Pieces

di manubibi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bliss ***
Capitolo 2: *** Di scatoloni, vecchie giacche e ricordi buttati via. ***
Capitolo 3: *** Thriller! ***
Capitolo 4: *** Don't Rain On My Parade! ***
Capitolo 5: *** False News Travel Fast ***
Capitolo 6: *** I've Just Seen a Face ***
Capitolo 7: *** Certain Softness ***



Capitolo 1
*** Bliss ***


Titolo: Bliss
Fandom: Glee
Pairing: Kurt/Dave
Genere: Introspettivo, Angst
Conteggio parole: 494 ( [info]fiumidiparole )
Note: 1. Scritta per la Kurtofsky Challenge #1 del [info]kurtofsky_ita con il prompt "Gelosia".


Non è facile, per niente. Certo, il peggio è passato, almeno dall'odio verso se stesso è riuscito ad ottenere un piacevole senso di orgoglio per ciò che sta facendo. Qualche mese fa non credeva che sarebbe riuscito ad accettare i ricatti di Santana. Riflettendoci pensa poi che non avrebbe potuto agire diversamente. Ma non è questo il punto: quello che gli sembra di vedere quando si guarda allo specchio è un David differente, che vuole anche fare la differenza. Insomma, per certi versi è davvero orgoglioso di quello che è diventato, ed in così poco tempo!
Ma è sufficiente guardare lui, Kurt, per rendersi conto di essere ancora lontano, lontanissimo dal raggiungere uno scopo che solo da poco sta imparando a perseguire. Vuole essere
giusto per lui. Vuole imparare tutto ciò che c'è da sapere, perché David Karofsky non ha mai avuto un reale obiettivo nella vita, qualcosa per cui cambiare e crescere. Kurt è quel faro da seguire, forse un incentivo ad accettare quella cosa sconosciuta che lo spaventa così tanto e che l'anno scorso non avrebbe nemmeno pensato di dover affrontare. Ma che non può più rifiutare, pena la perdita di Kurt. E soppesando le due cose ha capito che preferisce avere una possibilità con lui piuttosto di rimanere fermo, stabile ma arido nella propria falsa posizione.
Ma sa che Kurt non lo può aspettare. O meglio, sa che ha già aspettato troppo. Kurt vuole qualcuno, Kurt si è sicuramente sentito troppo solo in sedici anni di vita per lasciar perdere quello che ha.
Blaine. Solo sentire il suo nome provoca una stretta dolorosa allo stomaco ed un senso di soffocamento lieve che a volte gli fa dimenticare di respirare.
Blaine ha tutto ciò che lui vuole, l'ha ottenuto con poco e per giunta facendosi inseguire. Blaine è bello, probabilmente - anzi, sicuramente - rispecchia i gusti di Kurt, e qui non può fare a meno di ricollegarsi ogni volta a parole che non scorderà facilmente. "
Non mi piacciono i ragazzini grassi che sudano troppo e saranno calvi entro i trenta!". Se le ripete quando vuole masochisticamente convincersi che non potrà mai averlo, che lui è solo e incompreso al mondo, quando si maledice essenzialmente per essere quello che è. Gay. Robusto. Buono per i bears, non per un ragazzino che probabilmente preferirebbe il twink. Non si vede adeguato, mentre Blaine lo è.
Blaine è giusto, lui è sbagliato. A volte pensare a questo gli fa così male che sente ancora il bisogno di sfogarsi su qualcuno, ma la parte razionale - quella migliore - lo frena con violenza, ricordandogli che ora lui è un Bully Whip. E che deve trattenersi. Ed aiutare Kurt. E comportarsi bene in caso incroci Blaine.
Blaine.
Non può obbligarsi a farselo piacere, però. Lo odierà, sempre, fino al momento - se mai arriverà - in cui Kurt sarà suo. Suo, e basta, nessuna mezza misura è ammessa.
Fino a quel momento, quindi, non potrà fare altro: torturarsi nella gelosia.

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Capitolo 2
*** Di scatoloni, vecchie giacche e ricordi buttati via. ***


Titolo: Di scatoloni, giacche e ricordi buttati via
Genere: Introspettivo, Fluff
Fandom: Glee
Pairing: Kurt/Dave
Note: 1. Per [info]kurenai88 che me l'ha chiesta nel mio drabble meme <3

2. La uso anche per fillare una casella della mia tabella "Amore" nella prima challenge del [info]kurtofsky_ita
3. Future!Fic, established relationship. E poi, dovrebbe essere una drabble ma per la challenge servono almeno 300 parole, quindi... XD

Stava giusto rovistando fra gli scatoloni della vecchia casa a Lima dato che voleva portarsi dietro qualche vecchio ricordo del Liceo e del College prima di andarsene definitivamente - non credeva di potersi sentire così nostalgico, e nonostante il fatto che la scuola e l'adolescenza in generale erano state difficilissime, a posteriori erano ricordi meno amari, meno drammatici. A guardare il passato obiettivamente e soprattutto da una prospettiva migliore, quasi quasi provava tenerezza. Era cambiato molto, Karofsky, specialmente dagli anni del Liceo. Aveva smesso proprio al Senior di preoccuparsi di nascondersi dietro una corazza più dura e più ingombrante, proprio per sembrare più forte. E aveva lasciato cadere quelle difese per un preciso motivo, col quale conviveva da un paio d'anni. Ne aveva ventisette ora, e tutte le sue prospettive e priorità erano cambiate. Il denaro era entrato nella sua vita, i problemi dovuti all'indipendenza si facevano pressanti e un pò per questo motivo cercava in mezzo alle sue vecchie cose oggetti che avrebbero potuto fruttargli qualcosa. Dischi, film, monete, giocattoli che probabilmente avevano la sua età, chissà.
E poi, rovistando, si sedette tenendo in mano un oggetto un pò ruvido per la vecchiaia e il disuso, ma che manteneva ancora il proprio colore. Lo rigirò per qualche secondo e poi lo aprì, sbattendo via la polvere - e procurandosi svariati e rumorosi starnuti. Aveva appena riscoperto la sua vecchia letterman, compagna inseparabile del Liceo, che l'aveva fatto sentire tanto al sicuro, che l'aveva aiutato a sentirsi parte di un gruppo, anche se era quello sbagliato. E poi gli ricordò brutte azioni, sensi di colpa ricorrenti, occhiate di risentimento e paura. E tanti pomeriggi passati da solo, a farsi centinaia di domande angoscianti. E tutto questo, una volta lasciato alle spalle, sembrava tanto ridicolo ora. Il suo self attuale, fosse stato al posto del vecchio Dave, avrebbe fatto tutto diversamente. E si rese conto che quello si chiamava 'rimpianto'. Aveva pensato poco al passato, ma ora si rese conto di quant'era cambiato. Non si potevano elencare tutte le differenze, ma come una sostanza malleabile sapeva di aver semplicemente acquisito un'altra forma, pur mantenendo intatto il suo temperamento.
Che, comunque, era stato visibilmente addolcito. Dalle stesse labbra che ora, un pò a sorpresa, gli stavano stampando un bacio improvviso sulla guancia. Si voltò, completamente sorpreso, e quasi senza accorgersene si lasciò andare ad un mezzo sorriso un pò imbarazzato.
Gli occhi cerulei di Kurt, il suo attuale uomo, osservavano distrattamente la giacca letterman, probabilmente lasciandosi prendere dagli stessi identici ricordi.
«Cosa fai, David?» Chiese, inginocchiandosi dietro di lui e stringendogli il petto fra le braccia, poggiando il mento nell'incavo fra la spalla ed il collo.
«Cercavo vecchie cose da tenere» Rispose. «Qualche volta lo faccio, tiro fuori gli scatoloni...»
Kurt sorrise appena.
«Non sapevo che il mio ragazzo è un nostalgico.»
David ancora provava qualche piccolo e piacevole brivido al sentirsi chiamare così, forse perché una parte di lui era ancora incredula all'idea di essere con Kurt Hummel, l'ultima persona che avrebbe pensato di riuscire a conquistare molti anni prima.
«Voglio vendere» Si giustificò, cercando di riconquistare un pò di dignità. Non gli era mai piaciuto passare per femminuccia, anche se aveva accettato la propria
gaytudine.
Kurt ridacchiò e rimase in silenzio, comprendendo che quell capo di vestiario rappresentava qualcosa di intimo e importante.
«Anche questa?» Chiese poi, osservando la giacca con aria di completa superiorità.
David ci pensò un pò su, rigirandola fra le mani, troppo piccola per essere indossata, e tentandosi di tenerla, anche solo come ricordo di gioventù.
«No» Disse poi, e piegò la testa mentre Kurt cominciava a lasciare piccoli baci sul suo collo. «Questa la butto via».
La gettò da parte e si voltò, dedicandosi come sempre e con tutta la delicatezza possibile a lui, al proprio uomo.

 

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Capitolo 3
*** Thriller! ***


Titolo: Thriler!
Fandom: Glee
Pairing: Kurtofsky
Genere: Horror, vagamente romantico XD
Avvertimenti: AU, OOC, nonsaprei
Conteggio Parole: 876
Note
: 1. Per il mio one true writing meme, sotto richiesta di [info]kurenai88 :)
2. Anche per la tabellina del
[info]kurtofsky_ita con il prompt "Horror", anche se fa parte di un'altra tabellina, cioè di quella mista. Vedi Kurtofsky challenge.
Si beh, horror. Non è proprio horror, ma la situazione credo sia assimilabile al genere... Comunque mi sono solo vagamente ispirata a
Dellamorte Dellamore, film fighissimo con Rupert Everett che OMG, è proprio il tipo di film che amo *O* e forse un pò a Tim Burton, in generale. E poi ultimamente mi stuzzicava scrivere qualcosa di questo genere, e ne ho approfittato xD oddio, spero non sia troppo brutta D:



Gli aveva detto di aspettarlo lì, accanto alla porta della classe di Francese. Gli aveva detto che sarebbe tornato, che l'avrebbe preso con sé e che l'avrebbe portato via da quel paese troppo piccolo per le sue ambizioni. E così lui l'aveva atteso, per giorni, settimane e mesi, sempre alla stessa ora fino alla chiusura della scuola. All'inizio si era detto che forse David era malato, che forse era in ospedale, ed aveva chiamato a casa più volte senza ricevere risposte che andassero oltre il "David non c'è". Kurt non capiva. Iniziò presto a chiedersi se avesse fatto qualcosa di troppo sbagliato nel confrontarsi con Dave, e dopotutto non riusciva a darsi torto. Aveva reagito esattamente com'era giusto quando i due erano in cattivi rapporti, non l'aveva mai ferito più del necessario. E invece Dave, rimanendo assente tutto quel tempo senza farsi sentire, gli stava instillando dei sensi di colpa che non pensava di meritarsi.
Anche mentre rifletteva da solo riesaminava ogni conversazione - o meglio, "scontro" - che aveva avuto col corpulento ragazzo, eppure non trovava alcuna parola di troppo, o gesto azzardato, o sguardo di ammonizione. Lui era stato bravissimo, quindi quel senso di colpa era completamente sbagliato ed irrazionale. Anche Blaine la pensava così, ma in verità Blaine era decisamente di parte e non contava poi molto. Gli disse mille volte che probabilmente Dave aveva solo deciso di andarsene senza avvertirlo, senza dare un'altra possibilità alla loro amicizia. Probabilmente aveva solo paura. Probabilmente era solo molto stupido.
Kurt non ci credeva, alle parole del suo ragazzo. Sapeva che c'era qualcosa di sbagliato, preoccupante e strano nel modo in cui Karofsky era sparito. E quello che lo disturbava davvero era come non riuscisse a levarselo dalla testa. Si ripeteva che avrebbe dovuto lasciar perdere, che in fondo era solo un'altra persona che lo abbandonava, ma il non riuscire a venirne a capo era un'ossessione ormai. Odiava non combinare niente con quella sua naturale curiosità che spesso aveva del morboso. Voleva sapere e lo voleva subito.
Quando decise di andare a casa sua, si aspettava tutto fuor che un'abitazione abbandonata. Almeno all'apparenza. Le tapparelle abbassate, il silenzio innaturale, il vento fresco che accarezzava inutilmente i muri ed il tetto. Ed un presentimento innaturale che titillava i suoi sensi. Per qualche motivo avvertì un brivido lungo la schiena e ripassò i consigli che dava agli attori dei film horror. Andarsene, non indagare. Mosse qualche passo all'indietro e ricordò che nei film l'assassino mutante era proprio dietro il protagonista, con tanto di ghigno malefico. Si voltò di scatto ma non c'era nulla. Eppure il silenzio, anche nel vicinato, era inquietante. Ricordava di essere passato nel quartiere qualche volta, e non l'aveva mai visto così deserto. Nemmeno d'estate.
Deglutì, dicendosi che ecco, la sua curiosità poteva dirsi saziata. Dave si era trasferito, chiaramente.
E con lui tutto il vicinato?
Sentiva il cuore battere sotto la pelle e contemporaneamente il sangue ritirarsi velocemente dagli arti. C'era qualcosa di malato nell'aria, ecco qual era il problema. Era successo qualcosa e lui era l'unico a rendersene conto, perché il resto degli abitanti di Lima ai quali aveva chiesto un'opinione si erano limitati a sorridere educati e a dirgli che no, non c'era niente di strano, che forse Dave aveva la febbre. E gli dicevano così anche dopo settimane e anche dopo un paio di mesi. "Oh, allora ha preso proprio una febbrona da cavallo, dovresti andarlo a trovare." Da qui, Kurt si disse una volta di più che erano tutti stupidi. E tendeva a non menzionare la faccenda nel Glee Club, perché onestamente non voleva che tutti sapessero che a lui interessava davvero qualcosa di quel bullo che l'aveva solo maltrattato e quasi sessualmente molestato -
parole di Sam - per un sacco di tempo. Anche Mercedes gli avrebbe dato del pazo se le avesse detto che era preoccupato, così tanto da farne un chiodo fisso.
Guardò il cielo ed era completamente sgombro, guardò attorno a sé e non era cambiato nulla. Prese qualche respiro veloce ma i puntini che erano apparsi nel suo campo visivo proprio non volevano andarsene. Aveva paura, e non sapeva nemmeno di cosa. Mosse qualche passo difficoltoso verso la casa, poggiandosi al muro e desiderando vagamente un gelato. Una stecca di cioccolato, una scatoletta di liquirizie.
Qualcosa. Il cuore batteva forte, più d'eccitazione che di paura, e questo non sapeva spiegarselo. O forse le due cose coincidevano.

Quando aprì gli occhi annusò l'aria d'erba fresca, avvertì il sole palpitare forte sugli occhi tanto che dovette chiuderli e riaprirli più volte per mettere a fuoco, l'aria fresca accarezzava dolcemente il suo viso. Era disorientato, e non comprendeva perché il suo corpo stesse rabbrividendo nonostante il caldo. Si accigliò e finalmente sospirò. Doveva aver avuto un calo di pressione, ecco tutto.
Poi sentì qualcosa di terroso afferrargli piano la mano, in modo quasi dolce, e voltò la testa, immobilizzandosi subito. Quello che vide ghiacciò il respiro nei polmoni, fermandolo per dei lunghissimi secondi.
Accanto a lui, steso sull'erba, c'era il corpo familiare eppure quasi irriconoscibile di David Karofsky. Era magro, pallidissimo, soprattutto freddo. E ricoperto di terriccio umido, tagli  leggeri e sangue rappreso.
Voltò il viso verso di lui, pietrificandolo con un sorriso infantile e dolce che forse si addiceva poco ad un corpo
morto.
«Sei venuto. Per me!» Esclamò Dave, felice.

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Capitolo 4
*** Don't Rain On My Parade! ***


Titolo: Don't Rain On My Parade!
Fandom: Glee
Pairing: Kurt/Dave
Avvertimenti: Future!Fic
Genere: Fluff, introspettivo, malinconico
Conteggio Parole: 842
Note: Per la prima kurtofsky challenge del Kurtofsky_ita, con il prompt "Carriera" dalla mia tabellina "Amore".
E anche sotto richiesta di  per il one true writing meme, dimenticavo O_____O
In parte - anzi, quasi del tutto - ispirata da
questo video, che diciamo che oggi mi ha mandata così su di giri da dimenticare che sono andata a letto alle 5 e che mi sono svegliata all'una O_O Max, sei bello.


A Dave fa male quasi fisicamente osservare il corpo abbandonato sul divano freddo del suo ormai fidanzato. Gli dispiace così tanto che, se potesse, svuoterebbe tutto il proprio conto in banca per finanziarlo e vederlo solo un pò più felice. Lo guarda quasi di nascosto dalla sua poltrona, fingendo di guardare la televisione, ed una parte di sé vorrebbe spegnere tutto ed abbracciarlo così forte da fargli formicolare gli arti, solo perché così si sentirebbe più benvoluto nel mondo.
In realtà, non ha ancora capito che a Kurt piace il dramma e l'auto-commiserazione, insomma che il suo ragazzo è rimasto la stessa regina del dramma del liceo e che, possibilmente, è anche peggiorato nonostante le sfide della vita adulta siano ben più serie delle piccole fantasie adolescenziali. Il punto è che Kurt ci ha sempre creduto, tantissimo, così tanto da stare male nelle notti in bianco, pensando e ripensando a quanto sarebbe stato bello debuttare a broadway. E ricevere standing ovations sera dopo sera, sentirsi ammirato da tutta l'America e perché no, anche dall'Europa. Diventare il corrispettivo maschile di Lady Gaga, in quanto a fama. E duettare sul palco con lei, con una canzone al piano come gli piacciono tanto.
E poi...
Il divano cigola sotto il suo peso mentre rotola giù e si trascina quasi come uno zombi fino al frigorifero. David continua ad osservarlo, accigliandosi appena e chiedendosi perché dovrebbe subire tutta questa angoscia passiva, ma poi pensa che è questo che fa una vera coppia. Si sostiene, nonostante non parlino ormai da settimane per via del pessimo umore di Kurt. E vorrebbe dare un taglio a tutto questo mettersi a distanza a vicenda, solo per abbracciarlo completamente, solo perché vorrebbe che capisse che non importa essere al centro dell'attenzione di tutto il resto del mondo. E con un po' di rabbia riflette che Kurt, per inseguire le sue chimere volanti, lo ha sempre dato per scontato. Cioè, che stiano insieme è ormai una sicurezza perché in fondo a questi atteggiamenti c'è troppo amore e troppa attrazione e troppe nottate passate a parlare e ridere e capirsi a vicenda.
«Kurt» Esordisce poi. L'altro, con la testa infilata nel frigorifero, si volta sorpreso da questo manifestarsi del suo ragazzo, come se finora non lo avesse mai visto. «Kurt, per favore, dacci un taglio.» Mormora, con tutta la delicatezza di una sensibilità che ha riscoperto in questo lustro di vita durante il quale ha allenato il proprio lato più tenero. E Kurt lo guarda, sospira a fondo e chiude il frigorifero, avvicinandosi ed andando a sedersi obbediente sulle sue ginocchia. E Dave li perde, quegli istanti sorpresi, ad ammirare la maturità che ha preso il suo volto ed il suo corpo in generale. Kurt non è più sottile, asciutto e quasi femminile nella sua struttura corporea. Si è fatto uomo, ha sviluppato un viso fiero, elegante eppure virile, e non ha più realmente bisogno di indossare capi di vestiario bizzarri, perché ha messo da parte le eccentricità che lo portavano ad affermare il proprio io ovunque andasse. È diventato, insomma, il contrario di quello che era un tempo. Non fosse per la dolcezza intrinseca di certi sguardi assieme sfrontati e maliziosi; non fosse per la splendida voce che ha impiegato anni ed anni ad allenare; non fosse per la grazia delle sue mani che ora si posano sulle proprie gambe, fra le ginocchia come fanno le ragazzine. E qualche batuffolo di tenerezza gonfia il petto di David nel vederlo appoggiare la testa sulla sua spalla, socchiudendo gli occhi in una malinconia che lo fa sembrare ancora più bello.
«Io volevo essere famoso, Dave. Io avevo un sogno...» Sussurra, con aria melodrammatica. «E tutti quegli anni ad esercitarmi nel canto non sono serviti a niente.»
«Smettila.» Risponde subito David. «Hai appena ventisei anni, come fai a dire che è finita?»
«Gaga a ventisei anni aveva già il mondo ai suoi piedi...»
«Gaga sicuramente aveva le conoscenze giuste.»
Kurt rimane in silenzio, riflettendo.
«I Beatles a ventisei anni avevano già qualcosa come cinque album all'attivo.»
«Non starai davvero paragonando l'industria discografica degli anni Sessanta a quella di oggi!» Replica l'altro, quasi ridendo, e baciandogli la fronte. «Vedrai. Sei praticamente fatto per essere famoso, prima o poi succederà. E comunque...» Comincia, con un concetto in testa ma troppa paura di suonare ridicolo ad esplicarlo.
«... E comunque?» Ripete Kurt, aprendo gli occhi in quelli del suo uomo.
«E comunque accontentati, sei il centro del mondo di qualcuno adesso.»
Kurt sorride appena, lasciandogli un bacio a fior di labbra. «Cantami qualcosa» Chiede, ricordando della voce profonda che l'ha consolato tante volte negli anni passati, quando ha avuto altri periodi del genere.
David per qualche secondo si perde fra le dita che passano fra i ciuffi profumati sulla fronte di Kurt. «La solita?».
«La solita» annuisce Kurt, chiudendo gli occhi ed immaginando già luci al neon, vite frenetiche e grandi folle a Manhattan.
David, col suo grande corpo fatto per stringerlo a sé, mormora giusto qualche parola, per poi rilassarsi ed alzare appena il volume del canto ruvido e caldo che ha allenato poco negli anni, ma che ancora suona come una promessa.

Start spreading the news,
I'm leaving today.
I want to be a part of it,
New York, New York...

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Capitolo 5
*** False News Travel Fast ***


 

Titolo: False News Travel Fast

Fandom: Glee

Genere: Generale

Pairing: Dave/Santana, Dave/Kurt

Conteggio parole: 572

Note: Con il prompt "Tradimento" della mia tabellina per la prima challenge del kurtofsky_ita 

 

 

David Karofsky teme davvero con la forza delle paure sull'ignoto quando la sua fidanzata - o meglio, fidanzata di copertura - Santana Lopez si avvicina a lui a grandi, enormi e spaventosi passi, con l'espressione da guerriera latina che indossa ogni volta che qualcuno le fa un torto anche microscopico. La ragazza, fumante di rabbia, si ferma davanti a lui e lo squadra dalla testa ai piedi, per poi scuotere i lunghi capelli neri e puntare un dito al suo petto.

«David Karofsky, tu non me l'hai raccontata giusta. Non mi piace quando mi dici le bugie, no me gusta» sibila con un tono esageratamente ferito e soprattutto furioso.

«Ma Santana, ti ho detto che ero in ritardo...» Comincia il ragazzo, gesticolando e dandosi mentalmente dell'idiota allo stesso tempo, giusto perché lui - grande e grosso - teme una ragazza più bassa, magra e decisamente fragile di lui. Ma sono i suoi occhi socchiusi per l'irritazione a spaventarlo davvero e seriamente, non sa perché dovrebbe aver paura di un paio d'occhi.

Forse perché sono proprio due iridi chiare ad averlo messo al muro per davvero, la prima volta che si è sentito cambiato.

«Ma guarda, pensavo che una macchina ti avesse investito. E invece dovevi uscire con Hummel, eh?» Risponde lei, spingendo il suo petto senza dare peso al fatto che non riuscirà mai a spostarlo neanche con tutta la propria forza.

«Ma Santana, tu sei la prima a dirmi che dovrei uscirci, che insomma... Che dovrei liberarmi delle paure di uscire allo scoperto e tutte queste stronzate che mi dici in privato!» Esclama, senza tenere conto che sono proprio in mezzo ad un corridoio a scuola. In mezzo agli omofobi, in mezzo a gente che non aspetta altro che beccarli a parlare di omosessualità per prenderli di mira. Nonostante siano probabilmente i due personaggi più popolari della scuola - anzi, forse proprio per questo.

«Stai zitto, cretino!» Replica più forte, lasciandogli uno schiaffo neanche troppo amichevole sul braccio. «E comunque sono pur sempre la tua ragazza, se devi uscire con qualcun altro come minimo me lo dici!»

«Sì, hai ragione, Santana» Sospira il ragazzo, alzando gli occhi al cielo. «Come sempre.»

«Così ti voglio» Sorride lei, soddisfatta, per poi afferrare un braccio apparentemente randomico nel flusso di gente che si affretta da una lezione all'altra.

«Santana!» Grida la voce sottile ed acuta di Kurt Hummel, che quasi cade per la sorpresa. «Oh... Ciao, Dave» Aggiunge in tono più basso, con gli occhi un po' lucidi e le guance un po' più rosa del solito.

Una volta unito il trio, Santana rimane a guardarli per dei lunghi secondi a braccia incrociate, poi ghigna apostrofando entrambi.

«Allora, ragazzi. Matematica può benissimo aspettare, David, ed anche Letteratura, Kurt. Sono stata tradita dal mio ragazzo - come se la cosa potesse virtualmente interessarmi - quindi merito spiegazioni. Spiegazioni e soprattutto gossip. Avanti, me lo dovete.»

David e Kurt sospirano piano guardandosi e cercando di capire se è meglio mentire e sorvolare sul bacio timido ed impacciato - se è per questo, anche malriuscito - che sono riusciti a scambiarsi; o lasciar perdere bugie che come riprovato non sono in grado di mantenere e soddisfare la sua sete di fattacci altrui.

Dopotutto, Santana Lopez è famosa per tante cose, ma la prima fra tutte è saper fiutare a miglia di distanza le notizie non autentiche, quindi Kurt annuisce a Dave, comandandogli di cominciare.

E sperando che i professori non si arrabbieranno troppo con loro per un'intera giornata di scuola saltata.

 

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Capitolo 6
*** I've Just Seen a Face ***


Titolo: I've Just Seen A Face
Fandom: Glee
Pairing: Kurt /Dave
Genere: Fluff
Avvertimenti: AU, slightly OOC
Conteggio Parole: 853
Note: Per il prompt "Compleanno" della tabellina Amore del Kurtofsky_ita


Se solo non odiasse gli alberi. Gli alberi e la paura di cadere. Perché una volta ci ha provato, si è arrampicato su un grosso sicomoro in un parco ed ha quasi rischiato di cadere, perché aveva messo le scarpe sbagliate, perché aveva fretta di scendere e perché Kurt lo stava chiamando. Quindi ora rimane a fissare il cielo fra le foglie di un verde vivo, accecato dai raggi del sole, mentre la figuretta in controluce dell'amico si muove appena fra i rami, con una mano tesa verso di lui.
«Vieni, David!» Esclama, con una breve e sommessa risata. A Dave non piace essere preso in giro, non gli piace fare la figura del debole. Ma ha paura, e la sua mente fresca già dipinge i possibili scenari: dolore, dolore e ancora dolore. E David ha paura del dolore in tutti i sensi, ma d'altra parte si dice che se non sale su quel maledetto albero, se non dimostra a Kurt di non essere un coniglio, lo prenderà in giro per la vita. E non vuole, perché Kurt è speciale, è il suo unico amico, e non vuole che per un momento di codardia si stacchi da lui, lasciandolo solo.
Afferra un ramo, testandone la robustezza, prima di aggrapparsi all'altro con la mano libera ed iniziare a spingere con le gambe, energicamente, sbuffando e guardando Kurt che invece, più sottile ed agile di lui, lo sorveglia dall'alto, incitandolo con qualche parola di incoraggiamento. E Dave vorrebbe sentirsi grande, non averne bisogno, salire su un maledetto albero senza morire di paura, ma è la voce di Kurt a distrarlo dal resto, come se lo stesse aiutando fisicamente. Ha paura, ha tantissima paura ma non lo può mostrare, non vuole sentirsi una ragazzina anche se i palmi delle mani fanno male e vorrebbe tanto lasciar perdere. Ma l'amico gli ha detto che lì sopra lo aspetta una sorpresa, il suo personalissimo regalo per i dodici anni. E David era un po' emozionato all'idea, tanto che aveva annuito energicamente all'idea, fantasticando su chissà quale gioco bellissimo, o su chissà quale oggetto fatto con le sue mani.
Kurt rimane lì ad osservare, con l'ingenuità e la fiducia dei bambini, perché ha sempre ammirato Dave ed ha sempre creduto che fosse abbastanza forte da poter fare qualsiasi cosa, come quando alle elementari aveva sgominato un gruppetto di bambini che minacciavano Kurt. Gli avevano dato del finocchio, probabilmente senza nemmeno sapere che significasse, ma lui sì che lo sapeva. Era una brutta parola, perché una volta il papà l'aveva usata riferita a lui quando credeva che stesse dormendo, e la mamma gli aveva dato uno schiaffo che era risuonato anche attraverso il muro dell'altra stanza - dopo, nessuna protesta. E quella volta aveva capito che quei bambini volevano ferire Kurt, e non ci aveva pensato due volte prima di aggredirli con la goffaggine della sua età, azione che poi si era rivelata efficacissima. Da allora Kurt lo aveva notato, ed aveva deciso che sarebbero diventati amici "o qualcosa di più" come ripeteva a volte quando l'aria fra loro era leggera e scherzosa.
Ma Dave ora non sta pensando a questo: sta pensando che se cade si farà davvero male, e teme per la propria testa. Quasi gli fischiano le orecchie, e con uno sguardo a Kurt scuote la testa silenziosamente, tornando lentamente coi piedi per terra.
«Ho p... Ho paura Kurt, io non voglio salire» Dice, per poi guardare in basso ed allontanarsi timidamente, come se si vergognasse di un'azione illegale.
Kurt sbatte le lunghe ciglia, prima di sbuffare piano e scendere come una scimmietta - è così che Dave lo chiama quando vuole farlo arrabbiare - e atterra non senza cadere col sedere sul terriccio, rialzandosi e piegando subito dopo la testa, fissandolo dal fondo di quegli occhi chiarissimi.
«Di cos'hai paura?» Chiede, un po' irritato.
«Di cadere» Risponde l'altro arrossendo violentemente quando abbassa lo sguardo, desiderando di scappare. Ma almeno quello se lo risparmia, è già stato troppo codardo e sicuramente Kurt fra mezz'ora starà ridendo di lui. Il ragazzo, invece, poggia una mano delicata e chiara sul suo braccio, sorridendo leggermente ed assumendo l'aria da statuina che gli serve sempre a scampare dai guai. Ma questa volta è gentilezza, ed il più piccolo scuote le spalle, esageratamente, giusto perché gli piace fare tutto in modo plateale.
«Ah, beh, non importa... Però io volevo dartelo lì sopra, il mio regalo.»
«Ma non puoi darmelo qui?»
Kurt sembra pensarci, abbassando gli occhi sulle scarpe da ginnastica consunte dalle corse e dall'arrampicarsi non solo sugli alberi ma circa su qualunque cosa.
«Va bene» Dice, alzando di nuovo lo sguardo e mordendosi un labbro nel dubbio. «Però» Aggiunge, «Devi promettermi che starai fermo. Chiudi gli occhi» Ordina, e sebbene Dave sia molto più grosso non sarebbe la prima volta che fa qualcosa che Kurt gli ha detto di fare. Così li chiude lentamente, aggrottando le sopracciglia nei raggi del sole che ancora infastidiscono le palpebre.
David Karofsky sa che quel tocco umido ed impacciato sulle labbra, dato il modo in cui il suo cuore ha preso a formicolare, è solo la prima frase di una storia più grande.
È stato, più che altro, una scoperta.

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Capitolo 7
*** Certain Softness ***


Titolo: Certain Softness
Fandom: Glee
Pairing: Kurt/Dave
Genere: Fluff, solo un po' erotico
Avvertimenti: future!fic, soft petting, flashfic
Parole: 707
Note: Per il prompt "Carezze" della tabella MISTA della Challenge #1 del  


Quell'idea gli è balenata in testa, fissandocisi definitivamente fino ad ora, da quando l'ha spinto la prima volta contro un armadietto. Il suo corpo gracile, talmente sottile e leggero da obbedire - volente o nolente - a quello che lui faceva. E quel pensiero, cioè la facilità nel poter spostare e, per estensione, comandare il suo corpo, inaspettatamente lo sorprendeva in tutti i momenti sbagliati: nella noia delle lezioni, durante la messa, durante i pasti, persino mentre parlava con Azimio. E la verità è che i suoi pensieri non erano sporchi, o almeno non lo erano abbastanza da farsi notare anche all'esterno. E quando era riuscito ad ottenere il suo primo appuntamento, Karofsky era corso subito a casa, per esultare in camera propria a suo modo: scrivendo. Aveva scritto le sue fantasie - nessuna delle quali prevedeva la penetrazione; ugh, che brutta parola - e le aveva tenute chiuse nel suo computer.
Inviolate, finché Kurt in un pomeriggio dedicato allo svacco - questo pomeriggio -, curiosando per perdere tempo al suo portatile, ha trovato quelle poche righe in cui Dave aveva raccontato a se stesso cosa avrebbe voluto fare con lui. E Dave non se n'era accorto finché non l'ha praticamente placcato con un braccio, abbassando lo sportello del computer. Ma quel che è fatto è fatto, e Kurt aveva letto ed apprezzato i suoi pensieri. E si era volenterosamente fatto avanti comunque, alzandosi però per chiudere la porta a chiave. E finalmente, proprio come Dave aveva immaginato, si era steso sul materasso, rimbalzando morbidamente sulle molle che cigolavano appena, iniziando a togliere lentamente i pantaloncini. E David da quel momento ha avuto un colorito rossastro piuttosto evidente su tutto il viso, ma non si è tirato indietro.
E così ora è vestito, mentre la pelle solo lievemente abbronzata di Kurt rabbrividisce leggermente sotto le sue mani. Ed il più gracile lo guarda dal basso, con l'aria calma di un gatto, aprendo e chiudendo pigramente gli occhi, sospirando ogni tanto. E quello che sta piacendo di più a David è il modo in cui il suo corpo segue i movimenti della propria mano: la schiena che si inarca leggermente al suo passaggio, gli occhi che si chiudono brevemente, le gambe che si muovono lentamente e pacatamente. Tutto questo lo affascina, e quasi dimentica di considerare la pelle calda e profumata del ragazzo, che sa di deodorante e sale, come fosse appena uscito dal mare. Kurt deglutisce, e ad un certo punto prende delicatamente la mano di Dave, che un po' sorpreso volge gli occhi su un nuovo sorriso: si dispiega sulle labbra di Kurt, colora il suo viso con una vaga tinta di malizia. E poi la mano affusolata porta la sua, lentamente, fra le cosce appena dischiuse di Kurt, che non abbassa lo sguardo nemmeno per un secondo ma si limita a ridacchiare divertito quando il viso di David si tinge di una tonalità più scura, la sua mano che trema appena per i battiti del cuore accelerati all'improvviso.
«Kurt?» Mormora, sbattendo le palpebre confuso.
«Mh?»
E sembra quasi un gemito, e David deve per forza di cose coprirsi il cavallo dei pantaloni con un cuscino, togliendo la mano da lì.
«Non mi piace... Pensavo mi sarebbe piaciuto, ma è troppo strano» Borbotta, guardandosi le mani e sentendo caldo in viso.
Kurt rimane a guardarlo stupito e forse un po' contrariato, per poi sospirare.
«Va bene, David, non importa.»
«Però mi fai davvero venire voglia di... Insomma, di fare sesso» Ammette, guardando da tutt'altra parte rispetto a lui e prendendo a torcersi lievemente le dita per il nervosismo.
«Per quello non sono pronto...» Confessa a sua volta Kurt, mordendosi il labbro. «Mi vanno bene le carezze, però. Io e Bl--» Aggiunge, interrompendosi. «Voglio dire, è il massimo che ho fatto.»
Dave si incupisce appena quando il nome di Blaine viene quasi pronunciato, ma poi si rasserena e guarda di nuovo Kurt.
«Beh, immagino che se staremo ancora molto insieme... E lo spero... Beh, magari andremo anche più... Più in là» Osserva, piegando la testa e rilassandosi mentre si siede sul letto.
«Sì» Sorride Kurt, per poi sporgersi e prendere di nuovo i pantaloncini, rimettendoli al loro posto. Anche lui si accorge di avere un piccolo rigonfiamento fra le cosce, ma si limita a ridacchiare e ad abbracciare il collo di Dave.
«Cosa facciamo?»
«Singstar?»
Kurt finge di pensarci un'attimo.
«D'accordo.»

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