La notte di San Lorenzo.

di Blue Flower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno. Cominciò tutto a San Lorenzo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due. Sentendomi diversa. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre- Me o non Me? ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno. Cominciò tutto a San Lorenzo. ***


Capitolo Uno- Cominciò tutto a San Lorenzo.

 

Ho sempre pensato di essere assolutamente normale. Mi sembrava di non avere niente di più e niente di meno rispetto alle mie compagne di classe. Ero sempre stata nella media, senza nessun particolare che mi distinguesse e mi lamentavo per questo… Volevo essere unica, volevo essere chiamata “quella con gli occhi blu come la notte” o anche semplicemente “quella con un bel sedere”. Quanto mi sbagliavo a desiderare queste cose! Mi trasferii a Roma con i miei genitori quando avevo quindici anni. Mi dissi che avrei avuto un’occasione di risaltare in mezzo alle altre, di diventare qualcuna. Ma le mie speranze iniziarono ad affievolirsi con il passare dell’estate. Chi posso impressionare? Chi mi può notare con il mio aspetto così insulso e banale? Soffrivo di molti complessi, è vero. Ma mai avrei pensato che questi complessi si potessero risolvere con un semplice desiderio.

 

Era la notte di San Lorenzo quando tutto incominciò.

Ero seduta nella veranda con la mia sorellina, quando vidi quel bagliore. Non sembrava affatto una semplice stella cadente: era così lucente e… diversa. Mi riscossi da quei pensieri e feci notare a mia sorella di aver visto la prima stella cadente della serata. “Esprimi un desiderio!” mi incitò lei. Lì per lì, non seppi cosa dire perché ero rimasta paralizzata dalla bellezza di quella meteora tanto da dimenticare qualsiasi cosa alla quale stessi pensando. Poi vidi la mia immagine riflessa nella porta finestra della nostra terrazza e pensai che tanto valeva provare, anche se fino a quel momento ero sicura che i desideri posti silenziosamente ad una stella cadente non si avverassero.

 

Desidero… trasformarmi.

 

Sì, che desiderio inutile. Non si sarebbe mai avverato.

 

Come vuoi.

 

Non ero stata io a pensarlo, eppure quella voce rimbombò nella mia testa con una potenza inaudita, facendomi venire i brividi, forse per la paura, forse per la sorpresa.

Ce ne furono molte altre di stelle cadenti, e a tutte espressi lo stesso desiderio… ma non era la stessa cosa. Era come se la stella lucente mi avesse ascoltato e le altre no.

Quando andai a dormire, quella notte, mi guardai allo specchio: ero sempre la solita Marta, magra come uno stecchino e senza una curva, con capelli di un insulso marrone topo e gli occhiali con una montatura che non mi piaceva per niente.

 

Nel mese successivo, cercai di far avverare da sola il mio desiderio, ma con pochi risultati. Infatti, mangiavo come non avevo mai mangiato in vita mia ma continuavo a rimanere uno stecchino senza un briciolo di seno o di fianchi.

L’unica notizia positiva, arrivò qualche giorno prima il mio primo giorno nella nuova scuola di Roma: non dovevo più portare gli occhiali! Forse, il mio desiderio si era ridotto a questo, ma sempre meglio di niente… no?

Due sere prima della vigilia dell’entrata nella mia nuova scuola, andai a letto rassegnata. Non sarei stata nessuno nemmeno lì.


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Capitolo 2
*** Capitolo Due. Sentendomi diversa. ***


Capitolo Due- Sentendomi diversa.

Mattina.

No, non mi andava per niente di alzarmi. Mi sentivo come se fossi stata tirata e poi schiacchiata, gonfiata e poi sgonfiata. C’era qualcosa di strano quella mattina, ma non riuscivo proprio a capire cosa.

Mi misi seduta sul letto, con gli occhi ancora chiusi. Dovete sapere che in quella posizione ero esattamente davanti allo specchio della mia camera. Quando aprii gli occhi, pensai che stessi ancora dormendo e che il riflesso nello specchio non fosse il mio. C’era una ragazza con due trecce lunghissime e folte. Bionda. Mi stropicciai gli occhi, cercando di svegliarmi.

Ma era la realtà.

Presi in mano le due trecce e… bionde. Simili al grano in piena estate, forse di un colore un po’ più finto perché si avvicinava quasi al giallo chiaro. Lì per lì, rimasi scioccata. Poi urlai: “Caterinaaaaa!!”. Mia sorella arrivò qualche minuto dopo. “Che c’è?” domandò. “Tu stanotte mi hai tinto i capelli?” lei sembrò sbalordita. “Tu hai i capelli biondi da circa cinque anni…” io spalancai gli occhi. “Vuoi dire che mi sono tinta a dieci anni?” “Sì, non te lo ricordi? Un po’ di tempo fa, avevi anche alcune ciocche più scure” rimasi in silenzio. Dovevo assecondarla? Mi girai in direzione del mio letto e trovai un biglietto sul cuscino.

 

Questo è solo l’inizio della tua trasformazione.

- Stella Cadente.

 

“Giusto… scusa. Adesso scendo per la colazione” sussurrai con gli occhi persi nel vuoto. “Non penso proprio… sono ancora le due di notte” “Ah okay. Allora buonanotte” mia sorella mi aveva ufficialmente presa per una pazza isterica.

Mi guardai di nuovo allo specchio e sciolsi le trecce. I capelli mi arrivavano fino a metà schiena ed erano… bellissimi. Ma li avevo tinti. Mi sentivo così… finta. E la Stella Cadente aveva detto che era solo l’inizio? No! Impossibile: le stelle cadenti non scrivono e non tingono i capelli. Oltre ai capelli, non c’era niente di strano. Mi esaminai il busto che compariva allo specchio con meticolosa precisione, ma non notai niente.

Ero troppo stanca per guardarmi le gambe e vedere che, a differenza del resto del corpo, si erano gonfiate come se la mia dieta ingrassante di quel mese avesse fatto più che effetto.

 

La mattina, cercai di evitare qualsiasi specchio.

Non volevo vedere cosa mi era capitato per il resto della notte, così quando mia madre annunciò: “Andiamo a fare shopping!” non fui molto contenta. “Tesoro, giusto un paio di reggiseni. I tuoi… beh lo sai. Dobbiamo cambiarli” no! Non lo sapevo e non lo volevo sapere, soprattutto calcolando il fastidio che il reggiseno che indossavo- era una prima scarsa- mi creava. Mi vestii senza guardarmi in nessuno specchio e poi uscii senza dire niente. Ovviamente il primo negozio fu Intimissimi. Primo ed ultimo, aggiungerei.

Quando entrai nel negozio e presi una prima, mia madre mi guardò in maniera strana. “Starai scherzando spero” e dopo un paio di armeggiamenti estrasse una seconda con push-up. “Vai a provarla in camerino” il confronto con lo specchio era impossibile da evitare, ormai.

Entrai, e mi trovai lo specchio proprio davanti. C’era un biglietto affisso:

Ehi formosa!

Attenta: cerca un reggiseno che non sia tanto facile da slacciare. Ho il presentimento che queste due belle bambine verranno ammirate da un bel po’ di persone…

-SC

 

Formosa. Era la parola giusto.

Ampi fianchi e un sedere tondo, cosce voluminose ma che non sfociavano nell’essere grassa e… il suo seno! La prima che portava decisamente non andava bene, e non riusciva a spiegarsi come le fosse entrata. Infatti, quando prese un respiro, il reggiseno le saltò andando a sbattere contro lo specchio. Provò la seconda, ma proprio si ostinava a non entrare. Così, sbucando dalla porta del camerino, chiese alla madre di prendere una terza.

Stessa cosa della seconda, forse peggio perché anche se si allacciava, sembrava che stessero scoppiando.

Provò altri due reggiseni, fino ad arrivare ad una quarta B che le calzava perfettamente. Quella ragazza riflessa nello specchio… aveva solo una piccola pecca: era giusto un po’ troppo formosa, e si vedeva dalla pancetta che sporgeva un po’… Come poteva una dieta durata un mese, fare effetto solo nell’ultimo giorno?

E in me c’era una nuova sensazione.

Avevo fame: volevo ingozzarmi non per ingrassare, ma semplicemente per sentirne il sapore in bocca.

No, quella ragazza non poteva essere me…

O forse sì?

Forse quella bellezza giusto un po’ tonda era il mio desiderio più nascosto.

Quando andai a dormire la sera, con la mia quarta coppa B super push-up, mi sentivo decisamente diversa e non sapevo che aspettarmi il mattino dopo.


 

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre- Me o non Me? ***


Capitolo Tre- Me… o non me?

 

Mi svegliai con la certezza che ci fosse qualcosa di nuovo.

Quando mi guardai allo specchio, quasi non fui sorpresa di vedere che le “bambine”, mentre il giorno prima stavano nel reggiseno perfettamente, quella mattina il reggiseno era appena giusto e il seno traballava, tondo e sodo al suo interno.

Quando mi misi una maglietta nera - stranamente il mio guardaroba si era adeguato al mio aspetto- notai che il push-up le rendeva ancora più grandi di quello che sembravano.

Mi sistemai i lunghi capelli biondi allo specchio e quando il mio sguardo incrociò la me della superficie riflettente, mi domandai come avessi fatto a non notare prima le labbra carnose e le guance più piene di quello che erano la sera prima.

Sulla scrivania, era appoggiata una grande scatola con affisso un biglietto.

 

E se usi questo make up, manca solo un atteggiamento da femme fatale. Ruggisci tigre!

-SC

 

Inaspettatamente, mi ritrovai a frugare nella scatola e ne estrassi un rossetto di un rosso acceso che spalmai sulle labbra. Era così strano… ma continuai.

Mi misi l’ombretto, il rimmel, il fondotinta sulle guance piene… E quella nello specchio era quasi sconosciuta… Mancava solo un atteggiamento giusto.

L’atteggiamento avevo paura di non riuscire ad averlo. Mai.

Ma stranamente, una forza dentro di me, qualcosa che sentivo stranamente appartenente al mio essere, mi fece poggiare le mani sui fianchi, come una di quelle poser di seconda mano e ruggire. Vai gattina, colpisci! “GRRR” ripetei, non sentendomi ridicola.

E un’ondata di forza, di decisione mi invase.

“Chi è la più bella?” domandai, dapprima a bassa voce. “Io sono la più bella!” mi sentii esclamare, muovendo i capelli biondi come in una cascata d’oro finto.

Me… o non me?

“Sì, baby. Sei una bomba. Una bomba sexy. E tu sei me brutta sporcacciona!” dissi, cercando di fare un’espressione sensuale davanti allo specchio, che stava proprio diventando il mio miglior amico. Mi palpai le bambine come per mandarle su, per tenerle tonificate.

A quei tempi non sapevo che sarebbe diventato il mio rituale giornaliero.

 

Quando arrivai a scuola, fui accolta da una miriade di fischi e occhiatine ammiccanti. Mi sentivo già la padrona, mi sentivo perfetta.

 

Ma che mostro ero diventata?

Un mostro, appunto.

 

E questa storia non ha il minimo senso. E’ così assurda da mandare al manicomio chiunque la legga, vero?

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