Come Serpeverde. Come la speranza. Come i suoi occhi

di Payton_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Abitudine ***
Capitolo 2: *** Non andartene ***
Capitolo 3: *** Ancora e per me ***



Capitolo 1
*** Abitudine ***


Questa Mini-Long ha partecipato al contest Les enfants qui s'aiment - Draco/Pansy/Harry indetto da Gigettina classificandosi Prima nella sezione Harry/Pansy.

Sono felicissima del risultato ottenuto e del giudizio della cara giudiciA ♥ , che è stata anche velocissima.

In tutto, i capitoli saranno tre. Alla fine, posterò il giudizio di Gigettina.

Buona lettura!

 

Come Serpeverde. Come la speranza. Come i suoi occhi

 

Abitudine

 

Per quanto mi sforzi, non ricordo il giorno esatto in cui Lui iniziò ad interessarmi. Ricordo quando me ne resi conto, ma era tardi per tornare sui miei passi.

Era una mattina come tante, il dormitorio di Serpeverde si stava lentamente animando ed io aspettavo Millicent per andare a fare colazione. Non è mai stata puntuale, a differenza mia.

Feci il percorso familiare fino alla Sala Grande come ogni giorno, parlando dei compiti non finiti di Pozioni o delle novità lette sul Settimanale della Strega.

Era un giorno normale, banale, integrato perfettamente nella routine. Un giorno come tutti gli altri.

La Sala Grande vociava come sempre; Tiger e Goyle si stavano già ingozzando e Theodor e Blasie sorseggiavano in silenzio i loro succhi di zucca mentre leggevano il giornale. Draco non c’era, come sempre in quel sesto anno, e il mio cuore sentiva ancora il peso del suo posto vuoto.

Aveva iniziato a passare tutto il suo tempo libero nella Stanza delle Necessità e s’era allontanato molto da me. Non era quello di prima, da quando il Signore Oscuro gli aveva affidato quel misterioso compito. Non era più il mio Draco, ed io non ero più la ragazza per lui, e questo faceva proprio schifo.

Mi sedetti al mio solito posto, scegliendo i soliti biscotti ed il solito tè e, come d’abitudine, alzai lo sguardo verso il tavolo di Grifondoro. Cercai Potter con lo sguardo, chiedendomi se aveva scelto ancora una volta di non mangiare nulla e perché, per poi rendermi conto che, per me, quello faceva parte della normalità. Fu sconvolgente. Io guardavo Potter da tempo, senza nemmeno rendermene conto, e quella verità s’infranse sul mio viso terribile ed infame.

Com’era possibile che mi fossi abituata, senza nemmeno rendermene conto, ad osservarlo?

Quasi feci cadere il tè, distogliendo subito lo sguardo dal tavolo di Grifondoro, come se così potessi cancellare quell’abitudine dagli archivi della mia mente. Non poteva essere vero. Io guardavo Potter, ogni giorno, e rendermi conto di questo cambiò per sempre la mia vita.

 

Harry è come la neve, arriva silenzioso e ti avvolge prima che tu possa accorgertene.

 

Forse mi interessai a lui perché era l’opposto di Draco, l’altro lato della medaglia, ed il mio orgoglio femminile, ferito dall’abbandono, mi spinse a cercare un modo per ferirlo. Nessuno sarebbe stato meglio di Potter, ma sono supposizioni che faccio a me stessa. Ricordo solo che iniziai ad osservarlo consapevolmente, dopo quella mattina.

Ora, so che i suoi occhi sono di un verde smeraldo molto chiaro e che si incupiscono quando pensa a qualcosa che evidentemente lo tormenta. Cambiano colore ed intensità con il suo umore e sempre più spesso li vedo più scuri del normale. I suoi capelli non sono mai ordinati, completamente diversi da quelli perfettamente pettinati di Draco. Credo che nemmeno lo possieda un pettine.

Alcune mattine sembrano ancora spalmati sul cuscino, mentre altre ricadono ribelli a schermare la sua famosa cicatrice e a proteggere il suo sguardo assorto.

So che a colazione arriva sempre all’ultimo minuto e che mangia un toast velocemente, oppure non mangia affatto, mentre il suo amico Weasley si ingozza come un animale.

Riceve poca posta, normale per uno che ha perso i genitori, ma sembrava non farci più caso.

Vedo il suo viso contrarsi ogni volta che abbiamo una lezione di Difesa contro le Arti Oscure con Piton, mentre è sereno quando abbiamo Pozioni con Lumacorno. So perfino che la Granger e Weasley hanno litigato da quando lui sta con la Brown, perché osservando Harry capisco anche cosa accade ai suoi amici. Vedo come li osserva preoccupato, sembra quasi che loro siano più importanti dell’Oscuro Signore ai suoi occhi.

Io avevo bisogno di capire se lui mi piacesse davvero o se fosse solo un capriccio, dovevo capire, ma non sapevo come fare. Era logorante, fastidioso e imbarazzante.

 

Harry è come un fiore nato tra le rocce: tentatore, splendido e irraggiungibile.

 

Pochi giorni dopo aver scoperto il mio interesse per Potter, girovagando senza meta per la scuola, mi ritrovai al settimo piano, dove c’è la Stanza delle Necessità. Dove c’era Draco. Mi manca ancora oggi, stare con lui. Mi manca davvero, anche se non capisco se è il suo amore a mancarmi o l’abitudine di noi insieme. È stato il mio primo amore, non lo dimenticherò mai. Noi eravamo adatti per stare insieme, anche se il destino ha deciso che così non dovesse essere.

Mi ritrovavo spesso fuori dalla Stanza delle Necessità, a sfiorare la parete che ne cela l’ingresso, quel muro maledetto che ci ha divisi per sempre. Mentre stavo lì, assorta nei miei pensieri e nella malinconia, un forte rumore mi costrinse a voltarmi.

«Chi c’è?» chiesi, senza ottenere risposta. Era molto strana quella situazione, perché qualcuno avrebbe dovuto nascondersi?

Spinta da chissà cosa, avanzai nel corridoio, in cerca della fonte del rumore. Qualcuno doveva aver urtato una statua, forse Pix, ma per sicurezza impugnai la bacchetta.

«C’è qualcuno?» chiese ancora, ma nessuno rispose. Mi agitai, pensando perfino d’essermi immaginata tutto, quando improvvisamente sentii una presenza al mio fianco, come un respiro trattenuto, ma non vidi nulla. Istintivamente, allungai una mano contro la parete, urtando qualcosa di invisibile tra me e il muro. Il mio urlo spaventato si infranse contro le pietre e le armature; allontanai la mano e, senza capire perché, mi trovai faccia a faccia con un atterrito Potter. Lui, il motivo di tutti i miei dubbi e delle mie notti in bianco. Più avanti appresi che era nascosto sotto il suo Mantello dell’Invisibilità, che senza volere gli avevo tolto.

«P-Potter?» biascicai, mentre mi puntava contro la bacchetta.

«Non ti muovere e dammi la bacchetta» ordinò. Io ero paralizzata, ma per altro, non per la sua minaccia. Obbedii, con la testa altrove, quasi meccanicamente. Da quando l’avevo visto, un solo pensiero s’era fissato nella mia mente: baciarlo. Era un desiderio immenso, forte, che non mi permetteva di ragionare. Lui era lì, a pochi centimetri da me, una tentazione come mai ne avevo avute. Potevo farlo? Ero abbastanza coraggiosa per bacialo e capire se davvero provavo qualcosa per lui? Era la mia occasione, ma non sapevo se l’avrei colta.

La mia immobilità lo sorprese, non disse nulla, osservandomi perplesso.

 

Harry è come il canto di una Sirena, non posso non sentire il suo richiamo.

 

«Che ci fai qui, Potter?» chiesi una volta recuperata la ragione.

«Non sono affari tuoi, Parkinson»

«Hai ragione» risposi distratta. Era vicino, terribilmente bello e vicino. Era la mia occasione, forse l’unica che mi si sarebbe mai presentata.

Fu in un rapido istante, senza che lui riuscisse a capire cosa stessi facendo, che lo baciai. Sfiorai le sue labbra quasi con paura, e sentii subito il desiderio di baciarlo ancora, e ancora, e ancora. Fu lui, in quel momento, a restare immobile, spiazzato completamente.

Dopo un interminabile attimo, mi allontanai, fissandolo in quegli occhi verdi che, ora sapevo, desideravo ardentemente.

«Puoi ridarmi la bacchetta?» chiesi gentilmente, alzando il palmo aperto vicino al suo viso. Meccanicamente, senza smettere di fissarmi negli occhi di rimando, poggiò la bacchetta sul mio palmo. Subito dopo, mi voltai e me ne andai, arrabbiata con il mio stupido cuore per ciò che mi aveva spinta a fare.

È stato tutto questo a portaci qui, oggi. Se non l’avessi baciato, ora non sentirei la pietra fredda contro la mia schiena ed il corpo caldo di Harry contro il mio petto. Non sentirei il cuore battere a mille e la sua divisa stretta nel mio pugno.

È passato un mese da quando l’ho baciato e, per la prima volta, lui mi ha cercata e baciata. Si è torturato, prima di cedere, ma ora è qui e posso dire in tutta sincerità d’esserne felice.

«Che vuoi, Potter

«Io… Io voglio… Non lo so nemmeno io, Parkinson» ammette, confuso, ma prima che possa scappare e andare via da me, lo bacio nuovamente. È qui che deve stare.

Ora so che questi baci, il suo odore, lui, saranno la mia abitudine. La mia bellissima, abitudine.

 

Harry è come il tramonto, sempre diverso e troppo atteso. 

 

 

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Piccola nota: mi rendo conto che i personaggi, un po' per forza di cose, siano OOC, particolarmente Pansy. Premetto che questo è il capitolo più OOC, perché ho tentato di modificarli il meno possibile, solo che dovevo 'inventarmi' qualcosa per farli avvicinare, quindi uno dei due doveva agire in qualche modo. Non ho mai scritto di loro, lo ammetto, è stato un esperimento questo contest. Ho cercato di dare qualche scusante al bacio di Pansy, ma meno OOC di così proprio non riuscivo a dipingerla. Chiedo venia e spero che il capitolo sia piaciuto comunque. :)

Al prossimo capitolo, Payton

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Capitolo 2
*** Non andartene ***


 

Non andartene

 

«Fermati!» 

È quasi assurdo come una parola, una piccola, ordinaria e semplice parola, diventi così grande pronunciata dalle labbra di chi amiamo. Perde il suo vero significato, riempiendosi d’altri mille che hanno un sapore completamente diverso. È il modo in cui viene sillabata, il suo suono; come arriva al nostro orecchio, come la percepiamo. È l’intensità, il timbro della voce. La senti e non la puoi ignorare, come accade ora a me. Lui mi chiama, mi cerca, e non posso fare altro che seguire la sua voce. Mi ha chiesto di fermarmi e l’ho fatto, come sempre, anche se vorrei  correre nelle segrete di Serpeverde e fingere che non esista.

Voltarmi sarà la parte più difficile, in quegli occhi verdi ho perso la mente e soprattutto il cuore, non posso restare indifferente al loro sguardo. Mi amano, ed io non sono immune al loro amore.

«Guardami…». Vorrei urlare, poterlo guardare senza conseguenze, stringerlo come un tempo stringevo Draco, ma non posso. Lui non è adatto a me; io non sono adatta a lui.

Vorrei che il Signore Oscuro non avesse dato nessun compito a Draco, che lui fosse ancora il mio ragazzo e non lo spettro che ha passato ore e ore nella Stanza delle Necessità per trovare un modo per condurre i Mangiamorte a Hogwarts. Lo vorrei accanto a me, vorrei amarlo ancora, così da non avere spazio per Harry nel cuore.

«Ti prego, guardami».

Una supplica, e non c’è più partita. Il suo ‘ti prego’ è la fine della mia pallida resistenza. Mi volto e vedo un volto scavato e due occhi vuoti: ha bisogno di me, lo so. Silente è morto e lui ha davvero bisogno delle mie braccia in questo momento. So che dovrei stringerlo, corrergli incontro e baciarlo, ma è più difficile di quello che potrebbe mai sembrare. Noi non ci apparteniamo, non dovremmo amarci. Non dovrebbe esserci nemmeno un noi, eppure siamo qui, intrappolati tra i nostri sentimenti. Non è da me che dovrebbe venire, sono perfino un pericolo per lui, ma inizio comunque a camminare nella sua direzione, ascoltando l’eco dei miei passi nel corridoio vuoto.

«Mi dispiace» sussurro, mentre sfioro la sua guancia in una timida carezza. È un dispiacere generico più che per la morte di Silente, per quello che ci stiamo facendo.

Le cose tra noi solitamente sono così complicate, così instabili, che nonostante il suo dolore riesco comunque a sentire l’equilibrio di questo momento. Lui mi stringe forte, piangendo anche le lacrime che non ha potuto versare con la morte dei suoi genitori. Silente è solo una delle tante persone a lui care che ha perso per una stupida Profezia. Cerco di sfuggire il suo abbraccio, sono altre le braccia che dovrebbero stringerlo, non le mie.

«Non muoverti» mi chiede, ed io obbedisco, come se non avessi altra scelta, ed infondo è così. Non posso muovermi perché non voglio, perché lui l’ha chiesto e perché, nonostante io sappia che non dovrei essere qui, ha bisogno di me.

 

Harry è per me il sole, è il caldo raggio che scalda i petali del mio cuore.

 

Sembra passata una vita, dalla prima volta che mi sono ritrovata tra le sue braccia, ed un’eternità da quando lo odiavo. Un anno: tutto è cambiato in un breve anno, cancellandone altri cinque e spezzando i rapporti di un passato che non ha più modo di esistere. Innamorarmi di lui è stata la cosa più stupida che io abbia mai fatto. Osservarlo, vedere il suo valore, avvicinarlo, conoscerlo, tutte cose che se tornassi indietro non farei. Lui è il Prescelto, so che morirà, e posso solo immaginare il dolore che proverò allora. Dovrò stare rigida e composta accanto ai miei genitori, che festeggeranno con gli altri Mangiamorte la vittoria di Voldemort, mentre dentro di me, intrappolato tra le costole, il mio cuore si macchierà del nero del dolore.

«Harry, non dovresti essere qui».

Sono solo parole le mie, prive di spirito, ma le scandisco come fossero vitali, importanti. Perché lo sono, nella loro semplicità, anche se entrambi le lasciamo scivolare via.

«Pansy… Silente è morto questa notte, ho bisogno di te» mi sussurra all’orecchio. C’è pura disperazione nella sua voce, non potrebbe essere altrimenti. Ha perso la sua unica guida, e nel profondo del mio cuore sento che questa è la sua condanna. Senza Silente, ogni mia speranza che lui possa vincere appassisce come un fiore nel deserto. Fino a quando non pioverà, quando una nuova speranza bagnerà le mie radici, il mio stelo, sarò appassita sotto il peso della verità, del suo destino.

 

Harry è per me il vento che scaccia le api,

che toglie i petali appassiti e leviga la mia anima rendendola più bella.

 

«Mi ami ancora, Pansy?» mi chiede con voce strozzata; so che ha due ragioni per chiedermelo, ma tutte e due sono troppo egoiste perché io perdoni la sua domanda. Lui vuole sentirsi amato da qualcuno, è più solo che mai, e vuole che io risponda sì per dirmi ancora una volta che quella è la risposta sbagliata. È combattuto, come me, ed entrambi stiamo giocando con sentimenti più grandi di noi. Abbiamo diciassette anni, ma stiamo amando come se ne avessimo molti, molti di più. Non è una cotta la nostra, è amore, quello profondo e vero. È sbagliato, infame, ma splendido e assoluto.

«Non fare domande di cui sai già la risposta. Non sarei qui, se ora potessi dire no»

«Grazie».

Non mi aspettavo questa risposta. Non è da Harry, lui mi allontana sempre il più possibile per proteggermi. Lui non fa altro che dirmi che dovremmo stare lontani, che è un pericolo per me, che se sapessero rischierei la vita. Ed io non faccio che pensare di non meritarlo.

«Che farai ora?»

«Porterò a termine il compito che mi aveva affidato Silente» risponde sicuro, mostrando il coraggio e la determinazione che mi hanno fatta innamorare.

Non so di cosa sta parlando, non conosco il compito che Silente gli ha affidato, ma lascio che le mie orecchie possano essere il nascondiglio dei suoi segreti. Non mi ha mai detto nulla sul loro rapporto, su quello che facevano nelle lezioni private, ma non lo biasimo: io faccio parte dei nemici, non posso biasimarlo. Biasimo me stessa, per essermi innamorata di lui, l’unico da cui dovevo stare lontana.

«Non tornerò a Hogwarts l’anno prossimo, sarai libera».

Le sue parole echeggiano nella mia mente, scendendo poi a toccare tutti i nervi doloranti del mio corpo. Sarebbe la fine, la libertà, l’occasione di dimenticarlo, ma ora mi sembra solo la cosa peggiore che possa succedere. Ho sempre saputo che avrei dovuto separarmi da lui, ma quei pensieri erano lontani, quasi inconsistenti. Ora che è reale, che la realtà rispecchia quei pensieri, non riesco ad accettarli. Siamo sempre stati vicini e lontani allo stesso tempo, ma quando lui lascerà Hogwarts sarà il nostro addio. So che non lo vedrò mai più, perché morirà. Non mi sono mai concessa di credere all’illusione che lui possa sopravvivere, anche se le parole che dico a Harry sono incoraggianti e piene di speranza. Morirà e nessuno, ora che Silente è morto, potrà impedirlo. Non voglio illudermi che potrebbe essere diverso.

 

Harry è per me la terra che tiene salde le mie radici, che non mi fa cadere.

Se lui mi lasciasse andare crollerei, perdendo la mia stabilità.

 

«Sei venuto per dirmi addio, Harry?» 

«Sì, Pansy. Per questo e per dirti che ti amo. Non avevo mai avuto il coraggio di dirlo apertamente».

Ti amo, le parole che ho aspettato per tanto tempo e che ora vorrei non aver mai sentito, quello che vorrei dirgli senza pensare che potrebbe essere l’ultima volta.

«Harry, non…»

«Non rovinare questo momento. Lo so che non dovevo dirtelo proprio ora ma… ma…». Non gli ho permesso di finire la frase. Finché sono io a pensare al peggio posso sopportarlo, ma se anche lui esterna i suoi dubbi, non posso resistere. Lo bacio, mentre lacrime silenziose scivolano sul mio viso. Lo stringo forte a me, come se quello bastasse a non farlo andare via.

«Non andartene» mi prega, e come ogni volta che usa quel tono, io resto. Resto per lui, per me, per noi. Resto.

«Dammi un ultima notte, resta con me fino a domani, e poi ti prometto che non ti cercherò più. Non ti metterò in pericolo, porterò a termine la mia missione e poi tornerò» sussurra tutto d’un fiato, ma le sue promesse non sono quello di cui ho bisogno. Io vorrei dei fatti, delle certezze.

«Io ti aspetterò» dico, in parte mentendo ed in parte dicendo la verità. Perché lo aspetterò, seduta accanto alla speranza di vederlo tornare, anche se la terrò il più possibile lontana. È dolorosa, perché illude.

Lo stringo forte, come prima, cercando di memorizzare ogni sensazione che mi dà stare tra le sue braccia. Le voglio ricordare, conservare per sempre.

Tra poche ore dovrò lasciarlo andare senza sapere se mai tornerà da me, e non so se avrò il coraggio di affrontare questa sfida da sola.

Lui è parte di me, lo sento dentro, lo voglio, lo pretendo. Io ho la pretesa che lui sia mio e non so nemmeno da quanto tempo. È arrivata come la prima neve, inaspettata, corrodendomi dall’interno, obbligandomi a volerlo per me.

Resteremo abbracciati, silenziosi, rannicchiati nell’angolo buio di un’aula vuota, fino a quando non arriverà il mattino e l’ora di dirsi addio.

Ho così tante parole non dette nel cuore, così tanti abbracci spezzati e baci mancati da aumentare il panico di questo momento.

Sto per appassire, per sfiorire, e posso solo arrendermi alla realtà.

La mia vita senza Harry sta per iniziare, ed io mi chiedo come potrò affrontare la sua morte.

 

Harry è per me come l’acqua, dà vita al mio essere, lo nutre e lo mantiene vivo.

Senza acqua, non sono niente.

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Direi che qui le spiegazioni sono d'obbligo. Per prima cosa, è scritto, ma specifico che Harry e Pansy stanno insieme da un anno. Sì, i tre capitoli avranno salti temporali molto ampi, ho preferito sceglire tre momenti importanti e raccontare quelli. :)

Pansy non è una Grifondoro, non è coraggiosa ed è figlia di Mangiamorte quindi, per quanto l'amasse, ho pensato che non fosse capace di credere nella vittoria di Harry contro Voldemort. La sua speranza era quanto più flebile possibile. Io la vedo così, non è Hermione o Ginny. Interpretazione ovviamente personale, che però deriva da un ragionamento e da un paragone con Draco.

Le parole in grassetto sono i prompot e la citazione da inserire per il contest. Questo è il mio capitolo preferito, spero possa piacere anche a voi. :)

Ringrazio Gigettina, Tefnut, GinnerPotter, morgana85, mikiRed e SunnySideOfTheStreet per aver commentato lo scorso capito, e tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate.

Buona lettura,

Payton

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Capitolo 3
*** Ancora e per me ***


 

Ancora e per me

 

Fino a questo momento ho sempre pensato che scene come questa esistessero solo nelle pagine di un libro romantico. Eppure, sta accadendo quello che pensavo non sarebbe mai potuto accadere. Mi sento stordita, le grida eccitate dei superstiti non riescono ad arrivare pienamente alle mie orecchie, sono come ovattate, appartenenti ad un altro mondo. Sento solo il battito frenetico del mio cuore che rimbalza nel petto come volesse fuggire. Dovrei alzarmi, staccarmi da questa parete e cercare Harry, ma le mie gambe non reggerebbero. Non hanno più retto da quando Voldemort ha mostrato il cadavere del Prescelto a tutti, fiero della sua vittoria.

Non so come ho fatto ad arrivare nella Sala Grande di corsa, per fuggire da quella verità. Ho corso a perdifiato e mi sono accasciata alla parete, piangendo la mia stupidità.

Da mesi attendevo quel momento, l’istante in cui avrei saputo della sua morte, non sono mai stata così illusa da credere che potesse sopravvivere un’altra volta.

Non attendevo la felicità arrivata dopo, però. Non mi aspettavo di vederlo fronteggiare Voldemort, sbeffeggiarlo, umiliarlo e poi restare in vita. Ancora. Per me.

 

Harry è per me l’estate, il calore intenso e assoluto che ti avvolge fino a scaldarti l’anima.

 

Quando l’Avada Kedavra è partito dalla Bacchetta di Sambuco, pensavo fosse arrivata nuovamente la fine. Credevo che avrei visto nuovamente il corpo di Harry privo di vita e mi sono accasciata tra due colonne, con le mani strette al petto. «No», continuavo a bisbigliare, più incredula che spaventata. Potevo superare il vederlo morire una volta, ero preparata, ma due volte erano fottutamente troppe. Il suo cadavere steso a terra, di nuovo, sarebbe stato la fine del mio contegno già intaccato. L’infrangersi della mia nuova speranza. Era arrivata inaspettata, prepotente e pesante ad illudermi, non poteva andare via, non ora. Mai. Era la mia speranza, solo mia, non poteva abbandonarmi. Non doveva.

Ho osservato il combattimento con il cuore in gola e le lacrime pronte a piangere dolore. Mi sono concessa di illudermi, anche se non avrei dovuto. Una mossa rischiosa e stupida, se le cose fossero andate male, ma vederlo sopravvivere più di quanto avessi sperato mi ha cambiata. Sì, cambiata.

Forse Harry mi ha donato un po’ del suo coraggio Grifondoro. Lui mi ha cambiata e di conseguenza, nel momento in cui la sua sopravvivenza è diventata possibile, mi sono concessa d’essere una persona nuova. La persona che ama Harry Potter, Grifondoro, Prescelto e Bambino e Ragazzo Sopravvissuto.

I suoi occhi sono chiarissimi, in questo istante. Brillano di felicità e stupore. Decine e decine di mani stringono le sue; centinaia di voci acclamano il suo nome, eppure guarda me. Vuole stringere le mie mani, lo leggo in quegli occhi chiari e maledettamente belli. Lui mi ama ed io lo amo, c’è qualcosa che conta di più? Solo il fatto che potrà esserci un noi, credo, che ci sarà un futuro. Io sono cambiata per avere quel futuro.

 

Harry è per me l’essenza dell’autunno, del cambiamento, mi sconvolge e cambia i miei colori,

dando vita alle sfumature più belle che potrei mai avere.

 

«Sei sopravvissuto. Ancora», non riesco a dire altro, quando arriva davanti a me. Il suo sorriso – quel suo sorriso – è capace di bloccarmi completamente.

«Ancora e per te».

Ancora e per me. Per me. Sono le parole che mi servivano per sciogliere la tensione delle ultime ore. Mi alzo, trovando improvvisamente la forza, e mi tuffo tra le sue braccia quasi con disperazione. Il suo corpo caldo che vive contro il mio, il suo cuore che batte, riesco quasi a respirarli. Respiro Harry, avidamente e completamente. La sua essenza concretizza la realtà, toglie la paura che sia tutto un sogno.

Lui è vivo e ha sconfitto Voldemort, non smetterò mai di ripetermelo, devo ricordarlo ogni minuto.

«Stai bene?» è un paradosso che sia lui a chiederlo a me, ma non è la cosa più assurda accaduta quest’oggi.

«Mai stata meglio». Lo stringo forte, quasi temessi potesse scappare, dissolversi come la sua nemesi ha fatto pochi minuti prima.

«Ti ho dimostrato di potercela fare» sussurra abbozzando un sorriso. «Sapevo che non credevi in me» continua in tono amaro.

«Io ho sempre creduto in te, solo che credevo anche nel potere di Voldemort». Dopo aver pronunciato queste parole, mi rendo conto di quanto, in fondo, siano vere. Io ho sempre creduto in Harry, ma Voldemort è stato il mago più terribile di tutti i tempi, probabilmente anche i suoi amici avranno temuto, come me, per la sua vita. Dovevano essere demoralizzati e rassegnati anche loro, anche se erano molto, molto più bravi di me a combattere le loro paure.

«Ti amo, Pansy» mi sussurra all’orecchio, ed ora posso compiacermi davvero di queste parole, assaporarne l’essenza.

«Lo sai che ti amo, Potter». Sorride divertito nel sentirsi apostrofare come ‘Potter’. Quando le cose tra noi vanno bene, è così che lo chiamo. Non so perché, forse in cuor mio lo differenzio da Draco, che mai ho chiamato per cognome. È la diversità dell’amore che ho provato per loro chi mi spinge a farlo. Harry non è Draco, non è il sostituto del ragazzo che mi ha abbandonata: è un altro amore. Non il primo, ma il più speciale, quello che sarà per sempre.

 

Harry è per me l’intimità dell’inverno, la sensazione d’amore, di calore, che trasmette con la sua neve fredda.

 

«Mi dispiace per i tuoi amici che sono morti».

Mi dispiace davvero, ora non sono più dei Grifondoro, sono persone, amici di Harry, morte anche per lui, per difenderlo ed aiutarlo nella sua missione. Mi dispiace e vorrei aver combattuto davvero questa guerra, ora che so come è andata a finire. Non posso vantare il coraggio Grifondoro dei caduti, perché sono Serpeverde nell’animo, in fondo, ed ho pensato prima a me stessa.

«Grazie» sussurra, e dopo quelli che mi sono parsi attimi infinti, scioglie l’abbraccio in cui eravamo legati. Mi sento nuda, senza le sue braccia strette alla mia schiena, ma un pensiero bastardo si intrufola nella mia mente. Pensando agli amici di Harry, mi rendo conto di non sapere nulla riguardo ai miei. La maggior parte è fuggita, ma Draco… So che lui era qui. Inizio a guardarmi intorno in modo frenetico, Harry se ne rende conto e mi fissa serio, ha capito chi sto cercando, lo capisce sempre.

«Malfoy sta bene» sputa, ed io non posso non sorridere; sono fortunata ad averlo, è sempre comprensivo come me, anche quando si parla di Draco.

«Se vuoi andare da lei per consolarla, vai pure, non mi arrabbierò».

Sono sempre stata gelosa di Ginny Weasley, ma non è il momento per la gelosia. Voglio ripagare la comprensività di Harry, i suoi amici hanno perso un fratello, hanno bisogno di lui. Tutti, lei compresa.

«Vieni con me» dice stringendomi la mano. È strano, pensare che da oggi tutti sapranno di noi, ma è bellissimo.

Non mi importa nulla di quello che diranno né i Serpeverde, né i Grifondoro. L’unica cosa che conta è che ci amiamo.

Con la mano stretta in quella di Harry, sto iniziando un nuovo cammino. Questa nuova strada so già dove mi condurrà: verso un futuro verde.

Verde come Serpeverde, la mia Casa, me stessa, la persona che sono stata e che, in fondo, resterò sempre.

Verde come la speranza, che s’era nascosta nel mio cuore fino al momento in cui non ha capito perfettamente i suoi sentimenti.

Verde come i suoi occhi, gli occhi di Harry, quelli in cui voglio specchiarmi per il resto della vita. Lui sarà la il mio domani.

 

Harry è per me l’odore della primavera, l’arrivo di qualcosa di meraviglioso, il colore giusto da mettere sul foglio della vita.

 


Ed eccoci giunti alla fine. Un parto, per me, ad essere sinceri.

Non avevo mai scritto, come detto, della coppia, e nemmeno la amo particolarmente.

'Come Serpeverde. Come la speranza. Come i suoi occhi' si può definire uno dei miei esperimenti.

Ringrazio June, Gigettina, Tefnut, Morgana85 e Whatevenhappened che hanno commentato lo scorso capitolo,

tutti quelli che hanno letto, recensito ed inserito la raccolta tra le preferite/ricordate/seguite.

Ringrazio tutti, insomma, ma in particolare la giudiciA Gigettina.

Allego il suo giudizio. ♥

 

Prima classificata:

Payton – Come Serpeverde. Come la speranza. Come i tuoi occhi.


Grammatica: 9,9/10
Originalità: 10/10
Caratterizzazione personaggi: 9,5/10
Stile e lessico: 10/10
Prompt: 5/5
Giudizio personale: 5/5

Totale: 49,4/50

Tesoro, non posso nasconderti che aspettavo con ansia la tua storia, perché sapevo che avrei letto qualcosa di veramente bello su Harry e Pansy. E le mie aspettative sono state pienamente ripagate.
Parto dalla grammatica: l’unica pecca è stato un verbo all’imperfetto in una frase in cui era necessario il presente. Hai scritto “So che a colazione arrivava sempre all’ultimo minuto e che mangia…”, però anche nella frase precedente hai usato un presente. Ti ho tolto uno 0,10 per equità con le altre.
Lo 0,5 della caratterizzazione è dato dall’intraprendenza di Pansy nel baciare per prima Harry. Non che non sia capace di prendere l’iniziativa, ma forse è leggermente (leggermente leggermente) OOC.
Ok, ora che ho finito di dirti queste banalità, posso passare a riempirti di lodi – e fare la ruffiana, magari xD
La storia è molto bella, e ti invito caldamente a scriverne il seguito. Scherzi a parte, hai reso molto bene sia Harry che Pansy, e contando quanto tu odi il primo devo dire che sono commossa per lo sforzo fatto!
L’impostazione che hai dato alla Mini Long mi è piaciuta, soprattutto perché mostri una Pansy che si accorge dai piccoli gesti cosa prova, non è qualcosa che succede da un giorno all’altro. Non sarebbe stato verosimile.
Il secondo capitolo, dove Pansy è indecisa sull’esito della guerra, è magnifico. La vera chicca, però, è la fine, quando Harry la prende per mano e la porta dai Weasley, nonostante ci sia Ginny, specificando prima che Draco è vivo. Complimenti, tesoro. E grazie per aver partecipato!


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