Never wake up the dragon

di ivi87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Decisioni difficili ***
Capitolo 2: *** Reazioni ***
Capitolo 3: *** Regola numero uno di ogni scrittore ***
Capitolo 4: *** Farsene una ragione ***
Capitolo 5: *** Andare avanti ***
Capitolo 6: *** Eqilibri ***
Capitolo 7: *** Cambiamenti ***
Capitolo 8: *** L'universo ha parlato ***
Capitolo 9: *** Sono felice, se tu sei felice ***
Capitolo 10: *** Mi fido di te ***
Capitolo 11: *** Stand by ***
Capitolo 12: *** L'amara verità ***
Capitolo 13: *** In trappola ***
Capitolo 14: *** Scacco al Re ***
Capitolo 15: *** This is for Rick...This is for my mother! ***
Capitolo 16: *** A casa. Al sicuro ***
Capitolo 17: *** Epilogo - Amare e Vivere a NY ***



Capitolo 1
*** Decisioni difficili ***


Never wake up the dragon

 

 

# Decisioni difficili

 

I raggi del sole lo colpirono in volto. Era già mattino.

Quando aprì gli occhi trovò il dolce visino di sua figlia, intenta a fissarlo.

 “Ehi..” biascicò Rick ancora assonnato.

“Ti devo parlare” sentenziò invece lei, seria.

“Buon giorno anche a te!” le rispose. Poi vide il suo sguardo “Cos’è successo?”

“Domani Kate torna al distretto, vero?”

“Si, la convalescenza è finita e i medici hanno dato il loro benestare..” spiegò lui.

“Non andare..” sussurrò sua figlia.

Rick restò in silenzio, concentrato sulla ragazzina.

“Non tornare al distretto. Per favore..” riuscì a dire prima che gli occhi le diventassero lucidi.

“Tesoro lo so che ti sei presa un bello spavento ma..”

“Un bello spavento? Papà ho assistito ad una sparatoria! Ho visto Kate sanguinante e ho visto te accanto a lei.. e se avesse colpito te? Se te ne fossi accorto in tempo e ti fossi gettato prima su di lei, venendo colpito? Lo so che l’avresti preferito, ormai ho capito, ma a me non pensi? Se ti succedesse qualcosa io...” disse tutto d’un fiato Alexis cominciando a singhiozzare.

Rick l’abbracciò forte “Oh, tesoro, non mi succederà nulla, stai tranquilla” tentò di rassicurarla.

“Come posso stare tranquilla?” sbottò di colpo, allontanandolo “Hai già rischiato la vita così tante volte in questi ultimi anni e ti ho sempre lasciato fare! Ma ora che l’ho visto accadere davanti ai miei occhi..” lasciò che il padre le asciugasse le lacrime e lei si calmò un poco “non sto dicendo che non devi più vederla o che non devi più frequentare Ryan e Esposito. Questo non te lo chiederei mai! Voglio solo che smetti di giocare al poliziotto, ti prego!”

Rick la capiva e sapeva che aveva ragione. Di spunti per i suoi libri ne aveva a volontà ormai. 

It’s not for books anymore aveva detto, a sua madre, tempo fa.

Ed era vero. Ora ci andava solo per Kate. Per stare accanto a lei. E perché infondo il distretto era un po’ la sua seconda casa. Lì dentro ci aveva trovato degli amici veri e giocare al poliziotto con loro era eccitante.

Ma sua figlia veniva prima di tutto. Questo nessuno l’avrebbe potuto cambiare.

“Va bene tesoro” sussurrò dolcemente, coccolandola tra le braccia.

 

Quando Alexis si sentì meglio andò in camera sua a cambiarsi mentre Rick raggiunse la cucina per fare colazione.

Martha era già sveglia e pimpante concentrata su un nuovo copione da studiare.

“Buon giorno Richard!” lo salutò a gran voce.

“Giorno madre” rispose atono.

“Tesoro, cos’è quell’aria abbattuta?” notò subito la donna.

“Mi sento a terra infatti!”

“Che è successo figliolo?” domandò preoccupata raggiungendolo al bancone della cucina.

“Alexis mi ha chiesto di non andare più al distretto..” spiegò Rick

“Oh.. finalmente è riuscita a dirtelo..”

“Lo sapevi?”

“Sono settimane che ci sta pensando; da quando Kate è uscita dall’ospedale e i dottori le hanno dato due mesi di riposo assoluto..” raccontò la donna.

“E domani scadono..” Rick collegò i fatti e comprese meglio le parole della figlia.

“Già..”

In questi due mesi Alexis non era mai riuscita a chiederglielo ma ora il tempo stringeva e aveva raccolto il coraggio proprio quella mattina.

“Cosa le hai risposto? Continuerai ad andare al distretto?” domandò Martha.

“No..no, Alexis ha ragione. Devo smettere di fare l’incosciente e cominciare a fare il padre”

“Oh Richard.. so quanto ti pesa questa decisione..”

“No mamma, davvero! E’ per il bene di Alexis, va bene così..” disse con più enfasi per auto convincersi, alzandosi dallo sgabello “Non ho fame..vado a lavarmi”.

 

 

Dopo che Alexis uscì per andare a lezione di violino e Martha alla scuola di recitazione, Rick si sedette stremato sul divano. Erano solo le otto di mattina e già si sentiva esausto.

La richiesta di Alexis l’aveva colto completamente di sorpresa, ma non aveva potuto tirarsi indietro davanti agli occhi in lacrime di sua figlia.

Reclinò completamente la testa sullo schienale e allungò le gambe sul tavolino di fronte.

Cosa avrebbe detto a Ryan e Esposito? Come l’avrebbe spiegato a Kate?

Guardò l’orologio. Era quasi ora di andare da lei.

Ogni mattina, puntuale, alle 8:30 passava a trovarla. A quell’ora Josh iniziava il turno in ospedale e così non rischiavano di incontrarsi. Ormai aveva imparato a memoria tutti i suoi orari per potersi occupare di Kate in tranquillità. L’occhio nero era ormai guarito e non voleva rischiare di guadagnarsene un altro.

Un paio di volte aveva incontrato il padre di Kate ed era stato felice di scambiare quattro chiacchiere con lui e di scoprire nuove cose sulla piccola Kathy. 

Respirò profondamente passandosi le mani sul volto.

Doveva dirglielo subito. Senza tergiversare. Prima che arrivasse qualcun altro a trovarla impedendogli di parlare. Ai ragazzi magari l’avrebbe detto quella sera stessa, davanti ad una birra all’Old Haunt, ma con lei non poteva solo dire Ehi, non ci vedremo per un po’, questo giro lo offro io.

Doveva dirle la verità e spiegarle le paure di Alexis. Sapeva che Kate avrebbe capito e anzi, magari sarebbe anche stata contenta di non averlo più tra i piedi, pensò divertito.

Ma il sorriso scomparve poco dopo. Il solo pensiero di non vederla tutti i giorni e per tutto il giorno, gli rivoltò lo stomaco.

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Eccomi con una nuova storia a capitoli. Credo 6 o 7 al massimo.

Per ora ne ho pronti 4. Vedremo come evolve la storia.

Partiamo dagli spoiler riguardanti Alexis e la sua richiesta di mollare il distretto a Castle, passeremo attraverso i sentimenti di Rick e la voglia di andare avanti senza perdere i suoi amici e ci sarà un cattivo moooolto cattivo ad un certo punto.

Spero di riuscire a gestire bene il tutto, fatemi sapere man mano cosa ne pensate.

Un bacione a tutte e .. buona lettura!

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Capitolo 2
*** Reazioni ***


# Reazioni

 

Quando Kate aprì la porta lo accolse con un caldo sorriso.

“Ehi Castle, dieci minuti di ritardo, cominciavo a preoccuparmi” lo prese in giro.

In questi mesi di riposo forzato si era abituata alle visite dei suoi amici e alle loro premure.

Castle si presentava ogni mattina con un mazzolino di fiori.

Oggi margherite.

“Grazie” gli disse lasciandolo entrare “da domani il fioraio sarà disperato..” scherzò lei.

Domani. Eccolo lì il tasto dolente, non si era ancora nemmeno levato la giacca che già era saltato fuori. 

Kate cercò un piccolo vasetto e lo riempì d’acqua, sistemando i fiori.

Di solito si accomodava sul divano, chiedeva se c’era qualche faccenda da sbrigare e poi cominciava con le lezioni di cinematografia e musicologia.

In due mesi Kate era diventata una vera esperta e al passo con i tempi.

Castle proprio non si capacitava di come Kate fosse sopravvissuta tutto questo tempo senza aver mai visto i tre Mission Impossible o di come facesse a non sapere chi fosse Kanye West.

Così si era assunto il delicato compito di istruire la sua musa. 

Kate.. beh all’inizio era troppo debole per replicare, poi le lezioni cominciarono a piacerle e vedere Castle tutto illuminato mentre mandava al rallenty una scena di KungFu Panda era una gioia per gli occhi. E la faceva stare bene. Non la trattava da invalida ma al tempo stesso non le permetteva di muovere un dito. Lui era l’unica visita giornaliera che aspettava con ansia.

“Non ti siedi?” Kate lo riscosse dai suoi pensieri, vedendolo in piedi in mezzo al salotto.

“Ah, si...” Castle si tolse la giacca e l’appoggiò al bracciolo del divano.

Kate si sistemò al suo fianco.

“Allora come va oggi?” tentò di iniziare un discorso Rick.

“Benissimo, non vedo l’ora di tornare al distretto!” ripose eccitata con un meraviglioso sorriso in volto.

Era inutile cambiare discorso. Le si leggeva in faccia che l’argomento del giorno sarebbe stato il distretto.

“Già, sei radiosa, non stai più nella pelle” le rispose tentando un sorriso forzato.

“E tu? Non dirmi che non sei ansioso di tornare al 12° perché non ci credo!”

Ecco, ci siamo.

“Kate, io...” ma la donna non lo lasciò proseguire.

“Castle, a proposito, ho sentito dai ragazzi che il nuovo capitano è una tipa tosta, quindi, per favore cerca di essere il meno te stesso possibile!” gli disse seria ma con un leggero sorriso in volto.

“Kate..” le prese le mani per bloccare l’ondata di entusiasmo che la stava possedendo “io non verrò al distretto domani..”

Kate restò sorpresa per qualche secondo “Ok...dopodomani allora..” aggiunse.

Castle scosse la testa “No, io...non ti seguirò più nei casi...” legando i loro sguardi affinchè lei capisse bene il senso di quelle parole.

Kate istintivamente ritirò le mani, ferita. Castle notò subito la reazione di dolore nei suoi occhi e non le permise di sciogliere le loro mani. Strinse di più la presa.

“Aspetta, lasciami spiegare..”

“Ti sei stancato? Vuoi andartene?” Kate non stava urlando, ma nemmeno era un tono di voce normale il suo. Le parole uscirono strozzate dalla sua gola.

Always. Stay with me. Parole al vento, pensò Kate. Non significano nulla per lui.

“No, non è così, e lo sai!” disse risoluto senza mai smettere di guardarla.

Kate invece abbassò lo sguardo, offesa da quel continuo negare. Ma lo rialzò e lo puntò dritto nei suoi occhi appena lui parlò nuovamente “Me l’ha chiesto Alexis..”

Ora cominciava a capire. Le era praticamente morta davanti. Doveva essere parecchio scossa.

“E’ terrorizzata all’idea che mi succeda qualcosa. Non sono riuscita a calmarla...io.. non vorrei ma.. devo pensare a mia figlia, lei viene prima di qualunque altra cosa per me..”

Kate annuì debolmente. Capiva. Capiva perfettamente. Ma faceva dannatamente male lo stesso.

“E’ giusto...ha ragione lei, non dovresti più venire” riuscì a dire flebilmente, poco dopo.

Castle vide lo sguardo triste di Kate e anche se probabilmente non lo avrebbe mai ammesso, anche lei era molto dispiaciuta per quella separazione.

“Ehi, guarda che non ti liberi di me. L’Old Haunt è sempre aperto e il mio tavolo da poker non vede l’ora di soffiarti lo stipendio” disse per sdrammatizzare.

Un piccolo sorriso fece capolino sul volto di entrambi.

“Ci servirà un po’ di tempo.. per metabolizzare il cambiamento, ma vedrai che andrà bene..” le disse sinceramente “anzi, tu tornerai alla normalità e finalmente riavrai la tua scrivania, tutta quanta!” aggiunse scherzando.

Kate si unì alla risata ma in realtà Castle si sbagliava di grosso. Kate non sarebbe tornata alla normalità, perché ormai la normalità era lui.

Si rabbuiò al solo pensiero e Rick prontamente l’abbracciò.

Non c’era nulla di romantico o sensuale in quell’abbraccio. Più che altro sembrava disperato.

Un silenzioso e disperato saluto di due persone che non avrebbero mai voluto separarsi.

Guardarono l’ennesimo film insieme ma senza entusiasmo questa volta, solo per far passare il tempo, e quando all’ora di pranzo arrivò Lanie, le lasciò sole.

 

 

Quella domenica il tempo era mite e caldo, e anche se l’autunno era ormai alle porte si stava ancora bene in mezze maniche.

Richard si concesse una lunga passeggiata riflessiva a Central Park.

Molte cose sarebbero cambiate e come aveva detto a Kate, ci sarebbe voluto del tempo per abituarsi al cambiamento.

Si sdraiò sul prato e chiuse gli occhi.

L’immagine di Kate a terra, ferita e sanguinante lo colpì prepotentemente.

Riaprì gli occhi esausto, stringendo forte l’erba fra le mani.

Non c’era notte che non rivedesse quella scena. Gli occhi di Kate spegnersi.

Alexis non era l’unica rimasta sconvolta da quel giorno infernale.

Forse il non vederla di continuo avrebbe placato i suoi incubi.

 

A cena l’atmosfera era ancora tesa.

Alexis non parlava molto e lanciava occhiate furtive al padre.

“Gliel’hai detto?” domandò cauta.

“Si, stamattina..”

La ragazzina annuì debolmente ma preferì non chiedere come fosse andata.

Si sentiva in torto per averlo costretto a scegliere, ma la paura di restare orfana di padre batteva nettamente il senso di colpa.

“Ho mandato un messaggio ai ragazzi, li vedo stasera all’Old Haunt per dirlo anche a loro” spiegò.

Alexis abbassò lo sguardo sul suo piatto.

“Tesoro..va tutto bene, ormai ho deciso e non torno indietro” tentò di rassicurarla posandole una mano sulla spalla.

“Su, su, basta con questi musi lunghi!” sentenziò Martha porgendo loro 2 copioni “aiutatemi ad imparare la parte piuttosto! Figliolo tu leggi le battute dello scienziato pazzo, Alexis tu quelle della ragazza impaurita legata all’albero..”

“Ma che razza di copione è...” commentò Rick sfogliandone velocemente le pagine.

“E’ di un giovane artista emergente, estremamente affascinante!!”

“Ah ecco, ora è chiaro..” Rick pensò subito che il bello di quel copione stava nell’autore e non nella storia in sé. Fece l’occhiolino alla figlia che rise e cominciò a recitare le sue battute.

 

 

Salutò Tony, il barista, e si diresse nel suo ufficio. L’Old Haunt era chiuso ancora per una mezz’ora circa perciò potè aprire tranquillamente il passaggio segreto per scendere nel seminterrato.

Adorava stare là sotto. Si respirava ancora l’odore del proibizionismo.

Si sedette alla scrivania e spostò il libro contabile del bar.

Non era in vena di conti.

Guardò le foto che troneggiavano accanto al pc e prese in mano una cornice.

Alexis avrà avuto all’incirca tre anni, vestita da carota per Halloween e non potè non pensare alla giovane donna che invece aveva ora in casa.

La sua carotina era ormai cresciuta!

La rimise al suo posto e osservò la foto accanto.

Era stata scattata al distretto, il giorno del compleanno di Esposito.

Rick era tra Ryan e il festeggiato. Accanto a lui Kate e il capitano Montgomery.

Tutti e cinque sorridenti e con una birra ghiacciata in mano.

Non resistette a lungo senza perdersi nel sorriso di Kate. Chissà se sarebbe riuscito a sopportarne la mancanza.

 

 

Quando Ryan ed Esposito entrarono nel bar, lo trovarono dietro al bancone insieme a Tony. Risciacquava dei bicchieri canticchiando.

A Castle piaceva far parte dell’Old Haunt e non solo possederlo, perciò quando poteva si improvvisava barista.

“Due birre chiare sul conto del proprietario!” esclamò Ryan salutandolo.

“Yo bro, fa sempre uno strano effetto vederti lavorare, Castle!” aggiunse Esposito.

“Buona sera signori, scegliete pure un tavolo, vi porto subito da bere” rispose stando al gioco.

Ed infatti qualche minuto dopo li raggiunse con un vassoio e tre boccali di birra “per servirvi” disse sedendosi.

Brindarono e ne bevvero un sorso.

“Ragazzi, tenetevi liberi il prossimo Gennaio perché avrò bisogno dei miei due testimoni in piena forma!” esordì Ryan, una volta posato il boccale.

“Finalmente avete fissato la data?” chiese Esposito.

“Stiamo cercando un giorno in cui la chiesa sia libera e che vada bene anche al ristorante. Ci sono un paio di date che potrebbero andare, dobbiamo solo riuscire ad incastrare alcuni impegni..” spiegò il futuro sposo.

Castle levò nuovamente il boccale al centro del tavolo “Gennaio 2012” disse, un secondo prima di essere imitato dai due amici.

Bevvero e riabbassarono la birra.

“E due! Ci serve un terzo brindisi! Altre belle notizie?” domandò Javier battendo una mano sul tavolo.

“Lascio il distretto” buttò li Castle, non trovando momento migliore.

“Cosa?” esclamò Ryan sbattendo il boccale sul tavolo invece che posarlo normalmente.

“Yo, ho detto ‘bella notizia’! Che storia è questa?” disse quasi contemporaneamente Esposito.

Guardò i suoi amici esterrefatti e ne fu intenerito. Ci tenevano a lui lo poteva vedere dai loro occhi spalancati.

Doveva dare loro una spiegazione, certo. Ma decise che non avrebbe tirato troppo in ballo Alexis dandole la colpa. Perché sarebbe stato ingiusto. E falso. Non era solo per la richiesta di sua figlia che aveva accettato così velocemente di smettere di fare ricerche sul campo.

“Io..ho fatto tutte le ricerche che mi servivano e ora posso scrivere decine di libri..”

Esposito non se la bevve “Questa non è una novità, avresti potuto mollare da tanto. Perché proprio adesso?” Castle non rispose ma vide i due poliziotti scambiarsi un’occhiata d’intesa

“Hai litigato con Beckett? Te l’ha chiesto lei?” fu Ryan a parlare questa volta.

Castle sospirò, messo alle strette “Me l’ha chiesto Alexis..” disse solamente.

I due si rilassarono, ora più comprensivi.

Si erano aspettati di vederla spesso da Kate in questi due mesi di convalescenza e invece non l’avevano quasi più rivista. Giusto un paio di volte all’Old Haunt, ma sempre di fretta.

Avevano capito che la piccola Castle cercava di evitarli e sapevano anche il perché.

“Si è presa un bello spavento vero?” domandò Ryan

Castle annuì “...credo sia meglio così, mi serve una pausa..” aggiunse poi, lasciando in sospeso la frase. Non c’era bisogno di dire altro ai due detective. Loro sapevano bene che c’era anche un altro motivo.

Bevvero l’ultimo sorso di birra in silenzio prima darsi, già da subito, appuntamento per il poker.

Lo scrittore prese i boccali vuoti e li riportò al bancone del bar.

Mentre aspettava che Tony li riempisse nuovamente Lanie entrò nel locale e si avvicinò a Rick.

“Ehy scrittore, davvero te ne vai?” domandò triste.

Rick immaginò che gliene avesse parlato Kate dopo che le aveva lasciate sole.

“Non vado in guerra, non siate tutti così tristi, ci vedremo comunque..” disse sdrammatizzando.

“Ti conviene Castle, si fa presto a perdersi di vista anche tra persone che abitano nello stesso palazzo, sai?!” commentò lei abbracciandolo.

“Non succederà..” le rispose una volta sciolto l’abbraccio “..lei come sta?” chiese titubante.

Lanie sbuffò “La conosci, fa la dura..ma posso affermare con sicurezza che non l’ha presa bene, Castle..”

Cercò di stamparsi in faccia un sorriso, anche se un po’ tirato “Vedrai che ora che riprende a lavorare starà meglio..” vide il volto scettico di Lanie e proseguì “..e poi Josh si prenderà cura di lei..” l’espressione di Lanie divenne, se possibile, ancora più scettica.

Che diamine, non erano problemi suoi. Se l’era scelto Kate il fidanzato, no?

Represse immediatamente quel moto di rabbia, prese le birre e condusse Lanie al loro tavolo.

 

 

Angolo dell’autrice:

eccoci con il secondo capitolo!

Che ve ne pare per ora? Kate ha reagito in un modo, Ryan e Esposito in un altro.

Riusciranno a restare uniti?

Alla prossima!

 

(come sempre grazie alla mia adorata beta e alla consulenza di pilgrim81 per le scene Alexis/Castle ;D)

 

Ivi87

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Capitolo 3
*** Regola numero uno di ogni scrittore ***


# Regola numero uno di ogni scrittore

 

 

La mattina seguente Richard stette per un po’ fermo e immobile a letto, fissando il soffitto.

Ma com’era potuto succedere?

Come si era potuto innamorare in quel modo di lei? Quando era successo?

I suoi amici scrittori l’avevano avvisato “Regola numero uno di ogni scrittore: mai innamorarsi della propria musa!”. Questo gli avevano detto quando intuirono che per Castle non era più solo questione di ricerche e approfondimenti.

Ma Castle non dava mai retta a nessuno.

Scosse la testa al ricordo e si alzò per fare colazione.

Quando Alexis lo vide così mattiniero si allarmò “Come mai sei già sveglio? Devi andare da qualche parte?” chiese tutto d’un fiato.

Rick le regalò un sorriso benevolo “Tranquilla carotina...” Alexis spalancò gli occhi interrompendolo “Papà!! Non ho più due anni!!”

Rick rise e proseguì “...non vado da nessuna parte ma non avevo più sonno..”

Non aveva intenzione di sgattaiolare al distretto di nascosto. Aveva dato a sua figlia la sua parola e l’avrebbe mantenuta. Ma capiva i dubbi di Alexis ed era sicuro che per i primi tempi lei l’avrebbe tenuto d’occhio. In fondo quella retta e ligia al dovere era lei, non certo suo padre.

Lui era quello che al ‘resta in macchina’ di Beckett rispondeva annuendo positivamente, per poi sgattaiolare fuori dall’auto per seguirla nell’azione.

La verità è che lui era inaffidabile, ecco perché sua figlia doveva controllarlo. E perché Kate non aveva scelto lui, ma Josh. L’affidabile motorcycle boy, pensò con sdegno.

Ne era certo! Josh era uno di quelli che se ne stava buono e ubbidiente seduto in auto!

Noioso...

“Allora che si fa oggi?” Alexis lo riscosse da quel vortice di pensieri, si guardò attorno pensieroso cercando di farsi venire un’idea per iniziare bene la giornata.

“mmm...laser tag?” propose tutto sorridente.

 

 

Dopo aver salvato il pianeta da una nuova razza aliena e aver cucinato improponibili frittelle per pranzo padre e figlia si gettarono sul divano esausti.

Alexis lo abbracciò “Mi mancava tutto questo” confessò la ragazzina.

“Anche a me piccola, anche se oramai sei grande” scherzò Castle stringendola a sé.

“Sarò sempre la tua bambina e tu sarai sempre il miglior padre del mondo”

“Lo so, ho una tazza che lo dimostra!”

I due risero, poi Alexis si fece più seria “Ho deciso di non partire per il college, non subito almeno..”

“Cosa? Tesoro perché?” domandò dispiaciuto. Non voleva che rinunciasse al college per lui.

“Rimando solo di qualche mese…parto a gennaio…”

“E come farai a rimetterti in pari?” domandò preoccupato.

“Mi sono informata, posso seguire dei corsi online, i test e le tesine posso inviarli ai professori via e-mail e con i miei voti e il mio curriculum accademico il rettore ha detto che non ci sarebbero problemi…” 

“Non devi farlo per me, lo sai vero?”

“Lo faccio anche per me, mi sono spaventata, è vero, e questa è la nostra ultima occasione per passare del tempo insieme. Una volta in California saremo lontani, sarò impegnata, poi verrà il mondo del lavoro..” Alexis gli sorrise dolcemente

“Ne sei proprio convinta?” volle essere sicuro Castle

“Assolutamente si” 

“E allora va bene” acconsentì rilassando i lineamenti del volto.

Passarono il pomeriggio al telefono con il rettore di Standford gettando le basi per il piano di studi di Alexis, controllando la lista dei libri e il numero degli esami da sostenere per essere poi in pari a Gennaio, quando si sarebbe trasferita al campus.

Era un bell’impegno quello che si stava assumendo sua figlia, ma non poteva non esserne orgoglioso.

La sua bambina voleva passare più tempo con lui prima di diventare adulta a tutti gli effetti e farsi una vita propria.

 

 

Nei due giorni successivi si parlò solo di Standford e Alexis fece il giro delle librerie di New York per cercare tutti i testi scolastici necessari.

Rientrando a casa con le buste della spesa capì però che l’atmosfera era cambiata.

Raggomitolata sul divano sua figlia fissava sconsolata il tavolino da caffè.

Rick posò la spesa e le si sedette accanto.

Nella foga di proteggere suo padre da sé stesso e lo shopping scolastico sfrenato non aveva tenuto conto del suo ragazzo.

Credeva che Ashley l’avrebbe capita e appoggiata; invece se l’era presa.

“Tesoro.. credevo ne aveste parlato.. pensavo che avessi deciso con lui..” disse Rick dopo averla ascoltata.

“Non pensavo se la prendesse così!” si giustificò lei.

“Avreste dovuto partire insieme la settimana prossima e invece ora scopre che vi rivedrete solo fra quattro mesi..è normale che sia arrabbiato..” le disse facendole capire che aveva completamente tagliato fuori Ashley dalla sua decisione.

“Mi dispiace ho sbagliato, immagino di essere stata così presa dal panico che ti potesse succedere qualcosa che non ho pensato che la mia scelta potesse ferirlo..” ammise lei.

“Chiaritevi in fretta, prima della sua partenza, o questi quattro mesi di separazione non faranno altro che peggiorare il vostro rapporto” le consigliò saggiamente Rick.

Quella sera e il giorno seguente Ashley non rispose alle sue telefonate.

Il venerdì mattina Castle si prese del tempo e si lasciò coccolare un po’ più del solito dal getto della doccia.

La prima settimana senza andare al distretto era passata più o meno tranquillamente.

Alexis e il college lo avevano tenuto impegnato perciò non aveva avuto modo di pensare agli omicidi, al distretto o a Kate.

No non era vero. Uscendo dalla doccia si diede del bugiardo.

Mentire a se stesso non gli sarebbe servito a niente. Pensava a lei in continuazione e gli mancava non poterle parlare e portare il caffè ogni mattina.

Sentì delle urla al piano di sotto, si vestì e scese le scale.

Vide Alexis saltellare come un grillo attorno a Martha.

“Ehi, qualcuna ha fatto pace con il suo ragazzo?” domandò raggiungendola.

Alexis cambiò traiettoria e diresse i suoi saltelli verso il padre “Non ancora, ma ha accettato di vedermi più tardi!!!”

“Questa è decisamente una buona cosa” le disse abbracciandola.

“Ceneremo, mi scuserò e gli spiegherò le mie ragioni” spiegò carica come una duracel “e dopo cena passeremo la serata qui, se ce lo permetti”

“Oh..ho invitato i ragazzi a giocare a poker..ma se vi va potete stare qui anche voi..” propose Rick.

“Ehm..non credo sia il caso..” ammise titubante la ragazzina.

“Mi chiedono sempre di te sai? Su, su, non puoi evitarli in eterno!” disse appoggiandole una mano sulla spalla.

Beccata! Pensò Alexis “E va bene, papà, a voi il poker e a noi un bel film”

I due si strinsero la mano suggellando il patto.

Con un cenno Martha attirò l’attenzione del figlio e, una volta che lui le fu vicino, domandò sottovoce: “Ci sarà anche Kate stasera?”

Rick si intristì “Non lo so mamma. Ryan e Esposito hanno risposto al mio messaggio, ma lei no..” abbassando lo sguardo.

Martha poggiò la mano sul braccio del figlio. La straziava vederlo soffrire così per amore.

 

 

Alle nove precise Ryan e Jenny suonarono il campanello di casa Castle.

Erano i primi e Martha offrì loro da bere in cucina mentre Richard preparava le fiches e le carte sul tappeto verde.

La gran diva sorseggiò il suo martini con classe ed eleganza prendendo Jenny sottobraccio e portandola in salotto per sapere tutto sui preparativi del matrimonio.

Rick ne approfittò per affiancarsi a Ryan “Come..come è andata la settimana?” domandò un po’ esitante. Non era sicuro di volere sapere la risposta.

Ryan accennò un debole sorriso, sapeva che non era esattamente quella la domanda che l’amico voleva porgli “Non sta bene, Castle. Affatto” disse serio.

Tanto serio che a Rick sembrò di aver preso un colpo in pieno stomaco.

“Non so bene cosa le prenda ma..” il campanello suonò nuovamente interrompendo Ryan “...beh lo vedrai da solo..” indicando a Rick la porta.

Lo scrittore si affrettò all’ingresso. Erano Esposito e Lanie che lo salutarono e abbracciarono.

Castle si spostò di lato, lasciandoli passare. Stava per richiudere la porta quando si accorse che sul pianerottolo, in disparte, c’era qualcun altro.

Kate lo salutò timidamente, con le mani infilate nelle tasche e lo sguardo basso.

Quando la guardò in volto, rimase di sasso.

I suoi occhi erano un po’ arrossati e aveva delle profonde occhiaie. Sembrava così fragile in quel momento tanto che dovette sforzarsi per reprimere la voglia di abbracciarla e coccolarla. Niente a che vedere con la tosta detective Beckett.

Ryan aveva ragione. Kate non stava affatto bene.

Castle sorrise comprensivo. Nemmeno lui stava bene.

“Scusa se non ti ho risposto al messaggio…” disse imbarazzata “..fino all’ultimo non sapevo se…” deglutì forzatamente “..se mi sarei riuscita a liberare..”

Era una bugia. Chiunque l’avrebbe capito.

Ma a Castle non interessava “L’importante è che sei qui” le disse dolcemente porgendole la mano e conducendola in casa.

La voce dei suoi amici scrittori gli risuonò in testa come un campanello d’allarme.

Regola numero uno, Castle! Ignorò quelle voci e chiuse la porta dietro di se.

 

 

Verso metà serata Kate sembrò finalmente rilassarsi.

Lei, Rick, Esposito e Ryan giocavano a poker mentre Lanie, Jenny, Martha, Ashley e Alexis, che avevano superato la lite, guardavano un film in salotto chiacchierando e mangiando pop corn.

I detective raccontarono a Castle di qualche caso strano o testimone buffo della settimana e lui raccontò loro della decisione di Alexis riguardo il college.

Dopo che Castle vinse due volte e Beckett una, raggiunsero gli altri in salotto.

Ryan e Esposito, delusi dalle molteplici sconfitte al tavolo verde, pretesero di scegliere un altro dvd da guardare.

Le loro faccette imbronciate fecero ridere tutti.

Castle guardò Beckett. Sembrava a suo agio e si stava divertendo.

Forse ce la potevano fare. Potevano riuscire a portare avanti la loro amicizia, o qualunque cosa fosse, anche fuori dal distretto.

Il cellulare di Kate suonò nel bel mezzo di quei pensieri. Era un messaggino.

Castle osservò la scena attentamente.

Lo sguardo di lei era dapprima curioso. Poi realizzato il mittente i suoi occhi si fecero seri, ed infine divennero tristi una volta conclusa la lettura e rimesso in tasca il telefono.

Chiuse le palpebre e respirò profondamente. Castle la vide stringere il pugno, appoggiato al bracciolo del divano.

Si alzò lentamente, sconsolata “Scusate, devo andare..” disse flebilmente

Ryan ed Esposito si voltarono verso di lei “C’è stato un omicidio? Veniamo con te?” domandarono entrambi.

“No, no.. nessun cadavere.. è solo che.. è tardi, devo proprio andare”

Castle non fece in tempo nemmeno ad accompagnarla alla porta che già si era volatilizzata, lasciando tutti a bocca aperta.

Martha ruppe il silenzio “Credo di non aver compreso bene cos’è successo”

Alexis annuì triste, chiedendosi se in qualche modo la sua richiesta centrasse con il comportamento di Kate.

“Nemmeno io” confermò Jenny

“Nemmeno noi!” aggiunsero i due detective all’unisono.

Castle era più che mai certo che fosse di Josh il messaggino.

Puntò gli occhi in quelli di Lanie, che lo stava fissando a sua volta, e ne ebbe conferma.

Distolse lo sguardo e si preparò un bicchiere di scotch.

Lo trangugiò tutto d’un sorso, davanti a tutti. Non gli importava granchè che lo vedessero in quello stato.

Prontamente Alexis capì che la serata era finita. Riaccese le luci e accompagnò il suo ragazzo alla porta. Poi salutò tutti e si precipitò in camera, lasciando gli adulti da soli.

Martha spense la televisione, tanto il film era ormai passato in secondo piano.

Si alzarono tutti “Forse è meglio se andiamo anche noi” disse Ryan recuperando le chiavi della macchina.

“Si, amico, sono stanco e con il portafoglio alleggerito!” aggiunse Esposito cercando di smorzare la tensione.

Castle abbozzò un sorriso tirato.

Martha accompagnò i quattro alla porta; prima di lasciarli andare Castle sopraggiunse alle loro spalle.

“Lanie..” ma quando la donna si voltò non riuscì a dire altro.

Lei lo rassicurò con un sorriso e gli posò una mano sulla spalla “Proverò a parlarle, ma lo sai com’è fatta..”

Castle annuì e li lasciò uscire.

Quando Martha chiuse la porta si prese qualche minuto per osservare il figlio.

L’aveva visto così provato solo in ospedale, il giorno della sparatoria.

Gli diede un bacio sulla guancia e gli augurò una buona notte.

Castle restò lì in piedi impalato a fissare il nulla finchè non si costrinse ad andare a letto.

 

 

Angolo dell’autrice:

 

Capitolo un po’ tristolotto?... in questa fase della storia sì.

Bisogna cadere per potersi rialzare.

Ce ne saranno altri così, ma anche altri più divertenti.

Le emozioni sono tante, dobbiamo passare un po’ attraverso a tutte! :D

Spero restiate a godervi il viaggio insieme a me!

Un ringraziamento come sempre a Mari_Rina24 che ormai mi sopporta.

Io le chiedo delle cose assurde e impossibili (tipo l’sms di oggi XD) e lei chiede le risposte ai suoi genitori! U_U dove la trovo un’altra così??? ;D lovviu!!!

Un bacione al Castle Made of EFP di Facebook!!! Unitevi a noi!!!! ;D

  

Buona lettura,

Ivi87

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Capitolo 4
*** Farsene una ragione ***


# Farsene una ragione

 

 

Quel maledetto dottore rovinava sempre tutto.

Castle non riusciva a smettere di pensare a Josh. A Josh e Kate insieme che cenavano e guardavano un film. 

E sì, anche a Josh e Kate che facevano l’amore.

Riusciva ad immaginarseli benissimo, purtroppo.

Nei giorni successivi nemmeno Alexis e i suoi programmi per il college riuscirono a distrarlo del tutto.

A metà settimana si accordò con i ragazzi per passare il venerdì sera all’Old Haunt.

Li avrebbe voluti vedere più spesso, in fondo lui passava al suo bar ogni sera, ma sapeva bene quanto fosse stancante e stressante il loro lavoro e il weekend era giustamente dedicato alle loro compagne.

Perciò il venerdì sera era solo per loro, da passare tra amici che si divertono.

L’invito era esteso a tutti. Kate compresa, anche se ormai nutriva ben poche speranze.

Sperava che potessero vedersi normalmente anche fuori dal distretto, ma tagliato quel ponte sembrava impossibile passare del tempo con lei.

E quando ci riusciva, ci pensava Josh a portarsela via.

Il nervoso prese il sopravvento e chiuse di scatto il pc.

Si preparò velocemente e si avviò al bar.

Nei due venerdì precedenti Kate o era restata poco o si era presentata col dottore.

Inaudito, nemmeno apriva bocca, ma la sua presenza era pesante come un macigno.

Nessuno di loro riusciva a ridere o scherzare liberamente in sua presenza e Castle si sentiva sempre osservato al microscopio da Josh.

Arrivato all’Old Haunt, Tony aveva già aperto il locale e stava predisponendo i tavoli e le sedie.

Castle, senza dire nulla, afferrò una spugna e cominciò a dare una pulita ai tavoli già pronti.

Il barista capì che non era del solito umore, simpatico e burlone, perciò decise di lasciarlo in pace e non chiedere nulla. 

Accese la radio a volume basso e proseguì nella sistemazione del posto, prima dell’apertura.

Poche ore dopo la gente affollava il locale. Le cameriere faticavano a muoversi tante erano le persone e Castle stava aiutando Tony dietro al bancone.

Buttò l’occhio alla porta e vide Ryan e Esposito entrare.

Non era proprio un bel momento per abbandonare il suo barista ma ciò significava solo che l’Old Haunt stava andando alla grande.

Tony vide i due detective e capì che si sarebbe dovuto rimboccare le maniche ora, cosa che fece, istintivamente.

Castle rise “Da domani ti cerco un aiuto, promesso” gli disse prima di lasciarlo alla marea di ordinazioni che c’erano.

Si avvicinò ai due amici e aspettarono al bancone che si liberasse un tavolo.

“Sei il proprietario Castle, dovresti tenerti un tavolo riservato” commentò Ryan, scherzando.

Esposito rise, ma Castle convenì che non era una così brutta idea.

Quando finalmente riuscirono a sedersi arrivarono anche Jenny e Lanie.

“Tempismo perfetto ragazze” disse Ryan alzandosi e abbracciando Jenny.

Esposito fece lo stesso, scostando la sedia per far accomodare Lanie.

Lo stomaco di Castle si attorcigliò per un momento.

Avrebbe voluto qualcosa di simile anche per lui.

Era affascinante. Era famoso. Sarebbe stato facile.

Ma non era una donna qualunque quella a cui voleva scostare la sedia il venerdì sera, o abbracciare dopo una giornata di lavoro.

Quasi come a leggere quei pensieri Lanie gli sorrise “Tutto bene?” chiese.

Annui, mentendo.

Cominciarono a chiacchierare e a raccontarsi le vicende della settimana.

Esposito si esibì in un’imitazione del loro nuovo capitano, Victoria Gates, facendo ridere tutti.

“E’ così terribile?” domandò Rick, non avendola mai conosciuta.

I due uomini annuirono vistosamente.

Lanie li ammonì “Sono sicura che non è poi così male” cercò di mediare

“Piccola, siamo la migliore squadra omicidi di New York e a quella invece non va mai bene niente! I rapporti sono redatti male, l’interrogatorio era moscio, il mandato è in ritardo e poi..” Esposito esitò.. guardò Ryan che proseguì a sua volta “..ha chiaramente detto che non vuole relazioni all’interno del distretto..” finì fissando Esposito e Lanie.

“Esatto!” confermò l’ispanico.

Lanie restò perplessa, vedendo i loro sguardi puntati su di lei “Si ma.. noi non lavoriamo insieme.. cioè si, ma non insieme insieme...”

“Baby, non lo so che cosa ha in mente quella, so solo che mi ha fatto gelare il sangue il modo in cui l’ha detto!” le rispose preoccupato.

“Caspita..” Castle ruppe il silenzio che si era creato “..questo è il primo punto a favore che per ora ho trovato nell’aver lasciato il distretto...” disse sgranando gli occhi.

Proprio non riesce ad immaginarsela una donna del genere.

“Oh, si! Anche perché cinque minuti con Beckett e l’avrebbe capito subito che voi...” e poi Ryan si sentì un completo idiota e deviò la frase “...amore vuoi da bere? Si? Bene, torno subito..” in due secondi era già al bancone da Tony.

Esposito scosse la testa incredulo.

Dopo poco ritornò a sedere con una birra anche per Jenny, imbarazzatissimo “Ehy Castle.. c’è Tony che ti vuole” riferì indicando il barista “e scusa..per prima..” aggiunse.

Castle si alzò “Non fa niente Kevin” disse allontanandosi.

Quando arrivò al bancone non ebbe nemmeno il tempo di chiedere a Tony quale fosse il problema, lui semplicemente gli indicò di guardare fuori.

Castle schivò un paio di persone e si diresse all’entrata. Pensò a un qualche piantagrane ubriacone ma si bloccò ancor prima di arrivare alla porta.

Dai vetri infatti si vedevano chiaramente Kate e Josh che stavano litigando.

Ovviamente non riusciva a sentire nulla. Ma si capiva chiaramente quello che stava succedendo. 

Josh sembrava parecchio arrabbiato, camminava avanti e indietro dimenandosi.

Mentre Kate, visibilmente imbarazzata a litigare in pubblico, sembrava cercare di fermarlo.

La gente passava loro accanto girandosi a guardarli.

Poi li vide urlarsi in faccia qualcosa e incamminarsi a passo spedito ognuno in due direzioni differenti.

Castle rimase imbambolato davanti alla porta del suo bar per qualche secondo, prima di realizzare che quella sembrava proprio una rottura. 

E se anche non lo fosse stata, era comunque una lite bella tosta e non voleva che Kate restasse sola in quelle condizioni.

Corse fuori e svoltò a sinistra, la direzione presa da Kate. Il venticello tiepido di settembre lo avvolse in un abbraccio.

La scorse in lontananza. La chiamò varie volte ma lei non si voltò.

Le corse dietro per un tratto di strada, ma come lei vide un taxi, alzò un braccio e quello si fermò prontamente.

Aprì lo sportello e salendo si girò in direzione dell’Old Haunt.

Lo fissò per qualche minuto in mezzo al marciapiede lanciandogli un sorriso amaro e poi salì sbattendo al portiera.

Il taxi passò proprio davanti a lui e non potè fare nulla per fermarlo.

Si passò violentemente le mani in faccia e a testa bassa tornò verso il locale.

Appena rientrato Tony, lo raggiunse alla porta e afferrò un indumento dall’attaccapanni li vicino “Ha fatto giusto in tempo ad entrare e appendere il golf prima che arrivasse il dottore e...” lasciò cadere la frase, il resto lo aveva visto benissimo da solo.

Rick prese il golf dalle sue mani e lo strinse sconsolato. Lo guardò bene, lo conosceva, gliel’aveva visto indosso altre volte.

Raggiunse gli amici al tavolo e spiegò a grandi linee l’accaduto.

“Ho dovuto insistere parecchio, Castle, e la sola cosa che mi ha detto è che l’unico che gioisce della tua assenza al distretto è Josh. E io credo che lui tenti di rendere questo allontanamento... permanente, ecco... ovviamente lei non ha confermato nulla, ma io la vedo così!” spiegò Lanie.

“In poche parole è colpa mia se litigano..” disse amareggiato.

Aveva sempre pensato che essere motivo di discussione tra i due gli avrebbe potuto fare solo che piacere. Qualche volta si era egoisticamente immaginato che Kate prendesse le sue difese invece che quelle del fidanzato.

Ma ora, vederlo succedere davanti agli occhi, vederla triste e ferita..

No, non gli piaceva affatto sapere di essere lui la causa di tutto quel dolore.

“Starà bene, le persone litigano sempre” disse Lanie “vedrai, il prossimo venerdì andrà meglio..”

Tutti gli altri annuirono a quelle parole.

Castle alzò lo sguardo verso di loro senza aprire bocca. Strinse più forte il golf fra le mani.

Era più che sicuro che non l’avrebbe più rivista.

 

 

Nei giorni a seguire Castle riuscì solo a sapere da Esposito che Kate stava bene ma che non era la stessa di prima. Era tornata seria e poco incline alle risate.

Mentre di Josh non si sapeva nulla, nemmeno Lanie era riuscita a farla parlare.

Provò a chiamarla ma lei faceva sempre scattare la segreteria telefonica.

Una sera, uscito dalla doccia vide il telefono lampeggiare. Segnalava un messaggio vocale nella sua casella.

 

“Ehi, Castle, sono io...Senti, scusa per l’altra sera ma non me la sentivo proprio di restare. Credo...credo sia meglio così in fondo...ognuno per la sua strada...” la sentì sospirare “I-Io...buona fortuna per tutto, Castle” e riagganciò.

 

Incredulo fissò il telefono come se fosse stato direttamente lui a parlare.

La sensazione avuta quella sera, mentre stringeva il suo golfino, allora era esatta.

La voce di Kate era rotta e spezzata ma in quel momento l’unica cosa di rotto e spezzato che riusciva a sentire era il suo cuore.

Che cosa significava veramente? Che non voleva più vederlo? Mai più, in nessuna occasione?

Allora non aveva lasciato Josh, aveva semplicemente scelto di stare con lui?

O invece avevano rotto e ora stava rompendo anche con lui?

Si era stufata di entrambi?

“Papa?” lo chiamò Alexis dal corridoio “Papà sei pronto?” e si affacciò alla sua stanza.

“Ma stai ancora così? Mamma ci aspetta a cena tra mezz’ora!”

Castle si riscosse sentendo la voce della figlia “Si, si mi preparo subito” rispose scuotendo la testa e lanciando il telefono sul letto.

Cenarono in un ristorante elegante e vistoso, scelto da Meredith.

Alexis parlò tutto il tempo del college e della sua decisione di posticipare la partenza.

La mise al corrente di tutto quello che la riguardava visto il poco tempo che passavano insieme.

“Tesoro, ora che vieni in California ci vedremmo molto più spesso” rispose sua madre accarezzandole i capelli.

Non era stata molto attenta al racconto di sua figlia, ma era davvero contenta di averla più vicina in futuro.

La sua capacità di concentrazione, già molto bassa, era tutta canalizzata sul suo ex marito.

Appariva triste e abbattuto, anche quando si sforzava di sorridere.

E poi si era incicciottito e non era da lui!

Il cellulare di Alexis suonò. La ragazza si allontanò per rispondere lasciandoli da soli.

Castle guardò la donna seduta di fronte a lui e vide spuntarle in volto un sorrisino malizioso.

Castle sorrise lievemente. Era sempre la stessa.

Scosse la testa per farle capire che non ci sarebbe stato un dopo cena nemmeno questa volta.

L’hanno scorso aveva Gina, non l’amava, ma non era nemmeno così poco uomo da tradirla. E quest’anno c’era Kate. E di lei invece era perdutamente innamorato.

Non era al suo fianco certo, ma ormai era profondamente radicata nel suo cuore e non sarebbe riuscito ad andare a letto con un’altra donna.

Non subito per lo meno. E non con Meredith.

Era ora di mettere ordine nella sua vita e doveva cominciare proprio dalla madre di sua figlia.

Basta con le porte mezze aperte. O erano chiuse a chiave o completamente spalancate. Ma non socchiuse. Non più.

“Ohhh andiamo gattino, che male può farci?” tentò lei

“A me? Molto. Il nostro è un capitolo chiuso Meredith, non ha più senso continuare”

“Ti vedi con qualcuna?” chiese confusa, sapeva della rottura con Gina.

“No, ma sono molto sicuro della mia decisione. Qualunque cosa fosse, è finita” disse perentorio.

 

 

A casa, a letto, fissando il soffitto, si sentì sollevato.

Una questione su cui rifletteva da parecchio era stata sistemata.

Avrebbe aggiustato tutto un giorno? Se lo augurava.

Kate aveva deciso di dare un taglio netto al loro strano rapporto e non sembrò più una cattiva idea. Troppe cose non andavano, prima. 

Prima del suo ferimento. Prima della richiesta di Alexis.

Forse la lontananza avrebbe sistemato le cose.

Alleggerito la tensione che regnava sempre tra loro.

Entrambi avevano bisogno di respirare aria fresca e provare ad andare avanti.

Ognuno per la sua strada come aveva detto Kate.

Avrebbe provato a disintossicarsi da lei? Si, avrebbe provato.

Ci sarebbe riuscito? Solo il tempo gliel’avrebbe detto.

E lei? Così razionale e orgogliosa, sarebbe riuscita a scacciarlo dal suo cuore con la stessa facilità con cui lui l’aveva raggiunto?

Un giorno, magari per caso, si sarebbero rincontrati e allora avrebbero fatto i conti con la realtà dei fatti.

 

 

Angolo dell’autrice:

eccoci alla fine anche di questo capitolo.

Che dire del messaggio di Kate?

Servirà ai due questa pausa o peggiorerà la situazione?

Come occuperanno il tempo??

Lo scoprirete presto!! ;D

 

Un bacione e buona lettura!!

 

Ivi87 xD

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Capitolo 5
*** Andare avanti ***


# Andare avanti

 

 

Andare avanti.

Più facile a dirsi che a farsi.

Ottobre era appena iniziato e Central Park era completamente ricoperto di foglie gialle, arancio e anche marroni.

L’autunno ormai inoltrato si stava preparando a lasciare il posto all’inverno.

Castle in tuta da ginnastica sedeva comodamente su una delle panchine vicino alla statua di Alice in Wonderland, sorseggiando un caffè.

Ogni tanto lanciava delle furtive occhiatacce ai ragazzi e ragazze che facevano jogging.

Non sudavano nemmeno. Non sembrava che si sforzassero neppure.

Lui aveva fatto un paio di kilometri ed era fradicio!

In quei giorni passava svariati minuti a fissarsi allo specchio dell’anta dell’armadio.

La mattina prima di vestirsi o la sera prima di coricarsi.

Che gli era successo? Cos’era quella, veramente pancetta?

Se n’era accorto da tempo, non poteva negarlo, ma credeva di avere la situazione sotto controllo.

Ma da qualche tempo aveva colto allusioni e battutine varie dai due detective e pure da sua madre e sua figlia.

Non poteva più permetterlo. Passino Martha e Alexis, ma i suoi due amici?

Inconcepibile, gliele avrebbe fatte scontare tutte quelle battutine!

Così su consiglio della madre decise di trovare lo sport adatto a lui.

Secondo Martha gli avrebbe tenuta occupata anche la mente, distraendolo da una certa detective.

E così ci aveva provato. Ma la corsa non faceva per lui.

Non solo si stancava subito, ma la trovava noiosa e non gli impediva affatto di pensare.

Sconsolato si alzò dalla panchina. Aveva ripreso fiato a sufficienza e rientrò a casa.

Trovò la figlia sul pavimento del salotto, a pancia in giù, capelli legati e libri sparsi ovunque.

“Noto che sei in modalità studio” le disse avvicinandosi.

“Modalità studio attivata, sì” rispose sorridente “com’è andata la corsa?”

“Eh..lasciamo stare..”

“Papà..” lo ammonì la figlia mentre il padre era già salito al piano di sopra

“Non ti sento..” le urlò prima di entrare in bagno per una doccia.

Sotto il getto dell’acqua riuscì a rilassarsi e a distendere per bene tutti i muscoli.

Le goccioline scivolavano accarezzando la sua pelle e provocandogli un senso di benessere e piacere. Per alcuni minuti gli parve persino di riuscire a non pensare a nulla.

Poi tornò alla realtà. Si rivestì e mise il cellulare in tasca.

Pesava una tonnellata. Come i suoi pensieri.

Ogni volta che lo guardava lo associava al messaggio vocale di Kate.

E voleva chiamarla. Lo voleva disperatamente.

Ma voleva anche rispettare la sua decisione.

Inoltre lui stesso si era ripromesso di usare quel distacco, seppur forzato, per tentare di lasciarsi quell’amore contorto e doloroso alle spalle.

Perciò si sforzò di ignorare il cellulare e si diresse in camera della madre.

“Sei qui? Posso?”

Martha era seduta su un lato del letto con uno scatolone accanto.

“Vieni caro, proprio di te avevo bisogno, guarda se vuoi conservare qualcosa” gli disse invitandolo ad entrare.

Castle si sedette sul letto lasciando lo scatolone a dividerli.

“Cosa contiene?” domandò sbirciando

“Oh sono un po’ di vecchie cose di quando eri un ragazzino”

“Quindi dell’anno scorso?!” esclamò sarcastico

“Richard, non sei ancora da considerare vecchio, lo ammetto, ma nemmeno un ragazzino direi..” lo redarguì la madre.

Castle storse la bocca in una smorfia.

“Anche se a volte ti ci comporti” aggiunse lei ridendo.

Estrassero vecchie foto e quaderni delle elementari.

Qualche oggetto, varie spillette colorate e tantissime penne.

“L’avevo capito subito che saresti diventato uno scrittore, impazzivi per le penne!” l’uomo sorrise al ricordo “...e non sto parlando delle penne al sugo..”

Azzzz altra frecciatina!

“Madre degenere, dovrei chiamare il telefono azzurro!”

“Sei tornato presto dal parco, come mai?” proseguì lei, ignorando il commento acido del figlio.

“Non fa per me..” l’occhiataccia della donna lo colpì “non ho detto che mi arrenderò, solo che la corsa non fa per me.. troverò un altro sport..”

Vide la madre farsi pensierosa, poi all’improvviso frugò frenetica nella scatola.

Ne estrasse una cornice “Ecco figliolo, forse ho trovato!” esclamò entusiasta.

Castle prese la fotografia tra le mani. Lo ritraeva più o meno a otto anni con un costumino verde in piscina. Al collo una medaglia di bronzo.

“Ricordi quanto ti piaceva nuotare? Eri anche abbastanza bravo!”

Sorrise rivedendosi. Se ne era scordato col passare del tempo, chissà perché aveva smesso.

Nella foto era felice. Che fosse quello lo sport adatto a lui?

Ripensò a pochi minuti fa, sotto la doccia, alle sensazioni provate e a quel senso di benessere.

Forse l’acqua era il suo elemento. Valeva la pena tentare.

Senza dire nulla ripose la foto e raggiunse la figlia in salotto.

“Ehy, piccola, ti va di fare una pausa?”

“Ho una marea di cose da fare, papà” disse alzando gli occhi dai libri.

Suo padre si cimentò nell’ormai collaudato sguardo da cucciolotto.

“Ok, ma per poco va bene?”

“Non si vive di solo studio Alexis, fai riposare questo bel cervellino ogni tanto!” le disse lasciandole un bacio sulla fronte.

“Che vuoi fare?” lo assecondò lei

“Io guido e tu con il cellulare mi cerchi degli indirizzi”

“Ti devo fare da navigatore?”

“Si figlia, su andiamo!”

“Papà sono in tuta!!” replicò lei indicandosi i vestiti.

“E allora? Sei adorabile! Dai forza, non andiamo ad una sfilata, puoi restare in macchina se vuoi” rispose divertito dalla sua preoccupazione.

“Ok..” disse ancora incerta infilandosi le scarpe “ma che posti dobbiamo cercare?”

“Piscine!”

“Come scusa?” Alexis restò bloccata con le chiavi di casa in mano.

“Pi-sci-ne!!” ripetè lui, quasi offeso dallo stupore della figlia.

Alexis se ne accorse e cercò di rimediare, sorridendo “Va bene, non avevo sentito,  andiamo!”

 

 

Quando rientrarono trovarono Martha in piedi a braccia conserte che sbatteva nervosamente il piede accanto a vari libri aperti e decine di fogli sparsi sul pavimento.

“Signorina cos’è tutta questa confusione che hai lasciato in salotto?” domandò, sorpresa, alla nipote.

“Scusa, scusa, mi rituffo nello studio immediatamente” rispose Alexis sdraiandosi nuovamente a terra e riguadagnando la sua postazione.

“Scusa, l’ho rapita io per un’oretta” spiegò Castle.

“Dove siete stati?”

“Abbiamo cercato delle piscine qui in zona” rispose come se fosse una cosa normale.

“Piscine? Oh, Richard è per via della fotografia che ti ho mostrato?” chiese Martha preoccupata.

“No! Beh.. si.. no!”

“Figliolo io non immaginavo che ti gettassi subito…” cominciò la donna, ma Castle non la lasciò finire.

“Non credi che ce la possa fare? Credi che sia un buono a nulla?” sbottò lui improvvisamente.

“Richard! Io non ho mai d..” Martha fu interrotta di nuovo.

“Perché pensate tutti che sia un lavativo? Vi stupisce così tanto che voglia fare dello sport?” disse lanciando sul tavolo il volantino del centro sportivo che aveva scelto e scappando in camera sua.

Alexis abbracciò la nonna “Che cos’ha papà?”

“Deve solo capire come superare questo periodo” le disse, dolce.

“Ma il nuoto è faticoso, non dovrebbe cominciare da qualcosa di più leggero? Sono anni che non mette piede nemmeno in palestra!” replicò la ragazzina.

“Tesoro, dobbiamo lasciarlo fare”

“Lo so…è che mi sento in colpa..”

“Non pensarlo nemmeno, ok? Tuo padre e Kate sono adulti e vaccinati! Migliaia di persone non lavorano insieme e si vedono a fine giornata! Se questo non succede è solo colpa loro, o degli eventi, ma non tua” la rassicurò sua nonna “Torna a studiare, vedrai che tra poco scenderà”

Un ora dopo, come previsto da Martha, Castle ritornò in salotto scusandosi per lo scatto di nervosismo. Imbarazzato per la scenata si barricò nello studio e controllò l’agenda. Con tutti i pensieri che aveva in testa, era da un po’ che non lo faceva e temeva di essersi scordato qualche appuntamento.

Infatti come aprì l’agenda del computer vide le decine di promemoria mandategli dalla sua agente, che servivano a ricordargli il volo per Washington fissato per l’indomani mattina.

Abbandonò la scrivania per ritornare in sala e si sedette sul divano accanto alla madre.

Stava guardando le news sulla ABC a volume basso per non disturbare Alexis.

“Devo partire per Washington domani” disse al termine di una notizia.

Il sindaco, suo amico, era in lizza per le rielezioni.

Sua madre e sua figlia si voltarono entrambe verso di lui.

“Me ne ero dimenticato, ho letto ora tutti i promemoria di Paula”

“Per il tour di Heat Rises?” domando Martha.

Castle annuì.

“E’ quella data che avevi fatto rimandare perché Kate era uscita da poco dall’ospedale?” chiese invece Alexis.

Castle annuì anche a lei, poi aggiunse “Solo due giorni. Credo mi faranno bene. Prometto che non sarò più così scontroso al mio ritorno”

 

 

Kevin Ryan e Javier Esposito stavano nella saletta relax del distretto a bersi il loro meritato caffè di metà mattina. Incollati alla macchina per l’espresso fissavano, attraverso la parete di vetro, Kate Beckett che scriveva alla lavagna.

Esposito allargò le veneziane con due dita “La vedi, Ryan?”

“Si e sono quasi convinto che non sia Beckett ma Nathalie Rhodes travestita da Beckett”

“E’ inquietante, bro!”

“Già, non è più lei. O meglio: è lei prima della cura a base di ‘Castle’!” esclamò Ryan.

“Anche peggio, prima qualche mezzo sorrisetto glielo si riusciva a strappare” ricordò Javier.

“Ora a malapena respira, è una macchina quella donna!”

“Ma che diavolo sarà successo per ridurla così? Castle ti ha detto niente?” domandò l’ispanico.

“Macchè, è sempre nervoso ultimamente, non ci provo nemmeno a fare domande..”

“Castle è nervoso e teso come le corde di un violino, Beckett è più acida di un limone, ma che hanno combinato?” Chiese, più a se stesso in realtà, Esposito “Yo, venerdì? Ci si vede?”

“No, Castle mi ha scritto che è a Washington a firmare libri” spiegò Ryan.

Esposito sciacquò la sua tazza e la ripose, pensieroso.

“E se ce ne andassimo al cinema io e te e lasciassimo le ragazze da sole?” propose Kevin.

“Bro, stavo pensando la stessa cosa, ma Lanie dice che Beckett rifiuta sempre qualunque uscita..”

“Ma se chiedessi a Jenny di incastrarla con i suoi doveri da damigella? Sicuramente non farà i salti di gioia ma non può neppure rifiutare…”

“Kevin Ryan sei un genio!” dandogli un pugnetto sulla spalla in segno di approvazione.

“Sono un genio che però non vuole arrivare all’altare sulla sedia a rotelle!! Se Beckett ci scopre a tramare alle sue spalle ci spezza le ossa!”

“Naaa, non lo scoprirà mai!” disse Esposito avvicinando le mani e tamburellando con le dita, come un provetto cospiratore.

“Lo spero proprio!” rispose Ryan preoccupato.

 

 

“I vostri fidanzati saranno ridotti in polvere domani!”

Kate aveva bussato violentemente alla porta di Lanie per dei minuti.

Era venerdì sera. Era stanca. E non voleva vedere nessuno!

Era irritata e stressata.

Suo padre non faceva che chiamarla per assicurarsi che si fosse ripresa del tutto dall’operazione.

Lanie la riempiva di inviti e suppliche affinchè uscisse da casa.

Ryan e Esposito erano estenuanti con le loro occhiatacce e i loro patetici tentativi di imitare Castle e di farla ridere.

E Castle… Beh non l’aveva più sentito. Come aveva deciso lei.

Se ne pentiva? Ogni giorno.

Ma aveva bisogno di tempo per elaborare gli eventi. La morte di Montgomery, la dichiarazione di Castle (che fingeva di non ricordare), la sparatoria, l’operazione, la rottura con Josh in mezzo alla strada davanti a tutti…

Troppe cose, tutte assieme.

Voleva solo starsene in pace e provare ad andare avanti.

Non le sembrava di riuscirci però. A malapena stava a galla. Ma da qualche parte doveva pur cominciare, no?

Bussò ancora più violentemente alla porta di Lanie.

Aveva ricevuto la telefonata di una Jenny in lacrime che, disperata, le chiedeva di raggiungerla da Lanie perché il matrimonio stava andando a rotoli e non sapeva più da che parte proseguire con i preparativi.

Dapprima restò spiazzata. Lei non sapeva nulla di matrimoni, perché chiamava lei?

Poi si ricordò che una sposa ha bisogno delle sue damigelle in questi momenti di crisi mistica da scelta del bouquet e che quindi, oltre a Lanie, voleva che fosse presente anche lei.

Poi la detective in lei le fece notare che era Lanie quella più portata per fiori e segna posto, lei a malapena sapeva distinguere il pizzo dal merletto. Aveva accettato di fare da damigella solo per cortesia. Jenny non aveva molte amiche e loro due stavano cominciando a conoscersi e frequentarsi, perciò non le sembrò strana la richiesta. Inoltre il suo futuro sposo era come un fratello.

Ma ora la cosa le puzzava. Si, perché l’ultima volta che aveva sentito Jenny era avanti di parecchio con i preparativi e anzi, era una wedding planner con i fiocchi!

La cosa puzzava parecchio, e puzzava di imboscata!

Le venne in mente che i suoi due colleghi erano stati più strani del solito quel giorno.

E che aveva sentito Ryan parlare al telefono con Jenny prima di lasciare il distretto.

Un’ora prima che Jenny poi chiamasse lei.

Altro che imboscata! Una vera e propria trappola!

Lanie aprì la porta. A fianco a lei Jenny, impaurita, si nascondeva un po’ dietro lo stipite.

“I vostri fidanzati saranno ridotti in polvere domani!” urlò alle due donne.

“Tesoro calmati” cercò di essere ragionevole Lanie.

“Non mi dire di calmarmi!” replicò invece Kate e si voltò verso Jenny incenerendola.

“Scusa…” mormorò terrorizzata “v-volevamo s-solo aiutarti..”

“Perché pensate che abbia bisogno di aiuto? IO–STO-BENE!”  

“Lo ripeti da giorni, Kate, ma sai meglio di noi che non è vero! E stare sempre chiusa in casa non ti fa bene!”

Kate non disse nulla. Si voltò guardando fuori dalla finestra.

“Ti sono successe tantissime cose in questi mesi, tesoro… inoltre hai rotto con Josh e con Castle praticamente nella stessa sera… ti devi aprire, sfogare un po’..”

“Lo faccio” rispose atona “distruggo il sacco da boxe ogni weekend”

Lanie la raggiunse alla finestra e le si mise accanto “Va bene, questo e positivo, ma sfinirti in palestra non risolverà il problema. Ti devi sfogare parlandone, aprendoti con noi! Tesoro io ti adoro, ma a volte mi tratti come se non esistessi! Non sei sola Kate, io sono qui per te…” la fece voltare verso di se “tutti noi siamo qui per te” disse riferendosi ovviamente a Ryan e Esposito.

Kate tentò di sostenere lo sguardo dell’amica ma non resistette a lungo prima di esplodere in un pianto liberatorio.

Non ce la faceva più, tutta quella tensione e lo stress di quei mesi fluirono fuori da lei in calde e copiose lacrime.

Lanie la abbracciò forte attirandola verso il divano. Jenny si sedette accanto a loro accarezzandole i capelli.

 

 

Angolo dell’autrice:

ed eccoci qui con il 5° capitolo di questo nostro percorso emotivo.

Andare avanti...eh, ce l’hanno detto tutti bene o male no? Il problema è riuscire a farlo..

Tranquilli caskett, l’universo presto o tardi farà incrociare le strade di Rick e Kate di nuovo! :D lo sapete che sono apina ;D

 

Un bacione  e buona lettura a tutte!

 

Ivi87

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Capitolo 6
*** Eqilibri ***


#  Equilibri

 

 

L’acqua scorreva veloce sulla sua pelle.

Ad ogni bracciata Rick si sentiva meglio. I pensieri, prima così pesanti, sembravano ora leggerissimi. Galleggiavano lontano da lui.

Avere la mente svuotata da tutto era una sensazione meravigliosa e liberatoria.

Arrivò a bordo piscina, fece una capriola e ripercorse la corsia a dorso.

Le prime volte riusciva a fare ben poche vasche.

Una decina al massimo prima di doversi fermare a riposare qualche minuto.

Ma gli piaceva tanto e lo faceva stare bene. Voleva impegnarsi al massimo e dedicarvisi come faceva con la scrittura.

Quando finiva, invece di tornare subito a casa, restava a guardare i nuotatori più esperti. Li osservava attentamente, cercando di capire come respirare e  come muoversi.

Un’ora ogni giorno Castle cercava di aumentare sempre di più il numero delle vasche e di migliorare il suo stile e la respirazione.

Ora finalmente aveva trovato il suo ritmo, il suo equilibrio. Centocinquanta vasche in due ore era il meglio che riusciva a fare.

Tutte le mattine si alzava presto e ormai da due settimane andava a nuotare.

Era uno dei primi ad arrivare, così da avere le corsie libere e stare tranquillo.

Alzo gli occhialini sopra la cuffia e controllò l’orologio alla parete.

Nuotò fino alla scaletta e uscì dalla piscina diretto alle docce degli spogliatoi.

 

 

Quando rientrò in casa trovò un appunto attaccato al frigorifero da una magnete a forma di pera. Gina voleva sapere se aveva qualche idea per il nuovo libro o almeno il titolo.

Con il viaggio a Washington si era chiusa l’ultima data del tour di Heat Rises e ora bisognava pensare al nuovo libro.

Aveva creduto che terminare Heat Rises mentre Kate era in ospedale fosse stato difficile.

Ma ora che doveva scrivere addirittura un libro intero senza la sua musa, lo reputava addirittura impossibile.

Gettò il post-it nella spazzatura e si preparò un caffè.

Qualche idea l’aveva. Anche il titolo c’era. La voglia di scrivere? Si, anche quella.

Allora cosa lo frenava?

Sospirò consapevole di avere la risposta.

I libri commissionatigli dalla casa editrice erano quattro. E quello sarebbe stato l’ultimo della saga di Nikki Heat.

E poi? Non sapeva se sperare che la Black Pawn ne richiedesse altri o incrociare le dita affinchè arrivasse un’altra offerta così da cambiare rotta radicalmente.

Martha scese le scale in quel momento.

“Eccoti finalmente, quando nuoti perdi la cognizione del tempo ormai!” gli disse sorridente.

Castle ricambiò il sorriso. Fino a due settimane fa lo dava per spacciato. Era sicuro che lo immaginava cadavere in mezzo alla piscina. E ora invece era tutta orgogliosa del suo bambino.

La donna bevve un sorso di caffè prima di accorgersi che dal frigorifero mancava qualcosa.

“Ha chiamato parecchie volte in questi giorni. Se non te la senti di scrivere e vuoi prendere una pausa dovresti dirglielo. Non la trovo il massimo come persona ma come editore non la dovresti ignorare..”

“Non la sto ignorando e sono assolutamente in grado di scrivere un altro libro su Kate, mamma” rispose puntando lo sguardo negli occhi della donna.

Sapeva che il senso della frase era quello.

“Ne sei sicuro? Perché sarebbe comprensibile..”  ma il figlio la interruppe.

“Sono sicuro. Ho preso un impegno con la casa editrice e intendo rispettarlo; e posso scrivere su di lei anche se non è più una presenza fisica nella mia vita. Anzi, vado all’Old Haunt a scrivere un po’, poi chiamo Gina e le comunico il titolo nuovo.” Disse calmo, tanto da convincere la madre.

“Hai il titolo? Veramente?” domandò sorpresa.

“Si, l’ho pensato mentre ero a Washington” Castle vide l’interesse di Martha e proseguì “Heat Broken…”

Lo sguardo di Martha si fece un po’ triste.

“Qualcosa si è rotto mamma, è inutile far finta di nulla, no?”

Era orgogliosa e allo stesso tempo dispiaciuta per suo figlio.

“Immagino di sì…” disse guardandolo uscire da casa.

 

 

Seduto ad un tavolo, Castle fissava sconsolato il cursore lampeggiare sulla pagina bianca.

Era quasi ora di pranzo e il chiacchiericcio della clientela non lo aiutava a concentrarsi.

Decise allora di buttare giù una scaletta con le idee principali che aveva pensato in modo da non scordarsele. Le avrebbe sviluppate poi con calma.

Una volta finito lo schema mandò una mail a Gina con il titolo del libro e una vaga trama, tanto per farla contenta e per non sentirla per un po’.

In realtà non sapeva come dirle che non aveva idea di come finire il libro.

Aveva pensato ad un caso originale ed avvincente, Nikki e Rook..beh avrebbe più o meno scritto di quello che stavano passando lui e Kate, ma il finale? Come doveva finire Heat Broken?

Bene? Male? Nikki moriva? Rook moriva? Finale aperto o chiusura definitiva?

Fissò la parete che portava al seminterrato.

Si pentì di non avere una normale porta, come tutti. A quell’ora sarebbe già nel suo ufficio a scrivere almeno l’inizio.

Poteva anche tornare a casa dove aveva uno studio super tecnologico e attrezzato, certo, ma non era la stessa cosa. Adorava quel seminterrato e non trovava giusto non poterci entrare ogni volta che volesse senza svelare a tutti il passaggio segreto.

Gli serviva davvero? Era indispensabile per lui quel passaggio segreto??

No, affatto. Era stato affascinante le prime volte, utilizzarlo.

Avventuroso e fico, assolutamente. Ma scomodo e poco pratico.

Senza contare che o si inventava qualcosa da fare o era costretto a pensare al finale di Heat Broken e non se la sentiva ancora di decidere del futuro di Nikki e Rook.

Prese il telefono e selezionò il numero di un amico che conosceva bene.

“Denise? Ciao sono Richard, il grande capo è in ufficio? Si aspetto, grazie”

Dopo pochi secondi di attesa potè parlare con il suo interlocutore.

“Quanto tempo signor sindaco, non ha più nemmeno un’oretta per una partita a poker ultimamente!” esordì Castle schernendolo

“Richard, lo sai che ci sono le elezioni tra poco, senza contare tutti i problemi che ogni giorno spuntano fuori in questa città, ma non temere, sarò presto dei vostri” rispose a tono il sindaco di New York.

“Ti aspettiamo, Bob”

“Allora, che mi racconti? La detective Beckett come sta?” domandò il sindaco.

“Eh...tutto bene...senti mi servirebbe un favore, credo” rispose Castle eludendo la domanda.

“Se posso, volentieri, dimmi tutto!”

“Vorrei fare dei lavori qui all’Old Haunt, in particolare buttare giù una parete scorrevole per mettere un normalissimo muro con una porta” spiegò lo scrittore.

“Non mi sembra nulla di impossibile Richard..” constatò Bob.

“Infatti, credo ci vorranno un paio i settimane al massimo, il problema è che questo bar è un edificio storico e quindi..”

“Ma certo..” lo interruppe il sindaco “faccio fare dei controlli da Denise e entro sera avrai i permessi necessari per poter iniziare i lavori già da domani!” acconsentì benevolo.

“Ti ringrazio infinitamente Bob! Dirò al giudice Markway di lasciarti vincere la prossima volta!”

“Sono ancora in tempo a cambiare idea..” rispose ridendo.

“No, no, per carità, grazie ancora e a presto!” saluto riattaccando soddisfatto.

Una certa detective lo avrebbe guardato storto e si sarebbe arrabbiata per quel favoritismo.

Si riscosse da quel pensiero. Era riuscita nuovamente ad intrufolarsi nella sua testa.

Doveva pensare ad altro. Cosa stava facendo prima di telefonare?

Ah, sì, la scaletta per il nuovo libro. Con gli occhi ripassò i punti fino al finale mancante.

Sbuffò e aprì la posta elettronica, sperando che quei documenti arrivassero in fretta.

 

 

Dopo essersi sfogata con Lanie le cose per Kate cominciavano ad andare meglio.

Si sentiva un po’ più leggera. Come se il peso del modo non fosse tutto unicamente sulle sue spalle. Aveva ancora parecchie situazioni irrisolte ma sentiva che con Lanie al suo fianco ce l’avrebbe fatta. E poi c’erano i suoi fratelloni, Ryan e Esposito. Si probabilmente sarebbe riuscita ad andare avanti con un po’ più di serenità ora.

Anche Jenny faceva la sua parte. Si vedeva che ci teneva ed era gentile e comprensiva con lei.

Ovviamente non mancavano i momenti in cui si fermava a fissare la sedia vuota lasciata da Castle o la lavagna improvvisata che aveva a casa riportante i punti decisivi sul caso dell’omicidio di sua madre. Ma erano, appunto, momenti.

Dolorosi e tristi. Questo sì. Ma riusciva a trovare comunque un motivo per alzarsi dal letto la mattina.

Ryan ed Esposito tornarono da un sopralluogo in un magazzino.

Era seduta alla sua scrivania e li vide uscire dall’ascensore ed avvicinarsi per ragguagliarla sull’indagine.

Gli occhi di Beckett si spostarono per l’ennesima volta sulla cravatta di Ryan.

Era orribile eppure non si riusciva a smettere di guardarla.

Castle avrebbe fatto una battuta. Anzi, molte battute.

Ed era certa che Esposito si stava trattenendo da tutta la mattina per non rischiare di essere sgridato.

Forse era giunto il momento di dimostrare che ora riusciva a farcela da sola.

Insomma, poteva fare una battuta senza sentirsi vulnerabile, no?

I colleghi poliziotti l’avevano chiamata terminator in quell’ultimo mese, quando credevano di non essere sentiti. Forse era ora di ristabilire un minimo di equilibrio e ritornare la Kate di sempre.

Castle le aveva dato tanto in quei quattro anni. L’aveva aiutata ad essere meno chiusa, meno quadrata e a regalare un sorriso di tanto in tanto. Non era stato tempo sprecato.

Era ancora capace di sorridere ed era ora di farlo anche senza Castle.

Doveva camminare da sola, non poteva sempre contare su di lui.

L’aveva allontanato lei; doveva accettare la cosa e comportarsi da persona adulta.

Si era disperata, si era sfogata e ora doveva tentare di tornare alla normalità.

Quando Ryan la raggiunse insieme al suo compare lei lo bloccò prima ancora di iniziare a parlare “Qualunque cosa tu stia per dirmi fallo con questa in mano” gli disse porgendogli una cartelletta.

Il detective sorpreso la prese in mano ma non capì cosa doveva farne.

Beckett lo guidò “Un po’ più su..” Ryan eseguì ubbidiente spostando la cartellina “un po’ a destra.. ecco perfetto ora puoi parlare..” disse seria a braccia incrociate.

Ryan si voltò appena verso Esposito ma anche lui non aveva idea di cosa avesse Beckett.

“P-perchè devo parlare stando così?” domandò incredulo Ryan.

“Perché se ti devo prestare attenzione non voglio avere davanti agli occhi quell’orrenda cravatta a distrarmi!” spiegò scoppiando a ridere alla fine della frase.

Esposito la seguì a ruota “Amico, non ce la facevo più a fare finta di niente, stavo scoppiando!” disse rivolto al poveretto.

“Ma è un regalo di Jenny! E non è così orrenda..” tentò lui, anche se con poca convinzione.

“Dovrò fare due chiacchiere con quella ragazza stasera..” esordì infine Kate.

I due la guardarono sorridenti.

Stava scherzando e la sera si sarebbe vista con le sue amiche.

Erano contenti per lei, si stava rimettendo in piedi.

E se c’era qualcuna tosta abbastanza da risollevarsi dopo una brutta caduta quella era Kate Beckett.

La vita gliene aveva riservate parecchie di cadute ed ogni volta, più o meno malconcia, ce l’aveva sempre fatta a rimontare in sella.

Non dubitavano che ce l’avrebbe fatta anche questa volta.

Senza contare che, loro due, erano gli unici a conoscenza di entrambe le situazioni.

Sapevano come stava Beckett e sapevano come stava Castle.

Entrambi si stavano ancora leccando le ferite.

Entrambi si sarebbero rimessi in piedi più forti che mai.

I due detective li tenevano d’occhio, sicuri che il capitolo Castle&Beckett non era ancora giunto alla fine.

Il capitano Gates uscì dal suo ufficio a passo di carica annunciando il trasferimento di un prigioniero dal carcere di Sing Sing al loro distretto.

I tre si ricomposero e si prepararono ad accoglierlo nella sala interrogatori.

 

 

Angolo dell’autrice:

 

eccoci con il nuovo capitolo! Che ne dite? Come se la passano i nostri Castle e Beckett? Ce la faranno a risollevarsi? Il destino li farà incontrare di nuovo?

Al prossimo capitolo mie Caskettine!

Grazie per il supporto e per tutti i meravigliosi commenti!

Un bacione enorme, vi voglio bene! ;D

 

Ivi87

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Capitolo 7
*** Cambiamenti ***


# Cambiamenti

 

 

La notizia della chiusura del passaggio segreto aveva stupito tutti.

Sia Martha e Alexis che Ryan, Esposito e Lanie.

Sapevano quanto lui l’adorasse e quanto ci si divertiva.

Ma decisero di assecondarlo, in fondo il bar era suo e poteva farne quello che voleva, e poi non era del tutto falso che con una porta sarebbe stato tutto molto più facile.

Inoltre sapevano che era solo un modo per tenersi occupato e non pensare.

Alla fine il nuoto era servito, certo.

Si era rimesso in forma, anche i suoi amici avevano dovuto ammetterlo, e lo distraeva parecchio. Gli piaceva e avrebbe continuato a farlo in ogni caso.

Che avesse avuto risvolti positivi sul suo fisico o meno, oltre che sulla sua mente.

Ma non poteva vivere in acqua ventiquattrore su ventiquattro!

Aveva una famiglia e un libro da scrivere.

Libro che aveva iniziato nonostante tutto. L’amore per la scrittura alla fine l’aveva avuta vinta.

E poi Nikki Heat restava in ogni caso la sua eroina preferita. La sua creatura meglio riuscita e questo, indipendentemente da tutto, non sarebbe mai cambiato.

Mentre vedeva i suoi amici, seduti al bancone con Martha e Alexis, osservare i muratori che prendevano le misure della parete, Castle stava ad un tavolino con i libri contabili.

Il locale sarebbe stato chiuso per una decina di giorni minimo e stava facendo in bilancio della situazione prima di passare tutto al suo commercialista. 

“Da quando tu e la matematica andate d’accordo?” domandò Alexis, lasciando il gruppo e avvicinandosi al padre.

“Ho imparato a destreggiarmi tra conti e movimenti bancari guardando Ryan e Esposito..” spiegò, ripensando a quante volte avevano controllato e ricontrollato tabulati ed estratti conto dei vari sospettati di ogni caso.

La ragazza annuì, capendo che comunque era anche quello l’ennesimo modo di tenersi occupato.

“Sono contenta che i ragazzi siano qui, con noi” gli disse guardandoli.

“Già, si sono liberati per la pausa pranzo per vedere se c’era bisogno di aiuto..” li guardò anche lui, grato.

“E’ bello vedere che siete rimasti tutti amici” commentò Alexis, per poi pentirsene subito.

Ovviamente non erano rimasti tutti amici. C’era una persona fondamentale per Castle che invece mancava.

“Oh, scusa..” disse vedendo lo sguardo triste del padre.

“Non scusarti, non è colpa tua”

La ragazzina annuì con lo sguardo basso.

“Alexis, guardami, non è colpa tua ok?”

“Papà se ci stai male perché non vai da lei? Vai a casa sua o al distretto se credi, a me basta che non segui i casi..” esordì prima di essere interrotta.

Così poteva ancora farcela, ma se l’avesse rivista sarebbe di certo crollato.

“Sto bene così, Alexis” disse solamente, guardandola negli occhi con decisione.

Non riuscì a dire altro, sotto lo sguardo severo del padre e tornò delusa al bancone assieme agli altri.

“E’ lo stesso di sempre ma poi basta una parola sbagliata e diventa un altro, si incupisce e diventa taciturno…” disse la ragazzina sedendosi sconsolata sullo sgabello.

“So cosa intendi, vale anche per Kate. Si vede che sta meglio, sembra quasi la solita di sempre e poi ad un certo punto…” Lanie lasciò cadere la frase non trovando le parole adatte.

“…si spegne?” provò Martha alzando un sopracciglio e indicando il figlio.

“Esatto!” dissero contemporaneamente Alexis e Lanie.

Erano spenti.

Finchè si tenevano occupati e pensavano ad altro riuscivano ad avere la forza necessaria per tirare avanti, ma una volta esaurita la carica, si spegnevano, come un giocattolo senza batterie.

I muratori cominciarono ad estrarre gli attrezzi necessari all’abbattimento del muro.

Castle controllò che fosse tutto adeguatamente coperto e protetto dalla polvere e dai pezzetti di muro che sicuramente si sarebbero sparsi qua e la, poi raggiunse la combriccola.

“Ora buttano giù il muro a martellate!!” disse tutto emozionato ad Alexis, forse per farsi un po’ perdonare per la rispostaccia di prima.

La ragazzina sorrise e lasciò correre.

“Credete che mi faranno provare?” domandò poi rivolto a tutti.

“Meglio di no!!” fu la risposta generale che gli fu restituita. 

 

 

Lanie e Jenny aspettavano da qualche minuto accanto alla pensilina dell’autobus; lo sciopero dei taxi le aveva costrette ad usufruire dei mezzi pubblici.

Il primo di una lunga serie di scioperi a detta dei notiziari.

Le due donne si trovavano fuori New York in una via  tranquilla e poco trafficata.

Kate aveva dato loro orario e luogo e ora attendevano impazienti il suo arrivo.

Si erano un po’ stupite da quell’invito. Soprattutto per la lontananza dalle loro abitazioni e perché Kate non era voluta andare con loro.

Le avrebbe raggiunte da sola.

Le due si strinsero nei cappotti, era il 31 ottobre e ormai l’inverno era alle porte.

“Quindi continuiamo a non dirle nulla?” domandò Jenny

“Del bar?”

Jenny annuì e attese la risposta dell’amica.

“Castle ci ha chiesto di non dirle niente e credo abbia ragione”

“Se le diciamo che ha fatto dei lavori al bar potrebbe essere curiosa e passare a dare un’occhiata..” provò a dire la bionda.

Il passaggio segreto ormai era un ricordo. Il nuovo muro corredato di porta in legno massiccio faceva la sua bella figura già da un paio di giorni.

“Credo sia proprio questo il punto. Vuole che ci vada di sua spontanea volontà, non per vedere il lavori… e comunque anche se glielo dovessimo dire lei non andrebbe…”

Mentre parlavano una Harley si accostò a loro. Sul sedile il proprietario sembrava fissarle da sotto il casco integrale.

“Lanie… ci spostiamo?” domandò Jenny preoccupata.

Lanie fissò per un secondo il motociclista e poi acconsentì.

Si spostarono di qualche passo.

La moto avanzò seguendole. Jenny e Lanie ora si stavano cominciando ad agitare.

Si mossero nuovamente camminando veloci ma senza dare troppo nell’occhio.

Il motociclista diede gas e le raggiunse ancora una volta.

Lanie si fermò di colpo afferrando il cellulare, pronta a chiamare il fidanzato se necessario, e si voltò per cantargliene quattro.

Prima di riuscire a dire alcunché l’uomo cominciò a slacciarsi il casco e a sfilarlo.

Lunghi capelli castani scesero pesanti dal casco. Scosse la testa levandoseli dal viso.

“Vi dispiace fermarvi almeno qualche secondo?”

“Kate!!” urlò Lanie

“Oh Gesù, vuoi farci venire un infarto?” proseguì Jenny sollevata

Una risata leggera sfuggì alla detective.

“E’ questo che intendevi quando hai detto che saresti venuta con un mezzo alternativo?”

“Si, Lanie, intendevo proprio la mia Harley-Davidson Softail del ’94...” disse accarezzandola come se fosse un uomo “...allora chi delle due vuole fare un giro?”

“Ma sei impazzita? Io su quella cosa non ci salgo!” protestò Lanie

Jenny si limitò a fare un passo indietro come se la moto scottasse.

Kate aprì le braccia di scatto, stupita dal loro atteggiamento.

“E’ questo che hai fatto ultimamente? Credevo avessi detto che facevi bricolage?” domandò Lanie girando attorno alla moto ancora con gli occhi sgranati.

“Beh, l’ho lavata, lucidata, smontata e rimontata praticamente, non è forse bricolage?” rispose con un sorrisetto dispettoso.

Jenny sospirò forte “quello il muro, questa la moto…” sussurrò appena alzando gli occhi al cielo.

Lanie sorrise leggermente alla battuta.

“Come?” chiese Kate che aveva visto Jenny parlare ma non era riuscita a sentire la frase.

“No, nulla..” si affrettò a dire la futura sposa.

“Davvero non volete farvi un giro?” ritentò, delusa.

Lanie fissava la moto con un sorrisetto malizioso in faccia.

“Mi è venuta un’idea...” disse attirando l’attenzione delle altre due donne.

 

 

Ryan e Esposito erano all’Old Haunt muniti di scopa e strofinaccio.

Visto che quella domenica pomeriggio le ragazze avevano da fare si erano offerti volontari per le pulizie del locale, in modo da velocizzare la riapertura.

Davanti a loro il nuovo muro fresco di vernice con la porta spalancata sulle scale che portano al seminterrato.

“Ma sta sempre la sotto adesso?” domandò Esposito stanco di spazzare

“E dai, sta riarredando il suo ufficio, ci vuole calma e pazienza! Deve sentire quali nuove vibrazione emanano quelle mura..” spiegò sicuro Ryan.

“Che?”

“Feng Shui, amico! Ma non leggi mai?”

“Le riviste da donna no, mai..”

Esposito si meritò una bella gomitata e ricominciò a pulire.

Il suono di un messaggio distrasse Ryan.

“Jenny mi ha mandato una foto” disse tutto gongolante.

Esposito storse il volto, disgustato.

Aprì la foto e la fissò perplesso.

“Ehm...credo sia per te, amico..” disse voltando il cellulare verso Esposito.

La visione di Lanie seduta su una Harley abbracciata ed un motociclista vestito in tuta di pelle nera lo colpì come un pugno nello stomaco.

“Ma che diavolo...”

Ryan controllò se la foto contenesse anche un messaggio di testo ma non c’era altro allegato.

Che ci faceva la sua ragazza attorcigliata ad un altro? Su una moto? E perché Jenny la fotografava?

“Chiama la tua ragazza, io chiamo la mia!!” ordinò perentorio l’ispanico.

 

 

Nel giro di un minuto dall’invio della foto i cellulari di Jenny e Lanie cominciarono a squillare all’impazzata.

Le tre donne se la stavano ridendo di gusto come non capitava ormai da tempo.

Kate cercò a fatica di ricomporsi e ritrovare la normale respirazione “oddio...ma come facevate a sapere che sarebbero stati assieme..”

Le due esitarono qualche secondo “quei due stanno sempre assieme!” disse Lanie.

“Sono come i gemelli siamesi..” aggiunse Jenny sperando che se la bevesse.

Kate diede loro ragione e si rimise il casco.

“Poche storie, su Lanie, sei la prima!”

 

 

Ryan puliva freneticamente il bancone del bar mentre Esposito fissava incredulo il cellulare dell’amico.

Castle li raggiunse con una rivista di arredamento in mano, ma quando li vide scoppiò a ridere.

“Ryan..Ryan fermati, credo che il bancone sia sufficientemente pulito, se strofini ancora un po’ lo disintegri!” disse bloccandogli la mano che reggeva lo strofinaccio.

“Si.. scusa..” disse solamente l’irlandese.

Si voltò poi verso l’altro detective. Gli occhi scuri, sgranati, a pochi centimetri dal cellulare “Stai tentando di entrare nello schermo?” chiese Castle, divertito dai due amici.

“Si vede un pezzo di targa!” esclamò Esposito a Ryan, ignorando lo scrittore.

Castle strappò il telefono dalle mani dei due “Si può sapere che succede?” domandò ancora ridendo.

Ryan si riappropriò del telefono in un istante; sapeva che Castle li avrebbe presi in giro a vita se avesse visto la foto.

“Lascia stare, sono cose private!” si lamentò Ryan.

“Private e piccanti o solo private?” domandò malizioso.

“Private e basta!!”

Esposito era ancora pensieroso.

Quando il battibecco dei due finì, chiese “Ehi,Castle, conosci nessun uomo che abbia una moto?”

Ci pensò su. A parte Josh non conosceva nessun’altro motociclista.

Ovviamente il pensiero corse anche Kate. Lei aveva una moto. Una Harley, se ben si ricordava. Ma non l’aveva mai vista. E comunque Esposito aveva chiesto se conosceva un uomo, quindi…

“Nessuno, perché?”

“No..niente, lascia stare..” sconsolato provò a richiamare la compagna, allontanandosi.

Ryan, non sapendo cosa fare si rimise a strofinare il bancone.

“Ma la vuoi smettere? L’hai praticamente sterilizzato!” ribadì Castle.

Posando lo straccio il detective notò la rivista.

“Che ci fai con quella?”

“Oh, è per l’ufficio..” sfogliò le pagine velocemente “ecco, ho appena ordinato questo!” disse indicando l’acquisto con l’indice.

Martha sentendo parlare di spese e cataloghi si avvicinò curiosa.

“Un divano?” dissero insieme la donna e il detective.

“Che te ne fai di un divano la sotto?” domandò Martha.

“Che te ne fai di un divano in un bar!” domandò poi Ryan.

Entrambi ricevettero un’occhiataccia.

“Innanzitutto, il divano sarebbe nel mio ufficio nel seminterrato, non nel bar!” disse guardando Ryan “Secondo: dipende dalle serate, ma la chiusura è sempre verso l’una circa, sistema, pulisci, controlla la cassa e quant’altro e si fanno come niente le tre…” disse rivolto alla madre, questa volta.

“E?” chiese sua madre, non capendo.

“E… mi posso fermare a dormire qui, sul mio nuovo divano!” rispose sventolando la rivista come se fosse una coppa appena vinta.

“Va bene essere dediti al proprio lavoro, Castle, ma nemmeno noi dormiamo al distretto!” ridacchiò Ryan.

“Parla per te, io un paio di riposini li ho fatti nella sala caffè..” ribattè Esposito, inserendosi nella conversazione, dopo aver tentato inutilmente di chiamare Lanie

Martha sbuffò “Va bene, figliolo, non ho intenzione di mettermi a discutere..”

“Ti ringrazio, madre!”

“Posso almeno aiutarti a sceglierlo? Non ho visto bene la foto, ma non mi sembrava un granchè come divano..”

Castle tolse la rivista da sotto gli occhi della madre “No, grazie, ormai ho già fatto, questo che ho scelto mi va benissimo”

“Perché, che ha di speciale?” domandò Esposito, incuriosito.

“E’.. speciale…” rispose Castle.

“Speciale come?” rincarò Ryan.

Castle, spazientito, diede la stessa risposta ricevuta poco prima dall’irlandese “Speciale e basta!”

Li lasciò lì impalati e con un sorrisetto se ne tornò nel suo nuovo ufficio.

Già che c’era aveva fatto murare anche il passaggio che portava alle fogne: sarebbe stato poco igienico trovarsi un topolino a gironzolare tra i clienti.

Così ora poteva arredare quella stanza come gli pareva, senza più preoccupazioni.

Cominciò rimettendo il pc sulla scrivania e disponendo le fotografie come le aveva posizionate prima dei lavori.

Sorrise guardando quella che li ritraeva tutti insieme al distretto per il compleanno di Esposito.

Si soffermò su Kate. In un certo senso non faceva più così male.

Gli mancava e pensava ancora a lei, certo. Ma si sentiva più forte di prima.

Aveva capito che poteva vivere anche senza di lei. Col tempo ci sarebbe riuscito.

Restava solo da capire se era quello che realmente voleva.

Il messaggio di Kate era chiaro. Non l’aveva cancellato dalla casella vocale.

Era ancora lì.

 

Credo...credo sia meglio così in fondo...ognuno per la sua strada...”

 

Ripensò a quelle parole.

La situazione era diventata insostenibile e forse sì, era stato meglio così.

Ma ora? Era passato del tempo. Castle si era ripreso e si sentiva più forte e meno dipendente da lei. E lei? Lei come stava?

Non chiedeva mai di Kate ai suoi amici e loro non gliene parlavano.

Ma sapeva bene che se stesse ancora male in un modo o nell’altro Lanie gliel’avrebbe detto.

Perciò ora a che punto erano? Alzò lo sguardo, ma non verso il soffitto. Oltre.

Fiducioso, si affidò nuovamente all’universo.

 

 

Kate sfrecciava a velocità sostenuta sulla strada semi desolata di chissà quale paesino di campagna.

Dietro di sé, sentiva Lanie aggrapparsi sempre più forte.

Sorrise nel casco e lentamente cominciò a rallentare, nei pressi di un laghetto.

Lanie scese barcollante.

“Tu.guidi.come.una.pazza!” decretò levandosi il casco.

“Esagerata, ho scelto un posto fuori città apposta..devo pur farle sgranchire le ruote!” battendo un paio di colpetti sulla sella.

Si guardarono attorno; il piccolo lago era incantevole e il prato ti invogliava a camminare scalza.

Si sedettero su una staccionata poco distante.

“Allora?” chiese Kate, in merito al viaggio.

“Terrorizzante!” rispose l’amica

“Vorrai dire emozionante!”

Lanie alzò un sopracciglio

“Non l’hai sentita l’adrenalina? Il vento addosso? Il brivido della velocità?” domandò con aria sognante Kate.

“Si, ho sentito tutto e ti dirò..non fa per me!” ammise Lanie sorridendo

Kate ricambiò il sorriso e annuì, comprensiva.

“Ma a te piace vero?” chiese infine.

“Mi fa sentire così libera, così..viva!”

Lanie le regalò un meraviglioso sorriso “Lo, so”

“Ma non ti voglio sentire parlare di corse clandestine, ok?” aggiunse poi facendola ridere.

“Mi sento bene, Lanie” esordì dopo qualche secondo di silenzio.

“Lo vedo, ti trovo davvero bene ora”

“No intendo..” Kate si voltò verso l’amica cercando di spiegarsi meglio “So che ce la posso fare, mi sento più forte ora e ho capito che posso continuare a vivere la mia vita anche senza Castle e senza sapere chi c’è dietro alla morte di mia madre. Davvero, lo posso fare.”

“E ti basta, vivere così?” domandò dolce, Lanie.

“No, certo che no. Ma mi basta, per adesso” disse con un debole sorriso.

Passeggiarono in silenzio costeggiando il lago.

Kate vide il suo riflesso nell’acqua. Ripensò a quando disse a Castle che non sarebbe riuscito a reggere alla visione di lei a cavallo di una moto vestita in pelle nera. Sorrise al pensiero e si disse che quando fossero stati veramente pronti e forti abbastanza, in un modo o nell’altro si sarebbero ritrovati.

Confortata da quell’idea, rimontò in sella con Lanie alle sue spalle.

La giornata era ancora lunga. Doveva recuperare Jenny, spaventarla a dovere con la sua guida e valutare, tutte e tre assieme, dei negozi per la lista nozze. 

 

 

Angolo dell’autrice:

 

E questo era l’ultimo passo del loro processo di “guarigione” dal farsi del male da soli!

Avranno finalmente imparato la lezione?

Ragazze siete pronte a far parlare l’universo??? Nel prossimo capitolo..... *____*

Muahahahahahah (come tenere sulle spine le persone..*me fischietta innocentemente*!!!

La storia è ancora luuuunga, spero di non annoiarvi!

Un bacione a tutte e buona lettura!

 

Ivi87

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Capitolo 8
*** L'universo ha parlato ***


Avviso: capitolo un filino tendente al rosso! ;D minorenni avvisate!!

 

 

# L’universo ha parlato

 

 

Richard Castle camminava a testa alta per la strada.

Dopo la bellezza di soli tre mesi poteva dire di averla dimenticata.

Certo, non completamente dimenticata. Era pur sempre una delle donne più straordinarie che avesse mai conosciuto ed era praticamente la sua migliore amica, perciò no, non poteva farla uscire del tutto dalla sua vita.

Ma se la stava facendo passare. Questa mostruosa e gigantesca cotta che aveva per lei stava pian piano scemando e il non vederla di continuo cominciava a dare i suoi frutti.

Con questi pensieri si fermò ad un chioschetto a prendere un caffè caldo. Dicembre era appena iniziato e il freddo invernale penetrava nelle ossa. Si scaldò le mani stringendo il bicchierone di cartone.

Si sarebbe mai autoconvinto di essersela scordata?

Riprovò a concentrarsi, meglio non abbassare mai la guardia.

Avevano ormai riaperto da un pezzo ma oggi era il giorno di chiusura settimanale e voleva starsene un po’ in pace nel suo seminterrato a scrivere.

Io, Richard Castle, NON sono più innamorato di Kate Beckett! Per niente, nada, nisba, tutto passato. 

Respirò a pieni polmoni passeggiando distrattamente verso l’Old Haunt.

Il giorno che fosse riuscito a dirlo anche ad alta voce avrebbe dato un party!

Schivò un passante per un soffio. New York era caotica per via dell’ennesimo sciopero dei taxi e di conseguenza i marciapiedi erano affollati.

Destreggiarsi nella folla e concentrarsi sulla negazione dei propri sentimenti era pressoché impossibile. Tra spintoni e dribblaggi  vari si schiantò addosso ad un’altra persona, rovesciandole addosso tutto il caffè.

Rick si maledì per la sua goffaggine ma quando alzò gli occhi sulla sua povera vittima un sorriso stupito e spontaneo sbucò sul suo volto.

Io, Richard Castle, sono completamente e incondizionatamente innamorato di Kate Beckett e NON mi passerà mai!

Kate alzò gli occhi per vedere chi l’aveva inondata di caffè proprio quel giorno che andava di fretta. Aveva solo un ora da concedersi per mangiare e volle uscire dal distretto per respirare un po’ di aria fresca. Al suo rientro l’attendeva l’ennesima riunione del nuovo capitano. La Gates adorava le riunioni, neanche fosse una manager aziendale. E non poteva tardare, quella non ammetteva sgarri!

Incenerì con lo sguardo il malcapitato; ora si sarebbe dovuta scapicollare fino a casa per cambiarsi e arrivare puntuale.

Ma quando incrociò i suoi occhi l’irritazione sparì nel nulla e il suo cuore, dopo tanto, ricominciò a battere regolare. Anzi no, un pochino più veloce.

Restarono a bocca aperta a fissarsi per degli interminabili secondi, come se non si vedessero da tre anni, anziché tre mesi.

Poi il caos di New York li riportò alla realtà.

Il clacson di un auto, l’abbaiare di un cane, il chiacchiericcio della gente in strada li rese consapevoli di essersi persi l’uno negli occhi dell’altra, come un tempo.

Sbatterono più volte gli occhi per uscire da quella trance e Rick si costrinse ad abbassare lo sguardo. Fu allora che la vide. L’enorme macchia di caffè. Aveva centrato in pieno il petto della detective. Vedendo il suo sguardo, anche lei controllò il danno.

La camicetta era inguardabile, ormai non più bianca, la sciarpa leggermente macchiata con qualche schizzo all’altezza della gola mentre il suo cappotto beige era diventato marrone solo sui due lembi aperti. 

Sfortunatamente non aveva il cappotto abbottonato. Per lei non era così freddo il clima, adorava l’inverno e la neve. E comunque non era niente in confronto al gelo che sentiva dentro da quando avevano smesso di vedersi.

A Kate non importava poi molto. Rick era davanti a lei dopo quella che le era sembrata un’eternità. Ma il ringhio della Gates le risuonò in testa. Se si fosse presentata così conciata al suo cospetto avrebbe fatto una pessima figura oltre che perdere quel minimo di rispetto che quella si sforzava di dimostrarle.

“M-mi dispiace da morire..i-io non ti avevo proprio vista..” cercò di giustificarsi Rick.

Kate si sciolse di fronte a quel balbettio. Era il solito cucciolone imbranato di sempre.

“Lo so, non ti preoccupare” rispose gentile “Ti trovo bene..” aggiunse poi un po’ incerta.

“Anche io” rispose Rick sorridendo.

Sarebbe restata lì in mezzo alla strada con lui per ore, ma doveva scappare a casa per cambiarsi ora, ed era lontana; si doveva affrettare.

“Scusa ma vado di fretta. Ero di corsa già prima e adesso lo sono ancora di più..” indicandosi il petto “Devo correre a casa a cambiarmi e forse riesco a mangiare un boccone prima di tornare al distretto” spiegò velocemente spostandosi dalla calca.

Rick la tallonò prontamente. L’universo aveva parlato, li aveva appena fatti rincontrare e nemmeno per sogno se la sarebbe fatta scappare nuovamente, tanto di dimenticarla non se ne parlava proprio…

Ci aveva provato, ma era una causa persa in partenza.

“Come mai? Avete un caso scottante?” domandò, aiutandola ad uscire dal flusso di persone che scorreva in giù, verso Main Street.

“No, niente di speciale, ma la Gates è fissata con le riunioni e ne ha programmata una alle 14:30 e se la perdo sono guai!” istintivamente guardò l’orologio “oh, non ce la farò mai..” non avrebbe fatto in tempo a cambiarsi nemmeno senza sciopero dei taxi.

Castle si sentì colpevole e inutile. Aveva combinato un casino come suo solito e voleva aiutarla a tutti i costi.

“E’ tutta colpa mia, scusa..” disse tutto sconsolato.

Vederlo così le fece male. Posò una mano sul suo avambraccio con l’intenzione di confortarlo ma Castle prontamente le bloccò la mano sgranando gli occhi “il golfino!!”

“Come?” domandò confusa

“Vieni con me!” e così dicendo la prese per mano trascinandola pochi metri più in là fino a fermarsi davanti al suo pub.

Kate guardò l’insegna dell’Old Haunt. Quanto gli era mancato! Ma gli avrebbe fatto solo più male continuare a frequentare il suo locale.

Con un sorriso enorme, Rick alzò la serranda e con le chiavi che aveva in tasca aprì la porta e accese le luci.

La fece accomodare e richiuse la porta a chiave, per impedire ai clienti di entrare credendo il bar aperto.

“Perché siamo qui, devo proprio andare Castle..”

“Abbi fede, vieni”

La portò in fondo al locale e con un’altra chiave aprì la porta del seminterrato che portava al suo ufficio.

“Ma..che fine ha fatto il passaggio segreto?” domandò sorpresa guardandosi intorno.

In effetti notò parecchi cambiamenti e le pareti erano fresche di vernice.

“Ho dato una rinfrescata all’ambiente e poi il passaggio segreto era scomodo. Fico, ma scomodo..” rispose sorridendo, tralasciando che si era dovuto tenere occupato in quei mesi senza di lei e che aveva riversato parte delle sue energie nella ristrutturazione.

Scesero le scale e Kate osservò bene anche l’ufficio.

C’era una scrivania con un portatile, una stampante e un telefono.

L’armadio che copriva l’ingresso alle fogne era sparito e l’ingresso stesso era stato murato.

Vari mobili avevano preso posto attorno alle pareti compresa una mini libreria. Sembrava una piccola riproduzione in scala dello studio che aveva a casa sua.

Rick la osservò mentre si guardava attorno, finchè non la vide posare lo sguardo sul suo mobile preferito.

“Hai un divano?” domandò scettica

“Si”

“Qui sotto?”

“Si”

Aggrottò le sopracciglia, incerta.

Ma perché nessuno capiva. “Mi piace stare comodo..”

“Come vuoi, ma ancora non ho capito perché siamo qui” guardando nuovamente l’orologio.

“Ah, si..” lo vide avvicinarsi all’attaccapanni posto accanto alle scale. Prese un capo nero e glielo porse “E’ il golfino che hai dimenticato l’ultima volta che ci siamo visti qui a bere tutti insieme..” spiegò abbassando lo sguardo “speravo che saresti venuta a riprenderlo..” L’aveva tenuto con sé per tutti quei mesi come.. un porta fortuna forse?

Kate se lo ricordava bene. Nei giorno seguenti aveva pensato molte volte di usare quel golfino come scusa per rivederlo ma non lo aveva mai fatto. Aveva deciso di provare a dare un taglio netto al loro rapporto, proprio come Rick, perciò si convinse che fosse meglio smettere di pensarci e andare avanti.

Afferrò l’indumento e le loro dita si sfiorarono.

Bastò un attimo. Nessuno dei due seppe come, ma si stavano baciando. Con foga, come se avessero fame l’uno dell’altro.

Gettò a terra il golfino che le occupava una mano. Una volta libera lo afferrò alla nuca per attirarlo più a se. Quasi senza accorgersene entrambi cominciarono a liberarsi di cappotti e sciarpe. Il profumo di caffè aleggiava nell’aria dalla camicetta di Kate.

Era da tanto che non lo respiravano assieme. Si staccarono controvoglia per prendere ossigeno.

Kate ansimava come se avesse corso al maratona di New York.

Poche boccate e gli si scagliò nuovamente addosso, completamente in balia delle sue emozioni.

In un barlume di lucidità Rick la bloccò.

“Ferma..ferma..” disse ancora ansimando per il bacio.

Kate tentò di divincolarsi e proseguire nel suo intento ma lui era più forte “Non voglio fermarmi” sussurrò appena lei, preoccupata che invece fosse proprio quello che volesse lui.

“Nemmeno io, davvero” la rassicurò “ma non voglio fare l’amore con te per poi vederti scappare via dicendo che è stato solo un errore..” le disse guardandola negli occhi.

Kate scosse la testa annegando in quel mare azzurro “sono sicura” e la decisione con cui lo disse dissipò qualsiasi dubbio lui avesse.

Con il pollice le sfiorò un labbro schiudendolo leggermente per poi scendere sul collo.

Lei lo fissava con il respiro accelerato, ipnotizzata dal suo tocco caldo e delicato e dal modo in cui le contemplava il collo.
Quando si piegò a baciarglielo, Kate chiuse gli occhi e si aggrappò alle sue spalle.

Ci pensava spesso, soprattutto in quei mesi in cui l’aveva evitato sperando di dimenticarlo.
Pensava a come sarebbe stato se loro due avessero.. ma poi scacciava quel pensiero doloroso che le attorcigliava lo stomaco.
Con foga Rick sollevò la sua camicetta sporca premendo le mani sulla sua schiena morbida. Finalmente poteva toccare la sua pelle liscia.

Kate si sentì bruciare sotto quel tocco. Quanto tempo sprecato a rimandare l’inevitabile...

Rick tentò di slacciargli la camicetta ma lei lo fermò bloccandogli i polsi a mezz’aria “Piano, Rick...”, sussurrò al suo orecchio “Lo sai che ci sono sempre io al volante...”.
Disse stuzzicandolo, ricordandogli che a lui non era mai permesso guidare la sua auto.

Solo una volta aveva guidato Castle, a Los Angeles, ma quella era un’occasione particolare. Sia emotivamente che professionalmente.

Si morse il labbro provocandolo come solo lei sapeva fare, e poi gli lasciò i polsi.

Un lampo di passione transitò nei suoi occhi e lei capì che acconsentiva a lasciarle il comando.
Le mani di Kate cominciarono a slacciare la camicia di Rick, un bottone dopo l’altro, lentamente, partendo dall’alto. Ad ogni lembo di pelle scoperto Kate lasciava una scia di baci umidi e caldi che lo stavano facendo impazzire.

Una volta aperta tutta la camicia si rialzò da terra e gliela sfilò lasciandola al suolo.

Poi fu la volta della cintura. Rick si lasciò spogliare come fosse un manichino, ammaliato dall’intraprendenza della sua musa. Quando anche i pantaloni furono a terra, lo aiutò a sfilarsi scarpe e calzini. Kate si allontanò di qualche passo per ammirare la visione completa di Rick in boxer davanti a lei.

Decisamente aveva un bel fisico. Spalle larghe e stomaco piatto. Pensò che si fosse messo a dieta, perché lo trovò molto meno appesantito di come se lo ricordava.

Non che l’aspetto esteriore le importasse più di tanto, quello che c’era tra loro andava ben oltre il mero lato estetico; comunque non le dispiaceva affatto che si tenesse in forma e quello che aveva davanti a sé la spinse a mordicchiarsi nuovamente il labbro.

Questa volta lo fece spinta dalla voglia e dalla passione.

Rick non resistette oltre, la afferrò per un braccio e se la tirò letteralmente addosso.

“Tocca a me guidare ora” le sussurrò all’orecchio nello stesso modo usato poco prima da lei.

Come in un passo di danza figurato le sollevò il braccio destro sulla testa e la fece ruotare su se stessa, per poi ritrovarsi abbracciato a lei di spalle.

Pareva scomparire dentro quelle braccia muscolose.

Lasciò la presa e lei non si mosse di un centimetro. Non ne aveva la minima intenzione.

Le mise le mani attorno al collo accarezzandole la gola, per poi scendere sulle spalle e proseguire lungo le braccia fino ad intrecciare le loro dita.

Posò le loro mani unite sul ventre di Kate, completamente rilassata sul suo petto.

Slegò le loro dite per cominciare a slacciarle la camicetta. Con una mano sbottonava e con l’altra accarezzava la pelle che man mano gli si rivelava sotto gli occhi, fino a ritrovarsi nuovamente con entrambe le mani attorno alla sua gola.

Kate inarcò la schiena e reclinò la testa all’indietro. Rick ne approfittò per salire ancora di più e  infilare le mani tra i capelli, massaggiandole la testa.

Un gemito gutturale le sfuggì dalla gola. Adorava i brividi provocati dalle carezze ai capelli.

Fiero di quel gemito, Rick le tolse la camicia accompagnandola sulle spalle, abbassando anche gli spallini del reggiseno e affondando il viso nel suo collo.  

Kate, sentendo le sue labbra su di sé, gli afferrò le mani e se le portò sul seno, che lui strinse prontamente. Lo massaggiò e torturò per qualche secondo, infilandosi anche sotto la stoffa, per poi abbandonarlo e spostare entrambe le mani verso il basso.

Con l’indice tracciò il contorno del bottone dei jeans, con l’altra mano trovò invece la zip.

Stette per un attimo fermo e immobile ad assaporare il momento. Respirò forte il profumo di ciliegia dai suoi capelli “Rick..” la sentì sospirare. Lei non voleva che si fermasse.

“Lo so, lo so, hai fretta...” rise lui contro il suo orecchio, sapendo bene che non era la fretta di tornare al distretto per la riunione quella che aveva Kate.

Cercava di mantenere un tono giocoso, per alleggerire la tensione e perché era così che voleva fare l’amore con lei.

Le baciò la nuca e da quel punto fece partire una lunga scia di baci che terminarono sul fondo schiena, appena sopra i jeans.

In ginocchio alle sue spalle Rick slacciò i jeans e lentamente li fece scorrere lungo le sue lunghe gambe fino ai piedi. Kate scalciò in avanti le scarpe col tacco, perdendo così almeno dieci centimetri. Una gamba alla volta l’aiutò a sfilare i pantaloni.

Con le mani rifece il percorso al contrario, rialzandosi.

La sua musa era perfetta, sotto ogni aspetto.

Una volta in piedi lei si voltò per essere nuovamente di fronte a lui e lo aggredì, letteralmente, con un bacio, spingendolo verso il divano.
Quando Rick ci sbattè contro con i polpacci la fermò nuovamente “Solo un secondo…” dandole un altro bacio “.. un secondo..” la allontanò di poco, si piegò su divano e infilò le mani fra i cuscini.

Con un colpo di braccia ben assestato tirò verso di se, arretrando, permettendo al materasso di spiegarsi davanti a loro.

Kate sorrise maliziosa “non scherzavi quando dicevi che ti piace stare comodo..” avvicinandosi nuovamente a lui.

“Visto che si può, non vedo perché non approfittarne” concluse la frase a fior di labbra, depositandovi un bacio.

Le raccolse le gambe passandole il braccio dietro le ginocchia, la prese in braccio e la depositò sul letto.

Con infinita dolcezza le accarezzò i capelli, scendendo sul viso, disegnando con l’indice il contorno del naso per poi finire sulla bocca. Non aveva mai staccato gli occhi dai suoi. Era certo che lei lo volesse, ma aveva sempre quella paura che lei potesse scappare da un momento all’altro, che la sua maledetta razionalità sbucasse fuori e ripensasse a ciò che stavano per fare.

Ma Kate aveva dimostrato ampiamente che non voleva essere in nessun altro posto se non lì, con lui, ad accarezzarsi, baciarsi e fare l’amore. Baciò il suo indice, facendo aderire le sue labbra.

Richard la fissava ancora. Lui non aveva fretta, voleva godersi il momento appieno, perché finalmente poteva essere libero di amare la sua musa.

Con la mano continuò ad accarezzarle lentamente il collo, scendendo sulla clavicola.

E poi non resistette. Avvicinò la sua bocca ad essa, lasciando una lunga scia di baci infuocati lungo il collo.

Kate aspettava una sua mossa.

Gli aveva accarezzato le braccia e il petto, ma voleva che fosse lui a fare la prima mossa. Quando sentì le sue calde labbra lungo la sua clavicola, non capì più nulla.

Gli afferrò il viso e lo costrinse a guardarla, e finalmente unirono di nuovo le loro bocche.

Rick ruotò un po’ di più ritrovandosi completamente sdraiato su di lei, reggendosi con le mani, per paura di farle male.

Le loro lingue erano fuse insieme, e in quella stanza si udivano solo i loro respiri profondi uniti a lunghi e prolungati gemiti.

Rick scese con la mano, sfiorandole nuovamente il petto. Voleva liberarla di quell’inutile pezzo di stoffa che intralciava la vista su quel corpo perfetto.

Infilò una mano dietro la schiena per poterlo sganciare, ma con sua sorpresa, il gancio non c’era.

Rimase un attimo perplesso e allo stesso tempo confuso. Kate invece capì subito, e portandosi un dito sul labbro, maliziosamente esclamò “La chiusura… è sul davanti…”

Rick sbattè le palpebre incredulo, ma ancora non muoveva un muscolo. Così Kate, con una voce estremamente sexy, che mai lui aveva potuto udire, gli disse: “Guarda..”

Portò entrambe le mani sull’incavo del seno, proprio dove stava la chiusura e con una lentezza infinita sganciò il gancetto.

Rimase ammaliato da quella visione, ma si riprese subito in modo da non dover far attendere oltre la sua musa.

Allontanando da lei il reggiseno, iniziò la sua lenta tortura. Con una mano le sfiorò uno dei seni, iniziando a massaggiarlo con cura, stuzzicandolo il tanto che bastava per farla sospirare di piacere. Invece sull’altro seno concentrò la sua bocca, assaporandolo, eccitandola come non mai. Si bloccò in quel punto per interminabili secondi, prolungando l’attesa.

Si spostò poi sullo stomaco, mentre con la mano scendeva sul suo ventre piatto, per poi fermarsi quando arrivò al bordo degli slip di cotone.

Avrebbe voluto sfilarglieli e farla gemere di piacere, ma come gli aveva ricordato poco prima, era lei a guidare.

In un rapido gesto, Kate, cambiò le posizioni, ritrovandosi sopra.

Si inchinò su di lui per baciarlo e Rick avvertì il calore e l’eccitazione del suo seno contro il suo petto.

Rick la teneva forte a se, non la lasciava andare, stringendola per la schiena, sentendole la pelle liscia sotto le sue mani.

Le sfiorò i glutei, ma l’obiettivo delle sue grandi mani erano le sue cosce vellutate, che attendevano solo di essere toccare e accarezzate da lui.

Kate muoveva il suo bacino contro il suo avvertendo la chiara eccitazione maschile farsi sempre più presente, contro di lei, tanto che non riuscì proprio a nascondere un gemito di frustrazione per tutta quella lunga attesa.

Attesa dei preliminari. Attesa repressa in questi 4 lunghi anni.

Attesa di non aver saputo aprire le braccia all’amore molto tempo prima, e aver sprecato tempo prezioso.

Ma ora non aveva nessuna intenzione di perdere altro tempo con lui.

Era lui l’uomo giusto.

Era lui che c’era sempre.

Era lui che l’amava davvero per quello che è. Sempre.

Gliel’aveva detto svariate volte.

E ora erano lì, beandosi di un piacere che solo le persone davvero fortunate riuscivano a capire, la completa fusione, non solo fisica ma anche di anime.

Perché lui ci credeva. Se lo ricordava bene, lui credeva negli unicorni e nei doppi arcobaleni, ma soprattutto nelle anime gemelle.

Sempre guardandosi negli occhi, si tolsero reciprocamente gli ultimi indumenti intimi.

Rick si tirò su a sedere e la prese in braccio.

Fece un respiro profondo.

“Ne sei davvero sicura, Kate?”

Lei gli si avvicinò e premette nuovamente le sue labbra sulle sue.

“Se non fossi stata sicura, sarei scappata via subito. Sono sicura, Rick.” disse, ma poi abbassando il tono di voce continuò “Sono sicura, perché ho sognato questo momento così tante volte”

Felice come non mai di sentire che anche la sua musa attendeva da tempo che accadesse, la baciò di nuovo, con passione, con amore. Era davvero innamorato di lei e quei tre mesi di lontananza non avevano fatto altro che incrementare i suoi sentimenti.

Kate si sedette a cavalcioni su di lui, e Rick lentamente la penetrò, cercando di non farle male.

Quando fu completamente dentro di lei, entrambi emisero un gemito di piacere, ma lui notò che in quel suono oltre al piacere Kate nascondeva anche un po’ di dolore.

Il panico s’impossessò di lui, aveva troppa paura di farle male e non voleva che lei soffrisse a causa sua.

“T-ti ho fatto male?”

“….no.”

“Ma…se ti faccio male dimmelo e io…” ma Kate lo bloccò.

“Rick… sta zitto!” disse sorridendo maliziosamente, iniziando a muovere il bacino contro di lui in segno che ormai era pronta.

Iniziarono quella che era una danza antica come il mondo, baciandosi e muovendosi insieme, simultaneamente, come se i due corpi fossero stati fatti per incastrarsi alla perfezione come due pezzi dello stesso puzzle.

Rick la strinse a se, e la fece sdraiare sul materasso, ancora preoccupato che quella posizione potesse arrecarle dolore.

Continuava a sfiorarle ogni centimetro del suo corpo, avido di averla tutta per se. Era sua.

Le spinte si fecero più veloci, incitate da lei, che non avvertiva ormai nessun dolore. Solo passione, calore e amore.

Gli allacciò le gambe dietro il bacino, avvicinandolo maggiormente e facendo aderire il petto sudato e ansante contro il suo.

I gemiti da prima soffocati si stavano trasformando in urla di piacere che nessuno dei due poteva nascondere.

Quando le unghie di Kate scavarono la sua pelle sulla sua schiena, lui capì che era molto vicina al piacere supremo, e alcune spinte dopo entrambi raggiunsero l’apice, di quello che era un piacere che mai con nessun altro avevano provato.

Le urla e il fiatone si spensero un po’ più tardi del previsto. I loro corpi sudati aderivano l’uno all’altro, come se non volessero staccarsi.

Kate tremava ancora per le forti emozioni appena provate, e Rick, staccatosi da lei, la strinse in un abbraccio, facendole posare la sua testa sul suo petto.

E lì Kate sentì il cuore di lui, battere per lei, e lei soltanto.

Si coprirono maldestramente e rimasero lì, abbracciati, con le gambe intrecciate, poco importava se la Gates avrebbe urlato contro Beckett.

In quel momento esistevano loro due. Rick e Kate.

 

 

Angolo dell’autrice:

Mariiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii grazie mille per avermi gentilmente arrossato il capitolo!!!

Fatele tutte un bell’appaluso!!!

CLAP CLAP

Ahahahaha e detto questo sotto con i commenti!

Sbaglio o questo chapter lo aspettavate da tanto?? xD

 

Un bacione grosso a tutte!!!!

 

Ivi87

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Capitolo 9
*** Sono felice, se tu sei felice ***


#  Sono felice, se tu sei felice

 

 

“L’avevo detto io che questo divano era speciale!” sussurrò Rick mentre la guardava rivestirsi.

“Come?” domandò Kate cercando le scarpe.

Rick scosse la testa come a dire che non era niente di importante. Se ne stava ancora beatamente sdraiato a contemplarla quando sorrise nel vederla tutta arruffata mentre cercava i suoi vestiti.

“Avevi detto che non saresti scappata via dopo aver fatto l’amore!” protestò Rick afferrandole le gambe e costringendola a gattonare sul materasso.

“Ho detto che non sarei scappata via dopo aver fatto l’amore, non ho mai detto che non sarei scappata via dopo averlo fatto due volte!!” lo baciò veloce e si divincolò verso la camicetta ai piedi del letto.

“Fregato da un cavillo!”

Rick si alzò e raccolse il golfino “Non dimenticare questo”

Kate lo afferrò, infilandoselo velocemente. Una volta abbottonato copriva interamente la macchia di caffè.

“Si può essere grati ad un golfino?” domandò grattandosi una tempia.

Kate rise, mentre recuperava anche cappotto e sciarpa. “Che ore sono?” chiese poi

“Le tre appena passate” rispose Rick porgendole l’orologio di suo padre.

“La Gates mi ucciderà!” commentò allacciandoselo al polso.

“Ryan e Esposito dicono che è soprannominata Iron Gates, è vero?” chiese divertito nel vedere l’integerrima detective Beckett in evidente difficoltà e, soprattutto, intimidita da qualcuno.

“Mai soprannome fu più azzeccato!” disse andando verso le scale.

Quando notò che Rick non la seguiva e non si era nemmeno rivestito chiese “Resti qui?”

“Si, io stavo venendo qui in ogni caso a scrivere un po’ e...” sospirò guardano il divano letto completamente disfatto “...ora come ora sono parecchio ispirato!”

Kate alzò un sopracciglio stizzita, ma quando guardò anche lei quel groviglio di lenzuola un sorriso le sfuggì.

“Però ti accompagno alla porta” disse con fare galante, inchinandosi.

Salirono le scale e raggiunsero la porta a vetri.

“Ti conviene nasconderti, sei solo in boxer, spaventerai i clienti” disse scherzando, un po’ imbarazzata e un po’ dispiaciuta per doversene andare.

“Oppure accorreranno a centinaia..” disse beffardo, con uno splendido sorriso malizioso.

Beckett lo guardò minacciosa e stava per replicare quando si ritrovò incollata alla porta, coinvolta in un bacio caldo e possessivo.

Pochi secondi e Rick la lasciò libera ma Kate non si mosse di un centimetro.

Lo fissava incantata. Non poteva crederci, ma era successo realmente.

Mille pensieri le affollavano la testa.

Doveva scappare e anche di corsa. Ma voleva restare, chiusa in quel bar, per tutta la vita.

Strizzò gli occhi cercando di riprendersi.

“Ci...ci vediamo stasera?” balbettò e incespicò.

Per più di un’ora era stata passionale, sensuale e intraprendente e ora balbettava come una ragazzina alla prima cotta.

“Mi stai invitando a cena, detective?” domandò divertito, non che lui stesse meglio, ma almeno, a quanto pare, riusciva a parlare.

“Io..ehm.. credo di sì.. cioè si, SI, ti sto invitando a cena!” riuscì a dire con più convinzione poi.

Era troppo tenera. Le diede un bacio.

“Alle venti va bene?” chiese a fior di labbra.

“Alle venti è perfetto!” rispose regalandogli un meraviglioso sorriso.

 

 

Il campanello dell’ascensore le annunciò l’arrivo al quarto piano del distretto.

Raggiunse la sua scrivania rapidamente cercando di non dare nell’occhio.

Il tempo di levarsi cappotto e sciarpa e fu subito inondata dalle domande, alternate, dei suoi due colleghi detective.

“Beckett ma si può sapere dove diamine sei stata?”

“La Gates ha un diavolo per capello!”

“Che t’è preso?!”

“Ti è successo qualcosa?”

“Stai bene?”

“Ma quello? Non ce l’avevi il golfino nero stamattina…”

A Kate venne un colpo nel sentire quell’ultima considerazione di Ryan.

Rispose mascherando l’imbarazzo. “Cos’è questo terzo grado?!” fissandoli seria “Sono stata..trattenuta..” il che, in un certo senso, era vero… “ora vado dalla Gates e glielo spiego..” proseguì deglutendo con forza.

“Auguri..” le dissero in coro Ryan e Esposito.

Bussò energicamente alla porta del capitano ed entrò a testa alta.

Decise di prendere la situazione di petto. Lei non aveva niente da nascondere!

O meglio, aveva mezzo pomeriggio di sesso da nascondere, ma non poteva di certo capirlo solo guardandola in faccia no? I contrattempi accadono tutti i giorni, uno non se li aspetta, ma accadono, la Gates avrebbe dovuto farsene una ragione! E poi… si era persa una riunione, che sarà mai?

Lo sguardo del Capitano Victoria Gates passò dal fascicolo che stava leggendo alla detective in piedi di fronte a lei. Bastò una sua occhiata per sciogliere tutta quella sicurezza che cercava di dimostrare.

“Detective Beckett, mi onora della sua presenza finalmente” disse beffarda, ma senza il minimo segno di sorriso sul suo volto.

“Signore, le chiedo scusa per il ritardo ma ho avuto un contrattempo” spiegò Kate fingendo disinvoltura.

“E che tipo di contrattempo, sentiamo?” domandò il capitano.

Kate non se l’aspetta. Non credeva volesse i dettagli.

“E’ una situazione.. personale, signore…” disse titubante.

“Che intende? Problemi in famiglia?” chiese sempre seria.

E Kate si sentì orribile, ma in quel momento la vide come unica soluzione “Si, si..ecco… mio padre, non è stato molto bene e…” la Gates la bloccò immediatamente.

“Beckett, non mi interessano le condizioni di salute dei suoi famigliari! Il punto è che doveva avvisare! Perché non ha risposto alle chiamate?” tuonò all’improvviso.

Mentre correva al distretto le aveva viste tutte e dieci le chiamate. Ma ormai rispondere non sarebbe servito a nulla.

“Credo che il mio telefono abbia dei problemi..” mentì ancora “..a volte l’audio non funziona..”

La Gates si passò le mani in volto, sconvolta, come se avesse a che fare con una bambina di cinque anni.

Beckett non resistette più. Lei non piagnucolava così per una stupida riunione mancata!

Prese il toro per le corda “Signore, mi dispiace, mi sono lasciata prendere dalla situazione e ho perso la cognizione del tempo, non accadrà mai più” disse con più sicurezza questa volta.

Forse perché non aveva mentito, solo che la Gates non sapeva di quale situazione stesse parlando. 

“Lo spero per lei Beckett, c’è sempre bisogno di ausiliari del traffico a New York…” le disse minacciosa, prima di congedarla.

Quando uscì non potè evitare di tirare un lungo sospiro, seguito poi da una lieve risatina.

Se era il prezzo da pagare per stare con l’uomo che amava, si sarebbe fatta sgridare tutti i giorni. Sorrise radiosa passando una mano sul golfino. Alzò gli occhi e vide Ryan e Esposito che la fissavano straniti e increduli. Si ricompose in un attimo e si sedette alla scrivania a compilare rapporti. 

 

 

Richard Castle non si era mai sentito meglio in vita sua.

Aveva un sorriso enorme dipinto in volto da almeno un paio d’ore e, di questo passo, la paralisi facciale era ormai assicurata.

Scrisse per il resto del pomeriggio, poi cancellò tutto. Poi ricominciò da capo e scrisse la scena di sesso tra Nikki e Rook più bollente e romantica che fosse mai stata scritta.

Due ore dopo era esausto. Rise tra se pensando ...overdose da ispirazione...

La sua Musa già di per sè lo ispirava tutti i giorni, ma ora, questo nuovo lato di lei, di loro…

La situazione si era ribaltata, capovolta, migliorata. Ok basta aggettivi.

Smise di arrovellarsi il cervello, spense tutto e chiuse l’Old Haunt diretto verso casa.

“Famiglia, sono a casa!” disse a voce alta dall’ingresso.

Alexis fece segno di abbassare la voce indicando il telefono che reggeva all’orecchio.

“E’ al telefono con Ashley da un’ora” spiegò Martha dalla cucina.

“Ohhh che carini, che dolci che sono!” commentò Rick, osservando la figlia.

Martha posò il bicchiere d’acqua sorpresa “Sei di buon umore Richard!” constatò.

“Madre, sono di ottimo umore, favoloso, magnifico umore!!” dichiarò aprendo il frigorifero e rubando un acino d’uva.

“Ti credo sulla parola, figliolo..e come mai? E’ successo qualcosa di importante?” provò a chiedere la donna con noncuranza, fingendo poco interesse.

Rick si voltò di spalle guardando fuori dalla finestra “Sbaglio o oggi il cielo è più blu?”

Martha capì che voleva solo eludere la sua domanda “Richard…”

L’uomo l’abbracciò forte sollevandola un po’ da terra “Sono l’uomo più felice del mondo in questo momento!” quando la rimise a terra, Martha guardò bene in volto suo figlio.

C’era solo una persona che poteva portarlo dalle stelle alle stalle, e viceversa, a quel modo.

“Non avrai per caso incontrato Kate?” domandò sorridendo.

Rick fu preso alla sprovvista. Non se l’aspettava, ma sapeva che la madre lo conosceva fin troppo bene.

“Non confermo ne smentisco..” rispose infine, con un mezzo sorriso che lasciava capire tutto. 

In quell’istante Alexis chiuse la telefonata con il fidanzato e raggiunse padre e nonna in cucina.

“Cosa succede?”

Rick la stritolò in un abbraccio “Oh, tesoro mio, non ti sembra più blu il cielo, oggi?”

Alexis rise tra le braccia del padre “Noto che sei felice, papà!”

“Molto, ma non sono sicuro se quello che rende felice me, renderà felice anche te..” ammise serio, sciogliendo di poco l’abbraccio.

“Io sono felice, se tu sei felice” rispose sua figlia guardandolo negli occhi.

Rick si sentì un po’ più sollevato “Stasera non resto per cena ma che ne dici se domattina ti accompagno alle lezione di scherma e parliamo un pò?’’

“Possiamo fare anche dopo cena se vuoi, ti aspetto alzata” propose invece.

“Ehm…” Rick pensò qualche secondo a come formulare la frase “…non sono sicuro di…” distolse lo sguardo dalla figlia “…tornare a casa stanotte…”

Alexis si staccò dal padre “Ehu..che schifo..” mugugnò ridendo, dandogli un bacio sulla guancia e correndo in camera sua. Dalle scale si sentì un “Ci vediamo domattina!” urlato, prima di chiudere la porta della sua stanza.

Rick ridacchiò tra sé prima di guardare la madre mettersi ai fornelli e, con fare da diva, ripetergli “Che schifo!”

“Cosa? Quello che stai per cucinare?” ribattè veloce, lasciandola di stucco. 

 

 

Erano le venti e da un momento all’altro Castle avrebbe suonato il campanello.

Kate si era cambiata tre volte dopo aver fatto la doccia.

Non sapeva che mettersi o cosa aspettarsi da quella serata.

In effetti ora cos’erano? Erano solo stati a letto insieme o era l’inizio di una storia?

Le si attorcigliò lo stomaco per i troppi pensieri. Decise di vestirsi casual ma con un pizzico di eleganza che non guasta mai.

E il tacco 10 fa sempre la sua degna figura.

Preparò una semplice pasta al sugo, ricetta italiana, che sapeva gli sarebbe piaciuta.

Mentre si torturava le mani nell’attesa, il campanello suonò.

Fece un bel respiro e con passo lento e misurato andò alla porta.

La calma era la virtù dei forti no?

Quando si ritrovò gli occhi azzurri di Rick davanti a sé, quella calma ostentata vacillò lasciandola in balia delle proprie emozioni.

Rick le sorrise spostando l’attenzione sull’enorme mazzo di rose rosse che le aveva portato.

Kate le prese incantata da quel rosso splendente e si spostò per farlo entrare.

Erano entrambi in evidente imbarazzo e Rick decise di provare a rompere il ghiaccio.

“Spero che ti piacciano, non so se sono proprio adatte alla nostra situazione. In effetti non credo che ci sia un fiore adatto alla nostra situazione, ma le rose rosse sono simbolo di amore e passione e noi oggi..insomma..è meglio se sto zitto vero?” le chiese infine esausto per quello sproloquio.

“Si, è meglio” rispose Kate ridendo, intenerita da quella goffaggine.

Sistemò le rose in bella mostra sul tavolino basso in salotto e poi tornò in cucina.

Ci voleva qualcosa che aiutasse a rilassare entrambi.

“Vino?” domandò lei estraendo due bicchieri dalla credenza.

Ne bevvero un sorso cercando di darsi un contegno e fingendosi a loro agio.

Poi i loro sguardi si incrociarono e contemporaneamente scoppiarono a ridere.

Entrambi svuotarono i loro bicchieri in un sol colpo, ammettendo così l’un l’altro di essere totalmente agitati.

Rick allungò un braccio verso di lei “Vieni qui” disse improvvisamente più serio.

Lei si lasciò attirare tra le sue forti braccia, poggiando il viso sulla sua spalla e cingendogli la schiena.

L’uomo respirava forte il profumo di ciliegia dai suoi capelli e lentamente cominciò a dondolare in una specie di dolce danza che li cullò per alcuni minuti.

Bastò quell’abbraccio per spazzare via tutta la tensione e l’insicurezza.

Cenarono più sollevati, le mani intrecciate sul tavolo. La bottiglia di vino ormai vuota.

Rick si complimentò per l’ottima cucina di Kate e la aiutò a sparecchiare.

Avevano parlato di molte cose, di quello che avevano fatto in quei mesi di separazione e di cosa era successo con Josh.

...Mi piaceva davvero tanto. Ma non era abbastanza… aveva detto lei. Senza contare il fatto che nell’ultimo periodo era ossessionato all’idea che lei frequentasse Castle anche fuori dal lavoro.

Poi l’atmosfera si era alleggerita un po’, raccontandogli di Lanie e Jenny traumatizzate dalla sua moto, e della Gates e di quanto tutti al distretto la temessero.

Si spostarono sul divano.

“Che scusa hai usato per questo pomeriggio?” le chiese avvolgendole un braccio attorno alle spalle.

Kate si coprì il volto con le mani in imbarazzo al ricordo “E’ stato terribile, a momenti voleva i dettagli! Io speravo di cavarmela con un ‘mi scusi ho avuto un contrattempo’ e invece mi ha tempestata di domande…” disse colorandosi un po’ di rosso.

Rick rise immaginandosi la scena “E i ragazzi?” chiese poi.

“Idem, mi hanno fatto il terzo grado! E poi Ryan se ne esce con ‘e quel golfino? Stamattina non l’avevi’ mi è quasi venuto un colpo!”

Rick le spostò una ciocca di capelli, ammaliato da quella Kate così spontanea e naturale.

E adorava la sua capacità di arrossire in ogni momento.

Le diede un lieve bacio che lei ricambiò, trasformandolo in un bacio più profondo e sensuale.

“Scusami” sussurrò Kate quando ripresero fiato.

“Per cosa?” domandò stupito Rick.

“Per quel messaggio che ti ho lasciato mesi fa”

“Non fa niente, credo ci abbia fatto bene invece”

Già, forse sarebbero i soliti Castle e Beckett senza quel messaggio.

Un’altro bacio li unì ma stavolta fu Rick a parlare dopo essersi allontanato e guardandola bene come se avesse i raggi x al posto degli occhi.

“Ora non hai più scuse detective, me la devi fare vedere!”

Kate arrossì nuovamente e Rick si affrettò a precisare “una tua foto sulla Harley, intendo! Katherine Beckett non l’avrei mai detto…”

“Era un doppio senso piuttosto evidente!” tentò di giustificarsi lei, alzandosi e frugando in qualche cassetto.

“Sei tu che sei troppo maliziosa!”

Lo raggiunse sul divano con un album di fotografie in mano “Tra noi due la maliziosa sarei io, eh?” gli disse con una delle occhiatacce di sempre che tanto gli erano mancate.

Sfogliò qualche pagina ben attenta a non mostrare allo scrittore troppe foto e ne estrasse una di quando aveva 16 anni, a cavallo del suo gioiellino.

Quando gliela porse Rick restò incantato. Era bellissima già da adolescente e i tratti del viso erano pressoché gli stessi. Era la sua musa da bambina, allegra e spensierata.

Ancora non sapeva quanto la vita sarebbe stata dura per lei.

“Non ne ho una recente, non l’ho più usata molto..dopo…” e Rick sapeva benissimo che quel dopo era riferito all’omicidio della madre.

Tese la mano per riavere lo fotografia ma Rick si alzò di scatto ancora con gli occhi puntati sulla Kate ragazzina “Aspetta un secondo..”

Impossibile, non poteva essersene accorto. Aveva scelto quella foto proprio perché scattata in una giornata ventosa e i capelli le coprivano un po’ il volto.

Rick posava lo sguardo ad intermittenza prima sulla foto e poi sulla donna, ormai da qualche secondo.

“Ok, ora ridammela!” disse lei nervosa, raggiungendolo.

Rick scappò di lato, arrivando in cucina con la foto ancora ben stretta tra le mani.

“Oh mio Dio, Kate!!” urlò lui una volta capito tutto

“Ti assicuro che non è come sembra” cercò di mitigare Kate.

“Ti sei rifatta il naso!”

“Allora si, è come sembra…” ammise sconfitta.

Rick smise di correre e le lasciò prendere la foto. L’abbracciò e con l’indice tracciò il contorno di quel bel nasino.

Lei sapeva bene che ora lui avrebbe voluto sentire il racconto della Katie nella foto e così lo accontentò “A quel tempo ero così insicura sul mio aspetto e mi ero fissata di avere un naso orrendo. Lo odiavo e non lo sopportavo. Così quando cominciai a lavorare per comprarmi la moto in segreto mettevo da parte qualcosa anche per l’operazione.”

“Ma quanti lavori facevi?”

“Babysitter, dog sitter, ripetizioni, qualunque cosa trovassi!”

“Eri già parecchio testarda eh!?”

“Già, ad un certo punto mia madre capì che non mi davo così tanto da fare solo per la Harley”

“Cosa successe?” domandò Rick rapito da quel nuovo lato della sua musa.

Una ragazza normale e vanitosa come giusto che fosse.

“Le dissi le mie intenzioni, non lo consideravo un grosso problema. Invece mia madre la prese parecchio male. Mi disse Katie perché vuoi rovinare il bel lavoro che ho fatto? Quel nasino l’ho fatto io con tanto amore!

“E tu che le hai risposto?”

“Che era un nasone, non un nasino!”

Entrambi risero, poi Kate proseguì “Il discorso andò avanti per parecchi giorni, ovviamente tenendo all’oscuro papà. Mi avrebbe veramente chiusa in convento se l’avesse saputo.”

“Come l’hai convinta?”

“In realtà non credo di esserci mai riuscita veramente, ma capì che in un modo o nell’altro mi sarei rifatta il naso, anche di nascosto e magari da qualche macellaio incapace, così anche se non capiva pienamente la mia decisione mi accompagnò in una clinica privata”

“E tuo padre come la prese? Cosa gli avete raccontato?” domandò Rick sempre più incuriosito.

Kate scoppiò a ridere al pensiero “Mia madre gli raccontò che l’avevano chiamata con urgenza in ufficio spiegandole che durante l’ora di educazione fisica mi ero presa una pallonata in piena faccia, spaccandomi così il naso e che andava immediatamente ricostruito”

“Tuo padre ancora oggi è ignaro di tutto?” domandò divertito.

“Non saprei, non credo che l’avesse completamente bevuta. E comunque si sono sempre raccontati tutto, perciò credo che ad un certo punto gliel’abbia confessato..”

Rick l’abbracciò forte e le lasciò un dolce bacino sul naso “Sono sicuro che eri carinissima, ma questo adesso è il mio nasino!” abbassandosi poi sulle sue labbra.

Kate si abbandonò quasi come fosse il loro primo bacio anziché l’ennesimo di quella giornata.

La serata stava ormai per finire, era quasi mezzanotte e Kate pensò di mettere bene in chiaro che non intendeva dormire da sola quella notte.

Molto lentamente si staccò da lui con passo sinuoso da gatta.

“Dove vai?” chiese, infastidito da quel distacco.

“In camera da letto” rispose sempre di spalle, continuando ad ondeggiare i fianchi “Non vieni?”

 

 

 

Angolo dell’autrice:

 

ed ecco un capitolo tutto caskettoso dopo che sono stati separati così tanto!

Però gente preparatevi che dal prossimo capitolo il signore oscuro comincia a fare capolino xD

 

Un bacione e tutte!! xD

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Capitolo 10
*** Mi fido di te ***


# Mi fido di te

 

 

Le prime luci dell’alba li sorpresero a letto mentre chiacchieravano teneramente.

Rick, sdraiato a pancia in giù si godeva le coccole di Kate che, girata su un fianco gli accarezzava i capelli corti.

“Te lo giuro Rick, la Gates non ti sopporta!” ridacchiò Kate.

“Ma se non mi ha mai visto? Non ha senso!” protestò lui.

“Evidentemente la tua fama ti precede”

“E non è totalmente affascinata da me?” lanciandole un sorriso sbruffone che la fece ridere.

“Affascinata non è il termine che userei..”

“E quale termine useresti?”

Finse di pensarci un po’ su “Ti odia Rick, palesemente!” disse poi.

“Cosa? No, è impossibile”

“Il primo giorno di lavoro dopo la mia convalescenza mi convoca nel suo ufficio e senza tanti preamboli mi domanda …Allora? Dov’è questo scrittore dilettante che gioca a fare il poliziotto di cui ho tanto sentito parlare? Avrei giusto un paio di cose da dirgli…

“Kate, sono nudo! Ti sembra il momento di prendermi in giro?” disse allegro, credendolo uno scherzo.

“Giuro che ha detto così, parola per parola”

“Dilettante? Ha veramente detto dilettante?” alzò la testa dal cuscino per poi lasciarla ricadere pesantemente.

“Oh, si. La richiesta di Alexis di non seguire più i casi ti ha salvato dall’essere mangiato vivo, credimi…”

“E’ solo che non mi conosce..” insistette lui.

Kate scosse la testa divertita.

“Io piaccio a tutti!”

“Non alla Gates, a quanto pare” lo schernì.

“Forse se le mandassi dei fiori…”

“No! No…lascia stare…” lo bloccò immediatamente lei.

“Su, non fare la gelosa”

“Cosa? Non era quello che intendevo..” ma Rick non la lasciò finire rubandole un bacio e rotolando sopra di lei.

 

 

Fresco di doccia Castle scese velocemente le scale di casa sua.

Era ancora su di giri nonostante le pochissime ore di sonno ed era affamato.

In cucina trovò Alexis e Martha ancora in pigiama e in vestaglia.

“Cosa ci fate ancora mezze addormentate? Il mattino ha l’oro in bocca!”

Alexis lo guardò stupita bloccando a mezz’aria il biscotto che stava addentando.

“Non lo mangi?” il padre veloce glielo rubò, infilandoselo in bocca, sorridente.

“Ma come siamo pimpanti, caro! Hai passato una bella nottata?” domandò Martha.

L’entusiasmo di Rick si spense di colpo “Madre! Non sono cose da chiedere queste!” rispose con fare offeso “Comunque sì, ho passato una splendida nottata!” aggiunse poi con aria sognante, prendendo un altro biscotto.

La donna rise, non aspettandosi quel commento.

“Papà, non traumatizzarmi di prima mattina!” gli disse Alexis, rubandogli a sua volta il biscotto dalle dita. 

La ragazzina se ne andò in camera a vestirsi e a preparare la borsa per la scherma.

Dopo un primo sorso di caffè, il silenzio piombò nella stanza.

Alzò gli occhi dalla tazza e trovò quelli della madre, indagatori.

Si sentì improvvisamente un adolescente colto in fallo.

“Cosa avete intenzione di fare?” domandò la donna con un sopracciglio malizioso alzato.

“C-chi?” rispose Castle fingendo indifferenza.

“Sai benissimo che sto parlando di te e di Kate!”

Rick finì il caffè restante e posò un bacio sulla fronte della madre “Devo parlarne con Alexis prima, poi ti racconto tutto. Promesso!” e si allontanò, anche lui come la figlia per andare in camera sua.

“Sarà meglio per te, si deve fare in fretta a cercare la chiesa e il ristorante…”

La saliva gli andò di traverso mentre saliva i gradini.

 

 

Per raggiungere la scuola di scherma decisero di attraversare Central Park.

Dicembre era iniziato da poco ma la prima neve dell’anno non si era ancora decisa a scendere.

Le passeggiate erano ancora piacevoli e Central Park regalava sempre nuovi colori e nuove emozioni.

Padre e figlia camminavano fianco a fianco in silenzio.

Rick si rigirava tra le mani la tracolla della sacca di Alexis, incerto su come iniziare il discorso.

“C’è una cosa molto importante di cui ti vorrei parlare”

“Qualunque cosa sia, ti ricordi cosa ti ho detto ieri sera?”

Castle ci pensò per qualche secondo, poi ricordò.

“Sono felice se tu sei felice” ripetè Alexis “Sei felice, papà?”

“Molto” riuscì solo a dire.

“Ed è per via di Kate?” chiese sua figlia con sguardo divertito.

“E’ così evidente o te l’ha suggerito la nonna?”

“C’è solo una persona che riesce a farti cambiare umore così repentinamente, a parte me” spiegò lei.

Castle annuì, abbassando lo sguardo.

Sua figlia ormai era grande e innamorata. Era una donna che presto se ne sarebbe andata a raggiungere il suo ragazzo a Standford. Certi discorsi ora non erano più così imbarazzanti anche se una parte di lui avrebbe continuato a vederla come la sua piccola carotina.

“E a te sta bene?” domandò poi cauto.

Alexis si fermò stupita “Mi stai chiedendo il permesso di stare con Kate, papà?”

“No, io.. non lo so a dire il vero, voglio solo sapere cosa ne pensi…”

Non si era mai sentito così vulnerabile in vita sua. Una parola di sua figlia avrebbe potuto distruggere tutto.

“Non me l’avevi mai chiesto…” esclamò lei basita. Poi si ricordò della lunga chiacchierata che avevano avuto prima del matrimonio con Gina “…non così direttamente almeno”

“Non avevo mai trovato nessuna importante quanto te, prima d’ora” ammise, stringendole la mano.

Si guardarono negli occhi per qualche istante.

“Non potrei mai impedirti di stare con qualcuna, soprattutto con Kate.” disse proseguendo a camminare.

Un sorriso spuntò sul volto di Castle. La raggiunse e proseguirono nuovamente fianco a fianco.

“Ma grazie per avermelo chiesto. È importante per me”

Castle le circondò le spalle “È importante anche per me, tesoro. Tu sei importante per me” le disse lasciandole un leggero bacio sui capelli.

Alexis sorrise tra le braccia del padre, stringendosi più a lui.

Era grande ormai, ma in certi momenti le piaceva ancora sentirsi bambina, protetta in quell’abbraccio.

Mancava poco per arrivare a lezione e c’era ancora una cosa che Alexis doveva sapere.

“Su, raccontami tutto, come vi siete incontrati? Cos’è successo? E ti prego, tralascia tutto ciò che una figlia non dovrebbe mai sapere su suo padre..” concluse ridendo.

Castle si unì alla risata e iniziò il racconto. 

 

 

Per la seconda volta in quella mattinata, rientrò in casa con il sorriso sulle labbra.

Vide Martha in soggiorno infilarsi i guanti azzurri, da abbinare al cappotto del medesimo colore, appeso all’ingresso.

“Deduco che la chiacchierata con Alexis è andata bene” constatò lei, solo guardandolo in volto.

“Non so come o perché, ma ho la figlia migliore del mondo!” rispose tutto fiero e orgoglioso.

“Ora finalmente potrò sapere anche io cosa è successo o devo chiamare direttamente Kate?”

Il campanello suonò prima che lui ebbe modo di rispondere.

“Madre lascia perdere le bomboniere, per carità, vuoi farla scappare a gambe levate?” disse ridendo mentre apriva la porta.

“Ma quanto avete intenzione di aspettare figli miei, altri quattro anni?”

La voce dell’attrice raggiunse Castle e il signore in giacca e cravatta che attendeva di essere ricevuto.

“La scusi, mia madre ha una voce terribilmente squillante quando tocca certi argomenti..” prese parola Castle “La posso aiutare?” domandò allo sconosciuto.

L’uomo porse la mano “Piacere Sig. Castle, mi chiamo Steve Forbes dello studio notarile Forbes&Gilbert”

Castle afferrò la sua mano e lo invitò ad entrare, conducendolo nel suo studio.

“Non le nascondo che sono sorpreso, Sig. Forbes” ammise lo scrittore. Non era certo una visita di tutti i giorni.

“Non si preoccupi, sarò breve” disse l’uomo poggiando la sua ventiquattrore su di un angolo libero della scrivania e facendo scattare le due chiusure meccaniche.

Ne estrasse una busta bianca rettangolare non affrancata e una plico beige più grande.

“Ho ricevuto istruzioni dettagliate da un nostro cliente, Sig. Castle. Le dovevo consegnare questi documenti a novanta giorni esatti dalla sua morte.”

“Che sarebbe oggi immagino” dedusse Castle.

“Esattamente” il Sig. Forbes glieli porse e poi richiuse la valigetta.

Castle li prese con mani tremanti. C’era solo una persona che poteva avergli mandato quei documenti e che era morta tre mesi prima.

“Roy Montgomery le ha dato queste istruzioni?” chiese incredulo.

“Il Sig. Montgomery è nostro cliente da svariati anni. Il nostro studio custodisce queste carte per lui da molto tempo. Circa una settimana prima della sua morte ci diede istruzioni di consegnare a lei e lei soltanto questo plico. Ma solo dopo un tempo minimo di tre mesi dalla sua morte. Disse che doveva aspettare che le acque si fossero calmate.”

Castle vide l’uomo un po’ scosso, ma lo lasciò proseguire.

“Sembrava sapesse che gli restava poco tempo ormai. Aggiunse al plico quella busta bianca che le ho dato e non disse altro se non che dovevo consegnarglieli a mano e di persona.”

Castle restò in silenzio, elaborando le parole del Sig. Forbes.

“Non c’è altro che può dirmi?” domandò speranzoso.

“Mi dispiace, non le so dire altro. Temo che dovrà scoprirlo da solo” disse abbassando lo sguardo su quei documenti.

Ringraziò l’uomo e lo accompagnò alla porta.

Martha vide il figlio preoccupato. Non c’era più il sorriso di prima sul suo volto.

“Richard, cosa voleva quell’uomo?”

Sua madre non sapeva nulla del coinvolgimento del Capitano Montgomery nell’omicidio di Johanna Beckett. Nessun’altro oltre a lui, Kate, Ryan e Esposito lo sapevano.

E di certo non aveva intenzione di tradire quel patto suggellato poco prima di andare al funerale di Roy. Ne tantomeno intendeva mettere in pericolo Martha.

Meno persone sapevano meglio era.

“Oh, nulla, scartoffie legali…” disse fingendo meglio che poteva.

“Non mi sembrava il nostro avvocato quello”

“E’ un nuovo acquisto, ma tu stavi uscendo giusto? Io mi rintano nel mio studio a scrivere un po’, sai ora che le cose tra me e Kate vanno alla grande sono sempre ispirato!” mentì parlando velocemente.

“Si…esco…” disse poco convinta “… a più tardi”

Castle si chiuse veramente nel suo studio ma non certo per scrivere.

Per qualche minuto fissò quelle buste indeciso sul da farsi.

Una vocina nella testa gli diceva che doveva chiamare Kate e renderla partecipe.

Ma un’altra, altrettanto insistente gli ricordò di come reagisce Kate quando si tratta del caso di sua madre.

Qualunque cosa fosse contenuta in quelle buste, Montgomery l’aveva mandata a lui.

Non a Kate, non a sua moglie, non al distretto, ma a lui.

Fece un respiro profondo e decise di onorare il volere dell’uomo.

Aprì la piccola busta bianca. Era una lettera scritta a mano da Montgomery stesso.

Poche righe dirette a lui.

 

Castle,

perdonami se ti mando questi documenti. Perdonami se così facendo ti metterò in pericolo.

Non avrei mai voluto che le cose andassero in questo modo ma non ho mai potuto fare nulla per fermarlo.

Ci tiene tutti in pugno. E so che leggere il suo nome sarà un duro colpo anche per te, ma devi proteggerla.

Meglio di quanto abbia mai saputo fare io.

So che la ami e che farai di tutto per tenerla al sicuro. Forse non capirà mai ma è meglio così, credimi.

Fa ciò che ritieni più giusto di questi documenti ma ti supplico di impedirle di arrivare a lui.

Ci sono cose peggiori della morte e lui le sa sfruttare tutte.

Mi fido di te Castle

 

                                                                                                           Roy Montgomery

   

Rilesse la lettera più volte, incapace di andare oltre.

Quelle poche parole erano bastate a spaventarlo a morte.

Ma era ad un passo dalla verità e non poteva fermarsi ora.

A Johanna Beckett andava resa giustizia. A Kate invece andava ridata la pace dell’anima.

La vita della donna che amava dipendeva dal nome all’interno di quella busta beige.

Si fece coraggio e la aprì.

Tabulati telefonici, depositi bancari ed estratti conto di Montgomery, Raglan e McAllister.

Ecco il contenuto della busta.

I movimenti bancari e tutte le telefonate dei tre detective che avevano commesso un terribile sbaglio quella notte di quasi venti anni fa.

E in tutti quei fogli un solo nome capeggiava in bella vista.

Il destinatario dei bonifici e delle telefonate era sempre lo stesso.

Scritto nero su bianco proprio di fronte a lui.

Per qualche secondo gli girò la testa.

Si alzò di scatto in cerca di un bicchiere d’acqua.

Non poteva essere vero, ci doveva essere di sicuro un errore.

Bevve d’un fiato e tornò veloce nello studio.

Quel nome era ancora lì.

Gli era impossibile da credere eppure tutto cominciava ad avere un senso.

Con la logica riusciva a far quadrare tutto. Con la testa tutto combaciava.

Ma con il cuore? Quello era il nome di un suo amico!

Per certi versi quasi un padre.

Aveva sempre una parola buona per lui, o una pacca sulla spalla.

Ad ogni partita di golf corrispondeva un buon consiglio.

Ad ogni serata di poker, invece, un sincero apprezzamento sul suo lavoro di scrittore.

E poi si ricordò. Era stato lui stesso a presentarlo a Kate.

Lo stomaco gli si rivoltò con prepotenza. A stento riuscì a non rimettere.

Proteggere Kate. Questa era l’unica cosa da fare ora.

Ricacciò indietro la sua delusione e ignorò la ferita bruciante che sentiva dentro.

Chiuse tutti i documenti in cassaforte e prese con sé solo la lettera di Montgomery.

Doveva assolutamente parlarne con Kate. Con calma, un passo alla volta, senza buttarle tutto addosso magari, ma doveva dirglielo.

Non poteva negarle la verità. Soprattutto non ora che stavano insieme.

Non poteva rovinare tutto, non se lo sarebbe mai perdonato.

 

 

 

Angolo dell’autrice:

ok, ragazze, bando alle ciance! Qui inizia la parte più oscura della storia.

Aspettate a fare teorie e a tirare ad indovinare presto avrete tutte le risposte...

Oppure no, vabbè provate pure! XD tanto non credo sia così difficile da capire ;D

Un bacione e grazie a tutte per le splendide recensioni *__*

Buona lettura e buona 4x09 martedì! Non sto più nella pelle!!!!

 

Ivi87

 

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Capitolo 11
*** Stand by ***


# Stand by

 

 

Guidò in ansia per tutto il tragitto.

Non sapeva come dirle dei documenti. Non sapeva come rivelarle quel nome.

Pensò di aver avuto una buona idea portando con sé solo la lettera di Montgomery.

Era sicuro che sarebbe bastate quelle poche righe a farle avere un primo crollo.

Meglio affrontare una cosa alla volta partendo dalle parole del suo ex capo.

Parcheggiò al lato della strada ed entrò nel palazzo.

Fece le scale per scaricare un po’ di nervosismo. A due a due i gradini si esaurirono alla svelta.

Di fronte a lui il quarto piano del dodicesimo distretto.

Era tutto come se lo ricordava. Non sembrava passato nemmeno un giorno.

Ryan lo vide, dalla sua scrivania. Con una mano sorreggeva la cornetta mentre con l’altra gli faceva segno di raggiungerlo.

A Castle non sembrò vero di essere di nuovo tra quelle mura.

Ryan riattaccò e gli diede una pacca amichevole sulla spalla.

“Che ci fai da queste parti, ti mancavamo Castle?” domandò sorridendogli.

“Ah, mi hai scoperto!” scherzo lo scrittore per stemperare un po’ l’agitazione che sentiva dentro “Beckett?” domandò dopo la battuta.

“Sta interrogando un sospettato con Esposito, ti serve qualcosa?”

“No, volevo solo parlarle di una questione..” rispose senza soffermarsi troppo.

Ryan parve sorpreso “Non sapevo vi parlaste…”

Castle restò in silenzio per qualche secondo. I loro amici non sapevano ancora di loro due.

D’altronde si erano rincontrati appena il giorno prima.

“Si, ci siamo incontrati ieri…per caso…” disse solamente.

Ryan lo fisso negli occhi, come se fosse un qualsiasi criminale, cercando di studiarlo.

Un sorrisetto monello però comparì sul suo volto “Sai niente de perchè Beckett era tutta felice e gioiosa stamattina?” domandò il detective.

“Ehm..” Castle sbiancò all’improvviso “..non saprei…gioiosa B-Beckett? Ma quando mai?”

Il balbettio lo tradì. Ma anche la faccia da pesce lesso.

“Sembrava rinata, tutta luminosa..” rincarò Ryan “..credo pure che stesse canticchiando!”

Castle indietreggiò sotto le pressioni dell’amico e andò a sbattere il sedere contro la scrivania di Esposito.

Stava cercando le parole giuste quando da dietro le spalle di Ryan vide proprio Beckett e Esposito avvicinarsi.

“Oh, guarda, hanno finito, grazie per la chiacchierata!” esclamò contento di averla scampata, sgusciando via.

Andò incontro ai due detective “Ciao Esposito, addio Esposito” prese Kate per un gomito e la trascinò nella piccola saletta relax. Lasciando Javier lì in piedi in mezzo al corridoio.

“Ma che diavolo…”

Ryan lo chiamò divertito dalla scena “Vieni amico che ti spiego..”

 

 

“Uhh che impeto Castle!” lo schernì Kate.

L’uomo le lasciò il braccio e si affrettò a chiudere la porta.

“Scusa, Ryan mi stava facendo un sacco di domande..”

“Già, ultimamente è diventato più sveglio..” ammise lei, ricordandosi che fu proprio lui a notare il golfino nero il giorno prima.  

“Allora che c’è di così urgente?” domandò Kate, sorridendogli.

Era vero: era luminosa. Emanava una luce quasi accecante. Era diversa.

O forse era lui che era diverso.

O, meglio ancora, forse ora erano diversi entrambi. 

Si erano uniti, si erano amati. Era tutto diverso ora ai loro occhi.

Rick aveva una dea ora dinnanzi a se.

Sembrava la felicità fatta persona. Finalmente, dopo tanto, l’aveva resa felice.

Come poteva ora dirle di quei documenti?

Perché proprio ora che stavano cominciando a scrivere la loro storia insieme?

“Io..ti devo parlare di una cosa..”

Il nome di quell’uomo transitò nella sua testa insieme a tutto quello che le avrebbe voluto dire.

E poi un’immagine. Quell’immagine terrificante.

Lei stesa a terra sanguinante. Quelle due lacrime che sgorgarono lente prima che perdesse i sensi.

No. Non poteva dirle la verità. Non poteva rivivere tutto di nuovo.

In questo caso la verità equivaleva a metterle in mano una pistola carica.

Kate sarebbe corsa da lui a farsi ammazzare. Ne era certo.

Lei non avrebbe aspettato. Non avrebbe studiato un piano. Non si sarebbe fatta aiutare.

La conosceva bene. Avrebbe compiuto la sua missione in solitaria, vendicandosi dell’assassino della madre. A costo della vita.

‘Ci sono cose peggiori della morte e lui le sa sfruttare tutte’

Si ricordò le parole nella lettera ed ebbe un tremito.

“Rick, ti senti bene?” domandò preoccupata accarezzandogli la guancia “Cosa devi dirmi?”

Si sentì un miserabile bugiardo ma non ebbe altra scelta. Doveva proteggerla.

Doveva mentire. In quei pochi secondi sperò che la scusa appena pensata fosse abbastanza ragionevole o avrebbe capito subito che le stava nascondendo qualcosa.

“Ho..” si bloccò e prese una grossa boccata d’aria. Quella bugia gli stringeva il cuore come una morsa “…ho da fare stasera…”

Kate annuì, ascoltandolo.

“Sono indietro con le scadenze e… devo scrivere parecchio…”

Kate non capiva dove fosse il problema. Abbozzò un sorriso che Rick ricambiò.

“Quello che voglio dire è che sarò parecchio impegnato in questi giorni per rimettermi in pari, ma ci tengo a farti sapere che sei importante per me e non voglio trascurarti troppo.”

“Anche tu sei importante per me” disse lei timidamente.

Rick le alzò il mento con l’indice della mano “Rallentiamo solo un pochino, così da levarmi tutti gli altri pensieri dalla testa e concentrarmi solo su di te”

“Rallentiamo. Ok, posso farlo” esclamò riprendendosi.

L’importante per lei era che lui non volesse lasciarla. E il fatto che volesse fare bene il lavoro che amava, cosa che lei più di chiunque capiva perfettamente, non faceva altro che accrescere il suo amore per lui.

In fondo lui l’aveva aspettata per quattro anni. Qualche giorno per lavorare al suo libro, non erano nulla a confronto.  

“Davvero sei d’accordo?”

“Ma certo, basta che tu scriva il migliore della saga!” rispose sorridendo comprensiva.

Rick rise e poi aggiunse “È solo un piccolo stand by, te lo prometto” le disse lasciandole un dolce bacio sulla fronte.

Kate apprezzò il gesto “Stasera però mi chiami per la buonanotte?” domandò maliziosa, ignara dei reali pensieri che affollavano la mente del suo scrittore.

 

 

Rientrato in casa si buttò a capofitto su quei documenti.

Voleva studiarli. Impararli a memoria se necessario e ideare un piano per incastrarlo.

Solo allora ne avrebbe parlato con Kate. Solo con un piano d’azione a prova di falla e impossibile da rifiutare tra le mani. Era l’unica speranza che aveva per far sì che Kate non corresse tra le braccia nemiche. Presentarle un piano che lo inchiodasse definitivamente, senza scappatoie.

Sentì bussare alla porta dello studio. Alexis fece capolino “La cena è pronta”

“Non ho fame, voi mangiate pure” disse solamente senza nemmeno alzare la testa dai fogli.

“Ti senti bene?” chiese preoccupata la figlia.

“Si scusa, sto riordinando questi appunti di Heat Broken e non mi va di interrompere… poi perdo il filo…davvero non ho fame, tesoro” rispose più benevolo questa volta.

Alexis conosceva suo padre e sapeva che quando scriveva non c’era per nessuno.

Chiuse la porta ritornando in cucina.

Fece più spazio sulla scrivania e dispose i fogli in ordine cronologico, divisi in tre colonne.

Una per ognuno dei tre detective.

Si segnò le date e ricostruì tutti i loro movimenti.

Notò delle telefonate partite da Montgomery il giorno della sua morte, probabilmente destinate a Lockwood.

Si rivide in quell’hangar davanti al Capitano.

‘Castle portala via!!’

Scosse la testa. Non era il momento di pensarci. Doveva restare lucido.

Si accorse che mancavano le telefonate e il pagamento del cecchino che aveva sparato a Kate.

Di sicuro l’ordine era partito dopo la morte di Montgomery e perciò non figurava tra quei documenti.

Probabilmente era stato quel bastardo infame in persona a dare l’ordine. 

Ricacciò anche quel pensiero. Radunò tutti i fogli e cominciò a farne delle copie, sia cartacee che digitali.

Come egli stesso una volta aveva detto: le prove di quel caso tendono a sparire facilmente.

 

 

Erano le dieci passate quando Kate uscì dal ristorante di Madison.

Vista l’assenza di Rick ne aveva approfittato per passare la serata con un’amica, vecchi aneddoti scolastici e qualche bicchiere di vino.

Felice per quelle ore in compagnia salì sul primo taxi libero che trovò.

Stava per dire all’autista il suo indirizzo quando pensò che a soli due isolati Rick stava lavorando al suo best seller. Forse gli serviva una pausa?

Controllò il cellulare. Nessuna chiamata.

Quindi era ancora sveglio. Disse ad alta voce l’indirizzo del suo ragazzo sicura che avrebbe sicuramente apprezzato un bel bacio della buonanotte anziché la sola telefonata.

Già si pregustava la sua faccia sorpresa!

Quanto le piaceva lasciarsi andare così. Lasciarsi prendere dalla voglia di vederlo senza pensare troppo al poi, al giusto o sbagliato.

Quel periodo lontani l’uno dall’altro le aveva fatto d’avvero bene. Ora sapeva cosa si provava a stare senza di lui e non voleva tornare indietro.

Il tragitto fu breve e piacevole grazie a quei pensieri. Pagò l’uomo ed entrò nel palazzo.

Guardò l’orologio. Non era eccessivamente tardi.

Sicuramente Martha era ancora sveglia a ripassare una parte o a studiare nuovi cocktail.

Fu proprio la donna infatti ad aprirle la porta.

“Kate, tesoro che sorpresa!” disse Martha felicissima “Vieni qui, fatti abbracciare!!”

Kate adorava l’elegante esuberanza di Martha.

“Salve Martha, spero non sia troppo tardi”

“Oh, ma che sciocchezze. Sei sempre stata la benvenuta in questa casa. Soprattutto adesso..”

Arrossì all’istante, colpita da quell’affermazione.

“Giusto, lo sai già, quindi…”

“Tesoro quando tuo figlio torna a casa camminando a tre metri da terra cominci a farti qualche domanda!” spiegò Martha.

Kate rise divertita. Più o meno era il modo in cui lei era entrata al distretto quella mattina.

“E comunque ha vuotato il sacco subito!”

“Sono contenta che ve l’abbia detto..” disse un po’ titubante.

Martha era palesemente entusiasta della loro relazione, ma Alexis? Aveva quasi paura a chiedere.

“Tesoro, non credere che sia stato chissà quale fulmine a ciel sereno. Sono quattro anni che io e Alexis aspettiamo questo momento”

“Lei è d’accordo?” domandò speranzosa

“Ma certo che è d’accordo, Kate, stare con uno scrittore con la sindrome di Peter Pan ti darà i tuoi bei grattacapi, non stare a preoccuparti anche di noi.”

“Grazie Martha” le sorrise stringendole la mano.

“Su, su, vai a salutarlo. È barricato nello studio da tutto il giorno, forse tu riesci a tirarlo fuori da lì!” le disse incamminandosi verso la sua camera da letto.

Kate bussò leggermente alla porta dello studio.

Non ricevette risposta così, piano, ruoto la maniglia ed entrò.

“Si può?” disse prima di vederlo allungato sulla scrivania. Dormiva profondamente.

Un sorriso dolce le nacque spontaneo. Com’era tenero e buffo.

Si avvicinò e notò che inconsapevolmente sbuffava sui fogli sparsi.

In effetti guardando la scrivania potè notare diversi fogli scritti a computer e molte sue note a mano.

“Una sbirciatina a Heat Broken che male può fare?” sussurrò accarezzandogli la testa.

Prese un foglio a caso e scorse le scritte velocemente. No, non era una pagina del romanzo quella. Sembrava piuttosto un elenco di movimenti bancari.

Lo rimise giù credendo di avere involontariamente toccato dei documenti personali di Castle.

Provò con un altro foglio. Tabulato telefonico.

Restò perplessa qualche secondo.

Perché sembrava che Castle stesse lavorando ad un caso invece che al suo libro? 

Prese un altro foglio. Poi un altro e un altro ancora, mettendo assieme tutti i pezzi.

Quelle date… quei nomi…

Tra i fogli che teneva in mano, uno con una calligrafia diversa da quella di Rick la incuriosì.

Era una lettera di Montgomery.

La lesse tutta d’un fiato finchè non riuscì a far altro che lasciarla cadere a terra per lo shock.

Il nome dell’assassino di sua madre era lì tra quelle carte.

E Rick lo sapeva.

Montgomery gli aveva dato il necessario per chiudere il caso e fare giustizia per sua madre.

E Rick gliel’aveva nascosto.

Senza rendersene conto le lacrime cominciarono a rigarle il volto e si ricordò perchè aveva innalzato quel muro. Si ricordò perché non lasciava entrare nessuno nel suo cuore.

Per non venire più ferita.

Ignorò l’uomo ancora addormentato sulla scrivania e cercò quel nome.

Quel nome che bramava da più di un decennio.

Che la tormentava notte e giorno pur non conoscendolo.

Quando ebbe la sua risposta stentò a crederci.

Le lacrime scesero più violente e represse con forza numerosi singhiozzi per non svegliarlo. Sicuramente avrebbe cercato di giustificarsi. L’avrebbe dissuasa dal fare quello che aspettava di fare da una vita.

Lasciò i fogli accanto lui, guardandolo un’ultima volta, delusa.

Lui le aveva promesso aiuto, invece ora la stava solo ostacolando.

Uscì piano dallo studio e si incamminò verso la porta.

“Kate vai già via?” la fermò Martha.

La donna, di spalle, si asciugò veloce le lacrime prima di voltarsi e rispondere.

“Si, Martha, Rick e stanco e anche io..”

Martha si avvicinò a lei. La luce del soggiorno era soffusa e non le permetteva di vederla bene in volto “Tesoro va tutto bene? Sembri sconvolta! Hai la stessa espressione che aveva Richard questa mattina!

Kate ascoltò attenta “Cos’è successo questa mattina?”

“Oh, un avvocato gli ha portato dei documenti, Richard aveva una faccia!”

Capì che era successo tutto quella mattina quando l’aveva trascinata nella saletta relax del distretto.

Le aveva mentito e taciuto la verità.

Poco importava se lo sapeva da un mese o da un giorno.

“Ora devo proprio andare Martha, buona notte” le disse, con un finto sorriso, prima di uscire.

Fece le scale a rotta di colla. La testa le girava da morire e le sembrava di svenire da un momento all’altro.

“Signorina si sente bene?” le domandò il portiere di notte, una volta arrivata nell’ingresso.

Kate non gli rispose e nemmeno lo guardò. Corse fuori tenendosi lo stomaco e solo una volta svoltato l’angolo si piegò su sé stessa tossendo e assecondando i conati di vomito che la assalivano.

Si diede una ripulita, fermò un taxi e si precipitò a casa a recuperare la sua arma.

 

 

Angolo dell’autrice:

 

Ed eccoci qui. Il segreto è stato svelato e il bello è che Riccardone ancora non lo sa!!!

Povera la mia Kate, chissà cosa si inventerà Marlow quando si deciderà a risolvere sto benedetto caso!

Nel frattempo buona lettura e buona settimana a tutte xD

 

Ivi87

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Capitolo 12
*** L'amara verità ***


# L’amara verità

 

 

Martha era davvero molto stanca quella sera.

Aveva studiato un copione molto difficile e occuparsi della scuola di recitazione le richiedeva un sacco di energie.

Non si accorse della strana atmosfera che si era creata mentre salutava Kate.

Quella cara ragazza le piaceva tantissimo!

Era giusta per suo figlio.

A proposito: ma stava ancora chiuso nello studio?

Benedetto figliolo, con una fidanzata del genere lui pensa a scrivere!?!

Alzò gli occhi al cielo, sconsolata, e si versò un ultimo bicchiere d’acqua prima di andare a dormire.

Dopo aver bevuto e riposto il bicchiere al suo posto, passò davanti allo studio e piano piano sbirciò all’interno.

Lo vide addormentato sulla scrivania in una posizione sicuramente scomoda.

“Richard non faresti meglio ad andare a letto?” disse posandogli una mano sulla spalla.

L’uomo non si mosse. Martha spazientita scosse un po’ più forte la spalla.

Rick si svegliò di soprassalto.

“Scusa figliolo ma non vorrei che ti si bloccasse la schiena in quella posizione” si giustificò subito sua madre.

“Capisco, un infarto invece è meglio..”

“Invece di fare lo spiritoso avresti potuto portare fuori a cena quella poveretta, se n’è andata via subito pur di lasciarti riposare!”

Rick ancora intontito non capì “Madre di che stai parlando?” rispose massaggiandosi il volto.

Le carte davanti a se lo riportarono subito alla realtà.

Si era addormentato studiando un piano d’azione.

“Sto dicendo che la tua ragazza, dopo tutta la fatica che hai fatto per conquistarla, si meriterebbe un trattamento migliore! Due giorni che state insieme e già ti trova moribondo in poltrona!”

Ancora confuso, stentò a crederci “Kate è stata qui?” guardò velocemente il cellulare.

Mancava poco alle ventitre. Si ricordò che avrebbe dovuto chiamarla per la buonanotte.

“Qualcosa non va? È passata per un saluto non mi sembra la fine del mondo..”

Fissò intensamente i fogli sulla sua scrivania. Sembravano essere nell’esatta posizione in cui li aveva lasciati.

“E’ la fine del mondo! E’ entrata qui?”

Martha lo vide sconvolto ed esitò a rispondere.

Rick si alzò di scatto in piedi “Dannazione, mamma, Kate è entrata qui dentro?!!!”

Con la coda dell’occhio vide qualcosa di bianco in terra, a fianco della scrivania.

La riconobbe subito.

“V-Voleva solo salutarti..” balbettò la donna prima di vederlo chinarsi per raccogliere qualcosa.

Quando vide di cosa si trattava la strinse istintivamente tra le mani, accartocciandola.

Capì che Kate aveva letto la lettera di Montgomery e chissà cos’altro.

“Quanto tempo è passato?” chiese con foga.

“Non saprei Richard io...direi una mezz’ora...”

Mezz’ora. Kate aveva solo mezz’ora di vantaggio. Poteva raggiungerla.

Arraffò tutti i documenti e li ripose al sicuro in cassaforte. Poi provò a chiamarla.

Se era a casa sua, sarebbe corso da lei.

Nemmeno riusciva ad immaginare in quale stato l’avrebbe trovata.

 

 

Kate entrò nel suo appartamento come una furia sbattendo, la porta.

Girò a vuoto per il soggiorno lanciando tutto ciò che le capitasse a tiro.

Era così confusa. Letteralmente seppellita dai mille pensieri che le vorticavano in testa.

Sopraffatta dalla verità.

Ora sapeva. Dopo un’intera vita trascorsa nell’oscurità, ignara di tutto, ora sapeva.

Dalla confusione che regnava nel suo cervello emersero quelli che erano i punti fondamentali su cui poteva basarsi.

Sapeva il nome del responsabile della morte della madre.

Sapeva dove trovarlo.

Sapeva che doveva vendicare sia Johanna, sia Roy.

Sapeva che Castle le aveva mentito.

Quest’ultima certezza le fece più male di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

Si era esposta, aveva abbattuto il muro, l’aveva lasciato entrare. Per cosa?

Per essere tradita dopo un giorno soltanto?

La rabbia la accecò scaraventando a terra il vaso con le rose che lui le aveva portato la sera precedente.

Calpestando i fiori si diresse decisa in camera recuperando le sue due pistole e il coltellino da legare alla caviglia. Uscì di corsa non badando ai vicini che, sul pianerottolo, si chiedevano chi era a fare tutto quel rumore.

Aveva appena cominciato a piovere quando avviò il motore.

In auto da soli pochi minuti sentì il cellulare squillare.

CASTLE lampeggiò sul display.

Rispose d’istinto. La rabbia che aveva dentro andava sfogata.

“Come hai potuto farlo?” domandò a denti stretti.

“Kate, ascoltami, non è come credi!”

“So quello che ho visto Rick! Tu lo sapevi! LO SAPEVI!” strinse il volante così forte da farsi venire le nocche completamente bianche.

“Solo da questa mattina, io... Kate dimmi dove sei, ti prego non fare sciocchezze!”

“Non sono una bambina, sono armata dalla testa ai piedi e so quello che faccio”

“No, Kate, non lo sai! È per questo che non sono riuscito a dirtelo!”

“No, Rick, non me l’hai detto perché sei uno stronzo!” le lacrime gli offuscarono rapidamente la vista.

Gettò il telefono sul sedile accanto e con entrambe le mani sterzò violentemente per rientrare nella corsia giusta.

Rick ignorò l’insulto “Sei a casa? Arrivo subito” poi lo stridere degli pneumatici si udì nel cellulare.

“Stai guidando? Kate? Kate rispondimi!”

Una volta ripreso il controllo dell’auto si asciugò gli occhi con una mano e poi riprese il telefono.

“Kate? Stai bene?”

“Sto bene. Ho da fare ora. Ho una questione da risolvere!” fece per riattaccare ma lo sentì pronunciare il nome di Montgomery.

“So che hai letto la lettera di Montgomery, non voleva che tu lo affrontassi, perché non capisci Kate? Non sei lucida! Quando si tratta di tua madre perdi completamente la testa!”

“Avrebbe dovuto mandarli a me quei documenti! Avrebbe dovuto dirmi il nome quella notte nell’hangar!” urlò, nuovamente tra le lacrime.

“Ti prego, accosta! Fermati, vengo con te, aspettami!” la supplicò Castle, mentre mandava velocemente una e-mail per poi precipitarsi in soggiorno in cerca delle chiavi dell’auto.

“Hai già fatto abbastanza!” rispose sprezzante riagganciando e staccando la batteria del telefono.

 

 

“Maledizione Kate!!” sbottò una volta caduta la linea.

Martha si sentiva tremendamente in colpa “Dove sta andando Richard?”

“Sta andando a farsi ammazzare!” rispose secco con le chiavi in mano e con un piede già fuori dalla porta.

 

 

Fermò l’auto sotto l’edificio principale di tutta la città. Pioveva a dirotto ormai

Alzo lo sguardo sulle numerose vetrate scure. Il cielo nero si rifletteva su di esse.

A quell’ora sarebbe dovuto essere semplicemente un palazzo deserto ma la luce accesa in uno degli uffici le fece capire immediatamente a quale piano salire.

Con tutti i casini che scoppiavano a New York era normale che stesse ancora lavorando. Peccato che quella sera avrebbe fatto meglio a starsene a casa, pensò Kate.

Con i suoi attrezzi scassinò la serratura della porta sul retro.

All’interno non c’era anima viva. Trovò le scale e, pistola alla mano, salì velocemente fino all’ultimo piano.

Una serie di scrivanie vuote la accolsero. Fece qualche passo e poi vide una lama di luce provenire da dietro la porta in fondo alla stanza.

Doveva essere il suo ufficio. Quello che dava sulla strada e che aveva visto poco fa.

Si avvicinò cauta serrando con forza la pistola e lasciando chiazze d’acque dietro di sé.

Arrivò alla porta e con un studiata lentezza afferrò la maniglia.

Esitò qualche secondo.

Avrebbe aperto la porta e lo avrebbe trovato seduto alla sua scrivania.

Tenendolo sotto tiro si sarebbe fatta raccontare tutto, per filo e per segno. E poi...

E poi l’avrebbe ucciso? Ne sarebbe stata capace? Sarebbe diventata un’assassina?

Non lo sapeva. Doveva guardarlo in faccia prima. Sentirlo implorare pietà. Poi avrebbe deciso.

Strinse la mano attorno alla maniglia e rapida la piegò, spalancando la porta.

Nello stesso istante una dolorosissima fitta al collo le bloccò ogni movimento.

Solo una voce udì prima di svenire.

“Forse non lo sai ma questo è l’edificio più videosorvegliato della città, bambolina!”

 

 

Castle sfrecciava per le vie della città, cercando di raggiungerla.

A quanto pare è vero che New York non dorme mai!

Suonò un paio di volte il clacson e prese a parolacce qualche furgone.

Stringeva terrorizzato il volante.

Se non era più a casa sua sapeva bene dove trovarla.

Aveva letto il nome del suo peggior nemico e c’era un unico posto in cui l’avrebbe potuto trovare a quest’ora. E lui lo sapeva bene.

Lo considerava un caro amico e sapeva delle sue abitudini.

In quel periodo di fermento poi c’era un sacco di lavoro da sbrigare.

No di sicuro non era già a casa. Era ancora in ufficio.

Doveva fare presto. Doveva raggiungerla!

Se le fosse successo qualcosa lui..

L’immagine di Kate stesa a terra sanguinante tornò a perseguitarlo.

Perché diamine non l’aveva voluto ascoltare!

Avrebbero risolto la situazione insieme. Avrebbero messo fine a quella storia una volta per tutte.

Avevano le prove, avevano il necessario per sbatterlo in galera a vita.

Bisognava solo incastrarlo! Ma no, lei doveva fare la vendicatrice solitaria!

Era arrabbiato. Era preoccupato. Era spaventato. Era deluso.

Ma l’avrebbe salvata. A costo della vita. 

 

 

 

Angolo dell’autrice:

 

Ragazze la fine è vicina. Pochi capitoli ancora e dovrò spuntare la casella 'completa', non so ancora quanti capitoli ma credo altri quattro.

Che dire, alcune di voi hanno capito chi è il ‘dragon’, altre non si sono pronunciate, ma io non posso dire nulla fino al prox capitolo dove, beh, si capirà per forza! xD

Non so se Marlowe ha già un piano per questo ‘dragon’ o se si deve ancora inventare tutto, ma secondo me (e almeno altre 3 girls) è fattibile che il mandante di tutto sia... ah, giusto, nn ve lo posso spoilerare così xD

Ne riparliamo al prox capitolo!!!

 

Un bacione e buona lettura a tutteeeeee ;D

 

Ivi87

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Capitolo 13
*** In trappola ***


# In trappola  

 

 

Lo shock del teaser cominciò a scemare e la detective riprese lentamente i sensi.

Si accorse di essere legata ad una sedia. Sentiva caviglie e polsi immobilizzati; provò a dimenarsi ma anche vita e collo erano bloccati.

Quando riuscì a mettere a fuoco vide l’uomo davanti a lei passarsi il teaser da una mano all’altra, avvicinandosi.

“Ben svegliata detective, dormito bene?” le domandò fermandosi in piedi davanti a lei.

Beckett non rispose, continuava a guardarsi attorno incredula. C’era cascata di nuovo.

Il caso di sua madre continuava a risucchiarla in quel vortice di morte e lei si era lasciata inghiottire nuovamente.

Montgomery aveva fatto bene a non rivelarle quel nome, mesi fa. Sarebbe andata di corsa in contro alla morte proprio come aveva appena fatto. Si sarebbe precipitata in capo al mondo pur di avere giustizia per sua madre e per se stessa.

Ora lo capiva, negandogli quel nome, Montgomery, le aveva salvato la vita.

E Castle stava cercando di fare lo stesso. Ma come una stupida aveva voluto fare di testa sua.

L’individuo le sorrise malefico “Che c’è bambolina? Sei ancora un po’ stordita?” afferrandole il viso fra le sue grosse mani.

Kate scosse vigorosamente la testa, pur di non essere toccata da quelle mani.

La corda che serrava il collo sfregò violentemente la sua gola, togliendole per un secondo il  respiro.

Un lampo illuminò quel volto diabolico.

La risata dell’uomo irruppe nella stanza con la stessa intensità del tuono che pochi secondi dopo si infranse nel cielo.

Quante volte gli era stata seduta accanto al tavolo da poker? Quante volte le aveva versato da bere? Quante volto si era rivolto a lei con fare benevolo?

E lei non se n’era mai accorta. Non aveva mai capito di avere a che fare con un attore nato.

Un perfetto dottor Jackill e mr. Hyde, perché di certo quello che aveva di fronte ora non era l’uomo che ammirava in televisione o che scherzava con Castle e con il giudice Markway.

Castle… chissà come doveva sentirsi. Un altro amico perso per sempre, come Daniel.

Eppure ora tutto quadrava.

Le risuonarono in testa le parole di Montgomery “...quando lui ha scoperto che cosa avevamo fatto avrebbe potuto ricattarci e invece ha chiesto i soldi dei riscatti e li ha usati per diventare quello che è...”. Ora sì, capiva il senso di quelle parole.

“Liberami” farfugliò cercando di muovere la gola il meno possibile.

“Kate, Kate, Kate..che cosa devo fare con voi Beckett, eh? Mi mettete sempre i bastoni fra le ruote” rispose invece, il sindaco di New York ”Anche se stasera non sei stata per niente furba, mia cara. Troppa la voglia di prendermi a calci in culo, vero?”

Passeggiava avanti e indietro osservandola.

“Allora, dimmi, come l’hai capito?”

Il silenzio della donna lo spronò a darle un incentivo per parlare.

La schiaffeggiò con il dorso della mano. Il grosso anello che indossava le tagliò la guancia destra.

Il colpo assestatole fece traballare la sedia, ma non cadde.

Kate respirò profondamente e si ricompose, guardandolo con odio.

Sentì il sangue colarle dalla ferita ma non diede a vedere nessun segno di debolezza; non gli avrebbe dato anche questa soddisfazione.

“Riproviamo..” continuò lui “...come sei arrivata sino a me?” domandò appoggiando le mani sulle sue ginocchia bloccate e chinandosi su di lei.

Kate non resistette. Avere il volto dell’uomo che ha commissionato l’omicidio di sua madre a così poca distanza era una tentazione troppo forte.

Lo guardò dritto negli occhi e gli sputò in faccia, guadagnandosi un secondo schiaffo sull’altra guancia.

Stavolta il colpo fu più potente e la sedia si ribaltò, trascinandola a terra con essa.

La botta alla testa le fece perdere i sensi per qualche attimo.

Un secondo lampo illuminò il suo viso.

Bob risollevò la sedia con rabbia, stringendole il mento con la mano.

“Vediamo se ora sei più propensa a collaborare” ridendole in faccia.

Kate capì che era arrivato il momento di cominciare ad assecondarlo o l’avrebbe massacrata di botte.

“L’ho capito da sola” mentì Kate, cercando di rabbonirlo.

Il sindaco Weldon si allontanò e con calma si sedette al suo posto, dietro la scrivania e si pulì il volto. Kate notò immediatamente le sue due pistole sul tavolo.

Bob scosse negativamente la testa “Così non va bene Kate...” 

Se tre killer professionisti non erano riusciti a farla desistere, cosa poteva? pensò fissandola.

“Cambiamo tattica ti va?” le disse, sporgendosi in avanti, poggiando i gomiti sul tavolo, come ad una qualsiasi riunione amministrativa “Parliamo un po’ del tuo fedele cagnolino?”

Kate spalancò gli occhi terrorizzata.

“Quanto credi che ci metterà Castle a farsi vivo?” domandò con un ghigno.

Una fitta al cuore le spezzò il respiro.

“L-lui, lui non sa che sono qui!” cercò di dire ansimando.

“Mi stai mentendo Kate?” chiese calmo.

“Nessuno sa che sarei venuta”

“Sarà, ma quell’uomo ha la fastidiosa abitudine di starti sempre incollato alle costole, non trovi? Come lo sopporti, eh? Tutte quelle chiacchiere al vento...” l’uomo si alzò girando attorno alla scrivania e continuando il suo monologo “Voi due insieme fate proprio una bella squadra di guastafeste lo sai? E io che credevo che il problema fosse quella Johanna Beckett!”

La stava provocando apposta.

Kate digrignò i denti, ma non diede segno di reagire.

“Sai cos’è ironico? Sono stato proprio io a permettergli di seguirti nei casi! Ah! La credevo una trovata geniale! Insomma, con Castle tra i piedi come avresti potuto seguire il caso di tua madre? Fare la babysitter ti avrebbe tenuta occupata e io me ne sarei stato tranquillo per il resto del mio mandato. E invece cosa fa il nostro caro scrittore? Ti aiuta a riaprire il caso! Davvero non me l’aspettavo, comunque non siete mai riusciti ad arrivare a me, eppure questa sera chi mi vedo spuntare dai monitor di sorveglianza mentre scassina il retro del municipio?” domandò retorico avvicinandosi nuovamente a lei.

Si fermò ad un metro da lei, questa volta.

“Te lo chiedo di nuovo, detective, come sei arrivata a me?!”

Doveva prendere tempo. Doveva liberarsi. Sapeva che Castle non ci avrebbe messo molto a trovarla e non voleva metterlo in pericolo.

Cercò di muovere i polsi legati dietro la schiena. Le corde sfregavano sulla pelle facendole male ma continuò lentamente a cercare di allentare i nodi.

Per tenerlo occupato decise di raccontargli una piccola verità e guadagnare tempo.

“Per una frase che mi disse Montgomery prima di morire”

“Ah, Roy, Roy, che triste fine quella degli eroi...cerca di tenerlo a mente!”

Bloccò istintivamente le mani, credendo di essere stata scoperta.

Ma Weldon proseguì “E sentiamo un po’ quale perla di saggezza ti avrebbe lasciato il caro Roy prima di perire?”

Cauta ricominciò a muovere le mani e i polsi nel tentativo di liberarsi.

“Mi disse che lui aveva usato i soldi dei riscatti per diventare quello che è oggi..” Kate lo vide vacillare per qualche secondo perciò con più sicurezza proseguì con quella che credeva una teoria piuttosto verosimile“..ho solo collegato i pezzi e fatto due più due. Ho controllato le più alte cariche politiche di oggi e l’unico che vent’anni fa era solo un misero e patetico portaborse eri proprio tu.” concluse ridendogli in faccia.

Aveva fatto centro. Kate capì che quello era il suo punto debole.

E lo capì dal modo in cui lui si difese. Colpendola, allo stesso modo, nella sua debolezza.

“Sono passati quasi 20 anni ormai. Direi che è ora che questa bambina se ne faccia una ragione” disse avvicinandosi a lei. Poi chinandosi con fare amorevole proseguì “Tesoro, mammina è morta!”

Bob si allontanò appena in tempo.

Kate aveva provato a dargli una testata con uno strattone così violento che la corda tesa attorno alla sua gola le lacerò la pelle e una scia di sangue caldo si fece strada lenta sino al colletto della camicia.

Le mancò il respiro e credette di svenire, ma la risata schernitrice di quell’essere la riportò alla realtà.

Ritornò di fronte a lei con il teaser in mano “A chi l’hai detto Kate?”

Ancora debole sussurrò “Nes-suno”

Bob accese il teaser e lo premette con forza sulla gamba della detective.

Più che il dolore fu l’odore di carne bruciata a spaventarla tanto da gridare, irritando nuovamente la gola.

Un bip sullo schermo del pc costrinse il sindaco a spegnere l’aggeggio.

Si sedette alla scrivania e controllò il monitor.

Rise forte per quello che vide “Indovina che è venuto a farci visita?”

Le lacrime scesero senza che lei nemmeno se ne accorgesse “Perché gli fai questo?”

La sua voce era un sussurro. La gola bruciava.

Il sindaco seduto tranquillamente alla scrivania, teneva gli occhi puntati sullo schermo.

“Nel nostro ambiente non c’è spazio per l’amicizia Kate” rispose con un ghigno “Non è tenero? Crede di venire a salvarti. Vuole fare l’eroe! Te l’ho detto vero che fine fanno gli eroi, si?”

“Lui ti considera un suo amico, non puoi fargli del male!!” agitandosi sulla sedia.

“Vediamola in un altro modo. Io mi sto solo difendendo da due intrusi. E poi, siamo sinceri, Castle non è altro che un bambino viziato buono solo a giocare a poker! Ecco, a poker è davvero bravo!”

Castle nel frattempo stava lentamente arrivando al loro piano.

Il sindaco si alzò dalla sua postazione di lavoro e accese il teaser.

“Andiamo a dare il benvenuto al tuo boy scout!” disse qualche secondo prima di tramortirla nuovamente.

 

 

Castle ispezionò velocemente l’edificio fino a trovare la porta forzata da Kate.

Entrò cautamente cercando di fare il meno rumore possibile. Doveva sbrigarsi a raggiungere la tromba delle scale per salire sino al piano dell’ufficio del sindaco, dove era sicuro che l’avrebbe trovata.

Vide per terra le pozzanghere lasciate da Kate e come se fossero briciole di pane, le seguì lasciandosi guidare.

Era così teso che il minimo rumore avrebbe potuto causargli un infarto.

Cercava di tenere gli occhi bene aperti, nonostante l’oscurità, e di pensare velocemente ad un piano.

Era disarmato e non sapeva nulla di come si tendeva un’imboscata.

La miglior soluzione che gli si prospettava davanti era quella di fermare Kate un secondo prima di premere il grilletto. Ci sperava da morire. L’avrebbe salvata persino da se stessa se fosse stato necessario.

La peggiore invece era l’esatto opposto. Non riuscire a fermare Weldon e lasciare che uccidesse un’altra Beckett. La sua Beckett. Kate, la donna che amava più di se stesso.

Ma in quel caso, il caro Bob, doveva prepararsi ad uccidere anche lui, perché non avrebbe lasciato quell’edificio vivo senza di lei.

La scia d’acqua lasciata da Kate lo condusse alle scale del palazzo. Da lì in poi conosceva bene la strada, l’aveva fatta svariate volte.

Il pensiero lo fece vacillare. Aveva scoperto da non molti mesi che Daniel Westlake, l’uomo che lo convinse a tentare la carriera di scrittore, si era rivelato un assassino e ora l’ennesima batosta.

Ma questa volta era diverso.

Il sindaco Weldon aveva commesso l’errore di prendersela con Kate.

Di aver commissionato il suo omicidio.

Di aver ingaggiato Lockwood e gli altri due killer professionisti.

Di avere torturato Ryan e Esposito.

Di avere decretato la fine di Montgomery.

Quello che considerava un amico, aveva minacciato quasi tutti i suoi affetti più cari e questo Castle non l’avrebbe mai potuto perdonare.

Arrivato all’ultimo piano si fece largo tra le scrivanie degli impiegati per giungere alla porta dell’ufficio del sindaco.

Guardò in terra. Le goccioline d’acqua si fermavano lì. Kate era sicuramente dietro quella porta e sperò con tutto se stesso di vedere la scena che poco prima stava immaginando.

Lei in piedi che teneva sotto scacco Weldon in ginocchio, implorante pietà.

Ma quando scostò di uno spiraglio la porta e sbirciò all’interno, l’immagine di Kate legata ad una sedia con la testa piegata in avanti su sé stessa, lo colpì come un pugno.

Non ebbe il tempo di fare nulla. Sentì un dolore forte alla base della nuca e in un attimo fu tutto nero.

 

 

Angolo dell’autrice:

chiedo perdono per il ritardo nel pubblicare, ma sono rimasta a corto di capitoli!!!

Comunque manca poco ragazze e poi per un po’ mi darò alle oneshot!! xD

Allora, in molte avevate capito del coinvolgimento del sindaco. Brave! Clap clap!

Che dire, sarà veramente lui anche nel tf? Mah, vedremo...

Questa frase di Monty “...quando lui ha scoperto che cosa avevamo fatto avrebbe potuto ricattarci e invece ha chiesto i soldi dei riscatti e li ha usati per diventare quello che è...” sembrerebbe adatta al sindaco o ad un giudice o... boh, solo Marlowe ce lo dirà!!! xD

Buona serata e buona lettura a tutte!

 

Baci baci

 

Ivi87

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Capitolo 14
*** Scacco al Re ***


# Scacco al Re

 

 

Castle non svenne completamente. Si sentì strattonare per i pantaloni e capì che qualcuno lo stava trascinando. Quando sentì i suoi piedi toccare terra violentemente provò ad aprire gli occhi.

Alla sua sinistra vide delle gambe legate ad una sedia e come un flash si ricordò di quello che aveva visto pochi secondi prima.

Spalancò gli occhi e la vide, immobile e inerme come non mai.

Si tirò su a sedere, massaggiandosi la nuca dolorante e avvicinandosi a Kate.

Con entrambe le mani le sollevò la testa e le spostò i capelli dal viso.

Vide il sangue sulla guancia e sulla gola e istintivamente cominciò a slegarla.

“Io non lo farei, Ricky” disse una voce alle sue spalle.

Lo scrittore si bloccò istantaneamente, riconoscendola.

In ginocchio davanti a Kate, si voltò lentamente.

Bob se ne stava appoggiato al bordo della scrivania con la pistola di Kate in mano, impugnandola dalla parte della canna.

Castle fissò per qualche secondo il calcio dell’arma che l’aveva tramortito e poi passò lo sguardo sull’uomo che la teneva.

“Nikki Heat e Jameson Rook nel mio modesto ufficio. Quale onore!” esclamò, accennando un inchino “Hai visto come l’ho legata? Ho preso in prestito l’idea da Naked Heat ma ero sprovvisto di federa nera e strumenti da dentista per cui…” sollevò il teaser dalla scrivania mostrandoglielo.

“Come hai potuto?” disse Castle con disprezzo.

“Svariate ragioni in realtà sai, il potere, i soldi, il prestigio…” elencò annoiato.

“Tutte quelle persone morte, per cosa? Il potere e i soldi?” gridò furioso.

“Tecnicamente non le ho uccise io, Ricky” obbiettò avvicinandosi.

“Si, giusto, tu il lavoro sporco lo fai fare agli altri!”

“Per questa volta farò un’eccezione!” disse sorridendo impugnando correttamente la pistola e puntandola verso di lui, sempre più vicino, costringendolo a sdraiarsi nuovamente sul pavimento.

“Ecco, mani a terra da bravo, ho un paio di domande anche per te, vediamo se tu mi  saprai rispondere meglio”

“Come hai fatto a fingere per anni, a sorridere benevolo ad ogni partita di poker. Come puoi essere così infame da uccidere un amico nel tuo stesso ufficio! Il Bob che conosco..”

Il sindaco lo interruppe urlando “Il Bob che conosci non esiste! Non è mai esistito! È solo una facciata che ho costruito per gli elettori e per i sempliciotti come te!!” rise di gusto, scuotendo la testa.

Castle era sconvolto da quel comportamento. Non vedeva il minimo rimorso in lui.

E quella risata sprezzante ne era la prova.

Un leggero movimento alla sua sinistra attirò la sua attenzione. Le mani di Kate si muovevano caute nella speranza di sciogliere i nodi che le serravano.

Capì che finchè Weldon si fosse concentrato su di lui, non si sarebbe accorto che Kate in realtà era sveglia.

“Allora, torniamo a noi, mi sai dire se la nostra bella detective ha delle prove con cui accusarmi?”

“Non lo so..” rispose Castle cercando di essere il più convincente possibile.

“Non lo sai eh?” il sindaco caricò il colpo in canna.

“Mi ha rivelato che finalmente era riuscita a collegare tutti i pezzi, io l’ho solo seguita fin qui…”

Weldon sollevò un piede per affondarlo nel petto dello scrittore.

Davanti a lui, il bonario volto dell’amico di sempre era deformato dalla collera.

Non riusciva a capacitarsi di come avesse potuto avere due facce per tutti quegli anni.

“Mi credi stupido? Credi che sia arrivato fin qui per farmi fottere da voi due??!!”

Le mani di Kate si muovevano frenetiche dietro la sua schiena cercando disperatamente di allentare almeno un po’ i nodi.

Castle cercò di temporeggiare.

“Come hai scoperto di Montgomery, Raglan e McCallister? Come sapevi cosa stavano facendo?”

Bob si lasciò sfuggire un ghigno ma non diminuì la pressione del suo piede sullo sterno dello scrittore a terra. La pistola di Kate sempre in mira con la fronte di Castle.

Con un rapido sguardo controllò che la detective fosse ancora incosciente e poi rispose “Quei tre sbirri non erano in grado nemmeno di badare a loro stessi figuriamoci proteggere i cittadini. Io stavo muovendo i primi passi in politica e le disavventure di Raglan alle corse dei cavalli erano note a tutti nell’ambiente. Un poliziotto al verde e con il vizio del gioco fa subito notizia! Ho pensato che potesse essere la mia occasione per salire un po’ di più sulla scala di quelli che contano. Così ho cominciato a seguirlo, giusto per vedere quanto puntava, quanto perdeva, per fare delle ricerche sul campo diciamo, tu dovresti capirmi Ricky!” rise prendendolo in giro e poi proseguì “Solo che quello che scoprii una notte, si rivelò molto più remunerativo di quanto avessi mai pensato! Tre poliziotti che rapivano boss mafiosi! È stata una vera e propria manna dal cielo!” esclamò soddisfatto “Feci finta di nulla per un po’, aspettando il momento giusto per farmi avanti ed ecco che il giovane Roy fa secco Bob Armen! Et voilà, il gioco è fatto, li avevo in pugno!”

“Beh, non proprio.. vero?” disse Castle guardando Beckett.

Il sindaco si voltò a guardarla e poi tornò sull’uomo “Già, quella donna proprio non voleva saperne di farsi da parte” rise al pensiero “Tale madre tale figlia eh, Ricky?”

“Ti supplico… non farle del male!” ansimò Castle con il petto schiacciato.

“E come posso, ormai sapete troppo!” facendo ancora più pressione con il piede.

Se finora era riuscito a non emettere un gemito adesso invece dovette lasciare andare un urlo di dolore seguito da violenti colpi di tosse.

Rivolse la testa verso Kate. Potevano essere i suoi ultimi attimi di vita e voleva imprimersela bene in testa.

Forse era il dolore al petto ma gli sembrò di vedere gli occhi di Kate ben aperti che lo fissavano, tra le ciocche di capelli che le coprivano il volto.

“Bravo Ricky ti conviene guardarla bene perché stai per non rivederla più!” disse premendo ancora il piede, preparandosi a sparare.

Kate fissava insistentemente Rick e subito dopo guardava in basso. O la sua mano a terra… Castle non capiva. Era chiaramente un segnale ma per cosa?

Eppure lei più di così non poteva fare. Se solo avesse mosso la testa, il sindaco se ne sarebbe accorto.

“Tu sarai il primo e se la tua detective non mi dirà quello che voglio sapere… beh ti seguirà all’inferno..” Weldon si prese il tempo di prendersi gioco di lui un’ultima volta “Oh, Ricky non hai idea della soddisfazione che provo ora nel vedere il famoso Richard Castle morente ai miei piedi!!” disse con l’invidia stampata in volto.

Fu un attimo. Un lampo. Un flash. Una lampadina che si accende nel cervello.

 

…Non sono una bambina, sono armata dalla testa ai piedi e so quello che faccio…

 

Castle guardò la gamba di Kate vicino alla sua mano. Ecco cosa stava cercando di dirgli.

 

…sono armata dalla testa ai piedi…

 

Doveva guadagnarsi qualche secondo in più “Sei sempre stato geloso dei successi altrui vero? Se quella notte tu non li avessi scoperti ora non saresti nessuno!” disse debolmente spostando con attenzione la mano sul piede di Kate fino alla caviglia, nascosta sotto al pantalone.

“Mi dispiace che queste siano state le tue ultime parole Ricky, potevi usarle per qualcosa di più intelligente!”

“Vaffanculo, ad esempio?” e in un attimo conficcò quella piccola lama nella coscia di Weldon.

Dalla pistola partì un colpo che rimbombò con la stessa intensità dei tuoni sopra di loro.

Dopo quel fragore, solo le urla di Weldon riecheggiarono nell’ufficio.

“Kate! Stai bene?” domandò gettandosi immediatamente verso di lei.

“Si, slegami ti prego, questi nodi sono fatti dannatamente bene!” rispose lasciando andare un sorriso di sollievo. Fortunatamente Castle aveva capito il suo segnale appena in tempo.

Le slegò i polsi e glieli baciò delicatamente “Mi dispiace Kate, mi dispiace da morire!”

“E’ tutta colpa mia, sono stata stupida io, non…” ma mentre parlava, Kate si accorse dello strano silenzio in cui erano piombati.

Alzò gli occhi oltre Rick e vide il sindaco in ginocchio mentre cercava di rialzarsi.

“Veloce slegami!!”

Castle si voltò in tempo per vedere Weldon estrarsi lentamente il coltellino dalla carne.

Mentre Kate si slegava il collo Castle pensava ai piedi.

Con le mani e il busto finalmente liberi passò a slegare l’ultima corda quella che le serrava la vita.

Rick si guardò attorno decidendo cosa fare. Il sindaco si stava rialzando barcollante con ancora la pistola in mano.

“La mia seconda pistola è sulla scrivania!” suggerì Kate mentre litigava con la corda.

Si rialzò velocemente in direzione della scrivania, tenendo però sott’occhio Weldon.

Afferrata la pistola tornò vicino a Kate, aiutandola a sciogliere l’ultimo nodo.

Weldon barcollante si premeva la gamba destra dolorante, guaendo per il male

Kate impugnò di slancio la sua seconda arma togliendola dalle mani di Rick.

Vide a terra il coltellino insanguinato, in una pozza scura, e controllò la pistola in mano al sindaco.

La teneva malamente con la mano sinistra.

La speranza si riaccese in lei e con un colpo rapido e preciso sparò a quella mano.

La pistola gli saltò via di mano volando per la stanza. Il sindaco si massaggiò istintivamente la mano permettendo così alla gamba di ricominciare a sanguinare.

Un occhiata di Kate bastò a far capire a Rick di recuperare immediatamente l’arma a terra mentre lei si avvicinava a Weldon tenendolo sotto tiro.

Castle la vide serrare entrambe le mani attorno alla sua Glock, con gli occhi fissi su Weldon, quasi come se avesse paura che sbattendo le palpebre quel bastardo potesse scomparire.

Ed eccola, la scena che aveva ricreato nella sua mente poco prima.

Beckett stava tenendo sotto scacco il sindaco ed era intenzionata a sparare.

“Kate…”

Il rumore delle sirene della polizia irruppe nella stanza, sorprendendoli.

“Castle?” la detective domandò spiegazioni.

“Prima di venire qui ho mandato un’ e-mail a Ryan ed Esposito con tutti i documenti e scrivendo solo di raggiungerci qui…”

Kate restò in silenzio pensando a cosa fare.

“Speravo fossero dei lettori più veloci, ci abbiamo quasi rimesso le penne...”

“Castle” Kate lo interruppe “Vai giù ad avvisarli che stiamo bene e che non c’è bisogno dell’artiglieria pesante!” ordinò senza mollare Weldon un attimo.

“Ma…” l’uomo cercò di protestare.

“VAI!” intimò perentoria.

 Castle si allontanò di poco, per poi tornare accanto a lei “Sappi che sarò sempre al tuo fianco, qualunque sia la tua decisione” poi diede un ultimo sguardo all’uomo che per anni considerò un amico e proseguì “Fai quello che devi” poi uscì.

Restati da soli, Kate provò l’urgente bisogno di piantare un proiettile in testa a Weldon.

“Di quali documenti stava parlando?” chiese incredulo il sindaco, mentre ansimava per il dolore alla gamba e alla mano.

“Sta zitto” sibilò Kate  

“Quali prove avete?!” urlò fronteggiandola.

“DEVI STARE ZITTO!!” sentenziò dura come il tuono che si udì nello stesso istante. Con un calcio sulla gamba ferita lo fece cadere a terra di peso, immobilizzandolo con lo stivale pressato sulla sua gola e la pistola sempre ben puntata alla sua testa.

 

A metà corridoio Castle la sentì gridare contro il sindaco, ma il forte rombo del tuono gli impedì di capire se ci fu anche uno sparo ad accompagnare la disperazione della detective.

Si bloccò con l’intenzione di tornare indietro ma esitò.

Kate aveva bisogno di affrontarlo da sola per chiudere i conti con il passato.

Si affrettò verso le scale più veloce che riuscì.

 

Angolo dell’autrice:

ebbene ci siamo quasi, un paio di capitoli e non vi stresso più!! xD

e soprattutto torno ad essere un’apina dolce e gentile xD eheheheheh

Ne approfitto per augurare a tutti i lettori e gli scrittori di Efp un felice e sereno Natale!!

A presto!!

 

Un bacione,

 

Ivi87


 

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Capitolo 15
*** This is for Rick...This is for my mother! ***


# This is for Rick...This is for my mother

 

 

Ryan ed Esposito avanzarono guardinghi seguiti da una unità armata di tiratori scelti.

Trovarono immediatamente la porta sul retro già forzata e si infilarono nel palazzo.

Solo un’ora e mezza prima Ryan stava guardando la televisione sul divano, abbracciato a Jenny; Esposito si godeva una birra all’Old Haunt.

E poi un bip del cellulare cambiò drasticamente l’esito delle loro serate.

Ryan chiamò subito il suo migliore amico che gli confermò di avere ricevuto la stessa e-mail.

E quando Castle non rispose a nessuna delle loro chiamate capirono che mamma e papà erano nuovamente nei guai.

Esposito face dei segnali con la mano e un paio di cecchini seguirono le sue istruzioni.

Ryan mise all’erta gli agenti appostati sul tetto del palazzo di fronte.

Uno dietro l’altro arrivarono alla base delle scale e cominciarono a salire quando un rumore proveniente dall’alto li allarmò.

Istintivamente puntarono tutti i fucili e le pistole verso di lui.

“Whoa, calmi ragazzi sono io!”

“Castle!” esclamò Esposito “Vuoi farti ammazzare?”

Ryan con il braccio segnalò all’unità di abbassare le armi.

“Via libera, Beckett ce l’ha in pugno!” urlò sporgendosi dal corrimano.

Di corsa ripresero a salire.

“State bene?” urlò Ryan preoccupato.

“Più o meno..” Castle era agitato, voleva tornare da Kate.

“Che significa più o meno? Siete feriti?” gridò Esposito in testa alla fila, ormai quasi in cima alle scale, dove lo scrittore li attendeva.

Castle non rispose. Non era attento. Continuava a guardarsi indietro desideroso di tornare da lei per impedirle di commettere un terribile errore.

Si fidava di lei e sapeva in cuor suo che non l’avrebbe fatto.

Così come non aveva ucciso il killer di Royce.

Ma sarebbe bastato un attimo, uno scatto di nervi, per rovinarle per sempre la vita.

 

 

Kate puntava l’arma saldamente contro di lui.

Tutto nella sua testa le diceva di sparare. Di porre fine all’esistenza di quell’uomo così come lui aveva posto fine a quella di sua madre.

Johanna cercava solo la verità, ma si era imbattuta in un terribile gioco di potere ed ora finalmente Kate poteva vendicarla.

“E’ un bluff vero? Non avete prove..” ridacchio divertito Weldon.

Persino da ferito e con un proiettile pronto a perforagli il cranio continuava a parlarle sprezzante.

Cercava forse di distrarla?

Kate si accorse di tremare leggermente.

La voglia di sparare era tanta ma cercava di frenarsi.

“Hai il Parkinson detective?”

La donna pressò la suola del suo stivale sulla gola del sindaco, quasi come se stesse spegnendo un mozzicone di sigaretta“Questo è per Rick!”

Weldon urlò e tossì, sentendo la laringe comprimersi.

Kate lasciò la presa qualche secondo e si allontanò di pochi passi, senza abbassare la pistola.

Quando tornò accanto lui, stringeva il coltellino in mano.

Lo afferrò come fosse un pugnale “Questo è per mia madre!” e si scagliò su di lui.

L’urlo di Weldon si udì in tutto l’edificio.

 

 

Quando Ryan ed Esposito raggiunsero l’ultimo piano trovarono un Castle molto agitato.

“Dobbiamo sbrigarci, forza!” disse ai due.

“Devi calmarti Castle” gli rispose Esposito.

“Amico, hai detto che Beckett ce l’ha in pugno, no?” domandò Ryan perplesso.

“Kate mi ha cacciato via quando ha sentito le sirene..” Castle lasciò cadere la frase dando loro modo di capire.

“Yo, l’hai lasciata sola con l’assassino di sua madre? Cosa vuole fare il giustiziere della notte?”

“Noi tre siamo la sua famiglia, possiamo farla ragionare!”

Il commento di Castle precedette di pochi secondi l’urlo agghiacciante del sindaco.

Si voltarono tutti di scatto per poi precipitarsi nell’ufficio del sindaco.

Quando Castle spalancò la porta vide Weldon tremante, spaventato a morte.

La piccola lama era conficcata nel pavimento a pochissimi millimetri dal suo occhio sinistro.

Poco distante Kate si teneva le ginocchia rannicchiata contro la parete.

Rick la raggiunse immediatamente stringendola tra le braccia.

“Non ce l’ho fatta..non potevo..” singhiozzo contro il suo petto, sfogandosi.

“Sei stata bravissima...è tutto finito ora...” lasciandole un bacio delicato sui capelli.

Castle alzò gli occhi e vide una decina di fucili puntati su Weldon e sentì Ryan chiamare l’ambulanza.

Lasciò andare un lungo sospiro di sollievo “E’ tutto finito”

 

 

Angolo dell’autrice:

capitolo cortino, lo so, ma la vicenda del sindaco andava conclusa qui.

Ora solo caskett! xD un capitolino ancora e poi l’epilogo! Eheheh

E poi stop con le long!!! Mi fanno sclerare di brutto!!! Ahahahahah

Solo oneshot per un po’ almeno..poi si vedrà!

Un bacione a tutte e mille grazie sia a chi commenta sia a chi legge solamente ;)

 

Buona lettura!

 

Ivi87

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Capitolo 16
*** A casa. Al sicuro ***


# A casa. Al sicuro

 

 

Erano entrati in casa da una decina di minuti.

Martha e Alexis l’avevano abbracciata e baciata forte e poi, più sollevate, li avevano lasciati soli.

Da quando avevano lasciato il municipio Kate si era sentita come catapultata in un altro posto.

Le voci le giungevano ovattate, lontane.

Non le sembrava vero che fosse tutto realmente finito.

Nemmeno quando vide Weldon in manette.

Nemmeno quando la Gates li raggiunse e l’aiutò a rilasciare la sua deposizione.

Se ne restava lì in piedi nel mezzo del salotto, completamente svuotata.

Rick la prese per mano e la condusse nella sua camera.

“Come ti senti?” le chiese, gentile.

“Credevo che mi sarei sentita diversamente” sussurrò debolmente Kate.

“Hai bisogno di un po’ di riposo. Devi elaborare ancora tutto quello che è successo” le rispose lasciandole un bacio su una tempia.

“Vieni” le indicò il letto e insieme si sdraiarono accoccolandosi.

 

Molto dopo un fascio di luce le colpì il viso.

Sotto la sua mano non c’era più il petto di Rick, sentì invece il tessuto delle lenzuola.

Quando lo chiamò fu un’altra invece la voce che rispose.

“Katie, è tutto a posto, sono papà” disse l’uomo sedendosi sul bordo del letto.

“Ehi papà…” Kate si sistemò meglio, mettendosi seduta “…come mai sei qui? Che ore sono?”

Jim sorrise nel vedere quanto fosse tenera sua figlia “E’ mattina inoltrata, tesoro. Rick mi ha chiamato perché sapeva che tu non l’avresti fatto” e la guardò con finto ammonimento.

I suoi occhi verdi si velarono di lacrime “Scusa papà…” si passò una mano in volto catturandone velocemente una. “Sai già tutto?”

Un brusio sommesso giunse dal salotto e capì che tutti i suoi amici erano nell’altra stanza.

“Diciamo che la versione più gettonata è che Ryan e Esposito, da veri supereroi, vi hanno salvato in extremis” Kate rise assieme al padre “Ma Rick non è molto d’accordo..”

Le accarezzò dolcemente i cerottini sulla guancia e guardò quello sulla gola.

“Sto bene papà, davvero” lo rassicurò lei.

“Lanie ti ha portato un cambio d’abiti” spiegò Jim indicandole un borsone a terra “Ma non so perché ho come l’impressione che non ci resterai ancora per molto in quell’appartamento…” disse con un sorriso mentre si guardava attorno.

Kate sorrise imbarazzata mentre controllava il contenuto della borsa.

 “Dai, cambiati e vieni a salvare il futuro sposo dalla scelta delle canzoni da dare al dj durante il ricevimento” e con un ultima carezza la lasciò sola per cambiarsi.

 

 

Nella stanza accanto Rick raggiunse sua figlia e la vide riattaccare il telefono sospirando sonoramente.

“Alexis stai bene?”

“Richiedimelo domani” rispose sconsolata.

“Hai litigato con Ashley?”

“L’ho lasciato” il padre le si avvicinò offrendole un abbraccio “nell’ultimo periodo non c’era mai per me. Era sempre impegnato. Anche stanotte, quando avevo più bisogno del suo sostegno”

“Mi dispiace tanto tesoro” le disse solamente.

“Sai papà non credo che Standford faccia per me” Rick la guardò allarmato “E’ un ottima università, certo, ma ci andavo solo per stare con Ashley e ora penso sia giusto che scelga con la mia testa..fortunatamente avevo fatto domanda anche in altri college…”

Rick non sapeva se essere orgoglioso per la sua bambina o preoccupato. Ma l’idea di un college più vicino a casa lo tirò su subito di morale “la NYU ad esempio..??” domandò sorridente.

“Si papà, avevo fatto domanda anche lì” Alexis rispose sorridendo a sua volta.

Rick l’abbracciò ancora più forte.

Quando tornarono in salotto Rick vide Kate uscire dalla sua camera da letto.

Per chissà quanti secondi incatenarono i loro sguardi, poi lei, incurante dei loro amici nella stanza, ridusse la distanza tra loro fino ad abbracciarlo.

Stretto. Molto stretto.

Fino a qualche mese prima non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

Ora le è assolutamente indispensabile.

Stringe le braccia attorno ai suoi fianchi e poggia la testa contro il suo petto.

Ora è a casa. Al sicuro.

“Thank you...for being there” gli sussurra con il sorriso sulle labbra.

E lui ricambia, la tiene stretta a se come se non la dovesse mai più rivedere “Always”

Nessuno osa parlare e rovinare il momento.

Martha e Jim si scambiano un sorrisino d’intesa.

Lanie è a bocca aperta, sorpresa da quello slancio affettivo così inusuale per la detective.

Esposito si volta soddisfatto verso il collega giusto in tempo per vederlo prendere per mano Jenny.

“Significa che verrete insieme al matrimonio?” esclama infine proprio Ryan.

Rick e Kate si lasciano andare ad una leggera risata mentre lentamente sciolgono l’abbraccio.

“Non lo so Ryan...” dice Rick visibilmente divertito, poi si volta verso la donna al suo fianco “Kate, mi faresti l’onore di essere il tuo cavaliere al matrimonio di Ryan e Jenny?” chiede inchinandosi e lasciando un delicato bacio sul dorso della sua mano.

Kate sorride un po’ in imbarazzo “Con molto piacere” arrossisce leggermente ma non le interessa.

Non è mai stata più felice di così.

 

 

Angolo dell’autrice:

ed eccoci quasi alla fine. Manca solo un piccolo epilogo ed è finita!

mi ha fatto penare da morire ma ora che conclusa un po’ mi dispiace!

Spero che vi abbia appassionato e divertito! ;D

Un bacione enorme e alla prossima con la fine! XD

 

Buona lettura,

 

Ivi87

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Capitolo 17
*** Epilogo - Amare e Vivere a NY ***


# Epilogo – Amare e Vivere a NY

 

 

Tre settimane dopo, Kate passeggia nel giardino del ristorante del ricevimento.

Nonostante sia Gennaio, il clima non è così rigido quel giorno. Si sta bene.

Lei sta bene, finalmente.

Il sindaco Weldon è stato formalmente accusato e arrestato.

Non lo vede da quella sera al municipio.

La Gates ha ritenuto opportuno che non partecipasse agli interrogatori e che non avesse più nessun’altro contatto con lui, per non rischiare di dare modo ai suoi avvocati difensori di avere una qualche appiglio per invalidare le accuse. E Kate, sorprendendo tutti, concordò con il capitano.

Per niente al mondo avrebbe rischiato di mandare tutto all’aria.

Lo avrebbe rivisto in tribunale, una volta fissata la data del processo. Avrebbe sentito la voce del giudice dichiararlo colpevole e allora, solo allora, avrebbe potuto considerare chiuso per sempre quel doloroso capitolo della sua vita.

“Ecco qua il tuo champagne” la voce di Rick le giunge alle sue spalle.

Il suo scrittore che in queste settimane l’ha protetta, amata, coccolata e sostenuta.

Senza di lui non ce l’avrebbe mai fatta.

Non era tornato a lavorare al distretto, nemmeno lui voleva più rivedere Weldon se non in aula. Ma per lei era sempre presente.

Allunga una mano sulla sua guancia cancellando una macchiolina marrone.

“Non sarà cioccolata vero?” chiede lei cercando di assumere uno sguardo serio.

Ma è troppo felice per riuscirci del tutto.

“Mmm? Cioccolata? No..no..” è così dolce quanto tenta di mentirle, ormai Kate lo capisce subito.

“Hai già mangiato tre fette di torta Rick..non costringermi a portarti a fare jogging!”

“Eddai, cosa saranno mai alcune fette in più..stiamo festeggiando... e poi lo sai che la corsa non fa per me. Domani smaltisco tutto in piscina!”

Kate ride. Rick è così suscettibile riguardo al suo peso e lei non riesce proprio a non punzecchiarlo.

Si avvicina e lo bacia dolcemente.

È il suo Rick. Il suo Writer Boy. Il suo Plucky Sidekick e migliore amico.

Potrebbe pesare anche cento chili e hai suoi occhi non cambierebbe nulla.

È innamorata e non ha più paura di dimostrarlo.

Ma il loro punzecchiarsi resta sempre il loro sport preferito.

“Facciamo così, quello che non mangi tu lo mangio io, così tu dimagrisci e io invece ingrasso” propone lei.

“Ci sto! Sei troppo magra Kate!” risponde pizzicandole un fianco.

Gli sposi si avvicinano e li raggiungono.

“Eccovi ragazzi!” esclama per prima la sposa.

Jenny si appende al braccio di Rick. Il lungo vestito bianco produce un leggero fruscio ad ogni suo movimento “Devo proprio ballare con il più grande autore di gialli di tutti i tempi”.

Ryan aggiunge veloce “E io devo danzare con la detective più in gamba di New York” porgendole l’avambraccio.

Rientrano volentieri per accontentare i loro amici.

 

L’atmosfera è così allegra e spensierata che il tempo vola e quando ormai è sera, molti degli invitati se ne sono già andati.

Martha e Alexis, che chiacchierano tranquille sedute al loro tavolo, vengono man mano raggiunte da tutto il resto del gruppo.

Kate si siede affianco a Rick e dolcemente gli accarezza una spalla spronandolo “Credo che Rick abbia qualcosa da dirci, ragazzi”.

Il brusio si interrompe subito. Tutti gli occhi sono puntati sullo scrittore.

“C’è qualcosa che non va, kiddo?” domanda Martha allarmata.

“Niente di preoccupante mamma” le risponde tranquillizzandola.

Esposito si sporge in avanti “Riguarda il tuo ritorno al distretto? Ora che Ryan va in viaggio di nozze ci serve una mano, bro!”

Kate e Rick si scambiano uno sguardo eloquente.

“In realtà, no Esposito, non torno al distretto”. Gli sembrava di essere tornato più o meno a quattro mesi prima, quando aveva dato la stessa notizia all’Old Haunt.

Un coro di ‘What?’ lo travolge. Poi tutti guardano Kate.

“Ne abbiamo parlato e sono d’accordo” ammette la detective.

“Ma...” accenna Lanie, ma poi si ferma.

Ora stanno insieme no? Perché non dovrebbe tornare al distretto?

Alexis allunga una mano verso il padre “E’ per colpa mia? Ho sbagliato a chiedertelo mesi fa..”

“No tesoro, non è colpa tua” si affretta a dire suo padre.

“E non hai affatto sbagliato” aggiunge Kate poggiando la sua mano sopra quella dei due “Il mio lavoro è pericoloso e ora non c’è più motivo di rischiare la vita entrambi”.

Le bruciano gli occhi al ricordo di quante volte Rick è stato ad un passo dalla morte seguendola nei casi. Le lacrime premono per uscire al ricordo di lui, a terra e inerme, minacciato da Weldon, ma tutto questo le aveva anche fatto capire una volta per tutte che non poteva rischiare di perderlo. Soprattutto adesso che stavano costruendo la loro vita insieme.

Tutti a quel tavolo annuiscono comprensivi.

Forse è giusto così, per il momento.

“E comunque puoi sempre dare una sbirciatina ai casi o propinarci qua e la qualche tua teoria strampalata sugli alieni, giusto?” chiede Ryan, alleggerendo un po’ la tensione.

“Oh, ci puoi giurare! Non vi libererete di me così facilmente!” risponde allegramente facendo ridere tutti.

“Comunque non tornerò a fare lo scrittore a tempo pieno” aggiunge poco dopo.

Martha si incuriosì “Cosa intendi caro? Oh cielo, non vorrai di nuovo tentare la carriera di astronauta vero?” domanda innocentemente.

Kate spalancò gli occhi divertita “Questa poi me la spieghi!”

“Anche a noi!!!” si uniscono in coro anche Ryan, Esposito e Lanie.

“Ehm… dicevo?” Rick sorrise al pensiero ma fece orecchie da mercante “Ah, si… siete pronti?” domanda per creare un pò di suspense “Rullo di tamburi…” con le mani picchietta ritmicamente sul tavolo.

“Papà..”

“Caro…”

“Rick…”

Le tre donne più importanti della sua vita lo ripresero nel medesimo istante.

“Ok, ok, lo dico!”

“Circa un mese fa mi è stata offerta la possibilità di tenere un corso di scrittura moderna alla New York University. All’inizio non me la sentivo e avevo lasciato perdere ma in queste settimane ne abbiamo parlato tanto e alla fine ho accettato!” spiega Castle raggiante.

Alexis saltella sulla sedia al pensiero di essere ammessa alla NYU e di poterlo avere accanto.

“Insegnerai all’università! Forgerai nuovi scrittori in erba?” domanda felicemente sorpreso Ryan.

“Professor Castle!” declama con voce grave Esposito.

“Ragazzi siate buoni…”

“Ti ci vorrebbero un bel paio di occhiali da lettura sai? Ti darebbero un’aria colta…” gli dice Kate.

“Anche tu detective? Molto spiritosi…” cercando di sembrare offeso.

“Saresti sexy…” sussurra lei, ma abbastanza forte da farsi sentire da tutti.

Castle trattiene il respiro dando via, nella sua mente, ad almeno un centinaio di possibili scenari vietati ai minori di 18 anni “Chi di voi conosce un buon ottico?” domanda infine illuminandosi.

Ryan ed Esposito alzano la mano.

“Io, io lo so, proff scegli me”

“No invece, scegli me!”

Il gruppo scoppia a ridere per l’ennesima volta in quella giornata di festa.

Poco dopo, quando ormai tutti se ne sono andati, sposi compresi, anche Castle raggiunge le sue tre donne con i cappotti.

Alexis e Martha si affrettano verso l’auto lasciando la coppietta nella hall.

Rick aiuta Kate ad infilarsi il cappotto e poi si mette il suo.

“Sei ancora nervoso per la grande notizia?” domanda lei, trattenendolo per un braccio.

“No, direi che ora va decisamente meglio. Mi sento un po’ sollevato” risponde un po’ imbarazzato.

A Kate quel sorriso tirato non sfugge affatto “Cosa c’è? Non sei contento?”

“Certo che lo sono. Solo che… c’è un’altra questione che mi preme affrontare… ma forse non è ancora il momento…” le dice serio prima di incamminarsi verso l’uscita.

“No, Rick..aspetta!” lo blocca nuovamente “Cosa intendi? Non puoi dire una frase del genere e poi lasciare cadere il discorso!”

Vedendola preoccupata si intenerì “Non è nulla stai tranquilla, ne parliamo a casa, dai..”

“Ne parliamo adesso invece! Ti conosco Rick, a casa poi fingeresti di essere stanco e ti butteresti a letto pur di non parlarne” obietta Kate.

“Infatti a letto non si parla: o si dorme o…”

L’indice della donna si solleva a mo di avvertimento “..ora stai divagando!”

Rick finge di azzannarle il dito e Kate lo ritira divertita.

“Ok, va bene…” sbuffa lui “…è solo che stavo notando che dormi sempre da me, molte delle tue cose sono da me, tuo padre chiama sempre a casa mia quando ti cerca…” si ferma per vedere se la donna ha capito cosa tenta di dirle.

“Si, quindi?” dice invece Kate.

“…pensavo che magari… ma solo se vuoi… magari… potevi pensare…di… trasferirti…” l’ultima parola quasi non si riesce a sentire da tanto la sua voce si è abbassata alla fine della frase.

“Oh…” risponde solamente, Kate.

Oh, mi piace, è mille volte meglio di ‘SCORDATELO CASTLE’! E comunque ci terrei a farti notare che ho detto pensare ok? Pensare di trasferirti...”

“Rick, respira!” dice sorridendo “Il mio era un ‘oh…ma io credevo di essermi già trasferita!’ forse non ti sei accorto ma tutte le mie cose sono già da te!”

“Hai poche cose detective…” risponde pensieroso “E il faccione orrendo che hai nell’ingresso di casa?”

“Era dell’inquilino precedente e non è un faccione orrendo, mi ha detto che è una scultura parecchio quotata!”

“Immagino, sarà per questo che te l’ha lasciata…” esclama infine Rick attirandola a se in un abbraccio.

Respira forte il profumo dei suoi capelli “Quindi viviamo insieme?”

Kate sorride appoggiata alla sua spalla “Si, viviamo insieme!”

“Ok, non per essere polemico ma se viviamo insieme come mai non hai disdetto il tuo appartamento?” le domanda lasciando trapelare un cenno di preoccupazione.

Se Kate non se la sentiva di convivere in tutto e per tutto e voleva tenere ancora per un po’ il suo appartamento, avrebbe capito e accettato la cosa.

Lei percepisce subito quel lieve sentore di dubbio nella sua voce.

“Pensavo di chiedere a mio padre se vuole subentrare al posto mio, che ne dici?” ma Kate non gli da il tempo di rispondere “Sarebbe più vicino a noi e…un giorno… ai suoi nipotini…”

Rick si illumina come un albero di Natale.

“Ho detto ‘un giorno’, Rick!” cerca di riportarlo sulla terra invano.

“Domani è un giorno!” controbatte lui.

“Rick…”

“Anche dopodomani è un giorno!”

“Rick…”

“Anche dopo dopodomani è un giorno!”

“Ti amo” esclama Kate lasciandolo di stucco.

“Anche dop… EH?!?!”

Non sembra nemmeno respirare da tanto è sorpreso.

Kate se ne accorge e con uno sguardo dolce lo esorta a dare segni di vita.

Era la prima volta che glielo diceva da quando stavano insieme.

“Scusa…, io.. io proprio non me l’aspettavo. Sono anni che mi chiedo che cosa avrei provato se tu fossi mai riuscita a dirmelo...” dice quasi commosso.

“E allora? Cosa provi?” domanda lei stringendosi a lui.

“Non lo so.. è una sensazione indescrivibile. Sono senza parole, detective” Kate sorride soddisfatta dell’effetto che ha su di lui “Anzi no, ne ho quattro in realtà” aggiunse poi Rick.

“Ah, si? Sentiamo…”

“Ti amo anche io”

Le loro labbra si uniscono danzando. I loro occhi si cercano felici.

“Su scrittore è tardi, andiamo a letto” sussurra maliziosa Kate.

“Per dormire o…” domanda Rick nel medesimo tono.

“O… Rick, decisamente o…”

 

 

FINE

 

 

 

Angolo dell’autrice:

è finitaaaaaaaaaaaaaaaaa alèèèèè ohooooooo alèèèèèè ohooooooo

che faticaccia! Nn avete idea! Fiùùù *soddisfattamastremata* xD

allora, cose da dire: data creazione 24/08/11 O.O ci credete ora che nn ne potevo più??? Ahahahahah

Ricordo che tutta questa long è frutto di 4 menti malate in vacanza in Sardegna... nn c’è bisogno di dire altro immagino xD

Si ringrazia quindi le mie tre tartarughine, la mia super beta incontrastata (che è pure una delle tre tartarughine), la mia family <3<3<3 ALWAYS #OFD <3<3<3

Tutti i lettori che hanno lasciato un commento e non, chi l’ha inserita tra le preferite, ricordate, seguite e chi più ne ha più ne metta!!!!

 

GRAZIE MILLE A TUTTE *-*

 

A preeeeesto!!!

 

Baci baci baci

 

Ivi87 ;D

 

 

Ps. Il faccione a casa di Beckett?? Se nn l’avete mai notato riguardate gli ep. in cui Castle va da Kate... 3x13-3x24-4x06...

Non so voi, ma x me è orribbbbbile!!! xD

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