What have you done, Alice?

di Sparrowhawk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo ricordo. ***
Capitolo 2: *** Diverso non è ne buono ne cattivo. Solo non è uguale. ***
Capitolo 3: *** Dimenticare. Espiare. Dare un senso. ***
Capitolo 4: *** Bello avere una mente tanto fantasiosa. ***
Capitolo 5: *** L'arrivo puntuale di un treno, quale meraviglia. ***



Capitolo 1
*** Il primo ricordo. ***


Titolo: What have you done, Alice?
Fandom: Alice Madness Returns
Personaggi Primari - Secondari: Alice Liddel; Dottor Bumby - Stregatto; Cappellaio Matto; Brucaliffo; Regina di Cuori
Rating: Giallo
Genere: Introspettivo, Drammatico, Malinconico
Altro: Missing Moments; Videogameverse (inventato =P)
Note: In questi capitoli ho voluto dare un forte peso ai pensieri di Alice. Nel corso del gioco è facile intuire cosa lei provi, ma ho notato che lei stessa tende a dare più ascolto alle parole altrui piuttosto che a ciò che sente veramente. Ecco spiegato il mio esperimento.


Pazza.

Tutti la avevano sempre trattata come una pazza da quando, la sua famiglia, era perita in quel terribile incendio. Lei stessa, lo ammetteva, si vedeva come tale. Si era sempre vista a quella maniera per quanto, in passato, quando ancora era circandata dai visi felici e sorridenti dei suoi cari, la cosa fosse decisamente più attutita.

Non era mai stata una persona abbastanza aperta ed aveva sempre preferito chiudersi nelle sue fantasie impossibili -in quell'intricato mondo tutto colori, magia e cose incantevoli- piuttosto che dover anche solo spendere mezzo minuto con gli altri bambini della sua età. Trovava tutto così noioso, a casa. La società non la capiva e mai lo avrebbe fatto, purtroppo. I suoi occhi da bambina erano capaci di vedere più in là di quanto non lo avessero mai fatto tutte le persone che la circondavano nella loro infanzia.

Eppure, pur avendo convenuto con sua madre che il Paese delle Meraviglie stava solo nella sua testa, alle volte Alice si era risvegliata da uno dei suoi sogni con qualcosa di quel luogo. Una volta, dopo aver fatto una nuotata nell'oceano che aveva creato lei stessa piangendo, si era alzata dal letto zuppa come se avesse passato veramente tutto quel tempo immersa nell'acqua. Oppure, dopo aver bevuto tè con il Cappellaio e aver mangiato tutti quei deliziosi biscotti con il Leprotto Marzolino, aveva aperto gli occhi dal suo pisolino pomeridiano sentendosi così piena che aveva addirittura rinunciato alla cena.

Era la sua fantasia, lo diceva lei stessa, però non poteva proprio fare a meno di notare tutte quelle piccole stranezze.

E se un tempo erano solo apparse come strane coincidenze, dettate più che altro dall'autosuggestione, oggi che era sola le vedeva solo ed unicamente come potenziale materiale per uno strizzacervelli. Anche perché, purtroppo, il suo Paese delle Meraviglie ormai era completamente distrutto. Era terra bruciata, piena solo di corruzione e dolore.

Alle volte, chiudendo gli occhi nella speranza di ritrovare la sua oasi di calma, si sentiva come presa d'assalto dalle fiamme dell'inferno.

"Dimentica, Alice."

Il Dottor Bumby glielo ripeteva spesso, quasi senza sosta. Era quello l'unico punto su cui lavoravano assieme. Il dimenticare.

Ogni ricordo brutto, ogni sensazione sgradevole, perfino il dolore... Era bene dimenticare se voleva davvero cominciare una nuova vita.

Alice sapeva che non c'era altro modo per lei se non quello di scordare tutto però, anche così, una piccola parte di sè si ostinava ad imporle di rimembrare qualcosa invece.

Il fuoco. Quello c'era sempre nei suoi pensieri, indelebile, come una macchia di cioccolato che non ne vuole sapere di abbandonare un bel vestito candido come la neve. A differenza del cioccolato, però, il fuoco non era per niente dolce. Era cattivo, era opprimente, e portava via ogni singola cosa.

Il fuoco si era preso la sua famiglia, la sua sanità mentale, una parte considerevole della sua pelle, e aveva distrutto ogni particolare della vita che aveva vissuto prima del giorno in cui casa sua era bruciata.

Perfino il particolare di come era riuscita -solamente lei poi- a fuggire dall'incubo di fiamme e oscurità in cui si era tramutata la sua dimora veniva sormontato dal ricordo del fuoco in tutte le sue più piccole sfumature.

Provare ad andare oltre era inutile. Ci aveva giù provato.

E poi, sempre Bumby, il suo unico amico in mezzo alle faccie impietose che la attorniavano, diceva che era inutile tentare.

Le avrebbe solo procurato nuovo male e lei, ne convenivano entrambi, non ne aveva poi molto bisogno.

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Capitolo 2
*** Diverso non è ne buono ne cattivo. Solo non è uguale. ***


Ritornare nel Paese delle Meraviglie, come aveva previsto, non era stato per niente piacevole.

A quanto pareva la sua follia aveva corrotto quel luogo puro e magico fin nel profondo: aveva dilaniato il terreno, sradicato le piante, ucciso e terrorizzato gli abitanti, raso al suolo tutto ciò che da piccola aveva amato ed ammirato. Tempo addietro aveva assistito a qualcosa di simile, se lo ricordava, ma per quanto la sua lotta contro la Regina di Cuori avesse segnato per sempre quella terra e perfino la sua mente, ciò che aveva ora di fronte agli occhi non poteva minimanente rivaleggiare con quel genere di distruzione.

Era colpa sua insomma. Anche questa volta era colpa sua.

Per anni si era incolpata della morte dei genitori e della sorella, e proprio ora che aveva sperato di trovare i ricordi che le mancavano nel suo antico rifugio, ecco che anche questo veniva meno subito dopo il suo arrivo. Si faceva pena da sola. Si faceva schifo da sola. Tutto quello che toccava si tramutava in merda. Era maledetta.

Perfino quelli che un tempo erano suoi amici la avevano attaccata ora che era tornata. Il Leprotto Marzolino ed il Ghiro avevano ridotto in pezzi il povero Cappellaio e poi, non contenti, avevano violato il suo regno senza alcuna pietà obbligando i Mattoidi a lavorare senza sosta, i Dodo a servire come pasto, ed il tè ad andare completamente guastato.

Aveva dovuto ucciderli per porre fine a tutto questo e per aiutare il Cappellaio.

Aveva dovuto...uccidere i suoi amici.

E lo stesso non aveva ottenuto nulla in cambio se non il dubbio di essere stata proprio lei ad appiccare il fuoco in casa sua, dimenticandosi quel dannato ceppo accesso nel camino della biblioteca.

Non c'era che dire, le cose erano diverse.

«Secondo il Dottor Bumby il cambiamento è costruttivo.» aveva detto allo Stregatto non appena aveva messo piede nell'impero del Cappellaio, rendendosi subito conto di quanto se lo ricordasse altrimenti «'Diverso' è buono.»

Quel gattaccio la aveva guardata divertito, ghignando come suo solito, e poi aveva scosso quella sua grande testa all'unisono con la lunga e tozza coda.

«'Diverso' non significa ne buono ne cattivo, Alice.» le aveva risposto. «Ma di certo vuol dire 'non uguale'.»

Aveva sempre pensato che lo Stregatto non era altro che una creatura fin troppo sicura di sè, enigmatica e menefreghista, ma doveva ammettere che nessuno la aveva mai consigliata come lui. Ecco l'unica cosa che era rimasta praticamente intatta là: il ruolo del gatto all'interno del mondo che lei stessa aveva creato non poteva cambiare, forse perché lui non era altri che l'ultimo barlume di luce che vigeva sempre nella sua mente. L'ultimo baluardo contro la follia che imperversava in ogni dove.

La sua presenza alla fine le era necessaria, perché senza di lui non sapeva come avrebbe potuto fare nel dare un senso a tutto ciò che le stava accadendo.

Più i nemici la attaccavano, più lei si lasciava sprofondare nell'aggressività. Decapitava teste a destra e a manca, senza mai provare rimorso, senza mai fermarsi un solo istante. Il sangue che vedeva scorrere a fiumi dai corpi ormai senza vita di coloro che le andavano contro la ripagava di tutte le perdite che aveva subito. Di tutto ciò che aveva provato.

Stava male e perciò, forse, era giusto sentirsi contenti della sofferenza che causava agli altri.

La lama Vorpale era una fidata compagna in quel senso. Le bastava impugnarla e, volteggiandola in aria, il mondo si colorava di un rosso intenso. Le sue mani, i suoi abiti, il suo volto e perfino i suoi capelli, tutto si tingeva di rosso magenta, scuro e denso. Quel liquido era vita e morte al tempo stesso, perché sebbene nei momenti di totale abbandono Alice si sentiva libera e quasi felice -viva appunto-, quando poi rinsaviva e si rendeva conto di ciò che aveva fatto un'altra parte della sua innocenza andava svanendo.

Voleva solo ritrovare un ricordo perduto ma molto importante, era vero, però stare in quel luogo la stava cambiando facendola diventare qualcosa che un tempo non era.

Doveva uscirne al più presto e, per farlo, doveva quindi sbrigarsi per svelare il mistero che era il suo passato.

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Capitolo 3
*** Dimenticare. Espiare. Dare un senso. ***


ATTENZIONE, QUESTO CAPITOLO CONTIENE DEGLI SPOILER. Non voglio in alcun modo rovinarvi il videogame e, di conseguenza, vi chiedo di attendere di aver finito di giocare prima di apprestarvi a leggere questo nuovo capitolo.
Alice Madness Returns è davvero bello e mi sentirei in colpa a rovinarvi il finale, che ho trovato assai stupendo.
Perciò, PRIMA godetevelo nell'intimo del vostro salotto -o dove giocate di solito- e SOLO DOPO cominciate a leggere, ok?
la Direzione XD




«Dimenticare è solo dimenticare, tranne quando non lo è. In tal caso ha un altro nome. Vorrei dimenticare ciò che ho fatto, ci ho provato, ma non posso.»

Alice ormai non ascoltava più.

L'unica cosa che contava era la sua vendetta. La rabbia che provava ora era quanto di più reale avesse percepito da anni. Le percorreva le vene come sangue, ma era più bollente e pizzicava mentre le inniettava la forza per muovere un passo dopo all'altro. Stava uccidendo sì, e adesso non si poneva più il quesito di stare facendo o meno la cosa giusta. Tutto era lecito quando ci si ritrovava dinanzi alla fonte di tutti i tuoi mali.

Oh, come aveva aspettato quel momento.

Le pareva di aver vissuto, o meglio, di essersi trascinata in quella stanca e orribile esistenza, solo ed esclusivamente per poter vedere arrivare quel dannatissimo giorno.

'Dimenticare' aveva detto il Cappellaio, usando l'unica parola assieme a 'Cambiamento' che il Dottor Bumby avesse mai pronunciato di fronte a lei. Sì, Alice avrebbe dimenticato, ma solo dopo. Solo quando tutto sarebbe finito e lei avrebbe vinto contro al mostro che la aveva fatta diventare ciò che era.

«So di essere colpevole, ma la punizione non si addice alle vittime del crimine.» aveva detto Alice al Brucaliffo, implorando un perdono che non era lui a doverle dare.

«L'abuso è un crimine che i forti infliggono ai deboli. Ed è vero. Chi abusa non è punito a sufficienza per il danno che perpetra. Chi è testimone di un abuso e non cerca di difendere le vittime paga un pegno.» le aveva risposto lui, volando in alto con quelle sue bellissime ali colorate, sventolando i suoi lunghi capelli scuri. Lo aveva guardato supplicante, gli occhi pieni di lacrime ora che sapeva cosa aveva visto e cosa esattamente aveva cercato di ignorare. Ma lui, impietoso, era andato avanti. «Il dolore che provi attenua il tuo intervento tardivo ma...forse non hai pagato abbastanza per aver assistito alla violenza altrui.»

Aveva le mani sporche, certo, e la sua coscenza non era da meno, ma sebbene sapesse di non aver ancora espiato del tutto i peccati commessi almeno ora avrebbe trovato un modo per riscattare non solo se stessa, sua sorella ed i suoi genitori, ma anche quei bambini che non aveva aiutato prima. Certo, poteva avere mille scuse da sciorinare se qualcuno la avesse accusata. In fondo non stava bene, era pazza quando aveva visto come il Dottor Bumby curava i suoi pazienti. Aveva una tale confusione, in testa, quando aveva avuto modo di notare le stranezze di certi suoi comportamenti, che aveva accantonato il pensiero che qualcosa non andasse come una delle sue ennesime paranoie circa il mondo esterno.

Si era mentita da sola per preservare quel pò che rimaneva della sua sanità mentale. Sì, aveva chiuso gli occhi, rinnegando la verità che anche un cieco avrebbe potuto scorgere. La questione non era mai stata non sapere, ma forse era più qualcosa come non avere la forza od il coraggio di agire.

Ebbene, adesso il coraggio lo aveva. E non solo quello.

Ciò che Bumby le aveva fatto -ciò che aveva fatto a tutti loro- non sarebbe più stato impunito, mai più.

«Cerca di dare un senso alla tua vita, Alice, o saremo tutti spacciati!»

Perfino la Regina di Cuori, nella sua infinita crudeltà, aveva saputo dirle le parole giuste. Nulla di spettacolare o di abbastanza filosofico, ovvio, ma lo stesso quanto di più chiaro e conciso ci potesse essere a quel mondo. Nel suo mondo.

La Regina era sempre stata una parte di lei nascosta, quella veramente cattiva e malata. Una parte che non troppo tempo addietro aveva tentato in tutti i modi di prendere il sopravvento, a dire il vero. Però, ora che si ritrovavano uniti tutti da un comune nemico e ora che perfino la sua malvagità era stata oscurata da quella di un nuovo venuto, era normale che anche lei aveva deciso di darle una mano.

Alice brancolava ancora nel buio per quanto riguardava il senso della sua vita. Non sapeva come mai era venuta al mondo ne perché lei sola, fra tutti i componenti della sua famiglia, era riuscita a sopravvivere a quel maledetto incendio. Certo, Dinah la aveva salvata indicandole la via di fuga, ma era proprio quella singola coincidenza ad averle dato da pensare per tutti quegli anni.

Se ci rifletteva bene, l'unico motivo che le rimaneva per cui la sua vita aquisiva davvero un significato, era che lei era una vendicatrice. Il suo unico compito, la sua unica missione, era quella di togliere di mezzo la sua nemesi finale, quella più importante.

Ciò che sarebbe avvenuto in seguito era un'incognita, però faceva lo stesso. Adesso era tutto davvero poco importante.




N.B: Ho voluto chiamare il gatto di Alice Dinah, proprio come nell'edizione inglese, in quanto all'interno del gioco alle volte chiamano Oreste sia il gatto che il coniglietto bianco della protagonista. L'ho trovato confusionario, sopratutto se in seguito deciderò di parlare anche del suo peluches. Spero mi perdoniate.

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Capitolo 4
*** Bello avere una mente tanto fantasiosa. ***


ATTENZIONE, QUESTO CAPITOLO CONTIENE DEGLI SPOILER. Non voglio in alcun modo rovinarvi il videogame e, di conseguenza, vi chiedo di attendere di aver finito di giocare prima di apprestarvi a leggere questo nuovo capitolo.
Alice Madness Returns è davvero bello e mi sentirei in colpa a rovinarvi il finale, che ho trovato assai stupendo.
Perciò, PRIMA godetevelo nell'intimo del vostro salotto -o dove giocate di solito- e SOLO DOPO cominciate a leggere, ok?
la Direzione XD




Aveva pensato a lungo a come avrebbe potuto essere affrontarlo là, nel suo mondo, nella dimora delle sue più intime fantasie. In principio aveva visto in lui una persona giusta, qualcuno di cui potersi fidare, un compagno perfino. Gli aveva parlato molto del Paese delle Meraviglie e insieme avevano discusso sulle varie caratteristiche che ogni suo abitanti possedeva. Le sedute si erano tramutate in chiacchierate e Alice, nella sua infinità stupidità, aveva davvero creduto che Bumby la volesse unicamente aiutare.

Il fatto era che aveva cercato un amico così disperatamente, che ora lo aveva riconosciuto nella persona sbagliata. La più sbagliata che avrebbe mai potuto incontrare. La prima che le avesse dimostrato un minimo di empatia o di gentilezza. L'unica che l'avesse sempre accolta allo stesso modo, senza mai sbilanciarsi troppo fra il timore per quello che poteva fare o non fare per via del suo stato mentale.

Sì, aveva commesso un errore. Alice si era lasciata convincere da lui e, alla fine, gli aveva raccontato quanto di più segreto nascondeva dentro se stessa. Ogni sfumatura della sua anima era, ora, alla totale mercé di quell'orribile, orrendo uomo.

Bumby aveva preso il controllo della sua piccola oasi felice con una tale facilità da sconvolgere non solo Alice, ma tutti i personaggi che lei era riuscita a creare nel corso degli anni. Il Treno Infernale che aveva messo in moto, la aveva seguita durante tutto il suo viaggio alla ricerca di quei ricordi perduti che tanto bramava, distruggendo prima il Cappellaio con i suoi due cari invitati -il Leprotto Marzolino ed il Ghiro-, corrompendo il Carpentiere con il suo famelico Tricheco, annientando il Brucaliffo assieme ad ogni abitante del suo dominio, e togliendo di mezzo perfino la Regina di Cuori.

Ogni passo che Alice era riuscita a fare nel riconquistare una parte del suo passato, la più importante di tutte, era stato anche un passo per lo stesso Treno. In pratica, anche con questo, Alice si doveva prendere la colpa della creazione di quel mostro di metallo, vapore ed incubo. E, come se ciò non bastasse, anche per la mancanza di furbizia con cui si era mossa. Prestando attenzione solo a se stessa, aveva ignorato tutti gli indizi che la circondavano e che, se solo avesse aperto di più gli occhi, le avrebbero fatto capire la verità molto prima.

In principio aveva creduto che il Treno stesse cercando lei. Era l'unica spiegazione plausibile se si pensava al fatto che se lo ritrovava sempre ovunque andasse, come se appunto la stesse seguendo. Ma a poco a poco, la realtà delle cose, aveva cominciato ad affiorare anche nella sua mente: il Treno la stava seguendo, sì, ma non per distruggerla, bensì per cancellare ogni più piccola parte del suo subconscio, della sua memoria, del suo passato. Insomma, per cancellare tutto ciò che la rendeva ciò che era, che la identificava come Alice Liddell.

Da lì, come se improvvisamente un rubinetto fosse stato aperto, era arrivato anche tutto il resto. Finalmente il suo cammino era chiaro, ma per quanto avesse desiderato in più sicurezza non riusciva a fare a meno di tremare. Ciò che aveva detto lo Stregatto era, quindi, la pura e semplice verità.

«I passi che conducono alla chiarrezza illuminano il cammino, Alice, ma ogni passo è incerto.»

Doveva solo camminare. Doveva mettere un piede dietro all'altro, sperando di non cadere o di non incontrare l'ennesimo ostacolo sulla strada.

Davanti a lei c'era il suo destino, l'epilogo di quella brutta storia e la fine di quell'incubo.

Il Dottor Bumby era lì, a darle la schiena, elegante nel suo giaccone blu scuro. La bombetta del medesimo colore, poi, gli donava un'aria di prestigio, facendolo apparire come una persona rispettabile. Come un uomo di saldi e validi principi.

Ma Alice sapeva ormai vedere oltre alla menzogna. Lui non la avrebbe più ingannata.

 

*** *** *** *** ***

 

Ora che si ritrovava di fronte al suo nemico mortale, nella realtà, le veniva in mente la loro conversazione all'interno del Paese delle Meraviglie.

«Sono la più miserabile ed egoista fra le vittime del destino.» aveva cominciato, affrontando con solo lo sguardo il Fabbricatore di Bambole. Il Dottor Bumby. «Vivo in un campo di addestramento per prostitute, un'abusatore ed un protettore come mentore, complice dell'omicidio di mia sorella, ho ucciso la mia famiglia mentre lui corrompeva la mia mente!»

Dall'alto della sua postazione lui la stava guardando, con quelle orbite sgranate, la melma nera ed appiccicosa che, Alice lo sapeva, rivestiva e costituiva tutta la sua anima. Le mani conserte di fronte al corpo, proprio come era solito fare quando si metteva seduto dietro alla sua scrivania, dopo che l'ennesima seduta era giunta al termine.

Tutto era famigliare per lei, ma al tempo stesso niente lo era. La sua presenza in quel luogo era l'ennesimo segno della grande frattura che si era venuta a creare nella sua mente dopo l'arrivo del treno. Il Dottor Bumby non ci sarebbe dovuto essere e, proprio per quel motivo, la sua persona era distorta. Alice si sentiva come una bambina sperduta dinanzi a lui e, come tale, lo vedeva quasi identico all'uomo nero. Tanto spaventoso quanto grosso, cattivo e potente.

«Ho cercato sollievo dal dolore e tu mi hai allontanata dalla verità!»

«C'ero quasi. Ti eri quasi liberata dalle tue paure. Potevo curarti, avresti dimenticato.» Le aveva risposto lui, perfettamente calmo e dedito al suo lavoro. I piccoli bambini che fra le sue mani si tramutavano in bambole senza vita erano la perfetta trasmutazione di ciò che, probabilmente, stava accadendo anche nel mondo reale.

«Cancellare il ricordo della mia famiglia?!»

«Sono morti. E anche tu dovresti esserlo.»

«Creatura bastarda e abominevole. Assassino! Parassita succhiasangue, il danno che hai fatto ai bambini...l'abuso...»

«Offro un servizio. In una metropoli estesa e lugubre, bisogna soddisfare tutti gli appettiti.»

Le parole del Brucaliffo erano vere. Non c'era mai una punizione abbastanza adatta per chi, come lui, perpetrava un crimine così osceno come l'abuso. O forse era meglio dire che non c'era mai nessuno che faceva qualcosa per impedire che cose del genere accadessero.

«La mia famiglia...! La mia mente! ...Il Treno Infernale!»

Eccolo, quello era stato l'esatto momento in cui ogni tassello era andato al suo posto. Alice finalmente capiva cosa le impediva di liberarsi.

«Il Treno è una tua invenzione per difenderti, io decido solamente gli orari e l'itinerario.» e poi, come se nulla fosse, il Fabbricante di Bambole si era messo ad intonare quella macabra filastrocca.

«Arriva il treno dalle carrozze più belle,

sedili comodi e ruote di stelle.

Calmatevi piccolini,

non abbiate timore,

lo sbuffo nel cielo è il vero motore.»

«Fermerò quel treno, fosse l'ultima cosa che faccio!»

 

*** *** *** *** ***

 

Lo aveva promesso e perciò, subito dopo quella pessima ed aberrante conversazione, Alice aveva fatto del suo meglio per impedire al Treno di fare altri danni.

Aveva combattuto usando tutto il suo arsenale di armi, scavando in profondità dentro di sè per trovare anche la più piccola briciola di coraggio e di forza, sfidando quel mostro impassibile che le aveva rovinato l'esistenza.

E aveva vinto.

Alice aveva vinto.

Rimaneva solo una cosa da fare, adesso che il peggio era passato. La vera resa dei conti non era stata nel Paese delle Meraviglie, lì si era solo combattuta la battaglia per la salvezza o la dannazione della sua anima. Il piatto forte veniva servito nel mondo reale, dove nessuno dei due poteva avere potere eccessivo sull'altro.

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Capitolo 5
*** L'arrivo puntuale di un treno, quale meraviglia. ***


ATTENZIONE, QUESTO CAPITOLO CONTIENE DEGLI SPOILER. Non voglio in alcun modo rovinarvi il videogame e, di conseguenza, vi chiedo di attendere di aver finito di giocare prima di apprestarvi a leggere questo nuovo capitolo.
Alice Madness Returns è davvero bello e mi sentirei in colpa a rovinarvi il finale, che ho trovato assai stupendo.
Perciò, PRIMA godetevelo nell'intimo del vostro salotto -o dove giocate di solito- e SOLO DOPO cominciate a leggere, ok?
la Direzione XD




Doveva ammetterlo. Bumby non era né un codardo né tanto meno un totale bugiardo senza spina dorsale. Ora che sapeva di non aver più alcun potere su Alice, non aveva tentato di nascondersi e piuttosto si era mostrato sicuro di se e perfino in pace con se stesso.
Ciò che aveva fatto non poteva più essere nascosto, era vero, ma chi avrebbe mai creduto ad una ragazzina come lei, che nel corso della sua vita aveva fatto da spola fra un manicomio ed una casa di correzione per giovani problematici? Chi, a Londra, poteva dare ascolto proprio a lei, ragazza cresciuta sotto al controllo di sole persone corrotte?

No, era ovvio che lui non la temesse neanche un pò. Era ovvio che lui credesse di aver già la vittoria in pugno.

«Saresti stata il mio successo più grande.» gli aveva detto il Dottore, alludendo al giorno che ormai non sarebbe più arrivato in cui finalmente avrebbe abbattuto la sua coscienza, intrufolandosi nei meandri più segreti della sua mente. «Fuori dalla mia porta c'erano schiere e schiere di uomini ad attendere una bellezza come te. Una giovane ed instabile ragazzina, senza passato e senza più volontà. Ah, che peccato, Alice.»

Lei non aveva ribattuto. Si era limitata a fissarlo in silenzio, rivedendo al contempo di fronte a se le immagini dell'ultima notte che aveva passato con la sua famiglia. Eccolo là, ancora una volta il fuoco era tornato nella sua mente, coperto ora solo dal colore rosso intenso del sangue. Lo stesso che era stata in grado di versare a fiotti solo per raggiungere Bumby. Solo per potersi vendicare.

«Va, ora!» era esploso l'uomo, tutto elegante in quel suo bel completo e con addosso quella bombetta da ricco londinese. «Sto aspettando che arrivi la tua sostituta. Lei di sicuro non mi deluderà come hai fatto tu.»

Alice ricordava tutto ora, però non poteva fare niente. Non così. Non quando era solo se stessa e non una nuova versione di lei più forte, potente e decisa.
Mentre lui si voltava gli afferrò un polso, costringendolo a guardarla ancora una volta in volto. Lasciò passare meno di un secondo prima di prendere in mano la chiave della camera di Lizzy, la stessa di cui il Dottore, nella sua infinita sicurezza, non si era neanche sbarazzato.

Una volta compiuto tale gesto, Alice girò i tacchi e fece per andarsene quando...
«Stupida bastarda psicotica.»

Ancora una volta si fermò, stringendo in mano ciò che rimaneva del suo passato. La chiave arrugginita che un tempo aveva aperto la porta per la stanza di Elisabeth era arrugginita, ammaccata, un pò come lei sentiva essere il ricordo della sua vecchia vita. C'era stata una volta in cui tutto era magico ai suoi occhi, in cui le cose avevano un dato posto e nessuno poteva sconvolgere il suo equilibrio.
In quei giorni felici e lontani aveva avuto un padre, una madre, una sorella e perfino un gatto. Aveva avuto una casa sopra alla testa ed una vita praticamente perfetta. Alice aveva avuto tutto questo, ma lo aveva perso.
Perso per colpa dell'uomo che aveva alle spalle e che, ora, si era praticamente scavato la fossa con le sue stesse mani.

Bumby aveva commeso il fatale errore di sottovalutare il Mondo delle Meraviglie o, comunque, la grande influenza che tale luogo aveva sulla sua piccola gemma.
Alice non stava bene, era pazza, lo sapevano entrambi. Forse lo sapeva chiunque. E come tale non poteva, per nulla al mondo, lasciare le cose come stavano.

*** *** *** *** ***

Quando ebbe modo di rivolgersi nuovamente verso il suo peggior nemico, Alice non era più la dolce, smarrita ragazza di sempre. No, era quella spietata e sanguinaria che non si faceva scrupoli nel recidere le vite degli altri. In fondo era un pò come la morte stessa, perché ovunque andava niente e nessuno poteva sopravvivere a meno che non lo volesse lei.

Bumby la guardò sconvolto, pieno solo di sbigottimento, ogni traccia del suo desiderio di sfotterla completamente svanito. Stava tremando? Sì, lo vedeva. Vedeva le goccie di sudore a cadere piano giù dalle sue tempie, sino ad arrivare sotto al colletto della camicia. Vedeva la sua bocca, che si apriva e chiudeva con moto regolare, neanche fosse un pesce intento ad annaspare perché alla ricerca di un pò di aria. Vedeva i suoi occhi, scuri come l'anima nera ad invadere il suo corpo, a fissarla senza capire come tale trasformazione fosse possibile.

Aveva sbagliato a credere che l'Isola in cui si rifugiava spesso e volentieri la sua paziente non era altro che qualcosa di fittizio, di inesistente. Anzi, a dire il vero anche Alice aveva commesso il suo stesso sbaglio. Erano stati degli sciocchi.

*** *** *** *** ***

Bumby non emise neanche un urlo quando la mano di lei, aperta sul suo petto, lo spinse indietro, obbligandolo a cadere rovinosamente a terra. Il pavimento sembrò mancargli sotto ai piedi e, in tempo per capire cosa sarebbe successo poi, allungò le braccia come a volersi far acchiappare da colei che aveva di fronte. Sapeva che non lo avrebbe mai aiutato, lo sapeva fin troppo bene, però lo aveva fatto comunque. Spirito di sopravvivenza forse, non poteva che essere quello.

Il treno lo travolse subito dopo, portandoselo via nel giro di pochi secondi. Probabilmente il macchinista sentì solo un rumore secco, improvviso, senza neanche rendersi conto del fatto di aver appena contribuito ad uccidere qualcuno con il suo treno. Una volta sceso, vedendo con i suoi occhi il corpo martoriato del Dottor Bumby -o ciò che ne rimaneva-, Alice temeva che sarebbe come minimo entrato nel panico più totale. Magari avrebbe urlato, o magari si sarebbe semplicemente chiuso in un silenzio piendo di disappunto. Chissà che domande avrebbero attraversato la sua mente in quel momento.

...e chissà se lo stesso Bumby, morendo, si era reso conto dell'ironia di quello che stava accadendo.
Era stato un treno ad ucciderlo. Un treno, anche se non proprio identico, come quello che avrebbe dovuto annientare ogni ricordo del passato di Alice. Lei lo aveva creato, ma era sempre stato lui a controllarlo. Lui a decidere come e quando avrebbe colpito, ma sopratutto che cosa avrebbe distrutto.

*** *** *** *** ***

Libera.

Ora era libera e tale pensiero non poté che essere quanto mai stupendo per Alice. Non avrebbe più sentito quel peso sulle spalle o, per lo meno, sarebbe stato più attutito di prima. Il suo passato non la avrebbe più tormentata, e anzi gli attimi di vita passati con la sua famiglia sarebbero tornati unicamente per renderla completa.

Sorrise. Piano, timidamente, forse anche con fare poco convinto, ma sorrise.

Fuori dalla stazione splendeva un nuovo giorno e non le importava cosa sarebbe successo in seguito. La sua vita sarebbe stata finalmente solo sua e, anche se comprendeva la gravità della sua ormai irreversibile condizione mentale, Alice era contenta lo stesso. Credeva che la follia non fosse tanto male, in fin dei conti. Era stata quella ad aiutarla a sconfiggere i demoni del suo passato, no?

 

"La follia non è necessariamente un crollo; essa può essere anche una apertura..."

-Ronald Laing-

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