Wedding's Tale

di Love_in_London_night
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I poteri del vino ***
Capitolo 2: *** Il bouquet della discordia ***
Capitolo 3: *** Il destino delle Lilian di Hogwarts ***
Capitolo 4: *** La forza di una promessa ***
Capitolo 5: *** La seconda opportunità mancata per la prima volta ***
Capitolo 6: *** Mattoni di carta e muri invisibili invalicabili ***
Capitolo 7: *** Mi piace vederti felice ***



Capitolo 1
*** I poteri del vino ***



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In una villa in campagna, Leicestershire, 23 Aprile 2011
 

Si stava annoiando, non voleva essere lì. Eppure accompagnare Morgan al matrimonio della cugina Valerie, conosciuta ai più come la ‘mancata soubrette’, rientrava nel suo ruolo di amica.
Aveva studiato ogni minimo particolare del padiglione sotto al quale si trovavano. Il beige leggero che li copriva, i nastri leggermente rosa che lo legavano ai lati.
I fiori recisi freschi e bellissimi, i centrotavola verdi e rigogliosi.
Insomma, l’organizzazione era stata impeccabile.
L’amica l’aveva convinta ad andare lì parlandole della presenza di baldi giovani single e carini.
Sapeva bene quanto Lilian fosse succube del fascino di tanti uomini disponibili.
Era libera e le piaceva flirtare.
In quel momento però si rese conto di una cosa.
Era chiaro che Morgan le aveva parlato di un altro matrimonio, trascinandola così con l’inganno.
La falsa promessa di una facile liason.
A parte il biondino con cui aveva scambiato occhiate di fuoco durante tutta la funzione – rischiando così la scomunica – e altri cinque o sei invitati, certo non si poteva dire che i single fossero tali senza una ragione.
Ok, Lilian cedeva davanti al fascino di un bel ragazzo, ma non precludeva agli altri la possibilità di conquistarla. Sapeva che c’erano doti più importanti e durature della bellezza e lei stessa non era una modella di Victoria’s Secret che poteva permettersi di scegliere tra prestanti sportivi e ricchi imprenditori.
Ma quelli che le erano stati spacciati per aitanti e simpatici single erano casi umani, in realtà. Anche i nerd più nerd di ‘Big Bang Theory’ assumevano un’allure molto più interessante se paragonati al novantasei percento dei presenti.
Aveva notato che i single carini invitati erano stati messi ad altri tavoli, ben distanti da loro. Doveva essere il modo carino di Valerie per rovinare loro la giornata.
Per fortuna c’era il vino.
Morgan e lei, annoiate da tutta la fisica quantistica e le strategie più gettonate a Risiko che giravano a quel tavolo, si erano prodigate in brindisi agli sposi.
- A quel santo di Peter, che ha sposato King Kong e ancora non se ne è reso conto! Chissà lo stupore quando le leverà il vestito… - e alzò il flute per quell’augurio. Il settimo, o forse l’ottavo.
Iniziavano a perdere il conto.
Le rivolse un sorriso ebete, segno che ormai le bollicine stavano sortendo il loro effetto.
- Lily! Val non è così despota! Ed è mia cugina – poi però Morgan fece tintinnare il proprio bicchiere con quello dell’amica, bevendo d’un fiato lo champagne sotto lo sguardo stupito degli altri commensali.
Lilian decise che quel vestito e i capelli castani acconciati in una morbida coda laterale erano sprecati per quei noiosi che occupavano il tavolo.
Non avevano rivolto loro la benché minima parola né attenzione, evitando in modo accurato anche di invitarle a ballare.
Aveva preso in mano la situazione, sopperendo a quella mancanza e trascinando Morgan con sé.
- Dove mi porti con tutta questa grazia? – chiese quell’ultima, ormai incerta sui tacchi.
Il vino stava agendo sulle loro facoltà mentali.
Lilian ringraziò l’alcool.
Le faceva sentire la testa leggera, aiutandola a smaltire quella noia mortale.
Non era ubriaca, ma abbastanza brilla.
In quel limbo dove si ha ancora la giusta presenza, ma i freni inibitori si sciolgono, avendo solo voglia di parlare e divertirsi.
Si fermò al centro del tendone e alzò la voce per sovrastare la musica – A ballare, no?
Le sorrise. Iniziò a saltellare e muovere la testa qua e là cercando di seguire la canzone.
Lilian seguì il suo esempio.
Morgan non era stata sempre sua amica.
Si erano ritrovate a dividere la stessa camera al college, tre anni prima.
Lilian era un animale da feste, come amava definirsi lei stessa, eppure non disdegnava lo studio. Riusciva quasi sempre a trovare il giusto compromesso.
Morgan era intelligente, una delle migliori studentesse della scuola.
La convivenza era pacifica, ma si svolgeva in una cordiale indifferenza.
Finché in uno di quei quasi di Lily avevano trovato la giusta chiave per avvicinarsi.
Avevano imparato a conoscersi piano, per poi influenzare in meglio l’una l’esistenza dell’altra.
Fino a vedere Morgan ubriaca per una festa messicana a base di tequila e vedere Lilian correggere un professore.
Cose che fino a tre anni prima nessuno avrebbe creduto.
Ed erano arrivate così al matrimonio di Valerie, cugina di Morgan, che si era sposata con Peter, futuro boss dell’economia Londinese, o così speravano entrambi.
Lilian era stata invitata in quanto amica della cugina e conoscente della sposa.
Valerie aveva frequentato il Saint Francis college, lo stesso che tuttora frequentavano le ragazze, laureandosi però l’anno prima.
Erano impegnate a ballare, ma la verità era che Lilian sperava di incrociare un esemplare maschile degno di nota, magari addirittura il ragazzo della chiesa.
Sapeva che se voleva trovare persone piene di vita, al contrario di quelli seduti al loro tavolo, doveva cercarle nel casino.
E dove poteva essere se non al centro della pista da ballo?
Guardò alla sua sinistra, dalla parte opposta rispetto al proprio tavolo.
Era lì che aveva le pareva di aver avvistato il ragazzo senza identità.
Peccato che accanto al posto che si presumeva fosse suo sedesse Cecil Louise Prescott, titolata e altezzosa gallina che frequentava il Saint Francis, trattandolo tra l’altro come se fosse la dependance di casa sua.
Tra le due non correva buon sangue, dato che si contendevano il posto d’onore alle feste e pure ai corsi extra curricolari.
Anche se era finito il tempo dei crediti extra con i corsi, la sfida tra le due si teneva alta. Mostrando ad ogni occasione quell’odio che di cordiale non aveva nulla.
Anche se Lilian Penelope Whitley non era nobile, faceva parte dell’upper class di diritto, essendo figlia di un magnate di Manchester che possedeva le industrie tessili di mezza Inghilterra.
La differenza tra lei e Cici stava che una aveva ben presente cosa fossero i valori e l’umiltà, l’altra usava il proprio titolo come passepartout.
Ecco perché Valerie e Cecil si adoravano.
Ecco perché lei poteva essere al tavolo con quel bel ragazzo e Lilian no.
Eppure di lui nemmeno l’ombra.
Strano, avrebbe giurato di aver visto Cecil fare la gatta morta e lui sopportarla amabilmente.
Prese la mano di Morgan e le fece fare una giravolta, facendola scontrare con il loro vicino di balli.
Aveva notato che negli ultimi venti minuti si erano guardati spesso, ammiccandosi maliziosamente.
Non era certo un adone, ma uno dei meno brutti lì dentro.
Il pretesto funzionò alla grande. Si scusarono e si presentarono.
Dopo meno di cinque minuti Morgan fu portata via da Anthony, lasciando Lilian senza compagnia e soprattutto senza tracce del ragazzo misterioso.
Iniziava a pensare di averlo solo immaginato. Era famosa per la sua fantasia epica.
Le piaceva sognare.
Era convinta che il vino le avesse donato la lucidità necessaria per comprendere la triste verità.
Prima di entrare in chiesa aveva preso un colpo di sole.
Ovvio, dato che non era abituata a giornate calde e splendenti visto il clima uggioso inglese.
Sì, il lui in questione era un’allucinazione frutto dell’insolazione.
Con la testa che ancora le girava un po’ decise di avviarsi alla toilette allungando però il percorso per evitare Cici e la sua cattiveria, così grande che doveva aver ricevuto un invito apposta, se no mica ci sarebbe entrata al matrimonio.
Quel gesto e la sua sbadataggine le fecero perdere il senso dell’orientamento – già precario – rispetto al tendone del rinfresco, arrivando per sbaglio alla villa.
Guardò la porta della toilette in modo distratto perché l’omino camminava, a parer suo.
Entrò in quell’ambiente calmo e ovattato, sembrava lontano anni luce dal clima festaiolo del matrimonio.
Le piacevano le pareti rosse intervallate da colonne bianche e i lavandini in marmo.
Lo rendevano elegante. Insomma, all’altezza della villa.
Mentre Lilian espletava il suo bisogno ponendo fine all’asilo politico che il suo corpo aveva offerto allo champagne, la porta si aprì, facendo entrare qualcuno.
Uscì dal bagno e fece per lavarsi le mani, ma quando vide uno dei due lavelli occupati, urlò.
- Che ci fai qui? – chiese con una mano sul cuore nel tentativo di non farlo uscire dal petto, come se fosse possibile.
Quello spavento l’aveva fatta rinsavire del tutto.
L’effetto dell’alcool era passato, o così le piaceva pensare.
Però doveva ammettere che parlare con la propria allucinazione non era da persona sana.
- Mi lavo le mani?! – rispose lui, l’allucinazione, un po’ incerto – È il servizio degli uomini.
Seguì il suo esempio. Guardandolo sorridendo.
- Oh. Non me ne ero accorta – si giustificò appena.
Cavoli, era anche educato. Non pensava che la propria immaginazione arrivasse a tanto.
Era strano, pensava di vederlo leggermente trasparente, sperava di potergli vedere attraverso.
Lo studiò attenta, ammirando cosa la sua fantasia aveva prodotto.
Alto, occhi grigi, capelli biondi spettinati ad arte o quasi, mascella dura e labbra piene.
Indossava un completo grigio.
Era bello da morire ed elegante. Non solo nel vestire, ma nel portamento.
- Non guardarmi così, ti prego, potrei perdere tutta la mia gentilezza – disse abbozzando un sorriso mentre si asciugava le mani appoggiato di schiena al lavello.
Toglieva il fiato. Lilian si congratulò con la propria immaginazione.
Poi si corresse e diede il merito allo champagne, doveva essere di ottima qualità.
Non pensava di avere un’idea di ragazzo ideale, ma a quanto pare era ben insita nel suo subconscio e quella leggera sbornia l’aveva fatta emergere.
Gli sorrise di rimando.
Voleva assaggiare il sapore della propria allucinazione.
Avrebbe avuto il gusto del vino?
Doveva scoprirlo.
Si protese sulle punte baciandolo appena.
Il sapore era anche migliore.
Due braccia si strinsero alla vita.
Poi la verità le piombò addosso.
Stava baciando qualcuno, qualcuno di estremamente reale.
Nessuna allucinazione.
Si allontanò quasi spaventata, di sicuro in imbarazzo.
- Cosa succede?
Non riusciva a parlare, scuoteva la testa.
Lui si avvicinò, cercando i suoi occhi – Era dalla funzione che aspettavo di conoscerti, poi non ti ho più vista. Ed ora ti presenti qui e mi baci, devi essere un dono del cielo. Ti prego, non smettere.
Ammaliava anche solo nel parlare. Era posato, dosava le parole e la lentezza con cui pronunciarle, per assicurarsi di essere capito e non ripetere. Il tutto dava una certa profondità alla voce.
Le gambe tremavano, così si appigliò al colletto del completo di lui.
A lui piaceva quella ragazza così carina. Un po’ sfrontata ed un po’ ingenua.
Lo guardava come se fosse un ragazzo normale, come se non sapesse nulla di chi fosse.
Assomigliava tanto all’idea di donna che voleva al proprio fianco.
Si piegò su di lei e la baciò di nuovo, facendo schiudere le labbra della ragazza con le proprie.
Ora che l’aveva assaporata, il bisogno di avere di più era impellente.
La sollevò mettendola a sedere sul marmo, cercando la sua lingua e trovandola quasi subito perché anche lei stava gustando il suo sapore.
Lilian gli mise una mano tra i capelli, avvicinandolo a sé ancor di più.
Lo voleva addosso.
Aveva una lista di cosa da fare entro i trent’anni, e una di queste era fare sesso con uno sconosciuto nei bagni di un aereo.
Mancava quell’ultimo, ma non se la sentiva proprio di rinunciare ad un’occasione simile. Insomma, quando le sarebbe ricapitato? Con un ragazzo così, per giunta?
Sapeva la risposta e non si sarebbe lasciata sfuggire il momento.
Lo stesso valeva per lui.
La voleva e lei si stava offrendo. Perché rinunciare?
C’era tempo dopo per tutto il resto.
Interruppe il bacio per far scattare la serratura, poi tornò da lei.
Guardandola negli occhi vide un qualcosa che gli piaceva.
Eccitazione, desiderio, vergogna ed un pizzico di divertimento.
La miccia era stata accesa.
Seguì la linea del suo collo, scendendo piano verso il decolleté, lasciando una scia di baci e morsi, allentando la chiusura dietro il collo, avendo così libero accesso alla pelle sotto al vestito.
Lilian slacciò il doppio bottone dei pantaloni, che grazie al cielo non avevano cintura.
- Non smettere.
Di nuovo.
Non poteva smettere, era totalmente in balìa di quell’estraneo.
Tornò a baciarla e spogliarla di quel che poteva.
Le alzò la gonna del lungo vestito quando ormai le mani di Lily erano arrivate all’interno dei boxer.
Sapevano di aver poco tempo a loro disposizione e non ne persero in preliminari inutili.
Lo vide trafficare con la confezione di un preservativo.
Di solito avrebbe disprezzato l’idea di un uomo tanto sicuro di sé da aggirarsi per un matrimonio con un profilattico in tasca, ma in quel momento ne fu solo grata.
Lo sconosciuto la fece sua e lei mugugnò dal piacere.
Attese qualche istante prima di iniziare a muoversi in lei e con lei, il tempo necessario per farla adattare alla propria presenza.
La gambe di Lilian che prima ciondolavano inerti nel vuoto si avvinghiarono dietro la schiena del ragazzo, avvicinando ancor di più i loro bacini, incastrandoli in profondità e facendo ansimare entrambi.
I gemiti di lei iniziavano a farsi incalzanti e udibili, così lui li accolse tutti nella propria bocca, fermandoli con un bacio.
Una mano di lui era ancora sotto al vestito, intenta a torturare un seno.
Era deliziosa.
Lei e la sua essenza.
Lei e il suo corpo.
Lei e il suo orgasmo.
Lo sentì divampare attorno a lui, che affondò nella carne infuocata ancora un po’ prima di raggiungere il suo stesso punto.
Si pulirono e rivestirono in fretta e alla bell’e meglio.
- Vorrei rivederti, se fosse possibile…
Lilian non sapeva cosa dire.
Un colpo alla porta li distrasse – Occupato?
Si guardarono imbarazzati e preoccupati.
Lei stava per piangere, ma lo sconosciuto le venne in aiuto – Sai recitare?
Annuì in preda al panico.
- Allora appoggiati a me e fingi di star male.
Eseguì semplicemente e quando aprirono la porta fu di nuovo lui a prendere in mano le redini della situazione, scusandosi con chi fuori aspettava. Un uomo di mezza età, con più pancia che capelli – Mi scusi, ma sa, non si sentiva bene e voleva un po’ di discrezione. Eravamo qui vicini, la toilette delle donne era ben più lontana…
E finì così, con uno sguardo bonario dell’uomo, intenerito da quel buon cavaliere in soccorso di una donzella bisognosa d’aiuto.
O forse, voglioso solo di assecondare la propria vescica.
Si ritrovarono a margine di una porta vetrata che dava sul tendone.
Lo sconosciuto fece un mezzo inchino, le prese una mano e la baciò, non sfiorandola nemmeno.
Stava per dirle qualcosa, ma un altro ragazzo stava venendo nella sua direzione chiamandolo, così si affrettò.
- Ci terrei davvero a vederti di nuovo, me lo concederai?
Era serio, ma il bagliore negli occhi tradiva aspettativa.
Avrebbe voluto rispondere, ma un amico lo trascinò via, era preoccupato e parlava frettolosamente.
- S… si! – urlò appena con voce roca. Lo fece al vento.
Era ancora sconvolta per quello che era successo, non riusciva a credere di essersi comportata in quel modo così lontano da lei.
Certo non le dispiaceva.
Si sistemò meglio il vestito e tornò al proprio tavolo, dove trovò Morgan intenta a parlare con Bridget, una loro compagna di corsi.
Si mise a sedere con le gambe ancora molli e il cuore che martellava nel petto.
- Ehi, finalmente! Pensavo di dover chiamare Scotland Yard – il benvenuto dell’amica – Dov’eri finita?
Si schiarì la voce – Sono andata in bagno, ma ho fatto il giro lungo per evitare Cici e mi son persa…
Risero tutte e tre – Tu e il tuo senso dell’orientamento pessimo!
- A proposito di Cici – intervenne Bridget – La stanno portando all’ospedale, pare si sia sentita poco bene. Uno svenimento.
- Mh, peccato. Speravo almeno in un’intossicazione alimentare!
- Lily, sei perfida! – la ammonì scherzando Bridget.
- Sai che novità, eh? – rispose Morgan, abituata a quei picchi di acidità quando si parlava di Cecil.
- Ma ora passiamo al vero motivo per cui sono qui… – continuò la terza.
- Cioè? – Lily era curiosa, sapeva che Bree era un asso nel gossip. Non era lei a cercarli, ma loro ad andare spontaneamente da lei.
- Abbiamo delle star al matrimonio! – e indicò la gente ammassata al centro della pista intenta a ballare.


Lilian al matrimonio (clicca qui)

 

***

Ciao a tutte! Sono nuova, almeno per quanto riguarda le originali. Ho scritto parecchio, ma in un altro fandom.
Ok, non è la prima cosa che pubblico nelle originali, ma questa mini long è la prima che io abbia scritto in questa categoria; la One Shot dell’estate è stata l’ultima produzione, ma la prima ad essere pubblicata per questioni logistiche, dato che volevo partecipare al concorso.
Cos’altro dirvi, se non che per ora non tutto è chiaro, anzi, ma andando avanti – già dal prossimo capitolo – si vedranno meglio tutti i personaggi.
E sì, come ho detto prima, questa è una mini long fiction. Conta sette capitoli in totale.
Spero che questo non vi impedisca di leggerla e, magari, lasciare il vostro parere a riguardo.
 
Se vi foste piaciuta, ed io vi stessi simpatica, potete ritrovarmi in una pagina Facebook, dove mi sfogo, parlo con altre persone di EFP e aggiorno con spoiler e pareri personali. La trovate qui: http://www.facebook.com/Cris87.loves.Rob
Spero di sentirvi presto, Cris. ..

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Capitolo 2
*** Il bouquet della discordia ***



 

- Theo, ‘la scopa’ se n’è andata, niente di grave. Abbiamo un paio d’ore prima che chiami, deve fare accertamenti. Ti prego, ti scongiuro, divertiti finché puoi! Ho anche visto una ragazza carina, appoggiami in tutto quello che faccio.
Lui alzò le spalle – Se non mi avessi interrotto, ti saresti accorto che mi stavo già divertendo. Mi sono già divertito, anzi, con o senza ‘scopa’.
- Scusami, volevo avvisarti – si scusò dispiaciuto.
- No scusami tu – disse mettendogli una mano sulla spalla – Hai fatto bene. I miei avrebbero voluto così. Anzi, appena lo sapranno mi spediranno subito da lei a fare da balia.
 
Bridget indicava uno dei pochi ragazzi degni di essere notati a quel matrimonio, a suo dire.
Peccato che le mille persone che si paravano davanti alla loro vista, confondessero le idee delle ascoltatrici.
- Star? – chiese Morgan – Addirittura?
Annuì l’altra muovendo i boccoli rossi – Di meglio. Non star qualsiasi, ma titolati!
Lilian e l’amica risero – Sai che novità. Ti ricordo che il college che frequentiamo è pieno di teste blasonate, se poi devi parlare di Cecil ti prego, risparmiaci il supplizio!
L’altra scacciò l’idea con la mano – Ma figurati se mi eccito per la presenza di quella spocchiosa duchessa! No, io parlo del conte del Leicestershire e il suo parente. O meglio, lacchè.
Intervenne nella loro conversazione uno di quegli occhialuti che sapevano tutto loro – Non era certo mistero che la famiglia Lowell-Pending fosse qui… - e le guardò con tono sprezzante.
A parte l’occhiata cattiva di Lilian, le altre lo ignorarono alla grande.
- O mio Dio! – urlò Morgan – Non dite nulla ma… ho appena visto l’uomo della mia vita!
- Qual è? – chiesero le altre due, curiose e già dimentiche dei nobili ospiti.
- Alto, sorriso smagliante e completo blu. Oddio, i nostri figli sarebbero stupendi. Però anche quello accanto non è affatto male – e diede di gomito all’amica.
A Lilian ricordava maledettamente qualcuno, poi accanto le sembrò di vedere una chioma bionda di sua conoscenza, dove solo un po’ di minuti prima aveva affondato le dita.
Peccato che dalla descrizione dell’amica non si capisse a chi si stava riferendo.
Bridget rise – Cara Morgan, il tuo gusto è sopraffino ma… è proprio il conte. E l’altro è quella sottospecie di famigliare che si ritrova. Baronetto, per esattezza.
Lilian sputò l’acqua che stava bevendo in faccia a Clive, l’occhialuto saccente che aveva avuto l’ardore di rivolgere loro la parola.
Non aveva seguito bene il discorso, così non aveva appreso chi dei due fosse il conte.
- Ehi, che modi! – era arrabbiato.
Ma Lily di più – Ringrazia che sia solo acqua!
Mentre il malcapitato si puliva con il tovagliolo, tornò a interloquire con il proprio vicino.
I ragazzi stavano guardando nella loro direzione e Bridget li salutò.
- Che fai? – chiesero le due amiche terrorizzate.
- Li saluto, no? Sarebbe stato maleducato il contrario! – alzò gli occhi al cielo – Conosco Brant, i suoi e i miei genitori sono amici di lunga data.
Ma in quel momento le squillò il cellulare – Maledizione! Devo recuperare Madlaine, è stata rapita da sua zia Ellen, ha bisogno di aiuto.
Bridget si dileguò senza tanti problemi, intanto i due si avvicinavano pericolosamente al tavolo.
Il panico si impossessò di Lilian. Al contrario, Morgan si sistemò e sfoggiò il suo sorriso migliore.
- Scusate, era qui Bridget Lowington?
Morgan rispose qualcosa, ma Lilian aveva perso lo sguardo in quegli occhi grigi che la fissavano di rimando, le sembrava di rivivere i momenti trascorsi nella toilette.
Divenne rossa.
- Scusate, come siamo scortesi! – disse il ragazzo dagli occhi blu e i capelli scuri – Non ci siamo presentati. Io sono Brant Andrew Nathaniel Lowell-Pending – e tese la mano verso le ragazze.
- Morgan Anne Richfield.
- Lilian Penelope Whitley – dato che tutti si presentavano con i loro cacchio di secondi nomi, decise di farlo pure lei.
Al posto di stringerle, Brant le prese e le avvicinò alle labbra, ma mai le sfiorò – Lieto di fare la vostra conoscenza – in realtà, sembrava ben contento di mangiare con lo sguardo Morgan.
- Io sono Theodore Maximilian Charles Lowell-Pending, suo nipote di terzo grado, all’incirca.
Brant alzò le spalle – È semplicemente un modo per dire che non siamo parenti, ma c’è mancato poco.
- Chi dei due è il conte? – chiese Lilian senza peli sulla lingua.
- Mi dichiaro colpevole vostro onore – e Brant Andrew Nathaniel alzò la mano.
Lily tirò un sospiro di sollievo, era contenta di non essersi cacciata nei guai.
O così pensava.
Vedeva però l’amica tuffarcisi a capofitto. D’altronde i guai in cui aveva voluto inoltrarsi erano azzurri, non c’era modo di sfuggir loro.
- Possiamo sederci? – chiese il conte indicando le sedie.
- Se permetti Brant, io ho un conto in sospeso con Lilian. Penso che almeno mi debba un ballo.
Lilian avvampò, le sembrava che quella frase innocente avesse reso pubblico ciò che avevano fatto prima, che di innocente aveva ben poco.
Eppure, la proposta la lusingò.
- E come mai? – era stata Morgan ad intervenire, ma si vedeva dallo sguardo che anche Brant era avido di particolari.
Erano due anime destinate ad incontrarsi.
Theodore rispose ancora – Abbiamo avuto uno scontro alla toilette, mi sembra il minimo farmi perdonare – la fissò di sottecchi, lo sguardo malizioso e divertito.
Scontro. Era la parola giusta, pensò tra sé lei.
- Io non so ballare – si giustificò appena, cercando di evitare un contatto intimo con lui, dove però erano implicate pure le parole. Si sentiva in trappola.
Ma era impaziente, le sarebbe piaciuto.
- Miss Whitley, è l’uomo a condurre, non preoccuparti – e le porse un palmo, dove lei poggiò la mano. Lui la guidò verso la pista da ballo.
Morgan si girò verso Brant, che la guardò con un sopracciglio alzato – Cos’hai? – gli chiese.
- Giuro, non ho mai visto Theo così… charmant.
- Ed io non ho mai visto Lily così timida.
- È ovvio che si piacciono – concluse lui.
- Già – sorrise lei – Ma parliamo di cose importanti. Parliamo di noi.
 
Appena raggiunsero la parte opposta alla sala per accaparrarsi un buono spazio rimasto partì il lento.
Lilian maledisse l’orchestra. La macarena dov’era quando serviva?
Gli U2? Ma che prendeva a quei concertisti?
Na! Una canzone di Adele in versione per gli archi. Doveva essere una congiura.
- Allora Lilian… - lui le poggiò una mano sulla schiena nuda, ed un brivido la percorse esattamente dal punto dove i loro corpi entrarono in contatto.
A lui parve di sentire il cuore rimbombare sotto il proprio palmo, ma non poteva essere lui la causa di tale batticuore, anche se gli sarebbe piaciuto.
- Allora Theodore, o forse dovrei dire Sir Lowell-Pending, dato che sei baronetto… – e afferrò la mano libera di lui, per assumere la classica figura per i balli lenti.
Forse era risultata più dura di quel che voleva essere.
Lui se ne accorse e cercò di sdrammatizzare – Theo per te, mi sembra ci sia la giusta confidenza.
- Perché non me l’hai detto?
Lo fissava negli occhi ed era difficile per lei mantenere quel tono distaccato. L’avevano rapita.
Sorrise – Beh, non è mia abitudine prima di… far sesso, sfoderare il mio pedigree.
Questa volta fu Lilian a ridere divertita – Lo ammetto, non sarebbe stato carino. Anzi, probabilmente ti avrei ritenuto un tronfio aristocratico.
- Esatto – e la guidava sul posto. Solo allora lei si rese conto di ballare con il corpo di lui che la sfiorava – E poi concedimi di peccare un po’ di modestia. Mi piace pensare di averti conquistata per le mie doti, non certo per il mio nome – era divertito.
Lo guardò sorpresa – Ma se non abbiamo nemmeno parlato!
- Beh, allora diciamo che preferirei dare il merito al mio fascino. Va meglio?
- Decisamente sì – e rise.
Era bello il sorriso di Lily, l’aveva colpito.
Contagiava pure gli occhi.
- Non scherzavo prima.
- Quando?
- Quando ho detto che mi sarebbe piaciuto rivederti – era diventato serio.
Lei divenne paonazza.
- Anche a me – ammise a fatica, le mancava l’aria.
Si limitarono a muoversi sul posto senza dirsi nulla per il ballo successivo.
Improvvisamente la voglia di scoprire qualcosa l’uno dell’altra ebbe la meglio, dando il via così a domande superficiali ed imbarazzanti.
Scoprirono così di aver portato entrambi l’apparecchio.
Lilian aveva paura dei piccioni, adorava giocare a tennis e aveva dato il suo primo bacio a un tale George.
Theodore invece aveva provato a formare una band che avrebbe voluto chiamare ‘The Creeps’, ma si era reso conto di non saper suonare nessuno strumento e nemmeno di saper cantare, odiava il caviale e aveva perso la verginità con Virginie – strano destino – una lontana parente di un suo compagno di corso estivo.
- Frequento l’Abbey Cross college.
Rispose alla domanda di lei sugli studi.
- Ho fatto richiesta – disse Lilian tra una risata e l’altra – Ma non mi hanno ammessa.
Era un college molto religioso, nonostante accogliesse le leve più illustri dell’esercito, o comunque le future figure militari, solo quelle più promettenti e ricche, però.
- Diciamo che essere un Lowell-Pending ha dato una mano. Non saremo nobili, ma siamo una delle famiglie più antiche della Gran Bretagna. Tu invece, che college frequenti?
- Io stud… - ma venne interrotta da qualcosa che si era attaccato al vestito.
O meglio, qualcuno.
- Ciao Nicholas!
Theo la guardò interrogativo.
- È il fratello della sposa e, al contrario di quest’ultima, lui mi adora – e lo prese in braccio.
- Non è l’unico – lasciò cadere con noncuranza.
Lei si girò di scatto nella sua direzione, il cuore che schizzava fuori dal petto e le guance ormai rosse.
- Mi fai ballare? – Nicholas si avvinghiò al collo di Lily.
La fece concentrare su di sé, abbandonando lo sguardo quasi adorante di Theodore.
- Certo! Potrei mai rifiutarti qualcosa?
Lo rimise a terra e lo prese per le mani, facendolo saltellare.
Theo le passò accanto – Ti aspetto al tavolo. È un problema?
- No, affatto – l’espressione estasiata sul volto.
Dopo poco fu da Brant e Morgan, decisamente in sintonia.
- Cos’è successo, ti è andata male? – chiese il ragazzo al lontano parente.
- Già, mi ha scaricato – rispose ridendo quello.
I due seduti si voltarono verso la pista da ballo e videro Lilian impegnata a far saltellare Nicholas. Risero entrambi.
- Non si può far nulla contro il fascino di un bambino! – disse la ragazza.
Nel quarto d’ora successivo Brant e Morgan si rituffarono nella loro conversazione, mentre Theodore passava il tempo a guardare Lilian alle prese con Nicholas.
Era incantevole. Spontanea e un po’ goffa.
Gli piaceva il suo essere spensierata. La sua risata, il suo scansare i capelli da davanti gli occhi.
Il modo in cui diventava rossa per un complimento troppo esplicito. Il suo parlare a mitraglietta di sé e di ciò che le interessava.
L’aveva studiata bene in quegli istanti.
Desiderava rivederla.
Vide la sua pochette abbandonata sul tavolo e in un impeto di pazzia, decise di scrivere il numero del proprio cellulare su un foglietto ed infilarlo sotto un lembo della chiusura.
Chiamami, ci scrisse sotto.
Lei stava finalmente tornando al tavolo quando la sposa annunciò il lancio del bouquet.
Morgan e Lilian si guardarono. La prima elettrizzata, l’altra inorridita.
- Non ci voglio venire! – protestò Lily.
- Oh, tu invece ci verrai! – Morgan la trascinò contro la sua volontà.
I ragazzi le seguirono divertiti.
Tutti si alzarono, gli uomini e le donne sposate fecero da pubblico, mentre le ragazze in età da marito si posizionarono dietro la schiena della sposa.
Lilian cercò di scappare, mettendosi sul lato e allontanandosi gradualmente, ma Bridget la intercettò e la fece rientrare nei ranghi.
Valerie studiò con la coda dell’occhio la posizione delle ragazze, cercando di evitare la cugina e l’amica, ma nel posizionarsi in cima ad una collinetta d’erba, il tacco ci affondò facendole perdere l’equilibrio e lanciando così il bouquet.
Le ragazze subirono una trasformazione repentina dopo il lancio. Da miti fanciulle divennero arpie e a Lilian ricordavano tanto i Pokemon con le loro improbabili evoluzioni.
Approfittò della distrazione di Bridget per allontanarsi, ma il bouquet le finì in faccia, cadendo poi tra le mani.
Le ragazze la guardarono con un misto tra rabbia ed invidia e qualche dolce vecchietta urlò – Ecco chi si sposa entro l’anno!
Entro l’anno?
Lilian sbiancò – No!
Un’altra voce disse – È tradizione!
A lei invece più che tradizione sembrava una condanna.
Aveva ventiquattro anni, per la miseria. Non era certo una disperata zitella in cerca di marito con la dote. Aveva tutto il tempo per quel genere di cose tristi.
E Morgan le fu subito accanto – Per fortuna non volevi partecipare.
- Infatti me ne stavo andando! Se quell’inetta di tua cugina non fosse inciampata tutto questo non sarebbe successo.
Morgan si girò per vedere chi c’era alle proprie spalle e ciò che vide la fece sorridere.
Rivolse lo stesso gesto all’amica e si allontanò accelerando il passo. Da lontano le urlò – Ricorda, è tradizione!
E raggiunse Brant appena davanti a lei.
- Entro l’anno! – borbottò al nulla.
Una mano sulla schiena e un brivido.
Riconosceva la sensazione.
Avrebbe giurato su chi fosse.
Infatti, era Theodore.
- Cammini veloce per essere una che indossa i tacchi.
Ma quello che la destabilizzava era avere ancora la mano di lui sulla pelle della schiena.
Non era normale che le facesse quell’effetto.
Non era normale ricercare il suo profumo che la avvolgeva, già così riconoscibile per lei.
Ma forse in Theo niente era normale agli occhi di Lily, era qualcosa di straordinario.
- Comunque, ti sposi entro l’anno, eh?
Lei rallentò per lanciargli un’occhiata che era tutto, tranne dolce e carina.
Lui le sorrise e si avvicinò al suo orecchio – Non ti preoccupare, farò in modo di farlo diventare realtà.
Inchiodò sul posto e lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite.
- Hai capito bene. Entro un anno, ti sposerò. Non vorrai andare contro le tradizioni, no?
Sorrise furbo, cercando in quel modo di tranquillizzarla.
Solo dopo quello che le sembrò un secolo riuscì ad aprir bocca e a rimettere in moto il cuore – È una promessa o una scommessa?
Le posò una mano sulla testa avvicinandola a sé e lasciandole un bacio sulla tempia – Entrambe.
- Non fare promesse che non puoi mantenere.
Eppure, sperava che potesse farlo davvero. Un uomo così era davvero da sposare e lei non se lo sarebbe fatto scappare.
- Mantengo sempre la parola data – sorrise, allontanandosi – Ora devo andare, ma tu chiamami. Nella tua borsetta ho inserito un biglietto con il mio numero di cellulare. Giuro che troverò il modo di mantenere la promessa.
Era maledettamente serio e le sbriciolò il cuore.
Ma non doveva contarci molto, erano parole al vento.
Lui si allontanò camminando all’indietro, non perdendola mai di vista.
L’avrebbe sposata, ne aveva la certezza.
Era lei la madre dei suoi figli, lo sentiva.
Non aveva mai desiderato una prole, ma in quel momento voleva una squadra di bambini.
Era vero, aveva solo venticinque anni e la vita davanti.
Ma il percorso gliel’avevano già programmato i genitori.
Percorso che lui non voleva intraprendere.
Era una decisione insensata, ma avrebbe voluto davvero prenderla in moglie.
Il tempo per conoscerla e scoprirla l’avrebbe avuto dopo.
Avrebbe avuto tutta una vita, dopo.
Non era quello delle decisioni ponderate. Preferiva seguire le proprie sensazioni.
E la sensazione che gli dava Lilian non l’aveva mai provata.
Voleva gustarla, assaporarla appieno.
C’era comunque un anno dalla sua parte per conoscerla e vedere se era la persona giusta.
Gli avevano detto che di un cuore non si poteva misurare la grandezza, tantomeno dei sogni custoditi in esso.
Theodore aveva sogni, ma non grandi.
Quello, era il suo primo grande sogno.
Aveva trovato il suo sogno, ed era Lilian.
Non poteva certo quantificarne la grandezza, voleva solo viverlo.
Provare a rincorrerlo. Quella era la sua certezza.
Le aveva fatto una promessa, voleva mantenerla.
In dodici mesi avrebbe avuto tutto il tempo per accorgersi di aver sbagliato.
Ma era sicuro, la sensazione che provava era nuova ed inebriante.
Lei era la sua scelta, l’unica possibile.
Il problema era solo uno. Dover dire ai suoi che il fidanzamento stipulato da loro, come se fosse un mero contratto, non aveva ragion d’essere.
Sarebbe andato di corsa in ospedale, parlarne con qualcuno che era nella sua stessa posizione poteva solo giovare.

 

***

Buon pomeriggio! Eccomi qui, con il capitolo più importante della storia, a mio avviso.
Fondamentale per la trama, per farvi capire come si snoderà la storia nei prossimi capitoli.
Spero possa piacervi! Sulla mia pagina di FB trovate anche un album con tutti i personaggi: http://www.facebook.com/#!/Cris87.loves.Rob

Piccola precisazione, viste le parole di Theodore che vi riporto qui:
Diciamo che essere un Lowell-Pending ha dato una mano. Non saremo nobili, ma siamo una delle famiglie più antiche della Gran Bretagna.”
Dunque, essere baronetto vuol dire stare a metà tra il Barone e il Cavaliere. È un titolo onorifico concesso dalla Corona. Questo, da quel che ho capito, implica certo avere prestigio, ma non un vero titolo nobiliare, non viene contato quindi come aristocratico.
Insomma, per intenderci, pensiamo a David Beckham (e un po’ a quella fortunata di Victoria che se l’è sposato!).
Per farvi capire la sua situazione come io l’ho pensata (giusto per richiamare la condizione italiana): Non è come i Savoia, ma come i nostri Agnelli, almeno un po’.
Ma non perdiamoci in queste spiegazioni, anche perché Theodore affronterà l’argomento in un altro capitolo, un po’ più avanti.

A giovedì prossimo, Cris.

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Capitolo 3
*** Il destino delle Lilian di Hogwarts ***


AVVERTENZA: Nel capitolo è presente uno spoiler che riguarda Harry Potter e i doni della morte (il settimo, per intenderci), sia libro, che film.

- Tu sei semplicemente scema, te lo dico da amica – Morgan tornava sulla questione appena poteva.
- Perché? – chiese Lily sempre più annoiata.
Ogni volta la stessa storia, non se ne stupiva più.
- Perché? Ma perché è da due settimane che sei distratta, hai gli occhi a cuoricino, pensi a lui, e non negarlo!, eppure non ti fai sentire. O sei scema, o sei pazza – concluse tranquilla alzando le spalle, come se quel discorso fosse ovvio.
Lilian non aveva mai utilizzato il numero di Theodore per dei motivi molto semplici. Pensava ancora che dovesse essere l’uomo a fare il primo passo, lasciare a lei la prima mossa non era stata una cosa carina. Evidentemente non gli interessava poi molto sentirla e farsi sentire.
Poi, non voleva illudersi. Era vero, il momento in cui le aveva fatto la promessa era stato sublime – perfetto era la parola giusta – ma sarebbero rimaste parole vuote.
Probabilmente dette solo per ammaliarla.
Lilian sbuffò soltanto, così l’amica continuò nella sua ramanzina – Andiamo! Che problemi ti fai? Voglio dire, ci hai pure fatto sesso! Non ci hai giocato a Bridge… immagino che l’imbarazzo sia passato…
Appunto. Non era passato, tanto per cominciare. Anzi, ce n’era pure di più.
E poi aveva già fatto sesso con lui essendo un perfetto sconosciuto, e questo molto probabilmente agli occhi di Theo la faceva classificare come ‘ninfomane’, se l’avesse anche chiamato sarebbe sembrata disperata. E ‘ninfomane’ ‘disperata’ non era una definizione che le piaceva aver cucita addosso, specialmente se a pensarlo doveva essere Mr. Baronetto-dal-sorriso-sexy-e-la-risposta-pronta.
- Al posto di pensare a me e alle mie paranoie pensa a Brant e alla vostra uscita di stasera.
Chiuse il discorso aprendo il libro con rabbia, L’odissea di Omero, e ficcò il naso tra le pagine.
Morgan la lasciò stare, la conosceva abbastanza per sapere che era impossibile parlarle quando era di quell’umore.
Alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa e si diresse al bagno dove mise mano ai trucchi.

Mancavano cinque minuti alle tre, ovvero alla fine della lezione di Marketing Internazionale e Lilian si ritrovò a guardare il cielo di metà pomeriggio. Grigiastro – come al solito – e plumbeo, con qualche goccia a completare il quadro.
Uscì dall’aula diretta al proprio appartamento, fuori dal campus. I sui genitori conoscevano bene la tendenza a partecipare a tutte le feste in circolazione. Avevano cercato di recuperare infilandola in appartamenti abbastanza isolati, dedicati di solito ai più abbienti.
Per raggiungere la casa, doveva attraversare tutta la cittadina universitaria.
Passò per i prati che costeggiavano gli immensi colonnati dell’ateneo. L’erba era sempre più verde con quella luce e l’odore che quelle poche lacrime di pioggia scatenavano era delizioso, la metteva di buon umore.
Era tradizione per lei attraversare il parco, le donava serenità e pace. In più, camminare sotto la pioggia le avrebbe sicuramente impedito di incontrare Cici, dato che le si sarebbero increspati i capelli e quindi rovinata la piega. Un disastro per lei.
Si sistemò la divisa blu e grigia, accomodando intorno al collo la sciarpa gialla, blu e verde della squadra di rugby del college.
Non che ne andasse pazza, ma adorava indossare colori allegri e accesi, e quello era l’unico modo per ovviare al problema della tristezza dell’uniforme. E poi seguiva spesso le partite, dato che il sabato pomeriggio non c’era altro da fare se non radunarsi ai bordi del campo e tifare per il proprio istituto.
Camminava con lo sguardo rivolto verso l’alto, ammirando i tetti austeri e aguzzi del college che sembrava andassero a solleticare le nuvole cariche di pioggia.
Rispondeva distratta ai saluti che altri compagni le rivolgevano, abbozzando un sorriso trasognato.
Alla fine dell’anno tutto quello le sarebbe mancato. Quel college era stato casa sua per tre anni e, nonostante la laurea, ne avrebbe sentito la mancanza.
Sospirò stringendo la propria agenda al petto. In quel momento il sorriso trasognato e gli occhi luminosi erano dedicati a tutt’altro, aveva notato che le nuvole avevano lo stesso colore degli occhi di Theodore.
Era talmente distratta che andò a sbattere contro qualcosa.
Una colonna, fu il suo primo pensiero.
Poi focalizzò i sensi su chi aveva davanti, perché aveva notato con il proprio palmo proteso che il corpo davanti a sé era dotato di addominali ben curati e di una risata bellissima.
Calda e armoniosa.
Di certo non era una colonna.
- Quindi studi ad Hogwarts! – disse ancora ridendo.
Lily aveva smesso di fissare il cielo, eppure stava guardando un grigio simile, se non addirittura più bello, più cupo e più vivo.
Le si contrasse lo stomaco.
Era Theodore.
Presente in tutta la sua bellezza e il suo aspetto scarmigliato.
Si imbarazzò, le sue guance la tradirono ancora una volta.
Dopo aver metabolizzato le sue parole lo guardò con aria interrogativa e lui rispose indicando l’uniforme e la sciarpa.
Era uno dei pochi college – anche se privati – che aveva mantenuto la tradizione della divisa.
Ridacchiò divertita – Ah, già. Eh si, mi ha scoperto! – si congratulò con se stessa per la risposta sagace – Ma tu… che ci fai qui? Fai il doppio gioco con il ‘Lato Oscuro’ un po’ come Piton? – le piaceva continuare con il paragone ad Harry Potter.
Annuì divertito – Spero di non fare la sua stessa fine, però.
- Oh, non morirai di certo al Saint Francis!
- Non intendevo quello…
- Allora non ho capito – ammise in imbarazzo.
Theodore si mise le mani in tasca e la seguì nel suo incedere – Piton è innamorato di Lilian, ma lei ama un altro e Severus rimane solo. Io non voglio che Lilian si innamori di qualcun altro…
Lily spalancò gli occhi, le pupille dilatate.
A lei ricordava di più James, ma non gliel’avrebbe mai detto.
Aveva apprezzato davvero le sue parole, e sentiva il cuore battere forte nel petto. A dirla tutta, aveva paura potesse sentirlo pure lui.
Cercò di sdrammatizzare – Lo stai dicendo perché conosci davvero la storia o perché vuoi sedurmi?
- Entrambe le cose – ridacchiò sfrontato.
- È possibile che tu non prenda mai una decisione? – non era la prima volta che lo poneva davanti ad una scelta, e non era la prima volta che lui rispondeva comprendendo entrambe le alternative.
La guardò divertito – Ed è possibile che tu non riesca a comprendere che non sempre la soluzione sta nell’escludere una delle due opzioni? – rispose sereno.
- Ottima osservazione – ammise lei.
- Grazie – disse puntando lo sguardo luminoso verso l’orizzonte, comprendendo tutto e niente – Dove stai andando?
- Al dormitorio.
- Posso accompagnarti? – chiese con garbo.
- Certo – e divenne rossa. Di nuovo – Comunque… non mi hai risposto.
- A quale domanda?
- Perché sei qui? – e avrebbe giurato che se avesse risposto ‘per te’ l’avrebbe sposato all’istante. Avrebbe chiesto il jet privato al padre e l’avrebbe portato a Las Vegas così, su due piedi, senza dargli nemmeno il tempo di metabolizzare la cosa.
- Per vedere la preside – le sorrise gentile.
Lilian ci rimase un po’ male. Continuava a pensare che la risposta che si era immaginata fosse più bella, ma di certo non poteva ammetterlo.
Oh mio Dio! Voleva forse trasferirsi? Per lei?
Correva un po’ troppo.
Si mantenne sul vago – Come mai?
- Ho degli affari ‘ufficiali’ da trattare – e alzò le spalle.
Dio, quel cardigan gli stava una meraviglia, facendo risaltare le sue spalle e il fisico modellato. Si domandava se avesse un difetto.
Lilian scosse la testa e ritornò al discorso – Non vorrai trasferirti, vero?! Voglio dire… è un bel gesto, lo apprezzo… sul serio! Ma non mi sembra il caso, in fondo non ti conosco nemmeno…
Il cuore batteva, lei iniziava a balbettare pensieri sconnessi.
Theodore rise di cuore – No! Non fraintendere. La preside, è mia madre – disse scosso ancora un po’ dalle risate – Devo esporle alcune questioni famigliari.
Si guardò intorno preoccupata – Tu! Il figlio della preside? Sei sicuro? Oddio, nasconditi! Mettiti in testa la mia borsa, fa’ qualcosa ma non posso farmi vedere in giro con te! La gente potrebbe dire che ti frequento solo per ottenere dei favori e voti migliori! – e cercava di coprirgli il volto con le mani.
- Perché, ci frequentiamo? – domandò interessato.
Sgranò gli occhi e cambiò argomento - Non devi andare? Non vorrei facessi tardi. Non è carino far aspettare.
- Quindi ci frequentiamo e ti preoccupi anche per me? È un bel passo avanti!
Lei abbassò lo sguardo, sentiva le guance bollenti come non mai.
- Scusa, sono stato inopportuno.
- No, è che… - ma lasciò cadere la frase a metà.
La verità è che Theodore le piaceva molto. Adorava il suo aver risposte pronte. In più era sempre allegro, educato e rispettoso. Infine, ma era la cosa che più le piaceva, aveva una testa che usava per ragionare.
Rimasero in silenzio per un po’, avvicinandosi agli alloggi e fermandosi ad una piccola caffetteria lì vicino.
Uscirono con i bicchieri bollenti e Theo prese in mano la situazione – Posso porti una domanda?
- Chiedi pure.
- Perché non mi hai richiamato?
Lily andò in panico. Aveva mille opzioni in mente, ma decise di provare con la verità – Per molte ragioni. Innanzitutto penso sia l’uomo a dover fare il primo passo, e dandomi il tuo numero hai lasciato a me questa incombenza, ho pensato che non te ne fregasse nulla. Poi non volevo fare la figura della disperata. Insomma, già ho fatto sesso con te senza sapere il tuo nome – abbassò la voce – Chissà che idea ti sarai fatto di me. Se poi ti avessi chiamato avrei dato davvero l’impressione della stupida.
Evitò accuratamente la parte sull’illudersi, per evitare di umiliarsi ancor di più.
Theo aspettò a parlare, voleva essere sicuro che avesse finito – Non volevo lasciare a te la prima mossa. Mi spieghi come facevo a chiederti di uscire senza avere il tuo numero? – sorrise, Lilian arrossì – Ti garantisco che se non mi fosse fregato nulla di te, avrei salvato io il tuo numero, per poi non chiamarti più e defilarmi. Quindi avresti dovuto decisamente chiamarmi.
Si fermò, e lei fece lo stesso – Di te mi son fatto l’idea che sei una ragazza che sa quello che vuole e se lo prende, senza ipocrisie e facciate da educanda mancata. Mi sei piaciuta perché sei spontanea. Mi piaci perché sei sincera.
Si era fermato per guardarla negli occhi, e lei l’aveva capito.
- A… anche tu mi piaci.
Lui sorrise rinfrancato da quelle parole.
E poi si ritrovarono davanti alla porta del piccolo appartamento di Lilian e Morgan, al primo piano di una piccola palazzina in mattoni rossi.
- Beh, a quanto pare siamo giunti a destinazione – si piantò davanti a lei e alla porta dondolandosi piano sui talloni. Sembrava quasi in imbarazzo.
- Già beh, grazie per avermi scortata fino a qui. Sei sempre molto gentile.
E avrebbe voluto baciarlo. Non alzava lo sguardo per paura di non riuscire a resistere.
Lui però le prese il viso tra le mani – Voglio amarti – era terribilmente serio.
E le ginocchia di Lilian tremarono.
Il cuore si fermò, spezzandosi in quell’istante sublime.
Sorrise radiosa e meravigliata – Te lo permetto.
Non aveva un senso alle sue orecchie. Ma a quelle di Theo si, perché non era un rifiuto. Anzi, era proprio il consenso che cercava.
Una promessa a lungo termine, ma nemmeno a loro era dato sapere quanto.
Si abbassò sulle sue labbra, saggiandone la dolcezza e il calore che celavano ai più.
Lilian aprì la porta e lo condusse dentro, stringendolo poi a sé.
Le era mancato da morire sentire il suo corpo contro il proprio. Era diventato un bisogno impellente.
La lingua di lui accarezzava con passione e delicatezza ogni angolo della bocca di lei.
Si separarono per riprendere fiato.
- Non c’è Morgan? – chiese preoccupato.
- No, non tornerà prima delle cinque – disse lei togliendosi il blazer, prima di baciarlo di nuovo conducendolo verso la sua stanza.
C’era qualcosa di magico in lui, nel modo in cui la guardava, in loro, che la faceva sentire diversa, speciale. Unica.
Quel modo che aveva cercato in altri e che mai aveva trovato.
Lilian si sdraiò sul letto seguita da Theo, che piano si allungò sopra di lei, non lasciando mai la sua bocca.
Sollevò i lembi della camicia bianca per infilare sotto in modo delicato due dita che corsero ad accarezzarle la pancia. Scivolando piano dietro la sua schiena e facendola aderire al proprio corpo.
Lily giocò con i suoi capelli, scendendo piano verso le spalle e la schiena, dove i muscoli si tendevano nel tentativo di non gravarle addosso. Come se lo potesse notare in quel momento.
Le dita di lei si spostarono sul colletto della maglietta nera, giocando con il collo e il petto.
Theodore si ritrovò a mordicchiarle un lobo a quel contatto, lasciandosi sfuggire un gemito.
Lilian corse fino al bordo della maglia, sfilandola insieme al cardigan, quasi con urgenza.
Eppure sapevano entrambi che rispetto alla prima volta avevano il tempo dalla loro parte, decisero così di sfruttarlo al meglio.
Theodore sfilò con cura ogni bottone dalla rispettiva asola, rimirando poi il risultato. La pelle candida di Lilian quasi si confondeva con le lenzuola chiare e la camicia bianca, facendo risaltare il reggiseno di pizzo verde, che quasi richiamava i colori della gonna.
Il petto che si alzava e abbassava velocemente, preda dell’eccitazione.
Le sorrise estasiato – Lo so che deve esserci qualcosa di perverso ma… sei sensuale con l’uniforme.
Lilian rise, ricordando quanto invece lei si trovasse goffa in quei vestiti. In particolar modo quel giorno, in cui non aveva avuto voglia di vestirsi e quindi aveva indossato accessori a caso, tra cui gli anfibi al posto delle più femminili ballerine.
La baciò di nuovo, come se non fosse mai sazio del suo contatto, del suo sapore, del suo calore.
La aiutò a sfilarsi la camicia, scendendo poi ad accarezzarle le gambe e sfilarle quelle odiose calze che la facevano sembrare una scolaretta delle elementari.
Ma a lui piacevano.
Le accompagnò fino a toglierle, risalendo la lunghezza della gamba con una carezza che fece tremare Lilian.
Scese piano sul collo di Theo, coprendo il tragitto con le proprie labbra, fermandosi a mordicchiare lì, dove sentiva il suo cuore battere.
Lui si inoltrò sotto la gonna, poi ancor più in profondità, superando gli slip.
Lilian ansimò sul collo di lui quando Theodore con un dito percorse il suo calore.
Le piaceva quello che sentiva, quello che lui riusciva a farle sentire.
Le sue mani abbandonarono le spalle di Theo e corsero ai pantaloni.
Lottò un poco e riuscì a slacciarli, scendendo all’interno dei boxer, carezzando la sua eccitazione.
Theo era talmente dedicato ai sospiri di Lily, che si accorse troppo tardi di quello che lei stava praticando.
Lo capì perché fermò per un attimo la mano che era in lei.
Sorrise soddisfatta – Non fermarti – e lei stessa seguì il proprio consiglio.
Theo quasi con avidità le tolse la gonna e il reggiseno, riservando infine lo stesso trattamento alle mutandine.
Lilian sfilò con gioia i jeans e i boxer a lui, le rendeva più facile arrivare al suo punto più sensibile, donandogli ancora più piacere.
Ma soprattutto, le piaceva sentire la pelle calda di Theodore sulla propria.
Era quella la sensazione impagabile.
Lo stare a contatto senza nulla a separarli.
Niente stoffe inutili, nessun finto convenevole.
Prendevano quello che volevano, e stava proprio lì il bello.
L’uno voleva l’altra e viceversa. E lo stavano dimostrando.
Quando Theo penetrò in Lily, quell’ultima trattenne il fiato un attimo. Aveva atteso il momento da un po’, e voleva godersi al meglio la sensazione.
Mosse un poco il bacino, tornando a respirare, e lui iniziò a muoversi in lei, con dolcezza e dedizione.
Lilian, in preda al desiderio aveva dimenticato di essere se stessa, così si fermò sui glutei di lui, riempiendosene le mani e facendogli capire di poter spingersi fino in fondo.
Fino al limite.
Theo decise di andarci piano, e così fece quando arrivò in profondità.
Facendola gemere, mettendola nella posizione di chiedergli di continuare.
Facendo del suo piacere il proprio.
Ritrovando ad ogni spinta i suoi gemiti nella propria bocca.
Aumentò il ritmo e con esso, anche il loro ansimare.
Finché il respiro di Theo non si spezzò – Lily… - emise appena, facendolo morire appena fuori dalle labbra.
Lilian sentì l’orgasmo del ragazzo completarla e contagiarla, al punto di raggiungerlo lei stessa poco dopo, sentendo ancora la sua presenza in sé.
Theodore si sdraiò accanto a lei, che appoggiò la testa sul suo petto, poi rise di cuore.
- Cosa c’è? – chiese lui spaventato. Le risa alla fine di una prestazione sessuale non promettevano nulla di buono. Eppure, non gli sembrava di aver fatto schifo.
- È che di solito non… mi concedo così facilmente. Ma con te è già la seconda volta che succede – e lo guardò un po’ preoccupata.
- Non mi dispiace affatto, se devo essere sincero – le rispose cingendo il suo viso con le mani e depositandole un bacio sulle labbra.
Lilian rimase senza parole, non si aspettava certo quella reazione.
Poteva solo esserne felice.
- Ora scusami un attimo, devo proprio fare una cosa – uscì dal letto e recuperò la biancheria intima oltre ad una maglietta lisa che usava a dormire.
Si chiuse la porta della camera alle spalle, cercò qualcosa nella borsa e poi si chiuse in bagno.
Compose il numero e aspettò che l’altra persona rispondesse.
- Pronto? – la voce maschile era incerta.
Lily sospirò divertita – Lo sai, avevi ragione. Avrei dovuto chiamarti prima – sorrise tra sé incantata – Ho solo perso tempo.
Theo dall’altra parte rise – Sono contento che tu l’abbia capito. Come si dice: ‘meglio tardi che mai’, no? Però sono felice che tu abbia cambiato idea.
- Anche io. Ora devo andare, c’è un ragazzo nudo nel mio letto che mi aspetta! – rise.
- Ti sbagli – rispose lui e riagganciò.
Non capendo a cosa potesse alludere uscì dal bagno e trovò Theo in salotto – Il ragazzo è semi nudo ed è in salotto – per sottolineare la cosa indicò i boxer e i jeans che indossava.
Lei si perse su quella figura così eccitante, perché vederlo con solo i pantaloni addosso, le aveva fatto schizzare il cuore in gola. E se avessero avuto altro tempo, l’avrebbe obbligato a concederle il bis.
Lui la accolse tra le braccia con un sorriso mentre lei si abbandonava sul suo petto – Ho appena salvato il numero di una ragazza meravigliosa, spero non ti dispiaccia.
- No, non sono gelosa.
Ridacchiarono entrambi.
- Immagino tu debba andare, tua madre ti starà aspettando e in più scusa ma… non voglio che Morgan ti trovi qui e per di più mezzo nudo! – lo cacciò in camera, dove finì di rivestirsi.
- Si, non mi sembra il caso. Anche perché non vorrei che si innamorasse di me, in fondo esce con quello che considero la persona più vicina ad un fratello che ho… - disse lui con fare finto altero.
- Presuntuoso! – lo canzonò lei.
Una volta rimessi i vestiti addosso lo accompagnò alla porta.
- Allora, mi dai il tuo permesso per chiamarti?
Lei alzò gli occhi al cielo divertita ed esasperata – Le tue buone maniere sono veramente assurde a volte…
- Già, ma non hai risposto alla domanda.
Lo prese dolcemente per il colletto della maglietta, facendolo piegare un po’ verso il basso e baciandogli appena le labbra – Certo che puoi. Devi.
- Bene, vado ad inoltrarmi in quel di Hogwarts. Buona giornata, Lily.
- Anche a te, James… – disse lei pentendosi subito per essersi esposta così tanto.
Infatti, prima di chiudere la porta del piccolo appartamento, vide il sorriso di Theo allargarsi e farsi luminoso.
Non Severus, ma James.
Sapeva benissimo quello che voleva dire tutto quello e ne era felice.
Sarebbe andato da sua madre con le giuste motivazioni, lei non poteva non capirlo.
Doveva cercare di convincerla anche per poi persuadere suo padre, il vero scoglio in tutta la faccenda.
Anche se di scogli da affrontare in quella situazione, ce n’erano pure troppi.
E uno lo stava giusto chiamando al telefono.
- Sì, Cee, che c’è? – chiese arreso.
- Theo, tesoro mio, è vero che sei qui al Saint Francis? Mi è sembrato di averti visto un po’ di tempo fa, però poi sei sparito… – una voce irritante a cui non avrebbe mai fatto l’abitudine ed un tono quasi scocciato che riconosceva fin troppo bene.
- Sì, devo parlare con mia madre… - rispose evasivo.
- Bene, e dopo?
- Dopo pensavo di vederti, sai, devo parlarti…
Ma la lei in questione aveva perso l’attenzione per il resto della frase, soffermandosi solo sulla prima parte e prese subito parola, parlandogli sopra – Ma è perfetto tesoro, non vedevo l’ora pure io di vederti! Chiamami appena hai finito di parlare con tua mamma, e salutamela tanto!
Non fece in tempo a risponderle che gli aveva già agganciato il telefono in faccia.
Accelerò il passo verso l’ufficio della madre, aveva sempre più urgenza di parlarle.
Solo una cosa passò per la sua mente: ‘Maledetti aristocratici!’.

L'uniforme di Lilian

***

Buonasera! Scusate il ritardo, ma oggi ho studiato. Avrei voluto postare prima, però la mia wireless ha deciso di abbandonarmi e così ora sono connessa tipo Preistoria, con un filo di 40 cm e sono bellamente in mezzo alle scatole a tutti, in questa casa. Ma che problema c'è?
Spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto, mi farebbe piacere avere un vostro parere a riguardo.
Scusate se sono di poche parole, ho rischiato l'infarto una ventina di volte soltanto, nel cercare di inviare una relazione al professore.
Ora che ce l'ho fatta sto meglio, il peggio è passato, ma non so cosa dirvi, ho la mente svuotata.
Però posso ricordarvi la mia pagina Facebook, dove pubblico spoiler e vi tengo aggiornate sulle storie:
http://www.facebook.com/Cris87.loves.Rob.
Niente, siccome non so cosa dirvi vi lascio.
Spero di ritrovarvi qui e sulla pagina fb, a giovedì, Cris.

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Capitolo 4
*** La forza di una promessa ***


- Se dovevi rompere così tanto perché non sei andata con lui?! – chiese Morgan offesa.
- Perché se non fossi venuta qui con te me l’avresti rinfacciato a vita. Ed è più facile convivere con il rimpianto di non essere andata alla festa degli amici di Theodore e Brant che sopportare i tuoi musi lunghi ad vitam! Lui di certo non se la prenderebbe in quel modo se rifiutassi… - ma Lily si era accorta di aver formulato la frase in modo errato.
Cosa che non sfuggì all’amica, svelando la vera entità della situazione – No! Non ti ha invitato! È così?
Ok, Morgan era intelligente e perspicace. Ma lo era troppo.
Sempre. In ogni caso.
Era fastidioso.
- Già – ammise con noncuranza – Non me l’ha detto e, per la cronaca, non mi dispiace. Insomma, dopo averlo incrociato – sorvolò sul fatto di essersi incrociati anche sotto le lenzuola – Al college, ci sono uscita due volte! Se me l’avesse chiesto, sarei scappata a gambe levate. Odio le colle.
- Si certo, come no, ed io ho lo stesso quoziente intellettivo di Megan Fox!
- Perché ti sopravvaluti così tanto? – era volutamente ironica.
Tanto da far sfoderare la lingua all’amica, che continuò sadica nella sua opera di distruzione – Lo sai che a quella festa in pompa magna dove ci sono tutti i giovani blasonati c’è pure Cecil?
- E sai che oltre a Theodore da molestare c’è pure Brant e mille altri ragazzi con dei titoli veri? – cercava di non dare in escandescenze.
Eppure sapeva bene perché una come Cecil dove mettere gli occhi su Theodore. Non era nobile, ma era di famiglia molto benestante.
E per una come lei, abituata a puntare al meglio sul mercato, era un ottimo boccone, anche se non le portava un titolo. Che tra l’altro, lei già aveva. L’unico motivo per cui non le interessava cercare un aristocratico.
Ed essendo duchessa, pochi potevano avere un titolo più prestigioso del suo. Ovvero, i principi ed i re.
Morgan alzò le spalle – Ma Brant ed io almeno abbiamo formalizzato la cosa. Tutto il mondo sa che usciamo insieme! – e per sottolineare la cosa, bevve dal suo bicchiere.
Anche loro due erano ad una cena di amici.
O meglio, amici di Morgan.
Quelli che Lily vedeva volentieri, ma a piccole dosi. E soprattutto, non tutti.
Gli amici più stretti della compagna di stanza erano simpatici e tranquilli, gli altri, degli schizzati da paura capaci di compiere ogni gesto.
Una volta li aveva visti presentarsi ubriachi alla festa di beneficienza del padre di Morgan, un ambasciatore, vestiti con le pinne, il boccaglio e le paperella attorno alla vita.
Si giustificarono semplicemente con un ‘Anche noi volevamo contribuire alla causa. Volevamo salvare le foche a modo nostro!’
Ecco, diciamo che i pochi amici che aveva abbandonato a Manchester erano diversi.
Casinari certo, ubriaconi, ma meno… plateali.
Lilian si alzò e la trascinò verso il buffet degli stuzzichini – Se non la pianti giuro che ti uccido, e poi la serata si svolgerà in modo diverso. Sarà la riproduzione reale di Cluedo! Solo che al contrario del gioco in scatola, l’assassino non verrà mai svelato.
- Come sei acida Mrs Peacock! – rispose l’altra sorridendole allegra e prendendola palesemente in giro.
- È colpa tua! Per una volta che non ho paturnie, vuoi farmele venir tu? – la guardò male per chiudere il discorso.
Morgan alzò le spalle, allontanandosi per andare alla toilette e lasciarla al proprio destino.
- Ehi, ti cercavo! Ho organizzato questa festa solo per te! – le disse abbracciandola – Sei splendida.
- Grazie Ben, anche tu sei sempre in forma – rispose con cortesia.
Ben, il proprietario di quella casa a due piani e del giardino in cui si teneva la cena, era il più caro amico di Morgan.
Amico che si era preso una sbandata colossale per Lilian, e che lei rifiutava sempre con molta grazia.
Ogni volta non perdeva l’occasione di invitarla alle famose feste, solo per vederla ed essere sicuro di assicurarsi un po’ di tempo con lei.
- Non sono ancora alla tua altezza? – chiese abbozzando un sorriso in risposta al convenevole di lei che nemmeno un po’ si avvicinava al suo complimento.
- Non è questo il punto, lo sai…
Si stava avvicinando, Lilian era nel pallone. Dov’era Morgan quando serviva? Si divertiva alle sue spalle?
Gliel’avrebbe fatta pagare, era una promessa.
Quando la mano di Ben si posò sulla sua guancia incandescente, il telefono di Lilian squillò.
- Salvata in corner. Lilian Penelope Whitley, lassù devi avere una buona stella…
Quando vide il nome sul display smise di ascoltare le parole dell’interlocutore, sorridendo davanti a quelle quattro lettere.
- Il tuo ragazzo? – domanda che gli sorse spontanea, dato la faccia raggiante e incantata di lei.
- Già – e si allontanò.
Era brutto mentire, ma almeno avrebbe fatto capire a Ben che di speranze non ce n’erano poche, ma erano ormai zero.
E poi le sarebbe piaciuto davvero averlo come ragazzo. Forse un giorno. In fondo, non lo conosceva bene, poteva pure sbagliarsi.
- Pronto? – rispose con il cuore in gola.
- Lily! Pensavo ti stessi divertendo troppo per rispondermi…
Di sottofondo sentiva un gran casino, peggio di quello della sua festa.
- No, non riuscivo a trovare il cellulare in borsa. E poi stavo parlando, ho preferito allontanarmi prima di rispondere. A te come va? – lo chiese con disinteresse, ma la verità era che stava morendo di curiosità. Avrebbe voluto avere tutti i dettagli della festa, specialmente quali e quante ragazze si erano avvicinate a lui con la speranza di essere abbordate.
- Ti vergogni così tanto di me da doverti scostare dal tuo interlocutore? – rise, non era per nulla offeso da quel comportamento dato che lui aveva fatto esattamente lo stesso –Comunque qui è una bolgia, peccato che non sia così divertente. Anche se da quanto ho capito, c’è pure un addio al celibato. Incredibile, no? – fece una piccola pausa – Eri in compagnia di qualche ragazzo interessante? – in quell’ultima domanda lasciata lì per caso, c’era tutta la sua curiosità.
- Ragazzo sì, interessante no. Una storia lunga... ma, addio al celibato? Tra aristocratici? C’è pure il principe Henry? – era preoccupata.
- No, Henry non c’è. Perché? – Theo era sorpreso da quella domanda – Vuoi conoscerlo? Guarda che non te lo presento!
- No, volevo constatare quante possibilità ci fossero di veder comparire delle spogliarelliste. Senza il principe penso che la loro presenza non sia così sicura – rise – Però sì, ora che mi ci fai pensare, mi piacerebbe conoscerlo.
- Spogliarelliste? No, solo escort, tranquilla! – si prese del tempo per unirsi alla sua risata – Sei per caso gelosa? – alzò un sopracciglio, in attesa della risposta.
- Oh sì, da morire. Se non fosse che io sono in una casa a Leicester, non in centro ma quasi, e tu nella campagna di Anstey a quarantacinque miglia da qui circa, beh… mi butterei sicuramente tra le tue braccia – era contenta, l’ironia era venuta fuori in tutta la sua magnificenza.
Peccato che in quella frase ci fosse un pizzico di verità.
Avrebbe voluto essere tra le sue braccia, anche solo per un attimo. Le piaceva trascorrere il tempo con lui.
- Ah, dietro al sarcasmo noto un po’ di verità! – disse scherzando –Ora devo andare, Brant mi sta dicendo che è solo da troppo tempo. Mi manchi – e attaccò prima di sentir risposta.
La verità era che Theo sentiva davvero la sua mancanza. Non la vedeva da quasi una settimana per via dei loro impegni.
Avrebbero dovuto vedersi quel pomeriggio, ma Lilian doveva parlare con un professore, cancellando così il loro appuntamento.
Gli mancava qualcosa.
Corse da Brant, doveva parlargli.
Lily, nello stesso istante, cercò Morgan tra la folla.
Trovandola seduta su un dondolo con altri amici.
Prima che potesse raggiungerla l’aveva vista alzarsi e portare il cellulare all’orecchio.
Lilian rise, pensò subito a Brant che voleva vendicarsi di Theo, ripagandolo con la stessa moneta.
L’ora successiva trascorse in modo strano.
Era inquieta, non riusciva a stare ferma. Morgan giustamente passava più tempo con gli amici che non vedeva spesso, così Lilian si ritrovava spesso da sola.
Volontariamente, dato che cercava di evitare le imboscate di Ben e altri poco avvenenti ragazzi.
Non che fossero davvero brutti, ma non reggevano il paragone con Theodore ai suoi occhi.
Ormai le era chiaro quanto fosse interessata a lui, ma le costava ammetterlo.
Un po’ perché non era da lei comportarsi così, un po’ perché aveva paura di farsi del male.
Passeggiava per il prato a vuoto, facendo girare nel bicchiere di plastica il ghiaccio e il gin lemon all’interno.
La cena era finita, erano le dieci e mezza e ormai si era passati ai super alcoolici.
Da lontano sorrise a Ben che osservava ogni suo passo.
Si nascose nella penombra per sentirsi un po’ protetta da quello sguardo indiscreto.
In quel momento, vide passare per la via residenziale dei fari.
Il rumore del motore finì subito dopo.
Tornò distratta a guardare il prato, dove la gente ballava, rideva, beveva e parlava.
C’erano ragazzi che flirtavano con le ragazze presenti.
E poi c’era Ben che parlava con Morgan, però con un occhio la controllava sempre.
Dentro la penombra si sentiva al sicuro.
Si mise a sedere sul muretto di mattoni, a contemplare quel quadro.
Non aveva voglia di parlare con nessuno.
O meglio, la persona con cui voleva parlare, magari flirtare, era a chilometri di distanza.
Le mancava Theodore.
Due mani andarono a coprirle gli occhi, facendola sobbalzare e fare un piccolo grido.
La persona in questione tappò gli occhi con una mano e con l’altra le chiuse la bocca.
- Sssshhhh! – e rise.
Lilian si prese del tempo per pensare.
Chi poteva essere?
Non lo sapeva, sapeva solo chi voleva lei fosse.
- Chi sei? – chiese scioccamente.
Una risata.
Non era una risposta!
Si mosse inquieta sotto quel tocco.
E poi, anche in quella risata ci ritrovava Theodore.
Sospirò arresa alla propria volontà. Avrebbe voluto prendersi a martellate in testa per il suo modo di pensare a lui.
Da quando era diventata sdolcinata?
La persona sconosciuta si mise davanti a lei mentre toglieva le mani dai suoi occhi.
Una volta riaperti, li spalancò totalmente – Theo!
Si strozzò nel dire il nome, era impossibile.
- Sorpresa. Ti spiace?
- No, affatto! – gli sorrise radiosa – Ma che ci fai qui?
- Sono in missione.
Non aggiunse altro, le prese il viso tra le mani e le impresse un bacio sulle labbra.
Fu lei a renderlo completo, caldo e passionale, facendo schiudere la bocca di lui col tocco impaziente della propria lingua.
Lui si chinò un po’ di più per arrivare alla sua altezza, per permetterle meglio di approfondire quel bacio.
Quando misero fine a quello per riprendere fiato, Theodore parlò – Era da tutto il giorno che aspettavo questo momento. Non potevo attendere oltre… – le sorrise accarezzandole la guancia con il pollice.
- E ti sei fatto quarantacinque miglia, cioè un’ora di viaggio, solo per baciarmi?
- Sì.
- Guarda che io ti sposo! – disse scherzando.
Si avvicinò al suo orecchio – Se non erro, io te l’ho già chiesto, e promesso, questo matrimonio.
La baciò di nuovo, lasciandola con il cuore sospeso tra un battito e l’altro. Era forse passata a miglior vita?
- Ora devo tornare alla festa, prima che qualcuno si accorga della mia assenza. Sai, sono io l’animatore. Senza di me, non ci si diverte!
Le sorrise, si avvicinò per accarezzarle la punta del naso con le labbra e se ne andò.
Il motore ruggì, i fari si accesero e Theo se ne andò così come era arrivato.
Di nascosto.
Lilian dopo quell’incontro si rese conto di non ricordarsi altro di quella serata, specialmente cosa era successo dopo.
Theodore aveva il potere di mandarle in tilt il cervello, ma soprattutto il cuore.
 
- Andiamo! Sei nobile senza sangue blu! – lo prese in giro lei.
Theodore la guardò male – Ti prego! È solo un modo come un altro per i reali di mostrare il proprio potere.
Lily rise.
- È vero! Insomma, se pure David Beckham è baronetto, vuol dire che non conta proprio nulla – fece lui per stemperare la discussione.
- Come fai ad essere baronetto, tra l’altro? So che si tramanda… per caso tuo padre è… venuto a mancare? – cercava di essere discreta, non voleva essere invadente o maleducata.
Theo rise – No! Sia mio padre ed io siamo stati insigniti del titolo. È una sua mossa – si fece insolitamente serio – Siamo una delle famiglie più antiche dell’Inghilterra, ma non siamo nobili. Lui punta a questo, ed è riuscito ad includermi nel progetto che è valso l’appellativo. Se te lo domandi è merito della beneficienza, proprio come Beckham. L’ha fatto solo per potermi dare un matrimonio vantaggioso – sospirò – Sai, il fatto che il padre di Brant abbia sposato una contessa non gli è andato molto giù. E vuole che a trarne i vantaggi sia io, per la famiglia.
- Capisco… – accennò appena lei.
- No, non capisci – ma non era duro. Le sorrise piuttosto rassegnato – Anche se dovessi sposare una blasonata, non acquisirei il suo titolo, ma di sicuro il prestigio che ne viene. Insomma, non siamo aristocratici nemmeno in questo modo. Al massimo posso concederti che siamo l’anello mancante tra essi e… beh, la gente.
Fece una pausa – Senti, è meglio che ti dica come stanno le cose una volta per tutte…
- Sei gay?! – chiese scioccata.
- No! – e rise. Perché Lilian trovava sempre il modo di divertirlo e tirargli su il morale.
La adorava per quello. E per molto altro.
- No. Solo che i miei mi hanno combinato un matrimonio, diciamo così, nel futuro. Con un’aristocratica, ovviamente.
- Oh – era sorpresa.
E ferita.
Vedeva i sogni che piano le stavano affollando la mente e il cuore svanire piano, come cancellati dalla pioggia che erano le sue lacrime.
Ma le avrebbe riservate per sé quelle gocce salate dal retrogusto amaro.
- Prima che tu travisi le mie parole, è meglio che io parta dall’inizio.
Annuì in silenzio. La notizia l’aveva lasciata senza parole.
Non sarebbe riuscita ad opporsi alla cosa nemmeno volendo.
- Ti ricordi il giorno in cui si siamo incrociati qui? – aspettò il suo assenso per continuare – Dovevo parlare con mia madre. A proposito del fidanzamento.
- Quindi tu sei fidanzato – sottolineò il verbo, volendo far notare la connotazione temporanea al presente. Non era una domanda, quanto più una lapidaria verità.
- Già. O meglio, lo ero.
Lilian sgranò gli occhi, incapace di parlare.
Decise di ascoltare ciò che aveva da dire, perché non ci stava capendo nulla.
- Le ho spiegato la situazione. Dal matrimonio di Valerie e Peter, per esattezza – parlava con la sua solita calma, in modo che le parole le arrivassero e le assorbisse al meglio – Non ho mai voluto quel fidanzamento, ma non avevo un motivo per ribellarmi ad esso. Ho sempre temporeggiato. Poco tempo fa, ho trovato un motivo per annullarlo – le accarezzò una guancia rossa per l’imbarazzo provocato da quelle parole.
- Sapevo di trovare in mia mamma un’alleata e così è stato. Non era del tutto convinta ma anche lei pensa che sia io a dover scegliere con chi stare, del titolo gliene frega ben poco. Ovviamente mio padre non è per nulla d’accordo e ora i rapporti sono cambiati. Beh, diciamo pure che non ci sono proprio rapporti, al momento – aggiunse ridacchiando, ma con lo sguardo serio.
Non voleva che Lilian si preoccupasse della sua situazione famigliare, aveva altre cose da farle comprendere.
- Questo perché ad una cena tenutasi a casa mia poco dopo quella discussione, ho annunciato alla famiglia della futura sposa e alla ragazza stessa l’intenzione di annullare il fidanzamento. Tra l’altro, senza che mio padre sospettasse nulla. Pensava avessi archiviato la questione – sospirò – Non ti riporto le liti e i piagnistei, ti dico solo che ora è ufficiale: non ho legami con nessuna. Sono libero – concluse sorridendole.
- Ma perché? – fu l’unica domanda che le uscì di bocca.
Theo rise, veramente divertito – È semplice. Perché sulla tua testa grava il peso della tradizione del bouquet. Ed io soccorro la damigella in pericolo!
Ancora con quella storia? Lilian non ne poteva più. Non voleva essere presa in giro.
Era innamorata dell’amore, e quel suo dissacrarlo la feriva.
- No Theo, lascia perdere. Non voglio sentire certe stupidate.
Si mise a sedere sul muretto, con la schiena appoggiata alla colonna del cortile.
Lui le sorrise e la fece voltare nella propria direzione – Non mi interessa nulla della tradizione. È solo una scusa per farti capire che voglio essere io l’uomo che ti porterà all’altare. Presto o tardi che sia.
Le fischiavano le orecchie, il cuore batteva senza controllo e si sentiva svenire.
Erano quelli gli effetti della felicità?
- Prima ti ho detto che non ho legami con nessuna e sono libero, ma non voglio. E tutto dipende da te. Io vorrei essere legato ad una sola persona, e questa sei tu. Vorrei però che per te fosse lo stesso – aggiunse infine arreso, con un sorriso triste.
Aveva capito che era impossibile lottare contro il muro che Lilian aveva eretto per proteggersi.
Fu Lily a fargli alzare il viso e ad inchiodare i propri occhi nei suoi – Per me è lo stesso, credimi – era felice di ciò che lui aveva detto, e non avrebbe mai negato ciò che sentiva in un momento simile.
Era difficile esporsi per lei, ma non poteva permettersi di perdere la cosa più bella che aveva.
E Theodore lo era.
Le sorrise estasiato.
- Però ora possiamo cambiare argomento? Mi imbarazza un po’ mostrare i miei sentimenti, e il chiostro del mio college non mi sembra affatto il posto ideale per farlo…
Le prese le mani cercando di trattenere una risata – Va bene – poi sbottò – Perché? Vuoi farlo davanti a tutti? Non mi sembra il caso! – e riprese a ridere.
Divenne pallida – Theo! Hai capito benissimo a cosa mi riferivo!
Si mosse a disagio sul muretto in pietra.
- Volevo solo prenderti in giro e cambiare argomento. Ok, proviamo così – si finse stanco – Avanti, tira fuori quella cosa che hai comprato prima…
Perché si erano incontrati a Leicester, la città più vicina ai paraggi dell’università con una vita accettabile per dei ragazzi della loro età.
Lily si illuminò – Quella cosa, come la chiami tu, in realtà è un burrocacao a forma di colla stick di un marchio di vestiti che ora ha lanciato questa linea fantastica!
Lo rimirava come se fosse un anello di Tiffany, non un semplice cosmetico.
La sua espressione fece ridere Theodore.
Aprì la confezione e se lo mise – Oh mamma, è buonissimo! Sa di dolcetti alla vaniglia e frutti di bosco!
Era entusiasta – Assaggia! Avanti, assaggialo! Assaggialo! Assaggialo! – e glielo sventolava sotto il naso.
Sembrava una bambina di cinque anni esagitata.
Era incredibile come riuscisse a mettere Theodore di buonumore. Avrebbe giurato di poter vivere di quei momenti per sempre.
Al posto di annusare lo stick le prese il volto tra le mani e la baciò, gustando al meglio il sapore del lucido misto a quello di lei e al calore delle sue labbra.
Lily, colta alla sprovvista, si lasciò andare a quel gesto, stringendo Theo a sé, approfondendo il contatto e facendo aderire al meglio i corpi anche in quella posizione strana, dato che lei era seduta e lui le stava di fronte.
Poi si ricordò di essere nel bel mezzo del college, nel cortile principale, con studenti che passavano da un’aula all’altra.
Infatti sentì ragazze parlottare, altre ridacchiare e molte sospirare trasognate.
Si imbarazzò per quel primo bacio ‘pubblico’, alla mercé di tutti gli occhi lì intorno.
- Forse abbiamo dato spettacolo – disse ancora vicina alla sua bocca.
- Non mi interessa. E poi meglio che si abituino, perché voglio farlo spesso.
E per dar valore alle proprie parole, impresse ancora le labbra su quelle di lei.
Un’improvvisa curiosità si impossessò di Lily – Posso farti una domanda?
- Certo. Tu puoi tutto.
- Chi sarebbe dovuta essere la tua ‘futura’ sposa?
Lui si aprì in un sorriso mentre la guidava verso l’appartamento. Doveva prepararsi per andare con lui, Morgan e Brant ad un concerto – Ah no, questo non te lo dirò mai. Soprattutto perché studia qui.
- COSA?!
Lilian andò avanti a punzecchiarlo per tutto il tragitto, cercando di estorcergli quel nome con scarsi risultati. Facendo però sorridere chi li incrociava.
Peccato soltanto che a quel bacio assisté anche la fidanzata scaricata – ormai ex – che in quel momento aveva in mente solo una cosa.
Vendetta, tremenda vendetta.

Ecco come immagino la villa in cui si è tenuta la mega festa di Theo:

 

***

Buonasera! Sì, mi porto avanti.
Una precisazione sul capitolo: la Mrs. Peacock di inizio capitolo è, appunto, uno dei personaggi di Cluedo.
Per il resto non ho molto da dire, perchè, in fondo, ha spiegato tutto Theo.
Scusate le poche parole, ma tra poco devo mangiare (con le galline, lo so) perchè inizio ad avere gli allenamenti. Sono anche un po' nervosa, perchè per la prima volta ci lanciamo in un campionato agonistico. In più stasera conosceremo l'allenatore che dovrà decidere il mio ruolo: alzatrice, opposto, o più probabilmente raccattapalle e pulisci-spogliatoi.
Vabbeh, mica tutte son nate Mila Azuki!

Ok, basta stupidaggini. Ringrazio di cuore quelle personcine adorabili che si sono fermate a lasciare il loro parere, ma anche chi legge e chi continua ad aggiungere la storia alle preferite/da ricordare/seguite. Siete tante e mai me lo sarei aspettato *_*
Vi ricordo che potete scambiare due chiacchere con me e altre ragazze sulla pagina autore in Facebook: http://www.facebook.com/#!/Cris87.loves.Rob
A giovedì, buon fine settimana, Cris.

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Capitolo 5
*** La seconda opportunità mancata per la prima volta ***


Si sentiva una stupida, eppure non poteva farci niente.
Era rintanata all’interno del maglione di Theodore. La guancia appoggiata sul petto all’altezza del cuore. Era veramente alto, e anche se lei non era bassa era già tanto arrivarci, al petto.
Non voleva affrontare il ‘fuori’.
Dalla trama del maglione filtrava la luce asettica e accecante dei neon.
Lì sotto invece c’era tutto quello di cui aveva bisogno.
Lì, c’era il suo profumo. Ed il suo cuore.
Avrebbe potuto viverne.
Mannaggia a lui che l’aveva ridotta così.
Fuori c’erano quelle luci orrende che le avrebbero conferito un aspetto peggiore di quel che già aveva. Non voleva vedere Theo avvicinarsi al desk del check-in, non voleva vedere il suo progressivo allontanarsi da lei.
Preferiva di gran lunga rimanere lì dentro.
Theodore la guidava. Ad ogni avanzamento la stringeva e la assisteva per non farla inciampare. Per farlo, la abbracciava e le faceva seguire il proprio corpo.
O meglio, abbracciava il proprio maglione da cui era stata inglobata.
All’ennesimo passo avanti ridacchiò – Pensi di uscire di lì?
La sentì scuotere la testa contro il proprio petto.
- Hai intenzione di rimanerci a vita?
Annuì soltanto.
- Peccato.
- Perché? – la voce acuta.
Era difficile parlare quando un groppo s’impossessava della gola come le truppe nemiche invadevano la Jacuzia a Risiko.
- Perché prima di partire vorrei vedere gli occhi della ragazza che mi ha stregato il cuore. Vorrei avere qualcosa a cui pensare in questi sette giorni.
Mugolò mesta, poi uscì dal proprio rifugio. Le guance in fiamme.
La circondò dolcemente con le proprie braccia.
- Devi proprio partire? – pigolò appena facendo quasi violenza sulle proprie corde vocali.
- Devi proprio restare qui?
Lilian rispose dopo aver ripreso un po’ della propria animosità – Non iniziare, ne abbiamo già parlato. Tu vai per seguire tuo padre nei vostri affari alle Bahamas, io cosa c’entrerei in tutto questo? E poi tra dieci giorni c’è la cerimonia della laurea, ti ricordo – sospirò – Ci sarai, vero?
- Tu c’entreresti perché verresti a conoscere il tuo futuro suocero – sorrise.
Dio, di quel passo non sarebbe arrivata ai ventiquattro anni. Sarebbe morta prima, e lui ne sarebbe stato l’unico responsabile.
Theodore poggiò la propria fronte su quella di Lilian, continuando il suo discorso – E sì, ci sarò, non mi perderei la consegna per nulla al mondo. E poi, dopo poco, tocca a me.
Entrambi si sarebbero laureati, anche se Theodore era più grande.
Aveva iniziato dopo l’Abbey Cross, prima si era preso due anni sabbatici in cui aveva girato il mondo ed aiutato suo padre nel condurre l’impresa famigliare, che tanto poi era valsa il titolo.
- E poi ricorda che starò via una settimana. E vado alle Bahamas, non farla sembrare Pearl Harbor.
- L’importante è che tu mi prometti che ci sarai, qualunque cosa accada e… dato che è zona di uragani, fammi un favore… sta’ attento.
- Aaahhh – esclamò soddisfatto – Ma allora ti importa di me?
Sapeva quanto schiva fosse Lilian, l’aveva capito. Constatare il suo interesse era sempre piacevole.
Alzò lo sguardo per incrociare quello di lui – Certo. E lo sai. Non fare il finto tonto.
Più si avvicinavano al desk, più si stringeva attorno alla sua vita.
Come avrebbe fatto una settimana senza di lui?
Non era abituata.
Da quando avevano iniziato a frequentarsi era stato molto presente.
E quando non poteva esserci fisicamente arrivava virtualmente a lei.
- Mi mancherai da morire – e cercò di regalargli un sorriso.
La guardò soddisfatto – Non sai quanto sia felice di sentirtelo dire, perché per me sarà lo stesso.
- Documenti prego – li interruppe l’assistente di volo.
Theodore fornì i propri dati e le coordinate del booking, caricando la propria valigia sul nastro trasportatore, pregando che la collocassero sul giusto aereo.
Si allontanarono dalla fila e si diressero verso uno Starbucks per un caffè veloce. Non avevano molto tempo, dato che erano arrivati un po’ in ritardo.
Il momento di separarsi sopraggiunse con troppa fretta per i loro gusti.
Le prese il viso tra le mani – Mi mancherà poter far questo – e prima di aggiungere altro, la baciò.
Lilian si protese sulle punte pur di arrivare meglio a lui, lo cinse per la vita, stringendo il maglione tra le mani. Non voleva lasciarlo andare.
- Torna presto – disse con sguardo implorante.
- Non ti accorgerai nemmeno della mia assenza – la rincuorò.
Sorrise appoggiando le mani sul suo petto – Sir Lowell-Pending, da una persona della sua educazione non mi aspettavo una simile bugia. Devo preoccuparmi?
- Non è una bugia, ma una constatazione. Sarai così impegnata e nervosa da non renderti nemmeno conto che un oceano ci separa.
- Lo sto già odiando quell’oceano – gli si gettò al collo, prima che il volo venisse chiamato.
 
Erano passati cinque giorni dalla partenza di Theodore. Erano riusciti a sentirsi poche volte però, occupati con i rispettivi impegni e ostacolati dal fuso orario.
- Grazie – mormorò lui gentile.
Lily sentì in modo distinto una voce femminile.
- Theo, chi era quella? – era preoccupata.
Era un bel ragazzo, mezzo nudo, al sole, perché sapeva benissimo che non avrebbe passato tutto il tempo a lavorare. Insomma, era alle Bahamas!
Con le ragazze ci sapeva fare, non era difficile immaginarlo circondato da donne pronte a soddisfare ogni sua esigenza.
- La cameriera. Mi ha portato un cocktail in una noce di cocco, con l’ombrellino! – rispose sorpreso rimirando la bevanda tra le sue mani.
Si stava alterando – Guarda che non do seconde possibilità, ricordalo.
- Tranquilla, non ne ho bisogno – rispose sereno. Si avvicinarono altre voci di uomini – Ora devo agganciare, stanno arrivando i soci di mio padre, immagino sia una riunione fuori programma – sospirò irritato – Mi dispiace.
- Mi manchi – disse appena.
- Sarò da te il prima possibile – chiuse la conversazione.
Guardò mesta lo schermo del proprio cellulare, dove c’era una foto sfocata di Theo. Gliel’aveva scattata al concerto. Appena era salito sul volo, l’aveva salvata come sfondo.
Sarebbe stato il suo piccolo segreto.
Si diresse verso i bagni in fondo al corridoio, prima di seguire l’ultima lezione della giornata.
Si sciacquò la faccia, stava per uscire quando incrociò sull’uscio Kate, l’amica di Cecil.
O meglio, quella che lei considerava la tirapiedi numero uno.
Quell’ultima le sorrise incerta ed in imbarazzo, passandole accanto.
L’altra stava per uscire, quando Kate la chiamò – Lilian?
- Sì? – rispose riluttante.
- So che ti sembrerà strano che io ti dica certe cose ma… anche se Cici è mia amica, non trovo sempre giusti i suoi comportamenti.
- Con questo cosa vorresti dire?
- Hai ragione, scusa, mi sono persa nel mio sproloquio. Voglio solo dirti di stare attenta, Cecil è veramente fuori di sé. Non ha gradito il trattamento poco ‘reale’ che le è stato riservato. Però vedi di non farti mettere i piedi in testa, ecco. Ho provato a convincerla a lasciar perdere, ma è tutto inutile… è fuori di testa.
- Ma di cosa stai parlando? Non capisco – Lilian era veramente confusa da quelle parole senza senso.
- Lo scoprirai presto, suppongo. Scusa. Devo andare.
Kate uscì senza indugi.
- Beh, grazie – mormorò al nulla.
 
Stava tornando al dormitorio, Morgan la aspettava nel loro appartamento.
- Ah ah, dove pensi di andare? – Cecil spuntò da dietro una colonna.
- Cici, mi hai spaventata!
- Coscienza sporca, eh? – era sprezzante e fredda. Nulla di diverso dal solito.
- No, solo che fai paura. Specialmente se sbuchi dal nulla a tradimento.
Qualcosa nella maschera dell’aristocratica si incrinò.
- Come osi parlarmi in questo modo? Non ti basta avermi fatto passare per la disperata di turno e di avermi rovinato la vita?
- Andiamo! – rispose Lilian irritata – Per delle battute acide che ci siamo lanciate in tre anni vuoi dire davvero che ti ho rovinato la vita? È ridicolo!
Rise per l’assurdità di quel momento. Cici, la donna d’acciaio, le stava davvero rinfacciando una simile bambinata?
- Non lo sai, dunque… – improvvisamente, aveva riacquistato la sua solita spavalderia.
- Non so cosa? Diavolo, parla! – odiava la gente che non arrivava dritta al punto. A che scopo girarci tanto intorno?
- Il fidanzamento. Il matrimonio – lasciò passare qualche momento per darle modo di capire appieno l’ultima parola – Theodore.
Ora Lilian capiva il discorso di Cecil.
E la notizia l’aveva lasciata senza parole.
- Non ti bastava al college, no! Ora anche fuori hai dovuto rovinarmi la vita, stronza! – la stava facendo indietreggiare, fino a farla aderire contro un muro. In trappola.
Non le piaceva l’idea che la fantomatica ex di Theodore fosse in quella scuola, ma scoprire in Cecil quell’identità, per giunta da lei, fu un duro colpo.
- Cici, non lo sapevo, come hai potuto notare tu stessa poco fa. Non era mia intenzione farti del male.
- Oh sì, certo! E io dovrei crederci! Perché non sei quella che per tre anni mi ha messo i bastoni tra le ruote…
Lilian si stava arrabbiando seriamente – Ehi! Sei tu che hai iniziato questa battaglia senza senso, io mi sono solo difesa!
- E per difenderti hai dovuto portare via ciò che è mio?
- Era – sottolineò soddisfatta e arrogante. Se Cecil non lo capiva con le buone, avrebbe usato la sua stessa medicina, la cattiveria.
- Il tuo ragazzo però non ti ha detto che ero io la sua fidanzata, vero? – cercava di non perdere la calma, ma ormai era difficile.
Difficile quando ormai eri scoperta davanti a chi più temevi. Impossibile davanti a chi odiavi e ti stava portando via tutto alla luce del sole nel modo più corretto possibile, quando tu avevi fatto tutto per nascondere la cosa.
- Cosa vorresti dire con questo?
Cecil la spaventava. Era un’acuta osservatrice, di quello doveva dargliene atto. Era arrivata subito al punto. Quell’omissione da parte di Theo non solo non le era piaciuta, ma l’aveva ferita. Cercava di non darlo a vedere, ma sapeva che era inutile. Era un libro aperto nelle sue mani.
- Che forse non è sincero come credi.
La affrontò ironica – Cici, parli tu? Tu che non nascondi mai nulla, hai taciuto su un fidanzamento di cui andavi tanto orgogliosa? Evidentemente sapevi benissimo su quali esili fondamenta fosse basato. Il tuo non palesarlo può essere solo imputabile a questo. E, per inciso, è triste.
La duchessa sfoderò un comportamento poco aristocratico, schiaffeggiandola.
Lilian la spintonò, stufa di contenersi quando la nemica di sempre sfoderava colpi bassi – Sentimi bene ora, perché non ho intenzione di ripetermi. Theo ha fatto le sue scelte, io ho fatto le mie. Lui non era e non è una tua proprietà. Può decidere quello che vuole fare, e così ha fatto. Io non ne sapevo nulla, e il tuo prendertela con me dimostra quanto tu sia infantile. Non è un episodio di O.C., ma la vita vera, diamine! Non mi interessa se era un fidanzamento vantaggioso, o se tu sei così viziata che se ti viene tolto il tuo giocattolino pesti i piedi e frigni, non mi riguarda. Theo ha scelto me, io lui, e questo è tutto quello che mi interessa. Quindi vedi di girare al largo e farti una vita, perché sono stufa di sopportare i tuoi stupidi piagnistei.
- Io ti rovino – rispose ringhiando – E poi me lo riprendo.
- Ma quanto sei patetica? I giorni in questo college sono praticamente finiti, e questa ripicca pseudo-adolescenziale rimane tra queste mura, per me – le puntò un indice al petto, pungolandolo con forza in modo ripetitivo, per irritarla – E tu non mi rovini. Io non te lo permetto. E ricorda che Theo è una persona, può decidere come meglio agire. Di certo non tornerà da una bambina, sceglierà una donna. Che sia io o meno.
Detto questo si allontanò scansandola di lato, per aprirsi un varco.
Era stata fin troppo gentile, ma non voleva scendere al suo livello.
- Me la pagherai! – le urlò poco convinta.
Si era arresa.
Sapeva benissimo di non aver nulla tra le mani per farlo.
- Mi piacerebbe crederti Cee, ma so che è impossibile. Per me sei solo l’unico brutto ricordo di questo posto, nulla più. Addio.
Dicendo questo si allontanò ostentando tranquillità, ma il cuore stava uscendo dal petto.
Come poteva Theodore aver taciuto una simile cosa?
Sapeva i trascorsi tra lei e Cecil.
E saperlo da lei non era stato per nulla bello.
Avrebbe dovuto dirglielo lui. Avrebbe voluto saperlo da lui.
Appena fu sicura di essere fuori dalla portata di Cecil estrasse il cellulare dalla borsa “Hai detto di non aver bisogno di seconde opportunità? Bene, sappi che ti sei appena giocato la tua unica. È finita. Non chiamarmi più” digitò in modo compulsivo.
Poco dopo arrivò la risposta “Lily, cos’è successo?
Tra le lacrime rispose pigiando furiosamente i tasti del cellulare. Avrebbe voluto distruggerlo “Cecil, ecco cos’è successo! Perché non me l’hai detto? Ho dovuto saperlo da lei, che ora minaccia ripercussioni su di me, ovviamente. Lascia stare, tanto non ti riguarda più cosa mi succede
Theodore, dall’altra parte del mondo, era disperato “Possiamo parlarne con calma quando torno?” non sapeva come affrontare la cosa.
Lilian piangeva. Le faceva male scrivere quei messaggi.
Aveva paura per le parole di Cecil. E se avesse avuto ragione riguardo Theo?
Se non fosse stato come sembrava?
Se avesse trovato il modo di rifarsi su di lei?
Perché non gliel’aveva detto? Contava così poco?
Te lo ripeto, non voglio più vederti. Torna dai tuoi aristocratici ipocriti. Stai bene con loro
Inviò e spense il cellulare.
Poco dopo arrivò a casa, dove Morgan l’accolse e si fece raccontare tutta la storia.
 
I restanti due giorni erano passati con innaturale rapidità agli occhi di Lilian. Theodore doveva essere tornato. Ogni pensiero era rivolto a lui.
La convinzione con cui gli aveva scritto era svanita, molte volte si era ritrovata sul punto di chiamarlo per chiedergli scusa, anche se non sapeva dire per cosa, ma l’orgoglio e la testardaggine avevano sempre avuto la meglio.
Mancavano poche ore alla consegna della laurea, meno di un giorno, aveva la testa da un’altra parte. Il cuore non sapeva dove fosse finito.
Stava rientrando con Morgan verso il loro appartamento.
- Ti rendi conto? Domani a quest’ora saremo laureate! – saltellava dalla felicità – Certo che, potresti almeno fingere di essere elettrizzata. Mi fai sentire scema.
Lilian la guardò di traverso – Oh sì, sono proprio felice di vedere la mamma di Theodore che mi consegnerà l’attestato. Non so se scavarmi una fossa o sferrarle un pugno in pieno viso per l’agitazione…
L’amica le servì la soluzione migliore – E se invece ti limitassi a prendere la laurea e a stringerle la mano? Scommetto non sarebbe poi così male – alzò le spalle, allontanando il problema.
Avrebbe voluto aggiungere altro, ma in prossimità della porta di casa vide una figura famigliare. Theodore era intento a rimirarsi le punta delle scarpe. Morgan diede di gomito a Lily, che si pietrificò all’istante, iniziando infine una lenta e silenziosa marcia di ritirata, ma l’altra fu più veloce. E più furba.
Morgan scacciò una visionaria vespa, cacciando poi un urlo che richiamò l’attenzione dei presenti. Tutti.
Lilian la guardò male e lei si giustificò – Scusa, ho avuto paura.
- Ma se gli insetti non ti spaventano nemmeno un po’?! – disse a denti stretti.
L’altra le sorrise ingenua – Ma questa vespa mi ha preso alla sprovvista.
Theo intanto si era avvicinato, salutandole e fermandosi davanti a loro – Possiamo parlare? – le chiese senza tante cerimonie.
- Non abbiamo nulla da dirci – rispose facendo la sostenuta.
La verità era che le era mancato, averlo davanti le faceva sentire le gambe molli. Avrebbe voluto abbracciarlo, perdonarlo, ma quel silenzio riguardo a Cecil l’aveva ferita. Forse, messa in guardia. Non era perfetto come credeva.
- Questo, solo perché lo hai deciso tu – rispose duro.
Morgan rivolse uno sguardo all’amica, cercando di captare qualsiasi segnale – Io entro, ok? – disse infilando le chiavi nella toppa.
Lilian annuì e lei tirò un sospiro di sollievo, lasciandoli lì fuori. Almeno, si sarebbero parlati.
Theodore la condusse fino al parco davanti alla palazzina, per essere sicuro di non avere nessun tipo di interruzione.
- Avanti, non ho intenzione di stare qui fuori in eterno per starti ad ascoltare – gli disse una volta dopo averlo lasciato alle proprie spalle.
Sbuffò, arreso e irritato – Encomiabile da parte tua. Pretendi rispetto e sincerità quando tu sei la prima a mancare in questo. Sai, è una cosa che dev’essere reciproca – le disse un po’ troppo scontroso.
Si voltò per fissarlo, sconvolta da quel tono. Normale però che fosse arrabbiato. Non aveva avuto nemmeno il tempo di giustificare le proprie scelte. Ma non era stato il tono in sé a stupirla, quanto quel suo poco autocontrollo. Di solito era impeccabile, ligio al galateo.
- Non hai pensato che saperlo da Cecil in persona sarebbe stato peggio per me? – glielo chiese con inaspettata arrendevolezza, per una che sembrava aver chiuso i ponti con lui – Insomma, è come se avessi scoperto di non conoscerti affatto. Cosa mi nascondi? Quanto mi nascondi? Fino a che punto sei sincero?
Aveva stretto i pugni fino a far sbiancare le nocche. Tremava, e non se n’era nemmeno accorta.
Theo si avvicinò piano – Devo chiederti scusa, lo ammetto. Ho pensato  che se avessi evitato di dirtelo, non l’avresti mai saputo. Non che volessi nascondertelo, ma non ritenevo importante il fatto che Cecil fosse implicata nella situazione. Contavo sulla vostra ostilità, pensavo sarebbe bastata a non farti arrivare la notizia. Mi son dimenticato con chi avevo a che fare.
Sospirò, cercando di dare un ordine alle proprie idee, poi continuò – Ci sono molte cose che non sai di me, come io non so un mucchio di cose di te. Eppure questo non è un ostacolo, ma uno stimolo a stare con te. Proprio perché voglio scoprirti.
Poteva essere tanto contenta e triste allo stesso tempo?
- Non si tratta di non sapere le cose, ma di tenermele nascoste. È diverso… – piagnucolò con voce flebile.
- Hai ragione. Ma te l’ho taciuto proprio per questo motivo. Lilian – la richiamò sicuro, facendole così alzare lo sguardo – Se te l’avessi detto ci avrebbe allontanati. Ho preferito non dirtelo. E, come vedi, la mia previsione era corretta.
- Bene, perfetto, ora mi prendo anche della stupida! – si stava alterando di nuovo.
- Nessuno qui ti ha dato della stupida – serrava le mascelle per non dare in escandescenze – Vedi che avevo ragione io? Vuoi capire solo quello che ti va bene!
- No, se devo stare qui solo per farmi insultare non ha senso che io rimanga – urlò tornando verso il dormitorio.
La prese per il braccio, facendole male. L’aveva saputo dal suo ringhio di protesta.
Si voltò per la forza della presa.
Continuò imperterrito – Sai che c’è? C’è che tu hai paura. Sì, paura. Hai capito che sta diventando seria questa relazione. È cambiato qualcosa e te ne sei accorta, e ora stai prendendo la prima scusa plausibile per battere in ritirata.
Quelle parole erano state peggio di uno schiaffo in pieno volto.
Una silenziosa verità che urlava per uscire.
- Non è vero – rispose senza esserne troppo convinta, ma nascondendolo bene.
- Hai paura – le disse di nuovo lasciandole il braccio, vedendola allontanarsi sempre di più.
Lilian iniziava a sentirsi la coscienza sporca, come se le parole di lui si stessero annidando nel petto. Nella testa. Come se assorbisse la verità di ciò che era appena stato detto.
- Codarda.
Tornò indietro come una furia e gli diede uno schiaffo.
Voleva fargli sentire quanto quelle parole potessero bruciare.
Lui attese impassibile una sua reazione.
Per tutta risposta, Lilian si accasciò sul suo petto e si mise a piangere.
- Sssshhhh, non piangere – la cullò piano. Non sapeva spiegarsi come, ma aveva capito che il peggio era passato.
- Sono stata una stupida.
- No, hai solo dato retta a Cici, assecondando il suo gioco. Le hai permesso di mettersi tra di noi. Ma ora è tutto a posto. Gliel’avresti data vinta così?
Lilian fece un gran respiro prima di parlargli, voleva smettere di singhiozzare – Non è Cecil il problema. Sono io. Sono stata stupida. Ho avuto davvero paura. Io non voglio buttare all’aria quello che c’è tra noi. Io non ti voglio perdere. Sei diventato importante per me.
Le era costato dirgli quelle parole, eppure al contempo avrebbe voluto dirgli di più.
Non sarebbe stato opportuno. Sapeva che probabilmente Theo avrebbe imputato la cosa all’emozione del momento, non di certo ad un sentimento cresciuto e maturato nel tempo.
Sapeva di avere tempo con lui. Se lo sentiva. Era una nuova certezza.
E capiva di averlo solo perso tenendogli il muso, tempo che avrebbero potuto passare insieme.
Perdonarlo era stata la cosa migliore da fare, si stava solo pentendo di non averlo fatto prima.
- Sono solo contento di sentirtelo dire.
- Te lo dirò più spesso, allora – e si strinse a lui.
Era felice di quel passo avanti verso di sé. Avrebbe voluto dirle che l’amava.
Che amava anche quel suo lato un po’ adolescenziale. Che amava tutto, di lei. Ma l’avrebbe spaventata. Non voleva correre.
Se c’era una cosa che aveva capito, era che Lilian aveva i propri tempi e andavano rispettati.
Ci sarebbe stato tempo anche per le dichiarazioni. Con la dovuta calma.
- Ci sarai domani?
Una domanda che vibrava di aspettative.
Theodore rise, realmente divertito – Potrei mai mancare?
Dopo giorni interminabili vide quello che più stava attendendo. Il sorriso disteso e sincero di lei.
Poteva considerarsi soddisfatto e felice per quel risvolto.
- Su, ora è meglio che tu vada a riposare. Domani è un gran giorno, non vorrai sfoggiare occhiaie e borse? Come farai poi con le foto? – tentò di sdrammatizzare. Doveva alleggerire la tensione per il giorno dopo e quella appena accumulata.
Funzionò.
Lilian si asciugò gli occhi e si diresse verso il proprio appartamento.
- Ti accompagno – disse Theo accomodandosi di fianco a lei.
Si prendeva cura di lei. Sempre e comunque. Era una sensazione meravigliosa, mai provata prima.
Arrivarono troppo presto davanti alla porta.
- Io speravo che tu, ecco… tipo… – ma perché doveva passare lei per l’adolescente con gli ormoni in libera uscita?
- Tipo cosa? – non sapeva cosa aspettarsi.
- Pensavo volessi rimanere con me. O uscire. Insomma, passare del tempo insieme – ammise imbarazzata.
Sorrise, rincuorato – Lily, attenterai alla mia vita, prima  o poi! – infine le rispose – Mi piacerebbe, dico davvero. Ma tu hai bisogno di rilassarti. Avremo tempo per stare insieme. E poi ho alcune cose da fare. Anche io devo prendere una laurea! – e si indicò.
- Vai allora! Che ci fai ancora qui? Ti immagini se non ti danno la laurea e tua mamma revoca la mia? Sciò! Vai a fare ciò che devi! – lo spinse verso le scale.
- Sì sì, ok! Capisco lo zelo, ma ho una cosa più importante da fare!
- Cosa? – si interruppe lei.
Senza rispondere a parole le diede un bacio, mettendola a tacere con quel gesto che avrebbe ripetuto ancora e ancora.
- Sarò tra il pubblico – aggiunse allontanandosi a malincuore – A domani.
Una promessa.
Proprio da lui, che manteneva sempre la parola data.


La prima scena è stata ispirata da questa foto:
Lui è Theodore (aka Max Irons, figlio del più famoso Jeremy, mentre lei è Emily Browning, la sua mini ragazza)

***

Buonasera! Eccomi qui con questo capitolo che non mi convince per nulla. Non so, è sicuramente quello che mi piace meno tra tutti, l'ho però trovato necessario perchè erano da troppo in una situazione ambigua, o indefinita. Ho voluto farli progredire, e ho trovato che un litigio potesse fare al caso loro. In fondo, in una relazione non son tutte rose e fiori, no?
Però, come ho già detto, non mi soddisfa. Quindi, mi rimetto a voi e al vostro parere, qualunque esso sia.
Io intanto, nel mio piccolo, faccio un po' di esami, si sa ma che arrivi alla laurea prima della fine del mondo!, e scrivo il finale di questa storia, dato che il capitolo 7 è lì, iniziato, e gli manca solo la fine. Ma tranquille, io al posto di studiare lo porto avanti. (non ditelo a nessuno!)
E, tra un pezzetto e l'altro dell'ultimo capitolo, sto portando avanti la nuova long.
Va beh, sto farneticando.
Vi ricordo il gruppo facebook, giusto per gli spoiler e due chiacchere: http://www.facebook.com/#!/Cris87.loves.Rob
Mi scuso per eventuali errori od orrori, ma non l'ho più riletto, e ora non ho proprio tempo, scusate!
A giovedì prossimo, buon fine settimana, Cris.

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Capitolo 6
*** Mattoni di carta e muri invisibili invalicabili ***


Si svegliò nervosa. Anche se ‘svegliarsi’ non era il termine giusto, dato che implicava l’aver dormito; cosa che le era capitata poco, la notte precedente.
Si stiracchiò, anche se di intorpidito non aveva nulla. I muscoli erano ancora contratti.
Andando verso il bagno trovò una Morgan saltellante e radiosa – Ah! Finalmente la vita vera!
Aveva un fuoco particolare negli occhi, il fuoco della determinazione.
La ammirava. Le sarebbe mancato dividere l’appartamento con lei, averla sempre intorno per un consulto o un po’ di tempo da passare insieme.
Sospirò continuando l’avanzata verso la doccia.
- Cos’hai? - Morgan la conosceva bene – Dovresti essere felice oggi!
- Lo so, ma insomma… mi mancherà tutto questo – e abbracciò con un gesto la stanza. Le ricordava tanto la scena di Mufasa con Simba, quando il padre mostrava al figlio il regno e gli diceva ‘Tutto questo un giorno sarà tuo’. Peccato che lei stesse dicendo l’esatto contratto.
Dal giorno successivo tutto quello non le sarebbe più appartenuto, sarebbe stato solo un vivido ricordo.
- Lils! Ti prego! Non hai voglia di confrontarti con il mondo vero? Di vivere? Io non vedo l’ora che sia domani! – facile per Morgan parlare così. Era competitiva, pronta a prendersi ciò che voleva.
E poi l’indomani sarebbe partita con gli amici di sempre per un giro in Sud-America, mentre Lilian aveva rifiutato, non sentendosi veramente parte del gruppo. Il piano era tornare a Manchester e progettare qualcosa di più tranquillo.
Una vacanza in una Spa o posti paradisiaci facevano più al caso suo.
- Ho paura – ammise soltanto – E se non sopravvivo al mare di squali là fuori?
- Mordi e combatti – le disse prima di addentare una fetta di pane con del bacon.
Terrorizzata ancor di più si fece una doccia, cercando di lavare l’agitazione che si sentiva addosso. Tornò in camera con i capelli avvolti in un asciugamano per vedere il proprio telefono illuminarsi.
Sbloccò la tastiera e la busta del messaggio le si parò davanti agli occhi.
Sta’ tranquilla, ormai è fatta. Oggi è il tuo giorno, goditelo. Io sarò lì ad assistere al tuo successo
Si mise a sedere sul letto, le gambe tremanti.
Il cuore batteva, ma non più per l’agitazione. Voleva correre a prendere quel pezzo di carta. Non voleva più aspettare.
Accarezzò la divisa che avrebbe indossato l’ultima volta e si alzò con una nuova determinazione.
 
La cerimonia, al contrario di quello che si era aspettata, filò liscia.
Il discorso della preside emozionò tutti, specialmente il passaggio in cui paragonò l’attestato al primo mattone per il loro nuovo sentiero. Lì era finito un percorso, ma ne era iniziato subito un altro. Sarebbero dovuti ripartire da quel mattone.
Quando fu chiamata sul palco per ritirare l’attestato i genitori si alzarono orgogliosi per applaudirla. Intorno a loro vide i parenti e qualche amico. In fondo al prato, invece, fece capolino il sorriso di Theodore, sempre pronto ad infonderle coraggio.
Appena la celebrazione fu finita, gli studenti – che si liberarono delle cravatte e allentarono i colletti, assumendo un’aria meno perfetta ma sicuramente più umana – si riversarono sul prato alla ricerca delle famiglie e degli amici.
Dopo aver abbracciato Morgan e Bridget per il traguardo ottenuto, Lilian seguì l’esempio dei compagni, ma prima di incappare nei propri genitori trovò Theodore radioso e con le braccia aperte davanti a sé.
Si mise a correre ed impresse le proprie labbra su quelle di lui, liete di accoglierla.
Qualcuno commentò la cosa con una battuta cattiva, solo dopo capì essere Cecil, ma Charlie, l’ex capitano della squadra di rugby la mise al proprio posto, rispondendole con ironia riguardo all’assenza di un uomo nella sua vita, e al fatto che lui si sarebbe offerto volentieri per colmare quella mancanza.
Il bacio fu interrotto da uno schiarirsi di voce maschile.
Lilian riconobbe subito il padre, così pose fine al bacio.
Ruth, la madre, la abbracciò, seguita a ruota dal marito, poi le rivolse la domanda che tutti i conoscenti avevano stampata in faccia – Dovremmo forse sapere qualcosa? – indicando Theodore con un sorriso compiaciuto e curioso.
Prima che lei potesse dir qualcosa, quell’ultimo prese parola – Salve signori Whitley, sono Theodore, il ragazzo di Lily.
Lei divenne paonazza. Aveva sempre sperato in quelle parole. Forse, in cuor suo, sapeva dove avevano portato quei giorni di conoscenza e tenerezze, ma sentirlo dire da lui, rendere reale così il loro rapporto, la fece sentire totalmente felice e appagata. Di colpo, la laurea le sembrava una cosa piccola, insignificante.
Se Ruth e i parenti esplosero in grida di gioia per la piccola di famiglia, Davies Whitley quasi svenne. La sua piccolina, la Lils che faceva cavalluccio sulle sue gambe, si era laureata e aveva pure un ragazzo!
Cosa si era perso in quegli anni? E, soprattutto, quanto?
Decise di dare un’opportunità al ragazzo, in fondo, aveva un’aria raccomandabile. Dopo che tutti si sperticarono in convenevoli gli allungò la mano e gli disse – Theodore, andiamo a festeggiare la laurea di Lilian.
 
Tre giorni passarono in fretta. Troppa, per i gusti di Theodore.
Aveva voglia di laurearsi, non aveva paura di quel momento, al contrario di Lilian. Aveva solo un piccolo problema: la cerimonia avrebbe riunito di nuovo la famiglia. Quella che aveva cercato di evitare il più possibile.
Dopo la consegna della laurea fu accolto dai parenti come se quelli fossero un plotone d’esecuzione, non persone riunite per complimentarsi con lui. Nonostante la gioia per il traguardo ottenuto, tra i presenti alleggiava tensione. Marie, la madre di Theodore, cercava di stemperare la situazione, insieme a Brant e qualche altro coraggioso.
L’arrivo di Lilian peggiorò solo la situazione.
Theo la accolse nel proprio abbraccio, cercando di darle protezione. Avevano parlato in quei giorni della sua presenza o meno all’evento, e lui aveva combattuto affinché lei fosse presente.
La laurea era la sua, non certo quella della famiglia intera, lui la voleva lì, solo quello contava.
Maximilian Lowell-Pending II era un uomo devoto alle tradizioni. Ancora di più al potere. Era il Dio su cui aveva fondato il proprio mondo.
Osservava Lilian con un misto tra disprezzo, sfida e curiosità.
Era la ragazza che aveva annientato i suoi sogni di gloria. Quelli che aveva riservato alla propria famiglia.
Quando l’intero gruppo si mosse per dirigersi alle auto che li avrebbero condotti al pranzo organizzato alla villa dei Lowell-Pending, Maximilian si voltò verso il figlio e la ragazza, guardandola con sprezzo – Theo, oggi è una giornata che devi passare con i tuoi cari.
Il figlio serrò le mascelle, prima di rispondere si morsicò la lingua per prendere tempo – È una giornata che devo passare con le persone a me più care.
Erano uscite con una calma innaturale quelle parole, tanto da suonare stridule. Inadatte.
Lilian prese in mano la situazione, rivolgendosi direttamente a lui – Non ti preoccupare, ho altro da fare. Ci vediamo comunque stasera.
Passò accanto al padre di Theo rivolgendogli un sorriso misurato e sicuro – Non si rilassi, ci rivedremo presto.
Salutò Marie, che si scusò con lei per il comportamento dei propri famigliari, poi si congedò con dignità.
Sentì Theo scagliarsi contro il padre senza però fare una scenata in pubblicò – Nemmeno la mia giornata riesco a godermi appieno. Riesci a rovinare tutto!
Lo vide accelerare il passo, mentre Max gli rispondeva – Tu hai rovinato il futuro che avevo in mente per te.
Ormai era troppo lontana per sentire ciò che si stavano dicendo. Sperò soltanto che il tutto non degenerasse.
Theo, in quel momento, avrebbe tanto voluto allontanarsi con lei.
Stava perdendo la pazienza, e la felicità di aver preso la laurea stava velocemente svanendo.
Prese il padre per un braccio, arretrando fino ad averlo accanto a sé – Appunto, il futuro che tu hai scelto. La vita è mia, faccio quello che più mi piace.
Non voleva sentire altro, così continuò la propria avanzata. Raggiunse la madre, porgendole il braccio e baciandole la guancia quando lei accettò il gesto.
 
L’incontro con la famiglia di Theo, specialmente la parte Lowell-Pending, passò in secondo piano quando lui propose a Lilian di passare qualche giorno nella residenza estiva della nonna, poco distante da Glasgow.
Nonna Geraldine, conosciuta a tutti come nonna Gerry, era il vero osso duro della famiglia.
Aveva una veneranda età. Con essa, aveva maturato tutti i difetti del tempo, ma la cocciutaggine e l’allergia ai cambiamenti primeggiavano in cima alla lista.
Era lei a tenere le redini dei Lowell-Pending, tanto da avere in pugno il possente Maximilian, che davanti a lei diventava ancora Maxi, il suo piccolino.
Theodore sapeva bene che Gerry era quella più contraria alla fine del fidanzamento con la giovane Prescott.
Erano una donna fiera e rude, ligia al passato e a ciò che portava con sé. Appena poteva indossava una fascia in tartan, fermata al petto dalla spilla che riportava lo stemma di famiglia.
Non concepiva come il nipote potesse girare le spalle alla famiglia, lasciando da parte le tradizioni e il volere degli avi per il proprio egoismo, snobbando un matrimonio vantaggioso e un fidanzamento già deciso per una ragazza che veniva dal futuro. Non era nobile, ma ricca e di famiglia famosa per la gloria in campo aziendale. Una cosa così progressista ai suoi occhi da essere considerata un’eresia.
Theodore però era stato irremovibile. La vita era la sua. Cognome o no, ne avrebbe fatto ciò che più gli aggradava. I tempi erano cambiati, le aveva detto, non si aspettava certo che lei potesse capire; ma di sicuro lui non sarebbe sottostato ad obsoleti giochi di potere che ormai non portavano più a nulla.
 
- Tuo padre ostenta indifferenza verso di me, tua nonna non mi può vedere… mi spieghi cosa ci facciamo qui? – Lilian indicò l’immensa magione di roccia davanti ai suoi occhi. Nonostante la compagnia non fosse delle migliori, il posto meritava davvero la sua assenza di aggettivi superlativi per descriverlo.
- Dimostro alla mia famiglia che non mi interessa il loro parere e li obbligo ad accettarti, non potranno sfuggire per sempre alla tua presenza – le sorrise compiaciuto.
Lei in risposta alzò gli occhi al cielo – Hai scelto la via peggiore per farlo, sappilo – poi si avvicinò a lui, circondandogli la vita con un braccio mentre avanzavano verso il portone – Io ho deciso di stare con te, non con tutta la tua famiglia. Non mi interessa quello che pensano.
- Ma importa a me, almeno un po’. E siccome non ti interessa di loro, non farti sopraffare da queste maledette teste di legno. È il modo migliore per non farsi rovinare il soggiorno.
Lilian non sembrava sicura, non era riuscito ad essere convincente come al solito.
- Avanti – proseguì lui avvicinando le labbra al suo orecchio – Fallo per me.
Un brivido nacque nel momento in cui la bocca andò a posarsi sulla pelle dietro l’orecchio di lei – Ok, lo faccio solo perché sei tu.
Suonarono e la servitù li accolse al meglio, al contrario di Gerry e Maxi.
Marie mostrò loro le camere – vicine e comunicanti, come fece notare – e abbracciò il figlio a cui teneva così tanto. Avrebbe sicuramente alleggerito l’aria in quei giorni, evitandole di ingurgitare qualche bicchiere di Scotch di troppo, per sopportare l’asfissiante presenza della decrepita suocera.
Dopo aver sistemato i bagagli nelle camere ed essersi cambiati i vestiti, adeguandosi al tempo uggioso, umido e mite della Scozia, salutarono i presenti per poter fare un giro nei paraggi.
- Dove mi porti? – chiese a Theodore.
- A vedere il parco. Poi, voglio mostrarti il mio posto preferito.
Intrecciò le dita alle sue, e si fece guidare attraverso le distese verdi e rigogliose che circondavano quella dimora rocciosa.
Dopo aver percorso un ampio prato, attraversarono una parte di bosco, infine sbucarono in un altro parco, attraversato da un fiume.
La visione era meravigliosa.
- Ehi, Lily, ci sei? – le chiese divertito vedendo la sua espressione.
- Questo posto è stupendo. Io, non penso di aver mai visto una cosa simile.
Le sorrise contento – E non hai ancora visto tutto.
La condusse sul ponte che valicava l’acqua che sembrava ferma, facendole ammirare il punto da dove erano venuti.
- Questo fiume è talmente grazioso da sembrare finto. L’avete costruito voi?
- No, perché questo non è un fiume. È un piccolo lago, e questa è un’isola – indicò il suolo sotto di loro – Una lingua di terra naturale ed incontaminata. Ti ho portato qui perché questo da bambino era il mio posto preferito. Lo è tuttora. Venivo con Brant e i miei cugini a giocare ai cavalieri.
Alzò le spalle con fare disinteressato, ma era visibile quanto tenesse a quel posto e al fatto che Lilian fosse lì a condividerlo con lui.
Dal canto suo, lei si sentì importante. Completa al suo fianco.
Sapeva di far parte di un pezzo del suo cuore in quel momento, non poteva esserne più grata.
Qualche lacrima di commozione e gioia le uscì senza essere vista, avrebbe voluto poter rendergli quella specie di favore in qualche modo.
- Sono felice di essere qui. E sono felice di esserlo con te. Non vorrei essere da nessun’altra parte.
Si strinse a lui, cercandone l’odore, catturando ogni suo particolare, regalo improvvisato per la propria memoria.
Avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma il suo stomaco brontolò per la mancanza di cibo. E lo fece così rumorosamente da non poter essere ignorato.
Theodore rise mentre con una mano lo accarezzò – Andiamo, è meglio provvedere – e la indirizzò nel folto della boscaglia.
- Ehi, ma la villa non è dell’altra parte? Dove andiamo? Non penso che delle bacche possano bastare per sfamarci – in effetti l’idea di emulare dei naufraghi su un’isola deserta non l’allettava per nulla. Sognava primi e secondi sostanziosi e, perché no, un dolce caldo. Magari, una crema fumante atta a scaldarla.
Il baronetto rise di quella curiosità. Le rispose senza perdere l’allegria che la compagnia di lei sapeva donargli – Andiamo a pranzare, ma lontano da nonna Gerry, in modo che non ti avveleni le portate.
Lilian non ci trovò nulla di divertente. Geraldine le sembrava così disposta a tutto per perpetrare i propri scopi, che non avrebbe fatto fatica ad immaginarsela mentre tentava di ammazzarla. Con il veleno nel cibo, con un coltello in piena notte e in altri modi molto poco carini.
Un brivido la percorse. Scacciò quell’orrenda sensazione per dedicarsi a Theo. E al cibo.
Di colpo, si ritrovò al riparo delle fronde di un salice piangente, sulla riva opposta del laghetto. La visuale era magnifica. Era incantevole. Sembrava uscita da un dipinto, da quanto era bella.
Theo le mostrò un cesto da pic-nic e una tovaglia a quadri bianchi e rossi. Tanto spartana quanto perfetta.
Avrebbe voluto dire che per lei era troppo sdolcinato, e lo sarebbe stato sul serio se ad organizzarlo non fosse stato il ragazzo che ormai le aveva rubato il cuore.
- Il pic-nic che dovevamo fare quella volta con Brant e Morgan e invece abbiamo annullato a causa del tempo… te ne sei ricordato! – lo fissava ammirata. Ogni volta riusciva ad essere un uomo nuovo ai suoi occhi. Stupendola con piccoli dettagli che per lei erano fondamentali.
- Difficile scordarsene, dato che hai tenuto il broncio per giorni e giravi per Leicester urlando al mancato pic-nic – non c’era un vero rimprovero in quelle parole, solo una velata canzonatura che la fece sorridere ancor di più.
- Sono una rompipalle, lo so – disse accomodandosi sulla tovaglia.
- Ma sei la mia rompipalle – replicò accarezzandole la guancia.
- Sir Lowell-Pending, ora capisco come mai i tuoi parenti non vogliano che tu mi frequenti. Stai diventando volgare! – cercò di sdrammatizzare. In realtà sentire Theodore parlare in quel modo la divertiva davvero. Non era da lui. O meglio, era da lui, ma non gli succedeva spesso.
- Con te sono solo me stesso – e per quell’aspetto gli sarebbe sempre stato grato. Stare con lei lo liberava di un peso inutile e gravoso che la famiglia gli affibbiava senza che lui realmente volesse.
Mangiarono tutto quello che di buono aveva preparato lo chef della casa, arrivando presto al dolce, la parte preferita di Lilian.
Una volta finito quello, si avvicinò a Theodore, appoggiato al tronco del salice. Si sedette davanti a lui, cercando di farsi spazio tra le sue gambe. Notò la sua curiosità. In effetti, avrebbe dovuto spiegargli perché stava richiedendo la sua attenzione in quel modo.
- Cosa c’è? – glielo chiese davvero curioso. Gli sembrava strana, come se il fatto di essere lì con lui e con la sua famiglia fosse per lei un grande onore e un enorme impiccio al contempo.
Sembrava combattuta su quale sentimento provare e far prevalere sull’altro.
Sospirò, conscia di non sapere da dove partire con quel discorso e poggiò poi il mento sul ginocchio di lui, proseguendo poi sulla sua coscia per accarezzare con l’indice la cucitura esterna dei jeans scuri che aveva deciso di indossare.
Gli regalò un sorriso, prima di rispondergli – Ho capito una cosa ultimamente, sai?
- Cosa? Sempre se si può sapere.
Ridacchiò nervosa – Certo – dopo una breve pausa riuscì a dire – L’amore è egoista. È il sentimento più egoista che ci sia.
- Perché dici questo?
- Perché quando ami una persona, ami lei, certo, ma ti senti gratificato da questo sentimento. Alla fine, è come se lo facessi per te stesso.
Lui scosse la testa debolmente – Non credo sia così. Certo, sei felice, ma in fondo è dell’altra persona di cui ti preoccupi. La anteponi anche a te stesso, non credi?
Lilian rimase spiazzata da quella semplice domanda. Non aveva calcolato quell’eventualità.
Arrossendo fortemente soffiò appena – È solo che da quando mi sono innamorata di te mi sento egoista ad essere così felice. Ho paura di ferirti, che per te non sia la stessa cosa. Insomma, è un gran casino.
Theodore sorrise.
Era la prima volta che Lilian esprimeva i suoi sentimenti in modo così aperto. Ed era la prima volta che parlavano di amore. Sentir sollevare l’argomento da lei, di solito così schiva, lo riempiva di gioia. In quel momento, anche lui si sentiva egoista per la felicità provata.
E le parole di lei, dimostravano quanto giusta fosse la sua teoria, dato che si stava preoccupando di lui e di ciò che poteva provare.
- Stai dicendo che è un gran casino, tutto questo?
Lei si schiarì la voce, più sicura che mai in quel momento – Sto dicendo che ti amo, se non fosse chiaro.
Il momento di un attimo, ma il coraggio, dopo quelle parole, era già fuggito. L’aveva sentito chiaramente fare le valigie e scappare alla chetichella verso non si sapeva dove.
Smise di accarezzargli la coscia e fissò lo sguardo sul ginocchio, dove fino a poco tempo prima era posato il suo mento.
Theo alzò solo un angolo della bocca vedendo quella timidezza dopo un’affermazione così sincera ed importante.
Si staccò dal tronco per tirarla a sé, contro il proprio petto, le fece posare l’orecchio sopra il proprio cuore. Le fece ascoltare il battito cardiaco accelerato dall’emozione, l’unica cosa che guidava Theodore da venticinque anni a quella parte, mentre piano le accarezzava i capelli disordinati dal tempo e dal vento.
La tenne sulle spine poco, sapeva quanto per lei fosse importante avere rassicurazioni a riguardo – Non era così chiaro, ma sono felice che tu sia riuscita ad esplicarlo.
Le baciò la fronte con tutta la dolcezza che possedeva – Lily, ti amo anche io. E, credimi, non c’è niente di egoista in questo.
Le stava mentendo. Il suo sentimento era egoista, perché non avrebbe voluto dividerla con nessuno, la voleva solo per sé. Ma sapeva che non era possibile, il mondo non era una fantasia che si poteva rinchiudere in una bolla, avrebbe bussato alla porta con la realtà per chiedere poi gli interessi.
Lilian si lasciò cullare dal suo abbraccio, dal suo calore. Dal suo amore.
Avrebbe voluto star lì ed invecchiare in quella posizione, ma la pioggia li interruppe brutalmente.
Prima di infradiciarsi e prendersi un malanno, corsero verso la villa, recuperando alla bell’e meglio tutto il necessario che avevano usato per il pic-nic.
 
Dalla finestra di un elegante studio foderato di legno e pelle, Maximilian Rudolph li osservava attraversare l’enorme prato verde e correre verso l’entrata sul retro.
Non era concentrato su Theodore, ma sulla ragazza.
Da quando l’aveva incontrata, non nutriva certo simpatia per lei, era l’emblema della propria sconfitta, la distruzione di tutti i sogni. Gli forzi di una vita andati in fumo.
Eppure, c’era una piccola parte di lui che l’ammirava.
Perché nonostante non fosse stata accolta bene, nonostante l’avessero tenuta al di fuori della famiglia, aveva avuto il coraggio di affrontarlo.
Era stata solo una frase, ma di certo una ragazza senza spina dorsale e due spalle grandi per sopportare il peso di un simile affronto non avrebbe osato tanto.
Gli ricordava il fuoco nel camino: era pronta a passare su tutto e tutti, pur di avere ciò che voleva. Era determinata. Così tanto da affrontare lui, e sfidare Gerry con la sua sola permanenza nella villa.
Non le stava simpatica, ma era certo che l’ammirasse.
Era riuscita a spronare Theodore, a scuoterlo dal suo torpore. E nonostante l’avesse fatto per i motivi sbagliati, aveva visto il figlio crescere, maturare e responsabilizzarsi.
Tuttavia, mai l’avrebbe ammesso con lui.
Non solo per rispetto nei confronti della madre, la quale non vedeva di buon occhio la ragazza, o perché mai e poi mai l’avrebbe data vinta a Theo, ma anche perché non avrebbe ammesso di aver commesso un errore di giudizio. Era Maximilian, non gli era permesso sbagliarsi.
Ma in fin dei conti, sarebbe sempre stato grato a Lilian, anche solo per aver ridimensionato la faccenda dei matrimoni combinati. Se fosse stato per lui, il matrimonio sarebbe arrivato ben più tardi. Fortuna volle invece Marie sulla sua strada, una donna forte e dall’animo coraggioso, pronta ad atti di sopportazione titanici.
Li vide sparire al limitare del portone.
Non l’avrebbe accolta, probabilmente, ma ormai l’aveva già accettata.
L’importante era non darlo troppo a vedere.

 

***

Buona serata a tutte! Come state? Io sono influenzata, ergo, stasera sono a casa al posto di sudare un po' all'aperto per i soliti allenamenti.
Bene, sono state introdotte le famiglie. Come avrete notato, non è proprio facile per Lily. D'altronde non si può piacere a tutti, specialmente ad una famiglia chiusa e bigotta come quella di Theo. Per fortuna, le nuove generazioni ne sono esenti, e il nostro baronetto se ne frega, anche se non gli dispiacerebbe vedere andare tutti d'accordo.
Detto questo, vi segnalo una OS che ho scritto, una cacchiata proprio. E' nel fandom attori, so che a molte non è congeniale, ma se vi va, provate a darle un'occhiata, magari vi fa ridere: Oversize
Ringrazio infinitamente chi continua ad aggiungere la storia tra le preferite/da ricordare/seguite e me come autrice, vorrei far di più al posto di dirvi solo GRAZIE!
Vi ricordo la pagina facebook per spoiler e tante altre cose: Cris87_loves_Rob (Pagina Facebook)
Ci sentiamo settimana prossima per l'ultimo capitolo, sbacciucchiamenti influenzosi, Cris.

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Capitolo 7
*** Mi piace vederti felice ***


Novembre 2011.
Posò in modo delicato la valigia sul pavimento intonso. Si guardò attorno con meraviglia crescente. Dalla porta che dava sulla terrazza si vedeva il mare limpido e cristallino, così come dal pavimento trasparente applicato in un angolo di quella stanza lussuosa ma accogliente.
- Dio, è incredibile! – si girò verso di lui – Lo sai, vero?
- Oh sì. Lo so. Ci ho messo così tanto a convincerti!
Mentre armeggiava con il contenuto del bagaglio, Lilian rispose fintamente imbronciata – Non stavo parlando di questo!
Prese il pezzo superiore del costume e lo indossò rivolgendo la schiena a Theodore. Nonostante l’avesse vista nuda più e più volte, si vergognava sempre un po’ a mostrarsi senza vestiti.
Una volta indossato il reggiseno, prese a slacciarsi i jeans, ma si fermò. Si era attardata a guardare la stanza nel dettaglio, soffermandosi sul letto con le lenzuola azzurre, dello stesso color del mare, e bianche. Erano bellissime perché semplici e cangianti.
La stanchezza del viaggio e del jet-lag iniziava a farsi sentire.
Al posto di cambiarsi del tutto, si gettò di traverso sul letto, ammirando i riflessi del sole che battevano sui cristalli della tendina e si riflettevano poi sul soffitto.
Sospirò – È magnifico. Ti ringrazio per avermi portato qui. Soprattutto, per aver insistito.
Theodore, che stava seguendo il suo esempio e si era tolto la maglietta, camminò piano nella sua direzione.
Con delicatezza le si stese sopra – Te l’avevo detto, la Polinesia è magnifica. E anche molto romantica.
La baciò come se volesse sottolineare quelle parole.
- Anche un tugurio potrebbe essere romantico, se tu fossi con me.
Concluse Lilian cingendogli i fianchi con le proprie gambe, incrociando le caviglie per aver maggiore presa.
Theo, incoraggiato da quel gesto, scese piano verso il collo, oltrepassandolo, spingendosi poi nella depressione tra i seni. Fermandosi lì, quasi a respirarne l’odore di donna, poggiando le labbra sulla pelle, non osando andare oltre per non perdere il controllo.
Aveva la testa nella valigia, non poteva farci nulla.
Il peso era regolare, rientrava ampiamente nei venti chili concessi dalla compagnia aerea, eppure per lui c’era un qualcosa che la rendeva pesante. Non gravosa, ma importante.
Un piccolo tesoro si nascondeva dentro ad essa, ed una domanda ancor più solenne nel cuore di Theodore.
La fortuna poi non tanto grande, era rinchiusa in un piccolo scrigno di velluto blu. L’aveva riposta in una tasca della valigia quando Lilian era distratta a guardare non sapeva cosa.
Non era tanto la domanda a preoccuparlo, quanto la risposta.
Stava per aprir bocca, dopo aver trovato il giusto coraggio nel battito accelerato di lei, quando entrambi udirono uno sbuffo infastidito.
- Potete farle in camera vostra certe cose? – domandò Brant scocciato.
Theodore si alzò per assumere una posizione più consona, mentre Lilian si sistemava al meglio i pochi indumenti che aveva addosso, mettendosi infine a sedere sul letto.
- Questa è camera nostra – gli fece notare scocciato – Anzi, è il nostro appartamento privato, un po’ lontano dal tuo…
- Beh, potevate chiudere la porta se non volevate essere disturbati – replicò sempre più seccato – Ok, vi do il tempo di mettervi i costumi, poi andiamo in spiaggia. Vi avviso, aspetterò fuori dalla porta, in modo che non possiate riprendere il discorso appena interrotto – concluse indicando il letto sgualcito – Non ho proprio voglia di rimanere da solo.
- Già, hai pensato bene che reggere il moccolo sia meglio, vero?! – rispose il lontano parente un po’ seccato.
- Theo! – lo rimproverò Lilian.
Brant lo guardò male, ma non disse nulla mentre si dirigeva fuori, accanto alla porta d’ingresso.
La ragazza continuò a parlargli a bassa voce – Da quando Morgan l’ha lasciato non si è più ripreso. Non sta passando un bel periodo, dovresti aiutarlo un po’.
Toccare l’argomento non faceva piacere nemmeno a lei. Morgan aveva trovato lavoro come ambasciatrice alle Nazione Unite e si era lasciata tutta la propria vita alle spalle, compresi Brant e lei.
Al contrario dell’ex ragazzo la sentiva, ma uno scambio epistolare, fatto da e-mail scambiate alle ore più disparate del giorno e della notte a causa del jet-lag, e sempre più spicce, dato che avevano sempre meno cose da spartire, non le bastavano più.
- Lo aiuterei se non mi complicasse la vita.
- Su, si tratta solo di tempo. Poi troverà un’altra ragazza e gli tornerà il buonumore – disse Lily pescando dalla valigia anche lo slip del costume per potersi cambiare.
Si diresse in bagno, mentre Theodore decise di cambiarsi nella cabina armadio, abbastanza grande da potersi muovere all’interno con agio.
- Allora, avete finito? – urlò Brant da fuori con tono spazientito.
- Sì, ci manca poco – gridò Lilian di rimando, uscendo dal bagno – Amore, sei pronto?
Quando lo apostrofava in quel modo era perché si sentiva orgogliosa di lui. Sapeva quanto gli costasse aiutare Brant, averlo lì con loro con quel pessimo umore. La rendeva fiera stare con una persona tanto altruista, pronta ad aiutare gli amici nel momento del bisogno.
Amava tutto di lui, ma soprattutto questo lato così umano.
Si chiedeva come potesse meritare tanto. Forse, per una volta, era stata terribilmente fortunata.
- Sì, arrivo – e si chiuse la porta dell’armadio alle spalle.
Lilian si avviò verso l’uscita – Ehi, hai visto quant’era carina la receptionist? Stasera potresti invitarla a bere qualcosa. Ho visto come ti guardava, non rifiuterebbe mai! – disse a Brant per tirargli su il morale.
- Davvero? – chiese sorpreso. Sentirsi oggetto di attenzioni era per lui una cosa nuova, ormai.
Theodore li guardò avviarsi verso la spiaggia, attraversando il piccolo pontile di legno che collegava la palafitta all’isola. Prima di uscire, gettò un ultimo sguardo arreso alla valigia e sospirò.
Tempo, aveva solo bisogno di un po’ di tempo da solo con lei.
E, forse, anche di un po’ di coraggio.
Anzi, soprattutto di quello.
 
Febbraio 2012.
Theodore estrasse la chiave dell’appartamento di Lilian dalla tasca.
Vivevano entrambi a Manchester, ma in case diverse. Decisione presa da Maximilian e Gerry, che non avrebbero mai permesso al piccolo di casa di allontanarsi da loro per spingerlo nelle grinfie di quella ragazza figlia dell’industria.
Era appena tornato da un viaggio a Londra, l’unica cosa che voleva fare era riabbracciare Lilian. Nonostante non fosse stato via a lungo, giusto un paio di giorni, ne aveva sentito la mancanza, specialmente in un momento così delicato.
- Ehi, Lils, sono tornato! – annunciò appena la serratura scattò. Depose il bagaglio lì vicino all’entrata.
Lei si alzò di scatto dal divano, piombandogli in braccio. Lo circondò con le braccia e con le gambe, facendolo barcollare appena.
Quando Theodore riuscì a capirci qualcosa, notò i singhiozzi di quell’ultima.
Le alzò il viso, rigato dal trucco nero, e le asciugò le lacrime, allargando un po’ la chiazza scura sotto i suoi occhi.
Le baciò le guance bagnate – Che succede?
In risposta Lilian cinse il suo collo con le braccia, soffocando i gemiti del pianto nel collo di lui.
Quando riuscì a calmarsi a sufficienza gli spiegò la situazione.
Gli sventolò sotto il naso un foglio, o meglio, una lettera scritta a mano, tutta spiegazzata. Segno che ormai era stata riletta più volte.
- Cara amica mia – si mise a leggere come se fosse un comunicato freddo ed estraneo – Vorrei poter essere lì con te quel giorno, ma nello stesso periodo, purtroppo, ci saranno le promozioni. Sai quanto tengo a quel posto, non posso proprio allontanarmi una settimana e perdere l’occasione della mia vita, oltre che il lavoro di quasi un anno.
La lettera continuava, ma il passaggio fondamentale, quello che l’aveva ferita a morte, gliel’aveva appena letto.
Rimise i piedi a terra, continuando a singhiozzare.
Theodore aveva iniziato ad accarezzarle i capelli nel tentativo di calmarla – Mi dispiace. So quanto ci tenevi. Ma ormai la vita di Morgan non è più qua. Certo non è giusto il trattamento che ti ha riservato. Lils, è ora che tu te ne faccia una ragione.
- Io pensavo fosse mia amica, la mia migliore amica – pigolò in risposta poco convinta.
- Alcune persone entrano nella nostra vita solo per un periodo. Altre, invece, sono destinate a rimanerci e a condividere con noi un percorso – la guidò in cucina, dove prese a preparare il the.
- Tu fai parte delle seconde, vero? – gli chiese spaventata.
- Assolutamente – e le sorrise prima di baciarla.
- Sono convinta che l’abbia fatta scrivere alla sua segretaria, visto il tono – ammise arrabbiata.
Theodore diede un’occhiata al foglio – No, riconosco la sua calligrafia. L’ho vista tante volte negli appunti che ti prestava.
- Allora si è fatta dettare quello che doveva scrivere dalla segretaria. Perché nonostante lavori per l’ONU, sono convinta che di umanità gliene sia rimasta ben poca.
- Morgan è sempre stata diligente e formale. Io la riconosco in quelle parole. Ciò non toglie che sia stata… poco carina, diciamo – bevve un sorso di the – Pensa positivo. Almeno, Brant non si rabbuierà. Sarà un’altra persona felice quel giorno.
Finalmente sul viso di Lilian si dipinse l’ombra di un sorriso.
Si alzò, appoggiandosi alla schiena del ragazzo per circondargli in modo dolce il collo con le braccia. Quando Theo si voltò per ammirare quella virgola felice sulla sua bocca, lei catturò le sue labbra.
- Sono felice che tu sia tornato.
 
Marzo 2012.
- Ma non ti rendi conto? – chiese fuori di sé dalla rabbia – È pericolosissimo. Perché? Perché devi rischiare per una cosa così stupida?
- Andiamo Lily, non è così pericoloso! – si difese lui.
- No, certo. Però quanti morti ci son stati sulle strade per la velocità? E quanti motociclisti sono sopravvissuti? – l’ansia si percepiva benissimo nella sua voce.
- Oddio! Stai scherzando, vero? – era alterato – Non posso saperlo e non mi interessa. Non viaggio con statistiche alla mano, spiacente. E non c’entra con il fatto che voglio comprare una moto! – sbatté un pugno sul tavolo per mostrare la propria frustrazione.
- Invece sì, perché non voglio aspettarti a casa ogni volta con l’angoscia che possa esserti successo qualcosa, non ce la faccio – Lilian provò a trattenere le lacrime, ma non ce la fece.
L’idea di ricevere una chiamata e trovarlo lì, sull’asfalto, privo di vita la terrorizzava più di quanto desse a vedere.
Al posto di impietosirsi, Theodore si arrabbiò ancora di più – Sono nato in una famiglia in cui mi hanno sempre detto quello che dovevo fare, ora che posso scegliere non impedirmelo tu!
Essere accomunata alla famiglia di lui riaccese la sua rabbia – Non paragonarmi a loro! Non sono così, sai che non lo merito! – il tono di voce era salito fino a diventare un grido.
C’erano stati litigi in quei mesi trascorsi insieme, ma mai così profondi. Le parole volavano come se fossero bolle di sapone. Ma i significati contenuti erano macigni. Difficile tornare indietro, dopo simili uscite.
Theo era sempre più nervoso – Con te non si riesce a parlare!
Con le guance bagnate dal pianto Lilian mise una mano sul tavolo mentre si piegava verso di lui, portando così i visi alla stessa altezza – È così? Bene. Fuori da casa mia. Ora – e con la mano libera indicò la porta d’uscita.
Lui si alzò come se fosse appena stato punto – No. Non sei tu a cacciarmi, sono io che me ne vado – disse prendendo la giacca e dirigendosi verso l’uscio.
Lilian lo inseguì con il bicchiere ormai vuoto in mano – E non farti più vedere! – spinse la porta con tanta forza da far tremare la parete.
Non soddisfatta, lanciò il bicchiere contro di essa.
Infine, si afflosciò a terra e diede in un pianto disperato. Il cuore ridotto in briciole più piccole dei pezzi di vetro che erano cosparsi sul pavimento. Talmente piccoli che ormai non c’era più niente da fare. Per entrambi.
 
15 aprile 2012, Manchester.
La stanza era bellissima, tutta sui toni dell’avorio, candido e brillante. Non c’era uno spillo fuoriposto. Nonostante fosse fresca di doccia, linda e profumata, rispetto al chiarore pulito ed immacolato che la circondava, si sentiva sporca. Non all’altezza di stare lì, da sola, al centro – o quasi – di quella camera, seduta davanti alla toeletta.
Avevano tutte i nervi a fior di pelle, così per non rovinare l’umore a nessuna, le ragazze avevano deciso di ritagliarsi i propri spazi e prepararsi separatamente.
Peccato che ora lei avesse bisogno di loro. Affrontare da sola quella stanza e le sensazioni che le dava era troppo per lei.
Nonostante Morgan non facesse più parte della sua vita, Lilian era andata avanti, stringendo nuove amicizie, consolidandone altre più durature.
Bridget si era dimostrata preziosa nel momento peggiore, quello in cui Morgan aveva lasciato un vuoto difficile da colmare.
Vuoto che, tra l’altro, Kate, stava riempiendo piano.
L’aveva rivista a Manchester sul posto di lavoro, qualche mese dopo la laurea. Evidentemente, il college aveva dato i nominativi dei laureati alle aziende del paese.
Lilian aveva provato qualche riserva nei suoi confronti, ma più era andata avanti, più aveva scoperto una bella persona, lontana anni luce dalla Kate che seguiva come un cagnolino Cecil.
In quel momento di bisogno, Lilian uscì dalla stanza per cercare conforto in lei.
La trovò vicina alle scale, vestita di tutto punto, mentre si baciava con il suo ragazzo, impeccabile nel completo scuro atto a far risaltare gli occhi azzurri.
- Kate! Ti sembra il momento? – la riprese, un po’ severa. In realtà era divertita dal loro atteggiamento adolescenziale. E poi era felice per entrambi. Si meritavano un po’ di gioia. Finalmente Brant aveva ritrovato il buonumore. Ed era merito di Kate.
Non l’aveva mai visto così contento nemmeno con Morgan.
Si separarono imbarazzati da quel richiamo.
- Hai bisogno? – le chiese la ragazza, rossa in viso per l’imbarazzo.
-Sì, di te. Sto impazzendo là dentro da sola – e con il pollice indicò la porta in fondo, alle proprie spalle.
Kate stava per raggiungerla, ma prima di andare Brant le impresse un altro bacio sulle labbra e le sistemò il vestito, rendendola non solo presentabile, ma impeccabile.
Il gesto colpì molto Lilian. Con Morgan non era stato così. Piuttosto, faceva il piacione. Invece con Kate era attento e premuroso. Vederlo così felice ed innamorato le scaldò il cuore. Gli voleva bene, non era più soltanto un amico di Theodore.
Quando Brant si accorse di aver davanti Lilian truccata ed acconciata alla perfezione ma solo in sottoveste, divenne paonazzo – S… sei stupenda, ma svestita. Quindi ora vado da Theo, ho bisogno di stare tranquillo.
Tra tutti, proprio lui diceva certe cose?
Lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava, quando sparì alla sua vista, tirò un sospiro di sollievo per tranquillizzarsi. Sarebbe andato tutto bene. Nessuno sarebbe impazzito quel giorno, nessuno avrebbe creato problemi, Theo non sarebbe scappato.
L’importante era crederci.
Kate richiamò la sua attenzione posandole la mano calda sulla spalla – Pronta per sposarti?
Lilian le sorrise di rimando, tranquilla – No. Non ho ancora indossato il vestito e mancano le mie amiche con me.
- Vado a prendere Bridget e veniamo ad aiutarti, non preoccuparti – le mandò un baciò per non rovinarle il trucco e bussò alla porta dell’amica mentre la futura sposa rientrava nella propria camera.
La aiutarono a metterle il vestito, la accomodarono al meglio, assistite poi anche dalla madre di Lily.
Il momento di presentarsi in chiesa arrivò con una certa velocità, tra chiacchere e lacrime, ma non quelle della futura sposa, che attendeva il momento con ansia e voglia di presentarsi, per prendere come marito quell’uomo che l’aveva fatta innamorare come non mai. Era sicura di ciò che faceva, non riusciva a provare dubbi a riguardo, ne a versare qualche lacrima di incertezza.
Scese dalla Aston Martin d’epoca piano, non voleva rovinare il vestito.
Stava per comprare un Vera Wang, ma poi aveva visto quello. Aveva capito subito che era quello giusto.
Era bianco, ma non accecante. Senza spalline, dal taglio semplice, a sirena, che si allargava un po’ dal ginocchio in giù, ma solo il giusto. Uno strascico non troppo lungo. A renderlo unico ci pensava il coprispalle tutto in pizzo, fermato in vita da una piccola striscia avorio, chiusa da un fiocco.
Era diverso da come si era sempre immaginata il proprio vestito da sposa, ma lo trovava perfetto per il matrimonio che voleva avere, perfetto per la sposa che voleva essere.
Elegante, sobria, ma non così seria e spigolosa.
Geraldine e Maximilian avevano insistito per farle indossare il vestito della nonna stessa, ma Lilian si era rifiutata in modo categorico. Loro non potevano decidere per lei, nemmeno riguardo all’abito. Le piaceva, a dire il vero, ma l’aveva presa come una questione di principio. Non avrebbe mai permesso loro di metter piede nella propria vita. Né in quella di Theodore. Non più.
Si erano offesi, ma non era un problema suo. Quello era il matrimonio suo e di Theo, non certo il loro. Potevano offendersi quanto volevano, non era un suo problema. Potevano benissimo evitare di presentarsi, se c’erano cose che davano loro fastidio.
Marie aveva affrontato la questione con un sorriso stampato in faccia, concordava su tutta la linea con Lilian. Aveva adorato il modo in cui era riuscita a far irritare Gerry e come le teneva testa. In silenzio, la invidiava. Avrebbe voluto avere lo stesso carattere ai tempi, solo per non farla spadroneggiare nella privacy della sua vita coniugale.
Il padre le tese un braccio, facendola ridestare dai propri pensieri, mentre la madre le allungava il bouquet.
Sorrise a quella vista. Era proprio a causa di un bouquet che si trovava lì, in procinto di attraversare la navata di una chiesa allestita per lei e l’uomo che la stava aspettando all’altare.
La marcia nuziale iniziò, il padre la conduceva piano sul tappeto blu che divideva le due parti della chiesa. Diede un’occhiata fugace alla folla, individuando tra l’altro Cecil con Charlie. Aveva uno sguardo diverso, la duchessa. Era innamorata. Non la fissò con rancore, solo con ammirazione.
Ma in quel momento, gli invitati erano passati in secondo piano.
Più camminava, più sentiva il cuore esplodere nel petto. Ogni passo la stava portando verso Theodore. Il suo futuro. Il suo eterno presente.
Vedere lo sguardo felice ed appagato di lui, che l’aspettava davanti a tutte quelle persone, era la cosa più bella del mondo. Le spezzò qualcosa quella vista. Come se troppa felicità potesse nuocere.
Davies la portò a destinazione, infine posò la mano destra della figlia in quella del fidanzato.
Quando il padre si allontanò, Theodore le baciò la guancia, scostando il velo. Lilian ne approfittò per sussurrargli qualcosa – Mi piace vederti felice.
- Lo sarò ancor di più quando sarai mia moglie.
Al momento delle promesse nuziali entrambi avevano la voce talmente incrinata dall’emozione che dovettero ripetere la frase d’assenso una seconda volta, scatenando risate sommesse tra gli invitati.
Quando si scambiarono gli anelli la mano di Lilian tremava terribilmente, faticava a tenerla ferma sul palmo di quella di Theodore, che infilò la fede d’oro bianco all’anulare con qualche difficoltà. Prima di posare la mano, le baciò il dito e l’anello, facendola arrossire.
La cerimonia si concluse senza intoppi e senza il pianto della sposa, solo quello di entrambe le madri, emozionate dalla vista dei loro figli ormai accasati.
Soltanto fuori dalla chiesa, in cima agli scalini e inondati da petali e qualche chicco di riso, tra l’ilarità generale, Lilian si fermò a contemplare il viso di Theodore e la conseguente espressione, iniziando a piangere copiosamente.
Quando il marito lo notò si avvicinò all’orecchio di lei, rivolgendole prima un’occhiata preoccupata – Non ti starai già pentendo, vero? – non stava scherzando.
Lilian gli sorrise radiosa, asciugando una lacrima – Assolutamente no! Cosa dici? È la scelta migliore che potessi fare. Solo, ti ripeto, mi piace vederti felice – perché così felice non l’aveva visto mai.
Theodore le restituì il sorriso, raggiante – Ed è solo merito tuo.
Prima di condurla verso le scale e l’auto, le impresse un bacio lì, sul sagrato, a suggellare davanti a tutti la propria gioia.
 
Era ebbra, ma non per colpa del vino. Aveva Theodore, era suo marito, di meglio non poteva chiedere.
Avevano aperto le danze, brindato, ringraziato gli ospiti e tagliato la torta. Il ricevimento si era rivelato magnifico, e alcune piccole cose l’avevano riportata a un anno prima circa, quando si erano conosciuti.
- Non te l’ho ancora detto oggi, ma lasci senza parole da quanto sei splendida – le disse sfiorandole il lobo con il labbro e provocandole un brivido.
Lilian rimase pietrificata da quel contatto, sentendo un brivido percorrerle il corpo e scaldarlo in modo innaturale, scatenando un desiderio potente in lei.
Theodore approfittò del suo smarrimento per tirarla verso un gazebo in legno adornato di fiori freschi. In mano aveva il bouquet, ma lei non se ne era nemmeno accorta.
- Dove mi porti? – gli domandò trasognata.
Fece dondolare il bouquet sotto i suoi occhi – È giunto il momento del lancio. Non vorrai precludere una piccola favola alle tue amiche? – era divertito.
Piccola le sembrava un eufemismo. La sua era stata tutto, tranne che piccola.
Non disse nulla, appoggiò soltanto la mano su quella di lui che teneva il mazzo di fiori. Ammirò entrambe le fedi come se potessero scomparire da un momento all’altro. Aveva solo paura che tutta quella gioia potesse sfuggire da un momento all’altro, scoprire che altro non era che un sogno.
Theo sembrava averle letto nel pensiero. La conosceva bene, sapeva decifrarne ogni espressione ed ogni gesto.
Le prese il viso tra le mani, facendo incontrare i loro sguardi – Ce l’abbiamo fatta. È tutto vero. Dopo meno di un anno, siamo qui a festeggiare il nostro matrimonio. Ti avevo fatto una promessa. Te l’avevo detto che avrei mantenuto la parola data.
- Mi sono sempre fidata di te, anche quando non lo davo a vedere. Ti ho amato da subito, solo, ci ho messo un po’ per capirlo. Nessuno potrà mai cambiarlo, né ora, né in futuro.
Prese il bouquet e lo strinse prima di lanciarlo.
Era vero, Theodore aveva mantenuto la promessa.
Aveva vinto la scommessa.
Ma a vincere, erano stati entrambi.


***

Buona sera! Tutto bene?
Io mi sto riprendendo, ormai l'influenza è passata.
Comunque, tornando alla storia. Non so bene cosa dire. Solo, è finita.
No ok, posso dirvi che ho preferito non scrivere il momento della dichiarazione perchè non sono in vena di discorsi "epici", quelli strappalacrime, strappa cuore e quant'altro. Preferisco le cose normali, ma ho voluto lasciare loro un po' di intimità questo momento, spero non vi dispiaccia.
Inoltre è vero che Lily stava per comprare un Vera Wang. All'inizio avevo scelto il secondo abito del video di Beyoncé 'Best thing I never had', quello del ricevimento, per intendersi. Poi ho visto quello della foto e ho cambiato in corsa. Me ne sono innamorata.
Mi dispiace lasciarli, ma questa storia era nata così, e così l'ho lasciata.
Don't worry, io non vi lascio orfane!
Sto scrivendo una nuova storia. Il tempo di portarmi un po' avanti con i capitoli, avere una copertina e la posto.
Intanto, trovate informazioni e anche una specie di Trailer self-made (ORRENDO) sulla mia pagina fb. Lì vi terrò aggiornate: 
http://www.facebook.com/#!/Cris87.loves.Rob
Penso che tra due settimane al massimo sarà sui vostri schermi!

Vi ringrazio tantissimo per aver seguito questa storia, per esserne state lettrici silenziose, per aver commentato una o più volte, per averla semplicemente aggiunta, per averla amata, magari.
Spero che anche questo ultimo capitolo possa esservi piaciuto, se vi va, fatemelo sapere.
Vi lascio con quest'immagine che ho fatto io (siate clementi!)
Stay tuned!

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