B.A.D. ~ Beautiful Agony of Dying

di Feel Good Inc
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** track 01 ♪ Bad ***
Capitolo 2: *** track 02 ♪ The Way You Make Me Feel ***
Capitolo 3: *** track 03 ♪ Speed Demon ***
Capitolo 4: *** track 04 ♪ Liberian Girl ***
Capitolo 5: *** track 05 ♪ Just Good Friends ***
Capitolo 6: *** track 06 ♪ Another Part Of Me ***
Capitolo 7: *** track 07 ♪ Man In The Mirror ***
Capitolo 8: *** track 08 ♪ I Just Can’t Stop Loving You ***
Capitolo 9: *** track 09 ♪ Dirty Diana ***
Capitolo 10: *** track 10 ♪ Smooth Criminal ***
Capitolo 11: *** track 11 ♪ Leave Me Alone ***



Capitolo 1
*** track 01 ♪ Bad ***


B.A.D. ~ Beautiful Agony of Dying

 

 

 

 

Please Insert Disc ~

 

 

track 01 ♪ Bad

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14 febbraio 2013, ore 22:22

Chiusura ~ we could change the world tomorrow: this could be a better place

 

 

Gli occhi corrono dallo schermo alla carta. La penna scivola sicura sul quaderno, benché la stretta sia incerta. Lasciando segni che nessun articolo di cancelleria potrebbe mai annullare. Nomi e cognomi. Assassini. Ladri. Fraudolenti. Persone.

Qualcuno dice che ciò che stanno facendo è sbagliato. I più lo sussurrano; altri hanno la forza di gridarlo, come quel ragazzo strano che per poco – pochissimo – non li ha fermati. Che è morto senza mai smettere di urlare, dentro quei suoi occhi sbarrati e muti. Che un po’ le faceva paura.

Sì, è sbagliato, dicono. Eppure, Misa continua a farlo, perché non è Misa a decidere cosa è giusto o sbagliato. Non è la gente. E non era neppure L.

Tutto si riduce alla volontà assassina di quella penna che tiene in mano, l’arma di morte di un dio che tanto magnanimamente ha deciso così. È solo quel tratto nero a decidere. Inchiostro al sangue, giustizia all’errore: e non è forse il mondo stesso a sancire la propria condanna?

Misa non ha intenzione di soffermarsi sulle chiacchiere di quei miseri ‘qualcuno’. Misa lo fa per il suo dio. Ciò che il dio vuole non può essere sbagliato, non lo è.

La penna scivola, gli occhi corrono. Scende il buio nella stanza che divide con Light, ma lei non ha bisogno della luce per continuare. Lo fa con naturalezza. Ormai è sicura. Ormai ha imparato.

Ha imparato a lasciarsele alle spalle, quelle domande sussurrate, e a liberarsi del peso scomodo che gravava sulla sua coscienza imbrattata di sangue. In fondo immagina [sa] che non basta questo a ripulirla del tutto, ma annullarsi è più facile che fermarsi a pensare.

Annullarsi completamente, e affidare tutto alla penna mortifera del dio.

Eppure, qualche volta, quei ricordi la sorprendono ancora, e per qualche istante i suoi occhi si riempiono di cose che non sono i riflessi dei nomi dei criminali – e che fanno infinitamente più male al suo cuore rabberciato.

E in quei momenti non può fare altro che abbassare per un istante la mano, serrare le palpebre e rifugiarsi nel nero: perché quel mondo ingrato e perduto non merita di vederla piangere.

 

 

stop ■

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*annega nelle sue stesse lacrime*

Sono tanto, tanto, tanto lusingata. Non ve lo nascondo perché non ne sono capace. ♥

Questa fanfic è nata per il Come in un CD indetto da _KeR_ e JunKo, contest dall’esistenza travagliata per via di alcune vicende che hanno portato Fe85 e syssy5 a diventare le giudici sostitutive di quelle originali. E si è classificata prima. Cioè. Prima.

La mia prima vittoria in un contest. ♥

La sfida si proponeva così: comporre una storia a partire dai titoli della tracklist di un qualunque cd a nostra scelta. La mia è caduta su Bad, Michael Jackson, 1987. Vi annuncio inoltre che state per intraprendere la lettura della mia primissima Mello/Matt/Misa, la quale è mooolto what if, per cui eccovi qui le necessarie avvertenze – maneggiare con cura.

Immaginiamo che Mello affidi a Matt un compito diverso da quello che si è visto nell’anime. Immaginiamo che l’unica cosa che voglia fare per il momento sia incastrare Misa come secondo Kira, sulla base delle inespresse conclusioni di Near. Non c’è Takada, non c’è Mikami: soltanto Misa Amane – assieme a Light Yagami – è sospettata di omicidio, ed è in questo senso che Mello intende muoversi, mentre l’SPK si occupa di Light. Ma quando Matt entra nella vita di Misa...

(Devo anche sottolineare che in questa fanfic è stata la stessa Misa ad uccidere L, per cui vi capiterà presto di ritrovare Rem in carne, ossa e ali squamose.)

Ringrazio di vero cuore tutte e quattro le giudici, KeR e Jun per l’idea, Fe e syssy per la disponibilità, la gentilezza, la professionalità... Basta, mi sto dilungando :3 E grazie anche a chiunque vorrà seguire questa storia. Che, tranquilli, si farà più chiara a partire dai prossimi capitoli. ^^

Vi abbraccio tutti!

Aya ~

 

Credits: Bad, © Michael Jackson

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Capitolo 2
*** track 02 ♪ The Way You Make Me Feel ***


track 02 ♪ The Way You Make Me Feel

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25 dicembre 2012, ore 20:45

Preludio ~ I swear I’m keeping you satisfied ‘cause you’re the one for me

 

 

Misa Amane si picchiettò un’unghia curatissima sulla guancia, studiando con occhio critico il risultato dei suoi sforzi. Sorrise. Aveva fatto un ottimo lavoro.

Light non aveva molto tempo per lei, tra le indagini e il quaderno e tutto il resto. Ma oggi sarebbe stato diverso. Oggi era un giorno speciale. Era il giorno di Natale ed era anche il compleanno di Misa. Light sarebbe stato felice di trascorrere un po’ di tempo con lei; niente sarebbe riuscito a distrarlo dalle sue premurose attenzioni, quella sera, neppure il Death Note.

Si complimentò ancora una volta con se stessa: l’atmosfera era calda e luminosa; il grande albero addobbato accanto al caminetto scintillava dei riverberi delle candele accese; alle pareti e alle porte, il vischio sembrava sorridere delle proprie allettanti promesse. Era perfetto per il loro primo Natale insieme. E per il compleanno di Misa-Misa. E per Light, soprattutto per Light.

Sospirò di piacere e si lasciò cadere seduta sul divano. Accarezzò con dolcezza lo schienale: lì, proprio in quel punto, Light aveva premuto la schiena mentre lei lo baciava – molte e molte volte, ma mai abbastanza. Accostò il viso al rivestimento freddo e morbido, chiuse gli occhi e inspirò il profumo di pelle, quella sintetica e quella del suo uomo.

Misa Amane aveva venticinque anni. A quell’età le donne avevano già smesso da un pezzo di credere nel principe azzurro. Lei no. Perché lei lo aveva trovato: il suo principe, il suo re, il suo dio. Non passava giorno che Misa non ringraziasse la buona stella che le aveva concesso di incrociare la strada di Light Yagami. Era cominciato tutto con un quaderno nero caduto da un cielo dello stesso colore; e ora eccola lì, futura moglie di Kira, della giustizia fatta persona e del salvatore della sua esistenza. La vita poteva essere meravigliosa.

Rise da sola, lasciandosi cadere distesa sul divano e abbracciando forte un cuscino. Proprio così: Kira – no, Light era la cosa più bella che avesse mai avuto. Avrebbe fatto tutto quanto in suo potere pur di renderlo felice. Poco importavano quelle cosette quali il pericolo, le avversità di Rem, l’impegno di Light nella sua duplice identità di capo della polizia e di giustiziere dei malvagi; niente sarebbe riuscito a porsi tra loro, niente le avrebbe mai impedito di amarlo con tutta la devozione che gli doveva. Misa non era mai stata felice come da quando aveva incontrato il suo dio.

Era tutto merito suo se, da cinque anni a quella parte, lei riusciva di nuovo a sorridere.

L’espressione sognante si attenuò un pochino a quel pensiero. Nonostante tutto, c’erano ancora dei momenti in cui pensare ai suoi genitori diventava doloroso. Le succedeva soprattutto quando restava sola, come adesso – quando non c’era Light a farla sentire al sicuro.

Si alzò dal divano. Stringendo ancora al petto il cuscino, a piedi nudi si diresse lentamente alla libreria, alla parete opposta del soggiorno che questa sera era così accogliente. Il volume che cercava era nell’ultimo scaffale, un po’ defilato alla vista.

Lo prese con un sorriso mesto e tornò a sedersi senza fretta, aprendolo delicatamente sulle ginocchia fasciate dagli eleganti pantaloni neri.

I visi sorridenti della sua famiglia le augurarono un buon compleanno e un buon Natale.

Misa quasi non si rese conto del passare dei minuti, girando piano quelle pagine che da anni interi non si concedeva di guardare con serenità. Finché le fotografie cambiarono e si trasformarono in quelle più recenti del suo viso di giovane donna vicino a quello imperscrutabile di Light.

Light non sorrideva mai, nelle foto. Beh, non che lo facesse molto spesso anche nella vita di tutti i giorni. Ma restava ad ogni modo bellissimo – e Misa si sdilinquì davanti alle ultime pagine dell’album, riprendendo a chiedersi smaniosa quanto tempo mancasse al ritorno a casa del suo fidanzato. Fidanzato. Che parola armoniosa.

La cena era in caldo – fatta recapitare apposta per loro, intendiamoci: cose estremamente ricercate – e le candele ondeggiavano silenziose. C’era persino la musica giusta, una collezione di pezzi romantici scelti appositamente da lei per la serata. Perfetto, tutto perfetto. Non mancava che Light.

Immersa nei suoi sogni ad occhi aperti, di colpo sentì girare la chiave nella toppa.

Saltò su con uno squittio eccitato; l’album cadde sul tappeto con un tonfo morbido, mentre il cigolio soffocato della porta d’ingresso precedeva la voce che aspettava.

« Sono a casa. »

Misa gli volò incontro in uno svolazzo biondo di profumo. « Bentornato, tesoro! »

Light si chiuse la porta alle spalle e si chinò subito a togliersi le scarpe. Non l’allontanò, ma neppure diede segno di voler approfondire quel contatto. Aveva addosso la solita stanchezza contenuta, quella che ogni sera lo accompagnava a casa verso un lavoro più oneroso ancora; da che erano andati a vivere insieme, non l’aveva mai visto tornare da lei con un’espressione rilassata. Ma andava bene così. Le bastava che fosse lì.

« Andrò a fare una doccia e poi penserò subito al Death Note. »

Lui non la chiamava mai ‘tesoro’. Non l’aveva mai chiamata neppure ‘Misa-Misa’. Light era distaccato, maturo: e a lei stava bene, certo, perché lui era Light.

« Ma » obiettò tuttavia, « è la sera di Natale. Il Death Note potrà aspettare per qualche ora! Hai bisogno di riposare, Light... »

E Misa già gli si accoccolava addosso, mormorandogli premurosa la sua voglia di farlo stare bene, ma Light si accigliò e la folgorò con quel suo sguardo gelido che così tante volte – oh, Misa-Misa, che cosa orribile da pensare del tuo Light! – la faceva sentire una vera stupida.

« Rilassarmi? » Ogni volta che voleva rimproverarla per qualcosa abbassava la voce in quel tono tanto privo d’inclinazioni. Misa avrebbe preferito sentirlo urlare, forse. « Onestamente non capisco cosa ti passi alle volte in quella testolina. Ti prego di concentrarti. Ho rifiutato l’invito a cena di mia madre e mia sorella. E ho costretto la task-force a lavorare persino oggi, pur di coprire le mie ricerche su dove si trovi quel maledetto N. Secondo te, potrei tralasciare il Death Note soltanto per una futile, banale festività come il Natale? Certo che no. E neppure tu dovresti farlo. »

Misa lo guardò sconcertata. Sì, sapeva che era estremamente rigoroso nella sua missione purificatrice, ed era sempre stata d’accordo con lui – però aveva pensato... Aveva sperato...

Light si era già incamminato lungo il corridoio che conduceva alla loro stanza, ignorando la debole protesta che doveva essersi dipinta nello sguardo di lei.

« Ma... » tentò ancora una volta, consapevole che non sarebbe riuscita a fargli cambiare idea. « I regali... La cena... »

Le parlò senza voltarsi. « Non ho fame. Ti ho già detto che ho solo bisogno di una doccia. Se più tardi dovessi aver bisogno di me, mi trovi in camera. »

Misa rimase immobile, nel suo abitino nero succinto e festaiolo, una porta chiusa alle spalle e un corridoio vuoto di fronte. Sentiva Rem sbuffare chissà dove, contrariata, da qualche parte in quel silenzioso appartamento. Anche la musica si era interrotta.

Misa Amane amava incondizionatamente Light Yagami. Soltanto, qualche volta capitava che Light Yagami non la facesse sentire né stupida né al sicuro – soltanto terribilmente vuota.

In silenzio, ricacciando indietro con ostinazione un paio di lacrime più cocciute di lei, s’impose di pensare che Kira non poteva concedersi del tempo inutile. E tornò tristemente a sedersi accanto al caminetto [sotto quell’albero festoso di cui lui non si era neppure accorto] perché le fiamme scacciassero via un po’ di quel gelo che le era penetrato sottopelle sotto il suo sguardo.

Non si era neanche ricordato del compleanno di Misa-Misa.

 

 

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Secondo capitolo: ovvero, di come tutto iniziò. Spero di aver reso bene il duplice atteggiamento di Misa nei confronti di Light, che ama ma dal quale si sente continuamente umiliata: è unicamente in vista di questa riflessione che oso scrivere su di lei – perché se mi limitassi a considerare solo il suo lato fanatico, beh, temo che Misa Amane non rientrerebbe mai nelle mie storie. Fortunatamente per lei(?), ho cominciato a pensare che sotto quella facciata frivola ci sia qualcosa in più.

Ringrazio all’infinito Chandrajak per aver aggiunto questa storia alle preferite, syssy5 per averla aggiunta alle ricordate, e sadie_ per averla aggiunta alle seguite – e naturalmente tutti i lettori e recensori *^* Tanta fiducia mi onora.

Prestissimo il terzo capitolo e l’entrata in scena di Matt ;)

Aya ~

 

Credits: The way you make me feel, © Michael Jackson

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Capitolo 3
*** track 03 ♪ Speed Demon ***


track 03 ♪ Speed Demon

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31 dicembre 2012, ore 20:41

Intro ~ I’m speeding on the midway, I gotta really burn this road

 

 

La moto era stata un’idea di Mello.

« Al 98% delle donne tra i venti e i trent’anni piace il brivido della velocità » aveva detto con una smorfia. « E questa ragazza in particolare non mi sembra un’eccezione alla regola. Tutt’altro. »

Mello era diverso da lui in tante cose, una delle quali era l’approccio al mondo femminile. Forse per quella sua natura impulsiva, tenace e sicura di sé, non si era mai fatto tanti problemi con le ragazze – neppure alla Wammy’s House, quando nel loro mondo non avrebbe dovuto esserci posto per nient’altro che non fosse la successione.

Non ci avrebbe mai pensato, lui, a certi espedienti che invece Mello gli aveva illustrato così scrupolosamente. Lui era più della fazione ‘sii-te-stesso-e-non-fallirai’. Non solo con l’altro sesso.

Però doveva ammettere che non gli dispiaceva.

La Yamaha sfrecciava nel traffico serale di giapponesi stanchi ma entusiasti diretti alla cena dell’ultimo dell’anno, con la famiglia o il gruppo di amici di turno, nelle loro macchine sportive con le autoradio accese e i finestrini chiusi contro la neve fitta. Era facile e piacevole, in un certo senso, schizzare qua e là in quel formicaio di vita, il cappotto aperto nell’aria fredda, il vento a minacciare di strappargli la sigaretta di bocca ad ogni curva, seguito da occhi spalancati di passanti che lo additavano come un pazzo incosciente già sulla lista dei morti assiderati di quel Capodanno – come la piccola fiammiferaia della favola. Sì, era esaltante.

A Mail Jeevas non era mai piaciuto entrare a far parte della realtà che lo circondava. Forse era per questo che quella virtuale dei videogiochi gli andava così a pennello: in un videogame non importava quanto tu sbagliassi, quanto ti facessi male; potevi sempre resettare e ricominciare daccapo. Game over, Start again. Ma la gente vera che ti stava intorno – quella poteva ucciderti o ferirti senza un rimpianto, senza restare lì a darti una seconda possibilità.

Lo aveva capito anni prima, quando si era ritrovato in quel posto in cui insegnavano loro ad essere eredi anziché ragazzi. Da allora aveva deciso che, se doveva vivere sui passi di qualcun altro, e se non voleva rischiare di soffrire della propria condizione, non poteva far altro che estraniarsi.

Fin da quando per il mondo era diventato Matt, Matt non aveva più fatto parte del mondo.

Una curva più stretta, lo strillo di una signora infagottata in una sciarpa all’angolo del marciapiede, una strada un po’ più addobbata e un po’ meno trafficata. I quartieri benestanti lo accolsero con la distaccata indulgenza tipica di chi li abitava. Non bastò quella vista a spezzare il corso delle sue riflessioni.

Mello, certo, lui era tutta un’altra storia. Era l’amico, il compagno che c’era sempre stato, e che con il tempo era diventato una presenza indispensabile: un carattere problematico nella sua rabbia intrinseca verso il fuori, ma fondamentalmente animato dai suoi stessi sentimenti. Erano sempre stati il bianco e il nero, loro due, l’uno complementare all’altro. Mello urlava e Matt stava ad ascoltare. Mello s’incupiva e Matt gli tirava gli angoli della bocca per farlo [almeno] sorridere. Matt offriva una sigaretta e Mello divideva a metà un pezzo di cioccolata.

C’era una sola cosa in grado di dividerli.

Mello era sempre stato più determinato di lui, riguardo la successione. E non c’era da stupirsi se aveva odiato Near per ogni suo singolo successo, per ogni passo che gli muoveva innanzi, distanziandolo e spesso, pur forse non volendo, umiliandolo. Matt, per contro, non vi badava affatto, e qualche volta si era augurato che anche l’amico si lasciasse un po’ andare – ma Mello era pur sempre un’altra persona. Era completamente diverso da lui.

Ed era soprattutto suo amico, che Dio lo fulminasse.

Era in virtù di questo, soltanto di questa dannatissima cosa, che Matt aveva accettato di fare quanto stava per fare. Di calarsi finalmente e attivamente nel mondo.

Diede più gas, e la moto di Mello schizzò ancora in avanti: all’incrocio successivo avrebbe trovato il palazzo di cui insieme avevano scoperto l’esistenza e la posizione.

Ripassò mentalmente il da farsi, per l’ennesima volta. Assaporò l’ultimo tratto di strada che lo divideva dalla sua missione. Non si era mai accorto che l’aria invernale potesse essere così densa di pensieri e ricordi; né aveva mai saputo che la velocità di una motocicletta potesse far salire l’adrenalina alle stelle anche qui, fuori della realtà virtuale.

Sorrise nel chiedersi se anche ‘quella ragazza in particolare’ sarebbe stata d’accordo con la fantomatica teoria del 98%.

Sputò la sigaretta e dallo specchietto retrovisore la guardò perdersi nel vento alle sue spalle, debole scia di brace rossa nella neve.

 

 

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Alzi la mano chi non ha mai pensato che quel poveretto di Matt dentro la Wammy non c’entrava niente. u__ù

Ok, la mia introspezione del personaggio è del tutto originale, considerato tra l’altro che non ci è dato conoscere nulla o quasi di lui... Però è innegabile che Matt non ambisse alla famigerata successione tanto quanto Mello e Near, e forse è anche e soprattutto per questo che odio il fatto che sia dovuto morire così, in un attimo, per via di Kira. Avevo proprio voglia di scrivere una what if su di lui, per riscattarlo almeno un po’ dalla sua troppo fugace presenza – e questo contest è stata l’occasione ideale. ♥

Visto? Il Matt/Mello è praticamente accennatissimo xD Non si avranno riferimenti più espliciti per lungo tempo. Mettetevi l’anima in pace se aspettavate la scena lemon :P

Un grazie grosso quanto la casetta di Dorothy del Mago di Oz a Sakujo_Candy the Mongrel per aver aggiunto questa storia alle preferite, a DazedAndConfused per averla aggiunta alle seguite, nonché a tutti i miei – insperati – lettori e recensori. Siete... Be’, siete il risultato più grande. ♥

Un piccolo suggerimento per i capitoli futuri: occhio alle date, se non volete rischiare di perdervi ;)

Aya ~

 

Credits: Speed demon, © Michael Jackson; © Yamaha.

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Capitolo 4
*** track 04 ♪ Liberian Girl ***


track 04 ♪ Liberian Girl

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25 gennaio 2013, ore 18:58

Bridge ~ you came and you changed me, girl, a feeling so true

 

 

« Ehi, Matt. »

« Mmm? »

Era seduto nella solita poltrona, le spalle curve, gli occhi fissi sulla consolle ronzante che stringeva tra le mani. Nelle lenti arancioni, il riflesso di un omino con i baffi percorreva spedito un tragitto impervio, distribuendo pugni a destra e a manca e ottenendo in cambio piccoli gettoni dorati, persino quando si limitava a spaccare i muri. Mello si ritrovò a sbuffare. Nella vita nessuno ti pagava se rompevi qualcosa. Magari era quella la differenza che piaceva tanto a Matt. Bah. Tanto non l’avrebbe mai capito.

« Mi auguro tu stia per dirmi qualcosa di molto intelligente e che non può aspettare un minuto di più » sbottò Matt nel silenzio protratto, avvicinando il DS al volto e puntando di rimando i gomiti in fuori, concentrato fisicamente, come un ragazzino. « Sto per entrare nella tana di Bowser e devi avere una buona giustificazione per interrompere questo momento cruciale. »

Mello ce l’aveva, una ‘buona giustificazione’, eccome se ce l’aveva. Diede un morso secco alla tavoletta di cioccolato, fissando attentamente l’amico, per carpire ogni suo accenno di reazione.

« Ti ricordi la ragazza liberiana? »

Una serie di bip molto eloquenti indicarono che l’omino con i baffoni si era appena beccato un pugno dritto sul berretto rosso. Bel colpo. Matt restò imperscrutabile; parlò in tono monocorde, all’apparenza distratto.

« Quella del traffico di droga a Londra? »

Era stato il primo caso che avessero affrontato insieme. L probabilmente si sarebbe ben guardato dall’interessarsi a una storia tanto squallida e ordinaria quanto il narcotraffico, ma Mello non aveva atteso per tutti quegli anni con le mani in mano: limitarsi ad aspettare non era nella sua natura. Near si era occupato dei risultati, lui dei fatti. Non aveva esitato a chiedere a Matt di aiutarlo ad emulare L in tutto e per tutto, agendo nell’ombra in nome della giustizia laddove lui non si spingeva; ed era stato nel corso di quell’operazione a Londra, in un postaccio non troppo distante dall’istituto, che si era accorto per la prima volta della più grande debolezza del suo compagno dipendente da nicotina e realtà virtuali.

In quella faccenda era rimasta coinvolta una ragazza africana, poco più grande di Linda e, a onor del vero, piuttosto carina. Mello aveva sostenuto senza particolari problemi gli interrogatori a quella creaturina agile dalla pelle scura, i riccioli crespi e gli occhi liquidi da cerbiatta braccata; Matt – beh, Matt invece aveva alzato gli occhi troppo spesso da quei suoi videogame.

« Ricordi anche di essere stato sul punto di lasciartela scappare, vero? »

Questa volta i bip si trasformarono rapidi in un jingle di palese sconfitta.

Mello si sforzò di non cambiare espressione mentre Matt sollevava il capo e lo fissava furibondo.

« Ti pare il caso di ricorrere a queste stronzate pur di farmi smettere di giocare a Mario?! »

« Non è Mario a preoccuparmi, né i suoi parenti o chiunque altro ci sia in quello stramaledetto coso che ti porti sempre dietro. È di te che sto parlando. »

« Allora sii chiaro e veloce. Ho un livello da recuperare » e già Matt ricominciava il gioco, ma una traccia di rossore infantile [tipico di lui] si era estesa sul suo volto pallido di fumatore incallito.

Erano arrivati al punto: ai suoi sguardi sempre più sfuggenti, ai suoi indugi su quel cellulare che negli ultimi tempi squillava sempre più spesso, alle sue allusioni e alle [troppe] ore che passava fuori. Mello sbuffò di nuovo. Avrebbe dovuto prevedere una cosa del genere. Rischiava di doversi pentire del compito che gli aveva affidato: ed era l’ultima cosa da fare, in quel frangente.

« Benissimo, allora: carte in tavola. Questa Amane... Com’è? »

Matt chiuse di scatto il DS. Cosa inaudita. Si voltò a fulminarlo con lo sguardo, e per rendere meglio l’effetto sollevò persino gli occhiali sulla fronte.

« Mettiamo una cosa in chiaro, Mello. Sei stato tu a dirmi di farlo. Se non ti sta bene, beh, mi spiace, avresti potuto pensarci prima che... »

« Non ci credo. » Mello lo fissò a lungo, incerto se ridere o assassinarlo lì per lì. « Ti piace. »

Matt avvampò definitivamente, lasciandogli presagire il peggio. « Lei... Cosa?! Lei non mi piace! Assolutamente no! Come diavolo ti viene in mente che...? »

Mello scattò in piedi prima di sentire il resto. Si chinò sulla vecchia poltrona infeltrita, puntando le mani sui braccioli, e lo scrutò da vicino.

« Cazzo, Matt, questa storia è pericolosa. Misa Amane è il secondo Kira. Non puoi permetterti di lasciarti coinvolgere da lei! Potrebbe scoprirci. Potrebbe ucciderti in qualsiasi momento... »

« E allora il tuo piano andrebbe in fumo, è così? » lo interruppe; e subito dopo il suo sguardo si svuotò e il viso paonazzo impallidì.

Mello rimase immobile, senza allontanarsi, prendendo dolorosamente consapevolezza di ciò che aveva voluto dirgli con quelle parole.

Quando pensò di essersi abituato alla fitta lancinante che gli squarciava il ventre, si tirò su e serrò i pugni, perché Matt non li vedesse tremare.

« È questo che pensi? Che mi interessi solo del piano? Che non mi importi della tua vita? »

Matt abbassò per un attimo gli occhi. Ma per un attimo solo. Subito tornò a guardarlo in volto, e l’improvvisa lucidità del suo sguardo era una premessa delle lacrime che Mello non vedeva da anni.

« È solo che ho paura. Come te. »

Perché anche tu hai paura; non è vero?

Quella era un’altra cosa di Matt che lo mandava in bestia: riusciva sempre a capirlo – anche nei momenti peggiori, quando lui avrebbe voluto fare di tutto pur di tenerlo chiuso fuori.

Sospirò e si lasciò cadere seduto sul bracciolo della poltrona. Non disse nulla, conscio che con Matt non c’era quasi mai bisogno di parole. Matt era sempre lì, in silenzio, ad ascoltarlo o a pizzicargli le guance o a offrirgli una sigaretta. C’era sempre stato e ci sarebbe stato sempre. E per questo si odiava per ciò che gli aveva chiesto di fare.

Non c’era bisogno di augurargli che Misa Amane fosse diversa dalla ragazza liberiana; sapevano entrambi che era qualcosa di molto peggio.

Sentì che posava la fronte contro l’incavo del suo braccio. Non si ritrasse. Restò così a sentirsi addosso il suo respiro, fino a quando non poté più resistere al bisogno di averlo più vicino ancora.

La tavoletta di cioccolata e la consolle portatile giacevano dimenticate sul pavimento polveroso del monolocale.

 

 

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La ‘ragazza liberiana’ del titolo mi ha dato filo da torcere. Non sapevo proprio come adattare questa track xD Sono dovuta ricorrere a un marginalissimo OC, che spero mi perdoniate. È solo un piccolo indizio a rivelare che, anche al di là del legame con Mello, Matt è il più umano degli eredi di L.

Da questo momento iniziano gli sbalzi temporali, per cui sappiate che quello skip back non è lì per caso.

Ringrazio Seleliu per aver aggiunto la storia alle seguite, nonché tutti i recensori e lettori. Vero che vi fa piacere che aggiorno così in fretta? Vero? Ditemi di sì :3

Aya ~

 

Credits: Liberian girl, © Michael Jackson; Super Mario 64 DS, © Nintendo; Nintendo DS, © Nintendo.

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Capitolo 5
*** track 05 ♪ Just Good Friends ***


track 05 ♪ Just Good Friends

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24 gennaio 2013, ore 21:17

Prima strofa ~ I guess the lady is still making up her mind

 

 

Distesa di traverso nel letto, pancia in giù e piedi in su, Misa sbirciò corrucciata il ragazzo seduto sul pavimento a gambe incrociate.

« Ne hai ancora per molto? »

Lui non spostò neppure lo sguardo dall’aggeggio rumoroso che aveva in mano. Misa aveva sempre saputo che ai ragazzi piacevano i videogame, ma, dai, qui si esagerava. Era pur vero che era molto più giovane di lei – però nessun ragazzo si sarebbe messo a giocare se si fosse trovato solo in una stanza insieme a Misa-Misa, o no?

« Dovresti esserne tranquillizzata, Misa-san » le rispose, un sorrisetto serafico sulle labbra. « Così almeno non corri il rischio che io ti importuni. Non credo che te l’abbiano mai detto, ma per una ragazza carina come te può essere molto pericoloso invitare un uomo in camera da letto e poi pretendere la sua attenzione. »

Misa si sentì avvampare e gli scagliò addosso un cuscino; ma lui rise e, come al solito, quella sua risata fresca e familiare la contagiò.

 

 

Aveva conosciuto Mail Jeevas – perché era questo il nome che gli vedeva fluttuare sulla testa in un bagliore rossastro – la sera dell’ultimo dell’anno.

Light le aveva telefonato per dirle che sarebbe rimasto da Mogi-san a terminare un lavoro. Misa si era infuriata sul serio; era la prima volta che le succedeva di arrabbiarsi così con lui. Naturalmente poi si era sentita una persona orribile, aveva pianto fiumi di lacrime e si era profusa in scuse, e con profondo sollievo si era sentita perdonare dalla sua voce distaccata e filtrata dall’indifferenza del telefono – però in cuor suo non aveva cambiato idea. Light stava lavorando troppo, sia con la polizia, sia con il Death Note. Dimenticarsi del compleanno di Misa-Misa e lavorare anche il giorno di Natale poteva quasi essere passabile, ma quella del trentuno dicembre era una notte speciale. Bisognava festeggiare! I fuochi d’artificio, lo champagne, ballare fino a tardi: oh, l’inizio di un nuovo anno aveva qualcosa di magico. Come poteva Light pensare al lavoro?

Misa era stata invitata a diverse feste dalle sue colleghe, ma le aveva declinate tutte, nella costante speranza che Light cambiasse idea e la raggiungesse. Nell’attesa aveva tentato di tirarsi su di morale, bevendo un po’ di bicchieri [troppi] che in effetti le avevano infuso un nuovo ottimismo: ma certo, Light sarebbe tornato. Avrebbe detto a Mogi-san di andarsene a fare casino in qualche bel posto insieme ai colleghi, e poi sarebbe corso da Misa-Misa per brindare con lei a un nuovo anno baciato dall’amore e dalla giustizia – e avrebbero finalmente riso e scherzato come due fidanzati normali e per una volta non avrebbero neppure aperto i quaderni e avrebbero fatto l’amore per tutta la notte fino al mattino dopo: Misa aveva giusto un nuovo completino intimo che...

Quando si era scossa da quei pensieri, si era resa conto di trovarsi fuori, sui gradini del bel palazzo in cui viveva insieme a Light, con una bottiglia piena per metà e una spanna di neve che le si adagiava ai piedi foderati dai nuovi stivali in tessuto leggero. E davanti a lei c’era un ragazzo, che la guardava attraverso un paio di occhialoni arancioni, una sigaretta appena accesa all’angolo della bocca.

« Signorina, si sente bene? »

Misa aveva battuto le palpebre, confusa. Aveva inclinato appena la bottiglia di champagne per saggiarne il livello del contenuto. Aveva ridacchiato.

« Benissimo, benissimo! Misa-Misa sta solo aspettando di mostrare al suo Light il suo nuovo – hic – completino intimo. »

Lo sconosciuto si era sollevato le lenti colorate sulla fronte e l’aveva fissata con tanto d’occhi, sconcertato. Si era guardato intorno, e poi era tornato a rivolgersi a lei con un sorrisetto.

« Beh, immagino che questo Light sia un uomo fortunato... Ma se continua ad aspettarlo qui al freddo non credo che la troverà viva. Dovrebbe rientrare, ora. »

« Oh, sciocchezze, Misa-Misa non ha – hic – mai avuto così caldo in vita sua » e nel dirlo aveva di nuovo ridacchiato, maliziosa, ignorando bellamente il minuscolo dettaglio che quello era un estraneo e che non era consigliabile parlare in certi termini agli estranei, giacché potevano farsi venire in mente delle ben strane idee: così amava ripeterle la buona nonna, all’epoca dei suoi primi appuntamenti liceali. « Non si preoccupi, so badare a me stessa. »

« Questo lo vedo. » Il ragazzo aveva sorriso ancora, ma tra i fumi dell’alcol Misa non avrebbe saputo dire se si trattasse di una smorfia o di un ghigno. « Ad ogni modo insisto. Non può restare fuori per tutta la notte... Mi permetta di accompagnarla a casa, se non riesce a tornare da sola. »

Se non riesce... Ma come si permetteva? Lei non era mica ubriaca!

« Misa-Misa non ha bisogno di – hic – nessun aiuto! » aveva biascicato, alzandosi frettolosamente in piedi e ricadendo di nuovo giù per l’improvviso capogiro.

Due mani brusche quanto salde l’avevano sostenuta in vita, e Misa si era ritrovata praticamente tra le braccia dello sconosciuto, che si era poi chinato a parlarle nell’orecchio con un sorriso che stavolta pareva assolutamente sincero.

« E se io volessi aiutare Misa-Misa comunque? »                                                 

 

 

Da quando gli aveva concesso – con una certa riluttanza, sfumata nel colpo di sonno che l’aveva fatta crollare quasi subito – di riportarla all’appartamento e d’intrufolarsi in quel modo per la prima volta nella sua vita, Misa aveva vissuto svariate fasi di differenti emozioni. All’inizio era rimasta spaventata da ciò che era successo. Insomma, per quanto ne sapeva lei quello poteva anche essere un maniaco, no? Però il ragazzo era stato veramente gentile, come probabilmente nessuno era mai stato con Misa – e si odiava, si odiava per aver pensato spesso che neppure Light era gentile come lui – e, a poco a poco, lei si era rilassata. Così che, quando si erano rincontrati più volte nei giorni successivi, era stata sempre più felice di vederlo. Lui le aveva detto di essersi appena trasferito in città, di avere affittato un appartamento non molto distante dal suo – dove di preciso Misa non lo sapeva, ma dopotutto che importava? – e di avere tanta voglia di uscire e divertirsi e conoscere a fondo la vita di Tokyo; così, se magari Misa-san avesse avuto voglia di fargli da guida, beh, ecco, lui ne sarebbe stato felice...

Misa era rimasta deliziata. Adorava l’idea di uscire e divertirsi e fare da guida nella vita di Tokyo! Non ne aveva avuto il modo, negli ultimi tempi, poiché Light era molto ligio ai suoi doveri e non l’accompagnava mai nelle sue già rare uscite serali; e sempre più spesso capitava che Misa mettesse il naso fuori dalla porta soltanto per recarsi in agenzia, quando la sua presenza era richiesta, oppure per andare a comprare i quotidiani dall’edicolante in fondo alla strada ed impossessarsi di nuovi nomi di criminali che ingannassero il suo tempo prima che Light rientrasse dal lavoro.

Aveva accettato senza esitazione gli inviti cortesi e divertenti di quel buffo ragazzo con la moto, e nell’arco di quelle poche settimane erano diventati ottimi amici; e nonostante gli sbuffi e i borbottii scettici di Rem – che non si era mai perdonata di averla lasciata sola quando si era presa quella sbronza – mai, neppure una volta, Misa si era posta il problema di chiedersi perché lui volesse farsi chiamare Matt, quando il suo vero nome era Mail Jeevas.

 

                                                                                                                     

La risata non le si era ancora spenta sulle labbra mentre si lasciava ricadere sul letto, a braccia spalancate.

« Non è giusto. A Matt-kun piace approfittarsi della situazione » commentò, in tono falsamente imbronciato, guardandolo dal basso del cuscino. « Sa che Misa-Misa non riesce mai ad arrabbiarsi con lui. »

Lo sentì ridacchiare. « Sì, può darsi. »

Finalmente si decise a spegnere quel dannato videogioco, abbandonandolo sul tappeto insieme al cuscino che lei gli aveva lanciato, per poi alzarsi e andare a raggiungerla sul letto. Lentamente, come se non fosse sicuro neppure lui dei propri movimenti o delle proprie intenzioni. Misa si sentì stranamente a disagio quando le si chinò accanto e rimase per un po’ a guardarla in silenzio, con quel sorrisetto divertito ancora stampato in volto, gli occhi scoperti – ed erano belli, i suoi occhi, oh sì: senza lo scudo di quelle orribili lenti arancioni, il blu delle iridi spiccava calmo e incontaminato. Soprattutto ora che nella sua espressione si affacciava un barlume di serietà dovuta a chissà cosa.

Perché la guardava così? Si stava facendo troppo serio... In fondo passavano il tempo a ridere, loro due. Ridevano e basta, come due ragazzini. Come due persone qualunque.

Quando era con Matt, Misa dimenticava completamente di essere il secondo Kira.

Forse fu proprio quel pensiero a riscuoterla improvvisamente, a farla rendere conto di trovarsi lì distesa e senza difese sotto lo sguardo di un ragazzo così giovane e così bello – oddio, non poteva aver pensato davvero una cosa simile! – mentre Light era fuori, alla base, ignaro del fatto che in quel momento nella sua camera da letto ci fosse un totale sconosciuto...

Un totale sconosciuto che si era appena chinato a baciare i capelli della sua fidanzata.

Misa distolse lo sguardo. Si sentì arrossire di nuovo. Che buffo, erano anni che non le succedeva più... Light non gliene aveva dato motivo da molto, molto tempo.

La bocca di Matt si scostò a poco a poco, percorrendo quella ciocca di capelli fino a posarsi [esitante?] sulla sua tempia. Era leggera, fresca; era qualcosa che non le era più accaduto fin da quando nella sua vita erano entrate l’ombra della morte e la luce di Kira.

Fissò il soffitto senza vederlo. Matt le baciò lo zigomo. Avrebbe dovuto allontanarlo?

Dopotutto, era vero, non riusciva mai ad arrabbiarsi con lui...

Quando la sua bocca si fece vicina alla sua, Misa non riuscì a trattenere un piccolo sbuffo.

« Beh, c’è sempre una prima volta per tutto. »

Sorpreso, Matt restò immobile sopra di lei. Misa lo guardò finalmente negli occhi, e lo vide un po’ divertito e un po’ incerto.

« È questo che ti fa arrabbiare? »

« No. » Misa sorrise. « Solo il fatto che hai fumato troppo. »

E senza starci troppo a pensare, incurante del forte odore di nicotina che le respirava sul viso, chiuse gli occhi e si sollevò per incontrare le sue labbra.

Il pensiero di Light le si agitava turbinoso nella mente, ma ormai era come soverchiato dal resto. Da tutto il resto: da quel bisogno di tranquillità, di attenzione, forse anche un po’ di risate e di coccole – di tutto quello che Mail Jeevas, o in qualunque altro modo volesse farsi conoscere, le stava donando da meno di un mese a quella parte.

Matt ricambiò dopo un solo istante, baciandola lentamente all’inizio, per poi animarsi di un desiderio che Misa scoprì con gioia quasi mortificata di condividere e di voler soddisfare. Lo attirò più vicino, lo sentì cadere sul letto con lei, e si accorse appena dei fruscii di stoffa dei loro vestiti diventati improvvisamente fastidiosi.

Con Light, Misa-Misa era felice, forse. Ma con Matt era Misa e basta.

 

 

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Innanzitutto mi scuso per la temporanea sparizione. Sono molto impegnata con lo studio, come penso immaginerete, senza contare che la lettura delle versioni originali della saga di Oz ha assorbito il (poco) tempo libero che mi era rimasto... Oh, be’. Siamo qui. ^^

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. La canzone che l’ha ispirato è divina; se non la conoscete ascoltatela – e in tutti i casi amatela.

Un grazie con sopra lo zucchero a Shadow Eyes per aver iniziato a seguire la storia

Aya ~

 

Credits: Just good friends, © Michael Jackson feat. Stevie Wonder

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Capitolo 6
*** track 06 ♪ Another Part Of Me ***


track 06 ♪ Another Part Of Me

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25 gennaio 2013, ore 23:58

Bridge {reprise} ~ this is the mission to see it through

 

 

Mello dormiva. Per non svegliarlo aveva azzerato il volume del DS, ma senza l’audio non riusciva a dare il meglio di sé: già per tre volte consecutive gli era capitato di perdere allo stesso livello, ed era una cosa che non gli succedeva praticamente mai. La colonna sonora di un videogame non è solo un accompagnamento, ma ti guida – è un cambiamento di note, ad esempio, a informarti che c’è un boss nemico appostato da qualche parte del quadro che stai giocando; ed è sempre sulla musica che modelli i tuoi combo, anche se non te ne rendi conto, perché di solito lei passa inosservata: un mero sottofondo. Come tante altre cose che si danno sempre per scontate...

Lo Sky Ruler di Neverland annientò il suo protagonista per la quarta volta, e Matt sospirò di sconforto. Ma a chi voleva darla a bere? Non era certo la mancanza del sonoro a distrarlo dal gioco, in quel momento.

Alzò lo sguardo dalla consolle. Per l’ennesima volta si soffermò sulla figura di Mello, immersa nella penombra, eppure così distinguibile alla luce delle poche stelle oltre i vetri sporchi della finestra del monolocale. La base del divano mezzo sfondato sfiorava il pavimento; eppure Mello non aveva nessun problema a dormire lì. Matt non c’era mai riuscito. Ormai era quasi un mese che si accontentava di quel ruvido tappeto accanto alla poltrona.

Quasi un mese. Di notte lì, con Mello, in genere a stabilire nuove mosse. Di giorno intorno a Misa Amane, apparentemente a corteggiarla, ufficialmente a sorvegliare le sue mosse.

 

Il ricordo della sua bocca rovente.

 

Dovette mordersi le labbra a sangue per non mettersi a urlare.

Contrasse le dita sul DS, forte, per impedirsi di scendere a sfiorare quella reminiscenza che gli infiammava il ventre: i suoi capelli che gli piovevano addosso e le sue mani e la sua pelle bianca e le sue gambe e i respiri di lei fusi ai suoi e poi quel caldo senso di appartenenza...

Chiuse la consolle con uno scatto rabbioso, abbandonando al silenzio dell’inattività la schermata nera di KH 358/2 days e le sue opzioni di ritirata sì o no. Lanciò un’altra occhiata al compagno. Non sembrava essersi accorto di nulla; un leggero russare si formava tra le sue labbra schiuse per spegnersi subito contro il bracciolo del divano in cui aveva affondato il volto, così violentemente sfregiato a causa di quel suo [primo e ultimo] tentativo fallito di incastrare Kira.

Kira. Matt si fece rotolare velenosamente quel nome sulla lingua, tra i denti, senza neppure osare pronunciarlo per quanto schifo ne provava. Tutto faceva capo a Kira.

Era per Kira che Mello lo aveva cercato di nuovo, dopo tutti quegli anni, chiedendogli aiuto. Era per Kira che ora dormivano in quella stanza dimenticata dal mondo, l’uno su un divano sfondato e l’altro per terra. Era per Kira che Matt aveva accettato di entrare nelle grazie di Misa Amane in modo da poterla smascherare come complice di tutti quegli omicidi. Ed era per Kira, sempre perché esisteva Kira, che la sera precedente Mail Jeevas era finito a letto con Misa Amane.

Il trascurabile fatto, poi, che quella ragazza fosse anche la fidanzata ufficiale dello stesso uomo che sospettavano essere l’assassino – beh, forse era proprio quello il risvolto più ironico dell’intera faccenda.

Sospirò di nuovo, silenziosamente, accasciandosi contro la poltrona alle sue spalle e perdendosi con lo sguardo nel soffitto buio.

Non aveva pensato che sarebbe stato così difficile. C’era una ragazza da tenere d’occhio, punto. Mello aveva detto che l’avrebbe fatto lui stesso, se non fosse stato già così coinvolto da conoscere più o meno personalmente quel Light Yagami che avrebbe potuto intuire tutto, alla minima parola di troppo uscita dalla bocca fin troppo loquace di « quell’oca della sua ragazza ». Si trattava soltanto di conquistarsi la sua fiducia, aveva aggiunto; certo, era una cosa lontanissima dal solito modo di agire dei giovani della Wammy’s House – ma con una donna è sempre meglio giocare le carte migliori, giusto, Matt? E lui, con la sua faccia da bravo ragazzo, non avrebbe certo fatto fatica a ritagliarsi un posticino nella vita di quella sciacquetta bionda, un angolo tranquillo da cui osservarla e giudicare ogni suo movimento e – con un po’ di tempo, fortuna e astuzia – persino renderla inerme.

Ah, già. Ora c’era quel minuscolo dettaglio in ballo. Il fatto che la compagnia di Misa Amane fosse diventata, per Matt, molto più piacevole di quanto lui o lo stesso Mello avrebbero mai potuto immaginare.

Non poté farne a meno: chiuse gli occhi, serrò le labbra tra i denti, e si arrese alle immagini che nelle ultime ore aveva tentato inutilmente di relegare nell’angolo più remoto della memoria. Vi si aggrappò forte, adesso, mentre il calore si concentrava in un punto preciso del suo corpo. E intanto le parole che Mello gli aveva gettato in faccia solo quel pomeriggio lo torturavano più che mai.

 

Gli occhi spaventati di Misa quando, come alienata da sé, era scesa con le mani sulla sua cintura.

 

« Ti ricordi la ragazza liberiana? »

 

Il modo in cui aveva tentato di sottrarsi, per un attimo, quando si era resa conto del contatto inedito tra loro e di cosa stavano facendo e di cosa significava: è uno sbaglio, non dovremmo, Misa-Misa ama Light.

 

« Non ci credo. Ti piace. »

 

Il sospiro tremante con cui si era arresa alle sue carezze e si era aperta totalmente a lui, accogliendolo come il proibito di cui non si può fare a meno, l’errore che gli esseri umani non sanno esimersi dal compiere prima o poi [tradimento o sogno?].

 

« Cazzo, Matt, questa storia è pericolosa. Misa Amane è il secondo Kira. »

 

La spinta con cui l’aveva fatta sua.

 

Il gemito che gli sgorgò dalle labbra si fuse con un singhiozzo, e il pugno che si cacciò in bocca non fu abbastanza veloce da coprirlo.

Quella storia non stava portando a niente di buono. Mello aveva ragione; Misa Amane gli piaceva. Da morire. Ma non era nemmeno questo il punto. Ciò che rendeva diversa questa situazione – questa ragazza – era la consapevolezza di entrambi che mai, in nessun momento, in nessuna circostanza, tra loro due sarebbe potuto nascere qualcosa che trascendesse l’effimero appagamento fisico di una notte. Lei sapeva di appartenere a un altro; lui sapeva che lei poteva ucciderlo. E forse proprio per questo tutto diventava così chiaro e dannatamente semplice: forse lei voleva conoscere un po’ di quella vita che un pazzo esaltato che si professava suo amante e signore le stava negando; e probabilmente lui voleva fare la stessa cosa, essere un altro se stesso.

Quando era con Misa, Mail Jeevas dimenticava completamente di essere Matt.

Si accorse di avere la vista annebbiata dalle lacrime – di rabbia, di impotenza, di che altro? Non gli importava saperlo; bruciavano comunque – solo quando la sagoma indistinta di Mello si sollevò sonnolenta dal divano e gli venne vicino; allarmato, con ogni probabilità, da quel turbamento che aveva tentato inutilmente di tacergli, gli sfiorò goffamente il viso e si portò via un po’ di quell’acqua salata.

A Matt venne quasi da sorridere. Non sapeva mai che fare, Mello, quando c’erano di mezzo i sentimenti. Chissà, magari adesso si stava chiedendo se non avesse avuto un fottuto incubo, come quando erano ragazzini e dormivano [già] insieme nello stesso letto e si preoccupavano che Roger non scoprisse che restavano svegli fino a tardi, a parlare e ad ascoltarsi anche quando le parole non erano più abbastanza.

E la sua mano era esitante come allora.

Matt se la tenne sul viso, ripetendosi costantemente che era quella la sua unica certezza, che era Mello l’unica persona che meritasse e che potesse conoscere il suo vero nome o la sua vera natura – ma era tutto inutile. Davanti agli occhi aveva ancora gli occhi di Misa Amane.

Lui gli scostò i capelli dal viso, con gesti impacciati, parlandogli con lo sguardo strappato al sonno. Va tutto bene. Siamo insieme. Lo siamo sempre stati, no?

No. Stavolta era diverso; e Matt si detestava profondamente, perché non poteva o non voleva dirgli che il suo mondo, contro ogni buonsenso, si stava allargando oltre i confini di loro due.

Come altre volte era accaduto, si strinse a lui per non soccombere, per restare Matt fino in fondo – e si augurò con ogni fibra del suo essere che l’abbraccio più rude di Mello, il suo respiro più profondo sul volto, le sue mani più forti che non accennavano mai a un tremito fossero abbastanza per sfumare i contorni del corpo di donna sbagliata da cui ricordava di esser stato avvolto nello stesso modo.

« Mihael... »

Mello restò in silenzio, forse sorpreso. Non usavano quasi mai i loro veri nomi.

Matt inspirò forte l’odore così diverso da quello di lei del suo petto nudo, e sospirò.

Avrebbe dovuto parlargli; sì, forse era giusto così. Ma non subito. Adesso voleva solo stare con lui, circondato di lui, del profumo del suo cioccolato, mentre gli chiedeva aiuto per dimenticare una parte di sé che non sarebbe dovuta esistere: quel Mail che insieme a Misa stava uccidendo Matt.

 

 

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MI SCUSO INIFINITAMENTE PER LA PROLUNGATA ASSENZA E PER LA SINTETICITà DI QUESTE NOTE. STO PASSANDO UN PERIODO DI GRAVI PROBLEMI FAMILIARI CHE MI HANNO SERIAMENTE INDOTTA A PENSARE DI MOLLARE VARIE COSE; MA LA SCRITTURA MAI. GRAZIE A CHIUNQUE STIA CONTINUANDO A LEGGERE, SEGUIRE E COMMENTARE: SPERO DI TORNARE PRESTO A FARE LA SCEMA COME AL SOLITO NELLE MIE PUBBLICAZIONI SU QUESTA OASI DI SALVEZZA CHE è EFP.

Aya ~

 

Credits: Another part of me, © Michael Jackson; Kingdom Hearts: 358/2 days © Square Enix & Walt Disney

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Capitolo 7
*** track 07 ♪ Man In The Mirror ***


track 07 ♪ Man In The Mirror

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24 gennaio 2013, ore 23:19

Seconda strofa ~ and no message could have been any clearer

 

 

Non aveva pensato a Rem finché non l’aveva vista rientrare attraverso una parete. La shinigami aveva guardato il suo corpo lascivamente intrecciato a quello di Matt con un’espressione che Misa, travolta dagli eventi inaspettati, non era riuscita a interpretare. Non si era neppure sentita in imbarazzo. Soltanto il rimorso di star facendo qualcosa di sbagliato, qualcosa di terribile nei confronti di Light era un batuffolo di lucidità nella caotica passione che l’aveva colta così impreparata – ma neanche quello era bastato a farla smettere, a farle dire basta così.

Aveva continuato a muoversi in quella danza in cui non era ancora chiaro chi guidasse chi, accesa dal nuovo e dal diverso e dagli ansiti di Matt che la voleva come nessuno l’aveva mai voluta e la baciava come nessuno l’aveva mai baciata [neppure lui, Dio, neppure lui], e aveva chiuso gli occhi per non vedere Rem dirigersi a capo chino in una stanza che si potesse chiamare altrove – quella tristezza così umana nei suoi tratti così mostruosi.

Dopo, erano rimasti per un po’ raggomitolati insieme, l’uno nell’altra, a lasciar spegnere gli ultimi tremiti osceni e ad ascoltarsi recuperare il fiato. Misa non si era chiesta a cosa pensasse Matt. Non aveva pensato nulla. Si era semplicemente rifiutata di pensare, poiché in cuor suo sapeva già che il risveglio della coscienza le avrebbe fatto dannatamente male – e forse anche perché preferiva restare Misa, solo Misa, ancora per un po’, solo per un po’.

Il tempo era scorso impassibile su di loro, e Light ancora non tornava. Avrebbe fatto tardi di nuovo. Doveva esserne sollevata o infastidita? Non lo sapeva più. Ora esisteva solo il calore di Matt sulla pelle nuda, ciò che le aveva dato dapprima con le parole e gli sguardi e gli scherzi e oggi con i baci e le carezze e il silenzio.

Era stato a malincuore che aveva accettato la silenziosa richiesta di Rem, quando era ricomparsa dopo molti minuti eterni; e aveva assaporato fino in fondo il lunghissimo bacio con cui Matt l’aveva trattenuta prima di lasciarla alzare dal letto.

Tornò al presente e guardò il proprio riflesso nello specchio a figura intera del bagno. Quasi non riuscì a riconoscersi: le labbra erano tumide, i seni pieni, la pelle risplendente di una fiamma che da settimane – forse da mesi – se n’era andata chissà dove. Eppure gli occhi, invece, non erano più sereni come apparivano soltanto quel pomeriggio, prima che Matt la invitasse al cinema, prima che lei lo invitasse in casa, prima.

Non aveva bisogno di cercare il riflesso di Rem per intuire quanto stesse per dirle.

« Non avresti dovuto farlo, Misa. »

Non replicò, non disse nulla. Non soltanto perché parlare ad alta voce avrebbe potuto richiamare l’attenzione di Matt dal di là della porta chiusa. Una parte di lei, quella che ancora si teneva allacciata stretta a Light, quella che non voleva aprire gli occhi neppure adesso, era d’accordo con la shinigami.

Però c’era sempre quell’altra parte di sé, la Misa e basta, che desiderava soltanto essere guardata finalmente come una donna e non come un altro paio di mani con cui trascrivere nomi in un quaderno nero.

Misa aveva capito. Misa non era stupida. Era solo la sua cieca devozione nei confronti di lui a farla sembrare tale, a volte. Ma devozione e amore sono due cose diverse: e l’amore, quando dall’altra parte incontra solo freddezza, presto o tardi se ne accorge.

« So a cosa stai pensando. » Rem le venne vicino, sfiorandole una ciocca di capelli, con affetto. Se di affetto si poteva parlare. « So come ti senti quando sei con lui. Te lo si legge in faccia. Lui è diverso da Yagami, non è vero? È reale. Sei convinta che lo sia. »

Misa chiuse gli occhi. Non lo sapeva neppure lei, di cosa era convinta. Forse di niente più.

Era così fin da quando, contro ogni logica, si era accorta di amare un ragazzo che conosceva appena.

« Misa, io... Io odio quanto sto per dirti di fare. Tuttavia è per la tua felicità che mi preoccupo, non per me. Ora voltati, e guarda dalla serratura. »

Aprì gli occhi e li puntò in quelli della dea della morte, spiazzata. Rem non le diede spiegazioni. Si fece solo da parte, lasciandola libera di muoversi verso la porta. Non appena si scostò da lei, Misa si sentì di colpo [inspiegabilmente] esposta e indifesa.

Si mosse con cautela, cinque piccoli passi incerti, e per qualche istante rimase ferma a indugiare. Cosa stava cercando di dirle, lei? Che Matt le nascondeva qualcosa? Ma era impossibile. Matt-kun? Quel ragazzo gentile e buffo che era entrato nella sua vita con la repentinità di un fulmine e la luce calda di un incendio?

E che ti ha tenuto nascosto il suo vero nome, le ricordò quella Misa-Misa che si teneva ancora appigliata, giusto con le punte delle dita, alla figura evanescente di Light.

Di certo fu quel pensiero a indurla a dare ascolto a Rem e a chinarsi per sbirciare dalla toppa.

Quello che vide la disarmò definitivamente, annullando persino quel sentimento che l’aveva come spezzata in due.

‘Matt’ non era più dove lo aveva lasciato, disteso nel letto sfatto e umido di liquidi e desideri espressi. Ora era in piedi – ancora nudo, ma con i sensi all’erta, dimentico del languore che li aveva tenuti insieme fino a un minuto prima. E si guardava intorno e frugava con gli occhi e con le mani e non emetteva un minimo singolo rumore mentre rovistava le lenzuola, faceva scorrere i cassetti, socchiudeva le ante dell’armadio.

La comprensione precedette le ultime parole di Rem, e fu più dolorosa ancora.

« Sono stata nel posto in cui vive. Ho visto cosa fanno, lui e il giovane uomo che ha tappezzato la casa di tue immagini. Vogliono fermare Kira, e in questo preciso momento Mail Jeevas è in cerca di una prova che ti riveli sua complice. »

Vuoto.

Un vuoto immenso, incolmabile e nero, e poi basta.

Si sentì mancare le forze e si ritrovò appoggiata al lavabo, a sforzarsi di vomitare quello schifo [di sé? Di lui? Di tutto?] che si sentiva ribollire nello stomaco come bile velenosa. Rem non tentò di alleviare quel dolore in alcun modo; forse in quel momento ne stava provando uno identico.

Non seppe mai per quanto tempo rimase così, con gli occhi sbarrati sul suo mondo di illusioni che ora le crollavano addosso. Una... a... una.

Come da molto lontano, come da fuori di sé, alla fine sentì quella stessa porta aprirsi piano e quei passi che credeva conosciuti avvicinarsi senza avvedersi di nulla e quelle braccia in cui si era sentita una che non esisteva circondarla da dietro le spalle e quelle labbra che in quelle due ore erano state le sue sfiorarle delicatamente la base del collo.

Quando sollevò di nuovo lo sguardo sullo specchio, il bagliore rosso che circondava il nome di Mail Jeevas le sembrò, per una volta, più simile al sangue che non al fuoco.

 

 

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Ci tengo a ringraziarvi, ragazze, non solo per aver continuato a leggere ma anche e soprattutto per le parole comprensive che mi avete lasciato. Vi assicuro che mi sono state molto d’aiuto. Sto lentamente uscendo dal periodo nero e questo è anche merito vostro.

Spero che la storia continui a piacervi. Mancano solo quattro capitoli all’epilogo; là ringrazierò meglio, uno per uno, tutti i lettori/recensori/varie. Grazie, grazie davvero, e a presto.

Aya ~

 

Credits: Man in the mirror, © Michael Jackson

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Capitolo 8
*** track 08 ♪ I Just Can’t Stop Loving You ***


track 08 ♪ I Just Can’t Stop Loving You

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26 gennaio 2013, ore 03:40

Bridge {reprise} ~ this is my life and I want to see you for always

 

 

La pioggia scrosciante in volto era una benedizione. Abbassò lo sguardo sulle pozzanghere ai suoi piedi: si erano prese un po’ del sangue che gli era rimasto all’angolo della bocca. Peccato che non potessero portargli via anche il male che gli avevano fatto le parole.

 

« Stronzo. »

 

Mello lo mordeva spesso: ogni volta che le carezze della sua lingua non gli bastavano, ogni volta che la rabbia prendeva il sopravvento, ricercava la foga violenta di sentirlo suo. Mai, però, mai prima di quella notte aveva avuto la chiara intenzione di fargli così male.

Con ancora addosso il significato dei loro jeans aperti lo aveva sovrastato sul pavimento, tenuto costretto al suolo, divorato con quegli occhi che erano sempre rimasti così chiari, anche sotto quella terrificante abrasione.

 

« Dimmi di non aver appena sputato una stronzata, Matt. Dimmi che ho capito male. Dimmi che non l’hai fatto. »

 

Non gli aveva risposto. Era uno di quei casi in cui parlare può risultare inutile.

Si era preso senza una protesta i suoi denti sulla pelle e la sua stretta ai polsi che era diventata troppo forte per essere quella di sempre, e lo aveva ascoltato urlargli l’enormità assurda del suo errore – di errore, di errore si trattava – e non si era concesso neppure il lusso di un’ultima lacrima, che aveva speso tutte sul ricordo dolceamaro della mano di Misa che gli scendeva sul petto, più delicata di quella di Mello, più sbagliata di quella di Mello.

E alla fine non era rimasto che il silenzio, mentre il ragazzo che un tempo era stato Mihael Kheel, l’unica cosa che Mail sentisse sua e vera, si alzava e gli voltava le spalle, nascondendogli la vista di ciò che gli faceva vibrare la voce.

 

« Se adesso esci da quella porta, non potrai permetterti di tornare indietro. »

 

Nei quartieri alti la pioggia sembrava più violenta. Matt sollevò il volto scoperto, privo di lenti sugli occhi o di cicche tra le labbra, il volto che aveva quando ancora poteva ritenere di essere solo Mail. Attese che l’acqua lavasse via i suoi ultimi rimpianti insanguinati.

Poi alzò una mano e si portò il cellulare all’orecchio.

Misa rispose al sesto squillo, con voce assonnata e languida, tanto da fargli avvampare lo stomaco.

« Pronto. »

« Sono io. »

Un silenzio inaspettatamente lungo, durante il quale il suo cuore gonfio di una volontà nuova poté pompare almeno cento battiti.

« Sono le quattro del mattino. Cosa c’è? »

Non era più la Misa che aveva conosciuto lui, si rese conto. Misa-Misa si sarebbe preoccupata, avrebbe chiesto se gli fosse successo qualcosa, l’avrebbe chiamato ‘Matt-kun’ e probabilmente si sarebbe pure allarmata del fatto che le telefonasse a quell’ora, con Yagami nel letto accanto a lei. La sua voce sarebbe stata viva, come sempre.

Decise che forse era così perché in lei era prevalso il senso di colpa, e non vi badò.

« Ho bisogno di parlarti. Adesso, subito. Scendi in strada. »

« Matt, vuoi spiegarmi cosa...? »

« Voglio spiegarti tutto, Misa. Scendi in strada. »

Chiuse la comunicazione.

Uno, due, tre respiri profondi. Aveva fatto la sua scelta. Ora doveva portarla fino in fondo.

Addio Matt, bentornato Mail. Game over, Start again.

Forse non sarebbe venuta. Di certo il suo tono di voce non lasciava speranze. Non gli sarebbe corsa incontro gridandogli che Light Yagami non significava più nulla per lei, che voleva lui lui lui e nient’altro. Ma, forse, quel senso di colpa alla fine non si sarebbe rivelato abbastanza forte.

Forse anche Misa-Misa avrebbe scelto di restare Misa.

Forse, tra loro era più inevitabile che sbagliato.

Forse.

 

 

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Capitolo mini, lo so, ma fondamentale per spiegare che Matt ha detto tutto a Mello e che ora intende parlare anche con Misa.

Ringrazio, come sempre, chiunque passi di qui. Siete sempre speciali.

Aya ~

 

Credits: I just can’t stop loving you, © Michael Jackson feat. Siedah Garrett

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Capitolo 9
*** track 09 ♪ Dirty Diana ***


track 09 ♪ Dirty Diana

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26 gennaio 2013, ore 12:00

Ultima strofa ~ I’ve been here times before, but I was too blind to see

 

 

Dieci minuti di pausa per la troupe del nuovo spot di quella certa marca di dolciumi che, anche se non poteva certo farlo sapere al suo pubblico, per lei erano assoluto tabù. Ryuuzaki-san l’avrebbe trovato molto divertente.

Che ironia. Ora tornava addirittura a pensare a L.

Dieci minuti di pausa che, aveva suggerito il regista, non sarebbero stati sciupati se lei li avesse trascorsi a informarsi meglio sul suo personaggio. Per « migliorare l’interpretazione »: dicevano sempre così, quando volevano farti capire che stavi recitando da schifo. E allora, rimasta sola nel suo camerino, con l’abito di scena addosso, Misa aveva aperto il portatile e digitato le parole ‘Diana + divinità’ nel motore di ricerca predefinito; un rapido doppio clic e si era ritrovata nell’unica enciclopedia che le fosse mai capitato di sbirciare. Probabile che anche questo, per Ryuuzaki-san, sarebbe stato divertente.

 

Secondo la leggenda, Diana – giovane vergine abile nella caccia, irascibile quanto vendicativa – era amante della solitudine e nemica dei banchetti; era solita aggirarsi in luoghi isolati. In nome di Amore aveva fatto voto di castità e per questo motivo si mostrava affabile, se non addirittura protettiva, solo verso chi – come Ippolito e le ninfe che promettevano di mantenere la verginità – si affidava a lei.*

 

Sentì le labbra incurvarsi in un sorriso amaro. Bisognava un po’ leggere tra le righe, però quella definizione se la sentiva particolarmente vicina.

Abile nella caccia. Dopotutto, lei era il secondo Kira.

Irascibile quanto vendicativa. Meglio non soffermarsi a pensare quanto.

Nemica dei banchetti. Non per niente quelle caramelle che stava pubblicizzando erano un pericolo mortale per qualsiasi idol degna di questo nome.

Solita aggirarsi in luoghi isolati. Beh, per questo magari bisognava sorprenderla in uno di quei momenti bui che la sprofondavano nella disperazione – come questo, ad esempio.

Le voci e gli immancabili rumori provenienti dal set si spensero a poco a poco, lasciandola sola con il suo unico pensiero fisso: l’espressione di Matt, quella notte, quando lei gli aveva aperto la porta del palazzo e lui senza neanche entrare l’aveva baciata come se non avesse mai avuto altra necessità al mondo.

Se si concentrava su quel momento, sentiva ancora la pioggia che li aveva avvolti, la fugace sensazione che per un attimo l’aveva convinta che non poteva essere sbagliato, non se era così bello.

Poi Matt si era ritratto e le aveva confessato sulle labbra la colpa e le aveva soffiato in viso una redenzione.

 

« Non m’importa più di sapere chi sei, Misa. So che sei quello di cui ho bisogno per vivere, per uscire dal limite della semplice esistenza. So che sei come me. E mi basta sapere questo... »

 

Distrattamente, le dita di Misa accarezzavano il quaderno nero, quello che quasi sempre portava con sé sotto i vestiti. Quello che, due notti prima, Rem aveva fatto sparire dalla stanza quando era tornata e li aveva visti e aveva compreso che era troppo tardi perché si salvassero entrambi.

Era troppo tardi, per loro.

Lo sguardo spento, atono fin dal momento in cui una dea della morte le aveva dimostrato quanto potesse essere ingannatrice la vita, scorse tra le pagine vergate della sua grafia snella e quasi puerile. Nomi su nomi su nomi. Si era soffermata qualche volta a chiedersi cosa significasse uccidere un uomo? A domandarsi se si lasciava alle spalle una famiglia che lo amava, che magari lo reputava un innocente, che avrebbe pianto la sua perdita come facevano tutti i padri e le madri dei reduci e dei bambini uccisi e delle giovani donne stuprate in strada? Non se ne ricordava. Era tutto nero, adesso. Vuoto.

Quando a Misa Amane era stato offerto il ruolo di protagonista in uno spot di dolci, quando l’avevano vestita di quella tunica bianca e leggera e le avevano sciolto i capelli e l’avevano fatta sedere su una nuvola di cotone con un pacchetto di caramelle celestiali in una mano, niente le aveva lasciato presupporre che in quella Diana che avrebbe dovuto interpretare avrebbe ritrovato così tanto della sua storia.

Diana cacciava le fiere. Lei, terroristi e assassini.

Diana era legata ad Amore. Lei, a Kira.

Diana era pura. Lei aveva peccato.

Rem non disse nulla, come sempre, quando vide Misa rigirarsi la penna tra le dita e poi farla scendere lentamente sulla carta intonsa. Non commentò né giudicò neanche quando le dieci lettere di quel nome si delinearono nette l’una accanto all’altra, sotto la lista di quelli che sarebbero morti quello stesso giorno.

Rem non disse nulla, ma Misa non poté impedirsi di piangere un singhiozzo sul Death Note. Il suono del suo dolore fu sovrastato dalla penna che cadeva a terra, e dalla voce lontanissima del regista che richiamava gli attori. Pausa finita, si torna in scena.

Rimettiti quella maschera, Misa-Misa, e non permetterti di soffrire della tua espiazione.

 

 

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Ci avviamo inesorabilmente alla conclusione, cari lettori. E sono sempre grata che siate qui.

Il brano contrassegnato dall’asterisco è tratto da Wikipedia. Quando mi sono ritrovata dinanzi al titolo di questa track, mi è venuto spontaneo pensare alla divinità della caccia; mi sembrava una buona immagine per rappresentare Misa – e spero che voi non la troviate troppo forzata.

Grazie come sempre, a tutti, e alla prossima.

Aya ~

 

Credits: Dirty Diana, © Michael Jackson

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Capitolo 10
*** track 10 ♪ Smooth Criminal ***


track 10 ♪ Smooth Criminal

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26 gennaio 2013, ore 12:00

Refrain ~ you’ve been hit by, you’ve been struck by a smooth criminal

 

 

Mello non aveva mai avuto paura in vita sua. Difficilmente, se si era cresciuti alla Wammy’s House come potenziali successori dell’uomo più geniale al mondo, ci si poteva concedere il lusso di una cosa umana come la paura. La paura era per quelli che potevano scegliere di fuggire: persone come L, e ragazzi come Nate River, Mail Jeevas e Mihael Kheel, quella possibilità non l’avrebbero mai avuta.

Mello volava in quella strada vuota con il crescente timore di trovare, alla fine del viaggio, qualcosa che gli avrebbe fatto tremare la terra sotto i piedi – ma ugualmente continuava a volare, il piede sempre più incollato all’acceleratore della moto che Matt si era lasciato alle spalle [come tutto il resto, come lui] e nel cuore la consapevolezza di averlo mandato a morire.

Non avrebbe mai dovuto coinvolgerlo.

Non avrebbe mai dovuto spingerlo nelle braccia di Misa Amane.

Forse era già troppo tardi.

Si maledisse, maledisse Matt per il suo fottuto buon cuore, maledisse Kira e la sua comparsa nel mondo e la morte di L e il fatto che per loro non ci fosse mai stata scelta, mai, mai, mai. E veloce come la scheggia ghiacciata che gli si era conficcata dentro quando Matt si era chiuso la porta del monolocale alle spalle, svoltò all’incrocio che conduceva al posto in cui viveva Yagami con la sua maledetta donna.

Perdonami, Matt. Perdonami. Perdonami...

Era piovuto per tutta la notte; e quando arrivò e lo vide là seduto sul marciapiede desiderò che piovesse ancora, perché l’acqua potesse nascondere quelle lacrime insensate sul viso di Matt.

Spense il motore e smontò dalla moto in fretta, lasciandola cadere in una pozzanghera con uno schianto metallico, percorrendo di corsa gli ultimi metri che li separavano.

Lui sollevò lo sguardo di chi ha passato una notte insonne, fuori da un palazzo le cui mura sono il confine tra il suo mondo e quello che vorrebbe far suo. La vuotezza dei suoi occhi spaventò Mello più dei pensieri che lo avevano condotto fin lì, che gli facevano detestare ora la vista di quel morso con cui aveva cercato violentemente di scrollarlo, di fargli capire chi erano loro e chi era lei e perché lui non potesse scegliere lei.

Si fermò, ansimante, in piedi a sovrastarlo. Forse anche adesso non c’erano parole o forse ce n’erano troppo poche. Non volle scoprirlo, e rimase in silenzio, in attesa di capire qualsiasi cosa dai suoi occhi di un blu che sembrava più cupo ora, alla luce del sole, che non piuttosto nel buio delle notti trascorse su quel divano a lasciare che il piacere di essere insieme abbassasse le loro palpebre.

« Sei venuto. »

« Sapevi che l’avrei fatto. »

Lo sapevano entrambi. Mello non avrebbe mai potuto lasciarlo andare. Senza Matt, Mello non riusciva neppure a ricordare cosa significasse essere Mihael.

« Le hai parlato, vero? »

Matt non disse nulla. Abbassò lo sguardo. Mello avrebbe preferito che continuasse a guardarlo direttamente in viso: sarebbe stato così facile, e naturale, e più giusto, chiedergli scusa con gli occhi.

Scusa per non averti dato scelta. Scusa per averti permesso d’innamorarti di lei. Scusa perché so che ti farà del male...

Non osava neanche chiedersi cosa Amane avesse risposto alla sua confessione – se davvero c’era stata; se lo odiasse, se lo capisse, se avesse progettato di ammazzarlo o se si fosse riconosciuta nella sua diserzione decidendo di seguirlo, in nome di un sentimento [per una volta] reale e non costruito sull’idolatria. Perché in fondo – maledizione – quell’amore, o qualunque cosa fosse, Mello riusciva persino a comprenderlo.

E avrebbe quasi potuto concedersi una speranza, se d’improvviso non avesse visto Matt sbarrare gli occhi e portarsi una mano al petto.

In un attimo gli fu accanto in ginocchio, e lo stringeva e lo chiamava, in preda a quella dolorosa folle insostenibile paura di vederlo morire solo per la volontà di essere, per il sogno di scegliere.

« Mail... Mail! »

E, tra le sue braccia, Mail alzò lo sguardo, riconobbe il suono del proprio vero nome, e gli sorrise come non gli aveva mai sorriso. Riconoscente.

« Perdonami... Mihael. »

Poi silenzio.

Non avrebbe mai saputo se quell’assassina lo avesse amato almeno la metà di quanto lo amasse lui. E non avrebbe mai saputo con quale sporco mezzo fosse riuscita a portarlo via a entrambi.

Mello urlò, gridò fino a lacerarsi la gola e il cuore. Quando sentì che non vi era rimasta dentro neanche un’ultima singola stilla di vita, chinò il viso sopra quello di lui e pianse le sue ultime lacrime di uomo.

Persino nella morte, senza avere il modo di saperlo, Mail Jeevas era immensamente migliore di Mihael Kheel.

 

 

stop ■

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Ma quanto, quanto mi odio per ciò che ho scritto. ;_;

Eppure, che siate d’accordo o no, persino muovendomi nel what if ho sempre la tragica consapevolezza che una storia tra Matt e Misa non potrebbe mai finire bene. E mi odio, mi odio, mi odio per questo pensiero. Ma è tutta colpa dell’angst che trasudano, accidenti.

Grazie infinite per aver tollerato anche questo! Alla prossima, con l’epilogo e i dovuti e doverosi ringraziamenti a tutti.

Aya ~

 

Credits: Smooth criminal, © Michael Jackson

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Capitolo 11
*** track 11 ♪ Leave Me Alone ***


track 11 ♪ Leave Me Alone

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14 febbraio 2013, ore 22:32

Chiusura ~ stop it; just stop dogging me around

 

 

Quando la porta si schiude e i passi le annunciano che Light è rientrato, lei apre gli occhi e si accorge di aver riempito tre pagine del Death Note. Una volta dava molto più peso a quel quaderno. Adesso tutto è diventato automatico, persino naturale. Non le dà più alcuna remora.

Come se la parte davvero dolorosa ormai fosse definitivamente passata.

« Stai facendo un ottimo lavoro, Misa. »

Una volta le avrebbe fatto piacere, il tono compiaciuto di Light. Adesso...

« Misa-Misa vorrebbe fare di più... » mormora, stringendosi nelle spalle, lasciando in sospeso l’ultima parte della frase. ‘Per Kira’.

Ma per Light?

« Di più? » Light siede sul letto con lei e la circonda con le braccia, portandosi la sua nuca sul petto, respirandole tra i capelli. Non lo faceva mai, una volta. Perché deve farlo adesso che per lei non c’è più quel brivido che la coglieva ogni volta che lui entrava in una stanza? Non le sembra giusto. « È perfetto così, amore mio. Sei bravissima. »

‘Amore mio’.

Dall’angolo in cui li osserva, Rem sbuffa piano. Light la ignora.

Misa non prova niente: pensa solo che è tardi per tutto, ormai.

E vorrebbe non ricordare quanto è stato dolce sentirsi dire « Credo di amarti » dalle labbra al sapore di nicotina di un ragazzo che guardava al di là di quella rigida copertina nera.

« Così brava da meritare in cambio il dono migliore che un uomo possa farti. » Light la stringe delicatamente, come sarebbe dovuto sempre essere, come ormai non ha più senso che sia. « Non sai che giorno è oggi? »

Misa annuisce lentamente. È San Valentino, la festa degli innamorati. Solo un altro giorno da dimenticare. Come il Natale. Come l’ultimo dell’anno. Come quel ventisei gennaio che le brucerà sempre sottopelle.

« Misa, ascoltami. » Light l’afferra per le spalle e la fa voltare con una quasi forzata dolcezza, distogliendole gli occhi dal quaderno e dal computer fitti di nomi di uomini spacciati. « Sento che non meriti una vita così. Sei sempre stata al mio fianco nel pericolo e nel sospetto, e credo sia ora che tu abbia un po’ di serenità. Ho trovato una persona cui potremmo cedere il tuo compito... Kiyomi Takada; la conoscerai senza dubbio. Lei è perfetta per diventare un nuovo Kira. Non ci tradirebbe mai. Tu perderesti ogni ricordo del Death Note, e avresti finalmente la possibilità di vivere felice e senza questo peso, con me. » Sorride, quel sorriso perfetto che una vita fa era una promessa e che oggi è solo un’altra faccia della maschera che entrambi sanno di portare allo sguardo dell’altro. « Cosa ne dici? »

Questa volta Rem non ha reazioni di sorta. Attende, come lui.

Lei lo guarda, inespressiva. Misa non è così stupida e sa che Light non lo è per niente. Sa che lui si è accorto che c’è stato un cambiamento in lei, che qualcosa l’ha resa fredda, distaccata, impassibile come un vero sicario; con ogni probabilità sa anche che strapparle via dalla mente quel qualcosa è l’unico modo per non rischiare di perderla.

Ormai è abituata ad essere considerata da lui un giocattolo. Non se ne cura nemmeno.

Ci pensa su. Si chiede se non possa essere davvero la strada giusta. Se dimenticare tutto, tutte le persone della cui morte si è macchiata – e con loro Mail, Matt-kun, il ragazzo dei videogiochi che avrebbe potuto essere una scelta perché sarebbe potuto essere come lei – se questo le porterebbe un po’ di respiro, finalmente. Se tornare ad amare Light Yagami di un amore spensierato, illuso e stupido non sia molto più facile che combattere insieme a Kira con quel vuoto dentro.

Immagina che lui le stia già leggendo la risposta in volto.

Tuttavia vuole prendersi ancora un po’ di tempo. Sfugge alle sue mani, si alza e si sposta verso la finestra, quasi inconsciamente.

« Ho bisogno di stare da sola per qualche minuto » dice, monocorde.

Può quasi percepire il fastidio di Light; ma il suo tono resta immutato nella sua perfezione.

« Naturalmente. Ti lascio riflettere tranquilla. »

Non si volta a guardarlo uscire, non incrocia neppure il suo riflesso nei vetri della finestra. Non ha più bisogno di vederlo nella sua vita per sentirsi al centro del mondo. Semplicemente perché il centro del suo mondo – lo sa ormai, lo sa da un pezzo, ed è terribile averlo saputo anche allora che era insieme a chi avrebbe potuto amare davvero – è Kira, e non Light.

Stupidamente innamorata di un ideale.

Stupidamente sola.

Nella camera da letto che una notte, una sola eterna notte, l’ha vista felice con un altro, resta solo il silenzio consapevole di una shinigami che la guarda cedere.

Misa abbandona la fronte contro il vetro freddo. Laggiù, sullo stesso marciapiede dove si sono lasciati, lui deve averla aspettata fino alla fine. Inconsapevole del fatto che, da qualche parte in un posto finto che era tanto migliore della sua vita vera, lei lo stava uccidendo. Nel modo più doloroso possibile. Negandogli la libertà di sé.

Contro quel vetro scorrono le sue ultime lacrime di donna.

Dopo questo, accoglierà con sollievo l’oblio dei ricordi.

Tornerà a dormire. Tornerà a credere a un principe azzurro che non esiste. E tornerà Misa-Misa.

 

 

Mail Jeevas, 26 gennaio 2013.

Ritorna a cercare la donna che ama con la speranza di ricevere il suo perdono.

Viene raggiunto dal suo complice e gli lascia capire che il loro piano è fallito.

Muore davanti ai suoi occhi per arresto cardiaco alle 12:04.

 

 

Verso la fine della vita avviene come verso la fine di un ballo mascherato, quando tutti si tolgono la maschera. { Arthur Schopenhauer }

 

 

stop ■

 

 

~ Delete All Tracks

 

 

[ NO DISC ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Misa amava Matt. Scrivendo questa storia ero convinta che lo amasse davvero. Ma Misa è Misa anche perché, per lei, tutto fa capo a Kira; e allora suo malgrado non può che eliminare chiunque si opponga a questa concezione del suo mondo. Anche se ciò la porterà a soffrire di un dolore immenso che le aprirà gli occhi e che le farà desiderare soltanto di dimenticare tutto.

Vi confesso che, se Misa avesse agito così anche nel manga/anime, l’avrei amata indubbiamente di più.

 

E con questo, gentili lettori, siamo arrivati alla fine, e io ci tengo a ringraziarvi come non ho fatto mai, perché tenevo moltissimo a questa storia e grazie alla vostra curiosità e al vostro sostegno mi ci sono affezionata ancora di più. Ringrazio pertanto:

HateQueen, syssy5, Syranjil Sarephen, sadie_, Fede_Wanderer, redseapearl, Alih, otakufangirl97, Sachiyo e starhunter per le recensioni lasciate;

cauilla, DazedAndConfused, InsalataVillage, Miku96, sadie_, Seleliu, Shadow Eyes, starhunter e _ xXAkikoChanXx_ per aver seguito questa storia;

syssy5 per averla aggiunta alle ricordate;

cauilla, Chandrajak, Sachiyo, Sakujo_Candy the Mongrel, T e r s i c o r e e _xXAkikoChanXx_ per averla aggiunta alle preferite;

nonché tutti i lettori che di volta in volta sono venuti silenziosamente a sbirciare questi capitoli.

Di nuovo, grazie ancora a KeR e JunKo, alias HateQueen e Alhambra, per avere indetto questo contest, e a Fe85 e syssy5 per l’accurato giudizio, che riporto qui di seguito, e l’adorabile banner.

Un saluto affettuoso anche alle altre partecipanti, Dada4E, Ino;Chan e Ory_StarDust_95, nella speranza di finire di poter leggere presto le vostre storie!

 

A tutti, insomma, grazie davvero. E alla prossima.

 

Aya ~

 

Credits: Leave me alone, © Michael Jackson

 

 

 

 

 

~ ~ ~

 

 

 

 

 

Prima Classificata: B.A.D [Beautiful_Agony_of_Dying] di FataFaby89


Originalità: 10/10

Punteggio massimo perché mi è piaciuta molto l’impostazione della storia come se fosse un lettore cd vero e proprio, dove ascoltare delle “colonne sonore” (ovvero i capitoletti che la compongono).
Ho trovato originale anche il voler far avvicinare due personaggi come Matt e Misa che nell’anime non si sono mai incontrati, e di cui nel manga c’è solo una battuta da parte di Matt nei confronti
della ragazza. Mi ha incuriosito anche il breve accenno al primo caso in cui Mello e Matt hanno lavorato insieme (sono un’amante dei dettagli XD).
Senza tralasciare l’anagramma del titolo: ottima trovata.


Caratterizzazione dei Personaggi: 9.5/10

Sarò sincera: Misa non mi ha mai colpito particolarmente come personaggio, l’ho sempre considerata una marionetta nelle mani di Light, ma tu hai saputo “muoverla” in un modo talmente perfetto da rendermela quasi simpatica. Hai reso plausibili i suoi comportamenti, giustificandoli con attenzione e precisione, e non ti sei limitata a tratteggiarla come una “stupida bambola”, ma l’hai resa consapevole del suo atteggiamento. Inoltre, ho apprezzato tantissimo il parallelismo tra lei e Matt: con lui, Misa non si sente la seconda Kira, ma se stessa. Quel singhiozzo nel momento in cui scrive il nome di Matt sul Death Note e il suo cambiamento nel finale, fanno proprio capire quanto anche lei fosse legata a Matt-kun, quel ragazzo che l’apprezzava per quello che era. Il paragone con Diana, poi, l’ho trovato delizioso per descrivere Misa; diciamo che riassume perfettamente tutte le sue caratteristiche.
Passiamo poi a Matt: qui non posso esprimermi più di tanto, perché sia nell’anime che nel manga non è un personaggio che viene approfondito. Tuttavia, anche in questo caso hai svolto un lavoro impeccabile: dietro a quel suo fare sornione e accattivante, c’è molto di più. C’è un uomo che comprende di essere innamorato di una persona (“una persona sbagliata”, citandoti) e che è disposto a tutto per amore. Non c’è nulla di scontato o di fuori posto nel loro rapporto, perché entrambi i personaggi si muovono con naturalezza.
E infine, Mello: bellissima la descrizione del suo rapporto con Matt, si vede che quella che li lega è un’amicizia vera, solida. L’unica cosa che mi ha lasciata un po’ perplessa sono le sue lacrime nel finale: per quanto fossero “uniti” e per quanto Mello tenda a lasciarsi trasportare dalle emozioni, non credo che si lascerebbe andare alle lacrime così facilmente. Ovviamente, è un punto di vista soggettivo.
A parte questo, hai rispettato pienamente l’IC e hai reso questi personaggi vivi.


Attinenza ai Titoli delle Canzoni: 10/10

Ritengo che i titoli aderiscano perfettamente al racconto, nulla da segnalare riguardo a questo punto.


Grammatica: 9.5/10

Ho trovato pochissimi errori:
-“quando nel loro mondo non sarebbe dovuto esserci posto per nient’altro che non fosse la successione.”: a mio parere, sarebbe più corretto “avrebbe”;
-“Fin da quando per il mondo era diventato Matt, Matt non aveva più fatto parte del mondo.”: non mi suona molto questa frase. Sostituirei “fin da quando” con “nel momento in cui”;
-“e Matt sospirò di sconforto”: “sospirò sconfortato”;
-“Davanti agli occhi aveva ancora gli occhi di Misa Amane. Lui gli scostò i capelli dagli occhi”: questa è una ripetizione;
-“circondato di lui”: “circondata da lui”;
-“Eppure gli occhi, invece”: questa mi sembra un’incongruenza;
-“avrebbe potuto richiamare l’attenzione di Matt dal di là della porta chiusa”: “al di là”;
-“desiderava soltanto d’essere guardata finalmente come una donna”: la “d” è superflua;
-“orribili lente arancioni”: errore di battitura
Anche qui troviamo l’errore della “d” euforica che faccio notare senza togliere punti alla valutazione: “ed impossessarsi”, “ad ogni”, “ad occhi”, “ad essere”, “ad una”, “ad emulare”, “ad un”, “ad esempio”


Apprezzamento Fe: 10/10

Una storia stupenda, densa di emozioni che ha saputo catturarmi sin dalle prime righe. Ogni parola è al suo posto, e tutto viene espresso con una tale intensità, che è impossibile non appassionarsi a questo racconto. Complimenti.


Apprezzamento syssy5: 8/10

Premetto che è stata la mia prima volta con una fanfiction su Death Note e che è passato del tempo da quando ho visto l’anime (in lingua originale sottotitolato), ma ho trovato il triangolo Misa/Matt/Mello davvero particolare e interessante. Mi ha anche colpita il modo in cui hai strutturato la storia che secondo me si addice molto alla vicenda che hai narrato. Ho solo un dubbio: in Giappone non credo festeggino il Natale come da noi e quando dici del vischio mi sono chiesta “ma da loro si usa?”; in ogni caso ho archiviato la cosa che una sottigliezza di Misa che per passare del tempo col suo Light è andata ricercando le usanze di tutte le culture riguardo il Natale.


Totale: 57/60

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