Tra quelle mura

di Payton_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il luogo più magico di Hogwarts ***
Capitolo 2: *** Odore di Quidditch ***
Capitolo 3: *** L'uomo di quella guerra ***
Capitolo 4: *** Uomo, marito e padre ***
Capitolo 5: *** Spegnendo i sogni ***



Capitolo 1
*** Il luogo più magico di Hogwarts ***


 

Raccolta partecipante al contest La Coppa delle Case.

Casa Grifondoro

 

Staff: Poppy Chips

Altri personaggi: Marcus Flitt – Oliver Baston

 

 

Il luogo più magico di Hogwarts

 

Poppy Chips aveva visto molte stranezze in vita propria. Ogni giorno aveva curato le deformità più assurde, rimediato alle pozioni più insolite e sistemato qualsiasi cosa potesse essere sistemata.

Essere l’infermiera in una scuola di magia significava essere pronta a tutto; veramente, a tutto.

Era faticoso, stressante ed anche irritante, ma c’erano dei momenti in cui ogni fatica, ogni stress ed ogni irritazione venivano ampliamente ripagate. Valeva la pena fare il suo lavoro, e non solo per la soddisfazione d’aver curato o salvato qualcuno. C’era molto, molto di più.

Poppy, negli anni, s’era convinta che l’infermeria fosse il luogo più magico di tutta Hogwarts. Non il campo da Quidditch o la splendida Sala Grande, ma la sua infermeria.

Le persone, messe d’avanti alle piccole e grandi tragedie che passavano per quei letti, diventavano più sincere, più vere. Riuscivano ad essere loro stesse.

Aveva avuto la fortuna di sentire le più romantiche dichiarazioni d’amore ed aveva visto i sorrisi più smaglianti. Generazioni di maghi avevano visto la loro vita cambiare tra quelle mura, e Poppy n’era stata l’ignara ed incantata spettatrice.

Attimi magici avvolgevano chi riposava nei letti e chi li vegliava.

Anche in quel momento, senza volerlo, sentiva le voci degli unici due ragazzi presenti nell’infermeria e non poteva non sorridere.

«Sei un idiota, Flitt!»

«Detto da te, Baston, è un complimento!»

Oliver Baston e Marcus Flitt erano spesso suoi ospiti, essendo due giocatori di Quidditch molto agguerriti. Li aveva sentiti litigare molte volte da dietro la tenda che separava il suo ufficio dai degenti, ma col tempo aveva capito che il loro odio era mutato in qualcosa di molto diverso. Era diventato amore.

Inizialmente, Poppy non poteva credere ai propri occhi, ma aveva poi sorriso a quella notizia come a tutte le magie avvenute tra garze e bende. Era custode di molti segreti d’amore, quello era solo l’ultimo.

«Se tu fossi in grado di volare su una scopa, non saremmo qui.»

«Non crederti migliore di me solo perché Grifondoro ha vinto!»

«Flitt, mi hai rotto un braccio

«Be’, io mi sono rotto una gamba cadendoti addosso.»

«Questo conferma solo che non sai andare sulla scopa.»

Quella strana coppia di ragazzi riusciva sempre a metterla di buon umore, qualsiasi cosa fosse accaduta durante il giorno. Erano bizzarri insieme, ma la cosa bella era proprio che, nonostante tutte le diversità, fossero insieme, uniti dal sentimento più grande di tutti.

«Passato?»

«No, Marcus, per tua sfortuna un bacio non aggiusta un osso rotto.»

Sì, amava il proprio lavoro, soprattutto quando l’infermeria era zeppa di sentimenti veri, disinfettati dal mondo esterno.

«Spegnete le candele!»

Ovviamente, nessuno doveva conoscere quella sua debolezza. Essere un'infermiera in una scuola significava mantenere un’aura di severità, per poter convincere le menti ottuse che doveva curare ad eseguire i suoi ordini.

Nessuno oltre a lei sapeva che dietro all’odore delle erbe, delle pozioni e degli unguenti c’era profumo d’amore.

Un amore che lei, fortunata custode delle chiavi del luogo più magico di Hogwarts, riusciva quasi a toccare con mano.

 


 

Visto che ogni Casa è composta da sei partecipanti e la mia raccolta è composta da cinque shot,

ne dedicherò una ad ogni autrice che ha vissuto con me questa avventura che è stata la Coppa delle Case.

Questa è per te, vogue!

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Capitolo 2
*** Odore di Quidditch ***


Odore di Quidditch

 

Staff: Madame Bumb

Altri personaggi: Ludo Bagman

 

Era una giornata splendida, per Rolanda Bumb. Non c’era il sole, la seconda prova del Torneo Tremaghi si avvicinava minacciosa ed un bambino del primo anno s’era rotto il naso cadendo dalla scopa durante la lezione del mattino.

Non era successo niente di eclatante o emozionante, niente di bello, ma lei sorrideva come non aveva mai fatto in vita sua.

A suo dire, aveva un ottimo motivo per essere insolitamente allegra, ma nessuno sapeva qual’era. Nessuno tranne le pettegole di Hogwarts, che dispensavano voci ad ogni Casa sulle possibili motivazioni di tanta inaspettata allegria.

C’era chi diceva che, essendo una vera strega, provasse piacere nel terrorizzare gli studenti del primo anno, e quindi fosse felice dopo ogni lezione ‘con ferito’.

Altri sostenevano che avesse sabotato il Tremaghi e stesse pregustando il sapore della vittoria di una grossa somma di denaro. I meno fantasiosi, capitanati dalla giovane Grifondoro Calì Patil, vociavano di losche tresche tra professori, senza nemmeno immaginare quanto la verità si avvicinasse alla loro simpatica menzogna.

Rolanda era felice semplicemente perché amava il Quidditch. Qualsiasi cosa riguardasse quello sport la faceva sentire bene, completa, felice. Amava l’odore del legno delle scope, il freddo metallo di un boccino; il vento tra i capelli, la tensione di una partita, il vociare dello stadio. Amava tutto ciò che riguardasse il Quidditch e, nell’anno del Torneo Tremaghi, le pianse il cuore al pensiero che nessuna partita sarebbe stata giocata a Hogwarts. Niente, nemmeno un’amichevole; perfino l’erba del suo amato campo sarebbe presto scomparsa all’ombra di grandi siepi.

Sapere che Victor Krum, campione della Bulgaria, sarebbe rimasto tutto l’anno nei suoi spazi  l’aveva inizialmente rallegrata, perché le avrebbe ricordato la vittoria della sua amata Irlanda ai Mondiali di Quidditch, ma nemmeno quello era bastato a compensare un anno intero senza nessun fischio d’inizio.

Furono un paio di vispi occhi blu e dei morbidi capelli biondi, ciò che riuscì a farle dimenticare l’affronto del Tremaghi. Fu Ludo Bagman, storico campione dei Wimbourne Wasps.

Ogni volta che parlava con lui, se ne innamorava sempre di più. Non ne aveva mai abbastanza della sua voce, del suo sorriso, del suo profumo di menta e quidditch.

Madame Bumb aveva sempre amato il Quidditch e Ludo Bagman era l’incarnazione perfetta del suo amato sport. Era quasi obbligata ad amarlo.

Il cuore le batteva forte ogni volta che lui le sorrideva o semplicemente la salutava da lontano, agitando una delle grosse mani come un bambino.

Andava spesso a spiare le sue lezioni di Volo, cosa che Rolanda trovava romantica. E lei, a dirla tutta, non era mai stata romantica. Certo, lui non le aveva mai chiesto di uscire e nemmeno le aveva confessato un qualche interesse, ma si ripeteva sempre che le donne certe cose le capiscono.

«Rolanda, non siete ancora stufa di sentire le mie avventure passate sul campo?» le chiese un pomeriggio Ludo, mentre passeggiavano per i giardini di Hogwarts, con il tono di chi sa che avrebbe ottenuto una risposta che l’avrebbe soddisfatto.

«Un ottimo interlocutore potrebbe parlare per ore dello stesso argomento senza annoiare nessuno» civettò Madame Bumb.

«E voi siete un’ottima compagnia, Rolanda, starei per ore con voi» sussurrò Ludo, suadente nel pronunciare il nome della donna, che arrossì appena.

«Che ne dite, vogliamo scommettere 100 Galeoni su Krum vincitore?»

«Facciamo 200 su Delacour, noi donne quando vogliamo qualcosa sappiamo come prenderla» rispose decisa, e Ludo le fece credere che le sue parole fossero la più grande verità del mondo, prendendola a braccetto e iniziando a raccontare le sue eroiche gesta.

D’altro canto, lui sapeva davvero come ottenere quello che voleva, e ciò di cui aveva bisogno erano scommesse perdenti. Molte scommesse perdenti, e la donna al suo fianco, che lo ascoltava rapita, aveva un sacco di Galeoni da sperperare.

Quando, alla fine del Tremaghi, Ludo sparì con tutti i suoi Galeoni, Rolanda si rese conto d’essere stata stupida per la prima volta in vita sua. Si era lasciata abbindolare come una qualsiasi donna, non se lo sarebbe mai perdonato.

Nel profondo, sapeva che non era stato il Signor Bagman a farla innamorare, ma quel maledetto odore di Quidditch che le aveva annebbiato il cuore. Amava troppo quello sport, per non cadere inerme ai suoi piedi.

Da quel giorno, però, il suo amore si sarebbe limitato al campo da gioco e non ai giocatori o, nel particolare, ex.

 

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E questa è per te, Leireel.

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Capitolo 3
*** L'uomo di quella guerra ***


 

L’uomo di quella guerra

Staff: Fiorenzo, Severus Piton

Altri personaggi: /

 

Nella notte scura, due figure tra loro molto diverse camminavano nei giardini di Hogwarts. Era insolito vedere un centauro ed un mago passeggiare fianco a fianco; un evento unico, si potrebbe dire. Camminavano in rigoroso silenzio, solo gli zoccoli del centauro spezzavano la tranquillità della notte. Il mago aveva la bacchetta salda tra le mani e l’orecchio teso, come temesse che qualcosa di terribile potesse accadere da un momento all’altro.

Il centauro osservava il cielo, apparentemente distante da ogni cosa sarebbe potuta accadere sulla Terra.

«Molti dubbi avvolgono il tuo futuro, mago».

Fiorenzo leggeva le stelle, quel foglio scuro che, secondo i centauri, celava il futuro. Non si poteva sapere con esattezza quello che sarebbe successo, ma tra gli astri erano scritte tutte le possibili vie che avrebbero intrecciato il cammino dei popoli terrestri.

Severus Piton incarnò un sopracciglio a quell’affermazione, ancora più arrabbiato con Silente per averlo mandato di ronda con Fiorenzo. Non aveva nulla contro quel centauro, era proprio il suo popolo che non amava. Sapeva, per macabra esperienza, quanto anche le profezie predette dal più improbabile veggente potessero essere vere. Per questo non aveva quasi mai parlato con Fiorenzo fino a quel momento: non voleva sapere nulla sul futuro. Desiderio che, a quanto pareva, non sarebbe stato esaudito.

«Credo che il dubbio avvolga le vite di ognuno di noi. Siamo in guerra, Fiorenzo» rispose con finta leggerezza. Non voleva che il centauro capisse la sua paura per quelle profezie in apparenza tanto innocue.

«Questo è vero, Severus Piton, ma il tuo nome è avvolto da nubi più fitte» continuò Fiorenzo, spostando lo sguardo dal cielo al suo interlocutore. Severus non disse nulla, quindi fu il centauro a parlare ancora: «Sembra che le sorti di questa guerra saranno rette dalle tue azioni».

Severus raggelò impercettibilmente a quell’affermazione, continuando a fissare il volto concentrato di Fiorenzo.

«Se così dovrà essere, lo scopriremo solo a tempo debito» rispose vago. In cuor suo, sapeva bene cosa gli astri stessero dicendo a Fiorenzo. Le sue azioni avrebbero davvero retto le sorti della guerra. Solo pochi mesi prima, Silente gli aveva chiesto di ucciderlo per salvare l’anima di un ragazzo, del figlio di un Mangiamorte. Il figlio di un uomo ch’era stato suo amico in un lontano passato.

Piton si perse in ricordi dolorosi, vecchi ma non ammuffiti, vivi, continuando ad avanzare per il parco di Hogwarts a testa alta, in apparenza indifferente alle parole di Fiorenzo.

«Quello che io posso solo immaginare, tu lo porti nel cuore, mago. Credo che sarà proprio il cuore a guidarti».

Dopo le parole di Fiorenzo, nessuno dei due disse più nulla, anche se entrambi avevano la testa piena di pensieri. Erano sedici anni che Piton lasciava che fosse il cuore a guidarlo, sapeva benissimo che Fiorenzo aveva visto la verità nelle stelle. Avrebbe dovuto uccidere Albus Silente, l’uomo che l’aveva aiutato come nessuno, e l’avrebbe fatto solo perché gli era debitore e perché era l’unico a sapere del suo segreto. L’unico a sapere di Lily.

Quel peso, quella colpa segreta, sarebbe stato ciò che gli avrebbe dato la forza di uccidere il vecchio preside. L’avrebbe fatto per essere l’uomo di Voldemort fino in fondo, così da poter proteggere il figlio della donna amata. Ancora amata.

Quando, poche settimane dopo quella notte, Silente morì, ucciso per mano di Piton, Fiorenzo capì il messaggio degli astri, anche se molto altro era scritto nelle stelle. Il nome di Piton era ancora avvolto dal mistero e da nubi molto fitte. Fiorenzo era sicuro, quel mago avrebbe retto ancora le sorti della guerra.

Il suo destino si sarebbe incrociato molte volte con quello di Harry Potter, era scritto, anche se Fiorenzo non capiva il messaggio che gli astri stavano mandando.

La stella di Severus Piton brillava con intensità, nonostante fosse un assassino. Non era mai successo. Il suo nome era avvolto da misteri che non era dato conoscere, ma che l’avrebbero reso un grande mago.

Lui sarebbe stato l’uomo di quella guerra, Fiorenzo ne era certo.

 

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Piccolo, ipotetico, Missing Moment. Ho pensato che Fiorenzo, intelligente e di larghe vedute,

avesse visto qualcosa nelle stelle, riguardo Piton. Mi consola pensare che le stelle, almeno loro, sapessero la verità sul Principe.

Ringrazio Lerieel, Lu_Pin (anche se è una Corvonero :P), Tefnut e Alighiera.

Questa è per mazza! :)

 

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Capitolo 4
*** Uomo, marito e padre ***


 

Uomo, marito e padre

 

Staff: Neville Paciock

Altri personaggi: vari

 

Il sole era alto nel cielo, in quel caldo pomeriggio primaverile. La serra numero sette, occupata dalle classi del terzo anno, sembrava voler cuocere tutti gli studenti presenti al suo interno.

Nell’angolo più appartato della serra James Potter, figlio del famoso Harry Potter e di Ginny Weasley, non prestava il minimo interesse al Cavolo Carnivoro Cinese che aveva davanti, lasciando che il suo compagno - opportunamente schiavizzato per l’occasione - facesse tutto il lavoro. D’altro canto, lui era troppo impegnato a lanciare delle Palline Solleticanti ai compagni per curare la propria pianta.

Sua cugina Dominique, ad infastiditi intervalli regolari di mezzo minuto, lanciava sguardi di rimprovero che James ignorava prontamente, continuando imperterrito nel suo divertimento.

La maggior parte della classe iniziava ad essere stanca per via del caldo della serra, e sempre più erano quelli che osservavano divertiti James invece che lavorare.

Il professor Paciock era troppo impegnato per accorgersi del frastuono che proveniva dalle sue spalle. Era infatti in prima fila, le maniche della camicia arrotolate fino a gomiti e la terra che gli sporcava i guanti. Accanto a lui, Lysander Scamander, Corvonero e figlio della sua vecchia amica Luna Lovegood.

Lysander era lo studente migliore del terzo anno, in Erbologia. Aveva lo stesso talento del padre Rolf, ed anche la stessa passione. Il fratello gemello, Lorcan, era molto più simile alla madre. Se ne stava infatti,in disparte, lasciando che Lysander facesse tutto da solo, perché perso ad osservare chissà cosa fuori dalla finestra.

«Va bene così, professor Paciock?» chiede Lysander, la terra fin sopra i capelli.

«Perfetto, Scamander» rispose Neville sorridendo. Quando incontrava studenti così desiderosi di apprendere Erbologia, era il mago più felice della Terra. I ragazzi come Lysander lo rendevano molto più orgoglioso di quelli che lo ammiravano per ciò che aveva fatto durante la seconda guerra magica. Erano molti gli ammiratori di Neville, il modo in cui aveva fronteggiato Voldemort ed ucciso Nagini erano diventate quasi una favola per bambini.

Ai suoi figli, però, non raccontava mai di quello che aveva fatto, anche se Hannah aveva spifferato loro ogni cosa. Gli parlava dei nonni, raccontandogli le storie sulle loro avventure come Auror che Augusta gli aveva raccontato da piccolo. Frank e Alice, così si chiamavo, in onore dei suoi genitori, adoravano sentir parlare dei loro omonimi, e Neville adorava parlarne.

L’anno seguente, Frank avrebbe iniziato il suo primo anno a Hogwarts, tutti si chiedevano se sarebbe stato un Grifondoro, coraggioso come il padre, o un Tassorosso, paziente come la madre.

Quando osservava i suoi studenti, Neville pensava che in qualsiasi Casa sarebbero stati Smistati i suoi figli sarebbe stato felice. Dopo la guerra, aveva imparato che ogni Casa aveva delle qualità, anche Serpeverde, e come professore aveva iniziato ad apprezzare tutti gli studenti.

Ad esempio, in quel momento amava decisamente di più i miti e concentrati Corvonero, rispetto agli energici Grifondoro che ignoravano amabilmente le loro piante.

«Potter, ora basta, altrimenti resterai ad aiutarmi a riordinare ogni cosa» esclamò una volta resosi conto di ciò che James era impegnato a fare.

«Non so a cosa si riferisce, professore» ripose sornione James, terribilmente simile alle due persone di cui portava il nome in quella finta innocenza.

«Certo, Potter, tu smettila comunque» sentenziò Neville, proprio un attimo prima che suonasse la campanella.

Gli studenti uscirono rapidamente dall’aula, come sempre gli ultimi furono i gemelli Scamander. Neville rimase solo nella sua amata serra, a curare le piante che i suoi studenti non erano stati in grado di gestire.

Amava insegnare a Hogwarts. Poteva aiutare ragazzi insicuri com’era stato lui, e questo lo faceva sentire bene. Considerava ogni vittoria come insegnante molto più grande di quella contro Voldemort, anche se non era certo famoso per aver piantato Mandragole.

Prima di essere un eroe, era un professore, ma prima ancora, era un uomo, un marito e un padre. Era l’uomo che amava Hannah, Frank e Alice con tutto se stesso. L’uomo che, alla fine di ogni giornata, spegneva le luci delle serre e si incamminava verso Hogsmeade, pronto ad abbracciare la sua famiglia.

La sua vittoria più grande, erano sicuramente loro.

 

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Piccolo appunto: Frank e Alice sono ovviamente due OC.

Seguendo l'onda dei nomi della Rowling, ho immaginato che i figli

di Neville avessero il nome dei suoi genitori.

Ringrazio chi ha commentato i precedenti capitoli! :) 

Questa è per te, whateverhappened, avevo già deciso di dedicarti questa perchè quella che più mi fa sorridere,

ma a saperlo prima t'averi dedicato Oliver e Marcus. ♥

 

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Capitolo 5
*** Spegnendo i sogni ***


 

Spegnendo i sogni

 

Staff: Albus Silente, Armando Dippet

Altri personaggi: /

Tic - Tac.

Tic - Tac.

Albus Silente continuava ad accendere il suo Spegnino quasi meccanicamente. Molti anni fa aveva inventato quell’oggetto in apparenza semplice, senza che nessuno ne comprendesse il vero utilizzo.

Tic, e la luce veniva portata via. Tac, e tornava.

Aspettava il preside Armando Dippet seduto nel suo ufficio, per sostenere il colloquio per diventare professore a Hogwarts. Non che avesse dei dubbi sul fatto d’essere assunto, era un mago illustre, Hogwarts sarebbe stata fiera d’averlo nel corpo insegnanti.

Era lui ad avere dei dubbi sul fatto che quella fosse la sua strada. Amava l’insegnamento, ma avrebbe potuto fare qualsiasi cosa nella vita, anche il Ministro della Magia.

Tic - Tac.

Entro pochi minuti, il preside sarebbe arrivato, doveva prendere una decisione una volta per tutte. Per questo continuava a far scattare il suo Spegnino.

Tutti credevano servisse semplicemente a spegnere le luci, ma quella non era l’unica caratteristica dell’oggetto che aveva inventato. Era, infatti, in grado di trovare la persona amata, ovunque fosse, bastava solo che quest’ultima sussurrasse il nome del proprietario dello Spegnino.

Albus aspettava da molti anni che venisse sussurrato il suo nome. Ogni volta che lo Spegnino scattava, sperava di sentire «Albus» sussurrato dalle labbra di Gellert Grindelwald, suo passato ed unico amore.

Era da moltissimo tempo che non sperava più di sentire il suo nome, ma quel giorno, prima di scegliere la nuova strada del suo futuro, aveva bisogno d’essere certo che mai più avrebbe sentito la voce di Gellert chiamarlo. Nonostante tutto quello che era successo, Albus ancora lo amava e sperava nella sua redenzione.

Sapeva che Gellert era diventato potente e che aveva creato un esercito quasi invincibile. Era diventato un terribile mago oscuro, il più terribile che si fosse mai visto. Se solo avesse pronunciato anche una sola volta il suo nome, l’avrebbe aiutato. Magari l’avrebbe perdonato, ed insieme avrebbero cercato la redenzione.

Tic - Tac.

Si dice che un uomo è vecchio solo quando i rimpianti, in lui, superano i sogni. Albus, in quel momento, stava diventando davvero vecchio. Con quell’ultimo ‘Tac’ aveva spento i suoi sogni, accendendo per sempre la luce dei rimpianti.

Il preside Dippet era entrato nella stanza subito dopo che lo Spegnino aveva ridato luce alle candele. Il tempo di Gellert era scaduto. Per sempre. Albus avrebbe cercato da solo la sua nuova strada, lontano dalle tentazioni.

«Albus. Percival. Wulfric. Brian. Silente» scandì lentamente Dippet, mentre si avvicinava a Silente. «Un onore, oltre che un piacere, averti qui».

Albus sorrise, stringendo la mano del preside di Hogwarts, un uomo giusto e rispettato, oltre che un amico.

«Buongiorno, preside» salutò sorridendo.

I due maghi si sedettero ai lati opposti della vecchia scrivania, ma dall’espressione del volto di Silente, nessuno avrebbe saputo dire chi era il più vecchio.

«Come ben sai, sto cercando un nuovo insegnante di Trasfigurazioni» disse Dippet, guardando con perplessità Silente. «Quindi mi chiedo a cosa devo la tua presenza qui»

«Credo d’avere le qualità per essere l’insegnante che cerchi, Armando»

«Albus… Noi ci conosciamo da tanto tempo, sai benissimo che sarei felice d’averti qui. Farei riposare i miei gufi, non dovendoti più scrivere per chiederti consiglio – Silente e Dippet sorrisero a quell’affermazione, poi il preside continuò a parlare – Sappiamo entrambi che hai le capacità per essere molto di più che un insegnante. Perché vuoi questo lavoro?».

Albus non poteva rispondere sinceramente a quella domanda. Non poteva spiegare che stava fuggendo dal potere, dal ricordo di come s’era sentito quando aveva progettato di conquistare il mondo con Gellert. Il Bene Superiore, qualsiasi Bene Superiore, doveva stare lontano da lui. Hogwarts era il posto giusto per la sua redenzione, per la sua disintossicazione.

«Ho sempre amato i dolci di Mielandia, lavorare così vicino a Hogsmeade sarebbe l’ideale» esclamò sornione, come se quella fosse davvero la verità.

Il preside Dippet conosceva abbastanza Silente da sapere che non era certo quella la risposta alla sua domanda, ed osservò Albus in silenzio, scrutando quegli occhi azzurri in cerca di una risposta. C’era della malinconia, in quelle iridi, ma non avrebbe saputo dargli un nome e un perché.

«Fingerò che sia vero» disse dopo quel silenzio, certo che non avrebbe mai capito le scelte di Silente.

Agitando la bacchetta, fece apparire due bicchieri ed una bottiglia di vetro sulla scrivania.

«Whiskey Incendiario, Albus? Anche se non capisco le tue scelte, devo festeggiare il tuo arrivo tra i miei insegnanti. Sarà un onore averti qui» disse Dippet, versando il liquido ambrato nei bicchieri.

«Credo che passerò, Armando, grazie. Ho molte cose da fare oggi, se devo trasferirmi qui, vorrei essere lucido» mentì sorridendo.

Il Whiskey Incendiario era la bevanda preferita di Gellert, dimenticarlo, cambiare, voleva anche dire tagliare i ponti con ogni cosa lo riguardasse.

«Oh, be’. Alla tua salute, Albus!» disse il preside, prima di sorseggiare il suo whiskey . Non sapeva cosa avesse spinto Silente a Hogwarts, ma di certo la scuola aveva guadagnato il migliore insegnante di sempre.

Albus si congedò con una scusa futile, desideroso di stare solo con i suoi pensieri. Aveva detto addio a Gellert e al buio, o almeno stava provando a farlo. Non era facile, non ancora.

Spegnendo i suoi sogni, si incamminò vero Hogsmeade, per andare a dire ad una persona che non avrebbe desiderato di certo vederlo del suo nuovo lavoro.

Aberforth non avrebbe preso bene la notizia che il fratello sarebbe stato così vicino da quel giorno, ma una volta sapute le sue intenzioni - Albus ne era certo - l’avrebbe aiutato.

Aberforth sapeva amare e perdonare molto più di Albus, e suo fratello aveva davvero bisogno di lui. Nonostante tutto, avevano lo stesso sangue. L'avrebbe perdonato, un giorno.

 

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E con questa shot, siamo giunti alla fine della raccolta.

Questa è per Joey Potter, regina indiscussa, per me, di questa coppia. 

 

Ora che la Coppa delle Case è giunta al termine, devo ammettere che mi spiace molto.

Per mesi è stata parte della mia vita, è stata un bel percorso fatto con le altre Grifondoro e non solo.

Ringrazio le mie compagne di Casa, tutte le altre partecipanti e Only, che ha avuto l'idea di creare questo bellissimo contest.

Grazie anche a voi, che leggerete e forse commenterete.

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