, rabbrividire di piacere, al solo contatto…
Ancora prima di voltarmi, sapevo già a chi apparteneva quella mano.
E i miei occhi trovarono ulteriore conferma nel suo sguardo, quando il secondo dopo ruotai stupita la testa di 90 gradi trovandolo a pochi centimetri dal mio.
Billie.
Billie Joe Armstrong, nel mezzo del concerto, era saltato giù dal palco, tra le urla del pubblico e varie facce che si guardavano intorno sbigottite cercando di capire cosa stesse succedendo, lasciando tutto solo per venire in mio aiuto…
Il mio cuore prese a battere ancora più forte, e, quasi senza accorgermene, rimasi qualche secondo incantata a guardarlo stupefatta, non credendo ai miei occhi…
Mi ridestai quando il secondo dopo sentii la sua mano abbassarmi velocemente e con forza la testa, e meno di un millesimo di secondo dopo vidi il pugno di Beatrice passare a pochi millimetri sopra di me.
Lanciai un veloce sguardo colmo di gratitudine a Billie e gli urlai un “Thank you”, riferito sia al fatto di avermi evitato un pugno che mi avrebbe colpito in pieno volto, probabilmente indirizzato ad un occhio o al naso, sia, soprattutto, proprio per il fatto di essere saltato giù dal palco solo per me, per venire in mio aiuto… forse anche per difendermi, nonostante sapesse che me la sarei potuta cavare benissimo anche da sola, come avevo sempre fatto, ma la sua presenza mi dava una gran forza, il solo saperlo lì mi infondeva nuova energia, nuovo coraggio, nuova decisione…
Il muscolo cardiaco, quella cosa emotiva e reattiva che mi teneva in vita, batteva sempre più forte, martellando come se volesse uscirmi dal petto da un momento all’altro, rimbombandomi nella mente, ma lasciandomi tuttavia sufficientemente lucida nei pensieri e nei movimenti.
Approfittai del momento di sbigottimenti di Beatrice per avermi mancato, afferrandola per i lunghi e viscidi serpenti che aveva in testa. Lei urlò, cercando di levare le mie mani che le tiravano sempre più i capelli, uno dei suoi maggiori orgogli, che ora erano impregnati di sangue e sudore.
Mollai la presa della mano sinistra, concentrando quelle serpi nella destra e cercai di tirarle un ceffone con l’altra, ma lei si divincolò, con il risultato di perdere l’equilibrio…
Un secondo prima l’avevo afferrata per i capelli, ora aveva eluso la mia presa e stava cadendo addosso a Billie, che le sferrò prontamente un calcio negli stinchi.
Beatrice cadde a terra e alzò lo sguardo, fissandoci con odio e disgusto. La sua faccia era quasi irriconoscibile: le spesse ed esageratamente lunghe righe di matita, che sembravano voler collegarle gli occhi alle orecchie, erano colate e le disegnavano chiazze nere sugli zigomi; l’occhio sinistro aveva assunto una tonalità nera-violacea; il naso sanguinava, e il suo sporco fluido color cremisi si mischiava a chiazze con il fondotinta e la polvere sul suo volto; i capelli sudati e spettinati erano anch’essi sporchi di sangue, sudati, in disordine e con alcune ciocche appiccicate sul viso. Il suo sguardo aveva una nota omicida, il suo respiro era pesante e la sua bocca grugniva insulti, bestemmie e imprecazioni di ogni tipo.
Billie rimase a fissarla per qualche secondo, con una strana nota nello sguardo.
Lei ne approfittò, cogliendo l’attimo, alzandosi di scatto e dirigendo con estrema viltà un pugno verso il volto del frontman, che io riuscii però a fermare con uno scatto fulmineo, saltandole addosso improvvisamente e facendole perdere nuovamente l’equilibrio, trascinandola con me in una rovinosa caduta.
Tutto ciò era successo un minuto o poco meno.
Nel frattempo vidi farsi largo tra la folla tre energumeni della Security, tre armadi enormi, tutti muscoli, il cui aspetto avrebbe incusso timore anche ad un lottatore di wrestling. I tre si diressero verso di noi e, prima ancora che ce ne rendessimo conto, trascinarono via a forza me e Billie Joe da una parte e Beatrice da quella opposta, verso l’uscita.
Solo allora sentii nuovamente il dolore al labbro, che mi accorsi sanguinava copiosamente.
I due energumeni ci depositarono nuovamente sul palco, prima di tornare alle loro postazioni, mentre migliaia di occhi sbarrati fissavano ora loro, ora noi, ora quello che stava trascinando Beatrice fuori dal palazzetto.
– Tutto OK? – mi chiese Billie, mentre raccoglievamo le nostre rispettive chitarre dal suolo del palco.
– Sì, abbastanza… Tu? –
Rimasi in silenzio un paio di secondi, fissandolo, mentre si passava una mano tra i capelli.
Era sudato fradicio, aveva i capelli totalmente alla cazzo che gli gocciolavano sulla fronte, la camicia slabbrata, storta e un po’ strappata in un angolo, aveva preso anche lui alcune botte, ma nonostante tutto in quel momento mi sembrò la visione più bella che potesse esserci su questo fottuto pianeta.
– I’m OK too… – fece cenno al mio labbro sanguinante – Vuoi andare due secondi dietro nel backstage a medicarti e darti una sistemata? –
Mi resi conto che dovevo essere in condizioni peggiori delle sue, e dal mio labbro inferiore continuava a sgorgare in abbondanza sangue amarantino, che sembrava non aver alcuna intenzione di fermarsi.
Ma non avrei interrotto il concerto. Non potevo. O meglio, non volevo.
Whatever it takes, l’avevo giurato a me stessa.
– No, grazie, non c’è bisogno, posso continuare benissimo a suonare – cercai di sorridere, ignorando il dolore lancinante alla bocca e succhiandomi il labbro per eliminare il sangue.
Raccolsi la chitarra e mi alzai, rinfilandomela a tracolla.
– E… Billie… Grazie… Grazie davvero per avermi aiutato… Grazie
Si alzò anche lui.
– Figurati – rispose semplicemente, regalandomi un suo sorriso.
Mi passò una mano tra i capelli, scompigliandoli più di quanto non fossero già, se ciò poteva essere ancora possibile, dato che ormai andavano in tutte le direzioni possibili e immaginabili, come anche i suoi del resto…
Poi si voltò, si rimise anche lui la chitarra e si allontanò, raggiungendo il microfono.
– Alriiiiiiight! – urlò quindi, mentre il pubblico esplodeva gridando nel più totale delirio.

***


Guardai Billie intonare gli ultimi versi di “Good Riddance (Time Of Your Life)” e suonare gli ultimi accordi sulla sua bellissima Gibson J-180, mentre una lacrima si fece strada sulla mia guancia.
L’asciugai fugacemente, assaporando il sangue che non voleva saperne di smettere di sgorgare dal mio labbro inferiore.
Sospirai.
Alla fine ce l’avevo fatta.
Ed era stata la cosa più bella della mia vita.
Billie terminò il brano e alzò la sua acustica nera vero il cielo, tra uno scroscio di urla e applausi di un pubblico commosso.
Mike mi distolse dai miei pensieri con un sussurro, dicendomi che dovevamo uscire per un ultimo saluto al pubblico prima di andarcene.
Annuii, alzandomi, mentre le emozioni appena vissute si mischiavano ai ricordi del concerto di Milano, quando tra quel pubblico emozionato e commosso c’ero anch’io. Felice per ciò che avevo appena vissuto, ma triste perché adesso era finito. Come in quel momento, del resto.

– Complimenti ragazzi, il concerto è andato a meraviglia! – disse Billie, guardandoci e buttandosi esausto su una sedia.
– Non poteva andare meglio! – aggiunse Tré.
– Complimenti davvero, soprattutto a Ema, cazzo non pensavo andasse tutto così bene! È stato sorprendente… sorprendente e fottutamente stupendo – continuò il frontman, indirizzando il suo sguardo nel mio, altrettanto esausto ed entusiasta.
– Davvero… L’hai preso perfettamente quel treno, ragazza! – sorrise Mike.
– Grazie… Grazie davvero – fu l’unica cosa che riuscii a dire, mentre indirizzavo loro un sorriso a trenta-e-quanti-denti avevo in bocca, fottendomene altamente del dolore che ciò provocava al labbro martoriato.
– Onestamente, neanch’io pensavo potesse andare così… così… – lasciai la frase in sospeso, non trovando il termine adatto – Well, I don’t know how to explain it – sospirai.
– E… scusatemi per… ehm… per l’inconveniente della rissa con quella testa di cazzo… Ma… davvero, mi dispiace moltissimo, ma… beh, dopo tutto quello che ha detto, continuando a provocarmi e lanciando insulti oltre che da anni anche durante il concerto e non solo rivolti a me… beh... ecco… non ci ho visto più dall’ira e… –
A questo punto Billie si alzò dalla sedia per venirsi a sedere sul divano dove eravamo sprofondati io e Mike, facendosi posto in mezzo a noi.
– No probs, Ema… – disse poi, interrompendomi – Non c’è alcun bisogno che ti scusi, l’abbiamo capito, davvero… Avevi tutte le ragioni di questo mondo per fare quello che hai fatto – sorrise.
– E poi, dai, ci voleva qualcosa che spezzasse la consuetudine! Se no alla lunga diventa tutto troppo monotono, e sai che palle! – rise Tré, mentre gli altri due gli diedero ragione unendosi alla risata.
– Beh… cosa posso dirvi… Thank you so much, guys – risi anch’io.
– Ragazzi, vado a prendere da bere, stasera non c’è James… E, come diceva il proverbio? “Quando il lupo non c’è i gatti ballano”? – disse Tré ad un tratto.
– Uhm… Mi pare fosse “quando il gatto non c’è i topi ballano” – precisò Mike.
– Ma io direi anche “quando James non c’è i Green Day ballano” – rise il batterista – Dai Mike, alza il culo e vieni a darmi una mano – disse poi alzandosi, seguito dal bassista, lasciando soli me e Billie.
– E… beh… – continuai poi, imbarazzata – Billie… ehm… Grazie di tutto… anche… anche per… sì, insomma, anche per essere saltato giù dal palco per venire in mio aiuto – conclusi tutto d’un fiato.
Il mio cuore fece un balzo, fermandosi di colpo, per poi riprendere a battere all’impazzata.
Mai mi sarei aspettata una reazione del genere.
Inconsciamente, le mie palpebre si chiusero e una strana, maledettamente bella e lacerante stretta prese il mio stomaco.
Sentii le sue labbra morbide e dannate posarsi dolcemente sulle mie, imprimendovisi.
Sentii il suo sapore sulle mie, un sapore dolce e acre (cosa avrei dovuto aspettarmi? Sorrisi mentalmente, conoscendo già la risposta: Rage and Love) che in una frazione di secondo mi trasportò in un luogo indefinito, in un limbo paradisiaco che prese completo possesso di me.
In quei pochi attimi provai un mare in piena di emozioni in cui mi lasciai affogare, lasciandomi stordire dal piacere, mentre le sue labbra si posavano ora sul labbro rotto che ancora non voleva saperne di smettere di sanguinare, raccogliendone il fluido amarantino e lasciando in cambio una goccia del suo sapore che sembrò curare ogni male, ogni dolore e fastidio che quel maledetto labbro mi procurava.
Era tutto così dannatamente sublime…
Dopo avermi regalato quei pochi interminabili ma fugaci secondi carichi di forti emozioni, quegl’attimi così brevi ma così immensi, staccò le sue labbra dalle mie, sempre con delicatezza, lasciandomi a bocca aperta, stupita, mentre lo guardavo con uno sguardo completamente inebetito.
– Hey, voi due, alzate il culo e venite a darci una mano che facciamo festa! Poi avrete il tempo di fare tutto quello che volete fare… – disse Tré con una nota maliziosa nella voce.
– Frank! – lo apostrofò Billie ridendo adorabilmente.
– Allora, venite a darci una mano o no? Se no ci tocca far festa soli soletti io e Mike, e non so quanto lui possa esserne entusiasta di questo incontro privato… – continuò il batterista, ridendo, mentre Mike faceva capolino dalla porta.
– Hey, cosa c’entro io? – domandò, sentendo il suo nome.
– Oh, semplicemente ho detto che se quei due non alzano il culo e vengono ad aiutarci rimandando a dopo le cose che probabilmente farebbero ora… noi festeggiamo soli soletti e… – ripeté Tré, sempre con un tono più malizioso.
– Frank! – lo apostrofò a sua volta Mike.
– Ecco, Mike, lo sapevo che tu non mi volevi. Mi ritengo offeso. – disse allora il batterista, facendo la faccia del bambino imbronciato.
– Ma no, che hai capito! – rispose il bassista abbracciandolo, ridendo con Tré.
– Beh, alzatevi o festeggiamo da soli, senza lasciarvi niente… – disse poi Tré, tornando a rivolgersi a noi, ammiccando alle bottiglie di birra e vodka alla fragola dall’aria davvero invitante che facevano capolino dietro di lui.
– Arriviamo, arriviamo! – esclamammo all’unisono io e Billie, alzandoci e raggiungendoli, ridendo tutti come matti ancor prima di aver bevuto una sola goccia d’alcool.

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Capitolo 15
*** The shit is so deep you can’t run away ***


Ehm… Ave!
Hi everybody!
Ehm… Sì, lo so, sono un caso disperato. Me ne rendo perfettamente conto. Avevo promesso che avrei aggiornato presto per farmi perdonare della scorsa attesa, invece aggiorno in ritardo anche ‘sta volta…
Scusatemi, I’m sorry, I’m really sorry, darlings…
Non prendetevela con me, però, le buone intenzioni c’erano XD. È stata colpa di fattori esterni se non ho potuto aggiornare prima, e questi fattori sono riassumibili in: la sQQuola [scuola] che opprime con mille compiti, verifiche, interrogazioni e robe analoghe ._. ; il mio caaaaaro PC che talvolta si rifiuta di fare il proprio lavoro nonostante gli faccia tutte le pulizie varie (anche adesso, per aprire World, ho dovuto litigarci un po’ u.ù XD) ; and the last but not the least, in questo periodo n on sono stata affatto bene (né di salute – ora mi sto riprendendo comunque ^^ – né co0me situazione in rapporto alla gente che mi circonda)…
Comunque, tralasciamo i problemi… In ogni caso, seppur più lentamente, sono riuscita a finire il capitolo e postarlo!! Contente? (Fate almeno finta di esserlo, su *_* XD ahahah scherzo dai).
Comunque, stavo dicendo, ecco qua il tanto atteso (??) capitolo!
Strano ma vero, per questo l’ispirazione mi veniva a scatti e si contraddiceva spesso e volentieri, indi per cui codesto capitolo è stato scritto e cancellato tante volte. Già, perché mi capitava di iniziare a scrivere, poi rileggere velocemente e scartare l’idea (perché non mi ispirava più, perché poi non sapevo come andare avanti, perché riguardandolo mi sembrava troppo una cazzata, perché mi sembrava troppo inverosimile [perché c’è qualcosa di verosimile in questa fic?; No, non c’è, però era troppo inverosimile anche per l’inverosimile di questo mio “sclero mentale” XD. Vabbè, che poi, piccolo spoiler XD, ci saranno anche gli asini che volano perché l’ho promesso alla mia mate che risponde al nickname di cerere, ma questa è una cosa a parte che vedrete tra 3-4 capitolo più o meno xD], eccetera eccetera). Quindi, mi è capitato di improvvisare (già, perché nonostante talvolta nella mente si configurino idee di proseguimenti, che a volte bussano così forte alle pareti della mia scatola cranica che devo scrivermele, o talvolta restano soltanto nella mente pazzoide… ma ora basta divagare se no non finisco più la frase XD)… Stavo dicendo? An, sì, che mi è capitato di digitare qualche riga, oppure anche una o due pagine di World, per poi cancellarle e ricominciare. E ciò, unito ai motivi sopra elencati, non ha certo aiutato a sveltire la stesura del capitolo XD. Poi, alla fine, ho detto: basta, ora non cancello più (anche perché avevo già scartato molte idee, e non è che ne rimanessero moltissime XD), se no questo capitolo non lo finirò mai; quindi, quel che è, è, e continuo questo. E “questo” è quello che mi accingo a postare. Spero che non vi faccia schifo vi piaccia… =)
Bene, ho già scritto troppo, come dice la mia AmantaH, Gì (Fujiko Chan), altrimenti scrivo davvero più di commenti che di capitolo ahaha XD.

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
Come sempre, grazie mille a tutti voi che leggete il frutto di questo mio enorme sclero mentale che va sotto il nome di FanFic XD, e soprattutto a tutte voi che recensite e che mi sostenete… Davvero, non immaginate quanto una recensione possa far contenta l’autrice, che si sente in qualche modo realizzata XD.
Vi voglio bene, care *-*!
Scusate se sarò un po’ più breve del solito nei ringraziamenti personali (ma neanche tanto alla fine XD anche se mi impegno, le righe scaturiscono da sole e, volente o nolente, i ringraziamenti personali, che mi piace così tanto scrivere, quasi come leggere le recensioni *_* magari sarò pazza io ma è così *ç* , non sono così brevi… XD), ma come avrete capito, purtroppo il tempo è quello che è =(

ZofouArtemis : ciao cara! *_* Mi fa piacere che ti sia piaciuta la descrizione del concerto, delle urla che rompono quel silenzio quasi surreale, dell’essere parte della Musica, che è una vera e propria linfa vitale… Se devo dirlo, è la parte in cui mi sono impegnata di più XD. Sono contenta che tu sia riuscita ad immedesimartici… Dopo che me l’hai fatto presente, ho proseguito anche la lettura della tua fic (non ricordo se ho fatto in tempo a recensire, nel caso non l’avessi fatto, sappi che mi è piaciuto molto, principalmente perché anch’io mi sono ritrovata moltissimo in ciò che hai scritto! Comunque, dovrò portarmi a pari, sempre per il discorso delle mille cose che mi han tenuta lontano da fic e da EFP), ed è vero, ci sono parallelismi pazzeschi! Beh, si vede che siamo in qualche modo in sintonia XD *_* e abbiamo idee simili sulla Musica, sul viverla in concerto, da qualunque delle due parti del palco tu sia… =).
Ti ringrazio molto anche per i complimenti per le descrizioni e la caratterizzazione dei personaggi, spero di essere migliorata (onestamente, non ho più riletto i primi capitoli, ma da quel che mi dite mi sa che lo sono! E non posso che esserne contenta *_*).
La reazione di BJ... Beh, è strana. Insomma, sì, in un certo senso essendo una fic ve la aspettavate (addirittura con trepidazione? Wow XD). Però, ciò non toglie nulla all’affermazione precedente. E darà origine anche ad una reazione a catena che occuperà questo e i prossimi 1 o 2 capitoli, o almeno così penso XD. Beh, non so se come andrò avanti vi piacerà o no, se sarà più o meno scontato, ma come ho già detto prima, spero vi sia gradito e continuiate a seguirmi! ^^”.
Per quanto riguarda la citazione Mike-esiana del treno in corsa, beh, dalla prima volta che l’ho sentita mi è entrata indelebilmente nella testa, e quindi non potevo non metterla! E anche qui, mi fa piacere di averla resa nel modo in cui l’immaginavi anche tu *_*.
Ok, avevo detto che sarei stata concisa ma vedo che proprio più di tanto non ci riesco ahahah. Ok, mi fermo qui se no continuo fino a domani =). Spero di sentirti presto, e che anche questo capitolo ti sia gradito ^^.

Helena89 : Hey, cara Prima Lettrice, rieccoti!! *_* Mi sei mancata tanto, sai? =)
Visto che ce l’ho fatta a postare entro la settimana, come avevo promesso ieri a te (e alle altre lettrici)? XD
Tornando al commento alla recensione (*_*)… Proprio due minuti fa ho scritto, nel commento di ringraziamento a Z.A., che speravo di essere migliorata nella scrittura, ma, non avendo più riletto i primi capitoli, non potevo dirlo con precisione. E ciò che dici tu, che sei stata assente e hai letto insieme uno dopo l’altro più capitoli, mi fa molto piacere! È sempre bello migliorare *ç* XD. E grazie tanto tanto dei complimenti!
Sono contenta che tu abbia apprezzato la parte del concerto, per la quale ho attinto sia dalla mia memoria, che dalla mia immaginazione immedesimandomi nel mio alter-ego (l’Ema della storia, insomma)…
“Beh, la parte con Billie non credo abbia bisogno di commenti.. Quei due sembrano l'uno il pezzo mancante dell'altro tanto sono in sintonia... *.*”--> Beh, sì, non c’è bisogno di commenti XD. In un certo senso hai ragione, sono come complementari, si completano XD .”In un certo senso” perché… Beh, lo capirai nei prossimi capitoli mi sa… Beh, non aggiungo altro, perché ho qualche ideuzza che inizia a formarsi nella mente e prenderà vita nei prossimi capitoli che non voglio rovinarti anticipandoteli (che poi, le idee in mente sono ancora un po’ confuse)… Beh, ti lascio… Spero il capitolo ti piaccia (almeno un po’ XD). Ciao, a presto!

Green Star 90 : Stella! *_*
“– Beh, Ema, possiamo fare anche una cosa a tre, non c’è alcun problema – -----> E ti pareva che anche in questo capitolo non mancassero le purcellate.” --> Lo sai che quella frase l’ho scritta pensando a te? XD *ç*. E l’idea del numero 42 da usare come codice tra noi mi garba assai *__*
Tornando al commento… Allora, a tutto vi è una spiegazione (quale? Spero di chiarire tutto in questo e nei prossimi 2-3 o 4 capitoli XD ciò non toglie che magari inserirò anche altre cose che chiarirò più avanti però ahahah XD). An, una piccola precisazione: il personaggio di Beatrice da ora in poi non rispecchierà la realtà al 100% (ma solo al 99,99% u.ù) XD. Certo, gli si avvicinerà moltissimo per atteggiamenti, comportamento, abitudini, eccetera, ma alcuni particolari saranno un po’ accentuati (leggermente, fidatevi, se la conosceste e la sentiste parlare/raccontare/vantarsi vi chiedereste come fa a non essersi ancora scavata una fosse profonda chilometri dove sparire, dopo essere rimaste basite, schifate, esterrefatte, stomacate, sconvolte...) XD . Anyway, sia le tue domande su Beatrice che sul comportamento di Billie, saranno chiarite in questo, nel prossimo, o nell’uno o due dopo il prossimo, come ho scritto sopra XD.
Solo un’altra piccola precisazione:
“oh! Billie è un uomo sposato e con figli, tra cui uno più grande di te di soltanto un anno!” --> Ahem… Nulla contro i/le 96 (conosco molte persone simpatiche nate quell’anno, tra cui la mia AmantaH, la Gì…), però, insomma, non togliermi due anni di vita!! XD. An, e comunque l’Ema della fic non ha esattamente la mia stessa età, ma un’età imprecisata leggermente superiore…
“(o purtusu è purtusu XD).” --> XD ahahah Stella, tu mi fai morire coi detti in dialetto! Ahahah XD. *.*
Beh, detto ciò, ti saluto, e mi scuso ancora anche per il ritardo con cui sto seguendo la tua fic (sto cercando di portarmi in pari comunque *ç*), sempre per i soliti motivi già detti… =(
Bye, oh my dear shiny Star, see you soon!

Fujiko Chan : AmantaH *ç*! Come al solito, semplicemente ADORO le tue recensioni ahahah XD. Allora, come al solito mi diverto a risponderti punto per punto (anche se cercherò di essere un po’ più breve del solito per motivi di tempo):
I’m really happy che tu abbia gradito la parte della pseudo-riabilitaizone, come l’hai denominata!
Ahahaha e mi fa piacere anche sguazzavi tra le allusioni :shifty: … però credimi, non tutte erano fatte apposta, alcune mi son venute senza voler propriamente crearle… e tu subito a trovarle e a sguazzarci dentro, eh? Purcella. XD *_*
E sì, Billie e Mike chiamano Tré Frank, and I’m happy that you agree with my decision ^_^. Perché come hai detto tu (e non hai sbagliato il tempo ,se intendevi quello verbale XD), la loro amicizia dura da una vita, e mi sembra più… come dire… naturale, che lo chiamino Frank =)
“E per un attimo ho temuto che avresti SHIFFATO con Mike. XD No davvero, tramonto, lungomare...<3” --> Te l’ho già detto che sei una purcella che vede tanti tanti tanti tanti shifty in giro? XD Vabbè, ma io ti volgio bene così *_* XD
E sono davvero davvero contenta che tu abbia apprezzato come si deve la parte del concerto. Delle sensazioni, delle emozioni di Ema. Del dubbio: Heaven or Hell?. Della frase finale (Welcome To Paradise…. Ok, adesso mi fermo se no inizio a cantare tutta la canzone *_*). Del pubblico che quasi sommerge il mio alter ego: come in Bullet, sì *_* ma come anche il 10 Novembre 2009 (*si perde nei ricordi*), oppure del 26 Giugno e del 4 Luglio 2010! Perché in quest’ultima data ci saremo anche NOI DUE in QUEL pubblico… *ç*
E il tuo commento sulla “rissa”… ahahah stupendo, con tutte quelle parole/frasi dette e contraddette poco dopo *_* Rispecchia bene lo stato d’animo di Ema, davvero. [
“Immaginandoti che ti lanciavi verso Beatrice con la Baby in mano (si, non ce l'avevi ma sono dettagli U_U) mi ha fatto morire dalle risate, ma ripensandoci non avrebbe dovuto far ridere. E' bellissimo quando Billie Joe ti ferma la mano *_* davvero, quello è il momento più romantico (anche se non ha niente di romantico)” --> A me invece ha fatto morire dal ridere la tua recensione *_* ma questo ormai lo sai u.ù]
“Una nota: Credo che James non sarà MOLTO MOLTO contento. XD” --> No, non lo sarà PER NIENTE XD… He would like to kill Ema (and not only Ema), in my honest opinion XD.
E beh, sì, hai ragione, l’ultima parte è un po’, come hai detto tu, “arronzato”. Ma già ero TROPPO in ritardo (perché, questa volte no? XD), e dovevo metterlo perché era negli accordi del “Piano Malefico su MSN TM (marchio registrato XD)” con Luna (aka SilentMoon)… XD. E comunque, davvero l’hai sempre saputo? XD ma che brava… (Però non so se tu hai sempre saputo anche il seguito degli eventi… XD). An, e lo sclero di commento su MSN era altrettanto fantastico della recensione XD. *_* ahahahah.
“Me ama ama questo capitolo *ç* prima ancora che la tua mente malata l'avesse concepito U_U” --> esagerata! *-*
E grazie 1,000 (anzi, grazie 1,039 *_*) dei mille complimenti. E ribadisco, sono davvero tanto tanto contenta di essere migliorata =)
Beh, ti lascio al capitolo, spero non ti faccia cambiare idea e opinione. In poche parole, spero ti piaccia XD. Bye, darling *_* See ya soon.

cerere : Mate!! *_* Ecco l’altra utentA che scrive recensioni semplicemente A-DO-RA-BI-LI *-*.
Alùr (allora)…
Iniziamo chiarendo una cosetta: tu non spari Boiate con la B maiuscola perché sono davvero immensamente grandi; o se le spari, io le adoro. Quindi, no problems. XD
“ma lo sai che adoro te e questa storia??? --> Ma lo sai che adoro te e le tue recensioni-barra-tutto-ciò-che-scrivi-compresi-i-nostri-scleri? *ç*
Il tuo commento alla prima scena indica quanto bene tu l’abbia compresa, e quanto bene tu abbia compreso lo stato d’animo della protagonista *_* Perché, nonostante tutto, è IMPOSSIBILE tenere Ema lontana dalla sua chitarra e dalla Musica, o, come hai detto tu,
non è possibile fermare l'attrazione atavica che sussiste tra la chitarra e la sua padroncina *.*
“per quanto riguarda il secondo atto, dimmi che in seguito farai qualcosa per conquistarti la simpatia di Mister Acidello/James...!!!” --> Ema ti fa sapere che lo spera tanto anche lei!
“e comunque quel Whatever it takes..... mai locuzione più azzeccata!!!! *_* you know, da quando me l'hai fatta conoscere tu un po’ di tempo fa, è diventata una delle mie frasi preferite, perche esprime al meglio ciò che dovrebbe essere la vita per noi. […]” --> Me è tanto tanto contenta di ciò. Davvero. Oltre al fatto che hai inteso benissimo il senso della locuzione, sono felice anche di avertela fatta conoscere, capire ed amare. =)
E beh, correre sulla spiaggia con Mike prima di un concerto è pure un mio sogno (siamo sempre in sintonia, mate XD), e non potevo non metterlo *ç* . Come pure le frasi citate da Bullet *-*
E… sììì… ti ci vedo a pogare sulle mie note *ç* awww mate *ç* anche se più che cristalline saranno ben distorte XD y’know, un buon 80% delle volte che suono, il distorsore dell’ampli è sempre attivo XD e nei pezzi descritti nella fic, idem… =) Anyway, I’m really happy you liked so much the concert part; it takes me lots of energies ‘cause I wanted to write it as better as I could… XD And you’re right, you know… There was something magic in the atmosphere and in Ema’s feelings *.*
E son contenta anche che ti sia piaciuto l’impatto delle mie nocche fredde ma roventi di incazzatura (pardon, di Ema XD) sul naso di quella whore, che ha prodotto un appagante rumore e rivoli di sangue hanno iniziato a colare da esso… *_* (mi sa che abbiamo in comune anche la malsana attitudine a piacerci scene macabre/violente di codesto tipo ^^)… E se pensi che la mia “rivincita virtuale” (virtuale ne senso che sarà operata solo nella fic, ma niente nella realtà, anche perché, come hai detto tu la Dolce Prospettiva Parigina, a cui si aggiunge anche Quella Mestre-Veneziana della settimana seguente, non ne vale la pena XD) sia finita lì, ti sbagli cara… Ricordi il nostro “Piano Malefico TM accennato su MSN o Facebook -non ricordo con precisione- ? Muahahah *risata malefica*.
Tutto accadde in meno di un minuto. ... bastano e avanzano per cancellare il sorriso saccente da una faccia Altamente Odiosa ^_^” --> Oh, yeah!
“eeeeeehhhh.... sporcaccioni sporcaccioni, quei tre!!!! quanti doppisensi *_* (e c'e chi venderebbe l'anima per ascoltarli scherzare cosi confidenzialmente dal vivo.... io in primis xD)” --> *__* (non solo tu… Io mi aggrego, ovviamente)
Beh, mi fa piacere che tu abbia gradito anche l’ultima scena… Beh, come ho detto alla Gì (Fujiko Chan), l’ho scritto in meno tempo degli altri (perché dovevo metterlo in quanto facente parte del “Piano Malefico Di MSN con Luna”, però ero già troppo in ritardo nel postare… E tu probabilmente avresti dovuto usare quell’ascia che hai citato per cercare di convincermi “gentilmente” a postare… e non ho voluto crearti il disturbo XD). E mi fa piacere che tu abbia apprezzato il “Rage and Love”, che esprime l’essenza del caro BJ, come hai giustamente notato. And, however, salutami tanto il tuo cervello da parte del mio! E digli che mi fa morire dal ridere… XD
“cosa dovrei dire ancora? che il tuo ego dovrebbe essere gonfiato con la pompetta per le camere ad aria delle bici, per le cose stramitiche che hai scritto in questo capitolo? genio incompreso..... ^_^ come devo fare con te? ah, you just have to tell me how!!!!!! xD” --> Te l’ho già detto che ti adoro? *ç*
Beh, ciao, ti saluto se no non finisco più e di conseguenza non posto più il capitolo, e non penso che né tu ne le altre lettrici ne siano contente… XD. I hope to hear from you soon, darling!

K_BillieJoe : Ciao cara *.*! Ahahahah, brutta cosa la gelosia! Anche quella dell’autrice (io) verso il personaggio da lei creato! Ti capisco, sai? XD
Beh, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, e spero che né questo né i prossimi ti deludano ^^. Ciao, a presto!

Francy924 : Darling! *_* Non so se sei già arrivata a questo capitolo, ma volgio comunque ringraziarti in questo spazio ^_^. Grazie mille (o, ancora meglio, 1,039 *_*) dei complimenti! Mi fa davvero tanto piacere che ti piaccia, e spero continui a piacerti =)
A presto!

E un grazie speciale anche a tutti voi che avete aggiunto questa fic alle seguite e/o ai preferiti e/o, addirittura, me alle Autrici Preferite (*arrossisce* grazie davvero)!! *_* - Fujiko_Chan, Green Star 90, Helena89, Mary17, micky_malfoy87, millape, ZofouArtemis, 801_Underground, cerere, Crazy_Me, DearlyBeloved96, Jayden Akasuna, K_BillieJoe, Sybille, SuomiLover, Francy924… Grazie di cuore a tutte!! *-*
E se non chiedo troppo, quando riuscite, mi farebbe davvero piacere (per chi non lo fa già *w*) se lasciaste un commento, anche piccolo, giusto per sentire la vostra presenza e per sapere cosa ne pensate ^-^

Angolo “pubblicità” XD:

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Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
Copia e incolla dove vuoi.



PS: SilentMoon : Dearly Beloved! *ç* Lo sai che mi manchi tanto tanto? Sia la tua presenza qui su EFP come scrittrice/lettrice, sia le nostre pazze conversazioni su MSN… Spero di sentirti presto! Ciao *_*


Ok, ora basta, vi ho “annoiato” fin troppo. Avevo detto che avrei cercato di fare i ringraziamenti più concisi, ma nonostante tutto son venuti abbastanza prolissi lo stesso… L’avevo previsto che sarebbe finita così… Che ci volete fare, son fatta così, e ho la pazza passione per rispondere BENE ad ognuna delle vostre recensioni che leggo con così tanto grande piacere…
Bon, vi lascio al tanto atteso capitolo (“come no? Guarda, non aspettavano altro ._.”. “Hey tu, cervellino caro, non eri mica andato a farti un giro? An, sei tornato? Beh, allora almeno lasciami illudere un po’ XD”). Buona lettura… See ya soon *ç*







CAPITOLO 15 The shit is so deep you can’t run away


Fissavo il pavimento davanti a me con sguardo perso, ma non era quello che le mie pupille vedevano.
Le immagini degli ultimi avvenimenti mi sfrecciavano davanti agli occhi in un susseguirsi incalzante.
Ripensai a quello che era successo quel giorno, e in particolare durante la serata.
Nella mia testa regnava il caos più totale, ma in mezzo ai mille interrogativi e alle mille idee ingarbugliate che sfrecciavano qua e là, dubbiose, una si fece largo nella mia mente, ed era l’unica cosa certa che riuscivo a riconoscere in quel momento: James ci avrebbe sicuramente ucciso.
Forse non nel senso stretto della parola, ma in qualche modo ci avrebbe ucciso.
E qualsiasi cosa avremmo potuto fare ora, soprattutto se fossimo stati sotto l’effetto di quei liquidi così invitanti, non avrebbe migliorato la situazione.
The shit is so deep you can’t run away…

Riflettendoci, però, sembrava tutto così irreale
Forse non era accaduto niente…
Forse, anzi probabilmente, era tutto l’ennesimo sogno… E nel caso, da quanto andava avanti?
Trattenni il fiato, per poi espirare lentamente la poca aria ancora presente nei polmoni.
No, era troppo lungo per essere tutto un sogno, non potevo aver sognato ciò che era accaduto in tutti quei giorni, che ormai ammontavano a quasi una settimana: qualcosa di vero doveva esserci stato…
Tirai un inconscio sospiro di sollievo.
Però forse l’ultima parte era davvero frutto della mia immaginazione… Forse tra pochi istanti mi sarei svegliata nel mio letto, con ancora il polso dolorante, o forse almeno quello no… Oppure mi ero addormentata dopo aver provato l’ennesima volta tutti i brani? Dovevo ammettere che quell’ipotesi, tra le due, mi piaceva di più…
Chiusi gli occhi e li sbarrai.
No, non ero nel mio letto, né sul divano della sala prove o comunque da qualche parte addormentata, ero ancora in quella stanza con i Green Day e quelle bottiglie così attraenti a pochi metri da noi…
Beh, ma perché avrei dovuto risvegliarmi semplicemente chiudendo e riaprendo gli occhi? I miei sogni di solito finivano quando meno me l’aspettavo, quando volevano loro, non quando volevo io.
Quindi restavo nel dubbio, in quel dubbio che stava diventando sempre più logorante.
Da una parte speravo che non fosse stato solo un sogno, dall’altra invece mi ritrovavo a sperare che lo fosse.
“Ma sì, non è altro che un sogno”, suggerì ancora una vocina nella mia testa. Un sogno fantastico che poteva sembrare reale ma pur sempre un sogno era. E quindi, se era un sogno, non avremmo corso il rischio di venir fucilati l’indomani da James. Se era un sogno, qualunque cosa avessimo fatto, non avrebbe avuto ripercussioni nella vita reale: era tutto un frutto dell’immaginazione della mia mente pazza.
Sì, al 90% era così.
Ma quel 10%? Quel fottutissimo 10%?
No, era troppo impossibile.
Sembrava a tutti gli effetti la trama di un sogno.
Il comportamento di Billie.
E la presenza di Beatrice , in Australia, al concerto.
Ok, quella stronza mi aveva giurato che mi avrebbe rovinato ovunque fossi andata. Ma probabilmente scherzava, o forse, ancora più verosimilmente, attribuiva un valore ristretto e riduttivo a quell’ovunque. O forse no? Forse mi avrebbe davvero seguito fino in capo al mondo per uccidermi, fisicamente e/o moralmente? Da quella, in fin dei conti, tutto era possibile.
Ok, allora, forse Beatrice mi voleva davvero così male da seguirmi fin lì, e quindi, nonostante sembrasse strano, poteva essere successo tutto realmente…
Però, c’era sempre il comportamento di Billie Joe… E a quello il mio cervello non riusciva a trovare una spiegazione apparentemente e sufficientemente plausibile nel campo della realtà.
Scossi debolmente il capo: quelle che potevo fare erano solo stupide supposizioni.
Era altamente improbabile che quello che stava succedendo da inizio serata a quel momento fosse realtà, ma d'altronde sarebbe sembrato impossibile anche che io fossi in Australia con i Green Day invece che dietro i banchi di scuola ad annoiarmi e ad essere massacrata di compiti, verifiche, interrogazioni e cose analoghe, come ogni comune mortale della mia età…
Non sapevo più cosa diavolo pensare.
Lanciai un’ultima occhiata alle birre e alla vodka, che improvvisamente avevano perso ogni attrattiva…
Sospirai, quindi mi sedetti per terra, sul freddo e duro pavimento, appoggiando la fronte su una mano, intrecciando le dita tra i capelli, sovrappensiero.
C’era un modo per sapere con certezza se era una fantasia oppure no, pensai d’un tratto.
Adocchiai la finestra, poi scossi la testa ridendo tra me.
No. Come avevo potuto anche solo pensare una cosa del genere?
Sì, certo, nei sogni non si poteva morire, ma se non fosse stato un sogno?
Rabbrividii, immaginando il mio corpo esanime ed insanguinato lungo disteso sul prato che c’era sotto la finestra dell’hotel. No, decisamente non mi conveniva usare quel metodo per provare la realisticità o meno della notte.
E quindi mi toccava restare nel dubbio.
Beh, sempre meglio che rischiare quella morte brutale.
Certo, avrei evitato di venire uccisa da James l’indomani, nel caso, ma non ne valeva la pena lo stesso.
Chiusi gli occhi e inspirai a lungo.
Cosa dovevo fare?
– Hey Ema ci sei??! –
La voce di Tré a pochi centimetri dalle mie orecchie mi fece sobbalzare.
– Ah, eccola… Pensavamo di averti persa, non rispondevi più – rise il batterista.
– Si può sapere su quale cazzo di pianeta eri finita? – domandò il frontman, sorridendo e accovacciandosi anche lui davanti a me.
Già, su quale fottuto pianeta ero finita? Bella domanda.
Senza rendermene conto abbassai lo sguardo e iniziai a tremare.
Billie si sedette accanto a me, cercando di abbracciarmi, ma io mi scansai.
Perché l’avevo fatto? Scossi impercettibilmente la testa: altra domanda senza risposta.
Ma alla luce di tutto quello che avevo considerato e rimuginato, qualcosa mi disse che era meglio così.
“Ma cazzo, Ema, se è un sogno, perché non te lo godi fino in fondo?” disse la solita vocina maliziosa, da un qualche meandro del mio cervello, facendosi sempre più insistente e contestando ogni mia argomentazione.
Vidi il chitarrista bloccarsi sbigottito, mentre mi fissava sbalordito e confuso, senza capire perché diavolo reagissi così. E non lo capivo neanch’io.
Abbassai ancora una volta lo sguardo, non reggendo il confronto con quei due smeraldi rabbuiati che mi scandagliavano cercando un qualche indizio che spiegasse il mio improvviso mutamento.
Strinsi i denti e deglutii.
Chiusi gli occhi, vederlo così mi stringeva il cuore, rendendomi molto più vulnerabile, facendomi correre il rischio di poter cedere a quella dannata vocina. E non volevo, o meglio, non dovevo.
Però i suoi compromessi e le sue proposte non sembravano così male, a ripensarci…
No.
No. No. No. Molto probabilmente non volevo, ma dovevo resistere…
Mi tappai le orecchie, come se questo potesse non farmi udire più le due voci che battibeccavano nella mia mente. Ma ovviamente non servì a nulla.
Stavo impazzendo.
Sì, stavo impazzendo, e quello avrebbe anche potuto spiegare molti dei miei interrogativi irrisolti.
No, era troppo facile risolverla così.
E poi, cos’era davvero la pazzia?
Evvai, ecco un’altra domanda a cui non sapevo dare una risposta soddisfacente…
Basta! Non ne potevo più, stavo raggiungendo il limite massimo di saturazione. Troppe emozioni, troppe domande, troppo… troppo in troppo poco tempo.
Basta! – gridai nella mia mente, senza rendermi conto di averlo urlato davvero.
Vidi tre facce seriamente preoccupate voltarsi verso di me, squadrandomi allibite, con l’aria di chi non ci sta capendo nulla.
I tre si guardarono per alcuni interminabili secondi, mentre nella stanza regnava il silenzio più assoluto.
– Ema… Cosa succede? – chiese ad un tratto Mike, ponderando le parole.
Alzai lo sguardo e aprii la bocca, ma non ne uscì il benché minimo suono. Era come se le mie corde vocali avessero inteso quel “basta” come se fosse riferito a loro.
Loro non ci capivano niente, ma il problema era che non ci stavo capendo un cazzo nemmeno io!
E non sapevo neanche se quello era un sogno oppure no!
Strinsi i pugni e mi morsi il labbro, provando un piacere quasi masochista nel far sanguinare ancora la ferita, nell’assaporare il sangue che aveva ripreso a fuoriuscirne, e in quel nuovo, ulteriore, dolore.
Quella dannata ferita. Anche quella, era vera oppure no?
I tre intanto rimanevano in silenzio, aspettando una qualche sorta di mia risposta. Tre paia di occhi mi osservavano prestando attenzione ad ogni sorta di mio possibile movimento.
Billie provò ad avvicinarmisi un’altra volta, ma, come per un riflesso condizionato, mi ritrassi ancora.
– Si può sapere che cazzo hai? – sbottò.
In tutta risposta, tirai su col naso e continuai a fissare il pavimento, senza muovere un muscolo.
– Cazzo Ema, mi ascolti almeno? – continuò, alterato – Si può sapere che diavolo ti è preso, così, da un momento all’altro? Porca puttana, fino a poco fa eravamo sulla stessa fottuta lunghezza d’onda, cazzo! E adesso, cosa fai? Mi rifuggi senza che ti abbia fatto niente di male? Cazzo, bel modo di ringraziarmi il tuo!
Lo sentii alzarsi, e di sottecchi lo vidi tirare un pugno al muro, imprecando.
Stupendo, l’avevo ferito, e l’avevo fatto anche incazzare. Meraviglioso.
Ecco, lo sapevo che non ero altro che un disastro. E quella ne era un’ulteriore prova.
Cercavo di far qualcosa di giusto, ma mi riusciva solo di rovinare tutto.
Vaffanculo.
Perché mi ero ridotta così, invece di spassarmela, bevendo e festeggiando con i Green Day, come probabilmente qualsiasi altra persona sulla faccia di questo fottuto pianeta avrebbe fatto? Perché mi facevo tutte quelle domande? Perché mi creavo tutti quei problemi?
Vaffanculo.
Ripresi a tremare, mentre un formicolio agli occhi si faceva strada sempre più prepotente.
Cosa dovevo fare?
Cazzo, cosa dovevo fare?
Alzai gli occhi per un istante.
Tutto quello che facevo finiva per causare guai.
Cazzo, dimmelo tu.
Dimmelo tu cosa devo fare, perché proprio non lo so.

Con la vista annebbiata, cercai di guardarmi intorno.
Billie era ancora di spalle, girato verso il muro, disorientato, confuso e irato; lo vidi scagliare un altro pugno vero la parete, borbottando qualcosa, e quella forza violenta trafisse anche quel che restava ancora integro nel mio maledetto cuore.
Mike e Tré sedevano ancora poco distanti da me, anch’essi spiazzati, non sapendo bene che fare.
Avevo rovinato tutto, ancora una volta.
Doveva essere una festa quella, una gran festa; non c’era neanche James, e molto probabilmente avevano in programma di divertirsi. E invece quello era il risultato.
Fissai con un certo rimpianto le bottiglie in attesa. E chissà quanto avrebbero atteso ancora.

Ad un certo punto sentii che dovevo cambiare aria, non potevo restare lì un secondo di più.
Mi alzai, lentamente, barcollando nonostante fossi sobria, o almeno il mio corpo lo fosse per quanto riguarda alcol e altre sostanze. Ma era il mio cuore a non essere più sobrio, impregnato di qualcosa molto simile alla depressione, al dolore, alla rabbia, all’amarezza, al rimorso e a chissà cos’altro.
– Io… È meglio che vada… a prendere un po’ d’aria… per un po’ – riuscii a dire in un sussurro, dirigendomi verso la porta.
– Ok, come vuoi… Ma sappi che se hai bisogno siamo qui… – fece Mike.
– G-Grazie, ma… – mi interruppi, rendendomi conto di non riuscire più a dire altro.
Scusatemi… – riuscii poi a dire, con voce rotta.
Lanciai loro un’ultima fugace occhiata, poi uscii chiudendomi la porta alle spalle e dirigendomi verso le scale.
Erano quattro piani, ma non mi andava di usare l’ascensore: l’abitacolo in quel momento mi dava un senso nauseante di oppressione e mancanza d’aria.
Iniziai a scendere i gradini, adagio, uno alla volta, mentre la vista si faceva sempre più sfocata.
Miracolosamente riuscii a non cadere, e raggiunsi finalmente il piano terra; quindi imboccai un corridoio alla mia destra. I miei passi rimbombavano tetri nel più totale silenzio, mentre un paio di lacrime amare iniziavano a solcarmi la faccia.
So what ails you, is what impales you…
I feel like I've been crucified, to be satisfied…
I'm a victim of my symptom…
I am my own worst enemy…

Maledissi il mio cervello per ciò per cui di solito lo lodavo.
Perché doveva sempre trovare delle loro frasi da abbinare ai miei stati d’animo?
Sì, però aveva ragione, in un certo senso quella, in quel momento, era la mia “Restless Heart Syndrome”, non potevo biasimarlo.
Ma, in quel momento, anche solo sentire nella mia mente il suono dei loro strumenti unito a quello della voce di Billie, era insostenibile. Invece di darmi una mano a rialzarmi, mi tirava un ulteriore schiaffo morale, facendomi sprofondare sempre più nelle sabbie mobili della mia rovina.
Ma non potevo negare che era vero.
Quello che mi affliggeva, mi immobilizzava, mi trafiggeva. E ciò che mi aveva dato gioia, felicità, soddisfazione, ora mi arrecava nuovo dolore, crocifiggendomi. Ed ero una vittima di me stessa, della mia sindrome, ero il mio peggior nemico.
Aprii la portafinestra che dava sul giardino, richiudendola piano dietro di me e facendo qualche passo tremante.
Raggiunsi un albero e mi lasciai cadere presso le sue radici, poggiando la schiena contro la dura corteccia. Continuai a fissare il suolo, nell’oscurità.
Cercai di respirare a fondo, asciugandomi gli occhi.
Provai a concentrarmi sull’erba, sul tronco dell’albero cui ero appoggiata, sulla leggera brezza che spezzava quella tiepida notte estiva, cercando di fare il vuoto nella mia mente.
Ma ovviamente non riuscivo: ogni cosa riusciva, in qualche modo, a richiamare alla memoria gli ultimi eventi.
Continuavo a tormentarmi, quasi come se provassi piacere nel crogiolarmi nel rimorso.
Sì, ero vittima di me stessa.
Ma non era solo mia la colpa di ciò che era successo…
No, lo era invece, perché se mi fossi controllata di più e non avessi fatto ciò che avevo fatto, probabilmente non sarebbe successo nulla.
Probabilmente. E chi me lo garantiva?
Lo sapevo.
Oh, e da quando potevo avere la possibilità di conoscere le mille alternativa che si prospettano ogni secondo della vita?
No, non l’avevo.
E allora come facevo a saperlo?
Questo non lo sapevo. Ma lo sapevo, e basta.
Che gran contraddizione.
Già, sembrava proprio un’enorme contraddizione. Nella mia mente calò il silenzio per qualche secondo: una delle due fazioni di me non sapeva bene cosa rispondere…
Però… Però sarebbe andato tutto meglio, e Billie non avrebbe…
Mi bloccai, colta da una fitta di dolore più intenso.
Perché, mi dispiaceva che Billie avesse fatto ciò che aveva fatto?
No, beh… Sì… Cioè, no… Non lo so.
Ecco la verità: non lo sapevo neanch’io.
Fino a neanche un’ora prima non mi dispiaceva affatto, anzi, probabilmente ne ero entusiasta.
Poi era subentrata la confusione, e da quella i ripensamenti, i conflitti interiori… e il dolore.
Ma una parte di me, nonostante tutto, anche se avesse avuto la possibilità di tornare indietro, avrebbe rifatto tutto ciò che era successo.
E tutto ciò non faceva che acuire il mio conflitto interiore, quella lesionante battaglia infernale di idee e sentimenti che inferociva in me.
Ma perché non mi godevo il sogno, una volta per tutte?
Perché forse non era un sogno. Non ne ero più così convinta.
Alzai gli occhi, fissando quei puntini sfocati in quella macchia d’inchiostro scuro, che riconobbi come stelle. Loro, che ci spiavano così da lontano, nella loro tacita quiete.
Sospirai, asciugandomi col dorso della mano le lacrime che mi annebbiavano la vista.
Billie…
Perché pensavo ancora a lui? Perché non riuscivo a smettere di pensarci per più di un secondo?
Mi stavo distruggendo con le mie stesse mani, e stavo facendo star male anche lui, rovinando a tutti la serata.
Ero sempre il solito impiastro. Cazzo. Perché?
E tutto per quella scema di Beatrice. Perché doveva sempre rovinarmi la vita? Perché?
Però anch’io, cazzo, potevo trattenermi, avrei evitato tutto. Che idiota che ero.
Però, diamine, quella aveva sempre la capacità di tirarmi fuori di me. Avevo provato a resistere, ma continuava e… e l’ira mi aveva accecato un’altra volta. Non ero una santa, e che cavolo.
Ma, Billie… Cazzo, Billie poteva anche rimanersene comodamente sul palco.
Sentii un’altra fitta lancinante tra i polmoni e lo stomaco.
Ricordai la sintonia che s’era creata in quel momento, come mi ero sentita, come mi era sembrato tutto così straordinariamente indescrivibile.
Però, ammettevo, a malincuore, che forse sarebbe stato meglio se, invece di fare il pazzo, fosse rimasto su quel dannato palco, tanto in poco tempo un bodyguard della Security ci avrebbe diviso lo stesso, portando Beatrice fuori. No, invece era sceso nella ressa, come un folle, per darmi una mano in prima persona, per farmi sentire il suo appoggio e la sua presenza accanto a me anche in quel momento.
Ma quello che mi aveva sconvolto maggiormente, dopo ciò, era quello che aveva fatto nel backstage.
Come cazzo gli era saltato in mente di baciarmi? Ero rimasta completamente spiazzata.
Certo, in quel momento mi aveva trasportato in chissà quale limbo paradisiaco, non potevo negarlo, però…
Quel bacio. Quel bacio che sembrava così semplice, così innocente, cosa diavolo significava? Quali significati reconditi poteva avere?
Cosa voleva da me?
Non sapevo cosa pensare… O meglio, il mio cervello cercava di scartare le poche idee (parte delle quali non proprio “convenzionali”, non proprio verosimili, e/o abbastanza perverse) che mi venivano al riguardo…
E, ancora un a volta, la solita domanda: cosa diavolo dovevo fare?
Sembrava tutto un sogno, ma in quel momento ebbi come la certezza che non lo fosse.
Fino al secondo prima ero convinta che al 90% fosse solo frutto della mia immaginazione, ma in quel momento, non sapevo bene perché, ebbi invece la convinzione che fosse tutto reale.
Sentivo che lo era. Qualcosa mi diceva che non era solo immaginazione.
No, era tutto reale.
E tutto era più difficile, sapendo ogni cosa avessi fatto avrebbe avuto le sue ripercussioni nel presente e forse, plausibilmente, anche nel futuro, sulla mia vita, ma soprattutto non solo sulla mia…
Holy shit…
Cercai di rilassarmi e pensare il più razionalmente possibile.
Respirai a fondo e chiusi le palpebre per l’ennesima volta quella notte, cercando di sgomberare la mente.
Ma un’insistente e improvvisa vibrazione proveniente dalla tasca destra dei miei jeans, seguita a breve da un suono, mi distrasse dal mio proposito.
Rispondere o non rispondere?
Ma sì, tanto ormai la concentrazione l’avevo persa.
Estrassi il cellulare e fissai il display per capire chi fosse.
Numero privato.
Chi diavolo poteva essere?
Solitamente non ero propensa a rispondere ai numeri privati, ma in quella situazione nulla era come al solito in me.
In fondo, cosa mi costava rispondere? Ormai avevo il telefono in mano, e questo non smetteva di squillare: forse non era uno scherzo telefonico, forse era addirittura qualcosa di importante…
Premetti il pulsante di ricezione e avvicinai l’apparecchio al padiglione auricolare.
– Hello? – chiesi con voce atona, mascherando ogni emozione.
– Pronto, parlo con Ema? –
Oh, my, God. Quella voce.
Holy shit.
Buttai la testa all’indietro, sospirando.
Cosa voleva ancora da me?
Non era ancora soddisfatta? Non mi aveva ancora rotto le palle abbastanza? Non mi aveva ancora rovinato sufficientemente?
Aspettai un secondo, indecisa se risponderle o terminare la chiamata in quello stesso istante.
Dopo qualche secondo di silenzio, optai per la prima opzione: in fondo, cosa mi cambiava? Almeno avrei sfogato un po’ della rabbia che ruggiva in me.
– Sì, sono io. Cosa vuoi, merda? –
– Non l’hai ancora capito? – rise sguaiatamente – Io voglio rovinarti. R-O-V-I-N-A-R-T-I. Rovinarti, capito? Ficcatelo in quella tua cazzo di testa di merda, sfigata! –
– Ma vai a farti fottere! –
– Già fatto, cogliona. Perché io posso, tu no. –
Strinsi i pugni, conficcando le unghie nella morbida carne del palmo.
Una voce maligna si fece strada nel mio cervello: perché non ero anch’io come Beatrice? In fondo, mi sarei fatta molti meno problemi, e sicuramente in quel momento sarei stata a “divertirmi” con i Green Day (e soprattutto con Billie Joe, come fece notare una vocina maliziosa da un remoto angolo cerebrale), non a crogiolarmi nei dubbi e nel dolore come stavo facendo.
Scossi la testa, annullando quella voce malefica.
Non era quello, ciò che cercavo.
No, io non sarei mai stata come quella troia, come quella lurida stronza, quella puttana truzza con il quoziente intellettivo di un pinolo. Piuttosto lo spasimo, ma non mi sarei mai ridotta così.
– Vai a cagare, troia di merda! – risposi, nascondendo invano l’ira alimentata dalla sofferenza.
– Vacci tu, pisciatura! –
– Senti, non hai rotto i coglioni abbastanza per oggi? –
– Ma certo che no! –
– Fanculo… A proposito, se posso chiederlo, come cazzo hai fatto a sapere dove diavolo ero e ad essere tra le prime fottutissime file del concerto? – chiesi, esasperata.
– Eeeh… Segreti professionali – fece lei, lasciando la frase in sospeso nonostante si capisse benissimo che, in realtà, non aspettasse altro che di vantarsi delle sue “imprese”.
Conoscevo i suoi “metodi” per sapere le cose, per guadagnare qualsiasi cosa in questo fottuto mondo che stava andando a puttane. Nel vero senso della parola.
Cosa dovevo aspettarmi da una così? Da una che aveva perso la verginità, o qualsiasi cosa avesse tra le sue luride gambe, qualche mese prima di compiere l’undicesimo anno d’età, e per di più con un ragazzo di 6 anni e mezzo più grande di lei? E da lì, poi, era stata solo una strada in discesa…
– Ok, tanto ormai puoi anche saperlo, sai che mi cambia. – la sua voce mi sottrasse alle mie riflessioni – Sai quella volta che ti ho chiamato, 4 o 5 giorni fa? –
– Sì. –
– Ecco… Devi sapere che, con i miei metodi di convincimento, sono riuscita a scoprire dove si trovava in quel momento il tuo cellulare. –
Merda.
Non avrei mai pensato che potesse arrivare a tanta arguzia… Oppure, semplicemente, il piano non era opera sua, come al solito del resto: ecco, questa ipotesi mi sembrava molto più probabile…
– A chi l’hai data ‘sta volta? A un fottutissimo agente segreto? O ad un dannato capo del servizio telecomunicazioni? – chiesi con amara ironia.
– Sapessi… Diciamo ad un amico del cugino di un mio amico, che è il figlio di un importante agente che aveva uno zio nel settore telecomunicazioni internazionali o roba simile… –
Sapevo che mi avrebbe detto tutto solo per l’orgoglio di vantarsi di ciò che aveva fatto ed era riuscita ad ottenere… Che poi non sapevo quale orgoglio potesse trarne: io mi sarei sotterrata, invece di sbandierare tutto a destra e a manca come faceva lei, esaltandosi e credendosi chissà chi…
– Ah però, mica ti risparmi eh… – dissi sarcastica – E così hai saputo dove cazzo ero… –
– Sì, e poi non mi è bastato altro che il caro agente scoprisse un volo diretto in Australia con a bordo te e i tre sfigati coglioni della band che ascolta una sfigata come te… –
– Non osare offendere i Green Day! – sbottai con rabbia.
– Ma stai zitta, sfigata! Io li chiamo come voglio! –
– Vuoi un’altra “lezione”, per caso? Guarda che non ci metto né uno né due a farti finire all’ospedale, motherfucker! –
– Sì, sì, come no… Vedremo…
– No, scusa, per sapere, ma mi vuoi così male da essere disposta a pagare e venire addirittura in Australia ad un concerto di un gruppo che ti sta sulle palle e finire anche nelle prime file, solo per farmi incazzare? –
– Sì… Ah, già, non ti ho detto il resto… Adesso arriva il bello, piccola idiota… Sta’ a sentire cosa una figa può e una sfigata non può… – fece una pausa, ma io rimasti in silenzio, rivolgendole nella testa ogni insulto immaginabile e non, ma non dissi niente per non darle la soddisfazione. Quindi continuò – Il caro agente, dopo che il figlio ha provato ancora le mie prestazioni in altre occasioni, mi ha rivelato che avresti suonato con loro a quel cazzo di concerto… Quindi sono andata in aeroporto e ho “convinto” un cassiere della biglietteria aerea a lasciarmi al più presto un biglietto per questa città Australiana di merda per soli 5 euro… Quindi arrivata lì, mi son data da fare… E vabbè, facendola corta, sono arrivata 10 minuti prima dell’inizio di quello schifoso concerto pisciaturo, sono andata dal tipo della Security con cui ero d’accordo dalla notte precedente, che mi ha fatto entrare prima degli altri sfigati, neanche avessi chissà che merda di pass speciale… Perché io sono fashion e figa…
– Ma vaffanculo… Diciamo la verità, piuttosto: perché tu vendi la figa a destra e a manca… –
– Mettila come vuoi – fece lei con aria di superiorità.
– Vai a cagare –
– Vacci te, cogliona –
– Senti chi parla… –
– Ma tu vuoi morire subito… –
– No, sei tu che vuoi una morte precoce… sempre che non prendi prima l’aids… –
– Sì, come no –
– Sì, onestamente dispiacerebbe anche a me che qualcosa come l’aids potesse togliermi lo sfizio di levarti personalmente dai coglioni! –
– Ah, mi minacci idiota? Pensi che io abbia paura di una sfigata pisciatura come te? –
– Certo, zoccola di merda –
– Ok, minacciami allora… Che mi faresti? Eh? Sentiamo, che mi faresti? – urlò provocatoria.
– Inizia a chiamare un’ambulanza, te lo consiglio vivamente – dissi con estrema malignità.
– Per te, cara? – fece lei, con altrettanta cattiveria.
– No, per te, cara. Fidati, ne avrai bisogno… –
– Sì, come no –
– Vedremo –
– Ok, vuoi la guerra eh? Va bene, sfigata. Ma non credere di vincere! –
– Gli scorsi due round intanto li ho vinti io, idiota! –
– Sì, solo perché la prima volta non me l’aspettavo e poi sei scappata, se no ti conciavo io… E stasera ti avrei mandato all’ospedale se non ti avesse aiutato pure quel coglione stonato e non fosse arrivato un armadio della Security che non conoscevo…
Cogliona stonata lo sarai tu! E non provare neanche a insultare Billie Joe o i Green Day un’altra volta, stronza! – urlai, riversando in quelle parole tutto l’odio e la rabbia che avevo in gola e che fremevano per uscire.
– Non mi dirai che quelli fanno musica, dai! –
– Ah, sì, perché sarà musica quella che senti tu! Quel “tunz tunz paraparatunz” te lo ficco su per il culo! –
– Ah, ah, ah. Che paura… – fece sarcastica.
– Fuck you –
– Minacciami, dai, minacciami! – mi provocò.
– Non istigarmi, potresti pentirtene amaramente… –
– Sì, come no… La vedremo… Se ci tieni a quel coglione stonato e agli altri due idioti, presentati tra un’ora nel vicolo chiuso accanto al 3rd Avenue… Così vedremo chi finirà all’ospedale… e sarai tu. Ah, e nel caso non ti presenterai, ci finiranno quei tre idioti con cui hai suonato, all’ospedale… E in particolare quello stronzo che ti ha aiutato a rovinarmi la faccia per qualche giorno… Perché non pensare che questo resti impunito… No no… Anzi, per lui dirò di riservare un trattamento speciale… – rise sguaiatamente, con estrema cattiveria e sadismo.
Sapevo benissimo che era una lurida trappola. Che lo scontro non sarebbe stato alla pari, e quindi non sapevo se avrei avuto anche una sola possibilità di vincere.
Ma non avrei potuto permettere che, anche per colpa mia, Beatrice, o meglio qualcuno mandato da Beatrice, avesse potuto far del male ai Green Day.
In fin dei conti, loro non sapevano neanche che esistesse quella troia bastarda, finché non avevano incontrato me, schierandosi dalla mia parte.
Da quando ero arrivata, avevo già portato con me troppi casini, troppi guai, e non avrei permesso che fosse torto loro nemmeno un capello, e a maggior ragione non per conto di quella puttana ignorante.
E, qualsiasi cosa era successa, qualsiasi cosa lui volesse da me, non avrei certamente permesso che quella lurida carogna potesse arrecare un male maggiore a Billie Joe per causa mia.
Chiusi gli occhi, inspirando a fondo e lentamente. Poi li riaprii di colpo, espirando velocemente.
– Ok, ci sarò. – risposi quindi, con un’acida atonia.
– Povera illusa… – mormorò – Ok, sfigata, ci vediamo tra un’ora. E non mancare, se no puoi dire addio ai tre sfigati e soprattutto a… come si chiama? Billy Jò? Vabbè, quello lì, hai capito… – rise sguaiatamente e chiuse la chiamata prima che potessi ribattere.
Imprecai, tirando violentemente un pugno al terreno.
Il mio corpo era pervaso da tremiti di rabbia, odio, collera, indignazione.
Non era stata una buona idea rispondere.
Perché facevo sempre le scelte sbagliate?
Cazzo.
Ma ormai non potevo più tornare indietro.
Sarei andata nella tana del lupo.

Qualsiasi cosa sarebbe successa in quel dannato vicolo, certamente avrebbe peggiorato ulteriormente i rapporti con James, che già erano pessimi, e sicuramente lo erano ancora di più dopo che il manager aveva visto Billie saltar giù dal palco per darmi man forte contro Beatrice… E per fortuna non era stato presente nel backstage…
Già, il backstage…
Il backstage, Billie Joe, il bacio… Che cazzo significava?
No, non dovevo pensarci ancora, almeno non in quel momento.
In quel momento dovevo concentrarmi, altrimenti non avrei avuto neanche una possibilità di poter battere Beatrice e i suoi sporchi trucchi.
Non avrei detto niente ai tre musicisti, sapevo che altrimenti non mi avrebbero lasciato andare. Non vedendomi più rientrare e non trovandomi probabilmente si sarebbero preoccupati, ma almeno loro non avrebbero rischiato nulla per colpa mia.
Ero cosciente che quella lurida puttana avrebbe giocato sporco, che non sarei uscita incolume dallo scontro, che andando nella tana del nemico ci avrei rimesso, che sarei caduta nella sua trappola, ma non potevo assolutamente permettere che capitasse qualcosa ai Green Day e a Billie.
E ormai non potevo più tornare indietro.
The shit is so deep you can’t run away…

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Capitolo 16
*** “Romantic” engagement with Beretta ***


Hey, Oh! Let’s go! (*ç*)
Ehm… Sì, sì, lo so, sono in ritardo anche ‘sta volta. In
abnorme ritardo, per di più. Me ne rendo perfettamente conto. I’m a natural disaster, I’m really sorry…
Mi perdonate? ç_ç
Anche ‘sta volta le buone intenzioni c’erano, credetemi! Solo che poi millemila cose si son messe d’accordo per farmi ritardare: e la sQQuola con le sue mille interrogazione e mille verifiche di fine anno, e imprevisti vari a go-go, e impegni d’ogni sorta, e problemi vari, e il PC che fa il mattoide e si rifiuta di farmi scrivere (-.-), e (questa è invece una cosa, almeno per me, stupenda *_*) che a inizio giugno ho finalmente trovato una band Pop Punk con cui suonare (per ora è ancora in formazione, ci siamo solo io e il batterista, che è pure assai bravo :sisi:, perché quell’asshole del ragazzo che doveva fare da bassista e voce s’è volatilizzato, interrompendo ogni sorte di comunicazione con noi, da Facebook, al cellulare, alle mail, al fatto che non s’è mai presentato alle prove -.-" . Vabbè, ora il batterista è partito settimana scorsa ç_ç e tornerà a settembre, quindi gli impegni delle prove, purtroppo per me, non suoneremo assieme (e magari anche con i componenti mancanti che troveremo u.ù) fino a che september will come… ma ora basta, mi son già dilungata fin troppo e se no rischio di annoiarvi troppo u.ù)…
Anyway, [¡WARNING!] ne approfitto per dirvi che il 22 giugno sera partirò per Parigi e tornerò il 30 mattina, dopo aver visto il concerto dei Green Day al Parc Des Princes *____* (si nota tanto che sono eccitata al solo pensiero e che ancora quasi non mi rendo conto che ciò che ho appena scritto accadrà davvero? XD e che poi il 4 Luglio andrò a rivederLi con il “mitico Pentagono” -io e il mio gruppo di amici pazzoidi che purtroppo abitano a Verona e Udine e quindi non vedo spessissimo- ? Oddeo, it seems another dream, or better another 2 dreams that are going to become reality *__* And I can’t still believe it!). Anyway, tornando alla fic, anche dall’Hotel di Parigi potrò collegarmi saltuariamente a EFP per vedere le recensioni (*ç*) e, FOOOOORSE, se faccio a tempo (possibilità che si avvicinano allo 0,1% ma vabbè) aggiornare! ^^
Poi però rimarrò in città (ad eccezione dei giorni impegnati per andare all’HJF col Pentagono *_*) qualche giorno a Luglio, ma da dopo la metà del mese partirò per la montagna. Ecco, lì sarò in un paese (o meglio una frazione di un paese) medievale sperduto tra i monti, di certo molto suggestivo certo, dove ho libertà di suonare e fare la pazza, ma dove non vi è connessione ad Internet… Quindi da metà luglio a fine agosto non mi vedrete su queste pagine ç_ç. Quindi, se non riesco ad aggiornare entro il 10 Luglio (c’è un 30% di possibilità), ci risentiamo a inizio Settembre ^^" (perché in montagna non avrò Internet, ma avrò comunque un PC dove poter scrivere il prossimo capitolo, che posterò al mio ritorno ^^).

Anyway, prima di lasciarvi al capitolo (almeno fingete un moto di allegria, su XD), vorrei dire ancora un paio di cosette.
Vorrei innanzitutto ringraziare in modo particolare la mia mate, cerere, che continua a supportarmi, e in questo capitolo m’è stata di grande aiuto, fungendo anche, per molte parti (non tutte però XD), da correttrice di bozze, da commentatrice in anteprima, e, last but not least, da pompetta-gonfia-autostima *_*
E, sia per questo, sia perché l’idea primordiale per questo capitolo nacque in uno dei nostri Scleri Mentali TM (marchio registrato), voglio dedicarle il capitolo… So, this chapter is dedicated to my dear mate “Joan”, here known as “cerere”. Mate, thanks a lot!!


Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
Come sempre, grazie, grazie e ancora grazie a tutti voi che leggete questo mio enorme sclero mentale che viene comunemente indicato con l’appellativo di FanFic XD, e soprattutto a tutte voi che recensite e che mi sostenete… Davvero, non immaginate quanto una recensione possa far contenta l’autrice!!
I love ya, my dears *-*!

Green Star 90: Stell...ahahahaha! *si ricompone* Ok, scusa, ma non è colpa mia se le tue recensioni mi fanno morire. E non so neanche con precisione il perché! *assume un'espressione pensosa da fumetto alla "mumble mumble"*. Boh. Vabbè, comunque, ciao caVa Ftellù *_* XD
"Il prossimo passo saranno i tentativi di figliare?" --> No, saranno i tentativi di omicidio... XD ahaha vabbè, scherzo, non penso di arrivare a tal punto e di sporcare così presto la fedina penale di Ema XD... Però, non so se tu sia già a conoscenza della mia propensione all'iniziare con un argomento per poi stravolgerlo di punto in bianco perché l'improvvisazione mi dice di far così, e soprattutto della mia propensione a far sembrare qualcosa "dolce" per poi tramutarlo in drammatico, oppure violento (violento nel senso di "mazzate" XD), oppure viceversa (molto meno frequentemente ma potrebbe anche capitare prima o poi, chi lo sa...).
Comunque, nella parte con Beatrice, ho voluto ricalcare un po' il suo "parlato"... Anzi, ringrazia che non l'abbia ricalcato completamente, se no altro che le parolacce/insulti che ho scritto lì, (in media, ci sarebbe stata un'imprecazione/bestemmia/parolaccia/insulto/altra cazzata ogni tre parole! E le volgarità avrebbero invaso ogni frase, anche se questa fosse stata composta da soltanto soggetto, predicato e un complemento, come quelle che escono un buon 70% delle volte dalla bocca di tal soggetto ._.") e oltre a ciò, ancora peggio, grammatica, verbi e italiano sarebbero andati tutti assieme a farsi benedire! XD Perché "cioè, ma però, dai cazzo... se avrei fatto quello, era meglio, porc* ***...", ad esempio, io mi rifiuto di scriverlo (per tua fortuna) XD
E vabbè, sarà anche un mio difetto, quando mi arrabbio/non so cosa devo fare/mi infervoro/sono triste/eccetera, è mia abitudine buttarci dentro qualche parolaccia o insulto, talvolta anche senza farci caso, (chezz... XD). Oltre a ciò, dato che non sempre rileggo ciò che scrivo, magari non mi accorgo se sono abbondanti o meno... I'm sorry ^^".
Anyway, mi fa piacere che nonostante tutto ti sia piaciuto il modo in cui descrissi le varie turbolenze interne ^^
"Semplicemente stai più attenta quando ti ritrovi a descrivere situazioni drammatiche." --> Cercherò di tentare u.ù (lo so, non ha un gran senso 'sta frase. Cercherò. punto. XD). Magari anche semplicemente rileggendo di più (ehm... di solito, il tempo scarseggia a tal punto che, se non volgio metterci 6 mesi ad aggiornare, non rileggo oppure rileggo un po' qua e un po' là... e ciò mi capita quando sono di fretta anche nei temi in classe, a scuola! xD).
Ok, seguirò il tuo Consiglio, e non cancellerò i vecchi abbozzi. Resteranno a riposo nel Disco Rigido finché non mi verrà la malsana idea di riaprirli XD rimanendo stupita almeno quanto te dell'abnorme quantità di cavolate che scrivo XD. Ora, ripensandoci, mi spiace solo che quest'estate mi si sia bruciato irreversibilmente il precedente Hard Disk, dove avevo salvati alcuni abbozzi di Enormi Scleri Mentali scritti negli scorsi due anni XD chissà che risate avrei fatto a rileggerli!
"[...] per cui i ripensamenti e le correzioni riservale per scritti più impegnati. Nelle fanfiction l'improvvisazione basta e avanza." --> Concordo in pieno. (Anche perché, se oltre all'improvvisazione usassi anche revisioni & company, non aggiornerei più XD).
Anche se chiamare fanfiction questo mio scritto è un po' esagerato dato che il mio cervello pazzoide lo ritiene più uno sclero mentale che altro... XD Già è tanto se il caro cervellino mi lascia chiamarla anche "fic" o "fanfic", perché è tanto pazzoide da non accorgersi dell'abbreviazione, come i computer, che se rinomini un file aggiungendo un trattino, per lui è tutt'altra cosa XD. Ok, basta, la finisco, sto delirando TROPPO.
"Mi raccomando non mettere troppo tempo per aggiornare!" --> Ehm... scusa, anche sta volta, come ho già detto, mi rendo conto di essere in enorme ritardo... Ultimamente mi riprometto di aggiornare presto, però non ci riesco! >.<" anche perché purtroppo non dipende soltanto dalle mie volontà...
Ciao, alla prossima! *_*

Helena89: e riecco la carissima Prima Lettrice del mio Sclero Mentale TM (marchio registrato)! *_*
Anyway, andando con ordine (essì, io mi diverto a rispondere & commentare le recensioni punto per punto.. ci metto un bel po' ma che ci vuoi fa', mi diverto così XD):
Ema ti fa sapere che lei non saprebbe dire se la situazione creatasi tra lei e quel pazzo di Billie piaccia oppure no, semplicemente perché al momento non ha la più pallida idea di cosa diavolo stia succedendo e di cosa diavolo debba fare XD. Però, aggiunge ora, che dispiacerle, a pensarci bene, no, non le dispiace ;)
"Li voglio assieme sappilo! =) Sono davvero carini come coppia. Si scasserebbero un sacco e poi i loro bacini sono tanto dolciii *-*" --> Alùr... Inizio a mettere le mani avanti col dire che non ho la più pallida idea di come le cose potrebbero evolversi... oddeo, il "si scasserebbero un sacco" è stupendo ahahahahah *_*. Comunque, boh, non so se li vedrai insieme come coppia... Boh, tutto può succedere, nulla è scritto, si vedrà come il mio cervellino Pazzoide farà evolvere la 'situéscion'... XD
Ahahaha... La conversazione con Beatrice era della serie "carina&coccolosa", nevvero? Beh, le tre parolacce ogni parola ricalcano, come già dissi a Green Star 90, il parlato di cotal soggetto (Beatrice).. solo che lei oltre a ciò stravolge spesso in modo pietoso la grammatica, infila bestemmie qua e là e infila certe volgarità che mi vergogno solo a scrivere...
"Sono in ansia per lei.. Non ho davvero la minima idea di cosa le capiterà, e spero davvero che sia una cosa pacifica.. Anche se ne dubito molto, conoscendoti =)" --> Ehm... Fai bene a dubitarne XD
Ehm... mi scuso ancora per l'abnorme ritardo con cui posto... Però, no, ti prego, non mandarmi Beatrice a casa!!! Poi rischierei di sporcarmi la fedina penale e finire in gattabuia, oppure in ospedale assieme alla cara zoccoletta... e, sai, da codesti luoghi non penso che potrei aggiornare, quindi non so quanti ti convenga... ahah XD
"Ultimo appunto: sei migliorata nella scrittura! Non sono una cima a scrivere, però so riconoscere un buono scrittore, e tu fai parte di quella categoria. My compliments. =)" --> Ma...Ma... Thank you! *__* Grazie 1,039 (*ç*) u.ù
Beh... Spero che codesto capitolo ti piaccia e non ti faccia rivoltare lo stomaco dallo schifo facendoti rimangiare i complimenti che mi hai appena fatto XD
See ya soon!! *_*

Crazy_Me: Ma ciao caVa! =)
Uhm... Onestamente neanch'io riuscirei a credere che qualcuno potesse odiare qualcun altro al punto da inseguirlo ostinatamente in capo al mondo per rovinarlo... Però, credimi, non riuscirei a credere neanche a taaaante delle cose che (purtroppo) sento uscire dalla bocca della vera Beatrice da cui quella della fic prende spunto, che ormai da un tipo così non mi stupirei più di nulla -.-"...
"Comunque ogni volta che nomini il nome Beatrice mi viene in mente un'altro nome, di una mia certa compagna di scuola...Strano effetto!" --> Ahahaha XD ma che strano effetto davvero!! Chissà chi è che ti viene in mente.. Uhm... XD Comunque, I'm sorry, ma mi sa che dovrai sentire questo nome affibbiato ad un personaggio non propriamente positivo casto & puro ancora per un po'... XD
Vuoi sapere come andrà a finire (almeno per ora) con Beatrice? Sicura? Bene, allora non devi far altro che restare in codesta pagina e iniziare a leggere il chapter... Beh, mi fa piacere che il capitolo scorso sia stato comunque di tuo gradimento, e spero che questo non ti faccia cambiare idea XD
E scusa ancora se ho deluso le tue speranza, ma speravo anch'io di poter aggiornare presto, poi imprevisti, sQQuola, impegni, PC pazzo, band in formazione, etc etc mi hanno allontanata da codesto impegno.. Scusa ancora!
A presto! *_*

cerere: Mateeeeee *_*!
CaVa compagna di ScleVi Mentali TM (maVchio VegistrVato u.ù)!!! *_*
Ok, passo a commentare la tua lunghissima e belliFFima (*__*) recensione se no non finisco più XD.
"ed ecco che arriva l'angolo dello show 'gonfiamo un po’ il ego incredibile della mia mateeeee'" --> Oooh.. *_* *si munisce anche lei di pompetta gonfia-autostima per ricambiare il favore e gonfiare l'ego della sua carissima mate*
"ma chissene ***! fuck james, non si può reggere una tizia del genere [...]" --> Aahahahah Ema is telling me you're completely right XD
"che poi, detto fra noi, sai la cosa che mi è dispiaciuta di più di tutto il capitolo quale è stata? questa frase: E chissà quanto avrebbero atteso ancora. piccole bottiglie, che si sentono sole. non vi preoccupate, ora arriva Joan a farvi compagnia *_*" --> Ahahahaha mate!! Sai una cosa (sì forse te l'avrò anche già detta xD ma vabbè, la riscrivo lo stesso u.ù)? È dispiaciuto anche a me scriverla!! Davvero, mette una tal malinconia... XD Quasi quasi avevo l'impulso di inserire Joan e Ramona quali infiltrate della fic che andavano a far compagnia a quelle povere bottiglie abbandonate... XD
Son contenta davvero che ti abbia colpito il Viaggio Introspettivo nella mente di Ema... Davvero, non sto scherzando, mi sento realizzata a sapere che ti sia piaciuto *_* XD
"diciamo che di natural disaster ce ne sono più di uno sulla faccia di questa terra (almeno ci facciamo compagnia)." --> Oh yeah, you're not alone ^^
Condivido in pieno la tua breve riflessione commentativa (si dice? Boh, non ho voglia di andare a cercare, I'm too fucking lazy XD) sulla sensazione che tutto sia troppo irreale per essere vero e sul rendersi conto di ciò, e che come di ci tu, "certe situazioni sono cosi incredibili da poter essere accettate a fatica anche se fisicamente si ha la certezza di esserci"...
"[una sola cosa: non provare mai - ripeto: mai! - a vedere se la situazione e vera o no volando dal balcone.... sennò mi arrabbio! XD]" --> Ma figurati, mate! Ma ti pare?! XD Anche l'Ema della fic ha subito scartato quella terribile idea... ;)
"e ora arriviamo al solito angolo denominato 'sclero mentale'" --> *___*
"c'è da dire che hai descritto la scena in maniera comica e grottesca con una maestria che fonde stradivari, donatello e giotto insieme. (ma non avevamo detto basta cazzate, giusto? - giusto)" --> Waa, mi fa davvero tanto tanto piacere che ti sia piaciuta!! Anche se l'onoreH di cotal paragoni forse è esagerato per me... ^^" Beh, grazie mille comunque, son contenta che tu abbia notato le sfumature comico-grottesche collocate qua e là =)
"e cooooomunque, a quanto ne so, la bea della realtà non è molto diversa da quella che hai tratteggiato in questo dialogo finale (soprattutto alla luce di ciò che mi hai detto l'ultima volta, che mi ha lasciato alquanto basita e che probabilmente mi ha creato un trauma latente che insorgerà solo con l'invecchiare della mia materia grigia da mattoide)." --> Ehm... Già. Purtroppo la Bea reale non è molto diversa da quella qui descritta, anche se può sembrare strano a chi non la conosce... E comunque sappi che anch'io a sentire certe cose che dice/racconta vantandosene (io mi sotterrerei se fossi al suo posto, e lei se ne vanta. Mah. -.-") mi lasciano assai basita, sconvolta e schifata. E, beh, allora forse il trauma l'abbiamo entrambe.. o.O e tra qualche anno, invecchiando (XD), ce ne renderemo conto! o.O E andremo a inseguire con very very bad intentions la causa di cotal nostro trauma, conosciuta col nome di Beatrice... XD.
"ed è qui che arriviamo al punto cruciale. io so che tu sai di voler mettere una cosa nel prossimo capitolo. e so che tu sai che io so di che si tratta. e io so che tu sai che io so che non vedo l'ora di divorare il prossimo capitolo. e spero che tu sappia che io so che tu sei una piccola grande mattoide, appartenente alla grande famiglia dei decerebrati, divisione scrittori di fanfiction superstramitichevolissime (miticooo!, per dirla alla homer)" --> Yes, I know. XD E grazie mille(e trentanove u.ù *_*) per cercare in ogni modo di sollevare la mia autostima *__*
Beh, mate, puoi riporre l'ascia da guerra, il matterello, le padelle e tutto ciò che volevi usare per convincermi "gentilmente" a postare. u.ù
See you soon, my dear! *_*


E un grazie speciale anche a tutti voi che avete aggiunto questa fic alle seguite e/o ai preferiti e/o alle storie da ricordare e/o, addirittura, me alle Autrici Preferite (*arrossisce* grazie davvero)! *_* - Fujiko_Chan (AmantaH *_*! I miss you so so much. And I miss so so much also your fuckin’ awesome and hilarious reviews & comments & “scleri”, you know?! XD Torna presto!!), Green Star 90, Helena89, Mary17, micky_malfoy87, millape, ZofouArtemis (I miss your comments, darling…), 801_Underground, cerere, Crazy_Me, DearlyBeloved96, Jayden Akasuna, K_BillieJoe (Where are you, my dear?), Sybille, SuomiLover, Francy924 (fammi sapere a che punto sei arrivata, darlin’ ^^), _LISA_, totolo, SilentMoon (Dearly Beloved, where are you??!? I miss ya so so much… Sento la tua mancanza qui su EFP -oltre che su MSN, anche se finalmente l’altro giorno siamo riuscite a sentirci di nuovo dopo tanto tempo *ç*- , che fine hai fatto?), …
Thanks a lot to everybody!! *-*
E se non chiedo troppo, quando riuscite, mi farebbe davvero piacere (per chi non lo fa già *w*) se lasciaste una recensione, o un commento anche piccolo, giusto per sentire la vostra presenza e per sapere cosa ne pensate ^-^



Ok, ora basta, vi ho “annoiato” fin troppo. Ma che ci devo fare, se io mi diverto e mi sento, come dire, realizzata?, a leggere le vostre recensioni e a rispondere una per una dettagliatamente? XD
Bon, la mattoide vi lascia ora al tanto atteso capitolo.
Come al solito, spera che non vi faccia schifo che vi piaccia =)
Buona lettura… See ya soon *ç*







CAPITOLO 16 “Romantic” engagement with Beretta


Silenziosamente uscii dall’hotel e imboccai la via silenziosa che si dipanava davanti a me, rischiarata solo dai lampioni posti a ritmo regolare lungo di essa, che proiettavano ombre dall’aspetto poco rassicurante. Per un attimo mi parvero addirittura ombre di croci fredde di morte, conficcate duramente nel terreno. L’improvviso rombo di un’automobile che sfrecciò nella notte mi fece sussultare.
Mi acquattai contro un muro, mentre i due occhi lampeggianti della vettura saettarono davanti a me, per poi venire inghiottiti nuovamente dal buio e dal silenzio, dopo una curva che sembrava finire nel nulla.
Mi accorsi che stavo tremando.
D’accordo, era notte fonda (saranno state le due), ed indossavo ancora soltanto una t-shirt, ma non era freddo quello che sentivo… D’altronde, in quel periodo la temperatura australiana si manteneva abbastanza mite anche nelle ore notturne…
No, non era certo per il freddo che stavo tremando.
Tremavo per la rabbia, tremavo per l’odio, tremavo per l’indignazione, tremavo per il rancore, tremavo per il nervosismo, tremavo per la tensione, tremavo per l’inquietudine, e, forse, tremavo un po’ anche per il timore, per la paura.
Accelerai il passo, imboccando una solitaria via secondaria, venendo inghiottita dalla coltre d’oscurità che vi regnava.
Imprecando tra i denti, tirai un calcio ad un bidone, che si rovesciò. Il frastuono riecheggiò nella macchia di tenebra che inghiottiva il vicolo, ma nessuno sembrò prestarci attenzione. Il coperchio rotolò a pochi passi da me, ruotò su se stesso, e poi si fermò con un rumore secco, metallico, che aveva un ché di sinistro.
Uscii dal vicolo e imboccai un viale di cui non ricordavo il nome, ma che riconobbi subito poiché l’avevo percorso soltanto poche ore prima, correndo con Mike… Mi fermai un attimo in mezzo alla strada e lo fissai, attonita: sembrava così diverso da poche ore prima che stentavo a riconoscerlo… Percorso sotto la luce degli ultimi raggi solari, con il bassista, appariva raggiante, sereno, calmo, rassicurante. Ora invece aveva un’aria completamente differente: scabra, desolata, angosciante… Ma forse la colpa non era solo della notte, della luna che a tratti spariva dietro qualche nuvola, dalle ombre sinistre che la popolavano, dal silenzio troppo profondo che regnava, talvolta interrotto bruscamente dal passaggio isolato di qualche moto o auto… Probabilmente gran parte di quelle impressioni erano dovute a come mi sentivo io, e ciò si proiettava in ciò che vedevo.
Inspirai a fondo l’aria fresca della notte. Sospirai.
Poi ripresi quel cammino doloroso che ormai dovevo intraprendere.
Quella strada pullulante di difficoltà, quella via angosciosa piena d’ira e tormento…
“The road I must travel”…
Mi ritrovai a cantare sottovoce l’omonima canzone, accompagnata, nella mia imaginazione, dalla chitarra acustica di Morello, che diffondeva note dolci ma graffianti, e dalla sua voce, anch’essa rassicurante ma tagliente. Rassicurante ma dubbiosa.
So tonight I walk in anger
With worn shoes on my feet
And the road I must travel
Its end I cannot see…

Sì, quella notte stavo camminando nella collera; ai piedi le mie scarpe consumate, che avevano percorso con me chilometri e chilometri. E non riuscivo a vedere la fine di quella dannata strada che dovevo percorrere…

Il pensiero di fuggire e tornare in hotel venne repentinamente scacciato al pensiero di ciò che quella carogna avrebbe potuto causare ai tre musicisti che in quel momento dovevano trovarvisi, e il vuoto lasciato venne subito colmato da nuovo furore, nuova collera, nuova irritazione, nuova indignazione, nuovo odio.
Un passo dopo l’altro, ripresi tacitamente a percorrere il viale, sola.
I walk this empty street
On the boulevard of broken dreams
Where the city sleeps
And I'm the only one and I walk alone…

Sorrisi, con un velo di tristezza, mentre la voce di Billie e le note di “Boulevard Of Broken Dreams” risuonavano sempre più forti nella mia mente.
Sospirai per l’ennesima volta e continuai il mio cammino.
I walk alone… I walk alone… I walk alone… I walk a…
Alzai gli occhi al cielo, mentre l’ennesima cinerea nuvola lasciava filtrare i raggi lunari.
Una fredda folata di vento mi sferzò il volto. Poi tutto si chetò nuovamente. Il silenzio in quell’istante era quasi surreale, interrotto soltanto dal leggero ed ovattato rimbombare dei miei passi sull’asfalto.
My shadow's the only one that walks beside me…
My shallow heart's the only thing that's beating…


Giunsi in prossimità del 3rd Avenue, mentre i tremiti scuotevano il mio corpo con intensità sempre maggiore.
Strinsi i pugni, conficcando le unghie nei palmi e imprimendovene il segno per qualche secondo.
Il momento stava per giungere.
I am a killjoy from Detroit
I drink from a well of rage…

Sì, avevo bevuto, anzi prosciugato, un pozzo contenente solamente rabbia, indignazione ed odio. E ora avrei guastato la sua festa, avrei combattuto fino allo stremo, non le avrei permesso di vincere con i suoi sporchi metodi.
Accelerai il passo: mancava ancora un quarto d’ora abbondante, ma la collera e il disprezzo che scorrevano nelle mie vene incrementavano l’impazienza, la voglia di darle una lezione e, soprattutto, il desiderio che tutto finisse il più presto possibile.
This is a stand off,
A Molotov cocktail
On the house…
You thought I was a write off,
You better think again…

Già, lei mi considerava un fallimento, una “povera sfigata”, per dirla con le sue parole, ma avrebbe dovuto ripensarci. Anzi, avrebbe dovuto ripensarci prima: ora era troppo tardi, e presto si ne sarebbe resa conto che la verità non era affatto come la vedeva lei.
Perché, sotto uno strato di apparente tranquillità, potevo nascondere un’enorme carica esplosiva. Quello era, ancora per pochi minuti, un punto di stallo, ma ben presto avrebbe potuto sperimentare la “Molotov” che avrei scagliato contro di lei, e che l’avrebbe dilaniata tra le fiamme di un esplosivo cocktail di disgusto, sdegno, furore e odio. Avrei combattuto come una guerrigliera ribelle che difende la propria libertà e i propri ideali.
Call the peacemaker, hey hey!
Hey hey hey hey hey!
I'm gonna send you back to the place where it all began…

Sì, bisognava chiamare un “peacemaker”…
Ma peacemaker inteso come pacificatore, o come un antico tipo di Revolver americano, la “Colt Single Action Army” conosciuta, appunto, anche come “Peacemaker”? Un ghigno mi si disegnò in faccia: non avevo mai pensato al secondo significato che poteva assumere quel termine fino a quel momento.
Imboccai il 3rd Avenue.
Sì, avrei chiamato il mio “peacemaker”, e avrei rispedito quell’odioso essere nel lerciume da cui proveniva. L’avrei rispedita nel luogo dove tutto aveva avuto origine.
Vendetta, sweet vendetta…
This Beretta of the night…
This fire and the desire
Shots ringing out on a holy parasite…

Raggiunsi la metà del viale, immaginando il dolce sapore della vendetta.
Non l’avrei lasciata vincere. Assolutamente no.
Quello sarebbe stato un “romantico” appuntamento con Beretta. E, anche se non avevo fisicamente una pistola, sentivo in me la forza distruttiva di mille proiettili pronti a colpire, colpire e sparare contro quel parassita. E in me ribollivano il fuoco e il desiderio; il desiderio di avere la mia rivincita, di farle pagare tutto ciò che mi aveva fatto negli ultimi anni, da quando avevo avuto la “fortuna” di conoscerla al Liceo; di restituirle con gli interessi la sofferenza, l’odio, la collera, il risentimento, la stizza, lo sdegno, il disgusto che avevo provato a causa sua fino ad allora. Di farle pagare finalmente tutti gli insulti che aveva diretto a me, ma soprattutto ai miei ideali, ai miei pochi veri amici (e soprattutto a Saul), alla mia musica, a quella che suonavo e a quella che ascoltavo, ai Green Day, al mio mondo… Di farle pagare tutti i modi che aveva usato per infastidirmi e per complicarmi ogni cosa. Di farle pagare tutta la sua superbia, il suo credersi chissà chi nonostante fosse soltanto una troia, una stronza, una lurida approfittatrice, un’idiota ignorante, una schifosa presuntuosa, che, nonostante tutto, non avrebbe mai potuto nascondere il marcio che aveva dentro.
Persa nei miei pensieri, raggiunsi il vicolo e lo imboccai.
L’atmosfera non era delle più rassicuranti, e la prima impressione fu quella di trovarmi sul set di un qualche film horror o comunque di una scena a tema truculento. O forse su quello di un video di Marilyn Manson… Beh, poco cambiava.
Lei non era ancora arrivata, o almeno, non riuscivo a vederla nella penombra che regnava nella viuzza.
Mi fermai a metà di quella piccola e terribile strada maledetta, guardandomi attorno circospetta, rizzando le orecchie per captare il minimo rumore.
La luce lunare velata a tratti dalle nuvole transitorie disegnava strane ombre, che non facevano altro che aumentare l’aspetto inquietante del luogo, che ora apparivano e ora sparivano nel tenebroso silenzio, intrufolandosi tra palazzi decrepiti e all’apparenza abbandonati, tra bidoni dell’immondizia maleodoranti, tra pali della luce spenti, piazzati ai bordi della strada e conficcati nell’asfalto come croci mortuarie conficcate nel terreno freddo e desolato di un cimitero.
Quel dannato vicolo fantasma trasmetteva solo desolazione e angoscia, angoscia e desolazione.
A coronare il tutto, sull’asfalto erano abbandonati la carcassa di un motorino rubato e sventrato delle parti vitali, una ruota di bicicletta, i resti in putrefazione di un cane squartato, un bastone insanguinato e un bidone rovesciato da cui fuoriusciva di tutto e di più…

Un improvviso rumore di passi mi fece sussultare.
Mi voltai dalla parte da cui proveniva e vidi una figura uscire dalle tenebre, che man mano si avvicinava diventava sempre più definita: lei.
Sentii il sangue ribollirmi nelle vene, mentre il respiro si fece sempre più veloce, grave, impaziente, furioso.
– Ah, sfigata, alla fine sei venuta eh? – esordì maligna, col suo solito fare sguaiato.
Strinsi i pugni, soffiando come un toro inferocito.
– Cosa credevi? – riuscii a risponderle, dopo un attimo di silenzio.
– Niente, solo non credevo che avessi il fegato di venire qui, da sola, a batterti con me… Perché ‘sta volta lo sai che non potrà venire nessun coglione a salvarti, vero? Lo sai che qui nessuno sentirà né vedrà niente, vero? Lo sai che potrò tranquillamente sbarazzarmi di te, vero? –
– Non ci riuscirai… – dissi tra i denti.
– E chi te lo dice? – rispose maligna – La situazione mi sembra dalla mia parte, no? –
– Lo so che giocherai sporco, come al tuo solito! Lo so… E so anche che sei solo una schifosa piattola vigliacca che non ha il fegato di affrontare le cose! –
– Vedila come vuoi – mi interruppe – io la chiamo comodità… –
– Io la chiamo codardia! –
– Ma stai zitta, sfigata! Che non saresti certo ancora tra i piedi se qualche ora fa quel coglione stona… –
Non riuscì a finire la frase, perché, d’impulso, l’afferrai per i capelli e, prima che lei se ne rendesse conto, si trovò spalle al muro.
– Non è affatto vero, e lo sai! – le urlai inferocita, stupendomi mentalmente della rapidità e della forza della mia azione – Lurida troia schifosa, lo sai benissimo che non è così! E tu non ti azzardare a insultarlo un’altra volta o ti sfracello la testa contro questo muro! –
– Chi? Quel coglione di un nano sfigato che non sa fare musica che piace tanto a te e a quell’altro tuo amico sfigato deficiente? – provocò, sguaiata, come al suo solito.
– Fuck Off and Die! – le mormorai all’orecchio, tra i denti, in un sussurro colmo di collera.
– Cos’è che hai detto, sfigata? – fece lei di rimando, divincolandosi per cercare di liberarsi.
– Ho detto vaffanculo e muori, ignorante! – ribattei, dominata sempre più dal furore.
– Crepa tu, pisciatura! – rispose, continuando a strattonarmi.
Riuscì a divincolarsi e tentò di imprimere le sue luride nocche sul mio volto, ma fui più rapida di lei e mi scansai appena in tempo: il suo pugno si schiantò contro il duro e freddo muro, sbucciandogliele; assieme al sangue sgorgò anche un insieme indefinito di insulti e bestemmie.
Cercai di colpirla a mia volta, ma mi bloccai di colpo sentendo una lama gelida incrociare il mio braccio.
Arretrai, contemplando il taglio lungo quasi una decina di centimetri che attraversava la parte inferiore del mio avambraccio destro.
– Lurida puttana, lo sapevo che saresti stata così vigliacca da giocare sporco! – urlai, infuriata.
Continuai a indietreggiare, tamponandomi la ferita, cercando di arginare i rivoli color cremisi che ne scaturivano. Fortunatamente mi ero spostata in tempo, così il coltello mi aveva colpito solo di striscio e la profondità del taglio era un millimetro e mezzo scarso, nonostante questo sanguinasse ancora e bruciasse indescrivibilmente.
Beatrice prese a inseguirmi, brandendo quel suo maledetto coltellaccio insanguinato verso di me.
Era sempre più vicina.
Continuavo a correre, ansimando vedendo avvicinarsi sempre più il muro che chiudeva il vicolo.
Holy shit.
Ero in trappola.
No, non dovevo darmi per vinta così facilmente.
Mi guardai intorno freneticamente, senza trovare nulla che apparentemente avrebbe potuto essermi utile.
Ma, ad un tratto, qualcosa attrasse la mia attenzione: qualcosa che giaceva per terra a pochi passi da me, che brillò per un secondo, colpita dai raggi della pallida luna.
Qualcosa che riconobbi come una cartuccia.
E a pochi centimetri da questa vidi qualcosa che assomigliava molto ad una Beretta.
Una Beretta…
Strabuzzai gli occhi.
Oh. My. God.
Il primo pensiero che la mia mente riuscì ad articolare fu che la coincidenza era alquanto buffa: camminando verso quel luogo da incubo, poco tempo prima, avevo cantato “Peacemaker” nominando proprio una Beretta nella notte…
This Beretta of the night…
Mi avvicinai e la guardai meglio: sì, era proprio una Beretta.
Una M9 per la precisione… Prima d’ora l’avevo vista solo nei film, ma la riconobbi in un attimo, nonostante stentassi a credere di avere davvero un autentico esemplare di Beretta 92FS che giaceva davanti a me.
E per di più, proprio nel momento del bisogno, e ai miei piedi.
Non sapevo cosa pensare…
Un po’ titubante, la raccolsi; una cosa era certa: sicuramente era meglio in mano mia che sua.
Nel frattempo Beatrice e la sua lama infernale erano sempre più vicini, sentivo il suo fiato sul collo, mentre un alto muro si stagliava davanti a me impedendomi ogni via di fuga.
– Ferma o sparo! – gridai, fermandomi, estraendo la Beretta e dirigendola verso di lei.
La carogna sgranò gli occhi e si bloccò di colpo.
– Getta quel tuo lurido coltellaccio e porta le tue luride mani sopra la tua lurida testa! – gridai, un po’ rincorata.
– Oppure? – chiese canzonatoria Beatrice, mentre alzava un solo braccio sopra la testa, continuando a impugnare minacciosa il coltello con l’altra.
– Oppure sparo. – risposi secca, con la forza della disperazione.
– Non ne avresti il coraggio… –
– Non tentarmi, Beatrice… –
In tutta risposta, lei rise odiosamente.
– Non faresti del male a una mosca, sfigata! – provocò astiosa.
A una mosca no, ma a te sì. E per di più è per legittima difesa. – risposi acida.
– Su, allora, dai, sparami! – provocò ancora, canzonatoria e incredula – Che aspetti? Hai forse paura? Pappamolle, sparami, se ne hai il coraggio! Su, dai, sparami! – si mise a braccia conserte – Sparami, se ci tieni ai tuoi cari coglioni stonati! –
A quelle parole, prima che riuscissi a rendermi conto delle mie azioni, tremando, strinsi la pistola.
Controllai il tremito, cercando di annullarlo.
Alzai leggermente il braccio destro e strinsi maggiormente la Beretta, stritolandola tra le mie dita.
Quindi inserii la cartuccia.
Mi morsi il labbro rotto, assaporando masochisticamente il sapore ferreo del sangue che aveva ripreso a sgorgarne.
Chiusi un occhio.
Mirai alle sue gambe (non avrei mai pensato di ucciderla o ferirla gravemente, nonostante probabilmente se lei fosse stata al mio posto non ci avrebbe pensato due volte; ma io non ero come lei) e premetti il grilletto.
Seguì un attimo di silenzio sbalordito da parte di entrambe, seguito da un’altrettanto sbalordita attesa.
L’atmosfera era quasi surreale.
Per qualche secondo fu come se il tempo si fosse fermato.
Il silenzio era palpabile, rotto solo dall’incessante e martellante pulsazione che si faceva sempre più forte nella mia testa, mentre il mio cuore sembrava voler uscire dalla cassa toracica.
Passò un secondo.
Ne passarono due.
Ne passarono tre.
Ne passarono quattro, cinque, sei.
Ma non accadde nulla.
Niente.
Niente di niente.
Holy shit!
Quella fottutissima Beretta non funzionava!
Ero nella merda totale.
Rise volgarmente, avvicinandosi e brandendo la lama.
No! Non era ancora detto.
Gettai una veloce occhiata alla M9.
Cazzo, come avevo potuto essere così idiota?
Come avevo potuto essere così imbecille?
L’angoscia fa brutti scherzi. E mista ad ansia, terrore ed incertezza è micidiale.
Quasi mi venne da ridere: avevo dimenticato di togliere la sicura!

Non feci in tempo a toglierla, che Beatrice si era già slanciata verso di me, vibrando quel suo maledetto coltellaccio.
Feci istintivamente un balzo laterale per togliermi dalla sua traiettoria, ma la Beretta mi sfuggì dalle mani e cadde in un tombino aperto.
Vi fu qualche secondo di silenzio, poi risuonò un “pluf”.
Addio Beretta.
Addio possibilità di difesa.

Cazzo.
Per una volta non poteva andarmi bene qualcosa?
Perché doveva sempre finire così?
Un attimo… Finire?
Avevo detto “finire”?
No, no no no no. Assolutamente no. Non poteva finire così, e che diamine!
Mi riscossi dai miei pensieri giusto in tempo per evitare un nuovo attacco di Beatrice.
Dovevo trovare un modo per difendermi, e possibilmente ribaltare la situazione.
Individualizzare un suo punto debole e fare in modo che le si ritorcesse contro, o trovare qualcosa per difendermi e attaccarla anch’io, o entrambe le cose.
Pensa, Ema, pensa” mi dicevo, cercando di prendere tempo scartando i suoi colpi.
D’un tratto mi ricordai di aver visto un bastone insanguinato di notevoli dimensioni, abbandonato accanto alla carcassa del cane e al bidone dell’immondizia rovesciato.
Dovevo solo trovare un modo per riuscire a raggiungerlo, all’imbocco del vicolo. Il che non era così semplice, trovandomi io al suo termine, con Beatrice e il suo coltellaccio che cercavano di costringermi al muro e mi bloccavano la strada.
Con la forza, in quella condizione, certamente non ce l’avrei fatta.
Dovevo giocare d’astuzia, mettere in moto i neuroni e fregarla con l’intelletto, in cui ancora la superavo.

Non appena riuscii ad avvicinarmi a sufficienza, senza badare a schizzinosaggini, raccolsi fulminea il suddetto bastone, brandendolo in aria verso Beatrice, che stava tornando all’attacco, innervosita e furente per essere caduta nel tranello che mi aveva permesso di aggirarla e correre fino all’ingresso di quel maledetto vicolo.
Usai quella sudicia asta di legno insanguinata per parare il suo ennesimo colpo, cercando intanto un modo per come poterle sottrarre quel fottuto coltellaccio che faceva ancora pendere la bilancia in suo favore.
La situazione continuò invariata per diversi minuti: Beatrice attaccava, io mi difendevo, aspettando un suo possibile passo falso e cercando di pensare, tra un colpo e l’altro, a come capovolgere la situazione in mio favore.
Ad un tratto mi si presentò la situazione che attendevo.
Beatrice mi sferrò un calcio, ma le bloccai repentinamente la gamba con il braccio libero, cogliendola di sorpresa.
Lei vacillò, perse l’equilibrio, cadde all’indietro.
Ma, nonostante tutto, anche da quella posizione, continuava a dimenarsi e a sferzare l’aria con la sua lama diabolica, come un cavallo imbizzarrito.
Cercare di tenerla ferma o, peggio ancora, levarle l’arma, era tutt’altro che semplice.
Tuttavia non sapevo quando si sarebbe presentata ancora una situazione del genere: dovevo rischiare e provarci.

Ad un tratto avvertii, per un microsecondo, un freddo gelido che sferzò la mia guancia destra.
Soffocai un urlo e portai istintivamente la mano in quel punto, per poi levarla un attimo dopo, sporca di sangue.
Urlando tra i denti insulti e imprecazioni, mi accanii con ancora più veemenza sulla mia nemica e la sua lurida arma, finché riuscii finalmente a disarmarla: cercando lei di parare un mio violento pugno dettato dal furore diabolico del momento, il coltellaccio le sfuggì di mano, andando a cadere diversi passi più indietro.
Un clangore metallico risonò sul selciato, riecheggiando in una macchia di tenebra, mentre nei suoi occhi, tra la rabbia e l’arroganza, si dipingeva anche una nota di panico.
Ma il suo sbigottimento durò pochi attimi: infatti ritornò subito all’attacco, divincolandosi e cercando di sferrare pugni e calci.
Riuscì a liberarsi, e prese a correre verso il suo coltellaccio, seguita a ruota da me.
Ormai poche falcate la dividevano dalla sua arma: dovevo sbrigarmi o l’avrebbe ripresa, vanificando tutto ciò che mi era costato per disarmarla.
Strinsi saldamente l’impuro bastone che avevo raccolto e mi lanciai su di lei, atterrandola appena in tempo ad evitare che la raccogliesse.
Ma tanto si dibatté comunque che riuscì a sfiorare il suo coltellaccio, calibrando però male la forza e assettandogli un colpo che lo fece scivolare più lontano, per poi cadere nel solito tombino aperto, dove andò a far compagnia alla Beretta che avevo trovato.
Urlò e bestemmiò, continuando a divincolarsi e mettendo sempre a più dura prova le forze con cui dovevo trattenerla, che iniziavano a mancarmi.
Lei non aspettava altro che questo per sgusciar fuori dalla mia presa e sferrarmi un pugno, che mi colpì al braccio già precedentemente ferito e sanguinante.
Mi alzai di scatto e iniziai a rincorrerla, finché questa volta fu lei a finire con le spalle al muro.
Mi invase un furore che rivendicava quello soppresso tutte le innumerevoli volte che non avevo reagito alle sue mille provocazioni, ai suoi mille tentativi di ostacolarmi, ai suoi mille insulti diretti a me, alle persone e alle cose a cui tenevo di più, a tutto ciò che mi aveva fatto da quando l’avevo conosciuta.
La guardai con sguardo di fuoco.
La fissai negli occhi per qualche microsecondo, come se volessi fulminarla all’istante.
Alzai il bastone coperto di quel sangue non propriamente puro, per poi abbassarlo con violenza, colpendola all’addome e sporcandola di quel sangue di dubbia provenienza, che si mischiò a quello che iniziò a sgorgare dal suo corpo.
Cacciò un urlo perforatimpani.
– Tu! Stronza! Sfigata, pisciatura! Tu, quei tuoi amici bastardi e quel nano stonato… Adesso te la faccio vedere io… – iniziò poi a gridare sguaiatamente, fuori di sé.
In tutta risposta, senza neanche finire di ascoltarla, abbassai con ancora più veemenza quel fottuto bastone su di lei, che però questa volta si scansò.
Con un sonoro “crack” il legno si ruppe contro il muro: la parte più lunga volò via, lasciandomi in mano solo un moncherino che gettai lontano con rabbia, soffiando furente.
Le sferrai un pugno in volto.
Ricevetti a mia volta un pugno in volto.
Ben presto rimanemmo avvinghiate in un feroce intrico di gambe e braccia, scalciando e sbuffando come tori accecati dal furore.
Cercò di bloccarmi un braccio, ma prima che riuscisse nell’intento le afferrai i sudici serpenti color cenere che aveva in testa.
Si divincolò urlando disumanamente.
Mi colpì con un calcio al ginocchio, che cedette.
Caddi a terra, trascinando però con me quel lurido parassita.
La lotta continuò a inferocire, a terra, per un lasso di tempo indefinibile, in cui i nostri corpi uniti dall’odio continuavano a ferirsi vicendevolmente.

Ad un tratto, Beatrice batté la testa contro il suolo e rimase tramortita.
Mi bloccai un attimo.
Avrei potuto finirla, se avessi voluto.
Mi alzai e contemplai qualche secondo quella lurida puttanella bastarda che cercava di rovinarmi la vita.
I capelli arruffati in cineree matasse imbevute di sangue e sudore. Gli occhi fuori dalle orbite, il trucco ridotto a un’indefinibile macchia nero-violacea, che si mischiava all’occhio nero che le avevo provocato durante la serata, e che le colava lungo il viso assieme a rivoli di sudore con sfumature color cremisi, portando con sé anche tracce di fondotinta. Il naso aveva ripreso nuovamente a sanguinare. I lividi delle botte sparsi un po’ su tutto il corpo, accompagnati da qualche ferita ancora sanguinante. I vestiti sgualciti, strappati, e anch’essi sporchi del solito fluido color amaranto, la cui provenienza non era più così certa (poteva infatti essere suo, mio, o appartenere a quello del bastone abbandonato, ancora più impuro del uso).
Rimasi bloccata qualche secondo, indecisa su come comportarmi.
Alla fine mi voltai semplicemente e tornai sui miei passi, sospirando.
Forse l’avrei rimpianto per chissà quanto tempo, ma non avevo la forza di finirla.
Non amavo il gioco sporco.
Non ero codarda come Beatrice.
Non me la sentivo di fare ciò che probabilmente una come lei avrebbe fatto senza farsi tante domande.
Ma io non ero come lei.

Mi trascinai fuori dal vicolo, e ripresi, non senza fatica, la strada che conduceva all’hotel.
Ma, dopo pochi passi, le mie gambe cedettero e mi accasciai al bordo del marciapiede di una via silenziosa e solitaria.
Guardai la mia ombra, sovrappensiero, valutando che le mie condizioni, dopo quello scontro, non erano certo migliori di quelle di Beatrice.
Mentre mi passavo una mano tra i capelli fradici di sudore contaminato dal sangue e osservavo cotal liquido amarantino sgorgare dal taglio sull’avambraccio destro, assaporandone il ferreo sapore in bocca dal solito labbro rotto, avvertii un nuovo e impellente bisogno.
Chiusi gli occhi e inspirai l’aria fresca della notte, così apparentemente tranquilla da sembrare ignara dello scontro consumatosi fino a pochi minuti prima.
Avevo bisogno di parlare con lui.
Avevo bisogno anche solo di sentire la sua voce.
Quella voce che mi era sempre accanto, che mi accompagnava nelle soddisfazioni e nelle felicità, come nei dolori e nelle traversie.
Quella voce che cercava sempre di tirarmi su e che sapeva sempre come rincuorarmi.
Quella voce che non era mai stanca di prodigarmi consigli; che cercava di dare una risposta ai miei interrogativi, e che me ne poneva quando ve n’era bisogno.
Quella voce che aveva sempre tempo di ascoltarmi con attenzione, con i suoi eloquenti silenzi.
Quella voce che non mi aveva mai voltato le spalle.
Quella voce su cui sapevo di poter contare davvero.
La sua dannata voce.
Sì, ne avevo un gran bisogno.
Chissà cosa stava facendo in quel momento…
Presi il mio cellulare che, strano ma vero, era rimasto quasi integro e perfettamente funzionante, e composi il suo numero.
Trattenni il fiato, mentre i “tu…tu” che intervallavano l’attesa accrescevano l’ansia.
Mi avrebbe risposto?
Avrebbe avuto il tempo di ascoltarmi, anche questa volta?
– Pronto? –
– Hey bro… – dissi sollevata, riprendendo a respirare quasi regolarmente.
– Hey sis… Giuro che è da... boh, da non so quanto tempo, che mi stavo chiedendo se chiamarti o no – rise.
Riuscì a strapparmi un debole sorriso.
– E perché mai? –
– Beh… Insomma… Non volevo disturbarti, ecco. –
– E da quando in qua tu mi disturbi? –
– E da quando in qua tu te ne vai in Australia a suonare coi Green Day? – replicò. Il suo tono aveva un nonsoché di indecifrabile, come se volesse congratularsi e rimproverarmi allo stesso tempo.
Sospirai.
– Dai, non te la sarai mica presa!? – domandò lui qualche secondo dopo.
– No, figurati –
– Eh, meno male… – rise – Non ti preoccupare, non sono mica geloso… Nah, figurati. Sono contento per te, anche se devo ammettere che un po’ ti invidio... Anzi, non solo un po’… Comunque, tornando seri, volevo solo dire che volevo sentirti per sapere com’era andata eccetera, ma non sapevo quando chiamarti perché temevo di disturbarti, che ne so, durante le prove, o durante il concerto, o durante l’after party… –
A quelle ultime parole, sospirai ancora una volta, mestamente.
In un secondo mi passarono davanti agli occhi tutti gli avvenimenti della serata e della notte.
Senza che potessi farci nulla, una lacrima andò a mischiarsi col sudore e con il sangue sul mio viso.
– Hey… What’s up? –
La sua voce mi fece tornare al presente.
– Saul… – iniziai a dire, cercando le parole per continuare.
– Sì? –
– Hai… Hai presente la prima strofa di Basket Case? –
– Beh, sì, certo… Perché? –
– Ecco… Fa’ conto che quella domanda sia rivolta a te. No, aspetta. Pensaci un attimo e rispondi seriamente. So, honestly… Do you have the time to listen to me whine about nothing and everything all at once? –
– Yes, I have. – rispose dopo qualche secondo di silenzio.
Gioii nella mia tristezza.
Feci un profondo respiro e, accasciata al bordo di quel fottuto marciapiede, fregandomene delle lacrime che scorrevano sulle mie ferite, fregandomene del dolore, fregandomene dei singhiozzi che di tanto in tanto interrompevano qualche mia frase, fregandomene di un qualsivoglia filo logico narrativo e seguendo soltanto quello delle immagini che si affacciavano e si sovrapponevano nella mia mente, iniziai a raccontargli tutto, partendo dalle prove fino ad arrivare a quel momento, passando per il concerto, i timori e le emozioni indescrivibili che avevo provato, la linfa vitale che avevo sentito percorrermi il corpo, per poi passare a Beatrice, alla rissa, alla mia idiozia, a Billie Joe, a tutto ciò che era avvenuto dopo il concerto, ai miei nuovi mille dubbi, alla mia immane confusione, a come avevo rovinato a tutti la serata, ai miei conflitti interiori, al dolore, al nuovo scontro con Beatrice, al terrore, al senso di rivincita, alla quasi inspiegabile misericordia finale che avevo usato verso di lei, ai segni della lotta, alle ferite fisiche e morali, alla mia situazione in quel momento e al mio non avere la più pallida idea di cosa dover fare…
Lui ascoltava, fermandomi di tanto in tanto per farsi spiegare qualche punto poco chiaro, per porre l’attenzione su alcuni dettagli che magari a me erano sfuggiti, per cercare di capire meglio come dovevo essermi sentita io, ma anche per tentare di ipotizzare come dovevano essersi sentiti gli altri, per cercare di dare qualche spiegazione ai miei innumerevoli dubbi, ai miei mille “perché”, per cercare di psicoanalizzare il tutto, e per cercare di consigliarmi.
Il tutto con una pazienza e un interesse impressionanti.
Non sapevo come ringraziarlo, dal momento che forse neanch’io sarei riuscita a reggermi, a sopportarmi, e per di più a cercare di aiutarmi come stava facendo lui…
Non sapevo quanto ero rimasta lì, in quell’angolo di marciapiede, a parlare con lui; quando dovetti terminare la telefonata il mio cellulare quasi scottava.
Ma una cosa la sapevo: in quel momento non avrei potuto parlarne con persona migliore, e ora mi sentivo meglio; nonostante tutto avevo recuperato quel poco di fiducia e forza che mi serviva per alzarmi ed andare avanti.

Dovevo tornare in hotel.
Sì, dovevo tornare in hotel e dovevo parlare con Billie, nonostante in quel momento fosse l’ultima cosa che desiderassi. Ma dovevo farlo.
Non poteva andare avanti così, quella situazione non faceva star bene nessuno, e mi stava già logorando fin troppo.
Sì, dovevo farlo. L’avevo promesso a Saul.
Svoltai e iniziai a vedere, dietro la curva, l’hotel.
Il momento fatidico si avvicinava sempre più…
Sospirai. Chiusi gli occhi; li riaprii.
Respinsi l’impulso di tornare indietro e imposi alle mie deboli gambe di proseguire.

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Capitolo 17
*** So rally up the demons of your soul! ***


Hi!
*Fischietta facendo finta di nulla* xD
I know, I know, anche sta volta aggiorno in ritardo… anche se, calcolando il tutto, meno ritardo delle scorse volte, contando che vi avevo avvistati xD
A dir la verità, speravo di riuscire ad aggiornare entro metà Luglio (anche se sapevo non sarebbe stato poi tanto semplice, ma speravo di riuscire a postare prima di partire per la montagna), ma, oltre al tempo assorbitomi dai concerti (Parigi il 26 Giugno
*_* ♥_♥ -e le faccine dicono tutto xD- e Heineken Jammin Festival il 4 luglio ._.” che purtroppo come sapete è finito in un totale disastro a causa di un fottutissimo nubifragio apocalittico del cazzo che ho preso in pieno dopo tutta la notte là fuori e tutto il giorno sotto quei fottuti 40 gradi minimo, in quanto non volevo neanche sentirne parlare di andarmene da sotto al palco finché i tipi della security ci han buttato fuori quasi a calci in culo insultandoci -xD?!- e rimanendo a 1 metro dalle transenne del pit all’interno delle quali non potevamo stare, finché non ha iniziato a piovere troppo forte e a grandinarmi in testa… dopodiché son rimasta sotto un tendone del ristoro finché non ha smesso e poi son tornata, purtroppo per niente, davanti al palco, nella "palude", a ottenere coi miei amici solo inviti non molto cortesi ad andarcene e a sentirci ribadire che il concerto era definitivamente annullato, nonostante girassero voci che i GD fossero ancora lì e forse addirittura avevano dato la disponibilità a suonare anche più tardi quando lo stretto necessario si fosse asciugato, anche 4 ore dopo all'1 o le 2; ma niente quei “cosi” non sapevano dire altro che di andarcene e guardare sul sito e che il concerto era annullato e di non rompergli i coglioni ulteriormente, come se continuassero a ripetere il solito fottutissimo disco rotto, in pratica -.-”… e quindi mi è toccato andarmene, dopo un po’ di scazzi tra me e i miei amici e i suddetti tizi, furente e depressa, trattenendo le lacrime e prendendo a pugni e calci ogni cosa che mi capitasse a tiro... ed è stato difficile uscire dal lutto che ne è seguito, nonostante tutto -e nonostante l’esperienza a Parigi lo controbilanciasse assai e mi è servita molto a tirarmi su il morale-, anche se ora lo sto elaborando, perché alla fine è stata un’esperienza anche quella, e anch’essa in un certo senso è riuscita ad arricchirmi... anyway, basta perché sto perdendo il filo del discorso e poi se no finisce che parlo dell'HJF-de-Sto-Cazz -su cui mi son già dilungata troppo, e che comunque è anche stata una causa che non mi ha fatto scrivere questa fic, sui Green, per un po’…- invece che di ciò di cui stavo parlando… Ehm, quiiiindi, scusate il mio “piccolo” sfogo), ho avuto anche mille altri problemi e mille impegni che mi hanno impedito di scrivere... Verso il 10 luglio poi sono partita per la montagna, in un paesino (o meglio, una frazione medievale di 30 case xD) dove Internet non sanno neanche cosa sia, come vi avevo detto precedentemente... Speravo di poter scrivere qualcosa lì (una volta ripresami dalla batosta-HJF), ma prima avevo il PC portatile in condivisione con la famiglia sotto gli occhi di tutti in sala e non trovavo la concentrazione per scrivere; poi l’ho finalmente trovata nei giorni in cui potevo portarlo in camera mia, ma dopo metà agosto mi è passata l’ispirazione fino a inizio settembre, e per di più Lunedì (13) ho cominciato la scuola, e poi quando son tornata anche le prove con la Band *-* (per ora ancora solo col batterista… ma son dettagli xD) mi han portato piacevolmente via parecchio tempo libero…
Senza contare il fatto che inizialmente scrissi qualche riga che cancellai, ricominciai in maniera opposta il capitolo, ma non mi convinceva e quando ancora non avevo scritto molto cancellai di nuovo e ricominciai nuovamente sull’onda del primo tentativo, cambiando qualcosa e andando avanti… E inoltre avevo anche paura di dargli una piaga troppo in un modo o troppo in un altro opposto, oltre a quella di cadere nello scontato e negli stereotipi che cerco sempre di evitare il più possibile… Beh, spero di non deludervi xD
Altro breve commento della serie “commenti inutili” xD – ora posso ammetterlo: il capitolo precedente è uno dei miei preferiti xD anche rispetto all’aspetto (scusate il gioco di parole :D) di scrittrice-di-scleri-mentali, cioè all’aspetto che mi è piaciuto scriverlo xD .
Poooi, prima di passare all’angolo-idiozie-&-risposte-recensioni (il quale mi occupa sempre parecchio tempo -e spazio xD-, ma come ho già detto mi diverto a farlo e non rinuncerò e non salterò mai u.ù *-*), vorrei ringraziare in particolar modo cerere e ShopaHolic, che mi hanno sostenuto in particolar modo, con consigli di vario genere e incoraggiamenti *-*. An, un’altra cosa: questo capitolo era originariamente unito al prossimo (che tra l’altro ho quasi finito di scrivere e quindi posterò a breve **), ma siccome stava diventando incredibilmente lungo (superava le 18 pagine di Word o.O), anche su consiglio di Ary aka ShopaHolic ho deciso di dividerlo in due (anche se un po’ m’è dispiaciuto xD)…
Bon, ora passiamo all’ormai “famoso”…

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
Come sempre, grazie 1,039 a tutti voi che leggete questo mio enorme sclero mentale che viene comunemente indicato con l’appellativo di FF o fanfic xD, e soprattutto a tutte voi che recensite e che mi sostenete… Non immaginate quanto mi renda felice leggere le vostre recensioni!
I love you all, darlings *-*!

Crazy_Me: Heyla darling! *_*
Beh, first of all, grazie davvero davvero tante per i complimenti… È stato uno dei capitoli scritti fin’ora in cui mi son impegnata maggiormente xD e se mi dici che è uscito bene e scritto addirittura “divinamente” (davvero?! sicura? O.O beh… nel caso ne sono davvero onorata! *-*) non posso che esserne contenta.
Duuunque, la Beatrice che mi ritrovo in classe e che da qualche giorno con l’inizio della scuola sono costretta ancora a vedere tutti i santi giorni (-.-“) è una stronza di prima categoria… Beh, nella fic ho esaltato qualche caratteristica (alcune neanche troppo poi -.-“), forse non arriverebbe al punto di, addirittura, uccidere… ma probabilmente ci andrebbe vicino se potesse >.<”... Quella è più che una “semplice” troietta (neanche tanto “etta” poi… madonna basta solo vedere come si atteggia e come parla! o.O e lei se ne vanta pure, invece di sotterrarsi!) rompicolgioni doppiogiochista oca schizzata dalla testa montata che aspetta solo di fregarti…
Vaaaabbè, anyway, non iniziamo a parlare di costei, mi mette di cattivo umore xD.
Tornando alla fic, beh, ribadisco, spero che il capitolo seguente non ti deluderà né ti farà rimangiare i complimenti precedenti xD…
See you soon =)

Green Star 90: Ftellù! *_*
Sì, le tue recensioni sono spettacolari, e hanno sempre qualcosa che mi fa ridere :sisi: *-*
Beh, nello scorso capitolo diciamo che mi sono anche un po’ sfogata, immaginando cosa comporterebbe portare all’eccesso il nostro odio quasi innato… “
E per di più la carcassa del cane a fare da spettatore all'allegro quadretto aggiunge una deliziosa nota splatter al capitolo. Non è che il sangue del bastone apparterrà a quella povera bestia?” --> Sul primo punto concordo *-* (ehm… non so se s’è capita la mia parziale passione per un ché di macabro… xD)… Sul secondo punto: e chi può dirlo? Ci sono buone probabilità che lo sia, ma forse può anche essere il sangue di qualche manigoldo che s’è menato a sangue con un altro… chi può dirlo, non sono stati mica fatti esami sul DNA… xD Ok basta sto sclerando troppo…
Ahahaha la Beretta… E chi lo sa come ci è finita lì? Magari sfuggita sempre a uno dei malfattori sopra accennati… oppure boh, non è lecito saperlo con precisione.
”Faceva troppo CSI la parte in cui tu tenevi la pistola in alto pronta per sparare. Ma ovviamente ti dimentichi di togliere la sicura e il super siparietto d'azione se ne va a farsi benedire! *abbraccia Ema commossa*” --> Ahahahah… Concordo xD *ricambia l’abbraccio di Stella commossa*
”Stavolta non ho trovato nessun doppio senso, giurin giurello, nemmeno sul bastone sporco di sangue. *vola la seconda scarpa*” --> Ahahahah sicura? xD Che straaaaano xD (qualcosa mi dice che sta per volare una terza scarpa xD). Anche se… un bello :shifty: l’ho trovato io… nella tua recensione! xD Cioè, non proprio nella tua recensione, ma nel fatto che è la NUMERO 69!! :shifty: ahahahah
Beh, alla fine come hai detto tu meno male che non ci son stati cadaveri… E… ahahah lo sfogo con Saul
”ha sbollito l’aria di tensione (e il puzzo di spazzatura)…” xD bella questa!
Beh, spero che codesto capitolo che mi accingo a postare sia accettabilmente accettabile (ok, la smetto di sparare Boiate a tutto spiano), eccetera eccetera (tanto ormai lo sai già cosa sto per dirti, quindi risparmio il tempo di riscriverlo ancora xD)
Anyway, alla prossima!
See ya *_*
PS: mi sto cercando di portare, pian piano, nuovamente in pari con la tua Fic *-*

m i n o r i t y: Duuunque, a parte il fatto che ho impiegato diversi secondi a capire che eri sempre la mia cara ZofouArtemis ma avevi cambiato il nick (ultimamente ‘sta cosa del cambio nick ogni tanto mi confonde notevolmente per qualche attimo in cui mi chiedo “e questa chi sarebbe? E quell’altra dov’è finita?” xD), come va, my dear? *_*
Parlando della fic, beh, sono davvero contenta che tu sia tornata a recensire (don’t worry, you’re completely forgiven now… ma cerca di non sparire ok?) ^-^ e mi fa moooolto piacere che tu abbia trovato nel capitolo precedente una voce propria; non pensavo di riuscire a creare un “capitolo-persona”, come l’hai definito tu, ma sono felice di esserci riuscita… E, beh, grazie mille dei complimenti ^^” spero di esserne all’altezza xD.
Beh, vedo che hai capito che mi diverto a usare l’arma dell’imprevedibilità e a far cadere quegli “ideologici castelli di carta di idee, opinioni e predizioni” (mi piacciono i tuoi termini, sai? *-*) che uno potrebbe farsi mentre legge… muahahah xD… Anyway, I’m happy you like it.
Well, darling, see ya soon, I hope =)

Helena89: Hi, oh my dear 1st reader xD *_*
Beh, che dire, me essere contenta che tu avere gradito il modo in cui ho sviluppato lo scorso capitolo, il conflitto con Bea, la chiamata con Saul, e la tracklist di canzoni improvvisata che l’accompagnano sempre =)
“Ema, carissima, a livello tecnico credo sia il miglior capitolo da te mai scritto.” --> Really? Wow, grazie mille davvero dei complimenti! Troppo gentile xD Beh, anyway, come ho già detto, il capitolo precedente mi soddisfava assai, e non posso che essere contenta che sia piaciuto anche a te e a voi *-*
PS:
“Beatrice sempre qui --> <3” --> ma anche no! xD
A presto =)

cerere: Mateeeeeeeeeeee! *_*
*Si prepara a scrivere un papiro in risposta al papiro di recensione della sua mate che ha gradito tantotanto xD*
Dunque, andiamo con ordine, o almeno cerchiamo xD
”va' a quel paese, mate. sei riuscita a farmi emozionare. quando ho letto il pezzo della dedica sono scoppiata a ridere come un'ebete e non riuscivo a tenere le palpebre su perchè gli occhi erano troppo lucidi. va' a quel paese, mate. intendo il MIO paese, però! cosi vieni qui e ti abbraccio fino a strizzarti pure il cervello! *ç*” --> Inutile dire quanto ho adorato questa parte. È quasi commovente, davvero *ç*. Ed è inutile anche dire che leggendola man mano son scoppiata a ridere come un’ebete xD. *__*
Molte cose te le ho già dette, in quanto per lo scorso capitolo sei stata fondamentale come consulente-per-idee-pazzoidi-TM e come hai detto anche tu l’hai visto crescere *-*. Beh, anyway, I’m really fuckin’ happy you liked it, anche se te l’avrò già detto sicuramente xD. E sono contenta che il climax ti abbia tenuta incollata lì davanti allo schermo, e che tu abbia trovato il capitolo, come hai detto tu, “cinematografico” e verosimile. *-* E mi fa davvero piacere anche il fatto che tu abbia apprezzato la tracklist (che c’è e ci sarà più o meno ovunque xD) xD
“davvero. una cosa che mi piace di te è che riesci a trovare sempre una canzone per tutto, e non parlo solo della FF. parlo anche e soprattutto delle nostre conversazioni, tutte accompagnate da una colonna sonora che scegliamo man mano. è una dette tante cose che adoro di te. riesci a trovare un sottofondo a tutto.” --> *-*. Beh, sono contenta di ciò… *cerca invano di mascherare l’accenno di commozione*. Comunque, davvero, grazie mille(e trentanove *.*). E beh, non è colpa mia se quasi in ogni momento il mio cervello associa alle emozioni, alle situazioni, alla vita, frasi e musica, frasi tratte da canzoni o brani interi, o ancora brani e musiche forse inventati da codesta mente pazzoide TM che sta scrivendo xD.
“la descrizione del vicolo, poi, sembrava quasi il set di un video di Marylin Manson. xD o una nostra vecchia conversazione su una certa mandibola via posta di FB, dipende dai punti di vista xD” --> ahahahah xD bella questa (la cosa di Marilyn Manson l’avevo messa anch’io...quella della Mandibola invece rimarrà un top-secret between us xD).
”me la immagino davvero Beatrice a ridere come una puttanella in calore con un giocattolino da mezzo metro di lama in mano, e te che la guardi incarognita e intanto pensi: "cacchiocacchiocacchio!".” --> ahahah xD già, l’immaginavo anch’io mentre scrivevo… xD
Ahahaha davvero ti ha fatto ridere il termine “piattola”? xD
”non c'è che dire, la trovata della Beretta è stata una genialata, sta a sentire Zia Joan. xD davvero, non scherzo! poi quella frase – Ferma o sparo! – la vedrei benissimo in un poliziesco o, meglio, in un film di Tarantino. per questa interpretazione da oscar lui potrebbe anche scritturarti nel suo prossimo spaghetti western, alla faccia di quella deficiente di Lady GaGa xD. *gode come una matta*” --> Wow *-* Esagerata, addirittura in un film di Tarantino *__*? Ma quale onoreH, mate *ç*
E beh, poi, il rovesciamento della situazione e la caduta dell’ “ideologico castello di carta di idee, opinioni e predizioni” (come l’ha chiamato Miriam, aka m i n o r i t y), era voluto xD. Sarebbe stato tutto troppo semplice per Ema con quella Beretta, non è mica inviolabile u.ù xD (povera l’ho fatta soffrire xD comunque anche a me è dispiaciuto far cadere la Beretta subito dopo, ancora inutilizzata ç_ç). E quindi da qui la tensione alle stelle ha fatto in modo che si dimenticasse della sicura e tutto si tramutasse in una “comedy situation alla Stanlio e Ollio”, come hai detto tu xD
E beh, il “bastone non altissimo purissimo e levissimo” è stato invece fondamentale, avevi visto bene xD
E grazie mille di avermi (vabbè, aver paragonato il mio alter ego) ad un cavaliere jedi con onore ed orgoglio *_*
Beh, ora finisco qui perché se no non arrivo più al capitolo xD. Il resto nel caso continuerà con l’ “espresso demenza-città” (te lo rubo xD) su msn xD.
See ya soon, mate (I love ya) *__*

Haushinka_: Wow, una nuova lettrice *-*
First of all, bel nick u.ù
Pooooi, beh, inutile dire che mi fa piacere che anche tu legga questo mio sclero mentale altresì chiamato fanfic e che ti abbia preso… Addirittura la trovi fantastica? Ciò non può che rendermi felice, spero oslo di meritarmi i complimenti (xD), per cui ti ringrazio molto…
”e una delle prime cose che mi è passata per la testa, è stato come sia possibile parlare con Billie Joe, e non riconoscerlo... *__* ma capisco che lo hai fatto per una precisa scelta stilistica e alla fine ci sta alla grande!” --> Beh, sai, me lo chiedo anch’io come ha fatto il mio alter ego a parlarGli e non riconoscerLo. Probabilmente in quella situazione, come aveva poi ipotizzato, il cervello non era pienamente collegato per l’emozione del concerto appena suonato e tutto; l’aveva riconosciuto, sì, inconsciamente era consapevole di chi fosse quel tipo, ma per qualche ragione l’informazione non era riuscita ad arrivare nitida alla mente, magari anche scartata da un “ma figurati se IO incontro Billie Joe Armstrong in persona, che per di più viene qui a parlarmi!”… xD Anyway, mi fa piacere che abbia apprezzato anche quella scelta stilistica ^^
Beh, spero che questo capitolo non deluderà la tua attesa…
Alla prossima =)

K_BillieJoe: Rieccoti! *-*
Ahahah xD beh, neanch’io avrei lasciato lì Beatrice, così, come sensazione a caldo l’avrei rinchiusa da qualche parte per farla smettere di rompere eccetera, come hai consigliato tu… Ma il mio alter ego a quanto pare è più “misericordioso” xD.
Mi fa piacere che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, e spero che anche questo non ti sembrerà una schifezz…ehm, volevo dire, ti piacerà e non ti farà rimpiangere l’attesa xD
A presto =)

ShopaHolic: Aryyyy! My dear *_*!
Che onore averti tra le lettrici e le recensitrici (ehm, esiste come termine? xD) *-*
Beh, mi fa indubbiamente piacere sapere che anche tu hai constatato che io sia migliorata man mano e abbia trovato addirittura un “salto di qualità” *ò*
Sono contenta che ti piaccia il personaggio di Ema (sì, hai indovinato, è davvero molto simile a me, riesco ad entrare nel personaggio, eccetera eccetera xD) e il mio, ehm volevo dire suo (;D) rapporto con la musica. Davvero.
”Ecco, si può dire che Ema vive di musica. Ma forse la cosa che mi piace di più di lei è che non è una di quelle ragazze stereotipate, tutte perfettine e intoccabili.” --> Beh, la prima frase mi è piaciuta davvero molto, perché esprime proprio l’essenza del rapporto che c’è tra Ema e la Musica. E poi, non posso che essere contenta del fatto di essere riuscita a fare in modo che Ema non sia stereotipata, perfettine & intoccabile. E quindi non immagini quanto quella tua frasettina mi abbia fatto felice *-* (come ti ho già detto, uno dei miei timori è quello di entrare negli stereotipi >.<”)
(An, e “oca giuliva” riferito a Beatrice ci sta a pennello ;D)
Non posso che essere felice anche del fatto che tu abbia apprezzato lo svolgersi del conflitto e la riflessione sulla Beretta e il “casuale” ritrovamento proprio di un esemplare di quell’arma (mi piace come hai detto, che è come se avesse sentito la tacita richiesta di aiuto della protagonista, rende molto bene l‘idea di ciò che intendo)
”E ancora una volta non l’hai lasciata preda degli stereotipi, che avrebbero fatto sì che la Beretta non avesse la sicura e, soprattutto, che non le fosse mai, mai, mai sfuggita di mano.” --> Egggggià ;)
“Ah, a proposito, capitolo 12, And my name is Cazzo! Ma l’ha detto veramente?! Ad ogni modo, ho iniziato subito a ridere come una cretina! (:” --> Sìsì, l’ha detto davvero! Guarda, la mia reazione quando l’ho sentito per la prima volta è stata quella descritta nel capitolo: tornare indietro a risentire per accertarmi che non fosse uno scherzo della mia mente (“sometimes my mind plays trick on me…” xD) e poi ridere come una cretina pure io! Ahahah xD Se vuoi ti passerò l’audio di Jaded a Milano del 2005 con la frase in questione che occupa gli ultimi secondi del brano registrato xD
Anyway, I’m happy you liked Mike and Tré. Quello di correre con Mike prima di un concerto è sempre stato un vecchio sogno… E Tré, beh, come dici tu, è sempre Tré ahahah xD. *-*
”Billie Joe è dolcissimo, ha un carattere davvero splendido, chissà cosa succederà quando Ema tornerà in hotel dopo tutto quello che è successo con Beatrice, ma soprattutto dopo il bacio! **” --> Anche qui, I’m happy you liked him. E, beh, per quanto riguarda l’ultima parte della frase, spero che questo capitolo (e il prossimo, che su tuo consiglio ho separato per non lasciare un papiro di 18 e passa pagine di Word xD) non deludano le tue aspettative!
Beh, concludo ringraziandoti ancora per i complimenti *arrossisce*.
See you soon, darling *_*

E un grazie speciale anche a tutti voi che avete aggiunto questa fic alle seguite e/o ai preferiti e/o alle storie da ricordare e/o, addirittura, me alle autrici preferite… (*arrossisce* grazie davvero)! *_* - Fujiko_Chan (AmantaH *_*! I miss you so so much. And I miss so so much also your fuckin’ awesome and hilarious reviews & comments & “scleri”, you know?! XD Davvero, mi sembra che ci sia un vuoto senza la tua recensione e il tuo stile unico di scriverla *ç*. Torna presto, darling!), Green Star 90, Helena89, Mary17, micky_malfoy87, millape, m i n o r i t y, 801_Underground, cerere, Crazy_Me, Asuka96, Jayden Akasuna, K_BillieJoe, Sybille, SuomiLover, Francy924, _LISA_, totolo, DarkSwan, Fagiolins, Haushinka_, LaFrappuccino (anche tu tra le lettrici? Wow, thanks a lot *-* fammi sapere che ne pensi di questo sclero-mentale-formato-famiglia xD)
Thanks a lot to everybody!! “Craziiiii” (xD)!! *-*
E se non chiedo troppo, quando riuscite, mi farebbe davvero piacere (per chi non lo fa già *w*) se lasciaste una recensione, o un commento, magari anche piccolo, giusto per sentire la vostra presenza e per sapere cosa ne pensate ^^”


Ok, (come al solito) mi son già dilungata abbastanza, la finisco qui e vi lascio al capitolo, che anche questa volta spero non vi deluda e che non vi procuri stimoli di vomito ehm, volevo dire, che vi piaccia =D
See ya soon *ç*







CAPITOLO 17 So rally up the demons of your soul!


Una lieve pioggerella iniziò a scendere, bagnando i miei ultimi passi.
Mi fermai in mezzo al viale e alzai gli occhi al cielo, un cielo rabbuiato, velato e piangente, in cui la luna aveva paura a far capolino. Oh, come mi assomigliava in quel momento…
Sospirai.
La pioggia continuò a cadere, rigandomi il viso, depositandosi sui miei vestiti, mischiandosi a sangue, lacrime e terra.
Fissando il cadere di quelle gocce, mi sovvenne in mente una canzone dei Nightwish, “Nemo”, che quasi inconsciamente mi trovai a canticchiare in un sussurro…
Oh how I wish
for soothing rain
All I wish is to dream again
My loving heart
lost in the dark
For hope I'd give my everything…

In quel momento quei versi sembravano scritti apposta per me, per quella situazione…
Ferma, lì, in mezzo a quel viale, io, Nemo, Nessuno.
Ferma, lì, sotto quella pioggia che sembrava così confortante e lenitiva in quel momento, che quasi sembrava potermi ridare qualche attimo di tranquillità, e il desiderio di poter sognare ancora, di poter continuare a vivere in un sogno e non in un incubo.
Ma il mio debole cuore, quel cuore dannato che sapeva amare, era perso nel buio, ingoiato dalle tenebre.
Oh, sì, per la speranza avrei dato tutto.
Per la speranza di poter tornare a sorridere.
Per la speranza di poter dire, almeno per qualche attimo, addio a sentimenti quali dolore, sofferenza, odio, rancore, disperazione, delusione, furore, costernazione…
Per la speranza di non dover vivere in un tale e continuo contrasto interiore ancora per molto.
Per la speranza di poter sognare ancora.
Per la speranza di poter vivere ancora in una realtà quasi migliore dei sogni.
Per la speranza di non causare più guai.
Per la speranza di non aver rovinato tutto.
Per la speranza di poter essere riaccolta dai Green Day.
Per la speranza di poter sperare…

La pioggia iniziò a cadere sempre più fitta.
Mi riscossi dai miei pensieri e ripresi il cammino, giungendo a quella meta che temevo raggiungere, ma alla quale anche avevo smania di arrivare.
Il momento cruciale sarebbe giunto di lì a poco.
Entrai nella hall, tremando.
Chiesi alla reception le chiavi della mia camera e feci per raggiungere le scale.
Scale che però non potei raggiungere, in quanto venni bloccata dalla voce di Mike che mi chiamò per nome con un tono deciso, che non ammetteva repliche.
Rimasi immobile qualche secondo.
Cazzo, dovevo incontrarli proprio lì, subito?
Respirai a fondo prima di voltarmi.
Il bassista venne verso di me, seguito da Tré e da Billie.
– Si può sapere dove diavolo ti eri cacciata? – chiese avvicinandosi.
Iniziai a farfugliare qualcosa, ma venni nuovamente bloccata dalla sua voce.
– E come cazzo hai fatto a conciarti così? Che diamine t’è successo? – continuò, una volta che era giunto a pochi passi da me.
– Non qui. Andiamo su in camera di Billie, ci dirai tutto lì. – decretò Tré, con un’espressione molto più seria del solito, quasi preoccupante.
Nessuno osò ribattere nulla, e in silenzio seguimmo il batterista in ascensore.
La tortura era rimandata solo di qualche manciata di secondi, e non potevo scapparne né tirarmi indietro.
Un attimo… “la tortura”? Ma che diavolo mi prendeva? Stavo esagerando, in fondo erano i Green Day, e neanche volevano farmi del male, a quanto ne sapevo.
Beh, certo, in quel momento il dover raccontar loro tutto, nella camera di Billie Joe, mi terrorizzava, non sapevo cosa dire, né come dirlo… Avevo perfino paura a guardarli negli occhi, e io e Billie addirittura rifuggivamo i reciproci sguardi.
Però erano sempre i Green Day, che fino a poche ore prima mi stavano facendo vivere un sogno che non volevo si commutasse irreversibilmente in un incubo.
Quindi dovevo mantenere la promessa fatta a Saul, dovevo affrontare quel dialogo, dovevo vincere il panico, dovevo superare i miei timori, dovevo cercare di mettere a posto la situazione e di chiarirmi con i Green Day e con Billie Joe.
Una bazzecola proprio, pensai con ironia.

L’ascensore si bloccò e le porte si aprirono.
Come un condannato a morte che si dirige al patibolo, mi accinsi a seguire i tre, cercando invano qualcosa che potesse alleggerire la situazione e l’atmosfera a dir poco pesante che regnava tra noi.
Oltrepassammo la porta della mia camera per fermarci davanti a quella accanto; quindi, Billie Joe prese le chiavi, aprì ed entrò, facendoci tacito segno di seguirlo.
La porta si chiuse alle mie spalle con un rumore secco che ruppe per un attimo la coltre di silenzio che aleggiava nella stanza.
Rimasi ferma qualche secondo, a disagio, trovando la punta ormai non più bianca delle mie Converse molto più interessante di quanto avessi mai creduto.
Quando alzai finalmente lo sguardo, incrociai tre paia di occhi che mi scrutavano, seri, in attesa.
Forse arrossii, ma potrei dirlo con certezza.
Reindirizzai lo sguardo alle mie scarpe, non sapendo cosa fosse meglio che facessi.
– Allora? – chiese ad un tratto Tré, rompendo il silenzio.
– So… Am I supposed to explain everything, aren’t I? – chiesi titubante, mentre il cuore accelerava il suo battito.
– Yeah, exactly –
Sospirai.
– Ok – mormorai incerta e rassegnata, con un tono da cane bastonato.
Mi appoggiai alla parete, lasciandomi cadere, per poi sedermi rintanadomi in un angolo del duro pavimento, scrutata da tre sguardi indagatori, col recondito desiderio di poter sparire.
Non sapevo cosa dire, né avevo in mente cosa fosse meglio che dicessi, così pensai di rischiare e mettermi in gioco. E poi, anche volendo, non sarei riuscita a raccontar loro delle fottute menzogne.
– Ecco… Ehm… – iniziai, accartocciandomi le mani per il nervosismo e la tensione – La tentazione di raccontarvi solo una fottutissima menzogna ha bussato all’anticamera del mio cervello, ma l’ho scacciata, in quanto alla fine non risolverebbe davvero nulla, e non sarei nemmeno in grado di raccontarvela. È strano, lo so, ma è così. Non so se dirvi tutta la verità sia la scelta migliore, ma mi sembra perlomeno la più onesta. So, here I am. Anche perché non ce la faccio veramente più ad andare avanti in questa situazione, con questo stramaledetto conflitto interiore che mi consuma. Voglio chiarire con voi. E poi sarà quel che sarà, ma almeno avrò la coscienza a posto sapendo di aver cercato di spiegarvi tutto e non aver detto balle. – mi fermai un attimo, alzando lo sguardo e fissandoli qualche secondo – Lo so, è meglio che tagli e inizi a spiegarvi tutto. Però prima voglio dire che mi dispiace. Mi dispiace di avervi rovinato la serata, davvero. I’m so sorry I’m a natural disaster. Forgive me, please… –
Ma che diavolo mi era preso? Da dove era uscito quella sottospecie di discorso iniziale? E da dove avevo preso il coraggio di parlar loro così?
– Ema… – disse piano Mike, fissando il suo sguardo nel mio.
Ora i suoi occhi mi apparivano meno gelidi di prima.
Sostenni quello sguardo per qualche attimo, avvertendo un brivido lungo la spina dorsale, sentendomi completamente scoperta e indifesa.
– Che diavolo t’è successo? – mi chiese di nuovo, ora però con un tono mitigato.
Annuii silenziosamente, cercando le parole per iniziare e per continuare. Ma non riuscii a trovarle.
Al diavolo, pensai, iniziando a balbettare qualche parola sconnessa.
Cercai un aspetto positivo a cui appigliarmi per continuare, anche minimo che fosse…
Beh, per lo meno l’ostacolo del blocco delle corde vocali era superato. E poi Mike sembrava meno teso e meno incazzato di prima. Forse anche Tré avrebbe seguito il suo esempio, e forse anche Billie.
Sì, in fondo potevo farcela.
O per lo meno, potevo almeno provarci. In fondo, cos’avevo da perdere?
Feci un lungo respiro, cercando di riprendere quel coraggio che poco prima mi aveva permesso di enunciare quella sottospecie di discorso, e poi iniziai mettere assieme una frase. La prima frase di una lunga spiegazione di ciò che mi era successo, di ciò che mi era passato per la testa, di tutti quei mille conflitti interiori, della telefonata e del conflitto con Beatrice, di “come avevo fatto a conciarmi così”…
Cercai un plausibile perché ai miei comportamenti, al perché mi fossi chiusa in me stessa a meditare sui miei, sui loro e sulla situazione quasi inverosimile che mi circondava, invece che festeggiare con loro, al perché fossi scesa in giardino logorata dalla battaglia che aveva luogo nella mia mente, al perché avessi risposto al telefono e avessi accolto le provocazioni di Beatrice, al perché me ne fossi andata senza dir niente, al perché avessi accettato il suo duello, al perché alla fine l’avessi risparmiata, al perché prima avessi paura di vederli e di dover spiegar loro tutto, al perché ora invece iniziavo a sentirmi più leggera, al perché ora stessi analizzando tutto questo proprio con loro

– Vuoi qualcosa per medicarti? –
– Grazie Mike, ma… non fa poi così male, non c’è bisogno… Grazie comunque… – mentii, senza saperne esattamente il motivo.
Mi sforzai di sorridere.
– Fa’ come vuoi… – commentò il bassista.
Si vedeva lontano un miglio che aveva capito che non era vero, ma non ribatté.
Mi sorrise a sua volta, semplicemente, insieme a Tré, dandomi la sensazione di sentirmi già meglio.
– Beh, noi andiamo… – disse poi il batterista – Credo sia meglio lasciarvi soli, – lanciò un’occhiata a Billie, seduto in un angolo, con l’aria pensierosa – mi pare che voi due abbiate qualcosa da chiarire, da soli… –
– Ma… – provai ad obiettare, in parte terrorizzata dall’idea di dover restare sola con lui.
Tuttavia non riuscii a continuare: Tré aveva ragione, lo sapevo benissimo.
Dovevo affrontare da sola quella situazione. Non potevo tirarmi indietro, me l’ero ripromessa, e l’avevo promesso anche a Saul.
Mike e Tré salutarono con un cenno, dirigendosi verso la porta.
– Don’t worry… – mi bisbigliò il bassista passandomi accanto – Ah, quasi dimenticavo: you are forgiven.
Tutto quello che riuscii a fare fu di mormorare un “thanks” commosso.
Poi, i due uscirono e la porta si richiuse dietro di loro.
Ero rimasta sola con Billie Joe.

Lui era ancora seduto all’angolo opposto della camera, con ancora quella maledetta aria pensierosa; a cosa stesse pensando, poi, era un mistero. Quello che potevo sapere era che lui stava ancora là, in silenzio, e mi fissava di sottecchi.
Ora che ci pensavo, non mi aveva ancora rivolto la parola.
Rimasi immobile anch’io per un lasso di tempo indefinibile: probabilmente si trattò solo di un paio di minuti, ma non avrei potuto affermarlo con certezza, dato che in quel momento, in quella situazione, e in quello stato emotivo, parvero interminabili.
Ero ancora accucciata nel mio angolino sul freddo e duro pavimento, che paragonato però allo sguardo indagatore di Billie Joe pareva assolutamente caldo e confortevole.
Continuammo a fissarci di sottecchi, squadrandoci, osservandoci come un cane e un gatto che valutano il momento più propizio per attaccare.
Nessuno dei due osava alzarsi per raggiungere l’altro lato della stanza; né nessuno dei due s’azzardava a proferire parola alcuna e rompere la profonda e gelida coltre di mesto e angoscioso silenzio che aleggiava tra noi.
La situazione si stava facendo davvero opprimente.
Ancora una volta, per un’inconscia associazione mentale, nella mia mente passarono i versi di una canzone dei Green Day, una Loro canzone, in questo caso “Give Me Novacaine”.
Take away the sensation inside…
Bittersweet migraine in my head…
It's like a throbbing toothache of the mind…
I can't take this feeling anymore…
Drain the pressure from the swelling…
This sensation’s overwhelming…

In un certo senso, quell’associazione mentale automatica non era neanche sbagliata. Quella situazione mi stava logorando, avrei dato qualsiasi cosa per potervi porre fine, così come le emozioni e le sensazioni che provavo dentro di me. In un certo senso potevano essere paragonate anche loro a un’emicrania amara ma forse anche un po’ masochisticamente dolce, a un dolore lancinante, come una specie di terribile mal di denti, ma non ai denti, bensì alla mente, alla psiche, al cuore, all’anima… E, no, quella situazione, quella sensazione, stava diventando davvero oltremodo opprimente, troppo pesante per essere sopportata ancora; avrei voluto davvero poter far defluire via tutta quella pressione, poter porre la parola “fine” a quella logorante e soffocante situazione, a quei sentimenti così controversi, a quel tacito contrasto…
Mentre pensavo a ciò, mi sovvennero anche i versi di un altro Loro brano, che si aggiunsero ai precedenti.
Silence is the enemy
Against your urgency…
So rally up the demons of your soul!

Gridò una voce nella mia mente, sulle note di “Know Your Enemy”, e anche questa aveva assolutamente ragione. Il silenzio, quel silenzio, mi era nemico, non faceva altro che aiutare la situazione a logorarmi, mentre la mia urgenza era quella di cercar di porvi fine. No, non potevo rimanere lì ancora a lungo, completamente passiva ad essa; dovevo radunare i demoni della mia anima e affrontarla.

Ad un tratto, li radunai, mi feci forza e mi alzai.
Non so se l’aver ricordato ed essermi rispecchiata in quei versi scritti proprio da lui mi avesse dato forza, o se me l’avesse data l’esito positivo avuto con Mike e Tré poco prima, o l’esasperazione a cui stavo giungendo, il non poterne più di quella situazione insopportabile creatasi tra noi, il non poter più sopportare il suo sguardo indagatore dall’altro lato della camera, o qualcos’altro… o tutto ciò assieme.
Fatto sta che riuscii a trovare il coraggio di alzarmi, rompendo quella routine fatta di tormentosi silenzi e di gelidi sguardi indagatori.
Lui seguì i miei movimenti con lo sguardo, mentre mi avvicinavo e mi sedevo a pochi passi da lui, senza però riuscire a guardarlo negli occhi.
Non si mosse, né proferì parola alcuna per quello che poteva essere un minuto d’orologio, ma che mi parve, ancora una volta, un tempo infinito e assai difficile, dal punto di vista psicologico.
– Quindi è così… – proruppe ad un tratto, rompendo finalmente il doloroso e imbarazzante silenzio.
– Cosa è così? – chiesi, trasalendo, e cercando invano di dare un tono quasi normale alla mia voce.
– Quello che hai detto prima. Quindi è così che è andata… –
– Sì –
Seguirono altri interminabili secondi di silenzio.
– Mi devi ancora delle spiegazioni, però – riprese poi.
– Lo so… – risposi a mezza voce, cercando di controllarne il tremito.
Deglutii, ricominciando ad accartocciarmi le mani, non riuscendo a dire altro.
La stanza piombò di nuovo nel silenzio.
Scacciai l’impulso di alzarmi e andarmene: non dovevo e non potevo assolutamente.
Allontanai anche quello di piangere, che ritenevo fosse proprio l’ultima cosa da fare in un momento del genere: avrebbe potuto irritarlo ulteriormente, oppure avrebbe potuto suscitargli sentimenti di commiserazione verso di me, e non volevo che accadesse nessuna delle due ipotesi.
Non volevo la sua compassione, cercavo la sua comprensione.

– Stand up – mi ordinò ad un tratto, con una voce pressoché atona che cercava di mascherare qualsivoglia emozione.
Si alzò a sua volta, mettendomisi di fronte; non potei fare altro che imitarlo.
Quindi mi prese per una mano e mi condusse in bagno, mentre io lo seguivo senza opporre la benché minima resistenza.
Improvvisamente, a metà della stanza da bagno, si fermò, senza dire nulla.
Mi arrestai a pochi passi da lui.
Nessuno dei due pronunciò parola.
Mi osservò per un lasso di tempo indefinibile, scrutandomi con quei suoi due smeraldi ancora rabbuiati.
E ancora una volta mi sentii impotente, indifesa e totalmente scoperta davanti a lui, davanti a quelle profonde iridi indagatrici, che continuavano a darmi l’impressione di poter leggermi dentro, i pensieri, le emozioni, le sensazioni, quella che molti chiamano anima, tutto…
Cercai comunque di sostenere quello sguardo il più a lungo possibile.
– Anyway, non doveva permettersi di conciarti così. – proferì ad un tratto, tradendo una nota di rabbia nella voce.
Gli sorrisi debolmente.
Passò due dita sulla mia guancia sfregiata, portando via un po’ di terra mista a sangue, mentre sul mio volto si disegnò una smorfia di dolore.
Soffocai un urlo.
– Scusa… – mormorò – Ma ti brucia ancora tanto? –
– Mah, secondo te? – replicai, con un sarcasmo che non sapevo dove avessi trovato.
Non rispose.
– Va’ a farti una doccia – disse poi.
Annuii e feci per andarmene, ma mi bloccò trattenendomi saldamente per il braccio destro. Ringraziai che non fosse l’avambraccio, altrimenti sarei saltata dal dolore, ma probabilmente aveva notato il lungo taglio che lo attraversava e aveva pensato bene di lasciarlo stare.
– Dove staresti andando? – mi chiese quindi.
– In…I-In camera… a…a farmi una doccia… – balbettai.
– C’è una doccia anche qui, no? Puoi benissimo fartela qui. E poi dopo ci sono un po’ di cose che devi spiegarmi… –
– Ma non scappo mica! –
– Bah, fa’ quel diavolo che vuoi, tanto fai sempre quel diavolo che vuoi… Solo non capisco perché diamine non vuoi farla qui ‘sta benedetta doccia. Non ti faccio niente… –
Sospirai, sbuffando.
– Ok, la faccio qui… – mi arresi, non volendo irritarlo ancora per quella che in realtà era soltanto una sciocchezza, non comprendendo però il suo impuntarsi – Però almeno fammi andare a prendere qualcosa per cambiarmi… –
Acconsentì, e mi seguì in corridoio.
– Hey, te l’ho già detto, non scappo mica! – ripetei.
– E la prova l’avresti data stanotte sparendo nel nulla e tornando così conciata? – ribatté, con amarezza, fulminandomi con lo sguardo.
Capii che era meglio non andare avanti in quel discorso.
Sospirai, ancora una volta.
Raggiunsi la mia camera, aprii la porta e agguantai la prima biancheria e i primi vestiti puliti che trovai, mentre Billie mi aspettava all’uscio, come per controllare che non mi chiudessi dentro o non mi buttassi giù dalla finestra o che so io.
Quindi, richiusi la porta alle mie spalle e lo seguii nuovamente in camera sua.
– Vado a cercare qualcosa per sistemarti. Di’ quel che vuoi, ma devi medicarti, I don’t care if you don’t mind. Quel taglio, ad esempio, non mi piace per niente. E se si infettasse, poi, ci toccherebbe pure portarti all’ospedale. – mi disse prima che entrassi in bagno, accennando al mio avambraccio destro.
In fondo, dietro quei toni che volevano sembrare bruschi, nascondeva ancora dolcezza. In fondo non doveva più essere così tanto arrabbiato con me. In fondo si preoccupava per me…
– Billie… Grazie… – gli sorrisi.
Una vocina mi disse che potevo farcela, che non era poi così dura come avevo immaginato, che potevo sperare che la tensione tra noi si allentasse, che potessimo chiarirci, che il nostro rapporto potesse tornare come prima, che l’incubo finisse e potessi tornare a vivere in un sogno.
Entrai in bagno e richiusi la porta.
Sì, potevo sperare.

Quando uscii mi sentivo meglio.
Il getto rassicurante e purificatore dell’acqua aveva lavato via la terra, il sangue, il sudore e le lacrime che mi ricoprivano, così come la rabbia e l’odio, come parte dell’ansia e dell’inquietudine che mi affliggevano, portandole con sé lungo il suo corso verso lo scarico, distendendo i miei nervi e lasciandomi un piacevole senso di serenità.
Mi rivestii e richiusi cautamente la porta del bagno alle mie spalle, guardandomi intorno circospetta, senza vedere nessuno.
Mi sedetti in un angolo e aspettai.
La mia attesa finì poco dopo, quando si aprì la porta ed entrò Billie, con in mano una garza e un flacone che sembrava appartenere ad un disinfettante.
– Come va? – chiese vedendomi.
Notai sollevata che il suo tono era meno brusco di prima.
– Meglio, grazie… –
– Questo è quello che ho trovato. – disse poi, accennando a quello che aveva in mano – Dovrebbe bastare, ma se poi ti fa ancora male domani ti portiamo in ambulatorio, se vuoi. –
– Non… Non c’è bisogno… Grazie… –
Fece spallucce, poi mi fece alzare dal pavimento e mi fece sedere accanto a lui sul letto, alla sua sinistra.
– Dammi il braccio – disse quindi, con un’inflessione che non ammetteva repliche.
Gli porsi il mio braccio destro.
Mi accorsi che stavo tremando.
Lui versò una goccia di disinfettante sul taglio, che bruciò indescrivibilmente.
Con un urlo soffocato, per un riflesso condizionato, feci il gesto di sottrarre il braccio.
– Stai ferma – mi ordinò in un sussurro, bloccandomi.
Cercai di obbedire, rimanendo pressoché immobile mentre versava l’antisettico su tutta la lunghezza del taglio, mordendomi il labbro che riprese per l’ennesima volta a sanguinare, strozzando le imprecazioni e le grida di dolore, ansimando per lo spasimo che mi provocava toccando quella maledetta ferita per disinfettarla.
Poi riservò un trattamento analogo, ma con gesti più delicati, alla mia guancia destra, anch’essa ferita dalla lama malefica di Beatrice.
Dopo, finito con quest’ultima (che bruciava ancora all’inverosimile), sempre con delicatezza, riprese il mio braccio destro e iniziò a fasciarlo con la garza.
– Quando smette di sanguinare puoi toglierla – mi disse, mentre mi bendava l’avambraccio.
Annuii, ringraziandolo.
– Ma l’hai fatto sanguinare ancora, pinhead? – domandò notando il mio labbro.
– A quanto pare… – risposi, stringendomi nelle spalle.
– Devo disinfettarti anche quello già che ci sono? –
– Ehm… No, grazie, non c’è bisogno… – replicai, immaginando già il bruciore infernale che mi avrebbe causato – Poi rimarginerà da solo ancora una volta, tanto il sangue non è contaminato… –
– Ok, come vuoi… – fece una pausa – Pensandoci, ci sarebbe anche un altro modo per disinfettarlo… Ma a quanto pare a te non è gradito. – terminò poi, con leggera e ironica malizia.
– C-Cioè? W-What do you mean? – tartagliai con tono interrogativo, non credendo di aver afferrato appieno.
Non volevo certo fare la gatta morta, era che davvero, nelle confusionarie condizioni mentali in cui mi trovavo, non ero riuscita ad afferrare pienamente ciò che aveva detto.
Billie mi guardò, alzò gli occhi al cielo, e tornò a fissarmi con il suo sguardo magnetico.
Sospirò.
Una manciata di secondi dopo, quasi prima che riuscissi a rendermene conto, sentii quelle sue labbra dolci e dannate imprimersi sulle mie, mentre il mio corpo veniva pervaso da un tremito gelido seguito da un’ondata di calore avvampante, il mio stomaco si attorcigliava, il mio cuore mancava un battito, e la mia mente tornava inconsciamente al limbo dove si era persa qualche ora prima, quando la scena si era ripetuta dopo il concerto.
Bite my lip and close my eyes
Take me away to Paradise…

Mi morse delicatamente il labbro ferito, bagnandolo e portando via, al distacco, le gocce di sangue amarantino che lo ricoprivano, lasciandone in cambio, anche questa volta, qualcuna del suo sapore, quel sapore acre e dolce ormai inconfondibile.
Ancora una volta mi lasciò stordita. Stordita e tremante.
– I mean this, to begin… – sussurrò quindi, rispondendo alla mia precedente domanda.
Lo guardai come se stessi cercando di scrutarlo ai raggi laser e allo stesso tempo come se davanti a me non avessi altro che il vuoto e la parete dietro di lui.
Non sapevo se amarlo od odiarlo. Ed era buffo, perché ad un tratto mi sembrò che due sentimenti così contrastanti potessero addirittura convivere.
Lui rimase a fissare il mio sguardo inebetito, scuotendo debolmente la testa, per poi scoppiare in una risata, ma in una risata genuina.
– Ora però non fare come l’altra volta… – mi soffiò all’orecchio con un bisbiglio ammonitore.
Abbassai lo sguardo.
– I’ll try… But… – mi parve di aver biascicato a mezza voce, lasciando la frase in sospeso.
Rimanemmo in silenzio per un lasso di tempo indefinibile.
– E ora devi spiegarmi un po’ di cose – proruppe ad un tratto Billie, rompendo il silenzio e decretando l’arrivo ufficiale di quel momento che tanto avevo temuto.
Alzai gli occhi al cielo, o meglio, al soffitto, chiamando ancora a raccolta i demoni della mia anima, dal primo all’ultimo, nessuno escluso.
Però, pensandoci bene, ora che la tensione tra noi si stava allentando sempre più, quel dannato momento mi intimoriva molto meno di prima. Ce la potevo benissimo fare, dovevo solo crederci. Sospirai, accondiscendente.
– Ok… So… First of all, devi spiegarmi come mai non riesco a rimanere incazzato con te –
Sorrisi, sollevata.
– Beh… Onestamente non saprei che dirti, di solito è più facile che la gente trovi motivi per incazzarsi con me anche quando non ce ne sono… Per lo meno la fottuta maggioranza della gente. E… – avrei voluto aggiungere altro, ma le parole mi si bloccarono in gola, finendo una sull’altra in un groviglio indistinto.
– Comunque, insomma… Grazie, per non essere più incazzato con me. – fu l’unica cosa che riuscii a dire – I don’t know just if I deserve it… But, anyway, thank you – conclusi, abbassando leggermente lo sguardo e la voce.
– I’m not sure exactly you deserve it, but I think so – rispose.
Sorrisi, ricacciando indietro una lacrima che bussava prepotente alle mie palpebre, forse un segno dello sciogliersi graduale della tensione precedente e del formarsi di una nuova, simile e diversa allo stesso tempo, forse un segno dell’emozione, forse un segno di chissà cos’altro…
– Anyway… You should explain to me your behavior, now… – mi ricordò.
Annuii.
Inspirai a lungo, cercando di fissare il suo sguardo per una manciata di secondi. In fondo, non era poi così difficile. Dovevo solo ripetere ciò che avevo detto prima, con Mike e Tré, al massimo avrei dovuto aggiungere qualche particolare, qualche dettaglio che riguardava particolarmente la situazione creatasi tra me e lui… Anche se un confronto diretto, a tu per tu con lui, era diverso, e complicava alquanto le cose. Ok, non era più incazzato con me come prima, e ciò era un notevole peso in meno, però si trattava sempre di svelare mille pensieri e mille dubbi a lui che ne era, in un certo senso, la causa. Non sapevo quanto sarei riuscita a parlare, quanto il mio cuore avrebbe retto. E avevo paura di commettere altri errori, di rovinare ancora tutto, di farlo incazzare di nuovo. Però, se non avessi detto niente, avrei peggiorato ugualmente le cose, si sarebbe arrabbiato lo stesso… Massì, dovevo provarci. Dovevo rischiare anche quella volta. In fondo, mi ripetei per l’ennesima volta, non era poi così difficile; potevo farcela benissimo, dovevo solo crederci.
Espirai, cercando di mantenere il mio respiro regolare e meno concitato.
– Te l’ho detto anche prima, quando c’erano pure Mike e Tré, ero completamente confusa… You know, non sapevo cosa fare, cosa dire, cosa pensare… – iniziai – Quasi non riuscivo neanche a capire se stavo vivendo un sogno o la realtà! Stavo raggiungendo il punto del delirio, credo. Nella mia mente si combatteva un feroce conflitto interiore, non immagini quanto sia stato duro. Se voi non capivate niente di quello che mi stava succedendo, il peggio era che non ci stavo capendo un cazzo nemmeno io… – sospirai – E poi vedervi lì, a interessarvi a me, a cercare di capire come stavo e cosa diavolo mi stesse accadendo, a chinarvi accanto a me e a farmi domande a cui non riuscivo a rispondere; e non riuscire quasi a parlare, ancora assordata da quelle fottute voci che dibattevano imperterrite nella mia mente, e non sapere cosa cazzo dovessi fare… era, come dire… era qualcosa di terribile, you know… E poi tu, tu che eri una delle cause principali del mio conflitto interiore… Voglio dire, quando ti ho rifuggito due volte, scostandomi da te per una specie di riflesso condizionato, non credere che per me sia stato facile… Vedere quei tuoi occhi rabbuiarsi e poi dipingersi di rabbia era straziante, davvero. La parte di me che sosteneva che, nonostante non fosse ciò che avrei desiderato, e nonostante tutto, fosse meglio così, vacillava… E ogni pugno che hai scagliato a quel fottuto muro era come una pugnalata per me, you know… E anche le espressioni di Mike e Tré… Ad un tratto ho sentito di non riuscire a rimanere lì ancora. Sentivo di aver rovinato la serata, anzi, di aver rovinato tutto. Mi sentivo ancora una volta un totale disastro. E, oltre a ciò, il conflitto continuava senza darmi tregua. Stavo male, Billie, stavo davvero male. Sono scesa in giardino, sperando che almeno l’aria fresca avrebbe potuto darmi un po’ di refrigerio, ma niente. Sono rimasta lì, sul prato, a consumarmi in quella dannata lotta che imperversava nella mia mente, cercando invano di capire qualcosa. Ma trovavo sempre e solo nuovi dubbi, nuove preoccupazioni, nuova confusione, nuovi ripensamenti, nuovo dolore… Stavo per scoppiare. E poi… E poi è arrivata la telefonata di Beatrice, ad aggiungersi a tutto ‘sto casino, e ancora una volta l’ira ha avuto la meglio. Quando quella lurida bastarda ha minacciato anche voi, e te in particolare, non ho potuto più tirarmi indietro. Ero nella merda fino al collo, era così alta che ormai era troppo tardi per poterne uscire… E non avrei mai permesso che potesse capitarvi qualcosa per colpa mia. Ma sapevo che se ve l’avessi detto non mi avreste certo lasciato andare, e non ero neppure nella condizione di essere in grado di parlarvi, you know… E quindi sono andata nella lurida tana del nemico… E beh, poi il resto non mi va di raccontarlo ancora da capo, mi sembra di averlo raccontato già meticolosamente prima… Se hai qualche domanda in proposito, però, chiedi pure, risponderò, o almeno tenterò di rispondere come meglio riesco. –
Billie era rimasto in silenzio per tutto il tempo, scrutandomi come per trovare nei miei occhi la conferma a tutto ciò che dicevo.
Avevo già raccontato tutto nei dettagli precedentemente, con anche Mike e Tré presenti, e ora avevo cercato di riassumere i concetti principali e spiegargli meglio i punti che più lo riguardavano.
Quando terminai di parlare, lui rimase a fissarmi ancora per qualche istante, forse pensieroso. Poi iniziò a chiedermi ulteriori spiegazioni, ulteriori dettagli riguardo ad alcuni punti, eccetera.
Cercai di rispondergli come meglio potevo, talvolta non senza sforzo e scavando nei meandri della mia mente per cercare una risposta, analizzando ancora una volta, non senza fatica, le mie azioni, i miei sentimenti, i miei pensieri, le mie emozioni, i possibili “perché” che mi avevano spinto a fare ciò che avevo fatto… Mentre, nel frattempo, la tensione tra noi si scioglieva pian piano.

– Ora vorrei chiederti di spiegarmi qualcosa anche tu… – gli dissi, un lungo tempo imprecisato dopo.
– Ok –
– Beh… Andando con ordine… Vorrei chiederti ciò che mi ha attraversato la mente più e più volte durante quel dannato e logorante conflitto interiore… –
Fece un cenno di assenso con la testa.
– Ecco… – iniziai, cercando di balbettare il meno possibile – You know… Voglio dire… Insomma, perché non sei rimasto su quel dannato palco? Tanto in poco tempo un bodyguard della Security ci avrebbe diviso lo stesso, portando quella stronza di Beatrice fuori. Con questo non voglio dire che mi abbia dato fastidio o non mi sia piaciuto, anzi l’intesa che si era creata tra noi era… You know… I mean, mi era sembrato tutto così, come dire, straordinariamente… indescrivibile, non so come spiegarlo… E poi mi aveva dato una forza impressionante, davvero… Ma forse sarebbe stato meglio se, invece di fare quella che probabilmente può essere chiamata pazzia, fossi rimasto comodamente sul palco, magari chiamando un bodyguard perché intervenisse, che ne so… No, invece sei saltato giù, ti sei buttato nella ressa, come un folle, per darmi una mano in prima persona. Perché?
Billie sembrò rifletterci per qualche istante.
– Vedi, questa domanda potrebbe ricevere due risposte, you know… – rispose quindi, guardandomi negli occhi, con quelle iridi di un verde ora estremamente profondo e dall’aria seria – La prima potrebbe essere più gradita della seconda, ma è senza dubbio illusoria. Non voglio illuderti, a meno che tu non me lo chieda espressamente, ma forse anche in quel caso mi rifiuterei. You know, è il tipo di risposta che starebbe a pennello in una fiaba, ma questa non è una fottuta fiaba, è la fottuta realtà, e il mondo è ben diverso da come vorrebbero venderlo nelle fiabe. Qui, nel mondo reale, non ci sono principesse che puntualmente trovano il proprio principe, qui il bene non trionfa sempre sul male, qui non è scontato il lieto fine… Ma credo che tutte queste cose tu le sappia già – fece una pausa, scrutandomi i pensieri e l’anima.
Annuii, facendogli cenno di continuare.
– La seconda invece non è proprio una risposta, ma per lo meno è reale, o almeno sufficientemente reale da essere considerata tale… –
– E sarebbe? – chiesi titubante.
– Sarebbe che, in parole povere, non lo so bene neppure io. You know… Ora che mi ci fai pensare, me lo chiedo ancora anch’io il perché l’abbia fatto –
Lo fissai piuttosto sbalordita, ma neanche troppo.
Non mi aspettavo una risposta del genere, ma, riflettendoci, avrei certamente potuto aspettarmela.
Non dissi nulla, aspettando che continuasse a parlare.
You know… – riprese – È come se, in quel momento, una vocina nel mio cervello avesse soppiantato la ragione e mi avesse guidato a compiere quell’azione, ma non saprei spiegarne il perché. Sarebbe certamente stato più sensato, come hai detto tu, che me ne fossi restato sul palco e avessi chiamato un bodyguard per farvi dividere e far portare via l’idiot bitch, invece ho fatto… come hai detto? Ehm… il folle, saltando giù nella ressa per venirti a dare una mano in prima persona. Già. E tu ora mi chiedi il perché di tutto ciò, come me lo chiede anche la parte razionale del mio fottuto cervello. Beh, davvero, non saprei cosa rispondere. You know… Ehm… I mean, you know… It’s something like… You know… – si impappinò per qualche secondo, poi fece una pausa della durata di un respiro, e riprese – Qualcosa mi ha spinto a fare così, ma non saprei bene dire cosa… I don’t know if you understood anything, but it’s hard to explain, ‘cause it’s not easy to understand, neither for me… –
Abbozzai un sorriso.
– Quindi immagino che non avrai una risposta, cioè, che avrai una “non-risposta” di questo genere anche per un altro quesito che mi tormentava… – dissi dopo un po’.
– Ovvero? –
– Beh, insomma… – farfugliai imbarazzata – Perché hai fatto ciò che hai fatto dopo il concerto. Intendo il bacio eccetera… –
Annuì.
– Già, stessa cosa di prima – fece una pausa, in cui rimanemmo entrambi a guardarci in silenzio.
– C’è qualcosa in te… – azzardò poi – You know… I think there’s something special in you… But I can’t explain it. È qualcosa di… di indescrivibile, qualcosa di strano, di diverso… E anche quello che provo per te è qualcosa di diverso; diverso dal sentimento che provo, ad esempio, per Mike, o per Tré, o per gli amici, o per i miei figli, o per mia moglie, o per i miei fratelli o sorelle, o per i miei parenti, o per tutte le fottute persone che conosco e a cui posso dire di voler bene in un qualche modo… Ma che in un certo senso è anche simile, non so bene neanch’io come dirlo… È qualcosa che mi attrae e che mi fa pisciare sotto allo stesso tempo. Qualcosa a cui per ora non sono in grado di attribuire un dannato nome… –
Mi guardava negli occhi, mentre diceva ciò.
E io non riuscii a far altro che fissarlo, ricambiando lo sguardo col fiato sospeso, trattenendo il respiro senza rendermene conto, e perdendomi tra le sue parole e le sue profonde iridi.
Quando terminò di parlare, rimasi così ancora per un po’, finché cominciai a sentire mancanza d’aria nei polmoni e feci un lungo respiro.
Abbassai lo sguardo, poi lo rialzai e lo fissai nuovamente.
Non sapevo cosa dire.
Ancora una volta mi aveva lasciato completamente spiazzata.
E ancora una volta mi fissava con una nota divertita negli occhi, e nelle labbra incurvate al sorriso.
Forse, in un certo senso, ci stava prendendo gusto a vedermi disorientata da ciò che faceva o diceva.
Nel frattempo, nella mia mente si affollavano mille pensieri, mille cose che avrei voluto dirgli, ma nessuna riusciva a raggiungere le corde vocali.
Billie mi mise un braccio attorno alle spalle, tirandomi leggermente a sé, con estrema dolcezza e un ché di fraternità.
Una lacrima sfuggì al mio controllo.
Non volevo ammetterlo, ma le sue parole mi avevano commosso. Non sapevo bene dire cosa mi avesse commosso, ma stava di fatto che fui costretta ad ammettere che mi aveva indubbiamente emozionato.
Mi sorrise, asciugandomi quella lacrima col dorso della mano, provocandomi una leggera fitta di dolore al contatto con lo sfregio che avevo sulla guancia, alla quale non prestai però particolare attenzione.
– Hey, ti andrebbe di fare qualcosa di diverso dal solito, di fare qualche cazzata, così, per passare il resto della nottata? –

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Capitolo 18
*** A spark in the night ***


Saaaaaaaalve!
Cooooome vaaaaa?
*Cerca di distogliere l’attenzione del fatto che ormai è perennemente in ritardo nell’aggiornare* xD.
Sì, lo so, sono in ritardo anche ‘sta benedetta volta…
E avevo promesso di aggiornare presto anche perché avevo il capitolo già a buon punto avendolo separato dal precedente perché altrimenti diventava davvero troooooppo lungo.
Giustificazioni? Beh, allora, iniziamo a dire che:
1. A inizio Ottobre, per l’esattezza proprio venerdì 1, a scuola nell’ora di Educazione Fisica (la prima, oltre tutto), durante una strana corsa laterale, mi è ceduto improvvisamente il ginocchio sinistro e, come risultato, ho avuto una lussazione della rotula. Non vi dico che male. Lì per terra ad aspettare l’ambulanza; con la rotula e la tibia fuori posto per una quarantina buona di minuti, finché in ospedale mi hanno rimesso a posto la gamba con un dolorosissimo ma veloce movimento. Beh, fortunatamente non c’erano fratture, quindi ho evitato il gesso; in compenso devo tenere un tutore blocca-gamba per 20 giorni. Al momento, la gamba fa ancora un po’ male, soprattutto se sotto sforzo come per esempio a camminare, cosa che tra l’altro devo fare con le stampelle… “Do you think what you need is a crutch?”. Sarà come dice la mia “mate”, cerere, avrò una citazione e una canzone per tutto… Qualche giorno fa, canticchiando Homecoming con le cuffie del mio inseparabile iPod nelle orecchie, mi è venuto da ridere a sentire quella frase… E m’è rimasta in mente, salda. *.*
2. Secondo motivo: non volevo aggiornare senza la recensione della sopracitata cerere, che tra un impegno, una mancanza di connessione, etc, era rimasta a metà del capitolo. E, beh, finché lei non avesse terminato e recensito, il mio cervellino bacato&pazzoide si rifiutava di finire di scrivere il capitolo xD (che però perdono, essendo la mia “mate”, e dato che in questo capitolo ho ripescato un suo vecchio consiglio datomi, su una certa idea su un certo James…xD)…
3. Beh, la solita sQQQuola.
Anyway… L’ho notato quasi per caso… ma… è ormai un anno che ho iniziato a scrivere e postare questo “Sclero Mentale Formato Famiglia TM” (aka fanfic)!! xD .. Happy B-Day, my dear “sclero mentale”!! *-* lol
Well… Now it’s time for my little crazy…

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
Bene, come ogni volta, inizio col ringraziare very very much tutti voi che leggete questo mio “Sclero Mentale Formato Famiglia TM” comunemente indicato con l’appellativo di fanfic, e soprattutto a tutte voi che recensite… Perché mi si illuminano gli occhi a leggere le vostre recensioni, davvero! =)
So….. “Craziiii”!! lol
I love you all, darlings *-*!

m i n o r i t y: Hey, Darling! *w*
Che onoreH, ho avuto la precedenza sul caro lettoH e sul non così caro inizio di lunedì sQuoLLastico per essere la prima a recensire xD!
*improvvisa una “danza del pollo euforico” cercando di ricordare i passi che la cara Miriam le ha insegnato xDD*
Beh, e poi mi sento realizzata perché ho fatto la scoperta dell’acqua calda, come ti avevo già detto, capendo quale Miriam tu fossi *w* (ammetto che già avevo il “sospetto”, ma verificarlo.. beh.. fa sentire realizzati u.ù lol).
Well, first of all, come mi pare anche ovvio, son contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto… E, beh, l’elenco di aggettivi ed espressioni che hai usato per descrivere il capitolo, beh, ne colgono davvero l’essenza! ;)
“Ema si è confermata quale persona forte che abbiamo tutti supposto essere; è riuscita a guardare oltre l'orgoglio, oltre il dolore, oltre la confusione, e ad ammettere i propri sbagli. Ha ammesso, di fronte a Billie e di fronte a se stessa, di essere profondamente umana. Non è da tutti. .. E mi piace. (: “ --> Oh, thank you, da parte mia e della Ema della fic (lol). Well, I like it too. Perché, in fondo, tutti siamo umani. E tutti siamo soggetti a sbagliare, per quanto possa essere difficile ammetterlo. Non è facile superare l’orgoglio e la confusione ed ammetterlo, ed è per questo che stimo Ema (oddeo, ora stimo -oltre a invidiare un po’.. lol- un personaggio da me creato? o.O Una sottospecie di mio alter ego? o.O Ok, son messa male eh xD)…
Accolgo il tuo consiglio, muchas gracias ^^. In questo capitolo non lo userò, in quanto anche qui non ho inserito frasi in un inglese complesso (appunto per, come ti dissi, scrupoli per la comprensione… Magari più avanti lo farò, e metterò delle note a piè di pagina o something like that per la traduzione, per chi volesse ^^).
Per quanto riguarda gli “You know” di BJ… Ammetto, che, riguardando lo scorso capitolo, forse ho esagerato… Sarà che ero “traumatizzata” dall’aver appena visto 2 o 3 interviste video su YouTube in cui Billie Joe sparava una quantità imbarazzante di “Y’know” et similia ogni 2 secondi… ahahah.
Anyway, spero che anche questo capitolo ti sia gradito e non deluda troppo le tue aspettative :)
See ya soon, Darlin’ *-*

Green Star 90: Ftellùùùùùù!! *le corre incontro e l’abbraccia senza un apparent motive xD*
“Wow non mi ero accorta che il mio commento precedente fosse il numero 69. Sarà forse un segno del destino?” --> Uhm… Maybe… :shifty: xD. Passando a cose più “serie” (come no)…
“Green Day incazzatura moment” ahahah. Beh, sì, saranno anche nanetti (beh, sì, forse possiamo escludere Mike) ma (almeno in questa mia fic) fanno paura sì, con quelle occhiatacce…
“La parte in cui Billie ti dice di fare la doccia nella sua stanza mi è parsa un po'... Ambigua? Di certo non ho capito nemmeno io perchè abbia voluto la facessi proprio lì (Stella smettila con questi pensieri sconci!),” --> Quella parte l’ho messa lì apposta per te, y’know? Ahahah scherzo, mia caraH reginaH degli Shifty… xD
Cooomunque, ma l’ultima parte della tua recensione è per caso una velata istigazione a modificare il rating di questo mio sclero in rosso? :shifty: Just kidding (diciamo…) xD.
Beh, alla prossima, mia caraH! *-*

Crazy_Me: My dear! *-*
Beh, grazie mille ancora una volta dei tuoi complimenti & commenti da non proprio fan dei GD che comunque apprezza la caratterizzazione dei personaggi! ** xD. È un onore per me!
“Poi adoro quando metti tipo "I mean..." o "You know...", oppure quando inserisci proprio qualche frase in Inglese. Mi sembra proprio di vedermi davanti il vocalist che cerca di spiegare e s'ingarbuglia XD” --> Me too ;D. Poi, boh, sarà che ero ancora un po’ sotto shock dalla visione di un paio di interviste in cui BJ inseriva una quantità spropositata e quasi imbarazzante di “You know”, “I mean” e simili e quindi forse ho un po’ esagerato… Però io me l’immagino così ^^” E sono contenta che anche tu te lo sia visto così, che cerca di spiegare tra un ingarbugliamento e uno “Y’know” e l’altro… lol
Beh… See ya soon! *-*

ShopaHolic: Sweetheart (sì, ti ho copiato il soprannome xD)! *ç*
“Devo dire che è perfetto il modo in cui l'hai interrotto. Quell'ultima frase è davvero tanto equivoca! Ahahahah” --> Ahahaha (remember, shifty is a lifestyle! Ahahah x’D) Anyway, mi fa davvero piacere che tu abbia apprezzato come abbia tagliato il capitolo ;)
Beh, spero che anche se, almeno questa volta, non hai azzeccato cosa combineranno qui due, ciò che avevo scritto non ti deluderà! :)
Beh, grazie mille(e trentanove u.ù) ancora dei complimenti, davvero, girl! *-* E sono contenta che tu abbia apprezzato anche la riflessione sulla speranza (ci sarà un riferimento a quella riflessione anche in questo capitolo)!
A presto, darling! *-*

K_BillieJoe: Heyla! *-*
Beh, mi fa piacere che anche lo scorso capitolo ti sia piaciuto, cara =)
Eggggià, capitolo pieno di spiegazioni… e anche questo lo sarà…
”e finalmente si è lasciata baciare quella buzzurra xDD” --> ahahahahahah xD
Beh, alla prossima! See ya! *-*

cerere: maaaaaaaaaaaaate!! *ç*
Eccoti, finalmente!!
Anyway, non è che se esordisci con mille complimenti mi fai dimenticare il fatto che tu sia in un “osceno ritardo”, come hai detto tu, che mi ha anche fatto ritardare di terminare il capitolo. v.v
Naaah, just kidding, you’re forgiven, my dear *-* xD (basta che ciò non diventi un abitudine però, eh… ._.)
In questo capitolo vedrai sfruttato il tuo consiglioH datomi nelle vacanze pasquali tramite SMS, quando ti chiedevo idee su James e il suo odio verso la protagonista, etc etc… Ahahaha già, non l’ho dimenticato e l’ho usato qui, dimmi che te ne pare ^^”
Anywaaaaaay…
Ahahah mi fa piacere che il capitolo ti sia piaciuto “un fracco” ahahah (oddeo mi fai morire quando usi termini Toa-iani… lol) =D
Eh già, l’hai detta giusta, il ritmo della narrazione ha subito un brusco cambiamento, da veloce e “cinematografico” stile thriller, lo scorso (e pure questo) è una “comoda poltrona” dove riprendere fiato… lol. Beh, sappi che la sottoscritta si diverte ad alternare ritmi lenti e veloci nella narrazione *-*… E, beh, mi fa piacere che, da quanto ho capito, piacciano anche a te, perché questo non è/sarà certo l’unico xD
“ma ema è una fessacchiotta. è vero, le botte in testa stordiscono però se fosse capitata a me una cosa del genere avrei.... beh, lasciamo stare. v.v” --> “fessacchiotta”?!? Ahahahah mi fai morire maaate! xD. Anyway, Ema ci tiene a farti sapere che dopo tutto quel conflitto emotivo che non s’è ancora del tutto chetato, e, oltre a ciò, le batoste prese nello scontro contro Beatrice, aveva tutto il diritto ad essere così frastornata da capire poco e nulla e non afferrare tutti i sensi reconditi che le frasi nascondevano eccetera… u.ù An, e aggiunge anche che, se fosse stata in condizioni “normali” (per quanto possano essere “normali” le condizioni in cui può trovarsi, dato il fatto che già essere lì, con Loro, è tutt’altro che “normale” xD) sarebbe certo stata molto più “sveglia” e, beh, diciamo che non avrebbe reagito proprio così ma… vabbè, lascio immaginare a te ahaha xD
“in questo capitolo Billie sembra più umano (e quindi meno nano) che mai.” --> *muore* - *resuscita* - Oddeo ahahahahahahaha.. è stupenda questa!!! X’D. Anyway, lieta che sia riuscita a farti quest’impressione ^^
“posso quasi immedesimarmi nella forma di attrazione che prova per ema, che non deve per forza essere necessariamente vista come adulterio nei confronti di Adie. sembra davvero fiquo!” --> Oh, yeah, girl!! ..You know?! (xD) Hai centrato il punto, caraH *-*! ;D
E, per concludere:
“cissibecca al prossimo capitolo, e non mi accontenterò di una misera partita a carte per giustificare il finale "suspancioso" (ma esiste 'sta parola?) che hai buttato li in fondo, sappilo. v.v” --> Ma looooool. E se fosse proprio una partita di carte? Muahahah. Chi ti dice che su MSN ti abbia detto una balla, e in realtà ora faranno davvero una “diversa” partita a carte? :shifty: xD. Sai, ripensandoci quasi quasi riscriverei il capitolo solo per mettercela… Ops, mi son tradita xD. Va beh, tanto lo sai, non è una misera partita a carte, né “misera” ne non (strip poker o altro… lol)… Vabbè, anyway, spero di non deludere le tue Alte Aspettative.. xD
See ya soon, my dear mate *-*
PS: E questa volta non accetto “ritardi osceni” v.v

409inMyCoffeeMaker: Mi hai commosso, donnaH! *ç* …ad andarti a leggere il mio Sclero Mentale Formato Famiglia TM e a recensire capitolo per capitolo... ç___ç e a dire anche che “you really like it”… thanks a lot! =’D
Duuuuunque, dato che ti sei presa la briga addirittura di commentare capitolo per capitolo (*_*), ora mi prenderò con piacere la briga io di risponderti ^^”…
-Chapter n.1.
Well, mi fa piacere che ti sia piaciuta anche l’introduzione, e che sia riuscita addirittura a trasmetterti la sensazione del freddo vento che sferza mani, capelli e volto…
Rivedere ora i primi capitoli della mia fic, mia fa uno strano effetto, perché era quasi un anno che non mi ricapitava di guardarli, di notarli. E, dopo tutto questo senso, l’effetto è, come ho appena detto, “strano”. Da un lato mi stupisco dell’ingenuità e della semplicità (sia in senso positivo che negativo) con cui scrivevo; del fatto che molti mi han detto che man mano che andavo avanti miglioravo ed ho potuto grossomodo constatarlo, dando delle veloci occhiate e riletture qua e là; del fatto che riuscivo ad aggiornare molto più frequentemente, addirittura nell’arco di manciate di giorni, e non del solito mese che grossomodo ora passa tra un aggiornamento e l’altro, ma anche del fatto che, però, prima i capitoli erano molto più brevi di adesso, eccetera. E per tutto questo devo ringraziarti, girl! ;)
-Chapter n.2.
Son contenta che tu abbia apprezzato la setlist di canzoni che scelsi di scrivere, nonché le sensazioni ed emozioni provate con la Musica, davvero!
Anyway, no probs, è comprensibile che se non sei un suonatore o esperto di chitarre elettriche può sfuggirti cosa sia questa benedetta “saturazione” ^^. Beh, in pratica sarebbe quella specie di “fischio” che l’amplificatore produce a volumi abbastanza sostenuti (e con una distorsione altrettanto alta), quando lasci suonare una nota o un accordo… Spesso è ottenuta puntando il manico della chitarra verso i coni dell’ampli, ma può anche capitare che se il volume e la distorsione sono ad alti livelli lo strumento entri in saturazione da solo… Beh, spero di averti chiarito le idee, più di prima, almeno! xD
-Chapter n.3.
“xD Per tutto il tempo convintissima che quello con cui parlava fosse uno chiunque, e invece... Pensa BJ quanto se la rideva mentre citava le sue frasi :D” --> Eh, invece… stessa cosa che ha pensato la cara Ema xD. Beh, chissà davvero come se la rideva BJ a sentirsi citare frasi sue… ahahahah :D
Per gli errori, beh, sono sicura che se mi mettessi lì a rileggere ora, ne troverei parecchi, anche di “orrori” o “errori ridicoli”, lol. Gracias, anyway, (._. sìì, facciamo anche un miscuglio di 3 lingue ora! xD) per avermeli fatti notare, magari un giorno che ho tempo e voglia di districarmi nel testo html postato li correggerò… xD. E il fatto che non rileggessi ciò che scrivevo di getto prima di postare certo non aiutava… Non che ora riesca sempre a rileggere, anche perché non sempre faccio a tempo, essendo ormai purtroppo perennemente in ritardo nell’aggiornare… Però ora mi sono imposta, nonostante i capitoli siano lunghi, di inserire manualmente l’html base, perché così almeno posso dare una rilettura di base prima di postare, per quanto veloce sia, che è pur sempre meglio di niente! ;)
-Chapter n.4.
Beh, mi fa piacere che ti sia piaciuto anche questo, di capitolo, e che la storia ti prenda.
“Il discorso precedente Minority è qualcosa di fantastico, ogni volta che ci penso mi viene da piangere, perché ci sono così tante persone che non si rendono conto di quanto ognuno di noi sia importante e quanto sia determinante l'alzarsi in piedi e urlare quello che non ci va bene.” --> beh, direi che è quasi inutile commentare questa frase, che esprime magistralmente quello che quella frase è anche per la sottoscritta. Quindi, non posso astenermi dal pronunciare (si fa per dire xD) un “I agree” che quasi prende voce ancor prima che io riesca a formularlo e a scriverlo. xD.
-Chapter n.5.
Addirittura fantastico? *__* Mi lusinghi, così :D
“Per un attimo ho pensato anche che dentro a quel taxi poteva scapparci un bacio, ma non felice che non sia successo xD Ce ne sono fin troppe di storie d'amore tra fans e BJ. Poi, magari nel prossimo capitolo succede proprio questo, ma chissà xD potrebbe piacermi ugualmente!” --> Eh già… Beh, son felice che tu sia felice che non abbia fatto accadere ciò (che bella frase contorta ** xD)
An, Ema ti ringrazia per la solidarietà per la perdita che ha subìto, nello stesso tempo, di bassista, migliore amico e band. Beh, come hai visto comunque “troverà una band con cui suonare”… ahahah xD
-Chapter 6.
Già, hai azzeccato in pieno. Ema e Saul saranno anche lontani centinaia (e poi migliaia e migliaia) di dannati chilometri, ma restano sempre vicini come non mai :) ..Forse più avanti approfondirò meglio la loro storia…
Beh, sì, effettivamente il capitolo era un po’ malinconico, e mi fa paicere che tu l’abbia definita una “malinconia quasi piacevole” (:
-Chapter n.7.
“Ema l'ha trovatala band in cui suonare, eccome!” --> Ahahahahaha! Eccome, sì. Beata lei, lol.
“Beh, sono molto felice per questa svolta, sembra che la storia sia positiva e a buon fine, anche se dalla fine sono molto lontana..” --> I’m pleased of it ^^. By the way, don’t worry, che dalla “fine” della fic sono molto lontana anche io, mi sa (e non ho nemmeno idea di quando sarà)… xD
-Chapter n.8.
“Eccomi ancora qua a romperti le scatole :)” --> Mannnnnò xD! Ahahaha, amo leggere le tue recensioni… Quindi, “rompimi pure le scatole” quanto vuoi (:
Beh, sono indubbiamente soddisfatta del fatto che tu abbia apprezzato le emozioni contrastanti della protagonista, e che certi momenti ti abbiano fatto sorridere :)
I genitori, già. Beh, certo che non reagiscono con “calma” venendo a sapere “della loro figlia 17enne in giro con "sconosciuti" un po' pazzi, pure.”. Beh, anyway, magari più avanti, spiegherò meglio anche questi due personaggi, chi lo sa… :D
-Chapter n.9.
Ahahaha, sì, buffissimo davvero, quel BJ finto autoritario & serio. Nah, neanch’io riesco a immaginarmelo molto, e, beh, come hai detto tu, anche lui si rende perfettamente conto che quel ruolo non è molto adatto a lui… xD
-Chapter n.10.
Quoto. Dici che la ragazza sia fin troppo calma, trovandosi davanti una delle persone che più ammira e partendo con una delle sue band preferite in assoluto per suonare con loro ,addirittura? Beh, forse hai ragione, in quanto è riuscita ad evitare cose quali: urla isteriche infinite, svenimento, infarto, coma, perdita della memorie a delle corde vocali per periodi troppo prolungati di tempo, et similia… xD
-Chapter n.11.
“E' bella la parte in cui BJ è tutto interessato al concerto.. Credo sia perfettamente IC, visto che è una persona che è molto interessata ai fans e che ci tiene molto a loro. E' una specie di fratello, non la classica rockstar che sta sul piedistallo.” --> Hey, mi fa assolutamente piacere che tu trovi BJ “perfettamente IC” ^^” E, Beh, inutile dire che condivido appieno il tuo punto di vista… ;D
E, beh, Ema ne combinerà di cotte e di crude (e questa espressione da dove m’è saltata fuori? o.O?! xD), ma se una cosa è certa, dimostrerà a James che non è solo “una sciocca ragazzina” u.ù. ;)
-Chapter n.12.
Ahahah già, sono proprio tre idioti lol. Ed è proprio per questo che Ema si diverte so much with ‘em ;D
“Si potrà mai essere invidiosi di un personaggio di una fanfiction? Ebbene, la risposta è sì! xD” Ahahaha.. Oh, so I’m not the only one! xD
Pleased that you liked also the end with BJ (aka Mr. Cazzo… ahahahah xD) and Beatrice… aka “lo sfogo liberatorio” ;)
-Chapter n.13.
Ah, così li conosci anche tu, quei vecchi bastard
errimi momenti di sconforto? .___.
Peccato che non sempre ci sia quel dannato angelo called BJ a tirar su il morale e l’autostima, come capita alla cara protagonista… xD
“Forza Ema, che il polso tornerà come prima e tu potrai spaccare il mondo con la tua Baby Billie Joe :)” --> Hell, yeah!! x’D
-Chapter n.14.
Già, capitoline proprio lungo xD ..Quello che, quasi involontariamente, sta diventando un mio “vizio”: scrivere capitoli lunghi… xD Spero ciò non ti dispiaccia ;)
Felice che ti siano piaciute le descrizioni delle emozioni pre e post concerto, ci ho messo una parte di me, nello scriverle…
E, quella dannata strega di Beatrice, già, perché è sempre in mezzo alle pal…ehm, scatole? WTF?!? “Odiosa” è dir poco…
“Comunque sia, la serata è andata benissimo e si è conclusa ancora meglio xD . Whatever it takes... Ema ce l'ha fatta :)” --> Ancora una volta, hell, yeah! xD (o uno “Yessaaaaaaaaa” lungo tre chilometri, dato che è da un po’ che non lo dicevo più xD)
Oh, Jesus. Mi rendo conto solo ora, effettivamente, del papiro che ho scritto (OMG, quasi è lungo come uno dei miei primissimi capitoli!! ahahahah) o.O! Beh, spero di non averti annoiato, caVaH… xD
Spero che continuerai a leggere codesto mio SleroH (ok, sto sclerando io, ora xD) e a farmi sapere la tua opinione =) [An, e che riuscirai a portarti in pari e a leggere questo mio papiro di commento ai tuoi commenti -xD- prima del mio prossimo aggiornamento, ma dati i miei tempi di aggiornamento ._.” .. beh, direi che non è un’impresa così ardua! xD]
See ya soon *-*

E un ringraziamento va anche a tutti voi che avete aggiunto questa fic alle seguite e/o ai preferiti e/o alle storie da ricordare e/o, addirittura, me alle autrici preferite… (*arrossisce*xD)! *_* - Fujiko_Chan (AmantaH *_*! I miss you -and your funny comments xD- so so much. Ti ho perso definitivamente? ç_ç), Green Star 90, Helena89 (Dove sei finita? ç___ç Non ti trovo più! Né, qui su EFP, tra le mie fedeli “recensitrici”, né in generale.. e sei anche sparita da Facebook!! O.O I miss ya…), Mary17, micky_malfoy87, millape, m i n o r i t y, 801_Underground, cerere, Crazy_Me, Asuka96, Jayden Akasuna, K_BillieJoe, Sybille, SuomiLover, Francy924, _LISA_, totolo, DarkSwan, Fagiolins, Haushinka_ (Ti ho già persa? ç_ç), LaFrappuccino, 409inMyCoffeeMaker
Thanks a lot guys!! *-*
E se non chiedo troppo, quando riuscite, mi farebbe davvero piacere (per chi non lo fa già *w*) se lasciaste una recensione, o un commento, magari anche piccolo, giusto per sentire la vostra presenza e per sapere cosa ne pensate ^^”


Ok, (anche ‘sta volta) ho già scritto troppo… Sooooooo, è meglio che la finisca qua e vi lasci al capitolo, che, inutile dire, anche questa volta spero non vi deluda (e vi piaccia) =D
See ya soon *ç*







CAPITOLO 18 A spark in the night


– Hey, ti andrebbe di fare qualcosa di diverso dal solito, di fare qualche cazzata, così, per passare il resto della nottata? –
Strabuzzai gli occhi e lo guardai con un’espressione tra il perplesso e il preoccupato.
– Cosa… Cosa intendi? – gli chiesi poi, farfugliando.
– Don’t worry… – rise lui – Hey, non intendo mica stuprarti! –
– Beh… Effettivamente, dalla tua frase non è che si capisse molto… Sai, era, come dire? Equivoca? – risposi ridendo anch’io.
– Uhm, sì, forse hai ragione. No, comunque intendevo… Non so, sai quelle cazzate che si fanno insieme da giovani, tra amici, così, per alleggerire il tempo, per divertirsi? –
– Uhm… Non sei proprio il massimo della chiarezza, eh? – commentai divertita.
Rise ancora una volta. Era adorabile.
–Anyway… Non so, mi è venuta voglia di alzarmi da questo fottuto letto, di uscire da questa dannata stanza, di andare fuori, e di fare qualcosa di diverso dal solito, di fare qualche cazzata di quel tipo con te… – fece poi, guardando verso la finestra.
Non sapevo bene cosa dire.
A dir la verità, non avevo neanche ben capito cosa intendesse fare.
Lo guardai.
Ad ogni modo, ciò che mi appariva chiaro era che stava cercando di ricostruire qualcosa tra noi, e di ricostruire qualcosa della serata, o meglio nottata, che poche ore prima avevo molto “garbatamente” mandato in frantumi.
E l’apprezzavo davvero, questo suo tentativo.
Detti una veloce occhiata all’orologio: le 4, passate da una manciata di minuti.
– E… hai qualche idea? Sulla “cazzata” da fare, intendo –
Mi fissai sbalordita: la frase era uscita dalla mia bocca quasi senza che me ne rendessi conto.
Billie non ci fece caso e sorrise, con l’aria e lo sguardo ilari di un ragazzino che progetta la sua prima marachella.
– Uhm… Non proprio… – fece poi pensieroso – Anche se forse un’idea ce l’avrei. Non è proprio una cazzata vera e propria, a dir la verità… but it’s ok. Vieni con me – disse poi, alzandosi improvvisamente dal letto e facendomi cenno, col capo, di seguirlo.
Mi alzai anch’io, ma rimasi poi immobile ad osservarlo, chiedendomi se stessi facendo la cosa giusta.
Lui mi prese per una mano.
Ebbi un tremito impercettibile.
Ma sì, in fondo che male c’era a divertirsi un po’, dopo quelle ultime ore passate tra l’angoscia, la rabbia, il dolore e altri sentimenti del genere, tutt’altro che piacevoli?
Mi tirò leggermente per il braccio ed io lo seguii senza opporre resistenza, lasciandomi guidare da lui.
Scendemmo a piedi i quattro piani di scale, sempre lui davanti ed io dietro, legati dalle nostre mani.
Una volta giunti al piano terra, imboccammo il corridoio sulla destra, a quell’ora deserto, che avevo percorso qualche ora prima con le lacrime agli occhi e una gran confusione interiore.
Il ricordo balenò nella mia mente, ma cercai di scacciarlo: non volevo pensarci, in quel momento.
Sospirai.
Billie se ne accorse e si voltò.
– Hey, what’s up? –
– Niente, Billie, andiamo avanti, non c’è niente… – risposi a mezza voce.
– Stai ancora pensando a quando sei scappata, coi tuoi demoni e col tuo conflitto interiore, scendendo qui giù, vero? – chiese lui, ignorando la mia precedente risposta e centrando alla perfezione il punto.
Annuii.
– Vuoi andare da un’altra parte? –
– No, no… Non c’è problema, andiamo – dissi, prendendogli la mano e trascinandolo io, questa volta.
Aprii la porta e mi bloccai, mentre l’aria fresca della notte sferzava il mio viso.
La prima cosa che notai fu che aveva smesso di piovere. Beh, probabilmente aveva smesso da un po’ di tempo, forse anche un’ora, ma non me n’ero accorta prima, essendo completamente presa dalla questione di chiarire con i Green Day e soprattutto con Billie… Probabilmente le nuvole avevano scaricato velocemente il loro contenuto, in una pioggerella fine ma insistente, durata un quarto d’ora o poco più, per poi andarsene da un’altra parte. E, in quel momento, della leggera pioggia che era scesa giusto in tempo per accompagnare i miei ultimi passi verso l’hotel, non era rimasto altro che qualche gocciolina tra le foglie e l’erba, e un piacevole senso di frescura.
Billie si fermò a pochi centimetri da me; sentivo il suo respiro caldo sul collo.
Sorrisi, mi feci forza e varcai la soglia.
Lui fece lo stesso. Quindi si fermò, guardandomi un attimo, per poi riprendermi dolcemente per mano e conducendomi sotto un albero. Sotto quell’albero.
Lo fissai, ancora in balia dei ricordi: quello era l’albero sotto il quale mi ero accasciata a pensare, divorata dalla furente battaglia che avveniva dentro di me.
– Ehm… Billie, non so se me la sento di sedermi proprio sotto a questo albero… – gli sussurrai.
Lui annuì debolmente, aveva capito.
– E chi ti dice che noi staremo sotto a questo albero? – fece poi, guardandomi negli occhi, mentre il cielo stellato si rifletteva nel verde profondo delle sue iridi.
Lo fissai ancora una volta, perplessa.
– Noi andremo sopra questo albero. – decretò poi – Così la prospettiva sarà differente. Sai, a volte occorre guardare il mondo da un altro punto di vista… – sorrise – Prima, sotto quest’albero, soffrivi lacerata da una guerra interiore. Ora, sopra quest’albero, cercheremo di ribaltare la situazione, ok? – propose ridendo.
L’espressione sul mio volto si distese.
Guardai in su, poi tornai a guardare lui.
– Intendi arrampicarti sull’albero? – chiesi poi, dubbiosa, fissando la pianta – Non è un po’ troppo alto? –
– Fidati di me – rispose lui, semplicemente.
– Aspettami qui, non ti muovere – disse una manciata di secondi dopo, voltandosi e tornando indietro con passo veloce – Torno subito –

Non potendo fare altro, rimasi ferma lì, in piedi accanto a quell’albero, persa tra i miei pensieri, osservando il cielo, che era diventato davvero splendido: come in me se ne erano andati la paura, l’angoscia, la rabbia, il dolore, lo sgomento, il dispiacere, l’irritazione, la confusione e tutti i sentimenti che mi avevano pervaso qualche ora prima, anche le nuvole se ne erano andate, lasciando il posto ad una stellata magnifica, mentre la pallida luce lunare illuminava ormai libera quello sprazzo d’oscurità. Sorrisi, pensando a quella metafora e perdendomi nel firmamento.
– Hey, Ema, vieni a darmi una mano! – la voce di Billie mi fece tornare sulla Terra.
Mi voltai e lo intravidi nella penombra, accanto alla porta.
Mi accinsi a raggiungerlo, mentre la sua figura diventava via via più visibile.
Non appena fui davanti a lui, mi porse un paio di bottiglie di birra e, prima che riuscissi a proferire parola, tornò dentro, per poi tornare pochi attimi dopo portando una scala.
– E questa dove l’hai trovata? – gli domandai ridendo.
– Oh, l’ho presa in prestito nello sgabuzzino qui accanto… Hey, attenta alle birre! –
– Ah… Sì, sì, tranquillo, sto attenta! – risposi allegra.
Raggiungemmo nuovamente il tronco dell’albero, e Billie posizionò la scala in modo che ci permettesse di raggiungere un ramo basso e robusto.
La mosse leggermente, per testarne l’affidabilità, e poi iniziò a salire.
– C’mon! – mi urlò, non appena raggiunse il ramo e vi ci si sedette.
– Ehm… Ho due birre in mano, come faccio ad attaccarmi? –
– Oh, scusa… Che scemo, me n’ero scordato – ridacchiò.
Mosse qualche passo per scendere e, arrivato a metà della scala, mi disse di passargli una delle due bottiglie. Gliela porsi e lui risalì, risistemandosi sull’albero; dopodiché feci lo stesso anch’io.
Mi sedetti accanto a lui e guardai in basso: saremo stati a circa 2 metri e mezzo dal suolo.
Billie mi guardò, poi si alzò e si diresse verso un ramo più interno e più alto, sotto il mio sguardo sgomento.
– Dai, sali! – fece, rivolto a me.
– Col cazzo! Ma sei impazzito?! Sarà alto 3 metri e mezzo da terra lassù… –
– E allora? È questo il bello, no? E poi si sta meglio, quassù – ribatté lui.
– Ma… – provai a ribadire, ma venni interrotta dalla sua voce.
– Soffri di vertigini? –
– N-No… –
– E allora, che problemi ci sono? Dai, non avere paura, vieni qui! –
Lo guardai, poi guardai in giù.
– B-Billie, non… – mi fermai un attimo e sospirai – Ok, va bene, salgo – concessi alla fine.
In fondo, l’idea del rischio non mi dispiaceva poi tanto. In quelle ore, d’altronde, avevo già rischiato varie volte; perché non farlo ancora, però questa volta spensierata? E inoltre, il rischio aggiungeva anche un irresistibile brivido al tutto…
Ma cosa diavolo stavo facendo? Se fossi caduta sarei certamente finita al pronto soccorso…
No, non sarei caduta. Non era la prima volta che mi arrampicavo sugli alberi, l’avevo già fatto svariate volte. Certo, le altre volte ero imbragata, ma c’era anche il fatto che le altre volte arrivavo anche a 10 metri e passa da terra, con tanto di carrucole e passaggi vari tra un tronco e un altro…
Smisi di pensare all’altezza e al pericolo e cominciai a salire, raggiungendo velocemente Billie Joe.
Continuai a seguirlo, mentre si addentrava leggermente nella chioma, sedendosi su una larga diramazione dei rami che creava un’insenatura abbastanza confortevole, e mi fece cenno di accomodarmi accanto a lui.
Sorrisi, e non me lo feci ripetere due volte.
Eravamo praticamente appiccicati, i fianchi uno contro l’altro, le gambe penzoloni nel vuoto, le espressioni allegre, la voglia di divertirci, finalmente.
Anche la visuale era stupenda: il cielo stellato appariva a sprazzi attraverso i rami e le fronde dell’albero, in un gioco di luci ed ombre mozzafiato, mentre la strada, le luci e la città apparivano sotto di noi con un piacevole senso di vaga lontananza.
– È meraviglioso, Billie… Davvero stupendo… Quando mi hai chiesto di fare una cazzata insieme… sapevi già di voler venire qui? – gli chiesi ad un tratto, guardandolo negli occhi.
– Non proprio… Anzi, no, in un certo senso sì. Cioè, voglio dire, mi era venuto in mente quando, anni fa, mi era capitato di salire sul tetto di qualche casa bassa, seduto, a guardare il cielo, e a parlare se ero con qualcuno, o a pensare se ero da solo. E non essendoci qui intorno palazzine basse su cui poter salire, ho pensato che ogni tanto salivo sugli alberi, e che quest’albero si prestava bene allo scopo… Sono contento che ti piaccia –
Diede un’occhiata al cielo, tra le frasche.
Poi estrasse da una tasca un apribottiglie e stappò prima la sua birra e poi la mia.
– Grazie – mormorai, non riferendomi soltanto alla birra.
– Figurati –
– Brindiamo a qualcosa o beviamo così? –
– Uhm… Come vuoi. A cosa vuoi brindare? –
– Well, I dunno… –
– Beh, allora adesso brindiamo a noi due qui e alla nostra, come dire… riappacificazione? Beh, hai capito… E se poi ci verrà in mente un altro motivo per brindare, beh, vorrà dire che brinderemo ancora, no probs… – decretò, alzando la bottiglia e sbattendola sonoramente contro la mia.
Dopodiché, bevve una sorsata e mi mise un braccio attorno alle spalle.
Sorrisi. Bevvi un goccio anch’io, stringendomi a lui e fissando l’intrigante e infinita volta celeste che faceva capolino tra le foglie.
Avvertii una sensazione strana: era come un senso di libertà e di protezione allo stesso tempo… E mi piaceva.

Rimanemmo così per diversi minuti, in silenzio, abbracciati, a bere sorsi di birra e a contemplare la notte.
Poi, presi il coraggio a quattro mani e ruppi quell’atmosfera di silenzio che aveva acquistato un che di magico, credendo che forse quello fosse il momento per chiederglielo.
– Billie… Posso chiederti una cosa? – bisbigliai.
Il secondo dopo mi maledissi per ciò che avevo appena fatto, e sperai che non avesse sentito.
Speranza vana.
– Yeah… What? –
– Ehm… – radunai ancora una volta i demoni della mia anima, cercando di balbettare il meno possibile nel porgli quella domanda che mi tormentava dal mio arrivo – Ecco… What’s wrong with me? Cosa c’è di sbagliato in me, nel fatto che io sia qui? Cioè, voglio dire, perché James ce l’ha con me? –
L’avevo detto.
Billie si voltò di scatto, mentre nella semioscurità vidi le sue pupille saettare sorprese e rivolgersi nelle mie.
– Non c’è niente di sbagliato in te, Ema, nel fatto che tu sia qui. Cosa dovrebbe esserci? Perché James dovrebbe avercela con te? –
– Billie… – dissi piano – Non sono scema. L’ho capito che non sto per niente a genio al vostro manager… Che ritiene che io sia la persona sbagliata nel posto sbagliato. E ho capito anche che tu sei entrato nelle sue ire per questo… –
– E… Come avresti fatto a capirlo? – indagò lui.
Cazzo. Questo era un guaio. Probabilmente avevo detto troppo.
Già, come avevo fatto a capirlo? L’avevo sentito, e poi l’avevo visto. Ma se non l’avessi sentito la prima notte, forse non avrei prestato tutta quell’attenzione a ciò che avevo visto. E ora come glielo spiegavo?
Vagai con lo sguardo.
Non riuscivo a trovare una bugia che stesse in piedi. E forse non volevo nemmeno trovarla; non volevo mentirgli.
Ma cosa potevo fare?
“Talk is cheap and lies are expensive” mi fece notare una vocina dai meandri del mio cervello, citando “Walking Contradiction”; non potevo darle torto.
Beh, potevo dirgli la verità, ancora una volta… Sì, gliel’avrei detta. In fondo, non avevo mica commesso un crimine.
– Ehm… – iniziai – Ti ricordi la prima mattina qui in Australia? Quando mi chiedesti cosa c’era e della mia notte insonne? –
– Uhm, yeah… Mi pare che tu avessi risposto che era tutto ok, e che non eri riuscita ad addormentarti anche perché non avresti potuto sognare nulla di migliore della realtà che stavi vivendo, o qualcosa del genere… – rispose con un sorriso.
– Sì, esatto. Però… Ecco, non ti ho detto tutto… Cioè, volgio dire, ciò che ti ho detto era tutto vero, ma ho tralasciato una parte. Tralasciai di dirti quello che avevo sentito quella notte. Non l’ho fatto per cattiveria, o per vergogna o per mancanza di fiducia o per altro… Non so perché non te l’ho detto. Probabilmente perché non riuscivo, avrei voluto, ma non ero in grado di dirtelo… Non ero pronta, e forse non lo sono neanche ora, ma dato che siamo tornati sul discorso, che tra l’altro ho tirato in ballo io, non posso più tirarmi indietro. Well… – feci un lungo respiro, riempiendo i polmoni di quell’aria così piacevolmente frizzante – Quella notte, in cui non riuscivo proprio ad addormentarmi, ad un tratto, dopo aver sistemato la chitarra nella custodia dopo averla suonata un po’, seduta sul letto, ho sentito delle voci provenire dalla tua camera, accanto alla mia. Lo so che non bisognerebbe origliare e menate varie, la so anch’io la solita pappardella che ti rifilano mille e mille volte proprio i primi che lo fanno, ma io ho sentito. Ho sentito te e James che parlavate di me. Non ho capito un granché, onestamente, e sono rimasta a tormentarmi nel dubbio per molto, ed è per questo che ti ho fatto quella domanda, pochi minuti fa. Quello che ho capito, però, è che a James la mia presenza qui non andava bene, e… E che tu mi hai difeso da non so quali accuse. So che vi siete arrabbiati, l’ho sentito dalle vostre voci. E poi, ieri pomeriggio, quando James è venuto lì mentre stavamo provando, in saletta, incazzato, non ho potuto non notare l’occhiata che mi ha rivolto, e il tono con cui ti ha detto di essere già arrabbiato, e specialmente con te. Quello che vorrei capire ora è cos’è successo. Non voglio che tu ci vada di mezzo per causa mia. Di casini ne ho combinati già fin troppi. Lo so, sono tutt’altro che perfetta, but nobody’s perfect, e ora vorrei sapere cos’ho di sbagliato questa volta, cos’ha di così sbagliato la mia presenza qui secondo il vostro manager… –
Rimase in silenzio ad ascoltarmi, dondolando appena una gamba nel vuoto.
Voltò lentamente la testa e mi fissò per qualche secondo.
– E così hai sentito… – disse poi, con la voce poco più alta di un sussurro – Senti, non devi preoccuparti. Il problema non sei tu, e non ci andrà di mezzo nessuno per causa tua per il semplice fatto che non ne sei tu la causa. By the way, è carino da parte tua quello che hai detto, anche se devi aumentare un po’ la tua autostima, ragazza! Ficcatelo in quella tua capocchia dura, una buona volta! – sorrise nel buio.
– Thanks… – dissi leggermente imbarazzata, ma comunque guardandolo – Ma… Se hai detto che il problema non sono io, se ne sei davvero convinto, allora perché James ce l’ha così tanto con me ed è incazzato con te? –
– Well… Come ti ho detto il problema non sei assolutamente tu; piuttosto il problema ce l’ha lui. È una storia abbastanza lunga, ma proverò a fartene una fottuta sintesi. Allora, devi sapere che James ha un nipote, in qualità di zio intendo. Beh, ‘sto nipote è un fottutissimo fighettino del cazzo, che però vuol farsi figo suonando la chitarra, anche se, in realtà, suona davvero da cani, senza offesa per quest’ultimi. You know... I mean, la musica non la sente, e non riesce neanche a comunicare nulla con quello che suona, contando che poi suona anche male, secondo me. È proprio l’approccio con la musica che è completamente sbagliato. You know… È uno di quei coglioni che ha preso in mano una chitarra così tanto per, giusto perché faceva figo, e per sperare di rimorchiare qualche ragazza, probabilmente; di certo non perché sentiva attrazione per la musica e per quello strumento. Anyway… Va a lezioni, e il padre e lo zio James gli hanno regalato una Gibson Les Paul Custom, un giochetto da 4500 dollari o giù di lì, completamente sprecati, un ottimo modo per buttare i soldi nel cesso, dato anche il fatto di come la snobbi. Se l’avessi potuta avere io, alla sua età, avrei fatto chissà quale festa, o anche solo per poterne toccare e suonare un esemplare, mentre per lui sembra una cosa scontata, che può tranquillamente permettersi di snobbare… – fece una breve pausa – Ed è pure un esaltato del cazzo, uno di quelli che si credono chissà chi. Ora s’è messo in testa di essere una sottospecie di fenomeno della chitarra, il nuovo Hendrix o chissà che. Roba che, a sentirlo, Jimi si rivolterebbe nella tomba, e con lui anche gli altri Grandi della musica vivi e morti… È solo un fottutissimo diciannovenne del cazzo esaltato, ma a quanto pare il padre e lo zio ultimamente lo vogliono far esaltare ancora di più… – fece una smorfia disgustata – E fatto sta, che, per dirla in breve, James voleva che prendessi ‘sto qua come seconda chitarra per il tour. Ma neanche se fosse l’ultimo fottuto chitarrista sulla faccia di questo dannato pianeta! Piuttosto avrei suonato da solo come ai vecchi tempi… Ma il problema non si pone neanche perché a quanto pare il mondo è pieno di fottuti chitarristi validi, di quelli a cui scorre la musica nelle vene, che sentono ciò che suonano. E tra questi c’eri tu. Mi rendo conto di aver fatto una scelta parecchio azzardata, ma qualcosa mi diceva che andava bene così. Quel qualcosa che mi spinse a venirti a parlare quella sera al pub mentre mettevi via la strumentazione dopo aver suonato, quel qualcosa che mi ha fatto ricordare di te al concerto a Milano, quel qualcosa che mi ha spinto a citofonare a casa tua e a chiederti di venire in tour con noi come seconda chitarra, quel qualcosa che forse ha anche a che fare con quel dannato sentimento che non riesco a definire e che provo per te… Ma, tornando al discorso di prima, Jason non vuole vedere ragioni: è incazzato perché ho portato te e non quell’idiota di suo nipote. Forse, se avessi scelto un chitarrista famoso, magari se ne sarebbe fatto una ragione, ma avendo scelto te, si è incazzato nero, perché ho preferito quella che lui ha chiamato “una qualsiasi fottutissima vostra fan, una ragazzina perfino più giovane (ma neanche tanto poi, a guardare bene i fatti) del suo fottuto nipote”, invece che il tale fottuto nipote appena citato. Poi, essendo tu autodidatta… Ho capito bene, vero? Sei autodidatta, no? – mi guardò e io annuii, poi lui continuò – Ecco, ancora peggio, perché il suo fottutissimo nipote, avendo fatto quasi tre anni di lezione, a mio parere completamente buttati nel cesso, e atteggiandosi come chissà chi, per lui sarebbe stato sicuramente molto meglio, una sottospecie di dannatissimo genio della chitarra che non è neanche lontanamente. Tzé! E poi cosa c’è di male ad essere autodidatti? L’importante è imparare a suonare, saper suonare, saper dire qualcosa con la tua musica e mettere l’anima in quello che suoni, cazzo! – disse, alzando il tono di voce, come colpito nell’orgoglio – Anyway… Anche a fargli notare che i suoi erano solo dei dannatissimi pregiudizi di merda, che quasi non ti aveva neanche visto e soprattutto non ti aveva nemmeno sentito suonare, o a dirgli che tu suoni da cinque anni e mezzo circa, se non ricordo male, e che hai avuto anche già esperienza di suonare in una band, e che soprattutto ci metti davvero l’anima, quello niente. E allora ho perso del tutto le staffe e mi sono incazzato sul serio. E lui anche. E beh, la prima notte qui in hotel è successo grossomodo questo, che lui è venuto in camera mia facendo tutto il tipo carino e diplomatico, per poi spiattellarmi più o meno quello che ti ho detto prima. Io ho cercato di spiegargli, ma dato che non capiva un emerito cazzo e aveva due fette di fottuto prosciutto sugli occhi incollate col cemento a presa rapida, mi ha fatto girare i coglioni. Io mi sono incazzato, lui si è incazzato. Oltre alle questioni pratiche, è diventata anche una questione di principio… Il conflitto non s’è risolto, e James ce l’ha ancora con me, e con te. Ma non preoccuparti, non sei tu il problema: a me sta benissimo che tu stia qui, e anche a Mike e Tré, e questo è quello che conta. E, credimi, mi fa davvero piacere che tu sia qui, e nonostante tutto, nonostante anche ciò che è successo ‘sta dannatissima notte e che per fortuna abbiamo chiarito in qualche modo, non mi pento affatto di averti fatto quella proposta –
Mi guardò e mi sorrise, mentre i suoi occhi scintillavano nella notte e la luce delle stelle vi si rifletteva.
Non sapevo dire per cosa in particolare, ma quel discorso mi aveva veramente commosso.
Mi aveva commosso, sì, ma allo stesso tempo mi aveva anche fatto incazzare, facendomi provare immenso odio verso James e ancor di più verso quel suo dannato nipote.
I don't know you,
but I think I hate you…
You're the reason for my misery…
Strange how you've become my biggest enemy,
and I've never even seen your face…

Pensavo, cercavo di riflettere, mentre nella mia mente si facevano largo i versi di “Chump”, in cui mi riconoscevo assai in quel momento.
– Billie… Io… Io non so che dire… Cioè, so che dire, ma non riesco a dirlo… – farfugliai.
– You’ve just to try –
Inspirai profondamente, prima di iniziare a parlare, cercando di mettere insieme delle frasi di senso compiuto.
– Beh… Ecco… In primo luogo… Non so come dirlo, però… Insomma, grazie. Anzi, no, un semplice “thank you” non è abbastanza, ma non so come dirlo… E non riesco neanche a dire a parole per cosa, ma spero che tu l’abbia capito in qualche modo… –
Lui fece cenno di sì col capo.
– Ehm, e poi… – proseguii – Beh, penso anche qualcosa che può suonare come un “che gran figli di puttana quel James e quel suo fottutissimo raccomandato di un nipote”. Voglio dire… Insomma… – feci una pausa per radunare i pensieri e le parole – E poi non è neanche giusto che il vostro manager si incazzi con te per colpa mia. Lo so che mi hai detto di non preoccuparmi che non è colpa mia eccetera, ma mi rendo perfettamente conto che se io non ci fossi i problemi non sarebbero insorti, quindi in parte anch’io ne sono la causa, oltre a quell’idiota di un pallone gonfiato di suo nipote, se è come me l’hai descritto, e io ti credo. Sai, non so cosa c’entri, ma hai presente “Chump”, no? Ecco, fino a pochi secondi fa nella mia mente stavo canticchiando la prima strofa, come perfetta associazione mentale… –
Billie ridacchiò.
– Vabbè, dai, non pensiamoci adesso… – disse poi.
– Ma come faccio a non pensarci, se tra qualche ora James tornerà? E con quel che è successo sarà ancora più incazzato… Cioè, volgio dire, con quel che è successo durante il concerto… – lasciai la frase in sospeso, non riuscendo a proseguire, ma lui capì ugualmente.
– E per fortuna che non ha visto anche ciò che è successo dopo il concerto… – aggiunse poi, ridendo con una leggera malizia nella voce.
Emisi anch’io un accenno di risata.
– Però tra neanche tante ore sarà qui, incazzato nero per quel che ha visto, e come hai detto tu meno male che ha visto solo quello… Anche se probabilmente anche il vedermi in questo stato peggiorerà le cose… – dissi poi, tornando di colpo seria.
– Are you afraid, aren’t you? – mi chiese, dopo qualche attimo di silenzio.
– Yes, I am – risposi, lentamente, con un fil di voce.
Mi strinse maggiormente a sé, mentre io mi beavo di quel contatto confortante e gli cingevo anch’io le spalle con un braccio (quello sano) tremante.
Sorrise, guardandomi.
Sorrisi anch’io.
– Non pensiamoci più adesso. Godiamoci questi momenti, e poi vedremo come andrà, ok? – mi disse, bevendo una sorsata della sua birra, la cui bottiglia era ormai quasi finita.
Sospirai.
– Ok –
Bevvi anch’io un sorso di birra, constatando che la mia bottiglia non era messa meglio della sua.
Appoggiai la testa sulla sua spalla, sovrappensiero.
– C-Can I? – chiesi poi un attimo dopo, accorgendomene.
– Yeah, sure –
Gli sorrisi, e rimasi così, in quella posizione, abbracciata a lui, con le gambe penzoloni nel vuoto, a guardare le ultime ore della notte tra le frasche dell’albero sul quale eravamo seduti.
Era davvero stupendo.

– Hai presente i Foxboro, vero? – mi chiese dopo un po’.
– A-ha… – risposi affermativamente, senza cambiare posizione.
Senza muovere la testa, alzai lo sguardo, incontrando il suo.
– E non sai che darei per potervi vedere in un live dei Foxboro Hot Tubs… – aggiunsi poi, buttandogli un’esca.
Lo sentii sorridere.
– Davvero? – chiese, raccogliendo l’esca e stando al mio gioco.
– Certo – affermai convinta.
– E… Dimmi… Sai anche suonare qualche canzone dei Foxboro? –
Lo guardai un attimo perplessa: cos’aveva in mente questa volta?
– Beh… Sì, alcune… Dunque: “Stop Drop And Roll”, “Mother Mary”, “Sally”, uhm… yeah, “The Pedestrian”, “Alligator”, and… uhm… “Broadway” e “Pieces Of Truth” –
Sorrise enigmaticamente.
– Beh, non sei messa affatto male, vedo… Bene… – rispose, vago, crogiolandosi nel vedermi restare nel dubbio a ipotizzare cosa gli passasse per la mente.
– Why? – gli domandai quindi, per accertare se per caso avessi azzeccato almeno un’ipotesi.
You know… Hai detto che ti piacerebbe vederci in un live in versione Foxboro, no? –
– Sì, certo. – risposi, iniziando a infastidirmi di quel suo temporeggiare che lo divertiva – Purtroppo però avete fatto concerti così solo negli States e una volta in Inghilterra, e quindi non ho mai avuto l’onore di poterne vedere uno… – aggiunsi poi, con una nota di dispiacere e una punta d’ironia.
– Beh, stavo pensando che potresti averne l’onore invece… Anzi, potresti avere un onore anche maggiore se vuoi… – fece lui.
Continuava a prendere tempo e a non dirmi il motivo della sua domanda, e stavo cominciando a innervosirmi sul serio. A lui invece sembrava piacere vedermi pendere dalle sue labbra e cercare di indovinare a cosa diavolo stesse pensando.
“Billie, vaffanculo” pensai, scocciata, ma anche con una nota divertita.
– Cioè? – chiesi, sempre più curiosa e impaziente.
– Beh, l’idea sarebbe… – fece una pausa teatrale per aumentare la suspense e fare un ultimo tentativo di temporeggiamento, mentre io trattenevo l’istinto di mandarlo a cagare – Ecco, tra tre giorni, l’ultima sera prima di partire e andare in un’altra città, abbiamo programmato un secret show come Foxboro… –
Sgranai gli occhi e trattenni il respiro.
– Beh, dato che hai detto che vorresti voluto assistere ad un nostro concerto dei Foxboro e noi ne faremo uno giusto tra tre giorni, tu sei qua e non sei messa male in quanto a conoscenza brani… L’idea sarebbe che, invece di assistere, partecipassi e ci facessi da chitarrista anche per quel live –
Aveva pronunciato la frase normalmente, come se fosse la normale deduzione logica del discorso.
Alzai la testa dalla sua spalla, e rimasi a fissarlo a bocca aperta, con gli occhi sbarrati e il cuore che batteva a mille, stentando ancora a crederci.
– Allora, che te ne pare? – mi chiese ammiccando.
– Sarebbe… – balbettai, cercando di respirare normalmente e calmare il battito cardiaco che percepivo come una velocissima rullata imperterrita di batteria – Sarebbe fottutamente fantastico –
– Bene, allora il posto di chitarrista è tuo. Faremo quei pezzi che hai detto prima più magari qualcun altro che ti insegnerò io domani o dopodomani, e magari qualche cover dei nostri pezzi come Green Day. Suoneremo in un locale qui vicino, mi pare… Ci staranno sulle 1500 persone, un po’ ammassate, e vedrai che pogo che verrà fuori… Poi io e Tré abbiamo già ordinato il rifornimento di birre in lattina per la serata, dovrebbero portarcele su un camion qualche ora prima del concerto… Non penso proprio che qualcuno riuscirà a rimanere sobrio fino alla fine… – rise – Beh, sì, penso che saprai come si svolgono i concerti dei Foxboro, no? –
Annuii, ridendo anch’io.
– Bene, no probs allora… Ti divertirai un casino, vedrai… It will be awesome as fuck – rise.
Parlava in modo abbastanza concitato: era esaltato come un ragazzino, e, in fondo, ai concerti dei Foxboro per quelle 2 o 3 ore tornavano tutti e tre ragazzi spensierati, che pensavano solo a suonare e divertirsi, senza il peso della maturità, dell’età, delle major, dei manager, del successo, della famiglia, del “cosa penserebbe la gente se”, eccetera…
Ed io ero ancora più esaltata di lui. Ero emozionata ed elettrizzata come prima di vedere un concerto dei Green Day, o forse di più, come prima di suonare con loro ad un concerto dei Green Day, ma in modo diverso per certi aspetti e simile per altri.
– And… Well, obviously you’ll know the Reverend Strychnine Twitch personally – aggiunse poi, sempre ridendo.
– Oh, I really can’t wait! And, you know, you are…well, I mean, the Rev is… uhm… is… – lo guardai in faccia, ridendo anch’io – I don’t know… Simply, the Rev is the Rev

Well, come on baby take a chance
and get your shit together…
Well, come on baby take a risk
until it comes out right…
– iniziò a canticchiare Billie.
Drop your shadow on a subway wall…
Back in the saddle you can hear the call…
– mi unii anch’io, cantando con lui la terza strofa di “Sally”, che era tra l’altro una delle mie canzoni preferite dei Foxboro Hot Tubs.
Ci guardammo e sorridemmo.
Come on baby take a chance
and get your shit together…
Well, your illusion ain't a lie,
it's a crime…
– continuo poi lui, alzando la voce.
Ride… Ride, Sally, ride…
Hop on and take a ride on my motor bike…
Singin', ride… Ride, Sally, ride…
Like the speed of light on a road rage suicide…
– proseguimmo, quasi urlando, rompendo la quiete notturna.
Ci guardammo e cominciammo a ridere, per poi continuare a cantare.
Lui spostò lentamente il braccio, abbassandolo e portandolo ora a cingermi la vita.
Ebbi ancora una volta un fremito lungo la schiena; nonostante tutto non ci avevo ancora fatto l’abitudine…
Billie mi strinse a sé ed io, calmando un nuovo tremito, mi accoccolai sorridente al suo fianco, stringendolo a mia volta col braccio sano che, seguendo il suo esempio, feci timidamente scivolare fino alla sua vita.
Iniziò ad altalenare leggermente, ora a destra ora a sinistra, facendo attenzione a non sbilanciarsi troppo per non cadere, trascinando ovviamente anche me con lui, mentre fendeva l’aria e spostava alcune foglie soprastanti (facendo cadere qualche gocciolina d’acqua superstite) col braccio libero, che muoveva, a ritmo, seguendo il movimento del corpo, cantando il vivace ritornello della canzone.
Risi silenziosamente, ricominciando poi subito a cantare con lui.

In quel momento non sentivo quasi più il dolore fisico provocatomi dalle ferite del combattimento con Beatrice.
Ce l’avevo fatta, potevo continuare a sperare.
Avevo chiarito con Mike e Tré, avevo chiarito con Billie. Ed ora io e lui eravamo a fare quella che lui definiva come una specie di “cazzata”, come vecchi amici, seduti abbracciati, con le gambe penzoloni, su un ramo di un albero (di quell’albero, che, Billie aveva ragione, standoci sopra, guardando il mondo da un’altra prospettiva, aveva ribaltato la situazione rispetto a quando vi ero accasciata sotto), con due bottiglie di birra vuote accanto a noi, a quasi 4 metri d’altezza, cantando insieme, io e lui, nella notte rasserenatasi, dal cielo ormai non più nero ma ancora cosparso di mille puntini luminosi, stelle galleggianti nell’infinità del firmamento e nell’oscurità che stava ormai schiarendosi gradualmente confondendosi pian piano con i preamboli di un’alba non così lontana, mentre la luna faceva ancora timidamente capolino tra le fronde dell’albero su cui eravamo appollaiati… E, come se non bastasse, Billie mi aveva anche chiesto di suonare con loro, oltre che nei Green Day, nei Foxboro Hot Tubs, tre sere dopo.
Awesome.
Hell, yeah.

Continuai a cantare, tra questi pensieri, guardando ora lui, ora il panorama singolare e mozzafiato davanti a noi, illuminato da quella fioca luce indefinita tipica del graduale passaggio tra la notte e l’alba.
Era davvero meraviglioso.
Potevo dire di essere felice.

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Capitolo 19
*** Losing my self-control… ***


Ah-ehm *si schiarisce la voce, che tra l’altro in questi giorni purtroppo sembra aver preso una vacanza ._.*
Hi everybody!
Sì, “acciacchi” a parte, sono ancora viva… xD
E, sì, sono ancora una volta in ritardo a postare… Ormai sta diventando una prassi >.<” I’m so sorry…
Ok, vi risparmio le solite giustificazioni chilometriche o quasi (lol), vi dico soltanto che ancora una volta la colpa va attribuita in primis alla sQQQuola (che ultimamente ci ha messo sotto un opprimente torchio con circa una verifica o possibile interrogazione MINIMO al giorno…e andrà avanti così fino alle vacanze di Natale…Help! :S), e oltre a ciò anche alla Musa ispiratrice, che, come diciamo scherzando io e la mia mate cerere (che anche ‘sta volta devo ringraziare a tal proposito, per i suoi prodighi consigli e consulenze -anche su questo capitolo xD-, nonché i nostri Scleri su MSN che amo così tanto…e che quindi perciò perdono del “ritardo” xD), talvolta è davvero una puttana, anche peggio della Beatrice della mia fic… [- *Ispirazione: Vabbè, non esageriamo ora! - *Io: Hey, tu, Ispirazione dei miei stivali, fai meno l’ipocrita e dì le cose come stanno! u.ù - *Ispirazione: … ._." - *Io: *ehm..ehm..* perdonatela, ma s’è inserita da sola, non era mia intenzione divulgare tal parte di conversazione xD ._. ]…
And so… Scrivere questo capitolo non è stato per niente facile, ne è testimone la sopra citata cerere, che mi ha vista bloccata più di una volta…
E, oltre a ciò, diciamo che ad un certo punto la situazione è uscita dal mio diretto controllo e si è evoluta un po’ per i fatti suoi…
Non saprei dire proprio che ne penso… A mio parere non è dei migliori capitoli che abbia scritto, anzi, che SI E’ scritto… xD
Beh, anyway, spero che non vi faccia pena, cioè, volevo dire, che vi piaccia ^^” (solita autostima che ormai si è comprata un appartamento a sé sottoterra… ._. ah, mate, mi serve la tua “pompetta-gonfia-autostima”! xD)
Ok, prima di lasciarvi a questo capitolo 19 del mio “Sclero Mentale Formato Famiglia TM (marchio registrato xD)”, una piiiiiiiiiiccola, ma forse pure inutile, anticipazione, che poi anticipazione non è. O.o che frase contorta… Vabbè, in sintesi, spero vivamente di riuscire a postare il prossimo capitolo entro l’anno 2010 (lol)… Anche perché una buona parte è già stata scritta da tempo (e la mia mate probabilmente ne sa qualcosa, dato che è una parte che le avevo promesso qualche mese fa… xD *aria complice*)… Ok, vi avverto, per quello che ho scritto fin’ora (grossomodo la seconda parte del prossimo capitolo..), non è che sia proprio una cosa “seria”… cioè, volgio dire… No, basta, non dico più niente se no finisco a raccontarvi già tutto v.v
Well… Now it’s time for my little (ma neanche così tanto “little” xD) crazy…

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
First of all, grazie 1,039 (*w*) a tutti voi che mi supportate e continuate a seguire e leggere questa mia sottospecie di fanfic che abitualmente indico con l’appellativo di “Sclero Mentale Formato Famiglia”, e in particolare a tutte voi recensitrici (si dice? O.o vabbè, chissenefotte u.ù)… ♥
E un grazie speciale anche a tutte coloro che hanno letto e/o aggiunto a qualche categoria e/o recensito (**) la mia one-shot ( 10.11.09 - 10.11.10 - Esattamente un anno fa... ), che più che altro è un insieme di ricordi, emozioni, e “scattered pictures” a distanza di un anno, su quel Giorno con la G maiuscola, quel 10 Novembre 2009 che rimarrà impresso per sempre nella mia memoria, come uno dei giorni più belli della mia vita…
“Craziiii”!! (Giusto per restare in tema.. lol *ç*)
Tornando a questa fic…

Crazy_Me : Hi, my dear! *-*
Innanzitutto, il mio ginocchio ti ringrazia per l’interessamento e ti fa sapere che sta molto meglio, grazie xD
Poi… Beh, inutile dire quanto mi facciano piacere i tuoi complimenti, spero di meritarli ^^” I’m happy you liked so much the previous chapter… E, beh, hai previsto bene: con James “ci sarà un po’ da litigare”… xD
See ya soon *ç*

409inMyCoffeeMaker: DonnaH caVissima! (ma perche diavolo sto parlando così? xD) *-*
Seriamente, non pensavo che tu leggessi questo mio ‘Sclero Mentale eccetera eccetera’ in così poco tempo! Rimango (già, ‘rimango’, perché lo ero già anche quando ho scritto i commenti vari nello scorso capitolo) commossa! *ç*
So, now (cercherò di essere relativamente breve e non annoiarti troppo, và..xD):
-Chapter n.15.
E s a t t a m e n t e… ;D
Per quanto talvolta possa sembrare il contrario, in fondo la routine è rassicurante. Per quanto sia monotona e noiosa, un drastico cambiamento può sconvolgere profondamente.
“Insomma, per tutto il capitolo era chiaro che la povera ragazza non sapeva dove sbattere la testa.” --> ahaha, detto in parole povere, esattamente. Beh, anyway, mi fa piacere che tu abbia apprezzato la descrizione dei sentimenti contrastanti e della confusione che tormentano la caVa Ema, mi fa piacere sapere che sia riuscita a rendere come questa guerra dilani la sua psiche…
Per quanto riguarda il “colpo di scena”… Beh, devo dire che l’idea non era programmata quando iniziai a scrivere, ma si auto-impose durante la scrittura, e non riuscii a non darle retta… Ovviamente anche Ema avrebbe preferito, come te, che quell’“essere” non tornasse nuovamente a galla eccetera, ma, come ti ho detto, alla fine è saltata fuori di nuovo… Sarà che mi diverto, a volte, ad inserire “colpi di scena” e un po’ di sfogo-violenza (vedi capitolo successivo -e parte del precedente xD-, così come mi diverto talvolta a mischiare all’inverosimile vari generi di situazioni, magari contrapposti, e cambiare improvvisamente ciò che inizialmente avrebbe potuto porsi come l’”ovvia” conseguenza… Sarà anche che a me, onestamente, l’“ovvio” (né lo stereotipo… altra cosa che cerco, come posso, di evitare) non piace molto… xD
-Chapter n.16.
”Ema è uscita vincitrice, almeno per ora.” --> Già… “almeno per ora”. L’hai azzeccata, girl: non si sa mai cosa la mia mente pazzoide possa riservare al futuro di questo mio povero (??!) alterego… xD
Felice di essere ancora una volta riuscita a trasmetterti sensazioni e sentimenti della protagonista =) E, ovviamente, pure l’odiosità di Beatrice, e il ciò che rappresenta il personaggio di Saul. Due persona che hanno influenza sulla vita di Ema, seppur in maniera opposta. Forse, in futuro, ho intenzione di approfondire su quest’ultimo, nonché di farlo “interagire”, in qualche modo… Ma meglio non anticipare troppo (dato che poi sono ancora idee confuse che FORSE utilizzerò in futuro…)
-Chapter n.17.
“Io ADORO Mike, quel sant'uomo. E' così comprensivo e pieno di tatto! *__*” --> Me too! *__* Per quanto riguarda Biggei, bhe, risposte molto esaustive, eh? xD “E' stato azzeccatissimo farlo impappinare tra gli "you know" e i "something like that"..” --> Già, credo anch’io (anche se forse ci ho un po’ calcato la mano… ma la colpa è anche stata di aver appena visto un’intervista in cui ne infilava una quantità davvero spropositata! Ahahah… Poi, sarò pazza, ma io adoro gli habits americani, e quindi pure i suoi “y’know” e cose analoghe..ahaha)… Anche perché, volente o nolente, quell’uomo ne usa davvero una quantità quasi imbarazzante! E, beh, ritengo che esprimano bene l’“impappinamento”, il non sapere come esprimere una determinata ‘cosa’, eccetera… Beh, mi fa piacere che anche tu la pensi così ;)
And finally… -Chapter n.18.
Eggggià, capitolo dove tirava decisamente un’aria più leggera… E, beh, ci voleva! :)
“Billie è fantastico, sembra davvero un ragazzino che nonostante si trovi a combattere ogni giorno la guerra con se stesso e il resto del mondo, ha sempre voglia di guardare il lato positivo e mettere un giorno in fila all'altro.” --> Già… O, almeno, questo è il BJ che mi immagino, e, indi per cui, quello che popola le righe di questo Scle..ehm, di questa fanfic ^^”
Mi fa davvero piacere che ti piaccia (scusa la ripetizione :S), e soprattutto che tu abbia apprezzato la storia dell’albero, del sopra e del sotto. Sai, ho sempre trovato affascinante il cambiare prospettiva, il fatto che, magari, guardando le cose da un altro punto di vista, queste possano in un certo senso “cambiare”, che TU possa vederle in modo diverso e sentirti quindi in modo diverso… Non so se mi spiego °°…
Anyway… Chi non vorrebbe vedere un concerto dei Foxboro?! ç___ç Ah, credo che scrivere quel fantomatico capitolo mi procurerà una dose indicibile di invidia verso l’alterego da me stessa creato (ok, sono decisamente pazza xD)… E, beh, sai che ti dico? Che sono curiosa ANCH’IO di vedere come riuscirò a sviluppare “il concerto di quei matti, ubriachi e traballanti”…ahahah
Anyway, probabilmente ho già scritto troppo… Chezz, avevo promesso che avrei cercato di essere almeno un po’ sintetica, ma mi son comunque lasciata prendere la mano… Vabbè, ti lascio al capitolo, sperando non ti faccia cambiare drasticamente opinione su questa fic (aka: che, nonostante tutto, pure questo sia di tuo gradimento **)…
An, quasi scordavo: the last but not the least… Grazie davvero davvero tanto per la recensione su quell’intruglio ingrovigliato di ricordi ed emozioni della mia “one-shot” sull’Anniversario di Milano… ( Ma tu sei troppo buona xD) P.P.S.: Avevo promesso che avrei recensito altre tu fic (molte delle quali ho anche letto *ç*)… Solo che non ne ho ancora avuto il tempo MATERIALE conciliato con il mio “carissimo” PC, chiamato anche “Chiuov” (che starebbe ad indicare un “aggeggio” elettronico che non funziona, come spesso fa codesto mio carissimo computer che decide di impallarsi quando gli pare e piace ._.”)… Spero comunque di riuscirci in tempi decenti! E, beh, prego per la recensione sugli Op. Ivy… del tutto meritata! *w*
Beh, ti lascio sul serio ora… Alla prossima! *-*

Green Star 90: Ftellù mia! *ç*
“Ma un piccolo peto che rovini l'atmosfera no? *bastardaggine mode on*” --> Ahahahahahahha… Oddeo, me lo so’ scordata! xD Scherzi a parte, come farei senza i tuoi commenti che puntualmente mi fan morire dal ridere (è una cosa positiva, eh **)?
Duuuunque, diciamo che la descrizione del suddetto nipote è rimasta alquanto superficiale perché volevo far apparire il tipo come “superficiale”… Però non so se son stata sufficientemente chiara e ho trasmesso ciò o.O… Beh, anyway, devo anche dire che per codesto tizio (il nipote “fighetto”), ho (purtroppo) avuto anche degli esempi di persone conosciute a cui ispirarmi…
Oh, davvero la scena dell’ammirazione del cielo stellato sull’albero avresti voluto scriverla tu? Quale onoVeH *ç*… “E invece no, l’ho scritta prima io! Muahahah *bastardaggine mode on* xD… A parte gli scherzi… Diciamo che mi è venuta in mente anche perché mi ha sempre affascinato l’idea di ammirare un cielo stellato seduta tra le fronde di un albero… anche se fin’ora, purtroppo, non l’ho ancora fatto…
Cambiando discorso… Ahahahah, oddeo, l’abbigliamento “Foxboro”… Uhm, diciamo che devo ancora pensarci xD… Quiiiindi, la tua proposta va in lista candidati…lol. A parte il nome “tornado LATINO”, che escludo dalle possibilità, perché quella parola mi ricorda troppo la sQQuola e le TROPPE interrogazioni e verifiche e versioni di quella stramaledetta lingua (morta, se no l’avrei uccisa io u.ù) che, in questo periodo ad esempio, sono davvero un’oppressione ._. senza contare che NOI dobbiamo studiarci alla lettera la grammatica, per poi tradurre gente che se ne fregava altamente e sottintendeva cose varie, a cui viene attribuita la scusa della “licenza poetica” ._.” … xD Ahahaha, nooo, il tuo commentoH non è inutileH (xD) **… Beh, salutami il sottomarino giallo **
A presto *ç*

m i n o r i t y: Darlin’! *w*
“Be who you are. - The Rev.” --> *ç* Tu che inizi una recensione ad un mio capitolo con una citazione del Rev (che tra l’altro condivido appieno)… ma io ti adoVoH! *ç* xD
E dire che il mio “caro” alterego ha fatto proprio questo... beh… grazie mille! Ok, era mio intento rendere ciò, ma sentirselo dire e rendersi conto di essere riuscita a trasmetterlo, beh, è importante u.ù
“ [… --> questi stanno a citare tutto il discorso sopra, che non copio se no qui diventa troppo lungo xD] "C-can I?", come a chiedere il permesso a Billie di entrare nella sua vita, a passi felpati, di soppiatto, quasi a domandarsi mille volte perché mai dovrebbe contare qualcosa nella sua vita, quando si sente qualcuno di assolutamente insignificante. Forse sbaglio, anzi, quasi sicuramente; fatto sta che mi sono inevitabilmente immedesimata, ancora una volta, nel tuo piccolo, meraviglioso alter-ego.” --> Forse sbagli?!? Ma… ma… ma se hai azzeccato in pieno!! ** Aww, mi fa davvero piacere trovare qualcuno che legge tra le righe di codesta mia fic (la chiamo così in tua presenza, contenta? xD) i miei pensieri, e che riesce ad immedesimarsi in quel mio “piccolo, meraviglioso alter-ego”… *__* No, davvero, grazie ^^”
E sono felice che tu trovi che riesca a rendere giustizia ad entrambi, Billie ed il Reverendo… E, beh, la tua descrizione di queste due facce di quella stessa meravigliosa medaglia, con tanto di agganci in vari punti del mio Scl..ehm, della mia fic, è… wow (I’m lost for words *w*)
“(on the lighter side of things: sul suo fido e sbavoso destriero, il Re dei Llama!),” --> ahahahah, right!
“Anyway, have a nice week, grazie ancora per aver aggiornato, per aver scritto un capitolo così meraviglioso and for being who you are. :D” --> Ma tu sei davvero così tanto intenzionata a farmi commuovere? *ç* No, davvero… Grazie a te !
”Che il Llama sia con te, giovane Obi Wa- Ehm, giovane Ema! :D” --> Ahahahah… E, poi, beh, sempre lui, il mitico Llama! ** Aahahah, beh, grazie mille xD
P.S.: Per la recensione sulla mia “one-shot”, per così definire brevemente l’excursus della mia mente ad un anno di distanza da quel Giorno di Vita, il ricordo e le emozioni ancora così “vivi” (per restare in tema..)… Beh, sul serio, thanks so so so much, darlin’. Davvero, grazie mille per la tua recensione. Lo sai, anche per me sono importanti… E, beh, il tuo commento è stata come un’aggiunta ai ricordi, ed un ricordo complementare… Non so se mi spiego… E, inoltre, è stata la prima recensione *ç* nonché quella che mi ha detto che non avevo commesso un errore a pubblicarla, nonostante fosse molto più “personale” del solito, nonostante non fosse una vera e propria “fic”, e nonostante tutti i miei dubbi eccetera (ma di questi te ne parlai a suo tempo…). Beh, grazie ancora *w*
Se ya very very very very soon (virtualmente e, SOPRATTUTTO, non *ç*), Darlin’

ShopaHolic: Sweetheart! *ç*
Ahahaha, beh, consolati, la tua mente non è la sola che davanti a frasi ambigue va verso “quelle folli direzioni”.. xD
“specialmente se ci sono di mezzo i Green Day, sarà perchè da loro, e in particolare da Billie, ci si può davvero davvero davvero aspettare di tutto, mi sbaglio, forse?! xD” --> No, non sbagli xD
È stato “quasi romantico”, dici? ** Beh, wow xD. No, seriamente, è una cosa che mi è venuta così, senza pensarci più di tanto… Anche perché mi ha sempre attirato l’idea di salire di notte su un albero e ammirare il firmamento tra le sue fronde ed i miei pensieri (poi se con BJ, come in questa fic, ancora meglio eh xD)… Già, è vero, è come se Billie fosse tornato indietro nel tempo, arrampicandosi tra i rami dell’albero ed invitando Ema a seguirlo, e, quindi, un po’ di nostalgia ne traspare… Anch’io da bambina (e non solo :P) mi arrampicavo sugli alberi, per guardare le cose da un’altra prospettiva, o semplicemente per divertirmi, ma non ho mai provato il brivido di farlo la notte… Chi lo sa, magari un giorno lo farò anch’io xD
Anyway, mi fa molto piacere che tu abbia apprezzato la spiegazione dell’“odio” di James verso Ema… Sai, era un tentativo così, un’idea nata una sera di qualche mese fa, parlando (o meglio, massaggiando xD) con la cara cerere.. E, beh, mi fa quindi piacere che sia andata bene in porto ^^… Anyway, hai perfettamente ragione, il tuo ragionamento non fa assolutamente una grinza… Solo, vaglielo tu a spiegare a James! xD
Offesa, io? Ma figurati! Anzi, grazie del consiglio, cercherò di farvi più attenzione in futuro! E, soprattutto, cercherò di rileggere
con calma ciò che scrivo (cosa che purtroppo spesso non riesco a fare, tra un impegno e l’altro e il conseguente obbrobrioso ritardo con cui mi ritrovo sempre più spesso a postare i capitoli…).
Per quanto riguarda i Foxboro… Beh, sappi che probabilmente quando scriverò il suddetto capitolo invidierò all’inverosimile il mio alter-ego! xD E, già, se suonare assieme ai Green Day è già un grandissimo sogno che si realizza, beh, partecipare e addirittura suonare ad uno dei Foxboro Hot Tubs…beh, come hai detto tu, supera ogni aspettativa! xD… Beh, spero comunque che quando arriverò a descriverlo (spero abbastanza presto.. :D), riuscirò a darti l’illusione di essere anche tu lì in mezzo, nonché darla pure a me stessa! ;D
Grazie mille ancora dei complimenti, e della recensione così lunga *w*
A prest(issim)o (virtualmente, e non *ç*)!

K_Billie Joe: CaraH! **
E beh, chi non vorrebbe vivere/vedere un concerto dei Foxboro?! Chi?! xD
Wow, l’anno prossimo vai in California? *ç* Io probabilmente ci andrò tra 2 anni… Beh, ti invidio u.ù E, anyway, spero che suoneranno almeno una volta.. So, in bocca al lupo che li “becchi”! ^^
See ya! **

cerere: Maaaaaaaaaate! *ç*
Sappi che ti perdono il ritardo solo perché sei tu, e perché mi hai sempre dato consigli vari e puntualmente (? …vabbè, facciamo finta che sia sempre “puntualmente” ;D) mi hai aiutato con questa fic, anche laddove quella puttana dell’Ispirazione s’era presa una bella vacanza non autorizzata (._.), e tutt o riest appries (come dici tu).. xD
Iniziando a rispondere alla tua recensione (**):
È vero, noi due dobbiamo davvero molto a questa storia, nonché all’HTML (xD)… *__* Se penso che è grazie a loro che è nata la nostra amicizia e ne è testimone (come hai detto tu, con “tono saccente”, prima di quella padellata xD)…. Awww. Davvero, non riesco a pensare come avrei fatto senza la “sventura di averti incontrato”, come hai detto tu (che più che sventura la chiamerei fortuna) xD
Passando al resto… Beh, visto che alla fine la partitella a scala quaranta te l’ho risparmiata? xD Anche se, a ripensarci, forse avrei fatto bene a inserircela, così tu saresti venuta quassù da me… *ç* *inizia a fantasticare e farneticare finché non riceve una padellata in testa, forse dallo stesso ‘anonimo’ che l’ha tirata alla sua mate xD*
Beh, I’m so pleased che ti sia sembrata “figofighissima” l’idea del cambio di prospettiva… Anyway, non che c’entri molto, ma sappi che anch’io da piccola mi ero messa a guardare il panorama a testa in giù per “cambiare prospettiva”..però senza arrivare al punto di perdere quasi conoscenza! xD Anyway, grazie comunque del consiglio… lol
“beh, poi per quanto riguarda il resto, OVVIAMENTE da una mia idea non poteva venir fuori altro che un capolavoro di motivo dell'odio di James per la Ema. *si pavoneggia*” --> Aahaha, modestia a parte, eh? xD
“(no, scherzo. seriamente parlando, sono contenta che l'idea abbia funzionato, perchè onestamente mi sembrava un'idiozia come tutte le idee idiote che mi vengono... tu l'hai sviluppata alla grande, quindi il merito è tutto tuo, io non c'entro niente. :D ).” --> Adesso, non esagerare! Punto 1, le idee che ti vengono non sono idiozie u.ù. E punto 2, una parte del merito ce l’hai pure tu, mi sembra ovvio ** (Ma io di più *bastardaggine mode on*…ahahah just kidding, mate!)
E, beh, non sei certo la sola ad invidiare “madamigella Ema” ogni giorno di più. E io sono tra questi, per quanto possa sembrare assurdo che un’“autrice” invidi l’alter-ego da lei stessa creato…xD
Già, mo pure i Foxboro… BeataH sì *w*! xD
“ma si fermerà mai la tizia nella sua strada alla conquista del mondo (dei sette, beh in realtà tre, nani)?” --> Ahahahah… Uhm, I dunno xD
Se ya very very very soon (sia virtualmente che, spero, non, finalmente *ç*)

Rage ‘n’ Love



E un ringraziamento va anche a tutti voi che avete aggiunto questa fic alle seguite e/o ai preferiti e/o alle storie da ricordare e/o, addirittura, me alle autrici preferite… (*arrossisce*xD)! *_* - Fujiko_Chan (AmantaH *_*! I miss you... Ti ho persa definitivamente? ç_ç), Green Star 90, Helena89 (I miss ya…), Mary17, micky_malfoy87, millape, m i n o r i t y, 801_Underground, cerere, Crazy_Me, Asuka96, Jayden Akasuna, K_BillieJoe, Sybille, SuomiLover, Francy924, _LISA_, totolo, DarkSwan, Fagiolins, Haushinka_ , LaFrappuccino
E se non chiedo troppo, quando riuscite, mi farebbe davvero piacere (per chi non lo fa già *w*) se lasciaste una recensione, o un commento, magari anche piccolo, giusto per sentire la vostra presenza e per sapere cosa ne pensate ^^”


Vabbè, vi ho già “rotto” fin troppo, vi lascio al capitolo… =D
See ya soon *ç*







CAPITOLO 19 Losing my self-control…


James era lì, in piedi, le mani appoggiate ai fianchi e i gomiti piegati, con un’aria che non faceva presagire niente di buono.
I suoi occhi ci squadravano duri, freddi, glaciali, mentre spostava lo sguardo su ognuno di noi.
Fissò quei due pezzi di duro ghiaccio su di me, fulminandomi. Il suo sguardo esprimeva sdegno, rabbia, disprezzo, astio… E al contempo trasmetteva un’incredibile freddezza.
Cercai di sostenere quel contatto visivo, non senza fatica, più che potei.
Ma lui non sembrava intenzionato a mollare.
Aveva scrutato già gli altri, e ora restavo solo io preda di quello sguardo raggelante.
Ma se sugli altri si era soffermato pochi secondi, forse una manciata di più su Billie, su di me… Su di me, mi sembrava si fosse trattenuto da un tempo interminabile. Sicuramente più che sugli altri. Non saprei dire se fossero stati secondi, minuti, o cosa. Probabilmente quel terribile lasso di tempo superava il minuto, ma non potevo esserne certa.
Sentivo il cuore martellare nella cassa toracica, il respiro che stava diventando affannoso.
E, ad un tratto, mi accorsi che avevo cominciato a tremare, impercettibilmente.
La voglia di abbassare lo sguardo era molta, ma la determinazione a tenerlo alto era altrettanta.
Continuavo a fissare quei due occhi rapaci, cercando di mantenere un’espressione che fosse il più imperscrutabile possibile.
Ma diventava sempre più difficile sostenere quello sguardo, e cercare di rimanere impassibile. Soprattutto fissare quegli occhi…
Mi accorsi che il mio tremore era aumentato considerevolmente, senza che potessi quasi accorgermene né fare nulla per impedirlo.
Poi, ad un tratto, avvertii un braccio caldo cingermi la schiena e attirarmi verso un corpo altrettanto caldo.
L’idea di opporre resistenza non sfiorò nemmeno la mia mente in subbuglio, che, al contrario, si sentì quasi sollevata da quel gesto, calmo e rassicurante, al contrario di quello sguardo indagatore e gelido che stavo sostenendo da fin troppo tempo.
Cercai, con scarsi risultati però, di distendere i miei muscoli contratti, di affievolire il tremito che mi percorreva tutto il corpo.
Cercai di focalizzare l’attenzione su di lui, sul suo corpo caldo a contatto col mio, tremante e assiderato
Tentai di “scongelarmi”, almeno in parte… E in parte ci riuscii.
Stavo ancora tremando, il cuore mi martellava ancora nel petto, il respiro era ancora affannoso… Ma meno di prima.
Sentivo una nuova forza per continuare a fronteggiare quei due occhi gelidi, attraversati da uno sdegno, da un disgusto, da un disprezzo ed un astio sempre maggiore.
Quel dannato contatto visivo si protrasse per un’altra manciata di secondi, poi James distolse finalmente lo sguardo (con mio grande sollievo), per riportarlo pochi secondi dopo su noi tutti, in generale.
Seguì una coltre di silenzio, che nella mia mente era interrotto solo dal battito inarrestabile del mio cuore, dal mio respiro e dai pensieri che mi attraversavano veloci la mente.
E quel silenzio era più imperscrutabile e temibile di qualsiasi parola.
Era la classica immobile ed innaturale tranquillità che precede la furia di una tempesta.

Tempesta che, infatti, arrivò poco dopo, investendoci in pieno.
– È mai possibile che se non combinate qualche cazzata, voi tre, non siete mai contenti? – esclamò, infatti, un furente James, rompendo quel precario silenzio.
Silenzio che tornò a regnare sovrano nella stanza per qualche secondo, per essere poi nuovamente interrotto.
– Una volta non eri così… così… fottutamente fiscale! – questa volta era stato Tré a parlare, stizzito. Il manager non rispose.
– Cos’è? Hai perso la parola? – tornò all’attacco il batterista – Non è questo il manager che ci ha affiancato da anni, o meglio, non è questo il manager che abbiamo conosciuto. E, sai, se non ci fosse un fottuto contratto, probabilmente, un giorno di questi ultimi, avrei già chiesto a Billie e Mike se fossero d’accordo a licenziarti, e tu non saresti certo ancora qui a romperci i coglioni!–
Guardai Tré, che tentava invano di mascherare il fremito ed il rossore in volto causatogli dal restare troppo in silenzio a coltivare sdegno ed indignazione.
– Hai ragione, Frank. Non è questo il manager che abbiamo conosciuto. In queste ultime settimane poi è diventato davvero insopportabile. Hai perfettamente ragione… – aggiunse poco dopo il bassista, con una pacatezza innaturale, rivolgendosi direttamente a Tré.
James, al contrario, appariva sempre più irritato. Ricordava vagamente un vulcano sul punto di esplodere.
Ma perseverò nel non dire nulla, limitandosi a fulminarci con l’ennesimo sguardo gelido.
E, se non parlò lui, non parlò nemmeno nessun altro.
La stanza tornò ad immergersi in quel silenzio innaturale, carico di tensione ed estremamente snervante.
Ad un certo punto, la tensione creatasi nell'aria diventò per me ancora più insopportabile di prima.
Non riuscivo più a reggerne il peso opprimente, e soprattutto non riuscivo più a tenermi dentro quello che mi frullava in testa, tutta la rabbia, l'odio, l’impulso provocatorio, l’indignazione ed altri sentimenti simili, che ormai dominavano i miei pensieri, sovrastando il timore e la paura di quel freddo agghiacciante che ci squadrava.
Sapevo che l’idea che si stava impossessando della mia mente non certo era la migliore.
No, era un’idea che in una situazione normale avrei considerato l’esatto opposto di una buona idea.
Ma in quel momento non erano il mio buon senso, la mia razionalità, il mio senno, quelli che governavano la mia mente. Al contrario, erano stati messi prepotentemente a tacere, improvvisamente, da nuovi e violenti sentimenti che divampavano in me, sconvolgendomi.
– Se vuoi posso anche andarmene, nel bel mezzo del tour, così ci metti il tuo nipotino del cazzo a suonare la chitarra! –
La mia voce, dall’apparenza falsamente calma, ma che mal mascherava un profondo sdegno, ruppe nuovamente quel silenzio che si era ricreato e che regnava da fin troppo tempo.
Le parole uscirono dalla mia gola ancor prima che il mio cervello potesse revisionarle, impulsive, indignate, con un accento quasi di sfida.
Un attimo dopo, mi trovai addosso gli sguardi dei tre musicisti, non meno sbigottiti di quanto lo fossi io stessa.
Il volto di James sbiancò di colpo, fissandomi anch’egli sbalordito per qualche secondo, sia per il fatto che avessi parlato, sia per quello che avessi detto.
Poi, aggiungendosi al frastornamento, una nuova furia si accese nei suoi occhi, che presero a scrutare, furibondi e sconvolti, alternativamente me e i tre Green Day.
– E tu come fai a saperlo? Chi... Chi diavolo ti ha detto una roba del genere? –
– Un nano verde – risposi, con aria di sfida, ancora una volta quasi senza darmi il tempo necessario per valutare ciò che stesse per uscirmi dalla bocca.
Come risposta, ricevetti una gomitata nelle costole da Billie Joe, e un'occhiata, paragonabile a fulmini inceneritori e agghiaccianti allo stesso tempo, da parte di quell'avvoltoio del manager.
– Nano?! Nano a chi? – commentò Billie Joe al mio orecchio, sussurrando offeso.
Lo ignorai e tornai a concentrarmi su James, che mi fissava ancora in volto, che aveva assunto un colore che alternava il pallido al rosso di collera.
– Chi pensi di prendere per il culo, ragazzina? – sibilò questo, con un tono di velenoso e altezzoso disprezzo, che mi fece infuriare ancora di più, mandando al diavolo quel pochissimo self-control che m’era rimasto.
– Raccolgo la mia roba... – feci, con finta calma, profondamente indignata, alzandomi e facendo per dirigermi verso la porta.
I miei pochi passi furono seguiti da sguardi di completo disappunto da parte dei tre musicisti.
– No, ragazzina, ora non te ne vai e stai qui! Tanto ormai la frittata l’abbiamo fatta! E non la risolvi così facilmente, scappando come una poppante codarda... –
Ancora quel tono.
Ancora quel “ragazzina” sibilato con disprezzo, che mi faceva saltare i nervi.
E, per condire il tutto, mi aveva dato della “poppante codarda”.
Era troppo per i miei fin troppo provati nervi.
Se prima ero convinta di aver perso anche l’ultima briciola di self-control rimastami, ora ne avevo la certezza.
Non mi sentivo quasi più padrona di me, dei miei pensieri, ma completamente in balìa dei miei sentimenti.
Sentimenti che avvertivo come un fiume in piena, impetuoso, che aveva travolto gli argini, la cui corsa pareva impossibile da essere arrestata. E così ero io, controllata ormai esclusivamente da loro.
Mi bloccai e mi voltai di scatto.
– Frittata di cosa, che la colpa è soltanto di quella mezza checca di tuo nipote che non sa suonare?! –
Non urlai. No. Quasi me ne stupii.
Al contrario, mi limitai a “gridare” sottovoce, con rabbia, quella frase.
E, ad un tratto, fugace, un ragionamento sentito tempo prima mi attraversò nuovamente la mente: “Non è urlando che si spaventano le persone, non è urlando che si fa valere la propria opinione. Un urlo può far sussultare, per la sua impetuosità, per essere improvviso e frastornante, ma ben presto annoia e dà solo fastidio. Il suo effetto è fuggevole. Magari riesce anche a distruggere molto, ma non fa dar veramente retta a chi l’ha gridato. Sono le frasi sibilate, gridate sottovoce, quelle che incutono vero terrore, nonché quelle che rimangono impresse, continuando a ronzare e dando più che un semplice fastidio… La rabbia sussurrata è sempre quella più temibile…”.

Tré non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere davanti alla scena.
Ma non feci in tempo a concentrarmi sulla risata del batterista, che mi sentii afferrare con forza un braccio.
– Ema, ora non esagerare. Tu non te ne vai da nessuna fottutissima parte, ok? –
Billie mi fissò negli occhi, alquanto alterato.
Non risposi.
– E poi, sarà anche un grandissimo stronzo, ma è pur sempre il nostro manager. È un tuo fottutissimo superiore... – continuò Billie, ma non lo lasciai finire.
– Superiore un cazzo, porca di quella troia di Beatrice! Ma cos'è, ti metti anche a fare il lecchino ipocrita, adesso? Proprio tu? Tu che dici tanto di non farci mettere i piedi in testa da nessuno? Tu che dici che siamo noi i fottuti leader? Tu che dici di essere semplicemente noi stessi, di credere nei nostri ideali e di non lasciare che qualche fottuto bastardo pretenda di dirci cosa fare o no? Eh? – gli urlai quasi in faccia, tanto fu lo sdegno che mi colpì.
– Cazzo, Ema, fammi finire almeno! – mi gridò lui, in risposta – Non sono un fottuto ipocrita! Ficcatelo bene in quella tua maledettissima testa dura! Non era quello, quello che volevo dire, Cristo santo! Stavo dicendo che non è il caso di esagerare in quel modo, dannazione! E stavo dicendo che James è un tuo fottutissimo superiore, sì, ma è anche diventato uno stronzo oppressore, e quindi fai bene a reagire, cazzo, ma che comunque non lo conosci quasi, è il nostro di manager, e quindi è meglio che lasci risolvere a noi questa faccenda! –
– Stronzo, eh? È così che mi chiami, Armstrong, brutto nano malefico? – sbraitò James, ma nessuno gli badò, in quel momento.
– Beh, grazie mille dell'interessamento, Billie, ma credo proprio di riuscire a cavarmela da sola! Non sono più una bambina, sai? – replicai, sarcastica.
– Ah, è così che la metti? Sai, lo so che non sei una fottuta bambina, anche se adesso quasi quasi sono costretto a ricredermi! –
– Billie Joe Armstrong, so risolvermi i casini da sola. Non sono più una bambina, te l’ho già detto, e se tu pensi di doverti ricredere su questo, beh, sono cazzi tuoi, ma sappi che sbagli, sbagli di grosso! E ora smettila di fare l’idiota, sta’ zitto e fammi parlare, ok? –
Non sapevo neanch’io perché avessi detto tutto ciò, ormai ero completamente in balìa dei controversi sentimenti che mi travolgevano in continuazione.
Non ero più la “solita” Ema. No, ero un’altra Ema, la parte oscura, irruente, e sempre quasi sconosciuta e sorprendente, di me stessa.
L’unica cosa che sapevo era che non avevo intenzione di mettere in mezzo Billie, e soprattutto non volevo entrare di nuovo in conflitto con lui, dopo essere così faticosamente appena uscita da un altro ed aver ricostruito quel bel rapporto che si stava instaurando tra di noi.
Ma ormai il fiume aveva travolto gli argini, era inarrestabile, e non potevo più fermarlo né tornare indietro.
– Sì, lasciala parlare, ora! Sentiamo, la colpa sarebbe di mio nipote, eh? E non tua, che ti sei messa in mezzo rovinando tutto? Interessante come punto di vista, peccato sia l’opposto del mio… – fece James, ad un tratto, con cattiveria, riportando l’attenzione su di sé.
– Non sai quanto mi dispiaccia non condividere la tua stessa idea, sai, ma sono estremamente convinta della mia – replicai, con altrettanta maligna ironia.
– Ah, sì?! Ancora non ho capito bene come diavolo hai fatto a sapere di mio nipote, anche se dei sospetti ce li ho… – incenerì Billie con un’occhiataccia, ma il frontman non ne rimase affatto intimidito – Comunque, anche se così fosse… Mi potresti spiegare, ragazzina, per quale arcano motivo non saresti tu la causa di tutto questo casino, ma mio nipote? – finse meraviglia, dandomi ancora più sui nervi, con quel tono sprezzante e perfidamente sarcastico – Perché, sai, a quanto mi risulta sei tu quella che è piombata qui dal nulla, e sei tu quella che durante la sua prima esibizione con una band di fama mondiale si è buttata nel pubblico scatenando un bordello assurdo e facendo a botte con una tipa là sotto, seguita a ruota, per un altro misterioso motivo, da un frontman davvero idiota… –
– Se uno non sa le cose, farebbe meglio ad informarsi meglio, prima di parlare – risposi, con un’acida atonia.
Ciò mandò il manager ancor più su tutte le furie.
– Ah, adesso ti permetti anche di darmi dell’ignorante, piccola insolente? –
– Io non sto dando dell’ignorante a nessuno, sto solo dicendo che se qualcuno non sa come stanno realmente le cose, farebbe meglio ad approfondire le sue dannate conoscenze, prima di dar invano aria alla bocca e sputar sentenze a destra e a manca! –
– E com’è che starebbero, ‘ste cose? –
– Sai, è una cosa lunga da spiegare, e non ho intenzione di rivangare i miei fatti personali con una persona come te e… – ma non mi lasciò terminare.
– Ah, e quindi non ne puoi parlare… Ma che peccato… Anche perché ciò mi fa credere che questi fantomatici motivi personali non esistano, e che abbia ragione io, ancora una volta –
– Perché, se una non ha voglia di raccontare questioni che appartengono alla sfera privata ad un egocentrico megalomane bastardo che crede di aver la verità in bocca, che non vuol sentire ragioni, e per di più che crede che la sottoscritta sia soltanto una stupida imbecille presuntuosa o qualcosa di analogo, si può ritenere che tali motivazioni personali non esistano o non abbiano validità? – risposi pungente, formulando una domanda, retorica, peraltro.
– Bella scusa, davvero, complimenti –
– Non è una fottuta scusa. È la dannatissima verità. Ma a che parlo a fare, con tipi così è impossibile ragionare… –
– Senti chi parla, una stupida ragazzina che si crede…–
– Adesso basta! – la voce di Mike sovrastò quella di James, obbligando tutti al silenzio.
Il bassista, prima appoggiato al muro, aveva mosso due passi in avanti, risoluto, sotto i nostri sguardi attenti, raggiungendoci.
– Smettetela. Cazzo, mi sembrate dei bambini di due anni, entrambi. Soprattutto tu, James: non mi aspettavo ragionamenti così infantili da te… – continuò, con una pacatezza quasi innaturale, per poi tornare nel “mistico” silenzio meditativo che l’aveva caratterizzato fino ad allora.
Alle sue parole seguì un immobile silenzio di qualche secondo.
– Bah, fate come volete, se volete tenervi come chitarrista quest’insulsa ragazzina, che Dio solo sa come diavolo abbia fatto a conciarsi così, – constatò con disprezzo, fissando le mie ferite sul volto ed il braccio fasciato – fate pure, ma sappiate che alla prossima cazzata… – il manager lasciò la frase in sospeso.
– Alla prossima cazzata, cosa, James? – questa volta fu Tré a parlare, uscendo anch’egli dal suo prolungato ruolo di spettatore.
Il manager non rispose, si limitò invece a girare i tacchi ed uscire dalla stanza, con le sembianze che ricordavano vagamente, ancora una volta, un vulcano sul punto di esplodere.
Non appena si richiuse la porta alle spalle, gli staccai lo sguardo di dosso, e lo puntai in direzione dei tre Green Day.
Con un tacito sorriso ringraziai Mike, che era intervenuto prima che la situazione degenerasse ulteriormente. Il bassista mi rivolse a sua volta un debole sorriso, che mi risollevò un po’ l’umore.
Poi fissai Tré, il quale mi indirizzò un buffo tentativo di sorriso, che mi provocò una precaria ma lenente ilarità. Ricambiai il sorriso, scuotendo leggermente e quasi impercettibilmente la testa.
Infine fu il turno di Billie Joe.
Ebbi un po’ timore a voltare lo sguardo e fissarlo nei suoi occhi, perciò inspirai profondamente prima di compiere tale azione, come per cercare il coraggio che mi mancava per affrontare quello che avrei potuto scorgervi.
Tutto mi parve come al rallentatore, finché non incontrai le sue iridi. E quello che vidi fu… niente.
Non ci vidi assolutamente niente. Un dannatissimo, maledettissimo, fottutissimo niente.
O meglio, niente che io riuscissi a decifrare, perché qualcosa in quegli occhi c’era.
Sì, a fissarli meglio, riuscivo a scorgervi un miscuglio indistinto e misterioso, oscuro.
Non avevo mai scorto quell’apparente apatia indecifrabile permeare quegli occhi, che mi apparivano solitamente così espressivi e vivi.
Invece, in quel momento, mi risultavano perfettamente imperscrutabili, dominati da un’impenetrabile coltre d’inespressività.
E ciò mi paralizzò, mi turbò, mi sconvolse nel profondo, nonostante esternamente cercai di non darlo granché a vedere (senza sapere però nemmeno io il motivo di questo tentativo).
Cosa si nascondeva dietro quell’espressione incomprensibilmente arcana?
Che fosse ancora indignato per come lo avevo trattato prima?
O turbato da qualcosa? Da cosa?
E cosa c’entravo io, questa volta?
“E ora smettila di fare l’idiota, sta’ zitto e fammi parlare, ok?”. L’ultima frase che gli avevo rivolto, in balìa dei miei controversi sentimenti, mi attraversò la mente. Effettivamente, da allora non aveva più aperto bocca… Avvertii una fitta lancinante, e mi sentii veramente un’idiota.
Ma era solo per come mi ero rivolta a lui una decina di minuti prima, o c’entrava anche qualcos’altro?
E cosa potevo fare per ripristinare nuovamente la situazione che avevamo così faticosamente ricostruito poche ore prima? Dio, ero proprio un disastro…

D’un tratto, Billie distolse lo sguardo dal mio e si allontanò, uscendo silenziosamente, richiudendosi la porta alle spalle.
Se ne andò, lasciandomi con i miei pensieri, le mie preoccupazioni, le angosce che mi aveva provocato con quello sguardo, le mie mille domande senza risposta…
Non so per quanto tempo rimasi a fissare quella porta.
So solo che ad un tratto sentii una mano calda posarsi sulla mia spalla tremante.
Mi voltai, lentamente, incrociando due iridi celesti, ed uno sguardo amichevole, rassicurante.
Ancor prima che la mia mente si rendesse pienamente conto delle mie azioni, mi ritrovai avvinghiata al bassista, cercando un sostegno, ed appoggiando la testa divenuta ormai insopportabilmente pesante alla sua spalla. Mike, da parte sua, mi cinse delicatamente la schiena, sorridendo debolmente, inspirando ed espirando lentamente. Rimase in silenzio per un po’, come a calibrare le parole, poi parlò.
– Hey, Ema, calmati – mi sussurrò, parlando adagio e con voce pacata – Non è successo nulla di grave… Tranquilla… –
Lo fissai, ancora sbalordita.
– No, invece, ho creato un altro casino… – riuscii a bisbigliare poco dopo, con voce rotta, insicura.
– Nulla di irrimediabile… – fece lui, cercando di rassicurarmi – Ti sei fatta un po’ prendere la mano, certo, ma non sei stata la sola. James ha esagerato e quella è stata la reazione che ti ha provocato… Non voglio dire che tu non ne abbia responsabilità, sto solo dicendo che non era tua iniziale intenzione, e magari non eri nemmeno del tutto cosciente, forse eri in balìa di contrasti e sentimenti fuoriusciti al tuo controllo o qualcosa del genere… –
Lo guardai negli occhi nuovamente, stupita della velocità con cui avesse inteso le emozioni che mi sconvolgevano, ed avesse capito come queste avessero preso il controllo di me…
– Sai, non è così incomprensibile… – continuò il bassista, sorridendomi lievemente – E, credimi, non è successo nulla di grave. James se n’è andato, infuriato, sì, ma penso che abbia su cosa riflettere, da solo. E in modo analogo, ma pure differente, anche Billie. È uno di quei momenti in cui è meglio lasciarlo stare, lasciarlo da solo coi suoi pensieri, a ragionare e a sbollire i sentimenti che lo pervadono, discrepanti ed antitetici. Credimi, lo conosco bene, in momenti come questi è da azzardati tentare di inseguirlo, ne riceveresti solo porte chiuse in faccia, inviti non troppo cortesi a lasciarlo in pace, occhiate che non lasciano trasparire alcunché, o, se lasciano trasparire qualcosa, beh, esprimono irritazione, indignazione, ostilità, sentimenti non proprio confortanti, nonché i vari contrasti che lo attraversano in quel momento… – fece una breve pausa, mentre io continuavo a fissarlo, pendendo dalle sue labbra – E, se ora non ha detto nulla e se n’è andato in quel modo… Beh, forse cercava di trattenere parole che sarebbero uscite solo per la rabbia e lo sdegno… Forse non voleva, per qualche suo motivo non sempre così chiaro, lasciarti intendere tutto ciò che gli attraversava la mente, tutti i sentimenti furenti di cui era preda… – sospirò – Se lo conosci bene, capisci che quella non è indifferenza. No. Magari a prima vista può sembrarlo, ma ti assicuro che è qualcosa di differente, molto differente… Perché se fosse davvero indifferenza, beh, certamente non avrebbe alcun problema a urlarti in faccia quello che la mente in preda ai sentimenti che ho detto prima gli detta, accompagnato da un bel vaffanculo, come minimo… E dopo avrebbe probabilmente chiuso, di te non gliene fregherebbe più niente. E poi, beh, se fosse indifferenza, sta’ pur certa che non si metterebbe in mezzo per te, non si arrabbierebbe per insulti diretti a te, né per delle tue reazioni che ritiene esagerate e prive di un’adeguata riflessione… E non se la prenderebbe più di tanto se tu insinuassi che sia un’ipocrita e dica le cose solo tanto per, senza pensarle né applicarle, eccetera… Voglio dire, non gliene fregherebbe più di tanto di cosa una persona che a lui non fa né caldo né freddo pensi di lui… – ridacchiò sommessamente – E, inoltre, quello che vedresti nei suoi occhi sarebbe un niente dietro cui vi è solo altro niente, non un niente posto come sipario ad un groviglio intricato di pensieri ed emozioni… Non so se capisci cosa intendo… –
Mi fissò, ed io annuii piano, abbozzando un sorriso grato.
Mike rimase nuovamente in silenzio qualche manciata di secondi, come per riflettere.
– Ora, la cosa migliore è lasciarlo sbollire… Non è la prima volta che gli capita un momento così, lasciatelo dire da uno che lo conosce da più o meno una vita… – rise, per poi tornare subito serio – Vedrai che tra un po’ gli passa… E, se non si presentasse entro un’ora, che mi sembra più che sufficiente data la gravità non molto rilevante del vostro diverbio, beh, allora è meglio che tu vada a vedere. Forse la causa sarebbe che, magari, dopo essersi accorto che in fondo è stata solo una cazzata, che avete avuto reazioni fin troppo esagerate, avete perso il controllo per un nonnulla o poco più… beh, capirebbe che anche lui ha sbagliato. Ma, sai, a Billie non piace molto accorgersi di aver esagerato per una sciocchezza e dover chiedere scusa… Credo si senta un po’ in imbarazzo o qualcosa del genere… È per questo che ti ho detto che è meglio che nel caso vada tu a vedere... Sai, se non è lui a dover fare il primo passo, ho come l’impressione che per lui sia un sollievo, un peso in meno… – si interruppe un attimo per cercare di nuovo il mio sguardo, prima di riprendere – Lo so, non è facile ammettere di aver sbagliato, né fare il primo passo, però, se ci tieni, vedrai che la fatica verrà ripagata appieno… Adesso mi chiederai perché debba essere proprio tu a fare questa fatica… Beh, la risposta è che ognuno pensa questo e… Insomma, se nessuno si muove, la cosa non si risolve più e alla lunga peggiora pure. E, se aspetti che sia Billie che in una situazione del genere faccia il primo passo per scusarsi ed ammettere di aver commesso un errore… – rise – Beh, allora aspetta e spera! –
Cercai di sorridere ancora, per ringraziarlo e per tentare con quel gesto di allentare l’inquietudine che mi tendeva come una corda di chitarra fin troppo tesa.
– Mike… Thank you… Thank you so much – mormorai, abbracciandolo vigorosamente.
– E di che? – replicò questi, un po’ imbarazzato.
Dalle mie labbra uscì una risata. Seppur debole, fugace, insicura, era un’autentica risata. Una di quelle che ti fanno sentire l’animo un po’ più leggero. Una di quelle che non speravo di riuscire a liberare così presto, in quel momento, dopo tutto quel guazzabuglio di emozioni e sentimenti, quella rabbia, quell’indignazione, quell’avversione, quell’ostilità, quell’ansia, quella preoccupazione, quella tensione, e tutto il resto…
– Beh, anche di questa, tra l’altro – risposi, alludendo a quella risata liberatoria.

Tic tac, tic tac, tic tac…
L’inesorabile corso dei secondi, che passavano così lentamente, mi rimbombava nelle tempie, amplificato.
Dannazione, dovevo distrarmi, dovevo smetterla di fissare come ipnotizzata quelle lancette. Aumentavano solo l’ansia, e la sensazione che il tempo scorresse più lentamente del solito.
Stavo diventando troppo paranoica…
Mi alzai dal letto, per risedermivi due secondi dopo.
Mi presi la testa tra le mani, massaggiandomi lentamente le tempie. Poi feci scivolare le dita leggermente più in su, afferrando e stringendo fin quasi a farmi male una ciocca di capelli.
Tic tac, tic tac, tic tac…
Maledizione, dovevo distrarmi, o il mio cervello sarebbe esploso.
Mi alzai nuovamente, e questa volta feci qualche passo avanti, per poi chinarmi, far scattare i fermi ed aprire la custodia della mia chitarra. La imbracciai, sentendomi per un attimo più forte, e tornai a sedermi sul bordo del letto.
Sfiorai le corde, senza sapere esattamente cosa fare. Ne feci vibrare alcune, a caso, pensierosa.
Poi, quasi inconsciamente, le dita della mia mano sinistra si serrarono sulla tastiera in un accordo, seguito da un altro ed un altro ancora, mentre le dita della destra, stringendo saldamente il plettro, ne dettavano il ritmo.
Continuai a suonare quel riff, dettato dall’improvvisazione della mia mente, che sfogava quello che provavo, ma al contempo mi trasmetteva nuova grinta…
E persi quasi la cognizione del tempo, dimenticando quasi l’orologio che fino a poco prima aveva occupato ogni angolo della mia mente.
Quando alzai gli occhi dalla tastiera, infatti, notai con stupore che le lancette si erano spostate, e di parecchio!
Ma ciò mi fece anche fare due calcoli, notando che era passata più di un’ora da quando ero tornata nella mia camera, e quindi indubbiamente più di un’ora e mezza da quando Billie se ne era andato dopo la discussione con James…
Forse era meglio seguire i consigli di Mike, facendo il tanto temuto “primo passo”…
Sospirai.
Riposi delicatamente la mia “Baby Billie Joe” nella sua custodia, sfiorandola un’ultima volta, come per trarne la forza necessaria per andare a bussare a quella dannata porta, la sua porta…

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Capitolo 20
*** Part 1: Stuck with me / Part 2: Can donkeys fly? ***


Salve popoloH!
Sì, lo so, anche ‘sta volta i miei “buoni propositi” di aggiornare velocemente sono andati a farsi fottere :S Sono imperdonabile, è addirittura da dicembre che non riesco ad aggiornare! :( I’m so sorry, girls…
Vi risparmio la lista delle cause, penso le possiate immaginare, dato che grossomodo son sempre quelle… xD (che poi da ridere non ci sarebbe niente… vabbè). Dico soltanto che è almeno un mese che giorno dopo giorno mi auto impongo di terminare questo capitolo e postarlo, ma, puntualmente, qualcosa (sQQuola in primis, che in questo periodo non ci ha lasciato un attimo di respiro… e non è quindi un caso che mi trovo ad aggiornare, finalmente, ora che ho qualche giorno di vacanza xD) me l’ha impedito.
Anyway, cercherò di non dilungarmi
troppo anche ‘sta volta nell’introduzione [così potrò anche postare qualche minuto prima..] (;
Alright, forse sarà una cosa mia, ma andando avanti è sempre più frequente che mi succeda di non essere del tutto convinta di ciò che scrivo… Per ora, fortunatamente, voi mi avete sempre contraddetto, e spero che questo capitolo (né i prossimi) sia l’eccezione…
Come vi avevo già anticipato, la seconda parte del capitolo in questione era già scritta da tempo, bella e pronta nell’Hard Disk, che attendeva soltanto una veloce revisione e di essere collegata alla prima parte del capitolo, che ancora dovevo scrivere… e che s’è anche fatta pregare (nel senso che non è stato così semplice scriverla né mi convinceva al massimo… Well, you know, maybe I’m just paranoid…[?] comunque, così m’è venuta, e ormai non avrei neanche il tempo di riscriverla da capo…)
Well, this chapter is mostly dedicated to my mate cerere, ormai eletta a mia personale confidente e consigliatrice anche per quanto riguarda questa Fic… La dedica, questa volta, è dovuta al fatto che l’idea di questa seconda parte nacque qualche mese fa in un nostro Sclero Mentale su MSN (e, appunto, di assoluto Sclero Mentale si tratta…LOL)…
Uuuh… Dai, per ora sono riuscita ad essere almeno un po’ più sintetica delle volte scorse! (*Si illude*) xD
Quindi, prima di intasare lo spazio con Boiate varie, passo all’onere che più mi piace: rispondere alle vostre recensioni *w*

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
First of all, grazie 1,039 (*w*) a tutti voi che mi supportate e continuate a seguire e leggere questo mio “Sclero Mentale Formato Famiglia” chiamato anche fanfiction (or something like that… xD), ed in particolar modo a tutte voi che recensite… ♥

Crazy_Me: Hey caVissima! *_*
Scusami tu per il ritardo, che in confront al tuo è un millennio :S
Anyway, già… Ma mi sa che hai già intuito che a me non piace far andare tutto sempre tranquillo e “ordinato”… muahahaha. Però, beh, diciamo che non mi piace nemmeno far soffrire troppo quel mio povero (?! Povero?! Aspetta, è in Australia a suonare coi Green Day, altro che “povero”! LOL) alter ego…
Grazie ancora moltissimo per i complimenti! =) Spero di risentirti presto **

Green Star 90: Ftellù! *_*
Beh, inutile dire che anch’io adoro Tré! E quindi non può che rendermi felice il fatto che tu abbia apprezzato la descrizione della sua “rabbia-ilare” :D
E, beh, grazie davvero molto dei complimenti. Forse sono io quella paranoica con l’autostima sottoterra, allora… Boh, fatto sta che davvero non mi aspettavo tutto questo apprezzamento per il capitolo! **
Comunque… TU!! Tu e i tuoi pensieri sconci!! Prima o poi finirete per contagiarmi DEL TUTTO, in modo tale che codesti pensieri non possano più essere fermati in tempo e vedrai il rating della fic alzarsi non poco! Colpa tua! xD
Poi, beh, il fatto che questo alter ego sia parecchio fortunato non penso sia da ribadire… lol. E l’abbraccio di Mike si aggiunge all’elenco delle cose per cui invidiarla…
Per lo sbollire la rabbia, beh… Diciamo che rispecchia pure me. Diciamo che mi è assai difficile non riversare qualche mia caratteristica sui personaggi dei miei scritti… ;D
See ya soon *-*
PS: Lo so, lo so, sono imperdonabile. È che ho sempre meno tempo e i tuoi capitoli sono sempre di più… non so come fare ç_ç. Non so che dirti, a parte il fatto che spero di poter ricominciare a farti recensioni chilometriche o quasi in un arco di tempo il più decente possibile… SPERO…

ShopaHolic: Sweetheart! *_*
Anche tu a dirmi che lo scorso era tra I migliori capitoli che ho scritto? Ok, allora devo seriamente ricredermi. E allora mi sa che sono davvero troppo paranoica e con l’autostima a livelli troppo bassi… Beh, meno male che ci siete voi! ;)
Grazie mille dei complimenti, mi fa piacere che tu abbia particolarmente apprezzato le introspezioni e la mia scelta di costruire il capitolo in gran parte sulle occhiate che giravano tra i protagonisti della vicenda!
E sono contenta anche di essere riuscita a rendere IC i personaggi, dato che un altro mio timore è quello di andare Out Character, o trasferirgli troppo caratteristiche “mie”… ;D
Ahahaha, i tuoi insulti a James sono fantastici! Davvero, perfido è dir poco. Ipocrita e altezzoso, pure. È già tanto che Ema non l’abbia menato, dici? Beh, Ema vuole comunicarti che è stata davvero vicina a cedere a tale tentazione xD.
Uhm… Un faccia a faccia Ema-James per chiarirsi SRNZA SCANNARSI (!)… Forse tu chiedi troppo, ragazza… Comunque, sappi che ne parlerò con Ema (il mio alter ego, intendo xD) e vedrò che si può fare :)
Su Mike e Tré concordo in pieno con te! ** :D Mentre per BJ e il chiarimento che speri, direi che le risposte alle tue domande le avrai moooolto presto, scorrendo questa pagina ;D Spero di non deludere le tue aspettative nemmeno stavolta!
See ya soooooon, darling! *-*

m i n o r i t y: Darlin’! *_*
Ahahahah… Uhm, non so se sia “normale” “
finire di leggere questo capitolo sentendo che le proprie mani prudono, e che si ha una voglia matta di spaccare il muso a quel pallone gonfiato di James”, però so che talvolta capita anche a me e che sono contenta che sia riuscita a farti immedesimare a tal punto! xD
Beh, forse l’ho già accennato, a me piace parecchio creare colpi di scena qua e là, o rompere la tranquillità delle fic che scrivo… “Povero” (ma anche no! Anvedi dove sta, in Australia a suonare coi Green Day… lol) il mio alter ego che deve sopportare tutto… xD
Aahahah poi, Ema che è tipo.. "ah, fuck everybody" molto in stile BIAB, senza stare a fare digressioni su cani morti e fidanzati/e che mollano svario gente, la tua definizione ci sta a pennello xD. E Ema ci tiene a farti sapere che l’hai detta giusta, non ha paura di “just give ‘em the middle finger”. Anche se sa che non sta per fare la cosa giusta, ma anzi, e la parte razionale del cervello tenta invano di fermarla…
Mike, beh, diciamo che anch’io lo vedo così. Ci vuole una figura pacata, qualcuno che trasudi un po’ di stabilità in mezzo a quel gran casino… e lui è lì. =). Nella tua fic come nella mia. Forse non ci allontaniamo neanche così tanto dal vero Mike, o forse sì, chi può dirlo? Fatto sta che se lo vediamo entrambe così un motivo ci sarà ;D… L’abbraccio paterno, poi, beh… forse era l’unica cosa che potesse tranquillizzare Ema. La cosiddetta cosa giusta al momento giusto, così difficile da trovare. Ma lui era lì, aveva il tempo di sentire il suo piagnucolare confuso, la sua rabbia, i suoi dubbi.
"ehi, io sono qui. I ain't goin' nowhere. I'm here just for you" ecco, questa tua frase riassume il tutto xD. Ed è ciò che spesso e volentieri salva (e salverà?) la cara Ema da casini vari ;D.
Riguardo a Billie, ancora una volta hai ragione. No, non sbagli, se vuoi sentirtelo dire chiaramente (quel “forse sì” che ti eri data in risposta è completamente erroneo, sappilo. u.ù). Sai, le tue interpretazioni talvolta mi stupiscono, nel senso che mi sorprende come tu riesca egregiamente a leggere tra le righe ciò che vorrei che un personaggio trasmetta. Congrats :D
Grazie ancora mille-e-trentanove per i complimenti!!
See ya soon! *-*
PS: Em&Ema is love. Yeah, it sounds awfully like M&Ms, but, anyway, it’s cool XD

TreCooL: Hey, ciao! =)
Grazie davvero davvero molto per i complimenti *arrossisce*… Spero che continuerai a seguire la storia e dirmi che ne pensi :)
See ya

cerere: Maaaaaaaaaate! *_*
Eccola, la mia Recensitrice e consigliatrice personale, compagna di Scleri Mentali Formato Famiglia, dotata dell’unica originale Pompetta Gonfia-Autostima TM (marchio registrato)! XD
(In ritardo apocalittico, ma eccola xD… Sai che ti capisco e ti perdono, ma non ne approfittare troppo, eh! lol)
“Occhei, passando a cose (relativamente) più serie... Wendy O. Williams. ** In altre parole: WOW ahahahah oddeo, stupenda! XD
Sono assai lieta che il capitolo ti sia stato gVadito, caVaH! LOL. L’apoteosi del racconto, addirittura? Wow, devo rivedere i canoni del mio cervello sul convincimento o meno di un capitolo (se così si dice) ;).
Scherzi a parte, sono davvero contenta che il capitolo ti sia piaciuto e gli incalzanti dialoghi ti siano sembrati azzeccati… Il destino, dici? Qualcuno disse “future is unwritten” (Joe Strummer… **), ma chi lo sa? Magari il destino a cui i personaggi non possono sfuggire di cui parli tu, è quella cosa che ogni volta che scrivo di loro fa sì che essi inizino ad agire per conto loro, facendo sfuggire il capitolo dalle mie iniziali intenzioni, o sbloccando un punto su cui ero bloccata da tempo… chi lo sa? XD *ma come sono pseudofilosofica stasera*
Comunque beh, hai ragione, quel pugno dato alla escort (già, hai ragione, escort fa più sofisticato XD) Beatrice diceva molte cose, è stato come un turning point (ma neanche troppo turning o.O). boh, non so come spiegarlo, ma credo la tua interpretazione sia corretta.
Ahahaha il diabete diabetoso nel mondo è in immisurabile… ma sappi che quando raggiunge livelli troppo alti, la sottoscritta inizia a far cambiare qualcosa per ridimensionarlo… ma credo questo tu lo sappi già :D
Buahahah la descrizione di Tré in quelle poche parole fa morire. Anyway, sì, lui. Beh, sì, sconvolge vederlo fare qualcosa di serio. Eppure anche lui avrà i suoi momenti di serietà (vera o apparente), no? Anche se le cazzate con lui sono all’ordine del giorno, e lo Sclero Mentale delirato che compone l’ultima parte del capitolo mostra anche quel lato! xD Anyway, grazie dei complimenti par essere riuscita a dare spessore anche a Frank, cosa assai rara da trovare… lol.
Aahahah Mike “Buddha onnicomprensivo che zittisce le folle”… carina come descrizione. Già, gli sta a pennello. Anche perché io, e non sono la sola (a quanto mi risulta..), lo vedo come un cardine, una figura pacata, qualcuno che trasudi un po’ di stabilità in mezzo a quel gran casino, che, credimi, ci vuole… e lui è lì. E spesso quella figura è l’unica che possa tranquillizzare Ema, e/o salvarla da casini vari ;D
“Spero di non essere stata la solita percentuale del 33% di motivi per i quali non posti.” --> Ehm, mi spiace infrangere la tua speranza, ma… è così, sei quel 33% circa **. xD
Ok, ho già scritto troppo, anche ‘sta volta. Ti lascio al capitolo, và xD.
See ya sooooon (I hope as soon as possible) *-*




E un grazie anche a tutti voi che avete aggiunto questa fic ad una qualche categoria, che sia alle seguite o ai preferiti o alle storie da ricordare o, addirittura, me alle autrici preferite… (*arrossisce*xD)! *_* - Fujiko_Chan, Green Star 90, Helena89 , Mary17, micky_malfoy87, millape, m i n o r i t y, 801_Underground, cerere, Crazy_Me, ShopaHolic, Asuka96, Jayden Akasuna, K_BillieJoe, Sybille, SuomiLover, Francy924, _LISA_, DarkSwan, Fagiolins, Haushinka_ , PennyMc, Girl_Of_Suburbia

Lo so, sono ripetitiva, ma mi farebbe davvero davvero piacere se lasciaste una recensione, un commento, anche solo per dire che siete passate di qua ed esprimere cosa pensate di questo “Sclero Mentale Formato Famiglia TM”, e farmi sentire la vostra presenza… Perché, che ci crediate o no, that’s very important to me! ^^”


An, un’ultima cosa!
*Angolo pubblicità*: ho deciso di cedere alle continue pressioni di certe idee che mi frullavano per la mente da troppo tempo e, su consiglio della cara ShopaHolic, ho deciso di dar loro finalmente retta e scrivere. E così è nata un altro mio Sclero Mentale Formato Famiglia che ho pubblicato sempre qui su EFP:
And I leave behind this hurricane of fuckin’ lies… .
Per ora ho postato soltanto il primo capitolo/introduzione, ma ho per la testa frammenti di idee da riordinare per i prossimi capitoli che spero riuscirò a postare in tempi “decenti” (avrei voluto dire “presto”, ma conoscendomi… xD). Detto ciò, mi farebbe piacere avere una vostra opinione anche su quest’altra fic, che aggiornerò (spero) parallelamente a questa.


Vabbè, come al solito ho già scritto fin troppo, e mi sa che è meglio se vi lascio al capitolo (“alleluja!” NdVoi)… LOL
Rage ‘n’ Love
See ya soon (I hope, really.) *ç*







CAPITOLO 20 Part 1: Stuck with me / Part 2: Can donkeys fly?


Part 1: Stuck with me

Fissavo quella dannatissima porta da fin troppo tempo.
Osservai la mia mano tremante, autoconvincendomi ad alzarla e a portarla in prossimità del legno.
“Ecco, così, brava… No, cosa fai?! Non devi ritrarla ancora! Dai, coraggio, bussa! Due colpi soltanto… Dai, cazzo, Ema, puoi farcela, cosa vuoi che sia?”
Inspirai a lungo, poggiando il pugno sulla porta e battendo due impercettibili ed insicuri colpi.
“Perfetto. Ora basta che lo fai un po’ più forte, se no non sentirà mai…
E non sarebbe forse meglio che non senta e…
No, cosa vai dicendo? Lui deve sentirti, assolutamente! Non fare la codarda, tira fuori la grinta, cazzo! Ci tieni a Lui? Sì? Beh, allora fai uno sforzo! Bussa a quella fottutissima porta!”

Feci un respiro profondo, e ripetei l’azione, mettendoci un po’ più di forza.
– Chi è? – fece una voce, la sua voce, strascicata dall’altra parte della soglia.
– Ehm… – balbettai – I-Io… –
Sentii dei passi e vidi la maniglia abbassarsi, aprendo uno spiraglio da cui sbucava una ciocca di capelli ribelle ed un suo occhio, che prese ad osservarmi.
Non riuscii a finire la frase che avevo faticosamente iniziato a formulare.
Fissai invece il suo sguardo, che allora mi apparve meno imperscrutabile di prima. Riuscii a scorgervi, dietro ad un verde buio, spento, che colorava le sue iridi, l’ombra di un qualche scheletro chiuso da tempo in un armadio a cui era riuscito a sfuggire tornando in vita, accompagnato da spettri di sentimenti contrastanti, non poi così dissimili dai miei…
Per un attimo, mi parve quasi di vedervi anche un lampo, un impercettibile brillio, in un’espressione stupita, azzarderei dire piacevolmente, che lo pervase per un istante, giusto il tempo di chiedermi se vi fosse stato realmente o lo avessi soltanto immaginato.
– Che vuoi? – chiese lui, dopo qualche secondo di silenzio, con un tono che cercava di sembrare duro.
Fui scossa da un tremito impercettibile.
– Ehm… Ecco… Io… –
Neanche stavolta, riuscii a terminare la frase, o meglio, a formularne una.
Il connubio di scheletri e spettri che avevo scorto pochi secondi prima nel suo sguardo tornò ad affacciarsi prepotentemente nella mia mente, schernendomi in una macabra danza.
Un altro fremito impercettibile mi attraversò la schiena. Portai i miei occhi a fissare le punte delle mie scarpe per qualche secondo, prima di trovare la forza di rialzarli.
Tornai quindi a fissarlo, cercando un appiglio che mi impedisse di voltare le spalle e correre via, scappare.

Prima che riuscissi a rendermi conto del tutto di cosa stesse succedendo, come uno spettatore al cinema guarderebbe un film, vidi la porta aprirsi completamente, Billie Joe afferrare il mio braccio sinistro (quello sano, per fortuna) e strattonarlo, trascinandomi nella stanza e, allo stesso tempo, richiudendo la porta alle nostre spalle.
Il tutto in una manciata di secondi.
E, mentre io stavo ancora realizzando tutto ciò, la porta si era appena chiusa e Billie non aveva ancora finito di strattonare il mio braccio, persi l’equilibrio, rovinando a terra e finendo lunga distesa sopra di lui.
Mi sentii avvampare.
“Perfetto Ema, sei appena entrata, o meglio, Billie ti ha appena trascinata dentro, e già inizi con la prima figura di merda! Congratulazioni, davvero!”
Se possibile, arrossii ancora di più.
Mi sentivo come paralizzata da quel dannato imbarazzo, che mi impediva di pronunciare una frase o una parola di senso compiuto col mio solito tono di voce, come anche di effettuare un qualche movimento.
“Beh, dai, guarda il lato positivo: volevi qualcosa che ti impedisse di scappare? Ecco, l’hai avuto, no?”
Cercai di sorridere tra me e me. Quella seconda vocina aveva ragione, nonostante la “bellissima” figura di merda appena fatta, la mia richiesta era stata in qualche modo esaudita: in quel momento certo non potevo girarmi e correre via, né sottrarmi in alcun modo al confronto con lui
Senza volerlo, Billie aveva agito al momento giusto…
No, un attimo: ero davvero sicura che l’avesse fatto senza volerlo?
Probabilmente mi sbagliavo, ma qualcosa insinuò in me il dubbio che quel gesto non fosse poi così inconsapevole di quella mia tacita invocazione…
Forse aveva capito dalla mia titubanza, dal mio sguardo, dal mio comportamento, che stavo duramente combattendo contro l’impulso di voltare le spalle e filarmela. E, forse, aveva deciso di intervenire in prima persona per evitare questa possibilità…
In ogni caso, ora ero bloccata.
Bloccata con lui.
Stuck with him.

“First of all, devi spiegarmi come mai non riesco a rimanere incazzato con te”.
D’un tratto, la voce di Billie mi riecheggiò nella mente, come un flash.
Era come se quella frase, nascostasi fino a poco prima in qualche recondito angolo del mio cervello, scacciata brutalmente via dall’inestricabile intruglio di pensieri e sentimenti che sovraffollava la mia mente, volesse far sentire di nuovo la sua voce, imponendosi all’improvviso per tornare protagonista di quelle mie elucubrazioni, apportando il suo contributo rassicurante e mitigatore, e portando con sé un nuovo vento fresco di speranza…
Non potei far altro che sorridere tra me e me.
Quella frase era stata pronunciata nemmeno 24 ore prima da quella stessa persona dal confronto con la quale avevo, pochi minuti prima, cercato un appiglio per non scappare, da quella stessa persona che mi aveva bruscamente trascinata con lui nella sua camera togliendomi ogni espediente di fuga, come avevo mentalmente chiesto, da quella stessa persona che con la sua fulminea azione mi aveva fatto inciampare e che dunque in quel momento giaceva sotto di me e…
Un momento: sotto di me…?!
Di colpo ritornai sulla Terra, per così dire.
Misi meglio a fuoco ciò che avevo davanti a me, e quasi presi un colpo nel realizzare effettivamente il tutto, trovandomi, a pochi centimetri dai miei, quei suoi due occhi che erano stati la causa delle mie tribolazioni dell’ultima ora e mezza…
Poi, notai che quegli stessi due occhi erano intenti a fissarmi, mentre dietro le sue labbra si nascondeva l’ombra di un sorriso.
Quell’ombra si allargò leggermente, nonché stranamente, seguita un attimo dopo dal posarsi del suo braccio attorno alla mia schiena, che mi premeva contro di lui.
Cosa significava? Che intenzioni aveva? Cosa voleva fare, ‘sta volta?
Spalancai gli occhi e trattenni inconsciamente il respiro.
Il suo, invece, di respiro, mi solleticava il volto, da quanto era vicino, mentre i suoi occhi sembravano voler scavare sempre più in profondità nel mio sguardo.
C’è chi dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima.
Anch’io condividevo quell’affermazione? Boh, forse sì, anzi, probabilmente sì. Ma non indiscriminatamente. Nella maggior parte dei casi, ciò poteva essere vero… Ma c’era sempre quella parte di persone che celavano la loro vera anima, la loro vera essenza, dietro ad un muro che pareva invalicabile, almeno per la stragrande maggioranza della gente, per chi non li conoscesse veramente a fondo… e, talvolta, anche per quest’ultimi. Ma, in questa seconda classe, in determinate situazioni, talora potevano rientrare anche persone che solitamente appartenevano alla prima, non vi era una distinzione così netta e rigida… Nient’affatto, non era così “semplice”…
Ad un tratto, sentii distintamente di appartenere alla prima categoria, per lo meno in quel momento.
Chiusi gli occhi, sentendomi oltremodo vulnerabile.
E Billie?
Billie, a che categoria apparteneva?
Ero così sicura anche della sua appartenenza alla prima tipologia di persone, anche in quel momento? No, dopo ciò che avevo visto nei suoi occhi un’ora e mezza prima, non potevo più esserne così certa…
Mi feci forza e riaprii gli occhi, rituffandoli in quel profondo verde magnetico ed oscuro.
In quel momento, cosa vedevo? O meglio, cosa riuscivo a vedere?
Aguzzai lo sguardo.
E, questa volta, riuscii a vedere qualcos’altro, oltre alle ombre di scheletri, dai contorni per me ancora vaghi, sfuggiti a chissà quale armadio sigillato non poi così bene…
Mi sforzai di rimanere ferma, di non tremare, né di chiudere gli occhi, né niente.
Respirai lentamente, facendo appello a tutta la mia resistenza e la mia concentrazione, mantenendo il contatto visivo e cercando anch’io di scavare in quelle sue iridi, mentre lui scandagliava le mie sempre più in profondità.
Sempre più in profondità, sì: senza che potessi contrappormi, le mie iridi parevano farsi più “trasparenti” del solito, nonostante la loro profonda oscurità, della quale ora era rimasta solo qualche traccia. Ciò forse stava accadendo anche perché avevo eliminato ogni barriera, per indirizzare l’energia che avrei potuto impiegare per issarla, verso un altro scopo: quello di tentare di “vedere” negli occhi di Billie.
E, ad un tratto, riuscii a vedere qualcosa nei suoi occhi.
Forse era perché osservavo con più attenzione, o forse perché lui mi aveva lasciato “entrare” in quel suo mondo… O forse entrambe le cose, non potevo saperlo con precisione: rimanevano solo delle mie ipotesi, dei “forse”, appunto.
Acuii ancora una volta lo sguardo, e quello che scorsi mi lasciò un attimo impressionata e turbata…
Vedevo la mia ansia riflessa nei suoi occhi di smeraldo.
Vedevo spettri e domande senza punti interrogativi celarsi in essi, simili ed opposti a quelli che probabilmente lui poteva intravedere nei miei.
Avvertii il suo braccio premere maggiormente sulla mia schiena.
Cosa diavolo aveva in mente?
Ancora una volta, non trovai risposta a questo quesito.
E, ancora una volta, rimasi immobile, mentre le sue iridi continuavano a cercare di penetrare il mio sguardo, così come le mie il suo, in un circolo vizioso che nessuno dei due aveva intenzione di rompere.
In ogni caso, ora ero bloccata.
Bloccata con lui.
Stuck with him.
E anche lui, allo stesso modo, ora era bloccato.
Bloccato con me.
Stuck with me.

“Stuck with me”.
Per un attimo, un sorriso si appropriò delle mie labbra, mentre una vocina mi faceva notare che, ancora una volta, qualcosa nella mia mente si era ricollegato alle parole di una Loro canzone. “Do Da Da” (ex “Stuck With Me” 1), in questo caso.
Every time I'm falling down
You take the repercussions…

Ogni volta che sto cadendo, crollando, rovinando verso il “basso”, verso una qualche “voragine”, verso un qualche punto di “buio”, tu ne prendi le ripercussioni…
Ma “tu” chi? A chi stavo indirizzando i versi nella mia mente?
A me?
A lui?
A nessuno dei due?
A entrambi?
In ogni caso, ciò aveva il suo fondo di verità, il suo corrispettivo nella realtà che mi circondava.
Headaches and anxieties
Advancing my frustrations…

Oh, sì, emicranie ed ansie, che avanzano di pari passo con le mie frustrazioni… e non solo quelle.
Senza andar lontano, fino a quel momento, e probabilmente anche in quel momento, mille ansie mi scuotevano… E da quel che m’era parso di scorgere nei suoi occhi, anche in lui
E, beh, quante volte queste dannate inquietudini, questi maledetti affanni, mi avevano turbato a tal punto da farmi fondere il cervello in dolorose emicranie?
E le frustrazioni? Sì, anche quelle erano presenti all’appello. Ed erano spesso anche ben collegate a tutto il resto.
Sospirai, mentre nella mia mente le parole e la musica continuavano a scorrere…
Rush into my depression
Sacrifice everything…

Una corsa nella mia depressione, ecco cos’era anche, una fottuta corsa nella mia depressione. Una corsa che sapevo di dover fermare, ma che non riuscivo ad arrestare.
E stavo trascinando anche quel “tu” in questa corsa.
Ero io che trascinavo lui? Lui che trascinava me? Noi che ci trascinavamo a vicenda?
Anche qui, il soggetto importava relativamente, in quanto in ognuno riuscivo a scorgervi la sua interpretazione nella vita che stava scorrendo con noi.
“Sacrifica ogni cosa”… Beh, cos’avevo fatto?
Non l’avevo fatto, per seguirLi lì, in capo al mondo?
Certo, era un mio profondissimo desiderio, un sogno che s’era avverato, fuor d’ogni mia aspettativa… ma tutto ciò non significava che non avessi sacrificato tutto ciò che avessi potuto e dovuto sacrificare per far sì che si realizzasse…
E, boh, forse, dati gli avvenimenti ed i comportamenti dell’ultimo periodo, anche lui, anche Loro, avevano sacrificato qualcosa, dal momento stesso in cui avevano deciso di regalarmi la possibilità di suonare con Loro, di seguirLi in tour, di poter scherzare e parlare con Loro… Nonché dal modo stesso in cui si comportavano con me, trattandomi come… come… non saprei dire con esattezza come. Potrei dire “come una di loro”, ma non è l’espressione migliore per descrivere tutto ciò (al cui pensiero un ennesimo “grazie” si affaccia prepotente nei miei pensieri)…
Waste with me into nothing
Well now you're stuck with me…
Stuck with me…
Stuck with me…

Abbandonato con me nel nulla…
Sì, siamo qui, io e te, in questo nulla fatto di tutto e di niente.
Bloccati, insieme, abbandonati, sprecati…
“Spreca” del tempo con me, in questo nulla
Sì, per favore, “perdi” altro tempo con me, nelle cazzate e nelle cose serie, nel nulla e nel tutto…
Ma è davvero sempre tempo “sprecato”?
O è semplicemente tempo “trascorso”?
Comunque, beh, ora tu sei bloccato con me.
Già, bloccato con me.
Così come io sono bloccata con te

Il corso dei miei pensieri, che fluiva di pari passo con l’avanzare della canzone nella mia mente, venne di colpo interrotto dalla sua voce.
Non disse una vera e propria frase.
No, si limitò a schiarirsi la voce e a biascicare qualcosa che sfuggì alla mia comprensione.
Tuttavia, ciò fu abbastanza per farmi tornare a focalizzare tutta la mia attenzione su di lui, e sui suoi occhi.
Continuava a stringermi a sé, e quei due smeraldi, ora ancor meno bui di prima, mi stavano ancora fissando, e probabilmente non avevano mai smesso…
Che fosse riuscito a penetrare a fondo nella mia anima, nei miei pensieri?
Che fosse stato un muto spettatore di quel mio flusso di libere riflessioni?
D’un tratto, tornai ad arrossire.
– Ehm… Ecco… Io… – farfugliai confusa, ancora una volta.
Mi lanciò uno sguardo interrogativo, ma nettamente più pacato di quando avevo pronunciato le medesime parole di fronte all’uscio socchiuso.
Presi un lungo respiro.
Poi ne presi un altro, cercando la forza per dire ciò che dovevo dire.
Sì, ora sarei riuscita a dirlo, senza problemi.
Ero più calma io, era più calmo lui.
Eravamo entrambi disposti al dialogo.
E quel discorso muto, quel tacito confronto visivo, quel tentare di scavare in profondità nello sguardo dell’altro per capirne i pensieri ed i sentimenti, sembravano essere stati fondamentali.
Così come utile era stato anche, per me, quell’insieme di riflessioni, ricordi, associazioni mentali, confronti tra i miei pensieri, le mie emozioni, ciò che provavo, con quello che lui aveva scritto in musica…
Inspirai un’ultima volta, chiusi gli occhi.
Espirai, riaprendoli e fissandoli nuovamente nei suoi.
– Ecco, io… – mormorai – Insomma… Scusami. Per prima, intendo… Ho esagerato. Scusami. –
Avevo preso ancora una volta a calci il mio dannatissimo senso d’orgoglio; ma, dopo aver pronunciato quelle parole così semplici, genuine, ma incredibilmente difficili da ammettere, non mi sentii male, anzi, mi sentii incredibilmente meglio, come se fossi finalmente riuscita a levarmi un peso che mi opprimeva, indescrivibilmente. E il sorriso che mi rivolse mandò definitivamente a cagare quella fievole vocina orgogliosa che ancora protestava nella mia mente.
Mike aveva ragione2
Y’know, ho esagerato anch’io – disse poi – Quindi, beh, scusami anche tu. –
E fu il mio turno di sorridere.
– Perché, beh, ecco… – riprese poi – You know, quando mi hai dato del fottuto ipocrita, hai messo in dubbio la veridicità di tutto ciò che avevo detto e che dico, nelle mie canzoni e non solo… Sì, lo so che eri incazzata e tutto, però, ecco, vedi… Diciamo che qualche demone della mia anima è scattato troppo presto sulla difensiva, ha risvegliato antichi scheletri e… –
Annuii.
– Ho capito… – dissi a mezza voce.
Mi indirizzò uno sguardo interrogativo.
– Non dire che hai capito, per favore. Non mi serve la falsa comprensione di qualc… – iniziò a dire, ma non lo lasciai terminare.
– Ah, adesso sei tu che dai della falsa a me? – gli soffiai, cercando di restare il più calma possibile, per non far crollare di nuovo tutto quel fragile castello di carte che stavamo, per l’ennesima volta, ricostruendo.
– No, figurati… Lungi da me… Volevo dire… –
– Lascia perdere – lo bloccai.
Sospirai.
– Ho capito – dissi poi, ancora una volta – No, per favore, lasciami parlare, ‘sta volta. Basta fraintendimenti e casini per qualche idiozia, per favore. Y’know, I can’t take ‘em anymore, non ce la faccio più… –
Lui annuì, mormorando un “okay”.
Feci una pausa e lo fissai, dritto negli occhi, facendomi forza di continuare a parlare senza distogliere lo sguardo neanche per un attimo.
– Ho capito, Billie. – ripresi quindi – E se ti dico “ho capito”, vuol dire che ho capito… Alright? – lui annuì di nuovo, e io continuai il discorso che avevo principiato – Bene. Quindi prima ti ho detto che avevo capito non per dare aria alla bocca ma perché davvero pensavo di aver capito… Sì, lo so, sembra uno stupido gioco di parole, ma non è così… Insomma, voglio dire, mi pare di aver capito cosa intendessi dire… Prima… Ecco, prima, nei tuoi occhi… – respirai, cercando di trovare le parole più adatte per dirlo.
Ma, ovviamente, non le trovai.
Incredibile come spariscano sempre quando più le cerchi, quelle bastarde.
Quindi, decisi di continuare usando le parole così come mi venivano, sperando andassero bene.
– Ecco, diciamo che prima, nei tuoi occhi, mi è parso di vedere una specie di… di “traccia”, non so come esprimere il concetto, dato che le parole ora sembrano aver preso una vacanza non autorizzata… No, non devo divagare… Stavo dicendo… Mi è parso di scorgere, dopo un po’, una specie di “traccia” di quei demoni di cui hai accennato, di quegli spettri, di quegli scheletri sfuggiti ad un qualche armadio recondito nella tua anima o nella tua mente, attraverso le tue iridi che si erano fatte meno imperscrutabili… Cioè, volgio dire, mi era sembrato di aver ricollegato queste cose a ciò che hai detto prima… Poi la mia mente ha stabilito un collegamento con la mia esperienza e… – mi morsi l’angolo non ferito del labbro inferiore – E quindi mi era parso di aver capito cosa intendessi… Ok, non so se hai compreso qualcosa in questo gomitolo di parole… –
Era rimasto in silenzio tutto il tempo, ad ascoltarmi, scrutandomi sempre con quello sguardo profondo e magnetico.
Sospirai, cercando una risposta nei suoi occhi.
E, ad un tratto, rise.
Lasciai andare l’aria che non mi ero accorta di aver trattenuto nei polmoni, e le mie labbra seguirono l’esempio delle sue, incurvandosi prima al sorriso e poi alla risata. Una risata liberatoria, che scacciava tutta la tensione, le preoccupazioni ed i dubbi accumulati…
Sì, Mike aveva dannatamente ragione…

Ad un certo punto, slacciò il suo braccio dalla presa sulla mia schiena e lo puntellò dietro di sé.
Mi spostai leggermente di lato, sul pavimento, e lui si rialzò in piedi, porgendomi poi una mano e sollevando anche me.
– Ti andrebbe di suonare qualcosa? – mi propose poi, sorridendo.
– Yeah, sure! – risposi.
Quando si trattava di suonare, di norma era davvero preoccupante se mi tiravo indietro… E, beh, se si trattava di suonare con Billie Joe e/o i Green Day…
– Bene… Uhm… Dato che tra tipo due giorni e mezzo avremo il concerto come Foxboro, che ne dici se magari ti insegno un pezzo o due? –
– Alright! – sorrisi – Sai, penso che probabilmente te l’avrei chiesto io tra non molto tempo, dato che non sarei certo potuta arrivare la sera del concerto senza saper bene quali fossero gli accordi e tutto il resto, perché credo che, tra l’emozione e l’alcool, non sarei riuscita ad improvvisare al meglio… –
– Infatti – replicò lui, ridendo.
– Mi sta per caso prendendo per il culo, o egregio Reverend Strychnine Twitch? – ribattei, scherzando.
– Non necessariamente… Comunque, ora muovi il culo, va’ a prendere la tua chitarra e torna qui, ok? –
– Agli ordini! Dammi un minuto di tempo e sarò qui! –
– Non più di 59 secondi, darlin’ –
– Perfect! –
Uscii dalla stanza ilare, con ancora la sua risata nelle orecchie, per poi farvi ritorno, probabilmente meno di un minuto dopo, con in mano la mia “Baby Billie Joe” ed un sorriso stampato in volto.

***


NOTE:
1. Precisazione forse superflua, ma non si sa mai xD. Durante la registrazione di "Insomniac", i Green Day stavano pensando ad un titolo appropriato per la terza traccia dell’album (l’attuale "Stuck With Me"). Nello stesso periodo registrarono la canzone ora intitolata "Do Da Da" (contenuta in Shenanigans), e questo brano si chiamava originariamente proprio "Stuck With Me" (per questa ragione, infatti, queste parole appaiono nel ritornello). Ma in studio fu commesso un errore, e qualcuno mise il nome "Stuck With Me" alla terza canzone di "Insomniac". Quando i Green Day se ne accorsero, pensarono che tuttavia il nome risultava appropriato, e non lo cambiarono più. Successivamente decisero di rilasciare l'originaria "Stuck With Me" come b-side, dandole un titolo senza senso: "Do Da Da".
2. Riferimento al discorso fatto da Mike ad Ema nel capitolo precedente. Anche qui, forse potevo anche evitare di scriverlo, ma ho preferito precisare…


***


Part 2: Can donkeys fly?

Aprii la finestra e mi affacciai per prendere una boccata d'aria, quando qualcosa in prossimità dell'orizzonte catturò la mia attenzione.
Mi bloccai, come incantata, fissando con sguardo vitreo quello strano puntino che si muoveva agilmente nel cielo, stentando a credere ai miei occhi.
– Hey, che hai? – la sua voce mi sembrò lontana mille miglia.
Non risposi e rimasi immobile, lo sguardo vuoto fisso davanti a me, cercando di capire se stavo realmente vedendo ciò che vedevo, o se si trattava soltanto di un’illusione ottica, magari dovuta all’alcool, nonostante quest’ultima ipotesi non fosse molto accreditata dal mio cervello in quanto avevo bevuto “relativamente poco”, e sicuramente meno della mia soglia di ebbrezza.
Mi sentii scuotere per le spalle. Trasalii.
– Hey… Che… Che c'è? –
– Ti eri incantata – rispose semplicemente.
Lo guardai dubbiosa, come se non capissi esattamente cosa fosse accaduto negli ultimi secondi, come se in quegli attimi fossi stata chissà dove e fossi appena tornata sulla Terra, come se mi fossi appena svegliata da un sogno e non riuscissi a capire se le immagini che mi ronzavano nella mente fossero reali oppure no. Poi mi voltai verso la finestra, e, come un fulmine, tutto mi tornò alla mente.
– Ma… Ma… – balbettai incerta – C’era un asino che volava due secondi fa… – fissai di nuovo l'orizzonte, rapita – Ecco, c'è ancora! Guarda lì… –
– Ma tu sei tutta matta! – rise.
– No davvero… Non sto scherzando, fissa quel punto… –
Billie si affacciò accanto a me, seguendo con lo sguardo il punto che gli stavo indicando.
– Ecco… Lo vedi adesso? –
– Veramente non vedo niente, a parte il sole poco sopra l’orizzonte… –
– Ecco, fissa l’orizzonte… Un po’ più in basso del sole, sulla sinistra… –
Strabuzzò gli occhi.
– W-What the fuck?! – esclamò sconcertato – Cazzo, hai ragione, c'è un asino che vola!
Sentimmo in lontananza la porta aprirsi, con un rumore che giunse alle nostre orecchie come ovattato, e non ci prestammo attenzione.
– Ragazzi, eccomi, sono tornato! Billie ti lascio la chiave sul tavolo e… Hey, ma che state facendo? –
Silenzio.
– Ragazzi?!? – insistette la voce di Mike.
Non ottenendo risposta, il bassista ci scosse, facendoci svegliare da quell'assurda visione.
– Hey Mike! Guarda, c'è un asino che vola! – esclamò ilare il chitarrista.
– C-Cosa? Billie, ma che hai fumato? –
– Mike, non sto scherzando, c'è davvero! Lo so che sembra un’irrazionale, assurda boiata… Neanch'io ci credevo prima, cazzo, ma c'è! Me l'ha fatto vedere Ema e… –
– Allora mi correggo: cosa avete fumato? – lo interruppe il bassista, ridacchiando.
– Uhm... – Billie ci pensò su qualche secondo – Niente, a quanto ricordo... –
– In che senso "a quanto ricordi"? –
– Nel senso che non mi ricordo di aver fumato niente… E neppure Ema. –
– Sicuro? –
– Sì –
– Sicuro sicuro? –
– Cazzo Mike, ti ho detto di sì. A meno che la memoria non sia andata a farsi fottere completamente, o mi abbiano fatto una fottutissima lobotomia senza che me ne accorgessi, non abbiamo fumato proprio niente… –
Mike mi fissò ed io confermai, annuendo.
– Beh, allora vuol dire che siete pazzi al naturale… –
L'hai scoperto adesso, Mike? – sogghignò Billie.
Scoppiammo a ridere.
Il bassista abbassò poi lo sguardo, scorgendo alcune lattine di birra, vuote, in un angolo della stanza.
– Beh, quelle però possono spiegare un po’ di cose… – sentenziò quindi, con aria inquisitoria e allo stesso tempo divertita.
– Ma dai, Mike, cosa vuoi che sia! – smorzò Billie, sempre ridendo – Son quattro lattine in croce! Cosa vuoi che ci abbiano fatto?! Ci vuole ben altro per stenderci, eh… E mi pare che tu lo sappia bene… –
Mike rise, scuotendo la testa.
– Lo so, lo so… – disse poi con aria complice.
Billie si spostò dalla finestra, dirigendosi verso il frigo-bar, che aveva provveduto a rifornire, situato non molto distante dalle lattine vuote che avevamo bevuto io e lui poco prima, né dal paio di custodie per chitarra che appartenevano rispettivamente a lui e alla sottoscritta.
Tornò una manciata di secondi dopo, reggendo in mano un paio di bottiglie di birra, stappate, che porse a me e all’amico. Dopodiché, tornò al frigo-bar e ne estrasse una terza, da cui bevve una lunga sorsata.
– Beh, che fate ancora lì? – commentò perplesso guardandoci – Cos’è, non siete più in grado di alzare il braccio per portare la bottiglia alla bocca? – provocò ridacchiando.
– Non sia mai! – rispose Mike, sorridendo e portando alla bocca il collo della bottiglia, mentre seguivo anch’io il suo esempio.
– Dai Mike, guarda… Fissa quel punto là – ritentammo dopo un po’, poggiate a terra le bottiglie vuote.
Il bassista ci fissò dubbioso, poi, dato che io e Billie continuavamo a insistere, cedette, nonostante il suo sguardo fosse ancora scettico. Quindi, ci stringemmo per far affacciare anche Mike alla finestra, che fissò il punto che gli avevamo indicato.
– Oh Cristo! È vero! – esclamò incredulo, dopo qualche attimo, strizzando gli occhi semi-accecati per via del sole ormai vicinissimo a quel puntino e che quindi si era ritrovato a fissare per qualche manciata di secondi.
– Ah, eccovi! Ragazzi, potevate dirmelo che eravate qui! – sopraggiunse la voce allegra di Tré, che aveva appena messo piede nella stanza, entrato probabilmente dalla porta che Mike aveva involontariamente lasciato socchiusa.
– Che fate? – ci chiese, avvicinandosi.
– C'è un asino che vola! –
– Oddio la fine del mondo è vicina! –
Il batterista si avvicinò alla finestra e fissò il punto che io, Billie e Mike (ormai non più del tutto sobri) stavamo osservando estasiati.
Ma… Ma… – scoppiò a ridere – Ragazzi, voi siete tutti scemi! È un palloncino, idioti!
– Sei sicuro, Frank? –
– Certo, come è vero che nessun uomo può mangiare 50 uova, garantisco. –
– Davvero?!? – esclamammo all'unisono io, Billie e Mike, spalancando le iridi, delusi.
– Certo, assholes! Non avete mai visto quei palloncini idioti gonfiati di quel gas... – si fermò un momento, osservando le nostre facce - No, non quel gas, idioti! Ma a cosa cazzo pensate? – sghignazzò – Comunque, stavo dicendo, non avete mai visto quei dannati palloncini che vendono alle feste, quelli gonfiati con quel gas, l’Elio, se non erro, per farli volare in alto in alto nel cielo... e ingannare gli scemi come voi che li scambiano per asini veri?
– Quindi niente asini che volano? Niente fine del mondo? –
– Ma voi siete tutti scemi! – Tré si stava ormai sbellicando dalle risate.
– Se lo dice lui, c'è da preoccuparsi, cazzo! – rise Mike, con le lacrime agli occhi.
– La prossima volta che avete intenzione di ubriacarvi, però, chiamate anche me – aggiunse il batterista tra le risate generali.
– Oh, se è per quello sei ancora in tempo sai… Per ora siamo riusciti a bere solo qualche birretta, lì c’è un frigo-bar pieno, e… – Billie lasciò la frase in sospeso, fissandolo con un insano sorriso stampato in faccia.
Tré lo guardò con occhi bramosi, per poi dirigersi a velocità supersonica verso il suddetto frigo-bar, seguito a ruota da noialtri, nella comune ilarità.
– Hey, lasciane un po’ anche per noi, eh! –

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