Tazze di tè e gocce di pioggia

di SeleneLightwood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - La marcia funebre del Puddlemere United ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Alicia deve avere un tic nervoso ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Tramezzini al formaggio e succo di zucca ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Puffo Weasley, Pelo Rosso e Pluffa Impazzita ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Che Godric maledica Jack Sloper ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Un appuntamento come Merlino comanda ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Il mio gerbillo è ancora un gerbillo ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - L'epitaffio sul biglietto ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Se proprio devo lasciarci le penne... ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - E allora buttiamo giù il muro ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Come tendere l'agguato perfetto senza dare nell'occhio ***



Capitolo 1
*** Prologo - La marcia funebre del Puddlemere United ***


 

Prologo

- La marcia funebre del Puddlemere United 

 

 

 

Sentire Oliver Baston cantare sotto la doccia era un vero strazio, tale che chiunque pregherebbe in ginocchio di essere portato nella Serra numero tre - piena di Mandragole - per mettere fine alle proprie inutili sofferenze.

 

Era purtroppo una scena molto frequente, quella che si presentava agli occhi di coloro che avevano la malsana idea di bighellonare nei pressi del campo di Quidditch dopo gli allenamenti dei Grifondoro.

La squadra al completo sgattaiolava via in silenzio con le mani premute contro le orecchie, scopa in resta, mentre dallo spogliatoio maschile emergeva stridulo l’inno del Puddlemere United, che sembrava più una lugubre e macabra musica di morte.

 

Coloro che bighellonavano intorno al campo di Quidditch quel giorno si stupirono non poco nel vedere la squadra di Grifondoro uscire dagli spogliatoi con calma piatta, l’aria estremamente depressa, mentre da dentro non proveniva suono alcuno.

Che Oliver Baston fosse stato ucciso da un Bolide e fosse intento a suonare la sua marcia funebre altrove?

D’altro canto era ovvio che sarebbe tornato come fantasma. Non c’era nessuna garanzia dell’esistenza del Quidditch nell’aldilà e Baston non avrebbe certo perso l’occasione di tormentare per sempre Fred e George Weasley per non averlo colpito con il sopraccitato Bolide con la violenza che si addice a due suoi Battitori.

 

Altra cosa stupefacente quel giorno era l’assenza di due membri della squadra di Grifondoro, oltre a Oliver.

Harry Potter e Katie Bell.

Ora, c’erano solo due posti in cui Potter potesse essere finito: in giro a salvare il mondo magico, ovviamente infrangendo un sacco di regole, o in Infermeria.

Per Katie Bell, purtroppo, nessuno aveva la risposta: era una ragazza carina, sì, ma non abbastanza da essere controllata a vista da un fan club scatenato.

Cosicché nessuno si curò dell’assenza di Katie per tutta la giornata.

E lei, che aveva sempre sentito come un peso quel suo essere invisibile, per la prima volta non se ne curò affatto.

 

~°~

 

 

Selene’s Corner

 

Ehilà, ipotetici lettori!

Se vi piacciono le Oliver/Katie – assurdamente poche su EFP – siete nel posto giusto.

So che non è un pairing molto conosciuto o apprezzato, ma forse una setta sotterranea di EFP che lo sostiene la trovo, chissà!

Beh, questo in effetti è solo il prologo, ma presto arriveranno altri capitoli –sono un tipo più o meno veloce con gli aggiornamenti, dipende dall’ispirazione.

Avevo deciso di non pubblicare fino a che non avessi scritto la storia –che non è affatto lunga, vi avviso, non più di quindici capitoli – ma non ho resistito.

Vorrei vedere che impatto ha questo pairing magari per voi inusuale, quindi lasciatemi un commentino per farmi sapere se questa coppia vi fa schifo, o peggio vi lascia indifferenti.

Non sono effettivamente comparsi, lo so, ma a che serve farli saltar fuori ora? Che prologo è, altrimenti?

 

Dopo questo lungo sproloquio, vi saluto e aspetto con ansia vostri pareri.

 

Baci,

 

SeleneLightwood

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Alicia deve avere un tic nervoso ***


Capitolo 1

Capitolo 1

-Alicia deve avere un tic nervoso-

 

 

«Credete che abbia davvero intenzione di affogarsi?».

Un mugugno giunse indistinto fino al centro dello spogliatoio, appena udibile al di sopra del rumore delle docce.

«Non credo. Non prima di aver perso definitivamente la Coppa di Quidditch, almeno».

Altro mugugno di disperazione.

«Insomma, Harry è in infermeria, ed è l’unico Cercatore che abbiamo. Ci credo che Oliver voglia ammazzarsi ».

Gemito di profondo orrore.

«Oliver, se ci senti batti un colpo, e smettila di gemere come il Barone Sanguinario ».

Un suono sordo e metallico, terribilmente somigliante al rumore che farebbe una testa sbattuta violentemente contro un muro di piastrelle bagnate, giunse fino alla squadra, riunita in cordoglio fuori dalla porta dei bagni.

«Non sembra in condizioni di parlare » sussurrò Alicia preoccupata.

Fred Weasley – o forse era George – sbuffò molto sonoramente.

«Sta solo cercando di farci sentire in colpa, quella cacca di Troll » decretò con un gesto blando della mano, utilizzando il suo miglior tono ironico.

«Sono perfettamente d’accordo » intervenne Angelina agitando una mano.

Un sospiro rassegnato parlò per tutti. Sul fatto che Angelina fosse d’accordo con Fred non c’erano mai stati dubbi.

Angelina lanciò un’occhiataccia a Katie al di sopra della tazza di tè fumante che aveva fatto apparire dieci minuti prima, quando era stato chiaro che se avessero lasciato Oliver da solo nelle docce non lo avrebbero trovato vivo al loro ritorno.

Angelina non aveva mai sopportato molto Katie. Troppo poco allegra per i suoi gusti, ma sempre pronta a ridere di tutto con Fred e George – con Fred anche troppo – e sempre impegnata con la campagna Portiamo Baston all’Esaurimento Nervoso, eppure così terribilmente anonima. Di rado qualcuno si accorgeva della sua presenza, o assenza, ad eccezione di lei. Angelina sapeva sempre quando c’era Katie in giro, perché Fred e George sorridevano un po’ troppo.

«Non siate crudeli » intervenne Alicia di nuovo. «Harry si sente già abbastanza in colpa così. E’ in infermeria e la sua povera Nimbus 2000 è stata disintegrata »

«Ed Oliver è preoccupato per lui » aggiunse, in risposta agli sguardi scettici che le riservarono i gemelli Weasley.

Sempre dolce e premurosa nei confronti di tutti, Alicia, perfino quando si trattava di difendere Oliver.

Angelina sbuffò spazientita.

«Se non vuole uscire di lì» disse. «non possiamo mica stargli appresso tutto il giorno! E’ il Capitano, non un bambino di tre anni! »

Alicia dovette ammettere, in cuor suo, che stavolta Angelina aveva ragione. Insomma, Oliver era grande e grosso. Possibile che non fosse in grado di affrontare questa sfida? Insomma, era la Coppa di Quidditch, per Morgana!

Il rumore insistente dell’acqua e i deboli gemiti all’interno diedero man forte ad Angelina, tanto che ad un certo punto i gemelli scoppiarono.

«Basta, sloggiamo. Lasciatelo al suo eterno dolore » borbottò Fred – o forse era George? – con aria melodrammatica.

«Quando gli verrà fame, vedrete che lo troveremo in Sala Grande » disse saggiamente George – che forse era Fred – avviandosi verso la porta.

Alicia si arrese e lei e Angelina si alzarono, pronte a seguirli, quando una voce si levò alle loro spalle.

«Io rimango ad aspettarlo »

Katie non si era ancora alzata dalla panca. Anzi, non aveva praticamente aperto bocca per tutto il tempo, limitandosi ad ascoltare spazientita i gemiti disperati di Oliver e a emettere uno sbuffo ogni tanto.

Quattro paia d’occhi la fissarono per una manciata di secondi, e si sentì avvampare le guance, ma poi Alicia le strizzò l’occhio e si trascinò via gli altri tre.

Alicia deve avere un tic nervoso, pensò Katie.

L’ennesimo borbottio straziato di Oliver giunse fino alle sue orecchie da sotto la porta, e le parve di sentire Angelina borbottare qualcosa che somigliava molto a un “almeno le stiamo facendo un favore”.

 

~°~

 

Oliver davvero non riusciva a capire perché non lo lasciassero morire in pace. Chiedeva solo l’oblio eterno, dopotutto. Insomma, era così difficile da capire? Cosa aveva ancora da vivere? Harry s’era fatto terrorizzare dai Dissennatori, e la sua meravigliosa scopa era finita per essere fatta a pezzettini da un albero – che sia maledetto il Platano Picchiatore cento volte – e non avrebbe potuto allenarsi per un po’, perché la sua testa non era completamente a posto. E se Harry non si allenava, la squadra non prendeva il Boccino. E se la squadra non prendeva il Boccino, avrebbe dovuto versare il suo sangue sulla Coppa di Quidditch e poi consegnarla a quello stramaledettissimo di un Marcus Flitt. E questo non era assolutamente concepibile.

Quindi, prima di cadere in basso – veramente in basso – era meglio togliersi di torno in modo molto eroico. Magari non nelle docce, ecco. Però un eroico salvataggio di Pluffa durante la partita, e poi una gravosa caduta accidentale…

Le voci fuori dalla porta lo deviarono per un attimo dai suoi pensieri di morte.

Oltre il rumore della doccia riusciva a sentire le voci ovattate provenienti dall’esterno.

«Credete che abbia davvero intenzione di affogarsi? » sentì Angelina chiedere.

Malfidati, malfidati! Dubitare così dell’eroismo del loro Capitano. Non c’erano più le squadre di Quidditch di una volta.

Emise un mugolio di protesta per far valere la sua coraggiosa posizione.

Alla fine della conversazione, interrotta ogni tanto dai suoi gemiti spazientiti e per niente addolorati – a detta sua – parve che lo spogliatoio si stesse svuotando.

Infilò la testa sotto il getto bollente e decise di friggersi la faccia per un paio di minuti, fino a che tutti non avessero smesso di fargli un agguato dietro alla porta.

Quando tutto parve silenzioso, si decise a uscire dalla doccia.

Improvvisamente colto da un brivido di freddo si avvolse in fretta nell’asciugamano e cercò a tentoni la maniglia per uscire di lì e mettersi qualcosa di caldo, rischiando di inciampare in una saponetta.

Non appena aprì la porta, però, andò a sbattere contro qualcosa di piccolo, morbido e asciutto.

Uno strilletto acuto rivelò la presenza di Katie pressata contro la sua cassa toracica.

Fece un salto indietro, da vero Grifondoro coraggioso, andando a sbattere contro un armadietto, e lui e Katie rimasero a fissarsi per una manciata di secondi.

Lei fu la prima a scoppiare a ridere. Le guance le si colorarono appena di rosso e i capelli neri le caddero lievi davanti agli occhi. Si mise una mano sulla pancia cercando di trattenersi, ma era talmente buffa, anche se gli stava ridendo in faccia, che Oliver non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere a sua volta, travolgendola di risate.

Insomma, Katie non era una ragazza dalla risata facile, o dalla risata contagiosa – esclusi i suoi momenti con i Weasley, lì si che rideva – ed Oliver aveva sentito così poche volte quelle risa che si sentì subito un po’ meglio. Certo, era ancora sull’orlo del suicidio, ma magari l’avrebbe posticipato di un po’.

«Allora» esordì Katie quando le risate isteriche di entrambi si furono spente. «Avevi deciso di affogarti nelle docce? »

Oliver fece una smorfia e le lanciò un occhiataccia.

«Una specie» ammise. «E tu, che ci fai ancora qui? Presti soccorso ai poveri Capitani caduti in disgrazia? » domandò retorico.

Katie arrossì appena e cercò di nascondere le guance dietro ai ciuffi neri.

«Ti ho aspettato, volevo controllare che non ti fossi fatto secco » scrollò le spalle, l’aria dispiaciuta.

Oliver si ricordò improvvisamente di essere mezzo nudo.

«Ehm,  Katie, sono ancora vivo, come puoi vedere. Ecco, ci vediamo in Sala Grande? Io dovrei…» balbettò un po’. «…vestirmi. » concluse, a disagio.

Katie parve rendersi conto solo in quel momento che Oliver se ne stava lì, tutto zuppo, con solo un asciugamano in vita, e fece un saltello indietro.

Pigolò uno “scusa” molto debole e si dileguò dalla porta.

Oliver se ne rimase lì, fermo come un salame, a cercare di capire cosa diavolo fosse successo. 

Si diede mentalmente dell’idiota. Come diavolo s’era ritrovato praticamente nudo davanti alla ragazza di cui era segretamente innamorato, dopo aver cercato di uccidersi nelle docce dello spogliatoio di Grifondoro?

Una scena così apocalittica era da non perdersi, insomma, ma lui si era ritrovato ingarbugliato in una situazione veramente assurda. Perché diavolo non aveva spiccicato parola? Certo, non era affatto il caso di saltarle addosso in quelle condizioni e dichiararle il suo amore – anche perché era mezzo nudo – e lei gli avrebbe riso in faccia, comunque. Che se ne faceva una ragazza bella come lei di un fissato fanatico del Quidditch insopportabile e depresso come lui?

E Katie che non s’era accorta di nulla in tutti quegli anni di convivenza al Castello, di vita gomito a gomito e di sanguinosi allenamenti.

D’accordo, erano solo due anni. Ma essere segretamente innamorati di una ragazza per due interi, lunghissimi anni non è mica una roba da poco, sapete?

Specialmente se i tuoi confidenti erano Fred e George Weasley, decisamente poco affidabili, o peggio Percy Weasley, decisamente troppo affidabile.

Oliver si ripromise di diffidare sempre delle persone con capelli così rossi e afferrò un altro asciugamano per togliersi dalla testa tutta quell’acqua, e i pensieri davvero poco tranquilli su Katie che gli andava a sbattere addosso in quella maniera, e della sensazione dolce dei suoi capelli neri sul mento.

 

~°~

 

Katie si chiuse velocemente la porta dello spogliatoio dietro le spalle.

Che vigliacca che era stata, fare una fuga del genere. E perché, poi?

Ma insomma, Oliver era lì mezzo nudo e…e cavolo, cosa le stava succedendo?

Si sentiva le guance in fiamme, e il nome Oliver la collegava al ricordo vivido del ragazzo in asciugamano dietro la porta, e lo stomaco stava iniziando a stringersi in una morsa dolorosa.

Diede la colpa alla fame con una certa inquietudine.

Insomma, si era spiaccicata addosso a Oliver per puro caso. Per puro caso era diventata tutta rossa – e lui non era da meno – e sempre per un fortuito scherzo della giornata era scoppiata a ridere come una scema, non sapendo che altro fare.

Oliver non era stato d’aiuto. Le aveva gentilmente fatto notare di avere addosso solo un asciugamano – come se non se ne fosse accorta, non era mica cieca – e lei era fuggita a gambe levate come davanti ad un Ippogrifo imbizzarrito.

Perché arrossiva davanti a Oliver Baston? E perché quell’antipatica di Angelina era convinta di averle fatto un favore?

Katie non poteva soffrire Angelina. La trovava estremamente frivola, e sempre a ridacchiare per qualche assurda battuta di Fred come se ne dipendesse la sua stessa vita.

Inoltre, non faceva altro che guardarla con astio, e la metteva terribilmente a disagio, tutte le volte che lei rivolgeva la parola a Fred. Insomma, d’accordo essere cotte perse, ma così esagerava!

Katie aveva passato la fase cotta per il gemello Weasley da un anno e mezzo, almeno.

Fred le piaceva davvero, all’epoca, ma lui era sempre lì a prenderla in giro e non sembrava interessato a niente di più, così si era limitata a vivere il suo struggente amore platonico di tredicenne e lasciar perdere dopo un po’, finendo per diventare davvero amica di quei due impiastri. L’attuale mezzo triangolo scaleno molto bislacco formato da Fred, Angelina e George era stato argomento di conversazione tra lei e Alicia – che, a differenza di Angelina, poteva considerare la sua migliore amica – ma la cosa era finita lì.

Non le piaceva più Fred da un pezzo, ormai, e considerava terribilmente inutile la gelosia di Angelina.

Del tutto immotivata, visto che ora si ritrovava a pensare a Oliver in imbarazzo e a quanto desiderasse, in quel momento, di essere inghiottita da una voragine spuntata dal terreno.

Aveva aspettato Oliver giusto perché gli stava molto simpatico e non approvava molto il modo in cui gli altri membri della squadra lo prendevano in giro.

Certo, capitava a volte che conducesse la campagna di Fred e George,  Portiamo Baston all’Esaurimento Nervoso, da sola e con gloria e onore, ma da qui ad arrossire solo per averlo visto a torso nudo era un bel passo.

Anche se, ad essere completamente sinceri con se stessi, Oliver a torso nudo era un gran bello spettacolo.

Aveva le spalle larghe da portiere e addominali da fissato del Quidditch, che non gli stavano affatto male. E poi aveva un viso dolce, e degli occhi nocciola adorabili e tristi.

Spesso sembrava un cucciolo, e non un capitano che cercava di supplicare la squadra ad ascoltarlo durante le sue lunghissime sessioni di tattica.

E la faceva arrossire come una ragazzina stracotta.

Scosse la testa e decise di rinunciare al suo buon proposito di aspettare quel decerebrato.

Si voltò e si avviò con passo svelto verso il castello, stringendosi nel mantello e nella sciarpa per ripararsi dal vento gelato, chiedendosi se non fosse stato tutto quel vapore che Oliver aveva fatto spuntare da sotto la porta a farla rincitrullire tanto da trovarlo, per un momento, così dannatamente attraente.

 

 

~°~

 

Quando Katie si presentò al tavolo di Grifondoro senza Oliver, Alicia fu costretta a sospirare di delusione.

Quanto ci avrebbe messo quella zuccona a capire che Oliver era interessato a lei, e che inconsciamente ricambiava?

Insomma, era dalla cotta per Fred che Katie non si interessava ai ragazzi, era ora di darsi una mossa!

Le fece spazio sulla panca vicino a lei, e Katie si ritrovò stretta tra Alicia e Hermione Granger.

Alicia non perse tempo.

«Dove hai lasciato Oliver?» chiese.

Katie aggrottò le sopracciglia.

«Perché me lo chiedi?» fece, sospettosa. Alicia alzò un sopracciglio.

«Perché ti abbiamo lasciato lì ad aspettarlo» rispose ovvia. Katie dovette ammettere che forse era una domanda lecita.

«Doveva finire di cambiarsi e poi penso che sarebbe venuto a pranzo»

Dopotutto era più o meno la verità, no? Alicia prese un respiro profondo e si voltò completamente verso di lei, beccandosi un’occhiata curiosa anche da Hermione Granger.

«Senti, Oliver è un bel ragazzo, no?»

Katie strabuzzò gli occhi e deglutì. Lei sapeva?

Vedendo che l’amica non rispondeva, continuò come se stessero parlando dell’ultima lezione di Erbologia.

«Insomma, tutti quegli addominali, e lui è così dolce quando non è fissato con la Coppa, e…»

Katie quasi si strozzò con il porridge. Ansimò un po’, ed Hermione Granger si sporse per darle dei colpetti sulla spalla.

«Ti sono entrati dei Nargilli in testa, per caso? Che cosa c’entra tutto ciò con il fatto che ho aspettato Oliver negli spogliatoi?» chiese Katie tossicchiando. Non aveva nemmeno finito la frase, e già sapeva di essersi incartata da sola. Era ovvio che Alicia pensasse che era rimasta lì per gli addominali di Oliver, ma andiamo, non era così superficiale!

Senza nulla togliere agli addominali, ovviamente.

«Primo, dovresti smetterla di chiacchierare con Luna Lovegood. Che diavolo sono i Nargilli, tra l’altro?» Alicia scosse la testa. «Secondo, stavo solo supponendo che Oliver ti piacesse, se ti interessa saperlo»

Katie le tappò la bocca con una mano, sibilando shhh!

Alicia le fece di nuovo l’occhiolino, e per la seconda volta in meno di due ore Katie si ritrovò a pensare qualcosa come “Alicia deve avere un tic nervoso”.

«Sei matta? Vuoi davvero mettere in giro voci del genere?» la rimproverò. Alicia se ne uscì con un ghigno degno dei gemelli Weasley.

«Quando torniamo in Sala Comune ne parliamo» decretò, senza lasciare a Katie via di scampo.

«Non mi piace Oliver» borbottò Katie in direzione dell’amica, cercando di farla ragionare.

Alicia si limitò a scuotere la testa, per nulla rassegnata, e alzò un sopracciglio come a dire “questo lo dici tu”.

Katie sbuffò e rituffò la faccia nel piatto.

Possibile che le amiche folli tutte a lei dovevano capitare?

Quando si alzarono per tornare in Dormitorio, però, Oliver non era ancora arrivato a pranzo.

Senza farsi vedere da Alicia infilò un paio di tramezzini e un succo di zucca nella borsa.

 

 

Selene’s Corner

 

Ma ciao, miei adorabili lettori! Come ve la passate?

Alcune note su questo capitolo, che vi prego di leggere:

Katie è di un anno più vecchia di Harry, Ron e Hermione, essendo presente per l’ultima volta nel sesto libro (viene a contatto con la collana di opali maledetta da Draco Malfoy e passa diverso tempo al San Mungo), quindi avrete ora informazioni in più sulla mia storia.

Le informazioni tratte dal libro sono che Katie frequenta il quarto anno, nella mia storia, e che Oliver frequenta il settimo.

Non avendo a disposizione da nessuna parte date varie sui compleanni, ho avvicinato l’età dei due protagonisti nell’unico modo possibile.

Facendo cadere il compleanno di Oliver il 23 Novembre e quello di Katie il 7 Gennaio. L’unica data di cui sono a conoscenza è l’anno di nascita di Katie: secondo Wikipedia e i miei calcoli sgangherati è nata nel 1979.

Facendo questo ragionamento, Katie ha già compiuto quindici anni a un terzo del suo quarto anno – la storia è ambientata a fine gennaio, come vi dovrebbe indicare approssimativamente il clima freddo – e Oliver ne ha ancora sedici, dovendone compiere diciassette solo a Novembre. Mi è sembrato l’unico metodo follemente possibile per alzare un po’ l’età di Katie. Solo quattordici anni mi sembravano un po’ pochi.

Detto ciò, credo di aver altre piccole cose da dire.

Alicia è molto amica di Katie, come spero di aver fatto notare, ma dal sesto anno di Katie in poi verrà “sostituita” da Leanne, che troviamo realmente in Harry Potter e il Principe Mezzosangue.

Non so che impressione ha fatto a voi, ma spero che si sia capito abbastanza bene che Oliver è innamorato di Katie da un pezzo, e che Katie inizia a provare qualcosa, per ora più che altro fisico. Avrà modo di passare più tempo con Oliver – complice l’intera squadra di Quidditch, e vedrete – e le cose si evolveranno.

Detto ciò, passo ai santissimi ringraziamenti a Roxar , AresEris , GiulsGryffindor e kateausten, che hanno recensito il Prologo, contro ogni mia aspettativa. Spero davvero che mi darete la vostra opinione, alla quale tengo molto, anche per questo capitolo!

Inoltre vorrei ringraziare  blair_15 e LucyeEle per aver inserito la mia storia nelle ricordate, e anche b r i c i o l a e Madeline, che hanno messo la storia nelle seguite insieme a coloro che hanno recensito.

Grazie, grazie infinite.

Spero che questo primo capitolo non sia troppo confusionario o esageratamente inutile.

Ci tengo molto ad avere una vostra opinione, e le recensioni negative sono bene accette.

 

Un abbraccio,

 

SeleneLightwood

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Tramezzini al formaggio e succo di zucca ***


 

Capitolo 2

-Tramezzini al formaggio e succo di zucca-

 

 

 

Quando Oliver oltrepassò la porta che conduceva alla Sala Grande non si stupì affatto di trovarla semivuota. Solo un paio di sedie dei tavoli di Tassorosso e Serpeverde erano occupate. Per il resto, era pressoché deserta.

Buttò un occhiata al tavolo Tassorosso, incerto se chiedere o no a Cedric Diggory un pezzo del suo panino, ma rinunciò.

La bruciante sconfitta era ancora troppo fresca per chiedere asilo politico proprio a lui che ne era la causa.

Certo, si era scusato e aveva cercato di far annullare la partita – e insomma, sembrava in buona fede – ma restava il fatto che Tassorosso aveva vinto per merito suo, e probabilmente era un capitano migliore di quanto lo fosse lui.

Rabbuiato salì le centinaia di scale fino alla torre di Grifondoro con passo particolarmente funereo, e quando entrò si beccò le occhiatacce di Angelina Johnson, intenta a studiare Trasfigurazione Avanzata sulla poltrona davanti al camino.

La ignorò e salì lentamente le scale del Dormitorio, fino a spalancare la porta con aria melodrammatica.

Dentro c’era Percy, chino sul suo compito di Pozioni.

«’Giorno» disse senza troppo entusiasmo. Percy alzò la testa incuriosito dal suo compito e lo fissò per un paio di secondi.

Oliver incrociò il suo sguardo e stettero a fissarsi per un tempo abbastanza lungo, fino a che Percy non sbuffò esasperato.

«Cos’hai?» chiese, riponendo la piuma e il compito nella borsa.

«Assolutamente niente» rispose Oliver, aggrottando la fronte. Percy che metteva via un compito per chiedergli cos’aveva?

Il sopraccitato Caposcuola sbuffò sonoramente e gli lanciò un’occhiataccia.

Oliver si arrese senza fare troppe storie e si buttò sul letto, mentre Percy stendeva una pergamena e iniziava a scrivere una lettera a chissà chi.

«E’ il Quidditch. La squadra mi odia, Harry è mezzo morto in Infermeria e Katie oggi mi ha trovato mezzo nudo nello spogliatoio» elencò, cercando di non sembrare troppo tragico.

«Mhm» fu l’unica risposta di Percy.

«Silente si è messo a ballare un tango con la McGranitt mentre Piton distribuiva caramelle»

«Mhm»

«Percy, Caramell è morto»

«Che, cosa, dove, COME?» saltò su Percy, guardandosi intorno terrorizzato.

Oliver strinse gli occhi per un attimo e si passò una mano sulla fronte.

«Stavo scherzando, Perce» spiegò, sentendosi profondamente magnanimo.

L’amico lo guardò male, ma ripose la lettera e finalmente gli prestò attenzione.

«Credo di aver captato le parole Quidditch, Katie e mezzo nudo» elencò, diligente.

Il cervello di Percy Weasley non era da sottovalutare. Il ragazzo non era il massimo in consigli sulle relazioni amorose, ma era bravo ad uscire dalle situazioni ingarbugliate.

«Hai captato bene. Katie mi stava aspettando nello spogliatoio e io portavo addosso solo un asciugamano » raccontò. «Ah, e la squadra mi odia »

Lo sguardo di Percy si addolcì un po’, e Oliver sospettò che l’avesse già perdonato per aver interrotto il suo studio, ma soprattutto per aver declamato la morte del suo idolo, Cornelius Caramell.

«Accidenti, Oliver, magari sta iniziando a interessarsi a te » lo esortò l’amico.  «Provaci, buttati. Io e Penelope…»

Oliver smise rassegnato di ascoltare i consigli di Percy nell’esatto istante in cui lui fece il nome di Penelope. Quei due stavano insieme per puro miracolo divino, e passavano le giornate insieme a studiare o a giocare a scacchi – e Percy perdeva dignitosamente ogni volta – quindi non erano esattamente il modello giusto da prendere in considerazione.

Da quando Percy si era buttato e si era dichiarato, prendendo coraggio, non la smetteva più di gongolare sulle sfortune di Oliver in fatto di ragazze.

Katie non era un tipetto facile da capire. Sarà anche stata tranquilla e molto dolce, ma quando ci si metteva era una tipa tosta, ed era anche molto combattiva.

E non era mai sembrata molto interessata ai ragazzi.

Eccetto quelle memorabili due occhiate di troppo a Fred, ma niente di che. Ed era questo che lo preoccupava tanto. Se Katie non era nemmeno interessata ai ragazzi, come pensava di farla interessare proprio a lui? Insomma, roba da matti, no? Natale era appena passato, tra l’altro, e prima della prossima uscita a Hogsmeade –se mai avesse avuto coraggio di invitarla – c’era ancora una settimana.

Come si fa ad avere solo una settimana di tempo per decidersi? E poi, non è che poteva dirglielo il giorno prima, no? E avrebbe accettato?

«…quindi ti consiglio vivamente di chiederle di uscire, almeno per capire se è interessata o no» concluse Percy, guardandolo raggiante come se avesse appena annunciato di essere diventato Ministro della Magia.

Oliver sorrise mesto.

«Grazie, Perce, sei stato davvero molto utile »

 

~°~

 

Alicia non era il tipo che di solito perdeva tempo in inutili convenevoli. Anche quella volta, infatti, la trascinò dritta in Sala Comune.

Trovarono Angelina seduta davanti al fuoco e si sedettero poco lontano, in modo da non essere a portata d’orecchio.

«Bene, affrontiamo l’argomento» proclamò Alicia con fermezza.

«Non c’è nulla da affrontare, Ali» brontolò Katie a disagio. «Perché ti sei messa in testa che mi piace Oliver?»

Cercò disperatamente di non arrossire, ma dalla faccia di Alicia poteva dedurre facilmente di aver miseramente fallito nel suo intento.

«Senti, è la sesta volta oggi che arrossisci quando si nomina Oliver. Prima l’hai aspettato negli spogliatoi. Mi vuoi dire che è successo lì dentro?» chiese, prendendole una mano.

Katie sospirò. Tanto valeva arrendersi, a questo punto.

«Ecco, stavo aspettando quando si è spalancata la porta e lui è saltato fuori tutto bagnato e gli sono andata a sbattere addosso. Eh, abbiamo scambiato due parole e me ne sono andata» disse, sperando che l’amica non indagasse oltre.

Il solo pensare a quell’avvenimento la mandava in catalessi.

«Capisco» disse Alicia. Poi un sorrisetto furbo le si dipinse in faccia. «Ed era vestito?»

Katie non poté fare a meno di arrossire e darle un amichevole pugno sul braccio, mettendoci forse un po’ troppa energia.

«Insomma, Alicia!» sbottò, non riuscendo a non scoppiare a ridere. Alicia si unì alla sua risata, e Katie si sentì meno confusa per un attimo.

«Comunque no, non era esattamente vestito» annunciò, tanto per stare un po’ al gioco.

Alicia ridacchiò ancora più forte, quando una voce alle loro spalle interruppe i loro importanti discorsi.

«Chi è che non è esattamente vestito?» domandò uno dei gemelli Weasley – probabilmente Fred – a voce più alta possibile.

«Che combini, Katie? Che argomenti sono questi?» rise l’altro gemello – a questo punto George – in maniera alquanto sguaiata.

Katie cercò inutilmente di evitare di arrossire, ma non riuscendoci optò per infervorarsi.

«Evitate di farvi sentire da tutta la Sala solo per dire queste cazzate!» sbottò, nascondendo il panico.

Gli ultimi che dovevano venire a sapere del suo scontro con Oliver erano proprio quelle bocche larghe dei gemelli Weasley.

«Parlavamo di ragazzi. E ora sciacquate, Weasley uno e due» ordinò Alicia, ridacchiando.

Fred fece un inchino e George strizzò loro l’occhio – ma che avevano tutti quanti? – poi se ne andarono schiamazzando a importunare Angelina.

Katie pregò con tutta se stessa che non avessero sentito parte della conversazione.

«Guarda che anche loro due sospettano che ti piaccia Oliver» le fece presente Alicia, facendo crollare tutte le sue certezze.

Katie si passò una mano tra i capelli neri, in imbarazzo.

«Ma è una fissazione, allora!» brontolò.

Rimasero a chiacchierare un altro po’, poi Alicia annunciò di volersi fare una doccia. In fondo era sabato e non avevano lezione.

Katie la osservò salire le scale del dormitorio delle ragazze per un po’, poi estrasse un libro e si mise a leggere.

La Sala Comune si svuotò lentamente verso le due e mezza di pomeriggio. La gente usciva a fare un giro per il parco o si rintanava in dormitorio a sonnecchiare.

Un rumore di passi riscosse Katie dalla sua lettura. Alzò il viso giusto per vedere Oliver girovagare per la stanza, infilando la testa sotto le poltrone visibilmente in cerca di qualcosa. Ripose la sua copia di Lupo Mannaro per un giorno e lo osservò per qualche secondo.

Quando sbattè distrattamente la testa sotto un tavolo si decise a rivelare la sua presenza nel miglior modo possibile.

Diede un lieve colpo di tosse e Oliver scattò in su come una molla, finendo solo per dare un’altra testata al legno duro.

D’accordo, forse non era il miglior modo possibile.

Quando Oliver si accorse della sua presenza, tutto quello che fu capace di dire fu “Ahio.

Si alzò lentamente, massaggiandosi la testa, e Katie gli sorrise incoraggiante.

«E’ possibile che ti trovo sempre nelle situazioni più strane?» chiese, osservandolo mentre si buttava con un gemito nella poltrona di fronte alla sua.

Oliver le lanciò uno sguardo atterrito e lei si affrettò a spiegare.

«Scherzavo, Oliver»

Risero insieme, più per occupare il silenzio che per altro. Quando anche le risate si furono calmate rimasero a guardarsi per un po’.

Fu Oliver a rompere il silenzio.

«Stavo cercando il mio modellino del Campo da Quidditch. Volevo sperimentare una nuova idea» disse timidamente.

Katie sorrise.

«Non vuoi far provare a Harry la finta Wronsky, vero?» domandò. «Si ammazzerebbe, è troppo piccolo »

Oliver ridacchiò.

«Ma no, è un nuovo schema per i gemelli. Ma non voglio annoiarti prima del tempo con le mie tattiche folli» mormorò.

«Non mi annoiano le tue tattiche» se ne uscì Katie sorprendendo sia Oliver che se stessa.

Lui sorrise, grato.

«Pronta per la partita di domani?» chiese.

«Scherzi? Sono nata pronta»

Oliver fece un sorriso strano, molto caldo e molto dolce, e lei si ricordò improvvisamente della scena delle docce, e del pranzo, e di un altro minuscolo particolare.

“Non hai fatto pranzo, vero?” gli chiese, sorridendo.

“Non ho fatto in tempo, sono arrivato tardi. E poi disponibili a dividere il panino con me c’erano solo Diggory e Montague. Forse non era il caso rispose lui, incuriosito.

Katie frugò nella sua borsa per un secondo, senza parlare, poi estrasse due tramezzini al formaggio e un succo di zucca e li porse a Oliver.

Lui spostò lo sguardo da Katie al suo pranzo e poi di nuovo a Katie, e deglutì.

«G-grazie per avermi portato qualcosa da mangiare» balbettò.

Katie arrossì per la millesima volta in quella bizzarra mezza giornata.

«Di niente» rispose.

Rimasero zitti per un po’, mentre Oliver buttava nello stomaco i suoi tramezzini.

Alla fine si decise.

«Senti, volevo chiederti, se per caso per la prossima…»

Purtroppo però un urlo agghiacciante si levò dal Dormitorio maschile e Oliver non fece in tempo a finire la frase. Scattò in piedi, allarmato, e Katie si sporse dalla sua parte in tempo per vedere Percy Weasley, compagno di stanza di Oliver, fiondarsi a rotta di collo giù per le scale, ululando come un gufo impazzito.

Si parò davanti a loro con aria infuriata.

«Baston, dove sono quei maledetti parameci dentati di Fred e George?» domandò, quasi sibilando.

Oliver alzò le spalle, osservando incuriosito – e anche un po’ spaventato – l’amico furente.

«Cosa hanno combinato?» chiese Katie, vedendo Percy incavolato come un Ippogrifo imbizzarrito.

Lui spostò lo sguardo affilato su di lei.

«Hanno di nuovo trasfigurato la mia spilla da Caposcuola»

Fece un gesto con una mano, e la scritta Zuccaposcuola brillò tra le sue dita, arancione e lampeggiante.

Oliver e Katie si guardarono per un istante, poi ci fu un attimo di panico.

«Sono andati di là!» gridarono all’unisono, indicando il retro della tela della Signora Grassa.

Percy li fissò più allibito che furente per qualche secondo, poi si riscosse.

Afferrò Oliver per la cravatta.

«Muoviti, Baston, devi aiutarmi a dare la caccia a quei maledetti traditori! Sangue del mio sangue!» borbottò, irritato.

Oliver lanciò uno sguardo impotente a Katie, che però non riuscì a trattenersi e gli ridacchiò impunemente in faccia.

Il ragazzo si rilassò appena e sorrise.

Venne trascinato via da Percy, che borbottava incessantemente come una teiera. Prima di attraversare il buco del ritratto della Signora Grassa lanciò un’ultima occhiata a Katie.

Li stava osservando andare via con un sorriso divertito stampato in volto.

 

~°~

 

Alicia scese le scale del Dormitorio femminile con la vaga speranza che Katie avesse nel frattempo riflettuto sul loro discorso e su Oliver. Il compito di Cupido le era sempre piaciuto un sacco. Nelle sue più rosee aspettative Katie ammetteva di essere vagamente interessata a Oliver, mentre in quelle meno rosee cercava di ucciderla a suon di librate.

Non si aspettava assolutamente di trovare Katie seduta sulla poltrona, con aria sognante, a fissare bellamente il vuoto.

Le si avvicinò cauta, iniziando a sospettare che fosse stata stregata – conoscendo la fortuna di Katie, era possibile – ma quella si accorse della sua presenza e si riscosse dai suoi pensieri, arrossendo in maniera assolutamente colpevole.

Alicia 1 – Katie 0.

 

 

~°~

 

Selene’s Corner

 

Ehilà!

Spero vivamente che questo capitolo non vi faccia letteralmente schifo! Qui appaiono Percy Weasley e un po’ più di Alicia, quindi eccoci qui, insomma.

Bene, passiamo alle cose serie: santo cielo, vi ringrazio per avermi fatto notare l’errore riguardo agli anni in cui si svolge la storia. Avevo scritto il capitolo in due periodi differenti, e mi ero dimenticata di cancellare le invettive di Oliver contro Allock. Quello era successo l’anno prima!

Beh, sappiate che ho sostituito quella parte errata con una più appropriata, in cui Oliver se la prende con gli alberi. Eh, già.

Come potete leggere in questo capitolo, Percy è una persona terribile, ma non è poi così male. Oliver stava per buttarsi e chiedere a Katie di uscire, e Katie non si sa per quale astruso motivo è l’unica a non aver capito che Oliver le sbava dietro.

Nei prossimi capitoli vi anticipo un’alleanza DoubleWeasley-Spinnet, e una sanguinosa partita Grifondoro-Serpeverde.

Detto questo, vorrei ringraziare infinitamente Queen_, AresEris, Tinotina, Roxar e Melardhoniel per le loro splendide recensioni, che mi hanno fatto ridere a crepapelle, ma anche inorridire quando ho scoperto di aver scritto NiNbusanziché Nimbus. Che io sia maledetta.

Inoltre, un ringraziamento va anche a Ceci Weasley che ha recensito il prologo e il primo capitolo insieme.

Vorrei anche ringraziare i tre ricordati e i nove seguiti. Ragazze, vi adoro!

Spero che questo capitolo vi piaccia come l’altro. Questo non dovrebbe contenere errori di trama madornali, a mio avviso, ma fatemi sapere. Non si sa mai!

 

Fatemi sapere anche cosa ne pensate, ci tengo molto!

Un bacio,

Selene

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Puffo Weasley, Pelo Rosso e Pluffa Impazzita ***


Capitolo 3

Capitolo 3

-Puffo Weasley, Pelo Rosso e Pluffa Impazzita-

 

 

 

Fred e George Weasley erano imbattibili a palle di neve, lo sapevano tutti.

Katie aveva avuto modo di accertarsene ampiamente durante gli anni passati in svariati modi, – molto originali, a detta loro - alcuni dei quali implicavano una visita in Infermeria e un bel bicchiere di Ossofast.

Bisognerebbe quindi perdonare la sua riluttanza, quindi, quando George – riconoscibile solo dalla G ricamata a caratteri cubitali sul suo maglione – le offrì un posto come Ninja Della Neve nella sua squadra per un’epica battaglia a palle di neve.

Lui, Alicia e Katie contro Fred, Angelina e Lee Jordan.

Se l’invito potesse scaturire diffidenza, Katie non se ne curò più di tanto.

La possibilità di mettere in pratica le sue doti di Ninja della Neve a discapito di Angelina la attirava troppo per rinunciare.

Si limitò a guardare George con fare sospettoso per un attimo – giusto per fargli da monito – cercando di captare il minimo segnale di pericolo.

Quando non ne trovò si arrese e annuì.

George le propinò un mega sorriso e la trascinò giù per le scale, rischiando di ucciderla un paio di volte e costringendola a passare attraverso il Frate Grasso per arrivare in fretta.

La neve aveva iniziato a cadere intorno alle due, poco dopo che Oliver era stato trascinato via da Percy Weasley, come a voler stendere un velo pietoso sulla faccenda, e aveva smesso solo una mezz’oretta prima.

Pensare a Oliver la fece inspiegabilmente arrossire – ma forse era il freddo – e un’idea malsana le passò per la mente.

Possibile che i gemelli fossero sopravvissuti alla furia cieca di Percy?

La risposta le si parò teatralmente davanti non appena avvistò i due eserciti schierati davanti al portone della Sala Grande.

Fred Weasley stava ridendo con Angelina e Lee e sfoggiava un’interessante, intensa, colorita chioma blu oceano.

Katie inchiodò addosso a George, fissando Fred inorridita.

Quello ridacchiò senza ritegno e si affrettò a spiegare il misterioso cambio di tinta del gemello.

«Abbiamo trasfigurato la spilla di Perce e lui si è vendicato, ma ha trovato sul suo cammino solo Fred» annunciòridendo come un matto.

Katie non poté fare a meno di scoppiare a ridere a sua volta e affrettò il passo per raggiungere gli altri.

«…e quindi mi ha trasfigurato i capelli. George se l’è data a gambe, ed è ancora rosso. Oh, almeno ci riconoscerete, ora!» stava raccontando Fred.

Angelina scoppiò a ridere con un po’ troppa foga, e Katie si esibì in uno dei suoi sospiri anti-oca.

Lee se ne accorse e ridacchiò, facendogli l’occhiolino.

Maledicendo i tic nervosi di mezza Hogwarts distolse lo sguardo da Lee e sorrise ad Alicia.

«Ora che ci siete tutti» iniziò George, «direi di uscire e dare inizio a questa battaglia all’ultimo sangue!»

Lo sguardo d’intesa che si scambiarono i gemelli non piacque a Katie nemmeno un po’.

 

 

~°~

 

 

«Pelo Rosso chiama Ninja Della Neve. Ripeto, Pelo Rosso chiama Ninja della Neve»

Katie lanciò un’occhiataccia a George, accucciato dietro una panchina al suo fianco.

«Idiota Rosso, sono qui» gli fece presente.

Lui la guardò male.

«Insomma, Katie, cerca di entrare nella parte, no?» sbuffò divertito.

Katie sospirò – di nuovo – e cercò di stare al gioco.

«Pelo Rosso, abbiamo bisogno di rinforzi, qui!»

Il grido di Alicia interruppe le loro importanti disquisizioni e George scattò in piedi per accorrere in suo aiuto, trascinando Katie per il cappuccio della felpa dietro di sé.

«Arriviamo, Pluffa Impazzita! Resisti!» gridò melodrammatico, lanciandosi in avanti e parando con un Protego i proiettili di neve che arrivavano nella loro direzione.

Si accucciarono dietro al riparo improvvisato di Alicia, tempestato di palle di neve.

«Era ora!» esclamò lei, ghignando.

George si esibì nel saluto militare e agitò la bacchetta con foga, spedendo una manciata di palle di neve verso il tronco di un albero – rifugio della squadra avversaria – e quasi cacciando un occhio a Katie nel tentativo.

Lei allontanò appena la testa e mise mano alla bacchetta. Era ora di agire.

Proprio mentre Lee usciva allo scoperto, impugnando spavaldo la bacchetta, gli lanciò contro un intero pupazzo di neve. Lui cercò di parare il colpo, ma venne colto alla sprovvista e finì sommerso dalla neve.

George lanciò un paio di grida di vittoria, e perfino Alicia si esibì in un balletto improvvisato, mentre la voce di Leeemergeva eroica dal cumulo di neve sotto il quale era sommerso.

« Puffo Weasley, sono stato colpito!» gridò con enfasi.

Fred saltò fuori da dietro il tronco dell’albero, la chioma blu al vento, e puntò un dito contro il gemello, assumendo un’aria tradita.

«Come avete potuto, maledetti!» esclamò. «Ninja delle Nevi, da te non me lo sarei mai aspettato!» la accusò, offeso.

Katie si domandò chi diavolo avesse scelto quei soprannomi così idioti – Puffo Weasley, andiamo – e si limitò a sferrare l’ennesimo attacco diretto a Fred – pardon, Puffo Weasley – con ferocia.

La palla di neve volò come un missile e si schiantò contro qualcosa, che però non assomigliava affatto a Fred.

Entrambe le fazioni nemiche si fermarono a guardare Angelina che si fiondava davanti a Fred e prendeva in pieno la palla di neve, facendo un maldestro gesto con la bacchetta in un patetico tentativo di evocare un Sortilegio Scudo.

Katie scoppiò a ridere per l’ennesima curiosa volta, quel giorno, e si abbassò giusto in tempo per evitare la palla di neve di Angelina, che le sfiorò l’orecchio.

Sarà anche stata poco pratica di Sortilegi Scudo, Angelina, ma era una Cacciatrice.

«Gatto delle Nevi, mi hai salvato!» esclamò Fred in direzione di Angelina. Lei si voltò un attimo verso di lui – forse per fare le fusa, chissà – e venne presa in pieno dal missile di Alicia, diretto alla sua nuca.

Fred non si curò molto di aver perso un membro della sua squadra, perché Lee era riuscito a riemergere dal cumulo di neve che lo aveva sommerso.

«Treccine Folli, sei vivo!» esclamò Fred giulivo mentre allungava una mano verso Lee.

Ignorando Angelina – ora coraggiosamente al riparo dietro l’albero – avanzarono a suon di palle di neve e finirono per ricoprire Alicia e Katie fin sopra i capelli.

Dopo aver battuto in ritirata le due ragazze – o più precisamente Ninja delle Nevi e Pluffa Impazzita – osservarono divertite George che resisteva stoicamente agli attacchi pluridirezionali di suo fratello e di Treccine Folli a suon diProtego.

Lanciò un’occhiata distratta alla torre di Grifondoro, domandandosi se Oliver avesse fatto ritorno in Sala Comune a cercare il suo santissimo modellino di Quidditch, e cosa accidenti avesse cercato di dirgli.

«Ah, colpita!» gridò Puffo Weasley, quando la palla di neve che non aveva visto arrivare si schiantò dritta dritta sul suo naso.

 

 

 

~°~

 

 

Oliver si lasciò cadere stancamente sulla poltrona davanti al fuoco della Sala Comune e estrasse il suo modellino dal mantello.

L’idea era quella di provare lo schema a giravolta per quei due maledetti dei Weasley, ma anche l’idea di far provare a Harry la Finta Wronsky di Katie non era affatto male.

Pensare a Katie gli fece venire un familiare nodo allo stomaco. Prima era stato sul punto di chiederle di uscire, ma era arrivato Percy – che sia maledetto – e non era riuscito nel suo intento.

Perché come migliore amico doveva avere un idiota con gli occhiali di corno che alla prima occasione gli impedisce di dichiararsi?

Posò di nuovo gli occhi sul modellino, cercando di concentrarsi seriamente, ma la sua testa non ne voleva sapere di rigare dritto. Continuava a deviare in strade tortuose pericolose, dove c’erano splendide Cacciatrici dai capelli neri che lo rimproveravano perché cercava di uccidere Harry con la Finta Wronsky.

Rinunciò a preparare i nuovi schemi per la partita e si dedicò completamente alla sua seconda attività preferita dopo il Quidditch: crogiolarsi nel suo amore non corrisposto.

Una pulce si insinuò nel suo orecchio, sfoggiando fastidiosamente la voce pomposa di Perce.

«Stai di nuovo pensando a lei, eh?»

Un momento, questo era Percy!

Lo guardò in cagnesco fino a che il Caposcuola non arrossì.

Si grattò la nuca, a disagio, esibendo un sorriso imbarazzato che era davvero poco da lui.

«Mi dispiace aver rovinato il tuo utopico momento felice, prima. Non pensavo che le stessi per chiedere di uscire.» borbottò.

Oliver sospirò, ma sorrise a Percy.

«Non importa, mi hai evitato una figuraccia memorabile. E’ peggio di un Bolide impazzito, Katie. Non so mai dove colpire.»

Percy ridacchiò. «Le tue metafore tra la vita reale e il Quidditch sono maniacali, Oliver.» annunciò, dandogli una pacca sulla spalla.

«Ne vuoi parlare?» aggiunse più seriamente, in risposta alla fronte aggrottata dell’amico.

«Delle mie metafore, Perce?» chiese Oliver, retorico.

Percy alzò le mani in segno di resa.

«D’accordo, d’accordo, ti lascio ai tuoi oscuri pensieri.» disse, sorridendogli.

Oliver sorrise di rimando, senza sentirne veramente il bisogno, tanto era depresso, e riportò lo sguardo per l’ennesima volta sul suo modellino.

Percy gli lanciò un’ultima occhiata, poi prese la via del dormitorio e sparì lungo le scale.

Finalmente solo, Oliver fu libero di riflettere.

Doveva ritentare, con Katie. Magari dopo la partita di domani, se mai avessero vinto.

L’umore sarebbe stato alle stelle, e magari lei sarebbe stata talmente euforica per la vittoria da dire di si.

Insomma, autostima zero.

Rimaneva comunque il fatto che se non si sbrigava ad invitarla a Hogsmeade ci avrebbe pensato qualcun altro. Katie era una ragazza bella, ma anche estremamente semplice.

Insomma, qualcuno prima o poi si sarebbe accorto di quanto fosse meravigliosa, e lui sarebbe rimasto indietro.

E’ come una partita a Quidditch, si disse. Devo prendere la Pluffa prima che la prenda quel brutto sopracciglione di Montague. Facile, no?

Lanciò un occhiata distratta alla finestra. Aveva smesso di nevicare, ma il paesaggio era meraviglioso.

Hogwarts coperta dalla neve era uno spettacolo che lasciava senza fiato.

Avrebbe davvero voluto avere Katie lì, al suo fianco. Magari avrebbero potuto prendere una cioccolata calda insieme, e chiacchierare. Avrebbe dato qualsiasi cosa per stare lì con lei a parlare di Quidditch, a stringerla tra le braccia, a guardare gli studenti nel parco rincorrersi e ingaggiare battaglie a palle di neve…

Come se fosse un segno del destino scorse da lontano il profilo di Katie. Strinse gli occhi, per essere certo che fosse lei, e osservò per un paio di minuti.

Si, era lei, ne era sicuro. Stava lanciando palle di neve a un ragazzo di colore con le treccine  Lee Jordan, sicuro- e di fianco a lei si distingueva un Weasley, e una bionda che sicuramente era Alicia. Gli sembrò di vedere Angelina spuntare da un’albero, e un altro Weasley dalla chioma blu.

Rimase incantato per un po’ a osservare Katie finire ricoperta di neve, salvarsi, mettersi al riparo e poi finire di nuovo presa di mira da Lee.

Era così dolce, a volte. Anche quando era rimasta ad aspettarlo nello spogliatoio – episodio che non aveva affatto dimenticato – solo perché era preoccupata che potesse annegarsi nelle docce. Magari dietro c’era dell’interesse. Che finalmente si fosse accorta che gli sbavava dietro da due anni e avesse deciso di dargli una possibilità senza che lui facesse assolutamente nulla?

Troppo facile.

Però, da come arrossiva…

Tornò a guardare pensieroso i ragazzi che si riempivano di gelida neve e si difendevano sfoderando le bacchette e sorrise al pensiero di Katie con le guance rosse e la neve tra i capelli.

E erano tutti lì, tranne lui, con lei. Praticamente tutta la squadra se ne stava lì a rotolare nella neve, e lui…

Un momento.

Con un singulto di orrore spalancò la finestra e fece entrare il freddo gelido in Sala Comune.

Si, erano proprio loro.

Si fiondò come un fulmine fuori dalla Sala Comune, giù per le scale, deciso a reclamare un sacco di teste.

 

 

«E’ stato fantastico!» esclamò Fred, spostando una ciocca blu bagnata fradicia dietro l’orecchio.

«Cosa, rompermi il naso?» borbottò Katie, tenendosi la mano davanti alla faccia.

I gemelli la fissarono per un secondo.

«Si!» dissero insieme, convinti.

Alicia e Lee risero, e Katie notò che l’amica arrossì di botto quando il ragazzo prese a fissarla.

Interessante, pensò. Che io abbia finalmente trovato un’arma contro i suoi sproloqui su Oliver?

Come se il suo pensiero lo avesse magicamente evocato – e chi può dire il contrario? – il volto trafelato di Oliver comparve davanti alla sua visuale, trasfigurato da una smorfia di puro orrore.

«VOI!» gridò, puntando un dito accusatore contro di loro. «Razza di incoscienti, COME OSATE?!»

Tutti ammutolirono stupefatti di fronte al viso sconvolto di Oliver.

«Domani c’è la partita contro Corvonero, canaglie! State cercando di sabotare la mia vittoria ammalandovi in massa?!» gridò, gli occhi in fuori. «Io vi mando in campo anche moribondi!»

Percy Weasley lo aveva raggiungo alle spalle, e assistette a tutta la scena ridendo sotto i baffi.

Oliver continuò a fissarli, furente.

«In Sala Comune, subito» sibilò.

Nessuno disse una parola – nemmeno i gemelli, il che è tutto dire – e filarono in silenzio dentro al castello.

Quando Katie passò vicino ad Oliver gli fece un timido sorriso di scuse, e lui parve addolcire leggermente lo sguardo.

«Sbrigati ad arrivare dentro, prenderai freddo» le disse, cercando di sembrare – se non dolce e preoccupato – almeno non pazzo.

Lei fece un sorriso un po’ più largo e accelerò il passo. Oliver e Percy rimasero a guardarla fino a che non fu sparita dietro al portone d’ingresso, in silenzio.

Poi Percy pensò bene di rovinare quel momento di silenzio e riflessione con l’universo, e mise una mano sulla spalla dell’amico.

«Oliver, sai, non credo che urlando come uno psicopatico invasato la convincerai a uscire con te.»

 

~°~

 

 

Finita la cena, si sentivano davvero pieni e stanchi, e decisamente in ansia per la partita che avrebbero dovuto giocare il giorno dopo.

Entrarono in Sala Comune ridendo tra di loro, e Katie si lanciò di corsa sulla poltrona davanti al fuoco, quella che indubbiamente era la sua preferita.

Crogiolarsi al calore era così piacevole che si sarebbe volentieri addormentata lì.

Alicia, purtroppo, non era dello stesso parere.

«Katie, cosa ti ha detto Oliver quando sei rimasta indietro?» la importunò, tirando fuori un’espressione maliziosa.

Katie sbuffò in direzione dell’amica. Controllò che nessuno fosse a portata d’orecchio, visto che aveva una vaga idea di dove sarebbe andato a parare quel discorso, ma la trovò stranamente vuota. Erano rimaste solo loro due.

Si abbandonò di più allo schienale della poltrona.

«Solo di sbrigarmi a entrare, o avrei preso freddo.» mormorò.

Alicia fece un sorriso vittorioso che la insospettì parecchio.

«Quando ti deciderai ad ammettere che ti piace?» chiese, noncurante.

Katie fece una faccia sbalordita.

«E questo cosa c’entra con quello che mi ha detto?» domandò, esterrefatta.

Alicia fece un sorriso furbo, passandosi una mano tra i capelli biondi e umidi.

«Senti, visto che sei tonta, parlo chiaro» disse, guardandola negli occhi.

Katie deglutì.

«Oliver ti muore dietro da una vita, e tu non ti sei accorta ti nulla. A te piace, lo so. Devi solo passarci un po’ di tempo per capirlo» annunciò, giuliva.

Per poco Katie non soffocò nel suo stesso singulto sorpreso. Arrossì un sacco e la voce le uscì vagamente tremante.

«M-ma cosa dici, Alicia? A Oliver n-non piaccio, non in quel senso» borbottò.

Alicia la squadrò per un istante.

«Già. E balbetti perché hai freddo, vero? E sei arrossita perché sei vicino al camino» sentenziò, guardandola di sbieco.

Katie sussultò. Non poteva essere vero. Insomma, Oliver era…Oliver! Era il capitano della squadra, sempre gentile con lei, vero, ma sempre comunque distante e un sacco timido, e troppo preso dal Quidditch per pensare a lei. No?

Alicia parve leggerle nel pensiero, perché disse: «Senti, io sono sicura che a lui piaci, Katie. Qual è il problema? Dopo Fred…»

Katie la interruppe. «E’ esattamente quello il problema. Fred » disse, mogia.

Alicia la guardò senza capire, così si decise a dargli quella santissima spiegazione che reclamava da tutta la giornata.

«E’ un po’ che mi sono accorta che Oliver è carino, e dolce e tutto quanto» cominciò. «Ma non posso farlo, Ali. Con Fred non è andata bene, e lui non sa nemmeno che mi piaceva. Non funzionerebbe tra me e Oliver. E poi sono solo del quinto, e lui è del settimo anno. Cosa pensi ci troverebbe in me?»

Alicia le fece un sorriso dolce e la abbracciò piano.

«Katie, Oliver non le guarda nemmeno le altre ragazze, davvero. E quello che è successo con Fred…» fece una pausa. Parve riflettere per un attimo, poi continuò. «Non è detto che succeda la stessa cosa, anzi. Da quell’esperienza dovresti aver imparato a buttarti, invece che nascondere il fatto che ti piace»

Katie sospirò e Alicia sorrise.

«Allora lo ammetti, Oliver ti piace!» disse, ridacchiando.

Quando non ricevette risposta, ma solo un ostinato silenzio e due guance rosso fuoco, fece un gesto esultante con la mano.

«Lo sapevo! Oh, Oliver è un sacco carino, e tutti quegli addominali…» rise, e Katie non riuscì a trattenere a sua volta una risatina nervosa.

Oddio, Oliver era interessato a lei.

«Cosa farai, allora?» chiese Alicia, sorridente.

«Non lo so. Penso che ora me ne andrò a letto» disse Katie, ancora riluttante a darla vinta all’amica.

Alicia sbuffò sonoramente.

«Intendevo con Oliver» puntualizzò.

Katie si rassegnò a confessare.

«Credo che aspetterò che faccia la prima mossa» disse. Alicia la guardò vagamente male, ma finse di non curarsene e sbadigliò esageratamente.

«Sto morendo di sonno, buonanotte»

L’amica non rispose, ma continuò a guardarla storto mentre saliva le scale del dormitorio femminile.

Quando si chiuse la porta della sua stanza alle spalle, Katie fu immensamente felice di trovare le sue compagne profondamente addormentate.

Si mise in fretta il pigiama e scivolò sotto le coperte, rigirandosi per trovare la posizione più comoda. Rimase sveglia per un bel po’, cercando di fare respiri lenti e di non sentirsi terribilmente in ansia. Insomma, c’erano tanti motivi per essere preoccupati: Sirius Black era evaso da Azkaban e si diceva fosse in giro per la foresta, tanto per dirne una.

Eppure l’unica cosa per cui riusciva a sentirsi preoccupata, in quel momento, ma anche stranamente euforica, era il fatto che Alicia era convinta che lei piacesse ad Oliver, e seppure non ci credeva, non poteva fare a meno di sperarci.

Un flash le passò davanti agli occhi, e si abbandonò per un momento al ricordo della partita di Quidditch contro Tassorosso.

 

Riuscire a resistere significa combattere contro il vento gelido, la tempesta e la pioggia battente. Oliver grida indicazioni a tutti, ma è difficile sentire cosa dice. Il rumore della tempesta sovrasta ogni cosa.

Katie lancia uno sguardo disperato in direzione di Alicia, cercando di farsi vedere per farsi passare la pluffa, ma è troppo tardi. Stebbins, della squadra avversaria, le ha già preso di mano la palla rossa.

Cerca di prestare attenzione alla partita, ma il vento è troppo forte e non vede quasi nulla. Oliver le urla qualcosa – vede le labbra muoversi frenetiche – ma non riesce a sentire. Afferra al volo il passaggio di Angelina e si lancia verso la porta cercando di contrastare il vento. Lancia con quanta più forza può e il punto va a segno.

Coglie uno sprazzo della telecronaca di Lee.

«GRIFONDORO SEGNA! Trenta a venti per Tassorosso!Forza, Grifondoro!»

Non sta andando affatto bene, constata Katie. Sono in svantaggio. Ma se Harry prende il boccino…

L’attimo di distrazione le costa caro. Un bolide spunta fuori dal nulla e la colpisce allo stomaco, sbilanciandola.

Afferra saldamente il manico di scopa e cerca di rimanere in aria. Oliver si sbraccia nella direzione del Battitore avversario, lanciando maledizioni su maledizioni – o così immagina Katie, vista la sua espressione furente – poi il suo sguardo incontra quello del ragazzo.

Si guardano per un attimo, e a Katie sembra di cogliere disperazione nei suoi occhi.

Stanno perdendo, e Harry non ha ancora trovato il boccino.

Ricambia l’occhiata, senza essere in grado di sorridere.

Si fissano per un altro secondo, poi sullo stadio cala il silenzio, e tutto si fa gelato.

Un mantello nero sventola  a pochi centimetri da Katie, ma lei volta la testa per non guardare. A una quindicina di metri di distanza, Harry scivola sulla scopa e precipita, privo di sensi, al suolo.

Il grido di Oliver le arriva chiaro alle orecchie.

 

Scosse la testa per cancellare il ricordo. Oliver aveva davvero sfiorato il suicidio, quella volta, e Harry aveva perso il boccino.

Si domandò se durante la partita non avesse frainteso lo sguardo di Oliver. Ora che Alicia le aveva detto quello che le aveva detto – Katie non riusciva nemmeno a pensarci senza sentirsi stupida – magari era preoccupato per lei che era appena stata colpita, e non per la partita.

Si dette dell’idiota e si strinse di più sotto le coperte, imponendosi di dormire. L’indomani avrebbero dovuto giocare contro Corvonero, e anche se Harry vantava una Firebolt – che sia benedetto quel ragazzo – avrebbero dovuto segnare un sacco di punti per portarsi in vantaggio e concorrere alla Coppa. Se vincevano, avevano una possibilità.

Oliver aveva una possibilità.

Si addormentò stretta al cuscino, senza sapere che nei dormitori maschili, in una posizione molto simile alla sua, un certo Portiere passava la notte senza dormire, decisamente non in ansia per la partita contro Corvonero, arrovellandosi sul modo migliore di chiedere alla ragazza di cui era innamorato uno stramaledettissimo appuntamento a Hogsmeade.

 

~°~

 

«E quindi anche Katie è interessata al nostro Oliver, eh?» chiese Fred, sventolando la chioma azzurra.

Alicia sorrise. «Direi proprio di . Anche se non vuole proprio ammetterlo, Oliver le fa un certo effetto»

I gemelli si esibirono in un ghigno identico e alquanto malvagio. Alicia si disse che il loro folle aiuto era necessario, e che Katie l’avrebbe ringraziata, un giorno.

Forse.

«Che Oliver è cotto di Katie se ne sono accorti tutti, più o meno» constatò George.

«Tranne lei, ovviamente. Ecco che quindi entriamo in scena noi» puntualizzò Alicia.

I gemelli la guardarono incuriositi.

«E che cosa dovremmo fare, esattamente?» chiesero all’unisono.

Alicia sorrise in direzione dei due e fece un gesto blando con la mano.

«Convincere quei due zucconi che sono fatti l’uno per l’altra, naturalmente.» disse.

I gemelli si guardarono per un istante.

«Io vado a prendere le alette da cupido, e tu…» iniziò Fred.

«…vado a recuperare il vecchio arco di zio Gideon, sì» completò George.

«Sapevo che potevo contare su di voi, ragazzi» disse Alicia, allungando una mano a entrambi.

I due si guardarono per un momento, e un lampo malandrino comparve nei loro sguardi identici.

«Potremmo avere qualche interessante idea, Alicia» disse George.

«E’ un’alleanza, allora?» chiese lei, allargando sempre di più il sorriso.

Fred strinse la mano al Alicia e iniziò ad esporle i dettagli del suo malvagio piano criminale.

«Alleanza Double Weasley – Spinnet. Suona bene, no?»

«Fred, i tuoi capelli stanno per caso scolorendo?»

 

~°~

 

Selene’s Corner

 

Ehilà, mie adorate lettrici! Siete un po’ poche, ma pazienza. Sembrate delle grandi sfornatrici di recensioni, e io sonotutt’orecchie.

Questo capitolo ha occupato più tempo del precedente – tre giorni per scriverlo – perché è stato davvero impegnativo buttare le basi per una semplice chiacchierata tra Katie e Alicia, dove finalmente Katie ammette che Oliver le piace, e annunciare la tanto temuta alleanza Double Weasley – Spinnet.

Poi, siccome sono davvero convinta che se una storia ti strappa un sorriso, non è una storia buttata nel cestino, ho inserito la prima parte, che spero davvero abbiate trovato vagamente divertente :D

Nel prossimo capitolo torneremo a concentrarci su Oliver e Katie, e ci sarà la tanto attesa partita Grifondoro/Corvonero.

Cos’altro posso dirvi di questo capitolo? Ah si!

Il flashback della scorsa partita ci tenevo molto ad inserirlo, e chi di voi ha letto la mia raccolta “100 colpi di bacchetta” saprà perché. Ci sono due drabble dedicate a Oliver e Katie, e ho ricevuto una recensione meravigliosa che diceva che Oliver sembrava davvero molto eroico, con quegli sguardi disperati lanciati alla tempesta. Mi si è formata in testa quest’immagine, e non potevo non mettercela :D

Percy è un emerito idiota, vero, ma in fondo è un caro amico di Oliver – due fanatici così possono solo sopportarsi a vicenda – e avrà ruolo di consigliere e spalla su cui disperarsi.

I gemelli ne combineranno di tutti i colori, avendo preso sotto la loro ala protettrice Katie – come abbiamo precedentemente detto – e vedrete che si inventeranno.

 

Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto e non vi sia sembrato terribilmente piatto.

 

Ringrazio tantissimo le ragazze adorabili che hanno recensito, e che mi strappano un sorriso ogni volta che leggo i loroscleri e la loro serietà.

Inoltre vorrei tanto ringraziare anche tutti quelli che seguono silenziosamente la storia, ma che magari la apprezzano, e i 1 preferiti, 3 ricordati e 17 seguiti.

Grazie davvero, a tutti voi.

 

Vi arriverà per posta un pupazzetto di Oliver e dei suoi addominali, ragazze.

 

Baci,

SeleneLightwood

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Che Godric maledica Jack Sloper ***


 

Capitolo 4

-Che Godric maledica Jack Sloper-

 

Nota: Alcune parti sono tratte da Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, alle pagine 220-224, come ad esempio i dialoghi. Spero vivamente che non sia illegale.

 

 

Il giorno della tanto attesa partita Grifondoro - Corvonero era finalmente arrivato. 

La squadra si riunì, poco prima di scendere per la colazione, in Sala Comune, e i gemelli Weasley insistettero fino alla paranoia per scortare Harry e la sua adorata Firebolt, nuova di zecca, fino alla Sala Grande, in una sorta di curioso drappello d’onore.

Oliver camminava vicino ad Harry, tutto concentrato, gonfiando il petto, e ogni tanto lanciava occhiate alla scopa, come per assicurarsi che non si fosse polverizzata improvvisamente.

Entrando in Sala Grande almeno tre quarti delle teste si voltarono verso di loro, e la McGranitt sfoggiò un sorriso particolarmente soddisfatto, cosa che provocò a Piton un espressione da Colica Renale.

La squadra dei Serpeverde, tra l’altro, sembrava essere stata collettivamente colpita da un fulmine.

Oliver convinse Harry a mettere la scopa al centro del tavolo Grifondoro, e Katie lo osservò girare il manico in maniera alquanto maniacale, in modo che la scritta Fireboltsi leggesse anche a chilometri e chilometri di distanza.

Quando Cedric Diggory venne a complimentarsi con Harry, per aver trovato una così valida sostituta della Nimbus 2000, Oliver aveva un ghigno talmente largo che gli deformava tutta la faccia, conferendogli un’aria da pazzo serial killer che avrebbe fatto invidia a Sirius Black in persona.

Al fianco di Oliver sedeva pomposo Percy Weasley, che accusò bonariamente la ragazza, Penelope Light, Corvonero, di tentato sabotaggio, dopo aver colto lo sguardo omicida di Oliver nei suoi confronti.

«Io e Penelope abbiamo scommesso.» disse Percy a tutti. «Dieci galeoni sul risultato della partita!»

All’occhiataccia di Fred e George, Percy si chinò su Harry per sussurrargli all’orecchio, in un mormorio che Oliver colse di sfuggita.

«Harry, fai in modo di vincere. Io non ce li ho, dieci galeoni.»

Oliver ridacchiò tra se e se mentre Perce si affrettava a raggiungere Penelope con una fetta di pane tostato in mano.

Povero Percy, bistrattato in quella maniera da una ragazza…

 

La soddisfazione più grande della colazione, però, giunse con l’arrivo di Draco Malfoy e di due dei suoi scagnozzi.

Il ragazzo scambiò un paio di battute acide e cariche di veleno con Harry, che rispose orgogliosamente a tono, facendo scoppiare a ridere tutta la squadra, e il Serpeverde si allontanò inviperito, tornando a confabulare con i suoi compagni di squadra.

Evidentemente era stato mandato a controllare che quella fosse veramente una Firebolt.

Oliver cercò di allargare il suo sorriso più che poté, sentendo le guance tirare, e fece l’occhiolino a Marcus Flint, Capitano dei Serpeverde.

Quello lo guardò infuriato e Fred si avvicinò impercettibilmente a lui, stringendo la mazza da battitore in mano.

«Cerca di non finire in una retata dei Serpeverde, non possiamo guardarti a vista.» gli mormorò all’orecchio, divertito.

Oliver gli fece un sorriso smagliante, poi tornò il maniacale capitano di sempre.

«Mangiate, squadra! Dovete mettere qualcosa nello stomaco, o non avrete energie!» esclamò, ficcandoli a sedere uno ad uno.

«Oliver, tu non tocchi cibo, vero?» lo rimproverò bonariamente Alicia, facendo l’occhiolino a Katie. «Cos’è, vuoi mantenere gli addominali?»

Eh, ma allora era una fissazione!

Una volta che tutti ebbero finito di ingurgitare la colazione – Oliver non aveva mangiato nulla e Katie si sentiva il toast in posizione orizzontale a livello polmonare – si diressero al Campo di Quidditch con agitazione crescente.

I gemelli Weasley tentarono un paio di battute per alleggerire l’atmosfera, ma l’ansia iniziava a farsi sentire man mano che entrarono nello spogliatoio.

Katie fissò per un secondo la porta delle docce e lo stomaco fece un balzo al ricordo di Oliver con solo un asciugamano addosso, bagnato come un pulcino e…

«Katie, vieni qui un attimo.»

La voce di Oliver la riscosse, ed ebbe come conseguenza un incremento del rossore sulle sue guance, ma cercò di darsi un contegno e si avvicinò lentamente al Capitano.

«Se per caso i battitori di Corvonero non ti danno pace come l’altra volta, fai un cenno a Fred o George. Uno dei due – o magari entrambi- si metterà di impegno per mandarlo K.O. con un Bolide.» le disse Oliver senza guardarla, fissandosi la divisa scarlatta, vagamente rosso sulle guance.

Stava violentemente litigando con i lacci della stola protettiva che portava solitamente sotto alla maglietta, essendo quello che si beccava più Bolidi e Pluffe nello stomaco, e non sembrava affatto in grado di allacciarsela senza strangolarsi.

«Aspetta, faccio io.»

Sorprendendosi estremamente di se stessa, Katie scansò delicatamente le mani del ragazzo e si mise ad armeggiare con i lacci della stola, cercando di dare un senso all’ingarbugliato miscuglio che Oliver aveva creato invece di un semplice nodo, e magari di dare un senso anche all’ingarbugliato miscuglio di emozioni che le ronzavano in testa.

Il ragazzo rimase in silenzio a guardarla, sempre più rosso in viso, mentre si districava tra i lacci e finalmente faceva un nodo decente, dopo averli intrecciati in stile corpetto.

La mano di Oliver sfiorò casualmente la sua, in un tocco disinteressato e dolce, e il ragazzo fece un sorriso imbarazzato.

«Grazie.» mormorò.

Erano vicinissimi, e Katie riusciva quasi a sentire il respiro caldo di Oliver sulla fronte.

Si scostò lentamente e gli sorrise, cercando di non sembrare troppo imbarazzata.

«Oliver, dobbiamo andare.»

La voce di Angelina non era mai suonata così stridula e odiosa alle orecchie di Katie.

Proprio ora che stava per capire cosa diavolo provasse a stare vicino ad Oliver, arrivava lei e distruggeva tutta la sua situazione perfetta.

Anche se tutta quell’irritazione per essere stata interrotta, si disse, poteva significare solo una cosa. Oliver le piaceva, e anche tanto.

Il sopraccitato ragazzo saltò in piedi e lanciò un occhiata apprensiva ad Harry, che in quel momento stava infilando la bacchetta nella maglia sotto alla divisa cercando di non farsi vedere.

I Dissennatori erano il suo incubo, e Oliver sapeva diventare una vera mamma apprensiva, quando voleva.

«Sapete cosa dobbiamo fare» disse mentre si preparavano ad uscire dagli spogliatoi. «Se perdiamo questa partita siamo fuori gara. Voi…» esitò, poi scosse la testa con decisione. «Comportatevi come all’ultimo allenamento e andrà tutto bene.»

Suonò più convincente a se stesso che agli altri, ma nessuno replicò.

Uscirono in campo, accolti da un tumultuoso applauso.

Oliver andò a stringere la mano a Roger Davies, ma lo trovò piuttosto impegnato a fissare Katie con un sorriso. Si impegnò per stritolargli la mano più che poté –spezzargli le ossa era il minimo – e scivolò in sella alla scopa, librandosi in aria per raggiungere gli anelli da difendere.

Madama Bumb fischiò e la partita finalmente ebbe inizio.

Con gli occhi fissi sulla pluffa colse distrattamente l’inizio della telecronaca di Lee Jordan, l’amico dei gemelli Weasley.

«Sono partiti, e l’attenzione di tutti in questa partita è puntata sulla Firebolt che Harry Potter cavalca per Grifondoro. Secondo la Guida ai Manici di Scopa…»

Smise di ascoltare. Conosceva a memoria l’articolo sulla Firebolt di quel giornale, l’aveva appeso in Dormitorio, con gran disappunto di Percy.

Katie stava sfrecciando verso la porta, la Pluffa sottobraccio, spalleggiata da Alicia che volava un metro sotto di lei.

Alzò la mano, prese la mira e…

«GRIFONDORO SEGNA! Dieci a Zero per i Leoni!» gridò Lee cercando di sovrastare il boato della folla.

Oliver strinse il manico di scopa con forza. Ora la palla era in mano avversaria, ma Alicia la recuperò in fretta e segnò un altro punto spettacolare.

Il portiere di Corvonero sembrava in evidente difficoltà.

Katie segnò un altro paio di volte, e anche Angelina fece un punto, facendoli finire così in vantaggio di Settanta punti su zero.

Parò una Pluffa ad effetto lanciata da Davis con un ghigno e la lanciò a Katie, che gli sorrise raggiante e filò verso il centro del campo.

In quel momento, Harry avvistò il Boccino d’oro.

Scese in picchiata, appiattito contro il manico della Firebolt, puntato verso il basso. Oliver lo vide, uno scintillio esangue ai piedi di una delle barriere.

Cho si buttò in picchiata per seguirlo, ma Oliver sapeva che le picchiate in stile kamikaze erano le specialità di Harry…

Un Bolide sbucò dal nulla, ed Harry deviò, evitandolo per un soffio.

Era stato questione di un attimo, ma il Boccino era già sparito.

Gridò tutta la sua ira, ma la sua voce fu sovrastata dall’ala dei tifosi Corvonero, che esplose in un applauso per il Battitore.

George Weasley – forse – manifestò tutto il suo disappunto sparandogli un altro Bolide dritto in testa, e quello fece una strana capriola per evitarlo.

Nel frattempo Lee aveva ripreso la telecronaca.

«JORDAN! TI PAGANO PER FARE PUBBLICITA’ ALLE FIREBOLT? VAI AVANTI CON LA CRONACA!» esclamò la professoressa McGranitt nel microfono di Lee.

Oliver si distrasse per un attimo, e non riuscì a parare una Pluffa.

Stavolta fu il turno di Davis di ghignare al suo indirizzo, e fu così anche per le due reti successive.

Ora il punteggio era di trenta a ottanta per loro, ma Harry non dava segni di aver trovato il Boccino.

Lo vide con la coda dell’occhio mentre svolazzava in cerca della pallina d’oro, poi finalmente la individuò. Puntò dritto ai piedi della sua porta, e Oliver guardò in giù, cogliendo di nuovo il bagliore dorato del Boccino.

Harry accelerò, gli occhi fissi sulla pallina davanti a lui, ma Cho Chang spuntò dal nulla e gli sbarrò la strada, e lui deviò di nuovo per evitare l’urto con la Cercatrice avversaria.

«Harry, non è proprio il momento di fare il gentiluomo!» ruggì Oliver, mentre parava una Pluffa particolarmente difficile. «Falla cadere dalla scopa, se devi

Harry arrossì vagamente e si lanciò di nuovo in cerca del Boccino, salendo di una sessantina di metri. Cho Chang lo seguì di corsa, ed Oliver ebbe il sospetto che Harry volesse tentare una qualche folle e pericolosissima manovra per togliersi la Chang dalla coda della scopa, una di quelle manovre per cui sarebbe stato eternamente fiero di lui.

Proprio come pensava, Harry si lanciò in picchiata a una velocità impressionante, e così fece la Cercatrice, ma a venti metri da terra si rialzò bruscamente, puntando il manico di scopa in alto, e lei continuò a precipitare.

Per la terza volta lo vide. Il Boccino scintillava alto sul campo, dalla parte di Corvonero.

Harry si lanciò di scatto verso la pallina dorata, e così fece anche Chang, ma lui era in vantaggio, e indubbiamente più veloce.

Baston parò l’ennesimo tiro, ma un coro di oh! attirò sia la sua attenzione che quella del suo magnifico cercatore.

Tre Dissennatori se ne stavano in piedi sulla parte sinistra del campo, proprio di lato alla sua porta, e guardavano Harry.

Oliver lanciò uno sguardo disperato al ragazzo, ma Harry estrasse con un gesto fulmineo la bacchetta, se la puntò alle spalle e ruggì: «Expecto Patronum

Una massa argentea dalla forma vagamente somigliante a quella di un cavallo deforme partì spedita alla volta dei Dissennatori, centrandoli in pieno.

Oliver distolse lo sguardo dalla massa nera quando l’urlo di Katie, a qualche metro da lui, lo riscosse.

Harry stringeva saldamente il Boccino in una mano, e aveva l’aria di essere la persona più felice del mondo.

Si fiondò nella sua direzione, abbandonando la Pluffa che aveva in mano, e vide altre cinque macchie rosse fare la stessa identica cosa.

Si lanciarono su Harry e lo avvolsero in un gigantesco abbraccio di gruppo, mentre in basso echeggiavano le grida dei Grifondoro.

«Così si fa!» gridò nel suo orecchio, mentre le ragazze lo riempirono di baci, e Fred gli stringeva talmente tanto il collo che rischiava di fargli saltar via la testa.

Scesero a terra, incuranti dei Dissennatori, solo per scoprire che in realtà erano Draco Malfoy, due suoi amici equell’imbecille di Marcus Flitt.

Harry si spanciò dalle risate, così come il fratellino piccolo dei gemelli, che sembrava gioire in maniera folle di quella visione: Malfoy stava ancora cercando di liberarsi dal mantello nero, e la testa di un tizio che sembrava davvero unTroll spuntava da sotto le sue gambe magre.

La McGranitt non perse l’occasione di urlare furente contro i quattro Serpeverde, e Oliver lanciò a Flitt il secondo sorriso soddisfatto della giornata.

Fred gli si avvicinò, roteando come una trottola impazzita, e gli urlò nell’orecchio: «Su in Sala Comune, si fa festa!»

Oliver gli sorrise, raggiante, poi si voltò verso Katie.

Senza pensarci una seconda volta, si avvicinò in un balzo e la abbracciò di slancio.

Lei lo strinse forte per una manciata di secondi e poi lo lasciò andare di botto, diventando tutta rossa in zona orecchie.

Oliver non si diede tempo di sembrare imbarazzato e cercò qualcosa da dire.

Se ne uscì con un «Sei stata bravissima, Katie!», e lei fece un gran sorriso.

L’euforia della partita vinta gli diede il coraggio necessario di ritentare con l’invito, o forse si sentiva solo tanto felice che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.

«Senti, l’altro giorno volevo chiederti se ti andava di…»

Il suo discorso venne interrotto bruscamente quando un ragazzo che conosceva solo di vista le si avvicinò e le sfiorò delicatamente una spalla.

Katie si voltò e Oliver rimase gelato sul posto.

«Ehilà, Jack!» esclamò lei, sorridente.

Jack Sloper, Grifondoro, stesso anno di Katie, catalogò il suo cervello per lui.

Lo fissò minaccioso, nella speranza che si rendesse conto di essere vittima di uno dei cosiddetti “sguardi fulminanti” e si riducesse in un mucchietto di cenere, ma quello lo ignorò bellamente e fece un sorriso abbagliante a Katie.

«Mi stavo chiedendo…» iniziò Jack, con aria sicura. «Non è che ti andrebbe di venire ad Hogsmeade con me, sabato?»

No, non poteva essere vero.

Non farlo, Katie, ti prego. Dai, guarda che energumeno che ti trovi davanti! Non farlo, non dire di…

«Oh. Beh…D’accordo.» fece Katie esitante, e Oliver sentì lo stomaco attorcigliarsi intorno alla milza e stringere forte nel tentativo di strangolarla.

Ebbe una fugace visione di se stesso che staccava la testa a Sloper con la mazza da battitore di Fred, ma non fu in grado di fare una singola mossa.

Cosa ancora più triste, Katie gli lanciò un occhiata di sbieco, che lui non colse affatto, troppo impegnato a guardare con aria particolarmente omicida il vuoto dietro a Sloper.

Quel dannatissimo, invece, era felice come una pasqua e esclamò «A sabato, allora!», prima di scomparire tra la folla, lasciandoli lì come due salami.

Oliver spalancò gli occhi e mosse la testa molto meccanicamente a destra e a sinistra, ancora sconvolto. Katie assunse una colorazione tendente al bordeaux e borbottò qualcosa come “Ci si vede in Sala Comune”, e sparì.

Il ragazzo rimase lì a fissare il punto in cui lei era stata fino a qualche istante prima, domandandosi perché mai Merlino, Godric, Morgana e chissà quanti altri ce l’avessero tanto a morte con lui.

Giusto per aggiungere la ciliegina sulla torta, alle sue spalle arrivò Percy, con aria estremamente pomposa e soddisfatta, che esclamò: «Ehi, Oliver, gran bella partita! Ho vinto quei dieci galeoni. A proposito, hai chiesto a Katie di uscire?»

Il ringhio di Oliver ammutolì Percy, e il povero Prefetto non disse più una parola fino a che non ebbero raggiunto la torre di Grifondoro, e poi si dileguò in fretta.

Di ciò che disse, Oliver colse solo le parole “lucidare”, “spilla” e “suicidio celebrale”.

 

 

~°~

 

La festa andò avanti per tutta la giornata, fino a tarda sera. I gemelli Weasley scomparvero per un paio d’ore, per poi ritornare carichi di Burrobirra e dolci di Mielandia.

Katie sapeva che Alicia non si era affatto persa l’abbraccio tra lei e Oliver, e se doveva descrivere il suo stato d’animo in una parola, avrebbe detto “sull’orlo delle lacrime”.

D’accordo, non era una sola parola, ma rendeva molto l’idea.

Insomma, aveva accettato l’invito di Jack.

Ma perché, poi?

Certo, Jack era carino. Jack aveva la sua età, era un discreto giocatore di Scacchi Magici – mai come Ron Weasley, si vociferava – e aveva l’aria di essere un ragazzo molto dolce e simpatico.

Ma finiva lì.

Non c’era traccia della famosa scintilla, delle farfalle allo stomaco, o dei sorrisi carichi di malizia di cui Angelina sproloquiava senza sosta.

Eppure era sicura che fosse quello, ciò che era normale provare per una persona.

E con Jack semplicemente non c’era.

Con Oliver, invece, sembrava fosse tutta un’altra storia.

La sensazione di sentirsi davvero idiota non riusciva ad abbandonarla, specialmente se ripensava al modo in cui Oliver le aveva sfiorato la mano, a come si erano trovati vicini senza nemmeno rendersene conto e alla sensazione dolce di due braccia calde strette intorno al corpo in quel morbido, sudato abbraccio.

Non aveva detto di no a Jack, non aveva declinato l’offerta.

Per le mutande di Merlino, l’aveva colta talmente di sorpresa che non si era nemmeno resa conto di aver accettato!

Poi, la faccia stralunata di Oliver l’aveva ferita più di ogni altra cosa. Insomma, sembrava distratto da qualcos’altro, e non aveva l’espressione di uno che ha vinto una partita importantissima.

Si stava forse immaginando le cose?

Credeva di aver trovato in Oliver la stessa imbarazzata voglia di passare del tempo con lei, di parlare, di condividerequalcosa, ma lui non le aveva certo urlato dietro il suo amore incondizionato, dopo che lei aveva accettato l’invito di Jack.

Non l’aveva seguita, non l’aveva afferrata per un gomito e non l’aveva baciata, come ad esempio sarebbe successo ad Angelina.

Se ne era rimasto lì come un fesso e lei era scappata via di corsa, cercando di trattenere la delusione.

 

Quando Alicia si fiondò su di lei come un avvoltoio, due Burrobirre alla mano, non si stupì più di tanto.

La prima cosa che disse fu: «Si, ho abbracciato Oliver.»

L’amica la fissò, sbigottita per quella confessione che non aveva necessitato di costrizione alcuna.

La seconda cosa che disse fu: «Dopo aver abbracciato Oliver, Jack Sloper mi ha invitata a Hogsmeade e ho detto di si, anche se non ho idea del perché l’ho fatto.»

Alicia cacciò un urletto e si rovesciò metà della burrobirra addosso.

 

~°~

 

«Fammi capire bene» disse Fred molto lentamente, scandendo le parole. «Katie va a Hogsmeade con Jack Sloper?»

Alicia annuì sconsolata.

«E' ridicolo.» disse scuotendo i capelli.  «Insomma, finalmente sono riuscita a farle ammettere di essere piuttosto attratta da Oliver, e ha detto di averlo abbracciato con molto entusiasmo, dopo la partita, e poi...»

«...e poi esce con Sloper.» concluse George per lei, tetro.

Fred si guardò in giro per controllare che nessuno li stesse ascoltando.

«E Katie cosa dice di questo Sloper?» domandò con aria cospiratoria, alzando un sopracciglio.

Alicia fece un lungo sospiro.

«Non le piace. Insomma, dice che è carino, ma che ha accettato più per la sorpresa che per altro.» raccontò.

Fred e George si scambiarono un’occhiata complice.

Alicia li guardò per un attimo e sorrise, socchiudendo gli occhi in una smorfia sospettosa ma divertita.

«Avete un idea, non è così?» domandò rassegnata.

Fred ghignò.

«Abbiamo un idea. Ma per realizzarla...» 

«...ci serve il caro, vecchio Percy.» completò il fratello al posto suo.

Fred lo guardò di traverso per un secondo.

«Stavo per dire Pus di Bubotubero. Ma anche Percy va bene.»

 

 

 

~°~

 

«Oliver, stai bene?»

La voce di Percy giunse come da una grande distanza attraverso il vapore, la porta chiusa e il rumore sferzante dell’acqua.

Mugugnò una risposta depressa e sentì Percy bussare piano alla porta.

Non rispose e ficcò la testa sotto il getto bollente, cercando di pensare lucidamente.

Katie aveva accettato l’invito di Jack Sloper.

Ora, maledizioni a parte, non c’era molto che potesse fare, se non sperare che Jack inciampasse nella cacca di Troll e facesse una figura talmente memorabile che anche i fantasmi ne avrebbero parlato in eterno.

Insomma, torturarlo fino a che non avrebbe chiesto pietà sarebbe stato soddisfacente, ma non avrebbe risolto la situazione.

Avrebbe dovuto essere felice, al settimo cielo. Avevano vinto, no?

Durante la festa aveva ostentato una felicità forse troppo marcata per essere reale, e si era fatto vedere entusiasta e pronto come non mai alla vittoria, e a allenamenti durissimi.

Aveva riso, scherzato, mangiato. Si era preso tutte quelle pacche sulle spalle, e quei «Grande partita, Baston!» con un sorriso riconoscente, ma dentro c’era qualcosa che non andava. E quel qualcosa aveva i capelli neri e un sorriso dolce.

Oliver si concesse un'unica speranza: Katie non era sembrata poi così entusiasta, quella sera, durante la festa, quando quella canaglia di Sloper si era avvicinato per portarle da bere.

Non sembrava affatto entusiasta.

Poteva essere un indizio? Poteva darsi una vaga speranza?

Aveva passato tutta la serata a fingere di essere la persona più felice del mondo. Per un attimo ci era riuscito. Era riuscito a non pensare a Katie e a concentrarsi solo sul fatto che se vincevano contro Serpeverde era fatta.

Se vincevano, la Coppa sarebbe stata loro. Sua.

Poi l’aveva vista lì, in un angolo, a chiacchierare con Alicia, e aveva pensato di essere veramente troppo stanco, se finiva per pensare che forse la Coppa non la voleva tanto quanto voleva lei.

Si era rintanato in dormitorio e si era buttato sotto la doccia nel tentativo di calmarsi e riflettere.

L’acqua scorreva senza sosta, e i pensieri scivolavano via uno dopo l’altro giù nello scarico.

Katie, tuttavia, rimaneva impigliata nella sua mente con tenacia. E come poteva mai essere il contrario? Era una ragazza dolce, tenace, intelligente e bella. Non di quella bellezza da farti voltare per una seconda occhiata, no.

Era una bellezza che imparavi ad amare con il tempo. Non era la ragazza perfetta, eppure sentiva di non volerenessun’altra.

Quando l’aveva abbracciata, appena dopo la partita, prima che Jack Sloper arrivasse e mandasse in fumo nottate intere di pianificazioni, si era sentito vivo.

Aveva vinto la partita, e la donna della sua vita era lì, tra le sue braccia. La stretta era forte, sincera, e dolce in maniera quasi surreale.

Si passò distrattamente una mano sullo stomaco e soffocò un gemito.

Lanciò un occhiata in basso e scovò un grosso livido violaceo che prima non aveva notato. Doveva esserselo fatto con quel Bolide di troppo che aveva preso nello stomaco.

Quando si era distratto a guardare Katie segnare quel punto spettacolare. Era così bella, quando volava. Così sicura di sé come mai era quando si trovava a terra.

Così raggiante, una leonessa. I capelli che erano un disastro, magari gli occhi gonfi di vento. Eppure quel sorriso raggiante che gli aveva rivolto lo aveva mandato in fiamme.

In quel momento avrebbe volentieri abbandonato gli anelli, si sarebbe lanciato in avanti e l’avrebbe baciata senza pensarci davvero due volte.

Cos’era più importante, il Quidditch o la ragazza che amava? Quale dei due avrebbe sacrificato, per veder realizzato l’altro?

Aveva vinto la partita, ma aveva perso l’occasione di avere lei per colpa di un idiota.

Cos’era ciò a cui teneva di più? Il suo futuro o l’amore?

Il secondo gemito non era di dolore, ma ci si avvicinava molto. Colpì le piastrelle con il pugno e poi vi appoggiò la testa, chiudendo gli occhi.

Si lasciò scivolare l’acqua addosso, mentre sentiva i passi ansiosi di Percy in dormitorio e il russare docile dei suoi altri compagni.

Si passò una mano tra i capelli e una lacrima scese lungo la guancia, perdendosi tra le gocce d’acqua.

 

~°~

 

 

 

 

Selene’s Corner

Carissime,

scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma è stato un capitolo difficile, perché è un capitolo di passaggio e sinceramente mi fa un po’ schifo.

Ho cercato di metterci un po’ di comicità, un po’ di romanticismo, e un po’ di sfiga.

Insomma, povero Oliver, che deve fare per riuscire a dichiararsi a Katie?

Riusciranno i nostri eroi bla bla bla?

Spero davvero tanto di si.

 

Ah, per chi se lo sta domandando, Jack Sloper dovrebbe avere l’età di Katie, e farà parte della squadra di Quidditch nel quinto libro.

:D

Oliver lo odia, ma c’è bisogno di dirlo?

Povero, in questo capitolo tutti fanno gli occhi dolci a Katie! Perfino quel donnaiolo di Davis!

 

Insomma, alla fine sto capitolo fa abbastanza schifo, credo. Non è uno di quelli di cui sono maggiormente soddisfatta, ma ci si può arrangiare, no?

L’ultimo pezzo…vi giuro, non è colpa mia. Non volevo mettercelo, in realtà, ma poi You Tube ha fatto partire la colonna sonora di Harry Potter e i Doni della Morte parte 2, e quando la playlist è arrivata a “Severus e Lily”…si è scritto da solo.

Ogni tanto un po’ di malinconia ci vuole. E spero di non aver reso Oliver troppo OOC –è il mio terrore.

Insomma, è spaventato. Il Quidditch è sempre stato la sua strada, ma ha vinto la partita e perso la possibilità di uscire con Katie.

Teme di non poter avere entrambe le cose, ed è terribilmente stressato, perchè è il capitano, è il suo ultimo anno, potrebbero non vincere la coppa e comunque ci sono sempre i M.A.G.O., tanto ignorati, ma dei quali non si può certo dimenticare!


Che ve ne pare? Spero di non averlo fatto troppo noioso o tragico o…boh, non so.

Per l’ultimo pezzo, veramente, è da ascoltare con la Soundtrack che vi dicevo prima.

Rende davvero.

 

Ma passiamo ai ringraziamenti!

Anzitutto benvenuta alla cara Wynne, che si aggiunge alla lista delle recensitrici folli, le quali sono spinte a recensire solo ed esclusivamente perché Oliver è sotto alla doccia un capitolo si e l’altro pure.

Insomma, contenetevi! Sto già sbavando abbastanza io, che per descrivere Oliver sotto la doccia devo immaginarmelo!xD

Poveretto, diventerà un acciuga!

 

Poi grazie infinite anche a IlaSunnySmile (benvenuta anche a te, cara!), Tinotina, Faith__ (uh, quanta gente nuova, benvenuta!), Roxar e Ceci Weasley per aver recensito lo scorso capitolo. Vi adoro tantissimo!

 

Grazie anche a tutti quelli che seguono la storia (26), la ricordano (2) e la preferiscono (4).

We heart you! :D

 

Beh, che dire?

 

Recensite e passate al lato oscuro, noi abbiamo i biscottini!

 

A parte questo, pupazzetti di Oliver-acciuga a tutte! :D

 

Bacioni,

Selene

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Un appuntamento come Merlino comanda ***


Nota: Sono quattordici pagine di word

 Nota: Sono quattordici pagine di word. Spero di farmi perdonare per il ritardo nel postare il capitolo. Ricordatevi di recensire, abbiamo i biscottini!

 

Capitolo 5

-Un appuntamento come Merlino comanda-

 

 

Il risveglio di Oliver, sabato mattina, fu particolarmente traumatico. Percy lo buttò giù dal letto di buon’ora – assurdamente presto – e lo costrinse ad infilarsi nella doccia.

«Muoviti, Oliver. Non ti lascerò tutto il giorno a letto ad autocommiserarti. Penelope ha la febbre, quindi tu verrai adHogsmeade con me

Oliver rabbrividì – più per le sue parole che per il getto freddo della doccia – e si rassegnò all’idea di passare una tristissima giornata con Percy a discutere sull’importazione dei manici di scopa.

Per carità, voleva bene a Percy – era uno dei pochi fedeli amici che aveva ad Hogwarts – ma quella giornata ad Hogsmeade se l’era immaginata un tantino diversa.

Con Katie, tanto per fare un esempio.

Quando finalmente si decise ad uscire dal bagno trovò Percy ad aspettarlo appoggiato allo stipite della porta con aria sussiegosa.

Tentò di fargli un sorriso, ma ne venne fuori una smorfia tirata, così rinunciò quasi subito. Percy gli lanciò uno sguardo eloquente e minaccioso allo stesso tempo, e si affrettò ad infilarsi maglione e mantello.

«Andiamo, prendiamoci una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa.» disse il Caposcuola, alzando un angolo della bocca in una parvenza di sorriso.

Oliver lo fermò per un braccio.

«Preferirei non incontrarli.» disse, lanciandogli un’occhiata eloquente.

Percy alzò gli occhi al cielo.

«E cosa vorresti fare, di grazia? Chiuderti da Madama Piediburro? Guarda che le coppiette vanno comunque tutte lì.»

Percy si accorse di aver detto qualcosa di profondamente sbagliato, perché Oliver si lasciò sfuggire un gemito di puro orrore.

«Come non detto, amico. Andiamo alla Testa di Porco.»

Gli lanciò un sorriso di scuse e gli battè la mano sulla spalla in un curioso tentativo di solidarietà.

Oliver lo guardò truce e si avviò verso la Sala Grande con passo funereo, canticchiando qualcosa di non molto allegro.

Percy spese un paio di minuti ad ascoltare, e gli parve di scorgere tra le note distorte l’inno del Puddlemore United a di marcia funebre.

 

 

~°~

 

Sabato, e quindi l’uscita ad Hogsmeade, arrivò per Katie ad una velocità impressionante. La neve continuava a cadere, intervallata ogni tanto da rari scrosci di pioggia. Il parco di Hogwarts era bianco e immacolato, e la luce debole e chiara del mattino gli conferiva un’aria molto più tranquilla di quella che in realtà non avesse.

Katie si alzò presto e si buttò sotto la doccia prima che le sue compagne di dormitorio intasassero il bagno, e riuscì ad occuparlo per un bel po’ di tempo.

Non riusciva a decidersi ad uscire di lì. Insomma, finché era in bagno, non c’era nessun Jack Sloper ad aspettarla davanti al portone d’ingresso. Non c’era nessun ridicolo appuntamento ad Hogsmeade. C’erano solo il camino della Sala Comune, un buon libro, e magari con un po’ di fortuna un paio di chiacchiere con Oliver.

Pensare ad Oliver non fu affatto una mossa vincente. Rabbuiata si decise a spalancare la porta del bagno e infilare la testa nel baule in cerca di qualcosa da mettere.

Rovistò un po’ finché non trovò una normalissima felpa pesante rosso fuoco e un paio di jeans chiari. Se li infilò di malavoglia e passò davanti allo specchio, indecisa se truccarsi o meno.

«Oh, Katie si fa bella per Jack!» esclamò sognante Sophie, la sua compagna di dormitorio.

Katie la fissò per un attimo e chiuse la scatola dei trucchi con uno scatto. Meglio non dare troppi incentivi al ragazzo, no?

Capiamoci, non è che Jack non le piacesse. Era carino e tutto il resto, ma non era Oliver, e su questo punto non c’erano dubbi.

Insomma, perchè si era ridotta ad uscire con uno sconosciuto, per poi accorgersi che Oliver le piaceva da matti?

Tanto ormai era inutile cercare di negare anche l’evidenza. Lo stomaco in subbuglio ogni volta che lui era nelle vicinanze e il radar che sembrava individuarlo anche a cento metri di distanza parlavano chiaro, quasi quanto Alicia.

A proposito, dov’era quella disgraziata? Non aveva mai visto Alicia confabulare tanto con i gemelli Weasley, e questo le metteva addosso un vago senso di inquietudine.

La sera prima li aveva trovati a borbottare in un angolino, e la sera prima ancora erano entrati dal buco del ritratto tutti e tre insieme, tutti e tre con un’aria particolarmente soddisfatta dipinta in volto.

Scosse la testa e scese le scale del Dormitorio con calma, come se il solo camminare piano fosse stato in grado di ritardare il suo incontro con Jack.

Decise di fare tappa in Sala Grande per colazione – non sia mai che Jack Sloper volesse portarla a mangiare qualcosa da Madama Piediburro, che orrore – e lì vi scorse proprio i gemelli Weasley e Alicia, intenti a guardarsi in maniera eloquente e del tutto incomprensibile.

Scorse Jack Sloper al tavolo di Grifondoro e si mise a sedere dall’altra parte, tra Alicia e George.

Fred le lanciò un occhiata sorridente che probabilmente significava “Buongiorno” e tornò a fissare il gemello. Nessuno parlava.

Con una certa ansia ingoiò il pancake davanti a lei pezzo per pezzo, poi si alzò e mollò la scusa di dover scappare in bagno prima dell’incontro.

Fred, George e Alicia le propinarono tre identici, malandrini sorrisi, e questo incrementò il suo stato di inquietudine.

Quei tre stavano tramando qualcosa, Jack la aspettava e Oliver ancora non s’era visto da nessuna parte.

~°~

 

«Bene, se n’è andata. Possiamo procedere con il piano.» disse Fred una volta che Katie scomparve di corsa da dietro la porta della Sala Grande.

Alicia lanciò un sospiro di sollievo e gli sorrise.

«Bene. Sapete cosa dovete fare.» disse George, afferrando un tramezzino e mettendoselo in bocca.

«Non possiamo sbagliare, o salta tutto. Deve essere tutto assolutamente calcolato alla perfezione. Percy ha accettato senza fare troppe domande la proposta di trascinare Oliver a Hogsmeade, al resto ci pensiamo noi.»

Alicia e Fred annuirono, sorridendosi.

«Che il piano abbia inizio.»

 

«Jack Sloper, vero? Sono Alicia, l’amica di Katie.» disse in tono affabile, presentandosi davanti a Jack.

Lui alzò lo sguardo dal suo succo di zucca e la guardò, leggermente incuriosito. O forse era un po’ ebete, dipende dai punti di vista.

Alicia optò per la seconda opzione e si sedette facendo sventolare i capelli.

«Beh, mi domandavo se avevi pensato a cosa regalarle per San Valentino, visto che è tra due settimane.» disse, sorridendo largamente.

Jack tirò fuori un’espressione tra lo sconcertato e il terrorizzato.

«Beh, veramente no. Insomma, oggi è la prima volta che usciamo e…» iniziò, ma Alicia non gli diede il tempo di finire la frase.

«Ma ci penso io!» esclamò, circondandogli le spalle con un braccio.

Jack la guardò terrorizzato e fu costretto a dare le spalle al tavolo, mentre Alicia sproloquiava su quanto Katie amasse i peluches a forma di ragno – non si sa mai, poteva servire un piano B – e nessuno si accorse di Fred Weasley, che fece abilmente scivolare dalla manica uno strano liquido nel succo di zucca di Jack.

«…e quindi, spero che tu abbia capito tutto quello che ho detto!» esclamò Alicia giuliva, notando con la coda dell’occhio Fred che si allontanava lentamente fischiettando in direzione del portone.

Uno scintillio proveniente dalla sua mano le fece capire che il piano stava procedendo come doveva.

Jack la guardò stralunato.

«Assolutamente. Peluches ragno, adora Madama Piediburro e se le metto le mani addosso mi tagli le appendici.» ripetédebolmente.

«Bravo, Jack. Bravo.»

 

 

 

~°~

 

La giornata, per Jack Sloper, era cominciata in maniera alquanto bizzarra.

Escluso il ritrovamento di uno Snaso sguinzagliato per il dormitorio, la sera prima, non riusciva a fare a meno di notare gli sguardi assassini che mezza squadra Grifondoro gli riservava. In particolare quell’Oliver Baston, il capitano. Pensavano forse che avrebbe distratto la loro migliore cacciatrice portandola fuori ad Hogsmeade?

Un tantino preoccupato scese a fare colazione, sentendosi sulla nuca lo sguardo bollente e perforante del Capitano.

Scendendo per le scale incontrò Penelope Light, sua cugina di terzo o quarto grado, che correva per le scale direttaall’infermeria, avvolta in una pesante sciarpa e con un termometro in bocca.

Una volta arrivato in Sala Grande incontrò i ghigni identici di Fred e George Weasley – non aveva perso tempo a cercare di distinguerli – e si defilò, sedendosi il più lontano possibile da loro.

Non sia mai che finisse vittima del loro prossimo, terribile scherzo.

Afferrò una frittella e un bicchiere di succo di zucca e si mise a mangiare in fretta, preoccupato all’idea di fare tardi al suo primo appuntamento. Non era davvero il caso di far aspettare Katie, aveva sentito dire che la ragazza aveva un gancio potente.

Quando perfino Alicia Spinnet – con cui non aveva mai parlato prima – si sedette al suo fianco e iniziò a sproloquiare su San Valentino, facendolo voltare, iniziò seriamente a pensare che un’epidemia di Idioziosi avesse colpito i Grifondoro.

«…e se ti azzardi a metterle le mani addosso ti taglio le appendici, ragazzo. Hai capito tutto?»

stava dicendo Alicia Spinnet.

Un tantino preoccupato fece volare lo sguardo sulla sala prima di rispondere, e realizzò che se si sbrigava, riusciva sicuramente a scappare da lì, evitando perfino uno dei Weasley, che si stava allontanando proprio ora dal suo tavolo, fischiettando.

Deglutì e riportò l’attenzione ad Alicia.

«Assolutamente. Peluches ragno, adora Madama Piediburro e se le metto le mani addosso mi tagli le appendici.» ripetédebolmente.

«Bravo, Jack. Bravo.» disse lei con aria soddisfatta.

Si alzò come se non l’avesse appena minacciato di renderlo impotente, gli fece un gran sorriso e si mise a sedere vicino all’altro Weasley, continuando a fissarlo.

Giusto per avere qualcosa da fare che non fosse contemplare uno scudo per le parti basse, Jack afferrò il suo succo di zucca e lo bevve tutto d’un fiato.

 

 

 

~°~

 

 

«Allora, andiamo?»

Jack sorrise a Katie, e lei non poté far altro se non ricambiare il sorriso. Notò che Jack aveva un’aria un po’ verdognola, ma non disse nulla e si limitò a seguirlo lungo la strada per Hogsmeade.

Aveva smesso di nevicare, e la strada era ghiacciata e scivolosa.

Per un po’ parlarono del Quidditch – Jack si allenava come battitore e avrebbe tanto voluto far parte della squadra, magli Weasley erano imbattibili – e quando espresse le sue curiosità sulle strane occhiatacce di Oliver Baston Katie deviò la conversazione su una rotta più sicura, i compiti di Trasfigurazione.

Jack si lamentò per una decina di minuti di tutti gli insegnanti dell’intera scuola, poi sorrise timidamente a Katie e fece delle tranquillissime domande sulla sua famiglia.

Katie rispose tagliando i dettagli, cercando di tenere degli argomenti di riserva per quando inevitabilmente non avrebbero più saputo di cosa accidenti parlare.

Jack ogni tanto rallentava, come per godersi il panorama candido, e tremava un po’, probabilmente per via del freddo.

Katie chiese a Jack dei suoi genitori, e lui si illuminò e parlò per venti minuti buoni dei commerci di Calderoni di suo padre.

Era un po’ come parlare con Percy Weasley – Percy era meno muscoloso e più rosso – e di conseguenza Katie si ritrovò ad annuire senza capire un accidente di Importazioni di Doppi Fondi.

 

Arrivarono ad Hogsmeade parlando del più e del meno – bastava lasciar fare conversazione a Jack, che sembrava inesauribile – e si fermarono in prossimità dei Tre Manici di Scopa.

Katie guardò speranzosa Jack – era veramente freddo – ma lui continuò a ciarlare e tirò dritto fino a metà della via principale, per poi fermarsi con un sorriso soddisfatto esattamente davanti a Madama Piediburro.

La ragazza represse un conato di vomito – effettivamente anche Jack sembrava sul punto di rimettere – e lo seguì mestamente oltre la porta.

 

Dentro c’erano coppiette ad ogni angolo, e una grassoccia signora sulla quarantina – Madama Piediburro, presumibilmente – serviva i tavoli facendo svolazzare la gonna e sorridendo ai giovani clienti.

«Beh,» fece Jack. «Mi sembra…carino

Katie si costrinse a sorridere al ragazzo – ma probabilmente le uscì una smorfia – e guardandolo meglio in volto si rese conto che sembrava davvero malato.

Tremava, e questo poteva essere giustificato dal freddo.

Aveva delle curiose occhiaie violacee sotto agli occhi, ma magari aveva dormito poco.

Era piuttosto giallognolo in faccia, ma magari era il suo colore naturale e Katie non ci aveva mai fatto caso prima.

Sudava, e per questo davvero non c’era spiegazione, erano meno quattro gradi fuori di lì.

Ma ciò che la convinse definitivamente che Jack stava davvero male furono lo sguardo vagamente febbrile e la mano che si teneva sullo stomaco, come se stesse veramente per vomitare.

«Jack, ti senti bene?» chiese, esitante, quando lui non diede segno di volersi muovere da davanti alla porta.

La risposta si perse nel fragore dell’entrata di qualcuno di particolarmente rumoroso, o forse Jack non rispose affatto, ma Katie non poteva saperlo.

Venne sommersa da tre visi alquanto familiari, e i sospetti che aveva avuto a colazione incrementarono a dismisura.

Fred, George e Alicia fecero ingresso nel locale, li salutarono allegramente e presero posto su un tavolino di fianco al bagno.

Jack li vide e diventò bianco come un lenzuolo.

Decisa a ignorare la stranezza della situazione, almeno per il momento – ci mancava solo la Piovra Gigante e poi c’erano veramente tutti – Katie attirò l’attenzione di Jack posandogli una mano sul braccio.

«Ci sediamo lì?» chiese. Gli indicò il tavolo più lontano possibile dai gemelli e Alicia, e Jack parve riprendere un po’ di energia. Le sorrise con aria di scuse e si sedettero.

Madama Piediburro arrivò da loro in un baleno e ordinarono due Burrobirre allo Zenzero – Katie si rifiutava di provare la specialità della casa, Acqua Tonica agli Scarafaggi e Burro – e Jack approfittò di un suo momento di distrazione per allungare una mano sul tavolo e posarla a dieci centimetri dalla sua.

Katie cercò di fare finta di niente, ma sentiva il calore della mano di Jack poco lontano dalla sua e gli sguardi perforanti di quegli impiccioni dei Weasley – e anche quella che si faceva chiamare la sua migliore amica – sulla nuca.

Arrivarono le Burrobirre e entrambi ringraziarono la locandiera. Katie si nascose dietro al suo boccale senza ritirare la mano e Jack continuò a chiacchierare, interrompendosi ogni tanto per sorseggiare la sua Burrobirra allo zenzero.

Improvvisamente si bloccò e deglutì a fatica, e Katie lo guardò preoccupata.

Sembrò per un attimo sul punto di rimettere, ma poi parve riprendersi e gli sorrise, arrossendo furiosamente.

Katie cercò qualcosa da dire per dissipare l’imbarazzo. Nemmeno Jack sembrava molto a suo agio.

«Ti è piaciuta la partita dell’altro giorno?» chiese.

Niente male, niente male, pensò. Sto migliorando.

Lui si illuminò e le regalò un gran sorriso.

«Da matti. Siete stati fantastici, è stata una partita veramente meravigliosa. Potter, poi, è stato davvero bravo. Che finta che ha fatto con quella picchiata, superba. La Chang stava per sbattere il muso sulle gradinate.»

Katie ridacchiò e Jack le sorrise, apparentemente soddisfatto per aver concluso una frase senza andare all’altro mondo, e fece per aggiungere qualcosa, ma si bloccò di colpo.

Un curioso rumore, come un borbottio, attirò l’attenzione di Katie e lei ne cercò la fonte.

Si guardò per un attimo in giro, mentre Jack arrossiva di botto, e poi riportò lo sguardo su di lui.

Contemporaneamente, entrambi abbassarono lo sguardo sullo stomaco del ragazzo, che aveva preso a brontolare a più non posso, in maniera alquanto inquietante.

Jack emise un suono a metà tra un gemito di dolore e un mugugno terrorizzato e si portò una mano alla bocca.

Biascicò uno “scusa”ovattato e corse in bagno, sotto lo sguardo esterrefatto di Katie e di tutto il locale.

La ragazza si ritrovò ad arrossire violentemente e a fissare la sua Burrobirra per non alzare la testa, e non si mossenemmeno quando tre sedie vennero trascinate prima indietro e poi avanti. Sapeva benissimo chi si era appena seduto al suo tavolo.

«Ma cos’ha Sloper, Katie?» chiese Alicia incuriosita e ridacchiante.

Katie alzò lo sguardo su di lei sospettosamente, ma Alicia sembrava solo molto curiosa e divertita.

«Credo che stia male.» rispose, anche se era particolarmente ovvio.

Fred e George erano immersi in una conversazione su un loro nuovo progetto, dolci magici e scherzi di ogni genere probabilmente, e sembravano avere un’aria abbastanza innocente, per i loro soliti standard.

«Beh,» sussurrò Alicia per non farsi sentire dai gemelli, troppo impegnati per prestar loro attenzione. «Te ne sei liberata in fretta.»

Katie fissò la porta del bagno e non le rispose, e Jack ne uscì dopo quindici minuti buoni.

Si diresse al loro tavolo con calma, come se avesse paura di dover tornare davanti alla tazza del water da un momento all’altro. Ora tendeva veramente al giallo in viso e sembrava sul punto di ricoprirsi di strane pustole.

«Non sto molto bene, devo andare in Infermeria. Mi dispiace lasciarti qui.» disse in tono sofferente e monocorde.

Katie lo guardò preoccupata.

«Vuoi che ti accompagno?» chiese.

Lui scosse la testa debolmente, iniziando a virare vagamente verso il violaceo.

«Non preoccuparti, ce la faccio. Credo

Lanciò un ultima occhiata spaventata ai gemelli, troppo occupati per badare a lui, e a Alicia, che stava guardando con moderato interesse Michael Corner che baciava una ragazza bionda di Corvonero, e si defilò attraverso la porta in fretta, senza dire altro.

Fred si girò appena per vederlo uscire e sgranò gli occhi.

«Katie, perché Sloper ha una coda da canarino attaccata al sedere?»

A Katie parve di cogliere un luccichio soddisfatto nello sguardo di George, ma si convinse di esserselo semplicemente immaginato.

«Beh Katie, noi dobbiamo proprio andare.» esclamò Alicia all’improvviso.

Tirò su di peso Fred e George, che erano ritornati al loro discorso contorto su merendine che facevano vomitare, e uscirono dal locale lasciando lì Katie come un salame, a domandarsi che accidenti avesse fatto a Godric per meritare una giornata così assurda.

 

 

 

 

 

~°~

 

 

 

«Insomma, Perce, ti decidi a scegliere questa dannatissima piuma?»

Oliver era davvero di pessimo umore. Non aveva incontrato Katie né al Castello né ad Hogsmeade, e non era esattamente sicuro che fosse una cosa positiva. Certo, si era risparmiato la vista dei raccapriccianti tentativi del suo rivale di conquistare la ragazza che amava, ma non vederla gli aveva messo addosso un po’ di ansia.

Come a rendere le sue preoccupazioni più reali, aveva trovato Fred, George e Alicia intenti a borbottare tra loro a Colazione, con l’aria aver intenzione di combinare qualcosa di grosso. Dai gemelli Weasley una cosa del genere potevi aspettartela, ma ciò che maggiormente lo scioccava era l’espressione risoluta e malandrina di Alicia. Aveva evitato abilmente di domandarsi che accidenti avessero in mente – era sicuro di non volerlo affatto sapere – e aveva seguito Percy ad Hogsmeade, per finire un’ora intera rinchiuso in un negozio ad aspettare che Perce scegliesse una dannatissima piuma d’aquila, visto che la sua era esplosa per un piccolo incidente a Incantesimi.

«Taci, Baston. Posso ricordati che sei stato tu a dare sfoggio delle tue doti da piromane dando fuoco alla mia piuma semi-nuova?» lo rimproverò Percy, saggiando la leggerezza di una piuma color panna.

Oliver strinse gli occhi e lo guardò male.

«Ti ho già chiesto scusa in ginocchio. Cosa devo fare per farmi perdonare, presentarti a Caramell

Percy spalancò la bocca.

«Lo consci?!» esclamò stupefatto.

«No, Perce. Ti stavo prendendo in giro.»

«Ah.»

Percy gli lanciò un occhiata rancorosa e tornò ad osservare la piuma, passandola sotto il naso.

Oliver lo osservò per un po’, nella speranza che l’amico si sentisse sotto pressione e affrettasse la sua scelta, ma Percy era un tipo pignolo e testardo.

Dopo aver provato quasi tutte le piume del negozio la scelta cadde sulla seconda che aveva preso in mano appena entrato – come Oliver aveva ovviamente previsto – e come se non bastasse Percy pagò i sedici Falci che doveva al venditore in Zellini, posandone uno per uno sul bancone con fare pomposo.

Uscirono dal negozio e Oliver fu quasi sollevato nel sentire l’aria gelida di fine gennaio sul volto. Percy invece si ritrasse nel cappotto e ficcò la faccia nella sciarpa rosso-oro.

«Dove credi che sia?» domandò Oliver, senza nessuna particolare inflessione della voce. Cercava di mantenere un tono neutro, ma era sicuro che Percy sapesse esattamente cosa stesse provando in quel momento.

Desiderò ardentemente di essere sul campo da Quidditch in sella alla sua Comet 260 ad allenarsi duramente. Almeno in quel modo non ci sarebbe stato spazio per nessun pensiero molesto che si presentava sotto forma di una splendida ragazza con i capelli neri.

Sangue, sudore e lacrime, ecco cosa ci voleva davvero. Doveva smettere di pensare a Katie, doveva concentrarsi sul Quidditch.

Percy lo guardò, vagamente compassionevole, e Oliver si maledisse per avergli fatto una domanda del genere. Era strano parlare di queste cose con Percy. Percy stesso era strano fino all’inverosimile – e pomposo, e rompiscatole, e un Prefetto, e noioso – ma gli voleva bene.

«Fa freddo. Credo che siano in qualche negozio, o ai Tre Manici di Scopa.» rispose.

Era una mezza verità, e lo sapevano entrambi. Faceva davvero freddo, e magari Sloper stava cercando un modo di scaldare Katie. Oliver represse l’improvviso istinto omicida che lo colse nel bel mezzo della strada e si distrasse un attimo, cosicché non vide la palla di neve arrivare. Quella lo centrò dritto in faccia, e quasi cadde all’indietro per lo spavento. Tuttavia, le sue doti straordinarie da Portiere gli permisero di parare una parte del missile, e vide con la coda dell’occhio due familiari teste rosso fuoco in un mare di bianco.

«Voi due!» sibilò Percy, contrariato ma anche sollevato di non essere il bersaglio, per una dannatissima volta, dei suoi molesti fratelli.

Oliver si riprese dallo shock della paralisi facciale causata dal gelo della neve e si trovò davanti Alicia e i gemelli Weasley, come annunciato da Percy.

Fred gli sorrideva – o era George, dannazione? – e l’altro stava per rotolarsi a terra, spanciandosi dalle risate per la sua faccia sconvolta.

Alicia gli sorrise incoraggiante, e per un fugace, terrificante momento ebbe il sospetto che tutta la squadra di Quidditch, compreso il giovane Harry, fosse a conoscenza della sua tribolazione sentimentale e dei suoi sogni non sempre castissimisulla loro migliore Cacciatrice.

«Percy, veniamo giusto ora dal castello. Abbiamo incrociato Penelope che andava in Infermeria, chiede di te.» disseAlicia, sorridendo anche a Percy. Alicia e Penelope avevano la stessa età e frequentavano delle lezioni insieme, e potevano dirsi amiche, anche se non passavano molto tempo insieme.

I baffi da burrobirra dei gemelli Weasley, però, erano vagamente sospetti, così come i loro occhi – identici – puntati su Percy, come se il fatto che il ragazzo dovesse correre al capezzale di Penelope Light fosse una questione di vita o di morte.

Percy parve cogliere l’occhiata dei fratelli, ma anziché rimproverarli come faceva di solito per le loro occhiate diaboliche degne di Salazar Serpeverde o di Sirius Black, fece una cosa stranissima.

Aprì la bocca a formare una perfetta, tonda e silenziosissima “O”, per poi guardarlo di sfuggita annuire, gli occhi spalancati in un’espressione a metà tra il sospettoso e il sorpreso.

«Ti accompagniamo, stavamo tornando su, fa troppo freddo.» disse Alicia, sorridente come non mai. «E poi voglio vedere anche io se Penelope si sente meglio.» aggiunse, pensierosa.

Percy deglutì, cosa stranissima, e si girò verso Oliver, passandogli un foglietto di pergamena.

«Avevo delle commissioni da fare. Se ti lascio la mia lista, le faresti per me? Ti lascio anche i soldi.» disse, supplichevole. Oliver capì che era combattuto tra il lasciarlo lì da solo come un gatto abbandonato e correre al capezzale della fidanzata, più che altro perché lei lo avrebbe mollato se non fosse arrivato di corsa, visto come lo comandava a bacchetta.

Annuì mestamente e afferrò gli oggetti che l’amico gli porgeva, sotto lo sguardo avido – chissà perché, poi – dei gemelli Weasley.

Percy gli sorrise un’ultima volta.

«Scusa, Oliver. E grazie!» disse. Poi si voltò e iniziò a marciare spedito verso il castello più in fretta che poteva, accompagnato da Alicia e i gemelli Weasley, che esibivano i volti di coloro che avevano appena portato a termine con estrema efficacia una missione particolarmente difficile.

Rimase a guardarli allontanarsi chiacchierando – Percy estrasse la bacchetta un paio di volte e la puntò contro i fratelli – e se ne stette fermo lì, al freddo, per una manciata di secondi di troppo.

Caso volle che la fortuna passasse di lì in quel momento, attirata da tutte le cospirazioni in atto a sua insaputa.

«Ehi, Oliver!»

Oliver sgranò gli occhi e rimase immobilizzato sul posto, senza avere il coraggio di girarsi.

Katie, fu tutto ciò che la sua mente riuscì a produrre.

 

 

~°~

«Ehi, Oliver!»

Katie non riusciva a credere ai suoi occhi. Che diavolo ci faceva Oliver Baston a Hogsmeade, da solo come un cane, in mezzo alla strada, a fissare Hogwarts da lontano con quell’aria da ebete?

Lui per un istante rimase immobile, come se gli fosse stato lanciato un Pietrificus Totalus, e Katie fu quasi sul punto di borbottare un Finite Incantatem per assicurarsi che nessuno lo avesse stregato, ma poi si mosse.

Si voltò lentamente verso di lei, e sul suo volto passarono tre diverse reazioni nel giro di un nanosecondo, tanto che a Katie venne il dubbio di essersi immaginata tutto.

Prima parve estremamente terrorizzato, poi improvvisamente sollevato, e poi di botto terribilmente imbarazzato.

Katie cercò di sorridergli, e quando vide che Oliver ricambiava il suo sorriso si sentì vagamente meno preoccupata. Se riusciva a sollevare gli angoli della bocca, non aveva nulla che non andava. In genere, per controllare che il soggetto non fosse sul punto di avere un infarto, si chiedeva di formulare una frase di senso compiuto, ma evitò di fare la prova, certa che Oliver avrebbe risposto qualcosa come “la pluffa non entrerà negli anelli”.

Cercò qualcosa di sensato da dire, perché fissarsi per un determinato periodo senza proferire parola non era esattamente una buona idea, e se ne uscì con un sofisticatissimo «Cosa ci fai qui tutto solo?».

Si complimentò mentalmente con se stessa, perché Oliver parve leggermente più a suo agio e rispose come una persona normale, senza citare il Quidditch nemmeno una volta.

Raccontò di essere arrivato con Percy e di aver passato più di un’ora a scegliere una Piuma d’Aquila.

«Poi abbiamo incontrato i gemelli Weasley e Alicia, » disse. « e Percy è andato con loro al castello, perché Penelope, la sua ragazza, è finita in Infermeria.»

«Che strano.» fece allora Katie, mentre camminavano lentamente fiancheggiando il lato sinistro della via. «Anche Jack è andato in Infermeria. Non stava affatto bene.» disse, guardando Oliver di traverso.

Le parve di scorgere un lampo di trionfo negli occhi del ragazzo, ma si convinse di esserselo solo immaginato. Aveva davvero una fervida immaginazione, quel giorno.

«Ah, ecco, mi stavo chiedendo dove fosse finito!» si lasciò sfuggire Oliver. Parve pentirsene immediatamente, perché serrò la bocca e non aggiunse nient’altro.

Katie, alla luce delle parole di Alicia e degli eventi di quei giorni, si sentì in dovere di dare delle spiegazioni che lui altrimenti non avrebbe mai preteso, orgoglioso com’era.

«E’ stato un fiasco di appuntamento, non credo che ci uscirò di nuovo.» rivelò, arrossendo.

Era quasi una confessione, se ci si pensava bene, e Oliver diventò talmente rosso che quasi riusciva a sentirsi il calore addosso. Questo parve rincuorarla, e Oliver riprese a camminare decisamente più soddisfatto, cosa che la rese davvero felice.

«Devo fare alcune commissioni per Percy, ma non so davvero dove trovare un…» scorse appena il foglietto che aveva in mano «…maglione di lana in fibra morbida.» lesse, sconcertato.

Katie gli sorrise e si sentì avvampare, ma anche molto leggera.

«Ci penso io, Capitano.»

 

Il resto della mattinata passò ad una velocità incredibile per Oliver. Avevano trovato il maglione per Percy, che evidentemente era deciso a non indossare il solito, lanoso maglione con la P ricamata sopra che sua madre soleva regalargli ad ogni Natale.

Katie era stata fondamentale nelle operazioni di acquisto: avevano riso a crepapelle della lista assurdamente precisa di Percy, considerato che l’aveva scritta per se stesso, e risero anche quando Katie inciampò in quel sasso che sporgeva dalla neve. Oliver l’aveva afferrata per un braccio prima che lei si spiaccicasse a faccia avanti sulla strada, per poi arrossire di botto per il contatto e quell’insolita vampata da calore che l’aveva avvolto.

Si erano davvero sbellicati quando la sciarpa rossa della ragazza si era inesplicabilmente  impigliata in un lampione, quasi strangolandola.

Ancora una volta Oliver era corso a salvarla, sorridente e imbarazzato, sentendosi tanto uno sfigatissimo cavaliere che salva la sua dama in pericolo.

Ma Katie non era tanto una damigella in pericolo quanto un’autentica calamita per disgrazie e calamità naturali.

Sembrava proprio che non riuscisse a stare dieci minuti senza che qualcosa la aggredisse, che fosse la sua sciarpa, un sasso o la capra imbestialita del barista della Testa di Porco.

Oliver aveva già notato questo aspetto di Katie durante allenamenti di Quidditch e partite. I bolidi avevano sviluppato una particolare familiarità con il cranio, il naso e le costole di Katie, e i giocatori avversari sembravano aver messo su un giro di scommesse clandestine su chi la buttava giù dalla scopa più velocemente.

Sembrava davvero che fosse perseguitata dalla sfortuna, e Oliver ne era profondamente convinto, ma rimaneva comunque una giocatrice di Quidditch eccellente.

 E forse lui era un po’ di parte, ma diceva la stessa cosa anche di Harry, e non era di lui che era follemente innamorato, no?

In quel momento Katie lo riscosse dai propri pensieri, posandogli con leggerezza disarmante una mano sul gomito.

«Che ne dici se andiamo a mangiare un panino ai Tre Manici di Scopa?» domandò, mentre il suo stomaco brontolava allegramente per darle manforte.

Oliver si accorse di essere terribilmente affamato e annuì, sorridente.

Katie gli restituì radiosa il sorriso e lui non poté fare a meno di ringraziare Godric, Merlino, Morgana, Silente e tanti altri per tutte le fortunate coincidenze che l’avevano portato a passare la giornata con Katie anziché con Percy.

Non poteva certo sapere che Katie, in cuor suo, stava ringraziando esattamente per la stessa cosa.

 

Quando entrarono ai Tre Manici di Scopa erano ormai le due e mezza del pomeriggio e il locale non era affollato come Oliver pensava.

C’erano solo Sunas Bones e Hanna Abbott di Tassorosso e un altro gruppo di studenti che conosceva solo di vista. Katie salutò timidamente le due ragazze con un gesto della mano e Oliver sorrise loro. Avrebbe volentieri gridato al mondo tutta la sua felicità, ma forse era meglio trattenersi fino a che non sarebbe stato solo, in Dormitorio.

Era ad Hogsmeade con Katie Bell, erano da soli, e quello si stava trasformando sempre di più in un appuntamento in piena regola.

Ora doveva solo pagarle il pranzo, farla ridere, chiderle un altro appuntamento, riaccompagnarla fino in Sala Comune e magari strapparle anche un bacio sulla guancia.

Se ci fosse stato Percy, probabilmente lo avrebbe rimproverato di essere stoltamente ottimista fino alla nausea, lui che di solito era un pessimista cronico, ma in quel momento non si sentiva né ottimista né il contrario. Si sentiva solo decisamente euforico.

Si sedettero ad un tavolo all’angolo e ordinarono due panini, cominciando a parlare di Quidditch.

Katie sembrava entusiasta dell’andamento della classifica, nonostante a entrambi bruciasse ancora la sconfitta controTassorosso, e condividevano l’ansia per la partita decisiva, quella contro Serpeverde.

Se Oliver era preoccupato all’idea di annoiare Katie con l’argomento Quidditch, si sbagliava di grosso.

Lei iniziò a parlarne, godendosi gli occhi accesi dall’euforia e dall’eccitazione di Oliver, e lei chiuse il discorso, rassicurando Oliver ottimisticamente e rimproverandolo bonariamente di tentare di assassinare Harry Potter.

Lui sorrise imbarazzato e si portò una mano tra i capelli, sulla nuca, posando l’altra a pochi centimetri da quella di Katie.

Lei guardò per un istante le loro mani vicine e riportò subito lo sguardo su Oliver, vagamente rossa in viso.

«Vedrai che vinceremo la coppa, Oliver. Me lo sento.»

Perché lo aveva detto lei, Oliver ci credette. Si sentiva talmente felice e stordito che nemmeno realizzò quello che stava facendo fino a che non si ritrovò a coprire la mano della ragazza con la sua, a guardarla negli occhi grigi e a mormorare «Grazie.» con un tono talmente dolce che sconvolse per primo se stesso.

Quella volta, tuttavia, non si sentì affatto in imbarazzo. La mano di Katie era fredda e la sua era a dir poco bollente, e il netto contrasto gli mandava brividi gelati lungo il gomito.

Trovò il sorriso dolce che lei gli rivolse la cosa più bella del mondo, e decretò che non avrebbe spostato la mano di lì neanche morto.

 

 

Uscirono dal locale ridendo e guardandosi timidamente di sottecchi. Oliver aveva insistito per pagare e Katie aveva protestato per un po’, ma sapeva che era una battaglia persa in partenza: se Oliver Baston si metteva in testa di fare una cosa, non c’era verso di farlo desistere, in alcun modo.

Come quella volta che li aveva costretti ad allenarsi con una mano legata dietro alla schiena, tanto per fare un esempio.

Katie sorrise divertita al ricordo e si strinse nella sciarpa e nel mantello per ripararsi meglio.

«Hai freddo?» le chiese Oliver, avvicinandosi a lei impercettibilmente.

Katie alzò su di lui lo sguardo, sollevando un sopracciglio con aria divertita.

«Tranquillo, non mi ammalerò e verrò ai prossimi allenamenti senza problemi.» gli rispose ridendo.

Oliver si finse offeso per il fatto che lei gli avesse dato del furioso Capitano maniaco e borbottò un paio di dinieghi.

«La sua testa! Galleggiava!», gridò qualcuno, travolgendoli.

Oliver riconobbe Draco Malfoy, ricoperto di fango e inseguito dai suoi due soliti scagnozzi, che correva a rotta di collo per le vie di Hogsmeade, diretto ad Hogwarts. Aveva l’aria di chi ha appena incontrato un lupo mannaro, e lo sentirono strillare a gran voce fino a che non fu solo un puntino che correva veloce verso il castello.

Oliver lo osservò per un po’ e poi ridacchiò in direzione di Katie, scuotendo la testa e alzando le spalle.

Katie rise di nuovo e si sentì estremamente leggera. Qualsiasi questione sarebbe passata in secondo piano, di fronte a un ragazzo così pazzo, carino, maniacale e dolce.

«Ci avviamo al castello? Fa davvero freddo.» propose Oliver, rabbrividendo.

Katie, che non disdegnava affatto l’idea di entrare in Sala Comune con Oliver Baston, annuì.

Per prima cosa, se Jack li avesse visti insieme probabilmente non le avrebbe più chiesto di uscire. Oliver aveva l’aria da pazzo pericoloso, soprattutto quando si andava ad intaccare la concentrazione della sua squadra di Quidditch, e Katie sperava che almeno un po’ fosse geloso.

Secondo, era sicura che avrebbe trovato lì Puffo Weasley, Pelo Rosso e Pluffa Impazzita, in sua attesa, con tre ghigni esattamente identici.

Sospettava in un loro coinvolgimento negli eventi fortunati e casuali della giornata, ma non poteva provarlo, se non sottoponendoli a Veritaserus o Maledizione Imperius, entrambi mezzi un tantino illegali.

«Per me va bene. Rischio di prendermi un raffreddore, se passo ancora molto tempo al freddo!» esclamò Katie.

Oliver la guardò storto e mormorò qualcosa come Autoboicottaggio degli allenamenti”, ma alla fine sorrise e la seguì su per il sentiero che riportava al castello.

Chiacchierarono praticamente di tutto durante il tragitto di ritorno, e Katie ebbe anche l’occasione di raccontare a Oliver della misera figura con Jack e della fine tragica del suo appuntamento.

Oliver si disse dispiaciuto per lui, ma il sorrisetto sadico che aveva in faccia suggerì a Katie che, se Alicia aveva ragione, e lei piaceva a Oliver – cosa di cui dubitava – in quel momento il ragazzo stava augurando a Jack Sloper tutti i virus intestinali del mondo.

 

Entrare nel castello fu un vero sollievo per i due ragazzi, ormai gelati dalla testa ai piedi. Alcuni studenti stavano rientrando da Hogsmeade alle loro spalle, dirigendosi in massa verso la torre di Corvonero.

Oliver vide Cho Chang camminare di fianco ad un’amica con l’aria civettuola e per niente abbattuta.

Fecero le sei rampe di scale che li separavano dalla Torre di Grifondoro con calma, mentre Katie raccontava allegramente delle sue vacanze di Natale e Oliver ascoltava rapito, ridendo di tanto in tanto alle sue battute, sorridente come un ebete innamorato solo sa essere.

«…e la mia vicina di casa, Babbana, ha chiamato il numero speciale perché dice di aver visto Sirius Black nascosto nella sua siepe. A Londra! Ma figuriamoci.» stava dicendo Katie.

Oliver ridacchiò.

«Così vivi nel quartiere Babbano di Londra?» domandò, curioso. «Dev’essere strano stare lontano dalla magia, a casa.»

Katie annuì mesta.

«Sono Mezzosangue,» disse. «Mia madre è una strega e mio padre un Babbano. Abitiamo insieme a mia nonna paterna.»

Oliver le sorrise. Non le importava se fosse Purosangue o Nata Babbana. Anche lui era Mezzosangue, nonostante non avesse mai conosciuto il padre*, Babbano.

Era cresciuto con sua madre, e quando lui aveva dodici anni lei si era risposata con un mago, Arnold, a cui Oliver era molto legato.

«Speriamo che Sirius Black non si faccia vivo ad Hogwarts.» sospirò Katie. «Insomma, era il più fedele seguace di Tu-Sai-Chi, e Harry l’ha fermato. Vorrà vendicarsi, ora che è libero.» aggiunse, preoccupata.

Oliver le lanciò un’occhiata orgogliosa e obliqua. «C’è Silente ad Hogwarts, non oserebbe mai.» disse. «E poi, prima di far fuori il miglior Cercatore che Grifondoro abbia mai avuto, dovrà passare sul mio cadavere.» annunciò tetro, sfiorando la bacchetta.

Katie rise di lui per un’intera rampa di scale e lui si ritrovò a farle il solletico per farla smettere, mentre acceleravano il passo inconsapevolmente.

Arrivati davanti al ritratto della Signora Grassa, vi trovarono Sir Cadogan, che lì salutò con un inchino, chiamandoli Ginevra e Artù, e accettò la parola d’ordine – Vile Canaglia – con estrema riluttanza.

«Avrei preferito sfidarvi a singolar tenzone, nobile cavaliere comandante delle tue truppe!» disse, risentito, poi scivolò in avanti e li lasciò passare.

La Sala Comune era stranamente deserta. C’era solo un ragazzo che leggeva, in un angolo, e che non si curò affatto di loro.

Katie lanciò un’occhiata alle scale del suo Dormitorio e poi si girò di nuovo verso Oliver.

«Beh, ho passato una bellissima giornata, davvero.» disse a Oliver. Lui sorrise, radioso.

«Anche se a Sloper è spuntata una coda di canarino per cause sospette?» domandò, ridacchiando.

«A meno che non sia stato tu, direi di si. Anche se Jack è scappato dal nostro appuntamento.» rispose, spostandosi i capelli dietro l’orecchio.

Oliver le fece un sorriso dolce.

«Non sono stato io, mi dispiace.» disse ridendo. «Mi sono divertito un sacco.» aggiunse, guardandola più intensamente negli occhi. Era arrivato il fatidico momento, e lui lo sapeva. E probabilmente lo sapeva anche lei.

«Grazie per avermi fatto compagnia, Katie.» disse. Abbassò lo sguardo mentre lei rispondeva «Di niente!» , forse un po’ troppo in fretta.

Passò un istante di silenzio imbarazzato, e Oliver si decise.

Ora o mai più.

«Mi stavo chiedendo,» iniziò, fissandosi le scarpe e arrossendo, « se per caso non ti andasse…ovviamente, tra un allenamento di quidditch e un altro…cioè, io…» fece un sospiro e continuò, rivolto ai lacci delle scarpe. «se magari ti andava di tornare ad Hogsmeade. Con me. Da soli

Arrossì furiosamente, e pregò silenziosamente il pavimento della Sala Comune di risucchiarlo e richiudersi sulla sua vergogna, ma quello rimase lì dov’era, dispettoso.

Katie spalancò la bocca e gli occhi e ci mise un istante di troppo a realizzare ciò che stava succedendo.

Oliver si sentì terribilmente scoraggiato. Ammosciato, per la precisione.

«Ovviamente, se non vuoi…cioè, magari tu…Sloper…» fece, costernato, rivolto alle scapre.

Katie sorrise, e fu un sorriso splendido, che illuminò la stanza, e Oliver lo percepì, tanto che alzò gli occhi sui suoi, trovandola veramente troppo vicina.

Riusciva quasi a distinguere chiaramente le ciglia e tutte le pagliuzze azzurre dell’iride…

«Mi piacerebbe un sacco rispose lei piano.

Si guardarono per un secondo, poi Katie fece una cosa meravigliosa e completamente inaspettata.

Si alzò in punta di piedi, lo guardò maliziosamente un’ultima volta e gli sfiorò la guancia con le labbra.

Oliver rimase lì, imbambolato, senza nemmeno prendersi il disturbo di arrossire furiosamente. Katie invece si ritrasse, color bordeaux in viso, mormorò un “ci vediamo domani” e scappò nel suo dormitorio.

Oliver aspettò di sentire il rumore della porta chiusa, poi si lanciò verso le scale del suo, di dormitorio.

Doveva trovare Percy, e subito.

Fece le scale due a due, sentendosi l’uomo più felice sulla faccia della terra.

Prima di trovare Percy, però, ci voleva una doccia. Una doccia gelata.

 

 

 

 

Selene’s Corner

 

Chi non muore si rivede, eh?

Chiedo umilmente perdono, perché ci ho messo una vita a scrivere il capitolo, ma spero che vi piaccia e che sia di vostro gradimento. E’ un capitolo bello corposo –quattordici pagine di word, è troppo lungo? – e spero di farmi perdonare in questo modo :D

Ecco la tanto attesa uscita ad Hogsmeade.

Devo dirvi alcune cose importanti, quindi vi prego di leggere.

 

1-      Ho inserito un’immagine della storia, la trovate all’inizio del primo capitolo. E’ il mio primo esperimento conPhotoshop, spero che vi piaccia :D Fatemi sapere, mi raccomando!

2-      Volevo farvi una domanda importante: come credete che sia la caratterizzazione dei personaggi di cui parlo? Cosa secondo voi non quadra molto, o non è molto chiaro? E cosa, secondo voi, è di troppo nelle descrizioni? 
Sono un po’ in ansia per via dell’IC, e spero di averlo rispettato.

3-      Ho inserito il dialogo sui genitori e sulle origini perché servirà da base per il futuro, insomma. Le informazioni su questo le ho trovate su Wiki Harry Potter. Non sono certe al 100%, ma dovrebbero essere entrambiMezzoSangue. (E non sanguesporco, attenzione!) Figli di un mago e un babbano, insomma. A metà :D

4-      Del padre di Oliver ho deciso io, rileggendo HP4. Lì dice che Harry viene presentato ai genitori di Oliver, e ho pensato di condire di più la faccenda. Ora la madre sta con un mago, quindi nella guerra non correrebbero rischi, ma Oliver è comunque per metà babbano. :D

 

 

Passiamo però ai ringraziamenti: devo davvero ringraziarvi per le meravigliose nove recensioni che mi avete lasciato. Dal prossimo capitolo ho deciso che risponderò alle recensioni qui in fondo alla pagina, perché quel metodo mi piaceva di più, a dirla tutta :D

Grazie infinite a Perla (benvenuta!) IlaSunnySmile, Ceci Weasley , Wynne_Sabia, Roxas93 (benvenuta anche a te!),Tinotina, Ella18 (welcome!), Queen_(bentornata!!) e AresEris (record recensione più lunga, mi sa :D)

 

 

 

ANNUNCIO: Oliver tornerà a farsi vedere sotto la doccia nel prossimo capitolo, dove torneranno anche le sue numerose paranoie mentali, e apparirà anche il professor Lupin :D Oh, Remus adorato!!

 

ANNUNCIO 2: Come suggerito da Wynne_Sabia, fondiamo il C.R.A.B : Comitato Riabilitazione Addominali di Baston, decisamente troppo sottovalutati in questo sito :D

 

Insomma, se volete partecipare, fatemelo sapere!! Abbiamo tanti pupazzetti di Oliver strizzato sotto la doccia e tanti poster!! :D E ovviamente, i biscottini! :D

 

SPOILER PROSSIMO CAPITOLO: Oliver parlerà con Lupin, sapremo finalmente cosa hanno combinato Alicia, Fred e George a Jack Sloper, e scopriremo anche cosa c’entra Percy.

E ci sarà una piccola sorpresa che spero vi piaccia :D

 

 

 

Beh, che altro dire?

Ah, ma certo!

 

 

ACCIO RECENSIONI!

 

 

 

Baci,

 

Selene

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Il mio gerbillo è ancora un gerbillo ***


A Wynne, perché con la sua assurda danza della pioggia mi ha fatto tornare la voglia di scrivere

A Wynne, perché con la sua assurda danza della pioggia mi ha fatto tornare la voglia di scrivere.

Ah, e ha salvato il mondo dalla siccità, ovviamente.

Inchinatevi a lei e andate tutti a leggere la sua meravigliosa storia, Pure imagination.

 

 

 

Nota: durante questo capitolo nessun Vermicolo è stato maltrattato.

 

Capitolo 6

- Il mio gerbillo è ancora un gerbillo–

 

 

Percy Weasley poteva definirsi un mago brillante. Si sentiva oltremodo sveglio e poteva dire di essere attento ai dettagli in maniera assurdamente maniacale.

Si accorse subito, perciò, che c’era qualcosa che non andava. A pensarci bene no, non qualcosa che non andava. Qualcosa di diverso.

 

Quando aprì gli occhi, quella mattina, la camera era gelata. Si tirò su a sedere e si strinse nelle coperte, infreddolito. Guardandosi intorno con lo sguardo convinto dei miopi cercò di mettere a fuoco i suoi compagni di stanza.

Passò in rassegna la stanza e distinse quattro macchioline rossastre – i letti – con protuberanze e rigonfiamenti – presumibilmente i suoi coinquilini.

Bene, c’erano tutti.

Un momento.

Tutti?

Percy volò con lo sguardo al letto di fianco al suo che, si rese conto con profonda sorpresa, era occupato dal suo legittimo proprietario. Il quale, tuttavia, non sembrava in possesso di facoltà vitali. Più che altro sembrava caduto in una sorta di vigile stato vegetativo.

Oliver giaceva disteso sul letto, ritto come un manico di scopa: fissava il soffitto con aria particolarmente vitrea, gli occhi spalancati e lucidi.

Percy lo fissò scandalizzato per alcuni minuti. Alla fine Oliver dovette sentirsi osservato, perché voltò la testa rigidamente nella sua direzione. Solo allora Percy si accorse delle occhiaie orribili che esibiva l’amico, grosse come calderoni e viola come i maglioni di mamma Weasley.

Poi lui parlò.

« Ieri sera ti cercavo » gracchiò, euforico ma ancora immobile. « Ma non sono riuscito a trovarti. Eri da Penelope? »

Senza attendere una risposta, riprese. « Ho fatto una doccia gelata»

Percy continuò a fissarlo, inarcando appena le sopracciglia.

« Ieri sera » ripeté a scopo informativo. Le mascelle di Percy si spalancarono.

Quindi c’entra Katie, realizzò.

Oliver continuò a guardarlo per un minuto buono con l’aria di uno che ha appena preso una bastonata in testa.

Poi, improvvisamente, iniziò a raccontare.

« Sai » disse. «Jack Sloper ha mollato Katie nel bel mezzo del loro appuntamento ».

Percy si limitò ad alzare un sopracciglio.

Lo sapeva e c’era un motivo molto particolare e per niente illegale per cui lui sapeva: un complotto vero e proprio.

Finse di non capire e assunse un tono innocente. « E tu lo sai perché…?»

«Oh» sospirò Oliver, rimanendo immobile. « Ho passato io la giornata con lei».

Percy gli lanciò di nuovo un’occhiata convinta nonostante la sua miopia, che gli permetteva di vedere almeno tre Oliver uno di fianco all’altro, tutti particolarmente sfocati.

«Non ti sei dimenticato di fare i miei acquisti, vero? » domandò fremendo.

Oliver ebbe addirittura il coraggio di alzare gli occhi al cielo, come se non fosse una domanda assolutamente lecita, ed indicò con un cenno della testa un sacchetto ai piedi del letto dell’amico.

Percy ne esaminò con circospezione in contenuto.

«Mhm» fu il suo commento. Ci sapeva fare, la Bell, con i maglioni. Oliver borbottò qualcosa a proposito della mancanza di fiducia nei suoi confronti.

Percy ne approfittò per inforcare gli occhiali di corno. Quando si girò di nuovo a guardare Oliver si accorse di cosa c’era esattamente che non andava: erano ben due cose.

Primo, aveva un grosso livido violaceo in fronte.

Secondo, Oliver Baston era - per la prima volta in sette lunghi anni di convivenza - nel suo letto. Non sotto quella dannatissima doccia che lo svegliava tutte le mattine alle sei, ma nel suo dannatissimo letto.

E quella cosa non era mai – mai – successa.

Percy lo fissò inorridito. «Oliver, che diavolo ti sei fatto in fronte?».

La Bell lo aveva forse picchiato selvaggiamente? Oliver sgranò gli occhi e si tastò la fronte con le dita. Appurato di non aver ramificato un meraviglioso corno di unicorno durante la notte, si lasciò sfuggire un gemito.

« Ho preso a testate le piastrelle della doccia », borbottò come se fosse una spiegazione plausibile, alzando le spalle in un gesto molto blando. Nonostante la finta noncuranza, tuttavia, non aveva abbandonato l’entusiasmo iniziale che sembrava averlo paralizzato sul letto.

Percy inarcò le sopracciglia in segno di disapprovazione, ma Oliver lo ignorò.

Sembrò sciogliersi dalla paralisi improvvisa che lo aveva colpito e balzò giù dal letto, vestendosi in tutta fretta.

Si fiondò fuori dal dormitorio senza dire una parola.

Percy rimase immobile a fissare il punto in cui la schiena di Oliver era sparita, troppo sconvolto per offendersi o pensare al numero del San Mungo, reparto Malati Mentali, ma non fece in tempo a sentirsi un idiota – o prendere sul serio l’idea di chiamare l’ospedale magico - che già Oliver era tornato su di corsa, comparendo sulla porta e poi lanciandosi a capofitto nel baule.

« Ho dimenticato i pantaloni » borbottò.

Percy lo fissò mentre si infilava i pantaloni al rovescio e poi se li sfilava di nuovo, sempre più rosso e sempre più fuori di testa.

«Dì un po’» disse. «Ti sei bevuto il cervello?»

Oliver ora tendeva al bordeaux. «No,» replicò. «ma ho chiesto a Katie di uscire. E lei ha detto di si».

Percy lo fissò esterrefatto. «E hai preso a testate la doccia dall’entusiasmo?» domandò cautamente.

Oliver sbiancò di botto. «No, quello era perché mi ha dato un bacio su una guancia», disse con un filo di voce.

«Ah».

Oliver sorrise nervosamente, come se non l’avesse capito nemmeno lui fino a quel momento, poi senza aggiungere niente si lanciò giù per le scale a rotta di collo.

Un rumore sordo e un’imprecazione confermarono a Percy che sì, era rotolato giù per le scale.

Una risata limpida che echeggiò fino a lui aggiunse che sì, era caduto proprio davanti a Katie Bell.

Qualcuno alla sua destra brontolò nel sonno. Era John, l’altro suo coinquilino.

«E’ freddo», si lamentò questi. «Oliver non ha ancora inondato il dormitorio con il vapore della doccia?».

Percy fissò meravigliato la porta del bagno.

« In realtà » rispose. «nella doccia non c’è entrato affatto, stamattina».

«Ma che cazz…».

John si era alzato di scatto per lo shock, ottenendo come risultato di sbattere violentemente la fronte sulla testata del letto.

Fantastico, pensò Percy, mentre si svegliavano anche gli altri. Ora penseranno che ho preso a randellate in fronte i miei compagni di dormitorio con una mazza da battitore.

Ma la cosa più preoccupante rimaneva Oliver. Non s’era mai visto che non si facesse la solita doccia la mattina presto.

Katie doveva proprio avergli dato alla testa.

 

 

 

 

L’entusiasmo di Oliver non diminuì per tutta la mattinata. In realtà poteva dirsi il continuo di quello della sera precedente, visto che aveva passato la notte in bianco a fissare il soffitto con aria sognante, rivivendo ancora e ancora la scena del suo discorsetto con Katie.

Aveva persino saltato la doccia, quella mattina – e a quanto pare Percy ne era rimasto traumatizzato, come gli aveva fatto notare a colazione – e la lezione di incantesimi non gli era mai sembrata così divertente.

«Vi basterà esclamare Erbivicus », stava dicendo il minuscolo professor Vitius. Li guardò entusiasta. « Beh, provate! »

Oliver sfoderò la bacchetta – legno di noce e corda di cuore di drago – e, ignorando completamente il vaso su cui avrebbe dovuto applicare l’incantesimo, la puntò allegramente contro Percy.

«Erbivicus

Per un istante non successe niente, e il ghigno di trionfo di Percy si stava allargando lentamente, quando un rametto sottile gli spuntò da un lato degli occhiali in corno, iniziando a germogliare allegramente.

Vitius non sapeva se ridere del Weasley o rimproverare Baston, così fece finta di avere dei prosciutti davanti agli occhi e li ignorò entrambi.

Percy, oltraggiato e scandalizzato, lo fissò per un istante, poi fece una cosa irresponsabile ed estremamente non da lui.

Puntò la bacchetta tra gli occhi di Oliver – ottenendo così la sua completa attenzione – ed esclamò, risentito: « Erbivicus!».

Di nuovo non successe nulla, e Oliver si esibì nella sua aria trionfale. Poi, però, Percy iniziò a ridacchiare, sistemandosi sul naso gli occhiali ramificati.

Oliver lo guardò perplesso per un istante, prendendo poi a torcere il collo per vedere il proprio riflesso alla finestra.

Difatti, al posto della barbetta, stavano germogliando delle dolci foglioline verde brillante.

Pungolò Percy con la punta della piuma per vendicarsi fino a che Vitius non lo rimproverò – non sia mai che qualcuno se la prenda con il Prefetto Perfetto – e quando l’insegnante si allontanò in fretta per placare la crisi isterica di Isabel March, alla quale erano spuntate fronde di salice al posto dei capelli a causa di un incantesimo rimbalzato sul banco, sorrise entusiasta a Percy. Quest’ultimo lo squadrò con finto disgusto, colpendolo in testa con la pergamena arrotolata che teneva in mano.

Quando finalmente la lezione finì e Vitius poté tirare un sospiro di sollievo, Percy si degnò di parlare.

Ovviamente fu solo per prendere velatamente in giro Oliver per la sua meravigliosa figura con Katie di quella mattina, della quale i gemelli Weasley avevano abbondantemente riso a colazione.

« Eddai, le sei solo cascato addosso », rise Percy. « E lei sembrava piuttosto soddisfatta, dopo! ».

Oliver digrignò i denti con fare minaccioso – o così gli parve – ma non rispose.

Si accarezzò la barbetta germogliata e lanciò un’occhiataccia a Percy e ai suoi occhiali addobbati con tanto di rametto, dove attualmente sembrava aver preso casa un ragno, che ronfava beato su una delle foglie.

Per punizione, infatti, Vitius li aveva costretti a rimanere così fino a fine giornata. La crudeltà umana a volte non ha davvero limiti.

Mentre erano diretti in Sala Grande per pranzo, comunque, incontrarono i gemelli Weasley e Alicia che salivano dai sotterranei, e Percy rimase indietro per rimproverare, come prevedibile, i suoi molesti fratelli. Oliver, affamato, non lo aspettò e marciò fino al suo posto a tavola, lasciandosi cadere sulla panca con un gemito.

Ora, in genere Oliver era un buon amico e aspettava sempre Percy, ma se questa volta lo avesse atteso, avrebbe sicuramente notato che i gemelli e Alicia lo avevano trascinato in uno stanzino delle scope di fianco all’ufficio di Gazza il custode. Avrebbe anche notato, inoltre, che sembrava tanto un sequestro di persona.

 

 

 

Percy rallentò di qualche passo per trovarsi faccia a faccia con Fred e George, che in quel momento si stavano impegnando a importunare alcuni poveri, sventurati ragazzini del secondo anno di Tassorosso.

«Finitela » sbottò, infastidito. « e filate a pranzo».

I due si guardarono, mentre Alicia già iniziava a ridacchiare. Lo afferrarono, ognuno da un lato, e lo trascinarono verso l’ufficio di Gazza, deviando all’ultimo minuto.

Percy cercò di dimenarsi, invano, e allungò una mano per chiedere l’aiuto di Oliver, quando realizzò che quel ingordo, ignobile Capitano da strapazzo se l’era svignata per andare a pranzo.

Riportò lo sguardo sui ghigni identici dei gemelli e fece una smorfia.

«Cosa diavolo vi salta in mente?!» brontolò.

Fred alzò le spalle. «Non è ovvio?»

Quando Percy lo guardò con aria interrogativa, George sospirò e spiegò per tutti.

«Vogliamo sapere se Oliver-quanto-sono-fissato-con-Katie-Baston ti ha raccontato  qualcosa».

Percy lo guardò sospettosamente. «Katie Baston…potrebbe piacermi come accostamento» disse solo.

Fred allargò il sorriso e scagliò un pugno in aria. «Ah!» esclamò. «Ce l’ha fatta!».

«Più o meno» rispose allora Percy, spolverandosi una spalla e sistemandosi gli occhiali dritti sul naso. «Le ha chiesto di uscire e lei gli ha dato un bacio sulla guancia, quindi io lo prenderei per un sì» dichiarò.

Alicia quasi si strozzò con la sua stessa imprecazione.

«Per le Mutande consunte di Merlino, non mi ha detto niente, quella carogna!» gridò a pieni polmoni, stringendo gli occhi minacciosamente.

Percy deglutì e fece un passo indietro. Così, tanto per sicurezza.

Fred e George, invece, sembravano al settimo cielo. Il ragazzo lo notò e, prima che se la svignassero, si affrettò a domandare loro spiegazioni.

«Si può sapere cosa avete fatto a Jack Sloper per ridurlo in quello stato e fargli fare la muta come un canarino spennato?» li rimproverò, con cipiglio severo.

Fred e George si guardarono sorridenti.

«Non lo saprai mai, Perce» disse uno.

«Già » aggiunse l’altro. «Ma grazie comunque per averci aiutato portandolo a Hogsmeade».

«Ti siamo debitori» si affrettò a dire Alicia, notando che il Prefetto stava diventando viola dalla rabbia.

Percy parve sgonfiarsi un po’. «State combinando qualcosa di illegale?» domandò, cauto.

Alicia annuì angelicamente. «Si, può darsi».

«Spinnet!» gridarono i gemelli in contemporanea. Si gettarono a capofitto su di lei e George prese a fare il solletico.

Fred sorrise a Percy. «Arrenditi, Perce», disse, sicuro. «porteremo il segreto nella tomba».

 

 

Oliver notò con piacere che il ragno sugli occhiali di Percy si era sistemato comodo, ed aveva persino prodotto una ragnatela su cui sonnecchiare in attesa di mosche che andassero a sbattere sulle lenti del prefetto.

«Carino il tuo nuovo animaletto domestico, Weasley» gli fece notare con ironia mentre si dirigevano a Cura delle Creature magiche, sfidando il clima assurdamente freddo di fine gennaio.

Percy sbuffò con il naso e scacciò il ragno con stizza mentre aggiravano le serre di Erbologia.

«E tu stai aspettando che ti crescano delle margherite tra le foglioline, prima di farti la barba?» lo rimbeccò acidamente come solo una zitella avrebbe saputo fare.

Mentre si punzecchiavano a vicenda girarono l’angolo, e Oliver andò a sbattere con qualcosa di soffice e batuffoloso.

Sembrava una ragazza, ma era talmente tanto avvolta nel mantello e nella sciarpa da assomigliare più ad un pupazzo di neve. Quando cadde addosso ad Oliver, tirandolo giù con sé nel terreno ghiacciato, Percy poté eseguire un’attenta analisi del batuffolo, scoprendo così che era nientemeno che Katie Bell, in ritardo per Trasfigurazione. Che, per inciso, era al sesto piano del castello.

Oliver si trasformò improvvisamente in una donnicciola.

«Stai bene, Katie?» domandò, rosso come un pomodoro. Lei annuì, più o meno della stessa tonalità, e si alzò tremando sulle gambe.

Percy rimase lì a guardarli guardarsi imbarazzati, mentre Oliver semplicemente si sperticava in sorrisi e Katie arrossiva sempre di più.

Alla fine lei borbottò un “sono in ritardo per Trasfigurazione” e, dopo aver lanciato ad Oliver un sorriso abbagliante e aver completamente ignorato il povero Percy – probabilmente era talmente abbagliata dagli splendenti addominali del capitano da non essersi nemmeno accorta che era lì – se ne andò in fretta, rischiando di inciampare in un altro vaso.

Percy si girò a guardare Oliver e lo trovò imbambolato a fissarle il sedere.

Gli diede una spallata riprendendo a camminare.

«E contieniti!» esclamò, ma era divertito. «Oppure vuoi un secchiello dentro cui sbavare?»

 

 

La lezione di Cura delle Creature Magiche poteva essere descritta in un solo modo: noiosa.

Dar da mangiare ai Vermicoli nell’anno dei M.A.G.O. non era una cosa molto “da programma”, ma c’era anche da dire che l’insegnante era un Hagrid in fase di disperazione totale perché Malfoy Senior aveva deciso di prenderlo di mira con la sua stronzaggine, quindi forse era comprensibile.

Così Oliver si costrinse a reprimere un conato di disgusto e infilò una foglia di lattuga giù per la gola del suo Vermicolo. Questi si ingozzò avidamente sotto il suo sguardo disgustato e masticò con calma. Percy, dall’altra parte del tavolo di lavoro, si sbracciava davanti alla sua scatola. Oliver si affacciò e represse una risata a forza: i suoi Vermicoli erano tutti stecchiti.

Percy non aveva mai avuto una particolare attrazione per l’aria aperta e gli animali magici in generale, ma non sia mai che non eccellesse in una materia, quindi si era costretto a studiarla – e studiarla ancora.

Certo, tutti i suoi sogni di imparare a curare un Ippogrifo semplicemente studiandolo su un libro si erano infranti con l’arrivo di Hagrid nel corpo insegnanti.

«Ehm» disse, rivolto a Percy. «Credi di poterli resuscitare? Perché Hagrid sta venendo qui, e sembra abbastanza depresso senza che gli fai vedere che hai fatto fuori i tuoi Vermicoli».

Ma Hagrid li ignorò e salutò la professoressa McGranitt, che stava arrivando di gran carriera tenendosi il bordo della gonna con una mano mentre marciava giù per la fiancata della scogliera sulla quale si ergeva Hogwarts fino alla capanna del Guardiacaccia. Man mano che si avvicinava Oliver poté constatare che sfoggiava un sorriso che andava da un orecchio ad un altro, cosa assai curiosa per una donna altera e severa come lei.

Oliver rimase di sasso quando questa, dopo aver cortesemente salutato Hagrid, si rivolse direttamente a lui.

«Signor Baston» disse, e trasudava soddisfazione da tutti i pori. «il Preside ti aspetta nel suo ufficio. C’è una visita per te». Gli sorrise incoraggiante e Oliver si sentì solo più preoccupato. Chi mai poteva scomodare Albus Silente per parlare con lui?

La McGranitt sorrise ad Hagrid. «Possiamo prenderlo in prestito fino alla fine della lezione, Rubeus?» disse in tono fin troppo contento.

Hagrid acconsentì, e passò i suoi Vermicoli a Percy. Oliver li guardò un’ultima volta quasi con rammarico – di lì a cinque minuti sarebbero morti tutti sotto le amorevoli cure di mamma Percy – e si affrettò a seguire la McGranitt, che era partita in quarta alla volta del castello.

La rincorse fino a raggiungerla. «Professoressa» pigolò debolmente. «Ma che succede?»

La McGranitt lo guardò come avrebbe guardato un figlio di cui era particolarmente orgogliosa.

«Vedrai, Baston. La pazienza premia chi…»

«…sa aspettare. Si, lo so» completò lui, abbassando le spalle mogio.

La McGranitt sembrava sul punto di abbracciarlo. Avevano ormai percorso l’intero castello fino alla gargoyle che sorvegliava l’ingresso dello studio del Preside.

«Sono contenta di vedere che ascolti Percy Weasley, ogni tanto» esclamò, soddisfatta.

Gli diede una spintarella verso l’entrata dello studio e l’ultima cosa che Oliver sentì fu la voce della McGranitt che gli augurava buona fortuna e che aggiungeva, non poi così tanto sottovoce come pensava, “andrò ad offrire dei biscotti allo zenzero a Severus”.

Ridacchiando nervosamente Oliver bussò alla porta: un mago con una lunga barba e capelli argentati aprì lentamente e gli sorrise benevolo.

«Entra pure, Oliver» disse Silente gioviale. «I tuoi visitatori arriveranno a momenti».

 

 

 

Katie uscì dall’aula di Trasfigurazione liberando un sospiro di sollievo. La lezione – doppia ora con i Serpeverde - si era conclusa mezz’ora prima perché la McGranitt era stata interrotta da Gazza con un annuncio urgente, che le aveva occupato tutto il tempo che rimaneva, salvandola così da una T nel momento in cui l’insegnante si sarebbe accorta che il suo gerbillo era ancora un gerbillo, e decisamente non una tazza da tè*.

Salutò le sue compagne di stanza e si diresse in Biblioteca, nel tentativo di occupare la sua ora libera prima dell’ultima lezione – un’ora di Antiche Rune. Non vedeva l’ora che la giornata finisse. Magari come era incominciata, ecco. Con Oliver che le cascava per la terza volta addosso, ad esempio.

Scosse la testa nel vano tentativo di allontanare i pensieri, ma non riusciva a reprimere la rivolta che avevano messo in atto gli ormoni all’interno del suo cervello. I pochi neuroni sopravvissuti conducevano una fiera resistenza, ma ormai la pazzia dilagava e non riusciva a fare a meno di pensare quasi incessantemente alle braccia di Oliver che la avvolgevano, prima di rovinargli sopra con tutto il suo peso mastodontico di Portiere di Quidditch alto un metro e ottanta.

Certo, il Quidditch generalmente non procurava addominali, e questo fatto era stato fonte di profonde discussioni con Alicia quella mattina.

Si da il caso, tuttavia, che i gemelli Weasley avessero un fisico da atleti perché sempre impegnati a scappare da qualche parte, possibilmente rincorsi da qualche Serpeverde inferocito, una McGranitt oltraggiata o un Gazza particolarmente asmatico in vena di Jogging.

Oliver, però, era un fissato.

Un vero e proprio maniaco salutista, tanto che per mantenersi in forma – nonostante il suo sport fosse volare su una scopa – faceva piegamenti fino allo sfinimento e correva in giro per il parco anche a temperature assurde, pur di mantenere un fisico atletico. Doveva aver visto qualche assurdo film babbano sul calcio, probabilmente.

Le braccia, poi. Quelle si che erano allenate a forza di Quidditch, riflettè Katie.

Insomma, il compito del portiere era principalmente svolto dalle braccia.

In sintesi, Oliver aveva un bel fisico.

E poi, pensò Katie sentendosi disgustosamente sdolcinata, è dolce, maniacale e sa essere divertente, a modo suo.

Si può volere di più dalla vita?

Ma certo. Un appuntamento con suddetto ragazzo, si rispose sorridendo e capendo di essere idiota e abbastanza cotta, nonostante negasse ancora davanti ad Alicia. Il loro appuntamento era fissato per il quattordici febbraio: Silente aveva un curioso senso dell’umorismo nel fissare le uscite ad Hogsmeade, si sapeva.

Comunque sia, non era per il fisico che si era presa una cotta per Oliver. Certo, il fatto che fosse carino da morire – e non bello, ma carino, di quel tipo di carino che è coccoloso e rassicurante al tempo stesso - e che non fosse un flaccido ciccione aiutava, ma Oliver era dolce e molto timido, quando non era un Capitano psicopatico intenzionato a vincere o morire nel tentativo.

Chissà, forse soffriva di qualche disturbo della personalità.

Inoltre Katie stava iniziando a sviluppare un istinto estremamente protettivo nei suoi confronti ed era sicura che avrebbe fatto di tutto perché vincessero quella dannata Coppa. Almeno Oliver sarebbe stato felice. Quando sorrideva era davvero adorabile, specialmente quando arrossiva.

 Persa in questi pensieri – di natura più o meno tranquilla, a seconda – si accorse di essere arrivata in biblioteca solo dopo aver . Notò con la coda dell’occhio Fred Weasley che si infilava tra lo scaffale di Trasfigurazione Umana e il reparto di Difesa Contro le Arti Oscure. Visto che doveva andare oltre quel reparto, fino alla sezione dedicata alle Antiche Rune, seguì Fred.

Appena arrivata, una voce che le sembrava di conoscere la bloccò sul posto. Dietro allo scaffale di Antiche Rune intravedeva i capelli rossi di Fred.

«Che combini qui? Stai forse pensando di allagare la Biblioteca?» domandò qualcuno in tono preoccupato. Era una ragazza. Katie si sporse appena, curiosa, per vederla in volto. Non riuscì però a vederle il viso perché era nascosto dal pesante volume sui Cicli Lunari che stava consultando – che poi era strano, visto che era nel reparto di Difesa – ma i capelli crespi e voluminosi erano inconfondibili. Era Hermione Granger.

 

 

Katie esitò sul posto, preoccupata. Non era assolutamente da lei ascoltare una conversazione di altri così da dietro uno scaffale, come se li stesse spiando, così si diede dell’idiota e si mise alla ricerca del libro che le serviva.

Peccato che Hermione Granger non fosse della sua stessa idea, perché disse, a voce abbastanza alta e sfoggiando un tono di rimprovero: «Fred, si può sapere cosa avete fatto tu e George a Jack Sloper?»

Katie gelò sul posto. Lo sospettava, d’accordo, ma Fred sarebbe veramente andato a confessare al futuro Prefetto Hermione?

Evidentemente aveva sopravvalutato Fred, perché vuotò il sacco senza farsi nessuno scrupolo.

«Gli abbiamo solo somministrato qualche nostro esperimento, Hermione» borbottò sulla difensiva.

Katie riusciva quasi a figurarsi Hermione gonfiarsi di rabbia. La conosceva poco e ci aveva scambiato poche parole, ma le era sembrata abbastanza simpatica, molto ligia al dovere e soprattutto molto propensa a litigare con Fred e George Weasley ogni due per tre.

«Cose sarebbe solo somministrato?» esplose infatti, ma fu costretta a sussurrare. Il suo tono divenne un sibilo. «E perché avreste voluto trasformarlo in un canarino, Weasley?!»

Katie, di nuovo, percepì Fred che alzava un sopracciglio. Nessuno lo chiamava per cognome. Eccetto la McGranitt, ovviamente, la quale aveva sicuramente una cotta per lui.

«Perché, Granger » e lì calcò ironicamente sul cognome. «stiamo cercando di aiutare Baston a dichiararsi a Katie Bell, la Cacciatrice, visto che da solo non è in grado nemmeno di non cascarle sopra» confessò con candore. Probabilmente stava anche ghignando, e il silenzio scioccato di Hermione Granger diceva tutto, ma Katie era ferma al dichiararsi.

Dichiararsi in che senso?, si domandò. Cioè, lui. Io, lui…Lui. Oh.

Ecco, ora era sicuramente andata in tilt.

Resistette alla tentazione di prendersi a pizzicotti, urlare, saltellare di gioia o andare a strangolare Fred Weasley e, semplicemente, corse via fino a che non si trovò al sicuro in dormitorio. Lì si lanciò in bagno sotto lo sguardo allibito delle sue compagne di stanza e, una volta girata la chiave nella toppa, si lascio sfuggire un sorriso che le occupò almeno tutta la faccia.

Perché ora aveva la conferma.

Piaceva davvero a Oliver Baston. E, gemelli Weasley o meno, prima o poi lui si sarebbe fatto avanti.

Il pessimismo cinico che fino a quel momento l’aveva accompagnata scivolò via in un angolino della mente.

Avrebbe presto scoperto, però, di essere più o meno perseguitata dalla sfortuna.

 

 

 

Hermione Granger poteva dirsi una persona generalmente calma, sempre pronta a seguire la via della ragione – o la via della Biblioteca, a seconda – ed era veramente difficile farla arrabbiare.

A meno di non chiamarsi Ron Weasley, ovviamente. O Draco Malfoy, dipende.

Ma, a pensarci bene, c’era un altro essere umano - che proprio umano non era, vista la quantità di idiozia che si portava appresso - che la faceva infuriare come nemmeno Malfoy e quel cretino di Ron messi insieme avrebbero potuto fare.

E quella persona – pardon, scimmia – era Fred Weasley.

 

«E perché avreste dovuto trasformarlo in un Canarino, Weasley?!» stava sussurrando arrabbiata, stringendosi al libro sulle Fasi Lunari come per trarne energia per quel combattimento che si sarebbe rivelato all’ultimo sangue. Fred non avrebbe mai confessato a meno che non ce lo avesse costretto, e lei pretendeva di sapere perché diavolo si comportasse in modo così idiota. Jack Sloper era un bravo ragazzo, lo conosceva perché veniva sempre a studiare in biblioteca, e non era giusto che i gemelli lo usassero come cavia per le loro buffonate.

Fred Weasley, invece, si rivelò inaspettatamente l’esatto contrario.

Confessò con candore, come se nulla fosse, tutte le sue malefatte, iniziando dicendo innocentemente: « Perché, Granger », e ghignò. «stiamo cercando di aiutare Baston a dichiararsi a Katie Bell, la Cacciatrice, visto che da solo non è in grado nemmeno di non cascarle sopra».

Hermione mise al lavoro il cervello immediatamente. Una parte registrò che effettivamente, avendo assistito alla scena di quella mattina mentre scendeva le scale del dormitorio femminile, Baston era un caso disperato, e che effettivamente era abbastanza palese che quei due si piacessero ma fossero troppo impediti per fare il primo passo come si deve. Un’altra parte fu messa a ragionare sul fatto che, da questo punto di vista, Fred aveva compiuto una buona azione a favore di un amico. L’ultima parte di cervello, tuttavia, non aveva dimenticato né chi aveva davanti, né perché era arrabbiata come una biscia.

«Erano esperimenti!» sibilò. «Potevate fargli del male!»

Fred scosse la testa energicamente. «Calmati, Hermione, non l’avremmo mica fatto fuori! Li avevamo già provati su di noi!» esclamò.

Hermione parve gonfiarsi ancora di più di indignazione, ma attese e contò fino a dieci, poi lasciò andare il fiato che aveva accumulato per urlargli contro.

«Bene» disse. «Se non vuoi che racconti tutto a Percy, dimmi tutto quello che avete combinato» minacciò.

Fred sorrise. «Percy è coinvolto con noi» le fece presente con voce divertita.

Hermione spalancò gli occhi per la sorpresa e boccheggiò, ma non si diede per vinta.

«A vostra madre» minacciò. «Lo dirò a vostra madre».

Fred inorridì.

«Non oseresti, Granger » disse, ma non sembrava tanto convinto.

Hermione batté un piede a terra, e Fred si arrese con un sospiro.

«Mettiti seduta» borbottò. «Sarà una cosa lunga»

Hermione lo guardò accigliata e si accomodò sulla sedia di fronte alla sua.

Fred prese un bel respiro, poi vuotò il sacco.

«Abbiamo dato a Penelope Light, la ragazza di Percy, una pasticca per far venire l’influenza » iniziò. « e lei è stata costretta ad andare in Infermeria, liberando Percy dalla loro uscita».

Hermione gli lanciò un occhiataccia ma non fiatò, invitandolo a continuare.

«Abbiamo convinto Percy a portare Oliver a Hogsmeade, dicendogli che avremmo fatto in modo di fargli trovare Katie senza Sloper e lui ha accettato» raccontò Fred. «Poi abbiamo somministrato a Sloper un po’ di roba che avevamo da parte per dei futuri esperimenti» e sottolineò la parola. «e Jack si è ammalato. Katie è rimasta da sola e inevitabilmente ha incontrato Oliver, perché sappiamo che Percy è lentissimo a fare le sue compere».

Detto questo ridacchiò senza contegno, sotto il cipiglio stranito di Hermione. «Beh, ecco tutta la storia. Si sono incontrati e Oliver ieri sera le ha chiesto di uscire» concluse sorridendo.

Hermione rimase a fissarlo per un minuto buono, durante il quale Fred Weasley sudò freddo, si stiracchiò, iniziò a fischiettare e si guardò intorno pur di non incontrare lo sguardo furente della ragazza.

Poi Hermione sospirò.

«Se non altro» disse. «vinceremo la prossima partita».

Fred la guardò sorpreso.

«Si» rispose. «Tutto quello che declami è legge, Hermione».

Scappò dalla biblioteca, evitando per un pelo la fattura Gambemolli che la cara Hermione gli aveva lanciato dietro.

Lei rimase lì a fissare il punto in cui Fred era scomparso, arrossendo e nascondendosi di nuovo dietro al libro per cancellare le farfalle allo stomaco.

 

 

 

Oliver vagava per lo studio di Silente con lo sguardo, troppo stupito per riuscire a nascondere l’agitazione. La stanza sembrava essere ottagonale, piena zeppa di oggetti dall’aria fragile e importante. Armadi stracolmi di pergamene e libri facevano capolino ad ogni angolo. Il preside si spostò appena per chiudere l’anta di uno degli armadi, e Oliver fece in tempo solo a scorgere una luce azzurra che scompariva.

«Posso offrirti un’Ape Frizzola, Oliver?» domandò il preside.

Oliver sorrise e deglutì – il fatto che lo chiamava per nome e nonSignor Baston’ non lo rincuorava affatto – annuendo con agitazione.

Il preside si chinò verso la sua scrivania e tirò fuori una ciotola da un sacchetto e glie la porse. Era effettivamente piena di Api Frizzole e Oliver non poté fare a meno di interrogarsi sulla natura della profonda follia che doveva aver colpito il loro amato preside.

Un suono melodioso, a metà tra un grido dolce e un canto triste, richiamò l’attenzione di entrambi.

Come poteva non aver notato l’enorme uccello appollaiato su un trespolo dietro alla scrivania di Silente? Aveva le piume di diversi colori, dal rosso fuoco al dorato brillante, e poi arancione scuro, giallo, bordeaux. Era davvero una fenice? Erano impossibili da domare!

«Oh» disse Silente allegramente, rivolto più all’uccello che a lui. «Stanno arrivando, Fawkes**?»

Quello – o forse bisognava dire quella? – abbassò la testa come se facesse un cenno di assenso, e Silente sembrò prenderlo come tale, perché si sfregò le mani con aria estremamente soddisfatta.

«Eccellente, eccellente » disse quasi tra sé.

Oliver si domandò se non fosse il caso di segnalare ad una qualsiasi autorità che il preside di Hogwarts, Albus Silente, parlava con il suo uccello, ma ripensandoci qualcuno avrebbe potuto prenderla male, così si limitò a strabuzzare gli occhi sobbalzando quando due uomini uscirono tossendo fuliggine dal camino del preside.

«Benvenuti, benvenuti!» esclamò gioviale quello, scuotendo la barba argentea. Il pennuto, infastidito dal rumore, si ritirò sul suo trespolo.

«Muoviamoci, Barnabas, non ho tutto il giorno» borbottò uno dei due sconosciuti. Oliver lo osservò attentamente. Aveva capelli corti e grigi e un pizzetto dello stesso colore. Gli occhi scuri e il cipiglio severo, salutò Silente con una stretta di mano molto semplice e burbera e prese a fissarlo con moderato interesse. L’altro era un ometto basso e magrolino, abbastanza anziano da poter avere centoventi, centocinquant’anni, e saltellava sul posto per abbracciare la figura longilinea e slanciata del preside.

Oliver deglutì e azzardò un colpo di tosse, e il preside parve ricordarsi di lui.

«Oh, signori» disse gioviale. «Lui è Oliver Baston, il ragazzo di cui avete chiesto».

Oliver sgranò gli occhi. Chi aveva chiesto cosa?

L’uomo più giovane lo squadrò da capo a piedi e ghignò.

«Bene bene» brontolò. «Sembra proprio quello che cercavamo, Barnabas».

L’anziano – che doveva essere Barnabas – sorrise in direzione di Oliver.

«Oh, ragazzo!» esclamò scattando in avanti e prendendogli una mano. «Caro ragazzo, siamo qui per farti una proposta!» Oliver sbiancò.

Silente ridacchiò dei modi di Barnabas e della faccia di Oliver e si voltò verso l’altro uomo.

«Api Frizzole, Sean

Quello fece una smorfia burbera. «Sai sempre come comprarmi per farmi stare buono» brontolò.

Oliver cercò di far uscire qualche suono dalla sua bocca, ma non riuscì a fare altro che pigolare un debole “iiiih ”. L’uomo chiamato Sean lo fissò.

«Ma è muto?» domandò a Silente. Quello ridacchiò e si sistemò gli occhiali sul naso.

«Bene, Signor Baston» annunciò gioviale Barnabas. «Permettici di presentarci. Barnabas Lockwood e Sean McGregor, in sequenza proprietario e allenatore del Puddlemore United».

Oliver dovette aggrapparsi alla soffice poltrona su cui era seduto per non scivolare a terra.

Ritrovò la voce. «Voi…cosa?» gracchiò.

Sean McGregor gli sorrise, anche se sembrava più un ghigno folle, rivelando due denti d’oro scintillanti.

«Siamo qui, ragazzo, per offrirti un provino per il posto di portiere di riserva del Puddlemore United».

Oliver soffocò con la sua Ape Frizzola e Silente dovette dargli un paio di colpi sulla schiena per evitare il suo assassinio.

Li fissò sconvolto per qualche istante, prima di mormorare, scioccato: «Sul serio?»

Sean alzò gli occhi al cielo e Barnabas sorrise.

«Si, ragazzo, sul serio» rispose antipaticamente il primo. «O credi forse che vogliamo offrirti un posto come prima ballerina dell’Opera di Parigi?»

Barnabas ridacchiò e Silente sembrò quasi soffocare con un’altra Ape Frizzola kamikaze nel tentativo di trattenere una risata. Oliver semplicemente lo fissò con aria stravolta.

«Non devi decidere subito» disse Barnabas. Gli porse un pezzettino di pergamena. «Qui c’è in nostro indirizzo. Se deciderai di accettare, il provino è il quattordici febbraio»

Oliver pensò di stare per svenire.

 

Quattordici febbraio. Hogsmeade.

Katie.

 

 

 

 

 

Quando entrò in classe quasi incespicò nei suoi piedi e lo sguardo spiritato non lo aveva ancora abbandonato.

Si diresse al suo banco e si mise a fissare un punto non meglio definito davanti a sé, ignorando le occhiate curiose dei suoi compagni, di Percy e del professor Lupin.

Quest’ultimo, a fine lezione, richiamò la sua attenzione.

«Puoi fermarti un attimo, signor Baston? Vorrei fare due chiacchiere» disse.

Oliver non proferì parola, ma mollò la tracolla al suo posto e si avvicinò all’insegnante mentre la classe si svuotava lentamente.

Le sopracciglia aggrottate, non ebbe nemmeno la forza di chiedersi che poteva volere da lui il professor Lupin.

L’insegnante aspettò che l’ultimo alunno fu uscito dalla porta prima di esordire con: «Tutto bene, Oliver? Ho notato che sembri un po’…sconvolto»

Oliver non poté fare a meno di domandarsi come mai tutti improvvisamente lo chiamassero per nome, ma si affrettò a rispondere.

«S…si. Cioè, no. No.» brontolò stringendo gli occhi.

Lupin lo scrutò con aria preoccupata, come a voler identificare i segni di un’imminente attacco di follia. «Ne vuoi parlare?» domandò cautamente.

Oliver sospirò. Lupin sembrava una persona affidabile, al di là del suo status di insegnante. Forse gli avrebbe fatto bene parlarne con qualcuno che poteva consigliarlo sul suo futuro meglio di quanto avrebbe fatto Percy – che avrebbe venduto un arto pur di fare carriera, c’era da ammetterlo.

Così raccontò all’insegnante dell’offerta del provino e della preoccupazione riguardo al suo futuro. Gli raccontò perfino del fatto che questo poteva già iniziare ad interferire con una sua eventuale vita sentimentale, ed entrambi parvero imbarazzati da quella consapevolezza. Gli spiegò di essere sempre vissuto solo per il Quidditch e di sognare quell’opportunità da una vita.

Ma se improvvisamente non fosse più l’unica cosa importante, l’unica cosa a cui tenesse?

Lupin lo ascoltò con attenzione, senza interromperlo mai: Oliver finì per raccontargli di Katie, tanto quell’uomo gli ispirava fiducia.

Lupin sorrise e attese che finisse il suo racconto, rosso il volto.

«Quindi, se già per il provino devo rinunciare ad uscire con Katie – e magari a stare con lei – più avanti dovrò rinunciare a qualsiasi cosa» concluse, guardando fuori dalla finestra per evitare di incontrare lo sguardo compassionevole dell’insegnante.

«Mi ricordi qualcuno che conoscevo» disse invece quello con voce roca. Quando Oliver alzò gli occhi su di lui si accorse che non erano impietositi ma tristi e malinconici. «Quand’ero giovane avevo un amico molto portato per il Quidditch. Era uno dei migliori Cercatori della sua generazione, e viveva per quello sport» raccontò, gli occhi persi in ricordi lontani. «Ricordo che giocherellava spesso con un vecchio Boccino rubato ed era un Capitano molto severo. La sua squadra seguiva ritmi serrati, ma vinsero la Coppa di Quidditch per quattro anni di fila».

Oliver lo guardò stupito. Lupin continuò con un sospiro, riportando su di lui lo sguardo.

«Poi incontrò una ragazza, e la sua vita prese una piega diversa. Sì, amava il Quidditch, ma rinunciò per poter diventare un Auror, perché la persona che amava era in pericolo, essendo Nata Babbana».

Abbassò di nuovo lo sguardo sulle proprie mani, mentre Oliver giocherellava con la manica della sua divisa.

«Certo, erano gli anni settanta ed erano altri tempi, Oliver. VoldTu-Sai-Chi aveva iniziato a dare la caccia ai Nati Babbani, e lei rischiava la vita ogni minuto. Il mio amico rinunciò al suo sogno di diventare un famoso giocatore di Quidditch senza farsi alcun problema, ma sono sicuro che non fosse privo di rimorsi» concluse.

Oliver non riuscì a trattenersi dal domandare ciò che più gli premeva. «Alla fine è riuscito ad entrare comunque nel mondo del Quidditch e fare quello che voleva fare, stando con quella ragazza?» si arrischiò a chiedere, pentendosi subito dopo. Lo sguardo dell’insegnante si era incupito ed era più triste che mai.

«No» rispose. «E’ morto combattendo. Sono morti tutti e due».

Oliver si fece piccolo piccolo sulla sedia, ma Lupin sembrava aver già abbandonato la tristezza, forse per una malinconia meno sferzante.

Gli sorrise e alzò le spalle.

«Fai solo quello che ti dice il cuore» gli suggerì, allungandogli una tavoletta di cioccolato. «E vedrai che non potrai mai sbagliare».

 

 

 

 

Sotto la doccia, Oliver finalmente era scoppiato. Aveva pianto per almeno una mezz’ora buona, accasciato contro la parete. Aveva preso a pungi il muro, con l’unico risultato di scorticarsi le nocche come un imbecille. Percy si era preoccupato e aveva pronunciato più volte il suo nome, ma lui l’aveva ignorato, ficcando la testa sotto al getto gelato d’acqua per non sentire. Aveva pianto, si era sfogato, si era arrabbiato fino a volersi prendere a schiaffi.

Alla fine aveva preso una decisione.

Non erano in guerra, grazie al cielo, e poteva davvero avere una possibilità, con quel maledetto provino, di fare ciò che sognava da una vita. Magari avrebbe potuto fare entrambi, o posticipare l’appuntamento con…beh, la donna della sua vita. Magari potevano vedersi un altro giorno, o poteva invitarla a fare una passeggiata nel parco.

Mancava ancora un mese, avrebbe trovato il modo di dirglielo.

Soltanto lei avrebbe saputo del provino. Sarebbe riuscito a farla sentire importante comunque?

Non voleva rinunciare a lei, né al suo futuro. Erano due cose talmente legate tra di loro che non poteva più pensare di scinderle.

Katie avrebbe capito? Non poteva saperlo e non era nemmeno tanto sicuro di voler rischiare di scoprirlo.

 

Forse semplicemente lo sapeva già. Forse la conosceva abbastanza, nonostante l’avesse sempre guardata da lontano, e se ne era innamorato poco a poco, da sapere come si sarebbe comportata. Si sarebbe dimostrata comprensiva, avrebbe capito che per lui era importante e si sarebbe fatta da parte, rinunciando al loro appuntamento. Poi, presto sarebbe finito tutto. La scuola sarebbe stata un ricordo lontano, così come Katie. Poteva rinunciare, voleva farlo?

No, non voleva.

Avrebbe trovato un modo per conciliare entrambe le cose che amava, fosse l’ultima cosa che faceva.

 

Senza dire una parola uscì dalla doccia e si rivestì in fretta. Percy lo osservò di sottecchi dal suo letto mentre scriveva una sola parola su una pergamena ruvida e la consegnava al gufo.

Il Prefetto riuscì a sbirciare un attimo prima che Oliver la girasse per scriverci l’indirizzo.

Diceva “Accetto”.

Scrisse poi un altro biglietto, un po’ più grande del precedente. Stavolta c’era scritto:

 

“Non vedo davvero l’ora di uscire di nuovo con te. Ieri è stata una giornata magnifica e tu sei un’ottima estimatrice di cioccolata, davvero.

P.S.: La prossima volta che mi caschi addosso a Percy verrà un collasso. Forse anche a me.

 

Oliver.”

 

Bravo, Oliver, si disse, manda alle ortiche la tua timidezza da primadonna e tira fuori le palle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Selene’s Corner

 

Signore e signori, vi sembrerà incredibile ma si. Ho davvero finalmente postato il capitolo.

*si difende dai pomodori*

Lo so, ci ho messo…ehm, non diciamolo quanto tempo ci ho messo a postare, ma da oggi in poi spero di postare molto più spesso, ecco.

Insomma, spero che questo capitolo non vi faccia schifo, e ho alcune precisazioni da fare:

1-      chiedo umilmente perdono per orribile ritardo.

2-      chiedo umilmente perdono anche per il fatto che il capitolo fa assolutamente schifo.

3-      *avete notato quel “gerbillo e tazza da tè”? Bene, tenetelo a mente per un futuro prossimo.

4-      ** il nome Fawkes mi piace millemila volte più di Fanny, passatemela, vi prego! :D

5-      Avrete notato il discorsetto di Lupin. Uhm, immagino che quell’anno per lui abbia significato ricordare costantemente James, Lily e Sirius, e quindi ecco qui come ce l’ho incastrato, perché . Vi è piaciuto o pensate che proprio non ci diceva un accidenti?

6-      Mmmmh. Che altro devo dire? Ah si. Oliver che finalmente cresce e tira fuori la zona sud  è parte della crescita del personaggio che avverrà durante la storia. Per Katie ci vorrà un po’ più di tempo, essendo più piccola, ma maturerà presto anche lei, vedrete. E la guerra in cosa la trasformerà?

7-      Ecco, riguardo a questo. Pensavo di scrivere davvero non solo fino al punto di svolta nella loro storia, ma fino alla fine della guerra magica. E non si può mai sapere chi morirà, insomma. Tanto la Row ha già fatto una strage di suo, e ci dice che Oliver Baston arriverà dal passaggio per la Testa di Porco al momento di combattere per Hogwarts. Nulla di più, nulla di meno. Ecco che quindi si scatenerà la mia fantasia! Che ne pensate? Dovrei continuare fino a quel punto, secondo voi? :D

8-      Tenete bene a mente anche i signori Barnabas e Sean. In futuro avranno un ruolo importante, eh! :D

9-      Niente, ho finito!

10-  Nooo, non è vero! Ho una mega sorpresona per voi!!!

 

 

Signore di EFP, vi presento il C.R.A.B., ovvero il Comitato per la Riabilitazione degli Addominali di Baston! (Roxas, puoi evitare questa parte, si ;D)

 


 

 

 


 

Beh, iscrivetevi numerose, eh! :D

 

Spero che l’immagine vi piaccia! Tanti Oliver-acciuga a tutte!!!

 

 

E ora, passiamo alle risposte delle recensioni, visto che vi avevo detto che avrei risposto qui, d’ora in poi (e sinceramente lo preferisco, come metodo!)

 

Siete le persone più meravigliose del mondo!! Ma dico dieci, dieci recensioni per un solo capitolo!! Voi. siete. matte.

 

 

FrePotter: Grazie mille per i complimenti e benvenuta! Passerò senz’altro a dare un’occhiata ;D

 

 

ZetaDreams: Ah, un’adepta del C.R.A.B., benvenuta anche a te!! Sono contenta che ti piaccia la storia, e che trovi Oliver e Katie così carini (effettivamente per ora la storia si manterrà sul puccioso, perché è pur sempre il quarto anno di Katie, poi diventerà meno pucciosa e più romantica e seria :D)

Grazie mille per la recensione! Oliver è qui e ti saluta, e ti ringrazia perché almeno tu lo consideri :D

 

 

Roxas93: Ahhh, la soddisfazione più grande della mia vita, sei! Un ragazzo che segue la mia Oliver/Katie, quasi non ci credevo!

Grazie della recensione, e spero che questo capitolo ti sia piaciuto! :D

 

Tinotina: Ciao, carissima! Non mi uccidere se sono sparita così di botto, ho scritto un capitolo lunghissimo!! ( e schifosissimo, diciamocelo xD)

Il poster di lui sotto la doccia l’ho fatto tutto per te, praticamente, visto che l’idea me l’hai data tu :D Ed è il nuovo simbolo del C.R.A.B.!

Ecco qui il seguito,dunque. Beh, effettivamente sento che fa davvero schifo. U_U Sono un disastro.

 

 

Wynne_Sabia: Mia adorata collega e danzatrice della pioggia, è tutto merito tuo, praticamente, se ho scritto questo dannatissimo capitolo! Ah, devo recensire la tua long, ma pensare alla tua long mi fa pensare che sia Dorcas che Sirius prima o poi moriranno, e non posso sopportarlo! Mi mette ansia persino leggere di loro a otto anni!

Comunque, sto divagando.

Anche tu adepta del C.R.A.B.? :D aaaah, Oliveruccio nostro <3

Sono davvero contenta che il capitolo ti sia piaciuto – perché almeno compensa questo che fa davvero schifo – e sono contenta che ti piaccia Percy. Io prima lo odiavo, ma poi ho letto la long di Fera e…

dannata lei! :D

Grazie grazie grazie per avermi fatto tornare l’ispirazione, carissima, anche se ci ho messo un mese a scrivere questo dannato capitolo! Un bacione!!

 

 

IlaSunnySmile: Questo capitolo è approvatissimo dal C.R.A.B., giuro!

Sono davvero contenta che il capitolo ti piaccia! :D La tua shot l’avevo letta, a dire la verità, prima che me la segnalassi (ho letto TUTTE le storie su Oliver di EFP) e passerò sicuramente a recensire :D :D Forse l’ho pure fatto…mmh, non ricordo XD

Beh, fammi sapere cosa pensi di questo capitolo schifosissimo!! :D

 

 

ella18: Sono contenta che il capitolo scorso ti sia piaciuto, e spero che questo sia all’altezza! Un bacio!

 

 

LoveChild: Eh, non preoccuparti, sono contenta che tu segua la storia anche se non recensisci! Batti un colpo per far sapere che ci sei ogni dieci capitoli, magari :D

Sono contenta che anche tu fai parte del C.R.A.B.! Cresciamo a dismisura! :D

Povero, povero Jack. Insomma, era sacrificabile, ma pooovero piccolo! *W*

 

 

Queen_: ehilà! sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo! Eh, e sono contenta di non aver sfondato la sottile barriera dell’OOC. Insomma, tutti immaginiamo Katie timida e Oliver con una doppia personalità, credo xD

Spero che anche questo capitolo ti piaccia! :D

 

 

AresEris: Ehilà! Ah, sono così contenta che ti sia piaciuto l’appuntamento. Insomma, sono così dolci e idioti insieme quei due!

Ah, ora Katie ha il permesso di vedere Oliver mezzo nudo? Fantastico, ragazza. Lo terrò a mente! *risata estremamente malvagia*

 

 

 

 

Beh, che dire? Spero davvero che questo capitolo vi piaccia. Mmmh, dite che è troppo lungo e pallos….ehm, noioso? Sono di nuovo 14 pagine di word. Uhm, insomma.

 

Beh, fatemi sapere, e unitevi numerose al C.R.A.B.!!

 

SeleneLightwood

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - L'epitaffio sul biglietto ***


Capitolo 7

-L’epitaffio sul biglietto-

 

 

 

 

Quella mattina l’idea di buttare giù dal letto l’intera squadra di Quidditch di Grifondoro era parsa ad Oliver davvero geniale: allenamenti extra all’alba, in barba a quei pigri dei Serpeverde. L’aria gelida di inizio febbraio gli sferzava il viso e gli scompigliava i capelli mentre a passo di marcia attraversava il parco di Hogwarts, costeggiando la foresta proibita, diretto – come potrebbe essere altrimenti? – al campo di Quidditch.

In quel momento, però, mentre affondava il viso nella sciarpa per ripararsi dal freddo, iniziò a realizzare che forse era stata un’idea un tantino folle e maniacale e che se ora temeva ritorsioni e vendette era perché forse se le era appellate con un bell’Accio.

L’ammutinamento era cominciato all’alba: in risposta al suo biglietto urgente – Percy gli aveva impedito di far irruzione nei dormitori altrui – aveva ricevuto da parte dei gemelli svariati post-it dotati di colorite vignette che illustravano come, a turno, lo stesso Oliver venisse ucciso schiacciato da un Bundimund, fulminato durante una partita di Quidditch e poi successivamente masticato e digerito dalla Piovra Gigante. Alicia e Angelina avevano contribuito inviandogli un bigliettino che, aveva realizzato macabramente, conteneva nient’altro che il suo futuro epitaffio: “Visse, tormentò, morì: Ora il Quidditch è libero dalla sua tirannia e nessuno lo ricorderà con amore.”

Oliver scosse la testa mentre quasi inciampava in un sasso sporgente. La sua squadra non stava prendendo sul serio la partita con i Serpeverde, e questo poteva costargli la coppa, e magari perfino la carriera.

Ora, avrete sicuramente notato l’aria da idiota stordito che aveva in faccia. Era dovuta ad un terzo biglietto, di tutt’altra natura, ricevuto la sera precedente e rinvenuto sul suo comodino quella mattina stessa, quando si era svegliato per farsi una bella doccia.

Strinse il pezzo di pergamena nella tasca interna del mantello e il suo stomaco si strinse al ricordo. Proprio sul suo comodino, infatti, aveva trovato la risposta al biglietto idiota che aveva mandato a Katie. Diceva: “Anche io non vedo l’ora di passare un po’ di tempo con te, capitano. E si, possibilmente senza cascarti addosso, per quanto morbido tu possa essere. Katie.”

Oliver sbuffò. Lui non era morbido, era muscoloso! Non poteva essere morbido, giocava a Quidditch.

Ok, si concesse. Questa storia del giocatore di Quidditch palestrato è una cavolata. Per esempio Montague!, esclamò dentro di sé. Insomma, peserà almeno quindici tonnellate, come un cucciolo di drago. Non so davvero come faccia la scopa a sollevare tutte le sue flaccide membra.

Lui non era muscoloso perché giocava a Quidditch. Era muscoloso punto e basta. Ed era un ragionamento che non faceva una piega, nel suo cervellino stordito dal freddo.

Tornando al biglietto di Katie, potete immaginare la sua reazione: ad un attimo di euforia totale era seguito uno di sconforto nero, dal quale non era ancora uscito. Come risolveva il problema appuntamento/provino senza rovinarsi la carriera e senza mandare all’aria la sua ancora inesistente relazione?

Certo del suo incurabile bipolarismo aveva infine convocato degli allenamenti così, tanto per.

Percy, che giaceva scomposto e insonnolito nel letto, lo aveva mandato al diavolo con quel suo modo di fare assurdamente pomposo, domandandogli se stesse forse cercando di venir assassinato dalle persone che gli volevano bene.

Non poteva certo dargli torto: era un’operazione suicida.

«Oliver!»

Una voce insonnolita alle sue spalle lo riscosse dagli oscuri pensieri sui quali si era soffermato – come quello sul suo epitaffio, ad esempio – e s girò di scatto per incontrare il viso sconvolto dal sonno di Katie.

«Ehi» pigolò mentre il senso di colpa faceva breccia nella sua testolina. Lei lo raggiunse velocemente e Oliver notò un qualcosa di minaccioso nella sua postura che fu tentato di fare un passo indietro. Forse voleva assassinarlo anche lei.

Si costrinse a comportarsi da Grifondoro coraggioso e rimase dov’era mentre lei lo rimproverava con lo sguardo. Vedeva presagi di morte ovunque, tale e quale alla Cooman? Era sempre stato una schiappa, in Divinazione.

«Quando ho detto che non vedevo l’ora di passare altro tempo con te» esordì Katie in un evidente tentativo di combattere contro le guance in fiamme che svelavano che stava arrossendo, «non intendevo esattamente alle sei di mattina, per gli allenamenti».

Scosse la testa e alcuni ciuffi neri le sfuggirono dalla coda alta. Vi passò la mano sinistra, mentre con la destra sistemava le pieghe della gonna della divisa.

Oliver cercò con tutte le sue forze di non arrossire, e tutto quello che riuscì a dire fu “Uhm.”

Lei ridacchiò nel mezzo di uno sbadiglio e quasi soffocò prima di domandare «Non avevi proprio niente da fare, stamattina?»

Lui ripensò alla lezione di Trasfigurazione che lo aspettava prima di pranzo e sorrise tra sé. Doveva annunciare alla McGranitt che era stato preso per il provino – non a caso era la sua insegnante preferita – e questo significava solo due cose: compiti extra di Trasfigurazione e biscotti allo zenzero.

Optò per la sua solita fissazione per quel maledettissimo sport.

«Dobbiamo assolutamente vincere la Coppa e la partita contro Serpeverde. Pretenderò la testa di Flitt appesa al mio soffitto come trofeo.»

Lei ridacchiò e sbuffò stringendosi nel mantello.  «Non credi di essere un tantino fuori di te, oggi?»

Oliver le sorrise e le diede una gomitata giocosa.

«Sarà pure, ma quel nuovo schema che ho ideato è perfetto per quella partita, tanto più che il tempo dovrebbe essere bello e…»

Katie gli diede un pugno sul braccio.

«Ricevuto, Capitano. Ora placa il tuo entusiasmo, che ho sonno ».

Oliver rise e alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi impercettibilmente a lei.

«Dormigliona» borbottò ridendo sotto i baffi.

Dio, quanto adorava quella ragazza.

 

 

 

Gli allenamenti si svolsero senza particolari incidenti e drammi, ad esclusione di un bolide di George che centrò Oliver dritto in fronte, causandogli una mezza commozione celebrale, e quando scesero a terra, tre ore dopo, Oliver era soddisfatto come non mai.

Katie gli sorrideva raggiante – ma soprattutto finalmente sveglia – mentre li raggiungeva a metà campo.

Quella mezza commozione celebrale era stata causata più dal fatto che lei lo aveva soccorso – schiantandosi contro gli anelli nel frattempo – che dal colpo di per sé.

Forse per la botta, forse no, s’era ritrovato a pensare che avrebbe preso in testa altri cento bolidi, se lei finiva sempre per guardarlo in quel modo premuroso e preoccupato.

La squadra raggiunse lo spogliatoio in fretta, visto il freddo cane che faceva fuori. Fred e Alicia sonnecchiavano l’uno sulla spalla dell’altro mentre arrancavano a caso verso la porta degli spogliatoi, e Angelina li fulminava da dietro.

Harry stava letteralmente dormendo appoggiato di peso alla sua Firebolt, mosso da chissà quale energia misteriosa che gli permise di centrare la porta al secondo colpo. Il boccino che aveva liberato e ripescato varie volte si dimenava nella sua mano, e Oliver lo osservò a lungo mentre si cambiava insieme agli altri ragazzi. Quello era la chiave per la sua vittoria.

Quel ragazzino così mingherlino e così veloce, capace di lanciarsi in mezzo a quindici giocatori, due bolidi e una pluffa e uscirne con una minuscola pallina in mano.

Era Harry l’asso nella manica, lo sapeva. C’era la possibilità che perdessero la partita contro i Serpverde, sì, ma non c’era possibilità che Harry mancasse il boccino. Era mille volte superiore a Malfoy, e lo sapevano entrambi.

Quando la squadra si riunì fuori dallo spogliatoio per andare in tutta fretta a fare colazione Oliver si accorse che Katie era rimasta dentro e non era con Alicia come al solito.

Così rientrò e si appoggiò allo stipite della porta. Lei saltò fuori dopo qualche minuto senza notarlo, e si accucciò di fianco alla panca, in ginocchio. Per un istante Oliver fu tentato di lanciarsi in avanti e controllare che stesse bene –magari tre ore di allenamenti a stomaco vuoto non erano il massimo – ma Katie allungò una mano sotto la panca ed emise un flebile ma vittorioso “Ah!” quando la estrasse.

In mano aveva una catenina con un ciondolo a forma di pesce rosso. Lei si rialzò sbattendo la fronte sulla panca e Oliver ridacchiò per rivelare la sua presenza.

«Oh» fece lei notandolo e spolverandosi le ginocchia. «Sei ancora qui».

Lui le sorrise timidamente. «Pensavo che magari potevamo andare a colazione insieme. Gli altri sono già andati su».

Katie sorrise e annuì. «Arrivo subito» esclamò.

Si avvicinò allo specchio appeso alla parete e sganciò la catenina, che però le scivolò dalle mani e finì di nuovo a terra.

Lei sbuffò e arrossì mentre si chinava a raccoglierla. Quando si rialzò alle sue spalle c’era Oliver.

«Da qui, faccio io» mormorò lui, ancora stupito da quel gesto che gli era venuto spontaneo.

Katie, ancora piuttosto rossa in viso, gli passò la catenina e Oliver glie la fece scivolare intorno al collo, sfiorandogli la nuca con una mano. Agganciò la catenina e le spostò appena un ciuffo di capelli con il polso.

Rimase incantato a fissarle l’incavo tra il collo e la spalla per un istante interminabile. Quando alzò gli occhi sullo specchio si accorse del riflesso di Katie che lo fissava ad occhi sgranati.

Fece un balzo indietro, imbarazzato.

«Andiamo?» domandò schiarendosi la voce. Lei sorrise timidamente e insieme uscirono stringendosi nei mantelli per ripararsi dal vento. Il cielo era limpido ed era una bella giornata, e Katie sorrise alzando il naso verso l’alto, probabilmente per scaldarsi ai deboli raggi del sole.

Oliver la osservò per un po’ mentre chiacchieravano del più e del meno – Katie gli stava raccontando della disastrosa lezione  di Trasfigurazione del giorno precedente – quando si accorsero di qualcuno che correva verso di loro di gran carriera, quasi ruzzolando giù per le scale prima del portone d’ingresso.

Oliver riconobbe la figura alta e longilinea: era Cedric Diggory, il capitano della squadra di Tassorosso.

Arrivò alzando una quantità infinita di polvere e inchiodò proprio davanti a loro, esibendo un sorriso a cinquantasei denti.

Che fosse venuto a far spostare la partita contro Serpeverde? Oliver gli lanciò uno sguardo indagatore e sospettoso mentre Cedric sorrideva a Katie e questa inspiegabilmente arrossiva.

Poi lui finalmente gli rivolse tutta la sua attenzione.

«Ti cercavo» esclamò. «E visto che ero di strada e Angelina Johnson mi ha detto dove trovarti…» lasciò la frase in sospeso, sorridendo.

Poi allungò la mano verso di lui e sia Oliver che Katie lo guardarono ad occhi spalancati, allibiti.

Cedric si affrettò a spiegare mentre gli stringeva vigorosamente la mano.

«Il Frate Grasso mi ha detto del tuo provino con il Puddlemore il 14. Cavolo, amico, complimenti

Oliver si impietrì e prese a fissare inorridito Diggory che gli sorrideva contento, ignaro della catastrofe alla quale aveva appena dato vita.

Poteva quasi sentire il rumore dei suoi piani e delle sue macchinazioni che si sbriciolavano in mille pezzi.

Katie spostò lo sguardo da Diggory a lui e poi di nuovo a Diggory, con l’aria di chi si sta domandando se si è persa qualcosa, poi parve essere illuminata dalla consapevolezza. Oliver non la stava guardando – fissava acora Diggory come se volesse assassinarlo sul posto – ma percepì l’esatto istante in cui Katie capì.

Cedric Diggory – evidentemente sensibile al cambiamento d’animo dei suoi interlocutori – se la svignò senza tanti complimenti.

«Beh, io vado! Ci si vede in giro!» esclamò, prima di fuggire verso la capanna di Hagrid.

Oliver gli augurò una morte lenta e dolorosa per mano di uno Schiopodo Sparacoda particolarmente violento e si voltò appena per guardare in faccia il destino.

Katie se ne stava ferma al suo fianco, come se non sapesse bene che fare.

«Io…» iniziò, non sapendo bene cosa dire. «Non è ancora nulla di deciso» borbottò infine.

Come poteva spiegare alla ragazza dei suoi sogni che stava davvero rinunciando al loro appuntamento per un provino di Quidditch?

Ma Katie scosse la testa e si riprese, e lo guardò inorridita.

«Non penserai mica di saltare il provino per venire ad Hogsmeade, spero!» gracchiò.

Oliver spalancò la bocca e cercò ovunque un segno che gli facesse capire che diavolo stesse succedendo.

«Andiamo, Oliver, se è quello che penso, e lo è, è l’occasione della tua vita!» esclamò Katie, rabbrividendo. Oliver notò che aveva gli occhi lucidi. «Non sprecarla così, possiamo andare un’altra volta ad Hogsmeade» mormorò lei, sorridendo debolmente.

Eccolo, il segno che cercava. L’aveva ferita, come uno stupido idiota, e in quel momento avrebbe volentieri mandato al diavolo il provino e avrebbe tanto voluto baciarla, ma si costrinse a stare fermo. Stava incasinando le cose più di quanto non fosse concesso normalmente.

«Mi dispiace, vorrei davvero esserci, quel giorno, ma sono provini fissi e…» mormorò, ma Katie lo interruppe.

«Non importa, Oliver, davvero» disse. Dal tono deluso della sua voce era ovvio che importava eccome, ma cosa poteva fare lui ormai? Era un miracolo se lei gli avrebbe rivolto ancora la parola. Dopotutto era la dimostrazione lampante di quando affidabile fosse: al primo posto andava comunque il Quidditch, sempre. Quale ragazza avrebbe accettato una cosa del genere?

Katie sospirò e riprese a camminare. «Andiamo a fare colazione» disse, e Oliver non potè far altro che seguirla e sentirsi il verme più schifido della terra.

 

 

 

Katie fece irruzione in sala comune fiondandosi al di là del buco del ritratto, guardandosi intorno in cerca di Alicia. La trovò seduta su una poltrona a leggere e si lanciò verso di lei. Alicia la notò e si alzò in piedi, un’aria preoccupata in volto.

«Katie, Nick-Quasi-Senza-Testa mi ha detto che Oliver…» non fece in tempo a finire la frase, che Katie le si buttò praticamente tra le braccia, scoppiando a piangere.

«Ehi» cercò di dire, desolata. «Dai, Kat, non è niente!»

Katie singhiozzò sulla sua spalla.

«Lo so che non è niente, piango perché mi sento una stupida!» mormorò cercando di asciugarsi gli occhi. Alicia la prese per le spalle e la allontanò quel tanto che bastava per guardarla in faccia.

«Ti va di raccontarmi?» domandò dolcemente, sfregandogli una mano sul braccio nel tentativo di confortarla.

«N-non c’è molto da dire» singhiozzò Katie. «E’ giusto che vada al provino, possiamo uscire un’altra volta». Fece un respiro profondo e cercò di riprendere il controllo.

«Ma…?» la invitò a continuare Alicia?

Katie scosse la testa. «…ma sono una cretina perché ci sono rimasta male anche se gli ho detto io stessa di andare al provino ed è una cosa terribilmente egoista, perché lui ci tiene e io…io…».

Scoppiò di nuovo a piangere e Alicia la abbracciò mentre rifletteva. Era normale la reazione di Katie, in fondo: la capiva. Voleva che Oliver andasse al provino ma ci era rimasta male perché comunque non le aveva detto nulla e aveva messo il Quidditch davanti a tutto, come al solito.

«Senti» esordì Alicia con voce dolce. «Ora vai in camera e mettiti a dormire, e domani mattina sembrerà tutto molto meno complicato, vedrai. Ci penseremo su insieme.»

Katie le sorrise tra le lacrime.

«Grazie» mormorò abbracciandola.

Alicia alzò le spalle.

«Ma figurati. E’ ora che Oliver si dia una mossa»

 

 

 

Alicia aspettò di sentire la porta del dormitorio di Katie chiudersi alle spalle della ragazza prima di sprofondare di nuovo nella poltrona. Com’era possibile che Oliver Baston da solo fosse capace di mandare all’aria una quasi relazione e il diabolico piano di ben quattro persone?

Sospirò e fece per alzarsi quando dal buco del ritratto riemersero le voci di Oliver e Percy. Si acquattò di più contro la poltrona e finse di dormire in caso i due l’avessero vista.

«…non è andata poi così male» stava dicendo Percy. «Katie stessa ti ha suggerito di andare al provino perché è la cosa migliore»

Oliver emise un rantolo depresso. «Non lo pensa davvero. Nella sua testa probabilmente stava inscenando il mio omicidio. Mi odia»

Percy scosse la testa con fare disperato. «Andiamo, Oliver, non essere melodrammatico. Pensa solo al provino ora, è quella la cosa importante. Prima la carriera, poi verrà tutto il resto»

Oliver abbassò gli occhi. «Sono innamorato di lei.» mormorò. «Ho davvero pensato di metterla davanti a tutto.»

Percy lo guardò sbalordito e Alicia fu tentata di scattare in piedi ed andare ad abbracciare Oliver. Era tutto ciò che aveva bisogno di sentire.

Oh, in realtà era tutto ciò che Katie aveva bisogno di sentire, ma un passetto alla volta e sarebbero arrivati anche lì.

Percy continuò a fissare Oliver, basito, la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Non disse nulla, forse non riusciva a trovare le parole.

Oliver sospirò.

«Ho dimenticato gli schemi al campo da Quidditch. Non aspettarmi alzato» mormorò, voltandogli le spalle e sparendo oltre il buco del ritratto.

Percy rimase  lì come un ebete, incapace persino di rimproverarlo perché stava uscendo fuori l’orario consentito, e Alicia non riuscì a non sentirsi un po’ in pena per lui. Gestire Katie e la sua incapacità di relazionarsi con quel dannatissimo fissato era una cosa relativamente semplice. Ma gestire il dannatissimo fissato, considerò, avrebbe sicuramente mandato Percy al San Mungo.

 

 

 

Oliver arrivò al campo di Quidditch co un principio di congelamento e le lacrime agli occhi, un po’ per il freddo e un po’ per la depressione. Si affrettò ad andare a recuperare gli schemi che aveva usato quella mattina e si strinse nel mantello nel tentativo di scaldarsi.

Quando uscì quasi inciampò in una palla di pelo arancione, che lo guardò malissimo prima di girargli intorno circospetto.

Oliver si guardò intorno incuriosito. Aveva forse visto quel gatto in sala comune un paio di volte? Ma si, con il gruppetto di Harry. Era della ragazza con i capelli sparati in tutte le direzioni, no? E cosa ci faceva a spasso per il parco?

Quello lo guardò male per un altro istante, stringendo gli occhi gialli, poi si voltò e, a coda alta, si infilò nella foresta proibita. Oliver continuò a guardare da quella parte, incuriosito, e un altro movimento colse la sua attenzione: c’era qualcosa di nero ed estremamente grosso proprio lì, dietro agli alberi. Oliver fece un passo indietro.

C’erano troppe creature nella foresta proibita che potessero definirsi pericolose.

La cosa si mosse appena e Oliver ne distinse la sagoma scura. Sembrava un enorme cane nero. Quello, quasi percependo il suo sguardo impietrito si voltò verso di lui e due occhi brillarono al buio come fari. Poi, così com’era apparso, scomparve.

Oliver dovette appoggiarsi al recinto per non piegarsi e vomitare.

Non era possibile. Non il gramo, non proprio a lui.

 

 

 

 

 

 

 

Selene’s Corner

 

Ok, dopo un altro mesetto di assenza eccomi di nuovo qui!

Un mese per un capitolo così caccoso, scusate!!

Come va, adorabili membri del C.R.A.B.?

Qui il caro Oliver non si ammazza di docce come al solito – forse perché c’è  Katie, chissà.

Ovviamente, come avevate predetto nelle recensioni, Oliver ha fatto un casino.

Beh, con lo zampino di Cedric, ma è uguale, dai.

 

Cosa ve ne pare di questo capitolo? Si capisce qualcosa o è tanto confuso?

Va beh, avrete capito che alla fine Oliver crede di vedere il gramo. Questo sarà di rilevante importanza nel prossimo capitolo perché, come certo avrete imparato, Oliver sa essere un tantino paranoico.

Tanto per la cronaca, il prossimo capitolo è quello del provino e sarà luuungo luuungo, a meno che io non decida di dividerlo in due parti. Olè!

 

E ora passiamo a rispondere alle recensioni!

 

 

Sprotte98: Ehilà! Benvenuta, benvenuta! Grazie per la recensione, sono davvero contenta che la storia ti piaccia!!

Per quanto riguarda l’intervista con il ragno di Percy, sto cercando di contattarlo!!

 

Tigre p: Ehilà! Che bello, sono contenta che la mia storia ti piaccia! Eh, sto cercando di curare molto tutti i dettagli, quindi Oliver viene fuori molto molto maniacale! XD Beh, spero di sentire la tua opinione anche per questo capitolo!!

 

Mary_: Oh, una compagna fan di Oliver/Katie! Io ho iniziato questa proprio perché su EFP ce ne sono poche, e quelle belle non sono finite U_U Quindi ho detto, perché no?

Chi non ha letto “Una brezza lieve” di ferao? Io lo adoro *-*

Come avevi previsto, Oliver ha fatto un bel macello, e alla fine vede pure il gramo (Sirius, che combini?!)

Vedremo come andrà nel prossimo capitolo, dai! :D

 

 

Tinotina: Ehhh, come potevo non dedicarti il poster? Anche tu avevi previsto il bel casino, e infatti eccolo qui, tutto per te :D

Non preoccuparti, se la caveranno :)

Comunque mi sono riletta tutta la saga (per la millesima volta, figuriamoci) e mi sono segnata ogni cosa riguardante Oliver, Katie, Alicia, Angelina, Lee e quant’altro…Oh beh, vedremo quello che verrà fuori!

 

 

May_Z: Ehi, benvenuta!! Che bello, sono riuscita a convertire qualcuno all’Oliver/Katie! :D

Tanto love *-*

E’ accennata un Hermione a cui piace Fred, si, ma sto progettando un’intera long su di loro, quindi ne parlerò lì!

Sono contenta che la storia ti piaccia, e spero di avere il tuo parere anche per questo capitolo! :D

 

 

Mug: Ehilà, imbucata in ritardo! Tranquilla, nel C.R.A.B. c’è posto per tutti :D

Personalmente ho adorato scrivere quel pezzo su Remus, Lily e James. Primo, perché sono fissata con i malandrini, e secondo perché m’era venuto in mente così, mentre ero sovrappensiero, ma ci stava tutto :)

I biscottini arrivano, tranquilla!! :D

 

 

IlaSunnySmile: Ehilà! Come va? :D Che bello risentirti anche per lo scorso capitolo!!

Sono contenta che la caratterizzazione dei personaggi ti piaccia :)

No, magari fossi la Zia Row in incognito! :D Non avrei fatto morire tutta quella gente nell’ultimo libro!

 

Wynne_Sabia: Ahhh, cara Wynne :) Ce l’ho fatta a pubblicare anche questo benedetto capitolo! :D Sono davvero felice che il riferimento a James ti abbia mandato in brodo di giuggiole, anche se poi mi sono persa sulla via buia del male (vedi la Sirius/Lily) e ho fatto perdere anche te, che hai scritto una (Remus/Lily). Insomma, ci manca che scriviamo una Snevans a due mani e stiamo apposto! Comunque tanto per cambiare qui non piove affatto, ma visti i recenti avvenimenti ho evitato di chiedere pioggia a destra e a sinistra, non si sa mai U_U

Beh, sono davvero contenta che la storia ti piaccia, perché a me questo capitolo lascia dei grossi dubbi. Boh, vedremo se a voi piacerà!

Tanti bacini, collega <3

 

Queen_: Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto! Eh, quell’accenno di Fremione l’ho adorato tantissimo anche io! :D Spero di sentire il tuo parere anche per questo capitolo!!

 

 

FrancyPotter: Niente panico!!

Oh, vedremo quello che succederà in futuro, chissà! La Rowling in questo senso mi ha lasciato carta bianca!

Spero che recensirai anche questo capitolo, sono curiosa di sapere cosa ne pensi! :D

 

 

 

 

 

Beh, donzelle, un bacione a tutte e ci sentiamo nel prossimo capitolo!!! :D

 

 

Selene <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Se proprio devo lasciarci le penne... ***


Oliver

Capitolo 8 - parte 1

Capitolo 8

-Se proprio devo lasciarci le penne…-

 

 

 

Oliver aprì gli occhi lentamente e cercò di mettere a fuoco la sveglia nel buio della stanza, nonostante lo sguardo appannato di qualcuno appena svegliato.

Voltò la testa sul cuscino e riuscì finalmente a vedere le lancette.

Le cinque e dieci.

Per Godric, pensò. E’ già l’alba.

Ebbene sì, gente, oggi è il giorno. Chiamatelo fato, destino, karma, sfiga nera: come preferite. In ogni caso, oggi è il giorno della mia funesta e prevedibile dipartita.

Le cinque e undici.

I segni ci sono tutti, pensò Oliver. Minacciosi presagi di morte giunti per mano di Fred e George, alleati temporanei del cupo mietitore; tetri epitaffi privi di amore, gufi che mi svolazzano intorno, corvi che aleggiano alle mie spalle; la Cooman ha predetto la mia morte due volte nella stessa mattinata; il gramo nel parco…

Le cinque e dodici.

Ovvio, perché non era sufficiente essere Oliver Baston, lo sfigatissimo Capitano dei Grifonodoro, ragionò Oliver. No, dovevo addirittura vedere un maledettissimo gramo. Come potrei non tirare le cuoia proprio oggi? E’ il quattordici febbraio!

Strizzò gli occhi con fare melodrammatico.

Chissà, magari mi centrerà un bolide dritto in testa. Ho sempre desiderato morire sul campo di Quidditch, dopotutto.

Le cinque e tredici.

Devo dare disposizioni per il mio funerale, davvero.

 

Oliver si riscosse dai funesti pensieri scuotendo vigorosamente la testa, facendo ondeggiare i capelli scuri sparati in tutte le direzioni.  Si alzò svogliatamente dal letto, sentendosi estremamente depresso.

Spalancò il baule con uno scatto e si mise a rovistare in cerca di un paio di calzini decenti con cui morire.

Dal letto di Percy si levò un mormorio irritato e il Caposcuola aprì un occhio nel buio per scrutarlo con malevolenza – per quanto possa essere malevolo lo sguardo di Percy Weasley all’alba.

«Che stai combinando, per Merlino? E’ l’alba!» borbottò con la voce impastata dal sonno prima di girarsi dall’altra parte e rimettersi a dormire senza nemmeno aspettare una risposta.

Che fosse sonnambulo?

Oliver rimase fermo ad osservarlo per un minuto intero, prendendo seriamente in considerazione l’idea di svegliarlo e inscenare un lacrimoso ma efficace addio, giusto per farlo sentire un po’ in colpa.

Dopo una lunga ponderazione optò per lasciargli un biglietto in cui dichiarava di lasciarli in eredità i suoi preziosi schemi di Quidditch e la sua collezione di saponette a forma di scope da corsa, raccomandandogli inoltre di non essere estremamente petulante, o Penelope lo avrebbe sicuramente scaricato.

Scarabocchiò in fondo al foglio un frettoloso “Ti voglio bene, Perce” – non si è mai virili abbastanza – e si affrettò a lasciare la stanza, scopa in resta, senza guardarsi indietro.

Molto melodrammatico, davvero.

Le cinque e trenta.

La Sala Comune era deserta, a quell’ora della mattina, fatta eccezione per una figura minuta accucciata su una poltrona.

Oliver sprofondò ancora di più nell’abisso delle sue funebri convinzioni: stava per morire.

Per qualche altro assurdo motivo, altrimenti, spuntava proprio Katie Bell addormentata in Sala Comune?

Che il karma gli avesse dichiarato definitivamente guerra, o era semplicemente uno dei tanti funesti presagi?

Le cinque e trentuno.

Katie dormiva placidamente con la testa appena chinata in avanti e un ciuffo di capelli neri calato sugli occhi. Il libro di Trasfigurazione era ancora aperto sulle ginocchia al capitolo della mutazione degli oggetti in animali.

Doveva essersi addormentata lì la sera prima, studiando Trasfigurazione.

Sorrise teneramente mentre osservava la sua espressione rilassata dal sonno e ci mise un istante a decidere. Se proprio doveva lasciarci le penne, tanto valeva farlo in grande stile, no?

Si piegò sulle ginocchia, accucciandosi davanti alla poltrona dove era arrotolata la ragazza e, prima che il buonsenso gli facesse cambiare idea, si sporse verso di lei per sfiorarle una guancia calda con il dorso della mano.

Chiuse gli occhi e sorrise. Cosa non avrebbe dato per passare un po’ di tempo con lei prima di trapassare…

Eppure Katie se ne stava lì e dormiva placidamente di fronte a lui, e baciarla adesso, mentre non poteva sentirlo, non sarebbe stata mai la stessa cosa.

Si risolse così a fare la stupidaggine numero due della mattinata: si sporse di nuovo verso di lei e le sfiorò la fronte con le labbra. I capelli della ragazza gli scivolarono sul naso mentre si tirava indietro con il cuore in gola e lo stomaco ridotto ad un groviglio inutile, e smise rumorosamente di respirare quando incontrò i suoi occhi, più azzurri del solito, fissi nei suoi.

Desiderò ardentemente di sprofondare, o al massimo essere risucchiato dal pavimento – veloce e indolore – mentre si arrabattava a cercare una scusa vagamente plausibile per il suo comportamento da maniaco; cercò disperatamente di non arrossire, ma era sicuro che persino Percy  dal dormitorio avrebbe potuto sentire la sua faccia andare a fuoco.

Stava per dire qualcosa – qualsiasi cosa, del tipo “sono le cinque e trentaquattro!” – invece di starsene lì a boccheggiare come un merluzzo, quando Katie decise di zittirlo ancora prima che emettesse alcun suono nell’unico modo – secondo l’opinione di Oliver, che forse era un po’ di parte – che fosse possibile in quel momento.

Quando sentì le labbra della ragazza muoversi delicate sulle sue pensò che sarebbe esploso da un’istante all’altro. Cercò di abbracciarla, metterle una mano tra i capelli, qualsiasi cosa, ma lei sembrava sempre più lontana e sfuggente, evanescente come nebbia.

Lei si separò appena dalle sue labbra e mormorò «Le cinque e trentasette, Oliver».

Lui aggrottò le sopracciglia e cercò di guardarla negli occhi per capire che accidente stesse succedendo – perché davvero non ci arrivava – quando una voce vagamente familiare, alle sue spalle, esclamò: «Ti ho detto le cinque e trentasette, Baston!»

Oliver si voltò di scatto. Sean McGregor era proprio dietro di lui, l’aria terribilmente divertita sul volto scuro.

Sia l’Allenatore che Katie scoppiarono a ridere di gusto, e mentre qualcuno borbottava il suo nome Olive precipitò nel vuoto.

Sospeso nel buio e freddo si guardò  intorno cercando di gridare, ma non riuscì a far uscire alcun suono. Poi comparve Silente. L’anziano mago indossava una veste di un bianco candido e aveva l’aria tranquilla. Stava amabilmente conversando con il vuoto attorno a loro e lo ignorava.

«Sì» disse a nessuno in particolare. «Purtroppo un bolide lo ha centrato dritto in faccia e non ce l’ha fatta. Ma sa com’è, aveva visto un gramo…»

Oliver ebbe giusto il tempo di inorridire a quella notizia che qualcuno lo colpì violentemente in faccia e il suo subconscio riemerse.

 

Si svegliò di scatto, saltando a sedere sul letto con aria terrorizzata e confusa. Era un incubo, solo un incubo.

Di fronte a lui c’era un preoccupatissimo Percy, i capelli sconvolti e gli occhiali spalmati sul naso che gli facevano sembrare gli occhi grandi come quelli di una civetta. Erano spalancati dalla preoccupazione e dalla sorpresa. 

«Stai bene? Mi hai fatto venire un infarto!» esclamò, sospirando di sollievo. Oliver lo fissò con aria alienata.

«Incubo» biascicò.

Percy gli lanciò uno sguardo comprensivo e assunse la sua adorabile aria da professorino, modalità mattutina.

«Certo» mormorò. «Entrare in fase REM quando si è così sotto stress può essere distruttivo, infatti il tuo cervello…» .

Oliver smise di ascoltarlo e buttò un’occhiata alla sveglia mentre cercava di regolarizzare il respiro – ancora ansimava per via del panico – e strabuzzò gli occhi nel buio non appena mise a fuoco le lancette.

Le cinque e trentasette.

Soffocò un grido di panico e ricadde indietro sul cuscino, sfinito.

E la giornata non era nemmeno iniziata.

 

 

*

 

 

Era fermo davanti al gargoyle che faceva la guardia allo studio del preside da una decina di minuti circa. Aveva uno sguardo estremamente perplesso stampato in volto e il biglietto ricevuto la sera prima stretto tra le mani.

Rilesse l’incriminato pezzetto di pergamena ancora una volta – la sedicesima, probabilmente – nel vano tentativo di venire a capo dell’enigma.

 

“Domani mattina raggiungerai il campo di allenamento del Puddlemore United tramite una passaporta. Trovati nell’ufficio del preside alle sei e trenta, per favore. Silente.

P.S.: Alla gargoyle piacciono le Gelatine Tuttigusti + 1.”

 

Oliver tornò a fissare la gargoyle, indeciso. Doveva aver frainteso il biglietto di Silente, perché corrompere la statua con delle Gelatine non aveva propriamente funzionato, ed ora un’offesissima creatura in marmo o chissà che si rifiutava di farlo entrare nell’ufficio del preside e gli aveva giurato odio eterno.

Si guardò intorno con aria disperata.  Probabilmente era in ritardo, e magari aveva persino perso la Passaporta, e il provino era saltato, e allora il gramo…

«Baston, che Godric staresti facendo?» esclamò una voce femminile alle sue spalle.

Oliver sobbalzò – per nulla dimentico dell’incubo di quella mattina – e si voltò di scatto. Alle sue spalle stava arrivando velocemente la McGranitt, vestita di tutto punto, i capelli stretti nella consueta crocchia.

Quando lo raggiunse il suo sguardo balzò dalla scatola di gelatine stretta nelle sue mani alla sua faccia imbarazzata, alla statua di pietra che stava cercando di fulminarlo con lo sguardo.

Sorprendendolo, alzò gli occhi al cielo e sospirò. «Ho detto chissà quante volte al professor Silente che quasi nessuno capisce la parola d’ordine, ma lui trova questo metodo così divertente…» commentò con evidente disappunto nella voce.

Si voltò poi verso la statua, sorridendole. «Gelatine Tuttigusti + 1» disse con chiarezza. Il gargoyle si spostò di lato, borbottando «Finalmente!» e lasciando loro il passaggio libero.

Ah, ecco.

Imbarazzatissimo, imboccò la via per lo studio del Preside, dandosi mentalmente dell’idiota. C’era già stato, sapeva come arrivarci. Dove cavolo aveva la testa?

Il panico iniziò ad impossessarsi di lui mentre bussava alla porta dell’ufficio, con la professoressa McGranitt alle sue spalle.

E adesso? Era pronto per affrontare l’ignoto?

Le porte si spalancarono e fece un paio di passi avanti, guardandosi intorno: la stanza era esattamente come la ricordava dalla sua precedente visita. Oggetti dall’aria fragile erano disseminati ovunque, una libreria gigantesca occupava metà della stanza e l’enorme uccello color fuoco con il quale, a quanto pareva, era solito fare amabilmente due chiacchiere il preside, era docilmente appollaiato sul suo trespolo.

«Oh, Minerva, signor Baston, benvenuti!» esclamò il preside, comparendo alle loro spalle.

Oliver si girò di scatto, colto di nuovo di sorpresa. Ma perché gli arrivavano tutti alle spalle, quella mattina?

«Buondì, Albus. Ho trovato il povero signor Baston che procrastinava davanti al tuo ufficio e ho pensato bene di recuperarlo » fece, lanciando all’anziano preside un’occhiata di rimprovero, chiaramente trasmettendo con gli occhi il seguente messaggio: se-gli-studenti-si-perdono-è-sempre-colpa-tua”.

Quello fece un sorriso soddisfatto – malvagio assai – e sospirò. «Ah, la gioventù!»

Indicò loro il vassoio appoggiato alla sua scrivania.

«Api Frizzole?» offrì con un gesto blando della mano.

Oliver alzò con aria depressa la sua scatola di Gelatine. «La ringrazio, ma ho già mangiato».

 

Il preside ridacchiò, divertito – Oliver sospettava che lo stesse volutamente prendendo in giro – e iniziò a misurare la stanza a grandi passi, lisciandosi la punta della lunga barba argentea.

«Minerva» chiamò infine, e sia Oliver che la professoressa McGranitt si voltarono verso di lui. «Perché non accompagni tu il signor Baston al provino? Non c’è lezione, oggi»

Oliver sgranò gli occhi stupito, ma se la McGranitt era sorpresa, non lo diede a vedere.

«Ma certo, Preside. Sarebbe un onore» disse, altera come sempre.

Silente batté le mani allegramente, esclamando: «Ottimo! Svelti, ora, la Passaporta

Si voltò e con uno svolazzo elegante del mantello si mise a rovistare alle sue spalle, esclamando di tanto in tanto: «Oh, ecco dov’era finito!»

Sia Oliver che l’insegnante lo osservarono con aria perplessa, fino a che non emerse con in mano un vecchio oggetto in pelle, sgualcito, che Oliver catalogò come “scarpa”.

Estremamente soddisfatto, Silente estrasse la bacchetta dalla manica, la picchiettò sullo stivale e disse: «Portus»

Quello si illuminò di una lieve luce azzurrina, come se fosse effettivamente entrato in funzione.

«Presto, prima che la perdiate»

Oliver si affrettò a poggiarci la mano sopra. La professoressa McGranitt, invece, pareva particolarmente interdetta mentre appoggiava circospetta e con lentezza la mano sullaPassaporta.

«E’ uno stivale da Cowboy, Albus?» esalò infine, mentre la Passaporta si illuminava di nuovo, attivandosi. 

Il Preside sorrise. Prima di venire risucchiato dal vuoto, Oliver fece in tempo a sentire la sua risposta divertita.

«Andavano molto di moda, negli anni cinquanta»

 

 

*

 

 

La Sala Grande era invasa dal chiacchiericcio allegro degli studenti a colazione, finalmente rilassati dopo una lunga settimana particolarmente pesante. Le facce serie erano rare ma ben visibili, in mezzo alla folla ridente: un paio di primini depressi, l’intera squadra di Quidditch di Tassorosso, furiosa per gli allenamenti fissati proprio quel giorno. Primo tra tutti, poi, c’era Harry Potter, unico studente del terzo anno a non avere il permesso di visitare Hogsmeade.

E poi c’era Katie Bell, ovviamente.

Capiamoci, non è che fosse sull’orlo del suicidio; il suo carattere estremamente particolare – ereditato dal nonno, si vociferava – la rendevano strana agli occhi degli altri: dolce e cinica allo stesso tempo, era anche la persona più sfortunata dell’intera Inghilterra magica – dopo Harry Potter, ovviamente – tanto che ormai non si stupiva più di nulla di ciò che le succedeva.

Stava semplicemente cercando di non buttarsi tanto giù, insomma, – per così poco, poi! – e era intenzionata a passare una bella giornata ad Hogsmeade con Alicia, Lee e i gemelli. Sì, insomma, poteva farcela.

Peccato che Angelina stesse cercando in tutti i modi di rovinarle la giornata.

«…è davvero un fissato maniaco» stava dicendo proprio in quel momento, accompagnando la sua invettiva contro Oliver con ampi gesti delle braccia. «Figuriamoci ora che andrà a quel provino! Non ci darà tregua, ci tormenterà anche dopo che saremo stramazzati al suolo, stecchiti»

George lanciò ad Angelina uno sguardo sconcertato, sicuramente domandandosi perché diavolo fosse così insensibile. Alicia aveva alzato gli occhi al cielo, sconfitta, e Lee la fissava incantato.

Povero Lee.

Katie affogò la faccia nel suo piatto di bacon nel tentativo maldestro di evitare il discorso. Come poteva riuscire a non pensare ad Oliver – sì, era stata ottimista - per tutta la giornata se Angelina lo nominava in ogni istante per lamentarsene?

«Che poi» continuò quella, immune ai fulmini che lanciava George con gli occhi, come se non ci fosse mezzo tavolo dei Grifondoro a guardarla come se fosse un’idiota. «non dovevate tipo andare ad Hogsmeade insieme, Katie?»

Cinque paia di mascelle si schiantarono a terra e Fred si lasciò sfuggire un’imprecazione, mentre Katie soffocava con il suo uovo strapazzato che aveva violentemente aspirato. Hermione Granger, seduta come al solito alla sua destra, si piegò verso di lei per darle dei colpetti sulla schiena.

Quando Katie riprese a respirare in maniera quasi umana, Angelina si guardò intorno stupita.

«Che c’è?» domandò a Alicia, che la osservava come se fosse un insetto molto interessante. «Ho qualcosa in viso?»

Katie emise un gemito sommesso e si accasciò sul tavolo mentre Fred scuoteva la testa con cupa rassegnazione.

«Sarà una lunga giornata» commentò con un sospiro melodrammatico.

 

 

*

 

 

Oliver si rialzò velocemente da terra, spolverandosi le ginocchia e cercando di non vomitare la colazione che non aveva fatto addosso alla professoressa McGranitt, perfettamente in equilibrio di fronte a lui.

In effetti nel suo stomaco dimorava solitaria un’unica Gelatina Tuttigusti + 1 al limone, che poi aveva davvero mangiato in attesa che la gargoyle decidesse di perdonarlo per il suo affronto e per aver tentato di corromperla con delle gelatine su suggerimento del Preside.

«Beh» disse la McGranitt, raddrizzandosi il cappello da strega in testa e sistemando gli occhiali. «Eccoci qui»

 Certe volte somigliava nei modi così tanto a Percy – o lui a lei, ancora peggio – da farlo rabbrividire di terrore.

Quando Oliver alzò lo sguardo rimase a bocca spalancata per una manciata di secondi.

Il campo di Quidditch del Puddlemore United non era particolarmente bello – erano pur sempre i penultimi della classifica – ma era davvero enorme. Almeno centro metri lo dividevano dall’entrata del campo, che sembrava essere infinito. Non aveva mai visto nulla di simile in tutta la sua vita. Riuscì a distinguere delle sagome indistinte in volo, metri e metri sopra di lui, ma erano talmente in alto che dovette aspettare che scendessero di quota per capire i loro ruoli. Due giocatori armati di mazza sfrecciavano a destra e sinistra, provando colpi e frenate. Un terzo giocatore si stava lanciando in picchiata da almeno trecento metri, altezza impressionante per un essere umano, anche se mago. Sembrava si stesse letteralmente lasciando cadere, e Oliver pensò per una frazione di secondo che fosse davvero così.

Aveva aperto la bocca per gridare come una femminuccia quando il giocatore inchiodò bruscamente e si raddrizzò sulla scopa con una giravolta, alzando il braccio in aria in segno di vittoria.

La Finta Wronsky.

Oliver, in imbarazzo, serrò la bocca e riprese a camminare normalmente. Man mano che si avvicinavano lo osservò sempre più attentamente e lo riconobbe dal modo in cui si appiattiva sulla scopa come se volesse farne parte e dal brillio dorato che inseguiva.

Era un Cercatore.

Strizzò gli occhi fino a che non distinse la scritta dietro alla sua divisa: Numero dieci.

Il Cercatore scomparì di botto dietro agli spalti e Oliver lo perse di vista, così fu costretto a seguire la McGranitt all’interno dello stadio, invece di continuare a gingillarsi, scopa in resta.

Dentro c’erano almeno una decina di ragazzi, tutti con il naso in aria ad osservare terrorizzati i giocatori titolari del Puddlemore United che sfrecciavano in aria come saette.

Nessuno di loro sembrava accompagnato da qualcun altro e Oliver si sentì infastidito e in imbarazzo. Silente pensava forse che la professoressa McGranitt avrebbe dovuto riportare indietro il suo cadavere?

Quando una signora sulla cinquantina si buttò addosso al figlio per sistemargli i capelli, però, si sentì particolarmente fortunato.

In ogni caso, lui e la professoressa McGranitt rimasero lì impalati a girarsi i pollici o fissare il vuoto con moderato interesse fino a che un urlo belluino non si levò dall’altra parte del campo e tutti si voltarono terrorizzati. Sean McGregor si avvicinava a passo di marcia, il ghigno sadico ben impresso in viso, seguito a ruota dal saltellante arzillo vecchietto che era il presidente della squadra.

Solo quando l’arzillo nonnino amico di Silente arrivò per primo Oliver notò che McGregor si appoggiava pesantemente ad un bastone di legno e sembrava trascinarsi dietro una gamba come se quella fosse priva di vita.

Era un dettaglio che non aveva notato la prima volta che li aveva incontrati.

«Benvenuti, benvenuti!» esclamò Barnabas, saltellando.

Oliver lanciò un’occhiata di sbiego alla McGranitt e quasi scoppiò a ridere di fronte alle sue sopracciglia inarcate e alla sua espressione interdetta. Anche lei doveva aver notato la sua impressionante…vivacità.

«Siete tutti qui» continuò. «per fare il provino. Non preoccupatevi, andrà benone

Quando ricevette molte occhiate terrorizzate e  nessuna risposta lasciò il comando all’allenatore McGregor, sopraggiunto alle sue spalle.

Quello incrociò le braccia e ghignò. «Lo vedete questo?» domandò, indicandosi uno dei denti d’oro. «Mi sono rotto i denti, al mio primo provino»

L’atmosfera, da gelata che era, si ghiacciò all’istante.

Nessuno osò rispondere, così lui continuò a parlare, evidentemente soddisfatto per averli terrorizzati per bene.

«D’accordo, mezze calzette! Siete qui per essere analizzati come se foste Asticelli sott’aceto e io un interessato Medimago che vi curiosa tra le interiora, quindi vedete di non fare schifo, eh?»

Oliver riuscì quasi a sentire lo spostamento d’aria che fecero le sopracciglia della professoressa McGranitt mentre si inarcavano tanto da scomparire dietro l’attaccatura dei capelli: era interdetta, su questo non c’erano dubbi.

Sto per vomitare, pensò Oliver allegramente. Adesso vomito.

Anche McGregor dovette sentire uno spiffero dalle sue parti, perché si girò verso l’insegnante e piegò la testa, aggrottando la fronte.

«Lei non mi sembra abbastanza giovane da reggersi su una scopa» commentò.

Oliver non sapeva più se ridere o piangere, ma sarebbe volentieri scoppiato in lacrime lì sul posto, se quel poco di orgoglio virile che gli era rimasto non glie l’avesse impedito, strillando a gran voce nella sua testa.

Al di là di ciò che succedeva nel cervello di Oliver, comunque, la McGranitt aveva dilatato le narici in un’espressione offesa e sembrava che stesse cercando di lanciare AvadaKedavra con gli occhi, ma l’allenatore McGregor se ne stava lì calmo e placido, come se non avesse sul serio provocato una delle donne più potenti e pericolose dell’intero Mondo Magico. Forse non lo sapeva.

Barnabas si sentì in dovere di mettere tutti a proprio agio e sciogliere la tensione, perciò esclamò: «Non per mettervi pressione, ovviamente!»

Cominciamo meravigliosamente, pensò Oliver. Oh, beh. Tanto oggi muoio.

 

 

*

 

 

Non appena Oliver si alzò in volo, spingendo sul terreno con i piedi per far leva sulla scopa, la pressione alle tempie svanì di botto, sostituita da una scarica di adrenalina pura. Aveva assistito sofferente ai cinque provini prima di lui.

Due si erano presentati come Battitori ed erano andati discretamente bene fino a che uno non aveva accidentalmente – forse – colpito l’altro in testa con la propria mazza, tramortendolo.

Una ragazza grande come un armadio si era proposta come Cercatrice ma, escluso il fatto che non si teneva dritta sulla scopa, non era riuscita a prendere il Boccino nemmeno dopo che quello gli era svolazzato davanti al viso per un’ora.

Niente a che vedere con il Cercatore che Oliver aveva visto appena arrivato, numero dieci.

Il quarto e il quinto erano entrambi Portieri, ed erano stati davvero bravi. Troppo, perché Oliver sperasse di essere preso. Il primo aveva buona tecnica, ma aveva parato sette reti su undici, tecnicamente poche.

Il secondo ne aveva parati nove, di cui uno di spalle. Esibizionista.

Ad ogni tiro Oliver si era sentito sempre più teso.

Quando l’allenatore McGregor aveva sbraitato il suo nome al Magimegafono era sobbalzato, guardandosi freneticamente intorno, deciso a scappare via a gambe levate il più velocemente possibile. Non trovando nessuna valida via di fuga si era costretto a salire sulla scopa e sollevarsi in aria, tremando da capo a piedi.

Ora che la paura e la tensione erano scivolate via, però, si sentì finalmente nel suo elemento.

Prese velocemente posizione davanti ai tre anelli.  Aveva studiato le mosse dei due cacciatori per tutti i provini precedenti, e poteva dire con discreta sicurezza che tendevano a salire di quota piuttosto che a scendere. Così si mise non al centro esatto ma spostato verso l’alto, sempre coprendo l’anello inferiore. Se i cacciatori avessero mirato agli anelli in alto avrebbero lasciato da parte quello in basso, come sospettava che avrebbero fatto.

Da dov’era posizionato poteva raggiungere facilmente l’anello di sinistra e con una bella spinta quello di destra. Tutto stava nel capire dov’era che avrebbero mirato.

Il giocatore che aveva in mano la Pluffa, poi, era quasi sicuramente mancino.

Fu grazie alla sua strampalata strategia che Oliver parò, anche se con difficoltà, i primi sette tiri. Quando parò anche l’ottavo notò con la coda dell’occhio la McGranitt che esultava e si sbracciava, arrampicata sugli spalti. Sorrise esultante e si preparò al prossimo tiro.

Quell’eccesso di sicurezza, però, gli costò caro: quando si spostò sulla sinistra, convinto che era lì che avrebbe tirato il Cacciatore che lo fronteggiava, non notò l’altro Cacciatore risalire il campo a destra.

Il passaggio fu talmente veloce che faticò a vederlo, figuriamoci a pararlo. La Pluffa attraversò, veloce come un fulmine, l’anello in basso, che aveva lasciato stupidamente scoperto.

«Maledizione» mormorò.

Otto colpi su undici non erano male, ma erano meno del secondo ragazzo che si era presentato ai provini. Non aveva possibilità.

Doveva assolutamente parare i prossimi tiri, altrimenti…

Il Cacciatore sbucò alla sua sinistra e tirò. Oliver si lanciò verso l’alto e sfiorò la pluffa con la punta delle dita, ma non la prese: quella filò dritta dentro l’anello.

Imprecò a mezza voce e si fermò un attimo a ragionare. O parava il prossimo tiro, o i suoi sogni di avere una carriera nel Quidditch andavano in frantumi come pezzi di vetro.

Prese un respiro profondo, cercando di calmarsi – cosa impossibile – e di concentrarsi, mentre i Cacciatori recuperavano la Pluffa e si preparavano a lanciare di nuovo.

Quello a sinistra si avvicinava ma non era abbastanza vicino per un passaggio corto. Avrebbe sicuramente optato per un tiro lungo, appena presa la Pluffa. Quando la afferrò e si spostò verso destra Oliver fece l’esatto contrario di ciò che sarebbe stato logico fare: si lanciò a sinistra.

La pluffa gli finì dritta tra le braccia e lo spinse indietro di un paio di metri, per quando era stata lanciata con forza, ce l’aveva fatta. L’aveva presa, aveva raggiunto il secondo portiere.

Solo un tiro, e ce l’avrebbe fatta. Solo uno.

Chiuse gli occhi e per un istante le immagini di Katie e Percy che gli sorridevano esplosero nella sua mente. Lo stavano aspettando ad Hogwarts, a casa.

Quando sentì il fischio dell’ultimo tiro – un rigore, Pluffa ad effetto – riaprì gli occhi e si lanciò in avanti.

 

 

 

*

 

 

Il disinfettante sulla ferita bruciava da matti, e questa fu la prima cosa di cui si rese conto.

Spalancò gli occhi, agitato, ma una mano gli artigliò la spalla e lo tirò giù di nuovo. Si accorse quindi di essere steso su un lettino.

Era morto?

«Hai preso una bella botta» commentò la voce della professoressa McGranitt, il solito cipiglio severo leggermente incrinato da uno sguardo preoccupato.

«Cos’è successo?» domandò Oliver con voce flebile, cercando di nuovo di mettersi seduto.

«Hai preso la Pluffa. In testa» commentò qualcun altro dietro di lui. Ormai abituato alla comparsa di persone alle sue spalle col solo scopo di attentare alla sua vita, Oliver non perse tempo a sobbalzare e voltarsi di scatto. Si girò, sorpreso.

McGregor se ne stava appoggiato allo stipite della porta con l’aria di uno che ha assistito alla scena più esilarante della vita e deve ancora riprendersi dalle risate. Oliver lo guardò, ancora intontito dal feroce mal di testa.

Quello sostenne il suo sguardo per un istante, poi gonfiò le guance, diventò viola e scoppiò a ridere.

«M-mai vista una cosa del genere, ragazzo!» ruggì, piegato in due dalle risate, appoggiato al bastone di legno. «Era ovvio che l’avresti presa in faccia, poteva persino sfondarti il cranio, tu lo sapevi…e che cosa fai? Ti ci butti davanti lo stesso!»

La McGranitt fece volare scandalizzata lo sguardo dal viso rosso di Oliver a quello ormai paonazzo dell’allenatore McGregor. Decise infine di prendersela con quest’ultimo, ignorando il fatto che il Capitano della Squadra di Grifondoro si fosse praticamente offerto per farsi spaccare la testa.

«Ebbene» sibilò, dilatando le narici. Oliver si fece piccolo piccolo. «almeno è ancora vivo! Se non avessi lanciato quel Sortilegio di Arresto lo avreste lasciato sfracellare al suolo!»

McGregor sorrise sornione.

«Lei è una donna meravigliosa, perché non andiamo a cena insieme?»

La McGranitt parve voler spalancare la mascella dall’indignazione, ma ci controllò e si limitò a fulminarlo con l’Occhiata.

«Si comporti da persona seria» esclamò, voltandosi.

Quello sorrise, fece l’occhiolino ad Oliver e uscì zoppicando, lasciandolo pieno di domande.

La Professoressa McGranitt tornò ad occuparsi della ferita sulla sua tempia, che a quanto pare era particolarmente estesa, strapazzandolo per farlo star giù. Glie la disinfettò con particolare entusiasmo, però, perché quando ebbe finito Oliver aveva le lacrime agli occhi.

La professoressa McGranitt lo guardò severamente.

«Una parola su ciò, Baston,» minacciò stringendo gli occhi. «e ti trasfiguro in una tazzina»

Oliver annuì in fretta.

«Ma allora l’ho parata?» gracchiò ansioso, alzando lo sguardo sull’insegnante.

 

«Eccome se l’hai parata!»

Oliver alzò gli occhi al cielo e si voltò di scatto, tanto per dare enfasi alla cosa.

C’era qualcun altro che voleva aggredirlo alle spalle? Cos’era, un complotto?

La voce sconosciuta apparteneva ad un ragazzo fermo sulla porta dello spogliatoio, elegantemente appoggiato allo stipite. Aveva un sorriso largo che gli occupava praticamente tutto il volto, un po’ piegato a mo’ di ghigno – caratteristica sicuramente trasmessa da McGregor – e l’aria estremamente entusiasta.

Aveva i capelli scuri e non tanto lunghi, con dei ciuffi che gli ricadevano sugli occhi azzurri e allegri. Indossava la divisa del Puddlemore United e, quando si girò per afferrare una brocca d’acqua alle sue spalle, Oliver riuscì a leggere la scritta dietro la sua divisa.

 

Norton M. , 10.

 

Ah, pensò Oliver sorpreso. Numero dieci!

Il cercatore si voltò di nuovo verso di lui, porgendogli un bicchiere d’acqua e lanciandogli un altro sorriso smagliante.

«Parata stupenda, amico, davvero! McGregor era colpito» commentò entusiasta, avvicinandosi per dargli una pacca sulla spalla.

Oliver sorrise a sua volta, dubbioso. Che persona espansiva, quel Norton!

«Grazie» rispose.

Numero dieci lo osservò soddisfatto per altri due istanti, poi decise che forse era il caso di presentarsi. Gli allungò la mano e Oliver la strinse vigorosamente.

«Piacere, Matt Norton. Cercatore di riserva» esclamò, allegro.

Di riserva?, si stupì Oliver. Come sarà il Cercatore titolare, allora?

«Oliver Baston, aspirante Portiere» ripose allora, sorridendogli a sua volta.

«…e suicida» aggiunse la McGranitt, che a quanto pareva non aveva dimenticato la sua intenzione di rimproverarlo per essersi quasi fatto ammazzare. Numero dieci ridacchiò, sorridendo anche a lei. Certo che quel ragazzo sapeva come mettere a proprio agio le persone!

Oliver lo osservò attentamente. Dove lo aveva già visto?

«E’ un piacere rivederti, comunque, signor Norton» esclamò la McGranitt, scuotendo la testa.

«Professoressa, sempre in ottima forma!» rispose allora lui allegramente, alzando la mano in un cenno di saluta.

Di fronte allo sguardo perplesso di Oliver la McGranitt si affrettò a spiegare.

«Baston, ti presento Matt Norton, il peggior miglior studente che io abbia mai avuto»

Oliver continuò a fissarli perplesso, così Numero dieci pensò bene di intervenire.

«Ero ad Hogwarts anch’io, a Corvonero, e ho lasciato subito dopo i G.U.F.O. per entrare nel Puddlemore» spiegò. La McGranitt gli lanciò un’occhiataccia.

«Ricordo perfettamente i tuoi G.U.F.O., Norton. Tutti Eccezionale ed un Troll in Pozioni. Da record, credo»

Oliver rise e Matt lo guardò imbarazzato, grattandosi la nuca e arrossendo.

«Ho trasformato il mio vicino d’esame in un girino» ammise.

Oliver scoppiò definitivamente a ridere e la McGranitt comentò, bonaria.

«Il peggior studente che Piton abbia mai avuto, sono sicura. Ancora rabbrividisce quando ti nomino»

«Beh» cercò di difendersi Numero dieci, alzando le mani in segno di resa. «Piton era tutto inquietante e cupo»

Risero insieme per un attimo, ma vennero interrotti dagli altri aspiranti giocatori che si riversarono nello spogliatoio in massa, bianchi come cenci. Ad Oliver si ghiacciò il sangue nelle vene e persino la McGranitt parve più pallida. I provini dovevano essere finiti.

Oliver notò lo sguardo rancoroso degli altri due Portieri e si domandò se fosse un buon segno – e significava che aveva qualche speranza di essere preso – o se fosse un male – e loro reclamavano il suo scalpo – ma non ebbe il tempo di produrre altri pensieri insensati sulla sua dipartita, perché l’allenatore McGragor comparve di nuovo sulla porta con una pergamena stretta tra le mani.

Subito tutti gli occhi si puntarono su di lui.

«Bene» disse. «Su questo foglio c’è scritto il vostro futuro. Molti di voi torneranno a casa sull’orlo del suicidio, e sinceramente non mi importa un accidenti. Abbiamo preso quattro persone – una per ogni ruolo – per un altro provino tra qualche mese. Quindi, ora attacco in bacheca i nomi. E’ stato un piacere ridere di voi»

Nel silenzio traumatizzato che era calato sulla stanza e su tutti loro McGregor estrasse la bacchetta e la puntò contro la pergamena. Quella si alzò e andò ad attaccarsi con un sonoro schiocco sul muro alle sue spalle.

Numero dieci, di fianco ad Oliver, gli batté una mano tra le scapole in segno di incoraggiamento.

Oliver si avvicinò alla bacheca con le gambe che tremavano in maniera incontrollabile e il cuore in gola. Intorno a lui tutti avevano la stessa espressione. Sette o otto persone sarebbero tornate a casa, quella sera, e non avrebbero più avuto un sogno. Forse l’avrebbero ritrovato in pezzi piccolissimi e avrebbero sudato per rimetterlo in sesto, scheggia per scheggia, ma per molte delle persone presenti in quella stanza, Oliver lo sapeva, la carriera da giocatori di Quidditch finiva lì.

Probabilmente per lui stesso.

Trattenendo il fiato, sbirciò sul foglio i nomi dei quattro.

 

 

*

 

 

Se prima Katie non era sull’orlo del suicidio, ora avrebbe volentieri pregato un Drago di mangiarla e digerirla in fretta, tanto si sentiva depressa.

Quando aveva sperato di non pensare ad Oliver per tutta la giornata, come abbiamo già detto, era stata estremamente ottimista, sì, ma solo ora realizzava quanto stupido fossesperare di non pensare al ragazzo che ti piace il giorno di San Valentino, circondata da coppiette amorevoli.

Queste spuntavano come funghi ad ogni angolo di Hogsmeade, da dentro i negozi, dai vicoli bui e da sottoterra, tutti diretti da…

«Madama Piediburro!» esclamò Angelina con entusiasmo, indicando il vomitevole locale davanti al quale si stavano ammassando sempre più coppiete dai dubbi gusti in fatto di bevande, tutte estremamente felici all’idea di bere cioccolata calda piena di disgustosi coriandoli a forma di cuoricini rosa e passare ore a fissarsi smielatamene nelle palle degli occhi da sopra il tavolino coperto di centrini.

Katie represse un conato di vomito.

«Perché non ci facciamo un salto?» insistette Angelina, indispettita dal fatto che tutti avessero bellamente ignorato la sua folgorante idea.

«Preferirei infilarmi una scopa nel naso» borbottò Katie sottovoce per non farsi sentire dalla Cacciatrice.

«Quando sei depressa diventi acida» commentò Fred, arrivando alle sue spalle insieme ad Alicia e prendendola sottobraccio.

«Siamo nervosette, eh?» gli diede manforte Alicia.

Katie ringhiò nella loro direzione.

«Dai» cercò di consolarla l’amica. «Sono sicura che lui non ti avrebbe mai portata da Madama Piediburro»

Gli diede un buffetto sulla testa. «Probabilmente sareste andati ai Tre Manici di Scopa» considerò, fissando le nuvole con aria pensierosa.

Fred sbuffò. «Non so se ci sareste arrivati. Sulla strada per i Tre Manici c’è l’Emporio del Quidditch»

Alicia scoppiò a ridere, e la sua risata ridicola – tirava su col naso, più che altro – trascinò con sé anche Katie.

Si senti comunque in dovere di difendere Oliver.  «Non è così maniacale come credete» commentò, sfregando le mani per scaldarsi. «Cioè sì, fondamentalmente lo è, ma…»

George, sopraggiunto in quel momento, la interruppe. «Parli ancora di Oliver, Kat

Ecco, appunto.

Katie gli lanciò uno sguardo truce. «Potrei diventare molto violenta, Weasley»

Angelina la guardò, sorridendogli con aria cospiratoria, come se entrambe fossero a conoscenza di chissà quale verità mistica.

«Non ti fa mica star meglio, parlare sempre di lui» disse ostentando un’aria saggia.

Fred spalancò la bocca.

Katie la avrebbe volentieri azzannata, chiaro segno di quanto il ciclo mestruale ed Oliver Baston stessero nocendo alla sua salute mentale.

Abbassò gli occhi e non rispose. D’altro canto cercare di far capire ad Angelina che stava solo peggiorando la situazione non era minimamente contemplabile.

«Oliver?» ripete Alicia, sbalordita. Katie alzò la testa molleggiandola per lanciargli uno sguardo a metà tra il depresso e l’offeso che voleva signicare “Ti prego, non metterticianche tu”, e sbottò: «Alicia, infierisci sul mio cadavere? Ci manca solo che…»

La voce le morì in gola non appena mise a fuoco la figura che stava ferma impalata in mezzo alla via principale di Hogsmeade, l’aria soddisfatta che strabordava dagli occhi allegri e una grossa ferita sulla tempia.

La mascella le si spalancò e andò a sfiorare terra mentre fissava Oliver che fissava lei.

Oh. Mio. Dio.

E’ qui.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

 

Ohh, finalmente aggiusto le note d’Autore (per chi non l’avesse capito, prima erano diverse) e…beh, eccomi qui! :D

Dunque, immagino avrete notato che c’è una sorpresina per voi a inizio capitolo…

Un’immagine sulla storia!!! :D

Devo davvero ringraziare Mary_ che si è sentita ispirata e ha disegnato due splendidi pezzi di “Tazze di tè e gocce di pioggia”! :D

Quello che vedete è il primo, mentre invece il prossimo lo metterò sul capitolo 8 parte due, che dovrebbe arrivare prima del previsto, perché è scritto per metà! :D

Spero che non mi odiate per avervi fatto aspettare così tanto, mi dispiace!! :D

Comunque, sono curiosa di sapere cosa ne pensate di questo capitolo e di quello che è successo…ma soprattutto del provino!! :D

Che ve ne pare? :D

 

Ora, la cosa che mi preme di più: Matt. Matt è un OC e diventerà un personaggio molto importante nella storia, quindi tenetelo bene a mente e fate attenzione ai dettagli, ragazze, perché personalmente lo trovo adorabile, ma non si sa mai quali conseguenze la guerra porta con sé!

E poi che altro? Ah si! Sean McGregor sembra avere seri problemi fisici…come mai? :D

Lo scopriremo nei prossimi capitoli!

 

HO UNA DOMANDA!! Qualcuna di voi aveva capito che l’inizio era un sogno? Sono curiosa!

 

Per quanto riguarda Angelina, molte di voi hanno notato che è antipatica: sì, è vero, ma fidatevi di me, succederà qualcosa che la farà cambiare, presto :D

  

Comunque, questo è il capitolo parte uno. Arriverà una parte due, ovviamente, e stavolta aspettatevene davvero delle belle, perché (spero) vi terrò appiccicate allo schermo del computer. Eh si, ragazze, è IL CAPITOLO DELL’APPUNTAMENTO.

Ah, che bello! :D

 

Ora passiamo a rispondere alle recensioni!! :D

 

 

Beatrice_Black: Che bello, ho convertito un’altra ragazza all’Oliver/Katie! :D Non sai quanto mi rendi felice, ragazza! E’ meraviglioso vedere che riesco a trasmettere ciò che mi preme far passare da me a voi, ovvero la mia adorazione per questi personaggi purtroppo troppo poco conosciuti…Grazie mille per la recensione, spero di risentirti anche per questo capitolo! :D

 

Wynne_Sabia: Tesoro! :D Eh, non ti gasare così però!! :D Anche qui – aimè – niente Oliver mezzo nudo, sorry, ma nel prossimo facciamo il pieno, promesso! :D

Succederanno un sacco di cose, promise! :D

Ooooh, tranquilla, tu non lasci mai recensioni idiote… io le adoro tanto tanto tanto <3

Per la Snevans a quattro mani, appena mi viene un’idea di faccio un fischio, sul serio :D :D

Per quanto riguarda Oliver e il gramo”, come dici tu, sì, quello E’ decisamente l’uomo più figo del secolo, e sì, lo ha terrorizzato (con la sua figaggine. Uh, un’Oliver/Sirius, figo!!)

E come hai visto Oliver si è fatto condizionare un pochino da Sirius J Povero, (passami il francesismo) s’è cagato sotto :D

Sei davvero una recensitrice/collega/fanwriter/consorte eccezionale, ragazza, non so che avrei fatto se non ci fossi stata tu a fare la danza della pioggia :D

Oh beh, credo che sia di nuovo la risposta più lunga, ma tu scrivi tanto e io rispondo a tanto, no? :D

Grazie tantissime per la recensione, cara, e spero che vorrai bacchettarmi anche per questo capitolo per non avervi messo Oliver sotto la doccia, ma c’ho messo Matt che (nella mia testa) è terribilmente carino e sexy, quindi speravo bastasse :D Oliver tra un po’ si trasforma in un pesciolino, povero piccolo!!!!

 

Tigre p: Oddio che cosa macabra, povero Cedric :S Eh, cerca di capirlo, Oliver, era traumatizzato! :D

Comunque spero che questo capitolo ti sia piaciuto come il precedente!!

 

Mary_: Tu tu tu tu….tu sei una persona meravigliosa!!!! Ma i disegni, i disegni!! :D Non smetterò MAI di ripeterti che sono bellissimi e che ogni volta che ci penso mi emoziono, perché è una cosa stupenda sapere di aver trasmesso qualcosa a qualcuno che a sua volta lo ha riportato su carta. E’ meraviglioso, sono davvero onorata!! :D

Come vedi, il tuo disegno c’è, è la prima cosa che si vede <3

Eeeeh, sono contenta che ti piacciano i titoli, mi ci spasso a inventarli :D Che bello che qualcuno li ha notati! :D :D Per quanto riguarda Cedric….sì, persino io avrei voluto farlo secco! All’inizio volevo metterci Jack Sloper, ma poi ho pensato che trasformarlo in canarino fosse stato abbastanza, poverino!

Beh, spero che verrai di nuovo ispirata da questa storia, perché i disegni sono veramente meravigliosi!! :D

 

IlaSunnySmile: Ehilà, quanto tempo!!! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto!!! Si, la mia malvagia testolina ha in mente un sacco di cose, e se le metto in pratica tutte, probabilmente mi ammazzate! :D

Beh, spero di sentirti anche per questo capitolo! Dal prossimo il CRAB andrà in brodo di giuggiole, perché ci saranno taaante docce! :D

 

 

May_Z: Sono contenta che la storia ti piaccia, è bello far appassionare qualcuno ad una coppia così poco conosciuta in italia! :D

So che immaginavate che Oliver riuscisse a fare un casino, ma tranquille, lo sistemerà. Certo, può essere che poi incasini di nuovo, ma è un dettaglio ;)

Oliver è un personaggio pieno di manie, e andando avanti con la storia ne troveremo tante altre, così come alcune le perderà, anche molto presto :D

Comunque, quando si tratta di Quidditch, docce o Katie, assolutamente va fuori di testa.

E infatti in questo capitolo si è visto :D

Per la Fred/Hermione, ho iniziato a stendere la storia, e presto la pubblicherò, quindi ti farò sapere subito, e spero che l’apprezzerai come ti piace questa!! :D

 

Sprotte98: Aahah, non ci credo, praticamente avete commentato quasi tutte quanto Sirius sia figo, anche se fa un’apparizione di una riga! :D Santissimo Sirius, farò fare una doccia anche a lui! :D

Sono contenta che tu abbia trovato divertente la storia dell’epitaffio, io mi sono divertita un sacco a scriverla!! :D

Eh, brutta notizia: la zia Row ci dice che Oliver (e Katie, in teoria) arrivano alla battaglia, non che ne escono vivi! :D Ma tranquilla, non potrei mai uccidere Oliver. Forse. O Katie. Mhmmm…… xD

 

lisolachenonce: Ohh, sono contenta che la storia ti piaccia!! :D Eh, Fred e George torneranno presto alla carica, perché amplierò la storia con visioni dal punto di vista di altri personaggi, tra qualche capitolo! :D

Beh, spero di sentirti anche per questo capitolo!!! :D

 

 

 

Beh, ragazze, vi lascio, voi commentate e fatemi sapere se c’è qualcosa che non vi piace o che vi ha fatto schifo, o soprattutto che vorreste che succeda. Non si sa mai che non mi date qualche bella idea e stravolgo tutta la storia per seguirla! :D

 

 

 

 

 Bacissimi, <3

 

 

Selene

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - E allora buttiamo giù il muro ***


Nota: Ho superato me stessa, e le diciannove pagine di world

Nota: Ho superato me stessa, e le diciannove pagine di world.

I feel powerfull!

 

Questo capitolo – che spero vivamente vi terrà incollate allo schermo! –

è dedicato a Mary_, la persona fantastica che

ha letto il anteprima il capitolo e

che ha corretto alcune baggianate che avevo scritto.

Fatele un super-mega applauso!

Ma soprattutto è la splendida ragazza

che fa i meravigliosi disegni che trovate all’inizio dei capitoli :D

Grazie, Mary <3

 

 

 

Capitolo 9

- E allora buttiamo giù il muro -

 

 

 

 

Oliver Baston aveva scoperto solo di recente di essere particolarmente superstizioso, anche se, visto che tipo maniacale fosse, c'era da aspettarselo. La visita del Gramo, poi, aveva avuto come unico risultato l'aggravarsi di tutte le sue strane - e patologicamente preoccupanti- convinzioni.

La sfortuna esiste, ci vede benissimo ed e' capace di perseguitarti fino a che il tuo corpo morente non e' a terra e implora pietà. Infierisce anche sul tuo cadavere, magari.

Se esiste la sfiga, però, deve esistere anche la fortuna, in un modo o nell'altro. L'essere riusciti, nonostante una quasi commozione celebrale, a trovare Katie ad Hogsmeade, ne e' la dimostrazione lampante.

 

Oliver rimase immobile come un merluzzo stecchito ad osservarla per qualche secondo, giusto il tempo di godersi il caos che si era scatenato intorno a lei: Angelina e Lee avevano semplicemente spalancato la bocca, come se davanti a loro fosse appena apparso Merlino in persona, in mutande e con un croissant in mano.

Alicia aveva sfoderato uno di quei sorrisi dentro ai quali ci si potrebbe tranquillamente infilare un divano e i gemelli Weasley avevano sobbalzato così violentemente da andare a sbattere con tutto il resto della combriccola. Udì da lontano un vago: “Katie, noi andiamo a fare…”, e tutti si defilarono in fretta, ma lei non diede segno di averli sentiti.

La ragazza, semplicemente, non si mosse.

Se ne stava lì, ferma impalata, a fissarlo con aria sorpresa, come se davvero vederlo li fosse l'ultima cosa che si aspettasse.

Pensò di avvicinarsi con aria soddisfatta e dire qualcosa di estremamente sexy ed epico, del tipo “Bambola, sono arrivato”, ma probabilmente l’avrebbe fatta fuggire a gambe levate. Cosa diavolo gli passava per la testa, poi? Doveva essere colpa della botta...

Dall’esterno la scena doveva essere davvero esilarante, comunque: loro due che si fissavano, ad almeno quindici metri di distanza, mentre tutti gli altri se la davano a gambe, fingendo di non esistere o, al massimo, di essere improvvisamente molto occupati.

Esatto: l’intera squadra di Grifondoro, fatta eccezione per Harry Potter – ma dove finiva tutte le volte, quel benedetto ragazzo? – s’era defilata alla svelta, andando a ripararsi dietro alla vetrina di Mondomago, divenuta trincea improvvisata. Cos’è, credevano di essere improvvisamente diventati invisibili?

Proprio mentre Oliver decideva coraggiosamente di fare un passo avanti,  Katie parve riscuotersi dallo stato d'ipnosi sotto il quale era apparentemente caduta e iniziò a correre nella sua direzione. L'esilarante scena da film fece voltare un paio di streghe che passeggiavano da quelle parti con delle espressioni intenerite dipinte in volto.

Il ragazzo, tuttavia, si paralizzò sul posto, interdetto. Voleva forse picchiarlo a sangue?

Katie esibiva un’espressione a metà tra l’arrabbiato e lo stordito e, quando fu a meno di mezzo metro da lui, gli si buttò addosso, stringendolo in una morsa degna di un boa constrictor in quello che doveva, apparentemente, essere un abbraccio.

«Ciao» mormorò Oliver, allacciandole le braccia dietro la schiena per non farla ruzzolare a terra. Si sentì girare vagamente la testa, probabilmente per colpa del colpo di quella mattina.

Non appena la McGranitt l’aveva riportato indietro tramite Materializzazione Congiunta, infatti, l’aveva assillata per lasciarlo andare ad Hogsmeade anziché in Infermeria, e lei alla fine aveva ceduto, esasperata.

«Ehi» sussurrò allora Katie, imbarazzata per tutto l’entusiasmo che stava mostrando, separandosi appena da lui. Un ciuffo le ricadde sopra agli occhi e lei vi si nascose appena dietro. Oliver sorrise e le sfiorò i capelli per spostarglielo dietro l’orecchio, ritirando poi la mano di botto, come scottato. Da quando si lasciava andare a gesti così teneri con lei? E Katie glie lo lasciava fare?

La ragazza in questione alzò lo sguardo su Oliver, con in testa una marea di domande che premevano per uscire tutte insieme.

Quando posò lo sguardo sulla ferita alla sua tempia, però, aggrottò le sopracciglia.

«Cos’hai fatto alla testa?» domandò, perplessa. Oliver alzò gli occhi al cielo, diventando tutto rosso in zona orecchie.

Era una cosa piuttosto ridicola da spiegare.

Improvvisamente Katie parve illuminarsi, come se qualcuno avesse appena acceso un Lumos sotto il suo naso e, battendosi una mano in fronte con un sonoro schiocco esclamò, scioccata: «Il provino!»

 

Oliver la guardò sbigottito per un secondo e non riuscì proprio a trattenersi.

Erano amici, o forse qualcosa di più, sì, ma a chi importava, in quel momento?

La abbracciò di slancio, allacciandole le braccia sui fianchi, e la tirò su di peso, facendole fare una sorta di bizzarra piroetta. Katie cacciò un urletto e si aggrappò a lui mentre giravano maldestramente sul posto. Quando la rimise a terra, senza smettere di abbracciarla, sorrise dei suoi capelli arruffati e freddi per via del vento gelato di febbraio.

Con la coda dell’occhio notò le teste arancione acceso degli Weasley sparire lentamente dentro ad un negozio di articoli da strega, non prima che uno dei due gli avesse fatto un enorme sorriso sornione. Probabilmente era George.

 

Dovrei strapazzarli molto meno durante gli allenamenti. O forse molto di più, considerò una parte del cervello di Oliver mentre la sua presa sui fianchi della ragazza si intensificava. L’altra metà della sua mente – quella che ormai aveva perso ogni capacità di ragionamento e stava liberamente scorrazzando nei meandri del suo cranio – era divisa in due fazioni: una urlava a gran voce “che aspetti, cretino! Spogliala!” e l’altra diceva alla prima di starsene zitta, perché non erano cose da pensare.

Si sentiva un po’ bipolare e anche un po’ maniaco, a dirla tutta, ma se quello era il prezzo da pagare per essere uscito vivo dal provino e avere Katie tra le braccia, ci avrebbe messo la firma a sangue.

Che se ne faceva di un cervello, tanto?

 

«Allora, com’è andata?»

Katie, rossa in viso – magari non proprio per il freddo – era impaziente di sapere, e strappò il ragazzo dai suoi - non esattamente casti - pensieri.  

Oliver scosse la testa – non era proprio il caso di saltarle addosso in quel momento - e alzò un sopracciglio.

Era la mattinata giusta, no? Era arrivato fino a quel momento – vivo – e non aveva nessuna intenzione di mollare proprio adesso che c’era quasi. Era l’occasione perfetta per passare un po’ di tempo con lei, per permetterle di conoscerlo meglio.

Se l’avesse visto in un contesto estraneo al solo Quidditch, forse allora Katie avrebbe iniziato a provare qualcosa per lui.

Aveva ragione il professor Lupin, con quel suo strampalato discorso. La vita era troppo imprevedibile per non cogliere l’occasione al volo e rischiare. Era un giocatore di Quidditch, era il portiere.

Sapeva cosa significava correre un rischio. Solitamente il suo ruolo comportava delle scelte molto rischiose: buttarsi a sinistra anche se il Cacciatore mirava a destra? Lanciarsi dalla scopa pur di prendere la Pluffa al volo?

Che sarà mai, uscire con una ragazza?

Più facile a dirsi che a farsi, pensò Oliver. Ma ehi, o la va o la spacca.

Prese un bel respiro e raccolse tutto il coraggio Grifondoro di cui era capace. Poi, tutto d’un fiato, passandosi una mano tra i capelli castani, disse:

 

«Che ne dici se ne parliamo da un’altra parte?»

 

Katie sorrise e si guardò intorno. Finse di pensarci su, l’espressione più divertita del mondo stampata in faccia, e si strofinò la guancia con fare perplesso.

Oliver scosse la testa.

Sempre la solita.

Era ovvio che stava per proporre un posto in cui avrebbe potuto riempirsi lo stomaco. Quella ragazza mangiava più dei gemelli Weasley messi insieme, e guai importunarla durante i pasti. La sua Maledizione Mollelingua * era famosa, e anche crudelmente familiare ad Oliver.

Mai – mai – disturbare Katie Bell durante i pasti, se si tiene alla propria testa.

 

«I Tre Manici di Scopa?» propose quindi la ragazza, proprio come si aspettava. Aveva per caso fatto un abbonamento al loro menù Babbano?

Forse era un buono spesa: prendi un piatto, ne mangi altri tre.

Solo per ragazze carine con splendidi capelli neri e spaventosi istinti omicidi, ovviamente.

 

Oliver scosse la testa. Se voleva conquistarla senza spaventarla, ci voleva un po’ più di movimento.

Dopo il provino che aveva appena affrontato, poi, si sentiva in grado di fare qualsiasi cosa.

Cos’altro poteva mai succedere, poi?

E’ ora di mettere le cose a posto, pensò, determinato.

 

«Avevo in mente un posto un po’ diverso» ammise, alzando leggermente le spalle.

Katie sbarrò gli occhi in un’espressione di finto orrore.

«Non Madama Piediburro, vero?» domandò terrorizzata, mimando un conato di vomito.

Oliver la guardò sconcertato mentre si piegava in due per poi ritornare dritta, sanissima, poi entrambi si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere. Il naso gelato di Oliver sfiorò i capelli scuri della ragazza, e solo quando i fianchi di lei premettero leggermente sui suoi si rese conto di stringerla ancora fra le braccia. Alzò un lato della bocca in un sorriso storto e cercò di assumere un’espressione misteriosa.

«Vieni con me»

 

 

*

 

 

«Gli spogliatoi» dichiarò Katie con aria divertita e un sopracciglio inarcato quando oltrepassarono la porta degli spogliatoi del campo di Quidditch, deserti. La quadra di Tassorosso doveva aver finito di allenarsi da un pezzo.

Oliver si grattò la nuca e si guardò le scarpe, impacciato.

«In realtà avrei bisogno di una doccia» ammise. Alzò gli occhi sulla ragazza, in attesa di una risposta del tipo “Sei un pazzo maniaco furioso, ninfomane, marrano!”, ma Katie sembrava solo incuriosita dalla sua aria palesemente imbarazzata.

Solo allora, infatti, la ragazza notò che Oliver indossava una sorta di divisa da Quidditch sotto al mantello scuro.   

«Sarei dovuto passare qui prima e poi venire a cercarti, ma avevo paura di non fare in tempo» confessò, abbassando la testa per non far vedere il rosso che gli invadeva le guance.

«Ti va di aspettarmi? Ci metto cinque minuti» disse con voce sottile, improvvisamente spaventato di un rifiuto da parte della ragazza. Non ci voleva niente ad inventare una scusa, avrebbe benissimo potuto defilarsi e scappare da quel pazzo che si sentiva. Farsi una doccia con Katie ad un muro di distanza, ma ci stava con la testa?

 

Katie sorrise, cercando di far uscire a forza dalla mente i pensieri ridicoli e poco opportuni che erano saltati fuori dalla sua mentalità contorta.

 

Fare la doccia con Oliver non è affatto una buona idea, Katie, smettila, si disse.

Assolutamente no.

Però è allettante, questo è vero.

Beh, sì, sarebbe magnifico, ma non è questo il punto.

Non si può, non si può. Qualcuno mi fermi!

 

«Certo, fai con calma. Ti aspetto qui» disse allora, trattenendosi con forza dallo scuotere la testa per scacciare quell’idea folle. Chissà, però, magari Oliver avrebbe apprezzato.

 

Merlino, Katie, smettila!

 

Tanto per rimarcare il concetto il più possibile indicò la panca in legno scuro di fianco alla bacheca con i turni di allentamento e ci si sedette, facendosi quasi cascare a peso morto. Brutti scherzi che giocava, l’ansia.

Oliver sorrise grato e fece un passo per avviarsi verso le docce, ma a metà strada cambiò idea – così, di punto in bianco - e tornò indietro da Katie.

Si accucciò per arrivare alla sua altezza e le sfiorò appena una mano e lei alzò gli occhi azzurri su di lui, basita e con il cuore in gola.

«Sono contento di essere riuscito ad arrivare in tempo. Cioè, più o meno in tempo.»

Katie scosse la testa e strinse la mano del ragazzo nella sua.

«Anche io, Oliver»

 

 

*

 

 

Sotto la doccia, Oliver si sciacquò freneticamente i capelli, ad occhi serrati, cercando di non uccidersi con lo shampoo e rischiando nel frattempo di scivolare su una saponetta e rompersi un gomito sulle piastrelle bianche alle sue spalle.

 

Doveva riuscire a calmarsi e rimanere concentrato, o avrebbe finito per uscire dalla doccia completamente nudo e iniziare ad urlare per tutto lo spogliatoio, preda di un’evidente crisi nevrotica.

E non era una buona tattica per piacere ad una ragazza, ovviamente. No, non avrebbe funzionato.

Afferrò la saponetta e quella gli scivolò di mano, così si piegò a prenderla, ma nel rialzarsi sbatté la testa sul cono della doccia.

Quella saponetta stava tramando contro di lui. Ora perfino gli oggetti inanimati cercavano di farlo secco!

 

Il suono della sua craniata sulla doccia rimbombò sordo e ovattato per la stanza, probabilmente arrivando fino a Katie, seduta semplicemente dall’altra parte del muro.

Chissà se avrebbe fatto irruzione per controllare il suo stato di salute…

No, Oliver, datti una calmata, si impose con forza. Pensare a Katie sotto la doccia quando lei è a solo pochi metri di distanza, ma che idea geniale, davvero!

 

Si sfiorò le guance da sotto il getto dell’acqua: erano bollenti.

Proposito per il mese di febbraio: smettere di arrossire come un ragazzino davanti a Katie.

Certo, come se fosse possibile.

Ogni volta che anche solo pensava a lei, in effetti, si ritrovava ad essere un camino vivente.

Finì di insaponarsi in fretta e furia e ficcò nuovamente la testa sotto il getto dell’acqua, cosa che solitamente lo aiutava a riflettere nei momenti di panico. Oh, come avrebbe voluto avere sempre a portata di bacchetta una doccia tascabile. Avrebbe risolto metà dei suoi problemi sul momento, probabilmente.

Desiderò non dover più uscire là fuori, dove lo attendeva un destino oscuro e sconosciuto. Poi si ricordò di essere un coraggioso Grifondoro, capitano della squadra di Quidditch. Era il capo, per la miseria! Quella ragazza aveva la straordinaria capacità di fargli provare qualcosa di meraviglioso senza nemmeno dover tirare in ballo il Quidditch.

Possibile che non riuscisse nemmeno ad avvicinarsi?

 

Pensa, Oliver, si disse. Pensa.

Devo farlo. Oggi la bacio.

Assolutamente.

Punto.

 

Riemerse dai suoi pensieri sconnessi con uno sputacchio quando si accorse di aver preso una bella boccata di ossigeno sotto l’acqua nel tentativo di sospirare melodrammaticamente.

Annaspando in cerca d’aria con la quale riempire i polmoni, accecato dallo shampoo che gli era inevitabilmente finito negli occhi, uscì barcollando dalla doccia e si buttò addosso un paio di asciugamani, cercando di asciugarsi il più in fretta possibile.

Si rivestì alla velocità della luce – per fortuna non era stato abbastanza idiota da lasciare i vestiti là fuori, dove c’era Katie, e si diede un’ultima occhiata allo specchio prima di uscire.

 

Il maglione bianco che portava era a collo alto, e copriva almeno in parte anche il mento. Aveva un filo di barba che avrebbe davvero dovuto tagliare e l’aria di uno che…beh, che ha preso un bolide in faccia.

Gli parve di essere una sorta di piccolo pinguino raggomitolato nella lana, effettivamente tutt’altro che sexy.

La ferita alla tempia era rossa e probabilmente infiammata, ed effettivamente, ragionò, metterci dello shampoo non era stata una delle idee migliori della giornata.

Sullo zigomo sinistro iniziava a intravedersi un ombra scura, probabilmente dovuta al colpo. Sembrava che qualcuno lo avesse preso a pugni in faccia, e non era sicuro che quest’aria da duro sfasciato facesse effetto su Katie.

Al massimo poteva intenerirla e ottenere un po’ di coccole. Non che le avrebbe disdegnate, in ogni caso.

Era stato fortunato a non rompersi la faccia e, ragionandoci ora, a mente più o meno fredda, era stato anche uno stupido.

Sarebbe potuto succedere di tutto, e a lui non era affatto importato!

Si decise ad uscire dal bagno, perché purtroppo non poteva rimanere rintanato lì per sempre.

Quando tornò nello spogliatoio quello era immerso nel vapore caldo causato dalla sua doccia. I vetri della porta erano appannati a causa del contrasto tra il freddo che regnava fuori e il calore umido della stanza. S’era fatto buio, segno che dovevano essere circa le cinque.

Tempismo perfetto, si disse.

 

Katie era seduta sulla stessa panca sulla quale l’aveva lasciata, e si era messa comoda: aveva la schiena appoggiata al muro e le gambe incrociate. Si era tolta il mantello e lo stava usando come coperta – non che fosse freddo, lì dentro – e aveva un’aria assorta mentre sfogliava con interesse un vecchio volume blu scuro con un grosso boccino disegnato sul davanti.

Oliver ridacchiò tra se e se. Avrebbe riconosciuto quel libro tra mille.

«Il Quidditch attraverso i Secoli» mormorò, il sorriso sulle labbra.

Tutto il panico dei minuti precedenti era svanito. Era nel suo elemento, dopotutto.

 

Katie alzò la testa dalla sua lettura e parve impiegare un paio di secondi per metterlo a fuoco.

 

Non sarà mica miope? In campo ci vede benissimo…

 

«Con tutto questo vapore ti vedo a stento» rise invece lei, sventolando una mano davanti al viso per cacciarne un po’ mentre assottigliava gli occhi e guardava nella sua direzione.

Oliver si avvicinò automaticamente e si sedette vicino a lei, sfiorando il volume con tenerezza, quasi fosse un figlio o un cucciolo di gatto.

Alzò gli occhi su Katie, incuriosito. Chissà come mai ce l’aveva lei…

La ragazza sostenne il suo sguardo per un attimo, poi alzò le spalle e spiegò: «Mi stavo informando sul Puddlemere United, l’ho preso in Biblioteca».

Fece una pausa, osservando attentamente il libro, poi continuò.

«Sapevi che hanno vinto ventuno campionati, ma non vincono più dal…?»

«1990, sì» completò Oliver per lei, soprappensiero. Rispondere era stato quasi automatico, non stava veramente pensando di farlo.

Era troppo occupato ad osservare rapito i capelli neri di Katie, solitamente lisci, che si arricciavano dolcemente sulle punte per via del vapore e dell’umidità.

Katie lo osservò stupita, poi riprese, alzando le labbra in un accenno di sorriso.

«E la loro divisa è blu oltremare, con disegnate come simbolo delle…»

«…mazzesorde d’oro, incrociate tra di loro» completò di nuovo Oliver per lei, stando al gioco e guardandola con aria di sfida.

 

Probabilmente somiglio a Percy in una delle sue migliori facce da professore…

 

Katie gli diede una spintarella con una spalla che quasi lo buttò giù dalla panca. Dimenticava sempre quanto fosse forte quella ragazza, nonostante apparisse delicata e mingherlina.

«Sai a memoria tutto il libro?» domandò allora lei ridacchiando senza ritegno.

«Forse» biascicò Oliver, restituendole la spintarella, decisamente più leggera e soffice.

Katie affondò il viso sulla sua spalla, strofinando la guancia sul maglione morbido. Oliver deglutì e cercò di mantenere un contegno.

 

Non baciarla. Non baciarla. Non puoi farlo ora. Non baciarla…

 

«Sei maniacale» commentò Katie, lanciandogli un’occhiata tra il divertito e l’esasperato.

«Ah, sono maniacale?» domandò Oliver, strappato ai suoi deprimenti pensieri. Katie notò negli occhi del ragazzo un lampo di divertimento, così decise di prenderlo un po’ in giro.

«Esageratamente maniacale, Oliver. Fred e George ti chiamano Colui-Che-Non-Deve-Essere-Contraddetto-Sul-Campo-Da-Quidditch»

 

Oliver rimase basito per un attimo, poi scoppiò a ridere.

Sì, devo proprio tormentarli di più, agli allenamenti.

«Ah si?» sussurrò, tra le risate di Katie che si era unita a lui. Lei, con le lacrime agli occhi per il troppo ridere, annuì e si massaggiò le guance rosse. Oliver prese a punzecchiarla sui fianchi e quando lei si tirò indietro con un urletto ed un paio di saltelli, esclamò: «Tu soffri il solletico!»

Katie lo fissò spaventata, ancora in lacrime per il troppo ridere, e si staccò lentamente dalla sua spalla.

«Oh, no. Certo che no.» biascicò, cercando di assumere un’aria seria senza successo.

Oliver ghignò.

«Oh, sì» disse avvicinandosi lentamente con un sorriso sornione degno di Fred e George.

«No» disse Katie, iniziando a sporgersi indietro in cerca di una via di fuga. «Oh, non oseresti…»

Non le lasciò finire la frase.

Mentre lei cercava di darsela a gambe dopo aver appoggiato con grazia il libro sulla panca, la acchiappò per i fianchi e prese a farle il solletico, mentre lei si piegava in due e alternava un gridolino ad una risata, tentando prima un valoroso contrattacco, poi una veloce ritirata.

 

Infine gli mise le mani sulle spalle e cercò di attirare la sua attenzione, e Oliver dovette ammettere che averla così vicina al viso, rossa e con i capelli scompigliati, era uno spettacolo per il quale avrebbe in ogni caso messo una firma a sangue.

Non c’era bisogno di attirare la sua attenzione, quindi. Oliver era perfettamente consapevole del corpo della ragazza stretto tra le sue braccia, delle sue mani sulle spalle e dei suoi capelli che gli sfioravano il viso.

 

«O-Oliver» disse la ragazza, senza fiato, di nuovo con le lacrime che le scendevano sulle guance in fiamme. «Tregua, ti prego. Non respiro!»

 

Lui scoppiò di nuovo a ridere e smise di farle il solletico scuotendo la testa con finta aria esasperata, ma non spostò le mani dai suoi fianchi.

Continuarono entrambi a ridere come pazzi.

Oliver prese coraggio e piegò lentamente la testa per appoggiare la fronte sulla spalla di Katie, strofinandogli delicatamente una guancia sul viso.

 

Si domandò distrattamente da dove venissero tutta questa spontaneità e tutta questa intraprendenza, da parte di entrambi.

Chissà, forse aveva solo capito che se non si fosse dato una mossa l’avrebbe fatta scivolare via da lui come sabbia tra le dita e, sinceramente, non ne aveva nessuna intenzione.

Katie appoggiò le mani alla sua schiena facendole scivolare sulle sue braccia con lentezza che Oliver giudicò esasperante, ancora scossa dalle risate. Pian piano queste scemarono, facendoli scendere in un silenzio caldo e tranquillo.

 

Katie lo ruppe con un sospiro, e Oliver sapeva cosa stava per domandare.

«Allora, questo provino?» chiese con voce dolce.

Oliver non rispose subito, troppo perso nel bearsi del suo profumo e nella vicinanza dei loro corpi caldi, e lei si scostò di qualche centimetro per convincerlo ad alzare il viso per guardarla.

Quando Oliver incontrò il suo sguardo, notò che vi era nascosto un velo di preoccupazione, dietro alla semplice curiosità. 

«Non dici nulla» commentò lei, scrutando il suo viso come se fosse in cerca di segni di delusione o tristezza.

Ma Oliver fece un sorriso talmente entusiasta che non poteva essere frainteso per uno di circostanza.

«Non è andato come speravi?» chiese allora, dubbiosa.

«E’ andato» rispose enigmatico lui, aggrottando le sopracciglia.

 

Poi, un rumore strano proveniente da qualche parte in basso li distrasse.

Katie ridacchiò, scuotendo la testa e abbassando il viso sulla pancia di Oliver.

 

Ignora gli addominali, Katie. Non ci si può fondare un fan club, è da ninfomani*.

 

«E’ il tuo stomaco, quello che brontola?» chiese quindi con tono di rimprovero, ignorando gli addominali, che in realtà non erano nemmeno in vista, coperti dal maglione chiaro.

 

Ma io so che ci sono, si rispose Katie dubbiosa. E parlo da sola. Magnifico.

 

Oliver alzò gli occhi al cielo.

«Non è che io abbia propriamente fatto colazione, ecco» ammise.

«O pranzo, se è per questo»

 

Katie gli diede un lieve schiaffetto sul braccio.

 

«Come sarebbe a dire, non hai mangiato niente?» domandò, minacciosa.

Oliver la guardò con un’espressione da cucciolo bastonato per la serie “non picchiarmi, io ti voglio bene e sono coccoloso”, e Katie ammorbidì lo sguardo proprio mentre lo stomaco di Oliver brontolava di nuovo, tanto per dire la sua sulla faccenda.

 

«Non ho molta voglia di passare di nuovo attraverso i Sensori Segreti di Gazza,» commentò Oliver con un brivido. «e sono le cinque del pomeriggio» aggiunse, buttando un’occhiata all’orologio attaccato alla parete. «Dove pensi di trovare da mangiare?»

 

Gli occhi di Katie furono attraversati da una luce malandrina, e Oliver indietreggiò istintivamente.

E’ ora di mettere in pratica gli insegnamenti di Fred e George, pensò la ragazza.

 

«Vieni» disse quindi, alzandosi dalla panca e afferrando il libro con un sorriso.

Oliver si alzò insieme a lei, inarcando un sopracciglio con aria perplessa.

 

«Hai una scorta segreta di cioccolato in Sala Comune? Sempre saputo, io» commentò sarcastico, spolverandosi le ginocchia con finta aria indaffarata.

Katie gli lanciò l’ennesima occhiata di rimprovero.

 

«Hai intenzione di dirmi cosa hai fatto alla testa, Baston

«Più tardi, Bell»

 

Katie alzò gli occhi al cielo, esasperata. Cosa poteva mai aver combinato di imbarazzante o stupido, per essere così restio a raccontare cos’era successo?

Scosse la testa con pacata rassegnazione e si portò una mano ai capelli scuri per sistemarli dietro le orecchie.

«Allora muoviti, tocca a me portarti in un posto» disse girandosi per prendere il mantello. Prima che ci riuscisse, però, Oliver si esibì in un sorriso che la abbagliò, tanto era…sorridente.

Quando si fu ripresa da tutta quella luce e tornò a vedere normalmente – o quasi - si accorse della mano bollente di Oliver che stringeva la sua.

L’aveva distratta con un sorriso per prenderle la mano e ora esibiva quell’aria da angioletto innocente?

Meschino

 Deglutì rumorosamente mentre lui starnutiva, ma quando il ragazzo alzò di nuovo lo sguardo su di lei, stava sorridendo. Cosa aveva da perdere, tanto?

 

«Ti porto a riempirti lo stomaco»

 

Oliver fece schioccare la lingua e le diede una lieve spintarella, per poi indicare la porta con un ampio gesto della mano libera.

 

«Agli ordini, capo»

 

Il suo stomaco brontolò di nuovo, probabilmente d’accordo con il loro proposito, facendoli scoppiare a ridere di gusto.

 

 

 

*

 

 

 

Oliver osservava a bocca aperta le immense cucine di Hogwarts. Sembrava impossibile che fossero state semplicemente costruite sotto al Castello e Oliver ebbe il sospetto che si estendessero silenziosamente anche sotto una parte del villaggio di Hogsmeade.

I tavoli erano pieni di ogni tipo di cibo immaginabile, dal Tacchino arrosto al Salmone in Salamoia, e almeno un migliaio di bottiglie erano sparse ovunque. Molti arrosti erano ancora in fase di preparazione, segno che quella era probabilmente la cena.

Oliver si domandò cosa diavolo facessero, gli studenti di Hogwarts, per aver bisogno di essere nutriti così tanto.

Lesse distrattamente l’etichetta della bottiglia più vicina, trasparente e piena di un denso liquido giallo-arancione.

Succo di Zucca.

La cosa che lo stupì di più, tuttavia, tanto che quasi cacciò un urletto ben poco virile, fu l’orda zampettante di Elfi Domestici che lo circondava, proferendosi in profondi inchini, le larghe orecchie che svolazzavano a destra e a sinistra.

«Cosa possiamo portarvi, signorini?» domandò sorridente un elfo minuscolo con uno straccio marrone addosso.

Katie gli sorrise dolcemente e alzò lo sguardo su Oliver, ancora immobile sul posto con la mascella spalancata per la sorpresa.

Non sapeva se ciò che lo sorprendeva di più era l’esistenza di un posto così immenso eppure così invisibile o semplicemente il fatto che Katie ne fosse a conoscenza.

Considerata la sua amicizia con i gemelli Weasley, comunque, a pensarci due volte non era poi così tanto strano.

Ma dov’era stato, in tutto quel tempo?

 

«Allora, cosa vuoi mangiare?» gli domandò Katie avvicinandosi e posandogli una mano sul braccio.

 

Oliver si prese un paio di secondi per osservare i tavoli stracolmi di cibo, cercando di nascondere il fremito che gli era uscito spontaneo quando Katie lo aveva sfiorato.

 

Ingurgitare un pollo arrosto non era una cosa da fare alle quattro del pomeriggio davanti alla ragazza dei tuoi sogni, vero?

 

«Latte e biscotti» esalò infine, indeciso se dirlo a Katie o direttamente all’elfo. Optò così per una via di mezzo e si rivolse al muro tra i due, mentre Katie chiedeva con voce dolce una cioccolata calda e sfiorava con delicatezza la testa dell’elfo più vicino. Quelli si inchinarono tutti insieme e corsero di nuovo alle loro occupazioni.

Oliver e Katie si scambiarono un’occhiata e la ragazza si trattenne dal ridere dello sguardo spiritato del ragazzo.

Pensava forse che l’amicizia con Fred, George e Lee non l’avesse traviata almeno un pochino?

Vana speranza… 

 

Quando un’elfa ancora più piccola del precedente arrivò zampettando con il vassoio in bilico sulla testa e le orecchie enormi che spuntavano di lato – che creaturine adorabili! - lo presero ringraziando e si sedettero a terra, vicino al camino acceso.

Il fuoco scoppiettante emanava un calore piacevole e li riscaldò. Quando furono abbastanza caldi e abbastanza vicini – anche se secondo Oliver sarebbero dovuti stare molto più attaccati – Katie si stiracchiò e appoggiò la schiena al muro.

 

«Allora» iniziò, sorridendogli da sopra la sua tazza. Gli occhi azzurri erano limpidi e sfacciati.

«Il piano è questo. Mangia e racconta, io ascolto. Poi, forse, ti gratificherò con il racconto della mia giornata»

Oliver sorrise e si arrese con un sospiro.

 

In realtà moriva dalla voglia di parlare con lei della sua incredibile mattinata, ma temeva di annoiarla, ecco.

 

«Non saprei da dove cominciare» disse, con aria sognante.

Katie notò con una punta di divertimento che i suoi occhi, non appena lei aveva accennato alla questione, si erano accesi di una luce entusiasmata e quantomai preoccupante.

Gli sorrise incoraggiante, invitandolo a continuare con un occhiata.

 

«Perché non cominci dal dirmi come ti sei fatto quella roba alla testa?» propose, facendo un cenno del capo in direzione della ferita in bella vista sulla sua tempia.

«Ah, quello» borbottò Oliver passandosi una mano tra i capelli con aria impacciata. «Ehm…» disse.

Alla fine si arrese con un sospiro e si nascose dietro ad un biscotto al cioccolato, seminando briciole tutt’intorno.

«Hopresounbolideintestaesonosvenuto!» esclamò, tutto d’un fiato.

Katie alzò un sopracciglio e lo guardò con aria di rimprovero, così Oliver sospirò per la miliardesima volta quel giorno e si decise a parlare a velocità umana.

 

«Ho preso un bolide in testa. Sono svenuto.» disse, rosso come un peperone. «Però quella pluffa l’ho parata!» aggiunse, come se fosse una giustificazione valida per la sua stupidaggine.

Katie cercò con tutte le sue forze di trattenersi dal ridere.

E’ che Oliver è così tenero e divertente, quando fa il pazzo in quella maniera…

 

Certo, era molto meno tenero quando li costringeva a fare giri della morte ad oltranza durante gli allenamenti, ma quello era un banale, inutile e perfettamente ignorabile dettaglio.

 

«E’ perfettamente da te» disse allora. «Anzi, scommetto che tutto ciò» e si sporse verso di lui per sfiorargli lo zigomo più scuro con la punta delle dita. «è frutto di un piano geniale messo a punto lì sul momento e che prevedeva il tuo suicidio»

Oliver la guardò negli occhi per un istante, indeciso sul da farsi.

Certo era, comunque, che il tocco tiepido della ragazza sulla guancia lo stava facendo sudare freddo.

Alla fine, quando lei stava per ritirare la mano e abbassare il viso, alzò la propria e la mise sopra quella della ragazza, strofinandosela delicatamente sulla guancia. Katie abbassò gli occhi e lo lasciò fare, quasi fosse persa in pensieri lontani. Effettivamente Oliver non aveva idea di quali elucubrazioni mentali stessero avendo luogo in quel momento nella testa della povera ragazza, né avrebbe mai potuto indovinarlo.

 

Una parte del suo cervello, quella timida, sfortunata e amante del quieto vivere stava urlando a piena voce un coraggiosissimo “scappa finché sei in tempo!”; l’altra parte, quella terribilmente tenera e anche terribilmente attratta da Oliver, stava opponendo una fiera resistenza tramite uno sciopero della voce, esibendo lo striscione “Bacialo, per Morgana!”.

 

Oliver la osservò spostare lo sguardo sul fuoco scoppiettante e si perse per un istante a contemplare le ombre che proiettava la luce del camino sulle sue guance.

«Sono stato preso» disse così, dal nulla.

Era l’unica persona alla quale desiderava dirlo, in quel momento. L’unica che voleva che sapesse.

Katie alzò di scatto lo sguardo su di lui, spalancando gli occhi azzurri in un’espressione a metà tra il sorpreso e il felice.

Si guardarono negli occhi per un altro millesimo di secondo, poi lei emise un gridolino e gli buttò le braccia al collo, facendolo sbilanciare e cadere all’indietro, da seduto qual’era, con lei spalmata addosso.

Le cinse automaticamente la vita con le braccia e finalmente scoppiò a ridere sulla sua spalla, sereno, mentre lei lo stringeva di nuovo in un abbraccio stritolatore.

Le risate si propagarono per tutta la cucina. Oliver poteva sentire distintamente il corpo caldo di Katie sopra di sé, e una parte del suo cervello era definitivamente impazzita e scorrazzava per conto proprio, sparando una sequela ininterrotta di domande.

 

Si domandava, per esempio, perché non la stesse baciando, invece di fare il cretino.

Eppure sentiva che non era il momento giusto. Erano usciti insieme sì e no mezza volta…

 

L’ultima cosa che voleva era spaventarla e non pensava che si sarebbe sentito mai meglio di come si sentiva ora.

Perché rischiare proprio in quel momento? Era lì, tra le sue braccia. Per qualche oscura ragione, a lui, sembrava tenerci. Lo dimostrava il fatto che fosse lì, abbracciata a lui, e non da qualche altra parte con i suoi amici.

Forse era semplicemente il massimo che potesse pretendere.

Era così terribilmente indeciso…

 

Un’altra parte di se stesso, comunque, stava cercando di ricordare il momento esatto in cui avevano deciso di buttare giù tutti i muri che li separavano.

 

Stavano demolendo pezzo per pezzo l’incertezza assurda che si creava tra di loro ogni volta che si rivolgevano la parola o anche solo sfioravano.

Ora aveva il cuore in gola, sì, e quasi gli tremavano le mani a sfiorarla, vero, ma non riusciva a non sentirla una parte di sé.

 

L’imbarazzo non era semplicemente scivolato via con il vapore. Avevano buttato giù quel muro, probabilmente usando Percy come ariete, e poi vi avevano lanciato un Incantesimo Antiricostruzione – Magia Avanzata, livello sei -  per evitare che si erigesse di nuovo tra di loro.

Il mondo, finalmente, girava dal verso giusto, gramo o non gramo, e Oliver non poté fare a meno di sentirsi la persona più fortunata sulla faccia della terra.

Che il Karma esistesse davvero?

In ogni caso, non avrebbe permesso neanche ad un mattone di mettersi di nuovo tra di loro, questo era certo.

 

«Sono così contenta» mormorò Katie con voce ovattata, affondando nuovamente il viso nel suo maglione, dopo un tempo che gli era parso infinitamente minimo.

«Anche io» sussurrò lui, posando il mento sulla sua spalla.

«Non è niente di che» si affrettò ad aggiungere poi, allontanandola di poco per guardarla in viso. Le appoggiò una mano sul collo e dovette trattenersi dal fremere al contatto. Non che avesse importanza. Katie, sopra di lui, tremò appena quando lui la sfiorò.

 

«Mi hanno preso per un altro provino. Ma è un passo avanti» disse sorridendo.

Katie lo strinse forte e fece un sorriso che le illuminò il viso e ad Oliver parve il più bello del mondo.

«E’ fantastico» disse, e il ragazzo si sentì finalmente completo.

 

 

*

 

 

Tornare in sala comune fu complicato, tra le risa e i barcollamenti di Katie, che non sembrava soddisfatta se non riusciva ad inciampare almeno ogni tre passi.

Durante il lungo tragitto Oliver la osservò incespicare, rimproverare due Serpeverde del secondo anno e poi sbilanciarsi di nuovo.

Era una ragazza straordinariamente goffa, oggettivamente. Sembrava essere sempre in mezzo quando qualcuno arrivava di corsa e non la vedeva svoltare l’angolo, o quando un albero cascava proprio a due centimetri da dove si trovava, e catastrofi di simile portata.

Anche nel Quidditch, sembrava che i Bolidi sapessero costantemente dove fosse Katie, e avessero sviluppato una particolare predilezione per il suo sangue. Erano apparentemente sempre in allarme, pronti a spaccarle la testa non appena Fred e George si fossero distratti.

Seconda solo ad Harry, probabilmente.

 

Insomma, era talmente sfortunata che probabilmente la Cooman la seguiva vestita a lutto, e presto avrebbe iniziato a sparare profezie su di lei. Chissà se anche Katie aveva avuto un’incontro ravvicinato con un gramo…

 

Oliver scosse la testa, cercando di dissipare la nebbia di pensieri idioti che aveva preso possesso del suo cervello. Forse era di nuovo la botta in testa che aveva preso: lo stava mandando fuori di zucca.

 

Ovviamente Katie non era semplicemente una bella ragazza con una determinata dose di sfortuna. Era minuta e dall’aspetto delicato ma picchiava con la forza di uno scaricatore di porto irlandese e se era arrabbiata era meglio non trovarsi nei paraggi, a meno che non si volesse rischiare la vita.  

 

Non era una Grifondoro avventata, anzi, sapeva essere molto riflessiva.

Ogni tanto, però, agiva d’impulso, e quell’unica, semplice volta compensava tutte le altre occasioni in cui aveva riflettuto su quello che stava per fare. Tipo quella volta che aveva schiantato Shoumey, di Serpeverde.

 

Lì sì che avevano finito per fare a botte alla maniera Babbana con la squadra di Quidditch di Serpeverde! Katie nemmeno era in squadra, figuriamoci! Era così piccola!

Oliver non avrebbe mai dimenticato la sensazione meravigliosa del pestare Flitt e essere decisamente più in forma di lui. Quella specie di sasso ammuffito era stato giusto in grado di dargli un pungo nello stomaco, prima di venire steso dal suo gancio destro.

Avrebbe davvero dovuto iniziare a praticare uno di quegli sport babbani di lotta o arti marziali, tipo Puligiato, o qualcosa del genere.

 

Non aveva mai amato particolarmente Babbanologia, Oliver, e si vedeva.

Questo era in parte strano, perché era per metà Babbano, ma in fondo come avrebbe potuto conoscere il mondo non magico, se non aveva mai conosciuto suo padre, un semplice Babbano?

Non aveva nemmeno dei vaghi ricordi di lui, aveva solo un anno quando era scomparso nel nulla, lasciando sua madre sola a crescerlo.  Era quindi cresciuto nel mondo di sua madre, Rose, strega Purosangue dai gusti stravaganti.  

Oh, ma a chi importa del sangue?, pensò Oliver tranquillamente. La guerra magica ormai è bella che finita, no?

 

 

Katie si appoggiò ad Oliver, ansimando leggermente, a metà della rampa di scale che stavano percorrendo.

 

«A che piano siamo?» domandò con voce flebile, passandosi una mano sulla fronte.

Oliver inarcò un sopracciglio.

«Ancora al secondo. Strano, pensavo che i miei giocatori fossero un po’ più allenati di così» commentò, alludendo alla scarsa resistenza della ragazza. La torre di Grifondoro era solo al settimo piano, Santo Godric!

Lei per tutta risposta gli diede una gomitata nelle costole che avrebbe potuto rompergli la cassa toracica, se fosse stato appena più gracilino.

 

«Tutto quello che devo fare è stare seduta su una scopa. Non è che serva molto allenamento sul fiato!» disse, cercando di prendere un bel respiro.

Oliver la guardò incredulo.

«Stai scherzando? E se vi capitasse di giocare in apnea per via del vento?» domandò, scandalizzato. Sgranò gli occhi per poi scuotere la testa con finta aria delusa.

«Non se ne parla. Da lunedì venti giri di campo, a piedi»

Katie alzò lo sguardo su di lui, terrorizzata, ed incontrò gli occhi del ragazzo, accesi della solita luce maniacale e folle.

 

«Piedi, Oliver? Ma piedi piedi? Ma sei matto?»

 

«Sono un normalissimo capitano in ansia. Vedila così: ti servirà per mettere su un po’ di muscoli sulle gambe»

 

Katie gli lanciò un’occhiata di traverso, incrociando le braccia al petto e dimenticando la fiacchezza.

 

«Cos’hai contro le mie gambe, Baston?»

 

Oliver avvampò di botto e deglutì.

 

«Splendide. Sono splendide. Dovete solo lavorare sul fiato un pochino…»

 

Oliver si fece piccolo piccolo all’occhiataccia della sua Cacciatrice.

 

«Io ti boicotto gli allenamenti! Correre! Intorno al campo da Quidditch! Ma hai idea di quanto sia grosso?» Oliver aprì la bocca per rispondere. «Non provare a dirmi la misura, Oliver. Sei un pazzo!»

 

Lo guardò incredula per un altro paio di secondi, poi scosse la testa con fare melodrammatico.

 

«Tu mi vuoi uccidere»

 

Veramente ti vorrei baciare, in questo momento, rispose mentalmente Oliver. No, forse non è il caso di dirglielo così…

 

«Ma no, ti voglio bene!» disse invece, arrossendo.

 

Katie scosse di nuovo la testa, ma ormai non riusciva più a nascondere il sorriso che le spuntava in viso.

Le voleva bene…Oh, non era tenero?

«Ricordami perché ti do queste splendide idee?» chiese, continuando a fingere di non star sorridendo come un’idiota.

«Perché ti piace passare del tempo con me?»

«Sfacciata, questa!»

«Mpf!»

Fu battibeccando allegramente che si ritrovarono di fronte al quadro della Signora Grassa, che stava allegramente ronfando, senza rendersi conto di esserci arrivati. La donna non fu  affatto felice di essere svegliata e li lasciò passare di malavoglia, commentando con un infastidito: “Oh, questi sportivi!”.

 

Katie si sarebbe aspettata di trovare la Sala Comune vuota, o quasi – era sicura che fossero tutti ancora ad Hogsmeade – ma si sbagliava, e di grosso.

Seduti in angoli opposti della stanza, apparentemente concentrati ognuno in una cosa differente, c’erano Fred, George, Alicia e Lee. I primi due stavano giocando a scacchi, e Katie spese un paio di secondi ad osservarli.

Non sapevano nemmeno distinguere i Pedoni dai Cavalli, quei cretini, figuriamoci giocare seriamente!

 

Alicia sfogliava distrattamente le pagine di un libro consunto, e almeno non lo stava tenendo al contrario.

 

Lee, invece, fissava il vuoto davanti a lui con aria colpevole.

Probabilmente non era riuscito a trovare qualcosa da fare che non destasse sospetti abbastanza velocemente, e aveva optato per quello – che invece, di sospetti, li destava eccome.

 

Oliver non parve tanto sconcertato dalla presenza di quei quattro elementi proprio in Sala Comune, chiaro segno che probabilmente se lo aspettava. D’altro canto era ovvio che stessero attendendo che i due comparissero in Sala Comune, solo per sbirciare un pochino.

 

Si limitò quindi ad alzare sbrigativamente le spalle e, dopo aver lanciato un occhiata a Alicia come per assicurarsi che non stesse guardando proprio loro – o forse l’esatto contrario – prese per mano Katie e la portò nel lato meno in vista della Sala Comune. Lei gli sorrise e si lasciò guidare docilmente.

Ovviamente sia Fred e George che Alicia e Lee si voltarono in simultanea verso di loro per sbirciare, ma Oliver cercò di ignorarli. Si sedettero su uno dei divani che dava le spalle al branco di unicorni curiosi là dietro e il ragazzo si mosse a disagio sul suo posto, indeciso.

Doveva avvicinarsi di più? O magari l’avrebbe fatto Katie. E se non lo faceva?

 

Oddio, fu l’unico pensiero che riuscì a formulare.

 

«Grazie per oggi» disse Katie sorridendo e avvicinandosi impercettibilmente. «Non avrei mai immaginato che…saresti riuscito a venire» Esitò appena. Stava per dire “avresti voluto”, ma il ragazzo aveva ampiamente dimostrato il contrario, no?

 

Lui avvampò leggermente e scosse la testa.

«Ne è valsa la pena» disse semplicemente, sottovoce.

 

Un lieve imbarazzo calò su di loro, ma Oliver era deciso a buttarlo fuori di peso, così prese coraggio e si sporse verso di lei, sfiorandole una guancia con il dorso della mano e finendo per sistemarle una ciocca scura dietro l’orecchio. Katie lo guardò dritto negli occhi e Oliver si sentì bruciare.

Stavolta le guance della ragazza non si colorarono di rosso e Oliver lo prese come un buon segno.

Erano coperti dal divano, giusto? E Alicia, Fred, George e Lee non sarebbero riusciti a sbirciare, no?

 

Si avvicinò ancora di più a Katie e lei lo guardò incuriosita, piegando leggermente la testa di lato, come se non avesse realizzato che stava per baciarla.

Ma allora stava per baciarla?

Il suo cervello vagò febbrilmente alla ricerca di un’espressione che potesse farglielo capire – che Merlino di faccia ha uno che sta per baciarti? – ma rinunciò subito e decise di tentare  in maniera diversa.

Le mise una mano dietro la schiena e Katie sorrise. Aveva capito qualcosa?

Se sorrideva doveva essere ok.

Doveva esserlo.

 

Non posso mandare tutto quanto alle ortiche, non ora.

 

Lei gli posò una mano sulla spalla, ma non lo spinse via, anzi. Continuava a sorridere e a guardarlo, negli occhi, e Oliver era sempre più vicino…

«Oliveeer!»

Oliveeer sobbalzò e fece un salto sul divano di almeno mezzo metro mentre Katie sprofondava dalla sua parte, rossa come un pomodoro.

Davanti a loro comparve Harry, accaldato e con una pergamena scura in mano.

«La McGranitt dice che devi spostare l’allenamento di domani» disse, sorridendo loro timidamente e salutando Katie con un sorriso.

Oliver non ebbe il coraggio di ringhiare, né di tagliarli la testa, né di dire alcunché.

 

Annuì con un cenno depresso del capo e Harry li salutò in fretta per andare a riunirsi con i suoi amici, la ragazza dai capelli impossibili e il gatto intrattabile e il fratello dei gemelli, Rosso numero sei.

Oliver, visto che tanto ormai era ufficialmente depresso e ufficialmente consapevole dell’esistenza della sfortuna, spese un paio di secondi ad osservare il giovane Weasley afferrare al volo con una sola mano una Cioccorana che Harry gli aveva lanciato.

Bella presa, pensò Oliver.

Poi osservò più attentamente. Cavolo, ci sapeva fare, il ragazzo.

Chissà se…

 

Un colpo di tosse alla sua sinistra lo distrasse. Si voltò di nuovo verso Katie, che lo guardava con aria estremamente impacciata, ma raggiante.

«Sarai stanco» disse lei, avvicinandosi nuovamente a lui.

Oliver ponderò l’idea di dire qualcosa di idiota del tipo “dove eravamo rimasti?”, ma sembrava troppo un consiglio preso da Come conquistare una strega e vivere felici, di Gilderoy Allock, perciò rinunciò immediatamente.

 

Si limitò ad annuire e passarsi una mano sui capelli.

Non era davvero il caso di provare a baciarla di nuovo, ormai l’occasione era andata.

Però magari se si fossero visti un’altra volta avrebbe potuto capire di più se lei provava qualcosa per lui o meno.

Avevano passato una giornata splendida, sì, ma cosa sentiva veramente Katie? Se n’era mai preoccupato?

In fondo aveva quindici anni e poteva benissimo non essere interessata ai ragazzi.

O a lui.

 

«Credo che andrò in Dormitorio, devo ancora vedere Percy» disse allora, alzando le spalle e regalandole un sorriso stanco ma felice.

 

«Giusto, il Prefetto!» disse lei, ridendo.

Quel Percy aveva l’aria strana, ma gli stava simpatico. E poi era amico di Oliver, no?

 

«Io vado a farmi una doccia, tutta quella fatica per salire le scale al tuo passo – quindi di corsa – mi hanno davvero distrutto!» lo rimproverò la ragazza, incrociando le braccia al petto.

 

Dire “vengo anche io” non è una buona idea, e devo convincermene, si impose mentalmente Oliver.

La terrorizzerei. O forse no. Per Godric, Oliver, finiscila.

 

Oliver alzò gli occhi al cielo e pensò che se non lo faceva, ora, mai più, quindi si buttò.

 

«Ti va di vederci, domani? Visto che non ci sono gli allenamenti…» disse, strofinandosi una manica sulla guancia per dissimulare la goffaggine che lo aveva nuovamente colto alla sprovvista.

Katie si illuminò, ma il sorriso le morì sulle labbra e lasciò il posto ad una smorfia triste.

 

«Dovrei studiare Trasfigurazione, in realtà. Sono pessima, in questo periodo. La McGranitt mi caccerà dal corso» mormorò dispiaciuta.

Poi scosse la testa, l’attacco di responsabilità già passato. «Ma andiamo, non ho voglia di studiare Trasfigurazione! Vada per domani! Al parco? Ora scappo, prima di sentirmi in colpa!»

 

Oliver si sporse in avanti, sconcertato dal veloce cambio di idea della ragazza, e Katie aggirò il suo viso per scoccargli un bacio sulla guancia. Poi, rossa in viso, strillò un «A  domani!» e si catapultò su per le scale, diretta al suo dormitorio.

La porta sbatté con un tonfo sordo nell’esatto istante in cui Oliver si alzava, disorientato – quindi avevano un appuntamento? – e si guardava intorno.

Alicia gli sorrideva dall’altra parte della Sala Comune, mentre i gemelli avevano rinunciato a fingere di giocare a scacchi e parlottavano tra di loro, le teste vicine. Lee osservava attento la ragazza, come se non volesse perdersi nemmeno un suo movimento.

Oliver sorrise di rimando ad Alicia, perplesso.

Contemporaneamente i gemelli si accorsero di lui e alzarono i visi per guardare prima Alicia, poi Oliver.

Sorrisero – due identici ghigni spaventosamente consapevoli – e Fred, o George, al diavolo!, alzò il pungo in segno di vittoria, mentre Alicia gli faceva teneramente l’occhiolino.

 

Oliver alzò un sopracciglio, cercando di sembrare il più naturale possibile mentre se ne andava a naso insù verso il suo dormitorio, ignorandoli.

Non riuscì nel suo intento, però, perché uno dei Weasley gli gridò dietro, con voce allegra: «Vai a farti una doccia fredda, Baston?», seguito a ruota dal fratello, che commentò: «Altro che fredda. Dovrebbe infilarsi in una vasca piena di cubetti di ghiaccio»

 

Oliver fu tentato di estrarre la bacchetta e schiantare Fred – o chi per lui – ma si trattenne.

Non era il caso di dargliela vinta, alla fine. Non valeva la soddisfazione.

Aver quasi baciato Katie, quello sì, che la valeva.

 

 

*

 

 

Alla fine dei conti, l’idea di George (o Fred) non era poi così male.

Era salito in Dormitorio – deserto - e si era buttato sul letto, sfinito.  

Percy doveva essere ancora fuori con Penelope.

Aveva aspettato circa una decina di minuti, ma si annoiava e aveva bisogno assoluto di allentare la tensione, quindi sì, era finito di nuovo sotto la doccia.

Scosse le spalle cercando di calmarsi sotto al getto caldo della doccia. Si sentiva sovraeccitato, triste e sull’orlo delle lacrime contemporaneamente, per tanti motivi diversi – di cui nessuno normale, ovvio.

 

Numero uno: era stato preso per un altro provino. Insomma, era piaciuto.

Un provino vero. Con il Puddlemore United, una squadra vera.

Che non vinceva da qualche anno, con un allenatore pazzo e un Cercatore di riserva simpatico.

Numero due: aveva quasi baciato Katie.

Non sapeva se iniziare a sbattere la testa sulle piastrelle della doccia per il quasi o per il baciato Katie.

Tutte e due, probabilmente.

Afferrò la saponetta e la stritolò nel vano tentativo di calmarsi, ma non ci riuscì.

Erano successe troppe cose tutte insieme per poter stare semplicemente tranquilli.

 

Alla fine scoppiò e diede davvero una testata alle piastrelle, sentendosi estremamente ridicolo. Stava piangendo, ma per cosa, poi?

Era stata una giornata fantastica, dov’era il problema?

Lo stress, probabilmente. O la commozione celebrale, non dimentichiamolo.

 

Si asciugò frettolosamente le lacrime e piazzò la faccia dritta contro il getto d’acqua, come suo solito. Era uno dei pochi metodi con il quale riusciva a calmarsi e riflettere.

Quasi soffocò e iniziò a tossire, per poi scoppiare a piangere di nuovo.

Cos’era, una crisi isterica?

 

Prese un respiro profondo – spostando la testa da sotto l’acqua, visto che non aveva le branchie, né dell’Algabranchia a disposizione – e cercò di sciogliere tutti i muscoli ancora in tensione scuotendo le spalle e stiracchiandosi.

 

Assurdo, pensò. Sono fuori di testa.

 

Fortunatamente, a forza di insaponare, respirare lentamente e sciacquare con forza riuscì a tranquillizzarsi, e dieci minuti dopo era seduto sul suo letto, a gambe incrociate.

 

Stringeva il cuscino al petto e vi aveva appoggiato il mento, insonnolito ma deciso ad aspettare Percy. Quando aveva pensato che Katie fosse l’unica persona alla quale valesse la pena dire che aveva superato il provino si sbagliava, ma se n’era reso conto solo in quel momento. C’era qualcun altro al quale desiderava dirlo.

 

Aveva gli occhi semichiusi e cercava di non premere troppo il bordo del cuscino sullo zigomo che pulsava per il livido che vi stava comparendo. I capelli umidi erano ancora gocciolanti e sfoggiava due adorabili guance rosse tipiche di chi è appena uscito dalla doccia, non rare da vedere sul suo viso.

 

Percy lo trovò in quella posizione, quando entrò in camera buttando il mantello su una sedia e una busta di carta sul tavolo pieno di fogli e penne d’aquila.  

Si immobilizzò e lo fissò con aria smarrita per qualche istante, come se non si aspettasse di trovarlo lì. Con quella faccia da cucciolo, poi!

 

«Oliver, come…» deglutì, scrutando il viso dell’amico in cerca di un segno divino. «Com’è andata?» esalò infine, stringendo le mani l’una nell’altra.

Oliver affondò la faccia nel cuscino.

«Mi hanno preso per un altro provino» mormorò, e parve capirlo lui stesso solo in quel momento, mentre lo diceva a Percy.

Il prefetto Weasley lo fissò per un secondo, con gli occhi spalancati dalla sorpresa, poi, di punto in bianco, senza preavviso, si buttò sul letto di fianco a lui e lo abbracciò.

Rimasero immobili per un paio di secondi, poi Percy si fece indietro, imbarazzato e con gli occhiali di corno un po’ storti, e buttò lì un colpo di tosse che voleva dissimulare il fatto che fosse avvampato.

 

Lo aveva abbracciato, per caso? Percy Weasley lo aveva abbracciato?

Wow, pensò Oliver. Che strano effetto che fa, detto così!

«Sono…» iniziò Percy, cercando come suo solito le parole per esprimere cosa gli passava per la testa. Cosa voleva dire? Entusiasta? Felice per te?

Annaspò per un istante ancora, poi sospirò e sorrise lievemente.

Gli posò una mano sulla spalla e con l’altra si sistemò gli occhiali sul naso, scuotendo i capelli rossi.

«E’ fantastico, Oliver. Non sai quanto sono orgoglioso di te» disse semplicemente.

Oliver sorrise e ridacchiò leggermente. Nonostante fossero diversi e avessero gusti quasi opposti, e davvero non avessero niente in comune, Percy era una delle persone più importanti della sua vita.

Curiosa l’amicizia, eh?

«Comunque» continuò Percy mentre un angolo delle labbra si arricciava in su in una pessima imitazione del ghigno di uno dei gemelli, «giù in Sala Comune ho appena impedito ai miei fratelli di mettere su un giro di scommesse clandestine sul tuo pomeriggio con una certa Cacciatrice»

Oliver alzò gli occhi su di lui, impietrito.

Percy ampliò il sorriso.

«Beh, com’è andata con Katie?» domandò innocentemente, lisciandosi la veste da mago mentre si alzava dal letto per non ridergli in faccia.

Oliver gemette e affondò la faccia nel cuscino, tentando di soffocarsi.

Percy ridacchiò senza contegno – cosa alquanto strana, per lui. Era forse ubriaco? – e disse, con un tono di voce canzonatorio e saputo: «Ah! E’ andata bene, allora?»

Oliver alzò gli occhi scuri sul Prefetto e Percy non poté fare a meno di notare le sue guance in fiamme.

«Splendidamente. L’ho – quasi – baciata.» ammise con un filo di voce.

Percy batté le mani e esclamò: «Fantastico! Io e Penelope…»

Oliver alzò gli occhi al cielo e gli tirò il cuscino in faccia senza tanti complimenti.

«Perce, ti prego!»

«Attenti alla mia vita, marrano? Dicevo, io e Penelope…»

«Percy Weasley, finiscila

«Come sei suscettibile, Oliver!»

 

 

 

 

Note dell’Autrice

Non uccidetemi, ragazze, note un po’ scarne almeno fino a domani, quando potrò sistemarle meglio :D

Cosa posso dire molto velocemente prima di pubblicare?

Ah, si!

Scusate per il ritardo!! Lo so, avrei dovuto pubblicare prima stavolta, ma le vacanze mi hanno risucchiato!  Non è colpa mia, giuro!

Oliver vi saluta, comunque!! :D

 

Aaaaaallora, siete contente di tutte queste docce in un solo capitolo? *-*

Il C.R.A.B., forse l’avrete notato, è stato nominato nella storia! Katie si unisce a noi, ragazze! PARTY HARD!!

E poi, che altro?

Oh, oh, oh! Sono curiosa! Vi è piaciuto questo capitolo? E’ troppo fluff? Mary ha cercato di rassicurarmi (Santa donna <3) ma io sono sempre un po’ in ansia…!

So che non compaiono molto tutti gli altri personaggi marginali, ma un capitolo tutto per loro, poveri, se lo meritavano, no?

Sono così teneri, li adoro! *-*

Ovviamente le vostre paure erano infondate: Oliver è stato preso per un altro provino, quello definitivo. Piccolo Spoiler: ne succederanno delle belle, a quel provino! :)

 

Beh, ora vi lascio, poi domani inserirò delle note più sensate e le rispose alle vostre meravigliose recensioni, che ho adorato dalla prima all’ultima, ragazze! Vi adoro!

Beh, vi ho dato un capitolo coccoloso e Oliver si fa la doccia due volte, si discute dei suoi addominali ed è la cosa più tenera e Sexy che sono riuscita ad immaginare, complice l’aver rivisto tutte le scene Klaine di tre stagioni di Glee e una puntata meravigliosa di Vampire Diaries (la 3x10!!!!).

Ma sto divagando.

 

Oh, mio adorato C.R.A.B., ti adoro!!!

 

Baci, ragazze!

 

Selene & Oliver (che sì, è uscito dalla mia testa, e d’ora in poi farà, in questa storia, come cavolo gli pare U_U)

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Come tendere l'agguato perfetto senza dare nell'occhio ***


Oliver

Capitolo 10

Capitolo 10

- Come tendere l’agguato perfetto senza dare nell’occhio –

 

 

 

 

Hermione Granger poteva definirsi tutto tranne che una ragazza distratta. Difficilmente vagava senza meta per il castello, come invece la maggior parte della popolazione di Hogwarts sembrava abituata a fare, e altrettanto difficilmente andava a sbattere con le persone perché non guardava dove andava.

Allora cosa ci faceva, di grazia, con il sedere per terra e una rossissima Katie Bell addosso?

 

«Oddio, scusa, non stavo guardando dove andavo!» esclamò la ragazza, saltando in piedi con un sorriso imbarazzato e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi. Hermione l’afferrò e quando fu in piedi le sorrise, massaggiandosi la schiena e nascondendo una smorfia.

«Tranquilla, scusa tu! Ero sovrappensiero anche io» le disse alzando le spalle e esibendo un sorriso confortante. Infondo Katie Bell gli era sempre stata simpatica.

Era discreta e per niente invadente, con un sorriso molto dolce e degli occhi azzurri incredibilmente allegri. Era un’ottima giocatrice di Quidditch e non finiva mai in punizione – eccetto per quella volta che aveva picchiato un Serpeverde, causando una rissa collettiva e riscuotendo anche un certo successo e la sua segreta approvazione – e quando sedeva di fianco a lei a pranzo non la prendeva mai a gomitate come invece facevano sempre Calì o Lavanda.

Da adorare, in poche parole.

Non avevano mai legato particolarmente, ma forse era troppo occupata a tenere d’occhio Harry e Ron che rischiavano l’osso del collo in continuazione – o peggio, l’espulsione – per trovarsi delle vere amiche. Pensare a Ron le diede una fitta di nostalgia mista a rabbia. Per quanto gli avrebbe tenuto il muso, ancora? Grattastinchi non aveva fatto niente di male!

Scosse la testa per scacciare i pensieri ed un attimo dopo si era chinata per aiutare Katie a raccogliere un paio di libri che le erano scivolati dalla borsa.

La ragazza le sorrise, grata, ed Hermione le passò un vecchio tomo consunto della Biblioteca che riconobbe quasi subito dalla copertina blu e dal brillante boccino giallo disegnatovi nel mezzo.

«Ehi, è il Quidditch Attraverso i Secoli!» esclamò la ragazza riccia sorridendo a Katie. Lo aveva letto nel tentativo di imparare qualcosa sul Quidditch – sua grossa lacuna – e l’aveva trovato piuttosto incomprensibile, ma un libro era pur sempre un libro!

Katie alzò gli occhi azzurri su di lei, sorpresa, e annuì con entusiasmo.

«Già. Stavo…facendo una ricerca sulle squadre della Gran Bretagna» spiegò, alzando gli occhi al cielo.

Hermione sorrise. «Ci ho capito poco quando l’ho letto, a dire la verità. Vorrei capire il Quidditch» disse sconcertata.

Katie rise. «Beh, c’è un sacco di roba tecnica» sussurrò con aria cospiratoria mentre oltrepassavano l’entrata della Sala Grande. «e io non ho la più pallida idea di cosa siano almeno la metà delle cose»

Hermione la guardò incredula. Non era la Cacciatrice della squadra di Grifondoro?

Katie parve leggerle la domanda negli occhi, perché rise e disse: «Non so, sospetto che sia un qualche codice segreto con cui comunicano Oliver e Madama Bumb. Nessun altro li capisce, noi ci limitiamo a seguire gli strampalati schemi del Capitano»

Hermione fece un sorrisino divertito e ricordò quella strana conversazione avuta con Fred Weasley poco tempo prima. Vero, Katie e Oliver Baston, il capitano della squadra nella quale giocava anche Harry, si piacevano! Lo aveva dimenticato!

Le guance di Katie si colorarono di entusiasmo mentre si avvicinava al tavolo dei Grifondoro, praticamente deserto. Era presto e l’intera scuola non era ancora scesa a fare colazione. Al tavolo dei Grifondoro c’erano solo Colin Canon, addormentato sopra al suo piatto di bacon e pancetta, e Jack Sloper, che non appena le vide affondò il viso nella sua tazza di Succo di Zucca e non riemerse più.

«Sto morendo di fame» commentò Katie sorridendo a Hermione. Si sedette in fretta e iniziò a riempirsi il piatto con doppia porzione di tutto quello che si trovava davanti.

Hermione la osservò di sottecchi ingurgitarsi con le uova strapazzate. Non sentiva i morsi della fame, visto che pensare a quello stupido di Ron gli faceva venire la nausea, così ne approfittò per riflettere su cosa le aveva raccontato quello scapestrato di Fred.

 

«Che materia hai la prima ora?» domandò curiosa mentre Katie buttava giù una sorsata di Succo di Zucca.

«Antiche Rune» rispose Katie allegramente e a bocca piena. Hermione sorrise. Adorava quella materia. Stava per rispondere, ma lo sguardo le cadde accidentalmente sull’orologio. Era tardissimo, doveva andare a lezione di Aritmanzia e poi usare la Giratempo per raggiungere Harry e quell’altro a Pozioni!

«E’ tardissimo, devo scappare!» esclamò allora afferrando una fetta di pane imburrato e ficcandosela in bocca.

Katie le sorrise. «Ci vediamo, buona lezione» disse.

Sì, Katie Bell sembrava davvero più allegra del solito.

 

 

*

 

 

Alicia non era il genere di persona che, di prima mattina, riusciva a tenere gli occhi aperti o addirittura a pensare coerentemente. Era solita avanzare come uno zombie fino in Sala Grande, sbadigliare, trascinare i piedi fino al suo posto ed afflosciarsi priva di energie sopra una tazza di caffè fumante.

Se qualcuno osava avvicinarsi per importunare la sua persona, poi, poteva considerarsi un qualcuno morto.

Questo valeva soprattutto per Lee Jordan, che da sei anni a quella parte continuava imperterrito a sedersi vicino a lei e a esibirsi in un allegro “Buongiorno!”. Di solito Alicia mugugnava qualche epiteto incomprensibile, poi passava alla leggera violenza fisica, ed infine afferrava la bacchetta e schiantava chiunque avesse davanti.

Se erano i gemelli Weasley ad importunarla…beh, Fred e George avevano smesso di avvicinarsi a lei, la mattina, da quando quegli occhi di rana erano accidentalmente finiti nel loro Succo di Zucca...ma non era questo il punto.

Il punto era che, come tutte le mattine che Godric aveva fatto, Alicia si trascinò pesantemente fino in Saga Grande e trascinò i piedi per arrivare al suo tavolo. A metà del lungo tragitto per conquistare la sua metà, però – che altro non era che il primo posto della tavolata Grifondoro, il più vicino – un movimento sospetto entrò al limite del suo campo visivo ed attirò la sua assonnata attenzione.

Si voltò per vedere in tempo Katie che spariva dietro la porta della Sala con aria estremamente colpevole.

Il cervello di Alicia registrò l’avvenimento solo quando si sedette vicino ad una ragazza riccia dall’aria persa che lei catalogò come ‘Granger Hermione’, ma fu solo al secondo caffè che realizzò davvero cos’era successo.

Katie era fuggita dalla Sala Grande come Piton davanti ad una saponetta non appena lei aveva fatto il suo teatrale ingresso zombie. E Katie Bell non scappava mai – mai – dal cibo.

La sua aria imbarazzata mentre si defilava in fretta significava solo una cosa: Colui-Che-Non-Può-Essere-Contraddetto-Sul-Campo-di-Quidditch aveva colpito e affondato.

 

Alicia non poté fare a meno di ghignare pensando all’epico, malvagio e alquanto scapestrato piano dei gemelli Weasley, che avrebbe avuto inizio quella mattina, tra una lezione e l’altra. La fase uno, ridicola e probabilmente anche controproducente, consisteva nel tendere un agguato al Ricercato Numero Uno, rapirlo e chiuderlo in un comodo, adorabile ripostiglio per le scope, con lo scopo di interrogarlo fino a che non avrebbe sputato il rospo sui misteriosi avvenimenti del giorno precedente.

E Alicia aveva una vaga idea riguardo l’identità della vittima designata.

Per un breve istante, quasi provò compassione per lui.

L’unica cosa che le viene in mente, in quel momento, è che era stato adorabilmente esilarante vedere Oliver entrare in sala comune mano nella mano con Katie, la sera prima, e che spera vivamente di vederli così per il resto della propria esistenza.

 

*

 

«Il soggetto si sta muovendo, Pelo Rosso» un dito indicò febbrilmente un angolino di una vecchia mappa consumata dal tempo. «Si dirige verso il secondo piano, ala Ovest del castello».

«Vedo, Puffo Weasley» un’altra mano si aggiunse alla prima, setacciando la mappa e puntando l’indice sopra un quadrante preciso. «La mia proposta ninja è di dirigerci verso la Biblioteca e tendere un agguato per coglierlo di sorpresa».

Fred – ops, scusate…Puffo Weasley – alzò lo sguardo concentrato su George, muovendo appena la testa e facendo ondeggiare la cravatta rosso-oro stretta attorno alle tempie. Il gemello si arrotolò le maniche della camicia bianca, strofinandosi l’avambraccio sulla guancia sinistra e sbafando accidentalmente le due righe nere che aveva sullo zigomo.

Si lanciarono uno sguardo d’intesa e GeorPelo Rosso ripiegò con cura la mappa.

«Il passo dell’Acromantula?» propose, conoscendo già la risposta.

Lo sguardo determinato di Puffo Weasley all’orizzonte non lasciava spazio ad alternative.

«Sì. Il passo dell’Acromantula» sentenziò.

 

Quattro piani e due rampe di scale – alle quali piace cambiare – più tardi, Fred e George Weasley si trovarono di nuovo all’angolo tra il corridoio del secondo piano e il bagno dei maschi a borbottare tra loro, le teste pel di carota vicine e gli sguardi aggrottati.

«Dobbiamo aspettare Pluffa Impazzita, secondo te?» chiese George, guardandosi intorno sospettoso.

Fred alzò gli occhi al cielo.

«Assolutamente sì, fratello. Lei è quella persuasiva, tra di noi. Non puoi fare un interrogatorio senza una persona persuasiva»

«Beh, puoi sempre usare la Maledizione Imperius o il Veritaserum»

«Non è la stessa cosa! Bisogna rispettare l’equilibrio! Magipoliziotto buono e Magipoliziotto cattivo, no?»

George alzò un sopracciglio.

«Ma noi siamo tre» gli fece notare.

«Io sono il gemello più affascinante, quindi sarò quello buono» decretò FrePuffo Weasley.

«E io chi sarei, sentiamo?»

«Il cane a tre teste, no?»

«Fuffi! Oh, è fantastico, tu…ehi, aspetta un momento!»

Fred sghignazzò in direzione del gemello. George lo guardò incredulo.

«Mi hai fregato!» lo accusò, puntandogli contro l’indice e sfoderando l’espressione più tradita che gli riuscisse in quel momento.

«Tanto non riusciresti a carpirgli nessuna informazione, tu. Lascia fare al gemello buono!»

«Ma se tu sei me e io sono te, perché fino a prova contraria siamo gemelli, allora anche io sono il gemello buono! E poi voglio poter carpire informazioni – e qui accompagnò le parole mimando delle virgolette in aria con le dita - anche io! Che si fa, lo torturiamo?»

 

«Mi auguro che nessuno di voi due, signori Weasley, stia progettando il rapimento e il successivo omicidio di un altro studente di questa scuola»

La voce della McGranitt fece sobbalzare i gemelli, che si voltarono di scatto.

La donna scrutò il loro abbigliamento ninja squadrandoli con il volto di chi ha visto anche troppo nella vita e vorrebbe solo godersi la meritata pensione.

«Andreste a ripulirvi, gentilmente, signori?» chiese, con il consueto tono di voce che non ammetteva repliche – e nemmeno consensi, né risposte di nessun genere.

 

«Se il vostro desiderio era quello di arruolarvi nell’esercito di Mao Tze Tung, vi comunico che siete in ritardo di diversi anni» aggiunse.

Fred scoppiò a ridere, lasciando la McGranitt basita.

«Oh, no, professoressa, non oseremmo mai…»

«…rapire un altro studente, per carità!» concluse George al posto del fratello, come loro abitudine.

La McGranitt alzò un sopracciglio e parve sul punto di elencare tutti i loro crimini a memoria, divisi in sezioni a seconda della gravità del fatto e del numero di vittime, ma una voce li interruppe.

«Fred, George, dove cavolo eravate finiti?» gridò loro Alicia, acchiappando Fred per un orecchio e George per un braccio. «Oh, salve, professoressa!» esclamò, fingendo di vedere la McGranitt solo in quel momento.

«Signorina Spinnet» commentò la McGranitt, per nulla ingenua. «Mi spiega, di grazia, perché state tergiversando sull’argomento ‘rapimenti’ e procrastinate invece di andare a lezione, dove dovreste essere esattamente ora

«Andiamo subito, professoressa!» esclamò Alicia. Non diede tempo all’insegnante di replicare alcunché, perché trascinò via i gemelli letteralmente di peso e svanirono verso la biblioteca, nella direzione opposta all’aula che dovevano raggiungere.

La professoressa McGranitt sospirò.

Quanti anni mancavano alla pensione?

 

Alicia, Fred e George svoltarono in fretta l’angolo e scoppiarono a ridere proprio di fronte alla Biblioteca, beccandosi l’occhiataccia che Madama Pince riservava ai peggiori deturpatori di libri.

«Che poi, scusatemi tanto, eh» commentò Alicia, ancora scossa da risatine isteriche. «ma com’è il passo dell’Acromantula

Fred si erse in tutta la sua statura e gonfiò il petto.

«Ha presente come si muove un ragno, soldato? Ecco, quello è il passo dell’Acromantula».

«Questo spiega tutto»

«Non fare la spiritosa, Spinnet» esclamò George. «Un giorno quel passo ti salverà la vita!»

 

 

*

 

 

Percy si era alzato di buon ora quella mattina, immerso nel familiare vapore che invadeva la sua stanza almeno due volte al giorno da sette lunghi anni. Era fuggito in fretta: Oliver, sotto la doccia, aveva iniziato quella che lui amava chiamare la ‘performance da saponetta’.

L’inno del Puddlemere United.

Solo una volta che ebbe raggiunto il secondo piano si sentì al sicuro dallo stridulo lamentarsi del suo suonatissimo compagno di stanza. Svoltò verso la biblioteca in fretta, raddrizzandosi la spilla da Caposcuola sul petto e buttando un’occhiata veloce all’orologio da taschino. Era in anticipo per la lezione di Trasfigurazione, mentre Oliver sarebbe sicuramente arrivato in ritardo, a forza di perdere tempo nella doccia! Soddisfatto, Percy sfiorò di nuovo la spilla, soprappensiero.

Chissà se Penelope aveva ricevuto il suo…

Purtroppo non sapremo mai cosa avrebbe dovuto ricevere la povera Penelope.

D’improvviso due paia di braccia afferrarono Percy non appena girò l’angolo e qualcuno gli premette la mano sulla bocca per impedirgli di urlare. Percy provò a dibattersi e a raggiungere la bacchetta in tasca, ma venne trascinato indietro di almeno un metro e si ritrovò, senza sapere come,in uno spazio angusto e buio. Qualcuno aveva chiuso la porta di quello che aveva tutta l’aria di essere un innocuo, maledetto sgabuzzino delle scope.

Un colpo di tosse proveniente da un punto imprecisato alla sua sinistra gli indicò l’ubicazione di uno dei suoi assalitori, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa – tipo far esplodere lo sgabuzzino – la luce di una bacchetta illuminò il volto di due cretini vestiti da ninja.

I suoi maledettissimi fratelli, conciati solo Merlino sa come – Fred aveva una cravatta legata in fronte, per Godric! – ghignavano nella sua direzione, perfettamente calmi e tranquilli, canaglie fino al midollo.

«Oh, è stato il rapimento del secolo!» esclamò Fred con entusiasmo.

Percy aprì la bocc…ehm, spalancò le fauci per iniziare quella che sarebbe stata la sgridata del secolo, seguita alla punizione del secolo, la quale gli avrebbe probabilmente valso il posto di Ministro della Magia – macché, Supremo Reggente dell’Universo! – per acclamazione.

Sì, proprio per acclamazione. Ad interim. A vita.

Tuttavia notò un particolare che lo fece lentamente desistere dal suo intento.

Alicia Spinnet, che aveva considerato normale fino a pochi minuti prima, era spuntata da dietro i gemelli e gli stava facendo un gran sorriso di scuse.

Percy si afflosciò.

«No» gemette. «Non di nuovo voi tre!»

A quelle parole Fred alzò un sopracciglio, fintamente perplesso. Si girò verso George e il gemello lo guardò con la stessa espressione accigliata.

«Zuccaposcuola non è felice di vederci» commentò George.

Percy si infervorò di nuovo. «Finitela! Che cosa Merlino vi passa per la testa, stavolta

Fu Alicia a rispondere, sempre esibendo quel sorrisetto adorabile. «Vogliamo solo sapere cos’è successo tra Oliver e Katie» disse ostentando un’aria innocente. «Vogliamo solo aiutarli, Caposcuola Weasley»

Se Alicia non aveva ottenuto delle risposte, era almeno riuscita a rabbonire appena il vecchio, burbero Percy.

«Ed è necessario sequestrarmi per saperlo, razza di impiccioni? Avrete infranto almeno 21 regole»

«Sì» risposero candidamente quei tre delinquenti, in contemporanea.

«Ci togli tutto il divertimento, Perce» aggiunse George.

Percy non demordeva.

«Sono affari loro» sentenziò. «Non mi capacito di come possiate essere così impiccioni, voi…»

Mentre Percy si lanciava in una coraggiosa invettiva su quanto i suoi fratelli avrebbero fatto meglio a prendere esempio da lui, tanto per cominciare, e poi mettere la testa a posto e, visto che c’erano, magari anche smettere di traviare il povero Ron, che stava seguendo con entusiasmo le loro malefiche orme, Fred e George si scambiarono un’occhiata prima perplessa, poi rassegnata.

«Non ci lasci altra scelta, Perce» lo interrupe George.

«Già, non avremmo voluto farlo» continuò Fred.

Percy interruppe la sua ramanzina alla mamma non sarà contenta di sapere che rapite la gente’ e lanciò un’occhiata perplessa ad Alicia, che rispose con un sorriso di profonde scuse.

Poteva quasi leggere le lettere delle parole “Scusami tanto” nei suoi occhi.

«Cosa state blaterando?» domandò allora, cominciando a sentirsi inquietato dai sorrisi malefici sui volti dei suoi fratelli gemelli – sangue del suo sangue!

Volevano forse usare la Maledizione Imperius? Darlo in pasto ad un’Acromantula?

«Diremo a Penelope…» iniziò George, facendo una pausa ad effetto per permettere a Percy di assorbire il concetto di ‘Penelope’. Fred continuò la frase, come al solito.

«…della tua collezione di foto» completò.

Altra pausa ad effetto. A Percy si attorcigliarono le budella. «Del Ministro Caramell».

Alicia spalancò la bocca. Evidentemente non era a conoscenza del subdolo ricatto! Ma…un momento.

Il volto di Percy iniziò a virare verso il violaceo.

«Io non ho nessuna collezione di foto del Ministro» scandì minacciosamente.

Fred sorrise. «Oh, noi lo sappiamo…» disse, alzando le spalle.

George ghignò. «…ma Penelope no»

Percy li fissò, incredulo.

Fred, George e Alicia ricambiarono il suo sguardo a metà tra l’infuriato e l’isterico con tre facce assolutamente angeliche.

E Percy, coraggiosamente, capitolò.

 

 

*

 

 

Minerva McGranitt era una donna generalmente paziente. Facevano eccezione, ovviamente, tutti gli avvenimenti che coinvolgevano i gemelli Weasley e tutti quelli che avevano coinvolto la metà degli studenti degli anni settanta, i quali superarono le divergenze tra Grifondoro e Serpeverde solo quando c’era la possibilità di distruggere l’intero castello, capitanati da James Potter e dal suo degno compare Sirius Black.

Il pensiero di quei due nomi ancora una volta uno vicino all’altro le causò un capogiro e una dolorosa fitta al cuore, così dirottò i pensieri in angoli meno accidentati.

Tornò a concentrarsi sui suoi appunti per la lezione sulla Trasfigurazione umana e quando tutti i ragazzi del settimo anno di Grifondoro e Corvonero entrarono velocemente, aveva già chiuso Potter e Black in un cassetto e buttato la chiave.

Passò qualche minuto, durante il quale permise ai suoi studenti di accomodarsi, tirare fuori le bacchette e terrorizzarsi per bene per la terribile lezione che li aspettava.

Quando fu pronta ad iniziare, però, si accorse che c’era qualcosa che non andava.

In prima fila, il posto di fianco alla signorina Light di Corvonero, era inspiegabilmente vuoto.

Ora, era inutile domandarsi chi mancasse: quel posto conservava la conca del sedere di Percy Weasley e così sarebbe sempre stato.

«Signor Baston» domandò allora, richiamando all’attenzione un Oliver completamente sulle nuvole e intento a sbavare sopra al suo libro di Trasfigurazione. «Saprebbe dirmi che fine ha fatto il signor Weasley?»

Oliver alzò la testa di scatto, guardandosi intorno freneticamente, per poi notare con evidente sbalordimento il posto di Percy, appunto, vuoto.

Il campanello d’allarme nella testa della Professoressa McGranitt si attivò immediatamente, ma lo mise a tacere in fretta.

Percy Weasley non scatenava campanelle d’allarme. Quel ragazzo era l’unico che rispettasse tutte le regole della scuola, dalla prima all’ultima – anche quelle inutili – e probabilmente era nato con la spilla da Caposcuola attaccata alla placenta materna.

«Non si sentiva bene, stamattina» mormorò Oliver di punto in bianco, guardandosi attorno come se si aspettasse che qualcuno lo smentisse.

Quando ciò non avvenne, la McGranitt tornò alla cattedra un po’ più tranquilla, dandosi della paranoica, e non notò la signorina Light lanciare al Capitano della sua squadra uno sguardo preoccupato.

Dov’era finito uno dei suoi migliori studenti, per di più Caposcuola?

Percy Weasley era una persona coscienziosa. Di sicuro non era chiuso in uno sgabuzzino con i suoi fratelli gemelli, intento a tramare.

E di questo poteva star certa.

 

Si sistemò gli occhiali e decide di iniziare la lezione.

«Ho il dovere morale, signori» iniziò, e la classe tremò all’unisono. «di mettervi di fronte alla natura sclerotica dei vostri ragionamenti. Ora, la Trasfigurazione Umana

Adorava terrorizzare gli studenti. Oh, se lo adorava!

 

 

 

Quando la lezione terminò – dopo che Lara Steenlow di Grifondoro si trapiantò accidentalmente il pizzetto di Alan Goodink, Corvonero – Minerva riordinò accuratamente i suoi appunti e attese che tutti gli studenti furono usciti. Non ci volle molto, considerato che la maggior parte afferrò la propria borsa e uscì di corsa, probabilmente per paura che qualcuno saltasse fuori da sotto un banco e urlasse “Oggi quattro ore di Trasfigurazione di fila!”.

Avendo una meritatissima ora buca decise quindi di passare in Sala Insegnanti e iniziare a correggere qualche compito.

Mentre svoltava per il corridoio del secondo piano, però, proprio di fianco alla Biblioteca, gelò sul posto.

Da uno sgabuzzino stavano uscendo, tutti impettiti, Alicia Spinnet, Fred e George Weasley e il Caposcuola Percy.

Percy Weasley.

In uno sgabuzzino.

Con i suoi fratelli gemelli.

Che tramavano un rapimento con successivo omicidio.

…Quanti anni mancavano, ancora, alla pensione? 

 

 

*

 

 

Quando Katie uscì dall’Aula di Incantesimi, prima di pranzo, di certo non si sarebbe mai aspettata di vedere Oliver Baston, appoggiato al muro di fronte alla porta dell’aula con dei tramezzini in mano e una bottiglia di Succo di Zucca sottobraccio, che gli sorrideva raggiante come se fosse Cappuccetto Rosso finalmente arrivato dalla Nonna.

«Ehilà!» la salutò il ragazzo, agitando un tramezzino con aria compiaciuta.

Katie smise di fissarlo incredula e si avvicinò, passandosi una mano tra i capelli. Doveva essere in condizioni pietose, maledizione!

«Ehi!» esclamò, tirandosi una ciocca dietro l’orecchio. «Come mai da queste parti?»

Oliver tirò fuori un sorriso abbagliante.

«Dovevamo vederci dopo pranzo, ma è una meravigliosa giornata e non fa affatto freddo, così ho pensato che magari potevamo fare pranzo insieme, nel parco» disse tutto d’un fiato, nervoso ma sempre sorridente. «Sempre che ti vada, ovvio» aggiunse quando notò l’espressione sorpresa di Katie.

La ragazza lo squadrò in silenzio per un istante.

«Hai preso da mangiare?» domandò, fintamente cauta.

Oliver scoppiò a ridere. «Ho svaligiato la cucina. Dai, sbrighiamoci, cucciolo affamato!»

Si diressero fianco a fianco verso il Parco di Hogwarts, prendendosela piuttosto comoda, visto che non c’erano le lezioni pomeridiane. Oliver, notò Katie, sembrava allegro e molto in vena di battute, quel giorno. Forse era perché i Serpeverde avevano misteriosamente perso trenta punti durante la notte, chissà.

Quando arrivarono a destinazione – il vecchio faggio dalle parti del lago nero – Oliver tirò fuori la bacchetta e evocò un fuocherello azzurro da mettere dentro ad un barattolo – Magia avanzata di livello due – e Katie si sedette sull’erba ai piedi dell’albero.

«Tramezzino con Bacon o uova?» domandò Oliver, soppesando due tramezzini come se fosse la scelta più ardua che avesse mai dovuto fare.

«Uova!» esclamò Katie, facendogli cenno di sedersi di fianco a lui.

Oliver si buttò di peso vicino a lei e gli fece un gran sorriso.

Pranzarono chiacchierando del più e del meno e le ore passarono terribilmente in fretta, tra un discorso serio sulla Coppa di Quidditch e uno meno serio sulle Sorelle Stravagarie, tanto che quando Oliver gli fece notare che erano già le cinque, a Katie non sembrò affatto vero. Era stata così bene!

 

«Hai freddo?» domandò ad un certo punto Oliver, sporgendosi verso di lei e spostando appena la fiammella azzurra nella sua direzione.

Katie scosse la testa, sistemandosi meglio la pesante sciarpa rosso oro che si era avvolta attorno alle spalle, sopra al mantello.

«Sto bene, tranquillo» rispose. Era vero: non sentiva affatto freddo, a così poca distanza da Oliver. E poi, se continuava ad arrossire, era probabile che avrebbe preso fuoco molto presto.

«E se tornassimo in Sala Comune? » propose Oliver all’improvviso. Era evidente che avesse qualcosa in mente, e Katie non ci mise molto ad indovinare.

Katie alzò un sopracciglio e scosse la testa, rassegnata. «Ti serve una mano per uno schema di Quidditch, vero?»

Oliver assunse un’aria colpevole e si strinse nelle spalle. «Devi tenermi d’occhio» si giustificò. «Sai che non so regolarmi»

«Già, rischiamo sempre di rimanerci secchi» rise Katie, dandogli una leggera manata sulla spalla. Oliver arrossì, ma si rilassò impercettibilmente vedendo che Katie sorrideva.

 

«Andiamo, o la prossima volta che Harry rischierà la vita per una tua idea geniale mi sentirò in colpa per davvero»

Oliver rise nonostante lo stesse prendendo in giro e afferrò la mano che Katie gli porgeva per tirarla su da terra.

«Non è colpa mia se tutte le idee più geniali mi vengono per il Cercatore!» esclamò, fintamente offeso.

Da qualche parte intorno a loro qualcuno rise, ma non ci fecero molto caso.

Oliver meno che mai. Era impegnato a ragione se resistere alla tentazione e lasciarle la mano o tenerla fino in Sala Comune e cedere al calore della pelle di Katie.

Lei, come al solito, era anni luce davanti a lui.

Se lo trascinò dietro quasi di corsa fino a che non si piazzarono in Sala Comune sopra a assurdi fogli pieni di frecce e modellini di giocatori, senza mollare la sua mano nemmeno per un istante.

 

 

*

I gemelli avevano spedito Alicia dietro a quei due, tanto per essere sicuri che il loro malvagio piano funzionasse, e ora se ne stavano appoggiati ad un muretto del Cortile della scuola, un po’ in disparte, e scrutavano con attenzione la Mappa del Malandrino in cerca di Gazza o la professoressa McGranitt per poter avere il via libera per sgattaiolare da Mielandia di nascosto.

 

 

Quel giorno non avevano ancora esaurito le scorte di illegalità, a quanto pareva. Avevano perfino beccato Oliver e Katie insieme, da soli, al parco, e avevano osservato con piacere che sembravano una coppietta felice a tutti gli effetti.

Da dietro l’albero li avevano osservati chiacchierare del più e del meno per almeno dieci minuti, prima che Katie trascinasse via per mano Oliver. Si erano quasi fatti scoprire, tra l’altro, visto che Alicia – che proprio non sapeva starsene zitta – aveva tirato fuori una risatina deliziata quando quei due si erano allontanati mano nella mano, adorabilmente, diretti in Sala Comune.

 

Alicia era scappata via quasi saltellando, dicendo che doveva andare di corsa in Sala Comune e parlare con Katie, perché la evitava, e i gemelli, finalmente soli, ora se ne stavano appoggiati ad un muretto del Cortile della scuola, un po’ in disparte, e scrutavano con attenzione la Mappa del Malandrino in cerca di Gazza o la professoressa McGranitt per poter avere il via libera per sgattaiolare da Mielandia di nascosto.

 

«Credo che Gazza stia andando dalla parte opposta» sussurrò George a Fred.

«E la McGranitt fa su e giù per il suo ufficio da tutta la giornata» constatò il gemello.

Perfetto, avevano il via libera. Si voltarono per sgattaiolare fino alla statua della Strega quando proprio di fronte a loro passarono Ron, Harry ed Hermione, le teste vicine, che parlottavano a bassa voce con aria estremamente cospiratoria.

Fred si arrestò di botto e George andò a sbattere con lui.

«Ehi, ma che ti prende?» esclamò, sbirciando da sopra la sua spalla. Fred fissò prima il gruppetto, poi la mappa, poi di nuovo il gruppetto, e infine sorrise.

George parve capire, perché sospirò e commentò semplicemente: «Oh, tanto prima o poi doveva succedere».

Fred rise tra se.

«Non credi anche tu che sia arrivato il momento di passare il testimone malandrino a qualcun altro, Pelo Rosso?»

«Si, Puffo Weasley» concordò il gemello. «Ma tra qualche giorno. Intanto, defiliamoci da Mielandia e festeggiamo la Mappa e i loro sacri creatori come si deve»

Fred colse l’antifona al volo e mise un braccio in torno alle spalle del fratello.

«Che passo dell’Acromantula sia, allora!»

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

 

Salve, ragazzi e ragazze!! So che ci ho messo un po’, e che questo è solo un capitolo di passaggio, ma il prossimo è un grosso pezzo importante della storia – O supremo pezzo grosso, come volete xD – e questo è solo un povero capitoletto in mezzo.

Ci sono Fred e George che ne combinano delle loro come al solito, e mi convincono molto più la prima parte che la seconda. Oliver e Katie compaiono poco, lo so, ma il prossimo sarà nuovamente incentrato principalmente su loro, e ci voleva un break.

In ogni caso ci ho messo tanto a pubblicare anche perché sono tormentata da un quesito terribile che mi mette molta ansia, e devo proprio sottoporvelo, nella speranza che qualcuno, nelle recensioni, dia la sua opinione.

 

Questione di estrema importanza, quindi vi prego di leggere e, se vorrete, di espormi la vostra opinione in merito:

La storia è nata praticamente per caso e doveva contenere non più di 15 capitoli, e concludersi, come trama, con la fine di HP e il prigioniero di Azkaban.

Purtroppo la mia testa è andata oltre, tanto che la storia c’è tutta, sì, ma fino alla Battaglia di Hogwarts. Ci saranno quindi Oliver con il Puddlemere, la coppa di Quidditch, il torneo Tremaghi, l’ordine della Fenice, Voldemort e la guerra magica, l’incidente di Katie e soprattutto tutto il settimo libro visto dal loro punto di vista.

Questo comprenderebbe, fino alla fine 90 capitoli circa – compresi questi undici che ho già pubblicato. La cosa mi preoccupa molto.

Io sono prontissima ad imbarcarmi in questa avventura epica – e vi assicuro che non mancheranno i colpi di scena né nuovi personaggi o nuove coppie oltre all’Oliver/Katie, ma voi?

Sono molto preoccupata al riguardo. Insomma, non saranno capitoli lunghissimi e inizierò aggiornamenti regolari ogni due settimane, a meno di non avere qualche serio problema, ma la cosa si fa seria, e vorrei sapere la vostra opinione.

Vi piacerebbe se la storia arrivasse fino alla battaglia di Hogwarts, fine guerra magica circa?

Devo ammettere che questa domanda mi sta facendo veramente logorare, sono molto preoccupata. La storia c’è tutta nella mia testa, ma è una bella avventura!!

 

 

Vabbè, ora che ho finito lo spazio preoccupazione, passiamo a cose più allegre!

Un grazie infinito a tute le ragazze che hanno recensito (siete così tante, mammamia, ci sono capitoli che arrivano a 11 recensioni!!) e alle nuove arrivate (Benvenute!!)

Risponderò prestissimo a tutte le vostre meravigliose recensioni, che mi strappano ogni volta un sorriso orgoglioso e che rileggo spesso per mettermi addosso la voglia di scrivere!

 

Come sempre, c’è un altro splendido disegno di Mary_, che non solo sta praticamente illustrando tutta la ff, ma sta diffondendo questa storia tra la sua famiglia (Ciao, famiglia di Mary!!) :D

Cara, sei adorabile!!

Beh, vi piace il disegno? Per chi non lo ricorda, è il capitolo quattro, quando Katie allaccia le protezioni da Portiere ad Oliver <3

E’ uno dei miei momenti preferiti – per ora! – di tutta la storia :)

 

Un grazie in particolare a Ferao, che ha dato la sua “benedizione” a questo Percy, citando le sue parole, più simpatico del solito. Cara, grazie! Significa molto per me! <3

 

Alle vecchie recensitrici e alle nuove: bentornate e benvenute, ragazze! Per ogni capitolo c’è una ragazza nuova, mi rendete così fiera!!

 

 

 

Infine, vorrei dire grazie a tutte le ragazze che hanno inserito la storia nelle seguite (70!! voi siete matte!!) nelle ricordate (7... la sezione “ricordate” non piace agli EFPani :D) e alle preferite (31!!! siete così tante, vi adoro!!)

 

Grazie, Grazie, Grazie!!

 

P.S.: Ah, ve l’ho detto che il prossimo capitolo è IL capitolo? :D

Non dico altro, vediamo se indovinate che succederà! :D

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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