- »E ti sorriderò«
- {Capitolo
1.Una questione di libri}
- L’ennesima
giornata
volgeva al termine.
- Edward se ne
stava
placido ad osservare il sole tramontare, mentre il cielo si tingeva di
arancione e le nuvole prendevano una tenue sfumatura rosata. Amava quel
momento
della giornata, gli trasmetteva la speranza di un giorno migliore,
l’indomani.
- Aveva pensato a
sufficienza, quella sera.
- Ripose la sua
chitarra
nella custodia, poi la mise in spalla. Diede un ultimo sguardo al sole,
come
saluto, poi aprì la porta per rientrare. Varcò la soglia e scese la
rampa
lentamente, senza entusiasmo. Uscì da quella palazzina sgangherata e
s’inoltrò
nel traffico serale di New York. Andò sempre dritto, per poi svoltare in una delle tante vie comuni della
grande mela. Gente andava, che veniva, di fretta e furia. Edward si
godeva
quell’atmosfera; amava il caos, la frenesia, l’emozione.
- La sua vita era
così
tranquilla e placida che gli faceva pena. L’unica cosa che gli metteva
il
sorriso erano il suo migliore amico e sua sorella. Rosalie e Jasper. Ed
era
proprio da lui, che in quel momento stava andando.
- George, il
portinaio,
salutò cordialmente come sempre. Edward era di casa, ormai. Stava più
lì, che
nel suo appartamento di Manhattan, in effetti. Persino i vicini del suo
amico
lo conoscevano. Prese l’ascensore, finalmente funzionante, e raggiunse
il
pianerottolo dell’abitazione del suo amico. Suonò al campanello sotto
cui vi
era il nome del suo amico. La porta si aprì, rivelando Jasper in
pigiama, mezzo
addormentato.
- «Ehi, Ed..»
mugugnò
lui, per poi sbadigliare.
- «Hai fatto le ore
piccole, eh?» fece malizioso Edward, con un ghigno. Jasper si riscosse
subito
dall’intorpidimento, dando una sberla sulla nuca dell’amico, mentre
quello
entrava in casa. Edward scoppiò a ridere, sotto lo sguardo di un Jasper
esasperato.
- «Non te l’ho
detto che
ho chiuso con le ragazze?» fece, ironico, mentre si sedeva sulla
poltrona del
salotto. L’amico si era accomodò sul divano, appoggiando i piedi sul
tavolino
di Jasper. Edward alzò un sopracciglio, scettico. «Tu, che chiudi con
le ragazze?
Ma fammi il piacere!» esclamò Edward, «è come dire che nel male c’è lo
zucchero. »
- «Ha.Ha. Edward,
ti ho
mai detto che hai un senso dell’umorismo che fa pena?» ribatté Jasper,
acido.
- Ma dopotutto,
Jasper
Withlock aveva una certa fama da dongiovanni con le ragazze del posto.
Era un
tipo che se la spassava alla grande, senza coinvolgimenti. Non era mai
stato un
tipo sentimentale, da relazioni serie; nei 24 anni che si conoscevano,
Edward
non l’aveva mai visto insieme alla stessa ragazza per più di due
giorni. Il
genere femminile, nonostante il curriculum non troppo felice, in quel
senso,
gli cascava ai piedi. Jasper era bello; alto, con un fisico snello e
scolpito,
i capelli ricci e biondi tenuti abbastanza lunghi e due occhi di
ghiaccio. E,
ovviamente, un’aria fiera e distaccata da superiore.
- Per il suo
pessimo
atteggiamento, Rosalie, la sorella di Edward e migliore amica di
entrambi, lo
rimproverava sovente. Ma la carne è debole, soprattutto lo era quella
di
Jasper.
- «Come si chiamava
questa volta?» lo ignorò bellamente Edward.
- Jasper si passò
una
mano sul viso, sbadigliando: «Tiffany..O forse Britney. Be’, non fa
tanta
differenza.» Jazz affilò lo sguardo. «A te come va?»
- Sentimentalmente,
Edward era a pezzi. Voleva chiudere con le ragazze. Da quando si era
mollato
con la sua ragazza, Tanya, con cui era stato fidanzato per due anni,
Edward non
era più come prima. Lui stesso, sapeva di non aver mai amato
sinceramente
quella donna, però teneva a lei, e non se l’era sentito di lasciarla.
Ma quando
aveva scoperto che Tanya se la spassava bellamente alle sue spalle con
altri,
il suo orgoglio era rimasto irreparabilmente ferito. Dopo quella
rottura, non
aveva più avuto il desiderio di conoscere una ragazza, per paura di
essere
trattato così di nuovo. Eppure, aveva la fila di ragazze dietro di sé,
che
desideravano approfondire la sua conoscenza.
- «Divinamente
single,
Jazz. Tutto okay.»
- «Sai, stavo
pensando...» esordì il biondo, dopo alcuni istanti di silenzio,
cambiando
totalmente discorso.
- «Ehi, non
sforzarti
troppo, che ti fuma il cervello!» sfotté Edward, ricevendo una risata
sarcastica in risposta. Jasper stava per riprendere da dove era stato
interrotto, ma dovette fermarsi nuovamente a causa del campanello che
suonava.
A giudicare dall’insistenza, erano sicuri di chi fosse dall’altro lato
della
porta.
- «Entra pure,
Rose!»
esclamò Jasper, e la porta d’ingresso si aprì. Rosalie entrò con un
gran
sorrisone, «Fratello, amico, come va?» chiese, scompigliando
giocosamente i
ricci dorati dell’amico. La ragazza ignorò lo sguardo seccato di Jasper
e andò
a sedersi sul divano di seconda mano, accanto al fratello. Appoggiò a
sua volta
i piedi sul tavolino malconcio di Jasper, come normalmente faceva.
«Allora, di
che parlate?»
- «Dicevo...» Jazz
ammonì i due con uno sguardo eloquente della serie “interrompetemi
e vi stenco”, «Stavo pensando che...»
- «Tu pensavi?!»
Rose
scoppiò a ridere, e Jasper si trattenne dallo strozzare la sua migliore
amica,
nonché sorella del suo migliore amico. Rosalie, benché fosse la ragazza
più
bella che avesse visto fino a quel momento- con un fisico mozzafiato da
modella
bionda con gli occhi verdi-grigi -, era l’unica che non aveva mai
neppure
sfiorato. La considerava una sorella, e come tale la trattava e
rispettava.
Senza contare che Edward l’avrebbe accoppato, se avesse fatto un
pensiero
sbagliato su di lei.
- «Ora
piantatela!»sbottò
stizzito il ragazzo leonino. Edward e Rosalie si fecero attenti,
finalmente.
«Pensavo che sarebbe meglio trovarmi un lavoro, solo che non so che
fare.»
- «Nel campo della
moda
no assolutamente.»commentò Rose immediatamente.
- «Non mi è mai
passato
nemmeno per l’anticamera del cervello, di lavorare per una ditta di
moda.»
ribatté acido Jasper.
- «Anche perché hai
dei
pessimi gusti. Ma nessuno batte Edward.» proseguì imperterrita la
ragazza,
ignorando le parole dell’amico come se non le avesse dette.
- «EHI!» si lamentò
l’interessato,
facendo ridere la sorella e l’amico.
- «Comunque, hai
ragione
Jazz. Sarebbe anche ora. Sono più giovane di voi, e lavoro da un pezzo
io!»
- «Solo di qualche
mese,
sorella» puntualizzò Edward, piccato, facendole alzare gli occhi al
cielo.«Pignolo!»
- «Jasper, io vado
in
bagno. » annunciò Edward, alzandosi, lasciando i due a ponderare dei
possibili
mestieri per quegli scansafatiche. Edward tornò in salotto, accigliato.
- «Ehi, Jazz,
cos’era
quel libro che era..»
- «MA CERTO!»
esultò
Withlock, saltando in piedi. «UNA LIBRERIA!»
- -
- Una cosa era
certa,
nessuno si sarebbe mai aspettato che Jasper Withlock si desse alla
lettura.
Figuriamoci aprire addirittura una libreria!
- Edward, amante
dei
libri, era disposto ad aiutarlo nella sua impresa. Non solo perché si
sarebbe
cimentato in un mestiere che gli piaceva, ma anche perché, preso dal
lavoro,
avrebbe allontanato i pensieri che lo tormentavano. Un vero toccasana.
- Perciò, lui e il
suo
amico avevano trovato un locale dove allestire il negozio/biblioteca e
l’avevano comprato. Il mutuo non era molto alto, ma ci sarebbe voluto
un po’
per saldarlo. Né Edward né Jasper erano particolarmente facoltosi.
Anzi, non lo
erano per niente. Avevano vissuto per un po’ insieme, nell’appartamento
di
Jasper, pagando l’affitto metà e metà, appunto perché di dollari in
tasca ne
avevano ben pochi. In questo modo, la spesa per entrambi era minore.
Poi era
arrivata Tanya, e Edward era andato a convivere, lasciando finalmente
la casa
di Jazz, dove il viavai di ragazze non si era mai fermato. Quando Tanya
alla
fine l’aveva lasciato, si era tolta il peso dell’affitto dalle spalle,
cedendo
l’appartamento a Edward, e con quello tutte le spese arrecate.
- I suoi genitori,
Esme
e Carlisle, l’avevano aiutato un po’, dato che non lavorava ancora. Non
gliene
avevano mai fatto una colpa, anzi. Però Edward non voleva più pesare su
di
loro, e questo lavoro con Jasper era solo il principio per sdebitarsi
con i
suoi. Era il figlio maggiore, ed era quello che dava più noie: non era
ammissibile. Rosalie non aveva mai causato tante rogne, se l’era cavata
da
sola, sempre.
- «Sono
soddisfatto, Ed.
Perciò, io, te e Rose stasera andiamo a festeggiare:offro io!» esclamò
il
biondo, elettrizzato.
- «Jazz, l’attività
non
ha ancora ingranato.» gli ricordò Edward, mentre passeggiavano sui
marciapiedi
affollati della loro città. «E che vuol dire? Avrò il diritto di stare
con i
miei amici, no?» incalzò, lanciando un’occhiata eloquente a Edward. Lui
ridacchiò, alzando gli occhi al cielo, mettendo le mani in tasca, con
fare
disinvolto. Una ragazza passò di lì, e Jasper, la seguì con lo sguardo.
«Ehi,
Jazz?»lo richiamò con un sorrisino, l’amico, schioccandogli le dita
davanti al
naso. Jasper si riscosse, e tornò a guardare Edward.
- «Dicevamo?»
- «Devi chiamare
Rose»
- «Giusto,giusto»
Jasper
prese dalla tasca il telefono e cominciò a comporre il numero
dell’amica,
mentre Edward era entrato in un tabacchino a prendersi un pacchetto di
sigarette.
Il biondo se ne stava in mezzo al marciapiede, tra i passanti che
andavano e
venivano, evitandolo. Fin quando qualcuno si scontrò con lui, tirandolo
in
terra con sé. «Ahi..» si lamentò una voce femminile. Jasper alzò lo
sguardo,
incrociando un paio di occhi azzurri come il cielo sereno. Non ne aveva
mai
visti di così belli; e di ragazze, lui, ne aveva viste tante. Lei
arrossì,
«Scusa»
- «Oh, di nulla, è
colpa
mia, non ti ho vista» ribatté, per la prima volta, sinceramente
gentile.
L’aiutò ad alzarsi, e una volta in posizione eretta, la osservò. Le
arrivava a
malapena all’ascella, quella ragazza, ma era di una bellezza
mozzafiato.
Eclissava anche Rosalie. Quella ragazza aveva un aggraziato viso da
folletto,
rosso sulle gote per l’imbarazzo, che risaltava incorniciato da dei
capelli
corvini in un’acconciatura corta e sbarazzina. Altro che folletto, a
Jazz
pareva un angelo.
- Lei sorrise
timidamente, salutandolo con una mano, e corse via. Jasper
rimase a fissarla fin quando la figura
di quella ragazza non scomparve. E in quel momento, uscì Edward.
- «Allora, Jazz,
cos’ha
detto?»
- «Cos’ha detto
chi?»
rispose, senza pensarci, a Edward, nervoso. Per la prima volta, capì
cosa
s’intendesse con farfalle allo stomaco. Era una strana sensazione, di
quelle
che più erano piacevoli, più le odiavi.
- «Rose. Che ha
detto?» Jasper
cadde dalle nuvole.
- «Ah. Oh, giusto,
mi
sono dimenticato.» fece un sorrisino di sbieco, cercando di fare lo
scemo, per
nascondere l’imbarazzo. Edward lo guardò scettico, alzando un
sopracciglio.
Sospirò, poi prese il suo cellulare dalla tasca e compose il numero
della
sorella.
- «Pronto?»
- «Ehilà,
sorellina! Hai
mai notato che Jazz è un vero idiota?» Si sentì la risata della
ragazza, squillante
e allegra. «Mi sorprendo che tu l’abbia
capito solo ora, Edward. Allora, scommetto che non mi hai chiamata solo
per
parlarmi della deficienza congenita del tuo migliore amico. Su, che
devi dirmi?»
- Edward
ridacchiò.«Fino
a prova contraria, è anche il tuo migliore amico»
- «Condivisione
fraterna, Eddy.» ribatté
lei, divertita.
- «Comunque, il
deficiente
congenito, qui, vuole portarci a cena fuori, stasera. Sai, per
festeggiare..»
- «Offre
lui?»
- «Certamente,
altrimenti gli faccio mangiare lo spazzolone del water.» L’amico lo
guardò
allibito, con una leggera sfumatura di terrore nello sguardo. Rosalie
rise
apertamente.
- «Okay,
a che ora mi passate a prendere?»
- «Vuoi anche
l’autista
personale?» fece ironico Jasper, entrando all’ultimo nella
conversazione. «Ovviamente. Facciamo alle sette, okay? Au
revoir!» e riattaccò.
- «Tua sorella è
una
strega.»
- Edward rise: «Lo
so.»
- Per quanto Edward
ridesse,
non era mai davvero sereno. L’allegria non raggiungeva mai i suoi
occhi. Un
tempo, prima che conoscesse Tanya, constatò Jasper, erano sempre
allegri e
vivaci, i suoi occhi; si accendevano per ogni cosa, dall’eccitazione,
al fastidio,
la felicità. Anzi, ora per lui la felicità aveva smesso di esistere. E
Jasper l’avrebbe
sempre odiata, per avergli rubato il suo migliore amico.
- Tornarono
all’appartamento
di Jazz, dove il padrone tentò ad improvvisare un pasto decente per
pranzo con
le poche cose che aveva nella credenza della cucina. Edward
intanto prese la sua chitarra, da cui
non si separava mai, e seduto sulla poltrona di seconda mano del
piccolo
salotto, cominciò a strimpellare una melodia a caso. Con la sua vita
passata,
era andata a benedirsi anche l’ispirazione. Edward tentava di far
nascere
qualcosa di decente, suonando alla cavolo la chitarra, ma si rendeva
conto di
fare solo schifezze.
- Jasper lo chiamò,
e
lui si trascinò nel cucinino adiacente al salottino. Seduto al tavolo,
guardò
cosa avesse preparato l’amico. «Ma che roba è?» la sua voce salì di
un’ottava,
tant’era lo stupore. O meglio, il ribrezzo. Era una brodaglia
verdastra, con
qualche ciuffo giallo-arancio che sbucava fuori.
- «Credo sia un
brodo di
verdure con del riso» fece Jasper, guardando con una smorfia disgustata
il suo
piatto.
- «Credi?!»
- «Beh..non è
proprio
bello da vedere, ma magari è commestibile»
- «Assaggia prima
tu. Se
mi diventi del colore di questa roba, sappiamo che non è buona»
- Jasper lo guardo
scettico: «la tua logica non fa una piega»
- «grazie»
- --
- Rosalie batteva
furiosamente il piede sul marciapiede, nervosa e infreddolita. Un gelo
artico
si era abbattuto su New York, e lei, imbacuccata fino al naso con
giubbotto
pesante e sciarpa di lana, stava aspettando quegli screanzati di suo
fratello e
del suo migliore amico. Tanto per cambiare, erano in ritardo. E lei
stava
diventando un Polaretto.
- «Oh,
Alice, abbi pietà di lei, povera stella!» il ragazzo al telefono,
che passò di lì, attirò l’attenzione
della bionda. Era molto alto, quasi nerboruto, e bruno. Ma quando il
lampione l’illuminò,
Rosalie scorse il viso dolce da bambino di quel ragazzo; ma forse la
vera luce
era quella che l’aveva accecata quando aveva sorriso. Oppure gli occhi
grigi
che avevano lampeggiato nei suoi per un istante solo, mozzando il fiato
ad
entrambi. La Volvo di Edward parcheggiò di fronte a lei, e dovette
distogliere
lo sguardo dal ragazzo moro. Scappò nell’auto, sospirando
silenziosamente. Il
suo cuore batteva talmente forte che i due ragazzi, nei sedili davanti,
l’avrebbero
potuto sentire.
- «Bon soir,
mademoiselle.»
- «Ciao» mormorò in
risposta.
- «Rose, dopodomani
mamma
ci ha invitati a casa per pranzo. Jazz, tu sei dei nostri?»
- «Ma che domande
fai,
Ed! Come potrei privarmi dei pranzetti di tua madre?»
- «Approfittatore» l’apostrofò Rosalie, ridendo. Poi si sistemò meglio sul sedile dell’auto, e si preparò a passare una bella serata in compagnia degli uomini a cui teneva di più.
- *Angolino Autrice*
- Salve a tutti!
- Eccomi qui con una nuova storia. Chiedo scusa per le schifezze che posso aver scritto, ma...le parole, davvero, si sono scritte da sole sulla pagine di Word. Avevo quest'idea già da un po', ma non sapevo bene come metterla giù. Poi, mi è arrivata l'ispirazione e... Ecco, è tutto.
- Spero che vi possa piacere, nonostante tutto. Questa è una storia, ovviamente, EdwardXBella. Al contempo, però, voglio fare anche una JazzXAlice e una EmmettXRosalie, anche se la trama ovviamente è piu incentrata sulla storia d'amore sull'agnellina e il leoncino. ^^ Se avete voglia, dunque, magari ditemi cosa ne pensate. Critiche, commenti, linciaggi...Tutto quello che volete, formano il carattere e lo stile dell'autore. U.U Se non dovesse piacere, non esiterei a toglierla comunque. Ma spero di no! :P Ora vado, CIAO!