Amore oltre il tempo

di Yellow_Falling_Leaves
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. Visioni ***
Capitolo 2: *** cap 2 notte stellata ***
Capitolo 3: *** cap 3- inizio e fine ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. Nuova Vita ***
Capitolo 5: *** Cap 5 è meglio per tutti ***
Capitolo 6: *** Cap 6 incontri ***
Capitolo 7: *** capitolo 7- sei parte di me ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8- Sofferenza ***
Capitolo 9: *** Mezzi Vampiri ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10- prova del nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11.Immortale ***
Capitolo 12: *** 12. quelle cose che avrei preferito non sapere ***
Capitolo 13: *** 13. Piani ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15-Vulnerabile ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. Visioni ***


Non so cosa vi abbia ispirato, se il titolo o l'introduzione che ho messo, o se non sapevate proprio cosa fare, e avete aperto questa storia...
Qualsiasi cosa vi abbia fatto decidere di aprire la pagina, sarà soggetto della mia gratitudine ;)
E' la mia prima fan fiction, i cui personaggi sono Edward e Bella, e spero davvero non vi deluda..nel caso, abbiate pietà di me!
Non credo saranno fedelissimi ai personaggi della Meyer, di solito tendo spesso a rendere miei i personaggi, mentre scrivo..cercherò comunque di renderli almeno verosimili. :)
Buona lettura!
Amore Oltre Il Tempo
..
Capitolo 1
Visioni
«Andiamo, Bella!» Alice sbuffò, incrociando le braccia al petto, e fissando l’amica con un cipiglio esasperato. «Quell’abito è fantastico!»
Ma Isabella Swan, testarda fin nel profondo, non ne voleva sapere.
Era troppo attillato quel vestito, se tale si poteva chiamare date le dimensioni da salvietta da bidet, e poi, andiamo, il rosso le stava proprio male addosso.
«Sono sicura che ti starà bene! E poi è Gucci!» insistette la vampira minuta.
«No, Alice! No, no e no!» Bella sbatté i piedi a terra, imbronciandosi. «Non m’interessa se è Gucci, è troppo corto! E sai, a Forks non fa particolarmente caldo. » sibilò Bella con sarcasmo pungente, fissandola con un’occhiata truce.
«Serve aiuto? » s’intromise la commessa, gentilmente.
«NO!» sibilarono le due amiche, senza smettere di uccidersi con gli occhi, e dopo quel tono poco cordiale la povera ragazza si defilò.
«Bella, non è affatto corto! Ti arriva appena sopra al ginocchio! » disse Alice, cercando di essere persuasiva.
«Tu non hai la misura del corto!» esclamò Bella, esausta.
Erano due ore, DUE ORE!, che litigavano sullo stesso capo d’abbigliamento.
Ma Bella non aveva intenzione d’arrendersi, non adesso. Era paziente, ma aveva un limite ben netto. E Alice aveva superato decisamente quel limite.
«Isabella Marie Swan, ti ordino di provare quel vestito assolutamente magnifico!» Alice fissò dritta dritta l’amica negli occhi marroni, con i suoi, ambrati.
«No! » Bella non voleva provarlo, perché avrebbe significato poi doverlo comprare. Ma perché prenderlo, se poi non l’avrebbe affatto usato? Sarebbe rimasto chiuso nell’armadio ad ammuffire, insieme a tutti gli altri vestiti che le aveva regalato - o obbligata a comprare Alice. Oppure, li avrebbe dati in beneficenza, o se proprio, riciclati e regalati alle sue amiche per il compleanno… Jessica avrebbe fatto carte false per uno di quei vestiti.
«Solo per vedere come ti sta, daii!» la nana malefica tirò in fuori il labbro inferiore, e sbatté le ciglia convulsamente. A Bella, parve che gli occhi dell’amica si fossero sciolti, talmente erano dolci.
E venne alla conclusione che non avrebbe avuto scampo nemmeno quella volta, contro quella vampira dittatrice.
Acconsentì con un grugnito;le strappò di mano l’abito e si rinchiuse nel camerino.
La ragazza si guardò allo specchio, dopo aver indossato il capo rosso: si sentiva in imbarazzo solo a vedersi, non era proprio l’abito adatto a lei. Si vergognava solo ad averlo provato: era davvero troppo corto. Le conferiva una certa aria da…donna di facili costumi?, e questo le spiaceva.
E poi, se l’avesse vista Edward… no!
Si cambiò nuovamente, senza nemmeno dare soddisfazione ad Alice.
«Passiamo al prossimo, ti prego. » sospirò, ridando il mini vestito in mano all’amica.
Lei acconsentì, annuendo poco convinta: «Non mi dai mai soddis… ».
Non finì la frase, mentre il suo sguardo si faceva vitreo: stava avendo una visione.
Bella la scosse più e più volte.
«Alice, Alice che hai visto?» le chiese, ansiosa.
Alice riprese coscienza di sé stessa, ma era troppo stupita per dare una parvenza di normalità.
Era troppo felice!
La ragazzina incominciò a saltare, dopo interminabili minuti in cui era rimasta come pietrificata. Batteva le mani, come una bambina, e faceva urletti spacca timpani.
Si sentiva particolarmente su di giri: la sua visione doveva avverarsi.
Era una promessa.
«Alice! » Bella la strattonò, e la vampira tornò con i piedi per terra, nel vero senso della parola. Finalmente aveva smesso di saltare come una tarantolata.
«Ma si può sapere che ti è preso? Cos’hai visto? »
«Amica mia…» sospirò, sognante. Bella non si fidava troppo della sua migliore amica, sapeva bene quanto fosse una brava attrice. «Jazz mi vuole fare una proposta di matrimonio, la cinquantesima. » mentì. «Su, abbiamo ancora molto da fare! » trillò poi la vampira.
Partì alla carica, con una meta ben precisa. Nella sua visione, Bella indossava un bellissimo vestito blu. E le donava particolarmente. Talmente tanto da renderla adorabile, e nel complesso, terribilmente irresistibile agli occhi di Edward. Ma doveva sbrigarsi.
«Stasera esci con mio fratello vero? » chiese per sicurezza.
Bella annuì con vigore: «se non finirò in carcere per averti dato fuoco, sì.» Alice finse di non aver sentito, e sorridente uscì dal negozio, per entrare in quello di fronte.
E siamo a trentacinquepensò Bella, mentre il campanellino annunciava il loro ingresso.
«Benvenute! » dissero all’unisono le due commesse alla cassa, vedendole entrare. I loro occhi brillarono, e a Bella parvero dei cagnolini di fronte ad un osso.
Se fosse stato per loro, pensò Isabella, avrebbero steso il tappeto rosso al passaggio di Alice. Ovvio, avevano capito che la vampira fosse una persona terribilmente chic… nonché una figura terribilmente incurante di spendere centinaia di dollari.
Alice partì in quarta verso un reparto del negozio, e ciò insospettì Bella, che la seguì con più calma.
«Ecco! » Alice era entusiasta di un particolare vestito blu, che mostrò a Bella. Lei, dal canto suo, dovette ammettere che il capo era davvero molto bello.
«Provalo, provalo! » incitò l’amica. Isabella lo fissò ancora un po’. Chissà se sarebbe piaciuta ad Edward, con indosso quello.
«Sicuramente, tesoro. Cadrà ai tuoi piedi! » Alice la rassicurò in parte, anticipando la sua muta domanda.
Bella s’accigliò;l’ iperattività di Alice, il suo entusiasmo, erano riconducibili alla visione. La cosa la insospettiva sempre di più.
Isabella provò il vestito blu, constatando che stava pure bene.
Guardò il prezzo, decisa a comprarlo.
Ma quando le vennero le vertigini per i tanti zeri, tutta la sua sicurezza scemò. Uscì dal camerino, e Alice fischiò, intanto che Bella girava su sé stessa, per mostrarsi all’amica.
Tanto stasera non ti servirà a molto, quel vestito… Alice sorrise del suo pensiero.
«Stai da Dio! Devi per forza averlo! »
Una smorfia apparve sul visetto a cuore di Bella: «Non mi pare il caso, Alice… nemmeno il presidente ha tanti soldi… » disse sconsolata.
Alice sbuffò: «ti piace? »
«Si ma.. » cercò di dire Bella.
«Bene, te lo compro io.» dichiarò Alice, stringendosi nelle spalle.
«Ma no, Alice! »
«Sssh! Consideralo come un regalo di compleanno! » a quel punto, Bella desistette.
Poi rabbrividì, all’idea che il giorno dopo sarebbe invecchiata d’un anno.
Non era, ovviamente, una di quelle ragazze fissate con le zampe di gallina o robe della serie; l’unica cosa che la faceva star male era diventare un anno più vecchia del suo immortale e immutabile ragazzo vampiro, con le sembianze perenni di un affascinante diciassettenne.
Alice pagò con la sua carta di credito, e poi tutta soddisfatta uscì dal negozio. Le commesse, dietro, le facevano gli inchini. Con quella spesa, erano a posto per i prossimi cinquant’anni, potevano licenziarsi, comprarsi una villa alle Bahamas e prendersi tutte le auto sportive che volevano. Pateticamente incredibile.
Dopo aver acquistato anche le scarpe abbinate, tornarono finalmente a casa.
Alice la preparò per l’uscita con Edward, e le fece indossare l’abito blu. Le acconciò i capelli in una pettinatura tutta complicata, ma le spiegò, molto semplice da disfare.
Erano passate tre ore buone, e si trovava in salotto, insieme a Esme, che le faceva i complimenti per il vestito, Emmett che la prendeva in giro, e Rosalie, che la ignorava semplicemente.
Alice era rimasta muta, non aveva riso nemmeno alle battute del fratello, come faceva di solito. Rimaneva in silenzio, e gongolava felice come non mai, pensando alla visione che aveva avuto.
Quando sentì l’auto di Edward svoltare nell’imboccatura sterrata per casa loro, la folletta cominciò a pensare ad altro, come all’inno francese, ai versi di Romeo e Giulietta in inglese antico, e migliaia di vestiti di marche famose, capaci di far venire il mal di testa- ovvio, metaforicamente parlando- a Edward.
Il vampiro aveva subito capito che la sorella gli nascondeva qualcosa, ma era troppo ansioso per l’uscita romantica con Bella, per indagare su cosa Alice gli nascondesse.
Parcheggiò la Volvo davanti a casa, ed entrò come un fulmine. Quelle ventiquattro ore senza di lei erano state infinite, e nonostante sapesse che la sua Bella era sotto la protezione di Alice, non era riuscito a stare calmo. Forse era proprio il fatto che l’avesse lasciata nelle grinfie della sua sorella psicopatica, a lasciarlo ancor più preoccupato.
Edward si materializzò a velocità vampiresca nel bianco salone della bianca villa Cullen, e rimase paralizzato appena posò lo sguardo su Isabella.
Incredibilmente, nelle sue orecchie sentì un battito assordante, il battito del cuore della sua Bella, come se quello battesse anche per il suo, ormai fermo da un secolo, e si sentì terribilmente umano, volubile, vittima del languore.
Davanti a lui, c’era una figura celestiale: un angelo.
Non l’aveva mai guardata così.
«Bella… sei.. sei splendida.. » inghiottì a vuoto un fiotto di veleno, battendo le palpebre come per accertarsi di essere sveglio e di non star sognando.
Che stupido; i vampiri non potevano dormire, Bella era vera. Era sua.
Quella consapevolezza lo colpì violentemente.
Intando Bella si sentiva andare a fuoco, di fronte a quello sguardo famelico di Edward. Uno sguardo che non gli aveva mai visto sul viso, nemmeno il primo giorno in cui era andata alla Forks High School e avrebbe voluto ucciderla e bere il suo sangue.
C’era qualcosa di diverso, in quelle pupille, ma non c’entrava
l’appetito verso il suo sangue.

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Capitolo 2
*** cap 2 notte stellata ***


Salve, gente!
Vorrei ringraziare le sei mitiche e formidabili persone che hanno recensito, e che mi hanno spinto a scrivere anche il secondo: grazie!
Ed anche le persone che l'hanno ricordata, aggiunta nelle seguite e nelle preferite, nonostante la storia non sia un granchè. Grazie milleeee!! <3
Ora, passiamo al capitolo... secondo me, non è venuto molto bene... mi dispiace, se qualcuno rimanesse deluso, sorry ç_ç
et voilà!

Cap 2 notte stellata
Edward prese per mano Bella, e dopo aver salutato tutti distrattamente, andarono alla Volvo.
I loro sguardi erano incatenati, tra di loro c’era una strana elettricità. Un’elettricità diversa, da quella che c’era di solito tra i due.
Quella era pura attrazione.
Intrecciarono le dita sul cambio, e si guardarono intensamente. Edward partì sgommando, e senza degnare la strada di uno sguardo, che era fisso sull’unica sua ragione di vita, raggiunsero Port Angeles, e poi un ristorante.
Bella guardò il locale, quasi spaesata.
<< è troppo caro, sei sempre il solito esagerato, Edwa.. >> non finì il pensiero, che le labbra del suo vampiro si posarono sulle sue, con impeto. Le labbra morbide di Bella si modellarono su quelle di marmo di Edward, e per la prima volta, lui prese l’iniziativa avventata di approfondire il bacio.
E Bella, stupita, ma immensamente felice, accolse con gioia la lingua del suo Cullen, che iniziò a danzare con la sua, rincorrendosi, stuzzicandosi, in un gioco pericolosamente passionale. Il contatto si protrasse a lungo, e quando si allontanarono, anche Edward aveva il fiatone.
E si guardarono con occhi diversi, pieni di desiderio.
Ma misero le passioni da parte, ed una volta che Bella ebbe ripreso il controllo di sé, entrarono nel lussuoso edificio dal nome “ Passion” .
Il loro tavolo era in terrazza, appartato, sotto un cielo stranamente stellato e pulito, senza nuvole minaccianti pioggia.
Si misero uno di fronte all’altra, e intrecciarono le mani sul tavolo. E continuarono a guardarsi, senza dire parole. Perché molte volte, gli sguardi comunicavano molto di più, tra loro due.
E gli occhi di entrambi, tradivano qualcosa che mai, avevano fatto trapelare.
Che mai, si sarebbero sognati di rivelare così sfacciatamente.
Era desiderio, pura attrazione fisica. Con una buona parte, se non la maggiore, d’amore.
Ma stavano abbastanza distanti, la vicinanza era dettata solo dal misero contatto delle mani congiunte. E cercavano in ogni modo di soffocare quei sentimenti, e comportarsi civilmente.
<< volete ordinare? >> il cameriere interruppe il loro gioco di sguardi, e Bella prese il menù per dargli una veloce occhiata. Il ragazzo, intanto, continuava a squadrare Bella da capo a piedi, con sommo fastidio del vampiro leggipensieri. Anzi, la mangiava con gli occhi, e i suoi pensieri erano tutt’altro che casti. Il vampiro afferrò gli spigoli del tavolino in metallo, e talmente tanta era la forza che usò per trattenersi, che rimasero le impronte ben nette delle sue dita.
<< ravioli ai funghi… >> decretò. Edward stava morendo di gelosia e di rabbia: come si permetteva, quell’insulso umano, solo a posare lo sguardo su di lei?!
<< e per lei? >> con Edward, il damerino leccaculo non era stato altrettanto gentile.
<< nulla, grazie. >> Edward si trattenne dal staccargli la testa a morsi.
Bella era sua, e nessuno aveva il diritto di guardarla così. Né di pensare quelle cose su di lei.
Il pervertito scomparve dalla loro vista, col sollievo del vampiro. Sospirò.
<< quel tizio teneva gli occhi un po’ troppo su di te… >>
<< geloso? >> lo prese in giro Bella, ridacchiando.
<< non sai quanto >> Edward aveva gli occhi neri di rabbia, odio verso quel tipo di poco prima.
<< Andiamo, Edward! >> lo riprese Bella << non faceva nulla… >>
<< non conosci i suoi pensieri… >> sibilò piano << mi sembrano tanto i pensieri… di quella feccia… che ti voleva far del male. >> ricordò, e Bella rabbrividì.
Poi sorrise:<< quando ho scoperto che eri un vampiro. >> disse allegra, e Edward fece una smorfia. Bella rise, e Edward la guardò stranito.
<< ti senti bene? >> le chiese.
<< si, stavo solo pensando che anche quella sera mi hai portato a cena… e anche quella sera ho preso i ravioli ai funghi. >> il vampiro sorrise.
<< eh già… mi hai fatto prendere un colpo quel giorno sai? >>
<< perché? >> Bella non capiva.
<< sei sparita all’improvviso, Jessica quasi non ci faceva caso! E io non sapevo dove fossi andata. E sono arrivato proprio all’ultimo secondo… >>
<< mi stavi pedinando? >> Bella era divertita.
<< non potevo di certo lasciarti andare in giro per Port Angeles da sola! È da incoscienti. >> spiegò.
<< ah, grazie della fiducia! >> arrivarono i funghi, e Bella iniziò a mangiare.
Edward si chiese come facesse quella fragile umana, ad apparire stupenda anche mentre mangiava. Era uno dei misteri del suo angelo personale.
<< ti interessa tanto guardarmi mentre mangio? >> disse lei infastidita e imbarazzata.
<< si, è affascinante… >> disse Edward, osservando ogni minimo movimento di Bella.
<< mm, wow… se lo dici tu… >> Bella lasciò perdere: per quanto si sforzasse, molte volte Edward non lo capiva proprio.
La ragazza finì di cenare, e Edward pagò il conto.
Lei non volle sapere quanto avesse speso: le bastavano già i regali di Alice ad indebitarla a vita.
Bells borbottava qualcosa d’indefinito, tre sé e sé. Non le andava giù questo loro sottovalutare i soldi.
Chi era davvero ricco, come la sua famiglia, non s’accorgeva o non capiva, l’imbarazzo delle persone che, certe cose, non avrebbero potuto proprio permettersele.
Ed era proprio il disagio che provava Bella, in quel momento.
Se Alice e Edward avessero fatto una gara a chi le comprava le cose più costose e futili, Bella non sapeva proprio chi avrebbe vinto.
Erano esagerati!
<< vuoi un gelato? >> chiese premuroso Edward, ma Bella scosse la testa.
<< ho mangiato abbastanza, non ti pare?! >>
<< a me non sembra che tu abbia cenato molto… >> Edward non era sicuro che Bella fosse sufficientemente sazia.
Lei scosse nuovamente la testa, questa volta con esasperazione: << tu non hai misure! >>.
Si presero per mano, e cominciarono a passeggiare per la città, guardando le vetrine e chiacchierando tranquillamente.
Erano le undici, ed Edward non vedeva l’ora che arrivasse la mezzanotte, per fare gli auguri al suo angelo.
<< Edward… >> Bella lo chiamò, arrossendo e mordicchiandosi il labbro inferiore.
<< si, Bella? >> Edward la guardò, con quei occhi topazio, così intensi.
<< mi porti alla radura? >> Edward sorrise, felice.
<< certo! >> si diressero alla Volvo, sempre mano nella mano.
Partirono; nell’abitacolo risuonavano le note di Claire de lune, la loro canzone.
Edward parcheggiò l’auto, e prese Bella in groppa. Iniziò a correre verso il loro posto magico, a velocità vampiresca, ridendo.
Anche Bella aveva imparato ad amare quel modo di viaggiare, ed era elettrizzata quanto Edward, mentre sfrecciavano tra gli alberi con una velocità pazzesca, quasi stessero volando.
Quando mancavano poche decine di metri, si fermò, fece scendere Bella, e proseguirono a piedi, con calma, sempre mano nella mano.
Entrarono nel grande spazio, e Bella si stupì della magnifica luna piena e della stellata, che li accolse. Era una situazione così romantica, così loro
<< che bello… >> mormorò, incantata.
<< come te… >> disse Edward, che era rimasto imbambolato ad osservare il suo amore.
Bella arrossì, e sorrise imbarazzata.
<< grazie >> disse flebilmente.
Edward notò la coperta rossa a righe verdi, steso a terra, e scosse la testa: si era organizzata, la nana…
Sorrise, e accompagnò Bella, quasi trascinandola, sul plaid.
<< Alice? >> chiese Bella, e Edward rispose affermativamente.
Si sdraiarono, e Isabella si accoccolò sul vampiro, che teneva un braccio dietro la testa, mentre con l’altro sfiorava il braccio della ragazza.
Rimasero a guardare il firmamento per molto tempo, in silenzio.
Edward guardò l’orologio, che segnava un minuto a mezzanotte. E iniziò a contare i secondi.
Cinque, quattro tre… Bella era persa nei suoi pensieri, chissà a che pensava. Due… uno…
<< amore, tanti auguri… >> le mormorò Edward all’orecchio, provocandole i brividi.
<< mm, non me lo ricordare… >> si lagnò.
<< il giorno della tua nascita fa assolutamente festeggiato. >>
<< il mio invecchiare no… >> Edward si lasciò andare ad una risata fragorosa.
<< il tuo invecchiare? >>
<< sono un anno più vecchia di te… >> mormorò lei, abbattuta. Edward le accarezzò una guancia.
<< tecnicamente, io ho quasi centodieci anni… >> e le sorrise.
<< non dovrei frequentare un uomo così vecchio.. dovrei provare ribrezzo… >> disse Bella, prendendolo in giro.
<< ah, e quindi ti faccio ribrezzo, eh…? >> avvicinò i loro visi, i respiri si mischiavano.
<< assolutamente… >> Edward appoggiò le sue labbra su quelle di Bella, e di nuovo chiese il permesso per approfondire il contatto. Le loro lingue ricominciarono a danzare, un gioco passionale, pieno d’amore. Bella intrecciò le dita nei capelli ramati di Edward, e lo stesso fece lui, con quelli di Bella. Sciolse con un abile gesto il legaccio che li teneva raccolti, e i capelli caddero sulle sue spalle, un po’ boccolosi.
Il bacio diventava pian piano qualcosa di più, ma mai abbastanza.
Lo volevano, lo volevano tanto. Ed Edward non resisteva più. Non le avrebbe fatto del male, non l’avrebbe permesso.
Si portò su di lei, e sfiorò con naso il suo collo, intanto che prendevano aria. E ricominciarono a baciarsi, come se fosse più indispensabile dell’aria.
Pian piano, i vestiti furono d’intralcio.
E continuavano a baciarsi, con passione, con amore.
Si guardavano con occhi diversi, pieni di desiderio.
Ma non avevano paura di ciò a cui sarebbero andati incontro.
Erano insieme, Edward e Bella.
Era una cosa naturale, si amavano, sarebbe dovuto succedere. Erano comunque umani…
Umani e peccatori.
E si sfioravano, si baciavano.
L’aria riempita da sospiri spezzati.
E si amarono, nella loro radura, sotto un cielo stellato. Nella loro bolla privata.
E si resero conto che avevano sbagliato ad aver paura, stavano bene, si desideravano…
Si appartenevano.
Era il loro destino.
Il loro amore era incontenibile, incommensurabile, vero.
Eterno.
E non importava che fossero umana e vampiro; agnello e leone; preda e predatore; angelo e diavolo; bella e bestia.
Perché in amore,tutti erano vittime.
Ed erano felici, ed innamorati.
E quella notte, fu l’esempio di quanto quel sentimento fosse grande. Di quanto quell’amore potesse diventare ancora piu forte, di quanto fosse giusto, sincero, e potente.

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Capitolo 3
*** cap 3- inizio e fine ***


Cap 3 la fine ed inizio

“«Bene, parliamo», disse bella. Appariva molto più coraggiosa di quanto non fosse.
Edward prese fiato.
«Bella, stiamo per andarcene».
Respirò a fondo. Era una scelta accettabile. Si credeva pronta. Invece, doveva sapere.
«Perché proprio adesso? Ancora un anno...».
«Bella, è il momento giusto. Per quanto tempo credi che potremmo restare ancora a Forks? Carlisle dimostra a malapena trent'anni e già ne deve dichiarare trentatré. Comunque vada, non passerà molto tempo prima che ci tocchi ricominciare da capo».
La sua risposta la lasciò perplessa. Pensava che andarsene servisse a lasciare in pace la sua famiglia. Che senso aveva partire se loro li avessero seguiti? Lo fissò, sforzandosi di capire.
Lui sostenne il suo sguardo, impassibile.
Un attacco di nausea le confermò che aveva capito male.
«Hai detto stiamo...», sussurrò Bella.
«Intendo la mia famiglia e me». Scandì parola per parola.
Scuoteva la testa avanti e indietro, meccanicamente, cercando di sgombrarla dai pensieri. Lui restò in attesa, senza dare segni di impazienza. Le servì qualche minuto, prima di riuscire a parlare.
«Okay», disse. «Verrò con te».
«Non puoi, Bella. Dove stiamo andando... non è il posto adatto a te».
«Il mio posto è dove sei tu».
«Non sono la persona giusta per te, Bella».
«Non essere ridicolo». Il moto di rabbia che avrebbe voluto sfoderare si manifestò in una richiesta implorante. «Sei la cosa migliore che mi sia capitata, davvero».
«Il mio mondo non è fatto per te», rispose risoluto.
«Ma ciò che è successo con Jasper... non conta niente, Edward... niente!».
«Hai ragione. Era semplicemente un gesto prevedibile».
«L'hai promesso! A Phoenix hai promesso di rimanere...».
«Fino a quando fosse stata la cosa migliore per te», precisò interrompendola.
«NO! Non dirmi che il problema è la mia anima!», gridò, furiosa con le parole che esplodevano, eppure anche quella sembrava una supplica. «Carlisle mi ha detto tutto, ma non m'interessa, Edward. Non m'interessa! Prenditi pure la mia di anima. Senza te non mi serve: è già tua!».
Prese fiato e per un istante il suo sguardo vagò in basso sul terreno. Sulle sue labbra, una smorfia accennata.
Ma come poteva Bella, credergli veramente? Non vedeva che fatica stesse facendo, per mentirle? Non si rendeva conto, ancora, di quanto lui l’amasse? Eppure, la notte precedente le aveva dimostrato bene ciò che provava per lei…
Quando finalmente la guardò di nuovo, era diverso, duro, come se l'oro liquido dei suoi occhi si fosse congelato. Doveva mentire ancora meglio, doveva essere un taglio netto, così la sua Bella non avrebbe sofferto troppo. Ma era terribilmente difficile..
«Bella, non voglio che tu venga con me». Scandì quelle parole lentamente, con cura, lo sguardo freddo sul viso della ragazza, in attesa che cogliesse il senso della frase.
Che terribile blasfemia, aveva detto Edward. E ancora, si stupì di quanto Bella ci stesse credendo.
Restarono in silenzio mentre Bella ripeteva tra sè le sue parole, come ricercandovi un senso o un'intenzione che le era sfuggita.
E Edward stava terribilmente male, per recarle quel dolore.
«Tu... non... mi vuoi?».
«No». Mentì Edward, con una fatica indicibile.
Lo fissava senza capire. Con gli occhi su di lei, non abbozzò neanche una scusa. Le sue iridi erano color topazio: duro, chiaro e profondo. Bella sentiva di poter affondare per chilometri nel suo sguardo, eppure da nessuna parte, in quelle profondità, riusciva a cogliere qualcosa che contraddicesse ciò che si era appena sentita dire.
E Edward era terribilmente addolorato, ma non poteva più metterla in pericolo.
«Be', questo cambia le cose». Era sorpresa dal suo tono di voce calmo e ragionevole. Probabilmente era colpa dello shock. Continuava a non trovarvi un senso.
Edward, allo stesso modo, si chiedeva come facesse a credere a ciò che le aveva detto.
Lui guardò verso gli alberi e riprese a parlare. «Ovviamente, a modo mio, ti amerò sempre. Ma quel che è successo l'altra sera mi ha fatto capire che è ora di cambiare. Vedi, sono... stanco di fingere un'identità che non è mia, Bella. Non sono un essere umano». Tornò a fissarla e le sembianze glaciali del suo viso perfetto non erano umane. «Ho aspettato troppo, e ti chiedo scusa».
«No». La voce di Bella era un sussurro: la consapevolezza aveva fatto breccia e scorreva come acido nelle sue vene. «Non farlo».
Mentre Edward la fissava leggeva nei suoi occhi che le sue parole erano giunte troppo, troppo tardi. Aveva già deciso.
Con fatica, ma l’aveva fatto. Edward era scioccato dalla facilità con cui gli aveva creduto… e continuava a sorprendersi.
«Tu non sei la persona giusta per me, Bella». Rivoltò la frase di poco prima: Bella non aveva scampo. Sapeva benissimo di non essere abbastanza per lui.
Cercò di dire qualcosa, ma restò in silenzio. Lui attese, paziente, il viso ripulito da ogni emozione. Bella ci riprovò.
«Se... ne sei certo».
Edward si costrinse ad annuire.
Il corpo di Bella si paralizzò. Dal collo in giù, non sentiva niente. Ed Edward si preoccupò molto.
«Vorrei chiederti un favore, però, se non è troppo», disse per sicurezza. Quella promessa doveva mantenerla, almeno quella.
Ma il viso contorto dal dolore di Bella lo distraeva, lo faceva vacillare.
«Tutto quello che vuoi», giurò Bella, con un filo di voce in più.
Mentre lo osservava, i suoi occhi di ghiaccio si sciolsero. L'oro tornò liquido, fuso, e bruciò negli occhi di Bella con un'intensità travolgente.
«Non fare niente di insensato o stupido», ordinò, con aria tutt'altro che distaccata. «Capisci cosa intendo?».
Annuì, inerme.
Edward si ricordò della maschera.
Lo sguardo tornò freddo, di nuovo distante. «Ovviamente penso a Charlie. Ha bisogno di te. Stai attenta a ciò che combini... fallo per lui».
Annuì di nuovo. «Lo farò», sussurrò Bella .
Edward era un po' più rilassato.
«In cambio, ti faccio anch'io una promessa», disse. «Prometto che è l'ultima volta che mi vedi. Non tornerò. Non ti costringerò mai più ad affrontare una situazione come questa. Proseguirai la tua vita senza nessuna interferenza da parte mia. Sarà come se non fossi mai esistito».
Probabilmente le ginocchia di Bella avevano iniziato a tremare, perché d'un tratto vide gli alberi ondeggiare. Sentiva il sangue pompare nelle orecchie più veloce del solito. La sua voce sembrava lontana lontana.
Sorrise dolcemente: «Non preoccuparti. Sei un essere umano... la tua memoria è poco più che un colino. Il tempo guarisce tutte le vostre ferite».
«E i tuoi ricordi?», chiese Bella. Sentiva una specie di nodo stretto in gola, che la soffocava.
«Be'...». Fece una breve pausa. «Non dimenticherò. Ma a quelli come me... basta poco per trovare una distrazione». Sorrise. Un sorriso misurato che non accese i suoi occhi.
Edward si sentiva morire, piano piano.
Fece un passo indietro. «Tutto qui, credo. Non ti daremo più fastidio».
Il plurale catturò l’ attenzione di Bella. Ne fu sorpresa, ormai pensava di essere incapace di cogliere qualcosa.
«Alice non tornerà». Ad Edward dispiaceva, ma lo faceva per lei.
Scosse la testa lentamente, sempre guardandola.
Gli sarebbe mancata, oh se gli sarebbe mancata.
«No. Se ne sono andati tutti. Io sono rimasto soltanto per poterti salutare».
«Alice se n'è andata?». La voce di Bella era piatta, incredula.
Edward l’aveva fatto per lei…
«Voleva salutarti anche lei, ma l'ho convinta che un taglio netto sarebbe stato per te meno doloroso».
Le sue parole giravano come un tornado nella testa di Bella, e le parve di sentire il medico, all'ospedale di Phoenix, la primavera precedente, mentre le mostrava le radiografie. Vedi, è una frattura netta, diceva indicando con il dito il suo osso spezzato. Meglio così. Guarirà più velocemente.
Cercò di controllare il respiro. Doveva farcela, trovare una via d'uscita a quell'incubo.
«Addio, Bella», disse con la solita voce tranquilla e pacifica.
Dentro di sé, però, urlava di dolore. Non voleva lasciarla, non voleva!
Lui l’amava, avrebbe voluto prenderle il viso e baciarla, stringerla a sé, e dirle che non era vero niente di ciò che aveva detto.
«Aspetta!». Il grido restò soffocato in gola mentre voleva abbracciarlo, convincere le sue gambe insensibili ad andargli incontro.
Anche lui voleva abbracciarla, ma poi non sarebbe più riuscito ad andarsene . Le sue mani fredde strinsero i polsi di Bella e li riavvicinarono ai suoi fianchi. Edward si chinò fino a sfiorare con le labbra, per un breve istante, la fronte di Bella. Chiusero gli occhi entrambi.
Edward si costrinse a lasciarla.
«Fai attenzione», sussurrò, il suo respiro freddo sulla sua pelle.
Un vento leggero e innaturale si alzò. Bella spalancò gli occhi. Le foglie di un acero rosso tremarono, scosse dalla brezza delicata del suo passaggio.
Non c'era più.”
Bella si risvegliò di soprassalto, sudata, e con le lacrime agli occhi.
Non poteva tormentarsi così, non poteva…
Doveva dimenticarlo, doveva continuare a vivere… O sopravvivere, dipendeva dai punti di vista.
Si passò una mano tra i capelli, per toglierli dalla fronte bagnata ed appiccicosa.
Si alzò velocemente, e un capogiro molto forte la fece ricadere sul materasso.
Si mise in piedi un’altra volta, con più attenzione, prese il suo beauty e andò in bagno per farsi una doccia.
L’acqua era calda, le rilassava nervi e muscoli.
Peccato che non potesse disinfettare le ferite del suo cuore…
Erano passati due mesi, e ancora non se n’era fatta una ragione. Tutte le sante notti, il suo angelo personale le appariva nel suo incubo peggiore, e la tormentava. E ogni notte, era una coltellata al suo povero cuore, un pugno nello stomaco…
E stava terribilmente male, sentiva la sua mancanza.
E Charlie non sapeva più che fare, non poteva fare nulla per lei.
Chi l’aveva ferita a morte, era anche l’unica persona che avrebbe potuto risanare le sue ferite…
Perciò, non aveva scampo.
Scese giù in cucina, e prese una fetta biscottata, per mangiare qualcosa.
Appena inghiottì, sentì il vomito salirle. Il bagno era troppo lontano, per cui si limitò a rimettere tutto nel lavandino della cucina.
Erano due mesi che andava avanti così, non ne poteva più. Ma non aveva intenzione di andare da un medico, all’ospedale. Sarebbe stato peggio, molto peggio.
Vomitava, questo voleva dire niente medicinali da inghiottire, perciò l’unica alternativa era la puntura… e puntura voleva dire dolore, e soprattutto, sangue. Niente di meglio per peggiorare la situazione…
Pulì il lavello, e poi salì a lavarsi i denti, per togliere quel saporaccio dalla bocca.
Ma ovviamente, il dentifricio era finito.
Si mise il cappotto, e uscì per prendere quella dannata pasta dentifricia.
Era al piccolo supermercato di Forks, e camminava per gli scaffali, cercando l’area giusta. Passò davanti agli assorbenti, e si pietrificò.
Fece un passo indietro mentalmente.
Erano due mesi, che non aveva il ciclo… ma non se n’era nemmeno accorta, così presa dal suo dolore.
Ma non poteva essere…
L’unica persona con cui fosse stata era colui che non doveva essere nominato; un vampiro…
Non avevano mai parlato di queste cose, lui ed Edward. Ma sapeva dell’istinto materno immenso che possedevano Esme e Rosalie. E sapeva della loro impossibilità di rimanere incinte.
Eppure…
Oltre che il dentifricio, comprò un test di gravidanza, anche se si vergognava all’inverosimile. La cassiera la guardava attentamente, con un sorriso mellifluo sulle labbra.
Era certa che, nel giro di poche ore, l’intera Forks avrebbe saputo che la figlia dello sceriffo Swan, fosse incinta. E…
Oh merdaccia, Charlie!
Pagò velocemente, e corse a casa.
Innanzitutto, doveva fare il test, per esserne sicura.
E ora, si trovava lì nel suo bagno, che aspettava. Ma quell’aggeggio non si spicciava.
Allo scadere dei minuti, guardò esitante il risultato.
Incinta, quattro mesi.
Bella spalancò gli occhi: come diamine poteva essere incinta di quattro mesi, se il primo rapporto l’aveva avuto, si e no, due mesi prima?
Assurdo.
E poi, come dirlo a Charlie?
Questa si, che sarebbe stata un’impresa…
E poi, chissà cosa avrebbe detto… probabilmente, si sarebbe infuriato.
Ma qualsiasi cosa le avrebbe detto, lei… lei avrebbe tenuto quel piccolo miracolo che le cresceva dentro. Era il segno indelebile dell’amore tra lei e… e Edward.
Andò in camera sua, davanti allo specchio, e si mise di profilo, alzando la maglietta. E rimase stupita nel vedere già un piccolo rigonfiamento.
Capì immediatamente, che il suo piccolo sarebbe stato speciale. Come il suo papà.
Sorrise emozionata, e cominciò a piangere come una fontana.
Ma era felice, felice come non mai. Se credeva di non avere più una ragione di vita, be’… ora la riaveva eccome! Un Edward Junior tutto da crescere, coccolare, viziare… da amare. Accarezzò la pancia, non troppo evidente.
Non si sarebbe nascosta: al diavolo i pettegolezzi, al diavolo ciò che avrebbero pensato i suoi genitori, al diavolo tutto e tutti!
Non avrebbe occultato la sua gravidanza, non avrebbe fatto finta che quel figlio non ci fosse.
Sarebbe andata in giro per Forks a testa alta, sfoggiando il pancione che da li a poco le sarebbe venuto. E ne sarebbe stata fiera!
Stava ancora piangendo di felicità, quando Charlie tornò.
<< Bella? >> la chiamò, immaginando di non ricevere risposta come al solito.
<< sono qui! >> esclamò, stupendo il padre. Lui corse di sopra, spaventato quasi.
<< Bella, perché piangi? Cos’è successo? >> disse trafelato.
Lei si aprì in un sorriso raggiante, più luminoso del sole: << papà… sono incinta… >>.
Charlie si sentì mancare.
<< c-cosa? >> strabuzzò gli occhi, incredulo.
Bella annuì: << ho di nuovo un motivo per vivere… >> e sorrise, rassicurando in parte Charlie.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. Nuova Vita ***


Grazie, a tutti i lettori che passano un po' del loro tempo a leggere questa storia.
Capitolo 4. Nuova vita

In poco tempo, la pancia di Bella crebbe a dismisura.
Charlie non era troppo felice della scelta della figlia, doveva andare all’università l’anno successivo, e con un bebè tra i piedi, l’impresa era difficile.
Ma Bella era categorica: non avrebbe mai rinunciato al suo EJ.
Perché era sicura, sarebbe stato maschio, e la fotocopia sputata di Edward.
Lo sentiva. Una mamma lo sa.
Si mise una tuta da ginnastica, prese il pick up, e andò a scuola come tutte le mattine.
A Forks ormai tutti erano a conoscenza della sua gravidanza, e sfoggiava tranquillamente la sua pancia.
Era certa che alle sue spalle la gente ne dicesse di tutti i colori, ma finchè non li sentiva, riusciva a ignorare i pettegolezzi. Non le importavano più di tanto.
L’unica cosa che le premeva era la crescita accelerata del suo ventre, ma sospettava fossero i geni vampireschi trasmessi dal padre del bambino; per questo motivo, spesso si trovava in difficoltà a dire di quanti mesi fosse, perché se effettivamente era incinta da poco più che due mesi, sembrava lo fosse di almeno cinque.
«Bella!» la chiamò Angela, sbracciandosi per salutarla.
Jessica e Lauren la guardarono con disprezzo e disgusto, come sempre, mentre si avvicinava lentamente.
«Ciao! » salutò tutti, aprendosi in un timido sorriso. Mike ricambiò, un po’ abbattuto. Il fatto che aspettasse un bambino di Edward l’aveva scosso profondamente.
«Wow, Bella. Mi chiedo con che coraggio, tu vada ancora in giro… sei più grossa di una balena, e per di più il tuo fidanzato ti ha mollato.» cominciò Lauren, con tono tagliente, «Secondo me, non è nemmeno figlio di Edward Cullen, probabilmente se n’è andato perché gli hai fatto le corna. » la provocò.
A Bella mancò il respiro, fu come un calcio nello stomaco, e le lacrime, che a stento tratteneva, le fecero bruciare gli occhi.
«Lauren! » Angela, Mike e Ben erano scandalizzati.
«Ma come ti permetti?» mormorò Bella, cercando di regolare il respiro rotto.
«Ho detto solo ciò che penso.» rispose altezzosa Lauren, con un sorriso cattivo a tirarle le labbra.
Bella alzò lo sguardo, con sfida: sapeva cosa fare. Si meritava una lezione, quella gallina che non faceva altro che mettere voci su di lei in giro.
«Be’, Lauren… tutte le donne del mondo, vorrebbero essere al mio posto, o sbaglio? Quante volte hai immaginato che Edward fosse tuo? Quante, sentiamo? Quante volte, hai immaginato come potesse essere? » inquisì, ben conscia di starsi tirando la zappa sui piedi, rivangando il passato. «Certo, magari ora ci siamo lasciati, e io sono sola e incinta di suo figlio. Ma sono l’unica, qui che può dire come fosse stare con lui, e scommetto tutto quello che vuoi, che sei
invidiosa.» l’oca era in difficoltà, si vedeva. Borbottò qualcosa.
«Io… no, Edward mi era del tutto indifferente!»
«Ma sentila! Edward non rimane
mai indifferente. Lo so io, e lo sai anche tu: andiamo, c’è forse qualcuno più bello e affascinante di lui? » Bella alzò un sopracciglio, guardando piuttosto cinicamente la Mallory. Poi continuò: «Io sono felice, questo bambino mi da la forza per andare avanti. Mi fa lottare, mi aiuta a ignorare le persone stupide e idiote come te e Jessica. Io amo questo bambino, come amo Edward. » finì Bella, poi entrò nell’edificio, seguita da Angela.

Sei mesi dopo

«Sveglia, bimbi miei! È ora di alzarsi!» esclamai, spalancando la finestra della stanzetta dei miei gemelli.
Nessie ed Ej emisero qualche mugolio indistinto, che mi fecero solo ridacchiare.
Eh, già: non ero incinta di un solo bambino, bensì di due, un maschio e una femmina. Edward Junior, il mio ometto di casa, era davvero bellissimo, benché assomigliasse molto a me da umana. Aveva i capelli castani e ricci, come quelli di Charlie, ma
gli occhi li aveva presi indiscutibilmente da Edward: Ej li aveva di un verde splendente, come quelli di suo padre da umano.
Era un tipetto tosto, spiritoso e birbante. In un certo senso, era come se avesse preso il carattere di Emmett.
La mia femminuccia si chiamava Renesmee Carlie, un misto dei nomi dei suoi nonni: Renèe e Esme, e Carlisle e Charlie. Mi sembrava giusto, dovuto.
Nessie assomigliava molto a Edward, era praticamente la sua fotocopia al femminile. Aveva i capelli castano-ramati che le arrivavano già alle spalle, in morbidi boccoli naturali, e i suoi occhi erano i miei da umana, color cioccolato fuso.
Anche lei era una tipina con un bel caratterino, intelligente, con la lingua lunga e un fine senso dell’umorismo.
Entrambi, essendo mezzi vampiri, avevano una pelle più chiara del normale, ma la loro temperatura corporea era tiepida in confronto a quella di un immortale completo, come me.
Nessie e Ej dimostravano quasi quattro anni, nonostante li avessi partoriti solo tre mesi e mezzo prima, mentre raggiungevo la radura di me e Edward.
In realtà, avevano fatto tutto da soli: per uscire dalla placenta dura come l’epidermide, mi avevano morsa e dopo di che Ej mi aveva trasformata, nonostante fosse un neonato. Dopo i due giorni di fuoco, quando riaprii gli occhi, mi ero ritrovata Nessie e Ej accoccolati al petto che dormivano. Così, era cominciata la mia vita da immortale, che procedeva a gonfie vele.
Avevo adottato la dieta vegetariana, e l’avevano appresa anche i miei bimbi, che però si potevano cibare anche di alimenti umani oltre che di sangue.
La loro crescita era molto accelerata, mutavano moltissimo e di continuo, e all’inizio la cosa mi aveva preoccupata moltissimo: la mia mente da vampira non ci aveva messo che un istante, per calcolare il tempo che rimaneva ai miei due piccoli angeli.
Perciò cominciai a fare delle indagini, e scoprii che non erano così unici come pensavo che fossero. Esistevano altri mezzi-vampiri, come i miei figli, che all’età di diciassette anni-solo sei anni dopo la loro nascita- avevano arrestato la loro crescita ed erano rimasti immutati e immortali.
I miei figli erano metà umani, e metà vampiri, nonostante fosse molto più evidente il loro lato “speciale”: non brillavano tanto come immortali completi, il che gli permetteva di uscire anche nelle giornate di sole senza preoccuparsi di spaventare la gente; dormivano, arrossivano, potevano versare lacrime, il loro cuore batteva e il sangue scorreva a fiotti nelle loro vene, e imporporava spesso e volentieri le loro gote.
Quest’ultimo dettaglio non mi creò mai dei problemi:ero neonata, e il loro sangue mi sarebbe dovuto apparire dolce come il miele, ma il loro lato vampiresco m’impediva di trovarli, come dire, appetitosi. Tra l’altro, erano i miei figli, non sarei mai riuscita a fargli del male.
Comunque sia, scoprii anche di avere un certo auto-controllo tra gli umani: la sete mi bruciava la gola, ma riuscivo facilmente ad accantonare il pensiero come se fossi stata vampira da decenni. Il che era davvero un bene.
Nonostante ciò, per paura di far del male a qualcuno che conoscevo, o peggio, a Charlie, decisi di trasferirmi in una cittadina umida vicina a Seattle e non troppo distante da Forks.
«Andiamo, ragazzi. Non fate i pelandroni.» li ripresi, scrollandoli dolcemente.
«Non ho voglia di andare all’asilo» si lagnò Nessie, raggomitolandosi sotto le coperte.
Sghignazzai, cercando di tirarla fuori.
I miei bambini, essendo piuttosto precoci, sia fisicamente che mentalmente, si scocciavano a mostrarsi alla pari con i semplici bambini umani. Ma dopotutto, conoscevano le leggi: non dovevano svelare il nostro segreto. Perciò, anche se ammusoniti, avevano il dovere di andare all’asilo.
«Dai, Ness, non fare la bambina piccola» la ripresi, punzecchiandola con un argomento che di solito risvegliava il suo spropositato orgoglio.
Infatti, Renesmee fece sbucare la testa da sotto la coperta, e mi riservò un’occhiataccia. «Non sono una bambina piccola».
Alzai un sopracciglio, volutamente scettica. Era incredibile, si scaldava sempre su qualcosa che, effettivamente, era vero: Nessie e Ej erano piccoli, ma lei si era fissata sul contrario.
«Mamma» sbuffò Ej, mettendosi a sedere con uno sbadiglio, «Vedila così: noi siamo più maturi di quella banda di bavosi». Fece, con la sua aria diplomatica.
«Vedi di non fare troppo il saccente con me, bell’imbusto, o stasera ti scordi la caccia» lo ripresi, incrociando le braccia al petto.
Edward sfoggiò un sorriso angelico. «Scusa mammina».
Scoppiai a ridere, dopodichè obbligai anche Nessie ad alzarsi.
Uffa..
Alzai gli occhi al cielo, mentre Nessie cominciava a borbottare mentalmente.
Io e i miei figli avevamo uno strano legame telepatico, oltre ai nostri poteri supplementari: Nessie, con il tocco della sua mano, poteva proiettare i suoi pensieri nelle menti altrui per mostrare ciò che voleva, mentre Ej leggeva i pensieri, come il padre. Ma questo lui non lo sapeva, e francamente speravo non arrivasse tanto presto il fatidico momento del discorso.
Non avevano mai chiesto niente del padre, ma i loro pensieri tradivano l’apparente indifferenza. Sapevo che stavano male per la sua mancanza, ma erano anche ben consci che io non ero in grado di far niente.
Non sapevo niente, di Edward.
Dopo aver portato i bambini a scuola, mi diressi alla pasticceria che avevo aperto insieme a degli amici conosciuti in paese.
«Salve, gente! » salutai, sorridendo ai miei compagni di grembiule.
Debbie e Max mi sorrisero di rimando, poi tornarono alla loro torta alla crema.
Avevo conosciuto Deborah e Maxuel appena arrivata; la prima abitava nel mio stesso condominio, nonché sullo stesso pianerottolo; Max era il proprietario del locale, e l’avevo incontrato grazie alla provvidenziale fame di dolci di Ej, e al suo carattere spigliato che l’aveva portato ad attaccar bottone.
Mi andai a mettere la divisa, e indossai un nuovo paio di lenti a contatto color fango: i miei occhi cremisi avrebbero destato un certo… terrore?
«Ehi, Bella, come stanno i tuoi pargoli? » mi chiese l’omaccione grassoccio e brizzolato, con un sorriso raggiante sul viso sporco di farina.
«Stamattina non volevano svegliarsi! Mi hanno fatto dannare… » sospirai.
I miei colleghi risero: «I tuoi figli sono fantastici! » disse Debbie, con gli occhi scintillanti.
«Sai, tesoro, a volte mi chiedo quanto il tuo ex sia stupido… ha lasciato te, e due angeli come EJ e Nessie… Ma come si può? » disse Max,facendomi sussultare impercettibilmente. Era la prima volta che esprimeva così esplicitamente commenti sul comportamento di Edward.
Sospirai, senza guardare verso il mio capo e cominciando a passare lo straccio sul bancone, «Lui non sa di loro… » risposi, tetra. Il mio umore era finito sotto le scarpe, quando si toccava l’argomento ‘Edward Cullen’, la ferita nel mio cuore si riapriva barbaramente, e ricominciava a bruciare.
«Come non lo sa? Bella, è un suo diritto… » cominciò Debbie, ma la interruppi.
«Se n’è andato, non mi amava più: perché andarlo a cercare in capo al mondo, dirgli la verità, e obbligarlo a fare qualcosa che non vuole? Io non voglio costringerlo, non voglio che riconosca i bambini, perché è obbligato. » dissi, guardandomi le scarpe.
«E non pensi ai bambini? Cresceranno senza una figura paterna»
Max si sentì in dovere di dirlo, e non aveva tutti i torti.
«Una figura paterna ce l’hanno; Jake occupa bene il ruolo. » cincischiai, a disagio.
«Bella, Jake è il tuo migliore amico- certo-, farebbe di tutto per te e i bambini, è matematico- ma anche lui ha una sua vita. E i bambini lo vedono solo come lo zio Jake, l’amico della mamma, e non come papà Jacob, lo sai. Sono intelligenti, capiscono certe cose. E tu non puoi continuare a sviare il discorso, lo sai. Quando saranno più grandi, vorranno delle risposte.» disse accorato. Nonostante lo stesse dicendo con più tatto e dolcezza possibile, ogni parola che disse fu un colpo al cuore.
Sbuffai, passando una mano tra i capelli. «Non saprei come rintracciare il padre, comunque sia… e non voglio riprendere i contatti con lui, soffrirei ancora» ammisi, abbassando il capo. Ero egoista, lo sapevo. Ma non potevo fare altrimenti. Dio solo sapeva quanto avessi sofferto quando lui se n’era andato.
«E comunque, abbiamo altro a cui pensare, in questo momento, come ai clienti.» cambiai discorso, e in quell’istante, la campanella suonò, annunciando l’ingresso di un acquirente.
«Salve signore, come posso servirla? » chiesi gentilmente, rivolgendogli un sorriso amichevole.
Durante la giornata lavorativa, Max e Debbie tentarono di tornare più volte sull’argomento, ma trovavo sempre una scusa per eludere il discorso –andare in bagno, lavare i tavoli, buttare la spazzatura..
Quando arrivarono le cinque e mezza, ovvero l’orario di chiusura, sospirai di sollievo: salutai sbrigativa i miei amici, e scappai fuori.
In quel momento, una moto rallentò fino ad accostare davanti a me, e mi aprii in un sorriso. Il ragazzo sulla motò si tolse il casco, e m’abbagliò scoprendo una schiera perfetta e candida di denti.
«Bells! » mi salutò.
«Ciao lupo! » esclamai, ridacchiando e sporgendomi per dargli un bacio sulla guancia.
Jacob Black era un amico d’infanzia, e migliore amico attuale: senza di lui, in quei mesi dopo la dipartita di Edward, sarei morta. Grazie a lui, all’inizio ero riuscita a tornare un po’ in me stessa, quel tanto per accorgermi che c’era qualcosa che mi sfuggiva, come il fatto che non avessi il ciclo da mesi.
Mi era stato vicino durante la mia gravidanza accelerata, e soprattutto, era diventato una figura importante per i miei figli.
Montai sulla moto e mi strinsi forte al corpo bollente di Jacob, che mise in moto un istante dopo alla volta della scuola di Nessie e Ej.
I bambini mi saltarono al collo, e mi strinsero forte, quando li recuperai dalla classe. Ma la reazione che ebbero alla vista del Lupastro, fu ancora più eccessiva.
«Jake! » esclamarono loro in coro, correndo da lui come dei pazzi.
«Ma ciao, piccole pesti!»
Passammo un po’ di tempo insieme, a chiacchierare insieme, al parco vicino al nostro appartamento. Mi sentii rinascere, in quella mezz’ora con Jacob: stare a contatto con i suoi sorrisi jacobici era sempre un toccasana per me, e per i miei piccoli.
Dopodichè dovette tornare a La Push, e così io, Nessie ed Ej percorremmo le poche centinaia di metri che ci dividevano da casa.
Mi raccontarono del più e del meno, parlarono all’infinito. Ma non mi stancavo mai di ascoltare i loro pensieri, esternati e non.
Prendemmo l’ascensore, la solita routine, tanto per apparire normali: un umano non si sarebbe mai fatto a piedi otto piani, per di più con dei bambini.
«Mamma, oggi abbiamo disegnato le nostre famiglie… » cominciò Nessie, mentre entravamo in casa.
«Ah si? » le chiesi, e la incitai a continuare.
Il fatto che tenesse lo sguardo basso, e che le sue guance stessero assumendo varie tonalità di rosso, m’insospetti. «Sì…Marc ha disegnato tre persone: lui, la mamma e il papà…. » deglutii a vuoto.
«Sophia» incominciò EJ, «ha disegnato quattro persone: lei, sua sorella Matilde, la mamma, e il suo papà… » sapevo dove volevano andar a parare.
«E voi? Me, voi due e Jake?»
«Sì… ma mamma, anche noi vogliamo sapere un po’ di papà… non pretendiamo che sia qui, ma almeno sapere chi e com’era» Renesmee mi fissò negli occhi con un’intensità travolgente.
Codarda, mi voltai dall’altro lato, e mi preparai a scappare con la scusa della caccia.
Ej mi prese un braccio, «Mamma. » mi chiamarono le voci severe dei miei bambini. Respirai a fondo, infondendomi coraggio.
Mi rigirai verso di loro, mi chinai alla loro altezza, ed accarezzai le guance di entrambi.
«Va bene… d’ora in poi, quando vorrete, ve ne parlerò.» e sorrisi loro, rassicurandoli.
«Promesso? » chiesero all’unisono, con voce sottile ed emozionata.
«Promesso» risposi; vedere gli occhi dei miei figli scintillare, mi fece stringere il cuore.
Anche se mi avrebbe fatto male, l’avrei fatto per loro.
«Promesso. Però ora bisogna mangiare!»
La cena passò fin troppo velocemente, mio malgrado.
EJ si arrampicò sulle mie spalle, mentre Nessie mi si attaccò al collo, ridacchiando:
«Mamma, allora, ci racconti un po’?» EJ non stava più nella pelle. Ciondolai con loro attaccati fino alla mia camera, e li posai sul nostro lettone.
Ci sdraiammo sul materasso, e abbracciai i miei piccoli per trovare il coraggio necessario. Respirai a fondo, prima di parlare.
«Si chiamava Edward. Era un vampiro, perciò era bellissimo, ma..lui era diverso. Aveva degli occhi profondi come l’infinito, e molte volte quando li guardavo rimanevo come un’allocca a fissarlo» Nessie ridacchiò, mentre Ej mi guardava in modo estatico. «Ci siamo incontrati al liceo..il primo giorno che sono andata a Forks, e lui sentì il mio sangue, voleva uccidermi. E’ riuscito a trattenersi, è scappato in Alaska ed è tornato dopo tre settimane: eravamo compagni di biologia, e così cominciammo a parlare» così, mi persi a raccontare come io e Edward ci conoscemmo; stranamente, ero tranquilla, mentre lo facevo. Forse era solo la presenza dei bambini.
«Era la tua fotocopia, Nessie, solo con gli occhi dorati. Da umano, invece aveva quelli di EJ. – Accarezzai la chioma castana del mio ometto, che ghignò soddisfatto, – lo amavo tantissimo, anche se era un vampiro. Non avevo paura, mi fidavo di lui. E lo amo ancora, dopotutto» mormorai, scuotendo appena la testa. Sentii la presa dei miei figli più stretta, e mi scaldarono il cuore,«Mi ha dato voi due, e non posso che essergli riconoscente. » loro mi abbracciarono forte, mentre io strizzavo gli occhi per il fastidio e soffocando dei deboli singhiozzi. Non dovevo piangere. Io ero forte, ero una vampira.
«E’ una persona dolcissima e romantica, forse un po’ drammatica e masochista, ma ha davvero un cuore d’oro… e coraggioso, si. Perché dopotutto, per un breve periodo, è andato contro la sua natura, contro la sua famiglia, contro le leggi, pur di stare con me. Si è quasi sacrificato… per me. »
«Anche tu hai fatto la tua parte, però. » commentò Nessie. «Insomma, un’umana che ha affrontato la morte a testa alta, quasi, che ha accettato la diversità dell’uomo che amava, e ha continuato a farlo, nonostante non fosse umano… è una grande cosa. »
«Come sei saggia, bimba mia! » risi, tiracchiando la sua guancia rossa. Lei mi sorrise, e continuai.
«E’ da lui che ho adottato la dieta vegetariana, sapete? Lui e la sua famiglia sono stati i primi a seguire questo modo di cacciare. Sono il clan più potente e numeroso, dopo i Volturi… »
Loro esclamarono un «oooh» con gli occhi scintillanti di curiosità e anche un po’ di orgoglio.
«Ma che intendi per famiglia? » chiese EJ, poi.
«Il vostro papà ha quattro fratelli, e anche due genitori adottivi. Una delle due sorelle era la mia migliore amica» e mi si strinse il cuore morto, al ricordo di Alice.
«Era un vero uragano d’allegria; non si fermava mai. A parte la mania per lo shopping, ha il caratterino di Nessie» io e EJ ridacchiammo.
«Pidocchio, tu non sei da meno! » ribatté Nessie.
«Non fare la spocchiosa, pulce! »
Fermai il battibecco dei due piccini, ricominciando.
«In effetti, anche EJ ha un carattere molto simile a quello di un vostro zio… sei la sua versione mignon
«Hanno poteri particolari? » chiese EJ.
«Si, la mia migliore amica, suo marito e il vostro papà sì. Lei è una veggente, il compagno un empatico» intrecciai le dita tra i ricci di Ej, e gli sorrisi, «E papà legge il pensiero»
EJ sorrise, raggiante: «ho ereditato la dote del papà?!» la sua voce salì di diverse ottave per lo stupore.
Uffa non è giusto… io non ho ereditato nulla da lui…
«Nessie, tu sei la sua fotocopia in tutto e per tutto, avete perfino gli stessi gusti!» smentii il suo pensiero come nacque.
«Innanzitutto suonate entrambi il pianoforte, in fatto di musica avete le stesse composizioni preferite… Entrambi dite che mi dona il colore blu… Nell’aspetto, non ci sono differenze, a parte il fatto che siete maschio e femmina. E poi, riuscite sempre a fare ciò che volete, ed avete una strana influenza sulla gente… » snocciolai, e ad ogni cosa il sorrisetto di Nessie s’ingrandì.
Wow, alla faccia!, commentò EJ, mentalmente.
«Per cui, siete molto simili. » dissi. «Ora che ne dite di dormire? » chiesi; mancava poco, che si addormentassero, glielo leggevo in faccia.
«Ma mamma… » si lagnò EJ «Non siamo stanchi!» come per confermare la mia tesi e non la sua, sbadigliò. Ridacchiai, e rimboccai loro le coperte.
Poco dopo si addormentarono, e io rimasi li a guardarli per tutta la notte, e
capii come Edward potesse rimanere a guardarmi senza mai annoiarsi.
Perché guardar dormire i miei figli era la cosa più tenera e meravigliosa che potessi fare.
I miei due piccoli angeli..

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Capitolo 5
*** Cap 5 è meglio per tutti ***


Salve a tutti!
Sono tornata con il nuovo capitoletto...
Spero vi piaccia, e che non sia banale.

ciau Gioia
Cap 5 è meglio per tutti.
<< mammaaaa! >> l’urlo acuto di Nessie mi fece gelare sul posto. Cosa le era successo? Si era fatta del male? Ed EJ?
Volai da mia figlia, in camera sua. << guarda! La farfallina sta per morire! Il Pidocchio l’ha tramortita… >> sospirai di sollievo, ma scossi la testa esasperata.
<< Renesmee Carlie Swan! Mi hai fatto prendere un colpo, lo sai? Tutto per un insetto? >> Non. Ci. Potevo. Credere.
<< non è solo un insetto! Lei è una farfallina bellissima! È la prima che la vedo dal vivo, così da vicino! >>
<< l’ho sempre detto io che la Pulce ha qualche rotella fuori posto… >> EJ passò di li, camminando lentamente, come se stesse sfilando, con le braccia dietro alla testa.
<< Edward! >>, lo richiamai.
“lo sai quanto me, che a volte è strana” e fece spallucce.
<< non sono io quella che fa il funerale ad un hot dog, perché è caduto a terra, tra i due … >> disse Nessie, infastidita. EJ le fece la linguaccia, ed io risi.
<< te la sei cercata, tesoro… >> e risi ancora.
<< touché >> poi scoppiammo tutti a ridere, spensierati. Nessie fece la crocerossina, cercò di guarire la farfalla, e poi la lasciò libera.
<< venite al negozio con me oggi? >> chiesi, mentre pranzavano.
<< hai il turno di pomeriggio? >> chiese Nessie, azzannando un pezzo di pane.
<< si, in negozio c’è bisogno di me. Debbie e Max non possono sdoppiarsi. >> dissi,mentre versavo l’acqua nei bicchieri dei miei figli.
<< io vengo, ho voglia di vedere zio Max. >> EJ lo adorava, era un idolo per lui.
<< ovvio, vengo anche io. Possiamo invitare Jake? >> guardai attentamente mia figlia. Moriva, se per un giorno non vedeva il lupastro? Arrossì vistosamente.
Un mio vecchio difetto proiettato in lei…
<< tieni, chiamalo… >> concessi, passandole il mio cellulare. Mi faceva molto piacere avere il mio amico vicino, ma era una sanguisuga con Nessie!
Vabbè, cose da lupi a parte… ma…
Erano dipendenti l’una dall’altro!
Dove andava uno, andava l’altra e viceversa.
Nessie sparì, e dopo qualche minuto, ritornò sorridendo: << viene! >>
“ma va?!” pensammo all’unisono io e EJ. Era molto geloso di sua sorella, e per quanto anche lui adorasse Jake, lo infastidiva questo loro attaccamento. Lo definiva insano. E io ero d’accordo con lui, per certi punti di vista.
- assassinio, l’ennesimo, nei pressi di Seattle, nello stato di Washington! Si chiede la massima attenzione, da parte di tutti i cittadini. in caso di avvistamenti sospetti, avvertire le autorità! – annunciava il TG.
Era una cosa assurda, in questo periodo c’erano stati più di dodici omicidi, nei pressi di Seattle. E questa cosa cominciava un po’ a preoccuparmi.
Avevo il sospetto che il killer non fosse umano, ma della mia specie.
Avevo pensato ad un giro di pattuglia dei Volturi, ma non si esponevano così tanto… e poi, si spostava velocemente, e non lasciava tracce. I corpi erano smembrati, e le autopsie non riuscivano ad identificare la causa del decesso. Era per forza un vampiro.
*******
<< bonjour a tutti! >> esclamai, entrando nel locale, con a presso EJ, Nessie, Jake e pure Seth.
<< Bella! bimbi! Jacob! Seth! >> EJ corse in braccio a Max, che lo sollevò e gli tirò una guanciotta paffuta.
<< zio Max! ciao! >> esclamò il bimbo.
<< siete cresciuti ancora, vedo! >>
<< eh già, tra un po’ ti raggiungo! >> disse sorridente il mio ometto.
<< Renesmee, non mi saluti? >> chiese Debbie, incrociando le braccia al petto, e facendo la finta offesa.
<< sai che quando c’è Jacob non c’è nulla da fare… >> il mio amico arrossì, e sorrise.
<< ciao zia Deb! >> Nessie lasciò per qualche istante il lupastro, corse dalla mia amica e l’abbracciò.
I miei figli avevano la strana, ma simpatica, mania di chiamare zio/zia, ogni persona che stesse loro simpatica.
<< siete più belli ogni giorno che passa… >> commentò Debbie.
<< avete sentito ancora, degli omicidi a Seattle? Comincio ad avere paura. >> disse Max, posando a terra EJ.
<< si, anche io… si sta avvicinando, scommetto che succederà qualcosa anche qui… fortunati come siamo! >> Debbie era famosa per il suo pessimismo. La sua prospettiva di vita era equiparabile alla visione ‘felice’ di Leopardi…
Conoscevo solo una persona, che fosse in grado di farsi più paranoie…
<< no, ma ragazzi, sul serio… >> mormorai, preoccupata, << io ho intenzione di andarmene da qui… è troppo rischioso, soprattutto per loro… >> dissi, mentre lanciai un’occhiata accorata ai miei due angioletti, che stavano chiacchierando amabilmente con una cliente divertita.
Nessie corse da me, con un sorrisone: << la signora vuole una crostata con la marmellata di fragole! >> esclamò.
<< vai a chiederle per quando la vuole. >> la mia cucciola tornò dalla donna, per porle la domanda.
<< per stasera, mamma! >> esclamò EJ.
La signora venne da me alla cassa e pagò in anticipo, per poi andarsene.
<< ragazzi, mi occupo io oggi della preparazione dei dolci! >> esclamai.
<< va bene. ma Bella… veramente vuoi trasferirti? Ti sei appena stabilita… >> chiese Max.
<< la mezza idea ce l’ho… magari, che so… mi trasferirò in Italia! >> esclamai, finendo con finta allegria la frase.
<< be’, se dovessi andartene… sappi che io ti seguirò per sostenerti. >> disse Jake, che aveva seguito tutta la conversazione in assoluto silenzio.
<< grazie… >> dissi abbracciandolo forte.
<< anche, io piccola. >> disse Max. << ho voglia di cambiare aria, se dovessi aprire un negozio là, sarebbe fantastico! >>
<< e io vi seguo… siete le persone a cui tengo di più… >> disse Debbie, sorridendo dolcemente.
<< ma non dovete sentirvi obbligati, per l’Amor del cielo! Voi qui, avete una vita, io no… >>
<< e che cosa abbiamo? Eh? Se non ci foste stati te, Debbie e i tuoi figli, sarei uno chef depresso, prossimo alla pensione. Invece, voi avete risvegliato in me, la gioia e il sentimento che trasmettevo prima coi miei piatti. E quindi… ve lo devo. >>
<< perché io? ho solo questo lavoro e voi, cos’ho da perdere? >> disse Debbie.
<< Jake, però tu… Billy… e Seth, tua madre e Leah… >> provai a dire.
<< oh, Billy se la caverà… sono tornate alla riserva sia Rachel che Rebecca, si occuperanno loro del vecchio. >> disse Jake.
<< Jacob, anche loro hanno una vita! >>
<< anche io, allora. Sei la mia migliore amica, e sai quello che provo per Nessie… >>
Già… sapere che la mia bambina avesse già un pretendente, non era proprio una bella cosa… era ancora piccola, diamine!
Giuro, la prima volta che Jake me lo disse, quasi gli staccai la testa a morsi.
E non scherzavo.
L’avrei massacrato di botte, se EJ non mi avesse staccato da lui con la forza. Quando gli spiegai le mie ragioni, fu il mio turno a proteggere il lupastro dagli istinti assassini di mio figlio.
<< idem per me, mamma sopravvivrà. Mia sorella le starà vicina, e poi… anche Charlie le sarà vicino. >>
<< be’, quindi… quando si parte? >> chiese poi Max.
<< dove dobbiamo andare? >> chiese poi EJ, e Nessie mi scrutò.
<< ci trasferiremo… stanno succedendo delle cose strane, quindi per la sicurezza di tutti ce ne andremo in un posto più tranquillo… >> dissi, chinandomi alla loro altezza, e sistemando la magliettina di Nessie.
<< be’, Max..non saprei quando partire, non sappiamo nemmeno in che posto andare… >> continuai, poi.
<< in Italia, di sicuro. >> disse Debbie.
<< magari nel nord… >> fece Max.
<< in un piccolo paese, possibilmente. Le grandi città sono caotiche. Finirei per perdermi ancora di più… >>.
<< poi, acquisteremo degli appartamenti… che so… io, Max e Jacob, e voi due con i bambini. >> propose il lupo più giovane.
<< si, così evitiamo spese eccessive… >> disse Deb.
<< ottimo >> dissi sorridente.
Nessie pareva incerta.
“ è meglio per tutti, Nessie. Vedremo posti nuovi, persone diverse…” pensò EJ, tutto emozionato.
<< andiamo a preparare le valigie! >> esclamò Renesmee, convinta, facendoci ridere.
******
<< mamma, mamma! Quello! >> disse Nessie, davanti alla vetrina di un negozio. Puntò il ditino avanti a sé, indicando un carinissimo golfino rosa, con un fiocchetto sul davanti.
Avevo deciso di andare a fare shopping, data l’imminente partenza. Né a me, né ai miei piccoli piaceva fare compere, ma in casi estremi, facevamo tutti dei sacrifici.
<< okay, andiamo a vederlo un po’… >> EJ sbuffò.
“ coraggio, dai…” pensai, accarezzandogli i folti ricci scuri spettinati.
Li presi per mano entrambi, e con il suono squillante della campanella, entrammo nel negozietto. Nessie provò la magliettina, che le donava davvero.
Be’, come tutto… sarebbe stata stupenda anche con un sacco della spazzatura addosso, così come EJ.
La comprammo, e poi passammo al guardaroba di EJ. Comprò qualcosina anche lui.
Finita la giornata di shopping, tornammo a casa.
<< forza, EJ per favore, vai ad accendere l’acqua della vasca? Nessie, prepara i pigiami, grazie… >> dissi, mentre mettevo sul fuoco l’acqua per la pasta e il sugo a riscaldare. Poi, andai in camera mia, e cominciai a riempire le valigie.
Nel svuotare i cassetti, m’imbattei in una foto di Charlie e Renèe, e nel contemplarla mi persi nei ricordi.
il nostro saluto, all’aeroporto di Phoenix, il mio arrivo a Forks… la cittadina che più odiavo al mondo. Il primo giorno di scuola, la prima volta che vidi Edward Cullen… il suo sguardo carico di odio, che mi fece rabbrividire.. poi, la lezione di biologia, il mio quasi - incidente, Alice, Emmett, Jasper, Esme, Carlisle… il disprezzo di Rosalie, il nostro bacio alla radura… James, il ballo di fine anno… il mio compleanno…”
<< mamma! Mamma, rispondi! >> mi risvegliai dal mio stato di coma, grazie alle voci terrorizzate dei miei figli.
<< perché piangi, mamma?! >> chiese ansiosa Nessie. Battevo le palpebre convulsamente, per scacciare un fastidio, mentre sussultavo da violenti singhiozzi.
Scossi la testa, riprendendo controllo di me.
<< tutto… tutto okay piccoli… >> dissi, tirando un sospiro. Loro mi abbracciarono, e io li strinsi forte a me.
<< ci hai fatto paura… >> mormorò EJ.
<< scusate, scusate… >> ripetevo, dondolandoli. Solo loro avevano il potere di tranquillizzarmi così.
Dopo lo shock, tornò tutto come prima.
Lavai i miei bimbi, e misi loro il pigiama.
<< mamma… >> disse Nessie, mentre le asciugavo i capelli. << c’è puzza di bruciato… >>
<< il sugo!! >> esclamai, ricordandomi delle pentole sul fuoco.
Volai alla mia velocità vampiresca in cucina, vedendo che c’era un fumo pazzesco. Aprii le finestre, facendo cambiare l’aria. Guardai nel pentolino: il sugo non c’era più…
Sospirando, buttai tutto da lavare.
<< bimbi, pasta in bianco va bene? >>
<< non è meglio andare a caccia? >> brontolò EJ.
<< no, andiamo domani, prima della partenza del pomeriggio, così non correremo rischi. E poi, vi siete appena fatti il bagno! >>
<< mamma, vieni… >> Nessie mi prese per mano, e mi trascinò in salotto, dove c’era il pianoforte. Mi fece sedere accanto a lei, sullo sgabello, mentre EJ era seduto a terra a gambe incrociate, sorridente.
Renesmee posò le sue manine sui tasti bianchi e neri, e pian piano nell’aria si diffusero delle soavi note. Quella musica faceva volare la fantasia, Nessie era davvero una maga in quel campo.
Chissà chi avrebbe vinto, tra lei e il padre, a suonare quello strumento…
Sorrisi dolcemente, guardando la mia bimba concentrata sulle note.
<< questa l’ho scritta per te… >> sussurrò, a melodia finita. L’abbracciai forte:<< è bellissima, grazie… >> le baciai la guancia paffuta, facendola ridere.
<< brava Ness! Sei un asso, con il piano! >> elogiò EJ, con un gran sorriso.
<< grazie fratellino! >>
La notte, svegliai i miei pargoletti: avevo avuto un’idea, anche se non sapevo se fosse troppo furba.
Mi caricai solo Nessie in spalla, dato che EJ adorava correre. Amava la velocità, diceva che l’elettrizzava.
Era incredibile quanto, per certi versi, assomigliasse al padre.
Alla nostra velocità vampiresca raggiungemmo Forks. Percorrere quelle strade era come ricevere continui pugni nello stomaco. Rallentammo, fino a camminare. Feci scendere Nessie, e la presi per mano.
Presi la stradina che avevo percorso centinaia di volte, solo qualche mese prima.
Sembravano passati anni, da quando me n’ero andata.
Però era tutto identico a prima, ogni cosa al suo posto. Il vento soffiava forte, e ricordai quanto fosse pungente per me quando ero umana.
Ora i brividi di gelo non li sentivo più, e un po’ quelle sensazioni mi mancavano.
Eccola lì, la mia vecchia casetta.
Sul vialetto di casa c’era la solita volante della polizia di Charlie. A fianco, era ancora parcheggiato il mio decrepito pick up. Mi avvicinai, e sfiorai delicatamente la vernice rossa sbiadita del veicolo.
Aprii la portiera, cercando di far meno rumore possibile. Cosa un po’ difficile…
I miei figli mi fissavano attentamente, in silenzio, senza pensare a nulla in particolare.
Mi sedetti al volante, e inspirai forte.
C’era ancora il suo odore, forte, meraviglioso.
Appoggiai le mani al volante; l’ultima volta aveva guidato lui… la sera del mio compleanno…
Repressi un singhiozzo.
Scesi dal veicolo, e mormorando un – venite -, presi i miei figli per mano, e ci arrampicammo fino alla mia stanza. La finestra era chiusa, ma non feci fatica ad aprirla.
Entrammo silenziosamente. La mia stanza era assolutamente identica a come l’avevo lasciata. Me l’aspettavo anche un po’ impolverata, con odore di chiuso. Invece c’era odore di pulito, e ciò poteva solo significare che Sue aveva ripulito… oppure Charlie aveva cominciato a riordinare casa.
Anche qui il suo odore era intenso. Quando sentii il cuore di Charlie battere, benché non avessi sete, per sicurezza trattenni il respiro.
I miei figli erano tranquilli.
“ questo che sentite russare è il nonno Charlie.” Pensai accorata.
Uscii dalla mia stanza, con loro per mano. Aprii silenziosamente la porta, e vidi la figura di Charlie che riposava.
Sembrava triste
<< ciao, nonno Charlie >> mormorò Nessie, sorridendo. Si avvicinò al letto di papà.
Si alzò sulle punte dei piedini, e si sporse verso il suo viso. Gli diede un leggero bacio sulla guancia, e mio padre sembrò quasi rasserenarsi.
<< io sono Renesmee, la tua nipotina… >> allungò la manina, e la appoggiò delicatamente sulla guancia di mio padre. Mostrò com’era, e mio padre sorrise nel sonno.
Sorrisi intenerita e commossa. Avevo voglia di piangere.
EJ si avvicinò un po’ : << ciao nonno, sono EJ… il tuo nipotino che ti somiglia molto – bisbigliò - . sono felice, ho un nonno simpatico e sportivo come me… anche io voglio bene alla mamma, la proteggerò io per te… lo prometto, nonnino Charlie. >> Nessie mostrò anche il viso di EJ, e il sorriso non abbandonava il viso di mio padre.
<< ti vogliamo bene… >> mormorarono. Mi avvicinai anche io a mio padre, e Nessie e EJ si spostarono.
<< ciao papà… hai visto i tuoi nipotini, che belli? Mi manchi… tanto. Mi dispiace di essermene andata, ma era meglio così… ora andrò in Italia, vedi di non metterti nei pasticci, okay? Ti voglio bene…. >> e baciai la sua guancia. Benché la mia pelle fosse fredda, non sembrò dargli fastidio. Forse aveva sentito che ero io. Gli accarezzai una guancia e la fronte. Poi, dopo un ultimo saluto, uscimmo dalla mia vecchia casina.
<< grazie mamma. >> i miei piccoli mi abbracciarono.
<< è un vostro diritto. >> mormorai, stringendoli a me.
Decisi di girare ancora un po’ per quel paesino che tanto avevo odiato, quanto amato.
EJ iniziò a correre verso il bosco.
<< EJ, no, aspetta! >>
Ma lui continuò a correre veloce, e io dovetti seguirlo. Andai al massimo della velocità, e lo raggiunsi. Ad un certo punto, si fermò. Iniziò a camminare a velocità umana. io e Nessie lo seguivamo.
Poi mi bloccai, vedendo dove eravamo finiti. Mi mancò il fiato: la radura. Era tutto secco, arido, rispetto a quando l’avevo vista l’ultima volta…
Quando era frequentata abitualmente da Edward, era totalmente un’altra cosa.
A terra, c’era ancora la coperta rossa a righe verdi, consumata dalle intemperie.
Non ci potevo credere…
<< andiamo, dai. È tardi… >> mormorai con voce rotta.
******
<< paura? >> chiesi, mentre salivamo sull’aereo.
<< no. Bells, sono grande ormai. >> rispose Jake.
<< guarda che non stavo parlando con te, tontolone! >> dissi ridendo con i miei figli, Debbie, Max .
<< Jacob, sei più bambino tu di loro! >> fece Seth, ridendo.
<< ah, è così allora, palla di pelo?! >> disse Jake, prendendo il lupastro “2” e grattandogli la nuca.
<< ahio, ahio, ahio >> ridemmo.
<< siamo calmissimi, mamma! >>
<< non vedo l’ora di atterrare… >> brontolò Debbie.
<< non siamo nemmeno partiti! >> esclamò Jake.
<< prima scendo meglio è! >> tutti risero.
<< fifona >> fece Seth.
<< senti chi parla, poppante! >>
<< m… >> bloccai la discussione tra i due al nascere.
<< SMETTETELA DI FARE I BAMBINI! >>
******
Il volo fu lungo, e fortunatamente tranquillo.
Poi noleggiammo un’auto, per andare nel paese in cui avevamo deciso di trasferirci.
Nessie ed EJ dormivano pacificamente accoccolati a me.
<< speriamo che non ci fermino… >> brontolò Debbie.
<< ma perché sei così pessimista? >> rimbeccò Seth.
<< e perché tu sei così ottimista? >>
<< piantatela, i bambini dormono! >> li sgridò Max. Mi sistemai meglio Renesmee in braccio e appoggiai la guancia sulla testa di EJ.
Dopo qualche ora, il cartello “Castelleone” ci apparve davanti agli occhi.
Era un paesello in provincia di Cremona, non troppo grande, con circa diecimila abitanti.
Be’, in confronto a Forks era una città immensa!
Sembrava piuttosto tranquilla, era un bel posto. In piazza c’era una vecchia torre, l’unica rimasta in piedi. In quel momento, i miei tesorucci si svegliarono sbadigliando.
<< wow! >> “ un giorno la scalerò!”
“ non pensarci nemmeno EJ!” pensai severa. Sbuffò contrariato.
<< chi ha voglia di un gelato? Sono le quattro e mezza del pomeriggio, qui… >> disse Jake.
<< io no, sono sballata dal fuso… >> fece Debbie, << non sono a posto… >>
<< idem… >> disse Max.
<< io si! >> dissero all’unisono EJ, Seth e Nessie.
<< voi tre non avete orari per mangiare! >> commentai.
<< è un bene! >> disse Max, ridacchiando. Parcheggiò, e scendemmo dall’auto. Andammo dall’altra parte della strada, dove c’era la gelateria.
EJ prese fior di latte e nutella, Nessie menta-cioccolato e nutella, Jake limoncello, ace, cioccolato, tiramisù e panna montata, mentre Seth puffo, nutella, fragola, limone, menta-cioccolato e ace.
Erano un pozzo senza fondo, quei due, ma davvero davvero!
<< ma quanto mangi, gigante!? >> esclamò Debbie.
<< ho bisogno di crescere! >>
<< ah, vuoi raggiungere i tre metri per caso?! >>
<< ha. ha. ha. >> fece sarcastico Seth << guarda, non rispondo neanche. >>
<< sarà che non hai più nulla di cretino da rifilarmi… >>
<< m… >>
<< SMETTELA!! >>
Mamma mia, quei due erano peggio dei bebè. Anzi, i miei figli erano cento volte più maturi. Io ero convinta, però, che prima o poi si sarebbero messi insieme. Erano la coppia perfetta! Anche se non l’avrebbero mai ammesso, nemmeno sotto tortura avrebbero detto che si piacevano.
Arrivammo agli appartamenti che avevamo affittato. Stavamo in una palazzina gialla in una strada chiamata “via Manzoni”. Io, Debbie, EJ e Nessie abitavamo all’ultimo piano. Mentre Seth, Jake e Max al piano sotto di noi.
<< a nanna, piccoli! >> esclamai.
<< di già? >> si lamentarono.
<< si, forza, velosh! >>
Rimboccai loro le coperte, poi iniziai ad ascoltare un cd per imparare la lingua italiana.
Debbie era fortunata, aveva genitori italiani, perciò le avevano fatto imparare la lingua, benché vivesse in America.
Io, Jake, Seth e Max facemmo un corso accelerato di italiano, grazie alle dritte di Deb e al cd.
In sintesi? Avevo ancora molto lavoro da fare.

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Capitolo 6
*** Cap 6 incontri ***


Cap 6 Incontri
Era passata ormai una settimana e mezza da quando c’eravamo stabiliti a Castelleone, e avevamo pure finito di sistemare casa.
Avevamo affittato una pasticceria, e oggi ci sarebbe stata l’inaugurazione.
<< piccoli, è ora di svegliarsi. >> dissi, accarezzando la testolina ramata di Nessie.
<< mamma – mugugnò – non voglio alzarmi >>
<< ma oggi è il primo giorno di scuola! >> continuai, << eravate così felici ieri! >>
<< ieri era ieri, oggi è oggi, mamma >> sbottò EJ.
“ma per piacere, dai!” commentai mentalmente.
<< vi preparo la colazione, poi però vi alzate. >> dissi, rialzandomi. Andai nel cucinino, trovandovi anche Deb.
<< buongiorno! >>
<< buongiorno anche a te, Bella! >> disse, sorridendomi. << ti ricordi ancora le mie lezioni di lingua italiana, vero? Almeno te! Max ha già dimenticato tutto… >> sospirò.
Risi, allegra: << tranquilla, le basi le ricordo ancora… >>
In verità, avevo memorizzato tutto perfettamente, Debbie era una maestra davvero molto brava. Avevo fatto parecchi progressi, e in sette giorni avevo imparato ciò che, da umana, avrei appreso, come minimo, in un anno.
Ero fiera di me stessa.
Preparai il latte per i miei figli, e in quel momento entrarono nella stanza Max, Jake e Seth.
<< BUONGIORNO!! >> tuonò quest’ultimo.
<< fai silenzio, bestione! C’è gente che riposa! >>
<< parla per te, gallina! >>
<< gallina a chi, deficiente! >>
<< ma la volete smettere? Siete sempre a litigare! >> disse innervosito Jacob.
Sospirai infastidita dai battibecchi di quei due. Seth e Debbie continuavano a fulminarsi con gli sguardi.
‘ che bambini’, pensai.
<< mamma… >> Nessie entrò nella cucina, sfregandosi l’occhietto con la piccola mano.
<< ehi, piccola… >> la presi in braccio, baciandole una guancia.
<< Edward non si vuole alzare… >> disse, afferrandomi le guance e tiracchiandole.
Sussultai, come ogni volta che le altre persone pronunciavano il nome intero di mio figlio. Avevo fatto male a chiamarlo come lui, così mi ero fatta solo più male.
Con le parole della sorella, EJ si era materializzato nella stanza.
<< invece mi sono alzato! >>
*******
Portai all’asilo i miei piccoli, e con un bacio ci congedammo. Le maestre mi sembravano a posto, in gamba e simpatiche. Si chiamavano Maria Rosa, Luisa, Betta e Lara; rispettivamente insegnanti di italiano – e arte e musica-, storia – e geografia e religione- matematica; ed inglese.
Fortunatamente, i bambini avevano appreso velocemente qualche cosa della lingua locale, o avrei dovuto aspettare ad iscriverli.
Insieme ai miei colleghi, varcai la soglia del mio nuovo locale.
Era carino, tutto sommato. Certo, bisognava renderlo perfetto per l’inaugurazione del pomeriggio.
Cominciammo a sistemare, muniti di olio di gomito e un’abbondante dose di forza di volontà.
Verso mezzogiorno, il lavoro era quasi terminato.
Deb si mise dritta, passandosi una mano sulla fronte sudata.
<< fiu, che faticata… >>
<< ti stanchi velocemente, cara la mia Deborah… >> commentò Seth.
<< non chiamarmi così, sai che detesto il mio nome per esteso. >> sibilò lei.
<< non litigate ancora, vi supplico. Lasciateci in pace almeno per le prossime quarantotto ore. >> disse Max, sbucando da dietro il bancone.
Incrociando le braccia al petto, si girarono la schiena, sbuffando.
<< idiota… >>
<< strega >>
Io, Max e Jacob fingemmo di non aver sentito. Finimmo di sistemare e il risultato era più che soddisfacente.
******
<< oh, ma guarda che bel locale… >> disse una donnetta, entrando. << complimenti! >> esclamò poi, rivolta a noi.
<< grazie! >> disse Debbie, sorridendo gentilmente.
<< quindi, questa è la nuova pasticceria di cui si parlava tanto… davvero graziosa! >> commentò un’altra donna; questa era più giovane della precedente.
<< vorrei una torta alla panna, e magari qualche pasticcino… uhm… cannoncini, soprattutto. >> disse quest’ ultima. La servii io, e dopo aver pagato, la donna andò via.
La giornata non fu troppo impegnativa, poche persone conoscevano già il locale. Per cui, la clientela non fu troppa, e io riuscii ad uscire prima per prendere EJ e Nessie a scuola.
******
Camminavo a velocità umana per i marciapiedi castelleonesi, rovinati e pieni di buche.
Mi guardavo in torno, avevo una strana sensazione; ma non capivo cosa fosse.
In quegli istanti, sentivo come se il mio cuore mi battesse ancora, nel petto.
E il dolore per l’abbandono di Edward e l’amore che provavo ancora per lui, ma che sembrava assopito, riaffiorarono prepotentemente, stordendomi. Mi dovetti pure appoggiare alla parete, perché se no sarei caduta a terra.
I vampiri potevano avere dei colpi al cuore? Potevano svenire o avere un abbassamento di pressione?
Non credevo, ma in quel momento sembrava mi stesse accadendo.
Pov EJ
<< ciao mamma! >> esclamai, quando la vidi. Mi sorrise, e io e mia sorella le corremmo in braccio.
<< ciao, piccoli miei… com’è andata? >>
<< bene! >> esclamammo. Davvero, non era stato poi così noioso… certo, mi infastidiva fingere di essere così piccolo, però non potevo farci niente. Era una conseguenza dell’ essere mezzo vampiro.
<< mamma, qui vicino ho visto un parco giochi, ci possiamo andare? >> domandò Nessie, ovviamente lei non si stancava mai di altalene e scivoli. E nemmeno io!
Mamma era titubante.
<< dai, ti prego mamma.. >> implorai.
<< d’accordo, ma non combinate guai. >> felice, distesi le labbra in un sorriso. Mia madre trattenne il fiato per alcuni secondi: le succedeva ogni volta che sorridevo.
Poco dopo, ci portò al parchetto: era piuttosto grosso, con quattro altalene, una torre con scivolo, dondoli e fontanelle con tanto di acqua frizzante.
Io e Nessie cominciammo a correre – ovviamente a velocità umana – e ci sbizzarrimmo sui vari attrezzi.
<< ehi, io vado a prendervi il gelato! >> esclamò mamma, e noi le urlammo i gusti. Sparì fuori, mentre io e Nessie decidemmo di giocare a ‘Lupo’ come lo chiamavano i bambini di qui. Toccai mia sorella, e iniziai a scappare di nuovo.
Le feci una pernacchia, voltandomi indietro. Poi, mi scontrai contro qualcosa di davvero duro e freddo.
<< ahio! >> esclamai, quando il mio sedere picchiò terrà.
<< ehi, piccolino, tutto bene? >> mi chiese un vocione profondo. Alzai lo sguardo, e vidi una specie di grizzly davanti a me.
<< pidocchio, sta’ più attento, non devi andare addosso alla gente! >> ecco che Nessie mi aveva raggiunto, e aveva cominciato a farmi la predica.
“ma sta’ zitta, pulce!”
<< no, è stata colpa mia, non l’ho visto: tutto bene, comunque piccolo? >>
<< piccolo a chi?! Se mai, sei tu che sei troppo grosso! >> esclamai. << comunque, sto benissimo. >>
<< maleducato, ma come ti permetti! >> mia sorella mi diede una sberla.
<< ehi, pulce! >>
L’orso, intanto, era scoppiato a ridere.
<< mi piaci, piccolo. Sei forte! >> commentò poi. Io sorrisi e mi rialzai.
<< anche tu! >>
<< io sono Emmett, piacere! >> e allungò il pugno verso di me.
<< EJ >> e feci scontrare il mio con il suo.
<< Em, ma cosa combini?! >> sbucò una ragazza minuta da dietro l’omaccione.
<< sembri tanto un folletto! >> e ridacchiai.
<< ma guarda! Non bastava solo l’orso, ora ne trovo pure uno in miniatura! >> commentò, ridendo.
<< comunque, io sono Alice, la sorella di questo pazzo. >>
<< e io sono EJ, il fratello di questa pulce! >> feci io, indicando Nessie.
Lei arrossì: << non potremmo parlare agli sconosciuti… >>
“soprattutto se non sono umani! EJ, sono vampiri!”
“andiamo, guardali, non farebbero male ad una mosca, e poi sono vegetariani!”
<< sta tranquilla, non vogliamo far del male a nessuno, soprattutto ai bambini >> disse Alice, abbassandosi alla nostra altezza.
<< come ti chiami? >> chiese poi a mia sorella.
<< Nessie… >>
<< sai, Nessie, che sei davvero bellissima? >>
“gli assomiglia in un modo allucinante…” pensò la vampira mora.
“ non può essere, chissà Alice che ne pensa…” pensò invece l’orso. Ma più di questo, non riuscivo a leggere. Il cervello di un vampiro era una cosa complessa, Alice poi continuava a immaginare vestiti di ogni marca, e ciò bastava ad allontanare l’attenzione dalla sua testa. Emmett invece pensava anche ad una scommessa con il fratello, che sembrava avesse vinto.
Lasciai perdere, perciò.
Con la mamma era più semplice, ad un certo punto, inconsciamente, lei mi bloccava tutti i suoi pensieri e benché io fossi curioso, desistevo subito dal tentare di penetrare quello scudo.
E mamma non sapeva nemmeno di averlo.
<< grazie, anche tu! >> mia sorella sorrise.
Poi Alice s’immobilizzò e i suoi occhi si fecero vitrei. Vidi nella mia testa un sacco di immagini, che non seppi interpretare.
<< sta tornando… >> esalò Alice, ripresasi, e Emmett la guardò stranito.
<< chiama mamma >> ordinò, e Alice fece come detto.
<< bimbi, ora noi dovremmo andare. Ci vediamo in giro, piccolini! >> Emmett accarezzò la mia testa, scompigliandomi ulteriormente i ricci, e poi fece lo stesso con Nessie, che ridacchiò. Alice invece mi pizzicò la guancia, mentre a Nessie le baciò la testa.
<< ci vediamo, allora! >> esclamò Nessie.
Loro risero, poi corsero via.
<< non potremmo parlare con gli estranei! >> imitai perfettamente la vocina di mia sorella, che mi fece una linguaccia.
<< ah, eccovi qua! >> ci raggiunse mamma, con i mano i due coni.
<< finalmente, come mai ci hai messo così tanto? >> dissi, allungandomi verso il mio gelato puffo- nutella.
<< c’era una fila lunghissima… >> disse mamma, sospirando.
Mentre sgranocchiavamo i nostri gelatini, tornammo a casa.
La sera, mamma ci affidò a zio Jake, perché doveva andare a caccia.
Era strano come un licantropo ed una vampira fossero riusciti a rimanere amici, nonostante la trasformazione di mamma, zio Jake era riuscito a non odiarla, a non abbandonarla e così Seth.
Un’altra cosa assurda era che Jacob si fosse innamorato di Nessie, che era mezza vampira… cose da lupi, tzè!
Ma per quanto questo suo ‘imprinting’ non m’andasse a genio, non ci potevo fare nulla.
Ma se avesse solo fatto soffrire la mia sorellina… ero pronto anche a fargli la ceretta quando era in versione lupo, e di peli ne aveva tanti!
**Angolino autrice**
Lo so, lo so che fa schifo!
Vi chiedo umilmente perdono.
Ho fatto una schifezza: è corto, brutto, insignificante. Ma sono a corto di fantasia in questo periodo...
Scusate, scusate e ancora scusate.
Al prossimo obbrobrio!
Un bacio, Gio

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Capitolo 7
*** capitolo 7- sei parte di me ***


Ehi, eccomi qua! scusate per il mostruoso ritardo, ma sono in ballo con gli esami, ed è già tanto se riesco a postare oggi...
Per cui, perdonatemi, please, e... siate clementi con i giudizi, il mio cervellino fuma in questo ultimo periodo!
Sorry, e... Ecco a voi, un piccolo POV EDWARD! tadààà!!
Capitolo 7 Sei parte di me.
“... non... mi vuoi?”.
“ No” .
Come avevo potuto? Come?
Mentirle, farla soffrire così: non avrei mai dovuto…
Perché avevo fatto del male a lei, ma mi ero condannato pure io.
Rassegnato ad un’esistenza senza di lei, una vita vuota, incolore, insapore, riflettevo su quanto fossi stato stolto. La mia esistenza non aveva senso.
Perché era lei, che faceva diventare bello tutto ciò che c’era al mondo. Lei che m’aveva insegnato a vivere, lei che mi aveva dato speranza e fatto provare il sentimento più potente di tutti, era il mio amore. La mia Bella.
Mi chiedevo ancora in quel cupo giorno, come avessi trovato il coraggio e la forza di lasciarla sola, in quella foresta.
Che mostruosità, avevo commesso. Ero uno stolto, uno stupido innamorato.
Ma lei, lei avrebbe dovuto capire che fingevo! Lo sapeva, le ripetevo di amarla ogni momento, eppure… eppure lei quel giorno era davvero convinta che non l’amassi più. Quasi rassegnata, come se avesse già saputo che sarebbe accaduto.
E questo mi feriva davvero profondamente.
Amore mio, non sai quanto mi manchi…
Sospirai, pesantemente. Ormai facevo, o meglio, riuscivo solo a fare quello. Come già avevo affermato, la mia non era più vita – se lo era mai stata. Era un continuo susseguirsi di spasimi e lugubri pensieri – più pessimistici che mai - , dettati dal dolore e dal senso di colpa, se non dal rimpianto.
Quanto, quanto ero stupido?
Alice me l’aveva ripetuto all’infinito, tra i singhiozzi, non accompagnati da lacrime.
Ma era solo per la sua sicurezza, per la sua vita.
In fondo, io che diritto avevo di macchiare la sua anima? Assolutamente non ne avevo, ma nessuno sembrava capirlo. Nessuno sembrava capire il mio tormento.
Volsi lo sguardo fuori dalla finestra e ammirai la malinconica luna, solitaria nel cielo nero.
Amore mio, mi chiedo cosa tu stia facendo… mi chiedo se mi stai pensando… mi chiedo se, nel caso tornassi da te, mi accoglieresti di nuovo…
No, non dovevo nemmeno pensare di tornare a rovinarle la vita.
Mi passai una mano tra i capelli, muovendo i muscoli per la prima volta dopo mesi.
Ero stanco di stare lì, senza mai fare niente. Sapevo che era giusto mi sfogassi, che cercassi di allontanare un po’ i pensieri da quegli occhi cioccolato di cui mi ero innamorato; ma mi appariva tutto così tremendamente sbagliato.
Il telefono vibrò fastidiosamente: casa.
Sapevo di aver bisogno dei miei famigliari, ma forse ero troppo orgoglioso per rispondere e avvisarli che sarei andato da loro. O forse, ero semplicemente codardo: Emmett aveva ragione, continuavo a fuggire.
Mi alzai, come un automa, e saltai giù dalla finestra aperta. Iniziai a correre, diretto al primo bosco ricco di vita animale: dovevo assolutamente cacciare.
Atterrai diversi puma e qualche cervo maschio, e potei definirmi sufficientemente sazio.
********
Ero sull’aereo, diretto in Italia, dai miei famigliari.
Il cellulare suonò per la decima volta, ma sapevo già chi era e non mi sprecai nemmeno a guardare chi fosse. Alice aveva già avuto una visione, sicuramente.
Vibrò ancora diverse volte, insistentemente.
Non volevo rispondere.
Dopo ore interminabili, arrivai. Noleggiai un’auto, e senza rispettare i limiti di velocità, fui a casa dei miei nel minor tempo possibile. Era sera in Italia, il cielo si stava facendo scuro. La casa che i miei avevano comprato era davvero enorme, le pareti di un tenue rosa. Ovviamente, c’era la mano di mamma nel lavoro. Mi avvicinai all’ingresso, e bussai. Era strano che non avessi ancora visto Alice sbucare fuori. Forse… forse era ancora molto arrabbiata con me. Bussai ancora, ma non c’era anima viva. La porta era chiusa a chiave, perciò mi arrampicai- senza farmi vedere- ed entrai da una finestra. La casa era davvero stupenda anche dentro, e mi stupii quando vidi che lo stile era identico alla villa di Forks. Mi sentii mancare.
Era tutto identico, e capii quanto avessero sofferto i miei familiari.
La stanza in cui ero doveva essere la mia: c’era il mio pianoforte a coda, i miei libri, i miei dischi… tutte le mie cose, in pratica.
Mi avvicinai allo strumento, e sfiorai i tasti delicatamente. Quanto tempo
L’ultima volta che l’avevo fatto, avevo suonato… la sua ninnananna. Mi sedetti sullo sgabello, e pian piano le note che avevo suonato centinaia di volte, si diffusero nell’ambiente, portandomi in un universo a parte. Come se avessi ritrovato la nostra bolla privata; come se lei fosse stata- come le altre volte- accanto a me su quello sgabello. Sembrava che sognassi, ma sapevo bene che non poteva essere davvero così. Suonai quasi all’infinito quella canzone, anche se mi faceva malissimo farlo: sapevo di essere masochista, ma non potevo fare a meno di quella sensazione particolare. Se almeno fosse stata davvero qui…
Decisi di cacciare: dovevo sgombrare la mia mente da quei pensieri. Assolutamente. Corsi lontano dai centri abitati, e ogni volta che trovavo un animale, lo attaccavo. Peccato fossero solo erbivori, ma mi dovevo adattare.
Avvistai la nuova preda, e incominciai silenziosamente a seguirla. Ma quando fui sul ramo dell’albero sotto cui stava l’animale, sentii un odore particolare arrivare alle mie narici; era quello di un vampiro, lo sapevo per certo, ma… lo sentivo ancora più buono, ogni sua sfumatura mi piaceva. Mi voltai, volevo vedere chi avesse quel profumo, ma la vampira non mi diede nemmeno il tempo di focalizzare bene la sua figura. La vidi solo sfrecciare via, in un istante.
Ancora stordito per quel mezzo incontro, tornai a casa, sperando che i miei fossero già a casa.
“ Edward, finalmente!” Alice mi saltò al collo, senza lasciarmi il tempo nemmeno di voltarmi.
“ciao folletta…” la strinsi forte a me, mi era mancata terribilmente. La mia sorellina…
“ehi, ti sei alzata!” commentai, misurandola. Mi fece una linguaccia, per poi scoppiare a ridere insieme. Inspirai il suo profumo, un po’ per conferma, ed avevo ragione: Alice non aveva lo stesso profumo della vampira… e sapevo anche che né mia madre, né Rose, avrebbero avuto la stessa fragranza.
“ehi, Ed!” Emmett e Jazz mi diedero due pacche sulle spalle, e io ridacchiai. Fu uno sforzo immondo farlo, come avevo già detto, mi sembrava sbagliato essere felice con quello che avevo fatto a Bella. Ma soprattutto, non potevo essere felice.
“ Edward, figliolo, bentornato!” esclamò Carlisle, sorridendomi calorosamente.
“figliolo, finalmente sei arrivato” mia madre volò da me, e mi abbraccio- o meglio dire, stritolò. “iniziavo a perdere le speranze” . Le sorrisi, per quanto riuscissi a farlo. E lei apprezzò il gesto. Rosalie, però, non era dello stesso avviso: “ Edward, vedo che ti struggi ancora… ma perché tanta pena per un’umana?”
Insieme al mio, c’era anche il ringhio di Alice che vibrava nell’aria. Solo che quello di mia sorella, era cento volte più terrificante del mio.
“tu non puoi capire, Rosalie. Sei solo invidiosa di Bella!” ruggì la piccoletta. Se non fosse che la situazione non era propriamente adeguata, avrei riso per la faccia shoccata di Rose, colta in fallo dalle parole di Alice.
“ma cosa vai dicendo? Il sangue ti ha dato alla testa?” sibilò la bionda.
“no, Rosalie, non negare. Lo so io, lo sai tu: hai sempre invidiato Bella, perché lei poteva scegliere, e tu non hai potuto. E ce l’avevi con lei perché era umana, e perché voleva dare tutto per stare con Edward. E non dovresti dir nulla, tu, anzi dovresti ringraziare il cielo che ti ha mandato Emmett! che sopporta tutto il tuo egoismo, anzi, non lo vede proprio!” prese un respiro. Jasper non riusciva a calmarla nemmeno con il suo potere: Alice era davvero furente.
“Alice, non dire baggianate”
“non dico baggianate, Rose. Se solo tu ti fossi aperta un po’ più con lei… se solo non l’avessi trattata così male, se non l’avessi terrorizzata e giudicata male… magari ora saresti sua amica… magari ora capiresti quello che noi proviamo in questo momento. O forse… sei troppo cinica, anche per accogliere una nuova sorella…” detto ciò, Alice si voltò verso di me. “ e tu, tu sei proprio un imbecille.” E se ne andò in camera sua, senza degnarci più della sua presenza.
Rose, allo stesso modo, marciò fino all’interno, e scomparve.
“ehm, forse… è meglio entrare.” Commentò Jasper, grattandosi la nuca.
“certo che so fare solo disastri..” dissi, tra me e me. Ero appena tornato da loro, e stavo già rovinando la famiglia. Avevo decisamente battuto il record, e non ne ero per niente fiero.
“concordo, Eddino” lanciai un’occhiata torva a Emmett: non avevo di certo bisogno dei pareri della mia famiglia.
Però, dai… non è tutta colpa tua, in questo periodo non corre buon sangue tra di loro…
Gli lanciai un’occhiata interrogativa e curiosa: “ che vuoi dire?”
A Alice non va giù il fatto che a Rose non vada giù il fatto che vi manca Bella.
“ dovresti avere il premio per ‘il miglior pensiero contorto dell’anno’…” Emmett ridacchio, senza troppo entusiasmo. “ ne sarei onorato, fratello… ma ora, entriamo” .
Alice si era calmata, ma ora era nel più totale sconforto. Mi alzai dal divano – ero li da quasi un’ora, non perché fossi stanco- e salii al piano di sopra.
Entra pure
“ ehi… come va?” chiesi, sedendomi a terra, a fianco a lei, davanti alla portafinestra della sua stanza spalancata. Le tende rosa svolazzavano per la brezza mattutina, stava sorgendo il sole, il cielo si stava tingendo di un rosa chiarissimo.
“sai meglio di me, come mi sento” sospirò “e tu?”
“come dovrei stare? Non sai quanto mi sento… male. Per non parlare del senso di colpa che provo per averla lasciata sola, in mezzo alla foresta… e vorrei tornare da lei, ma… so che sarebbe sbagliato coinvolgerla di nuovo in tutti questi pericoli…”
“sei proprio stato uno sciocco, Edward… ed io che ti credevo saggio!” scherzò lei. L’abbracciai, e non so perché, ma come uno scemo cominciai a singhiozzare. Il suo ricordo era troppo doloroso, troppo. Era qualcosa di disarmante, distruggente; era capace di togliermi il respiro, con la sua fragilità e semplicità, ma anche capace di uccidermi con il battito del suo cuore.
Peccato che Edward ancora non sapesse che nel petto della sua amata non batteva più un cuore.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8- Sofferenza ***


Sofferenza

Più ci pensavo, più credevo di essere impazzita. Oh, sì. Non poteva essere altrimenti.Un vampiro poteva fare indigestione di sangue? Per forza, a me stava succedendo. Troppo sangue mi dava alla testa, se no, non avrei potuto spiegarmi quell’allucinazione. Perché era una visione, non poteva essere davvero..
Era stato un secondo, anzi meno. Avevo sentito quel profumo, a me così terribilmente familiare. Avevo quasi paura. Avevo cambiato immediatamente direzione, non volevo nemmeno sapere se quel vampiro fosse realmente lui. Come avrei potuto reagire?
Ero scappata.
Passai per la cantina, mi cambiai i vestiti sporchi di sangue e indossai le nuove lenti. Stampai in viso l’espressione più felicemente falsa che potei, e salii le scale fino al mio appartamento, con lentezza umana. Quel giorno ero pure stanca di essere vampira. Avrei tanto voluto poter chiudere gli occhi e addormentarmi. Un tempo, farlo era sempre un dolore fisico, in quanto lui era lì con me, e io dovevo privarmi della sua vista. Poi, dopo quel 13 settembre, dormire era sofferenza vera e propria, che mi lasciava senza forze, spiritata.
Inserii le chiavi nella toppa con un sospiro, ed aprii la porta. Sentivo il respiro tranquillo di Debbie, stava dormendo pacificamente. Quello che mi preoccupò, fu non sentire il battito scoppiettante dei cuori dei miei figli, accompagnato dal respiro delicato di Renesmee e il russare da trattore incallito di Edward.
-Ness, EJ… - sussurrai, sapevo che potevano sentirmi bene comunque. Non ricevetti risposta: dove diamine erano i miei bambini?
Uscii di nuovo dall’appartamento, e scesi al pianerottolo in basso. Quasi sfondai la porta d’ingresso, tanta era la mia agitazione. In salotto, belli pacifici che giocavano a tombola c’erano quegli imbecilli di Jake e Seth. Mi degnarono della loro attenzione. Lanciai loro un’occhiata: - i miei figli?- Jake ghignò: -ho vinto, Setthuccio.- Il lupo più giovane sbuffò, tirando fuori dalla tasca dei jeans 10 euro, che diede a Jacob. Osservai la scena con un cipiglio in volto, l’ansia man mano scemava.
Jake sorrise: -lo sapevo che avrebbe dato di matto. Sono di là Bella, rilassati.-
Che simpatici, avevano pure scommesso sulla mia reazione. Jake e Seth storsero il naso, e una smorfia di disgusto si disegnò sui visi di entrambi.- mh, Bella, c’è puzza di.. vampiro. Ma è diverso dal tuo, cos’è successo?- incalzò Jacob, sospettoso. Entrambi mi scrutavano attentamente, seri.
Merda.
-stavo cacciando, e n’è sbucato uno. Io mi sono allontanata subito da lui e sono corsa a casa, tanto ero sufficientemente sazia..- dissi, stringendomi nelle spalle, cercando di apparire tranquilla. Loro invece non lo erano per niente. - terremo controllata la zona, non voglio che i piccoli corrano pericoli.- Disse Jake, risoluto. Scossi la testa, terrorizzata: -no, voi non sapete quanto possiamo essere forti.-
-Bella, te l’abbiamo spiegato: noi siamo nati per ammazzare vampiri.- Fece saccente Seth, sicuro di sé, sostenuto da Jacob. Comunque sia, ero in pena per quei due testoni. Scossi la testa, esasperata. Tanto non mi avrebbero ascoltata lo stesso. Andai nella stanza di Jake, guidata dal profumo particolare dei miei due piccoli angeli. Mi avvicinai a loro, e mi sedetti sul bordo del letto. Ej stranamente non russava, quella notte, e Nessie era tranquilla e pacifica come al solito. Accarezzai i boccoli ramati di mia figlia, che riposava placidamente; le labbra piccole e rosee socchiuse, tremolarono debolmente. -papà..-mormorò fievole. La mia mano si pietrificò nell’esatto momento in cui pronunciò quella parola, come il resto del mio corpo. Fu un sussurro, che ebbe la forza di infliggermi più sofferenza dell’esplosione di una bomba atomica. Sentii come una fitta al cuore, capace di farmi accasciare a terra. Portai le mani al petto, rannicchiandomi come a voler trarre sollievo con quel movimento. Non ci fu, anzi, altre stilettate mi colpirono. Una, più violenta di altre, mi fece emettere un urlo acuto, straziato.
-Bella, che ti succede?!- esclamò Jake, allarmato. Seth e Jacob si fondarono al mio fianco, cercando di fermarmi, ma io continuavo a dimenarmi, come una pazza durante l’elettroshock. Chiusi gli occhi, mentre la mia mente si annebbiava, e il dolore continuava imperterrito a lacerarmi. In confronto, la mia trasformazione in immortale era niente. Nella mia mente, ora, c’era solo un viso. Un viso tremendamente e assolutamente angelico, perfetto; il mento squadrato, il naso dritto, le labbra rosee piene, la pelle diafana, i capelli ribelli e ramati- come quelli di mia figlia- con una forma propria, e gli occhi dorati, profondi, colmi di antico dolore. Altre urla, altri dolori allucinanti perforarmi il cuore. Come in un film, rivissi il nostro primo incontro, i suoi occhi neri come la pece fissarmi intensamente con odio. E la mia incomprensione, il mio chiedermi perché mi detestasse così tanto, quando neppure sapeva chi fossi.
Altre urla, quando la sua immagine diventava troppo vivida, più di quanto fossero dovuti essere i miei ricordi umani, e il mio dolore diventava incredibilmente insopportabile.
La lezione di biologia,in cui il suo sguardo famelico mi mise quell’ansia incomprensibile addosso. Poi la sua ricomparsa a scuola, dopo giorni interminabili, in cui mi chiedevo se fosse stata colpa mia. La seconda lezione di biologia, in cui gli raccontai la mia storia senza nemmeno pensare che fosse uno sconosciuto. Cacciai un nuovo urlo, più acuto degli altri fatti sin quel momento. In quegli istanti, Edward aveva fatto breccia nel mio cuore, inconfutabilmente. Vidi ancora il furgoncino di Tyler scivolare sul ghiaccio, sfrecciare verso di me come impazzito. Sentivo le ruote stridere, cercando di frenare. L’auto che non si fermava, la consapevolezza della fine. E lui, come un lampo, arrivò al mio fianco e respinse con una mano la vettura. Il suo viso estremamente vicino al mio, i suoi occhi neri penetranti. Altre grida di dolore, fitte incredibili, come scossa elettrica. Un dolore devastante, capace di ridurmi così. -Bella, Bella! A­pri gli occhi, diamine! Aprili!- Jacob mi scosse violentemente, ma non ci riuscivo ad alzare le palpebre. Non volevo privarmi della vista del viso di Edward. -Mamma!- le grida di Nessie e Ej furono l’ennesimo calcio nello stomaco e una nuova pugnalata al cuore.
-Bella, reagisci!- uno schiaffo forte mi colpì il viso, e riuscii a riprendermi. Aprii gli occhi, confusa. Avevo una leggera nebbiolina a offuscare i miei ricordi, non ero ancora ben presente, e soprattutto, non avevo la minima idea di cosa fosse successo pochi istanti prima. Non lo ricordavo, anche se ne avevo una vaga idea. Nessie e Edward mi saltarono al collo, piangendo. Li strinsi forte, inspirando il loro singolare profumo, e coccolandoli possessivamente. Chiedere scusa era l’unica cosa che mi sentivo di fare, non sapendo nemmeno cosa avevo combinato. Seth e Jake sospirarono, sollevati.
-ci hai fatto prendere uno spavento, Bella..- mormorò il primo, posando una mano sulla sua fronte, e portandosi indietro i capelli ribelli appena tagliati.
-ma cosa ti è preso?!- mi chiese provato Jake, che ancora non si capacitava di ciò che mi era accaduto. -Jacob, non lo so..Non ricordo nulla.- Risposi, alzando lo sguardo ai suoi occhi, che sgranò. -cioè, hai cominciato a fare robe da schizzata su sedia elettrica, e non ricordi niente?!- disse, la sua voce salì di alcune ottave, ricevendo una mia occhiataccia.
-no, Jake. Ho tutto sfocato, è confuso..Credo di aver urlato.- Beh, di quello ero quasi sicura. -CREDI?! Sembravi..Gesù, Bella sembravi in punto di morte.. sotto le più atroci torture.- Esclamò Seth, incapace di intendere. Era un ragazzo immaturo, impulsivo, quasi un bambino. Se per lui era stato così..brutto, non volevo immaginare quello che pensavano i miei due gemelli.
Nessie era preoccupata, tesa, soffriva molto. Ej era arrabbiato, oltre che preoccupato e angosciato. Non concepiva come suo padre, l’uomo che mi amava – almeno fosse stato così-, non fosse lì, accanto a me. Poi si corresse da solo: se lui fosse stato qui con me, con noi, non mi sarebbe successo niente di tutto ciò. Era incredibile quanto avesse ragione, quanto fosse consapevole di ciò che accadeva. Speravo solo non fosse riuscito a vedere ciò che avevo pensato in quel momento.
- non dipende da me, Seth..- mormorai, angosciata.
-urlavi solo un nome.. -sputò Jacob con rabbia. - pensavo l’avessi dimenticato!- abbassai il capo. Avrei dovuto ricominciare, come avevo promesso al mio amico, ma mi era impossibile senza di lui. – c’ho provato Jacob. – dissi riluttante.
- certo, certo.. – disse sarcastico,con un sorriso amaro, dandoci la schiena.
- ma a te cosa cambia?!- dissi, esasperata. Non tolleravo questo suo comportamento verso di Edward. – sei la mia migliore amica, e soffri. Mi fa rabbia vederti star male come oggi, Bella!-
- non è colpa mia!- Feci scendere dalle mie braccia i miei figli, e mi rialzai.
- certo che non è colpa tua! È di quel fetido, schifoso succhiasangue!- sbraitò, arrabbiato.
- ti ricordo che anche io sono una fetida, schifosa succhiasangue. Puoi anche smetterla di darti tanta pena per me, Jacob Black.- ribattei, arrabbiata. Una scintilla d’ira passò nelle sue iridi scure. – Bella, io ti voglio bene, e mi dà fastidio che tu soffra per uno schifo di persona, che ti ha abbandonata, incinta dei suoi figli!- esclamò.
- dei NOSTRI figli, Jacob. Dio, quanto sei bambino! Non capisci la cosa fondamentale: noi ci amavamo. –
- io direi più che ti abbia usata.- sibilò a denti stretti, cercando di trattenere i tremiti. Cominciavo a non vederci più. Non poteva farlo, non poteva parlare così di Edward, non davanti a me.
- tu non lo conosci! Non sai NIENTE!- urlai, in preda ad una crisi isterica, l’ennesima.- lui.. io..- balbettai sconnessamente, finendo per singhiozzare, inginocchiandomi a terra. Jacob si chinò al mio fianco e mi strinse forte a sé. – scusa, piccola, non volevo essere così duro..- mormorò.
[…]

-Edward, che ti succede?!- il vampiro si accasciò a terra, accanto alla sorella. Cominciò a urlare forsennatamente, tramante, come scosso da violente scariche elettriche. Era straziato, dolorante. Le immagini di quando aveva davvero vissuto gli passarono davanti agli occhi, facendolo estraniare dal resto del mondo, tant’è che non sentiva più i pensieri dei suoi familiari. La sorella, Alice, continuava a scuoterlo, cercando di rinsavirlo, ma invano. Il fratello urlava, talvolta chiamava un nome. Il nome della sua migliore amica, quel nome che la tormentava sempre. Quel nome per cui aveva litigato svariate volte con Rosalie, e anche con lo stesso Edward, perché era stato uno stolto. Perché l’aveva lasciata. – Carlisle!- chiamò, e in meno di un secondo il medico vampiro giunse nella camera. Si accucciò a fianco del figlio, che sembrava in fin di vita.
- Bella!!!!- urlò ancora, un grido disperato, spezzato dai singhiozzi e dai sussulti che quelle stilettate gli provocavano. Il medico cercava di svegliarlo, ma sembrava impossibile. Era completamente preso da urla e dolori atroci. – ma cosa gli succede?- domandò fievole Jasper, l’empatico. Sentiva ogni dolore del fratello, e non si stupiva che si contorcesse così. Alice cominciò a singhiozzare, incapace di fare altro. Si sentiva inutile, impotente di fronte al motivo di male del suo uomo, ma anche del dolore inferto al fratello. Jasper cercò di calmarlo, senza riuscirci. Alice tirò uno schiaffo in pieno viso a suo fratello, arrabbiata quasi. E Edward aprì gli occhi, ancora stravolto da tutto l’accaduto. Ma anche lui, come la sua amata ricordava ben poco.


*Angolino Autrice*

Salve a tutti, gente. Comincio col chiedervi perdono umilmente per il mostruoso ritardo, davvero.
Comunque, ci sono col capitolo. E' penoso, lo so, e corto. Repelle anche me, tranquille.
Comunque. Domandina flash: COME SI METTONO LE IMMAGINI??? Non ho ancora capito...
Beh, ora vado! Per piacere, se vi va, commentate!! Bacio!

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Capitolo 9
*** Mezzi Vampiri ***


Hm, hm... *Gioia si schiarisce la gola, super imbarazzatissima*
*I lettori la fissano per un po', e non sono certi di vederla ralmente*
Okay, si sono io. Chiedo SCUSA per l'orribile, l'osceno, l'assurdo ritardo nel postare. I'm sorry, but... L'ispirazione è arrivata solo ora, purtroppo. Spero persista, o mi frusto U.U No, davvero, sono imperdonabile. Fatto sta, che sono ritornata con un altro capitolo. Questo, avverto subito, è lungo. Oh, ero ispirata. Spero solo che non vi addormentiate a metà... ^^"
Intanto, ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo - siete da beatificare-, chi segue, preferisce e ricorda!! Oddio, davvero, GRAZIE! Ora, smetto di cianciare. Vi lascio al capitolo, e ripeto ancora: SCUSATEEE, non ce l'abbiate con me!!

Capitolo 9- Mezzi vampiri


Pov Alice
Da quella sera, Edward, come il resto della mia famiglia, era rimasto segnato. Erano tutti attenti, tesi, per paura che riaccadesse quella sorta di tortura per mio fratello. Carlisle non riusciva a capire cosa potesse essere stato. Era come se fosse stato preso da una scarica elettrica. Sapevo, in tal caso, cosa si provasse. Da umana, in manicomio, più volte avevano usato su di me quella mostruosità. I miei famigliari, soprattutto Jasper e nostro padre, avevano cominciato a indagare, ma nessuno sembrava capire cosa fossero questi shock. Jasper diceva che erano strazianti. Edward non ricordava nulla di ciò che era successo, o altrimenti, aveva una vaga idea della situazione. Avevano supposto una specie di degenero della mente vampiresca, ma era un’assurdità anche per loro.
Secondo me, semplicemente, era la separazione da Bella: solo ciò poteva provocare in Edward una tale sofferenza. Bella, per mio fratello, era stata come un raggio di sole nelle tenebre. Era l’unica che era riuscita a fargli battere il cuore- ovviamente, nel senso figurato. Mio fratello, all’inizio, non aveva una ragione di sopravvivenza, odiava sé stesso come non mai. Quanto aveva incontrato la mia migliore amica, tutto aveva preso per lui colore. Nonostante disprezzasse la sua natura mostruosa, non poteva che ringraziarla, per averlo fatto rimanere in vita fino a conoscere quell’angelo di Isabella Swan, l’unica in grado di accettarci per com’eravamo. L’unica di amarci, per com’eravamo. Non mi stupivo che la sua scomparsa avesse lasciato un segno così doloroso. Non avremmo dovuto ascoltare l’idea malsana di Edward. Lui semplicemente, non avrebbe nemmeno dovuto concepirla.
Ora me ne stavo sola con lui, nel salotto, in silenzio.
Gli altri erano usciti, e sarebbero tornati a momenti dalla caccia. Io e Edward eravamo andati il giorno prima, quando lui si era ripreso definitivamente dallo shock. Stava suonando per la centunesima volta la ninnananna del suo grande amore, struggendosi e rammaricandosi. Da un lato, pensavo gli stesse bene; dopotutto, aveva fatto tutto da solo. Ma, ovviamente, sapevo quanto dolore gli avesse provocato tale perdita. Ora che era tornato con noi, fortunatamente, sembrava essersi ravvivato un po’. Sapevo, in precedenza, come passasse le sue giornate. Ero felice fosse di nuovo a casa, anche perché tutta quella immobilità, quella catatonia non gli faceva bene. Edward smise di muovere le dita sulla tastiera, e guardò fuori dalle vetrate. Il resto del nostro clan stava rientrando a grandi falcate. La porta si spalancò, e i nostri familiari ci raggiunsero.
≪ Alice, per caso hai avuto una visione? ≫ all’affermazione di Carlisle, non potei che negare. Strano ma vero, erano un paio di settimane- ovvero dal ritorno di Edward- che non vedevo nel futuro. ≪ no, Carlisle è successo qualcosa? ≫ domandai subito, preoccupandomi. ≪ Eleazar mi ha chiamato: pensano di farci visita, tra poco. ≫ affermò. ≪ non hanno ancora preso una decisione concreta, allora ≫ dedussi,≪ beh, è solo il Clan Denali, non dovremmo preoccuparci, comunque. ≫ continuai.
Edward si congedò, andando in camera sua per l’ennesima volta. Non riusciva a stare con tutti noi al completo, diceva di sentirsi a disagio. Non capivo il motivo, comunque.
Poi, mi alzai dal divano, annunciando di dover uscire. Avevo bisogno di svagarmi ancora un po’, magari facendo shopping. Chiesi a Emmett di accompagnarmi; era l’unico che potesse farlo, dato che mio marito doveva tenere sotto controllo Edward, e con Rose non parlavo. Lui annuì e prendemmo la sua jeep per andare in paese. Parcheggiammo, e cominciammo a girare sotto i portici del centro. Decisi di entrare in una boutique davvero carina, obbligando Emmett a seguirmi all’interno. Mentre mi destreggiavo tra i capi d’abbigliamento, sentii una vocina squillante emettere un verso contrariato. Mi sporsi per vedere chi fosse, e subito mi ricordai si Nessie. Era proprio lei, la piccolina dell’altra volta. Si lamentò con quella che poteva essere sua madre, nonostante la giovane età. ≪ Nessie, andiamo, provala. E’ così carina! ≫ insistette la ragazza, mostrandole la gonnellina a balze rossa. Ma lei era irremovibile. Decisi di uscire allo scoperto, sperando che la bimba mi reggesse il gioco. Emmett mi seguì silenzioso, ridacchiando. ≪ ehi, ma guarda che bella bambina! ≫ esclamai, chinandomi all’altezza di Nessie, per poi farle l’occhiolino. Lei sorpresa, mi sorrise, abbagliandomi.
≪ complimenti, è davvero splendida >> dissi poi alla madre, rialzatami. Lei ridacchiò, arrossendo. ≪ oh, non sono miei ≫ in quel momento, sbucò anche Ej, che saltò in braccio a Emmett. ≪ ciao! ≫ disse il piccolo, mentre Nessie si schiaffeggiava la manina sulla fronte, esasperata dal fratello. Faceva tenerezza vedere uno scricciolo così, alle prese con i gesti di un adulto. ≪ Ej, fai il bravo – lo sgridò- scusate, è un birbante questo bambino. ≫ commentò, con un’espressione torva verso di lui.
≪ io sono un’amica della mamma, faccio loro da baby-sitter. ≫ spiegò, poi.
≪ be’, io sono Alice, piacere, e lui è Emmett, mio fratello ≫ presentai. La ragazza sorrise, presentandosi a sua volta come Debbie. ≪ e loro sono Ej e Nessie. ≫
≪ Bene, ora, chi vuole un gelato? ≫ domandò. I bambini fecero degli urletti entusiasti, che fecero ridere noi tre adulti. Ci aggregammo a loro, e, chiacchierando, trovai simpatica quella ragazza che portava a zonzo quei due folletti. Dopo il nostro acquisto, ci spostammo al parchetto del nostro precedente incontro con i bambini. Finita la merenda, Nessie ed Ej cominciarono a giocare con Emmett. A mio parere, era più infantile l’orso che i due bambini. Quei tre si trovavano bene insieme, Em si dava alla pazza gioia con quei due.
≪ come mai la madre non è qui? ≫ domandai, pentendomi subito dopo, ≪ scusa, non volevo essere indiscreta. ≫ Lei sorrise gentilmente, scuotendo la testa. ≪ figurati. ≫ guardò Emmett, Nessie e Ej rincorrersi, con un’espressione malinconica, poi tornò a guardarmi. ≪ vedi, la mamma di ej e Nessie ha la nostra età. E’ una ragazza madre, il suo fidanzato l’ha lasciata qualche anno fa, senza sapere dell’esistenza dei bambini. ≫ sospirò, riabbassando lo sguardo. ≪ ci siamo trasferiti qui da poco, è una fortuna che quei bimbi siano così speciali da imparare la lingua così velocemente... mi chiedo a volte come facciano. ≫ scosse la testa, come a scacciare i pensieri, ≪ beh, comunque le abbiamo detto di rintracciare il padre, ma lei non ne vuole sapere. Dice che, siccome lui l’ha lasciata perché non l’amava più, non vuole obbligarlo a prendersi l’impegno. ≫ lo disse come se fosse un insulto o un’imprecazione. Non sembrava essere d’accordo con l’amica, ed io ero del suo stesso parere. ≪ è diritto del padre ≫
≪ lo dico anche io, ma lei è irremovibile. Questi bimbi stanno crescendo senza un papà, e ne sentono la mancanza. ≫ disse con una malcelata tristezza.
≪ zia Debbie, zia Alice‼ zio Emmett ci vuole mangiare! ≫ Ej e Nessie cercarono di raggiungerci. Lanciai un’occhiataccia a Emmett, che scoppiò in una fragorosa risata. Afferrò la bambina, alzandola e facendola urlare tra le risate, mentre l’altro correva sulla panchina con noi. In quel momento, il cellulare di Debbie prese a squillare. Si alzò, chiedendo scusa, e si allontanò di poco. Cercai di non prestare attenzione al discorso che intrattenne con la persona dall’altro capo. Ma mi fu impossibile, come probabilmente fu per mio fratello, quando sentimmo quella voce femminile, squillante, che aveva un non so che di familiare. I due bambini si aprirono in un sorriso estatico, correndo verso la zia acquisita- come per altro, lo eravamo diventati io e Emmett. ≪ zia Deb, possiamo salutare la mamma? ≫ domandò Nessie, allungandosi per prendere il cellulare. La ragazza, ridacchiando, le passò il telefono. EJ si avvicinò alla sorellina. ≪ ciao mamma! ≫esclamarono all’unisono. Si sentì una risata cristallina, musicale, dall’altro lato. Una risata che, ancora una volta, mi parve di aver già sentito. Emmett, lo sapevo, era d’accordo con me. I tre parlottarono a bassa voce per un po’, ridacchiando talvolta. ‘piccoli, tra poco arrivo. Un bacio’
Nessie restituì il telefonino a Debbie, che lo ripose nella borsa. ≪ quando arriva vi presentiamo ≫ annunciò EJ, fiero, ≪ è partita ora ≫ disse, allegro.
≪ stasera viene zio Jake? ≫ domandò invece la bambina.
≪ non saprei, spero solo non venga Seth ≫ borbottò la Debbie, seccata. I due bambini risero, poi Nessie si avvicinò con fare cospiratorio. ≪ tanto lo sappiamo che vi siete innamorati... ≫ disse, con aria saccente, ≪ siete come la mia mamma e il mio papà: vi volete tanto bene, ma non lo ammettete. ≫
≪ Nessie... ≫ EJ non sembrava d’accordo, ≪ papà è andato via, zio Seth no. ≫ nella voce del bambino, c’era una traccia di malinconia e, anche se era fievole, una traccia di rancore. Nessie, a quanto pareva, era incondizionatamente innamorata del padre, nonostante non lo conoscesse. Probabilmente, si era fatta un’immagine di lui secondo i racconti della madre, i quali erano sicuramente positivi.
In quel momento, una visione mi colpì, anche se molto confusa. Edward stava avendo di nuovo quell’attacco. Alice lanciò un’occhiata eloquente ad Emmett, e lui intuì subito il significato di quello sguardo.
≪ santo Cielo, è tardi, dobbiamo proprio scappare.. ≫ fece, guardando l’orologio al suo polso.
≪ no, perché andate via? Deve venire la nostra mamma ≫ si lamentò Nessie, triste. L’abbracciai, baciandole la fronte e accarezzandole le guanciotte: ≪ domani ci possiamo rivedere: alle quattro qui? ≫ domandai. I due bimbi esultarono, ridacchiando. Poi, salutammo ancora, e ci congedammo.
Io e Emmett corremmo all’auto, e mio fratello partì alla massima velocità in direzione di casa nostra.
≪ questi attacchi sono sempre più spesso; comincio ad avere paura ≫ mormorò lui, stringendo forte il volante e guardando dritto avanti a sé.
≪ lo so, Em. ≫ sospirai, ≪ E se nemmeno Carlisle riesce a trovare un rimedio, io.. ≫ esalai, disperata, con la testa tra le mani. Era orribile non avere visioni, per me, ma se riguardavano ciò che succedeva a Edward, mandandomi in anteprima immagini raccapriccianti, preferivo non averne. E lo dicevo per amore, per l’affetto che sentivo nei confronti di Edward.
Emmett svoltò di colpo nella strada sterrata della nostra casa, inchiodando a pochi millimetri dalla saracinesca del garage. Volammo all’interno, spalancando al porta e correndo al piano superiore. Dalla stanza di mio fratello, provenivano urla atroci, impregnate di un dolore immenso.
Edward era ancora a terra, scosso da violenti tremiti. Il mio cuore morto si strinse in una morsa ferrea. Capivo ciò che sentiva, e non potevo che dispiacermi per lui, e disperarmi. Ci inginocchiammo a nostra volta, mentre nostro padre cercava un modo non violento di fargli riprendere i sensi.
≪ Edward, figliolo, apri gli occhi. ≫ esclamò, cercando di trattenere fermo il corpo sussultante del vampiro sofferente. Emmett aiuto Jasper e Carlisle a tenerlo fermo. Vedevo sul viso di mio marito, l’espressione identica, sfigurata, a quella di Edward. Serrava la mascella, mentre – con la mano sul petto- cercava di infondere sollievo al fratello. Non sapevo più a cosa pensare, né cosa fare. Odiavo sentirmi così. Pensai al bel pomeriggio, passato con quei due bambini capaci di infondermi una calma e una serenità particolare. Avevano un speciale effetto benefico su di me e Emmett; per la seconda volta, oggi, ci avevano fatto ridere come matti. Perché non potevamo sempre essere così felici?
Pian piano, le urla si affievolirono, e dal petto di Edward nacque un ringhio potente. Riaprì gli occhi, ormai neri. Ci osservavano confusi, vuoti. Si tirò su a sedere, passandosi una mano tra i capelli.
≪ Edward, tutto bene? ≫ domandò nostro padre, appoggiandogli una mano sulla spalla. Lui annuì, piano, ma non convinse nessuno. Diceva così, quasi sicuramente, perché non ricordava nulla. E forse era un bene.
≪ io...devo cacciare ≫ affermò, rialzandosi. Carlisle mandò Emmett con lui, per tenerlo sotto controllo. Non si fidava più a lasciarlo fuori da solo, e non lo biasimavo.
Era meglio così.
oOoOoOoOo
Pov Edward
Cominciai a correre a perdifiato, ignorando i pensieri di Emmett, che m’intimavano di aspettarlo.
Non volevo ascoltare ragioni, avevo bisogno di sfogarmi, di correre all’infinito, sperando inutilmente di stancarmi, prima o poi.
Di tutto quello che era successo prima, ricordavo solo le immagini di due bambini assolutamente bellissimi, dal sorriso felice. Probabilmente, era stato quel pensiero di Alice a farmi rinsavire. Mi domandavo il motivo.
Intanto, cominciavo ad intuire cosa vedessi,mentre quelle fitte mi uccidevano. Erano immagini che, normalmente, occupavano la mia mente. Eppure, in quegli attacchi, il dolore era lancinante. Ma, nonostante tutto, mi sentivo...bene. Perché era come avere un legame con Bella, con il mio amore. Il dolore era il testimone che questa storia d’amore non fosse una cosa da nulla.
Abbattei varie bestie, Emmett pure, sempre dietro di me. Mi fermai in uno spiazzo, accontentando le sue richieste.
≪ alleluia, finalmente ≫commentò, andandosi a sedere sul tronco di un albero abbattuto. Lo raggiunsi, e lui mi guardò con uno sguardo strano. So che non può essere possibile, ma tentar non nuoce... I suoi pensieri erano confusi, ogni due secondi cambiava parere da solo, dandosi dello sciocco. Non riuscivo a dare un filo logico alle sue elucubrazioni, come se facesse apposta per non farmi capire. Finalmente, si decise a parlare. ≪ Edward, di che colore avevi gli occhi da umano? ≫ quella domanda mi lasciò perplesso. Tutte quelle macchinazioni solo per questo?
≪ Carlisle mi ha detto che erano verdi ≫ il suo sguardo rimase perso nel vuoto, mentre una lampadina si accendeva nella sua testa. ≪ ah ≫ fece la sua intelligente ed articolata risposta. Poi spostò l’attenzione al suo braccio, dove l’orologio ormai segnavano le 8 di sera.
≪ torniamo? ≫ propose, rialzandosi in un movimento fulmineo. Lo imitai, e ricominciammo a correre verso la nuova Villa Cullen. I pensieri confusi e allarmati della mia famiglia fecero crescere in me l’ansia. Io e Emmett ci precipitammo dentro, udendo i mormorii indistinti dei nostri parenti, e volammo nella cucina. Carlisle, Esme, Rosalie, Alice e Jasper erano intorno al grande tavolo mai utilizzato per il suo scopo. Era in corso un acceso dibattito tra le due sorelle. La bionda scattò in piedi, sbattendo un pugno sul tavolo, rischiando di demolirlo. ≪ Alice, non c’è altra scelta ≫ ringhiò Rose tra i denti. La folletta schizzò in piedi a sua volta, appoggiando i palmi sulla superficie liscia della tavola. ≪ certo che c’è, Rosalie: deve esserci! ≫ sbraitò la vampira mora, ≪ non lascerò mio fratello nelle mani dei Volturi‼ ≫ continuò. In quel momento, la situazione era abbastanza critica; da quel che avevo capito dagli allarmati pensieri di Esme e di Carlisle, Alice aveva avuto una visione in cui i Volturi mi avrebbero preso nella guardia, mentre studiavano un rimedio ai miei attacchi. La folletta non voleva lasciarmi nelle grinfie dei vampiri benefici italiani, i miei occhi rossi e cattivi l’avevano destabilizzata parecchio. E poi, aveva il sistema per farmi stare meglio, ne era convinta. ≪ non lo useranno come cavia da laboratorio, Rosalie Lilian Hale! ≫ sputò.
≪ ma se riuscissero a farlo stare meglio? ≫ protestò la bionda, furente ed esasperata.
≪ non starà mai meglio, con loro! ≫ ringhiò Alice, che non concepiva come la sorella fosse così cinica, e incredibilmente idiota, ≪ lui sta male per Bella, come puoi non accorgertene?!Cederlo alle mani di tre sadici, non migliorerebbe mai la cosa! ≫ Rosalie portò lo sguardo su di me, restio, per analizzare la mia espressione. Inintelligibile. Sospirò rassegnata, abbassando il capo. ≪ non voglio che tu soffra ancora, Edward. Conosci i miei pensieri ≫ detto ciò, corse fulminea nella sua stanza. Emmett alternò un’occhiata da me alle scale, poi scelse di correre dalla moglie. Alice lasciò uno sbuffo, contrita, e io mi avvicinai a lei per abbracciarla.
≪ mi dispiace Edward ≫ mormorò appena, lasciandosi stringere in una morsa consolatrice e fraterna.
oOoOoOoOo
≪ forza, forza! ≫ Esclamò la, di nuovo, esuberante Alice. Emmett scese immediatamente, fiondandosi con Alice all’ingresso. ≪ Edward ti andrebbe di venire con noi? Ci farebbe piacere presentarti qualcuno ≫ propose poi, facendo un faccino implorante a cui non seppi dir di no.
≪ e va bene ≫ acconsentii, esasperato, ma sorridente. Mia sorella esultò, facendo scoppiare me e Emmett - soprattutto Emmett- in una risata fragorosa. Alice avvertì tutti della nostra uscita pomeridiana con un urlo spacca timpani, di cui poteva fare benissimo a meno, in quanto l’avrebbero sentita anche se avesse sussurrato. Non commentai, alzando gli occhi al cielo, con un sorrisino. Quel giorno ero di buonumore, per un motivo a me sconosciuto, e mi veniva naturale sorridere per ogni cosa. Probabilmente stavo impazzendo. La piccola, ma potente, mano di Alice strinse il mio polso in una morsa ferrea, trascinandomi fino al garage. Stavo dirigendomi alla sua Porsche, certo che avremmo utilizzato quella, ma lei mi fermò. Guardò dall’altro lato del box, verso un telo grigio ricoprente l’ennesimo autoveicolo della mia famiglia. Il panico s’impossessò di me: non potevo. Non ce l’avrei fatta, era un colpo troppo duro per il mio cuore morto. Emmett lanciò uno sguardo di rimprovero ad Alice, ma la folletta l’ignorò.
devi farlo, Edward ≫ pensò, accorata. Guardai i suoi occhi dorati, sicuri, incoraggianti, poi ritornai con lo sguardo alla coperta. ≪ Alice, ne sei... ≫
≪ al cento per cento. ≫ Alice guardò intensamente Emmett, e lui parve capire ciò che voleva trasmettergli, ma non ci pensò, e se lo fece, non ci prestai attenzione. Stavo ancora fissando il telone, sotto cui era rimasta nascosta e protetta una parte della mia vita. Presi coraggio, e mi avvicinai, esaudendo la richiesta di mia sorella. Ero quasi certo che poi non mi sarei sentito meglio, anzi, molto probabilmente mi si sarebbe ritorto contro questo gesto. Ma lo feci. Allungai il braccio, fino ad afferrare con le dita la stoffa, per poi strapparla via. Così, i miei occhi accarezzarono la vernice grigia-metallizzata della mia Volvo, e ogni sua rifinitura. Con un respiro profondo, aprii la portiera del guidatore e salii, richiudendomi lo sportello subito dopo. Respirai a fondo, e mi venne da piangere quando un familiare e piacevole bruciore m’infiammo la gola. Il suo profumo, quella fragranza così attraente per me, era ancora intenso e invogliante come quando lei era accanto a me. Come quando mi sgridava per il mio modo spericolato di guidare, come quando le rispondevo che non doveva avere paura con me. Come quando intrecciavamo le dita sul cambio, come quando diceva di amarmi. Se il mio cuore fosse stato vivo, sicuramente avrebbe battuto furiosamente; se fossi stato umano, ero certo che avrei pianto. Avrei voluto piangere, disperatamente, per sfogare quel sentimento di rabbia, di tristezza e di nostalgia, di dolore che occupavano il mio petto.
Sentii qualcosa sfiorarmi la mano, e quando alzai lo sguardo, trovai Alice al mio fianco, che mi rivolgeva un’espressione mortificata. ≪ mi dispiace, io.. ≫
no, no Alice. Hai fatto bene, ti ringrazio dissi, sincero, con la voce tremante. Presi un’altra boccata d’aria, satura di quella fragranza afrodisiaca. Emmett, sali, muoviti! ordinai, mettendo in moto. Le fusa del motore mi fecero tornare indietro, a quando, ogni mattina, passavo a prendere Bella per portarla a scuola. Sorrisi, e appena la serranda del garage fu sufficientemente alzata, partii alla massima velocità. Alice mi fece da cicerone del paese, in quanto non l’avevo mai girato. Mi fece accostare davanti ad un parco giochi, e dai pensieri gioiosi dei bambini, doveva essere gremito di gente. Alice sorrise ad Emmett, che ricambiò, entusiasta. sono le quattro e un quarto, siamo in ritardo commentò. Scesi con loro, e li seguii dentro a quell’ingorgo di bambini. Mi chiesi perché fossimo andati proprio qui. Come se mi avessero sentito, due bambini sbucarono davanti a noi, con un’espressione eloquente.
Erano una femmina e un maschietto, e mi parve di averli già visti.
siete in ritardo di ben quindici minuti! li sgridò la bambina, che teneva le mani sui fianchi, come se fosse una mamma che rimproverava i figli. Alice e Emmett ridacchiarono.
scusate brontoloni, è solo che volevamo presentarvi qualcuno e ci abbiamo messo un po’ per convincerlo. detto ciò, i due bambini si voltarono subito verso di me. Nessie, EJ, lui è Edward, nostro fratello. I bambini si lanciarono un’occhiata complice, ma traspariva la sorpresa nei loro sguardi teneri.
Nessie, oddio...
Ej, sii uomo. E non essere precipitoso i loro pensieri erano tutt’altro che normali, per dei bambini della loro età. Non dovevano aver più di tre anni, eppure avevano una mente molto...matura. Un sorrisino apparve sul volto del maschio, e i miei fratelli sussultarono appena. Ma non vi prestai attenzione, perché essa era già concentrata su quella bambina stupenda che si era avvicinata a me. I suoi occhi- e mi chiesi come potesse essere vero- erano identici a quelli di... Lei.
≪ ciao, io sono Nessie! ≫ esclamò con una vocina squillante, ma assolutamente sublime.
≪ ciao piccolina ≫ le sorrisi, e il suo sopracciglio si mosse appena, e cercò di non pensare a niente. Se lo ripeteva come un mantra, come se sapesse che leggevo nel pensiero.
≪ io sono Ej. ≫ si presentò l’altro, gonfiando il petto ≪ sono il gemello della Pulce ≫
≪ sì e tu sei il pidocchio ≫ continuò Alice, facendo ridere Nessie e Emmett. Io sorrisi appena, divertito, e mi chinai all’altezza dei due bambini. Accarezzai i ricci di Ej, in un gesto dettato da un qualcosa che mi aveva riempito il cuore dal momento in cui avevo posato gli occhi su di loro. Lui mi sorrise ancora, in un modo che mi pareva troppo familiare.
≪ siete i bambini più belli che io abbia mai visto. ≫ commentai, ≪ e anche più intelligenti ≫
≪ certo! ≫ ribatté lei, ≪ abbiamo preso tutto dalla mamma! ≫ Ej alzò un sopracciglio, scettico.
≪ tu da lei hai preso solo gli occhi, Pulce ≫ disse prontamente. L’ennesima occhiata fugace tra i miei fratelli. La mente di Alice era invasa da capi d’abbigliamento di tutti i generi, Emmett invece pensava a Rosalie in atteggiamenti.. Allontanai l’attenzione dalla mente di Emmett subito, concentrandomi sui pensieri dei piccoli.
oddio, che schifo! pensarono all’unisono i due gemelli. Nella mente del bambino, c’era l’immagine che precedentemente avevo visto nel testone di mio fratello. Come..?!
≪ Emmett, non pensare a certe cose! ≫ esclamai senza pensarci.
Nessie...
no!

≪ Alice, Emmett, che..? ≫
Oh mio Dio, che figo...
≪ Debbie, ciao! Siamo passati, visto? Comunque, lui è Edward. ≫ La ragazza- Debbie- mi sorrise appena, arrossendo. Le strinsi la mano, e lei rabbrividì al contatto con la mia gelida pelle. Constatò che, stranamente, ero freddo come la sua migliore amica. E ciò subito mi indusse a credere che fosse un’immortale anche lei, ma era assurdo. Secondo i pensieri della ragazza, erano anche coinquiline, e stare così vicino ad un umano non era semplice. E io lo sapevo bene.
≪ piacere ≫ mormorai appena, ritraendo la mano e mettendola in tasca.
≪ ci siamo conosciuti ieri grazie a Nessie e a Ej. ≫ spiegò Emmett, stringendosi nelle spalle, ≪ queste due pesti sono incredibili ≫ disse, accorato, guardandoli con devozione. Imitai mio fratello, e osservai ogni tratto, ogni particolare di quei due visi.
Nessie era qualcosa di unico, con quei due occhioni cioccolato- quasi migliori degli originali- e quei riccioli ramati. EJ, con quel sorriso particolare, quegli occhi verdi e quei riccioli spettinati, era davvero fantastico.
Quei due avevano qualcosa che m’impediva di distogliere l’attenzione da loro. Erano così simili a lei... che mi sembrava di vederla, di riscoprirla in loro. E sapevo che era impossibile, ma anche il mio cuore ormai aveva abbracciato quei bambini bellissimi, come se fossero stati una parte importante di me.
≪ zio Emmett ≫ mormorò il bambino, con fare cospiratore, prendendolo per un braccio e trascinandolo in disparte, ≪ domani non voglio andare a scuola, ma se la mamma lo scoprisse si arrabbierebbe ≫ disse con ovvietà, piano, evitando che Debbie lo sentisse. Nessie, invece, stava ascoltando tutto, e non sembrava troppo d’accordo con il fratello. Secondo lei, era da immaturi, e sarebbero finiti sicuramente nei guai a causa sua. ≪ quindi, ti volevo chiedere se ci potessi venire a prendere prima, così io e Pulce potremmo stare con te, zia Alice e Edward, e poi potreste riportarci a scuola prima che la mia mamma o zia Debbie se ne accorgano. ≫ spiegò bene la sua idea, e sia io che Emmett lo trovammo molto più furbo di quanto desse a vedere. Nessie si avvicinò al fratello a passo di marcia, con un’espressione non troppo affabile sul viso, ≪ se finiamo nei guai, Ej, giuro che ti stacco la testa a morsi! ≫ minacciò con un tono che di gentile non aveva niente. Davvero, faceva paura anche a me. Nella sua espressione c’era un qualcosa da predatore, o meglio dire, quasi vampiresco. Ma non era possibile, i loro cuori battevano veloci, il sangue affiorava spesso e volentieri sulle loro guance. Un’altra caratteristica che, tanto per cambiare, mi ricordava ancor più Lei.
Emmett rivolse ai bambini il sorriso più estatico che avesse mai fatto, e annuì: ≪ io sono disposto a tutto per voi due. Nessie, nessuno si accorgerà di nulla, parola di orso! ≫ affermò, facendola sorridere teneramente. Alle parole di Em, anche Nessie acconsentì, e si fece promettere da Emmett- facendogli incrociare il mignolo col suo-, che sarebbe passato per sequestrarli. Anche solo per qualche ora. E io sarei stato volentieri con quei due fantastici bambini. ≪ ehi, voi tre, che state complottando? ≫ Debbie li raggiunse, con un’espressione curiosa. I tre fecero dei gesti di sufficienza, dicendo che erano cose loro, ma nulla di così scandaloso comunque.

Mentre Alice, Emmett e Debbie giocavano allegramente con i gemelli, io mi sedetti su una panchina, osservandoli. Incredibile come quei due bimbi riuscissero a mettermi di buonumore, a...farmi scordare il dolore per qualche tempo. Erano come la mia medicina.
Nessie mi lanciò più volte delle occhiate furtive, e alla fine decise di avvicinarsi, lasciando gli altri tre a giocare per conto loro. Si sedette accanto a me sulla panchina, continuando ad osservarmi in apprensione. ≪ perché sei triste? ≫ domandò, con l’innocenza che solo un bambino poteva avere. Sorrisi appena, amaramente. ≪ non sono triste, se tu sei vicino a me. ≫ risposi sinceramente, dandole un buffetto leggerissimo sotto il mento. Ma non la convinsi; continuò a guardarsi le mani per un po’ di tempo, poi riprese a parlare. ≪ non si dicono le bugie, così mi dai un brutto esempio ≫
≪ ma se sai già che non si fa, non lo farai ≫
Lei si corrucciò, ≪ e allora non dovresti farlo nemmeno tu ≫
In quel momento, in cui avrei tanto desiderato leggere i pensieri di quella bimba, non ci riuscii. Cercavo accanto a me la sua voce mentale, ma sentivo solo silenzio. Mi era familiare questo mutismo, e, come nell’occasione precedente, m’irritai parecchio. Quando ero terribilmente curioso, quando avevo il desiderio di usare il mio potere, non ci riuscivo. Era snervante. Anche se prima, ero riuscito a leggerle nella mente. Strano, era come se potesse oscurarmi i suoi pensieri a piacimento. Molto, molto snervante.
≪ sai ≫ cominciai, sorridendo appena a Nessie. I suoi occhioni mi osservavano, curiosi e vivaci, ≪ quando si cresce, ci si innamora...ci si fidanza, anche se a volte succede di lasciarsi... ≫ spiegai.
≪ e la tua fidanzata ti ha lasciato? Per questo sei triste? ≫ scossi la testa. Sul mio viso, un’espressione amara. ≪ no, l’ho lasciata io... ma ne sono ancora innamorato. ≫ confessai.
≪ e allora, perché l’hai fatto? ≫ mormorò.
≪ vedi, certe volte, per amore, si fanno tanti sacrifici. Io non ero la persona adatta a lei; era così buona e bella, che io non mi sentivo alla sua altezza... pensavo si dovesse trovare qualcuno di meglio, che il sottoscritto ≫ sospirai, abbassando il capo.
≪ ma così avete sofferto tutti e due, e magari... ≫ s’interruppe, mordendosi il piccolo labbro inferiore, arrossendo. Leggevo del pentimento, sul suo viso, nei suoi occhi cioccolato.
≪ magari? ≫ insistetti.
≪ niente, niente. ≫scosse la testa vigorosamente, facendo rimbalzare i morbidi boccoli rossi. Poi si rialzò, e corse di nuovo a giocare, ma prima mi fece una boccaccia. Misi da parte la curiosità, e mi alzai, con l’intenzione di fargliela pagare per la sua impertinenza. Con un sorriso furbo dipinto in viso, avanzai verso di lei. Nessie, vedendo la mia espressione, cominciò a correre, ovviamente inseguita da me. L’afferrai, facendola ridere e urlacchiare, la portai in alto, e poi al mio petto. ≪ sei una piccola sbruffona ≫ l’accusai, facendole il solletico. Cominciò a contorcersi sotto il mio tocco torturatore, ridendo come una matta. All’ennesima implorazione, la lasciai respirare. Avvolse in una morsa ferrea il mio collo con le sue esili braccia,appoggiando il mento sulla mia spalla. ≪ tanto non te lo dico lo stesso! ≫ fece, con una punta di sfida nella voce scampanellante. Non risposi, stringendola a me, senza però farle del male.
ti voglio bene Pensò, e la immaginai sorridere. Quelle tre piccole parole ebbero un potere immenso sul mio cuore, gonfiandolo di gioia. ≪ anche io ≫ mormorai pianissimo, convinto che le sue orecchie non potessero sentirmi.
oOoOoOoOo

≪ noi andiamo! ≫ annunciai, impaziente di rivedere quei due piccoli angeli. Alice e Emmett furono subito al mio fianco, pimpanti ed eccitati come al solito.
≪ ancora? Ma dove andate? ≫ interrogò Esme, comparendo nell’atrio, prima che potessi abbassare la maniglia della porta, ≪ passate più tempo fuori che dentro casa! ≫
potremmo portarli qui, che ne dici? propose mia sorella, e i pensieri di Emmett erano specchio dei suoi. ≪ in una casa di vampiri, da soli? ≫ domandai, un po’ preoccupato. Loro alzarono gli occhi al cielo, sai bene che non permetteremmo mai, che succedesse loro qualcosa! sbottò la folletta col pensiero, e a malincuore le detti ragione.
≪ lo scoprirai presto, mamma! ≫ fece vago Emmett, ≪ lo scoprirai! ≫ Questo la incuriosì e la confuse ancor più. Io, ormai impaziente, sull’orlo di una crisi isterica, con un ‘ciao’ secco, volai alla mia auto. Emmett ed Alice mi seguirono, ridacchianti. Misi subito in moto, sfrecciando alla scuola materna del nostro paesello. I due piccoli erano frementi. Scoprii dai loro, ancora leggibili, pensieri, che un certo zio Jake li aveva appena portati. Appena ci videro, si aprirono in due fantastici sorrisi mozzafiato. Di soppiatto, riuscimmo a farli allontanare. Le maestre non si accorsero né della loro presenza, né della loro assenza. Erano stati proprio bravi, e così nessuno si sarebbe insospettito.
Quando Nessie corse ad abbracciarmi, notai un odore nuovo su di lei. L’avevo già sentito, era afrodisiaco, dolce. Era diverso dalla particolare fragranza dei due bimbi. Era l’odore di un vampiro, anzi: della vampira che avevo incontrato appena arrivato qui. Era inconfondibilmente quello. E ciò mi fece supporre che qualcosa, sulla nostra natura, dovevano saperla. Oppure no?
≪ forza, ciurma, oggi ci divertiremo un mondo! ≫ esclamò con enfasi Emmett, ≪ ma prima, vi andrebbe di conoscere il resto della nostra allegra famigliola? ≫ i bambini sorrisero, annuendo con voga. ≪ se sono tutti simpatici come voi, sì! ≫ commentò Ej, facendomi ridere allegramente. Arrivammo in un batter d’occhio a casa. ≪ è bellissima ≫ esclamò Nessie, guardando tutto l’edificio con occhi sgranati.
≪ ha anche la piscina? ≫ chiese Ej, facendoci ridacchiare.
≪ certo che sì ≫
≪ fico! ≫
In quel momento, la porta d’ingresso s’aprì. Un’Esme totalmente sconvolta ci accolse, per poi farsi da parte. Entrammo, mentre Ej e Nessie stranamente si erano ammutoliti. Timidi? Ma quando mai!
≪ Ragazzi, ma.. ≫ balbettò nostra madre, osservando con palese stupore i due bambini tra le nostre braccia- Ej era in groppa a Emmett. ≪ mamma- interruppi- loro sono Nessie ed Ej. ≫ I due bambini la osservarono, sorridenti e incuriositi. Era palese che anche Esme fosse stata folgorata da loro, e non solo per la particolare bellezza.
≪ ciao ≫ fece, ripresasi. Si avvicinò a me e a Emmett, e accarezzò una guancia ad entrambi. ≪ io sono Esme. Sapete, siete davvero bellissimi ≫ commentò, facendoli arrossire un poco.
≪ anche tu sei molto bella, signora Esme ≫ disse Ej, tirando fuori il suo lato cavalleresco. Emmett lo posò a terra, e lui si avvicinò a nostra madre, facendo cenno di abbassarsi. Soggiogata completamente, Esme si chinò, e lui le baciò una guancia. Era superfluo dire che mia madre era totalmente innamorata di quei due, ormai.
≪ la vostra casa è stupenda ≫ disse Nessie, sorridente.
≪ grazie piccola, l’ho progettata io ≫ spiegò lusingata.
≪ sei davvero bravissima! ≫ esclamò la piccola, facendo scoppiare in una risata mamma. In quel momento, ci raggiunsero Jasper e Rosalie. Uno stava sulle sue, in allerta, e mi veniva da ricordargli che fossero dei bambini e non la guardia dei Volturi al completo; la seconda, invece, era ora incantata a guardare i due piccoli miracoli che avevo al mio fianco.
≪ Nessie, Ej, loro sono Rosalie e Jasper. ≫ presentai.
La prima ad avvicinarsi fu Rose, che abbracciò entrambi i bambini spasmodicamente.
≪ ciao,piccoli angeli! ≫ esclamò, sorridendo. Nessie, prima a disagio, si aprì in un caloroso sorriso, in risposta a quello di mia sorella.
≪ sei davvero bellissima ≫ si complimentò, e Rose sorrise appena.
≪ voi lo siete di più ≫ rispose mestamente. Anche Jazz pian piano si calmò, sciogliendosi, e accogliendo i bimbi con un sorriso.
Ci accomodammo in salotto, e presi Ej sulle mie ginocchia, sentendo un bisogno strano di sentirlo vicino. Lui venne più che volentieri, e mi sorrise.
≪ ma voi abitate qui? ≫ domandò la bionda, ad un certo punto, ≪ non vi ho mai visti ≫
≪ siamo qui da poco ≫ spiegò Nessie, mentre si faceva pettinare dalle abili mani di mia sorella e mia madre, ≪ prima abitavamo vicino a Seattle ≫ Tutti la guardarono sorpresi.
≪ e... e come avete imparato così in fretta l’italiano? ≫ chiese, stupefatto, Jasper.
≪ zia Debbie è italiana, ci ha aiutati ≫ rispose Ej, saccente.
≪ zia Debbie? ≫ ripeté confusa Rose, che non sapeva ovviamente chi fosse.
≪ E’ la migliore amica della nostra mamma ≫ continuò il bambino, ma Nessie lo corresse.
≪ No, è un’amica della mamma. La sua migliore amica è andata via prima che noi nascessimo... Era la sorella del nostro papà ≫ Le loro espressioni erano amareggiate, tristi, malinconiche, e il mio cuore morto si strinse. La presa su Ej si fece più salda, come a trasmettergli che io ci sarei sempre stato per lui, per loro. Perché nonostante li avessi conosciuti il giorno prima, volevo loro un mondo di bene. Era come se ci fosse un filo invisibile a legare me a loro, un cavo indistruttibile nel tempo. ≪ quindi, il vostro papà... ≫ ricominciò Rose, lasciando la frase in sospeso, indecisa se continuare o no.
≪ non l’abbiamo mai conosciuto. Non sapeva nemmeno che la mamma ci aspettasse. ≫ venni preso da una sorta di morsa, che mi trasmetteva un forte disagio. Come se avessi sbagliato.
≪ in compenso, tante persone ci vogliono bene, come gli altri amici della mamma. ≫ continuò Nessie, alleggerendo l’atmosfera con il suo sorrisino. Ej fece una smorfia. Di nuovo, le loro menti mi erano precluse. ≪ e anche noi ≫ dissi, sorridendo a entrambi i bambini.
≪ io non riesco comunque a capire come abbiate fatto ad apprendere così facilmente una nuova lingua...e come, data la vostra tenera età, sappiate esprimervi così bene. ≫ Jasper non riusciva proprio a mettere da parte quell’anomalia. Erano speciali, punto. Non riusciva ad accettarlo?
Nessie ed Ej si lanciarono un’occhiata, e mi dettero l’impressione che potessero capirsi con un semplice sguardo. ≪ noi... siamo mezzi vampiri. ≫

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Capitolo 10
*** Capitolo 10- prova del nove ***


Bonjour a tutti^^
Eccomi qui con un nuovo capitolo- avverto, è molto piu corto del precedente.
Comunque. Scusate se ho tardato piu del dovuto, ma... ho un'altra ideuzza in testa, e forse tra poco posterò una nuova fic... Chissà. Devo ancora vedere. La bozza su word è quasi pronta, devo solo decidermi.
Passando alla storia. TATATATAAAAN! I due mezzivampirelli hanno confessato. Vedremo come se la caveranno. U.U
Ah. In questo chappy ci saranno vari punti di vista: Edward, Bella e EJ. (Mi deciderò a farne uno di Nessie, prima o poi.)
Uhm, una cosa importante:
RINGRAZIO CHI HA RECENSITO!! Ben 11!! Sono super felice!! Grazie a Onion,Giulia_Cullen,Aislinn_05, Ely_11 ( a cui chiedo scusissimamente scusa, non avercela con meeee!!), vanderbit , Austen95, twilighterina, yle94, amanecer ( la veggente che prevede tutte le mie mosse ;p),LadySile,Gattino Bianco. Grazie milleeeee!!
E ovviamente a chi ha preferito questa storia, chi la segue, la ricorda, o semplicemente chi la legge, sprecando un po' del suo tempo.
Be'... non mi resta che lasciarvi al capitolo. Anche se personalmente, a me, non piace molto. Non mi convince, non so.
Ora vi lascio, un bacio, e ovviamente...
buona lettura!

Capitolo 10- Prova del nove
« siamo mezzi vampiri. »
Il mio sguardo esterrefatto, probabilmente, era l’eco delle espressioni dei miei familiari. Ej, sulle mie ginocchia, era silenzioso da quando Nessie aveva parlato. La rossa, intanto,tra Rose e Alice, teneva lo sguardo basso sulle sue piccole mani.
« come? » domandò Jasper, forse quello più calmo e pacato tra tutti. Sentiva che Ej e Nessie non erano cattivi, ma solo timorosi di un nostro allontanamento. « i vampiri non possono procreare. »
« la nostra mamma era umana, quando ci ha avuti. »
« quindi, ora è una vampira? » Rose accarezzò i riccioli di Nessie, in un gesto di affetto. Per lei, quei bambini avrebbero potuto anche essere crudeli e spietati, e li avrebbe accettati lo stesso. Quindi, il fatto che fossero mezzi vampiri non la turbava minimamente. E sentivo di essere d’accordo con lei, per una volta. La piccola annuì, per poi sorridere teneramente, « il nostro papà è un vampiro. » e arrossì.
« spiegateci un po’ di cose sulla vostra specie... » Jasper voleva saperne di più.
Nessie cominciò a raccontare che avevano poco più di sette mesi, che crescevano velocemente, ma quando avrebbero compiuto diciassette anni, sarebbero rimasti immutati. Arrossivano, piangevano, il loro piccolo cuore batteva velocissimo. La loro pelle, come sentivo sfiorando Ej, era più fredda dell’epidermide umana, ma più calda di quella vampiresca. E potevano dormire.
Erano, appunto, metà umani e metà vampiri: potevano mangiare cibo, ma preferivano il sangue animale. Spiegarono che anche la loro mamma era vegetariana, come il loro padre. Ogni tanto, mentre la sorellina parlava, Ej si voltava verso di me, ad analizzare il mio viso. Io, intanto, ero completamente assorto nei discorsi maturi e precisi di Nessie. Erano molto precoci, e ciò era grazie alla loro mente ampia come la nostra. E sapevano tutti i rischi, e le punizioni che i Volturi avrebbero inferto loro, se avessero disobbedito alla legge. Quindi stavano ben attenti a non esporsi troppo, a non far trasparire la loro intelligenza superiore.
« E qual è il vostro cibo umano preferito? » interrogò Esme, con già la mezza idea di preparare una merenda ai due piccoli.
« la torta al cioccolato della nostra mamma! » esclamò la piccola Nessie, mentre Ej annuiva concitato. Esme ridacchiò: « e se ve la facessi io, va bene lo stesso? »
« certo! » esclamarono i due, con un sorriso estatico.
« allora vado a prepararla. » Esme sorrise, alzandosi. Nessie la imitò, annunciando che l’avrebbe aiutata.
Mi pareva quasi impossibile, ora che ora, pensare di non volerle bene. A lei come a Ej. Sentivo uno strano calore, nel petto, quando erano con me. Era un affetto speciale, come un colpo di fulmine. Erano legati a me con un filo invisibile, ma indistruttibile. E non mi capacitavo del perché.
Ej mi picchiettò sulla spalla, e io mi riscossi dai miei pensieri.
« cosa c’è? »
« tu hai un potere, in particolare? » domandò il bambino. Era l’unico argomento che non avevamo ancora affrontato, in effetti.
« sì, leggo nel pensiero. Anche se la tua mente e quella di tua sorella a volte non le colgo. » risposi. Lui parve sorpreso, e una piccola ‘o’ si disegnò sulle sue labbra. Un sorriso mi sorse inevitabilmente sul viso, a quella vista così tenera.
« anche io! » esclamò. Lo guardai, incredulo. Poi mi sorrise, e ricambiai a mia volta. Alzai la mano, e gli porsi il palmo.
« batti il cinque, compare! »e lui fece come detto. Scoppiammo a ridere.
« e Nessie? »
« Nessie proietta i suoi pensieri nelle menti altrui, con il tocco di una mano. » spiegò il bambino, con fare estasiato. Era palese l’affetto che legava quei due. Annuii, assorto. Ej, poi, mi raccontò di come fosse veloce. Emmett colse la palla al balzo: « perché non fate una gara? » propose. Io lo guardai male.
« è solo un bambino!»
« io ci sto! » fece lui, invece, con uno sguardo fiero. Era molto orgoglioso, a quanto pareva. « andiamo? Così poi ho più fame, e mangio più torta! »
--
Pov Bella.
Servii l’ennesimo cliente, con il sorriso stampato in faccia. Il mio stato d’animo, però, era l’opposto.
Irritata, no, era un eufemismo al fastidio che realmente provavo. Ero molto più che arrabbiata. Lanciai l’ennesima occhiata d’avvertimento a Jacob, ma lui niente: se ne stava sempre lì, seduto su una poltroncina messa appositamente per i clienti – e non per lupi iperprotettivi-, a controllare ogni mia mossa. Da quando avevamo litigato, non solo era diventato tremendamente pesante, continuando a implorare perdono, ma era anche ossessivamente attento a ogni mio respiro. Si preoccupava tanto e continuamente, da quando avevo avuto quella specie di crisi. Mi seguiva ovunque andassi, per paura che mi risuccedesse. Era come la mia ombra, e Seth era quella di Jacob. Erano insopportabili.
« Ma Jacob deve per forza starsene qui? » domandò Max al mio orecchio, lanciando un’occhiata di traverso al ragazzo Quileute.
« Lo so, è un gran rompi scatole. Ma non si fida a lasciarmi sola, da quando... Sono svenuta.»
« Svenuta?! » Debbie mi guardò sconcertata, « quando? Dove? » domandò, preoccupata.
« L’altro giorno, mentre Max era non so dove e tu dormivi. C’erano con me i due mori... E ora mi seguono ovunque. » feci, esasperata, sbattendo le mani sulle cosce con uno schiocco secco.
« Lo credo bene, tesoro! Se non stavi bene, avresti dovuto dircelo! Sei un’irresponsabile! » blaterò la mia amica, per poi cominciare a farmi una predica infinita. Fortunatamente, dovetti filare al bagno, per cambiare lenti a contatto, e così trassi un sospiro di sollievo. Era stato un errore renderli partecipi dell’avvenimento. Ora, sarebbero stati tutti ancora più apprensivi. Mi guardai allo specchio: la mia figura pallida e ammaliante, aveva l’espressione frustrata, infelice. Lontana dai miei due bambini, ero sempre così giù; era inevitabile che mi mancassero. Ma, sotto sotto, sapevo che il vuoto che sentivo era dovuto a qualcun altro. E quel qualcuno, era Edward.
Perché non era con me?
Perché mi aveva abbandonata, se fino al giorno prima, la nostra storia d’amore procedeva più che bene?
Perché mi aveva illusa, la notte del mio compleanno?
Ma, nonostante questo ampliasse il rammarico e il dolore, io ero felice che fosse successo. Così, erano nati Renesmee e Edward, e non potevo essere più felice di ciò. Essere madre mi aveva reso più donna, più matura, nonostante fossi ancora un’adolescente. E mi avevano dato la forza per andare avanti.
Ma immaginare come fosse stato, con Lui al mio fianco e i bambini... Il ritratto della famiglia felice io lo potevo solo sognare.
« Oh, eccoti. » fece Debbie, quando uscii, « Oggi vai tu dai piccoli a scuola o passo io? »
« Vado io, non preoccuparti Deb. Voglio stare un po’ con i miei cucciolotti. Qui c’è molta più concorrenza che nella vecchia città, non trovate? »
« Bella, se hai bisogno di una pausa, ricordati che non c’è problema. » fece Max, appoggiando una mano sulla mia spalla. « Non c’è problema » ribattei.
Con l’ingresso di altri clienti, il discorso s’interruppe. Poi, alle 5:30, orario di uscita dei miei piccoli, riposi la divisa nell’armadietto e scappai alla scuola materna del paese. Alcuni genitori erano lì da un po’, e io mi unii a loro. Ma l’odore dei miei bambini non lo sentivo. L’avrei riconosciuto tra mille, e non solo per la particolarità, e il loro profumo non c’era proprio. Ci potevo giurare.
Un fruscio, un movimento veloce, ed ecco i miei bambini trotterellare nella mia direzione con un sorriso estatico sui visetti.
« Mamma? » domandarono, una leggera sfumatura di panico nella voce.
« figli. » ribattei, con lo stesso tono. « E’ così che mi accogliete? »
Loro sorrisero, finalmente, e mi corsero tra le braccia, che avevo allargato appositamente per abbracciarli. Nessie mi baciò una guancia, poi scesero entrambi. Ej mi prese la mano, mentre mia figlia rimase appiccicata al mio fianco.
Se sapesse...
Se sapesse, saremmo morti.
Storsi il naso; c’era un odore particolare sui miei figli. L’avevo notato solo ora.
Odore di vampiro.
Perché i miei figli sentivano di freddo?
Era un odore fin troppo familiare, per i miei gusti. Sapeva di... Alice. Ma che sciocchezze andavo pensando. Non poteva essere lei, quindi era meglio mettersi il cuore in pace. Passeggiammo fino a casa, io cercavo di essere, o perlomeno apparire, tranquilla. Era inutile, tanto; Alice e i Cullen non sarebbero mai tornati. Anche se ora, il mondo di Edward, era anche il mio, di mondo.
Arrivati a casa, accesi l’acqua per il bagnetto dei miei piccoli, e mentre loro sguazzavano allegramente tra le bolle di sapone, io preparai i loro i vestiti.
Mi guardavo in torno continuamente, con circospezione. Sarò stata paranoica, ma mi sentivo come spiata. C’era una presenza che seguiva ogni mio movimento.
Era...la stessa sensazione che provavo quando Edward s’infiltrava in camera mia, di notte, nel periodo in cui non conoscevo ancora la sua natura. Osservata. Era un’ombra silenziosa, troppo silenziosa.
Non mi sentivo sicura a lasciar soli i miei piccoli, perciò volai in bagno. Ma Renesmee e Edward erano ancora lì. Mi guardarono, incuriositi, poi tornarono a giocare allegramente, schizzandosi a vicenda. Sorrisi, soffiando tra i denti un sospiro.
Ero davvero paranoica.
« Terremoti, è ora di uscire. » annunciai, afferrando un asciugamano. I miei cuccioli si lagnarono, ma alla mia occhiata ammonitrice, sbuffando, acconsentirono. Avvolsi i miei piccoli nei rispettivi asciugamani e li portai nella stanza da letto. Li feci vestire con i loro pigiami, tra solletico e risate. Edward cominciò a saltare sul letto, imitato immediatamente da Nessie.
« Ehi, c’è gente sotto! » li sgridai, ma il sorriso non me lo toglieva nessuno dalle labbra, in loro presenza. Loro mi fecero una pernacchia: « Sotto ci sono zio Seth e zio Jake. Se stanno dormendo, russano così forte che non ci sentono. » Alzai gli occhi al cielo, portano le mani sui fianchi. Dovevo avere l’aria severa, anche se non mi riusciva granché; li feci solo ridere di più. « Allora? » domandai.
« Vieni anche tu! » I miei figli allungarono le mani, e allora mi arresi. Salii sul letto e mi unii a loro a saltellare. Li afferrai per i fianchi e li buttai sul letto, facendo loro una linguaccia. Sghignazzarono – inutile dire che il modo era identico a quello del padre-, e per punirli li torturai con una buona dose di solletico. Nessie e Edward si contorcevano sotto le mie mani, ridendo come pazzi. La loro voce ilare era un qualcosa di splendido. Mi riempiva il cuore come non mai. Vederli sereni e al sicuro era la cosa che più mi premeva. Il loro sorriso valeva più di ogni altra cosa.
Un trillo, insieme alle nostre risate, vibrò nella stanza. Aguzzai subito l’orecchio.
Oh oh.
Mi voltai verso Ej, con un’aria inquisitoria. Lo sguardo di fuoco che gli lanciò Nessie valse molto più di qualsiasi altra spiegazione. Quei due mi nascondevano qualcosa.
Mi tirai su e mi misi a gambe incrociate, senza staccare loro gli occhi di dosso.
« Mi nascondete qualcosa, vero? »
« No. » cantilenarono, poco convincenti.
« Di solito » feci con aria saccente, « mentite meglio. Peccato, niente torta »
« Al cioccolato? » domandò Nessie, preoccupata. Annuii, con un’espressione severa.
Lei guardò implorante il fratello, che scosse la testa. Il cioccolato era il punto debole di Renesmee, ma, cavolo, non quello di Edward. Guardai ancora la bambina.
« Renesmee Carlie Swan. O me lo dici, o non mangerai più cioccolato per il resto dei tuoi giorni. » feci, severa. La bambina guardò me, poi Ej, e poi ancora me. Negò col capo, facendo rimbalzare quei boccoli ramati che adoravo tanto. Rossicci come quelli del padre, strambi, ma assolutamente fantastici.
Fitta al cuore.
Ignorai il male, mentre fissavo intensamente i miei bambini.
« Bene. » mormorai, con poco fiato, « stasera dormirete da Jacob. » affermai. Non ero arrabbiata per il segreto, prima o poi l’avrei scoperto comunque. Ma sapevo cosa stava per accadere; l’ennesimo colpo mi fece sussultare, come a darmi conferma. I miei bambini mi guardavano, la paura nei loro occhi. Avevano capito.
« Non ti lasciamo sola. Mamma..mamma! » Sentii i miei occhi rovesciarsi, mentre ancora la nebbiolina affollava i miei pensieri. Quando le immagini m’invasero la mente, le scosse elettriche stavano appena cominciando.
Pov Edward Junior.
La mamma si accasciò sul materasso, squarciando il silenzio con un urlo terribile, in grado di accapponarmi la pelle. Guardavi spaventato mia sorella; la sua espressione era specchio della mia. Panico totale.
Avevamo già visto la mamma in queste condizioni, più di una volta. Lei non si ricordava mai nulla, ma nella nostra testa- mia e di Nessie-, quella scena era impressa a fuoco.
« Ej » mia sorella cercava di mantenere la calma, con pochi risultati. La sua voce tremava, rischiava di scoppiare a piangere da un momento all’altro. « Chiama Jake e zio Seth. »
La frase non aveva ancora finito di vibrare nell’aria, che io ero già nel pianerottolo sotto al nostro. Non seguii le buone maniere, non c’era tempo. Spalancai la porta e corsi da Jacob velocemente. « Zio Jake, zio Seth, la mamma! » Gli bastarono queste parole per seguirmi di sopra, dove Nessie cercava invano di farle riaprire gli occhi. La chiamava, le sfiorava il viso delicatamente. Ma mia madre urlava, singhiozzava, si dimenava. Era come se volesse muoversi, ma era imprigionata. Bloccata da sé stessa. Era peggio dei due giorni d’agonia durante la sua trasformazione. Avevo un ricordo vago, ma sapevo bene che questa tortura era ben peggio del fuoco divampante mentre il suo corpo diventava immortale. Per di più, era straziante vederla così. La nostra mamma.
Nessie singhiozzava, mentre Jacob e Seth strattonavano la donna agonizzante che ci aveva dato la vita, che ci cresceva ogni giorno. Abbracciai mia sorella, era l’unica cosa che riuscivo a fare. Darle conforto di certo non faceva svegliare mia madre, ma aiutava me e mia sorella. A quel punto, avevo capito che l’unica cosa da fare era aspettare che le passasse. Né io né Jacob potevamo fare qualcosa.
Una speranza, però, l’avevo. Se non ricordavo male, il padre adottivo di zia Alice, Carlisle, era un medico. Un dottore vampiro, che adorava studiare la nostra specie- benché si odiasse-, e amava salvare le persone. Se gli avessi spiegato il caso di mamma, non solo avrei soddisfatto un bisogno di conoscenza sulla nostra natura, ma avrei anche risparmiato la donna più importante della mia vita da tali mostruosi dolori. Era un peccato che non potessi correre a casa di zio Emmett. Ma lì, non avrei cercato lui; bensì, Edward. Io volevo bene a quell’uomo, a quel vampiro. Non avevo la certezza che lui fosse mio padre, ovviamente, ma tutto coincideva. Dal nome, la dieta, all’aspetto fisico. Per non parlare di quell’affetto che legava me e Nessie a lui. Era quasi malsano, talmente era melenso. Avrei pagato oro pur di averlo vicino, in quel momento. Oro, pur di scoprire se davvero era mio padre.
E soprattutto, avrei dato tutto, in tal caso, per far tornare insieme lui e la mamma. Per farci essere una famiglia. Io, lui, Nessie e la mamma, felici.
L’ennesimo urlo di mia madre, straziante, fece piangere ancora più forte mia sorella. La strinsi maggiormente, trasmettendole il mio affetto. Stringevo i denti, avrei voluto urlare anche io per la frustrazione, avrei voluto anche io piangere, sfogarmi. Essere un bambino della mia età effettiva, in quella beata ingenuità e inconsapevolezza. Ignaro del dolore che la vita poteva far incombere su di te e su chi ti circondava.
...
« Bambini, la colazione è pronta. » mia madre, con la sua voce dolce e incalzante, mi svegliò. L’avvenimento della notte scorsa non sembrava aver avuto un effetto negativo. All’apparenza. Sapevo che mamma soffriva tanto per la mancanza di Edward, era questo il fulcro delle sue crisi. Lo sapevamo io, mia sorella, e pure Jake. Ma mia madre non ci poteva fare nulla. Jacob si ostinava a volerle far dimenticare mio padre. Peccato che mamma fosse ancora follemente innamorata di Lui. Era inutile; tanto era testarda mia madre, tanto era grande quel sentimento.
Mi alzai, e raggiunsi Nessie alla porta. Camminai mezzo addormento fino al cucinino, dove la luce era più intensa e accecante. Mi sfregai l’occhio, intanto che mi abituavo alla luce. Nonostante avessi doti vampiresche e tutto il resto, alla mattina ero meno presente di un fantasma. Dormivo praticamente in piedi. Nessie, al mio contrario, era già pimpante ed allegra. Ma era un’impresa farla alzare dal letto comunque. Dopo il ‘risveglio’ della mamma, ieri notte, mia sorella era crollata, e aveva dormito come un sasso fino a pochi minuti fa. Io invece, ero rimasto troppo in ansia per poter dormire bene come avrei voluto e dovuto.
Mia madre ci diede due baci sulle guance, mentre io e Nessie ci arrampicavamo sulle sedie. Mamma mise sul tavolo due fette enormi di torta al cioccolato, con delle tazze di latte caldo.
« Mi dispiace... » si scusò, abbassando il capo, « per ieri. »
Sapevamo che non era colpa sua, di certo non era così masochista da volerlo. Io e Nessie ci alzammo a l’abbracciammo forte, nel nostro famoso abbraccio di famiglia.
«Ti vogliamo tanto bene, mamma.» esclamammo io e mia sorella all’unisono, mentre mamma ci stringeva a sua volta, spasmodicamente. Eravamo tutto quello che di più caro avesse, ne eravamo consapevoli. E anche noi tenevamo immensamente a lei. La nostra mamma era tutto, per noi. Anche se... il posto per il papà c’era sempre, nel nostro cuore.
Io e la Pulce mangiammo con gusto il dolce al cioccolato.
« Il ricatto non ha retto... » commentò ad alta voce la mamma, « ma prima o poi il vostro segreto lo scoprirò: statene certi »
E se non l’avesse fatto da sola, alla fine, l’avremmo portata noi da zia Alice e zio Emmett. Anzi, l’avremmo gettata noi tra le braccia di Edward. Fino al giorno prima, non avevo analizzato bene la cosa. Ness aveva parlato con lui del perché fosse così triste. Il vampiro-fotocopia-di-mia-sorella ( motivo in più che ci spingeva a pensare che veramente fosse nostro padre), aveva raccontato della sua storia d’amore finita male per una sua decisione stupida. Aveva abbandonato la sua amata; ovvero, nostra madre. Solo che il rosso non poteva immaginare che la sua Bella fosse in dolce attesa.
Se tutta questa storia avesse avuto fine, in futuro, avrei scritto un libro. Chissà, magari avrebbe fatto successo.
« Forza cuccioli, a lavarsi faccia e denti. Ej, non fare scherzi. » Io e Nessie rispondemmo col saluto militare, e marciammo fino al bagno.
« Pronti! » esclamai, mentre uscivamo già belli e impomatati. Mia madre si chinò alla nostra altezza e mi prese la guance, tirandomele. Poi mi baciò la fronte: « Il mio ometto! » trillò, con gli occhi luccicanti. Poi prese in braccio la Pulce, che le sorrise.
« Tu, tesoro mio, da grande farai la principessa. » mamma annuì tra sé, con un sorrisino a tirarle le labbra. Nessie ridacchiò.
« Se, se! Aspetta e spera! » commentai, portando le braccia dietro alla testa, incamminandomi all’uscio. Mamma e la Pulce mi seguirono. Arrivati a scuola, mamma ci raccomandò di comportarci – o meglio, comportarmi- bene. Be’, dai, non ero così scalmanato.
Quella giornata fu più lunga del solito. Forse perché era di una noia mortale. Che barba, era molto più eccitante correre al fianco di Edward negli spazi verdi intorno alla grande villa. Avevo vinto io, ovviamente, il giorno prima. Il vampiro-fotocopia-di-Nessie era basito, non s’aspettava che fossi così veloce. Speravo non fosse un carattere che a lungo andare si fosse affievolito. Non avrei sopportato di essere battuto da Ness. Zia Rose diceva, come tutti, che assomigliavo moltissimo a Emmett, di carattere. Mentre mia sorella, aveva un non si sapeva cosa di Alice. In effetti, erano molto, molto, molto simili. L’esuberanza, poi, era nota, in tutte e due, in quantità eccessiva. Non stavano mai ferme; Alice e Ness parlavano di tutto e di tutti, ridevano, giocavano insieme. Fortunatamente, mia sorella non aveva la stessa sfrenata passione per la moda che aveva Alice. Ringraziavo il Cielo, per questo.
Al pomeriggio, ci venne a prendere zia Debbie. Ci portò al parco, dove zia Alice e zio Emmett c’avevano aspettati. Lo zio Grizzly ci fece un occhiolino d’intesa, come saluto. La zia umana andò a prenderci i gelati, come al solito, e io e Ness rimanemmo con i vampiri.
« Guarda guarda, ecco Pulce e Pidocchio! » canzonò l’orso, con un sorriso.
« Hola, Grizzly! »
« Uè, cos’è, sapete parlare anche lo spagnolo ora? » fece, basito.
« No, l’ho visto solo alla tele. » risposi, ridendo, e contagiando anche Folletta grande e folletta piccola.
« e gli altri? » domandai.
« Oh, tutto okay... » minimizzò Alice, i cui pensieri preoccupati vagavano alle condizioni del fratello rosso, « com’è andata la scuola? » cambiò discorso, illuminandosi di un sorriso.
« Una barba » parlò Ness, con una smorfia, « Io e Ej siamo molto più maturi di quella banda di bavosi. »
« E te lo chiedi anche? » feci io. Emmett e Alice risero, mentre zia Debbie ritornava con i due coni gelato tra le mani. Io e mia sorella cominciammo a sgranocchiarlo, mentre i tre adulti parlavano amabilmente. Zia Alice sembrava serena, in realtà era piuttosto distratta. Emmett si ripeteva come un mantra di non pensare in negativo.
Il cellulare di zia Deb cominciò a suonare, e lei si allontanò per rispondere. Tornò, dopo la conversazione, con una strana espressione. L’aveva chiamata zio Seth. Strano.
« Emmett, Alice, mi potete curare i bambini per un po’? » domandò, titubante.
« Non c’è problema! » tuonò il macho, con un gran sorriso. Questa volta sincero e spontaneo. Debbie ringraziò tremila volte, poi scappò fuori dal parchetto. Non avrebbe dovuto tardare; in tal caso, avremmo dovuto chiamare la mamma... O saremmo tornati da soli. E preferivo ancora, per ora, che non si sapesse di questa nostra complicità con dei vampiri. Zio Jake avrebbe dato di matto, e, francamente, non volevo sapere la reazione della mamma. Quando si arrabbiava, era più pericolosa di qualsiasi calamità ambientale.
Andammo a casa di zia Alice. Lei, se zia Deb fosse tornata prima, l’avrebbe vista e ci avrebbe portati al parco prima del suo ritorno. La folletta era una veggente; che ficata, vedere nel futuro. Ma la lettura del pensiero era il dono più ganzo di tutti, anche se, per certi versi, più molesto e fastidioso. Esme ci accolse con un gran sorriso.
In salotto, Jasper leggeva un quotidiano mentre Rosalie una rivista di moda. E come dubitarne. Sulla poltrona, c’era una figura in più: un uomo biondo, posato, dall’aria gentile e buona, ci osservava. Doveva essere Carlisle, il capo clan.
« Carlisle » ecco, appunto, « loro sono EJ e Nessie. » presentò Alice. Io e Ness ci avvicinammo e porgemmo le mani, educatamente.
« Piacere, piccoli. » fece, affabile. Ma non ci sfuggì l’occhiata perplessa che rivolse ai figli.
Era, ovviamente, stato colpito dal nostro odore particolare. Emmett spiegò tutta la nostra storia, o perlomeno, la versione ristretta che avevamo raccontato loro. Il dottore era stupefatto. Non credeva potessimo esistere davvero. Ma eravamo di fronte a lui.
Come pensai di Esme, lo feci anche con lui; be’, non erano la figura classica – capelli bianchi e qualche ruga di troppo- di nonno, ma mi stava più che bene così.
Fummo distratti dal suono soave di note. A Ness luccicarono subito gli occhi, lo strumento era il pianoforte. « Oh, è Edward. » Io e mia sorella sorridemmo. Potevamo avere altri dubbi? No, non credevo. Alice ci portò al piano superiore, dove la melodia era ancora più forte. La vampira aprì una porta, rivelandoci la camera di Edward. Lui era seduto ad un pianoforte verticale, contro la parete alla nostra destra. Ci sentì distintamente, ma non smise di suonare; la musica però cambiò. Da una dolce e malinconica, passò ad un uragano di note. « Questa è per voi » disse lui, senza riaprire gli occhi. Le dita scorrevano veloci sui tasti, sciolte, dando vita ad un vero capolavoro. Se Nessie era brava, Edward be’...lo era cento volte di più. Come tutto, la canzone ebbe fine, e il vampiro musicista si voltò verso di noi. Nessie fremeva, gli occhi a cuoricini intermittenti.
« Era bellissima. » esclamò mia sorella, « E tu sei bravissimo! »
Le diedi il gomito, con un sorrisino di scherno: « Ti batte di gran lunga, Pulce » la presi in giro. Mia sorella gonfiò le guance, mettendo su una faccia da saccente.
« Lo so anche io, questo, Pidocchio fastidioso. » Edward rise di gusto, contagiandoci.
« Suoni? » chiese poi a mia sorella, con molto interesse. Più del dovuto, quasi. Nessie annuì. Il rosso picchiettò lo sgabello accanto a sé, e mia sorella trotterellò lì per sedersi. Mi avvicinai a mia volta, chiedendo mentalmente a Renesmee di suonare quella della mamma. Era la migliore, di tutte quelle che sapeva. Ma non la canzone che aveva inventato mia sorella. Quando mamma ci aveva portati dal nonno Charlie, avevo trovato per caso uno spartito dal titolo ‘Bella’s Lullaby’. Appena la mamma andava a caccia, o al lavoro, mia sorella l’aveva imparata a suonare. Era la ninna nanna che aveva scritto nostro padre per la mamma. E, insomma, era la prova del nove.
Nessie appoggiò le mani sui tasti, nervosa. Respirò profondamente; sapeva bene quanto me, che tutto dipendeva da quella canzone. Ma poi, come sarebbe andata a finire?
Pigiò il primo tasto d’avorio, e pian piano la composizione prese forma. L’espressione di Edward diceva tutto.
Stupore.
Incredulità.
Dolore.
Consapevolezza.
Tormento.
Amore.
Portò gli occhi nei miei, e capii che aveva intuito quello che noi pensavamo. Aveva capito CHI eravamo. E fece il mio stesso sorriso, quello che mandava in iperventilazione mamma. Gli ricordavo Lui, con il mio modo di fare. E lo stesso valeva per Ness, che era la fotocopia sputata di.. di mio padre.
Ma quell’atmosfera magica non poté durare.
Gli occhi di Edward, si fecero vitrei.
E no, non poteva essere vero!
Nessie s’interruppe subito, mentre un urlo squarciava il silenzio.
L’urlo della mamma.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11.Immortale ***


Bonjour! *___*
Eccomi qui con il nuovo capitolo^^ SOno più allegra del solito, oggi, anche se l'estate sta andando a farsi benedire e la scuola sta per cominciare...Io sono Happyyy!! Perchè l'ispirazione arriva torrenziale, e ho una voglia di scrivere immensa! Ciò mi porta un po' a strafare, ma..beh, smetto di cianciare a vanvera.
Devo ASSOLUTAMENTE ringraziare le 11 persone che hanno recensito, vi adoro! Siete tutte gentilissime *-* E ovviamente chi ha preferito e seguito, o ricordato. Grascie!
Parlando del capitolo... Della prima parte, proprio, non sono soddisfatta. La volevo più... diversa, e la parte centrale piu ansiosa. Invece, è venuta così. Riguardo al pov Edward, alla fine, è raccontato in 3° persona. Il prossimo capitolo, penso, sarà una cosa del genere. Ora, tranquilli, smetto di divagare.
Ah, ho scritto una nuova fic. Si chiama ˜E ti sorriderò˜, Se avete voglia, datele un'occhiata^^ E' una EdwardxBella, umani, che non penso sarà nemmeno lunghissima...
Beh, comunque, buona lettura e...
Ciau!
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Capitolo 11- Immortale
Pov Bella
«CAFONE!»
«Senti chi parla, strega!»
Guardavo, insieme a Max e a Jake, Seth e Debbie litigare per l’ennesima volta. Cominciavano a sembrarmi buffi, quei due. Più andavano avanti, più erano spassosi. Se ne dicevano tante e di tutti i colori, ma ero sicura che non lo pensassero realmente.
«Ma vai a cagare, maleducato!» sbraitò lei, «Anzi, vado via io. Oggi tocca a me andarli a prendere. Ciao Jake, Max, Bella. » Debbie girò i tacchi e, furente, uscì dal negozio.
«Brutta strega!» borbottò tra sé e sé Seth, stringendo forte nei pugni i jeans, « non la tollero! » Jacob e Max risero di gusto, mentre io soffocai una risatina con un colpo di tosse.
«Seth. » lo ripresi. Lui alzò lo sguardo su di me, «sii sincero...»
«Su cosa?» domandò, confuso.
«Ti piace?»
«Chi?»
«Debbie, ovviamente.»
«Puah! Meglio uno spillo in un occhio!» esclamò, con una smorfia. Sorrisi appena, dandogli il gomito nelle costole, con fare malizioso. «Sii sincero, Setthuccio. »
«Non la sopporto.» sillabò, sfidandomi.
«Non capisco proprio il perché. »
«Perché...Perché sì! Perché non capisce che è troppo.. » lasciò la frase in sospeso, arrossendo. Ancora le sue mani tormentavano la stoffa blu dei pantaloni; era arrabbiato, anche imbarazzato, e soprattutto triste. Sembrava volesse piangere.
«Troppo che cosa?» insistetti.
«Perfetta per me.» mormorò talmente piano che faticai a sentirlo. Esplosi in un urlo entusiastico, quando ripeté quella frase. Lo abbracciai forte, stritolandolo.
«Ahio, Bells, mi fai male!» si lamentò.
Cominciai a fargli domande su domande, e lui faticava quasi a starmi dietro. Cominciai col chiedergli cosa provava sinceramente per Debbie, da quanto l’aveva capito, perché aveva continuato quella farsa al posto che cercare di conquistarla. Lui si strinse nelle spalle; era spaventato da quei nuovi sentimenti, sin dalla prima volta che si erano incontrati. Non aveva voluto cambiare atteggiamento perché, secondo lui, Debbie avrebbe capito il suo debole. Questione d’orgoglio, dedussi. Oh, questi uomini, sempre attenti a non mostrarsi con un cuore! Ora Seth mi chiedeva di non aprir bocca con la mia amica. Non sapeva che fare, e aborriva l’idea di dichiararsi, per il momento.
Ma io, come avrei potuto tacere, a questa rivelazione? Dopo tanti insulti, finalmente, l’aveva ammesso. E chissà perché, ero convinta che anche a Deb piacesse Seth. (Avevo un informatore-leggipensieri come figlio, più pettegolo di una vecchietta dalla parrucchiera).
Vabbè, c’era d’aspettarselo, da quei due. Erano una coppia davvero perfetta. Anche quando litigavano, parevano una coppia di sposini. Battibeccavano come moglie e marito, e noi..non dovevamo mettere dito. Ma non era molto semplice contenere tutto l’entusiasmo.
Avevo colto la morale di questa storia: dietro tanto odio, ci poteva essere sola tanto, tanto amore.
In un certo senso, un po’ era capitato anche a me. Edward mi aveva odiata, al mio arrivo. Gli stavo rovinando la vita, e nemmeno lo sapevo. Poi si era abituato, più o meno, alla mia presenza, e quel rancore si era trasformato in curiosità, e poi in amore.
Un amore che non aveva le fondamenta giuste, però...
«Sono felice per te, ragazzo. » si complimentò Max, dandogli una pacca sulla schiena, prima di andare a preparare la nuova razione di dolci. Seth si grattò la nuca, nervoso.
«Debbie è anche il mio imprinting, quindi...Non riuscirò mai a dimenticarla, ma dovrò convivere con l’idea che non mi accetterà mai..» Questa cosa mi mise tristezza. E se davvero Deb non si fosse innamorata di Seth, lui ne avrebbe sofferto immensamente. Io sapevo come ci si sentiva, non era una bella cosa. Seth, come me con Edward, sarebbe stato vincolato a vita al ricordo di Debbie.
«Seth...»mormorai, accorata. Lui scosse la testa, stringendo i pugni.
«Non fa nulla, è tutto a posto.»
«Prova a parlarle.» consigliai all’improvviso. Lui mi guardò di sottecchi, poi chinò nuovamente lo sguardo. Si fece pensieroso, e rimase in silenzio per un po’.
«Io..Va Bene, ci provo. Spero solo di non mettermi in ridicolo.»
«Quando si ama non si è ridicoli, Seth.» lo ripresi bonariamente, accarezzandogli i capelli. Lui annuì, con rinnovata speranza e buonumore. Annunciò che avrebbe chiamato la mia amica e che le avrebbe parlato. “Poi si vedrà”, disse, prima di marciare fuori.
«Speriamo bene.»commentò Jake.
«Oh, tranquillo, saranno una coppia unica!» rassicurai, ridacchiando tra me. Afferrai uno straccio, mentre Jacob metteva il cartellino che annunciava l’apertura. Cominciai a strofinare il bancone, persa nei miei pensieri, fin quando Max mi domandò se fossi potuta andare a comprare un determinato ingrediente che era finito. Il brizzolato pensava ne avessimo ancora, invece le scorte si erano esaurite, e la consegna sarebbe arrivata il giorno dopo. Acconsentii, e m’incamminai verso il primo negozio disponibile per alimentari.
Mentre passeggiavo sul marciapiedi, vidi una signora graffiarsi contro una siepe, nel mentre voleva accorciare la strada. Niente di preoccupante, pensai, l’odore del sangue non mi scombussolava più di tanto, benché non fosse solo una goccia. Ma mi pentii subito. Sentii immediatamente l’odore di un vampiro nell’aria. Un istante dopo, ecco una ragazza dalla pelle diafana camminare sinuosamente dietro all’anziana, con sguardo famelico. Aumentai il passo, con l’intenzione di preservare la vita alla donna. Mi parai di fronte a lei, e sentii un ringhio basso provenire dalla vampira. Incrociai i suoi occhi neri come la pece, e risposi allo stesso modo. «Non osare» sibilai. Fortunatamente, la ragazza tornò in sé. Gli occhi rimanevano neri, la sete era palese. La donna anziana si allontanò, ignara del pericolo corso un momento prima. Ci raggiunsero altri cinque vampiri; due uomini e tre donne.
«Irina!» chiamò quello che sembrava più adulto, severo. Lei si voltò di scatto verso quel vampiro, che a sua volta guardò me. «Grazie.»
«Dovere.»risposi io, con un’alzata di spalle e un sorriso timido. Se fossi stata ancora umana, sarei di sicuro arrossita. Soprattutto per quell’aura che emanavano le tre ragazze bionde, una delle quali era quella che aveva quasi commesso un omicidio. Notai che le altre persone avevano gli occhi dorati, chiari; erano vegetariani.
«Mi chiamo Eleazar. » Mi porse una mano pallida, che io afferrai.
« Bella»
«Loro sono Tanya, Carmen, Kate, Cedric e Irina. Quest’ultima non voleva far del male a nessuno; la prossima volta verrà a caccia, quando organizzeremo una battuta. » Eleazar lanciò un’occhiataccia alla ragazza in questione, che sbuffò, incrociando le braccia al petto. «Non potevo di certo immaginare che..»
«Certo, appunto per questo bisogna prendere precauzioni!» la riprese la vampira di nome Kate, «Sorella, se non ci fosse stata lei, a quest’ora saremmo già tutti in pericolo. Te ne rendi conto, vero?» Irina abbassò il capo, mortificata.
Poi l’attenzione si focalizzò tutta su di me, quando le lenti a contatto vennero definitivamente sciolte dal veleno dei miei occhi. Imprecai a denti stretti. Con la speranza di averne un altro paio, frugai nella mia borsetta velocemente. Fortunatamente ne trovai un paio, ma quando alzai lo sguardo, trovai gli occhi dei sei vampiri.
«Sei una neonata?» domandò sbalordita Carmen.
Annuii piano: «Credo che il mio potere sia questo strano autocontrollo. Sono vampira da pochi mesi» spiegai, a disagio. Se fossi stata umana, sarei arrossita. Le tre vampire bionde- Tanya, Kate ed Irina- mi mettevano soggezione; la loro bellezza era equiparabile a quella di Rosalie. Eleazar strabuzzò gli occhi: « da così poco?»
«Sì- annuii-, forse anche la dieta vegetariana mi ha aiutata...»mormorai.
«Oh, sicuramente» concordò lui, la sorpresa palesata dal suo sguardo stralunato. Beh, ero una novità. Eleazar era curioso, mi poneva infinite domande, insaziabile. Vedendo due panchine vicine, ci accomodammo; era sempre presente, nelle nostre menti, di preservare l’apparenza umana.
Eleazar, come Carmen, mi sembravano delle brave persone. Cedric, l’altro ragazzo del clan, mi continuava a fissare intensamente. Il suo sguardo dorato mi metteva in imbarazzo. Lui era un gran bel ragazzo, constatai. Era slanciato, dal fisico scolpito, e dei capelli biondi, chiarissimi, quasi lucenti come il sole. E i suoi occhi erano magnetici, quasi quanto quelli di...
«Siamo venuti a trovare un nostro caro amico e la sua famiglia.» disse Tanya, per la prima volta, con un’aria da superiore che la faceva apparire più antipatica di quanto già non fosse. Non mi aveva fatto nulla di male, eppure non riuscivo a trovarla piacevole, come persona; le sue sorelle, Irina e Kate- soprattutto quest’ultima- mi sembravano molto simpatiche e socievoli. Anche loro erano intervenute nei discorsi e raccontato di loro. L’unica che stava zitta zitta, a guardarmi altezzosa, era Tanya. No, proprio non mi ispirava fiducia, quella ragazza.
«Vampiri anche loro?»domandai all’indirizzo di Kate. Lei sorrise appena, mentre la sorella soffocò una risatina con un falso colpo di tosse. E intanto tentavo di non guardare troppo Cedric, il cui sguardo era sempre su di me.
«Sì.»
«Strano, non mi ero accorta di altri vampiri..»dissi tra me e me, pensierosa. Poi ricordai dell’odore sui miei figli, e allora intuii: piccoli furbetti! Erano riusciti a tenermi nascosto una cosa del genere.
«Si chiamano Cullen» Tanya sembrò fare apposta a pronunciare quel nome con una certa enfasi. Il ghigno dipinto sulle sue labbra avrebbe dovuto farmi venir voglia di picchiarla, ma il panico si era già impossessato di me.
Loro, qui.
Lui, con i miei bambini.
«Bella..Che ti prende?»domandò Irina, con una traccia di smarrimento nella voce, «Bella!» Urlò ancora, e fu l’ultimo richiamo che sentii, prima che le scariche tornassero a pungermi come mille aghi nelle membra.
Mentre mi contorcevo, cercando di placare il dolore, o perlomeno mitigarlo un po’, sentii due braccia afferrarmi e stringermi. O era Eleazar, o Cedric. La percezione dell’esterno era davvero scarsa, ma intuii che stessimo correndo a velocità vampiresca. Cercavo di trattenere le urla, quando quelle fitte lancinanti mi perforavano il petto, come quando, quel giorno dopo il mio compleanno, Edward mi aveva detto addio.
«Bella, non voglio che tu venga con me». Scandì quelle parole lentamente, con cura, lo sguardo freddo sul mio viso, in attesa che cogliessi il senso della frase. «Tu... non... mi vuoi?».
«No»
E in quel momento, una fitta più forte mi colpì, e mi fu impossibile non cacciare un urlo per sfogare il dolore. Mi contorsi ancora su me stessa, ma il male non passava; continuava imperterrito a logorarmi, senza lasciare tracce visibili, ma solo solchi più profondi nel mio cuore.
Pov Renesmee
L’urlo rimbombò per la casa, facendomi venire la pelle d’oca.
Lo sguardo di Edward, mio padre, era assolutamente shoccato. Un’espressione che poi divenne sofferente. Ma la vidi solo per pochi istanti, perché a velocità vampiresca io e mio fratello eravamo già al piano di sotto. Non era frutto di certo della nostra immaginazione, quel grido sofferente.
Mia madre, sempre sotto quella tortura infernale, era tra le braccia di uno sconosciuto. Di un vampiro.
Il nonno Carlisle si fiondò dal tizio, dietro cui stavano altre cinque figure femminili.
« Cedric, Eleazar! Che..?! » le parole morirono in gola al capo clan, quando vide nostra madre agonizzante. «Oh Santo cielo! » Nonna Esme, da incredibilmente stupita, divenne subito preoccupata.
« Che succede?! » il panico e la sorpresa aleggiava nella stanza, e anche zia Rose non riusciva più ad essere impassibile. L’intera famiglia era all’ingresso. Zia Alice aveva già visto la scena, ma sembrava ancora confusa e agitata. Io e Ej cercammo di avvicinarci, ma zio Jasper si parò dinnanzi a noi. « Non avvicinatevi! » tuonò, severo.
« Nessie... » Ej mi guardò negli occhi, per la prima volta il suo sangue freddo non aveva avuto la meglio.
Era la prima volta che gli attacchi erano così forti. Di tutte le crisi, in assoluto, questa era la peggiore. Mamma ci pareva quasi in fin di vita, talmente era straziata. Il viso era contorto da delle smorfie di dolore, e il suo corpo era come preso dall’elettroshock.
«L’abbiamo incontrata oggi, è una vegetariana anche lei » raccontò Eleazar, agitato. «Ad un certo punto, ha cominciato a dimenarsi, in questo stato di semi-incoscienza. L’ho portata qui da te, è il primo posto a cui ho pensato...» Il nonno, chino su nostra madre, cercava di svegliarla. Il vampiro biondo la posò sul pavimento, sott’ordine del nonno, che si inginocchiò accanto a lei.
« Tesoro, apri gli occhi! » mormorava concitato, con una leggera sfumatura di incredulità nello sguardo, « coraggio...» fece accorato e dispiaciuto, accarezzandole i capelli sparsi per terra, a farle da aura castana. La mamma si lamentò ancora, singhiozzando senza versar lacrima, contorcendosi per il male.
«Mamma..»mormorai, tra le lacrime. Evitai velocemente lo zio Jasper e mi fiondai da lei, con al seguito mio fratello, che mi aveva imitata. La stanza era calata nel più religioso dei silenzi, spezzato solo dai lamenti di mia madre. Ej mi aveva spiegato che gli zii avevano il sospetto- Alice e Emmett ne erano quasi certi- che fossimo i figli di Edward. Quello che nessuno si aspettava- a parte zia Alice che l’aveva già vista-, era che fosse una vampira anche lei.
Ci inginocchiammo accanto a lei, implorando il nonno di svegliarla. Ma anche lui sapeva bene di non poter far nulla.
Un altro urlo della mamma, acuto e stridulo, intriso di dolore. Chiamò il nome di Edward, con un tono implorante.
Papà comparve nella stanza, il viso contratto in una smorfia.
Il suo sguardo saettò sulla vampira che si dimenava, angustiata, sul pavimento freddo. Mamma urlava, piangeva, soffriva come non mai.
Gli occhi ambrati di nostro padre parvero riempirsi di lacrime, tanto l’oro era liquido. Il nonno si scansò, e venne sostituito da lui immediatamente. Le prese una mano, cominciando a singhiozzare silenziosamente, e la strinse forte.
«Bella...» mormorò pianissimo, che facemmo fatica a sentirlo, «Amore mio, me l’avevi promesso..Niente di stupido o insensato, amore..Non dovevi più soffrire per colpa mia...» Papà era la tristezza fatta persona, in quel momento. Baciò la mano della mamma, delicatamente, continuando a piangere.
«Edward!» implorò ancora la mamma, in un verso strozzato e dolorante.
«Sono qui, sono qui..»
La mamma improvvisamente si acquietò. Nello stesso istante che aprì gli occhi, balzò in piedi e atterrò in posizione d’attacco, tesa, pronta a sferrare un colpo. Era davanti a noi, e ci divideva da papà, che era rimasto inginocchiato sul pavimento, e la guardava esterrefatto, ma con il sollievo che brillava nel suo sguardo. Un sollievo che durò pochissimo.
La mamma ringhiò forte, a denti stretti, verso i vampiri presenti. La nostra famiglia voleva mobilitarsi per proteggerci, proteggerci da nostra madre che lo voleva fare a sua volta.
Jasper usò il suo potere su tutti, e una calma impossibile per quel momento aleggiò nella stanza. La mamma rimaneva in allerta, però, e guardava con gli occhi infuocati nostro padre.
«Stai lontano da loro.» sibilò tra i denti.
«Bella» la chiamò lui, implorante e sofferente, «non..ti prego..»
La mamma vacillò. Il suo sguardo si fece per un istante tentennante, e il papà ne approfittò per alzarsi, mentre lei abbandonava la posizione di cacciatrice. Ora erano faccia a faccia.
«Mi dispiace..per tutto, Bella, per tutto...Sono stato imperdonabile..Ti ho abbandonata, e per di più..c’erano loro.. E io sono stato un pessimo padre e un pessimo compagno, e...»
«Stai zitto.»lo interruppe la mamma, stupendo tutti, «smettila di parlare, per un secondo.» Papà la guardò sbalordito e confuso.
Pov Bella
Edward mi guardava con quegli occhi dorati che avevo amato tanto, quegli stessi occhi che trasmettevano la confusione ma anche il dolore e il rammarico. Lo conoscevo a sufficienza da dire che era sinceramente dispiaciuto; Edward era una brava persona, lo era sempre stata, e sapeva ammettere le sue colpe. Quell’oro liquido sciolto nelle sue iridi mi pareva tanto bello quanto impossibile. Ancora faticavo a credere che fosse qui, realmente di fronte a me.
Lui, il mio sogno e il mio incubo; la mia gioia e il mio dolore; era proprio lui, Edward, in carne e ossa.
Ma non volevo apparire quella rimasta attaccata ad un passato doloroso, ancorata ad un amore ormai finito. Nonostante l’amassi ancora infinitamente, non volevo correre tra le sue braccia, come una patetica ragazzina innamorata. Volevo fargli capire, anche se mentivo, di averlo dimenticato; volevo fargli credere che non era indispensabile. Anche se sapevo lui fosse come l’aria per me.
«Sì» pronunciai, gelida, «sei stato imperdonabile. Proprio per questo, ho sofferto. Ma ho imparato a vivere con i fantasmi del passato, e...ti ho dimenticato.» dissi a capo basso. Se mi avesse guardata negli occhi, avrebbe capito il mio bluff.
«Ma io no, Bella.» fece sofferente, «non potrei mai..dimenticarti..»
Quelle parole mi riempirono il cuore di gioia, ma mi trattenni dal rivelargli quanto ancora l’amassi follemente. «E..non puoi separarmi dai bambini, ora che ho scoperto quanto bello possa essere il sentimento che lega un padre ai propri figli...Non ora che li ho ritrovati..»
«Non potrei mai...mai dividerti da loro, Edward..» cercai di tenere a mente di non essere troppo zuccherosa, come mi induceva ad essere la mia indole succube di lui. «Potrai star con loro sempre, quando vuoi.»
«Bella...» mi richiamò lui, avvicinandosi di un passo. La poca distanza non mi rendeva la vita facile. Il mio desiderio più grande era ritrovare quel calore che mi trasmetteva il suo abbraccio.«Perdonami, io ti..»
In quel momento, la porta di casa si spalancò, e tutti i vampiri presenti si voltarono basiti in quella direzione. Jacob era lì, sulla soglia di casa Cullen, con lo sguardo cupo e rabbioso. Stava già tremando, era in procinto di trasformarsi in lupo. I Cullen e il clan di Eleazar si misero in posizione d’attacco. Mi fiondai davanti al mio migliore amico e posai le mani sulle sue guance.
«Jake, clamati»
«Bella- ringhiò tra i denti, cercando di trattenersi-allontanati..Non..voglio farti del male» Cercai di incrociare il suo sguardo, e quando ci riuscii non potei non aver paura. Faceva venire i brividi.
«Jacob, stai calmo» insistetti.
Con un gesto secco, Jake mi spintonò da parte. Edward ringhiò senza trattenersi, accucciato, pronto a balzare addosso al mio amico. Emmett riuscì a bloccarlo, prima che potesse far del male a mia figlia, che era saltata in braccio a Jacob.
«Jake.» lo chiamò, e lo sguardo del lupo andò subito al soggetto del suo imprinting. «Non far del male al mio papà.»lo implorò, con la voce tremante. I sussulti di Jacob diminuirono, anche se le mani continuavano a tremare. Nessie gli sorrise, e l’espressione di Jake si rilassò, addolcendosi persino. Lui sospirò, a capo chino, mentre Renesmee si accucciava al suo petto, stringendosi a lui.
«Grazie» pigolò.
«Qualcuno ora ci deve spiegare cosa diamine è successo.» fece Kate, a occhi sgranati per lo stupore. Gli altri vampiri abbandonarono la posizione di attacco, rilassandosi. Io abbracciai Jake, e lui circondò le mie spalle con un braccio.
«Scusa, piccola, ma mi sono spaventato..Ho visto quel succhiasangue portarti via e...»
«Sh, Jake, non è successo nulla. Ma smettila di insultarci.» Jacob ridacchiò.
«Sai bene che è difficile non chiamarvi così, sanguisuga...» Gli tirai un pugno giocoso sul petto, poi all’abbraccio si aggiunse Ej, che s’arrampicò sulle mie spalle. Mi scoccò un baciò sulla guancia, poi scompigliò i capelli a Nessie.
«Ehi!»
«Taci Pulce!» Risi, allegra.
Esme ci invitò a sederci tutti su i divani del salotto. Continuava a guardarmi, non più sorpresa, quanto felice. Mi sorrideva ogni volta che incrociavo il suo sguardo, teneramente, come una mamma. Avevo una voglia matta di abbracciarla.
«Ah, è così eh?» mi girai verso di Alice, che teneva le braccia incrociate al petto, con un tenero broncio a incresparle le labbra, «Vai, abbraccia pure Esme, e me non calcolarmi...IO, che ero la tua migliore amica!» Sorrisi, emozionata. Alice non mi aveva mai dimenticata. L’abbracciai di slancio e la strinsi forte, e lei ricambiò il gesto. Cominciò a singhiozzare, e io la seguii a ruota, incapace di far altro. Sfregai la mano sulla sua schiena, come a confortarla. «Mi sei mancata molto,Alice..» mormorai sui suoi capelli. La sentii annuire,«Anche tu, Bells.»
Appena mi separai da lei, mi sentii afferrare e venni sbatacchiata a destra e a sinistra. Sapevo chi era il possessore di quella morsa da orso; e chi, se non Emmett?
«Em, mettimi giù!» esclamai, ora ridendo. Il suo ghigno fece vibrare l’intera casa. «Ciao Bellina!» mi spupazzò per un po’, poi mi rimise a terra. «Wow! Ora sì, che Eddino mi muore d’infarto!» Scherzò, dandomi dei leggeri colpetti con il gomito. «E’ vero, sei bellissima, cara!» fece Esme, che ci aveva raggiunti. Mi baciò una guancia, appoggiandomi una mano sui fianchi e spingendomi verso il salotto, «Ma tutti sono curiosi di sapere come sei diventata così»
Mi sedetti su un divano, accanto a Emmett. A terra c’era Jacob, che non voleva stare troppo vicino ai miei amici “succhiasangue”. Ej si sedette sulle mie ginocchia, e io lo abbracciai. Nessie in quel momento era in braccio a Edward. Lui sapeva chi erano loro, e loro sapevano chi era lui. Ma una spiegazione la dovevo.
«Allora, Bella. Ti lasciamo umana, e ti ritroviamo vampira..»esordì Carlisle, cauto,«per di più mamma. Siamo abbastanza confusi.»
«Non ci vuole molta fantasia, per sapere come è andata» fece acido Jacob, «La versione di Bella sarebbe ridotta, lei farebbe apparire tutto felice e facile. Ma non lo è stato per niente, in nessun momento. »
Pov Edward
Jacob iniziò a raccontare. Nella sua mente, rivedeva le cose successe in quel periodo.
«Jacob..»salutò Bella, con sguardo spento, mentre lui e il padre entravano nel salotto di Charlie. Lei se ne stava rannicchiata contro lo schienale del divano, fissando il vuoto. Gli occhi erano vacui, facevano quasi paura, mettevano i brividi. Non vi era più la luce che li illuminava un tempo. Jacob sistemò il padre accanto a Charlie, che lanciò uno sguardo preoccupato al ragazzo, e poi a Bella. Sospirò. Jacob le chiese se potevano salire in camera sua, aveva voglia di vedere come l’aveva sistemata. Non che gli interessasse davvero, ma voleva smuoverla un po’. Sembrava una mummia, immobile e più pallida di quanto ricordasse. Salirono le scale, e Bella aprì la porta della stanza. «Non è il massimo, no.» commentò lei, sedendosi sul materasso. Lui la seguì. Era tentennante, non sapeva bene cosa dire. Aveva paura di fare o parlare di qualcosa che l’avrebbe fatta star male. «Allora, come va?»Tentò.
«Va.» disse solo lei.
«Ehi, certo che hai un entusiasmo in questo periodo. Guarda che se sorridi troppo ti si bloccano i muscoli in quella posizione!» fece ironico, con una punta d’irritazione nella voce. Ma, sorprendentemente, la fece sorridere. Sorrise anche lui, di rimando. «Credo che domani ci sia il sole.» continuò lui.
«Perché mai?» domandò lei, con un po’ più di vita.
«Hai parlato già due volte nell’arco di cinque minuti, e hai anche sorriso. Di questo passo, rischiamo di raggiungere i quindici gradi: un record per Forks!»
Bella sorrise ancora, un po’ più malinconica però. «Mi manca il sole»
«Be’, per una che abitava in Arizona, lo credo bene!Deve essere stato deprimente venire qui.»
«Non sai quanto!»
«Bene. – fece lui, d’improvviso-Questo sabato andiamo a Phoenix. Ti va?»
Bella lo guardò sorpresa:«Sul serio?» Jacob le sorrise, annuendo.
--
Il giorno dopo, Jacob tornò a casa Swan, perché doveva dare una cosa a Charlie da parte di Billy. Passando dal salotto, vide Isabella.
Era silenziosa, gli occhi gonfi e rossi, stava raggomitolata su sé stessa sul divano, come il giorno precedente. Guardava fisso davanti a sé, come persa, e sembrava accerchiata da un’aura particolare. Una barriera che sapeva di solitudine e dolore. Non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere; Charlie ne parlava continuamente con Billy, ma Jacob era arrivato a pensare che avesse enfatizzato troppo. E invece, Bella sembrava davvero senza vita, vuota. La sera precedente, doveva essersi sforzata tanto, per apparire quasi serena.
E questo gli diede un motivo in più per aiutarla a sorridere.
Consegnò quello che doveva a Charlie, e si accomodò accanto alla ragazza. Lei non sembrava nemmeno vederlo, come se fosse da un’altra parte. Appoggiò la mano sulla sua, e Bella sussultò, come se avesse toccato una piastra bollente.
«Ehi, sono io.»
«Ciao..Jacob»Il Quileute rimase a fissarla per un po’, corrucciato. Bella, in imbarazzo, cambiò espressione, da sofferente a seccata. «Che c’è?»
«Sei tornata ad essere una mummia di carta igienica, Bella. Non va bene.»
«Non posso farci nulla, Jake...»
«Sì che puoi. Devi sorridere, Bella. Lascia il passato alle spalle, prova a dimenticare. Mi prometti che lo farai?» Gli occhi di Jacob fiammeggiarono in quelli di Bella. Tentennò un po’, pensierosa, poi annuì.
«Sì..Te lo prometto.» rispose, convinta, «E direi di cominciare con questo sabato...Sbaglio o mi hai promesso una gita a Phoenix?» Jacob sorrise.
«Certo che sì.»
--
«Bella, mi sembri strana.» commentò Jacob, «Sembri più solare, più..speranzosa» erano appena atterrati a Phoenix, come promesso dal ragazzo Quileute. Bella arrossì, e chiamò un taxi per rimandare per un po’ la sua confessione. Salirono sull’auto, e Jacob ripartì alla carica:«Allora, mi dici che hai?»
«Nulla, Jake. »
«Non ci credo. Ma prima o poi lo scoprirò.» Li portò fino a dove cominciava la spiaggia. Jacob si tolse velocemente le scarpe, seguito da Bella. Lei rischiò di cadere, e si appoggiò a lui come sostegno. Sfilò le scarpe e cominciarono a passeggiare tranquillamente sulla sabbia calda. Era ancora mattino presto, e li aspettava un’intera giornata di sole, pace e risate. Bella aveva già confessato di essere dipendente dalla presenza di Jacob, e lui ne era morbosamente felice. Ma non era sicuro che sarebbe durata a lungo. Voleva dirgli il suo segreto, quello che lo tormentava. Si sedettero sul bagnasciuga, guardando il cielo che si schiariva e il sole innalzarsi verso l’azzurro.
Quando cominciò a far davvero caldo, e la brezza mattutina divenne soffocante, Bella e Jacob si misero in costume per abbronzarsi.
«Bianca come sei, ti scotterai.»
«Lo so anche io» rispose Bella, con un broncio. Si spalmò la crema solare, poi si misero a giocare a carte, chiacchierando.
«HO VINTO!» esclamò Bella, soddisfatta, lanciando i pugni in alto.
«Non è valido» si lamentò lui.
«E perché mai?»
«Hai barato!»
Battibeccarono per un po’, e la divertente discussione sfociò in una calda e allegra risata.
La giornata passò davvero serenamente, e Jacob pensò di far miracoli. Ora erano ancora lì sulla spiaggia, al tramonto, mentre il cielo si tingeva d’arancione. Bella fece un sospiro.
«Jake..?»
«Sì?»
«Voglio dirti il mio segreto.»Jacob la osservò, confuso e curioso. Attendeva la verità, fremente.
«Io...» Prese un altro respiro, infondendosi coraggio. Poi guardò l’amico negli occhi: «Sono incinta, Jake.»

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Capitolo 12
*** 12. quelle cose che avrei preferito non sapere ***


Capitolo 12: quelle cose che avrei preferito non sapere
Straziato, ecco come mi sentivo. Non concepivo proprio come potessi essere stato così stupido. Avevo fatto soffrire la mia Bella in un modo inumano, e questo mi faceva male. Perché ogni sua sofferenza, era mia; e se lei era stata così, ora provavo tutto triplicato, con, in aggiunta, il senso di colpa.
Dalla confessione di Bella, era passata solo una settimana. Jacob aveva notato il cambiamento radicale dell’amica, che aveva ripreso a sorridere sinceramente e spontaneamente. Sentiva che il loro rapporto stesse solidificandosi, e che nulla, probabilmente, avrebbe potuto dividerli. Bella era sempre con lui, e Jacob ne era molto felice. Aveva sfiorato l’idea che lei potesse piacergli, ma aveva capito che era solo una bellissima amicizia, e null’altro, la loro. Nonostante ciò, sentiva un senso di protezione enorme, nei confronti della ragazza.
Ma le cose stavano cambiando, Jacob stava cambiando. Sam, un ragazzo della riserva, pareva aspettarlo. A Jacob venivano i brividi, quando notava gli occhi scuri del Quileute su di lui. Anche Seth, che stava instaurando a sua volta un bel rapporto con Bella, era perplesso riguardo ai comportamenti di Uley. Bella stava diventando come una seconda sorella per Seth, da quando Harry Clearwater, il padre del ragazzo, era deceduto.
«Bells, ce la fai?» domandò Seth, con un sorrisino. Guardava i disperati tentativi di Bella, nel scendere la Golf di Jacob.
«Sì, certo che ce la faccio!» borbottò lei, lanciandogli un’occhiata eloquente.
«Sicura che non vuoi una mano?» interrogò il ragazzo, divertito.
«Certo che no, faccio da sola. Sono incinta, non menomata, Seth.» il Clearwater rise di gusto, poi riacquistata la calma, si sporse verso di Bella per aiutarla. Lei si lamentò per un po’, ma alla fine dovette arrendersi alla forza bruta di Seth; si aggrappò alle spalle del ragazzo, che la sfilò dall’abitacolo. La pancia di Bella era piuttosto ingombrante.
I due entrarono in casa Black senza problemi ne remore. In salotto, davanti alla tv, c’era il vecchio Billy, che guardava una partita di baseball. Lo salutarono calorosamente. «Ehi ragazzi! Jake sta ancora dormendo, Seth va’ a svegliarlo. Bella, siediti qui, su!» Bella si accomodò accanto all’uomo, che le sorrise. «Charlie sarà felice: siamo quasi alla finale! Probabilmente, la settimana prossima saremo a casa vostra.»
«Benissimo, sono felice per voi!» esclamò Bella, «l’importante è che non mi parliate tutta la serata di questo. Non capirei nulla» Billy rise, e in quel momento Seth, e un Jacob mezzo addormentato entrarono nella stanza. Il Black sbadigliò rumorosamente: «buongiorno.»
«Vorrai dire buona sera, Jake. Sono quasi le cinque!» l’apostrofò Bella, facendolo borbottare qualcosa simile ad un ‘pignola’.
«Bene, andiamo?» domandò Seth, appoggiandosi al divano.
«Dove andate?» chiese Billy, curioso, voltandosi verso il figlio di Harry.
«First beach, a farci una bella passeggiata sulla sabbia»
«Ma non è troppo faticoso per una donna nelle tue condizioni, piccola Bells? Di quanti mesi sei?» chiese il vecchio. Bella s’irrigidì; per quanto passasse molto tempo a casa di Billy, lui non aveva mai chiesto troppo sulla sua gravidanza.
E quella era una di quelle domande a cui non sapeva mai bene rispondere. Perché se effettivamente era incinta da due mesi, fisicamente non lo sembrava. La sua pancia appariva tanto quella di una mamma all’ ottavo, se non nono mese.
«Be’, di certo hai un bel pancione» proseguì, ridacchiando,«non è che sono due?»Bella si lasciò scappare una risatina nervosa. E pensare che i vampiri, secondo Edward, non avrebbero dovuto nemmeno procreare...avere addirittura dei gemelli: ma che assurdità!
«Ah, be’, io il dubbio l’avrei!» fece Jacob, «è massiccia quanto una balena!» Bella gli fece una boccaccia: «idiota, non insultare il mio bimbo!»
«Non ho insultato il bimbo, ho preso in giro te!» Billy e Seth risero di gusto.
A quel punto Bella, Jake e Seth uscirono, salutando Billy. Imboccarono la strada per la spiaggia, incrociando Leah, la sorella di Seth. Guardò male la ragazza, e Jacob e Seth in risposta la incenerirono con un’occhiataccia. Nessuno sapeva perché Leah detestasse così tanto Bella, e nessuno era stato così coraggioso da avvicinarla e domandarlo. Seth diceva che aveva qualche problema personale, da quando Sam Uley l’aveva mollata per la loro cugina Emily. L’aveva presa malissimo.
Bella trovava anche qualcosa in comune,tra le due, essendo stare mollate brutalmente dopo essere state illuse. Solo che Leah aveva un segno solo nel cuore, invece quello di Bella era ben visibile.
Eppure, la odiava.
Arrivarono alla baia, e cominciarono a passeggiare sulla sabbia. Bella si strinse nel cappotto. A Forks non c’era mai caldo, e il mare non mitigava nulla. L’aria che c’era era parecchio fresca.
Ad un certo punto della camminata, Jacob si bloccò. Seth e Bella si voltarono a controllare cosa gli succedesse; era stato silenzioso tutto il tragitto, ma i due amici non avevano fatto commenti. Era probabile avesse qualche pensiero di troppo in testa, e se voleva riflettere, l’avrebbero lasciato fare. Jacob era percorso da un leggero tremolio, che partiva dalle mani e lo scuoteva fino alle spalle.
«Jake, tutto okay?» domandò Seth.
«Non c’è nulla che non va.» rispose, stringendo i denti.
«Ne sei sicuro?»
«FATTI I CAZZI TUOI!» ululò, quasi rabbioso. Bella si prese un colpo,quando lo sentì urlare così. Si avvicinò all’amico, con un’aria corrucciata. Gli sfiorò un braccio tremante, e lui per un secondo parve quasi star bene. Jacob spostò di scatto il braccio, lasciando la mano di Bella a mezz’aria, accarezzante il nulla.
«Jake, scotti...Forse è il caso che tu torni a casa...» mormorò.
«Sì,forse è il caso» girò loro le spalle e prese la via del ritorno, lasciando i due basiti.
«Ma che gli è preso?» fece Seth, shoccato. Bella si strinse nelle spalle, «Non lo so proprio»
__
Per qualche giorno, Jacob non si fece sentire. Bella chiamava casa Black, ma era Billy a rispondere sempre. Le aveva detto che l’amico aveva la mononucleosi, e che lei non poteva proprio avvicinarsi, soprattutto nelle sue condizioni. E Bella era stufa, di questa storia della ‘condizione’. Certo, non avrebbe mai voluto mettere a rischio il suo piccolo, ma diamine, sembrava non poter far nulla per il semplice fatto che era incinta.
Quel giorno, Bella si era svegliata con una strana idea in testa. Dato che Seth era via con Sue e Leah, e Jacob era in quarantena da un po’, e vederlo era da escludere, si poteva dire avesse un po’ più di libertà. In effetti, gli amici la seguivano ovunque, controllavano ogni sua mossa, le dicevano cosa poteva o non poteva fare. Insomma, si comportavano come due padri. Ma lei ne aveva già uno, e di paranoie se ne faceva già troppe.
Quindi, libera e solitaria, aveva deciso di farsi una passeggiata. Non prese nemmeno il cellulare, tanto sapeva che non avrebbe tardato troppo; in tal caso, se Charlie fosse rientrato prima di lei, sarebbero stati guai.
Richiuse la porta di casa alle sue spalle, e si avviò per le strade di Forks, ovviamente a piedi. Charlie le aveva confiscato il pick up, da quando gli aveva annunciato la sua gravidanza. Per lui, le donne incinte non dovevano guidare, troppo rischioso, figuriamoci se la donna in questione era sua figlia.
Camminò per un bel po’, persa nei suoi pensieri. Senza Jake a distrarla, o Seth, la sua mente tornava ancora indietro, e le immagini più belle e dolorose della sua vita le scorrevano davanti agli occhi come un film. Camminava piano, quasi dondolante, ma il suo cuore galoppava furioso, come se corresse. Ma a correre erano solo i suoi ricordi. Quando, in un bagliore di lucidità, si guardò in torno, si ritrovò in una strada molto familiare. Si divideva in due; era a un bivio: da una parte, c’era un sentiero per il bosco- un tragitto che aveva compiuto migliaia di volte, nel periodo più bello della sua vita, e dall’altra, la l’asfalto la conduceva in una via che l’avrebbe riportata in città.
Aveva camminato più del previsto, senza nemmeno accorgersene. Ma ora che era lì, tanto valeva proseguire, no?
Un respiro profondo, e a testa alta imboccò il sentiero sterrato. L’ambiente circostante era più rigoglioso di quanto ricordasse. Scostò qualche ramo, che le inceppava il passaggio. Stava ben attenta a dove metteva i piedi,non voleva rischiare di cadere e di far male al bambino. Ancora qualche metro, e una radura circolare le si stagliò davanti agli occhi. Rispetto a prima, qui la natura sembrava proprio morta. Era tutto secco, giallastro, deserto. Non sapeva più di...Edward. Ma non riuscì a osservare il panorama, perché un forte dolore la colpì vicino alle costole. Un’altra fitta, e Bella si accasciò al suolo, ansante. Il respiro andava di pari passo con il suo cuore, che batteva all’impazzata.
La vista le si faceva man mano più offuscata, mentre sentiva le gambe intorpidirsi, e così la testa. Ma sentì un gran forte male al ventre, come se si fosse d’un tratto strappato o scorticato. E poi tutto si fece ancor più confuso, le palpebre, sempre più pesanti, le si chiudevano. Poi due lamenti; due vagiti. E Bella riuscì a scorgerli per un secondo, quando, raccolte le ultime energie, si sporse un po’. Erano piccoli, fragili, e bellissimi. Bellissimi come solo il padre poteva essere, e li amava già incondizionatamente.
Due, non uno.
Due.
Due piccoli angeli.
Poi l’oblio cominciò a trascinarla con sé, fin quando non sentì il fuoco divampare a partire dal centro del suo petto, e poi in tutto il resto del corpo. Bruciò per un tempo indefinito, ma il fuoco si spense quando sentì un tonfo sordo del suo cuore. Poi, ci fu solo silenzio. Bella aprì gli occhi. Era tutto nuovo, per lei. La mente ampia, l’udito fine; l’olfatto e la vista non erano da meno. Era successo, ciò che immaginava fosse successo? Era..una vampira?
Mosse impercettibilmente la testa verso il basso, e, se avesse potuto, avrebbe pianto. Accoccolati al suo petto, c’erano due scriccioli stupendi, che dormivano. Maschio e femminuccia. I pochi capelli di lui, erano castani, sparati in aria. Quelli di lei, a prima vista, avevano dei riflessi rossicci. Delicatamente si tirò su, sostenendo i due piccoli fagottini. Doveva tornare a casa il prima possibile. Charlie non l’avrebbe vista, probabilmente dormiva. A giudicare dal cielo scuro, doveva essere notte.
Ma suo padre non avrebbe mai, mai, dovuto vederla:era una vampira, era pericoloso per Charlie.
Cominciò a correre, trovando elettrizzante farlo. Il suo equilibrio sembrava addirittura ottimo. Raggiunse casa Swan in un battibaleno, e silenziosamente si intrufolò in casa sua. Quando entrò nella sua stanza, e posò gli occhi sui suoi figli, Bella si sentì mancare l’aria. I bambini erano svegli, i loro occhi attenti e vispi. Quasi sorridenti.
La bambina appoggiò una manina sulla guancia di Bella, e nella testa della vampira si proiettarono diverse immagini che per un momento la spaventarono. La donna sofferente, dagli occhi castani, doveva essere lei. Ma era tutto visto da un’altra prospettiva: era ciò che aveva visto la piccola nel momento del parto.
Lei era...speciale. Non era una bambina comune. Aveva preso anche da Edward, qualcosa. Precisamente, l’essere vampiro. E probabilmente, lo era anche il fratellino.
«Non avevo una bella cera, eh?» Bella si stupì della sua voce cristallina e musicale. Scosse la testa: avrebbe dovuto abituarsi di tante cose. Accarezzò pianissimo la testolina del maschio, le cui gote si sollevavano, mentre le sue labbra piccole e rosee si distendevano in un dolcissimo sorriso.
Bella era così euforica, stava così bene, con loro tra le braccia, che niente avrebbe potuto scalfire il suo umore. Recuperò due tutine, comprate con grande anticipo- grazie alle manie di Jake-, da un cassetto e vestì i bambini.
Il bambino, aveva deciso, si sarebbe chiamato Edward Junior. Non avrebbe mai lasciato fuori il padre dalle loro vite.
Mentre per la bambina, durante il poco tempo di gestazione, aveva pensato a un misto tra i nomi della madre di Edward, Esme, e la sua, Renèe. E quindi, ne era uscito Renesmee.
Quindi, Renesmee e Edward. Lui, incredibilmente, l’aveva stregata con i suoi occhioni di un ben distinguibile verde smeraldo. Renesmee invece aveva gli occhi come i suoi, marroni cioccolato.
I piccoli si addormentarono tra le braccia di Bella, che rimase ad osservarli per tutta la notte. Era totalmente fuori dal mondo, come in una bolla privata, simile a quella che aveva con Edward. Solo che lì, era con i suoi piccoli angeli.
«Oh, ciao Jake...No, non è ancora tornata.» Bella aguzzò le orecchie. Charlie si era alzato, e stava parlando al telefono presumibilmente con il suo amico.
«Se vuoi... okay, ora devo andare al lavoro. Ciao..» riattaccò, poi Bella sentì lo strusciare della stoffa, e la porta chiudersi. I bambini dormivano ancora, beati. Non ne era ancora sicura, ma intuiva già che Renesmee sarebbe assomigliata moltissimo a Edward.
Approfittò dell’assenza di Charlie per farsi una doccia, e quando tornò in camera sua, era ancora tutto identico a prima.
La finestra della sua stanza si aprì con uno scatto, e Bella si voltò stupita in quella direzione. Da lì, entrò Jacob, che sgranò gli occhi, vedendo Bella in quelle condizioni.
«Jake...» mormorò Bella. il ragazzo cominciò a tremare e a digrignare i denti.
«Jacob, sono io...»
«Bella?!» ringhiò tra i denti. Bella annuì, spaventata.
«che ti prende?»
«Bella, allontanati, vai via!» ringhiò ancora, «non posso starti vicino, ti farei del male!» Bella lo guardò un attimo negli occhi, poi prese i bambini dal letto, che si stavano svegliando. Renesmee scoppiò a piangere, probabilmente per i rumori che la infastidivano. E, come per magia, i tremolii di Jacob cessarono. Nelle iridi scure del ragazzo, passò come una scintilla di qualcosa, e cominciò a guardarla in modo diverso, quasi dolce.
«Jacob...» fece Bella, titubante,«puoi spiegarmi?»
E Jacob confessò:era un licantropo, aveva il gene della tribù Quileute. Poteva trasformarsi in un lupo, e la spiegazione lasciò molto perplessa Bella. «Io sono così perché devo ammazzare...quelli come te.»
«Vampiri?» tentennò Bella. Jacob annuì, ma la neo-vampira sapeva che le stava tenendo nascosto qualcosa. L’avrebbe scoperto più tardi, ne era certa.
«Ma tu come hai fatto a diventare..così? in questi tre giorni, ti sei...? come?»
«Sono passati tre giorni?» domandò lei, basita. Probabilmente, era rimasta tra le fiamme per tutto quel tempo. A ricordare il dolore, rabbrividì.
«Sì, tuo padre era in pena per te. Hai anche lasciato il cellulare a casa.»
«Avevo voglia di fare una passeggiata, solo che...queste due pesti avevano voglia di nascere... credo mi abbia trasformato uno dei due...Sono..»
«metà e metà?»
«Sì» sospirò Bella.
«Quindi sono i figli di...quel...Cullen» sputò Jacob, con rabbia.«schifoso, fetido succhiasangue..» sibilò tra sé. Scosse la testa, cancellando il pensiero, e tornò a osservare i due bambini che giocherellavano con delle ciocche dei capelli di Bella. Lei seguì il suo sguardo, e sorrise emozionata.
«Jake, ti presento Renesmee e Edward Junior.» Jacob allungò la grande mano verso i piccoli, e accarezzò le due testoline delicatamente, soffermandosi un po’ di più su Renesmee.
«Come farai con Charlie?» chiese d’un tratto Jacob.
«non posso rimanere a Forks...non voglio far del male a nessuno.»
__
Poi ci fu il primo trasferimento, nei pressi di Seattle, dove conobbe Debbie e Max e cominciò a lavorare, notando il suo autocontrollo. Le ricerche sui mezzi vampiri, e poi gli omicidi in città che convinsero Bella a trasferirsi in Italia.
Bella ne aveva passate di tutti i colori, eppure eccola qui, davanti a me. Aveva superato tutti gli ostacoli, nonostante fosse anche una neonata di pochi mesi e fosse pure madre. Ed ero io, quello che glieli aveva creati, tutti questi guai.
Non la biasimavo, se mi odiava.
L’unica nota positiva, era che non mi voleva privare dei bambini. Bella era buona e altruista, non avrebbe mai fatto un torto nemmeno al suo peggior nemico. Che magari, ero io in quel momento.
Ah! Non riuscivo a non odiarmi!
E nemmeno a placare la gelosia che in quel momento mi stava per sopraffare.
Cedric, il nuovo membro del clan Denali, continuava a guardare Bella. Era il suo chiodo fisso, il pensiero costante da quando era entrato in casa nostra. Ne era ossessionato; la trovava la più bella delle creature, e lo era, lo sapevo bene anche io. E che se ne fosse accorto anche lui, viscido animale, non mi stava bene. Avrei volentieri staccato la sua testa bacata dal resto del corpo, almeno così non avrei sentito i suoi ripugnanti pensieri su quello che era la donna che amavo. Per fortuna, avevo due alleati. Nemmeno a Nessie e a EJ andava a genio quel tipo. Mio figlio sapeva quanto me, che cosa pensava Cedric. Ecco, solo per questo, l’avrei volentieri...castrato. Sì, decisamente.
«Scusa, Cedric, potresti evitare di pensare certe cose sconce? Sai, il piccolo legge la mente.»
Lo stupore aleggiò nella stanza. Nessuno si aspettava un mio commento, soprattutto interrompendo l’infinito monologo di Jacob. Ma io avevo già letto tutti i suoi ricordi, e ascoltare le parole era superfluo. Mi sentivo sufficientemente da...cani.
Nessie soffocò una risatina, appoggiando il visino sul mio petto. Le diedi un buffetto sulla piccola spalla, mentre Ej sorrideva a sua volta. Il mio sguardo volò su quello di Bella, anche lei mi fissava, con i suoi occhi vermigli, che, nonostante il colore dall’aria terrificante, non avevano perso la profondità e l’espressività.
Mi persi a osservare la sua nuova figura. Se prima, con la sua semplicità, mi faceva mancare il fiato, adesso mi veniva proprio un infarto. Personalmente, la consideravo anche più bella di Rosalie. Assolutamente.
I miei figli mi lanciarono un’occhiata, come a darmi ragione.
«Prego?» domandò lui, fingendo di essere confuso. L’intera famiglia mi guardava in cagnesco- udite udite, pure Rosalie- per l’interruzione.
«Niente, scusa l’interruzione Jacob..»
E così, me ne stetti qualche altra mezz’ora ad ascoltare i pensieri di Jacob. Fin quando non pensò alle crisi di Bella, e smisi di respirare. Vederla contorcersi sotto i dolori più atroci, singhiozzare barbaramente, e sentirla urlare il mio nome con un tono implorante, spezzava il mio cuore morto. Ero io a farle quello, a farla soffrire in un modo così crudele. Io, che l’avevo lasciata, per giunta con i bambini, tra mille pericoli; ero stato io. Quale amante, quale padre, faceva come avevo fatto io? Ero buono a nulla, anzi. A far star male le persone che amavo, ci riuscivo alla grande.
Scorsi un ricordo di Ej: anche lui e Nessie avevano assistito a certe scene. Anche loro...
E se, per qualche secondo, avevo pensato di provare a riconquistare Bella..ora avevo cambiato idea. L’avrei lasciata libera di scegliere per sé, di rifarsi una vita- se ora si poteva chiamare tale-, di amare un altro. Magari Cedric avrebbe preso il posto che avevo occupato io nel suo grande cuore, per un certo periodo. Magari i bambini avrebbero preferito lui come padre.
Volevo che fossero felici, Bella, Nessie e Edward. E se Bella mi avesse detto di scomparire, l’avrei fatto. Di nuovo.
Ma forse questa volta sarebbe stato più difficile, ma per lei avrei fatto di tutto, per i bambini ancor di più. Se l’ami, lasciala andare.
Di nuovo.
*hm hm*
siate buone per il ritardo, chiedo scusa, ma, porca cicca, sono iniziate le scuole... EEEH, prove d'ingresso a gogo! ^^" Che bello-.-"
Non ho molto tempo per scrivere, ma mi sto dando da fare. U.U
Alluuurs. Parliamo del capitolo... Ho voluto integrare in questo capitolo la scena della radura e del parto, che non avevo messo all'inizio, facendo un salto temporale di 6 mesi buoni, per cui... So che non è molto ricco, ma è solo una finestrella, diciamo, degli ultimi momento da umana di Bella. Poi. Uh, volevo chiarire per Tanya: Sì, lei ci ha provato e ci proverà spudoratamente con Eddy... Ma lei è la cosa minore! Ho un sacco di sorprese MWAHAHAHA! Comunque, sì, Edduzzo è geloso. E non poco! E' chiaro che cedric gli stia proprio sui cosiddetti. Anche a me sinceramente XD Ah, e Bella si comporterà da scema. U.U E farà diventare scemo Eddy XD Uh, vi ho spoilerato troppo!
RINGRAZIO CHI HA RECENSITOOOOO!!! Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie!!!!!!! Siete troppo buoneee!! ^///^ E chi segue e preferisce, GRAZIE!
Colgo l'occasione di publicizzare una nuova fic...˜E ti sorriderò˜.
Ah, auguri cuginettaaa!! XD Non c'entra un tubo, ma pazienza.
Ora scappo, ciauuuuu

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Capitolo 13
*** 13. Piani ***


SCUSATEEEE!!!
Comincio così, chiedendovi di perdonarmi... Perchè sono davvero in ritardo con l'aggiornamento...
Mi dispiace sul serio...Solo che la scuola mi sta davvero rubando tutto il tempo libero, cavolo, e scrivere è davvero difficile in questo periodo. Cerco di mettere giu qualcosa appena posso, però... Bo, probabilmente mi è anche venuto uno schifo questo nuovo capitolo... Spero solo che basti per farmi perdonare almeno un pochino...
Ora vado, buona lettura... Spero vi piaccia.
Ps: SCUSATE ANCORA!
Capitolo 13. Piani

Sospirai.
Nessie e Ej stavano dormendo alla grande, nel mio letto. Era tardi, molto tardi per i miei piccoli tesori. Per questo, appena avevano appoggiato la testa sul cuscino, erano partiti letteralmente. Accarezzai i riccioli scuri di Edward. Mi fu impossibile non sorridere intenerita dai miei due cuccioli. Entrambi sorridevano dolcemente nel sonno, e nella stanza aleggiava una strana beatitudine emanata dai miei due angioletti.
Ma io non potevo essere altrettanto serena. Renesmee e Edward continuavano a crescere- certo, il ritmo era rallentato- ma io avevo sempre quest’angoscia che mi attanagliava. Ora avevo anche Carlisle come sostegno, ma.. Avevo paura, una fottuta paura per i miei figli.
E se le ricerche che avevo fatto fossero state sbagliate? Se quei mezzi vampiri su cui avevo indagato, fossero stati dei casi fortunatamente particolari?
E se i miei figli non fossero stati dei casi rari?
Il mio cuore morto sussultò.
Osservai i visi di Edward e Nessie; le loro guanciotte perennemente rosse, le labbrucce delicate- quando parlavano, sapevano essere affilate come rasoi, lo sapevo bene-, le loro lunghe ciglia. I ritratti del padre. Non erano identici a lui solo fisicamente. Come Edward, loro erano capaci- senza rendersene conto- di mandarmi nel più buio dei baratri e infliggermi i più dolorosi colpi a tradimento. Perché li amavo talmente tanto, che se fosse successo loro qualcosa, se fossero morti- non ci volevo nemmeno pensare-, sarei morta anche io.
Con Edward, beh, era stato diverso..Non mi amava più. Di certo, non potevo obbligarlo a rimanere con me, se non mi amava più. Però, il risultato, da parte mia, era stata una brutta depressione, con tanto di strane crisi. Lui non aveva provato nulla; né tristezza, né dolore. Era stato semplicemente indifferente e insensibile. Come quando mi aveva abbandonato nella foresta: il ritratto della freddezza.
Insomma, non aveva avuto un comportamento esemplare; avrei dovuto odiarlo.
Ma perché diamine non ci riuscivo? Ah già: perché lo amavo in un modo malsano. Davvero ingiusto.
«Mamma-- » Nessie si girò su un fianco, sempre sorridendo, e appoggiò la testa sulla spalla di Ej.
Se avessi potuto, avrei pianto.
Mi alzai e cercai alla velocità della luce una fotocamera, per imprimere quell’immagine non solo nella mia acuta mente, ma anche su carta. Dovevo farla vedere a Alice. Poi mi risedetti sul materasso, e ricominciai a vegliare sui miei figli. Il mattino venne fin troppo velocemente.
E con la notte, se ne andò anche la tranquillità e il silenzio del mio appartamento..
«MAMMA! Buongiorno!»
Nessie e Ej, velocemente, mi baciarono le guance, una da una parte, l’altro dall’altra.
«Ciao piccoli miei..» li presi, e obbligai delicatamente a sedersi sulle mie gambe.
«Allora, oggi è il mio giorno libero..Che volete fare?»
...Mm..
Ehm.
Okay, avevo capito. Sospirai, annuendo, e Renesmee mi rivolse il sorriso più luminoso del sole.
«Forza però. Voi preparatevi, io chiamo Al...» il cellulare prese a suonare, e mentre io alzavo gli occhi al cielo, i miei figli ghignavano.
Ficcanaso di una veggente!
«Bella, ti consiglio di mettere quella camicetta blu che ti ha regalato Debbie, ti dona particolarmente, e magari..»
«Alice, devo venire a casa vostra, non a fare una sfilata.» la bloccai. Era davvero esasperante.
«Non osare metterti la tuta a venire: è di vitale importanza!»
*
Non a fare una sfilata...
E allora, perché ero ancora, dopo mezzora dal monologo di Alice sulla moda, davanti allo specchio, con in mano la camicetta blu e la felpa della tuta, indecisa su cosa mettere?
Sportivo e comodo, o casual? O meglio, trasandato o curato?
Sicuramente, la tuta grigia e smorta mi dava l’idea di una che ormai non si teneva più, di una ragazza che non trovava nemmeno più significato nel farsi carina.
Ma io dovevo dare l’impressione di aver ricominciato, di essere una nuova Bella.
Una nuova e irresistibile Bella.
«Ness..» chiamai. Mia figlia sbucò nella camera.
«Cosa c’è mammina?»
«Mi puoi prendere i sandali che ci sono nello sgabuzzino?» Scomparve, e pochi secondi dopo era già al mio fianco. Sorrideva soddisfatta. Assomigliava sempre di più a Alice, quando faceva questi sorrisini furbi.
Mi vestii velocemente, e allacciai i tacchi vertiginosi. Ringraziai di avere un equilibrio perfetto, altrimenti mi sarei ammazzata ancor prima di aver fatto un passo. E, già che c’ero, misi un filo di trucco, per rendermi ancora più bella. Perché sapevo di esserlo, da vampira. Raccolsi i capelli in una coda bassa a lato, e i miei capelli in morbidi boccoli mi ricadevano sulla spalla.
«Bene.» Porsi la mano a Nessie, che l’afferrò sorridente, e andammo a raccattare in cucina quell’altro impiastro.
«Andiamo a piedi?»
«Sì»
«Evvai!» Edward partì alla massima velocità, e feci fatica a stargli dietro.
Papà è rimasto sorpreso quando Eddy l’ha battuto nella corsa.
Edward aveva fatto cosa..?!
Mi chiesi da quanto tempo andasse avanti questa storia, e cosa avesse combinato quell’idiota del padre con loro. Chissà quante cretinate.
Volammo a casa Cullen in pochissimo tempo, e fuori, al cancello, c’era Alice che si sbracciava. Stritolò i bambini, e poi ovviamente anche me.
«Wao, Bella! Non solo hai messo la camicetta, ma pure i tacchi: mi commuovi..!»
Le sorrisi:«Già, nuovo corpo, nuovo stile.»
Alice alzò gli occhi al cielo:«Anche da umana avevi le potenzialità giuste, solo che non avevi sicurezza e autostima! Ti mancava solo l’equilibrio!»
Scossi la testa, esasperata, ma felice. Il mio rapporto con Alice era sempre lo stesso.
Ci avviammo nella casa, in salotto, dove c’erano i Cullen e i Denali. Lo cercai con lo sguardo, ma non lo trovai. Perché non era qui?
Ecco, Bella, mica volevi dare l’impressione di aver ricominciato?
Ora ci si metteva la mia coscienza?
Smettila di pensare a lui! Ti ha fatta soffrire.
Vero.
Mi ritrovai Cedric al mio fianco, e per poco non mi venne un infarto. In senso figurato, ovviamente.
Il vampiro biondo mi guardava come un diamante, con gli occhi dorati grandi e luminosi. Sembrava felice di vedermi, e il sorriso gigantesco che mi rivolse, lo confermava. «Bella!»
«Ciao..» feci un cenno con la mano, in un saluto generale.
Carlisle mi sorrise calorosamente, Eleazar lo stesso, mentre gli altri, escludendo Tanya ovviamente, mi urlarono un ‘Ciao‼’ rumoroso. Mi accorsi che Esme, Carmen e Rosalie non c’erano.
«Esme, Edward, Carmen e Rose sono andati a caccia. Torneranno tra poco, tranquilla.» Alice amicò in mia direzione. Cominciavo a non tollerare il suo potere molesto! Oppure il fatto di essere così intellegibile anche ora.
Come predetto dalla folletta, sentimmo dei passi leggeri e cadenzati in lontananza che si avvicinavano velocemente. E in qualche secondo, ecco comparire i quattro vampiri.
«Bella!» Esme non attese un istante, fiondandosi da me. Mi accarezzò una guancia con fare materno, e sorrisi automaticamente alla mia pseudo-mamma. Almeno:io la consideravo tale.
Poi andò a coccolare i suoi nipotini. Gli occhi della vampira ardevano di tenerezza, sembrava una bambina davanti al più bel regalo per lei.
Chissà com’era felice. Sicuramente, non aveva mai messo in conto di poter avere un nipotino, e ora se ne trovava due!
Nessie e Edward, neanche a dirlo, erano entusiasti. Carlisle guardava la moglie giocare con i miei cuccioli, e anche lui, l’angelo bellissimo e composto, dall’animo buono, pareva sciogliersi e divenire un comune...Beh, comune no, ma nonno sì. Anche se era strano vedere un uomo con dei nipoti, a poco più di venticinque anni.
Ma ormai, la stranezza faceva parte della mia vita. Da umana, avevo dovuto accettare la mostruosità del segreto che il mio ragazzo nascondeva- e non avevo nemmeno dovuto faticare per digerire la cosa , tant’è che ero arrivata a implorare Edward di farmi diventare come lui.
Ora ero vampira pure io, adesso facevo parte del segreto, però non ero stata trasformata dall’uomo che amavo, ma dal mio piccolo mezzo vampiro. Non Edward grande, Edward piccolo.
La situazione era strana, benché non mi trovassi a disagio. Si era capito che ero strana, mi trovavo meglio, anche prima della trasformazione, coi vampiri che con gli umani. Per fortuna, non era cambiata la situazione.
Solo che mi metteva una certa ansia stare nella stessa stanza con Rosalie, Tanya, Edward e Cedric. Le prime due mi odiavano, il terzo era il mio incubo personale, e l’ultimo mi venerava quasi come una dea. Era una situazione tabù.
Edward mi guardava, Rosalie mi guardava, Cedric mi guardava, Tanya guardava Edward. Forse fu la cosa che m’infastidì di più. La cosa mi puzzava, però non potevo chiedere...
Avevo deciso di ignorare Edward, per il bene del mio povero cuore, per la mia mente, e in generale per tutto.
*
La mattinata passò piuttosto velocemente, era stato piacevole stare con la mia vecchia vampi-famiglia. Avevo notato che Renesmee e Edward avevano ammaliato tutti, Cullen e Denali- escludendo Tanya, che non li notava neppure. Ma era ovvio, una persona così poco intelligente e egoista, non sapeva accettare nemmeno le cose belle che la vita – o non-vita - offriva. I miei mezzi-vampiri erano..un esempio di quanto, anche i vampiri, secondo tutti esseri senz’anima, potessero fare cose magnifiche. Perché i miei figli, miei e di Edward, erano dei miracoli.
Alzai lo sguardo dalle mie mani, che mi osservavo da quando avevo notato gli occhi di Rosalie puntati addosso, poi lo riabbassai immediatamente. Perché mi fissava?
Stranamente, non mi lanciava fulmini come, ricordavo bene, faceva tempo addietro. Mi osservava solo curiosa. E questa cosa, mi terrificava. Oltre che imbarazzava all’inverosimile.
Jacob diceva che si notava anche ora, quando ero a disagio, anche se non ero più un semaforo. Mi si leggeva in faccia quello che provavo. Quindi, chissà se la bionda si era resa conto di quanto mi stesse mettendo in soggezione.
«Bella, ti posso parlare?» quasi mi sentii mancare. Alzai gli occhi su Rosalie, che si era già alzata, come se prevedesse la mia risposta affermativa. Beh, non aveva torto.
Annuii impercettibilmente, e la seguii in cucina. Perché proprio lì, poi?
Si sedette aggraziatamente su una delle sedie attorno al tavolo, e io la imitai, mettendomi di fronte. Mi guardava negli occhi, che non trasparivano nulla, mentre io ero sempre più in ansia.
«Ti chiedo scusa, Bella» secondo mancamento della giornata a causa sua: mi voleva accoppare? Fece un sorriso imbarazzato, appena accennato, mentre abbassava lo sguardo sulle sue mani perfette e pallide. «Probabilmente ti chiedi perché, e la risposta è per tutto. Ti chiedo perdono, per averti spaventata, mesi fa, per averti giudicata in modo sbagliato, senza conoscerti. Ti prego di scusare il mio comportamento..anche per essere stata felice quando ci siamo trasferiti.» questo fu un colpo doloroso, sì.
«Ma figurati, io..»
«No, Bella. Ho sbagliato, e mi dispiace. Io ci ho riflettuto.» prese tempo, mentre i suoi occhi cominciavano a parlare con la sua voce. Sembrava fragile, allo scoperto. «Credevo fossi una pazza, a voler star con Edward, pensavo fossi un’incosciente. Credevo che mio fratello fosse un idiota, a stare con un’umana. Ma in realtà, ero solo invidiosa. Io, se è quello che credi, non ti ho mai odiato, Bella, solo..»
«Tu..che cosa?» balbettai, shoccata, «Ma non ha il minimo senso..Tu..»
«Sì che il senso ce l’ha.Ti ho invidiata, e un po’, lo ammetto, sono ancora gelosa. Perché tu avevi a disposizione una scelta, una possibilità, e la stavi buttando all’aria come se niente fosse!» alzò lo sguardo su di me, e allungò le sue mani sulle mie, sul ripiano, facendomi rimanere spiazzata. Chi era quella, e che fine aveva fatto Rosalie?
«Però, vedendo come mio fratello ha sofferto, quando ce ne siamo andati, e sentendo quello che hai passato tu..Io mi devo ricredere sul fatto che sei una debole. Sei più coraggiosa di me, hai affrontato questa situazione con un coraggio e un amore infinito, e hai la mia più grande stima.. Sai, io ho sempre desiderato avere un figlio, ma purtroppo la mia natura me lo impedisce, lo sai bene..E il fatto che tu, anche se eri sola, non hai rifiutato i piccoli..»
«Non avrei mai potuto farlo.» la interruppi immediatamente, sentendo il dolore crescere solo all’idea.
Rosalie sorrise dolcemente, e strinse le mie mani tra le sue:«Questa cosa mi rincuora molto. E Bella, vorrei tanto che le divergenze tra noi non ci siano più..»
Sorrisi a mia volta, a quella vampira che sotto sotto non era così cinica come appariva:«Anche io. Cercheremo di andare il più d’accordo possibile» rafforzai la stretta sulle nostre mani, e Rosalie s’illuminò, poi sciogliemmo le mani. Stavamo per alzarci e tornare di là in salotto,quando mi venne in mente una cosa.
«Rosalie..» la chiamai, e lei si voltò a guardarmi, curiosa. «Se per te, e per Edward, è okay, vorrei che fossi la madrina di Ej.» Rosalie sgranò gli occhi, per la sorpresa, e si fecero liquidi, come se piangesse. In un istante, mi ritrovai ad essere abbracciata da lei:«Ti ringrazio, Bella.»
Quando tornammo in salotto, c’era una calma pazzesca.
Per forza, non c’erano i tre piccoli di casa: Edward, Nessie e Emmett erano, puff, scomparsi nel nulla.
«I bambini?»
«Fuori con il loro migliore amico!» scherzò Jasper.
Era, probabilmente, la prima volta che vedevo Jasper così tranquillo, sereno e spiritoso!
Forse perché non avevo, prima, avuto modo di conoscere il suo lato non macabro, che voleva papparmi tutti i giorni per colazione, pranzo o cena.
Ridacchiammo tutti.
«JASPER, TI HO SENTITO! E NON C’E’ NULLA DI MALE!» l’urlo dell’orso fece vibrare il lampadario che pendeva dal soffitto.
Qui, le risate grasse furono inevitabili.
*
Edward mi stava fissando da un bel pezzo.
Dovevo ammettere che la cosa mi lusingava molto, eppure, non avrebbe dovuto!
Dall’altra parte della veranda, c’era Cedric, che mi dava altrettante attenzioni.
E io?
Io cercavo solo di prestare attenzione ai miei piccoli, che ridevano entusiasti nel giardino, con Emmett che li inseguiva, ancora più esagitato di loro.
Mi sentivo nel bel mezzo di due fuochi, due fronti opposti, nemici. E la cosa mi turbava molto.
Pensa ai bambini, pensa ai bambini...
«Edward!» Tanya si sedette accanto a Edward, con calma calcolata e movimenti volutamente accattivanti.
Bella, pensa ai bambini...
Gli passò una mano sulla gamba, con un sorrisino malizioso e uno sguardo da gatta morta. Che calzatura.
«Ti rendi conto che è un secolo che non ci vediamo?Ne sono successe di cose, da quando sei venuto da noi per schiarirti le idee.» Altro sorriso malizioso. «Mi sei mancato molto...» appoggiò la testa sulla sua spalla. Edward abbassò lo sguardo per vederla in viso, e accarezzò col mento i suoi capelli. Sembravano una..una coppia.
Pensa ai bambini, cazzo Bella, PENSA AI BAMBINI!
Ma che cacchio, mi era impossibile!
«Papiiiii» Ness, amore di mamma, sarò tua debitrice a vita.
Torta al cioccolato per cena?
No!
«Cosa c’è piccolina?» Nessie fece per voltarsi indietro e tornare a giocare.
Okay, sì!
«Vieni a giocare con noi!»
Edward si scrollò di dosso quella specie di sanguisuga platinata, senza nemmeno troppa grazia- cosa che mi riempì il cuore di felicità- e raggiunse immediatamente Edward Junior e Renesmee.
Amen.
La cosa che più mi aveva resa gongolante, era il fatto che con Tanya non aveva usato la sua solita delicatezza. Con me, era sempre, e dico SEMPRE, stato attento anche a come respirava, per paura di farmi del male. Ma magari, era così solo perché ero solo una inutile e fragile umana, e lui un freddo e fortissimo vampiro, capace di uccidermi in un soffio. Come aveva detto lui una volta: poteva spappolare il mio cranio con una carezza.
Però no, non credevo fosse solo per quello.
Edward rincorreva i bambini, che ridevano eccitati; Prese Nessie con una grazia e una delicatezza immane, con un’attenzione particolare, piena d’affetto e premure. Lei rise apertamente, mentre lui l’appoggiava sul prato per farle il solletico. Ej saltò alle spalle di Edward Senior.
«Lascia la mia pulce!» la copia al maschile di Nessie rise cristallino. Fu come sentire un coro di campane, che arrivò dritto dritto al mio petto marmoreo e freddo, riuscendo a penetrare fino al mio cuore, e rischiando di farlo battere di nuovo. Era assurdo che mi facesse ancora così effetto, a distanza di mesi. Soprattutto, era assurdo il fatto che, nonostante tutto il dolore che mi aveva provocato, non riuscissi realmente a incolparlo, a giudicarlo: perché, per me, era sempre la creatura meravigliosa che mi faceva mancare il respiro.
«Bella..» mi voltai verso Rosalie, che si stava sedendo accanto a me, sorridente. Facevo ancora fatica ad accettare la sua gentilezza con me.
«Ciao Rosalie.» le sorrisi a mia volta, cercando di nascondere il fastidio che mi dava lo sguardo di Tanya scettico su di noi. Rosalie nascose una risatina con un colpo di tosse, e una mano davanti alla bocca carnosa.
«Uno:chiamami Rose. Due: vieni con me..»
Non potevo..
«Oh andiamo, non fare quella faccia: mica ti ho puntato contro un licantropo!» forse sarebbe stato molto più piacevole, e non sarei stata così nervosa!
«Coraggio!» insistette. Annuii con un sospiro debole, e Rosalie mi prese a braccetto, trascinandomi nella casa. Attraversammo tutta l’enorme villa, e passammo dalla portafinestra della cucina, che dava su un cortile interno.
Sgranai gli occhi: Alice e Esme stavano complottando con un’aria a dir poco ambigua. Non sapevo chi mi mettesse più ansia in quel momento.
«Bella, vieni vieni!» esclamò la piccola folletta, spostando una sedia dal tavolino. Io e Rose ci accomodammo, e madre e figlia mora cominciarono a guardarmi attentamente. Rosalie se ne stava tranquillamente appoggiata allo schienale della sedia, con un sorrisino dipinto sul viso d’angelo.
Alice prese la parola:«Che piani hai?»
La guardai scettica e confusa: «Come?»
«Te l’avevo detto che non ha pensato a nulla!» Alice ignorò l’esclamazione di Esme, e continuò a guardarmi.
«Intendo, pensi di riconquistarlo?» accennò una risatina, «Ops, scusa: pensi di farlo penare, per farti riconquistare?» Ero sempre più confusa.
«Non ho ancora ben capito...»
«Insomma Bella!- scattò Esme, facendomi sussultare- Sappiamo che ami ancora Edward: ma tu che cosa vuoi fare? Dimenticarlo non è una possibilità.»
«Beh, io non so. Perché l’idea era quella..Di fargli capire che ho guardato avanti, dopo che se n’è andato..Cioè, dopo che sono nati i bambini almeno..»
«Mh, si può fare..» mormorò tra sé Esme.
«Però devi vendicarti di averti trattata così.» s’intromise Rose, stupendo le altre due, «Non guardatemi così: okay che all’inizio non sono stata troppo affabile con lei, però mi ha fatto riflettere, e non smetterò mai di chiederle scusa per averla giudicata. E sapete bene che per me, la maternità è un argomento fragile..e poi magari lo smuoviamo un po’, scommetto che quell’idiota si è già fatto un sacco di tragedie mentali..»
Alice annuì:«Non sarebbe lui, altrimenti, no?»
Ora mi sentivo leggermente fuori dal discorso. Mi ero persa alla frase ‘lo smuoviamo un po’.
«Mmh, prima di tutto, Bella, devi essere civettuola.» riprese Alice.
«Come?!» non riuscii a finire di ribattere che Esme continuò il discorso della figlia.
«Certo che sì, la gelosia è una brutta bestia, certo, ma se si usa a proprio favore, così cattiva non è.»
«Ma chi...?»
Rose alzò gli occhi al cielo:«Bella, ti sei già resa conto che hai fatto colpo..»
..Cedric..
«Sfrutta questa cosa a tuo favore» concluse.
«Ma è prenderlo in giro così..E poi, con Tanya accanto, chi guarderebbe me?»
Rose sbatté il pugno sul tavolo, quasi smontandolo. Esme fece un grugnito, poi si ricompose, e ascoltò la figlia. «Bella. Tanya è una zocc..- si schiarì la gola, all’occhiataccia di Esme- è una civetta. Si comporta da tale con tutti, anche con Cedric ci ha provato. Ma non ha funzionato. Ora ha messo, di nuovo, gli occhi su Edward perché sa che aveva rotto con te. La prima volta che Tanya si è fatta avanti con lui, era quando non è venuto a scuola per due settimane, dopo averti incontrata, perché non sapeva dare un nome ai suoi sentimenti. Lei lo sa. E è un po’ una rivincita, è come se volesse farti vedere che lei è meglio di te..Ma tu sai che non è così. Peraltro, Bella...Edward ti sembra il tipo da mettersi con una così?»
No, certo che no!
«Ma il tempo cambia le persone..» sussurrai.
«Ma noi non siamo persone.» cercai di ribattere, ma non me ne diede l’opportunità, «Noi siamo vampiri, immutabili. L’unica cosa che ci sconvolge è l’amore, e tu hai stravolto Edward già una volta. Che cosa sarà rifarlo, mettendoci solo un po’ più di pepe?»
«Non so se ci riuscirò» guardai decisa le tre vampire di fronte a me: «Però ci proverò.»
Alice, Rosalie e Esme sorrisero.
«La riconquista comincia da questo momento!»

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Capitolo 14
*** 14 ***


Oh oh oooh! Marry Christmas every one!
*-* Che bello, le vacanze di Natale sono arrivate ^^ Non ne potevo piu di sgobbare a scuola... XD
Oh, beh, bando alle ciance, vi parlo un po' del capitolo...^__^ Comincia la parte picca della storia U.U E' solo l'inizio, ma pian piano le cose si complicheranno, per poi sistemarsi, ovviamente xD Beh, sono solo 2 pov: due di Eddy e uno di Bells. Quello di lei, lo trovo molto---divertente, non so, mi sono divertita a scriverlo U.U Leggerete, sisi.
Comunque: 8 recensioni *-* GRAZIE!! Non ho trovato il tempo per rispondere singolarmente, quindi faccio ora.
sury: assolutamente si!! ^^ Ma piu avanti imparerà a esserlo..XD

bellina97: Anche io sono perfida, e mi sta sulle scatole Cedric...Ma sì, chissene di lui! :D Intanto ci godiamo Bellina che sclera XD Grazie per la recensione, cara! Bacio!

amanecer: quella di Bella, sarà una vendetta lunga e dolorosa...Muhuhuhu... :) Grazie per la recensione, mia veggente!

Giulia_Cullen: Okay: Tanya si merita tanti calci...Glieli diamo insieme? ^^ Grazie mille, davvero, e grazie!!!

baby2080: zizi, ne vedremo eccome delle belle!! Grazie mille, baciuuuz^^

giova71: ma è ovvio che le donne di casa Cullen vincono U.U XD E eddy dispererà eccome, prima...^^ Spero che anche questo ti piaccia, un bacio^^

marilenacappucci: Hai centrato il punto: qui i mezzi saranno...bestiali XD Comunque mi dispiace per le attese, solo che la scuola è davvero allucinante...Beh, spero ti piaccia il capy, e grazie ancora!!! bacio!

franz1000: Ho fatto il possibile per aggiornare...Spero che almeno ti piaccia ^^" :D Magari la magia del natale mi ha aiutato a far qualcosa di carino: spero ti piaccia!
Comunque Edward, penerà, oh se penerà XD
Un bacio!

Bon, ora vi lascio al capitolo!!
Buona lettura!
Capitolo 14
Pov Edward
Ero piuttosto nervoso, quel giorno.
Non sapevo cosa stava succedendo, ma Alice e Rose non me la raccontavano giusta. Mi sballottavano Bella da una parte all’altra, pensando a cosmetici e vestiti di ogni genere. Significava ovviamente che complottavano qualcosa.
«Ough!» Emmett rise fragorosamente, e gli avrei volentieri detto qualche dolce parola, se le risate dei miei figli non mi avessero fatto completamente sciogliere. Mi misi seduto, scrollandomi di dosso un po’ di terra rimasta appiccicata ai miei jeans nel momento in cui mio fratello mi aveva piantato nel giardino con un pugno ben assestato.
«Eddy, sei un po’ assente...» mi beffeggiò Emmett, accomodandosi al mio fianco con in groppa Nessie e Ej. «Il tuo potere molesto perde colpi!»
Sospirai. «Vorrei non averlo questo potere.» confessai. L’unica mente che avrei voluto sentire, mi era totalmente occlusa. E le menti che non volevo sentire, erano quelle più rumorose, e che mi dovevo sorbire in ogni momento.
Tanya era un tarlo, mi seguiva ovunque, e di ogni mio gesto, ne faceva un film erotico.
Cedric..Non dovevo pensarci. Non volevo che i miei figli mi vedessero commettere un omicidio.
«Ma papà, il tuo potere è fico come il mio!» Ej scese dalla schiena di Emmett e mi si sedette di fronte, a gambe incrociate, guardandomi con i suoi occhi verdi e sorridenti. I miei da umano.
«Certo, a volte lo è. Però è anche fastidioso.»
«Molto fastidioso.»
«Taci, Emmett.» lo rimbeccai, facendo ridere Nessie e Ej.
Nessie si sporse e mi diede un bacio sulla guancia, sorridendomi poi dolcemente. Quella bambina era troppo dolce! L’avrei soffocata di baci volentieri. Le scompigliai dolcemente i capelli rossi. Avevano il colore dei miei, con la differenza che i suoi boccoli erano ben definiti, e le arrivavano alle spalle.
Li avvicinai entrambi, e li abbracciai spasmodicamente.
«Vi voglio un mondo di bene, piccoli miei..» mormorai sui ricci impossibili di Ej. Respirai il loro profumo dolce, misto tra il mio e quello di Bella.
Non potevo più immaginare la mia vita senza di loro. Mi portavano felicità, allegria, colore. Cose che da tempo non credevo più per me. Mi facevano credere nei miracoli. Loro erano il miracolo.
«Anche noi ti vogliamo bene, papà.» affermò con sincerità Nessie, mentre il fratellino annuiva sul mio petto. Sentivo i loro cuoricini battere a un ritmo incalzante, ed era la musica più armoniosa che avessi mai sentito. La melodia della loro vita era il pezzo migliore che avevo creato. Ed era ancora più bello, quel suono, perché era frutto dell’amore tra me e Bella.
«Nessie, Edward!» Kate chiamò i due bambini, e loro corsero dalle nuove zie acquisite, per far merenda. Con Irina e Kate, avevano un ottimo rapporto, e così anche con Carmen e Eleazar. Si adoravano reciprocamente. Le vampire Denali erano innamorate dei due piccoli, e loro stravedevano per le altre.
All’altro mio fianco, si mise Jasper.
«Mi sembri piuttosto inquieto..» analizzò. Acuto l’empatico.
Sbuffai ancora. Stavo diventando pure acido.
«Prova te ad ascoltare dei pensieri pervertiti sulla donna che ami..» risposi di getto, con una nota di sfida, «Poi vediamo come reagisci, se un tipo continua a immaginarsi Alice senza vestiti addosso. O Rose.» Em e Jazz fecero una smorfia. Avevo definito il concetto, e avevo sputato fuori il rospo che avevo in gola da quando avevo incontrato Cedric per la prima volta. Perché non ero mai, mai, stato più geloso che in quel momento. Ricordavo il ribrezzo per la poca finezza di Newton, di Yorkie o Crowly; però mai avevo desiderato così ardentemente staccare la testa a qualcuno. Era un tarlo fisso nella mia mente, che si rinforzava ogni qual volta Cedric pensava a Bella. Cioè circa..ogni millesimo di secondo, la mia voglia di carneficina aumentava di più. Con Newton, sì, avevo le mani che prudevano, e parecchie volte mi era passato per la testa di dargli per sbaglio un colpetto sulla nuca; quel tanto che bastava a spappolare quel fragile e vuoto cranio, dove l’unico neurone che c’era stava per morire di solitudine. Con Cedric..diciamo che i miei istinti omicidi si erano triplicati all’infinito. E poi, con lui sarebbe stato molto più divertente: altro che leggero colpetto!
«Beh, riconquistala.» esordì Emmett, dopo qualche istante di silenzio.
Sgranai gli occhi basito solo dal pensiero in sé che aveva fatto.
Sì, ci avevo pensato anch’io. Ma c’era un piccolo, gigante problema. Lei non mi poteva volere ancora, non dopo tutti i torti e gli affronti che le avevo fatto; non dopo averla abbandonata. E questo era imperdonabile.
«E’ impossibile»
«No.» Jasper affilò lo sguardo, «Edward. Bella ti ha sconvolto, giusto?L’amore per lei ti ha cambiato, e ti rimarrà nel cuore per l’eternità. Perché è così per noi.» Annuii. Altroché. Lei era come l’ossigeno per un umano; o come la linfa vitale degli esseri viventi per uno come me. Lei..era tutto. Era l’unica persona che mi avesse mai fatto ridere, gioire, e soffrire così. Lei aveva illuminato la mia cupa esistenza. Lei mi aveva fatto credere di poter toccare il cielo, di spegnere il sole, di poter essere un uomo. Un uomo vero. Mi aveva fatto credere che la vita poteva diventare un sogno anche per uno come me. Lei mi aveva regalato una nuova speranza, anzi due: due piccoli bimbi.
E io? Io l’avevo ripagata facendo la più grande cazzata dell’universo, andandomene via e lasciandola lì, senza protezione, con dei licantropi irosi e dei bambini da crescere.
E perché? Perché non ero stato capace ad accogliere la più bella cosa della mia vita, di proteggerla e di donarle il mio amore. Perché, principalmente, ero un idiota.
E mi stava bene, se lei si fosse messa con un altro: così imparavo a lasciarmela scappare.
Imparavo anche a lasciarla da sola, stupenda com’era, in mezzo a una mandria di uomini con gli ormoni sballati. Se ero rimasto io a bocca aperta, agli umani veniva un infarto. Che sicuramente mi sarebbe venuto, se fossi stato umano.
«Perciò, se tu la riconquisti, come ha detto intelligentemente Emmett, una buona volta nella sua lunga esistenza per puro miracolo, - l’orso gli riservò un’occhiataccia omicida, che l’empatico ignorò – se lei si innamorasse di nuovo...» lasciò la frase in sospeso, a disagio, come se avesse omesso qualcosa e si sentisse in colpa. Emise un sospiro frustrato, poi ricominciò. «Se lei si innamorasse di nuovo di te, nella nuova vita, la sconvolgeresti come lei ha ribaltato te.»
Il suo ragionamento non faceva una piega. Solo che molte volte, la fiducia, dopo un torto, se ne andava. E la fiducia doveva essere la base del nostro amore; quella stessa fiducia che probabilmente Bella non aveva più nei miei confronti, dopo quello che le avevo fatto.
Le risate di Alice e Rose mi fecero alzare lo sguardo su di loro, che stavano uscendo da casa. Eccola. Più luminosa del sole, più bella di una dea.
Si mordeva il labbro perfetto, imbarazzata.
Solo quel gesto innocente scatenò in me una serie di emozioni travolgenti, che a mio fratello non sfuggirono.
«Siete impossibili!» si lamentò Bella, dando un buffetto sulla spalla di Alice, che rideva apertamente. Rose soffocò la risata in un colpo di tosse, con una mano davanti alla bocca.
«Maddai, è una cosa normale!» le disse Alice.
«Sono cose private!» sbottò la stupenda vampira castana, incrociando le braccia al petto.
Okay, avevo smesso di respirare. Come se un gesto così stupido e inutile potesse placare il desiderio che mi stava sconvolgendo. Jazz mi appoggiò una mano sulla spalla, per tranquillizzarmi. Servì ben poco, perché quando Bella si passò una mano tra i capelli, per spostarli dal viso, tornai ancora inquieto. Avrei tanto voluto io toglierle quella ciocca dal viso, e portargliela all’orecchio, sfiorandole intanto la pelle liscia.
Le mie sorelle si sedettero sul dondolo, con lei tra di loro. Accavallò le gambe, e nella sua ingenuità, la trovai..maliziosa. Certo che ero proprio messo male; queste mie follie erano frutto di una dolorosa lontananza da lei, e mi era mancata così tanto che ora tutte la voglia repressa si stava facendo sentire.
Emmett balzò in piedi, ghignando: «Voglio mettere anche io in imbarazzo Bellina!» Quell’orso di mio fratello trottò dalla moglie, che ridacchiava.
«Rose..» la implorò Isabella.
«Eh, no Em, Bella non vuole.» disse Rose a Emmett, con un sorrisino.
«Te lo dico io!» Alice si accostò all’orecchio di Emmett, e mormorò il ‘grande’ segreto di Bella, che intanto la inceneriva con lo sguardo. Non sentii il sussurro, ma il pensiero rumoroso di Emmett sì. Mio fratello scoppiò in una risata fragorosa, facendo vibrare il terreno fino a me, che ero piuttosto distante.
Mi irrigidii immediatamente, mentre l’irritazione cresceva.
Com’è il non-più-verginello-Cullen a letto? Sono curioso!
«Avanti Bellina, sputa il rospo!» Emmett si inginocchiò davanti alle gambe di Bella, aspettando la risposta, mentre Alice e Rose la guardavano curiose e divertite al contempo.
Non avrebbe risposto.
«Uf, ma fatevi i cavoli vostri!» borbottò lei, chinando il capo e nascondendolo dietro ai capelli. Emmett rise, dando dei colpetti al suo ginocchio:«Uhh, scommetto che è una schiappa!» Ringhiai basso, cominciavo a sentirmi davvero ferito. Ma dovevo star calmo: Bella non avrebbe mai detto nulla..della nostra intimità.
Anche Jasper era divertito dalle mie reazioni e da quelle di Bella, e aveva benissimo capito l’argomento, anche se non leggeva nel pensiero. Cercò di calmarmi, con dei pessimi risultati.
«Ma dai, dimmi Bella..»
«Emmett, è passato parecchio tempo, e c’è di mezzo la trasformazione..Non ricordo tutto.» Cincischiò lei.
Emmett alzò e abbassò le sopracciglia, maliziosamente: «Avanti. Dillo solo a me. Non lo dico a nessuno»
«Non sono molto esperta..»
«Oh cielo: mi stai dicendo che era anche la tua prima volta? E che Edward ha fatto centro subito? Oh fly!» e rise come un idiota. Anzi, era un idiota.
Non intendevo sopportare oltre. Mi alzai senza troppi complimenti, e presi a correre, senza una meta precisa fuori paese.
Pov Bella
Che cretini!
Non erano domande da fare, quelle. E non era carino prenderci in giro così.
La notte con Edward com’era stata secondo loro? La mia prima volta con l’uomo che amavo, e che diceva di amarmi...
Era stata fantastica, il culmine della mia vita umana, probabilmente. Ero felice, euforica, così ingenua da far venire il voltastomaco. Sentivo di poter toccare il cielo con un dito, quella sera. E mai, mai mi sarei aspettata la nostra rottura.
Per questo mi si era spezzato il cuore.
Edward si alzò, e corse via, senza degnarsi di salutare o dire dove andava.
Beh, era mio diritto, essendo madre dei suoi figli, sapere dove andava e cosa faceva, no?
No Bella.
Ecco, anche la stupida vocina mentale mi contraddiceva. Ero messa, non bene, benissimo.
Beh. Però poteva anche evitare. Gli avevo portato i bambini, e lui si faceva tranquillamente i cavoli suoi. Si meritava il Nobel per l’ignoranza e la cafonaggine.
Sbuffai.
«Emmett, sei proprio uno scemo» bofonchiai, sprofondando nel dondolo.
«Perché Bellina? Così mi offendi..» fece una specie di faccia tenera, che non mi scalfì minimamente.
«Perché sei una volpe del deserto.» mi guardò con un enorme punto di domanda sopra il testone riccioluto. Alice e Rose ghignavano, al mio fianco, e potevo notare il sorriso anche sul viso perfetto di Jasper, che si avvicinava a noi tranquillamente.
«Non ho capito perché te la prendi con me. Ero solo curioso!»
«Curioso e impiccione. Mi hai fatto fare una figuraccia con lui!»
«Ma Bella, non dovresti vergognarti con lui, dopotutto vi conoscete nel profondo!» occhiata omicida da parte mia, risate dalle mie ex-cognate e Jasper. «..Emmett..» ringhiai. Ma si poteva essere più idioti di lui?!
«Che c’è? Non è forse vero che conosci Edward nel nudo animo?»
«EMMETT!» ora lo ammazzo!
«Ehi, non voglio spargimenti di sangue! Risolvete la cosa senza morti, per piacere!» Carlisle cercò di non scoppiarmi a ridere in faccia, e proseguì in casa, dove andò subito da Esme.
In quel momento, arrivarono anche i miei piccoli con Kate e Irina.
«Bimbi- annunciai, mentre mi alzavo dal dondolo-, la mamma darà una bella lezione allo zio Emmett, adesso!» lanciai un’occhiata di sfida all’orso, che ghignò, fremente. «Braccio di ferro?» proposi, facendogli un cenno a una roccia nel cortile, piatta abbastanza per poggiarci i gomiti.
Faccia a faccia, il mio fratellone sembrava davvero sicuro di sé. In effetti, Emmett era grosso. Muscoloso. Sì, metteva abbastanza paura.
Però dimenticava una cosa.
Dimenticava che ero una neonata, una neonata madre, single, e incazzata.
Ci preparammo, e al via di Jasper, che- si vedeva- moriva dal ridere, Emmett cominciò a far pressione sul mio braccio. Non era indifferente, certo, ma ancora sopportabile. Sorrisi a Em, che s’accigliò. La sua forza aumentò, ma il mio braccio non si muoveva; lo feci penare ancora un po’, poi, sorridendo vittoriosa, cominciai a prendere posizione e senza nemmeno troppa fatica, la mano di Emmett sfondò la sua parte di roccia con un tonfo secco.
«E vince..» sorrisi, mentre Emmett grugniva.
«Brava mamma!» i miei bimbi si complimentarono con un bacio sulla guancia ciascuno, mentre Alice e Rose mi batterono un cinque, con un «Ben fatto».
«Uffa, Bellina, rivincita domani!»
«Non sai perdere, fratellone!» l’apostrofai, mentre lui s’imbronciava.
*
Pov Edward
Se ripensavo all’intelletto infimo di mio fratello, mi veniva voglia di fare retromarcia e di andare a picchiarlo a sangue, così forte e devastantemente che non sarebbe nemmeno servito il fuoco per finirlo, perché era così sbriciolato che non sarebbe riuscito a ricomporsi.
E non m’importava se desideravo ammazzare mio fratello. O forse, proprio per questo, non volevo togliere attenzione alle piante a cui sfrecciavo accanto, evitandole un istante prima di andarci contro.
Mi ritrovavo nello stesso stato di quando avevo capito di amare Bella. Quando correvo disperatamente, cercando di estraniarmi dal resto, di farmela passare per salvarla da me stesso. Correvo veloce, silenzioso; volavo, quasi. Era facile come respirare, per me, correre, un gesto istintivo, piacevole; facile come amare Bella.
All’improvviso, mi accorsi di non essere il solo, a correre.
Era Tanya.
Mi seguiva da quando ero partito, e io non me n’ero nemmeno accorto. Cominciai a rallentare, mentre lei recuperava terreno, finchè non mi fermai del tutto. Volevo mettere in chiaro che non ci sarebbe mai stato nulla tra noi, che poteva evitare di immaginarmi nudo, e che, soprattutto, il mio cuore apparteneva a Bella, anche se lei non ricambiava il mio sentimento. Doveva finirla di invidiarla, odiarla e pensar male di lei. Non c’era cosa che odiassi di più.
La Denali era ormai di fronte a me.
«Tanya, dobbiamo parlare» non conclusi la frase, che mi trovai lei a un millimetro dal viso. Mi accarezzò i capelli, «non servono parole per questo» e azzerò le distanze.
Cazzo.
Riuscii, poggiandole le mani sulle spalle e allontanandola con forza, a staccarla da me. «No, Tanya.»
«Più mi allontani, più mi piaci, Edward.» sfuggì alla presa delle mie mani, e mi ribaciò. Poi si allontanò, correndo, verso casa.
Guardai in quella direzione per un tempo indefinito, perso. Non riuscii, in quegli istanti, a pensare a nulla. Avevo il vuoto totale, intorno a me, come se fossi stato in una bolla impenetrabile, e io fossi diventato cieco e sordo.
Poi il senso di colpa si fece improvvisamente sentire, schiacchiandomi in un modo opprimente. Mi lasciai cadere in ginocchio, con la testa fra le mani.
Per la prima volta nella mia esistenza, sentii davero l’impulso di piangere a pieni polmoni, per sfogare la mia rabbia, il mio dolore e il mio odio verso me stesso. Perché in ogni momento, dovevo peggiorare sempre di più la mia situazione? Perché dovevo necessariamente sbagliare ogni cosa facessi? Perché?
Non bastava essere un essere come me, che si nutriva della vita altrui? Un vampiro? Non bastava che avessi perso la nascita dei miei figli? Che mi fossi perso il loro primo pianto, la loro prima parola, il loro primo passo?
Non era sufficiente che non fossi stato accanto alla donna che amavo, durante la sua trasformazione in mostro?
No evidentemente.
-
Tornai a casa la sera tardi.
Bella era ancora da noi, la sentivo chiacchierare da fuori. Erano tutti in salotto, che guardavano dormicchiare i bambini, tra le sue braccia. Intanto, lei raccontava ai miei le sue piccole avventure durante la gravidanza. Io rimanevo fuori, ad ascoltare, immaginandomi quello che mi ero perso. La sua voce era meravigliosa, calda, e piena d’affetto per Renesmee e Edward. Dalla finestra, vedevo il suo sguardo luminoso, mentre li accarezzava con gli occhi.
Più andava avanti a parlare, più mi rendevo conto che il mio grado di mostruosità raggiungeva livelli mai visti. Ero davvero un essere pessimo; di persona non potevo nemmeno parlare, io non ero tale.
E non solo perché mi ero comportato male nei suoi confronti. Perché, l’avrei ripetuto all’infinito, non mi sarei mai perdonato di aver abbandonato Bella nella foresta, per di più incinta dei piccoli. Ma anche per il fatto di essere un non-padre. Ero stato assente per mesi, facendoli sentire diversi, e soffrire per non avere un secondo punto di riferimento. E ora che mi avevano trovato, io me ne andavo perché mi lanciavano semplici –anche se fastidiose- frecciatine, e li lasciavo di nuovo soli. Che razza di genitore ero?
Decisi di entrare. Aprii la porta e passai per il salotto, fermandomi a capo basso sulla soglia. Mi sentivo uno schifo.
Presi un respiro, e alzai lo sguardo sui bambini, che dormivano beatamente. «Bella, ti andrebbe di lasciare i bambini qui a dormire? A-anche tu se vuoi, passi un po’ di tempo con Ali..» proposi, senza riuscire a guardarla in viso. Mi vergognavo come un ladro di quello che era successo prima.
«Sì, Ness e Edward possono rimanere qui..Però io no, mi dispiace.» Si alzò aggraziatamente e si avvicinò a me. Presi dalle sue braccia Nessie, mentre le dicevo di seguirmi di sopra. Coccolai e dondolai la bambina, godendomi quel momento di tenerezza. Vedevo i suoi sogni: erano colorati, vivaci. C’era tutta la mia famiglia, i Denali, e poi c’eravamo io e Bella, per mano.
La piccola voleva rivederci insieme.
Anche a me piacerebbe, piccola.
A noi due, si aggiunsero anche lei e Ej, uno per mano a me, l’altra con Bella.
Baciai i capelli profumati della piccola dolce Nessie, poi la posai sul mio letto, mentre Bella faceva lo stesso con Ej. Mi allungai per prendere la coperta nello stesso istante in cui lo fece Bella, e le nostre mani si sfiorarono, lasciandomi nel punto toccato la scossa che solo lei mi provocava. Ma non alzai lo sguardo ai suoi occhi, nonostante la voglia immane di farlo, e rimboccai le coperte ai bambini. Lasciai a entrambi un bacio sulla fronte, promettendogli mentalmente che sarei tornato tra poco. Bella fece lo stesso, mormorando un ‘ci vediamo domani’. Mi seguì giù di nuovo. La sua vicinanza mi faceva impazzire. Non solo la pressante voglia di baciarla e stringerla era tornata, ma era anche fronteggiata da quella di scappare via, per non incrociare mai i suoi occhi. Per non dirle la verità.
Ma poi, di che mi preoccupavo? Non stavamo più insieme, dopotutto, no?

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Capitolo 15
*** 15-Vulnerabile ***


..Scusate, scusate, scusate, scusate!! >.< Non so come io abbia fatto a ridardare di 5 mesi con il postaggio...! Sono davvero spiacente...Infatti non ho molte pretese, con questo chap, ma spero almeno che non dispiaccia.. Ci ho messo decisamente troppo a scriverlo, scusatemi..sperando che qualcuno si ricordi ancora della storia, vi auguro buona lettura.
Un bacio- al prossimo tempestivo aggiornamento.
Capitolo 15. Vulnerabile
Un verme.
Ecco come mi sentivo.
Era come se avessi tradito non solo Bella, ma anche i miei figli. Avrei dovuto leggere nella mente di Tanya le sue intenzioni, avrei dovuto fermarla. Io non la volevo baciare, io non l’amavo. Io volevo solo una donna, una vampira, e lei era Bella. Tanya prima era una mia amica, perché si era comportata così con me, solo per una questione di orgoglio? Era una cosa che proprio non concepivo, soprattutto da una persona che consideravo di famiglia.
Sospirai, continuando a guardare Renesmee e Edward dormire, incantato. Erano bellissimi, così simili sia a me, che alla madre..era incredibile che fossero nati grazie a me, un mostro, due angeli. Scaldava il mio cuore immobile.
«Edward..» mi chiamò mentalmente Alice, facendo sbucare appena la testa nella stanza. «Puoi venire un attimo di là?» Mi alzai svogliatamente: era un dolore fisico allontanarmi da loro, come dalla madre. Ma da quando avevo quel dannato senso di colpa rodermi dentro, averla lontano era per certi versi un sollievo. Era un male fisico staccarmi da lei, ma anche starci vicino, ora che mi sentivo un traditore. Ero diviso a metà, tra la voglia di urlare al mondo il mio amore per lei, e scappare via, nascondermi per la vergogna.
«Dovresti dirlo, a Bella..» esordì Alice. «Di Tanya.» finì con la mente.
Emisi un verso strozzato, sofferente. «Che cosa cambierebbe, eh, Alice? Cosa le potrebbe mai interessare, ora che non mi ama più?» mi lasciai scivolare contro la parete del corridoio alle mie spalle. Mi sentivo terribilmente umano, in quel momento. Fragile, stupido, debole.
Mia sorella sbuffò, ponendosi di fronte a me con un’aria decisa. «Oh santo Cielo, Edward. Sii uomo, per la miseria! Smettila di fare il depresso complessato, hai avuto quasi un anno per piangerti addosso, e per come stavi, sei a posto per l’eternità.» Alice poggiò le braccia ai fianchi, mi guardava dall’alto del suo metro e quarantacinque, con un’aria che non ammetteva repliche. Era una brava dittatrice, tutto sommato poteva far concorrenza ai Volturi. Alice alzò un sopracciglio, classico segno d’irritazione.
«Quindi, ora, cerca di tirare fuori i connotati, e tenta di riconquistare Bella!» si chinò alla mia altezza, accucciata aggraziatamente. Mi sorrise come solo lei sapeva fare, con tutto l’affetto fraterno che disponeva per me. Quel folletto mi faceva girare la testa: un attimo prima mi sbranava, un attimo dopo era tutto zucchero; forse era per questo che l’adoravo. Forse per questo, la mia fermezza vacillava e la speranza, anche se fievole e fiacca, faceva capolino nel mio cuore di marmo.
«Ma devi essere sincero con lei..su tutto. Ha bisogno di certezze ora, Bella. L’hai ferita, ed ora tu devi cicatrizzare. Non so fino a che punto lei stia meglio.»
Scossi la testa, bruciando le mie aspettative con la razionalità: «Alice, è passata oltre.»
Ed era vero; Bella si era rifatta una vita, era indipendente, sapeva badare a se stessa..ormai non avevo più nemmeno la scusa di proteggerla dalle catastrofi. Da piccola e fragile umana, era diventata una forte e determinata vampira.
«Ma che vuol dire? Tu puoi raggiungerla, potete ricominciare insieme!» insistette, concitata. Lo sguardo di Alice trasmetteva sicurezza, i suoi pensieri erano identici a quello che si leggeva sul suo viso da folletto. Mi rialzai, ma non ero convinto.
«Eh va bene..» Alice mi saltò al collo, abbracciandomi stretto, esultando col pensiero.
«Forza, vai!» pensò alla via in cui c’era il suo negozio, poi mi assicurò che avrebbe tenuto lei i bambini nel caso ci avessi messo di più.
Avrei fatto la strada a piedi, a passo umano, il più calmo possibile. Avevo bisogno di riflettere; come dovevo dirlo? Ma che senso aveva dopotutto? Cosa le importava?
Andare lì e dirle: «Sai, Bella, ho baciato Tanya, ma siccome ti amo ancora mi sento una vera merda» Sì, così mi sarebbe scoppiata a ridere in faccia, o sarebbe scappata via a gambe levate dalla mia faccia tosta.
Raggiunsi la piccola pasticceria dova lavorava Bella fin troppo presto, non ero ancora pronto per avere una conversazione con lei..
La osservai per un po’, da dietro il vetro. Non credevo mi avesse notato, era presa a sistemare le paste, e ogni tanto si fermava con occhi vacui a fissare il vuoto. Era triste. Avevo voglia di raggiungerla in una falcata, e di stringerla tra le mie braccia, consolarla, dirle che era tutto per me.
Era così aggraziata, nei movimenti: più che vampiro, sembrava una fata. L’immortalità l’aveva resa ancor più affascinante, se non irresistibile. In un certo senso, non avrei potuto biasimare Cedric. Ma quel vampiro era ancor più pressante e perverso di Mike Newton, ancor più viscido di Aro in persona. Era..semplicemente un flagello.
Bella si allontanò dal bancone, e in quel momento presi un bel respiro.
Stavo per compiere il primo passo per riavvicinarmi davvero a lei, nonostante i grandi casini che avevo fatto solo il giorno prima. Dovevo solo..aver fiducia, o perlomeno, cercare di riconquistare quella di Bella.
.
Pov Bella.
«Oh mio Dio..» sorrisi del sospiro ammirato di Debbie. Probabilmente aveva visto l’ennesimo bel ragazzo. Nonostante ora stesse con Seth, non la finiva mai di fare apprezzamenti sugli altri uomini – però aveva confessato di trovare il suo ragazzo il più bello di tutti.
Andai al bancone, distrattamente, ero troppo presa dai miei pensieri su Edward, per poter notare un qualsiasi cosa. Anche se ci fosse stato un terremoto, non l’avrei nemmeno sentito, e nemmeno l’intera armata dei Volturi mi avrebbe distolta dall’immagine di quel vampiro meraviglioso.
L’altra sera l’avevo sfiorato, e quel contatto..aveva provocato una scottatura sulla mia pelle gelida, e marchiato a fuoco i miei ricordi. Quella sensazione di calore, di dolcezza contro la mia pelle...le sue mani non erano più fredde come un tempo, era stato sorprendente non ritrovare il gelo delle sue dita, ma un piacevole torpore e una morbidezza destabilizzante. Quel nuovo primo contatto continuava a ronzarmi in testa.
Debbie si schiarì la gola, e io portai distrattamente lo sguardo su di lei: mi guardò eloquentemente, facendo un segno –che avrebbe dovuto essere discreto- verso il ragazzo adocchiato. Alzai gli occhi al cielo, e gli concessi uno sguardo. Spalancai la bocca, e sbattei le palpebre velocemente come per rendermene davvero conto. Non ero sicura di vedere bene, probabilmente avevo di nuovo le visioni.
Non era possibile che Edward, proprio lui, fosse venuto qui. Perché poi?
«Salve» sorrise, e mi preparai a sentire le gambe molli. Poi mi ricordai che non ero più umana. Nonostante i mesi, ora che avevo ritrovato Edward, mi sembrava di essere tornata la vecchia Bella, fragile e impressionabile.
«Salve!» rispose immediatamente Debbie, cordiale.
«Che ci fai qui?» incalzai invece io. Lui avrebbe dovuto essere con i bambini, no?
«Esme è a far la spesa..» capii che era a caccia, «e io non sono molto bravo a cucinare. Sono venuto per comprare la colazione ai bambini.» Debbie mi guardava molto male, per la mia freddezza con il cliente più bello che avesse mai visto. Se avesse capito chi era, non sarebbe stata così gentile.
«Giusto..» concessi, imbarazzata. Avevo fatto una figura inutile. Presi dei cornetti al cioccolato, i piccoli ne andavano matti, e li misi in un sacchetto, che consegnai a Edward. «Ecco..»
Lui sorrise, prendendolo. «Grazie.»
Pensavo che se ne sarebbe andato, invece indugiò ancora. «E’ bello questo posto.» commentò, guardandosi in torno, ostentando tranquillità. Eppure, ero sicura che stesse indugiando, non era qui solo per la colazione di Nessie ed Ej.
«Già.- dissi- Mh..Edward, lei è la mia collega Deborah. Debbie, Edward.» Gli occhi della mia amica si spalancarono all’inverosimile, allucinati e stupiti. Lei sembrò andare in apnea, non respirava più per la sorpresa, mentre notai con la coda dell’occhio Edward fare una smorfia. Probabilmente non stava leggendo nulla di bello, nei pensieri di Debbie.
«Okay..Piacere di averti conosciuta, ora io andrei..» disse lui, gesticolando come non l’avevo mai visto fare. Aveva un’aria corrucciata, quasi dolorante. Era la prima volta che lo vedevo così umano. «Scusa se ho disturbato..Arrivederci» si girò, le sopracciglia aggrottate, e fece qualche passo verso la porta. Quello che successe poi, mi lascio praticamente pietrificata. Edward rimase fermo qualche istante, poi lo vidi ciondolare verso un tavolino, come se avesse dei capogiri e non riuscisse a reggersi. Emise un rantolo, mentre le gambe gli cedevano e si lasciava cadere su ripiano. Non ci misi più di un istante, prima di raggiungerlo alla mia velocità per sorreggerlo. Lo afferrai per le spalle, mentre lasciava andare la testa all’indietro, rantolando l’ennesima volta. «Edward!» Lo chiamai, scuotendolo leggermente, mentre mi abbassavo verso il pavimento, poggiandomi sulle ginocchia. «che ti prende?!»
Ero in panico, non sapevo che fare, come farlo star meglio.
«Ah!» Edward si piegò in avanti, spalancando gli occhi, portando le mani allo stomaco. «Edward‼» Sentivo gli occhi pizzicare, mi veniva da piangere a vederlo in quello stato. Che cosa aveva?
Gli passai una mano tra i capelli, era l’unica cosa che mi sentivo di fare per cercare di tranquillizzare me stessa e lui. Ma mi bloccai terrorizzata quando la sua testa con un colpo secco venne mandata indietro come se gli avessero dato un pugno nel mento.
E fu in quel momento che sentii un movimento sospetto, troppo veloce per un essere umano, e sentii la mia rabbia crescere con l’idea che fosse un vampiro a fargli del male e il desiderio di proteggerlo ad ogni costo.
E come se qualcuno avesse ascoltato il mio pensiero, Edward sembrò rinsavirsi con un respiro profondo e rilassando i muscoli, e un secondo movimento mi fece intuire che chiunque fosse a fargli del male, se n’era andato.
Voltai lo sguardo su di Edward, che teneva ancora gli occhi chiusi e riprendeva fiato. Lanciai una fugace occhiata a Debbie: era ancora lì, totalmente paralizzata dalla paura. Ma in quel momento, era la persona che mi preoccupava di meno. Tornai con gli occhi su Edward, mentre realizzavo che lo tenevo ancora stretto a me, e lui era di nuovo lucido. Per quanto potesse essere fonte d’imbarazzo, non riuscivo a dire niente né a far qualcosa che lo facesse allontanare da me. Lui era lì, a stretto contatto con me, potevo sentire il suo profumo, il suo respiro e ammirare la sua eterea bellezza. E lui non aiutava, non muoveva un muscolo, perciò non faceva scattare quella necessità dettata dall’imbarazzo e dal disagio che mi suggeriva di stargli ben distante. Edward era ancora tra le mie braccia, e mi sentivo in paradiso.
Aprì gli occhi, quei fantastici occhi dorati che sin dall’inizio mi avevano incantata. Ma in quel momento, sentii ancor meno il bisogno di stargli distante. Ci guardavamo negli occhi, a pochi centimetri l’uno dall’altra, e nemmeno lui sembrava voler muoversi da lì. Avevo a malapena la forza di pensare che nonostante tutto, non avrei mai smesso di amarlo, perché era l’unico che avrei mai voluto. E tutte le cose che erano successe, a partire dall’abbandono, avevano solo incrementato quel sentimento che ogni istante cresceva.
«Mamma, papà‼» Nessie, Ej e Alice entrarono dalla porta del locale,e i nostri figli si buttarono addosso a noi. Nessie prese le guance di Edward, che, anche se provato, cercava di accennare un sorriso. «Stai bene, papy?» chiese Renesmee, il suo sguardo allarmato. Ej fece il controllo completo, alzando e abbassando le braccia e facendole ruotare per vedere se fosse ferito.
«Ehi, piccolo, sono tutto intero. Sto benone!» disse, e in quel momento si mosse per alzarsi. «Davvero.» confermò, all’ennesima domanda di Nessie ed Ej.
«Bella..» appena mi chiamò, sussultai impercettibilmente. Suonava così bene il mio nome, uscito dalle sue labbra..«Possiamo parlare?» In quel momento, entrai nel panico totale. Voleva parlarmi, ma cosa intendeva dirmi? Avevo tante domande, supposizioni, dubbi...ma Alice s’intromise. «No, Edward, non è il momento. Dobbiamo parlare di una cosa ben più grave!»
Edward la guardò male, poi l’espressione si distese: «Che cosa, di grazia?»
«Questo non è il posto ideale per parlarne.» convenne Alice, avvicinandosi a Debbie, che era ancora immobile. «Ehi, tutto okay?»
Deborah annuì lentamente, i suoi occhi però erano ancora sbarrati. «Sì...sì, più o meno.»
«Che ne dite di chiudere il locale, per oggi? Non è stata una giornata facile..»
«S-sì ma..» balbettò, incerta.
«Alice, portala da Seth e Jake, con loro è al sicuro.» consigliai, mentre mi rialzavo e prendevo in braccio Nessie. Stranamente, la piccola non aveva ancora fatto commenti sulla vicinanza tra me e il padre, probabilmente perché non voleva fargli sentire i miei pensieri. Quanto avrei voluto chiedere a Nessie di leggere i pensieri di Edward e poi farli sentire a me...
«Potrei anche farlo..» pensò Nessie, «Papà mi sente a momenti.» poi assunse un’aria pensierosa. «Ma tra moglie e marito non si mette dito! Lo dice zia Alice!» Non feci in tempo a fissare male quella che sentivo una sorella, perché se la stava già squagliando con Debbie. Pestifera di una veggente! «Forza...» sospirai, poi, «Andiamo a casa..»
*
Tutti i membri della famiglia Cullen e Denali, erano attorno all’inutilizzato tavolo della cucina. Mancavano solo Tanya, Cedric-che da un po’ non si faceva vedere- e Alice, che ci avrebbe raggiunti a momenti. Appena rivolsi un pensiero a lei e Debbie, la porta si aprì e comparve seduta sulla sua sedia, accanto a me e a Jasper. «Eccomi qua, si può cominciare.»
«Cos’è successo, di tanto grave, per chiamarci così allarmati?» chiese Esme, che già era il ritratto del panico.
«C’è un vampiro in circolazione che mette a rischio la sanità Edward.» spiegò concisa Alice, seria.«Un vampiro capace di non farsi vedere nemmeno da uno di noi, e la cui mente è preclusa a Edward.» I visi dei vampiri si fecero cupi.
«Praticamente imprendibile.» convenne Carlisle, che non riuscì più a star seduto, cominciando a passeggiare lungo il tavolo, le sopracciglia aggrottate.
«Direi che dovrà sempre esserci qualcuno con i piccoli..» suggerì Carmen, che diede voce ai pensieri miei, e certamente di tutte le persone presenti.
«E’ la prima cosa da fare» fece Rose.
«Devo trovare un modo per proteggerli...» disse Edward; era profondamente abbattuto, probabilmente si chiedeva come avrebbe potuto tenerli al sicuro, se lui per primo era così vulnerabile. «Non mi farò trovare impreparato..»
«Edward, non puoi percepirlo, non c’è modo» ribattè Jasper, non per sminuirlo, ma semplicemente pensava con razionalità ed obbiettività.
«Sì, ma sono i miei bambini.. Non posso lasciarli così..a rischio..con un vampiro tanto pericoloso.» fece, fissando i ghirigori del legno del tavolo.
«Troveremo il modo» lo appoggiai io; quando alzò gli occhi, evitai accuratamente di incrociare il suo sguardo. Ci furono altri scambi di battute tra i membri della famiglia, ma io stavo già pensando ad un modo, e le ignorai.
«I licantropi..» pensai ad alta voce, «Sapendo che girano intorno ai bambini, non si avvicinerà.» Tutta la famiglia mi guardava perplessa.
«I cani dovrebbero darci una mano?» sibilò Rose. Emmett cercò di placarla, ma lei continuò imperterrita, «Sono più pericolosi di un vampiro!»
«Sono l’unica chance che abbiamo.» ribattei, «E poi Jake non farebbe mai male a Ej, tantomeno a Nessie.. non potrebbe nemmeno con tutta la sua forza di volontà, gli basterebbe guardarla per ammansirsi.» poi mi morsi il labbro inferiore. Avrei dovuto dire a Edward del piccolo dettaglio dell’Imprinting, prima che lo scoprisse in modo ambiguo. Già la situazione era catastrofica di per sé..non volevo peggiorasse.
«Oh, andiamo Bella, non dirai sul serio!» rispose ancora la bionda.
«Bella ha ragione..» la interruppe Esme, «Jacob e Seth sono dei bravi ragazzi..e soprattutto possono proteggere i piccoli, e non gli faranno del male.»
«I licantropi..» borbottò Emmett, incerto. «Uffa, mai uno scontro aperto.»
«Non potresti nemmeno averlo, lo scontro aperto, testa di rapa..!» lo apostrofò Alice, «E’ invisibile!»
«Suvvia, ragazzi..» li riprese bonariamente Carlisle, «Eleazar, tu che ne pensi?»
«Che l’idea di Bella sia la migliore, noi più di tanto non possiamo fare..»
«Ma se tornerà, Alice potrebbe vedere le sue mosse, ora che ne sa l’esistenza» pronunciò Kate, quasi come una domanda. Probabilmente non era sicura della sua deduzione.
«Può darsi..» borbottò Carlisle, «Alice?»
«Vedrò cosa riesco a fare.» rispose lei, scrollando le spalle. «Oggi la visione è arrivata tardi, magari anche perché avevo attorno i piccoli..loro mi danno qualche problema, è come se intasassero la “rete”. Ora che so che devo controllare, ho più possibilità di avere un margine maggiore di tempo per avvisare..» Annuimmo.
«A proposito, Alice, come sta Debbie?» incalzai, preoccupata per la mia amica.
La folletta ridacchiò: «Poverina, è ancora sotto shock. E’ già stata una batosta la consapevolezza di essere accerchiata da mutaforma e vampiri, ma questo è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso...era più pallida di noi, faceva quasi ridere la differenza tra lei e Seth..» sorrise quasi in modo dolce; ed era una gran cosa, sapendo che si parlava di un licantropo. «Beh, almeno lei è normale..» rise Alice; la sua risata era meglio di un coro di tanti campanellini. «Che intendi?» incalzò Emmett, e la cosa mi tranquillizzò, non ero l’unica che non aveva capito ciò che insinuava.
«Beh, Bella come minimo avrebbe dovuto reagire così, quando l’ha scoperto..» disse, con un’aria tra il saccente e il dolce.
«Lo sapevate già che il mio cervello non andava alla grande..» ribattei, con un occhiolino alla folletta. «Beh, non che adesso vada bene!» mi prese in giro Emmett, che –al contrario di Alice- ricevette una vera e propria occhiataccia.
«Taci, orso..» borbottai, «Non sei riuscito nemmeno a battermi a braccio di ferro..»
Prima che Emmett potesse ribattere, Edward si alzò in piedi e picchiò il pugno sul tavolo, facendomi sussultare. «Non è il momento di scherzare, è una questione seria.»
«Lo sappiamo Edward» ribattei, ricomponendomi. Sentii una calma non mia diffondersi dentro al mio cuore, che scacciò il nervosismo. Ringraziai Jasper con uno sguardo riconoscente, e tornai con l’attenzione su Edward. «Qualche altra idea?»
La discussione durò un po’ di tempo, ma dopotutto, le nostre erano solo supposizioni. Non potevamo più di tanto essere sicuri delle nostre tesi, e dei nostri piani per proteggerci. Di sicuro, il punto fermo era l’idea dei licantropo. Jacob –e tantomeno Seth- non si sarebbe rifiutato di aiutarci, solo il pensiero che Nessie fosse in pericolo l’avrebbe fatto uscire di testa, come poche settimane fa.
I bambini erano a casa di Jake, insieme a Debbie, mentre Carlisle mi aveva appena chiesto di rimanere a casa loro per sicurezza. In un certo senso, mi ricordava i momenti da umana..piccoli flesh back, di quando io e Edward stavamo ancora insieme, ed io mi perdevo ad ammirare la grande casa Cullen, e le sue meraviglie storiche.
«Ehi..» Alice mi si affiancò, poggiandosi a sua volta contro la ringhiera della terrazza. Tutta la famiglia era indaffarata con le loro faccende; Esme e Carmen parlavano di Arte, Rose si era appartata con Emmett, Jasper parlava tranquillamente con Kate e Irina, e Carlisle e Eleazar sembravano presi da una conversazione sui vecchi tempi-nel loro caso, davvero, davvero vecchi. Mentre Edward si era volatilizzato; ed io, che mi sentivo un po’ estranea a questa smania di fare, ero uscita sul balcone a prendere una boccata d’aria. Ed era stato colpo di fulmine con quelle stelle meravigliose che splendevano nel cielo scuro. «Che atmosfera..» commentò, e mi voltai a guardarla. Accennò un sorriso malinconico, e sospirò. Sembrava indecisa se parlare o meno, ma alla fine rimase in silenzio, guardando il cielo. Tornai anch’io con naso all’insù; se avesse voluto parlarmi, l’avrebbe fatto. Alice era sempre stata una ragazza senza peli sulla lingua, sincera fino all’osso.
«Mi dispiace, Bella..» Mi voltai di nuovo a guardarla, ma stavolta confusa. «Avrei dovuto evitare che Edward mettesse in pratica il suo piano, che ti lasciasse..ti giuro, io volevo almeno salutarti..» farfugliò. Fissava le sue mani, che stringevano forte il ferro battuto della ringhiera. «Alice, non..»
«Sì, è colpa mia Bella. Sono una pessima amica..non..non mi sorprende che Debbie abbia preso il mio.. ‘titolo’.» Alice..Alice pensava che non fosse più la mia migliore amica..? «Cioè..non ti biasimo, è una ragazza fantastica..ti è stata vicina quando ce ne siamo andati..» l’oro dei suoi occhi era liquido, intenso. Sembravano pieni di lacrime. «Mentre io non sono stata capace di aiutarti, di sostenerti quando avevi bisogno di qualcuno..Sono imperdonabile.. ma ti chiedo scusa lo stesso.»
«Sì, è vero Alice..Debbie è fantastica, e mi è stata vicino. Ma in tutto questo tempo, non è cambiato nulla.» Alice si accigliò, «Sei ancora la mia migliore amica, e, per la cronaca, non ho mai pensato fosse colpa tua..» Non finii di parlare, che Alice mi abbracciò stretta. La strinsi forte, mi era mancata da morire. Da quando c’eravamo rincontrate non avevamo ancora affrontato certi discorsi, ed ero felice che avessimo chiarito. Alice prese a singhiozzare, e io le fregai la schiena per consolarla, cercando di non seguirla a ruota.
«Mi sei mancata talmente tanto, Alice..»

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