Storie maledette di testimoni dannati

di Gelidha Oleron
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Orfin Gaunt ***
Capitolo 2: *** Merope Gaunt ***
Capitolo 3: *** Orfin Gaunt ***
Capitolo 4: *** Tom Riddle ***



Capitolo 1
*** Orfin Gaunt ***


Perdonate il titolo di merda, ma non sapevo fare di meglio!

Scandalizzata dal fatto che tra i personaggi di Harry Potter manchi il mio preferito in assoluto,  a mio parere il più interessante: Orfin Gaunt.  In questa fic parlerà in prima persona, e non solo lui. Spero vi piaccia J

Vale

 

 

 

ORFIN GAUNT

 

Ma chi, mia sorella?

Una buonannulla. Una sciocca.

E credeva davvero di poter essere un membro onorario della famiglia Gaunt con quella sua stupida cotta per quel Babbano?

Patetico...ma vi racconterò tutta la storia, pezzo per pezzo...

Avevo solo sedici anni all'epoca, la nostra famiglia viveva in miseria e la nostra casa non era una delle più agiate del villaggio. Tutti ci deridevano e giravano voci sul fatto che fossimo gli ultimi, schizzati discendenti di Salazar Serpeverde.

C'era mio padre, Orvoloson Gaunt, che si divertiva ad importunare Babbani e non andava a letto se non si era prima scolato un'intera fiaschetta di vino; c'ero io, che passavo le mie giornate ad uccidere serpenti e poi c'era lei: mia sorella Merope, due anni più grande di me, anche lei rettilofona come il resto della famiglia.

Solitamente vivevamo una vita tranquilla perchè la gente aveva paura di noi, dicevano che mio padre era un pazzo e che io ero un ragazzo disturbato. Merope invece veniva considerata più che altro strana, una sorta di 'vittima con tendenze suicida'. Forse era per questo che se proprio dovevano avere a che fare con noi si rivolgevano sempre a lei.

Un'imbranata, mia sorella. La tipica ragazza che sopporta senza lamentarsi, che soffre in silenzio e che cova passioni segrete per individui con le vene sporche.

Mi divertivo all'inizio: insomma, vederla aspettare ansiosa alla finestra che lui tornasse a cavallo dopo la caccia e scoprire che aveva con anche la bella Cecilia mi faceva sbellicare dalle risate! Ed era questa una scena che si ripeteva quasi ogni sera, a volte il signorino si fermava al ruscello di fronte per dare da bere al cavallo. E lo so, cazzo se lo so, che mia sorella in quel momento avrebbe fatto di tutto pur di uscire e andare a parlargli. Lo vedevo dai suoi occhi acquosi e delusi. Mio padre ovviamente non sospettava niente, ma solo io con la mia acutezza di spirito ne ero a conoscenza.

Tom Riddle era il figlio del signorotto di Little Hangleton: bello, intelligente e ricco sfondato. Puntualmente, non degnava Merope di uno sguardo.

Ma se c'era un difetto che aveva Tom, era il fatto di essere uno schifoso Babbano feticida che non meritava nemmeno un quarto di un pelo di mia sorella. Non perchè fosse bella o chissà che (anzi, a dire il vero io la trovavo a dir poco disgustosa), ma semplicemente per il fatto che non era degno di avere una strega, tantomeno una Gaunt.

Mi divertivo a prendere in giro Merope con frasi del tipo 'Cecilia, tesoro! Perchè non collaudi il mio cavallo?' oppure 'Cecilia, amore! Perchè non sali in groppa?' e lei di solito correva nella sua stanza a piangere.

Una notte mi ritrovai da solo nel piccolo giardino che avevamo davanti casa. Soffrivo di insonnia e non c'era piacere più perverso all'epoca che giocare con i serpenti. Stavo cavando gli occhi ad uno di loro quando intravidi nell'oscurità una sagoma che si avvicinò al ruscello.

Lo osservai a lungo, accarezzando un pitone. Ma poi decisi nell'arco di due secondi.

"Ciao, Riddle" mi avvicinai.

"Ciao, Gaunt" ricambiò lui squadrandomi da capo a piedi.

"Cosa ci fai in giro alle tre del mattino, Riddle?"

"Potrei farti la stessa domanda, Gaunt"

"Ma te l'ho fatta prima io, Riddle"

Si asciugò le mani contro la veste sospirando "E va bene, Gaunt. Sarò sincero. Ero al centro di Big Hangleton a fare affari"

"Che tipo di affari, Riddle?"

"Affari come fatti gli affari tuoi"

"Non mi hai ancora chiesto come mai sono qui"

"Te l'ho chiesto, Gaunt"

"Ero con i miei serpenti. La notte mi chiamano...hanno bisogno di me"

"Wow" fece un'espressione sarcastica.

"Ti va di vederli...Riddle?"

"Magari un'altra volta, Gaunt. Vado molto di fretta"

"Paura, eh?"

Sbuffò "D'accordo, Gaunt. Ma solo per due minuti"

Lo introdussi nella piccola riserva privata di famiglia e sembrò spaventato nel vedere un centinaio di serpenti che gli circondavano le caviglie sinuosi.

"Prego, accomodati" lo invitai ricominciando ad accarezzare il mio pitone.

Si guardò attorno "Perchè mi hai fatto entrare qui, Gaunt?"

"Sai, mia sorella ha una cotta per te" gli sorrisi compiaciuto, aspettandomi che ridesse come se avesse appena sentito una battuta molto divertente.

"Oh" sembrò sorpreso "Sono desolato, ma..."

"Ma?"

"Perchè sei a un centimetro dal mio viso, Gaunt?"

"Voglio ascoltarti bene, Riddle"

Un'anaconda gli strisciò sulle gambe "..." cercò di apparire sereno "Dicevo, sono spiacente...ma il mio cuore...perchè hai una mano sulla mia gamba, Gaunt?"

"Non badare alle mie mani, Riddle. Dicono che sono pazzo"

"Ah...bene, dicevo..." sembrava combattuto tra il voler fuggire immediatamente e il dover restare, consapevole che se fosse scappato gli sarebbe toccata una sorte peggiore del serpente senza occhi "Cecilia, la mia ragazza...tra me e lei...cioè, noi...perchè mi fissi in quel modo, Gaunt?"

Mi aprii in un largo sorriso "Ti hanno mai detto che fai troppe domande, Tom?"

"Io..., Orfin" sottolineò il mio nome con particolare enfasi "So soltanto che mi trovo in circostanze misteriose, in un luogo misterioso..." e prima che potesse finire la frase lo baciai avidamente.

"Tu..." si districò a fatica dalla mia presa "Tu sei pazzo!"

Scoppiai a ridere "Sì, Tom, lo so! Ed è per questo che mi piace tanto!"

Cercò di scappare dalle mie grinfie ma inciampò nei serpenti 'Attaccatelo' gli ordinai in serpentese. In un attimo gli furono addosso.

"Gaunt!" cadde all'indietro "GAUNT! Aiutami! Ferma questi cosi!"

"Soltanto se mi prometti che non scapperai, Riddle" sorrisi perfido.

"Per l'amor del cielo, ma tu sei pazzo sul serio! SIGNOR GAUNT! SIGNORINA GAUNT!"

In un secondo gli saltai addosso "Zitto, stupido idiota! Zitto!"

"Allora lasciami andare o ti denuncio!"

"Tu cosa...?" risi sfacciatamente "Oh, Tom! Non hai proprio minacce con cui spaventarmi!"

"Senti, che cosa vuoi da me? Vuoi che te lo prendo? Vuoi che te lo succhio? Dimmi che cazzo vuoi per favore e lasciami andare!"

Lo guardai disgustato "Ma tu fai veramente schifo!" mi rivolsi ai serpenti 'Lasciatelo stare'.

"Per me sei feccia, Tom Riddle" lo minacciai a voce bassa "E ora corri, fa' presto. Prima che il mio pitone ti risalga su per il culo"

Sgranò gli occhi e scappò a gambe levate. Ma come poteva mia sorella amare uno così?

Mi sedetti di nuovo tra i serpenti e tagliai la lingua ad una biscia.

"Orfin! Per la barba di Merlino, la devi smettere di appendere serpenti morti in giro per la casa!" la voce di mia sorella echeggiava in luogo recondito della mia mente. Aprii gli occhi e la luce del sole me li fece richiudere immediatamente.

Scesi a fare colazione e trovai mio padre che si lamentava con voce burbera "Questi schifosi Babbanofili! Vent'anni appena compiuti e già si permettono di credersi superiori agli altri!"

"Cos'è successo, padre?" chiesi addentanto un'insipida fetta di pane tostato preparata da Merope.

"Il figlio del signor Riddle" s'infiammò lui "Dice che stanotte la nostra famiglia ha cercato di aggredirlo. 'Non è possibile', gli ho risposto cordialmente 'Eravamo tutti a dormire' ma alcuni stupidi vicini ammettono di aver sentito le sue urla! Che razza di assurdità! Come se noi ci mettessimo a perdere tempo con lui! Tsè"

"Io dico che il ragazzo Riddle ha passato troppo tempo a cavallo" risi. Sentivo le pentole sbattute nel lavandino da mia sorella.

"Ti dirò, ragazzo" continuò il vecchio Orvoloson "Se avessi la possibilità, finirei quei merdosi Riddle con le mie stesse mani!"

Stavo per annuire quando un rumore di zoccoli ci fece girare lo sguardo.  Mio padre non parve notarlo, soltanto io e Merope.

Con la scusa di affacciarmi alla finestra, approfittai per scagliare un piccolo bizzarro incantesimo di bolle da ortiche sul bel faccino del piccolo, sudicio Riddle. Com'era confuso quando si guardava attorno cercando di capire da dove era venuto! E com'era indaffarato a punzecchiarsi tutte quelle adorabili bollicine!

"Stronzo!" mia sorella era scandalizzata.

"Hey tu! Non parlare così a tuo fratello!" la rimproverò mio padre che non si era accorto di nulla "Fila a lavare i piatti, sudicia Maganò che non sei altro!"

Sogghignai per una mezz'ora buona, finquando non venne un certo Ogden del Ministero della Magia a dirci che avevo eseguito un incantesimo dinnanzi ad un Babbano e che per questo avrei dovuto presentarmi ad un'udienza.

"Ahahahahahahhahahahaha ma lei sta scherzando, vero?"

Non scherzava.

E in men che non si dica io e mio padre fummo sbattuti ad Azkaban lasciando Merope sola e facile alle tentazioni.

Diranno che sono pazzo se ammetto che ne è valsa la pena...perciò, dirò che è stato semplicemente fantastico!  ©

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Capitolo 2
*** Merope Gaunt ***


MEROPE GAUNT

 

Forse la mia storia sarà la più romantica ma anche la più tragica.

Mi risulta sempre molto difficile parlare di Tom Riddle. Anche solo ricordare il suo volto fa male. Ma raccoglierò la forza e vi racconterò tutta la storia...

Chiusi gli occhi ed emisi un leggero sospiro. Ero stesa sul letto a guardare il soffitto. Da quando mio padre e mio fratello erano in prigione, la mia vita era cambiata totalmente: ero più serena adesso, senza sentirmi dare ogni giorno della Maganò e senza sorbirmi le prese per il culo quotidiane di Orfin.

Inoltre la casa era diventata un diamante e senza di loro non avevo granchè lavoro da fare.

La gente del vicinato provava pena per me "Povera ragazza!" sentivo dire "Soltanto diciotto anni e così tante responsabilità! Che sciagurati, quei Gaunt!"

Ma non me ne curavo molto perchè nel tempo trascorso da sola, ebbi modo di progettare un piano per rendere mio Tom Riddle.

Non sapevo se avesse funzionato, anzi l'idea era alquanto folle ma 'ora o mai più' mi dissi.

Avrei dovuto approfittare dell'assenza di mio padre e di Orfin per combinare qualcosa. E così feci.

Una mattina se ne stava al ruscello a dar da bere al cavallo. Era solo. Affannato. La salita doveva averlo stancato.

Lo spiavo dalla finestra con mani tremanti che facevano traballare l'infuso che reggevo.

'Che idea folle' mi dicevo 'E se non funzionerà?' ma poi mi scacciavo i brutti pensieri scuotendo il capo.

Mi concentrai e decisi che era il momento giusto.

Uscii di casa e mi avvicinai imbarazzata. Lui si voltò ma quando vide che non riuscivo a spiaccicar parola disse "Ciao"

Non l'avevo mai visto così da vicino. I suoi occhi scuri affondarono come lame nella mia pelle.

Non era bello. Di più. Era di una bellezza rara, di una bellezza che ti spiazza. Una bellezza che non si vede tutti i giorni, che ti entra dentro e ti devasta.

"Ciao" gli risposi avvampando.

Continuammo a fissarci per un istante interminabile...

"Avevo pensato..." balbettai "Avevo pensato che potevi avere sete" gli porsi il bicchiere.

Mi fissò accigliato "Non c'entra niente con tuo fratello, vero?"

"Orfin?” fui io ad accigliarmi “Perché?”

Scrollò le spalle con espressione indecifrabile "Niente. Grazie comunque" bevve tutto d'un sorso.

Incrociai le dita dietro la schiena. Sarei stata la ragazza più felice di Little Hangleton!

Improvvisamente il suo sguardo cambiò...diventò prima vacuo, poi amabile.

Sorrisi "Allora, come ti senti?"

"Mai stato meglio...Merope" mi fissò intensamente.

Scoppiai nervosamente a ridere. Era fatta! Era MIO! Solo e soltanto MIO!

Durò così per qualche anno, gli anni più belli della mia vita. Gli somministravo la pozione regolarmente nel latte ogni mattina e ogni giorno mi sentivo sempre più amata!

Mi propose di andarcene da Little Hangleton e ci rifugiammo in luoghi esotici e tropicali. La gente ci osservava, faceva commenti sulla bellezza di lui e sulla bruttezza mia ma ormai nulla contava più per me. Vederlo accanto a me ogni santo giorno, dormire con lui, sentirgli pronunciare il mio nome e sentirmi baciare da lui mi rese incauta. Persi la testa, letteralmente. Chissà, forse credevo che sarebbe durata così per sempre...mi illudevo.

Un giorno, ebbi la pessima idea di provare a non somministrargli il filtro. Eravamo alle Hawaii.

"Buongiorno, amore" lo salutai "Dormito bene?"

Sbadigliò "Benissimo, tesoro" si sedette a tavola e cominciò a sfogliare il quotidiano. Apparentemente, tutto normale. Lo guardai di sottecchi. Allora era proprio vero! Non era necessario nessun filtro, Tom mi amava sul serio! Trascorsi la giornata più bella della mia vita, consapevole che fosse amore vero e che il mio uomo non mi mentisse. Facemmo l'amore due, tre volte di seguito senza mai stancarci. Stavo vivendo un sogno.

Ma la mattina successiva, non appena aprì gli occhi nel nostro letto, urlò spaventosamente.

"Amore mio" iniziai a piangere "Che hai? Non ti senti bene?"

"TU! Schifosa maga oscura che non sei altro! COSA MI HAI FATTO?"

"Tom" singhiozzai "Ti giuro, non volevo!"

Urlò ancora "MALEDETTI GAUNT!" ringhiò "MI AVETE ROVINATO LA VITA! LA MIA VITA!"

"Ti prego, ascolta" lo supplicai in ginocchio "Io ti amo!"

"Non m'interessano i tuoi patetici sentimenti!" sbottò. Ebbi paura che a momenti facesse a pezzi la casetta col tetto impagliato che avevamo affittato "Stupida strega...che tu sia maledetta, figlia di Satana!" e così dicendo, uscì dalla casa e richiuse violentemente la porta alle sue spalle.

"TOOOOM!" gridai, in preda al dolore "Tom, non lasciarmi! Porto in grembo tuo figlio! TUO FIGLIO!" cercai di seguirlo, ma quando aprii la porta era già sparito all'orizzonte "Sarà bello..." sussurrai "Avrà i tuoi stessi occhi e i tuoi stessi capelli...la tua pelle, amore mio..." caddi in ginocchio e piansi tutte le lacrime che corpo umano può piangere.

Non l'avrei mai più rivisto...la mia vita era FINITA...

 

 

 

 

"E' una donna!"

"Sembra svenuta..."

"Avanti, portiamola dentro! E' fradicia!"

"Hey, ma...è incinta!"

A tratti, arrivavano alle mie orecchie voci confuse che commentavano il mio stato di salute. Non so come avevo fatto a trovare quell'orfanotrofio, ricordo soltanto di aver corso molto, di aver dormito per strada più volte, di essere rimasta senza cibo per più giorni...poi, alla fine, un barlume di speranza che avrebbe potuto porre fine alle mie strazianti doglie.

"Spingi più forte!"

"Coraggio, ci siamo quasi!"

Sentivo che le forze man mano stavano lasciando il mio corpo. Avrei voluto urlare, avrei voluto far fuoriuscire tutta la mia rabbia verso l'uomo che mi aveva abbandonata, ma uscì soltanto un flebile rantolo.

"Tom..." sussurrai debolmente "...come suo padre..." mi lasciai andare completamente agli abissi della morte e lasciai che l'oscurità calasse su di me.

E poi, improvvisamente, il pianto di un neonato. ©

 

 

Ma figuriamoci! Chi leggerà mai una storia aggiornata quasi un anno dopo e per di più incentrata su personaggi che, purtroppo, non sono soliti essere inseriti nelle fic su HP?

Io comunque ci ho provato. Ho ripescato questa vecchia storia e sto cercando di darle un seguito.

In qualunque caso…se c’è qualcuno, che batta un colpo! J

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Capitolo 3
*** Orfin Gaunt ***


ORFIN GAUNT

Avevo 24 anni quando fui rilasciato da Azkaban. Tornai nella vecchia baracca di Little Hangleton e scoprii che mia sorella era fuggita con quel sudicio Babbano che le piaceva tanto.

"Sgualdrina! Puttana! Ha disonorato la nostra famiglia!" il vecchio Orvoloson morì qualche anno dopo. Una spina di traverso o qualcosa del genere.

E prima di spirare, mi cedette il suo prezioso anello "Attento Orfin, che i serpenti ti cercano" furono le sue ultime parole in serpentese.

Ma non mi interessava più appendere serpenti morti sulle pareti. Non li degnavo neanche più di uno sguardo ormai, nemmeno quando mi strisciavano sulle caviglie in cerca di attenzioni.

Senza Merope la casa andò lentamente in rovina, proprio come me. Ero diventato uno di quei barbuti che scolano vino come se fosse acqua. Ero diventato mio padre.

Ma poi vedevo la casa grande lassù e pensavo a quanto fosse stupido Riddle, pensiero che all'inizio mi divertiva ma che poi si rovesciava in un misto di rabbia e odio convulsi.

Una giornata di metà luglio, quando avevo già mandato giù quattro fiaschette, mi ritrovai alla porta un ragazzo che mi fissava disgustato. Lo fissai anch'io e sembrò che il tempo non fosse mai passato: gli stessi occhi, gli stessi capelli e lo stesso pallore di tanti anni prima.

"TU!" mi alzai dalla poltrona barcollando "TU!"

"Fermo" mi ammonì lui in serpentese.

Da quando in qua i Babbani parlavano serpentese? Mi ero perso qualcosa?

"Lo parli?" gli chiesi sospettoso.

"Sì, lo parlo" rispose impassibile.

Cercava mio padre. Gli dissi che era morto e gli rivelai che l'avevo scambiato per quel Babbano schifoso che viveva nella casa grande lassù.

"Tu devi essere Orfin" si guardò intorno con fare sospettoso, come se cercasse qualcosa.

"Bravo, hai indovinato" sogghignai "Ahahah...ahah...ah...ah" mi fermai di colpo "Che cosa vuoi, forestiero?"

Sfoderò un ampio sorriso che avrebbe sciolto mia sorella in un batter d'occhio "Hai qualcosa che io bramo, vecchio. Qualcosa per cui UCCIDEREI"

"Vecchio lo dici al tuo stupido padre, rammollito!" ringhiai. Ma poi scoppiai a ridere "Ebbene, cosa posso avere di tanto interessante? Una barba troppo folta e un rasoio a pezzi?"

Alzò gli occhi al cielo. Sembrava che le mie battute lo annoiassero "No"

"E cosa allora?"

Poi i suoi occhi divennero spaventosi tutt'a un tratto "Voglio il tuo anello"

Esitai per qualche istante, poi mi accorsi che guardava con insistenza il mio indice. Lo osservai anch'io: in effetti era un anello bellissimo. Portava pietre preziose incastonate e c'era inciso il nome di Salazar Serpeverde.

"E perchè mai dovrei dartelo, ragazzino?"

"Perchè mi serve"

"Lo devi regalare alla tua fidanzatina?" lo guardai di sottecchi. Forse avevo bevuto troppo, cominciavo a vederci doppio "Questo non è un giocattolo, sai?"

Sbuffò "So benissimo cos'è! E so per certo che tu non meriti di indossarlo. NON NE SEI DEGNO"

"Ahah...ahah...ah" mi piegai sulle ginocchia dal ridere "Questa è bella! Ahahah! Questa è davvero bella!"

Si avvicinò velocemente e mi tese la mano "Avanti, dammelo"

Smisi di ridere all'istante "No, fai sul serio?"

Digrignò i denti "Ti sembro uno che scherza?" i muscoli del suo volto tremavano di rabbia.

"Chi sei tu?" gli chiesi, improvvisamente incuriosito.

Sul suo viso apparve un sorriso beffardo "Amico, se te lo dicessi dovrei ucciderti"

Forse stavo semplicemente sognando. A pensarci bene, avevo già avuto diverse volte delle allucinazioni. Avevo visto Merope che lavava i piatti in piena notte, oppure mio padre che scolava vino a mezzogiorno. Ma non avrei mai pensato che un giorno avrei potuto immaginarmi una simile feccia umana.

"Potrei sconvolgerti..." continuò il ragazzino "Potrei ridurti a pezzi...potrei trasformarti in un cumulo di letame"

"Non disturbarti" barcollai "Lo sono già diventato" afferrai un'altra bottiglia di vino dal tavolo, ma un colpo di bacchetta la fece cadere rovinosamente al suolo. Il vetro si frantumò in mille pezzi e il liquido rosso bagnò il pavimento "CHE HAI FATTO?" urlai, in preda alla disperazione "Quella era la mia ultima bottiglia, figlio di puttana!" gli sputai addosso.

M'inginocchiai, cercando di leccare le ultime tracce di vino che erano rimaste. Mi guardò con disprezzo "Sei veramente disgustoso. Mi fai pena"

Un altro incantesimo mi colpì e mi fece rivoltare a pancia all'aria, come una formica calpestata da un bambino capriccioso che non riesce a rimettersi in piedi e lotta, lotta, lotta fino allo stremo, nei suoi movimenti convulsi, per poi essere schiacciata nuovamente senza pietà.

"Mia madre era veramente una puttana!" urlò il ragazzo, mentre i miei movimenti stavano diventando sempre più agitati "Ha sposato uno stupido Babbano! L'ha fatto solo per capriccio!" piangeva adesso "Tu non hai idea di come ci si sente! TU NON SEI DEGNO di essere un discendente di Salazar Serpeverde!" il suo tono era carico di rabbia, risentito, ma soprattutto severo "Guarda che cosa ne hai fatto, della tua vita! Avresti potuto diventare grande e far conoscere il tuo nome tra i più temuti maghi oscuri del mondo! E invece guardati...non hai nemmeno il coraggio di alzarti e pestare a sangue questo moccioso che ti sta dando del fallito!"

Arrancai, cercando di allungare una mano verso di lui, rendendomi conto soltanto allora che quello era veramente il figlio di mia sorella, che Merope non si era arresa e aveva fatto carte false pur di avere quel bamboccio Riddle, quello era....mio nipote.

I miei occhi sconvolti si scontrarono con il disprezzo dei suoi. Non era altro che il risultato della testardaggine di mia sorella, un demonio nato senz'amore, colpevole già per il solo fatto di essere nato. Non riuscivo a crederci. Era davvero questo, il desiderio di mia sorella? Voleva davvero che un essere del genere potesse avere la vita?

"Il mondo non ha bisogno di uno come te...AVADA KEDAVRA!" ©

 

 

 

 

 

Eccomi qui, ad aggiornare di nuovo questa vecchia storia dopo un mese! La differenza con il primo capitolo è evidente, è stato scritto qualche anno fa…adesso è passato un po’ di tempo e non sono più così pratica del mondo potteriano, infatti questa scrittura manca di dettagli.

Ma mi sono intestardita a voler continuare, ormai manca soltanto un altro piccolo capitolo e odio non portare a termine le cose cominciate!

Spero che possa ugualmente essere di vostro gradimento!

 

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Capitolo 4
*** Tom Riddle ***


"Mio padre ha lasciato mia madre quando ha scoperto che era una strega…”

"Capisco, Tom" cercò di consolarmi Horace Lumacorno "Ma questo non ha nulla a che fare con le Arti Oscure! Non c'è motivo per cui..."

"Approfondimento, professore"

Sospirò "Vuoi farmi credere che sono scopi puramente accademici?"

"Assolutamente. Ha imparato a conoscermi durante questi anni. Sa che non farei del male nemmeno ad una mosca"

Bevve una sorsata di idromele "D'accordo, Tom. Ti firmerò l'autorizzazione. Ma promettimi che non ci indugierai troppo"

"Promesso"

 

 

Sono nato il 31 dicembre 1926 a Londra, in orfanotrofio. Mia madre morì poco dopo avermi concepito.

La mia infanzia non fu delle più brillanti: litigavo con gli altri bambini, provocavo catastrofi, facevo succedere cose...la signora Cole mi puniva...

Sin dalla più tenera età ho cominciato a realizzare che bisognava mantenere una distanza di sicurezza tra me e il resto del mondo.

Ero diverso dagli altri bambini. E poi lo sono stato dagli altri ragazzi.

Io sono un caso a parte. Sono un essere unico.

La mia adolescenza fu ossessionata dalla ricerca delle Arti Oscure, le bramavo, le praticavo regolarmente: essendo un ottimo mago, riuscivo a far svanire facilmente le tracce, laddove fossero evidenti, con dei semplici incantesimi per la memoria.

 

All’epoca, la signora Hepzibah Smith era un'accanita cliente del signor Burke. Di tanto in tanto infatti, quest'ultimo mi mandava a trovarla nella speranza di estorcerle qualche spicciolo e, data la sua infatuazione nei miei confronti, non era un compito molto difficile. Certo, a volte esagerava. Ma io non lo davo a vedere. Mai.

"Perdonami, Tom!" ridacchiò "A volte dimentico che sei più giovane di me!"

"Il tempo non ha lasciato segni sul suo viso, non si preoccupi, Signora Smith" dissi sorseggiando il mio the.

Mi guardava ammirata, come se fossi un'attrazione da circo oppure un fiore di zucca molto prelibato. A volte faceva strane smorfie con la lingua. Ma forse si rese conto che me n'ero accorto poichè riprese tristemente "Dev'essere bella la gioventù! Io ne ho solo un ricordo sbiadito...quante stragi di cuori hai fatto con questo bel visino, eh, Tom?" mi passò una mano sul volto.

Sorrisi affabilmente "Non più di quante ne fa lei ogni giorno, signora Smith"

S'infervorò "Dai, andiamo! Non essere sempre così educato, rispondi sinceramente! A volte nella vita bisogna osare, sai..."

"Bè, sono sempre molto occupato con il lavoro"

"Uff! Lavorolavorolavoro! Io lo dico al signor Burke, che ti stanchi troppo! Guardati, sei pallido, sei magro, sei...sei..."

"Sto benissimo, signora Smith" tagliai corto "Sul serio"

Sembrò rassegnarsi ma poi riattaccò "Tra un po' è il mio compleanno, sai..."

"Auguri, signora Smith"

"Sarei così felice se tu potessi farmi un regalo..."

"Che genere di regalo, signora Smith?"

"Non so..." fluttuava attorno a me con un boa piumato sulle spalle "Tu che tipo di regalo mi faresti?"

"Le regalerei dei fiori, signora Smith" risposi con disinvoltura "Oppure una collana di perle"

"Oh, Tom!" esclamò con occhi sognanti "Sei sempre così gentile!" ma non sembrava del tutto soddisfatta "Non ti viene in mente nient'altro?"

"Una scatola di cioccolatini magari"

Sbuffò "Avanti, Tom! Sei proprio fuori campo! Possibile che non riusciamo a capirci?" si inginocchiò di fronte a me "Ti hanno mai fatto delle avances?"

"Mi perdoni, signora Smith. Ma questo cosa c'entra?"

"E dai, non fare il finto tonto! Delle avances!" mi prese le gambe e le aprì con fare meccanico.

Mi lasciai cadere la tazza di the, ma lei lo prese come un incidente.

"Bene, vedo che cominciamo ad intenderci" sorrise maliziosa.

"Sono desolato, signora Smith, ma..."

"Oh, frena quelle labbra suadenti, Tom!" mi ammonì con un dito mentre con l'altra mano risaliva su per la gamba...

"Sai, non credevo che saresti tornato a trovarmi dopo che ti avevo mostrato i miei tesori. Avevo paura che ti importasse solo di quelli"

"Signora..." premette le sue labbra truccate contro le mie e non potei fare a meno di arricciare il naso, mentre lei invece ci prendeva gusto.

Quando finalmente mi lasciò respirare, ripresi "Signora Smith, questo è un calo di controllo e responsabilità" le tolsi le mani dai pantaloni "Ne va del rapporto col signor Burke"

"Non m'importa un accidente del signor Burke! Se solo ti lasciassi andare, Tom..."

Sorrisi "Forse una cioccolata calda saprà sciogliermi"

S'illuminò "Davvero? Dici sul serio? Hokey! HOKEY! Hai sentito? Ci serve della cioccolata, qui!"

L'elfa domestica sfrecciò verso di noi con un vassoio traballante e ci porse due tazze.

"A Tom Riddle!" annunciò lei, emozionata.

"A Hepzibah Smith" ripetei io.

Fece un risolino "Chiamami Hep!"

"Va bene, Hep. Come vuoi"

Rise ancora "Adesso chiamami HepHep"

"HepHep" le sussurrai all'orecchio "La cioccolata si fredda" chiuse gli occhi e abbassò la testa. Le poggiai una mano dietro la nuca e la feci bere tutto d'un sorso.

"Tom..." teneva ancora gli occhi chiusi "Tom, fa male..."

"Cosa fa male, HepHep?"

"Tutto. Dentro. Cosa sta succeden...Tom..."

Intuii quando i suoi occhi furono chiusi per sempre, destinati a non riaprirsi mai più. ©

 

 

 

 

Ecco, forse quest’ultimo capitolo fa un po’ meno schifo del precedente perché la maggior parte di esso è stata abbozzata qualche anno fa…comunque sia, ecco qui! Ho completato la storia! xD So che non è il massimo, ma spero ugualmente che vi abbia fatto sorridere :)

 

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