The moment named love

di KikiWhiteFly
(/viewuser.php?uid=33036)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Moment number one - Jealousy ***
Capitolo 2: *** Moment number two - Hate ***
Capitolo 3: *** Moment number three - Alchemy ***
Capitolo 4: *** Moment number four - Suspence ***
Capitolo 5: *** Moment number five - Love ***



Capitolo 1
*** Moment number one - Jealousy ***



Dunque, sì, mi rendo conto che sto scrivendo in una sezione che nemmeno esiste – ciò è molto grave – sono intenzionata a farne aprire una (!).

Saranno cinque missing moments, li potremmo chiamare “i passi dell'amore”, ecco. Sono tutti inventati di sana pianta, spero di non aver commesso strafalcioni. ;_;

In ultimo: il titolo si basa sul motivo de “La tata”, che in americano sarebbe: “The Nanny named Fran”, ho sostituito solo le parole. XD

Inoltre, siccome suppongo che non tutti sappiano delle differenze tra la versione americana e quella italiana, ho preferito tenere quest'ultima.

Alla sister, poiché è una persona così importante per me che, invero, non avrebbe nemmeno bisogno di presentazioni. <3





The moment named love






Moment number one – Jealousy





Era il suo abbigliamento provocante, la sua risata cristallina o, forse, il suo modo di accavallare le gambe sopra la sua scrivania ad averlo fatto capitolare completamente.

Maxwell Sheffield, stimato produttore di Broadway, tentava di leggere l'ennesimo copione, tuttavia senza successo; Francesca se ne stava seduta sull'angolo del tavolo, apparentemente con fare innocuo.

«Signor Sheffield, non sente questo silenzio?».

«Al momento no», borbottò risentito, alzando per un attimo lo sguardo ed osservandola con atteggiamento criptico dietro le spesse lenti.

«Oh, ma non c'è nessuno in casa, come fa a non sentirlo?», e gli assestò un pugno sulla spalla, poi la sua risata proruppe da timpano a timpano e Maxwell capì che quella mattinata non avrebbe lavorato.

«Signorina Francesca, mi sta disturbando».

Obbiettò ragionevolmente, aspettandosi una reazione spropositata; tuttavia ciò non si verificò, anzi, la sua tata lo squadrò accigliata e si diresse verso l'uscita.

«Sa, penso che mi ordinerò una pizza. Forse stavolta riesco a strappare a Stuart il suo numero», ponderò tra sé e sé, «e magari sarò la sua consegna a domicilio, se capisce cosa intendo».

Poi ammiccò in sua direzione e Maxwell si trovò a fare i conti con qualcosa di diverso dal solito dispiacere: era il sangue che gli ribolliva nelle vene, era il fastidio – e, no, nulla contava il fatto che fossero le dieci di mattina ed una consegna a domicilio fosse alquanto improbabile –, era il sangue che affluiva al cervello al sol pensiero.

All'idea che Francesca potesse appartenere ad un altro uomo, sì.

Un attimo dopo, Maxwell Sheffield aveva corso la rampa di scale, impedendo alla sua tata di prendere in mano un ricevitore e permettendole persino di raccontargli le sue costruttive giornate di shopping compulsivo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Moment number two - Hate ***




Moment number two – Hate



Capitava anche che Francesca avesse qualche trovata geniale da proporre ai suoi ragazzi e, anzi, quando gli chiedeva il permesso già aveva architettato tutto quanto – e con quale coraggio avrebbe potuto smorzare l'entusiasmo dei suoi figli?

Ora che ci pensava, li vedeva così raggianti solo quando Francesca era con loro: qualunque cosa la tata dicesse loro sapeva che sui loro volti, a fine giornata, poteva splendere ancora il sole.

Parimenti, però, capitava che accadesse qualcosa sulla quale non fossero troppo d'accordo – e, diciamolo, le volte in cui questa ipotesi si verificava non erano poi così rare –, come il fatto che Brighton accusasse improvvisamente un terribile mal di pancia, per l'appunto.

«Saranno stati i dolcetti di zia Assunta? Eppure c'erano pochi ingredienti: uova, farina, cioccolata, nocciola, cannella, cocco, fragole e... ho l'impressione di averne dimenticato qualcuno».

Il volto di Maxwell assunse varie colorazioni, sino ad arrivare ad un acceso porpora: «Perché avevo l'impressione che sua zia ne fosse la causa?!», le sbraitò letteralmente contro.

«Beh, è una delle sue specialità più caloriche!».

Fu la blanda scusante con la quale la tata si giustificò.

Francesca iniziò a correre a destra e a manca, pensando di sfuggirgli per sempre – quel teatrino si ripeteva quasi ordinariamente, ormai era normale amministrazione.

E mentre Maxwell la rincorreva senza tregua alcuna, Francesca sospirò di stanchezza e pensò che tanto accanimento contro di lei era solo un modo come un altro di farle capire quanta importanza avesse – e, beninteso, non voleva illudersi come una ragazzina ingenua e sperduta.

Che, poi, dovesse essere soprattutto lei a rincorrerlo era tutt'altro paio di maniche.


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Moment number three - Alchemy ***



Moment number three – Alchemy






A contatto con le sue sapienti dita, Francesca perdeva letteralmente il controllo di se stessa; non le importava più del contratto che avevano stipulato anni prima, nella sua mente ogni regola era stata infranta per una buona ragione.

Francesca rise improvvisamente di gusto poiché Maxwell, senza volerlo, conosceva i suoi punti critici – era così vulnerabile sulla linea che disegnava il suo collo, perché continuava ad indugiarvi?

«Oh, Francesca...», e lei sussultava, stupidamente, nemmeno le avesse confessato di amarla e di non poter immaginare il resto della sua vita senza di lei – perché, poi, si lasciava sopraffare così dall'immaginazione?

«Maxwell», ridacchiava, infilando le dita tra i suoi capelli.


«Ehm, ripasso dopo a pulire?»

E, ovviamente, qualcosa doveva sempre interromperli; Maxwell assunse un atteggiamento decoroso in meno di un secondo e lei, invece, lanciò un'occhiata torva all'invadente maggiordomo.

Niles se ne stava sulla soglia della porta, uno straccio in una mano ed uno spray nell'altra, sembrava avesse appena compreso di aver commesso un grossolano errore.

«Francesca stava solo... solo...», Maxwell tentava di trovare le parole più appropriate, indicando con scatti nervosi la camicetta della tata ed intimandole telepaticamente di abbottonarla.

«... Pulendo la sua scrivania, signore?», obbiettò con sarcasmo il maggiordomo.

Francesca si issò in piedi, si avvicinò al domestico con sguardo indignato e rispose di rimando: «E l'avrei lucidata per bene, se solo non ci avesse interrotti».




* * *




Okay, poche parole: io adoro Niles – per non parlare della coppia Niles/C.C. <3 – dovevo metterlo in qualche modo. E credo che Francesca avrebbe fatto una battuta simile, grossomodo. XD

Al prossimo momento, vi ricordo che è il penultimo.


Kì.


Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Moment number four - Suspence ***




Moment number four – Suspence





Maxwell trattava e ritrattava con il suo cuore e, pur scherzandoci spesso sopra, lei ne soffriva terribilmente.

Francesca sbuffò, aspettando che il signor Sheffield si decidesse lei sarebbe invecchiata ed avrebbe perso il suo savoir faire; per l'appunto, proprio in quel momento, stava sfogliando “Zitella moderna”, soffermandosi sui costosi e luccicanti abiti da sposa.

Poi si soffermò a pensare tra sé e sé: non si trattava di una rivista per zitelle, quella?

«Buongiorno, signor Sheffield», lo salutò disinteressata, quando lo vide oltrepassare la soglia della porta.

«Signorina Francesca», rispose lui di rimando, con il solito tono apatico.

A Francesca, a quanto pareva, quella situazione doveva andare forzatamente bene: non si trattava più di rispetto nei confronti di Sara, arrivati a quel punto, bensì di incertezza forzata e volontaria nei suoi riguardi.

Tutti sapevano quel che provavano tranne loro, un classico; eppure, nessuno dei due trovava il coraggio di intavolare un discorso senza ricorrere ad un paio, forse più, di insulti gratuiti.

E, alla fine, erano sempre al punto di partenza.

«E invece io non ci sto!», rinsavì improvvisamente la tata, sbattendo la tazza di coccio sul tavolo.

Il signor Sheffield la fissò con aria piuttosto accigliata – sebbene non si sarebbe dovuto stupire più di nulla dopo cinque anni.

«Sa, io sono una bellissima donna. E posso avere tutti gli uomini che voglio. E sono giovane, ancora per un po', non posso perdere la mia giovinezza dietro a lei!».

Poi gonfiò per un attimo il petto, attendendo una sua reazione.

«Nessuno glielo ha chiesto».

E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Francesca salì la rampa di scale, in direzione del suo armadio e con l'intenzione di mettere i vestiti più sexy che avesse mai comprato in valigia.

Gli avrebbe fatto pentire di aver detto quelle parole, senza dubbio.

Poi, però, quando la sua mano spinse la maniglia della porta trovò una presenza retrostante che, invece, premeva per averla al suo fianco.

Allora Francesca violentò le sue labbra con veemenza, come a voler resistere a tutti i costi, peccato che la morsa fosse troppo stretta.

«Non vada, Francesca».

E, per l'appunto, erano di nuovo al punto di partenza.





* * * *




Penultimo momento, il prossimo è quello “decisivo”, per così dire, chiuderà la meravigliosa storia tra Maxwell e Francesca. <3

A grandi linee, ho cercato di ripercorrere la quinta stagione [la penultima, per l'appunto], se ricordate nella penultima serie ci sono vari dibattiti tra il signor Sheffield e Francesca, per il fatto che lui ogni volta le confida di amarla e, un attimo dopo, se lo rimangia – o, come dice lui, “lo ritratta”.

Oh, come sono adorabili. <3

Al prossimo!


Kì.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Moment number five - Love ***





Moment number five – Love






Maxwell doveva credere di perderla per capire che lei era la donna della sua vita.

Peccato non aver realizzato anni prima quel che, in fondo, sapevano tutti: Maxwell Sheffield l'amava, infinitamente, non avrebbe mai potuto immaginare una vita senza di lei.

Cos'era lui, alla fine, senza una voce gracchiante – il tono di Francesca faceva invidia a qualsiasi megafono, ciò era indubbio –, dei tacchi che giravano rumorosamente in casa, due gambe incrociate sulla sua scrivania, nell'atto di impedirgli di lavorare – evento che si verificava puntualmente, d'altro canto.


Eccolo, alla fine, il famoso produttore di Broadway: era sdraiato sul suo costosissimo divano in pelle, circondato da copioni e, pur tuttavia, mancava qualcosa nella sua vita.

Mancava il chiasso della tata, sì.

Quindi, quando realizzò quanto fosse importante nella sua vita, Maxwell prese il primo volo per l'Estremo Oriente e si munì di coraggio.


All'inizio aveva avuto paura di ferire i sentimenti dei suoi ragazzi – avevano presto la loro mamma così presto, abituarli ad un'altra presenza materna forse era prematuro –, poi aveva temuto di farsi del male. Ma, se c'era una cosa che aveva imparato dopo cinque anni, urtarsi e, talvolta, graffiarsi faceva parte della natura umana: nessun dolore era forte come l'amore, era l'unico che pulsava insistentemente tutta la vita.


Quando la signorina Francesca – beh, forse avrebbe fatto meglio a darle del tu – si gettò tra le sue braccia, allora, Maxwell sentì davvero la potenza del loro legame: un pesante macigno si sciolse all'istante nel suo cuore, si poteva considerare pronto ad amare veramente.



_______________________






Bon, questo è l'ultimo dei cinque moments. <3

Ho preferito optare per un'introspezione – dal punto di vista di Maxwell –, alludendo con “l'Estremo Oriente” alla puntata 05x15 “Le mille e una tata”, nella versione italiana.

Grazie a quanti hanno letto, oltre a coloro che hanno inserito questa storia nelle preferite/seguite/ricordate.

Chissà, prossimamente potrei tornare. **

(sfigafandom pawaaa!).


Kì.


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=811876