Hopeless di __MariMalfoy (/viewuser.php?uid=99024)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto. ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto. ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo. ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo. ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono. ***
Capitolo 11: *** Epilogo. ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
hopeless prologo
Hopeless
Quando la vita va via
senza accorgertene.
Nessuno
si sente mai in grado di affrontare i problemi. La vita è giudicata dagli atti
che facciamo ogni singolo giorno, dall’apparenza. Per quanto possa essere
terribilmente ingiusto niente cambia, niente cambierà.
Mascheri
te stesso dietro ad una stupida bugia e si costruisce un castello: menzogne su
menzogne su menzogne.
Le
persone credono che qualcosa cambierà nel futuro, si illudono di vedere il
meglio per le loro vite, di combattere qualcosa che non verrà sconfitto mai, di
sognare un amore che forse non esisterà; semplicemente di restare ancorati ogni
singolo giorno ad uno stralcio di ricordo.
Anch’io
mento. Anch’io mi aggrappo ad uno stupido ricordo. Anch’io sogno un amore che
non esisterà. Anch’io sogno il mio migliore amico.
Nessuno
può nascondere ciò che prova agli occhi degli altri, che se ne accorgono
subito: questa è una disperazione consolante, un’utile rassegnazione in fin dei
conti.
L’idea
di morire spaventa molto gli uomini, forse sono l’unica eccezione; sono sempre
convinta che prima o poi dovrà succedere, dopotutto è un ciclo continuo
chiamato vita, no?
La
consapevolezza di avere solo un mese da vivere, da sfruttare al massimo ti fa
vedere in modo diverso molte cose. Per esempio la morte non è così brutta come
tutti pensano: è solo un modo per stare meglio. Non che abbia istinti suicidi.
O
l’amore. L’amore è un sentimento che pochi provano e la restante parte mente
con maestria, illudendosi.
O
l’amicizia. Già, begli amici quelli che ti tranquillizzano e ti stanno vicini
per un’intera vita e poi ti mollano lì, o ti sparlano alle spalle o ti mentono.
Per questo sono sempre stata per il detto “pochi amici ma buoni”.
Ma
si sa: ognuno di noi nasconde un segreto nel suo cuore; che sia superficiale o
no, infantile o meno, stupido o utile alla società. Nessun segreto è stupido,
se si guarda dal punto di vista della persona interessata, perché si capisce
come si sente, quali sono le sue sensazioni.
Per
questo vorrei continuare a nascondermi e non farmi vedere da nessuno. Peccato
che lui mi abbia già raggiunto dopo sette anni, ma perseguirò il mio
obbiettivo: resterò nell’ombra, come in tutti questi anni. Perché tutti
sappiamo che l’apparenza inganna; fuori sono sana, dentro ogni mia cellula muore
distrutta.
È
ormai riconosciuta la frase: “ l’apparenza è una fottuta copertura”.*
Anche
questa, come “ti amo” e “ti voglio bene”, è una frase fatta.
L'angolo di Mari
Vi
chiederete: che cosa sono questi pensieri messi alla rinfusa,
così? Sono i miei pensieri, le mie sofferenze che ho passato in
questo periodo. In questa fan fiction, che possiamo dire è la
fanfiction della mia "rinascita" nella quale mi sento più
matura, viene trattato un argomento che mi è molto a cuore, e
non è la morte, bensì la malattia, che scoprirete
più in qua. Questa ff rappresenta tutto ciò che ho
passato in questo periodo, la sofferenza e il dolore che ho subito per
la perdita di alcune persone importanti: tante cose tenute tutte
insieme che alla fine sono esplose e uscite fuori, su una stupida
pagina di Word nel 2010; ho deciso di condividerla con voi, sperando di
farvi tirare fuori un po' di fazzoletti per trasmettervi qualcosa al di
là del mio carattere forte. Fortunatamente sono soltanto stata
spettratrice di questo avvenimento, ma ho perso delle persone vitali
per me a causa di questa malattia e non auguro a nessuno che capiti
né di soffrire in questo modo né di averla, quindi vi
prego di non PLAGIARLA e COPIARLA,
perché così ferirete davvero i miei sentimenti e il mio
lavoro sarà tutto da buttare al cesso. E poi ne subirete le
conseguenze ovviamente. Davvero, alcuni esempi di plagio li ho visti, e
non ho alcuna intenzione di lasciarli andare via così. E giuro
che se COPIERETE questa fan
fiction offenderete me, i miei pensieri, i miei sentimenti (provate un
po' voi a perdere un amico per questa malattia) e le persone cui l'ho
dedicata.
Ora, dopo questo inutile discorso alquanto inquietante e noioso, ringrazio egg__s per il banner, tutti i meriti vanno a lei, e la frase segnalata dall'asterisco è di VeroJonasLover (che se non continua quella fic vado a cercarla a casa).
Se
ritenete questa fic degna della vostra attenzione, anche se non si
capisce nulla dal prologo, lasciateci una recensione mi farebbe molto
piacere, anzi, di più.
Questa fanfiction è dedicata a quelle persone che se ne sono andate lasciandomi con un vuoto dentro.
A
Rebecca, Silvia, Andreea e Giulia; grazie per il sostegno, per le
vostre meravigliose fic e per tutto ciò che viene chiamata
amicizia a distanza. In barba alla gente che diceva che non sarebbe mai
esistita.
Mari
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Capitolo 2 *** Capitolo primo. ***
capitolo primo
Hopeless
Capitolo
primo
Poteva
fare come tutti gli anni, cioè ignorarmi bellamente e continuare la sua vita da
perenne fenomeno da baraccone. Poteva tranquillamente andare a trascorrere le
vacanze in qualche isola sperduta, invece verrà qui a momenti e suonerà il
campanello di casa mia con la stupida scusa che dopo tanti anni vuole
rivedermi.
Ora
voglio solo stare da sola, voglio tranquillità, non un montato che viene qui
per dirmi chissà cosa.
Ho
un mese disponibile e desidero che lui non si intrometta nei miei affari: i
miei genitori, la mia migliore amica
rispettano la mia scelta, perché lui non dovrebbe farlo? Ricordiamoci che è una
rockstar e pretende che io sia ai suoi piedi.
L’ultimo
raggio di sole della giornata filtra attraverso la finestra, illuminandomi i
piedi scalzi; cammino verso la porta lentamente, come se volessi godere del
freddo parquet, la apro ed entro sulla veranda: si sta alzando un venticello
leggero, che mi accarezza i capelli, mentre il sole, pieno e arancione,
sparisce dietro le colline.
Aspetto.
Io aspetto, continuamente. Quando cavolo arriverà quell’attimo che mi porterà
via?
I
fari di un auto si stanno avvicinando, brillano come gli occhi di un gatto nel
buio: è inutile solamente pensare chi sia.
Per
quale motivo non mi muovo e scappo? Perché non ho più una ragione per fuggire,
prima o poi tutti devono affrontare le proprie paure, perfino la sottoscritta.
In
un attimo è di fronte a me, appoggiato alla ringhiera, mi sta fissando curioso,
mentre rivolgo tutta la mia attenzione al pavimento molto più interessante di
uno che cerca di attirarmi con le sue mosse da super “macho”.
“Brittany?
Hai intenzione di farmi entrare in casa oppure posso stare qui in eterno?”
Quanto
vorrei che tu stessi lì in eterno senza rompermi le palle.
“Non
sono accettate persone che mollano la loro migliore amica a dodici anni per
trasformarsi in rockstar che si credono i re del mondo – sibilo, guardandolo
finalmente in faccia, - la tua macchina è abbastanza spaziosa per farti da
hotel per tutta la notte”
“Ma
Brittany…” tenta di difendersi; è cambiato, tanto.
Pretende
che mi prostri ai suoi piedi, lo preghi di cantare per me e di metterci insieme
o chissà cosa passa per la sua mente perversa e bacata. Prima si limitava a
farmi ridere, a scherzare e a volte ci eravamo baciati anche, ma per scherzo;
io ero gelosa delle sue ragazze, lui dei miei; lui aveva promesso di restare,
ed era andato via. E avevamo dodici anni, poi a quattordici, dopo due anni di
contatti, ci siamo persi… addio.
“Non
pensare che mi pieghi e ti dica che ti amo e mi sei mancato o chissà quale
cazzata, perché non lo farei mai! Neanche se tu fossi morto! – sbraito, fuori
di me – l’unica persona a cui mi piegherò è il caro vecchio Freddie Mercury!”
Nick
gesticola, sorpreso dalla mia reazione, e un po’ irritato dal mio comportamento
alquanto infantile. Nonostante questo però, riesco a vedere i suoi occhi che si
inumidiscono: no, è tutta immaginazione, perché Nick Jonas non piange mai.
“Britt,
Freddie Mercury è morto!”
“Allora
vedi di morire anche tu se ti vuoi far apprezzare!” strepito, sbattendogli la
porta in faccia.
Non
posso aver detto questo al mio ex migliore amico, non posso essere stata così
cattiva: questa non sono io, questa è un’altra persona, un’altra Brittany.
Una
Brittany inacidita dal tempo che passa, dalla sofferenza, dalla scoperta, dalla
consapevolezza di non avere più un minuto per sé stessa, oppressa da gente che
vuole sapere di lei, di cosa l’affligge.
Sono
una persona che non versa più una lacrima da cinque, sette anni; una che ha
passato il liceo da asociale, senza nessuno, convinta che lui sarebbe ritornato
per ricostruire un rapporto che non esisterà più. Innamorata di un cretino
canterino, ma ora non lo è.
La
persona allegra di prima si è spenta, come una macchina a cui è finita la
benzina, come se non avesse più un motore che la spingesse in avanti.
È
strano parlare di sé stessi in terza persona… se è per questo è anche
inquietante. Probabilmente non sono in grado di costruire un ritratto della mia
personalità o del mio aspetto, perché sembro apparentemente normale, non come
una che ha appena lasciato fuori il suo amico di infanzia.
I
ricordi, come le emozioni, non muoiono mai; ma molto spesso ci vengono in mente
quelli negativi e non quelli positivi. Non capisco ciò: perché una persona
dovrebbe ricordare qualcosa che l’ha fatta soffrire e non qualcosa che l’ha
segnata in positivo?
Io,
al momento, preferirei che tutta la mia mente si cancellasse. Per vivere di
nuovo, forse? Macchè. Per stare meglio? Neanche. Forse solo per non conoscere
Nicholas, ma sono sicura che in qualche modo lo rincontrerei di nuovo, tanto
con la sfiga che ho.
Che
cavolo di ore sono? Le tre e sono ancora sveglia mentre quell’idiota sta
dormendo nella sua macchina da chissà quanti soldi.
Consapevole
del fatto di avere solo una maglietta addosso che non mi arriva neanche al
ginocchio, esco di casa (mi fa anche freddo) con passi pesanti: in un attimo mi
trovo di fronte alla macchina del mio ex amico che, guardando bene dal
finestrino, non sta dormendo neanche lui.
Fantastico!
Busso
al vetro, ma Nick non mi sente e continua a fissare il soffitto della macchina
con aria rassegnata.
“Ehi,
cretino, vuoi smettere fissare il soffitto e concedermi un minimo di
attenzione? Te ne sarei grata, visto che sto facendo questa cosa così difficile
anche per te!”
Finalmente
lui si degna di guardarmi con un sorriso: come vorrei che smettesse di farlo.
Apre la portiera e scende, squadrandomi da capo a piedi.
“Smettila
di fissarmi in quel modo – borbotto, acida, - e vieni a dormire in casa:
purtroppo non posso trattarti come un cane, perché se fosse così ti tratterei
peggio!”
Nick
grugnisce qualcosa, prima di chiudere la macchina e seguirmi dentro casa mia,
poi osserva curioso il soggiorno: ti piacerebbe vedere tutto come un tempo,
vero?
“Ma
hai cambiato tutto!” sbotta sorpreso.
Annuisco,
mentre lo guido verso la camera degli ospiti che purtroppo c’è sempre stata.
“Non
ho mai voluto ricordare, tanto i miei sono da mia nonna – spiego, sbuffando, -
ma questa è rimasta uguale”
Nick
appoggia la sua roba da una parte, osserva la stanza e poi mi fissa, mentre
impassibile mi immergo nei ricordi.
“Nick, smetti di
farmi il solletico! E basta, altrimenti mi tocca rifare il letto!”
“Assumiamo una
cameriera e lo rifarà lei” disse lui, nei suoi quattordici anni, abbracciandomi
la schiena.
Ridacchiai, mi
girai dall’altra parte e gli schioccai un bacio sulla guancia: Joe e Kevin
pensavano che ci fosse qualcosa di più tra noi, una specie di amore barra
amicizia, ma avevo sempre negato. Non avrei mai ammesso di essere innamorata di
lui.
“No, io lo rifarò
perché i miei mi costringeranno – sussurrai, mentre giocherellavo con l’anello
che aveva al dito, poi lo abbracciai di slancio: meno di due giorni e sarebbe
andato via, - ti voglio bene” sussurrai.
“Anch’io”
Io lo amavo, era
diverso.
“Britt,
prima non ti incantavi in questo modo – osserva Nick, facendomi ritornare alla
realtà. Scuoto la testa, come per riprendermi, e bofonchio qualcosa di
incomprensibile.
“La
casa è cambiata come te”
Mentre
mi volto verso di lui, mi viene naturale fulminarlo: parla quello che ha
passato la vita tra le chitarre.
“Io
non sono cambiata – borbotto un po’ contrariata, - sei tu quello che è
cambiato: se non ti aggrada la camera che ti ho dato, tornatene pure nella tua
macchina”
E
nell’attimo in cui pronuncio queste parole e me ne vado, Nick rimane lì, fermo
a fissare quella persona che non ci sarà più.
L'angolo di Mari
L'aggiornamento
di Hopeless è arrivato in ritardo, lo so, e vi chiedo
immensamente scusa, ma i problemi familiari si stanno moltiplicando a
vista d'occhio e ho poco tempo per fare tutto, vi prego di non odiarmi
anche perché non sono in una situazione facile. Sono convinta
però che "aiuti" a contribuire a questa storia, che avrà
una decina di capitoli più o meno, più vari missing
moments. Le parti in corsivo sono i RICORDI di Brittany.
Non
mi resta molto da dire se non GRAZIE. Grazie per sostenere questa fic
nata dai miei sentimenti, grazie per tutte quelle meravigliose 12
recensioni, che una ad una mi hanno fatta piangere e scoppiare in
lacrime perché mi stupisce quante persone possano capire il mio
dolore, grazie a quelle 20 fantastiche persone che hanno messo la
sottoscritta tra gli autori preferiti; grazie per non farmi sentire una
nullità.
Specialmente grazie a quelle che hanno recensito, facendomi capire che non sono sola: __PleaseStay;
AnUnderdog; elenasirtori; silviking; annavi; __OffTheChain; Lady Jonas;
Sofyjbthebest; ___Nicka; Lils_; ladyme; Demsmuffin. Grazie, un
grazie che viene dal cuore per queste meravigliose recensioni, anche se
non mi piace chiamarvi per nickname, ecco. Grazie anche a voi 5
che avete messo la storia tra le preferite e a voi 5 che l'avete messa
tra le seguite.
In
questo momento però, scusate per la predica lunga, ho la
sensazione di avervi deluse... scusatemi se questo capitolo non
è il massimo.
Spero proprio che continuiate a seguirmi,
dedicato a tutte le persone che hanno recensito, per essere fantastiche. Grazie davvero.
Mari
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Capitolo 3 *** Capitolo secondo. ***
cap 2
Hopeless
Capitolo
secondo
Ormai
è mattina, me ne accorgo perché sento il sole che mi sfiora il viso con
delicatezza: accidenti a me, che lascio le finestre aperte senza tenere le
persiane chiuse.
Non
voglio alzarmi. La fatica si è impossessata di me, ormai, non mi smuoverò più
dal letto per il lunghissimo mese che deve ancora trascorrere… poi magari mi
devo alzare per cucinare la colazione a quell’idiota che dorme nell’altra
stanza! Non ci penso neanche.
Combattendo
contro la mia pigrizia riesco a malapena sollevarmi dal letto e guardare il mio
riflesso nello specchio posto di fronte al mio paradiso del sonno; ovviamente
ho tutti i capelli scompigliati, due occhi che invocano pietà e una faccia
mostruosa.
Grugnisco,
percorro il corridoio spoglio di oggetti, scendo le scale con passo pesante e
in un attimo mi ritrovo in cucina, ancora assonnata. Mi sorprende vedere
Nicholas che sta tranquillo al tavolo a bere un caffè, già vestito, che
utilizza l’iPhone senza fare casino.
“Buongiorno”
Nick saluta appena mi vede, in risposta borbotto qualcosa, ignorandolo e
dirigendomi verso la macchinetta del caffè.
“Il
buongiorno si vede dal mattino - dice poi a bassa voce – Britt, si può sapere
perché fai così?”
Appena
mi volto con la tazza in mano, vedo Nick che mi guarda, in attesa di una
spiegazione, in quegli occhi nocciola ripercorro quel passato che voglio
dimenticare. Il suo telefono è appoggiato da una parte, inerme.
Mi
sento terribilmente a disagio, come se
un masso stia per colpirmi e farmi male, per questo non rispondo, tenendo gli
occhi bassi.
“Brittany,
tu non ti sei mai comportata così – prosegue Nick, imperterrito, - la Brittany
che conoscevo non mi avrebbe mai sbattuto la porta in faccia, né mi avrebbe
parlato come stai facendo adesso: cosa c’è che non va?”
“Non
ti ho ancora parlato” ribatto secca.
Maledizione,
tu mi conosci così bene e forse hai anche ragione.
Chi
è qui la persona che ha cambiato il suo atteggiamento? Sono io, accecata dal
dolore e dalla sofferenza, o è lui, ricompensato con la fama e la gloria?
Resto
ancora in silenzio, mentre vedo segni di impazienza in lui, che ticchetta
nervosamente le dita sul tavolo.
“Visto
che non vuoi parlare – esordisce finalmente Nick, alzandosi dalla sedia, -
faremo quel gioco che ti piaceva tanto a quattordici anni”
Nick
conosce ogni angolo oscuro di questa casa, quindi sa perfino dove sono i dadi:
torna poco dopo con quei consunti cubi di legno fabbricati da me e mio padre,
nascosti sempre nel solito cassetto.
Con
titubanza mi siedo di fronte a lui e osservo curiosa quei due cubetti, di cui
non si distinguono neanche i numeri incisi sopra con il coltello.
“Brittany,
se sto facendo questo è perché voglio capire cosa hai – dice Nick: mi sbaglio o
è strano che sia così umano? – se esce pari parlerò io e ti dirò un mio
segreto, dispari sputerai tu il rospo”
Annuisco,
ma sono poco convinta. Nell’attimo in cui Nick lancia i dadi sul tavolo,
socchiudo gli occhi e mi passo una mano tra i capelli biondi, poi li riapro.
“Dispari”
mormoro, sorpresa: questo significa che tocca a me parlare.
Boccheggio.
Non ce la faccio e non ce la farò mai a dirglielo: incrocio il suo sguardo
incoraggiante, ma non apro bocca.
“Brittany…
- sospira Nick, sconsolato, - facciamo al meglio di tre”
Anche
in questo modo non mi salvo: due dispari, un pari. Sembra che la natura sia
contro di me, così mi alzo e con passi pesanti mi reco in salotto. Dopo aver
aperto un cassetto dell’armadio a muro, ne estraggo una cartellina con il mio
nome scritto sopra: appena sono davanti a Nick con la busta, mi blocco e mi
accascio sulla seggiola, sempre tenendo stretti quel pacco di fogli.
Il
mio corpo trema, il mio animo è sconquassato da tutte queste sensazioni ed
emozioni che mi travolgono: i miei occhi sono lucidi, ma non ho mai pianto in
tutto questo tempo, quindi perché dovrei farlo ora? Nick mi destabilizza, tutti
lo sanno. Fa in modo che le mie difese cadano come un dannato castello di
carte, mi riporta alla mente ricordi ormai rifiutati e cancellati.
“Britt,
stai bene?” chiede preoccupato.
Annuisco
con energia nella mia inutile resistenza a questa sensazione. Dopo avermi
squadrata per un po’, Nick sospira, passandosi una mano tra i capelli ricci e
dice che dovremmo entrambi dire i nostri segreti più importanti insieme: sono
d’accordo, ma lo correggo. Il mio segreto è uno soltanto.
Poso
con immenso coraggio la cartellina di fronte ai suoi occhi, che mi fissano con
apprensione nel mio sforzo psicologico: nessuno sa questa cosa eccetto i miei
genitori e la mia migliore amica Emy.
“Diabete
- sussurra Nick, fissando turbato quella busta – 2005”
Il
nostro ultimo incontro è stato nel 2006, a gennaio. Perché non me l’ha mai
detto? Mi ha mentito, tenendomi tutto nascosto.
“Perché
non me l’hai detto prima? Io ti avrei capito” soffio scuotendo la testa.
Si
capisce subito che Nick sta ancora male per il diabete: non lo accetta, forse?
Penso che sia il momento giusto per ammirarlo, sia come persona sia come
musicista: tra poco compirà diciannove anni ed è famoso in tutto il mondo, non
arrendendosi mai, combattendo quella malattia che si terrà per tutta la vita.
Il
silenzio, ormai calato da troppo tempo, si rompe e ci fa riemergere dai nostri
pensieri, dalle nostre paure, che ci stanno travolgendo in una piccola cucina
ad uno stupido gioco di dadi.
“Britt,
sarei partito – dice Nick con gli occhi bassi, - non volevo farti preoccupare”
“Ora
hai fatto peggio, Nick. Mi hai mentito, e sono sicura che tu ti ricorda del mio
odio nei confronti delle bugie”
“Promettimi che
saremo amici per sempre e non mi dirai bugie”
Eravamo nel prato
dietro casa mia, quel prato colmo di margherite fiorite che ci piacevano tanto,
dove un albero solitario compariva quasi come se fosse stato un’illusione
creata dal sole caldo. Ci tenevamo per mano, come qualsiasi bambino faceva a
nove anni.
E in quell’albero
erano rimasti i segni di una tenera infanzia, di un’incapacità dovuta alla
giovane età e di due lettere incise accuratamente con un taglierino, utilizzato
di nascosto e con la paura di tagliarsi un dito.
Sprazzi
di ricordi perduti affiorano nella mia mente in un girovagare confuso e
tormentato: non è il momento giusto per ricordare.
“Lo
so, Britt, mi dispiace, ma anche tu hai mentito” dice Nick, sfiorando
intimorito la carta di fronte a lui.
“Io
non ho mentito, Nicholas – replico ferita, - l’ho fatto perché avevamo entrambi
dimenticato: per quale motivo sei venuto qui? In questo posto non riceverai
niente delle cose a cui ormai sei abituato”
Nick
abbozza un sorriso mesto, preso dallo sconforto.
“Non
sono venuto qui perché cercavo la fama o chissà cosa: solo la mia migliore
amica, qui c’eri solo te”
“Promettimelo,
Nick. Prometti che non dirai bugie”
Aveva esitato un
po’ prima di rispondere.
“Sì, Britt.
Promesso.”
Quell’ultima
parola mi risuona nella testa come un promemoria, come se mi invitasse a
rivivere quei momenti ormai cancellati. Abbasso gli occhi istintivamente,
quando Nick, poiché si era accorto della mia titubanza, prende la cartellina
colma di documenti e l’apre, posando lo sguardo sulla prima pagina.
I
suoi occhi si dilatano, increduli, spaventati.
“Cancro
– mormoro con voce flebile, - stato avanzato. Un mese di vita”
Nick
lascia cadere la scheda a terra, mentre le lacrime si raggruppano con violenza
ai miei occhi: la resistenza è stata vana.
La
ricomparsa di Nick ha fatto traboccare il vaso colmo di ricordi rifiutati, di
sofferenze dovute alla mancanza di una presenza fissa, che ormai se ne era
andata da tempo e che poi è tornata di nuovo.
Una
mina antiuomo, ecco cosa sono. Una persona instabile che cerca di trattenere
centinaia di cose dentro di sé e che poi esplode dopo essere arrivata ai suoi
limiti ed oltre, coinvolgendo così i suoi affetti.
Eccola,
l’esplosione. Ed è totalmente inutile trattenerla, perché ormai la verità è
uscita fuori.
Le
mie difese costruite con così tanta devozione e pazienza crollano ad un minimo
ostacolo chiamato Nicholas.
Come loro
cadono, io scoppio nel pianto.
L'angolo di Mari
No,
questo capitolo no. Non mi piace per niente nonostante sia più
lungo degli altri e si scopra la malattia di Brittany, nonostante io
abbia pianto mentre lo scrivevo perché i ricordi venivano a
galla. Non riesco, e basta. Non riesco a trasmettere quello che vorrei,
a volte mi sento una stupida e mi chiedo: ma perché sto
scrivendo questa fanfiction? Per rendermi ridicola di fronte agli altri
e farmi vedere come una debole? Ma, purtroppo, lo so benissimo che in
fondo sono una debole, e tutti lo siamo. Non possiamo mantenere
ciò che proviamo tutto dentro, poi esplodiamo... come ha fatto
Brittany, come farò io a momenti.
Rubatemi Brittany e rubate me stessa, allora sì che potrò
dire di ritirarvi, perché mi farete profondamente SCHIFO; non
riesco nemmeno a concepire l'idea di un plagio. Non a caso Brittany
è un nome studiato.
Non riesco a dire altro se non grazie a voi che recensite, GRAZIE.
davvero. Passerei ore a ringraziarvi una per una e visto che so i nomi
di ognuna di voi, vi ringrazio nome per nome, perché i nickname
non mi piacciono (e suppongo che siano questi i vostri nomi, se
sbaglierò mi potrete uccidere): Andreea,
Sarah, Ilaria, Rebecca, Elisabetta, Giulia, Sofia, Silvia, Elena,
Francesca, Giulia, Stefania. Grazie, non so che farei senza di
voi.
Grazie a voi 9 che la
tengono tra le preferite (quelli che non recensiscono non abbiano paura
a lasciare una loro opinione, non mangio); a quei 6 che la tengono tra le seguite (stesso discorso per loro)... perché tengo davvero a questa storia.
Molte hanno detto che Nick è presuntuoso: no, non
lo è. E' solo l'impressione di Brittany, ricordiamoci che
è raccontata dal suo punto di vista. Quindi grazie ancora di
tutto e per la vostra attenzione, siete fantastici!
A voi che recensite, vorrei scrivere una shot, qualcosa, per tutte voi per dimostrarvi la mia immensa gratitudine.
A Julie, specialmente. Perché tu ritorni come prima, a volare,
perché tu possa essere felice dopo questo periodo di buio come
il mio. Sappi che ti voglio bene.
Mari
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Capitolo 4 *** Capitolo terzo. ***
cap 3 hope
Hopeless
Capitolo terzo
Quanti
minuti sono passati? Trenta? In questi trenta attimi non ho smesso di piangere
neanche un momento e, mentre mi consumavo nelle mie lacrime, Nick guardava
ancora incredulo il foglio, ormai raggrinzito dalla presa delle sue mani, dopo
averlo recuperato.
Alla
fine vedo spuntare una lacrima che scende lentamente dai suoi occhi; è un
evento più che raro osservarlo mentre piange.
Con
rabbia Nick si strofina la guancia, lascia cadere la scheda sul tavolo e guarda
il mio viso stravolto da tutta quella sofferenza. E la domanda sorge spontanea
dalle sue labbra.
“Perché
non me lo hai detto?”
Il
motivo per cui non gliel’ho mai rivelato può capirlo da solo: mi aveva
dimenticata, lasciata nel passato che ha fatto di nuovo capolino.
“Eri
andato via da tanto tempo – sussurro flebile, la voce rotta dalle lacrime, - mi
avevi dimenticata: perché avrei dovuto distruggere il tuo paradiso?”
Nick
mi guarda con la disperazione negli occhi, un po’stupito dalle mie parole, che
sono prettamente la verità: avevo sempre detto che era troppo preso dalla
musica per tornare indietro, e avevo torto.
“Brittany,
sei stata una parte della mia infanzia, quella con cui ho condiviso dei ricordi
bellissimi… eppure tu dici questo – dice Nick, in sua difesa, - se tu mi avessi
chiamato e mi avessi informato, sarei venuto prima da te. Invece so questa cosa
solo durante una visita di cortesia”
Se
non fossi così orgogliosa, lo abbraccerei: sento quel vecchio sentimento che mi
riscalda il cuore di nuovo. Lo avevo cancellato per sempre, non può tornare
adesso.
Resto
in silenzio, mentre il coltello della malattia viene infilato sempre di più
nella piaga del mio corpo: Nick è ferito, arrabbiato, invece io non percepisco
niente.
“Avevi
lavorato così tanto per quel progetto che sognavi con Joe e Kevin, poi era
passato troppo tempo: tu non avresti rinunciato alla musica, ne sono sicura”
replico, strofinandomi il viso con il palmo della mano.
Nick
si accascia di nuovo sulla sedia con le mani tra i capelli, in un miscuglio di
emozioni devastanti.
“Cazzo,
Brittany, sei la mia migliore amica! – sbotta, frustrato, - pensavi realmente
che ti avrei lasciata sola?!”
Gli
occhi mi si riempiono di nuovo di lacrime e resto di nuovo in silenzio,
incapace di rispondere.
“Che
hai fatto finora per curarti?” chiede Nick, abbassando la voce per non
spaventarmi ulteriormente.
Deglutisco,
nervosa, strofinandomi di tanto in tanto gli occhi per asciugare le lacrime
rimanenti, e sospiro affranta.
“Niente,
Nick – mormoro cauta, - non ho fatto niente, neanche la chemioterapia, perché
non ho voluto curarmi sin dall’inizio”
So
che ora esploderà, urlerà e imprecherà. Invece il ragazzo va contro ogni mia
aspettativa: i suoi occhi color cioccolato incrociano i miei azzurri e scuote
ripetutamente la testa, incredulo.
“Perché
non l’hai fatta, la chemio?” chiede Nick, con la voce rotta e flebile.
I
sensi di colpa mi investono: non avrei mai pensato che la mia malattia e la mia
prossima morte potesse fare così male. Avevo sempre creduto di essere sola, per
questo motivo mi ero ritirata in casa senza vedere nessuno, solo per avere la
percezione di non possedere più niente.
So
perfettamente che i miei genitori non sono stati i migliori del mondo e sono
consapevole del fatto che Emy non è la mia migliore amica, ma una stronza di
prima categoria. Ma io avevo probabilmente scelto lei perché era un facile
ripiego per Nick, dopo la sua partenza.
Se
fosse mia amica, mi avrebbe detto che non dovevo isolarmi e invece è da qualche
parte a divertirsi.
“Perché
mi ero rassegnata e pensavo che la vita tanto prima o poi dovesse finire. Mi
sentivo sola e abbandonata, non volevo illudermi di avere una speranza di
guarire, facendomi sottoporre a delle radiazioni o roba del genere” spiego,
socchiudendo gli occhi, in attesa della sua reazione.
Nel
viso di Nick vedo soltanto stupore: mi sta chiedendo involontariamente il
motivo della mia scelta, un perché così forte e grande che mi risuona nella
testa anche se non è pronunciato.
“Okay,
tu devi essere impazzita – borbotta Nick, scioccato, - non dirmi che non ti sei
fatta curare per una questione estetica, perché potrei esplodere”
Ho
probabilmente raggiunto il limite: le lacrime non scendono più, alla tristezza
si è sostituita una gran rabbia; come può solamente pensare questo?
Mi
alzo dalla sedia, decisa ad andarmene, ma lui mi blocca per un polso e mi
costringe a fissarlo negli occhi.
“Nick,
ho abbandonato la scuola da un anno e mezzo per poter convivere con questa
malattia, eppure non ho fatto niente per curarmi, perché sapevo che sarebbe
stato inutile. Ma non puoi dire che l’ho fatto per una questione estetica, così
mi offendi” spiego, ferita, ma lui non dice niente.
Mi
sento avvolgere dalle sue braccia calde con affetto,
una sensazione che non avevo mai provato prima o almeno non l’avevo provata da
tanto tempo, cioè da quando se ne era andato: quante volte avrei voluto rifarlo
di nuovo. Farmi stringere da quelle braccia così familiari e amichevoli, le
braccia del mio migliore amico.
Il
mio cuore inizia di nuovo a battere forte, un sentimento assopito si risveglia
dentro di me, sconquassandomi: mi ero promessa che non sarebbe accaduto di
nuovo, ma la vita –questa breve vita- è imprevedibile.
“Brittany,
ascoltami – mi sussurra in un orecchio, facendomi scuotere dai brividi, - in
questo poco tempo io sarò sempre qui per te, e rimedierò agli anni passati.
Ricordati che sei la ragione per cui sono qui”
Una
lacrima scende lenta sul mio viso. Sì, io gli voglio bene e forse qualcosa di
più.
“Grazie,
Nick. Grazie.”
Sono
riconoscente nei suoi confronti, perché dopotutto, nonostante anni di
lontananza, anni in cui l’ho odiato, è ancora qui con me e non dà alcuna
importanza agli insulti che gli ho rivolto inizialmente, ieri sera.
“Ti
voglio bene, ricordatelo – mi sussurra Nick nelle orecchie, mentre abbozzo un
piccolo sorriso, - anche se non ci vediamo da tanto tempo, ti voglio tanto
bene”
Sono
quasi felice; un lume, la mia piccola speranza, è tornata. Penso che ora ci sia
un motivo in più per sorridere e per godere al massimo dell’ultimo mese, per
stare con Nick, per vivere gli ultimi attimi e per poi andarsene per sempre.
L’iPhone
di Nick squilla, mentre sono ancora immersa nell’abbraccio e sbuffo, scocciata.
“No,
il mio caffè si è raffreddato!” mormoro, sconsolata, mentre lui risponde al
telefono, probabilmente a quel babbuino di Joe.
Odio
Joe e il suo tempismo del cavolo, dimostrato anni addietro.
“Mi mancherai
tanto, Nick. Scrivimi e vieni a trovarmi spesso”
A quattordici anni
ero davvero convinta che lui avrebbe mantenuto la promessa; e in quel momento,
in un minuscolo aeroporto, mani nelle mani, guardandoci negli occhi, ci stavamo
lasciando. Ero speranzosa di rivederlo, per almeno sentire quel battito forte
del cuore di nuovo.
Lui aveva annuito
con energia, e si era chinato per baciarmi. L’ultimo bacio.
Il mio cuore
andava a tremila, come una Ferrari sulla tangenziale, il mio respiro era
affannato ed ero dannatamente pronta e sicura, ma…
“Ehi Nick, ti vuoi
muovere? Mamma sta perdendo la pazien… ops” aveva urlato Joe; sia io che Nick
ci ritirammo imbarazzati.
Da quel momento
capii che Joseph Jonas aveva un fottutissimo tempismo di merda.
Mentre
Nick borbotta qualcosa di scocciato al telefono, sicuramente a suo fratello
maggiore, preferisco darmi una sistemata e recuperare quella dignità e quei
cocci caduti a terra: tutto ciò che è rimasto delle mie difese.
Con
calma butto via il caffè, espiro e comincio a pulire la cucina, come ho sempre
fatto in questo anno, mentre ricordi confusi affollano la mia mente; so che
l’atmosfera di prima è andata via, probabilmente il mio carattere acido e
stronzo farà capolino tra trenta secondi.
Non
è stata una cosa facile confessare di avere il cancro, lo ammetto. Le
difficoltà si sono sentite maggiormente con Nick che con le altre persone cui
ho parlato di questa malattia: mi è venuto quasi spontaneo dirlo ai miei
genitori, alla mia migliore amica… come se in fondo in fondo al cuore non me ne
fregasse un bel niente. E forse questo malandato organo vitale ha ragione.
Guardo
oltre la finestra, completamente isolata nel mio mondo; il bisbigliare di Nick
al telefono si fa più basso, quasi a scomparire.
Riesco
a vedere la mia vicina di casa che esce con il cane e sua figlia che sta tranquillamente
cavalcando nel recinto che le costruì mio padre, quando il suo si ruppe un
braccio e non era molto di aiuto.
Mi
ricordo che anch’io cavalcai una volta, in quel recinto. Beh, avevo solo dieci
anni, ma è come se fosse ieri.
“Dai Brittany,
puoi farcela”
Scuotevo la testa
continuamente: avevo tanta paura di quel cavallo, perché era gigantesco. Mia
madre ripeteva continuamente che potevo farcela a saltare su quel dannato
animale, lo feci soltanto quando Nick, con un salto felino, scavalcò prima la
staccionata e poi montò sul cavallo, aiutato da un istruttore.
“Dai Britt, io ce
l’ho fatta, tanto so che sei una schiappa e non ci riesci!”
Odiavo le sue
continue provocazioni, ma quelle erano il motivo per cui alla fine salii su
quel dannato cavallo e, all’istante, Nick scivolò su un lato dell’animale, a
mezz’aria.
“Chi è che adesso
non ce la fa?” ridacchiai, mentre nello stesso momento, scossa dalle risate,
anche io caddi a terra, scivolando dalla pancia del cavallo.
“Ah,
il cavallo, Britt”
La
voce di Nick mi fa riemergere dai ricordi della mia infanzia, ma quello è un
ricordo abbastanza doloroso visto che il mio fondoschiena non ne giovò molto della
caduta.
Abbozzo
un raro sorriso, mentre mi stringo le braccia, un po’ infreddolita e ancora
vestita nel mio pigiama barra maglietta che non mi copre un bel niente.
“Adoravo
il tuo cavallo” commenta Nick divertito, avvicinandosi.
“Ma
perché mi aveva fatta cadere! Sei crudele - replico; il mio viso si piega in
una smorfia di disappunto, - cosa voleva tuo fratello Joe?”
Nick
mi concede uno dei suoi rari e meravigliosi sorrisi: nelle foto non l’ho mai
visto sorridere, né dare un segno della sua felicità; forse voleva conservare
la sua immagine?
“Oh,
si vede che ci conosci – borbotta, - vuole mollare la sua ragazza: dice che sta
cominciando ad odiarla”
Lo
guardo appoggiata alla parete, con gli occhi che mi brillano: una volta era
capitato che mi fossi presa una cotta per Joe, ovviamente passeggera, visto
che, appena se ne era andato, ero tornata da Nick senza problemi.
“Brittany è
innamorata di Joe!” mi prese in giro il mio migliore amico, gironzolandomi
attorno.
Scossi la testa,
convinta del contrario, ma il rossore delle mie guance mi tradiva.
“Nick, non sono
innamorata di tuo fratello!”
“Brittany ama Joe!
Brittany ama Joe!” ripeté Nick, saltellando come un ossesso.
Quasi mi misi a
piangere: non sopportavo le persone che mi prendevano in giro e mi deridevano.
Fui salvata dal tempestivo arrivo di Denise, che richiamò quell’idiota di suo
figlio a rapporto.
Quando Nick se ne
andò, la prima cosa che feci fu sfogliare una margherita, pensando a quanto
fosse carino Joseph Jonas. Peccato che qualche anno dopo suo fratello Nick gli
contese il primato. E vinse.
“Onestamente
ho sempre odiato Ashley Greene, la trovo alquanto superficiale e stupida. Mi
sto sbagliando?” affermo, con aria saccente.
Nick
fa una smorfia, che però non mi dice se è d’accordo con me o no.
“Non
sarai mica gelosa? – chiede Nick con un sorrisetto poco raccomandabile –
dopotutto sappiamo tutti che avevi una cotta per lui a dieci anni”
Siamo
sulla stessa linea d’onda, probabilmente, ma ciò che ha detto mi ha infastidita
in qualche modo.
“Peccato
che a quattordici anni, quando te ne sei andato, io fossi innamorata di te -
rispondo secca, - vado a cambiarmi”
Mentre
mi allontano contrariata, vedo che Nick è rimasto immobile a fissare una
mattonella del pavimento, incredulo di ciò che ho appena rivelato. E sono
anch’io stupita del mio coraggio.
Probabilmente
adesso mi infastidirà con questa storia e mi chiederà se sono ancora innamorata
di lui; esiterei un po’ prima di rispondergli, ma poi cederei.
La
risposta? Sarebbe un po’ indecisa, ma poi ricadrebbe su un sì soffiato.
Non
so ancora ciò che provo, anche se Nick è rimasto nei miei pensieri fino ai sedici
anni, facendomi annegare in un mare di dispiacere e dolore aggravato dal
cancro.
E
poi? Beh, il tempo passa e le ferite guariscono, lasciando spazio ad altri
problemi. Onestamente credo di aver ucciso l’atmosfera di nuova amicizia
ritrovata che c’era prima, dopo l’abbraccio e le confessioni.
Sono
sicura però che lui non mi chiederà mai una cosa del genere, visto il suo
carattere poco sfrontato.
“Bene
Nick, – dico, appena scendo le scale con un apparente passo leggero e sereno, -
che ne dici di mangiare?”
L'angolo di Mari
Scusate
per l'attesa, ragazze. Davvero, scusate tanto. Non mi piace molto
questo capitolo, lo devo ammettere, anche se Nick e Brittany si
avvicinano di nuovo, come amici. L'unica che ha captato qualcosa nello
scorso capitolo è stata Elena, che ha chiaramente espresso un
dubbio su ciò che Brittany prova per il suo migliore amico e,
beh, qui mi sembra abbastanza chiaro. Questa però, non è
una storia di amoreggiamenti, amore e chissà che altro: questa
storia è sui ricordi, questa storia è su una malattia. Ma
allora, la volete davvero sentire la storia di Hopeless? Forse
sì, forse no, potrete saltare questa parte se vi annoia e
arrivare diritti alla fine.
Hopeless nacque un mese fa, dopo che ero finalmente scoppiata nel
pianto dopo aver scoperto la morte di mio zio e tutte le altre messe
insieme. Hopeless è un insieme confuso di sofferenze, che
partono dal 2006, quando mia madre perse la sua migliore amica per il
cancro e io piansi tutto il tempo perché era una seconda mamma
per me; nel 2009 subii un altro lutto, dove il punto di riferimento
della mia vita cioè mia nonna se ne andò, dopo quattro
mesi persi anche mio nonno, e quest'anno mio zio. In due anni ho tenuto
tutto dentro. Quando ho subito cos'era successo all'altra mia nonna,
sono esplosa e ho buttato giù il prologo tra le lacrime, il
primo capitolo, il secondo, il terzo eccetera, fino al nono e al
decimo. E ora grazie per aver seguito la storia di Hopeless e Hopeless
in particolare, se vi è interessata.
Grazie
a quelle quindici recensioni magnifiche cui risponderò
più tardi; grazie a voi dieci che l'avete tra le preferite; a
quella che ha tra le ricordate; a quei sei che la tengono tra le
seguite. Non avete paura a lasciare una recensione, mi farà
felice. I capitoli inizieranno a essere un po' più allegri
perché si entra nei ricordi.
E grazie, grazie per tutto e per essermi vicine.
A Rebecca, perché questi uomini possano capire quanto siano stupidi e che questo ti tiri su.
A
Irene, solo perché è lei e perché sente i miei
scleri su Selena Gomez, Miley Cyrus e Demi Lovato nonostante non le
sopporti.
Mari
|
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Capitolo 5 *** Capitolo quarto. ***
capitolo 4
Hopeless
Capitolo
quarto
Questa
mattina è il remake di ieri: Nick al tavolo che gingilla quel dannato Iphone,
io che scendo da camera con una faccia da funerale e vestita come una barbona…
tutto uguale, come se fosse una routine.
“Hai
dormito sotto un ponte, questa notte?” chiede Nick divertito.
Quando
mi sono alzata non ho guardato neanche nello specchio per vedere le mie
condizioni, ma dal commento del mio amico devo essere proprio penosa.
“Ma
che ne so – borbotto, sorseggiando il caffè, - avrò sognato qualcosa che non
ricordo e mi sarò rigirata nel letto per conciarmi così”
Lui
ride, quasi come per prendermi in giro.
“Nicholas
sei infantile. Che vuoi fare oggi?”
È
strano che questa situazione si sia quasi capovolta: è vero, gli insulti e la
discussione di ieri si sono quasi affievoliti, ma in me il turbamento causato è
ancora vivo, invece in Nick sembra che non ci sia più niente, nemmeno una
traccia.
Menomale
che la giornata è iniziata con una risata, altrimenti gli avrei urlato contro.
Nick
si stringe nella spalle, appoggiando la testa sulla mano e mi dà la possibilità
di decidere per lui: so benissimo dove portarlo per fare in modo che almeno un
ricordo gli passi per la testa.
“Ti
faccio fare il tour della casa” convengo pensierosa, le labbra arricciate e la
tazza quasi vuota in mano, la quale finisce poi nel lavandino.
Lui
si stringe nelle spalle con un po’ di insicurezza e annuisce, prima di seguirmi
lungo un corridoio, nella stanza che più amava quando eravamo piccoli: la camera
della musica.
Lì,
tutto è immacolato e uguale.
Appena
apro la porta, Nick ha uno sguardo vacuo e fissa colpito la stanza: i ricordi
più belli vengono a galla, come sempre.
Nick,
quasi come ipnotizzato, si avvicina agli strumenti musicali, ma specialmente ad
uno: il pianoforte, ormai coperto di cellophane per evitare che la polvere si
potesse posare sopra. Era innamorato di quello strumento.
Lo
accarezza, sempre con uno sguardo vacuo, come se trovasse un vecchio amico:
sembra quasi sorpreso dal fatto che sia fermo e immobile, lì.
Mi
avvicino a Nick un po’ timorosa, e continuo a fissarlo, curiosa di vedere la
sua reazione, mentre lui gira attorno allo strumento musicale: qui dentro ci
sono i ricordi più belli, specialmente i suoi, amava questa stanza quando
eravamo bambini.
“Lo
suoni ancora?” chiese Nick, sfiorando il cellophane che copre il pianoforte.
Schiocco
la bocca in segno di negazione.
“No.
Ho smesso di suonarlo dopo un po’ che te ne sei andato: non mi piaceva più”
Sono
quasi sei anni che non sfioro i tasti di quel piano, prima amavo farlo perché
Nick mi accompagnava, poi ho smesso, ben sapendo che non avrei retto e avrei
pianto ad ogni singola nota che suonavo.
Sento
gli occhi castani di Nick su di me, assorta nella contemplazione del pianoforte
e nei miei pensieri, finché la sua voce non mi fa riemergere nella realtà.
“Beh,
ora iniziamo di nuovo. – esordisce lui, tirando il cellophane a terra con un
scatto rapido e alzando una nuvola di polvere, - vieni qui”
Con
un cenno della mano mi invita a sedermi sul panchetto, timorosa mi avvicino e
mi siedo al suo fianco. Indico un tasto con un dito e poi un altro, un altro e
un altro ancora, ricordando tutte le note sia quelle nere che quelle bianche.
Nick
sfiora il primo tasto, il Do: una dolce melodia si scatena nella mia testa, le
risate di quattro bambini si confondono insieme alla canzone, uno sprazzo di
vita passata torna alla vita.
“Forza Joe, muovi
quel tamburello!”
Joe cercava di
saltellare e di scuotere il tamburello, ma conoscendolo se lo sarebbe tirato in
testa a momenti; Kevin suonava la chitarra con tanta maestria che mi faceva
schiattare dall’invidia; Nick sbatteva così forte quei bastoncini sulla
batteria che presto l’avrebbe sfondata, mentre mi dilettavo al pianoforte cantando a squarciagola canzoncine di Peter
Pan.
E ci divertivamo
così, causando le ire dei vicini e quelle dei miei genitori.
“Te
la ricordi, Britt? – chiede Nick, sorridendo, - era la nostra preferita”
Annuisco
con energia con un piccolo sorriso che mi varca il viso, poi poso la mano sul
pianoforte: non sono sicura di volerlo fare. Quando l’ho lasciato al suo
destino, in quel pianoforte ho lasciato una parte di me e dei fratelli Jonas.
“Pensavo
che non avrei mai più suonato - dico, socchiudendo gli occhi, - pensavo che non
tornassi, e invece sei qui”
Lui
abbozza un minuscolo sorriso, riprende a sfiorare i tasti e lentamente le note
di “A little bit longer” si diffondono per la stanza.
Ancora
un po’ e starò bene.
Oh,
quanto ti sbagli Nick; è vero, tu starai bene, ma io no.
Tu
continuerai la tua vita, anche se continuamente malato, ma io me ne andrò per
sempre.
Non
proverò la gioia di essere madre, non avrò figli, non vedrò i loro sorrisi, non
vedrò crescere qualcuno che amo, non amerò, non mi sposerò, non proverò le
emozioni e le delusioni che si affrontano dai venti anni in su. Non visiterò
mai alcuni posti che amo, come l’Italia, non farò spese a Parigi, non andrò in
luna di miele con l’amore della mia vita, non avrò la soddisfazione di aver
finito scuola e università, non andrò ad addii al nubilato, non assisterò a
matrimoni, non invecchierò e non avrò nipoti.
Non
potrò assistere ad un tuo concerto, non potrò salutarti da dietro le quinte con
nostro figlio in braccio, non potrò essere tua moglie o la tua ragazza, perché
resterò perennemente la tua migliore amica che se ne è andata per il cancro a
diciannove anni.
Tu,
nonostante il diabete, puoi fare tutto; io niente.
Tu
puoi vivere, io no.
Puoi
avere una famiglia, vivere felice e di ciò sono contenta: almeno saprò che non
sentirai la mia mancanza.
La
canzone finisce con una lacrima, anzi due, una mia e una tua. Piangi per te
stesso o per me?
“Tocca
a te, Brittany”
Non
ricordo come si fa a suonare un pianoforte, ma comunque mi lascio andare con un
sospiro: quello che ne uscirà fuori sarà quello che provo, forse la melodia è
un mix di disperazione, rassegnazione e un minimo di felicità.
Muovendo
velocemente le dita sui tasti, note alte si alternano freneticamente a note
basse, felicità a tristezza: ciò che suono è ciò che mi rispecchia, sono i
sette anni senza Nick, sono i tre anni della malattia, della solitudine.
Tutto
finisce con una nota cupa e bassa. Tutto finisce con la morte.
“Sapevo
che avevi ancora quel talento” commenta Nick, stringendomi le spalle.
“So
di essere senza speranza” sospiro.
Il
silenzio occupa la stanza della musica, la stanza dei ricordi, l’immagine di
due migliori amici che si abbracciano mi appare davanti come un flash: siamo
nella stessa posizione, come in quella di cinque anni fa.
Nick
lascia un leggero bacio tra i miei capelli, mi stringe più forte e appoggio la
testa sopra la sua spalla: siamo esattamente quei Brittany e Nick del passato, soltanto un po’ cresciuti
e diversi. E con un cuore che batte forte, un sentimento chiamato amore che torna
alla vita.
Ma,
nonostante questo, siamo sempre i soliti Nick e Brittany, e lo saremo anche in
futuro.
L'angolo di Mari
In
questo capitolo ho messo me stessa, almeno in alcune parti e c'è
una mia grande passione: il pianoforte. Suonavo il pianoforte fino a un
anno fa poi ho smesso per colpa degli impegni, ma quella mia grande
passione l'ho infilata anche qui dentro. Io non so che dirvi se non
grazie, amo le vostre recensioni... non mi fanno sentire una stupida
per aver scritto questa storia. Grazie mille a tutte, davvero, vorrei
scrivervi qualcosa per riconoscenza ma non ho niente e poche
idee. Hopeless verrà aggiornata molto spesso, probabilmente ogni 2 o tre giorni.
Grazie a voi 10 che l'avete messa tra le preferite, a te che l'hai messa tra le ricordate e a voi che 7 che l'avete messa tra le seguite. Grazie a voi 24 persone per avermi messo negli autori preferiti: vi amo, davvero.
Scusate se sono breve.
A voi recensori, grazie mille.
A te, per il discorso di oggi e per avermi fatto capire che non sono per niente sola <3
Mari
|
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Capitolo 6 *** Capitolo quinto. ***
cap hopeless 5
Hopeless
Capitolo
quinto
Mi aggiro confusa
in un labirinto buio, nonostante non veda niente, però, sento alcuni rovi che
mi graffiano le braccia; inciampo ogni qualvolta nelle mie gambe o in alcuni
massi posti sul terreno; uno spettro mi insegue ululando. Una voce si diffonde
nella mia testa, il mio nome viene chiamato ripetutamente, creando un’eco
inquietante, il mio respiro si fa più affannato e mi guardo attorno spaventata,
finché non cado nel buio.
Scatto
dal letto urlando.
Vedo
Nick che apre la porta tutto frenetico con una mazza in mano, che grida a
destra e a manca che cosa diavolo è successo; il suo sguardo poi si posa sulla
mia faccia stravolta, sulle coperte a terra e sul mio pigiama.
“Britt
– sospira comprensivo, - hai fatto un incubo, non è vero?”
Annuisco,
rabbrividendo al pensiero: mi sento come se fossi una bambina, protetta
costantemente da suo padre.
Nick
posa la mazza da una parte, si avvicina silenzioso, si siede sul letto e mi
spettina i capelli con dolcezza infinita.
“Me
lo racconti?” chiede Nick, sdraiandosi accanto a me, mentre il suo sguardo è ancora
posato sul mio corpo immobile e scioccato.
Senza
emettere un minimo suono, mi accoccolo vicino a lui con gli occhi chiusi: in un
attimo il suo braccio è attorno alla mia vita e mi stringe forte,
schiacciandomi contro di lui, in modo che possa appoggiare la testa sul suo
petto.
Con
parole biascicate, gli racconto tutto il sogno per filo e per segno, poi
cambiamo discorso e ci mettiamo a chiacchierare, finché Morfeo non ci strappa
via dalla realtà.
Mi
accorgo che non l’incubo non si ripresenterà più: non sono più sola.
Le
settimane volano, già. Queste due ne sono la dimostrazione vivente, ma devo
ammettere che sono state forse quelle migliori della mia breve vita, includendo
quelle passate.
Tutti
i giorni facevamo qualcosa di diverso: andavamo a scoprire ricordi, posti
abbandonati, case sull’albero, scritte, stanze, foto, e in qualunque modo la
lacrima cadeva; sia io che lui sapevamo che il tempo stava per scadere.
In
cucina c’è un calendario e ad ogni mattina del giorno che passa mi alzo e con
il pennarello rosso segno una “x”, come se aspettassi una gita scolastica o la
fine della scuola, peccato che non sia così entusiasta di questa cosa.
Ed
ecco un altro segno colorato che decora quel calendario, un ennesimo sospiro ed
un ennesimo socchiudere d’occhi. Due forti braccia che mi avvolgono la vita e
un bacio sulla guancia: è Nick, tutto allegro, che sembra non si accorga
neanche delle settimane che passano e della malattia, ma so che fa così per
farmi sorridere.
E
ci riesce anche.
“Buongiorno,
Britt! – esclama, tutto allegro, - cosa facciamo oggi?”
Afferra
subito le tazze con il caffè, me ne porge una con un sorrisetto appoggiandosi
al bancone e sorseggia, mentre quella domanda mi viene riproposta continuamente
come un’eco.
“Non
lo so, ho finito gli argomenti”
Nick
mi si avvicina pericolosamente, dopo aver posato la tazza nel lavandino, e mi
fissa con i suoi occhi scuri.
“Neanche
io ho idee – dice, pensieroso, - per questo andremo a fare un giro fuori”
Scuoto
la testa, ripetutamente: non voglio uscire, i miei confini sono limitati al
recinto del giardino.
“Forza
pigrona, muoviti” esclama entusiasta Nick, spingendomi verso la porta.
Con
uno sbuffo acconsento, poi, rendendomi conto della situazione oscena del
giardino dei miei genitori, propongo di sistemarlo, ma Nick è convinto della
sua idea. Alla fine fortunatamente cede.
“Britt,
non sono fatto per il giardinaggio, lo sai! - borbotta, sconsolato, - l’ultima
volta ho spaccato un albero con l’aiuto di Joe!”
“In
realtà l’avete sradicato – lo correggo, mettendogli in mano la sistola
dell’acqua, - e avete dato la colpa a me, mentre voi vi ci schiantavate contro
tutti contenti”
Nick
sorride e mi segue lungo il vialetto, ricoperto completamente dalle erbacce,
mentre mi accingo a strappare, irrigare e piantare: in pratica lui sta a
cazzeggiare con una sistola in mano.
“Nick,
cazzo, aiutami – grugnisco acida, interrando un’altra pianta e tirando su con
il dito il mio cappello di paglia, - dai un po’ d’acqua qui”
Lui
si stringe nelle spalle e obbedisce, solo che un attimo dopo la sistola mi si
rivolge contro e vengo sommersa dal getto. E mentre rischio di affogare, Nick
se la ride alla grande.
In
pochi attimi sono bagnata da capo a piedi, ma la furia non dà segni di
cedimento, anzi, continua.
“Dai,
smettila, Nick! - urlo, cercando di ripararmi dal getto d’acqua, finché non mi
avvicino a lui e gli rubo la sistola, - ora è il tuo turno”
Cerco
di afferrarlo, ma Nick è molto più veloce di me e riesce a chiudere la sistola
per non farsi bagnare: l’occhiata che gli rivolgo è eloquente, così tanto che
fugge in casa.
“Non
abbiamo fatto molto – commento amareggiata, sgocciolando di qua e di là, -
Nicholas girati. Devo spogliarmi: non voglio che l’acqua mi entri in casa”
Nick
si stringe nelle spalle, sorride e chiude gli occhi, poi, quando faccio per
togliermi la maglia, li riapre di scatto.
“Esci
di qui – grido autoritaria, indicandogli la porta – e non sbirciare dalle
finestre”
“D’accordo,
d’accordo”
Dopo
essermi accertata che sia uscito, che abbia chiuso per bene tutte le finestre,
faccio quello che devo fare e mi cambio velocemente. Quando gli riapro, Nick è
davanti a me con un sorriso malizioso.
“Hai
una mente perversa, lo so -dico, raccogliendo i miei vestiti da terra e
buttandoli in un cesto – ora ti spogli tu e io mi giro, così non posso vederti”
“Chi
è che mi dà la certezza che tu non guardi?” chiede, mentre con uno sbuffo mi
volto verso il muro.
So
che resistere è parecchio difficile, considerando che la cotta che avevo per
lui sta affiorando di nuovo e che è un uomo fatto, non più un bambino.
Sento
che mi passa accanto per andare a prendere le sue cose, poi dopo un po’ torna
indietro vestito, lo sento dai passi.
“Puoi
aprire gli occhi, Britt”
Appena
li riapro, mi trovo Nick ad un centimetro di distanza, il suo viso vicinissimo
al mio; inutile dire che il mio cuore è in tachicardia avanzata.
“Non
posso credere che tra poco te ne andrai” sussurra Nick, prendendomi il viso tra
le mani e guardandomi intensamente.
Le
lacrime si raggruppano agli occhi, prepotenti, una di queste sfugge alla mia
resistenza e varca lentamente le guance, fino ad arrivare alla mano del mio
migliore amico, che non esita ad asciugarla.
“Non
farò un viaggio di piacere. Io non tornerò mai più indietro, Nick. Mai più –
singhiozzo, ma nonostante la vista appannata vedo che anche lui piange: questa
volta sono io ad asciugargliela. – voglio restare qui. Fai che resti qui con
te”
Le
sue braccia mi avvolgono stringendomi forte, le lacrime bagnano la sua
maglietta: ogni singola cellula duole.
Fa
male avere la prospettiva di non esserci più in futuro, fa male lasciare il tuo
migliore amico, tutto fa male.
Ogni
singolo momento di ogni singola settimana vola via, sparisce, viene dimenticato
infilato in un angolo remoto della mente. Ogni ricordo si dissolve nel cielo,
nell’aria come la mia anima farà.
Tutto
si cancella dopo un po’, anche quattro settimane intense.
Non
ci sarà nessuno che ricorderà, eccetto Nick, ma il tempo passerà e le ferite
guariranno, le memorie si dimenticheranno, le ragazze si alterneranno, i figli
nasceranno, tutto procederà normalmente, ma non sarò spettatrice di questo.
Presto anche lui lascerà che gli anni facciano il suo corso, che le lacrime
versate si asciughino, che le falle dei litigi si richiudano, che le memorie
vengano scordate, che le allegrie vengano cancellate, che la morte venga
dimenticata.
Grazie
tempo, quindi. Almeno non lo farai soffrire a lungo, e sparirò velocemente nel
cielo come un palloncino sfuggito dalle mani innocenti di un bambino, come il
fumo di una sigaretta, come le onde che si infrangono sugli scogli, come
un’anima.
E
lacrime, lacrime continuano a scendere.
Le
foto rimarranno nascoste in angolino buio della soffitta, i video saranno
cancellati e rifatti, i regali saranno buttati via, e la tomba sarà sporca di
polvere, di muschio e riempita con fiori appassiti, mentre un sorriso fuggirà
agli occhi delle persone, nel cielo.
L'angolo di Mari
Buonasera donzelle!
No,
non è una buona sera, devo ammetterlo. Questo capitolo è
osceno, volevo solo sdrammatizzare nella perenne atmosfera di
depressione che vi spinge questa storia... spero solo di aver rasentato
la decenza. Grazie di tutto, però, grazie mille per sostenermi
in questa mia esperienza, condivisione con voi; spero vi sia piaciuto.
Peccato che sia risprofondota nella tristezza a metà capitolo.
Ah,
volevo dire: questa storia non è di amoreggiamenti: sì,
Brittany prova qualcosa per Nick ma non è detto che lui ricambi.
Ah, verrà aggiornata Domenica.
Ho
visto una storia che si avvicina molto a Hopeless, spero che non
l'abbia copiata, perchè altrimenti PASSERAI le pene dell'inferno
e userò la spranga che mi presterà Anna per pestarti a
sangue. Con molto amore ovviamente <3
Il
capitolo è dedicato ad Anna, che mi presta la spranga di ferro
intrisa dal sangue di Nick, e a tutte le mie adorate recensitrici :) vi
adoro <3
Mari
|
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Capitolo 7 *** Capitolo sesto. ***
hopeless cap sesto
Hopeless
Capitolo sesto.
Dopo
tutte quelle lacrime, quegli abbracci stretti sia prima, durante e dopo un film
scelto a caso, ho avuto la necessità di infilarmi nel mio letto per dormire e
tranquillizzarmi, ma è difficile farlo, complice il terribile temporale che si
sta scatenando.
Un
lampo e un tuono squarciano il cielo, rabbrividisco tra le coperte e mi avvolgo
di più come una palla: mi manca il corpo caldo di Nick accanto, quindi non mi
resta che scivolare via dal letto e andare da lui.
I
piedi nudi attraversano il corridoio lentamente e con attenzione (non vorrei
sbattere contro qualcosa nel buio), la porta della camera degli ospiti si apre
delicatamente e nella penombra riesco a vedere la figura del mio migliore amico
che dorme a pancia in su, mentre il suo lieve russare si diffonde per la
stanza. Sorrido spontanea alla visione di quell’immagine così adorabile: avrei
voluto vedere quella posa ogni singola notte e ogni singolo giorno di questi
sette anni, ma il destino ha deciso di lasciarmela alla fine.
Sgattaiolo
silenziosamente ai piedi del suo letto, scosto le coperte e mi ci infilo dentro
senza tanti complimenti, abbracciando la vita di Nick, che si rigira quasi
infastidito.
“Brittany…”
biascica lui, ma gli sussurro di stare zitto e di continuare a dormire.
Nick
si rigira di lato per accogliermi tra le sue braccia, il suo viso nascosto
nella mia spalla e tra i miei capelli, il mio appoggiato sul suo petto, così
stretti da farmi mancare il respiro.
E
la notte passa così, mentre la tempesta fuori imperversa e la mia paura va via,
dissolvendosi.
Questa
mattina eravamo entrambi di fianco con Nick che mi abbracciava da dietro e io
che mi stringevo il più possibile a lui: è stato difficile liberarsi dalla sua
presa soffocante ma tremendamente piacevole. Subito dopo gli ho lasciato un
bacio leggero su una guancia, e sono scappata via.
Sentivo
il bisogno di stare un po’ da sola, ed è anche per questo che sono qui.
L’albero
di sette anni fa, quello che era rigoglioso e fiorito, è ormai rattrappito e
ricurvo, ma quell’incisione è ancora visibile.
Ricordo
che ci mettemmo gran parte del nostro tempo per scrivere quelle dannate
iniziali.
“Nick, stai attento!
Se ci becca tua mamma, finiamo in punizione!”
Lui però non mi
ascoltava e continuava a incidere con quel dannato taglierino sul legno,
aggrappandosi ad un ramo poco più in alto per tenersi in equilibrio.
“Sono attento,
Brittany! Fidati, mamma non ci troverà mai”
Mi morsi
un’unghia, nervosa, poi sbirciai il lavoro del mio amico. Ogni singola lettera
era perfetta. Salii con attenzione sul sasso, di fianco a Nick, che mi porse il
taglierino.
Appena iniziai a
incidere il legno, la lama mi schizzò di mano e una piccola goccia di sangue mi
affiorò sul dito, mentre una lacrima mi rigava il viso. Nick mi prese il dito
tra le mani, scuotendo la testa con un sospiro.
“Britt, fai sempre
così. Ma ti voglio bene per questo”
Lo fulminai,
nonostante sapessi perfettamente che lui era molto più maturo di me.
“Anche io ti
voglio bene… la nostra amicizia è per sempre!” esclamai fiera, saltandogli al
collo e facendo cadere definitivamente il taglierino.
E rimanemmo così,
due migliori amici aggrappati ad un ramo che si abbracciavano confermando la
loro amicizia.
Scatto
indietro, quando la voce di Nick mi coglie di sorpresa, poi sento due braccia
che mi stringono. Sospiro, socchiudendo gli occhi.
“Sapevo
che ti avrei trovata qui, nei ricordi - sussurra, nello stesso momento in cui
le sue braccia si allontanano da me e vanno a sfiorare l’incisione. – non
sapevo fare molto bene la lettera enne, a quanto vedo”
Abbozzo
un piccolo sorriso, già non sapeva farla proprio, visto che assomiglia ad uno
sgorbio.
Il
cuore si disegna sotto le sue mani, anche se l’albero è ormai invecchiato…
sembra quasi che abbia sofferto della nostra lontananza, segnato da quella
vecchia promessa. La data svetta sul legno: era il 9 Luglio del 2001.
“Ti
eri tagliata un dito, Britt, come sempre - commenta Nick divertito, - la tua
tremenda goffaggine è sempre esistita”
Mi
avvicino a lui, saltando sul sasso ormai eroso dal tempo.
“E
tu eri un tappo” ribatto saccente.
Nick
stringe le labbra e le schiude in un piccolo sorriso: quello stesso sorriso che
avevamo a nove anni, un sorriso innocente e nuovo, come se lo avesse mostrato o
usato pochissime volte.
Quel
razza di cantante di Nick fruga tra le tasche dei jeans, ne estrae un
coltellino svizzero e me lo mette in mano con aria furbetta.
“Riuscirai
a tagliarti un dito anche questa volta? – chiede sarcastico, invitandomi con lo
sguardo a incidere di nuovo il legno, - fa’ attenzione”
Piano
piano inizio a solcare il legno con lentezza, disegnando prima una enne
gigantesca e poi una bi di uguale dimensioni, ma è più difficile.
“Nick,
è più difficile! Questo albero è quasi marcio!” protesto.
Lui
si stringe nelle spalle, ma mi incita a continuare il lavoro: dopo dieci
minuti, un nuovo cuore e due nuove lettere sono sul legno, solo che si sono aggiunti
due nomi e una nuova data.
“Visto?
Sei stata bravissima, questa volta non ti sei tagliata” commenta Nick,
strizzandomi un fianco, cosicché possa saltare dal solletico e tagliarmi
lievemente una mano.
“Uffa
Nick! – esclamo seccata, guardando il sangue che scorre, - pensavo di aver
avuto la mia rivincita e tu hai rovinato tutto!”
“Sempre
la solita! - commenta lui con una risata, trascinandomi verso casa e
lasciandoci il ricordo più bello alle spalle – scommetto che ora quell’albero
tornerò rigoglioso come prima: c’è una nuova promessa”
Sorrido
lievemente, anche se su quel legno avrei voluto incidere un “ti amo” grande
quanto una casa.
E
questo, a differenza di altri, non è una frase fatta.
L'angolo di Mari
Buona sera, ragazze.
Sotto
tortura sono venuta ad aggiornare Hopeless, anche se avrei voluto
aspettare un altro po'. Il motivo? Semplice, è sempre lo stesso:
sto vedendo le recensioni che stanno calando inevitabilmente e voglio
capire; non vi piace? Vi sembra che stia diventando noiosa? Beh,
fatemelo sapere attraverso una recensione, avete sempre saputo che
accetto tutto critiche e non.
Grazie infinitamente a quelle ragazze che recensiscono, sappiate che vi adoro per il vostro supporto :) Grazie di cuore, a tutte
Spero
che questo breve -e mi scuso- capitolo vi sia piaciuto, che possiate
sentire quello che provo io, che non mi minacciate più. Hopeless
verrà aggiornata martedì, a patto delle recensioni, e
volevo concluderla prima di partire ma dubito ce la farò.
In ogni caso, potrei riprenderla a settembre oppure non lo so deciderò :D
A tutti voi che recensite, perchè vi adoro e grazie davvero.
A presto,
Mari
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Capitolo 8 *** Capitolo settimo. ***
cap 7 hope
Hopeless
Capitolo
settimo
Quando
questa mattina mi sono svegliata, Nick non era accanto a me: ormai dormire
insieme è un’abitudine, manco fossimo marito e moglie. Una bruttissima
abitudine, perché ogni santissima volta rischio l’infarto.
Cerco
Nick in ogni angolo buio della casa, ma poi mi rassegno e finisco in cucina,
dove il mio adorato caffè mi sta aspettando. L’ennesima “x” riempie il
calendario, un sospiro ma niente abbraccio.
In
quel momento noto un piccolo foglio attaccato al frigorifero con la calamita,
scritto dalla svolazzante calligrafia di Nick: devo proprio mandarlo ad un
corso di scrittura, ci metto tanto a decifrare il suo aramaico.
Brittany,
ho una sorpresa
per te. Ci vediamo presto.
Nick
Odio
le sorprese, soprattutto quelle che vengono fatte da quella mente perversa di
Nick: sa che non lo sopporto eppure insiste ogni volta.
A
dodici anni, l’ultimo compleanno che festeggiai insieme a lui, ricordo che
organizzò una festa a sorpresa e la mia reazione fu alquanto sconsiderata,
visto che cominciai ad urlargli contro ogni sorta di imprecazione, ma poi mi
addolcii.
Quando
ne avevamo dieci invece, preferì suggerire ai miei genitori di portarmi in
vacanza in Australia dove il clima era completamente rovesciato: era inverno
pieno ad Agosto, e non gliela perdonai mai, anche se mi divertii con i pupazzi
di neve.
Una
volta osò portare di nascosto il mio canarino e il suo gatto insieme con noi in
vacanza. Risultato: Mr Baffino ingoiò il mio Titti in un morso, e addio adorato
uccellino.
Sospiro
con un piccolo sorriso che mi increspa le labbra, prima di andare a scegliere
un altro film dalla DVDteca dei miei genitori, grandi appassionati di cinema
d’autore.
Avrei
passato la mattinata e il primo pomeriggio a guardare per l’ennesima volta
“colazione da Tiffany” con Audrey Hepburn, come se non lo sapessi già a memoria
e poi sarei passata a “via col vento”.
Alle
prime scene del mio film preferito, qualcuno preferisce disturbarmi chiamandomi
al cellulare e rompendo la mia beata tranquillità. Con lentezza allungo un
braccio per prendere quel dannato aggeggio e guardo il numero sul display: mia
madre non poteva chiamarmi a casa?!
“Ciao,
mamma” dico, prima che lei possa solo abbozzare un saluto.
“Tesoro,
come stai? – la voce dolce e preoccupata di Gemma, cioè mia madre, mi arriva
nelle orecchie, - tutto bene?”
“No,
mamma, non sto bene” sussurro, stringendo intanto un cuscino tra i piedi.
Mia
madre non è mai stata molto presente, ma qualche volta sa ascoltare e gliene
sono grata.
L’unico
problema di ora? Nick, si chiama Nick. Perché probabilmente se non ci fosse
stato, io ora non avrei problemi ad andarmene tranquilla, ma da quando c’è lui
ho una gran voglia di tornare indietro.
Mia
madre ascolta in silenzio: vuole che continui, e l’accontento.
“Mamma, ti ricordi Nick? Nick Jonas, intendo”
Mi
sembra quasi di sentirla trattenere il respiro, sorpresa.
“Certo
che me lo ricordo! Insomma tesoro, siamo amici dei suoi genitori! – esclama, ma
le rispondo con un grugnito, - non era diventato famoso?”
Mi
passo una mano tra i capelli, socchiudendo gli occhi, ormai sdraiata
completamente sul divano.
“Mamma,
lui è qui a casa nostra. Siamo ancora amici, certo, ma… non ne sono più tanto
sicura”
Ammettere
queste cose con mia madre è sempre un po’ imbarazzante, ma non credo che farà
più battutine sarcastiche sull’avere figli o sul matrimonio, vista la mia
posizione.
“Brittany, tesoro, sei sempre stata innamorata di lui, anche quando avevi
quattordici anni. Non devi vergognartene”
Non
me ne vergogno affatto, solo che vorrei avere un cuore di ghiaccio per non
pensarci: la convivenza ci ha resi ancora più vicini di quanto non lo fossimo
prima, e ciò che provo mi complica notevolmente la vita.
“Vorrei
tornare indietro, mamma, vorrei provare a guarire – sussurro, mentre tiro su
con il naso e una lacrima mi riga il viso, - so benissimo che me ne dovrò
andare, ma non voglio lasciarlo”
Eccolo,
il punto cardine.
“Tesoro…”
Perché
è qui? Perché non è restato a Los Angeles, da qualche parte invece che tornare
qui a sconvolgere il mio cuore? Lo ammetto, sono state le più belle settimane
della mia breve vita, ma… ecco, la mia sicurezza se ne è andata come polvere al
vento.
“Poss...”
tenta di mormorare mia madre, ma non la lascio finire.
“No,
mamma – dico con uno sprazzo di decisione debole nella voce, - dovevo farlo
prima, non ora. Lascerò che tutto vada avanti, lascerò che la mia vita se ne
vada e che tu e papà non soffriate tanto: non devi chiamarmi, mamma.”
Sento
che lei trattiene un singhiozzo: è difficile per me rifiutarle di avere
contatti con me, che sono sua figlia, ma è necessario affinché possano
dimenticarmi velocemente e senza dolore. So che quella bruttissima sensazione
rimarrà per un po’, ma non posso prevedere tutto.
“Tesoro,
sei mia figlia!”
“Lo
so, è per questo che ti chiedo di non chiamarmi più. Devi abituarti all’idea
che tra meno di una settimane non esisterò più - singhiozzo, - ricordati che ti
voglio bene, sia a te che a papà. Permettiti di dimenticarmi”
Mia
madre scoppia in lacrime, senza trattenersi. Anche io faccio fatica a non
esplodere, perché allontanarmi dalla mia famiglia è la cosa peggiore che si può
chiedere ad una persona. O almeno a me.
“Ti
vogliamo bene, Brittany, però incontriamoci domenica, quando anche papà sarà
qui… l’ultima volta” bisbiglia Gemma, e non posso fare altro che
concederglielo.
Quando
riattacco, non posso credere a ciò che ho detto a mia madre. L’ho allontanata
inevitabilmente da me, mentre le immagini di “Colazione da Tiffany” scorrevano
alla televisione.
Ho
allontanato la mia famiglia, gli affetti più importanti, da me proprio nel momento
del bisogno. So perfettamente che è una scelta drastica, ma è meglio per
entrambi.
Dovrei
allontanare anche Nick, però non ne ho il coraggio: l’affetto ci lega troppo, e
ne risentirei in qualunque modo possibile.
Mi
alzo dal divano buttando il cuscino da una parte, delle pagine di carta mi
appaiono magicamente tra le mani e una penna è in un attimo tra le mie dita: ho
bisogno di sfogarmi e scrivere.
Dai
miei pensieri, le mie emozioni, le mie sofferenze nascono tre lettere diverse:
una per i miei genitori, una per quella stronza di Emy e una per… Nick. Tre
lettere che contengono tre diversi messaggi, tre diversi temi; ai miei genitori
non potrei mai essere più grata di così, nonostante le assenze durante la mia
infanzia, a Emy ho espresso il mio disappunto per la nostra amicizia che si è
rivelata deludente e a Nick… non so quanto potrei essergli riconoscente, ma in
quella lettera viene espresso molto di più di questo.
L’unica
persona che può consegnarle dopo che me ne sarò andata è Emy, ma non dovrà assolutamente
aprirle come segno di rispetto, e così in un attimo sono fuori e le infilo
nella sua cassetta della posta con un biglietto.
Appena
sono rientrata in casa dalla porta sul retro, il campanello suona e riconosco
subito la voce di Nick che mi sta chiamando.
“Sorpresa!”
urla, entrando in casa seguito da… Joe, che mi abbraccia calorosamente.
“Sarebbe
Joe la sorpresa? - chiedo sarcastica, sbirciando il sorriso gigantesco che
increspa le labbra del fratello più grande – avrei preferito Justin Bieber nel salotto”
Joe
si guarda attorno, sorpreso dal cambiamento della stanza.
“Britt,
lo so che mi vuoi ancora bene come sette anni fa” ridacchia poi lui,
lanciandosi letteralmente sul divano.
Stringo
le labbra per reprimere una risatina inopportuna, poi Nick mi mette in mano
cinque o sei album fotografici: se hanno intenzione di farmi ricordare se lo
scordano, poi crollerò a momenti e anche Joe si sentirà in colpa, cosa che
voglio assolutamente evitare.
Mi
accomodo tra quei due pazzi e apro il primo libro di ricordi: è il momento di
tuffarsi dentro di loro per vedere com’è stata la vita dei Jonas dopo che se ne
furono andati via da me.
L'angolo di Mari
Che
c'è da dire su questo capitolo? Niente di che, in realtà.
Finalmente arriva Joe, che farà una comparsa soltato in un
capitolo e conoscerete meglio la mamma di Brittany, Gemma. Gemma non
è un nome a caso, e so che la decisione di Brittany vi sembra
esagerata ma per far soffrire meno le persone più care si
farebbe di tutto, qualsiasi cosa, anche allontanarsi da loro e
sinceramente l'avrei fatto anch'io. In questo capitolo capirete cosa
c'è che turba la nostra protagonista, e spero vi sia piaciuto.
Grazie per le vostre bellissime recensioni, spero non vi abbia delusa
:) Mancano tre capitoli alla fine della nostra avventura.
Hopeless
è sospesa fino a Settembre per le vacanze. Mi dispiace dirvelo e
avrei voluto finirla in tempo ma non ce l'ho fatta :( Quindi appena
tornata la posterò, spero che non vi dimenticherete di me, della
mia pazzia e soprattutto di Hopeless, Brittany, Nick e gli altri
:)
Buona vacanze!
A
tutte voi che recensite, grazie con il cuore, per accompagnarmi nel
viaggio che ricalca la mia vita, nella speranza di non annoiarvi.
A
Sarah per domani, perché è il suo compleanno,
perché è un'amica che ormai ascolta i miei scleri
infiniti e che non si incazza quando infilo Tom Felton dappertutto, che
mi sostiene quando dico che sono una cretina che finirà sotto un
ponte senza un minimo di ispirazione e senza un computer con cui
scrivere, nei miei momenti di bassa autostima. Grazie di tutto,
davvero. Spero ti sia piaciuto, ti mao <3
A
Silvia, Andreea, Rebecca, Anna, Irene, Marianna, Elisabetta, Julie
grazie per tutto, grazie per formare un esercito indistruttibile,
grazie veramente tanto per non stancarvi mai dei miei scleri.
Grazie a voi 27 che mi avete messa tra gli autori preferiti, vi amo :)
Con amore,
Mari
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Capitolo 9 *** Capitolo ottavo. ***
cap ottavo hope
Hopeless
Capitolo
ottavo
“Guarda
com’eri brutta, Britt!”
“Joe,
avevo tre anni e una frangia che neanche mi arrivava alle sopracciglia… -
sospiro, guardando con attenzione l’immagine tra le mie dita, - ero sottoposta
alla furia di mia madre”
Nick
ridacchia alla vista di una seconda foto, nella quale io e lui sorridevamo in
costume. Avevamo solo tre denti, però è poco importante.
Sorrido
alla vista di quei vestiti a fiori, di quei capelli biondissimi raccolti in un
codino sulla testa, di quei pochi denti, di quell’innocenza che avrei voluto
avere di nuovo… di quel morbido peluche che mi portavo sempre dietro (e lo
ammetto, ce l’ho ancora).
Joe
mi passa un’altra fotografia, molto più recente.
“Qui
eravamo a Disney world a Orlando, in Florida” ridacchio, vedendo Kevin, Nick e
Joe vestiti da tre moschettieri e io che esibivo orgogliosa il mio vestito rosa
da principessa di fronte al castello.
“Eri
molto ricercata, Brittany – commenta Nick, divertito, - litigavamo sempre su
chi dovesse accompagnarti sulle giostre”
Joe
ridacchia, spanciandosi sul divano come se fosse in preda alle convulsioni,
quest’uomo comincia seriamente a preoccuparmi.
Pesco
una foto a caso da una scatola che aveva portato prima Nick, e ciò che vedo mi
mozza il respiro.
In
questa foto non ci sono io, bensì un’altra ragazza e si tengono per mano. Giro
l’immagine e la data 2006 spicca da una parte: lei è venuta chiaramente dopo di
me, subito dopo di me.
“Ah,
quella è Miley – spiega Joe, indicandomi la ragazza con un dito, - è stata la
ragazza di Nick per due anni, era molto carina ed erano sempre appiccicati…”
Le
parole di Joe attraversano la mia testa come un mantra, mentre Nick cerca di
fermarlo dal suo farneticare su Miley.
“Erano
tanto innamorati…”
Cosa?
È così, allora. A quattordici stupidi anni mi ero illusa di poterlo avere un giorno,
poi sono cresciuta e a diciassette avevo finalmente detto di essermi
“disintossicata”. E poi… poi a diciotto è tornato e mi sono illusa di nuovo
grazie a tutte quelle attenzioni che mi rivolge.
Ma
non le rivolge a me, ma al cancro, al fatto che potrò morire da un momento
all’altro, che probabilmente potrei accasciarmi al suolo uno di questi giorni
senza neanche accorgermene.
Sì,
sono proprio una senza speranza.
“Britt,
tutto okay?”
Distolgo
lo sguardo lucido dalla foto ancora tra le mie mani e scuoto la testa,
rivolgendomi verso Nick, che osserva preoccupato il mio viso.
Borbotto
un “sì” stretto, prima di riporre l’immagine da una parte, lontana dai miei
occhi e dal mio cuore.
“Ehi
Britt, ma lo sai che voi due sembrate proprio fidanzati? – ridacchia Joe,
frugando nella scatola dei ricordi, - poi vi sposerete, avrete bambini…”
Mi
irrigidisco immediatamente alla sua affermazione e socchiudo gli occhi,
turbata, e Nick si agita subito, desideroso di lanciare qualcosa contro a suo
fratello.
“Joe,
ho il cancro” mormoro flebile.
Il
suo sorriso si spegne immediatamente, mi alzo veloce dal divano per non far
vedere le mie lacrime e scorgo Nick che spiega a suo fratello la situazione.
“Brittany,
non lo sapevo, mi dispiace – dice Joe dispiaciuto, arrivando in cucina dove mi
ero rifugiata in preda ai singhiozzi, - dai, sorridi”
Dai
sorridi… come se fosse facile, vero Joe? Come se non dovessi io avere un cancro
che mi si ingigantisce giorno per giorno, come se io non dovessi morire tra
meno di due settimane.
“Non
dirlo a nessuno, Joseph. Non voglio che lo sappia nessuno tranne voi, solo dopo
potranno saperlo” borbotto, appoggiandomi al bancone e asciugandomi una lacrima
con una mano.
Lui
annuisce, prima che un rumore strano inondi la stanza: ma che cavolo è?
“Scusate
– mormora Nick imbarazzato, grattandosi la testa, - è il mio stomaco: ho fame”
Ridacchio
seguita a breve tempo da Joe, che non esita a prendere il cellulare per
chiamare qualcuno che ci porti delle pizze, ma poi lo lancia a me perché non
conosce nessuno con cui parlare.
Dopo
aver ordinato le pizze e aver superato il momento di imbarazzo, Joe si lancia
sul divano e Nick anche, mentre alla povera sottoscritta tocca sistemare tutto
il casino che hanno combinato lanciando le foto all’aria. Cercando di evitare
quella di Miley, le immagini tornano tutte al loro posto e con loro anche i
ricordi più vecchi.
Joe
sembra aver dimenticato il fatto che ha una malata di cancro di fronte a sé e
se la ride alla grande: forse è diventato un egoista cosmico, però sono sicura
che manterrà il segreto, o almeno spero.
Durante
quella mezz’ora di attesa nessuno ha parlato: loro, perché forse sono troppo
impegnati a guardare la televisione sdraiati sul divano, e la sottoscritta
isolata in cucina a pensare e a piangere sommessamente.
Quell’ostentata
indifferenza che mostrano quei due è per me insopportabile. Ho sempre saputo di
fare vittimismo, e con l’avanzare del cancro sono peggiorata, ma mi resta
impossibile credere di essere invisibile o di non essere compatita. È una cosa
squallida, lo so.
Anche
auto compiangersi è squallido: sa di persona sola e senza nessuno. Non ho mai
detto di non aver alcuna persona su fare affidamento, solo che non voglio
creare problemi ad altri ed essere dipendente economicamente e moralmente da una
persona mi turba, mi fa sentire inutile.
E
in questo momento dipendo da Nick, anzi lo sono sempre stata dipendente da lui
e non voglio fare i soliti discorsi da ragazza innamorata e mielosa che lo
paragona alla droga o roba del genere, cose da romanzi rosa di seconda
categoria.
Ticchetto
di nuovo le dita sul tavolo, immersa nei miei pensieri.
“Brittany,
non vieni di là?” chiede Nick, spuntando dalla porta della cucina.
No,
non vengo, anzi sì. O forse no.
Si
avvicina a me, sposta la sedia abbastanza per sedersi e poi mi fissa curioso,
aspettando che dica qualcosa.
“Che
stai facendo?”
Lui
in risposta punta di più i suoi occhi castani su di me, tanto da farmi
distogliere lo sguardo altrove. Odio quanto mi fissa in quel modo, mi dà
fastidio essere scoperta in quel modo.
“Ti
fisso, Brittany, e aspetto che tu mi risponda e mi dica che ti succede – spiega
lui, - lo so che Joe è stato un po’ imprudente, ma non lo sapeva… capiscilo”
Mi
stupisco dal fatto che pensi che io sia arrabbiata con Joe: non posso fargliene
una colpa se ho una sensibilità debole, un cuore che non regge e la lacrima
facile. Anzi, lo faccio sentire colpevole di qualcosa che non ha fatto, o forse
solo io la penso così e lui se ne frega.
“Nick,
non è per Joe, figurati – sospiro, guardando il tavolo, - solo che mi sto
rendendo conto di quanto il tempo passi veloce, di quanto poco ne ho a
disposizione e di quanto farà male andarmene”
Nick
non fa niente e non commenta, si limita a guardare il tavolo: sa che se
incontrassi i suoi occhi non mi racconterebbero altro se non tristezza
infinita. Non vuole buttarmi giù, ecco, ma dovrà arrendersi a quella che si
chiama evidenza.
“Cinque
giorni. Cinque fottutissimi giorni da sprecare al massimo, e sto piangendo su
me stessa in una cucina solo perché tuo fratello Joe me l’ha ricordato! Quanto
potrò essere patetica?!” pigolo ormai sconfitta.
Nick
non dice niente e le parole pesano nel silenzio appena creato, si infrangono
nell’attesa di una risposta. Nessuno dei due parla, mentre il rumore della televisione
riempie i suoni non detti, le emozioni non espresse, i sentimenti non capiti.
“Ehi,
perché voi due restate lì in cucina? - chiede Joe curioso, quando il campanello
ci distoglie dai nostri pensieri e suona, - oh, sono arrivate le pizze!”
trilla.
Lo
osservo saltellare verso la porta ed aprirla, tutto contento di ricevere la sua
pizza; Nick scuote la testa, comincia ad apparecchiare insieme a me e il
silenzio persiste e dura per un po’.
La
ragazza castana che serve le pizze lo fissa curiosa, nella sua testa neanche si
propaga l’idea di avere una rockstar in carne e ossa di fronte a lei: Joe le
sorride seducente e in quel momento suggerirei ad Aileen, così si chiama la
ragazza (lo leggo dal cartellino), di sputargli in un occhio e andare via.
“Ehi”
Guardo
disgustata la scena con Nick, immobile
come me e so anche che lo stesso pensiero ci affolla la mente: che schifo. E al
contrario di quanto si pensi, Aileen risponde con un cenno della testa con
timidezza, poi esplode.
“Oh,
cazzo, ma le prendi queste pizze che le mani mi stanno cocendo? - sibila,
sbattendogli prepotentemente le scatole sul petto. – non ho tempo da perdere!”
Joe
sgrana gli occhi sorpreso, Nick ridacchia e mi accingo velocemente a prendere
pizze e darle i soldi in modo che se ne possa andare per non ammazzare quel
cretino di infantile ventiduenne.
“Odio
gli idioti che cercano di rimorchiarmi mentre lavoro, perciò ora sparisco e
spero che non ti veda mai più - borbotta, mettendosi i soldi in tasca e
prendendo una sigaretta dalla camicetta per poi accenderla e andare via colma
d’ira.
Joe
rimane basito a fissare la sua figura che sale sul motorino e si allontana a
folle velocità.
“Joe,
sei fidanzato!” esclamo indignata, appena la porta si chiude.
Lui
si stringe nelle spalle e bofonchia sommessamente che quella lì gli ha dato un
due di picche, raggiungendo Nick e dandogli una pacca fraterna così per niente.
Inarco un sopracciglio, mentre mi siedo al tavolo e apro il cartone della
pizza.
“So
che devi scappare dalla vampira, ma sei comunque un traditore!” riprendo,
infilandomi in bocca una fetta bollente.
“Sei
gelosa, eh? - biascica Nick con la bocca piena – lo sapevo che eri ancora
innamorata di lui come tempo fa!”
Il
mio carissimo migliore amico riceve uno schiaffo sulla schiena così forte da parte
mia che quasi si affoga: comincia a tossire spasmodicamente e diventa rosso
come un pomodoro; mi dovrei sentire in colpa per averlo quasi ucciso?
“Ero
gelosa della mia pizza”
Nick
si sta riprendendo lentamente, Joe bisbiglia parole incomprensibili contro di
noi e soprattutto contro di me, perché l’ho fermato nel suo momento di
“rimorchiamento”.
“Joe,
quando ripartirai?” chiedo dopo un po’, dopo aver finito di mangiare neanche
mezza pizza.
Lui
biascica qualcosa che non capisco, probabilmente un non lo so.
“Ha detto che partirà domani mattina – traduce Nick con un piccolo sorriso, -
mi farò pagare come traduttore”
Soffoco
quella che dovrebbe essere un risolino, ma poi penso a dove posso cacciare Joe
a casa mia, visto che non c’è più spazio; quando glielo chiedo dice che suo
fratello sarà più che contento di condividere il letto con lui.
La
serata trascorre così, con un sorriso stentato e un po’ falso, non un passo
sull’argomento malattia, un po’ di ricordi, tante lacrime represse e tanta
voglia di tornare indietro e vivere di nuovo, daccapo.
Quando
quei due vanno a dormire, le difese mostrate quella sera cadono di nuovo e
scoppio come una bomba a orologeria: devo essere regolata prima che possa
esplodere.
E
le lacrime, quelle tante lacrime vengono soffocate da un cuscino, si infrangono
su una stoffa, singhiozzi repressi che esplodono, frustrazioni che vengono
fuori, disperazione e un po’ di rassegnazione.
E
quando le braccia calde di Nick mi avvolgono senza esitazione, mi aggrappo a
lui, perché so che sarà una delle ultime volte in cui sarò capace di farlo.
L'angolo di Mari
Mi vergogno
talmente tanto di questo capitolo che non volevo postarlo. Sapete
perchè? Perchè mi sto accorgendo che Hopeless sta
diventando patetica, come le altre che ho scritto. E non voglio che lo
diventi, visto che per me è una storia importante, che racconta
qualcosa che ho vissuto e che sto realmente vivendo.
Ma le recensioni lo dimostrano e a me
non è che mi interessino più di tanto, mi importa la
sincerità con cui le scrivete e voglio sapere se vi piace
davvero Hopeless. Per vari motivi, poi, ho deciso di abbandonare il
fandom perchè ormai la situazione sta diventando insostenibile e
non sono più una fan dei Jonas, assolutamente. IO NON
SCRIVO BENE, NON SONO UNA SCRITTRICE PROFESSIONISTA né lo voglio
diventare (il giornalismo mi basta, grazie) ben presto non mi
vedrete più qui... sento un richiamo da parte di Harry Potter e
dalle Originali, anche se non abbandonerò facilmente questo
fandom. NON VI LIBERERETE DI ME! *risata malvagia*
In questo periodo le situazioni
stanno peggiorando, e voglio prendermi un po' cura di me, delle persone
che ho accanto, perciò concluderò tutte le storie e me ne
andrò per un po'. Spero mi capiate e capiate anche che
situazione sto passando.
Riguardo il capitolo NO COMMENT
osceno. Voglio solo un po' sdrammatizzare perchè gli ultimi due
capitoli non saranno certamente allegri, vi avverto, e spero di farvi
tirar fuori un po' di fazzoletti. Ho scritto due Missing Moments, li
infilerò da qualche parte.
Il personaggio di Aileen è
ispirato ad una persona realmente esistente, che è __PleaseStay.
Non ho mai fatto abbastanza per lei <3
Ringrazio tutte voi che recensite, che non mi fate sentire una nullità quale sono, GRAZIE seriamente.
Spero non vi siate dimenticate di me e dei miei personaggi!
Al
mio Esercito, che altrimenti devo scrivere tutti i vostri nomi e mi
viene un tunnel carpale, scusatemi in anticipo, per essere così
fottutamente bello e unito.
Alla mia Ilaria, che poverina non le ho mai dedicato niente, perciò... ti voglio bene, stalker <3
A quelle 29 persone che mi tengono tra gli autori preferiti... grazie :)
Mari
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Capitolo 10 *** Capitolo nono. ***
hope cap 9
Hopeless
Capitolo
nono
Dopo
aver versato così tante lacrime da inzuppare un cuscino e la maglietta di Nick,
c’eravamo entrambi addormentati sul divano l’uno tra le braccia dell’altro, ma
ora ho freddo. Sono nel mio letto, lo so: evidentemente Nick mi ha portata in
braccio fino a quassù, salendo tutte le scale, e poi è tornato giustamente a
dormire.
Ho
freddo ovunque, anche nel cuore.
Alzandomi,
dalle coperte cade un biglietto spiegazzato e mi affretto a raccoglierlo per
poi aprirlo con uno sbadiglio.
Britt,
ho sempre saputo che eri una persona fantastica, e lo
sei ancora. Sono venuto qui perché volevo davvero vederti prima di andare a New
York e, anche se sono venuto a sapere quello che avrei volentieri ignorato,
sappi che sarò sempre qui per te.
Stai tranquilla: il tuo segreto è al sicuro.
Ti voglio bene,
Danger
Ps: a dieci anni ero follemente innamorato di te,
Brittany, ed ero geloso di Nick perché trascorreva troppo tempo con te.
Ricordati che ti voglio bene di nuovo.
Accenno
un sorriso, mi alzo dal letto sempre con la solita pigrizia lasciando il
biglietto sul comodino e scendo per le scale, sperando di trovare ancora Joe.
Invece sul divano c’è soltanto Nick, fermo in una posa passiva a guardare un
film alla televisione: non mi dice né buongiorno né raggio di sole o roba del
genere; non mi abbraccia e non sospira.
Il
pennarello giace da una parte, le mie dita lo stringono tremanti e un’ennesima
x rossa ricopre la carta del calendario: oggi è il quarto giorno. Meno di
quattro fottutissimi giorni e sarò chiusa in una bara, al caldo e al freddo,
con i parenti piangenti attorno e uno dei miei vestiti migliori addosso,
probabilmente quello che avevo comprato per il ballo di fine anno.
“Nick,
hai già fatto colazione?” chiedo preoccupata dalla sua poca voglia di vita, è
veramente strano che si comporti così.
Lui
annuisce senza rivolgermi uno sguardo, così torno in cucina sospirando. È
strano questa mattina, di solito è così allegro: sarà forse triste perché Joe
se n’è andato e voleva stare con lui, facendomi così temere che è innamorato di
suo fratello maggiore?
Mi
porto la tazza colma di caffè fumante alla bocca, ne bevo un sorso, la poggio
di nuovo sul bancone pulito della cucina e contemplo pensierosa il paesaggio
oltre la finestra: le nuvole dense e grigie offuscano il cielo, e i ricordi
vengono a galla.
“Britt, sta per
piovere, ti vuoi muovere?” gridò Nick nei suoi tredici irritanti anni,
coprendosi da una piccola goccia di pioggia che l’aveva colpito con il
cappuccio della felpa: guai se i suoi ricci si fossero scompigliati.
“Devo proteggerlo,
devo proteggerlo!” ripetei come un’ossessa, scavando nel terreno del mio
giardino con così tanta violenza da rompermi le unghie.
Era una cosa
stupida, lo so. Quel piccolo albero di albicocche appena nato era per me il
mondo intero, perché era l’ultima cosa che mia nonna mi regalò prima di morire
e volevo averne cura in modo che anche lei potesse essere fiera di me e del mio
amore per la natura.
Ricoprii quel
piccolo albero con del cellophane per evitare che l’acqua violenta distruggesse
la sua minuscola vita, scavai nel terreno, mi ruppi le unghie, mi sporcai mentre
l’acqua continuava a scendere imperterrita su di me, lo protessi e Nick rimase
lì, sotto la pioggia a guardarmi nel mio lavoro finché non si unì per aiutarmi.
“Ti aiuto” aveva
detto e basta, poi rischiando di rovinarsi i ricci si era messo al lavoro.
Fu così che
l’albero di albicocche si salvò, e ora è rigoglioso e verdeggiante nel mio
giardino: mi sta quasi dicendo grazie. Mia nonna è fiera di me, lo so, perché
ho mantenuto una delle sue più grandi passioni in vita, ma lo farò per poco.
A fine lavoro Nick
e io rientrammo a casa, beccandoci una ramanzina da parte dei nostri genitori,
un raffreddore di quelli eccezionali, febbre a quaranta e due giorni a letto.
Quell’albero
ora è lì, fuori dalla finestra. È cresciuto, conta su sé stesso e non sugli
altri, vive per sfornare delle dolcissime albicocche, fa in modo che niente si
distrugga e resta lì nel tempo.
Quell’albero
ha significato moltissimo per me: è la mia reincarnazione, io vivrò come lui e
potrò finalmente arrivare da mia nonna per dirle: “visto? Ce l’ho fatta” e lei
avrebbe sorriso, con la sua bocca sdentata e la sua simpatia incontenibile.
Una
lacrima mi riga il viso.
L’asciugo
con delicatezza, metto la tazza a lavare, afferro il portatile e clicco
sull’icona di Google: la prima cosa che mi viene in mente è Miley. Digito il
suo nome e mi appare tutta la sua biografia, visto che è famosa e anche
apprezzata nel mondo.
Di
Niley si dice soltanto che è stato un grande amore, amore a prima vista, come
quello dei film, con migliaia di canzoni dedicate tra di loro e con immagini
che lo dimostrano benissimo.
Nel
mio cuore però, c’è soltanto una pazza e incontrollata gelosia, per questo
spengo il computer e lo metto a posto, affinché non possa crearmi altro dolore
da sola, vista la mia vena masochista.
Decido
di raggiungere Nick in salotto, ma appena varco la soglia della porta me ne
pento amaramente: ha il viso tra le mani e trema, scosso dai singhiozzi; sta
piangendo.
Il
mio migliore amico che non versa una lacrima sta piangendo. Lo stupore mi
avvolge, mentre mi avvicino cautamente a lui e mi siedo tentando di toccarlo
per fargli sentire la mia presenza, ma niente.
“Nick…”
chiamo dolcemente, cercando di avvicinarmi per scostargli le mani dal viso, ma
lui si scosta.
Joe
deve avergli detto qualcosa oppure si è ricordato di Miley e si è reso conto di
quel grande amore che ha perso? Oppure… sta piangendo per me?
“Nick,
ti prego – pigolo nuovamente, ora le lacrime stanno scendendo sulle mie guance,
- non piangere”
So
di non essere brava a consolare le persone, ora so benissimo che non sono
capace e che probabilmente peggiorerò le condizioni di Nick. Con una mano sposto delicatamente la sua, ma non
si muove di un centimetro: il suo viso appare solo di qualche millimetro.
“Perché
devi andare via, Brittany? – biascica lui, mostrandomi in quel modo il lato più
debole di sé stesso: è esploso anche lui, esattamente come me. – perché?”
Quel
“perché” mi rimbomba in testa come una richiesta, e mille domande mi affollano
la mente: perché, Brittany, non hai fatto la chemioterapia? Perché hai permesso
a te stessa di morire? Perché ti sei lasciata andare? Perché non hai combattuto
per la tua famiglia, per i tuoi pochi amici?
Non
sono capace di rispondere alle sua domanda: rimango in silenzio, mentre le sue
lacrime si infrangono in un continuo cadere senza interruzioni, lacrime che mi
incitano a fare qualcosa, qualsiasi cosa.
L’impotenza
che sento adesso non l’ho mai provata: ormai non posso più fermare la malattia,
il cancro che sta crescendo dentro di me. Non mi piace chiamarlo in quel modo,
mi sembra minaccioso e non lo è per niente: morire è come dormire, chiudi gli
occhi e addio, non te ne accorgi neanche.
Il
silenzio pesa, i singhiozzi di Nick si fanno meno frequenti, ma le altre
lacrime continuano a scorrere imperterrite e mi sento in colpa: perché sono
stata così vigliacca? Perché mi sono arresa? Non c’è un motivo reale, mi
sentivo sola e abbandonata. E ora è troppo tardi per rimediare, per tornare
indietro, per recuperare il tempo perso e le speranze. Non mi sono sentita più
stupida, triste e inutile di quando ho lasciato i miei genitori due giorni fa:
è stato meno doloroso del solo pensiero di abbandonare il mio migliore amico.
Non
so che fare, l’attesa mi logora, le lacrime finiscono, la debolezza si
esaurisce e tra pochi attimi Nick tornerà come prima, solo che mi tratterà con
molta più indifferenza, perché in questo momento sono passiva e non lo sto
aiutando, come ha sempre fatto lui.
E
questa volta lo abbraccio io e la sua reazione mi stupisce: si aggrappa a me
come se dovessi cadere in un buco profondo e volesse tenermi lì, con
un’incredibile forza. Nick non piange più ora, il suo respiro è regolare anche
se so che l’angoscia lo avvolge: lui sente che il tempo è scaduto e anch’io
ormai ne ho la consapevolezza.
“Mi
dispiace, Brittany. Non avrei mai dovuto reagire così” biascica, il suo viso
tra i miei capelli.
“No
– sussurro con la voce che mi trema, stringendolo un po’ di più, - non devi
scusarti. Sappiamo entrambi cosa succederà e non possiamo fermarlo; devi permettere
al tempo di scorrere, di dimenticare, di vivere la tua vita: non fermarti e non
guardare il passato ogni volta, sorridi e vai avanti. È’ ciò che vorrei per te”
Nick
allenta la sua presa su di me, scioglie l’abbraccio e mi guarda sorpreso, come
se avessi detto chissà quale sciocchezza.
“La
vita c’è solo una volta e ora non gira attorno a me, a quello che ho e a quello
che tra meno di cinque giorni succederà: la vita gira attorno di chi la
possiede, non degli altri. Ascoltami Nick, pensa solo che dormirò un po’ più a
lungo delle mie abituali otto ore e che non arrossirò più quando mi sentirò in
imbarazzo; fai conto che parta per un viaggio molto lungo, cui prima o poi ti
unirai anche tu… guarda diritto verso il futuro, non indietro. Le cose passate
sono perse ormai, ciò che hai fatto negli anni scorsi non conta più niente; non
ti resta altro che affrontare quello che spaventa di più noi esseri umani: il
futuro. Avrai sempre delle incertezze su cosa scrivi, su cosa componi, sul tuo
lavoro, la tua famiglia, ma in ogni cosa devi mettere il cento per cento di te
stesso; alla fine la soddisfazione arriverà e dirai che avevo ragione in
qualche modo, quindi quando sarò lontana e non potrai più chiamarmi con il
cellulare, dovrai sempre guardare in avanti, non abbatterti, credere in te
stesso, rialzarti. Scommetto che la vita sarà bella per te”
E
ora quella a piangere sono io: quando hai la consapevolezza di non avere più un
attimo per te e per gli altri, non sai cosa fare come me in questo momento. La
vita è breve se qualcuno non usa il tempo in modo adatto, la vita è lunga se
sprechi ogni singolo momento a fare quello che ti piace, a viverla
intensamente.
E
la sottoscritta ha buttato via la miglior opportunità che qualcuno le potesse
dare, perché quando sarò caduta nel buco nessuno verrà a riprendermi, nessuno
mi porgerà la mano per risalire, nessuno griderà il mio nome perché mi salvi,
tutti diranno che ero una povera illusa se pensavo di guarire da sola.
Tutti
diranno che sono stata una stupida a credere in qualcosa che ovviamente non
sarebbe mai accaduto, né mai accadrà: perché di miracoli ancora sulla Terra non
se ne sono visti.
Un
miracolo è solo il fatto di aver vissuto quasi diciannove anni in una ricchezza
che altre persone probabilmente non possono permettersi e che io ho avuto;
quindi d’altra parte è meglio ringraziare chiunque sia in quel cielo per avermi
dato la possibilità di aver almeno assaggiato la vita e com’è fatta.
E
un abbraccio, un abbraccio riempie di nuovo il vuoto, almeno per un altro po’.
Nick
è in silenzio esattamente come me. Dopo qualche minuto mi alzo in piedi e me lo
trascino dietro, verso la stanza dei ricordi: quella della musica.
Il
pianoforte non ha più il cellophane che lo ricopre, la polvere l’ha abbandonato
ed è tornato splendente come prima. Mi siedo con Nick sul panchetto come giorni
fa, sfioro i tasti con le dita e poi mi fermo improvvisamente: in questo
momento non servono le parole per capirsi a vicenda, solo gli sguardi.
Ho
male alle mani. Ciò significa che la fine è vicina, che la malattia sta avendo
la meglio su di me, che mi rimane poco.
Ritiro
la mano amareggiata da quella di Nick che dolcemente l’aveva presa quasi per
confortarmi, mi sento ormai sull’orlo del baratro. Provo a riappoggiare la mano
sui tasti, ma con un scatto fulmineo la ritiro: sento dolore, anche a muovere
lentamente le dita.
Il
tasto bianco del pianoforte si bagna sotto una mia lacrima, mentre Nick accenna
una nota e un’altra e un’altra ancora fino a che smette per abbracciarmi,
consolarmi e baciarmi i capelli; dopo sto zitta, solo per godermi di quella
stretta familiare e affettuosa.
Mentre
i singhiozzi ormai si spengono e le lacrime smettono di scendere, chiudo gli
occhi.
L'angolo di Mari
Eccomi qui, questo è l'ultimo
capitolo, il prossimo sarà l'epilogo e poi Hopeless
finirà. So che tutto sembra essere stato veloce, ma è una
scelta che ho voluto fare in quanto ci saranno degli MM che
spiegheranno come Brittany ha affrontato la notizia e cosa ha sentito.
Solitamente il cancro si sente alla fine e con dei dolori, proprio come
lei li sente in questo capitolo. Perciò non mi resta se non di
ringraziarvi per queste meravigliose recensioni e vorrei davvero
ringraziarvi tutte per aver letto la storia che racconta di me, di
quello che ho passato. Spero di non avervi annoiati, non vi spaventate
voi lettori a lasciare una recensione perchè poi non ci
sarà più possibilità di farlo.
Davvero grazie a quelle persone che mi hanno sostenuta per tutto questo tempo, vi adoro.
Come avevo detto il trasferimento
sarà anche nella categoria One Direction perchè mi hanno
attaccato la fissa, ma spero di non fare brutta figura con una
fanfiction parecchio delirante che uscirà. Quindi ci vediamo
presto con l'epilogo, spero di avervi fatto tirare fuori un po'' di
fazzoletti.
Grazie mille a tutti.
A tutti voi, grazie mille dal cuore.
Mari
ps: chi volesse seguirmi su twitter: __ohluna
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Capitolo 11 *** Epilogo. ***
hopeless epilogo
Hopeless
Quando la vita va via senza accorgertene.
Epilogo
Le
campane risuonano cupe, riecheggiano per la città come una triste litania di
morte, i parenti, le persone più care si affollano sul sagrato per il funerale.
Brittany
non esiste più, Brittany è volata via, Brittany ha ceduto alla malattia,
Brittany ha lasciato Nick mentre era tra le sue braccia, seduta sul panchetto
bianco del suo pianoforte.
Nick
si asciuga una lacrima che gli è sfuggita, ma non scoppia in lacrime: Nick,
come Brittany, non esiste più.
Il
ragazzo entra in chiesa scortato dalla sua famiglia, si siede vicino ai
genitori della ragazza e osserva le panche occupate: non c’è molta gente, in
realtà. La cerimonia è intima, senza seccature, ci sono anche tanti compagni di
classe che hanno conosciuto Brittany e ne hanno apprezzato l’onestà e la forza,
nonostante il suo carattere scorbutico.
Gemma,
la madre di Brittany, è piegata dal dolore, piange ininterrottamente sulla
spalla del marito, che le accarezza la testa, e nel frattempo urla qualche
perché come richiesta e nessuno le risponde. Chiede il motivo per cui ha
portato via sua figlia, la sua unica figlia e non riceve niente.
L’amica
stronza che la ragazza ricordava sempre, Emy, è scossa dai singhiozzi da
un’altra parte della chiesa, in un angolo: tra le mani tiene quella che deve
essere una lettera con la tondeggiante calligrafia della sua amica.
Nick
è apatico. Non piange, non commenta, non parla: guarda fisso la foto sorridente
della sua migliore amica, guarda i suoi capelli biondi, guarda i suoi occhi
azzurri, guarda quella che avrebbe voluto sin dall’inizio.
All’uscita
dalla chiesa per andare al cimitero dove Brittany riposerà per sempre, Nick non
si imbatte con nessuno, non si ferma a parlare con nessuno, neanche con la
famiglia della sua amica, e va verso il luogo dove andrà più spesso, da solo.
Joe piange, rompe gli schemi e la sua immagine da duro costruita con tanti
sforzi: non dimenticherà mai i suoi rimproveri riguardo ad Aileen, lei mai
saprà che ha lasciato la sua ragazza; Kevin non ci crede e i coniugi Jonas
tentano di stare con i genitori di Brittany il maggior tempo possibile per
confortarli, ma anche Denise soffre.
Quando
la bara e il prete arrivano, Nick è già lì a fissare il vuoto composto dalla
terra fredda, dove Brittany andrà e starà per sempre: è brutta, quella terra.
È’ marrone, è fredda, non è adatta a lei, alla sua personalità, al vestito
azzurro che le hanno messo addosso.
“Nick,
spostati” la voce triste di Joe lo risveglia e lo trascina lontano dai suoi
pensieri; il ragazzo si scansa e con la morte negli occhi vede il corpo della
sua migliore amica cadere giù, nel baratro.
E
ha voglia di urlare, di mandare a quel paese quel fottutissimo cancro che l’ha
portata via da lui, di piangere finché non ha consumato tutte le lacrime che ha
a disposizione, di gridare al mondo che è un’ingiustizia, e vuole morire anche
lui, vuole sprofondare nel baratro con lei.
A
fine cerimonia tutti se ne vanno tranne Nick, che rimane a guardare apatico la
terra che ricopre la sua migliore amica, la sua Brittany: una lacrima va a
bagnarla, un’altra e un’altra ancora. I coniugi Jonas se ne sono andati sotto
insistenza di Kevin e Joe per lasciare al figlio minore il tempo di assimilare
i fatti, ciò che è successo.
Nick
si siede sull’erba per guardare ancora quella terra smossa e nello stesso
attimo sente qualcuno che si siede accanto a lui e che con delicatezza gli
allunga una lettera con il suo nome scritto sopra. Il ragazzo sussulta alla
vista della scrittura elegante e tondeggiante di Brittany, l’afferra quasi
subito e se la rigira tra le mani, per poi voltarsi nella direzione di chi
gliel’ha porta: è una ragazza dai capelli scuri, che non dice niente e va via.
Emy. La voce di
Brittany lo aiuta a sapere l’identità di quella ragazza che nonostante tutto
aveva gli occhi lucidi.
La
lettera che ha tra le mani gli brucia da morire, scotta quasi, così il
diciottenne si muove ad aprirla con delicatezza, per non rovinare le ultime
parole di Brittany.
Nick,
se starai leggendo
questa lettera allora vorrà dire che sono già morta: l’ho data a Emy affinché
te la consegnasse, ma non so quanto contare su quella ragazza.
Devo dirti tante
cose, Nick, cose che tu non ti immagini neanche, cose che avrei preferito
tenere per me. Sai dove sei ora? Mi hai lasciato un biglietto con scritto che
mi porterai una sorpresa: spero che sia gradevole almeno, non come quelle degli
anni passati.
Mi dispiace, Nick.
Avrei dovuto dirti cosa stavo passando, avrei dovuto fare una cura e non
lasciarmi andare, avrei dovuto tante cose che non ho fatto, tra cui delle scuse
per il trattamento ricevuto nei primi giorni e tutti gli insulti rivolti a te e
alla tua carriera.
Per il resto
grazie. Grazie per avermi fatto passare queste meravigliose quattro settimane
come le migliori della mia breve vita, grazie per aver suscitato in me nuove
emozioni che avevo dimenticato nel tempo, grazie per essere stato qui in questo
momento, grazie per aver scaldato il mio cuore di nuovo.
Quando sei
arrivato, pensavo seriamente di impazzire e di odiarti, poi mi hai fatto sapere
del diabete, della tua carriera, della tua vita così incredibilmente perfetta…
e il mio cuore non ha retto. A quattordici anni ero innamorata di te, a
quindici pure e speravo che tu tornassi, a sedici ho perso un po’ le speranze,
a diciassette pensavo di averti completamente dimenticato, a diciotto mi hai sconquassata di nuovo.
Sinceramente non
ci sono parole per ciò che provo per te, non so come esprimermi e sai anche
come sono fatta: non sono brava a parlare, a mostrare i miei sentimenti, mi fa
sentire debole.
Come si chiama
quel sentimento che ti fa battere il cuore, vai in iperventilazione e roba del
genere, descritto in parole da romanzo di seconda categoria? Ah sì, si chiama
amore.
Nicholas, ti amo.
Scriviamolo così, di tutto in punto, perché tu possa capire quanto tu sia
importante per me anche se rischio la vita quando mi abbracci o mi baci sulla
testa o sulle guance.
Mai più proverò
una cosa del genere, lo sai, per questo ritengo sia giusto fartelo sapere:
quello che una persona trasmette si può capire a fior di pelle e tu, per me,
sei un enigma da risolvere; non so ancora cosa ti passa per la testa.
Ora basta, ho
paura che tu torni da un momento all’altro e che tu possa cogliermi in
flagrante di reato.
Quindi grazie per
tutto, grazie per queste emozioni, grazie per questo amore non corrisposto,
grazie per essere il mio migliore amico, per avermi sopportato per quattro
lunghe settimane, per volermi bene.
Ti amo,
Britt
La
carta della lettera è impregna di acqua salata, di lacrime che hanno cominciato
a scendere senza interruzioni, di perché gridati nella sua testa: lui amava
Brittany, ma era troppo occupato a guidarla nei ricordi per dare voce al suo
cuore e alla sua mente.
“Ti
amo” sussurra Nick, prima di chiudere la lettera, alzarsi e guardare verso il
futuro.
***
Dopo
la morte di Brittany, Nick restò una settimana nella casa dove aveva trascorso
le ultime quattro settimane e andò molte volte sulla tomba della sua migliore
amica.
Quando
tornò a casa, a Dallas, ebbe tante ragazze, tutte bionde e con gli occhi azzurri.
Tutte le giovani donne con cui usciva non avevano né gli occhi né i capelli
scuri. La famiglia Jonas si stupì ancora di più quando notarono
l’impressionante somiglianza della sposa, Lorelay, con Brittany, l’amica di
infanzia scomparsa. Joe e Kevin ben sapevano che Nick non stava convolando a
nozze con quella donna, ma con la sua migliore amica e la sua memoria: la sua
morte aveva lasciato in lui qualcosa di incancellabile, chiamato dolore.
I
suoi fratelli conoscevano da molto tempo il suo segreto, ma il minore non aveva
mai voluto ammettere di amare la sua migliore amica da quando aveva quindici
anni, eppure la cosa era emersa alla fine.
Sapevano
che ogni cosa che faceva Nick la faceva con Brittany, non con Lorelay. Parlava
con Brittany, rideva con Brittany, piangeva con Brittany, faceva l’amore con
Brittany. Una volta Nick era arrivato al punto di confonderle e chiamare la
moglie come la sua migliore amica.
Ora
è lì, di fronte a quella liscia pietra di marmo, da dove Brittany gli sorride.
“Papà,
chi è lei?”
Nick
sposta lo sguardo dalla tomba alla bambina cui stringe la mano, una bambina dai
capelli ricci e castani.
“Hai
visto, Brittany? Si chiama come te, era la mia migliore amica”
Quando
la bambina incrocia i suoi occhi azzurri con quelli del padre, Nick vede gli
occhi azzurri e profondi di Brittany.
“E’
bella” commenta la figlia, chinandosi a guardare la foto.
Nick
sospira, e fa a tempo a strofinare via la lacrima che è appena scesa dai suoi
occhi.
“Sì,
Britt, è molto bella – ripete sconfortato, - aveva quasi diciannove anni quando
è andata via”
La
bambina sfiora delicatamente la foto con le dita, poi tocca il suo nome inciso
in rilievo sulla pietra. Il silenzio si diffonde tra padre e figlia, e rimangono
molto tempo a guardare quell’immagine sorridente.
“Papà,
tu l’amavi?” chiede improvvisamente Brittany, spostando lo sguardo sul padre.
Nick
si stupisce dell’acume della figlia, ma non incrocia i suoi occhi e resta immobile
a guardare la foto della sua migliore amica. Poi la voce di Lorelay li distrae
entrambi e l’ormai uomo fa un cenno alla bambina affinché vada dalla vera
madre.
“Sì”
soffia poi a qualcuno di impreciso, quando la figlia si è allontanata.
Sta
rispondendo alla vera Brittany, quella che in questo momento è nel sottosuolo,
quella che gli sta sorridendo, quella che non aveva mai smesso di amarlo
nonostante fosse stato uno stronzo negli anni passati.
Nick
caccia una mano in tasca, ne tira fuori quella lettera sgualcita e la pone
sulla tomba di Brittany: il foglio scivola leggero sul marmo, grazie al venticello
che si è appena alzato.
Per
un attimo a Nick sembra di sentire Brittany che lo chiama e la voce si disperde
nell’ambiente grazie al vento: è come se senta la sua presenza nella natura e
ora, questa brezza che gli accarezza i capelli e il viso, è la sua migliore
amica.
A
Nick pare di sentire un “ti amo” ululato e abbozza uno dei suoi rari sorrisi: è
tanto che non lo fa, aveva smesso quando
Brittany se ne era andata, ma ora lei è lì con lui.
E
si volta verso il futuro, ben sapendo che, nonostante lei non sia vicino a lui
fisicamente, è nel suo cuore.
L'angolo di Mari
Io non so che dire.
Hopeless è finito, per qualcuno "evviva, Hopeless è
finito". Ma non sarò io a dire quelle parole, anzi, non posso
non ripetere nella mia mente che la storia in cui ho messo me stessa
è finita. Ehi, Mari, la storia è finita, tu hai finito di
soffrire. Forse? Non lo so. So solo che più in qua non la
rileggerò, perchè c'è qualcosa che me lo
impedisce, qualcosa che ho lasciato e che mi fa sentire male ogni
volta. Hopeless mi ha segnata, devo dirlo, è quella che ho
scritto in una settimana, quella dove è esploso tutto, quella
che sembrava più scritta da una dislessica, perchè a
volta piangevo e non vedevo la tastiera e quindi sbagliavo tutte le
lettere.
Non potete neanche
immaginarvi quante cose lascio qui dentro. E' una parte della mia vita,
ora non mi resta che andare avanti e sperare che tutto vada bene e non
risprofondi nella depressione. Mi sono resa conto che alcuni capitoli
sono patetici, come questo epilogo, che altri soddisfano soltanto un
tre per cento di me, ma quando la scrivevo non ci facevo molto caso a
quello che digitavo, ai fiumi di parole inutili che esprimevo,
così ho deciso di non modificare niente, solo correggere magari
qualche vocabolo o una ripetizione. Per il resto non ho modificato
niente, tutto è come l'originale.
Vorrei davvero
ringraziarvi infinitamente per aver sostenuto questa storia. Quelle 14
persone che ce l'hanno tra le preferite (chi non recensisce non abbia
paura a farlo), quelle 3 che l'hanno tra le ricordate e quelle 13 tra
le seguite. E QUELLE 121 RECENSIONI, cosa che io mi sogno nella mente.
Grazie mille a tutti voi, non mi fate sentire una nullità. E se
c'è una cosa che adorerei, sarebbe vedere Hopeless nelle Scelte,
ma è un sogno ovviamente. Non è abbastanza matura per
finire lì.
Ci saranno due Missing Moments, li posterò più in qua.
Ho deciso di
abbandonare questo Fandom e di andare a intasare quello di Harry Potter
o quello dei One Direction, perchè Louis ha bisogno di me per
vendere le carote al mercato (?). Quindi grazie a tutti davvero :)
Grazie a Rebecca, perché è un'amica che ascolta sempre, per tutto. Ti voglio bene.
Grazie a Silvia, perché è una Stronzilla. Ti voglio bene.
Grazie ad Andreea,
perché è una sclerotica nonché mia sorella
gemella, che gestisce con me e Sarah il banco delle carote al mercato
(?). Ti mao.
Grazie a Sarah,
perché in qualche fottutissimo modo riesce a capirmi benissimo e
perché il nostro banco é il più fruttuoso di
tutti! Ti mao.
Grazie alla mia fotocopia Giulia, perché soltanto lei ha capito realmente il significato di questa storia. So che ce la farai. Ti voglio bene.
Grazie alla mia stalker Ilaria, perché, non si sa come, siamo Echelon, Parawhore e abbiamo tante cose in comune, e mi perseguita. Ti voglio bene.
Grazie ad Anna, perchè insieme tramiamo piani malvagi contro Delta e Bieber. Ti voglio bene.
Grazie a Elisabetta, perché - chissà come fa - mi sopporta.
Grazie a Marianna,
perché quando posta quei meravigliosi banner sul nostro gruppo
(specialmente quelli su Tom Felton) mi fa saltare gli ormoni.
Grazie a Irene e a Giulia, perchè quando è successo quella cosa spiacevole, si sono incazzate come delle bestie. Vi voglio bene :3
Grazie a Egg__s,
conosciuta al mondo come Agata (merito della tua presentazione se so il
tuo nome), per il meraviglioso banner e per quello altrettanto
meraviglioso della mia nuova fic sugli One Direction.
Grazie
a quei fottutissimi artisti che hanno fatto da colonna sonora a
Hopeless: gli Evanescence, Miley Cyrus, i Paramore, the Pretty
Reckless, i Muse, gli AC/DC e i Deep Purple.
Grazie a tutti voi lettori, per tutte quelle recensioni, grazie per aver vissuto Hopeless con me.
Maria Giulia
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