Hopeless

di __MariMalfoy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto. ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto. ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo. ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo. ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono. ***
Capitolo 11: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


hopeless prologo

Hopeless

Quando la vita va via senza accorgertene.

hopeless


Nessuno si sente mai in grado di affrontare i problemi. La vita è giudicata dagli atti che facciamo ogni singolo giorno, dall’apparenza. Per quanto possa essere terribilmente ingiusto niente cambia, niente cambierà.

Mascheri te stesso dietro ad una stupida bugia e si costruisce un castello: menzogne su menzogne su menzogne.

Le persone credono che qualcosa cambierà nel futuro, si illudono di vedere il meglio per le loro vite, di combattere qualcosa che non verrà sconfitto mai, di sognare un amore che forse non esisterà; semplicemente di restare ancorati ogni singolo giorno ad uno stralcio di ricordo.

Anch’io mento. Anch’io mi aggrappo ad uno stupido ricordo. Anch’io sogno un amore che non esisterà. Anch’io sogno il mio migliore amico.

Nessuno può nascondere ciò che prova agli occhi degli altri, che se ne accorgono subito: questa è una disperazione consolante, un’utile rassegnazione in fin dei conti.

L’idea di morire spaventa molto gli uomini, forse sono l’unica eccezione; sono sempre convinta che prima o poi dovrà succedere, dopotutto è un ciclo continuo chiamato vita, no?

La consapevolezza di avere solo un mese da vivere, da sfruttare al massimo ti fa vedere in modo diverso molte cose. Per esempio la morte non è così brutta come tutti pensano: è solo un modo per stare meglio. Non che abbia istinti suicidi.

O l’amore. L’amore è un sentimento che pochi provano e la restante parte mente con maestria, illudendosi.

O l’amicizia. Già, begli amici quelli che ti tranquillizzano e ti stanno vicini per un’intera vita e poi ti mollano lì, o ti sparlano alle spalle o ti mentono. Per questo sono sempre stata per il detto “pochi amici ma buoni”.

Ma si sa: ognuno di noi nasconde un segreto nel suo cuore; che sia superficiale o no, infantile o meno, stupido o utile alla società. Nessun segreto è stupido, se si guarda dal punto di vista della persona interessata, perché si capisce come si sente, quali sono le sue sensazioni.

Per questo vorrei continuare a nascondermi e non farmi vedere da nessuno. Peccato che lui mi abbia già raggiunto dopo sette anni, ma perseguirò il mio obbiettivo: resterò nell’ombra, come in tutti questi anni. Perché tutti sappiamo che l’apparenza inganna; fuori sono sana, dentro ogni mia cellula muore distrutta.

È ormai riconosciuta la frase: “ l’apparenza è una fottuta copertura”.*

Anche questa, come “ti amo” e “ti voglio bene”, è una frase fatta.

 L'angolo di Mari

Vi chiederete: che cosa sono questi pensieri messi alla rinfusa, così? Sono i miei pensieri, le mie sofferenze che ho passato in questo periodo. In questa fan fiction, che possiamo dire è la fanfiction della mia "rinascita" nella quale mi sento più matura, viene trattato un argomento che mi è molto a cuore, e non è la morte, bensì la malattia, che scoprirete più in qua. Questa ff rappresenta tutto ciò che ho passato in questo periodo, la sofferenza e il dolore che ho subito per la perdita di alcune persone importanti: tante cose tenute tutte insieme che alla fine sono esplose e uscite fuori, su una stupida pagina di Word nel 2010; ho deciso di condividerla con voi, sperando di farvi tirare fuori un po' di fazzoletti per trasmettervi qualcosa al di là del mio carattere forte. Fortunatamente sono soltanto stata spettratrice di questo avvenimento, ma ho perso delle persone vitali per me a causa di questa malattia e non auguro a nessuno che capiti né di soffrire in questo modo né di averla, quindi vi prego di non PLAGIARLA e COPIARLA, perché così ferirete davvero i miei sentimenti e il mio lavoro sarà tutto da buttare al cesso. E poi ne subirete le conseguenze ovviamente. Davvero, alcuni esempi di plagio li ho visti, e non ho alcuna intenzione di lasciarli andare via così. E giuro che se COPIERETE questa fan fiction offenderete me, i miei pensieri, i miei sentimenti (provate un po' voi a perdere un amico per questa malattia) e le persone cui l'ho dedicata.

Ora, dopo questo inutile discorso alquanto inquietante e noioso, ringrazio egg__s per il banner, tutti i meriti vanno a lei, e la frase segnalata dall'asterisco è di VeroJonasLover (che se non continua quella fic vado a cercarla a casa).

Se ritenete questa fic degna della vostra attenzione, anche se non si capisce nulla dal prologo, lasciateci una recensione mi farebbe molto piacere, anzi, di più.

Questa fanfiction è dedicata a quelle persone che se ne sono andate lasciandomi con un vuoto dentro.

A Rebecca, Silvia, Andreea e Giulia; grazie per il sostegno, per le vostre meravigliose fic e per tutto ciò che viene chiamata amicizia a distanza. In barba alla gente che diceva che non sarebbe mai esistita.

Mari

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Capitolo 2
*** Capitolo primo. ***


capitolo primo

Hopeless

hopeless

Capitolo primo

 
Poteva fare come tutti gli anni, cioè ignorarmi bellamente e continuare la sua vita da perenne fenomeno da baraccone. Poteva tranquillamente andare a trascorrere le vacanze in qualche isola sperduta, invece verrà qui a momenti e suonerà il campanello di casa mia con la stupida scusa che dopo tanti anni vuole rivedermi.

Ora voglio solo stare da sola, voglio tranquillità, non un montato che viene qui per dirmi chissà cosa.

Ho un mese disponibile e desidero che lui non si intrometta nei miei affari: i miei genitori, la  mia migliore amica rispettano la mia scelta, perché lui non dovrebbe farlo? Ricordiamoci che è una rockstar e pretende che io sia ai suoi piedi.

L’ultimo raggio di sole della giornata filtra attraverso la finestra, illuminandomi i piedi scalzi; cammino verso la porta lentamente, come se volessi godere del freddo parquet, la apro ed entro sulla veranda: si sta alzando un venticello leggero, che mi accarezza i capelli, mentre il sole, pieno e arancione, sparisce dietro le colline.

Aspetto. Io aspetto, continuamente. Quando cavolo arriverà quell’attimo che mi porterà via?

I fari di un auto si stanno avvicinando, brillano come gli occhi di un gatto nel buio: è inutile solamente pensare chi sia.

Per quale motivo non mi muovo e scappo? Perché non ho più una ragione per fuggire, prima o poi tutti devono affrontare le proprie paure, perfino la sottoscritta.

In un attimo è di fronte a me, appoggiato alla ringhiera, mi sta fissando curioso, mentre rivolgo tutta la mia attenzione al pavimento molto più interessante di uno che cerca di attirarmi con le sue mosse da super “macho”.

“Brittany? Hai intenzione di farmi entrare in casa oppure posso stare qui in eterno?”

Quanto vorrei che tu stessi lì in eterno senza rompermi le palle.

“Non sono accettate persone che mollano la loro migliore amica a dodici anni per trasformarsi in rockstar che si credono i re del mondo – sibilo, guardandolo finalmente in faccia, - la tua macchina è abbastanza spaziosa per farti da hotel per tutta la notte”

“Ma Brittany…” tenta di difendersi; è cambiato, tanto.

Pretende che mi prostri ai suoi piedi, lo preghi di cantare per me e di metterci insieme o chissà cosa passa per la sua mente perversa e bacata. Prima si limitava a farmi ridere, a scherzare e a volte ci eravamo baciati anche, ma per scherzo; io ero gelosa delle sue ragazze, lui dei miei; lui aveva promesso di restare, ed era andato via. E avevamo dodici anni, poi a quattordici, dopo due anni di contatti, ci siamo persi… addio.

“Non pensare che mi pieghi e ti dica che ti amo e mi sei mancato o chissà quale cazzata, perché non lo farei mai! Neanche se tu fossi morto! – sbraito, fuori di me – l’unica persona a cui mi piegherò è il caro vecchio Freddie Mercury!”

Nick gesticola, sorpreso dalla mia reazione, e un po’ irritato dal mio comportamento alquanto infantile. Nonostante questo però, riesco a vedere i suoi occhi che si inumidiscono: no, è tutta immaginazione, perché Nick Jonas non piange mai.

“Britt, Freddie Mercury è morto!”

“Allora vedi di morire anche tu se ti vuoi far apprezzare!” strepito, sbattendogli la porta in faccia.

Non posso aver detto questo al mio ex migliore amico, non posso essere stata così cattiva: questa non sono io, questa è un’altra persona, un’altra Brittany.

Una Brittany inacidita dal tempo che passa, dalla sofferenza, dalla scoperta, dalla consapevolezza di non avere più un minuto per sé stessa, oppressa da gente che vuole sapere di lei, di cosa l’affligge.

Sono una persona che non versa più una lacrima da cinque, sette anni; una che ha passato il liceo da asociale, senza nessuno, convinta che lui sarebbe ritornato per ricostruire un rapporto che non esisterà più. Innamorata di un cretino canterino, ma ora non lo è.

La persona allegra di prima si è spenta, come una macchina a cui è finita la benzina, come se non avesse più un motore che la spingesse in avanti. 

È strano parlare di sé stessi in terza persona… se è per questo è anche inquietante. Probabilmente non sono in grado di costruire un ritratto della mia personalità o del mio aspetto, perché sembro apparentemente normale, non come una che ha appena lasciato fuori il suo amico di infanzia.

I ricordi, come le emozioni, non muoiono mai; ma molto spesso ci vengono in mente quelli negativi e non quelli positivi. Non capisco ciò: perché una persona dovrebbe ricordare qualcosa che l’ha fatta soffrire e non qualcosa che l’ha segnata in positivo?

Io, al momento, preferirei che tutta la mia mente si cancellasse. Per vivere di nuovo, forse? Macchè. Per stare meglio? Neanche. Forse solo per non conoscere Nicholas, ma sono sicura che in qualche modo lo rincontrerei di nuovo, tanto con la sfiga che ho.

Che cavolo di ore sono? Le tre e sono ancora sveglia mentre quell’idiota sta dormendo nella sua macchina da chissà quanti soldi.

Consapevole del fatto di avere solo una maglietta addosso che non mi arriva neanche al ginocchio, esco di casa (mi fa anche freddo) con passi pesanti: in un attimo mi trovo di fronte alla macchina del mio ex amico che, guardando bene dal finestrino, non sta dormendo neanche lui.

Fantastico!

Busso al vetro, ma Nick non mi sente e continua a fissare il soffitto della macchina con aria rassegnata.

“Ehi, cretino, vuoi smettere fissare il soffitto e concedermi un minimo di attenzione? Te ne sarei grata, visto che sto facendo questa cosa così difficile anche per te!”

Finalmente lui si degna di guardarmi con un sorriso: come vorrei che smettesse di farlo. Apre la portiera e scende, squadrandomi da capo a piedi.

“Smettila di fissarmi in quel modo – borbotto, acida, - e vieni a dormire in casa: purtroppo non posso trattarti come un cane, perché se fosse così ti tratterei peggio!”

Nick grugnisce qualcosa, prima di chiudere la macchina e seguirmi dentro casa mia, poi osserva curioso il soggiorno: ti piacerebbe vedere tutto come un tempo, vero?

“Ma hai cambiato tutto!” sbotta sorpreso.

Annuisco, mentre lo guido verso la camera degli ospiti che purtroppo c’è sempre stata.

“Non ho mai voluto ricordare, tanto i miei sono da mia nonna – spiego, sbuffando, - ma questa è rimasta uguale”

Nick appoggia la sua roba da una parte, osserva la stanza e poi mi fissa, mentre impassibile mi immergo nei ricordi.

“Nick, smetti di farmi il solletico! E basta, altrimenti mi tocca rifare il letto!”

“Assumiamo una cameriera e lo rifarà lei” disse lui, nei suoi quattordici anni, abbracciandomi la schiena.

Ridacchiai, mi girai dall’altra parte e gli schioccai un bacio sulla guancia: Joe e Kevin pensavano che ci fosse qualcosa di più tra noi, una specie di amore barra amicizia, ma avevo sempre negato. Non avrei mai ammesso di essere innamorata di lui.

“No, io lo rifarò perché i miei mi costringeranno – sussurrai, mentre giocherellavo con l’anello che aveva al dito, poi lo abbracciai di slancio: meno di due giorni e sarebbe andato via, - ti voglio bene” sussurrai.

“Anch’io”

Io lo amavo, era diverso.

“Britt, prima non ti incantavi in questo modo – osserva Nick, facendomi ritornare alla realtà. Scuoto la testa, come per riprendermi, e bofonchio qualcosa di incomprensibile.

“La casa è cambiata come te”

Mentre mi volto verso di lui, mi viene naturale fulminarlo: parla quello che ha passato la vita tra le chitarre.

“Io non sono cambiata – borbotto un po’ contrariata, - sei tu quello che è cambiato: se non ti aggrada la camera che ti ho dato, tornatene pure nella tua macchina”

E nell’attimo in cui pronuncio queste parole e me ne vado, Nick rimane lì, fermo a fissare quella persona che non ci sarà più.

L'angolo di Mari

L'aggiornamento di Hopeless è arrivato in ritardo, lo so, e vi chiedo immensamente scusa, ma i problemi familiari si stanno moltiplicando a vista d'occhio e ho poco tempo per fare tutto, vi prego di non odiarmi anche perché non sono in una situazione facile. Sono convinta però che "aiuti" a contribuire a questa storia, che avrà una decina di capitoli più o meno, più vari missing moments. Le parti in corsivo sono i RICORDI di Brittany.

Non mi resta molto da dire se non GRAZIE. Grazie per sostenere questa fic nata dai miei sentimenti, grazie per tutte quelle meravigliose 12 recensioni, che una ad una mi hanno fatta piangere e scoppiare in lacrime perché mi stupisce quante persone possano capire il mio dolore, grazie a quelle 20 fantastiche persone che hanno messo la sottoscritta tra gli autori preferiti; grazie per non farmi sentire una nullità.

Specialmente grazie a quelle che hanno recensito, facendomi capire che non sono sola: __PleaseStay; AnUnderdog; elenasirtori; silviking; annavi; __OffTheChain; Lady Jonas; Sofyjbthebest; ___Nicka; Lils_; ladyme; Demsmuffin. Grazie, un grazie che viene dal cuore per queste meravigliose recensioni, anche se non mi piace chiamarvi per nickname, ecco.  Grazie anche a voi 5 che avete messo la storia tra le preferite e a voi 5 che l'avete messa tra le seguite.

In questo momento però, scusate per la predica lunga, ho la sensazione di avervi deluse... scusatemi se questo capitolo non è il massimo.

Spero proprio che continuiate a seguirmi,

dedicato a tutte le persone che hanno recensito, per essere fantastiche. Grazie davvero.

Mari

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo. ***


cap 2

Hopeless

hopeless

Capitolo secondo 

Ormai è mattina, me ne accorgo perché sento il sole che mi sfiora il viso con delicatezza: accidenti a me, che lascio le finestre aperte senza tenere le persiane chiuse.

Non voglio alzarmi. La fatica si è impossessata di me, ormai, non mi smuoverò più dal letto per il lunghissimo mese che deve ancora trascorrere… poi magari mi devo alzare per cucinare la colazione a quell’idiota che dorme nell’altra stanza! Non ci penso neanche.

Combattendo contro la mia pigrizia riesco a malapena sollevarmi dal letto e guardare il mio riflesso nello specchio posto di fronte al mio paradiso del sonno; ovviamente ho tutti i capelli scompigliati, due occhi che invocano pietà e una faccia mostruosa.

Grugnisco, percorro il corridoio spoglio di oggetti, scendo le scale con passo pesante e in un attimo mi ritrovo in cucina, ancora assonnata. Mi sorprende vedere Nicholas che sta tranquillo al tavolo a bere un caffè, già vestito, che utilizza l’iPhone senza fare casino.

“Buongiorno” Nick saluta appena mi vede, in risposta borbotto qualcosa, ignorandolo e dirigendomi verso la macchinetta del caffè.

“Il buongiorno si vede dal mattino - dice poi a bassa voce – Britt, si può sapere perché fai così?”

Appena mi volto con la tazza in mano, vedo Nick che mi guarda, in attesa di una spiegazione, in quegli occhi nocciola ripercorro quel passato che voglio dimenticare. Il suo telefono è appoggiato da una parte, inerme.

Mi sento terribilmente  a disagio, come se un masso stia per colpirmi e farmi male, per questo non rispondo, tenendo gli occhi bassi.

“Brittany, tu non ti sei mai comportata così – prosegue Nick, imperterrito, - la Brittany che conoscevo non mi avrebbe mai sbattuto la porta in faccia, né mi avrebbe parlato come stai facendo adesso: cosa c’è che non va?”

“Non ti ho ancora parlato” ribatto secca.

Maledizione, tu mi conosci così bene e forse hai anche ragione.

Chi è qui la persona che ha cambiato il suo atteggiamento? Sono io, accecata dal dolore e dalla sofferenza, o è lui, ricompensato con la fama e la gloria?

Resto ancora in silenzio, mentre vedo segni di impazienza in lui, che ticchetta nervosamente le dita sul tavolo.

“Visto che non vuoi parlare – esordisce finalmente Nick, alzandosi dalla sedia, - faremo quel gioco che ti piaceva tanto a quattordici anni”

Nick conosce ogni angolo oscuro di questa casa, quindi sa perfino dove sono i dadi: torna poco dopo con quei consunti cubi di legno fabbricati da me e mio padre, nascosti sempre nel solito cassetto.

Con titubanza mi siedo di fronte a lui e osservo curiosa quei due cubetti, di cui non si distinguono neanche i numeri incisi sopra con il coltello.

“Brittany, se sto facendo questo è perché voglio capire cosa hai – dice Nick: mi sbaglio o è strano che sia così umano? – se esce pari parlerò io e ti dirò un mio segreto, dispari sputerai tu il rospo”

Annuisco, ma sono poco convinta. Nell’attimo in cui Nick lancia i dadi sul tavolo, socchiudo gli occhi e mi passo una mano tra i capelli biondi, poi li riapro.

“Dispari” mormoro, sorpresa: questo significa che tocca a me parlare.

Boccheggio. Non ce la faccio e non ce la farò mai a dirglielo: incrocio il suo sguardo incoraggiante, ma non apro bocca.

“Brittany… - sospira Nick, sconsolato, - facciamo al meglio di tre”

Anche in questo modo non mi salvo: due dispari, un pari. Sembra che la natura sia contro di me, così mi alzo e con passi pesanti mi reco in salotto. Dopo aver aperto un cassetto dell’armadio a muro, ne estraggo una cartellina con il mio nome scritto sopra: appena sono davanti a Nick con la busta, mi blocco e mi accascio sulla seggiola, sempre tenendo stretti quel pacco di fogli.

Il mio corpo trema, il mio animo è sconquassato da tutte queste sensazioni ed emozioni che mi travolgono: i miei occhi sono lucidi, ma non ho mai pianto in tutto questo tempo, quindi perché dovrei farlo ora? Nick mi destabilizza, tutti lo sanno. Fa in modo che le mie difese cadano come un dannato castello di carte, mi riporta alla mente ricordi ormai rifiutati e cancellati.

“Britt, stai bene?” chiede preoccupato.

Annuisco con energia nella mia inutile resistenza a questa sensazione. Dopo avermi squadrata per un po’, Nick sospira, passandosi una mano tra i capelli ricci e dice che dovremmo entrambi dire i nostri segreti più importanti insieme: sono d’accordo, ma lo correggo. Il mio segreto è uno soltanto.

Poso con immenso coraggio la cartellina di fronte ai suoi occhi, che mi fissano con apprensione nel mio sforzo psicologico: nessuno sa questa cosa eccetto i miei genitori e la mia migliore amica Emy.

“Diabete - sussurra Nick, fissando turbato quella busta – 2005”

Il nostro ultimo incontro è stato nel 2006, a gennaio. Perché non me l’ha mai detto? Mi ha mentito, tenendomi tutto nascosto.

“Perché non me l’hai detto prima? Io ti avrei capito” soffio scuotendo la testa.

Si capisce subito che Nick sta ancora male per il diabete: non lo accetta, forse? Penso che sia il momento giusto per ammirarlo, sia come persona sia come musicista: tra poco compirà diciannove anni ed è famoso in tutto il mondo, non arrendendosi mai, combattendo quella malattia che si terrà per tutta la vita.

Il silenzio, ormai calato da troppo tempo, si rompe e ci fa riemergere dai nostri pensieri, dalle nostre paure, che ci stanno travolgendo in una piccola cucina ad uno stupido gioco di dadi.

“Britt, sarei partito – dice Nick con gli occhi bassi, - non volevo farti preoccupare”

“Ora hai fatto peggio, Nick. Mi hai mentito, e sono sicura che tu ti ricorda del mio odio nei confronti delle bugie”

“Promettimi che saremo amici per sempre e non mi dirai bugie”

Eravamo nel prato dietro casa mia, quel prato colmo di margherite fiorite che ci piacevano tanto, dove un albero solitario compariva quasi come se fosse stato un’illusione creata dal sole caldo. Ci tenevamo per mano, come qualsiasi bambino faceva a nove anni.

E in quell’albero erano rimasti i segni di una tenera infanzia, di un’incapacità dovuta alla giovane età e di due lettere incise accuratamente con un taglierino, utilizzato di nascosto e con la paura di tagliarsi un dito.

Sprazzi di ricordi perduti affiorano nella mia mente in un girovagare confuso e tormentato: non è il momento giusto per ricordare.

“Lo so, Britt, mi dispiace, ma anche tu hai mentito” dice Nick, sfiorando intimorito la carta di fronte a lui.

“Io non ho mentito, Nicholas – replico ferita, - l’ho fatto perché avevamo entrambi dimenticato: per quale motivo sei venuto qui? In questo posto non riceverai niente delle cose a cui ormai sei abituato”

Nick abbozza un sorriso mesto, preso dallo sconforto.

“Non sono venuto qui perché cercavo la fama o chissà cosa: solo la mia migliore amica, qui c’eri solo te”

“Promettimelo, Nick. Prometti che non dirai bugie”

Aveva esitato un po’ prima di rispondere.

“Sì, Britt. Promesso.”

Quell’ultima parola mi risuona nella testa come un promemoria, come se mi invitasse a rivivere quei momenti ormai cancellati. Abbasso gli occhi istintivamente, quando Nick, poiché si era accorto della mia titubanza, prende la cartellina colma di documenti e l’apre, posando lo sguardo sulla prima pagina.

I suoi occhi si dilatano, increduli, spaventati.

“Cancro – mormoro con voce flebile, - stato avanzato. Un mese di vita”

Nick lascia cadere la scheda a terra, mentre le lacrime si raggruppano con violenza ai miei occhi: la resistenza è stata vana.

La ricomparsa di Nick ha fatto traboccare il vaso colmo di ricordi rifiutati, di sofferenze dovute alla mancanza di una presenza fissa, che ormai se ne era andata da tempo e che poi è tornata di nuovo.

Una mina antiuomo, ecco cosa sono. Una persona instabile che cerca di trattenere centinaia di cose dentro di sé e che poi esplode dopo essere arrivata ai suoi limiti ed oltre, coinvolgendo così i suoi affetti.

Eccola, l’esplosione. Ed è totalmente inutile trattenerla, perché ormai la verità è uscita fuori.

Le mie difese costruite con così tanta devozione e pazienza crollano ad un minimo ostacolo chiamato Nicholas.

Come loro cadono, io scoppio nel pianto.

L'angolo di Mari

No, questo capitolo no. Non mi piace per niente nonostante sia più lungo degli altri e si scopra la malattia di Brittany, nonostante io abbia pianto mentre lo scrivevo perché i ricordi venivano a galla. Non riesco, e basta. Non riesco a trasmettere quello che vorrei, a volte mi sento una stupida e mi chiedo: ma perché sto scrivendo questa fanfiction? Per rendermi ridicola di fronte agli altri e farmi vedere come una debole? Ma, purtroppo, lo so benissimo che in fondo sono una debole, e tutti lo siamo. Non possiamo mantenere ciò che proviamo tutto dentro, poi esplodiamo... come ha fatto Brittany, come farò io a momenti.
Rubatemi Brittany e rubate me stessa, allora sì che potrò dire di ritirarvi, perché mi farete profondamente SCHIFO; non riesco nemmeno a concepire l'idea di un plagio. Non a caso Brittany è un nome studiato.
Non riesco a dire altro se non grazie a voi che recensite, GRAZIE. davvero. Passerei ore a ringraziarvi una per una e visto che so i nomi di ognuna di voi, vi ringrazio nome per nome, perché i nickname non mi piacciono (e suppongo che siano questi i vostri nomi, se sbaglierò mi potrete uccidere): Andreea, Sarah, Ilaria, Rebecca, Elisabetta, Giulia, Sofia, Silvia, Elena, Francesca, Giulia, Stefania.  Grazie, non so che farei senza di voi.
Grazie a voi 9 che la tengono tra le preferite (quelli che non recensiscono non abbiano paura a lasciare una loro opinione, non mangio); a quei 6 che la tengono tra le seguite (stesso discorso per loro)... perché tengo davvero a questa storia.
Molte  hanno detto che Nick è presuntuoso: no, non lo è. E' solo l'impressione di Brittany, ricordiamoci che è raccontata dal suo punto di vista. Quindi grazie ancora di tutto e per la vostra attenzione, siete fantastici!

A voi che recensite, vorrei scrivere una shot, qualcosa, per tutte voi per dimostrarvi la mia immensa gratitudine.
A Julie, specialmente. Perché tu ritorni come prima, a volare, perché tu possa essere felice dopo questo periodo di buio come il mio. Sappi che ti voglio bene.

Mari


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Capitolo 4
*** Capitolo terzo. ***


cap 3 hope

Hopeless

hopeless

Capitolo terzo

 

Quanti minuti sono passati? Trenta? In questi trenta attimi non ho smesso di piangere neanche un momento e, mentre mi consumavo nelle mie lacrime, Nick guardava ancora incredulo il foglio, ormai raggrinzito dalla presa delle sue mani, dopo averlo recuperato.

Alla fine vedo spuntare una lacrima che scende lentamente dai suoi occhi; è un evento più che raro osservarlo mentre piange.

Con rabbia Nick si strofina la guancia, lascia cadere la scheda sul tavolo e guarda il mio viso stravolto da tutta quella sofferenza. E la domanda sorge spontanea dalle sue labbra.

“Perché non me lo hai detto?”

Il motivo per cui non gliel’ho mai rivelato può capirlo da solo: mi aveva dimenticata, lasciata nel passato che ha fatto di nuovo capolino.

“Eri andato via da tanto tempo – sussurro flebile, la voce rotta dalle lacrime, - mi avevi dimenticata: perché avrei dovuto distruggere il tuo paradiso?”

Nick mi guarda con la disperazione negli occhi, un po’stupito dalle mie parole, che sono prettamente la verità: avevo sempre detto che era troppo preso dalla musica per tornare indietro, e avevo torto.

“Brittany, sei stata una parte della mia infanzia, quella con cui ho condiviso dei ricordi bellissimi… eppure tu dici questo – dice Nick, in sua difesa, - se tu mi avessi chiamato e mi avessi informato, sarei venuto prima da te. Invece so questa cosa solo durante una visita di cortesia”

Se non fossi così orgogliosa, lo abbraccerei: sento quel vecchio sentimento che mi riscalda il cuore di nuovo. Lo avevo cancellato per sempre, non può tornare adesso.

Resto in silenzio, mentre il coltello della malattia viene infilato sempre di più nella piaga del mio corpo: Nick è ferito, arrabbiato, invece io non percepisco niente.

“Avevi lavorato così tanto per quel progetto che sognavi con Joe e Kevin, poi era passato troppo tempo: tu non avresti rinunciato alla musica, ne sono sicura” replico, strofinandomi il viso con il palmo della mano.

Nick si accascia di nuovo sulla sedia con le mani tra i capelli, in un miscuglio di emozioni devastanti.

“Cazzo, Brittany, sei la mia migliore amica! – sbotta, frustrato, - pensavi realmente che ti avrei lasciata sola?!”

Gli occhi mi si riempiono di nuovo di lacrime e resto di nuovo in silenzio, incapace di rispondere.

“Che hai fatto finora per curarti?” chiede Nick, abbassando la voce per non spaventarmi ulteriormente.

Deglutisco, nervosa, strofinandomi di tanto in tanto gli occhi per asciugare le lacrime rimanenti, e sospiro affranta.

“Niente, Nick – mormoro cauta, - non ho fatto niente, neanche la chemioterapia, perché non ho voluto curarmi sin dall’inizio”

So che ora esploderà, urlerà e imprecherà. Invece il ragazzo va contro ogni mia aspettativa: i suoi occhi color cioccolato incrociano i miei azzurri e scuote ripetutamente la testa, incredulo.

“Perché non l’hai fatta, la chemio?” chiede Nick, con la voce rotta e flebile.

I sensi di colpa mi investono: non avrei mai pensato che la mia malattia e la mia prossima morte potesse fare così male. Avevo sempre creduto di essere sola, per questo motivo mi ero ritirata in casa senza vedere nessuno, solo per avere la percezione di non possedere più niente.

So perfettamente che i miei genitori non sono stati i migliori del mondo e sono consapevole del fatto che Emy non è la mia migliore amica, ma una stronza di prima categoria. Ma io avevo probabilmente scelto lei perché era un facile ripiego per Nick, dopo la sua partenza.

Se fosse mia amica, mi avrebbe detto che non dovevo isolarmi e invece è da qualche parte a divertirsi.

“Perché mi ero rassegnata e pensavo che la vita tanto prima o poi dovesse finire. Mi sentivo sola e abbandonata, non volevo illudermi di avere una speranza di guarire, facendomi sottoporre a delle radiazioni o roba del genere” spiego, socchiudendo gli occhi, in attesa della sua reazione.

Nel viso di Nick vedo soltanto stupore: mi sta chiedendo involontariamente il motivo della mia scelta, un perché così forte e grande che mi risuona nella testa anche se non è pronunciato.

“Okay, tu devi essere impazzita – borbotta Nick, scioccato, - non dirmi che non ti sei fatta curare per una questione estetica, perché potrei esplodere”

Ho probabilmente raggiunto il limite: le lacrime non scendono più, alla tristezza si è sostituita una gran rabbia; come può solamente pensare questo?

Mi alzo dalla sedia, decisa ad andarmene, ma lui mi blocca per un polso e mi costringe a fissarlo negli occhi.

“Nick, ho abbandonato la scuola da un anno e mezzo per poter convivere con questa malattia, eppure non ho fatto niente per curarmi, perché sapevo che sarebbe stato inutile. Ma non puoi dire che l’ho fatto per una questione estetica, così mi offendi” spiego, ferita, ma lui non dice niente.

Mi sento avvolgere dalle sue braccia calde con affetto, una sensazione che non avevo mai provato prima o almeno non l’avevo provata da tanto tempo, cioè da quando se ne era andato: quante volte avrei voluto rifarlo di nuovo. Farmi stringere da quelle braccia così familiari e amichevoli, le braccia del mio migliore amico.

Il mio cuore inizia di nuovo a battere forte, un sentimento assopito si risveglia dentro di me, sconquassandomi: mi ero promessa che non sarebbe accaduto di nuovo, ma la vita –questa breve vita- è imprevedibile.

“Brittany, ascoltami – mi sussurra in un orecchio, facendomi scuotere dai brividi, - in questo poco tempo io sarò sempre qui per te, e rimedierò agli anni passati. Ricordati che sei la ragione per cui sono qui”

Una lacrima scende lenta sul mio viso. Sì, io gli voglio bene e forse qualcosa di più.

“Grazie, Nick. Grazie.”

Sono riconoscente nei suoi confronti, perché dopotutto, nonostante anni di lontananza, anni in cui l’ho odiato, è ancora qui con me e non dà alcuna importanza agli insulti che gli ho rivolto inizialmente, ieri sera.

“Ti voglio bene, ricordatelo – mi sussurra Nick nelle orecchie, mentre abbozzo un piccolo sorriso, - anche se non ci vediamo da tanto tempo, ti voglio tanto bene”

Sono quasi felice; un lume, la mia piccola speranza, è tornata. Penso che ora ci sia un motivo in più per sorridere e per godere al massimo dell’ultimo mese, per stare con Nick, per vivere gli ultimi attimi e per poi andarsene per sempre.

L’iPhone di Nick squilla, mentre sono ancora immersa nell’abbraccio e sbuffo, scocciata.

“No, il mio caffè si è raffreddato!” mormoro, sconsolata, mentre lui risponde al telefono, probabilmente a quel babbuino di Joe.

Odio Joe e il suo tempismo del cavolo, dimostrato anni addietro.

“Mi mancherai tanto, Nick. Scrivimi e vieni a trovarmi spesso”

A quattordici anni ero davvero convinta che lui avrebbe mantenuto la promessa; e in quel momento, in un minuscolo aeroporto, mani nelle mani, guardandoci negli occhi, ci stavamo lasciando. Ero speranzosa di rivederlo, per almeno sentire quel battito forte del cuore di nuovo.

Lui aveva annuito con energia, e si era chinato per baciarmi. L’ultimo bacio.

Il mio cuore andava a tremila, come una Ferrari sulla tangenziale, il mio respiro era affannato ed ero dannatamente pronta e sicura, ma…

“Ehi Nick, ti vuoi muovere? Mamma sta perdendo la pazien… ops” aveva urlato Joe; sia io che Nick ci ritirammo imbarazzati.

Da quel momento capii che Joseph Jonas aveva un fottutissimo tempismo di merda.

Mentre Nick borbotta qualcosa di scocciato al telefono, sicuramente a suo fratello maggiore, preferisco darmi una sistemata e recuperare quella dignità e quei cocci caduti a terra: tutto ciò che è rimasto delle mie difese.

Con calma butto via il caffè, espiro e comincio a pulire la cucina, come ho sempre fatto in questo anno, mentre ricordi confusi affollano la mia mente; so che l’atmosfera di prima è andata via, probabilmente il mio carattere acido e stronzo farà capolino tra trenta secondi.

Non è stata una cosa facile confessare di avere il cancro, lo ammetto. Le difficoltà si sono sentite maggiormente con Nick che con le altre persone cui ho parlato di questa malattia: mi è venuto quasi spontaneo dirlo ai miei genitori, alla mia migliore amica… come se in fondo in fondo al cuore non me ne fregasse un bel niente. E forse questo malandato organo vitale ha ragione.

Guardo oltre la finestra, completamente isolata nel mio mondo; il bisbigliare di Nick al telefono si fa più basso, quasi a scomparire.

Riesco a vedere la mia vicina di casa che esce con il cane e sua figlia che sta tranquillamente cavalcando nel recinto che le costruì mio padre, quando il suo si ruppe un braccio e non era molto di aiuto.

Mi ricordo che anch’io cavalcai una volta, in quel recinto. Beh, avevo solo dieci anni, ma è come se fosse ieri.

“Dai Brittany, puoi farcela”

Scuotevo la testa continuamente: avevo tanta paura di quel cavallo, perché era gigantesco. Mia madre ripeteva continuamente che potevo farcela a saltare su quel dannato animale, lo feci soltanto quando Nick, con un salto felino, scavalcò prima la staccionata e poi montò sul cavallo, aiutato da un istruttore.

“Dai Britt, io ce l’ho fatta, tanto so che sei una schiappa e non ci riesci!”

Odiavo le sue continue provocazioni, ma quelle erano il motivo per cui alla fine salii su quel dannato cavallo e, all’istante, Nick scivolò su un lato dell’animale, a mezz’aria.

“Chi è che adesso non ce la fa?” ridacchiai, mentre nello stesso momento, scossa dalle risate, anche io caddi a terra, scivolando dalla pancia del cavallo.

“Ah, il cavallo, Britt”

La voce di Nick mi fa riemergere dai ricordi della mia infanzia, ma quello è un ricordo abbastanza doloroso visto che il mio fondoschiena non ne giovò molto della caduta.

Abbozzo un raro sorriso, mentre mi stringo le braccia, un po’ infreddolita e ancora vestita nel mio pigiama barra maglietta che non mi copre un bel niente.

“Adoravo il tuo cavallo” commenta Nick divertito, avvicinandosi.

“Ma perché mi aveva fatta cadere! Sei crudele - replico; il mio viso si piega in una smorfia di disappunto, - cosa voleva tuo fratello Joe?”

Nick mi concede uno dei suoi rari e meravigliosi sorrisi: nelle foto non l’ho mai visto sorridere, né dare un segno della sua felicità; forse voleva conservare la sua immagine?

“Oh, si vede che ci conosci – borbotta, - vuole mollare la sua ragazza: dice che sta cominciando ad odiarla”

Lo guardo appoggiata alla parete, con gli occhi che mi brillano: una volta era capitato che mi fossi presa una cotta per Joe, ovviamente passeggera, visto che, appena se ne era andato, ero tornata da Nick senza problemi.

“Brittany è innamorata di Joe!” mi prese in giro il mio migliore amico, gironzolandomi attorno.

Scossi la testa, convinta del contrario, ma il rossore delle mie guance mi tradiva.

“Nick, non sono innamorata di tuo fratello!”

“Brittany ama Joe! Brittany ama Joe!” ripeté Nick, saltellando come un ossesso.

Quasi mi misi a piangere: non sopportavo le persone che mi prendevano in giro e mi deridevano. Fui salvata dal tempestivo arrivo di Denise, che richiamò quell’idiota di suo figlio a rapporto.

Quando Nick se ne andò, la prima cosa che feci fu sfogliare una margherita, pensando a quanto fosse carino Joseph Jonas. Peccato che qualche anno dopo suo fratello Nick gli contese il primato. E vinse.

“Onestamente ho sempre odiato Ashley Greene, la trovo alquanto superficiale e stupida. Mi sto sbagliando?” affermo, con aria saccente.

Nick fa una smorfia, che però non mi dice se è d’accordo con me o no.

“Non sarai mica gelosa? – chiede Nick con un sorrisetto poco raccomandabile – dopotutto sappiamo tutti che avevi una cotta per lui a dieci anni”

Siamo sulla stessa linea d’onda, probabilmente, ma ciò che ha detto mi ha infastidita in qualche modo.

“Peccato che a quattordici anni, quando te ne sei andato, io fossi innamorata di te - rispondo secca, - vado a cambiarmi”

Mentre mi allontano contrariata, vedo che Nick è rimasto immobile a fissare una mattonella del pavimento, incredulo di ciò che ho appena rivelato. E sono anch’io stupita del mio coraggio.

Probabilmente adesso mi infastidirà con questa storia e mi chiederà se sono ancora innamorata di lui; esiterei un po’ prima di rispondergli, ma poi cederei.

La risposta? Sarebbe un po’ indecisa, ma poi ricadrebbe su un sì soffiato.

Non so ancora ciò che provo, anche se Nick è rimasto nei miei pensieri fino ai sedici anni, facendomi annegare in un mare di dispiacere e dolore aggravato dal cancro.

E poi? Beh, il tempo passa e le ferite guariscono, lasciando spazio ad altri problemi. Onestamente credo di aver ucciso l’atmosfera di nuova amicizia ritrovata che c’era prima, dopo l’abbraccio e le confessioni.

Sono sicura però che lui non mi chiederà mai una cosa del genere, visto il suo carattere poco sfrontato.

“Bene Nick, – dico, appena scendo le scale con un apparente passo leggero e sereno, - che ne dici di mangiare?”

 L'angolo di Mari

Scusate per l'attesa, ragazze. Davvero, scusate tanto. Non mi piace molto questo capitolo, lo devo ammettere, anche se Nick e Brittany si avvicinano di nuovo, come amici. L'unica che ha captato qualcosa nello scorso capitolo è stata Elena, che ha chiaramente espresso un dubbio su ciò che Brittany prova per il suo migliore amico e, beh, qui mi sembra abbastanza chiaro. Questa però, non è una storia di amoreggiamenti, amore e chissà che altro: questa storia è sui ricordi, questa storia è su una malattia. Ma allora, la volete davvero sentire la storia di Hopeless? Forse sì, forse no, potrete saltare questa parte se vi annoia e arrivare diritti alla fine.

Hopeless nacque un mese fa, dopo che ero finalmente scoppiata nel pianto dopo aver scoperto la morte di mio zio e tutte le altre messe insieme. Hopeless è un insieme confuso di sofferenze, che partono dal 2006, quando mia madre perse la sua migliore amica per il cancro e io piansi tutto il tempo perché era una seconda mamma per me; nel 2009 subii un altro lutto, dove il punto di riferimento della mia vita cioè mia nonna se ne andò, dopo quattro mesi persi anche mio nonno, e quest'anno mio zio. In due anni ho tenuto tutto dentro. Quando ho subito cos'era successo all'altra mia nonna, sono esplosa e ho buttato giù il prologo tra le lacrime, il primo capitolo, il secondo, il terzo eccetera, fino al nono e al decimo. E ora grazie per aver seguito la storia di Hopeless e Hopeless in particolare, se vi è interessata.

Grazie a quelle quindici recensioni magnifiche cui risponderò più tardi; grazie a voi dieci che l'avete tra le preferite; a quella che ha tra le ricordate; a quei sei che la tengono tra le seguite. Non avete paura a lasciare una recensione, mi farà felice. I capitoli inizieranno a essere un po' più allegri perché si entra nei ricordi.

E grazie, grazie per tutto e per essermi vicine. 

A Rebecca, perché questi uomini possano capire quanto siano stupidi e che questo ti tiri su.

A Irene, solo perché è lei e perché sente i miei scleri su Selena Gomez, Miley Cyrus e Demi Lovato nonostante non le sopporti.

Mari

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto. ***


capitolo 4

Hopeless

hopeless

Capitolo quarto

 

Questa mattina è il remake di ieri: Nick al tavolo che gingilla quel dannato Iphone, io che scendo da camera con una faccia da funerale e vestita come una barbona… tutto uguale, come se fosse una routine.

“Hai dormito sotto un ponte, questa notte?” chiede Nick divertito.

Quando mi sono alzata non ho guardato neanche nello specchio per vedere le mie condizioni, ma dal commento del mio amico devo essere proprio penosa.

“Ma che ne so – borbotto, sorseggiando il caffè, - avrò sognato qualcosa che non ricordo e mi sarò rigirata nel letto per conciarmi così”

Lui ride, quasi come per prendermi in giro.

“Nicholas sei infantile. Che vuoi fare oggi?”

È strano che questa situazione si sia quasi capovolta: è vero, gli insulti e la discussione di ieri si sono quasi affievoliti, ma in me il turbamento causato è ancora vivo, invece in Nick sembra che non ci sia più niente, nemmeno una traccia.

Menomale che la giornata è iniziata con una risata, altrimenti gli avrei urlato contro.

Nick si stringe nella spalle, appoggiando la testa sulla mano e mi dà la possibilità di decidere per lui: so benissimo dove portarlo per fare in modo che almeno un ricordo gli passi per la testa.

“Ti faccio fare il tour della casa” convengo pensierosa, le labbra arricciate e la tazza quasi vuota in mano, la quale finisce poi nel lavandino.

Lui si stringe nelle spalle con un po’ di insicurezza e annuisce, prima di seguirmi lungo un corridoio, nella stanza che più amava quando eravamo piccoli: la camera della musica.

Lì, tutto è immacolato e uguale.

Appena apro la porta, Nick ha uno sguardo vacuo e fissa colpito la stanza: i ricordi più belli vengono a galla, come sempre.

Nick, quasi come ipnotizzato, si avvicina agli strumenti musicali, ma specialmente ad uno: il pianoforte, ormai coperto di cellophane per evitare che la polvere si potesse posare sopra. Era innamorato di quello strumento.

Lo accarezza, sempre con uno sguardo vacuo, come se trovasse un vecchio amico: sembra quasi sorpreso dal fatto che sia fermo e immobile, lì.

Mi avvicino a Nick un po’ timorosa, e continuo a fissarlo, curiosa di vedere la sua reazione, mentre lui gira attorno allo strumento musicale: qui dentro ci sono i ricordi più belli, specialmente i suoi, amava questa stanza quando eravamo bambini.

“Lo suoni ancora?” chiese Nick, sfiorando il cellophane che copre il pianoforte.

Schiocco la bocca in segno di negazione.

“No. Ho smesso di suonarlo dopo un po’ che te ne sei andato: non mi piaceva più”

Sono quasi sei anni che non sfioro i tasti di quel piano, prima amavo farlo perché Nick mi accompagnava, poi ho smesso, ben sapendo che non avrei retto e avrei pianto ad ogni singola nota che suonavo.

Sento gli occhi castani di Nick su di me, assorta nella contemplazione del pianoforte e nei miei pensieri, finché la sua voce non mi fa riemergere nella realtà.

“Beh, ora iniziamo di nuovo. – esordisce lui, tirando il cellophane a terra con un scatto rapido e alzando una nuvola di polvere, - vieni qui”

Con un cenno della mano mi invita a sedermi sul panchetto, timorosa mi avvicino e mi siedo al suo fianco. Indico un tasto con un dito e poi un altro, un altro e un altro ancora, ricordando tutte le note sia quelle nere  che quelle bianche.

Nick sfiora il primo tasto, il Do: una dolce melodia si scatena nella mia testa, le risate di quattro bambini si confondono insieme alla canzone, uno sprazzo di vita passata torna alla vita.

“Forza Joe, muovi quel tamburello!”

Joe cercava di saltellare e di scuotere il tamburello, ma conoscendolo se lo sarebbe tirato in testa a momenti; Kevin suonava la chitarra con tanta maestria che mi faceva schiattare dall’invidia; Nick sbatteva così forte quei bastoncini sulla batteria che presto l’avrebbe sfondata, mentre mi dilettavo al pianoforte  cantando a squarciagola canzoncine di Peter Pan.

E ci divertivamo così, causando le ire dei vicini e quelle dei miei genitori.

“Te la ricordi, Britt? – chiede Nick, sorridendo, - era la nostra preferita”

Annuisco con energia con un piccolo sorriso che mi varca il viso, poi poso la mano sul pianoforte: non sono sicura di volerlo fare. Quando l’ho lasciato al suo destino, in quel pianoforte ho lasciato una parte di me e dei fratelli Jonas.

“Pensavo che non avrei mai più suonato - dico, socchiudendo gli occhi, - pensavo che non tornassi, e invece sei qui”

Lui abbozza un minuscolo sorriso, riprende a sfiorare i tasti e lentamente le note di “A little bit longer” si diffondono per la stanza.

Ancora un po’ e starò bene.

Oh, quanto ti sbagli Nick; è vero, tu starai bene, ma io no.

Tu continuerai la tua vita, anche se continuamente malato, ma io me ne andrò per sempre.

Non proverò la gioia di essere madre, non avrò figli, non vedrò i loro sorrisi, non vedrò crescere qualcuno che amo, non amerò, non mi sposerò, non proverò le emozioni e le delusioni che si affrontano dai venti anni in su. Non visiterò mai alcuni posti che amo, come l’Italia, non farò spese a Parigi, non andrò in luna di miele con l’amore della mia vita, non avrò la soddisfazione di aver finito scuola e università, non andrò ad addii al nubilato, non assisterò a matrimoni, non invecchierò e non avrò nipoti.

Non potrò assistere ad un tuo concerto, non potrò salutarti da dietro le quinte con nostro figlio in braccio, non potrò essere tua moglie o la tua ragazza, perché resterò perennemente la tua migliore amica che se ne è andata per il cancro a diciannove anni.

Tu, nonostante il diabete, puoi fare tutto; io niente.

Tu puoi vivere, io no.

Puoi avere una famiglia, vivere felice e di ciò sono contenta: almeno saprò che non sentirai la mia mancanza.

La canzone finisce con una lacrima, anzi due, una mia e una tua. Piangi per te stesso o per me?

“Tocca a te, Brittany”

Non ricordo come si fa a suonare un pianoforte, ma comunque mi lascio andare con un sospiro: quello che ne uscirà fuori sarà quello che provo, forse la melodia è un mix di disperazione, rassegnazione e un minimo di felicità.

Muovendo velocemente le dita sui tasti, note alte si alternano freneticamente a note basse, felicità a tristezza: ciò che suono è ciò che mi rispecchia, sono i sette anni senza Nick, sono i tre anni della malattia, della solitudine.

Tutto finisce con una nota cupa e bassa. Tutto finisce con la morte.

“Sapevo che avevi ancora quel talento” commenta Nick, stringendomi le spalle.

“So di essere senza speranza” sospiro.

Il silenzio occupa la stanza della musica, la stanza dei ricordi, l’immagine di due migliori amici che si abbracciano mi appare davanti come un flash: siamo nella stessa posizione, come in quella di cinque anni fa.

Nick lascia un leggero bacio tra i miei capelli, mi stringe più forte e appoggio la testa sopra la sua spalla: siamo esattamente quei Brittany  e Nick del passato, soltanto un po’ cresciuti e diversi. E con un cuore che batte forte, un sentimento chiamato amore che torna alla vita.

Ma, nonostante questo, siamo sempre i soliti Nick e Brittany, e lo saremo anche in futuro.

L'angolo di Mari

In questo capitolo ho messo me stessa, almeno in alcune parti e c'è una mia grande passione: il pianoforte. Suonavo il pianoforte fino a un anno fa poi ho smesso per colpa degli impegni, ma quella mia grande passione l'ho infilata anche qui dentro. Io non so che dirvi se non grazie, amo le vostre recensioni... non mi fanno sentire una stupida per aver scritto questa storia. Grazie mille a tutte, davvero, vorrei scrivervi qualcosa per riconoscenza ma non ho niente  e poche idee.  Hopeless verrà aggiornata molto spesso, probabilmente ogni 2 o tre giorni.

Grazie a voi 10 che l'avete messa tra le preferite, a te che l'hai messa tra le ricordate e a voi che 7  che l'avete messa tra le seguite. Grazie a voi 24 persone per avermi messo negli autori preferiti: vi amo, davvero.

Scusate se sono breve.

A voi recensori, grazie mille.

A te, per il discorso di oggi e per avermi fatto capire che non sono per niente sola <3

Mari

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto. ***


cap hopeless 5

Hopeless

hopeless

Capitolo quinto

 

Mi aggiro confusa in un labirinto buio, nonostante non veda niente, però, sento alcuni rovi che mi graffiano le braccia; inciampo ogni qualvolta nelle mie gambe o in alcuni massi posti sul terreno; uno spettro mi insegue ululando. Una voce si diffonde nella mia testa, il mio nome viene chiamato ripetutamente, creando un’eco inquietante, il mio respiro si fa più affannato e mi guardo attorno spaventata, finché non cado nel buio.

 

Scatto dal letto urlando.

Vedo Nick che apre la porta tutto frenetico con una mazza in mano, che grida a destra e a manca che cosa diavolo è successo; il suo sguardo poi si posa sulla mia faccia stravolta, sulle coperte a terra e sul mio pigiama.

“Britt – sospira comprensivo, - hai fatto un incubo, non è vero?”

Annuisco, rabbrividendo al pensiero: mi sento come se fossi una bambina, protetta costantemente da suo padre.

Nick posa la mazza da una parte, si avvicina silenzioso, si siede sul letto e mi spettina i capelli con dolcezza infinita.

“Me lo racconti?” chiede Nick, sdraiandosi accanto a me, mentre il suo sguardo è ancora posato sul mio corpo immobile e scioccato.

Senza emettere un minimo suono, mi accoccolo vicino a lui con gli occhi chiusi: in un attimo il suo braccio è attorno alla mia vita e mi stringe forte, schiacciandomi contro di lui, in modo che possa appoggiare la testa sul suo petto.

Con parole biascicate, gli racconto tutto il sogno per filo e per segno, poi cambiamo discorso e ci mettiamo a chiacchierare, finché Morfeo non ci strappa via dalla realtà.

Mi accorgo che non l’incubo non si ripresenterà più: non sono più sola.

 

Le settimane volano, già. Queste due ne sono la dimostrazione vivente, ma devo ammettere che sono state forse quelle migliori della mia breve vita, includendo quelle passate.

Tutti i giorni facevamo qualcosa di diverso: andavamo a scoprire ricordi, posti abbandonati, case sull’albero, scritte, stanze, foto, e in qualunque modo la lacrima cadeva; sia io che lui sapevamo che il tempo stava per scadere.

In cucina c’è un calendario e ad ogni mattina del giorno che passa mi alzo e con il pennarello rosso segno una “x”, come se aspettassi una gita scolastica o la fine della scuola, peccato che non sia così entusiasta di questa cosa.

Ed ecco un altro segno colorato che decora quel calendario, un ennesimo sospiro ed un ennesimo socchiudere d’occhi. Due forti braccia che mi avvolgono la vita e un bacio sulla guancia: è Nick, tutto allegro, che sembra non si accorga neanche delle settimane che passano e della malattia, ma so che fa così per farmi sorridere.

E ci riesce anche.

“Buongiorno, Britt! – esclama, tutto allegro, - cosa facciamo oggi?”

Afferra subito le tazze con il caffè, me ne porge una con un sorrisetto appoggiandosi al bancone e sorseggia, mentre quella domanda mi viene riproposta continuamente come un’eco.

“Non lo so, ho finito gli argomenti”

Nick mi si avvicina pericolosamente, dopo aver posato la tazza nel lavandino, e mi fissa con i suoi occhi scuri.

“Neanche io ho idee – dice, pensieroso, - per questo andremo a fare un giro fuori”

Scuoto la testa, ripetutamente: non voglio uscire, i miei confini sono limitati al recinto del giardino.

“Forza pigrona, muoviti” esclama entusiasta Nick, spingendomi verso la porta.

Con uno sbuffo acconsento, poi, rendendomi conto della situazione oscena del giardino dei miei genitori, propongo di sistemarlo, ma Nick è convinto della sua idea. Alla fine fortunatamente cede.

“Britt, non sono fatto per il giardinaggio, lo sai! - borbotta, sconsolato, - l’ultima volta ho spaccato un albero con l’aiuto di Joe!”

“In realtà l’avete sradicato – lo correggo, mettendogli in mano la sistola dell’acqua, - e avete dato la colpa a me, mentre voi vi ci schiantavate contro tutti contenti”

Nick sorride e mi segue lungo il vialetto, ricoperto completamente dalle erbacce, mentre mi accingo a strappare, irrigare e piantare: in pratica lui sta a cazzeggiare con una sistola in mano.

“Nick, cazzo, aiutami – grugnisco acida, interrando un’altra pianta e tirando su con il dito il mio cappello di paglia, - dai un po’ d’acqua qui”

Lui si stringe nelle spalle e obbedisce, solo che un attimo dopo la sistola mi si rivolge contro e vengo sommersa dal getto. E mentre rischio di affogare, Nick se la ride alla grande.

In pochi attimi sono bagnata da capo a piedi, ma la furia non dà segni di cedimento, anzi, continua.

“Dai, smettila, Nick! - urlo, cercando di ripararmi dal getto d’acqua, finché non mi avvicino a lui e gli rubo la sistola, - ora è il tuo turno”

Cerco di afferrarlo, ma Nick è molto più veloce di me e riesce a chiudere la sistola per non farsi bagnare: l’occhiata che gli rivolgo è eloquente, così tanto che fugge in casa.

“Non abbiamo fatto molto – commento amareggiata, sgocciolando di qua e di là, - Nicholas girati. Devo spogliarmi: non voglio che l’acqua mi entri in casa”

Nick si stringe nelle spalle, sorride e chiude gli occhi, poi, quando faccio per togliermi la maglia, li riapre di scatto.

“Esci di qui – grido autoritaria, indicandogli la porta – e non sbirciare dalle finestre”

“D’accordo, d’accordo”

Dopo essermi accertata che sia uscito, che abbia chiuso per bene tutte le finestre, faccio quello che devo fare e mi cambio velocemente. Quando gli riapro, Nick è davanti a me con un sorriso malizioso.

“Hai una mente perversa, lo so -dico, raccogliendo i miei vestiti da terra e buttandoli in un cesto – ora ti spogli tu e io mi giro, così non posso vederti”

“Chi è che mi dà la certezza che tu non guardi?” chiede, mentre con uno sbuffo mi volto verso il muro.

So che resistere è parecchio difficile, considerando che la cotta che avevo per lui sta affiorando di nuovo e che è un uomo fatto, non più un bambino.

Sento che mi passa accanto per andare a prendere le sue cose, poi dopo un po’ torna indietro vestito, lo sento dai passi.

“Puoi aprire gli occhi, Britt”

Appena li riapro, mi trovo Nick ad un centimetro di distanza, il suo viso vicinissimo al mio; inutile dire che il mio cuore è in tachicardia avanzata.

“Non posso credere che tra poco te ne andrai” sussurra Nick, prendendomi il viso tra le mani e guardandomi intensamente.

Le lacrime si raggruppano agli occhi, prepotenti, una di queste sfugge alla mia resistenza e varca lentamente le guance, fino ad arrivare alla mano del mio migliore amico, che non esita ad asciugarla.

“Non farò un viaggio di piacere. Io non tornerò mai più indietro, Nick. Mai più – singhiozzo, ma nonostante la vista appannata vedo che anche lui piange: questa volta sono io ad asciugargliela. – voglio restare qui. Fai che resti qui con te”

Le sue braccia mi avvolgono stringendomi forte, le lacrime bagnano la sua maglietta: ogni singola cellula duole.

Fa male avere la prospettiva di non esserci più in futuro, fa male lasciare il tuo migliore amico, tutto fa male.

Ogni singolo momento di ogni singola settimana vola via, sparisce, viene dimenticato infilato in un angolo remoto della mente. Ogni ricordo si dissolve nel cielo, nell’aria come la mia anima farà.

Tutto si cancella dopo un po’, anche quattro settimane intense.

Non ci sarà nessuno che ricorderà, eccetto Nick, ma il tempo passerà e le ferite guariranno, le memorie si dimenticheranno, le ragazze si alterneranno, i figli nasceranno, tutto procederà normalmente, ma non sarò spettatrice di questo. Presto anche lui lascerà che gli anni facciano il suo corso, che le lacrime versate si asciughino, che le falle dei litigi si richiudano, che le memorie vengano scordate, che le allegrie vengano cancellate, che la morte venga dimenticata.

Grazie tempo, quindi. Almeno non lo farai soffrire a lungo, e sparirò velocemente nel cielo come un palloncino sfuggito dalle mani innocenti di un bambino, come il fumo di una sigaretta, come le onde che si infrangono sugli scogli, come un’anima.

E lacrime, lacrime continuano a scendere.

Le foto rimarranno nascoste in angolino buio della soffitta, i video saranno cancellati e rifatti, i regali saranno buttati via, e la tomba sarà sporca di polvere, di muschio e riempita con fiori appassiti, mentre un sorriso fuggirà agli occhi delle persone, nel cielo.

L'angolo di Mari

Buonasera donzelle!

No, non è una buona sera, devo ammetterlo. Questo capitolo è osceno, volevo solo sdrammatizzare nella perenne atmosfera di depressione che vi spinge questa storia... spero solo di aver rasentato la decenza. Grazie di tutto, però, grazie mille per sostenermi in questa mia esperienza, condivisione con voi; spero vi sia piaciuto. Peccato che sia risprofondota nella tristezza a metà capitolo.

Ah, volevo dire: questa storia non è di amoreggiamenti: sì, Brittany prova qualcosa per Nick ma non è detto che lui ricambi. Ah, verrà aggiornata Domenica.

Ho visto una storia che si avvicina molto a Hopeless, spero che non l'abbia copiata, perchè altrimenti PASSERAI le pene dell'inferno e userò la spranga che mi presterà Anna per pestarti a sangue. Con molto amore ovviamente <3

Il capitolo è dedicato ad Anna, che mi presta la spranga di ferro intrisa dal sangue di Nick, e a tutte le mie adorate recensitrici :) vi adoro <3

Mari

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto. ***


hopeless cap sesto

Hopeless

hopeless

Capitolo sesto.

Dopo tutte quelle lacrime, quegli abbracci stretti sia prima, durante e dopo un film scelto a caso, ho avuto la necessità di infilarmi nel mio letto per dormire e tranquillizzarmi, ma è difficile farlo, complice il terribile temporale che si sta scatenando.

Un lampo e un tuono squarciano il cielo, rabbrividisco tra le coperte e mi avvolgo di più come una palla: mi manca il corpo caldo di Nick accanto, quindi non mi resta che scivolare via dal letto e andare da lui.

I piedi nudi attraversano il corridoio lentamente e con attenzione (non vorrei sbattere contro qualcosa nel buio), la porta della camera degli ospiti si apre delicatamente e nella penombra riesco a vedere la figura del mio migliore amico che dorme a pancia in su, mentre il suo lieve russare si diffonde per la stanza. Sorrido spontanea alla visione di quell’immagine così adorabile: avrei voluto vedere quella posa ogni singola notte e ogni singolo giorno di questi sette anni, ma il destino ha deciso di lasciarmela alla fine.

Sgattaiolo silenziosamente ai piedi del suo letto, scosto le coperte e mi ci infilo dentro senza tanti complimenti, abbracciando la vita di Nick, che si rigira quasi infastidito.

“Brittany…” biascica lui, ma gli sussurro di stare zitto e di continuare a dormire.

Nick si rigira di lato per accogliermi tra le sue braccia, il suo viso nascosto nella mia spalla e tra i miei capelli, il mio appoggiato sul suo petto, così stretti da farmi mancare il respiro.

E la notte passa così, mentre la tempesta fuori imperversa e la mia paura va via, dissolvendosi.

 

Questa mattina eravamo entrambi di fianco con Nick che mi abbracciava da dietro e io che mi stringevo il più possibile a lui: è stato difficile liberarsi dalla sua presa soffocante ma tremendamente piacevole. Subito dopo gli ho lasciato un bacio leggero su una guancia, e sono scappata via.

Sentivo il bisogno di stare un po’ da sola, ed è anche per questo che sono qui.

L’albero di sette anni fa, quello che era rigoglioso e fiorito, è ormai rattrappito e ricurvo, ma quell’incisione è ancora visibile.

Ricordo che ci mettemmo gran parte del nostro tempo per scrivere quelle dannate iniziali.

“Nick, stai attento! Se ci becca tua mamma, finiamo in punizione!”

Lui però non mi ascoltava e continuava a incidere con quel dannato taglierino sul legno, aggrappandosi ad un ramo poco più in alto per tenersi in equilibrio.

“Sono attento, Brittany! Fidati, mamma non ci troverà mai”

Mi morsi un’unghia, nervosa, poi sbirciai il lavoro del mio amico. Ogni singola lettera era perfetta. Salii con attenzione sul sasso, di fianco a Nick, che mi porse il taglierino.

Appena iniziai a incidere il legno, la lama mi schizzò di mano e una piccola goccia di sangue mi affiorò sul dito, mentre una lacrima mi rigava il viso. Nick mi prese il dito tra le mani, scuotendo la testa con un sospiro.

“Britt, fai sempre così. Ma ti voglio bene per questo”

Lo fulminai, nonostante sapessi perfettamente che lui era molto più maturo di me.

“Anche io ti voglio bene… la nostra amicizia è per sempre!” esclamai fiera, saltandogli al collo e facendo cadere definitivamente il taglierino.

E rimanemmo così, due migliori amici aggrappati ad un ramo che si abbracciavano confermando la loro amicizia.

Scatto indietro, quando la voce di Nick mi coglie di sorpresa, poi sento due braccia che mi stringono. Sospiro, socchiudendo gli occhi.

“Sapevo che ti avrei trovata qui, nei ricordi - sussurra, nello stesso momento in cui le sue braccia si allontanano da me e vanno a sfiorare l’incisione. – non sapevo fare molto bene la lettera enne, a quanto vedo”

Abbozzo un piccolo sorriso, già non sapeva farla proprio, visto che assomiglia ad uno sgorbio.

Il cuore si disegna sotto le sue mani, anche se l’albero è ormai invecchiato… sembra quasi che abbia sofferto della nostra lontananza, segnato da quella vecchia promessa. La data svetta sul legno: era il 9 Luglio del 2001.

“Ti eri tagliata un dito, Britt, come sempre - commenta Nick divertito, - la tua tremenda goffaggine è sempre esistita”

Mi avvicino a lui, saltando sul sasso ormai eroso dal tempo.

“E tu eri un tappo” ribatto saccente.

Nick stringe le labbra e le schiude in un piccolo sorriso: quello stesso sorriso che avevamo a nove anni, un sorriso innocente e nuovo, come se lo avesse mostrato o usato pochissime volte.

Quel razza di cantante di Nick fruga tra le tasche dei jeans, ne estrae un coltellino svizzero e me lo mette in mano con aria furbetta.

“Riuscirai a tagliarti un dito anche questa volta? – chiede sarcastico, invitandomi con lo sguardo a incidere di nuovo il legno, - fa’ attenzione”

Piano piano inizio a solcare il legno con lentezza, disegnando prima una enne gigantesca e poi una bi di uguale dimensioni, ma è più difficile.

“Nick, è più difficile! Questo albero è quasi marcio!” protesto.

Lui si stringe nelle spalle, ma mi incita a continuare il lavoro: dopo dieci minuti, un nuovo cuore e due nuove lettere sono sul legno, solo che si sono aggiunti due nomi e una nuova data.

“Visto? Sei stata bravissima, questa volta non ti sei tagliata” commenta Nick, strizzandomi un fianco, cosicché possa saltare dal solletico e tagliarmi lievemente una mano.

“Uffa Nick! – esclamo seccata, guardando il sangue che scorre, - pensavo di aver avuto la mia rivincita e tu hai rovinato tutto!”

“Sempre la solita! - commenta lui con una risata, trascinandomi verso casa e lasciandoci il ricordo più bello alle spalle – scommetto che ora quell’albero tornerò rigoglioso come prima: c’è una nuova promessa”

Sorrido lievemente, anche se su quel legno avrei voluto incidere un “ti amo” grande quanto una casa.

E questo, a differenza di altri, non è una frase fatta.

L'angolo di Mari

Buona sera, ragazze.

Sotto tortura sono venuta ad aggiornare Hopeless, anche se avrei voluto aspettare un altro po'. Il motivo? Semplice, è sempre lo stesso: sto vedendo le recensioni che stanno calando inevitabilmente e voglio capire; non vi piace? Vi sembra che stia diventando noiosa? Beh, fatemelo sapere attraverso una recensione, avete sempre saputo che accetto tutto critiche e non. 

Grazie infinitamente a quelle ragazze che recensiscono, sappiate che vi adoro per il vostro supporto :) Grazie di cuore, a tutte

Spero che questo breve -e mi scuso- capitolo vi sia piaciuto, che possiate sentire quello che provo io, che non mi minacciate più. Hopeless verrà aggiornata martedì, a patto delle recensioni, e volevo concluderla prima di partire ma dubito ce la farò.

In ogni caso, potrei riprenderla a settembre oppure non lo so deciderò :D

A tutti voi che recensite, perchè vi adoro e grazie davvero.

A presto,

Mari

 

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo. ***


cap 7 hope

Hopeless

hopeless

Capitolo settimo

 

Quando questa mattina mi sono svegliata, Nick non era accanto a me: ormai dormire insieme è un’abitudine, manco fossimo marito e moglie. Una bruttissima abitudine, perché ogni santissima volta rischio l’infarto.

Cerco Nick in ogni angolo buio della casa, ma poi mi rassegno e finisco in cucina, dove il mio adorato caffè mi sta aspettando. L’ennesima “x” riempie il calendario, un sospiro ma niente abbraccio.

In quel momento noto un piccolo foglio attaccato al frigorifero con la calamita, scritto dalla svolazzante calligrafia di Nick: devo proprio mandarlo ad un corso di scrittura, ci metto tanto a decifrare il suo aramaico.

Brittany,

ho una sorpresa per te. Ci vediamo presto.

Nick

Odio le sorprese, soprattutto quelle che vengono fatte da quella mente perversa di Nick: sa che non lo sopporto eppure insiste ogni volta.

A dodici anni, l’ultimo compleanno che festeggiai insieme a lui, ricordo che organizzò una festa a sorpresa e la mia reazione fu alquanto sconsiderata, visto che cominciai ad urlargli contro ogni sorta di imprecazione, ma poi mi addolcii.

Quando ne avevamo dieci invece, preferì suggerire ai miei genitori di portarmi in vacanza in Australia dove il clima era completamente rovesciato: era inverno pieno ad Agosto, e non gliela perdonai mai, anche se mi divertii con i pupazzi di neve.

Una volta osò portare di nascosto il mio canarino e il suo gatto insieme con noi in vacanza. Risultato: Mr Baffino ingoiò il mio Titti in un morso, e addio adorato uccellino.

Sospiro con un piccolo sorriso che mi increspa le labbra, prima di andare a scegliere un altro film dalla DVDteca dei miei genitori, grandi appassionati di cinema d’autore.

Avrei passato la mattinata e il primo pomeriggio a guardare per l’ennesima volta “colazione da Tiffany” con Audrey Hepburn, come se non lo sapessi già a memoria e poi sarei passata a “via col vento”.

Alle prime scene del mio film preferito, qualcuno preferisce disturbarmi chiamandomi al cellulare e rompendo la mia beata tranquillità. Con lentezza allungo un braccio per prendere quel dannato aggeggio e guardo il numero sul display: mia madre non poteva chiamarmi a casa?!

“Ciao, mamma” dico, prima che lei possa solo abbozzare un saluto.

“Tesoro, come stai? – la voce dolce e preoccupata di Gemma, cioè mia madre, mi arriva nelle orecchie, - tutto bene?”

“No, mamma, non sto bene” sussurro, stringendo intanto un cuscino tra i piedi.

Mia madre non è mai stata molto presente, ma qualche volta sa ascoltare e gliene sono grata.

L’unico problema di ora? Nick, si chiama Nick. Perché probabilmente se non ci fosse stato, io ora non avrei problemi ad andarmene tranquilla, ma da quando c’è lui ho una gran voglia di tornare indietro.

Mia madre ascolta in silenzio: vuole che continui, e l’accontento.
“Mamma, ti ricordi Nick? Nick Jonas, intendo”

Mi sembra quasi di sentirla trattenere il respiro, sorpresa.

“Certo che me lo ricordo! Insomma tesoro, siamo amici dei suoi genitori! – esclama, ma le rispondo con un grugnito, - non era diventato famoso?”

Mi passo una mano tra i capelli, socchiudendo gli occhi, ormai sdraiata completamente sul divano.

“Mamma, lui è qui a casa nostra. Siamo ancora amici, certo, ma… non ne sono più tanto sicura”

Ammettere queste cose con mia madre è sempre un po’ imbarazzante, ma non credo che farà più battutine sarcastiche sull’avere figli o sul matrimonio, vista la mia posizione.
“Brittany, tesoro, sei sempre stata innamorata di lui, anche quando avevi quattordici anni. Non devi vergognartene”

Non me ne vergogno affatto, solo che vorrei avere un cuore di ghiaccio per non pensarci: la convivenza ci ha resi ancora più vicini di quanto non lo fossimo prima, e ciò che provo mi complica notevolmente la vita.

“Vorrei tornare indietro, mamma, vorrei provare a guarire – sussurro, mentre tiro su con il naso e una lacrima mi riga il viso, - so benissimo che me ne dovrò andare, ma non voglio lasciarlo”

Eccolo, il punto cardine.

“Tesoro…”

Perché è qui? Perché non è restato a Los Angeles, da qualche parte invece che tornare qui a sconvolgere il mio cuore? Lo ammetto, sono state le più belle settimane della mia breve vita, ma… ecco, la mia sicurezza se ne è andata come polvere al vento.

“Poss...” tenta di mormorare mia madre, ma non la lascio finire.

“No, mamma – dico con uno sprazzo di decisione debole nella voce, - dovevo farlo prima, non ora. Lascerò che tutto vada avanti, lascerò che la mia vita se ne vada e che tu e papà non soffriate tanto: non devi chiamarmi, mamma.”

Sento che lei trattiene un singhiozzo: è difficile per me rifiutarle di avere contatti con me, che sono sua figlia, ma è necessario affinché possano dimenticarmi velocemente e senza dolore. So che quella bruttissima sensazione rimarrà per un po’, ma non posso prevedere tutto.

“Tesoro, sei mia figlia!”

“Lo so, è per questo che ti chiedo di non chiamarmi più. Devi abituarti all’idea che tra meno di una settimane non esisterò più - singhiozzo, - ricordati che ti voglio bene, sia a te che a papà. Permettiti di dimenticarmi”

Mia madre scoppia in lacrime, senza trattenersi. Anche io faccio fatica a non esplodere, perché allontanarmi dalla mia famiglia è la cosa peggiore che si può chiedere ad una persona. O almeno a me.

“Ti vogliamo bene, Brittany, però incontriamoci domenica, quando anche papà sarà qui… l’ultima volta” bisbiglia Gemma, e non posso fare altro che concederglielo.

Quando riattacco, non posso credere a ciò che ho detto a mia madre. L’ho allontanata inevitabilmente da me, mentre le immagini di “Colazione da Tiffany” scorrevano alla televisione.

Ho allontanato la mia famiglia, gli affetti più importanti, da me proprio nel momento del bisogno. So perfettamente che è una scelta drastica, ma è meglio per entrambi.

Dovrei allontanare anche Nick, però non ne ho il coraggio: l’affetto ci lega troppo, e ne risentirei in qualunque modo possibile.

Mi alzo dal divano buttando il cuscino da una parte, delle pagine di carta mi appaiono magicamente tra le mani e una penna è in un attimo tra le mie dita: ho bisogno di sfogarmi e scrivere.

Dai miei pensieri, le mie emozioni, le mie sofferenze nascono tre lettere diverse: una per i miei genitori, una per quella stronza di Emy e una per… Nick. Tre lettere che contengono tre diversi messaggi, tre diversi temi; ai miei genitori non potrei mai essere più grata di così, nonostante le assenze durante la mia infanzia, a Emy ho espresso il mio disappunto per la nostra amicizia che si è rivelata deludente e a Nick… non so quanto potrei essergli riconoscente, ma in quella lettera viene espresso molto di più di questo.

L’unica persona che può consegnarle dopo che me ne sarò andata è Emy, ma non dovrà assolutamente aprirle come segno di rispetto, e così in un attimo sono fuori e le infilo nella sua cassetta della posta con un biglietto.

Appena sono rientrata in casa dalla porta sul retro, il campanello suona e riconosco subito la voce di Nick che mi sta chiamando.

“Sorpresa!” urla, entrando in casa seguito da… Joe, che mi abbraccia calorosamente.

“Sarebbe Joe la sorpresa? - chiedo sarcastica, sbirciando il sorriso gigantesco che increspa le labbra del fratello più grande – avrei preferito Justin Bieber nel salotto”

Joe si guarda attorno, sorpreso dal cambiamento della stanza.

“Britt, lo so che mi vuoi ancora bene come sette anni fa” ridacchia poi lui, lanciandosi letteralmente sul divano.

Stringo le labbra per reprimere una risatina inopportuna, poi Nick mi mette in mano cinque o sei album fotografici: se hanno intenzione di farmi ricordare se lo scordano, poi crollerò a momenti e anche Joe si sentirà in colpa, cosa che voglio assolutamente evitare.

Mi accomodo tra quei due pazzi e apro il primo libro di ricordi: è il momento di tuffarsi dentro di loro per vedere com’è stata la vita dei Jonas dopo che se ne furono andati via da me.

L'angolo di Mari

Che c'è da dire su questo capitolo? Niente di che, in realtà. Finalmente arriva Joe, che farà una comparsa soltato in un capitolo e conoscerete meglio la mamma di Brittany, Gemma. Gemma non è un nome a caso, e so che la decisione di Brittany vi sembra esagerata ma per far soffrire meno le persone più care si farebbe di tutto, qualsiasi cosa, anche allontanarsi da loro e sinceramente l'avrei fatto anch'io. In questo capitolo capirete cosa c'è che turba la nostra protagonista, e spero vi sia piaciuto. Grazie per le vostre bellissime recensioni, spero non vi abbia delusa :) Mancano tre capitoli alla fine della nostra avventura.

Hopeless è sospesa fino a Settembre per le vacanze. Mi dispiace dirvelo e avrei voluto finirla in tempo ma non ce l'ho fatta :( Quindi appena tornata la posterò, spero che non vi dimenticherete di me, della mia pazzia e soprattutto di  Hopeless, Brittany, Nick e gli altri :)

Buona vacanze!

A tutte voi che recensite, grazie con il cuore, per accompagnarmi nel viaggio che ricalca la mia vita, nella speranza di non annoiarvi.

A Sarah per domani, perché è il suo compleanno, perché è un'amica che ormai ascolta i miei scleri infiniti e che non si incazza quando infilo Tom Felton dappertutto, che mi sostiene quando dico che sono una cretina che finirà sotto un ponte senza un minimo di ispirazione e senza un computer con cui scrivere, nei miei momenti di bassa autostima. Grazie di tutto, davvero. Spero ti sia piaciuto, ti mao <3

A Silvia, Andreea, Rebecca, Anna, Irene, Marianna, Elisabetta, Julie grazie per tutto, grazie per formare un esercito indistruttibile, grazie veramente tanto per non stancarvi mai dei miei scleri.

Grazie a voi 27 che mi avete messa tra gli autori preferiti, vi amo :)

Con amore,

Mari

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo. ***


cap ottavo hope

Hopeless

hopeless

Capitolo ottavo

 

“Guarda com’eri brutta, Britt!”

“Joe, avevo tre anni e una frangia che neanche mi arrivava alle sopracciglia… - sospiro, guardando con attenzione l’immagine tra le mie dita, - ero sottoposta alla furia di mia madre”

Nick ridacchia alla vista di una seconda foto, nella quale io e lui sorridevamo in costume. Avevamo solo tre denti, però è poco importante.

Sorrido alla vista di quei vestiti a fiori, di quei capelli biondissimi raccolti in un codino sulla testa, di quei pochi denti, di quell’innocenza che avrei voluto avere di nuovo… di quel morbido peluche che mi portavo sempre dietro (e lo ammetto, ce l’ho ancora).

Joe mi passa un’altra fotografia, molto più recente.

“Qui eravamo a Disney world a Orlando, in Florida” ridacchio, vedendo Kevin, Nick e Joe vestiti da tre moschettieri e io che esibivo orgogliosa il mio vestito rosa da principessa di fronte al castello.

“Eri molto ricercata, Brittany – commenta Nick, divertito, - litigavamo sempre su chi dovesse accompagnarti sulle giostre”

Joe ridacchia, spanciandosi sul divano come se fosse in preda alle convulsioni, quest’uomo comincia seriamente a preoccuparmi.

Pesco una foto a caso da una scatola che aveva portato prima Nick, e ciò che vedo mi mozza il respiro.

In questa foto non ci sono io, bensì un’altra ragazza e si tengono per mano. Giro l’immagine e la data 2006 spicca da una parte: lei è venuta chiaramente dopo di me, subito dopo di me.

“Ah, quella è Miley – spiega Joe, indicandomi la ragazza con un dito, - è stata la ragazza di Nick per due anni, era molto carina ed erano sempre appiccicati…”

Le parole di Joe attraversano la mia testa come un mantra, mentre Nick cerca di fermarlo dal suo farneticare su Miley.

“Erano tanto innamorati…”

Cosa? È così, allora. A quattordici stupidi anni mi ero illusa di poterlo avere un giorno, poi sono cresciuta e a diciassette avevo finalmente detto di essermi “disintossicata”. E poi… poi a diciotto è tornato e mi sono illusa di nuovo grazie a tutte quelle attenzioni che mi rivolge.

Ma non le rivolge a me, ma al cancro, al fatto che potrò morire da un momento all’altro, che probabilmente potrei accasciarmi al suolo uno di questi giorni senza neanche accorgermene.

Sì, sono proprio una senza speranza.

“Britt, tutto okay?”

Distolgo lo sguardo lucido dalla foto ancora tra le mie mani e scuoto la testa, rivolgendomi verso Nick, che osserva preoccupato il mio viso.

Borbotto un “sì” stretto, prima di riporre l’immagine da una parte, lontana dai miei occhi e dal mio cuore.

“Ehi Britt, ma lo sai che voi due sembrate proprio fidanzati? – ridacchia Joe, frugando nella scatola dei ricordi, - poi vi sposerete, avrete bambini…”

Mi irrigidisco immediatamente alla sua affermazione e socchiudo gli occhi, turbata, e Nick si agita subito, desideroso di lanciare qualcosa contro a suo fratello.

“Joe, ho il cancro” mormoro flebile.

Il suo sorriso si spegne immediatamente, mi alzo veloce dal divano per non far vedere le mie lacrime e scorgo Nick che spiega a suo fratello la situazione.

“Brittany, non lo sapevo, mi dispiace – dice Joe dispiaciuto, arrivando in cucina dove mi ero rifugiata in preda ai singhiozzi, - dai, sorridi”

Dai sorridi… come se fosse facile, vero Joe? Come se non dovessi io avere un cancro che mi si ingigantisce giorno per giorno, come se io non dovessi morire tra meno di due settimane.

“Non dirlo a nessuno, Joseph. Non voglio che lo sappia nessuno tranne voi, solo dopo potranno saperlo” borbotto, appoggiandomi al bancone e asciugandomi una lacrima con una mano.

Lui annuisce, prima che un rumore strano inondi la stanza: ma che cavolo è?

“Scusate – mormora Nick imbarazzato, grattandosi la testa, - è il mio stomaco: ho fame”

Ridacchio seguita a breve tempo da Joe, che non esita a prendere il cellulare per chiamare qualcuno che ci porti delle pizze, ma poi lo lancia a me perché non conosce nessuno con cui parlare.

Dopo aver ordinato le pizze e aver superato il momento di imbarazzo, Joe si lancia sul divano e Nick anche, mentre alla povera sottoscritta tocca sistemare tutto il casino che hanno combinato lanciando le foto all’aria. Cercando di evitare quella di Miley, le immagini tornano tutte al loro posto e con loro anche i ricordi più vecchi.

Joe sembra aver dimenticato il fatto che ha una malata di cancro di fronte a sé e se la ride alla grande: forse è diventato un egoista cosmico, però sono sicura che manterrà il segreto, o almeno spero.

Durante quella mezz’ora di attesa nessuno ha parlato: loro, perché forse sono troppo impegnati a guardare la televisione sdraiati sul divano, e la sottoscritta isolata in cucina a pensare e a piangere sommessamente.

Quell’ostentata indifferenza che mostrano quei due è per me insopportabile. Ho sempre saputo di fare vittimismo, e con l’avanzare del cancro sono peggiorata, ma mi resta impossibile credere di essere invisibile o di non essere compatita. È una cosa squallida, lo so.

Anche auto compiangersi è squallido: sa di persona sola e senza nessuno. Non ho mai detto di non aver alcuna persona su fare affidamento, solo che non voglio creare problemi ad altri ed essere dipendente economicamente e moralmente da una persona mi turba, mi fa sentire inutile.

E in questo momento dipendo da Nick, anzi lo sono sempre stata dipendente da lui e non voglio fare i soliti discorsi da ragazza innamorata e mielosa che lo paragona alla droga o roba del genere, cose da romanzi rosa di seconda categoria.

Ticchetto di nuovo le dita sul tavolo, immersa nei miei pensieri.

“Brittany, non vieni di là?” chiede Nick, spuntando dalla porta della cucina.

No, non vengo, anzi sì.  O forse no.

Si avvicina a me, sposta la sedia abbastanza per sedersi e poi mi fissa curioso, aspettando che dica qualcosa.

“Che stai facendo?”

Lui in risposta punta di più i suoi occhi castani su di me, tanto da farmi distogliere lo sguardo altrove. Odio quanto mi fissa in quel modo, mi dà fastidio essere scoperta in quel modo.

“Ti fisso, Brittany, e aspetto che tu mi risponda e mi dica che ti succede – spiega lui, - lo so che Joe è stato un po’ imprudente, ma non lo sapeva… capiscilo”

Mi stupisco dal fatto che pensi che io sia arrabbiata con Joe: non posso fargliene una colpa se ho una sensibilità debole, un cuore che non regge e la lacrima facile. Anzi, lo faccio sentire colpevole di qualcosa che non ha fatto, o forse solo io la penso così e lui se ne frega.

“Nick, non è per Joe, figurati – sospiro, guardando il tavolo, - solo che mi sto rendendo conto di quanto il tempo passi veloce, di quanto poco ne ho a disposizione e di quanto farà male andarmene”

Nick non fa niente e non commenta, si limita a guardare il tavolo: sa che se incontrassi i suoi occhi non mi racconterebbero altro se non tristezza infinita. Non vuole buttarmi giù, ecco, ma dovrà arrendersi a quella che si chiama evidenza.

“Cinque giorni. Cinque fottutissimi giorni da sprecare al massimo, e sto piangendo su me stessa in una cucina solo perché tuo fratello Joe me l’ha ricordato! Quanto potrò essere patetica?!” pigolo ormai sconfitta.

Nick non dice niente e le parole pesano nel silenzio appena creato, si infrangono nell’attesa di una risposta. Nessuno dei due parla, mentre il rumore della televisione riempie i suoni non detti, le emozioni non espresse, i sentimenti non capiti.

“Ehi, perché voi due restate lì in cucina? - chiede Joe curioso, quando il campanello ci distoglie dai nostri pensieri e suona, - oh, sono arrivate le pizze!” trilla.

Lo osservo saltellare verso la porta ed aprirla, tutto contento di ricevere la sua pizza; Nick scuote la testa, comincia ad apparecchiare insieme a me e il silenzio persiste e dura per un po’.

La ragazza castana che serve le pizze lo fissa curiosa, nella sua testa neanche si propaga l’idea di avere una rockstar in carne e ossa di fronte a lei: Joe le sorride seducente e in quel momento suggerirei ad Aileen, così si chiama la ragazza (lo leggo dal cartellino), di sputargli in un occhio e andare via.

“Ehi”

Guardo disgustata la scena  con Nick, immobile come me e so anche che lo stesso pensiero ci affolla la mente: che schifo. E al contrario di quanto si pensi, Aileen risponde con un cenno della testa con timidezza, poi esplode.

“Oh, cazzo, ma le prendi queste pizze che le mani mi stanno cocendo? - sibila, sbattendogli prepotentemente le scatole sul petto. – non ho tempo da perdere!”

Joe sgrana gli occhi sorpreso, Nick ridacchia e mi accingo velocemente a prendere pizze e darle i soldi in modo che se ne possa andare per non ammazzare quel cretino di infantile ventiduenne.

“Odio gli idioti che cercano di rimorchiarmi mentre lavoro, perciò ora sparisco e spero che non ti veda mai più - borbotta, mettendosi i soldi in tasca e prendendo una sigaretta dalla camicetta per poi accenderla e andare via colma d’ira.

Joe rimane basito a fissare la sua figura che sale sul motorino e si allontana a folle velocità.

“Joe, sei fidanzato!” esclamo indignata, appena la porta si chiude.

Lui si stringe nelle spalle e bofonchia sommessamente che quella lì gli ha dato un due di picche, raggiungendo Nick e dandogli una pacca fraterna così per niente. Inarco un sopracciglio, mentre mi siedo al tavolo e apro il cartone della pizza.

“So che devi scappare dalla vampira, ma sei comunque un traditore!” riprendo, infilandomi in bocca una fetta bollente.

“Sei gelosa, eh? - biascica Nick con la bocca piena – lo sapevo che eri ancora innamorata di lui come tempo fa!”

Il mio carissimo migliore amico riceve uno schiaffo sulla schiena così forte da parte mia che quasi si affoga: comincia a tossire spasmodicamente e diventa rosso come un pomodoro; mi dovrei sentire in colpa per averlo quasi ucciso?

“Ero gelosa della mia pizza”

Nick si sta riprendendo lentamente, Joe bisbiglia parole incomprensibili contro di noi e soprattutto contro di me, perché l’ho fermato nel suo momento di “rimorchiamento”.

“Joe, quando ripartirai?” chiedo dopo un po’, dopo aver finito di mangiare neanche mezza pizza.

Lui biascica qualcosa che non capisco, probabilmente un non lo so.
“Ha detto che partirà domani mattina – traduce Nick con un piccolo sorriso, - mi farò pagare come traduttore”

Soffoco quella che dovrebbe essere un risolino, ma poi penso a dove posso cacciare Joe a casa mia, visto che non c’è più spazio; quando glielo chiedo dice che suo fratello sarà più che contento di condividere il letto con lui.

La serata trascorre così, con un sorriso stentato e un po’ falso, non un passo sull’argomento malattia, un po’ di ricordi, tante lacrime represse e tanta voglia di tornare indietro e vivere di nuovo, daccapo.

Quando quei due vanno a dormire, le difese mostrate quella sera cadono di nuovo e scoppio come una bomba a orologeria: devo essere regolata prima che possa esplodere.

E le lacrime, quelle tante lacrime vengono soffocate da un cuscino, si infrangono su una stoffa, singhiozzi repressi che esplodono, frustrazioni che vengono fuori, disperazione e un po’ di rassegnazione.

E quando le braccia calde di Nick mi avvolgono senza esitazione, mi aggrappo a lui, perché so che sarà una delle ultime volte in cui sarò capace di farlo.

L'angolo di Mari

Mi vergogno talmente tanto di questo capitolo che non volevo postarlo. Sapete perchè? Perchè mi sto accorgendo che Hopeless sta diventando patetica, come le altre che ho scritto. E non voglio che lo diventi, visto che per me è una storia importante, che racconta qualcosa che ho vissuto e che sto realmente vivendo.

Ma le recensioni lo dimostrano e a me non è che mi interessino più di tanto, mi importa la sincerità con cui le scrivete e voglio sapere se vi piace davvero Hopeless. Per vari motivi, poi, ho deciso di abbandonare il fandom perchè ormai la situazione sta diventando insostenibile e non sono più una fan dei Jonas, assolutamente.  IO NON SCRIVO BENE, NON SONO UNA SCRITTRICE PROFESSIONISTA né lo voglio diventare (il giornalismo mi basta, grazie)  ben presto non mi vedrete più qui... sento un richiamo da parte di Harry Potter e dalle Originali, anche se non abbandonerò facilmente questo fandom. NON VI LIBERERETE DI ME! *risata malvagia*

In questo periodo le situazioni stanno peggiorando, e voglio prendermi un po' cura di me, delle persone che ho accanto, perciò concluderò tutte le storie e me ne andrò per un po'. Spero mi capiate e capiate anche che situazione sto passando.
Riguardo il capitolo NO COMMENT osceno. Voglio solo un po' sdrammatizzare perchè gli ultimi due capitoli non saranno certamente allegri, vi avverto, e spero di farvi tirar fuori un po' di fazzoletti. Ho scritto due Missing Moments, li infilerò da qualche parte.
Il personaggio di Aileen è ispirato ad una persona realmente esistente, che è __PleaseStay. Non ho mai fatto abbastanza per lei <3
Ringrazio tutte voi che recensite, che non mi fate sentire una nullità quale sono, GRAZIE seriamente.
Spero non vi siate dimenticate di me e dei miei personaggi!

Al mio Esercito, che altrimenti devo scrivere tutti i vostri nomi e mi viene un tunnel carpale, scusatemi in anticipo, per essere così fottutamente bello e unito.
Alla mia Ilaria, che poverina non le ho mai dedicato niente, perciò... ti voglio bene, stalker <3
A quelle 29 persone che mi tengono tra gli autori preferiti... grazie :)

Mari

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Capitolo 10
*** Capitolo nono. ***


hope cap 9
Hopeless
hopeless

Capitolo nono

 
Dopo aver versato così tante lacrime da inzuppare un cuscino e la maglietta di Nick, c’eravamo entrambi addormentati sul divano l’uno tra le braccia dell’altro, ma ora ho freddo. Sono nel mio letto, lo so: evidentemente Nick mi ha portata in braccio fino a quassù, salendo tutte le scale, e poi è tornato giustamente a dormire.

Ho freddo ovunque, anche nel cuore.

Alzandomi, dalle coperte cade un biglietto spiegazzato e mi affretto a raccoglierlo per poi aprirlo con uno sbadiglio.

Britt,

ho sempre saputo che eri una persona fantastica, e lo sei ancora. Sono venuto qui perché volevo davvero vederti prima di andare a New York e, anche se sono venuto a sapere quello che avrei volentieri ignorato, sappi che sarò sempre qui per te.

Stai tranquilla: il tuo segreto è al sicuro.

Ti voglio bene,

                                 Danger

 

Ps: a dieci anni ero follemente innamorato di te, Brittany, ed ero geloso di Nick perché trascorreva troppo tempo con te. Ricordati che ti voglio bene di nuovo.

 

Accenno un sorriso, mi alzo dal letto sempre con la solita pigrizia lasciando il biglietto sul comodino e scendo per le scale, sperando di trovare ancora Joe. Invece sul divano c’è soltanto Nick, fermo in una posa passiva a guardare un film alla televisione: non mi dice né buongiorno né raggio di sole o roba del genere; non mi abbraccia e non sospira.

Il pennarello giace da una parte, le mie dita lo stringono tremanti e un’ennesima x rossa ricopre la carta del calendario: oggi è il quarto giorno. Meno di quattro fottutissimi giorni e sarò chiusa in una bara, al caldo e al freddo, con i parenti piangenti attorno e uno dei miei vestiti migliori addosso, probabilmente quello che avevo comprato per il ballo di fine anno.

“Nick, hai già fatto colazione?” chiedo preoccupata dalla sua poca voglia di vita, è veramente strano che si comporti così.

Lui annuisce senza rivolgermi uno sguardo, così torno in cucina sospirando. È strano questa mattina, di solito è così allegro: sarà forse triste perché Joe se n’è andato e voleva stare con lui, facendomi così temere che è innamorato di suo fratello maggiore?

Mi porto la tazza colma di caffè fumante alla bocca, ne bevo un sorso, la poggio di nuovo sul bancone pulito della cucina e contemplo pensierosa il paesaggio oltre la finestra: le nuvole dense e grigie offuscano il cielo, e i ricordi vengono a galla.

“Britt, sta per piovere, ti vuoi muovere?” gridò Nick nei suoi tredici irritanti anni, coprendosi da una piccola goccia di pioggia che l’aveva colpito con il cappuccio della felpa: guai se i suoi ricci si fossero scompigliati.

“Devo proteggerlo, devo proteggerlo!” ripetei come un’ossessa, scavando nel terreno del mio giardino con così tanta violenza da rompermi le unghie.

Era una cosa stupida, lo so. Quel piccolo albero di albicocche appena nato era per me il mondo intero, perché era l’ultima cosa che mia nonna mi regalò prima di morire e volevo averne cura in modo che anche lei potesse essere fiera di me e del mio amore per la natura.

Ricoprii quel piccolo albero con del cellophane per evitare che l’acqua violenta distruggesse la sua minuscola vita, scavai nel terreno, mi ruppi le unghie, mi sporcai mentre l’acqua continuava a scendere imperterrita su di me, lo protessi e Nick rimase lì, sotto la pioggia a guardarmi nel mio lavoro finché non si unì per aiutarmi.

“Ti aiuto” aveva detto e basta, poi rischiando di rovinarsi i ricci si era messo al lavoro.

Fu così che l’albero di albicocche si salvò, e ora è rigoglioso e verdeggiante nel mio giardino: mi sta quasi dicendo grazie. Mia nonna è fiera di me, lo so, perché ho mantenuto una delle sue più grandi passioni in vita, ma lo farò per poco.

A fine lavoro Nick e io rientrammo a casa, beccandoci una ramanzina da parte dei nostri genitori, un raffreddore di quelli eccezionali, febbre a quaranta e due giorni a letto.

Quell’albero ora è lì, fuori dalla finestra. È cresciuto, conta su sé stesso e non sugli altri, vive per sfornare delle dolcissime albicocche, fa in modo che niente si distrugga e resta lì nel tempo.

Quell’albero ha significato moltissimo per me: è la mia reincarnazione, io vivrò come lui e potrò finalmente arrivare da mia nonna per dirle: “visto? Ce l’ho fatta” e lei avrebbe sorriso, con la sua bocca sdentata e la sua simpatia incontenibile.

Una lacrima mi riga il viso.

L’asciugo con delicatezza, metto la tazza a lavare, afferro il portatile e clicco sull’icona di Google: la prima cosa che mi viene in mente è Miley. Digito il suo nome e mi appare tutta la sua biografia, visto che è famosa e anche apprezzata nel mondo.

Di Niley si dice soltanto che è stato un grande amore, amore a prima vista, come quello dei film, con migliaia di canzoni dedicate tra di loro e con immagini che lo dimostrano benissimo.

Nel mio cuore però, c’è soltanto una pazza e incontrollata gelosia, per questo spengo il computer e lo metto a posto, affinché non possa crearmi altro dolore da sola, vista la mia vena masochista.

Decido di raggiungere Nick in salotto, ma appena varco la soglia della porta me ne pento amaramente: ha il viso tra le mani e trema, scosso dai singhiozzi; sta piangendo.

Il mio migliore amico che non versa una lacrima sta piangendo. Lo stupore mi avvolge, mentre mi avvicino cautamente a lui e mi siedo tentando di toccarlo per fargli sentire la mia presenza, ma niente.

“Nick…” chiamo dolcemente, cercando di avvicinarmi per scostargli le mani dal viso, ma lui si scosta.

Joe deve avergli detto qualcosa oppure si è ricordato di Miley e si è reso conto di quel grande amore che ha perso? Oppure… sta piangendo per me?

“Nick, ti prego – pigolo nuovamente, ora le lacrime stanno scendendo sulle mie guance, - non piangere”

So di non essere brava a consolare le persone, ora so benissimo che non sono capace e che probabilmente peggiorerò le condizioni di Nick. Con  una mano sposto delicatamente la sua, ma non si muove di un centimetro: il suo viso appare solo di qualche millimetro.

“Perché devi andare via, Brittany? – biascica lui, mostrandomi in quel modo il lato più debole di sé stesso: è esploso anche lui, esattamente come me. – perché?”

Quel “perché” mi rimbomba in testa come una richiesta, e mille domande mi affollano la mente: perché, Brittany, non hai fatto la chemioterapia? Perché hai permesso a te stessa di morire? Perché ti sei lasciata andare? Perché non hai combattuto per la tua famiglia, per i tuoi pochi amici?

Non sono capace di rispondere alle sua domanda: rimango in silenzio, mentre le sue lacrime si infrangono in un continuo cadere senza interruzioni, lacrime che mi incitano a fare qualcosa, qualsiasi cosa.

L’impotenza che sento adesso non l’ho mai provata: ormai non posso più fermare la malattia, il cancro che sta crescendo dentro di me. Non mi piace chiamarlo in quel modo, mi sembra minaccioso e non lo è per niente: morire è come dormire, chiudi gli occhi e addio, non te ne accorgi neanche.

Il silenzio pesa, i singhiozzi di Nick si fanno meno frequenti, ma le altre lacrime continuano a scorrere imperterrite e mi sento in colpa: perché sono stata così vigliacca? Perché mi sono arresa? Non c’è un motivo reale, mi sentivo sola e abbandonata. E ora è troppo tardi per rimediare, per tornare indietro, per recuperare il tempo perso e le speranze. Non mi sono sentita più stupida, triste e inutile di quando ho lasciato i miei genitori due giorni fa: è stato meno doloroso del solo pensiero di abbandonare il mio migliore amico.

Non so che fare, l’attesa mi logora, le lacrime finiscono, la debolezza si esaurisce e tra pochi attimi Nick tornerà come prima, solo che mi tratterà con molta più indifferenza, perché in questo momento sono passiva e non lo sto aiutando, come ha sempre fatto lui.

E questa volta lo abbraccio io e la sua reazione mi stupisce: si aggrappa a me come se dovessi cadere in un buco profondo e volesse tenermi lì, con un’incredibile forza. Nick non piange più ora, il suo respiro è regolare anche se so che l’angoscia lo avvolge: lui sente che il tempo è scaduto e anch’io ormai ne ho la consapevolezza.

“Mi dispiace, Brittany. Non avrei mai dovuto reagire così” biascica, il suo viso tra i miei capelli.

“No – sussurro con la voce che mi trema, stringendolo un po’ di più, - non devi scusarti. Sappiamo entrambi cosa succederà e non possiamo fermarlo; devi permettere al tempo di scorrere, di dimenticare, di vivere la tua vita: non fermarti e non guardare il passato ogni volta, sorridi e vai avanti. È’ ciò che vorrei per te”

Nick allenta la sua presa su di me, scioglie l’abbraccio e mi guarda sorpreso, come se avessi detto chissà quale sciocchezza.

“La vita c’è solo una volta e ora non gira attorno a me, a quello che ho e a quello che tra meno di cinque giorni succederà: la vita gira attorno di chi la possiede, non degli altri. Ascoltami Nick, pensa solo che dormirò un po’ più a lungo delle mie abituali otto ore e che non arrossirò più quando mi sentirò in imbarazzo; fai conto che parta per un viaggio molto lungo, cui prima o poi ti unirai anche tu… guarda diritto verso il futuro, non indietro. Le cose passate sono perse ormai, ciò che hai fatto negli anni scorsi non conta più niente; non ti resta altro che affrontare quello che spaventa di più noi esseri umani: il futuro. Avrai sempre delle incertezze su cosa scrivi, su cosa componi, sul tuo lavoro, la tua famiglia, ma in ogni cosa devi mettere il cento per cento di te stesso; alla fine la soddisfazione arriverà e dirai che avevo ragione in qualche modo, quindi quando sarò lontana e non potrai più chiamarmi con il cellulare, dovrai sempre guardare in avanti, non abbatterti, credere in te stesso, rialzarti. Scommetto che la vita sarà bella per te”

E ora quella a piangere sono io: quando hai la consapevolezza di non avere più un attimo per te e per gli altri, non sai cosa fare come me in questo momento. La vita è breve se qualcuno non usa il tempo in modo adatto, la vita è lunga se sprechi ogni singolo momento a fare quello che ti piace, a viverla intensamente.

E la sottoscritta ha buttato via la miglior opportunità che qualcuno le potesse dare, perché quando sarò caduta nel buco nessuno verrà a riprendermi, nessuno mi porgerà la mano per risalire, nessuno griderà il mio nome perché mi salvi, tutti diranno che ero una povera illusa se pensavo di guarire da sola.

Tutti diranno che sono stata una stupida a credere in qualcosa che ovviamente non sarebbe mai accaduto, né mai accadrà: perché di miracoli ancora sulla Terra non se ne sono visti.

Un miracolo è solo il fatto di aver vissuto quasi diciannove anni in una ricchezza che altre persone probabilmente non possono permettersi e che io ho avuto; quindi d’altra parte è meglio ringraziare chiunque sia in quel cielo per avermi dato la possibilità di aver almeno assaggiato la vita e com’è fatta.

E un abbraccio, un abbraccio riempie di nuovo il vuoto, almeno per un altro po’.

Nick è in silenzio esattamente come me. Dopo qualche minuto mi alzo in piedi e me lo trascino dietro, verso la stanza dei ricordi: quella della musica.

Il pianoforte non ha più il cellophane che lo ricopre, la polvere l’ha abbandonato ed è tornato splendente come prima. Mi siedo con Nick sul panchetto come giorni fa, sfioro i tasti con le dita e poi mi fermo improvvisamente: in questo momento non servono le parole per capirsi a vicenda, solo gli sguardi.

Ho male alle mani. Ciò significa che la fine è vicina, che la malattia sta avendo la meglio su di me, che mi rimane poco.

Ritiro la mano amareggiata da quella di Nick che dolcemente l’aveva presa quasi per confortarmi, mi sento ormai sull’orlo del baratro. Provo a riappoggiare la mano sui tasti, ma con un scatto fulmineo la ritiro: sento dolore, anche a muovere lentamente le dita.

Il tasto bianco del pianoforte si bagna sotto una mia lacrima, mentre Nick accenna una nota e un’altra e un’altra ancora fino a che smette per abbracciarmi, consolarmi e baciarmi i capelli; dopo sto zitta, solo per godermi di quella stretta familiare e affettuosa.

Mentre i singhiozzi ormai si spengono e le lacrime smettono di scendere, chiudo gli occhi.

L'angolo di Mari
Eccomi qui, questo è l'ultimo capitolo, il prossimo sarà l'epilogo e poi Hopeless finirà. So che tutto sembra essere stato veloce, ma è una scelta che ho voluto fare in quanto ci saranno degli MM che spiegheranno come Brittany ha affrontato la notizia e cosa ha sentito. Solitamente il cancro si sente alla fine e con dei dolori, proprio come lei li sente in questo capitolo. Perciò non mi resta se non di ringraziarvi per queste meravigliose recensioni e vorrei davvero ringraziarvi tutte per aver letto la storia che racconta di me, di quello che ho passato. Spero di non avervi annoiati, non vi spaventate voi lettori a lasciare una recensione perchè poi non ci sarà più possibilità di farlo.
Davvero grazie a quelle persone che mi hanno sostenuta per tutto questo tempo, vi adoro.
Come avevo detto il trasferimento sarà anche nella categoria One Direction perchè mi hanno attaccato la fissa, ma spero di non fare brutta figura con una fanfiction parecchio delirante che uscirà. Quindi ci vediamo presto con l'epilogo, spero di avervi fatto tirare fuori un po'' di fazzoletti.
Grazie mille a tutti.
A tutti voi, grazie mille dal cuore.

Mari
ps: chi volesse seguirmi su twitter: __ohluna

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Capitolo 11
*** Epilogo. ***


hopeless epilogo

Hopeless

Quando la vita va via senza accorgertene.

hopeless

Epilogo

 

Le campane risuonano cupe, riecheggiano per la città come una triste litania di morte, i parenti, le persone più care si affollano sul sagrato per il funerale.

Brittany non esiste più, Brittany è volata via, Brittany ha ceduto alla malattia, Brittany ha lasciato Nick mentre era tra le sue braccia, seduta sul panchetto bianco del suo pianoforte.

Nick si asciuga una lacrima che gli è sfuggita, ma non scoppia in lacrime: Nick, come Brittany, non esiste più.

Il ragazzo entra in chiesa scortato dalla sua famiglia, si siede vicino ai genitori della ragazza e osserva le panche occupate: non c’è molta gente, in realtà. La cerimonia è intima, senza seccature, ci sono anche tanti compagni di classe che hanno conosciuto Brittany e ne hanno apprezzato l’onestà e la forza, nonostante il suo carattere scorbutico.

Gemma, la madre di Brittany, è piegata dal dolore, piange ininterrottamente sulla spalla del marito, che le accarezza la testa, e nel frattempo urla qualche perché come richiesta e nessuno le risponde. Chiede il motivo per cui ha portato via sua figlia, la sua unica figlia e non riceve niente.

L’amica stronza che la ragazza ricordava sempre, Emy, è scossa dai singhiozzi da un’altra parte della chiesa, in un angolo: tra le mani tiene quella che deve essere una lettera con la tondeggiante calligrafia della sua amica.

Nick è apatico. Non piange, non commenta, non parla: guarda fisso la foto sorridente della sua migliore amica, guarda i suoi capelli biondi, guarda i suoi occhi azzurri, guarda quella che avrebbe voluto sin dall’inizio.

All’uscita dalla chiesa per andare al cimitero dove Brittany riposerà per sempre, Nick non si imbatte con nessuno, non si ferma a parlare con nessuno, neanche con la famiglia della sua amica, e va verso il luogo dove andrà più spesso, da solo. Joe piange, rompe gli schemi e la sua immagine da duro costruita con tanti sforzi: non dimenticherà mai i suoi rimproveri riguardo ad Aileen, lei mai saprà che ha lasciato la sua ragazza; Kevin non ci crede e i coniugi Jonas tentano di stare con i genitori di Brittany il maggior tempo possibile per confortarli, ma anche Denise soffre.

Quando la bara e il prete arrivano, Nick è già lì a fissare il vuoto composto dalla terra fredda, dove Brittany andrà e starà per sempre: è brutta, quella terra. È’ marrone, è fredda, non è adatta a lei, alla sua personalità, al vestito azzurro che le hanno messo addosso.

“Nick, spostati” la voce triste di Joe lo risveglia e lo trascina lontano dai suoi pensieri; il ragazzo si scansa e con la morte negli occhi vede il corpo della sua migliore amica cadere giù, nel baratro.

E ha voglia di urlare, di mandare a quel paese quel fottutissimo cancro che l’ha portata via da lui, di piangere finché non ha consumato tutte le lacrime che ha a disposizione, di gridare al mondo che è un’ingiustizia, e vuole morire anche lui, vuole sprofondare nel baratro con lei.

A fine cerimonia tutti se ne vanno tranne Nick, che rimane a guardare apatico la terra che ricopre la sua migliore amica, la sua Brittany: una lacrima va a bagnarla, un’altra e un’altra ancora. I coniugi Jonas se ne sono andati sotto insistenza di Kevin e Joe per lasciare al figlio minore il tempo di assimilare i fatti, ciò che è successo.

Nick si siede sull’erba per guardare ancora quella terra smossa e nello stesso attimo sente qualcuno che si siede accanto a lui e che con delicatezza gli allunga una lettera con il suo nome scritto sopra. Il ragazzo sussulta alla vista della scrittura elegante e tondeggiante di Brittany, l’afferra quasi subito e se la rigira tra le mani, per poi voltarsi nella direzione di chi gliel’ha porta: è una ragazza dai capelli scuri, che non dice niente e va via.

Emy. La voce di Brittany lo aiuta a sapere l’identità di quella ragazza che nonostante tutto aveva gli occhi lucidi.

La lettera che ha tra le mani gli brucia da morire, scotta quasi, così il diciottenne si muove ad aprirla con delicatezza, per non rovinare le ultime parole di Brittany.

Nick,

se starai leggendo questa lettera allora vorrà dire che sono già morta: l’ho data a Emy affinché te la consegnasse, ma non so quanto contare su quella ragazza.

Devo dirti tante cose, Nick, cose che tu non ti immagini neanche, cose che avrei preferito tenere per me. Sai dove sei ora? Mi hai lasciato un biglietto con scritto che mi porterai una sorpresa: spero che sia gradevole almeno, non come quelle degli anni passati.

Mi dispiace, Nick. Avrei dovuto dirti cosa stavo passando, avrei dovuto fare una cura e non lasciarmi andare, avrei dovuto tante cose che non ho fatto, tra cui delle scuse per il trattamento ricevuto nei primi giorni e tutti gli insulti rivolti a te e alla tua carriera.

Per il resto grazie. Grazie per avermi fatto passare queste meravigliose quattro settimane come le migliori della mia breve vita, grazie per aver suscitato in me nuove emozioni che avevo dimenticato nel tempo, grazie per essere stato qui in questo momento, grazie per aver scaldato il mio cuore di nuovo.

Quando sei arrivato, pensavo seriamente di impazzire e di odiarti, poi mi hai fatto sapere del diabete, della tua carriera, della tua vita così incredibilmente perfetta… e il mio cuore non ha retto. A quattordici anni ero innamorata di te, a quindici pure e speravo che tu tornassi, a sedici ho perso un po’ le speranze, a diciassette pensavo di averti completamente dimenticato,  a diciotto mi hai sconquassata di nuovo.

Sinceramente non ci sono parole per ciò che provo per te, non so come esprimermi e sai anche come sono fatta: non sono brava a parlare, a mostrare i miei sentimenti, mi fa sentire debole.

Come si chiama quel sentimento che ti fa battere il cuore, vai in iperventilazione e roba del genere, descritto in parole da romanzo di seconda categoria? Ah sì, si chiama amore.

Nicholas, ti amo. Scriviamolo così, di tutto in punto, perché tu possa capire quanto tu sia importante per me anche se rischio la vita quando mi abbracci o mi baci sulla testa o sulle guance.

Mai più proverò una cosa del genere, lo sai, per questo ritengo sia giusto fartelo sapere: quello che una persona trasmette si può capire a fior di pelle e tu, per me, sei un enigma da risolvere; non so ancora cosa ti passa per la testa.

Ora basta, ho paura che tu torni da un momento all’altro e che tu possa cogliermi in flagrante di reato.

Quindi grazie per tutto, grazie per queste emozioni, grazie per questo amore non corrisposto, grazie per essere il mio migliore amico, per avermi sopportato per quattro lunghe settimane, per volermi bene.

Ti amo,

                         Britt

 

La carta della lettera è impregna di acqua salata, di lacrime che hanno cominciato a scendere senza interruzioni, di perché gridati nella sua testa: lui amava Brittany, ma era troppo occupato a guidarla nei ricordi per dare voce al suo cuore e alla sua mente.

“Ti amo” sussurra Nick, prima di chiudere la lettera, alzarsi e guardare verso il futuro.

                                                         ***

Dopo la morte di Brittany, Nick restò una settimana nella casa dove aveva trascorso le ultime quattro settimane e andò molte volte sulla tomba della sua migliore amica.

Quando tornò a casa, a Dallas, ebbe tante ragazze, tutte bionde e con gli occhi azzurri. Tutte le giovani donne con cui usciva non avevano né gli occhi né i capelli scuri. La famiglia Jonas si stupì ancora di più quando notarono l’impressionante somiglianza della sposa, Lorelay, con Brittany, l’amica di infanzia scomparsa. Joe e Kevin ben sapevano che Nick non stava convolando a nozze con quella donna, ma con la sua migliore amica e la sua memoria: la sua morte aveva lasciato in lui qualcosa di incancellabile, chiamato dolore.

I suoi fratelli conoscevano da molto tempo il suo segreto, ma il minore non aveva mai voluto ammettere di amare la sua migliore amica da quando aveva quindici anni, eppure la cosa era emersa alla fine.

Sapevano che ogni cosa che faceva Nick la faceva con Brittany, non con Lorelay. Parlava con Brittany, rideva con Brittany, piangeva con Brittany, faceva l’amore con Brittany. Una volta Nick era arrivato al punto di confonderle e chiamare la moglie come la sua migliore amica.

Ora è lì, di fronte a quella liscia pietra di marmo, da dove Brittany gli sorride.

“Papà, chi è lei?”

Nick sposta lo sguardo dalla tomba alla bambina cui stringe la mano, una bambina dai capelli ricci e castani.

“Hai visto, Brittany? Si chiama come te, era la mia migliore amica”

Quando la bambina incrocia i suoi occhi azzurri con quelli del padre, Nick vede gli occhi azzurri e profondi di Brittany.

“E’ bella” commenta la figlia, chinandosi a guardare la foto.

Nick sospira, e fa a tempo a strofinare via la lacrima che è appena scesa dai suoi occhi.

“Sì, Britt, è molto bella – ripete sconfortato, - aveva quasi diciannove anni quando è andata via”

La bambina sfiora delicatamente la foto con le dita, poi tocca il suo nome inciso in rilievo sulla pietra. Il silenzio si diffonde tra padre e figlia, e rimangono molto tempo a guardare quell’immagine sorridente.

“Papà, tu l’amavi?” chiede improvvisamente Brittany, spostando lo sguardo sul padre.

Nick si stupisce dell’acume della figlia, ma non incrocia i suoi occhi e resta immobile a guardare la foto della sua migliore amica. Poi la voce di Lorelay li distrae entrambi e l’ormai uomo fa un cenno alla bambina affinché vada dalla vera madre.

“Sì” soffia poi a qualcuno di impreciso, quando la figlia si è allontanata.

Sta rispondendo alla vera Brittany, quella che in questo momento è nel sottosuolo, quella che gli sta sorridendo, quella che non aveva mai smesso di amarlo nonostante fosse stato uno stronzo negli anni passati.

Nick caccia una mano in tasca, ne tira fuori quella lettera sgualcita e la pone sulla tomba di Brittany: il foglio scivola leggero sul marmo, grazie al venticello che si è appena alzato.

Per un attimo a Nick sembra di sentire Brittany che lo chiama e la voce si disperde nell’ambiente grazie al vento: è come se senta la sua presenza nella natura e ora, questa brezza che gli accarezza i capelli e il viso, è la sua migliore amica.

A Nick pare di sentire un “ti amo” ululato e abbozza uno dei suoi rari sorrisi: è tanto che non lo fa, aveva  smesso quando Brittany se ne era andata, ma ora lei è lì con lui.

E si volta verso il futuro, ben sapendo che, nonostante lei non sia vicino a lui fisicamente, è nel suo cuore.

L'angolo di Mari

Io non so che dire. Hopeless è finito, per qualcuno "evviva, Hopeless è finito". Ma non sarò io a dire quelle parole, anzi, non posso non ripetere nella mia mente che la storia in cui ho messo me stessa è finita. Ehi, Mari, la storia è finita, tu hai finito di soffrire. Forse? Non lo so. So solo che più in qua non la rileggerò, perchè c'è qualcosa che me lo impedisce, qualcosa che ho lasciato e che mi fa sentire male ogni volta. Hopeless mi ha segnata, devo dirlo, è quella che ho scritto in una settimana, quella dove è esploso tutto, quella che sembrava più scritta da una dislessica, perchè a volta piangevo e non vedevo la tastiera e quindi sbagliavo tutte le lettere.

Non potete neanche immaginarvi quante cose lascio qui dentro. E' una parte della mia vita, ora non mi resta che andare avanti e sperare che tutto vada bene e non risprofondi nella depressione. Mi sono resa conto che alcuni capitoli sono patetici, come questo epilogo, che altri soddisfano soltanto un tre per cento di me, ma quando la scrivevo non ci facevo molto caso a quello che digitavo, ai fiumi di parole inutili che esprimevo, così ho deciso di non modificare niente, solo correggere magari qualche vocabolo o una ripetizione. Per il resto non ho modificato niente, tutto è come l'originale.

Vorrei davvero ringraziarvi infinitamente per aver sostenuto questa storia. Quelle 14 persone che ce l'hanno tra le preferite (chi non recensisce non abbia paura a farlo), quelle 3 che l'hanno tra le ricordate e quelle 13 tra le seguite. E QUELLE 121 RECENSIONI, cosa che io mi sogno nella mente. Grazie mille a tutti voi, non mi fate sentire una nullità. E se c'è una cosa che adorerei, sarebbe vedere Hopeless nelle Scelte, ma è un sogno ovviamente. Non è abbastanza matura per finire lì.

Ci saranno due Missing Moments, li posterò più in qua.

Ho deciso di abbandonare questo Fandom e di andare a intasare quello di Harry Potter o quello dei One Direction, perchè Louis ha bisogno di me per vendere le carote al mercato (?). Quindi grazie a tutti davvero :)

Grazie a Rebecca, perché è un'amica che ascolta sempre, per tutto. Ti voglio bene.

Grazie a Silvia, perché è una Stronzilla. Ti voglio bene.

Grazie ad Andreea, perché è una sclerotica nonché mia sorella gemella, che gestisce con me e Sarah il banco delle carote al mercato (?). Ti mao.

Grazie a Sarah, perché in qualche fottutissimo modo riesce a capirmi benissimo e perché il nostro banco é il più fruttuoso di tutti! Ti mao.

Grazie alla mia fotocopia Giulia, perché soltanto lei ha capito realmente il significato di questa storia. So che ce la farai. Ti voglio bene.

Grazie alla mia stalker Ilaria, perché, non si sa come, siamo Echelon, Parawhore e abbiamo tante cose in comune, e mi perseguita. Ti voglio bene.

Grazie ad Anna, perchè insieme tramiamo piani malvagi contro Delta e Bieber. Ti voglio bene.

Grazie a Elisabetta, perché - chissà come fa - mi sopporta.

Grazie a Marianna, perché quando posta quei meravigliosi banner sul nostro gruppo (specialmente quelli su Tom Felton) mi fa saltare gli ormoni.

Grazie a Irene e a Giulia, perchè quando è successo quella cosa spiacevole, si sono incazzate come delle bestie. Vi voglio bene :3

Grazie a Egg__s, conosciuta al mondo come Agata (merito della tua presentazione se so il tuo nome), per il meraviglioso banner e per quello altrettanto meraviglioso della mia nuova fic sugli One Direction.

Grazie a quei fottutissimi artisti che hanno fatto da colonna sonora a Hopeless: gli Evanescence, Miley Cyrus, i Paramore, the Pretty Reckless, i Muse, gli AC/DC e i Deep Purple.

Grazie a tutti voi lettori, per tutte quelle recensioni, grazie per aver vissuto Hopeless con me.

Maria Giulia

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