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Autore: Lacus87    06/11/2005    1 recensioni
Il dio della Morte osservava la scena sorridendo, era divertente guardare la gioia e l’ipocrisia che si manifestavano insieme in quelle notti fittizie, da li a tre giorni Milano sarebbe ricaduta nella caotica ed egoistica vita di sempre, e tanti saluti all’allegro e altruista spirito natalizio.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Custode di Morte

 

Benvenuti! benvenuti in questa mia storia! È da molto che non mi cimento nella scrittura e un po’ mi mancava! Questo è il primo capitolo di un (mi auguro) lungo racconto. Perché ambientarlo in Italia? il fatto è che mi sembrava strano che con tutte le storie originali che circolano tra i siti nessuna fosse ambientata qui.. così mi sono detta… perché no? E ho voluto provare… inutile dire che personaggi e azioni(e qualche luogo.. come bar o simili) sono inventati.. e se ho azzeccato qualche nome non lo ho fatto apposta…. Quindi non dateci peso se accade ^^"

ps: non avendo visitato alcuni luoghi qui presenti vi chiedo scusa per eventuali mancanze.. (cerco info su internet..)

buona lettura ^__^!!!

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La neve scendeva pigramente quella notte, si poneva stanca e affaticata sui tetti delle case e sulle vetture ferme nei parcheggi; era da diversi inverni che non nevicava la vigilia di Natale, e ciò dava a Milano un aria suggestiva e incantata.

Quella notte sembrava che tutto si fosse fermato, la frenesia che aveva sempre distinto le grandi città come quella era stata placata e zittita dalla fitta coltre candida.

Il Duomo, con la sua solennità,  si imponeva su tutte le altre costruzioni; come un nobile che osserva superbo il popolo, storcendo il naso davanti a tanta infima mediocrità, era l’anima di Milano, e in qualche modo, lo sapeva.

Dinnanzi a esso si stava svolgendo un variopinto mercatino natalizio, che non sembrava turbare più di tanto la quiete del gigante.

L’odore delle castagne arrosto si espandeva nell’aria fredda con le voci spensierate dei bambini milanesi, che correvano avanti e indietro ignorando totalmente i richiami dei genitori esasperati.

Il dio della Morte osservava la scena sorridendo, era divertente guardare la gioia e l’ipocrisia che si manifestavano insieme in quelle notti fittizie, da li a tre giorni Milano sarebbe ricaduta nella caotica ed egoistica vita di sempre, e tanti saluti all’allegro e altruista spirito natalizio.

Egli aveva l’aspetto di un ragazzo sui vent’anni, indossava un lungo soprabito invernale nero, pantaloni dello stesso colore e guanti bianchi di seta; la pelle era molto chiara, e ciò risultava ancora più evidente se messa in confronto al colore scarlatto  dei suoi occhi e dei suoi capelli.

La neve non lo infastidiva affatto.

Fece  prigioniero un cristallo che gli danzava vicino con la mano, che restò intatto nella sua stretta, senza sciogliersi, nel suo glaciale splendore.

L’essere immortale sorrise di nuovo, mentre lo lasciava cadere con i suoi fratelli e terminare il ballo, l’attesa cominciava ad irritarlo.

Marvel, poiché questo era il suo nome, cominciò a camminare con nervosismo per la navata centrale del Duomo, era stanco di aspettare sul tetto e avrebbe anche corso il rischio di essere notato da qualcuno.

I suoi passi erano l’unico rumore che si poteva udire nella cattedrale, il duomo era momentaneamente chiuso al pubblico per delle ristrutturazioni, per sua fortuna, sarebbe stato difficile spiegare il modo in cui era entrato… in genere le persone non possono attraversare le ombre molto facilmente come lui.

 Le luci esterne filtravano dai  mosaici, dipingendo la chiesa di luci e ombre inquietanti e sinistre.

Marvel si accomodò su una panca, squadrando le imponenti colonne e i mosaici che lo circondavano, si sentiva terribilmente piccolo in quel momento.

Trascorse poco tempo, dopo di che alle sue spalle si cominciarono a udire rumori di passi: passi brevi, veloci e leggeri, i passi di una bambina.

Il dio sospirò di sollievo, alzandosi e voltandosi, in attesa.

“scusa per il ritardo!” disse la piccola figura con il poco fiato che le restava, mentre lo raggiungeva correndo.

Si trattava di una bimba che doveva avere approssimativamente 4 anni, con due lunghe ciocche nere che gli circondavano il bel visino tondo, i ciuffi corvini contrastavano con il resto della chioma, che era di un rosso scintillante. Indossava una tunica vermiglia che sembrava un po’ troppo lunga per lei, e aveva una borsa nera a tracolla, anche essa, pareva troppo grande per la sua figura minuta.

“non importa, Risa” affermò Marvel scuotendo la testa “e non correre così, finirai per inciampare di nuovo come settimana scorsa” aggiunse soffocando una risata al ricordo della bimbetta che cadeva dopo essere incespicata nella veste, fortunatamente non si era fatta male e la sua caduta era stata decisamente comica.

Marvel aveva rimpianto il fatto di non avere avuto una telecamera a portata di mano in quella occasione.

“uffa” sbuffò la piccola “è stato un singolo e sfortunato incidente, e non ridere! È inutile che ti giri ti ho visto!!!”

L’immortale si avvicino a lei e si inginocchiò “si, hai ragione, scusami.. mi perdoni?” disse sorridendo mentre le scompigliava i capelli “ti perdono perché sono buona” rispose lei solenne, poi affondò le manine nella borsa, e si mise alla ricerca di.. qualche cosa. “eccolo qui!” esclamò alla fine esultando, mentre con la mano destra teneva un blocchetto rosso, su cui appariva  una scritta in rilievo in nero “Atto Finale*”.

Risa iniziò a sfogliarlo rapidamente alla ricerca di un punto preciso, si fermò solo quando giunse a circa metà del taccuino, indicando con l’indice una pagina bianca “dovrebbe mostrarsi tra poco!”

Marvel annuì e si sfilò il guanto bianco dalla mano destra, sul dorso di essa appariva un tatuaggio che raffigurava il cerchio di un orologio, i numeri erano romani, e non erano raffigurate lancette. 

Posò la mano sulla pagina, per un momento il tatuaggio brillò diventando rosso, in quello stesso istante sulla pagina apparve un nome: Caterina Rossini.

Il dio della Morte si alzò, rimise il guanto alla mano e sussurrò poche parole “il suo tempo sta scadendo”.

 

La presenza della grande folla presente al mercato rendeva la ricerca di Caterina un compito veramente gravoso.

Il mercatino natalizio era da anni un evento impedibile per le famiglie milanesi, che andavano a visitarlo con tutta la famiglia. I bambini, soprattutto, andavano pazzi per le bancarelle colorate.

Correvano da una parte all’altra tirando i genitori per le maniche dei pesanti cappotti, costringendoli a comprare qualsiasi oggetto adocchiassero.

Le bancarelle di dolci e giocattoli erano sicuramente le più gettonate, venivano letteralmente presi d’assalto e sventrati dai famelici bimbi, a discapito dei portafogli dei genitori, felici del fatto che quella fiera arrivasse solo una volta l’anno.

 

Il nome della ragazza era apparso sull’ ultimo atto, questo significava che il suo tempo mortale sarebbe scaduto quella stessa notte, e che la sua anima avrebbe dovuto ricevere l’aiuto necessario per raggiungere  il paradiso, il purgatorio o gli inferi.

Caterina Rossini era una giovane cantante lirica, ella aveva ottenuto in brevissimo tempo un enorme successo nei teatri più prestigiosi grazie alla sua voce pura e potente, per questo motivo era stata soprannominata “l’Angelo italiano”.

Eccellenti giudizi le erano pervenuti sia dagli spettatori che assistevano alle sue performance sia dai critici più stimati e conosciuti. In quel periodo la sua fama stava cominciando a farsi sentire anche negli altri stati Europei, ed era stata contattata da diversi teatri francesi e inglesi.

Caterina, che proveniva da una normale famiglia Milanese, aveva sempre avuto una passione travolgente per il canto e per l’opera, ma mai si sarebbe aspettata di diventare tanto rilevante e celebre in quei campi e ciò colmava lei e i suoi genitori di felicità e orgoglio.

La gioia provata  però era offuscata da una grave malattia che aveva colpito la giovane pochi mesi prima. Caterina si era rivolta agli ospedali più autorevoli e aveva subito decine e decine di esami, nessuno però era riuscito a scoprire di quale patologia si trattasse.

La ragazza non aveva risposto positivamente a nessun tipo di cura, ogni giorno che passava si faceva più debole. 

Alcuni medici le avevano suggerito di trascorrere dei lunghi periodi in ospedale, in un reparto speciale dove avrebbe subito dei trattamenti particolari da una equipe di specialisti, ma lei aveva seccamente bocciato la proposta, poiché avrebbe dovuto rinunciare alla sua carriera, alla sua essenza, e senza la sua musica lei non avrebbe potuto continuare a vivere.

 

La neve aveva smesso di cadere da pochi minuti, Marvel e Risa stavano passando per la strada circondata da bancarelle, il dio non aveva mai sopportato il fatto di trovarsi in mezzo a tanta gente, gli davano maledettamente fastidio quelle situazioni, per lui erano una vera seccatura, anche perché tendeva a dare nell’occhio. Non aveva dei segni particolarmente visibili, ma le sue movenze avevano un che di ultraterreno, e molti si voltavano a guardarlo chiedendosi chi fosse, cosa che alimentava di notevolmente il suo disagio. 

Dal canto sua Risa aveva rischiato in due occasioni di essere travolta da alcune persone che non la avevano notata e salvo qualche piccolo incidente sventato era felice di trovarsi li. Ora si era comodamente sistemata sulle spalle di Marvel e se ne stava placida e beata guardando la merce colorata esibita nei banchetti.

“aaaah!!! che belle cose ci sono!!!!”

Risa non sapeva più dove guardare, girava continuamente la testa da una parte all’altra come se stesse assistendo a una partita di tennis, scostando di continuo le ciocche nere che le finivano quasi per dispetto davanti agli occhi

“ei.. non stai bene?”

domandò al ragazzo, notandolo piuttosto pallido. Aveva l’aria di una persona che stava per svenire…

“..uh? no...”

la rassicurò lui sorridendo

“lo sai.. non mi piace particolarmente stare in mezzo alla gente”

più precisamente, soffriva di “mal di folla” gli succedeva spesso di provare nausea e capogiri quando si trovava in mezzo alla gente

“ah ho capito!”

la bimba annui sgranando gli occhioni grigi

“comunque non ti devi preoccupare! Se qualcuno cerca di molestarti ci penso io! Lo sgrido e lo mando all’ospedale!”

disse Risa picchiandosi con decisione un pugno sul petto.

Marvel non riuscì a non ridere, una bella risata calda e liberatoria, che lasciò Risa interdetta.

“guarda che io sono cintura gialla!”

aggiunse lei, offesa dalla risata decisamente fuori luogo

“allora non devo preoccuparmi. Grazie, piccola rocky”

“piccola che? Non sono un cane! E io non sono affatto piccola”

Marvel rise di nuovo.

 “comunque… io ho fameeee… ”

si lamentò la piccola poco dopo, posando il mento sulla testa del dio e socchiudendo gli occhi. Risa non era una bambina viziata, ma quando cominciava a piagnucolare in quel modo diventava irremovibile e ogni contestazione veniva ignorata. Fortunatamente per lei, con i deliziosi profumi di quella serata, era venuto un certo appetito anche al dio, che più di ogni altra cosa desiderava andarsene da quel tragitto troppo affollato e sedersi ad un tavolino tranquillo di un bar.

“ok, se devi proteggermi devi essere in forze”

“è vero!”

Si fermarono al primo locale che scorsero, un luogo quieto e modestamente elegante, con pareti verdi acqua, tavolini in marmo e poltroncine quasi dello stesso colore dei muri, ma leggermente più scure. Sulle poltrone erano presenti due bei cuscini bianchi ricamati con semplici fantasie floreali.

Sulle pareti erano esposti diversi dipinti che rappresentavano paesaggi marini, era particolarmente bello uno di essi, che oltre alle acque limpide ritraeva un faro solitario.

I portabiti erano di un bel nero smaltato, e le tende candide e immacolate in pizzo concludevano l’opera. 

Marvel tirò un sospiro di sollievo, era esattamente quello di cui aveva bisogno per riprendersi, aiutò Risa a sfilare il cappotto e lo appese con il suo su uno dei portabiti.

Si sedettero in un tavolo vicino a una delle grandi vetrate che davano sulla strada in festa, a quanto pare il locale era anche insonorizzato, meraviglioso.

Il ragazzo si sedette accavallando le gambe snelle e posando un gomito su uno dei morbidi braccioli, aveva di nuovo attirato l’attenzione della gente. Alcune donne lo guardavano chiedendosi se fosse un nobile o qualcosa del genere, ma la cosa al momento non lo infastidiva, abbasso lo sguardo con non curanza passandosi una mano tra i capelli scarlatti e sistemandosi il colletto della camicia.

La piccola fu felice di costatare che quelle poltrone non erano troppo alte per lei, e in più erano davvero comodissime. Sistemò un cuscino dietro la sua schiena e sorrise guardando chi le stava di fronte.

Una delle cameriere si avvicinò a loro, aveva dovuto sconfiggere di nascosto le colleghe a carta-sasso-forbice per poter servire il bel ragazzo dai capelli rossi che era appena entrato.

I colleghi uomini avevano espresso il loro disappunto per quella stupida battaglia, avevano anche proposto che fosse uno di loro a servire i nuovi clienti, ma erano stati zittiti dalle donne, troppo prese dalla lotta per dar peso alle loro parole.

Si era sistemata in fretta i capelli castani e la gonna corta, per poi raggiungerli con passo sicuro e deciso.

“buona sera, vi porto le carte dei dolci e delle bevande?”

Esordì esibendosi nel sorriso migliore che aveva nel repertorio

“no, grazie”

rispose Marvel cortesemente,  ordinando soltanto un cappuccino e una fetta di torta margherita.

Ciò lo distinse da tutti gli altri clienti che stavano bevendo l’aperitivo in vista della cena.

Questo provocò un grande dispiacere alla cameriera, che avrebbe preferito discutere con lui dei dolci della casa almeno per qualche minuto.

Si mise il cuore in pace, per poi rivolgersi alla bambina

“e la giovane lady cosa desidera?”

Risa arrossì lievemente

“uhmm..”

si portò una manina davanti alle labbra, indecisa

“vuoi venire a vedere i dolci in vetrina?”

aggiunse la giovane intenerita da quella bella bambina così simile a una bambola di porcellana

“si!”

esclamò trionfante, scendendo con un po’ di difficoltà dalla poltroncina

La piccola fu accompagnata dalla ragazza a scegliere una pasta di quelle esposte dietro una vetrata.

Mentre Risa osservava i dolci con gli occhi che brillavano il dio notò una locandina fissata alla parete dinanzi a lui.

Si alzò lentamente dalla sua posizione, si avvicinò e lesse mentalmente: “Questa sera si esibisce al Teatro alla Scala l’Angelo italiano: Caterina Rossini..”

Marvel controllò l’orario della rappresentazione, sarebbe cominciata esattamente alle 21.30 precise, ovvero fra un ora e mezza. Sarebbe stato il suo ultimo canto, l’Ultimo Canto dell’Angelo.

Risa, dopo aver scelto la pasta più invitante che avvistò, raggiunse il tavolo dove si erano sistemati con un vassoio d’argento contenente un pasticcino alle fragole e una cioccolata calda, aveva voluto a tutti i costi portare da sola il tutto “perché era grande”.

Notò che il ragazzo non era seduto al suo posto, ma se ne stava in piedi a fissare un piccolo manifesto con aria assorta.

Si avvicinò a lui con discrezione dopo aver sistemato il vassoio sul tavolo, osservò la locandina. Oltre alle scritte (che non riusciva a leggere molto bene) era presente la foto di una giovane bella donna dai grandi occhi viola e dai capelli mossi e biondi, doveva essere lei.

 “Alla fine la abbiamo trovata”

disse Marvel senza distogliere gli occhi dalla foto

“è triste però..”

aggiunse Risa a bassa voce

“morire la vigilia di Natale”

“non sono d’accordo”

le neve aveva lentamente ricominciato a cadere

“io credo che sia una notte perfetta per una Rapsodia di decadenza”

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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