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di Writer96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 Punizioni Fotografiche a Caposcuola Ricattatori ***
Capitolo 2: *** #2 Di Baci e di Claustrofobia ***
Capitolo 3: *** #3 Mi spieghi perchè non si può condividere una lieta notizia? ***
Capitolo 4: *** #4 Ultimi momenti di porte doppiamente aperte ***
Capitolo 5: *** #5 Se una reazione isterica si rivela più efficace della Divinazione stessa ***
Capitolo 6: *** #6 Storie di Librerie e di Belle Statuine ***
Capitolo 7: *** #7 Non è obeso. E neppure io. ***
Capitolo 8: *** #8 La polvere che rende tutti isterici forse ha a che fare con l'età di Babbo Natale ***
Capitolo 9: *** #9 La guerra degli incubi e dei vermi. ***
Capitolo 10: *** #10 E non fu più cena ***
Capitolo 11: *** #11 Era solo una foglia rossa, una foglia rossa, una foglia rossa ***
Capitolo 12: *** #12 Idee geniali e idee senza futuro ***
Capitolo 13: *** #13 Un thè che non è obeso. ***
Capitolo 14: *** #14 Calda come la neve. ***
Capitolo 15: *** #15 - Tempi sbagliati per gioire o piangere. ***
Capitolo 16: *** #16 - Di prime parole e di grandi dolori ***
Capitolo 17: *** #17 - La felicità addosso a Lily Evans ***



Capitolo 1
*** #1 Punizioni Fotografiche a Caposcuola Ricattatori ***


#1 Punizioni Fotografiche

    a Caposcuola Ricattatori




 

-Potter! Evans!- la voce della McGranitt si aggiunse a quella dei due ragazzi che, infischiandosene altamente, continuavano a discutere sull’argomento che li aveva fatti scontrare più volte in quei giorni.

-Io dico che i Prefetti di Serpeverde devono fare quella di sabato sera...- stava esclamando James, ghignando leggermente di fronte all’espressione scocciata della ragazza.

-E io dico, Potter, che tu sei un immenso idiota. Ma, purtroppo per te, mentre i turni dei Prefetti di Serpeverde si possono spostare, la tua idiozia rimarrà per sempre...- rispose lei, scuotendo i capelli rossi e folti legati in una treccia severa. Erano ormai quattro o cinque giorni che discutevano riguardo a quest’argomento.

Da una parte, James che voleva vendicarsi per uno scherzo fatto dai Serpeverde ad alcuni primini Grifondoro, dall’altra Lily, determinata ad essere giusta e leale nonostante schiumasse di rabbia verso quei bulletti che avevano lasciato quattro poveri bambini nella Foresta Proibita per un’intera notte.

Una notte di luna piena.

-Evans, so benissimo che anche tu, in questo momento, vorresti farli a pezzi con le tue mani, quindi non vedo dove sia il problema...- replicò James, ignorando un secondo urlo della McGranitt e concentrandosi piuttosto per non pensare a quanto Lily fosse effettivamente vicina.

Schiumante di rabbia e determinata ad insultarlo ancora per molto, certo, ma pur sempre vicina.

-Il problema sta nel fatto che i colpevoli sono già stati puniti e noi per primi dovremo dare il buon esempio!- disse lei, guardandolo in maniera glaciale.

Perché non si comportava più da idiota in maniera gratuita, come faceva prima? Perché si comportava da idiota responsabile?

-Lily...- questa volta la voce di James si abbassò leggermente di un tono e divenne grave e seria come non mai. - C’era Remus, in quella foresta. Cosa credi sarebbe potuto succedere se, per un qualche caso sfortunato, lui avesse fiutato il loro odore?-

-Signor Potter, Signorina Evans!- provò nuovamente la donna, avvicinandosi stizzita davanti alla loro indifferenza nei suoi confronti.
Lily vacillò qualche istante, di fronte allo sguardo risoluto di James. Deglutì, cercando di convincersi che no, non era una buona idea, schiantare quegli esseri davanti a tutti in Sala Grande.

- I colpevoli sono già stati puniti adeguatamente...- ripeté, allontanandosi leggermente dal ragazzo.
James scosse la testa, inveendo contro la caparbietà della ragazza. Corretta e leale fino alla fine.

E orgogliosa, certo. Orgogliosa fino al midollo.

-Evans, ma ti senti? Smettila di aggrapparti alle regole e guarda la realtà in maniera obiettiva. Quei bambini sarebbero potuti morire o peggio. E Remus, ci pensi a lui? Ai suoi sensi di colpa? Da’ retta a me, Lily, e assegnagli quella dannata ronda notturna. Non si tratta di infrangere le regole, si tratta solo di impedire a quelle persone di fare altri scherzi un sabato sera...- esclamò James, stringendo i pugni ed irrigidendo le braccia lungo i fianchi.

Lei era intelligente. Veramente molto intelligente, ma a volte si impuntava su qualcosa ed era impossibile farla desistere. Tuttavia, quella volta, James vide con gioia di aver colpito Lily con le sue parole.

Remus era anche amico suo. Avendo saputo del suo piccolo problema peloso, la ragazza era venuta anche a conoscenza del segreto dei Malandrini e aveva imparato a conoscere i sensi di colpa del ragazzo.

Per questo spesso, durante le notti di luna piena, rimaneva sveglia fino a tardi, accampandosi in Sala Comune e segretamente fornita di bende e cerotti, per curare almeno in parte i ragazzi e non dare altre preoccupazioni a  Remus.

-Si tratta... si tratta solo di una ronda, in effetti, però... Ci penserò, Potter...- ammise infine, senza perdere il tono caparbio che la caratterizzava.
James alzò gli occhi al cielo e si mise a cantare un Alleluja, allargando le braccia e colpendo... qualcosa.

-Signor. Potter.- disse la McGranitt, massaggiandosi leggermente il braccio laddove il ragazzo l’aveva colpita e riservandogli un’occhiataccia tale da farlo indietreggiare mormorando scuse affrettate.

Contenta di aver finalmente catturato l’attenzione dei due ragazzi, la donna si rivolse a loro con il suo solito tono rigido e formale.
-Vi prego di seguirmi nell’Aula di Incantesimi, signor Potter e signorina Evans...-

I due si guardarono perplessi, l’uno chiedendosi se per caso Sirius avesse combinato qualcosa in sua assenza, l’altra sperando che Potter avesse combinato qualcosa e fosse stato scoperto, per poi essere sostituito nel ruolo di Caposcuola da qualcuno di più... competente.

Minerva McGranitt cominciò a camminare impettita, sperando di riuscire a farla finita in fretta per andare nel suo ufficio a bersi una tazza di the, contro il mal di testa lancinante che la assaliva ogni volta che doveva affrontare Potter ed Evans insieme.

L’Aula di Incantesimi era apparentemente vuota, quando entrarono. Poi un volto sbucò da dietro uno strano oggetto nero, che nessuno dei due ragazzi aveva notato, e il professor Silente si avvicinò a loro, emergendo da in fondo all’aula.

-Minerva cara, devo dire che questi studenti sono particolarmente dotati artisticamente. Ho trovato uno splendido ritratto del Professor Lumacorno. Un tantino caricaturale, forse, ma pur sempre un ottimo disegno... e, sempre sullo stesso banco, uno splendido profilo della signorina Evans, sì...- disse l’uomo, allargando le braccia e giocherellando con la barba fluente.

Un colpetto di tosse segnalò la presenza dei due ragazzi, tant’è che Silente sorrise benevolo ad entrambi, prima di tornare ad elencare alcuni disegni particolarmente belli che aveva trovato sui banchi.

-E, credimi, Minerva, sono dell’idea che dovremmo proporre alcuni corsi di Arte, che gli studenti sicuramente amerebbero....- continuò, gesticolando con impeto e sorridendo ogni tanto ai due Capiscuola.

-Ehm, certo Preside, ora però se non le spiace i ragazzi dovrebbero...- lo interruppe la McGranitt, indicando l’altro uomo che, nel frattempo, aveva continuato a muoversi intorno all’oggetto sotto il panno nero.

-Oh sì, sì, giusto. Marcus, ti presento i nostri Capiscuola, Lily Evans e James Potter. Ragazzi, vi presento Marcus, il nostro fotografo...- disse Silente, indicando le persone nominate.

-Noi abbiamo un fotografo?- esclamò James, perplesso, mentre Lily strabuzzava gli occhi mormorando una serie indistinta di no.

Silente annuì gaiamente, avvicinandosi a loro e invitandoli poi ad andare sul fondo dell’aula, dove spiccava un cartellone bianco. Li fece fermare lì davanti mentre un oscuro presagio prendeva forma nella mente di Lily. James, stupendo tutti, non cominciò a spettinarsi i capelli o a provare varie pose, ma si avvicinò a Lily, guardandola preoccupato.

-Tutto bene, Evans?- domandò, apprensivo.

- Potter, se faccio fare quelle ronde ai Serpeverde, tu mi presti il tuo Mantello dell’Invisibilità... ora?- chiese lei, ignorandolo. Lui volse lo sguardo intorno a loro, preoccupato che qualcuno l’avesse sentita. Invece c’era solo la McGranitt che, senza preoccuparsi minimamente del fatto che nessuno la stesse ascoltando declamava qualcosa.

-... un Annuario dei Capiscuola, dove chi è stato preso come modello- qui strinse le labbra, gettando un’occhiata sbieca a Potter- verrà immortalato e ricordato. Prego, ora sorridete...- concluse, facendo un gesto con la mano.

Lily cominciò a camminare lateralmente, cercando di non farsi notare. James, invece, prese posto davanti al muro, cominciando a capire cose avesse fatto impallidire Lily.
Se c’era una cosa che avevano in comune, era l’odio per le foto.

Tuttavia prese un respiro profondo e fece il suo sorriso migliore, mettendo in mostra il distintivo e cercando di apparire rilassato.

-Signorina Evans, si avvicini al Signor Potter, la prego. La foto è di coppia...- disse Silente, sorridendo maliziosamente nel pronunciare l’ultima parola.
Lily arrossì furiosamente e si avvicinò al ragazzo, che non la guardò negli occhi ma si limitò a spostarsi leggermente, nonostante volesse furiosamente sentire il calore del corpo di Lily riscaldarlo almeno in parte.

-Cinque... Quattro... Tre...- cominciò a contare il fotografo, mentre i due sorridevano nervosi.        

-Un po’ più rilassati, ragazzi miei...- commentò Silente, mentre Lily arrossiva di nuovo e James spalancava gli occhi, in preda ad una meravigliosa intuizione.

-Due... Uno...- nell’esatto momento in cui il fotografo scattava, James si girò verso Lily stampandole un sonoro bacio su una guancia, che la fece voltare allibita, indecisa se arrabbiarsi o ridere per quel gesto così infantile.

Silente sorrise, prendendo la foto in mano prima di farla vedere ai due ragazzi. Si poteva vedere James scattare e baciare la ragazza, che arrossiva e poi faceva un sorriso esasperato. C’era tutta la loro gioia di vivere, in quei pochi istanti catturati dalla macchina fotografica.

L’uomo guardò pensieroso la foto, prima di dire sorridendo:- Ecco, guardate. Ve ne faremo avere una copia al più presto...-

Lily prese la foto e la guardò sorridendo, prima di esclamare:- Potter, hai coperto il mio distintivo...-

Mentre il Preside usciva dall’aula con la foto in mano, James si girò verso Lily, ghignando da bravo Malandrino.

-Evans, se non dico a nessuno di questa foto, tu assegni quella ronda ai Serpeverde ed esci con me sabato prossimo?- le domandò a bruciapelo, facendola arrossire un’altra volta.

Lily cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore, insultando mentalmente il ragazzo, mentre valutava le varie possibilità.
Se lui avesse mostrato quella foto a qualcuno lei sarebbe stata... come dire... rovinata.

Ma del resto, era pur sempre di uscire con Potter che si parlava. Continuò a guardarlo rabbiosamente, continuando a mordersi stizzita le labbra.

-Sai, Lily, dovrei proprio farti una foto con questa faccia...-

-POTTER!-
 

Dormitorio Maschile di Grifondoro, 7° anno
-James... allora? La foto? Com’è venuta?- chiese Sirius, cercando di strappare il prezioso cimelio dalle mani dell’amico.
James portò la foto dietro la schiena, girandosi per evitare che l’altro la prendesse.
-Scusa, Pad, ma non posso fartela vedere.... ho promesso di non mostrarla a nessuno...-

                                                                                                                                   ***

Albus estrasse la foto dal vecchio album che teneva accanto al trespolo di Fanny. La guardò, sfiorandola ancora nel vedere quelle smorfie felici e quel gesto così allegro e buffo. Il James nella foto era ancora giovane, bello e spensierato, esattamente come Lily. Non era facile separarsene.
-Tieni, Hagrid. Harry ne ha più bisogno di me...-




Oh mamma. Oh mammina, ho cominciato un'altra long. Un'altra raccolta. Ma mi voglio male, allora. Oh sì, tanto, tanto, tanto male! D: Beh, ormai sono qui. Da quanto vi ho scritto nell'introduzione, questa è una raccolta che si basa sulle foto raccolte da Hagrid per Harry con tema James e Lily. Cercherò di seguire un filo temporale, ma andrò avanti a seconda della mia ispirazione che... mmm... come dire? E' lunatica, ecco, sì... :P
Fatto sta che sono qui. Che ve ne pare? vale la pena di continuare? ;)
Baci a chiunque e tu (tanto sai chi sei, vero) ricordati che è per il tuo compleanno.... e anche tU, sappi che questa storia è anche un po' per te... ^-^
-W

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Capitolo 2
*** #2 Di Baci e di Claustrofobia ***


#2 DI baci e Di Claustrofobia






 

-E poi... e poi io le dico “Ehi, Bols, attenta a non scivolare sulla tua bava...” e lei mi guarda malissimo, per poi voltarsi e andarsene tutta impettita. Ecco, credo sia stato in quel momento che ho cominciato a trovare insopportabile il tuo stuolo di ammiratrici..- concluse Lily, mentre James si strozzava con la Burrobirra cercando di non ridere troppo.

Seduti vicini al tavolo dei Tre Manici di Scopa, con le mani poggiate sui boccali di Burrobirra fumanti sembravano tutto tranne che due ex-nemici. Lily, che non si sarebbe mai aspettata di vedere Potter rinunciare ad un Firewhiskey per una Burrobirra aveva cominciato a parlare e piano piano si era resa conto di qualcosa che aveva solo intuito in tutti quegli anni: la compagnia di Potter, o meglio di James, era piacevole. Si stava bene, era semplice come parlare come con un fratello.
A quel pensiero, Lily si rabbuiò, ma fu solo per qualche istante, dopodiché tornò a sorridere e a bere la sua Burrobirra in tranquillità.

-Ora capisco come mai quella ragazza non ti è mai stata troppo simpatica.. tu eri gelosa!- esclamò James, facendo voltare le persone dei tavoli vicini. Lily si tuffò sotto il tavolo mentre il ragazzo, dopo essersi scusato, venne preso da un attacco di ridarella talmente forte che fu costretto a lanciarsi sotto il tavolo anche lui.

-Io non ero gelosa, James! Semplicemente, trovavo stupido il fatto che lei si mettesse a ridere anche quando tu cominciavi a parlare di Trasfigurazione, continuando a dire “Oh, Jaaaaamie, come sei bravo...” Insomma, roba da ucciderla...- disse lei, risentita, sempre senza alzarsi da sotto al tavolo di legno. James ghignò dinnanzi a lei e scosse la testa, mimando un no sarcastico con le labbra.

Lei alzò gli occhi al cielo, o meglio, al tavolo, e gli diede uno spintone, facendolo andare a sbattere contro la sedia.

-Andiamo, Lily, non fare così, siamo tra amici, a me puoi dirlo. Ti dava fastidio perché lei poteva starmi appiccicata e tu no. Certo, anche io avrei preferito si trattasse di te, ma sai com’è, non sempre otteniamo ciò che vogliamo..- lo disse con naturalezza e pure con un briciolo di superiorità, nonostante non fosse in condizione di essere superiore a qualcuno.

La testa poggiata contro il sedile della sedia, un braccio incastrato tra le gambe di questa e il tavolo e le proprie gambe incrociate in maniera innaturale, James Potter in quel momento era quanto di più assurdo ci fosse sulla Terra.

-Hai ragione Potter...- disse Lily, facendo una pausa per gustarsi la faccia sbalordita e lusingata di James. –Per anni ho sperato che tu morissi per una qualche ragione, ma ahimè non è successo...-
Lui si rabbuiò, mettendo su un broncio infantile che fece ridere Lily.

-Sembri un bambino arrabbiato...- disse, prendendolo bonariamente in giro e allungando una mano per scompigliargli i capelli arruffati. Lui sorrise, poi aprì gli occhi e, cercando di apparire serio disse:- A proposito di bambini, Caposcuola Evans, vuoi rimanere qui sotto nascosta per tutto il tempo o vuoi provare a sfoderare il tuo lato Grifondoro?-

Lei si bloccò a metà di una risata, a bocca aperta, poi si mise sulle ginocchia e, molto cautamente, cercò di uscire da sotto il tavolo.

-Vorrei poterlo fare, Caposcuola James, ma mi duole informarti che qualcuno ha avuto la bella idea di attaccare una sedia alla mia cosicché io sono intrappolata qua sotto con te.... Brr, i miei incubi peggiori prendono vita!- esclamò, cercando di ignorare il fatto che lei era effettivamente bloccata lì sotto con il ragazzo. Niente che non si potesse risolvere, chiaramente, ma a preoccuparla era il fatto che in teoria avrebbe dovuto essere infastidita da quella situazione e invece...

Riusciva solo a pensare ai capelli di James sotto alle sue dita.

Inorridita dal suo stesso pensiero, cercò di spingere la sua sedia abbastanza lontano da farla uscire.
“Non può, non può, non può piacermi James Potter”

Intanto il suddetto ragazzo le si era avvicinato, cercando di aiutarla, fraintendendo il suo desiderio di scappare da sé e dai propri pensieri su di lui con la stessa claustrofobia che, con un tempismo che faceva schifo, stava cominciando pian paino ad assalirlo.

Lily si girò e fu un attimo. Le sue labbra cozzarono con quelle del ragazzo ed entrambi spalancarono gli occhi, incerti se muoversi o meno.
Fu James a chiudere gli occhi per primo e lei lo seguì immediatamente, continuando a baciarlo.

Si staccarono assolutamente rossi in viso ed evitarono di guardarsi mentre Lily scopriva con sollievo che gli occupanti dell’altro tavolo se n’erano andati e quindi poteva uscire.

Avrebbe gradito di più una ventata fredda che le rischiarasse i pensieri, ma una folata di profumo di Burrobirra le andò bene lo stesso. Riemerse e si sistemò i vestiti, cercando di non notare le occhiate curiose delle persone accanto a lei. Si girò verso il posto di James e, con un orrore non esprimibile a parole, si rese conto che la sua sedia era assolutamente, totalmente libera e scostata dal tavolo.

Poco dopo riemerse anche lui da dietro Lily, andando a sbattere contro di lei, che si era immobilizzata a fissare la sedia. Si girò anche lui, con un’espressione di identico orrore sul proprio volto.
Senza dire una parola la ragazza si voltò nella sua direzione e gli insulti le morirono in gola vedendo la faccia atterrita del ragazzo. Lo toccò lievemente sul braccio poi, sempre chiusa nel suo mutismo post- situazione-imbarazzante-ma-bella-ma-comunque-terribile-che-si-sarebbe-potuta-evitare, si avviò verso il bancone e pagò.

Si sedette fuori, godendo finalmente di quel vento freddo e chiarificatore che tanto aveva invocato nel locale. Poco dopo il suono di una porta che sbatteva le ricordò la presenza di James che, stranamente silenzioso, le si sedette accanto, poggiandole qualcosa sulle spalle.

-Ho pensato che avresti potuto uccidermi se per colpa mia ti dimenticavi la sciarpa...- le disse lui, sorridendo imbarazzato. Lily sorrise in risposta, cercando di non sembrare delusa dal fatto che quello sulle sue spalle non fosse il braccio del ragazzo.

-Credo che dovremmo parlarne...-
-Credo che tu non voglia parlarne...-

Esclamarono, nello stesso istante, guardandosi e scoppiando definitivamente a ridere. James passò un braccio attorno alle spalle della ragazza e l’attirò in un abbraccio che le persone normali avrebbero  definito “da orso” e i Malandrini “da Padfoot”.

-Sai che potrei non muovermi più e rimanere così fino alla morte, vero?- le sussurrò lui, il volto premuto tra i capelli di Lily. Lei arrossì, non vista, e sorrise compiaciuta.

-Oh, beh, Potter, a quanto pare prima ti sbagliavi. Io in questo momento ti sono appiccicata e tu mi hai appena detto che hai trovato un modo di morire che ti rende felice...- ridacchiò lei, poggiandogli la testa sulla spalla. Le risate di lui arrivarono fino a lei come piccole scosse e lei gli si staccò di dosso, dando una veloce occhiata al proprio orologio.

-Merlino, James! È tardissimo!- urlò, raccogliendo la borsa e cominciando a trascinarselo dietro afferrandolo per la mano.
Lui, ancora leggermente inebetito cominciò a seguirla mentre correva a rotta di collo giù per la stradina scivolosa che conduceva a scuola. James cominciò a sperare che Lily avesse un equilibrio migliore del suo, ma fu prontamente smentito da un “Ohi” e la sua conseguente (e rovinosa) caduta per terra.

-Ohscusascusascusanonvolevosonoscivolata!- disse Lily, tutta d’un fiato, rialzandosi e spazzolandosi i vestiti.
James scosse la testa, come a dire che non era successo niente ma, quando lei gli porse una mano per aiutarlo a rialzarsi, lui la spinse di nuovo a terra, facendola cadere accanto a sé.

-Chiedi scusa, Evans... per bene!- esclamò, ma invece di aspettare la reazione di lei, la baciò velocemente. Lei lo colpì sulla testa con una mano, cercando di sembrare arrabbiata ma in realtà sorridendo compiaciuta.

-E’ la terza volta che mi baci senza permesso, Potter!- esclamò, con tono da Prefetto arrabbiato che James conosceva fin troppo bene. Quasi si aspettava che lei concludesse la frase con un irritato punizione, Potter, invece lei si limitò a sorridere e a rialzarsi, senza azzardarsi a porgergli la mano una seconda volta. Non che non gradisse, ovviamente. Solo che... beh, solo che era pur sempre Potter ed avevano appena iniziato a fare una vera e propria conoscenza.

Perché tu vai in giro a baciare i tuoi conoscenti, no, Lily?

Un James affannato la raggiunse mentre entrava nel Parco e si dirigeva verso il portone d’ingresso.

-Se...se... Se te lo chiedo, poi posso baciarti?- le chiese lui, come un bambino che chiede disperatamente le caramelle. Lo sguardo divertito di lei lo fece arrossire, ma le rimase ugualmente accanto.

-Vedremo, Potter, vedremo...- gli disse mentre attraversavano il Portone d’Ingresso. Si stava chiedendo, con una sorta di calore che le invadeva la schiena, se dirlo ad Alice, Emmeline e Mary ma evidentemente James, in preda del suo stesso furore ma privo di autocontrollo, non si era ancora stancato di parlarle.

-Senti Lily, adesso te lo posso chiedere...- cominciò, mentre affrontavano le solite scale che portavano al dormitorio. Lei roteò gli occhi, annuendo paziente come avendo a che fare con un bambino.

-Ecco, se adesso arrivasse Vanessa Bols, tu saresti gelosa, vero? Mandragora, comunque...- concluse, proprio davanti alla Signora Grassa, che sorrise maliziosa in direzione dei due ragazzi.

-James, cosa diamine stai blaterando?- gli rispose lei, afferrando la prima cosa che trovò entrando in Sala Comune e tirandoglielo ridendo sulla testa.
James schivò il cuscino e si avvicinò con aria fintamente minacciosa, cominciando a mormorare:- Come ti permetti, piccola Evans? Adesso ti faccio vedere io...-
Una luce accecante li distolse dalla loro piccola lotta, facendoli voltare verso un gruppo di persone che parlottava concitatamente.

-Non ci credo... Sono vivi, James è vivo, stanno scherzando.. Potter, cosa le hai messo nella Burrobirra?- esclamò Alice guardando la foto appena sviluppata nella sua mano come se si trattasse di qualcosa di incredibile. I Malandrini e Frank le si avvicinarono, incuriositi.

-Tu... Noi... Voi... Io.. Lui...- cominciò Lily, indicando le persone e se stessa con aria talmente confusa che fece scoppiare a ridere tutti, mentre Alice armeggiava con la macchinetta fotografica e scattava un’altra foto e un’ammirata Emmeline commentava sottovoce con Sirius:- Almeno sappiamo che si ricorda i pronomi personali...-

Poi, resasi conto di quanto aveva detto Alice si gettò su di lei cercando di rubarle la foto. Non si rese conto del fatto che l’amica la stesse abbracciando e allo stesso tempo minacciando di non farla dormire se non le avesse raccontato tutto e subito fino a quando non si ritrovò sommersa dai Malandrini, Frank, Mary, Emmeline e naturalmente James, intrappolata in un gigantesco abbraccio di gruppo.

Si staccarono ridendo e Alice, sorridendo minacciosamente esclamò:- Io vado a mettere questa al sicuro. Diventerà una testimonianza storica e la vedremo presto nei libri di Storia della Magia, sotto la voce “L’estinzione della guerra Potter-Evans... e la conseguente nascita della tribù Evans in Potter!”-
Questa volta il cuscino scagliato da Lily non mancò di centrare il bersaglio...

                                                                                                                                  ***
Augusta aprì la scatola con mani tremanti, poggiando il coperchio sul letto in modo che la vista dell’etichetta “Alice e Frank” non la colpisse con dolorosa forza ogni volta. Guardò i volti sorridenti dei due ragazzi che scherzavano e ridevano e poi, senza che riuscisse ad evitarlo, una lacrima le scese lungo la guancia. Tirò burberamente su con il naso, infilando la foto nella busta per Hagrid.
Perdere qualcos’altro legato a suo figlio e a sua nuora era brutto. Si asciugò la lacrima con una manica.
-Sii forte, Potter...-




OhMamma! Ce l'ho fatta! Non sono nemmeno così in ritardo come credevo e, per la miseria, riesco a pubblicare in un orario decente... :D Bene, parliamo del capitolo. Sapete benissimo quanto poco mi soddisfi e se non lo sapete adesso ne siete a conoscenza. Il prossimo capitolo (che ho già scritto e che no, Bì, non pubblicherò domani) è quello che finora mi piace di più, nonostante rasenti il Fluff e la demenzialita a livelli cosmici.... ^^" Beh, che dire di questa storia? Lily si rabbuia pensando ai fratelli perchè le viene in mente Petunia, ma qualche mente più romantica potrebbe pensare che se James è suo fratello non può piacerle (spiacente, gente, non amo l'incesto...).
Non ho specificato quando si svolge la scena nè se questo è il loro primo appuntamento o meno. Di sicuro Lily ha già cominciato a trovare Potty-Man simpatico e più o meno le piace. Ok, va bene, le piace... :P
Un grazie speciale alle 7 (SETTE!) coraggiose persone che hanno recensito il primo capitolo e anche a tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.... vi adoro, gente. 
Bacioni
Writ

 

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Capitolo 3
*** #3 Mi spieghi perchè non si può condividere una lieta notizia? ***


#3  Mi spieghi perchè non si può condividere una lieta notizia?





James Potter e Lily Evans erano riusciti a tenere nascosto che uscivano insieme.
O, per meglio dire, ci erano riusciti per qualche tempo.

Una settimana.

Una settimana durante la quale l’insistenza di Padfoot raggiunse livelli inimmaginabili, paragonabili forse solo a quelli di Prongs quando ci si metteva d’impegno, e durante la quale Alice, Mary e un’inaspettata  Emmeline riuscirono a snervare addirittura il paziente Moony supplicandolo di scoprire qualcosa.

Il fatidico giorno della scoperta, così come lo chiamarono poi il resto dei Malandrini era un sabato, particolarmente grigio e con un tempo talmente brutto da impedire a qualsiasi essere vivente di avventurarsi fuori dal castello.

Perciò, pensò James, lui e Lily avrebbero potuto avere il Parco a loro completa disposizione, per gironzolare un po’, per ripassare qualcosa (questo fu Lily a proporlo, strappando al proprio ragazzo un verso di disperazione) e per stare finalmente in pace senza che nessuno li osservasse alla ricerca di maliziosi dettagli segreti.
Nessuno dei due pensò al fatto che probabilmente, essendo gli unici due studenti non rinchiusi nella loro Sala Comune a bubbolare per il freddo, tutti avrebbero notato la
loro assenza.

-Moony... Moony... JAMES!- ululò Sirius, uscendo dal dormitorio e scivolando per le scale. Remus, che aveva deciso di usare quel giorno per portarsi un po’ avanti con il lavoro e per capire come fare una Pozione che il caro, dolce, viscido Lumacorno aveva assegnato loro qualche tempo prima, si voltò, pronto a prendere in giro l’amico ma bloccandosi di fronte alla sua faccia funerea e sbalordita.

Cominciò a pensare alle peggiori catastrofi e già faceva mentalmente il suo testamento quando Sirius mugolò qualcosa che aveva a che fare con James, usando un tono altamente concitato.
Il ragazzo si alzò, poggiando il libro sul divano aperto per tenere il segno e si diresse verso l’amico... finendo per essere letteralmente investito da qualcun altro.

-Remus! Sirius! LILY!- urlò Alice, ignorando i flebili gemiti di Remus e guardando Sirius mentre una luce malefica le brillava negli occhi. Frank, che stava scendendo in quel momento dal Dormitorio, si trovò davanti agli occhi la scena di due ragazzi e una ragazza seduti sul pavimento, o per meglio dire spalmati sul pavimento che si guardavano ghignando silenziosamente. In verità Remus non ghignava, ma cercava di ignorare il peso di Alice sul suo petto, che rischiava di farlo finire al San Mungo a tempo indeterminato.

-E Frank, ecco...- concluse lo stesso Frank, scavalcando Sirius e aiutando Alice a rialzarsi senza guardarla negli occhi.

-Che succede?- rantolò Remus, sorpreso di riuscire ancora a respirare decentemente. Sospirò, guardando con desiderio il libro di Pozioni aperto sul divano e sperando che ci fosse Lily ad aiutarlo.
A proposito di Lily...

-Succede che...- e qui Alice fece una pausa mentre gli occhi le brillavano sinistramente – che sono scomparsi sia Lily che James. È sospetto, Rem... Sai come si comportano dopo Hogsmeade, sono incredibilmente gentili e ogni tanto spariscono. E oggi sono spariti.... Sai cosa significa questo? Storia segreta!- concluse, emettendo un gridolino eccitato.

-Storia segreta che, naturalmente, noi sveleremo oggi! – esclamò Sirius e sia Remus che Frank scossero la testa, desolati. Alice non diede loro tempo di fare niente, ma si aggrappò al braccio del povero Frank prima di dire:- Che sia aperta la caccia alla coppia! Corro a chiamare Emmeline e Mary...-
Tempo cinque minuti ed erano tutti di sotto, imbacuccati e alcuni particolarmente imbronciati (Remus, senza fare nomi), altri estasiati.

-Da dove cominciamo?- chiese Emmeline, finendo di mettersi i guanti. Sotto alla giacca c’era la macchina fotografica di Alice, pronta per immortalare i due fuggiaschi.
-Quale posto è più romantico del parco sotto la pioggia ed il gelo?- domandò, sarcasticamente, Sirius.

                                                                                                     *****

James e Lily avevano la mente che viaggiava sulla stessa frequenza dei loro amici, con la differenza che loro trovavano davvero romantica una passeggiata sotto la pioggia.

-Ancora non capisco perché ti ostini a voler tenere nascosta questa... cosa...- mormorò James, passando con naturalezza un braccio intorno alle spalle della ragazza. Lei gli poggiò la testa su una spalla, borbottando qualcosa contro la sciarpa che le era scivolata giù dal collo.
James gliela rimise a posto con dolcezza, chiedendosi quando si sarebbe svegliato vedendo che era tutto un sogno. Stare con Lily non era solo bellissimo, era anche facile.

Era naturale.

-Perché direbbero che sono caduta ai tuoi piedi solo dopo pochissimo tempo che ci frequentavamo senza urlarci contro, il che non è vero. Io non sono caduta ai tuoi piedi, sei tu che sei caduto ai miei e io sono stata così magnanima da...- ma la magnanimità di Lily si perse mentre James le chiudeva frettolosamente la bocca con un bacio.

-E piantala!- lo spinse via lei, ridacchiando sommessamente e rimettendosi esattamente nella posizione precedente, con la testa premuta contro il collo di lui.

-Giusto, tu non sei caduta ai miei piedi, Evans, no...- scherzò lui, continuando a camminare senza una meta precisa.

-Senti.... ma tu cos’hai detto hai tuoi amici per giustificare la tua assenza di oggi?- domandò lei, torcendo dolorosamente il collo per guardarlo negli occhi senza abbandonare il suo angolino caldo.

-Oh, ehm, avrei dovuto dire qualcosa?- chiese, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. Lily si fermò di botto e si mise le mani sui fianchi, guardandolo con aria severa.

-Ne abbiamo già parlato, James. Non puoi sparire e pretendere che non facciano delle domande!- esclamò, raddrizzandosi il berretto che le stava cadendo sugli occhi. James trattenne una risata e, con molta cautela, come se si stesse avvicinando ad un animale selvatico, le rimise il braccio sulle spalle.

-Mh, e, sentiamo, tu cosa avresti fatto, invece?- le chiese, sperando che smettesse presto di essere così rigida, perché gli stava letteralmente bucando un  fianco con il gomito. Inaspettatamente lei arrossì leggermente, ma rispose con il suo solito tono leggermente petulante:- Io, anche se le mie amiche non c’erano, ho lasciato un biglietto, dove dicevo che sarei stata... fuori.-

-E dove avresti messo il biglietto, Lils?- le chiese il ragazzo, cominciando a ghignare. Lily aprì leggermente la bocca, poi...

-Mi è caduto sotto il letto, va bene? Però almeno potrò dire che le avevo avvertite, differenziandomi da te che...- ancora una volta non terminò la sua frase, perché James, dopo aver mormorato uno svelto “Sì, sì, certo” l’aveva baciata ancora.
Senza permesso.

Si appuntò mentalmente di dirglielo, una volta che si fossero staccati, ma al momento non provava quell’impellente bisogno. Anzi.

-Eh no che non lo potrai dire, Evans!- urlò qualcuno, alle sue spalle, mentre l’ormai familiare flash interrompeva i due ragazzi, che si voltarono nello stesso istante, reprimendo un piccolo grido.

Dietro di loro, riuniti ancora una volta al completo, c’erano le compagne di Lily, i Malandrini e il buon Frank, che sembrava del tutto spaesato e imbarazzato.
Emmeline reggeva una macchina fotografica in mano e faceva vedere ad una gongolante Mary la foto appena scattata. Alice sembrava estremamente arrabbiata, anche se si vedeva che stava reprimendo a forza un sorriso. Sirius ghignava mentre urlava qualcosa di simile ad un “Quello è il mio Prongs” fingendosi commosso e Remus si passava le mani tra i capelli, confortato dal piccolo Peter che agitò un pugno verso James con fare vittorioso.
I due, ormai scoperti, si avvicinarono agli amici. Lily fu immediatamente raggiunta da Alice e Mary, che la buttarono per terra e cominciarono a sommergerla di domande.

James, vedendo cos’era appena successo alla sua ragazza si rifugiò, molto virilmente, dietro un albero, in attesa che tutti la smettessero di essere così sovreccitati.
-Oh, insomma!- esclamò ad un certo punto Lily, ridendo e rialzandosi a fatica. Remus sembrava capirla perfettamente, in quanto Alice era appena scivolata giù dal suo stomaco accompagnata da Mary.

-Non si può più fare una passeggiata con il proprio ragazzo in pace?- domandò, gonfiando le guance e alzando gli occhi al cielo.

-No che non si può se è un ragazzo segreto...- la rimbeccò Alice, ma si bloccò subito vedendo lo sguardo malandrino apparso negli occhi di Lily. Lei e James stavano diventando terribilmente simili e lei non osava pensare a come sarebbero stati i loro figli.

-Ma sta zitta, Alice! Parli tu, con Longbottom qui presente?- chiese Lily, mentre  due appena citati arrossivano furiosamente e tutti gli altri cominciavano a battere le mani.

-Sai, alla fine un malato riconosce i propri sintomi negli altri!- disse Lily, mentre James la raggiungeva e la abbracciava da dietro. Poggiò la tempia contro il capo della ragazza e accostò le labbra al suo orecchio, cosicché nessun altro li sentisse.

-Dunque io sarei una malattia, Evans. Buffo, mi sembrava che prima mi avessi chiamato il tuo ragazzo...- sussurrò, mentre lei scoppiava a ridere, intrappolata nella sua bolla- Potter ed ignara del fatto che tutti gli altri avessero smesso di ridere e li stessero fissando.

-Non puoi più sfuggirmi, lo sai, vero?- aggiunse lui, con voce leggermente più alta. Tutti, intorno a loro trattenevano il respiro, in attesa di una risposta da parte di Lily.
-Non avevo intenzione di farlo...- rispose lei, guadagnando così un applauso da parte di tutti e un sorriso da parte di James.

-Questa sapeva tanto di dichiarazione d’amore!- ululò Alice, strappando Lily dalle braccia del ragazzo e cominciando a camminare verso il castello, spinta dagli innumerevoli starnuti di Remus.
-Ma taci, signora Longbottom!- la rimbeccò l’amica, abbracciandola.

Dietro di loro, James si avvicinò ad Emmeline e sbirciò la foto da sopra alla sua spalla. Nonostante tutto quel grigio i capelli rossi di Lily spiccavano e creavano una sorta di corona intorno a loro.

-Tienila tu, Vance. Mi servirà una prova, nel caso qualcuno non mi credesse nell’affermare che Lily è la mia ragazza...- commentò James, prima di inseguirla, urlando qualcosa che somigliava molto ad un “Aspettami, signora Potter!”

                                                                                             ****

Emmeline concluse la lettera per Hagrid con uno svolazzo, poi poggiò la piuma e prese in mano la foto. James baciava e abbracciava Lily in continuazione, dopo essersi girato a guardare l’osservatore con aria spaventata. Sfiorò la superficie della foto e la accartocciò, mandando indietro le lacrime. Spiegò nuovamente la foto e la allisciò con un tocco di bacchetta.
-Che tu ci riesca, Harry. Che tu riesca a garantire ad ognuno il destino che merita.- mormorò, mentre le eco delle risa spensierate dei due si perdevano nella sua mente. 









Paparapapapapapara! Eheheheh! L'Autrice molto tra virgolette è tornata con un nuovo capitolo. Sì esatto. Un nuovo capitolo, il terzo per la precisione. Che è altamente fluff e altamente demenziale. Purtroppo questo passa per il convento. Io spero solo che lo gradiate, ecco. E vorrei aggiungere un'altra piccola cosa: io pensavo di fare 9, massimo 10 capitoli. Poi però ho ricevuto delle recensioni stupende e mi sono detta che beh, se dovevo parlare di James e Lily tanto valeva farlo per bene. Quindi... Vi metterò la lista di possessori di foto che avevo in mente. Se voi ne avete altri da suggerire ben venga, ma tenete conto che ci sarà solo UNA foto proveniente da ogni personaggio. detto questo, ringrazio tutti voi. Un bacione, Writ

#1- Albus Silente
#2- Augusta Longbottom
#3- Emmeline Vance
Intento questi... per i prossimi capitoli (non necessariamente in questo ordine):

Remus Lupin
Sirius Black
Mary MacDonald
Alastor Moody
Horace Lumacorno
Minerva McGranitt
Hagrid
Molly Weasley

Ecco, da qui in poi tocca  a voi... suggest me! ;)

 

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Capitolo 4
*** #4 Ultimi momenti di porte doppiamente aperte ***


#4 Ultimi momenti di porte doppiamente aperte








C’erano tutti quella sera di Giugno inoltrato, ognuno con una traccia di malinconia mal celata nello sguardo.
Sorridevano e tenevano i loro bicchieri in mano, bevendo, scherzando e parlando del più e del meno.

-Ehi...- Lily si era avvicinata ad un ragazzo appoggiato con la fronte alla finestra che non degnava di un’occhiata la bottiglia di Burrobirra sul tavolo accanto a lui.
Remus si girò, pallido più del solito. Gli occhi gli brillavano di lacrime, ma lui si affrettò ad asciugarle con un movimento veloce della mano.

-E...Ehi...- rispose, sorridendo timidamente e bevendo un sorso dalla bottiglia, non sapendo cos’altro fare.
La ragazza gli si avvicinò ancora, portando il suo bicchiere a scontrarsi con la bottiglia e mormorando “Cin Cin”. Gli mise una mano sulla spalla e con voce rotta cominciò a dire:- Hai organizzato una festa stupenda. Davvero. Il migliore... Il migliore degli arrivederci...-
Lo abbracciò di slancio, mordendosi le labbra per non piangere e gli accarezzò maternamente la testa, mentre il ragazzo scoppiava in piccoli singhiozzi.

-È il pensiero di... di non rivederci più. E non dire ci rivedremo ancora, perché non sarà la stessa cosa. Avremo delle vite diverse gli uni e gli altri. A parte chi, ovviamente – e qui le strizzò l’occhio asciugandosi le lacrime- deciderà di continuare una vita insieme. Questa è casa mia. Qui io non sono diverso dagli altri, ho solo un coniglio particolarmente molesto che ogni tanto si risveglia. E invece là fuori dovremo combattere, nasconderci, io dovrò andare in missione per Silente e non ci sarà più questa nostra quotidianità. Io... Non vedrò più la mia sorellina rompiscatole che mi aiuta in pozioni e... e...- si dovette interrompere, sopraffatto dalla tristezza.

E anche da Black.

Sirius si era avvicinato in silenzio e si era buttato addosso a loro, travolgendoli in uno dei suoi assurdi abbracci, facendoli ridere e urlare allo stesso tempo. Tutti gli altri ragazzi e ragazze presenti si voltarono, chi sobbalzando e buttandosi addosso il drink, chi aggrappandosi al fidanzato, chi...marciando con esagerata foga verso i tre.

-Lily! Mi tradisci così, sotto gli occhi di tutti? Con Sirius? Con Remus?- esclamò James, facendo scansare i due ragazzi e lasciando solo Lily a fronteggiarlo, con gli occhi pieni di lacrime alzati al cielo.

-Potter...- sputò fuori, mettendosi una mano sul fianco e fronteggiandolo minacciosa, mentre si asciugava con l’altra mano gli occhi. James parve essersi arrabbiato per il tono usato e le si avvicinò sempre di più.

-Insomma Lily, basta di usare il mio cognome come se fosse un insulto. Ci saranno dei problemi quando sarà il tuo, dopo...- buttò lì, facendo strabuzzare gli occhi a tutti i presenti. Lily si mise le mani in faccia, senza accorgersi dei movimenti del suo ragazzo, impegnata a cercare una maniera veloce ed indolore per suicidarsi e non badando all’ultima parte della frase fino a che non aprì gli occhi.

-Potter, quello è un anello.- constatò, vedendolo in ginocchio davanti a lei.

-Esattamente.- rispose lui, sorridendole mentre Padfoot gli strizzava l’occhio da dietro alla sua spalla.

-E tu mi staresti chiedendo di sposarti.- affermò Lily nuovamente, mentre Mary scuoteva la testa con un sorrisetto divertito e Alice, ancora arpionata a Frank, cominciava a sbattergli delicatamente la testa sulla spalla.

-Sì...- disse James, cercando di apparire tranquillo e intanto continuando a tenere l’anello ben saldo per evitare che scivolasse dalle sue mani sudate.

-Sì?-
-Sì. -
-Sì!-
-Sì?!-
-Sì!-

-Ohcosadiamine... mpf!- cercò di dire, esprimendo così la bontà del partito scelto da Lily. Lei lo aveva abbracciato di slancio e adesso cercava in tutti i modi di arruffargli i capelli più che poteva.
Sirius cominciò a fischiare e a battere le mani, agitandosi come un pazzo.  Remus sorrise e per la prima volta, nel suo sguardo, non c’era alcuna nota di tristezza o malinconia.

Era felice perché quella era la prova tangibile che la felicità esisteva.

Mary ed Emmeline puntarono il loro sguardo su Frank che arrossì, passando un braccio ancora stranamente integro intorno alla vita di Alice.

-Io farò la madrina dei vostri figli!- strillò quest’ultima, facendo strozzare Peter con il suo drink.
Prima che Sirius le lanciasse l’occhiata maliziosa che non vedeva l’ora di rifilarle da quando aveva scoperto la sua storia con James, Lily si premurò di fare la faccia con l’espressione più assurdamente sorpresa che potè.

-Quali figli, Prewett?- domandò, chiamando l’amica per cognome. Questo era indice di grande arrabbiatura in arrivo e James, che lo sapeva fin troppo bene, si allontanò leggermente, pronto ad usare la bacchetta in caso di bisogno.

-Beh, Lily, è evidente che i figli saranno il vostro prossimo passo...- le disse l’amica, guardandola come se stesse spiegando qualcosa ad una bambina particolarmente testarda.

-Io... Potter, io e te non faremo figli, vero?- chiese lei, girandosi verso il ragazzo che trovava estremamente interessante la punta della propria scarpa. Sirius cominciò a sghignazzare, ma sotto l’occhiata gelida di Lily trasformò la propria risatina in un colpetto di tosse.

-Oh, beh, c’è stata la fase Non parlerò mai con Potter... ampiamente superata la prima volta che l’hai insultato. Poi c’è stata quella di Non lavorerò mai con Potter  e invece è tutto l’anno che siete Capiscuola... e ancora non vi siete uccisi. Poi... non mi ricordo se è venuta prima quella di Non sarò mai amica di Potter oppure quella Non chiamerò mai Potter per nome, fatto sta che anche queste sono sfumate...- contò Alice sulla punta delle dita.

-Non sono proprio sicuro dell’ultima...- provò a protestare James, facendo sbuffare Lily divertita. Alice lo ignorò, continuando ad elencare:- E subito dopo c’è stata quella del Non uscirò mai con James e Non mi metterò mai con lui. Infine Ma io e Jamie mica ci sposiamo! Quindi, come vedi, tutte le tue teorie sono destinate a fallire.-
Lily scoppiò a ridere senza ritegno, mentre Peter borbottava qualcosa che sembrava molto “Il matrimonio mica le fa tanto bene...”

-Lily, tesoro, stai bene?- le chiese James, ritrovandola che si asciugava le lacrime per le risate. Poi la ragazza si voltò verso Remus, allungando un dito pallido ed esclamò:- Tu! Tu sapevi!-
Remus fece un verso che non era esattamente un qualcosa, lieto che Lily piangesse non per la tristezza ma per la gioia. Distolse lo sguardo quando James, un po’ per tapparle la bocca, un po’ perché voleva farlo per la gioia la baciò, lì in mezzo a tutti.

-Adesso non è che dovete avere tutta questa fretta, eh...-borbottò Sirius, facendo avvampare Lily, che afferrò un bicchiere e glielo lanciò contro. In realtà la ragazza era ebbra di felicità e le sembrava che niente avrebbe potuto rovinarle quel momento.
Avrebbe pianto il giorno dopo, mentre organizzava la prossima riunione della Torre di Grifondoro, così come chiamava affettuosamente il gruppo che era sempre lì con lei.

-Oh beh, Lily, non credere che organizzeremo un matrimonio a due, perché io ti voglio come damigella. E non transigo.- esclamò poi Alice, guadagnandosi la sua dose di congratulazioni, mentre i ragazzi inchiodavano James e Frank contro il muro pronti ad organizzare il loro addio al celibato.
Proseguì così la serata. La loro ultima sera insieme, che non chiudeva delle porte, ma ne spalancava delle altre, facendo intravedere loro un po’ del paesaggio nascosto dietro all’una e all’altra.

All’improvviso, un urlo di un non troppo sobrio Remus catturò l’attenzione di tutti.

-Voglio... Voglio un po’ di foto! James, vai vicino a tua moglie...-ordinò, facendo sputacchiare Lily. In effetti, nonostante quell’assurdo, ma bellissimo anello che alloggiava sul suo dito non poteva negare le parole di Remus, ma fu comunque uno shock. James, altrettanto stupito dalla tranquillità con cui l’amico aveva detto quella cosa rimase boccheggiante a guardarsi intorno. Stupidamente si chiese chi fosse sua moglie, ma alla fine la riconobbe dalla sua stessa espressione stupefatta.

Lily avanzò e mormorò un insicuro:- Remus, io non sono sua moglie...- ma il ragazzo scosse la testa e prese la macchina fotografica abbandonata su un tavolo. Lily scosse la testa e si avvicinò a James, appoggiandogli la testa su una spalla- Lui le cinse la vita con un braccio, afferrandole la mano sinistra per mettere in evidenza l’anello scintillante.

Subito dopo fu il turno di James e Sirius, Sirius e Remus, Sirius e Lily, Remus e Lily, i Malandrini insieme e poi, per ultimo, un autoscatto che si rivelò un completo fallimento, a causa di Frank che inciampò, crollando addosso a Sirius che si trascinò dietro Lily.

-Sirius... Perché ti sei appeso alla mia gonna?- sibilò lei, rialzandosi e costringendo il ragazzo a fronteggiare non solo i suoi occhi fiammeggianti, ma anche quelli di James che sembrava sul punto di ringhiare.

-Jim, i cervi non ringhiano di solito...- provò a mormorare Sirius, alzando le mani in segno di resa. –E poi, non avevo nessun altro a cui aggrapparmi...-
Ben presto si scatenò una lotta, in cui venne coinvolto anche Remus che disse che gli avevano rovinato al foto e che erano due pisquani e altre cose simili che nessuno si premurò di comprendere fino in fondo.

Andò a finire che si addormentarono tutti lì, l’uno aggrappato all’altro nonostante il caldo di fine giugno. Remus teneva saldamente strette nella mano le foto della serata e ogni tanto si agitava, colpendo ripetutamente Frank nello stomaco.

-Idioti...- mormorò, con la voce impastata dal sonno, senza sapere che nessuno, nemmeno lui stesso, lo stava ascoltando. – Se mi rovinate le foto, poi come faccio a spedirvele?-

                                                                                             ****

Remus guardò la foto di James e Lily sorridenti e rossi in viso per qualche minuto, cercando di memorizzarla. L’esatta inclinazione del naso di Lily di quando era esasperata, l’espressione estatica di James. L’anello, piccolo ma brillante e quella posizione cos’ dolce, così naturale, nonostante il caldo. Memorizzò anche lo sfondo, la casa con la carta da parati squarciata e distrutta rimessa a nuovo per l’occasione. Guardò quella foto finchè non ne ebbe assorbito ogni particolare. La infilò nella busta con un gesto forzato e inghiottì le lacrime che, prepotentemente, cercavano di uscire fuori a bagnargli le guance. Chiuse la busta con la sua solita precisione e la prese in mano, portandola in un posto meno disordinato.
Fu allora che accadde. Il suo sguardo si posò su una foto fino ad allora nascosta dalla busta, una foto di tre ragazzi. Sirius rideva e spettinava i capelli a James, che si alzava sulle punte per spettinarli a lui. Erano felici.
E Remus, con un ringhio animale, guardò sprezzante il Sirius della foto.
-Cane. - mormorò e, per la prima volta, quella parola fu peggiore di qualsiasi insulto.








Oh beh, lo sapevate che sono ritardataria. Detto ciò, posso morire felice. DODICI fottutissime RECENSIONI. Siete matti. Mi volete morta, io lo so. Non posso fare a meno di adorarvi, però. Eggià. Davvero, non ho parole. GRAZIE.
Parliamo della lieta (eeeeeccerto, lietissima) storia. Lo so che me la prendo sempre con i segreti di Frank e Alice, ma sono uno sfogo perfetto per la sadicità di Lily (uhm, esiste sadicità? Vabbuò) e poi, mica potevo rendere tutto TROPPO fluff (come se adesso non lo fosse, no?) comunque sia, mi è stato chiesto come faccia Sirius a mandare delle foto. Visto che è il prossimo capitolo, vi prego di stare attenti... ;) E intanto, vi riempo di baci e di garzie.
Vostra Writ

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Capitolo 5
*** #5 Se una reazione isterica si rivela più efficace della Divinazione stessa ***



#5 Se una reazione isterica si rivela più efficace della Divinazione stessa










Remus non era mai stato bravo a suonare il pianoforte. Aveva provato ad imparare, ma si era sempre arreso dopo le prime note. C’era qualcosa che lo bloccava, che gli impediva di suonare davvero.
Fu per questo che si stupì, quando si ritrovò a suonare l’organo in una chiesa piena di gente. Erano, certo, solo poche note, ripetute in maniera abbastanza noiosa, ma lui era stupito lo stesso.

Nonostante James lo sapesse, lo aveva inchiodato su quello sgabello con la scusa che “L’organista era malato” e Remus non era sicuro che essere schiantato dallo sposo perché aveva osato guardare Lily significasse essere malato.

Tuttavia, quello era il suo posto e lì doveva rimanere, pena il rimanere vittima del perfezionismo omicida di James.

Il brusio che correva tutt’intorno non favoriva certo la sua concentrazione e la sua marcia nuziale rischiò di sembrare molto più simile ad una canzone dei Beatles più di una volta. La porta della chiese si aprì e il ragazzo, trasgredendo all’ordine di James di non guardare troppo la sposa si soffermò per qualche secondo sul volto di Lily.

La ragazza era il ritratto delle felicità. I capelli rossi erano acconciati in maniera complicata, in modo da sembrare naturalmente spettinati, cosa che fece sorridere James senza rendersene conto. Lui aveva passato un’ora con il pettine bagnato in mano, senza riuscire a combinare niente.
Si passò una mano tra i capelli, distruggendo così anche quel minimo di ordine che era riuscito a stabilire e, con il cuore che sembrava voler andare a trovare Remus in fondo alla sala, provò a sorridere a Lily. Lo sghignazzo di Sirius al suo fianco gli fece notare quanto poco sorriso sembrasse la sua smorfia.
Le ultime note tremarono nell’aria, mentre Lily lo raggiungeva.

Ecco. Ora stava bene. Ora, finalmente, era completo.

-Cari fratelli e sorelle, siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio di Lily Evans e James Potter...- pronunciò il prete, e il ragazzo si premurò di imprimersi ben bene nella memoria l’ultima volta che Lily sarebbe stata chiamata con il suo cognome da nubile.

                                                                                    ****

Lily sentì le labbra di James premere sulle sue prima che il prete riuscisse a terminare la frase, facendo scoppiare a ridere tutti gli invitati. Avrebbe sbuffato, se solo non si fosse trattato del suo matrimonio e di suo marito.
Marito.

James.
Qualche tempo prima aveva avuto una reazione isterica e ci era voluta tutta la calma di Emmeline per farle spiegare che lei non avrebbe mai sposato James, perché era Potter e il suo dovere, nella vita, era darle fastidio.

Si staccarono mentre tutti, persino il contrariatissimo parroco, cominciavano ad applaudire. Il primo colpo di bouquet James lo ricevette sul naso. Poi sulla testa, tant’è che rimase pure qualche petalo tra i suoi capelli particolarmente ricci. Infine, l’ultimo, gli arrivò sulla bocca e questo portò definitivamente alla distruzione dell’arma del delitto.

-Potter. Non solo senza il mio, di permesso, ma anche senza quello del prete?- gli ringhiò lei, mentre lui sputacchiava petali.  Sirius, al suo fianco, era riuscito a cadere per terra e il povero parroco non sapeva se essere più sconvolto dal testimone agonizzante per le risate o dalla sposa omicida.

-Ehi Lily, lo sai che ora potresti anche riferirti a te?- sogghigna lui, scompigliandosi i capelli e facendo letteralmente piovere petali tutt’attorno.
Remus si avvicinò con un sorriso che faceva concorrenza a quello degli sposi, con l’ormai onnipresente macchina fotografica in mano. Era impossibile, ma a lui sembrava di essere tornato ad Hogwarts.

E la cosa era più che positiva.

-Testimone, per favore, ricomponiti. Non vogliamo altri spargimenti di sangue. E, sposo, io ti consiglierei di toglierti quell’aria da pesco in fiore e concentrarti, pregando il Karma di essere buono con te. Lily, sei splendida anche senza quell’aria assassina...- cominciò a commentare Remus, mentre i tre, molto teatralmente, si ricomponevano e sorridevano felici. Mark Evans si avvicinò alla figlia e le diede il braccio, mettendosi pure lui in posa.
Lily aveva cercato di organizzare un matrimonio meno magico possibile, ma era stato difficile, avendo come testimoni Sirius e Alice e come damigella Mary.

E come marito James.

Sua madre e suo padre, una volta entrati nella chiesa magicamente allargata avevano spalancato gli occhi come bambini, occhi che ora brillavano d’orgoglio e di felicità. Dorea era corsa loro incontro, travolgendoli con il suo solito entusiasmo e la sua allegria che erano una caratteristica propria di tutti i Potter.
Si sentì a sua volta più allegra, rendendosi conto che ora era una Potter a tutti gli effetti anche lei.

Fu in quel momento che Remus scattò la foto, intrappolando tutti in un momento di seria felicità. Niente facce buffe, per una volta. Solo la felicità semplice e composta di un momento che, con tutta probabilità, avrebbe cambiato per sempre la loro vita.
Si staccarono sorridendo e ben presto i due sposi si ritrovarono a dover fare l’intero giro della chiesa, facendo una foto con ognuno degli invitati. Lily riuscì a convincere James a fare una foto con il povero organista licenziato, che tremante e spaventato dal ragazzo si rannicchiò e, dopo aver sorriso nervosamente, scappò via, prima che James lo affatturasse di nuovo perché aveva voluto controllare se la foto era venuta bene.

Sirius rincorse Remus per tutta la chiesa, stressandolo perché la desse a lui, al testimone adorato la foto. La buttava sul ridere, ma Lily era cosciente del fatto che faceva così per nascondere la propria commozione.

Mancava qualcuno, e lei lo sapeva bene. Le mancavano due volti, non più familiari, non più quotidiani. Due volti non amici, due volti ostili. Si sedette per qualche secondo sulla panca, mentre James riceveva le auguri e felicitazioni da due zie anziane e così piene di rughe da sembrare ripiegate su se stesse.
Si immaginò di avere anche lei, lì, la sua parte di famiglia numerosa, quella che avrebbe iniziato a fare battutine subdole e maliziose o che avrebbe cercato di istruirla secondo alcuni buoni costumi.

Invece no, lei lì aveva soltanto sua madre e suo padre, senza alcuna traccia di sua sorella o di suo fratello.

Niente Petunia e niente Severus a condividere con lei uno dei giorni più belli della sua vita. Si era lasciata il suo passato ed il suo vecchio mondo alle spalle, senza poterci fare niente.
Non voleva piangere, né essere triste. Quello era il suo giorno e lei aveva appena fatto la sua scelta definitiva.

Urlò, all’improvviso, quando qualcuno la sollevò di peso e la trasportò fuori dalla chiesa così, tenendole una mano sotto le ginocchia e una dietro alla schiena.

-James! Insomma! La pianti di infrangere tradizioni? Non sai che la sposa va portata in braccio attraverso la soglia di casa?- domandò, ridendo e colpendolo in testa con un capo del velo. Non si era accorta che la chiesa si era svuotata e probabilmente tutti li stavano aspettando al ristorante.

-Ma non sto infrangendo nessuna tradizione. Casa, per me, è dove ci sei tu. E siccome da oggi in poi passeremo tutta la vita insieme, reputo ogni posto in cui ci sei tu casa...- rispose lui, con una tale semplicità da commuovere Lily. Lo abbracciò con forza, mentre vorticavano smaterializzandosi.
Non era mai stata più certa della sua scelta come in quel momento.

James.

                                                                                           ****

-Un brindisi anche al bouquet spetalato della sposa!- urlò Sirius, assecondato da Mary che si alzò subito in piedi, facendo cadere a terra la sedia. Remus provò a convincere Sirius che avevano già fatto una decina di brindisi e che dunque sarebbe stato meglio sedersi e stare fermi e tranquilli, invece di inventare parole che, no, non esistevano nemmeno in uno dei suoi mattoni spetalabili.

-Ecco, siccome sono il testimone migliore che possiate trovare ho deciso di fare un discorso che sicuramente apprezzerete in molti.- continuò lui, schiarendosi con un colpetto di tosse la gola. Bevve un sorso dal suo bicchiere e cercò di essere più serio possibile.

-Bene. Siccome sono il tuo migliore amico, ho il dovere di informarti, James, che la tua cravatta è macchiata. Dopo quest’importante notizia, passiamo al resto. Tutti noi conosciamo la loro storia, o per meglio dire, la loro lunghissima non-storia. Quindi, sorvolerò e cercherò di non imbarazzarlo con aneddoti divertenti che invece altri testimoni racconterebbero, come ad esempio la volta in cui si prese un pugno sul naso perché le aveva chiesto come facesse ad essere ogni giorno più bella. Il fatto che Lily non sappia riconoscere un complimento è noto a tutti, perciò mi unisco a voi nello sperare che la loro convivenza forzata sia, in qualche maniera, benefica. Perciò, da bravo spettatore, posso solo augurarvi... Auguri e figli maschi, Potter. Tanti figli maschi, se mi capite...- concluse lui, mentre Lily si prendeva il volto tra le mani e sospirava con fare depresso. James rideva a fianco a lei, mentre Sirius ripeteva a macchinetta le parole tanti bei figlioletti maschi.

Era felice. Felice come poche altre volte era stata, felice di essere lì, a tentare di smacchiare la cravatta del suo neo-marito senza la magia, felice di ascoltare le farneticazioni assurde del suo fratellone pazzo e le sagge parole del suo migliore amico, che cercava ancora di spiegare a Sirius che ai matrimoni non si ricevevano patrimoni con la m.

Era felice di sentire Peter ridacchiare accanto a sé, non in maniera timida e remissiva come faceva di solito, ma con felicità e semplicità vera. Era contenta che gli altri fossero felici.

-Signora Potter?- le chiese James, all’improvviso, voltandosi verso di lei con un sorrisetto furbo. Lei gli sorrise e si avvicinò per baciarlo. Suo marito.
-Cosa c’è, maritino adorato?- chiese con tono zuccheroso lei, sorridendo sfacciatamente.
-Ecco... mi aiuti a smacchiare la camicia?- domandò lui e, per l’ennesima volta, Lily pensò che aveva fatto proprio bene.

Sì, decisamente. Avere una reazione isterica prima del matrimonio l’avrebbe preservata almeno per un po’ dopo.

                                                                                           ****

Remus voltò la foto, dove la data spiccava chiaramente nonostante fossero passati più di quindici anni. La girò di nuovo, per non guardare la grafia familiare di Sirius, quella grafia che ancora conservava nei biglietti e nelle lettere dei tempi di Hogwarts. Dei tempi dei Malandrini.
Erano tutti seri, eppure così felici. Remus si chiese come avesse fatto Sirius a fare
ciò che aveva fattodopo aver visto quella foto. Inspirò con forza e la mise velocemente nella busta per Hagrid, insieme al biglietto dove spiegava come avesse ritrovato quella foto tra le cose di Sirius.Chiuse la busta con cura e attese pazientemente che arrivasse il suo gufo. La domanda di prima continuava a vorticargli in testa, senza sosta.

Non sapeva che Sirius aveva consumato quella foto a furia di guardarla, il Giorno Maledetto. Non sapeva che l’aveva tenuta sul comodino ben in vista per tantissimo tempo, fino all’ultimo momento. Non sapeva che Sirius aveva fatto la sua stessa domanda a Peter, sventolandogliene una copia di fronte al viso poco prima di ucciderlo. Non sapeva nemmeno che Sirius quel giorno si era sentito abbandonato eppure felice, perché la sua famiglia era finalmente completa.

Non poteva sapere nessuna di queste cose, del resto. L’unica cosa che sapeva era che dietro, scritto in piccolo vicino alla data c’era solo una scritta.

Tanti auguri e ancor più figli maschi.











Masssalve, cari. Ebbene sì, ho pubblicato. Con fatica e con un capitolo che beh, non è che mi faccia impazzire. ma che volete fare, belli? Pubblico di sera senza un granchè di motivo e con la grande sorpresa della foto di Sirius. Lasciate stare, per favore. Vi volevo solo dire che vi sto amando alla follia, con le vostre splendide recensioni. da qui in poi non so se le storie seguiranno un ordine cronologico o no. Vedremo. Intanto, vi lascio e vi invito, se volete continue anticipazioni, a passare sulla mia pagina facebook. Indirizzo sulla presentazione!

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Capitolo 6
*** #6 Storie di Librerie e di Belle Statuine ***


#6 Storie di Librerie e di Belle Statuine   






Era cosa nota e risaputa che un James Potter in pieno delle sue facoltà mentali mai sarebbe entrato in una libreria di sua spontanea volontà.
Perciò, il fatto che stesse in piedi davanti alla porta di suddetto negozio e una mano tesa verso la maniglia creava scompiglio non solo nella sua mente ma anche in quella di Sirius Black che ancora stava cercando di capire perché si trovassero lì, davanti ad una libreria babbana a fissare la porta.

-Beh? Non entri?- sbuffò Sirius, in direzione dell’amico. James si voltò con un sussulto e con aria colpevole, ma si limitò a stringere i denti e a voltarsi di nuovo, facendo un passo rigidissimo in direzione della porta, ma si bloccò con la gamba a mezz’aria.
-Non ce la faccio, amico...- ammise, dopo un po’, poggiando nuovamente la gamba a terra e tornando ad avere un’aria quantomeno più dignitosa. Sirius scosse la testa, nascondendo il ghigno che, no, non avrebbe di certo aiutato suo fratello a farsi meno complessi mentali.

James era il complesso mentale personificato. Era stato in grado, prima di fare la sua prima ronda di Caposcuola con Lily, di rimanere un’ora intera davanti allo specchio chiedendosi se i capelli gli stavano meglio a destra o a sinistra, perché a destra lo facevano sembrare più macho, ma a sinistra gli davano quell’aria da ragazzo dolce e premuroso che piace tanto alle ragazze.
Alla fine l’aveva buttato fuori dalla stanza Remus, prendendolo a calci e scompigliandogli i capelli, così che se ne stessero liberi di andare ovunque volessero.

La mattina prima di fare ufficialmente colazione come ragazzo di Lily Evans era riuscito ad arrivare a chiedere ai suoi amici se davvero teneva bene la mano, incrociando le dita, provocando accessi di risatine nelle primine che lo vedevano fare avanti e indietro per i corridoi tenendo per mano Sirius o Peter.

Qualche giorno prima, infine, si era intestardito nell’affermare che lui era in grado di entrare senza problemi in una libreria, anche babbana. Lily, a quell’affermazione, aveva alzato le sopracciglia, sbuffando leggermente e aveva commentato con un semplice e criptico “Vediamo, Potter”

Ovviamente, anche se stavano insieme da parecchio tempo ed erano ormai prossimi al matrimonio, lei continuava a chiamarlo Potter, provocando in lui strane reazioni.
Peter una volta giurò di averlo visto contorcere la bocca in una smorfia altamente esilarante e Sirius continuò a ripetere per molto tempo che avrebbe dovuto immortalare la volta in cui cominciò ad aprire e chiudere le mani, incendiandosi così i capelli con una qualche strana magia involontaria.

Il fatto che non fosse riuscito ad entrare in quella maledetta libreria, perciò, lo stava corrodendo lentamente e si rifiutava di muovere un passo per tornare indietro. In pratica, James Potter continuava a rimanere fisso nello stesso punto, con aria accigliata, da circa mezz’ora.
E questo, lo sapevano tutti, non era affatto un bene.

-Puoi farcela, James. Basta solo non pensare a dov’è il posto in cui stai per entrare!- esclamò Sirius, agitando un pugno in aria con fare vittorioso.
-La fai facile, tu, che te ne stai fermo lì con l’aria di un demente ad agitare un pugno in aria.- Ovviamente, James glissò la parte in cui anche lui se ne stava fermo e ritto in mezzo alla strada con aria stupida, preferendo insultare il suo migliore amico. Sarebbero sicuramente andati avanti così molto a lungo se non fosse stato per un a voce che li fece sobbalzare entrambi.

-Mi sono persa la giornata delle belle statuine?- domandò Lily, carica di buste e sacchetti colorati, guardandoli con un sopracciglio inarcato.
Nessuno dei due rispose, troppo intenti ad insultarsi mentalmente entrambi, e Lily prese ciò come una conferma della sua tesi. All’improvviso le si illuminarono gli occhi e quasi le cadde un sacchetto di mano, quando comprese il motivo di tali posizioni. Un ghigno le salì alle labbra e lei dovette farsi forza per non scoppiare a ridere, preferendo avvicinarsi a Sirius con passi lenti.

-Sirius. Sai quanto adoro quando fai la bella statuina, vero?- cominciò a dire, poggiandogli una mano sul braccio. Il resto accadde tutto molto velocemente: James si girò e corse verso di lei, strappandole un gridolino e anche parecchie buste, poi, quasi con un gesto di stizza, la prese per mano e se la trascinò dietro, senza sentire le sue risate.

-Se tu adori Sirius che fa la statuina, allora io entro in una libreria!- esclamò James risoluto. E, senza fare ulteriori commenti, aprì la porta ed entrò, nell’antro di pagine che l’aveva spaventato a morte fino a quel momento.

James dovette ammettere che non era poi così male. Certo, migliorava la situazione il fatto che Lily lo seguisse ridacchiando, le loro mani intrecciate.

-Potresti comprarti un libro, Potter...- propose lei, afferrando un volume a caso da una pila di libri accanto a lei. Guardò con interesse L’arte di pulire con la scopa poi si gustò la faccia del ragazzo quando lesse il titolo.

-Stai scherzando, vero, Evans? Questi Babbani sono molto... originali, giusto?- borbottò lui, posando il libro con aria schifata su una mensola, cercandone uno che corrispondeva di più alle sue priorità.
Quando, trionfante, arrivò alla cassa con il libro prescelto stretto tra le mani, Lily dovette trattenere ancora una volta una sua reazione isterica. Fu dura spiegare al commesso perché un diciannovenne con tanto di fidanzata al fianco volesse comprare il volume illustrato di Aladdin, ma alla fine la ragazza riuscì a rifilargli la storia di un compleanno ricordato all’ultimo minuto.

-James, tesoro, non puoi comprare un libro solo perché in copertina c’è un tizio che vola, lo sai, vero?- gli domandò Lily, una volta usciti. James scosse la testa, sostenendo che non era un libro qualsiasi, era un libro sui tappeti volanti, c’era scritto dietro.

Sirius li attendeva fuori affiancato da Remus che teneva tra le mani la sua famosa macchina fotografica e che immortalò i due nell’atto di discutere sul contenuto del libro.
-Una foto! Remus mi ha fatto una foto! Davanti ad una libreria! Oh, sono rovinato, sono rovinato, come farò ora? Lily, luce dei miei bulbi oculari, sostienimi tu- chiese James con fare melodrammatico, stringendo Lily in un abbraccio improvviso e dondolando sul posto, continuando a tenere saldamente in mano il libro appena comprato.

-Ehi ragazzi! Questa è da mandare alla McGranitt!- esclamò Remus, mentre Lily, ridendo, si liberava dalla stretta di James per appropriarsi dalla foto.
-Sì, sì, decisamente sì! Ah! C’è Lily, c’è una libreria. Lei, che aveva scommesso che non sarei mai riuscito ad entrare in una libreria con Lily! Ah, sì, sì!- cominciò a farneticare James, girovagando per la via mentre i tre si gustavano lo spettacolo.

Lily sorrise, mentre nella foto sotto di lei si muovevano ridendo sotto l’insegna del negozio. Guardò James che camminava avanti e indietro, farneticando e Sirius e Remus, al suo fianco, che ridevano sostenendosi l’un l’altro per non cadere.
E poi vide se stessa, riflessa nella foto. Si vide giovane e felice.
Si vide viva.

 

Alla Prof.ssa M. McGranitt
Cara professoressa, le avevo promesso una lettera dopo essere uscito da Hogwarts e così è stato.
Se ci fosse Lily, al mio posto, le farebbe la cronaca dettagliata degli ultimi mesi, ma ora sta dormendo e questo è, all’incirca, ciò che dovrei fare anche io.

Ma la tentazione di scriverle è stata troppo forte.
Guardi nella busta, anzi, si sieda prima di farlo.
Visto, professoressa?
Sì, non si inganna. Sono davvero io, con Lily, davanti ad una libreria babbana. Ho anche comprato un libro, non so se ci crede.
Lily dice che non è chissà quale lettura, ma io sostengo che è il gesto che conta.

Quindi, professoressa, mi duole doverla informare che ha perso la sua scommessa.
Detto questo, se vuole verificare di persona, ci terrei ad invitarla ad un matrimonio a breve.
Avrà l’ultima occasione della sua vita per congratularsi con Evans, temo. Dopo cambierà cognome e lì sarà problematico distinguerla da me.

Ancora tanti saluti ed auguri, professoressa.
Suo, James Potter.


Ps: Mi scusi professoressa, non ho fatto in tempo a fermarlo. Visto che ormai sono sveglia, allego anche io i miei saluti. E, per una volta, sono costretta anche a concordare con Potter, nell’invitarla al nostro matrimonio. Mi creda, sono più sorpresa di lei.
Con i migliori (e sicuramente più educati) auguri

Lily Evans

                                                                            ***
 
Minerva si asciugò una lacrima fuggiasca con l’orlo della veste, riaprendo quella busta dopo tanti anni.
Dodici lunghissimi anni erano passati, da quando quella lettera le era arrivata. Dodici anni, da quando lei aveva sorriso e comunicato la notizia ad un non poi così tanto stupito Silente. Dodici anni da quando aveva sorriso, la mano davanti alla bocca, guardando quel matto di Potter stringere al petto un libro per bambini babbano e la sua Lily.
Dodici anni, durante i quali quei due sorrisi non l’avevano mai abbandonata. Li aveva rivisti in Harry, ma non era stata la stessa cosa. Lì, in quella foto, si trattava di due sorrisi, uno speciale per un verso, uno speciale per l’altro.
Quei due sorrisi, che si erano spenti, come una candela lasciata al vento.
-Hagrid. Tienila con cura. Questo è uno dei pochi ricordi buoni che ho.- mormorò, poggiandogli la foto nella mano grande e ruvida.
Nessuno dei due sprecò delle parole per quel momento. Entrambi si limitarono a sorridere, con gli occhi e le guance terribilmente umidi.
E il cuore che sapeva di libri e d’inchiostro.

 





Eccola. La ritardatarissima Writ è tornata, incredula per essere riuscita a scrivere qualcosa. Non è bello, non è lungo, è solo un altro capitolo. Che fa pure un salto indietro del tempo, ma pazienza, cari, vi dovrete accontentare... Eheh.
Immagino abbiate capito quando si ambienta e la scelta del destinatario della foto non è assolutamente casuale. Le librerie, il sapere li associo entrambi a Minerva McGranitt e alle sue scomemsse con Silente. Ecco. Non penso di dover dire nient'altro.
Solo grazie, a chi era lì a commentare.
Solo una preghiera, affinchè non mi ricopriate tropp di pomodori.
Baci
Writ

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Capitolo 7
*** #7 Non è obeso. E neppure io. ***


#7 Lui non è obeso. E nemmeno io.







James entrò in casa e si gettò sfinito sul divano. Dalla cucina proveniva un delicato odore di zuppa e il ragazzo sorrise pregustando la cena. Odiava andare in missione senza Lily: starsene lì, a un passo dalla morte senza poter sapere se lei stava bene o meno lo rendeva quasi isterico e rischiava di farlo cadere sotto i colpi avversari.
Certo, quando Lily era con lui era preso da manie di eroismo che lo spingevano a cercare di frapporsi tra ogni incantesimo e sua moglie, ma per lo meno lei era lì.

Sotto i suoi occhi.

Il ragazzo cominciò a massaggiarsi la fronte, pizzicando tra pollice e indice la radice del naso e cercando di rilassarsi il più possibile. Lily cominciò a canticchiare, emettendo di tanto in tanto qualche miagolio.

James si alzò di scatto non appena realizzò che Lily, per quanto potesse essere strampalata a volte, non era ancora arrivata a miagolare. Il verso si ripetè e lui cominciò a girare su se stesso alla ricerca della fonte del suono, che identificò nella borsa della ragazza. Si avvicinò piano, con la bacchetta sguainata e un’espressione sospettosa sul volto. Il verso si ripetè qualche secondo dopo e li sobbalzò.

Quando la borsa iniziò anche a muoversi, oltre che a miagolare, il coraggioso Potter corse in cucina ed entrò incespicando. Si aggrappò al tavolo e, con la voce più matura che potesse avere, chiese a sua moglie:- Lily, tesoro, perché la tua borsa sta miagolando e si sta pure muovendo di volontà propria?-
Lei si girò e nel farlo un paio di ciuffetti le caddero dalla pinza che si era arroccata sulla nuca. Sorrise e sospirò, come una mamma di fronte a un bambino curioso e poggiò lo strofinaccio con cui si stava asciugando le mani sullo sportello del foro.

-Prova a immaginare, James. Cos’è che miagola e si muove ed è abbastanza piccolo da stare in una borsa?- gli chiese pazientemente e sorridendo nel vederlo gonfiare le guance come faceva quando aveva dodici anni e lei lo allontanava senza degnarlo di uno sguardo. Era la stessa faccia che faceva tutt’ora quando lei gli diceva che era terribilmente ansioso e che no, lei stava bene, era inutile mandarle un Patronus ogni ora.

-Qualcosa di pericoloso.- sentenziò lui e la vide alzare gli occhi al cielo con una smorfia di disappunto. Lo prese per mano e cominciò a camminare velocemente verso il tavolo. Prese la borsa e la aprì con delicatezza e quello che ne uscì fu...

-Un gattino, James. Un gattino. Me lo ha portato Edgar, Edgar Bones. La gatta di sua sorella Amelia ha partorito da poco e non sapeva dove mandare questo povero cucciolo....- spiegò lei, prendendo tra le mani un qualcosa che somigliava più a un batuffolo o a uno dei calzini di lana di James che ad un esserino con tanto di occhi, orecchie, baffi, zampe e artigli.
Lui mosse le mani verso Lily e se lo fece depositare con delicatezza sui palmi messi a coppa. Era caldo eppure tremava come un disperato e istintivamente James se lo portò al petto per scaldarlo. Quello gli mise la testolina sul collo e cominciò a fare le fusa, assomigliando alla moto di Sirius quando stava per partire. Per essere un affarino così piccolo faceva un rumore incredibile, si rese conto.

-E perché avresti deciso di prendere un gatto, tesoro? Ti faccio mancare qualcosa? Sono troppo spesso fuori? Ecco, sì, lo sapevo. Troppo spesso, sì, decisamente. Va bene, troveremo una soluzione. Che dici, andiamo in vacanza? Ma no, abbiamo un gatto ed è quasi Dicembre e no, per carità, Lily, abbiamo un gatto!- cominciò a sproloquiare lui, sussultando e facendo fare al gattino versi di disappunto ogni volta che la mano di James si allontanava troppo dalla sua schiena minuscola, sottraendogli calore essenziale.

-James.... James!- lo fermò Lily – Sono incinta!- esclamò, con un sorriso radioso e portandosi una mano al ventre. L’aveva scoperto due giorni prima e si era sentita terribilmente frastornata, lì per lì.

Un figlio a vent’anni era qualcosa di impegnativo e nuovo.
E fuori c’era la guerra, spietata e fredda più che mai.
Subito dopo aveva cominciato a ridere istericamente e a progettare i successivi nove mesi.

Comprare un libro dei nomi.
Imparare a lavorare a maglia.
Cominciare a comprare quelle riviste che spiegavano la corretta dieta per i bambini appena nati.
Trovare un gatto.

Il gatto era stato ciò che l’aveva fatta catapultare fuori di casa, camminando per la città alla ricerca di quei volantini dove si parlava dei micetti in regalo. Era essenziale, per lei, avere un gatto e un figlio contemporaneamente. Con il gatto avrebbe fatto pratica, l’avrebbe curato e amato e rispettato.  E poi, se avesse avuto un gatto, avrebbe sicuramente fatto spaventare a morte Sirius ogni volta che fosse venuto a casa loro sotto forma di cane.

E lei adorava spaventare Sirius.

-Sei... incinta? Cioè. Oh. Vuoi dire che io sono il papà?- chiese James, riemergendo dallo shock e guardandola cominciando involontariamente a cullare il gatto. Padre. Il ragazzo deglutì e si sentì più tranquillo. Era nato per fare il papà, lui. Era nato per avere un figlio con cui giocare e una moglie da coccolare la sera dopo aver messo a letto il bambino, ne era certo.

-No, James, il papà è Sirius. Non te l’abbiamo detto prima per non farti star male, ma ormai non posso più celarti l’amore che provo per lui...- esclamò melodrammaticamente Lily, prima di avvicinarsi e premere con forza le sue labbra sulle sue. Sia il gattino che James approvarono quell’improvviso abbraccio che li portò a fare una strana danza di felicità.

-Dobbiamo cominciare a cercare un nome...- disse James, staccandosi dalla moglie e guardandola con serietà.
-Abbiamo nove mesi di tempo, tesoro....- rispose Lily, soffocando una risatina. La mano le scivolò di nuovo al ventre e se lo immaginò pieno e tondeggiante sotto di lei. Si vide tenere in braccio un bambino bellissimo, il suo bambino, il loro bambino. Si vide diventare adulta e piano piano anche vecchia, con uno stuolo di nipotini e tanti figli tutti intorno a lei che le sorridevano felici.
James la guardò stralunato e le passò un braccio intorno alla vita, abbassandosi per baciarle una guancia.

-Ma non dicevo per nostro figlio. Dicevo per il gatto.-

Sette mesi dopo.

-Lily, cosa stai facendo?- esclamò James, vedendo la moglie camminare ostentando tranquillità con le mani dietro alla schiena. Lei sobbalzò e l’enorme pancia sobbalzò con lei, tirando il tessuto di jeans della salopette che la donna portava sopra una maglietta bianca, probabilmente dello stesso James.

-Niente!- rispose e gli sorrise sfacciatamente mentre entrava in cucina. James posò l’enorme tomo che stava leggendo- ancora stentava a capire come avesse fatto a farsi convincere da Lily a leggere il Grande Piccolo Libro del Papà, che di piccolo aveva solo le lettere con cui era scritto- e la seguì cercando di non far rumore. La trovò china vicino al lavandino che teneva qualcosa tra le mani che scricchiolava.

-Lily! Stai dando ancora da mangiare a quel gatto!- disse e la busta di croccantini le scivolò via dalle mani, facendo spuntare un muso da dietro il ginocchio della donna.
Il calzino appallottolato che faceva un sacco di casino era diventato un gatto gigantesco color cioccolato che faceva comunque un sacco di casino. E che, grazie a Lily, era più somigliante ora a una pluffa che a un gatto.

-Miagola! Ha fame...- si difese lei, riacciuffando l’enorme gatto e posizionandolo davanti alla ciotola straripante di cibo. Lui mosse la coda pelosa e fece un miagolio dubbioso.
James si avvicinò e notò con terrore che la sua mole era cresciuta ancora e che ormai faceva concorrenza a Lily, al settimo mese di gravidanza. In quel momento stava fissando perplesso il cibo che, ancora una volta, gli era stato dato senza che lui avesse fame, ma che era pur sempre cibo, buono e facile da ottenere.

-Non ha fame, Lils. Questo gatto miagola sempre, ogni secondo. Miagola perché cammina, miagola perché ha sonno, perché ha freddo, perché ha visto una foglia cadere, perché tu non gli hai grattato le orecchie. Miagola sempre, tesoro. E se continui così, penso che non gli resterà più molto da miagolare, visto che si ritroverà anche le corde vocali obese.- le spiegò James razionalmente, togliendo il cibo dalla ciotola con la bacchetta e sistemando la busta di croccantini abbastanza in alto affinchè Lily non riuscisse a prenderla.

-MrDoutle non è obeso. Ha solo molto pelo. E poi è felice, non vedi?- gli disse lei, indicando a riprova della sua tesi il gatto che si strusciava allegramente contro i suoi stinchi, miagolando.

-Non può essere felice, Lily. Si chiama MrDoutle , accidenti. E poi, non diciamo sciocchezze. Questo gatto era un settimo della sua mole attuale quando è arrivato qui. Entrava nella tua borsa!- esclamò esasperato James mettendosi le mani sui fianchi. Lily cominciò ad assottigliare gli occhi e lui si rese conto del suo terribile errore.

Aveva pronunciato le magiche parole era più magro un tempo. O comunque, un sinonimo.
E adesso sarebbero stati grandi dolori, per lui.

-Anche io sette mesi fa entravo nel mio vestito nero. E’ questo che vuoi dire? Che sono ingrassata?- cominciò a dire lei, puntandogli un dito al petto e cominciando ad avvicinarsi con fare minaccioso. Il gatto sbuffò e decise che per lui era meglio andarsene, ma Lily lo riacciuffò all’istante, portandoselo al petto e accarezzandolo violentemente.

-Tesoro, sette mesi fa non eri al settimo mese di gravidanza. E’ normale. C’è nostro figlio, lì dentro. E poi, non dire sciocchezze. Non sei grassa. Assolutamente. Sei bellissima, tesoro!- esclamò, cercando di mettere in risalto la parola nostro.

Se lei l’avesse ucciso in quel momento, probabilmente avrebbe lasciato il povero bambino in arrivo senza un padre, destinato ad essere cresciuto solo da un gatto obeso e da una madre pazza.

-Ah sì, è? E chi ti dice che anche MrDoutle non è incinta?- sbuffò lei, alzandolo e facendoglielo vedere tenendo il gatto per le zampe.
-E’ maschio, Lily. E a meno che la natura non abbia deciso improvvisamente di cambiare il suo corso, non può avere figli...- le spiegò, afferrando il gatto e posandolo a terra. Lily, quando si arrabbiava, era capace di terrorizzare tutti.

Anche Sirius.

Un Dlin Dlon del campanello evitò a Lily di cominciare a picchiarlo o peggio e la donna marciò con forza verso la porta. James la seguì, con il gatto in braccio, temendo possibili aggressioni a poveri innocenti. Anche se, doveva ammetterlo, avrebbe dovuto mettere una Lily molto arrabbiata e molto incinta davanti a Voldemort. Quasi sicuramente l’avrebbe ucciso nel giro di due secondi.

Il volto sorridente di Mary apparve, seguito dal resto del corpo, qualche secondo dopo. I suoi occhi si posarono sulla palla di pelo che James stava reggendo e prima che potesse fare battute il giovane uomo la zittì con un’alzata di sopracciglia.

-Lily, tesoro, ma ciao. Posso entrare? Sono venuta a vedere come stavi.... Oh, James. Sei ancora vivo!- esclamò la ragazza entrando e posando la giacca su una poltrona. Lui sbuffò e il gatto miagolò per salutare la nuova arrivata.
Lily abbracciò l’amica, mimando con le labbra in direzione del marito Noi due non abbiamo ancora finito.
Inutile dire che James quasi squittì per la paura.

-Mary! Sai, io e James stavamo giusto discutendo a proposito del nostro gatto e di me. Lui dice che MrDoutle è obeso...- esclamò Lily, indicando il marito come un giudice indica un imputato. Mary scosse la testa e cercò le parole giuste per confortare l’amica.
A differenza di James, aveva il gran bel dono di conoscere la mentalità femminile.

-Ma Lils, dipende dai punti di vista. Potrebbe essere anche un gatto... ehm... grande. Che ne dici se gli facciamo una foto, eh? Così poi, dopo, tra un paio d’anni, la riguarderete e  mentre fredda deciderete chi aveva ragione...- disse Mary, tirando fuori l’immancabile macchina fotografica che Remus le aveva prestato. Lily sbuffò e James mimò un grazie con le labbra, che però poteva anche essere un grido di dolore soffocato, visto che aveva dovuto spostare il gatto su un braccio solo.

Si avvicinarono e misero il gatto tra di loro, sorridendo allegramente, anche se James sentì Lily pizzicargli la schiena con due dita. Il flash li accecò tutti e tre e così il gatto conficcò gli artigli nel braccio di James che continuò comunque a sorridere, imprecando internamente.

-Bellissima!- esclamò Mary, passando loro la foto. James sembrava contratto e sul punto di saltare via come una molla, ma per il resto la foto era davvero bella.
-Lily, amore mio. Perché non ne mandi una copia ad Edgar e ad Amelia, così gli fai vedere come è cresciuto bene il loro gatto e ne approfitti per salutarli, anche da parte mia?- le chiese lui, lasciando il gatto sul divano accanto a Mary, che cominciò a grattarlo dietro alle orecchie provocando una serie infinita di gorgoglii che facevano concorrenza ad una motosega.

Lily annuì e andò al piano superiore, tenendosi una mano sul pancione, improvvisamente rasserenata.
James si buttò sulla poltrona guardando Mary e il gatto e sentendosi all’improvviso molto stanco.

-Senti, Mary. Pensi sinceramente che questo gatto sia solo grande o tutt’al più peloso?- le domandò e intanto riprese il libro che stava tentando di decifrare prima, cercando un nome più strano di Albertine o Magdason da dare ad un’eventuale bambina.

-Spediscimi una foto quando comincerà a rotolare invece che a camminare, James. E’ questa la mia risposta.- disse lei, continuando a grattare il gatto dietro alle orecchie. James ridacchiò e si concentrò sul suo libro di nomi.

In effetti, Frigidadt era abbastanza strano da entrare in pole-position, si disse.

-James! Vieni su a firmare?- urlò Lily, ad un certo punto. Lui deglutì, mentre si alzava e saliva le scale accompagnato dalle risatine di Mary che cercava di convincerlo a farle un tè.

Tutto normale.

                                                                                                ****

Amelia Bones posò l’elegante piuma sulla scrivania di mogano e guardò la lettera piena di scarabocchi di Hagrid. SI chinò e aprì un cassetto, tirando fuori una decina di fogli prima di raggiungere quello che cercava.
La foto di James, Lily e il gatto.
Sorrise, mettendola dentro una busta bianca e distese leggermente le gambe.
Suo fratello ammiccò, dalla foto che stava sulla scrivania e lei tese una mano, sfiorando il vetro freddo.
Nella foto, Edgar aveva ancora quel sorriso strafottente che tanto piaceva alle ragazze e che aveva conservato sempre, fino all’ultimo momento.
Amelia chiuse la busta e la legò rapidamente alla zampa del gufo di Hagrid, che cominciò a volare battendo ritmicamente le ali e stagliandosi contro il cielo latteo di quel mattino a Londra.
La donna posò la testa contro lo schienale, prima di tornare alle sue scartoffie.
Non sapeva perché, ma aveva come la sensazione che tutte le persone migliori fossero destinate a morire giovani.
Edgar si grattò il naso, quasi a confermare che nemmeno lui ne sapeva niente.




Yees. She's here. Writ è tornata con Click. pensate. Click e combinazioni aggiornati a poca distanza l'uno dall'altro... ;)
Ok, immagino che qualcuno avrà letto un pezzetto di questo capitolo su facebook. Ma adoravo troppo scrivere di Lily che obesizza gatti, quindi.... :3
La scena si ambienta all'incirca a giugno del 1980 e.... niente.
Lily fa paura, quando si arrabbia. 
Ed è pure incinta.
Ringrazio quelle tante e meravigliose persone che mi seguono, che commentano e recensiscono ogni volta.
Grazie.
Un bacio
Writ

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Capitolo 8
*** #8 La polvere che rende tutti isterici forse ha a che fare con l'età di Babbo Natale ***


#8  La polvere che rende tutti isterici forse ha a che fare con l'età di Babbo Natale
 







James diventava euforico, a Natale.

A dire il vero era euforico sempre, ma a Natale cominciava a dare di matto e rideva per qualunque cosa, meglio ancora se questa cosa sarebbe stata ritenuta assolutamente normale in altri contesti.

Ma, ripeto, James era euforico a Natale.

Anche baciare Lily, quindi, diventava qualcosa di assurdo e da un paio di giorni il ragazzo aveva cominciato a supplicare le persone in giro di scattar loro una foto, intaccando i nervi già spossati della ragazza e arrivando a stressare lo stesso Peter che era scappato via dopo che per la prima volta James gli aveva fatto notare come la sua mano e quella della ragazza fossero perfettamente intrecciate.

-Una foto, Lily. Una sola, una testimonianza che gridi a coloro che verranno dopo di noi Se ci credi puoi fare tutto! Dai, tesoro. Non ti sto chiedendo niente di assurdo, solo di baciarmi di tua spontanea volontà mentre qualcuno scatta una foto...- la pregò lui un giorno, poco dopo aver finito di fare i compiti. Lei alzò lo sguardo, inarcando il sopracciglio come ogni volta che lui diceva qualcosa di particolarmente assurdo.
Il che capitava spesso.

-Non è spontaneo se mi chiedi di farlo, non credi? E poi ne hai milioni di foto, per Godric. Milioni, tesoro, milioni. Cosa ti cambia se ne hai una in più. E poi ho due occhiaie che fanno paura e i capelli sporchi e un maglione orribile. Dai James. Sii ragionevole...- provò a contestare Lily. Ma la parola “ragionevole” non si poteva associare a James, non sotto Natale. E così la ragazza non si stupì più di tanto quando lui fece uno strano verso e si sporse verso di lei, premendole velocemente le labbra sulla bocca.

Non sbuffò nemmeno, Lily. Rimase lì sorridendo fino a quando Sirius non riemerse da una macchina fotografica enorme e si mise a tossicchiare. James era raggiante e continuò a sorridere in maniera ebete anche mentre Lily gli tirava due o tre scappellotti di fila cercando di farlo ragionare.

-Fumo. Morgana e i suoi slip osè, James! Una macchina fotografica meno vecchia?- tossicchiò Sirius, porgendo la foto all’amico con molta reticenza.
-Remus non mi ha prestato la sua. Ha detto che ero diventato pazzo a furia di fare foto. Dice che Lily e il Natale non sono una buona accoppiata...- provò a giustificarsi James, agguantando la foto e guardandola con avidità.

Oggettivamente parlando, ne avevano di migliori.
Per esempio, ne aveva un paio dove era Lily a baciare lui.
Anche quelle in cui lo picchiava erano molto carine.
Ma questa foto andava bene lo stesso. C’erano lui e Lily, lì dentro.  E per quanto rischiasse di suonare melenso, James espresse comunque il suo pensiero.
Perché lo sanno tutti che James Potter diventa particolarmente scemo in compagnia di Lily a Natale.

-Ti amo più degli slip di Merlino e di Morgana, Evans.-

                                                                               ****

-Aberforth!  Abe! Ab! Corri, corri, è incredibile, meraviglioso, strepitoso!- la porta del locale si aprì di botto, mentre un esagitato James Potter entrava correndo nella Testa di porco, facendo voltare quei pochi clienti che lo guardarono sospettosi da sotto i loro veli, cappucci o mantelli.

Era strana, la gente che stava lì.
O forse era normale, in un modo tutto suo, in un mondo tutto suo.
La clientela della Testa di Porco era l’altro lato della medaglia, quello dello spessore, che non era né buono né cattivo. Semplicemente stava lì, un po’ a metà a guardare il mondo che era indeciso quanto loro.

-Potter. Perché non mi stupisco più nel trovarti qui in un giorno infrasettimanale?- borbottò il barista, riscuotendo il ragazzo dalle sue riflessioni. James arrossì e sorrise imbarazzato e cominciò a dondolare sul posto come una primina alla sua prima lezione.

-Ma questa volta ce l’ho un buon motivo. E poi domani cominceranno le vacanze di Natale, e Lily e io andiamo da qualche parte insieme, e poi lei e Remus si coalizzeranno e mi metteranno sotto a studiare, cosa che non dovrei nemmeno fare, ma insomma...- disse lui, tutto d’un fiato e appoggiandosi ad uno degli sgabelli. Aberforth lo guardò inarcando un sopracciglio e posò sul bancone un bicchiere che teneva in mano prima.

-Lily?- domandò poi, guardandolo mentre si issava sullo sgabello cercando di nascondere qualcosa dietro la schiena. Era tenero, il ragazzo. Ab non l’avrebbe mai ammesso, ma a quel giovanotto voleva una strana forma di bene.

-Ti rovino la sorpresa. Ti ricordi quando ti ho parlato del mio sogno più grande?- domandò James, mettendo sul bancone un paio di falci che indicavano la richiesta di una burrobirra corretta con sconto della casa.

-Volare fino alla luna sulla tua scopa?- domandò l’uomo mentre una strega con un naso esageratamente grande e un mento ancor più prominente pagava una strana bevanda fumante e verdognola che non aveva un’aria invitante.

-No. Anche se un giorno lo farò, lo sai. Andiamo. Puoi indovinarlo, te ne ho parlato così tante volte!- si imbronciò James sorseggiando la sua burrobirra e accarezzando con il pollice e l’indice un angolo ormai mezzo rotto della foto.

-Ah, ecco. Quella Lily era Lily Evans, che sciocco, non l’avevo capito. Il tuo sogno più grande è ripopolare il mondo con lei, vero?- commentò sarcasticamente l’uomo sedendosi finalmente di fronte al ragazzo, che stava cominciando a sudare nonostante fosse inverno e fuori stesse cominciando a nevicare.

-Stavi bluffando! Te ne ricordavi eccome, vero? Volevi farmi ammettere di essere stato molto stressante riguardo a lei, eh? Ah, ma non ci riuscirai, Ab. Mai. Anche perché sono venuto a darti questa bella notizia e a dimostrartela, quindi non potrai prendermi in giro, oh no. Ah.-  Gongolò James, mentre l’altro alzava gli occhi al cielo sospirando in maniera depressa. Tra tutti i possibili clienti abituali, lui era andato a scegliersi quello più instabile mentalmente per fare amicizia.
Se lo ricordava ancora, a tredici anni, seduto lì davanti con gli occhi che brillavano mentre decretava che quello era il posto migliore del mondo e cercava di corromperlo per farsi dare un FireWhiskey a furia di caramelle comprate da Mielandia. Insieme a lui, quegli altri tre sciagurati, che completavano il quartetto delle meraviglie.

-Dovrei chiederti Che bella notizia, James? E poi dirti che no, assolutamente, non sei stressante. Ma immagino che per dirti questo ci sia quella povera ragazza della tua fidanzata, Lily Evans, quindi mi limiterò a dirti Oh, non vedo l’ora di sapere che mi hai portato!- esclamò burbero l’uomo, sorridendo però affettuosamente davanti allo sguardo stupito di James, che posò una foto a faccia in giù sul bancone e la spinse verso di lui senza smettere un attimo di chiedersi come mai tutti si accorgessero che lui e Lily stavano insieme senza che loro ne facessero parola. Lei aveva imparato ad annuire comprensiva ogni volta che lui le esprimeva questo suo dubbio, ma c’è da dire che in effetti questo avveniva circa quindici volte al giorno perciò lei era stata obbligata a farsene una ragione.

-Ma che bel retro di foto, Potter, sono entusiasta. Chi è il grande fotografo?-
-Spiritoso. Girala...-

Aberforth girò la foto con cautela e dovette strizzare gli occhi per vedere cosa vi era raffigurato su. James che baciava di scatto Lily e lei che alzava gli occhi al cielo scostandosi dalla fronte una ciocca di capelli.

Erano quelli i momenti in cui l’uomo sentiva di più la mancanza di una donna, accanto a lui. Non che non l’avessero voluto. Essere il fratello del grande Albus Silente gli aveva conferito una certa importanza, nonostante sapesse parlare meglio di capre che di Quidditch. Ma questo alla gente non importava, perché lui era un Silente, fratello proprio di quel Silente, sì, quello famoso. E lui avrebbe potuto anche dire che il cielo era diventato rosa e che un uomo aveva adottato un drago al posto del suo gattino, tanto loro gli avrebbero comunque dato ascolto.

Questo Aberforth non lo tollerava. Albus sì, lui era fatto per questo mondo. Aveva quel giusto tocco di malizia, quella giusta capacità di dire la cosa esatta al momento esatto ed apparire geniale sempre. Albus era un uomo coraggioso nella sua paura, nella sua codardia. Scopriva i segreti della gente con abilità per non essere obbligato a rivelare i suoi.

Ab non aveva mai avuto una donna che, accanto a lui, fosse davvero sincera, davvero interessata.
E l’unica che aveva avuto e amato davvero era morta, portata via da loro fratello e dalla sua codardia coraggiosa. Ariana avrebbe apprezzato quella foto. Le piacevano tanto, le foto. E le storie d’amore, oh le storie d’amore. Lei ne andava matta.

-Ab? Ci sei? Sei sotto shock? Sai, anche io ero sotto shock i primi tempi. Poi mi sono abituato. Anche perché, per una settimana, l’abbiamo tenuta segreta la storia, capisci? Ah, ma ora, che stiamo ufficialmente insieme... Dai, tienila tu, questa. Potrai mostrarla agli altri clienti che diranno....-

-Chi è questo cretino che regala foto della sua fidanzata ad un povero barista?- completò Aberforth, bloccando James e il suo ennesimo sproloquio. Quel ragazzo non faceva altro che parlare, dannazione. Parlava, parlava, parlava. E non taceva mai, no, nemmeno per un secondo. A furia di andare avanti così, sarebbe diventato muto. A forza.

-... Ma che cliente affezionato che rende partecipe il caro Ab della sua vita felice!- lo corresse James, cominciando a dondolarsi sullo sgabello e afferrandosi con molta nonchalance al bancone poco prima di cadere. Aberforth sbuffò e allungò una mano per colpirlo scherzosamente.

-Senti, Potty, ti ringrazio per la foto e per la grande chiacchierata, ma ora credo che tu debba rientrare. Oppure puoi affittare una stanza qui, ma paghi anche per i topi...-
-Mm. Credevo fossero compresi nel servizio in stanza...-
-Credevi male, piccoletto. Sparisci. E di’ a quella poveretta che ha tutto il mio sostegno morale...- disse Aberforth mentre il ragazzo si alzava, sempre sorridendo come un ebete. Chissà perché le persone andavano in giro a dire che l’amore rendeva più belli. Ad Ab, quel ragazzotto pareva soltanto molto stupido in quel momento. Stupido ma felice, gli concesse.

-Tornerò, sai che lo farò. Ti porterò una foto di nostro figlio, non sarà bellissimo?- urlò James aprendo la porta e beccandosi una folata di vento che trasportava neve in faccia. Chiuse gli occhi e cominciò a imprecare quella gli colò giù per il colletto, coprendo così la risposta sicuramente sarcastica del barista.

Mentre se ne andava, Aberforth rimase a guardare la solida porta di legno che lentamente si chiudeva.
Non era una persona romantica e dubitava di riuscire a diventarlo, un giorno. Ma c’erano persone che lui stimava per il loro amore e per il loro modo di dimostrarlo, come quel Potter che l’aveva rimbambito a furia di chiacchiere su Lily Evans.
Ed altre, come suo fratello, che aveva smesso di stimare nel momento in cui avevano dimostrato di tenere più a un bene superiore che a quello dei propri cari.
Posò la foto in una mensola che fosse abbastanza riparata dalla polvere ma anche abbastanza nascosta ai suoi clienti.
Che non pensassero che lui era un tipo che si faceva abbindolare da certe cose...

                                                                               ****

Aberforth sbuffò mentre cercava di decifrare gli scarabocchi di Hagrid. Chiedeva una foto per un certo Harry... qualcosa.
Pettor. Pattor. Patter.
Potter.
Qual cognome saltò immediatamente agli occhi del vecchio barista, così come il nome di James e quello di Lily che seguiva. Il guardiacaccia voleva ricostruire un passato a quel ragazzino, realizzò e dovette respirare più a fondo per evitare di commuoversi. La morte di James Potter era stato uno dei pochi eventi significativi degli ultimi anni che l’avesse colpito.
Si ricordava ancora la posizione di quella foto che gli aveva portato nel Dicembre ’77.
La tirò giù e soffiò sulla polvere che vi si era accumulata sopra, prima di ficcarla rudemente in una busta che affidò nuovamente al gufo.

Guardò la polvere che si era depositata sul bancone liso e che aveva raggiunto la foto nonostante tutte le precauzioni e pensò che alla fine succedeva sempre così. La polvere e il tempo prendevano tutto.
Anche la felicità.

Ariana gli sorrise dal suo ritratto.




Oh mammina. Sono riuscita a scriverlo il capitolo, sì!
Sono felice, anche se non è bello bello.
Ma non importa.
Vorrei dire solo due paroline in croce.
James sarà anche maturo, ma io me lo immagino pazzo, isterico e innamorato al suo primo Natale con Lily.
E sospetto che fosse davvero amico con Ab.
So che magari il fatto che non ricordi il nome può suonare strano, ma penso ad Ab come ad un uomo che cerca sempre una giustificazione nei suoi sentimenti.
Ah, un'altra cosa.
Non è innamorato di sua sorella. Le vuole solo molto bene. Ed è terribilmente furioso con Albus.
Ok, ci siamo.
Hope you'll enjoy it.
Writ

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Capitolo 9
*** #9 La guerra degli incubi e dei vermi. ***


 #9 La guerra degli incubi e dei vermi.
 





James si buttò a terra e rotolò, schivando un raggio di luce verde che si schiantò contro la corteccia di un albero dietro di lui, facendolo scricchiolare sinistramente. Un sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra, ma subito dopo il ragazzo si ritrovò a trattenere il respiro quando vide una ragazza fare la stessa identica mossa e andare a sbattere contro il cofano di una macchina, che fece scattare l’allarme e partire una sirena inquietante. Una figura ammantata di nero fece un gesto stizzito con il braccio e una serie di incantesimi partì dalla sua bacchetta, schiantandosi contro un’altra macchina, che volò lontano con uno sferragliare di lamiere.

-Alice!- urlò James, in preda all’ansia e al panico. Strisciò fino alla ragazza immobile a terra e respirò di nuovo quando la sentì rantolare debolmente. Imprecò tra i denti e mormorò un incantesimo di protezione, poi la spinse in un angolo della strada e si rialzò, ignorando il brutto taglio che aveva sul braccio. Sentì una risata e poi un altro incantesimo lo sfiorò, mentre lui sbatteva di nuovo contro l’asfalto. Si girò sulla schiena e vide una figura femminile svettare sopra di lui. Si tirò su con rabbia e affiancò Lily, che perdeva sangue da una guancia ma a parte questo sembrava illesa e lanciò una fattura con precisione contro una delle figure in nero, che cadde a terra e rimase immobile.

-Se ti fai uccidere, ti resuscito e poi ti uccido con le mie mani!- urlò Lily, schiantando un altro Mangiamorte e schivando l’incantesimo di un altro. James sorrise e la spinse via appena in tempo perché non fosse colpita da un Avada Kedavra volante. Il cuore gli batteva all’impazzata e ogni cosa sembrava più nitida nei suoi contorni intrisi di sangue.
Forse era questo il potere della guerra: dava una chiara visione della vita e della sua importanza. Mai come in guerra si sentiva di amare o odiare qualcuno. E mai come in guerra la consapevolezza del proprio cuore che batteva si faceva forte e rischiava di predominare sulle altre. Tutto spariva, e rimaneva solo il rimbombo del cuore nelle orecchie e i contorni precisi delle cose davanti agli occhi.

-Era un modo per dirmi “Ti amo”?- domandò James, urlando nella direzione di Lily, che si concesse di scuotere la testa e un sorriso sarcastico mentre abbatteva due avversari in un colpo solo.

-Era un modo per darti una ragione per combattere, Potter. E per dirti... Frank!- strillò lei, lanciando un Protego che riverberò nell’aria, mentre l’amico si girava appena in tempo per schivare una fattura di una donna dai capelli ricci e neri. Bellatrix Lestrange si era tolta la maschera e combatteva con foga, esaltata e fomentata dalla battaglia.
L’avevano definita pazza, e forse a ragione. Ma nessuno era mai entrato nel suo cuore, mai nessuno aveva guardato in profondità la sua anima. Cresciuta in un mondo in cui l’educazione e l’odio erano la stessa cosa, lei aveva scelto quella perenne iperattività del cuore, quel respiro esagitato, quell’odore di paura nell’aria che solo il combattere per l’Oscuro Signore poteva darle.

Era convinta delle sue idee, lei, e lo sarebbe sempre stata, fino alla morte. Morte. Ringhiò quella parola mentre si lanciava contro un altro combattente con un movimento incredibilmente elegante.
Un incantesimo la colpì tra le scapole, costringendola a terra. Una ragazza, anzi una donna, era in piedi e la sfidava con gli occhi pieni di astio, la bacchetta ancora fumante.

-Non oserai colpire il mio uomo ancora una volta, essere immondo!- le urlò, schivando una maledizione e attirando l’attenzione di Bellatrix, che si voltò verso di lei, il volto ridotto a una maschera di dolore.
Alice Prewett la sfidava con gli occhi e con il corpo, spalleggiata da Marlene McKinnon, ancora sanguinante dopo un orribile combattimento che l’aveva vista vincitrice, ma solo di poco. Ansimavano tutte e due ed erano così concentrate su Bellatrix da ignorare ogni altra persona nei dintorni. Fu per questo che James si lanciò nella loro direzione appena in tempo, per evitare che venissero colpite da un Mangiamorte rinvenuto da uno schiantesimo. James ripetè l’incantesimo e lo legò insieme agli altri Mangiamorte con un colpo secco di bacchetta.

Ma questo lo distrasse da Bellatrix che, mentre gli altri erano impegnati a combattere, schiacciò il dito sul Marchio sul proprio braccio, passandosi rapidamente la lingua sui denti perfetti.
Arrivò nel giro di pochi secondi.
Voldemort planò in mezzo a loro, una macchia nera e sfocata che non sembrava incontrare ostacoli al suo passaggio. A Lily sfuggì un grido al ricordo del loro ultimo incontro, al quale era sopravvissuta per miracolo. James le si affiancò, con la bocca secca e il cuore ancora più folle, mentre mentalmente si domandava perché gli altri non arrivassero, dove fossero, perché li avessero lasciati lì.
Voldemort lì guardò con gli occhi ridotti a due fessure e la bacchetta stretta tra le dita lunghe e signorili, poi lanciò un incantesimo su Bellatrix, che si rialzò con aria trionfante.

-Mi sfidate di nuovo, insulsi ragazzini. Mi chiedo come mai pensiate di poterlo fare. Voi non potete niente.Crucio!- urlò, colpendo Marlene che si contorse a terra, la faccia orribilmente sfigurata dal dolore e dalle ferite. Poi la bacchetta di Voldemort si mosse con incredibile velocità e fu di nuovo la guerra, di nuovo gli incantesimi.
Gli avversari si erano ridotti a due, ma dotati di poteri troppo immensi per poter essere sfidati. James, Lily, Alice e Frank si misero a fronteggiarli e rispondevano agli incantesimi con foga, a volte non calibrando le loro mosse.

Ma chi l’avrebbe fatto, del resto, al loro posto?
Erano giovani, innamorati e pieni di vita. Avevano visto delle persone morire, avevano pianto e forse addirittura ucciso, ma conservavano ancora quella voglia di vivere che pensavano non li avrebbe abbandonati mai. Combattevano perché era giusto farlo, nella sua ingiustizia. Combattevano perché sognavano di dire, un giorno, ai loro figli, che era sbagliato fare la guerra, che lascia delle cicatrici indelebili, nell’anima e sul corpo. Combattevano perché volevano sposarsi e fare da testimoni, da padrini e da madrine, ma anche perché volevano ubriacarsi o forse finire a mangiare una torta davanti al fuoco. Combattevano perché volevano comprare un cane o un gatto, o forse un rospo e perché volevano assolutamente finire il libro lasciato aperto a metà sul comodino.
Combattevano per i loro amici, per sé stessi, e per la persona che amavano.

E questo Voldemort non poteva capirlo.

James diede una steccata con il polso e il suo incantesimo superò la guardia di Voldemort, colpendolo ad un braccio. La mano di Lily si serrò sul polso del ragazzo e lo strinse con forza, tirandolo di lato e facendo sì che la fattura di Voldemort lo sfiorasse e basta.
Il mago lo guardò sorridendo, ghignando beffardo, facendo sfoggio di quella sua superiorità in amniera disgustosa.
Lui stava giocando.

-Verme!-

La voce di Lily superò tutti gli incantesimi e fece tacere tutti, interrompendo ogni scambio di incantesimi ed ogni altra cosa.
James si voltò nella sua direzione, il polso ancora intrappolato nella sua mano e il respiro bloccato in gola. Voldemort fece lo stesso, posando lo sguardo su di lei e studiandola.

-Sei un verme, un codardo. Sai perché vinci? Perché hai paura di morire...- ringhiò Lily, spostandosi una ciocca di capelli intrisa di sangue dalla fronte. Lui la guardò e mosse la bacchetta in silenziò, mentre un fiotto di luce ne usciva con forza. Lily non avrebbe fatto in tempo a spostarsi, lo sapeva lei, lo sapeva James, lo sapevano Alice e Frank.

Ma nessuno fece niente. L’incantesimo si abbattè su una barriera, che apparve quasi per sbaglio, non tremolante, non incerta. Apparve e salvò Lily.
E poi la battaglia ebbe fine. L’Ordine della Fenice si riversò in strada, in tutto il suo splendore malconcio. C’era Sirius, in prima linea, con gli occhi spiritati e il respiro accelerato, spaventato dai terribili “se” che gli erano frullati in mente per un secondo.
Se James e Lily fossero morti, cosa ne sarebbe stato di lui?
Se fossero morti, chi gli avrebbe cucinato il pranzo di Natale?
Se fossero scomparsi, chi lo avrebbe chiamato la notte alle tre per avere un riparo dalla furia dell’altro?
Remus era subito dietro di lui, la bacchetta sguainata e gli occhi assottigliati, le vene piene di quel fuoco che lui aveva solo sentito descrivere in precedenza.
E dietro Peter, Mary, Emmeline. Gideon e Fabian e poi Minerva, statuaria. E di lato, il volto contratto dalla rabbia, Malocchio e Silente, con le bacchette che tenevano viva la barriera e i piedi tenuti ben larghi, piantati a terra.
Il sollievo di Alice fu così grande che le parve di svenire. Forse lo fece davvero o forse chiuse semplicemente gli occhi e si stese a terra per avere un conforto in più. Abbracciò la strada e la accarezzò, o forse immaginò solo di farlo.
Lily al suo fianco tremò, minacciando di cadere, sorretta da James che si affrettò a portarsi più vicino, per farle scudo. Era viva. Tutti erano vivi, caldi, pulsanti. Avevano sangue che scorreva, dentro e fuori, ma potevano curarsi e lamentarsi dell’acqua ossigenata o delle pozioni curative.
Frank era in ginocchio, ma guardava Voldemort, impassibile, una mano ancora serrata intorno alla bacchetta e un rivolo di sangue che gli inzuppava la camicia. Pensò che Alice lo avrebbe ammazzato, perché aveva sporcato il suo regalo di compleanno, ma quella morte gli sembrò la cosa migliore del mondo.
Voldemort e Bellatrix iniziarono la smaterializzazione, impassibili a loro volta. Non avrebbero potuto affrontare tutti loro, non tutti insieme. Avrebbero forse potuto fare altre vittime, ma sarebbe stata fatica sprecata. Si sarebbero rivisti presto, Bellatrix ne era più che certa.

Guardarono i maghi più esperti avvicinarsi ai ragazzi, per sostenerli e vi videro solo una patetica ricerca di salvare il più debole, il più inutile. Bellatrix sbuffò sprezzante, incrociando lo sguardo di Peter Pettigrew.
Lui lo avrebbe rivisto prima del previsto.
Quando andarono via, solo Malocchio e Albus ci fecero caso.
Gli altri si erano riuniti e si abbracciavano, Sirius che non mollava più James e lottava per nascondere le lacrime più terribili che mai, mentre Gideon e Fabian erano corsi da Marlene e la stavano adagiando su una barella magica. Remus guardò Lily, che teneva un braccio intorno alle spalle di Peter e sembrava solo preoccupata di tornare a respirare normalmente. Alice e Frank erano stretti l’uno all’altra, il volto rigato da lacrime, sangue e rabbia. Un volto di guerra.
-Andiamo.- commentò rudemente Malocchio, facendo un cenno prima di smaterializzarsi.

                                                                                  ****

-Zuppa?- chiese Dorcas, passando tra i ragazzi stesi sul divano. James sollevò a fatica una palpebra, percorso da un brivido e scosse la testa, prima di tornare ad appoggiarsi a Lily, accoccolata davanti a lui.
Alice mosse una mano e un piede, tormentata da uno dei tanti incubi che l’avrebbero perseguitata per settimane e Frank tornò a coprirle la mano con la sua, scuotendo i capelli che gli erano caduti in faccia.
Dorcas uscì dalla stanza e si diresse in cucina, dove poggiò la pentola con la quale l’aveva portata di là. Malocchio la guardò dalla sedia sulla quale era seduto e poggiò i gomiti sul tavolo.

-Dormono. Se ne stanno lì, come dei ricci, e dormono. E, prima che tu me lo chieda, no, Malocchio, non li sveglierò per farti stilare l’ennesimo verbale. Lasciami godere questo momento di pace. Hai idea di cosa succederà quando James e Lily si sveglieranno?- gli domandò Dorcas, spingendo nella sua direzione una tazza di zuppa, e passandosi una mano tra i capelli ricci. Malocchio sbuffò e annusò sospettoso il liquido, sotto l’occhio minaccioso della donna.

-Forse dovremmo mandarli di nuovo tra i Mangiamorte. Magari si placherebbero.- borbottò lui, facendo sorridere Dorcas di nascosto. La donna nascose il sorriso dietro il bordo della propria tazza e lo fissò, facendo attenzione a quell’occhio blu elettrico tanto impressionante.

-Lo sai cosa mi ha detto Marlene? Che stavano discutendo persino mentre combattevano...- gli disse lei, sedendosi sul bancone e allungando un piede fino a toccare la punta della sedia. Malocchio la seguì con lo sguardo e per qualche istante Dorcas fu certa di averlo visto ghignare.

-Sono più forti di quanto pensi. Come sta Marlene?- chiese e la vide impallidire leggermente, mentre si nascondeva di nuovo dietro la tazza.

-Male. Molto male. L’hanno colpita con decine di fatture, prima che la salvassimo. Sono preoccupata per lei...- mormorò Dorcas, finendo di bere e guardandolo con intensità. Che ci finissero di mezzo loro, sarebbe potuto andare anche bene. Ma Marlene, che aveva solo ventidue anni, e James e Lily e Alice e Frank... Il pensiero le faceva rabbia al solo pensarci. Bambini, pensava, preoccupata. Lei, che di anni ne aveva più di trenta, sapeva cosa volesse dire crescere e vivere con la guerra. E non augurava quella sorte a nessuno di loro.

-Vado a controllarla. E... Dorcas?- disse Malocchio, alzandosi e facendo strisciare orribilmente la sedia sul parquet consunto.
-Sì?-
-Scatta una foto a James e Lily. Voglio potermeli guardare buoni e tranquilli, una volta ogni tanto...- concluse l’uomo, uscendo zoppicando dalla stanza. Dorcas sorrise apertamente alle sue spalle e per un attimo scollegò la sua mente dalla guerra, dalle ferite e dai morti.
Prese l’enorme macchina fotografica di Gideon, che se ne stava sul tavolo senza un motivo preciso, e andò nell’altra stanza. Scattò premendo piano il dito e tolse il flash, per lasciare ai due la possibilità di dormire.

Nella piccola foto in bianco e nero, James continuava a respirare accanto al collo di Lily e lei aveva un piede incastrato tra i suoi. Di solito le foto dei due erano movimentate, ma in quel momento la si sarebbe potuta scambiare per una foto babbana.
Dorcas salì le scale, diretta verso la stanza di Marlene, per dare un’occhiata anche lei e dare la foto a Malocchio.
Molti dicevano che la guerra era nel giorno e nelle battaglie, ma lei sapeva che la più terribile di tutte era quella contro gli incubi. Ma fino a che fossero stati insieme a debellarli, avrebbero avuto una speranza di vincere.

                                                                                  ****

Malocchio guardò la foto nel fondo del cassetto e picchiettò poco gentilmente sulla testa addormentata di James, che però non si mosse. Voleva salutare per bene quel compagno di sventure e quella pazza di sua moglie prima di affidare tutto ad Harry.
Harry. Non l’aveva mai visto, ma sapeva che era uguale a James, tranne che per gli occhi.
Sperò che avesse ripreso dai due in grinta e forza e si domandò come sarebbe stato conoscerlo.
Ma aveva paura, Malocchio. Non l’avrebbe mai detto, ma era terrorizzato dalla possibilità di rimanere deluso. Ne aveva passate troppe. E così, Sirius, quel Black scapestrato era finito in carcere, Marlene era morta senza poter salutare i suoi amici, Dorcas era sparita chissà dove e pure James e Lily se n’erano andati.

Se fosse stato con loro, Malocchio avrebbe detto sicuramente quell’irritante “Vigilanza costante” che era un po’ il suo motto. Ma non era con loro e, anzi, era completamente da solo, chiuso in una stanza vuota piena dell’insidiosa presenza dei ricordi.
Malocchio chiuse il cassetto ed infilò la foto nella busta di Hagrid.
Scrisse anche un biglietto.
Vergò con la sua grafia spigolosa quattro parole, poi chiuse tutto e lo affidò al gufo.

Vigilanza costante, Harry Potter.







Ce l'ho fatta, non ci credo. 
L'ho scritto, l'ho scritto.
Oh Godric.
Due noticine veloci,
Ordine della Fenice. Tadààà.
Malocchio, Albus, Dorcas (non so che età abbia, me la sono completamente inventata), Marlene, Gideon, Fabian eccetera.
Come sono stata?
OOC? Banale? Scontata?
Ah, lo so. Fa pena.
Ma serviva.
Un grazie GIGANTE a tutti.
Bisous
Writ


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Capitolo 10
*** #10 E non fu più cena ***


Piccola noticina pre-lettura.
Caro lettore, come avrai notato si tratta del decimo capitolo.
Questa storia sta entrando di soppiatto tra le multicapitolo lunghe del sito e io in un certo senso mi sento come una mamma che vede suo figlio diplomarsi.
Sono davvero commossa e grata anche a te, per essere arrivato qui in fondo e aver sopportato i miei scleri, per questo ti dico grazie e ti dedico il capitolo.
Lo dedico ad ognuna delle persone che mi ha lasciato una delle 185 recensioni, che hanno permesso a questa storia di diventare la 18° multicapitolo con più recensioni positive per capitolo dell'ultimo anno, ad ognuna delle 73 persone che l'hanno messa tra i prefriti, delle 21 che l'hanno messa tra le ricordate e delle 131 che l'hanno messa tra le seguite.
Grazie.
Io t'amo.
Il resto delle note sotto.
Buona lettura, Writ.




#10: E non fu più cena


 



La cena.
Momento importante, fondamentale della giornata.
O almeno così lo definiva quello stomaco con due occhi e una bocca spropositata che era James.
Lily, dopo ben tre mesi di convivenza, aveva iniziato a capire quanto la cena fosse un momento intoccabile.
Per l’ora di cena tutto doveva essere in ordine, i vestiti sporchi accumulati con ordine sul traballante tavolino del bagno e gli spazzolini con le punte verso la porta, pronti e scattanti per essere usati.

Ma soprattutto, la cena doveva essere pronta.

In seguito, Lily avrebbe dato la colpa a James per quella terribile svista e lui l’avrebbe affibbiata a Sirius, poi a Peter ed infine a Remus.
Il quale era l’unico che non centrava relativamente nulla.

Ma procediamo con ordine.

Era un lunedì. Non che questa cosa dica molto, in effetti.
Ma per James era importante qualunque dettaglio.
Lily si era alzata piena di aspettative e di buoni propositi e per tutta la mattina aveva messo a posto qua e là per casa, disponendo allegramente le foto sulle mensole del camino.

La ragazza adorava quel camino. Era partita bene, con l’idea di non riempirlo troppo e subito, ma aveva subito rinunciato, preferendo esporre ogni cosa adorabile le capitasse per le mani.
A casa sua non c’era mai stato un camino con una mensola disponibile ad essere riempita. Lily ne aveva sempre sentito la mancanza e aveva sempre guardato con invidia quelli degli altri. Petunia le lanciava un’occhiata disgustata ogni volta che tirava fuori la parola suppellettile e sbuffava con aria altezzosa, dicendo che la casa così era molto più ordinata.

Lily pensò amaramente alla casa che Petunia avrebbe preso con Vernon, un giorno non troppo lontano. Probabilmente non ci sarebbe stato spazio per nessuna foto e per nessuna statuetta o oggetto su un ipotetico camino. Non che si aspettasse di trovare foto o ricordi suoi. Se non c’era spazio per lei nel cuore della sorella, come poteva ambire ad un posto, seppur piccolo, sul suo caminetto?
Quando aveva comprato casa con James, Lily aveva subito chiarito che non le interessava dell’ordine, non in quell’angolo della casa per lo meno. Dopo tre mesi non aveva comunque difficoltà a trovare posticini vuoti dove infilare pezzetti di vita.
Ed ecco che si erano conquistati uno degli ambiti posti un gatto di porcellana cinese, una campanella svizzera e una serie di foto da far concorrenza ad un archivio storico.

La preferita di Lily era quella di lei e James che se ne stavano in spiaggia sotto un sole cocente con in testa due enormi sombreri. Era buffo, ma ogni volta che guardava quella foto la ragazza aveva la sensazione di essere protetta e sicura, come se la guerra non fosse altro che un raggio di sole che poteva essere allontanato da qualche filo di paglia.
Lily odiava essere fotografata, ma collezionava foto di ogni cosa, di ogni dettaglio. Voleva tenersi caro anche il minimo ricordo, voleva legarlo a sé come un ancora dalla quale farsi trascinare in caso di necessità.
Non pensava che sarebbe sopravvissuta senza ricordare quei giorni che di particolare avevano solo l’essere passati pieni di dolci quotidianità.

Quel lunedì, dunque, Lily stava risistemando le foto sul camino, senza particolari preoccupazioni. Cominciò a canticchiare una canzone babbana, divertendosi a sostituire di tanto in tanto qualche parola babbana con una magica, fino ad ottenere improbabili rime e strofe.
Il campanello suonò all’improvviso, facendo sobbalzare Lily e minacciando di far cadere una foto che la ragazza stava tenendo tra le mani. Lei sbuffò, mentre andava ad aprire la porta pulendosi le mani sui jeans.

-James?- disse, nel vedere il suo adorato fidanzato guardarla stralunato, gli occhiali un po’ storti e il fiatone.
-Lils? C’è un problema. Molto grande.- ansimò lui, guardandola con un braccio appoggiato allo stipite.

Lei incrociò le braccia al petto e iniziò a tamburellare nervosamente a terra con un piede, cercando di nascondere la preoccupazione che le era salita dentro nel vederselo apparire lì tutto scompigliato.
Lily amava James, era una cosa che tutti ripetevano fino allo sfinimento, eppure era bello vedere come gli dimostrasse il suo amore in un modo tutto suo, alternando baci e carezze a scappellotti e a battutine che lo spiazzavano sempre.

-Che problema? Hai perso il pettine, tesoro?-
-No. Veramente dopodomani è il compleanno di Remus e dobbiamo organizzargli la festa a sorpresa. Solo che Peter l’ha detto a Sirius ieri e lui se ne è ricordato solo oggi.- disse James, prendendole una mano. Lei lo guardò allibita, mentre lui continuava a parlare a macchinetta, agitato e convinto di ciò che diceva.

-Capisci? Io l’ho saputo solo oggi, oggi, e loro non si sono presi il disturbo di dirmi che non sono minimamente capaci di organizzare qualcosa. Quindi, amore mio dolce, abbiamo bisogno di te.- concluse lui, sorridendole sornione.
Lì per lì, Lily rimase a guardarlo con un sopracciglio inarcato, mentre realizzava quello che lui le stava chiedendo, poi scoppiò a ridere fragorosamente.

-Amore mio dolce? Povero James, devi essere davvero sconvolto...- disse, tra una risata e l’altra. Anche lui si concesse un sorriso divertito, mentre si passava una mano tra i capelli, imbarazzato.

-Dimmi cosa devo fare, dai...- gli disse, mentre chiudeva la porta e si preparava a smaterializzarsi. James aveva di nuovo una mano tra i capelli e continuava a guardarla con la faccia di uno che ha combinato qualcosa di grave. Lily lo sapeva, anche se era girata, perché aveva imparato a conoscere ogni minima sfumatura di James.
Sapeva esattamente quando lui si sarebbe lamentato e quando invece avrebbe allargato le narici in segno di soddisfazione. Aveva imparato a decifrare l’esercito di denti che lui le sbatteva in faccia in ogni occasione e aveva capito che non sarebbe servito mai a niente dirgli di coprirsi, perché lui aveva sempre un caldo esagerato.
Chissà, forse era questo l’amore, quello vero. Quella capacità di entrare nell’altra persona mentre la si stringeva tra le braccia, la familiarità di un profumo impercettibile, il bisogno di quei piccoli gesti che confermavano l’appartenenza spirituale l’uno dell’altro.

Sorrise leggermente, pensando che nonostante esistesse da millenni, l’amore si era sempre allontanato sdegnato da qualunque definizione fissa.

Se le avessero chiesto cos’era l’amore, forse Lily avrebbe detto che era un James stravaccato sul divano, le gambe penzoloni  e gli occhi socchiusi che blaterava cose senza senso nel tentativo di farla ridere.
Forse avrebbe indicato sua madre che abbracciava suo padre ogni volta prima che uscisse di casa e il suo dito puntato contro il petto del marito a poca distanza dal cuore ogni volta che litigavano.
O forse, semplicemente, avrebbe detto che era la sua piccola e banale quotidianità.

-Allora? Devo fare così tante cose?- chiese, avvicinandosi a James e mettendogli una mano sul braccio pronta a smaterializzarsi.

-Ehm, in realtà...- disse lui, appena prima di smaterializzarsi. E Lily, in seguito, avrebbe giurato di aver visto l’altra mano salire ai capelli.


                                                                                 ****

-Tutto? Io dovrei fare tutto?- strillò Lily, guardando prima Sirius, poi Peter ed infine James. La saletta dove si trovavano era la cosa più piccola che lei avesse mai visto e non si sarebbe stupita nel vedere dei topi guardarla schifati prima di andarsene.

-Io ti avevo detto che non erano minimamente capaci...- provò a difendersi James, alzando le mani e indietreggiando. Lily sbuffò, pensando che se l’avesse davvero voluto uccidere, sarebbe stato inutile indietreggiare.

-E quante persone pensavate di invitare, esattamente?- chiese lei, assottigliando gli occhi e notando come infilare altre quattro persone lì dentro sarebbe stata un’impresa. Anche spostando l’armadio sganganato che se ne stava nell’angolo sarebbe stato difficile poter stare lì dentro in più di nove persone senza rischiare di morire asfissiati.

-I nostri compagni di Hogwarts, qualcuno dell’Accademia Auror e perché no, magari anche qualche bella ragazza che faccia battere il cuore al nostro amato Remus.- elencò Sirius, contando le varie persone sulle dita di una mano. James e Peter indietreggiarono di nuovo mentre lo sguardo di Lily si posava su di Sirius.

-Capisco, Sirius. E magari sarebbe carino che c’entrasse anche Remus, non trovi?- domandò lei, mettendosi le mani sui fianchi.
James lo sapeva. Sarebbe stata la fine della loro giovane vita.
 
Quattro ore dopo, Lily aveva perso la voce e allargato magicamente la stanza, dopo aver chiuso Sirius nell’armadio per un quarto d’ora in seguito al quinto piatto rotto. La ragazza aveva i capelli ritti sulla testa, particolarmente elettrici, e tentava di fermare la loro corsa con un paio di elastici ritrovati per caso nelle tasche dei jeans.

-Lily! I palloncini dove lì metto? Meglio nell’angolo in alto a sinistra o leggermente spostati a destra così che facciano una bella ombra che si intrecci con quella dei festoni?- domandò dal nulla James, facendola voltare con uno scatto. Il sopracciglio di Lily sembrava non potersi alzare di più e lei, fino a quel momento, era stata certa di aver usato tutti i muscoli possibili per mimare il suo sconcerto.
Ma evidentemente, si sbagliava.

-James, tesoro, sai dove puoi metterteli quei palloncini?- gracchiò lei, con quel poco di voce che ancora le era rimasta. Sirius scoppiò a ridere sguaiatamente, prima di essere ammonito da un’occhiataccia di Lily che gli intimava di tornare al suo compito di annodare i fiocchi sopra alcuni pacchetti.

-Perché non ci fermiamo e facciamo una foto?- domandò dal nulla Peter, facendo annuire con vigore James. Anche Lily sorrise, convinta, mentre cercava di dare un verso alla massa vermiglia che aveva in testa.
Se non fosse stata toppo orrenda, pensò, l’avrebbe aggiunta tra quelle sopra il camino.
Sorrise, mentre lasciava che James le cingesse la vita con un braccio. Sirius si mise accanto a Lily, mentre Peter, tirata fuori la macchina fotografica che doveva restituire a Remus, installava l’autoscatto e poi correva goffamente verso i tre, piantandosi tra Sirius e James.
Il flash scattò e subito una foto scivolò fuori dalla macchinetta, atterrando allegramente sul pavimento ancora impolverato.
Peter alzò soddisfatto la foto e guardò una Lily simile ad una massa di capelli rossi con un paio di gambe che sorrideva appoggiata a James, che aveva, senza un particolare motivo, l’impronta impolverata di una mano sul petto. Sirius rideva di gusto, con un palloncino sopra la testa e lui stava lì, tra loro, sorridendo e basta, senza niente di speciale, senza niente di particolare.

Peter si chiese come mai uno anonimo come lui fosse finito per essere amico di persone così incredibili e originali. Non ci si vedeva a fare foto con un palloncino in testa o con una bella ragazza al proprio fianco, ma allo stesso tempo avrebbe voluto poterlo fare.
Non si sentiva simile a loro, ma avrebbe voluto imitarli in ciò che facevano. Peter avrebbe voluto essere diverso, eppure era troppo comodo rimanere come al suo solito.

-Siamo proprio una bella squadra di lavoro, che dite?- stava dicendo Sirius, fin troppo entusiasta. Un fragore seguì la sua affermazione, mentre quello che doveva essere il settimo piatto si distruggeva definitivamente.
-Siccome siamo una squadra e ci capiamo al volo, ti ci chiudi tu nell’armadio oppure devo agire io?- chiese Lily, ormai troppo stanca pure per arrabbiarsi.

****

-Allora, ricapitolando, ci vediamo domani qui alle sette. Sirius, tu porti Remus e per favore, cerca di essere in orario, per una volta. Ah, e, Peter, riesci a farmi avere una copia della foto?- concluse Lily, chiudendo la porta dell’ormai ex-microstanzetta. Peter annuì e Sirius sbuffò, mentre Lily si avvicinava ad entrambi per dar loro un bacio sulle guance.

-Non siete nemmeno così pessimi a tentare di organizzare una festa, sapete?-ridacchiò divertita, mentre si avvicinava a James e gli prendeva una mano per smaterializzarsi.
Una volta davanti casa, Lily sospirò e cercò le chiavi nella borsa al buio, pensando a come tutta la polvere che c’era nella stanza si fosse praticamente trasferita addosso a lei. Avevano passato tutto il giorno lì dentro, ma alla fine ne era valsa la pena, pensò con un sorriso.

-Vado a farmi una doccia, ok, tesoro?- disse lei, entrando in casa ed accendendo una luce. James annuì e si buttò sul divano, facendola sorridere affettuosamente. La ragazza iniziò a pregustarsi il calore dell’acqua e il rilassamento che ne sarebbe conseguito, mentre tirava fuori il pigiama di pile e lo poggiava con cura sul letto.
Si sedette e tolse le scarpe con i talloni, guardando quei poveri stivaletti che un tempo erano stati marroni e che ora erano grigi e rise leggermente, troppo stanca per fare altro.

-Lily! Porca miseria, Lily, vieni subito qui!- urlò James, facendola sobbalzare. La ragazza corse di sotto, inciampando di gradino in gradino e scivolando mentre pensava a chissà cosa potesse essere successo.
Già si immaginava un James sanguinante o sconvolto o ferito, o tutte e due, per questo, quando se lo vide davanti semplicemente che guardava l’orologio iniziò a preoccuparsi della sanità mentale del suo fidanzato.

-Che succede?-
-La cena! Ti sei dimenticata la cena!- esclamò lui, allargando le braccia e girando le mani verso l’alto, la faccia estremamente sconcertata e, allo stesso tempo, infastidita.
Lily ebbe, per la seconda volta in quei cinque minuti, voglia di ridere a crepapelle, ma si disse che doveva essere un effetto della stanchezza. Si limitò a scuotere la testa, mentre puntava un indice contro il ragazzo e faceva un respiro profondo.

-Di chi è stata la brillante idea di rapirmi per portarmi ad organizzare una festa in tutta fretta?- chiese, drizzando la schiena e guardandolo negli occhi.
-E’ stato Sirius che si è dimenticato di dirmelo in tempo. E a lui si è dimenticato di dirlo Peter. Che, per giunta, ha saputo da Remus che era il suo compleanno solo cinque giorni fa.- si difese James, alzando le mani e chiudendo gli occhi in attesa della rispostaccia di Lily, che non arrivò.
Lei annuì e basta, prima di lasciar cadere il discorso ed andarsene in cucina a rovistare nel frigo, lasciando James basito di fronte a una tale reazione.

Ma del resto, non fu lui l’unico a non capire.

Anche Remus rimuginò per giorni sul perché Lily, nel fargli gli auguri di compleanno, gli avesse detto con voce angelica che, in effetti, sarebbe anche potuto nascere qualche giorno prima.
 

***

Amanda Gore in Minus guardò con astio la lettera che aveva davanti, piena di scarabocchi e sbaffa ture.
Chissà per quale ragione decise di rispondere.
Forse era solo il bisogno di togliersi un peso, decise, mentre si alzava e si dirigeva strusciando i piedi verso la libreria. Tirò fuori  un enorme album di foto, che sfogliò con malinconia nel rivedere alcune immagini particolarmente dolci del suo piccolo Peter. Trovò quello che cercava in fondo.
Quattro ragazzi coperti di polvere sorridevano davanti all’obiettivo, ognuno con una posa diversa. La donna accarezzò con un dito il volto del figlio, mentre prendeva un paio di forbici e la tagliava a metà. Prese quella con Peter e
quell’altroe la divise a metà ancora una volta, accartocciando con rabbia il volto sorridente e scanzonato di Sirius e posando con religiosa cura il pezzetto che conteneva un sorridente Peter nell’album.
Prese la metà di James e Lily e la infilò nella busta per Hagrid, scacciando con prepotenza le lacrime che minacciavano di scenderle lungo il volto. Si sentiva vecchia e affranta, ma soprattutto sola.
Per qualche ragione, si sentiva più vicina che mai a quel povero Harry Potter.

Mentre il gufetto marrone si allontanava, pensò che doveva essere perché lei aveva perso un figlio e lui i genitori.
Si completavano miseramente a vicenda.








Sono tornata.
In ritardo, come al solito, un po' trafelata.
Il capitolo fa schifo, me ne rendo conto, ma dovevo postarvelo.
Anche per ringraziarvi per bene.
Come ho detto sopra, il mio stupore per quel 18 posto non sarebbe potuto essere più grande.
Quindi, ripeto, vi amo come non mai.
Parlando del capitolo, non è niente di speciale.
L'unica nota che faccio è riguardo al nome della mamma di Peter, che ho completamente inventato, immaginandola come una babbana o come una mezzosangue. Non chiedetemi perchè, è semplicemente così.
Sicuramente avrò sbagliato qualcosa, ma ho cercato di essere più coerente possibile.
Ecco. That's all.

Piccola altra cosa.
Mi sono iscritta a Twitter!
Woohoo!
Quindi potete seguirmi e chiedermi aggiornamenti o cose varie quando volete, basta cercare 
https://twitter.com/#!/Writ96">Writ96

Sono anche su Facebook, con il profilo Efp di "Writ Efp".
Ecco. Aggiungetemi, per qualunque evenienza ci sono.

Approfitto anche per un momentaneo spam di due piccole One-Shot, scritte su un altro fandom.
Si tratta di One Direction e le storie sono, precisamente 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1004325&i=1">E mamma Lilli parlò e ">Prima ancora delle farfalle nello stomaco, arrivano quelle dei disegni


Bacioni
Writ

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Capitolo 11
*** #11 Era solo una foglia rossa, una foglia rossa, una foglia rossa ***


#11 Era solo una foglia rossa, una foglia rossa, una foglia rossa




La pioggia di foglie si depositava con lievi scricchiolii sul terreno, riempendolo di chiazze rosso-arancioni tinteggiate di giallo che stridevano elegantemente con l’asfalto grigio. Ogni tanto qualcuna cercava di liberarsi dalla presa del vento e cercava rifugio sui vetri delle case, ma la salvezza durava poco, giusto il tempo perché la foglia scivolasse giù lentamente e cadesse nel mucchio insieme alle altre, dopo aver assaporato per pochi e brevi attimi la libertà.
Lily sospirò scostando la tenda, pensando che era esattamente così che si sentiva, come una foglia che assapora solo qualche attimo di salvezza. James era lì fuori e lei era dentro, intrappolata per la sua stessa sicurezza. La mano le corse al ventre e lo accarezzò con la punta delle dita.
Un tocco leggero sulle gambe le suggerì che MrDoutle doveva essere arrivato a farle compagnia e lei si chinò, prendendolo per la pancia e portandoselo al petto.
La porta si aprì con uno scatto, facendola sobbalzare e afferrare la bacchetta subito dopo, mentre il gatto saltava giù dalle sue braccia. Lily trattenne il fiato fino a quando una voce, quella voce, non pronunciò il suo nome con chiarezza e divertimento.

-Lily! Lily, una cosa fantastica!- urlò James, sbattendo nuovamente la porta e facendo cadere la bacchetta dalla mano della ragazza mentre il suo cuore riprendeva un battito più naturale.
-Potter, se tu gentilmente facessi come fanno tutti, bussando e identificandoti prima di entrare potresti anche evitare di essere tu stesso ad uccidere tua moglie...- brontolò lei, avvicinandosi però a lui e rifugiandosi contro il suo petto. James sapeva di fumo, di sudore e di bruciato, ma allo stesso tempo, sotto quell’odore di guerra, c’era ancora l’odore fresco del suo dopobarba e quello caldo che Lily associava ai suoi abbracci durante le notti insonni.
-Non so se essere più sconvolto dal fatto che mi hai chiamato di nuovo Potter nonostante ora sia anche il tuo cognome oppure dal fatto che ti sei definita mia moglie senza accenni di ironia o sarcasmo.- rispose lui, baciandola velocemente e sciogliendo l’abbraccio per togliersi il mantello, bruciacchiato e macchiato qua e là. Studiò l’espressione di Lily, che cercava di rimanere seria a discapito delle risate che volevano uscirle dalla bocca. Era ancora la Lily che aveva conosciuto a undici anni, solo più bella, più acida, più magra e più sua.
-Io mi preoccuperei più di quello che potrei farti se non mi riveli subito cosa è successo di tanto fantastico...- disse lei, scimmiottando l’espressione del marito.
-La missione è andata bene e Malocchio ha detto che per un po’ potremo stare tranquilli e poi Gideon e Fabian mi hanno detto che loro sorella Molly è incinta... beh, di nuovo, ma insomma, è una cosa bellissima! - esclamò James, prendendole le mani e facendola girare su se stessa con allegria.

Fare un figlio in tempo di guerra era ritenuto una pazzia.
Vivere in tempo di guerra era ritenuto una pazzia.
Vivere e basta, a volte, era ritenuto una pazzia.
Per questo James e Lily avevano imparato ad amare chiunque fosse fiero di essere pazzo.


-Voglio andarla a trovare....- sussurrò Lily, come una bambina che chiedeva qualcosa di assurdo. James deglutì e le sue mani intrecciate a quelle di Lily scivolarono in basso, piano piano, cadendo senza fare rumore.
-Ho paura per voi...- rispose James, staccando una mano e portandola sulla pancia di Lily, accarezzandola leggermente e pizzicandole con dolcezza la carne, facendo sbuffare la ragazza. Non che le importasse troppo di essere magra o grassa- in guerra non era sicuramente un fisico da modella ciò che ti permetteva di sopravvivere- ma non amava quando le veniva toccata la pancia. Nemmeno se a farlo era James.
-Non ci succederà niente. Potrei portarle un po’ della torta che ha fatto Mary e così potrei anche conoscerla... – lo supplicò lei, abbassandosi per riprendersi il gatto che aveva iniziato a miagolare, infastidito dalla mancanza di attenzione nei suoi confronti. Lo accarezzò, tenendolo in braccio come pensava di fare con il suo bambino, una volta nato. Cominciò anche a cullarlo, senza accorgersene.
-Almeno chiedi prima a Gideon e a Fabian che ne pensano. Se sono d’accordo loro, sono d’accordo anche io...- disse lui, ottenendo in risposta solo un’occhiataccia da parte della moglie. Lily amava James, lo amava davvero. Ma quando la paura lo prendeva, insieme al dolore e insieme all’ansia, Lily era sicura di potergli tirare uno Schiantesimo e non sentirsi minimamente in colpa.

La paura confondeva la mente delle persone e, se mescolata all’amore, rischiava di diventare un’arma micidiale: in situazioni di pericolo, la paura della morte sfidava la paura di perdere la persona amata, trascinando i cuori in un vortice di sensazioni che, necessariamente, sfiorava in qualcosa che non era né paura né amore.
Dolore.
Il giusto mix di paura e amore, dunque. Il migliore tra i regali che la guerra lasciava sulla porta della gente.

-Va bene, andiamoci, allora. Vieni con me, così stai più tranquillo?- chiese lei mentre il gatto le saltava giù dalle braccia atterrando sul pavimento con un lieve tonfo. Distrattamente, Lily si chiese se fosse normale che fosse così piccolo e decise che gli avrebbe aumentato un po’ la razione di cibo.
-Sissignora!- esclamò James, tornato di nuovo sereno e portandosi una mano alla fronte. Lily andò a prendere il mantello, mentre lui osservava fuori dalla finestra, come poco prima aveva fatto anche la ragazza. Le foglie avevano ripreso a vorticare con forza e James sorrise nel vedere tutti quei colori che ricordavano così tanto sua moglie. Fu per questo che sorrise, beffardo, staccandosi dal vetro e correndo di sopra.
Forse non era un artista, ma per lo meno gli accostamenti li sapeva fare.
 


-Aspetta, aspetta, voglio fare una cosa!- urlò James prima che Lily si smaterializzasse, chiusa nel suo mantello-cappotto e con un buffo cappello sulla testa. Lei si voltò a guardarlo, curiosa, mentre lui estraeva da una tasca interna una macchina fotografica e la sventolava allegramente davanti ai suoi occhi. Alzò gli occhi al cielo, mentre lui le spiegava, con voce effemminata e ricca di “r” mosce che aveva notato una certa vicinanza cromatica tra i capelli di sua moglie e le foglie che volteggiavano.
Lily rise, rise davvero mentre lui posizionava la macchina fotografica su un muretto, in precario equilibrio, e la raggiungeva, afferrandole la mano e facendola girare su se stessa.

Scattò il flash mentre James, con un piede, colpiva un albero, provocando una nuova caduta di foglie. Scattò il flash mentre James rideva a un “Ti amo, brutto idiota” sussurrato da Lily.
Scattò il flash mentre Lily decideva che avrebbe provato a studiare danza.
Scattò il flash mentre, a qualche chilometro di distanza, Gideon e Fabian si guardavano negli occhi qualche secondo prima di essere colpiti da una coppia di Anatemi che Uccidono gemelli.
 


Il funerale fu triste. Triste, perché c’era chi, in ricordo delle battute di Gideon e Fabian, cercava di fare dell’ironia e di tirare su l’animo alle persone, facendo sentire ancora più forte quell’allegria spontanea, quel sarcasmo sottile farcito di affetto.
James strinse Lily al suo fianco, mentre lei stringeva un lembo della sua camicia nera tra le dita, come temendo che anche lui scivolasse via, che cadesse immobile lasciandola lì al freddo.
Sirius era una maschera sconvolta, che deglutiva in continuazione, facendo sussultare anche Remus ogni volta che il suo gomito colpiva le costole dell’amico, in preda ad un tremito involontario.
Peter era seduto in disparte, il volto tra le mani e la schiena immobile. Lo avrebbero potuto prendere per morto, se ogni tanto non avesse emesso qualche rantolio a conferma del suo dolore.
Lily vedeva anche Molly, la chioma rossa e riccia che sobbalzava, una mano sul ventre prominente e uno stuolo di bimbi attoniti che continuavano ad aspettarsi che lo zio Gid si alzasse, ridendo dopo qualche scherzo.
Avrebbe voluto parlarle, dirle che forse al posto dei suoi fratelli, a beccarsi quell’Avada Kedavra ci sarebbero potuti essere lei e suo marito e loro figlio, o figlia, chiunque fosse quella minuscola particellina nella sua pancia. Ma non sarebbe servito a niente. Di “se”, una persona orfana di cuore non se ne fa niente. Tutt’al più può sorridere, mesta, dicendo un grazie che non sa di niente, che sa di vuoto. Il vuoto è una brutta sensazione, una sensazione che sa di gelato troppo freddo, che ha perso tutto il sapore. E nessun “se” riesce a scaldare quel malloppo gelato.
Si alzò, lei, dai capelli rosso scuro e si avvicinò alla bara, circondata da teste rosso chiaro, ma non stonò, anzi. Portò quella sfumatura di colore che mancava alle guance della famiglia, mentre posava qualcosa sul feretro, sentendo una lacrima scivolarle fino al naso e confondersi con le lentiggini.
Non si voltò, non disse niente. Tornò da James e sentì il prete pronunciare ancora qualche parola, prima di uscire.



James le teneva un braccio intorno alle spalle mentre camminavano in direzione della casa, sentendo le parole mormorate di Sirius e Remus dietro di loro. Una foglia cadde lentamente dal suo appiglio sicuro contro un vetro di una casupola abbandonata lì vicina. Fu questo che riscosse Lily dal torpore in cui era caduta, quella macchia rossa che si lasciava alle spalle il grigio e atterrava su un mucchio di sorelle gemelle.
-Sai una cosa? Dovremmo andare in libreria e comprare uno di quei libri dove ci sono con i consigli per i futuri genitori... Vorrei farlo vedere a Sirius.. magari imparerà a cucinare qualcosa che non sia fumo con patate...- disse lei, sottovoce.
Una spinta la fece saltare in avanti, mentre due mani la prendevano per i fianchi e la solleticavano leggermente.
-Certo, pel di ketchup. La prossima volta che vieni ad elemosinare un po’ di cibo da me, portati dietro quel libro...- esclamò Sirius, facendola sorridere e guardare l’amico scandalizzata.

La pioggia di foglie si depositava con lievi scricchiolii sul terreno, riempendolo di chiazze rosso-arancioni tinteggiate di giallo che stridevano elegantemente con l’asfalto grigio. Ogni tanto qualcuna cercava di liberarsi dalla presa del vento e cercava rifugio sui vetri delle case, ma la salvezza durava poco, giusto il tempo perché la foglia scivolasse giù lentamente e cadesse nel mucchio insieme alle altre, dopo aver assaporato per pochi e brevi attimi la libertà.
Forse erano brevi e pochi, ma erano gli unici che spettavano loro. Gli unici che potevano, in qualche modo, controllare.
 


****

Molly guardò la foto, conservata in una scatola di libri di cucina che non usava più da tempo.
Se ne era quasi scordata, per quanto ci si potesse scordare del funerale dei propri fratelli.

Guardò il pezzetto di carta con affetto, sentendo quel dolore sordo nel petto che aveva sperato di non dover sentire più. Era grata a Lily, quel giorno, per non averle detto niente. Per essere arrivata ed essersene andata in silenzio, lasciando solo un’immagine al posto di parole vuote.
Non avevano mai parlato e non l’avrebbero potuto fare mai più.
Ma a Molly rimaneva quella.
Una foto di due ragazzi che ballavano, le mani unite sotto una pioggia di foglie.
Una data, dietro di essa, un dispiacere sincero.
22 Novembre 1979. Perché questa gioia di un secondo, gioia di un flash, possa allontanare un simile dolore. L.P.
Molly sfiorò la foto, prima di chiuderla in una lettera con dei biscotti e delle mou per Hagrid.
Che per Harry quella foto potesse rappresentare la stessa cosa che aveva significato per lei.


Speranza.
 







Writ's corner

Ed eccomi. Non linciatemi, per favore.
Aspettate che mi prepari psicologicamente.
Avete ben tre motivi adorabili:
1) Non aggiorno da secoli
2)Non aggiorno da secoli e il capitolo fa schifo
3) Non aggiorno da secoli, il capitolo fa schifo ma voi mi minacciate perchè lo dico.

Quindi, da brava, lo barro.
Così.
Il capitolo fa schifo.


Contenti?
Così siamo tutti felici. u.u
Tornare a pubblicare Click, per me, segna una piccola vittoria.
Esco da un periodo di stress e di nullità mentale, dove a stento la mattina mi alzavo per andare a scuola.
Sono tornata a scrivere e in due giorni vi ho preparato queste 1895 parole (che sono pure poche, poi).
Tento di essere allegra in tutto il capitolo, ma è difficile.
Ho appena letto Mockingjay (Hunger Games, NdA) e sono con il morale a terra. Date la colpa ad Alyx se non riesco a scrivere cose allegre come prima.
Tuttavia, ho ripreso a pubblicare.

E quindi, parliamo del capitolo (Anf Anf)
Molly è un'idea che mi ha dato uno/a dei recensori (chiedo venia, non ricordo chi.. T.T) e l'ho sviluppata con molta lentezza nella mia testa.
E' vero, nei libri non si dice di come e quando siano morti Gid e Fabian.
Si dice che sono morti e basta. Ho romanzato la cosa, mettendoci quante più chiome rosse possibili. Molly non parla con Lily, ma ricorda il suo gesto. E questo è quanto hanno loro due come rapporto. Cerco di destreggiarmi tra i vari capitoli, ma, ad essere onesta, a volte non mi ricordo io stessa se qualcosa l'ho già detto o no, quindi vi invito a correggermi, belli e belle. u.u
Ho fatto tornare MrDoutle *gongola*

Ok, scappo.
Ho un'altra long da aggiornare (lascerò qualche link qui sotto, da brava bimba!)
Un bacione
La vostra Writ, che vi ama

Ultima cosa: la foto, l'avrete indovinato, è quella che Harry tiene sul comodino. Ohibò, una foto reale! :')


LINKS!
Twittah: cercate @Writ96

One Shot su James e Sirius: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1076653&i=1
One Shot su Hunger Games (sono due, in realtà, ma questa è quella che preferisco): 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1076046&i=1
Long sugli One Direction: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1034406&i=1

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Capitolo 12
*** #12 Idee geniali e idee senza futuro ***


#12 Idee Geniali e Idee Senza Futuro









James era sempre sicuro di avere idee geniali.
Era una convinzione profondamente radicata in lui, che apparteneva alla sua anima e al suo essere quasi più del gesto- ormai familiare a tutti- di scompigliarsi i capelli.
Chiunque parlasse con James si trovava, ad un certo punto della conversazione, ad udire le parole “idea” e”geniale” buttate lì con finta nonchalance. Remus, che spesso aveva dovuto sorbirsi lunghe e complicate spiegazioni riguardo le idee di James e la loro nascita, aveva imparato a  scollegare il cervello appena in tempo e a lasciarlo parlare senza curarsi troppo di fare attività più complicate di annuire e mormorare qualche flebile “Mmh, geniale” che facesse presupporre un certo interesse da parte sua.
Fu per questo, probabilmente, che la voglia di suicidarsi che lo prese quel giorno di fine Gennaio non fu dettata tanto dall’idea in sè di James quanto piuttosto dal fatto che lui l’avesse approvata e non avesse neanche un po’ provato ad opporsi.

-Accidenti, Sirius, non trovi che sia stata un’idea geniale quella di organizzare un pic-nic nella Foresta?- esclamò James, preso dal solito entusiasmo. Sirius annuì con vigore, sfregandosi le mani, un po’ per la felicità, un po’ per il freddo pungente che sembrava volersi infiltrare addirittura sotto i suoi guanti di lana. Lily sbuffò, creando una nuvoletta proprio davanti al proprio naso, e incrociò le braccia sul petto, iniziando a sfregarsi gli avambracci nel tentativo di riattivare correttamente la circolazione. Dove fosse tutta la genialità dell’idea del suo ragazzo ancora doveva capirlo, ma preferiva risparmiare fiato e calore piuttosto che sbraitargli contro e rischiare di morire assiderata.
L’idea del pic-nic era carina, sul serio. Lei, James, Sirius, Remus e Mary che mangiavano seduti su un paio di coperte di pile a quadri rossi o blu chiacchierando allegramente e ridendo mentre per un giorno ignoravano lo studio e la fatica aveva un che di utopistico, ma non le dispiaceva. A dispiacerle, piuttosto, era il fatto che il tutto si dovesse svolgere appena tre giorni prima del suo compleanno, con una temperatura che oscillava tra i meno sette e i meno undici gradi* e per di più in una foresta che onestamente le faceva gelare il sangue - non osava pensare a come dovesse essere durante le notti di Luna Piena, con tanto di Remus in forma di lupo e tutto il resto.

-James, non vedi che anche lui è sull’orlo di un congelamento?- disse Remus, dando voce ai pensieri di Lily. Mary se ne stava un po’ in disparte, lo sguardo perso e puntato verso il cielo, grigio ed uniforme. Pensava, ed ognuno di quei pensieri le faceva male al cuore, le si incideva nella pelle e nelle vene. Era da qualche settimana, ormai, che si smarriva nei propri pensieri e nelle proprie considerazioni. Non che fosse diventata tutt’a un tratto una solitaria o una riflessiva o una filosofa. Semplicemente, c’era stato qualcosa, in quei giorni, che l’aveva spinta a chiedersi il perché di molte cose.

-Non è sull’orlo di un congelamento. Il suo mento mi sembra ancora perfettamente intatto, se capisci cosa intendo...-** ridacchiò James, scuotendo la ragazza dalle sue riflessioni. Mary si voltò verso Lily, che aveva in faccia la stessa identica espressione di quando Alice faceva una di quelle battutine che era meglio scordare. Gli occhi spalancati, le narici dilatate, le sopracciglia sollevate e la bocca che era una linea perfettamente dritta, Lily stava tentando –invano- di dissimulare la sua intenzione di uccidere James Potter.

-Ti prego, dimmi che non l’hai detto sul serio. Ti supplico. Ti scongiuro.-pigolò Mary, l’aria afflitta e una mano sul petto. Sirius iniziò a ridere sguaiatamente, mentre gli altri quattro lo fissavano con espressione preoccupata.
-Sta davvero ridendo per la mia battu..-
-Non osare chiamare battuta quella cosa, James, o giuro che ti lascio seduta stante...- sibilò Lily, provocando una serie di risatine in Remus, che stava aspettando con trepidazione un commento della ragazza da quando James aveva aperto bocca. Sirius continuò a ridere, piegandosi sulle ginocchia e cadendo a terra, facendo preoccupare tutti riguardo la sua sanità mentale.
-A parte gli scherzi, credo che gli si siano congelati i neuroni- disse James, guardando l’amico con preoccupazione. Lily sbuffò e una nuova nuvoletta si creò davanti al suo volto, cosa che fece ridere ancor più forte Sirius.
-I neuroni, dici? Io direi il neurone, ma proprio ad essere gentile e generosa...- sussurrò alla fine, facendo scattare un nuovo accesso di risatine in Remus. Mary si voltò verso di lui e il ragazzo recuperò il consueto contegno, dopo aver tossicchiato lievemente imbarazzato.
-Per favore, qualcuno fermi Sirius..- la voce di Mary era di nuovo supplicante. James e Remus annuirono e si avvicinarono all’amico, l’aria concentrata, simile a quella che avevano prima dei compiti in classe importanti, e la bacchetta in mano, pronti a prendere eventuali precauzioni.
-Ma non era il caldo a far impazzire le persone?- domandò al vuoto Lily, posando poi per terra lo zaino sgualcito nel quale erano contenute una coperta e diverse scatolette piene di toast e contorni freddi. Mary scosse la testa e la imitò, buttando a terra anche la propria borsa – pelle di drago trattata finemente, ben diversa dalla tela del semplice zaino da scuola babbano di Lily- e aprendola per sistemare le proprie cose. A balzarle subito agli occhi fu la gigantesca macchina fotografica che stava comodamente appoggiata sopra una scatola di roast-beef, avvolta da un panno in feltro viola per evitare che si sporcasse.

 Il pensiero del perché l’avesse portata lì in quel particolare giorno e con quelle particolari persone le tornò vorticando in mente e per un attimo tutto il mondo intorno alla ragazza fu assorbito dal dolore sordo del suo cuore, che aveva preso a battere irregolarmente –o almeno, così lo percepiva lei- e rumorosamente. Scostò la macchina fotografica con una mano, irritata, mentre tentava di non togliersi dal viso il sorriso che fino a poco prima vi era regnato sovrano. Non voleva precipitare nello sconforto, non voleva che tutta la sua felicità morisse così. Non voleva altra falsità intorno a sé, non voleva essere una delle tante persone che avevano una maschera di felicità che sotto di sé nascondeva un dolore o un vuoto incolmabile. Voleva essere felice, anche se solo per un giorno. Voleva avere qualcosa da poter ricordare con un sorriso reale sulle labbra.

-Mi hai fatto un Incantesimo Rallegrante? James, sei ignobile, accidenti. Hai idea di quanto sia fredda quella neve, per Godric?! Sarei potuto morire assiderato sul serio, dannazione. E invece no, io stavo lì a ridere come un cretino!- le urla di Sirius strapparono Mary ai suoi pensieri e la costrinsero a guardare James che teneva la testa bassa e si faceva rimproverare, nascondendo però un sorrisino che ogni tanto, prepotentemente, si faceva largo sulle sue labbra.
-Andiamo, era una bella battuta. E nessuno rideva. E poi, scusa, non dicono che ridere allunghi la vita?- si difese James. Sirius parve rasserenarsi e annuì, come a dargli ragione, prima di estrarre la bacchetta e puntargliela contro, agitando brevemente il polso.
James iniziò a contorcersi e per un orribile ed assurdo attimo Remus pensò che Regulus si fosse sostituito a Sirius e avesse iniziato a cruciarlo. In un istante, il ragazzo pensò a tutte le mosse di karate che aveva imparato quando aveva ancora nove anni e sua madre si era imposta di fargli provare uno sport babbano, e decise che sarebbe stato meglio provare ad affrontare l’altro armato di bacchetta.
Tutti i suoi propositi vennero però annullati dagli strilli acuti che fece James, prima di cadere a terra con le lacrime agli occhi, chiedendo pietà tra una risata e l’altra.
-Di’ al tuo ragazzo di trovarsi un migliore amico meno vendicativo, la prossima volta... E magari meno bravo a fare la Fattura Solleticante...- sussurrò Mary a Lily, che aveva continuato a guardare i due indecisa se intervenire o no. Remus si sedette accanto a loro con uno sbuffo e si mise a rovistare nella cartella di James alla ricerca di cibo o cioccolato. Ogni tanto una risata di James esplodeva con particolare violenza e fu solo quando anche Sirius si buttò accanto a Lily –sollevando una gran quantità di neve- che la ragazza si rese conto della stranezza della situazione.
-Ma sta ridendo da solo?- domandò, allungando il collo in direzione del ragazzo, che se ne stava sdraiato sulla neve, il petto che ogni tanto era scosso da qualche risatina isterica. Remus annuì e Sirius si strinse nelle spalle, mentre lei si alzava sospirando e si avvicinava al ragazzo, facendo scricchiolare la neve sotto i propri stivali.

-Tesoro, sicuro di stare bene? L’incantesimo è finito...- gli disse, accovacciandosi vicino a lui e sventolandogli una mano davanti agli occhi. In quel momento, James Potter era bello, più bello di qualunque altro ragazzo al mondo. Aveva il naso rosso, le lacrime agli occhi, i capelli impastati di neve e un sorriso ebete sul volto, eppure era il ritratto della vita e quindi della bellezza. Non che James fosse brutto di solito, anzi. Ma in quel momento, per Lily, era l’essere più bello sul pianeta Terra. Si sporse un po’ in avanti e poggiò le labbra sulle sue, sorridendo istintivamente quando sentì uno dei ricci ghiacciati del ragazzo sfiorarle la fronte.
-E non dirmi Ora sto bene, perché sarebbe tremendamente scontato e banale e perché sono sinceramente preoccupata per la tua salute mentale.- esclamò poi, dopo essersi staccata da lui ed aver visto lo sguardo adorante che le lanciava. Lui rise di nuovo e le prese un polso, iniziando a tirarla verso di sé. Prima che lei potesse fare qualcosa, si ritrovò stesa per terra, accanto a lui, la neve che le invadeva i vestiti e il cielo che all’improvviso sembrava incredibilmente vicino ed incredibilmente grande.
-Guarda verso di loro. Cosa vedi?- domandò James, allungando un braccio sopra la testa ed indicando gli amici, che erano intenti a fissarsi l’un l’altro senza far vedere che li spiavano.
-Un Remus, un Sirius e una Mary che fanno finta di ignorarci...- rispose lei, puntando lo sguardo laddove le consigliava di farlo l’indice teso del ragazzo. Era una situazione così surreale, così impossibile e così imbarazzante, per certi versi, eppure Lily era sicura che avrebbe preferito fare un milione di temi di Storia della Magia piuttosto che essere in un posto diverso.
-Intendo dire... come li vedi?- continuò James, ruotando leggermente la testa verso di lei e ottenendo in risposta uno sguardo dubbioso. Sorrise, mentre lei si sforzava per trovare la risposta giusta.
-Al contrario?- chiese, infine e lo vide annuire raggiante in risposta –Continuo a non capire cosa ci sia di così speciale, però...-
-Non lo vedi? Sono al contrario, rigirati. Sono buffi, Lily. Se ti guardi intorno, cosa vedi? Smorfie, volti piegati e sofferenti, incapaci di sorridere realmente. E invece, se li giri, quei volti così tristi diventano sorridenti. Mi piace pensare che un giorno prenderemo questa guerra e ci metteremo a girarla, fino ad ottenere qualcosa di diverso e divertente. Mi piace condividere questa cosa con te..- ammise James, chiudendo gli occhi, in attesa della battuta tagliente che sicuramente Lily gli avrebbe riservato. Si sentiva abbastanza idiota, eppure non si pentiva di averle detto quelle cose. I fatti gravi, gravissimi, degli ultimi giorni lo avevano spinto a guardare la vita con occhi diversi, occhi che dovevano sforzarsi per trovare il bello o che dovevano imparare ad inventarselo.
-Come la giriamo, però, questa guerra, a destra o a sinistra? Perché, sinceramente, sono un po’ più forte con il braccio destro, quindi sarebbe più facile girarla di là...- sussurrò appena Lily, quel tanto che bastò a James per aprire gli occhi e a guardarla come non aveva mai guardato nessuno in vita sua. Gli sembrava quasi che il cuore gli dovesse uscire dagli occhi, mentre si perdeva nel sorriso appena accennato di Lily, che non si era messa a ridere o a prenderlo in giro, ma che aveva pensato cercando di risolvere il problema.
La baciò di scatto, come aveva fatto lei poco prima, ignorando la neve che gli scivolava nel colletto della camicia, il vento che gli scompigliava in maniera irritante i capelli e Mary che prendeva silenziosamente la macchina fotografica e immortalava il momento.
 
-Come mai Pete non è venuto?- domandò ad un certo punto Mary, incrociando le gambe e posandoci sopra il piatto pieno di cibo. Sapeva che Alice, Frank ed Emmeline erano usciti ed erano andati ad Hogsmeade, dove Emmeline doveva incontrare un ragazzo per poi passarci il pomeriggio insieme, ma non aveva idea del perché Peter, il quarto ed inseparabile Malandrino non fosse venuto.
-Astfsodione coft Mecctrannig- sputacchiò Sirius, inondando Lily di pezzetti di pane. Lei strinse le labbra e si affrettò a ripulirsi con un tovagliolo, mentre Remus traduceva le parole dell’amico.
-Punizione con la McGranitt. Durante l’ultima lezione ha trasformato il proprio banco in un cactus con fattezze e comportamenti da cane. Non chiedermi come, mi ritengo fortunato ad essere sopravvissuto...- commentò lui e James iniziò a ridere, prima di sporgersi in avanti e iniziare a ricordare insieme all’amico i vari momenti che avevano visto Peter e il suo odio verso la Trasfigurazione come protagonisti. Sirius rideva e rincarava la dose e Lily si appoggiò alla schiena di James, distendendo le gambe davanti a sé e allungando un piede fino a quando non sentì di avere il muscolo di quella gamba abbastanza sciolto.

Mary guardava l’intera scena, indecisa sul da farsi. Era quello il momento giusto per parlare, per dire loro cosa stava succedendo nella sua testa e nel suo cuore.
Era il momento giusto per dir loro “Ehi ragazzi, sapete, ho intenzione di partire per l’America a Maggio e non tornare mai più.”
Si sentiva una codarda in quel momento, mentre tutte le motivazioni che avevano sostenuto la sua scelta si sbriciolavano miseramente davanti ai suoi occhi. Era vero che erano morte tre famiglie babbane nella stessa strada solo quattro giorni prima e che ormai chi non ricompariva più a casa dopo due giorni poteva essere dato per certo per morto, era vero che suo padre si era ritrovato un Marchio Nero sulla porta in ben due occasioni, era vero che lei stessa era stata minacciata di nuovo da quei maledetti Serpeverde, era vero  che sua sorella era già partita ed andata a Boston da qualche mese dopo averle detto “Ti aspetto, ho bisogno di te qui”, era vero questo ed altro, eppure Mary era certa che gli altri, al posto suo, non sarebbero scappati. Non che non richiedesse coraggio andarsene e dimenticare tutto e tutti, intendiamoci. Ma era decisamente più facile pensare di scappare, piuttosto che rimanere e combattere.
Voleva dimenticare andandosene, aveva detto Lucy, sua sorella, in un pomeriggio poco prima della partenza. Mary allora l’aveva compresa e le aveva dato ragione, ma ora, a distanza di mesi, non riusciva a capire il perché di quelle parole. Ricordare le avrebbe permesso di avere dei modelli sui quali costruire la sua nuova vita, sui quali basarsi. Ricordare le avrebbe permesso di tenere a mente la sua codardia ed insieme il suo coraggio. Aveva portato con sé la macchina fotografica proprio per quel motivo, per poter immortalare momenti di una quotidianità quasi disarmante, con i quali confrontarsi una volta che una nuova quotidianità fosse subentrata nella sua vita.

Prese un respiro profondo, mentre le si stringeva il cuore al pensiero di ciò che stava per dire a quelli che riteneva essere gli amici e le persone migliori del mondo. Si odiava, mentre immaginava le smorfie di dolore e delusione che sarebbero apparse sui loro volti. Si odiava e per questo aprì bocca per parlare.
-Vi devo dire una cosa...- annunciò, titubante, guardando Lily negli occhi e pregando affinchè lei la capisse. Sirius si voltò e le sorrise, gentile, interrompendo il racconto di quella volta in cui Peter era stato ritrovato in uno stanzino abbracciato ad un manico di scopa, che sussurrava paroline dolci accarezzando i rametti di cui era composta la coda.
-Mi devo preoccupare?- chiese Lily, scherzando e porgendole una mano.
-Sì, infatti. Non sarà che sei incinta, vero? Sirius ancora non è pronto a diventare padre!- esclamò James, facendo scoppiare a ridere tutti. Il fatto che Mary avesse avuto una discreta cotta per Sirius per anni sembrava sempre essere la cosa più esilarante del mondo.
-No, ma ti pare? Il padre sarebbe Remus semmai...- Mary si concesse un sorriso, mentre il ragazzo sputacchiava succo di zucca addosso a James – No, seriamente. E’ una cosa... che potrebbe farvi arrabbiare...-
Sirius, che l’aveva guardata con aria interrogativa fino a poco prima, spalancò gli occhi, come colto da un’illuminazione divina e scoppiò a ridere, proprio mentre Mary tentava di raccogliere abbastanza coraggio per finire la frase.
-Accidenti, Mary, non essere melodrammatica, non è così grave come pensi...- continuò il ragazzo, facendole l’occhiolino e sventolando una mano in aria. Mary trattenne il respiro, mentre guardava l’amico che continuava a buffoneggiare. Che avesse capito davvero e stesse cercando solo di rendere meno doloroso il tutto?
-Beh, dipende dai punti di vista...- balbettò, ma Sirius, ancora una volta, non le permise di finire la frase.
-Lo so che Lily odia farsi fare le foto, però dai, ammettiamo tutti che il momento di prima era decisamente da immortalare. Non ti ammazzeranno mica per questo!- esclamò Sirius, trionfante, mentre il sorriso si gelava sulle labbra di Mary. James rise a sua volta e anche Remus le strizzò un occhio, mentre Lily faceva finta di avere l’aria più offesa del pianeta.

Mary lo comprese appieno in quel momento, che non glielo avrebbe mai detto. Non glielo avrebbe mai detto perché non sarebbe successo. Mai.
Le venne quasi da piangere, pensando a quanto ridicola fosse stata la sua idea di poco prima. Non sarebbe mai riuscita a scappare, ne era consapevole. Non sarebbe mai riuscita a lasciarseli alle spalle. Non avrebbe mai e poi mai potuto farlo.

Si ritrovò ad annuire alle parole di Sirius e pian piano il suo sorriso riprese il calore di sempre, quello che l’aveva sempre caratterizzato. Lily andò a carponi fino a lei e le scompigliò i capelli, esclamando:- Va bene, se proprio vuoi farti perdonare, tira fuori quell’aggeggio e facciamo delle foto per bene, in modo da non farmi venire sempre orribile...-
Rimasero così per un po’, facendo foto di gruppo dove le facce assurde trionfavano il più delle volte.
Venne fuori anche un James che trascinava Remus per una caviglia mentre Sirius allungava disperato le mani verso di lui, in direzione di quello che doveva essere l’ultimo biscotto della scatola e una Lily che saltava addosso a Mary, travolgendola e facendola cadere per terra.
Prima di andarsene, Lily propose di fare un’ultima foto di tutti loro coperti di neve, scompigliati e con i nasi arrossati dal freddo.
Mentre il flash scattava rumorosamente, James si allungò fino a sfiorare l’orecchio di Lily con le labbra, sussurrandole qualcosa .
-Era di questo che parlavo quando dicevo avere idee geniali-
 

****

Matt Printer prese la busta che un povero gufo dall’aria arruffata gli porgeva, richiudendo la finestra e guardando per un istante il paesaggio verde che circondava la casetta nel cuore della Pennsylvania.
La busta recava il nome di Mary, eppure lui la aprì lo stesso, come faceva sempre. Non era sigillata e, del resto, cosa mai avrebbe potuto contenere quella piccola busta in pergamena grezza?
La lesse e la sua fronte si corrugò assai, mentre le righe scorrevano sotto i suoi occhi.
-Mary!- urlò, non appena finì di leggerla, portandole la lettera in soggiorno, dove la donna stava seduta con le gambe raccolte al petto intenta a leggere un volume sulla Trasfigurazione Umana.
-Matt, tesoro, cosa c’è?- domandò lei, guardando l’espressione stupita dell’uomo.
-Ti è arrivata questa... chi è questo Harry Potter? E questo Hagrid?- domandò lui. Mary impallidì, mentre prendeva la lettera con forza dalle mani del fidanzato e correva in un’altra stanza. Il cuore le batteva a mille, mentre leggeva la breve missiva del Guardiacaccia di Hogwarts.
Harry Potter.Fece scorrere quel nome sulla lingua, dopo tempo che non ripeteva più quel cognome. Volti di persone le vorticarono davanti agli occhi, mentre i ricordi esigevano il loro pegno.

Erano tornati. Dopo dieci, lunghissimi anni, James e Lily erano tornati. Si sentì una vigliacca, proprio come quella volta nella Foresta dove aveva rinunciato alla sua idea di andarsene e fuggire al sicuro nel Nuovo Mondo. Si sentì una vigliacca, mentre con la mente ripercorreva gli ultimi anni della sua vita lì in Inghilterra. Era rimasta, alla fine. Aveva combattuto, sofferto, pianto e rischiato di morire, ma era rimasta, perché non voleva più scappare, non voleva abbandonare gli amici di sempre. E l’unica cosa che aveva guadagnato, rimanendo, era stata la visione del suo mondo che crollava e si sbriciolava sotto i suoi stessi occhi. James e Lily erano morti, traditi da Sirius,
Sirius, dannazione!, e anche Peter era morto, un innocente che aveva provato a gridare la verità. Remus era scappato, impazzito per il dolore, e impazziti erano anche Alice e Frank, per sempre, in maniera irrecuperabile. Marlene era morta ed Emmeline si era lanciata nel lavoro, diventando una donna sola con il suo dolore.
E Mary era fuggita. Non le importava della pace che sarebbe arrivata, sarebbe stata una pace troppo dolorosa. Aveva chiuso tutti i suoi ricordi in un cassetto della mente, distrutto ogni legame con il passato. E ora, tenendo quella busta in mano, con il cuore che batteva forte contro le costole e le dita che tremavano doveva tornare a fare i conti con la vecchia Mary.

Hagrid le chiedeva una foto di James e Lily da regalare ad Harry.

Milioni di ricordi le invasero la mente, la sopraffecero a tal punto che si ritrovò a piangere, mentre, saltando sul letto, recuperava una vecchia scatola da scarpe tutta impolverata. Dentro foto, biglietti, ricordi. Tutta la sua vita in Inghilterra era contenuta lì,
tutti i ricordi che non era riuscita a dimenticare.Le foto di quel pomeriggio nella Foresta erano in fondo, rovinate ed accartocciate. Ecco una se stessa più piccola che rideva con Lily, spensierata, con in testa un orribile cerchietto a pois. Ecco Sirius che stritolava James ed ecco Remus che se la caricava in spalla. Ecco James e Lily che si baciavano, stesi a terra, la testa che guardava il mondo al contrario.
Mary prese la foto, la mise nella busta e non scrisse niente, preferendo lasciare il tutto com’era.
I ricordi, si disse, vanno lasciati intatti.

E lei, come una stupida, aveva tentato di distruggerli.

 



* la temperatura è espressa in gradi Celsius
** Il gioco di parole, lo so, è valido solo in Italiano. Ma avevo bisogno che James facesse una battuta orribile..







Writ's Corner
Olàààà!
Siete stupiti, dite la verità, di trovarmi qui così "presto".
Lo so, lo so.
Non mi acclamate troppo.
*silenzio intorno*
Oggi le note saranno un po' più serie del solito.
Quindi, mettetevi comodi e leggete bene.

Ho scelto di dedicare il capitolo a Mary.
Mary, alla quale ho voluto dare un destino diverso.
In molte fanfiction Mary muore. Avevo in mente di farla morire anche qui, ma poi mi sono detta che quello che ho sempre cercato è stata la differenza, nelle storie.
L'ipotesi che Mary scappasse in america è sempre stata ventilata, ma mai realmente considerata.
E quindi, eccoci qui.
Non considerate Mary una codarda, lei non lo è. Sceglie di restare e resta fino a quando può, fino a quando ha chi motivi questa sua scelta. Come vi sentireste, a perdere tutti i vostri amici? Mary è una Remus al femminile, ma anche Remus scappa, fiondandosi nella sua missione.
Ho reso Mary partecipe a varie scene in questa storia e mi è sembrato giusto dedicarle un capitolo e scriverlo per bene su di lei.
C'è anche il momento Jily, so che l'avete visto.
Ma c'è anche Mary.
Lei non doveva neanche avere una sua foto, ma poi, una sera, mi è venuta l'ispirazione e ho scritto di getto questi 3769 caratteri.
Non mi piace, non mi soddisfa e cose così.
E' un capitolo brutto, malinconico e a metà, forse frettoloso, ma non me la sentivo di correggerlo o di modificarlo.
Un bacione e grazie a tutti

Writ

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Capitolo 13
*** #13 Un thè che non è obeso. ***


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#13 Un thè che non è obeso







-Ja-mes.- ringhiò Lily e James fu certo che se ci fosse stato un Cappello Parlante in quel momento, lui sicuramente non sarebbe finito in Grifondoro. Quando la moglie lo chiamava così, separando le sillabe del suo nome e scandendole con apparente calma, lui sapeva benissimo che c’era una sola cosa da fare.
Agire d’astuzia.

-E’ stato il gatto!- esclamò, un sorriso tirato sul volto e una mano che si infilava sotto il mantello nell’eventualità che fosse costretto a difendersi da una fattura di Lily, che in quel momento aveva abbandonato l’aria fintamente tranquilla e sembrava stesse cercando di ucciderlo senza usare la bacchetta.
Incolpare il gatto era una buona tattica: distraeva Lily da qualunque altra accusa, costringendola a lanciarsi in un’arringa in difesa dei diritti della palla di pelo che terminava solo con lo sguardo di scuse di James e una qualche carezza tra quelle che sarebbero dovute essere le orecchie di MrDoutle.
-Lo so che è stato il gatto, razza di idiota! E non farmi urlare perché sennò sveglio Harry e non è proprio il caso, vista la quantità di tempo che ci ho messo per farlo addormentare oggi. Quei dolcetti che ha mandato Sirius sono pericolosi, assolutamente. Hanno il potere di renderlo così euforico e iperattivo che in confronto tu prima di una partita di Quidditch sembreresti una casalinga depressa...- cominciò a lamentarsi Lily, ma James percepì solo alcune delle parole, troppo concentrato nel recepire l’informazione che per una volta era stata davvero colpa del gatto. Sospirò e Lily colse quel suono in un attimo, arrestando la fiumana di parole e riportando lo sguardo sul marito.
-Il fatto che sia colpa del gatto non vuol dire che tu sia innocente!- ringhiò di nuovo e James sollevò le sopracciglia, curioso.
-Tesoro, se è colpa del gatto che colpa posso avere io?- chiese, un sorriso smagliante che doveva coprire la smorfia di acuto divertimento che voleva propagarsi sul suo volto. Lily era diventata tutta rossa e stava torturando la catenella della collana con le dita lunghe e magre, il ritratto della tipica persona che si sta trattenendo con sforzo immane dall’uccidere qualcuno.
-Era sotto la tua responsabilità!- strillò lei, puntandogli un dito contro e scatenando una serie di risatine che si propagarono dal petto di James lungo tutto il braccio della ragazza.
-Ma io ero al lavoro!- si difese tra una risata e l’altra. Il terrore iniziale era sparito, soppiantato da un profondo divertimento. Certo, non avrebbe potuto definire adorabile quella versione isterica della moglie, però non poteva fare altro che guardare ammirato con quale forza d’animo lei portasse avanti quella causa evidentemente persa in partenza.
-Era tuo il compito di chiudere le finestre!- replicò lei, piccata e James sospirò, avvicinandosi a lei e posandole una mano sul braccio.
-Ti devo ricordare chi ha insegnato al gatto ad aprire le finestre da solo?- ribattè lui e Lily arrossì di nuovo, gonfiando le guancia e aprendo e chiudendo la bocca davanti all’espressione vittoriosa del marito. James le sorrise e la strinse in un abbraccio, posandole le labbra sulla testa e sentendola sbuffare mentre tentava di spingerlo via.
Il bello delle loro litigate era che nessuno dei due era mai totalmente serio: erano troppo abituati a vivere in una simbiosi quasi totale per trovare davvero qualcosa che facesse completamente infuriare l’altro.

-Dunque, che cosa ha combinato la palla di lardo... pardon, pelo, stavolta?- chiese James staccandosi dalla moglie e guardandola mentre sbuffava nel sentire il modo in cui lui apostrofava MrDoutle. Si rendeva conto lei stessa che era grasso, ma sentirlo dire da altri era come rendere la cosa sgradevolmente reale e lei ne aveva paura. Aveva paura di avere una conferma dei propri timori –e magari fossero stati relativi solo alla linea del gatto- e talvolta si sentiva come uno di quei bambini che si mettono le mani sulle orecchie pur di non udire i rimproveri dei genitori. James conosceva questo lato di lei e talvolta ci scherzava su, per alleggerire la tensione e per aiutarla, perché sapeva che spesso la paura risiede proprio nella paura stessa di aver paura.
-MrDoutle non è....-
-Grasso? Lily, quel gatto a stento passa per la porta!- la interruppe lui, alzando gli occhi al cielo. Lily aveva un’espressione combattiva stampata in faccia e lo guardava cercando di incendiarlo con gli occhi.
-Oh, non diciamo sciocchezze! Semplicemente, ha un pelo molto lungo!-
-Intanto sono io che mi occuperò di dare da mangiare ad Harry...-
-Ma se non sai nemmeno dargli un po’ di latte dal biberon!- si lamentò Lily e James scosse le spalle, sconfitto dall’argomento della moglie che, a differenza degli altri, aveva un fondamento reale.
-Comunque sia... il gatto è scappato dalla finestra nella casa della nostra vicina e ha rovinato un paio di libri di grande valore...- continuò Lily, scrutando minacciosa James, che non aveva la minima idea del perché lei lo stesse incolpando con così tanta veemenza.
-Tesoro, siamo in un villaggio di maghi, le cose si riaggiustano facilmente...- sospirò lui e Lily, che stava per diventare isterica a livelli indicibili, aprì la bocca come un pesce irritato e la richiuse subito dopo, aggrottando la fronte e stringendo i denti.

-La nostra vicina sarebbe Bathilda Bath.- ringhiò e James finalmente comprese come mai la moglie fosse così agitata. Se Lily fosse stata una persona normale avrebbe detestato chiunque l’avesse costretta a studiare il proprio libro sulla Storia della Magia, ma essendo una persona che sistemava le cornici sul pianoforte in ordine di altezza crescente dei soggetti e delle cornici stesse, James era consapevole che aspettarsi da lei una reazione normale sarebbe stato inutile. Lily, infatti, nutriva una grande stima e ammirazione per quella donna che camminava curva e che scrutava sempre tutti da sotto il suo cappellino di lana verde con aria di superiorità. La reputava il più grande genio esistente e spesso James doveva ricordarle che era per colpa sua se lei un giorno aveva preso una A+ in Storia della Magia a causa di un paragrafo del libro colpa di una data sbagliata, per ridimensionarla e farla tornare alla realtà.
-Uh. Beh, potresti chiederle scusa e dirle che non succederà più, no?- domandò, titubante, e in un attimo Lily era a poca distanza da lui, i nasi che si toccavano e tutti i pori della pelle perfettamente visibili a James.
-Forse non hai capito quale sia la gravità del problema! Adesso sicuramente lei penserà che siamo degli irresponsabili che lasciano le finestre aperte quando escono nonostante i casini che ci sono adesso e che ingrassano i gatti senza curarsi del fatto che poi un giorno potrebbero morire perché non hanno il fisico adatto a fuggire e...- James la interruppe mettendole una mano sulla bocca e scrutandola divertito.
-Evans, ma queste cose te le studi la notte oppure c’è un manuale apposito dal quale prendi ispirazione?- chiese, divertito e lei in risposta gli morse una mano.
-Potter – ora James poteva avvertire chiara la minaccia nel tono della moglie – non dire stupidaggini. Piuttosto, mettiti nell’ordine di idee di lavorare.-
-Perché?- chiese, un’idea sgradevole che gli balzava in testa e gli faceva storcere la bocca. Sperò che Lily non avesse intenzione di fare ciò che pensava, perché sarebbe stato un disastro. Un incubo. Una distruzione quasi totale. Del resto, tentò di rassicurarsi, lui e la Divinazione non erano mai andati d’accordo, quindi perchè avrebbero dovuto iniziare a farlo proprio in quel momento?
Lily sorrise mentre vedeva l’espressione di James cambiare di secondo in secondo.
-Perché l’ho invitata a bere un thè qui oggi pomeriggio...-
James mandò mentalmente a farsi fottere tutti gli insegnanti di Divinazione che non gli avevano mai dato il massimo dei voti.
Il soggiorno di casa Potter-Evans non era particolarmente disordinato, ma entrambi i coniugi sapevano benissimo che non bisognava lasciarsi abbindolare dalle apparenze: il

fatto che i cuscini fossero impilati ordinatamente su un lato del divano, per esempio, non voleva dire che qualcuno li aveva messi così per un motivo estetico, ma piuttosto per coprire la grande chiazza verde che nessuno in quella casa –gatto compreso- riusciva a spiegarsi. Così James, dopo due settimane di pacifica convivenza con la macchia verde fluo fu costretto ad ingaggiare con essa una furiosa lotta, mentre Lily si affrettava a togliere dal mezzo del mucchio di libri sulla Trasfigurazione i giornali di motociclette e i fumetti che Sirius prestava a James quando veniva a trovarli. Dopo due ore di arduo lavoro il salotto era all’apparenza meno ordinato, ma sicuramente anche meno pieno di trappole ed insidie e sorprese poco piacevoli di quanto fosse mai stato.
-Bene, Lily cara. A che ora hai detto che arriva la signora Bath?- domandò James, imitando una voce femminile e sventolandosi con un piumino cattura polvere che Lily gli aveva infilato in mano ignorando i suoi tentativi di usare la bacchetta per fare degli incantesimi domestici. Si guardò intorno, ma non vide traccia della moglie da nessuna parte e decise di andare a cercarla, se non altro per restituirle quello strano aggeggio che gli aveva affidato che come ventaglio era decisamente inutile e controproducente. Si infilò il piumino dietro ad un orecchio e uscì dalla stanza ridacchiando da solo mentre pensava a come far spaventare Lily facendole il solletico con il piumino. Dopo pochi passi si ritrovò con il sedere per terra e il piumino che era scivolato per metà sul suo naso, mentre una figura magra e leggermente curva lo studiava con curiosità.

-O sei una strana creatura non ancora registrata da Scamandro, oppure sei quel pazzo del marito di Lily...- commentò Bathilda Bath, superandolo e iniziando a studiarlo da dietro. Lily apparve in quel momento con una faccia indecisa tra l’essere arrabbiata e il ridere dell’espressione e della posizione particolarmente ingrate del marito.
-Deve scusarlo, signora Bath, probabilmente si è dimenticato che di solito il thè si prende alle cinque. – disse Lily, sorridendo in maniera forzata. James si rialzò e le scoccò un’occhiataccia prima di risistemarsi i capelli –il piumino cadde a terra dietro di lui e il ragazzo per poco non rischiò di morire inciampando su di esso- e porgere una mano alla vecchia strega.
-Opterei per la prima opzione, comunque. Sa, signora Bath, ancora sono poche le persone che sanno della mia esistenza...- spiegò con un sorriso e Bathilda annuì con espressione divertita mentre Lily tornava facendo fluttuare davanti a sé un vassoio con tazze da thè, pasticcini di ogni forma e dimensione e una zuccheriera che James odiava con tutte le sue forze perché era di un blu elettrico orribile.
-Ecco, ho portato il thè...- spiegò Lily con ovvietà mentre faceva accomodare Bathilda sul lato del divano dove non erano impilati i cuscini –ora al posto della macchia verde c’era un buco leggermente fumante su cui sarebbe stato decisamente poco saggio sedersi- e faceva appoggiare il vassoio sul tavolino con un delicato movimento del polso e della bacchetta. James si sedette accanto alla donna e guardò la moglie che trascinava la poltrona poco più avanti per sedersi e poterli guardare negli occhi.
-Allora, uhm... come sta, signora?- chiese poi la ragazza titubante, gli occhi che brillavano e le guance che si tingevano di rosso. James rimase a guardarla per qualche secondo, imbambolato, mentre si chiedeva se Lily, quando parlava di lui, avesse la stessa faccia o se quella fosse un’espressione da catalogare come “Faccia-per-guardare-il-tuo-mito-con-il-quale-hai-appena-fatto-una-terribile-figuraccia-e-vorresti-riparare”.
-Dammi pure del tu, Lily cara. Molto bene, grazie. Certo, ultimamente ho avuto un certo da fare per scrivere un paragrafo della nuova edizione di “Storia dei castelli stregati della Scozia del Sud” perché non riuscivo a trovare una corretta definizione per le guerre tra fantasmi, ma non mi lamento...- commentò e James potè vedere gli occhi di Lily illuminarsi ancora di più, arricchiti dall’ammirazione.
-Perché non la chiama uhm... fantaguerra?- domandò James e Bathilda ridacchiò, posandogli una mano sul ginocchio.
-Ragazzo, penso che tu dovresti scrivere un libro con queste battute e risposte fantastiche che dai...- esclamò e Lily fece scorrere lo sguardo tra i due mentre il marito sorrideva e strizzava l’occhio nella sua direzione.
-Ah, ma cara Bathilda, io non penso potrei fare una cosa del genere... piuttosto, la mia Lily, lei sì che è una maga nel dare risposte sagaci e pungenti...- si schermì James e Lily arrossì quando Bathilda portò lo sguardo su di lei e annuì ammirata.
-Sì, ho avuto modo di notare poco fa... ah, voi giovani. Sempre così brillanti e attenti. Ditemi, è da molto che siete sposati?- chiese e Lily sorrise, scuotendo la testa, quasi tranquillizzata dalla piega che aveva preso la situazione. Si era aspettata che Bathilda si comportasse con superiorità e che non desse loro confidenza, ma non era stato assolutamente così. Probabilmente era solo una donna sola che si circondava di una corteccia di superiorità alla ricerca di qualcuno che l’incidesse e trovasse la sua vera essenza.

-A dire il vero è poco. Solo un anno e tre mesi...- spiegò Lily arrossendo delicatamente. Bathilda annuì e con la coda dell’occhio vide James agitare un dito in direzione della moglie.
-In verità sarebbe un anno, tre mesi e sei giorni e...- gettò un’occhiata all’orologio – ventidue ore.-
Bathilda ridacchiò e Lily sbuffò, scuotendo i capelli che le erano caduti sulla fronte e lanciando un’occhiata quasi sorpresa al marito. Le piaceva sempre il suo modo di stupirla, anche quando quello stupirla era una negatività: poteva dire di conoscere James come le sue tasche, ma non sapeva mai cosa lui stesse per fare o per dire. Un po’ come il mare, il suo James. E lei lo amava con la stessa forza di un pescatore che sa che il mare è la sua vita ma non sa dire in quale maniera lo sia o come risponderà al suo amore.
-Ti sei dimenticato i cinquantotto secondi, tesoro...- rise Lily, ormai incurante della presenza all’inizio intimidatoria di Bathilda, che aveva avuto l’onore di capitare nel loro semplice spaccato di quotidianità.
James stava per rispondere quando si accorse che qualcosa di grosso gli si stava strusciando addosso e qualcosa di piccolo stava strillando in maniera spaventosa dal piano superiore.
-Ehm, Lily? Harry... ti reclama, credo...- borbottò e vide la moglie sospirare spossata mentre si alzava e si scusava con Bathilda, che aveva preso in mano la tazza e studiava con interesse la zuccheriera. I due sentirono i passi di Lily che si allontanavano e per un po’ rimasero in silenzio fino a quando James non si appoggiò soddisfatto allo schienale del divano.

-Cara Bathilda. A me lo può dire... Quella zuccheriera non è spaventosa?- domandò e si abbassò per prendere in braccio il gatto, che pesava molto più di Harry e che a differenza sua non gli si addormentava in braccio ma preferiva farsi le unghie sul suo mantello. Bathilda storse il naso rugoso e si girò verso il ragazzo, portandosi la tazza alle labbra. Bevve un sorso di thè e si gustò per un attimo l’intenso calore che le scivolava giù per la gola.
-Effettivamente, trovo sia leggermente...-
-Psichedelica? Inquietante? Spaventosa? Simile ad un Memaforo Babbano?- domandò James e Bathilda scoppiò in una risata che sembrava non essere stata fatta per  molto tempo. Era un suono che sapeva di rughe, un po’ triste, eppure allo stesso tempo euforico proprio per l’euforia di esistere.
-Avrei detto semplicemente particolare, ma potresti definirlo come preferisci...- rispose lei e in quel momento un’infuriata Lily fece il suo ingresso in scena con Harry in braccio che sorrideva radioso, gli occhi spalancati e una manina che sfiorava il braccio della madre.
-James, guarda che lo so che odi quella teiera, ma sappi che non la butterò né la darò via...- ribattè piccata e James sospirò mentre gli occhi di Bathilda si illuminavano alla vista di Harry. Allungò le mani verso di lui e sorridendo gli accarezzò un braccino, facendo sì che lui si voltasse a guardarla.
-Ma che splendido bimbo...- lo vezzeggiò lei e Lily arrossì per la felicità. I suoi occhi corsero su James e alla vecchia donna non sfuggì quel gesto, che era quasi troppo intimo per essere guardato. Sembrava che Lily stesse ringraziando James non solo di essere il padre di quel bambino, ma anche di esistere e di averle permesso di capirle.

Un’occhiata del genere non poteva essere riservata ad estranei: piuttosto, sarebbe dovuta rimanere immortale ed essere ricordata per sempre solo da loro.
Bathilda iniziò a vezzeggiare Harry, che sorrideva soddisfatto, la faccina rossa ancora impastata dal sonno.
Lily lo affidò a lei e si sedette accanto a lui, lo sguardo stanco e soddisfatto, una tazza stretta tra le mani e l’impressione che forse non fosse tutto un completo disastro.
Dopo un’oretta di chiacchiere –che si erano fatte semplici, rilassate, tranquille- Bathilda si alzò, le mani che sfioravano i bordi del mantello e il cappello verde premuto sulla testa.
-Che bel pomeriggio. Sono così contenta che il vostro gatto sia entrato in casa mia a distruggermi i libri. Anche se, Lily cara, devo ammettere che forse è un po’ troppo in sovrappeso per i miei gusti...- disse Bathilda strizzando l’occhio ad una Lily che girò la testa in direzione di Harry per non vedere l’espressione trionfante di James.
-Oh, suvvia, cara Bathilda. Gli conceda di avere il pelo lungo, a quel povero gatto!- esclamò James, mentre MrDoutle miagolava in risposta al sentirsi chiamato in causa. Lily sorrise incerta e strinse un po’ più forte Harry, mentre Bathilda si preparava ad uscire. Poi la donna si fermò, mezzo piede fuori dalla porta e mezzo piede dentro e si girò a guardarli, l’aria di una ragazzina sul volto di un’anziana.

-Potrei farvi una foto?- domandò e Lily arrossì di nuovo mentre James sospirava silenziosamente e porgeva alla donna la macchina fotografica che gli avevano regalato per la nascita di Harry. Non era passato l’odio per le foto, ma condividerle con Lily, con Harry, era qualcosa di meraviglioso. Una testimonianza del fatto che sì, loro erano vissuti, era vissuto il loro amore.
Bathilda li fotografò nella consueta posa da famiglia felice, i due che reggevano Harry, le mani intrecciate dietro la sua schiena, i sorrisi sinceri che solo gli innamorati e le persone contente hanno.
-Grazie.- disse Bathilda prima di andarsene. Non spiegò perché avesse voluto quella foto, non disse niente. Como spiegare quel bisogno di vedere la felicità stampata su un piccolo pezzo di carta? Come spiegare quella voglia di vedere la vita, di ricordarsela anche senza averla direttamente sotto gli occhi?
Chiuse la porta dietro di sé e sussurrò qualcosa che nessuno dei due coniugi sentì.
-Vi voglio ricordare così, anche se perderò la memoria. Felici. Spiritosi.-
 

****

 
Bathilda lesse a fatica le lettere vergate in maniera disordinata da Hagrid e si concesse qualche secondo di riflessione prima di iniziare a rispondere. Prese la piuma in mano, ma quella non scriveva, era finito l’inchiostro, era finito tutto, compresa la felicità. Bathilda si portò una mano al cuore –anche quel gesto le costava fatica, doveva ammetterlo – e rimase a guardare il foglio per un po’, le labbra che mormoravano quelle parole dette sulla soglia di casa Potter il primo giorno che era stata da loro. Si alzò e trascinò i piedi fino alla credenza, aprendola poi per prendere la foto della famigliola, custodita appena dietro ad una di quelle di Gellert e Albus, quelle che amava come nessuno. Sfiorò la foto di Lily e James e la tolse dalla cornice con un certo sforzo, poi tornò alla scrivania, gli occhi che sbattevano forte per riuscire a vedere meglio e per non far cadere le lacrime.
Non pianse Bathilda. Aveva detto di volerli ricordare sorridenti, mentre scherzavano su zuccheriere e gatti sovrappeso e lei non era mai venuta meno ad una sua promessa.
Anche se non scriveva più –i libri avevano un peso ormai, quello della memoria che il suo cervello sopportava troppo a fatica- sapeva ancora tutto alla perfezione, ricordava giorni e dettagli degli eventi che le erano rimasti impressi.
16 Agosto 1980. Aveva conosciuto i Potter, quel giorno, ne era certa.
Non ricordava il giorno della loro morte, ma non voleva nemmeno farlo. Che importanza aveva, in fondo? Lei voleva ricordarli così.
Vivi.





Writ's Corner
Shalalalalallà! Bene. Come vedete, ho aggiornato. *Brillante, Watson*
Fatto sta che anche se è passato un casino di tempo, alla fine l'ispirazione è tornata. 
Non solo. Con un capitolo pseudo-allegro, un po' stupido, un po' idiota, un po' romantico.

Esattamente non so da dove sia uscito, semplicemente me lo sono ritrovata tra le mani e l'ho scritto. Non avevo nessuna idea precisa (credo si capisca anche, visto quant'è bbrutto) però ho provato a metterlo giù lo stesso.
Lo confesso. Mancano pochi capitoli, ormai, alla fine. Altri tre, a meno che voi non troviate altri personaggi ai quali possa far arrivare la lettera di Hagrid. Non voglio che questa storia finisca, è mia, è la mia storia, quella alla quale tengo -forse- di più, insieme a 10 Things e pensare di non aggiornare più, di non scriverla più, mi riempe di tristezza. E' un po' stupido da dire, ma vi giuro che sto sforzando la mia testa come non mai -ecco, è un po' controproducente, visto che dovrei studiare storia, ma dettagli- per trovare una scappatoia, qualcosa che mi impedisca di smettere di pubblicare. Perciò... aiutatemi. So che ci tenete alla storia- almeno un po', per lo meno- quindi... niente.

Ecco. Vi ho messo la tristezza addosso. Yee. Comunque sia, spero che vi sia piaciuto almeno un po' il capitolo (c'è anche il banner, avete visto che donna che sono? L'ho fatto sei mesi fa e l'ho messo adesso. Che genio.)

Me ne vado, giuro. Vi posso lasciare un paio di cose che "pubblicizzo"? So che spammarsi da soli è brutto, ma sono cose a cui tengo. Parecchio.
Specifico: anche se le prime due storie sono nella sezione "One Direction" dei 1D hanno solo il nome dei personaggi. So che molti Potterheads disprezzano le Directioners, ma per lo meno, se avete un po' di fiducia in me, non scartate subito le storie. Sarebbero dovute essere due originali. Le altre due sono su HP
Un bacione dalla Writ.

Auto-Spam molto brutto


Gray Scarf

Disney Addicted- Come incontrare il principe azzurro e il suo gelato in poche, semplici mosse

I don't forget you.

Combinazioni

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Capitolo 14
*** #14 Calda come la neve. ***


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#14 Calda come la neve







La neve aveva sempre un che di poetico, anche quando era grigiastra e mezza sciolta a causa dei passi continui delle persone. Sembrava essere così dannatamente morbida  che Lily avrebbe tanto voluto buttarci dentro la testa e assaggiarla come fanno i cani, scuotendo i capelli e schizzandola qua e la in giro. Adorava pensare alla neve come ad una coperta calda e non fredda: del resto, non si era forse sempre detto che ricopriva tutto portando al silenzio ogni cosa, esattamente come le coperte di pile stese sopra qualcuno di addormentato?
Lily allungò una mano fuori dalla finestra per catturare un po’ di neve, ma una raffica di vento gliene spinse alcuni fiocchi dentro all’occhio destro, facendole perdere tutta la poeticità del momento.

-Porco Merlino, mi si sbava il trucco.- sibilò e sentì alle sue spalle una risatina divertita, che le fece accapponare la pelle sulle braccia e sperare ardentemente che qualcosa di ben più grande di un fiocco di neve atterrasse nell’occhio di chi aveva riso.
-Non sapevo fossi così fissata con queste cose, Evans.- disse lui sorridendo e lasciando intravedere delle minuscole fossette sulle guancie rasate. Lily osservò il ragazzo davanti a sé, costringendosi ad ammettere che, effettivamente, con quello smoking addosso lo si poteva definire ben più che carino. Lui dovette accorgersene, perché, ammiccando, catturò di nuovo il suo sguardo e spinse il petto un po’ più in fuori.
-E non sapevo che tu Black frequentassi certi posti.- brontolò Lily, allontanandosi dalla finestra con un gesto irritato. Le scarpe decolté verde scuro che aveva ai piedi la stavano uccidendo, ma decisamente starsene lì seduta a guardare la neve con dietro Black deciso a prenderla in giro rischiava di rendere quella serata a dir poco disastrosa. Più di quanto già non fosse, se proprio bisognava dirla tutta.
-Infatti non sono io che li frequento. E’ James, quello che li frequenta. Solo che siccome è come voi ragazze e non gli piace andare da qualche parte da solo, ha portato anche me...- spiegò lui, il sorriso dispiegato sulle labbra e una mano aristocraticamente appoggiata alla tasca. Sarebbe potuto davvero sembrare un nobile, se non fosse stato per la camicia slacciata in cima e le ferite provocate dal rasoio ben visibili sulla mascella.
-Immagino sarebbe contento nel sentirti paragonarlo ad una ragazza, mettendo in dubbio la sua... virilità...-esclamò lei, provocando le risatine incontrollate di Sirius Black, che si piegò in due e tolse addirittura la mano dalla tasca per portarsela sulla pancia.
-Sei divertente, Evans. Ora capisco perché James ama tanto farti arrabbiare...- si complimentò lui, ricevendo solo uno sbuffo indispettito in risposta. Lily conosceva bene quel tipo di battutine, non era la prima volta che lei e Black facevano una sorta di discorso del genere. Ovviamente tutte le altre volte era finita con lei che se ne andava sdegnata dalle battutine del ragazzo e dalle frecciatine di Potter, perciò si stupì quando si sorprese a rimanere lì a guardare Black con un sopracciglio sollevato senza fare molto altro.
-E io capisco perché si trova tanto bene con te. L’idiota uno aveva bisogno dell’idiota due per sentirsi più intelligente.- mormorò, quasi annoiata. Sirius la guardò negli occhi, buttando il mento in avanti e facendo vedere ancora di più le piccole feritine che aveva sulla mascella.
-Chi sarebbe l’idiota uno, tra noi?- chiese Sirius, provocatorio, la mano che era di nuovo in tasca e il portamento di nuovo eretto come al solito.
-Quello che tra voi arriva prima a capirlo.- rispose lei, sorridendo fiera nel vedere Black accigliarsi un secondo nel tentativo di capire la frase. Probabilmente quella era la conversazione più lunga sostenuta in sei anni di forzata convivenza e a Lily sembrava quantomeno assurdo il modo in cui era passata dall’ammirare la neve al pensare che Black era un povero idiota che avrebbe cercato di pavoneggiarsi anche con una tenda.

-Sempre così acuta, eh, Evans?- una voce le arrivò da dietro la schiena e lei sussultò, voltandosi e trovandosi faccia a faccia con James Potter, anche lui in smoking e con i capelli straordinariamente in ordine per essere quelli che di solito assomigliavano ad un cespuglio.
-Dipende, non sono io quella che è stata appena definita dal suo migliore amico “simile ad una ragazza”.- ghignò, mentre l’idea di allontanarsi prendeva sempre più piede nel suo cervello. Black magari poteva anche sopportarlo, visto che comunque i loro dialoghi risultavano più che altro essere scambi di frecciatine basati solo sul piacere di farlo, mentre quelli con Potter erano spesso sfiancanti, inutili e assolutamente stupidi.
-E io che giuravo che lo smoking mi donasse!- fece lui, infatti, melodrammatico, scoccando un’occhiataccia a Sirius che nel frattempo si era distratto, annoiato dalla consapevolezza della piega che avrebbero preso gli eventi. Lily storse il naso, ma non replicò, perché in effetti dire che Potter stava male con quel completo sarebbe stato del tutto falso e fuori luogo.

-Comunque sia...- continuò James, vittorioso ed esaltato dal silenzio della ragazza davanti a lui –Queste feste ispirano sempre così tanto il suicidio oppure poi migliorano?-
Lily sospirò e si chiese perché, fra tutti gli studenti che c’erano, Lumacorno avesse dovuto scegliere proprio James come proprio protetto. Certo, sarebbe stata una cosa solo passeggera –benchè fosse un Prefetto e avrebbe potuto fermarli, era curiosa di sapere cosa Potter e i suoi Malandrini avessero intenzione di fare durante la prossima lezione di Pozioni, visto che progettavano il tutto da circa due settimane- e poi le feste sarebbero tornate ad essere quelle di prima, ma era scocciante pensare che per un’intera serata Potter sarebbe stato lì a girarle intorno, pronto a prenderla in giro e a chiacchierare in quella maniera senza senso tutta sua.
-T’ispira il suicidio? Oh meraviglioso, adesso chiedo a Lumacorno di protrarla ben oltre il solito orario, allora...- commentò sarcastica, senza però accennare ad andarsene. James lo notò con un sorriso furbo stampato sulle labbra e la consapevolezza che Lily Evans era davvero bella con quel vestito nero ed elegante lo prese in pieno nello stomaco, dandogli una sorta di pugno.

-Sei sempre così carina e dolce con me, Lily, non so cosa farei senza di te...- commentò James, allungando il collo verso di lei e posandosi una mano sul cuore. Ecco, in momenti come questo Lily lo odiava a morte: non solo perché sembrava un deficiente che non sa ancora bene cosa fare della propria vita, ma anche perché quelle erano magari anche le stesse battutine che faceva Lily con le sue amiche quando si prendevano amichevolmente in giro. Potter si comportava come se fosse un amico, uno di quelli che fanno i tonti apposta solo per farti ridere e che magari ti insultano anche prima di abbracciarti, e a Lily questa cosa non andava bene, perché lei e Potter non erano amici né, se le cose andavano avanti così, lo sarebbero mai diventati. Si chiese, per l’ennesima volta, perchè si accanisse in tale maniera con lei, che non c’entrava niente né con lui né con il suo giro d’amici e non trovò risposta, limitandosi a sbuffare scocciata nel pensare che invece che uscire lei con la Piovra Gigante avrebbe dovuto mandare lui a farci un giro insieme.
-Andresti da qualcun altro a rompergli i bolidi, probabilmente...- sibilò lei e James sorrise inconsciamente nel sentirla usare quel termine così da Quidditch e così poco da Lily Evans. Scosse la testa e lanciò un’occhiata a Sirius, che stava studiando un paio di Tassorosso che si stavano baciando, nascosti dietro ad una tenda. Che problemi avesse Sirius con la privacy degli altri, James doveva ancora capirlo: quel ragazzo era un’autentica macchina da pettegolezzo se non controllato e sembrava provare una sorta di sadico piacere nell’imbarazzare le persone. Non glielo aveva mai detto direttamente, ma James pensava che in qualche modo approvasse Lily per il semplice fatto che non era una che riusciva ad imbarazzare con facilità.

-Black!- strillò Lily, attirando l’attenzione del ragazzo.
-Cosa?- chiese infatti lui in maniera innocente, sorridendo e incrociando le dita dietro la schiena. Sia Lily che James riconobbero la faccia che adottava quando cercava di sviare i sospetti da una delle sue malefatte ed entrambi si ritrovarono a scuotere la testa, incrociando per sbaglio gli occhi nel farlo. Lily si rese conto che erano all’incirca nella stessa posizione e che evidentemente dovevano aver pensato la stessa cosa, vista l’aria leggermente canzonatoria di Potter. La cosa la infastidì e per un attimo fu tentata di abbandonare il discorso e quella compagnia così poco stimolante.
-Ti sembra il modo di spiare quei poveri ragazzi?- sibilò poi, vedendo con la coda dell’occhio Potter che scuoteva un dito in segno di diniego. Sirius scosse la testa e continuò a sorridere, stringendosi nelle spalle.
-Sempre meglio che stare a fissare te che smonti inesorabilmente James. Tanto so che mi racconterà la vostra conversazione nei minimi dettagli questa sera, quindi non sto troppo a preoccuparmi di seguire...- spiegò, meritando un’occhiata di fuoco da parte di James, che impose a se stesso di non arrossire e di mantenere un’espressione di sfida. Lily, al contrario, arrossì di botto e si girò verso James, gli occhi stretti a due fessure e le labbra strette.
-Perché mi guardi così?- chiese James, ridacchiando nel vedere le guancie imporporate della ragazza e al diavolo la sua capacità di non essere messa in imbarazzo.
-Penso che prenderò una tartina...- iniziò Lily e sia James che Sirius si ritrovarono a guardarla confusi e spaventati dal suo cambio di modi di fare e da quell’affermazione che non c’entrava niente con il discorso precendente. Lei fece una pausa prima di terminare la propria frase:- ... così con lei potrò avere una conversazione sicuramente più intelligente di quella che sto avendo con voi.-
Sirius scoppiò a ridere, inclinandosi all’indietro e colpendo per sbaglio una Serpeverde che lo spinse di nuovo in avanti con un gesto scocciato ed irritato.

Lily avanzò, contraendo i muscoli dei polpacci per non cadere da sopra quelle scarpe maledette e si avvicinò al vassoio delle tartine, maledicendo mentalmente tutte le sue amiche che si erano rifiutate di andare con lei. Una mano le si posò su una spalla e lei sobbalzò, trovandosi davanti Lumacorno che da sopra i suoi poderosi baffi la guardava sorridente.
-Lily cara, sono contento di vederti. Come trovi che siano queste tartine? Io le trovo davvero splendide...- disse lui, continuando a sorridere e mettendosi in bocca una pallina di sfoglia identica a quella che Lily aveva appena morso e assaggiato e che conteneva una strana salsa merrone.
-Non trovi anche tu che queste interiora di drago siano sublimi?- domandò, provocando in Lily una scossa che la spinse a cercare un tovagliolo e portarselo alla bocca con la scusa di un colpo di tosse.
-Deliziose...- commentò, la voce bassa e gli occhi che lacrimavano leggermente. Lumacorno parve soddisfatto da quella risposta e continuò a mangiare con gusto la propria tartina.
-Allora, ti diverti? Ho pensato di invitare anche il signor Potter, vista l’ultima sua prestazione in Pozioni. Una E decisamente meritata, non trovi anche tu cara?- le domandò il professore e Lily annuì meccanicamente, stringendo inconsapevolmente le labbra nel ripensare al giorno in cui Potter, Potter!, aveva preso la sua prima ed unica E in Pozioni avendo fatto cadere per sbaglio qualcosa nella sua pozione che ne aveva velocizzato il processo e gli aveva permesso di finirla perfettamente prima di tutti gli altri. La cosa non sarebbe stata neanche così assurda se lui si fosse almeno ricordato cosa avesse buttato in quella benedetta pozione, ma si parlava di Potter, quindi Lily non era stata molto stupita nel sentirsi rispondere “Ci ho buttato dentro qualcosa? Davvero?”
-Oh, sì, una compagnia adorabile...- brontolò Lily, immaginandosi Potter come una gigantesca tartina di interiora di drago e scoppiando a ridere. Lumacorno lo prese come un segno positivo e sorrise a sua volta, pensando a quanto fosse fortunato ad avere un’alunna come Lily Evans. Guardò nervosamente fuori dalla finestra, oltre alla quale i fiocchi di neve che prima cadevano placidamente stavano infuriando, provocando dei leggeri colpi che sapevano di scoppi silenziati. La paura della guerra lo assalì nuovamente e lo portò a leccarsi nervosamente le labbra, mentre il ricordo di quei ragazzi che dopo la lezione l’avevano fermato per dirgli che da entrambe le parti ci sarebbe stato bisogno di un pozionista abile e capace come lui e che toccava solo a lui scegliere dove andare, tenendo conto di rischi e di possibili ricompense lo assaliva, procurandogli una scarica di brividi lungo la schiena. Era scappato, dicendo che aveva un importantissimo incontro con il preside e li aveva lasciati lì, sentendo quelle parole che sembravano più una minaccia. Non era un uomo coraggioso, lui, ma nemmeno uno stolto e sapeva che la protezione di Hogwarts e di Silente non sarebbero durati per sempre. Sarebbe stato meglio pensare ad un piano di fuga, si disse, ma rimandò la cosa ad un giorno che non fosse quello.

-Professore, buonasera.- disse James Potter con un sorriso smagliante stampato sul volto e un braccio che circondava la vita di Lily Evans che aveva ancora in mano una tartina e sembrava molto concentrata nel cercare di non toccare il corpo del ragazzo.
-Oh buonasera, mio caro ragazzo. Ti stai divertendo?- chiese e a quelle parole James sorrise, voltandosi verso Lily, che lo stava fulminando come poche volte aveva fatto. Annuì e il professore rimase lì davanti a parlottare, mentre James si distraeva, continuando a sorridere. Era divertentissima tutta quella situazione, pensò, Lily che non poteva insultarlo davanti al professore e lui che poteva tranquillamente starle vicino, una mano posata sulla schiena in maniera tale da poter percepire il suo calore. Lily, nella testa di James, era calda, così diversa da quella neve che adorava tanto, e morbida, come un pezzo di torta appena sfornata. E James amava le torte. Perso nell’immagine di se stesso che accarezzava il collo della ragazza con le labbra, annusando il suo odore e mordicchiandola leggermente per sentire il suo sapore, non si accorse del minuscolo fotografo ufficiale della festa che si era avvicinato e ora era davanti a loro, il grosso flash che scattava rumorosamente. James sorrise all’ultimo secondo, ricevendo anche una dolorosa gomitata dalla ragazza che in quel momento era dura e rigida contro di lui.

L’ometto, sovrastato dalla sua macchina fotografica, si avvicinò per mostrare loro la foto appena scattata e James sentì chiaramente Lily che faceva un verso sconsolato nel guardare il modo in cui erano venuti: lo sguardo perso di James sembrava indugiare sul volto della ragazza, che guardava in basso, un sorriso che sarebbe potuto essere preso come di felicità e non, come invece James sapeva che era, come un ghigno malefico che constatava quanto alto fosse il tacco della scarpa e quanto dovesse fare male se infilzato sul piede di qualcun altro. Sembravano rilassati e tranquilli, abituati l’uno al corpo dell’altra, ma James sapeva che era tutta una finzione data dalla foto. Si chiese se lui e Lily sarebbero mai stati così, abbastanza amici da fare una foto insieme, allegri e spensierati e vide chiaramente un “no” grande come tutta Hogwarts lampeggiargli davanti agli occhi grazie all’occhiataccia che Lily gli stava rivolgendo.
Lumacorno si appropriò della foto prima che loro potessero dire qualcosa e sorridendo e parlottando ancora (disse qualcosa come “Come sono belli i giovani amici, eh?”) si allontanò, lasciando lì James e Lily, che non esitò un istante ad allontanarsi dal ragazzo soffiando come un gatto.
-Imbecille.- disse, prima di allontanarsi e James si chiese, senza ottenere alcuna risposta, cosa ci fosse di tanto imbecille nel volerle essere amico . Erano passati i tempi in cui darle fastidio era la sua unica priorità: aveva iniziato ad osservarla anche mentre interagiva con le amiche e con gli altri ragazzi e lo aveva preso qualcosa di indefinito allo stomaco, costringendolo a chiedersi perché lui non avesse mai tentato un approccio diverso con lei. Probabilmente, si era detto, aveva sbagliato fin dall’inizio e l’episodio con Mocciosus del giugno precedente aveva solo confermato al sua tesi, ma quel che era fatto era fatto e lui poteva solamente sperare che Lily, piano piano, si accorgesse del suo graduale cambiamento.

Una ragazza Tassorosso gli sorrise e ridacchiò leggermente con l’amica prima di voltarsi verso di lui e camminare timidamente nella sua direzione.
James sentì su di sé lo sguardo di Lily e fu tentato di ignorare l’altra ragazza e di correrle dietro, per annusarle quel collo che doveva sapere obbligatoriamente di torta di mele, ma fu bloccato dal sorrisino sprezzante che lei gli rivolse prima di iniziare a parlare con un Corvonero dall’aria davvero noiosa.
-Ciao, io sono Melanie...- disse la ragazza, abbastanza vicina a James da far arrivare fino a lui l’odore del suo profumo all’arancia.
-Ciao, sono felice di conoscerti Melanie...- rispose lui, porgendole la mano e sorridendole affabile. Era fredda, quella ragazza, non come Lily, che sapeva di caldo e di torta di mele. Ma a James non importava, o almeno così si disse. Che Lily vedesse cosa si perdeva, pensò, prima di tuffarsi in un’allegra conversazione con quella Melanie: per una volta, era lei l’ottusa di turno soffocata dai pregiudizi.

****


Horace prese la foto con mano tremante, sfilandola dalla cornice dove era riposta e guardandola mentre le lacrime gli salivano agli occhi, impossibili da trattenere. Come mai non avesse distrutto quella foto era un mistero per lui, soprattutto dopo il bellissimoscherzo fattogli da Potter qualche giorno dopo averla scattata (si sarebbe sempre ricordato l’invasione di vermi che aveva trovato nell’aprire la porta dell’aula di prima mattina), ma in quel momento fu felice di non averlo fatto e di averla conservata. Non era mai riuscito a capire Lily in quella foto e, sospettava, non ci sarebbe riuscito mai. Sorrideva, ma era rigida e al tempo stesso rilassata contro il braccio del futuro marito. Avrebbe voluto chiederglielo, Horace, ma non poteva, non più. Anche Lily se n’era andata e con lei la sua passione e quella sottile speranza che non l’aveva mai abbandonato. Ci doveva essere una qualche strana ironia perversa nel destino che aveva fatto sì che sopravvivesse lui, il vecchio codardo, e non lei, la giovane coraggiosa. Hagrid chiedeva una foto da regalare ad Harry ed Horace si chiese come fosse, quell’Harry, se davvero assomigliasse così tanto a James pur mantenendo gli occhi di Lily, che lui aveva sempre amato.
Rimase in silenzio a contemplare la foto per ancora qualche istante e chissà come gli venne in mente la neve, quella neve che Lily, gliel’aveva confessato lei stessa, amava alla follia. Forse le cose stavano così: Lily non era stata altro che della neve, così bella e così felice, ma anche così terribilmente destinata a sciogliersi in fretta e a rimanere solo nelle foto e nei ricordi delle persone.






Writ's Corner
Andiamo, su. Questa volta non sono NEANCHE così in ritardo. Dovreste esserne contenti.
Capisco che il capitolo non sia dei migliori, che non abbia un genere definito (E' triste? E' allegro? E' amaro? E' di passaggio?) e che probabilmente vi ha lasciato con l'amaro in bocca, ma il mio unico intento era quello di rappresentare James e Lily prima di qualunque possibile flirt accettato anche da Lily (in sostanza, prima del settimo anno). Quindi non stupitevi che James parli con tale Melanie o che Lily lo chiami imbecille o che pensi anche dentro di sè che quei due sono degli idioti: ancora probabilmente è arrabbiata con James e nonostante abbia notato un piccolo cambiamento in lui, non lo ritiene comunque simpatico e cose così. Lumacorno è stereotipato? Non ve lo so dire... sinceramente, non ho trovato difficoltà nell'immaginarmelo ad invitare James solo perchè ha preso una E e poi allontanarlo dal Lumaclub dopo lo scherzo (non sono originale, me ne rendo conto, ma era lo scherzo più idiota che mi venisse in mente).
Quanto alla scena "interiora di drago" è liberamente ispirata alla scena tra  McLaggen e Harry dove il caro Cormac vomita sulle scarpe di Piton ("Cosa sto mangiando?" "Palle di drago". #yeeah) e anche a me spesso è capitato di trovarmi in situazioni del genere.
La scena è ambientata durante il loro sesto anno, intorno ai primi di gennaio/febbraio e Lily è innamorata della neve. Anche io lo sono e benchè tutto quel discorso della neve calda e di Lily come torta di mele abbia poco senso, mi è piaciuto ribaltare un po' le scene e i pensieri dei personaggi.
Ecco. C'è poco altro da dire. Gli alunni che fermano Lumacorno subito dopo la lezione sono chiaramente Serpeverde e chiaramente quella è una minaccia. Dolci loro :')
Con la speranza di non avervi annoiato e che il capitolo vi sia, almeno in parte, piaciuto, auguro a quelli di voi che non seguono altre mie storie BUON NATALE e FELICE ANNO NUOVO. Quanto agli altri, se volete lo auguro pure a voi, vista la mia incertezza negli aggiornamenti, ma sennò potremmo, diciamo, trovarci in qualche altra storia, visto che per ora sono mediamente motivata.
Un bacione
Writ



Ps: Colgo l'occasione natalizia per fare un po' di regali a voi e anche a me stessa *risatina malefica* e quindi vi posto qualche spunto per le storielle da visitare durante le vacanze. #ohibò

Questa qui (L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte) è dell'Ali, che è bravissima anche se i suoi epiloghi sono proprio delle cacche. (<3)
Qui invece (Pensieri.) scrive la Siz, che ha il coraggio di pubblicare i suoi bellissimi pensieri e che si meriterebbe tante recensioni. 
Poi c'è la Nali, che la conoscerete sicuramente e perciò che passiate qui (Insegnami a restare) o dalle sue originali è lo stesso, perchè è splendida comunque.
Infine c'è la Nip con After a While che io amerò foreverandever e anche Lilies che nonostante sia "nuova" del sito, scrive la sua RESISTANCE che spacca di brutto (ahahah)
E poi non voglio dimenticarmi infine di Ellis, che con Ti baciava le labbra e un pugno di sabbia negli occhi miei mi ha sconvolto la maniera di vedere le coppiette Potteriane.

Buon Natale, tesori cari. <3

Per quanto riguarda me... Niente.
Vi linko (?) Sugar, Salt, Coffee, Maybe Love; Raindrops (che è una raccolta di originali, diffidate dalla sezione in cui sta) e Elle Apostrofata (chè è un'originale vera e propria)

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Capitolo 15
*** #15 - Tempi sbagliati per gioire o piangere. ***


Già, ammetto di vergognarmi un po'.
Tanto. A mia discolpa... vi dirò nelle note autori.
Capitolo brutto e assurdo. Chiedo venia.




#15 - Tempi sbagliati per gioire o piangere









-Testone, testone che non sei altro!- strillò Lily, dando una botta sulla spalla di James, che saltellò lontano dalla teglia di biscotti, tirata fuori troppo presto dal forno a causa della fame sempre maggiore del ragazzo.
-Ma, tesoro, i tuoi biscotti sembravano così belli e buoni, volevo sentire se lo erano davvero...- mugolò lui di rimando, cercando con gli occhi la compassione e il sostegno di Sirius e Remus, che sghignazzavano contenti dal loro angolo di divano, consapevoli del fatto che sarebbe stato meglio aiutare James ad uscire vivo da quella situazione ma che rimanere a guardare era decisamente più divertente.
-Sembri una donna incinta con le voglie, James Potter!- urlò Lily, lasciandosi sfuggire uno sbuffo come tutte le volte che se la prendeva con lui facendo qualche battuta che lei stessa trovava divertente.
-Ma...Lily. Perché? Perché devi pensare che essere incinta sia un insulto, quando lo sei anche tu?- mormorò il ragazzo, allargando le braccia e scuotendo la testa. Ora bisognerebbe dire che James si lamentava sempre della mancanza di tempo che sembrava inseguirlo. Si lamentava di continuo del fatto che molte delle cose stupide che diceva erano semplicemente influenzate dalla mancanza di tempo per pensare e probabilmente sarebbe stato anche vero se questa non fosse stata una scusa che usava ogni volta.
Perciò in quel momento congelato, in quell’istante in cui realizzò il motivo per cui avevano invitato Sirius e Remus a pranzo, in quel dannato microsecondo in cui si rese conto che sarebbe dovuta essere una sorpresa, la prima cosa che gli venne in mente fu “Non avrò mai il tempo di spiegarmi”.

-Lily? Cosa sta farneticando quel disgraziato di tuo marito?- borbottò Remus, ignorando Sirius che al suo fianco si era immobilizzato e continuava a far passare lo sguardo tra James e Lily troppo sconvolto per parlare. Lily aveva un cucchiaio in mano, preso nella foga del litigio e lo brandiva come una bacchetta, probabilmente sperando che si animasse e riuscisse a lanciare un Avada Kedavra contro il nemico, che in quel momento altri non era che quel dannato testone di James.
-Lily, ti prego, visto che James e Sirius hanno appena rinunciato a sembrare due esseri umani pensanti mi rivolgo a te. Cosa stava dicendo prima James?- ripetè Remus, scandendo lentamente le parole come ogni volta che parlava con gli altri Malandrini decisi a fare qualcosa di decisamente troppo stupido. In realtà avrebbe anche voluto dire a Lily che uccidere James avrebbe potuto causarle dei problemi, come per esempio spedirla ad Azkaban, lasciare lui senza un migliore amico o costringerla a crescere un figlio senza padre, ma considerato che le parole figlio e padre gli stavano rimbalzando dolorosamente contro le pareti del cervello, non era sicuro di voler intraprendere quel discorso.

-Beh,- cominciò Lily dopo qualche altro attimo di silenzio e disperazione –diciamo che avremmo voluto dirvelo servendovi i biscotti, ma visto che ciò non è stato reso possibile da James... uhm. Sorpresa! Non avevate sempre detto di voler essere zii?-
Remus fissò scettico Lily che agitava le mani per aria, fingendo un sarcasmo che celava una profonda allegria. Come tutte le volte, Lily era incapace di fingere in maniera completa. Le sue emozioni le uscivano sempre straripanti sulle guance, colorandole di un rosso acceso diverso a seconda delle situazioni. Eppure in quel momento pensava solo alla voglia che aveva di strozzare lei e James perché erano due dannati incapaci tra tutti e due. Erano anche lievemente incoscienti e decisamente spregiudicati, ma questo passava in secondo piano. Erano due veri incapaci: come potevano aver rovinato una sorpresa del genere?

-Remus, quell’aria assassina non si addice con il sorriso che so ti spunterà in faccia tra poco, quindi non mi guardare così male. Forza. Pensa a tutte le prediche che potrai farmi in questi nove mesi! E sveglia un po’ Sirius, ti prego, è orribilmente inquietante il modo in cui si è messo a fissare il gatto.- supplicò James, risvegliatosi improvvisamente dal momento di autocommiserazione e imprecazioni varie. Remus abbandonò la propria aria insoddisfatta e lasciò che un sorriso gigantesco gli inondasse il volto, prima di lanciarsi contro i due ragazzi stringendoli a sé con foga.
-Non ci posso credere, non ci posso credere, accidenti, James, tu che sarai padre? Ma ci pensi? E tutti i discorsi che facevi al quinto anno? “Non voglio figli prima dei trent’anni. Sia ben chiaro, io voglio godermi la mia gioventù!” Ah, beh, certo, non stavi con Lily ed eri ancora un idiota che faceva a gara con Sirius a chi faceva più rutti in un minuto, però insomma, è bello vedere come sei cambiato e maturato, James. E poi tu Lily, non posso crederci, è una cosa così incredibile e comunque già si vede, sei così radiosa, me ne sarei dovuto accorgere!- buttò fuori tutto d’un fiato, ignorando il cucchiaio che gli si era conficcato esattamente sotto lo sterno e la mano di James che in altri momenti sarebbe stata spostata con stizza e con un’esclamazione che metteva in dubbio la virilità dell’amico.
-Remus, la tua felicità mi riempie di gioia, ma ti prego non soffocare Lily e James Jr.- mormorò James, con serietà e per qualche istante la casa si riempì di silenzio.

-Cosa vorresti dire con James Jr? Pensavo che l’avresti chiamato Sirius o quantomeno con un nome composto con il mio. Insomma, sono offeso.- si lamentò Sirius, girandosi poi verso i tre ragazzi ancora abbracciati e aggrottando le sopracciglia.
-E poi, Jim, te lo devo dire, il tuo tempismo nello smentire le sorprese è ottimo, capiamoci. Ma soprattutto... con i biscotti? Sai che a me piace di più la torta al cioccolato, dai!- fu con queste parole che Sirius decretò la fine del silenzio, un attimo prima di lanciarsi, con un urlo quasi belluino, verso gli amici, spingendo via Remus e abbracciandoli come un orso, gettando indietro la testa per ridere.

-Avrà degli zii squilibrati e pericolosi.- mormorò Lily, ancora indecisa se continuare a gridare o continuare a ridere come una matta.
-Beh, da genitori del genere cosa vuoi che venisse fuori, scusa?- chiese James, con quel sorriso che faceva sciogliere Lily, perché era saccente e dolce allo stesso tempo e intrappolava James lì, fra due labbra, sotto la leggera linea dei baffi. Lily si sporse a baciarlo e Sirius, probabilmente ancora risentito, la guardò schifato dicendo “Ti prego, Lils, ricordati che sei già incinta!”

Remus volle a tutti i costi fare una foto, nel corso della giornata. Diceva che era un evento epocale e aveva ragione, probabilmente. Lily non si era più scagliata contro James e Sirius con battutine acide, nemmeno quando i due avevano iniziato a scherzare a proposito di una possibile e pericolosa insorgenze di strane voglie, come un gelato alle Gelatine Tuttigusti +1. Aveva preso i due sposi con poca grazia e aveva allontanato Sirius con fare perentorio, cosa che aveva fatto scoppiare a ridere James e Lily, e lui li aveva immortalati in quell’istante.

La macchinetta aveva scoppiettato e soffiato più del solito ed aveva sputato fuori una doppia copia della foto, cosa che non era sfuggita a nessuno dei tre. Forse per questo Sirius, con quell’aria solenne che solo ogni tanto assumeva, dichiarò che quella gravidanza era qualcosa di incredibile che li avrebbe cambiati tutti. Involontariamente dalla loro volontà.
 
 

****



Non pioveva quel giorno e per Remus era la conferma che tutto fosse sbagliato, dannatamente ed orribilmente sbagliato. C’era un sole orripilante che splendeva nel cielo terso e bruciava sulla sua pelle quasi dolorosamente, illuminando le cicatrici traslucide che urlavano con forza la parola solitudine, mentre il celebrante sembrava non accorgersi di niente, continuando a litaniare sottovoce, interrotto di tanto in tanto dai singhiozzi disperati di Emmeline che rompevano il silenzio circostante. Un conato di vomito assalì Remus e lo costrinse a rannicchiarsi ancora di più dietro al muretto di pietra che separava il cimitero dalla strada, perdendosi per qualche istante le ennesime e maledette lodi che il celebrante stava tessendo a proposito della caparbietà di James e della dolcezza e fierezza di Lily con parole vuote, regolari, asettiche e impersonali. Un sorriso storto gli sfuggì  mentre ripensava alla maniera in cui James era non caparbio, ma testone e Lily era non dolce, ma romantica solo nel momento in cui voleva lei. Se fossero stati lì, in quel momento, avrebbero sicuramente interrotto la cerimonia, gridando per potersi sovrastare l’un l’altro con la voce nel dire al celebrante che quelle erano solo immense cazzate, che non era vero che la loro vita era stata una vita dedicata agli altri, perché, come diceva sempre Lily, James amava il suo ego più di ogni altra cosa e poi sarebbero scoppiati a ridere o si sarebbero baciati con foga, stupendo tutti come al solito.

Ma James e Lily non c’erano, si rese conto Remus, e se c’erano, se c’erano davvero, erano confinati in un luogo in cui dovevano rimanere invisibili agli occhi e alle orecchie di tutti. Non riuscì a trattenersi e si girò su un fianco, rimettendo qualcosa che doveva aver mangiato un paio di giorni prima. Se ci fosse stato il maledetto, gli avrebbe detto che era una checca e poi l’avrebbe aiutato, tenendogli i capelli, ma neanche lui c’era e forse era un bene, perché Remus non era sicuro di non poter diventare a sua volta un assassino. E non c’era neanche Peter, l’idiota Peter e faceva così male la consapevolezza di essere rimasto solo che Remus si trovò le dita sporche di sangue e i palmi delle mani forati e distrutti. Gli occhi gli caddero sulla foto che aveva davanti a sé, sporca e spiegazzata, una copia di quella che ora splendeva dietro il vetro protettivo sulla lapide e dovette trattenersi per non distruggere anche quella, insieme a tutto il resto. Gli occhi di Lily brillavano felici e sembravano così lontani, ora, così persi nel vuoto, che Remus si chiese se non fosse stato tutto un sogno, quel pezzo di vita che aveva vissuto con loro e che gli era sembrato sempre troppo, per uno come lui. Il prezzo da pagare era quello, pensò, non era altro che quella maledetta e dolorosa solitudine che lo stava dilaniando, farcita di senso di colpa e di disgusto.

Il celebrante mormorò uno stentato Amen, così come la folla radunata intorno a lui e solo allora Remus si concesse di gettare un’occhiata al tumulo ancora fresco, appena visibile tra tutti quei corpi singhiozzanti, che avrebbero solo voluto festeggiare perché era tutto finito e invece piangevano, perché era finito anche un senso di vita e avevano appena scoperto che dietro ad ogni gioia c’era un dolore atroce. Quando le persone iniziarono ad allontanarsi, sussurrando tra di loro come bambini, Remus si alzò, tenendo il capo chino. Sarebbe voluto andare lì a salutarli ancora, a dir loro che gli dispiaceva di non essere riuscito a salvarli, ma non ce la fece, debole e inutile com’era e rimase immobile, la foto stretta in una mano che bruciava e il sole sopra la testa che bruciava pure lui, cosa assurda per essere Novembre. Era tutto sbagliato, si disse, stringendo di nuovo le mani. Un ragazzo di colore si voltò a guardarlo, gli occhi seri e tristi e gli posò una mano sulla spalla, accogliendo con uno sguardo spaesato la pallina di carta che Remus gli mise con forza nell’altra mano, studiandolo rabbioso.

-Lily amava la neve, sarebbe stato un bel modo di salutarla, quello. E invece c’è il sole.- mormorò, prima di voltarsi e scappare via, codardo fino alla fine.
E Kingsley rimase lì, una foto in mano e un groppo in gola, chiedendosi perché quel ragazzo avesse scelto proprio lui in mezzo a quella folla, sapendo che in realtà di risposte non ce n’erano, perché era Novembre ma c’era il sole e la gente piangeva soffocando con le lacrime la gioia in fondo al cuore.
 


****

La lettera di Hagrid aveva lasciato Kingsley piuttosto sconvolto. Ovviamente non per il nome che c’era vergato sopra, Potter era un cognome che troppo spesso e da troppo tempo gli gravitava intorno, nel bene e nel male, ma mai si sarebbe aspettato una richiesta del genere. La foto l’aveva, ancora. Era una sorta di cimelio, un vanto per quella minuscola fiducia istantanea che quel ragazzo gli aveva regalato e non la tirava fuori quasi mai, preoccupato di sciuparla o di osservarla, disturbando il riposo dei due ragazzi.
Separarsene era come lasciare un portafortuna, eppure non gli pesava minimamente. Harry Potter, lui l’aveva sempre sostenuto, era il futuro. Era stato il punto di connessione tra presente, passato e futuro in maniera indelebile e Kingsley non poteva che ringraziarlo, in fondo al proprio cuore.
Infilò la foto, ancora stropicciata nonostante tutta la cura applicata in quegli anni, nella busta e sorrise, senza vergare una riga né niente.


Cosa avrebbe potuto scrivere, del resto, lui che quella foto se l’era ritrovata in mano, insieme ad un pugno di lacrime?







Writ's Corner
Già, ehm. Sorpresa! Faccio come Lily, anche se vorrei sparire sottoterra. Ammetto di essere un disastro, un bradipo pigro e capacissimo a trovare scuse su scuse.
Me ne rendo conto, lo so. Ma se non altro, la necessità di mantenere una media alta, un paio di scambi culturali, un periodo di depressione, l'aver trovato un ragazzo e tutti i suoi problemi annessi e connessi e la febbre e la tonsillite sono cose che oggettivamente esistono e mi impediscono di scrivere u.u
Ah, e anche l'ispirazione andata a donzelle dai facili costumi, per dirla in maniera elegante.
Il fatto è che ho un fracco di idee (il mio dialetto emerge prorompente, talvolta) ma non riesco a scrivere tutto, nè ne ho voglia. Alcune storie si intrecciano, altre sono troppo lunghe e le lascio stare.
E poi c'è Click, che è il mio più grande amore.
Questo capitolo è orribile e vuoto, me ne rendo conto. Volevo giocare sul doppio effetto felicità-tristezza che c'è anche al funerale di James e Lily: Voldemort è "sparito" ma due ragazzi sono morti. QUal è il sentimento giusto?
Ecco, è venuto male, però vi chiedo una cosa. E' tanto tempo che non pubblico, decisamente troppo. Siate lievemente clementi, miei cari.
Per quanto riguardava il sondaggio Click-Combinazioni, alla fine la scelta è stata "Continuare Combinazioni per un paio di capitoli, finirla semplicemente e portare avanti Click ancora un po', seppur a rilento".
Mi impegnerò più che posso, davvero.
Love You All


Writ

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Capitolo 16
*** #16 - Di prime parole e di grandi dolori ***


#16 - Di prime parole e di grandi dolori



Le notizie sconvolgenti non arrivano mai da sole. Hanno sempre il buon gusto di presentarsi con la doppia faccia, quasi ad aggiungere al danno anche la beffa, così da farti sentire ancor più forte il divario tra la felicità che sarebbe giusto provare e l’innata, incontenibile ed imprevedibile ingiustizia della vita. E Lily Evans aveva imparato a saperlo, a riconoscere sempre la temibile possibilità di ritrovarsi tra le mani una disgrazia in un momento in cui invece era la felicità a regnare sovrana.
La scoperta della gravidanza di Alice era stata accompagnata con cura quasi maniacale dalla notizia della distruzione di una famiglia babbana che abitava a pochi isolati da lei e la proposta di James era inevitabilmente seguita ad una serie di attacchi che l’avevano vista quasi morire e cose di questo genere. Se un tempo era stata in grado di riderci amaramente sopra, da quando era entrato Harry nella sua vita e da quando era diventato la sua maggiore priorità aveva iniziato a temere con la stessa intensità i momenti di guerra e quelli di felicità, che si rivelavano sempre di più essere solo maledette, piccole parentesi in un mare generale di dolore.

Perciò non si stupì quando Harry pronunciò per la prima volta il nome di James appena dieci minuti dopo che Sirius, sconvolto, si era rifugiato nel loro salotto per avvisarli della morte di Dorcas.

-James, dannazione, ci eravamo parlati neanche due ore prima. Lei mi aveva preso in giro, mi aveva detto di tagliarmi un po’ quegli stupidi capelli che mi ritrovavo e io l’avevo mandata al diavolo, dicendole che non aveva il benchè minimo gusto estetico. Le avevo anche rubato la sigaretta e  rimproverata perché aveva ripreso a fumare e lei era scoppiata a ridere e così siamo rimasti un po’ a bisticciare lì fuori, sul balcone, appoggiati al vaso delle genziane. Le genziane, James! Perché me lo ricordo, eh? Perché? Quelle stupide genziane, sono state la prima cosa a cui ho pensato quando me l’hanno detto. Non riesco a credere di aver pensato alle genziane. Non posso, James.- Sirius seppellì il viso tra le mani e respirò con forza, inalando l’aria che filtrava tra le dita piene di capelli, caduti per quanto lui li aveva scompigliati con forza. Gli girava la testa, gli pulsavano negli occhi sprazzi del sorriso stanco di Dorcas, le rughe di concentrazione che le attraversavano la fronte poco prima che scagliasse un incantesimo. Non poteva semplicemente credere che proprio quella Dorcas, la strega che poteva prenderlo in giro e allo stesso tempo adularlo in nome di un’amicizia tanto profonda quanto nuova. Dorcas che rappresentava la forza di una donna sola che aveva rinunciato a tutto in nome della guerra, Dorcas che, come gli aveva confessato un giorno, amava Malocchio in silenzio e da troppo tempo per poterci ancora sperare, Dorcas che gli aveva insegnato gli stessi incantesimi che più volte l’avevano salvato.

-Sirius...- provò a balbettare James, dopo aver rivolto un’occhiata a Lily che in cucina stava dando da mangiare ad Harry, ignara di tutta quella maledetta conversazione. Quel giorno si era svegliata con un leggero sorriso, che era cresciuto quando Harry era arrivato con la sua andatura dondolante e pesante a causa del pannolone a rannicchiarsi accanto a lei sul divano appena dopo colazione. James sapeva quanto fossero importanti per lei quegli occasionali giorni di buonumore e pace, nei quali non si dannava per quella maledetta ed odiosa prigionia ed aveva preferito rassicurarla quando aveva visto arrivare Sirius con gli occhi spenti e i capelli fin troppo scombinati.

-L’ha uccisa in casa sua un’ora e quarantotto minuti dopo, lo capisci? Io non posso crederci, e se le avessi detto di riguardarsi ancora una volta? Se, anzi, le avessi detto che stare da sola in questo periodo non è consigliabile e le avessi di venire con me al quartiere generale? Eh, James? Non posso credere di non averci pensato!- sussultò Sirius, gli occhi spalancati. Per quanto cercasse di apparire duro, forte, coraggioso, Sirius era quello di loro che sentiva con maggior forza la morte addosso a sé: ognuno di quegli assassini poteva essere suo fratello, sua cugina, un suo familiare, qualcuno che aveva visto e rivisto durante quelle orribili cene a cui era costretto a partecipare da piccolo e questo uccideva ogni volta anche lui.
-Fratello, piantala! Smettila! Non è colpa tua, non avresti potuto fare null’altro e so quanto ti sconvolga questa cosa, ma non puoi addossarti ogni volta la colpa di ciò che hanno fatto quei malati dei tuoi familiari e dei loro simili. Se Dorcas è morta è perché perseguiva una causa importante e lo faceva con forza, ed è ciò che dobbiamo fare ora noi.- ringhiò sottovoce James, scrollando l’amico per una spalla e strappandogli un verso irritato. Sirius stava per aprire bocca, quando il suono di qualcosa che cadeva lo raggiunse e potè vedere chiaramente Lily con una mano premuta sulle labbra, mentre con l’altra reggeva Harry, il cui giocattolo stava rotolando sul pavimento continuando a lanciare suoni acuti.

-Dorcas?- sussurrò soltanto, prima di crollare accanto a James. Posò Harry accanto a sé e raccolse il suo giocattolo da terra, facendoglielo oscillare davanti al viso fino a che non lo afferrò lui, cominciando a giocarci da solo, mentre lei si sporse verso Sirius con aria estremamente preoccupata.
-Dorcas Meadowes, morta? Non ci credo, Sirius, dimmi che è uno scherzo di cattivo gusto!- disse, il tono di voce leggermente più acuto. Poteva sentire il battito del cuore che le rimbombava nelle orecchie e l’unica cosa che la teneva ancorata alla realtà era il tessuto sottile della tutina di Harry, che si dimenava cercando di capire il funzionamento del giocattolo.
-Ti sembra uno che sta scherzando, Lily?- le rispose lui, amaro e brusco, prima di notare le lacrime che le affioravano agli occhi e il labbro inferiore che iniziava a tremare. Se ne accorse anche James, che rivolse all’amico un’occhiata penetrante e dura, prima di circondare le spalle della moglie e stringerla a sé con forza.

-Non posso crederci, Merlino, non posso crederci. Dorcas... Quando è successo, Sirius?- le parole le uscirono di bocca rotte e frammentarie e James la strinse ancor di più per cercare di infonderle un po’ di quel coraggio che stentava a trovare in se stesso.
-Ieri sera. L’hanno trovata stamattina, a casa sua. Le genziane, Lily! Ho pensato alle genziane...-
Nel sentire la voce di Sirius spezzarsi a quel modo e cedere ad un dolore così grande, gli occhi di Lily si riempirono di lacrime, mentre  si allungava verso l’amico per prendergli una mano e stringerla.

Essere vicini. Toccarsi. Stringersi così forte da togliersi il respiro –ma solo per finta, perché il respiro era una delle poche cose che ti garantivano che ancora eri vivo. Creare una catena. Queste erano le uniche cose che potevi fare per evitare di soccombere a tutto quel dolore, per avere la garanzia che esistesse ancora qualcosa di bello. Che esistesse ancora qualcuno.
Un tremito forte partì da uno di loro tre –chissà chi, poi, visto come si tenevano stretti ed abbracciati- e quando si guardarono negli occhi videro le proprie paure specchiarsi le une nelle altre. Non parlavano, perché non avrebbero saputo cosa dire, non avrebbero saputo trovare le parole che invece i loro cervelli urlavano così forte, “Non lasciamoci, non lasciamoci mai, vi prego, non stacchiamoci e rimaniamo vivi e insieme”.

-Geis!-

E fu così che Harry Potter, da degno figlio di James Potter, scelse proprio quel momento per pronunciare la sua prima parola.

James fu il primo a staccarsi dall’abbraccio e a girarsi di scatto verso il bambino, che ridacchiando guardava il pupazzetto giocattolo che stringeva tra le manine paffute. In un altro tempo, in un altro momento, si sarebbe vagamente offeso per essere stato paragonato ad un rumoroso pupazzetto su cui sbavare –e Lily, in quel famoso altro momento, gli avrebbe detto che probabilmente un “James!” irato, causato dall’iperattività del ragazzo in questione, doveva essere la parola che più Harry sentiva urlare in quella casa e che quindi non si sarebbe dovuto stupire che fosse stata la prima che il bambino aveva imparato- ma in quell’istante non riuscì a fare altro che staccarsi dal gruppo e stringere il figlio, sollevandolo da terra e facendo cadere il giocattolo sul pavimento in maniera rumorosa.

-Lily! Harry ha parlato! Harry ha detto James! Sirius! Harry ha parlato! Harry ha detto James!-
Le urla del ragazzo erano quasi comiche e stonavano in maniera perfetta con il silenzio di poco prima. Sembrava di essere caduti in un abisso e di ritrovarsi, ora, a tremila metri di altezza, in volo su una scopa incredibilmente veloce. Gli occhi di Lily iniziarono a versare tutte le lacrime trattenute fino a quel momento e anche Sirius, un po’ intontito, si avvicino ad Harry, per guardarlo negli occhi senza parlare.

-Fanculo. Sei proprio egocentrico come tuo padre.- borbottò bonariamente Sirius dopo un po’ e immediatamente alzò le mani per proteggersi dallo scappellotto che Lily gli stava tirando.
-Non dire queste cose davanti a mio figlio, che poi le sente, le impara e le ripete. Oh Merlino, le ripete!- ed un singhiozzo uscì dalle labbra di Lily, che iniziò a baciare il figlio sulla testa quasi strappandolo dalle braccia di James
Harry, dal canto suo, sembrava ben poco interessato a tutta quella festa e a tutte quelle lacrime e sembrava piuttosto attratto dai bottoni del maglioncino della madre, che riflettevano la luce e creavano un ottimo diversivo rispetto al giocattolo andato ormai perduto.

-Harry Potter, parole mie, sei il mio degno figlio e sei anche la cosa più incredibile dell’universo intero. Io...- e le parole morirono sulle labbra di James nell’istante esatto in cui si ricordò di ciò che stava succedendo poco prima che il figlio parlasse. Lily colse i suoi pensieri al volo e si girò a guardarlo con un sorriso tirato in volto.
-Ho sempre detto che avrei voluto immortalare questo momento, ma ora... non  mi sembra il caso.- sussurrò, sentendo la gioia che lottava contro il dolore prima di scivolarle via dal petto.

-Io credo... Io credo che dovresti fare una foto, invece, Lily. Sai, per quello stupido discorso riguardo al fatto che non bisogna avere pietà dei morti, ma che la vita è un dono prezioso e insomma... cose così. La faccio io, se vuoi, la foto.-
La voce di Sirius esitava, si rompeva in continuazione, ma per una qualche strana ragione lui riuscì ad arrivare in fondo alla frase.

E riuscì anche a fare davvero quella foto, nonostante sia James che Lily odiassero essere fotografati, nonostante tutto il dolore, nonostante Harry fosse più interessato al suo giocattolo che all’obbiettivo della macchinetta, nonostante le lacrime che avevano iniziato a scendere non appena si era illuminato il flash.
Dietro decisero di scrivere una frase, perché quello era il giorno di Harry, James e Lily, ma era anche il giorno di Dorcas e questo non si sarebbe mai dovuto dimenticare.
La scrisse James, in una grafia orribile perché non riusciva a smettere di tremare per la felicità e per il dolore messi insieme.

A Dorcas che se n’è andata con la sua voce rauca e le sue sigarette. Che in qualche modo ci ha insegnato che nonostante il dolore più grande, le sorprese non smettono mai di accadere.
“Geis”, prima parola di Harry James Potter.

 

****


George Meadowes ricordava il giorno della morte della sorella con precisione agghiacciante e avrebbe saputo raccontarne ogni dettaglio, se qualcuno gliel’avesse chiesto. Si ricordava perfettamente anche della foto che al funerale Lily Potter gli aveva consegnato, tremante. “Questi siamo io, mio marito e mio figlio, ed eravamo amici di Dorcas. Il giorno in cui abbiamo saputo della sua morte, Harry ha detto la sua prima parola e... abbiamo scattato questa foto. Ti prego, è l’ultimo regalo che possiamo farle, questo di dedicare a lei la gioia di nostro figlio quel giorno, accetta questa foto. Ancora condoglianze” aveva sussurrato, con i grandi occhi smeraldo pieni di lacrime. E lui aveva accettato quella foto, dove un bambino rideva e i genitori piangevano sorridendo. A distanza di anni, sentiva quella foto come la prova dell’amore tangibile che qualcuno aveva provato per sua sorella, ed era difficile pensare di privarsene. Ma farne un dono per Harry Potter era un motivo abbastanza valido. Scrisse anche un biglietto, da allegare alla lettera.


“Ho conosciuto tua madre solo una volta, ma mi è bastato capire che persone straordinarie fossero i tuoi genitori. Non c’è nulla, Harry Potter, di più forte, dell’amore che si può provare anche nel dolore.”





Writ's Corner

Mi ucciderete. Lo so, vorrei farlo anche io. Non voglio neanche sapere da quanto tempo è che non aggiorno e spero che non vogliate saperlo neanche voi. Fortuna che è una raccolta, accidenti. 
Sono una persona orribile, me ne rendo conto, e le mie scuse fanno schifo, ma l'unica cosa che posso dire è che ho avuto i miei buoni motivi. Dico sul serio. Se vorrete conoscerli, potrete chiedermeli privatamente ed io ve li racconterò, altrimenti vi basti sapere che quello che ho passato è stato uno degli anni più assurdi e dolorosi e faticosi della mia vita e che non riuscivo più a scrivere a causa di questo.
Fra due settimane avrò la maturità e fra tre mesi mi trasferirò a Roma, ma ho deciso, così, tanto perchè ne ho un disperato ed assoluto bisogno, di tornare a scrivere di loro, dei miei amori e dei miei eroi.
Il prossimo capitolo probabilmente sarà l'ultimo (avevo promesso di continuare, lo so, scusate) ma solo perchè voglio chiudere una porta per poter aprire un portone. Chiudere con i vecchi progetti per lasciar spazio ai nuovi, alle nuove idee, ai miei nuovi amori letterari.
Non voglio portare avanti una cosa che dentro di me so già essere conclusa. Probabilmente cercherò di scrivere un epilogo anche per Combinazioni e se il tempo me lo permetterà, lavorerò su un seguito a quella.
Nel frattempo, vorrei dedicarmi alle OneShot, ai racconti brevi, alle Slices of Life. Spero capirete. 
Vi abbraccio, forte.
 

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Capitolo 17
*** #17 - La felicità addosso a Lily Evans ***


Una piccola nota a inizio pagina di Writ:
5038 caratteri non bastano a concludere quello che è stata e sempre sarà per me Click.
Non bastano ad esaurire l'amore per tutto questo e per voi, voi che l'avete reso ciò che è.
Sprecate ancora qualche secondo, a fine lettura, per leggere ciò che vi devo dire in fondo alla pagina. Buona Lettura.



#17 La felicità addosso a Lily Evans





Aprile 1978, Hogwarts
 
-James?- sussurrò Lily, la voce ancora impastata di sonno, emergendo dal petto del ragazzo, nel quale aveva seppellito il volto.
-Ehi...- disse lui, accarezzandole la testa e scostandole gentilmente alcune ciocche di capelli che le si erano infilati in bocca. Lei alzò gli occhi e gli rivolse un sorriso così dolce che James sentì che qualcosa gli si scioglieva nel petto, come se davvero non l’avesse mai vista sorridere in tutta la sua vita.
-Che ore sono?- mugolò lei, tornando a strofinare il viso contro il petto di James e respirandone il profumo a pieni polmoni. Voleva che quel profumo le entrasse ovunque, voleva svegliarsi e sentirlo sul cuscino accanto a sé, voleva poterlo associare a “casa” in ogni situazione e usarlo come sua bussola.
Arrossì al pensiero di ciò che James avrebbe potuto dirle se avesse sentito quei suoi pensieri e perciò si limitò a lasciargli un bacio leggero all’altezza del cuore.

-Sono le cinque, tra poco dovremo rientrare per la cena...- disse James, girando la testa per baciarla sulla testa e ridacchiando leggermente quando i suoi capelli sottili gli fecero solletico al naso.
-Mi sono addormentata?- chiese lei, alzando la testa e stringendogli le mani intorno al costato, avvicinandolo ancor di più a sé.
-Se ti sei addormentata? Lils, tesoro, ci mancava poco che russassi!- scoppiò a ridere lui e lei lo colpì pigramente sulla pancia, borbottando un “idiota” contro la sua maglietta.
-Non sei divertente, tu non sai come sia stare in Dormitorio con una Mary raffreddata che dorme in posizioni strane ed anticonvenzionali. Quello sì che è russare!- si lamentò Lily, in risposta, tornando ad accoccolarsi placidamente accanto a lui.

-Oh no, no, no, tu non sai come sia stare in Dormitorio con Frank, Sirius, Remus e Peter anche quando non sono raffreddati!- esclamò James, tirandosi su di scatto e facendo scivolare Lily quasi per terra. Lei scoppiò in una risata e si mise con la schiena dritta per guardarlo meglio negli occhi.
-Oh, capisco. Quindi tu non russi?- domandò, con finta curiosità.
-No, non russo. Mai fatto!- si difese James e non potè resistere a lungo sotto lo sguardo scettico di Lily senza scoppiare a ridere.
-E’ inutile che neghi, ti sento quando stiamo studiando e tu ti addormenti sul letto...- scherzò lei, e si avvicinò per mordergli la guancia. Le sue labbra grattarono contro la barba che stava ricrescendo e lei indugiò un secondo di più su quella pelle così morbida e invitante, chiedendosi perché, semplicemente, il mondo non potesse ridursi a quello, a quei brevi momenti di estrema felicità.

-Ahi!- esclamò James –Perché l’hai fatto?-
-Eri arrossito, volevo assaggiarti! Hai un ottimo sapore.- rispose, e lui si voltò verso di lei per baciarla in maniera appassionata e dolcissima. Lily sorrise contro le sue labbra e si strinse di più a lui, incastrando le loro gambe per creare un incrocio perfetto. Sembrava che tutti i loro angoli, le loro storture, le imperfezioni dei loro corpi fossero fatte per incastrarsi, per riempirsi perfettamente.

Ecco perché, si disse, i puzzle piacciono sempre a tutti. Perché è solo attraverso le imperfezioni, le sporgenze e le rientranze che i pezzi, così sbagliati e incompleti se presi singolarmente, poi si incastrano a formare una piccola perfezione.

-Ti amo, James.- sussurrò Lily, il naso che ancora sfiorava quello del ragazzo. James sorrise e lo stomaco di Lily si contorse, creando in lei una piacevole sensazione di calore.
-Ti amo anche io, Evans. Da molto più tempo di quanto avrei il coraggio di ammettere.- mormorò lui di rimando, posandole un altro bacio sulle labbra.
 
Non appena Lily vacò la soglia del Castello si trovò davanti Alice ed Emmeline intente a parlottare tra di loro e ad indicare qualcosa in maniera entusiasta. Come si fu avvicinata poco di più le sentì esclamare qualcosa come “Oh Merlino, sono così carini!” e “Io ho sempre sostenuto che fossero perfetti insieme, guarda!” e sul suo viso apparve un’espressione corrucciata che stonava con il sorriso estatico che aveva  stampato in volto.
-Che sta succedendo? Che cosa vi rende così felici?- domandò e a quelle parole vide le amiche sobbalzare e guardarsi intorno imbarazzate.
-Noi? Felici? Merlino, Lily, usa un po’ di tatto, non vedi che siamo reduci da un pianto disperato?- disse Emmeline, con una risatina nervosa. Lily alzò gli occhi al cielo e si avvicinò, costringendo Alice a mostrarle cosa stavano nascondendo.
-Mi sento quasi una celebrità, accidenti. Devo preoccuparmi del fatto che sembra che abbiate messo su un agenzia di spionaggio con me e James come soggetti?- chiese, ridacchiando ed osservando con dolcezza inspiegabile la foto che ritraeva lei e James abbracciati in mezzo al Parco. Sorrise e Alice diede una gomitata ad Emmeline, indicando l’amica con estrema felicità.
-E’ che... siete davvero... belli. Siete una di quelle coppie che fanno sperare in un futuro migliore, se capisci cosa intendo!- spiegò Alice e Lily arrossì, guardandola e prendendo la foto senza dire niente.

Futuro.
Con James accanto, suonava così bene.
 
****
 

Gennaio 1978, Hogwarts
 
James scoppiò a ridere all’improvviso e Lily, per lo spavento, scivolò su una lastra di ghiaccio, con il risultato di tirarsi dietro sia il ragazzo sia una povera primina di Tassorosso che si trovava a passare lì per caso.
Il sorriso si era congelato sulle labbra di James, dal momento che ancora non era ben riuscito a realizzare cosa fosse successo, e il cappello gli era scivolato sulla fronte, con il risultato che anche gli occhiali erano finiti laddove non sarebbero dovuti stare, cioè sul suo mento. Lily gli tirò un pugno sul braccio e cercò di mantenere un’espressione contrariata mentre tentava di non ridere alla vista del suo ragazzo conciato in quella maniera, ma non riuscì a fare nessuna delle due cose, con il risultato che la ragazzina che aveva trascinato con sé nella caduta si girò a guardarla con gli occhi spaventati e si affrettò a rialzarsi e a scappare via, gettandosi di tanto in tanto un’occhiata preoccupata alle spalle.

-Merlino, se ti odio! Guarda quella povera ragazzina, ora sarà traumatizzata a vita per colpa tua!- esclamò Lily, tirandosi in piedi con un movimento goffo ed impacciato.
-Ehi, Evans, che c’entro io? E’ colpa tua, sei tu che sei scivolata!- ribattè James, ancora seduto a terra, mentre si tirava su il cappello e cercava di sistemarsi gli occhiali in modo che gli stessero ben dritti sul naso. Continuarono a pendere un po’ storti e Lily ebbe l’impulso di chinarsi e raddrizzarglieli, in un gesto che ormai era diventato familiare e quotidiano, ma si trattenne, continuando a fissarlo dall’alto con le braccia incrociate sul petto.
-Ora voglio che tu mi spieghi all’istante cosa diavolo ci fosse da ridere così tanto!- disse, con gli occhi severamente stretti e le dita delle mani che si contorcevano nervosamente sul gomito. James la conosceva abbastanza bene da sapere che non era davvero arrabbiata, ma sicuramente infastidita –e allo stesso tempo divertita, anche se non l’avrebbe ammesso mai, neanche sotto tortura- ed era davvero uno spasso guardarla da sotto in su come ai vecchi tempi, quando ancora trovarsi in un litigio era l’unico modo che aveva per guardarla quanto avrebbe voluto.

-Ma Lily, non mi stavi ascoltando?- chiese, iniziando a ridacchiare sommessamente, e vide la ragazza sbuffare stizzita, mentre si voltava con un turbinio di capelli rossi.
-Benissimo. Vorrà dire, James, che continuerò a non farlo, allora!- rispose lei mentre iniziava ad avviarsi a passi lunghi verso il castello. In realtà, James sapeva perfettamente che quei passi non erano lunghi come sembravano e che in realtà lei lo avrebbe sicuramente aspettato dopo la prima curva, ma lanciò lo stesso un sospiro prima di schiarirsi la voce e urlare:- Dai, lo sai che sto scherzando e che sono un idiota, torna qui!-

Guardò Lily mentre si avvicinava scuotendo la testa e cercando di trattenere un sorriso e la trovò più affascinante che mai, in quel momento. Aveva un modo di muoversi, un modo di guardare le cose che era suo e solo suo, e che nessuno, nemmeno dopo anni e anni di conoscenza, sarebbe riuscito ad imitare. Era bella di una bellezza arcaica, che risaliva all’essenza stessa dell’amore, una di quelle bellezze che non potevano essere comprese da tutti. James sapeva di essere innamorato di Lily in quel momento e sapeva anche che era un qualcosa di vagamente sciocco e irresponsabile, perché quel momento era il momento più sbagliato per amare qualcuno, ma allo stesso tempo era proprio questa consapevolezza a spingerlo ad amarla sempre di più. Se il mondo conosciuto iniziava a finire, a sparire, se i confini tra Bene e male non esistevano più, se le persone non erano mai chi mostravano di essere, allora amare Lily era l’unico modo che James aveva di respirare aria pulita in quella caligine che sapeva di Dissennatori in tutto e per tutto.
Se tutto andava in un’unica, sbagliata, direzione, amare Lily equivaleva a volare fuori da ogni schema.

-Continuo ad odiarti, anche se mi hai chiesto scusa.- la voce di Lily interruppe il filo dei suoi pensieri  e lui le sorrise angelico mentre lei gli porgeva la mano per farlo rialzare.
Troppo angelico.

In men che non si dica, Lily si ritrovò di nuovo a terra, con l’osso sacro decisamente dolorante e un’espressione sconvolta sul volto. James scoppiò a ridere e all’improvviso un flash accecante contribuì a lacerare la retina di Lily, che ancora si guardava intorno sconvolta.
-E’ per questo che... tu... io ti... Potter!- Lily iniziò a colpire James mentre lui continuava a ridere a crepapelle e a lui si univa anche Sirius, appena spuntato da dietro alla macchinetta fotografica.
-Lily, dai, voleva essere una cosa carina, sai, una rievocazione del nostro primo appuntamento, ti ricordi? “E’ la terza volta che mi baci senza permesso” e cose così... Non te la prendere.- mormorò James, con lo sguardo basso e Lily cessò per un istante di colpirlo furiosamente, preferendo studiarlo con la fronte corrugata.
-Sarebbe... una cosa carina?!- domandò, scettica, e alle sue parole James Potter annuì vistosamente.
-Anche molto romantica, in realtà. Solo che tu sei goffa e trascini altra gente nella caduta e poi ti fai male, non è colpa mia!- esclamò James e la bocca di Lily si curvò in un principio di sorriso, che il ragazzo catturò con un bacio.
-Dovresti rivedere la tua concezione di romanticismo, ma... per stavolta passi. Continuo ad odiarti, però.- ribadì, con un’espressione a metà tra il divertito e il severo, mentre si rialzava cautamente e guardava il ragazzo fare lo stesso, senza osare aiutarlo.

Sirius, in tutto questo, era rimasto in silenzio e ogni tanto si lasciava andare ad una risatina divertita, guardando la foto appena stampata. Non appena Lily, dopo aver salutato James con un bacio frettoloso, si fu allontanata abbastanza, Sirius afferrò l’amico per il braccio e si lasciò andare ad una risata rumorosa.
-La scusa più geniale mai inventata.- sussurrò poi, ghignando.
-Ehi, le mie intenzioni romantiche c’erano davvero... solo che ho evitato di dire a Lily che la versione originale del piano prevedeva solo lei che cadeva rovinosamente a terra...- rise James, sentendosi solo vagamente in colpa. Guardò Lily che si spazzolava la divisa ancora sporca di neve e si lasciò andare ad un sorriso.
-Sai, Felpato? Dovrei davvero organizzarle qualcosa di veramente romantico fin dal principio. E’ bello saperla felice.- mormorò e si passò una mano tra i capelli.
-Allora la foto posso tenerla io?- ghignò Sirius, tirandogli una gomitata.
-Non ci provare, Felpato, posso ricattarcela a vita!-
 
****

 

Luglio 1975, Casa MacDonald
 
Emmeline era stesa sulle gambe di Lily e osservava il cielo sopra di sé, chiedendosi come facesse ad essere così dannatamente blu. Era troppo blu, troppo intenso, troppo compatto.
Era troppo vivo.
Sembrava così in contrasto con le notizie terribili che ogni giorno si sentivano alla radio o che uscivano sui giornali, e la ragazza faticava a credere che quel cielo potesse continuare a splendere in quel modo, noncurante di ogni cosa.

-Mel? Che guardi?- domandò Lily, sfiorandole la fronte per togliere alcune foglioline secche che le si erano impigliate nella frangia. Il sole le scaldava la pelle e la brezza estiva soffiava così leggera che le sollevava appena i ciuffi di capelli sfuggiti alla coda di cavallo.
-Il cielo. E’ troppo blu, Lils.- e non ci fu bisogno di aggiungere altro, perché Lily aveva capito esattamente ciò che Marlene voleva dire. Deglutì e annuì, socchiudendo gli occhi mentre le immagini delle ultime foto apparse sulla Gazzetta si susseguivano nella sua mente senza lasciarle tregua: foto di distruzioni, di Marchi Neri, di volti emaciati e di occhi spaventati.
-E’ estate, tesoro.- replicò e nel dirlo aprì gli occhi, sorridendo all’amica. Le loro conversazioni erano così, non necessitavano di parole superflue o di spiegazioni esagerate, erano essenziali e perfette.
-...E noi siamo a casa di Mary. E dobbiamo goderci questi momenti di spensieratezza prima dei M.A.G.O.- esclamò, alzandosi e sorridendo in maniera non del tutto aperta. Sentiva la malinconia precedente ancora incastrata da qualche parte in lei, ma decise di godersi davvero quel poco di innocenza che le era rimasta.
Lily le sorrise e le porse una mano, che Emmeline strinse con gratitudine. Rimasero in silenzio per qualche istante e non appena Lily aprì la bocca per dire qualcosa, un urlo la interruppe.

-MacDonald! Non vedevamo l’ora di rivederti!-

La voce di James Potter fece congelare il sorriso sul volto di Lily e fece esplodere in una risatina Emmeline, immobile al suo fianco.
-Non ci posso credere. Non dovevamo “goderci questi momenti di spensieratezza”?- esclamò Lily, scuotendo la testa con fare preoccupato.
La voce di Mary si unì a quella di Potter e ben presto Lily fu in grado di udire distintamente anche quelle di tutti gli altri Malandrini che ridevano e salutavano in maniera gioviale. Emmeline le mise un braccio intorno alle spalle e iniziò a camminare, portando a forza l’amica con sé.
-Mel non voglio...- tentò di lamentarsi Lily, ma l’amica la ignorò e continuò a camminare imperterrita.
-Non capisco perchè Mary li abbia invitati!- continuò, sentendosi ignorata e indignata per quel terribile affronto.
-Perché a Mary piace Sirius, ti ricordi? E poi lei e Potter sono amici, dai, tesoro, smettila di lamentarti. Sono qui per una partita di Quidditch amichevole, non c’è nessun doppio fine. E tira fuori il tuo animo Grifondoro, una volta tanto!- la rimproverò Emmeline, e Lily fu costretta a tacere, mentre le lanciava un’occhiata sdegnata e si rifiutava di guardare nella direzione dei ragazzi, anche quando si trovò a pochi metri di distanza da loro.

-Ehi, Evans! Sai che sei proprio bella, così? Non capisco, Sirius, c’è qualcosa di diverso in lei...- esclamò James Potter nel vederla e lei strinse i pugni e si appuntò mentalmente che era vietato fare magie fuori Hogwarts, quindi non avrebbe potuto schiantarlo.
-...Sì, hai ragione, James, ma non so bene che cosa. E’ come se... le mancasse un pezzo!- rispose Sirius, gioviale e falsamente innocente.
-Oh! Ho trovato! Finalmente ti sei scollata di dosso Mocciosus, eh, Evans? Devo ammettere che sei proprio meglio così!- rise Potter e a quelle parole Lily rispose con un gesto volgare che fece scoppiare a ridere Emmeline e Mary, che assistevano divertite e allo stesso tempo preoccupate alla scena.
-Tu invece resti brutto come sempre, Potter. Forse un po’ di cervello non ti starebbe affatto male.- replicò Lily, secca e caustica. Non poteva sopportare quelle continue offese rivolte a Severus, quegli insulti gratuiti alla sua amicizia. Potter era un tronfio idiota che si credeva superiore a tutti, che si sentiva speciale senza neanche avere una vera ragione per farlo. Sparava sentenze su tutti e tutto, ma lui, in realtà, non sapeva nulla e, cosa ancor peggiore, neanche era interessato ad informarsi di più.

-Io credo che... potremmo andare a giocare prima che faccia troppo caldo, non trovate, ragazzi?- si inserì nel discorso Mary, lanciando un’occhiataccia a Lily e sbuffando in direzione di James. Sirius annuì per primo e si potè chiaramente vedere il viso di Mary farsi orribilmente rosso per qualche istante.
-Andiamo a giocare, su, Sirius, che devo mostrare a Evans quanto sono bello e bravo quando gioco a Quidditch!- esclamò James, passandosi una mano tra i capelli e ammiccando in direzione della ragazza, che gli rispose con uno sguardo gelido, prima di voltare le spalle a lui e a tutto il gruppo e dirigersi in camera sua.
-Te lo giuro, Emmeline, prima della fine di questa giornata quell’essere sarà un essere morto. E ora, se non ti dispiace, vado a scrivere una lettera. A Severus. Che a quanto pare, vale mille James Potter.-
 

Un paio di ore dopo, due denti rotti e numerosi lividi, i quattro ragazzi, Mary, Emmeline e i fratelli di Mary riemersero dal campo dietro casa loro, ridendo così tanto da essere costretti a tenersi la pancia con le mani.
-Ehi Potter, stasera pensavamo di fare un falò. Potreste fermarvi con noi, sarebbe divertente!- esclamò Albert, il maggiore dei fratelli MacDonald. A quelle parole Lily, uscita in giardino dopo aver scritto una lunga e concitata lettera al suo migliore amico, si prese la testa fra le mani e borbottò qualcosa furiosamente.
-Abbiamo vinto, Lils! Siamo stati grandi! E... Potter è tra gli sconfitti, se vuoi saperlo!- annunciò Mary, sedendosi accanto a lei con un tonfo. Sorrideva in maniera sfacciata e aveva un segno di terra sulla guancia, ma tutto in lei sembrava urlare che era estremamente felice e divertita e per questo Lily decise di non continuare nelle sue tirate anti-Potter.
-Avete vinto solo perché loro avevano in squadra me e Peter, che valiamo come giocatori in negativo, questo devi specificarlo!- rispose Emmeline e Lily a quelle parole si lasciò andare ad una piccola risatina.

-Lily Evans ha appena riso? Cosa succede, la fama delle mie battute mi precede così tanto?-
La voce di James Potter fece ancora una volta congelare il sorriso di Lily e lei alzò gli occhi al cielo, mentre brontolava un “Potter, evapora” particolarmente freddo.
-Ehi, Mary, il tuo campo è davvero fico! Devi assolutamente permetterci di venire a giocare anche altre volte!- disse Sirius, sedendosi vicino a Lily, con sommo disappunto della ragazza. Remus e Peter erano seduti poco lontani, intenti a parlottare tra di loro tutti eccitati per qualcosa di sconosciuto, e Lily sarebbe davvero voluta scappare da loro per potersi sottrarre alla compagnia molesta di Potter e Black.
Mary nel frattempo era arrossita e aveva sorriso a Sirius, senza ben sapere cosa rispondergli e optando alla fine per un semplice “Quando vuoi, Sirius...”

-Amico, il campo di casa mia è bellissimo, non ti basta più?-
-Certo che mi basta, ma è sempre uguale! C’è bisogno di novità nella vita...-
-Dillo che pensi che il mio campo sia più brutto di questo.-
-No che non lo dico, James, perché non è mai stata mia intenzione dirlo!-
-Ma l’hai pensato. Merlino, come sono offeso!-

La risposta di Sirius fu bloccata sul nascere dalla voce di Albert, che si era avvicinato di soppiatto ai ragazzi e ora li guardava con una strana luce negli occhi.
-Sorridete, vi faccio una foto prima che cali la luce!- esclamò e si accostò al volto la macchina fotografica, che fino a quel momento aveva tenuto dietro la schiena. Gli piaceva quel gruppetto, gli piacevano gli amici di Mary, perché erano pieni di vita e di energia e non c’era nulla di più prezioso di quello in quei momenti. A settembre avrebbe iniziato il suo ultimo anno ad Hogwarts e sentiva già il peso della vita adulta scivolargli sulle spalle, per questo si aggrappava con le unghie e con i denti a quell’adolescenza ancora lontana da tutti i grandi problemi della vita.
Perché lui voleva vivere e voleva avere tutto il tempo di farlo.

-Evans, ma non sei emozionata per il fatto che avremo una foto insieme?- urlò James, un secondo prima che il flash scattasse. Lily si voltò verso di lui con un’espressione allibita e allo stesso tempo furiosa, mentre Emmeline, sorridendo, le posava una mano sul braccio per calmarla, e James rideva divertito, una mano che già era salita a scompigliargli i capelli.
-Questa foto è meravigliosa, non c’è che dire. Sono un fotografo nato.- asserì Albert, complimentandosi con se stesso mentre si allontanava per andare ad aiutare il fratello con il fuoco.
Ascoltò i battibecchi dei ragazzi alle sue spalle e si concesse un sorriso lieve nel sentirli mentre si infuriavano per cose dannatamente futili.
Mentre il cielo sopra la sua testa iniziava a scurirsi, Albert MacDonald si ritrovò a desiderare ardentemente che quegli ultimi attimi di luce, quel tramonto della giovinezza non finissero mai.
 
****
 

Settembre 1975, Hogwarts
 
-...Ci hanno pure fatto una foto a tradimento. Come se si dovesse testimoniare in eterno la mia sofferenza per la presenza di Potter e Black nel mio piccolo momento di paradiso estivo. Li odio.- si lamentò Lily, mostrando a Severus una copia della foto che Mary le aveva regalato a forza.
Che ti frega, al massimo li tagli via, Potter e Black” aveva detto, ma Lily aveva pensato che anche solo tagliarli avrebbe attribuito loro più importanza di quanta realmente ne meritassero.
Severus rimase in silenzio, studiando la foto con la fronte corrugata e l’espressione piena di disappunto.

-Sev? Non dici niente?- si lamentò Lily, colpendolo giocosamente su un braccio:- Andiamo, ti rendi conto di quanto io possa aver sofferto?-
-Stai guardando Potter, in questa foto. Sei proprio... rivolta tutta verso di lui.- commentò dopo un po’ Severus e Lily si rizzò all’improvviso, infastidita da quelle parole.
-Io sto guardando Potter perché la mia intenzione è insultarlo, in quella foto. Guarda che faccia furiosa!- rispose lei, indicando furiosamente il proprio volto arrabbiato. Severus si lasciò sfuggire un sorriso triste e sospirò, passandole la foto con un gesto secco.
-Sarai pure furiosa, ma vedi solo lui, Lily.- replicò, con la bocca improvvisamente secca. Lei lo guardò interrogativa e gli posò una mano sul braccio, scuotendolo leggermente.
-Non capisco, Sev. Certo che guardo solo lui, sto insultando solo lui, mica gli altri! Anche se Black...-

Lily continuò a parlare, ma Severus già non l’ascoltava più. Non era ancora giunto il momento, ma un giorno Lily si sarebbe accorta che lei non guardava, ma vedeva solo Potter, che lui era il centro di tutto, nel bene o nel male, e allora si sarebbe dimenticata di lui, del Severus che con una fedeltà immancabile la seguiva in ogni cosa e la sosteneva in ogni momento.
Un giorno, si disse, lei avrebbe spostato definitivamente il perno della propria vita in un’altra persona e lui si sarebbe ritrovato solo a dover combattere contro i propri mostri e contro la sua assenza. Si sarebbe trovato, all’improvviso, decentrato. E questo lo terrorizzava terribilmente.

-Beh, mi ascolti?- esclamò Lily e Severus si voltò verso di lei, scontrandosi con il suo sorriso dolce e indispettito. Annuì e pensò che nulla avrebbe mai potuto soppiantare Lily Evans dal ruolo di perno e centro assoluto della sua vita.
Nella foto, James Potter sorrideva arrogante, mentre Lily guardava e vedeva solo lui, e Severus provò l’improvviso desiderio di vomitare la colazione.
 
****

 

Gennaio 1978, Hogwarts
Uno scoppio di risa fin troppo conosciuto risuonò nelle orecchie di Severus, che non si preoccupò a reprimere una smorfia di disgusto.
Quanto odiava quel suono.

Il ragazzo continuò a camminare vicino al muro, ma fu solo quando sentì una voce particolarmente alta che diceva “Merlino, se ti odio!” che si gelò sul posto. Conosceva quella voce ancor meglio della risata di poco prima, la conosceva così bene che avrebbe anche saputo descrivere alla perfezione l’espressione di chi l’aveva pronunciata –le sopracciglia inarcate, gli occhi sollevati al cielo, le labbra piene appena socchiuse.
C’era, però, qualcosa che stonava terribilmente in quella frase appena udita, una frase familiare quanto la voce, soprattutto se associata alla risata precedente, qualcosa che andava oltre il solito “Merlino, se ti odio!” che Lily Evans era solita rivolgere a James Potter.
Mancava quell’odio, quell’ira e persino quel disprezzo arrogante che l’aveva caratterizzata fino ad allora.

Mancava la verità, in quel “ti odio”.

Questa consapevolezza bruciò in Severus così tanto che gli mancò il fiato e fu costretto ad appoggiarsi al muro, come stordito. Non che non lo sapesse da prima, certo –persino un idiota sarebbe stato in grado di notare il modo in cui Lily e Potter si guardavano e si comportavano- ma in quel momento sentì che aveva definitivamente perso tutto.
Aveva perso Lily, che ora diceva “ti odio” a Potter solo per scherzare, che ora tornava indietro cercando di trattenere un sorrisetto –Severus non aveva resistito a seguirla con lo sguardo dopo averla vista avvicinarsi a passo di marcia-, che ora si lasciava baciare senza riuscire a smettere di sorridere, nonostante Potter le avesse giocato proprio un brutto tiro.

Il flash della macchina fotografica di Black accecò anche lui, che si ritrasse ferito –perché ora Potter aveva una patetica foto divertente con Lily, di quelle che sarebbero rimaste sempre e pateticamente a ricordare l’inizio del loro patetico amore-, sentendo le lacrime che minacciavano di uscirgli dagli occhi.
L’aveva persa, pensò di nuovo.

Aveva perso Lily, che ora gli passava accanto senza vederlo, la testa persa da un’altra parte, le labbra ancora curvate verso l’alto, una mano che ogni tanto se le toccava, inconsapevole.
Severus prese un profondo respiro, chinò il volto e iniziò a camminare nella stessa direzione di Lily senza guardarla, fissando semplicemente il terreno.
E pensando a lei ogni volta che portava il proprio piede accanto all’impronta del suo, in modo da poter, in qualche modo, poter camminare ancora vicini.
 
****

 
Aprile 1978, Hogwarts
 
-Come sono carini! Come sono carini, Alice, guarda, si stanno facendo le coccole sul prato! Non sono... perfetti?-
Severus tentò di ignorare la frase di Emmeline Vance –era la quarta volta che stava ripetendo la stessa cosa e lui davvero non ne poteva più- e si concentrò sul suo libro, invano.

Erano Lily e Potter, ovviamente, i soggetti di quella frase. Severus lo sapeva perché anche lui li aveva visti, lei che dormiva appoggiata al petto di lui e lui che le carezzava i capelli e la guardava, felice e innamorato, stesi sotto la quercia che un tempo era stata rifugio di Potter e della sua banda di spostati.
-Devo far loro una foto!- urlò Vance, e Severus sentì il proprio stomaco che si stringeva pericolosamente.
-Shh! Mel, dannazione, vuoi farci scoprire? Non urlare!- bisbigliò Alice Prewett in risposta, abbastanza forte da permettere a Severus di sentire chiaramente ogni parola.
Lily odiava farsi fare le foto, Severus lo sapeva benissimo, e questa violenza delle sue amiche, farle una foto mentre lei non ne sapeva nulla, gli sembrò crudeltà pura.
Represse una smorfia quando si rese conto che in realtà, Lily poteva benissimo non essere più la sua Lily.

Era la Lily di Potter, ormai.

Si alzò in piedi silenziosamente e senza farsi notare da nessuno si incamminò verso il Castello.
Pensava ancora a Lily e alle foto.
Lui, pensò, le avrebbe sicuramente fatto ritratti, non scattato foto.
 
****

 
Severus Piton scivolò piano nella capanna di Hagrid e si diresse spedito verso il suo tavolo, dove una serie di fotografie ingombrava tutta la superficie disponibile. Severus sentì lo stomaco contrarsi nel vedere tutte quelle Lily davanti a lui, che salutavano sorridenti e ballavano e ridevano e abbracciavano persone e stringevano gatti e...
Ed erano con Potter.

Era tutta una vita di Lily con Potter, si rese conto, sfiorando le sedici foto che si trovava davanti con la punta delle dita, quasi temendo di far loro del male. Ogni tanto spuntava anche Harry nelle foto e Severus sentiva il terrore crescere in sé, perché quelli erano gli occhi di Lily, dannazione, erano loro e non c’erano dubbi. Lì Harry Potter era ancora piccolo, ancora non era la copia sputata di suo padre. Represse un moto di disgusto e alzò gli occhi verso il soffitto, per non vedere quel
maiale accanto alla sua dolce Lily.
Ricordò la promessa fatta a Silente e si chinò a guardare di nuovo tutte quelle foto, concentrandosi solo sul volto bellissimo di Lily.


Lui avrebbe voluto vederla invecchiare accanto a sé, ma lei era morta giovane accanto a James Potter, ed era perduta. Una lacrima gli colò lungo il naso e si posò sul tavolo di legno, appena sotto una delle tante foto. Lily ballava radiosa insieme a Potter sotto una cascata di foglie e sembrava davvero felice.
La felicità stava così bene a Lily Evans,pensò Severus, la rendeva di uno splendore mai visto, e in quel momento lui sentì di amarla di nuovo, come mai era successo prima, come se nulla fosse accaduto, perché Lily felice era –anche se solo in una foto- una Lily per la quale valeva la pena vivere.

Senza fare rumore, Severus posò tre foto insieme alle altre e si voltò, per uscire da quella baracca il prima possibile.

Erano foto che aveva portato via, senza un motivo apparente, dalla casa di Lily la notte in cui era morta ed ora erano, finalmente, utili a qualcosa.
Si ripetè che lui le aveva portate lì non per commemorare l’amore di Lily e Potter – perché, se quello non ci fosse stato, lei sarebbe stata ancora viva e felice e perché Potter no aveva meritato neanche un braccio di lei e Severus
lo sapeva- ma perché nessuno si scordasse di quanto fosse incredibile la Lily che lui stesso aveva avuto modo di conoscere.

Sospirò, stringendo tra le dita un piccolo foglio su cui campeggiava il ritratto di Lily a diciott’anni, impegnata a pensare a chissà cosa durante una lezione.
Severus non aveva foto di lei, ma questo, questo lo conservava come la migliore delle reliquie.
Strinse il foglio tra le dita, ancora una volta, e pensò che, in un modo o nell’altro, sarebbe andato avanti senza Lily, ma
con Lily.
Perché davvero non v’è nulla di più vitale di un amore immortale.

 
****
 
[...] Sembrava un bel libro rilegato in cuoio. Harry lo aprì, curioso. Era pieno di foto magiche: da ogni pagina, suo padre e sua madre gli sorridevano salutandolo con la mano.
-Ho mandato gufi e civette a tutti i vecchi compagni di scuola dei tuoi genitori, chiedendogli delle foto... Sapevo che tu non ne avevi. Ti piace?-
Harry non riusciva a parlare, ma Hagrid capì ugualmente. (1)

 
FINE

 
(1) Tratto da Harry Potter e La Pietra Filosofale, tutti i diritti riservati a JKRowling

Writ's Corner
Ed eccoci qui. L'ultimo Writ's Corner della storia. Di questa raccolta che ha trovato i suoi natali il 29/08/2011. E' passata una vita, davvero, quasi quattro anni ed io ho dei momenti in cui non mi riconosco quasi più in ciò che ho scritto all'inizio, o meglio, mi riconosco nel graduale passaggio, nell'evoluzione impercettibile ma evidente (almeno spero). Questa storia è stata la storia della mia vita, non smetterò mai di dirlo. E' stata la storia che è finita tra le più recensite, quella che ha spinto tanta gente a seguirmi, ma anche quella che mi ha costretta, dopo due anni di non pubblicazione in cui -diciamocelo- molti si erano dimenticati di lei a tornare sui miei passi e a dedicarle un degno finale, perchè è Click e io senza Click non sarei comunque mai riuscita a stare.

Non posso fare a meno di ringraziare chi è arrivato fino a qua, nonostante ritardi, sospensioni, nonostante disastri di vario genere. Non posso fare a meno di ringraziare le persone che hanno lasciato le 371 recensioni, i 147 che l'hanno preferita, i 47 che l'hanno ricordata e i 227 che l'hanno seguita (ecco, il 7 è davvero il numero della mia vita), ma anche chi l'ha solo letta in maniera silenziosa ed invisibile.

Perchè 17 capitoli? Un motivo c'è. Diciassette è il numero della sfortuna, e questa invece, è stata una fortuna immensa; perchè diciassette contiene il sette, che è davvero il mio numero preferito, perchè diciassette è il numero che aprirà un nuovo, piccolo ponte per chi mi volesse seguire.
Cosa sto dicendo?
Che non sono riuscita a staccarmi del tutto da questo mondo di personaggi meravigliosi, nè dalle mie amate raccolte, e così ne ho iniziata una nuova.
Non è un sequel di Click, ma è, in un certo senso, sullo stesso stile. C'è tanto, troppo?, amore, ci sono tantissimi Lily e James.
Se vorrete, io vi aspetto qui: L'Amore ai tempi del Primo Bacio

Sono quasi giunta alla fine, non temete. Per chi volesse contattarmi, non esitate a scrivermi qui, o su facebook  cercate Preferirei Uscire con la Piovra Gigante, Potter o, insomma, fate come volete. Io sono qui e amo davvero chi mi legge.

Ecco, sto rimandando lo strappo, ma ormai siamo giunti alla vera fine.
Grazie, grazie davvero. Ho pianto, se volete saperlo. Oggi chiudo Click, domani la mia vita da liceale. Di certo, non chiudo con la scrittura.
Grazie per avermi resa chi sono

Always Yours, 
Writ

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