The story of B.

di _Any
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Theme 1. Death Note ***
Capitolo 2: *** Theme 6. Senritsu ***
Capitolo 3: *** Theme 7. Kodoku ***
Capitolo 4: *** Theme 39. Kuroi Light ***
Capitolo 5: *** Theme 4. L's Theme ***
Capitolo 6: *** Theme 72. Misa ***
Capitolo 7: *** Theme 49. L no Nakama ***
Capitolo 8: *** Theme 8. Tomonari ***
Capitolo 9: *** Theme 16. Shinigami Kai ***
Capitolo 10: *** Theme 2. Jiken ***
Capitolo 11: *** Theme 69. Mello's Theme ***
Capitolo 12: *** Theme 37. Air ***
Capitolo 13: *** Theme 58. Tokei no Hari no Oto ***
Capitolo 14: *** Theme 11. L's Theme B ***
Capitolo 15: *** Theme 68. L's ideology ***
Capitolo 16: *** Theme 77. Saiku ***
Capitolo 17: *** Theme 79. Light no Engi ***
Capitolo 18: *** Theme 40. L no Kabe ***
Capitolo 19: *** Theme 46. Yotsuba Koroshi no Kaigi Shitsu ***
Capitolo 20: *** Theme 70. Taiji ***
Capitolo 21: *** Theme 3. Light's Theme ***
Capitolo 22: *** Theme 44. Higuchi ***
Capitolo 23: *** Theme 51. Misa no Theme B ***
Capitolo 24: *** Theme 43. Kinchou Kan ***
Capitolo 25: *** Theme 65. Mello ***
Capitolo 26: *** Theme 64. Near's Theme ***
Capitolo 27: *** Theme 48. Shinigami Kai B ***
Capitolo 28: *** Theme 15. Tokusou ***
Capitolo 29: *** Theme 36. Kyrie for Orchestra ***
Capitolo 30: *** Theme 47. Ikari ***
Capitolo 31: *** Theme 23. Low of Solipsism ***
Capitolo 32: *** Theme 24. Suiri ***
Capitolo 33: *** Theme 1. Death Note (again) ***



Capitolo 1
*** Theme 1. Death Note ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.




Grazie all'ultimo caso risolto la fama di L è diventata tale da non poter essere misurata. Nonostante tutto sia finito il mondo continua a dividersi tra pro-Kira e anti-Kira. Strano che alcuni umani credano ancora così tanto in lui da sperare nella sua rinascita, forse le loro speranze si sarebbero affievolite se avessi loro annunciato della morte di colui che ha dato tanta speranza ad un mondo troppo buono e colui che ha dato tanto terrore ad un mondo troppo malvagio? Chissà... Ma in fondo è meglio così. Che continuino a sperare, altrimenti si genererebbe il terrore e ci sarebbe un incremento dei crimini spaventoso.

Cosa aveva di sbagliato Kira? Che c'è di male nel lasciar morire dei criminali che infestano questo mondo? Molti lo hanno chiesto senza ottenere risposta.

L'errore principale sta nel fatto che chiunque sia colpevole di un reato dovrebbe avere diritto alla propria difesa. Una persona, anche la più pia di questo mondo, può cadere in fallo in determinate circostanze e diventare una criminale.

Affascinante la psicologia di un criminale, vero? A volte gli assassini lo sono solo per via dell'ambiente in cui vivono, o forse per motivi di sopravvivenza, o ancora per rabbia, troppo a lungo celata. Soprattutto questi ultimi sono interessanti, perché cercano non di nascondersi sapendo di essere colpevoli, ma di farsi notare. Ciò che fanno non è un reato quanto una sfida.

Quando mi trovavo alla The Wammy's House giravano strane leggende e tutte quante avevano come protagonista uno di noi, un assassino per l'appunto. Uno di noi che gli altri temevano, uno di quelli che nessuno avrebbe mai voluto incontrare sul proprio cammino. Persino il suo aspetto era spaventoso. Occhi rosso sangue, capaci di infondere il terrore con un solo sguardo. Malvagio, malvagio tanto da uccidere anche una ragazzina.

Devo ammettere che anche io, che mi reputo una persona alquanto razionale e non troppo timorosa, ho creduto a quelle leggende e mi sono permesso di giudicare quella persona in maniera perfida e meschina. Nessuno conosceva il suo nome, per noi era solo una lettera: B.

Solo andando avanti col tempo, da bambino che ero, mi sono reso conto di quanto avevo sbagliato.

Il mio pentimento è cominciato un giorno come tanti, una domenica per la precisione, riesco a ricordarlo perché non c'erano le solite lezioni. Mi alzai la mattina più presto del solito, tanto da precedere la sveglia che ci veniva data dagli adulti.

Nella stanza non penetrava molta luce attraverso le tende della finestra. In quel periodo era sempre così, l'inverno lasciava morire i raggi del sole non appena questi sfioravano l'atmosfera terrestre.

Chissà perché non avevo alcuna voglia di dormire ancora, quindi scesi dal mio letto e mi preparai come al solito, con i miei abiti candidi, che profumavano di pulito.

Per un attimo mi fermai ad osservare Mello. Mello era il mio compagno di stanza per quell'anno, insieme a un bambino di nome Matt. Non so perché, ma Mello ha sempre mostrato una certa avversione nei miei confronti, uno spirito di competitività che non si esauriva e che lo spingeva ad impegnarsi sempre di più per superare me, Near.

Anche lui stava ancora dormendo scomposto, le coperte si erano aggrovigliate per via dei suoi continui movimenti nel sonno.

Mi ripresi dal filo dei miei pensieri e mi voltai verso la porta: sarebbe stato meglio uscire, altrimenti avrei rischiato di fare rumore e svegliare tutti e di certo non avrei voluto incorrere ancora nelle ire di Mello.

Piano spinsi la porta di legno di ciliegio e la richiusi con delicatezza dietro di me. Una strana sensazione mi pervase.

Silenzio.

Solo silenzio.

Non avevo mai potuto osservare la casa così. Sembrava ancora più bella e affascinante nella mia mente di bambino. E potevo fare qualsiasi cosa avessi voluto, senza essere sgridato da nessuno degli adulti.

Ero sempre stato uno dei più tranquilli, ma chi, per una volta soltanto, non sente il bisogno di trasgredire le regole imposte dall'autorità?

Piano cominciai a muovermi, sapevo già dove andare.

Più mi rendevo conto che nessuno era nei paraggi, più mi muovevo velocemente, quasi come se avessi temuto che tutto quella meraviglia sarebbe terminata troppo in fretta.

Giunsi alla grande scala di legno che vedevo ogni giorno. Salendola si giungeva alle classi dove ogni giorno studiavamo, e salendo ancora un po' c'era una bellissima biblioteca.

Perché volevo andare in un luogo simile allora?

Semplicemente perché c'era un corridoio che non potevo visitare, ma quel giorno l'avrei fatto.

Salii le scale lentamente, appoggiando i piedi sul tappeto per non fare rumore. Superai le classi, superai la biblioteca andando ancora più su. Sempre più in alto.

La porta che chiudeva quel corridoio era sempre bloccata da un piccolo catenaccio dorato. Certo, un catenaccio così era ridicolo nella The Wammy's House, dato che lì eravamo tutti dei geni, il nostro quoziente intellettivo doveva essere al minimo di 140 punti per poter essere ammessi. Quel catenaccio serviva solo ad impedire di entrare troppo in fretta e a dare il tempo a qualcuno di intervenire in caso di violazione della regola di oltrepassare quella porta.

Lo feci.

Presi un piccolo fil di ferro che avevo ottenuto rompendo uno dei miei giocattoli, poi lo infilai nella serratura, e dopo qualche movimento studiato riuscii ad udire un piccolo “clack” e ad aprire il catenaccio.

Solo allora mi sentii pervaso da un senso di colpa che non conoscevo, non avevo mai violato una regola, e anche per questo Mello diceva di non sopportarmi, dato che lui era un ribelle a tutti gli effetti.

Avrei dovuto rinunciare?

Avrei dovuto invertire la marcia e tornare indietro alla mia stanza e al mio letto cercando di riprendere sonno in attesa della sveglia?

Ma ero già lì, non avrei mai avuto un occasione simile in tutta la mia vita nella casa forse. Più volte avevo immaginato di entrare e di scoprire chissà cosa. Dovevo sapere, in fondo la conoscenza non può fare male, no?

Spinsi la porta.

Avvertii un brivido correre lungo il mio braccio che si appoggiava sulla maniglia dorata e stavolta il mio tocco non riuscì ad essere delicato come i precedenti. Quasi mi spaventai avvertendo il rumore, pensando che qualcuno avrebbe potuto sentirmi.

No, chi poteva trovarsi lì a quell'ora?

Finalmente entrai.

L'ambiente che mi accolse non era come lo immaginavo. Era un corridoio come i precedenti, con l'unica differenza che era evidentemente stato abbandonato da chissà quanto. La polvere era ovunque e scoloriva il legno ingrigendolo.

Lo percorsi fino in fondo.

C'erano solo porte come le altre qua e là, ma su queste c'erano dei fogli quadrati sempre nello stesso punto in alto. Cos'erano? Mi avvicinai ad una porta qualsiasi tra le tante, una in fondo, e piano accarezzai il foglio. Anche al tatto si poteva sentire che aveva molti anni alle spalle e che ormai era ruvido e fragile. Il foglio era attaccato alla porta forse per coprire qualcosa? Infilai tre dita sotto di esso e sentii un qualcosa che doveva essere un'incisione. Mi decisi e lo strappai via all'improvviso.

L.

Su quella porta era incisa una grande L. Non nascondo che rimasi parecchio stupito da una simile scoperta.

L era il mio idolo e il mio sogno era quello di poter, se non incontrarlo, sostituirlo un giorno come suo erede, insieme a Mello.

Cos'era quel luogo? Aprii la porta, ma quello che c'era all'interno non era niente di più di una comunissima camera da letto. Entrai e trovai all'interno una scrivania con ancora dei fogli sopra, e un letto candido vicino alla finestra. Nel cestino della spazzatura vidi solo carte di dolci, colorate in tutti i modi possibili.

Nulla di più.

Uscii dalla stanza e cominciai, in preda alla curiosità, a strappare i fogli di tutte le porte. Fu così che trovai molte lettere che forse erano state importanti nella storia dell'istituto, ma che nessuno di noi conosceva. Visitai le loro stanze cercando di capire che tipo di persone fossero osservando tutti i dettagli che avevano lasciato in passato.

Perché un corridoio simile era stato chiuso? Erano solo camere dopotutto.

Fu quando formulai questo pensiero mi decisi a strappare l'ultimo foglio. Questo lo rimossi più lentamente, con un'improvvisa delicatezza. Piano si scoprì una figura tondeggiante, una R? No, una volta rimosso l'intero foglio, si rivelò essere una B.

Sgranai gli occhi.

B? B era il soggetto di tutte quelle leggende, B era l'assassino dagli occhi rosso sangue, malvagio tanto da arrivare ad uccidere senza pietà una ragazzina e maciullarle gli occhi, che ci faceva la sua stanza lì? Forse era arrivato davvero il momento di andare? Forse...

No, di certo non ero stato scelto come possibile successore di L per essere un codardo e se mi fossi fermato proprio adesso, lo sarei stato proprio perché non lo avrebbe saputo nessuno, no, troppo facile.

Aprii anche questa porta, ma non trovai altro che una stanza normalissima. Un armadio di legno, un letto, una finestra, una scrivania, come le altre stanze. Tutto qui? Poteva davvero contenere così poco la stanza che era appartenuta ad un assassino?

Ci passeggiai all'interno con fare irrequieto e mi sedetti infine sul letto.

Sembrava così innocente, se non fosse stato per il dettaglio di quella lettera così evidente sulla porta, quasi minacciosa. Alzai lo sguardo e solo allora mi resi conto che sull'armadio si trovava una scatola. Volevo vederne il contenuto, ma non potevo raggiungerla, quindi usai il classico sistema della sedia. Spostai quella vicino alla scrivania fino al punto che mi interessava e poi ci salii sopra. Alzandomi sulle punte sfiorai la scatola con le dita e la feci cadere tra le mie braccia. Mi lasciai cadere sul letto senza curarmi di rimettere la sedia al suo posto e aprii lo scatolone: all'interno c'erano cianfrusaglie varie, cose di poca o nulla importanza, ma la cosa che più attrasse la mia attenzione fu un quadernetto posto sul fondo del tutto, quasi come se fosse stato nascosto per non essere notato. Lo presi tra le mani e ne accarezzai la copertina nera. Solo allora lo voltai e vidi la scritta che vi campeggiava sopra, bianca, di uno stile molto raffinato ed elegante: “The story of B”.

Un... diario? Il diario di un assassino?

Lo aprii e cominciai a sfogliare le pagine osservando ancora quella bella grafia elegante, che quasi infondeva calma nel lettore, di certo dava l'impressione di essere stata usata da una persona molto lucida piuttosto che da un pazzo serial killer.

Stetti un attimo immobile per assicurarmi che nessuno fosse nei dintorni, quindi riposai tutto nella scatola, ma lasciai fuori il quaderno, quindi uscii nascondendolo sotto i miei vestiti. Richiusi ogni porta e silenziosamente mi mossi ripercorrendo i corridoi. Il percorso che avevo attraversato eccitato per la tranquillità, ora lo attraversavo per la consapevolezza di aver trasgredito e di aver rubato qualcosa di prezioso.
___________________________________

Authoress' words

Buongiorno caro lettore, che sei arrivato fin qui leggendo la mia storia. Innanzitutto grazie per aver compiuto questo sforzo. Questo è il mio primissimo tentativo di fare una storia a capitoli e infatti finora ho prodotto solo una one-shot. Per di più questa è la mia prima storia su Death Note. Scritta in un momento di delirio quasi, ma avevo tanta voglia di farlo da tanto tempo e non ci sono mai riuscita a causa di vari impedimenti tra cui la scuola, la musica... Bene, spero di riuscire a portarla avanti senza troppe pause, ma il tempo è quel che è e non sono sicura di poter riuscire nell'intento dato che sono anche abbastanza inconcludente come persona (purtroppo)...

Per favore, sia che questa storia ti sia piaciuta o meno lascia una recensione.

Se la storia ti è piaciuta me lo farai sapere e la continuerò.

Se non ti è piaciuta saprò dove devo migliorare.

In tutti i casi ci guadagneremo, no? 

Grazie mille!

Any

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Capitolo 2
*** Theme 6. Senritsu ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Avevo infranto le regole. Ero eccitatissimo e senza nemmeno rendermene conto cominciai a correre. Io, il primo della The Wammy's House, io che ero amato da tutti gli insegnanti per essere sempre calmo e al mio posto, senza aver mai mostrato la seppur minima voglia di infrangere le regole, l'avevo appena fatto e non mi sentivo minimamente in colpa. Però non avrei potuto tornare nella mia stanza con quel quaderno lasciandolo in balia dei miei due compagni... Sarebbero stati capaci di distruggerlo in pochi minuti. Volevo leggerlo, ma non potevo farlo lì. Dove? Mi fermai un attimo e mi guardai intorno. La casa era davvero enorme quando non c'era nessuno in giro. Mi voltai e cominciai a camminare in direzione opposta alla mia stanza. Ripassai di fronte alla scala, ma non salii. Andando sempre dritto arrivai fino in fondo alla sala. Lì c'era una porta che conoscevo già, dato che spesso ci passavo davanti, ma non mi ci soffermavo e non l'avevo mai aperta. Piano spinsi la maniglia e la aprii. Come avevo supposto, dato che nessuno ci aveva mai messo piede, si trattava di uno sgabuzzino. Cercai la luce con la mano e poi vi entrai.

Finalmente al sicuro, almeno per un po'.

Avevo tra le mani il diario di B e ciò mi procurava una certa emozione. Il diario di un assassino.

Lo accarezzai con le dita quasi con affetto e poi mi decisi ad aprirlo.

Potei immediatamente notare che la scrittura era ordinata in modo quasi maniacale e che non c'era il minimo segno di cancellatura. Significava che era così attento da non aver fatto nemmeno un errore scrivendo? Davvero da pazzo.


Questo che hai tra le mani è il diario dell'assassino BB di Los Angeles.

Hai paura, mio caro lettore?

Non ho la più pallida idea di chi tu sia, dato che in questo momento non sono nella condizione di sapere che fine faranno i miei averi dopo la mia morte.

Forse tu credi di trovare il diario di un pazzo, di un malvagio assassino che ha ucciso persone senza un motivo logico, uno di quelli che prova piacere nel provocare morte, ma ti sbagli di grosso.

Credo che per farti capire cosa voglio dire dovrò raccontarti la mia storia, senza tralasciare nulla, nessun dettaglio dev'essere celato.

A partire dal mio nome. Ebbene puoi chiamarmi Beyond Birthday dato che non ricordo come mi chiamarono i miei genitori.

Te lo starai chiedendo: “Come puoi non ricordare il tuo nome?”. Allora partiamo dall'inizio, tornerò molto indietro, a quando sono nato.

Quando aprii gli occhi per la prima volta guardavo il mondo in maniera diversa dagli altri. Osservavo deliziato quei simboletti che danzavano davanti ai miei occhi, sulle teste delle persone.

Credevo che tutti potessero vederli e mi piaceva osservarli. Erano innocui simboli con forme diverse per ogni persona.

I miei genitori erano orgogliosi di me e mi volevano bene, mi davano tutto l'affetto di cui avevo bisogno, facevano ogni cosa per me e mi elogiavano decantando la mia intelligenza con i loro amici.

Non ricordo nulla del mio periodo da neonato se non che ero felice, semplicemente felice.


Pensai che la storiella era fin troppo allegra per un bambino simile, possibile? Ora ero più curioso che mai e senza aspettare ancora mi gettai di nuovo su quelle righe.


Certo, mi piacerebbe fermarmi qui dicendo che passai una bella vita come tutti i bambini, ma i miei problemi cominciarono quando dovetti uscire di casa da solo, senza i miei genitori che erano sempre stati con me, per andare a scuola. Mi parlavano bene della scuola. Dicevano che era un posto dove avrei fatto tante amicizie e avrei imparato tante cose e a me andava bene. A volte mi dicevano che avrei dovuto fare il sacrificio di svegliarmi sempre presto, ma volevo farlo ugualmente, perché volevo vedere altre persone, altri bambini come quelli che vedevo alla TV.

Il giorno arrivò.

Mi svegliarono davvero presto come avevano detto, e mi prepararono facendo attenzione a ogni minimo dettaglio del mio aspetto, a partire dal vestiario. Mio padre scherzava dicendo che sarebbe iniziata la mia tortura e mia madre lo riprendeva dicendo di non spaventarmi, ma era impossibile provare paura in un clima così leggero ed ilare.

Uscii assaporando l'aria fresca del mattino, e presto raggiunsi la scuola. Inizialmente ero intimorito da tutti quei volti sconosciuti, alcuni bambini già si conoscevano e si chiamavano per nome. Sotto esortazione dei miei genitori mi avviai verso un bambino, uno qualsiasi che aveva il simbolo della mia classe appuntato al petto, e poi cominciammo a parlare per fare amicizia.

I bambini sono creature molto semplici, non hanno pregiudizi a meno che non gli vengano imposti. Però stranamente quel bambino notò immediatamente che c'era qualcosa che non andava.

All'improvviso additò il mio viso e cominciò a urlare: “Hai gli occhi rossi, come un cattivo!”. Io non capivo. Mi avevano detto che gli occhi possono essere di vari colori e io stesso ne avevo visti tanti nei disegni, nelle foto... perché i miei erano “cattivi”?

Suonò la campana e dovetti entrare. Ora avevo più paura e temevo che mi avrebbero giudicato, per cui tenni i miei occhi bassi per nascondere quel colore.

I giorni passavano in fretta, imparavo sempre più cose lasciando di stucco i miei insegnanti per la mia intelligenza, e presto nessuno fece più caso ai miei occhi. Nessuno oltre me.

Nel momento in cui imparai a leggere, scrivere e a contare mi resi conto che i simboli potevano essere visti solo da me ed erano lettere, parole, nomi e sotto ancora numeri che diminuivano lentamente, come un conto alla rovescia.


Feci una pausa nella lettura. Sembrava più un romanzo fantasy che un diario, avrei dovuto credere a tutte queste cose?


Inizialmente credevo che quei numeri fossero senza senso, ma capii presto che non era così. Un giorno mi trovavo in macchina con mia madre per andare a trovare una sua amica che abitava in periferia. Ricordo ancora che vidi un uomo correre. Il suo numero era particolarmente basso, molto vicino allo 0. Era inseguito, sembrava impazzito dalla paura. Immediatamente dietro un altro uomo con una pistola in mano. La puntò, la caricò e sparò. Il bersaglio fu colpito esattamente nello stesso istante in cui i suoi numeri si annullarono e nel giro di un secondo sparirono insieme al suo nome. Ero terrorizzato, quei numeri erano quanto restava ancora da vivere ad una persona? Avrei saputo in anticipo tutte le morti che sarebbero avvenute intorno a me?

Fui colto da una grande paura, non riuscii a guardare le persone in faccia per un po', ma decisi di non dire nulla a nessuno sui miei occhi. Era un segreto pericoloso, e come segreto doveva rimanere tale.

Imparai a leggere quei numeri, che erano diversi da quelli usati dagli umani.

Per quei numeri il tempo scorreva in maniera diversa da quello misurato da noi, forse i miei occhi appartenevano a una creatura non umana? Me lo chiedevo e mi chiedevo anche come potevo avere proprio io questa capacità.

Intanto il tempo tiranno passava in fretta ed è inutile, caro lettore, che io stia qui a raccontarti ogni dettaglio della mia vita scolastica, delle mie capacità che a volte ero fiero di possedere, che altre temevo.

Poteva essere divertente osservare, quasi spiare, le persone sconosciute, scoprire nuovi nomi solamente uscendo di casa, ma ancora non mi ero reso conto di quanto potesse essere orribile un potere simile.


All'improvviso sussultai. Un rumore secco mi aveva distratto dalla mia lettura. Probabilmente la sveglia era arrivata e non mi avevano trovato nella mia stanza.

Anche se a malincuore, dovetti richiudere il quadernetto e lasciarlo su uno scaffale della piccola libreria di metallo che avevo alla mia sinistra, sicuro che nessuno lo avrebbe preso lì.

Uscii da quel luogo angusto e mi vidi correre incontro alcuni compagni, che con il loro vociare insistente mi chiedevano dove ero stato, o mi dicevano che avevo fatto preoccupare tutti, compresi gli adulti.

Li tranquillizzai rispondendo che mi ero solo svegliato in anticipo, ma non avevo fatto nulla di rilevante, se non passeggiare un po'.

Con lo sguardo salutai lo sgabuzzino e poi tornai nella mia stanza dove trovai un Mello nervosissimo, che non perse nemmeno questa occasione per insultarmi: “Ehi! Dove sei finito, nanerottolo albino?”. Probabilmente ora era infuriato con me dato che avevo fatto preoccupare tutti impedendogli di dormire.

Anche con lui utilizzai la stessa scusa che avevo usato con gli altri miei compagni, ma non diede segno di crederci: “Il placido e tenero Near che se ne va a spasso? Sì, scusa plausibile per gli altri, ma non per me. Forse hai infranto le regole per un volta e ovviamente cerchi di nasconderlo?”.

Mello è sempre stato molto intuitivo, e probabilmente sarebbe stato il primo se non fosse stato per il suo più grande difetto: l'impulsività.

Non replicai per non rischiare di tradirmi con il tono della voce, ma non riuscii a trattenermi dal fare una domanda: “Mello, Matt... Cosa sapete di B?”. Entrambi tentennarono di fronte a una domanda simile. Fu Matt a rispondermi: “Che domanda strana da parte tua, comunque non ci sono belle storie sul suo conto. Dicono che è stato la pecora nera della casa, che all'improvviso abbia cominciato ad uccidere persone a Los Angeles e che fosse tanto malvagio da aver ucciso la sua fidanzata quando era qui nella casa. Poi è fuggito... È un mostro sanguinario, come può aver fatto cose simili?! Se lo avessi incontrato ne sarei stato alla larga, non ci avrei nemmeno pensato un secondo di più.”. Mello stette qualche attimo in silenzio a riflettere e poi parlò: “Mi hanno raccontato che è stato il peggiore qui e che persino personaggi come Watari ne avevano paura. Certo che però è strano che uno simile sia diventato di punto in bianco un assassino, no? Forse c'è qualcosa dietro e non voglio fare come voi sciocchi che credete alla prima cosa che vi raccontano. E poi non esiste nemmeno una stanza dove è stato. Magari non è nemmeno mai esistito in questo luogo...”. Mello si alzò annoiato e si diresse nel suo angolo preferito della stanza, dove teneva le sue cianfrusaglie. Scavò un po' e ne tirò fuori un grande pezzo di cioccolato fondente.

La stanza di B, l'avevo visitata, ma di certo non potevo dirlo a un soggetto simile: in un attimo di ira sarebbe stato capace di spifferarlo agli adulti e di farmi punire anche abbastanza pesantemente.

Eppure io non avrei mai fatto lo stesso con lui.

Matt si era lasciato innervosire dalle parole del compagno: “Ehi Mello, non siamo mica sciocchi. Finché non hai la prova materiale che quello lì non sia mai stato qui non puoi accusare chi crede di sì. Poi è una leggenda che gira da prima del nostro arrivo nell'istituto, forse da prima che nascessimo, quindi non può essere negato con tanta sicurezza. Sinceramente io ci credo e credo anche che se quell'essere è stato arrestato un motivo c'è di sicuro, quindi non mi interessa chi sia o cosa abbia fatto: ha ucciso delle persone che nemmeno conosceva, per me è da rinchiudere!”.

Credevo anche io alle parole di Matt, ma stranamente avevo la sensazione di essere dal lato del torto. Senza rendermene conto avevo cominciato a sviluppare quasi un affetto nei confronti di quel quaderno e una certa simpatia per il suo proprietario, forse era solo curiosità di sapere che cosa gli era accaduto davvero? In effetti se la storia non fosse stata reale non ci sarebbe stato motivo di nascondere il quadernetto, ma perché non distruggerlo a questo punto? Forse era sfuggito alla sorveglianza? O forse ritenevano che sarebbe stato irrispettoso distruggere così l'ultimo resto di un genio come B?
_________________________________

Authoress' words

Ed eccomi qui col mio secondo capitolo. Avverto che la storia da qui in poi diventerà molto triste, quindi non vi aspettate troppa allegria.

Inoltre credo di essere scesa qualitativamente dal primo capitolo, ma aspetto la vostra opinione per saperlo, dato che sono molto autocritica...

Grazie mille per essere arrivati qui ancora! Continuerò ad aggiornare ogni domenica, quindi ci rivedremo tra una settimana!

Bye-bye!

Any

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Capitolo 3
*** Theme 7. Kodoku ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


La mattina del lunedì mi svegliai al solito orario per arrivare in classe in tempo. Non era da me essere così distratto, eppure avevo enormi difficoltà a concentrarmi quel giorno. Quasi mi feci sgridare dal professore per via della mia tendenza a guardare fuori dalla finestra.

Finirono le lezioni e stavo per andarmene quando la voce irritante dell'insegnante mi richiamò all'attenzione dicendo che aveva un avviso per noi. La vocetta nervosa avvertì che per un po' dovevamo stare lontani da alcune aree dell'istituto per via del lavoro di alcuni uomini che avrebbero svuotato gli sgabuzzini e i depositi pieni di roba inutile e in eccesso. Gli operai stavano già venendo a svuotare tutti i luoghi dove avrebbero operato.

Improvvisamente mi tornò alla mente: lo sgabuzzino dove avevo nascosto il diario di B, anche quello avrebbero svuotato? Se avessi lasciato tutto senza intervenire sarebbe stato trovato, e nel peggiore dei casi distrutto totalmente, oppure sarebbe stato restituito a Roger, che non ci avrebbe messo troppo tempo per capire che qualcuno aveva infranto la regola di non entrare nel corridoio vicino alla biblioteca. Dovevo impedire che quel quaderno fosse trovato.

Velocemente mi congedai dal professore cercando di sembrare il più naturale possibile e poi mi diressi rapidamente nel luogo segnato dalla piantina. Non prestai attenzione alle voci dei miei compagni che chiedevano dove stessi andando così di fretta, e alla fine giunsi a destinazione. Un uomo stava per aprire la porta. Troppo tardi? No, mi avvicinai in fretta e gli rivolsi la parola: “Mi scusi, potrei entrare qui dentro? Mi hanno nascosto una cosa che mi appartiene.” dissi cercando di farmi credere un povero bambino innocente vittima dei bulli, in fin dei conti quell'uomo non sembrava essere un genio, ma solo un operaio spaesato.

Con una sorta di grugnito mi lasciò entrare ed aspettò pazientemente che io avessi ripreso con me il quaderno.

Ringraziai e mi allontanai stavolta con più calma e tornai nella mia stanza. Mello e Matt non c'erano ancora dato che, essendo di due anni più grandi di me dovevano trascorrere più ore in classe. Mi arrampicai sul mio letto a castello e mi stesi riaprendo il quadernetto. Non mi interessava di studiare, lo avrei fatto dopo.


Mi pentii amaramente di avere quel tipo di potere un giorno di metà settembre. Quella mattina mi ero alzato presto come al solito anche se era sabato e quindi non sarei dovuto andare a scuola. Di buon umore, scesi al piano terreno della mia casa e arrivato in cucina per la colazione trovai mia madre.

Quando si voltò provai il terrore più assoluto.

Il suo nome, lettere che danzavano davanti ai miei occhi e più in basso...

0 0 0 1.

Una sola cifra, stando ai numeri sarebbe morta di lì a poche ore.

Mio padre era nel bagno a farsi la barba, lo volli vedere, ma anche per lui i numeri non cambiavano. Stavano per morire, quel giorno.

Ricorsi nella cucina con gli occhi lucidi: “Mamma, papà oggi non andate al lavoro, vi prego!”. Entrambi erano rimasti stupiti da una richiesta simile. Mia madre si scusò, disse che dovevano andare e che non avevano scelta, lo stesso disse mio padre.

Li pregai ancora innumerevoli volte, non potevo dire loro della mia conoscenza della durata vitale degli altri esseri umani, del mio potere.

Mio padre mi chiedeva il perché di una simile richiesta e mi accarezzava dicendomi che sarebbero tornati presto. Ma non potevo lasciarli, se fossero andati non sarebbero tornati mai più.


Effettivamente perdere i propri genitori è molto doloroso, ma saperlo in anticipo dev'esserlo ancora di più. Mi soffermai a ricordare quelle poche cose che sapevo dei miei. Chi erano? Quali erano i loro nomi? Cosa era successo loro? Sapevo davvero poco, solo qualche immagine sbiadita era conservata nella mia memoria.


Uscirono.

Non riuscii più a trattenermi e mi rinchiusi in un angolo della cucina e finalmente piansi.

Non ero stato in grado di fermarli, a cosa serviva essere il migliore della scuola se non ero nemmeno in grado di salvare la vita ai miei genitori?

Non riuscivo più a fare nulla, tale era la mia agonia. Passeggiavo nervosamente per le stanze, mi sedevo sul divano, cercavo di distrarmi nell'attesa del ritorno di mamma e papà.

Non poteva essere davvero la fine, no, c'era di sicuro un errore, non poteva accadere proprio quel giorno, proprio a loro, proprio a me.

E così osservai piano la mia ombra muoversi, il sole attraversare l'intero arco celeste, il colore dell'atmosfera passare da un blu chiaro a un azzurro splendente, e poi ancora a un lieve rosa e infine a un arancione intenso. Nulla ero riuscito a fare se non cercare di calmarmi con scarsi risultati.

Venne l'orario con cui puntualmente tornavano a casa. Aspettai ancora.

Mamma, papà, perché non tornavate?

Avevo paura e a tarda sera mi decisi ad accendere la televisione, forse per riprendere il contatto con il mondo esterno. Invece dei soliti cartoni per bambini che mi piacevano per rilassarmi e per distrarmi con i miei amici, misi un canale dove stavano trasmettendo un TG.

Con gli occhi gonfi dalle lacrime attesi finché non udii le parole: “Morti accoltellati due proprietari di un negozio nella cittadina di Wells. La polizia riferisce che un ladro abbia cercato di derubarli, ma i due hanno difeso il loro negozio pagando con la vita...”

Spensi. Erano morti. Non volli tornare in camera mia e mi addormentai con la luce accesa raggomitolato sul divano. Perché un uomo aveva deciso di ucciderli? Cosa ne avrebbe ricavato? Perché era diventato un assassino? Non riuscivo a rispondere a queste domande nei giorni seguenti.

Oramai vivevo solo fisiologicamente: smisi di andare a scuola, smisi di uscire di casa, smisi di affacciarmi alla finestra per vedere se c'era bel tempo...

Così trascorsi moltissime giornate vuote, a riflettere, pensare. Qualcosa stava cambiando in me. Non ero più un bambino spensierato di quelli che si gode l'infanzia tra passatempi puerili, amicizie semplici e innocenti, uno di quelli che non sa nemmeno cosa sta facendo e perché lo sta facendo. Cominciai a riflettere, a ragionare su qualsiasi cosa che mi capitasse di vedere o sentire tramite il mio televisore. Riflettevo sul perché si vive, sul perché si muore, sul perché gli umani sono così egoisti da non pensare alle conseguenze delle loro azioni, sul fatto che forse anche io ero egoista dopotutto.

Nessuno venne a bussare alla mia porta e andai avanti con il cibo che c'era nel frigorifero. Non volevo assolutamente uscire di casa, oramai non mi sentivo più di appartenere a quel mondo che mi faceva quasi paura.

Volevo rimanere lì da solo per sempre.


Che in B fosse bastato questo desiderio di vendetta per diventare a sua volta un assassino? Sfogliai il manoscritto. Anche se fosse stato così, il testo era ancora molto lungo, avrei potuto continuare per giorni.


Ma un giorno accadde proprio ciò che non volevo: qualcuno bussò alla mia porta. Non sapevo se esserne felice o triste, perché avevo ancora paura del mondo, ma avevo fame, il cibo era finito. Perciò aprii.

Mi trovai di fronte a un uomo enorme, vestito di nero che mi chiamava per nome.

Mi disse che mi avrebbe aiutato, che mi avrebbe portato in un bel posto, ma non mi fidavo. Chiusi la porta e scappai nella mia stanza al piano superiore.

Avrebbe potuto farmi del male, come potevo fidarmi così scioccamente del primo sconosciuto che era arrivato a bussare alla mia porta?

Aspettai tutta la giornata, sperando che se ne andasse, ma non fu così. Quell'uomo era più testardo di me, e aspettò tutta la notte, e il giorno successivo. Io lo spiavo dalla finestra, e forse lui sapeva che lo stavo osservando.

Il mattino seguente lo vidi sulle scalette dell'ingresso, che dormiva, ancora fermo. Perché voleva tanto me? Pensai di ascoltarlo e gli aprii la porta. Fu la prima volta che vidi un adulto sottomettersi a me, che avevo a malapena cinque anni.

Lo svegliai, gli chiesi se stava bene, e dopo i convenevoli gli chiesi di parlarmi di ciò che voleva da me. A quelle parole si illuminò e mi cominciò a parlare del fatto che aveva scoperto che i miei risultati scolastici erano eccellenti e che perciò voleva portarmi in una scuola, un istituto dove avrei potuto coltivare il mio talento. Mi disse che si trattava di un orfanotrofio dato che non avrei potuto continuare a vivere da solo in quelle condizioni. Io gli dissi che non volevo abbandonare la mia casa, ma lui seppe convincermi narrandomi ancora di questo luogo e dicendomi che tutti prima o poi dobbiamo dire addio a qualcuno o qualcosa. Smise di parlare di ciò che avrei perso e cominciò a parlarmi di cosa avrei guadagnato.

Qualcosa mi si mise in moto dopo tanti giorni: l'immaginazione di bambino. Improvvisamente potevo vedere questo luogo nella mia testa e potevo immaginare tutte le cose descritte dall'uomo: altri bambini, amici, spazi dove poter fare ciò che volevo...

Quel luogo si chiamava The Wammy's House.


Ancora una volta la mia lettura fu interrotta. Stavolta era Mello ad essere entrato nella stanza, insieme a Matt e a quel loro vociare fastidioso. Automaticamente nascosi il piccolo manoscritto sotto il mio cuscino in modo che nessuno dei due potesse vederlo.

Pensai che nemmeno lì sarebbe stato al sicuro dato che avrebbero potuto trovarlo anche solo per caso, e avrebbero potuto farne qualsiasi cosa. Troppo pericoloso. Però dove avrei potuto trovare un angolino dove leggere in tranquillità e nascondere la refurtiva?

Mi decisi a riportarlo nel luogo in cui l'avevo trovato. Guardai in una tasca e vi trovai di nuovo la “chiave” che aveva aperto il catenaccio del corridoio che solo io avevo visitato.

Avere a che fare con una storia simile poteva crearmi non pochi problemi dato che era stata nascosta con tanta cura, no?

Scesi dal mio letto sperando solo che per quel giorno il quaderno non venisse scoperto da nessuno. Mi bastava solo una notte, poi l'avrei riportato al suo ambiente senza lasciarmi dietro alcun sospetto. Bastava solo lasciare tutto come lo avevo trovato, senza far intuire nulla.

E in effetti qual era il pericolo? Se anche avessi visitato il corridoio proibito non sarebbe accaduto nulla, no? Perché allora lo consideravano tanto pericoloso? C'era forse dell'altro da nascondere? In effetti in quella casa si poteva esser certi di tutto tranne che della sincerità degli altri e in quel momento sentii come unica persona davvero sincera proprio il mio scrittore B.

E in effetti la storia viene scritta dai vincitori è un concetto che può essere applicato a ogni contesto, anche alla The Wammy's House.

C'era qualcosa che stavano cercando di nascondere, forse un gravissimo errore del passato, tanto grave da cercare di celarlo e di fingere che non sia mai esistito? Tanto da aver causato dei gravi danni alle persone presenti nella casa, forse B compreso? Forse i malvagi erano in realtà quelli che erano considerati i “buoni”?

Sempre più dubbi affollavano la mia mente.

___________________________________

Authoress' words

Rieccomi qui puntuale puntuale con un altro capitolo! Ma bene, vedo che in questo periodo EFP va alla grande dato che siamo tutti finalmente in vacanza... Infatti anche io stamattina mi trovavo sul lettino di una spiaggia anche se non mi è mai piaciuto andare a mare, e infatti dopo poco ho cominciato ad annoiarmi...

Bene, come al solito vi chiedo di farmi sapere il vostro parere su questo capitolo anche perché è da tanto che non scrivo e non mi dispiacerebbe sapere le vostre opinioni, che sono sempre molto utili a sapere anche come continuare o anche a capire se ho sbagliato qualcosa e dove...

Bene, adesso la smetto di scrivere cose inutili e vi lascio in pace.

A domenica prossima!

Any

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Capitolo 4
*** Theme 39. Kuroi Light ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Troppo pericoloso tenere quel quaderno: se qualcuno lo avesse trovato avrebbe potuto facilmente intuire che ero stato nel corridoio proibito, luogo che non avrei dovuto esplorare nemmeno nella mia immaginazione. Se qualcuno lo avesse scoperto di certo sarei andato incontro a delle punizioni imposte dagli adulti. Tutto ciò poco importava comunque, dato che quel giorno sarei tornato proprio in quel posto.

Un lieve ronzio mi svegliò, era la sveglia che mi ero preparato: l'avevo insonorizzata con dei tamponi di spugna, in modo da non svegliare né Mello né Matt, dato che i due avevano sempre avuto il sonno pesante.

Come l'altra volta mi alzai e mi preparai cercando di non provocare alcun rumore, poi mi alzai ed uscii con il quaderno sotto braccio.

Di nuovo attraversai la casa silenziosa e salii le scale, stavolta senza alcun timore. Raggiunsi il catenaccio e lo aprii di nuovo, entrai nel corridoio e senza neanche gettare uno sguardo alle altre stanze mi rifugiai in quella di B.

Richiusi piano la porta alle mie spalle e finalmente sospirai. Di nuovo nessuno aveva visto nulla. Indeciso sul da farsi mi appoggiai sul letto e infine non riuscii a resistere, perciò decisi di riprendere la lettura.


Il giorno tanto atteso arrivò. Il signore venne a casa mia con una grande automobile. Mi disse di salire, che mi avrebbe portato nel luogo promesso. Sì, andava tutto bene: sarebbe diventata la mia nuova casa. Lo pensavo mentre salutavo quella della mia infanzia, diretto verso un futuro ignoto e proprio per questo più affascinante.

Il viaggio durò a lungo, ondeggiavo la mia testa con andamento musicale al ritmo della parlata del mio interlocutore.

Quando arrivammo mi ero addormentato sul sedile. Riaprii gli occhi e fui colto immediatamente da un senso di meraviglia e di timore allo stesso tempo. Davanti a me c'era un enorme cancello nero che recava la scritta in ferro battuto “The Wammy's House”.

Scesi dall'auto affascinato da tanta imponenza e incredulo non potetti fare a meno di chiederne conferma: “Quillsh, è qui?”. L'anziano signore mi rispose annuendo.

Il cancello si aprì sotto il tocco dell'uomo ed entrammo. Improvvisamente mi trovai in un mondo che avevo solo potuto immaginare: giardini enormi, bambini che giocavano come preferivano, la casa appariva come un castello, autoritaria ma meravigliosa. Quella sarebbe diventata la mia casa.

Salii le scalette di fronte all'ingresso principale sotto lo sguardo degli altri bambini e una volta dentro mi lasciai condurre da Quillsh senza sapere precisamente dove mi stesse portando.

Mi condusse ad una stanza e mi chiese di attendere qualche minuto da solo. Entrò lasciandomi fuori.

Tutto ciò che vedevo mi sembrava enorme. Ero stranamente felice, speravo con tutto me stesso di poter cominciare una nuova vita senza più problemi.

Dopo poco tornò il vecchietto che mi disse che il direttore voleva parlarmi. Entrai un po' timoroso all'idea di fare quella conoscenza. Trovai un altro uomo anziano seduto dietro una scrivania. Non guardai il cartellino, ma mi bastò guardarlo negli occhi per conoscere il suo nome: Roger Ruvie.

Roger mi salutò con una voce stanca, che lasciava intuire le fatiche degli anni passati, e mi chiese il mio nome.

Il mio nome?

In un attimo di paura mi resi conto che non ero in grado di ricordarlo. Possibile? Il mio nome, l'informazione più semplice da ricordare per una persona... l'avevo dimenticato? Forse era semplicemente per il fatto che in quei giorni nulla avevo fatto se non vivere passivamente: un'informazione simile non poteva di certo aiutarmi.

Allora? Come ti chiami?”, a queste parole ripetute mi voltai verso Quillsh visibilmente agitato. Potevo sapere il nome di qualsiasi essere umano solo guardandolo negli occhi e non conoscevo il mio? Era sempre stato così fin dalla nascita, anzi da prima della nascita.

Prima della nascita. Beyond Birthday.

Mi decisi e dissi di chiamarmi così.

Dalla reazione dei due uomini credo che il mio nome sia sembrato bizzarro, ma non aggiunsi nient'altro: quello sarebbe stato.

Roger lo annotò su un foglio e poi disse a Quillsh qualcosa che non compresi, ma l'uomo disse di sì, ed annuì dicendomi di andare.

Mi condusse al di fuori della stanza e mi fece percorrere un atrio dove si trovava una grande scala.

L'uomo mi spiegava ogni cosa del funzionamento dell'istituto, mi diceva che a sinistra c'erano le classi a destra la biblioteca...


Mi staccai per un secondo dalla lettura. Quindi il luogo dove si stava svolgendo il tutto era proprio lo stesso dove mi trovavo? Certo, una descrizione tanto dettagliata non poteva che essere stata fatta da una persona che era stata davvero lì. Nessuno può entrare nella casa se non ne fa parte. Persino l'operaio del giorno prima aveva molte restrizioni. Poteva trovarsi solo vicino all'ingresso e non poteva entrare in nessuna stanza che appartenesse a noi bambini a meno che non fosse strettamente necessario.


Mi indicò la strada. Dovevamo entrare in un corridoio che mostrava varie porte. Quillsh mi sospinse in una stanzetta dove regnava il colore bianco. Però avevo visto che altri bambini non stavano in un luogo così isolato, allora chiesi il perché di una tale differenziazione all'anziano. Quello mi rispose solo di aspettare un po', disse che mi avrebbe lasciato un po' da solo per familiarizzare con l'ambiente.

Allora attesi.

Dopo molto tempo che l'uomo se ne era andato, sentii un rumore dietro la porta.

Lasciai che la persona che lo produceva entrasse. Mi disse di essere un medico che mi doveva controllare.

Mi fece una visita a tutti gli effetti e poi mi fece alcune domande e tra queste mi chiese cosa avevano i miei occhi.

Ora ero davvero intimorito.

Risposi flebilmente che quello era il loro colore, che non avevano nulla di strano, ma non credette alle mie parole. Mi assecondò per un po', poi si allontanò da me dicendo che sarei dovuto rimanere lì, nell'area adibita ad ospedale psichiatrico della The Wammy's House.


Ospedale psichiatrico?! Quel luogo era una stanza d'ospedale? Mi guardai intorno ed effettivamente notai che quel bianco che dominava sovrano nella stanza era tipico degli ospedali. Eppure non c'era nient'altro che potesse far pensare una cosa simile. Forse le prove erano state eliminate?


Non capivo. Ero considerato un pazzo? Perché mi avevano messo in luogo simile? Decisi di non pensare alla questione per evitare di cedere alle mie emozioni e di comportarmi davvero come un matto.

Nei giorni successivi mi fecero frequentare delle lezioni scolastiche, feci amicizia con altri bambini che non mi giudicavano in base al colore dei miei occhi. Devo ammettere che molti di loro avevano delle stranezze ben peggiori della mia, ma alla fine li trovavo interessanti proprio per questo motivo.

Quel luogo era quello sognato da ogni bambino in fin dei conti: potevamo decidere noi se e quando studiare senza invasioni da parte di adulti, potevamo decidere cosa mangiare. Ad esempio, se qualcuno avesse voluto, avrebbe potuto nutrirsi solo di cioccolato.


Sorrisi. Quest'affermazione non poté non farmi venire alla mente Mello. Più che una voglia di cioccolato la sua era quasi una dipendenza: non resisteva un giorno senza mangiare almeno una barretta, ma Mello era quel che era... Effettivamente è strano che in una casa come quella si sia così rigidi su certe regole eppure su altre si lascia una certa libertà. Ancor oggi non credo impongano molti limiti sull'alimentazione dei bambini che si ritrovano lì.


Per il resto era una normale scuola, dove si studiavano le solite materie, si facevano i soliti compiti.

Passai un bell'autunno in quei luoghi, mi sentivo grande e imbattibile, come vorrebbe essere ogni bimbo. Ero stimato dai miei amici e oramai non mi preoccupavo più di essere nel reparto adibito a ospedale psichiatrico, dato che per me le cose non cambiavano troppo, solo dovevo sottopormi a controlli periodici.

Eppure un giorno cominciai ad odiare sul serio quel reparto.

I medici che avevano il dovere di controllare che io stessi bene cominciarono a fare cose che avevano più l'aria di essere esperimenti, piuttosto che veri e propri controlli, dato che si resero conto che io e i miei occhi nascondevamo qualche anomalia e avevano tutta l'intenzione di scoprirla. Non mi permettevano di uscire se non per frequentare la scuola, cercando di scoprire chissà cosa. Proprio per questo, per me studiare diventò un sollievo, ero felice di farlo, ma appena tornato nella mia stanzetta la tristezza mi assaliva. I medici erano sempre lì ad aspettarmi, erano molto gentili con me, ma era solo per interesse.

Speravo che sarebbe arrivato un qualcosa, un qualcuno per farli smettere.

Se c'è una divinità a controllare la vita su tutti noi forse ha ascoltato le mie preghiere, ma è una divinità beffarda, si prende gioco degli esseri umani. Esaudisce un desiderio, ma crea altre preoccupazioni.

Ti darà qualcosa, caro lettore, ma ti chiederà molto in cambio.

Già, perché se la mia situazione ti appare complicata già da ora, sappi che siamo appena agli inizi del disastro.

I veri problemi sono arrivati verso la fine di quell'autunno. Di certo non potevo immaginare che di lì a pochi momenti ci sarebbe stata una vera rivoluzione in quella casa, una rivoluzione che avrebbe sconvolto il modo di vivere di molti, che avrebbe cambiato tutti.

Ebbene, a metà dicembre Quillsh uscì dalla casa, dicendo che doveva andare a fare una commissione. Io non diedi troppa importanza alla cosa, dato che non era la prima volta che accadeva.

Passò la mattinata come tutte le altre, tra scuola e amici. Tornato nella mia stanza, trascorsi il pomeriggio come tutti gli altri tra studio e ozio puro.

Improvvisamente sentii un suono che non avevo mai sentito: le campane.

C'era un campanile? Mi affacciai alla finestra e vidi la neve cadere candida. Vidi anche una torre con un grande orologio. Era da lì che proveniva il suono.

Rimasi incantato ad ascoltare ancora quel suono cupo, ma bello al tempo stesso.

Come potevo non aver mai sentito un suono così intenso e anche pauroso?

Quello, unito alla neve così pura, creava un'atmosfera davvero difficile da dimenticare. Tutto sembrava quasi magico di fronte a quella visione.

Sorrisi.

Sentivo dentro di me che il mio destino sarebbe cambiato di lì a poco.

Come ogni bambino lì, sognavo. E mi sembrava di star vivendo una di quelle fantasie notturne che facevo in silenzio nel mio letto bianco. Qualcuno stava arrivando. Non sapevo chi fosse, ma sapevo che volevo incontrarlo.

Forse quelle campane erano lì proprio per annunciare il suo arrivo, che avrebbe cambiato per sempre il mio modo di agire. Uno scherzo del destino, forse?

Ora dimmi, caro lettore: hai mai sentito parlare di L?

________________________________

Authoress' words

Salve! Eccomi qui col quarto capitolo! Sono molto felice di cominciare a parlare un po' della The Wammy's House, dato che è una scuola che mi affascina davvero tanto, è un'ambientazione perfetta per le storie!

Questa è stata una settimana stranissima per me dato che ho avuto una serie di alti e bassi incredibile... Insomma, ero allegra, improvvisamente trstissima, poi piena di energia, poi depressa... Credo di aver dato del filo da torcere a tutti in questo periodo, mi chiedo come mi sopportino!

Bene, come al solito mi perdo in chiacchiere inutili quanto noiose... Quindi evito di farvi perdere altro tempo a leggere questa roba. ^-^

Al prossimo capitolo!

Any

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Capitolo 5
*** Theme 4. L's Theme ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Certo che B faceva strane domande. Potevo non conoscere L? Chi nel mondo poteva non aver mai sentito del più grande detective del mondo? Per di più aveva lavorato al caso Kira, nessuno poteva non sapere di lui.

Sorrisi. Proprio in quel momento mi resi conto che anche se avessi voluto non sarei riuscito a smettere di leggere, oramai quel manoscritto mi aveva catturato, e nonostante avessi ancora un po' di timore nei confronti della figura di B non mi sarei riuscito a fermare per la troppa curiosità.

Stava per parlare di L? L era il mio idolo, un esempio da imitare e forse avrei potuto saperne di più sul suo conto proprio da quelle pagine.


Oh sì che ne hai sentito parlare, caro lettore. Il più grande detective del mondo. Nel momento in cui scrivo dovrebbe star lavorando al caso Kira, e con quell'intervento alla TV che sono riuscito a vedere quasi di nascosto nel quale lo ha sfidato pubblicamente la sua fama si è accresciuta ancora di più.

Bene, quel giorno l'avrei incontrato per la prima volta.

Ero alla finestra ad osservare quel paesaggio così nostalgico quando lo vidi. Al momento non potevo certo immaginare che potesse diventare una persona così importante. Appariva come un bambino spaurito, aveva timore delle campane. Pensai che doveva avere la mia età, data l'altezza e il comportamento, infatti nonostante la sua grande intelligenza proprio in quel momento si comportava come chiunque altro. Era infagottato da una giacca e una sciarpa più grandi di lui e stringeva la mano di Quillsh al suono metallico che riempiva l'aria a rimbalzi regolari.

Era curvo, ma per lui era naturale, i capelli corvini spettinati come se non fossero mai stati toccati da una spazzola.

Ero decisamente incuriosito da un simile individuo: avevo incontrato bambini po' strani in quell'istituto, ma mai un tipo così eccentrico almeno nell'aspetto.

Quando Quillsh tornò nell'istituto venne proprio nel corridoio dove si trovava la mia stanza, accompagnato da lui.

Anche lui doveva stare nell'ospedale?

Aprii un po' timoroso la porta.

Ci guardammo. Il suo sguardo era circondato da occhiaie profondissime che lo rendevano penetrante. Mi sentii immediatamente a disagio e rimasi fermo a senza dire nulla.

Ero stranamente curioso e volevo sentire la sua voce, perciò feci solo un passo verso di loro, ma Quillsh avvertì il rumore e mi guardò con uno sguardo autoritario. Che gli era successo? All'inizio era tanto dolce, adesso mi voleva tenere rinchiuso in una stanza. Sospirò, allora me ne tornai in camera mia con gli occhi bassi, senza riuscire a dire nemmeno una parola.

Passai il resto di quel giorno steso sul mio letto, a metà tra il pianto e la rabbia. Non volevo essere rinchiuso! Volevo stare con gli altri, volevo vivere!


Ciò che stavo leggendo era qualcosa di crudele. Rinchiudere un bambino di 5 anni in una stanza non facendolo uscire? Come si può arrivare a tanto? Ora capivo perché quel luogo era stato chiuso: era un ricordo crudele per chiunque ne conoscesse la vera natura, ma almeno adesso non esiste più nulla di simile. Altrimenti anche io sarei stato rinchiuso, forse.


Il giorno successivo mi alzai prima del solito per la scuola. Avevo bisogno di contatto umano, e l'idea di frequentare le lezioni mi entusiasmava.

Durante l'intervallo uscii dalla mia classe: volevo cercare quel bambino. Camminavo a passo spedito e mi affacciavo in tutte le aule cercandolo.

Lo trovai solo nell'ultima. Era fermo in un angolo, seduto in una posizione molto strana per me, ma sembrava essere normalità per lui.

Mi sedetti alla sua sinistra e gli chiesi se potevo fargli compagnia. Non rispose. Non parlava? Era per questo che era nel mio stesso reparto?

Cominciai conversare e gli raccontai di come funzionavano le cose nella casa per molto tempo, ma finii gli argomenti di cui parlare e lui continuava a fissare il vuoto senza emettere un suono.

Cominciavo ad innervosirmi, per cui alzai un po' troppo il tono della voce, gli chiesi se mi stava ascoltando con fin troppa rabbia.

Sì.” Avevo sentito la sua voce. Era calma, quasi addormentata. Forse adesso avrebbe parlato.

Come ti chiami?”

L”. L? Ma era solo una lettera, come poteva essere questo il suo nome?

Non ricordo il mio vero nome, perciò mi chiamo con una semplice lettera.” Come me! Non ricordava il suo nome come me! Forse quel bambino non era poi così strano.

Continuammo a parlare per un po', mi resi conto che si sentiva un po' a disagio nel parlare con un estraneo come me, ma almeno adesso potevo dire di aver sentito quella voce.

Riuscì a sorprendermi ancora di più quando gli raccontai del perché mi trovavo in quel luogo. Non finii nemmeno di dire che cosa era accaduto che mi interruppe: “L'assassino dei tuoi genitori sicuramente non è un ladro di strada qualunque, ma si tratta di un killer assoldato da qualcuno.”

Senza parole.

Come puoi dirlo?” “Hai detto che c'era un negozio rivale proprio nei pressi e che se i tuoi fossero morti sarebbe morta con loro anche l'attività in assenza di un acquirente o di un erede. Per di più il ladro non ha trafugato nulla nemmeno dopo la loro morte.”.

Geniale.

Quel bambino di nome L aveva appena capito il perché della morte dei miei genitori.

Decisi che una cosa del genere non poteva passare inosservata e in quel momento non mi interessava più nulla di infrangere le regole.

Lo presi per mano e lo portai con me nello studio di Roger. Gli chiesi di chiamare Quillsh immediatamente, non lasciandogli nemmeno il tempo di sgridarmi perché non mi trovavo nella mia classe.

Appena arrivò non gli diedi il tempo di capire la situazione che gli dissi ciò che pensavo: “Quillsh, questo bambino è un genio. Rinchiudere uno come lui nella zona adibita ad ospedale è un crimine!”. L non commentava. Se ne stava con lo sguardo chino senza battere ciglio. Mi stupii del fatto che non reagiva nemmeno per cose che riguardavano lui, come se non ci fosse differenza tra l'essere considerato un pazzo e l'essere considerato un genio.

L'anziano cercò di calmarmi, mi disse che quel bambino non diceva nulla, ma ribattei dicendo che a me aveva parlato. Gli feci il resoconto dell'intera conversazione, sottolineando la parte finale, quella sull'assassinio dei miei.

L continuava a non dire nulla e allora in sua difesa dissi ancora: “E inoltre io credo che stravaganza sia sinonimo di genialità: non potete rinchiuderlo senza prima capire chi avete davanti.”. “Mi puoi lasciare da solo con lui?” chiese allora l'uomo. Annuii e li lasciai nella stanza.

Se tutto fosse andato bene quel bambino sarebbe uscito da quel reparto e avrebbe potuto avere una vita più o meno normale all'interno della casa.

Buona fortuna, L.


Mi fermai un attimo. Quindi B aveva salvato L? Se non lo avesse mai fatto probabilmente non mi sarei trovato lì e molte cose sarebbero diverse nel mondo intero, sia ora che quando lessi quel quaderno.

Ebbi un moto di gratitudine verso quel pazzo assassino, che in fin dei conti era molto più lucido di molte persone ritenute “normali”.


Passò qualche giorno e non ebbi più notizie di L. Lo vedevo a volte entrare nella sua stanza, ma non gli parlai più.

Una sera, dopo molto tempo, arrivò Quillsh in persona nella mia stanza, mi chiese il perdono. Io non capivo il motivo di un tale comportamento, ma fu lui stesso a dirmi che si era reso conto di aver fatto un grave errore a rinchiudere sia me che L. Mi disse che da quel momento in poi non avrei più subito c0ntrolli ed esperimenti da parte dei medici, ma che avrei potuto vivere come tutti gli altri bambini.

Aggiunse che lo stesso sarebbe stato per L e che per lui aveva in programma qualcosa di speciale, ma prima avrebbe dovuto mettere alla prova le sue capacità.

Gli chiesi se la nostra stanza sarebbe rimasta quella, mi rispose di sì e che da allora in poi sarebbe stata considerata una di quelle camere normali.

Non potevo credere alle mie orecchie, sembrava uno di quei sogni che facevo la notte. Quella sarebbe diventata davvero la mia casa, avrei potuto vivere come tutti gli altri, partecipare ai giochi il pomeriggio, magari avrei potuto incontrarli anche fuori, nel giardino.

Mi si prospettavano davanti fin troppe possibilità da sfruttare appieno.

Così quella sera la trascorsi come le altre, decidendo che il giorno dopo avrei cambiato completamente il mio modo di vivere.

Non riuscii a chiudere occhio la notte e al mattino la luce del sole sembrava augurarmi il buon giorno: non potevo essere stanco.

Uscii dalla mia stanza, sapendo che non mi stavo dirigendo alla mia classe. La prima domenica che avrei trascorso non in camera mia.

Aprii la porta della stanza di L. Stranamente non dormiva, e mostrò una certa sorpresa nel vedermi all'improvviso, che trapelò dalla sua espressione. Comunque lo ringraziai con lo sguardo e con le parole dopo poco.

Come suo solito non rispose, ma dalla sua espressione capii perfettamente che anche lui in quel momento era felice.

Mi congedai, con la gioia sul volto, sapendo che dopo tanto tempo avevo di nuovo un amico, anche se un po' stravagante.

Decisi di uscire fuori, alla luce del sole.

Dopo tanto tempo che ero stato chiuso in camera, vedere all'improvviso tutta quella vita mi aveva lasciato fermo, in un attimo di godimento. La neve candida ricopriva ogni cosa e mi sembrava tutto immobile come in una fotografia.

Tutto ciò fu spezzato da una sensazione di freddo pungente e improvviso nella schiena.

Sobbalzai e mi voltai.

Dietro di me c'era una bambina buffa, tutta infagottata. “Ehm... Scusa! Non volevo colpire te con quella palla di neve! Di certo non è una bella accoglienza questa...”. Mi invitò a giocare con lei e con i suoi amici. Accettati e presto mi trovai nel bel mezzo della più grande battaglia a palle di neve mai vista.

Quel giorno risi, mi divertii e sentii di essere felice. Come ogni bambino dovrebbe essere.

Quella situazione di beatitudine durò molto, e non ebbi nemmeno il tempo di annoiarmi quando Quillsh chiamò all'attenzione tutti i bambini attraverso il suono metallico di un altoparlante. Disse che avrebbe annunciato grandi novità per tutti, insegnanti compresi.

Da ora in poi non dovrete chiamarvi col vostro vero nome, ma con uno pseudonimo e una lettera. Lo pseudonimo comincerà con la vostra iniziale e non sarà scelto da voi stessi.”

Una lettera?

Come la L?

__________________________________

Authoress' words

Mi scuso infinitamente per il ritardo! Davvero, è la prima volta che non riesco a postare in tempo, mi dispiace! Purtroppo sono partita con il buon proposito di tornare a casa in tempo, ma ovviamente i miei genitori hanno perso tempo con i loro amici e alla fine sono arrivata a casa mia alle 00:37 e a quell'ora ho pensato di non essere abbastanza lucida per il capitolo e poi tecnicamente era già lunedì...

Comunque come potete vedere mi sono alzata appositamente alle 07:00 per questo dannatissimo capitolo, non smetterò ancora di tormentarvi (xD)! Tremate popolo che Blue è ancora qui!

Any

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Capitolo 6
*** Theme 72. Misa ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


La tradizione delle lettere è iniziata proprio con B ed L... Certo che dev'essere stato un cambiamento davvero brusco per loro. È molto difficile riuscire a cambiare nome usando uno pseudonimo, ma alla fine ci si abitua, dipende anche dalle persone: ho conosciuto ragazzi che non danno la minima importanza al proprio nome, quindi si abituano ad essere chiamati in ogni maniera, altri che considerano questo tutto quello che hanno, e anche nel caso di B il nome rappresenta una delle poche cose che gli è rimasta.


Tutti i bambini venivano chiamati uno ad uno da Quillsh e ad ognuno veniva assegnato uno pseudonimo. Quando venne il mio turno ero parecchio agitato. Entrai nella stanzetta riscaldata da una stufetta e attesi sulla sedia girevole. Ero stato chiamato proprio per ultimo, la mia attesa era stata snervante.

Finalmente l'anziano mi venne incontro tenendo L per mano. Salutai il bambino silenziosamente e lo vidi ricambiare con un movimento della testa.

Bene Beyond, ti devo parlare di qualcos'altro oltre al tuo pseudonimo.” cominciò dopo un po' di silenzio. Attesi che proseguisse senza rispondere. “Ecco... Tu sarai il successore di L.”.

Successore? In che senso?

Come?” chiesi confuso. “Sì, ecco... Vedi, L è un genio a tutti gli effetti, come hai scoperto tu. Sarà necessario un successore per lui nel caso gli accada qualcosa, dato che tra qualche anno intraprenderà la carriera da detective stesso nella casa.”.

Già? Aveva solo 6 anni!

Tu sei uno dei più adatti dato che dal tuo test sul QI risulta che siete molto simili a livello intellettivo. Comunque non sarai il solo. Tu sarai il secondo e il tuo nome sarà Backup...” “Chi è l'altro?” interruppi senza aspettare. “Il suo pseudonimo è Any, lettera A. Devi sentirti onorato di poter svolgere un incarico simile, B.”. Onorato? Beh, al momento ero solo un po' confuso.

Quillsh mi comunicò anche che da quel momento in poi avrei dovuto chiamarlo Watari e poi mi lasciò tornare nella mia stanza.

Con mia sorpresa, durante la mia assenza era stata incisa una grande B in carattere gotico sulla porta. Chissà quando era successo, dato che ero stato l'intera giornata fuori non potevo saperlo. Mi voltai e notai anche una grande “L” sulla porta di fronte a sinistra.


La situazione di B stava per diventare come quella di Mello. Mi aveva sempre incuriosito il suo atteggiamento competitivo nei miei confronti, il suo volersi mostrare forte e migliore sempre, ma alla fine chissà quanta debolezza nascondeva sotto la pelle. Usava questo atteggiamento come una sorta di difesa da un mondo fin troppo crudele con uno come lui.

Ma B non sembrava il tipo da instaurare un clima di competitività così forte verso A...


Durante il pomeriggio immaginai come sarebbe stato essere il successore di L e ancora non riuscivo a capire bene come comportarmi in una situazione simile.

All'improvviso avvertii una piccola morsa al mio stomaco. Fame. Sbuffai ed uscii dalla mia stanza per raggiungere la sala dove si trovava il grande buffet dal quale potevamo prendere i viveri.

Giunto a destinazione, tra i bambini scorsi la ragazzina che mi aveva invitato a giocare a palle di neve per la prima volta. Mi avvicinai a lei e la salutai cercando di farle ricordare di me. All'inizio non riusciva a capire chi fossi, ma improvvisamente si illuminò in volto e mi riconobbe. Mi salutò con affetto e cominciammo a parlare del più e del meno.

La sua compagnia mi piaceva, era sempre molto allegra, perciò stetti bene attento a non guardare mai sopra la sua testa. Non volevo vedere nulla di lei, nulla. Volevo solo che fosse lei stessa a parlarmi di sé.

Ti hanno già assegnato uno pseudonimo?” mi chiese improvvisamente, facendomi perdere il filo dei miei pensieri. Sbattei un attimo le palpebre cercando di tornare presente con la mente. “Ehm... sì. Io sono Backup, alias B.”. A queste mie parole sgranò gli occhi. “Davvero? Io sono Any, ovvero A!”.

Lei era A?

Lei era Any?

Eravamo colleghi in un certo senso, così decidemmo di sostenerci a vicenda in quell'impresa che appariva ancora indefinita e più grande di noi.

Le cose andavano molto bene. Ci vedevamo spesso, anche solo per stare in compagnia e diventammo amici inseparabili.

Sì, le volevo bene e la nostra amicizia durò sino ai 12 anni. Quando raggiunsi quell'età mi resi conto che il mio affetto nei suoi confronti aveva raggiunto un'altra dimensione.

Sentivo sempre più voglia di stare con lei e spesso mi capitava di essere un po' troppo felice di vederla. Era la prima volta che mi capitava una sensazione simile.

Cominciai a chiedermi se fosse solo perché era una delle mie prime amiche, però non avevo mai provato una cosa simile con gli altri maschi.

Da un po' di tempo frequentavo anche L. Watari voleva che io lo facessi, ma la cosa non mi dispiaceva, anche se presto dovetti abituarmi a delle sue stranezze che mi lasciavano sempre perplesso, come l'abitudine di mangiare solo ed esclusivamente dolci.

L era molto solitario, ma presto imparò ad interagire con me senza limitarsi a dire solo l'essenziale. A volte anche Any veniva con me a trovarlo, ma in quei casi L smetteva di esprimersi. Pareva che riuscisse a parlare solo con le persone con cui aveva confidenza, ma non per questo era meno attento. Semplicemente aspettava che Any se ne andasse per riprendere a parlare.

Ricordo che un giorno, dopo che lei se ne andò, mi disse anche: “Non è una semplice amica, vero?”. Io gli chiesi cosa volesse dire con questo, dato che anche io avevo questa sensazione, ma se non era un'amica cosa poteva essere?

Lei ti piace.” si spiegò L.

Piacermi? Nel senso di... fidanzata? Secondo L sì, dato che dopo questa affermazione arrossii vistosamente. Se fosse stato vero cosa avrei dovuto fare? Poteva il ragazzino dai capelli corvini saperne più di me? Ovviamente no a livello pratico, ma almeno a livello teorico aveva studiato le relazioni sociali da alcuni libri di psicologia.

Credo che dovresti dirglielo, altrimenti non saprai cosa ne pensa lei.” “Troppo facile così! Se alla fine lei non prova nulla otterrò solo di allontanarla anche come amica.” risposi un po' irritato. Non volevo assolutamente allontanarla. “Allora aspetta, ma non credere che così accadrà qualcosa.”.

Forse aveva ragione, così non avrei ottenuto nulla.

Comunque attesi per un po', ma tutto rimaneva normale, l'unica differenza era che adesso L tentava di parlare anche con altri, Any compresa.

Inizialmente mi andava bene di essere solo un amico e nulla più , ma più passavo il tempo con lei e con L, più avevo voglia di esprimere i miei sentimenti, ma non trovavo mai il coraggio di farlo. Ricordo anche che feci vari tentativi. Alcune volte venivo interrotto dall'arrivo di terzi, altre ero io che non sapevo minimamente cosa dire e soprattutto come, quindi esclamavo qualcosa di inutile, che non aveva nulla a che fare con ciò che volevo esprimere davvero e quindi rimanevo sempre fermo allo stesso punto.

Tutto sommato però non avevo altre preoccupazioni e stranamente quell'unica che avevo mi piaceva.

Studiai un piano per dichiararmi. Scrissi su un foglio di carta più e più volte quello che avrei detto, correggevo, cancellavo, ricominciavo. Quando fui abbastanza soddisfatto del risultato finale attesi il giorno in cui di sicuro l'avrei trovata sola: la domenica mattina. Io e lei eravamo gli unici a essere tanto mattinieri, quindi di sicuro non ci sarebbe stato nessun altro a interferire.

Arrivò il giorno e quindi mi avviai alla porta con la grande A incisa in carattere gotico. Mentre camminavo ero come se avessi perso il controllo del mio corpo: quasi non mi rendevo conto di dove stavo andando e la mia mente correva a grande velocità. I pensieri erano incontrollati.

Bussai senza nemmeno rendermene conto e quando aprì mi saltò il cuore in gola. Sarebbe andato tutto bene: sapevo cosa dovevo dire.

Il tempo sembrò essersi rallentato quando mi salutò col suo solito sorriso, quando mi invitò ad entrare nella stanza, quando mi chiese il perché della mia visita.

Any, io sono qui per dirti che...” cominciai. Era il momento.

Vuoto.

Non ricordavo più cosa avrei dovuto dire. Possibile? Avevo impiegato così tanto tempo! Cercai di ricordare, ma lei mi fissava con sguardo interrogativo, non riuscivo più a ragionare.

Avvetii il calore e il sangue che scorreva sempre più veloce nelle mie vene. Cominciai a sudare, ero visibilmente nervoso e sentivo lo sguardo di lei come una freccia pungente.

Avrei detto qualche sciocchezza come al solito?

Avrei rinunciato di nuovo e sarei andato via senza aver concluso nulla?

L aveva detto che così sarebbe stato inutile e che valeva la pena rischiare. Aveva detto anche che se lei fosse stata ragionevole non avrebbe rinunciato a un'amicizia per un motivo simile.

E dopotutto L era un genio, no?

Any io... Tu mi piaci! Vorrei che diventassi la mia fidanzata!” dissi tutto d'un fiato.


Quasi sussultai quando sentii la mia sveglietta suonare.

Dovevo tornare in camera per evitare di essere scoperto di nuovo. A malincuore lasciai il quadernetto in un cassetto della scrivania, quindi uscii.

B stava davvero descrivendo tutto nei minimi dettagli, la sua non era solo una giustificazione per via del fatto che veniva considerato un pazzo assassino da tutti, ma anche uno sfogo.

Da dove aveva scritto quel diario?

Tornai in camera mia e risalii le scalette per tornare nel mio letto. Mi rinfilai sotto le coperte e cercai di riprendere sonno, ma nonostante l'ambiente così silenzioso e rilassante non ci riuscivo.

Non c'era dubbio: mi ero addirittura affezionato a B. Sapevo che non avrei dovuto farlo, ma in fin dei conti è davvero difficile leggere una storia e non affezionarsi minimamente al suo protagonista.

Ricordai che tra le varie porte nella casa ce n'era anche una con una A.

Tornai lentamente in camera mia con pensieri fugaci nella mente e senza fare il minimo rumore me ne tornai nel mio letto.

Mi affacciai e osservai i miei due compagni dormire senza alcuna preoccupazione. Loro non avrebbero mai saputo la storia di B. Solo io l'avrei conosciuta.

Mello come al solito dormiva scomposto, con le coperte aggrovigliate tra di loro. Era impulsivo, scontroso e tendeva a surriscaldarsi senza un reale motivo. Competitivo, pronto a fare tutto pur di essere il numero uno.

Matt invece era più tranquillo, non solo nel sonno, ma anche nella vita. Non amava crearsi problemi, anche se avrebbe fatto di tutto per il suo migliore amico.

Dal loro modo di dormire si potevano comprendere tante cose del loro carattere.

E io? Come dormivo? Non potevo saperlo, ma probabilmente in maniera molto composta.

E B? Immaginai che B inizialmente era tranquillo, ma più gli eventi sconvolgevano la sua vita, più diventava irrequieto.

Pensai che forse era addirittura colpa di Watari se B era diventato quel che era. Repressi quel pensiero. Non potevo dubitare proprio della persona che mi aveva accolto nella casa, la persona a cui dovevo di più.

___________________________________

Authoress' words

Eccomi qui! Aggiorno di sera perché ho avuto una di quelle sane giornate a non far niente: so che mi giudicherete una nullafacente, ma non potevo sopportare di vedere la mia Kinder (mia chitarra elettrica) in un angolo: in parole povere mi sono messa a suonare invece di preparare il capitolo... Beh, l'importante è aggiornare in tempo e a differenza della settimana scorsa ce l'ho fatta (e magari proprio mentre scrivo adesso si spegnerà il pc senza aver salvato il lavoro costringendomi a rifare tutto da capo)!

Non ho molto da dire se non che mi mancava scrivere un po' di sana fan fiction, quindi non vi preoccupate che rimarrò la solita puntualissima Blue!

Any

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Capitolo 7
*** Theme 49. L no Nakama ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Decisi che per sarebbe diventata un'abitudine quella di alzarmi ogni giorno qualche ora prima della sveglia per andare a leggere il diario. In fin dei conti non avrei potuto fare altrimenti a meno che non volessi leggere solo una volta alla settimana, così, cercando di volta in volta di ricordare la pagina cui ero giunto, sarei riuscito a leggerlo in maniera abbastanza regolare.


Lo ammetto, non riesco a ricordare con grande lucidità ciò che seguì, tale era la mia confusione.

Tra le poche cose che ricordo c'è il fatto che lei arrossì, mi disse qualcosa e io mi sentii in paradiso.

Aveva accettato.

Any aveva accettato di stare con me.


Tirai quasi un sospiro di sollievo. Mi ero davvero affezionato a B, quasi come se lo avessi conosciuto di persona.


Nei giorni successivi cominciai a passare sempre più tempo con lei: stavamo spesso da soli senza L, anche se cercavo di ricordarmi anche di lui ma ero fin troppo preso da quella nuova storia che stavo vivendo.

E infatti non mi resi conto che L si rattristava sempre di più e che passava fin troppo tempo da solo e potei lo seppi solo tramite voci degli altri ragazzini che parlavano di quello che oramai era quasi una leggenda vivente per la sua genialità e che adesso era solo e triste. Che aveva? Era forse perché ora stavo di più con A che con lui? Ma che pretendeva? Era stato lui a spingermi a dichiararmi, no?

Ne discussi con Any, ma lei mi consigliò di provare a parlargli perché non potevamo essere sicuri che fosse quello il vero motivo del suo comportamento.

Giusto, forse c'era dell'altro.

Lo andai a trovare, da solo. Era seduto nella sua assurda posizione con un piattino dove aveva riposto una fetta di torta alla panna. Non mi guardò nemmeno quando entrai, ma mi salutò con la sua voce spenta. “L, mi sembra che in questo periodo tu ti stia chiudendo di nuovo, sembri sempre più triste...” cominciai. Ero imbarazzato, non si poteva mai sapere come avrebbe potuto reagire quel ragazzino tanto strano.

Ehm... ecco, vorrei solo sapere se c'è qualcosa che posso fare per te.” feci una pausa aspettandomi una risposta qualsiasi da lui, ma stette in silenzio. “L? Mi hai sentito?”. Ancora nessuna risposta. “L! Piantala di mangiare quella torta e ascoltami! Che diavolo ti prende?” adesso ero davvero nervoso. L'avrei aggredito se non avessi avuto il buonsenso di trattenermi.

Il ragazzino strabuzzò gli occhi e poi mi chiese: “Ne vuoi anche tu una fetta? Aiuta la concentrazione...”. Ero perplesso. Da quando L era così distaccato? Strano lo era sempre stato, certo, ma non così tanto. Era come assente dalla realtà, come se per lui esistesse solo quella fetta di torta.

Non mi serve la torta. Ti sto chiedendo perché diavolo ti comporti così! Se è per il fatto che adesso passo più tempo con Any che con te...” “Non si tratta di quello. Anzi, sono contento per te.”. E allora perché faceva così? Capivo sempre meno e avevo le idee sempre più confuse.

Allora perché...” “Oramai la decisione è stata presa, non posso nemmeno dire di essere stato io a farlo. Non so bene cosa abbia programmato Watari per il mio futuro, ma so che da domani non sarò più in questo paese.”.

Cosa?

L stava per partire?

Cosa?” chiesi debolmente. “Mi spiace, Beyond. Credo che non potremo più incontrarci. Da ora in poi nessuno potrà vedermi. Sarò nascosto da un computer, è per la mia sicurezza.”.

Nascosto? Possibile una cosa simile?

Però non è il momento di rattristarsi. Vorrei che tu ignorassi ciò che ti ho appena detto, rimandiamo gli addii a domani mattina.” aggiunse guardando malinconico fuori dalla finestra.

Era ovvio che non era contento di lasciare la casa. Forse aveva addirittura paura del mondo esterno, ma una persona col suo genio non poteva vivere come tutte le altre. Da quel ragazzino malinconico sarebbe dovuto nascere il più grande detective di tutti i tempi, i suoi sentimenti contavano ben poco rispetto ai suoi doveri.

Finalmente avevo capito cosa non andava e adesso non potevo biasimarlo.

Cosa avrei fatto io al posto suo? Di certo mi sarei comportato in maniera simile, chi sarebbe riuscito a fingere talmente bene di essere felice da agire come al solito? Non io e nemmeno L.

Gli tenetti compagnia per tutto il resto della serata e, pur di sollevargli il morale, accettai di cenare con lui, ma fu la cena più strana mai fatta: in pratica era tutto costituito da dolci, nemmeno un granello di sale.

All'inizio ero sul punto di tirarmi indietro, dato che non mi sono mai piaciuto le cose troppo zuccherose, ma non potei fare a meno di notare che i dolci erano una delle pochissime cose davvero capaci di far sorridere L.

Se ne stava lì, dietro quella torta gigantesca con un'espressione che solo chi lo conosceva veramente bene poteva interpretare come un sorriso. E condividere tutte quelle cose non poteva che farlo stare meglio.

In fretta si riprese, riuscii a fargli dimenticare del futuro imminente per farlo concentrare sul presente, così chiacchierammo come al solito, passammo una serata come le altre.

Fui decisamente soddisfatto del risultato.

Quando si fece più tardi, mi congedai, ma non mi diressi immediatamente verso la mia stanza cominciando a camminare verso quella di Any.

La raggiunsi e bussai alla porta.

Lei era alquanto sorpresa della mia visita. “Beyond? Che ci fai qui? Non dovresti andare a letto?”. Senza dare troppe spiegazioni le dissi che le dovevo parlarle.

Una volta nella stanza mi sedetti sulla sedia vicino alla scrivania e cominciai: “Ho scoperto cos'ha L. Avevi ragione tu, non c'entrava niente il fatto che noi due ci vediamo più spesso da soli che con lui.” “E allora che diavolo ha?” “Credo che potremmo non rivederlo più.”.

Any era confusa, così con calma le spiegai la situazione. Lei protestò: diceva che era ancora troppo giovane per mettersi seriamente a lavorare e girovagare.

Una cosa meravigliosa delle donne è che si lasciano prendere dalla situazione, non riescono a far finta di nulla e così anche Any si era lasciata infervorare protestando senza preoccuparsi nemmeno di abbassare la voce.

In fin dei conti anche lei voleva bene ad L.


Che strano. L ci era sempre stato presentato come una persona senza amici, solitaria, e invece pareva proprio che almeno durante l'infanzia ne avesse avuti ben due. Non solo stavo scoprendo cosa passava per la testa di B, ma stavo anche capendo molte cose del mio idolo.

Peccato che Mello non potesse leggerle.


Il giorno seguente sia io che Any ci svegliammo molto presto per andare a salutare, forse per l'ultima volta, quello che era destinato a diventare il più grande detective di tutti i tempi.

Watari era con lui. Lo esortava con lo sguardo a non lasciarsi prendere dai sentimentalismi e ad andare. L si sentiva intimorito sotto la sua autorità e lo dimostrava tramite le occhiate fugaci che rivolgeva ogni tanto all'uomo.

Per la prima volta in vita mia lo abbracciai.

Addio, L.

Lo vidi partire e seguii quell'auto nera con lo sguardo finché non sparì dietro la curva in fondo alla strada.

Nei giorni successivi non cambiò molto della mia vita, semplicemente mi sentivo più triste e gli altri miei compagni non capivano nulla chiacchierando di quell'asociale che era partito, uno di quelli insopportabili perché freddo e irraggiungibile, ma che comunque era il migliore.

Presto però il mio piccolo lutto terminò e ricominciai a comportarmi come al solito, tenendo con me solo i ricordi più belli, ma sia la mia situazione che quella di Any cambiò dopo poco grazie ad una lettera.

Una mattina illuminata dal tiepido tepore delle giornate d'estate trovai sia lei che Roger alla mia porta. L'anziano teneva tra le mani un foglio di carta, probabilmente speditogli da Watari, e ci disse che noi due, in quanto successori di L, da quel giorno in poi avremmo dovuto essere esattamente come lui.

Inizialmente non capii, ma Any mi spiegò che intendevano dovevamo assolutamente essere come lui. Avremmo dovuto raggiungere i suoi stessi risultati, impegnarci per essere esattamente come lui.

Protestai, dissi che era assurdo perché se L era stato scelto era perché era migliore, ma l'anziano disse che era stato stabilito così e non ci poteva fare nulla.

La sera mi diressi nella stanza dove potevo prendermi da mangiare, ma fui fermato da una voce nella mia testa. Stavo per prendere una bella e grande coscia di pollo arrosto, ma quasi come per beffa mi ricordai di quando L disse che mangiare dolci favoriva la concentrazione. Mi spostai giusto per dare un'occhiata a un tavolo dove erano serviti solo ed unicamente dolci.

L mangiava solo dolci. Ciò significava che anche io avrei dovuto fare lo stesso? Ma i dolci non mi piacevano, come avrei potuto fare sempre uno sforzo simile?

Mi avvicinai con molta riluttanza a quel tavolo e passai in rassegna tutte le cose servite. C'era davvero di tutto: torte ai gusti più svariati, i pasticcini più ricercati, anche delle cose un po' più semplici di quelle che si fanno in casa, poi c'erano anche bevande dolci, salse dolci e persino della marmellata.

Presi quest'ultima, dato che non c'era nient'altro che mi piaceva: le cose troppo zuccherose mi davano solo fastidio.

Così quel giorno iniziò l'alimentazione più squilibrata che potessi mai avere: a base di un solo elemento che mi obbligavano a prendere e tutto per assomigliare a qualcuno.

Si dice “genio e sregolatezza” quindi forse la genialità di L risiedeva proprio nelle sue stranezze. Dannazione, se quel ragazzo fosse stato più normale non avrei dovuto fare una cosa simile e forse è proprio per via di questo pensiero che cominciai a provare una certa avversione verso le sue stranezze, che avrei acquisito pian piano.

Avrei dovuto uccidere me stesso per diventare un altro L.

Un altro L che però sarebbe stato sempre e solo una copia fino al giorno della morte del primo.

E mi scoprii a fare ragionamenti così cruenti persino su un amico cui avevo dato l'affetto che nessun altro aveva avuto il coraggio di offrirgli eccetto Watari.

Mi spaventai di me e proprio per questo sentii il bisogno di reprimere questo mio aspetto della personalità: quello vendicativo, quello iroso, cercando di nasconderlo in un angolino buio della mia mente, chiudendolo da qualche parte per non trovarlo mai più.

Però forse è stata la cosa più sbagliata che abbia mai fatto, mio caro lettore, perché in fin dei conti nascondere sé stessi non può che portare guai.

Non si può cercare di annientare ciò che si è troppo a lungo, e se lo si fa si può star certi che ben presto questo si ribellerà e le conseguenze saranno irrimediabili per tutti, sia chi si troverà sul tuo cammino, sia te stesso.

____________________________________

Authoress' words

Sì, lo so, tecnicamente è già lunedì, ma non si sa come sono finita di nuovo in quel paesino di montagna chiamato Alfedena... Comunque già è tanto che aggiorno ora piuttosto che domani. u.u

E così mentre sto qui ad ascoltare With or Without You degli U2 vi posso solo regalare qualche perla di immaturità e augurarvi buonanotte!


Any

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Capitolo 8
*** Theme 8. Tomonari ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Cominciai a prendere abitudini sempre più strane obbligandomi a riconoscerle come mie. Cominciai a non spazzolare più i miei capelli corvini, a non riuscire più a stare a mio agio stando perfettamente dritto con la schiena, cominciai a sedermi sempre di più come lui scoprendo con mia sorpresa che quella posa favoriva davvero la concentrazione. Mangiavo solo marmellata (possibilmente di frutti rossi) e non amavo troppo stare in compagnia dei miei compagni che mi comprendevano sempre meno. A tratti mi temevano quasi come se stessi diventando una sottospecie di mostro.

Non uscivo più dalla mia stanza se non molto raramente, ma questo mio comportamento non preoccupava minimamente gli adulti che, anzi, mi incoraggiavano a continuare così dicendo che stavo ottenendo risultati scolastici sempre migliori.

Mi resi conto che era da un po’ che non vedevo Any. Volevo stare con lei, volevo sentire la sua voce e volevo vedere se anche lei era cambiata.

Uscii dalla mia stanza e percorsi i corridoi per poi bussare alla sua porta.

Quando mi aprì mi guardò per qualche secondo, probabilmente aveva serie difficoltà a riconoscermi e al posto suo anche io ne avrei avute.

In passato non ero di certo come mi conosci tu, mio caro lettore.

Io ero normalissimo. Capelli neri non eccessivamente curati, ma non spettinati, occhi rossi e intensi, ma non circondati da occhiaie.

Any invece non era cambiata molto. La trovai solo molto dimagrita, gli occhi chiari stralunati, ma nulla di più.

Beyond?! Sei tu…?” mi chiese confusa. “Sì Any. Sono io.”.

Mi lasciò entrare, era parecchio sconcertata, ma cercai di rassicurarla dicendole che nulla era cambiato.

Beyond… che ti hanno fatto?” mi chiese all’improvviso. “Any, ti ho detto che non ti devi preoccupare. Sono pur sempre io in fin dei conti. Non diventerò come L.” era il mio più fermo proposito. “Ma non stai facendo nulla per salvare te stesso! Beyond, stai accettando passivamente di essere come lui e già adesso fisicamente sei identico. Se non fosse per i tuoi occhi…” cercò di avvicinarsi, ma con un gesto spontaneo la respinsi indietro. Senza nemmeno rendermene conto la feci cadere sul letto. “Beyond, ma che hai?!” mi chiese quasi in un urlo.

Che avevo? Avevo paura che mi guardasse negli occhi.

Mi scusai spaventato di me stesso. Le dissi che era stato un riflesso e che mi sarei fatto perdonare, ma che in ogni caso non avrei arrestato quel processo di trasformazione da B ad L.

Da normale a geniale.

Da copia a originale.

Nei giorni successivi riallacciammo i rapporti e anche se inizialmente lei era un po’ timorosa, riuscii a farla fidare nuovamente di me.

Però adesso c’era qualcosa di diverso che avvertivamo entrambi, quasi un disagio che ci impediva di essere spensierati come una volta. Lei si comportava sempre come se fosse a disagio e non fosse in gradi di rilassarsi facendo attenzione a ogni parola che sentiva e diceva.

Cominciai a sentire pesante quella situazione e cominciai ad avvertire L come un nemico, ma non me ne rendevo ancora conto.

Any, nonostante tutti i disagi, continuava a volermi vedere nella speranza che tutto tornasse come un tempo e così ritornammo in confidenza, cominciò a ritrovare me sotto quella maschera di L.

Oramai tutti mi trattavano come se io fossi lui e pretendevano inconsciamente che io fossi uguale, ero felice che almeno una persona tra tutte quelle che conoscevo, non mi vedesse come lui e non pretendesse da me che io fossi esattamente identico.

Any voleva Beyond. E grazie a lei io non morivo.

Le giornate passavano tutte uguali. A contatto con gli altri, durante la giornata scolastica, fingevo involontariamente di essere qualcun altro, ma alla fine della giornata potevo stare con lei, e lì vedevo rinascere Beyond, che oramai viveva solo con in sua presenza.

Il mio aspetto rimaneva quello di qualcun altro, ma la mia mente rimaneva la stessa.

E così sentii nascere un sentimento davvero forte nei confronti della ragazza, un misto tra gratitudine e amore.

Mi chiedevo a volte spaventato se anche per lei fosse così forte quel sentimento. Certo, erano preoccupazioni piuttosto futili mi potrai dire, ma in fin dei conti cosa ci si può aspettare da un poco più che dodicenne?

Comunque quella mia vita alternata tra me ed L si fece più leggera e riuscii a sopportarla senza problemi per molto tempo, fino a raggiungere i 15 anni.

Dopo quei tre anni la mia metamorfosi fu completa. Il giorno del mio compleanno, dopo un’altra notte insonne che aveva contribuito ad accrescere le mie occhiaie, mi guardai allo specchio.

Vidi L.

Vidi un L dagli occhi rossi che mi fissava col suo dito in bocca senza alcuna traccia di Beyond.

Quasi ebbi paura di quell’L beffardo, che ridacchiava per ciò che ero diventato.

Avevo perso la cosa più importante di tutte: me stesso.

Senza un sorriso passai quella giornata chiedendomi come avessi potuto permettere che accadesse una cosa simile. Ero ossessionato da quei pensieri.

Ero diventato null’altro che un secondo L, ma la cosa più triste era che io non ero altro che una copia, una stupidissima copia che non avrebbe avuto alcun valore fino alla morte dell’originale.

Cominciò a germogliare il seme dell’odio che mi era stato piantato dentro tre anni prima.

Cominciai a provare un sentimento che non avrei mai voluto provare nei confronti di qualcuno che in passato era stato mio amico, ma non potevo fare a meno di pensare che se la mia vita stava andando allo sbaraglio la colpa era anche sua. Perché, L, sei sempre stato così geniale? Se solo fosse stato una persona dotata di un’intelligenza normale come gli altri molte persone sarebbero state meglio! Tutti quei cambiamenti, quella tensione, non faceva altro che rovinare la vita ad altre persone, e tutto ciò scaturiva solamente da lui, da lui e dalla sua intelligenza.


Mi fermai un attimo. B stava cominciando a provare vero odio nei confronti di L, ma sopportava. Effettivamente nella sua visione distorta tutti i mali potevano essere attribuiti solo al detective e non si rendeva conto che la rabbia lo stava accecando.


Sì, riesco a ricordarlo con precisione. Era una serata di luna piena, tutto taceva se non il vento che scuoteva piano i fili di erba e le foglie degli alberi. L'atmosfera era molto calma e rilassata, ma io ero furente. Mi ero reso conto all'improvviso di ciò che ero diventato e non riuscivo a non provare odio verso tutto. E con chi potevo sfogarmi se non con Any?


Improvvisamente mi resi conto di cosa stavamo parlando. “Così crudele da aver ucciso una ragazzina.” “Così crudele da aver ucciso la sua fidanzata.”, possibile che fosse così furioso da fare una cosa del genere? In fin dei conti si era mostrato sempre molto calmo fino a quel momento.


Andai da lei a grandi passi ed entrai nella sua stanza. Dovevo parlare, qualcuno mi doveva ascoltare.

Non ce la faccio più.” dissi. “Come?” lei era confusa. “Tutto ciò non è normale. Guarda che cosa è successo sia a me che a te! Ci hanno distrutto, dobbiamo essere qualcuno che non siamo mai stati! Devono essere dei pazzi a fare tutto questo!” “Beyond, calmati...” “Insomma, io non sono più io, sono diventato come L, stesso aspetto, stesso modo di fare... Io non sono Beyond, io sono un altro L, ma sono solo una copia, non sono altro che una stupida copia che non avrà mai l'importanza dell'originale finché questo non morirà...” parlavo senza più sentire lei, l'importante era sapere che qualcuno stesse sentendo e che io potessi dire la mia, la sovrastavo con la mia voce, le impedivo di rispondermi e la obbligai ad urlare.

Beyond! Ascoltami!” urlò facendomi sentire la sua voce forte e chiara, come un lampo nel buio. Mi interruppi all'improvviso. “Ascoltami... anche io non ce la faccio veramente più. Capisco cosa vuoi dire: non ha senso vivere la propria vita cercando di imitare qualcun altro sapendo che probabilmente non saremo mai considerati alla sua stessa altezza.”. Il suo tono di voce si era fatto calmo, era dolce e rilassante. “La cosa più grave è che hanno cancellato noi stessi. Almeno per quel che riguarda me io non sono più io, Beyond è morto lasciando il posto ad L.” dissi quasi in un sussurro. “Lo so. Anche io mi sento come te, sono costantemente sotto pressione perché devo raggiungerlo.”.

A quelle parole mi fermai. Any era rimasta spensierata come un tempo, non si preoccupava di nulla, perché diceva questo adesso?

In realtà almeno in presenza di altri ho voluto nasconderlo, ma anche io non riesco a dormire la notte perché penso che devo assolutamente eguagliare una persona che potrei anche non raggiungere mai e che devo essere sempre la prima della classifica... La mia vita è una gara e non reggo veramente più! Comincio a desiderare la mia morte, vorrei solo poter riposare, anche se sarà in una tomba.” “Cosa? Ma non hai mai...” “E per di più non riesco ad essere normale, sono perennemente nervosa, non riesco a rilassarmi con nessuno, non... ecco, credo si sia notato che non riesco a trovarmi a mio agio, vero?” “Ma se davvero non dormi la notte non dovresti avere anche tu segni fisici come le occhiaie?” “Semplice correttore.” cadde il silenzio per qualche secondo quando lei lo interruppe di nuovo: “Usciamo?”.

Devo dire che come richiesta al momento mi parve parecchio strana. In un momento simile uscire era la cosa più inutile che potessi fare, eppure una volta fuori, vedendo quel paesaggio notturno riuscii a rilassarmi. Sì, non c'era bisogno di scaldarsi troppo.

Notai che Any aveva uno sguardo triste e perso nel vuoto, stava pensando e continuai a stare in silenzio per non interromperla, anche se ero un po' preoccupato dal suo atteggiamento. Passeggiammo per un po' nel giardino finché non trovai il coraggio di chiederle che stava succedendo.

Sto per morire.” disse.

All'inizio non capii, ma quando ripetei quelle parole nella mia testa andai quasi in panico. “Come sarebbe a dire? Stai scherzando?” mi trattenni dal guardare la sua durata vitale. Non volevo saperla.

Beyond, perché non mi guardi mai negli occhi?” mi chiese. Che c'entrava una domanda simile in quel momento?

Come? Io ti guardo, ma...” “Non è vero, eviti di farlo, perché?”.

Beh, ero preoccupato dalla piega che stava prendendo il discorso e non riuscivo a ragionare lucidamente, come avrebbe fatto L, ma in quel momento mi sentivo più confuso ogni secondo che passava.

Allora parlai.

Per la prima volta in vita mia dissi a qualcuno del mio potere, cercando di non sembrare pazzo. Inizialmente lei era incredula, faceva molta difficoltà a seguirmi, ma alla fine, dopo averle raccontato tutto nei minimi dettagli, mi credette.

Terminato il mio racconto mi si avvicinò. “Allora adesso guardami negli occhi!”. Indietreggiai. Non volevo, non volevo sapere, non ancora. “Non voglio...” “Fallo!” mi spinse, mi tenne il viso fermo tra le mani per qualche secondo, e io vidi. Non riuscii a trattenermi dal vedere quella durata vitale.

La vedi?”.

Rimasi in silenzio, di sicuro ero pallido come un cadavere, tremavo.

Che fine fa tutto il coraggio di un essere umano?

Io ero forte, io ero coraggioso.

Anche Any lo era, e dopotutto anche L.

Allora perché questo coraggio è sparito nel momento in cui ho saputo che non c'era più nulla da fare?

___________________

Authoress' words

Salve! Oggi sono una fiera nulla facente prima delle vacanze! Non che io stia qui a casa mia a grattarmi la pancia, ma non sono uscita e non credo lo farò, però ho impiegato tutto il tempo finora a fare la beta per una mia amica e, credetemi, non è così facile come sembra, anche perché i suoi capitoli sono lunghissimi...

Oramai dire cose inutili sta diventando un'arte per me, sia nelle recensioni che qui in questo spazietto, ma immaginate come sarebbe noioso il mondo senza cose inutili? Bisognerebbe dire solo cose fortemente inerenti al discorso senza divagare neanche un po' e senza poter fantasticare inutilmente su qualcosa!

Bene, tutto questo per dire che per la gioia di tutti continuerò a dire stupidaggini e cose inutili! Sì, lo so, vi starete chiedendo se l'ho scritta davvero io questa storia e in effetti persino io quando la rileggo a volte non mi riconosco nella mia infantilità. Che soffra di doppia personalità? A quanto pare c'è una me intelligente e colta e una me idiota e infantile...

A domenica prossima!

Any

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Capitolo 9
*** Theme 16. Shinigami Kai ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


E allora? Cosa vedi?”.

Ricordo molto poco di quella sera da quel momento in poi, so solo che appoggiai delicatamente le mie labbra sulle sue e poi più nulla.

Buio.

I miei ricordi ricominciano nel momento in cui fui nella mia stanza, nel mio letto. Dopo ciò che avevo visto non riuscivo a prendere sonno, e come avrei potuto?

Alla fine mi alzai e uscii di nuovo cercando di non fare il minimo rumore. Non sapevo perché lo stavo facendo, ma improvvisamente sentii una grande freddezza invadere il mio corpo, i miei sentimenti erano spariti, dentro di me c'era solo curiosità di vedere come era morta, non avvertivo nemmeno un po' di dolore, come se i miei sentimenti si fossero perduti per sempre.

Si era suicidata. Vidi il suo corpo senza vita nell'erba del giardino trafitto da un coltello.

Chissà dove l'aveva preso...

La sollevai e la trasportai in un luogo più nascosto, dove la abbandonai, presi il coltello e lo pulii come potevo.

Improvvisamente mi resi conti di ciò che stava accadendo: fino a quel momento mi ero comportato come se tutto non fosse reale, come se fosse stato un sogno nel quale non avevo possibilità di scegliere cosa fare.

Any era morta per colpa di L.

Io ero il successore numero uno, ma dopo ciò che era accaduto non volevo più esserlo. Perché solo una copia? Perché non potevo essere l'originale? Perché dovevo avere l'ossessione di assomigliargli? No, non potevo andare avanti in quel modo, vivendo nell'odio di una persona che avrei dovuto imitare per tutta la mia vita restante.


Quindi non l'aveva uccisa lui...? Eppure tutti dicevano il contrario nella casa! Potevo fidarmi davvero del diario? Mi fermai qualche secondo. Certo che potevo, in fin dei conti quando era stato scritto per B era già tutto finito, era stato arrestato. Che motivo aveva di mentire così?


Quasi senza ragionare mi avvicinai al cancello dell'istituto. Mi voltai, lo guardai per l'ultima volta con uno sguardo quasi affettuoso. In fin dei conti era stato la mia casa...

Riuscii a scavalcare quella barriera senza troppe difficoltà e presto fui fuori.

Era strana la sensazione di sapere di essere all'esterno: a volte ero uscito, ma mai da solo.

Senza più voltarmi mi incamminai verso il nulla. Non avevo la più pallida idea di dove stessi andando, ma sapevo che dovevo allontanarmi e in fretta.

Non avevo quasi nulla con me, se non uno zaino con dei quaderni su cui scrivere, delle penne, dei vestiti di ricambio e un po' di denaro, ma non sarebbe stato abbastanza per sopravvivere se non avessi trovato un modo per guadagnarne altro.

Passai la notte all'aperto, non avendo dei luoghi dove andare e il giorno dopo ripresi il mio cammino.

Avrei potuto guadagnare il sostentamento in vari modi, dato che alla The Wammy's House mi avevano insegnato anche delle discipline inusuali che avrei potuto sfruttare... No, in fin dei conti chi avrebbe mai assunto un ragazzino di 15 anni? Almeno, non in Inghilterra.

Decisi di trovarmi un rifugio. Passeggiavo tranquillamente per le strade di Winchester come un normalissimo ragazzo che non ha nulla da temere.

Conoscevo una casa cadente in pezzi, totalmente abbandonata nella periferia e mi ci sistemai dentro. Era una delle case più malandate che avessi mai visto, ma in fin dei conti c'era l'essenziale.

Ricordo che lì mi sentii a mio agio: potevo tornare a essere me stesso, potevo far rinascere Beyond.

Nei giorni successivi cessai definitivamente di essere L: ricominciai a sistemarmi i capelli, a vestirmi normalmente... ma non riuscii a perdere l'abitudine di mangiare marmellata.

All'inizio vivevo grazie a ciò che avevo portato con me, senza altro. Sistemai il mio rifugio meglio che potevo, per renderlo accogliente.

Forse solo per noia cominciai a leggere i giornali abbandonati al parco, giusto per sapere cosa accadeva nel mondo e mi ricordo che un giorno rimasi molto colpito dal titolo in prima pagina: “Uccisa ragazza all'interno dell'orfanotrofio The Wammy's House, pare che l'assassino sia uno studente.”.

Studente? Any si era suicidata... Improvvisamente ricordai con terrore che quel coltello che lei aveva usato era stato toccato da me e inoltre assomigliava molto al mio... L'avevo uccisa io? Poteva essere possibile una cosa simile? Certo che no, non le avevo fatto nulla!

Lessi l'articolo: diceva che sia l'oggetto che il cadavere erano stati analizzato ed erano state trovate le mie impronte. Dannazione! Perché l'avevo spostata? Perché avevo toccato quello stupido coltello? Non ero stato io! Si era suicidata, perché non gli è nemmeno passato per la testa a quel branco di idioti degli agenti?!

No, non potevo stare ancora a Winchester, dovevo andarmene, ma non avevo denaro con me, come potevo cavarmela?

Cominciai ad avere timore di essere riconosciuto, a volte mi camuffavo come potevo per evitare questo e per essere libero di uscire. Eh, no, Beyond non era così timoroso: non avrebbe rinunciato a vivere solo perché era accusato di un crimine non commesso.

Esploravo la città entrando in negozi e locali, giusto per vedere le persone, mi affascinava vedere il loro comportamento, il loro approcciarsi ad altri, erano come pedine di un gioco che compivano il loro dovere di vivere...

Le mie visite erano molto gradite in un luogo che conobbi poco dopo: un hotel internazionale. Semplicemente mi adoravano perché conoscevo molte lingue straniere e molte culture, soprattutto ero affascinato da quella Giapponese.

Cominciai a guadagnare un po' di denaro facendo l'interprete per i clienti e così potevo anche conoscere altre persone decisamente interessanti. Avevo studiato le culture straniere, ma mai potuto osservarle da vicino. Rimasi incantato dall'eleganza dei Francesi, dal lusso degli abiti tradizionali Spagnoli, dalla curiosità quasi invadente dei Cinesi, dalla cordialità degli Italiani... ma quelli che mi influenzarono di più furono di sicuro degli Americani.

Un giorno che mi trovavo lì intravidi in lontananza due uomini che parlavano tra di loro molto interessanti almeno nell'aspetto. Uno era alto e grosso, pieno di tatuaggi sulle braccia e un sigaro in bocca, l'altro era magro, sembrava quasi tremare dalla paura. Una coppia molto inusuale.

Mi avvicinai. Loro non si accorsero di me e io ascoltai i loro discorsi interessato.

S-se facessi così potrei morire, lo sai, vero?” “Capirai! Non sarà il massimo della sicurezza come piano ma non possiamo permettere che quei bastardi ci rubino il monopolio: siamo noi che comandiamo, è questo che devono capire!” “Ma... se morissi...” “Se muori tu, muore anche il loro capo. Poi, senti, hai giurato come tutti gli altri che non ti saresti fatto simili problemi legati solo al tuo egoismo: è meglio usare una vita o perdere l'intera organizzazione?”.

Cominciavo a capire: si doveva trattare di mafia. Guardai sulla testa di entrambi per vedere la durata vitale. Tanto valeva porre fine a quell'inutile discussione e inoltre non ne potevo davvero più di sapere di essere l'unico a conoscenza delle mie capacità: “Non ti preoccupare Kal, hai da vivere ancora cinquant'anni.” dissi all'improvviso. Finalmente mi videro, l'uomo spaurito mi guardò con aria interrogativa. “Ci conosciamo? E poi che ne sai tu di quanto mi resta da vivere?” chiese con cautela. “È la prima volta che ci vediamo, non ci conosciamo. Mi chiamo Beyond Birthday.”. L'altro uomo intervenne: “Ehi! È il ragazzino ricercato per aver ammazzato la sua compagna all'orfanotrofio o sbaglio?”. Sospirai. “Tutte sciocchezze, non l'ho nemmeno toccata: si è trattato solo di suicidio e...” l'uomo di nome Kal Snyder mi interruppe di nuovo: “Non hai ancora risposto all'altra domanda: come fai a sapere quanto vivrò ancora e come fai a sapere il mio nome se non ci conosciamo?”. Sorrisi soddisfatto del fatto di averlo mandato in confusione. Mi tolsi il cappello che avevo indossato quella mattina per coprire i miei occhi e mostrai il loro colore. “Perché io posso vedere il nome di tutti gli esseri umani e vedere quanto resta loro da vivere.”. Kal mostrò di credermi, lo capivo dal suo sguardo, ma l'altro scoppiò a ridere: “Credi di farti credere utilizzando delle lentine rosse? Se credessimo a tutto ciò che dicono i ragazzini non saremmo mai arrivati dove siamo! Dico bene, Jack?” “Ah... sì...” rispose l'altro non troppo convinto. “Come vuoi, Dwhite Godon.”. Dwhite impallidì. “Come sai il mio vero nome? Nessuno lo sa!” “L'ho detto...” mi indicai l'occhio destro col dito, sorridendo, ma con un sorriso quasi malvagio. Mi allontanai lasciandoli soli, non mi sarei più intromesso, mi dissi, ma già il giorno dopo dovetti infrangere quella promessa, perché furono loro stessi a venire da me. Mi dissero che ero una risorsa da sfruttare e che in fin dei conti a Winchester non avevo nulla a trattenermi, mi offrirono di partire con loro per Los Angeles.

Accettai, che altro potevo fare? Era stata la prima e unica possibilità che avevo per allontanarmi da quel luogo così pericoloso. Sì, stavo per entrare in una organizzazione criminale, ma non importava. In fin dei conti a cosa mi serviva rimanere lì? A cosa mi serviva quel senso di giustizia che pretendevano di insegnarmi per farmi essere come L? Per colpa sua adesso ero anche considerato un criminale, un assassino, e come potevo allora deludere le sue aspettative?

Tornai nella mia “casa” con questi pensieri e cominciai a raccogliere quelle poche cose che avevo per il viaggio, ma in effetti cosa avevo? Quasi nulla. Qualche vestito, qualche quaderno su cui scrivere tra cui uno nero che conservavo completamente vuoto: era il mio quaderno preferito e volevo scriverci solo qualcosa di importante. Non avevo nulla di utile in fin dei conti.

Oramai non mi aspettavo più nulla, avevo smesso di sperare di avere una vita migliore, dato che pareva che più sperassi peggio andassero le cose. Ora quel viaggio non mi sembrava più una nuova possibilità, ma quasi mi era indifferente: stavo per andare in California, ma in fin dei conti era un posto come un altro, non aveva alcun significato per me. Anzi, forse uno sì: era il posto dove fuggire. Forse stare lì era solo più pericoloso, ma almeno sarei morto innocente.

Mi guardai a uno specchio rotto nel mio rifugio. Non c'era una durata vitale sotto il mio nome anche se avrei voluto tanto conoscerla, un po' per curiosità, un po' per consolazione. Strano che proprio io non potessi vederla, come se non fossi umano, e in effetti oramai avevo davvero ben poco in comune con il resto degli uomini. Come avrei potuto definirmi? Mi sentivo come un demone, capace di prevedere la morte, capace di conoscere le informazioni più personali delle persone con uno sguardo. Ma perché io? Perché questo potere lo avevo io e nessun altro essere umano nel mondo? Era stato un semplice caso che io avessi questa capacità così crudele?

Richiusi il mio zaino con tutto all'interno facendo ben attenzione a non lasciare nulla fuori, poi mi stesi su quello che usavo come letto: un giaciglio formato da pezzi di vecchi mobili dentro a dei sacchi di tela che avevo trovato abbandonati al mercato vicino ad una bancarella.

Socchiusi gli occhi e sospirai: “Se solo potessi vedere la morte del mondo...”. Ma per vederla avrei avuto bisogno di conoscere dove si trova il volto del mondo, giusto? E allora, dov'è il volto del mondo? Forse ci siamo sopra, forse l'intero mondo è il suo volto?

Chiusi gli occhi e mi lasciai andare al sonno, sentendo pian piano il mio corpo rilassarsi, sentendo di stare bene. Almeno nel sonno potevo essere sempre me stesso, o forse recitavo persino nei sogni? Forse non avrei mai scoperto chi era il vero Beyond, forse avrei finto per sempre senza rendermene conto, ma oramai non potevo più tornare indietro: stavo impazzendo, sentivo che la mia lucidità cominciava a vacillare di fronte a tutte quelle sfide e sentivo che continuando così avrei ceduto.

Prima di addormentarmi formulai un ultimo pensiero: “No L, non deluderò le tue aspettative: se ciò servirà a dimostrarti che sono al tuo livello e non solo una copia sappi che sono disposto anche ad uccidere”.

_____________

Authoress' words

Buona domenica! Per la prima volta da quando è iniziata la fan fiction dovrò dire qualcosa di quasi utile e ciò mi fa sentire importante: i nomi Dwhite Godon e Kal Snyder non sono inventati da me, ma sono i veri nomi di Rodd Los e di Jack Neylon. Ricordate chi sono? Il primo è il capo della mafia di Los Angeles con la quale si allea Mello e il secondo è quello che diventerà il proprietario del Death Note dopo lo scambio con Sayu e per quel che riguarda i problemi di incongruenza temporale non vi preoccupate, ho fatto i miei calcoli ed è possibilissimo che si tratti di loro dato che quando B ha 15 anni loro ne hanno rispettivamente 26 e 21 e quando si entra nella mafia di solito lo si fa da giovanissimi quindi ci troviamo.

Bene, non aggiungo altro, alla prossima!

Any

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Capitolo 10
*** Theme 2. Jiken ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Quando mi alzai la mattina del giorno successivo ero pronto per il viaggio. Uscii di casa e raggiunsi il luogo dell'appuntamento con gli uomini che mi avrebbero accompagnato in America, a Los Angeles. Nel solito albergo, erano seduti sempre allo stesso tavolo del bar interno. Li salutai e senza troppe parole uscimmo di lì per dirigerci alla loro auto che ci avrebbe portati all'aeroporto di Heathrow a Londra.

Il viaggio non fu molto lungo, ma fu pesante a causa della costante puzza di fumo da sigaro che ristagnava nell'auto. Non seguivo i discorsi delle persone che mi erano vicine, ma se mi chiedevano qualcosa mi limitavo a rispondere “sì” o “no” in base a ciò che riuscivo a capire dalle loro espressioni sul volto.

Non avevo mai visto Londra e vederla dal finestrino di un'auto non è il massimo, ma il capo, un uomo che si chiamava Dwhite Godon, ma che si faceva chiamare Rodd Los mi fece scendere dall'auto proprio sotto il Big Ben: disse che forse non avrei più rivisto l'Inghilterra e che siccome il volo sarebbe partito dopo ore ed io ero solo un ragazzo voleva farmi questo favore, farmi visitare quella città. In effetti me lo sono sempre chiesto: come mai i peggiori criminali di questo mondo si mostrano poi tanto gentili di fronte a certe persone? È come se cercassero un perdono, un capro espiatorio per i loro crimini e infatti molti si rifugiano nella religione, hanno una Bibbia in casa, la leggono ogni sera, pregano con costanza...

Visitai Londra, vidi il Big Ben e mi lasciai andare per quel giorno. Quei criminali furono quasi affettuosi con me, si comportarono da amici nei miei confronti, cosa che non mi aspettavo minimamente.

Quando venne l'ora finalmente ripartimmo per l'aeroporto di Heathrow, ma con due ore di anticipo per via del check-in. La fila sembrava essere sempre ferma, non scorrere mai e per passare il tempo parlavo con i miei “amici”. Improvvisamente Rodd mi diede in mano un foglietto: “È un passaporto falso, dovrai fingere di essere mio figlio o qui non ti faranno imbarcare.”. Senza stupirmi troppo lo aprii, secondo quel documento il mio nome sarebbe stato Bevis Bryant e mio padre sarebbe stato Roddy Bryant. La foto che si trovava su quel documento me l'aveva fatta scattare qualche giorno prima e mi aveva accennato che serviva a qualcosa per il viaggio. Guardandola vidi il mio nome galleggiare su di essa, se solo le persone addette ai controlli avessero avuto i miei occhi il piano sarebbe saltato... Un tempo il nome che sarebbe comparso non sarebbe stato “Beyond Birthday”, ma quello era solo il nome che mi ero scelto, il nome sulla mia testa era mutato nell'istante della morte dei miei genitori ed era per quello che avevo dimenticato quello vero: quel nome era apparso all'improvviso come un'ammonizione a ricordare che cosa sono e a cosa sono condannato.

Finalmente riuscimmo ad imbarcarci sull'aereo e mi potetti sistemare su una poltroncina morbida come non ne sentivo da tempo. Avvertii dietro di me una voce potente: “Ehi Beyond! Perché non ci dici se questo volo arriverà a destinazione o precipiterà prima?”. A queste parole sentii un coro di risate ed esausto mi voltai verso Rodd. “Anche se dovesse accadere si salveranno tutti i passeggeri.” sussurrai. Potevo anche rimanere tranquillo per il momento.

Per non avere problemi col fuso orario mi obbligai a dormire per buona parte del viaggio anche se mi risultava difficile. Quando ci avvicinammo alla destinazione rimasi incantato da come Los Angeles potesse essere luminosa.

Eh già, mio caro lettore, all'epoca ero ancora “umano” potrei dire, ancora facevo attenzione a queste cose e ancora mi ostinavo a sentirmi un ragazzo normale, ma ben presto avrei perso del tutto quell'attaccamento alle cose riguardanti la vita come le luci, i colori.

Una volta sceso dall'aereo trovammo ad attenderci un'auto nera dall'aria molto elegante e costosa. Una volta a bordo cominciammo a percorrere delle strade che più andavamo avanti, più si facevano buie e minacciose, finché non giungemmo al “covo”, una casa che sembrava abbandonata da tempo, con le finestre sbarrate e il giardino totalmente incolto.

Quando entrammo trovai un interno che sembrava l'esatto opposto dell'esterno: l'arredamento non era per nulla spartano a giudicare dai divani costosissimi, il tavolino di legno e cristallo...

Benvenuto Beyond! Qui è dove noi lavoriamo, questa è la nostra casa...” disse Rodd.

Casa. Un termine che per me aveva perso quasi totalmente significato: non mi serviva un rifugio fisso, mi bastava di essere sicuro, anche cambiando abitazione ogni giorno se necessario, che senso aveva legarsi a un posto se poi lo si sarebbe dovuto abbandonare? Nessuno! Perciò non mi interessava nemmeno più se il luogo fosse accogliente o meno, l'importante era compiere il mio dovere.

Mi furono presentate altre persone: Zakk Irius, Gurren Hangfreeze (il cui vero nome era Ralph Bay), Rushuall Bid (vero nome Al Meem) e Marvin Hayes (vero nome Haru Harada). Nessuna di quelle persone sembrava essere molto socievole e tutti mi davano una sensazione di diffidenza al primo sguardo.

Quella sera la passai a sistemarmi un angolino dove poter stare con la mia roba, anche se era talmente poca che non avevo bisogno di troppo spazio. Presi il quaderno nero e lo sfiorai con la mano. Avevo voglia di scriverci, ma alla fine pensai che non era il caso di sprecarlo così dato che non avevo idea di come utilizzarlo e non avevo certo voglia di strappare via delle pagine inutili: quel quaderno doveva essere perfetto, senza nemmeno errori o cancellature: niente di niente.

La mattina seguente mi alzai di buon'ora come al solito, ma tutti gli altri dormivano ancora, così mi preparai qualcosa da mangiare e dopo, giusto per ingannare il tempo, diedi un'occhiata all'arredamento e notai un mobiletto di legno chiuso. Non essendo chiuso a chiave non ci doveva essere nulla di importante, così lo aprii e fui alquanto sorpreso di trovare delle cose che sembravano libri, ma che erano molto più colorate, con copertine tutte uguali e dei numeri. Presi il primo e vidi sul lato frontale della copertina il disegno di una bambina vestita di rosso, con i capelli dorati e degli occhi castani decisamente sproporzionati rispetto al resto del volto. La strana figura si trovava su una scopa volante e vicino aveva una sottospecie di volpe azzurra, e dietro ancora un altro bambino con i capelli neri e vestito di nero. Anche lui con occhi enormi sempre neri e anche lui a cavallo di una scopa. Lo sfondo era una campagna alberata. C'era anche una scritta su quel disegno, ma era scritta in caratteri a me sconosciuti, doveva essere qualcosa di orientale di sicuro, così riposi quello strano “libro” al suo posto.

Poco dopo si svegliarono gli altri e chiesi che cosa fossero quegli oggetti. Fu Marvin a rispondermi: disse di essere Giapponese e che quelli erano manga che leggeva nel tempo libero, poi prese il primo e mi disse che la scritta in alto si leggeva “Akazukin Chacha” e poi ancora mi disse che se avessi voluto mi avrebbe insegnato a leggere quegli strani ideogrammi chiamati “kanji”.

Mi interessavano molto le culture straniere e la mentalità di chi ha vissuto in un luogo diverso, perciò accettai l'idea di imparare quella lingua e quelle strane tradizioni a me sconosciute. La mattina mi alzavo sempre prima di altri e cercavo di leggere quei manga, ma non essendo molto abile ero costretto a tentare molte volte prima di trovare la traduzione corretta, ma Marvin era comunque soddisfatto: diceva che pochi sarebbero stati capaci di imparare così in fretta quella lingua.

Sempre al primo giorno, Rodd mi mise subito all'opera, chiedendomi di vedere la data di morte di uno dei suoi uomini: questo avrebbe teso una trappola al capo di un clan rivale e inevitabilmente sarebbe seguito uno scontro con armi da fuoco, ma si sarebbe salvato: la sua durata vitale era ancora lunga. Devo dire che quel ruolo non mi piaceva per niente, avrei avuto costantemente a che fare con la morte di persone che nemmeno conoscevo. Ogni giorno mi facevano passare sotto agli occhi decine di foto di persone la cui morte era molto vicina: dovevano essere sicuri che le loro azioni sarebbero andate a buon fine e in cambio ottenevo vitto e alloggio.

Uno di quei giorni mi fu presentato un ragazzino: dall'aspetto doveva avere circa 11 anni, se non di meno. Dissero che voleva entrare nel clan e che era molto motivato a farlo, perciò non glielo avrebbero impedito, eppure era fin troppo giovane. Rodd mi chiese di vedere la sua durata vitale, già avevo visto che aveva poco più di un mese di tempo, ma quando aprii la bocca per dirlo fui interrotto e portato nella stanza vicina dall'uomo.

Non ti azzardare a dire la verità.” “Come?” “Quel ragazzino ci serve, se gli dici che ha poco da vivere non vorrà più collaborare. Quanto ha ancora?” “Poco più di un mese.”. L'uomo si fermò un attimo a riflettere. “Dagli un motivo per restare con noi.” concluse riportandomi nella stanza dove si trovava quell'esserino così gracile. Era magrissimo, aveva la pelle pallida e i capelli biondi sporchi.

Quella che dovevo dire era una delle peggiori menzogne possibili.


Voltai la pagina del diario automaticamente, senza quasi rendermene conto, ma immediatamente notai qualcosa di strano, qualcosa che non andava: al posto del solito spazio bianco che Beyond aveva lasciato sotto ogni pagina c'era un'insolita macchia di inchiostro blu. Che a B fosse caduto dell'inchiostro non era impossibile, certo, a chiunque può scoppiare una penna, soprattutto dopo aver scritto tante pagine, ma ciò che mi aveva stupito non era questo.

La macchia era di un colore diverso dal solito nero di Beyond, ma soprattutto era recente.

L'inchiostro che si trovava su quella pagina di quaderno era lì da circa un giorno, non di più, tanto che toccandolo mi trovai le dita leggermente colorate di blu scuro.

Come era possibile una cosa simile?

La risposta poteva essere una sola: qualcuno aveva preso quel quadernetto poco prima di me e per errore aveva lasciato cadere dell'inchiostro, quindi qualcuno che stava maneggiando una penna, magari prendendo appunti sulla storia del nostro predecessore.

Dovevo assolutamente scoprire di chi si trattasse, ma come farlo? Se avessi chiesto a qualcuno se fosse mai entrato in quella stanza ovviamente mi avrebbe risposto di no, in fin dei conti chiunque sarebbe finito in guai seri se si fosse venuta a sapere una cosa simile e meno persone ne fossero state a conoscenza meglio sarebbe stato.

Forse avrei potuto giungere a quella persona tramite domande vaghe su B, oppure avrei potuto tendere una sottospecie di trappola?

Ma come?

Forse l'idea più scontata sarebbe stata quella di appostarsi attendendo l'altro lettore, ma sarebbe potuto arrivare anche dopo giorni per quel che ne sapevo. No, non era una buona idea.

Presi un fazzoletto che avevo con me e raccolsi un po' dell'inchiostro che lo sconosciuto aveva lasciato sulla pagina, poi lo richiusi.

Purtroppo non era raro trovare nella The Wammy's House persone con una penna di un colore simile, in fin dei conti quello era forse il più utilizzato per scrivere e per prendere appunti per lo studio.

Mi decisi a tornare nella mia stanza, quindi riposi il diario di Beyond Birthday, anche se stavolta ero decisamente in anticipo per la sveglia.

Una volta in camera mia con mia grande sorpresa trovai Mello sveglio, intento a mordicchiare una tavoletta di cioccolato mentre scriveva qualcosa in un quaderno. Sembrava nervoso come al solito. Piano spinsi la porta ed entrai, al minimo rumore si voltò. “Dove diavolo sei finito?” mi chiese. “Niente di importante, avevo dimenticato questo robot in una stanza.” dissi indicando il piccolo giocattolo che usavo come chiave. “Ma oramai è distrutto...” obiettò Mello voltandosi nuovamente verso la scrivania dove stava scrivendo.

Certo che sei davvero bravo a mentire, Near.”

____________________

Authoress' words

Oggi partirò e tra tre giorni sarò in Grecia. Cercherò in tutti i modi di continuare ad essere puntuale con gli aggiornamenti, ma non garantisco nulla, purtroppo non è sicuro che avrò la connessione a Internet...

Comunque proprio per essere puntuale mi sono alzata alle 6:00 quando tutti quanti dormono ancora solo per pubblicare questo capitolo.

Forse voglio troppo bene a questa storia?

In fin dei conti ci sono parecchio affezionata...

Any

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Capitolo 11
*** Theme 69. Mello's Theme ***


Theme 69. Mello's Theme

Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Inizialmente ero confuso. Bravo a mentire? Sapeva già che non ero andato solo a recuperare un giocattolo?

Certo, potresti davvero andare a prendere un giocattolo, ma non ci sarebbe bisogno di farlo ogni mattina, no?” mi disse con aria di sfida. “Beh, non che mi interessi sapere cosa fai, figurarsi, che me ne può importare? Ma in questo periodo è meglio che ti tenga d'occhio nanerottolo.” disse ancora. Per fortuna non sapeva nulla del quadernetto, non sapeva nulla di Beyond Birthday e al momento era tutto ciò che mi interessava, ma improvvisamente in fin dei conti aveva parlato di controllarmi. Avrei tanto voluto chiedergli il perché, ma non volevo peggiorare la situazione e farlo innervosire davvero, così continuai a rimanere in silenzio.

Ti diverte tanto rimanere sempre in silenzio, eh?” disse poi con un tono di superiorità. “Sì, furbo il nanerottolo, così pensa che io non possa capire che pensa, che io non possa davvero attaccarlo, eh?”.

Sì.

Per me il non parlare era una sorta di difesa verso il mondo esterno, il non mostrare chiaramente i miei sentimenti era un modo per non essere attaccato da persone come Mello.

E di' qualcosa, cazzo!” urlò all'improvviso. “La vuoi smettere con questo tuo modo di fare?! E poi tutti dicono che sei inumano, per forza!” si stava decisamente scaldando.

L'essere chiamato “inumano” però non era dovuto solo a quello. Ero chiamato inumano da quando incontrai per la prima volta Mello, da quando quel bambino biondo mi disse con orgoglio di essere il secondo della classifica, la lettera M. Lui era sicuro di quel che diceva perché quante probabilità ci potevano essere che stesse parlando proprio al primo? Lo 0,(3)% di possibilità, eppure proprio quella piccolissima percentuale lo aveva fregato.

Gli dissi di essere la lettera N, il primo in classifica. In pochi secondi vidi il suo volto cambiare per l'ira. Nella sua mente aveva dichiarato al nemico di aver perso la partita.

Da quel momento cominciò a odiarmi, mi vedeva fin troppo diverso per poter essere il numero uno, diceva a tutti che non potevo essere una persona per la mia eccessiva freddezza.

A volte mi incontrava e non perdeva occasione per rinfacciarmi qualcosa, mi diceva che non potevo capire perché il primo posto lo avevo già e che il giorno che lo avrei perso sarei stato anche io come lui.

Ma a cosa serviva quel primo posto tanto desiderato da Mello?

A nulla, se non a farsi odiare.

E così andammo avanti per anni con una rivalità a senso unico da parte del biondo.

Per me non era così, per me collaborare con Mello non era una cosa così impossibile, ma era lui a impedirlo.

All'inizio di quell'anno ci comunicarono che saremmo stati nella stessa stanza in tre, Mello era furibondo, il suo volto stravolto, sembrava mi potesse congelare con uno sguardo, ma alla fine si calmò, solo pensando che essendomi vicino avrebbe potuto essere ancora più pericoloso per me.

In effetti in quell'anno la percentuale di “incidenti” che mi capitarono (come la sparizione dei miei giochi) aumentò, date le continue trovate del mio compagno di stanza per farmi pentire di essere stato scelto proprio io, proprio il primo in classifica, anche se non era nemmeno colpa mia.

E anche quel giorno sembrava volermi uccidere solo con lo sguardo e la violenza con cui mordeva la sua tavoletta di cioccolato trasmetteva ancora meglio il messaggio.

Se ti stai chiedendo perché ti devo tenere sotto controllo sappi che non te lo dirò. Almeno su questo sono il primo.” concluse trionfante facendo svegliare Matt per il tono troppo alto della voce.

Dopo poco tutti andammo a lezione normalmente e ci comunicarono che a breve ci sarebbe stato un'altra di quelle prove che dovevamo sostenere per aggiornare nuovamente la classifica.

Che fosse quello a cui si riferiva Mello?

No, impossibile. Come avrebbe potuto saperlo prima di tutti gli altri? E poi non aveva mai tentato di controllarmi nonostante avessimo già sostenuto molti di quei test.

La giornata scolastica passò normalmente, nessuna novità rilevante. Continuavo a chiedermi che cosa c'era di così importante da far scomodare il mio compagno di stanza.

La risposta arrivò nel pomeriggio.

Ero nella nostra stanza, componendo un puzzle totalmente bianco. Mello continuava a comportarsi da totale indifferente nei miei confronti, mentre discuteva con Matt di un nuovo videogioco.

Stavo per appoggiare al suo posto l'ultimo pezzo della composizione bianca quando la porta della stanza fu aperta. Sollevai lo sguardo e osservai per qualche secondo Roger. Aveva un'aria stanca, come al solito, e davvero sembrava non reggere a tutta quella mole di lavoro che gli aveva lasciato Watari.

Mello, Near... dovete venire con me nel mio studio.”.

Io non capivo il motivo di un richiamo, non poteva essere per via di qualche problema, la voce del direttore era fin troppo calma.

Certo, per qualche secondo avevo pensato che avesse scoperto del diario di B, ma era impossibile dato che non era neanche stato spostato dal luogo in cui si trovava in origine.

Mi voltai e vidi Mello sorridere con l'aria di chi sa di essere l'unico a sapere che cosa ci avrebbero comunicato, probabilmente quello che avrebbe detto Roger era la risposta alla domanda che mi aveva tormentato tutto il giorno.

Senza dire nulla mi alzai e poi seguii gli altri due.

Una volta all'interno dello studio non potei fare a meno di notare che la descrizione data da B del posto era perfetta, un luogo freddo, ma caldo allo stesso tempo, che incute timore da un lato, ma che mette a proprio agio dall'altro. Non ero mai stato in quel posto prima di allora, di solito era Roger a venire da me se proprio mi voleva comunicare qualcosa.

Mi appoggiai seduto sul pavimento con una gamba tirata verso di me e l'altra abbandonata di lato.

Beh? Come mai ci hai chiamati?” chiese Mello. L'anziano aspettò qualche secondo prima di iniziare a parlare.

Bene... Vi volevo avvertire di una cosa.” disse porgendo al biondo un foglio di carta e lui lo afferrò senza esitazione, lo lesse velocemente e poi lo porse a me.

Era una lettera, anzi, una e-mail stampata, inviata dal fondatore della casa. Il contenuto era breve, si rivolgeva a Roger in tono amichevole avvertendo di una imminente visita di L all'orfanotrofio durante la quale avrebbe conosciuto di persona i due candidati alla sua successione.

Non avevo mai visto L in vita mia, il contatto più stretto che avevo avuto con lui era stato attraverso lo schermo di un computer e una web-cam. Lui vedeva me, ma io non vedevo lui e non potevo nemmeno udire la sua voce dato che persino quella era stata modificata elettronicamente.

Fu in quell'incontro che adocchiò me e Mello, forse perché eravamo stati gli unici a non porre domande. In quel momento, quando sentii il suo modo di ragionare avvertii che era simile a me, disse che il suo non era un vero senso di giustizia, disse che in realtà per lui catturare criminali era solo un hobby, che se si indagasse su di lui si potrebbe scoprire che persino il più grande detective del mondo aveva commesso svariati crimini.

Tutti i bambini continuavano a fare domande, accalcandosi per stare davanti a quella telecamera, ma io stavo dietro a tutti con uno dei miei puzzle da completare e anche Mello se ne stava in disparte, con una tavoletta di cioccolato in mano, appoggiato al muro con l'aria di chi non si degnava nemmeno di ascoltare anche se sapevo che in realtà stava prestando un'attenzione massima.

Ma come poteva lui sapere già di quella lettera?

Grazie mille, Roger.” disse restituendo il foglio, strappandomelo di mano. Dopo poco il ragazzo si avviò verso la porta, ma fu interrotto dalla voce del direttore della The Wammy's House: “Aspettate. Sappiate che tutto ciò è segreto, non potrete dirlo a nessuno, sapete, se lo venissero a sapere tutti si scatenerebbe un putiferio.”.

Il biondo si bloccò. “A nessuno?”. Quella domanda sembrava significare in realtà “Nemmeno a Matt?”, ma Roger scosse il capo in segno di dissenso: “Nessuno, nemmeno i tuoi amici, Mello.”. “Bene.” concluse allora spingendo la maniglia della porta, poi mi guardò: “Non credo che tu abbia altro da fare lì, muoviti ad uscire.”. Quasi senza rendermene conto obbedii alzandomi in piedi e seguendolo fuori dalla porta.

Nel corridoio camminavamo in perfetto silenzio, probabilmente Mello avrebbe parlato di più se la persona accanto a lui non fossi stato io, ma con me era sempre così duro, si doveva sempre mostrare forte e adulto, nonostante avesse solamente 13 anni e io 11.

Come facevi a saperlo?” chiesi.

Oh, ma guarda, hai parlato. Beh, diciamo che non sono estraneo a quell'ambiente e i numerosi richiami sono stati dalla mia parte dato che ho potuto sbirciare quella lettera prima di te.” disse trionfante. “In ogni caso se oserai solo tentare di rubarmi la scena giuro che non sarò molto clemente, nanerottolo albino.”.

Annuii senza nemmeno guardarlo.

Quando finalmente tornammo nella nostra stanza trovammo Matt steso sul letto alle prese con il suo Game Boy Advance. L'oggetto emetteva una musichetta allegra, ma il suo proprietario aveva un'espressione decisamente annoiata sul volto. Al suono della porta che si apriva, voltò la testa verso di noi, poi sorrise e si alzò in fretta per venirci incontro pieno di curiosità. In effetti capitava raramente che Roger ci chiamasse insieme, anzi, era molto raro che Roger chiamasse me e comunque mai mi aveva portato nel suo studio, mentre Mello finiva molto spesso lì per via di tutti i suoi scatti di aggressività nei miei confronti, ma anche nei confronti di altri, persino di Roger stesso a volte.

Allora? Che cosa è successo?”.

Mello mi guardò, non poteva dire della visita del nostro idolo nemmeno al suo migliore amico.

L'unica cosa che poteva fare in quel momento era mentire: “Niente, ci ha detto in anteprima i risultati della classifica.”.

Davvero?” replicò il rosso con un filo di delusione nella voce, probabilmente sperava che fosse successo qualcosa di importante. “E come sono andati?”.

Mello sembrava tentato di classificare sé stesso come primo, ma probabilmente aveva pensato che sarebbe stato meglio essere realistico.

Pensiero triste per lui.

Come al solito, questo qui primo, io secondo e tu terzo.” “E allora perché vi ha chiamati?” “Beh... perché stavolta ero solo un punto sotto l'essere bianco, quindi... beh, la prossima volta lo supererò davvero, vedrai Matt!” replicò il biondo con entusiasmo.

Io nel frattempo mi ero sistemato di nuovo sul pavimento con il mio puzzle e i miei giochi intorno, ma avevo ascoltato con attenzione lo scambio di parole tra le due M della The Wammy's House.

Gli altri credevano sempre che io non ascoltassi, ma in realtà facevo sempre molta attenzione a ciò che mi accadeva intorno e così intervenivo all'improvviso lasciando gli altri sorpresi.

Improvvisamente mi venne in mente il diario di B e quella macchia di inchiostro che era stata lasciata su una delle pagine. Mi ricordai della descrizione di L da bambino e poi da ragazzino. Come un lampo, come se solo in quel momento avessi davvero realizzato cosa stava per accadere di lì a pochi giorni: stavo per incontrare L, e non quello bambino, ma quello adulto, proprio quello che sia io che Mello ammiravamo con tutte le nostre forze.

L era un tipo strano, aveva risolto decine di casi, ma lavorava solo a quelli che trovava interessanti.

E non solo lo avrei visto.

Avrei finalmente capito chi era veramente.

_________________

Authoress' words

Bene, bene! Ho trovato un bar col Wi-Fi gratis e quindi posso pubblicare anche dalla Grecia! Al momento mi trovo a Vassiliki in un piccolo campeggio che non ha niente, neanche il bar... ma il paese è davvero carino e il cibo Greco è delizioso, soprattutto i dolci! Mi sento piena di voglia di vivere, sarà perché sta andando tutto a meraviglia (beh, non proprio, una macchinetta si è mangiata la carta di credito di mia madre, si è rotto l'impianto elettrico del camper...)!

In effetti credo di aver ripreso l'abitudine a dire cose inutili dato che probabilmente non vi interessa nulla di quello che sto dicendo... Ok! Parliamo della storia (se riuscirò a ricordarmi che succede in questo capitolo...)!

Allora, finalmente ho fatto una cosa che volevo fare da molto tempo, ovvero scrivere qualcosa su Mello. A dire il vero questo non è il capitolo originale, ma il primo che  avevo scritto l'ho distrutto perché non funzionava, anche se lì avevo avuto modo di parlare ancora di più del nostro cioccolatodipendente. Rimango sempre dell'opinione che se Mello odia Near, a Near invece Mello piace e infatti lo si capisce dal modo che ha di parlare di lui, anche se prova un certo timore per gli attacchi d'ira del biondino (e in effetti anche io ne avrei paura).

Credo di non avere altro da dire ma vorrei averlo perché dovrò aspettare qualche ora prima di connettermi e so già che mi annoierò a morte, però così annoio voi, quindi la smetto.

Ah, sì! Martedì andrò a recuperare la carta di credito di mia madre e sapete dove? A via Mello!

A domenica 14!

Any

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Capitolo 12
*** Theme 37. Air ***


Theme 37. Air

Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


L sarebbe arrivato dopo un mese da quel giorno, ma nessuno lo sapeva oltre me e Mello, ma proprio il biondo tradiva un po' di eccitazione per l'evento.

Anche io ero emozionato, ma decisi comunque di comportarmi come al solito, perciò come sempre continuavo la lettura del diario di B e in un certo senso mi preparavo dato che proprio in quel diario si parlava anche del mio idolo, anche se in maniera negativa, ma questo esprimeva il pensiero della persona che più gli era stato vicino nella sua infanzia e che avrebbe potuto rispondere a tutte le mie domande.


Mi trovavo lì di fronte a lui e davvero non sapevo cosa dire. Rimanevo in silenzio, lo fissavo negli occhi spauriti.

Perché non ci riuscivo? Era solo una piccola bugia, come se non ne avessi mai dette in vita mia.

Socchiusi gli occhi come se non avessi voluto vedere che cosa stavo per fare, come se ne avessi avuto paura.

Hai ancora molto da vivere.” mormorai lentamente, strascicano le parole. Lui sorrise, si rilassò e addirittura mi ringraziò.

In fondo perché preoccuparsi? Se c'era una cosa che avevo imparato nella mia vita era che qualsiasi cosa facessi non potevo allungare la durata vitale di un altro essere umano, se c'era un modo non lo conoscevo e comunque non sarei stato in grado di farlo.

Come ti chiami?” chiesi con gentilezza, anche se potevo saperlo in qualsiasi momento. “Ma... hanno detto che tu lo puoi sapere guardandomi...” mi rimproverò. “Hai un potere incredibile! Come ti invidio! Anche io vorrei essere speciale come te!”. Kevin Diaz sorrise con un sorriso infantile, un sorriso ancora immaturo.

La mia espressione si deformò dalla rabbia: “Io non mi invidierei affatto. Sapere in anticipo il giorno che moriranno i tuoi genitori, il giorno che morirà la tua ragazza... credi sia una bella sensazione?!”. Solo dopo aver pronunciato queste parole mi resi conto di aver urlato. “Scusa. Non volevo alzare la voce.” mi affrettai a dire dopo imbarazzato, ma il ragazzino non rispose.

Silenzio.

Perché sei qui?”.

Ancora silenzio.

Una questione di famiglia.”.

Non ci parlammo più per il resto di quella giornata, e anche io smisi di provare rimorso per aver appena detto la più grande menzogna della mia vita.

Piuttosto nel giro di pochi giorni mi ero parecchio affezionato a Marvin e lo stesso valeva per lui, era sempre molto felice di potermi raccontare del suo paese d'origine.

Alcuni mafiosi in quel luogo portavano addosso delle collanine, degli anelli, che tenevano come portafortuna. Dove c'è ignoranza o poca razionalità abbonda la superstizione, così speravano di essere protetti. Io lì ero l'unico a chiedermi dell'utilità di quelle cose, ma in fin dei conti erano interessanti, ognuno era di provenienza diversa e ognuno aveva caratteristiche curiose, così chiesi a Marvin dei portafortuna Giapponesi.

Oggi ti interessa la superstizione, Beyond? Beh, i Giapponesi sono molto superstiziosi, hanno portafortuna per ogni cosa, ad esempio anche gli origami possono diventarlo: si dice che se fai cento origami a forma di gru poi potrai esprimere un desiderio. Poi c'è il tanuki, è un cane procione che viene usato come portafortuna nelle case... e poi ci sono anche quelli contro il malocchio.”. Io lo ascoltavo sempre con molta attenzione, ricordando ogni dettaglio di ciò che diceva. Oramai sapevo leggere molte cose in Giapponese e la cultura mi affascinava sempre molto, forse perché così diversa da quella Occidentale.

Oggetti contro il malocchio? Ad esempio?” “Beh... il primo esempio che mi viene in mente sono le wara ningyo...” “Wara ningyo? Cosa sono?” “Sono bamboline di paglia che si appendono alle pareti con un filo e un chiodo, anche io mi divertivo a farle. Magari posso insegnare anche a te, basta solo che mi procuri il materiale quando andrai a fare la spesa.”.

Ero sempre io a occuparmi delle cibarie. Rodd mi dava il denaro necessario e poi io andavo nel primo supermercato che trovavo per procurarmi tutto il necessario. Andavo sempre io perché non ero conosciuto nella zona, non potevo risultare sospetto e nessuno mi avrebbe mai fatto del male.

Quel giorno decisero di farmi accompagnare da Kevin per fare la spesa. Quel ragazzino era stranamente silenzioso, sembrava quasi che cercasse di tenere segreta persino la sua esistenza, ma probabilmente si trattava solo di timidezza, in fin dei conti non avrei mai potuto trovare una persona più difficile di L. Mi parve strano che in quel momento il mio pensiero volasse a lui. L era stato forse il mio unico vero amico, tutti gli altri probabilmente si erano già dimenticati di me e probabilmente proprio in quel momento stavano pensando solo a cosa fare quel giorno dopo i compiti.

Eppure anche se L era stato mio amico mi aveva privato di molte cose importanti ed era per questo che avevo deciso che un giorno gli avrei fatto vedere chi era il migliore tra noi due, gli avrei fatto vedere che non avrei mai potuto farmi trattare come una stupida copia senza valore.

Perdendomi nei miei pensieri e nelle mie promesse minacciose quasi mi ero dimenticato della presenza dell'altro ragazzino e che quel silenzio stava diventando troppo pesante.

Ehi... Qualcosa non va? Non hai ancora detto una parola...” mormorai esitante. “Sto bene. Anche tu non hai detto nulla finora, no?” “Beh, allora perché non parliamo un po'? Insomma, non credi che sia troppo pesante questo silenzio?”.

Silenzio, ancora.

Ti faranno qualche regalo?” mi chiese all'improvviso. “Regalo?”. Kevin si fermò all'improvviso e con un gesto goffo e infantile mi indicò un punto in alto. Guardai il suo dito così sottile e poi ciò che stava indicando. Era una luce rossa, poi verde, poi blu, poi gialla. Una luce di Natale. Mi fermai qualche secondo ad osservarla come immobilizzato, poi sorrisi tristemente. Mi ero praticamente dimenticato di feste come quella. In effetti il Natale è una festa che si festeggia in famiglia, con le persone cui si è affezionati e nonostante il freddo pungente non mi era tornato in mente quell'evento.

Io non ho più il mio papà, ma la mamma sì. Ecco perché sono qui.” disse il ragazzino coperto quasi totalmente da una logora giacca grigia. “Non capisco, che c'entra col fatto che sei qui?” “C'entra perché il mio papà era nella mafia ed è stato ucciso da quelli del clan rivale e allora mamma mi ha detto che dovevo vendicarlo. Io all'inizio non volevo, poi però ho cambiato idea.” “Ma sei troppo giovane! Non puoi immischiarti in queste faccende!” “Anche tu sei piccolo.”.

Mi bloccai.

Ma per me era diverso, no? Io dovevo fuggire, non potevo rimanere alla The Wammy's House.

Non so perché ma all'improvviso sentii un sentimento fastidioso salirmi, un sentimento che mi faceva sentire più freddo.

Un sentimento chiamato nostalgia.

Ma che avevo da rimpiangere? Io in quel posto non avevo avuto una vita come la volevo, all'inizio poi fui trattato malissimo, eppure lì non sentivo il bisogno di pensare al futuro, potevo anche starmene a bighellonare tutto il giorno, ovviamente dopo aver fatto i compiti.

Sì, anche la scuola mi mancava, anche le risate di fronte agli errori dei professori... Sorrisi, ma stavolta non ero triste, stavolta ero davvero motivato a compiere quel lieve movimento che spinge in alto gli angoli della bocca.

Finalmente arrivammo a destinazione, un piccolo supermercato di periferia in una zona malfamata e quasi del tutto inabitata, persino le cassiere all'interno non erano dello stesso livello di quelle che si trovavano al centro della città.

Prendemmo tutto ciò che c'era sulla lista che ci era stata data, cibi di vario tipo e altre cose di primaria utilità, ma poi il mio occhio cadde su un altro reparto che non conteneva cibarie bensì roba per il bricolage. Mi avvicinai chiedendo a Kevin di aspettarmi e poi presi un po' di paglia, un filo rosso, un chiodo e li aggiunsi al nostro carrello. Il ragazzino accanto a me era sorpreso: “A che ti serve quella roba?” “Poi vedrai.” gli dissi.

Andammo a pagare da una scorbutica cassiera dai capelli rossi e corti, truccata in maniera fin troppo pesante, poi tornammo al covo.

Ben tornati! Quanto ci avete messo?” chiese Rodd. Senza rispondere aprii una delle buste ed estrassi le cose che avevo preso anche se fuori dalla lista, così le diedi a Marvin. Lui mi guardò stupito e dopo i convenevoli ci sistemammo al tavolo e mi spiegò per bene come fare per costruire una di quelle wara ningyo. Venne fuori una bambolina che assomigliava a una piccola croce di paglia o a una bambola voodoo, era tenuta insieme dal filo di lana rosso che avevo preso e sempre un altro pezzo di quel filo le partiva dalla testa per andare ad arrotolarsi vicino al chiodo in modo che potesse essere appesa.

In quel momento mi sentii tanto un bambino fin troppo contento di fronte ad un giocattolo nuovo.

In effetti, mio caro lettore, che senso aveva tutta quella felicità? Tutta quella serenità? Potevo provare quelle sensazioni persino vivendo nella mafia, persino vedendo ogni giorno persone che sarebbero morte? Oramai avevo sviluppato un'insensibilità tale da essere così inumano, un demone della morte, ma un demone è malvagio, un demone è felice di fare il male.

No, non ero un demone, un Dio della morte, ecco cosa ero. Un Dio che non vorrebbe essere tale, un essere che ha qualcosa di diverso dalla nascita, da prima della nascita, un Dio che vorrebbe vedere la morte del mondo.

Ha senso tutto questo?

No, non ce l'ha, ma pare che nulla a questo mondo abbia senso, mio caro lettore. Ha senso il fatto che tu ora stia leggendo questo quaderno? Ha senso il fatto che tu sia lì, che tu sia nato? Sarebbero bastati pochi secondi, pochi fattori per impedire la tua (ma anche la mia) nascita.

Eppure tu sei lì e sei proprio tu, non qualcun altro, tu con il tuo aspetto e il tuo carattere, ma proprio quelli sarebbero potuti essere diversi anche per un solo cromosoma differente, sai?

Ma le persone che sono sulla faccia della Terra cambiano sempre qualcosa, alcune cose sembra quasi che sia il destino a muoverle, come l'incontro tra due individui, il trovarsi al momento giusto nel luogo giusto (o al momento sbagliato nel luogo sbagliato)... Pensare che tutto ciò che accade sia sempre un caso, riesci a pensarlo mio caro lettore? Quante cose cambierebbero se al posto tuo ci fosse qualcun altro nato dai tuoi stessi genitori?


Avvertii un leggero brivido. Quel discorso era spaventoso, non che avessi paura, ma ammetto che non potevo essere del tutto indifferente.


All'epoca ero fin troppo ingenuo. Certo, desideroso di vendetta, ma ancora fin troppo ingenuo. Mi interessava ancora troppo della vita degli altri, ero davvero interessato a quel ragazzino che mi accompagnò a fare la spesa, fin troppo.

Mi interessavano troppo i ricordi e le cose che mi ero lasciato dietro nonostante tutto quello che avevo passato.

Ma la trasformazione sarebbe avvenuta, molto presto, avrei cominciato a vedere le persone come pezzi per comporre il mio puzzle.

Dopotutto, tutti gli esseri umani alla fine muoiono.

____________

Authoress' words

Ma tu guarda! Non trovo una rete Internet disponibile neanche a pagarla eppure ogni domenica appare magicamente! Che sia volere divino che io pubblichi? Può darsi! E allora eccomi qui puntualissima.

Sì, lo so che questo capitolo è un po' fuori contesto e probabilmente inutile quanto noioso per voi lettori, ma non so perché mi andava di nominare la parola "Natale"... Sì, lo so, adesso penserete che io sia un'imbecille totale.

Comunque il pericolo della pubblicazione è aggirato: il 17 sarò in Italia con una chiavetta Internet formidabile e riprenderò a svolgere la mia attività preferita, scrivere cose inutili nelle recensione delle storie che leggo!

Sapete, è successa una cosa che mi riempie di orgoglio! Ho preso la chitarra acustica di mio padre e mi sono messa a suonare e cantare la canzone Zombie dei Cranberries e credo di aver cantato troppo forte perché appena  ho terminato l'esecuzione si sono alzati un sacco di applausi! Ho già cominciato la mia carriera pare...

Bene, a parte questo e il fatto che mi manca da matti Kinder (la mia chitarra elettrica) credo di non avere altro da aggiungere.

A domenica prossima!

Any

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Capitolo 13
*** Theme 58. Tokei no Hari no Oto ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Dopo poco, come previsto, morirono le persone che mi erano vicine. Morì Kevin, morì Marvin, entrambi in una sparatoria. Alla morte del secondo inizialmente mi comportai come gli altri si aspettavano da me: ero mogio, non mi andava di uscire, ma poco dopo mi resi conto che questo tipo di atteggiamento non mi era naturale, era come una recita. Nonostante tutto io stavo bene, per me era normale, non c'era nulla di nuovo, nulla di doloroso.

Ecco, è qui che la gente mi ha definito inumano.

Fastidioso, non trovi mio caro lettore? Eppure non reagivo, non facevo nulla per dimostrare il contrario.


Anche io venivo spesso definito così anche se per ben altri motivi, ma pareva che a B quella definizione desse più fastidio che a me. Alla fine io mi ci ero abituato, non potevo fare molto per evitare di essere chiamato così, perciò tendevo ad ignorare in silenzio i commenti negativi.

Ma in effetti ignoravo quasi tutto ciò che mi accadeva intorno osservando silenziosamente e senza intervenire.


Giorno dopo giorno osservavo nuove persone morire, vedevo immagini con nomi che mi obbligavano ad osservare, un secondo prima potevo vedere, un secondo dopo tutte le informazioni sparivano.

Perché?

Grazie ai miei occhi potevo vedere i nomi degli esseri umani, solo di quelli. Quando una persona muore cessa di essere un essere umano, non è più nulla se non un corpo senza vita, fermo, immobile.

So che questo va contro ogni morale, da ragazzino mi veniva sempre ricordato che bisognava avere rispetto per i morti, ma alla fine preferivo avere una mia idea, non seguivo quasi mai ciò che mi veniva detto dagli altri, di solito annuivo per cercare di rassicurare i miei interlocutori, ma quasi mai prendevo sul serio le loro parole.

A qualsiasi essere umano sembrerò un mostro, un essere davvero spregevole, ma mio caro lettore, non interromperai la lettura per questo? È proprio adesso che viene il bello.

Passavo le mie giornate vedendo sempre più persone morire, vedevo spesso maltrattare i cadaveri degli avversari del mio clan e forse proprio per questo ho sviluppato una grande insensibilità alla morte: sapevo che tutti gli esseri umani prima o poi sarebbero morti, sapevo che la stessa sorte sarebbe toccata alle persone cui potevo voler bene, sapevo che la stessa sorte sarebbe toccata a me.

E poi in fin dei conti una persona che muore è una persona che smette di soffrire.

Non mi interessava di vivere a lungo, ma solo abbastanza per fare ciò che desideravo.

Uno come me non si poteva di certo permettere di morire in maniera banale, no?

Ma l'unico modo per stabilire la mia morte era il suicidio, ma uno semplice non andava bene, troppo scontato per uno come me e poi non sarebbe servito a niente.

Il tempo passava parecchio lentamente, ma comunque non si arrestava e quando ebbi 18 anni decisi finalmente di abbandonare il clan mafioso. Se speravo che dopo tutto quel tempo avessero un po' di fiducia nei miei confronti mi sbagliavo di grosso dato che di solito un clan non lo si può abbandonare se non rischiando la propria vita.

Decisi di servirmi di un trucchetto: fingere di morire, in fin dei conti ero un bravo attore.

Andai da Rodd pallido in volto, con gli occhi stravolti, sudando freddo.

Ehi, Beyond, che diavolo ti prende?!” chiese quello tra il divertito e lo spavento.

S-sto per morire...” balbettai prima così piano che non riuscì a sentirmi e poi lo urlai con aria terrorizzata. “Ti sei visto allo specchio?”.

Eh già. Loro non sapevano che io ero l'unico di cui non riuscivo a vedere la durata vitale, quindi poteva andare bene così.

Come previsto Rodd mi disse di non preoccuparmi, che mi avrebbe protetto lui utilizzando i suoi uomini e finsi di credere alle sue parole, così uscii come al solito per recarmi in una di quelle zone malfamate e comprare il sostentamento. Mi aveva accompagnato uno di quei tipi che in sostanza non servono a nulla, solo a svolgere qualche commissione ed ero tranquillo dato che avevo scelto io quella persona: non importava dopotutto che qualcuno fosse presente, in fondo quel tipo sarebbe morto quel giorno stesso a giudicare dalla sua durata vitale.

Mi tallonava con aria sospettosa mentre io passeggiavo tranquillamente per la strada. Ogni tanto mi voltavo a guardargli sulla testa, ma sembrava che la sua vita non si accorciasse mai.

Strano.

Continuavo a camminare e dopo aver preso ciò che dovevo comprare cominciai a tornare al covo.

Perché non moriva?

Improvvisamente un pensiero improvviso e chiaro, come un fulmine durante una notte senza luna.

Non moriva perché sarebbe stato assassinato e il suo assassino non aveva ancora deciso di ucciderlo.

Il suo assassino ero io.

Esitavo, in fin dei conti non avevo mai ucciso prima di allora, anche se ancora avevo la spiacevole sensazione di essere stato io a fare fuori Any, ma ciò era impossibile, non potevo essere impazzito fino a quel punto.

Eppure pareva che fosse così.

Ma come potevo ucciderlo? Insomma, avevo un coltello con me, ma lui aveva una pistola, avrebbe potuto difendersi anche meglio di me.

Improvvisamente mi rivolse la parola chiedendomi il perché mi doveva accompagnare.

Vedi, io non sono un assassino e non riuscirei a difendermi. Pare che oggi debba morire, ma servo ancora all'organizzazione, non posso andarmene già.” “Beh, non che ci voglia molto a usare una di queste...” disse prendendo in mano la sua pistola.

Non ci potevo credere! Quel tipo era davvero talmente stupido da offrirmi così l'occasione per ucciderlo? Lui non sospettava minimamente che potessi fargli qualcosa, e per questo prima di agire stetti qualche secondo in silenzio per poi sorridere con aria di sfida: “Davvero? Io non ne ho mai tenuta una in mano, mi faresti provare?” “Ma come, in mezzo alla strada?” chiese lui ridendo, per mia fortuna l'aveva preso come un gioco. “Sì, tanto qui non c'è mai nessuno e poi è pure notte! Mirerò a quel bidone lì in fondo, vediamo se sono capace.” dissi ancora.

Pochi secondi ancora.

Cinque.

Mi passò la pistola.

Quattro.

La puntai contro il bidone.

Tre.

Cambiai improvvisamente mira.

Due.

Un colpo partì verso di lui e lo prese in pieno petto.

Uno.

Cadde a terra con un tonfo e l'espressione di chi non si è reso conto di ciò che è accaduto.

Zero.

Spirò.


Questa poi. Un omicidio compiuto non per volontà di compierlo ma perché era destino. In effetti se non lo avesse fatto sarebbe dovuto tornare al covo senza aver risolto nulla. È proprio vero che in queste organizzazioni si entra col sangue e si esce allo stesso modo.


Rimasi qualche secondo immobile a fissare quel corpo. Non provavo terrore o angoscia ma semplice curiosità. Ero riuscito ad impedire a una persona di compiere tutte le sue azioni future, con un semplice gesto e qualche secondo di tempo, ero riuscito a cancellare una vita umana.

Sfregiai quel volto con un coltello, lasciando dei disegni che avevano l'aspetto di vari oggetti, in modo da renderlo irriconoscibile da subito, poi, facendo attenzione a non lasciare impronte, lo caricai nell'auto che avevo comprato due anni prima e cominciai a guidare.

Semplice il mio piano, vero mio caro lettore?

Mi sentii liberato di un peso, ma non era finita lì. Portai la mia auto dal lato opposto della città per poi darle fuoco, in questo modo avrebbero creduto davvero alla mia morte anche senza trovare il mio cadavere.

Mi fermai, scesi, cosparsi il veicolo di benzina presa dal serbatoio con un tubo e poi accesi un piccolo pezzetto di paglia che gettai sul cofano.

Dopo pochi secondi tutto divampò e non potei evitare di sorridere vedendo come una piccolissima scintilla potesse causare un grande incendio.

Conosci i tarocchi, mio caro lettore? Chi non li conosce crede che la carta della morte abbia valenza negativa, ma in realtà è il contrario e sai perché?

Perché ogni fine è anche l'inizio di qualcos'altro. La morte indica il cambiamento, positivo o negativo che sia.

Bene, per me quell'incendio aveva la stessa identica valenza di quella carta.

Nella notte la luce era ancora più intensa e io la fissavo come incantato mentre un sorriso malvagio si dipingeva sul mio volto.

Dopo poco mi voltai e abbandonai quel luogo desolato a piedi.

Probabilmente mi sarei procurato una nuova auto, anche vecchia andava bene, l'importante era portare a compimento il mio piano.

E magari elaborare un modo per causare qualche guaio ad L.

Non avevo deluso le sue aspettative: ero diventato davvero un assassino, adesso lo sapevo con certezza mentre la faccenda di Any era ancora avvolta nel mistero.

E poi L era uno che amava le sfide, potevo non accontentarlo? Si trattava di me dopotutto, l'unico amico che avesse mai avuto.

Avrei dovuto informarmi un po' di più sul suo conto per sapere con certezza come era diventato in tutto quel tempo il mio avversario prima di andare avanti.

Di certo non mi ero dimenticato della promessa che avevo fatto.


Purtroppo già era giunta l'ora di abbandonare nuovamente il quadernetto, ma sarei tornato presto.

Adesso ne avevo la conferma: B era un folle, un pazzo che aveva ucciso solo perché era stato stabilito che sarebbe andata così, ma in fin dei conti aveva tutte le motivazioni per poter impazzire davvero anche se non quelle per essere un serial-killer.

La linea che separa la giustizia dal crimine è quasi invisibile dopotutto.

______________

Authoress' words

Caspita! Non mi ricordavo fosse così il capitolo! Però mi piace! Bene, basta dire cretinate, sono in bilico su un'altalena e rischio di buttare giù il pc e me stessa, quindi vi saluto e non aggiungo altro.

A domenica!

Any

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Capitolo 14
*** Theme 11. L's Theme B ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.

 

Avendo sempre più cose da fare in quei giorni non riuscii nemmeno ad avvicinarmi al diario di B e intanto l'incontro tanto atteso da me e Mello si avvicinava. In effetti non potevo dire di saperne molto più del mio compagno sul conto di L dato che una persona dall'infanzia all'età adulta può cambiare anche radicalmente.

Il giorno tanto atteso giunse.

La mattina aveva piovuto e l'erba del giardino si era bagnata odorando più intensamente. Sembrava che Mello stesse per esplodere, ma non poteva sfogarsi nemmeno con Matt e forse quella era la prima e ultima volta che accadeva una cosa simile. Quei due erano davvero molto uniti sotto questo aspetto, ognuno sapeva quasi ogni cosa dell'altro e alla fine riuscivano a comunicare quasi in codice, si capivano solo tra di loro. Poteva sembrare che fosse solo Mello a guadagnarci da quella amicizia, ma non era così.

Io stavo tranquillamente affacciato alla finestra a fissare lo spazio antistante il cancello con sguardo assente. Rimanevo immobile a osservare ogni minimo dettaglio di ciò che potevo guardare: le gocce di pioggia che ancora cadevano, superstiti di una battaglia persa contro il tempo, osservavo i fili d'erba che ondeggiavano sotto il vento e il sole pallido che riscaldava a malapena tutto ciò che era sotto di lui.

E poi un'auto nera, di quelle che non tutti potrebbero permettersi, un uomo anziano che scendeva per aprire la portiera.

Non potei osservare ancora per vedere i nostri ospiti che la porta della stanza si spalancò e Roger disse a me e Mello di seguirlo sotto gli occhi preoccupati di Matt. Probabilmente aveva capito che c'era qualcosa che non andava nella nostra scusa.

“Andiamo nel tuo studio?” chiese Mello. Roger non rispose, si limitò a camminare lungo il corridoio, salire una scala, superare la biblioteca ed estrarre una chiave dalla propria tasca per aprire il catenaccio che bloccava una porta che si apriva su un corridoio pieno di porte con sopra incise delle lettere.

“Ma qui è vietato entrare!” obiettò di nuovo Mello. “Sì, ma probabilmente si troverà più a suo agio, poi ne capirete il motivo. In ogni caso qui non vi potrà disturbare nessuno, nemmeno io dato che vi lascerò soli.” spiegò l'anziano con voce stanca.

Un piccolo scatto aprì la porta, poi entrammo nel corridoio. Avevo risistemato i fogli di carta come erano in origine perciò Roger non si rese conto delle mie visite così frequenti in quel luogo. Mello si guardava intorno meravigliato da quell'ambiente, finché non ci fermammo davanti ad una porta ben precisa, quella dove ci fece fermare Roger. Allungò una mano e staccò via il pezzo di carta che si trovava nella parte alta lasciando vedere chiaramente una L intagliata in carattere gotico.

“Benissimo. Adesso vi lascio. Buona fortuna, cercate di fare bella impressione.” si raccomandò poi. Il biondo annuì con decisione, io continuavo a mantenere la mia tranquillità apparente e non risposi.

La porta si aprì sotto la spinta dell'uomo e noi entrammo. Ci fu qualche secondo di silenzio e poi una voce allegra e cordiale attrasse la nostra attenzione.

“Buongiorno! Eccovi qui, finalmente vi vedo di persona. Ho sentito parlare di voi.” esclamò l'anziano che avevo visto poco prima. Aveva i capelli bianchi e dei baffetti che gli davano un'aria molto gioviale. Era molto elegante e ciò trapelava non solo dal suo abbigliamento, ma anche dai su0i gesti e dai suoi modi di fare. Mello diede segno di riconoscimento di fronte a quell'immagine, come se l'avesse già vista, così anche io cercai di ricordare.

Improvvisamente mi venne in mente: era lo stesso uomo raffigurato nella fotografia sulla scrivania di Roger, era Quillsh Wammy, il fondatore della The Wammy's House nonché Watari, l'uomo che si trovava costantemente al fianco di L e l'unico a poterlo contattare.

“Salve signor Wammy.” disse Mello con sicurezza. “Oh bene! Sai già chi sono, eh? Questa non me l'aspettavo, mi fa molto piacere. Allora anche io devo dire i vostri nomi. Mello e Near, vero?” “Sì, io sono Near.” parlai per la prima volta quel giorno. “E io sono Mello.” si affrettò ad aggiungere il mio compagno.

“Bene, le presentazioni sono fatte, credo che sia il momento di farvi incontrare L, giusto?” “Sì, dove si trova?”. La lettera M come al solito era estremamente frettolosa e non riusciva a trattenersi dal mettere fretta anche agli altri. “Un momento, adesso lo chiamo.” disse Watari estraendo un telefonino. Premette un solo tasto ed attese senza neanche posizionare l'apparecchio vicino all'orecchio.

Possibile che L fosse talmente prudente da mandare prima quell'uomo per accertarsi delle nostre identità? Davvero non sapevo cosa pensare di lui. Sarebbe stato uno di quei classici detective seri, di quelli che non si possono nemmeno trattare con confidenza? O forse una persona più comune, un uomo nella media?

La porta si aprì nuovamente e semplicemente, una semplicità che stonava con l'atmosfera che si era creata, forse avevamo fin troppa aspettativa, tanto da pretendere un'entrata originale, un'entrata ad effetto.

Ma pochi secondi dopo rimasi comunque molto stupito.

La persona che stava entrando tranquillamente e con naturalezza corrispondeva esattamente alla descrizione di B, ma la descrizione di B risaliva ad anni prima: era un ragazzo ventiquattrenne alto e magrissimo, aveva capelli corvini spettinati, occhi neri come l'inchiostro e occhiaie profondissime che gli fornivano uno sguardo tagliente. Aveva addosso una maglietta bianca e dei jeans sbiaditi, un abbigliamento semplice e che lasciava trasparire una quasi totale noncuranza al riguardo. Stava leggermente curvo su sé stesso mentre si mordicchiava l'unghia del pollice guardando prima me, poi lo sguardo stupito di Mello, poi Wammy, poi la stanza e ancora Wammy.

“Grazie di tutto, Watari. Puoi andare.” disse con una voce profonda e distaccata, quasi piatta. Non lasciava trasparire troppo le proprie emozioni.

“Benissimo, allora vi lascio.” replicò l'altro adulto dirigendosi verso la porta e scambiandosi con il più giovane tra i due.

Ci fu qualche secondo di silenzio e di pura osservazione, noi fissavamo lui e lui fissava noi continuando a mordicchiarsi l'unghia.

“Sei tu L?” chiese all'improvviso Mello. L'altro lo fissò lievemente stupito da una domanda così diretta, per cui rimase qualche secondo in silenzio, poi si limitò a rispondere: “Sei tu Mello?”.

“Ah... Sì.” rispose la lettera M presa in contropiede. “Davvero? Allora ho indovinato. Allora se tu sei Mello tu sei Near.” disse guardando me. La sua non era una domanda, era un'affermazione, ma mi sorpresi a rispondergli ugualmente con un flebile “sì”. Sembrava vagamente soddisfatto per aver indovinato, rimase ancora qualche secondo ad osservarci, poi si voltò di scatto, si avvicinò alla scrivania e tagliò una fetta di una torta che non avevo notato fino a quel momento. Si rivolse verso di noi e sembrò quasi stupito del fatto che fossimo ancora lì, poi come ricordando qualcosa si voltò ancora. “Ne volete un po'? È alle fragole e al cioccolato.”. Ovviamente Mello accettò l'invito, io nell'esitazione declinai l'offerta. L se ne stava tranquillo come se in quella situazione lui non dovesse fare nulla, sembrava essere concentrato di più sul suo dolce che su di noi. Afferrava il cucchiaino con sole due dita per mangiare la torta e notai che allo stesso modo teneva anche il piattino e tutte le altre cose, come se non avesse voluto toccarle. Attese ancora qualche secondo in silenzio e poi ci guardò di nuovo. “Lo sapevo... abbiamo problemi a rompere il ghiaccio. A dire la verità sono venuto qui per prendere dei documenti e distruggerli, ma in fin dei conti non mi sembrava una cattiva idea quella di incontrarvi.” “Documenti? Che tipo di documenti?” chiese Mello con la sua solita impertinenza. Sembrava che prima di dire una qualsiasi frase L dovesse ragionarci su, quindi aspettò ancora e poi rispose. “Foto. Foto che mi raffigurano, non devono esistere per come è la situazione in questo momento. Immagino voi sappiate a cosa mi riferisco.” “Sì, sicuramente al caso Kira, non è vero? Ha bisogno di un volto e di un nome per uccidere.” intervenni io. “Esattamente.” rispose non dando il tempo a Mello per intervenire. Il biondo non sopportava l'idea che io dessi una risposta prima di lui.

“Ma non è di questo che dobbiamo parlare, vi prego di non farmi domande al riguardo.” “Ok, però una cosa te la voglio dire.” disse finalmente Mello. “Cioè?” chiese l'altro curioso. “Voglio parlare con te, ma senza la presenza del... di lui. Potremmo parlare separatamente?” “È possibile, ma vorrei sapere come mai vuoi una cosa del genere. Siete compagni, come mai preferisci essere solo con me? Di solito un appoggio morale è gradito.” “Beh... Non siamo in buoni rapporti.” mormorò il biondo sempre meno sicuro di sé. “Ma davvero? E per “non siamo in buoni rapporti” intendi “complesso d'inferiorità”, vero?”. Mello rimase qualche secondo immobile, l'espressione perplessa, aggressiva, controllata. “Sì.” si arrese infine. “Ma tu guarda e pensare che quelli che vennero scelti prima di voi erano così in buoni rapporti... quasi innamorati direi.” disse guardando il vuoto con il dito appoggiato alle labbra. “Sì, già che ci sono voglio vedere le loro stanze dopo, sono anni che non metto piede qui, anche se questa è camera mia quasi non la ricordavo, ma in effetti per me non esiste quasi più il concetto di casa...”. Il mio pensiero non poté non andare al diario dato che L aveva detto la stessa identica cosa di B e per di più voleva anche visitare la stanza di quest'ultimo.

“Che fine hanno fatto i vecchi successori?” chiesi, se avessi mostrato di sapere già sarei risultato sospetto.

“Una si è suicidata, o forse è stata uccisa, non lo si sa ancora, l'altro era BB.” “BB?! Vuoi dire proprio il serial killer che ha ucciso tre persone a Los Angeles?” chiese Mello all'improvviso. “Sì, quello. Ovviamente all'epoca non era così, anzi, direi che è stato il mio primo amico e che mi ha aiutato qualche volta. Mi è dispiaciuto doverlo arrestare...” disse con un'espressione sinceramente dispiaciuta. “Mi racconteresti la storia del caso di Los Angeles quando saremo soli?” chiese Mello con un entusiasmo di cui L fu sorpreso. “Si può fare, ma non ho così tanto tempo a disposizione, soprattutto se ci separeremo.” “Non importa, mi accontento! Allora iniziamo subito.”. L annuì e mi chiese gentilmente di uscire dalla stanza sedendosi in una posizione decisamente insolita, potrei definirla “fetale”.

“Torna tra un'ora, Near.” “D'accordo, L.”.

Fuori dalla stanza mi fermai qualche secondo fermo dov'ero. L stava per raccontare a Mello una storia che stavo per leggere, non tutta la vita di B ma solo la sua fine.

Sinceramente non mi aspettavo che proprio il più grande detective del mondo fosse ancora così, ancora tanto infantile per certi aspetti, ma soprattutto ancora così strano.

Chi avrebbe mai potuto dire che uno come lui mangiasse tanti dolci, che si sedesse in quel modo, afferrasse gli oggetti utilizzando solo due dita, avesse delle occhiaie così profonde e un modo di fare così contraddittorio? Sembrava quasi distratto in ciò che faceva, ma dimostrava di possedere un'intelligenza tagliente, non poteva trattarsi che del vero L.

Per qualche secondo mi venne la tentazione di infilarmi nella stanza di B, ma sarebbe stato da incoscienti, decisamente pericoloso avventurarmi in un luogo simile: come avrei potuto spiegarlo se mi avessero trovato proprio lì? E poi se mi avessero trovato col diario sarebbe stato ancora più difficile uscirne fuori.

No, era decisamente da evitare.

Decisi di tornarmene in camera, in fin dei conti Matt non mi avrebbe fatto domande, l'unico cui avrebbe chiesto qualcosa era il suo migliore amico, sicuro che sarebbe stato sincero molto più di me.

Tornai, mi sistemai nel mio angolino sotto lo sguardo curioso della seconda M che però, come previsto, non mi chiese nulla di ciò che ci avevano detto e di quel che stava facendo Mello.

In effetti tutto era silenzioso ma non smetteva di suonare quella fastidiosa musichetta da videogioco che si diffondeva dal Game Boy Advance del ragazzo dai capelli rossi.

Decisi di ignorare quella fonte di fastidio e mi accomodai con il mio puzzle preferito, adoravo comporlo e scomporlo all'infinito, finché non imparavo a memoria la posizione dei tasselli, nonostante fossero quasi tutti bianchi, ma la parte migliore di certo non era quella.

La parte migliore era quella colorata di nero.

La parte migliore era quella L.

__________________________

Authoress' words

Ehilà gente! Sto usando a sbafo il computer di una mia amica per pubblicare perché mi è finito Internet sulla chiavetta. T_T Lei è anche su EFP e si chiama Black Nana... Sto facendo pubblicità? Sì lo ammetto... Sto facendo pubblicità ma è il prezzo da pagare per l'uso del computer...

Black  Nana's words

Non è vero! Non ti ho costretta! Io ti ho fatto pubblicità perché mi andava, perché sei la mia migliore amica e sei stata la mia beta anche se adesso non puoi per motivi vacanzieri...

Authoress' words II

Ok, lo ammetto... Non dico più bugie (ma anche questa è una bugia, come faccio?)... Comunque, visto? Ce l'ho fatta a mettere L adulto ma è stata un'impresa, veramente quindi non siate severi se non sono totalmente IC per favore...

Mello's words

Ehi, perché non sono presente più di Near in questa storia?! CI SONO MENO DEL NANEROTTOLO ALBINO DEL C***O!

Authoress' words III

Ma se ho fatto un capitolo intero... Mah, lasciamo perdere.

A Domenica prossima...

PS C'è un cross-over tra Death Note e Soul Eater in cui ho messo lo zampino insieme ad altre due ragazze. Se vi va di dare un'occhiata a me fa piacere perché io mi sono occupata della psicologia di Light Yagami ed L e soprattutto di quella di Misa-Misa (sul serio, pare che mi venga particolarmente bene e la cosa mi preoccupa...)!

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Capitolo 15
*** Theme 68. L's ideology ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Passò molto tempo, o almeno così mi sembrò, prima che Mello tornasse nella stanza con aria decisamente soddisfatta e mi dicesse col sorriso sulle labbra di andare.

Da quando in qua mi sorrideva?

Mi sollevai e me ne andai sotto lo sguardo sempre più perplesso di Matt, percorsi il corridoio con una certa fretta, in fin dei conti L aveva detto di non farlo aspettare troppo, no?

Quasi mi sembrava strano percorrere quella strada sapendo di essere autorizzato a farlo, forse per questo accelerai ancora di più il passo.

Arrivato nella stanza spinsi la porta con estrema delicatezza ed entrai. L era seduto in quella posizione decisamente anomala davanti ad una scacchiera. Feci rumore di proposito strascicando un po' i passi. Si bloccò un secondo e poi si voltò. Ogni minimo rumore lo metteva sull'attenti, faceva caso ad ogni dettaglio.

Benvenuto di nuovo.” mi disse voltandosi. Per una delle poche volte in vita mia avrei dovuto parlare senza potermi permettere troppi silenzi. Di solito ero sempre in presenza di una terza persona che parlava anche per me, ma stavolta dovevo essere io a dire tutto senza poter aspettare l'aiuto di nessuno.

Alzai il capo per guardare il mio interlocutore e per dire qualcosa, ma mi bloccai quando lo vidi tranquillamente osservare un lecca-lecca alla fragola e poi infilarselo in bocca, poi ne estrasse un altro e me lo porse. “Lo vuoi anche tu?” mi chiese con naturalezza. “No, grazie.” “Niente? Neanche prima hai voluto la fetta di torta, come mai? In fin dei conti lo zucchero fa bene al cervello, sai?” “Lo so.”. Si fermò un attimo fissando il vuoto. “Preferisci una partita a scacchi? Anche quella fa bene al cervello, ti spinge a ragionare.” disse poi e io accettai.

Mi sedetti di fronte a lui osservandolo.

Bianchi o neri?” mi chiese con gentilezza. “Neri.” risposi osservandolo girare la scacchiera. “Mello ha scelto il contrario. A lui piace attaccare, vero? A te invece piace difenderti. Avete strategie diverse e anche la vostra scelta lo dimostra dato che i bianchi muovono sempre per primi. Chi ha una strategia difensiva preferisce essere sempre il numero due.”. Rimasi in silenzio. Poteva davvero aver capito tutto questo solo da una scelta banale come il colore degli scacchi? Mosse il primo pedone attaccando immediatamente. “Anche a te piace essere provocatorio e attaccare a quanto vedo.” gli risposi. Mossi il cavallo e gli presi il pedone. “Sì, ma cerco di essere equilibrato.” disse poi mangiandomi il cavallo con un alfiere. Era una trappola per prendermi un pezzo importante. “Mi piace essere molto strategico.” aggiunse poi.

Non so neanche io come fosse possibile, ma ci stavamo studiando a vicenda tramite una semplice partita a scacchi. L si muoveva più che per attaccare per capire che genere di avversario avesse di fronte finché non fece una mossa davvero inaspettata: mandò avanti il re mettendosi seriamente in pericolo. Senza pensarci due volte spostai la mia regina. “Scacco.” mormorai. Aspettò pochi secondi, poi mi mangiò la regina con la sua. “Scacco matto.” concluse.

Rimasi qualche secondo immobile. Controllai, il mio re era appena dietro alla regina, se l'avessi mosso a destra l'avrebbe mangiato un alfiere, a sinistra un cavallo. Era davvero scacco matto. Mi aveva battuto mandando avanti il re.

Questa più o meno è la strategia che adotterò per il caso.” mi disse poi. “In che senso?” “Nel senso che prima cercherò di capire chi ho davanti, solo dopo potrò farmi avanti in prima persona lasciandomi vedere, in questo modo attirerò nel mio covo la persona che mi interessa.”.

Semplicemente una trappola per tenere d'occhio l'avversario difendendosi allo stesso tempo.

Ah, Near, volevo anche dirti una cosa.” esordì improvvisamente alzandosi. “Cosa?” chiesi. “Vorrei che tu cercassi di collaborare con Mello per quanto possibile.”.

Impossibile. Se avessi lasciato fare a Mello il massimo risultato sarebbe stato di farmi odiare ancora di più.

L, questo non è possibile. Mello adora ,la competizione e trasformerebbe in una gara persino una collaborazione.” “Ne sono consapevole, è come me: non sopporta perdere, ma soprattutto si comporta con te come se tu fossi un suo nemico, come se ti odiasse.” “Non come se mi odiasse, mi odia.” “Questo no.” mi interruppe. “Odia il fatto che tu sia il numero uno e lui il numero due, ma non odia te. Questo ancora non lo capisce e si comporta come se l'intera tua persona rappresentasse una grave minaccia, ma in realtà è solo la tua posizione in classifica ad essere un problema per lui.”.

E se anche fosse stato così? Comunque si comportava come se io e lui non potessimo esistere nello stesso luogo, come avrebbe potuto reagire a una richiesta di collaborazione?

Perché mi chiedi questo?” “Perché? Perché voi due vi compensate. Tu sei molto calcolatore, sei molto abile a ragionare a mente fredda, ma non hai quella capacità di agire prontamente in prima persona che in Mello è molto sviluppata, ma allo stesso tempo Mello non è capace di ragionare a mente fredda. Davvero non so chi scegliere tra voi due per la successione e una vostra collaborazione sarebbe l'ideale, ma tutto questo il diretto interessato non lo deve sapere.”.

Non mi era mai passato per la testa il pensiero che io e Mello avessimo potuto collaborare un giorno probabilmente lontano e in effetti era davvero come L aveva detto: non ero capace di agire così prontamente come Mello, ma come avrei mai potuto imporgli una collaborazione? Era impossibile.

Bene. Adesso mi accompagneresti in una stanza qui di fronte? Quella a sinistra.” mi interruppe.

Voleva vedere la stanza di B.

Sì.” mormorai e lo seguii fuori. Lui aprì la porta della stanza che mi aveva indicato ed entrò seguito da me. Quasi mi sentivo fuori posto ad essere lì in compagnia di qualcuno. “Me lo ricordo questo posto, era la stanza del mio secondo successore, sai? Proprio l'assassino BB di Los Angeles.”.

L si guardava intorno con aria stralunata, osservava tutto, persino il tetto meritava la sua attenzione.

Anche lui in realtà non mi odiava.” mormorò. Lo guardai, aveva un'aria persa, fissava il vuoto, poi mi guardò. “Odiava solo di essere una copia senza valore fino alla morte dell'originale. Credeva che io lo considerassi così, ma in realtà non l'ho mai pensato.”. Lo diceva con un tono freddo, monocorde.

Adesso capivo come poteva essere tanto sicuro del fatto che Mello in realtà non provava un vero odio nei miei confronti, era lo stesso rapporto che si era creato tra L e B.

L sapeva che significava essere odiato da qualcuno che in realtà si stima.

Roteando il lecca-lecca con la lingua mi guardò di nuovo. “Sei mai entrato qui?”. Ebbi un secondo, un solo secondo, di panico. In effetti cosa dovevo rispondere? Se fossi stato sincero avrei potuto mettermi nei guai, ma sarei stato all'altezza di L nel mentire?

Non capisco perché entrare qui sia vietato. È da codardi nascondere un proprio errore, la miglior scelta è ricordarlo lasciandolo vedere, ecco perché qualcuno dovrebbe entrare qui e sapere.”. Mi rassicurò sentire una simile opinione e così commisi la follia.

L'ho fatto.”. Il ragazzo si voltò sorpreso. “Davvero? Da te non me l'aspettavo.” “Allora perché me lo hai chiesto?” “Perché solo uno stupido può avere delle certezze senza informarsi. Hai trovato nulla di interessante qui?”.

Oramai avevo già confessato una volta, tanto valeva confessare la seconda. “Sì, ho trovato questo.” mi avvicinai alla sedia vi salii allungandomi verso la scatola. La presi e gliela porsi. Scesi dalla sedia, gliela tolsi di mano e cominciai a rovistare nell'interno. “Ecco. Questo.” dissi porgendogli il quadernetto. “Oh, hai già trovato il diario di Beyond?”.

Rimasi in silenzio. Come faceva a sapere già del diario? Sembrava davvero che L sapesse tutto prima ancora che gli venisse detto, ma così non poteva essere altrimenti avrebbe già saputo chiaramente chi era la persona che stava cercando nel caso più difficile della storia, avrebbe già saputo chi era Kira.

Come lo sai?” gli chiesi forse un po' troppo schiettamente. “Ho voluto io che questa roba fosse portata qui. Vedi? Tutte le cose che B aveva inizialmente dovevano essere distrutte o disperse, ma io ho voluto che fossero tenute nella sua stanza. Certo, non sapevo che poi questa sarebbe stata chiusa insieme alla mia e a quella di A, ma non mi potevo aspettare di meglio...”. Sembrava alquanto deluso, anche se dal suo tono di voce non traspariva molto.

Una persona che leggendo si immedesimasse dovrebbe solo odiarmi, dico bene? Eppure, come per te, non credo si possa dare davvero la colpa a me. Io non ho fatto nulla se non percorrere la mia strada.” disse poi.

Sì, era vero. B poteva incolpare L quanto voleva, ma in realtà si era costruito la fossa da solo, lui aveva cercato di essere identico e gli altri lo incoraggiavano a fare così e per una sua idea sbagliata di dovergli assomigliare in tutto e per tutto.

Credo di sì, non ti si può dare la colpa di tutto.” gli risposi. Sembrò quasi sollevato da quelle parole, possibile che si lasciasse confortare da me che ero a malapena un bambino?

Tu non l'hai letto?” chiesi stupendomi per la mia infantilità. “No.”. Quel monosillabo ebbe il potere di bloccarmi di nuovo. “Come mai? Chiarirebbe molte cose sul caso, no?” chiesi ancora insicuro. “Sì, ma preferirei riuscire a chiarire tutto da solo, altrimenti si perderebbe tutto il divertimento, no? Dato che di sicuro tu lo stai leggendo, immagino allora tu sappia parecchio di B, di me e di A, il tuo compagno mi ha chiesto proprio di questo, voleva conoscere una storia che ti interessasse ma che tu non potessi conoscere, un sistema per farti ingelosire suppongo.” “Sì, è tipico di lui, per questo ti dico che una collaborazione è impossibile.” “Come puoi dirlo?”.

Mi voltai e lo fissai.

Come potevo dirlo? Beh, di sicuro Mello non si sarebbe lasciato convincere e anche se fosse stato avrebbe trasformato il tutto in una sfida. Aprii la bocca per parlare ma fui fermato da uno sguardo tagliente e dalle sue parole: “Non ci hai mai provato, vero?”.

Rimasi in silenzio non sapendo davvero che dire per qualche secondo, una sensazione nuova e sgradevole per me.

No.” “Allora come puoi dirlo? Provaci e poi vedrai che accadrà. Come ti ho detto solo uno stupido può dare per scontata una cosa senza nemmeno sperimentarla e siccome sei il primo nella classifica dubito seriamente che tu sia stupido.”.

Rimasi a fissare il pavimento. Mai in vita mia qualcuno mi aveva contraddetto in maniera tanto semplice e quel qualcuno era la persona che forse un giorno avrei sostituito.

Lui continuava a fissarmi, sembrava una gara a non distogliere lo sguardo, così alla fine annuii e gli risposi: “Sì, L. Credo che tu abbia ragione. Allora tenterò, ma non posso assicurarti molto se non che non sarà facile.”.

Gli vidi fare un sorrisino accennato, uno di quelli tanto rari di cui parlava di B, li definiva meravigliosi per la loro rarità come fiori nel deserto.

In quel momento il volto del grande L era infantile e così era nel momento in cui lo salutai.

Solo in quel momento mi resi conto del fatto che prima ancora di essere il miglior detective al mondo L era un essere umano e lo stesso valeva per me. Mello poteva dirmi ciò che voleva ma anche io ero un essere umano e avevo tutto il diritto di sentire quelle piccole gemme che si chiamano sentimenti, piccole gemme che arricchiscono un essere umano rendendolo diverso dagli altri ed ecco anche perché quella classifica in quel momento mi sembrò tanto inutile.

Se siamo persone diverse, con capacità diverse perché mai dovremmo essere classificati? Si può essere migliori di altri in un campo preciso, ma non essere i migliori in assoluto e questo L lo sapeva. Se fosse stato davvero così facile il detective mi avrebbe scelto come suo successore senza esitare, invece ha guardato anche Mello, ha visto che avevamo capacità differenti, che da soli era impossibile per noi farcela.

Ma anche che insieme avremmo potuto superarlo.

____________________

Authoress' words

Ehilà!

Allora, non mi uccidete se non ho reso molto bene L dato che è difficilissimo! Dannata me che ho deciso di provarci!

Uhm... Sapete che davvero non so che dire? Forse perché ho mal di testa e non ho voglia di fare niente. Anzi, ho voglia di suonare la chitarra ma adesso non posso...

...

Ok...

Meglio che vada senza dire niente...

Bye-bye!

Any

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Capitolo 16
*** Theme 77. Saiku ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Fare un tentativo di collaborazione con Mello era un'impresa che ai miei occhi sembrava ardua, ma avevo promesso ad L che avrei almeno tentato, perciò decisi di prendere un po' di tempo, di cercare di capire se ci fosse stato qualcosa di me che a al biondo non avrebbe dato sui nervi. Non sapevo nemmeno bene perché, ma in un certo senso mi ricordava BB, in fin dei conti all'epoca la lettera M era ancora mansueta, non potevo neanche immaginare cosa avrebbe potuto scatenare in futuro pur di non collaborare con me.

Ovviamente ripresi la lettura del diario di B dopo tutto quel tempo, oramai ero in un punto cruciale: il primo omicidio consapevole.

Quando tornai nella solita stanzetta seminascosta avvertii però una sensazione diversa da quella solita, era come se potessi avvertire nell'aria che qualcun altro era stato lì di recente, come se mi fossi reso conto solo in quel momento che ciò che leggevo era vero e che i personaggi di quella storia, o almeno la maggioranza, avrei potuto incontrarli come già avevo fatto con due di loro: L e Watari. Sapevo tutto questo fin dall'inizio ovviamente, eppure l'aver incontrato il mio idolo, l'averci conversato, aveva cambiato qualcosa.

Decisi di non perdere altro tempo in questi ragionamenti e presi il quadernetto nero, sfiorandone la copertina, quasi gelosamente.

Era stato toccato da almeno altre tre persone: BB, L e chi aveva lasciato la macchia d'inchiostro.

Lo aprii e ripresi la lettura.


Da quel giorno cominciai a viaggiare anche a piedi se necessario, senza nemmeno sapere in che direzione stessi andando. Ogni volta che decidevo di fermarmi mi costruivo un piccolo rifugio dove mi sistemavo, ma solo per poche ore per poi ripartire.

Cercavo di raccogliere quante più informazioni possibili sul mio nemico come potevo, ma non mi era molto difficile: oramai la sua fama era esplosa e molto spesso si parlava di lui sui giornali. Lo chiamavano il “detective senza volto” dato che usava comunicare sempre e solo tramite un computer, con il suo logo sul monitor e la voce distorta in modo da non poter risalire in nessun modo alla sua identità. Ridevo quando vedevo persone che cercavano di immaginarsi il suo aspetto, credevano fosse un uomo di almeno cinquant'anni, sovrappeso per via della sua sedentarietà, ma L non era il tipo da starsene fermo in un posto, capace solo di dar ordini, no. Se necessario L scendeva in campo in prima persona, ovviamente senza rivelare la propria identità e prendendo le dovute precauzioni.

Fino a quel momento aveva risolto tutti i casi che gli si erano presentati davanti.

Non andava per niente bene così.

Doveva fallire almeno una volta, doveva presentarsi un caso complesso che nemmeno lui sarebbe stato in grado di risolvere.

Chi poteva esserne l'artefice se non io?

Però non potevo agire immediatamente, dovevo prendermi il tempo giusto per fare qualsiasi cosa e non essere imprudente.

Però allo stesso tempo mi andava di stuzzicarlo un po', di fargli capire che ero ancora vivo e pronto a dare il via ai giochi, ma dovevo trattenermi.

Il tempo andava avanti senza nuovi eventi, le mie giornate passavano a volte nel vuoto totale, nella nullafacenza, altre invece conoscevo persone, mi parlavano e io ascoltavo per la maggioranza del tempo. Utilizzavo nomi falsi, non potevo assolutamente permettermi di essere riconosciuto, anche se per caso.

A volte mi rinchiudevo nel mio angolino e pensavo a come fare per mettere in difficoltà L.

Qual è un caso irrisolvibile?

Quello in cui ci sono molte cose strane, che sembrano indizi ma non lo sono.

Avevo quasi tutto da pianificare, girovagando da un posto all'altro, studiavo i casi di assassini dai giornali e dalla cronaca nera.

Non riuscivo a non pensare sempre di essere circondato da stupidi, prima o poi tutti si facevano prendere, i loro piani avevano troppe falle, ma ancor più stupida era la polizia che non riusciva a venire a capo di cose così semplici.

L avrebbe risolto quei casi in due minuti, non un secondo di più, ma erano talmente facili che non meritavano nemmeno la sua attenzione.

Mentalmente prendevo nota di quei piani che sembravano migliori e intanto pianificavo.

Avrei ucciso più persone per attirare l'attenzione del mio rivale e decisi precisamente di ucciderne quattro, dato che il numero quattro in Giapponese si pronuncia “shi” che significa anche “morte”.

Sì, volevo concentrare l'attenzione sul Giappone, volevo che L prendesse al suo servizio una persona Giapponese: di sicuro non si sarebbe presentato di persona.

Avrei utilizzato tutti i brandelli della mia vita in questo crimine, di certo non mi sarei limitato ad uccidere semplicemente le mie vittime, non sarebbe stato abbastanza per attirare l'attenzione.

Non volevo solamente uccidere e non farmi prendere, al contrario, volevo che L capisse subito che si trattava di me.

Tornai a Los Angeles, non so neanche come, ma una volta lì decisi di non andarmene più.

In soli due anni che avevo passato lontano da lì era cambiata, ma di fondo rimaneva sempre quella stessa città controllata dalla mafia, densa di persone straniere che cercano di realizzare i propri sogni.


Ebbi quasi un brivido di trepidazione, oramai era giunto il momento che inconsapevolmente aspettavo fin dall'inizio: gli omicidi. Quello che avevo davanti sembrava irriconoscibile, non sembrava nemmeno più il ragazzino che aveva vissuto tutto quel dolore, sembrava un assassino, solo un assassino.

Eppure sentivo una parte di me che lo voleva giustificare, come se potessi riuscire a comprendere il motivo della sua follia. In quella situazione il suo desiderio più forte non era nemmeno quello di ricostruirsi una vita normalmente, ma di usarla come un oggetto, come uno strumento di vendetta.

L era l'antagonista, il nemico, ma non riuscivo a smettere di pensare al suo sguardo così triste mentre parlava dell'arresto di B.

Un odio a senso unico, come quello di Mello nei miei confronti. Possibile che Beyond davvero non si rendesse conto del fatto che per L era rimasto un amico e ciò che gli era successo non era nemmeno colpa sua?

Ecco perché L voleva che io e Mello collaborassimo, oltre alle spiegazioni che già aveva dato, cioè che tutto sarebbe puramente per fini investigativi, probabilmente una parte di lui desiderava che la storia non finisse allo stesso modo.

Dopotutto a quel che aveva detto L e che sapevo dai notiziari B era stato arrestato ed era stato proprio lo stesso il più grande detective del mondo ad arrestarlo.


Mi creai un piccolo rifugio anche a Los Angeles, non avrei mai deciso di tornare da dove ero venuto, anche se forse sarei stato di nuovo accolto con quella sorta di ospitalità tipica dei criminali.

Falsa come non mai.

Un piccolo magazzino abbandonato in periferia era l'ideale. Nessuno ci sarebbe mai andato dato che oramai era vuoto e tutto ciò che rimaneva erano dei sacchi di stoffa sul soppalco. Avevo uno specchio che sistemai vicino a una parete.

Era da molto che non vedevo il mio riflesso. Quasi mi stupii della mia immagine, normale. Non avevo più nulla di L, oltre alla malsana abitudine di mangiare marmellata.

Di fronte al mio riflesso non provavo alcuna emozione, come si fa di fronte a un'immagine che non significa nulla, come l'indifferenza che si prova di fronte a un passante per strada.

In quei giorni non feci nulla di particolare, uscivo poco ma mi tenevo informato su ciò che succedeva tramite giornali che sfogliavo svogliatamente e leggevo con distacco.

Era abbastanza noioso rispetto a ciò che avevo nella testa.

C'erano solo notizie inutili, cose sulla politica che mi potevano interessare ben poco, tutti gli affanni degli esseri umani per avere più denaro. Quasi mi sentivo disgustato da quella gente senza ambizioni vere. Che ambizione è accumulare denaro? L'ambizione vera è quella che ti fa seguire quello che sei e che vuoi essere, ma quella gente rinnegava le proprie idee per non perdere il posto.

Disgustoso.


Purtroppo gli esseri umani lo hanno sempre fatto, non lo sapevi, B? Potevo concordare con tutto ciò che avevo letto, anche io provavo un senso di disgusto di fronte ai codardi della politica.

Non che poi mi interessassero molto le loro gesta “eroiche”.


In ogni caso leggevo sempre tutti gli articoli da cima a fondo, studiavo ogni angolino del giornale.

Notai che c'erano molti articoli scritti dallo stesso giornalista. Il nome cambiava sempre, ma lo stile era quello, non poteva essere che lui.

Stupido.

Sperava di non far conoscere il suo nome eppure tra un articolo e un altro c'erano dei collegamenti fin troppo evidenti come il raccontare le stesse esperienze vissute più volte.

Con un computer portatile che avevo cominciai a fare delle ricerche su questo tipo, non che la cosa mi interessasse più di tanto, diciamo che era un semplice passatempo forse.

Mi infiltrai nel sito della rivista sulla quale scriveva più spesso come amministratore e da qui potei vedere la sua e-mail. Sì, era sempre la stessa nonostante i nomi sempre diversi con cui si firmava, avevo indovinato.

Riuscii a entrare anche nella sua casella di posta, c'erano numerose e-mail da parte di amministratori di siti Internet, di riviste e quotidiani che richiedevano di scrivere per loro.

Con tutti questi ingaggi doveva cavarsela bene economicamente.

Quasi per caso vidi il suo indirizzo in una delle e-mail inviate: Hollywood, Insist Street, un luogo dove non si poteva neanche passare senza avere parecchio denaro.

Da questo mi fu facile arrivare al suo nome, bastava anche un elenco telefonico on-line, chiunque ci sarebbe riuscito.

Believe Bridesmaid. Era questo il suo nome.

I miei occhi scintillarono.

Oramai avrei potuto sapere tutto di quella persona se solo avessi voluto e la cosa mi divertiva non poco.

Adesso, solo per pura curiosità decisi di procurarmi una foto del giornalista, così mi infiltrai su un altro sito Internet utilizzando il suo account e lo vidi.

Era un uomo alto, ma non si poteva definire “di bell'aspetto”. I capelli neri sulla testa erano radi, gli occhi piccoli e infossati. Però rimasi a fissare quella foto ugualmente a lungo.

Il dettaglio che maggiormente mi aveva colpito non era il suo aspetto.

Il dettaglio che maggiormente mi aveva colpito era la sua durata vitale.

_________________________

Authoress' words

Salve popolo di EFP!

Allora, che dire? Da ora in poi la storia ripercorrerà gli eventi di Another Note, quindi non ci sarà molta invenzione da parte mia, ma spero che continuerete a seguirmi comunque, anche solo per vedere come l'ho resa.

Bene, detto ciò, sapete che mi è venuta in mente la tramina per una nuova storia dopo questa? Però non potrei mai osare seguirne due insieme perché altrimenti fonderei il cervello, già questa settimana non sono riuscita a scrivere nulla, figuriamoci! Presa dall'entusiasmo per la nuova storia quasi mi dimenticherei di questa e rischierei di essere uccisa da alcuni lettori che conosco di persona (riferimento non involontario a Black Nana e Ga_chan).

Allora vi saluto e vi do appuntamento a domenica prossima come al solito! Ciao!

Any

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Capitolo 17
*** Theme 79. Light no Engi ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Avevo notato immediatamente che quella durata vitale era troppo breve, sarebbe morto in una data perfetta.

Avevo già deciso, era solo questione di tempo.

Mi sistemai con un quaderno e tracciai uno schema di quadrati, alcuni neri, altri bianchi. Scrissi le definizioni incastrando perfettamente le parole tra di loro. Mi rendevo conto della difficoltà di ciò che stavo costruendo, ma non potevo permettere che degli incompetenti come i membri del corpo di polizia decidessero di occuparsi di tutta la faccenda. Un rigo in particolare lo evidenziai, la soluzione di quel cruciverba era Insist Street 221.


Improvvisamente avevo la sensazione che B andasse quasi di fretta, come se volesse giungere all'omicidio il prima possibile, ma sorprendentemente continuava a descrivere le cose nei minimi dettagli.

Nemmeno uno come lui riusciva ad essere così freddo di fronte a ciò che segnato la svolta definitiva nella sua vita. Se prima si poteva dire solo che era vittima adesso era anche carnefice.


Il 21 luglio 2002 era una giornata molto afosa, torrida direi. Con tutta la calma necessaria per non commettere errori andai all'ufficio postale.

Avevo letto in un articolo di giornale che quando si è in fila, la coda degli altri pare sempre più rapida e notai che era vero, anche se in realtà potei vedere che non era davvero così segnando mentalmente il volto e il nome della persona che mi era accanto, che naturalmente giunse allo sportello dopo di me.

Spedii il cruciverba (ovviamente senza lasciare una sola impronta digitale) alla polizia di Los Angeles. Secondo le mie previsioni sarebbe arrivato il giorno dopo e quella era la data ideale: 22 luglio 2002.


A quel che pareva la data aveva un significato preciso eppure B non lo spiegava. Forse sarebbe stato chiarito più avanti. Lo speravo dato che non capivo nemmeno io il perché di quel giorno.


Dopo poco mi recai in una farmacia piuttosto fornita e chiesi del Propofol portando una falsa ricetta.

Per chi non lo sapesse, questo farmaco è un anestetico totale e serve normalmente per l'intubazione di un paziente. Deve essere molto potente dato che uno degli ultimi riflessi del corpo umano a sparire è quello della tosse, e se il paziente tossisse sputerebbe via il tubo, però se data in dose troppo abbondante può arrivare a far sparire anche lo stimolo del respiro e se non è il medico stesso a pompare aria attraverso il tubo, il paziente morirebbe soffocato. L'unico problema è che questo farmaco ha una durata piuttosto breve, viene bruciato dall'organismo in fretta per permettere all'uomo intubato di continuare l'anestesia solo tramite gas anestetizzante.


Rimasi decisamente perplesso dopo aver letto quelle righe. Beyond era al pari di un medico sulla conoscenza di quel farmaco, mi chiedevo come potesse conoscere tutte quelle cose. Probabilmente era bastata una ricerca, in fin dei conti quell'uomo era in grado di infiltrarsi ovunque volesse. Adesso davvero potevo comprendere perché era stato scelto come secondo successore di L: era geniale e questo era innegabile, ma il suo genio era esploso per un progetto malvagio che comprendeva le vite di persone innocenti e che era mirato solo allo sconfiggere quello che considerava il suo rivale.

Noi, nonostante fossimo i due candidati per la successione ad L, non potevamo conoscere i dettagli dei casi da lui risolti e per questo non sapevo nulla nemmeno del caso dell'assassino BB di Los Angeles.

Stavo per conoscere le stesse cose che aveva conosciuto Mello, ma non dal punto di vista del detective, bensì dal punto di vista dell'assassino. Questa era l'unica differenza, ma era una differenza fondamentale.

Mello aveva visto il bene, io avevo visto il male.

Ma potevo davvero considerarlo male assoluto?

E allo stesso modo potevo considerare L il bene assoluto?


Quasi sicuramente nessuno sarebbe riuscito a decifrare uno schema simile a quello che avevo inviato, troppo complesso.

Ebbi conferma del mio pensiero quando il 31 luglio 2002 mi recai a casa di Believe Bridesmaid con una borsa da palestra piena di roba che mi sarebbe servita e non trovai alcuna traccia di protezione per l'uomo.

Mi fermai qualche secondo ad osservare la dimora. Una casa troppo grande per un uomo che viveva da solo. Entrai nel piccolo giardino che la delimitava e mi affacciai alla finestra della stanza da letto.

Believe Bridesmaid stava seduto sul letto con aria assonnata a fissare un libro, ma non sembrava che lo stesse leggendo davvero.

La finestra era aperta, per cui non ci volle molto per introdurmi nell'abitazione. Feci un piccolo rumore di proposito e il giornalista si voltò a guardarmi.

Sì, sarebbe morto a breve.

Rimase perfettamente immobile, forse per la paura di vedere una persona in casa sua, una persona dagli occhi rossi come il sangue che brillavano nella semioscurità.

Chi sei?” mi chiese con la voce che tremava. Non risposi, ma aprii la mia borsa e tirai fuori una piccola siringa contenente il farmaco che mi ero procurato qualche giorno prima. Senza dargli il tempo di muoversi iniettai il liquido bianco nella sua vena e attesi che fosse troppo stordito per potersi muovere.

Vidi le sue pupille dilatarsi, i suoi movimenti farsi lenti finché non chiuse gli occhi come se si fosse semplicemente addormentato.

Lo fissavo rapidamente ogni tanto mentre studiavo la stanza. Era semplice, non molto grande. C'erano solo un grande letto al centro e una libreria, il tutto era piuttosto sobrio. I volumi sugli scaffali erano disordinati e c'erano parecchi spazi vuoti.

La cosa mi provocava fastidio.

Quando il mio obiettivo fu steso sul letto con un respiro fin troppo lento mi decisi a cercare qualcosa nella casa, così uscii dalla stanza e aprii un paio di stanze a caso.

L'oggetto che scelsi era una sottospecie di laccio che si trovava in bagno, così lo presi e tornai nella camera da letto della mia vittima.

Mi sistemai in modo da non fare troppo sforzo e gli sollevai il capo, stringendo il laccio intorno al collo.

La stretta fu unica, non mi ci volle troppa violenza dato che la vittima non poteva opporre resistenza.

Attesi finché non vidi il colorito cambiare e l'uomo che non emetteva più respiri.

Era stato facile, ma la parte migliore veniva in quel momento.

Dalla mia borsa estrassi un coltello, alzai la maglia del cadavere e con attenzione e lentezza estrema scelsi il punto da incidere. Tracciai le lettere XVI, LIX, MXDXXIII, CLIX, XIII, VII, DXXCII, DXXIV, MI, XL, LI, XXXI con una meravigliosa precisione. Il coltello si muoveva senza difficoltà sulla pelle di quell'uomo e il sangue macchiava tutto ciò che c'era.

Quando finii l'operazione anche io mi ero macchiato. Riabbassai la maglietta sul torace inciso, poi osservai la stanza.

Tutto quel sangue era fastidioso, ma non era ancora il momento di pensare a queste cose.

Mi avvicinai alla libreria e riempii tutti gli spazi vuoti con dei libri portati da me, finché non rimase alcuno spazio. Tra i titoli che avevo preso c'erano i manga di Akazukin Chacha! tranne i volumi 4 e 9 e un libro intitolato “Carenza di svago”.

Fatto ciò mi ritenni soddisfatto e mi avvicinai alla parete di fronte alla porta. Calcolai l'altezza del pomello con un'occhiata dall'altro lato della stanza e poi presi dalla mia borsa una wara ningyo che mi ero fabbricato e un chiodo che conficcai nel muro con colpi decisi e forti, poi legai la bambolina e ripetei l'operazione con altri tre esseri di paglia.

Ammirai il risultato della mia opera, le quattro bambole erano perfettamente una di fronte all'altra, sistemate in maniera perfetta.

Finalmente decisi di dare una pulita, così mi misi a neutralizzare ogni cosa nell'intera casa. Mi occupai della stanza rimuovendo le macchie di sangue, poi mi diressi in tutte le altre stanze a pulire ogni oggetto dalle impronte digitali.

Il tutto richiese qualche ora, ma non mi interessava. Uno stratagemma del genere porta a credere che l'assassino conosca di persona la vittima, ma non era così.

Cercavo di rendere il tutto complesso per non lasciare che la polizia mi raggiungesse.

Era L che doveva arrivare a me.

Pulii persino le prese della corrente prima di chiudere la finestra senza toccarla davvero.

Presi una corda che avevo con me e mi avvicinai alla porta.

Sapevo già che era una di quelle a pomolo, che per aprire deve essere girata. Nei giorni precedenti ero passato davanti a quella casa e mi ci ero introdotto quando il suo proprietario si trovava fuori, conoscevo i dettagli come i libri sulla libreria e quella maniglia.

Legai il filo rosso al pomolo, poi lo feci passare sui chiodi di due delle wara ningyo, quella di fronte e quella di sinistra. Uscii dalla stanza facendo passare il filo attraverso la serratura della porta.

Con dei movimenti studiati lo tirai, con calma. Piano la maniglia girò e la porta si chiuse dall'interno.

Questo era un trucco comune per fingere un suicidio, ma era evidente che un suicidio non poteva essere stato.

Diedi uno strattone e recuperai il filo rosso e salutai quella casa muovendomi con eccessiva calma.


Non sapevo veramente come commentare.

Un omicidio commesso con tale freddezza non è umano.

B vedeva le persone solo come numeri per completare il suo puzzle, era qualcosa di veramente inquietante. Anche io ero stato accusato di vedere le persone come numeri eppure credevo, anzi, ero sicuro che mai sarei potuto giungere a un livello di freddezza tanto elevato.

Non da uccidere mantenendo tanta lucidità.

Avevo visto numerosi assassini nella mia vita, ma tutti durante o dopo l'omicidio avevano il volto stravolto, non riuscivano a essere così impassibili e per questo commettevano errori.

B li chiamava stupidi, ma erano solo normali esseri umani.

Errare humanum est, no? Lo dicevano anche i Latini. Ma B non era paragonabile agli esseri umani. B era un Dio della morte, come si era definito da sé e come dargli torto? In fin dei conti il suo omicidio era tutto basato sulla sicurezza che la vittima sarebbe morta. Non pensava a ciò che stava vivendo, ma già al risultato finale.

L'unica cosa importante era battere L e non poteva permettersi il lusso di essere debole con un obiettivo simile.

Rimaneva solo da vedere se alla vittima successiva sarebbe arrivato prima un serial killer spietato, la polizia o il più grande detective del mondo.

_______________

Authoress' words

Hello!

Oggi sono impegnatissima, quasi non trovavo il tempo di pubblicare... Anche questa settimana è stata densa di eventi, sapete? Solo per dirne una hanno cercato di rapinarmi... Mercoledì mi sono attardata tornando a casa mia perché una mia amica mi aveva pregata in ginocchio di accompagnarla alla cassa del negozio dove eravamo prima di andarcene, però quella sera c'era una partita di calcio molto importante e così non c'era nessuno per strada. Io e un'altra mia amica siamo state fermate da un tipo che ci ha detto di avere una pistola e ci ha intimato di dargli soldi e telefonino. La mia amica subito ha dato tutto, io invece l'ho guardato bene: aveva le tasche vuote, la maglia aderente e le mani vuote, perciò gli ho chiesto: "Scusami, e dove l'avresti questa pistola?" e lui mi ha intimato di dargli i soldi. Glieli ho dati, poi mi ha chiesto il telefonino. Il mio telefonino è costosissimo ed è un regalo, non volevo darglielo, così mi son messa a chiedergli se potevo togliere la SIM dall'interno, con la scheda di memoria. Quello non mi rispondeva e continuava a ripetere di darmi il telefono, finché non è arrivata gente e gli ho detto: "Se non rispondi alle mie domande urlo.", così è scappato! Mi son sentita al settimo cielo!

Ok, basta coi racconti inutili... Vi saluto, a domenica prossima!

Any

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Capitolo 18
*** Theme 40. L no Kabe ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Come previsto.

La polizia probabilmente aveva rinunciato a risolvere il mio cruciverba e adesso credeva che Believe Bridesmaid fosse stato ucciso da un rivale nel mondo del giornalismo, un killer occasionale di quelli impossibili da raggiungere.

Inetti.

Se solo non avessero abbandonato tutto così e avessero osservato più attentamente... E pensare che mi ero dato la premura di lasciar loro un indizio!

Avevo già deciso la seconda vittima, una di quelle giornate uggiose in cui vagavo per la città. Il giorno in cui avevo spedito il cruciverba era a nove giorni di distanza dalla morte di Believe Bridesmaid, secondo la logica avrei dovuto uccidere dopo altri nove giorni, ma volevo confondere un po' le idee. Mi serviva un ragazzo giovane che sarebbe morto il 4 agosto con le iniziali QQ. Sapevo che non sarebbe stato impossibile trovarlo perché sapendo che sarei stato io a ucciderlo di sicuro la sua durata vitale sarebbe stata perfetta per il mio piano.

Mi piazzavo davanti a delle scuole e osservavo i ragazzi che uscivano. Non trovai nulla che mi potesse servire se non il 12 giugno, l'ultimo giorno di scuola. Tra la folla vidi quella scritta, Quarter Queen, durata vitale brevissima.

Era perfetta. A occhio le potevo dare tredici anni, non di più.

La seguii per scoprire dove abitava. Third Avenue, Downtown, un luogo povero dove mi introdussi molto facilmente per studiare il campo sul quale avrei agito.

La caccia alle vittime era un qualcosa di quasi divertente e ripensando a come avevo trovato la ragazza decisi di scegliermi la terza vittima, dovevo sapere chi sarebbe stata prima dell'omicidio in modo da lasciare un indizio per quegli idioti della polizia.

Stavolta volevo di nuovo le iniziali BB e non mi interessava minimamente di che tipo di persona dovessi uccidere. A Los Angeles non era difficile trovare una persona con i requisiti giusti, la gente era fin troppa. Non ci pensai neanche troppo, semplicemente aprii un elenco telefonico e cercai la lettera B.

B.

B come Backyard.

B come Bottomslash.

Perfetta.

Backyard Bottomslash abitava vicino alla stazione di Glass nel Westside. Inutile dire che mi recai sul posto per poterla vedere. Attesi finché non uscì di casa. Aveva circa trent'anni, impiegata di banca. La sua durata vitale era perfetta, lei era la terza vittima.

Tornai nella mia “casa” e ripresi le mie attività come se non avessi fatto nulla di importante.

Il 4 agosto 2002 mi recai a Downtown, diretto alla casa di Quarter Queen, la ragazzina che avevo visto al di fuori della scuola media. Essendo molto giovane non avrei avuto bisogno di escogitare metodi complessi per introdurmi nell'abitazione, era ingenua dopotutto.


Rimasi qualche secondo immobile, quasi non respiravo. Davvero non gli interessava di stare per uccidere una bambina? Quel modo di fare era orribile eppure non riuscivo a smettere di leggere. Una parte di me voleva sapere, la parte più debole si rifiutava di andare avanti, ma ovviamente tra le due vinse la prima. In fin dei conti anche fermandomi non potevo cambiare gli eventi già avvenuti.


Semplicemente bussai. Sapevo benissimo che era sola dato che la madre della ragazza era dovuta partire per lavoro e il padre non viveva con loro.

La porta si aprì lentamente, probabilmente era solo esitazione nel trovarsi uno sconosciuto davanti.

Salve... Lei chi è?” chiese infantilmente. “Io?” le chiesi di rimando, lei annuì solamente. “Io sono del governo. Sono qui perché so che lei è stata lasciata a soli tredici anni in casa senza un adulto e anche se il viaggio di sua madre sarà breve è illegale.” risposi imitando il modo di parlare degli scocciatori che vengono a bussare alla porta cercando di essere più convincenti possibile. Essendo così piccola avrebbe creduto anche ad una storiella del genere.

Mi scusi, ma non può parlarne con me...” mormorò. “Ma sua madre non c'è, non possiamo lasciarla da sola. Se non le spiace vorrei che mi facesse entrare, mi devo accertare delle sue condizioni di salute.”.

La ragazzina annuì e mi lasciò accomodare. Ingenua e debole com'era, non riuscì a opporre resistenza neanche quando sentì l'ago della siringa che penetrava la sua carne e il suo corpo che piano cedeva. La appoggiai sul suo letto quando la vidi totalmente incosciente.

Sinceramente non sapevo come ucciderla. Già che c'ero volevo sperimentare qualche modo diverso per porre fine alla vita di un essere umano, così non mi passò neanche per la testa l'idea di ucciderla per strangolamento.


Sembrava che B vedesse il tutto come un gioco, solo come un gioco. Stava per uccidere una persona, una ragazzina, e si permetteva anche di prendersi il lusso di cercare un mod0 diverso per ucciderla.

Erano esperimenti quelli che stava compiendo, non gli interessava nulla di ciò che stava facendo.


La casa era piccolissima, un appartamento per studenti universitari dove chissà come erano finite una madre e una figlia.

Mi ci volle davvero poco per rendermi conto della struttura e degli oggetti che si trovavano al suo interno.

Quello che più attirò la mia attenzione era uno scatolo di metallo cilindrico.

Lo raccolsi, lo soppesai con le mani.

Decisi di aprirlo per curiosità, all'interno c'erano cose inutili che per una ragazzina sono fondamentali, come le foto del cantante preferito, disegni stupidi probabilmente fatti dalle amiche.

Richiusi la scatola e mi avvicinai al corpo dormiente. La osservai per qualche secondo per poi sollevare l'oggetto argenteo e tirarlo con tutta la mia violenza sulla testa di quella ragazza.

Ripetei quel gesto più volte, fino a vedere la forma del cranio cambiata, il corpo privo di vita e il sangue che macchiava tutto.

Osservai la cosa ancora, poi girai intorno al letto.

Era pallidissima, non sembrava vera.

Tornai nella posizione precedente, mi avvicinai alla testa.

Anche se normalmente a un cadavere si chiudono, le aprii gli occhi e presi dalla mia borsa il coltello.

Con la massima delicatezza infilai l'oggetto affilato tra la palpebra e l'occhio e poi, facendo leva, spinsi quest'ultimo fuori dall'orbita.

Non era una bella sensazione vedere una cosa così appiccicaticcia sul proprio coltello, ma ripetei l'operazione anche con l'altro occhio.


Decisamente B era anormale. Non gli interessava nulla dell'omicidio che aveva appena compiuto, ma gli interessava solo del fatto che il suo coltello si stesse sporcando.

Per un individuo come lui era naturale comportarsi così, ma per me era un qualcosa di inconcepibile.

B non era umano.

Quell'uomo era andato troppo oltre il limite, si comportava come se davvero gli interessassero solo i gesti e non i pensieri, nulla.

Una freddezza malata aveva preso possesso di quel corpo.


Avevo tirato fuori entrambi gli occhi dal cranio della ragazza. Soddisfatto impugnai nuovamente il mio coltello e con precisione e violenza cominciai a distruggerli.

Stavo maciullando gli occhi rendendoli simili a poltiglia bianca. Chiunque si sarebbe impressionato a una simile visione, ma io ero razionale, io non sarei mai crollato.

Le iridi celesti erano scomparse, di loro era rimasta solo un po' di acquiccia appiccicosa.

Una volta finita l'opera anche con l'altro occhio girai il cadavere al contrario, aprii la mia borsa ne estrassi un paio di occhiali. Erano sottili, quasi invisibili. Glieli feci indossare notando che, da viva, con quelli addosso sarebbe stata decisamente più carina.

Ragazze come quella erano fatte per indossare gli occhiali.

Alzai le spalle prima di dedicarmi alla parte meno divertente del lavoro.

Di nuovo misurai l'altezza del pomello della porta con lo sguardo e mi avvicinai al muro opposto.

Poggiai un chiodo sul punto che mi interessava e con forza cominciai a colpirlo con la stessa scatola con la quale avevo ucciso la ragazza per conficcarlo nella parete.

Quando fu stabile presi una wara ningyo, legai il filo rosso che la teneva intorno al chiodo con delicatezza e attenzione.

Mi avviai alla parete di sinistra ridacchiando. Questo avrebbe fatto capire a quegli imbecilli della polizia che chi aveva ucciso il signor Bridesmaid non era un assassino occasionale.

Avrebbero finalmente capito che si trovavano davanti ad un serial killer.

E non un semplice serial killer, il migliore che fosse mai esistito perché il mio gioco era solo con L, le forze dell'ordine erano solo una piccolissima pedina, una pedina che serviva solo ad attirare l'attenzione dell'altro giocatore.

Con tutte quelle ipotesi palesemente sbagliate mi davano solo fastidio. Supponevano che ad uccidere Believe Bridesmaid fosse stata una persona che lo conosceva molto bene o che era sua rivale in campo lavorativo per via dell'accanimento contro il cadavere.


In effetti era la prima ipotesi che poteva venire alla mente vedendo un caso del genere, eppure fermarsi lì era da stupidi. Persino io avrei pensato che ci doveva essere almeno un altro indizio, liquidare il tutto come caso irrisolvibile decisamente non era professionale, e poi un assassino occasionale che agisce per rabbia commette sempre errori, tutta quella precisione doveva essere di sicuro di un omicidio premeditato.

Familiari o amici della vittima davvero non avevano detto nulla?


In ogni caso il secondo omicidio sarebbe dovuto bastare ad attirare l'attenzione di L, uno come lui non ci avrebbe messo troppo a capire chi poteva essere l'autore di quei delitti.

Di nuovo pulii ogni angolo della casa da impronte digitali, ogni punto doveva essere sterile. Pulii anche il sangue, mi dava fastidio quel colore rosso che dava alla stanza un aspetto così vivo.

Il colore naturale di quel luogo, il bianco, era così morto invece, si adattava bene con tutto.

Improvvisamente mi voltai, come se non fosse accaduto nulla uscii da quel luogo come ero entrato. Quasi come per rassicurare il cadavere gli feci un cenno della testa e come riprendendo un discorso lasciato in sospeso aggiunsi: “Allora riferirò che va tutto bene e che non c'è bisogno di prendere alcun provvedimento per lei e per sua madre, signorina.”.

Detto questo chiusi la porta e con un sorriso ironico e quasi malvagio mi incamminai per tornare al mio rifugio, per aspettare di vedere che cosa avrebbero detto e pensato quelli della polizia, per vedere entrare in azione il più grande detective del mondo.

_______________________

Authoress' words

Hello!

Caspita... siamo già al diciottesimo capitolo, ma soprattutto... Abbiamo raggiunto le 100 recensioni! Quando ho iniziato a pubblicare mai me lo sarei aspettata!

In questo periodo sono stata alla larga da Internet per via di una serie di problemi e di storielle... un brutto periodo insomma, ma adesso credo che le acque si siano calmate, quindi va tutto bene!

So che probabilmente tutto ciò non interessa a nessuno, però mi andava di dirlo. u.u

Parlando della storia... W la cruenza! Da questo capitolo si può comprendere perché ho alzato il rating della storia e perché ho dovuto mettere l'avvertimento "non per stomaci delicati", una mia amica stava svenendo solo a sentire il racconto di ciò che ho scritto... E ma son pur sempre omicidi, di certo non possono esserci roselline e margheritine, no? u.u

Ok, vi saluto qui, alla prossima!

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Capitolo 19
*** Theme 46. Yotsuba Koroshi no Kaigi Shitsu ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Sembrava davvero assurdo. Quegli idioti della polizia non avevano trovato neanche il secondo indizio che avevo lasciato per loro, eppure questo era più evidente e più stupido dell'altro.

L ancora non si era fatto vivo, ma in fin dei conti sapevo che non sarebbe intervenuto per salvare Backyard Bottomslash: la durata vitale della donna era breve, brevissima. Anche se il detective fosse intervenuto non sarebbe sopravvissuta.

13 agosto 2002.

Era il momento adatto.

Prendendo la metropolitana mi recai nel Westside.

Backyard Bottomslash non era in casa, era ancora al lavoro.

Avevo con me una copia delle sue chiavi che mi ero procurato un giorno che se le era dimenticate e ne aveva estratto la copia da sotto allo zerbino. In molti lo fanno, ma così possono essere sottratte fin troppo facilmente.

Com'è stupida l'umanità.

Mi sistemai comodamente nella sua stanza da letto ad attenderla. Avevo già in mente come agire per lasciare il terzo e ultimo indizio.

Dovevo solo sperare che L scegliesse un solo collaboratore per il caso, dato che nell'ultimo luogo le persone con le iniziali giuste erano ben due.

Sempre cercando sull'elenco telefonico in una mattinata di brutto tempo trovai due persone con le iniziali che cercavo che vivevano nello stesso palazzo.

Perfetto.

Non c'era modo per capire quale delle due sarebbe stata uccisa e quale sarebbe stata risparmiata.

E se fossero morte entrambe?

Questo nessuno l'avrebbe potuto scoprire, nemmeno il mio rivale in quella pericolosa partita a scacchi.

Le due potenziali vittime erano un uomo e una donna, entrambi sulla quarantina, Blackberry Brown e Blues-harp Babysplit.


Di nuovo BB? Eppure la seconda vittima aveva per iniziali QQ e anche i giorni seguivano questo ordine: nove giorni, quattro giorni, nove giorni. Quindi forse avrebbe ucciso dopo altri nove giorni dalla terza vittima, ma non ne comprendevo il motivo.


Forse, mio caro lettore, avresti pensato che la mia quarta vittima avesse di nuovo le iniziali QQ?

Credo che sarebbe più divertente se scoprissi da solo il perché di questa mia scelta andando avanti con la lettura, non credi?

Oh, non ti preoccupare d'altro, lo scoprirai senz'altro se sei riuscito a comprendere ciò che ho narrato fin qui. Dopotutto ci vuole un po' di cervello per leggere questo quaderno.

Non saprei, credo che sia una lettura un po' pesante, stiamo parlando di omicidi dopotutto e non sto nascondendo quasi nulla, cerco di essere il più chiaro possibile.


Fin troppo chiaro, però allo stesso tempo si stava divertendo a seminare indizi, per giocare un pochino anche con il suo lettore.

Lo divertiva così tanto giocare con gli altri?

Tutto era come un gioco, tutto era come un esperimento.


Tornando a noi, L si doveva dare una mossa. Se davvero non fosse intervenuto poteva significare solo che l'avevo sopravvalutato, che era più stupido di quel che ricordavo.


No invece. L si stava solo prendendo il tempo necessario per captare quanti più indizi possibili.

Eppure era strano che ancora non fosse intervenuto anche se di solito accettava solo casi in cui i danni superavano le dieci vittime o i milioni di dollari, forse era anche normale che non si fosse scomodato per sole due vittime e solo col terzo omicidio avrebbe potuto intuire che si trattava di BB, Beyond Birthday, dopotutto se nel primo la vittima era BB, nel secondo era QQ.


Mi stavo decisamente annoiando: Backyard era in ritardo. L'avrei voluta rimproverare per questo, ma quando aprì la porta di casa sua tutto il mio fastidio sparì.

Con tranquillità accese la luce, richiuse la porta alle sue spalle ed entrò nella stanza. Io ero in un angolino nascosto, per questo non mi vide.

Le afferrai un braccio.

Gridò.

La sentii cercare di liberarsi, siccome ero dietro di lei non poteva vedermi. Squittiva frettolosamente: “Chi sei?! Lasciami andare! Cosa vuoi? Ti do tutto quello che vuoi, lasciami andare!”.

Rimasi qualche secondo fermo a osservare quella scena pietosa. Divincolarsi in quel modo non serviva a nulla, era palese che fossi più forte di lei, allora perché agitarsi tanto? Non ci arrivava a pensare che quell'atteggiamento mi infastidiva solo di più?

Lasciami! La...! Ah!” urlò di dolore quando l'ago della mia siringa le penetrò la pelle.

Allentai la presa, lei corse immediatamente dall'altro capo della stanza.

Chi sei?” chiese confusa. “Che vuoi da me?”.

Io? Io mi chiamo Beyond Birthday e sarò il tuo assassino.” le risposi con voce calma. “Cosa?! Perché? Perché proprio io?” “Mia cara, la tua durata vitale è brevissima, anche se non ti avessi uccisa io saresti morta comunque.”.

E che ne sai tu?!” chiese tremando. Stava cercando con tutte le sue forze di non cedere al farmaco. Rimasi molto colpito dal suo modo di lottare contro il suo stesso corpo.

Semplicemente troppo legata alla vita. Magari se le avessi chiesto perché quella inutile resistenza se ne sarebbe uscita con cose del tipo “Ho ancora cose da fare, delle persone cui badare, ho un fidanzato...”.

Tutte stupidaggini.

Vedi i miei occhi? Sono rossi. Sono gli occhi di un dio della morte, posso vedere il nome e la durata vitale di qualsiasi persona guardi in volto.” le risposi alzando le spalle. “Per colpa di questi occhi ho avuto una vita orribile, perciò regalo la morte. Perché voi ne avete tanta paura? Da morti risposate, da vivi vi affaticate e soffrite.”.

N... Non si può sentire il sollievo se prima non si ha faticato, non si può sentire la felicità se prima non si ha sofferto.” mormorò prima di chiudere i suoi occhi per sempre.

Questa risposta la danno sempre nei libri o nei film. Tipico. E allora, se la felicità fosse direttamente proporzionale alla sofferenza dovevo essere la persona più felice del mondo, no?

Lo sarei stata, ma solo dopo aver sconfitto L.

Quella sarebbe stata la mia felicità.


Quella di B per L era un'ossessione, come si può pensare di essere felici facendo del male ad altri?

Come si può pensare di essere felici sconfiggendo il numero uno per diventarlo di conseguenza?

Ora come non mai vedevo la similitudine tra B e Mello. L aveva ragione, non poteva andare avanti così e non poteva finire allo stesso modo.


Mi avvicinai alla donna dormiente e la appoggiai su una sedia. Ero proprio curioso di vedere se fosse possibile far morire un essere umano di emorragia interna senza danneggiare gli organi vitali, così la colpii ripetutamente al braccio sinistro con tutte le mie forze facendo attenzione a non lacerare la pelle.

Nonostante la colorazione violacea che aveva assunto questa non morì, continuava a respirare tranquillamente.

Beh, non era niente più che un esperimento, così mi limitai a osservarla qualche secondo e a prendere il mio coltello dalla borsa. Con forza lo piantai nella carne della spalla sinistra. Quel che mi attendeva era un lavoro piuttosto faticoso: l'amputazione del braccio sinistro.

Mi ci volle parecchio tempo per rimuoverlo del tutto e quando terminai lei era morta da un po'.

Ripetei l'operazione anche con la gamba destra, incidendo calmo con la mia arma, premendo e andando delicatamente a seconda del punto che toccavo.

Quando terminai la posizionai stesa sul pavimento, la pancia rivolta verso l'alto con braccio e gamba distesi in un punto preciso.

Come al solito mi avvicinai alla parete sinistra per piantare la prima wara ningyo.

Dopo averlo fatto aprii la mia borsa e ne estrassi due piccoli peluche che posizionai sul pavimento, poi andai vicino alla parete di fronte alla porta e, dopo aver piantato la bambola nel punto giusto, appoggiai lì sotto altri cinque peluche, poi ne appoggiai nove sotto la parete di destra e dodici sulla parete della porta.

Perfetto, l'enigma era quasi pronto.

Presi tra le mie mani la gamba della donna e uscii dalla stanza.

Mentre ne sgorgava ancora sangue la lasciai cadere nella vasca da bagno, lasciando che si tingesse di rosso vivo.

Tornai nella stanza e cominciai a pulire tutto, ma lasciai il sangue della vittima lì sul pavimento, quell'odore nauseabondo per la maggioranza degli esseri umani non mi dava più fastidio.

Dopo tutta la pulizia, prima di chiudere la porta mi sembrò giusto concludere il dialogo: “Ecco, vedi? Ora non soffri più, non hai più quella sgradevole sensazione di paura che avevi fino a qualche ora fa. Requiescat in pace, Backyard Bottomslash.” dissi salutandola.

Come al solito feci passare il filo intorno ai chiodi delle due wara ningyo attaccate alle pareti, poi chiusi la porta facendo passare il filo per il buco della serratura e con i miei movimenti studiati non lo feci mai staccare, l'importante era essere delicati, muoversi sempre con la stessa costanza, senza dare strattoni improvvisi o rallentare rapidamente.

Dopo averlo ripulito avevo sistemato il braccio, ormai esangue, nella mia borsa.

Aveva ancora sopra un orologio ancora in funzione.

Un orologio ancora “vivo”.

In fin dei conti quando una persona muore anche le cose che le sono più vicine continuano a vivere, anche i suoi amici più cari forse non si sforzano più di tanto per piangerla. Dopo un po' il ricordo sparisce, fine del gioco.

Non si esiste più.

Non ha senso commemorare, non ha senso andare a trovare una cosa che aveva un aspetto umano e che adesso giace sotto terra, e se anche un cadavere potesse ancora udire le voci dei suoi cari, sarebbe davvero felice di vedere come sono tutti tristi per lui?

Forse sarebbe semplicemente più felice se vedesse che la vita continua.

__________________________

Authoress' words

Ce l'ho fatta! Sapete, oggi non è per niente la giornata ideale per pubblicare dato che domani potrei avere la prima interrogazione di Greco dell'anno da una professoressa che non mi conosce e che ha la fama di essere fin troppo esigente... In parole povere sono terrorizzata, però ho studiato tutto ciò che ha detto un mio cugino che mi fa anche da insegnante privato.

E sapete una cosa? Mio cugino somiglia proprio a Light, nel senso che è molto bello e non ha mai preso un voto inferiore al 30 e lode anche se sono almeno tre anni che fa l'università. Però nonostante le sue capacità ancora non è riuscito a comprendermi infatti ogni volta che mi vede (come oggi) manifesta dubbi sul mio sentirmi male se faccio lezione senza dolci, ma oramai ci ha rinunciato e me lo lascia fare.

Sto dicendo un sacco di cose inutili.

Adesso telefono Black Nana.

A domenica prossima!

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Capitolo 20
*** Theme 70. Taiji ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Quella mattina mi alzai con una strana sensazione addosso. Avevo quasi un velo di nostalgia per il passato, come se avessi avuto qualcosa da rimpiangere.

Era passato molto tempo da quando avevo trovato il quaderno di B, oramai più di un anno.

Guardando fuori dalla finestra vidi una nebbiolina fitta, che rendeva tutto l'ambiente intorno a me stranamente evanescente.

Sarebbe stato davvero suggestivo usare quell'ambientazione per un qualche film horror. Inizio perfetto, mattina fredda, ma in fin dei conti normale e poi l'inaspettato.

Attesi qualche secondo, ma non saltò fuori nessuno spettro, quindi tornai a pensare alle solite cose, cercando di fare mente locale su cosa avrei fatto quel giorno. Ogni giornata era simile dopotutto: scuola, compiti e forse sarei andato a leggere ancora.

Un forse molto probabile.

Durante la giornata scolastica non accadde nulla, solo le solite spiegazioni sulle ordinarie materie, spiegazioni che, per quanto tu possa essere il primo della lista, a volte annoiano davvero. Gli insegnanti si erano abituati all'idea che forse non avrei mai alzato la mano per intervenire, ma dopo tutto a che serviva? In fin dei conti il punteggio finale non era determinato da quello.

Dopo aver finito con le lezioni e i compiti mi trovavo senza nulla da fare.

Non potevo andare subito a leggere il diario, dato che con tutta quella gente in giro qualcuno avrebbe potuto vedermi dirigere verso il corridoio proibito.

Ehi Matt! Andiamo?” risuonò la voce di Mello nelle mie orecchie. “Andare? Dove?” chiese il rosso di rimando. “Come dove? A giocare a calcio! Tanto abbiamo il pomeriggio libero... Muoviti!” disse il biondino afferrando un pallone e dirigendosi fuori dalla stanza. Matt scosse la testa sorridendo, affrettandosi a raggiungere l'amico.

Rimasi un attimo fermo, poi afferrai il mio puzzle preferito per dirigermi da qualche altra parte.

Mi serviva un luogo silenzioso e neutro.

La stanza bianca al centro del corridoio era perfetta.

Dopo essere entrato mi appoggiai sul pavimento e svuotai la scatola bianca, cominciando a piazzare le tesserine al loro posto. Era tutto come uno schema, logico e perfetto. Nulla poteva andare storto, nei puzzle non ci sono imprevisti.

Avevo già composto il centro bianco della composizione, quando improvvisamente mi alzai in piedi. Non so nemmeno io perché lo feci, ma mi diressi alla finestra ad osservare fuori. Nonostante il vetro fosse chiuso, riuscii comunque a sentire le urla di chi era impegnato in una agguerrita partita di calcio. Qualcuno gridò: “Ti ho preso, Mello!” calciando la palla lontano.

Non potevo dire di invidiare i giocatori, la cosa mi lasciava indifferente.

O forse vuoto?

Tornai dal mio puzzle, quasi non ebbi il tempo di prendere un altro tassello che sentii una voce femminile chiamarmi: “Near, perché ogni tanto non giochi all'aperto?”. Non guardai nemmeno quella che avevo riconosciuto come Linda, senza neanche pensare risposi: “Sto bene così.”.

La mia risposta era stata apatica, come il puzzle che stavo componendo. Me ne ero già reso conto, ma per ricordarmelo una seconda voce si aggiunse sprezzante: “Lascialo perdere, Linda.”.

Eh già, non avrebbe ottenuto nulla da uno come me, meglio lasciarmi perdere.

Stavo bene così.

Ma era vero?

Il problema è che molti esseri umani dicono l'esatto contrario di quel che pensano, la chiamano psicologia inversa. Un uomo, che cercava inutilmente di farmi aprire, diceva a Roger che forse facevo così solo perché in realtà volevo degli amici, ma avevo paura. Diceva che le persone dicono ciò che non pensano quando hanno paura in qualche modo di ammettere il contrario.

Eppure io stavo davvero bene.

C'ero io e basta.

Una serie di urla mi fece perdere il filo dei miei pensieri. Probabilmente la squadra di Mello aveva vinto.

E come poteva non finire così col bambino più tosto della The Wammy's House?

Posizionai un altra tessera, un'altra e un'altra ancora.

Avevo quasi completato il mio puzzle quando sentii ancora rumore. La cosa cominciava a infastidirmi.

Oh, signor Roger...”. Che ci faceva Roger lì? “Mello...” disse la voce tremante dell'anziano. “Eh?” disse solo la lettera M.

E anche tu, Near... venite nel mio ufficio.”. Automaticamente risposi: “Arrivo.”, ma solo dopo pensai a ciò che mi era stato detto.

Perché dovevo andare di nuovo nell'ufficio di Roger? Di sicuro non si trattava di L dato che non l'avrei più rivisto.

Senza pormi più domande mi alzai e, portando con me il puzzle ancora incompleto per tre soli pezzi, mi diressi verso i due. Roger teneva Mello per il braccio, come se avesse temuto che il biondo scappasse via.

Quando finalmente fui nell'ufficio mi sedetti sul pavimento senza preoccuparmene troppo. Ripresi in mano il mio puzzle e ricominciai a studiarne la struttura.

Mello era accanto a me, in piedi e con l'espressione preoccupata.

Che c'è, Roger?” chiese poi.

L'anziano era seduto con espressione di dolore, con le mani congiunte contro il mento.

Rimase in silenzio, ad occhi chiusi, come per paura di rispondere alla domanda del ragazzo, la tensione nella stanza cresceva per ogni secondo in cui attendevamo la risposta.

L è morto.” disse poi.

Silenzio.

Avevo sentito bene?

Mi bloccai con i pezzi del puzzle in mano. Come avrei dovuto reagire? Poteva essere vero?

L'espressione di Mello era di puro stupore. Era immobile, incapace di dire qualsiasi cosa. “Morto?! M... ma come?!” urlò poi, senza riuscire a controllare il tono di voce. Roger non rispose, io posizionai l'ultimo tassello del puzzle quasi automaticamente, non riuscivo a pensare. Avevo appena composto la lettera L. Ma la lettera L non c'era più.

V... vuoi dire che è stato ucciso da Kira?! È così?!” urlò il biondo alzando sempre di più la voce e avvicinandosi al gestore della casa. “È probabile.” riuscì solo a mormorare questo. Mello lo afferrò per la collottola, con violenza, con rabbia: “Cioè L è stato ucciso dopo che aveva giurato di mandare Kira sulla forca?!” “Mello...”.

Improvvisamente rovesciai il puzzle, lasciando cadere i tasselli sul pavimento.

Se non riesci a vincere il gioco... se non riesci a completare il puzzle... sei solo un perdente.” mormorai.

L aveva fallito, non aveva completato la sua partita, o meglio, l'aveva completata ma l'aveva persa. Era la sua strategia ad essere sbagliata? No, doveva essere accaduto qualcosa che non poteva essere previsto neanche da lui.

Mello mi fissava sempre più perplesso. “E allora? L chi ha scelto di noi due?!” chiese riprendendosi. Mentre attendeva la risposta ricominciai a posizionare i tasselli al loro posto, ricomponevo quella lettera.

Non aveva ancora deciso e ora che è morto, non ha più modo di scegliere.” rispose Roger.

No, non aveva scelto solo uno di noi di proposito. Io dovevo collaborare con Mello. Avrei dovuto intervenire, ma qualcosa mi bloccava. “Mello... Near... perché non unite le vostre forze?” mi anticipò l'anziano. “Sì. Giusto...” mormorai.

Il mio compagno mi fissò con ferocia, quasi mi fece paura. Non avevo mai visto tanto odio sul suo volto. “Impossibile, Roger. Lo sai bene che io e Near non andiamo d'accordo. Noi siamo sempre stati rivali. Sempre... Per quanto m'impegnassi... per quanti sforzi facessi io sono sempre stato il numero due.” disse finalmente con calma. “E va bene, Roger. Sarà Near l'erede di L.” disse poi rompendo il silenzio.

Non doveva andare così.

Diversamente da me, lui riuscirà a risolvere il caso con calma e sangue freddo, come se completasse uno dei suoi puzzle.” aggiunse mentre posizionavo di nuovo l'ultimo tassello.

Dovevo dire qualcosa.

Io mi tiro fuori... e me ne vado anche da questo istituto.”. Ma qualcos'altro mi bloccava.

Mello!” Continuavo a fissare i miei tasselli che adesso avevano un ordine.

Tanto ho quasi quindici anni, Roger. Vivrò a modo mio.”. La porta sbatté violentemente e io ero ancora lì.

Non avevo detto nulla.

Quasi non riuscivo a credere a ciò che avevo appena sentito. Avevo la sensazione che nulla fosse accaduto davvero. Sentivo di non essere vivo, come se tutto intorno a me fosse stato solo un sogno.

Sentii un fulmine.

No, era vero. Il pavimento era freddo e stringevo ancora tra le mani un tassello del puzzle, uno dei pochi neri.

Perché Mello era così testardo e così orgoglioso? Se ne sarebbe andato dall'istituto, poi? Per la sua testardaggine avrebbe dovuto costruirsi una vita da zero, magari con mezzi illeciti.

Io invece sarei diventato L.

Era sempre stato il mio obiettivo, ma non riuscivo a sentire un minimo di soddisfazione. L'unica cosa che sentivo era il vuoto più totale.

Il buio.

Non riuscivo a immaginare il mio futuro, forse sarei stato ucciso anch'io, o forse avrei risolto il caso?

Eppure non mi sentivo neanche all'altezza del vero L.

Voler essere come lui era troppo generico, cosa dovevo fare precisamente?

Da dove dovevo cominciare?

Dove dovevo arrivare?

Erano solo domande quelle che vorticavano nella mia testa, ma nemmeno una risposta apparve nella nebbia che creavano i miei pensieri.

Il silenzio era pesante, non riuscivo a muovermi e nemmeno a dire qualcosa.

Roger sembrava affranto.

Probabilmente era morto anche Watari. Oltre ad essere il fondatore dell'istituto, era anche un caro amico dell'uomo che avevo davanti. Sembrava debole, ma non faceva nulla per mascherarlo. Tra le rughe appariva tutta la sua stanchezza, tutta la sua rassegnazione e tutto il suo dolore.

Eppure rimaneva in silenzio. Forse se avesse detto qualcosa, se avesse pianto, come probabilmente voleva fare, il suo dolore sarebbe stato meno forte ai miei occhi.

Quello era il dolore della perdita, ma anche quello del trattenimento. E aveva perso anche uno studente.

Tutti in quella stanza avevano perso.

Se L aveva perso, anche io avevo perso.

Se L era un perdente, anche io ero un perdente.

Se L aveva perso la partita a scacchi, io avevo perso l'ultima possibilità di portare a termine l'incarico che mi aveva affidato.

_______________

Authoress' words

Salve... scommetto che molti di voi mi vorrebbero uccidere, vero? Con questo capitolo ho firmato la mia condanna perché riguarda il momento più critico di tutto Death Note, perché alcuni addirittura smettono di seguirlo da questo punto in poi.

Sentite, ditemi quello che volete, ma secondo me fare così è una stupidaggine perché se non si continua vuol dire che non si accettano le cose accadute e fare così per un fumetto è un'esagerazione.

Io adoro questo manga, non si tratta di passione, ma di semplice razionalità. Ne approfitto per dire la mia: il seguito di Death Note merita moltissimo.

Comunque sentivo il bisogno di inserire questa parte per un motivo molto semplice: volevo che Near si pentisse di non essere riuscito a compiere il suo dovere di chiedere a Mello di collaborare con lui.

Questa non è solo la storia di B, ma anche quella di Near.

Si vede che sono tesa per questo capitolo?

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Capitolo 21
*** Theme 3. Light's Theme ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Non sapevo nemmeno io cosa dovevo fare. Improvvisamente godevo delle attenzioni di tutti gli adulti per ciò che era successo, si comportavano come se avessi dovuto superare un importante esame, come se dovessi partire per una battaglia impossibile.

Mi guardavano con apprensione, quasi con pena e la cosa mi dava molto fastidio. Per una delle prime volte in vita mia provai un sentimento che poteva definirsi rabbia.

Come ci si sente quando si perde il modello che si ha avuto per anni e anni, come si ci comporta?

Ci si sente vuoti, senza scopi.

Mi dovevo basare su me stesso e basta, che altro potevo fare?

L non aveva lasciato nulla di sé, nemmeno foto o documenti.

E durante quell'ennesima lezione cui partecipavo solo io mi sembrò di vederlo.

Qualcosa c'era ancora.

C'era il diario di Beyond.

Quel pomeriggio mi allontanai dalla mia stanza, che oramai condividevo solo con un Matt che mi guardava con aria di comprensione, non aveva nulla da dirmi e la stessa cosa era per me.

Quasi correndo me ne andai e salii le scale ignorando gli sguardi di chi, per via delle mie attenzioni, mi odiava ancora di più e di chi, invece, si chiedeva semplicemente dove mi stessi dirigendo con quella fretta.

Non sapevo nemmeno io perché sentivo quel bisogno così forte di leggere il diario.

Entrai nella stanza, lo presi, freneticamente cercai il punto cui ero arrivato.

Mi bloccai.

Perché quella fretta?


Il 15 agosto, due giorni dopo l'ultimo omicidio, decisi di tornare sul luogo del primo delitto.

Possibile che la polizia ancora non avesse capito nulla?

Con evidente fastidio rientrai nella casa di Believe Bridesmaid, come per controllare di non aver dimenticato nulla.

Mi ero preparato per bene, con del trucco e cose simili ero riuscito a tornare all'aspetto di quando mi trovavo alla The Wammy's House: avevo l'aspetto di L.

Quel provvedimento mi era fondamentale, avrebbe potuto entrare qualche estraneo dopotutto.

La mia ira nei confronti della polizia era paragonabile a quella di un bambino.

Sentivo il bisogno di vedere di persona, di correre avanti.


Bisogno.

Una parola che quel giorno compariva anche troppo.


Una volta arrivato però non sapevo che fare. Mi guardavo intorno e notai che il cadavere era stato portato via, come le bambole che avevo posizionato.

Mi appoggiai sul letto cercando di recuperare la mia lucidità quando avvertii dei passi.

Immediatamente scattai in piedi e d'impulso mi nascosi sotto al letto.

Una voce femminile giunse ovattata alle mie orecchie, mormorò qualcosa come: “Dubito che le mie considerazioni possano esserti utili.”.

Pausa.

Probabilmente era al telefono.

È anormale. Non solo perché ha ucciso queste persone. È come se da ogni gesto trapelasse l'anormalità dell'assassino... che per di più non fa nulla per nasconderla. Per esempio la questione delle impronte digitali. Sul luogo del delitto, non è rimasta nemmeno un'impronta dell'assassino. Sono state ripulite in modo impeccabile.”.

Esattamente. Ero anormale.

La donna attese qualche secondo in attesa della risposta per poi aggiungere: “Sì, ma lui è stato maniacale. Se non si vogliono lasciare impronte, basta usare i guanti, oppure pulire solo dove si è toccato. Ma questo assassino... ha tolto tutte le impronte da ogni angolo della casa. Sia nel primo caso, sia nel secondo, sia nel terzo. All'inizio, pensavo che fosse perché in passato aveva frequentato spesso la casa delle vittime e non ricordava più cosa avesse toccato, ma ha pulito perfino le prese di corrente. È un altro discorso. A quel punto, rientra nel campo di ciò che può essere definito anormale.”.

Non poteva essere un membro della polizia. Da quelli il massimo che mi potevo aspettare era un ragionamento senza né capo né coda e con tre o quattro parole.

Lei doveva essere quella scelta da L.

Finalmente aveva raccolto la mia sfida.

Quindi L, continuando il discorso di prima... se ha usato ovunque attenzioni così estreme, dubito che dalla scena del crimine si possano ricavare nuovi elementi utili. O almeno, ci sono poche speranze. Un assassino come questo non commette errori.”.

Sì, non c'era più dubbio.

Ma già aveva sbagliato.

Probabilmente avrebbe avuto bisogno di aiuto per giungere alla soluzione...

Generalmente, si indaga su un crimine discutendo sugli sbagli del colpevole e riempendo man mano i pezzi del puzzle, ma questa volta non è possibile contare sugli errori dell'assassino. Qualcosa di diverso da un errore?”.

L aveva indovinato. Non l'avevo sopravvalutato e la cosa mi diede una grande soddisfazione.

La donna chiuse la porta e poi si diresse verso i buchi nella parete.

Riuscivo a vederle solo i piedi e a sentire la sua voce.

Un simile accanimento sul cadavere, apparentemente senza senso, è comune nei casi in cui l'assassino prova un odio profondo nei confronti della vittima... non trovo strana l'idea che qualcuno potesse nutrire rancore per uno scrittore freelance che faceva un po' di tutto... inoltre, pare che si occupasse di cronaca rosa.”

Ancora una pista sbagliata. Se non era accanimento per ira, non doveva essere così difficile giungere alla soluzione.

È possibile che l'assassino provasse odio soltanto nei confronti di Bridesmaid e che gli altri due omicidi servano a mascherarlo. O forse il bersaglio non era Bridesmaid, ma uno degli altri due... oppure i bersagli erano due e il terzo è un depistaggio. È plausibile, no? Anche l'intensificarsi dei danni potrebbe essere parte del depistaggio, oppure...”.

Purtroppo la donna che stavo ascoltando era troppo legata all'investigazione tradizionale.

Quando ci si accanisce su un cadavere, avrebbe dovuto sapere che lo si fa di impulso, non si pianifica.

Forse stava pensando che stessi mascherando degli omicidi casuali?

No, è soltanto una delle possibili ipotesi. Ma se fosse davvero così, si spiegherebbero le wara ningyo. Cioè, sarebbero delle tracce lasciate deliberatamente sulla scena del crimine, come prova che il primo, il secondo e il terzo omicidio sono stati commessi da un unico assassino... e forse lo stesso varrebbe per le stanze chiuse a chiave.”.

Mi sentii compiaciuto del fatto che nonostante tutto, quella donna non riusciva ad arrivare alla soluzione.

L avrebbe perso.

Ma così non era divertente.

È per questo, L, che riflettere sul legame tra le vittime mi sembra un controsenso. Anche perché credo che la polizia si stia già muovendo a sufficienza in questo senso... Non sarebbe più importante esaminare le relazioni sociali di ognuno? La terza vittima, Backyard Bottomslash, era un'impiegata di banca, avrà avuto a che fare con diverse aziende e...”.

Possibile che stesse ancora ronzando su quella pista? Persino la polizia aveva capito che non era la strada giusta. Era evidente che tutto ciò che volevo era attirare l'attenzione su di me.

Sì. E quindi? Quindi, L... tu ritieni che ci saranno altri due omicidi simili?” chiese. Quella era la cosa più evidente, cominciai a sospettare che L avesse scelto un'incapace.

Trenta percento? Perché? Rimangono ancora due wara ningyo... e se l'assassino le usa come metafora per indicare le vittime... Oh... è vero!”.

Avevano parlato della possibilità che ci fossero cinque vittime...?

Significa che al massimo le vittime saranno quattro? Quindi la prossima sarà l'ultima.”.

Esattamente.

Il mio... talento? L. Tu sei al corrente del fatto che io sono in congedo, vero? Immagino tu sappia anche il motivo per cui sono in congedo. Non hai verificato? No...”.

Congedo? Era per caso un'agente dipendente? L non avrebbe scelto uno della polizia, amava spesso servirsi dell'FBI, quindi di sicuro quella donna ne faceva parte.

Bene, L. Iniziamo le indagini per prevenire il quarto omicidio. Cosa dovrei fare, tanto per cominciare? Un bel po' di cose. Scusa se insisto, L, ma se rifaccio personalmente il sopralluogo sulla scena del crimine, immagino significhi che devo cercare oggetti, diversi dalle bambole, che siano passati inosservati... ma che genere di cose dovrei cercare precisamente? Un messaggio? Una lettera? Aveva qualcosa a che fare con gli omicidi?”.

Sorprendentemente L era già venuto a conoscenza del mio cruciverba.

La cosa mi fece sorridere di compiacimento.

Le cose stavano andando esattamente come previsto.

In che percentuale? Un cruciverba? Ah... Va bene. Quindi? Ieri... Cioè indica Insist Street 221... H0llywood? Qui dove mi trovo io, ora... Quindi... quindi è proprio... Alla polizia di Los Angeles sono arrivate altre lettere del genere? Lettere che indicavano l'indirizzo del secondo o del terzo delitto... Allora potrebbe essere una coincidenza... No, se l'indirizzo era corretto e preciso, non può essere una coincidenza. Ma rimane un dubbio... perché nove giorni prima? Però tra il primo e il secondo omicidio ci sono quattro giorni... Non potrebbe essere solo un caso?”.


Di sicuro non lo era, era la stessa domanda che mi ponevo da molto tempo.

Quella interminabile telefonata aveva confermato tutti gli elementi, quello di Beyond sembrava davvero un caso irrisolvibile.


Uhm... capisco. No... nulla. Va bene.”.

Dopo questa endemica telefonata udii un piccolo suono sintetico che mi fece capire che aveva riposto via il cellulare.

La donna si avvicinò agli scaffali della libreria per esaminarli.

Dovevo solo sperare, ma forse non sarebbe stata in grado di raggiungere il livello previsto per L.

Forse non ai livelli del suo assassino... ma anche questo Believe Bridesmaid dev'essere stato un tipo ossessivo.” mormorò tra sé e sé. Probabilmente si riferiva al fatto che avevo riempito la libreria non lasciando neanche uno spazio tra un volume e l'altro. Si soffermò a sfogliarne qualcuno, per poi rinunciare e voltarsi ad osservare il letto.

Sotto il tappeto... dietro la carta da parati... no, no... perché avrebbe dovuto nasconderlo, un messaggio? I messaggi servono per comunicarci qualcosa... Se non comunichiamo nulla, non sono messaggi... Ha mandato un cruciverba alla polizia... È molto egocentrico... “Un problema di difficile soluzione”... ecco cosa vuole dimostrare... Sì... ci sta prendendo in giro...”.

Trovai curiosa l'abitudine di parlare ad alta voce per ragionare meglio. Così potevo comprendere tutti i suoi pensieri anche senza guardarla.

Imprudente.

Il significato dei messaggi è “siete inferiori a me”, “non potete battermi”... Quindi... non sta cercando di agire a suo vantaggio senza farsi scoprire, né semplicemente di realizzare i suoi scopi... O forse il suo scopo è prendersi gioco del suo avversario? In tal caso, chi è il suo avversario? La polizia? Il dipartimento di Los Angeles? La società? Gli Stati Uniti? Il mondo? No... per qualcosa del genere, quello che fa sarebbe irrilevante... Agisce come se i suoi avversari fossero individui ben precisi... Comunque, i messaggi... Messaggi che non sono messaggi... Ce ne dev'essere per forza qualcuno, in questa stanza... anzi, no.”.

Si stava avvicinando molto lentamente a ciò che volevo che notasse.

Troppo lentamente.

Qualcosa che in teoria dovrebbe esserci, ma che adesso non c'è... qualcosa che adesso non c'è più... ma che in origine c'era... le wara ningyo? No, quelle erano una metafora per indicare le vittime, non un messaggio, in teoria... Una camera da letto... Sì, giusto! Manca qualcuno.”.

Finalmente l'aveva capito.

L ci avrebbe messo molto meno, i tagli così precisi che avevo inciso sulla pelle della mia vittima non sarebbero passati così inosservati.

La donna camminò un po' per poi fermarsi ad osservare qualcosa.

Guardandole bene... queste ferite... potrebbero sembrare una specie di alfabeto? V... C... I? No... M... un'altra V... X...? D... qui ci sono tre I in fila... L? Questa potrebbe essere una L... uhm... mi sa che è una forzatura...”.

Era così vicina! Perché arrendersi così facilmente?

Non era poi così lontana dalla polizia...

A dire il vero, vorrei provare a sentire il parere della polizia, cosa ne pensano quelli che si stanno concretamente occupando delle indagini... ma è impossibile, senza il mio distintivo. Beh, a quello potrebbe pensarci L... Andrò a vedere le altre stanze... anche se non credo abbia molto senso. Però, se tutte le impronte all'interno della casa sono state cancellate...”.

Stava per uscire, quando si bloccò. Si voltò verso il letto e si avvicinò. Piegò le ginocchia, si sedette e si accucciò.

La vidi.

Era una donna Giapponese, capelli neri e lunghi, occhi taglienti.

Molto bella.

Tirai fuori la mia mano.

Lei fece un salto all'indietro e assunse una posizione strana, come per difendersi nonostante fosse in panico.

Cosa... no, chi sei?” chiese cercando di assumere un tono intimidatorio.

Io mi muovevo senza preoccuparmi troppo, la vedevo, tutto era sotto controllo.

Uscii del tutto da sotto al letto e mi fermai ad osservarla con calma, senza rispondere.

Rispondi! Chi diavolo sei?!”. Aveva urlato. Che cosa fastidiosa. Fece il gesto di afferrare una pistola che non poteva avere dato che era in congedo. Nonostante sapessi che non poteva farmi del male, finsi di non aver udito nulla della conversazione precedente, così mi alzai.

Assunsi una posizione che non mi apparteneva più da tempo: schiena curva, ginocchia piegate, dito sulle labbra.

Piacere, mi chiamo Ryuzaki.” le risposi con indifferenza.

_____________________________

Authoress' words

Questo è il capitolo più lungo e probabilmente noioso che abbia mai scritto.

Non mi andava di saltare delle parti dato che alla fine non sarebbe nello stile di Beyond, no?

Non mi ammazzate...

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Capitolo 22
*** Theme 44. Higuchi ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Ryuzaki?” chiese Naomi Misora. Una Giapponese pura, a giudicare dal nome che le fluttuava sui capelli. Le avevo dato un biglietto da visita nero, con sopra il mio nome falso.

Rue Ryuzaki, giusto?” chiese ancora. “Sì. Sono Rue Ryuzaki.” risposi con tono di voce indifferente e freddo. Ci eravamo spostati nel soggiorno della casa e adesso lei non la smetteva di fissarmi perplessa. Ero appena sbucato da sotto al letto, ma oramai avrebbe dovuto accettare la cosa senza fare troppe storie, no?

Eravamo seduti su dei divani l'uno di fronte all'altra studiandoci a vicenda.

Su questo biglietto da visita c'è scritto che sei un detective...” aggiunse ancora. Non sopportavo tutte quelle domande, ma dovevo mantenermi freddo, distaccato, come avrebbe fatto lui.

Lui non se ne sarebbe curato troppo, lui non avrebbe battuto ciglio di fronte a tante domande.

Sì. Esatto.” avrebbe detto. “Significa che sei un investigatore privato?”. Ci pensai un secondo su prima di risponderle: “No, il termine investigatore privato non è corretto. Avverto nella parola “privato” un eccesso di nevrotico egocentrismo... Ecco, oserei dire che sono un investigatore non privato. Un investigatore non egocentrico.” dissi per ricevere l'ennesima occhiata perplessa. “Capisco...” si limitò a rispondere l'agente che avevo di fronte. Poggiò il biglietto su un tavolino, in modo da allontanarlo da sé come qualcosa di ripugnante.

Probabilmente credeva che io fossi un totale idiota, vero?

Ma solo una persona profondamente intelligente può fingere bene di profondamente stupida.

Allora, Ryuzaki... permettimi di chiedertelo di nuovo: cosa stavi facendo là sotto?”.

Ancora? Quella tipa cominciava a essere ripetitiva...

Quello che stavi facendo tu. Indagavo. Ho ricevuto un incarico dai genitori del proprietario di questa casa, Believe Bridesmaid, e sono nel bel mezzo delle indagini di una serie di omicidi. Come te... suppongo.” spiegai ancora una volta. Fingevo di non sapere nulla, quando in realtà sapevo anche troppo, sia di lei che della persona per cui lavorava.

Sì... è così. Anch'io sono una detective. Non posso svelare per chi sto lavorando, ma mi sono state affidate delle indagini top-secret. Per trovare l'assassino di Believe Bridemsaid, Quarter Queen e Backyard Bottomslash...”.

Non mi diceva di essere un agente dell'FBI? Sarebbe stato divertente chiederle il distintivo che di sicuro non aveva, ma mi andava bene anche così. Mi affrettai a rispondere con entusiasmo: “Davvero? Allora possiamo collaborare!”.

Naomi non perse neanche un secondo. “Dunque, Ryuzaki. Sotto il letto sei riuscito a trovare qualcosa di utile alla soluzione del caso? Immagino stessi cercando qualche oggetto lasciato dal colpevole...” “No, in realtà non è così. Siccome mi sembrava di aver sentito qualcuno entrare in casa, mi sono nascosto per tenere d'occhio la situazione. Dopo un po' ho capito che non eri una minaccia e così sono sgusciato fuori.” “Una minaccia?” “Sì. Ho pensato che magari poteva essere l'assassino venuto a riprendere qualcosa che aveva dimenticato qui. Sarebbe stata un'occasione d'oro, ma purtroppo le mie speranze si sono rivelate infondate. Però non è stato del tutto inutile, visto che ho conosciuto qualcuno come te. Non siamo in un romanzo o in un fumetto, quindi l'antagonismo tra investigatori è inutile. Che ne dici, Misora? Perché non ci scambiamo le informazioni che abbiamo a disposizione?”.


Detta così sembrava tanto una bugia, un investigatore non poteva sperare una cosa del genere e Naomi doveva averlo capito.

B stava facendo in modo da risultare il più pericoloso e innocuo possibile, un concetto strano, ma era proprio questo che voleva ottenere.


Come previsto la donna si affrettò a rispondere: “No. Ti ringrazio per la proposta, ma devo rifiutarla. Ho l'obbligo di mantenere il segreto. Immagino che anche tu ce l'abbia, il segreto professionale.” “No, non ce l'ho.” dissi con la massima ingenuità. “Devi averlo, se sei un detective.” “Davvero? Allora ce l'ho. Però, trovo assai più logico che sia la risoluzione del caso ad avere la priorità su tutto il resto... Va bene, Misora. Allora facciamo così. Sarò soltanto io a fornire a te le informazioni.” ed era proprio quello cui volevo arrivare.


B era decisamente un tipo impaziente. Addirittura a voler aiutare l'arma del suo rivale per farla arrivare prima al punto giusto?


Come? No, così non...” “Non c'è problema. Dopotutto, che sia io o tu a venire a capo del caso, per me è la stessa cosa. L'unico desiderio dei miei clienti è che venga risolto. Se sei dotata di una mente superiore alla mia, in questo modo le probabilità di risolverlo aumenteranno considerevolmente. Potrai decidere in seguito se fornirmi o meno le informazioni in tuo possesso. Allora, intanto questo...” dissi infilando la mano in tasca. Di sicuro stavo aumentando la sua diffidenza, ma non volevo che si fidasse di me o di sicuro avrebbe chiesto ad L di cercarmi.

Tirai fuori dai jeans il cruciverba spedito giorni prima alla polizia di Los Angeles.

Chissà se L già aveva avuto modo di vederlo?

Questo...” cominciò lei. “Oh, lo conosci già?” “Ah, no... veramente non...”.

La fissavo con sguardo inquisitorio mentre la studiavo. Non mi capitava da tempo di avere a che fare con una persona così spontanea: balbettava, non faceva nulla per nascondere il senso di ribrezzo che probabilmente le provocavo. Eppure se era stata scelta da L mi dovevo aspettare qualche sorpresa.

Lascia che ti spieghi... È il cruciverba che è stato inviato da un anonimo il mese scorso, il 22 luglio, al dipartimento di polizia di Los Angeles. Pare che nessuno sia stato in grado di finirlo, ma la soluzione porta all'indirizzo di questa casa. Probabilmente l'assassino l'ha mandato alla polizia e all'intera società come avvertimento... anzi no: come sfida.” dissi passandoglielo. La osservai leggere le definizioni, la sua espressione cambiava continuamente. “Capisco, però... Siamo sicuri che la soluzione conduca inequivocabilmente a questo indirizzo?” chiese insicura. “Sì. Se vuoi puoi tenere quel foglio e provare a risolverlo, appena avrai un po' di tempo. Comunque, un assassino che manda un avvertimento, a meno che non abbia altri scopi ben precisi, di solito è un tipo con una personalità teatrale... Anche le wara ningyo lasciate sulla scena del delitto e le stanze chiuse dall'interno possono essere considerate elementi tipici di un comportamento teatrale. In tal caso, ci sono buone probabilità che abbia lasciato sulla scena del delitto anche qualcos'altro... un messaggio, o qualcosa di simile. Non trovi, Misora?” dissi portandola sulla strada che desideravo.

Ancora non aveva fatto nulla, ancora non aveva mostrato le sue doti. Ma non c'era bisogno di mettersi troppa fretta.


Eppure era B stesso che sentiva il bisogno di aiutarla. Forse aveva calcolato il tempo? Forse doveva farcela entro una data precisa? Avendo quegli occhi e quel potere poteva aver calcolato che procedendo così lentamente la sua vittima sarebbe morta prima che Naomi giungesse al punto che desiderava.

E intanto ancora non capivo perché l'assassino dovrebbe portare la detective che cerca di trovarlo alla soluzione del caso.

Sarebbe un controsenso, eppure...


Chiedo scusa.” dissi saltando giù dal divano e avvicinandomi al frigorifero. Era ora di pranzo, così aprii il frigorifero e presi un barattolo di marmellata che avevo lasciato lì appena entrato nella casa.

Quella marmellata è per caso...” “No, questa è mia. Me la sono portata e l'ho lasciata al fresco. È ora di pranzo.” “Pranzo?”. Ancora mi sembrava assurdo come quella donna non facesse nulla per mascherare le sue emozioni. Senza pensarci troppo presi un po' della sostanza zuccherina e la portai alla bocca con le dita.

La detective mi osservava con un'espressione tra il disgustato e il perplesso.

Un modo di fare da maleducato, certo, ma allo stesso tempo perfetto per la mia parte.

Il mio obiettivo era aiutarla, ma anche inquietarla.

Forse avevamo ragione, forse ho davvero una personalità teatrale, ma una volta lì tanto valeva divertirsi. Tu non lo faresti, mio caro lettore?


No, probabilmente non lo farei. In una situazione del genere sarebbe normale che tutte le persone coinvolte agiscano con estrema serietà e tensione. Ancora più teso dovrebbe essere chi viene cercato, ma B era così rilassato, così incredibilmente calmo e divertito.

Sembrava che quella che stesse vivendo non fosse la sua vita, si comportava esattamente come si comporta una persona giocando a un videogioco: sa perfettamente che se le cose andassero male non perderà niente e allora tanto vale sperimentare, tanto vale divertirsi.

Tanto si può sempre ricominciare da capo.


Mh? Qualcosa non va, Misora?” “Stra... strano, come pasto.” “Davvero? Io lo trovo normale. Quando si usa la testa, viene voglia di dolci. Quando voglio fare un buon lavoro, non c'è nulla di meglio della marmellata. Lo zucchero fa bene al cervello.” “Ah...”.

Dopo la breve spiegazione, mi portai il barattolo alla bocca e cominciai a sorseggiare tranquillamente il suo contenuto come una bevanda.

La spiegazione che avevo appena dato sarebbe stata tipica di L e infatti fu proprio lui a darmela. Ebbi un breve flash-back, la The Wammy's House, i dolci, il suo visino malinconico.

Chissà se fisicamente era davvero come mi ero conciato?

Forse era cambiato? Ma dicono che le abitudini sono dure a morire e persino a Watari sembrava un caso perso.

Scusa per la pausa.” dissi educatamente dopo aver finito. “No... figurati.” “C'è ancora della marmellata in frigo. Ne vuoi un po' anche tu?” chiesi ironicamente. “N... no, grazie.” si affrettò a rispondere con un sorriso falsissimo.

Andiamo, ero davvero così inquietante?

Non credevo di poter incutere così tanto timore... dovrei prenderlo come un pregio o un difetto, mio caro lettore?

Riuscire ad incutere timore fingendo di essere un totale idiota è un qualcosa di difficile, non credi?

In effetti è divertente avere la sensazione di sapere tutto e vedere che invece gli altri non sanno niente.

Io avevo in mano la verità, ma non l'avrei fatta vedere ai miei rivali.

Davvero? Allora andiamo!” esclamai leccandomi le dita ancora sporche. “Andiamo... dove?”.

Mi venne spontaneo di chiedermi dove potessi mai andare secondo lei.

Ovvio. A continuare il sopralluogo, Misora.”

E adesso avrei cominciato a divertirmi, mio caro lettore...

_________________________

Authoress' words

Yeeeh! Pubblico di notte! L'ho fatto perché così anche la luna mi leggerà!

No, in verità è perché ho studiato fino ad adesso e ora sto seriamente delirando.

A voi capita mai di delirare e di vedere antichi Romani e Greci che camminano dentro casa vostra causa interrogazione imminente post-febbre?

Ecco, quello.

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Capitolo 23
*** Theme 51. Misa no Theme B ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Io volevo che quella donna mi trovasse sospetto.


Un'affermazione piuttosto bizzarra se si considera che proprio lui non doveva farsi scoprire, eppure...


Ti stai chiedendo perché, mio caro lettore? La risposta è semplice: lei avrebbe potuto mandarmi via, allontanarmi, ma io volevo che lei non mi staccasse gli occhi di dosso, che riflettesse su ogni mio gesto.

Capisci, mio caro lettore?


Naomi Misora non se ne sarebbe resa conto, ma B voleva aiutarla per farla arrivare prima dell'ultimo omicidio.

Sarebbe bastato completare i delitti per creare un caso irrisolvibile, eppure B voleva prendersi gioco di L e della sua rappresentante.

Ancora una volta tutto era solo un gioco.


Proprio per questo motivo, appena arrivato nella stanza, mi misi a carponi cominciando a gattonare rapidamente con l'aria di chi cerca un piccolo oggetto caduto per errore.

La donna rimase impietrita sulla soglia con uno sguardo... terrorizzato? No, inorridito è la parola giusta.

Con la massima naturalezza la guardai e con entusiasmo le dissi: “Che c'è, Misora? Dai, cerchiamo insieme!”.

Lei continuava a fissarmi senza rispondere, poi scosse la sua testa con una rapidità eccessiva. “No? Che peccato!” dissi allora con una nota di dispiacere e disappunto nella voce. “Pe-però, Ryuzaki... credo che in questa stanza non ci sia più nulla da scoprire. La polizia ha già passato tutto al setaccio...”.

La guardai, non riuscivo a non tenere un'espressione ironica.

Agli agenti è sfuggito quel cruciverba. Non sarebbe strano se anche in questa stanza gli fosse scappato qualcosa.” dissi con calma e cautela. “Se la metti così, hai ragione. Ma ci vorrebbe almeno un indizio da cui partire: questa stanza è troppo vuota e troppo grande per cercare a caso, senza qualcosa su cui basarsi.”.

Brava, Naomi, adesso dovevi solo capire dove guardare. Quella stanza era vuota, ma c'era qualcosa, vero?

Indizio? Che ne dici, Misora? Da quando sei arrivata qui, non ti è venuto in mente niente? Qualcosa che possa essere un indizio.” chiesi mettendomi seduto con il pollice tra le labbra, in attenta riflessione.

Naomi aveva ipotizzato che quelle incise sul cadavere fossero lettere, eppure ancora non ci era arrivata...

Un indizio... Beh... Dunque... Ryuzaki, non si tratta di uno scambio di informazioni, ma... per ringraziarti, vorrei farti vedere questa fotografia.”. Allora ci era arrivata? “Una fotografia?” chiesi con un tono troppo perplesso, non per la foto in sé, ma perché poteva già aver compreso tutto.

In fondo era stata scelta da L...

È una foto della vittima...” disse passandomi la foto del cadavere di Believe Bridesmaid. Vedendo quel foglietto di carta lucida e vedendo quanta importanza gli era stata data mi venne quasi da sorridere.

Eccellente, Misora.” le mormorai. “Come?” chiese lei. Allora non aveva capito davvero? “I mezzi di informazione non hanno rivelato che il corpo era ferito in questo modo, il che significa che questa fotografia fa parte della documentazione interna della polizia. Il fatto che tu sia riuscita a procurartela è la prova che non sei un'investigatrice qualsiasi.” dissi per giustificare il mio moto di ammirazione. “Tu, piuttosto... quel cruciverba... come l'hai avuto?” chiese cercando di cogliermi alla sprovvista, che tentativo sfacciato!

Quello è il segreto professionale. Nemmeno io ti chiederò come hai fatto a procurarti questa fotografia. Ma in che senso credi che sia un indizio?”. Dovevo sapere quanto aveva davvero capito del tutto.

Ecco... ho pensato che, forse, l'assassino ha lasciato un messaggio tramite qualcosa che ora non è più in questa camera, ma che c'era al momento dell'omicidio. E l'esempio più lampante di qualcosa che doveva per forza esserci ma adesso non c'è...” “È il proprietario di questa stanza. Believe Bridesmaid. Perspicace!”. Quindi non aveva ancora compreso il significato delle lettere, eppure non era così difficile.

Prova a osservare quella foto da angolazioni diverse: le ferite non sembrano forse lettere dell'alfabeto? Potrebbe trattarsi di un qualche tipo di messaggio...”.

Finalmente si stava avvicinando! Avevo l'occasione per darle un po' di aiuto. Mi avvicinai e ruotai la testa per vedere meglio.

Vediamo. No, non sono lettere.” risposi semplicemente. “No? In effetti, temevo che la mia fosse un'interpretazione forzata.” disse scoraggiandosi. Ma davvero non era in grado di capire da sola?

No, no, Misora. Non sto negando tutta la tua teoria, ma solo una parte. Nel senso che queste non sono lettere. Sono numeri Romani. Uno è I, due è II, tre è III, quattro è IV, cinque è V, sei è VI, sette è VII, otto è VIII, nove è IX, dieci è X, cinquanta è L e cento è C, cinquecento è D, mille è M. Quindi decifrando queste ferite... quello che risulta è 16, 59, 1423, 159, 13, 7, 582, 724, 1001, 40, 51, 31... Si tratta pur sempre di una foto, quindi non so se li ho letti correttamente... ma dovrebbe essere così all'ottanta percento.” spiegai nel caso lei non sapesse di cosa stessi parlando. Probabile, dopotutto se ancora non aveva compreso...

Ottanta per cento?” “Però, questo non cambia le cose, purtroppo. Dal momento che non sappiamo cosa rappresentino queste cifre, leggere in queste ferite un messaggio dell'assassino è un rischio. Potrebbe trattarsi di un depistaggio.” aggiunsi. Non potevo risolverle tutto io dopotutto.

Scusami, Ryuzaki...” mormorò. “Cosa c'è?” “Vado un attimo a sistemarmi il trucco.” disse voltandosi e andandosene dalla stanza.

Rimasi qualche secondo fermo, proprio in un momento simile doveva andare via? Di certo non era davvero per sistemarsi, anche se era una donna non mi sembrava una di quelle che dà massima importanza a ciò.

Uscii anche io dalla stanza seguendola e arrivai fino al bagno. Mi appoggiai un secondo alla porta e sentii, come previsto stava parlando con L.

A quanto pareva erano in contatto telefonico e lei gli passava informazioni senza ricevere quasi nulla in cambio.

Attesi per un po', finché la donna non chiuse la conversazione e aprì la porta. Trovandomi davanti emise un piccolo verso di stupore.

Misora, eri qui? Dopo che sei uscita dalla stanza, ho scoperto qualcosa di nuovo. Ero impaziente e così sono venuto a chiamarti. Hai finito?” “S-sì...”. Ovviamente sospettava che io avessi sentito la conversazione, ma tanto non ne avevo bisogno dopotutto.

Povera ingenua.

Allora vieni, di qua!” esclamai con troppo entusiasmo.

Era da un po' che dicevo cose molto sensate e nulla di bizzarro, dovevo rimediare.

Dopotutto dovevo rispettare il personaggio, un L più ingenuo, o forse no.

In effetti, mio caro lettore, hai mai notato che gli esseri più pericolosi non sono quelli scaltri, ma quelli ingenui? Seguono l'istinto e ti abbassano la guardia finché non arrivano al loro scopo, ti portano al loro livello, poi ti battono con l'esperienza, diceva una frase scritta su qualche muro.

A proposito, Misora.” “S-sì?” “Non ho sentito il rumore dello sciacquone, prima che tu uscissi dal bagno. Come mai?” “Non è cortese fare queste domande a una donna, Ryuzaki.” “Davvero? Comunque... se ti sei dimenticata di tirare l'acqua, sei ancora in tempo. Torna pure indietro. È una questione di igiene, non c'entra essere maschi o femmine.”.


Beyond era incredibile, dire una cosa del genere serviva davvero al suo scopo, così ingenuo ma allo stesso tempo così sospetto.


Stavo solo facendo una telefonata. Con il mio cliente. Ci teniamo in contatto regolarmente, tutto qui. Ma c'erano cose che non volevo farti sentire.” “Ah, sì? A ogni modo, la prossima volta faresti meglio a tirare l'acqua. È una buona copertura.” dissi facendo un piccolo ghigno, tanto essendo dietro di me non poteva vedermi.

Dopotutto era davvero divertente giocare a essere uno stupido intelligente.

Copertura?” chiese perplessa.

Esattamente, Naomi, copertura. Credevi davvero che non capissi nulla? Dopotutto dovevo essere un detective e tu eri più ingenua, tu ti comportavi come se non avessi mai avuto nulla da nascondere.

Non risposi ed entrai nella stanza. Mi rimisi a carponi e mi avvicinai alla libreria. “È qui.” dissi semplicemente.

Hai detto... che hai scoperto qualcosa di nuovo, no?” “Sì. Anzi, più che qualcosa di nuovo. Oserei dire un elemento decisivo. Su questo scaffale, ho scoperto un elemento fondamentale.” dissi cercando non di darmi importanza, ma di attirare la sua attenzione sulla libreria. “Vuoi dire che qui c'è una prova utile alla risoluzione del caso?” “Guarda qui, per favore.” dissi indicando i manga di Akazukin Chacha!.

Di che si tratta?” chiese lei. Ma come, non conosceva un manga, un elemento tipico della sua terra?

È un manga che mi piace molto.” “A te?” “Sì, a me. Misora, tu sei di origine Giapponese, giusto?” “Beh... sia mio padre che mia madre sono Giapponesi. Ora ho la cittadinanza Americana, ma sono cresciuta in Giappone fino alle scuole superiori.” “Allora conoscerai di sicuro questo manga. È lo storico capolavoro di Min Ayahana. Ho seguito tutta la serie quando veniva pubblicata a puntata su rivista. Il piccolo Shiine era così adorabile! E mi piaceva anche il cartone animato. Con amore, coraggio e speranza... holy up!” “Ryuzaki, ne hai per molto? Se il discorso è ancora lungo, allora io toglierei il disturbo.”.

Sorrisi. Dopotutto la stavo stuzzicando, avrei voluto che mostrasse più personalità, invece si comportava come una qualsiasi altra donna.

Ma non poteva esserlo sul serio, vero? Ma non capivo quali fossero le sue qualità, avrebbe dovuto compiere un qualche ragionamento straordinario, una riflessione precisa, perfetta.

Eppure nonostante fosse ingenua era anche divertente giocare con lei.


Ancora il concetto di “giocare” riferito a persone... era terrificante.


Ma anche stancante, era difficile essere l'esatto opposto di me volutamente. Le persone hanno molti aspetti, possono mostrare qualità opposte, eppure quello era un atteggiamento che non avrei mai avuto. E in fondo nemmeno L.

Perché vuoi togliere il disturbo se sto parlando con te?” “Beh, veramente... anche a me piaceva molto Akazukin Chacha. E ho visto anche il cartone animato. E anch'io ricordo la formula “con amore, coraggio e speranza... holy up”, ma...” disse visibilmente infastidita.

La mia espressione era dispiaciuta, ma presto risposi: “Davvero? Beh, allora parlerò con calma del fascino del cartone animato alla prossima occasione. Per il momento guarda qui, per favore.” dissi indicando la fila di volumi. Lei acconsentì e si sporse per guardare. “Non noti qualcosa?” chiesi speranzoso. “A dire il vero, no...” disse deludendomi. Chiunque l'avrebbe compreso, era così lampante.

Non capisco... c'è qualcosa di nascosto da qualche parte, in questi undici volumetti?” “No, non c'è.” “Ah, no? Come sarebbe a dire, “non c'è”?”. D'improvviso la sua voce era tagliente, come se mi avesse voluto uccidere sul posto. Pazientemente ripetei: “Non c'è, qualcosa che dovrebbe esserci, ma non c'è, Misora! Sei stata tu a intuire che, se l'assassino aveva lasciato un messaggio, lo aveva fatto tramite qualcosa che non c'è. E sei sempre tu ad aver capito che quel qualcosa è lo stesso Believe Bridesmaid. Quindi, pensavo non ci fosse bisogno di spiegartelo, ma... Guarda qui, Misora: manca qualcosa. Non ci sono il quarto e il nono volume, Akazukin Chacha è in tredici volumi. Questi sono undici. Ne mancano due.” dissi portandola con me verso la strada della soluzione.


Improvvisamente ricordai. La soluzione del tutto doveva dipendere da quei volumi che aveva inserito sulla libreria, dopotutto ce n'era anche un altro, ma i numeri... Cosa rappresentano i numeri in un libro?

Numeri di pubblicazione...

Numeri di volumi...

Numeri di pagine?

___________________________

Authoress' words

Devo essere sincera?

Non mi piace come è venuto questo capitolo.

È stato scritto quando avevo un grandissimo sonno e non ho avuto il tempo di aggiustarmelo per bene purtroppo, spero di riuscire a rendere di più la prossima volta.

Piuttosto sapete che in questo momento sono vestita da Misa? Direi che è il primo cosplay della mia vita e domani farò la replica a una festa di Halloween.

Scusatemi il ritardo, per problemi tecnici con Internet ho pubblicato a mezzanotte e qualche minuto... ma non è colpa mia stavolta! Perdonatemi per tutto, per la qualità del capitolo e anche per questo!

Gomennasai!

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Capitolo 24
*** Theme 43. Kinchou Kan ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Naomi sembrava piuttosto perplessa, come se avessi appena detto un qualcosa di assurdo.

Sì... è vero. E quindi, Ryuzaki? Vuoi dire che l'assassino si è portato via il quarto e il nono volume? Può darsi, ma forse la serie era incompleta fin dall'inizio. Magari la vittima aveva in programma di comprarli. Non tutti leggono seguendo l'ordine. Infatti, ora che ci faccio caso, questa serie di “Dickwood” sembra interrotta a metà...” “Impossibile.” affermai con decisione. Sì, non tutti seguono l'ordine, ma una persona che sistema tutti i libri in modo da non lasciare neanche una minima fessura di sicuro è una maniaca dell'ordine.

Ma non potevo fare questo discorso, troppo intelligente.

Nessuno al mondo leggerebbe mai Akazukin Chacha! saltando due volumi. Sono sicuro che questo sarebbe sufficiente come prova anche in tribunale.”.


Continuavo a rimanere sempre più perplesso dalle geniali trovate di Beyond. Sarebbe stato comico, se non ci fosse stata la consapevolezza dei suoi veri pensieri, così freddi e pericolosi.


Sempre che la giuria sia composta da persone che conoscono i manga.” aggiunsi. “Io non la vorrei una giuria così tendenziosa.” rispose sarcasticamente lei. “È più logico credere che l'assassino abbia portato con sé i due volumi.” ripetei con aria convinta. “Se anche fosse, in base a cosa possiamo stabilire che li ha portati via l'assassino? La vittima non potrebbe forse averli prestati a un amico?” chiese lei suscitando il mio fastidio di nuovo.

Non era un genio di certo, però era sospettosa, anche troppo.

Stiamo parlando di Akazukin Chacha! Non lo presterei nemmeno ai miei genitori, gli direi di comprarselo! Non ci resta che pensare che li abbia portati via l'assassino. Però, per gli stessi motivi, nessuno a questo mondo vorrebbe leggere soltanto il quarto e il nono volume... ci scommetterei la mia marmellata!” esclamai con un tono fin troppo entusiasta. “Se stai parlando della marmellata che stavi mangiando prima, quella la vendono a cinque dollari...” disse con sprezzo.

Non pensavo potesse essere così superficiale, dopotutto il valore di un oggetto non dipende dal suo prezzo, ma dal valore che gli danno gli esseri umani, esattamente come alcune opere d'arte. Alcuni dipinti valgono milioni e magari sulla tela c'è solo un puntino piccolissimo, che secondo gli esperti e i critici è simbolo di chissà quale universo... ma dopotutto è un punto.


Questo modo così razionale di vedere le cose mi ricordava molto quello di L... e il mio. Di fronte a un quadro così, anche io avrei pensato che si trattava solo di un punto e basta. E poi davvero l'artista pensava a tutte quelle interpretazioni dipingendo? Magari voleva fare un semplice punto e siamo noi spettatori a dargli tutti quei significati assurdi.


Quindi, Misora, dobbiamo ritenere che l'assassino abbia portato via da questa stanza quei due volumi, il quarto e il nono, con uno scopo ben preciso.” dissi incupendo troppo il tono della voce, per questo Naomi mi guardò un po' stranita per poi riprendere. “In pratica, dal momento che quei due volumi non sono su questo scaffale, anche tralasciando ogni logica e probabilità e prendendo per buona la tua ipotesi... non trovi che ci sia qualcosa di strano, Ryuzaki? Questa libreria... Ryuzaki, sai per caso quante pagine ci sono in tutto nel quarto e nel nono volume di Akazukin Chacha?”.

Complimenti, aveva capito che se Believe Bridesmaid avesse tolto i volumi dalla libreria sarebbe rimasto dello spazio.

Cominciavo a perdere le speranze, per come si era comportata avrebbe anche potuto non arrivarci mai.


Ora capivo perché aveva fatto in modo da non lasciare neanche un fessura. Inizialmente potevo anche pensare che fosse solo perché B era una persona maniacale su certe cose, ma in effetti tutto quello che faceva aveva uno scopo ben preciso alla fine.


Certo che lo so! 192 pagine e 184 pagine.” esclamai. Osservai soddisfatto la sua espressione sconcertata da tanta precisione per qualche secondo, poi afferrò con sicurezza il volume intitolato “Carenza di svago” aprendolo all'ultima pagina, era esattamente di 376 pagine, ovvero la somma delle pagine dei due volumi mancanti.

Che c'è, Misora?” chiesi provocatorio. “Niente... Pensavo che l'assassino poteva aver lasciato sugli scaffali un altro libro al posto dei due volumi sottratti... Magari era proprio quello il suo messaggio...”.

Centro.

Aveva capito esattamente, ma a quanto pareva aveva bisogno di un incoraggiamento.

Non è male, come punto di vista. Anzi, direi che è buono... anche perché, se non sbaglio, è l'unico possibile.” dissi allungando un braccio verso di lei per prendere il libro, ma probabilmente non aveva capito, dato che si ritrasse frettolosamente.

Lo presi con due dita e lo sfogliai velocissimamente in modo da finirlo in cinque minuti, poi assunsi un'espressione perplessa ed esclamai. “Capito!” “Come? C'è qualcosa?” “No. Ho capito che non c'è nulla... Non guardarmi così, non sto scherzando. Questo è un normale romanzo di intrattenimento, non ci sono messaggi o metafore come le wara ningyo. Ovviamente non c'è nemmeno una lettera o altro infilato tra le pagine e non ci sono scritte sui bordi.” dissi sottolineando l'ultima parola.

Sui bordi?”. Sorrisi senza farmi vedere e poi scandii bene: “Sì, sui margini c'è solo il numero della pagina.”


Improvvisamente realizzai, dovevano essere i numeri delle pagine. Però alcune cifre erano sopra le 376 pagine... Forse si doveva togliere 376 e considerare quello che avanzava?


Il numero della pagina? Ryuzaki, se quelli incisi sul petto della vittima fossero numeri Romani... quali avevi detto che sarebbero?”.

Aveva capito tutto, forse non era davvero così imbranata.

16, 59, 1423, 159, 13, 7, 582, 724, 1001, 40, 51 e 31. Quindi, che vuoi dire?” chiesi mentre mi fissava di nuovo, probabilmente perché li avevo recitati senza guardare la foto, ma ricordandoli a memoria.

Mi chiedevo se per caso quei numeri non indicassero le pagine... Impossibile, eh? Ci sono due cifre sopra il migliaio, quindi non avrebbe senso per un libro di 376 pagine.”. Ci era quasi, adesso toccava a me guidarla un po'.

Già... Anzi, no, Misora. In questo caso, basta considerare 376 come il modulo e trascurarne i multipli.” dissi, ma notando lo sguardo perplesso della donna cercai di farglielo capire in altro modo.

Per esempio, 476 potrebbe essere interpretato come 376 più 100 e indicare la pagina 100.” “E quindi?” “Non lo so. Ma proviamo a pensarci. Il numero 16 indicherebbe pagina 16, 59, 1423, 159, 13, 7, 582, 724, 1001, 40, 51, 31...”. Tenevo gli occhi semichiusi per la concentrazione, anche se sapevo già cosa avrei detto. “Ho capito.” “Hai capito che non c'è nulla?” chiese sarcastica.

No, ho capito che c'è qualcosa. Qualcosa di molto preciso, Misora.” dissi passandole il libro. “Prova ad aprilo a pagina 16, per favore.” dissi. Lei sfogliò le pagine rapidamente. “Qual è la prima parola di quella pagina?” “Quadratico.” “La prossima è pagina 59. Qual è la prima parola?” “Ukulele.” “Ora vai a pagina 295, per favore. Il numero era 1423, 376 ci sta tre volte con il resto di 295. Qual è la prima parola?” “Tenace.”.

Così trovammo ancora le parole “rabble”, “tavolo”, “egg”, “arbitro”, “equilibrato”, “thud”, “effetto”, “elsewhere”, “nome”.

Sì.” “Sì... cosa?” “Prova a unire le iniziali di queste parole.” “Le iniziali? Dunque... Qutrtea Eteen... Qutrtea Eteen? Che significa?” “Non trovi che somigli al nome della seconda vittima?” “Beh, ora che me lo dici... Effettivamente, la pronuncia... anzi, anche l'ortografia è simile. Quarter Queen... solo quattro lettere sono diverse.”.


Certo, il nome era simile, ma dubitavo che Beyond avesse fatto un qualcosa che somigliasse e basta, dopotutto stavamo parlando di una persona tanto geniale quanto fredda.


Sì. Però... Quattro lettere su dodici sono troppe. Significa che un terzo è diverso. No, questo ragionamento non avrebbe valore nemmeno se ci fosse soltanto una lettera diversa. Avrebbe senso come messaggio solo se fossero tutte identiche. Pensavo di aver scoperto qualcosa, invece potrebbe trattarsi di una semplice coincidenza.” dissi con un tono un po' deluso.

Ma come? Una coincidenza del genere...” anche lei era delusa, era troppo lampante, però doveva trovare un sistema per fare coincidere le lettere mancanti.


Un sistema per farle coincidere? E se non fosse la prima lettera quella a dover essere presa in considerazione?


Però, Misora, se non coincidono non coincidono, non possiamo farci niente. Eppure sembrava che ce l'avessimo quasi fatta...” “No, Ryuzaki!” gridò facendomi sobbalzare. “Pensaci bene. Le quattro lettere diverse sono tutte in pagine con un numero superiore a 376, vero? Sono numeri nei quali il 376 è contenuto una o più volte. Quindi...”. Afferrò il libro di nuovo e lo riaprì.

Se 376 ci sta tre volte e alla quarta rimane il resto... non bisogna scegliere la prima lettera, bensì la quarta. Non la T ma la A. Stessa cosa con “arbitro” e il 582: ci sta una volta e alla seconda rimane il resto, quindi non va scelta la A ma la seconda lettera, la R. Così non è Qutrtea ma Quarter.”.

Mentalmente le feci i miei complimenti.

La polizia non era riuscita a capire, ma neanche lei ci sarebbe riuscita senza di me, dopotutto non si era neanche accorta del fatto che l'avevo condotta fino a un certo punto della strada.


Provai ad eseguire anche io quel ragionamento.

Con “equilibrato” andava la Q e con “thud” andava la U. In quel modo il risultato era Quarter Queen.

Per creare un indovinello simile B era stato così ingegnoso e così semplice dopotutto! Non era impossibile raggiungere la soluzione, ma almeno aveva fatto penare non poco sia la polizia, sia l'investigatrice scelta da L.

E non solo!

Si stava prendendo gioco di quella donna, era stato proprio Beyond a suggerirle la soluzione, ma non del tutto. Giocava proprio su questo, la conduceva per poi abbandonarla, poi la riprendeva per portarla vicina o lontana dall'obiettivo a piacimento.


Ce l'hai fatta, Misora. Un'eccellente deduzione. I miei complimenti, io non ci sarei mai arrivato.”.

________________________

Authoress' words

Ci scusiamo per il ritardo, abbiamo saltato ben due settimane di pubblicazione.

Any è morta, anzi è stata uccisa. L'assassino è stato identificato sotto il nome di Scuola.

No, ok, a parte gli scherzi non ho mai avuto un periodo più impegnato di questo ma adesso tutto sta rallentando, ho ritrovato il modo di vivere senza dover passare l'intera mia giornata dietro a qualche libro variopinto ad evidenziatori che non ho. u.u

Non temete!

Farò di tutto pur di non abbandonarvi!

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Capitolo 25
*** Theme 65. Mello ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Detestavo come ricevevo sguardi apprensivi da ogni adulto che ci fosse. Mi guardavano senza neanche rendersi conto del fatto che si capiva benissimo che facevo loro una gran pena.

Ma perché poi?

Sì, avevo perso il mio idolo, il mio modello da imitare, ma dopotutto l'avevo incontrato a malapena una volta, sarei stato capace anche di andare avanti senza.

O forse no?

Forse ero ancora troppo legato all'idea di avere qualcuno a spalleggiarmi, qualcuno che mi desse indicazioni su cosa fare?

Roger non la smetteva di farmi continua pressione, mi affidava dei casi investigativi per allenarmi, mi forniva la collaborazione della polizia a volte.

Fino a quel momento li avevo risolti tutti, ma continuavano a guardarmi come se non avessi combinato nulla.

Avevano poca fiducia in me, come se non avrei mai potuto sostituire degnamente il mio predecessore, qualsiasi cosa avessi fatto.

Ma prima o poi il giorno della sua morte sarebbe dovuto arrivare, non poteva vivere per sempre.

Il problema probabilmente non era in me, ma nel fatto che nemmeno lui, nemmeno L in persona era riuscito a prendere Kira.

Kira.

Un nome che mi provocava un senso di odio solo a sentirlo.

Vedere che le persone si piegavano poco a poco al suo volere era un qualcosa di inconcepibile per me.

Avrei potuto comprendere qualsiasi assassinio, persino quello compiuto per sete di potere, piuttosto che quello di una persona che si elevava a divinità, a guida del mondo.


Naomi Misora era sulla Third Avenue. Camminava incerta con una cartina tra le mani, non sapendo bene dove andare per raggiungere la casa di Quarter Queen.

Osservai ancora una volta la sua durata vitale.

Entrò all'interno di un vicolo buio, dove non c'era nessuno oltre me e lei.

Ero coperto anche nel volto e nelle mani, avevo un manganello imbottito di sabbia nella mano destra e una spranga di ferro nella sinistra, con il quale tentai di colpirla.

Nonostante la mia precisione e la mia intenzione di farle del male, lei evitò il colpo chinandosi di scatto, lasciando sorpreso anche me.

Possibile che avesse sentito solo il movimento dell'aria per capire che ero dietro di lei?

Si gettò a terra e premette le mani sull'asfalto per poi slanciarsi in verticale per colpirmi al mento.

La evitai rapidamente.

Mi esaminò per un solo secondo, prima di balzare davanti a me con le gambe piegate una davanti all'altra, la mano destra davanti al suo viso.

Esitai per un secondo, poi mi gettai su di lei con la spranga bene in pugno.

Mi evitò di nuovo, ruotò sul busto e cercò di colpirmi di nuovo con un calcio alla tempia, ma mi mancò ancora.

Improvvisamente mi voltai e me ne corsi via, come se non fosse accaduto nulla. Lei tentò di seguirmi, ma dopo pochi passi si fermò.


Rimasi un attimo basito.

Perché Beyond avrebbe mai dovuto tentare di uccidere Naomi Misora? Dopotutto non aveva anche giocato a guidarla fino a quel momento?

E poi... aveva guardato la sua durata vitale, ma non era riuscito a ucciderla, quindi non era ancora finita.

Possibile che lui sapesse che non sarebbe riuscito nel suo intento?


Non mi aveva seguito, ne ero abbastanza sicuro.

Finalmente uscii da quel vicolo buio, mi guardai un attimo intorno e poi mi avvicinai a una piccola berlina, la mia automobile.

Me l'ero procurata durante il mio viaggio dopo aver lasciato la mafia, con quella era tornato a Los Angeles senza neanche rendermene conto.

Ovviamente era rubata, per acquistare un'auto chiedono fin troppi documenti per poterla prendere legalmente.

L'avevo lasciata in moto, in modo da non perdere troppo tempo.

Dopotutto ero in ritardo all'appuntamento a casa di Quarter Queen.

Partii e la portai via, attraversai qualche strada per poi parcheggiarla in una zona che avevo scelto la sera prima, dopo aver pulito quell'automobile da ogni possibile impronta digitale, esattamente come le case delle vittime.

Parcheggiai e mi tolsi la maschera senza lasciare neanche un singolo indizio grazie ai miei guanti.

Uscii circospetto dalla vettura, facendo molta attenzione alle telecamere di sorveglianza del parcheggio.

Non dovevo essere visto.

Sapevo benissimo che Naomi non sarebbe morta, dopotutto avevo osservato per bene la sua durata vitale, ma volevo farle una sorta di test.

Quella donna si era dimostrata un po' ingenua, ma dopotutto anche il cervello le funzionava.

Dovevo solo capire quanto fegato avesse.

Era passata al contrattacco senza neanche voltarsi, un qualcosa di stupefacente che pochissimi riuscirebbero a fare.

Sì, L aveva fatto una buona scelta dopotutto.

Ma senza di me non sarebbe mai riuscita a scoprire il messaggio nascosto nella libreria di Believe Bridesmaid.

Senza di me non sarebbe arrivata mai a nulla.

Ma dopotutto aveva i requisiti giusti.

I requisiti per affrontarmi.

Feci scrocchiare il collo allontanandomi, dover stare curvo cominciava a darmi parecchio fastidio, quasi non riuscivo più a stare dritto senza sentirmi vagamente a disagio.

Guardai in alto sorridendo.

Per ottenere ciò che si vuole a volte bisogna soffrire, in ogni campo, vero mio caro lettore?


Ripensai a come mi sentivo osservato, a come la cosa mi provocava un fastidio al quale non reagivo.

Anche quello dopotutto era per ottenere ciò che volevo, ovvero la successione ad L e riuscire a prendere Kira.

A meno che non si sia molto fortunati o privilegiati, le cose che si vogliono non si possono mai ottenere facilmente, soprattutto se si tratta di desideri ambiziosi come il mio e quello di Beyond.

Ma poi l'aver sofferto dà ancora più valore al risultato finale.


Ehi, Misora! Sei in ritardo!” dissi appena sentii la porta dell'appartamento aprirsi.

Nonostante tutto quello che era successo era arrivato prima di lei alla casa della mia seconda vittima. “Per favore, cerca di essere puntuale. Il tempo è denaro, quindi vita!”.

Giusto per rendere ancora di più il personaggio, mi misi a giocherellare con gli slip della ragazzina uccisa. Stavo guardando il suo cassetto della biancheria intima ottenendo per tutta risposta uno sguardo tra lo schifato e il perplesso da parte dell'investigatrice che era con me.

Se non sbaglio... la vittima viveva con la madre, che ora è tornata dai propri genitori, giusto? Chissà che shock, per lei.” disse poi Naomi, cercando di non guardarmi.

Certo, uno shock molto forte, ma di certo non avrebbe dovuto lasciare la figlia appena tredicenne totalmente sola, con una ragazza che la veniva a controllare per pochi minuti prima di andare all'università.

Era ovvio che sarebbe potuta accadere una cosa simile, era stata lasciata troppo indifesa.

Fosse stata almeno più sospettosa...


Detta così, quella di Beyond sembrava una punizione alla madre di Quarter Queen, ma per punire c'era bisogno di arrivare a tanto?

Certamente la cosa aveva insegnato qualcosa alla signora, ma era un qualcosa che non le sarebbe più tornato utile.


Sì. Madre e figlia vivevano da sole in questo appartamento ricavato da un monolocale per studenti universitari. Ovviamente non passavano inosservate. Stamattina ho provato a chiedere un po' in giro e ho sentito diverse storie interessanti, anche se quasi tutte erano già riportate nella relazione della polizia che mi hai mostrato ieri. Al momento del delitto, la madre era via per un viaggio. Il corpo è stato ritrovato da una studentessa universitaria che abita qui di fianco ed era passata a dare un'occhiata alla ragazzina... La madre ha rivisto la figlia direttamente all'obitorio.”.

Naomi vagava per la stanza controllando i muri nei punti dove c'erano state le wara ningyo.

Qualcosa non ti convince, Misora?” “Sì... Ieri, noi abbiamo decifrato il messaggio lasciato dall'assassino sul luogo del crimine, però... la questione delle wara ningyo e quella delle porte chiuse dall'interno rimangono in sospeso.”.

Rimasi un secondo fermo. Possibile che avesse già capito che le wara ningyo e le porte chiuse dall'interno fossero collegate?

Mi rilassai.

Ma certo che no, non poteva essere.

È vero.” dissi mettendomi a carponi e cominciando a vagare per la stanza. “Però, Misora, forse non c'è bisogno di dare troppa importanza alle stanze chiuse. Non siamo in un romanzo giallo: ci sono buone probabilità che abbia usato una copia della chiave. Non ne esiste una che non possa essere duplicata.” aggiunsi cercando di allontanarla da quella pericolosa strada.

Sì, questo è vero, ma... pensi veramente che un assassino come questo userebbe un espediente rozzo come il duplicato di una chiave? Dopotutto, che bisogno c'è di chiudere le stanze? Eppure lo ha fatto. Di proposito. Perciò la cosa potrebbe nascondere un puzzle...” “Un puzzle?” “Non so, un indovinello... Un enigma.” “Sì, è vero. Può darsi.” ammisi.

Se avessi negato ancora si sarebbe solo insospettita ulteriormente.

Lo dissimulavo alla perfezione, ma dovetti ammetterlo a me stesso.

Ero nervoso.

________________________

Authoress' words

Oggi ho mal di testa.

E non è una buona cosa.

Stasera ho un concorso di musica, il primo cui abbia mai partecipato. Questo concorso è stato diviso tra ieri e oggi e già ieri ho suonato due canzoni. Una l'ho anche cantata e l'ho messa su YouTube e adesso ho sonno.

u.u

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Capitolo 26
*** Theme 64. Near's Theme ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.

 

Per Beyond quel tipo di nervosismo era una sensazione nuova.

Non si trattava di una normale tensione, ma di quella di chi rischia che le cose non vadano secondo i propri piani.

Lo stesso nervosismo che L aveva fatto provare a Kira chissà quante volte.

 

A distogliermi dai miei pensieri giunse la voce di quella donna che improvvisamente mi pareva quasi ostile. “Ryuzaki, tu che faresti? Se volessi chiudere a chiave questa porta dall'esterno, che metodo escogiteresti?”.

Sorrisi.

Di sicuro non ci era neanche vicina.

“Userei la chiave.” “No, se non avessi la chiave, intendo.” “Userei un duplicato.” “No, se non avessi nemmeno un duplicato.” “Non chiuderei a chiave.”.

Naomi rimase un attimo basita per poi voltarsi e provare a formulare nuove ipotesi: “Nei romanzi gialli, Ryuzaki, le camere chiuse sono famose per i trucchi come quello dell'ago e del filo, ma... Insomma, la chiamiamo “camera chiusa”, ma c'è sempre di mezzo una porta normale. Non può essere chiusa ermeticamente. Non è mica la libreria di Bridesmaid, deve esserci per forza una fessura... Uno spiraglio attraverso il quale, per esempio, fare passare un filo con cui agganciare il pomello e farlo girare...” “Impossibile. Anche se ci fosse una fessura, sarebbe strettissima e l'angolazione farebbe disperdere la forza verso la porta. Fai un tentativo: vedrai che buona parte dell'energia sarà direzionata in verticale. Anche se cercassi di agganciare il pomello, non faresti altro che tirare la porta verso di te.” “Già... Però una serratura così semplice non lascia spazio ad altri trucchi. Nei gialli sono molto più elaborate.” “Ci sono tanti modi per creare una camera chiusa. Inoltre, non possiamo escludere che avesse un duplicato della chiave.”.

Quella conversazione rischiava di crearmi problemi. La chiusi con freddezza per poi portarla verso un'altra strada.

“La questione, piuttosto, è un'altra, Misora: perché l'assassino ha creato una camera chiusa? L'ha fatto di proposito, benché non ce ne fosse bisogno. A che scopo ideare un rompicapo?” “L'ho già detto: per gioco...” “A che scopo?”.

La donna si fermò.

Stette qualche secondo a fissare il vuoto, poi prese la foto della vittima che aveva nella documentazione fornitale da L.

“Uccidere una bambina... Che crudeltà!” esclamò lasciandomi un attimo perplesso.

Avrebbe dovuto saperlo che gli assassini sono crudeli e dopotutto non poteva giudicare quello un omicidio peggiore di altri solo in base all'età della vittima.

A qualsiasi età si può essere crudeli.

“Anche uccidere un adulto è crudele, Misora. Che si uccida un bambino o che si uccida un adulto, non cambia nulla.” dissi con noncuranza e freddezza.

 

La freddezza di Beyond era spaventosa. Come poteva dire che non cambiava nulla? La differenza c'è: un bambino non è in grado di difendersi, un adulto sì.

In parole povere è troppo facile uccidere una ragazzina come Quarter Queen.

 

“Ho finito di ispezionare la stanza, più o meno. Non ho trovato nessun oggetto di valore.” dissi alzandomi e pulendomi i jeans con le mani.

“Ne stavi cercando uno?” “No. Solo per sicurezza. Se prendiamo in considerazione l'idea che il movente sia il denaro, la seconda vittima fa eccezione rispetto alle altre due. Quindi mi sono chiesto se per caso nascondesse qualcosa di prezioso. Mi sbagliavo. Facciamo una pausa! Misora, che ne dici di un caffè?”.

L'ipotesi che avevo fatto era ovviamente fuori luogo. Era ovvio che non poteva essere il denaro il movente, altrimenti non avrebbe avuto senso fare in modo di far capire che per tutte e tre le vittime ero sempre io l'assassino.

Dopo la conferma di Naomi, mi avviai nella cucina e afferrai una caffettiera senza pensarci neanche troppo.

Dopo aver preparato la bevanda calda e dopo averci messo un'abbondantissima quantità di zucchero, tornai nella stanza della vittima con due tazzine fumanti su un vassoio.

La mia “collega” era seduta al tavolo. La salutai allegramente, le misi una delle tazzine davanti, l'altra al lato opposto e mi sedetti in quel modo così bizzarro che avevo imitato per anni.

La donna si portò la tazza alle labbra, poi improvvisamente sputò tutto con versi disgustati.

“Qualcosa non va, Misora? Non si sputa in giro quello che ci si è messi in bocca. Non è elegante. E poi quelle urla esagerate rischiano di nuocere alla tua immagine. Hai un così bell'aspetto, cerca di valorizzarlo!”.

In un certo senso era divertente rimproverarla.

“È... dolce da morire... È veleno!” “Non è veleno. È zucchero.” risposi semplicemente, guardando quel composto gelatinoso.

“Mi sembra di avere ingoiato fango...” “Guarda che il fango non è così dolce.” “Fango dolce...” disse come se avesse avuto un'illuminazione. Io continuai a bere rumorosamente, per poi esclamare: “Ah, un caffè ti fa proprio sentire meglio! Ora che mi sono rinfrescato le idee posso chiederti una cosa?”.

Il mio tono di voce cambiava di continuo, se un secondo prima poteva essere allegro e ingenuo, adesso era estremamente gentile.

“Prego.” disse lei con un tono di voce per niente contento.

“Per quanto riguarda l'anello mancante...” “Hai scoperto qualcosa?” “A quanto pare, il crimine non è stato compiuto per denaro... ma ieri sera, dopo che ci siamo separati, mi sono accorto di una cosa interessante. Un punto in comune tra le vittime, che nessuno ha ancora notato.” dissi.

Nonostante sembrava potesse scoprire qualcosa che non doveva sapere poco prima, adesso dovevo aiutarla ancora un po'.

“Di che si tratta?” “Delle iniziali, Misora. Le iniziali dei nomi delle vittime hanno una caratteristica in comune. Believe Bridesmaid, Quarter Queen, Backyard Bottomslash. BB, QQ, BB. In altre parole, nome e cognome di ogni vittima iniziano con la stessa lettera...”.

Mi fermai notando la sua espressione visibilmente delusa.

“Oh, qualcosa non va, Misora?”

 

In effetti quello era il dettaglio che più saltava all'occhio. Sarebbe stato strano se Naomi non l'avesse ancora notato, ma con molta probabilità non gli aveva dato la giusta importanza e questo poteva essere un problema per il piano dell'assassino.

 

“Ryuzaki... hai idea di quante siano, in tutto il mondo, anzi, anche solo in tutta Los Angeles, le persone che hanno un nome e un cognome con la stessa iniziale? L'alfabeto ha ventisei lettere, dalla A alla Z, quindi, facendo un semplice conto, significa che circa una persona su ventisei ha un nome del genere. Non si può considerare un punto in comune.”.

 

Ed ecco dov'era l'errore. Ogni punto non era casuale. Beyond aveva fatto una grande attenzione ai nomi delle vittime oltre che alla loro data di morte, e inoltre la sequenza BB, QQ, BB coincideva con quella delle date 9 giorni, 4 giorni, 9 giorni.

In effetti Naomi Misora aveva dei colpi di genio ad esempio nel sospettare che le porte chiuse fossero collegate alle wara ningyo in qualche modo, ma alla fine non abbastanza da andare oltre l'apparenza.

L'arte non era nel creare indizi.

L'arte era nel creare qualcosa di casuale, che avesse la funzione di un indizio.

 

Assunsi un'aria imbronciata, mentre mi lamentavo per aver creduto di aver fatto una grande scoperta.

“A proposito, anche tu ti chiami Rue Ryuzaki. RR, no?” mi disse poi. “Oh. Non ci avevo fatto caso.” “Sono tutte... sciocchezze.”.

Sciocchezze? Io non avrei liquidato così facilmente quell'indizio, Naomi.

Le vittime avevano tutte in comunque questa caratteristica, non poteva essere un semplice caso.

E se fosse stato un caso sarebbe stato troppo assurdo.

E per di più ben due tra di loro erano BB.

“Misora, abbiamo stabilito che la mia deduzione non vale niente. Tu invece hai fatto qualche progresso?” le chiesi sperando che almeno avesse qualcos'altro da dire.

“No, niente che si possa definire tale. Da questo punto di vista, non posso certo permettermi di criticarti... Credo che l'unica cosa da fare sia cercare un eventuale messaggio lasciato dall'assassino, come ieri. In tutta onestà, mi sento completamente nelle sue mani, il che, come dire, mi irrita, non mi dà pace...”.

A quella sua affermazione a stento trattenni un sorriso di sadica soddisfazione.

“Allora continuiamo a fargli credere di essere nelle sue mani. Fare il suo gioco mentre cerchiamo di cavarne qualche indizio è la cosa migliore. Misora, se ha lasciato un messaggio... dove potrebbe essere?” chiesi volendola provocare.

“Dove non lo so, ma il contenuto è prevedibile. Indicherà il nome della terza vittima... Backyard Bottomslash. Oppure il suo indirizzo. Il cruciverba annunciava il primo omicidio e le pagine del libro il secondo, quindi...” “Giusto. Sono d'accordo.” dissi soddisfatto di quel gioco che avevo creato. “Solo che al momento non ho idea di dove possa avere nascosto quel messaggio. Se riuscissimo a stabilire un criterio, potrebbe essere una chiave per arrestare l'assassino, ma...”.

Ma come, Naomi?

Se la si vedeva così, era inutile rimanere in quel luogo.

“Quindi se l'unica cosa che possiamo trovare è un messaggio che indica la terza vittima, forse è meglio lasciar perdere qui e andare subito sul luogo del terzo omicidio. Dopotutto, il nostro scopo è sì risolvere il caso, ma anche prevenire un quarto omicidio.” dissi conn una punta di provocazione. “Giusto, è vero.”.

Lei aveva esitato nel rispondere.

Ma come? Allora non la pensavi così?

Era stato L a dirti di non farlo?

“Ormai non possiamo più impedire il terzo omicidio, che è già avvenuto, ma possiamo prevenire il quarto. Invece di perdere tempo qui cercando un messaggio dal contenuto scontato, mi pare più costruttivo cercare il messaggio che porta alla quarta vittima.” le dissi con innocenza, ma in mente mia sapevo che in realtà mi stavo solo divertendo come un bimbo si diverte col suo giocattolo.

 

In effetti, se davvero si doveva seguire la teoria del prevenire l'omicidio, saltare direttamente alla casa successiva si sarebbe rivelato un notevole risparmio di tempo, anche perché non mancava ancora molto prima dell'ultimo delitto.

In effetti tutto quello era solo un preparativo del palco.

Il regista stava preparando gli attori per l'ultimo atto.

Il gran finale.

________________________________

Authoress' words

Buonasera! Ho deciso che voglio provare a scrivere capitoli più lunghi, ma purtroppo con questi tempi strettissimi che ho non ce la faccio! Almeno per questa settimana è andata, vedremo con la prossima.

Anzi, ho pubblicato per miracolo oggi! Non ne avevo nemmeno il tempo tecnicamente, ma passiamo al nostro ospite speciale, ovvero la santa che mi sta prestando il suo computer! Ecco a voi Black Nana!

Black Nana: Yahoo! Salve a tutti!

Any_: Eccola qua! Questa simpaticissima ragazza, mi ha prestato un computer ancora più simpatico perché si chiama Netty, ed è un nome stupendo. u.u

Black Nana: Graaaazie! Anche tu sei carina e coccolosa. Questa ragazza non lo da a vedere, ma anche lei è carina e coccolosa, ma è terrorizzante perché in certi momenti è identica ad L.

Any_: Ehm... Non sono per niente carina e coccolosa, diciamo che capita il momento, ma di solito sono anche molto fredda. Almeno nella mia mente, se leggessero i miei pensieri, la maggioranza delle persone si spaventerebbero.

Beh, dopo questo breve intervento vi abbandono e vi saluto con taaaanto buon'umore e taaaanti muffin alla fragola! :3

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Capitolo 27
*** Theme 48. Shinigami Kai B ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


In effetti non mi era troppo semplice capire cosa passasse per la testa di Naomi in quel momento.

Insomma, aveva detto di ritenere inutile cercare indizi nella casa della seconda vittima, ma allo stesso tempo lo affermava con grande insicurezza.

Troppa, per i miei gusti.

Ma non trovi che questo significherebbe stare sulla difensiva? Essere passivi? Se qui ci fosse un indizio sull'assassino, rischieremmo di tralasciarlo. Magari non una prova certa, ma una pista... Certo, prevenire il quarto omicidio è essenziale, ma dedicandoci esclusivamente a quello perderemmo in iniziativa. Rinunceremmo a prendere il controllo della situazione.”.

Finalmente si era decisa.

Il suo modo di pensare era fin troppo contraddittorio, in fin dei conti lei stessa aveva proposto di lasciar perdere gli indizi che avremmo potuto trovare in quel luogo.

Ma per cose come quelle indagini, in cui non si tratta solo di un tranquillo sopralluogo, ma di un gioco, di una corsa contro il tempo, bisogna aver ben chiaro che strategia è meglio utilizzare.

L non avrebbe avuto dubbi, avrebbe scelto di rimanere. Anche Naomi l'aveva fatto, ma ci aveva messo un po'.


Effettivamente sembrava davvero che la donna non sapesse minimamente cosa fare, come se le sue decisioni fossero state prese a caso. Di certo non era così, ma la sua mente doveva essere più confusa di quel che sembrava per quel che riguardava il caso.


Non c'è da preoccuparsi, per quello. Io sono risoluto!” esclamai con allegria. “Risoluto?” “Sì, risoluto e pronto a prendere il controllo. Io non sono mai passivo. È una delle poche cose di cui mi vanto. Non subisco passivamente nemmeno le indicazioni dei semafori.” “Quelli faresti meglio a rispettarli.” “No, mai.” dissi con orgoglio. Dopo pochi secondi ripresi il discorso: “Impedire il quarto omicidio va quasi certamente di pari passo con l'identificazione e la cattura dell'assassino. Questo è quello che desiderano più di ogni altra cosa anche i miei clienti. Però ho capito cosa intendi, Misora. Facciamo così: io ho finito di esaminare questa stanza, quindi la lascio ispezionare a te. Nel frattempo, vorrei studiare il terzo omicidio. Potresti mostrarmi di nuovo la documentazione di ieri, per favore?”.

Dopo pochi secondi mi passò le foto e i dati che aveva a disposizione. “Però, come ho detto prima, non c'è stato alcuno sviluppo. Niente di nuovo rispetto a ieri.” ci tenne a precisare lei. “Sì, lo so. Però ci sono alcune cose che voglio verificare... Certo che questa foto è davvero orribile, non trovi?” chiesi allungandole con innocenza il pezzo di carta lucida che raffigurava il cadavere senza una gamba e un braccio di Backyard Bottomslash. “Hanno trovato la gamba destra nel bagno, ma il braccio sinistro non è ancora stato rintracciato... Se ne deduce che probabilmente l'assassino se l'è portato via. Ma a che scopo?” chiesi.

Di nuovo questa domanda? E se fosse quel qualcosa che dovrebbe esserci ma non c'è? Il braccio sinistro della vittima, intendo.” “L'assassino aveva bisogno di amputare il braccio sinistro della vittima... ma non si è portato via la gamba destra. L'ha abbandonata nel bagno. Cosa vorrà dire?”.


Di certo non l'avrebbero scoperto facendosi domande su una fotografia. Quegli indizi erano indovinelli ed erano molto complessi. Per poterli risolvere c'era bisogno di essere presenti sul luogo del delitto di persona, non si poteva cercare di risolverli senza nemmeno avere tutti gli elementi necessari, quelli lasciati di proposito da B.


In ogni caso, oggi pomeriggio andremo in sopralluogo sulla terza scena del crimine... Lasciami soltanto qualche ora per esaminare questa stanza, per favore.”.

Qualche ora? Sì, stare un po' da sola le sarebbe potuto servire anche per contattare L dopotutto.

Sì, facciamo così. Ah, a proposito, in quell'armadietto c'è un album di foto della vittima: mi raccomando, dacci un'occhiata. Potresti scoprire qualcosa dei suoi interessi, dei suoi gusti, delle sue amicizie.” dissi mettendomi in un angolo.

Naomi uscì dalla stanza quasi immediatamente, entrando nel bagno.

La osservai.

Non aveva molto senso uscire dopo aver detto di voler ispezionare la stanza, no?

Effettivamente non c'erano molte cose sensate in tutta quella faccenda, almeno per lei.

Chi vive in prima persona le cose, trova un proprio senso logico per tutto, ma dall'esterno spesso non lo si capisce e si pensa che tutto sia insensato.

Ecco. Quelli incompresi dalla maggioranza, e non solo da poche persone, vengono comunemente denominati “pazzi”.

Non è una bella parola, è una parola di suono sgradevole, non è vero, mio caro lettore?

Ma la pazzia è una cosa relativa, dipende anche dal luogo in cui ci si trova. Se esistesse ancora un luogo dove è di norma praticare il cannibalismo, sarebbe “pazzo” chi invece sosterrebbe di non poter compiere un atto come quello di mangiare un proprio simile.

E allora chi ci dice che i pazzi siano realmente pazzi?

Che cos'è la pazzia, mio caro lettore?


Sì. Beyond aveva ragione.

È impossibile trovare una persona che agisca totalmente senza sapere il perché di una determinata azione. Magari dopo se ne può dimenticare, ma sul momento lo sa.

Ed è così che nascono gli assassini, che agiscono di impulso nella maggioranza dei casi, per poi pentirsi.

Però Beyond non era quel genere di pazzo.

Beyond era perfettamente consapevole di tutto ciò che accadeva e, come un esperto burattinaio, tirava con maestria i fili di tutti i personaggi per far andare avanti lo spettacolo.

Era veramente incredibile come riuscisse a muovere la realtà secondo il suo volere.


Mentre mi lasciavo andare a queste riflessioni, sfogliavo i rapporti, che oramai conoscevo talmente bene da poterli recitare a memoria, svogliatamente.

Improvvisamente Naomi entrò nella stanza, di corsa, con foga.

Come mai sei così agitata?” chiesi sbattendo le palpebre perplesso. “La... la foto!” “Eh?” “Dammi la foto!”.

Ero davvero perplesso stavolta, quella donna mi colpiva sempre di più. Era capace di non arrivare a nulla per giorni, poi andava un attimo in bagno e tornava come folgorata da un'illuminazione divina.

Appoggiai sul tavolo la foto della terza scena del crimine, curioso di sapere che cosa aveva provocato in lei tutta quella agitazione.

Non noti niente, Ryuzaki?” “Cosa?” “Qualcosa di innaturale in queste tre fotografie.” “Beh, sono tutti morti.” “La morte non è innaturale.” “Che filosofa.” “Non prendermi in giro. Guarda: i cadaveri sono in posizioni inverse. Believe Bridesmaid è supino, Quarter Queen è prona, Backyard Bottomslash è supina. Supino, prono, supino.” “Pensi ci sia una logica in questo? È come l'intervallo di tempo tra gli omicidi: nove giorni, quattro giorni, nove giorni... Cioè vuoi dire che il quarto omicidio avverrà domani e la vittima verrà uccisa a pancia in giù?” “No... beh, può darsi... ma io sto pensando a un'altra possibilità. Mi spiego: forse è il fatto stesso che Quarter Queen sia in posizione prona a essere innaturale.”.


Solo in quel momento mi ero reso conto di quest'altra sequenza. Persino la posizione delle vittime era stata studiata!

Che anche quella costituisse un indizio?


Lasciami riflettere un attimo.” disse Naomi sedendosi accanto a me. “Misora, per riflettere ti consiglio questa posizione.” le dissi mettendo in mostra il modo di sedersi di L.

Quella posizione?” “Sul serio. Aumenta del quaranta percento la capacità di ragionamento. Devi assolutamente provare.” “No, io non... Va bene.” disse in maniera schiva. Di certo non era molto entusiasta di quel nuovo metodo.

Si arrampicò sulla sedia barcollando e si accomodò in maniera piuttosto instabile i primi secondi, trovando poi un equilibrio dopo poco.

Quindi, Misora? Vuoi dire che la posizione prona di Quarter Queen potrebbe essere un messaggio lasciato dall'assassino? Per indicare il terzo omicidio?” “No, non un messaggio, bensì l'anello mancante, Ryuzaki. Come hai detto prima, sembra la continuazione del discorso sulle iniziali... Le iniziali delle vittime sono BB, QQ, BB, giusto? In effetti, il fatto che nome e cognome inizino con la stessa lettera non è abbastanza per definirlo un anello mancante, ma... la prima e la terza vittima hanno le stesse iniziali, BB. Se questo valesse anche per la seconda vittima, allora potremmo definirlo un anello mancante, giusto?”.

Finalmente aveva colto il mio aiuto. Dopotutto non poteva liquidare il tutto come coincidenza e basta, era troppo evidente.

È un'idea interessante. Però, Misora, in realtà la seconda vittima si chiama Quarter Queen... quindi le iniziali sono QQ. Pensi che la seconda vittima possa essere stata uccisa per sbaglio? Che in realtà doveva essere uccisa una persona con le iniziali BB ma che per un errore, un contrattempo o uno scambio di persona sia stata uccisa QQ?” chiesi cercando di assicurarmi di quanto lei avesse capito. “Impossibile. Il messaggio lasciato sulla scena del primo delitto indicava chiaramente Quarter Queen. Non può esserci stato uno scambio di persona.” “Hai ragione, che sbadato.” dissi con noncuranza.

Quell'atteggiamento era volutamente sospetto, infatti come ricompensa ottenni un'occhiata inquisitoria che raramente avevo visto sul volto di quella donna. Immediatamente riprese il discorso.

Nove giorni, quattro giorni, nove giorni. BB, QQ, BB. Supino, prono, supino... Si può notare un'alternanza sistematica, come avevi suggerito, e anch'io ho preso in considerazione questa idea, ma... non trovi che “ossessività” e “alternanza” siano due termini incompatibili? Chi soffre di nevrosi ossessive, generalmente, tende alla costanza...” “Però le cause di morte non sono molto costanti: strangolamento, lesioni, accoltellamento.” “In quel caso, credo che la costanza stia proprio nella loro incostanza: possiamo vederci il tentativo di sperimentare ossessivamente diversi metodi. Però, c'è comunque differenza tra “alternanza” e “diversità”. Ecco, è questo il punto. Mi è venuto in mente prima, all'improvviso, mentre mi guardavo allo specchio... B e Q hanno la stessa forma, giusto?”.

Già era arrivata a capire tutte quelle cose? Ma che brava la nostra Naomi...

La dovevo mettere alla prova di continuo, anche quando sapevo che aveva capito, dovevo fingere di credere il contrario.


Potrebbe sembrare strano, ma era necessario che B si comportasse in quel modo. Dopotutto, se si fosse mostrato subito entusiasta delle idee dell'investigatrice sarebbe risultato fin troppo sospetto. E forse Naomi si sarebbe resa conto immediatamente che in realtà chi aveva davanti era un assassino, un pericolosissimo serial killer dalla mente tanto geniale da poter mettere all'angolo la donna in pochi secondi.

B e Q? No, io veramente le trovo completamente differenti...” “Non intendo le maiuscole, ma le minuscole.” disse tracciando le due lettere con l'indice sul tavolino.

Guarda: hanno la stessa forma. Però capovolta.” “E questo sarebbe il motivo della posizione prona?” “Sì. Facendo un semplice conto, circa una persona su seicentosettantasei ha come iniziali BB. Supponendo che sia questo l'anello mancante, per l'assassino non dev'essere affatto facile trovare qualcuno con quelle iniziali. Soprattutto volendo uccidere non una persona sola, ma due, tre o addirittura quattro. Perciò, si può supporre che si sia trovato costretto a sostituirne una con qualcuno dalle iniziali QQ.” “Sono d'accordo, tranne per il fatto che sia stato “costretto”, perché dubito che sia tanto facile trovare qualcuno che abbia come iniziali QQ. E se anche fosse, quella sostituzione va vista come parte dell'enigma rivolto a chi svolge le indagini. Se tutti avessero avuto le stesse iniziali, sarebbe stato troppo facile individuare l'anello mancante. Ma stiamo comunque parlando di supposizioni. Le probabilità di questa teoria non arrivano al trenta percento. Con il tuo ragionamento, Misora, sei giunta alla conclusione che quello è il motivo per cui l'assassino ha lasciato il cadavere di Quarter Queen a pancia in giù... In altre parole, la posizione prona suggerisce l'idea di “inversione”, e q è b alla rovescia. Però, Misora, la tua teoria non regge.”.

Lei era perplessa.

Perché?” chiese delusa.

Per via delle lettere minuscole. Le iniziali, di solito, si scrivono in maiuscolo, no?” “Eppure pensavo di essere sulla strada giusta.” disse demoralizzata, nascondendosi tra le gambe.

In fondo, è un bene che la tua teoria sia sbagliata. Se fosse stata giusta, allora Quarter Queen sarebbe stata uccisa come sostituta. Una ragione crudele per la morte di una bambina di poco più di dieci anni.” mormorai come per cercare di consolarla.

L'avevo allontanata, ma allo stesso tempo l'avevo avvicinata. Volevo che ci arrivasse, ma che ci arrivasse da sola.

Lei stette qualche secondo in silenzio.

Improvvisamente alzò la testa.

Le si leggeva l'ira nello sguardo e anche la voce le tremava.

No, Ryuzaki. Le minuscole vanno bene... in questo caso. Ecco perché l'assassino ha scelto una bambina, come vittima. È una bambina, quindi lettere minuscole. E poi la posizione prona: alla rovescia!”.

_____________________________

Authoress' words

Ho sonno.

Ora vi dico una cosa per cui dovrei essere picchiata: invece di scrivere sono andata allo Showcolate, ovvero uan fiera del cioccolato!

E poi mi sono ridotta a scrivere alle 22:30.

Beh, almeno ce l'ho fatta quasi in tempo... ^-^"

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Capitolo 28
*** Theme 15. Tokusou ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Naomi si alzò in piedi di scatto, sembrava furibonda. Senza dire una parola si mise a passare al setaccio l'appartamento mentre la fissavo incuriosito.

Dopo un bel po' di tempo che andava avanti così, si mise la testa tra le mani.

Non aveva trovato nulla di utile.

Mi avvicinai a lei con calma.

Qualcosa non va, Misora?” “Non c'è nulla che possa essere un indizio stavolta.” “Davvero? Però l'ultima volta era sul cadavere della vittima...” “Ma stavolta non ci sono tagli o cose del genere.” concluse secca.

Non mi stava dando un minimo di considerazione, ma che volesse o no dovevo darle un nuovo indizio, era il momento adatto.

Cosa c'è di anomalo nella vittima? L'accanimento sugli occhi, Misora!” le suggerii.

Lei si fermò. Probabilmente pensava che fosse una buona pista.

Si alzò di nuovo e afferrò un album di fotografie della ragazzina. Mentre le osservava una ad una sorrisi.

Proprio così, Naomi.

Quarter Queen non aveva mai portato occhiali.

Quarter Queen non portava occhiali.” disse Naomi inespressiva. “Non si direbbe, ma era difficile farci caso... perché di solito non ci si preoccupa se gli occhiali su un cadavere appartengano o meno alla vittima. Proprio un punto cieco, nel vero senso della parola. Forse è proprio quello che volevano suggerire gli occhi maciullati...” dissi io guardando le foto. “Gli occhiali le stavano così bene... Potrebbe essere uno dei motivi per cui la polizia si è lasciata ingannare. Quella ragazzina non aveva capito di essere fatta apposta per portare gli occhiali!” “Ryuzaki, questo tuo modo di vedere le cose è inopportuno...” disse Naomi infastidita. “Stavo scherzando.” dissi con un tono di voce dispiaciuto. “Appunto. Scherzare su queste cose è inopportuno.” “Allora dicevo sul serio.” “Anche in questo caso sarebbe inopportuno.” “Allora ero serissimo. Guardala bene, non trovi che sia più carina così?” “Beh, in effetti...”.

Naomi, decisamente infastidita, prese la sua documentazione tra le mani.

Il terzo omicidio è avvenuto nel Westside, vicino alla fermata di Glass... Glasses: occhiali, letteralmente. Ma è impossibile ricavarne l'indirizzo preciso. La zona corrisponde, ma è un'indicazione troppo generica.” disse la donna.

Indicazione generica?

Eh, no. Io non davo mai indicazioni generiche.

No, Misora. Non trovi che a quel punto sia come avere l'indirizzo preciso? Per individuarlo, basta cercare in quella zona qualcuno con le iniziali BB. L'assassino dava per scontato che, dopo il secondo omicidio, ci saremmo accorti dell'anello mancante.” le spiegai. “Sì, ma... abbiamo dedotto che Q è l'inverso di B solo perché il terzo omicidio era già avvenuto. Prima, sarebbe stato impossibile capirlo.” obiettò lei.

Le obiezioni di Naomi erano sempre fastidiose, erano puntigliose e soprattutto infondate.

Non ce n'era comunque bisogno. Anche adesso che siamo al terzo omicidio, non abbiamo idea se Q sia l'inverso di B o viceversa. Se al quarto omicidio venisse ucciso un bambino dalle iniziali QQ saremmo da capo. Magari sono i bambini le vittime principali e l'assassino ha come obiettivo le iniziali QQ. Ora come ora, dobbiamo ammettere che non è chiaro il perché di BB o QQ, ma va bene così. È sufficiente trovare qualcuno che abbia una delle due coppie di iniziali.” “Beh... sì, è vero.” mormorò Naomi.


Mi sorpresi a fare quasi un sorrisetto. Beyond aveva una capacità persuasiva incredibile.

Esprimeva concetti complessi velocemente, così Naomi non poteva far altro che rimanere confusa, senza sapere cosa dire o fare.

Ottima strategia per evitare obiezioni fastidiose.

In verità Beyond dava per scontato che chi stesse indagando sapesse già che l'obiettivo era la lettera B, proprio perché il suo obiettivo era L e Naomi era solo una pedina insignificante in quella partita.


È mezzogiorno.” dissi improvvisamente.

Come?” chiese Naomi perplessa.

È mezzogiorno. È ora di pranzo.” dissi. “Ah, giusto. Allora ci separiamo per il pranzo?” “Perché non mangiamo insieme?” “Ah... ehm... non è il caso, grazie comunque.” rispose lei imbarazzata.

Come previsto.

Ci congedammo, così andai a recuperare il mio barattolo di marmellata.


Nulla di cui stupirsi, dopotutto anche Beyond stesso, da ragazzo, non amava i pranzi a base di dolci...


Se solo potessi vedere la morte del mondo...” mormorai appena sveglio alle sei del mattino.

Avevo già detto quella frase.

Chissà quando...

Mi alzai e mi guardai pigramente in uno specchio fratturato.

Quel giorno avrei rivisto ancora Naomi Misora.

Naomi Misora. Le mani di L. Gli occhi di L. Lo scudo di L... Ahahahahah! No così non va... Dovrei fare una risata tipo questa... Uahahahahah! Sì, così va meglio, sì.” dissi al mio riflesso scendendo dal mio “letto”.

Dopotutto dovevo sia incutere timore che risultare stravagante e l'unica cosa che ancora non avevo fatto era proprio una risata come quelle dei film.

Continuavo a ripensare a quella donna dell'FBI.

Mmmh mmmh mmmh... Uhuhuhuh. No, forse è meglio ihihih? Potrebbe andare anche ohohohoh, ma temo sia troppo frivolo. Già. Comunque, Naomi Misora... non è male. È sprecata all'FBI.” riflettei ad alta voce.

Naomi aveva bisogno del mio aiuto senz'altro, ma di certo era meglio di quel branco di idioti della polizia e dell'FBI, gente capace solo di seguire ordini senza sapere nemmeno cosa fare.


Beyond stava cominciando a mostrare segni di pazzia sempre più evidenti, eppure... come potevo non seguire la sua logica ferrea?

Pazzo, sì, ma solo dall'esterno.

Dentro forse era solo più geniale di tutto il resto dell'umanità “normale”.


Piuttosto se c'era una cosa che mi aveva lasciato perplesso di Naomi Misora era stato il suo modo di difendersi dopo il mio attacco.

Sapevo che non sarebbe morta.

Certo.

Ma di sicuro quella che aveva usato doveva essere una tecnica specifica.

Non poteva essere solo istinto di sopravvivenza.

Così decisi di fare una piccola ricerca per sapere di cosa si trattasse. Non mi ci volle molto per scoprire il nome di quell'arte: capoeira.

Si trattava di una danza nata in Brasile in seguito a un divieto di praticare arti marziali, così con la scusa di praticare una danza la gente poteva imparare a difendersi.

Niente male come scelta, sfruttava l'attacco dell'avversario per contrattaccare rapidamente.

Probabilmente nemmeno L era a conoscenza di questa capacità di Naomi.

L.” mormorai con amarezza. “Se L è un genio, B è il genio. Se L è strano, B è lo strano.” dissi con rabbia nella voce.

Mi ci vollero pochi secondi per calmarmi.

Bene, è ora di dare gli ultimi ritocchi. Gli ultimi ritocchi perché B superi L... eheheheh!”.


Un pugno nello stomaco.

Superare.

Una parola che improvvisamente mi aveva portato alla mente un ricordo spiacevole.

E un senso di colpa.

Un senso di colpa dai capelli biondi e gli occhi di ghiaccio.

Mello era fuggito e io non avevo fatto nulla per fermarlo.

E non avevo fatto ciò che L mi aveva chiesto di fare.

Strinsi gli occhi.

Il perdente ero io.


Mmmh mmmh mmmh... muahahahah! Muamuamuah! Uououououoh! No, no, queste non sono risate! Ihihihih!”.

Ero pronto.

Feci scrocchiare il collo e mi misi in azione.


Rimasi immobile.

Anche io ero pronto.

Uscii dalla stanza e mi diressi verso la stanza mia e di Matt.

Appena arrivai a destinazione vidi il rosso con gli occhi spenti, puntati verso un qualcosa di elettronico e di rumoroso.

La scatoletta gialla tentava di trasmettere allegria, ma il giocatore sembrava premere i tasti meccanicamente, senza neanche impegnarcisi troppo.

Senza neanche distogliere lo sguardo dallo schermo mi salutò distrattamente. Lo salutai a mia volta, per poi avvicinarmi al mio angolo di stanza.

C'era un silenzio spaventoso tra me e Matt.

Mi sembrava tutto così strano, tutto così infantile e allo stesso tempo maturo...

Era sempre stato così, ma quei silenzi di solito erano riempiti da una terza persona.

Matt?” mi sorpresi a chiamarlo. Il ragazzo mi fissò incuriosito.

Abbassai lo sguardo e non dissi niente.

Che volevo dire? Nulla, assolutamente nulla.

Matt mi sorrise.

Richiuse la scatoletta gialla e poi scese dal letto.

Si avvicinò all'angolo di stanza di Mello e cominciò a frugare tra tutte le sue cose. Non aveva detto una parola eppure sembrava proprio che stesse cercando qualcosa in particolare.

Ero stato avventato. Le parole mi erano uscite di bocca da sole e adesso mi trovavo a non sapere che dire, né che fare.

Dopo poco si fermò.

Si alzò in piedi, mi sorrise.

Ecco! Prendila! Credo ti tornerà utile.” disse porgendomi qualcosa tra le mani. “Se ce l'hai tu significa che ti dovrà rivedere per forza, se non vuole morire.”.

Una foto.

Una foto di Mello.

______________________________

Authoress' words

Mi sono presa un mese di vacanza!

E molto probabilmente per questo motivo nessuno leggera più questa storia. ^-^"

Bene...

Ok, lo ammetto... mi sento in colpaaaaaaaa! ç_ç Non volevo tardare così tanto e stavolta non ho giustificazioniiiii! ç_ç

*va a rintanarsi in un angolino a deprimersi*

PS Lui si chiama Signor Angolino. u.u

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Capitolo 29
*** Theme 36. Kyrie for Orchestra ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Strinsi quel foglietto di carta tra le mani osservandolo.

Se ce l'hai tu significa che ti dovrà rivedere per forza, se non vuole morire.” precisò Matt. Lo fissai senza dire nulla. Il ragazzino mi sorrise, con aria di complicità.

Quel tipo di espressione l'avevo vista solo quando si era rivolto, in passato, al ragazzino ritratto nella foto.

Probabilmente attendeva una risposta che non arrivò, per cui si voltò e tornò a dedicarsi alla scatoletta gialla.

Tutto come se non fosse successo nulla.

No, una differenza rispetto a prima c'era: stava sorridendo.


Se non vuoi rivedere vecchi nemici, l'errore più fatale che tu possa commettere è lasciare un solo, microscopico, insignificante indizio.

E proprio perché io dovevo rivedere il mio vecchio nemico, tutti gli indizi dovevano portare a me.


Quindi, signor Maison, le presento Near.” disse Roger nel suo studio.

Piacere...” dissi senza entusiasmo.

Mi apparve di fronte un uomo alto, corpulento. Pelato, con dei baffetti biondi e l'aria arcigna.

Salve, Near.” mi disse studiandomi. “Signor Maison...” dissi cominciando a rigirarmi un ricciolo di capelli tra le dita “Ho bisogno che lei mi faccia parlare con il presidente degli Stati Uniti.”. “Come?” mi chiese perplesso. “Ha capito bene. La faccenda riguarda il caso Kira. Deve sapere che L è morto cinque anni fa e quello che al momento sta coordinando la polizia è un uomo del Quartier Generale Giapponese che sta svolgendo l'azione diplomatica. Anzi, lo definirei un fantoccio nelle mani della polizia. Sono io l'erede del vero L.” cominciai a spiegare senza smettere di tormentarmi i capelli. “Ho in possesso della documentazione su tre anni di indagini sul caso. Come sospettavo il tutto potrebbe avere a che fare con qualcosa di sovrannaturale.”.

Aprii una valigetta mostrando vari CD di documentazione.

Il 28 ottobre 2004, L informò la polizia di aver identificato Kira e ordinò di non avvicinarsi a una Porsche rossa. Quaranta minuti dopo l'uomo che era a bordo di quell'auto, Kyosuke Higuchi, fu circondato dalle volanti della polizia e arrestato. Higuchi morì sul posto, ma è chiaro che aveva il potere di uccidere le persone. Casualmente, un poliziotto che si trovava vicino a Higuchi al momento dell'arresto, lo sentì parlare di un quaderno della morte, sul quale bisogna scrivere il nome della persona di cui si conosce il volto per ucciderla. Qualcosa di simile a un quaderno fu trasportato dalla macchina di Higuchi a un elicottero che volò via qualche minuto dopo.”.

Maison mi guardava esterrefatto.

Quindi mi procuri modo di parlare con il Presidente e se non mi crede ha a disposizione la mia documentazione.” dissi alzandomi e uscendo dalla stanza lasciando la valigetta lì.

Non mi andava troppo di perdermi in discorsi inutili.

Quello che dovevo fare lo avevo fatto dopotutto.


Ero decisamente in ritardo.

Quando giunsi alla villetta del terzo omicidio salutai Naomi senza troppo entusiasmo: “Scusa il ritardo, Misora.” “Non importa, mi sono permessa di iniziare senza di te.” disse lei con una punta di tagliente sarcasmo.

Davvero?” chiesi mettendomi a carponi e avvicinandomi a lei.

Naomi aveva di sicuro parlato con L dopo essere uscita dall'appartamento di Quarter Queen.

Era tornata da me dicendomi che il quarto omicidio sarebbe avvenuto il 22 agosto e non il 17, ma non mi aveva saputo spiegare il perché dicendo che non le andava di dirmelo.

Quando una persona ha questo tipo di reazione, dopotutto, può essere solo perché l'idea non è stata sua, ma le è stata trasmessa da qualche altra persona.

Hai già esaminato la stanza da bagno, Misora?” chiesi sempre con noncuranza. Di sicuro l'aveva già ispezionata, dopotutto era uno dei punti migliori della mia opera...

Sì, ovvio. Tu?” “Ho dato un'occhiata prima di salire. La vasca è ormai inutilizzabile: dipinta in quel modo, potrebbe farci un bagno solo Elizabeth Bàthory.” dissi con un po' di ironia. “Pulire ogni impronta, ma lasciare il sangue della vittima. Ha fatto così anche nel secondo omicidio. È un caso di nevrosi da manuale. Come se all'assassino non importasse nulla all'infuori di sé stesso.”.

Mi stava dando dell'egocentrico?

Beh, poco importava in quel momento cosa pensasse Naomi di me.

Sì, proprio così.” dissi con indifferenza continuando a gattonare. “Non credo ci sia nulla lì, ho già frugato in ogni angolo.” mi disse lei con tono di voce stanco. “Ehi, certo che sei proprio pessimista, Misora!” “Non sono... senti, credo che dovremmo focalizzarci sul cadavere mutilato. Il braccio sinistro e la gamba destra amputati... sono la differenza più grande, rispetto alle altre due vittime.”.

Contrariamente alle altre volte pareva proprio che Naomi avesse voglia di correre.

Ne avevamo già parlato, no? Qualcosa che dovrebbe esserci ma non c'è. Quindi, quello su cui dobbiamo riflettere è il perché abbia lasciato la gamba destra nel bagno e portato via il braccio sinistro. Un braccio intero. Non è come portare via due volumi di Akazukin Chacha!. Eppure lo ha fatto...” “Il braccio non è ancora stato ritrovato... I resti di un cadavere non sono cosa semplice da gestire. Se l'assassino l'ha portato con sé ci dev'essere senza dubbio un motivo preciso. Non sappiamo se si tratti di un messaggio, ma... anche se non lo fosse, forse quel braccio rappresenta una prova scomoda per l'assassino.” mi interruppe lei.

Sì. Aveva decisamente fretta.

Sì, può darsi. Sarebbe piuttosto logico. Però, se pensiamo che gli occhi danneggiati della seconda vittima significavano “punto cieco” e “occhiali”, forse anche l'avere portato via il braccio sinistro ha un significato... ma in tal caso non mi convincerebbe la faccenda della gamba destra. È come se avesse fatto le cose a metà, con la gamba. Come hai detto tu, Misora, gestire pezzi di un cadavere non è facile, ma non lo è nemmeno mutilarlo. Deve averci messo tempo. Non trovi che sia troppo pericoloso fare una cosa del genere in una villetta a schiera? I vicini potrebbero accorgersene in qualunque momento.” dissi leggermente infastidito.

Era ovvio che il tutto fosse un messaggio.

Un braccio e una gamba asportati completamente... Il cadavere giaceva più o meno in questo punto, no?” chiese Naomi posizionandosi vicino a una macchia di sangue.

Rimase qualche secondo in silenzio.

Dunque... le foto, le foto!” esclamò prendendo frettolosamente la sua documentazione dalla tasca.

La fissavo incuriosito. Raramente quella donna aveva un simile entusiasmo.

Osservò le immagini della vittima attentamente, stringendo gli occhi per individuare precisamente il punto dove si era trovata dopo essere stata uccisa.

In teoria era qui, con il braccio destro e la gamba sinistra ben stesi e allargati a stella... beh, una stella senza due punte. Uhm...” cominciò a riflettere ad alta voce.

Ghignai solo per un secondo.

Sì, ci era quasi.

E per questo avevo deciso che dovevo farla concentrare su altro, giusto per divertirmi ancora un po'.

Secondo il tuo ragionamento, Misora, c'è ancora tempo prima del quarto omicidio, quindi procediamo con calma... A proposito, posso chiedertelo di nuovo? Perché credi che sarà il 22 agosto?” “Beh, veramente...”.

Si girò verso di me con l'aria di chi non sa minimamente cosa dire.

Il motivo è talmente ingenuo che quasi non varrebbe la pena parlarne. Il terzo omicidio è avvenuto il 13 agosto. Giusto?” “Sì, non c'è bisogno di controllare.” “Nel primo omicidio, avevamo a che fare con i numeri romani, ma in questo caso parliamo di numeri arabi. Tredici... 13. Scrivendo 1 e 3 l'uno accanto all'altro, sembra una B, non trovi?” “Sì. Ora che ci penso, mi è capitato di sentirlo in un quiz per bambini. Chiedevano “quanto fa 1+3?” e la risposta era “B”.” “Esatto. B.”.

Naomi finalmente si stava avvicinando alla soluzione anche da questo punto.

Meglio del previsto, ma di sicuro era partita dalla risposta e adesso stava arrancando per cercare di risalire indietro al ragionamento fatto da L per darle la soluzione.

Di sicuro non l'aveva pensato lei.

Vuoi dire BB? Però, Misora, anche se vale per il terzo omicidio avvenuto il 13 agosto, come spieghi le altre date? Il cruciverba è arrivato alla polizia il 22 luglio, la prima morte è avvenuta il 31 luglio, la seconda il 4 agosto e hai previsto la quarta per il 22 agosto. Non mi sembra ci sia alcun legame con la B.” “A prima vista può sembrare così, ma basta seguire uno schema diverso. Il più intuitivo è il primo omicidio, il 31 luglio. 3 e 1. Basta invertire le decine con le unità per ottenere 13.” “Ok, con il 31 funziona. Ha una sua logica. Però, Misora, che mi dici del 4 e del 22?” “È la stessa cosa. Pensa al quiz per bambini che hai citato prima: la domanda era “1+3”. Normalmente, la soluzione sarebbe “4”, proprio come il 4 agosto. Per quanto riguarda il 22 agosto, abbiamo 2 decine e 2 unità. Se togliamo 1 dalle decine e lo spostiamo alle unità, otteniamo 13. In altre parole, tutte le date in cui l'assassino ha agito finora, il 22, il 31, il 4, danno 4 come somma della cifra delle decine e quella delle unità. Per ogni mese, le uniche date che hanno questa caratteristica comune sono il 4, il 13, il 22 e il 31... Soltanto quattro giorni. E finora qualcosa è successo in ognuno di quei giorni... Anche la quantità iniziale di wara ningyo era 4. 1+3 fa 4... Forse è solo un caso, ma volendo possiamo anche aggiungere che, sommando 4 e 9, gli intervalli di tempo fra gli omicidi, il risultato è sempre 13. Ovvero, B.”.

Alla fine, con l'aiuto di L, ce l'aveva fatta.

Hai ragione. Non male. Credo che equiparare 13 e B sia una buona idea.” le dissi. Lei sorrise soddisfatta.

Vero? Per questo penso sia giusto supporre che il quarto omicidio avverrà il 22, nove giorni dopo il 13. Nove, quattro, nove... Avrebbe potuto essere quattro giorni dopo, il 17. In quel caso, si potrebbe ottenere due volte 13 sommando a coppie gli intervalli di tempo, ma ritengo più probabile che accada qualcosa il 22, come il mese scorso. Per quanto ci si sforzi, è impossibile associare il numero 17 alla B. Non resta che pensare che il quarto omicidio sarà il 22.”.

Naomi stava cominciando ad esagerare. Il ragionamento numerico era corretto, ma si comportava come se avesse avuto in mano tutta la soluzione del caso.

Era proprio quella la categoria umana che più mi dava fastidio.

Quella che non sa di non sapere.

Soltanto una cosa. Trovo sia una forzatura pensare che da 22 si possa ottenere 13 trasferendo un 1 dal posto delle decine a quello delle unità. Forse fa comodo a te e alla tua teoria, ma non vedo alcun motivo per spostare un 1. È diverso dall'invertire 3 e 1 nel giorno 31. Hai tirato fuori questa spiegazione a posteriori, per avvalorare la tua conclusione.” “Ma... Ryuzaki...” “Non fraintendermi, in linea di massima trovo corretto il tuo ragionamento. È solo quel punto che non mi convince.” “Ma allora...”.

L'avevo messa in difficoltà, negando la parte del 22 l'omicidio sarebbe potuto anche avvenire il 17.

No, io ho un'alternativa per quella parte. Misora, hai detto che sei cresciuta in Giappone, vero? Se è così, dovresti essere più abituata di me agli ideogrammi dei numeri...” “Gli ideogrammi dei numeri?” “Prova a pensare a come si scrive 22 in ideogrammi.”.

Naomi strinse gli occhi.

Il numero 22 in Giapponese si scrive 二十二.

Allora?” “Allora niente.”.

Prevedibile.

Davvero? Ti darò un altro piccolo suggerimento, Misora. Prova a immaginare che l'ideogramma centrale sia un “+”, un segno più. Diventa +, ovvero 2+2. Se li sommi risulta 4, giusto? E la tua idea di interpretare il 4 come 1+3 è perfetta. In fondo, per far corrispondere 1+3 a B, dobbiamo mettere insieme 1 e 3, in altre parole, sommando 1 e 3 si forma B. Per questo 22 va interpretato come 二十二. Basta che ci sia un buon motivo per sommare i numeri insieme. Date queste premesse, è corretto dedurre che il quarto omicidio avverrà il 22 agosto. Prima mi ero fatto sopraffare dal tuo impeto e ho fatto un po' di confusione, ma ora ho le idee chiare come se mi fossi scolato un barattolo di melassa!”.

Le avevo dato la soluzione, ma proprio per questo dovevo confonderle le idee ancora di più.

E poi non le avevo detto la cosa più importante.

Il numero 4 in Giapponese si legge “shi” e questa parola significa “morte”.

Però, Misora... ancora una cosa soltanto. Il tuo ragionamento si basa sulla premessa che l'assassino scelga le sue vittime in base all'anello mancante, le iniziali BB. In altre parole, parti dal presupposto che l'assassino sia fissato con la lettera B. Ma come abbiamo già detto in precedenza, c'è la possibilità che l'anello mancante non siano le iniziali BB, bensì QQ.” “Sì, è vero...” “Se non fosse B, ma Q, il tuo ragionamento farebbe acqua. Il che significa che l'hai formulato basandoti su cavilli logici. E su una semplice casualità.”.

Naomi sgranò gli occhi.

Casualità? Guarda che stiamo parlando di 13 e B! È evidente! C'era forse qualche corrispondenza simile riguardo alla Q?” esclamò piuttosto irritata. “Sì, sono d'accordo. A questo punto non si più può parlare di casualità. Però la tua è chiaramente una congettura fatta a posteriori. Quello che vorrei sapere da te è perché hai portato avanti il tuo ragionamento scegliendo come presupposto la B e non la Q.” le dissi fissandola.

Di sicuro non mi avrebbe confessato che la teoria era di L.

Evidentemente, dato che al momento abbiamo tre vittime e due B contro una sola contro una sola Q, come dire... la B mi è rimasta più impressa. È ovvio, in seguito, ho provato anche a riflettere sulla Q, ma non sono riuscita a trovare nessuna corrispondenza...”.

Parole forzate, superficiali e prive di fondamento.

Rimase in silenzio. Sembrava piuttosto smarrita.

L'assassino è B...” mormorò all'improvviso.

Una sola frase peggiore di una scossa elettrica.

Come?” “No, intendevo dire che finora ha insistito sulla B. Se questa sua insistenza nascondesse un messaggio, magari anche le sue iniziali potrebbero essere BB.”.

Che L le avesse detto anche chi fosse il maggior indiziato? A questo punto era l'unica cosa possibile, dato che di sicuro Naomi non sarebbe mai potuta arrivare a dire una cosa del genere da sola.

Mi tranquillizzai.

In ogni caso non sarebbe arrivata a nulla, né lei né L.

L aveva potuto solo sentire parlare del misterioso Rue Ryuzaki.

Lei non ne era semplicemente in grado.

Oppure QQ. Effettivamente hai ragione nel dire che gli elementi che riconducono a B sono più numerosi, ma forse è solo perché siamo noi incapaci di trovare delle corrispondenze con Q.” “Sì, è vero, ma...” “Comunque, anch'io credo sia B e non Q. Al 99%. È abbastanza plausibile anche che l'assassino si chiami B. Vittime di nome BB per un assassino chiamato BB... la cosa si fa interessante.” “Interessante?” “Sì. Comunque, d'ora in poi fai attenzione, Misora. Se vuoi affermare qualcosa, devi avere le basi per farlo e se vuoi smentire qualcosa, devi averne anche in questo. Per quanto corretta, una deduzione fondata su presupposti sbagliati non basta a sconfiggere un criminale.”

Sconfiggerlo? Ryuzaki, è tutta questione di vincere o perdere?”

Sì. È questione di vincere o perdere.”

Perché quella era una gara.

_____________________________________

Authoress' words

Come mio consueto sono in ritardo! Ahahahah! *risata isterica*

Come al solito non voglio morire, quiiiindi non mi uccidete! ^-^" Bon, andando avanti vi dico un paio di cosette che forse non sapete. Partiamo da Elizabeth Bàthory. Il suo vero nome è Erzsébet Bàthory ed è la più grande serial killer della storia. Era una contessa il cui personaggio si perde nella leggenda perché fu una di quelle persone che definirei sadiche, dato che torturava e uccideva le sue serve.

Seconda curiosità di Any: la numerazione Giapponese! Avete trovato scritto questi simboli: 二十二. Questi si leggono "nijuuni" e la sillaba con la vocale lunga "juu" va accentata. In Giapponese i numeri superiori composti da decina e unità non seguono il nostro tipo di numerazione (decina-unità), ma vanno in questo modo: unità-dieci-unità. Insomma, per fare un esempio noi scriviamo 22, loro scrivono 2-10-2. xD

Ma che senso aveva dirvelo non lo so.

Sì, sto impazzendo come Beyond. Aiutatemiiiii! >.<

Any

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Capitolo 30
*** Theme 47. Ikari ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Improvvisamente squillò un telefono.

Guardai, infastidito dall'interruzione, uno dei miei collaboratori, che rispose con espressione perplessa.

In quel luogo, all'SPK, tutti dipendevano da me. Era una sensazione lievemente fastidiosa, che scacciavo con alcuni miei giochi. Proprio in quel momento tenevo tra le mani una freccetta, pronto a colpire il bersaglio.

È L... quello nuovo.” mi disse il collaboratore di fretta, coprendo il ricevitore. Immediatamente il comandante Rester provvide a collegare un apparecchio per intercettare la chiamata e poterla sentire. Una voce maschile cominciò a parlare leggermente distorta.

Buongiorno. Il direttore generale Yagami mi ha riferito quanto detto da John Matckenraw... o forse dovrei dire Larry Corners.”.

Finalmente sentivo la voce dell'uomo che aveva osato prendere il posto di L.

Non era minimamente all'altezza.

Aveva un modo di parlare arrogante, lasciava intendere un chiaro senso di superiorità decisamente fastidioso.

Posso chiedere il vostro appoggio per quanto riguarda il caso dell'omicidio del Capo della Polizia Takimura?” chiese poi.

Il mio collaboratore evidentemente non sapeva che rispondere, mi guardò come per chiedere aiuto.

Me lo passi.” dissi semplicemente.

Premetti qualche tasto sull'apparecchio per l'intercettazione e poi risposi.

Piacere di conoscerti, secondo L.”.

Secco. Senza giri di parole.

La persona dall'altro capo del telefono rimase in silenzio qualche secondo per poi rispondere: “Secondo L? Che storia è questa? Con chi sto parlando?”. Aveva perso la calma troppo facilmente.

No, non era decisamente all'altezza.

Inutile nasconderlo. Noi siamo l'SPK, un nuovo organo fondato allo scopo di catturare Kira. Tutti i sette membri del nostro direttivo sono a conoscenza della morte di L. Io sono il cuore dell'SPK... Il mio nome è... vediamo... N.”.

Non sentii alcuna risposta. Senza curarmene troppo continuai: “Stando a quanto ti ho detto, non possiamo più contare su di L. In America, la CIA e l'FBI danno ormai la priorità alle mie direttive invece che alle sue. Tuttavia, poiché l'omicidio del Capo della Polizia Giapponese rappresenta un crimine imperdonabile e poiché io credo che questo caso possa condurci ad arrestare Kira, intendo darvi il nostro pieno appoggio.”.

Aspettai, ma di nuovo non sentii nulla.

Avevo messo ben in chiaro come stava la situazione.

Il secondo L non aveva lo stesso potere del primo e dopotutto non meritava di averlo.

Qualcosa non va, L?” chiesi dopo qualche secondo di silenzio.

No... no... La verità è che, dopo la morte del Capo della Polizia, è stata rapita la figlia del Direttore Generale Yagami. A quanto pare, il rapitore è lo stesso e ci ha indicato Los Angeles come luogo di scambio.” “Lo scambio? Immagino che ti riferisca al quaderno, vero?” “Esatto...” “D'accordo... radunerò più uomini possibile a Los Angeles, senza specificare loro i dettagli relativi a questo caso. Inoltre terrò d'occhio tutta la città con il satellite. Lascio a te il pieno comando dell'operazione, L.”.

Lanciai una freccetta.

Era fastidioso chiamare in quel modo una persona che non meritava di portarlo.

Mancai il bersaglio.

Near, sei sicuro che sia una buona idea lasciare il comando a questo falso L? Dopotutto, non è stato in grado di dare la caccia a Kira...” cominciò Rester. “Meglio così, no? Ci sarà più facile servirci di lui.” risposi freddamente. “Certamente, le vite umane hanno la priorità, ma non dimentichi che i veri obiettivi dell'SPK sono prendere il quaderno e catturare Kira.”.

Lanciai l'ennesima freccetta, ma mancai di nuovo il bersaglio. Si schiantò contro il suo obiettivo, finendo tra le altre, immobili sul pavimento.

E poi, a dire la verità, per me è ancora meglio se il quaderno passa dalle mani della polizia a qualcun altro...” soprattutto perché sapevo perfettamente chi fosse il “qualcun altro” in questione.

Per Mello il metodo del rapimento era il migliore. Non implicava troppo spreco di tempo e permetteva quasi immediatamente un contatto diretto con la persona o la cosa interessata.

Era tipico di lui.


Che ne diresti di una pausa?” mi chiese all'improvviso Naomi. Probabilmente era già stanca.

Sì, ottima idea. Vado a preparare un caffè allora.” dissi cominciando ad avviarmi, quando mi fermò. “No, preferirei farlo io.”. Senza neanche lasciarmi il tempo di rispondere, scese al piano terra verso la cucina.

Quel luogo sembrava tranquillo e rilassato.

Quel luogo dove era avvenuto un omicidio completo di mutilazione del corpo del cadavere.

Eppure sia per Ryuzaki che per Naomi oramai sembrava tutto perfettamente naturale.


Per Ryuzaki e per Naomi.

Solo per Beyond non lo era.


Con noncuranza mi avviai verso il centro della stanza, esattamente dove Backyard Bottomslash era morta. Osservai quel punto qualche secondo, poi mi piegai e mi stesi lì, nella posizione in cui l'avevo lasciata.

Naomi entrò nella stanza dopo un po' con un vassoio tra le mani.

Ryuzaki... c'è qualche novità?” chiese ancora prima di vedermi.

Quando mi vide, ripeté inutilmente: “Novità?”.

Rimasi in silenzio fissando il vuoto.

Ehm... Ryuzaki?” “Sono un cadavere.” “Eh?” “Adesso sono un cadavere. Non posso rispondere. Sono morto.” spiegai come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.


Rimasi un attimo perplesso.

Il personaggio di Beyond era sempre più assurdo.


Naomi mi fissava probabilmente chiedendosi come reagire. Poi si concentrò sul foro sulla parete esattamente di fronte a lei.

Frettolosamente si diresse verso il tavolo, ma per qualche errore di calcolo, quando stava per scavalcarmi con un piccolo balzo, finì solo per cadermi addosso. Sullo stomaco.

Mi sfuggì un piccolo lamento.

Almeno riuscì a non rovesciare anche il caffè.

Scu-scusa...” balbettò.

Si alzò rapidamente e posò il vassoio sul tavolo imbarazzata, poi afferrò la documentazione.

Che succede, Misora?” chiesi avvicinandomi a carponi. “Stavo riesaminando gli schemi delle scene del delitto. In ognuno... ho notato una cosa. Si tratta della collocazione delle wara ningyo.” “La collocazione delle wara ningyo? Ovvero?” chiesi interessato.

Quando abbiamo ispezionato le varie scene del crimine, le bambole erano già state rimosse dalla polizia, perciò finora non me ne ero accorta. Ma ho notato che c'è un criterio nel modo in cui l'assassino ha posizionato le bambole. Ha fatto in modo che, entrando in questa e nelle altre stanze, la prima cosa che si vedesse fosse una wara ningyo. C'è una bambola nella parete di fronte alla porta: è stata sistemata in modo da essere la prima cosa che salta agli occhi entrando nella stanza.”.

In effetti ogni bambola era esattamente di fronte alla porta, ma il motivo di quella posizione non era quello appena descritto da Naomi.

Dopotutto senza la prima bambola in quella posizione, sarebbe stato impossibile ottenere le porte chiuse.


Naomi aveva una certa tendenza ad agganciarsi a cose poco importanti. Il suo obiettivo era arrestare l'assassino in tempo, concentrarsi troppo su queste cose avrebbe fatto perdere tempo prezioso.


Sì, effettivamente è così. Vale sicuramente per questa stanza e, ora che mi ci fai pensare, ricordo che anche nel luogo del primo e del secondo omicidio, quando si apriva la porta, di fronte c'era il segno lasciato dalla wara ningyo... Ma questo cosa vorrebbe dire, Misora?”.

Dovevo assicurarmi che lei non avrebbe capito il perché di quella posizione della bambola.

Ne valeva del gran finale.

Dunque... forse c'è qualche attinenza con le stanze chiuse a chiave dall'interno.”.

Non provai alcuna forma di paura a quella frase, nonostante fosse pericolosa.

Mi sentivo calmo, come se non l'avesse detto.


Non c'era bisogno di preoccuparsi. Dopotutto Beyond era maestro dell'arte del persuadere.


Prima di poter permettermi di fare passi falsi, dovevo capire cosa volesse dire di preciso.

Cosa intendi?” “In tutti e tre gli omicidi, le persone che hanno scoperto per prime i cadaveri hanno aperto la porta e sono entrate, no? Usando una copia della chiave o forzando la porta. Sono entrate... e all'improvviso hanno visto una di quelle bambole inquietanti. Le wara ningyo sono la prima cosa che si sono trovate davanti agli occhi. Hanno per forza attirato la loro attenzione. Magari l'assassino era nascosto nella stanza e ha approfittato di quell'attimo di distrazione per fuggire...”.

Questo non sarebbe stato possibile.

Nessun assassino correrebbe il rischio di farsi prendere confidando nell'attimo di stupore causato dalla visione di una bambola.

Ma soprattutto, la cosa che più attira l'attenzione è il cadavere.

È un classico degli enigmi della camera chiusa nei romanzi gialli, quasi come il trucchetto dell'ago e del filo. Però, Misora, pensaci bene. Se fosse solo per distogliere l'attenzione, le bambole non servirebbero.” “Perché?” “Perché se non ci fossero state le bambole, la prima cosa che avrebbero visto sarebbe stato il cadavere. Come quando tu, prima, hai visto me che fingevo di essere morto e ti sei bloccata. Quindi, all'assassino sarebbe bastato dell'attimo di stupore di chi avrebbe scoperto il cadavere.”.

Dopotutto, mio caro lettore, potrebbe esserci qualcosa di più ovvio?

Quando un essere umano vede un suo simile privo di vita, non è più capace di mantenere la calma.

Va in panico, a volte ha paura per sé stesso.

E se poi conosceva la vittima di persona, comincia anche a farsi prendere dal pianto.

Gli occhi bagnati dalle lacrime non vedono bene, la loro visuale è limitata.

Riescono a percepire solo le cose più dolorose e null'altro.

La speranza e il futuro non esistono più per quegli occhi.

Cosa ci sarebbe di più facile dell'approfittarsi di una simile debolezza umana, mio caro lettore?


Solo con una buona dose di indifferenza ed egoismo ci si potrebbe riuscire.

Qualità che non si poteva dire mancassero all'assassino di quel caso.


Sì... è vero. Hai ragione... Quindi non voleva che vedessero il cadavere come prima cosa? Però non mi viene in mente nessun motivo plausibile...” “Neanche a me.” tagliai corto.

Anche se avesse voluto distogliere l'attenzione dal cadavere, ritardarne la scoperta di uno o due secondi... non avrebbe molto senso. Ma allora perché mettere le wara ningyo in quella posizione? Forse è stato solo un caso.”.

Forse è stato solo un caso.

Una spiegazione che in realtà è una resa.

No, probabilmente l'ha fatto apposta. Non possiamo definirlo un caso, ma personalmente trovo che non valga la pena affrontare il problema in questo modo. Come ho detto, quello che vorrei fare, anzi, quello che dovremmo fare, è dare la priorità a cercare i messaggi lasciati dall'assassino, non alle wara ningyo o alle stanze chiuse.” “Sì, ma... No, va bene. Facciamo così. Scusa, ho sprecato del tempo prezioso.”.

Ero riuscito a distoglierla da quell'argomento così delicato.

Dopotutto avevo mantenuto la calma.


Tutto come previsto.


Dovresti scusarti per avermi calpestato, piuttosto.” “Ah, sì. Giusto.”.

Raramente è possibile convincere un essere umano a fare qualcosa che richiesto da te, vero, mio caro lettore? Due sono le possibile vie in questo caso.

La prima, manipolare la persona facendo in modo che non si renda conto di agire proprio come tu vuoi.

La seconda, sfruttare i suoi sensi di colpa.

Tra le due vie ho sempre preferito la prima, ma Ryuzaki avrebbe scelto la seconda.

Ti dispiace davvero? Allora posso chiederti un piccolo favore per farti perdonare?” “Sì. Di che si tratta?” rispose con poca convinzione. “Potresti fingere di essere il cadavere come stavo facendo io prima? Backyard Bottomslash era una donna, quindi rispetto a me potresti essere una fonte di ispirazione migliore.” chiesi con una logica che solo al mio personaggio poteva appartenere.

Naomi non rispose, semplicemente si posizionò dove le avevo richiesto nella mia stessa posizione.

Allora? Qualche idea?” mi chiese lei. Io la osservai per bene col dito indice poggiato sulle labbra, reclinai leggermente il capo verso destra per poi affermare: “No, niente.”. Lei assunse un'espressione decisamente infastidita: “No? Beh, lo immaginavo.”.

Improvvisamente mi avvicinai al caffè lasciato sul tavolino nella stanza. “Dove vai?” “Lo prendo prima che si raffreddi.” risposi con noncuranza.

Mi sedetti, presi la mia tazza e cominciai a sorseggiare.

Non era molto dolce, ma non mi lamentai.

Mmmh... Il caffè caldo è un sollievo per la mia pancia dolorante.” ribadii. Naomi mi fissò infastidita.

Ryuzaki... anche questa vittima, come la prima, è stata spogliata, mutilata e rivestita, giusto?” “Sì, perché?” “Beh, capisco che sia più semplice mutilare un corpo nudo. I vestiti sono piuttosto resistenti e potrebbero far impigliare la lama con cui si sta tagliando. Ma perché rivestire la vittima, alla fine? Non poteva lasciarla nuda? Per il primo omicidio aveva senso, perché la maglia nascondeva le ferite che formavano i numeri romani. Ma in questo caso... dev'essere stata una gran fatica. Non è facile vestire un cadavere... o comunque qualcuno che non si muove.”.

Aveva imboccato il sentiero giusto da sola.

Misora, la gamba lasciata nel bagno aveva ancora scarpa e calza, vero?” “Sì, stando alla foto.” “Quindi, forse, lo scopo dell'assassino... o meglio, il suo messaggio, non ha niente a che vedere con vestiti e scarpe, ma solo con la mutilazione del cadavere. Per questo tutto il resto è stato risistemato così com'era prima.” “Ma allora... il braccio sinistro e la gamba destra? Perché ha lasciato la gamba nel bagno e portato con sé il braccio? Che differenza c'è tra i due? Un braccio e una gamba...”.

Naomi continuava a fissare il soffitto, così feci lo stesso rosicchiandomi l'unghia del pollice.

Tempo fa mi sono occupato di un caso che forse potrebbe servirci come esempio. Posso parlartene?” chiesi. “Certo.” “Un caso di omicidio. La vittima era stata uccisa con una coltellata al petto, ma l'assassino le aveva anche tagliato l'anulare sinistro e se l'era portato via. Mutilazione di cadavere. Perché pensi l'abbia fatto?” “L'anulare sinistro. È facile. La vittima era sposata, vero? Di sicuro l'assassino le ha tagliato il dito per portarsi via la fede nuziale. Capita che gli anelli, con il passare del tempo, rimangano incastrati e non si riesca più a sfilarli.” “Giusto. La vittima era stata uccisa per denaro. In seguito, siamo riusciti a ritrovare l'anello in vendita sul mercato nero. Da lì siamo risaliti all'assassino e l'abbiamo arrestato.”.

La storia era convincente, ma non era quello che Naomi doveva trovare.

Era un depistaggio.


Beyond amava prendersi gioco della sua vittima. Ma la vittima non era una persona che aveva ucciso.

La vittima era Naomi Misora.

E così decideva lui quando lei dovesse capire qualcosa e quando no.


Sì, Ryuzaki... è una storia interessante, ma dubito che qualcuno si porti tutto il braccio per rubare un anello. E Backyard Bottomslash non era sposata. Secondo le informazioni della polizia, al momento non frequentava nemmeno qualcuno.” “Esistono altri anelli, oltre alla fede nuziale.” “Ma non occorre portarsi via tutto il braccio.” “Sì, è vero. Infatti l'avevo detto che questa storia forse poteva servirci come esempio. Se non ci serve, allora sono spiacente.”.

Aveva aggirato facilmente l'ostacolo.

Quasi più facilmente del previsto, ma già avevo immaginato che non le ci sarebbe voluto molto.

Non occorre che ti scusi... ma non credo che c'entri un anello... giusto?” chiese.

Non risposi.

La osservai mentre allungava il braccio sinistro verso l'alto. Una volta teso, allargò le dita.

Anche lei aveva un anello.

Le scese la manica della giacca.

Un dettaglio mi colpì particolarmente.

Il suo orologio.

Ryuzaki... Backyard Bottomslash era destra o mancina?” mi chiese. “Stando alla tua documentazione era destra. Perché me lo chiedi?” “Se era destra... forse portava un orologio al braccio sinistro. Forse l'assassino voleva portare via l'orologio.”.

Indovinato, Naomi.

Stavi decisamente per superare anche la terza prova.

Vuoi dire che le ha amputato un braccio per rubare un orologio? Ma perché l'avrebbe fatto, Misora? Tu stessa hai detto che nessuno si porterebbe via tutto il braccio per rubare un anello. La stessa cosa dovrebbe valere anche per un orologio, non credi? Se l'obiettivo fosse stato l'orologio, gli sarebbe bastato portare via soltanto quello. Un orologio non è come un anello. Non rimane incastrato. Non c'è alcun bisogno di tagliare il braccio.” “No, non credo che l'obiettivo fosse l'orologio in sé. Ma potrebbe essere il messaggio. Togliere l'orologio e basta sarebbe stato troppo evidente, perciò ha preso l'intero braccio...” “Un depistaggio, quindi? Capisco... Però, se è così, il motivo per cui ha amputato la gamba destra diventa ancora più incomprensibile. Dubito ci fosse un orologio anche lì. E se voleva confondere le tracce, non occorreva l'intero braccio. Il polso era sufficiente.”.

Naomi era quasi giunta alla verità, eppure si era fermata pochi passi prima.

Stava per prendere un'altra strada.

Braccio sinistro... Gamba destra... Polso sinistro... Caviglia destra... Mano sinistra... Piede destro... Orologio, orologio, orologio, orologio... Due mani e due piedi, due braccia e due gambe... E se fossero le parti rimaste a significare qualcosa? Non il braccio sinistro e la gamba destra, ma il braccio destro e la gamba sinistra... Le quattro estremità.” mormorò.

Cinque, con la testa.” dissi indicandole la via.

Cinque... Cinque meno due, fa tre... 3. Il terzo omicidio... Mani, piedi... e la testa, cinque in tutto... La testa? Il collo... Il collo, un braccio e una gamba...” continuava a dire tra sé e sé. Sembrava stesse facendo uno di quei giochi dove bisogna collegare una parola all'altra e formare una sequenza per tornare alla parola originaria.

Se cinque meno due fa tre, poteva amputare le braccia e lasciare le gambe, oppure amputare il braccio sinistro e la testa... Se doveva essere per forza il braccio sinistro, allora perché la gamba destra?”.

Così non sarebbe arrivata da nessuna parte.

Sono rimasti la testa, un braccio e una gamba. Tutti con una lunghezza diversa, no?” chiesi.

Rimase perplessa a fissarmi.

L'ago... o la lancetta?” mi chiese.

Che vuoi dire?” “La lancetta...” ripeté.

Era arrivata a destinazione, mio caro lettore.

L'orologio! Le lancette dell'orologio, Ryuzaki!” “Come? L'orologio? Le lancette dell'orologio, dici?” “La lancetta delle ore, quella dei minuti e quella dei secondi: sono tre! E ognuna delle lancette ha una lunghezza diversa!” disse spingendo il braccio per terra per rialzarsi.

Mi venne vicino, mi rubò la tazza di caffè e la bevve in un sol sorso, sbattendola poi sul tavolo.

Dalla prima scena del crimine ha portato via Akazukin Chacha! per farci notare Carenza di svago! Dalla seconda, ha portato via le lenti a contatto per farci notare gli occhiali! E da questa ha portato via l'orologio... e ha trasformato la vittima in un orologio!” esclamò con troppa foga.

Ha trasformato la vittima... in un orologio?” dissi simulando perplessità. “Per orologio intendi...” “La testa è la lancetta delle ore, il braccio quella dei minuti e la gamba quella dei secondi! Per questo l'assassino non si è limitato a portare con sé l'orologio o ad amputare la mano all'altezza del polso, ma ha dovuto asportare tutto il braccio e una delle gambe. Altrimenti il corpo non avrebbe formato le tre lancette dell'orologio!” disse senza prendere un solo respiro. Si calmò, inspirò profondamente, poi mi strappò le foto della documentazione.

Guarda questa foto, Ryuzaki. Vedi? La testa sono le ore, il braccio destro i minuti e la gamba sinistra i secondi: indica le ore 12:45 e venti secondi.” “Uhm... Se la metti così, in effetti...” “Non sono io che la metto così! Questo è senza dubbio il messaggio dell'assassino. Ha lasciato la gamba in bagno per sottolineare che aveva portato con sé l'orologio.”.

Quasi corretto, Naomi. Ma mancava ancora qualcosa.

Presi in mano la fotografia e cominciai a studiarla, ruotandola o ruotando io stesso la testa.

Se anche la tua deduzione fosse corretta... non è detto che l'orologio rappresentato dalla vittima indichi le 12:45 e venti secondi. Rovesciandola diventano le 6:15 e cinquanta secondi. Oppure se la giriamo così...” dissi girandola di 90°. “Le 3:00 e trentacinque secondi. Ruotandola ancora di 180°, diventano le 9:30 e cinque secondi. Se la vittima rappresenta le lancette, questa stanza è il quadrante. Per questo il cadavere giaceva supino al centro della stanza. Quindi, dal momento che il tronco del corpo è stato messo in posizione parallela a due pareti e perpendicolare alle altre, le quattro alternative che ho citato prima sono quelle con le probabilità più alte. Ma anche quattro sono troppe. Finché non le riduciamo a uno, massimo due orari, non abbiamo decifrato il messaggio dell'assassino.”.

Naomi abbassò lo sguardo sconfitta.

Ora che ci penso, nel primo omicidio, uno degli elementi più importanti erano i numeri romani, spesso usati negli orologi... ma in questa stanza non c'è nulla che assomigli ai numeri romani. Ci vorrebbe un indizio per determinare quale ora indica ciascuna parete.” dissi scrollando le spalle.

Ryuzaki, da che parte è il nord? Forse rappresenta le dodici...” mi chiese senza convinzione.

Ci avevo già pensato anch'io, ma non c'è alcuna spiegazione logica per cui le ore dodici corrispondano al nord. Non stiamo parlando di una mappa. Potrebbe essere l'est, come l'ovest o il sud.” “Una spiegazione logica? Hai ragione. In mancanza di prove, ci dev'essere almeno una logica. Però... le pareti sono tutte uguali. È impossibile capire...”.

Davvero le vedevi tutte uguali?

Eppure mi ero impegnato così tanto per renderle differenti... non è forse vero, mio caro lettore?

È vero. È come se davanti a noi si ergesse un muro invalicabile.” “Un muro? Bella metafora. Un muro, un muro...”.

Lo sguardo di Naomi nascondeva una grande concentrazione. I suoi occhi osservavano ogni dettaglio della stanza.

Ryuzaki, ho capito.” disse con troppa calma. “È la quantità di peluche. Il numero di peluche per ciascuna parete indica la rispettiva ora. Guarda, lungo la parete della porta ce ne sono dodici e di là sono nove: indicano le ore 12 e le ore 9. Quindi, se consideriamo questa stanza come il quadrante di un orologio, il lato della porta è quello in alto.” “Aspetta, Misora. Questo effettivamente vale per le ore 12 e le ore 9, ma i peluche su questa parete sono cinque e sull'altra due. Se indicassero i quattro numeri sul quadrante, dovrebbero essere 12, 3, 6 e 9, non 12, 2, 5 e 9. Così non funziona.”.

Mi stupì rispondendomi quasi immediatamente: “E invece sì. Perché ci sono le wara ningyo. Aggiungendo una wara ningyo ai due peluche e una agli altri cinque, otteniamo un 3 e un 6. Così, è possibile considerare la terza scena del crimine come un quadrante. Questa stanza è stata disposta in modo da rappresentare un orologio.”.

Corretto, Naomi.

Senza perdere tempo mi prese la foto di mano e la appoggiò per terra, dove poco prima si era stesa.

Le ore 6, 15 minuti e 50 secondi.” dissi.

__________________________

Authoress' words

Bau.

Wof, bauarf bau. Grrrrarf!

Bau bau! /(^-^)\

...

Sì, ok, scusate. Quello era il mio cane che ci teneva a dare il suo parere e l'ho accontentato. ^-^

Per farmi perdonare della lunghiiiiiiiissima assenza ho fatto un lunghiiiiiiiissimo capitolo.

Effettivamente è troppo lungo.

Se siete arrivati fin qui avete già fatto abbastanza sforzo per oggi. ^-^"

Quindi vi lascio andare in pace. u.u

Bau bau! ^-^

Any

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Capitolo 31
*** Theme 23. Low of Solipsism ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Era passato poco tempo dopo l'ultima comunicazione di Halle.

Nonostante i miei ordini, nonostante avesse accettato di fare come le avevo detto, stava temporeggiando.

Diceva di doversi fare una doccia, ma quella aveva tutta l'aria di essere una scusa.

Near!” mi chiamò il comandante Rester.

Sugli schermi di sorveglianza era riapparsa Lidner, ma stavolta seguita da una figura incappucciata che le puntava una pistola alla testa.

Mello.

C-cosa?! Ma che sta succedendo?! In un certo senso, è andata come avevi previsto, ma...” cominciò a balbettare il comandante.

Fateli entrare.” mi limitai a dire freddamente.

Avevo previsto che Mello avrebbe cercato di contattare un membro dell'SPK, al 70% Lidner, ma non immaginavo che sarebbe arrivato lì così presto.

L'unica cosa possibile era che quei due si fossero già incontrati in passato.

Fu Gevanni a permettere loro di entrare, io non mi alzai nemmeno dalla posizione in cui mi trovavo.

Quanti anni erano passati dall'ultima volta che l'avevo visto? Più o meno sei, calcolai rapidamente.

Lo vidi da uno degli schermi di sorveglianza, senza nemmeno voltarmi.

Immediatamente notai che aveva una cicatrice che gli divideva il volto, una di quelle che non spariscono più.

Che se la fosse procurata quando aveva portato via il Death Note?

Benvenuto, Mello.” dissi.

Neanche il tempo di parlare, che i restanti due membri dell'SPK alzarono le armi contro la lettera M.

Getta la pistola!” gridò Rester. “Non solo tu, Mello... Anche voi, signori... abbassate le armi. Sarebbe inutile far scorrere del sangue.” dissi con estrema calma. “M-ma lui ha ucciso tutti i nostri compagni... e non solo, ha anche rapito e assassinato il capo della Polizia Giapponese...” mormorò Gevanni leggermente intimidito.

Lo guardai lievemente infastidito.

Non abbiamo nessuna prova al riguardo, e per quanto concerne il capo della polizia, tutto lascia pensare che sia opera di Kira. Comunque, la cosa è irrilevante. Non fatemelo ripetere. Il nostro obiettivo è catturare Kira.”.

Mello si era macchiato di molti crimini da quando era fuggito, ma ucciderlo a cosa avrebbe portato? Dopotutto non poteva fare altrimenti, non disponeva di nessuno dei miei mezzi, neanche del denaro necessario. E nonostante questo aveva fatto notevoli passi avanti basandosi sulle sue sole forze.

Eppure, nonostante tutto il tempo trascorso, continuava ad agire allo stesso modo con cui l'avevo conosciuto: in maniera impulsiva. Amava scendere in campo di persona, quando c'era una battaglia da combattere.

Non aveva paura.

Se ora uccidessimo Mello, non ne ricaveremmo nulla. Sarebbe terribilmente scortese puntargli la pistola dopo che è riuscito a recuperare temporaneamente il quaderno e ad avvicinare Kira prima di noi. Dovremmo mostrargli rispetto, invece.” aggiunsi, dato che nessuno dei miei si decideva ad abbassare le armi.

Finalmente Rester obbedì.

Mello mi guardò con odio.

Ineccepibile, Near.” disse abbassando la pistola. “Avevi previsto tutto?” mi chiese con un tono imbevuto di odio e rabbia.

Sì. Anche se non mi aspettavo che saresti venuto fin qui. Grazie al tuo lavoro, mi sono avvicinato a Kira.”.

Quell'ultima frase che avevo detto bastò per fargli perdere definitivamente il controllo.

Tirò di nuovo fuori la pistola e la puntò contro di me. Digrignò i denti furioso.

Near... Guarda che io non sono uno strumento per completare il tuo puzzle.”.

Rester e Gevanni risollevarono le armi. “Non me lo faccia ripetere, comandante Rester. Abbassate le armi.”.

Non mi avrebbe ucciso davvero. Se lo avesse fatto non ne sarebbe uscito facilmente.

Se vuoi spararmi, spara pure, Mello.” dissi semplicemente.

Caricò la pistola, la puntò con più precisione.

Improvvisamente Halle gli si parò davanti: “Ascolta, Mello... se ora tu uccidessi Near anche se in futuro riuscissi a catturare Kira, probabilmente non avrebbe più alcun significato. Senza contare che, se tu sparassi a Near, puoi star certo che noi spareremmo te. Se voi due moriste qui ora, cosa ne ricaveresti? Faresti solo la felicità di Kira.”. Inaspettatamente si calmò quasi all'istante.

Ghignò abbassando di nuovo la pistola per poi dirmi come se non fosse successo nulla: “Dimenticavo, Near... ero venuto solo per prendermi la mia foto.”.

La foto?

Quella che sei anni prima mi aveva regalato Matt?

Sorrisi impercettibilmente. Il piano del terzo della classifica aveva funzionato alla perfezione.

La presi con delicatezza, mostrandola al proprietario. “La foto è questa e non ce ne sono altre copie. Ho fatto anche in modo che non venisse ripresa dalle telecamere di sorveglianza.” gliela passai. “Ho anche sistemato le cose con tutti coloro che in passato ti hanno visto in volto alla The Wammy's House. Non posso assicurartelo al 100%, ma ora non dovrebbe essere possibile ucciderti con il Death Note.”.

Mi ero assicurato la sua incolumità persino con chi lo aveva semplicemente incrociato in un corridoio.

Mello girò l'immagine per trovare una scritta: “Dear Mello”.

Avrei dovuto finirla prima, non avevo neanche avuto il tempo di pensare come continuare.

Sarebbero bastate poche righe, ma era arrivato semplicemente troppo presto.

Eh sì, Mello. Eri arrivato per primo.


Se non siamo riusciti a trovare nulla in tutto questo tempo, forse significa che dobbiamo lasciare perdere. Trattandosi della rappresentazione di un orologio analogico e non digitale, forse non ha senso cercare di distinguere tra mattino e pomeriggio.” sugerii a una Naomi Misora che oramai non si dava pace per cercare indizi. Indizi che non avrebbe trovato, ovviamente.

Già... allora sarà il caso di lavorare su entrambe le possibili piste, ovvero 06:15:50 e 18:15:50.”. disse con lo sguardo perso nel vuoto.

Il cruciverba dava come soluzione l'indirizzo della prima vittima, il primo indizio il nome di Quarter Queen, il secondo indicava la zona dove abitava la terza vittima. Dubito fortemente che l'assassino voglia indicarci l'orario del prossimo omicidio, anche perché con un indizio del genere non riusciremmo mai a capire dove ciò avverrà.” dissi portandomi il dito indice alle labbra.

E se l'assassino si fosse preso gioco di noi e non ci volesse indicare il luogo del prossimo omicidio per non correre pericoli?” “Non avrebbe lasciato neanche un indizio se non avesse voluto correre pericoli.”.

Naomi si rabbuiò.

Il numero... deve indicare un luogo... o un nome...” mormorò.

Non credevo fosse così difficile da capire.

Dovevo aiutarla, era troppo sconfortata per arrivarci da sola.

Un luogo? Molti luoghi sono indicati da numeri.” dissi. Lei mi guardò perplessa. “Non esiste un numero civico tanto lungo.” “Un numero civico no, ma un codice catastale sì.”.

Naomi si illuminò.

Proprio così, 061550 era il codice catastale di un enorme condominio a Pasadena che riuniva quasi duecento appartamenti.


Beyond non aveva perso tempo. Era stato fin troppo frettoloso nel trovare la soluzione, ma questo era solo perché non poteva permettersi perdere tempo.

Oramai il suo piano aveva poco tempo per essere portato a termine.


Ci recammo al condominio in questione, esaminammo i nomi di tutti gli abitanti.

Trovammo una donna che abitava al n° 1313 di nome Blackberry Brown.

È sicuramente lei.” esclamò Naomi entusiasta. La mia espressione era cupa. Lei se ne accorse e mi guardò perplessa: “Cosa c'è che non va? Ora possiamo prevedere le azioni dell'assassino e anticiparle. Dovremmo essere in grado di tendergli un'imboscata. Se tutto va bene, non solo impediremo il quarto omicidio, ma arresteremo anche il colpevole. Anzi, sono sicura che lo cattureremo!”.

Misora, a dire il vero nel condominio c'è un'altra persona che potrebbe corrispondere. Un uomo di nome Blues-harp Babysplit, che vive da solo al n° 404. Anche lui BB.”.

Naomi sgranò gli occhi.

Inizialmente mi guardò come se le avessi appena fatto un brutto scherzo, poi sembrò accettare la cosa anche se con molta riluttanza.

Però dovrebbe comunque trattarsi del 1313. 13 equivale a B, Ryuzaki. E 1313 è BB. Non potrebbe esserci coincidenza migliore per il quarto omicidio, l'ultimo, se teniamo presente il numero delle wara ningyo.” “Tu credi?” “È sicuramente così. Perché dovrebbe essere il 404? Ryuzaki, un edificio con il tredicesimo piano e un appartamento numero 13 è cosa rara, in America. Spesso il numero 13 viene saltato. Non trovi che, avendo a disposizione un tredicesimo piano, sia naturale per l'assassino volerlo usare? Anzi, forse è proprio per questo che ha scelto quel condominio e quella vittima...”.

Era troppo sicura.

Naomi, troppa sicurezza fa male.

Non bisogna mai dare nulla per scontato. Mai.

Soprattutto se si ha a che fare con il più grande serial killer di Los Angeles.

Soprattutto se si ha a che fare con Beyond Birthday.

Dico bene, mio caro lettore?


Assolutamente.” mi sorpresi a pensare in risposta.

Dopotutto, solo quel sottogenere di divinità di Kira era riuscito a superarlo.

Ma Beyond lo superava di gran lunga.

Beyond non si era avvalso di stupide divinità o di quaderni neri fatati.

I miei pensieri erano e sarebbero sempre stati carichi di disprezzo nei confronti di colui che aveva ucciso il più grande detective del mondo.


Misora, non dimenticare la questione degli intervalli di tempo. Il 22 luglio la polizia di Los Angeles ha ricevuto il cruciverba; nove giorni dopo, il 31 luglio, è avvenuto il primo omicidio; quattro giorni dopo, il 4 agosto, è avvenuto il secondo; nove giorni dopo, il 13 agosto, il terzo. Se il quarto dovesse avvenire il 22 agosto, sarebbero nove giorni, quattro giorni, nove giorni, nove giorni. Ricordi? C'è il problema del perché non sia 9-4-9-4 ma 9-4-9-9, nonostante 9 più 4 faccia 13. Abbiamo un quattro e tre nove. Non trovi che manchi di equilibrio?”.

Sì, ma... l'alternanza era...” iniziò incerta.

Non è alternanza: se pensiamo a 4 e 9 come a un tutt'uno, allora è una successione coerente di 13. Non trovi strano che non sia stato seguito questo criterio? Il numero 404 dell'appartamento ripristinerebbe l'equilibrio: avremmo tre 4 e tre 9.”.

Lei aveva un'aria scoraggiata.

Se l'appartamento avesse avuto un numero diverso dal 404, allora anch'io sarei stato convinto al 100%, anzi al 120%, che la vittima designata per il quarto omicidio fosse Blackberry Brown del 1313. Però, non possiamo ignorare che qualcuno dalle iniziali BB, Blues-harp Babysplit, abiti in un appartamento con due 4 nel numero.”.

Aspettai che lei dicesse qualcosa, ma ottenni solo che abbassasse lo sguardo in evidente soggezione.

Probabilmente aveva dato per buona la mia teoria.

Non possiamo farci nulla.” conclusi. “Non resta che dividerci, Misora. Meno male che lavoriamo in coppia.”.

Già, perché se L non avesse scelto una persona, ma di più, sarebbe stato un bel problema. Trovare due persone con le iniziali BB nello stesso luogo era difficile, trovarne tre era quasi impossibile.

Ma non del tutto.

Se fosse stato necessario ci sarei riuscito.


Era sempre più stupefacente l'abilità con cui Beyond aveva calcolato ogni minimo dettaglio della sua opera.

Lui sapeva che L avrebbe scelto una sola persona e questo perché gestirne più di una sarebbe stato troppo complicato.

L, anche se indirettamente, controllava i suoi collaboratori e di una persona che aveva scelto di usare per la prima volta non si poteva fidare.

Non

Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.

del tutto, almeno.


Ognuno si occuperà di uno degli appartamenti a rischio. Tu del 1313, Misora, io del 404. La proprietaria del 1313, Blackberry Brown è una donna, mentre Blues-harp Babysplit del 404 è un uomo, perciò mi sembra logico dividerci gli incarichi in questo modo.” “Cosa intendi per incarichi?” “Sbaglio o sei tu che hai proposto di tendere un'imboscata? Tra oggi e domani parleremo con Blackberry Brown e Blues-harp Babysplit e chiederemo loro di collaborare alle indagini. Ovviamente, non gli diremo che sono nel mirino di un serial killer. Se non stiamo attenti, potrebbe esserci una fuga di notizie e rischieremmo di complicare le cose.” “Ma non pensi che abbiano il diritto di sapere?” “È più importante il loro diritto a vivere. Gli pagheremo un indennizzo adeguato e ci faremo prestare i loro appartamenti per l'intera giornata.” “Pagarli?” “Sì, è il modo più semplice. Per fortuna, ho fondi sufficienti a coprire la spesa. Inoltre, se il caso verrà risolto, riceverò una ricompensa dai miei clienti. Se si trattasse di un normale omicidio le cose sarebbero diverse, ma non c'è motivo per cui quell'uomo o quella donna vengano uccisi solo perché il loro nome inizia per BB. Il killer li cercherà nei loro appartamenti, quindi, se prendiamo il loro posto e ci facciamo trovare al 1313 e al 404, in teoria riusciremo a incontrarlo. Per sicurezza, è ovvio, condurremo Blackberry Brown e Blues-harp Babysplit in un luogo sicuro per tutta la giornata del 22... Ecco, la suite di un hotel di lusso, per esempio, potrebbe andare benissimo, non trovi?” “Quindi noi dovremmo... Capisco.”.

Si poggiò sulla bocca la mano, come per soffocare una domanda che non doveva fare.

Ancora mi durava il denaro che avevo avuto grazie alla mia permanenza nella mafia di Los Angeles, ma che io disponessi di simili cifre, neanche Naomi lo poteva immaginare.

Non è il caso di chiedere la collaborazione della polizia...?” cominciò a chiedere.

Era incredibile come quella donna avesse ancora stima verso quelle inutili divise che probabilmente non avevano neanche tentato di decifrare il mio cruciverba.

Giusto. Sarebbe utile per proteggere le vittime, però la cosa potrebbe sfuggirci di mano e rischieremmo di lasciarci scappare l'assassino. Dopotutto, immagino che le nostre deduzioni non siano comunque sufficienti a far intervenire la polizia. Sono sicuro al 99% riguardo al messaggio dell'assassino, ma la convinzione non basta: ci mancano le prove. Ci direbbero che sono delle fantasie senza né testa né coda e tutto finirebbe lì.” “Senza testa né coda?” “Sì, infondate e sconclusionate.” conclusi sollevando il dito come se avessi detto qualcosa di solenne.

Lei si soffermò qualche secondo a pensare qualcosa, poi mi guardò negli occhi e disse: “È probabile che l'assassino agisca da solo, Ryuzaki, ma al momento della cattura ci sarà uno scontro corpo a corpo.”.

Sorrisi.

Era terribilmente ironico.

Una donna che mi aveva quasi messo al tappeto si preoccupava di uno scontro corpo a corpo?

Non c'è problema. Non può battermi, se siamo uno contro uno. Non sembra, ma sono piuttosto forte. E tu sei esperta di capoeira, giusto?” dissi con un mezzo ghigno.

Non sembra, ma sono piuttosto forte.

Ero sicuro che fosse una frase detta da L, chissà dove, chissà quando.

Sì, ma...” “Misora, sai usare una pistola?” “Eh? No, io non... non è che non la sappia usare, ma non ne ho una.” “Allora te la procurerò io. È meglio che tu sia armata. Finora si è trattato di una sfida investigativa con l'assassino, ma d'ora in poi è in gioco la nostra vita. Devi essere pronta a tutto, Misora.” dissi portandomi il pollice tra le labbra.

Avevo ancora la pistola con cui compii il mio primo omicidio.


Oltre a calcolare ogni dettaglio perfettamente, Beyond era anche molto cauto.

Conservava tutto ciò che, anche a distanza di anni, gli sarebbe potuto tornare utile.

E riusciva a utilizzarlo al momento giusto.

Nonostante avesse molte somiglianze con lui, in questo era totalmente diverso da Mello.

Mi fermai un secondo osservando quelle righe sottili e ordinate.

Rimasi immobile per qualche secondo.

Il mio respiro era bloccato dalla sorpresa.

Tutto mi sarei potuto aspettare, tranne che questo.

Quand'era che Naomi aveva parlato della capoeira a Beyond?


E così, mio caro lettore, io e Naomi ci siamo separati.

Tutto era perfetto per andare al gran finale.


No, Beyond.

C'era un solo piccolissimo errore.

Un errore che ti sarebbe potuto costare non poco.

___________________________

Authoress' words

Buongiorno!

*il pubblico le punta contro armi da fuoco di vario genere*

Tzè! Tanto sono abituata a mio fratello, credete di farmi paura? Comunque se volete spiegazioni sul perché sono sparita per... due mesi?! Ma come? Sono stata via così tanto? o.o

Comunque i motivi della mia sparizione sono molti:

1 - Scuola, come sempre. -.-"

2 - L'ispirazione è andata in vacanza dicendomi che sarebbe tornata quando avrei finito di studiare, ma nonostante non abbia ancora finito l'ho convinta a tornare.

Comunque adesso sono qui, anche se mi odierete non me ne importa e pubblico lo stesso. u.u

Any

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Capitolo 32
*** Theme 24. Suiri ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.



Siamo profondamente dispiaciuti, ma il corpo speciale di polizia ha ufficialmente dichiarato che, in base ai risultati degli esami, uno dei due corpi rinvenuti sul posto risulta appartenere a Kiyomi Takada. Le fiamme che hanno causato il crollo della chiesa sembrano divampate dalla benzina contenuta nei serbatoi di un camion di due tonnellate e una moto che si trovavano all'interno dell'edificio.”.

Cominciai a tormentarmi i capelli.

Era davvero troppo tardi adesso.

Speravo che a dirmelo non sarebbe stata la voce elettronica della televisione. Dovevo mantenere la concentrazione.

Concentrazione...

Concentrazione...

Sapevo cosa dovevo fare adesso.

E tutto grazie a quell'episodio.

Avevi ripetuto non so quante volte che mi odiavi, Mello. Allora perché avevi sacrificato la tua vita per salvare la mia? Se tu fossi stato lì, mi avresti risposto che lo avevi fatto solo perché se io fossi morto Kira non sarebbe mai stato preso e ti saresti trovato solo nemici.

Ma tu eri morto.

Avrei dovuto basarmi solo ed esclusivamente sulle mie forze. E ancora non potevo perdonarmi del tutto del non aver eseguito gli ordini di L.

Mi sembrava tutto un sogno, uno strano, evanescente, brutto sogno.

La mia mente era quasi vuota. Era tutto vero. Ed era vero anche quello che aveva detto L.

Nessuno di noi due sarebbe riuscito a superarlo, ma insieme potevamo farcela.


Convincere Blues-harp Babysplit e Blackberry Brown a passare una notte in un albergo di lusso come il “The Peninsula Beverly Hills” non era stato difficile. Il mascherare il tutto come la vincita a un'estrazione da un elenco telefonico giorni prima aveva reso il tutto più credibile.

Ora io e Naomi ci trovavamo davanti al condominio dove il miglior serial killer che Los Angeles avesse mai visto stava per agire.

Era il momento.

In ascensore c'era uno strano silenzio. Naomi guardava in basso, pensando a chissà cosa. Era preoccupata. Probabilmente stava già immaginando il momento dell'arresto.

Anche io stavo immaginando cosa sarebbe avvenuto a breve, ma le mie previsioni non coincidevano con quelle della mia “collega”.

Io e Naomi ci separammo. Lei salì fino al tredicesimo piano, mentre io mi fermai all'appartamento numero 404.

Sorrisi.

Finalmente, il punto di arrivo che tanto aspettavo.

Lentamente aprii l'appartamento e con la massima delicatezza sospinsi la porta di lato.

Mi guardai intorno. Il soggiorno era molto spazioso.

Mi appoggiai ad una delle eleganti sedie, guardai di nuovo l'ambiente circostante.

Dovevo aspettare...

Non mi ero mai reso conto di quanto potesse essere difficile, vero mio caro lettore?

Il tempo sembrava rallentare, quando avrebbe dovuto accelerare.

Sembrava strano. Avevo avuto fretta fino a quel momento per poi guardare inutilmente l'arredamento di quella stanza.

E aspettare ancora poco prima di poter finalmente assaporare la vittoria.

La vittoria dopo aver visto la morte dei miei genitori.

La vittoria dopo essere stato rinchiuso dentro una stanza come un pazzo.

La vittoria dopo essere stato privato della mia essenza.

La vittoria dopo aver perso Any.

La vittoria dopo essere scappato, dopo aver ucciso, dopo aver visto morte ancora...

Risi, stavolta ad alta voce, senza più preoccuparmi.

Io ero uno strumento di morte, anzi, io ero un dio della morte!

Io ero nato per quello! Dovevo uccidere! Sì, sì, dovevo dare un senso alla morte!


La scrittura di Beyond era diventata improvvisamente disordinata, frettolosa. Era sempre stata perfetta fino a quel momento.

La follia che era in lui stava uscendo piano dai limiti del suo corpo.

Si stava impossessando di ogni sua azione.


Mi fermai all'improvviso.

Dovevo mantenere la calma.

Non era ancora il momento, anche se già potevo avvertirlo.

Mi alzai, chiusi la porta, mi avvicinai alla parete, la tastai.

Con delicatezza appoggiai il chiodo dell'unica wara ningyo che avevo con me quel giorno sul muro liscio. Cercando di fare meno rumore possibile lo colpii fissandolo.

Annodai il filo rosso della bambola.

L'impazienza aumentava.

Non potevo aspettare, ma dovevo.

Ancora poco...

Mi aggiravo nervosamente per l'appartamento, cercando il luogo migliore.


Non capivo.

Se Beyond aveva mandato fuori dall'appartamento Blues-harp Babysplit, chi avrebbe ucciso?

Ci vollero pochi secondi prima che la verità mi colpisse come un fulmine.

Believe Bridesmaid, BB.

Quarter Queen, bb.

Backyard Bottomslash, BB.

Beyond Birthday, BB.


Con forzata calma, tirai fuori dalla mia borsa una piccola bottiglietta.

Conteneva benzina.

Sempre con calma la versai sul mio corpo.

Socchiusi gli occhi.

Una scintilla.

E poi il calore.

Stavo bruciando.

Bruciavo! Il calore si espandeva lungo tutto il mio corpo. Il dolore si intensificava ogni secondo di più. Inconsciamente mi muovevo, quasi mi contorcevo, ma non potevo farci nulla!

La mia morte era l'ultimo omicidio.

Le camere chiuse servivano a fingere che non fosse un suicidio!

Il mio piano era perfetto, mio caro lettore!

L aveva perso!


Era spaventoso. Tutto ciò che Beyond aveva fatto era finalizzato alla sua stessa morte.

In passato aveva affermato di essere disposto a uccidere per utilità, ma questa era pura follia.


E poi, dopo aver inspirato per l'ennesima volta quell'odore nauseabondo, cominciai a perdere i sensi.

Mi lasciai cadere a peso morto sul pavimento.

Non ero più nella stanza, non sapevo dove mi trovavo.

Il dolore era forte, ma la mia volontà lo era di più.

Mi contorcevo, ma non cercavo di spegnere le fiamme.

Il loro suono quasi mi ipnotizzava, così come il loro colore.

Tutti i rumori divennero un'eco lontana. E così persi anche la cognizione del tempo, vedevo sfocato.

Rosso, solo rosso riuscivo a vedere.

Rosso come le fiamme, rosso come i miei occhi, rosso come il sangue. Il sangue innocente che avevo versato, ma era tutto perfetto così! Mio caro lettore! Cosa importava in quel momento? Io avevo dato loro un dono: avevo dato un senso alla loro morte.


No, Beyond. Non avevi dato un senso alla loro morte. Ovvero, lo avevi dato ma solo per te stesso.

E dopotutto è sempre così: qualsiasi cosa si faccia per dare un senso alla propria vita o alla propria morte è sempre per auto-realizzazione, non per altro.


Un suono più forte mi distrasse. Era sordo, ma non riuscivo a distinguerlo bene.

Cos'era?

Una voce?

No... Nessuna voce poteva rimbombare in quel modo.

Lo sentii di nuovo, più forte. Qualcuno stava facendo quel rumore a raffica.

Era uno sparo?

Sì! Doveva essere uno sparo!

Chi avrebbe mai sparato in un posto del genere?

...

Chiusi gli occhi.


E così anche Beyond era finito? Bruciato. Esattamente come Mello.

No, non era possibile.

Beyond non poteva essere morto lì, in quel momento. Il quaderno era stato scritto successivamente.

Dopo l'ultima parola c'erano molte pagine totalmente bianche, le sfogliai una ad una.

Ne contai tredici.

Ma nella quattordicesima c'era ancora scritto qualcosa.


Quanto tempo era passato?

Sentii del freddo.

Un rumore, una voce...

Aprii gli occhi, piano.

C'era qualcosa di bianco e appiccicaticcio sul mio corpo. Non riuscivo a muovermi bene.

Un'ombra stava parlando con qualcuno. Il suono della voce rimbombava ancora.

Naomi?

Sentii una presa d'acciaio sul mio polso.

Rue Ryuzaki, ti dichiaro in arresto per l'omicidio di Believe Bridesmaid, Quarter Queen e Backyard Bottomslash. Non hai il diritto di rimanere in silenzio, né di chiamare un avvocato, né di avere un giusto processo.”.


Questa era davvero la fine del gioco di Beyond Birthday, del serial killer di Los Angeles.

Tutto per un errore, uno solo in un piano perfetto.

Così era finita la storia dell'unico serial killer degno della mia stima.

________________________________

Authoress' words

Salve! Perdonatemi l'ennesima pausa nella scrittura, ma sto rischiando vari debiti a scuola, se mi prendessi troppe pause dallo studio la mia estate diventerebbe un incubo!

Ah, già. Alcuni potrebbero fraintendere, quindi lo scrivo bello grande:

LA STORIA NON È FINITA!


Ci saranno più o meno altri due capitoli, rispettando i piani che mi sono fatta fin da quando ho scritto il primo capitolo.

Per favore, non fraintendete. Non ho intenzione alcuna di allungare il brodo di proposito perché mi sono affezionata troppo alla storia o cose simili. Io non vedo l'ora di finirla! xD Solo che ci sono due cose che devo scrivere assolutamente. E lo farò nei prossimi due capitoli, quindi non mi abbandonate!

Tenente duro!

Cercherò di fare in fretta stavolta!

Any

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Capitolo 33
*** Theme 1. Death Note (again) ***


Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


No. Tu sei solo un assassino e questo quaderno è la peggior arma omicida mai apparsa sulla terra.” dissi con una freddezza glaciale.

Se fossi una persona normale, anche se avessi usato questo quaderno una sola volta mosso dalla curiosità, avresti poi guardato con sgomento e terrore ai suoi effetti e ti saresti pentito della tua azione, senza mai più usarlo.” continuai a parlare con Light Yagami. Anzi, continuai a parlare con Kira.

Per assurdo, potrei ancora capire una persona che uccide per eseguire i propri interessi. La riterrei persino normale. Tu invece sei stato soggiogato dallo Shinigami e dal potere del quaderno, e stai facendo un grosso errore nel credere di poter diventare un Dio. Tu sei solo un serial killer psicopatico. Ecco cosa sei, nulla di più.” conclusi.

Dopo qualche secondo di pesante silenzio mi rispose: “Sei tu a essere in errore, Near. Ormai io incarno la giustizia.” disse con presunzione e sufficienza.

Sì, può darsi. Nessuno è in grado di stabilire cosa sia bene e male, giusto e sbagliato. Anche se esistesse un Dio e questa fosse la sua parola, io ci penserei su e deciderei di testa mia se fosse giusta o sbagliata. Io sono come te: credo in ciò che considero giusto e ne faccio la mia giustizia.” presi una pausa.

Io ritengo che tu sia tutto fuorché un Dio, e che costringere tutti gli uomini a vivere secondo una via da te tracciata non sia sinonimo né di pace né di giustizia. Inoltre, la mia coscienza mi dice che autoproclamarsi Dio e uccidere a destra e a manca è assolutamente sbagliato. Ma come la pensano le altre persone qui presenti? Per loro cos'è giusto? Cos'è la giustizia?”.

Light Yagami abbassò lo sguardo.

Dopo molti secondi infiniti parlò di nuovo.

La tensione era palpabile.

Near, inizialmente hai creduto che il quaderno realizzato da Mikami fosse quello vero, e l'hai modificato. Mikami invece è stato indotto a prendere il quaderno falso fabbricato da voi. Ciò significa che entrambi i quaderni che voi due credevate veri erano falsi. E allora come fai a stabilire con certezza che i quaderni che si trovano qui siano veri?” disse, dandomi l'impressione di starsi arrampicando sugli specchi. “Il quaderno che ora è in mano tua e quello che Aizawa ha portato qui dal Quartier Generale Giapponese saranno veri?” disse bluffando.

Non poteva star dicendo sul serio, considerata la sua reazione.

Stava solo cercando di salvare il salvabile.

Dato che vedi Ryuk, ammettiamo pure che il tuo quaderno. Però quello di Aizawa era custodito al Quartier Generale in cui io sono stato tutto il tempo... quindi avrei potuto benissimo sostituirlo. Se così fosse, solo io saprei dove si nasconde quello vero. Se proprio vuoi sconfiggere Kira, dovresti verificare se il quaderno di Aizawa è vero oppure no, scrivendovi sopra il mio nome o quello di Mikami.”.

Ero sicuro che quel quaderno fosse vero.

Light Yagami... Kira... io non ho intenzione di ucciderti. Ormai non ha più importanza se il quaderno sia vero o no. Sin dall'inizio il mio obiettivo era catturare Kira, volevo solo riuscirci facendo luce sul caso. Anzi, ormai è come se ti avessi già catturato, e ora confischerò il quaderno di Aizawa. Per ora direi che è sufficiente. Non renderò pubblica la cattura di Kira, né l'esistenza del quaderno e sono convinto che i qui presenti manterranno il segreto. Per quanto riguarda te, Kira, mi assumerò la responsabilità di richiuderti fino alla tua morte in un posto isolato. Per quanto riguarda il quaderno, ritengo plausibile che le due regole scritte sul retro, ovvero quella dei tredici giorni e quella che prevedeva la morte per chi avesse bruciato il quaderno siano state aggiunte in un secondo tempo da te a tuo vantaggio. Ora che ti ho preso immagino che questo Shinigami possa anche rivelarmi in tutta se si trattava di una menzogna, e se quel quaderno è vero o no.”.

Eh? Beh, per me è ok...” disse una strana creatura sullo sfondo.

E anche se non riuscissi a capire se le regole sono vere e se il quaderno è autentico, mi limiterò a metterlo al sicuro in modo che non capiti mai più in mano a nessuno. Al momento la sola cosa che conta è catturare te.” conclusi con decisione.

Beh, se vuoi capire se il quaderno è vero o falso, perché non provi a dargli un'occhiata?” chiese Light Yagami passeggiando per la stanza a piccoli passi. “Secondo te è vero o falso?”.

Improvvisamente dal suo orologio uscì un piccolo sportellino contenente un foglio e immediatamente cominciò a scriverci.

Ha un foglio nascosto!” gridò Rester.

Improvvisamente un colpo di pistola.

Tota Matsuda, un membro del Quartier Generale aveva sparato a Kira.

Matsuda, a chi cazzo spari, idiota?!” urlò Yagami. “Se proprio devi sparare a qualcuno spara agli altri! Ti sei bevuto il cervello?”.

Il colpo aveva preso Light sulla spalla, ma solo di striscio.

Proprio tu Matsuda! Pensavo che almeno tu mi capissi! Kira è la giustizia! C'è bisogno di lui! Spara! Spara a Near! A tutta l'SPK! E poi anche ad Aizawa e agli altri!” “Perché?! Il sovrintendente... il direttore... il direttore Yagami era tuo padre!” rispose il giovanissimo agente. “Tuo padre per cosa è morto allora?!” “Mio padre? Vuoi dire Soichiro Yagami? Hai ragione, Matsuda, le persone inquadrate e tutte d'un pezzo come lui alla fine ci rimettono sempre. Ti sta bene un mondo in cui quelli come lui fanno la figura dei poveri illusi?”.

Light aveva cominciato ad ansimare.

Tu l'hai fatto morire e ora cambi discorso con la storia che lui avrebbe fatto la figura del fesso?” “Mio padre è morto per gettare le basi di un mondo in cui quelli come lui non facciano la figura degli imbecilli. Se ti sto dicendo di ammazzare questa gente, è anche per far sì che lui non sia morto invano. Lo capisci?!” e di nuovo cercò di uccidermi.

Con il dito sporco di sangue continuò a scrivere il mio nome.

Un altro colpo riempì l'aria, risuonò più forte, più deciso.

Io lo ammazzo! Bisogna eliminarlo!” gridò Matsuda puntando la pistola alla giugulare di Kira. Prontamente altri tre agenti lo fermarono prima che fosse troppo tardi.

Mikami!” Yagami chiamò la sua pedina. “Che diavolo stai facendo?! Aiutami, presto! Ammazzali! È questo il tuo compito, no?! Che stai combinando?!” “E come faccio? In queste condizioni? Con un quaderno falso? Tu non sei affatto un Dio! Perché mi tocca tutto questo?! Che ci faccio io in questa situazione?! È colpa tua! Tu non sei un Dio! Tu sei feccia!”.

Kira aveva perso anche l'ultimo alleato.

Visto che si era ingegnato tanto per nasconderlo nell'orologio immagino che non ne abbia altri. Arrestiamo Light Yagami con l'accusa di essere il serial killer conosciuto come Kira.” ordinai.

Fermi! Non avvicinatevi!” urlò Yagami cominciando a trascinarsi a terra. “Misa... che diavolo sta facendo Misa?” “Misa Amane è al Teito Hotel.” risposi. “In un Hotel?! Che diavolo combina in un momento del genere quella cretina?! Takada... che fine hai fatto Takada?! Ammazzali! Scrivi i loro nomi!” “Kiyomi Takada è morta.” risposi di nuovo. “È morta? Ma chi... chi è stato?! Qualcuno li uccida!”.

Improvvisamente Light Yagami si fermò ai piedi dello Shinigami.

Ma certo, Ryuk scrivi tu i nomi di questa gente sul tuo quaderno! Mi rimani solo tu! Usa il quaderno!” “E sia. Usiamolo.” rispose dopo molto tempo quella creatura. “Ben ti sta Near! Avresti dovuto uccidermi subito! Ora che Ryuk ha detto che scriverà i vostri nomi nessuno potrà più fermarlo! È troppo tardi ormai, morirete tutti!” gridò Kira.

No Light. Sarai tu a morire.” disse con estrema calma la creatura.

Kira si arrestò. Sembrava incredulo.

Sembra proprio che tu abbia perso, Light. Grazie a te me la sono spassata parecchio.” “Io... moriro?! Sto per morire?!” “Proprio così, tra 40 secondi. Ormai è stabilito.” “No! Non voglio morire e nemmeno finire in carcere! Fa' qualcosa! Deve pur esserci un modo, no?!” cominciò a urlare a squarciagola. “La morte di una persona il cui nome viene scritto sul Death Note non può essere cancellata per nulla al mondo. Tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro. Addio, Light Yagami.”.

In quel momento Yagami apparve come un semplice essere umano. Non era più Kira, era una persona che aveva paura della propria morte, che voleva sfuggirvi.

Ma dopo quei lunghissimi 40 secondi il suo cuore smise di battere e morì.


Ero piuttosto confuso.

In qualche modo ero stato portato via da quell'appartamento ed ero stato rinchiuso in una cella.

Ci volle un po' di tempo per vedere di nuovo chiaramente cosa stava accadendo.

Ero stato sconfitto, di nuovo.

L aveva vinto.

Non aveva più senso nulla, allora.

Non avrei di certo potuto dimenticare, ma che altro avrei potuto fare? Era troppo tardi oramai.

Non capivo il perché di quella sconfitta... come aveva potuto una come Naomi Misora capire tutto?

Rimasi in silenzio.

Avevo ancora le sembianze del mio rivale.

Cominciai a esaminare mentalmente ogni cosa successa fino a quel momento. Dove avevo sbagliato?

Improvvisamente ricordai.

La capoeira, Rue Ryuzaki non poteva sapere che Naomi ne era esperta.

Che errore stupido.” mormorai quasi disgustato.

Io, colui che avrebbe dovuto superare L avevo commesso una leggerezza simile?

Sentii un rumore, un uomo si alzò dalla branda sopra di me.

Oh, ma guarda, un nuovo inquilino.” disse appena sceso dalla scaletta.

Lo guardai un secondo negli occhi.

Jason Moore, ancora 25 anni di vita.

Era un omaccione corpulento, dalla pelle abbronzata. Aveva i capelli rasati da un po' di tempo: era già iniziata la ricrescita.

Tu perché sei dentro?” mi chiese con aria comprensiva. Senza neanche guardarlo risposi in un sussurro: “Ho cercato di battere L.”.

Jason parve perplesso: “Eh? In che senso...?” ovviamente non capiva.

Mi alzai dalla branda.

Non riuscivo a perdere l'abitudine di camminare curvo, notai.

Io sono il serial killer delle wara ningyo.” dissi con un leggero compiacimento in quella frase.

Guardai il mio interlocutore. Aprì la bocca, come per prendere aria, ma poi non disse nulla.

Trascorsi in quella cella più di un anno.

Dopo poco tempo mi abituai alla noia di quel posto, alle chiacchiere frivole di Jason.

Mi parlava sempre di sua moglie Melissa e di quanto l'amava, di come si sarebbe fatto perdonare per aver ucciso quelle persone e per essere stato costretto ad abbandonarla...

A dicembre del 2003 stavamo ripetendo sempre gli stessi dialoghi, cercava disperatamente di farmi raccontare il mio passato, ma io non rispondevo.

Dai! Non ho neanche ben capito come ti chiami e ancora non parli!” disse amichevolmente dandomi una botta sulla spalla.

Lo guardai con uno sguardo minaccioso mostrandogli i miei occhi rosso sangue.

Come se fosse stato intimorito si fece indietro.

Improvvisamente boccheggiò.

Improvvisamente la sua durata vitale sparì, emise un grido soffocato e si accasciò al suolo.

Rimasi qualche attimo come imbambolato.

Cosa?

Aveva ancora 25 anni da vivere, come era mai possibile una cosa simile?

Non avevo mai sbagliato una lettura, non era possibile una cosa simile. Eppure adesso compariva solo il nome sulla sua testa.

Non c'era dubbio: era morto.

Oh, eccone un altro che se ne va.” mormorò qualcuno.

Un altro? È successo a degli altri?” chiesi. “Oh, sì. È opera di Kira, non ci possiamo fare niente. Si dice in giro che può anche spingere le persone a suicidarsi.” mi rispose un detenuto della cella accanto. “Come fai a non sapere chi è Kira?” mi chiese qualcun altro.

In effetti avevo sentito parlare di Kira. Un assassino capace di uccidere a distanza, uccideva tutti i criminali peggiori del pianeta.

L era sceso in campo di persona pur di catturarlo.

E come avrebbe potuto il mio rivale rifiutare un caso del genere? Un caso divertente, intrigante e misterioso.

Da quel giorno in poi vidi morire sempre più detenuti senza che io potessi prevederlo, così chiesi alla guardia incaricata di portare il cibo di poter prendere qualcosa dalla roba che mi avevano consfiscato: un quaderno nero.

La guardia rimase perplessa.

È totalmente bianco. Se volete potete anche controllare.” dissi con un tono di voce quasi minaccioso.

Dopo poco mi fu portato.

...

Immagino che tu abbia capito, mio caro lettore, come ho usato quel quaderno.

Quel quaderno ce l'hai al momento tra le mani.

Come decisi a 15 anni, quel quaderno non avrebbe contenuto errori e sarebbe servito a qualcosa di importante.

Concludo qui il mio racconto, mio caro lettore.

Probabilmente sto per affrontare la stessa fine di Jason, ma dopotutto è la stessa che ho donato a molte persone.

E alla fine ho dato un senso alla mia esistenza.



E così, voltai pagina sapendo che era tutto finito.

Con mia sorpresa, invece, dietro l'ultima pagina vi erano dei foglietti. Sembravano essere appunti.

Uno di questi recitava:


Il carcerato numero 013 è stato ritrovato morto nella sua cella in data 21 gennaio 2004.

Tra le mani aveva una penna e sul tavolo della cella vi era un quaderno nero scritto.

Il carcerato ha fatto in tempo a firmare lo scritto prima di morire.

Sul suo volto ho notato un sorriso quasi di soddisfazione.



Il caso Kira era terminato da tempo, ma ovviamente non lo avevo reso pubblico.

Si sarebbero creati solo scompigli e qualcuno avrebbe cercato di rimpiazzarlo. Ma chi sarebbe mai potuto essere al livello di Light Yagami?

Se qualcuno lo avesse rimpiazzato sarebbe stato solo un mitomane, niente di più.

Ora il mio compito era quello di eliminare tutte le tracce della conclusione del caso e anche della morte di L.

Come se Kira non fosse mai esistito.

Near, l'appartamento identificato è questo.” mi distolse dai miei pensieri la voce di Halle Lidner. “Arrivo.” mormorai appena, alzandomi dal sedile dell'auto in cui mi trovavo, appoggiando una delle mie marionette da dito sul sedile accanto a me.

Quell'appartamentino in periferia, piccolo e mal tenuto, era stato identificato come l'abitazione temporanea di Mello.

Salii le scalette che portavano all'ingresso e attesi che Gevanni riuscisse ad aprire la porta.

Dopo pochi minuti potei entrare.

La stanza era quasi vuota, Rester iniziò la perquisizione.

Cominciai a passeggiare nei vari ambienti della casa.

Spinsi una porta e trovai la camera da letto. Era estremamente semplice: aveva solo due letti singoli e un comodino con un cassetto. Quasi di istinto lo aprii.

Rimasi immobile.

Dentro c'era un quaderno nero.

Somigliava troppo a quello di Beyond, anche per la dimensione.

Dopo qualche secondo di paralisi lo aprii e lessi alcune righe.


Questo quaderno è il mio testamento. Un messaggio in punto di morte di qualcuno che non sono io, rivolto a un luogo che non è questo mondo. Il caso più probabile è che sia quel testone di Near a scoprire per primo questo quaderno. Se così fosse non ti sto dicendo di farlo a pezzi e darlo alle fiamme. Se dovessi renderti conto che io ero al corrente di cose su L a te sconosciute, beh... è un grande piacere darti questo dolore.


Ecco chi aveva lasciato quella macchia di inchiostro anni prima. Non poteva essere che lui. Sfogliai le pagine, sì. Conosceva dettagli dei pensieri di Beyond che L non gli avrebbe raccontato, conosceva la storia da entrambi i punti di vista.

Sentii un profondo senso di vuoto e di smarrimento.

Nonostante fosse morto mi sembrava che stesse parlando in quel momento con me.

Rilessi ancora.

È un grande piacere darti questo dolore.


Mi spiace, Mello.” mormorai.

Hai perso di nuovo.

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Authoress' words

E dopo 500.000.000 di anni che non mi si vede... ecco l'attesissimo (ma anche no) ultimo capitolo!

Wow, mi sembra così irreale che sia finita davvero!  Beh, immagino che il 92,3% di voi se ne sia dimenticato, ma finalmente ho dato la soluzione all'enigma della macchia d'inchiostro.

Spero di non aver deluso nessuno di voi con questa mia storia (mia solo in parte però. u.u Mica ho tutta questa fantasia!).

So benissimo che 33 capitoli son tanti, infatti ne volevo fare di meno, ma non ce l'ho proprio fatta, infatti non credo di aver allungato il brodo.

Grazie di cuore a chi è giunto fin qui!

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