Videogiochi > Alice Madness Returns
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Autore: Sparrowhawk    03/07/2011    3 recensioni
[ATTENZIONE, POTREBBE CONTENERE DEGLI SPOILER]
[Videogame: Alice Madness Returns]
Non è mai bello quando si rimane soli al mondo.
Perdere una persona cara è già difficile, ma quando si perde tutta la famiglia, beh, la cosa forse è anche più orribile.
Ho pochi ricordi del mio passato, e tutto ciò che riesco a richiamare a me risulta sempre così distorto e labile che alla fine temo sempre di starmi sbagliando.
Se però c'è un particolare che non dimentico, che non riesco a cancellare per quanto mi sforzi, è il fuoco. Quello lo ricordo bene.
Il giorno in cui tutto è cambiato e la mia casa è bruciata, con dentro tutta la mia vita, il fuoco era così sgargiante e rosso che si è impresso nella mia testa per sempre.
Lo vedo anche adesso.
Io lo vedo.
...è un ricordo che mi fa stare male.
Genere: Dark, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Titolo: What have you done, Alice?
Fandom: Alice Madness Returns
Personaggi Primari - Secondari: Alice Liddel; Dottor Bumby - Stregatto; Cappellaio Matto; Brucaliffo; Regina di Cuori
Rating: Giallo
Genere: Introspettivo, Drammatico, Malinconico
Altro: Missing Moments; Videogameverse (inventato =P)
Note: In questi capitoli ho voluto dare un forte peso ai pensieri di Alice. Nel corso del gioco è facile intuire cosa lei provi, ma ho notato che lei stessa tende a dare più ascolto alle parole altrui piuttosto che a ciò che sente veramente. Ecco spiegato il mio esperimento.


Pazza.

Tutti la avevano sempre trattata come una pazza da quando, la sua famiglia, era perita in quel terribile incendio. Lei stessa, lo ammetteva, si vedeva come tale. Si era sempre vista a quella maniera per quanto, in passato, quando ancora era circandata dai visi felici e sorridenti dei suoi cari, la cosa fosse decisamente più attutita.

Non era mai stata una persona abbastanza aperta ed aveva sempre preferito chiudersi nelle sue fantasie impossibili -in quell'intricato mondo tutto colori, magia e cose incantevoli- piuttosto che dover anche solo spendere mezzo minuto con gli altri bambini della sua età. Trovava tutto così noioso, a casa. La società non la capiva e mai lo avrebbe fatto, purtroppo. I suoi occhi da bambina erano capaci di vedere più in là di quanto non lo avessero mai fatto tutte le persone che la circondavano nella loro infanzia.

Eppure, pur avendo convenuto con sua madre che il Paese delle Meraviglie stava solo nella sua testa, alle volte Alice si era risvegliata da uno dei suoi sogni con qualcosa di quel luogo. Una volta, dopo aver fatto una nuotata nell'oceano che aveva creato lei stessa piangendo, si era alzata dal letto zuppa come se avesse passato veramente tutto quel tempo immersa nell'acqua. Oppure, dopo aver bevuto tè con il Cappellaio e aver mangiato tutti quei deliziosi biscotti con il Leprotto Marzolino, aveva aperto gli occhi dal suo pisolino pomeridiano sentendosi così piena che aveva addirittura rinunciato alla cena.

Era la sua fantasia, lo diceva lei stessa, però non poteva proprio fare a meno di notare tutte quelle piccole stranezze.

E se un tempo erano solo apparse come strane coincidenze, dettate più che altro dall'autosuggestione, oggi che era sola le vedeva solo ed unicamente come potenziale materiale per uno strizzacervelli. Anche perché, purtroppo, il suo Paese delle Meraviglie ormai era completamente distrutto. Era terra bruciata, piena solo di corruzione e dolore.

Alle volte, chiudendo gli occhi nella speranza di ritrovare la sua oasi di calma, si sentiva come presa d'assalto dalle fiamme dell'inferno.

"Dimentica, Alice."

Il Dottor Bumby glielo ripeteva spesso, quasi senza sosta. Era quello l'unico punto su cui lavoravano assieme. Il dimenticare.

Ogni ricordo brutto, ogni sensazione sgradevole, perfino il dolore... Era bene dimenticare se voleva davvero cominciare una nuova vita.

Alice sapeva che non c'era altro modo per lei se non quello di scordare tutto però, anche così, una piccola parte di sè si ostinava ad imporle di rimembrare qualcosa invece.

Il fuoco. Quello c'era sempre nei suoi pensieri, indelebile, come una macchia di cioccolato che non ne vuole sapere di abbandonare un bel vestito candido come la neve. A differenza del cioccolato, però, il fuoco non era per niente dolce. Era cattivo, era opprimente, e portava via ogni singola cosa.

Il fuoco si era preso la sua famiglia, la sua sanità mentale, una parte considerevole della sua pelle, e aveva distrutto ogni particolare della vita che aveva vissuto prima del giorno in cui casa sua era bruciata.

Perfino il particolare di come era riuscita -solamente lei poi- a fuggire dall'incubo di fiamme e oscurità in cui si era tramutata la sua dimora veniva sormontato dal ricordo del fuoco in tutte le sue più piccole sfumature.

Provare ad andare oltre era inutile. Ci aveva giù provato.

E poi, sempre Bumby, il suo unico amico in mezzo alle faccie impietose che la attorniavano, diceva che era inutile tentare.

Le avrebbe solo procurato nuovo male e lei, ne convenivano entrambi, non ne aveva poi molto bisogno.

  
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