Custode di morte

di Lacus87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ultimo canto dell'angelo ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Raziel ***



Capitolo 1
*** L'ultimo canto dell'angelo ***


Custode di Morte

 

Benvenuti! benvenuti in questa mia storia! È da molto che non mi cimento nella scrittura e un po’ mi mancava! Questo è il primo capitolo di un (mi auguro) lungo racconto. Perché ambientarlo in Italia? il fatto è che mi sembrava strano che con tutte le storie originali che circolano tra i siti nessuna fosse ambientata qui.. così mi sono detta… perché no? E ho voluto provare… inutile dire che personaggi e azioni(e qualche luogo.. come bar o simili) sono inventati.. e se ho azzeccato qualche nome non lo ho fatto apposta…. Quindi non dateci peso se accade ^^"

ps: non avendo visitato alcuni luoghi qui presenti vi chiedo scusa per eventuali mancanze.. (cerco info su internet..)

buona lettura ^__^!!!

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La neve scendeva pigramente quella notte, si poneva stanca e affaticata sui tetti delle case e sulle vetture ferme nei parcheggi; era da diversi inverni che non nevicava la vigilia di Natale, e ciò dava a Milano un aria suggestiva e incantata.

Quella notte sembrava che tutto si fosse fermato, la frenesia che aveva sempre distinto le grandi città come quella era stata placata e zittita dalla fitta coltre candida.

Il Duomo, con la sua solennità,  si imponeva su tutte le altre costruzioni; come un nobile che osserva superbo il popolo, storcendo il naso davanti a tanta infima mediocrità, era l’anima di Milano, e in qualche modo, lo sapeva.

Dinnanzi a esso si stava svolgendo un variopinto mercatino natalizio, che non sembrava turbare più di tanto la quiete del gigante.

L’odore delle castagne arrosto si espandeva nell’aria fredda con le voci spensierate dei bambini milanesi, che correvano avanti e indietro ignorando totalmente i richiami dei genitori esasperati.

Il dio della Morte osservava la scena sorridendo, era divertente guardare la gioia e l’ipocrisia che si manifestavano insieme in quelle notti fittizie, da li a tre giorni Milano sarebbe ricaduta nella caotica ed egoistica vita di sempre, e tanti saluti all’allegro e altruista spirito natalizio.

Egli aveva l’aspetto di un ragazzo sui vent’anni, indossava un lungo soprabito invernale nero, pantaloni dello stesso colore e guanti bianchi di seta; la pelle era molto chiara, e ciò risultava ancora più evidente se messa in confronto al colore scarlatto  dei suoi occhi e dei suoi capelli.

La neve non lo infastidiva affatto.

Fece  prigioniero un cristallo che gli danzava vicino con la mano, che restò intatto nella sua stretta, senza sciogliersi, nel suo glaciale splendore.

L’essere immortale sorrise di nuovo, mentre lo lasciava cadere con i suoi fratelli e terminare il ballo, l’attesa cominciava ad irritarlo.

Marvel, poiché questo era il suo nome, cominciò a camminare con nervosismo per la navata centrale del Duomo, era stanco di aspettare sul tetto e avrebbe anche corso il rischio di essere notato da qualcuno.

I suoi passi erano l’unico rumore che si poteva udire nella cattedrale, il duomo era momentaneamente chiuso al pubblico per delle ristrutturazioni, per sua fortuna, sarebbe stato difficile spiegare il modo in cui era entrato… in genere le persone non possono attraversare le ombre molto facilmente come lui.

 Le luci esterne filtravano dai  mosaici, dipingendo la chiesa di luci e ombre inquietanti e sinistre.

Marvel si accomodò su una panca, squadrando le imponenti colonne e i mosaici che lo circondavano, si sentiva terribilmente piccolo in quel momento.

Trascorse poco tempo, dopo di che alle sue spalle si cominciarono a udire rumori di passi: passi brevi, veloci e leggeri, i passi di una bambina.

Il dio sospirò di sollievo, alzandosi e voltandosi, in attesa.

“scusa per il ritardo!” disse la piccola figura con il poco fiato che le restava, mentre lo raggiungeva correndo.

Si trattava di una bimba che doveva avere approssimativamente 4 anni, con due lunghe ciocche nere che gli circondavano il bel visino tondo, i ciuffi corvini contrastavano con il resto della chioma, che era di un rosso scintillante. Indossava una tunica vermiglia che sembrava un po’ troppo lunga per lei, e aveva una borsa nera a tracolla, anche essa, pareva troppo grande per la sua figura minuta.

“non importa, Risa” affermò Marvel scuotendo la testa “e non correre così, finirai per inciampare di nuovo come settimana scorsa” aggiunse soffocando una risata al ricordo della bimbetta che cadeva dopo essere incespicata nella veste, fortunatamente non si era fatta male e la sua caduta era stata decisamente comica.

Marvel aveva rimpianto il fatto di non avere avuto una telecamera a portata di mano in quella occasione.

“uffa” sbuffò la piccola “è stato un singolo e sfortunato incidente, e non ridere! È inutile che ti giri ti ho visto!!!”

L’immortale si avvicino a lei e si inginocchiò “si, hai ragione, scusami.. mi perdoni?” disse sorridendo mentre le scompigliava i capelli “ti perdono perché sono buona” rispose lei solenne, poi affondò le manine nella borsa, e si mise alla ricerca di.. qualche cosa. “eccolo qui!” esclamò alla fine esultando, mentre con la mano destra teneva un blocchetto rosso, su cui appariva  una scritta in rilievo in nero “Atto Finale*”.

Risa iniziò a sfogliarlo rapidamente alla ricerca di un punto preciso, si fermò solo quando giunse a circa metà del taccuino, indicando con l’indice una pagina bianca “dovrebbe mostrarsi tra poco!”

Marvel annuì e si sfilò il guanto bianco dalla mano destra, sul dorso di essa appariva un tatuaggio che raffigurava il cerchio di un orologio, i numeri erano romani, e non erano raffigurate lancette. 

Posò la mano sulla pagina, per un momento il tatuaggio brillò diventando rosso, in quello stesso istante sulla pagina apparve un nome: Caterina Rossini.

Il dio della Morte si alzò, rimise il guanto alla mano e sussurrò poche parole “il suo tempo sta scadendo”.

 

La presenza della grande folla presente al mercato rendeva la ricerca di Caterina un compito veramente gravoso.

Il mercatino natalizio era da anni un evento impedibile per le famiglie milanesi, che andavano a visitarlo con tutta la famiglia. I bambini, soprattutto, andavano pazzi per le bancarelle colorate.

Correvano da una parte all’altra tirando i genitori per le maniche dei pesanti cappotti, costringendoli a comprare qualsiasi oggetto adocchiassero.

Le bancarelle di dolci e giocattoli erano sicuramente le più gettonate, venivano letteralmente presi d’assalto e sventrati dai famelici bimbi, a discapito dei portafogli dei genitori, felici del fatto che quella fiera arrivasse solo una volta l’anno.

 

Il nome della ragazza era apparso sull’ ultimo atto, questo significava che il suo tempo mortale sarebbe scaduto quella stessa notte, e che la sua anima avrebbe dovuto ricevere l’aiuto necessario per raggiungere  il paradiso, il purgatorio o gli inferi.

Caterina Rossini era una giovane cantante lirica, ella aveva ottenuto in brevissimo tempo un enorme successo nei teatri più prestigiosi grazie alla sua voce pura e potente, per questo motivo era stata soprannominata “l’Angelo italiano”.

Eccellenti giudizi le erano pervenuti sia dagli spettatori che assistevano alle sue performance sia dai critici più stimati e conosciuti. In quel periodo la sua fama stava cominciando a farsi sentire anche negli altri stati Europei, ed era stata contattata da diversi teatri francesi e inglesi.

Caterina, che proveniva da una normale famiglia Milanese, aveva sempre avuto una passione travolgente per il canto e per l’opera, ma mai si sarebbe aspettata di diventare tanto rilevante e celebre in quei campi e ciò colmava lei e i suoi genitori di felicità e orgoglio.

La gioia provata  però era offuscata da una grave malattia che aveva colpito la giovane pochi mesi prima. Caterina si era rivolta agli ospedali più autorevoli e aveva subito decine e decine di esami, nessuno però era riuscito a scoprire di quale patologia si trattasse.

La ragazza non aveva risposto positivamente a nessun tipo di cura, ogni giorno che passava si faceva più debole. 

Alcuni medici le avevano suggerito di trascorrere dei lunghi periodi in ospedale, in un reparto speciale dove avrebbe subito dei trattamenti particolari da una equipe di specialisti, ma lei aveva seccamente bocciato la proposta, poiché avrebbe dovuto rinunciare alla sua carriera, alla sua essenza, e senza la sua musica lei non avrebbe potuto continuare a vivere.

 

La neve aveva smesso di cadere da pochi minuti, Marvel e Risa stavano passando per la strada circondata da bancarelle, il dio non aveva mai sopportato il fatto di trovarsi in mezzo a tanta gente, gli davano maledettamente fastidio quelle situazioni, per lui erano una vera seccatura, anche perché tendeva a dare nell’occhio. Non aveva dei segni particolarmente visibili, ma le sue movenze avevano un che di ultraterreno, e molti si voltavano a guardarlo chiedendosi chi fosse, cosa che alimentava di notevolmente il suo disagio. 

Dal canto sua Risa aveva rischiato in due occasioni di essere travolta da alcune persone che non la avevano notata e salvo qualche piccolo incidente sventato era felice di trovarsi li. Ora si era comodamente sistemata sulle spalle di Marvel e se ne stava placida e beata guardando la merce colorata esibita nei banchetti.

“aaaah!!! che belle cose ci sono!!!!”

Risa non sapeva più dove guardare, girava continuamente la testa da una parte all’altra come se stesse assistendo a una partita di tennis, scostando di continuo le ciocche nere che le finivano quasi per dispetto davanti agli occhi

“ei.. non stai bene?”

domandò al ragazzo, notandolo piuttosto pallido. Aveva l’aria di una persona che stava per svenire…

“..uh? no...”

la rassicurò lui sorridendo

“lo sai.. non mi piace particolarmente stare in mezzo alla gente”

più precisamente, soffriva di “mal di folla” gli succedeva spesso di provare nausea e capogiri quando si trovava in mezzo alla gente

“ah ho capito!”

la bimba annui sgranando gli occhioni grigi

“comunque non ti devi preoccupare! Se qualcuno cerca di molestarti ci penso io! Lo sgrido e lo mando all’ospedale!”

disse Risa picchiandosi con decisione un pugno sul petto.

Marvel non riuscì a non ridere, una bella risata calda e liberatoria, che lasciò Risa interdetta.

“guarda che io sono cintura gialla!”

aggiunse lei, offesa dalla risata decisamente fuori luogo

“allora non devo preoccuparmi. Grazie, piccola rocky”

“piccola che? Non sono un cane! E io non sono affatto piccola”

Marvel rise di nuovo.

 “comunque… io ho fameeee… ”

si lamentò la piccola poco dopo, posando il mento sulla testa del dio e socchiudendo gli occhi. Risa non era una bambina viziata, ma quando cominciava a piagnucolare in quel modo diventava irremovibile e ogni contestazione veniva ignorata. Fortunatamente per lei, con i deliziosi profumi di quella serata, era venuto un certo appetito anche al dio, che più di ogni altra cosa desiderava andarsene da quel tragitto troppo affollato e sedersi ad un tavolino tranquillo di un bar.

“ok, se devi proteggermi devi essere in forze”

“è vero!”

Si fermarono al primo locale che scorsero, un luogo quieto e modestamente elegante, con pareti verdi acqua, tavolini in marmo e poltroncine quasi dello stesso colore dei muri, ma leggermente più scure. Sulle poltrone erano presenti due bei cuscini bianchi ricamati con semplici fantasie floreali.

Sulle pareti erano esposti diversi dipinti che rappresentavano paesaggi marini, era particolarmente bello uno di essi, che oltre alle acque limpide ritraeva un faro solitario.

I portabiti erano di un bel nero smaltato, e le tende candide e immacolate in pizzo concludevano l’opera. 

Marvel tirò un sospiro di sollievo, era esattamente quello di cui aveva bisogno per riprendersi, aiutò Risa a sfilare il cappotto e lo appese con il suo su uno dei portabiti.

Si sedettero in un tavolo vicino a una delle grandi vetrate che davano sulla strada in festa, a quanto pare il locale era anche insonorizzato, meraviglioso.

Il ragazzo si sedette accavallando le gambe snelle e posando un gomito su uno dei morbidi braccioli, aveva di nuovo attirato l’attenzione della gente. Alcune donne lo guardavano chiedendosi se fosse un nobile o qualcosa del genere, ma la cosa al momento non lo infastidiva, abbasso lo sguardo con non curanza passandosi una mano tra i capelli scarlatti e sistemandosi il colletto della camicia.

La piccola fu felice di costatare che quelle poltrone non erano troppo alte per lei, e in più erano davvero comodissime. Sistemò un cuscino dietro la sua schiena e sorrise guardando chi le stava di fronte.

Una delle cameriere si avvicinò a loro, aveva dovuto sconfiggere di nascosto le colleghe a carta-sasso-forbice per poter servire il bel ragazzo dai capelli rossi che era appena entrato.

I colleghi uomini avevano espresso il loro disappunto per quella stupida battaglia, avevano anche proposto che fosse uno di loro a servire i nuovi clienti, ma erano stati zittiti dalle donne, troppo prese dalla lotta per dar peso alle loro parole.

Si era sistemata in fretta i capelli castani e la gonna corta, per poi raggiungerli con passo sicuro e deciso.

“buona sera, vi porto le carte dei dolci e delle bevande?”

Esordì esibendosi nel sorriso migliore che aveva nel repertorio

“no, grazie”

rispose Marvel cortesemente,  ordinando soltanto un cappuccino e una fetta di torta margherita.

Ciò lo distinse da tutti gli altri clienti che stavano bevendo l’aperitivo in vista della cena.

Questo provocò un grande dispiacere alla cameriera, che avrebbe preferito discutere con lui dei dolci della casa almeno per qualche minuto.

Si mise il cuore in pace, per poi rivolgersi alla bambina

“e la giovane lady cosa desidera?”

Risa arrossì lievemente

“uhmm..”

si portò una manina davanti alle labbra, indecisa

“vuoi venire a vedere i dolci in vetrina?”

aggiunse la giovane intenerita da quella bella bambina così simile a una bambola di porcellana

“si!”

esclamò trionfante, scendendo con un po’ di difficoltà dalla poltroncina

La piccola fu accompagnata dalla ragazza a scegliere una pasta di quelle esposte dietro una vetrata.

Mentre Risa osservava i dolci con gli occhi che brillavano il dio notò una locandina fissata alla parete dinanzi a lui.

Si alzò lentamente dalla sua posizione, si avvicinò e lesse mentalmente: “Questa sera si esibisce al Teatro alla Scala l’Angelo italiano: Caterina Rossini..”

Marvel controllò l’orario della rappresentazione, sarebbe cominciata esattamente alle 21.30 precise, ovvero fra un ora e mezza. Sarebbe stato il suo ultimo canto, l’Ultimo Canto dell’Angelo.

Risa, dopo aver scelto la pasta più invitante che avvistò, raggiunse il tavolo dove si erano sistemati con un vassoio d’argento contenente un pasticcino alle fragole e una cioccolata calda, aveva voluto a tutti i costi portare da sola il tutto “perché era grande”.

Notò che il ragazzo non era seduto al suo posto, ma se ne stava in piedi a fissare un piccolo manifesto con aria assorta.

Si avvicinò a lui con discrezione dopo aver sistemato il vassoio sul tavolo, osservò la locandina. Oltre alle scritte (che non riusciva a leggere molto bene) era presente la foto di una giovane bella donna dai grandi occhi viola e dai capelli mossi e biondi, doveva essere lei.

 “Alla fine la abbiamo trovata”

disse Marvel senza distogliere gli occhi dalla foto

“è triste però..”

aggiunse Risa a bassa voce

“morire la vigilia di Natale”

“non sono d’accordo”

le neve aveva lentamente ricominciato a cadere

“io credo che sia una notte perfetta per una Rapsodia di decadenza”

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Cap 2 ***


Solitamente si usa dire che si ha un appuntamento con la morte.. generalmente, però, è lei che viene a trovarti all’improvviso, e non è mai un ospite molto gradita. Entra con forza dall’ingresso, senza bussare, travolgendo tutti quelli che incontra senza pietà o distinzione. Il suo nero manto avvolge le anime e le trasporta via… verso il regno dei morti, silenziosamente.
La salute di Caterina si era aggravata notevolmente in quell’ultima settimana, quando terminava un esibizione avvertiva sempre delle forti fitte al torace e ciò le rendeva difficoltoso respirare.
Quando giungeva in camerino dopo uno spettacolo si lasciava cadere sulle ginocchia, nascondendo il viso tra le dita sottili… e piangeva. Un pianto lungo silenzioso, poiché nessuno avrebbe dovuto accorgersi del fatto che l’angelo stava crollando. Poiché tutti contavano su di lei, tutti si aspettavano il meglio da lei.
Quindi, nonostante tutto, proseguiva il suo lavoro camuffando il grande dolore sotto una brillante maschera serena, sopportando la sofferenza fisica sul palco e gli sguardi tormentati dei genitori, ormai arresi alla volontà della figlia. Ella però era all'oscuro del fatto che ci fosse “qualcuno” che la tenesse in vita, un ombra che vegliava su di lei da quando era nata, un entità che con il suo potere aveva mitigato la malattia, donandole l’ energia e la forza sufficienti di andare avanti oltre il suo tempo.
Procurandole, però, un dolore nettamente superiore alla gioia.
Il teatro alla scala è uno tra i più famosi teatri al mondo, situato nella piazza della Scala, da cui prende il nome.
La fila creatasi per entrare nel teatro quella sera era particolarmente lunga, Marvel aveva quindi optato per un “ingresso secondario” creato da un ombra presente su un muro di una via secondaria deserta.
Risa non aveva mai amato particolarmente l’attraversare le ombre, ma non aveva avuto altra scelta, quindi, dopo aver chiuso gli occhi e essersi fatta coraggio,si era attaccata ad una manica di Marvel ed era entrata nel teatro con lui.
Il dio si bloccò di scatto appena mise piede nel teatro, non riusciva ancora capirne l’esatta provenienza, ma avvertiva la presenza di qualcuno, qualcuno che non avrebbe dovuto manifestarsi in quel luogo.
Egli esaminò con attenzione il locale in cui si trovavano: la sala delle prove del coro.
Gli occhi amaranti si posavano da un punto all’altro con accortezza, Risa lo osservava in silenzio
“…Marvel?”
non rispose. Lo chiamò di nuovo, questa volta con un tono di voce più alto e preoccupato
“Marvel?!?”
Il ragazzo rilassò il viso che era contratto in un espressione guardinga e tesa, si voltò verso la bambina, visibilmente preoccupata, che stringeva ancora energicamente la sua manica e lo fissava con i grandi occhi argentei
Lui chiuse un momento gli occhi, per poi rivolgersi a Risa a bassa voce
“vai a cercare Caterina al piano superiore, mi raccomando, non farti vedere per nessun motivo”
Risa fece un piccolo cenno col capo senza fiatare, le contestazioni e le spiegazioni non erano ammesse, per ora.
Sicuramente più tardi lo avrebbe sommerso di domande.
Si tramutò in un creatura alata, una fenice dalle piume nere e rosse, dopo di che volò via da quella sala, dirigendosi verso le scale.
Sotto la sua forma originale non correva il rischio di essere vista dai mortali, avrebbe quindi potuto ricercare Caterina indisturbata, volando da una parte all’altra dell’immensa struttura concentrandosi sul suo obbiettivo.
Marvel, invece, si diresse deciso verso le stanze degli artisti; maledì il fatto che quel luogo fosse così grande, a suo parere, quel giorno aveva già camminato abbastanza.
Arrivare al camerino fu più facile del previsto, evidentemente erano tutti troppo indaffarati nell’organizzazione del palco e dello spettacolo e non si preoccupavano di eventuali intrusioni, molto bene.
Il dio aveva però commesso l’errore di rilassarsi troppo presto, proprio mentre tendeva la mano verso la maniglia della stanza sentì la voce di un uomo alle sue spalle che gli intimava di fermarsi e voltarsi lentamente, probabilmente si trattava di una delle guardie del corpo della giovane.
“merda” mormorò, per poi lanciarsi contro il vigilante e colpirlo con forza al collo, tramortendolo. L’altro non aveva visto nulla dell’azione di Marvel, aveva solo sentito lo spostamento d’aria, poi più nulla.
“ringrazia che il tuo tempo non è ancora scaduto e che al momento ho affari più urgenti, razza di bestione guastafeste”
gli disse mentre lo sistemava in un camerino vuoto Marvel era un dio, d’accordo, ma era un ragazzo snello e non era molto pratico di sollevamento pesi e il sorvegliante doveva pesare almeno 100kg…
Naturalmente compensava questa debolezza con altri doti: eccellente velocità, precisione matematica, bravura negli scontri e un umorismo decisamente macabro (era pur sempre un dio ella Morte, diamine.)
Notò che l’uomo aveva un mazzo di chiavi in tasca, le prese e le fece rotare intorno all’indice
“non ti serve ora, no? Le prendo in prestito allora, grazie”
Chiuse a chiave l’uomo nella camera, si massaggiò un braccio con noncuranza e si sistemò i vestiti sbuffando, avrebbe dovuto ascoltare la madre umana del corpo mortale e fare il dottore o l’avvocato, se non altro non avrebbe dovuto spostare pesi o tenere in ordine i registri dei morti.. aveva tutta l’intenzione di prendersi una segretaria appena quella storia fosse finita.
Raggiunse nuovamente la porta del camerino della cantante, riuscì ad aprirla dopo aver tentato con quattro chiavi diverse, entrò chiudendola alle sue spalle rapidamente.
Avrebbe potuto usare il solito trucco, ma ora gli conveniva tenere la energia e non perdere forze inutilmente.
Fece qualche passo nella camera, arrivando in un piccolo salottino. C’era una tv spenta al plasma attaccata al muro, un ampio tappeto arabo dai colori caldi elegantemente ricamato, un basso tavolino di marmo su cui erano posati alcuni fogli (degli spartiti e delle foto autografate) e un telecomando, un divano e una poltrona raffinati sul rosa antico su cui posavano dei cuscini di un rosa leggermente più scuro. Altri mobili antichi in legno scuro erano appoggiati al muro, contrastavano in modo fastidioso con la televisione. Le belle piante esotiche e i fiori (probabilmente consegnati alla giovane dai suoi ammiratori) rallegravano la stanza.
Caterina non era più li, lo spettacolo stava cominciando e in quella stanza c’era un silenzio surreale, ma c’era qualcun altro ad attenderlo e Marvel lo sapeva.
“ora capisco perché l’orologio dell’anima di Caterina non si era fermato anche se la sua forza era esaurita..”
sussurrò mentre guardava l’altro in faccia
“..usare la magia bianca per allungare l’ esistenza di un mortale è proibito, dovresti saperlo. Le fai solo del male.”
Concluse riducendo gli occhi a due fessure. Il suo viso mostrava un espressione disgustata, gli era capitato di incontrare diavoli o demoni che per semplice dispetto a Dio o per motivi personali attuavano azioni di quel genere, ma da un angelo.. la faccenda era decisamente più grave.
Era un angelo bianco colui che gli era davanti, un angelo di medio livello, un custode.
Il dio aveva già a che fare con un angelo, ma era diverso, perché quello che conosceva non avrebbe mai infranto un tabù.
Generalmente gli angeli di quel genere non si mostrano mai, ne a esseri umani ne a divinità o diavoli, salvo che in situazioni particolari. Essi hanno l’unico compito di stare vicino a l’umano che gli è stato affidato, cercando di aiutarlo senza farsi notare, silenziosamente, teneramente.
“non mi importa, Caterina continuerà a vivere grazie a me, al mio potere e al mio amore, tu non me lo potrai impedire.. nessuno potrà farlo!”
Disse quello con sicurezza, fissando il dio con i grandi occhi celesti resi gelidi dalla tensione.
“vedremo. Sono pochi quelli che restano vivi dopo un incontro con il sottoscritto”
L’angelo sguainò velocemente una spada di cristallo che teneva all'interno di un fodero legato alla cintura, un arma che avrebbe dovuto essere utilizzata solo come difesa da nemici, mai come attacco.
Si lanciò con decisione contro il dio.
“questa volta sarai tu morire!”
I suoi movimenti erano leggeri ed eleganti, i capelli castani fluttuavano nell’aria con delicatezza, seguendo i movimenti rapidi della creatura angelica e dell’aria. Tutto ciò aveva un che di grottesco, considerando la situazione pericolosa.
Prima che l’angelo portasse a termine il suo attacco Marvel tolse velocemente il guanto destro, dal tatuaggio dell’orologio uscì una grande ombra nera che avvolse entrambi.
L’angelo si portò una mano davanti agli occhi, era ombra, eppure lo aveva quasi accecato.
Quell’oscurità era carica di magia, non si trattava solo di magia bianca.. ma non gli sembrava nemmeno il potere oscuro dei diavoli.
Non riusciva a dare una spiegazione alla sensazione che provava in quel momento… il luogo era freddo… c’era qualcosa di opprimente e si sentiva come schiacciato al suolo da un energia impalpabile
“ma.. cosa?!?”
I suoi occhi si stavano lentamente abituando a quell’ambiente, la camera di prima era scomparsa, i due ora erano circondati dal buio, dal soffitto (o almeno, da ciò che aveva sostituito il soffitto) filtravano dei raggi pallidi e freddi, rossi e argentati.
“benvenuto nel Limbo, il luogo di transizione per le anime dei morti e dei futuri nati”
disse Marvel allargando le braccia in un gesto teatrale, sorridendo.
“chiedo scusa per non averti dato l’invito ufficiale, ma combattere in un camerino di un teatro affollato non è il mio luogo ideale di scontro, oh non ti preoccupare, se riuscirai a eliminare il mio corpo attuale tornerai nella stanza di prima… ma dubito che ci riuscirai… se sarò io a vincere sarai fortunato se permetterò che il spirito possa rinascere sotto forma di insetto. In genere, preferisco cancellarli definitivamente quelli come te.”
La battaglia stava per cominciare

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Capitolo 3
*** Raziel ***


Il Limbo

Il Limbo. Un luogo oscuro e misterioso il cui accesso è severamente proibito ai mortali,  l’i  intermedio tra la vita e la morte, tra la memoria e l'oblio...

In lontananza si potevano udire le voci delle anime destinate al paradiso e gli urli penosi e strazianti di quelle condotte con forza agli inferi.

L’angelo custode non era mai stato in quel luogo, come d’altro canto nessuno della sua razza. Egli guardava freneticamente in ogni direzione, cercando disperatamente una via di uscita da quell’oscurità maledetta, uno spiraglio di luce nell’ombra.

“qualcosa non va? Oh… devo essere proprio un pessimo padrone di casa se non riesco a far sentire a suo agio un ospite”

disse Marvel mostrando un sorriso che non prometteva nullo di buono ed eseguendo un piccolo e armonioso inchino, più che un dio della morte ora dava l’impressione di essere un diavolo.

 Se ne stava tranquillamente poggiato a ciò che doveva essere una parete (era molto difficile distinguere i muri dal vuoto in quel buio), con le braccia incrociate sul petto la gamba sinistra accavallata all’altra. Aveva un aria tranquilla ma gli occhi brillavano in modo sinistro, pareva un falco che da un albero osservava un piccolo coniglio bianco, pronto a prendere il volo e affondare gli artigli nelle carni della vittima.

L’angelo strinse forte l’impugnatura della spada, gli era molto difficile nascondere l’ angoscia. Gli occhi di un azzurro splendente erano fissi sul ragazzo dai capelli rossi,  la mano affaticata dalla forza esercitata nello stringere la spada, tremava.

”Hai intenzione di fare qualche cosa? O vuoi restare immobile a pensare cose che un angelo non dovrebbe pensare? Suvvia, ho un appuntamento con la tua amica”

Generalmente il dio non scherzava in quel modo con un avversario, ma aveva passato una pessima giornata e sentiva il dannato bisogno di scaricarsi su qualcuno.Indicò un punto non preciso con la mano mentre pronunciava quelle parole, attendendo pazientemente la mossa del custode senza muoversi.

Non fu costretto ad attendere a lungo, l’angelo si lancio contro di lui e gi fu addosso in un attimo, Marvel riuscì ad evitare il colpo per un soffio, a pagare le conseguenza dell’attacco fu il bel soprabito  lungo, che venne lacerato.

“molto bene, sono piacevolmente sorpreso. Credo che non mi annoierò con te”

affermò mentre guardava il taglio provocato dalla lama.

Dal tatuaggio sulla mano di Marvel usci di nuovo un ombra nera, che questa volta andrò a forgiare una lunga falce affilata.

I due diedero inizio alla lotta vera e propria, le lame si scontrarono diverse volte, producendo freddi stridori di cristallo e ombra.

“vi addestrano bene per proteggere gli umani dai diavoli tentatori”

commentò il dio evitando un fendente diretto al suo petto con un scatto all’indietro, atterrando su un ginocchio mentre l’aria veniva squarciata dalla falce . 

“ma, per quanto talento tu possegga nella lotta sei ancora un dilettante, hai poca esperienza,  ti conviene arrenderti”

“mai!” e che Dio mi perdoni!”

attaccò di nuovo, ma Marvel questa volta fu più veloce e riuscì a colpire l’angelo allo stomaco con il bastone della falce. L’angelo traballo, per poi cadere a terrà.Si portò una mano sulla parte lesa, la botta era stata così potente da togliergli completamente il respiro.

I suoi occhi glaciali erano pieni di ira, ormai stava perdendo la ragione, era quasi totalmente dominato dalla rabbia che gli infuocava l’anima. Un angelo non è abituato, per sua natura, a provare sentimenti come l’odio e il desiderio di vendetta, ormai non pensava più a Caterina, il suo unico desiderio, in quel momento, era quello di sconfiggere il dio della Morte.

Appena ebbe ripreso fiato cercò di alzarsi usando la spada come sostegno, intenzionato a continuare la lotta, ma prima che potesse farlo la lama argentea della falce si era posata sul suo collo, il contatto con la lama gelida e affilatissima lo fece rabbrividire.

La falce si spostò leggermente, costringendo l’angelo a sollevare il mento. Il suo sguardo incrociò quello di Marvel, gli occhi del dio erano identici a prima, durante l’incontro la sua espressione non era minimamente mutata. Lo sguardo di un cinico bastardo.

L’angelo strinse in un pugno la mano sinistra fino a sanguinare, stava perdendo la ragione.. cosa stava facendo? Lui aveva giurato di proteggere la sua umana a qualsiasi costo, la aveva vista nascere… e ora.. stava fallendo… la Morte la avrebbe portata via.. no… no non lo poteva permettere.

“lei non può morire! Non deve! è troppo presto!”

urlò con tutto il fiato che aveva, mentre le lacrime scorrevano abbondanti sul suo volto diafano, velando gli occhi  e appannandone la vista

“ne sei sicuro?

Chiese l’altro continuando a fissarlo

“cosa?”

lei è mortale, e come tale dalla sua nascita l’orologio dell’anima ha iniziato a scandire il suo tempo.. gli umani devono morire quando il loro ciclo vitale si esaurisce.. non esiste “presto” o “tardi”, si muore, tutto qui.”

L’angelo era totalmente disgustato, come poteva, come poteva quel.. “dio” dire una cosa tanto ripugnante?

“tu non capisci… tu non capisci cosa provo per lei!”

fece l’angelo scattando indietro. Riuscì a liberarsi dalla morsa della falce provocandosi un leggero taglio al collo, ora era di nuovo in piedi e impugnava la spada. Marvel sorrise

“lo capisco, invece. Se non ricordo male per voi angeli certi sentimenti sono proibiti, ma questo non mi importa. Lei morirà.”

Questo era veramente troppo, l’angelo attaccò di nuovo, questa volta mirando diretto al cuore dell’avversario.

Marvel lo anticipò e si abbasso di scatto, colpendolo con forza dietro alla ginocchia, facendolo cadere di nuovo, l’angelo urlò di dolore.

“ti avverto, sto perdendo la pazienza”

la voce suonava molto più minacciosa ora

“come puoi dire di amarla, se la costringi a vivere?”

Marvel posò la falce a terra, poggiando l’asta alla sua spalla destra in modo che la lama passasse dietro la sua schiena

“dovrei forse lasciarla morire??? Che diavolo stai dicendo?”

Marvel alzò gli occhi al cielo, possibile che quel tipo non si fosse nemmeno reso conto del male che stava provocando a quella povera ragazza? Scosse la testa e tornò a posare gli occhi su di lui

“come ti ho già detto… tutti i mortali hanno un “termine” per quanto riguarda la loro vita terrena. I corpi si deteriorano in un lasso di tempo che può essere lungo o breve, ciò è soggettivo.. alla fine muoiono e tornano alla terra. Tu stai costringendo un anima sana a restare con forza in un corpo malato, anzi, in un corpo morto. È un gesto fottutamente egoista, oltre che proibito secondo le leggi del paradiso...”

L’angelo era visibilmente confuso, fece un piccolo e incerto passo indietro scuotendo la testa, incapace di credere a quelle parole, Marvel continuò nella spiegazione, chissà.. forse c’era ancora una piccola speranza di riuscire a convincerlo con le buone ad arrendersi.

“…L’anima di Caterina si sta ribellando, vuole abbandonare il corpo, vuole morire. Ma non può, perché tu la trattieni come se avessi catturato una farfalla per le fragili ali... e lei non può fare nulla per liberarsi dalla morsa”

L’angelo si mise un palmo sulla fronte, ispirando profondamente

“piantala…”

la voce tremava fortemente

“piantala!”

“non vuoi proprio capirla, eh?”

borbottò Marvel grattandosi la testa

“avrei forse motivo di mentirti? Credi che mi diverta?”

aggiunse alzando un sopracciglio. L’angelo cercò di rimettersi in piedi, ma prima di riuscirvi cominciò a tossire, per poi sputare del sangue e cadere di nuovo rovinosamente a terra.

Il colpo allo stomaco del dio era stato più critico di quando avesse immaginato, gli organi interni dovevano essere gravemente lesi. L’ira doveva aver avuto lo stesso effetto della morfina, non si era nemmeno reso conto del dolore.

Ora era steso a terra, con una mano che stringeva con forza la parte di abito che copriva lo stomaco, bestemmiò.

“tu sei.. un diavolo… stai cercando di corrompermi”

ringhiò debolmente, senza riuscire a muoversi

“devi essere completamente partito”

Marvel sventolò una mano, anche un angelo di basso livello avrebbe avvertito che l’energia del rosso era ben diversa da quella di un angelo nero. Evidentemente a quel povero pazzo erano partiti quei pochi neuroni che gli erano rimasti, e lui che si era illuso di convincerlo con le buone a lasciarlo lavorare...

Guardò distrattamente il tatuaggio per qualche secondo, forse “lavoro” non era esattamente la parola esatta per descrivere il suo compito.. tornò a guardare l’angelo, accertandosi che non era ancora riuscito a tornare in piedi.

La testa dell’angelo continuava incessantemente a ordinare al corpo di muoversi, ma il dolore lo aveva totalmente bloccato.

Marvel si avvicinò a lui, inginocchiandosi al suo fianco

“finirai per auto-distruggerti, sai?”

Mise un gomito su una gamba appoggiando il viso su una mano. L’angelo non rispose, aveva in bocca il sapore metallico del sangue, a terra si era formata una piccola pozza di quel liquido rosso che si stava scurendo velocemente. Tossì di nuovo , e riuscì a sollevare il busto con un dolore immane.

Marvel si alzò lentamente, fece un passo indietro, chiuse gli occhi prendendo un profondo respiro,

a quanto pare, c’era solo una soluzione possibile per uscire da quella dannata situazione, la peggiore.

L’angelo raccolse tutte le forze che gli restavano in corpo per lanciarsi con un ultimo disperato grido contro il dio, Marvel abbassò lo sguardo, rassegnato.

Sollevò la falce, e quando lui fu abbastanza vicino, colpì.

La lama affondò nel petto dell’avversario, straziandone il cuore all’istante, la morte fu immediata.

Il corpo senza vita fu sbalzato di qualche metro indietro e cadde pesantemente a terra, restò immobile in posizione supina, il pavimento oscuro si fece lentamente vermiglio.

Nello stesso istante Caterina aveva terminato di cantare. Avvertì un improvviso senso di libertà che coprì tutti gli applausi e rese tutto quieto. La “maledizione” che la teneva in vita si era infranta, sorrise, volge lo sguardo ai genitori, per poi accasciarsi a terra, tra il disorientamento del pubblico.

Le delicate ali si erano liberate, Caterina era volata via.

 

Marvel uscì dal limbo, nonostante si trovasse lontano dal palcoscenico riusciva a udire il panico creato dalla morte della giovane.

Il corpo straziato dell’angelo sarebbe stato portato via dagli inquisitori, coloro che si occupavano dei “corrotti”(anche se in questo caso avrebbe svolto il lavoro di “spazzini”). Chissà che fine avrebbero fatto alla sua anima… probabilmente, considerando la gravità della sua azione, starebbe stata servita come pasto a qualche demone.. e poi dicono che gli angeli e gli dei sono clementi…

 

Ora si trovava nella stanza della cantante, si avvicinò al divano, toccò la morbida e fredda fodera, si sedette e guardò il lampadario di cristallo, non lo aveva notato, prima.

Risa entrò di colpo nella camera, era visibilmente scossa

“Marvel..! Caterina è..”

“lo so”

mormorò Marvel spostando lo sguardo sulla piccola

“a quanto pare… è stato sufficiente fermare l’incantesimo e il mio intervento diretto per la sua morte non è stato necessario. Era così desiderosa di andare in paradiso che ha fatto tutto da sola… notevole.. e meno lavoro per me ”

la falce tornò nel tatuaggio, non aveva voglia di tenere i guanti quindi si sfilò anche l’altro, e li sistemò nella tasca della giacca

“mhmm…”

Risa lo guardò con disapprovazione, intrecciò le braccia e picchiettò la punta piede sul pavimento

“cavolo! Raziel non sarà affatto contento”

“avrebbe dovuto occuparsene lui, allora”

Borbottò il dio alzando le spalle

“comunque.. avrai modo di lamentarti domani”

“cosa?”

“a quanto pare c’è un altro problema… comunque potevi avvertirmi prima che avresti sistemato tu le cose.. ho volato per tutto il teatro e quando la ho trovata l’anima era già andata via!”

piagnucolo Risa sbattendo i piedi

“ah.. scusami… problema?”

“ah! Ci vogliono in Vaticano… il custode del maestro d’orchestra mi ha chiamata e avvertita mentre passavo per il teatro cercando Caterina..”

“come?!?”

Marvel scattò in piedi come se avesse appena ricevuto una scossa elettrica, aveva appena realizzato che ci sarebbe stata di nuovo una stupida riunione che sarebbe durata… cinque, sei ore… dove avrebbero parlato persone (o meglio, creature celesti) noiose, di argomenti noiosi,  tutto molto svagante, davvero. Quasi quanto un suicidio.

Attualmente  aveva 19 anni umani, e si sentiva come se avesse lavorato per 300 anni… e considerando che spiritualmente ne aveva qualche miliardo, non era poi molto… però diavolo… Milano ti uccide anche se sei la morte, troppe persone, voleva una vacanza. Un isola deserta, no anzi, un isola deserta con i servitori… no così non era deserta…

“qualche cosa non va?”

domanda idiota, non riusciva a mettere insieme nemmeno un paio di parole per formare una frase sensata… certo che l’isola deserta…

“si, tutto ok. Sono solo nervoso”

si massaggiò le tempie, contando fino a dieci, per poi poggiale le mani sui fianchi sbuffando.

La bambina si avvicinò e gli prese una mano sorridendo

“dai, magari non è niente di importante, non essere così pessimista”

“sicuramente”

sospirò, in genere quelle riunioni erano solo scuse per mostrare quante buone azioni o quante promozioni erano state ricevute dai membri, in fondo, erano uguali agli uomini sotto molti aspetti.

Rumori di passi si avvicinavano velocemente alla stanza.

“andiamo risa, non è il caso di farci vedere”

Marvel si staccò dalla bambina, per poi avvicinarsi ad un muro e aprire un passaggio

“ok! Verso la prossima avventura!”

affermò alzando un braccio, combattendo l’odio per quei passaggi. Raggiunse il ragazzo, entrambi sparirono attraverso la parete.

 

La porta si apri pochi secondi dopo

“uff.. a quanto pare lo ho perso per pochissimo”

il bel ragazzo dai lunghissimi capelli argentati legati in una coda si guardò intorno sbuffando, avvertiva ancora chiaramente l’energia del dio.. era andato via da pochissimo, ma chissà dov’ era ora.

Di fianco a lui c’era un uomo sui 45 anni, aveva un aria composta e terribilmente seria, gli occhiali sul naso e un completo grigio scuro gli conferiva un aria da.. professore

“signor Raziel… vuole che li faccia contattare da una colomba?”

fece il più anziano, spostando gli occhi castani sul giovane

“oh non importa, avrò modo di parlargli domani…”

rispose quello con un grande sorriso

“bhe.. meglio andare via da qui, andiamo, voglio visitare il mercatino!”

aggiunse candidamente mentre tornava verso la porta

“si, signore”

“e non chiamarmi “signore! Santo cielo mi fai sentire un nonno!”

borbottò il ragazzino indicandolo con l’indice con aria stizzita

“si.. signore. Oh! ..mi scusi..”

Raziel scosse la testa e rise, poi corse verso il corridoio seguito dall’uomo.

Avrebbe incontrato presto il dio e la fenice, quindi ora aveva tempo per una breve visita turistica a Milano.

La neve scendeva ancora.

 

 

 

 

 

 

 

 

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