Never wake up the dragon di ivi87 (/viewuser.php?uid=119692)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Decisioni difficili ***
Capitolo 2: *** Reazioni ***
Capitolo 3: *** Regola numero uno di ogni scrittore ***
Capitolo 4: *** Farsene una ragione ***
Capitolo 5: *** Andare avanti ***
Capitolo 6: *** Eqilibri ***
Capitolo 7: *** Cambiamenti ***
Capitolo 8: *** L'universo ha parlato ***
Capitolo 9: *** Sono felice, se tu sei felice ***
Capitolo 10: *** Mi fido di te ***
Capitolo 11: *** Stand by ***
Capitolo 12: *** L'amara verità ***
Capitolo 13: *** In trappola ***
Capitolo 14: *** Scacco al Re ***
Capitolo 15: *** This is for Rick...This is for my mother! ***
Capitolo 16: *** A casa. Al sicuro ***
Capitolo 17: *** Epilogo - Amare e Vivere a NY ***
Capitolo 1 *** Decisioni difficili ***
Never
wake up the dragon
# Decisioni difficili
I raggi del sole lo colpirono in
volto. Era già
mattino.
Quando aprì gli occhi
trovò il dolce visino di sua
figlia, intenta a fissarlo.
“Ehi..”
biascicò Rick ancora assonnato.
“Ti devo
parlare” sentenziò invece lei, seria.
“Buon giorno anche a
te!” le rispose. Poi vide il suo
sguardo “Cos’è successo?”
“Domani Kate torna al
distretto, vero?”
“Si, la convalescenza
è finita e i medici hanno dato
il loro benestare..” spiegò lui.
“Non andare..”
sussurrò sua figlia.
Rick restò in silenzio,
concentrato sulla ragazzina.
“Non tornare al
distretto. Per favore..” riuscì a dire
prima che gli occhi le diventassero lucidi.
“Tesoro lo so che ti sei
presa un bello spavento ma..”
“Un bello spavento?
Papà ho assistito ad una sparatoria!
Ho visto Kate sanguinante e ho visto te accanto a lei.. e se avesse
colpito te?
Se te ne fossi accorto in tempo e ti fossi gettato prima su di lei,
venendo
colpito? Lo so che l’avresti preferito, ormai ho capito, ma a
me non pensi? Se
ti succedesse qualcosa io...” disse tutto d’un
fiato Alexis cominciando a
singhiozzare.
Rick
l’abbracciò forte “Oh, tesoro, non mi
succederà
nulla, stai tranquilla” tentò di rassicurarla.
“Come posso stare
tranquilla?” sbottò di colpo,
allontanandolo “Hai già rischiato la vita
così tante volte in questi ultimi
anni e ti ho sempre lasciato fare! Ma ora che l’ho visto
accadere davanti ai
miei occhi..” lasciò che il padre le asciugasse le
lacrime e lei si calmò un
poco “non sto dicendo che non devi più vederla o
che non devi più frequentare
Ryan e Esposito. Questo non te lo chiederei mai! Voglio solo che smetti
di
giocare al poliziotto, ti prego!”
Rick la capiva e sapeva che aveva
ragione. Di spunti
per i suoi libri ne aveva a volontà ormai.
It’s
not for
books anymore
aveva detto, a sua
madre, tempo fa.
Ed era vero. Ora ci andava solo per
Kate. Per stare
accanto a lei. E perché infondo il distretto era un
po’ la sua seconda casa. Lì
dentro ci aveva trovato degli amici veri e giocare al poliziotto con
loro era
eccitante.
Ma sua figlia veniva prima di
tutto. Questo nessuno
l’avrebbe potuto cambiare.
“Va bene
tesoro” sussurrò dolcemente, coccolandola tra
le braccia.
Quando Alexis si sentì
meglio andò in camera sua a
cambiarsi mentre Rick raggiunse la cucina per fare colazione.
Martha era già sveglia e
pimpante concentrata su un
nuovo copione da studiare.
“Buon giorno
Richard!” lo salutò a gran voce.
“Giorno madre”
rispose atono.
“Tesoro,
cos’è quell’aria abbattuta?”
notò subito la
donna.
“Mi sento a terra
infatti!”
“Che è
successo figliolo?” domandò preoccupata
raggiungendolo al bancone della cucina.
“Alexis mi ha chiesto di
non andare più al
distretto..” spiegò Rick
“Oh.. finalmente
è riuscita a dirtelo..”
“Lo sapevi?”
“Sono settimane che ci
sta pensando; da quando Kate è uscita
dall’ospedale e i dottori le hanno dato due mesi di riposo
assoluto..” raccontò
la donna.
“E domani
scadono..” Rick collegò i fatti e comprese
meglio le parole della figlia.
“Già..”
In questi due mesi Alexis non era
mai riuscita a
chiederglielo ma ora il tempo stringeva e aveva raccolto il coraggio
proprio
quella mattina.
“Cosa le hai risposto?
Continuerai ad andare al
distretto?” domandò Martha.
“No..no, Alexis ha
ragione. Devo smettere di fare
l’incosciente e cominciare a fare il padre”
“Oh Richard.. so quanto
ti pesa questa decisione..”
“No mamma, davvero!
E’ per il bene di Alexis, va bene
così..” disse con più enfasi per auto
convincersi, alzandosi dallo sgabello
“Non ho fame..vado a lavarmi”.
Dopo che Alexis uscì per
andare a lezione di violino e
Martha alla scuola di recitazione, Rick si sedette stremato sul divano.
Erano
solo le otto di mattina e già si sentiva esausto.
La richiesta di Alexis
l’aveva colto completamente di
sorpresa, ma non aveva potuto tirarsi indietro davanti agli occhi in
lacrime di
sua figlia.
Reclinò completamente la
testa sullo schienale e
allungò le gambe sul tavolino di fronte.
Cosa avrebbe detto a Ryan e
Esposito? Come l’avrebbe
spiegato a Kate?
Guardò
l’orologio. Era quasi ora di andare da lei.
Ogni mattina, puntuale, alle 8:30
passava a trovarla.
A quell’ora Josh iniziava il turno in ospedale e
così non rischiavano di
incontrarsi. Ormai aveva imparato a memoria tutti i suoi orari per
potersi
occupare di Kate in tranquillità. L’occhio nero
era ormai guarito e non voleva
rischiare di guadagnarsene un altro.
Un paio di volte aveva incontrato
il padre di Kate ed
era stato felice di scambiare quattro chiacchiere con lui e di scoprire
nuove
cose sulla piccola Kathy.
Respirò profondamente
passandosi le mani sul volto.
Doveva dirglielo subito. Senza
tergiversare. Prima che
arrivasse qualcun altro a trovarla impedendogli di parlare. Ai ragazzi
magari
l’avrebbe detto quella sera stessa, davanti ad una birra
all’Old Haunt, ma con
lei non poteva solo dire Ehi, non ci
vedremo per un po’, questo giro lo offro io.
Doveva dirle la verità e
spiegarle le paure di Alexis.
Sapeva che Kate avrebbe capito e anzi, magari sarebbe anche stata
contenta di
non averlo più tra i piedi, pensò divertito.
Ma il sorriso scomparve poco dopo.
Il solo pensiero di
non vederla tutti i giorni e per tutto il giorno, gli
rivoltò lo stomaco.
Angolo
dell’autrice:
Eccomi con una nuova storia a
capitoli. Credo 6 o 7 al
massimo.
Per ora ne ho pronti 4. Vedremo
come evolve la storia.
Partiamo dagli spoiler riguardanti
Alexis e la sua
richiesta di mollare il distretto a Castle, passeremo attraverso i
sentimenti
di Rick e la voglia di andare avanti senza perdere i suoi amici e ci
sarà un
cattivo moooolto cattivo ad un certo punto.
Spero di riuscire a gestire bene il
tutto, fatemi
sapere man mano cosa ne pensate.
Un bacione a tutte e .. buona
lettura!
|
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Capitolo 2 *** Reazioni ***
#
Reazioni
Quando Kate aprì la
porta lo accolse con un caldo
sorriso.
“Ehi Castle, dieci minuti
di ritardo, cominciavo a
preoccuparmi” lo prese in giro.
In questi mesi di riposo forzato si
era abituata alle
visite dei suoi amici e alle loro premure.
Castle si presentava ogni mattina
con un mazzolino di
fiori.
Oggi margherite.
“Grazie” gli
disse lasciandolo entrare “da domani il
fioraio sarà disperato..” scherzò lei.
Domani. Eccolo lì il
tasto dolente, non si era ancora
nemmeno levato la giacca che già era saltato fuori.
Kate cercò un piccolo
vasetto e lo riempì d’acqua,
sistemando i fiori.
Di solito si accomodava sul divano,
chiedeva se c’era
qualche faccenda da sbrigare e poi cominciava con le lezioni
di cinematografia e musicologia.
In due mesi Kate era diventata una
vera esperta e al
passo con i tempi.
Castle proprio non si capacitava di
come Kate fosse
sopravvissuta tutto questo tempo senza aver mai visto i tre Mission
Impossible
o di come facesse a non sapere chi fosse Kanye West.
Così si era assunto il
delicato compito di istruire la
sua musa.
Kate.. beh all’inizio era
troppo debole per replicare, poi le lezioni
cominciarono a piacerle e vedere Castle tutto illuminato mentre mandava
al
rallenty una scena di KungFu Panda era una gioia per gli occhi. E la
faceva
stare bene. Non la trattava da invalida ma al tempo stesso non le
permetteva di
muovere un dito. Lui era l’unica visita giornaliera che
aspettava con ansia.
“Non ti siedi?”
Kate lo riscosse dai suoi pensieri,
vedendolo in piedi in mezzo al salotto.
“Ah, si...”
Castle si tolse la giacca e l’appoggiò al
bracciolo del divano.
Kate si sistemò al suo
fianco.
“Allora come va
oggi?” tentò di iniziare un discorso
Rick.
“Benissimo, non vedo
l’ora di tornare al distretto!”
ripose eccitata con un meraviglioso sorriso in volto.
Era inutile cambiare discorso. Le
si leggeva in faccia
che l’argomento del giorno sarebbe stato il distretto.
“Già, sei
radiosa, non stai più nella pelle” le
rispose tentando un sorriso forzato.
“E tu? Non dirmi che non
sei ansioso di tornare al 12°
perché non ci credo!”
Ecco, ci siamo.
“Kate, io...”
ma la donna non lo lasciò proseguire.
“Castle, a proposito, ho
sentito dai ragazzi che il
nuovo capitano è una tipa tosta, quindi, per favore cerca di
essere il meno te
stesso possibile!” gli disse seria ma con un leggero sorriso
in volto.
“Kate..” le
prese le mani per bloccare l’ondata di
entusiasmo che la stava possedendo “io non verrò
al distretto domani..”
Kate restò sorpresa per
qualche secondo
“Ok...dopodomani allora..” aggiunse.
Castle scosse la testa
“No, io...non ti seguirò più
nei casi...” legando i loro sguardi affinchè lei
capisse bene il senso di
quelle parole.
Kate istintivamente
ritirò le mani, ferita. Castle
notò subito la reazione di dolore nei suoi occhi e non le
permise di sciogliere
le loro mani. Strinse di più la presa.
“Aspetta, lasciami
spiegare..”
“Ti sei stancato? Vuoi
andartene?” Kate non stava
urlando, ma nemmeno era un tono di voce normale il suo. Le parole
uscirono
strozzate dalla sua gola.
Always.
Stay
with me.
Parole al vento, pensò Kate.
Non significano nulla per lui.
“No, non è
così, e lo sai!” disse risoluto senza mai
smettere di guardarla.
Kate invece abbassò lo
sguardo, offesa da quel
continuo negare. Ma lo rialzò e lo puntò dritto
nei suoi occhi appena lui parlò
nuovamente “Me l’ha chiesto Alexis..”
Ora cominciava a capire. Le era
praticamente morta
davanti. Doveva essere parecchio scossa.
“E’
terrorizzata all’idea che mi succeda qualcosa. Non
sono riuscita a calmarla...io.. non vorrei ma.. devo pensare a mia
figlia, lei
viene prima di qualunque altra cosa per me..”
Kate annuì debolmente.
Capiva. Capiva perfettamente.
Ma faceva dannatamente male lo stesso.
“E’ giusto...ha
ragione lei, non dovresti più venire”
riuscì a dire flebilmente, poco dopo.
Castle vide lo sguardo triste di
Kate e anche se
probabilmente non lo avrebbe mai ammesso, anche lei era molto
dispiaciuta per
quella separazione.
“Ehi, guarda che non ti
liberi di me. L’Old Haunt è
sempre aperto e il mio tavolo da poker non vede l’ora di
soffiarti lo
stipendio” disse per sdrammatizzare.
Un piccolo sorriso fece capolino
sul volto di
entrambi.
“Ci servirà un
po’ di tempo.. per metabolizzare il
cambiamento, ma vedrai che andrà bene..” le disse
sinceramente “anzi, tu
tornerai alla normalità e finalmente riavrai la tua
scrivania, tutta quanta!”
aggiunse scherzando.
Kate si unì alla risata
ma in realtà Castle si
sbagliava di grosso. Kate non sarebbe tornata alla
normalità, perché ormai la
normalità era lui.
Si rabbuiò al solo
pensiero e Rick prontamente
l’abbracciò.
Non c’era nulla di
romantico o sensuale in
quell’abbraccio. Più che altro sembrava disperato.
Un silenzioso e disperato saluto di
due persone che
non avrebbero mai voluto separarsi.
Guardarono l’ennesimo
film insieme ma senza entusiasmo
questa volta, solo per far passare il tempo, e quando all’ora
di pranzo arrivò
Lanie, le lasciò sole.
Quella domenica il tempo era mite e
caldo, e anche se
l’autunno era ormai alle porte si stava ancora bene in mezze
maniche.
Richard si concesse una lunga
passeggiata riflessiva a
Central Park.
Molte cose sarebbero cambiate e
come aveva detto a
Kate, ci sarebbe voluto del tempo per abituarsi al cambiamento.
Si sdraiò sul prato e
chiuse gli occhi.
L’immagine di Kate a
terra, ferita e sanguinante lo
colpì prepotentemente.
Riaprì gli occhi
esausto, stringendo forte l’erba fra
le mani.
Non c’era notte che non
rivedesse quella scena. Gli
occhi di Kate spegnersi.
Alexis non era l’unica
rimasta sconvolta da quel
giorno infernale.
Forse il non vederla di continuo
avrebbe placato i
suoi incubi.
A cena l’atmosfera era
ancora tesa.
Alexis non parlava molto e lanciava
occhiate furtive
al padre.
“Gliel’hai
detto?” domandò cauta.
“Si,
stamattina..”
La ragazzina annuì
debolmente ma preferì non chiedere
come fosse andata.
Si sentiva in torto per averlo
costretto a scegliere,
ma la paura di restare orfana di padre batteva nettamente il senso di
colpa.
“Ho mandato un messaggio
ai ragazzi, li vedo stasera
all’Old Haunt per dirlo anche a loro”
spiegò.
Alexis abbassò lo
sguardo sul suo piatto.
“Tesoro..va tutto bene,
ormai ho deciso e non torno
indietro” tentò di rassicurarla posandole una mano
sulla spalla.
“Su, su, basta con questi
musi lunghi!” sentenziò
Martha porgendo loro 2 copioni “aiutatemi ad imparare la
parte piuttosto!
Figliolo tu leggi le battute dello scienziato pazzo, Alexis tu quelle
della
ragazza impaurita legata all’albero..”
“Ma che razza di copione
è...” commentò Rick
sfogliandone velocemente le pagine.
“E’ di un
giovane artista emergente, estremamente
affascinante!!”
“Ah ecco, ora
è chiaro..” Rick pensò subito che il
bello di quel copione stava nell’autore e non nella storia in
sé. Fece
l’occhiolino alla figlia che rise e cominciò a
recitare le sue battute.
Salutò Tony, il barista,
e si diresse nel suo ufficio.
L’Old Haunt era chiuso ancora per una mezz’ora
circa perciò potè aprire
tranquillamente il passaggio segreto per scendere nel seminterrato.
Adorava stare là sotto.
Si respirava ancora l’odore
del proibizionismo.
Si sedette alla scrivania e
spostò il libro contabile
del bar.
Non era in vena di conti.
Guardò le foto che
troneggiavano accanto al pc e prese
in mano una cornice.
Alexis avrà avuto
all’incirca tre anni, vestita da
carota per Halloween e non potè non pensare alla giovane
donna che invece aveva
ora in casa.
La sua carotina
era ormai cresciuta!
La rimise al suo posto e
osservò la foto accanto.
Era stata scattata al distretto, il
giorno del
compleanno di Esposito.
Rick era tra Ryan e il festeggiato.
Accanto a lui Kate
e il capitano Montgomery.
Tutti e cinque sorridenti e con una
birra ghiacciata
in mano.
Non resistette a lungo senza
perdersi nel sorriso di
Kate. Chissà se sarebbe riuscito a sopportarne la mancanza.
Quando Ryan ed Esposito entrarono
nel bar, lo
trovarono dietro al bancone insieme a Tony. Risciacquava dei bicchieri
canticchiando.
A Castle piaceva far parte
dell’Old Haunt e non solo
possederlo, perciò quando poteva si improvvisava barista.
“Due birre chiare sul
conto del proprietario!” esclamò
Ryan salutandolo.
“Yo bro, fa sempre uno
strano effetto vederti
lavorare, Castle!” aggiunse Esposito.
“Buona sera signori,
scegliete pure un tavolo, vi
porto subito da bere” rispose stando al gioco.
Ed infatti qualche minuto dopo li
raggiunse con un
vassoio e tre boccali di birra “per servirvi” disse
sedendosi.
Brindarono e ne bevvero un sorso.
“Ragazzi, tenetevi liberi
il prossimo Gennaio perché
avrò bisogno dei miei due testimoni in piena
forma!” esordì Ryan, una volta
posato il boccale.
“Finalmente avete fissato
la data?” chiese Esposito.
“Stiamo cercando un
giorno in cui la chiesa sia libera
e che vada bene anche al ristorante. Ci sono un paio di date che
potrebbero
andare, dobbiamo solo riuscire ad incastrare alcuni
impegni..” spiegò il futuro
sposo.
Castle levò nuovamente
il boccale al centro del tavolo
“Gennaio 2012” disse, un secondo prima di essere
imitato dai due amici.
Bevvero e riabbassarono la birra.
“E due! Ci serve un terzo
brindisi! Altre belle
notizie?” domandò Javier battendo una mano sul
tavolo.
“Lascio il
distretto” buttò li Castle, non trovando
momento migliore.
“Cosa?”
esclamò Ryan sbattendo il boccale sul tavolo
invece che posarlo normalmente.
“Yo, ho detto
‘bella notizia’! Che storia è
questa?”
disse quasi contemporaneamente Esposito.
Guardò i suoi amici
esterrefatti e ne fu intenerito.
Ci tenevano a lui lo poteva vedere dai loro occhi spalancati.
Doveva dare loro una spiegazione,
certo. Ma decise che
non avrebbe tirato troppo in ballo Alexis dandole la colpa.
Perché sarebbe stato ingiusto. E falso. Non era solo per la
richiesta di sua figlia che aveva accettato così velocemente
di smettere di
fare ricerche sul campo.
“Io..ho fatto tutte le
ricerche che mi servivano e ora
posso scrivere decine di libri..”
Esposito non se la bevve
“Questa non è una novità,
avresti potuto mollare da tanto. Perché proprio
adesso?” Castle non rispose ma
vide i due poliziotti scambiarsi un’occhiata
d’intesa
“Hai litigato con
Beckett? Te l’ha chiesto lei?” fu
Ryan a parlare questa volta.
Castle sospirò, messo
alle strette “Me l’ha chiesto
Alexis..” disse solamente.
I due si rilassarono, ora
più comprensivi.
Si erano aspettati di vederla
spesso da Kate in questi
due mesi di convalescenza e invece non l’avevano quasi
più rivista. Giusto un
paio di volte all’Old Haunt, ma sempre di fretta.
Avevano capito che la piccola
Castle cercava di
evitarli e sapevano anche il perché.
“Si è presa un
bello spavento vero?” domandò Ryan
Castle annuì
“...credo sia meglio così, mi serve una
pausa..” aggiunse poi, lasciando in sospeso la frase. Non
c’era bisogno di dire
altro ai due detective. Loro sapevano bene che c’era anche un
altro motivo.
Bevvero l’ultimo sorso di
birra in silenzio prima
darsi, già da subito, appuntamento per il poker.
Lo scrittore prese i boccali vuoti
e li riportò al
bancone del bar.
Mentre aspettava che Tony li
riempisse nuovamente
Lanie entrò nel locale e si avvicinò a Rick.
“Ehy scrittore, davvero
te ne vai?” domandò triste.
Rick immaginò che gliene
avesse parlato Kate dopo che
le aveva lasciate sole.
“Non vado in guerra, non
siate tutti così tristi, ci
vedremo comunque..” disse sdrammatizzando.
“Ti conviene Castle, si
fa presto a perdersi di vista
anche tra persone che abitano nello stesso palazzo, sai?!”
commentò lei
abbracciandolo.
“Non
succederà..” le rispose una volta sciolto
l’abbraccio “..lei come sta?” chiese
titubante.
Lanie sbuffò
“La conosci, fa la dura..ma posso
affermare con sicurezza che non l’ha presa bene,
Castle..”
Cercò di stamparsi in
faccia un sorriso, anche se un
po’ tirato “Vedrai che ora che riprende a lavorare
starà meglio..” vide il
volto scettico di Lanie e proseguì “..e poi Josh
si prenderà cura di lei..”
l’espressione di Lanie divenne, se possibile, ancora
più scettica.
Che diamine, non erano problemi
suoi. Se l’era scelto
Kate il fidanzato, no?
Represse immediatamente quel moto
di rabbia, prese le
birre e condusse Lanie al loro tavolo.
Angolo
dell’autrice:
eccoci con il secondo capitolo!
Che ve ne pare per ora? Kate ha
reagito in un modo,
Ryan e Esposito in un altro.
Riusciranno a restare uniti?
Alla prossima!
(come sempre grazie alla mia
adorata beta e alla consulenza
di pilgrim81 per le scene Alexis/Castle ;D)
Ivi87
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Capitolo 3 *** Regola numero uno di ogni scrittore ***
#
Regola
numero uno di ogni scrittore
La mattina seguente Richard stette
per un po’ fermo e
immobile a letto, fissando il soffitto.
Ma com’era potuto
succedere?
Come si era potuto innamorare in
quel modo di lei?
Quando era successo?
I suoi amici scrittori
l’avevano avvisato “Regola
numero uno di ogni scrittore: mai
innamorarsi della propria musa!”. Questo gli
avevano detto quando intuirono
che per Castle non era più solo questione di ricerche e
approfondimenti.
Ma Castle non dava mai retta a
nessuno.
Scosse la testa al ricordo e si
alzò per fare
colazione.
Quando Alexis lo vide
così mattiniero si allarmò “Come
mai sei già sveglio? Devi andare da qualche
parte?” chiese tutto d’un fiato.
Rick le regalò un
sorriso benevolo “Tranquilla
carotina...” Alexis spalancò gli occhi
interrompendolo “Papà!! Non ho più due
anni!!”
Rick rise e proseguì
“...non vado da nessuna parte ma
non avevo più sonno..”
Non aveva intenzione di
sgattaiolare al distretto di
nascosto. Aveva dato a sua figlia la sua parola e l’avrebbe
mantenuta. Ma
capiva i dubbi di Alexis ed era sicuro che per i primi tempi lei
l’avrebbe
tenuto d’occhio. In fondo quella retta e ligia al dovere era
lei, non certo suo
padre.
Lui era quello che al ‘resta in macchina’ di Beckett
rispondeva annuendo positivamente,
per poi sgattaiolare fuori dall’auto per seguirla
nell’azione.
La verità è
che lui era inaffidabile, ecco perché sua
figlia doveva controllarlo. E perché Kate non aveva scelto
lui, ma Josh. L’affidabile
motorcycle boy, pensò con
sdegno.
Ne era certo! Josh era uno di
quelli che se ne stava
buono e ubbidiente seduto in auto!
Noioso...
“Allora che si fa
oggi?” Alexis lo riscosse da quel
vortice di pensieri, si guardò attorno pensieroso cercando
di farsi venire
un’idea per iniziare bene la giornata.
“mmm...laser
tag?” propose tutto sorridente.
Dopo aver salvato il pianeta da una
nuova razza aliena
e aver cucinato improponibili frittelle per pranzo padre e figlia si
gettarono
sul divano esausti.
Alexis lo abbracciò
“Mi mancava tutto questo” confessò
la ragazzina.
“Anche a me piccola,
anche se oramai sei grande”
scherzò Castle stringendola a sé.
“Sarò sempre
la tua bambina e tu sarai sempre il
miglior padre del mondo”
“Lo so, ho una tazza che
lo dimostra!”
I due risero, poi Alexis si fece
più seria “Ho deciso
di non partire per il college, non subito almeno..”
“Cosa? Tesoro
perché?” domandò dispiaciuto. Non
voleva
che rinunciasse al college per lui.
“Rimando solo di qualche
mese…parto a gennaio…”
“E come farai a
rimetterti in pari?” domandò
preoccupato.
“Mi sono informata, posso
seguire dei corsi online, i
test e le tesine posso inviarli ai professori via e-mail e con i miei
voti e il
mio curriculum accademico il rettore ha detto che non ci sarebbero
problemi…”
“Non devi farlo per me,
lo sai vero?”
“Lo faccio anche per me,
mi sono spaventata, è vero, e
questa è la nostra ultima occasione per passare del tempo
insieme. Una volta in
California saremo lontani, sarò impegnata, poi
verrà il mondo del lavoro..”
Alexis gli sorrise dolcemente
“Ne sei proprio
convinta?” volle essere sicuro Castle
“Assolutamente
si”
“E allora va
bene” acconsentì rilassando i lineamenti
del volto.
Passarono il pomeriggio al telefono
con il rettore di
Standford gettando le basi per il piano di studi di Alexis,
controllando la
lista dei libri e il numero degli esami da sostenere per essere poi in
pari a
Gennaio, quando si sarebbe trasferita al campus.
Era un bell’impegno
quello che si stava assumendo sua
figlia, ma non poteva non esserne orgoglioso.
La sua bambina voleva passare
più tempo con lui prima
di diventare adulta a tutti gli effetti e farsi una vita propria.
Nei due giorni successivi si
parlò solo di Standford e
Alexis fece il giro delle librerie di New York per cercare tutti i
testi
scolastici necessari.
Rientrando a casa con le buste
della spesa capì però
che l’atmosfera era cambiata.
Raggomitolata sul divano sua figlia
fissava sconsolata
il tavolino da caffè.
Rick posò la spesa e le
si sedette accanto.
Nella foga di proteggere
suo padre da sé stesso e lo shopping scolastico sfrenato non
aveva tenuto conto
del suo ragazzo.
Credeva che Ashley
l’avrebbe capita e appoggiata;
invece se l’era presa.
“Tesoro.. credevo ne
aveste parlato.. pensavo che
avessi deciso con lui..” disse Rick dopo averla ascoltata.
“Non pensavo se la
prendesse così!” si giustificò lei.
“Avreste dovuto partire
insieme la settimana prossima
e invece ora scopre che vi rivedrete solo fra quattro
mesi..è normale che sia
arrabbiato..” le disse facendole capire che aveva
completamente tagliato fuori
Ashley dalla sua decisione.
“Mi dispiace ho
sbagliato, immagino di essere stata
così presa dal panico che ti potesse succedere qualcosa che
non ho pensato che
la mia scelta potesse ferirlo..” ammise lei.
“Chiaritevi in fretta,
prima della sua partenza, o
questi quattro mesi di separazione non faranno altro che peggiorare il
vostro
rapporto” le consigliò saggiamente Rick.
Quella sera e il giorno seguente
Ashley non rispose
alle sue telefonate.
Il venerdì mattina
Castle si prese del tempo e si
lasciò coccolare un po’ più del solito
dal getto della doccia.
La prima settimana senza andare al
distretto era
passata più o meno tranquillamente.
Alexis e il college lo avevano
tenuto impegnato perciò
non aveva avuto modo di pensare agli omicidi, al distretto o a Kate.
No non era vero. Uscendo dalla
doccia si diede del
bugiardo.
Mentire a se stesso non gli sarebbe
servito a niente.
Pensava a lei in continuazione e gli mancava non poterle parlare e
portare il caffè
ogni mattina.
Sentì delle urla al
piano di sotto, si vestì e scese
le scale.
Vide Alexis saltellare come un
grillo attorno a
Martha.
“Ehi, qualcuna ha fatto
pace con il suo ragazzo?”
domandò raggiungendola.
Alexis cambiò
traiettoria e diresse i suoi saltelli
verso il padre “Non ancora, ma ha accettato di vedermi
più tardi!!!”
“Questa è
decisamente una buona cosa” le disse
abbracciandola.
“Ceneremo, mi
scuserò e gli spiegherò le mie ragioni”
spiegò carica come una duracel “e dopo cena
passeremo la serata qui, se ce lo
permetti”
“Oh..ho invitato i
ragazzi a giocare a poker..ma se vi
va potete stare qui anche voi..” propose Rick.
“Ehm..non credo sia il
caso..” ammise titubante la
ragazzina.
“Mi chiedono sempre di te
sai? Su, su, non puoi
evitarli in eterno!” disse appoggiandole una mano sulla
spalla.
Beccata! Pensò Alexis
“E va bene, papà, a voi il poker e a noi
un bel film”
I due si strinsero la mano
suggellando il patto.
Con un cenno Martha
attirò l’attenzione del figlio e,
una volta che lui le fu vicino, domandò sottovoce:
“Ci sarà anche Kate
stasera?”
Rick si intristì
“Non lo so mamma. Ryan e Esposito
hanno risposto al mio messaggio, ma lei no..” abbassando lo
sguardo.
Martha poggiò la mano
sul braccio del figlio. La straziava
vederlo soffrire così per amore.
Alle nove precise Ryan e Jenny
suonarono il campanello
di casa Castle.
Erano i primi e Martha
offrì loro da bere in cucina mentre
Richard preparava le fiches e le carte sul tappeto verde.
La gran
diva
sorseggiò il suo martini con classe ed eleganza prendendo
Jenny sottobraccio e
portandola in salotto per sapere tutto sui preparativi del matrimonio.
Rick ne approfittò per
affiancarsi a Ryan “Come..come
è andata la settimana?” domandò un
po’ esitante. Non era sicuro di volere
sapere la risposta.
Ryan accennò un debole
sorriso, sapeva che non era
esattamente quella la domanda che l’amico voleva porgli
“Non sta bene, Castle.
Affatto” disse serio.
Tanto serio che a Rick
sembrò di aver preso un colpo
in pieno stomaco.
“Non so bene cosa le
prenda ma..” il campanello suonò
nuovamente interrompendo Ryan “...beh lo vedrai da
solo..” indicando a Rick la
porta.
Lo scrittore si affrettò
all’ingresso. Erano Esposito
e Lanie che lo salutarono e abbracciarono.
Castle si spostò di
lato, lasciandoli passare. Stava
per richiudere la porta quando si accorse che sul pianerottolo, in
disparte,
c’era qualcun altro.
Kate lo salutò
timidamente, con le mani infilate nelle
tasche e lo sguardo basso.
Quando la guardò in
volto, rimase di sasso.
I suoi occhi erano un po’
arrossati e aveva delle
profonde occhiaie. Sembrava così fragile in quel momento
tanto che dovette
sforzarsi per reprimere la voglia di abbracciarla e coccolarla. Niente
a che
vedere con la tosta detective Beckett.
Ryan aveva ragione. Kate non stava
affatto bene.
Castle sorrise comprensivo. Nemmeno
lui stava bene.
“Scusa se non ti ho
risposto al messaggio…” disse
imbarazzata “..fino all’ultimo non sapevo
se…” deglutì forzatamente
“..se mi
sarei riuscita a liberare..”
Era una bugia. Chiunque
l’avrebbe capito.
Ma a Castle non interessava
“L’importante è che sei
qui” le disse dolcemente porgendole la mano e conducendola in
casa.
La voce dei suoi amici scrittori
gli risuonò in testa
come un campanello d’allarme.
Regola
numero
uno, Castle!
Ignorò quelle voci e
chiuse la porta dietro di se.
Verso metà serata Kate
sembrò finalmente rilassarsi.
Lei, Rick, Esposito e Ryan
giocavano a poker mentre
Lanie, Jenny, Martha, Ashley e Alexis, che avevano superato la lite,
guardavano
un film in salotto chiacchierando e mangiando pop corn.
I detective raccontarono a Castle
di qualche caso
strano o testimone buffo della settimana e lui raccontò loro
della decisione di
Alexis riguardo il college.
Dopo che Castle vinse due volte e
Beckett una,
raggiunsero gli altri in salotto.
Ryan e Esposito, delusi dalle
molteplici sconfitte al
tavolo verde, pretesero di scegliere un altro dvd da guardare.
Le loro faccette imbronciate fecero
ridere tutti.
Castle guardò Beckett.
Sembrava a suo agio e si stava
divertendo.
Forse ce la potevano fare. Potevano
riuscire a portare
avanti la loro amicizia, o qualunque cosa fosse, anche fuori dal
distretto.
Il cellulare di Kate
suonò nel bel mezzo di quei
pensieri. Era un messaggino.
Castle osservò la scena
attentamente.
Lo sguardo di lei era dapprima
curioso. Poi realizzato
il mittente i suoi occhi si fecero seri, ed infine divennero tristi una
volta
conclusa la lettura e rimesso in tasca il telefono.
Chiuse le palpebre e
respirò profondamente. Castle la
vide stringere il pugno, appoggiato al bracciolo del divano.
Si alzò lentamente,
sconsolata “Scusate, devo
andare..” disse flebilmente
Ryan ed Esposito si voltarono verso
di lei “C’è stato
un omicidio? Veniamo con te?” domandarono entrambi.
“No, no.. nessun
cadavere.. è solo che.. è tardi, devo
proprio andare”
Castle non fece in tempo nemmeno ad
accompagnarla alla
porta che già si era volatilizzata, lasciando tutti a bocca
aperta.
Martha ruppe il silenzio
“Credo di non aver compreso
bene cos’è successo”
Alexis annuì triste,
chiedendosi se in qualche modo la
sua richiesta centrasse con il comportamento di Kate.
“Nemmeno io”
confermò Jenny
“Nemmeno noi!”
aggiunsero i due detective all’unisono.
Castle era più che mai
certo che fosse di Josh il
messaggino.
Puntò gli occhi in
quelli di Lanie, che lo stava
fissando a sua volta, e ne ebbe conferma.
Distolse lo sguardo e si
preparò un bicchiere di
scotch.
Lo trangugiò tutto
d’un sorso, davanti a tutti. Non
gli importava granchè che lo vedessero in quello stato.
Prontamente Alexis capì
che la serata era finita.
Riaccese le luci e accompagnò il suo ragazzo alla porta. Poi
salutò tutti e si
precipitò in camera, lasciando gli adulti da soli.
Martha spense la televisione, tanto
il film era ormai
passato in secondo piano.
Si alzarono tutti “Forse
è meglio se andiamo anche
noi” disse Ryan recuperando le chiavi della macchina.
“Si, amico, sono stanco e
con il portafoglio
alleggerito!” aggiunse Esposito cercando di smorzare la
tensione.
Castle abbozzò un
sorriso tirato.
Martha accompagnò i
quattro alla porta; prima di
lasciarli andare Castle sopraggiunse alle loro spalle.
“Lanie..” ma
quando la donna si voltò non riuscì a
dire altro.
Lei lo rassicurò con un
sorriso e gli posò una mano
sulla spalla “Proverò a parlarle, ma lo sai
com’è fatta..”
Castle annuì e li
lasciò uscire.
Quando Martha chiuse la porta si
prese qualche minuto
per osservare il figlio.
L’aveva visto
così provato solo in ospedale, il giorno
della sparatoria.
Gli diede un bacio sulla guancia e
gli augurò una
buona notte.
Castle restò
lì in piedi impalato a fissare il nulla
finchè non si costrinse ad andare a letto.
Angolo
dell’autrice:
Capitolo un po’
tristolotto?... in questa fase della
storia sì.
Bisogna cadere per potersi
rialzare.
Ce ne saranno altri
così, ma anche altri più
divertenti.
Le emozioni sono tante, dobbiamo
passare un po’ attraverso
a tutte! :D
Spero restiate a godervi il viaggio
insieme a me!
Un ringraziamento come sempre a
Mari_Rina24 che ormai
mi sopporta.
Io le chiedo delle cose assurde e
impossibili (tipo l’sms
di oggi XD) e lei chiede le risposte ai suoi genitori! U_U dove la
trovo un’altra
così??? ;D lovviu!!!
Un bacione al Castle Made of EFP di
Facebook!!! Unitevi
a noi!!!! ;D
Buona lettura,
Ivi87
|
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Capitolo 4 *** Farsene una ragione ***
#
Farsene
una ragione
Quel maledetto dottore rovinava
sempre tutto.
Castle non riusciva a smettere di
pensare a Josh. A
Josh e Kate insieme che cenavano e guardavano un film.
E sì, anche a Josh e
Kate che facevano l’amore.
Riusciva ad immaginarseli
benissimo, purtroppo.
Nei giorni successivi nemmeno
Alexis e i suoi
programmi per il college riuscirono a distrarlo del tutto.
A metà settimana si
accordò con i ragazzi per passare
il venerdì sera all’Old Haunt.
Li avrebbe voluti vedere
più spesso, in fondo lui
passava al suo bar ogni sera, ma sapeva bene quanto fosse stancante e
stressante
il loro lavoro e il weekend era giustamente dedicato alle loro
compagne.
Perciò il
venerdì sera era solo per loro, da passare
tra amici che si divertono.
L’invito era esteso a
tutti. Kate compresa, anche se
ormai nutriva ben poche speranze.
Sperava che potessero vedersi
normalmente anche fuori
dal distretto, ma tagliato quel ponte sembrava impossibile passare del
tempo
con lei.
E quando ci riusciva, ci pensava
Josh a portarsela
via.
Il nervoso prese il sopravvento e
chiuse di scatto il
pc.
Si preparò velocemente e
si avviò al bar.
Nei due venerdì
precedenti Kate o era restata poco o
si era presentata col dottore.
Inaudito, nemmeno apriva bocca, ma
la sua presenza era
pesante come un macigno.
Nessuno di loro riusciva a ridere o
scherzare
liberamente in sua presenza e Castle si sentiva sempre osservato al
microscopio
da Josh.
Arrivato all’Old Haunt,
Tony aveva già aperto il
locale e stava predisponendo i tavoli e le sedie.
Castle, senza dire nulla,
afferrò una spugna e
cominciò a dare una pulita ai tavoli già pronti.
Il barista capì che non
era del solito umore,
simpatico e burlone, perciò decise di lasciarlo in pace e
non chiedere nulla.
Accese la radio a volume basso e
proseguì nella sistemazione del posto, prima
dell’apertura.
Poche ore dopo la gente affollava
il locale. Le cameriere
faticavano a muoversi tante erano le persone e Castle stava aiutando
Tony
dietro al bancone.
Buttò l’occhio
alla porta e vide Ryan e Esposito
entrare.
Non era proprio un bel momento per
abbandonare il suo
barista ma ciò significava solo che l’Old Haunt
stava andando alla grande.
Tony vide i due detective e
capì che si sarebbe dovuto
rimboccare le maniche ora, cosa che fece, istintivamente.
Castle rise “Da domani ti
cerco un aiuto, promesso”
gli disse prima di lasciarlo alla marea di ordinazioni che
c’erano.
Si avvicinò ai due amici
e aspettarono al bancone che
si liberasse un tavolo.
“Sei il proprietario
Castle, dovresti tenerti un
tavolo riservato” commentò Ryan, scherzando.
Esposito rise, ma Castle
convenì che non era una così
brutta idea.
Quando finalmente riuscirono a
sedersi arrivarono
anche Jenny e Lanie.
“Tempismo perfetto
ragazze” disse Ryan alzandosi e
abbracciando Jenny.
Esposito fece lo stesso, scostando
la sedia per far
accomodare Lanie.
Lo stomaco di Castle si
attorcigliò per un momento.
Avrebbe voluto qualcosa di simile
anche per lui.
Era affascinante. Era famoso.
Sarebbe stato facile.
Ma non era una donna qualunque
quella a cui voleva
scostare la sedia il venerdì sera, o abbracciare dopo una
giornata di lavoro.
Quasi come a leggere quei pensieri
Lanie gli sorrise
“Tutto bene?” chiese.
Annui, mentendo.
Cominciarono a chiacchierare e a
raccontarsi le
vicende della settimana.
Esposito si esibì in
un’imitazione del loro nuovo capitano,
Victoria Gates, facendo ridere tutti.
“E’
così terribile?” domandò Rick, non
avendola mai
conosciuta.
I due uomini annuirono vistosamente.
Lanie li ammonì
“Sono sicura che non è poi così
male”
cercò di mediare
“Piccola, siamo la
migliore squadra omicidi di New
York e a quella invece non va mai bene niente! I rapporti sono redatti
male,
l’interrogatorio era moscio, il mandato è in
ritardo e poi..” Esposito esitò..
guardò Ryan che proseguì a sua volta
“..ha chiaramente detto che non vuole
relazioni all’interno del distretto..”
finì fissando Esposito e Lanie.
“Esatto!”
confermò l’ispanico.
Lanie restò perplessa,
vedendo i loro sguardi puntati
su di lei “Si ma.. noi non lavoriamo insieme..
cioè si, ma non insieme
insieme...”
“Baby, non lo so che cosa
ha in mente quella, so solo
che mi ha fatto gelare il sangue il modo in cui l’ha
detto!” le rispose
preoccupato.
“Caspita..”
Castle ruppe il silenzio che si era creato
“..questo è il primo punto a favore che per ora ho
trovato nell’aver lasciato
il distretto...” disse sgranando gli occhi.
Proprio non riesce ad immaginarsela
una donna del
genere.
“Oh, si! Anche
perché cinque minuti con Beckett e
l’avrebbe capito subito che voi...” e poi Ryan si
sentì un completo idiota e
deviò la frase “...amore vuoi da bere? Si? Bene,
torno subito..” in due secondi
era già al bancone da Tony.
Esposito scosse la testa incredulo.
Dopo poco ritornò a
sedere con una birra anche per
Jenny, imbarazzatissimo “Ehy Castle..
c’è Tony che ti vuole” riferì
indicando
il barista “e scusa..per prima..” aggiunse.
Castle si alzò
“Non fa niente Kevin” disse
allontanandosi.
Quando arrivò al bancone
non ebbe nemmeno il tempo di
chiedere a Tony quale fosse il problema, lui semplicemente gli
indicò di
guardare fuori.
Castle schivò un paio di
persone e si diresse
all’entrata. Pensò a un qualche piantagrane
ubriacone ma si bloccò ancor prima
di arrivare alla porta.
Dai vetri infatti si vedevano
chiaramente Kate e Josh
che stavano litigando.
Ovviamente non riusciva a sentire
nulla. Ma si capiva
chiaramente quello che stava succedendo.
Josh sembrava parecchio arrabbiato,
camminava avanti e indietro dimenandosi.
Mentre Kate, visibilmente
imbarazzata a litigare in
pubblico, sembrava cercare di fermarlo.
La gente passava loro accanto
girandosi a guardarli.
Poi li vide urlarsi in faccia
qualcosa e incamminarsi
a passo spedito ognuno in due direzioni differenti.
Castle rimase imbambolato davanti
alla porta del suo
bar per qualche secondo, prima di realizzare che quella sembrava
proprio una
rottura.
E se anche non lo fosse stata, era
comunque una lite bella tosta e non
voleva che Kate restasse sola in quelle condizioni.
Corse fuori e svoltò a
sinistra, la direzione presa da
Kate. Il venticello tiepido di settembre lo avvolse in un abbraccio.
La scorse in lontananza. La
chiamò varie volte ma lei
non si voltò.
Le corse dietro per un tratto di
strada, ma come lei
vide un taxi, alzò un braccio e quello si fermò
prontamente.
Aprì lo sportello e
salendo si girò in direzione
dell’Old Haunt.
Lo fissò per qualche
minuto in mezzo al marciapiede
lanciandogli un sorriso amaro e poi salì sbattendo al
portiera.
Il taxi passò proprio
davanti a lui e non potè fare
nulla per fermarlo.
Si passò violentemente
le mani in faccia e a testa
bassa tornò verso il locale.
Appena rientrato Tony, lo raggiunse
alla porta e
afferrò un indumento dall’attaccapanni li vicino
“Ha fatto giusto in tempo ad
entrare e appendere il golf prima che arrivasse il dottore
e...” lasciò cadere
la frase, il resto lo aveva visto benissimo da solo.
Rick prese il golf dalle sue mani e
lo strinse
sconsolato. Lo guardò bene, lo conosceva,
gliel’aveva visto indosso altre
volte.
Raggiunse gli amici al tavolo e
spiegò a grandi linee
l’accaduto.
“Ho dovuto insistere
parecchio, Castle, e la sola cosa
che mi ha detto è che l’unico che gioisce della
tua assenza al distretto è
Josh. E io credo che lui tenti di rendere questo allontanamento...
permanente,
ecco... ovviamente lei non ha confermato nulla, ma io la vedo
così!” spiegò
Lanie.
“In poche parole
è colpa mia se litigano..” disse
amareggiato.
Aveva sempre pensato che essere
motivo di discussione
tra i due gli avrebbe potuto fare solo che piacere. Qualche volta si
era
egoisticamente immaginato che Kate prendesse le sue difese invece che
quelle
del fidanzato.
Ma ora, vederlo succedere davanti
agli occhi, vederla
triste e ferita..
No, non gli piaceva affatto sapere
di essere lui la
causa di tutto quel dolore.
“Starà bene,
le persone litigano sempre” disse Lanie
“vedrai, il prossimo venerdì andrà
meglio..”
Tutti gli altri annuirono a quelle
parole.
Castle alzò lo sguardo
verso di loro senza aprire
bocca. Strinse più forte il golf fra le mani.
Era più che sicuro che
non l’avrebbe più rivista.
Nei giorni a seguire Castle
riuscì solo a sapere da
Esposito che Kate stava bene ma che non era la stessa di prima. Era
tornata
seria e poco incline alle risate.
Mentre di Josh non si sapeva nulla,
nemmeno Lanie era
riuscita a farla parlare.
Provò a chiamarla ma lei
faceva sempre scattare la
segreteria telefonica.
Una sera, uscito dalla doccia vide
il telefono
lampeggiare. Segnalava un messaggio vocale nella sua casella.
“Ehi,
Castle,
sono io...Senti, scusa per l’altra sera ma non me la sentivo
proprio di
restare. Credo...credo sia meglio così in fondo...ognuno per
la sua strada...” la sentì sospirare
“I-Io...buona fortuna
per tutto, Castle” e riagganciò.
Incredulo fissò il
telefono come se fosse stato
direttamente lui a parlare.
La sensazione avuta quella sera,
mentre stringeva il
suo golfino, allora era esatta.
La voce di Kate era rotta e
spezzata ma in quel
momento l’unica cosa di rotto e spezzato che riusciva a
sentire era il suo
cuore.
Che cosa significava veramente? Che
non voleva più
vederlo? Mai più, in nessuna occasione?
Allora non aveva lasciato Josh,
aveva semplicemente
scelto di stare con lui?
O invece avevano rotto e ora stava
rompendo anche con
lui?
Si era stufata di entrambi?
“Papa?” lo
chiamò Alexis dal corridoio “Papà sei
pronto?” e si affacciò alla sua stanza.
“Ma stai ancora
così? Mamma ci aspetta a cena tra
mezz’ora!”
Castle si riscosse sentendo la voce
della figlia “Si,
si mi preparo subito” rispose scuotendo la testa e lanciando
il telefono sul
letto.
Cenarono in un ristorante elegante
e vistoso, scelto
da Meredith.
Alexis parlò tutto il
tempo del college e della sua
decisione di posticipare la partenza.
La mise al corrente di tutto quello
che la riguardava
visto il poco tempo che passavano insieme.
“Tesoro, ora che vieni in
California ci vedremmo molto
più spesso” rispose sua madre accarezzandole i
capelli.
Non era stata molto attenta al
racconto di sua figlia,
ma era davvero contenta di averla più vicina in futuro.
La sua capacità di
concentrazione, già molto bassa,
era tutta canalizzata sul suo ex marito.
Appariva triste e abbattuto, anche
quando si sforzava
di sorridere.
E poi si era incicciottito e non
era da lui!
Il cellulare di Alexis
suonò. La ragazza si allontanò
per rispondere lasciandoli da soli.
Castle guardò la donna
seduta di fronte a lui e vide
spuntarle in volto un sorrisino malizioso.
Castle sorrise lievemente. Era
sempre la stessa.
Scosse la testa per farle capire
che non ci sarebbe stato
un dopo cena nemmeno questa volta.
L’hanno scorso aveva
Gina, non l’amava, ma non era
nemmeno così poco uomo da tradirla. E quest’anno
c’era Kate. E di lei invece
era perdutamente innamorato.
Non era al suo fianco certo, ma
ormai era
profondamente radicata nel suo cuore e non sarebbe riuscito ad andare a
letto
con un’altra donna.
Non subito per lo meno. E non con
Meredith.
Era ora di mettere ordine nella sua
vita e doveva
cominciare proprio dalla madre di sua figlia.
Basta con le porte mezze aperte. O
erano chiuse a
chiave o completamente spalancate. Ma non socchiuse. Non più.
“Ohhh andiamo gattino,
che male può farci?” tentò lei
“A me? Molto. Il nostro
è un capitolo chiuso Meredith,
non ha più senso continuare”
“Ti vedi con
qualcuna?” chiese confusa, sapeva della
rottura con Gina.
“No, ma sono molto sicuro
della mia decisione. Qualunque
cosa fosse, è finita” disse perentorio.
A casa, a letto, fissando il
soffitto, si sentì
sollevato.
Una questione su cui rifletteva da
parecchio era stata
sistemata.
Avrebbe aggiustato tutto un giorno?
Se lo augurava.
Kate aveva deciso di dare un taglio
netto al loro
strano rapporto e non sembrò più una cattiva
idea. Troppe cose non andavano,
prima.
Prima del suo ferimento. Prima
della richiesta di Alexis.
Forse la lontananza avrebbe
sistemato le cose.
Alleggerito la tensione che regnava
sempre tra loro.
Entrambi avevano bisogno di
respirare aria fresca e
provare ad andare avanti.
Ognuno
per la
sua strada
come aveva detto Kate.
Avrebbe provato a disintossicarsi
da lei? Si, avrebbe
provato.
Ci sarebbe riuscito? Solo il tempo
gliel’avrebbe
detto.
E lei? Così razionale e
orgogliosa, sarebbe riuscita a
scacciarlo dal suo cuore con la stessa facilità con cui lui
l’aveva raggiunto?
Un giorno, magari per caso, si
sarebbero rincontrati e
allora avrebbero fatto i conti con la realtà dei fatti.
Angolo
dell’autrice:
eccoci alla fine anche di questo
capitolo.
Che dire del messaggio di Kate?
Servirà ai due questa
pausa o peggiorerà la
situazione?
Come occuperanno il tempo??
Lo scoprirete presto!! ;D
Un bacione e buona lettura!!
Ivi87 xD
|
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Capitolo 5 *** Andare avanti ***
#
Andare
avanti
Andare avanti.
Più facile a dirsi che a
farsi.
Ottobre era appena iniziato e
Central Park era
completamente ricoperto di foglie gialle, arancio e anche marroni.
L’autunno ormai inoltrato
si stava preparando a
lasciare il posto all’inverno.
Castle in tuta da ginnastica sedeva
comodamente su una
delle panchine vicino alla statua di Alice in Wonderland, sorseggiando
un
caffè.
Ogni tanto lanciava delle furtive
occhiatacce ai ragazzi
e ragazze che facevano jogging.
Non sudavano nemmeno. Non sembrava
che si sforzassero
neppure.
Lui aveva fatto un paio di
kilometri ed era fradicio!
In quei giorni passava svariati
minuti a fissarsi allo
specchio dell’anta dell’armadio.
La mattina prima di vestirsi o la
sera prima di
coricarsi.
Che gli era successo?
Cos’era quella, veramente
pancetta?
Se n’era accorto da
tempo, non poteva negarlo, ma
credeva di avere la situazione sotto controllo.
Ma da qualche tempo aveva colto
allusioni e battutine varie
dai due detective e pure da sua madre e sua figlia.
Non poteva più
permetterlo. Passino Martha e Alexis,
ma i suoi due amici?
Inconcepibile, gliele avrebbe fatte
scontare tutte
quelle battutine!
Così su consiglio della
madre decise di trovare lo sport
adatto a lui.
Secondo Martha gli avrebbe tenuta
occupata anche la
mente, distraendolo da una certa detective.
E così ci aveva provato.
Ma la corsa non faceva per
lui.
Non solo si stancava subito, ma la
trovava noiosa e
non gli impediva affatto di pensare.
Sconsolato si alzò dalla
panchina. Aveva ripreso fiato
a sufficienza e rientrò a casa.
Trovò la figlia sul
pavimento del salotto, a pancia in
giù, capelli legati e libri sparsi ovunque.
“Noto che sei in
modalità studio” le disse
avvicinandosi.
“Modalità
studio attivata, sì” rispose sorridente
“com’è andata la corsa?”
“Eh..lasciamo
stare..”
“Papà..”
lo ammonì la figlia mentre il padre era già
salito al piano di sopra
“Non ti
sento..” le urlò prima di entrare in bagno per
una doccia.
Sotto il getto dell’acqua
riuscì a rilassarsi e a
distendere per bene tutti i muscoli.
Le goccioline scivolavano
accarezzando la sua pelle e
provocandogli un senso di benessere e piacere. Per alcuni minuti gli
parve
persino di riuscire a non pensare a nulla.
Poi tornò alla
realtà. Si rivestì e mise il cellulare
in tasca.
Pesava una tonnellata. Come i suoi
pensieri.
Ogni volta che lo guardava lo
associava al messaggio
vocale di Kate.
E voleva chiamarla. Lo voleva
disperatamente.
Ma voleva anche rispettare la sua
decisione.
Inoltre lui stesso si era
ripromesso di usare quel
distacco, seppur forzato, per tentare di lasciarsi
quell’amore contorto e
doloroso alle spalle.
Perciò si
sforzò di ignorare il cellulare e si diresse
in camera della madre.
“Sei qui?
Posso?”
Martha era seduta su un lato del
letto con uno
scatolone accanto.
“Vieni caro, proprio di
te avevo bisogno, guarda se
vuoi conservare qualcosa” gli disse invitandolo ad entrare.
Castle si sedette sul letto
lasciando lo scatolone a
dividerli.
“Cosa
contiene?” domandò sbirciando
“Oh sono un po’
di vecchie cose di quando eri un
ragazzino”
“Quindi
dell’anno scorso?!” esclamò sarcastico
“Richard, non sei ancora
da considerare vecchio, lo
ammetto, ma nemmeno un ragazzino direi..” lo
redarguì la madre.
Castle storse la bocca in una
smorfia.
“Anche se a volte ti ci
comporti” aggiunse lei
ridendo.
Estrassero vecchie foto e quaderni
delle elementari.
Qualche oggetto, varie spillette
colorate e tantissime
penne.
“L’avevo capito
subito che saresti diventato uno
scrittore, impazzivi per le penne!” l’uomo sorrise
al ricordo “...e non sto
parlando delle penne al sugo..”
Azzzz altra frecciatina!
“Madre degenere, dovrei
chiamare il telefono azzurro!”
“Sei tornato presto dal
parco, come mai?” proseguì
lei, ignorando il commento acido del figlio.
“Non fa per
me..” l’occhiataccia della donna lo
colpì
“non ho detto che mi arrenderò, solo che la corsa
non fa per me.. troverò un
altro sport..”
Vide la madre farsi pensierosa, poi
all’improvviso
frugò frenetica nella scatola.
Ne estrasse una cornice
“Ecco figliolo, forse ho
trovato!” esclamò entusiasta.
Castle prese la fotografia tra le
mani. Lo ritraeva
più o meno a otto anni con un costumino verde in piscina. Al
collo una medaglia
di bronzo.
“Ricordi quanto ti
piaceva nuotare? Eri anche abbastanza
bravo!”
Sorrise rivedendosi. Se ne era
scordato col passare
del tempo, chissà perché aveva smesso.
Nella foto era felice. Che fosse quello
lo sport adatto a
lui?
Ripensò a pochi minuti
fa, sotto la doccia, alle
sensazioni provate e a quel senso di benessere.
Forse l’acqua era il suo
elemento. Valeva la pena
tentare.
Senza dire nulla ripose la foto e
raggiunse la figlia
in salotto.
“Ehy, piccola, ti va di
fare una pausa?”
“Ho una marea di cose da
fare, papà” disse alzando gli
occhi dai libri.
Suo padre si cimentò
nell’ormai collaudato sguardo da
cucciolotto.
“Ok, ma per poco va
bene?”
“Non si vive di solo
studio Alexis, fai riposare
questo bel cervellino ogni tanto!” le disse lasciandole un
bacio sulla fronte.
“Che vuoi
fare?” lo assecondò lei
“Io guido e tu con il
cellulare mi cerchi degli
indirizzi”
“Ti devo fare da
navigatore?”
“Si figlia, su
andiamo!”
“Papà sono in
tuta!!” replicò lei indicandosi i
vestiti.
“E allora? Sei adorabile!
Dai forza, non andiamo ad
una sfilata, puoi restare in macchina se vuoi” rispose
divertito dalla sua
preoccupazione.
“Ok..” disse
ancora incerta infilandosi le scarpe “ma
che posti dobbiamo cercare?”
“Piscine!”
“Come scusa?”
Alexis restò bloccata con le chiavi di
casa in mano.
“Pi-sci-ne!!”
ripetè lui, quasi offeso dallo stupore
della figlia.
Alexis se ne accorse e
cercò di rimediare, sorridendo
“Va bene, non avevo sentito,
andiamo!”
Quando rientrarono trovarono Martha
in piedi a braccia
conserte che sbatteva nervosamente il piede accanto a vari libri aperti
e decine
di fogli sparsi sul pavimento.
“Signorina
cos’è tutta questa confusione che hai
lasciato in salotto?” domandò, sorpresa, alla
nipote.
“Scusa, scusa, mi rituffo
nello studio immediatamente”
rispose Alexis sdraiandosi nuovamente a terra e riguadagnando la sua
postazione.
“Scusa, l’ho
rapita io per un’oretta” spiegò Castle.
“Dove siete
stati?”
“Abbiamo cercato delle
piscine qui in zona” rispose
come se fosse una cosa normale.
“Piscine? Oh, Richard
è per via della fotografia che
ti ho mostrato?” chiese Martha preoccupata.
“No! Beh.. si..
no!”
“Figliolo io non
immaginavo che ti gettassi subito…”
cominciò la donna, ma Castle non la lasciò finire.
“Non credi che ce la
possa fare? Credi che sia un
buono a nulla?” sbottò lui improvvisamente.
“Richard! Io non ho mai
d..” Martha fu interrotta di
nuovo.
“Perché
pensate tutti che sia un lavativo? Vi stupisce
così tanto che voglia fare dello sport?” disse
lanciando sul tavolo il
volantino del centro sportivo che aveva scelto e scappando in camera
sua.
Alexis abbracciò la
nonna “Che cos’ha papà?”
“Deve solo capire come
superare questo periodo” le
disse, dolce.
“Ma il nuoto è
faticoso, non dovrebbe cominciare da
qualcosa di più leggero? Sono anni che non mette piede
nemmeno in palestra!”
replicò la ragazzina.
“Tesoro, dobbiamo
lasciarlo fare”
“Lo
so…è che mi sento in colpa..”
“Non pensarlo nemmeno,
ok? Tuo padre e Kate sono
adulti e vaccinati! Migliaia di persone non lavorano insieme e si
vedono a fine
giornata! Se questo non succede è solo colpa loro, o degli
eventi, ma non tua”
la rassicurò sua nonna “Torna a studiare, vedrai
che tra poco scenderà”
Un ora dopo, come previsto da
Martha, Castle ritornò
in salotto scusandosi per lo scatto di nervosismo. Imbarazzato per la
scenata
si barricò nello studio e controllò
l’agenda. Con tutti i pensieri che aveva in
testa, era da un po’ che non lo faceva e temeva di essersi
scordato qualche
appuntamento.
Infatti come aprì
l’agenda del computer vide le decine
di promemoria mandategli dalla sua agente, che servivano a ricordargli
il volo
per Washington fissato per l’indomani mattina.
Abbandonò la scrivania
per ritornare in sala e si
sedette sul divano accanto alla madre.
Stava guardando le news sulla ABC a
volume basso per
non disturbare Alexis.
“Devo partire per
Washington domani” disse al termine
di una notizia.
Il sindaco, suo amico, era in lizza
per le rielezioni.
Sua madre e sua figlia si voltarono
entrambe verso di
lui.
“Me ne ero dimenticato,
ho letto ora tutti i
promemoria di Paula”
“Per il tour di Heat
Rises?” domando Martha.
Castle annuì.
“E’ quella data
che avevi fatto rimandare perché Kate
era uscita da poco dall’ospedale?” chiese invece
Alexis.
Castle annuì anche a
lei, poi aggiunse “Solo due
giorni. Credo mi faranno bene. Prometto che non sarò
più così scontroso al mio
ritorno”
Kevin Ryan e Javier Esposito
stavano nella saletta
relax del distretto a bersi il loro meritato caffè di
metà mattina. Incollati
alla macchina per l’espresso fissavano, attraverso la parete
di vetro, Kate
Beckett che scriveva alla lavagna.
Esposito allargò le
veneziane con due dita “La vedi,
Ryan?”
“Si e sono quasi convinto
che non sia Beckett ma
Nathalie Rhodes travestita da Beckett”
“E’
inquietante, bro!”
“Già, non
è più lei. O meglio: è lei prima della
cura
a base di ‘Castle’!”
esclamò Ryan.
“Anche peggio, prima
qualche mezzo sorrisetto glielo
si riusciva a strappare” ricordò Javier.
“Ora a malapena respira,
è una macchina quella donna!”
“Ma che diavolo
sarà successo per ridurla così? Castle
ti ha detto niente?” domandò l’ispanico.
“Macchè,
è sempre nervoso ultimamente, non ci provo
nemmeno a fare domande..”
“Castle è
nervoso e teso come le corde di un violino,
Beckett è più acida di un limone, ma che hanno
combinato?” Chiese, più a se
stesso in realtà, Esposito “Yo,
venerdì? Ci si vede?”
“No, Castle mi ha scritto
che è a Washington a firmare
libri” spiegò Ryan.
Esposito sciacquò la sua
tazza e la ripose,
pensieroso.
“E se ce ne andassimo al
cinema io e te e lasciassimo
le ragazze da sole?” propose Kevin.
“Bro, stavo pensando la
stessa cosa, ma Lanie dice che
Beckett rifiuta sempre qualunque uscita..”
“Ma se chiedessi a Jenny
di incastrarla con i suoi doveri da
damigella? Sicuramente non
farà i salti di gioia ma non può neppure
rifiutare…”
“Kevin Ryan sei un
genio!” dandogli un pugnetto sulla spalla
in segno di approvazione.
“Sono un genio che
però non vuole arrivare all’altare
sulla sedia a rotelle!! Se Beckett ci scopre a tramare alle sue spalle
ci
spezza le ossa!”
“Naaa, non lo
scoprirà mai!” disse Esposito
avvicinando le mani e tamburellando con le dita, come un provetto
cospiratore.
“Lo spero
proprio!” rispose Ryan preoccupato.
“I
vostri
fidanzati saranno ridotti in polvere domani!”
Kate aveva bussato violentemente
alla porta di Lanie
per dei minuti.
Era venerdì sera. Era
stanca. E non voleva vedere
nessuno!
Era irritata e stressata.
Suo padre non faceva che chiamarla
per assicurarsi che
si fosse ripresa del tutto dall’operazione.
Lanie la riempiva di inviti e
suppliche affinchè
uscisse da casa.
Ryan e Esposito erano estenuanti
con le loro
occhiatacce e i loro patetici tentativi di imitare Castle e di farla
ridere.
E Castle… Beh non
l’aveva più sentito. Come aveva
deciso lei.
Se ne pentiva? Ogni giorno.
Ma aveva bisogno di tempo per
elaborare gli eventi. La
morte di Montgomery, la dichiarazione di Castle (che fingeva di non
ricordare),
la sparatoria, l’operazione, la rottura con Josh in mezzo
alla strada davanti a
tutti…
Troppe cose, tutte assieme.
Voleva solo starsene in pace e
provare ad andare
avanti.
Non le sembrava di riuscirci
però. A malapena stava a
galla. Ma da qualche parte doveva pur cominciare, no?
Bussò ancora
più violentemente alla porta di Lanie.
Aveva ricevuto la telefonata di una
Jenny in lacrime
che, disperata, le chiedeva di raggiungerla da Lanie perché
il matrimonio stava
andando a rotoli e non sapeva più da che parte proseguire
con i preparativi.
Dapprima restò
spiazzata. Lei non sapeva nulla di
matrimoni, perché chiamava lei?
Poi si ricordò che una
sposa ha bisogno delle sue
damigelle in questi momenti di crisi mistica da scelta del bouquet e
che
quindi, oltre a Lanie, voleva che fosse presente anche lei.
Poi la detective in lei le fece
notare che era Lanie
quella più portata per fiori e segna posto, lei a malapena
sapeva distinguere
il pizzo dal merletto. Aveva accettato di fare da damigella solo per
cortesia.
Jenny non aveva molte amiche e loro due stavano cominciando a
conoscersi e
frequentarsi, perciò non le sembrò strana la
richiesta. Inoltre il suo futuro
sposo era come un fratello.
Ma ora la cosa le puzzava. Si,
perché l’ultima volta
che aveva sentito Jenny era avanti di parecchio con i preparativi e
anzi, era
una wedding planner con i fiocchi!
La cosa puzzava parecchio, e
puzzava di imboscata!
Le venne in mente che i suoi due
colleghi erano stati
più strani del solito quel giorno.
E che aveva sentito Ryan parlare al
telefono con Jenny
prima di lasciare il distretto.
Un’ora prima che Jenny
poi chiamasse lei.
Altro che imboscata! Una vera e
propria trappola!
Lanie aprì la porta. A
fianco a lei Jenny, impaurita,
si nascondeva un po’ dietro lo stipite.
“I vostri fidanzati
saranno ridotti in polvere
domani!” urlò alle due donne.
“Tesoro
calmati” cercò di essere ragionevole Lanie.
“Non mi dire di
calmarmi!” replicò invece Kate e si
voltò verso Jenny incenerendola.
“Scusa…”
mormorò terrorizzata “v-volevamo s-solo
aiutarti..”
“Perché
pensate che abbia bisogno di aiuto?
IO–STO-BENE!”
“Lo ripeti da giorni,
Kate, ma sai meglio di noi che
non è vero! E stare sempre chiusa in casa non ti fa
bene!”
Kate non disse nulla. Si
voltò guardando fuori dalla
finestra.
“Ti sono successe
tantissime cose in questi mesi,
tesoro… inoltre hai rotto con Josh e con Castle praticamente
nella stessa sera…
ti devi aprire, sfogare un po’..”
“Lo faccio”
rispose atona “distruggo il sacco da boxe
ogni weekend”
Lanie la raggiunse alla finestra e
le si mise accanto
“Va bene, questo e positivo, ma sfinirti in palestra non
risolverà il problema.
Ti devi sfogare parlandone, aprendoti con noi! Tesoro io ti adoro, ma a
volte mi
tratti come se non esistessi! Non sei sola Kate, io sono qui per
te…” la fece
voltare verso di se “tutti noi siamo qui per te”
disse riferendosi ovviamente a
Ryan e Esposito.
Kate tentò di sostenere
lo sguardo dell’amica ma non
resistette a lungo prima di esplodere in un pianto liberatorio.
Non ce la faceva più,
tutta quella tensione e lo
stress di quei mesi fluirono fuori da lei in calde e copiose lacrime.
Lanie la abbracciò forte
attirandola verso il divano.
Jenny si sedette accanto a loro accarezzandole i capelli.
Angolo
dell’autrice:
ed eccoci qui con il 5°
capitolo di questo nostro
percorso emotivo.
Andare avanti...eh, ce
l’hanno detto tutti bene o male
no? Il problema è riuscire a farlo..
Tranquilli caskett,
l’universo presto o tardi farà
incrociare le strade di Rick e Kate di nuovo! :D lo sapete che sono
apina ;D
Un bacione
e
buona lettura a tutte!
Ivi87
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Capitolo 6 *** Eqilibri ***
# Equilibri
L’acqua scorreva veloce
sulla sua pelle.
Ad ogni bracciata Rick si sentiva
meglio. I pensieri,
prima così pesanti, sembravano ora leggerissimi.
Galleggiavano lontano da lui.
Avere la mente svuotata da tutto
era una sensazione
meravigliosa e liberatoria.
Arrivò a bordo piscina,
fece una capriola e ripercorse
la corsia a dorso.
Le prime volte riusciva a fare ben
poche vasche.
Una decina al massimo prima di
doversi fermare a
riposare qualche minuto.
Ma gli piaceva tanto e lo faceva
stare bene. Voleva
impegnarsi al massimo e dedicarvisi come faceva con la scrittura.
Quando finiva, invece di tornare
subito a casa,
restava a guardare i nuotatori più esperti. Li osservava
attentamente, cercando
di capire come respirare e come
muoversi.
Un’ora ogni giorno Castle
cercava di aumentare sempre
di più il numero delle vasche e di migliorare il suo stile e
la respirazione.
Ora finalmente aveva trovato il suo
ritmo, il suo
equilibrio. Centocinquanta vasche in due ore era il meglio che riusciva
a fare.
Tutte le mattine si alzava presto e
ormai da due
settimane andava a nuotare.
Era uno dei primi ad arrivare,
così da avere le corsie
libere e stare tranquillo.
Alzo gli occhialini sopra la cuffia
e controllò
l’orologio alla parete.
Nuotò fino alla scaletta
e uscì dalla piscina diretto
alle docce degli spogliatoi.
Quando rientrò in casa
trovò un appunto attaccato al
frigorifero da una magnete a forma di pera. Gina voleva sapere se aveva
qualche
idea per il nuovo libro o almeno il titolo.
Con il viaggio a Washington si era
chiusa l’ultima
data del tour di Heat Rises e ora bisognava pensare al nuovo libro.
Aveva creduto che terminare Heat
Rises mentre Kate era
in ospedale fosse stato difficile.
Ma ora che doveva scrivere
addirittura un libro intero
senza la sua musa, lo reputava addirittura impossibile.
Gettò il post-it nella
spazzatura e si preparò un
caffè.
Qualche idea l’aveva.
Anche il titolo c’era. La voglia
di scrivere? Si, anche quella.
Allora cosa lo frenava?
Sospirò consapevole di
avere la risposta.
I libri commissionatigli dalla casa
editrice erano
quattro. E quello sarebbe stato l’ultimo della saga di Nikki
Heat.
E poi? Non sapeva se sperare che la
Black Pawn ne
richiedesse altri o incrociare le dita affinchè arrivasse
un’altra offerta così
da cambiare rotta radicalmente.
Martha scese le scale in quel
momento.
“Eccoti finalmente,
quando nuoti perdi la cognizione
del tempo ormai!” gli disse sorridente.
Castle ricambiò il
sorriso. Fino a due settimane fa lo
dava per spacciato. Era sicuro che lo immaginava cadavere in mezzo alla
piscina. E ora invece era tutta orgogliosa del suo bambino.
La donna bevve un sorso di
caffè prima di accorgersi
che dal frigorifero mancava qualcosa.
“Ha chiamato parecchie
volte in questi giorni. Se non
te la senti di scrivere e vuoi prendere una pausa dovresti dirglielo.
Non la
trovo il massimo come persona ma come editore non la dovresti
ignorare..”
“Non la sto ignorando e
sono assolutamente in grado di
scrivere un altro libro su Kate, mamma” rispose puntando lo
sguardo negli occhi
della donna.
Sapeva che il senso della frase era
quello.
“Ne sei sicuro?
Perché sarebbe comprensibile..”
ma il figlio la interruppe.
“Sono sicuro. Ho preso un
impegno con la casa editrice
e intendo rispettarlo; e posso scrivere su di lei anche se non
è più una
presenza fisica nella mia vita. Anzi, vado all’Old Haunt a
scrivere un po’, poi
chiamo Gina e le comunico il titolo nuovo.” Disse calmo,
tanto da convincere la
madre.
“Hai il titolo?
Veramente?” domandò sorpresa.
“Si, l’ho
pensato mentre ero a Washington” Castle vide
l’interesse di Martha e proseguì “Heat
Broken…”
Lo sguardo di Martha si fece un
po’ triste.
“Qualcosa si è
rotto mamma, è inutile far finta di
nulla, no?”
Era orgogliosa e allo stesso tempo
dispiaciuta per suo
figlio.
“Immagino di
sì…” disse guardandolo uscire da casa.
Seduto ad un tavolo, Castle fissava
sconsolato il
cursore lampeggiare sulla pagina bianca.
Era quasi ora di pranzo e il
chiacchiericcio della
clientela non lo aiutava a concentrarsi.
Decise allora di buttare
giù una scaletta con le idee
principali che aveva pensato in modo da non scordarsele. Le avrebbe
sviluppate
poi con calma.
Una volta finito lo schema
mandò una mail a Gina con
il titolo del libro e una vaga trama, tanto per farla
contenta e per
non sentirla per un po’.
In realtà non sapeva
come dirle che non aveva idea di
come finire il libro.
Aveva pensato ad un caso originale
ed avvincente,
Nikki e Rook..beh avrebbe più o meno scritto di quello che
stavano passando lui
e Kate, ma il finale? Come doveva finire Heat Broken?
Bene? Male? Nikki moriva? Rook
moriva? Finale aperto o
chiusura definitiva?
Fissò la parete che
portava al seminterrato.
Si pentì di non avere
una normale porta, come tutti. A
quell’ora sarebbe già nel suo ufficio a scrivere
almeno l’inizio.
Poteva anche tornare a casa dove
aveva uno studio
super tecnologico e attrezzato, certo, ma non era la stessa cosa.
Adorava quel
seminterrato e non trovava giusto non poterci entrare ogni volta che
volesse
senza svelare a tutti il passaggio segreto.
Gli serviva davvero? Era
indispensabile per lui quel
passaggio segreto??
No, affatto. Era stato affascinante
le prime volte,
utilizzarlo.
Avventuroso e fico, assolutamente.
Ma scomodo e poco
pratico.
Senza contare che o si inventava
qualcosa da fare o
era costretto a pensare al finale di Heat Broken e non se la sentiva
ancora di
decidere del futuro di Nikki e Rook.
Prese il telefono e
selezionò il numero di un amico
che conosceva bene.
“Denise? Ciao sono
Richard, il grande capo è in
ufficio? Si aspetto, grazie”
Dopo pochi secondi di attesa
potè parlare con il suo
interlocutore.
“Quanto tempo signor
sindaco, non ha più nemmeno
un’oretta per una partita a poker ultimamente!”
esordì Castle schernendolo
“Richard, lo sai che ci
sono le elezioni tra poco,
senza contare tutti i problemi che ogni giorno spuntano fuori in questa
città,
ma non temere, sarò presto dei vostri” rispose a
tono il sindaco di New York.
“Ti aspettiamo,
Bob”
“Allora, che mi racconti?
La detective Beckett come
sta?” domandò il sindaco.
“Eh...tutto bene...senti
mi servirebbe un favore,
credo” rispose Castle eludendo la domanda.
“Se posso, volentieri,
dimmi tutto!”
“Vorrei fare dei lavori
qui all’Old Haunt, in
particolare buttare giù una parete scorrevole per mettere un
normalissimo muro
con una porta” spiegò lo scrittore.
“Non mi sembra nulla di
impossibile Richard..”
constatò Bob.
“Infatti, credo ci
vorranno un paio i settimane al
massimo, il problema è che questo bar è un
edificio storico e quindi..”
“Ma certo..” lo
interruppe il sindaco “faccio fare dei
controlli da Denise e entro sera avrai i permessi necessari per poter
iniziare
i lavori già da domani!” acconsentì
benevolo.
“Ti ringrazio
infinitamente Bob! Dirò al giudice
Markway di lasciarti vincere la prossima volta!”
“Sono ancora in tempo a
cambiare idea..” rispose
ridendo.
“No, no, per
carità, grazie ancora e a presto!” saluto
riattaccando soddisfatto.
Una certa detective lo avrebbe
guardato storto e si
sarebbe arrabbiata per quel favoritismo.
Si riscosse da quel pensiero. Era
riuscita nuovamente
ad intrufolarsi nella sua testa.
Doveva pensare ad altro. Cosa stava
facendo prima di
telefonare?
Ah, sì, la scaletta per
il nuovo libro. Con gli occhi
ripassò i punti fino al finale mancante.
Sbuffò e aprì
la posta elettronica, sperando che quei
documenti arrivassero in fretta.
Dopo essersi sfogata con Lanie le
cose per Kate
cominciavano ad andare meglio.
Si sentiva un po’
più leggera. Come se il peso del
modo non fosse tutto unicamente sulle sue spalle. Aveva ancora
parecchie
situazioni irrisolte ma sentiva che con Lanie al suo fianco ce
l’avrebbe fatta.
E poi c’erano i suoi fratelloni, Ryan e Esposito. Si
probabilmente sarebbe
riuscita ad andare avanti con un po’ più di
serenità ora.
Anche Jenny faceva la sua parte. Si
vedeva che ci
teneva ed era gentile e comprensiva con lei.
Ovviamente non mancavano i momenti
in cui si fermava a
fissare la sedia vuota lasciata da Castle o la lavagna improvvisata che
aveva a
casa riportante i punti decisivi sul caso dell’omicidio di
sua madre. Ma erano,
appunto, momenti.
Dolorosi e tristi. Questo
sì. Ma riusciva a trovare
comunque un motivo per alzarsi dal letto la mattina.
Ryan ed Esposito tornarono da un
sopralluogo in un
magazzino.
Era seduta alla sua scrivania e li
vide uscire
dall’ascensore ed avvicinarsi per ragguagliarla
sull’indagine.
Gli occhi di Beckett si spostarono
per l’ennesima
volta sulla cravatta di Ryan.
Era orribile eppure non si riusciva
a smettere di
guardarla.
Castle avrebbe fatto una battuta.
Anzi, molte battute.
Ed era certa che Esposito si stava
trattenendo da
tutta la mattina per non rischiare di essere sgridato.
Forse era giunto il momento di
dimostrare che ora
riusciva a farcela da sola.
Insomma, poteva fare una battuta
senza sentirsi
vulnerabile, no?
I colleghi poliziotti
l’avevano chiamata terminator in
quell’ultimo mese, quando credevano di non essere sentiti.
Forse era ora di
ristabilire un minimo di equilibrio e ritornare la Kate di sempre.
Castle le aveva dato tanto in quei
quattro anni.
L’aveva aiutata ad essere meno chiusa, meno quadrata e a
regalare un sorriso di
tanto in tanto. Non era stato tempo sprecato.
Era ancora capace di sorridere ed
era ora di farlo
anche senza Castle.
Doveva camminare da sola, non
poteva sempre contare su
di lui.
L’aveva allontanato lei;
doveva accettare la cosa e
comportarsi da persona adulta.
Si era disperata, si era sfogata e
ora doveva tentare
di tornare alla normalità.
Quando Ryan la raggiunse insieme al
suo compare lei lo
bloccò prima ancora di iniziare a parlare
“Qualunque cosa tu stia per dirmi
fallo con questa in mano” gli disse porgendogli una
cartelletta.
Il detective sorpreso la prese in
mano ma non capì cosa
doveva farne.
Beckett lo guidò
“Un po’ più su..” Ryan
eseguì
ubbidiente spostando la cartellina “un po’ a
destra.. ecco perfetto ora puoi
parlare..” disse seria a braccia incrociate.
Ryan si voltò appena
verso Esposito ma anche lui non
aveva idea di cosa avesse Beckett.
“P-perchè devo
parlare stando così?” domandò incredulo
Ryan.
“Perché se ti
devo prestare attenzione non voglio
avere davanti agli occhi quell’orrenda cravatta a
distrarmi!” spiegò scoppiando
a ridere alla fine della frase.
Esposito la seguì a
ruota “Amico, non ce la facevo più
a fare finta di niente, stavo scoppiando!” disse rivolto al
poveretto.
“Ma è un
regalo di Jenny! E non è così
orrenda..”
tentò lui, anche se con poca convinzione.
“Dovrò fare
due chiacchiere con quella ragazza stasera..”
esordì infine Kate.
I due la guardarono sorridenti.
Stava scherzando e la sera si
sarebbe vista con le sue
amiche.
Erano contenti per lei, si stava
rimettendo in piedi.
E se c’era qualcuna tosta
abbastanza da risollevarsi
dopo una brutta caduta quella era Kate Beckett.
La vita gliene aveva riservate
parecchie di cadute ed
ogni volta, più o meno malconcia, ce l’aveva
sempre fatta a rimontare in sella.
Non dubitavano che ce
l’avrebbe fatta anche questa
volta.
Senza contare che, loro due, erano
gli unici a
conoscenza di entrambe le situazioni.
Sapevano come stava Beckett e
sapevano come stava
Castle.
Entrambi si stavano ancora leccando
le ferite.
Entrambi si sarebbero rimessi in
piedi più forti che
mai.
I due detective li tenevano
d’occhio, sicuri che il
capitolo Castle&Beckett non
era
ancora giunto alla fine.
Il capitano Gates uscì
dal suo ufficio a passo di
carica annunciando il trasferimento di un prigioniero dal carcere di
Sing Sing
al loro distretto.
I tre si ricomposero e si
prepararono ad accoglierlo nella
sala interrogatori.
Angolo
dell’autrice:
eccoci con il nuovo capitolo! Che
ne dite? Come se la
passano i nostri Castle e Beckett? Ce la faranno a risollevarsi? Il
destino li
farà incontrare di nuovo?
Al prossimo capitolo mie Caskettine!
Grazie per il supporto e per tutti
i meravigliosi
commenti!
Un bacione enorme, vi voglio bene!
;D
Ivi87
|
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Capitolo 7 *** Cambiamenti ***
#
Cambiamenti
La notizia della chiusura del
passaggio segreto aveva
stupito tutti.
Sia Martha e Alexis che Ryan,
Esposito e Lanie.
Sapevano quanto lui
l’adorasse e quanto ci si
divertiva.
Ma decisero di assecondarlo, in
fondo il bar era suo e
poteva farne quello che voleva, e poi non era del tutto falso che con
una porta
sarebbe stato tutto molto più facile.
Inoltre sapevano che era solo un
modo per tenersi
occupato e non pensare.
Alla fine il nuoto era servito,
certo.
Si era rimesso in forma, anche i
suoi amici avevano
dovuto ammetterlo, e lo distraeva parecchio. Gli piaceva e avrebbe
continuato a
farlo in ogni caso.
Che avesse avuto risvolti positivi
sul suo fisico o
meno, oltre che sulla sua mente.
Ma non poteva vivere in acqua
ventiquattrore su
ventiquattro!
Aveva una famiglia e un libro da
scrivere.
Libro che aveva iniziato nonostante
tutto. L’amore per
la scrittura alla fine l’aveva avuta vinta.
E poi Nikki Heat restava in ogni
caso la sua eroina
preferita. La sua creatura meglio riuscita e questo, indipendentemente
da
tutto, non sarebbe mai cambiato.
Mentre vedeva i suoi amici, seduti
al bancone con
Martha e Alexis, osservare i muratori che prendevano le misure della
parete,
Castle stava ad un tavolino con i libri contabili.
Il locale sarebbe stato chiuso per
una decina di
giorni minimo e stava facendo in bilancio della situazione prima di
passare
tutto al suo commercialista.
“Da quando tu e la
matematica andate d’accordo?”
domandò Alexis, lasciando il gruppo e avvicinandosi al padre.
“Ho imparato a
destreggiarmi tra conti e movimenti
bancari guardando Ryan e Esposito..” spiegò,
ripensando a quante volte avevano
controllato e ricontrollato tabulati ed estratti conto dei vari
sospettati di
ogni caso.
La ragazza annuì,
capendo che comunque era anche
quello l’ennesimo modo di tenersi occupato.
“Sono contenta che i
ragazzi siano qui, con noi” gli
disse guardandoli.
“Già, si sono
liberati per la pausa pranzo per vedere
se c’era bisogno di aiuto..” li guardò
anche lui, grato.
“E’ bello
vedere che siete rimasti tutti amici”
commentò Alexis, per poi pentirsene subito.
Ovviamente non erano rimasti tutti
amici. C’era una
persona fondamentale per Castle che invece mancava.
“Oh, scusa..”
disse vedendo lo sguardo triste del
padre.
“Non scusarti, non
è colpa tua”
La ragazzina annuì con
lo sguardo basso.
“Alexis, guardami, non
è colpa tua ok?”
“Papà se ci
stai male perché non vai da lei? Vai a
casa sua o al distretto se credi, a me basta che non segui i
casi..” esordì
prima di essere interrotta.
Così poteva ancora
farcela, ma se l’avesse rivista
sarebbe di certo crollato.
“Sto bene
così, Alexis” disse solamente, guardandola
negli occhi con decisione.
Non riuscì a dire altro,
sotto lo sguardo severo del
padre e tornò delusa al bancone assieme agli altri.
“E’ lo stesso
di sempre ma poi basta una parola
sbagliata e diventa un altro, si incupisce e diventa
taciturno…” disse la
ragazzina sedendosi sconsolata sullo sgabello.
“So cosa intendi, vale
anche per Kate. Si vede che sta
meglio, sembra quasi la solita di sempre e poi ad un certo
punto…” Lanie lasciò
cadere la frase non trovando le parole adatte.
“…si
spegne?” provò Martha alzando un sopracciglio e
indicando il figlio.
“Esatto!”
dissero contemporaneamente Alexis e Lanie.
Erano spenti.
Finchè si tenevano
occupati e pensavano ad altro
riuscivano ad avere la forza necessaria per tirare avanti, ma una volta
esaurita la carica, si spegnevano, come un giocattolo senza batterie.
I muratori cominciarono ad estrarre
gli attrezzi
necessari all’abbattimento del muro.
Castle controllò che
fosse tutto adeguatamente coperto
e protetto dalla polvere e dai pezzetti di muro che sicuramente si
sarebbero
sparsi qua e la, poi raggiunse la combriccola.
“Ora buttano
giù il muro a martellate!!” disse tutto
emozionato ad Alexis, forse per farsi un po’ perdonare per la
rispostaccia di
prima.
La ragazzina sorrise e
lasciò correre.
“Credete che mi faranno
provare?” domandò poi rivolto
a tutti.
“Meglio di
no!!” fu la risposta generale che gli fu
restituita.
Lanie e Jenny aspettavano da
qualche minuto accanto
alla pensilina dell’autobus; lo sciopero dei taxi le aveva
costrette ad
usufruire dei mezzi pubblici.
Il primo di una lunga serie di
scioperi a detta dei
notiziari.
Le due donne si trovavano fuori New
York in una
via tranquilla e
poco trafficata.
Kate aveva dato loro orario e luogo
e ora attendevano
impazienti il suo arrivo.
Si erano un po’ stupite
da quell’invito. Soprattutto
per la lontananza dalle loro abitazioni e perché Kate non
era voluta andare con
loro.
Le avrebbe raggiunte da sola.
Le due si strinsero nei cappotti,
era il 31 ottobre e
ormai l’inverno era alle porte.
“Quindi continuiamo a non
dirle nulla?” domandò Jenny
“Del bar?”
Jenny annuì e attese la
risposta dell’amica.
“Castle ci ha chiesto di
non dirle niente e credo
abbia ragione”
“Se le diciamo che ha
fatto dei lavori al bar potrebbe
essere curiosa e passare a dare un’occhiata..”
provò a dire la bionda.
Il passaggio segreto ormai era un
ricordo. Il nuovo
muro corredato di porta in legno massiccio faceva la sua bella figura
già da un
paio di giorni.
“Credo sia proprio questo
il punto. Vuole che ci vada
di sua spontanea volontà, non per vedere il
lavori… e comunque anche se glielo
dovessimo dire lei non andrebbe…”
Mentre parlavano una Harley si
accostò a loro. Sul
sedile il proprietario sembrava fissarle da sotto il casco integrale.
“Lanie… ci
spostiamo?” domandò Jenny preoccupata.
Lanie fissò per un
secondo il motociclista e poi
acconsentì.
Si spostarono di qualche passo.
La moto avanzò
seguendole. Jenny e Lanie ora si
stavano cominciando ad agitare.
Si mossero nuovamente camminando
veloci ma senza dare
troppo nell’occhio.
Il motociclista diede gas e le
raggiunse ancora una
volta.
Lanie si fermò di colpo
afferrando il cellulare,
pronta a chiamare il fidanzato se necessario, e si voltò per
cantargliene
quattro.
Prima di riuscire a dire
alcunché l’uomo cominciò a
slacciarsi il casco e a sfilarlo.
Lunghi capelli castani scesero
pesanti dal casco.
Scosse la testa levandoseli dal viso.
“Vi dispiace fermarvi
almeno qualche secondo?”
“Kate!!”
urlò Lanie
“Oh Gesù, vuoi
farci venire un infarto?” proseguì
Jenny sollevata
Una risata leggera
sfuggì alla detective.
“E’ questo che
intendevi quando hai detto che saresti
venuta con un mezzo alternativo?”
“Si, Lanie, intendevo
proprio la mia Harley-Davidson
Softail del ’94...” disse accarezzandola come se
fosse un uomo “...allora chi
delle due vuole fare un giro?”
“Ma sei impazzita? Io su
quella cosa non ci salgo!”
protestò Lanie
Jenny si limitò a fare
un passo indietro come se la
moto scottasse.
Kate aprì le braccia di
scatto, stupita dal loro
atteggiamento.
“E’ questo che
hai fatto ultimamente? Credevo avessi
detto che facevi bricolage?” domandò Lanie girando
attorno alla moto ancora con
gli occhi sgranati.
“Beh, l’ho
lavata, lucidata, smontata e rimontata
praticamente, non è forse bricolage?” rispose con
un sorrisetto dispettoso.
Jenny sospirò forte
“quello il muro, questa la moto…”
sussurrò appena alzando gli occhi al cielo.
Lanie sorrise leggermente alla
battuta.
“Come?” chiese
Kate che aveva visto Jenny parlare ma
non era riuscita a sentire la frase.
“No, nulla..”
si affrettò a dire la futura sposa.
“Davvero non volete farvi
un giro?” ritentò, delusa.
Lanie fissava la moto con un
sorrisetto malizioso in
faccia.
“Mi è venuta
un’idea...” disse attirando l’attenzione
delle altre due donne.
Ryan e Esposito erano
all’Old Haunt muniti di scopa e
strofinaccio.
Visto che quella domenica
pomeriggio le ragazze
avevano da fare si erano offerti volontari per le pulizie del locale,
in modo
da velocizzare la riapertura.
Davanti a loro il nuovo muro fresco
di vernice con la
porta spalancata sulle scale che portano al seminterrato.
“Ma sta sempre la sotto
adesso?” domandò Esposito
stanco di spazzare
“E dai, sta riarredando
il suo ufficio, ci vuole calma
e pazienza! Deve sentire quali nuove vibrazione emanano quelle
mura..” spiegò
sicuro Ryan.
“Che?”
“Feng Shui, amico! Ma non
leggi mai?”
“Le riviste da donna no,
mai..”
Esposito si meritò una
bella gomitata e ricominciò a
pulire.
Il suono di un messaggio distrasse
Ryan.
“Jenny mi ha mandato una
foto” disse tutto gongolante.
Esposito storse il volto,
disgustato.
Aprì la foto e la
fissò perplesso.
“Ehm...credo sia per te,
amico..” disse voltando il
cellulare verso Esposito.
La visione di Lanie seduta su una
Harley abbracciata
ed un motociclista vestito in tuta di pelle nera lo colpì
come un pugno nello
stomaco.
“Ma che
diavolo...”
Ryan controllò se la
foto contenesse anche un
messaggio di testo ma non c’era altro allegato.
Che ci faceva la sua ragazza
attorcigliata ad un
altro? Su una moto? E perché Jenny la fotografava?
“Chiama la tua ragazza,
io chiamo la mia!!” ordinò
perentorio l’ispanico.
Nel giro di un minuto
dall’invio della foto i
cellulari di Jenny e Lanie cominciarono a squillare
all’impazzata.
Le tre donne se la stavano ridendo
di gusto come non
capitava ormai da tempo.
Kate cercò a fatica di
ricomporsi e ritrovare la
normale respirazione “oddio...ma come facevate a sapere che
sarebbero stati
assieme..”
Le due esitarono qualche secondo
“quei due stanno
sempre assieme!” disse Lanie.
“Sono come i gemelli
siamesi..” aggiunse Jenny sperando
che se la bevesse.
Kate diede loro ragione e si rimise
il casco.
“Poche storie, su Lanie,
sei la prima!”
Ryan puliva freneticamente il
bancone del bar mentre
Esposito fissava incredulo il cellulare dell’amico.
Castle li raggiunse con una rivista
di arredamento in
mano, ma quando li vide scoppiò a ridere.
“Ryan..Ryan fermati,
credo che il bancone sia
sufficientemente pulito, se strofini ancora un po’ lo
disintegri!” disse
bloccandogli la mano che reggeva lo strofinaccio.
“Si.. scusa..”
disse solamente l’irlandese.
Si voltò poi verso
l’altro detective. Gli occhi scuri,
sgranati, a pochi centimetri dal cellulare “Stai tentando di
entrare nello
schermo?” chiese Castle, divertito dai due amici.
“Si vede un pezzo di
targa!” esclamò Esposito a Ryan,
ignorando lo scrittore.
Castle strappò il
telefono dalle mani dei due “Si può
sapere che succede?” domandò ancora ridendo.
Ryan si riappropriò del
telefono in un istante; sapeva
che Castle li avrebbe presi in giro a vita se avesse visto la foto.
“Lascia stare, sono cose
private!” si lamentò Ryan.
“Private e piccanti o
solo private?” domandò
malizioso.
“Private e
basta!!”
Esposito era ancora pensieroso.
Quando il battibecco dei due
finì, chiese “Ehi,Castle,
conosci nessun uomo che abbia una moto?”
Ci pensò su. A parte
Josh non conosceva nessun’altro
motociclista.
Ovviamente il pensiero corse anche
Kate. Lei aveva una
moto. Una Harley, se ben si ricordava. Ma non l’aveva mai
vista. E comunque
Esposito aveva chiesto se conosceva un uomo,
quindi…
“Nessuno,
perché?”
“No..niente, lascia
stare..” sconsolato provò a
richiamare la compagna, allontanandosi.
Ryan, non sapendo cosa fare si
rimise a strofinare il
bancone.
“Ma la vuoi smettere?
L’hai praticamente
sterilizzato!” ribadì Castle.
Posando lo straccio il detective
notò la rivista.
“Che ci fai con
quella?”
“Oh, è per
l’ufficio..” sfogliò le pagine
velocemente
“ecco, ho appena ordinato questo!” disse indicando
l’acquisto con l’indice.
Martha sentendo parlare di spese e
cataloghi si
avvicinò curiosa.
“Un divano?”
dissero insieme la donna e il detective.
“Che te ne fai di un
divano la sotto?” domandò Martha.
“Che te ne fai di un
divano in un bar!” domandò poi Ryan.
Entrambi ricevettero
un’occhiataccia.
“Innanzitutto, il divano
sarebbe nel mio ufficio nel
seminterrato, non nel bar!” disse guardando Ryan
“Secondo: dipende dalle
serate, ma la chiusura è sempre verso l’una circa,
sistema, pulisci, controlla
la cassa e quant’altro e si fanno come niente le
tre…” disse rivolto alla
madre, questa volta.
“E?” chiese sua
madre, non capendo.
“E… mi posso
fermare a dormire qui, sul mio nuovo
divano!” rispose sventolando la rivista come se fosse una
coppa appena vinta.
“Va bene essere dediti al
proprio lavoro, Castle, ma
nemmeno noi dormiamo al distretto!” ridacchiò Ryan.
“Parla per te, io un paio
di riposini li ho fatti
nella sala caffè..” ribattè Esposito,
inserendosi nella conversazione, dopo
aver tentato inutilmente di chiamare Lanie
Martha sbuffò
“Va bene, figliolo, non ho intenzione di
mettermi a discutere..”
“Ti ringrazio,
madre!”
“Posso almeno aiutarti a
sceglierlo? Non ho visto bene
la foto, ma non mi sembrava un granchè come
divano..”
Castle tolse la rivista da sotto
gli occhi della madre
“No, grazie, ormai ho già fatto, questo che ho
scelto mi va benissimo”
“Perché, che
ha di speciale?” domandò Esposito,
incuriosito.
“E’..
speciale…” rispose Castle.
“Speciale
come?” rincarò Ryan.
Castle, spazientito, diede la
stessa risposta ricevuta
poco prima dall’irlandese “Speciale e
basta!”
Li lasciò lì
impalati e con un sorrisetto se ne tornò
nel suo nuovo ufficio.
Già che c’era
aveva fatto murare anche il passaggio
che portava alle fogne: sarebbe stato poco igienico trovarsi un
topolino a
gironzolare tra i clienti.
Così ora poteva arredare
quella stanza come gli
pareva, senza più preoccupazioni.
Cominciò rimettendo il
pc sulla scrivania e disponendo
le fotografie come le aveva posizionate prima dei lavori.
Sorrise guardando quella che li
ritraeva tutti insieme
al distretto per il compleanno di Esposito.
Si soffermò su Kate. In
un certo senso non faceva più
così male.
Gli mancava e pensava ancora a lei,
certo. Ma si
sentiva più forte di prima.
Aveva capito che poteva vivere
anche senza di lei. Col
tempo ci sarebbe riuscito.
Restava solo da capire se era
quello che realmente
voleva.
Il messaggio di Kate era chiaro.
Non l’aveva
cancellato dalla casella vocale.
Era ancora lì.
Credo...credo
sia meglio così in fondo...ognuno per la sua
strada...”
Ripensò a quelle parole.
La situazione era diventata
insostenibile e forse sì,
era stato meglio così.
Ma ora? Era passato del tempo.
Castle si era ripreso e
si sentiva più forte e meno dipendente da lei. E lei? Lei
come stava?
Non chiedeva mai di Kate ai suoi
amici e loro non
gliene parlavano.
Ma sapeva bene che se stesse ancora
male in un modo o
nell’altro Lanie gliel’avrebbe detto.
Perciò ora a che punto
erano? Alzò lo sguardo, ma non
verso il soffitto. Oltre.
Fiducioso, si affidò
nuovamente all’universo.
Kate sfrecciava a
velocità sostenuta sulla strada semi
desolata di chissà quale paesino di campagna.
Dietro di sé, sentiva
Lanie aggrapparsi sempre più
forte.
Sorrise nel casco e lentamente
cominciò a rallentare,
nei pressi di un laghetto.
Lanie scese barcollante.
“Tu.guidi.come.una.pazza!”
decretò levandosi il casco.
“Esagerata, ho scelto un
posto fuori città
apposta..devo pur farle sgranchire le ruote!” battendo un
paio di colpetti
sulla sella.
Si guardarono attorno; il piccolo
lago era incantevole
e il prato ti invogliava a camminare scalza.
Si sedettero su una staccionata
poco distante.
“Allora?”
chiese Kate, in merito al viaggio.
“Terrorizzante!”
rispose l’amica
“Vorrai dire
emozionante!”
Lanie alzò un
sopracciglio
“Non l’hai
sentita l’adrenalina? Il vento addosso? Il
brivido della velocità?” domandò con
aria sognante Kate.
“Si, ho sentito tutto e
ti dirò..non fa per me!”
ammise Lanie sorridendo
Kate ricambiò il sorriso
e annuì, comprensiva.
“Ma a te piace
vero?” chiese infine.
“Mi fa sentire
così libera, così..viva!”
Lanie le regalò un
meraviglioso sorriso “Lo, so”
“Ma non ti voglio sentire
parlare di corse
clandestine, ok?” aggiunse poi facendola ridere.
“Mi sento bene,
Lanie” esordì dopo qualche secondo di
silenzio.
“Lo vedo, ti trovo
davvero bene ora”
“No intendo..”
Kate si voltò verso l’amica cercando di
spiegarsi meglio “So che ce la posso fare, mi sento
più forte ora e ho capito
che posso continuare a vivere la mia vita anche senza Castle e senza
sapere chi
c’è dietro alla morte di mia madre. Davvero, lo
posso fare.”
“E ti basta, vivere
così?” domandò dolce, Lanie.
“No, certo che no. Ma mi
basta, per adesso” disse con
un debole sorriso.
Passeggiarono in silenzio
costeggiando il lago.
Kate vide il suo riflesso
nell’acqua. Ripensò a quando
disse a Castle che non sarebbe riuscito a reggere alla visione di lei a
cavallo
di una moto vestita in pelle nera. Sorrise al pensiero e si disse che
quando
fossero stati veramente pronti e forti abbastanza, in un modo o
nell’altro si
sarebbero ritrovati.
Confortata da quell’idea,
rimontò in sella con Lanie
alle sue spalle.
La giornata era ancora lunga.
Doveva recuperare Jenny,
spaventarla a dovere con la sua guida e valutare, tutte e tre assieme,
dei
negozi per la lista nozze.
Angolo
dell’autrice:
E questo era l’ultimo
passo del loro processo di “guarigione”
dal farsi del male da soli!
Avranno finalmente imparato la
lezione?
Ragazze siete pronte a far parlare
l’universo??? Nel
prossimo capitolo..... *____*
Muahahahahahah (come tenere sulle
spine le
persone..*me fischietta innocentemente*!!!
La storia è ancora
luuuunga, spero di non annoiarvi!
Un bacione a tutte e buona lettura!
Ivi87
|
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Capitolo 8 *** L'universo ha parlato ***
Avviso:
capitolo un filino tendente al rosso! ;D minorenni avvisate!!
#
L’universo
ha parlato
Richard Castle camminava a testa
alta per la strada.
Dopo la bellezza di soli tre mesi
poteva dire di
averla dimenticata.
Certo, non completamente
dimenticata. Era pur sempre
una delle donne più straordinarie che avesse mai conosciuto
ed era praticamente
la sua migliore amica, perciò no, non poteva farla uscire
del tutto dalla sua
vita.
Ma se la stava facendo passare.
Questa mostruosa e
gigantesca cotta che aveva per lei stava pian piano scemando e il non
vederla
di continuo cominciava a dare i suoi frutti.
Con questi pensieri si
fermò ad un chioschetto a
prendere un caffè caldo. Dicembre era appena iniziato e il
freddo invernale
penetrava nelle ossa. Si scaldò le mani stringendo il
bicchierone di cartone.
Si sarebbe mai autoconvinto di
essersela scordata?
Riprovò a concentrarsi,
meglio non abbassare mai la
guardia.
Avevano ormai riaperto da un pezzo
ma oggi era il
giorno di chiusura settimanale e voleva starsene un po’ in
pace nel suo
seminterrato a scrivere.
Io,
Richard
Castle, NON sono più innamorato di Kate Beckett! Per niente,
nada, nisba, tutto
passato.
Respirò a pieni polmoni
passeggiando distrattamente
verso l’Old Haunt.
Il giorno che fosse riuscito a
dirlo anche ad alta
voce avrebbe dato un party!
Schivò un passante per
un soffio. New York era caotica
per via dell’ennesimo sciopero dei taxi e di conseguenza i
marciapiedi erano
affollati.
Destreggiarsi nella folla e
concentrarsi sulla
negazione dei propri sentimenti era pressoché impossibile.
Tra spintoni e
dribblaggi vari si
schiantò addosso ad
un’altra persona, rovesciandole addosso tutto il
caffè.
Rick si maledì per la
sua goffaggine ma quando alzò
gli occhi sulla sua povera vittima un sorriso stupito e spontaneo
sbucò sul suo
volto.
Io,
Richard
Castle, sono completamente e incondizionatamente innamorato di Kate
Beckett e
NON mi passerà mai!
Kate alzò gli occhi per
vedere chi l’aveva inondata di
caffè proprio quel giorno che andava di fretta. Aveva solo
un ora da concedersi
per mangiare e volle uscire dal distretto per respirare un
po’ di aria fresca.
Al suo rientro l’attendeva l’ennesima riunione del
nuovo capitano. La Gates
adorava le riunioni, neanche fosse una manager aziendale. E non poteva
tardare,
quella non ammetteva sgarri!
Incenerì con lo sguardo
il malcapitato; ora si sarebbe
dovuta scapicollare fino a casa per cambiarsi e arrivare puntuale.
Ma quando incrociò i
suoi occhi l’irritazione sparì
nel nulla e il suo cuore, dopo tanto, ricominciò a battere
regolare. Anzi no,
un pochino più veloce.
Restarono a bocca aperta a fissarsi
per degli
interminabili secondi, come se non si vedessero da tre anni,
anziché tre mesi.
Poi il caos di New York li
riportò alla realtà.
Il clacson di un auto,
l’abbaiare di un cane, il
chiacchiericcio della gente in strada li rese consapevoli di essersi
persi
l’uno negli occhi dell’altra, come un tempo.
Sbatterono più volte gli
occhi per uscire da quella
trance e Rick si costrinse ad abbassare lo sguardo. Fu allora che la
vide.
L’enorme macchia di caffè. Aveva centrato in pieno
il petto della detective.
Vedendo il suo sguardo, anche lei controllò il danno.
La camicetta era inguardabile,
ormai non più bianca,
la sciarpa leggermente macchiata con qualche schizzo
all’altezza della gola
mentre il suo cappotto beige era diventato marrone solo sui due lembi
aperti.
Sfortunatamente non aveva il
cappotto abbottonato. Per
lei non era così freddo il clima, adorava
l’inverno e la neve. E comunque non
era niente in confronto al gelo che sentiva dentro da quando avevano
smesso di
vedersi.
A Kate non importava poi molto.
Rick era davanti a lei
dopo quella che le era sembrata un’eternità. Ma il
ringhio della Gates le
risuonò in testa. Se si fosse presentata così
conciata al suo cospetto avrebbe
fatto una pessima figura oltre che perdere quel minimo di rispetto che
quella
si sforzava di dimostrarle.
“M-mi dispiace da
morire..i-io non ti avevo proprio
vista..” cercò di giustificarsi Rick.
Kate si sciolse di fronte a quel
balbettio. Era il
solito cucciolone imbranato di sempre.
“Lo so, non ti
preoccupare” rispose gentile “Ti trovo
bene..” aggiunse poi un po’ incerta.
“Anche io”
rispose Rick sorridendo.
Sarebbe restata lì in
mezzo alla strada con lui per
ore, ma doveva scappare a casa per cambiarsi ora, ed era lontana; si
doveva
affrettare.
“Scusa ma vado di fretta.
Ero di corsa già prima e
adesso lo sono ancora di più..” indicandosi il
petto “Devo correre a casa a
cambiarmi e forse riesco a mangiare un boccone prima di tornare al
distretto”
spiegò velocemente spostandosi dalla calca.
Rick la tallonò
prontamente. L’universo aveva parlato,
li aveva appena fatti rincontrare e nemmeno per sogno se la sarebbe
fatta
scappare nuovamente, tanto di dimenticarla non se ne parlava
proprio…
Ci aveva provato, ma era una causa
persa in partenza.
“Come mai? Avete un caso
scottante?” domandò,
aiutandola ad uscire dal flusso di persone che scorreva in
giù, verso Main
Street.
“No, niente di speciale,
ma la Gates è fissata con le
riunioni e ne ha programmata una alle 14:30 e se la perdo sono
guai!”
istintivamente guardò l’orologio “oh,
non ce la farò mai..” non avrebbe fatto
in tempo a cambiarsi nemmeno senza sciopero dei taxi.
Castle si sentì
colpevole e inutile. Aveva combinato
un casino come suo solito e voleva aiutarla a tutti i costi.
“E’ tutta colpa
mia, scusa..” disse tutto sconsolato.
Vederlo così le fece
male. Posò una mano sul suo
avambraccio con l’intenzione di confortarlo ma Castle
prontamente le bloccò la
mano sgranando gli occhi “il golfino!!”
“Come?”
domandò confusa
“Vieni con me!”
e così dicendo la prese per mano
trascinandola pochi metri più in là fino a
fermarsi davanti al suo pub.
Kate guardò
l’insegna dell’Old Haunt. Quanto gli era
mancato! Ma gli avrebbe fatto solo più male continuare a
frequentare il suo
locale.
Con un sorriso enorme, Rick
alzò la serranda e con le
chiavi che aveva in tasca aprì la porta e accese le luci.
La fece accomodare e richiuse la
porta a chiave, per
impedire ai clienti di entrare credendo il bar aperto.
“Perché siamo
qui, devo proprio andare Castle..”
“Abbi fede,
vieni”
La portò in fondo al
locale e con un’altra chiave aprì
la porta del seminterrato che portava al suo ufficio.
“Ma..che fine ha fatto il
passaggio segreto?” domandò
sorpresa guardandosi intorno.
In effetti notò parecchi
cambiamenti e le pareti erano
fresche di vernice.
“Ho dato una rinfrescata
all’ambiente e poi il
passaggio segreto era scomodo. Fico, ma scomodo..” rispose
sorridendo,
tralasciando che si era dovuto tenere occupato in quei mesi senza di
lei e che
aveva riversato parte delle sue energie nella ristrutturazione.
Scesero le scale e Kate
osservò bene anche l’ufficio.
C’era una scrivania con
un portatile, una stampante e
un telefono.
L’armadio che copriva
l’ingresso alle fogne era
sparito e l’ingresso stesso era stato murato.
Vari mobili avevano preso posto
attorno alle pareti
compresa una mini libreria. Sembrava una piccola riproduzione in scala
dello
studio che aveva a casa sua.
Rick la osservò mentre
si guardava attorno, finchè non
la vide posare lo sguardo sul suo mobile preferito.
“Hai un
divano?” domandò scettica
“Si”
“Qui sotto?”
“Si”
Aggrottò le
sopracciglia, incerta.
Ma perché nessuno
capiva. “Mi piace stare comodo..”
“Come vuoi, ma ancora non
ho capito perché siamo qui”
guardando nuovamente l’orologio.
“Ah, si..” lo
vide avvicinarsi all’attaccapanni posto
accanto alle scale. Prese un capo nero e glielo porse
“E’ il golfino che hai
dimenticato l’ultima volta che ci siamo visti qui a bere
tutti insieme..”
spiegò abbassando lo sguardo “speravo che saresti
venuta a riprenderlo..” L’aveva
tenuto con sé per tutti quei mesi come.. un porta fortuna
forse?
Kate se lo ricordava bene. Nei
giorno seguenti aveva
pensato molte volte di usare quel golfino come scusa per rivederlo ma
non lo
aveva mai fatto. Aveva deciso di provare a dare un taglio netto al loro
rapporto, proprio come Rick, perciò si convinse che fosse
meglio smettere di
pensarci e andare avanti.
Afferrò
l’indumento e le loro dita si sfiorarono.
Bastò un attimo. Nessuno
dei due seppe come, ma si
stavano baciando. Con foga, come se avessero fame l’uno
dell’altro.
Gettò a terra il golfino
che le occupava una mano. Una
volta libera lo afferrò alla nuca per attirarlo
più a se. Quasi senza
accorgersene entrambi cominciarono a liberarsi di cappotti e sciarpe.
Il
profumo di caffè aleggiava nell’aria dalla
camicetta di Kate.
Era da tanto che non lo respiravano
assieme. Si
staccarono controvoglia per prendere ossigeno.
Kate ansimava come se avesse corso
al maratona di New
York.
Poche boccate e gli si
scagliò nuovamente addosso,
completamente in balia delle sue emozioni.
In un barlume di
lucidità Rick la bloccò.
“Ferma..ferma..”
disse ancora ansimando per il bacio.
Kate tentò di
divincolarsi e proseguire nel suo
intento ma lui era più forte “Non voglio
fermarmi” sussurrò appena lei,
preoccupata che invece fosse proprio quello che volesse lui.
“Nemmeno io,
davvero” la rassicurò “ma non voglio
fare
l’amore con te per poi vederti scappare via dicendo che
è stato solo un
errore..” le disse guardandola negli occhi.
Kate scosse la testa annegando in
quel mare azzurro
“sono sicura” e la decisione con cui lo disse
dissipò qualsiasi dubbio lui
avesse.
Con il pollice le sfiorò
un labbro schiudendolo
leggermente per poi scendere sul collo.
Lei lo fissava con il respiro
accelerato, ipnotizzata
dal suo tocco caldo e delicato e dal modo in cui le contemplava il
collo.
Quando si piegò a baciarglielo, Kate chiuse gli occhi e si
aggrappò alle sue
spalle.
Ci
pensava spesso, soprattutto in quei mesi in cui l’aveva
evitato sperando di
dimenticarlo.
Pensava a come sarebbe stato se loro due avessero.. ma poi scacciava
quel
pensiero doloroso che le attorcigliava lo stomaco.
Con foga Rick sollevò la sua camicetta sporca premendo le
mani sulla sua
schiena morbida. Finalmente poteva toccare la sua pelle liscia.
Kate si
sentì bruciare sotto quel tocco. Quanto tempo sprecato a
rimandare
l’inevitabile...
Rick
tentò di slacciargli la camicetta ma lei lo fermò
bloccandogli i polsi a
mezz’aria “Piano, Rick...”,
sussurrò al suo orecchio “Lo sai che ci sono
sempre
io al volante...”.
Disse stuzzicandolo, ricordandogli che a lui non era mai permesso
guidare la
sua auto.
Solo una
volta aveva guidato Castle, a Los Angeles, ma quella era
un’occasione
particolare. Sia emotivamente che professionalmente.
Si morse
il labbro provocandolo come solo lei sapeva fare, e poi gli
lasciò i polsi.
Un lampo
di passione transitò nei suoi occhi e lei capì
che acconsentiva a lasciarle il
comando.
Le mani di Kate cominciarono a slacciare la camicia di Rick, un bottone
dopo
l’altro, lentamente, partendo dall’alto. Ad ogni
lembo di pelle scoperto Kate
lasciava una scia di baci umidi e caldi che lo stavano facendo
impazzire.
Una volta
aperta tutta la camicia si rialzò da terra e gliela
sfilò lasciandola al suolo.
Poi fu la
volta della cintura. Rick si lasciò spogliare come fosse un
manichino,
ammaliato dall’intraprendenza della sua musa. Quando anche i
pantaloni furono a
terra, lo aiutò a sfilarsi scarpe e calzini. Kate si
allontanò di qualche passo
per ammirare la visione completa di Rick in boxer davanti a lei.
Decisamente
aveva un bel fisico. Spalle larghe e stomaco piatto. Pensò
che si fosse messo a
dieta, perché lo trovò molto meno appesantito di
come se lo ricordava.
Non che
l’aspetto esteriore le importasse più di tanto,
quello che c’era tra loro
andava ben oltre il mero lato estetico; comunque non le dispiaceva
affatto che
si tenesse in forma e quello che aveva davanti a sé la
spinse a mordicchiarsi
nuovamente il labbro.
Questa
volta lo fece spinta dalla voglia e dalla passione.
Rick non
resistette oltre, la afferrò per un braccio e se la
tirò letteralmente addosso.
“Tocca a
me guidare ora” le sussurrò all’orecchio
nello stesso modo usato poco prima da
lei.
Come in
un passo di danza figurato le sollevò il braccio destro
sulla testa e la fece
ruotare su se stessa, per poi ritrovarsi abbracciato a lei di spalle.
Pareva
scomparire dentro quelle braccia muscolose.
Lasciò la
presa e lei non si mosse di un centimetro. Non ne aveva la minima
intenzione.
Le mise
le mani attorno al collo accarezzandole la gola, per poi scendere sulle
spalle
e proseguire lungo le braccia fino ad intrecciare le loro dita.
Posò le
loro mani unite sul ventre di Kate, completamente rilassata sul suo
petto.
Slegò le
loro dite per cominciare a slacciarle la camicetta. Con una mano
sbottonava e
con l’altra accarezzava la pelle che man mano gli si rivelava
sotto gli occhi,
fino a ritrovarsi nuovamente con entrambe le mani attorno alla sua gola.
Kate
inarcò la schiena e reclinò la testa
all’indietro. Rick ne approfittò per
salire ancora di più e
infilare le mani
tra i capelli, massaggiandole la testa.
Un gemito
gutturale le sfuggì dalla gola. Adorava i brividi provocati
dalle carezze ai
capelli.
Fiero di
quel gemito, Rick le tolse la camicia accompagnandola sulle spalle,
abbassando
anche gli spallini del reggiseno e affondando il viso nel suo collo.
Kate,
sentendo le sue labbra su di sé, gli afferrò le
mani e se le portò sul seno,
che lui strinse prontamente. Lo massaggiò e
torturò per qualche secondo,
infilandosi anche sotto la stoffa, per poi abbandonarlo e spostare
entrambe le
mani verso il basso.
Con
l’indice tracciò il contorno del bottone dei
jeans, con l’altra mano trovò
invece la zip.
Stette
per un attimo fermo e immobile ad assaporare il momento.
Respirò forte il
profumo di ciliegia dai suoi capelli “Rick..” la
sentì sospirare. Lei non
voleva che si fermasse.
“Lo so,
lo so, hai fretta...” rise lui contro il suo orecchio,
sapendo bene che non era
la fretta di tornare al distretto per la riunione quella che aveva Kate.
Cercava
di mantenere un tono giocoso, per alleggerire la tensione e
perché era così che
voleva fare l’amore con lei.
Le baciò
la nuca e da quel punto fece partire una lunga scia di baci che
terminarono sul
fondo schiena, appena sopra i jeans.
In
ginocchio alle sue spalle Rick slacciò i jeans e lentamente
li fece scorrere
lungo le sue lunghe gambe fino ai piedi. Kate scalciò in
avanti le scarpe col
tacco, perdendo così almeno dieci centimetri. Una gamba alla
volta l’aiutò a
sfilare i pantaloni.
Con le
mani rifece il percorso al contrario, rialzandosi.
La sua
musa era perfetta, sotto ogni aspetto.
Una volta
in piedi lei si voltò per essere nuovamente di fronte a lui
e lo aggredì,
letteralmente, con un bacio, spingendolo verso il divano.
Quando Rick ci sbattè contro con i polpacci la
fermò nuovamente “Solo un
secondo…” dandole un altro bacio “.. un
secondo..” la allontanò di poco, si
piegò su divano e infilò le mani fra i cuscini.
Con un
colpo di braccia ben assestato tirò verso di se, arretrando,
permettendo al
materasso di spiegarsi davanti a loro.
Kate
sorrise maliziosa “non scherzavi quando dicevi che ti piace
stare comodo..”
avvicinandosi nuovamente a lui.
“Visto
che si può, non vedo perché non
approfittarne” concluse la frase a fior di
labbra, depositandovi un bacio.
Le
raccolse le gambe passandole il braccio dietro le ginocchia, la prese
in braccio
e la depositò sul letto.
Con
infinita dolcezza le accarezzò i capelli, scendendo sul
viso, disegnando con
l’indice il contorno del naso per poi finire sulla bocca. Non
aveva mai
staccato gli occhi dai suoi. Era certo che lei lo volesse, ma aveva
sempre
quella paura che lei potesse scappare da un momento
all’altro, che la sua
maledetta razionalità sbucasse fuori e ripensasse a
ciò che stavano per fare.
Ma Kate aveva
dimostrato ampiamente che non voleva essere in nessun altro posto se
non lì,
con lui, ad accarezzarsi, baciarsi e fare l’amore.
Baciò il suo indice, facendo
aderire le sue labbra.
Richard
la fissava ancora. Lui non aveva fretta, voleva godersi il momento
appieno,
perché finalmente poteva essere libero di amare la sua musa.
Con la
mano continuò ad accarezzarle lentamente il collo, scendendo
sulla clavicola.
E poi non
resistette. Avvicinò la sua bocca ad essa, lasciando una
lunga scia di baci
infuocati lungo il collo.
Kate
aspettava una sua mossa.
Gli aveva
accarezzato le braccia e il petto, ma voleva che fosse lui a fare la
prima
mossa. Quando sentì le sue calde labbra lungo la sua
clavicola, non capì più
nulla.
Gli
afferrò il viso e lo costrinse a guardarla, e finalmente
unirono di nuovo le
loro bocche.
Rick
ruotò un po’ di più ritrovandosi
completamente sdraiato su di lei, reggendosi
con le mani, per paura di farle male.
Le loro
lingue erano fuse insieme, e in quella stanza si udivano solo i loro
respiri
profondi uniti a lunghi e prolungati gemiti.
Rick
scese con la mano, sfiorandole nuovamente il petto. Voleva liberarla di
quell’inutile pezzo di stoffa che intralciava la vista su
quel corpo perfetto.
Infilò
una mano dietro la schiena per poterlo sganciare, ma con sua sorpresa,
il
gancio non c’era.
Rimase un
attimo perplesso e allo stesso tempo confuso. Kate invece
capì subito, e
portandosi un dito sul labbro, maliziosamente esclamò
“La chiusura… è sul
davanti…”
Rick
sbattè le palpebre incredulo, ma ancora non muoveva un
muscolo. Così Kate, con
una voce estremamente sexy, che mai lui aveva potuto udire, gli disse:
“Guarda..”
Portò
entrambe le mani sull’incavo del seno, proprio dove stava la
chiusura e con una
lentezza infinita sganciò il gancetto.
Rimase
ammaliato da quella visione, ma si riprese subito in modo da non dover
far
attendere oltre la sua musa.
Allontanando
da lei il reggiseno, iniziò la sua lenta tortura. Con una
mano le sfiorò uno
dei seni, iniziando a massaggiarlo con cura, stuzzicandolo il tanto che
bastava
per farla sospirare di piacere. Invece sull’altro seno
concentrò la sua bocca,
assaporandolo, eccitandola come non mai. Si bloccò in quel
punto per
interminabili secondi, prolungando l’attesa.
Si spostò
poi sullo stomaco, mentre con la mano scendeva sul suo ventre piatto,
per poi
fermarsi quando arrivò al bordo degli slip di cotone.
Avrebbe
voluto sfilarglieli e farla gemere di piacere, ma come gli aveva
ricordato poco
prima, era lei a guidare.
In un
rapido gesto, Kate, cambiò le posizioni, ritrovandosi sopra.
Si
inchinò su di lui per baciarlo e Rick avvertì il
calore e l’eccitazione del suo
seno contro il suo petto.
Rick la
teneva forte a se, non la lasciava andare, stringendola per la schiena,
sentendole la pelle liscia sotto le sue mani.
Le sfiorò
i glutei, ma l’obiettivo delle sue grandi mani erano le sue
cosce vellutate,
che attendevano solo di essere toccare e accarezzate da lui.
Kate
muoveva il suo bacino contro il suo avvertendo la chiara eccitazione
maschile
farsi sempre più presente, contro di lei, tanto che non
riuscì proprio a
nascondere un gemito di frustrazione per tutta quella lunga attesa.
Attesa
dei preliminari. Attesa repressa in questi 4 lunghi anni.
Attesa di
non aver saputo aprire le braccia all’amore molto tempo
prima, e aver sprecato
tempo prezioso.
Ma ora
non aveva nessuna intenzione di perdere altro tempo con lui.
Era lui
l’uomo giusto.
Era lui
che c’era sempre.
Era lui
che l’amava davvero per quello che è. Sempre.
Gliel’aveva
detto svariate volte.
E ora
erano lì, beandosi di un piacere che solo le persone davvero
fortunate
riuscivano a capire, la completa fusione, non solo fisica ma anche di
anime.
Perché
lui ci credeva. Se lo ricordava bene, lui credeva negli unicorni e nei
doppi
arcobaleni, ma soprattutto nelle anime gemelle.
Sempre
guardandosi negli occhi, si tolsero reciprocamente gli ultimi indumenti
intimi.
Rick si
tirò su a sedere e la prese in braccio.
Fece un
respiro profondo.
“Ne sei
davvero sicura, Kate?”
Lei gli
si avvicinò e premette nuovamente le sue labbra sulle sue.
“Se non
fossi stata sicura, sarei scappata via subito. Sono sicura,
Rick.” disse, ma
poi abbassando il tono di voce continuò “Sono
sicura, perché ho sognato questo
momento così tante volte”
Felice
come non mai di sentire che anche la sua musa attendeva da tempo che
accadesse,
la baciò di nuovo, con passione, con amore. Era davvero
innamorato di lei e
quei tre mesi di lontananza non avevano fatto altro che incrementare i
suoi
sentimenti.
Kate si
sedette a cavalcioni su di lui, e Rick lentamente la
penetrò, cercando di non
farle male.
Quando fu
completamente dentro di lei, entrambi emisero un gemito di piacere, ma
lui notò
che in quel suono oltre al piacere Kate nascondeva anche un
po’ di dolore.
Il panico
s’impossessò di lui, aveva troppa paura di farle
male e non voleva che lei
soffrisse a causa sua.
“T-ti ho
fatto male?”
“….no.”
“Ma…se ti
faccio male dimmelo e io…” ma Kate lo
bloccò.
“Rick…
sta zitto!” disse sorridendo maliziosamente, iniziando a
muovere il bacino
contro di lui in segno che ormai era pronta.
Iniziarono
quella che era una danza antica come il mondo, baciandosi e muovendosi
insieme,
simultaneamente, come se i due corpi fossero stati fatti per
incastrarsi alla
perfezione come due pezzi dello stesso puzzle.
Rick la
strinse a se, e la fece sdraiare sul materasso, ancora preoccupato che
quella
posizione potesse arrecarle dolore.
Continuava
a sfiorarle ogni centimetro del suo corpo, avido di averla tutta per
se. Era
sua.
Le spinte
si fecero più veloci, incitate da lei, che non avvertiva
ormai nessun dolore.
Solo passione, calore e amore.
Gli
allacciò le gambe dietro il bacino, avvicinandolo
maggiormente e facendo
aderire il petto sudato e ansante contro il suo.
I gemiti
da prima soffocati si stavano trasformando in urla di piacere che
nessuno dei
due poteva nascondere.
Quando le
unghie di Kate scavarono la sua pelle sulla sua schiena, lui
capì che era molto
vicina al piacere supremo, e alcune spinte dopo entrambi raggiunsero
l’apice,
di quello che era un piacere che mai con nessun altro avevano provato.
Le urla e
il fiatone si spensero un po’ più tardi del
previsto. I loro corpi sudati
aderivano l’uno all’altro, come se non volessero
staccarsi.
Kate
tremava ancora per le forti emozioni appena provate, e Rick, staccatosi
da lei,
la strinse in un abbraccio, facendole posare la sua testa sul suo petto.
E lì Kate
sentì il cuore di lui, battere per lei, e lei soltanto.
Si
coprirono maldestramente e rimasero lì, abbracciati, con le
gambe intrecciate,
poco importava se la Gates avrebbe urlato contro Beckett.
In quel
momento esistevano loro due. Rick e Kate.
Angolo
dell’autrice:
Mariiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii grazie
mille per avermi
gentilmente arrossato il capitolo!!!
Fatele tutte un
bell’appaluso!!!
CLAP CLAP
Ahahahaha e detto questo sotto con
i commenti!
Sbaglio o questo chapter lo
aspettavate da tanto?? xD
Un bacione grosso a tutte!!!!
Ivi87
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Capitolo 9 *** Sono felice, se tu sei felice ***
# Sono felice,
se tu sei felice
“L’avevo
detto io che questo divano era speciale!”
sussurrò Rick mentre la guardava rivestirsi.
“Come?”
domandò Kate cercando le scarpe.
Rick
scosse la testa come a dire che non era niente di importante. Se ne
stava ancora
beatamente sdraiato a contemplarla quando sorrise nel vederla tutta
arruffata
mentre cercava i suoi vestiti.
“Avevi
detto che non saresti scappata via dopo aver fatto
l’amore!” protestò Rick
afferrandole le gambe e costringendola a gattonare sul materasso.
“Ho detto
che non sarei scappata via dopo aver fatto l’amore, non ho
mai detto che non
sarei scappata via dopo averlo fatto due volte!!” lo
baciò veloce e si
divincolò verso la camicetta ai piedi del letto.
“Fregato
da un cavillo!”
Rick si
alzò e raccolse il golfino “Non dimenticare
questo”
Kate lo
afferrò, infilandoselo velocemente. Una volta abbottonato
copriva interamente
la macchia di caffè.
“Si può
essere grati ad un golfino?” domandò grattandosi
una tempia.
Kate
rise, mentre recuperava anche cappotto e sciarpa. “Che ore
sono?” chiese poi
“Le tre
appena passate” rispose Rick porgendole l’orologio
di suo padre.
“La Gates
mi ucciderà!” commentò allacciandoselo
al polso.
“Ryan e
Esposito dicono che è soprannominata Iron
Gates, è vero?” chiese divertito nel
vedere l’integerrima detective Beckett
in evidente difficoltà e, soprattutto, intimidita da
qualcuno.
“Mai
soprannome fu più azzeccato!” disse andando verso
le scale.
Quando
notò che Rick non la seguiva e non si era nemmeno rivestito
chiese “Resti qui?”
“Si, io
stavo venendo qui in ogni caso a scrivere un po’
e...” sospirò guardano il
divano letto completamente disfatto “...ora come ora sono
parecchio ispirato!”
Kate alzò
un sopracciglio stizzita, ma quando guardò anche lei quel
groviglio di lenzuola
un sorriso le sfuggì.
“Però ti
accompagno alla porta” disse con fare galante, inchinandosi.
Salirono
le scale e raggiunsero la porta a vetri.
“Ti
conviene nasconderti, sei solo in boxer, spaventerai i
clienti” disse
scherzando, un po’ imbarazzata e un po’ dispiaciuta
per doversene andare.
“Oppure
accorreranno a centinaia..” disse beffardo, con uno splendido
sorriso
malizioso.
Beckett
lo guardò minacciosa e stava per replicare quando si
ritrovò incollata alla
porta, coinvolta in un bacio caldo e possessivo.
Pochi
secondi e Rick la lasciò libera ma Kate non si mosse di un
centimetro.
Lo
fissava incantata. Non poteva crederci, ma era successo realmente.
Mille
pensieri le affollavano la testa.
Doveva
scappare e anche di corsa. Ma voleva restare, chiusa in quel bar, per
tutta la
vita.
Strizzò
gli occhi cercando di riprendersi.
“Ci...ci
vediamo stasera?” balbettò e incespicò.
Per più
di un’ora era stata passionale, sensuale e intraprendente e
ora balbettava come
una ragazzina alla prima cotta.
“Mi stai
invitando a cena, detective?” domandò divertito,
non che lui stesse meglio, ma
almeno, a quanto pare, riusciva a parlare.
“Io..ehm..
credo di sì.. cioè si, SI, ti sto invitando a
cena!” riuscì a dire con più
convinzione poi.
Era
troppo tenera. Le diede un bacio.
“Alle
venti va bene?” chiese a fior di labbra.
“Alle
venti è perfetto!” rispose regalandogli un
meraviglioso sorriso.
Il
campanello dell’ascensore le annunciò
l’arrivo al quarto piano del distretto.
Raggiunse
la sua scrivania rapidamente cercando di non dare nell’occhio.
Il tempo
di levarsi cappotto e sciarpa e fu subito inondata dalle domande,
alternate,
dei suoi due colleghi detective.
“Beckett
ma si può sapere dove diamine sei stata?”
“La Gates
ha un diavolo per capello!”
“Che
t’è
preso?!”
“Ti è
successo qualcosa?”
“Stai
bene?”
“Ma
quello? Non ce l’avevi il golfino nero
stamattina…”
A Kate
venne un colpo nel sentire quell’ultima considerazione di
Ryan.
Rispose
mascherando l’imbarazzo.
“Cos’è questo terzo grado?!”
fissandoli seria “Sono
stata..trattenuta..” il che, in un certo senso, era
vero… “ora vado dalla Gates
e glielo spiego..” proseguì deglutendo con forza.
“Auguri..”
le dissero in coro Ryan e Esposito.
Bussò
energicamente alla porta del capitano ed entrò a testa alta.
Decise di
prendere la situazione di petto. Lei non aveva niente da nascondere!
O meglio,
aveva mezzo pomeriggio di sesso da nascondere, ma non poteva di certo
capirlo
solo guardandola in faccia no? I contrattempi accadono tutti i giorni,
uno non
se li aspetta, ma accadono, la Gates avrebbe dovuto farsene una
ragione! E poi…
si era persa una riunione, che sarà mai?
Lo
sguardo del Capitano Victoria Gates passò dal fascicolo che
stava leggendo alla
detective in piedi di fronte a lei. Bastò una sua occhiata
per sciogliere tutta
quella sicurezza che cercava di dimostrare.
“Detective
Beckett, mi onora della sua presenza finalmente” disse
beffarda, ma senza il
minimo segno di sorriso sul suo volto.
“Signore,
le chiedo scusa per il ritardo ma ho avuto un contrattempo”
spiegò Kate fingendo
disinvoltura.
“E che
tipo di contrattempo, sentiamo?” domandò il
capitano.
Kate non
se l’aspetta. Non credeva volesse i dettagli.
“E’ una
situazione.. personale, signore…” disse titubante.
“Che
intende? Problemi in famiglia?” chiese sempre seria.
E Kate si
sentì orribile, ma in quel momento la vide come unica
soluzione “Si, si..ecco…
mio padre, non è stato molto bene e…”
la Gates la bloccò immediatamente.
“Beckett,
non mi interessano le condizioni di salute dei suoi famigliari! Il
punto è che
doveva avvisare! Perché non ha risposto alle
chiamate?” tuonò all’improvviso.
Mentre
correva al distretto le aveva viste tutte e dieci le chiamate. Ma ormai
rispondere non sarebbe servito a nulla.
“Credo
che il mio telefono abbia dei problemi..” mentì
ancora “..a volte l’audio non
funziona..”
La Gates
si passò le mani in volto, sconvolta, come se avesse a che
fare con una bambina
di cinque anni.
Beckett
non resistette più. Lei non piagnucolava così per
una stupida riunione mancata!
Prese il
toro per le corda “Signore, mi dispiace, mi sono lasciata
prendere dalla
situazione e ho perso la cognizione del tempo, non accadrà
mai più” disse con
più sicurezza questa volta.
Forse
perché non aveva mentito, solo che la Gates non sapeva di
quale situazione stesse parlando.
“Lo spero
per lei Beckett, c’è sempre bisogno di ausiliari
del traffico a New York…” le
disse minacciosa, prima di congedarla.
Quando
uscì non potè evitare di tirare un lungo sospiro,
seguito poi da una lieve
risatina.
Se era il
prezzo da pagare per stare con l’uomo che amava, si sarebbe
fatta sgridare
tutti i giorni. Sorrise radiosa passando una mano sul golfino.
Alzò gli occhi e
vide Ryan e Esposito che la fissavano straniti e increduli. Si
ricompose in un
attimo e si sedette alla scrivania a compilare rapporti.
Richard
Castle non si era mai sentito meglio in vita sua.
Aveva un
sorriso enorme dipinto in volto da almeno un paio d’ore e, di
questo passo, la
paralisi facciale era ormai assicurata.
Scrisse
per il resto del pomeriggio, poi cancellò tutto. Poi
ricominciò da capo e
scrisse la scena di sesso tra Nikki e Rook più bollente e
romantica che fosse
mai stata scritta.
Due ore
dopo era esausto. Rise tra se pensando ...overdose
da ispirazione...
La sua
Musa già di per sè lo ispirava tutti i giorni, ma
ora, questo nuovo lato di
lei, di loro…
La
situazione si era ribaltata, capovolta, migliorata. Ok basta aggettivi.
Smise di
arrovellarsi il cervello, spense tutto e chiuse l’Old Haunt
diretto verso casa.
“Famiglia,
sono a casa!” disse a voce alta dall’ingresso.
Alexis
fece segno di abbassare la voce indicando il telefono che reggeva
all’orecchio.
“E’ al
telefono con Ashley da un’ora” spiegò
Martha dalla cucina.
“Ohhh che
carini, che dolci che sono!” commentò Rick,
osservando la figlia.
Martha
posò il bicchiere d’acqua sorpresa “Sei
di buon umore Richard!” constatò.
“Madre,
sono di ottimo umore, favoloso, magnifico umore!!”
dichiarò aprendo il
frigorifero e rubando un acino d’uva.
“Ti credo
sulla parola, figliolo..e come mai? E’ successo qualcosa di
importante?” provò
a chiedere la donna con noncuranza, fingendo poco interesse.
Rick si
voltò di spalle guardando fuori dalla finestra
“Sbaglio o oggi il cielo è più
blu?”
Martha
capì che voleva solo eludere la sua domanda
“Richard…”
L’uomo
l’abbracciò forte sollevandola un po’ da
terra “Sono l’uomo più felice del
mondo in questo momento!” quando la rimise a terra, Martha
guardò bene in volto
suo figlio.
C’era
solo una persona che poteva portarlo dalle stelle alle stalle, e
viceversa, a
quel modo.
“Non
avrai per caso incontrato Kate?” domandò
sorridendo.
Rick fu
preso alla sprovvista. Non se l’aspettava, ma sapeva che la
madre lo conosceva
fin troppo bene.
“Non
confermo ne smentisco..” rispose infine, con un mezzo sorriso
che lasciava
capire tutto.
In
quell’istante Alexis chiuse la telefonata con il fidanzato e
raggiunse padre e
nonna in cucina.
“Cosa
succede?”
Rick la
stritolò in un abbraccio “Oh, tesoro mio, non ti
sembra più blu il cielo, oggi?”
Alexis
rise tra le braccia del padre “Noto che sei felice,
papà!”
“Molto,
ma non sono sicuro se quello che rende felice me, renderà
felice anche te..”
ammise serio, sciogliendo di poco l’abbraccio.
“Io sono
felice, se tu sei felice” rispose sua figlia guardandolo
negli occhi.
Rick si
sentì un po’ più sollevato
“Stasera non resto per cena ma che ne dici se
domattina ti accompagno alle lezione di scherma e parliamo un
pò?’’
“Possiamo
fare anche dopo cena se vuoi, ti aspetto alzata” propose
invece.
“Ehm…”
Rick pensò qualche secondo a come formulare la frase
“…non sono sicuro di…”
distolse lo sguardo dalla figlia “…tornare a casa
stanotte…”
Alexis si
staccò dal padre “Ehu..che schifo..”
mugugnò ridendo, dandogli un bacio sulla
guancia e correndo in camera sua. Dalle scale si sentì un
“Ci vediamo
domattina!” urlato, prima di chiudere la porta della sua
stanza.
Rick
ridacchiò tra sé prima di guardare la madre
mettersi ai fornelli e, con fare da
diva, ripetergli “Che schifo!”
“Cosa?
Quello che stai per cucinare?” ribattè veloce,
lasciandola di stucco.
Erano le
venti e da un momento all’altro Castle avrebbe suonato il
campanello.
Kate si
era cambiata tre volte dopo aver fatto la doccia.
Non
sapeva che mettersi o cosa aspettarsi da quella serata.
In effetti
ora cos’erano? Erano solo stati a letto insieme o era
l’inizio di una storia?
Le si
attorcigliò lo stomaco per i troppi pensieri. Decise di
vestirsi casual ma con
un pizzico di eleganza che non guasta mai.
E il
tacco 10 fa sempre la sua degna figura.
Preparò
una semplice pasta al sugo, ricetta italiana, che sapeva gli sarebbe
piaciuta.
Mentre si
torturava le mani nell’attesa, il campanello suonò.
Fece un
bel respiro e con passo lento e misurato andò alla porta.
La calma
era la virtù dei forti no?
Quando si
ritrovò gli occhi azzurri di Rick davanti a sé,
quella calma ostentata vacillò
lasciandola in balia delle proprie emozioni.
Rick le
sorrise spostando l’attenzione sull’enorme mazzo di
rose rosse che le aveva
portato.
Kate le
prese incantata da quel rosso splendente e si spostò per
farlo entrare.
Erano
entrambi in evidente imbarazzo e Rick decise di provare a rompere il
ghiaccio.
“Spero
che ti piacciano, non so se sono proprio adatte alla nostra situazione.
In
effetti non credo che ci sia un fiore adatto alla nostra situazione, ma
le rose
rosse sono simbolo di amore e passione e noi
oggi..insomma..è meglio se sto
zitto vero?” le chiese infine esausto per quello sproloquio.
“Si, è
meglio” rispose Kate ridendo, intenerita da quella goffaggine.
Sistemò
le rose in bella mostra sul tavolino basso in salotto e poi
tornò in cucina.
Ci voleva
qualcosa che aiutasse a rilassare entrambi.
“Vino?”
domandò lei estraendo due bicchieri dalla credenza.
Ne
bevvero un sorso cercando di darsi un contegno e fingendosi a loro agio.
Poi i
loro sguardi si incrociarono e contemporaneamente scoppiarono a ridere.
Entrambi
svuotarono i loro bicchieri in un sol colpo, ammettendo così
l’un l’altro di
essere totalmente agitati.
Rick
allungò un braccio verso di lei “Vieni
qui” disse improvvisamente più serio.
Lei si
lasciò attirare tra le sue forti braccia, poggiando il viso
sulla sua spalla e
cingendogli la schiena.
L’uomo
respirava forte il profumo di ciliegia dai suoi capelli e lentamente
cominciò a
dondolare in una specie di dolce danza che li cullò per
alcuni minuti.
Bastò
quell’abbraccio per spazzare via tutta la tensione e
l’insicurezza.
Cenarono
più sollevati, le mani intrecciate sul tavolo. La bottiglia
di vino ormai
vuota.
Rick si
complimentò per l’ottima cucina di Kate e la
aiutò a sparecchiare.
Avevano
parlato di molte cose, di quello che avevano fatto in quei mesi di
separazione
e di cosa era successo con Josh.
...Mi
piaceva davvero tanto. Ma non era abbastanza… aveva detto lei. Senza contare il
fatto che
nell’ultimo periodo era ossessionato all’idea che
lei frequentasse Castle anche
fuori dal lavoro.
Poi
l’atmosfera si era alleggerita un po’,
raccontandogli di Lanie e Jenny
traumatizzate dalla sua moto, e della Gates e di quanto tutti al
distretto la
temessero.
Si
spostarono sul divano.
“Che
scusa hai usato per questo pomeriggio?” le chiese
avvolgendole un braccio
attorno alle spalle.
Kate si
coprì il volto con le mani in imbarazzo al ricordo
“E’ stato terribile, a
momenti voleva i dettagli! Io speravo di cavarmela con un ‘mi scusi ho avuto un
contrattempo’ e invece mi ha tempestata di
domande…” disse colorandosi un po’ di
rosso.
Rick rise
immaginandosi la scena “E i ragazzi?” chiese poi.
“Idem, mi
hanno fatto il terzo grado! E poi Ryan se ne esce con ‘e
quel golfino? Stamattina non l’avevi’ mi
è quasi venuto un
colpo!”
Rick le
spostò una ciocca di capelli, ammaliato da quella Kate
così spontanea e
naturale.
E adorava
la sua capacità di arrossire in ogni momento.
Le diede
un lieve bacio che lei ricambiò, trasformandolo in un bacio
più profondo e
sensuale.
“Scusami”
sussurrò Kate quando ripresero fiato.
“Per
cosa?” domandò stupito Rick.
“Per quel
messaggio che ti ho lasciato mesi fa”
“Non fa
niente, credo ci abbia fatto bene invece”
Già,
forse sarebbero i soliti Castle e Beckett senza quel messaggio.
Un’altro
bacio li unì ma stavolta fu Rick a parlare dopo essersi
allontanato e
guardandola bene come se avesse i raggi x al posto degli occhi.
“Ora non
hai più scuse detective, me la devi fare vedere!”
Kate
arrossì nuovamente e Rick si affrettò a precisare
“una tua foto sulla Harley,
intendo! Katherine Beckett non l’avrei mai
detto…”
“Era un
doppio senso piuttosto evidente!” tentò di
giustificarsi lei, alzandosi e
frugando in qualche cassetto.
“Sei tu
che sei troppo maliziosa!”
Lo
raggiunse sul divano con un album di fotografie in mano “Tra
noi due la
maliziosa sarei io, eh?” gli disse con una delle occhiatacce
di sempre che
tanto gli erano mancate.
Sfogliò
qualche pagina ben attenta a non mostrare allo scrittore troppe foto e
ne
estrasse una di quando aveva 16 anni, a cavallo del suo gioiellino.
Quando
gliela porse Rick restò incantato. Era bellissima
già da adolescente e i tratti
del viso erano pressoché gli stessi. Era la sua musa da
bambina, allegra e
spensierata.
Ancora
non sapeva quanto la vita sarebbe stata dura per lei.
“Non ne
ho una recente, non l’ho più usata
molto..dopo…” e Rick sapeva benissimo che
quel dopo era riferito
all’omicidio
della madre.
Tese la
mano per riavere lo fotografia ma Rick si alzò di scatto
ancora con gli occhi
puntati sulla Kate ragazzina “Aspetta un secondo..”
Impossibile,
non poteva essersene accorto. Aveva scelto quella foto proprio
perché scattata
in una giornata ventosa e i capelli le coprivano un po’ il
volto.
Rick
posava lo sguardo ad intermittenza prima sulla foto e poi sulla donna,
ormai da
qualche secondo.
“Ok, ora
ridammela!” disse lei nervosa, raggiungendolo.
Rick
scappò di lato, arrivando in cucina con la foto ancora ben
stretta tra le mani.
“Oh mio
Dio, Kate!!” urlò lui una volta capito tutto
“Ti
assicuro che non è come sembra” cercò
di mitigare Kate.
“Ti sei
rifatta il naso!”
“Allora
si, è come sembra…” ammise sconfitta.
Rick
smise di correre e le lasciò prendere la foto.
L’abbracciò e con l’indice
tracciò il contorno di quel bel nasino.
Lei
sapeva bene che ora lui avrebbe voluto sentire il racconto della Katie
nella
foto e così lo accontentò “A quel tempo
ero così insicura sul mio aspetto e mi
ero fissata di avere un naso orrendo. Lo odiavo e non lo sopportavo.
Così
quando cominciai a lavorare per comprarmi la moto in segreto mettevo da
parte
qualcosa anche per l’operazione.”
“Ma
quanti lavori facevi?”
“Babysitter,
dog sitter, ripetizioni, qualunque cosa trovassi!”
“Eri già
parecchio testarda eh!?”
“Già, ad
un certo punto mia madre capì che non mi davo
così tanto da fare solo per la
Harley”
“Cosa
successe?” domandò Rick rapito da quel nuovo lato
della sua musa.
Una
ragazza normale e vanitosa come giusto che fosse.
“Le dissi
le mie intenzioni, non lo consideravo un grosso problema. Invece mia
madre la
prese parecchio male. Mi disse Katie
perché vuoi rovinare il bel lavoro che ho fatto? Quel nasino
l’ho fatto io con
tanto amore!”
“E tu che
le hai risposto?”
“Che era
un nasone, non un nasino!”
Entrambi
risero, poi Kate proseguì “Il discorso
andò avanti per parecchi giorni,
ovviamente tenendo all’oscuro papà. Mi avrebbe
veramente chiusa in convento se
l’avesse saputo.”
“Come
l’hai convinta?”
“In
realtà non credo di esserci mai riuscita veramente, ma
capì che in un modo o
nell’altro mi sarei rifatta il naso, anche di nascosto e
magari da qualche
macellaio incapace, così anche se non capiva pienamente la
mia decisione mi
accompagnò in una clinica privata”
“E tuo
padre come la prese? Cosa gli avete raccontato?”
domandò Rick sempre più
incuriosito.
Kate
scoppiò a ridere al pensiero “Mia madre gli
raccontò che l’avevano chiamata con
urgenza in ufficio spiegandole che durante l’ora di
educazione fisica mi ero
presa una pallonata in piena faccia, spaccandomi così il
naso e che andava
immediatamente ricostruito”
“Tuo
padre ancora oggi è ignaro di tutto?”
domandò divertito.
“Non
saprei, non credo che l’avesse completamente bevuta. E
comunque si sono sempre
raccontati tutto, perciò credo che ad un certo punto
gliel’abbia confessato..”
Rick
l’abbracciò forte e le lasciò un dolce
bacino sul naso “Sono sicuro che eri
carinissima, ma questo adesso è il mio nasino!”
abbassandosi poi sulle sue
labbra.
Kate si
abbandonò quasi come fosse il loro primo bacio
anziché l’ennesimo di quella
giornata.
La serata
stava ormai per finire, era quasi mezzanotte e Kate pensò di
mettere bene in
chiaro che non intendeva dormire da sola quella notte.
Molto
lentamente si staccò da lui con passo sinuoso da gatta.
“Dove
vai?” chiese, infastidito da quel distacco.
“In
camera da letto” rispose sempre di spalle, continuando ad
ondeggiare i fianchi
“Non vieni?”
Angolo
dell’autrice:
ed ecco un capitolo tutto
caskettoso dopo che sono
stati separati così tanto!
Però gente preparatevi
che dal prossimo capitolo il
signore oscuro comincia a fare capolino xD
Un bacione e tutte!! xD
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Capitolo 10 *** Mi fido di te ***
# Mi
fido di te
Le prime
luci dell’alba li sorpresero a letto mentre chiacchieravano
teneramente.
Rick,
sdraiato a pancia in giù si godeva le coccole di Kate che,
girata su un fianco
gli accarezzava i capelli corti.
“Te lo
giuro Rick, la Gates non ti sopporta!” ridacchiò
Kate.
“Ma se
non mi ha mai visto? Non ha senso!” protestò lui.
“Evidentemente
la tua fama ti precede”
“E non è
totalmente affascinata da me?” lanciandole un sorriso
sbruffone che la fece
ridere.
“Affascinata
non è il termine che userei..”
“E quale
termine useresti?”
Finse di
pensarci un po’ su “Ti odia Rick,
palesemente!” disse poi.
“Cosa?
No, è impossibile”
“Il primo
giorno di lavoro dopo la mia convalescenza mi convoca nel suo ufficio e
senza tanti
preamboli mi domanda …Allora?
Dov’è
questo scrittore dilettante che gioca a fare il poliziotto di cui ho
tanto
sentito parlare? Avrei giusto un paio di cose da dirgli…”
“Kate,
sono nudo! Ti sembra il momento di prendermi in giro?” disse
allegro, credendolo
uno scherzo.
“Giuro
che ha detto così, parola per parola”
“Dilettante?
Ha veramente detto dilettante?” alzò la testa dal
cuscino per poi lasciarla
ricadere pesantemente.
“Oh, si.
La richiesta di Alexis di non seguire più i casi ti ha
salvato dall’essere
mangiato vivo, credimi…”
“E’ solo
che non mi conosce..” insistette lui.
Kate
scosse la testa divertita.
“Io
piaccio a tutti!”
“Non alla
Gates, a quanto pare” lo schernì.
“Forse se
le mandassi dei fiori…”
“No!
No…lascia stare…” lo bloccò
immediatamente lei.
“Su, non
fare la gelosa”
“Cosa?
Non era quello che intendevo..” ma Rick non la
lasciò finire rubandole un bacio
e rotolando sopra di lei.
Fresco di doccia Castle scese
velocemente le scale di
casa sua.
Era ancora su di giri nonostante le
pochissime ore di
sonno ed era affamato.
In cucina trovò Alexis e
Martha ancora in pigiama e in
vestaglia.
“Cosa ci fate ancora
mezze addormentate? Il mattino ha
l’oro in bocca!”
Alexis lo guardò stupita
bloccando a mezz’aria il
biscotto che stava addentando.
“Non lo mangi?”
il padre veloce glielo rubò,
infilandoselo in bocca, sorridente.
“Ma come siamo pimpanti,
caro! Hai passato una bella
nottata?” domandò Martha.
L’entusiasmo di Rick si
spense di colpo “Madre! Non
sono cose da chiedere queste!” rispose con fare offeso
“Comunque sì, ho passato
una splendida nottata!” aggiunse poi con aria sognante,
prendendo un altro
biscotto.
La donna rise, non aspettandosi
quel commento.
“Papà, non
traumatizzarmi di prima mattina!” gli disse
Alexis, rubandogli a sua volta il biscotto dalle dita.
La ragazzina se ne andò
in camera a vestirsi e a
preparare la borsa per la scherma.
Dopo un primo sorso di
caffè, il silenzio piombò nella
stanza.
Alzò gli occhi dalla
tazza e trovò quelli della madre,
indagatori.
Si sentì improvvisamente
un adolescente colto in
fallo.
“Cosa avete intenzione di
fare?” domandò la donna con
un sopracciglio malizioso alzato.
“C-chi?”
rispose Castle fingendo indifferenza.
“Sai benissimo che sto
parlando di te e di Kate!”
Rick finì il
caffè restante e posò un bacio sulla
fronte della madre “Devo parlarne con Alexis prima, poi ti
racconto tutto.
Promesso!” e si allontanò, anche lui come la
figlia per andare in camera sua.
“Sarà meglio
per te, si deve fare in fretta a cercare
la chiesa e il ristorante…”
La saliva gli andò di
traverso mentre saliva i
gradini.
Per raggiungere la scuola di
scherma decisero di
attraversare Central Park.
Dicembre era iniziato da poco ma la
prima neve
dell’anno non si era ancora decisa a scendere.
Le passeggiate erano ancora
piacevoli e Central Park
regalava sempre nuovi colori e nuove emozioni.
Padre e figlia camminavano fianco a
fianco in
silenzio.
Rick si rigirava tra le mani la
tracolla della sacca
di Alexis, incerto su come iniziare il discorso.
“C’è
una cosa molto importante di cui ti vorrei
parlare”
“Qualunque cosa sia, ti
ricordi cosa ti ho detto ieri
sera?”
Castle ci pensò per
qualche secondo, poi ricordò.
“Sono felice se tu sei
felice” ripetè Alexis “Sei
felice, papà?”
“Molto”
riuscì solo a dire.
“Ed è per via
di Kate?” chiese sua figlia con sguardo
divertito.
“E’
così evidente o te l’ha suggerito la
nonna?”
“C’è
solo una persona che riesce a farti cambiare
umore così repentinamente, a parte me”
spiegò lei.
Castle annuì, abbassando
lo sguardo.
Sua figlia ormai era grande e
innamorata. Era una
donna che presto se ne sarebbe andata a raggiungere il suo ragazzo a
Standford.
Certi discorsi ora non erano più così
imbarazzanti anche se una parte di lui
avrebbe continuato a vederla come la sua piccola carotina.
“E a te sta
bene?” domandò poi cauto.
Alexis si fermò stupita
“Mi stai chiedendo il permesso
di stare con Kate, papà?”
“No, io.. non lo so a
dire il vero, voglio solo sapere
cosa ne pensi…”
Non si era mai sentito
così vulnerabile in vita sua.
Una parola di sua figlia avrebbe potuto distruggere tutto.
“Non me l’avevi
mai chiesto…” esclamò lei basita. Poi
si ricordò della lunga chiacchierata che avevano avuto prima
del matrimonio con
Gina “…non così direttamente
almeno”
“Non avevo mai trovato
nessuna importante quanto te,
prima d’ora” ammise, stringendole la mano.
Si guardarono negli occhi per
qualche istante.
“Non potrei mai impedirti
di stare con qualcuna,
soprattutto con Kate.” disse proseguendo a camminare.
Un sorriso spuntò sul
volto di Castle. La raggiunse e
proseguirono nuovamente fianco a fianco.
“Ma grazie per avermelo
chiesto. È importante per me”
Castle le circondò le
spalle “È importante anche per
me, tesoro. Tu sei importante per me” le disse lasciandole un
leggero bacio sui
capelli.
Alexis sorrise tra le braccia del
padre, stringendosi
più a lui.
Era grande ormai, ma in certi
momenti le piaceva
ancora sentirsi bambina, protetta in quell’abbraccio.
Mancava poco per arrivare a lezione
e c’era ancora una
cosa che Alexis doveva sapere.
“Su, raccontami tutto,
come vi siete incontrati? Cos’è
successo? E ti prego, tralascia tutto ciò che una figlia non
dovrebbe mai
sapere su suo padre..” concluse ridendo.
Castle si unì alla
risata e iniziò il racconto.
Per la seconda volta in quella
mattinata, rientrò in
casa con il sorriso sulle labbra.
Vide Martha in soggiorno infilarsi
i guanti azzurri,
da abbinare al cappotto del medesimo colore, appeso
all’ingresso.
“Deduco che la
chiacchierata con Alexis è andata bene”
constatò lei, solo guardandolo in volto.
“Non so come o
perché, ma ho la figlia migliore del
mondo!” rispose tutto fiero e orgoglioso.
“Ora finalmente
potrò sapere anche io cosa è successo
o devo chiamare direttamente Kate?”
Il campanello suonò
prima che lui ebbe modo di
rispondere.
“Madre lascia perdere le
bomboniere, per carità, vuoi
farla scappare a gambe levate?” disse ridendo mentre apriva
la porta.
“Ma quanto avete
intenzione di aspettare figli miei,
altri quattro anni?”
La voce dell’attrice
raggiunse Castle e il signore in
giacca e cravatta che attendeva di essere ricevuto.
“La scusi, mia madre ha
una voce terribilmente
squillante quando tocca certi argomenti..” prese parola
Castle “La posso
aiutare?” domandò allo sconosciuto.
L’uomo porse la mano
“Piacere Sig. Castle, mi chiamo
Steve Forbes dello studio notarile Forbes&Gilbert”
Castle afferrò la sua
mano e lo invitò ad entrare,
conducendolo nel suo studio.
“Non le nascondo che sono
sorpreso, Sig. Forbes”
ammise lo scrittore. Non era certo una visita di tutti i giorni.
“Non si preoccupi,
sarò breve” disse l’uomo poggiando
la sua ventiquattrore su di un angolo libero della scrivania e facendo
scattare
le due chiusure meccaniche.
Ne estrasse una busta bianca
rettangolare non
affrancata e una plico beige più grande.
“Ho ricevuto istruzioni
dettagliate da un nostro cliente,
Sig. Castle. Le dovevo consegnare questi documenti a novanta giorni
esatti
dalla sua morte.”
“Che sarebbe oggi
immagino” dedusse Castle.
“Esattamente”
il Sig. Forbes glieli porse e poi
richiuse la valigetta.
Castle li prese con mani tremanti.
C’era solo una
persona che poteva avergli mandato quei documenti e che era morta tre
mesi
prima.
“Roy Montgomery le ha
dato queste istruzioni?” chiese
incredulo.
“Il Sig. Montgomery
è nostro cliente da svariati anni.
Il nostro studio custodisce queste carte per lui da molto tempo. Circa
una
settimana prima della sua morte ci diede istruzioni di consegnare a lei
e lei
soltanto questo plico. Ma solo dopo un tempo minimo di tre mesi dalla
sua morte.
Disse che doveva aspettare che le acque si fossero calmate.”
Castle vide l’uomo un
po’ scosso, ma lo lasciò
proseguire.
“Sembrava sapesse che gli
restava poco tempo ormai.
Aggiunse al plico quella busta bianca che le ho dato e non disse altro
se non
che dovevo consegnarglieli a mano e di persona.”
Castle restò in
silenzio, elaborando le parole del
Sig. Forbes.
“Non
c’è altro che può dirmi?”
domandò speranzoso.
“Mi dispiace, non le so
dire altro. Temo che dovrà
scoprirlo da solo” disse abbassando lo sguardo su quei
documenti.
Ringraziò
l’uomo e lo accompagnò alla porta.
Martha vide il figlio preoccupato.
Non c’era più il
sorriso di prima sul suo volto.
“Richard, cosa voleva
quell’uomo?”
Sua madre non sapeva nulla del
coinvolgimento del
Capitano Montgomery nell’omicidio di Johanna Beckett.
Nessun’altro oltre a lui,
Kate, Ryan e Esposito lo sapevano.
E di certo non aveva intenzione di
tradire quel patto
suggellato poco prima di andare al funerale di Roy. Ne tantomeno
intendeva
mettere in pericolo Martha.
Meno persone sapevano meglio era.
“Oh, nulla, scartoffie
legali…” disse fingendo meglio
che poteva.
“Non mi sembrava il
nostro avvocato quello”
“E’ un nuovo
acquisto, ma tu stavi uscendo giusto? Io
mi rintano nel mio studio a scrivere un po’, sai ora che le
cose tra me e Kate
vanno alla grande sono sempre ispirato!” mentì
parlando velocemente.
“Si…esco…”
disse poco convinta “… a più
tardi”
Castle si chiuse veramente nel suo
studio ma non certo
per scrivere.
Per qualche minuto fissò
quelle buste indeciso sul da
farsi.
Una vocina nella testa gli diceva
che doveva chiamare
Kate e renderla partecipe.
Ma un’altra, altrettanto
insistente gli ricordò di
come reagisce Kate quando si tratta del caso di sua madre.
Qualunque cosa fosse contenuta in
quelle buste,
Montgomery l’aveva mandata a lui.
Non a Kate, non a sua moglie, non
al distretto, ma a
lui.
Fece un respiro profondo e decise
di onorare il volere
dell’uomo.
Aprì la piccola busta
bianca. Era una lettera scritta
a mano da Montgomery stesso.
Poche righe dirette a lui.
Castle,
perdonami se ti
mando questi documenti. Perdonami se così facendo ti
metterò in pericolo.
Non avrei mai
voluto che le cose andassero in questo modo ma non ho mai potuto fare
nulla per
fermarlo.
Ci tiene tutti in
pugno. E so che leggere il suo nome sarà un duro colpo anche
per te, ma devi proteggerla.
Meglio di quanto
abbia mai saputo fare io.
So che la ami e che
farai di tutto per tenerla al sicuro. Forse non capirà mai
ma è meglio così,
credimi.
Fa ciò che ritieni
più giusto di questi documenti ma ti supplico di impedirle
di arrivare a lui.
Ci sono cose peggiori
della morte e lui le sa sfruttare tutte.
Mi fido di te
Castle
Roy Montgomery
Rilesse la lettera più
volte, incapace di andare
oltre.
Quelle poche parole erano bastate a
spaventarlo a
morte.
Ma era ad un passo dalla
verità e non poteva fermarsi
ora.
A Johanna Beckett andava resa
giustizia. A Kate invece
andava ridata la pace dell’anima.
La vita della donna che amava
dipendeva dal nome
all’interno di quella busta beige.
Si fece coraggio e la
aprì.
Tabulati telefonici, depositi
bancari ed estratti
conto di Montgomery, Raglan e McAllister.
Ecco il contenuto della busta.
I movimenti bancari e tutte le
telefonate dei tre
detective che avevano commesso un terribile sbaglio quella notte di
quasi venti
anni fa.
E in tutti quei fogli un solo nome
capeggiava in bella
vista.
Il destinatario dei bonifici e
delle telefonate era
sempre lo stesso.
Scritto nero su bianco proprio di
fronte a lui.
Per qualche secondo gli
girò la testa.
Si alzò di scatto in
cerca di un bicchiere d’acqua.
Non poteva essere vero, ci doveva
essere di sicuro un
errore.
Bevve d’un fiato e
tornò veloce nello studio.
Quel nome era ancora lì.
Gli era impossibile da credere
eppure tutto cominciava
ad avere un senso.
Con la logica riusciva a far
quadrare tutto. Con la
testa tutto combaciava.
Ma con il cuore? Quello era il nome
di un suo amico!
Per certi versi quasi un padre.
Aveva sempre una parola buona per
lui, o una pacca
sulla spalla.
Ad ogni partita di golf
corrispondeva un buon
consiglio.
Ad ogni serata di poker, invece, un
sincero
apprezzamento sul suo lavoro di scrittore.
E poi si ricordò. Era
stato lui stesso a presentarlo a
Kate.
Lo stomaco gli si
rivoltò con prepotenza. A stento
riuscì a non rimettere.
Proteggere Kate. Questa era
l’unica cosa da fare ora.
Ricacciò indietro la sua
delusione e ignorò la ferita
bruciante che sentiva dentro.
Chiuse tutti i documenti in
cassaforte e prese con sé
solo la lettera di Montgomery.
Doveva assolutamente parlarne con
Kate. Con calma, un
passo alla volta, senza buttarle tutto addosso magari, ma doveva
dirglielo.
Non poteva negarle la
verità. Soprattutto non ora che
stavano insieme.
Non
poteva rovinare tutto, non se lo sarebbe mai perdonato.
Angolo
dell’autrice:
ok, ragazze, bando alle ciance! Qui
inizia la parte
più oscura della storia.
Aspettate a fare teorie e a tirare
ad indovinare
presto avrete tutte le risposte...
Oppure no, vabbè provate
pure! XD tanto non credo sia
così difficile da capire ;D
Un bacione e grazie a tutte per le
splendide
recensioni *__*
Buona lettura e buona 4x09
martedì! Non sto più nella
pelle!!!!
Ivi87
|
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Capitolo 11 *** Stand by ***
# Stand
by
Guidò in ansia per tutto
il tragitto.
Non sapeva come dirle dei
documenti. Non sapeva come
rivelarle quel nome.
Pensò di aver avuto una
buona idea portando con sé
solo la lettera di Montgomery.
Era sicuro che sarebbe bastate
quelle poche righe a
farle avere un primo crollo.
Meglio affrontare una cosa alla
volta partendo dalle
parole del suo ex capo.
Parcheggiò al lato della
strada ed entrò nel palazzo.
Fece le scale per scaricare un
po’ di nervosismo. A
due a due i gradini si esaurirono alla svelta.
Di fronte a lui il quarto piano del
dodicesimo
distretto.
Era tutto come se lo ricordava. Non
sembrava passato
nemmeno un giorno.
Ryan lo vide, dalla sua scrivania.
Con una mano
sorreggeva la cornetta mentre con l’altra gli faceva segno di
raggiungerlo.
A Castle non sembrò vero
di essere di nuovo tra quelle
mura.
Ryan riattaccò e gli
diede una pacca amichevole sulla
spalla.
“Che ci fai da queste
parti, ti mancavamo Castle?”
domandò sorridendogli.
“Ah, mi hai
scoperto!” scherzo lo scrittore per
stemperare un po’ l’agitazione che sentiva dentro
“Beckett?” domandò dopo la
battuta.
“Sta interrogando un
sospettato con Esposito, ti serve
qualcosa?”
“No, volevo solo parlarle
di una questione..” rispose
senza soffermarsi troppo.
Ryan parve sorpreso “Non
sapevo vi parlaste…”
Castle restò in silenzio
per qualche secondo. I loro
amici non sapevano ancora di loro due.
D’altronde si erano
rincontrati appena il giorno
prima.
“Si, ci siamo incontrati
ieri…per caso…” disse
solamente.
Ryan lo fisso negli occhi, come se
fosse un qualsiasi
criminale, cercando di studiarlo.
Un sorrisetto monello
però comparì sul suo volto “Sai
niente de perchè Beckett era tutta felice e gioiosa
stamattina?” domandò il
detective.
“Ehm..” Castle
sbiancò all’improvviso “..non
saprei…gioiosa B-Beckett? Ma quando mai?”
Il balbettio lo tradì.
Ma anche la faccia da pesce
lesso.
“Sembrava rinata, tutta
luminosa..” rincarò Ryan
“..credo pure che stesse canticchiando!”
Castle indietreggiò
sotto le pressioni dell’amico e
andò a sbattere il sedere contro la scrivania di Esposito.
Stava cercando le parole giuste
quando da dietro le
spalle di Ryan vide proprio Beckett e Esposito avvicinarsi.
“Oh, guarda, hanno
finito, grazie per la
chiacchierata!” esclamò contento di averla
scampata, sgusciando via.
Andò incontro ai due
detective “Ciao Esposito, addio
Esposito” prese Kate per un gomito e la trascinò
nella piccola saletta relax.
Lasciando Javier lì in piedi in mezzo al corridoio.
“Ma che
diavolo…”
Ryan lo chiamò divertito
dalla scena “Vieni amico che
ti spiego..”
“Uhh che impeto
Castle!” lo schernì Kate.
L’uomo le
lasciò il braccio e si affrettò a chiudere
la porta.
“Scusa, Ryan mi stava
facendo un sacco di domande..”
“Già,
ultimamente è diventato più sveglio..”
ammise
lei, ricordandosi che fu proprio lui a notare il golfino nero il giorno
prima.
“Allora che
c’è di così urgente?”
domandò Kate,
sorridendogli.
Era vero: era luminosa. Emanava una
luce quasi
accecante. Era diversa.
O forse era lui che era diverso.
O, meglio ancora, forse ora erano
diversi
entrambi.
Si erano uniti, si erano amati. Era
tutto diverso ora
ai loro occhi.
Rick aveva una dea
ora dinnanzi a se.
Sembrava la felicità
fatta persona. Finalmente, dopo
tanto, l’aveva resa felice.
Come poteva ora dirle di quei
documenti?
Perché proprio ora che
stavano cominciando a scrivere
la loro storia insieme?
“Io..ti devo parlare di
una cosa..”
Il nome di quell’uomo
transitò nella sua testa insieme
a tutto quello che le avrebbe voluto dire.
E poi un’immagine.
Quell’immagine terrificante.
Lei stesa a terra sanguinante.
Quelle due lacrime che
sgorgarono lente prima che perdesse i sensi.
No. Non poteva dirle la
verità. Non poteva rivivere
tutto di nuovo.
In questo caso la verità
equivaleva a metterle in mano
una pistola carica.
Kate sarebbe corsa da lui a farsi ammazzare. Ne era certo.
Lei non avrebbe aspettato. Non
avrebbe studiato un
piano. Non si sarebbe fatta aiutare.
La conosceva bene. Avrebbe compiuto
la sua missione in
solitaria, vendicandosi dell’assassino della madre. A costo
della vita.
‘Ci
sono cose
peggiori della morte e lui le sa sfruttare tutte’
Si ricordò le parole
nella lettera ed ebbe un tremito.
“Rick, ti senti
bene?” domandò preoccupata
accarezzandogli la guancia “Cosa devi dirmi?”
Si sentì un miserabile
bugiardo ma non ebbe altra
scelta. Doveva proteggerla.
Doveva mentire. In quei pochi
secondi sperò che la
scusa appena pensata fosse abbastanza ragionevole o avrebbe capito
subito che
le stava nascondendo qualcosa.
“Ho..” si
bloccò e prese una grossa boccata d’aria.
Quella bugia gli stringeva il cuore come una morsa
“…ho da fare stasera…”
Kate annuì,
ascoltandolo.
“Sono indietro con le
scadenze e… devo scrivere
parecchio…”
Kate non capiva dove fosse il
problema. Abbozzò un
sorriso che Rick ricambiò.
“Quello che voglio dire
è che sarò parecchio impegnato
in questi giorni per rimettermi in pari, ma ci tengo a farti sapere che
sei
importante per me e non voglio trascurarti troppo.”
“Anche tu sei importante
per me” disse lei
timidamente.
Rick le alzò il mento
con l’indice della mano
“Rallentiamo solo un pochino, così da levarmi
tutti gli altri pensieri dalla
testa e concentrarmi solo su di te”
“Rallentiamo. Ok, posso
farlo” esclamò riprendendosi.
L’importante per lei era
che lui non volesse
lasciarla. E il fatto che volesse fare bene il lavoro che amava, cosa
che lei
più di chiunque capiva perfettamente, non faceva altro che
accrescere il suo
amore per lui.
In fondo lui l’aveva
aspettata per quattro anni.
Qualche giorno per lavorare al suo libro, non erano nulla a confronto.
“Davvero sei
d’accordo?”
“Ma certo, basta che tu
scriva il migliore della
saga!” rispose sorridendo comprensiva.
Rick rise e poi aggiunse
“È solo un piccolo stand by,
te lo prometto” le disse lasciandole un dolce bacio sulla
fronte.
Kate apprezzò il gesto
“Stasera però mi chiami per la
buonanotte?” domandò maliziosa, ignara dei reali
pensieri che affollavano la
mente del suo scrittore.
Rientrato in casa si
buttò a capofitto su quei
documenti.
Voleva studiarli. Impararli a
memoria se necessario e
ideare un piano per incastrarlo.
Solo allora ne avrebbe parlato con
Kate. Solo con un
piano d’azione a prova di falla e impossibile da rifiutare
tra le mani. Era
l’unica speranza che aveva per far sì che Kate non
corresse tra le braccia nemiche.
Presentarle un piano che lo inchiodasse definitivamente, senza
scappatoie.
Sentì bussare alla porta
dello studio. Alexis fece
capolino “La cena è pronta”
“Non ho fame, voi
mangiate pure” disse solamente senza
nemmeno alzare la testa dai fogli.
“Ti senti
bene?” chiese preoccupata la figlia.
“Si scusa, sto
riordinando questi appunti di Heat
Broken e non mi va di interrompere… poi perdo il
filo…davvero non ho fame,
tesoro” rispose più benevolo questa volta.
Alexis conosceva suo padre e sapeva
che quando
scriveva non c’era per nessuno.
Chiuse la porta ritornando in
cucina.
Fece più spazio sulla
scrivania e dispose i fogli in
ordine cronologico, divisi in tre colonne.
Una per ognuno dei tre detective.
Si segnò le date e
ricostruì tutti i loro movimenti.
Notò delle telefonate
partite da Montgomery il giorno
della sua morte, probabilmente destinate a Lockwood.
Si rivide in quell’hangar
davanti al Capitano.
‘Castle
portala via!!’
Scosse la testa. Non era il momento
di pensarci.
Doveva restare lucido.
Si accorse che mancavano le
telefonate e il pagamento
del cecchino che aveva sparato a Kate.
Di sicuro l’ordine era
partito dopo la morte di
Montgomery e perciò non figurava tra quei documenti.
Probabilmente era stato quel
bastardo infame in
persona a dare l’ordine.
Ricacciò anche quel
pensiero. Radunò tutti i fogli e
cominciò a farne delle copie, sia cartacee che digitali.
Come egli stesso una volta aveva
detto: le prove di
quel caso tendono a sparire facilmente.
Erano le dieci passate quando Kate
uscì dal ristorante
di Madison.
Vista l’assenza di Rick
ne aveva approfittato per
passare la serata con un’amica, vecchi aneddoti scolastici e
qualche bicchiere
di vino.
Felice per quelle ore in compagnia
salì sul primo taxi
libero che trovò.
Stava per dire
all’autista il suo indirizzo quando
pensò che a soli due isolati Rick stava lavorando al suo
best seller. Forse gli
serviva una pausa?
Controllò il cellulare.
Nessuna chiamata.
Quindi era ancora sveglio. Disse ad
alta voce
l’indirizzo del suo ragazzo sicura che avrebbe sicuramente
apprezzato un bel
bacio della buonanotte anziché la sola telefonata.
Già si pregustava la sua
faccia sorpresa!
Quanto le piaceva lasciarsi andare
così. Lasciarsi
prendere dalla voglia di vederlo senza pensare troppo al poi, al giusto
o
sbagliato.
Quel periodo lontani
l’uno dall’altro le aveva fatto
d’avvero bene. Ora sapeva cosa si provava a stare senza di
lui e non voleva
tornare indietro.
Il tragitto fu breve e piacevole
grazie a quei
pensieri. Pagò l’uomo ed entrò nel
palazzo.
Guardò
l’orologio. Non era eccessivamente tardi.
Sicuramente Martha era ancora
sveglia a ripassare una
parte o a studiare nuovi cocktail.
Fu proprio la donna infatti ad
aprirle la porta.
“Kate, tesoro che
sorpresa!” disse Martha felicissima
“Vieni qui, fatti abbracciare!!”
Kate adorava l’elegante
esuberanza di Martha.
“Salve Martha, spero non
sia troppo tardi”
“Oh, ma che sciocchezze.
Sei sempre stata la benvenuta
in questa casa. Soprattutto adesso..”
Arrossì
all’istante, colpita da quell’affermazione.
“Giusto, lo sai
già, quindi…”
“Tesoro quando tuo figlio
torna a casa camminando a
tre metri da terra cominci a farti qualche domanda!”
spiegò Martha.
Kate rise divertita. Più
o meno era il modo in cui lei
era entrata al distretto quella mattina.
“E comunque ha vuotato il
sacco subito!”
“Sono contenta che ve
l’abbia detto..” disse un po’
titubante.
Martha era palesemente entusiasta
della loro
relazione, ma Alexis? Aveva quasi paura a chiedere.
“Tesoro, non credere che
sia stato chissà quale
fulmine a ciel sereno. Sono quattro anni che io e Alexis aspettiamo
questo
momento”
“Lei è
d’accordo?” domandò speranzosa
“Ma certo che
è d’accordo, Kate, stare con uno
scrittore con la sindrome di Peter Pan ti darà i tuoi bei
grattacapi, non stare
a preoccuparti anche di noi.”
“Grazie Martha”
le sorrise stringendole la mano.
“Su, su, vai a salutarlo.
È barricato nello studio da
tutto il giorno, forse tu riesci a tirarlo fuori da
lì!” le disse
incamminandosi verso la sua camera da letto.
Kate bussò leggermente
alla porta dello studio.
Non ricevette risposta
così, piano, ruoto la maniglia
ed entrò.
“Si
può?” disse prima di vederlo allungato sulla
scrivania. Dormiva profondamente.
Un sorriso dolce le nacque
spontaneo. Com’era tenero e
buffo.
Si avvicinò e
notò che inconsapevolmente sbuffava sui
fogli sparsi.
In effetti guardando la scrivania
potè notare diversi
fogli scritti a computer e molte sue note a mano.
“Una sbirciatina a Heat
Broken che male può fare?”
sussurrò accarezzandogli la testa.
Prese un foglio a caso e scorse le
scritte
velocemente. No, non era una pagina del romanzo quella. Sembrava
piuttosto un
elenco di movimenti bancari.
Lo rimise giù credendo
di avere involontariamente
toccato dei documenti personali di Castle.
Provò con un altro
foglio. Tabulato telefonico.
Restò perplessa qualche
secondo.
Perché sembrava che
Castle stesse lavorando ad un caso
invece che al suo libro?
Prese un altro foglio. Poi un altro
e un altro ancora,
mettendo assieme tutti i pezzi.
Quelle date… quei
nomi…
Tra i fogli che teneva in mano, uno
con una
calligrafia diversa da quella di Rick la incuriosì.
Era una lettera di Montgomery.
La lesse tutta d’un fiato
finchè non riuscì a far
altro che lasciarla cadere a terra per lo shock.
Il nome dell’assassino di
sua madre era lì tra quelle
carte.
E Rick lo sapeva.
Montgomery gli aveva dato il
necessario per chiudere
il caso e fare giustizia per sua madre.
E Rick gliel’aveva
nascosto.
Senza rendersene conto le lacrime
cominciarono a
rigarle il volto e si ricordò perchè aveva
innalzato quel muro. Si ricordò
perché non lasciava entrare nessuno nel suo cuore.
Per non venire più
ferita.
Ignorò l’uomo
ancora addormentato sulla scrivania e
cercò quel nome.
Quel nome che bramava da
più di un decennio.
Che la tormentava notte e giorno
pur non conoscendolo.
Quando ebbe la sua risposta
stentò a crederci.
Le lacrime scesero più
violente e represse con forza
numerosi singhiozzi per non svegliarlo. Sicuramente avrebbe cercato di
giustificarsi. L’avrebbe dissuasa dal fare quello che
aspettava di fare da una
vita.
Lasciò i fogli accanto
lui, guardandolo un’ultima
volta, delusa.
Lui le aveva promesso aiuto, invece
ora la stava solo
ostacolando.
Uscì piano dallo studio
e si incamminò verso la porta.
“Kate vai già
via?” la fermò Martha.
La donna, di spalle, si
asciugò veloce le lacrime
prima di voltarsi e rispondere.
“Si, Martha, Rick e
stanco e anche io..”
Martha si avvicinò a
lei. La luce del soggiorno era
soffusa e non le permetteva di vederla bene in volto “Tesoro
va tutto bene?
Sembri sconvolta! Hai la stessa espressione che aveva Richard questa
mattina!
Kate ascoltò attenta
“Cos’è successo questa
mattina?”
“Oh, un avvocato gli ha
portato dei documenti, Richard
aveva una faccia!”
Capì che era successo
tutto quella mattina quando
l’aveva trascinata nella saletta relax del distretto.
Le aveva mentito e taciuto la
verità.
Poco importava se lo sapeva da un
mese o da un giorno.
“Ora devo proprio andare
Martha, buona notte” le disse,
con un finto sorriso, prima di uscire.
Fece le scale a rotta di colla. La
testa le girava da
morire e le sembrava di svenire da un momento all’altro.
“Signorina si sente
bene?” le domandò il portiere di
notte, una volta arrivata nell’ingresso.
Kate non gli rispose e nemmeno lo
guardò. Corse fuori
tenendosi lo stomaco e solo una volta svoltato l’angolo si
piegò su sé stessa
tossendo e assecondando i conati di vomito che la assalivano.
Si diede una ripulita,
fermò un taxi e si precipitò a
casa a recuperare la sua arma.
Angolo
dell’autrice:
Ed eccoci qui. Il segreto
è stato svelato e il bello è
che Riccardone ancora non lo sa!!!
Povera la mia Kate,
chissà cosa si inventerà Marlow
quando si deciderà a risolvere sto benedetto caso!
Nel frattempo buona lettura e buona
settimana a tutte
xD
Ivi87
|
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Capitolo 12 *** L'amara verità ***
#
L’amara
verità
Martha era davvero molto stanca
quella sera.
Aveva studiato un copione molto
difficile e occuparsi
della scuola di recitazione le richiedeva un sacco di energie.
Non si accorse della strana
atmosfera che si era
creata mentre salutava Kate.
Quella cara ragazza le piaceva
tantissimo!
Era giusta per suo figlio.
A proposito: ma stava ancora chiuso
nello studio?
Benedetto
figliolo, con una fidanzata del genere lui pensa a scrivere!?!
Alzò gli occhi al cielo,
sconsolata, e si versò un
ultimo bicchiere d’acqua prima di andare a dormire.
Dopo aver bevuto e riposto il
bicchiere al suo posto,
passò davanti allo studio e piano piano sbirciò
all’interno.
Lo vide addormentato sulla
scrivania in una posizione
sicuramente scomoda.
“Richard non faresti
meglio ad andare a letto?” disse
posandogli una mano sulla spalla.
L’uomo non si mosse.
Martha spazientita scosse un po’
più forte la spalla.
Rick si svegliò di
soprassalto.
“Scusa figliolo ma non
vorrei che ti si bloccasse la
schiena in quella posizione” si giustificò subito
sua madre.
“Capisco, un infarto
invece è meglio..”
“Invece di fare lo
spiritoso avresti potuto portare
fuori a cena quella poveretta, se n’è andata via
subito pur di lasciarti
riposare!”
Rick ancora intontito non
capì “Madre di che stai
parlando?” rispose massaggiandosi il volto.
Le carte davanti a se lo
riportarono subito alla
realtà.
Si era addormentato studiando un
piano d’azione.
“Sto dicendo che la tua
ragazza, dopo tutta la fatica
che hai fatto per conquistarla, si meriterebbe un trattamento migliore!
Due
giorni che state insieme e già ti trova moribondo in
poltrona!”
Ancora confuso, stentò a
crederci “Kate è stata qui?”
guardò velocemente il cellulare.
Mancava poco alle ventitre. Si
ricordò che avrebbe
dovuto chiamarla per la buonanotte.
“Qualcosa non va?
È passata per un saluto non mi
sembra la fine del mondo..”
Fissò intensamente i
fogli sulla sua scrivania.
Sembravano essere nell’esatta posizione in cui li aveva
lasciati.
“E’ la fine del
mondo! E’ entrata qui?”
Martha lo vide sconvolto ed
esitò a rispondere.
Rick si alzò di scatto
in piedi “Dannazione, mamma,
Kate è entrata qui dentro?!!!”
Con la coda dell’occhio
vide qualcosa di bianco in
terra, a fianco della scrivania.
La riconobbe subito.
“V-Voleva solo
salutarti..” balbettò la donna prima di
vederlo chinarsi per raccogliere qualcosa.
Quando vide di cosa si trattava la
strinse
istintivamente tra le mani, accartocciandola.
Capì che Kate aveva
letto la lettera di Montgomery e
chissà cos’altro.
“Quanto tempo
è passato?” chiese con foga.
“Non saprei Richard
io...direi una mezz’ora...”
Mezz’ora. Kate aveva solo
mezz’ora di vantaggio.
Poteva raggiungerla.
Arraffò tutti i
documenti e li ripose al sicuro in
cassaforte. Poi provò a chiamarla.
Se era a casa sua, sarebbe corso da
lei.
Nemmeno riusciva ad immaginare in
quale stato
l’avrebbe trovata.
Kate
entrò nel suo appartamento come una furia sbattendo, la
porta.
Girò a
vuoto per il soggiorno lanciando tutto ciò che le capitasse
a tiro.
Era così
confusa. Letteralmente seppellita dai mille pensieri che le vorticavano
in
testa.
Sopraffatta
dalla verità.
Ora
sapeva. Dopo un’intera vita trascorsa
nell’oscurità, ignara di tutto, ora
sapeva.
Dalla
confusione che regnava nel suo cervello emersero quelli che erano i
punti
fondamentali su cui poteva basarsi.
Sapeva il
nome del responsabile della morte della madre.
Sapeva
dove trovarlo.
Sapeva
che doveva vendicare sia Johanna, sia Roy.
Sapeva
che Castle le aveva mentito.
Quest’ultima
certezza le fece più male di quanto avrebbe mai potuto
immaginare.
Si era
esposta, aveva abbattuto il muro, l’aveva lasciato entrare.
Per cosa?
Per
essere tradita dopo un giorno soltanto?
La rabbia
la accecò scaraventando a terra il vaso con le rose che lui
le aveva portato la
sera precedente.
Calpestando
i fiori si diresse decisa in camera recuperando le sue due pistole e il
coltellino da legare alla caviglia. Uscì di corsa non
badando ai vicini che,
sul pianerottolo, si chiedevano chi era a fare tutto quel rumore.
Aveva
appena cominciato a piovere quando avviò il motore.
In auto
da soli pochi minuti sentì il cellulare squillare.
CASTLE
lampeggiò sul display.
Rispose d’istinto. La
rabbia che aveva dentro andava
sfogata.
“Come hai potuto
farlo?” domandò a denti stretti.
“Kate, ascoltami, non
è come credi!”
“So quello che ho visto
Rick! Tu lo sapevi! LO
SAPEVI!” strinse il volante così forte da farsi
venire le nocche completamente
bianche.
“Solo da questa mattina,
io... Kate dimmi dove sei, ti
prego non fare sciocchezze!”
“Non sono una bambina,
sono armata dalla testa ai
piedi e so quello che faccio”
“No, Kate, non lo sai!
È per questo che non sono
riuscito a dirtelo!”
“No, Rick, non me
l’hai detto perché sei uno stronzo!”
le lacrime gli offuscarono rapidamente la vista.
Gettò il telefono sul
sedile accanto e con entrambe le
mani sterzò violentemente per rientrare nella corsia giusta.
Rick ignorò
l’insulto “Sei a casa? Arrivo subito” poi
lo stridere degli pneumatici si udì nel cellulare.
“Stai guidando? Kate?
Kate rispondimi!”
Una volta ripreso il controllo
dell’auto si asciugò
gli occhi con una mano e poi riprese il telefono.
“Kate? Stai
bene?”
“Sto bene. Ho da fare
ora. Ho una questione da
risolvere!” fece per riattaccare ma lo sentì
pronunciare il nome di Montgomery.
“So che hai letto la
lettera di Montgomery, non voleva
che tu lo affrontassi, perché non capisci Kate? Non sei
lucida! Quando si
tratta di tua madre perdi completamente la testa!”
“Avrebbe dovuto mandarli
a me quei documenti! Avrebbe
dovuto dirmi il nome quella notte nell’hangar!”
urlò, nuovamente tra le
lacrime.
“Ti prego, accosta!
Fermati, vengo con te, aspettami!”
la supplicò Castle, mentre mandava velocemente una e-mail
per poi precipitarsi
in soggiorno in cerca delle chiavi dell’auto.
“Hai già fatto
abbastanza!” rispose sprezzante
riagganciando e staccando la batteria del telefono.
“Maledizione
Kate!!” sbottò una volta caduta la linea.
Martha si sentiva tremendamente in
colpa “Dove sta
andando Richard?”
“Sta andando a farsi
ammazzare!” rispose secco con le
chiavi in mano e con un piede già fuori dalla porta.
Fermò l’auto
sotto l’edificio principale di tutta la
città. Pioveva a dirotto ormai
Alzo lo sguardo sulle numerose
vetrate scure. Il cielo
nero si rifletteva su di esse.
A quell’ora sarebbe
dovuto essere semplicemente un
palazzo deserto ma la luce accesa in uno degli uffici le fece capire
immediatamente a quale piano salire.
Con tutti i casini che scoppiavano
a New York era
normale che stesse ancora lavorando. Peccato che quella sera avrebbe
fatto
meglio a starsene a casa, pensò Kate.
Con i suoi attrezzi
scassinò la serratura della porta
sul retro.
All’interno non
c’era anima viva. Trovò le scale e,
pistola alla mano, salì velocemente fino
all’ultimo piano.
Una serie di scrivanie vuote la
accolsero. Fece
qualche passo e poi vide una lama di luce provenire da dietro la porta
in fondo
alla stanza.
Doveva essere il suo ufficio.
Quello che dava sulla
strada e che aveva visto poco fa.
Si avvicinò cauta
serrando con forza la pistola e
lasciando chiazze d’acque dietro di sé.
Arrivò alla porta e con
un studiata lentezza afferrò
la maniglia.
Esitò qualche secondo.
Avrebbe aperto la porta e lo
avrebbe trovato seduto
alla sua scrivania.
Tenendolo sotto tiro si sarebbe
fatta raccontare
tutto, per filo e per segno. E poi...
E poi l’avrebbe ucciso?
Ne sarebbe stata capace?
Sarebbe diventata un’assassina?
Non lo sapeva. Doveva guardarlo in
faccia prima.
Sentirlo implorare pietà. Poi avrebbe deciso.
Strinse la mano attorno alla
maniglia e rapida la
piegò, spalancando la porta.
Nello stesso istante una
dolorosissima fitta al collo
le bloccò ogni movimento.
Solo una voce udì prima
di svenire.
“Forse non lo sai ma
questo è l’edificio più
videosorvegliato della città, bambolina!”
Castle sfrecciava per le vie della
città, cercando di
raggiungerla.
A quanto pare è vero che
New York non dorme mai!
Suonò un paio di volte
il clacson e prese a parolacce
qualche furgone.
Stringeva terrorizzato il volante.
Se non era più a casa
sua sapeva bene dove trovarla.
Aveva letto il nome del suo peggior
nemico e c’era un
unico posto in cui l’avrebbe potuto trovare a
quest’ora. E lui lo sapeva bene.
Lo considerava un caro amico e
sapeva delle sue
abitudini.
In quel periodo di fermento poi
c’era un sacco di
lavoro da sbrigare.
No di sicuro non era già
a casa. Era ancora in
ufficio.
Doveva fare presto. Doveva
raggiungerla!
Se le fosse successo qualcosa lui..
L’immagine di Kate stesa
a terra sanguinante tornò a
perseguitarlo.
Perché diamine non
l’aveva voluto ascoltare!
Avrebbero risolto la situazione
insieme. Avrebbero
messo fine a quella storia una volta per tutte.
Avevano le prove, avevano il
necessario per sbatterlo
in galera a vita.
Bisognava solo incastrarlo! Ma no,
lei doveva fare la
vendicatrice solitaria!
Era arrabbiato. Era preoccupato.
Era spaventato. Era
deluso.
Ma l’avrebbe salvata. A
costo della vita.
Angolo
dell’autrice:
Ragazze la fine è
vicina. Pochi capitoli ancora e
dovrò spuntare la casella 'completa', non so ancora quanti
capitoli ma credo altri
quattro.
Che dire, alcune di voi hanno
capito chi è il ‘dragon’,
altre non si sono pronunciate, ma io non posso dire nulla fino al prox
capitolo
dove, beh, si capirà per forza! xD
Non so se Marlowe ha già
un piano per questo ‘dragon’
o se si deve ancora inventare tutto, ma secondo me (e almeno altre 3
girls) è
fattibile che il mandante di tutto sia... ah, giusto, nn ve lo posso
spoilerare
così xD
Ne riparliamo al prox capitolo!!!
Un bacione e buona lettura a
tutteeeeee ;D
Ivi87
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Capitolo 13 *** In trappola ***
# In
trappola
Lo shock del teaser
cominciò a scemare e la detective
riprese lentamente i sensi.
Si accorse di essere legata ad una
sedia. Sentiva
caviglie e polsi immobilizzati; provò a dimenarsi ma anche
vita e collo erano
bloccati.
Quando riuscì a mettere
a fuoco vide l’uomo davanti a
lei passarsi il teaser da una mano all’altra, avvicinandosi.
“Ben svegliata detective,
dormito bene?” le domandò
fermandosi in piedi davanti a lei.
Beckett non rispose, continuava a
guardarsi attorno
incredula. C’era cascata di nuovo.
Il caso di sua madre continuava a
risucchiarla in quel
vortice di morte e lei si era lasciata inghiottire nuovamente.
Montgomery aveva fatto bene a non
rivelarle quel nome, mesi fa.
Sarebbe andata di
corsa in contro alla morte proprio come aveva appena fatto. Si sarebbe
precipitata in capo al mondo pur di avere giustizia per sua madre e per
se
stessa.
Ora lo capiva, negandogli quel
nome, Montgomery, le
aveva salvato la vita.
E Castle stava cercando di fare lo
stesso. Ma come una
stupida aveva voluto fare di testa sua.
L’individuo le sorrise
malefico “Che c’è bambolina?
Sei ancora un po’ stordita?” afferrandole il viso
fra le sue grosse mani.
Kate scosse vigorosamente la testa,
pur di non essere
toccata da quelle mani.
La corda che serrava il collo
sfregò violentemente la
sua gola, togliendole per un secondo il
respiro.
Un lampo illuminò quel
volto diabolico.
La risata dell’uomo
irruppe nella stanza con la stessa
intensità del tuono che pochi secondi dopo si infranse nel
cielo.
Quante volte gli era stata seduta
accanto al tavolo da
poker? Quante volte le aveva versato da bere? Quante volto si era
rivolto a lei
con fare benevolo?
E lei non se n’era mai
accorta. Non aveva mai capito
di avere a che fare con un attore nato.
Un perfetto dottor Jackill e mr.
Hyde, perché di certo
quello che aveva di fronte ora non era l’uomo che ammirava in
televisione o che
scherzava con Castle e con il giudice Markway.
Castle…
chissà come doveva sentirsi. Un altro amico
perso per sempre, come Daniel.
Eppure ora tutto quadrava.
Le risuonarono in testa le parole
di Montgomery “...quando lui ha
scoperto che cosa avevamo
fatto avrebbe potuto ricattarci e invece ha chiesto i soldi dei
riscatti e li
ha usati per diventare quello che è...”.
Ora sì, capiva il senso di quelle
parole.
“Liberami”
farfugliò cercando di muovere la gola il
meno possibile.
“Kate, Kate, Kate..che
cosa devo fare con voi Beckett,
eh? Mi mettete sempre i bastoni fra le ruote” rispose invece,
il sindaco di New
York ”Anche se stasera non sei stata per niente furba, mia
cara. Troppa la
voglia di prendermi a calci in culo, vero?”
Passeggiava avanti e indietro
osservandola.
“Allora, dimmi, come
l’hai capito?”
Il silenzio della donna lo
spronò a darle un incentivo
per parlare.
La schiaffeggiò con il
dorso della mano. Il grosso
anello che indossava le tagliò la guancia destra.
Il colpo assestatole fece
traballare la sedia, ma non
cadde.
Kate respirò
profondamente e si ricompose, guardandolo
con odio.
Sentì il sangue colarle
dalla ferita ma non diede a
vedere nessun segno di debolezza; non gli avrebbe dato anche questa
soddisfazione.
“Riproviamo..”
continuò lui “...come sei arrivata sino
a me?” domandò appoggiando le mani sulle sue
ginocchia bloccate e chinandosi su
di lei.
Kate non resistette. Avere il volto
dell’uomo che ha
commissionato l’omicidio di sua madre a così poca
distanza era una tentazione
troppo forte.
Lo guardò dritto negli
occhi e gli sputò in faccia,
guadagnandosi un secondo schiaffo sull’altra guancia.
Stavolta il colpo fu più
potente e la sedia si
ribaltò, trascinandola a terra con essa.
La botta alla testa le fece perdere
i sensi per
qualche attimo.
Un secondo lampo
illuminò il suo viso.
Bob risollevò la sedia
con rabbia, stringendole il
mento con la mano.
“Vediamo se ora sei
più propensa a collaborare”
ridendole in faccia.
Kate capì che era
arrivato il momento di cominciare ad
assecondarlo o l’avrebbe massacrata di botte.
“L’ho capito da
sola” mentì Kate, cercando di rabbonirlo.
Il sindaco Weldon si
allontanò e con calma si sedette
al suo posto, dietro la scrivania e si pulì il volto. Kate
notò immediatamente
le sue due pistole sul tavolo.
Bob scosse negativamente la testa
“Così non va bene
Kate...”
Se tre
killer
professionisti non erano riusciti a farla desistere, cosa poteva? pensò fissandola.
“Cambiamo tattica ti
va?” le disse, sporgendosi in
avanti, poggiando i gomiti sul tavolo, come ad una qualsiasi riunione
amministrativa “Parliamo un po’ del tuo fedele
cagnolino?”
Kate spalancò gli occhi
terrorizzata.
“Quanto credi che ci
metterà Castle a farsi vivo?”
domandò con un ghigno.
Una fitta al cuore le
spezzò il respiro.
“L-lui, lui non sa che
sono qui!” cercò di dire
ansimando.
“Mi stai mentendo
Kate?” chiese calmo.
“Nessuno sa che sarei
venuta”
“Sarà, ma
quell’uomo ha la fastidiosa abitudine di
starti sempre incollato alle costole, non trovi? Come lo sopporti, eh?
Tutte
quelle chiacchiere al vento...” l’uomo si
alzò girando attorno alla scrivania e
continuando il suo monologo “Voi due insieme fate proprio una
bella squadra di
guastafeste lo sai? E io che credevo che il problema fosse quella
Johanna
Beckett!”
La stava provocando apposta.
Kate digrignò i denti,
ma non diede segno di reagire.
“Sai
cos’è ironico? Sono stato proprio io a
permettergli di seguirti nei casi! Ah! La credevo una trovata geniale!
Insomma,
con Castle tra i piedi come avresti potuto seguire il caso di tua
madre? Fare
la babysitter ti avrebbe tenuta occupata e io me ne sarei stato
tranquillo per
il resto del mio mandato. E invece cosa fa il nostro caro scrittore? Ti
aiuta a
riaprire il caso! Davvero non me l’aspettavo, comunque non
siete mai riusciti
ad arrivare a me, eppure questa sera chi mi vedo spuntare dai monitor
di
sorveglianza mentre scassina il retro del municipio?”
domandò retorico
avvicinandosi nuovamente a lei.
Si fermò ad un metro da
lei, questa volta.
“Te lo chiedo di nuovo,
detective, come sei arrivata a
me?!”
Doveva prendere tempo. Doveva
liberarsi. Sapeva che
Castle non ci avrebbe messo molto a trovarla e non voleva metterlo in
pericolo.
Cercò di muovere i polsi
legati dietro la schiena. Le
corde sfregavano sulla pelle facendole male ma continuò
lentamente a cercare di
allentare i nodi.
Per tenerlo occupato decise di
raccontargli una
piccola verità e guadagnare tempo.
“Per una frase che mi
disse Montgomery prima di
morire”
“Ah, Roy, Roy, che triste
fine quella degli
eroi...cerca di tenerlo a mente!”
Bloccò istintivamente le
mani, credendo di essere
stata scoperta.
Ma Weldon proseguì
“E sentiamo un po’ quale perla di
saggezza ti avrebbe lasciato il caro Roy prima di perire?”
Cauta ricominciò a
muovere le mani e i polsi nel
tentativo di liberarsi.
“Mi disse che lui
aveva usato i soldi dei riscatti per diventare quello che è
oggi..” Kate lo
vide vacillare per qualche secondo perciò con più
sicurezza proseguì con quella
che credeva una teoria piuttosto verosimile“..ho solo
collegato i pezzi e fatto
due più due. Ho controllato le più alte cariche
politiche di oggi e l’unico che
vent’anni fa era solo un misero e patetico portaborse eri
proprio tu.” concluse
ridendogli in faccia.
Aveva fatto centro. Kate
capì che quello era il suo
punto debole.
E lo capì dal modo in
cui lui si difese. Colpendola,
allo stesso modo, nella sua debolezza.
“Sono passati quasi 20
anni ormai. Direi che è ora che
questa bambina se ne faccia una ragione” disse avvicinandosi
a lei. Poi
chinandosi con fare amorevole proseguì “Tesoro,
mammina è morta!”
Bob si allontanò appena
in tempo.
Kate aveva provato a dargli una
testata con uno
strattone così violento che la corda tesa attorno alla sua
gola le lacerò la
pelle e una scia di sangue caldo si fece strada lenta sino al colletto
della
camicia.
Le mancò il respiro e
credette di svenire, ma la
risata schernitrice di quell’essere la riportò
alla realtà.
Ritornò di fronte a lei
con il teaser in mano “A chi
l’hai detto Kate?”
Ancora debole sussurrò
“Nes-suno”
Bob accese il teaser e lo premette
con forza sulla
gamba della detective.
Più che il dolore fu
l’odore di carne bruciata a
spaventarla tanto da gridare, irritando nuovamente la gola.
Un bip sullo schermo del pc
costrinse il sindaco a
spegnere l’aggeggio.
Si sedette alla scrivania e
controllò il monitor.
Rise forte per quello che vide
“Indovina che è venuto
a farci visita?”
Le lacrime scesero senza che lei
nemmeno se ne
accorgesse “Perché gli fai questo?”
La sua voce era un sussurro. La
gola bruciava.
Il sindaco seduto tranquillamente
alla scrivania,
teneva gli occhi puntati sullo schermo.
“Nel nostro ambiente non
c’è spazio per l’amicizia
Kate” rispose con un ghigno “Non è
tenero? Crede di venire a salvarti. Vuole
fare l’eroe! Te l’ho detto vero che fine fanno gli
eroi, si?”
“Lui ti considera un suo
amico, non puoi fargli del
male!!” agitandosi sulla sedia.
“Vediamola in un altro
modo. Io mi sto solo difendendo
da due intrusi. E poi, siamo sinceri, Castle non è altro che
un bambino viziato
buono solo a giocare a poker! Ecco, a poker è davvero
bravo!”
Castle nel frattempo stava
lentamente arrivando al
loro piano.
Il sindaco si alzò dalla
sua postazione di lavoro e accese
il teaser.
“Andiamo a dare il
benvenuto al tuo boy scout!” disse
qualche secondo prima di tramortirla nuovamente.
Castle
ispezionò velocemente l’edificio fino a trovare la
porta forzata da Kate.
Entrò
cautamente cercando di fare il meno rumore possibile. Doveva sbrigarsi
a raggiungere
la tromba delle scale per salire sino al piano dell’ufficio
del sindaco, dove
era sicuro che l’avrebbe trovata.
Vide
per terra le pozzanghere lasciate da Kate e come se fossero briciole di
pane,
le seguì lasciandosi guidare.
Era
così teso che il minimo rumore avrebbe potuto causargli un
infarto.
Cercava
di tenere gli occhi bene aperti, nonostante
l’oscurità, e di pensare
velocemente ad un piano.
Era
disarmato e non sapeva nulla di come si tendeva un’imboscata.
La
miglior soluzione che gli si prospettava davanti era quella di fermare
Kate un
secondo prima di premere il grilletto. Ci sperava da morire.
L’avrebbe salvata
persino da se stessa se fosse stato necessario.
La
peggiore invece era l’esatto opposto. Non riuscire a fermare
Weldon e lasciare
che uccidesse un’altra Beckett. La sua Beckett. Kate, la
donna che amava più di
se stesso.
Ma in quel caso, il caro Bob,
doveva prepararsi ad
uccidere anche lui, perché non avrebbe lasciato
quell’edificio vivo senza di
lei.
La scia d’acqua lasciata
da Kate lo condusse alle
scale del palazzo. Da lì in poi conosceva bene la strada,
l’aveva fatta
svariate volte.
Il pensiero lo fece vacillare.
Aveva scoperto da non
molti mesi che Daniel Westlake, l’uomo che lo convinse a
tentare la carriera di
scrittore, si era rivelato un assassino e ora l’ennesima
batosta.
Ma questa volta era diverso.
Il sindaco Weldon aveva commesso
l’errore di
prendersela con Kate.
Di aver commissionato il suo
omicidio.
Di aver ingaggiato Lockwood e gli
altri due killer
professionisti.
Di avere torturato Ryan e Esposito.
Di avere decretato la fine di
Montgomery.
Quello che considerava un amico,
aveva minacciato
quasi tutti i suoi affetti più cari e questo Castle non
l’avrebbe mai potuto
perdonare.
Arrivato all’ultimo piano
si fece largo tra le
scrivanie degli impiegati per giungere alla porta
dell’ufficio del sindaco.
Guardò in terra. Le
goccioline d’acqua si fermavano
lì. Kate era sicuramente dietro quella porta e
sperò con tutto se stesso di
vedere la scena che poco prima stava immaginando.
Lei in piedi che teneva sotto
scacco Weldon in
ginocchio, implorante pietà.
Ma quando scostò di uno
spiraglio la porta e sbirciò
all’interno, l’immagine di Kate legata ad una sedia
con la testa piegata in
avanti su sé stessa, lo colpì come un pugno.
Non ebbe il tempo di fare nulla.
Sentì un dolore forte
alla base della nuca e in un attimo fu tutto nero.
Angolo
dell’autrice:
chiedo perdono per il ritardo nel
pubblicare, ma sono
rimasta a corto di capitoli!!!
Comunque manca poco ragazze e poi
per un po’ mi darò
alle oneshot!! xD
Allora, in molte avevate capito del
coinvolgimento del
sindaco. Brave! Clap clap!
Che dire, sarà veramente
lui anche nel tf? Mah,
vedremo...
Questa frase di Monty “...quando lui ha scoperto che cosa
avevamo fatto avrebbe potuto
ricattarci e invece ha chiesto i soldi dei riscatti e li ha usati per
diventare
quello che è...” sembrerebbe adatta al
sindaco o ad un giudice o... boh,
solo Marlowe ce lo dirà!!! xD
Buona serata e buona lettura a
tutte!
Baci baci
Ivi87
|
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Capitolo 14 *** Scacco al Re ***
#
Scacco al
Re
Castle non svenne completamente. Si
sentì strattonare
per i pantaloni e capì che qualcuno lo stava trascinando.
Quando sentì i suoi
piedi toccare terra violentemente provò ad aprire gli occhi.
Alla sua sinistra vide delle gambe
legate ad una sedia
e come un flash si ricordò di quello che aveva visto pochi
secondi prima.
Spalancò gli occhi e la
vide, immobile e inerme come
non mai.
Si tirò su a sedere,
massaggiandosi la nuca dolorante
e avvicinandosi a Kate.
Con entrambe le mani le
sollevò la testa e le spostò i
capelli dal viso.
Vide il sangue sulla guancia e
sulla gola e
istintivamente cominciò a slegarla.
“Io non lo farei,
Ricky” disse una voce alle sue
spalle.
Lo scrittore si bloccò
istantaneamente,
riconoscendola.
In ginocchio davanti a Kate, si
voltò lentamente.
Bob se ne stava appoggiato al bordo
della scrivania
con la pistola di Kate in mano, impugnandola dalla parte della canna.
Castle fissò per qualche
secondo il calcio dell’arma
che l’aveva tramortito e poi passò lo sguardo
sull’uomo che la teneva.
“Nikki Heat e Jameson
Rook nel mio modesto ufficio.
Quale onore!” esclamò, accennando un inchino
“Hai visto come l’ho legata? Ho
preso in prestito l’idea da Naked Heat ma ero sprovvisto di
federa nera e
strumenti da dentista per cui…” sollevò
il teaser dalla scrivania
mostrandoglielo.
“Come hai
potuto?” disse Castle con disprezzo.
“Svariate ragioni in
realtà sai, il potere, i soldi,
il prestigio…” elencò annoiato.
“Tutte quelle persone
morte, per cosa? Il potere e i
soldi?” gridò furioso.
“Tecnicamente non le ho
uccise io, Ricky” obbiettò
avvicinandosi.
“Si, giusto, tu il lavoro
sporco lo fai fare agli
altri!”
“Per questa volta
farò un’eccezione!” disse sorridendo
impugnando correttamente la pistola e puntandola verso di lui, sempre
più vicino,
costringendolo a sdraiarsi nuovamente sul pavimento.
“Ecco, mani a terra da
bravo, ho un paio di domande
anche per te, vediamo se tu mi saprai
rispondere meglio”
“Come hai fatto a fingere
per anni, a sorridere
benevolo ad ogni partita di poker. Come puoi essere così
infame da uccidere un
amico nel tuo stesso ufficio! Il Bob che conosco..”
Il sindaco lo interruppe urlando
“Il Bob che conosci
non esiste! Non è mai esistito! È solo una
facciata che ho costruito per gli
elettori e per i sempliciotti come te!!” rise di gusto,
scuotendo la testa.
Castle era sconvolto da quel
comportamento. Non vedeva
il minimo rimorso in lui.
E quella risata sprezzante ne era
la prova.
Un leggero movimento alla sua
sinistra attirò la sua
attenzione. Le mani di Kate si muovevano caute nella speranza di
sciogliere i
nodi che le serravano.
Capì che
finchè Weldon si fosse concentrato su di lui,
non si sarebbe accorto che Kate in realtà era sveglia.
“Allora, torniamo a noi,
mi sai dire se la nostra
bella detective ha delle prove con cui accusarmi?”
“Non lo so..”
rispose Castle cercando di essere il più
convincente possibile.
“Non lo sai
eh?” il sindaco caricò il colpo in canna.
“Mi ha rivelato che
finalmente era riuscita a
collegare tutti i pezzi, io l’ho solo seguita fin
qui…”
Weldon sollevò un piede
per affondarlo nel petto dello
scrittore.
Davanti a lui, il bonario volto
dell’amico di sempre
era deformato dalla collera.
Non riusciva a capacitarsi di come
avesse potuto avere
due facce per tutti quegli anni.
“Mi credi stupido? Credi
che sia arrivato fin qui per
farmi fottere da voi due??!!”
Le mani di Kate si muovevano
frenetiche dietro la sua
schiena cercando disperatamente di allentare almeno un po’ i
nodi.
Castle cercò di
temporeggiare.
“Come hai scoperto di
Montgomery, Raglan e
McCallister? Come sapevi cosa stavano facendo?”
Bob si lasciò sfuggire
un ghigno ma non diminuì la
pressione del suo piede sullo sterno dello scrittore a terra. La
pistola di
Kate sempre in mira con la fronte di Castle.
Con un rapido sguardo
controllò che la detective fosse
ancora incosciente e poi rispose “Quei tre sbirri non erano
in grado nemmeno di
badare a loro stessi figuriamoci proteggere i cittadini. Io stavo
muovendo i
primi passi in politica e le disavventure di Raglan alle corse dei
cavalli erano
note a tutti nell’ambiente. Un poliziotto al verde e con il
vizio del gioco fa
subito notizia! Ho pensato che potesse essere la mia occasione per
salire un
po’ di più sulla scala di quelli che contano.
Così ho cominciato a seguirlo,
giusto per vedere quanto puntava, quanto perdeva, per fare delle
ricerche sul
campo diciamo, tu dovresti capirmi Ricky!” rise prendendolo
in giro e poi
proseguì “Solo che quello che scoprii una notte,
si rivelò molto più
remunerativo di quanto avessi mai pensato! Tre poliziotti che rapivano
boss
mafiosi! È stata una vera e propria manna dal
cielo!” esclamò soddisfatto “Feci
finta di nulla per un po’, aspettando il momento giusto per
farmi avanti ed
ecco che il giovane Roy fa secco Bob Armen! Et voilà, il
gioco è fatto, li avevo
in pugno!”
“Beh, non proprio..
vero?” disse Castle guardando
Beckett.
Il sindaco si voltò a
guardarla e poi tornò sull’uomo
“Già, quella donna proprio non voleva saperne di
farsi da parte” rise al
pensiero “Tale madre tale figlia eh, Ricky?”
“Ti supplico…
non farle del male!” ansimò Castle con
il petto schiacciato.
“E come posso, ormai
sapete troppo!” facendo ancora
più pressione con il piede.
Se finora era riuscito a non
emettere un gemito adesso
invece dovette lasciare andare un urlo di dolore seguito da violenti
colpi di
tosse.
Rivolse la testa verso Kate.
Potevano essere i suoi
ultimi attimi di vita e voleva imprimersela bene in testa.
Forse era il dolore al petto ma gli
sembrò di vedere
gli occhi di Kate ben aperti che lo fissavano, tra le ciocche di
capelli che le
coprivano il volto.
“Bravo Ricky ti conviene
guardarla bene perché stai
per non rivederla più!” disse premendo ancora il
piede, preparandosi a sparare.
Kate fissava insistentemente Rick e
subito dopo
guardava in basso. O la sua mano a terra… Castle non capiva.
Era chiaramente un
segnale ma per cosa?
Eppure lei più di
così non poteva fare. Se solo avesse
mosso la testa, il sindaco se ne sarebbe accorto.
“Tu sarai il primo e se
la tua detective non mi dirà
quello che voglio sapere… beh ti seguirà
all’inferno..” Weldon si prese il
tempo di prendersi gioco di lui un’ultima volta
“Oh, Ricky non hai idea della
soddisfazione che provo ora nel vedere il famoso Richard Castle morente
ai miei
piedi!!” disse con l’invidia stampata in volto.
Fu un attimo. Un lampo. Un flash.
Una lampadina che si
accende nel cervello.
…Non
sono una
bambina, sono armata dalla testa ai piedi e so quello che
faccio…
Castle guardò la gamba
di Kate vicino alla sua mano.
Ecco cosa stava cercando di dirgli.
…sono
armata
dalla testa ai piedi…
Doveva guadagnarsi qualche secondo
in più “Sei sempre
stato geloso dei successi altrui vero? Se quella notte tu non li avessi
scoperti ora non saresti nessuno!” disse debolmente spostando
con attenzione la
mano sul piede di Kate fino alla caviglia, nascosta sotto al pantalone.
“Mi dispiace che queste
siano state le tue ultime
parole Ricky, potevi usarle per qualcosa di più
intelligente!”
“Vaffanculo, ad
esempio?” e in un attimo conficcò
quella piccola lama nella coscia di Weldon.
Dalla pistola partì un
colpo che rimbombò con la
stessa intensità dei tuoni sopra di loro.
Dopo quel fragore, solo le urla di
Weldon
riecheggiarono nell’ufficio.
“Kate! Stai
bene?” domandò gettandosi immediatamente
verso di lei.
“Si, slegami ti prego,
questi nodi sono fatti
dannatamente bene!” rispose lasciando andare un sorriso di
sollievo.
Fortunatamente Castle aveva capito il suo segnale appena in tempo.
Le slegò i polsi e
glieli baciò delicatamente “Mi
dispiace Kate, mi dispiace da morire!”
“E’ tutta colpa
mia, sono stata stupida io, non…” ma
mentre parlava, Kate si accorse dello strano silenzio in cui erano
piombati.
Alzò gli occhi oltre
Rick e vide il sindaco in
ginocchio mentre cercava di rialzarsi.
“Veloce
slegami!!”
Castle si voltò in tempo
per vedere Weldon estrarsi
lentamente il coltellino dalla carne.
Mentre Kate si slegava il collo
Castle pensava ai
piedi.
Con le mani e il busto finalmente
liberi passò a
slegare l’ultima corda quella che le serrava la vita.
Rick si guardò attorno
decidendo cosa fare. Il sindaco
si stava rialzando barcollante con ancora la pistola in mano.
“La mia seconda pistola
è sulla scrivania!” suggerì
Kate mentre litigava con la corda.
Si rialzò velocemente in
direzione della scrivania,
tenendo però sott’occhio Weldon.
Afferrata la pistola
tornò vicino a Kate, aiutandola a
sciogliere l’ultimo nodo.
Weldon barcollante si premeva la
gamba destra
dolorante, guaendo per il male
Kate impugnò di slancio
la sua seconda arma
togliendola dalle mani di Rick.
Vide a terra il coltellino
insanguinato, in una pozza
scura, e controllò la pistola in mano al sindaco.
La teneva malamente con la mano
sinistra.
La speranza si riaccese in lei e
con un colpo rapido e
preciso sparò a quella mano.
La pistola gli saltò via
di mano volando per la
stanza. Il sindaco si massaggiò istintivamente la mano
permettendo così alla
gamba di ricominciare a sanguinare.
Un occhiata di Kate
bastò a far capire a Rick di
recuperare immediatamente l’arma a terra mentre lei si
avvicinava a Weldon
tenendolo sotto tiro.
Castle la vide serrare entrambe le
mani attorno alla
sua Glock, con gli occhi fissi su Weldon, quasi come se avesse paura
che
sbattendo le palpebre quel bastardo potesse scomparire.
Ed eccola, la scena che aveva
ricreato nella sua mente
poco prima.
Beckett stava tenendo sotto scacco
il sindaco ed era
intenzionata a sparare.
“Kate…”
Il rumore delle sirene della
polizia irruppe nella
stanza, sorprendendoli.
“Castle?” la
detective domandò spiegazioni.
“Prima di venire qui ho
mandato un’ e-mail a Ryan ed
Esposito con tutti i documenti e scrivendo solo di raggiungerci
qui…”
Kate restò in silenzio
pensando a cosa fare.
“Speravo fossero dei
lettori più veloci, ci abbiamo
quasi rimesso le penne...”
“Castle” Kate
lo interruppe “Vai giù ad avvisarli che
stiamo bene e che non c’è bisogno
dell’artiglieria pesante!” ordinò senza
mollare Weldon un attimo.
“Ma…”
l’uomo cercò di protestare.
“VAI!”
intimò perentoria.
Castle
si
allontanò di poco, per poi tornare accanto a lei
“Sappi che sarò sempre al tuo
fianco, qualunque sia la tua decisione” poi diede un ultimo
sguardo all’uomo
che per anni considerò un amico e proseguì
“Fai quello che devi” poi uscì.
Restati da soli, Kate
provò l’urgente bisogno di
piantare un proiettile in testa a Weldon.
“Di quali documenti stava
parlando?” chiese incredulo
il sindaco, mentre ansimava per il dolore alla gamba e alla mano.
“Sta zitto”
sibilò Kate
“Quali prove
avete?!” urlò fronteggiandola.
“DEVI STARE
ZITTO!!” sentenziò dura come il tuono che
si udì nello stesso istante. Con un calcio sulla gamba
ferita lo fece cadere a
terra di peso, immobilizzandolo con lo stivale pressato sulla sua gola
e la
pistola sempre ben puntata alla sua testa.
A metà corridoio Castle
la sentì gridare contro il
sindaco, ma il forte rombo del tuono gli impedì di capire se
ci fu anche uno
sparo ad accompagnare la disperazione della detective.
Si bloccò con
l’intenzione di tornare indietro ma
esitò.
Kate aveva bisogno di affrontarlo
da sola per chiudere
i conti con il passato.
Si affrettò verso le
scale più veloce che riuscì.
Angolo
dell’autrice:
ebbene ci siamo quasi, un paio di
capitoli e non vi
stresso più!! xD
e soprattutto torno ad essere
un’apina dolce e gentile
xD eheheheheh
Ne approfitto per augurare a tutti
i lettori e gli
scrittori di Efp un felice e sereno Natale!!
A presto!!
Un bacione,
Ivi87
|
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Capitolo 15 *** This is for Rick...This is for my mother! ***
# This is for Rick...This is for my mother
Ryan ed Esposito avanzarono
guardinghi seguiti da una
unità armata di tiratori scelti.
Trovarono immediatamente la porta
sul retro già
forzata e si infilarono nel palazzo.
Solo un’ora e mezza prima
Ryan stava guardando la
televisione sul divano, abbracciato a Jenny; Esposito si godeva una
birra
all’Old Haunt.
E poi un bip del cellulare
cambiò drasticamente
l’esito delle loro serate.
Ryan chiamò subito il
suo migliore amico che gli
confermò di avere ricevuto la stessa e-mail.
E quando Castle non rispose a
nessuna delle loro
chiamate capirono che mamma e papà erano nuovamente nei guai.
Esposito face dei segnali con la
mano e un paio di
cecchini seguirono le sue istruzioni.
Ryan mise all’erta gli
agenti appostati sul tetto del
palazzo di fronte.
Uno dietro l’altro
arrivarono alla base delle scale e
cominciarono a salire quando un rumore proveniente dall’alto
li allarmò.
Istintivamente puntarono tutti i
fucili e le pistole
verso di lui.
“Whoa, calmi ragazzi sono
io!”
“Castle!”
esclamò Esposito “Vuoi farti ammazzare?”
Ryan con il braccio
segnalò all’unità di abbassare le
armi.
“Via libera, Beckett ce
l’ha in pugno!” urlò
sporgendosi dal corrimano.
Di corsa ripresero a salire.
“State bene?”
urlò Ryan preoccupato.
“Più o
meno..” Castle era agitato, voleva tornare da
Kate.
“Che significa
più o meno? Siete feriti?” gridò
Esposito in testa alla fila, ormai quasi in cima alle scale, dove lo
scrittore
li attendeva.
Castle non rispose. Non era
attento. Continuava a
guardarsi indietro desideroso di tornare da lei per impedirle di
commettere un
terribile errore.
Si fidava di lei e sapeva in cuor
suo che non
l’avrebbe fatto.
Così come non aveva
ucciso il killer di Royce.
Ma sarebbe bastato un attimo, uno
scatto di nervi, per
rovinarle per sempre la vita.
Kate puntava l’arma
saldamente contro di lui.
Tutto nella sua testa le diceva di
sparare. Di porre
fine all’esistenza di quell’uomo così
come lui aveva posto fine a quella di sua
madre.
Johanna cercava solo la
verità, ma si era imbattuta in
un terribile gioco di potere ed ora finalmente Kate poteva vendicarla.
“E’ un bluff
vero? Non avete prove..” ridacchio
divertito Weldon.
Persino da ferito e con un
proiettile pronto a
perforagli il cranio continuava a parlarle sprezzante.
Cercava forse di distrarla?
Kate si accorse di tremare
leggermente.
La voglia di sparare era tanta ma
cercava di frenarsi.
“Hai il Parkinson
detective?”
La donna pressò la suola
del suo stivale sulla gola
del sindaco, quasi come se stesse spegnendo un mozzicone di
sigaretta“Questo è
per Rick!”
Weldon urlò e
tossì, sentendo la laringe comprimersi.
Kate lasciò la presa
qualche secondo e si allontanò di
pochi passi, senza abbassare la pistola.
Quando tornò accanto
lui, stringeva il coltellino in
mano.
Lo afferrò come fosse un
pugnale “Questo è per mia
madre!” e si scagliò su di lui.
L’urlo di Weldon si
udì in tutto l’edificio.
Quando Ryan ed Esposito raggiunsero
l’ultimo piano
trovarono un Castle molto agitato.
“Dobbiamo sbrigarci,
forza!” disse ai due.
“Devi calmarti
Castle” gli rispose Esposito.
“Amico, hai detto che
Beckett ce l’ha in pugno, no?”
domandò Ryan perplesso.
“Kate mi ha cacciato via
quando ha sentito le
sirene..” Castle lasciò cadere la frase dando loro
modo di capire.
“Yo, l’hai
lasciata sola con l’assassino di sua madre?
Cosa vuole fare il giustiziere della notte?”
“Noi tre siamo la sua
famiglia, possiamo farla
ragionare!”
Il commento di Castle precedette di
pochi secondi
l’urlo agghiacciante del sindaco.
Si voltarono tutti di scatto per
poi precipitarsi
nell’ufficio del sindaco.
Quando Castle spalancò
la porta vide Weldon tremante,
spaventato a morte.
La piccola lama era conficcata nel
pavimento a
pochissimi millimetri dal suo occhio sinistro.
Poco distante Kate si teneva le
ginocchia rannicchiata
contro la parete.
Rick la raggiunse immediatamente
stringendola tra le
braccia.
“Non ce l’ho
fatta..non potevo..” singhiozzo contro il
suo petto, sfogandosi.
“Sei stata
bravissima...è tutto finito ora...”
lasciandole un bacio delicato sui capelli.
Castle alzò gli occhi e
vide una decina di fucili
puntati su Weldon e sentì Ryan chiamare
l’ambulanza.
Lasciò andare un lungo
sospiro di sollievo “E’ tutto
finito”
Angolo dell’autrice:
capitolo
cortino, lo so, ma la vicenda del sindaco andava conclusa qui.
Ora
solo caskett! xD un capitolino ancora e poi l’epilogo! Eheheh
E
poi stop con le long!!! Mi fanno sclerare di brutto!!! Ahahahahah
Solo
oneshot per un po’ almeno..poi si vedrà!
Un
bacione a tutte e mille grazie sia a chi commenta sia a chi legge
solamente ;)
Buona
lettura!
Ivi87
|
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Capitolo 16 *** A casa. Al sicuro ***
# A
casa. Al
sicuro
Erano entrati in casa da una decina
di minuti.
Martha e Alexis l’avevano
abbracciata e baciata forte
e poi, più sollevate, li avevano lasciati soli.
Da quando avevano lasciato il
municipio Kate si era
sentita come catapultata in un altro posto.
Le voci le giungevano ovattate,
lontane.
Non le sembrava vero che fosse
tutto realmente finito.
Nemmeno quando vide Weldon in
manette.
Nemmeno quando la Gates li
raggiunse e l’aiutò a
rilasciare la sua deposizione.
Se ne restava lì in
piedi nel mezzo del salotto,
completamente svuotata.
Rick la prese per mano e la
condusse nella sua camera.
“Come ti
senti?” le chiese, gentile.
“Credevo che mi sarei
sentita diversamente” sussurrò
debolmente Kate.
“Hai bisogno di un
po’ di riposo. Devi elaborare
ancora tutto quello che è successo” le rispose
lasciandole un bacio su una
tempia.
“Vieni” le
indicò il letto e insieme si sdraiarono
accoccolandosi.
Molto dopo un fascio di luce le
colpì il viso.
Sotto la sua mano non
c’era più il petto di Rick,
sentì invece il tessuto delle lenzuola.
Quando lo chiamò fu
un’altra invece la voce che
rispose.
“Katie, è
tutto a posto, sono papà” disse l’uomo
sedendosi sul bordo del letto.
“Ehi
papà…” Kate si sistemò
meglio, mettendosi seduta
“…come mai sei qui? Che ore sono?”
Jim sorrise nel vedere quanto fosse
tenera sua figlia
“E’ mattina inoltrata, tesoro. Rick mi ha chiamato
perché sapeva che tu non
l’avresti fatto” e la guardò con finto
ammonimento.
I suoi occhi verdi si velarono di
lacrime “Scusa papà…”
si passò una mano in volto catturandone velocemente una.
“Sai già tutto?”
Un brusio sommesso giunse dal
salotto e capì che tutti
i suoi amici erano nell’altra stanza.
“Diciamo che la versione
più gettonata è che Ryan e
Esposito, da veri supereroi, vi hanno salvato in extremis”
Kate rise assieme al
padre “Ma Rick non è molto
d’accordo..”
Le accarezzò dolcemente
i cerottini sulla guancia e
guardò quello sulla gola.
“Sto bene
papà, davvero” lo rassicurò lei.
“Lanie ti ha portato un
cambio d’abiti” spiegò Jim
indicandole un borsone a terra “Ma non so perché
ho come l’impressione che non
ci resterai ancora per molto in
quell’appartamento…” disse con un
sorriso
mentre si guardava attorno.
Kate sorrise imbarazzata mentre
controllava il
contenuto della borsa.
“Dai,
cambiati
e vieni a salvare il futuro sposo dalla scelta delle canzoni da dare al
dj
durante il ricevimento” e con un ultima carezza la
lasciò sola per cambiarsi.
Nella stanza accanto Rick raggiunse
sua figlia e la
vide riattaccare il telefono sospirando sonoramente.
“Alexis stai
bene?”
“Richiedimelo
domani” rispose sconsolata.
“Hai litigato con
Ashley?”
“L’ho
lasciato” il padre le si avvicinò offrendole un
abbraccio “nell’ultimo periodo non c’era
mai per me. Era sempre impegnato.
Anche stanotte, quando avevo più bisogno del suo
sostegno”
“Mi dispiace tanto
tesoro” le disse solamente.
“Sai papà non
credo che Standford faccia per me” Rick
la guardò allarmato “E’ un ottima
università, certo, ma ci andavo solo per
stare con Ashley e ora penso sia giusto che scelga con la mia
testa..fortunatamente avevo fatto domanda anche in altri
college…”
Rick non sapeva se essere
orgoglioso per la sua
bambina o preoccupato. Ma l’idea di un college più
vicino a casa lo tirò su
subito di morale “la NYU ad esempio..??”
domandò sorridente.
“Si papà,
avevo fatto domanda anche lì” Alexis rispose
sorridendo a sua volta.
Rick
l’abbracciò ancora più forte.
Quando tornarono in salotto Rick
vide Kate uscire
dalla sua camera da letto.
Per chissà quanti
secondi incatenarono i loro sguardi,
poi lei, incurante dei loro amici nella stanza, ridusse la distanza tra
loro
fino ad abbracciarlo.
Stretto. Molto stretto.
Fino a qualche mese prima non
avrebbe mai fatto una
cosa del genere.
Ora le è assolutamente
indispensabile.
Stringe le braccia attorno ai suoi
fianchi e poggia la
testa contro il suo petto.
Ora è a casa. Al sicuro.
“Thank you...for being
there” gli sussurra con il
sorriso sulle labbra.
E lui ricambia, la tiene stretta a
se come se non la
dovesse mai più rivedere “Always”
Nessuno osa parlare e rovinare il
momento.
Martha e Jim si scambiano un
sorrisino d’intesa.
Lanie è a bocca aperta,
sorpresa da quello slancio
affettivo così inusuale per la detective.
Esposito si volta soddisfatto verso
il collega giusto
in tempo per vederlo prendere per mano Jenny.
“Significa che verrete
insieme al matrimonio?” esclama
infine proprio Ryan.
Rick e Kate si lasciano andare ad
una leggera risata
mentre lentamente sciolgono l’abbraccio.
“Non lo so
Ryan...” dice Rick visibilmente divertito,
poi si volta verso la donna al suo fianco “Kate, mi faresti
l’onore di essere
il tuo cavaliere al matrimonio di Ryan e Jenny?” chiede
inchinandosi e
lasciando un delicato bacio sul dorso della sua mano.
Kate sorride un po’ in
imbarazzo “Con molto piacere”
arrossisce leggermente ma non le interessa.
Non è mai stata
più felice di così.
Angolo
dell’autrice:
ed eccoci quasi alla fine. Manca
solo un piccolo
epilogo ed è finita!
mi ha fatto penare da morire ma ora
che conclusa un po’
mi dispiace!
Spero che vi abbia appassionato e
divertito! ;D
Un bacione enorme e alla prossima
con la fine! XD
Buona lettura,
Ivi87
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Capitolo 17 *** Epilogo - Amare e Vivere a NY ***
#
Epilogo – Amare e Vivere a NY
Tre settimane dopo, Kate passeggia
nel giardino del ristorante del ricevimento.
Nonostante sia Gennaio, il
clima non è così rigido quel giorno. Si sta bene.
Lei sta
bene, finalmente.
Il sindaco Weldon è
stato
formalmente accusato e arrestato.
Non lo vede da quella sera
al municipio.
La Gates ha ritenuto
opportuno che non partecipasse agli interrogatori e che non avesse
più
nessun’altro contatto con lui, per non rischiare di dare modo
ai suoi avvocati
difensori di avere una qualche appiglio per invalidare le accuse. E
Kate,
sorprendendo tutti, concordò con il capitano.
Per niente al mondo avrebbe
rischiato di mandare tutto all’aria.
Lo avrebbe rivisto in
tribunale, una volta fissata la data del processo. Avrebbe sentito la
voce del
giudice dichiararlo colpevole e allora, solo allora, avrebbe potuto
considerare
chiuso per sempre quel doloroso capitolo della sua vita.
“Ecco qua il tuo
champagne”
la voce di Rick le giunge alle sue spalle.
Il suo scrittore che in
queste settimane l’ha protetta, amata, coccolata e sostenuta.
Senza di lui non ce
l’avrebbe mai fatta.
Non era tornato a lavorare
al distretto, nemmeno lui voleva più rivedere Weldon se non
in aula. Ma per lei
era sempre presente.
Allunga una mano sulla sua
guancia cancellando una macchiolina marrone.
“Non sarà
cioccolata vero?”
chiede lei cercando di assumere uno sguardo serio.
Ma è troppo felice per
riuscirci del tutto.
“Mmm? Cioccolata?
No..no..”
è così dolce quanto tenta di mentirle, ormai Kate
lo capisce subito.
“Hai già
mangiato tre fette
di torta Rick..non costringermi a portarti a fare jogging!”
“Eddai, cosa saranno mai
alcune fette in più..stiamo festeggiando... e poi lo sai che
la corsa non fa
per me. Domani smaltisco tutto in piscina!”
Kate ride. Rick è
così
suscettibile riguardo al suo peso e lei non riesce proprio a non
punzecchiarlo.
Si avvicina e lo bacia
dolcemente.
È il suo Rick. Il suo
Writer
Boy. Il suo Plucky Sidekick e migliore amico.
Potrebbe pesare anche cento
chili e hai suoi occhi non cambierebbe nulla.
È innamorata e non ha
più
paura di dimostrarlo.
Ma il loro punzecchiarsi
resta sempre il loro sport preferito.
“Facciamo
così, quello che
non mangi tu lo mangio io, così tu dimagrisci e io invece
ingrasso” propone
lei.
“Ci sto! Sei troppo magra
Kate!” risponde pizzicandole un fianco.
Gli sposi si avvicinano e li
raggiungono.
“Eccovi
ragazzi!” esclama
per prima la sposa.
Jenny si appende al braccio
di Rick. Il lungo vestito bianco produce un leggero fruscio ad ogni suo
movimento “Devo proprio ballare con il più grande
autore di gialli di tutti i
tempi”.
Ryan aggiunge veloce “E
io
devo danzare con la detective più in gamba di New
York” porgendole
l’avambraccio.
Rientrano volentieri per
accontentare i loro amici.
L’atmosfera è
così allegra e
spensierata che il tempo vola e quando ormai è sera, molti
degli invitati se ne
sono già andati.
Martha e Alexis, che
chiacchierano tranquille sedute al loro tavolo, vengono man mano
raggiunte da
tutto il resto del gruppo.
Kate si siede affianco a
Rick e dolcemente gli accarezza una spalla spronandolo “Credo
che Rick abbia
qualcosa da dirci, ragazzi”.
Il brusio si interrompe
subito. Tutti gli occhi sono puntati sullo scrittore.
“C’è
qualcosa che non va, kiddo?”
domanda Martha allarmata.
“Niente di preoccupante
mamma” le risponde tranquillizzandola.
Esposito si sporge in avanti
“Riguarda il tuo ritorno al distretto? Ora che Ryan va in
viaggio di nozze ci
serve una mano, bro!”
Kate e Rick si scambiano uno
sguardo eloquente.
“In realtà, no
Esposito, non
torno al distretto”. Gli sembrava di essere tornato
più o meno a quattro mesi prima,
quando aveva dato la stessa notizia all’Old Haunt.
Un coro di ‘What?’
lo travolge. Poi tutti guardano
Kate.
“Ne abbiamo parlato e
sono
d’accordo” ammette la detective.
“Ma...” accenna
Lanie, ma
poi si ferma.
Ora stanno insieme no?
Perché non dovrebbe tornare al distretto?
Alexis allunga una mano
verso il padre “E’ per colpa mia? Ho sbagliato a
chiedertelo mesi fa..”
“No tesoro, non
è colpa tua”
si affretta a dire suo padre.
“E non hai affatto
sbagliato” aggiunge Kate poggiando la sua mano sopra quella
dei due “Il mio
lavoro è pericoloso e ora non c’è
più motivo di rischiare la vita entrambi”.
Le bruciano gli occhi al
ricordo di quante volte Rick è stato ad un passo dalla morte
seguendola nei
casi. Le lacrime premono per uscire al ricordo di lui, a terra e
inerme,
minacciato da Weldon, ma tutto questo le aveva anche fatto capire una
volta per
tutte che non poteva rischiare di perderlo. Soprattutto adesso che
stavano
costruendo la loro vita insieme.
Tutti a quel tavolo
annuiscono comprensivi.
Forse è giusto
così, per il
momento.
“E comunque puoi sempre
dare
una sbirciatina ai casi o propinarci qua e la qualche tua teoria
strampalata
sugli alieni, giusto?” chiede Ryan, alleggerendo un
po’ la tensione.
“Oh, ci puoi giurare! Non
vi
libererete di me così facilmente!” risponde
allegramente facendo ridere tutti.
“Comunque non
tornerò a fare
lo scrittore a tempo pieno” aggiunge poco dopo.
Martha si incuriosì
“Cosa
intendi caro? Oh cielo, non vorrai di nuovo tentare la carriera di
astronauta
vero?” domanda innocentemente.
Kate spalancò gli occhi
divertita “Questa poi me la spieghi!”
“Anche a
noi!!!” si uniscono
in coro anche Ryan, Esposito e Lanie.
“Ehm…
dicevo?” Rick sorrise
al pensiero ma fece orecchie da mercante “Ah, si…
siete pronti?” domanda per
creare un pò di suspense “Rullo di
tamburi…” con le mani picchietta
ritmicamente sul tavolo.
“Papà..”
“Caro…”
“Rick…”
Le tre donne più
importanti della sua vita lo
ripresero nel medesimo istante.
“Ok, ok, lo
dico!”
“Circa un mese fa mi
è stata offerta la possibilità di
tenere un corso di scrittura moderna alla New York University.
All’inizio non
me la sentivo e avevo lasciato perdere ma in queste settimane ne
abbiamo
parlato tanto e alla fine ho accettato!” spiega Castle
raggiante.
Alexis saltella sulla sedia al
pensiero di essere
ammessa alla NYU e di poterlo avere accanto.
“Insegnerai
all’università! Forgerai nuovi scrittori
in erba?” domanda felicemente sorpreso Ryan.
“Professor
Castle!” declama con voce grave Esposito.
“Ragazzi siate
buoni…”
“Ti ci vorrebbero un bel
paio di occhiali da lettura
sai? Ti darebbero un’aria colta…” gli
dice Kate.
“Anche tu detective?
Molto spiritosi…” cercando di
sembrare offeso.
“Saresti
sexy…” sussurra lei, ma abbastanza forte da
farsi sentire da tutti.
Castle trattiene il respiro dando
via, nella sua
mente, ad almeno un centinaio di possibili scenari vietati ai minori di
18 anni
“Chi di voi conosce un buon ottico?” domanda infine
illuminandosi.
Ryan ed Esposito alzano la mano.
“Io, io lo so, proff
scegli me”
“No invece, scegli
me!”
Il gruppo scoppia a ridere per
l’ennesima volta in
quella giornata di festa.
Poco dopo, quando ormai tutti se ne
sono andati, sposi
compresi, anche Castle raggiunge le sue tre donne con i cappotti.
Alexis e Martha si affrettano verso
l’auto lasciando
la coppietta nella hall.
Rick aiuta Kate ad infilarsi il
cappotto e poi si
mette il suo.
“Sei ancora nervoso per
la grande notizia?”
domanda lei, trattenendolo per un braccio.
“No, direi che ora va
decisamente meglio. Mi sento un
po’ sollevato” risponde un po’
imbarazzato.
A Kate quel sorriso tirato non
sfugge affatto “Cosa
c’è? Non sei contento?”
“Certo che lo sono. Solo
che… c’è un’altra questione
che mi preme affrontare… ma forse non è ancora il
momento…” le dice serio prima
di incamminarsi verso l’uscita.
“No,
Rick..aspetta!” lo blocca nuovamente “Cosa
intendi? Non puoi dire una frase del genere e poi lasciare cadere il
discorso!”
Vedendola preoccupata si
intenerì “Non è nulla stai
tranquilla, ne parliamo a casa, dai..”
“Ne parliamo adesso
invece! Ti conosco Rick, a casa
poi fingeresti di essere stanco e ti butteresti a letto pur di non
parlarne”
obietta Kate.
“Infatti a letto non si
parla: o si dorme o…”
L’indice della donna si
solleva a mo di avvertimento
“..ora stai divagando!”
Rick finge di azzannarle il dito e
Kate lo ritira
divertita.
“Ok, va
bene…” sbuffa lui
“…è solo che stavo notando
che dormi sempre da me, molte delle tue cose sono da me, tuo padre
chiama
sempre a casa mia quando ti cerca…” si ferma per
vedere se la donna ha capito
cosa tenta di dirle.
“Si, quindi?”
dice invece Kate.
“…pensavo che
magari… ma solo se vuoi… magari…
potevi
pensare…di… trasferirti…”
l’ultima parola quasi non si riesce a sentire da
tanto la sua voce si è abbassata alla fine della frase.
“Oh…”
risponde solamente, Kate.
“Oh,
mi
piace, è mille volte meglio di ‘SCORDATELO
CASTLE’! E comunque ci terrei a farti notare che ho
detto pensare ok? Pensare di
trasferirti...”
“Rick,
respira!” dice sorridendo “Il mio era un
‘oh…ma
io credevo di essermi già trasferita!’ forse non
ti sei accorto ma tutte le mie cose
sono già da te!”
“Hai poche cose
detective…” risponde pensieroso “E il
faccione orrendo che hai nell’ingresso di casa?”
“Era
dell’inquilino precedente e non è un faccione
orrendo, mi ha detto che è una scultura parecchio
quotata!”
“Immagino,
sarà per questo che te l’ha
lasciata…”
esclama infine Rick attirandola a se in un abbraccio.
Respira forte il profumo dei suoi
capelli “Quindi
viviamo insieme?”
Kate sorride appoggiata alla sua
spalla “Si, viviamo
insieme!”
“Ok, non per essere
polemico ma se viviamo insieme
come mai non hai disdetto il tuo appartamento?” le domanda
lasciando trapelare
un cenno di preoccupazione.
Se Kate non se la sentiva di
convivere in tutto e per
tutto e voleva tenere ancora per un po’ il suo appartamento,
avrebbe capito e
accettato la cosa.
Lei percepisce subito quel lieve
sentore di dubbio
nella sua voce.
“Pensavo di chiedere a
mio padre se vuole subentrare
al posto mio, che ne dici?” ma Kate non gli da il tempo di
rispondere “Sarebbe
più vicino a noi e…un giorno… ai suoi
nipotini…”
Rick si illumina come un albero di
Natale.
“Ho detto ‘un
giorno’, Rick!” cerca di riportarlo sulla
terra invano.
“Domani è
un
giorno!” controbatte lui.
“Rick…”
“Anche dopodomani è
un giorno!”
“Rick…”
“Anche dopo dopodomani è un giorno!”
“Ti amo”
esclama Kate lasciandolo di stucco.
“Anche dop…
EH?!?!”
Non sembra nemmeno respirare da
tanto è sorpreso.
Kate se ne accorge e con uno
sguardo dolce lo esorta a
dare segni di vita.
Era la prima volta che glielo
diceva da quando stavano
insieme.
“Scusa…, io..
io proprio non me l’aspettavo. Sono anni
che mi chiedo che cosa avrei provato se tu fossi mai riuscita a
dirmelo...”
dice quasi commosso.
“E allora? Cosa
provi?” domanda lei stringendosi a
lui.
“Non lo so.. è
una sensazione indescrivibile. Sono
senza parole, detective” Kate sorride soddisfatta
dell’effetto che ha su di lui
“Anzi no, ne ho quattro in realtà”
aggiunse poi Rick.
“Ah, si?
Sentiamo…”
“Ti amo anche
io”
Le loro labbra si uniscono
danzando. I loro occhi si
cercano felici.
“Su scrittore
è tardi, andiamo a letto” sussurra
maliziosa Kate.
“Per dormire
o…” domanda Rick nel medesimo tono.
“O… Rick,
decisamente o…”
FINE
Angolo
dell’autrice:
è finitaaaaaaaaaaaaaaaaa
alèèèèè
ohooooooo
alèèèèèè
ohooooooo
che faticaccia! Nn avete idea!
Fiùùù *soddisfattamastremata*
xD
allora, cose da dire: data
creazione 24/08/11 O.O ci
credete ora che nn ne potevo più??? Ahahahahah
Ricordo che tutta questa long
è frutto di 4 menti
malate in vacanza in Sardegna... nn c’è bisogno di
dire altro immagino xD
Si ringrazia quindi le mie tre
tartarughine, la mia super
beta incontrastata (che è pure una delle tre tartarughine),
la mia family
<3<3<3 ALWAYS #OFD <3<3<3
Tutti i lettori che hanno lasciato
un commento e non,
chi l’ha inserita tra le preferite, ricordate, seguite e chi
più ne ha più ne
metta!!!!
GRAZIE MILLE A TUTTE *-*
A preeeeesto!!!
Baci baci baci
Ivi87 ;D
Ps. Il faccione a casa di Beckett??
Se nn l’avete mai
notato riguardate gli ep. in cui Castle va da Kate... 3x13-3x24-4x06...
Non so voi, ma x me è
orribbbbbile!!! xD
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