Una dolce estate movimentata

di Luna_R
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Felicità aspettami, sto arrivando! ***
Capitolo 2: *** Debutto in società ***
Capitolo 3: *** Una telefonata inaspettata ***
Capitolo 4: *** Marco e... ***
Capitolo 5: *** ... Marco ***
Capitolo 6: *** Salva contatto?! ***
Capitolo 7: *** E se fosse una cotta?! ***
Capitolo 8: *** T.m.P (tu mi piaci). Sms galeotto ***
Capitolo 9: *** Un pranzo...al bacio! ***
Capitolo 10: *** Amore che va, amore che viene. ***
Capitolo 11: *** Addio o arrivederci?! ***
Capitolo 12: *** The game ***
Capitolo 13: *** Parlare è chiarirsi. Chiarirsi è capire. ***
Capitolo 14: *** I bagordi del sabato sera: gli effetti. ***
Capitolo 15: *** Guardarsi dentro. ***
Capitolo 16: *** 16 luglio 2005: cronaca di un giorno lungo, lungo davvero. ***
Capitolo 17: *** Il pensiero di due...innamorati?! ***
Capitolo 18: *** Il silenzio del cuore ***
Capitolo 19: *** Dillo alla luna ***
Capitolo 20: *** Anime gemelle ***
Capitolo 21: *** Ammazza l'uomo frangetta ***
Capitolo 22: *** Ciò che un viaggio, può lasciarti ***
Capitolo 23: *** I saluti ***
Capitolo 24: *** Il ritorno ***
Capitolo 25: *** Game over. Domani è già qui. ***
Capitolo 26: *** Bentornata. Luana. ***
Capitolo 27: *** Non posso più mentire, perchè... ***
Capitolo 28: *** ...Io ho scelto te ***
Capitolo 29: *** Quando dovrebbe essere, tutto più semplice ***
Capitolo 30: *** E se non è amore ***
Capitolo 31: *** Tempo di cambiamenti ***
Capitolo 32: *** Sale e amore ***
Capitolo 33: *** The miracle. Felicità ti ho presa finalmente ***
Capitolo 34: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Felicità aspettami, sto arrivando! ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

Ciao a tutti!

Sono ritornata con una ficcy romantica nuova di zecca…ahh dopo il breve passaggio nella sezione drammatico torno nuovamente nel mondo dei sognatori e dei romanticoni, come me!^^

Spero di ricevere commenti positivi, questa storia è un po’ la storia della mia pazza estate e di come in tre mesi la vita possa cambiare radicalmente!

Spero vi piaccia!

1kiss

LuNaDrEaMy

 

 

 

 

“FELICITA’ ASPETTAMI, STO ARRIVANDO!”

Chap 1.

 

 

“No, non posso credere di aver accettato l’invito di quella pazza..

 

Nove e trenta della sera, sono in tremendo ritardo, fra poco Simona sarà qui ed io sto già pentendomi d’aver accettato il suo invito.

E’ un casino di tempo che non la vedo, lei è stata una delle mie migliori amiche quando ero piccolina, ci conosciamo da una vita anche se poi, le situazioni e le esperienze, hanno portato a dividerci.

Le ho sempre voluto un gran bene, adesso è poco che ci siamo ritrovate e con mio immenso stupore noto che andiamo d’accordo, giorno dopo giorno, sempre di più.

E’ un amicizia che ne è valsa la pena far risorgere dalle ceneri.

Sorrido, correndo da una stanza all’altra seminuda, con le calze in bocca e i capelli legati con un improbabile mollettone.

 

-“Mamma dove hai messo le mie scarpe fucsia col tacco?!”-.

 

Passo davanti allo specchio sistemando con le mani la mini troppo corta, per passare indifferente davanti agli occhi di mio padre.

Finisco di aggiustarmi, restando a fissarmi ancora un po’ nello specchio; la palestra ha dato i suoi effetti miracolosi, stasera mi sento proprio una regina.

Certo, se non fosse per la mia timidezza e lo stato di depressione in cui mi sono andata a ficcare nell’ultimo anno, sarei proprio perfetta.

Modesta, eh?!

No è che stasera avrò proprio bisogno di totale autostima e auto convinzione, questa è la mia svolta, la mia vita nuova che sta bussando alla mia porta per farsi aprire.

 

Due gocce del profumo preferito, un leggero velo di gloss alla fragola e sono pronta.

Afferro con decisone la borsetta, ma lo sguardo si posa sulla cornice, appesa alla parete gialla della mia stanza; c’è una foto dentro, ritrae me e Alessandro in una posa felice e serena.

Alessandro, il mio ex ragazzo. Quasi.

Sono tre anni che stiamo insieme, ma la storia non va per niente bene.

Anzi, non va più, dal momento che sono due settimane che non riesco a sentirlo e vederlo.

Non lo so, non so cosa ci stia succedendo. Siamo cambiati, come dice lui?!

Io mi sento sempre la stessa, anche se ho un vuoto dentro al quale non so dare un nome o un colore.

Credo proprio sia la fine di tutto già, ma non posso farci più nulla ormai, sembriamo entrati in trance, stiamo passivamente subendo gli eventi e tutto sommato questa cosa sembra far comodo a entrambi.

Il mio viso si è fatto improvvisamente cupo, scuoto la testa allontanando i brutti pensieri ed esco dalla stanza.

 

*****

 

 

-“No, non stai sbagliando, fai bene ad uscire , hai bisogno di svagarti, hai bisogno di vivere…”-

Simona mi stava facendo una testa così con questa storia.

Lei non ha tutti i torti, no anzi, ma la mia vita negli ultimi tre anni è stata sempre vissuta al fianco di Alessandro, che mettere il naso fuori casa senza di lui primo, mi spaventa tantissimo e secondo non mi sembra molto giusto nei suoi confronti.

 

-“Dai , infondo si tratta di una seratina tranquilla, andiamo a prendere qualcosa ad un pub e poi passiamo nella mia comitiva… voglio presentarti qualche mio amico, vedrai ci divertiremo tantissimo!”-.

 

La sua comitiva, la conosco bene!

Sono famosi per essersi beccati secchiate d’acqua a palate dai condomini del vicinato dove “risiedono”, per i rumori molesti che provengono dalle loro automobili truccate e dai loro stereo che sparano musica assordante fino alle tre di mattina!

La rotonda, questo è il nome del “postaccio”.

In realtà si tratta di un muretto circolare posto esattamente all’interno di una strada stretta, costeggiato da palazzoni alti.

Tra quei palazzi c’è anche il mio, ma io mi sono sempre tenuta a debita distanza.

Non riesco proprio a capire come ci sia finita Simona lì in mezzo...

 

-“Poi ti voglio presentare Valerio…ti ho parlato di lui vero?! Dio quanto è carino…”-.

Ecco cosa ci va a fare là. Mistero svelato.

 

-“Oddio Simo non lo so…e se passa Alessandro e mi vede con quelli?!”-.

 

-“Uffa, ma che ti importa?! Infondo è da due settimane che non si fa sentire e se lo dovessi incontrare non vedo proprio quale diritto avrebbe di farti la paternale. Tu hai il diritto di divertirti amica mia, hai il diritto di cambiare aria e di stare serena, chiaro?! E poi te l’ho detto, gli amici di Valerio sono un vero spasso!”-.

 

-“Sai che ti dico?! Mi hai convinta! Non posso rimanere in casa a marcire, aspettando e sperando qualcosa invano. Devo pensare a me stessa da adesso in poi, solo a me stessa!”-.

 

-“Bene! Questo è parlare!”-.

 

-“Grazie Simo sei veramente un amica!”-.

 

-“Ma grazie di che, vedrai quanto ci divertiremo insieme io e te…”-.

 

 

 

*****

 

 

Quando Simona ha usato la parola divertirsi non credo includesse anche stravolgere il corso della mia vita in modo indelebile, o fare incontri che mi avrebbero cambiata per sempre…No, non credo.

Ma da quella sera, tutto fu diverso, tutto cambiò.

Io, lei, la mia estate e la mia vita, tutto sotto il segno di quella parola così lunga e così carica di significato.

Divertimento.

Già, avevo proprio bisogno di ridere, ed ancora oggi, che della mia vita il domani è così incerto, continuo a ridere ed essere totalmente serena, con la mia nuova me stessa sotto braccio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Debutto in società ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

Tatatataaaaam!

Ecco il nuovo chappy!

Me commossa dalle recensioni e dagli incoraggiamenti ricevuti dal popolo dei romantici! ^^

Grazie di tutto cuore a ognuna di voi, spero continuerete ad appoggiarmi!

1kiss

LuNaDrEaMy

 

 

 

 

“DEBUTTO IN SOCIETA’”

Chap 2.

 

 

Il rumore metallico, del motore della cinquecento bianca di Simo, lo riconoscerei ovunque.

Spesso la prendo in giro, quando arriva a bordo del suo bolide rampante; lei è una nanetta di un metro e sessanta (non si offendano le lettrici non propriamente giganti ^^ ndL) che vederla scorazzare in quella scatoletta è davvero una scenetta esilarante!

 

PEEEM-PEEEM!!

 

Suona il clacson per avvertirmi di scendere, ma io sono già sotto al portone che l’aspetto.

Mi sento più sollevata del fatto di non essere la sola a ritardare, lei è sempre così precisa, mi avrebbe fatto un generoso cazziatone!

La vedo arrivare dal fondo della strada, mi faccio un po’ più avanti così che possa vedermi.

IL suo finestrino è abbassato, dallo stereo volano alte le note di una canzone di Marco Masini, il suo cantante preferito.

 

-“Bene, io già sono tesa, tu mi metti pure ‘sto morto come sottofondo musicale?!”-.

 

-“Moorto?! Non sia mai! Masini è un poeta, ciccia!”-.

La scruto bene, cercando di capire se è il caso o no controbattere.

Desisto dall’idea di farlo, tanto il mio parere non mi avrebbe di certo scampato da Santo Masini, neanche stavolta!

 

-“E poi perché sei tesa, ciccia?!”-.

Ciccia, per lei non sono Luana o , per lei sono soltanto ciccia, ciccetta se mi va male e ciccia-ciccia quando proprio la situazione è pessima!

Però questo soprannome mi fa ridere, infondo è una cosa che ci contraddistingue, è un vezzeggiativo tenero del fatto che entrambe abbiamo guanciotte piene e morbide a prova di pizzico.

 

-“ sai, stasera debutto in società, niente di meno che alla “rotonda place”. Un evento emozionante e per pochi intimi…”-.

 

-“Dai scemetta, non è poi così male passare il tempo là! Qualcuno di loro poi, sono sicura che li conosci”-.

 

-“Probabile siano amici di Alessandro e…oddio no, spero proprio di no!”-.

Tiro la testa all’indietro appoggiandola di peso al poggiatesta; è un incubo se così fosse!

 

-“Ma ti vuoi levare dalla testa Alessandro almeno per stasera?! A te serve una bella botta d’adrenalina dai retta a me! Poi ti serve un bel moretto dagli occhi verdi, fisico alto e asciutto, magari più grande di te, con una bella macchina roboante…”-.

 

-“Eh sì, frena oh!”-.

 

-“Ma dai dicevo così per dire… mamma quanto sei pignola!”-.

 

-“No Simo… FRENAC’èILMARCIAPIEDE!!!”-.

 

Il rumore stridente dei freni arriva in realtà troppo tardi, saltiamo entrambe dal sedile e ci ritroviamo direttamente sul marciapiede vicino.

 

BOOM!

 

Abbiamo fatto fuori una ruota. Forse due.

Al di fuori del finestrino, il canto delle cicale è rotto da un rumore sibilante e stridulo; gomma bucata che si sta sgonfiando!

Scendiamo di corsa, vedo Simona mettersi le mani nei capelli.

 

-“Porca miseria! Ho bucato! E adesso?! Oddio mia madre mi farà un cazziatone assurdo, mi rinchiuderà dentro casa e butterà le chiavi dalla finestra!!!”-.

La guardo, ha parlato talmente veloce che comprenderla è stato un impresa.

Ha un espressione in volto tutta da ridere.

 

-“E farebbe bene!!!”-.

Mi lancia un occhiataccia, non posso resistere è da quando siamo scese dall’auto che voglio farlo; scoppio a ridere a più non posso, lacrimando dallo sforzo.

 

-“Ma brutta scema che non sei altro, smettila di ridere che se ti prendo ti tiro il collo!”-.

Mi si avventa contro, cercando di acchiapparmi; sembriamo due bambine, mi giro per fissarla e quando incrocio i suoi occhi noto con piacere che si è lasciata andare in una risata espansiva anche lei.

 

-“Ok basta, ho il fiatone! Come la mettiamo adesso?! La sai cambiare una ruota Si?!”-.

 

-“,io non so nemmeno come si cambia una rotella a una bicicletta…”-. Si gratta il capo e poi riprende –“Magari provo a chiamare Valerio, lo faccio venire qua e ci pensa lui! Sì-sì, altrimenti facciamo notte!”-.

 

Annuisco, anche se soltanto sentir pronunciare quel nome mi fa sobbalzare; sono di nuovo tesissima.

Ma è mai possibile che fare nuove conoscenze mi porta così tanto turbamento?!

 

 

Pochi minuti dopo, una macchina verde, un alfa romeo per la precisione, ci avvicina.

Dalla macchina scendono due ragazzi.

Boom Boom Boom, mamma come mi fa il cuore!

Il primo che ci raggiunge deduco sia Valerio; si è avvicinato a Simona, sfiorandogli le labbra a fior di bacio.

 

-“Piacere, io sono Valerio! Tu sei Luana, giusto?!”-.

Risposta esatta. Poi ci penso; lui che ne sa se sono Luana?!

Faccio spallucce e gli porgo la mano.

 

-“Sì, sono Luana! Piacere mio!”-.

La sua stretta di mano è forte e sicura, ha un bel sorriso e gli occhi furbi.

 

-“Bene, vediamo che avete combinato!”-.

Ridacchia avvicinandosi alle ruote della macchina.

 

-“Andrea!!!”-.

Simona urla buttandosi fra le braccia dell’amico di Valerio.

E’ pazza. E’ davvero folle questa ragazza!

 

-“Lei…è Luana!”-. Ride furbescamente al ragazzo, sciogliendo l’abbraccio.

 

-“Eh sì, ho sentito…”-. Mi guarda intimidito, poi timidamente si avvicina allungando il braccio.

 

-“Piacere”-. Le nostre voci all’unisono, decantano quella parolina di cortesia.

Il che…fa arrossire ancora di più il poveretto.

Mi volto verso Simona, ridendo.

Non me la racconta giusta ciccetta; sicuramente avrà sbandierato ai quattro venti la mia attuale situazione di quasi single, per attirare l’attenzione di qualche losco personaggio, amico del suo Valeriuccio.

No, non sono diabolica è che conosco bene la psiche della mia adorata amichetta!

Poi guardo Andrea; è moro, ha gli occhi verdi, bella macchina…ci manca solo che sia più grande di me e il bel quadretto dipinto da Simona è al completo!

In un attimo di distrazione, gli tiro il gomito della maglietta.

 

-“Senti un po’, non è che stavi combinando un uscita a quattro stasera, vero?!”-.

Lei ammutolisce, per poi portarsi una mano alla bocca e soffocare una risatina vivace.

 

-“Ahh sei brava! Ora anche gli appuntamenti al buio mi combini, dottor stranamore?!”-.

 

Mi guarda supplichevole.

 

-“Dai è che è un periodo brutto per lui, si è lasciato da poco con la ragazza ed è un po’ depresso… volevo fargli un piccolo piacere, giusto per distrarlo un po’!”-.

 

Fantastico! La serata si sta mettendo proprio bene; abbiamo una macchina sul marciapiede, un’amica pazza col suo pseudo fidanzato o non so cos’altro sia e il loro amico depresso a chiudere il bel teatrino.

Fantastico,no?!

Se era questa la botta di adrenalina di cui parlava la mia migliore amica, sto a cavallo!

Mi siedo abbattuta sul cofano della macchina di Andrea; lo vedo sorridere sornione, fisso il sguardo e lo pizzico a sbirciare quei centimetri di coscia scoperta dalla minigonna.

Ah, il depresso è anche pervertito. Grandioso!

 

 

-“Ok, le ruote sono a posto, ma non puoi andarci in giro Simo, quindi se non avete niente di meglio da fare vi portiamo noi in giro!”-.

 

Ma dai?! Non l’ho creduto nemmeno per un secondo che ci avrebbero lasciate in mezzo alla strada.

Galanteria, certo...

Siamo montate in macchina, una signora macchina a dirla tutta, accomodandoci su quei sedili morbidi e rifiniti.

 

-“Pub?!”-.

Valerio si gira verso di noi.

Simona annuisce, poi mi strizza l’occhiolino.

Paracula!

 

Durante il tragitto scambiamo quattro chiacchiere; scopro che Valerio, abita praticamente di fronte al mio palazzo ed Andrea invece poco distante dalle scuole materne che ho frequentato.

Siamo tutti della stessa zona, loro sono un po’ più grandi di me, a parte Andrea che ha 26 anni e non è per niente mio coetaneo!

Entrambi lavorano come vigili del fuoco, la cosa mi piace; sono ragazzi attivi, svegli e parlano del loro mestiere con gli occhi che brillano.

E’ bello sapere che esistono ancora ragazzi motivati.

OMMIODIO sto parlando come mia nonna!

Valerio mi è molto simpatico; siamo molto, molto simili caratterialmente, devo dire che non è niente male come tipo.

Andrea è molto più ambiguo, non sono ancora riuscita a decifrare che persona sia ma non mi dispiace in definitiva!

C’è una cosa però di cui sono largamente stupita; mi sono sempre ritenuta una ragazza timida, un po’ di legno in alcune situazioni, eppure con questi due perfetti sconosciuti mi sento proprio a mio agio, disinvolta come non mai!

Starò impazzendo. O forse starò diventando “normale”. A buonora!

 

Il pub dove arriviamo è davvero carino; il Kirbys.

C’ero già stata un paio di volte, spesso con Ale, mi piace e si respira un atmosfera rilassata e divertente.

Restiamo lì il tempo di qualche birra e altre chiacchiere, per poi goderci un po’ della musica dal vivo che offre la serata.

Sono piacevolmente stupita del mio umore del tutto rilassato, rido, credo d’aver riso molto quella sera.

Non credo siano state le birre, sono una forte io, che regge!

Forse devo ammetterlo, anzi sicuramente è così, a volte trovarsi in compagnia delle persone giuste distende l’umore e ci fa sentire bene, a posto con noi stessi.

 

Non sto pensando a lui, non ci ho pensato nemmeno per un momento.

O forse sì.

C’è stato un momento in cui è passata di sottofondo, in radio, la “nostra” canzone; sono rimasta in silenzio tutto il tempo che il brano ci ha messo per svanire, sulla scia di sensazioni forti che mi ha provocato.

 

-“, cos’hai?!”-.

Valerio si è voltato dal suo sedile per guardarmi.

Mi conosce appena, potrebbe fregarsene del mio umore o del mio stato, eppure sta lì a fissarmi con i suoi occhioni color nocciola.

 

-“Ma niente…una storia finita male.”-.

 

-“ Non pensarci, dai retta a me. Ho appena chiuso una storia di quattro anni, cerco di pensarci il meno possibile, sai credo che certi eventi vadano accettati e basta, senza combatterli ulteriormente. Guarda avanti, non voltarti mai…”-.

 

Lo guardo sorridendogli, abbiamo proprio tante cose in comune io e lui.

 

 

La macchina si ferma.

Siamo fermi, di fronte alla rotonda.

D’improvviso la mia calma e sicurezza vengono inghiottite nuovamente dal solito imbarazzo; neanche sono scesa e già mi sento gli occhi addosso di tutti.

Manie di persecuzione?!

Può darsi, ma sono un personaggio nuovo, destare interesse credo sia lecito.

Scendo un po’ intimorita, guardandomi intorno.

Ci sono un mucchio di facce a me familiari ed altre del tutto sconosciute.

Simona mi presenta la maggior parte dei presenti, sono eccitata, mi sudano le mani!

Uno ad uno, stringo mani quasi fossi una celebrità; gente che mi allarga spontaneamente le braccia, sorrisi aperti, risate contagiose.

Sono proprio felice di trovarmi qui!

In realtà non avrei mai creduto di ricevere un trattamento così aperto e disponibile, soprattutto dalla parte maschile^^, dai ragazzi della rotonda.

Non mi sono mai considerata una ragazza brutta anzi, oddio non che sia ‘sta bellezza da mozzare il fiato ma… credo che l’interesse da parte di alcune persone sia nato da qualcosa che vada ben oltre l’aspetto fisico e questo mi rende davvero felice.

Con Valerio è stata alchimia a prima vista, certo sempre nel rispetto della sua relazione con Simona; poi c’è stato Andrea che quella sera mi ha davvero tirata su di morale, facendomi sorridere tantissimo, nonostante il suo pessimo umore.

Per non parlare degli altri, semplicemente divini!

Insomma, mettere il naso fuori casa non fu poi così disastroso come pensai; sì certo i “problemi” non mancarono, ma non sarei stata in grado di immaginare nemmeno cosa mi sarebbe successo da quella sera in poi...

 

 

-“Allora?! Cosa ne pensi di Andrea?!”-.

Simona ha spento il motore proprio sotto il mio portone.

Non sembra intenzionata a mollarmi presto, senza ottenere una risposta, per cui mi affretto a cacciarmi qualcosa di bocca.

 

-“Mah, simpatico…”-.

 

-“Ma non ti piace neanche un ?!”-.

 

-“Sinceramente?! No non è il mio tipo! Ma perché, cosa ti ha detto?!”-.

 

-“E che ti fa pensare che mi abbia detto qualcosa?!”-.

 

L’ho guardata con la faccia di chi non abbocca, sorridendo maliziosa.

 

-“ qualcosa a dire il vero me lo ha detto...”-.

 

-“E sarebbe…?!”-.

 

-“Ha detto che sei molto carina e che avrebbe piacere di continuare ad uscire con te! Insomma ciccia magari se organizziamo altre serate come questa non gli dispiacerebbe…”-.

 

-“Per me va bene…”-. Il viso gli si illumina di botto, neanche avesse visto la Madonna –“ma uscite fra amici, niente di che, ok?! Non montarti la testa e soprattutto non montarla a lui, che di rogne ne ha e ne ho tante!”-.

 

Riaccende lo stereo, tira su i finestrini elettrici, tipico nel voler dire “Ora smamma” e rimette in moto.

Apro la portiera indifferente, poi prima di scendere mi volto nella sua direzione.

 

-“Ciccia hai capito?!”-.

 

-“Sì, sì…”-.

 

Ecco, non ha ascoltato neanche mezza parola di ciò che gli ho detto.

Tipico di Simona.

La saluto con un sonoro bacio sulla guancia ed esco definitivamente dall’auto.

 

-“A domani ! Chi si sveglia prima chiama!”-.

 

Botta di acceleratore e sparisce inghiottita dalla strada.

 

Mi affretto verso il portone, salgo le scale del saltellando e con la stessa allegria apro la porta di casa, tuffandomi nella mia stanza.

Sono davvero contenta della riuscita della serata, penso, mentre abbandono le scarpe ai piedi del letto.

Mi libero di collane, orecchini e di tutti gli innumerevoli cimeli che mi adornano ogni santa volta e mi butto di peso sul mio bel lettone morbido.

Uno strano sorriso nasce sulle mie labbra e mi accompagna così, verso la notte di un estate appena nata, calda e dolce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Una telefonata inaspettata ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

“UNA TELEFONATA INASPETTATA”

Chap 3.

 

 

 

Ah, ma quanto è bella l’estate, l’arietta fresca di prima mattina, i raggi caldi che filtrano attraverso le tapparelle semi abbassate…senz’altro, la mia stagione preferita!

Mi sono svegliata da pochi minuti, assonnata ciondolo per il corridoio alla ricerca del telefono che squilla ininterrottamente.

E chi sarà mai?!

 

-“Pronto?!”-.

 

La voce è sfumata sull’ennesimo sbadiglio.

 

-“Cicciaaaa! Buongiorno dormigliona!!!”-.

 

-“Simo…ma tu sempre a quest’ora ti svegli?!”-.

 

Getto un occhiata alla sveglia sul comò, nella stanza di mia madre; sono le undici passate.

 

-“Scherzi?! Io sto in piedi dalle nove!”-.

 

Arghhh ma allora che è pazza non è solo una diceria.

 

-“Tu hai qualche problema grave mi sa! Comunque che cavolo hai fatto dalle nove fin ad ora?!”-.

 

Glie lo avessi mai chiesto; mi ha intrattenuto per circa mezzora sulla sua intricata relazione con Valerio.

Bel tipo il ragazzo, non la cerca mai, si fa desiderare e per giunta ha tutta l’intenzione di far sì che questa storia finisca con le ultime luci d’estate.

 

-“Ma dai Sì, magari è perché ha chiuso da poco quella storia lunga che ha detto di avere. Infondo avrei mille dubbi anche io, non so quanto mi andrebbe di gettarmi a capofitto in una altra situazione. Magari prova a dargli tempo!”-.

 

Non cercai soltanto di risollevarle il morale.

Cercai di immedesimarmi nella situazione, senza neanche sforzarmi troppo; un’altra storia dopo il lungo travaglio con Ale l’avrei rifiutata categoricamente anch’io!

Peccato che il tempo poi mi ha insegnato che l’amore non ha regole, lui ti arriva alle spalle e tu non hai nemmeno il tempo di opporti.

Ti fa tua, ti prende e ti trascina via con se senza chiedere il permesso...

 

 

La chiacchierata con Simo si è interrotta soltanto dopo averla minacciata di morte, se non mi avrebbe lasciato il tempo di ficcarmi sotto la doccia e ristabilirmi al mondo.

Le mie occhiaie erano davvero spaventose; mi sarebbe servita una bella doccia ricostituente e qualche passata in più di crema energizzante.

Sono una fissata, lo so!

Ho lasciato che l’acqua calda mi scivolasse lungo il corpo e mi avvolgesse in quel delizioso torpore; il rumore del getto che si infrange sul piatto di ceramica mi conduce in un mondo fatto di pensieri e congetture.

Cosa mi aspetto adesso?!

Cosa voglio veramente?!

Ed Alessandro?! Forse dovrei chiamarlo e dirgli apertamente che è un bastardo vivente, visto che non mi chiama e  che non vuole cambiare questa maledetta situazione fra noi, vomitandogli poi addosso quanto sono stata bene la sera precedente, per la prima volta dopo tanto tempo, per la prima volta senza lui?!

No, meglio di no, succederebbe un casino.

Ma almeno qualcosa succederebbe.

 

Sento il cellulare trillare, infilo di corsa l’accappatoio e ancora mezza gocciolante corro nella mia stanza a rispondere.

Se è Simona, l’ammazzo!

 

-“Pronto Lulu?!”-.

 

Lulu, solo lui mi chiama con quello stupido nomignolo.

 

-“A-Ale! Che coincidenza, ti stavo pensando…”-.

 

-“Bene, dopo due settimane che non mi senti, ti limiti soltanto a pensarmi?!”-.

 

-“Ale, non ho intenzione di starmi a scusare con te, che sei ben consapevole di essere l’artefice di questo silenzio. Non capisco cosa pretendi e poi cavolo, l’abitudine di accusarmi non vuoi proprio togliertela, eh?!”-.

 

-“Io non ti sto accusando di nulla! Hai la coda di paglia, ?!”-.

 

-“Io credo dovremmo parlare Alessandro, non per telefono ovviamente.”-.

 

-“Bene, ci sei oggi pomeriggio?!”-.

 

-“Sono in ferie, ci sono quando vuoi.”-.

 

-“A dopo.”-.

 

Tac. Comunicazione interrotta.

Il cellulare è volato in faccia alla parete.

Mi fa imbestialire questo suo atteggiamento, non lo sopporto davvero più.

Fisso ancora una volta la nostra foto.

Una lacrima scende sulla mia guancia; la situazione non mi è mai sfuggita dalle mani come questa volta.

Vedo una storia, due persone che si amano o amavano non lo so e poi il vuoto, d’improvviso, scuro come una coltre di nuvoloni minacciosi prima di un temporale.

Il nostro stava per arrivare, ormai avrei dovuto tirare fuori l’ombrello e ripararmi da un diluvio imperioso e certo.

 

 

Cercando di distrarmi, sono uscita per far compere ma il mio umore è davvero sotto ai tacchi.

Il consiglio di mia mamma, in certe situazioni sarebbe quello di riempire i vuoti, svuotando il portafoglio!

Consiglio seguito alla lettera; è da più di un ora che mi dimeno fra la folla, cercando di sbirciare le vetrine variopinte di colori prettamente estivi.

Comprerei di tutto, davvero, peccato poi dover ritornare a piangere per il conto in rosso!

 

-“Bella signorina…”-.

Mi volto, un ragazzo dal finestrino agita la mano in segno di saluto.

Metto a fuoco.

 

-“Oi Andrea!”-.

 

Che diavolo ci fa questo qua?!

 

-“Che combini tutta sola?! Vuoi un passaggio?!”-.

 

Ma non le ha viste le buste in mano?! Sono tutta un pacchetto anche io!

Lo guardo per un po’, poi mi faccio allettare dal ricordo dei suoi morbidi sedili, associandoli al dolore allucinante che provano in questo momento le piante dei miei piedi.

 

-“Ma, se proprio insisti…”-.

 

Mi sorride aprendomi la portiera.

 

-“Salta su!”-.

 

La sua macchina è attraversata da un buonissimo profumo dolce, vanigliato direi, il suo stereo illumina tutto il frontalino alternando colori forti come il viola e il blu.

Forte!

 

-“Senti , hai fretta di tornare a casa?!”-.

 

Uhm che gli frulla per la testa?!

 

-“Fretta non direi, perché?!”-.

 

-“Ti andrebbe di andare a spizzicare qualcosa?! Poi dritta a casa, giuro!”-.

 

Annuisco, il mio stomaco in realtà comincia a brontolare di brutto!

Ci fermiamo davanti al Mc Donald’s , scendiamo e ci tuffiamo dentro.

C’è un casino di gente, dopo una fila chilometrica riusciamo a prendere posto e a gustarci il nostro pranzo.

 

“Oggi passate alla rotonda tu e Simona, no?!”-.

 

-“Eh?! Ma sei pazzo?! Io mi vergogno… dai alla fine, bene, conosco solo te e Valerio!”-.

 

Bene, ci sono uscita per mezza sera e sembra che stia parlando di miei fratelli acquisiti…

 

-“E allora?! E’ già qualcosa! E poi non mi dirai che sei una di quelle che si fa le paranoie per niente eh?!”-.

 

Addento il mio panino doppio, sfuggendo alla sua domanda e ai suoi occhi.

 

-“No…”-. Continua a fissarmi –“No, vabè che centra, sono una ragazza timida, tutto qua!”-.

 

-“Si vede, ma per quel poco che ti conosco ho visto che sei una ragazza molto simpatica! Per cui, fregatene della timidezza e vedrai che andrà giù tutto liscio!”-.

 

Le sue parole in qualche modo mi hanno fatto riflettere; l’altra sera per aver lasciato scorrere la mia timidezza mi sono ritrovata fra gente che non conosco, perfettamente a mio agio!

Forse non ha detto qualcosa di sbagliato; ho deciso di pensare a me stessa l’altra sera, ora devo solo continuare a percorrere questa strada, cercando di godermi le nuove esperienze e le nuove situazioni, il tutto abbattendo i miei limiti.

Posso scoprire veramente dove posso arrivare, con la mia tenacia e il mio coraggio!

Ma sì, che rotonda sia stasera!

Gli sorrido tornando a chiacchierare del più e del meno.

Mi parla molto della sua ex ragazza, anche la sua una storia finita male.

Che sia l’epidemia dell’estate?!

Beh tanto di guadagnato per  entrambi, ci godremmo di più l’estate facendoci cullare da nuovi amori!

Sembro crederci veramente a questa cosa qua, ma la verità è un'altra e mentre tiro su un sorso d’aranciata mi convinco del fatto che questa probabilmente sarà l’estate più drammatica di tutta la mia vita.

 

PARAPARAPAAA… PARAPARAPAAAAAA…

 

La suoneria isterica del mio cellulare risuona per tutto il locale.

 

-“Scusami un momento…”-.

 

Mi rivolgo ad Andrea che distrattamente sta giocando con il tappo della bottiglietta d’acqua.

Mi affretto a rispondere, non appena leggo “Ale” lampeggiare sul display del telefono.

 

 

 

-“Dimmi…”-. Non ciao, non pronto, dimmi, solo dimmi.

 

-“Senti mi chiedevo se posso venire adesso giù da te. Dopo ho da fare con Cristiano, al negozio.”-.

 

-“Non puoi dirgli che vai mezzora più tardi?! Ora non sono a casa…”-.

 

Sono molto, molto seccata.

Non ci sono problemi per lui, non ci sarebbero neanche per la sottoscritta, se il suo maledetto lavoro non venisse prima di tutto, anche di me.

Ecco qual è il vero problema. Ecco cosa ci ha diviso.

Il suo lavoro, il suo capo che si è sempre approfittato del suo buon cuore e del suo non saper mai dire di no.

Ho passato gli ultimi mesi a dividerlo con uno lavoro che doveva essere soltanto ristretto al fine settimana, prendendomi solo il peggio di lui, perché quando veniva a trovarmi la sera era nervoso da morire ed io sempre buona, sempre lì a tirarlo su.

Ho passato giorni interi ad aspettarlo, vestita di tutto punto, solo per farci una passeggiata che puntualmente veniva spostata a un domani, ignoto.

Sto ancora aspettando a dirla tutta.

Ma devo stare buona, devo farlo per lui, non può prendersi stress, fra poco gli comincerà la maturità e non posso mettermi in mezzo con stupidi pensieri.

Lavoro e studio, studio e lavoro, ho un ragazzo perfetto. Cosa voglio di più?!

Voglio, vorrei lui.

Ma non il ragazzo scavato e morto dentro che è diventato da un po’ di tempo a questa parte.

Non il ragazzo che mi accusa sempre di tutto, incapace di vedere nella sua ragazza un briciolo di sensibilità.

 

-“Non posso, lo sai.”-.

 

Io so che non vorrei sapere. Vorrei chiudere gli occhi e ricominciare tutto da capo, a dove eravamo rimasti, a quel tempo dove pazzi d’amore sfidavamo tempeste e nubifragi.

Ma mi basta riaprirli e ritrovare la luce accecante di quel locale new age, trapassarmi gli occhi.

Non dico una parola, premo il tasto off senza pensarci due volte, chiudendo una conversazione con movimento secco, irrazionale.

Andrea guarda altrove, fa finta di nulla rendendomi molto più facile il proseguimento del pranzo.

 

 

Quando mi lascia sotto casa, si fa promettere di rivedersi presto, assolutamente questa sera e assolutamente in comitiva.

Non ho voglia di controbattere, gli butto un sì biascicato.

Corro a casa, afferro la cornetta del telefono e speranzosa aspetto che la sia la voce allegra di Simona a ritirarmi un po’ su di morale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Marco e... ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

Che bello altre due recensioni! ^^ (me felice tr ^^)

Una dritta- dritta da Minnie90, che ringrazio davvero per i suoi complimenti e il suo incitamento a continuare, ed una immancabile, dalla mia fedelissima Michelle Malfoy, che di ringraziare non smetterò mai, mai, mai!

Visto Mi?! Tu mi ripeti sempre che sono brava io invece ti ringrazio sempre! XD

Troppo bello il soprannome ciccia, sono contenta sia una cosa comune anche di altre ragazze! ^^

Un bacio grande ad ognuna di voi,

LuNaDrEaMy

 

 

 

MARCO E…

Chap 4.

 

 

 

Uffa che pomeriggio d’inferno, sono stesa sul letto da circa un ora, rigirandomi da un verso ad un altro, con il magone sotto le scarpe.

Metto su un po’ di musica, stavolta suonano i Queen; non si sa mai, magari mi riprendo un po’!

Mi fisso a guardare il soffitto, con gli occhi di chi non ha più niente ormai dentro.

Sguardo vuoto e impenetrabile, su un muro bianco attraversato dai giochi di luce del sole.

Più volte ho afferrato il cellulare per provare a fare il suo numero, ma ho sempre rinunciato all’idea.

Mi sento un vero schifo, non so più dove sbattere la testa.

Non ho voglia di pensare.

Mi alzo di getto dal letto, spengo lo stereo e con fare deciso mi alzo.

Ora esco, ho bisogno di stare ferma il meno possibile, ho bisogno di evadere.

 

Esco di casa, senza una meta fissa, per andare dove non saprei, ma cammino, cammino…

Il cellulare squilla.

E’ Simona. Non so se risponderle.

 

-“, ti ho chiamata a casa, dove sei?!”-.

 

Non ce l’ho fatta, stare in silenzio un tempo mi piaceva; stare da sola con me stessa era il mio passatempo preferito, ma adesso basta essere sola, basta sentirsi sempre estraniata dal mondo, in perenne conflitto con me stessa, con i pensieri che rimbombano soltanto nella mia testa.

 

-“In giro…”-.

 

-“Allora fa un salto alla rotonda, io sono qua!”-.

 

-“Simo ma io veramente…”-.

 

-“Niente ma, voglio presentarti un mio amico…”-. La sento riprendere il discorso con un tono di voce decisamente più basso, bisbigliato. –“Te lo ricordi il Marco di cui ti parlavo l’altra sera?! E’ qua, dai non devi perdertelo assolutamente!”-.

 

Marco?! Marco…Marco…facile perdersi con questo nome; nella sua comitiva tre ragazzi su cinque si chiamano così!

Poi ho un lampo di genio…

 

-“Ah!!! Quel Marco?! Ah ma allora sì, non posso assolutamente perdermelo…”-.

 

-“Mi stai prendendo in giro?!”-.

 

-“No, no!!!”-.

 

-“Oh, non fare la scema e vieni qua, ti aspetto!”-.

 

Tu-tu-tu.

Il vizio di attaccare il telefono in faccia allora non ce l’ho solo io!

Sconsolata rimetto il cellulare in borsa; io alla rotonda non ci vado, mi vergogno!!!

Però, quel Marco mi ha destato curiosità a dirla tutta. Quasi- quasi ci vado.

Ma sì, vado!!!

Accendo la macchina e parto.

 

 

Oh mamma sto per imboccare la stradina della comitiva…

Già intravedo delle sagome familiari…

Che vergogna adesso faccio retro e torno indietro…

 

Questi sono i più classici pensieri che mi sono passati per la testa non appena mi sono ritrovata davanti al postaccio.

Oh ma è più forte di me, la timidezza non si scaccia via in un giorno!

Parcheggio e deglutendo scendo dalla macchina.

Da lontano scorgo Andrea, la mia ciccetta e un ragazzo biondo che non conosco, intenti a parlare.

Simona mi raggiunge con Andrea al seguito e mister x di fianco.

 

-“Ciccia!”-. Allarga le braccia, travolgendomi con un abbraccio affettuoso.

 

-“Ciao bellissimo…”-. Saluto Andrea al di là delle spalle di Simo.

 

Lui ricambia il saluto con un occhiolino.

 

-“, questo è Marco! Per tutti, Sga!”-.

 

-“Piacere mio Sga! Io sono Luana, per lei, ciccia!”-.

 

Mi sorride, getta in terra la sigaretta che stava fumando e mi stringe la mano.

Oddio se è il Marco di cui mi parlava Simona, devo intendere che la mia amica non ha proprio buon gusto in fatto di ragazzi.

Non sono una schizzinosa, ma sto Sga sembra uscito fuori da un film horror…oh, magari è ragazzo d’oro chi lo sa!

Resto a parlare un po’ con loro tre e scopro a mia sorpresa che è davvero un ragazzo simpatico!

Vabè nella vita non si può avere tutto…!

 

-“Senti un po’ ma questo è il Marco di cui mi parlavi?!”-.

 

Siamo rimaste da sole, in macchina del tipo a parlare.

 

-“Eh?! Ma stai fuori?! Quel Marco è andato via poco prima che arrivassimannaggia te lo volevo far vedere!”-.

 

-“Bah, che avrà sto Marco…ma poi tu non sei innamorata pazza di Valerio?!”-.

 

-“Sì ma Valerio è uno stronzo. E Marco pure, ora che ci penso!”-.

 

Mi viene da ridere; tutti lei i bastardi se li va a prendere!

Con questo Marco è stato un telefilm tipo alla “Beautiful”, un delirio insomma!

Sembra che lei avesse perso la testa per lui, a lui lei piaceva, hanno avuto una mezza storia, solo che poi lo scemo l’ha mollata perché piaceva anche al suo migliore amico.

Non c’avete capito niente, eh?! Neanche io!

No vabè la storia è questa; Simo piaceva tanto a Sga, che per lei si è immolato e prostrato ai suoi piedi, solo che la ciccia ha perso la testa per il bastardo e ci è stata insieme un po’ di tempo. Almeno fino a quando il bastardo le ha detto che non se la sentiva più di continuare perché non voleva perdere l’amicizia di Sga.

Beautiful all’italiana, appunto!

Che poi sto Marco io già non lo sopporto, Sga è simpatico invece, anche se la faccia da fesso ce l’ha tutta.

Ops! Ma che cattivona che sono!

 

-“Che vuoi farci sorella, più sono stronzi, più ci piacciono! E’ una legge, va così fidati!”-.

 

-“Già! Guardalo! Non è adorabile?! E’ bellissimo, ma non mi si fila di pezza, sta lì fra i suoi amici e neanche uno sguardo mi ha rivolto!”-.

 

-“Oh, tu non esagerare adesso! E poi sai che farei io?! Andrei lì e lo bacerei appassionatamente davanti a tutti, così vediamo se ha il coraggio di non vederti!”-.

 

-“Non mi tentare…”-.

 

-“Fallo Simo, fallo!!!”-.

 

Non se lo è fatto ripetere  due volte, tutta decisa è scesa dalla macchina e si è diretta verso Valerio.

Cammina svelta a passo sicuro, eccola è quasi arrivata, sta lì- lì… ma… un attimo che sta facendo?!

No, ha cambiato direzione. Non ce l’ha fatta!!!

Sigh sigh…mi guarda facendo spallucce, dura poco, dopo tre secondi è fra le braccia di un suo amico.

Quanto le voglio bene, è la ragazza più dolce che abbia mai conosciuto, anche la più insicura e la più stramaledettamente paurosa della vita e del diventare grande, ma le voglio un bene folle anche per questo.

Fin da piccolina ho sempre avuto l’istinto di proteggerla, mi ricordo grandi scazzottate per lei, che indifesa e ingenua soccombeva agli scherzi di chiunque fosse, anche solo di pochi centimetri, più alto di lei.

La conosco da una vita questa ragazza, ora ci penso davvero.

Sei anni, me la ricordo ancora, con il suo panettone nero in testa e le sue improbabili tutine, ed io la mocciosetta un po’ maschiaccio, con i capelli sempre corti e arruffati, presentarsi al primo giorno di scuola elementare, nello stesso banco.

Odio- amore, ci adoravamo ma se non litigavamo non eravamo felici.

Lei calma, io una peste.

Io eccellente in italiano, lei un genio in matematica.

La nostra amicizia è stata sempre un po’ così; ci sono stati dei momenti in cui abbiamo fatto veramente a meno l’una dell’altra, alle volte senza dei motivi ben precisi, alle volte la vita ti divide e basta, ma alla fine siamo sempre ritornate insieme, sempre.

E’ un compensarsi, dove non arriva lei arrivo io e viceversa; ma i caratteri son rimasti gli stessi, lei è sempre la dolce bambina ingenua e insicura, io sono sempre la solita spavalda che non ammette mai di aver bisogno degli altri, sicura e fiera, ma solo all’esterno, perché dentro sono un complesso di insicurezze non indifferente.

 

Soprattutto adesso, mi sto barcamenando in qualcosa di cui non ho chiaro i contorni, facendo finta di niente, facendo finta che non sia così, ma prima o poi quando affronterò la realtà, quella dura e cruda, io crollerò, so che lo farò.

Ma adesso non importa, adesso voglio essere inghiottita in questo vortice, non mi importa delle conseguenze.

 

-“Ehilà, posso disturbarti?!”-.

 

Sga entra in macchina, d’un tratto arrossisco al pensiero essermene quasi impossessata; praticamente ho abbassato il sedile di qualche centimetro per abbandonarmi meglio ai miei folli pensieri.

 

-“Oddio ti chiedo scusa, scendo subito e…”-.

 

-“Oh non ti mangio mica! Stai pure! Anzi ti va di accompagnarmi a comprare le sigarette?!”-.

 

Lo guardo, alzarmi non ho voglia d’alzarmi, per cui lascio correre!

Certo che sto superando i miei limiti alla grande; stamattina ho pranzato con uno che conosco da due giorni, adesso vado in giro in macchina con uno che conosco da sì e no dieci minuti…vabè, questa è la mia nuova vita signori e signori e se proprio devo dirla tutta, non mi dispiace affatto!

 

-“Sei fidanzata?!”-.

 

Butta giù lui, neanche troppo disinteressato.

 

-“Ni… tu?!”-.

 

Se è fidanzato mi preoccupo veramente.

 

-“Da due anni, una storia del cavolo! Comunque ni… perché?!”-.

 

-“Storia del cavolo perché?!”-.

 

Vagheggio, non ho voglia di parlare d’Alessandro.

 

-“Lei è di Bari. A te che è successo?!”-.

 

-“Lui è di Roma, ma è come se fosse di Bari. Non lo vedo da  due settimane…”-.

 

Ride, si accende una sigaretta.

 

-“Vi state lasciando, eh?!”-.

 

Annuisco, se è un terzo grado gli sta riuscendo perfettamente.

Quando capisce che non è il caso la butta su altri argomenti.

Fa il meccanico, non ce l’ha proprio la faccia da rude, ma vabè questo è il ragazzo delle eccezioni.

E’ dolce una cifra, ammetto di essermi buttata fra le sue braccia con una spontaneità e una naturalezza inaudite.

Non so perché, ma forse lo so; alla fine tutto ciò di cui ho bisogno è un abbraccio sincero e incondizionato, lui neanche mi conosce, più incondizionato di così…

 

 

Peccato doversi ricredere quasi subito.

Sga è un ragazzo dolce, dolce davvero, il mio attaccarmi a lui è stato solo senso di protezione; stare fra le sue braccia mi ha fatto sentire davvero al sicuro, ma i miei atteggiamenti troppo affettuosi hanno compromesso e non poco la nostra amicizia e… non solo.

Non voglio dire che non sono stata bene con lui, forse anche troppo, ed ancora oggi la nostra amicizia è così profonda quanto strana, ma…diciamo che i miei turbamenti amorosi cominciano tutti da questa conoscenza e da un’altra, che non tarderà ad arrivare e che porterà il vero scompiglio in tutta la mia esistenza.

Siete curiosi?!

Seguitemi ancora un altro po’, il vero sballo deve ancora arrivare!

 

 

 

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Capitolo 5
*** ... Marco ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

Ringrazio di tutto cuore Valentina per la sua recensione!

Non ti preoccupare se rimani indietro con la lettura, sono contenta lo stesso che poi tu riesca a seguirmi,alla fine!

1kiss

LuNaDrEaMy

 

 

 

“… MARCO”

Chap 5.

 

 

 

-“Hai fame gegge?!”-.

 

Gegge. Gegge è il nome con il quale mio fratello ha cominciato a chiamarmi, appena gli è stato fatto dono della parola (purtroppo ne è stato dotato anche lui ç ç ) e  soprannome del quale mia madre non ha più potuto fare a meno, per tutta una vita.

La vedo trafficare dietro ai fornelli, cucinando mille pietanze diverse; non è che le piace cucinare, ma in casa mia è solerte preparare diversi piatti, visto i palati fini dei suoi due figlioli.

In pratica mio fratello mangia solo quello che dice lui, io mangio praticamente di tutto, anche i piatti quando serve!

Ho una fame pazzesca, sto per addentare qualcosa di simile ad una parmigiana, quando sento bussare al campanello di casa.

Guardo mia madre incuriosita.

 

-“Aspettiamo ospiti?!”-.

 

-“No, non mi sembra…”-.

 

Questa è mia madre! Lei è perennemente con la testa fra le nuvole, ma poveretta fra le centomila cose che fa, tra le quali tenere a bada due pazzi scatenati di figli, capace che le sfugga qualcosa…

Vado ad aprire, poggiando a malincuore la forchetta sul piatto.

 

-“Buonasera!!! E’ qui la festa?!”-.

 

Secondo voi chi è?! Logico, Simona!

 

-“Mah dipende…l’hai portato il dolce?!”-.

 

La faccio entrare, richiudendo la porta alle mie spalle.

 

-“No ma c’è di meglio; mangiamo un pezzo di pizza fuori e poi andiamo ad una specie di festa al piazzale Martinelli!!”-.

 

-“Eh?! No, non ho capito, andiamo?!? Adesso?!”-.

 

Quando vi dico che Simona è pazza, non è tanto per dire, ho le mie certezze, le mie basi fondate.

 

Allora il piazzale Martinelli è una specie di piazzetta poco dietro casa mia, su cui affaccia una scuola elementare, una specie di parcheggio dove spesso mi fermo a parlare con lei quando non ho voglia di guidare e voglio stare tranquilla, ma non ci vado certo ad organizzare feste, e neanche a parteciparvi!

Ah già, ma allora ancora non ero entrata nell’ottica “perversa” e “malata” dei suoi amici…!

 

-“Sveglia! Sì adesso, quando sennò?! Sei pronta?!”-.

 

Eh, non direi, sono tipo in pigiama…!

La guardo allibita, non so cosa ha in mente ma mi sento male al sol pensiero!

Non mi fa neanche rispondere, mi trascina in bagno e mi costringe a truccarmi e prepararmi.

 

-“Quant’è che non ti trucchi ?!”-.

 

-“Una vita, si vede?! E’ che d’estate odio riempirmi la faccia di robaccia…”-.

 

-“Bene, stasera farai una piccola eccezione, andiamo ad una festa!”-.

 

Ha scandito l’ultima frase come una bambina lagnosa.

 

-“Ma la smetti di usare questa parola?! Una festa ad un parcheggio, che cavolo di festa eh?!”-.

 

Ride, armandosi di rimmel e ombretto.

 

-“Birra, musica a palla e risate. Non serve altro per fare una festa…”-.

 

Eh , certo ha ragione anche lei!

Le spillo gli arnesi dalle mani e comincio a impiastricciarmi un po’.

 

-“Ciao Simo!”-.

 

Mia madre si affaccia sull’uscio della porta, per controllare credo, che sia tutto a posto.

 

-“Ciao Carla! Ti dispiace se stasera te la rapisco?!”-.

 

-“Basta che non fate troppo tardi!” Tono d’ammonimento allusivo alla sera precedente –“Certo che deve essere un appuntamento importante, se non ha nemmeno toccato cibo!”-.

 

Se la ridono quelle due, soprattutto la mia mammina, non sa che mi ha consegnato nelle mani di una squilibrata!

 

-“Ma mamma, non sai, stiamo andando ad una festa…”-. Faccio il verso a Simona –“sì, al piazzale Martinelli!”-.

 

Mia madre ci guarda scuotendo la testa.

 

-“Voi siete pazze!!!”-.

 

Indossati i miei jeans preferiti ed una maglietta, abbastanza scollata, sono pronta per uscire.

Prendiamo la mia macchina e ci rechiamo alla blasonata festa.

 

Non appena arriviamo, sono solo le nove e mezza giuro, notiamo gente già mezza ubriaca.

La festa consiste nel raduno di macchine parcheggiate una di fianco all’altra, con lo stereo di non so chi sparato a palla, rigorosamente musica house.

“Ma fantastico”… penso mentre maledico gli inventori dell’house e chi per loro.

Ci aggreghiamo al gruppetto di persone che più meno conosciamo meglio e cominciamo a parlare.

Ci sono Marco, Andrea, Valerio, un tizio di nome Mario e un ragazzo che mi ha squadrato da quando sono scesa dalla macchina fino ad arrivare lì.

Ha la faccia da pervertito, un sorrisetto stampato sul viso da vera canaglia e due occhi vivaci da paura.

Resto impalata a guardarlo; lui mi fissa, mi sorride, complice di quel meraviglioso gioco di sguardi.

Tutto attorno è silenzio, Simona ci guarda, poi si mette in mezzo.

 

-“Lui è Marco ciccia! Quasi dimenticavo di presentartelo.”-.

 

Mi fa l’occhiolino. Ok stavolta è quel Marco!

Lui fa un passo in avanti, si piega un po’ sulle ginocchia e da lontano mi stringe la mano.

Una presa delicata, ammetto di aver sussultato al tocco leggero della sua pelle.

 

-“Marco…”-.

 

-“Luana…”-.

 

I nostri nomi hanno suonato come una cantilena dolce.

Mi stacco da quelle dita, scivolando piano; giuro che per un momento ho visto il mondo muoversi al rallentatore.

No che non ho bevuto! A me la birra fa pure parecchio schifo!

 

-“Ciao Bionda! Che fai non mi saluti?!”-.

A levarmi da questo stato di tranche è Sga, che arriva abbracciandomi forte.

Ricambio con sincero affetto il suo abbraccio, pizzicandogli un po’ la guancia.

 

-“Vuoi una birra?!”-.

 

-“No, grazie. Vado a bere, acqua però! Mi accompagni alla fontanella?!”-.

 

Mi segue. Chiacchieriamo un po’ della sua ragazza strada facendo; c’ha litigato nuovamente, sta con l’umore sotto ai piedi anche lui.

 

-“Che pizza, quest’estate è davvero un delirio!”-.

Passo le mani sotto il getto d’acqua fresca; fisso da lontano il gruppetto di Simona, ripensando con brivido al seguito,

alla stretta di mano di quel ragazzo dal sorriso furbo.

 

-“Ti hanno presentato joker?!”-.

 

-“E chi è?!”-.

 

-“Marco.”-.

 

-“Ah sì. Non c’ho parlato molto però.”-.

 

Lo vedo quasi sorridere di ciò, per poi piegarsi e bere.

Da lontano vedo Simona raggiungerci; ha una birra in mano e il sorriso di hi vuole farmela scolare a forza.

 

-“Sta lontana da me con quella cosa!”-.

 

-“Bravi, bravi! Fate comunella, eh?! E tu non scocciare, stasera divertimento, divertimento, divertimento.”-.

 

E’ brilla anche lei. Ride, più del solito, gli occhi appena-appena lucidi.

Ritorniamo fra gli altri, tenendola a dovere sotto braccio.

Mi siedo sul marciapiede, non mi sento per niente in vena di divertimento stasera.

Mi sono isolata un po’ dal gruppo, Sga mi è sempre vicino, mi abbraccia forte; ad un certo punto però gli squilla il cellulare, si alza scusandosi e va in macchina.

Resto sola. Per poco, c’è sempre qualcuno che mi gironzola attorno, anche solo per scambiare qualche battuta.

 

-“Sola soletta?!”-.

Marco si è avvicinato silenziosamente, non mi ero accorta della sua presenza prima.

 

-“Vuoi?!”-. Mi passa la sua birra appena aperta –“Bevi- bevi non ci pensare!”-.

 

Non sembra brillo, allora cos’è?! Consiglio gratuito il suo?!

 

-“No grazie.”-. Gli sorrido indicandogli le altre bottiglie che mi hanno offerto.

 

-“Ah ma allora con te non attacca questa scusa! Potevi dirlo prima, avresti spezzato meno cuori!”-.

 

Sorrido ancora, lo vedo fissarsi sulle mie labbra.

 

-“Che vuoi farci, sono fatta così, amo far soffrire gli uomini. L’esclusiva del bastardo non l’avete solo voi…”-.

 

-“Ah, sei una bambina cattiva tu. Uhm, mi piace, mi piace…”-.

 

Non ho dubbi che ti piace. Sono un tuo simile!!!

 

-“Perché ti chiamano joker?!”-.

 

Cerco di cambiare discorso, prima di degenerare in qualcosa di anormale.

 

-“Guardami bene, chi ti ricordo?!”-.

 

Lo fisso per bene, ha dei tratti delicati, il viso è squadrato e gli occhi sono scuri e grandi.

 

-“Aiutino?!”-.

 

-“Batman…”-.

 

-“Oddio! Quel joker?!”-.

 

Annuisce. In effetti se fosse truccato per benino gli somiglierebbe in pieno.

Detto così chissà quale mostro orripilante sembra assomigliare, ma in realtà non è poi così male.

Certo non è questa bellezza stratosferica, ma ha qualcosa di attraente, quel qualcosa che ti prende a calamita, perché è poco più di cinque minuti che ci sto parlando, eppure non posso far a meno di staccargli gli occhi di dosso.

Ma cosa mi prende?!

Qualcosa di brutto, perché afferro di botto la bottiglia che ha appoggiato ai suoi piedi e mi ci attacco come una forsennata.

La musica si è alzata di botto, mi alzo anche io; vado verso Simona intenta a dimenarsi in una specie di ballo e mi unisco alla danza.

Sembro una disperata, con la bottiglia di birra al cielo e la testa che ciondola a destra e sinistra.

Fisso il cielo stellato; qualunque sia il mio umore stasera non voglio fermarmi, non voglio farlo più.

Mi muovo lentamente, non sono ubriaca, almeno credo, ma la testa gira.

Forse non è colpa dell’alcool.

No, non credo lo sia.

 

Ad un tratto la musica si abbassa e si abbassa, fino a quando non diventa un suono flebile.

Dall’altro lato della strada, una volante dei carabinieri sfreccia nella nostra direzione.

Marco si alza di scatto, trascinandomi via per un braccio.

Cominciamo a correre, non riesco a dire una parola, so che a malapena sono riuscita ad afferrare Simona.

Corriamo come tre pazzi, sento la birra risalirmi.

Molla la presa, soltanto dopo centinaia e centinai di chilometri.

 

 

-“Mi vuoi lasciare adesso?! Ma sei pazzo?! Mi trascini via così?!”-.

 

-“Ah, scusa sai se ti ho tolto dai casini!”-.

 

Ride, piegandosi a riprendere fiato. Ci siamo fermati, abbiamo corso abbastanza.

 

-“Casini?! Avevo una birra in mano, niente di illegale!”-.

 

-“Sì e pensi che a quelli là della tua birra glie ne sarebbe fregato qualcosa?! Come glie lo spiegavi la musica a palla, la metà della gente con l’erba nelle tasche e tutto il resto?!”-.

 

Ha ragione, mi azzittisco appoggiandomi di schiena alla rete del parco dove ci siamo fermati.

Simona boccheggia, mi viene da ridere ma mi trattengo.

 

-“E gli altri?!”-.

 

Ritorno sul discorso, ma ad un certo punto ho pensato ad Andrea, Sga, Valerio…

 

-“Gli altri, quelli che non hanno impicci, se la caveranno sta tranquilla.”-.

 

Dopo un po’ sento dei passi veloci raggiungerci.

Mi volto di scatto; ecco la metà degli “impicciati”.

Ci sono Daniele il fattone del gruppo, Dario lo spacciatore e Damiano di cui ancora devo definire il ruolo.

 

-“Tu che impicci hai?!”-.

 

Lo guardo serio, ha troppo la faccia da bravo ragazzo per fare anche solo la metà delle cose che immagino facciano quei tre.

Mi lancia un sorrisetto e un occhiata furba; aspetta un po’ prima di rispondere, poi ridendo mi risponde.

 

-“Se quelli là mi beccano fuori di casa a quest’ora, mi portano in caserma per direttissima.

Sai, io sto facendo il servizio militare, ma al posto di stare in caserma ho chiesto di stare a casa. Bene, questa è l’ora in cui quelli là devono credere che io stia a casa!”-.

 

Non so se ridere o piangere, non so se sentirmi sollevata o meno.

Ma poi chi se ne frega degli impicci di questo qua, però è davvero un folle, un adorabile folle.

 

-“Stai ai domiciliari insomma…”-.

 

-“Eh, più o meno…”-.

 

Ride ed io mi accodo alla sua risata.

 

-“Tutto questo correre e le vostre chiacchiere stupide mi hanno fatto venire una fame…”-.

 

Simona è rinvenuta dal coma in cui era sprofondata.

Non posso resistere, continuo a ridere a crepapelle.

Marco è ancora più carino quando sorride, ha un sorriso magnetico e una risata buffa.

 

-“Venite a cena da me, no?! Sono a casa da solo e se vi vanno due spaghi…”-.

 

Simona mi guarda annuendo esageratamente con la testa; la guardo scuotendo la testa, vagheggiando per quanto mi è possibile, ma nessuno dei due sembra dar peso alla cosa.

Praticamente si sono già incamminati.

 

-“A Ma, ma du’ spaghi pure pe’ noi, no?!”-. Daniele il fattone, rompe il silenzio.

 

Traduzione. Marco, ma un piatto di spaghetti anche per noi, no?!

Marco si gira, fa una buffa espressione ai tre, che senza neanche controbattere cambiano “spontaneamente” direzione.

Alla mia lista di vita nuova si aggiunge anche: andare a cena a casa di uno che sta ai “domiciliari”, conosciuto da si e no dice minuti, gravi segni di squilibrio mentale a chiudere.

 

Però…bella casa lo squilibrato!

Entriamo, timidamente a dirla tutta, in casa sua, stringendoci per mano, io e la ciccia.

Ci fa accomodare in soggiorno, mentre sparisce in cucina.

 

-“Oh, te sei matta! Ma c’eri mai venuta a casa di questo qua?!”-.

 

Bisbiglio, Simona sembra una mummia.

 

-“No, non c’ero mai venuta. Oddio sei paranoica tu però! Mamma quanto mi gira la testa…”-.

 

Sono paranoica sul serio?!

Sbruffo, abbandonandomi allo schienale, del comodo divano di pelle.

Dopo un po’, la testa di Simona si abbandona sulla mia spalla.

Sta dormendo?!

Non stava morendo di fame?!

Mi alzo, badando bene a non svegliarla; accompagnandole il capo, la faccio distendere e vado in cucina da joker.

 

-“Posso darti una mano?!”-.

 

Entro in cucina, silenziosamente, quasi non volessi dare troppo nell’occhio.

 

-“Mi giri il sugo?!”-.

 

Prendo il mestolo e ravvivo un po’ la salsa rossastra.

 

-“Ciccia?!”-. Mi guarda ridendo.

 

-“Dorme…”-. Rispondo, scuotendo la testa.

 

La scuote anche lui. Prende un pacco di pasta e lo affoga nell’acqua bollente.

 

-“Il sugo è pronto! Spengo,ok?!”-.

 

Annuisce, passandomi dietro le spalle; il suo corpo ha sfiorato leggermente il mio, istintivamente mi sono girata e siamo rimasti per un po’ faccia a faccia, in silenzio, a guardarci.

Posso sentire il mio cuore pulsare come un matto, dentro me.

Scalpita, scalpita forte, una sensazione assopita col tempo, da tanto mai più provata.

Sorride, già sono infatuata di quel sorriso.

Mi scanso, adesso non posso permettermi di provare certe sensazioni; lui va verso il frigo, prende alcune bottiglie e mi lancia la tovaglia.

Mi arriva dritta- dritta in faccia. Gli faccio una smorfia, adoperandomi a vestire la tavola.

Quando è tutto pronto, sveglio Simona e ci mettiamo a mangiare.

Pasta al pomodoro, divina, mai mangiata una pasta al sugo così buona.

E’ proprio vero, le cose semplici alla fine sono sempre le cose migliori.

Un sorriso, una  buona cenetta, gelato alla fragola per chiudere, gustato abbandonati sul divano; la ricetta per una semplice cotta che stava arrivando, nonostante ancora non avessi percepito tutti i suoi segni, o non li volessi percepire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Salva contatto?! ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

Ringrazio le mie fedeli recensitici, Valentina e Michelle, siete troppo gentili!

E tu Mi, non ti preoccupare se non riesci a stare dietro a tutti i capitoli, non c’è alcun problema!!!!

1kiss

LuNaDrEaMy

 

 

 

SALVA CONTATTO?!”

Chap. 6

 

 

 

-“Ti sei divertita ieri?!”-.

 

Mi ha chiesto Simona, sistemandosi i cuscini dietro la schiena.

E’ mattina presto, ieri l’ho invitata a dormire da me, la cenetta è finita troppo tardi per farla andare in giro mezza assonnata e tutta sola.

 

-“Un concetto di divertimento tutto nuovo e mai provato ma…sì, lo devo ammettere, sono stata davvero bene!”-.

 

-“Te l’avevo detto…”-.

 

Ho sorriso, sapevo che non aspettava altro che pronunciare quelle parole.

 

-“Pardon mia signora, vuole che per farmi perdonare le lustri le scarpe, o magari che la sventoli con una foglia?!”-.

 

-“E’ un idea…”-.

 

Gli tiro contro un cuscino, approfittandone della sua distrazione per rubarmi un pezzettino di divano in più.

 

-“Sono felice che ci siamo ritrovate, con te sto ritornando a sorridere, grazie ciccia!”-.

 

L’avvicino stringendola forte a me, devo ringraziarla e non poco questa ragazza.

 

-“E non stai ritornando solo a sorridere, eh?!”-.

 

La guardo, con un sorrisetto tutto intimidito; so dove vuole arrivare, ma toccare questo tasto sarebbe come fermarmi a riflettere su ciò che è accaduto l’altra sera.

E per ora vorrei evitare di farlo, sì- sì.

 

-“Hai fame?!”-.

 

Tento di cambiare discorso, ma i suoi occhi neri mi penetrano, curiosi e vogliosi.

 

-“Lo sai che hai fatto girare la testa un po’ a tutti là in mezzo?!”-.

 

Sempre la solita esagerata, non esistono mezze misure per lei, ingigantisce tutto con una semplicità inaudita.

 

-“Falla finita dai…”-.

 

-“Non sto scherzando mica! C’è Andrea che ogni minuto mi chiede di te, Sga poi non ne parliamo ti sta appiccicato addosso praticamente ogni volta che può…e poi c’è Marco. Pensi che non l’ho capito come ti guarda?!”-.

 

-“Tu viaggi troppo con la fantasia cara ciccia. Il loro attaccamento è dovuto dal fattore novità; sono una ragazza nuova, che non conoscono, figurati se la loro psicologia maschile gli permette il lusso di farsi scappare una nuova conoscenza femminile. Non esiste!”-.

 

-“Sarà, ma stai vagheggiando…insomma, ti piace o no?!”-.

 

-“Ma chi?!”-.

 

E’ vero, sto vagheggiando! Uffa ma non voglio parlare dei suoi magnifici occhioni neri, del suo sorriso splendente e di quelle mani così perfette e delicate.

No, non mi piace per niente…

 

-“Lo sai chi, ma se non ne vuoi parlare non fa nulla…”-.

 

Ecco, sta mettendo il broncio, fa la finta offesa; l’adoro quando fa così, tirerei la corda solo per farla arrabbiare ancora un po’, ma non ci riesco è troppo tenera!

 

-“Allora vuoi sapere la verità?! Mi piace e parecchio anche. Se vuoi sapere cosa intendo fare,ti dico subito che devo mettere prima a posto le idee e poi decidere sul da farsi. Ok?! Soddisfatta?! Capitolo chiuso, però!”-.

 

-“Quindi vorresti fare qualcosa?!”-.

 

E’ saltata dal divano, ha un espressione giocosa dipinta in volto.

 

-“Simo, capitolo chiuso. Stop!”-.

 

Ci sono voluti i biscotti di mia mamma per farla azzittire quella mattina, ma tutto sommato me l’ero cavata, anche stavolta.

Ci siamo lasciate rinnovandoci l’appuntamento per la sera, approfittando del pomeriggio per avere un po’ di tregua; continuare con questo ritmo ci avrebbe esaurito, molto più di quello che non eravamo già!

 

Questi giorni sono stati avvero frenetici, a casa ci sono stata davvero poco, ne approfitterò per rilassarmi.

Il guaio è che non riesco a stare ferma, sono sempre stata una ragazza posata e tranquilla, ma è da un po’ di tempo che sembro posseduta da chissà quale spirito maligno.

Sì, tipo bambina stile esorcista!

Non so se avete presente il concetto di muoversi per non pensare; mi riempio le giornate, spesso di cose impreviste, per non accettare il fatto di dovermi fermare a riflettere e prendere delle decisioni adeguate.

Ecco, credo di voler scappare dalle responsabilità, adesso voglio vivere due, tre centimetri al di sopra del suolo, senza scendere nel mio vecchio mondo monotono e piatto.

Non voglio pensare se sia giusto o meno, se sia regolare o meno la mia esistenza.

Adesso voglio vivere così, sospesa.

 

*****

 

 

-“Mi fai vedere il tuo cellulare?!”-.

 

Rotonda place.

Sono in macchina, ad ascoltare uno di quei zuccherosi cd che piacciono tanto alla mia amica.

Marco è arrivato da poco, a bordo della sua Polo blu; quanto è figo.

Mi piace tutto di lui, anche la sua macchina!

Ha parcheggiato affianco a me, portiere aperte dallo stesso verso, si è messo a smanettare col mio telefono.

Dopo un po’ me lo restituisce; il suo numero è scritto sulla schermata centrale.

 

-“Io premerei salva, adesso…”-.

 

Lo guardo, poi riguardo il cellulare; sono rimasta impalata, quasi cascassi dalle nuvole.

Gli sorrido maliziosamente, voglio smontarlo un po’.

 

-“Avevi paura che se chiedevi a voce sembrava troppo palese come cosa?!”-.

 

-“Dipende, se lo salvi siamo in due, ad essere palesemente imbranati…”-.

 

Azz. In realtà aspettavo e speravo che fosse proprio lui il primo a fare questa mossa; evidentemente dall’altra parte lui aspettava la stessa, reciproca cosa.

Che imbranati, davvero!

 

-“No, mettila così, se io salvo, abbiamo fatto la cosa metà per uno…che dici?! Stiamo pari dai…”-.

 

Ha sorriso. Non ho dubbi.

 

“Salva nuovo contatto?”

 

ECcErtO !

 

 

Scambiarsi un numero di cellulare, un gesto quasi automatico, fra due persone appena conosciute; spesso si salvano alcuni numeri, sapendo benissimo che verranno usati molto poco, ma uno lo fa lo stesso, li tiene lì, non si sa mai.

Salvarmi il suo numero, quella sera è stato il perno principale della nostra unione e della nostra mitica avventura, ad un passo dal cominciare.

 

No, non credevo mi avrebbe chiamata giorno e notte, no non immaginavo che lo facesse anche solo per darmi la buonanotte.

Soprattutto non potevo immaginare che da un azione così meccanica potesse nascere un qualcosa di tutt’altro che meccanico.

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** E se fosse una cotta?! ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

“E SE FOSSE UNA COTTA?!

Chap. 7

 

 

 

Lo zaino c’è, le creme anche… la testa c’è?!

Sì, c’è anche lei.

Oggi mare.

Io, Simona e Sga abbiamo deciso di andare a portare le nostre pelli bianche, sotto il sole cocente, di una meravigliosa giornata di fine giugno.

Sono in ansia; adoro il mare, il sole, la tintarella…non vedo l’ora di arrivare!

 

Afferro tutto e scendo giù; sono arrivati già, passiamo a prendere anche una nostra vecchia amica e partiamo.

Fa un caldo tremendo oggi, il sole picchia forte.

Si prospetta proprio una perfetta giornata di mare.

Mentre siamo in macchina, io e Giada, la nostra amica, ci imbarchiamo in una fluente chiacchierata su tutto il tempo passato dall’ultima volta che non ci siamo viste; giuro abbiamo parlato talmente tanto che Sga e Simo più volte si sono girati e ci hanno esortato a riprendere fiato!

Troppo divertente, non ho mai parlato così tanto in vita mia!

Per fortuna il mare non dista poi tanto lontano dalla nostra città; in un oretta circa è scivolato tutto via.

Come si prospettava, le spiagge sono traboccanti di persone, ombrelloni colorati e quell’arsura tipica delle giornate d’estate.

Sono al settimo cielo, poggio in terra il mio zaino, distendo l’asciugamano neanche troppo ordinatamente e mi butto in acqua.

Giocare fra le onde mi fa tornare bambina.

Ricordo intere estati passati al mare, con i miei adorati nonni a fare i castelli di sabbia, imparare a nuotare e farli arrabbiare quando andavo a sfidare le onde vestita e asciugata in punto di tornare a casa; non ne avevo mai abbastanza di salsedine, sabbia, granchi…io amo l’estate, amo il mare, forse in una vita passata ero un pesce, chi lo sa!

 

Per fortuna anche i miei compagni sembrano accogliere l’idea del bagno, con il sorriso sulle labbra; io e Simo ci teniamo strette- strette, lei non sa nuotare, ed io non sono ancora diventata Mitch di Baywatch!

Sga è molto affettuoso, ci tiene a se, proteggendoci con la sua mole impetuosa; a dire il vero con la scusa riesce ad appiccicarsi addosso ancora di più, ma vabè almeno non è uno di quei soggetti viscidi e invadenti!

Se proprio devo dirla tutta, le sue effusioni mi piacciono; mi fa sentire una principessa, le sue coccole sono così dolci, certo peccato che la mia testa vola altrove, altrimenti un pensierino ce lo farei.

Lo guardo meglio.

No, non è un problema di testa altrove… è troppo brutto!

Questo non mi impedisce però di ricambiare le effusioni, sono una ragazza orsacchiotto io; mi piacciono gli abbracci, li ritengo una cosa troppo importante per privarsene.

Alle volte il suo significato ha avuto un valore ben superiore, al valore di un bacio.

 

-“Ah, mi sento un Dio, ho due belle signorine fra le braccia, sono spaparanzato sulla sabbia bollente…cosa posso volere di più?!”-.

 

-“Due capelli in più, forse?!”-.

 

Simona quando ci si mette è proprio una str…ma poverino Sga, non se lo merita!

Anche se un riportino io me lo farei…ops!

 

-“Ma Giada ce la siamo giocati?!”-.

 

-“Starà al telefono con uno dei suoi mille amori…ma io mi dico come si fa ad avere due storie parallele?! Io non reggerei…”-.

 

-“Guarda non farla a me ‘sta domanda! Io ne ho retto uno di rompipalle…figurati due!”-.

 

-“Zitta- zitta che arriva!”-.

 

Spettegolare. Quanto ci piace spettegolare… ma perché le donne non ne possono fare a meno di questa ”arte”?!

Però ti diverte, soprattutto quando ti  scegli la vittima giusta.

Una con due vite parallele è praticamente perfetta!

 

 

La giornata è passata praticamente in un soffio; ci siamo rilassati a dovere, ma il tempo di andare è arrivato subito.

Vabè meglio di niente; una giornata di mare, corta che sia, ti succhia sempre tanta energia, ed  io ora che ci penso, qualche sbadiglio me lo sono già giocato!

 

-“Senti un po’, cos’erano quegli abbracci e quelle occhiatine?!”-.

 

Simona stavolta si è seduta dietro con me; bisbiglia, attenta a non farsi sentire.

 

-“Ho esagerato dici?! Non c’ho fatto caso, c’era particolare trasporto?!”-.

 

-“Sì e ciccia stai attenta a come ti muovi. Tu piaci a Sga, ed io lo conosco, bastano due moine per farlo abbindolare.”-.

 

Già, come del resto quasi a tutta la popolazione maschile; noi donne siamo dotate di un potere che spesso ignoriamo d’avere, ed invece no, bisogna saperlo sfruttare, con le persone giuste ovviamente.

 

-“Va bene, farò più attenzione…ma giuro che l’ho fatto senza malizia.”-.

 

-“Infatti la colpa non è tua, me lo immagino; già si sarà montato la testa!”-.

 

Mi mordo il labbro inferiore; non credevo d’aver combinato un guaio!

Ed invece no, il guaio lo avevo fatto, perché da lì a qualche giorno, me lo sono ritrovato sempre più vicino, sempre più ambiguo, fino a dover riportare, per forza di cose, quell’ equilibrio che con le mie “quattro moine” avevo spezzato.

 

*****

 

 

“Ciccia io sono stanca, non ho molta voglia d’uscire!”-.

 

-“Dai pelandrona, usciamo un’ oretta e poi ti riporto a casa. Guido io!!!”-.

 

Non riuscivo a capire perché insistesse tanto per uscire, quando l’unica pigra e pappamolle della coppia era da sempre stata lei; solo dopo vari tentativi e giri di parole, avevo scoperto che di mezzo c’era Valerio, il suo bel Valerio.

Che aveva combinato stavolta?!

Non l’aveva cercata tutto il giorno, le aveva risposto male quando lei aveva cercato spiegazioni…insomma la bastardite ha colpito ancora!

 

-“E che vuoi fare, andare là e picchiarlo a sangue?!”-.

 

-“Magari ci riuscissi…”-.

 

-“Ciccia, così ti fai soltanto del male…”-.

 

-“Lo so, ma non posso stare senza vederlo.”-.

 

E’ innamorata cotta la mia ciccia; ha preso un bel trenino in faccia e non vuole ammettere che è così.

Magari col tempo le cose fra loro si sistemeranno, ho sempre pensato.

Sì, ma non avevo calcolato che ci avrei perso il fegato per stare dietro ai loro valzer; ebbene sì, volente o no mi sono fatta mettere in mezzo! Ed ora mi manca mezzo fegato.

Va bene, non dilunghiamo.

Decido di accompagnarla in comitiva, sperando che vederlo possa in qualche modo ritirarla su di morale ma…arriviamo là e lui nemmeno c’è.

Si è vestita tutta carina, con la gonna e i suoi mitici infradito colorati.. e lui non c’è.

Vorrei infierire su di lei per avermi costretto a mettere il naso fuori di casa e per di più per essere riuscita a persuadermi nel mettere la gonna ma…non lo faccio, poverina è troppo delusa.

 

-“Che facciamo?! Andiamo via?!”-.

 

La guardo fulminandola con lo sguardo.

 

-“Eh no, adesso restiamo qua!”-.

 

Mi guarda e scoppia a ridere.

 

-“Hai fatto una faccia…oh, però non è una serata da buttare via, hai visto chi c’è?!”-.

 

E come non l’ho visto. E’ mezzora che i nostri sguardi stanno giocando ad acchiaparella.

Stasera è più figo del solito; polo chiara, capello ingelatinato e una strana luce negli occhi.

 

-“Venite a sedervi qui, che fate in piedi, i pali?!”-.

 

Sembra averci udito. O forse a capito che il gioco deve iniziare a condurlo lui.

Mi siedo sul bordo dello schienale di una panchina malandata, lui è davanti a me; mi sta guardando le gambe?!

Oh, ma è un vizio di comitiva o sono istinti repressi, i loro?!

Tiro la gonna giù con le mani, sottolineando il mio gesto; o cambia direzione o lo uccido!

Ride, sta ridendo…no, non farlo per carità, non ridere o mi sciolgo come un ghiacciolo!

Secondo voi mi ha dato retta?!

No, ed io sento i brividi corrermi lungo la schiena.

Ma perché mi fissa così?!

Oddio quanto mi piace.

Ma che mi prende?! Mi sudano le mani, la salivazione è zero.

Mi alzo di scatto dalla panchina, neanche avessi preso la scossa.

 

-“, tutto ok?!”-.

 

-“Eh?! Dicevi?!”-. La guardo, stralunata.

 

-“Sono cinque minuti che ti sto chiamando! Ti va di andare a fare un giro?!”-.

 

-“Sì, sì forse è meglio!”-.

 

Mi incammino verso la macchina, senza neanche dire una parola.

 

-“Ma è impazzita?! Bah…”-.

 

Viene verso di me, scuotendo la testa.

 

-“Simò!! Simò!!!”-.

 

Marco la chiama, scambiano due parole e se ne ritorna sulla sue panchine.

Mi saluta con la mano, da lontano, alzo il capo e rispondo al suo saluto.

 

-“Che ti ha detto?!”-.

 

Sembro una vecchia zitella isterica.

 

-“Che sono una stronza perché mi ti porto sempre via…”-.

 

Oh che carino, un galantuomo!

 

-“Tu gli piaci, ma neanche poco secondo me, ciccia- ciccia! A te piace?!”-.

 

-“Da morire…mi fa impazzire è così carino, ha quegli occhi penetranti e quelle labbra rosse… e le sue mani, no dico hai visto che mani?!”-.

 

Simona mi guarda allibita; devo aver parlato come un oca, senz’altro, perché il solo eco della mia voce mi ha fatto arrossire.

Qui quella che deve ammettere di aver preso un treno in faccia, sono proprio io.

 

-“E che vuoi fare adesso?!”-.

 

-“Ferma la macchina!”-.

 

-“Qua?!”-.

 

-“Sì!”-.

 

Si ferma poco distante dal mio portone.

Tiro fuori il cellulare e comincio a digitare qualcosa.

 

-“Che stai facendo?!”-.

 

-“Zitta, non interrompere!”-.

 

Dopo aver composto, quello che ha tutta l’aria di essere un messaggio, comincio a parlare.

 

“Ciao Marco, volevi dirti che tu…beh vedi tu…o senza girarci intorno, tu mi piaci un casino!!! Ora, fattici una risata o prendimi per pazza ma… è così, dovevo togliermi ‘sto peso! Ci sentiamo presto. Bacio, Luana.”

 

-“Ora premo invio, perché tanto lo premo e gli mando questo benedetto messaggio!”-.

 

-“No, non ci posso credere! Signori e signori, questa è una cotta! Certo che faccia tosta che hai, però!”-.

 

-“Ma se mi sento una ragazzina in questo momento…e poi male che va mi ride in faccia, sai che sconvenienza!”-.

 

-“Alle volte vorrei avere metà del tuo coraggio…”-.

 

-“Non dire cavolate, ognuno è fatto a modo suo Sì e non sempre dimostrare di avere coraggio è la scelta giusta…

OH!!!”-.

 

-“Che c’è?” Che cosa è successo?!”-.

 

-“L’HA INVIATO!!!!!!”-.

 

Le mani tremano, la voce anche!

Alzo lo stereo, non importa se c’è Masini di sotto fondo, non voglio pensare di averlo fatto davvero!

Che poi…questo Marco Masini non è niente male…anzi!

Mi abbandono all’indietro con il sedile, stringo la mano a Simona e in trepidazione aspetto una risposta che non tarderà certo ad arrivare…

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** T.m.P (tu mi piaci). Sms galeotto ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

“T.M.P (TU MI PIACI). SMS GALEOTTO”

Chap. 8

 

 

 

-“Simo ma non mi risponde…”-.

 

Non so essere delusa o sollevata, da ciò; è da un po’ che ho spedito il messaggio, ma di risposta neanche l’ombra.

 

-“Se la sta tirando, fidati! Marco appartiene alla categoria di bastardi e la regola numero uno del bastardo è tirarsela!”-.

 

Ci penso un po’ su, forse è come dice lei, ma a me Marco, per quel poco che l’ho conosciuto, non mi è sembrato così.

Oddio è anche vero che l’unica certezza che ho fra le mani è l’esperienza di Simona vissuta con lui, ma non so, qualcosa mi dice che di bastardo quel ragazzo ha ben poco.

Ma allora perché non mi risponde?!?

 

-“Basta, ora lo chiamo!”-.

 

-“Tu sei matta…”-.

 

 

TUU…TUUU…TUUUU

 

 

-“Pronto?!”-.

 

-“Marco?!? Rispondere ai messaggi è un optional nel tuo telefono?!”-.

 

-“Che messaggio, scusa?! A me non è arrivato niente…”-.

 

Uhm, il tipo sta facendo il furbo, ma non attacca.

 

-“Ah, peccato che non ti è arrivato, ti sei perso qualcosa di interessante. Vabè nulla, ci si vede…”-.

 

-“Ammazza come sei…rimandamelo!!!! Non l’ho ricevuto sul serio!”-.

 

-“No, adesso no…”-.

 

-“Dai!!! Mandamelo che è importante!”-.

 

-“Mi vergogno!”-.

 

-“Dai…”-.

 

-“Uhm…non lo so…”-.

 

-“Sì che lo sai, mandamelo. Un bacio Lù.”-.

 

-“Bacio, ciao”-.

 

Ho riattaccato, ma il cellulare è rimasto attaccato all’orecchio; non riesco a fare mezza mossa, adesso sono nei guai, se potevo far finta di niente e salvarmi, con questo teatrino mi sono bruciata.

 

-“Adesso che farai?!”-.

 

Guardo la mia amica e i suoi vaporosi riccioli neri; lei vorrebbe avere metà del mio coraggio, non posso deluderla e non posso neanche permettermi di far scorrere tutto così.

Marco mi piace, non ho dubbi. Il nostro gioco di sguardi ha riacceso in me qualcosa di morto e sepolto.

Non posso dubitare, devo solo dar retta ai miei istinti e alle mie sensazioni.

Porto il cellulare fra le mani, estrapolo il messaggio inviato e lo rinvio; l’emozione nasce e fiorisce sul mio cuore.

 

Dopo pochi istanti, mi arriva una risposta.

 

“Se è per questo una risata me la sono fatta, ma non ti prendo per matta, anzi…”.

 

 

-“Beh?! Ma che diavolo di risposte da questo qua?! No, io già non lo sopporto!”-.

 

Abbattuta, spedisco il cellulare nella borsa, lasciandomi andare in uno sbruffo.

 

-“Marco è proprio strano…”-.

 

-“Riaccompagnami a casa va, che è meglio!”-.

 

-“Ai suoi ordini!”-.

 

 

Una volta a casa, mi stendo sul letto, vorrei leggere ma il pensiero di Marco affolla la mente; ma che cavolo, una persona vaga come lui non l’ho mai incontrata in vita mia!

Afferro nuovamente il cellulare; spedisco l’ultimo messaggio della serata, giuro!

Ho le mani che prudono e devo liberarmi!

 

“Beh potevi metterci un po’ più di entusiasmo, a saperlo non ti dicevo proprio niente…”.

 

Sono un fulmine a scrivere. La risposta è altrettanto fulminea.

 

“Domani sei a pranzo da me. Tu mi piaci, ma voglio dirtelo guardandoti negli occhi. Buonanotte acidella…”-.

 

Eccolo il sorriso da ebete spuntare sul mio viso.

Ma…non è vero che sono acida!!! Oddio forse un pochino…

 

*****

 

 

-“A pranzo da joker?!”-.

 

Simona era stupita almeno quanto me.

 

-“Ti dico di sì! Ha detto che ci sarai tu, Valerio e anche gli altri!”-.

 

-“Io non sapevo niente! Ma va bene, passo da te verso mezzogiorno e andiamo!”-.

 

Riattacco il telefono.

Sono davanti allo specchio, sistemo i miei capelli troppo lisci con le mani e mi lascio andare, in un motivetto cantato, di una delle canzoni dell’estate.

 

-“Lascia che io siaaaaa, il tuo brivido più grandeeeee!”-.

 

Canto e rido, fa proprio per me questa canzone!

Passo al setaccio il mio armadio; voglio mettermi qualcosa che stupisca, che lo faccia restare a bocca aperta quando mi vedrà…perché se lui è furbo, io lo sono di più!

Dopo aver seminato il pavimento di indumenti, opto per un paio di jeans al ginocchio a vita bassa e il mio top a corpetto fucsia e bianco.

Perfetto!

Mi vesto lentamente, indosso un paio di infradito col tacco per disimpegnare il tutto e passo al trucco e parrucco.

Non ho voglia di truccarmi, il sole che ho preso l’altro giorno ha donato alla mia pelle un delizioso colorito dorato, basterà giusto un po’ di rimmel e qualche passata di lucidalabbra.

Chiudo l’opera adornandomi di bracciali colorati e una goccia dell’immancabile profumo intenso e dolcissimo.

 

Il citofono suona; guardo l’ora, mezzogiorno in punto, sicuramente è Simona.

Le apro, la faccio salire per fare due chiacchiere prima di andare.

Tutto abbiamo fatto, tranne che parlare.

Siamo entrambe chiuse in bagno da un ora; giro e rigiro dinnanzi allo specchio, non so non mi sento sicura.

 

-“Dai che sei bellissima!!!”-.

 

-“Dici che vado bene?!”-.

 

-“Scommetti che capitolerà ai tuoi piedi?!”-.

 

-“Per un paio di tette in mostra?! No, io voglio colpirlo con altro…”-.

 

-“Allora corri a metterti un sacco di iuta ciccia!”-.

 

Immagino me chiusa in uno di quei sacconi che usano i fornai per tenere il pane.

 

-“Oh Marco sono la tua ciabattina fresca, mangiami tutta...!”-.

 

Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.

 

-“Ma sì, che mi importa, vado bene così!”-.

 

Finiamo di prepararci ed usciamo di casa.

Marco abita al palazzo attaccato al mio, percorro quei pochi metri col cuore in gola.

La cosa buffa che mi viene da pensare è che nonostante abitiamo a pochi passi l’uno dall’altra, non ci siamo mai conosciuti prima; i nostri palazzi sorgono su di una stradina senza uscita, le nostre comitive sono sempre state gomito a gomito, lui ha sempre frequentato gente che vive nel mio palazzo, eppure io di Marco e lui di Luana non ne sapevo e non ne sapeva nulla.

Strani giri fa questo destino.

 

Arriviamo a casa sua in enorme anticipo; gli altri sono già arrivati.

Siamo io, ciccia e il suo Valerio, Daniele il fattone e Marco.

Uhm, la situazione è chiara e lampante; una specie di coppia, il reggi candela del gruppo e poi ci siamo io e Marco.

Qualcosa di indefinibile.

Rido al pensiero di aver mescolato la situazione, per non dare nell’occhio.

 

Mi siedo sulla sedia del tavolo del soggiorno, apparecchiato in gran stile.

Perdo un po’ di tempo chiacchierando con Daniele.

Mi ha chiesto tre volte se sono io Luana, la ragazza che ha conosciuto l’altra sera alla festa del parcheggio.

 

-“Si, sono io!”-.

 

-“Scusa ma stavo fatto come una zucchina…comunque piacere io sono Daniele!”-.

 

-“Piacere Luana”-.

 

E con questa è la terza volta che ci stringiamo la mano. E vabè!

 

-“Chi mi da una mano?!?”-.

 

Ad un certo punto arriva la voce lamentosa di Marco dalla cucina.

Non si alza nessuno.

Bene, mi alzo io.

Mi dirigo in cucina e sento delle risatine alle mie spalle; ci hanno già beccato?!?

 

Entro in cucina e a momenti mi prende un colpo; Marco è a torso nudo, con il mestolo in mano che gira una specie di salsa rosata.

 

-“T-ti serve aiuto?!”-.

 

Sono un po’ imbarazzata, lui se ne accorge.

 

-“T-ti da fastidio?! Vuoi che mi rivesta?!”-.

 

-“No!!!”-.

 

Ho risposto a voce altissima, di getto. Lui mi guarda, ridendo.

 

-“No…non mi da fastidio…”-.

 

Proseguo, sempre imbarazzatissima.

 

-“Va bene. Mi passi i piatti?! Sono lì sul tavolo!”-.

 

Mi giro afferrando i piatti di ceramica, bianchi con dei fiori lilla stilizzati.

Glie li porgo; li riempie di pasta, aiutandomi a sorreggerli, con la sua mano delicata, a sfiorare la mia.

Sono a testa bassa, non riesco ad incrociare i suoi occhi.

Mi vergogno troppo, adesso il pensiero di quel messaggio, di quella specie di dichiarazione, rimbomba nella mia testa talmente tanto forte, che sembra rimbombare anche nella stanza.

Appena i piatti sono pronti scappo via dalla cucina.

Ci sediamo tutti intorno al tavolo, lui è di fronte a me, seduto di fianco a Daniele.

Tra una forchettata e l’altra i suoi occhi riescono a catturare i miei; niente ha senso, niente intorno a me ha più un senso.

Tre ore e un quarto per finire un solo piatto di pasta, record signori e signore!

Ma quegli occhi non vogliono lasciarmi, ed io non voglio lasciare loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Un pranzo...al bacio! ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

“UN PRANZO…AL BACIO!”

Chap. 8

 

 

 

-“I piatti li lavo io, state pure comodi…”-.

 

Simona si è alzata dal tavolo, con fare perentorio.

Alzandosi mi ha guardata, strizzandomi un occhio; ci risiamo, chissà cosa avrà formulato la sua testolina matta!

A dire il vero è molto lampante la situazione davanti a noi; Valerio l’ha seguita come un cagnolino in cucina e Daniele è fuori al balcone a fumarsi una sigaretta.

Il tavolo è un campo di battaglia, rimasto deserto, ormai.

Gli unici a sedere siamo solo io e Marco.

Finalmente soli.

Mi guarda, sorridendo; la tv è accesa, un programma musicale, da il ritmo giusto alla situazione.

La sua mano, si posa delicatamente sulla mia, comincia a parlare, soffocando le parole con un sorriso, imbarazzato.

 

-“Vieni di là con me?! Ti voglio far vedere una cosa!”-.

 

Mi alza il braccio, esortandomi a seguirlo.

Mi alzo dal tavolo seguendolo, intimidita.

 

-“Mi vuoi fare vedere la collezione di farfalle, per caso?!”-.

 

La butto sarcastica, prima di varcare la soglia della sua stanza, in cui amabilmente “per caso”, siamo finiti.

 

-“Ah sei spiritosa però… no, guarda il colore della stanza, cosa ti ricorda?!”-.

 

Mi volto verso la prima parete che ho a vista d’occhio; giallo acido. Scoppio a ridere mollandogli uno sbuffetto.

Una volta, abbiamo “discusso” su chi avesse il colore più strano delle pareti, nella propria stanza, ed io ero convinta fosse il mio, ma guardando bene quel muro, mi sono resa ben presto conto che il colorito accesso e intenso della mia camera è niente, in confronto al suo!

 

-“Avevi detto giallo elettrico…ma a me questo colore, sa di radioattivo proprio!!!”-.

 

Mi guarda con un espressione imbronciata, poi si avvicina cingendomi la vita; mi volto dandogli la schiena, mi prende in braccio e mi butta completamente di peso sul suo letto.

Rimbalzo come una pallina da tennis, ma è una sensazione molto divertente; mi è sembrato di rimanere sospesa nell’aria all’infinito, ed essere attraversata da quel vuoto che ti toglie il respiro ma ti eccita.

Quando attutisco il colpo, scoppio a ridere a crepapelle.

Gli infradito scivolano giù, porto i piedi nudi sulle coperte e mi accuccio come una bambina.

Il suo letto è morbido e confortevole, chiudo gli occhi abbandonandomi al relax totale.

Devo aver bevuto qualche bicchierino di troppo, mi gira la testa e la colpa è di Daniele, che ha insistito nel farmi bere quel vino rosso “leggerino”, come lo ha chiamato lui.

Ma di leggero ha solo la bottiglia, specialmente ora che è vuota, te lo dico io!

Marco è in piedi che mi osserva, con un espressione divertita.

 

-“Buonanotte…”-.

 

Apro gli occhi, ride ancora.

Batto con la mano sul letto, dando due colpetti, per esortarlo a sdraiarsi accanto a me.

Non se lo fa ripetere due volte, si avvicina piano, senza sfiorarmi o fare il minimo gesto che potrebbe urtarmi.

Siamo sdraiati su un fianco entrambi, con i volti l’uno di fronte all’altro.

Ci guardiamo tanto, intensamente, cosa non dicono quegli sguardi; alle volte io e Marco siamo stati capaci di raccontarci un emozione intera, solo guardandoci.

 

-“Non ridere sai…ho sonno sul serio!”-.

 

-“No-no, chi dice niente, dormiamo…dormiamo…”-.

 

Ha sottolineato l’ultima parola un po’ troppo, per i miei gusti; lo guardo maliziosa, mi sposto un po’, spingendolo verso il bordo del letto.

 

-“Lù, guarda che cadiamo…”-.

 

Scuoto la testa, allora capisce; allarga le braccia e mi prende a se.

Allargo le mie, lo stringo forte.

Il mondo gira in quella stanza, in una maniera incredibile.

Chino la testa fra l’incavo della sua spalla, annusando forte il segreto di quella magica essenza che lo accompagna.

Un profumo fresco, un odore intenso ma che svanisce all’istante.

Rimango fra le sue braccia, estasiata e inebriata, da lui, da ciò che è e da ciò che emana il suo corpo.

Non so cosa mi prende, sento l’ardito desiderio di stargli addosso, soffocarlo d’abbracci avvolgenti e passionali.

Quando ci stacchiamo, la potenza dello scioglimento di quell’ abbraccio, mi fa vacillare all’indietro.

Mi scanso da lui, da quel corpo caldo e rovente, voglio ammirarlo da lontano; sono di pochi centimetri al di sotto del suo naso, le nostre labbra sono così vicine, da sussurrarsi in segreto quanto si vogliono.

Ed io lo voglio, lo voglio più di quanto possa desiderare qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa.

Mi avvicino, di più, sempre di più; appoggio le mie labbra sulle sue, stampandogli un bacio morbido, ma innocente.

I miei occhi incrociano i suoi; sono occhi stupefatti, probabilmente non si aspettava questo contatto.

Mi prende a se, passandomi le sue larghe braccia per la schiena.

Ed eccolo, un bacio appassionato, dolce e forte, nascere dall’unione di due desideri comuni, sulla stessa lunghezza d’onda.

 

-“L’hai capito adesso quanto mi piaci?!”-.

 

-“Ho capito te, il tuo cuore che batte all’impazzata, come il mio!”-.

 

-“Batte per te...”-.

 

Abbiamo passato un intero pomeriggio a baciarci, come se fosse l’unica cosa indispensabile per entrambi; uno scambio d’aria reciproca, una cantilena dolce che non stanca mai.

Poi il riposo, finalmente, dopo quella dolce fatica.

 

 

…sì, almeno fino a quando non arriva una rompiscatole che viene a destarti dal sogno.

 

-“Ehm- ehm…io vorrei un’amica indietro! Devo andare!!!”-.

 

Simona al di là della porta, parla divertita.

 

-“Vai, vai pure…non ti trattiene nessuno!”-.

 

Marco mi precede nel rispondere.

 

-“Oh, ma sei scemo?!”-.

 

Gli sussurro in un orecchio.

 

-“Arrivo ciccia!!!”-.

 

Mi alzo dal letto, sistemandomi i capelli arruffati, poi infilo gli infradito ai piedi e mi alzo in piedi.

 

-“Devi andare sul serio?!”-.

 

Si alza in piedi anche lui, rivestendosi della maglietta.

 

-“La socia chiama!”-.

 

Gli rispondo, ridendo.

 

-“Stasera passi alla rotonda però, sì?!”-.

 

Gli sorrido, non c’è bisogno che risponda.

Quella risposta la conoscevamo entrambi, come sapevamo entrambi che da quel momento c’era un motivo molto più valido per vedersi, giù alla rotonda, del solito scambio di saluti e battutine quotidiano.

Era cominciata quella magia che ha portato a rincorrerci, farci male, ridere e piangere, ma che non c’ha più abbandonato.

Siamo cominciati noi. Marco e Luana.

 

 

-“Allora?! Racconta…ti ci sei baciata?! Che ti ha detto?!”-.

 

Non le rispondo, voglio gustarmi ancora il dolce sapore di quel bacio, impresso sulle labbra.

Mi butto fra le scale, in una folle corsa; sono troppo, troppo felice.

La mia amica annaspa dietro le mie spalle, sbraita di aspettarla.

Ma non sento niente, non sento ragioni.

Solo la ragione del mio cuore; Marco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Amore che va, amore che viene. ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

Spazio saluti e ringraziamenti:

Un grazie di cuore va a damynex; sono troppo felice, di averti trasmesso una sensazione pari a un batticuore, davvero, mi fa sentire orgogliosa! Eh ehAlex arriverà presto e.. farà una brutta fine, poverino ^^  Brava a te cmq, mi hai bruciato sul tempo, volevo arrivare con un capitolo-sopresa col suo ritorno ma…hai fatto prima tu! ^^

Grazie anche a te Michelle; ti adoro tesoro, sei troppo gentile!!!!

Tutto a posto poi con la fic spostata?!

Che dici, l’ho messa nella categoria esatta?! *Me serve un consiglio ^_-

Un saluto affettuoso, ed un ringraziamento particolare vanno anche a Valentina e super gaia, che mi seguono con costanza e affetto! Grazie!!!!

Ci sentiamo presto!!!

1kiss

LuNaDrEaMy

 

 

 

“AMORE CHE VA, AMORE CHE VIENE.”

Chap n.9

 

 

 

-“Ci siamo baciati, va bene?!”-.

 

Ho aperto la portiera dell’auto e vi ci sono entrata, accasciandomi sul sedile; la corsa folle e tutte quelle emozioni intense, mi hanno sfinita.

 

-“Si ma…non ti ha detto niente?! Che avete intenzione di fare adesso?!”-.

 

Il suo tono di voce, nasconde una preoccupazione che non riesco a spiegare.

 

-“Calma Simo…lo sai Marco è di poche parole, secche e coincise quando ti fa l’onore di concedertene almeno due.. a parlare più di tutto, sono stati i suoi sguardi, le sue mani, i suoi abbracci…”-.

 

-“Eh eh io lo sapevo! Ero sicura che tu gli piacessi, l’ho notato subito come ti guardava!!!”-.

 

-“E come mi guardava?!”-.

 

-“Da triglia…”-.

 

Da triglia; cerco per un attimo di immaginarmelo che boccheggia come un pesce, ed il sol pensiero mi mette il sorriso.

Mi volto verso Simona, la vedo contemplare il vuoto, quasi come volesse osare, ma non avesse il coraggio di parlare.

 

-“Simo, cos’hai?!”-.

 

-“Ma, nulla…ti ho detto che Valerio e gli altri sabato vanno a ballare?! Ci hanno invitate, che facciamo?!”-.

 

Non me la racconta giusta, mi volto verso di lei e prendo a guardarla.

 

-“Ciccia, cos’hai?! Non mi dire niente, so che hai qualcosa…è. per via di Marco?! Non è che ti piace ancora?!”-.

 

Ride, ma gli occhi sono semi-lucidi.

Conosco quella risata; ride sempre prima di scoppiare a piangere e non è la sua solita risata rigogliosa e spontanea, è più un riso isterico, nervoso.

Odio quella risatina.

Odio pensare che stia soffrendo per qualcosa che non esiste, o che non esisterebbe, se fosse davvero Marco, il problema.

 

-“Marco?!” Mi guarda stralunando gli occhi -“Si tratta di Valerio. Vuole una pausa.”-.

 

Mi si stringe il cuore; io le ho parlato con la felicità negli occhi e nel cuore, devo averla uccisa con le mie chiacchiere frivole.

 

-“Una pausa temporanea?!”-.

 

Non so cosa dirle, infierire ribadendo il concetto che è un bastardo atipico, non mi sembra davvero il caso.

 

-“Mi ha lasciata, . Prima stavamo in cucina e mi ha confessato questo suo “disagio”, come l’ha chiamato.”-.

 

Sulla parola disagio è scoppiata a piangere.

La prendo a me con una dolcezza commovente, quasi.

Le accarezzo i riccioli, pizzicandogli quelle sue guanciotte morbide.

 

-“Su, ciccia, non posso vederti in questo stato. Devi trovare forza e coraggio e fare di tutto per annientare quel “disagio”, chiaro?! Valerio è tuo, non permettere ai fantasmi del passato di rubartelo. Perché lo sai che lui ha una paura matta di innamorarsi di nuovo, no?! Perché lo sai che lui ha paura che sia tu, la ragazza giusta dopo tanto tempo di solitudine, no?!”-.

 

Alza i suoi occhi neri, nei miei.

Mi guarda incuriosita, le sorrido.

 

-“Tu e Valerio siete uguali…”-.

 

Sussurra appena, ritornando fra le mie braccia.

 

-“Abbiamo soltanto vissuto le stesse esperienze. Tu devi spronarlo, devi cacciare fuori quella determinazione e quella rabbia per fargli sentire che lui è tuo, che ti piace e che vuoi migliorare la vostra storia, senza timore.”-.

 

Ha abbassato lo sguardo, poggiando il capo sulla mia spalla.

Quanto pesano le parole che gli ho detto, lo so, ma è ora che cominci a tirar fuori le unghie, non posso vederla soccombere anche stavolta.

Poi per un secondo penso a Valerio, cercando di immedesimarmi in questa sua scelta; rabbrividisco all’idea che forse avrei fatto esattamente la stessa cosa, e che forse la sto già facendo; scappare dalle responsabilità e da un storia che profuma d’amore.

Non ho paura di Marco; ho paura di ciò che sento e provo per lui, ho paura di quella sua calma razionale, della sua perfezione, di quel sorriso che mi apre le porte del paradiso ogni volta che nasce.

 

-“Ciccia cos’è quel sorriso?!”-.

 

Per un momento, ho temuto che mi avesse letto nel pensiero.

 

-“Niente, pensavo a Marco.”-.

 

-“Che farai adesso?! Voglio dire, hai pensato a.. a…”-.

 

-“Alessandro?! E secondo te, quest’euforia è solo felicità?! Guardami sembro una matta…rido come una scema, sto facendo di tutto per non pensarlo, ma è da quando sono uscita da quella casa, che lo penso. Mi sento un vero verme, Simo...”-.

 

Non riesco a capirne il perché, ma comincio a piangere.

E’ un emozione forte, che nasce dal profondo delle mie viscere; è come se tutto il mio corpo fosse irrigidito, attraversato però da una scossa dolorosa e lancinante.

 

-“Hai fatto ciò che ti sentivi, amica mia. Credimi, io ti guardo da fuori e non posso che pensare che hai fatto la cosa più giusta. Sei viva, sei ancora capace di provare quel brivido… e tu, tu non meriti di pensare, neanche lontanamente, di sentirti sporca, chiaro?!”-.

 

Lei ha capito tutto; mi conosce, sa che sono una ragazza dai principi saldi e forti, sa dei miei tre anni passati in adulazione per quel ragazzo che con tanta semplicità, si sta tirando fuori dalla mia vita.

Lei lo sa che non l’ho mai tradito. Né col pensiero, né con l’anima, ne col corpo. Mai.

Eppure stavolta ho ceduto.

Ma lui è ancora il mio ragazzo?!

Questa storia sembra un odissea senza fine.

Finirà mai, veramente?!

 

Continuo a piangere, adesso sono io fra le braccia della mia amica, a farmi coccolare.

Quante emozioni, quante sensazioni, forti ma così diverse, ho provato, oggi.

Da un lato la felicità assurda di ritrovare un battito di cuore, fra le braccia di un perfetto sconosciuto, dall’altro la tristezza, per aver perso, quel battito di cuore che hai provato per un ragazzo così importante.

Eh già, io lo so, so che con oggi una chiara verità si sbatte contro il mio viso, arrossato dal pianto; ho ceduto alle lusinghe di un nuovo palpito, allontanando il pensiero di lui, proprio come voleva.

Quindi…quindi è così, io non amo più Alessandro.

Non più.

 

 

-“Simo, metti qualcosa di forte…”-.

 

-“Masini?!”-.

 

-“Sì, track n.8, grazie.”-.

 

Infila il cd tutta contenta; mi sa che mi sto innamorando…e stavolta niente Marco o Alessandro…sì, esatto proprio lui…MASINI!!!

 

 

*****

 

BRRR… BRRRR.. BRRRRRR

 

Il cellulare vibra, nella mia borsetta; apro la lampo frettolosamente e prendo il telefono.

 

“Sono sotto casa tua, scendi ti prego, ho bisogno di parlarti. Subito.”-.

 

Sposto lo sguardo sul mittente, il cuore mi batte all’impazzata, le gambe tremano follemente.

Pigramente, mi alzo dal letto, controllo l’ora; sono le sette di sera, circa.

Vado in bagno a darmi una sciacquata al viso e mi avvio all’uscita.

Sono agitata, respiro profondamente e richiudo la porta di casa, lentamente, alle mie spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Addio o arrivederci?! ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

“ADDIO O ARRIVEDERCI?!”

Chap 11

 

 

 

“Sono sotto casa tua, scendi ti prego, ho bisogno di parlarti. Subito.”-.

 

Il cancello verde, quello grande che da sulla via, si è richiuso alla mie spalle, in modo violento e brusco.

Faccio pochi passi e sono già in strada.

Dall’altro lato del marciapiede opposto al mio, scorgo la sua auto, blu; mi avvicino, apro la portiera e mi siedo.

Quell’odore di fragola, la sua macchina non l’ha mai perso. Sorrido.

Lo guardo, è girato verso me, con lo sguardo duro, vuoto, vuoto da non so quanto tempo ormai.

 

-“Allora, come stai?!”-.

 

Rivederlo è stato come ricevere una pugnalata nel cuore; è smagrito, la barba incolta, gli occhi semichiusi e tristi.

 

-“Non va. Tu, come stai?!”-.

 

-“Va…bene.”-

-“Mi hanno detto che stai uscendo con Simona.”-

-“Ti hanno detto bene, allora. Certo è triste che ci servono gli intermediari…non pensi?”-.

Alza le spalle, non risponde.

Non è tipico suo, Alessandro non è mai stato così.

 

-“Mi dici cos’hai allora?! Io non riesco a capirti. E non posso andare avanti così, non è giusto, Alessandro!”-.

 

-“E cosa vorresti fare allora?!”-.

 

Ridere per esempio, tornare a ridere con te come facevamo una volta.

Organizzarla per noi due una seratina di spaghetti al pomodoro e gelato, stare insieme per il piacere di starci, gustandoci quei pochi minuti concessi, senza litigare, senza finire sempre a sbatterci il telefono in faccia.

 

-“Non fare così, non fare lo scarica barile. Caccia gli attributi ed abbi il coraggio di prenderti le tue responsabilità.”-.

 

Come è facile puntare il dito, a volte.

Sto chiedendo a lui, di fare esattamente la stessa cosa che io stessa so di dover fare, da svariato tempo, ormai.

Ma non credevo mi rispondesse con tutta calma e razionalità.

Non credevo ne fosse capace.

Ma lo ha fatto.

 

-“E’ meglio non vedersi per un po’, non posso continuare a farmi del male. Io sono ancora innamorato di te, ma siamo cambiati troppo, non riusciamo più a trovare un punto d’incontro. Non si può andare avanti solo in nome dell’amore che proviamo e del passato che ci lega. Guardo in faccia la realtà e metto in discussione tutto, tutto…”-.

 

Le sue parole, graffi sul cuore.

Mi sono illusa di cosa?!

Che sarebbe bastato un sorriso e una cenetta semplice e romantica per far rinsavire il nostro amore?!

No, quelli sono solo i miei sogni, i miei stupidi sogni di ragazza ottimista e sognatrice.

Sono una stupida.

Lo guardo, fissandolo bene; ha ragione lui, stare insieme per il passato che ci lega non ha senso, non si può stare insieme solo perché so d’amarlo, in linea astratta e generale.

Non si può, perché se io lo guardo, lo guardo bene, posso dire di provare affetto per quel ragazzo, ma l’amore, l’amore non c’è, l’amore non c’è davvero più.

Stringo forte i pugni, poi mi giro, a testa bassa.

 

-“E…e il nostro viaggio?!”-.

 

-“Quello è l’unica cosa che ci rimane di nostro, ancora. Forse è un ultima spiaggia…”-.

 

-“O porterà a farci tornare insieme o ci dividerà. Per sempre. Giusto?!”-. Ha annuito.

 

 

Il nostro viaggio in Sardegna.

Quanto l’ho sognato, progettato, voluto.

Con tutta me stessa, con le mie energie e le mie forze.

Il nostro primo, lungo, viaggio insieme; era una specie di modo per responsabilizzarci, impegnarsi nel realizzarlo, solo per regalarci una piccola “luna di miele”.

Avremmo dovuto festeggiare lì il nostro anniversario; tre anni, non si festeggiano mica sempre nella vita!

Se penso allo spirito di quel viaggio, mi sento morire.

Ora tutto è cambiato, questo viaggio avrà tutto un altro senso. Non è giusto, non può essere vero.

 

-“Oh, finalmente, ci si è arrivati ad una maledetta conclusione, eh?! Ci voleva così tanto?! Dimmi Alessandro, ci voleva davvero così tanto?!”-.

 

Non mi risponde, ma una lacrima gli riga la guancia, scavata.

Non resisto a quella scena, alla mia durezza, al non più appartenersi.

Apro la portiera per tornarmene a casa.

 

-“Allora ci vediamo il sedici luglio.”-.

 

Non so neanche se sia un’ augurio, una speranza, o una congiura.

Quel che è peggio è che l’ho pronunciata sul serio questa frase; partirò davvero con il mio ex, nella selvaggia Sardegna, nel mese più dolce dell’estate?!

Mia madre direbbe che il mondo si è ribaltato. Non avrebbe tutti i torti.

 

-“Sedici luglio sia…”-.

 

-“Cià…”-.

 

Mi tira la manica della maglietta, avvicinandosi; un timido bacio sulla guancia, chiude quell’incontro.

Vado via da lì, vorrei scappare, ma non voglio che mi veda vittima di un gioco avverso del destino, o di non so che cosa.

Io non lo so, non lo come si fa a buttare via una storia di tre anni in un minuto. No.

 

******

 

 

-“Guida tu, io non ho voglia.”-.

 

Non sono ritornata a casa, non avevo voglia di sdraiarmi sul letto e piangere delle lacrime inutili, del tutto inutili.

Sto tutta accucciata sul sedile, mi sento giù.

 

-“Un bel gelato ti ritirerebbe su di morale?!”-.

 

Dolce Sga, le sue accortezze sono come carezze velate, al cuore.

 

-“Uhm Sì… doppia panna, mora e melone!”-.

 

Mi strizza l’occhiolino, tira fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e fa cenno di seguirlo.

Basta solo pronunciare la parola gelato, cinque minuti e tre macchine si riempiono di gente.

Il bello della rotonda è che basta che qualcuno dica “Andiamo” “Facciamo” e tutto il gregge si unisce fedele.

Sanno divertirsi davvero con poco, ci sono giorni in cui li ho visti per sino giocare a nascondino; il che è tremendo se si pensa che vanno tutti dalla ventina in su, ma quando li vedi correre con le loro belle gote tutte arrossate, puoi leggere davvero tutta la loro genuinità, spontanea e infantile.

Mi piace stare fra questi ragazzi, mi piace tanto; qui non ho bisogno di recitare ruoli, sono semplicemente me stessa e sapere di piacere proprio per i miei sorrisi spontanei e la mia semplicità, mi allarga il cuore.

Forse un altro di quei famosi sorrisi sta nascendo, proprio ora, che davanti a me c’è lui.

E’ poggiato al cofano di auto, mi fissa da lontano, come se aspettasse un cenno, qualcosa, dalla sottoscritta.

 

-“Uffa ciccia, ma io non posso guidare, ho i tacchi!”-.

 

Simona mi urla nei timpani; bene, le è già passata la crisi da pausa di riflessione?! Bah…

 

-“E che problema c’è?! Guido io…”-.

 

Marco si avvicina alla macchina di Simona, trascinando con se il povero Mario.

 

-“Mario viene con noi, così non abbiamo problemi di posti”-.

 

Mario lo fissa, poi scuote la testa, ridendo sotto ai baffi; lui non gli da peso e nel frattempo che tutti si decidano sul da farsi, viene a sedersi accanto a me.

 

-“Ciao eh…”-.

 

-“Ciao…”-.

 

Gioco con un bracciale, sono nervosa, per via del suo sguardo, intenso e penetrante.

 

-“Stai bene?! Hai una faccetta sbattuta…”-.

 

-“Pensa alla tua, tu! Anzi, pensa che voglio arrivarci a gustarmi il gelato, per cui, sei sicuro di voler guidare?!”-.

 

-“Metti in discussione le mie doti automobilistiche?!”-.

 

-“Uhm…sì.”-.

 

Avessi mai pronunciato quel sì; due secondi ci ha impiegato per mettere in moto, sgasando, e portarmi a correre lungo lo stradone principale, che attraversa tutto il nostro quartiere.

Ho visto la faccia di Simona mentre vedeva sgommare la sua piccola scatoletta bianca; non la dimenticherò mai, giuro, troppo ma troppo buffa!

 

-“Oh ma sei scemo?! Frena che là c’è una curva!!!”-.

 

Ho recitato tutto il rosario in mezzo secondo, mentre scalava le marce e dava botte di freni.

Questo ragazzo è davvero il folle dei folle!

Però ho riso come una pazza; mi ha fatto distrarre dai miei pensieri e dai miei piccoli dolori.

 

-“Allora?! Che ne dici?!”-.

 

Spegne il motore, si gira verso me con una faccia tutta soddisfatta.

 

-“Che sei matto, matto da legare proprio…”-.

 

La rotonda ormai è deserta, sono rimasti soltanto Mario e Simona, che con due facce allibite da lontano ci guardano.

 

-“Beh?! Lo volete questo gelato o no?!”-.

 

Gli urla, abbassando il finestrino.

I due ci vengono incontro, borbottando frasi incomprensibili.

 

-“Tu sei uno scemo!!! Lo sai che ci toccherà spingere adesso?! Non ho benzina, guarda!”-.

 

Questo gelato comincia a starmi sul groppone, davvero.

 

-“Tranquilla, offro io… isterica!”-.

 

Fa la linguaccia alla mia migliore amica e partiamo.

Quando arriviamo, siamo giusto in orario per accodarci agli altri; prendiamo ognuno i nostri coni e andiamo a sederci in un piccolo giardino che da sulla gelateria.

Ci voleva proprio un cono fresco e zuccheroso.

 

-“Stai attenta è.. che quello va a finire tutto là poi…”-.

 

Marco si è seduto al mio fianco, mi prende in giro, indicandomi la pancetta.

 

-“Caro, io non ho di questi problemi…”-.

 

Gli rispondo altezzosa, scostando con una mano leggera, una ciocca di capelli dalle spalle.

 

-“Fammi sentire un po’…”-.

 

Mi blocca, cingendomi le mani intorno ai fianchi.

Non so cos’è e mi maledico ogni volta che succede, ma quando quelle sue mani mi sfiorano, anche di mezzo millimetro, sento i brividi attraversarmi tutto il corpo.

 

-“Vorrei baciarti, lo sai?!”-.

 

Mi guardo attorno; d’improvviso è come se sentissi gli occhi di tutti addosso.

Mi scanso dal suo viso troppo vicino al mio, fingendo una smorfia.

 

-“Qui?! Davanti a tutti?! Per finire poi sulla gazzetta ufficiale della rotonda?! No grazie. Le mie emozioni me le tengo per me.”-.

 

Senso di protezione o pura follia la mia?!

Non lo so, eppure me lo sono chiesta tante volte.

Questa “storia” era così ambigua e poco chiara, perfino a noi stessi, figuriamoci cosa avrebbe potuto scatenare agli occhi di persone estranee; la vedevo così, finche non avrei avuto chiaro il significato della mia cotta per Marco non avrei mai fatto nulla davanti agli occhi curiosi di persone estranee ai fatti.

Temevo il chiacchiericcio, questo sì, volevo proteggere questo bocciolo appena spuntato, sì.

Ma non era solo questo, giusto.

Io stavo scappando, forse stavo cominciando a farlo sul serio ed è proprio da qui che Marco ha preso ad inseguirmi, tendermi la mano, aiutarmi e portarmi sui morbidi petali di una rosa che prima o poi dovrà sbocciare.

Tante corse ancora dovranno spendersi e quanti “inseguimenti”.

Ci sono arrivata poi?!

Ed Alessandro si cancella davvero con un colpo di spugna?!

E poi c’è quel viaggio, dirlo a Marco?! Non dirlo?!

Il gioco sta per cominciare, buon divertimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** The game ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

Ecco il chappy n. 12, che dire, prevedo che questa storia sarà bella lunga…ma ho così tante cose da raccontare, che dovrò abusare di egoio ancora per molto-molto-molto tempo ^^’

Damynex: grazie per i complimenti, purtroppo ( o per fortuna non lo so, dipende dai punti di vista^^) questa fic è in gran parte la storia della mia estate; diciamo un racconto autobiografico e per quanto mi stupisca anche io di averlo fatto, a quel viaggio ci sono stata…

Michelle: Tesorino, sono sempre più contenta che tu riesca a seguirmi, per cui non farti problemi se non riesci a recensire tutti i capitoli, davvero, a me il tuo commentuzzolo fa piacere, indipendentemente dal suo tempismo nell’arrivare, ok?!

Mi dispiacerebbe di più se non arrivasse, ma non perché la storia deve per forza piacerti, ma perché il tuo parere conta, mi hai sempre seguita e credo anche tu mi abbia portato fortuna! ^_-

 

 

 

“THE GAME”

Chap n.12

 

 

 

-“Allora che fai, mi vieni a trovare sì o no?!”-.

 

La voce di Marco, rimbomba nella cornetta, distesa e scherzosa come al solito.

 

-“Avrei un po’ di cose da fare stamattina, sai com’è…”-.

 

-“Ho capito, mi lasci solo anche oggi! Più tardi ci sei?!”-.

 

Sto giocando con una ciocca di capelli, sono indecisa sulla mia risposta; sono giorni che mi diverto a farlo rosolare in un giochetto perverso e contorto.

 

-“Uhm…non lo so…”-.

 

-“Va bene, allora passo sotto casa tua, ADESSO…così non puoi mettere scuse, ok?!”-.

 

-“Marco, sono in pigiama!!!”-.

 

-“Rompiscatole, mi bastano cinque minuti, ti affacci in finestra e chiacchieriamo un po’. Sto arrivando…ciao!”-.

 

-“Marco?! Marco?!”-.

 

No, non ci posso credere, mi ha attaccato il telefono in faccia.

Però è troppo un tesoro, non posso che sorridere, nonostante continui a farlo camminare su un terreno instabile, lui continua imperterrito a percorrerlo.

Mi alzo dal divano, ciondolando un po’ per casa; sono stranamente felice ed eccitata, quasi non vedessi l’ora di sentire quel citofono suonare.

Non riesco a capire cosa mi stia succedendo, la mia razionalità sembra appesa ad un filo debole e scarsamente stabile; sento i miei sensi ribollire nel profondo di una me stessa ancora troppo confusa.

Il cellulare, fra le mani, scorre sui messaggi ricevuti negli ultimi tempi.

Sono tutti suoi, sono tutti di Marco.

Questi ultimi giorni sono stati davvero pieni della sua presenza; piccole pillole, prese a singhiozzi, ma intensamente unici e inimitabili.

Sento la sua presenza vicina e costante, io sento la sua essenza appiccicarsi forte alla mia.

Vorrei fuggire da lui, scappo da lui, ma quando i nostri destini si incastrano e si incrociano, non posso fare a meno di morire fra le sue braccia.

Amo chiudermi nei suoi abbracci, senza parlare, senza bisogno di aggiungere altro se non sospiri, fra quelle braccia calde, accalcate, l’una sull’altra.

 

Il suono invadente e forte del citofono, mi entra nelle cervella, svegliandomi da pensieri piacevoli e amabili.

 

-“Chi è?!”-.

 

-“Marco…”-.

 

Adoro il suo nome; non mi è mai piaciuto particolarmente, ma non so, sarà il suo modo di pronunciarlo, o il mio che è diventato più suadente e accattivante, nel declamarlo, da quando lo conosco, fatto sta che mi piace davvero tanto.

 

“Marco: L'azione, il pericolo, il rischio sia sentimentale che intellettuale, sono le parole d'ordine di questo errante. Indifferente alle comodità, agli oggetti preziosi, all'accumulo di grandi fortune, M. non conosce il senso del possesso. Per nulla preoccupato di arrivare al successo, di ottenere gloria e onori, M. è dotato tuttavia di un'intelligenza sottile, di gentilezza, equilibrio e tenerezza.

 

L’altro giorno avevo il libro dei nomi fra le mani, una risata mi è nata spontanea, leggendo fra quelle righe i veritieri tratti del suo carattere.

 

 

-“Aspetta che mi affaccio…”-.

 

Ho aperto l’anta del balcone con gesto secco e deciso, il sorriso a sessantaquattro denti si è acceso sul mio viso; è semplicemente troppo carino, Marco stamattina.

Indossa una maglietta azzurra, che risalta la sua carnagione vagamente colorita, da un sole preso a mozzichi e bocconi.

Mi accoglie con un sorriso, altrettanto armonioso, bello. Punto.

 

-“Ciao ciccetto!”-.

 

Piccolo appunto: da qualche giorno lui per me è diventato ciccetto.

La mania di Simona/Luana dilaga a vista d’occhio.

 

Mi sporgo un po’, facendo forza sulle braccia; con i piedi tamburello sul pavimento fresco, fissando i suoi occhi allegri e lucenti, anche da lontano.

 

-“Ciao pigrona…bel pigiama, complimenti, meglio del mio!”-.

 

Per un momento prendo a fissarmi; il pigiamino azzurro scolorito che mi ha regalato nonna qualche Natale fa, colpisce ancora. Beh, sapete, ne ho fatte di conquiste con questo pigiamino…

 

-“E non hai visto ancora i calzini…pezzo da museo proprio!”-.

 

-“Oh, sì che gli ho visti…oggi rigati o zebrati?!”-.

 

I miei mitici calzini zebrati, un must ormai alla rotonda; mi stanno prendendo in giro da giorni, dopo che li ho sfoggiati su un paio di decolté, sotto ai mitici jeans attillati.

Che volete farci, la fantasia è fantasia. E lui la mia, se la ricorda bene a quanto pare…

 

Gli sorrido, orbitando gli occhi a destra e sinistra, a mo di vagheggio.

 

-“Come mai da queste parti piuttosto?!”-.

La butto sullo scherzo, visto la telefonata di pochi istanti prima, ma lo vedo farsi serioso.

Mi preoccupo un po’, poi a mezzo fiato mi borbotta un…

-“Ti volevo parlare un po’…”-.

-“E da quando in qua, tu parleresti?!”-.

Sorride a stento, allora lo prego di attendere due minuti, che sarei scesa all’istante.

Quando spalanco il portone, lo trovo ancora appoggiato alla macchina parcheggiata sotto la mia finestra.

Gli vado incontro, abbracciandolo forte; ricambia il mio abbraccio intensamente, facendo scivolare il volto lungo il mio collo, quasi volesse carpire l’essenza del mio profumo dolciastro.

 

-“Ehi, cos’hai?!”-.

 

Mi stacco da lui, prendendogli il volto fra le mani.

Mi guarda ridendo, allora capisco che sta mascherando qualcosa.

Ormai del suo sorriso ho capito troppe cose; ride quando è imbarazzato, abbassa lo sguardo e soffoca il tutto con un sorriso spontaneo, ride quando riesci a capire cosa gli è passato nella testa, allora chiude gli occhi e ti regala quella magia fatta di porcellana bianca lucente.

 

-“Niente…sai, l’altra sera è successo un mezzo casino…”-.

 

-“Ma dove?! E di che casino parli, Ma?!”-.

 

Guardo lontano, cercando di capire in che razza di guaio si sia messo.

Lui mi fissa, probabilmente aspetta che sia io ad arrivare al tutto.

Ciò mi mette ancora più agitazione, poi chiudo gli occhi.

Negli ultimi giorni, ci siamo visti spesso io, lui, Simona e Sga; provo ad immaginare qualcosa legato a questi incontri e…UN ATTIMO!

L’altra sera al piazzale, mi è sembrato di notare qualcosa di strano; Sga era stranamente più affettuoso del solito, quasi sempre cercando di enfatizzare ogni gesto davanti agli occhi di Marco, che di rimando, si è prontamente tenuto a distanza dalla sottoscritta.

Non ho dato peso alla cosa lì per lì, infondo la situazione fra noi tre si è fatta da qualche tempo un po’ delicata; ma sì, il triangolo amoroso si è riformato, solo che al posto di Simona, adesso ci sono io.

Ma Sga non è affatto affare amoroso, per me.

Dovrò rammentarmi di parlargli, il prima possibile, a meno che, lui non abbia preceduto ogni mia iniziativa.

Riporto lo sguardo su Marco, che enigmatico sta cercando di decifrare gli strani movimenti delle mie labbra; sono nervosa, e quando sono nervosa mi diverto a fare buffe espressioni con il viso, lo so.

 

-“Sga è venuto a parlarmi. Lo ha fatto già molto tempo fa, solo che adesso è diciamo un tantino incazzato”-.

 

Quanto odio avere sempre ragione; bene le acque cominciano a smuoversi, dal verso sbagliato però.

 

-“I-incazzato?! Ma che ti ha detto di preciso?!”-.

 

Tento di strappargli una confessione, so che è suo amico e probabilmente non mi dirà nulla, ma voglio provarci ugualmente.

 

-“Mi ha parlato di quel giorno che siete andati al mare…e diciamo che si era fatto delle idee su di te…poi però ti ha visto con me e…”-.

 

-“E…?! Si può sapere che strane idee si è fatto?! Perché qualsiasi idea si sia fatto ha preso un grosso abbaglio!”-.

 

Comincio ad alzare i toni, mi sento improvvisamente giudicata male; come temevo i miei gesti “affettuosi” sono arrivati distorti e ambigui.

 

-“Sai Lù, spesso capita che noi ragazzi ci montiamo la testa. Tu sei arrivata, bella come il sole, allegra e frizzante e hai regalato sorrisi e abbracci spontanei a tutti, normale che dei pecoroni come noi, si sono sentiti in Paradiso con niente…”-.

 

-“Oh, sì, altro che pecoroni, siete dei montati, tu e tuoi amici. Possibile che una ragazza non può sentirsi libera di espandere la propria personalità come vuole?! Poi voglio proprio sapere che cavolo t’ha detto quel cretino…un abbraccio in più gli ho dato, mica il sangue!”-.

 

Marco mi guarda con quel sorriso da idiota dipinto sul volto.

Lo prenderei a calci. Non può ridere!

 

-“Ecco, io conosco Sga, si monta con poco, davvero! Sicuramente le idee che si è fatto sono solo sue e le cose che ha visto, le ha viste solo lui…sta tranquilla!”-.

 

Odio la sua pacatezza, il suo stramaledetto equilibrio.

I suoi “tranquilla” o “rilassati”. Mi innervosisce. Però mi piace. Tantissimo.

 

-“Beh?! E adesso che vuole?! Che vuole da te, e tu che vuoi?! Io non so che devo fare…”-.

 

-“Ehi, tranquilla…”-.

 

-“MARCO!!!”-.

 

-“Scusa, tranquilla no è vero! Allora NON TI PREOCCUPARE! Parlaci no?! Io l’ho già fatto, metti in chiaro tutto e vedrai che la situazione si sistemerà. Lù, però quello che vuoi lo sai solo tu, agisci in relazione a ciò che senti. Sga si è incazzato è vero, ma stavolta io non lascio perdere, io vado avanti, costi quel che costi e il motivo lo sai qual è, no?! Stavolta non ci sono santi, stavolta ne vale la pena…”-.

 

Arrossisco, al sol pensiero delle sue intenzioni; fra le righe mi ha fatto capire che sono importante e la cosa mi lusinga, mi appaga, mi fa sentire bene.

Marco è importante per me?!

Importante, che parolone, mi sembra così esageratamente grande…ma lo E’. Credo proprio di sì.

Ma lo fosse o meno, la situazione con l’altro Marco va risolta.

 

-“Certo, nemmeno stiamo insieme e già ci sono ostacoli da sormontare…ora capisci perché non voglio che nessuno sappia di noi?!”-.

 

Guardo il pavimento ruvido a scacchi del porticato, e mi lascio andare ad un sospiro.

Le sue mani, prendono il mio volto fra le mani, riportandolo in alto, verso il cielo.

 

-“Sei furbetta… lo sai?! Se sai cosa vuoi te lo prendi, non ci sono ostacoli troppo insormontabili da superare…no?!”-.

 

-“Uhm, può darsi…ma lo sai che è un periodo un po’ così per me e…”-.

 

-“Non ti sto chiedendo nulla Lù, lascio compiere il destino alla sua maniera, ma tu lasciati vivere…”-.

 

Sorrido, ora è il momento di dirgli tutto.

 

-“Un casino l’ho combinato anche io, sai?!”-.

 

Mi guarda perplesso, riprendo a parlare.

 

-“A metà luglio parto, vado in Sardegna. Con… con Alessandro.”-.

 

Un sorriso sarcastico si dipinge sul suo bel viso.

 

-“Scusa ma non capisco…”-.

 

-“Io il viaggio non lo mollo, lui nemmeno, così siamo arrivati ad una specie di compromesso. Partiamo e dall’esito di questo viaggio si deciderà il da farsi. O uniti o divisi, per sempre.”-.

 

Ride ancora, sembra nervoso.

 

-“Ah, insomma dovrò impegnarmi…”-.

 

Lo guardo, mi aspettavo una reazione del tutto diversa, gli ho appena detto che parto con il mio mezzo ex e lui se ne esce con una frase del tutto sconclusionata?!

Non ci ha messo molto per farsi capire.

 

-“Mi impegnerò a fondo per far sì che l’unico esito di questo viaggio non sia a discapito mio.”-.

 

-“Una sfida quindi?!”-.

 

E’ un angelo, non mi ha voltato le spalle mandandomi a quel paese, lui mi sta tendendo nuovamente una mano.

 

-“Un gioco, prendila così. Ho solo me stesso da donarti è vero, non potrò competere con i tre anni di vita che lui ha vissuto con te, ma ci provo, te l’ho detto, ne vale la pena. Poi sarai tu a decidere, soltanto tu.”-.

 

Deglutisco, sono felice ma anche spaventata. A morte.

Quanto mi pesa questo viaggio, lo spirito e il significato si è fatto ancora più pesante.

Ora  tutto gira su una mia decisone; la storia di tre anni da ricucire o il brivido di un emozione neonata?!

Non so cosa rispondergli, sono inebetita.

Marco, quanto mi fa impazzire sapere che ci crede così tanto in noi.

Noi, che brivido questa parola.

Chissà se infondo al cuore questa scelta non l’abbia fatta già.

Chissà se riuscirò mai ad arrivare ad una scelta.

Ho paura, mi stringo forte a lui.

 

-“Dovrai impegnarti allora…non è facile lo sai…”-.

 

-“Io ci sono, sono qui, per te. Ma tu lasciati vivere, dammi la possibilità di giocarmi le mie carte…duello paro, ok?!”-.

 

Sorrido, ho il viso incastrato sulla sua spalla; non mi staccherei mai più da lui, da quella forte scossa che provo ogni volta che mi è vicino.

E’ come se fossimo elettroni o comunque particelle che si attraggono fra loro; la nostra attrazione reciproca sprigiona energia, la stessa energia che non posso negare di provare, o tentare di nascondere, perché c’è, ed è libera nell’aria, intorno a noi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Parlare è chiarirsi. Chiarirsi è capire. ***


“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

“PARLARE E’ CHIARIRSI. CHIARIRSI E’ CAPIRE”

Chap n.13

 

 

 

-“Ma davvero mi stai dicendo?!”-.

 

-“Sì, te lo giuro, testuali parole.”-.

 

Simona è perplessa almeno quanto me, delle dichiarazioni “scottanti” di Marco.

 

-“Ah ma allora lo vedi che s’è innamorato?!? Quello sta sotto come un trenino per te ciccia!!!”-.

 

-“ Tse! Ma che vai farneticando…”-.

 

Guardo fuori dal finestrino, la mente vola al significato della parola amore; no, non può essere così, Marco è ribelle, Marco è menefreghista, Marco non si è mai innamorato.

 

-“Ciccia fra le righe ti ha detto che sei importante, ti ha fatto capire che t’aspetterà, vuole mettersi in gioco…cos’altro doveva fare?! Firmare un patto col sangue?!”-.

 

Sorrido, no, niente patto, solo sincerità.

Lui mi sembra così ambiguo, così sfuggente e così vicino da annullare tutto ciò che di razionale potrei pensare.

 

-“Ma adesso con Sga che devo fare, parlarci?!”-.

 

-“Subito, di corsa!! Ma lo sai cosa mi fa pensare che tu sei davvero quella giusta per Marco?!”-.

 

-“Cosa…?!”-.

 

-“Quando l’anno scorso è successo il casino fra noi tre, lui mi ha mollata, non ero mica importante io. Non lo ha detto di certo a me che ne valeva la pena continuare…per cui fatti due calcoli sorella, e non venirmi a dire che non l’hai capito anche tu.”-.

 

Capirlo, l’ho capito.

E’ accettarlo che è diverso; voglio sapere, ma in realtà non voglio sentire.

 

-“Ma se ti chiedesse di metterti con lui?!”-.

 

-“Eh?!? Non dirlo neanche per scherzo Simò…non fartene di questi pensieri, per favore!”-.

 

-“Ho detto metterti con lui, mica attaccarti una malattia schifosa...”-.

-“Si vede che non conosci questa malattia schifosa…”-.

Ci siamo guardate, scoppiando a ridere.

Che matte che siamo, che estate del cavolo questa!

 

 

-“Oh è arrivato…ci vai adesso a parlare?!”-.

 

Fisso da lontano una Fiesta verde, imboccare la traversa della rotonda.

Sga è arrivato.

Scendo dalla macchina, mi dirigo verso di lui.

 

-“Ciao, posso?!”-.

 

Ho aperto la portiera, buttandomi sul suo sedile di peso, senza neanche aspettare una risposta.

Il mio grado di confidenza con lui è arrivato davvero alle stelle, un tempo non me ne sarei preoccupata, adesso le cose sono un po’ cambiate. Io, lui e Marco, siamo cambiati.

Il triangolo si è scombussolato, bisogna riportare gli equilibri ai propri posti, ristabilire una posizione ideale per tutti noi.

 

-“Fammi indovinare…vieni qui per liquidarmi?!”-.

 

-“Liquidarti?! Perché fra me e te c’è una storia?!”-.

 

Raccolgo la sua provocazione, gettandone un'altra al centro.

 

-“No, ma tu mi piaci.”-.

 

Secco e diretto.

 

-“Anche tu, solo che il mio interesse per te si ferma alla complicità caratteriale. Tu sei il mio ragazzo ideale, dolce e affettuoso…”-.

 

-“Ma…?!”-.

 

-“Ma non è scattata quella scintilla che completa l’opera. Va bene l’affetto, ma serve anche l’attrazione…no?!”-.

 

Annuisce, sbattendo le mani poi sul volante.

 

-“Io non ci posso credere, sempre e comunque le stesse ragazze devono piacerci. Non esiste che una che piace a me,

a lui non interessa…cavolo ‘sta storia m’ha stufato!”-.

 

-“Ma dai è la vita che è così, la vostra vita, siete sempre gomito a gomito è normale che abbiate gli stessi “interessi”…”-.

 

Lo vedo sorridere, quasi.

 

-“Ti piace eh?!”-.

 

Si è acceso una sigaretta, aspirando nervosamente il primo tiro.

 

-“Sì, non lo nego, provo un interesse nei suoi confronti, ma lui non è un ostacolo o una barriera fra la mia e tua amicizia. Sga, non prendiamoci per il culo, anche se ci fossimo piaciuti entrambi, questa storia sarebbe stata una gran cavolata. Tu sei fidanzato, io sto come sto…dove vuoi che saremmo andati?! Per ciò, teniamoci l’amicizia, anzi coltiviamola, visto che sembra essere proprio un bel fiore!”-.

 

-“Sì questo sì, però se ti fa soffrire lo ammazzo con le mie mani!”-.

 

So a cosa sta mirando. Non do peso alle sue parole, non voglio darlo alle parole di nessuno, Marco è ciò che ha dimostrato di essere quando sta con me.

Del suo passato non mi interessa nulla, lo conosco per ciò che si è mostrato.

Mi piace e mi fido di lui.

 

 

Scendiamo entrambi dall’auto, ed  insieme abbracciati ci dirigiamo verso gli altri.

Da lontano scorgo il mio ciccetto chiacchierare animatamente con un gruppo di persone.

Mi appoggio sul muretto, Sga mi siede accanto e Simona ci è di fronte.

Fa davvero un caldo pazzesco questo pomeriggio, mi sento terribilmente affaticata e assonnata.

Tra una chiacchiera e l’altra , Marco si accorge di me e mi raggiunge.

La scena si prospetta davvero buffa; da un lato c’è Sga, che non sembra aver colto fino in fondo il concetto d’amicizia appena finito di espletare, visto il suo abbraccio opprimente quasi e dall’altro Marco, che cerca di appiccicarsi ai miei jeans il più possibile.

Sono divertita; mi diverte vedere come si fanno guerra, sottile, velata.

Sga si è vinto il soprannome di tatuaggio; è da un ora e un quarto che gli altri lo stanno prendendo in giro, per via della sua vicinanza nei miei confronti. Poveretto.

Marco se ne frega di tutto, mi parla come se esistessimo solo noi al mondo.

Siamo a gambe incrociate, l’uno di fronte all’altro, sul muretto delle chiacchiere, rimastomi nel cuore poi successivamente.

Qui è nato il nostro amore, qui si è materializzato il nostro corteggiamento.

Nessuno può capire quanto amo questo muretto di calce e cemento, incastonato da mattoni rossi.

 

 

-“Vedi?! Metà dei problemi ora sono risolti…hai fatto bene a parlargli.”-.

 

-“Speriamo non si metta altre strane idee in testa…”-.

 

-“Questo sta a te…”-.

 

Mi ha guardata, ridendomi praticamente in faccia; lo fulmino con lo sguardo, tirandogli fuori la lingua.

 

-“E tu…?! Tu che strane idee ti sei messo per la testa?!”-.

 

-“Uhm, secondo te ho la faccia di uno che sta per dirti cosa gli passa per la testa?!”-.

 

Lo guardo bene, scuotendo la testa in cenno di negazione.

 

-“Sei proprio un paraculo, non puoi aspettarti che faccia tutto io! Sei bravo a nasconderti dietro ad un sorriso vago, ma per quanto ancora vuoi tirare la corda?! Prima o poi dovrai parlare…”-.

 

-“Ma tu mi credi che io non ho mai parlato con una ragazza?! Solo parlato ovviamente…e per più di cinque minuti!!!!”-.

 

Si massaggia fiero il petto, io lo guardo stralunata.

 

-“Marco!!!”-.

 

Gli urlo in faccia, poi con la mano mi batto la fronte; non ho mai sentito un ragazzo così spudoratamente sincero e sicuro di se.

 

-“Cavolo, grazie per l’esclusiva allora!”-.

 

-“Ma dai…con te è diverso, tu hai preso quella parte di me che nessuna fino ad ora ha mai sfiorato.”-.

 

Il cuore?!

I sentimenti?!

Cosa?! Sarebbe facile chiedere e domandare, ma Marco riderebbe, nascondendosi nuovamente.

Non ho aggiunto altro, ho pensato molto alle sue parole; a suo modo comincia a sbottonarsi, la cosa mi fa piacere, perché tanto lui si aprirà, facendomi strada, tanto più sarò in grado di prendere la giusta decisione.

 

 

L’ho pensato tanto quella sera, a casa, nel mio letto; le sue parole dolci, il fluire di un leggero vento alzatosi ad un certo punto, le sue mani che si facevano strada nei miei lucenti capelli biondi, mi hanno fatto battere forte il cuore.

Mi sento desiderata, sento il suo desiderio sbattermi contro, ascolto i ritmi incerti dei suoi respiri quando siamo vicini, ammiro i suoi occhi specchiarsi nei miei, così belli, così puliti.

 

“Tu devi solo farti vivere e dare a me l’opportunità di farmi conoscere, di lasciarti quel qualcosa che ti porterà a scegliere me, di ritorno da quel viaggio. E te lo dico subito, io voglio vincere.”

 

Mi sono addormentata sulle parole dolci di un suo messaggio, lasciandomi coccolare da un istantanea del futuro in cui ci siamo io e lui, con il nostro amore appena nato, le risate e il muretto della comitiva.

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** I bagordi del sabato sera: gli effetti. ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

“BAGORDI DEL SABATO SERA: GLI EFFETTI.”

Chap n. 14

 

 

 

Il sedici luglio si sta avvicinando; è da più di mezzora che fisso il calendario appeso in cucina, con una tazza di latte fumante in mano.

Sono come ipnotizzata, tutto è smorto e statico dentro me, a parte un innato senso di nausea che mi sale ogni qual volta il mio pensiero si collega a viaggio- Sardegna- Alessandro.

Non partirei, non lo farei neanche sotto tortura, ma quello è il mio viaggio. Il mio bellissimo viaggio.

Oggi è il dieci luglio, domenica.

Le mie occhiaie sono frutto di una serata tutta disco, alcool e risate pazze; quelle occhiaie mi ricordano quant’è  che non mi divertivo, pazzeggiando così.

Discoteca ?! Discorso tabù, quando stavo con Alessandro!

Ah com’è cambiata la mia vita…il tutto in poco meno di dieci giorni!!!

 

 

-“Ehi, sto parlando con te!”-.

 

Mi volto, mia madre mi sta agitando la mano di fronte agli occhi; la guardo, tuffo due biscotti nel latte imitando una smorfia interrogativa con il volto.

 

-“Che c’è?!”-.

 

-“Sto uscendo a far compere, ti serve qualcosa?! Magari per il viaggio…”-.

 

Scuoto la testa, credo non mi manchi nulla, a parte la testa, voglia, entusiasmo.

 

-“Ma Alessandro?! E’ da un po’ che non passa da queste parti, tutto bene, sì?!”-.

 

A momenti il latte mi va di traverso. Biscotti compresi.

Non le ho detto nulla di noi.

Perché?!

Mi vergogno, ho paura, sono troppo sicura che mi faccia un cazziatone che non finisca più; mia madre lo adora, in tre anni di andi-rivieni in casa mia, si può anche accettare il fatto che lo considera un po’ come un terzo figlio.

Hanno da subito legato, quasi mi fa male svegliarla da questa specie di sogno, sogno che in realtà ci eravamo create entrambe.

Ma sì, io e Alessandro eravamo destinati a stare insieme; magari un dì ci saremmo sposati, avremmo sfornato due bei nipotini, io sarei diventata giornalista e lui ingegnere.

Bel quadretto felice, eh?!

Peccato che mano- mano ognuna di queste aspirazioni felici di mia madre, si sia frantumata contro un assurda realtà.

Assurda almeno quanto le bugie che continuo a propinargli ogni qual volta si sfiora l’argomento Ale.

Prima o poi le dirò tutto, non ora, ma verrà quel momento, non posso di certo nasconderglielo a vita.

Già, lo raccontassero alla mia coscienza però.

 

-“Sta lavorando tanto, ma va tutto bene.”-.

 

La butto lì così, lei non sembra tanto entusiasta della mia risposta coincisa, ma fa finta di niente, prende le sue cose ed esce di casa.

Mi lascio andare in un sospiro, alzandomi dal tavolo per riporre la tazza nel lavandino.

Il getto d’acqua del rubinetto ipnotizza i miei occhi, staccandomi ancora una volta, dalla realtà circostante.

E’ il trillo del telefono a riportarmi in vita.

 

-“Pronto?!”-.

 

E’ Simona, stamattina è partita con i suoi genitori per qualche giorno di mare.

 

-“Dormigliona!!! Buongiorno!”-.

 

-“Ma come fai ad essere così scattante dopo aver fatto le sei, stamattina?!”-.

 

Ride. Ora che ci penso bene, lo so come fa.

Ieri sera è stata la sua serata; tra un movimento e l’altro, in pista, è riuscita ad incollarsi a Valerio, in tutti i sensi possibili ed immaginabili…il suo buonumore non è tanto cosa strana quindi!

Che serata ragazzi, non mi sono mai scatenata tanto in vita mia; abbiamo ballato come due possedute, senza sosta.

E’ stato bello perché i ragazzi della comitiva, quel piccolo gruppo di persone che eravamo, ci proteggevano come scudi umani, dagli “assalti” invadenti di altri esseri vagamente simili, al sesso maschile.

Io e Marco poi, non abbiamo avuto alcun tipo di ritegno; c’è stata una certa attrazione assai particolare, del tipo prendersi e lasciarsi alla velocità di un ballo, fregandosene di tutto il resto.

C’è stato un momento in cui la musica si è fermata e noi siamo rimasti incollati labbra a labbra senza neanche renderci conto degli occhi scrutanti del resto del gruppo, che invadenti si sono posati su di noi; il nostro bacio è stato più forte di tutto, io volevo con tutta me stessa abbandonarmi a lui, che a sua volta, fremeva sotto le mie labbra.

Strusciatine, baci appassionati, mischiati all’euforia di essere tutti insieme, felici per una serata riuscita davvero alla perfezione, hanno portato a scoprirci, forse per la prima volta, con il resto del mondo.

E’ stato tutto perfetto, la serata in discoteca, i cornetti delle cinque e anche quella piccola gita al mare improvvisata su due piedi; lì è stato tutto così romantico, eravamo accartocciati nove di noi su di un plaid piccolo-piccolo, la mia testa poggiava sul ventre di Marco, che dolce ed infreddolito accarezzava le mie mani in modo così soave.

La mia è stata felicità pura; stare in spiaggia e veder sorgere il sole, lasciandosi accarezzare da una dolce giornata di luglio e da i suoi primi raggi di sole.

Oddio a momenti uccidevo Daniele, che non la smetteva di cicalarmi nell’orecchio, ma è stata davvero una delle giornate più belle della mia vita.

 

-“Ciccia mi manchi tanto, non vedo l’ora di tornare, qua mi annoio a morte! Tu che farai oggi?!”-.

 

La voce della mia amica mi arriva appena-appena; la testa mi ciondola, sono ancora troppo insonnolita.

 

-“Credo che spengerò il telefono e mi rimetterò a dormire, sono davvero troppo stanca!”-.

 

-“Esci con Marco, no?!”-.

 

Il suo tono mi è sembrato vagamente d’ammonimento.

Sbruffo un po’, mi congedo con lei con una risatina e lascio scivolare le mie palpebre in un sonno pesante e acuto.

 

 

Quando mi risveglio, getto un occhiata al cellulare, che vibrante si illumina in un fascio di luce argentata.

Lo afferro controvoglia, portandolo agli occhi; ci sono varie chiamate messaggi.

Marco mi ha cercata ripetutamente, compongo il numero e lo chiamo.

 

-“’Giorno…”-.

Gli parlo ridendo, so già che mi prenderà in giro, abbondantemente.

 

-“Svegliata ora?!”-.

 

La sua voce, mi sembra soffocata da uno sbadiglio.

 

-“Non so, qualcosa mi dice che non sono l’unica…ammettilo, hai aperto gli occhi da poco anche tu!”-.

 

Ride, mamma quanto mi piace quando ride.

Si è capito, ma ci tengo a ribadirlo, la sua risata è di sette meraviglie.

 

-“Senti , sto uscendo per andare a fare il pieno di benzina, perché non ti prepari che così usciamo un po’?!”-.

 

Fisso per un po’ il soffitto, prima di dargli una risposta.

Ieri è stato tutto così strano, lui mi è sembrato strano; il suo avvicinarsi e poi scappare mi ha urtato parecchio.

Per la prima volta, gli ho visto fare ciò che con lui faccio tutti i giorni, quotidianamente, e devo ammetterlo, mi ha bruciato sul serio.

Non voglio dirgli di no, non posso.

Non devo farmi sfuggire di mano la situazione.

 

-“Dammi una mezz’oretta e sono sotto da te!”-.

 

-“Ti passo a prendere io. Mezzora sia! Bacio!”-.

 

Mi alzo dal letto e corro in bagno; una bella doccia fredda mi rimetterà al mondo di sicuro.

Dopo trenta minuti circa, imbellettata e profumata, prendo le mie cose e scendo.

Lui è nella sua Polo che mi aspetta; sorriso furbo ed occhiali da soli poggiati sul naso, sembra proprio un fighetto.

 

-“Allora?! Dove mi porti?!”-.

 

-“Abbi fede... solo una cosa, puoi rimanere fuori casa oggi?!”-.

 

Lo guardo scuotendo la testa; mia madre mi fa lo scalpo se manco anche oggi!

Si intristisce un po’, ma il sorriso gli torna non appena un’altra idea brillante gli fulmina in testa.

 

-“Volevo portarti da una parte…per stare un po’ soli- soletti, in intimità, ma non si può! Il parco sotto l’autostrada, va bene lo stesso?!”-.

 

Mi lascio andare in una risata.

Annuisco, l’importante è che stiamo insieme.

Mette in moto l’auto e partiamo.

Oggi sembra ancora più strano, girata verso di lui posso notare il suo volto tirato, stranamente teso.

 

-“Che ti è saltato nella mente, ciccetto?!”-.

 

Si gira verso me, regalandomi un sorriso imbarazzato.

 

-“Ma… niente, poi ti racconterò dai! Tu fidati…perché ti fidi di me, giusto?!”-.

 

Si rigira al volante e prosegue la corsa.

Non sono del tutto sicura di fidarmi di lui, forse non voglio farlo.

Perché io a Marco la mia vita glie la metterei nelle mani, anche ad occhi chiusi.

Ma ho paura di lui, di ciò che sento.

Io sento.

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Guardarsi dentro. ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

E’ da un po’ che non interagisco con voi, care lettrici!

Come al solito voglio ringraziarvi dei vostri commenti, sempre troppo carini, nei confronti miei e della fan fiction.

Purtroppo, ultimamente non riesco a stare dietro alla storia, come vorrei starci realmente; ormai si è capito che tengo a questa fic quasi come fosse un figlio.

Per vari impegni ogni tanto l’abbandono, ma la finirò prima o poi, come sia giusto finire un pezzettino di me!

Il vostro sostegno mi riempie di gioia ogni volta, perché nel bene o nel male siete sempre presenti.

Grazie, grazie, grazie!!!

1kiss

LuNaDrEaMy

 

 

 

“GUARDARSI DENTRO”

Chap n. 15

 

 

 

-“Dove diavolo volevi portarmi tu?!?”-.

 

Siamo in macchina, Marco ha da poco parcheggiato; io, gli ho appena parcheggiato un urlo nell’orecchio.

 

-“Nella casa che ho fuori al paese…”-.

 

Scandisce le parole una ad una, ad occhi chiusi per paura di un mio bis; sembra un bambino che ubbidiente ripete le buone regole alla mamma.

 

-“E chi ti fa pensare che io verrei, SOLA CON TE, in una casa sperduta fra le montagne?!”-.

 

-“Bè?! Che male ci sarebbe…”-.

 

Sorride sornione.

Lo fulmino con gli occhi; se non la smette di ridacchiare sotto ai baffi, gli pianto un buco in fronte!

 

-“E me lo chiedi tu?! Con quella faccia da pervertito?!-.

 

Si lascia scappare una risata, io trattengo la mia, a stento.

Male, non ci sarebbe davvero niente di male, infondo- infondo (molto infondo ^^).

Forse, l’unica cosa che non va, sono i pensieri folli che tutto ad un tratto hanno affollato la mia testa.

Mi sa che qui, davvero l’unica pervertita sono io. ^^’’

 

-“Scusa, c’è qualcosa di male nel desiderarsi follemente?!”-.

 

Rompe il silenzio, facendomi piombare nel più assoluto imbarazzo; i nostri pensieri coincidono.

Odio dover pensare, che abbia capito quanto lo desidero.

Sesso, bell’ argomento siamo andati a cercare.

In realtà, non è la prima volta che ci giriamo intorno; credo che una delle nostre prime conversazioni abbia versato proprio su questo scottante argomento… che tipi che siamo eh?!

Ma con lui è divertente, c’è questo gioco di battute, di doppi sensi, che rendono il tutto meno imbarazzante.

 

Ecco, allora perché adesso sono vagamente diventata viola in volto?!

 

-“Marco!!! Se non la smetti ti lascio qui…”-. Mi volto verso il finestrino, dandogli le spalle –“Ma una doccia fredda te la potevi fare anche tu, prima di uscire…”-.

 

-“Una sola?! Non basta fidati…”-.

 

Mi volto minacciosa verso i suoi occhi, ride, mi afferra una mano…

 

-“Vieni, usciamo di qua, le tue urla mi hanno rincoglionito!”-.

 

Usciamo dall’auto, dirigendoci verso alcune panchine del parco.

Fa piuttosto caldo, il parco è semi vuoto a quest’ora, ma i grilli sugli alberi stanno inscenando un casino non indifferente.

Mi piace tanto il parco d’estate; si respira quell’ odore particolare tipo resina dei pini, accompagnato dai gridolini dei bambini e il canto delle cicale.

C’è un atmosfera diversa, in questa stagione dell’anno, non saprei dire cosa sia, tutto è calmo e rilassato, tutto scorre fluidamente, lungo il suo cammino.

 

-“Facciamo progressi, eh?! Questa è la nostra prima uscita da soli, senza rompipalle intorno.”-.

 

La magia dei miei pensieri, se ne va, sulle sue “dolci” parole.

 

-“Eh già, ma non so se lo hai notato… molte cose sono cambiate.”-.

 

Mi sono inserita un attimo, lui mi guarda dritto negli occhi.

 

-“Sì, tante cose…”-.

 

Cerco di interpretare le sue parole e il suo sorriso enigmatico, che tentano di nascondere una verità ormai palese:

Ci piacciamo davvero tanto. TROPPO.

 

 

-“Che cosa ti piace di me, Marco?!”-.

 

Domanda a bruciapelo, non so nemmeno perché glie l’ho chiesto.

Ci pensa un po’ su, facendo nascere in me la speranza, che siano talmente tante le cose, da ordinarle bene nella testa.

 

-“Te. Sì tu, così come sei.”-.

 

-“Buhhhuauau…ma che razza di risposta eh?! Ma hanno distribuito i manuali della scontato stanotte e non me ne sono resa conto?! Sei una sola Marco, credevo sapessi fare di meglio…”-.

 

Mi alzo dalla panchina, incrociando le braccia al petto, tenendo sul viso il broncio, per scherzo.

Lui si alza dopo di me, mi cinge la vita tirandomi verso sé.

 

-“ I tuoi occhi! Mi piacciono i tuoi occhi, che come due stelle illuminano il mio cielo, anche nei giorni no…”-.

Sembra serio.

Lo fisso. Non resisto…scoppio a ridere come un idiota!!!

 

-“No, ti prego ridammi indietro il mio Marco... per favore!!!”-.

 

Si mette a ridere anche lui, gli mollo uno sbuffettino.

 

-“Io te l’ho detto che sono un incapace con le parole…”-.

 

-“Vuoi che non l’abbia capito, signore delle stelle?!” Rido, poi proseguo –“Ma sappi, che almeno nel mio caso, una parola, una frase, vale tantissimo! Io lo so che tu sei uno alla “FATTI! NON PAROLE!”, so che odi perderti in monologhi, ma io adesso ho bisogno di essere coccolata e viziata, soprattutto da parole, calde parole. Non credere che non apprezzi i tuoi gesti, quelli arrivano, ma devo percepirli bene altrimenti rischio di perderli per strada. Una parola invece è diretta, mirata, e quando arriva, ti scioglie.”-.

 

-“Pensare che me ne sono sempre fregato di questa roba…”-.

 

-“Lo so…eccome se non lo so! Me lo ripetono tutti in continuazione!”-.

 

Già, soprattutto i suoi amici; li vedi accerchiarmi, in vani tentativi di analizzarmi, quasi fossi una cavia.

Non riescono proprio a spiegarsi, cosa mai gli ho combinato al loro amico “don Giovanni” di comitiva.

Al bastardo delle storielle.

Al ragazzo che ha sempre trattato le ragazze come un contorno.

Al ragazzo che ci provava praticamente con tutte.

 

“Adesso neanche più a ballare viene, se non ci sei tu!”

 

“Lo hai stregato, io Marco non l’ho mai visto così”

 

-“E’ cambiato, sembra davvero un altro…”

 

Queste, sono le frasi più tipiche che vengono a propinarmi.

Probabilmente io dovevo essere l’ennesima meteora del suo cielo, ma il nostro astro non si è spento sul nascere, brilla ancora lì, nel suo posto altissimo e irraggiungibile.

 

-“Tu, non devi starli a sentire, chiaro?! Quel Marco di cui ti parlano, non ha niente a che fare con te! Può sembrare strano, è strano ancora per me che ci sto dentro, figurati per loro che mi hanno sempre visto come quello menefreghista…”-.

 

-“Per questo sei così strano, ultimamente?!”-.

 

Mi guarda ridendo.

 

-“Anche. Sai non credevo sarei riuscito a farmi prendere così tanto da te. Per me sono tutte cose nuove chiamarti, cercati, volerti ad ogni costo e ad ogni momento del giorno.”-.

 

Lo guardo intensamente; è proprio questo di cui parlavo, prima.

Ricambia il mio sguardo, con le mani nelle mani.

 

-“Non credere che per me è tutto così semplice, sai?! Io ho dalla mia una storia di tre anni, che tanta esperienza mi ha dato ma…è un arma, per noi due è un arma…”-.

 

Si morde il labbro, guardando altrove.

 

-“Non credere che voglio mettermi al suo livello, non potrei mai stare al suo posto, ma io ci provo a darti qualcosa di me, quel qualcosa, che come ti ho detto, ti farà scegliere me, al posto suo.”-.

 

Gli accarezzo amorevolmente una guancia, sento il cuore stringersi in una morsa.

E’ incredibile quanto questo ragazzo mi faccia sentire viva, è davvero un dono del cielo.

 

-“Poi con te non è per niente semplice! Tu sei simile a me Lù, abbiamo lo stesso carattere, lo stesso orgoglio. Solo che a me adesso dell’orgoglio, non me ne frega assolutamente niente! Tu sei me Lù, in versione femminile…bionda e con le tette!”-.

 

Annuisco, ridendo.

E’ vero, siamo maledettamente simili; buoni ma testardi, espansivi ma orgogliosi a morte.

Sarà una bella lotta cercare di tenere a bada i nostri caratterini, ma l’amore si sa ti plagia, ti trasforma, perché quando sei innamorato ti annulli completamente per la persona che ami.

Lui è già cambiato, a suo modo.

Adesso tocca a me.

Sembra così semplice, eppure ho una paura folle, folle, folle.

Simona dice che se mi mettessi con Marco, adesso, farei un grande errore; non che il pensiero mi abbia sfiorata, ma…ci ho pensato è vero.

Lei pensa che devo prima smaltire bene la storia ALE-I TRE ANNI- IL VIAGGIO e poi con più calma, alla fine dell’estate decidere sul da farsi.

Dice che non devo buttarmi fra le sue braccia solo per rimpiazzare un amore folle che ormai non c’è più.

Ma chi ce l’ha tutto questo tempo…io no!

E poi smaltire… come la smaltisco una storia di tre anni?! Boh!

E poi, poi Marco non è affatto un rimpiazzo, può sembrare strano certo; ma io non credevo davvero sarei riuscita a provare ancora determinate sensazioni per una persona, così presto e alla luce di una storia importante, finita.

Buttarmi fra le sue braccia…mah, sì che lo farei e senza rimpianti, perché non posso far scappare ciò che sento, senza dargli almeno una possibilità di vita.

Cavolo, sto parlando come se la risposta a quel viaggio già ce l’avessi.

Dio mio, sento il cuore vibrarmi nel petto.

Calma Luana, devi stare calma, devi riflettere.

Viviti il momento, lascia andare il destino come deve andare.

Sì Luana, ignora i messaggi del cuore, tanto lui che ne sa, batte una volta sì e due no; lui ti può ingannare, beffarsi di te, rigirati come un pedalino.

Marco, oddio Marco, ma tu cosa sei per me?!

Ed io cosa sono per te?!

Ma lui, lui se le starà facendo tutte queste paranoie?!

 

 

-“Che mi tieni testa, ecco cosa mi piace di te!”-.

 

Scioglie l’abbraccio in cui ci eravamo buttati e mi porta il volto verso il suo.

 

-“Lù, tutto bene?!”-.

 

Razionalizzo il tutto, ricacciando i sentimenti là dove sono venuti.

 

-“Sì, sì tutto bene…abbracciami, ti prego abbracciami!”-.

 

Non se lo fa ripetere due volte.

 

-“Mi piaci tantissimo Marco. Io ho paura di partire…”-.

 

Mi accarezza i capelli, rimanendo fra le mie braccia.

 

-“E’ normale, ma tu lo sai quello che vuoi, io sono sicuro che tu già lo sai. E devi concentrarti soltanto su quello. Io giuro che non ti tartasserò, voglio che tu sia libera di decidere senza oppressioni…devi arrivarci da sola a noi.”-.

 

Noi. Sto morendo in un abbraccio.

 

-“Noi…?!”-.

 

-“Shh, una cosa per volta…tu pensa a ritornare da me, poi vedremo…”-.

 

E’ il suo vedremo che mi ha fatto tremare il cuore, più di tutto.

Voglio bene a questo ragazzo, gli voglio un bene dell’anima.

 

-“Ti voglio bene, Marco.”-.

 

-“Anche io Lù, anche io.”-.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** 16 luglio 2005: cronaca di un giorno lungo, lungo davvero. ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

“16 LUGLIO 2005. CRONACA DI UN GIORNO LUNGO, LUNGO DAVVERO”

Chap n. 16

 

 

 

-“Spero questo viaggio non ti faccia dimenticare ciò che siamo stati. Ora ho paura, sul serio. Ti aspetto Lù, io ti aspetto.”-.

 

 

ORE 22:00. PORTO DI CIVITAVECCHIA.

 

Sono salita da poco sulla nave, destinazione porto di Olbia, Sardegna.

E’ notte fonda, viaggeremo con il buio sulla testa e le stelle, a farci da navigatore; l’aria sa di umido, ma nonostante ciò, il ponte è affollato in una maniera spaventosa.

Tanti volti, affacciati da quella ringhiera bianca a tratti arrugginita, agitano le mani verso i propri cari.

Ci sono anche io, sto agitando il braccio da circa un ora, verso la figura in miniatura di mia madre; mi sento incredibilmente triste e non è solo per lo spirito del viaggio, adesso l’ho capito.

Sono triste, perché so che mi mancheranno le persone che lascerò a terra; Simona, prima fra tutte, perché se è vero che ci siamo ritrovate da poco è anche vero che non ci siamo mai più allontanate, nemmeno per mezzo secondo.

Tutta la rotonda, Valerio e Andrea fra tutti, ma in complesso davvero-davvero chiunque, anche quelle quattro gatte morte, che ho avuto la sventura di conoscere.

Lui… lo metto per ultimo, non certo in ordine di importanza, solo che tento di non pensare a quanto mi mancherà, LUI.

Il sol pensiero di allontanarlo da me, mi mette un ansia addosso che non sono in grado di spiegare.

 

Eh, mi mancherà Marco, mi mancherà tantissimo.

 

Ripongo il cellulare nello zainetto, il suo messaggio mi ha resa felice, felice davvero.

Alessandro mi è accanto, sembra felice; come potrebbe non esserlo, questa vacanza arriva dopo un anno intenso di lavoro e fatica.

Il chiacchiericcio vago sul ponte si sospende quando, dal comignolo dell’imbarcazione, comincia ad uscire del fumo nero e denso; fra poco si leverà l’ancora, fra poco si compirà questo benedetto viaggio.

La sirena, sveglia il porto ormai addormentato, i motori cominciano ad accendersi, la nave comincia lenta a spostarsi.

Mi riaffaccio alla ringhiera; gli occhi inumiditi, volgono verso un punto lontano, nell’infinito di quel mare statico, incredibilmente calmo.

Ripenso a Marco, già mi manca; una lacrima scivola giù sulla guancia.

L’asciugo, corro di filato in cabina, a nascondermi.

 

“Aspettami Marco, aspettami che torno presto.”-.

 

Starò mica andando in guerra?!?

 

 

 

*********

 

 

 

“Ma sta andando in guerra?!”-.

 

ORE 19:30 STRADINA SOTTO CASA MIA.

 

Io e Simona siamo legate in un abbraccio stretto, ci dondoliamo da un verso ad un altro, ricordandoci, con voce lagnosa, quanto ci mancheremo l’un l’altra.

Un signore, passato lì per caso, ci ha visto e ci ha preso in giro; no, non sto partendo per la guerra, ma quella che ho, interiormente, spaventa quasi quanto una bomba.

 

-“Ricordati che devi chiamarmi almeno una volta al giorno, chiaro?!”-.

 

-“Sì, Simo sì…”-.

 

-“Oddio ciccia e io adesso come faccio senza di te?!”-.

 

Mi si è rigettata completamente fra le braccia.

 

-“E come fai…non fare cavolate prima di tutto, tienitelo stretto fra le mani, almeno fino al mio ritorno, te ne prego!”-.

 

Mi guarda, sorridendo; sa che ho capito quanto è dura per lei destreggiarsi nella situazione Valerio, senza un paio di braccia in cui tuffarsi, se poi le cose dovessero mettersi male.

Accidenti a te ciccetta mia, se solo la tirassi fuori tutta quella grinta che in te c’è, lo vedresti con i tuoi occhi quanto sei forte, quanto sei bella.

Me la stringo forte. Mi mancherà davvero tanto questo piccolo batuffolo dai migliaia di riccioli neri.

 

-“Senti ciccia, devo chiederti un favore…”-.

 

Ha rialzato il volto verso i miei occhi, mi guarda sorridendo. Stavolta ha capito lei.

 

-“Sì, te lo saluto io Marco…e tutto il resto del gruppo. Però lo sai che sbagli, no?! Non fare che per quello stupido litigio che avete avuto, dovete lasciarvi in malo modo…dai…”-.

 

Non ho voglia di risponderle, Marco mi ha fatto imbestialire. Davvero tanto.

 

 

 

*********

 

 

 

ORE 14:30. CASA DI VALERIO.

 

-“Insomma, proprio in malo modo, vuoi far finire tutto?!”-.

 

-“Ma tu proprio non vuoi capire, eh?! Non capisci quanto è importante per me quella cosa?!”-.

 

Che settimana da urlo, io e Marco sono sette giorni che battibecchiamo su tutto.

Stavolta, come solitamente ci capita, stiamo discutendo sui sentimenti.

Lo odio, certe volte mi sembra un muro di cemento armato su cui urlo, ma a cui non arriva nulla, se non il rimbombo della mia stessa voce.

 

TI VOGLIO BENE, una parola di tredici lettere, non è poi così difficile da pronunciare.

Non per lui, non per Marco, restio e tirato, difficile da penetrare.

E devo sorbirmi le sue pillole di saggezza, per questo…

 

 “Te ne voglio anche io, tantissimo”

“Lo sai che per me è la stessa cosa, lo sai…”

“Idem…”

 

Cavolo significa idem poi!!! Non lo sopporto, no, non è proprio il tipo per me. NON LO E’!!!

E il problema non è il ti voglio bene mancato, il problema è che ha deciso di dirmelo proprio nel momento sbagliato; ubriaco come una zucchina, visibilmente scosso ed altamente eccitato… il giorno della mia partenza!

Che delusione!

 

-“Lù, a prescindere dal mio stato, giuro che è così. Te ne voglio tantissimo di bene, Lù…”-.

 

-“Ma falla finita, per favore…”-.

 

-“Ma vuoi veramente che un goccio di alcool in più, influenzi ciò che provo per te?! Io me lo sento dentro, questo è l’importante…”-.

 

-“Allora te lo potevi tenere dentro…stronzo!!!”-.

 

 

 

*********

 

 

 

ORE 20:00. ANCORA STRADINA DI CASA MIA!

 

-“Dio quanto è stronzo…”-.

-“Lù…”-.

-“Lo è!!!”-.

Simona ridacchia, credo non mi abbia mai visto così infervorata.

Do un occhiata all’ora; devo salutarla, c’è una valigia straboccante di roba che mi aspetta per essere sistemata.

Ci lasciamo, con le lacrime agli occhi.

Mi stupisco di me stessa, davvero, infondo è un viaggio, uno stupido viaggio di sette giorni.

Ma il mio umore proprio non ne vuole sapere nulla. Eh già.

Le stampo l’ennesimo bacio sulla guancia accaldata e faccio per ritornarmene a casa.

In ascensore, mi abbandono di peso contro lo specchio, con la testa ben bene appiccicata alla lastra argentata.

Fisso i miei occhi per tutto il tragitto; ma che sto facendo, davvero voglio andare via così?!

Voglio davvero lasciarlo senza un ciao o un arrivederci?!

Ha detto di volermi bene e lo ha detto ubriaco a casa di Valerio, durante il pranzo organizzato apposta per me, visto che parto.

Non posso perdonargli tale cosa, mi ha ferita, sminuendo tutti i miei sentimenti.

Cosa devo fare?! Che cosa è davvero giusto?!

 

Le porte si aprono, mi tuffo in casa in un baleno.

Corro in camera mia, riapro la valigia per la settecentesima volta, oggi, ma ho sempre l’impressione di dimenticare qualcosa.

In realtà cerco un diversivo per non pensare, sono stanca di rimuginare su ciò che è stato.

Ormai l’ho cazziato, discusso ciò discusso, fra un po’ partirò per giunta, quindi non c’è proprio nulla che potrei fare.

 

-“Basta, falla finita Lù! Finisci di preparare questa benedetta valigia e parti tranquilla.”-.

 

Non ho neanche finito di pronunciare a me stessa questa cosa, che sento il citofono irrompere nella quiete casalinga.

 

 

-“Chi è?!”-.

 

-“Ciccia sono Simona…scendi un attimo?!”-.

 

-“Ciccia?! Che ci fai ancora qui?!”-.

 

-“Non sono sola, c’è un po’ di gente che vuole salutarti!Scendi!”-.

 

Ho il cuore che batte forte, corro fuori al balcone a vedere chi c’è.

Ci sono davvero tutti; Valerio, Sga, la mia ciccia, Luca e tozzetto due nuovi ragazzi che ho conosciuto, poi lui.

Sì, LUI.

Li saluto con la mano, invitandoli ad attendermi un attimo.

Quando scendo sono tutti pronti, a mangiarmi viva.

 

-“Te ne volevi andare senza salutarci, eh?!”-.

 

Valerio è il primo che mi punzecchia, si avvicina e mi abbraccia forte.

 

-“Buon viaggio Lù, divertiti…”-.

 

Mi sussurra in un orecchio.

 

-“Grazie…e tu occhio a Simona, mi raccomando…”-.

 

Si allontana strizzandomi l’occhio.

Uno ad uno saluto anche gli altri, Sga fra tutti, mi fa mille raccomandazioni.

E quando il giro finisce, mi ritrovo fra le SUE braccia, ancora una volta.

Non dico una parola, credo che il silenzio abbia dipinto alla perfezione il mio assoluto stato di melanconia.

Dalle sue labbra, non esce un sibilo; si limita ad accarezzarmi i capelli, il mento appoggiato sulla mia spalla, il cuore che gli pulsa all’infinito.

Sono io la prima a staccarmi da lui, che di rimando mi fissa, con un mezzo sorriso sulle labbra.

Resto a parlare un po’ con Valerio e gli altri, prima di salutarli definitivamente.

Mi piange il cuore, ma stanno venendo a prendermi, il cellulare ha vibrato più volte, scandendo l’avvicinarsi dell’ora x.

 

-“Ci vediamo fra sette giorni allora…ciao!”-. Mi volto verso il cancello verde, ma sull’uscio, mi rigiro.

–“Ah, fate i bravi tutti, mi raccomando!”-. Guardo Marco, ridendo.

 

-“Aspetta, ti accompagno.”-.

 

Fa due passi in avanti, aprendo il portone al posto mio.

Gli faccio strada, sono agitata ma felice, so che devo parlargli, questa è l’ultima opportunità.

 

-“Certo che sei brava…te ne stavi andando senza neanche salutarmi!”-.

 

Mi blocca, trattenendomi per un braccio.

Siamo a metà strada, esattamente sotto al mio balcone.

 

-“Pensavo fossi troppo sbronzo per accorgertene… invece bravo, sei perspicace!”-.

 

Mi guarda serio.

 

-“Sei proprio antipatica, guarda che non ti lascio andare se non mi perdoni, chiaro?!”-.

 

-“Ah-ahm.”-.

 

Adesso mi fissa serio, i suoi occhi neri si sono fatti ancora più grandi, ancora più intensi.

 

-“Lo vedi che sei tu che non vuoi capire?! Secondo te perché sono qui?! Perché mi sono sballato oggi al pranzo?! Per te Lù, solo per te… cazzo!”-.

 

-“Oi non arrabbiarti con me, va bene?! Non ti ho chiesto io di venire qui, tanto meno di sbronzarti caro!”-.

 

Tutto ad un tratto, si mette a ridere.

 

-“Facciamola finita dai, non si può litigare per questa scemenza, non oggi Lù…dai vieni qui, abbracciami che poi per una settimana, io senza te, come faccio?!”-.

 

Lo guardo sorridendo. Pensa che io sappia invece come fare?! E chi lo sa!

 

-“Senti, io odio gli arrivederci, gli addii, insomma i saluti, per cui… niente di svenevole, ok?!”-.

 

-“No, acidella…”-.

 

Mi prende a se, con una passione travolgente, stampandomi un morbido bacio a fior di labbra.

 

-“Cavolo Marco, me ne sto andando sul serio…”-.

 

-“Lascia stare, non ricordarmelo. E’ da stamattina che vado domandandomi se ho fatto le cose per bene, se ho fatto tutto giusto…spero di averti trasmesso tutto ciò che avrei voluto trasmetterti!”-.

 

Guardo le sue labbra, i movimenti lenti delle parole scandite.

Ci passo su il mio indice, percorrendo lentamente il contorno rosato di quella meraviglia.

 

-“Credi di non aver fatto abbastanza?!”-.

 

-“Io non lo so, so per certo che ho fatto cose che Marco non si è mai sognato di fare, poi se è stato abbastanza sarà il tempo a dirlo, non credi anche tu?!”-.

 

Non posso che dirgli di sì, infondo non posso negare che non mi sia stato accanto o che si sia risparmiato in qualcosa.

Certo, i suoi modi di fare sono sempre ambigui, ma se ci penso bene è proprio questo che mi ha attratto in lui; spingerlo oltre quel limite, per sentirgli pronunciare cose mai dette, per provare quel brivido, che solo lui nella mia vita, ha saputo donarmi.

Marco parla, parla pochissimo è vero, ma ci sono parole che quando sono entrate nel mio cuore, hanno accesso quel battito stellare, da farlo tremolare di gioia.

 

-“Marco…io devo andare…”-.

 

Mi tuffo fra le sue braccia, che aperte e confortevoli, come sempre da quando lo conosco, mi fasciano.

Mi piace stare così, accoccolati, mi sento librare nell’aria pur non staccando i piedi da terra.

 

-“Fa il bravo e divertiti…ma fallo con la testa ciccino e soprattutto fallo se lo desideri davvero! Non ti chiedo d’aspettarmi, non lo farei mai, ma sii sincero con me, qualsiasi cosa accada, ok?!”-.

 

Non so perché gli ho fatto le raccomandazioni, forse perché per la prima volta, la sua famosa fama da latin lover, mi ha accarezzata; l’ho guardato a lungo e ho pensato che un sorriso come il suo non passa di certo inosservato ed io non sarò di certo l’unica che ne percepirà i benefici effetti.

Oh mamma ma che sto dicendo, lui è una canaglia, ma è onesto ed io non posso pensare che mi mentirà.

No, Marco non è stupido.

Ed io nemmeno…ma se comincio a dubitare di lui, già da adesso che non c’è nemmeno una storia ufficiale è la fine.

 

Mi scollo dal suo abbraccio caldo, portandogli le mani sul volto.

 

-“Posso chiamarti Lù?!”-.

 

-“Certo che puoi…perché non dovresti!”-.

 

-“Non voglio crearti casini, tanto meno influenzarti…”-.

 

-“Marco, Marco ascolta; tu prima di tutto sei una persona a cui tengo, davvero, non dico amico perché sarebbe una sciocchezza ma…tu sei importante e il sentirti vicino non farà altro che spianare una strada già aperta…”-.

 

Mi ha sorriso, avvicinandosi con le labbra alle mie.

E’ stato un bacio così dolce e…tenero, da sciogliere i sensi.

Io non vedo già l’ora di ritornare.

 

-“Ok…tu rispondi però!”-. Si sta allontanando, sta andando via, ma si volta per un volta.

-“Ah e…non butterei mai via ciò che ho provato con te in questi giorni, per il brivido di una  cazzata. Mai.”-.

 

Sto ridendo come una scema; adesso sì, che posso tornare a casa con il sorriso sulle labbra.

 

 

ORE 20:30. MACCHINA DI ALESSANDRO.

 

Sto andando via, ho il cuore che batte all’impazzata.

Io ed Alessandro siamo chiusi in un silenzio imbarazzante, complice.

Il mio sguardo è proteso verso il panorama al di fuori del finestrino; sto pensando tantissimo, come al solito non riesco a fare un viaggio senza riempirmi di paranoie!

Stavolta ho portato tutto, i trucchi, gli abiti giusti, i costumi variopinti…insomma non ho dimenticato nulla, ma tanto lo so, che avrete capito anche voi, che il pensiero paranoico non è certo rivolto ad una stupida valigia, stracolma di roba che sicuramente mai metterò.

Particolari, certo, solo particolari.

Ma allora perché ci penso?!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Il pensiero di due...innamorati?! ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

“IL PENSIERO DI DUE… INNAMORATI ?!

Chap n. 17

 

 

 

Un augurio speciale, a chiunque si soffermerà nella lettura di questo chap!

Vi auguro di passare un Buon Natale, sereno e felice.

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LuNaDrEaMy

 

 

 

“Tu sì che sei speciale…ti invidio sempre un po’.

Sai sempre cosa fare e…che cosa è giusto o no.

Tu sei così sicura…di tutto intorno a te.

Tu che sembri, quasi onda che…un onda che…SI TRASCINA A ME.”

 

 

 

Sto fissando le onde del mare, che energiche si increspano contro gli scogli, arrotondati da quel “dolce” contatto e penso a quanto mi piacerebbe essere la donna, della canzone di Vasco.

Sicura, di tutto, di tutto ciò che la circonda.

Decisa, come un onda, che arriva a destinazione, piena e conscia del suo viaggio, del suo destino.

Qui il vento non smette mai di tirare, la sabbia è bianca e ti offusca gli occhi, come una verità che non vuoi guardare.

Il sole è un manto che ti avvolge, bollente ma rasserenante, imperioso in un cielo sempre azzurro, senza mai una nuvola.

Distendo un po’ la gambe, affondando i piedi fra quei granuli ardenti; tiro indietro il busto, accoccolandomi per bene sul mio asciugamano viola che profuma di bucato fresco, di mia madre e delle sue faccende domestiche.

La Sardegna è un piccolo angolo di mondo che non potevo affatto perdermi.

 

 

-“Lù…Lù?!”-.

 

Sento la mano di Alessandro, premermi forte sul braccio.

Apro gli occhi, prima ben sigillati e lo guardo.

 

-“Ti squilla il cellulare…”-.

 

Mi guarda piuttosto curioso, quasi non vedesse l’ora di scoprire chi irrompe in quella quiete tranquilla.

Sì lo devo ammettere; la suoneria isterica del mio cellulare è davvero troppo isterica, per questa spiaggietta tranquilla, popolata da famigliole contabili sulle dita della mano.

 

-“Pronto?!”-.

 

-“Ciccia, sono Simona!!!”-.

 

La voce della mia migliore amica arriva distorta e lontana; sposto il telefono all’altro orecchio, come se pretendessi che di colpo la comunicazione potesse diventare accettabile.

Alessandro  sbruffa, girandosi dall’altro lato dell’asciugamano, dandomi le spalle.

Non la può proprio vedere Simona.

Rido, alzandomi e andando incontro al bagnasciuga, cercando di rimediare almeno una tacca in più sul telefonino: la Sardegna sarà anche stupenda, ma un difetto ce l’ha… i cellulari non prendono mai!

 

-“Simo, mi senti?! Come stai?!”-.

 

-“Bene ciccia, mi manchi tanto, di già!”-.

 

Beh, in effetti sono solo due giorni che sono andata via.

Manca tanto anche a me, glie lo dico, ma non voglio cadere di nuovo nella depressione pre-partenza; sì cavolo, questa è la mia vacanza, non ci manca solo doverla passare gomito a gomito con il mio ex, ora devo anche intristirmi dietro la mia migliore amica?! No, non è possibile!

 

-“Simo…mi dovresti fare un enorme favore…”-.

 

-“Controllare Marco?! O parlargli?! Già fatto ciccia, mi sottovaluti proprio…ihihi”-.

 

Resto a fissare le onde del mare, accarezzarmi i piedi e poi scappare via, dispettose.

 

-“Hai parlato con Marco?! E che ti ha detto?! Come sta?! Che combina?!”-.

 

-“Oh sì Luana, mi manchi tantissimo anche tu, davvero... io ti chiamo e la conversazione verte principalmente su Marco?! Voi due siete proprio fuori di testa…”-.

 

-“Noi due?! Dai ciccia tu mi manchi davvero tanto, ma Marco, Marco è un’altra storia, dai lo sai come ci siamo salutati…”-.

 

Si lascia andare in una risata, mi piace sentirla ridere, starei ore ad ascoltarla.

 

-“Allora, non è che ciò parlato poi molto, ma se proprio te lo devo dire, l’altro giorno è stato lui a trascinarci tutti quanti là, sotto casa tua. Cioè è venuto da me e mi ha chiesto di portarlo da te, doveva assolutamente salutarti, vederti un ultima volta, poi io ho fatto tutto il resto…”-.

 

-“In che senso, scusa?!”-.

 

-“Bè pensavo fosse un tantino rischioso portarlo sotto casa tua, metti che c’era Alessandro…ma a lui non è importato, ti voleva vedere ciccia!!! Così ho fatto venire anche gli altri, per far sembrare che fosse una situazione neutra agli occhi del tuo ex…va bene così?!”-.

 

Furbetta la mia ciccia, ha pensato proprio a tutto.

Peccato che Alessandro non è arrivato per tempo, a vedere con i propri occhi la situazione “neutra”.

Dio se ci penso, sono circondata davvero da una banda di matti!

 

-“E poi?! Poi che ti ha detto?!”-.

 

-“Ma davvero non te lo immagini?! Se arrivo a dirti che siete fuori tutte e due…”-.

 

-“No…no non ci credo! Ti ha chiesto di controllarmi?! O peggio, di parlarmi?!”-.

 

Ride. Colpito!

 

-“Quando abbiamo finito con te siamo tornati alla rotonda, c’ho parlato e lui si è aperto un po’, mi ha detto che…GRU GRU GRA GRARARA”-.

 

Oddio no; è diventato una rana?!

 

-“Simo?! Non ho capito, non ti sento bene!”-.

 

La comunicazione crolla inesorabilmente, proprio sul più bello.

Ah, cellulare infame, non prende neanche se mi mettessi a ballare la tarantella su un piede solo, davanti agli occhi delle famigliole felici!

Chiudo di scatto il telefono, gettandomi all’indietro a peso morto; con le braccia conserte sulla fronte, sembro proprio una disperata.

Apro gli occhi verso il sole e senza neanche un motivo, scoppio a ridere e rido, rido, rido…

Marco ha chiesto di me, Marco pensa a me, Marco…Marco è mio.

Ed io sono sua.

Neanche una distesa di mare azzurro e cristallino può dividerci, può dividere il pensiero di due innamorati.

 

 

“Mi ha detto che gli piaci tanto, si sente preso da te come mai gli è capitato nella vita, però ha tanti dubbi e incertezze; a volte vorrebbe fare di più, ma sente il peso del tuo passato incombergli sulla testa. Quindi, cara ciccia, molla Alessandro il prima possibile e tuffati fra le sue braccia…te lo ordino!!! Bacio.”

 

Mi alzo tutta sorridente; ritorno al mio asciugamano, butto il cellulare nello zaino e corro a tuffarmi contro quella meraviglia verde smeraldo, azzurro, blu…e non basterebbero i colori per descrivere l’acqua di questo mare incredibile, che ho davanti agli occhi.

Sono felice, mi sento bene, a parte tutto.

 

 

“Le stelle, stanno in cielo…e i sogni, non lo so…

So solo che son pochi, quelli che si avverano…”

 

E Vasco torna a cantare e canta nelle cuffiette, nella mia testa.

Il mio sogno sta per avverarsi, si è materializzato dal niente in una giornata qualunque un bel giorno di giugno, ed ora sta compiendo un cammino tutto in discesa, tutto per me.

E chissà se lo chiameremo amore, quel cammino.

 

 

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Capitolo 18
*** Il silenzio del cuore ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

Ragazze!!! State tutte infrattate a rimpinzarvi di panettoni, eh?!

Brave-brave…ma trovate anche un piccolo momentino per recensire la mia ficcy…su-su!!! ^^

Scherzo!!!

Un bacio speciale a Cucciola Writer per la sua recensione: grazie 1000 per i complimenti, sono stra-felice che la canzone di Vasco ti abbia colpito…piace tantissimo anche a me! Mitico VASCO ^_-

Michelle: mi sei mancata tesorino!!! Avevo immaginato che c’era qualcosa che non andava, ma non ti preoccupare non fa niente ^_- menomale che i capitoli ti sono piaciuti, sto periodo sto andando in crisi mistica!

Bacio a tutte

LuNaDrEaMy

 

 

 

“IL SILENZIO DEL CUORE”

Chap n. 18

 

 

 

-“Masini viene a Roma?! No…non ci posso credere, che sfiga sto dall’altra parte d’Italia!!!”-.

 

Simona mi ha appena comunicato che S. Masini verrà a Roma in concerto; che delusione, ve l’avevo detto che piano-piano me ne sarei innamorata anche io, ma per sfortuna perderò la prima occasione di vederlo dal vivo!

 

-“Sì, vado con Luca e Anna, forse anche Valerio, se si degnerà di onorarmi della sua presenza! Buhhauuuhh non ci tengo a regge il moccolo ai due piccioncini!“-.

 

-“Fregatene ciccia! S. Masini canterà a Roma e ti stai facendo tutti questi problemi?!”-.

 

Ha fatto uno strano mugolio, prima di cambiare discorso.

 

-“Con Ale, come va?!”-.

 

-“Tutto tranquillo, tutto tace.”-.

 

-“Quando gli darai la “bella” notizia?!”-.

 

-“Che notizia?!?”-.

 

Non potevo pensare che Simona conoscesse già la mia decisione.

Ero stata brava a tenermi tutto dentro, ma forse, forse gli amici fanno questo; riescono a guardarti, nel profondo dell’anima, riuscendo a cogliere ogni sfumatura, anche la più nascosta, la più recondita.

 

-“Ma che fai vagheggi anche tu adesso?! Oddio ti ha fatto male frequentare Marco…e credo ti farà male, ancora per un bel po’ di tempo, eh?!”-.

 

E’ straordinario quanto riesca a capirmi, è straordinario quanto si sia capita la mia scelta.

 

-“Insomma a Marco glie lo dirai quando tornerai, e ad Alessandro?! A lui quando glie lo dirai?!”-.

 

-“Presto, glie lo dirò molto presto. Non ce la faccio più ciccia, mi sembra di vivere in una situazione surreale! E il bello è che me la sono andata a cercare io! Simò, in tutta sincerità, io ti sembro pazza per caso?!”-.

 

Sento una risatina irrompere nella cornetta, borbotta un po’ prima di rispondermi.

 

-“Sì…ma sei una pazza simpatica! Ti saluto adesso ciccia, ci sentiamo più tardi!”-.

 

-“A più tardi!”-.

 

Bene! Allora il mio squilibrio psichico non è un utopia!

Ma cosa vado recriminando, una che passa la vacanza in compagnia con il suo appena ex, può mai somigliare ad una persona sana di mente?!

Da qualche parte ho letto che la pazzia rende normali le persone; sto ancora cercando di capire, se nel mio caso, sia una cosa positiva o meno, questa.

E’ questa estate, io lo so che la colpa è sua; è arrivata in punta di piedi, in assoluto anonimato e si è fatta scoprire per quella che è trascinandomi via con se, nel suo vortice.

 

Sì, lo so anche io; devo smetterla di dare la colpa all’estate…

 

 

Ritorno alle mie faccende, sistemando la montagna di vestiti che io e Alessandro, in tre giorni, abbiamo seminato per l’intero monolocale.

Mi guardo un po’ in giro, c’è un delirio assurdo; una volta mi piaceva perdermi fra il nostro casino, pasticcioni ed imbranati alla stessa maniera, eravamo davvero una coppia perfetta.

Tiro su un paio di suoi jeans, li piego per bene, poi mi fisso un attimo a guardarli; li riconosco bene quei pantaloni, sono quelli che indossava alla sua festa dei diciotto anni.

Che serata incredibile quella, era sbronzo come una cocuzza! Ricordo che era il momento del brindisi e non riuscivamo a trovarlo, uscii io nel giardino della villa che avevamo affittato per l’occasione, e lo ritrovai disteso a braccia allargate, in mezzo ad un cespuglio, mezzo addormentato, che dava di stomaco…proprio sui bei jeans di marca!

Ho girato i pantaloni, la macchia non è mai scolorita del tutto.

Mi passo le mani sul collo; mi mancano indubbiamente quei momenti, soprattutto ora che vedo la parola fine impressa su, inesorabilmente.

Chi lo sa, chi lo sa, perché le storie d’amore finiscono.

Chi lo sa perché l’amore prima ti incastra a se e poi ti molla, di colpo.

 

 

-“Buon giorno …”-.

 

Mi fa ancora effetto, sentirmi chiamare a quel modo da lui; io che per tre anni di filato non sono stata più o Luana, io che ero diventata micetta, momo e innumerevoli altri soprannomi, per lui.

Alessandro si è da poco svegliato, mi è passato accanto, dirigendosi verso la sua tazza di latte caldo.

Lo guardo, sorridendogli.

 

-“’Giorno…dove andiamo oggi Ale?!”-.

 

Devo ammettere che lo spirito del viaggio, nonostante tutto è rimasto immutato; dopo aver fermato il viaggio, in agenzia, ci siamo chiusi in macchina a fantasticare dei centinaia di posti che avremmo visto, promettendoci, che ne avremmo visti tanti, tanti.

Sono felice che quella promessa si stia compiendo; ogni mattina, ci alziamo presto, carichiamo la macchina e andiamo su e giù per l’isola, alla ricerca di posti nuovi.

 

-“Io direi di andare a nord…due tre spiagge stamattina e poi ce ne torniamo, sul tardi di pomeriggio, qua! Che dici?!”-.

 

E’ buffo, sta girando la cartina geografica delle spiagge, con una mano sola facendola volteggiare sul tavolo, mentre con l’altra cerca di sostenere la tazzona di latte.

 

-“Perfetto, vado a mettermi il costume e poi andiamo!”-.

 

Corro in camera, ma la sua voce mi trattiene.

 

-“Ah… , ti dispiace se ho detto ai milanesi di unirsi a noi?!”-.

 

Mi volto, aggrottando le sopracciglia e scuotendo il capo; no che non mi da fastidio, anzi, quei ragazzi sono un vero divertimento!

Corre voce di una inimicizia fra milanesi e romani, ma chi ha messo in giro sta cosa qua è un vero ignorante; io sono tre giorni che giro con questa compagnia e credetemi, me la sto spassando davvero troppo!

Certo capirli a volte è dura, il loro accento è del tutto cosa nuova per noi, ma la voglia di ridere e di stare insieme passa sopra ogni diversità!

 

 

 

 

-“Sai che penso tu piaccia a Laura?!”-.

 

Io ed Ale, siamo rimasti sdraiati sul suo grande asciugamano blu.

Mi sto divertendo a punzecchiarlo; se pensa che non li ho notati, gli sguardi languidi che la bella milanese gli ha rivolto, si sbaglia di grosso!

 

-“Ma perché, come ti guarda il sedere quel Mauro?! Giuro, alle volte gli spaccherei la faccia!”-.

 

-“Ale!!!”-.

 

Sono arrossita,  poi ci ho ripensato; ha deviato il discorso, il furbetto!

Lo guardo, ammiccandogli un sorrisetto.

Lui mi guarda e arrossendo, si volta dall’altro lato dell’asciugamano.

Ridacchio, prendendo le cuffie per reimpiantarle bene al loro posto; le mie orecchie!

 

Le note si alternano, di cd in cd, senza che neanche me ne accorgessi ci siamo ritrovati a dovercene tornare a casa.

 

-“Stasera vi unite a noi?! Andiamo a ballare!”-.

 

Guardo Laura, che guarda Alessandro speranzosa, che a sua volta guarda me, dubbioso.

 

-“Ma sì dai Ale, ci serve una botta di vita!”-.

 

Mi fissa ancor più perplesso, ma si lascia convincere dai generosi sorisetti che Laura ed io gli rivolgiamo.

 

 

*******

 

-“Non so come ci sei riuscita convincermi!!!”-.

 

Ale borbotta, dal bagno.

 

-“Falla finita e lasciami libero il bagno! Stasera è la tua occasione per farti valere…rubacuori!”-.

 

Rido come una cretina; sto spingendo Alessandro fra le braccia di un’ altra, questa storia è finita davvero!

L’eco della mia risata svanisce in fretta però e lascia nel mio cuore, un assoluta tristezza; sono due giorni che non sento Marco, abbiamo messaggiato un po’, ma di lui non c’è più traccia. Silenzio.

Sento l’impetuosa voglia di chiamarlo, ma Ale esce dal bagno, tuffandomici dentro di peso, senza avere il tempo materiale di fare qualsiasi mossa.

Finisco di prepararmi ed usciamo, ma il pensiero di lui aleggia ancora nella mia testa, mi avvolge come un aurea.

Quanto mi manca, mi manca tantissimo.

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Dillo alla luna ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

Piccolo ringraziamento a minnie19, stavo aggiornando e ho visto la tua recensione; grazie! ^^

 

 

 

“DILLO ALLA LUNA”

Chap n. 19

 

 

 

-“Passami un po’, quel benedetto cd, che ti porti sempre dietro!”-.

 

Siamo in macchina, i ragazzi del gruppo, sono a qualche chilometro di distanza dal nostro residence.

Siamo in netto anticipo, percorriamo la statale a velocità minima; adoro questa strada, è l’unica esistente in quest’isola, ma è da mozzare il fiato visto gli scorci panoramici che ti permette di ammirare.

 

-“Vasco Rossi, Ale?!”-.

 

Lo guardo attonita, prima di lasciarmi andare in un sospiro.

 

-“Se te lo sparerai ventiquattro ore su ventiquattro, un perché ci deve essere! Molla qua!”-.

 

Gli lo porgo, tutta contenta ed entusiasta; non sono mai riuscita ad inculcargli i miei gusti musicali, sono contenta di questo cambio repentino!

Se gli dico che sto cominciando ad amare Masini, chissà cosa penserà; mi farà una statua, visto che lui è un altro dei suoi fedelissimi seguaci!

 

“Dillo alla luna”, track n.22, sul mio cd; parte e neanche mi rendo conto di quanto sia perfetta questa canzone per me, per noi, per la situazione in cui devo andarmi a ficcare.

 

 

“Guardami in faccia quando ti parlo, se sei sincera…

Se non mi guardi quando mi parli, non sei sicura!

La voglio in faccia la verità, e se sarà dura…la chiamerò SFORTUNA!”

 

 

Sfortuna, fosse solo questione di sfiga.

Se la storia è naufragata centra poco il destino, ma se vogliamo scappare, sì diamo colpa a lui…

Tutto a un tratto mi rabbuio, lui alza il volume dello stereo, eccitato dietro le noti musicali del mio cantante preferito.

Mi diverte vederlo così, spensierato.

Chissà cosa ha pensato, in questi giorni; non abbiamo ancora mai toccato il tema “noi”, da quando siamo qui, quasi fosse tutto così implicito.

Butto un occhiata nella borsetta di paillette, che mi ha regalato Simona; sono alla ricerca del mio cellulare e quando lo trovo, spero con tutto il cuore che ci sia un messaggio, qualcosa di suo.

Le mie aspettative sono deluse, lo rigetto sul fondo della borsa.

Se si aspetta che faccia io il primo passo, si sbaglia di grosso, il signorino Marco.

Io non muovo un dito per lui!

Dio che rabbia!

 

-“Che diavolo hai?! Stamattina, sto tipo non ti faceva questo effetto…”-.

 

Poverino Ale, tenta di capirci qualcosa anche lui.

 

-“O devo dedurre che si tratta di altro, eh ?!”-.

 

Lo guardo meravigliata, cercando a mia volta di dedurre che cosa siano quelle parole, sottolineate da un sorriso sfuggente.

 

-“Ah, eccoli là, sono fuori ad aspettarci!”-.

 

Sfuggo dal discorso, tenendo il dito proteso in avanti, verso i ragazzi.

Non mi sembra il posto adatto, ne il momento giusto, per affrontare “quella discussione”.

Lui se ne rende conto, lasciando scivolare al conversazione sulla puntualità dei milanesi.

 

 

Quando entriamo nel locale, veniamo subito travolti dalla marea di gente accalcata in pista.

 

-“Siamo ancora in tempo per scappare…”-.

 

Sussurro all’orecchio del mio accompagnatore, scherzando, ma neanche poi tanto; visto il pessimo umore, non ho molta voglia di casino e confusione.

 

-“Scherzi?! Ora viene il bello…”-.

 

Enigma-Alessandro, l’ho ribattezzato.

Non so a cosa si riferisce, sta sparando un allusione dopo l’altra, ma qualunque cosa sia devo dire che fa di lui una persona diversa e…gli fa accettare l’idea discoteca!!!

Miracolo, sicuramente un miracolo!

Ci accomodiamo al tavolo che i ragazzi hanno prenotato per la serata; ceniamo a lume di candela, tutti e sette, l’atmosfera è calma e rilassata, la compagnia è ottima, il cibo anche.

 

 

-“Ma voi due cosa siete, fidanzati?!”-.

 

Ad un certo punto Flavio, il fratello di Laura, se ne esce con questa sparata.

Sua sorella lo ha fulminato con lo sguardo, spostando poi l’attenzione su me e Ale.

Ale ha sorriso, io mi sono accodata.

 

-“No, siamo…siamo cugini! Sì, cugini di secondo grado, praticamente amiconi!”-.

 

Fisso Alessandro, che energicamente si preme sul petto; il filetto gli è andato di traverso, ma non appena riesce a riprendersi si lascia andare in una risata rigogliosa.

 

-“E i morosi, non ce l’avete?!”-.

 

Alessandro ha borbottato un no, girandosi attento, nella mia direzione; tutti gli uomini del tavolo, l’hanno emulato.

D’un tratto mi sento osservata, il volto mi va in fiamme.

 

-“Ma chi io?! Per carità, ho già dato!”-.

 

-“E non c’è nessuno che ti piace particolarmente?! Presenti inclusi, ovvio…”-.

 

Ah! Bastardino questo Flavio, oltre ad avere un odiosa frangetta bionda che gli ricade sugli occhi è anche piuttosto stronzetto.

Alessandro lo folgora con lo sguardo.

Flavio abbassa il suo sul piatto, rosso come un peperone.

 

-“Ragazzi noi andiamo a fare due salti, vi unite a noi?!”-.

 

Gianluca e Federica si alzano si insieme, nello stesso preciso momento; sono molto teneri, stanno insieme da un annetto circa, sono proprio la perfetta coppia pucci-pucci, che va in simbiosi su qualsiasi cosa…il parlare, il muoversi, il vestirsi persino!

Io scuoto la testa; è presto per dimenarmi in pista!

 

-“Noi usciamo un attimo, proviamo a chiamare i nostri genitori e dopo semmai vi raggiungiamo!”-.

 

Gianlu e Fede si avviano.

Flavio e Laura si alzano dal tavolo ed escono fuori.

 

-“E tu Mauro?! Tu non ti unisci a noi?! No…qui tutti si dimenticano di chiedermi le cose!”-.

 

Mauro piuttosto irritato, si alza borbottando, per poi sparire fra la folla danzante.

Io e Ale ci guardiamo, ridacchiando sotto ai baffi.

 

-“Finalmente soli…”-.

 

Annuisco, smettendo di ridere, di botto.

Alessandro mi fissa con uno strano sorriso ed ha parlato con una fermezza inaudita.

Ho quasi paura, sento i brividi corrermi lungo la spina dorsale; ecco, forse questo è il momento giusto.

 

-“Insomma non ce l’hai il moroso, eh ?!”-.

 

Gioca nervosamente con la forchetta, distesa accanto al piatto vuoto.

 

-“E’ un gioco dai…”-.

 

-“ non è un gioco, lo sai bene pure te! Non ci siamo detti nulla in questi giorni, ma a me sembra venuto il momento di parlare, di toccare il discorso finalmente, perché questo far finta di nulla mi dilania! E poi mi sembra d’aver capito che vuoi dirmi qualcosa, anche tu…”-.

 

Un sorriso sarcastico si apre sulle mie labbra; ecco a cosa alludeva.

 

-“Non fare quella faccia, ti ho sentita parlare al telefono con Simona. Scusami non volevo, ma è successo…”-.

 

Deglutisco, sono irrigidita, non riesco a dire mezza parola.

 

-“Insomma che volevi dirmi?!”-.

 

-“Non è un facile Ale, non è un discorso è un pensiero, è…è…”-.

 

-“E’ che la nostra storia è finita e non servono tanti giri di parole. Lo sai tu, come lo so io, non c’è bisogno di aggiungere altro. Godiamoci questi giorni di vacanze che ci restano e poi amen!”-.

 

La sua freddezza mi ha gelato il sangue nelle vene, sento che vorrei urlare, scoppiare, sento le lacrime pungermi gli occhi.

 

-“Non è proprio amen Ale! Non è diamo un colpo di spugna e via, il mio è solo disagio per una situazione di per se strana! Cazzo, la nostra storia è finita…la nostra storia è finita!”-.

 

Sto delirando, lui mi prende a se, stringendomi forte.

 

-“Lo so piccola, lo so e non pensare che me lo stia facendo scivolare addosso. Io sto cercando solo di impedire che faccia più male di quel che fa. Io voglio solo ripartire, ricominciare da capo, magari da qui, magari da amici.”-.

 

-“Tu non ci hai mai creduto che saremmo potuti essere amici, un giorno…”-.

 

-“Le persone cambiano , le persone cambiano!”-.

 

Che altro dirgli?!

No, non è vero forse che le persone cambiano?!

 

A togliermi da quella situazione di stallo, ci si è messa Laura.

Si è avvicinata ad Ale, tirandolo per la camicia.

 

-“Vieni a ballare?! Su, non farti pregare…”-.

 

Gli gironzola intorno come le api sul miele, Alessandro la guarda impacciato.

Si volta verso me, in cerca di supporto, ma mi limito a sorridergli amorevolmente.

 

-“E va bene!”-.

 

Si alza, sistemandosi i jeans. Laura emette un gridolino compiaciuto.

 

-“T-ti di spiace se vado?!”.

 

Si china su di me, sussurrandomi in un orecchio.

 

-“Sei scemo?! No, va, va pure!”-.

 

Li vedo sparire entrambi, risucchiati dalla coltre umana in movimento.

Laura è davvero carina, graziosa e simpatica, proprio il tipo ideale per Alessandro; spero si divertano insieme, almeno più di quanto riesca a divertirmi io, stasera.

Sembro apatica.

Ma quale botta di vita pensavo di ottenere, venendo qui?!

Una discoteca, non è discoteca, senza gli occhi neri di Marco che brillano sotto le luci dei neon.

Adesso che lo so, non sto di certo meglio, anzi, mi sento un vero schifo.

Improvvisamente il caldo e la musica assordante, mi fanno sentire oppressa, soffocata; mi alzo di scatto dal tavolo, raggiungendo l’uscita in tutta fretta.

Da lontano, vedo la spiaggia, il mare; non ci penso due volte, mi ci dirigo spedita.

Slaccio i sandali neri, tenendoli stretti fra le mani; i piedi nudi, affondano nella sabbia umida, provocando quello sfrigolio tipico, della ghiaia in movimento.

Il cuore sussulta, fa male, ogni passo di più.

Le lacrime scendono, calde e copiose, su di una guancia rosa, rosa di trucco.

Intravedo gli scogli, a picco sull’acqua; ci salgo su, sedendomi scompostamente sopra.

Il trucco ordinato si è sciolto, formando due righe nere sulle guance; rimmel colato.

Slego i capelli raccolti, portando le mani sul viso mi piego, con i gomiti sulle ginocchia.

L’aria è fresca, odora di salsedine, che si posa delicatamente sulle labbra, salate e dolci, insieme.

 

 

“Se c’è qualcosa che non ti va…DILLO ALLA LUNA!

Può darsi porti fortuna! DILLO ALLA LUNA!”

 

 

Sento le note della canzone entrarmi dentro, ronzarmi nella testa.

Alzo gli occhi al cielo, la luna è sempre al solito posto.

E’ una palla argentata, incastonata in un cielo tenebroso, buio.

 

“Tu…tu lo sai dov’è Marco?! Tu, tu vedi tutto da lassù, tu sai dov’è Marco!

A me lui manca, manca da impazzire e tu che stai là, magari riderai di me, riderai degli uomini, che imploranti ti vengono incontro, chiedendoti l’amore…”

 

Sto vaneggiando, ma lui dov’è?! Io non lo sento.

Non sento il suo respiro.

Non ho le sue mani, il suo sorriso.

Non ho niente di lui, solo il suo silenzio.

Io sono sciocca e con me, il mio stupido orgoglio, che come una cappa copre tutto ciò che di bello, ho dentro.

 

-“Basta! Ora lo chiamo!”

 

Mi alzo di scatto, il pugno proteso al cielo.

 

-“Chi chiami?!”-.

 

Una voce arriva dietro alle spalle.

 

-“Aiuto!!!”-. Mi volto. Flavio, Flavio e la sua maledetta frangetta. “Cretino! Mi hai fatto prendere un infarto! Ma si spunta fuori così?! Oh Dio…ho tre anni di meno!!!”-.

 

-“Scusa, io stavo qui da mezzora, sei tu che non mi hai visto!”-.

 

-“Mezzora?! Hai sentito tutto…noooo! Ma…ma che ci fai nascosto dietro agli scogli?! Eh?!”-.

 

Lo guardo, perplessa e incuriosita; puzza di alcool e ha gli occhi lucidi.

 

-“Vedi?! Qui il cellulare prende una tacca in più…”-.

 

Si sporge un po’ per mostrarmi l’ingente miracolo, ma nel farlo, perde l’equilibrio e per poco non sbatte il musetto contro la pietra, dura.

Sbotto a ridere, che cretino, davvero!

 

-“Sì e quello?! Ti fa compagnia?!”-.

 

Indico la bottiglia di vino, che stringe fra le mani.

 

-“Eimbè?! Non si può?! E’ reato?!”-.

 

-“No anzi, offri!”-.

 

Non gli lascio il tempo di rispondere, glie la sfilo fra le mani con velocità improbabile, ingerendo il primo sorso.

 

-“Depressa anche tu?!”-.

 

Mi tira una gomitata su un fianco, riprendendosi la bottiglia.

 

-“Sì…”-.

 

-“Tu perché?!”-.

 

Lo guardo accigliata, gli tolgo nuovamente la bottiglia e rispondo.

 

-“Per dimenticare Fla, per dimenticare! Tu?!”-. Giù un altro sorso.

 

-“Mia sorella è una rompipalle, mi controlla su tutto, ed io glie lo faccio apposta!”-.

 

Stavolta glie la passo io la bottiglia. Ne ha bisogno.

 

-“Oh…ohhh vacci piano!”-. Gli urlo in un orecchio.

 

-“Senti chi parla, quella brilla di suo che parla con la Luna!!!Dio si può essere così fuori!”-.

 

Ride come un forsennato, io arrossisco ma mi riprendo subito.

 

-“Senti uomo frangetta non rompere e passa qua!”-.

 

-“Tieni acidella!”-.

 

No, acidella no!

Il solo sentir pronunciare quella parola, mi fa ricadere in mare di lacrime.

 

-“Stronzo…”-.

 

-“Oddio scusa, non pensavo te la prendessi così! Mi dispiace, non piangere!”-.

 

Mi viene vicino, abbracciandomi.

 

-“Non tu…Marco!!!”-.

 

-“Chi è Marco?!”-.

 

-“Uno stronzo, che mi chiama così…sigh, sigh!!!”-.

 

-“Maledetto! Gli uomini sono dei bastardi, ma non ti preoccupare passerà…”-.

 

Mi giro verso i suoi occhi; oh mamma, non resisto, non ce la faccio più…scoppio a ridere in una risata sguaiata e rumorosa.

Restiamo ancora un po’ accoccolati a ridere e scolarci ciò che resta, nella bottiglia semi vuota.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Anime gemelle ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

“ANIME GEMELLE”

Chap n. 20

 

 

 

-“Eccoli, sono qui!”-.

 

A rompere le nostre risate, sono quei due guastafeste di Alessandro e Laura; non ho capito gran che di ciò che hanno blaterato, ma ricordo benissimo le facce che hanno fatto.

Erano bianchi come cenci, divertiti anche loro, seppur non volessero ammetterlo.

 

-“Su ragazzi, la vera festa è qui!!!”-.

 

Urlo, ai due sventurati.

 

-“Yuhuhhuhuh”-.

 

Flavio mi da man forte.

 

-“Ma sono ubriachi?!”-.

 

-“Sì, a quanto pare…”-.

 

Alessandro mi si avvicina, gli punto il dito contro.

 

-“Ubriachi, non usiamo certi paroloni. Siamo brilli! Vero Fla?!”-.

 

Flavio risponde di sì con la testa, poi mi si avvicina anche lui e comincia a ridere.

 

-“Appena-appena !!!”-.

 

Ale scuote la testa, mi prende in braccio, caricandomi come un sacco.

 

-“Va bene, forse è il caso che noi due ritorniamo al residence, signorina!”-.

 

-“Ale, mettimi giù! Flavioooo digli qualcosa!”-.

 

-“Qualcosa!”-.

 

Scuoto la testa. –“E’ proprio ubriaco!”-.

 

-“Ce ne torniamo giù anche noi, andiamo Fla!”-.

 

Laura ha preso il fratello per un braccio, guardandolo con tutto l’odio che potesse avere in corpo.

 

-“Ale?! Ale mi vuoi bene?!”-.

 

-“Guarda che chiamo Marco e gli dico che lo stai tradendo con tuo cugino, eh?! Stai attenta romana!”-.

 

-“Zitto tu, uomo frangetta!”-.

 

-“E’ meglio andare, a domani Laura, ciao uomo frangetta!”-.

 

Alessandro si è incamminato verso l’auto, sempre con la mia dolce mole sulle spalle.

 

-“Ale, se non mi metti giù credo che combinerò un bel casino! Tutto questo dondolare è conciliante!”-.

 

Mi ha guardato serio, prima di minacciarmi di morte se gli avessi rigurgitato l’intera cena, sulla sua bella camicia di seta nera.

Dolcemente, mi ha posato in terra e una volta arrivati alla macchina, mi ha aperto la portiera, facendomi accomodare.

 

-“Ma che ti è saltato in testa, si può sapere?!”-.

 

Ecco la paternale in arrivo; la stavo aspettando, mi domandavo come mai non mi avesse ancora cazziata.

 

-“Mah non lo so Ale, si stava facendo due chiacchiere, poi è spuntato fuori il vino, un goccio di qua un goccio di là e via che si è arrivati fin qua!”-.

 

-“ ma come diamine parli?! Ti prego torna in te!”-.

 

Si è messo a ridere, ha acceso il motore ed è partito.

Mi ha tirato giù il sedile, sistemandomi la cintura; non sembrava arrabbiato, anzi, probabilmente non era abituato a vedermi in situazioni del genere, ma la piccola e ingenua Luanina che conosceva si era andata a fare un bel viaggetto.

Ironia a parte, ovvio.

 

-“Ale prendile piano queste curve, ti prego! Qua gira tutto!!!”-.

 

-“Sì scusa!”-.

 

-“Ale?!”-.

 

-“Sì?”-.

 

-“Come avete fatto a trovarci?!”-.

 

-“Tu forse non hai idea del casino che stavate facendo tu e frangetta! Che poi, scommetto lo hai ribattezzato tu così quel poveretto!”-.

 

Ho sorriso, annuendo con la testa.

No a dire il vero non mi ero resa conto della dinamica della confusione creata da me e Flavio.

Non mi sono resa conto di altro, da quel momento in poi; ho chiuso i miei occhioni scuri, facendomi dondolare dal dolce cullare, dell’ automobile.

 

 

Quando ho riaperto gli occhi, ero nuovamente fra le braccia di Ale che piano, mi stava mettendo a letto.

 

-“Ale, non andare, dormi qui stanotte…”-.

 

Mi ha guardata intensamente negli occhi, uno sguardo che non dimenticherò mai, MAI.

 

-“Non posso dormire qui con te; domani quando ti sveglierai non ricorderai più nulla, ed io non voglio prendermi un sonoro ceffone per questo!”-.

 

-“Giuro che ricorderò tutto, sul mio onore! Dai è solo perché questa vacanza sta finendo, ed ora che abbiamo risolto le questioni più delicate, possiamo comportarci normalmente! Su, non farti pregare!”-.

 

Ha corrucciato un po’ la fronte, prima di lasciarsi andare in un dolce sì.

Ci siamo messi entrambi sotto le coperte, tirate fin sopra al naso.

 

-“Mi dispiace per come è andata stasera, dico davvero!”-.

 

Mi sono voltata su un fianco, nella sua direzione.

 

-“Sai , la cosa più strana è stata vedere te in una situazione talmente buffa e divertente, quanto strana per me, che sono abituato a vederti ancora come la timida ragazzina di diciassette anni!”-.

 

Gli ho sorriso, accarezzandogli una guancia.

 

-“Sì perché vedere te, mano nella mano, con un’altra è stato semplice?! Io penso che non ci abitueremo mai a questo cambiamento…”-.

 

-“Può darsi, come può darsi invece che un giorno, chi lo sa…”-.

 

-“Torneremo insieme?!”-.

 

-“Sì.”-.

 

-“Ho creduto per troppi anni alla storia delle anime gemelle, che anche a distanza di tempo si ritrovano; non voglio essere brutale, può darsi tu sia la mia, ma ciò che conta adesso è il presente e il presente non ci vede insieme.”-.

 

-“Tu non hai mai creduto alle anime gemelle, il tempo non potrà che dividerci.”-.

 

Si è alzato, avvicinandosi al mio volto; piano ha accarezzato la mia guancia, con le sue mani forti e grandi.

 

-“Le persone cambiano Ale, le persone cambiano.”-.

 

Mi ha sorriso, stampandomi un bacio sulla fronte.

 

-“Adesso dormiamo, ti voglio bene , sì io ti voglio bene.”-.

 

L’ho guardato a mia volta negli occhi, sorridendogli.

 

-“Buonanotte Ale.”-.

 

-“Notte anche a te.”-.

 

Ce n’è voluta per prendere sonno quella notte; avevo il cuore in tumulto, soprafatto dalle migliaia di sensazioni ed emozioni che ero riuscita a fargli provare, da quasi un mese a quella parte.

Era come se quelle emozioni fossero improvvisamente trasudate dalla pelle, per sfuggire libere, nell’aria.

Ne ero felice di questa cosa, amavo sentirmi viva, sentire il cuore battere nel petto.

Ma cosa volesse significare tutta quell’ansia ed emozione, proprio non l’ho mai scoperto.

Neanche quella sera, riuscii a chiamare Marco; mi odiai per quello, ma la sbronza e poi la corsa repentina a casa,

mi avevano fatto completamente dimenticare la realtà.

Probabilmente restai sveglia anche per quel motivo; il suo pensiero ossessionante mi teneva vigile.

Ma dovevo chiamarlo, dovevo sentirlo assolutamente.

E presto.

Molto presto.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** Ammazza l'uomo frangetta ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

“AMMAZZA L’UOMO FRANGETTA”

Chap n.21

 

 

 

Per Minnie19: tranqui cara, il futuro di Luana si chiama Marco, solo entrambi dovranno fare spesso i conti con un orgoglio dispettoso che spesso (molto spesso^^) li farà soffrire, tenendoli lontano, in qualche modo!

Ma alla fine, quando verrà vinto, li vedrà unire. Per sempre.

 

 

 

-“Ahia! Che mal di testa!!!”-.

 

Fuori è giorno, mi sono da poco alzata dal letto; sto ciondolando per la stanza, alla ricerca delle pantofole.

Alessandro sonnecchia beato, cerco di fare piano, ma non appena metto il naso fuori dalla stanza, finisco per urtare contro qualcosa di voluminoso e ingombrante.

Una sedia.

 

-“Ahiaaaaa!!!”-. Il mio urlo, riecheggia per tutto l’isolato.

 

-“Ma buongiorno Luana! Dolce risveglio, vero?!”-. Alessandro mi arriva alle spalle.

 

-“Che fai, mi prendi in giro?!”-.

 

Sto saltellando su un piede solo, ma il dolore è davvero insopportabile.

 

-“Vieni, siediti qui. Evita di strillare e soprattutto di rompere qualche cosa!”-.

 

-“’Cavolo è successo ieri sera?!”-.

 

Mi accomodo sul divano del soggiorno; più che altro, mi ci butto su a peso morto.

 

-“Ti sei ubriacata. Con Flavio!”-.

 

-“No…non mi dire?! Con quello scemo?!”-.

 

-“Ah, perché solitamente con chi ti ubriachi?! Ma poi, hai preso a bere, anche?!”-.

 

-“Non sono dell’alcolisti anonimi. Tranquillo!”-.

 

Alessandro è troppo buffo, mi sta guardando con sincera faccia di preoccupazione, incerto o no, se dar peso alle mie parole.

 

-“Fidati! Aiuto, la testa mi scoppia!”-.

 

-“Lo credo bene, vi siete scolati un intera bottiglia di vino tu e quell’ altro scemo. Tieni, prendi questa e mangia qualcosa.”-.

 

Ha tirato fuori dal frigorifero un vasetto di yogurt alla fragola, accompagnandolo ad una compressa.

 

-“Grazie papà…”-.

 

-“Mi hai promosso a grado di papà?! Ero rimasto che fossi tuo cugino…”-.

 

-“No…l’ho detta sul serio questa cosa?! Pensavo d’aver sognato uffa…”-.

 

Ha fatto spallucce, girandosi verso i fornelli.

 

-“Ma insomma?! Chi è Marco?!”-. Si gira, con fare serio.

 

-“Eh?!”-.

 

A momenti ingoio il vasetto dello yogurt, con tutto il cucchiaino!!!

 

-“Frangetta ha nominato questo Marco…”-.

 

-“Ah ecco, ora si spiega tutto. Era ubriaco come una zucchina, capace che stesse delirando, sì-sì…”-.

 

Cerco di auto convincerlo. Cerco di auto convincermi.

Mi giro, cercando di trattenere una risata nevrotica; lui mi sta guardando.

Se becco Flavio, gli taglio tutta la frangetta. Senza pietà!

 

-“Ah, tu dici?!”-.

 

Si è accorto del mio nervosismo, mi si è seduto accanto; posso sentire il suo respiro nitido, sul mio collo.

 

-“Sì…”-.

 

Mi giro piano, tenendo il viso abbassato sul pavimento.

Provo un fortissimo imbarazzo, ora come ora non saprei proprio cosa dirgli.

Lui se ne infischia, anzi, mi tira su il volto, portando i miei occhi verso i suoi.

 

-“Sicura?!”-.

 

-“Dai Ale, smettila…”-. Volgo lo sguardo altrove, scansando infastidita le sue mani.

 

-“Va bene, non vuoi dirmelo! Non c’è niente di male visto che non stiamo più insieme, ma ti rispetto!”-.

 

-“Io non ti ho chiesto nulla di Laura…”-.

 

Lo guardo ridendo. Lo sto sfidando.

Lui sorride, inumidendosi le labbra.

 

-“Sei la solita paracula! Comunque fagli i miei complimenti, ha scelto proprio bene.”-.

 

Si porta la tazza alle labbra, cominciando a gustare la sua colazione; mi alzo dal divano, recandomi in camera da letto.

 

-“Ah, per tua informazione, fra me e Laura non c’è nulla!!!”-.

 

Mi urla dietro.

 

-“Sì-sì, come no…”-. Ribatto io.

 

 

Mi stendo sul letto, a dirla tutta non ho proprio voglia di andarmene in giro per spiagge, stamattina.

 

-“Dai, non fare la musona, esci che c’è un sole stupendo oggi! Se ti va, restiamo in spiaggia da noi!”-.

 

-“Vai avanti tu, ti raggiungo dopo!”-.

 

-“Come vuoi, a dopo!”-.

 

Appena sento la porta chiudersi, mi butto sul borsone, poggiato accanto al letto; afferro il cellulare, non ce la faccio, devo scrivergli un messaggio, qualcosa.

L’orgoglio, non può vincere.

 

 

Hola straniero! Dove sei, cosa combini di bello?! Mi manchi tanto, qua è tutto fantastico, ma se ci fossi stato tu, sarebbe stata tutta un’altra cosa, sicuro! Fatti sentire, bacio!”

 

 

Spedisco l’sms e rimetto il telefono al suo posto.

Dopo pochi minuti, squilla istericamente.

E’ Marco. E’ MARCO!!!!!

 

-“Pronto ciccetto?!”-.

 

La mia voce è tremante, sono emozionata!

 

-“Chicca, tutto bene?! Ma che fine hai fatto?! Ti hanno sotterrato il cellulare, per caso?!”-.

 

-“Scemo!!! No è che qui il cell non prende mai e poi se voglio chiamarti c’è sempre un contrattempo di mezzo a rompere!”-.

 

-“Sì-sì, tutte scuse. Brava…”-.

 

-“Beh?! Tu non potevi chiamarmi?!”-.

 

-“Ma se ti ho sempre chiamato io…volevo vedere se ti saresti fatta sentire un po’ anche tu!”-.

 

-“E queste?! Non me le chiami scuse, signor vago?!”-.

 

-“Dai scemetta! Insomma, che combini laggiù?! Ti stai divertendo?!”-.

 

-“Da morire, ieri mi sono ubriacata! Con un milanese!!!”-.

 

-“Tu sei matta chicca e dicono di me!”-.

 

-“No, ai tuoi livelli non ci sono arrivata! Gli altri, come stanno?!”-.

 

-“Al solito, alla rotonda non si racconta niente di nuovo! Ma tu, a parte socializzare con i matti e ubriacarti, stai facendo la brava?!”-.

 

-“Sì…e tu?!”-.

 

-“Anche. Ora devo lasciarti chicca, sto lavorando in piscina, sai?! Vabè poi quando torni ti spiego meglio!”-.

 

-“Certo, un bacio ciccino!”-.

 

-“Un bacio bella!”-.

 

 

Ahhh, mi sembra di volare…ORA Sì, CHE MI SENTO MEGLIO!

Dopo averlo sentito, posso affermare con certezza che va tutto bene. Alla grande!

Eccitata e contenta come una pipetta, mi vesto di fretta, prendo le mie cose e corro in spiaggia.

Arrivata lì, getto le mie cose sotto il nostro ombrellone e mi avvio in acqua; ci sono già tutti, intenti a giocare a qualcosa di molto simile alla pallavolo.

 

-“Largo!!! Arriva la sirenetta!!!”-.

 

Mi tuffo fra loro, alzando una marea di schizzi d’acqua.

 

-“Ma che hai fatto stamattina?!”-.

 

Mauro mi fissa un po’ spaventato.

 

-“Sono felice, ciccio!”-.

 

-“Sarà riuscita a chiamare Marco!”-.

 

L’uomo frangetta vuole morire.

Gli salto addosso, tentando di affogarlo; nulla mi fa desistere da questa idea meravigliosa, neanche le sue lamentele pietose.

Gli altri si accodano a me.

La missione del giorno è…AMMAZZA L’UOMO FRANGETTA.

 E SE LO FAI TUO, TAGLIAGLI LA FRANGETTA!!!!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Ciò che un viaggio, può lasciarti ***


Una dolce estate movimenta

Una dolce estate movimenta

 

 

 

“CIO’ CHE UN VIAGGIO, PUO’ LASCIARTI”

Chap n.22

 

 

 

-“Dai che senza frangetta stai meglio!”-.

 

Da Pino il barbiere.

 

Immaginate che scenetta esilarante, siamo tutti in piedi, di fronte alla sedia sulla quale Flavio è stato “volontariamente” spinto.

Ebbene sì, lo abbiamo “convinto” se così si può dire, a tagliarsi i capelli.

 

-“Ma voi non capite. La frangetta è house. E’ fashion. E’ stile!”-.

 

-“Oh mamma, questo ha ingoiato un glossario di moda…”-.

 

Mi sbatto una mano sulla fronte, incrociando lo sguardo di Alessandro, totalmente divertito.

 

-“Allora, devo tagliare o no?!”-.

 

Il barbiere si rivolge a noi spazientito; ormai ha perso anch’egli le speranze di ottenere una risposta convincente, dal povero ragazzo, che come una foglia, trema al di sotto del suo rasoio.

 

-“Tagli tutto!!!”-.

 

Laura si lascia andare in uno sfogo liberatorio. Sembra proprio soddisfatta.

Il povero uomo frangetta non può che annuire, mugolando qualcosa di molto simile ad un vagito di bebè.

 

-“Una scommessa è una scommessa. Ho perso, quindi devo pagare. Tagli tutto!”-.

 

Lo guardiamo tutti esterrefatti e anche vagamente compiaciuti, d’averlo letteralmente distrutto, moralmente e fisicamente, l’altro giorno in spiaggia.

L’uomo con le forbici in mano, comincia con precisione e attenzione, a far svolazzare ciocche bionde dinnanzi ai nostri occhi e sfortunatamente, dinnanzi agli occhi semi-lucidi, di Flavio.

Dopo circa una decina di minuti, l’uomo frangetta, diventa l’ex uomo frangetta.

Io lo guardo soddisfatta, anche piuttosto inorgoglita del risultato ottenuto.

Il poveretto, si è sparato un taglio corto, con tanto di sfumature, adornato da un ciuffo scomposto inumidito da qualche goccia di gel.

E’ perfetto.

Sembra anche più umano, ora e ora che lo guardo bene, anche più carino!

Laura ha le lacrime agli occhi.

Mauro si stropiccia gli occhi.

Gialu e Fede…bè Gianlu e Fede stanno facendo di tutto, tratte che adoperando gli occhi…

Alessandro mi guarda, alzandomi il pollice in segno di approvazione.

 

-“Ma guardati un po’?! Sei davvero carino così! Guardati!”-.

 

Gli saltello intorno tutta eccitata.

Lui si fissa un po’ nello specchio, si tocca le punte dei capelli arruffandoli un po’ e poi mi guarda.

 

-“Romà, c’avevi ragione te. Sti capelli so da pauuuura!”-.

 

-“E bravo frangetta, oltre al capello nuovo, pure la pronuncia romana ti è venuta perfetta!”-.

 

Gli faccio l’occhiolino, poi tutti insieme ci dirigiamo all’uscita.

 

Oggi giornata di shopping; siamo andati a Porto Cervo, con la seria intenzione di gettare via gli ultimi euro rimastici.

 

-“Voglio tornare a casa con le tasche vuote! Questo viaggio deve lasciarmi parecchi ricordi!”-.

 

Affermo, tutta fiera.

Ci siamo fermati a prendere un gelato sulla piazza che affaccia sul porto; questa città è davvero ciò che più di lussurioso, abbia mai immaginato.

Da lontano gli yacht sono parcheggiati ordinatamente, l’uno di fianco all’altro, ben allineati; sui pontili si intravedono le facce dei proprietari, abbronzate e tirate a lucido proprio come quelle barche!

Sospiro, immaginando per un secondo se la mia vita fosse fatta di lustrini e diamanti, ville e il porche parcheggiato in giardino.

 

-“A me ne lascerà pochi; non ho più i capelli!”-.

 

Flavio interrompe i miei sogni, con le sue solite lamentele; è proprio un ragazzino!

Tiro su un sorso di frullato e mi rituffo nei miei bei sogni di gloria.

 

-“A me lascerà il numero di una bionda esplosiva che ho conosciuto l’altra sera in discoteca!”-.

 

Mauro ride fra se e se, compiaciuto e sicuro, mentre noi tutti lo prendiamo in giro.

 

-“E a te Ale?! A te cosa lascerà questo viaggio?!”-.

 

Laura. Laura e la sua cotta abissale.

 

-“Un conto in rosso e…nuove amicizie.”-.

 

Guarda la ragazza negli occhi mentre parla, poi si gira verso me, cercando sicurezza, quella sicurezza che ormai sono conscia anche io di avere; io e Alessandro saremo comunque ottimi amici.

 

-“Che ne dite di continuare il giro per i negozi?!”-.

 

Federica si scolla da Gianluca annuendo decisamente favorevole.

 

-“Sì, sì voglio comprare qualcosa di carino per il mio Gianlu…”-.

 

-“Ah! Ma allora la lingua la usi anche per parlare, eh?!”-.

 

Flavio la prende in giro.

 

-“Bè, dovrà pur riprendere fiato questa poveretta!”-.

 

Ribatto io, alzandomi e portandomela sotto braccio.

Ci alziamo dal tavolo, mi fisso a guardarli tutti lì, davanti a me, per un attimo ho una fitta di tristezza; il viaggio sta per concludersi, vedo le immagini al rallentatore di giornate passate in maniera meravigliosa.

Pensare, pensare che cosa ne avrei voluto fare di questo viaggio; cancellarlo, buttarlo nella pattumiera e con lui, anche la speranza di compierlo.

Ora sono qui, sono qui che a momenti provo nostalgia per ciò che in realtà è stato.

Un bel viaggio.

 

 

 

-“A che ora avete detto che partirete?!”-.

 

Mauro ci ferma davanti al nostro residence, senza prima però scambiare altre due chiacchiere.

 

-“Abbiamo la nave a mezzogiorno, quindi calcola una ventina di minuti prima dovremo stare in porto. Perché?!”-.

 

Ale gli risponde preciso e corretto, come sempre del resto.

 

-“Sì perché?!”-.

 

Mi intrometto nei loro discorsi, piuttosto incuriosita da ciò che bolle in pentola.

E più che altro nella zucca di Mauro. Ammesso che ne abbia una, ovvio!

 

-“Potremmo organizzare una cenetta, magari giù da noi, per salutarci! Che ne dite?!”-.

 

Laura lo guarda estasiata.

 

-“Ma certo! Grande idea la tua! Così stiamo insieme, ancora un altro po’!”-.

 

Gli sguardi sornioni che ci siamo rivolti io e Flavio, appena la sorella ha finito di parlare, sono del tutto incommentabili.

 

-“Già, buona idea la tua Mauretto! Ma allora la materia grigia ce l’hai anche tu…bravo-bravo!”-.

 

Mi guarda cattivo, poi sorride.

Ci salutiamo scendendo dalla macchina, io e il mio cuginetto acquisito ci avviamo verso casa.

 

-“Peccato siamo agli sgoccioli, eh?!”-.

 

Mi fa Alessandro, appena messo piede in casa.

 

-“Già, cominciavo ad ambientarmi, a stare bene! Sempre così, quando ti ambienti è già ora di ritornare!”-.

 

Mi ha sorriso felice.

Probabilmente non se lo sarebbe aspettato neanche lui, l’evoluzione di questo viaggio.

In tutti i sensi possibili ed immaginabili.

Questo viaggio ci ha diviso è vero, ma questo viaggio c’ha fatto rinascere sotto nuove spoglie e come ogni buon insegnamento che si rispetti, cercherò di portarlo con me per il resto della vita.

 

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Capitolo 23
*** I saluti ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

Grazie a tutte quelle persone che hanno lasciato un commentino!

Michelle: sei sempre la meglio! ^^

Damynex: non devi ASSOLUTAMENTE scusarti, sono contenta comunque che tu abbia dedicato una parte del tuo tempo a questa mia ficcy! ^_-

Minnie19: divertente la missione del giorno, vero?! Poverino, non mi ci far pensare…povero uomo frangetta!

 

Buon anno a tutte!

1kiss

LuNaDrEaMy

 

 

 

“I SALUTI”

Chap n.23

 

 

 

-“Ma tutta quella roba ti entra in valigia?!”-.

 

-“Lo spero!”-.

 

Io e Ale, stiamo sistemando i bagagli; non posso credere che questa vacanza mi abbia riempito il cuore e la valigia d’immenso.

Domani torneremo a Roma, domani varcherò la soglia di casa, della vita che ho lasciato ad aspettarmi; lo farò come un guerriero che torna dopo la battaglia, con cicatrici e dolori, ma con la voglia di rituffarsi in una normalità che da tempo ormai, non lo appartiene.

Ho voglia di raccontare la mia storia, ho voglia di far vivere al mondo le emozioni che provo dentro; questa sarà anche l’estate più strana della mia vita, la più incasinata, ma spero non finisca mai, non muoia mai.

Ogni singolo minuto, ogni attimo passato, vive in me e nei miei ricordi come traccia indelebile di qualcosa di magnifico che spero non mi abbandoni mai, mai.

Ma le cose belle si sa, finiscono sempre, prima o poi.

 

-“E con questa…”-. Ale chiude la sua valigia, alzandola dal letto e riponendola affianco alla porta di casa –“abbiamo finito! Tu che a punto stai?!”-.

 

Mi guarda, uno sguardo enigmatico; non se lo spiega neanche lui, del perché sono tre ore e un quarto che giro e rigiro una maglietta fra le mani.

 

-“Guarda che quella è già bella che piegata!”-.

 

Allunga le braccia verso me, togliendomi l’indumento di mano.

Abbasso lo sguardo sulla mia valigia e sulla maglietta per scoppiare in una risatina, alquanto imbarazzata.

 

-“Già…facciamo una pausa?! Sono sfinita!!!”-.

 

-“Tu va pure a sdraiarti, qui finisco io!”-.

 

-“Ma non mi sembra giusto dai…”-.

 

-“Va, va e non fare storie!”-.

 

-“Grazie, sei un tesoro!”-

 

Lo abbraccio, stampandogli un bacio sulla guancia.

Corro dritta a stendermi sul divano, sono sfinita, stanca e pensierosa.

Ho una voglia matta di sentire Marco, nonostante stia bene qui, lui è il pensiero più frequente, ciò che fra le mille cose che occupano la mia testa, vale un momento tutto suo.

Prendo il cellulare fra le mani, ci gioco un po’, prima di comporre il suo numero.

Non risponde; sono le sei di pomeriggio, non riesco a capire cosa stia facendo di così urgente, da non poter rispondere.

Ripongo il telefono al suo posto, abbandonando la testa in mezzo al cuscino.

Il viso affonda in quella stoffa morbida, soffocato da un piacevolissimo calore; penso ancora un po’, poi gli occhi si chiudono, il sonno prende il sopravento.

 

 

*******

 

 

 

-“Ben svegliata, dormigliona!”-.

 

Ho aperto gli occhi, sul mondo; Alessandro vaga per casa, con la camicia semi aperta, il capello appena-appena ingelatinato e la scia di quel suo profumo forte.

 

-“Oh mamma, ma quanto ho dormito?! E che ore sono?!”-.

 

Mi si avvicina, sedendosi sul divano.

 

-“ Tre ore di filato! Sono le nove…ti ho lasciato il bagno libero, così puoi impiastricciarti per tutto il tempo che vorrai!”-.

 

Mi stampa un bacio sulla fronte, arruffandomi i capelli, per poi alzarsi e dirigersi in camera da letto.

Mi alzo in piedi anche io, stropicciandomi gli occhi.

Uno sbadiglio chiude il tutto.

Raggiungo Alessandro in camera, prendo qualche vestito dalla valigia e corro in bagno; passo davanti allo specchio, notando il trucco disfatto e delle occhiaie pesanti, incorniciare i miei grandi occhi scuri.

Tiro su i capelli con un mollettone, e mi sciacquo abbondantemente il viso, prima di partire con il “restauro”.

Ci impiego circa un venti minuti, prima di uscire dal bagno, bella e pronta.

 

-“Sei una fata…”-.

 

Ale rimane basito, quando gli passo di fronte.

I capelli ricadono in morbidi riccioli sulle spalle, proprio come piacciono a lui; fra i capelli scintillano delle mollettine luccicanti a forma di farfalla e il trucco variopinto sulle palpebre dona luminosità ad uno sguardo vivace.

Come vorrei che Marco potesse vedermi. Come vorrei che fosse qui con me.

 

-“Grazie caro, anche tu sei molto bello!”-.

 

Allaccio la fibbia sul collo del top nero, prendo la mia borsetta e il cellulare, ed usciamo di casa.

 

 

Arriviamo al residence dei ragazzi, dopo circa un quarto d’ora.

Ci apre la porta una Laura contenta ed eccitata.

 

-“Buonasera gente! Si mangia?! Sto morendo di fame!”-.

 

Esordisco, provvedendo a parcheggiarmi sul divano della sala.

 

-“Ma possibile che voi romani pensate solo a mangiare?!”-.

 

Flavio sbuca fuori dalla cucina, con una tovaglia in mano.

 

-“Tesoro a pancia piena si ragiona meglio e poi mangiare è salute! Non come te, che sei radico come un fuscello!”-.

 

Si guarda un attimo allo specchio, incerto o no delle mie parole, poi si rigira e mi tira la tovaglia addosso.

 

-“Non sono poi così male!”-.

 

Mi fa la linguaccia e ritorna in cucina.

 

-“Sempre a farvi i dispetti voi due, eh?!”-.

 

Mauro esce dal bagno, unendosi a noi.

 

-“Sai com’è, uno pensa di non avere più una frangetta e per questo di poter dire quello che vuole…”-.

 

Ridacchio, Flavio ritorna in sala con un mestolo in mano e lo sguardo minaccioso.

 

-“Romana, l’hai voluto tu!”-.

 

Comincia a inseguirmi per tutta la stanza, puntando l’arnese come un arma.

 

-“Scusate…scusate!!!”-.

 

Sgattaiolo da una parte all’altra, passando fra le coppiette della casa.

Laura si è appollaiata fra le braccia di Alessandro, Gianluca e Federica giocano alla play station.

 

-“Basta Fla, ho un età e i polmoni non reggono!”-.

 

Mi sono buttata di peso, sul suo letto morbido.

 

-“Ti risparmio solo perchè sei simpatica!”-.

 

Esce dalla stanza per poi tornare, senza mestolo.

Ci mettiamo un po’ a parlare delle nostre vite incasinate e scopro con piacere che è un ragazzo davvero adorabile; mi ha raccontato del grande amore della sua vita, l’inter, e del suo amore vero, quello che lo fa soffrire da una vita, Laura.

Laura è una ragazza che conosce dai tempi dei pannolini e biberon, ne è innamorato perso ma lei non ne vuole sapere nulla di lui, lo vede solamente come un amico.

Poverino, ne è davvero cotto, mi ha fatto leggere le lettere che gli ha scritto, vedere le foto che ha con lei e un mucchio di cose, che lo tengono legato a questa ragazza.

Ho provato un po’ di invidia, in un certo senso; Laura non sa quanto è fortunata.

Capita una volta nella vita, di trovare un ragazzo così innamorato, così dolce e seriamente coinvolto.

Ma vabè, a ognuno la propria croce!

 

-“Flà, la vuoi sapere una cosa?!”-.

 

-“Sì, dimmi-dimmi!”-.

 

-“Secondo me, se gli ritorni a Milano con questi capelli, ti si sposa! Certo per l’inter…per quello non possiamo fare molto. Fattelo dire: la tua squadra è uno schifo!”-.

 

Mi fulmina con lo sguardo, ma dura poco, sorride al pensiero di Laura e dei capelli.

 

-“A parte gli scherzi, la vuoi sapere una cosa seria?!”-.

 

-“Dimmi…”-.

 

-“Io e Alessandro non siamo cugini. Lui è il mio ex ragazzo. Quel ragazzo di cui ti parlavo…”-.

 

-“Romana, dici sul serio?!”-.

 

-“Sì.”-.

 

-“Non ci posso credere, sembrate davvero cugini, cioè si nota un certo feeling particolare, ma non c’ero arrivato sai?!”-.

 

-“Simo molto legati sì, ma la nostra storia è finita ormai!”-.

 

Mi guarda curioso e attento, i suoi occhi verdi si aprono e si chiudono insieme ai miei.

 

-“Stai soffrendo per lui?!”-.

 

-“Adesso di meno, ma la storia del viaggio e poi Marco…insomma non è facile!”-.

 

Annuisce, poi prende fiato, distendendosi ancora di più vicino a me.

 

-“Perché non mi racconti come hai conosciuto Marco?!”-.

 

Lo guardo, sono felice che me lo abbia chiesto. Vale la pena raccontarlo…

 

-“Allora tutto è cominciato una sera di giugno quando…”-.

 

Rivivere la storia del nostro incontro, minuto per minuto, mi ha fatto emozionare, più di una volta.

Ho asciugato lacrime dorate, lacrime della felicità.

Piangere per lui mi fa capire ancora di più quanto lo voglio, quanto desidero stare con lui.

Starci insieme. Essere la SUA ragazza.

 

-“Romana è davvero una bella storia! Mi raccomando, quando torni a Roma, corri da lui…”-.

 

-“Lo farò, a braccia aperte!”-.

 

Mi accuccio su me stessa, lui mi prende a se abbracciandomi forte.

 

-“Sei una cara ragazza, mi sono affezionato a te!”-.

 

Alzo la testa, incrociando il suo sguardo, tenero e affettuoso.

 

-“Anche io! Magari ci teniamo in contatto, così ci aggiorniamo sulle nostre sfighe amorose!”-.

 

Ride, prende il mio cellulare salvandoci su il suo numero.

Dopo un po’, di coccole e chiacchiere, raggiungiamo gli altri in sala.

 

La cenetta è stato davvero un bel momento; abbiamo riso e scherzato, come va avanti da sette giorni, fra noi.

Un piccolo filo di malinconia si fa preda della situazione, ma bastano le battute di Mauro e Flavio per far tornare il sorriso sulle labbra a tutti.

All’ una circa, ci salutiamo, fra promesse, qualche lacrima, numeri di cellulari che volano a destra e sinistra e la solita allegria, di un gruppo di ragazzi che si sono conosciuti in vacanza.

 

 

 

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Capitolo 24
*** Il ritorno ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

Un bacetto grande a Michelle e a Minnie19!

Grazie ragazze!

1kiss

LuNaDrEaMy

 

 

 

“IL RITORNO”

Chap n.24

 

 

 

Ore dieci.

La sveglia del telefonino di Alessandro, irrompe nella quiete di una stanza addormentata.

Apro gli occhi per prima, lui mi è accanto, piegato su un fianco che dorme beato.

Lo scuoto un po’, chiamandolo a fil di voce.

 

-“AleAle svegliati che è ora di andare!”-.

 

Mi afferra la mano, sbadigliando.

 

-“Lo so…uffa che palle!”-.

 

Si tira su, guardandosi un po’ intorno.

 

-“Vado a preparare la colazione, tu intanto vestiti, così ci avvantaggiamo con i tempi!”-.

 

Mi alzo definitivamente dal letto e vado in cucina.

Dopo pochi istanti, me lo ritrovo dietro, che gironzola intorno alla caffettiera del caffè fumante.

 

-“Contenta di ritornare, eh?!”-.

 

Lo guardo, ammicco un sorriso e proseguo con i preparativi.

 

-“Perché, tu non sei contento di rivedere i tuoi amici?! I tuoi genitori?! Non so a te ma a me mancano tutti, molto!”-.

 

Il suo viso si tira in una strana smorfia. E’ buffo vedere fargli fare certe facce, a volte…

 

-“Sì, dì che ti manca Marco, piuttosto…”-.

 

Se la ride sotto ai baffi, prima di chiudersi in bagno.

Mi appoggio al tavolo della cucina, chiusa in un silenzio piuttosto imbarazzante.

Dio che voglia di rivederlo. Voglio i suoi occhi, le sue labbra carnose ed invitanti. I suoi abbracci.

Provo a chiamarlo di nuovo.

E’ libero.

Dopo qualche istante, risponde.

 

-“…”-.

 

La sua voce è rotta, chiusa e rauca.

 

-“Ciccetto…scusami, dormivi?!”-.

 

-“Non ti preoccupare tesoro, sono felice di sentirti!”-.

 

Sorrido, sono felice anche io. Lo sarò molto di più, fra qualche ora, fra le sue braccia, con la mia risposta definitiva.

 

-“Marco, volevo sentirti, sto…sto tornando lo sai?!”-.

 

Inspira profondamente, prima di rispondermi.

 

-“Certo che lo so, ma mi fai preoccupare se mi parli con questo tono di voce tutto triste! Ehi, stai tornando! Finalmente staremo insieme…”-. Si azzittisce un attimo –“certo sempre se le tue notizie saranno buone!”-.

 

Ride, la sua risata scioglie il ghiaccio dal mio cuore, dai miei pensieri.

 

-“Fammi tornare. Tu fammi tornare…”-.

 

-“ io t’aspetto. Fai presto!”-.

 

-“Va bene, a presto ciccetto!”-.

 

-“Bacio . Ti…ti voglio bene!”-.

 

-“Anche io, ciao!”-.

 

Attacco senza neanche dargli il tempo di rispondere.

Non so perché, ma da quando sono partita, il solo sentire la sua voce, mi fa sciogliere fra le lacrime.

Tiro su con il naso, asciugo le mie lacrime portando la tazzina del caffè alle labbra.

Cavolo che giornatina si prospetta; al ritorno prenderemo la nave lenta, il che significa sette ore di navigazione, poi ho un ex da mollare definitivamente con tutte le complicazioni del caso e Marco da rivedere.

Sì, anche lui è un “problema”.

Ho paura di rivederlo, ho paura nel dirgli che è lui che ho scelto.

Cosa c’è da spaventarsi?!

E se Marco non fosse più il Marco che ho lasciato?!

Se la situazione laggiù fosse cambiata?! Tremo al sol pensiero di sapere qualcosa che non va.

Sospiro, non posso farmi prendere dal panico proprio ora!

 

-“Ale mi liberi il bagno?! Devo prepararmi anche io!!! Non posso mica prendere la nave in pigiama!”-.

 

Alessandro spunta da dietro la porta, con una faccetta da bambino beccato a rubare le caramelle.

 

-“Scusa…esco subito!”-.

 

Sorride. Per un attimo il cuore si ferma; non rivedrò mai più quel sorriso.

E mi mancherà questo ragazzo.

 

 

-“ Prendi le chiavi, io intanto esco!”-.

 

Ale va verso la sua auto, per caricare gli ultimi bagagli; siamo pronti, non manca più nulla.

Faccio ancora un giro di perlustrazione in casa, alla ricerca di cosa, non so.

Vi è mai capitato, di sentire quella morsa stretta, ogni volta, che si deve abbandonare un luogo caro?!

Il mio gironzolare fra quelle stanze non fa altro che ritardare un addio prossimo; sono sempre stata attaccata ai ricordi, alle situazioni, alle sensazioni.

 

Afferro le chiavi, non c’è più tempo per i ricordi; mi tiro la porta di casa alle spalle, do i soliti due giri di serratura, chiudendola definitivamente.

Entro in macchina in silenzio, il silenzio che ci ha accompagnato fin dall’inizio e che ci accompagnerà durante tutto il viaggio di ritorno.

Luana e Alessandro tornano nei loro bozzoli, nelle loro mutismo congeniale.

 

 

*******

 

 

-“Bel vento vero?!”-.

 

Alessandro cerca di tuffarsi in una specie di conversazione; mi fa ridere, sai cosa me ne importi del vento?!

 

-“Oh sì, e guarda che belle nuvole che ci sono in cielo…Ale!!!!”-.

 

Si morde un labbro, abbassando la testa.

 

-“Non c’è bisogno di parlare, non c’è bisogno di dire più nulla!”-.

 

Mi sistemo bene sulla sdraio, rivolta verso il mare, verso quel tratto di costa sardo che da lontano ancora si intravede.

 

-“Ma forse una cosa c’è; te lo sei preso il numero di Laura?!”-.

 

Apro un occhio, fissandolo; si alza ridendo, mi viene incontro dalla sua sdraio per cercare di farmi cadere, dalla mia.

Mi alzo anche io, mi butto di peso verso il suo corpo, spingendolo verso il nulla alle sue spalle.

Ci imbattiamo in una specie di lotta, le mani strette nelle mani, le risate strozzate in lamenti.

Dalla foga, andiamo a sbattere contro la solita ringhiera bianca di poppa.

Ci affacciamo, restiamo incantati; il vento si è alzato di colpo, il sole alto nel cielo, crea un gioco di luci e trasparenze con l’acqua.

Da lontano la terraferma è baciata dai raggi solari, facendola sembrare quasi un miraggio, lontano.

 

-“Oi ragazzi, prendete fiato, il viaggio è ancora lungo!”-.

 

Una signora, seduta poco distante dalle nostre sdraio ci sorride.

Torniamo a sederci anche noi, esausti ma felici del piccolo sfogo.

Neanche a dirlo, riusciamo a farci “adottare” dalla signora e dalla sua numerosa famiglia; ci hanno coccolato e viziato come se fossimo dei pulcini indifesi.

 

-“Bravi ragazzi, bravi giratevelo adesso il mondo, che siete giovani e sbarbati!”-.

 

Ci fa, in un divertentissimo accento romagnolo.

E’ una donna molto simpatica, ha si e no quaranta anni e ci ha fatto letteralmente sognare con i racconti dei suoi viaggi.

Lei sì, che se lo è girato il mondo.

America, Australia, Cuba…Messico!

Adoro il Messico!

Quasi-quasi ci volo dritta…stavolta mi porto dietro Marco, però!

Mi accoccolo bene, adesso è venuto il momento di spararmi musica forte nelle orecchie, per proseguire il fantastico viaggio che Elina, la signora dei racconti, ha aperto; mi sembra di rivederle io con i miei occhi le spiagge di quei paradisi lontani.

Ehi un attimo, mi sembra di scorgere su quelle sabbie le sagome di due ragazzi…

Camminano, insieme, mano nella mano.

Sono bellissimi e ridono, ridono…

Quei due ragazzi siamo io e Marco, belli e sereni come i due protagonisti di un sogno devono essere.

Aspettami amore mio, aspettami, sto arrivando.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** Game over. Domani è già qui. ***


Una dolce estate movimentata

Una dolce estate movimentata

 

 

 

Nello scorso chap, mi sono dimenticata di ringraziare damynex.

Me povera riconglionita!!! ^^

Sorry cara,

1kiss

LuNaDrEaMy

 

 

 

 

“GAME OVER. DOMANI E’ GIA’ QUI.”

Chap n. 25

 

 

 

-“Insomma, eccoci qua.”-.

 

Alessandro ha da poco scaricato i bagagli; siamo impalati, l’uno di fronte all’altro, in attesa che qualcuno si cacci qualcosa di bocca.

Lui è il primo a parlare.

 

-“Già!”-.

 

Mi piego per afferrare il manico della valigia, quando con gesto secco la ritiro indietro.

 

-“Senti Ale, niente giri di parole inutili, niente addii malinconici e soprattutto niente lacrime! Lo sai che potremo vederci ogni volta che vorremo…tu lo sai, no?!”-.

 

Sorride, guardando altrove, inumidendosi un po’ il labbro inferiore, come fa quando è nervoso.

 

-“Non ho intenzione di sparire di botto dalla tua vita! Solo…oddio è finita davvero!”-.

 

Ride, poi abbassa lo sguardo in terra.

 

-“E’ stato bellissimo stare con te. I tre anni più belli della mia vita.”-.

 

-“Ale, ho detto niente addii malinconici!”-.

 

-“Oh, hai sempre da ridire…non cambierai mai!”-.

 

-“Che stai cercando di insinuare?!”-.

 

Lo guardo con un espressione imbronciata; resta un attimo in silenzio, poi mi guarda, complice.

Una risata si libra nell’aria.

 

-“Vieni qua!”-.

 

Mi prende a se, in un caldo abbraccio; ricambio il gesto affettuoso, sorridendo.

 

-“Ale, davvero chiamami quando vuoi, ok?!”-.

 

-“Anche tu, capito?!”-.

 

Annuisco, prendo la valigia e la trascino via con me; mi volto ancora una volta, verso la sua auto, verso il suo visto che sbatte in contrasto con tutto il resto.

Voglio piangere, voglio urlare, non vorrei sentire tutto questo dolore.

Lo saluto con la mano, mi volto definitivamente scappando via.

La chiave nella serratura non gira; sforzo, cercando di mirare il centro, ma gli occhi sono offuscati da lacrime pungenti.

Mollo tutto, chiavi, valige, zaino, abbandonandoli sul pavimento del pianerottolo; mi appoggio al muro, facendo scivolare la schiena lungo quella parete ruvida.

Senza rendermene conto, sono a terra, in un mare di lacrime.

Resto così, senza voglia, senza fare nulla, se non disperarmi per quello che ho appena vissuto e ci resto con la consapevolezza che una storia d’amore che finisce, fa davvero un male cane.

Il cellulare squilla. E’ Simona.

 

-“Ehi, dove sei?!”-.

 

Neanche la forza di dire pronto, ciao…sono a terra. In tutti i sensi.

 

-“Sto male Simo, sto male da morire…”-.

 

-“, dimmi dove diamine sei!”-.

 

-“Sul pianerottolo di casa mia…”-.

 

-“Ti raggiungo.”-.

 

Qualche minuto dopo, la vedo comparire dal vano scale, con un enorme fiatone e la faccia triste.

Non mi dice niente, si butta su di me, prendendomi fra le braccia.

 

-“Su calmati, ciccia è qui adesso! Se vuoi sfogarti, fallo pure…piangi tutte le lacrime che vuoi, se ti farà sentire meglio! Io sono qui per te!”-.

 

Mi stringo ancora di più contro il suo petto.

 

-“Ci siamo lasciati Simo. Stavolta sul serio…”-.

 

Mi accarezza i capelli, dolcemente.

 

-“Era la cosa più giusta da fare e te lo dico io, che ti voglio bene, anche se non posso capire il dolore che provi, in  questo momento. Adesso andiamo a casa, ti fai un bel bagno rilassante e poi a nanna, così chiudi gli occhi e cerchi di non pensare!”-.

 

-“E domani?!”-.

 

-“Domani io sarò qui ad aiutarti. E non solo io, lo sai benissimo! C’è un ragazzo dall’altra parte della strada che aspetta solo che tu gli dia la meravigliosa notizia!”-.

 

Mi guarda tappandosi la bocca.

 

-“Oddio scusa! Sono un insensibile!”-.

 

-“Figurati! Sono io il mostro, in tutta questa storia!”-.

 

-“Ciccia! Non devi colpevolizzarti per la fine di una storia che sarebbe arrivata comunque, con e senza Marco! Se poi volevi aggrapparti ad un altro mese, forse due, di totale e assoluta inerzia…avanti pure!”-.

 

Lei non sbaglia. Io non tornerei mai indietro, solo, non credevo facesse così tanto male.

Mi alzo dal pavimento, asciugando con il dorso della mano, ciò che resta di quelle lacrime appiccicose.

Simona si alza con me, aiutandomi con i bagagli.

Mi abbraccia forte, prima di congedarsi.

 

-“Immagino stasera tu non voglia uscire…”-.

 

Annuisco, guardando in basso.

 

-“Va bene, senti, quando avrai voglia chiamami domani, così passo a prenderti! Dobbiamo tornare a far tremare questo quartiere!!!”-.

 

Mi guarda fiduciosa, mi fa ridere tanto è buffa la sua faccia in questo momento.

 

-“Grazie Simo…”-.

 

Biascico, poggiandomi nuovamente al muro.

 

-“Per fortuna parli ancora! Pensavo avessi dimenticato l’uso della parola in Sardegna!”-.

 

Le faccio la linguaccia, poi ci salutiamo ed entro in casa.

 

Neanche a dirlo, vengo letteralmente assalita da mia madre e mio fratello; sono felici di rivederli, ma sono anche troppo stanca.

 

-“Ma insomma ti sei divertita sì o no?!”-.

 

-“Domani mamma, domani…”-.

 

Fuggo da loro come se avessi la salmonella.

Domani sarà davvero un giorno nuovo, quante cose dovrò dire domani. Tante.

Richiudo la porta della mia stanza alle mie spalle, provocando un rumore tonfo che mi fa battere il cuore.

Tutto è rimasto come lo avevo lasciato, eppure è strano; tutte le volte che sono ritornata nella mia “tana”,

ho sentito una strana sensazione.

Come se la mia stanza fosse stata inanimata per tutto il tempo che sono stata via e che mi stesse aspettando, di ritorno.

Come se se volesse riappropriarsi della mia anima.

Come se volesse… me.

 

Domani dovrò disfare i bagagli.

Sì domani.

E quella foto di noi due…domani dovrò levare anche quella foto.

Sì domani, la toglierò.

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Bentornata. Luana. ***


“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

“BENTORNATA, LUANA.”

Chap n. 26

 

 

 

-“Allora, questo e questa vanno in lavatrice, questo pure…questo no…”-.

 

Mamma che faticaccia disfare i bagagli!

Sono accerchiata da una montagna di vestiti, scarpe e quant’altro esce ancora dalla mia valigia; sembra la borsa di Mary Poppins!

Mia madre vaga per la stanza, insieme a me, cercando di dare una sistemata alla buona; abbiamo parlato un po’ del viaggio, delle mie disavventure e gli ho accennato della mia crisi con Alessandro.

Lo so che qualcuno dirà: che cosa aspetti a dirglielo?!

Non è il momento, questo non è davvero il momento.

L’ho vista rabbuiarsi per ciò, non voglio tagliargli la testa. Non voglio infierire ancora sulle mie cicatrici.

 

-“Luana! Al telefono!”-.

 

Eseguo una specie di danza della mattonella, per divincolarmi da tutta la marea di roba sparsa sul pavimento e corro a rispondere.

 

-“Pronto?!”-.

 

-“Bentornata!!!!!!!!”-.

 

Un urlo assordante rimbomba nella cornetta e mi rende sorda. Quasi. Quasi di più, di quanto lo sono già!

 

Sono i ragazzi della rotonda; distinguo in quelle urla disumane la voce di Valerio, Sga e Luca.

Dopo un po’, una vocetta assai familiare delizia i miei orecchi.

 

-“Ti passo a prendere ciccia?! Ho una super voglia di vederti!”-.

 

-“Sì, sono sommersa da panni da sistemare, se esco di casa mia madre mi impicca con i miei stessi vestiti!”-.

 

Rido, gettando un occhiata fugace nella mia stanza; delirio è la parola più consona.

 

-“Non fare la guasta feste! Ti vengo a prendere e punto!”-.

 

Ma perché sforzarsi nel controbattere?!

Una cosa ho imparato, da quindici anni a questa parte; sarà anche la creatura più insicura del cosmo, ma quando si ficca qualcosa in quella zucca calda, difficile che qualcuno possa destarla dai suoi piani malefici.

Vedi l’intera piega della mia stessa estate.

L’adoro!

 

*******

 

Esco dalla doccia, ancora fumante.

I capelli ribelli, si appiccicano alla fronte, tanto è il caldo, in questo afosissimo giorno di fine luglio.

Afferro il phon piuttosto scocciata, mi metto a testa in giù e comincio il supplizio.

Il phon d’estate?!

Un nemico da combattere!

Nell’aria un dolce odore di liquirizia, trasuda dalla pelle umida; non sono stata fabbricata in uno stabilimento di legnetti, è solo il profumo forte del mio bagnoschiuma preferito!

Nella mia camera sta tornando il sereno; i panni sono spariti, la valigia è finita sotto al letto.

Anche la foto è sparita.

Ho rinchiuso tutte le nostre cose, tutti i nostri ricordi, in uno scatolone di quelli del supermercato.

Sì, non è una cosa molto romantica, ma almeno là dentro staranno al sicuro.

Dai miei occhi e dal mio cuore.

 

-“Mamma io esco!”-.

 

Infilo gli occhiali da sole ed apro la porta, delicatamente.

 

-“Non fare tardi! E soprattutto ricordati che stasera c’è la festa di compleanno di tuo fratello!”-.

 

Mio fratello! Quasi mi dimenticavo del suo compleanno!

 

-“No, no…e chi se lo scorda!”-.

 

Sorrido sarcasticamente, prima di richiudermi la porta alle spalle.

Scendo le scale di corsa, ho tanta voglia di riabbracciare Simona, per bene.

Apro il portone, una testolina nera mi viene incontro, con un enorme sorriso.

 

-“Ciccia!!!”-.

 

-“Amore mio!”-.

 

Ci stringiamo forte, immolandoci nel solito dondolio.

Il suo profumo fruttato inebria le mie narici; che bello essere tornata a casa!

 

-“Oddio, fate quasi commuovere!”-.

 

Dall’auto grigia, parcheggiata dietro Simona, spunta Luca, con il suo solito berretto militare, i ciuffi biondi attaccati alla fronte e quel sorriso da canaglia.

Gli faccio la linguaccia, poi lo abbraccio.

Luca è in assoluto uno dei migliori amici di Marco; si conoscono da più o meno una vita, come me e la ciccia, tante volte ci siamo fermati a chiacchierare dei vecchi tempi di quando eravamo bambini, scambiandoci risate e istantanee di un tempo volato ormai da un bel po’.

 

-“Che vuoi farci, è difficile staccarsi da un amore!”-.

 

Simona gli da una botta con il sedere, allontanandolo da me, per rituffarsi poi fra le mie braccia.

 

-“Neanche fosse andata in guerra!”-.

 

Io e ciccia ci guardiamo negli occhi.

Scoppiamo a ridere di santa ragione.

 

-“Allora, che si fa?!”-.

 

Luca mette in moto, allontanandosi dal luogo del ritrovo.

 

-“Ragazzi, che ne dite di un centro commerciale?! Devo prendere un regalo!”-.

 

Quanto mi piace unire l’utile, al dilettevole!

 

-“Tenetevi forte ragazze!”-.

 

Quanto odio la guida “sportiva” di certi ragazzi!

Neanche a dirlo, rimango spiaccicata con le spalle al sedile, come se fossi risucchiata da un buco nero!

 

-“Luca!!!!”-.

 

Io e Simona gli piantiamo un urlo in testa.

Terza, quarta… e giù di quinta, la macchina sfiora gli ottanta su un tratto da cinquanta all’ora.

Luca non ci ascolta nemmeno.

Luca sta volando, con la sua auto e la sua fierezza imponente, di un motore roboante.

Luca vola e noi con lui.

Adesso sì che mi sento a casa.

Bentornata, Luana.

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Capitolo 27
*** Non posso più mentire, perchè... ***


“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

“NON POSSO PIU’ MENTIRE, PERCHE’…”

Chap n. 27

 

 

 

-“Ancora non lo hai chiamato?!”-.

 

Simona, mi fissa dall’alto del suo cono doppio, fragola e pistacchio.

E’ da più di mezzora che girovaghiamo nel centro commerciale semi deserto, della nostra zona, alla ricerca di un regalo adatto a mio fratello e ai suoi gusti particolari.

 

-“Ma chi?!”-.

 

-“Marco…sveglia bella addormentata!!!”-.

 

-“No, non ancora.”-.

 

Rispondo telegrafica, non ho molta voglia di imbattermi in una delle solite conversazioni lagnose con lei; da quando è spuntato Marco nella mia vita, non si parla d’altro!

 

-“Scusa, ma non hai voglia di vederlo?! Io nei tuoi panni, fremerei!”-.

 

Mi sono alzata, con la scusa di aver adocchiato un bell’abitino tutto glitterato al di là della vetrina.

 

-“E’ meraviglioso…”-.

 

Si alza anche lei, Luca ci segue piuttosto scocciato.

Gli uomini, che ne sanno loro di quanto ci faccia impazzire un bell’abito dietro una vetrina luccicante!

 

-“Cavolo è stupendo! Ma non cambiare discorso, signorina!”-.

 

-“Simo, quanto rompi certe volte! Non capisco cosa vai farneticando…certo che mi manca…”-.

 

Luca mi ha dato un pizzicotto su un braccio.

 

-“Senti se gli regali il prossimo numero di play boy a tuo fratello?!”-.

 

-“Luca!!!”-.

 

-“Bè, almeno cresce bene…”-.

 

La sua voce è tra il compiaciuto e l’arrapato; benedetti uomini e riviste porno al seguito!

Gli tiro uno scappellotto, poi proseguo dritta la corsa.

Pensavo Simona si fosse distratta, ma appena ci fermiamo torna all’attacco.

Allora mi siedo su di una panchina, do un sorso alla bottiglietta d’acqua e comincio ad ascoltarla.

 

-“Perché ho l’impressione che tu non voglia vederlo?!”-.

 

Mi fa, mentre si prende una gomma da masticare, dalla borsa.

Alzo gli occhi la cielo, prima di risponderle.

 

-“Ti sbagli. Mi manca ed ho voglia di vederlo, va bene?! Ma perché ho l’impressione che questa cosa ti stia un po’ troppo a cuore?!”-.

 

La guardo, cercando di capire da quando in qua le sta così a cuore la sorte di Marco. Marco il bastardo. Marco che l’ha fatta soffrire.

 

-“Se te la devo dire tutta, mi fa una gran tenerezza!”-.

 

-“Buahuauaua…ti fa, ti fa tenerezza?! E’ un cane per caso?!”-.

 

Scuoto la testa, sento puzza di bruciato!

 

-“No ma…senti quel poveretto è venuto a sfogarsi ripetute volte con me, quando sei partita! Ecco, non mi sembra giusto farlo soffrire…”-.

 

Eccola la verità, Marco ha parlato con lei.

 

-“E’ venuto da te?!”-. Schizzo dalla panca, neanche avessi saputo di aver vinto al superenalotto! –“Perché non me lo hai detto prima?! Che ti ha detto?!”-.

 

Stava per rispondere, ma Luca si è intromesso.

 

-“Oh Luà, io Marco lo conosco da una vita, ma non l’ho mai visto così a pezzi! Non faceva altro che piangere e invocare il tuo nome!”-.

 

Lo guardo, mandandolo a quel paese, con il dito medio…

 

-“Non mi prendere in giro, idiota!”-.

 

-“No, davvero! Credimi, Marco è cotto di te. Ma tanto però!”-.

 

Lo guardo piuttosto compiaciuta, anche se spaventata. A morte.

Ho sulle spalle la responsabilità d’aver stregato un ragazzo, senza neanche essermene accorta!

 

-“Volete sapere la verità?! Io ho paura!”-.

 

-“Ma di che?!”-.

 

Fanno in coro, guardandosi maliziosi.

 

-“E se…se mi chiede di metterci insieme?!”-.

 

-“Tu ci vuoi stare si o no?!”-.

 

Simona brucia Luca sul tempo.

 

-“Sì! Oddio…non lo so, bo!”-.

 

-“Sei troppo confusa Luà!”-.

 

Stavolta è Luca a bruciare Simona, che di rimando gli da una gomitata.

 

-“Sapete, mi sto gongolando sul fatto che è tanto che non lo vedo! Se non lo vedo, non ci penso, di conseguenza il non pensarci mi porta a non crearmi alcun tipo di problema! Se lo vedessi, sarebbe tremendo io lo so…crollerei!”-.

 

-“Donne, chi vi capisce è bravo. Infatti, io faccio schifo…”-.

 

Luca si batte la fronte con la mano, prima di mettere un’espressione seria sul volto.

 

-“Questo significa soltanto una cosa. Tu non lo vuoi.”-.

 

Simona mi fissa con uno sguardo serio, anch’ella.

 

-“E’ qui che ti sbagli. Io lo voglio, lo voglio da matti. Per questo ho paura. Paura di riaprire il cuore, dopo tutto. Dopo Ale!”-.

 

-“E’ più che normale, una storia di tre anni non si dimentica, non si chiude in un giorno! Ma lasciati dire che voi due insieme, avete qualcosa di speciale. Tu per lui sei speciale…”-.

 

Speciale. Io non sono speciale per nessuno.

Io che ho fatto nella vita,per meritarmi di essere speciale per qualcuno?!

Se soltanto le sentissi pronunciare da Marco queste cose, se soltanto mi desse il coraggio e la fiducia che vorrei, io lo farei.

Sì lo farei, mi ci butterei a capofitto con lui!

 

-“Siamo due matti, ecco cosa abbiamo di speciale! L’assoluto squilibrio mentale!”-.

Mi guarda, pensandoci un po’ su.

 

-“Sì, può darsi! Ma non privarti di conoscerlo, ancora di più! Dagli un’opportunità…e questo me lo ha consigliato una ragazza saggia!”-.

 

Sorrido, per la prima volta nella nostra vita, Simona mi sta dando dei consigli.

Con il cuore, lo sento.

Sa chi è Marco, e vederlo rapportato a me deve essere un vero miracolo,per lei.

Ora capisco la sua ostinazione!

 

-“E va bene, stasera gli parlerò!”-.

 

-“Brava! Male che va, la conoscenza la porti alla lunga e verso ottobre-novembre, ti ci fidanzi! Che dici?! Si può fare?!”-.

 

Luca si gira disgustato verso la ragazza mora.

 

-“Siete degli esseri perfidi, voi ragazze! E dicono di noi uomini!”-.

 

-“Marco non se lo merita, però…è un idea!”-.

 

-“Oh Lù, non fare cavolate! Marco è una delle persone più importanti della mia vita. Il mio migliore amico. Vedi di non farlo soffrire!”-.

 

Luca mi ha parlato sincero, da amico. Gli l’ho letto negli occhi.

Cercherò di aprire il cuore è giusto che lo faccia, Marco non è uno qualunque.

 

*******

 

Il cellulare sta vibrando, nella mia borsetta.

Lo sento agitarsi, tra un mazzo di chiavi ed il portafoglio.

Ancora una foto ricordo e rispondo.

 

-“Pronto?!”-.

 

-“Ciccia, noi stiamo andando alla Martinelli. Hai finito là?!”-.

 

La confusione, soffoca la mia voce, mi apparto cercando di allontanarmi dal trambusto della festa.

 

-“Senti Simo, io non so se posso venire! Mi dispiace un casino lasciare tutti così!”-.

Mugola qualcosa di impronunciabile, senza non prima rinnovarmi l’invito a non scappare da Marco…non posso venire davvero, non è una scusa; ma lei non vuole sentire stronzate, attacca senza neanche dirmi A.

Ritorno al tavolo, a dire il vero un po’ sconvolta.

Mi siedo, lontano da tutti, continuando a giocherellare con il bicchiere di spumante, mezzo vuoto.

Ma a chi le vado a raccontare le stronzate? Agli amici, forse sì.

Ma non posso mentire a me stessa. No.

Marco è la sola ragione per cui ho resistito sette giorni, alla tristezza, alla maledetta malinconia.

Il suo pensiero mi ha fatto tornare serena, quando tutto intorno a me era deprimente e grigio.

Io non desidero altro che abbracciarlo forte al mio cuore.

Non desidero altro che guardarlo negli occhi.

Baciarlo.

Accarezzarlo.

Non ci metto che due secondi; afferro la mia borsetta, saluto tutti e di corsa, nel vero senso della parola, mi dirigo alla Martinelli!

Sono mezza brilla, anche poco lucida se è per questo.

Fantastico! Quale migliore occasione per dichiarargli la mia scelta, se non mezza ubriaca e con il volto paonazzo a furia di correre?!

Nessuna, ve lo dico io!

Per fortuna che la pizzeria è dietro al piazzale.

Quando arrivo, vengo assalita dagli abbracci dei ragazzi, letteralmente sommersa da una miriade di braccia umane.

Scambio qualche battuta e qualche risata sulla vacanza per poi rendermi conto,

che è da quando sono arrivata che cerco fra quei volti, l’unico volto davvero importante.  Ma non c’è, lui non c’è.

Guardo Simona con aria avvilita, per poi abbandonarmi su di un marciapiede, disfatto.

Resto lì, le persone mi gironzolano attorno, si fermano a parlare, tirandomi su di morale.

Mi chiedono perché sono così afflitta.

A dire il vero non lo so neanche io.

Sono ansiosa, mi sudano le mani.

E se dovesse comparire come per magia dinnanzi ai miei occhi?!

Ma quale magia; qui di magico c’è solo l’asfalto che continua a scorrere tipo tapis roulant. Ma non è magia. E’ l’effetto dell’alcool.

Piego la testa fra le gambe, chiudendomi ancora di più su me stessa, quando sento una mano accarezzarmi il collo.

E’ Simona. Mi indica col dito un punto lontano; c’è un ragazzo che sta spuntando da dietro agli alberi che costeggiano la scuola elementare.

E’ Marco.

Mi alzo di scatto, quasi come se il corpo fosse stato attraversato da una scarica elettrica.

Struscio le mani lungo i bordi del jeans, sui fianchi. Sono maledettamente sudate!

Mi ha vista, sorride; un sorriso aperto, felice, sincero.

Passa in mezzo agli altri, con estrema disinvoltura si divincola delle strette di mano, delle persone che gli si buttano contro, continuando imperterrito la corsa verso me.

Sorrido tesa, a mia volta.

Quanto è bello. Quanto mi è mancato.

 

 

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Capitolo 28
*** ...Io ho scelto te ***


“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

Ma quanto sono felice delle recensioni che mi lasciate ragazze! xD

Sono troppo entusiasta, guardate che questa fic va a finire che non la finisco più; mi state abituando troppo bene!^^

A tal proposito vorrei chiedervi un favore; qualcuna di voi, se non lo ha già fatto ovvio^^, mi commenterebbe le altre fic che scritto?!

Ve ne sarei grata!

1kiss a tutte

LuNaDrEaMy

 

 

 

“… IO HO SCELTO TE.”

Chap n. 28

 

 

 

-“Ciao bellissima!”-.

 

Marco mi raggiunge, arrivando alla meta con un abbraccio solido, avvolgente.

Ho incrociato i suoi occhi e le sue labbra aperte con quel suo solito sorriso splendente; ci siamo sfiorati, appena-appena, guancia a guancia, prima di chiuderci in un groviglio di braccia.

Ho pensato ad una sola cosa; avevo una voglia matta di sentire nuovamente il suo cuore sbattere contro il mio, al di sotto della sua maglietta bianca.

 

Mi stringe forte, quasi mi manca il respiro.

Sono estasiata.

 

-“Ehi…ciao!”-.

 

Sciolgo l’abbraccio, per realizzare se è vero o no, che gli sono di fronte.

 

-“Mamma quanto mi sei mancato!”-.

 

Non resisto, non ce la faccio a guardarlo; mi ributto fra le sue braccia.

Si è messo a ridere, dolce musica per i miei orecchi!

 

-“Allora?! Guarda che voglio sapere tutto, sono veramente offeso del fatto che sono l’ultimo della lista che hai deciso di vedere, da quando sei tornata!”-.

 

Sorride, non è arrabbiato, ma c’è qualcosa nelle sue parole che non sa di bugia.

 

-“Allora… da dove comincio?!”-. Mamma, ora viene il difficile, cosa devo dirgli?! Una cosa la so; meglio che mi sieda, mi mancano le forze!

 

-“Te l’ho detto che la Sardegna è un vero schifo per quanto riguarda i cellulari?! Non prendono mai, nemmeno sotto tortura!”-.

 

-“Eh, me ne sono accorto…”-.

 

Proseguo, non dando peso alle sue parole.

 

-“…però il mare è davvero un incanto e la costa poi è ricca di natura selvaggia! Sembra un piccolo paradiso, ho visto dei posti meravigliosi! Anche la gente è simpatica, oddio i sardi non sono tutta questa bellezza…calcolando poi che il più alto mi arriva si e no ad un’anca!”-.

 

-“ ha parlato la gigantessa…”-.

 

Lo guardo, mettendo su un espressione imbronciata; per dispetto mi fa il solletico, allora gli mollo un ceffone dietro alla nuca.

 

-“Sempre a prendermi in giro, tu eh?!”-.

 

-“E’ più forte di me, sei troppo buffa!”-.

 

Gli faccio la linguaccia, mettendo il muso, per gioco; mi diverte vederlo ridere, mi diverte che mi prenda in giro, non so dire il perché è solo che questo lo rende ancora più carino ed attraente.

 

-“E i milanesi?! Come sono i milanesi?!”-.

 

Mi fissa, sarcastico.

 

-“Uhm, carini, sì!”-. Osservo i suoi occhi perdersi sui movimenti incerti, delle mie mani, arrotolate nelle sue.

 

-“E’ successo qualcosa di scottante?!”-.

 

Mi ha gelato le vene, il suo sguardo serio; faccio finta di pensarci un po’ su, poi gli sorrido semplicemente, rispondendogli di no.

 

-“Non avrei mai potuto, lo sai!”-.

 

-“Buahuahuahua…non ci crede nessuno!”-.

 

-“Non mi credi?!”-.

 

-“Neanche un po’!”-.

 

-“Dovresti, perché non ho fatto altro che pensare a te, che ritornare da te.”-.

 

Mi stringe forte le mani, il silenzio ci accarezza, ma Marco lo scaccia via in un secondo.

 

-“Che vorresti dire?!”-.

 

-“Che non potevo fare nulla, perché la mia testa e il mio cuore erano qui con te!”-.

 

-“Quindi tu…”-.

 

Si avvicina al mio volto, sfiorandomi la guancia con la mano.

 

-“Sì. Io ho scelto te.”-.

 

Mi ha donato un sorriso che non scorderò mai più, per tutto il resto della vita, giuro.

Mi ha tirata per un braccio, alzandosi in piedi e trascinandomi con lui; occhi negli occhi, mi ha preso a se, sul suo petto, uccidendomi con un bacio violento e passionale.

Ho visto scene d’amore scorrermi dinnanzi agli occhi, ho visto flash della mia meravigliosa estate…il suo sorriso, il suo sorriso, sempre e soltanto il suo sorriso, a chiudere la trafila dei pensieri favolosi, che il suo bacio ha fatto nascere.

 

Ma cos’è?! Un sogno?!

Ahi-ahi, non sento più le gambe; un brivido antipatico attraversa la mia schiena, appena scoperta da una maglietta di raso nera.

Le sue mani delicate, sfiorano quei centimetri di pelle nuda, facendomi rabbrividire.

Un bacio. E’ soltanto un bacio.

Straordinario.

 

-“Finalmente sei mia!”-.

 

-“Ehm-ehm ancora per poco…”-.

 

Restiamo abbracciati, dondolando un po’ con i corpi, che maliziosi e dispettosi, si strusciano l’uno all’altro.

 

-“Che vuol dire, scusa?!”-.

 

-“Niente…baciami piuttosto, che di tempo per parlare, ne abbiamo!”-.

 

Ci abbandoniamo nuovamente all’istinto di stare uniti, appiccicati.

Ci soffochiamo di voglia, di voglia di noi, di voglia di sentirci una cosa sola, una fusione di sensualità e passione.

Per la prima volta, lo bacio senza tranquillità, senza problemi, davanti al  mondo intero che può anche stare a guardarmi; stavolta non mi interessa il giudizio di nessuno, adesso sono una donna libera, una donna che non ha più il cuore soppresso da una storia finita male.

Voglio davvero farlo; io voglio volare, librarmi nell’aria senza avere paura di cadere, d’essere schiacciata dalla pesantezza dei ricordi, dalla vita e le sue conseguenze.

E quel volo porta il suo nome: Marco.

Perché io non posso più mentire. Io l’ho scelto.

 

“Vorrei che queste estate non finisse mai, per tutte le api e fiori persi come noi, rimasti in un giardino a regalarsi l’anima…”

M. Masini.

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Capitolo 29
*** Quando dovrebbe essere, tutto più semplice ***


“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

Mi scuso con tutte voi ragazze, se ho accantonato per un po’ questa storia, dedicandomi esclusivamente alla nuova fic!

Cercherò di rimediare, con capitoli, spero, degni d’attesa! ^^

1kiss a chi mi segue sempre, con simpatia, dedizione e voglia di tuffarsi nel mio mondo.

LuNaDrEaMy

 

 

 

“QUANDO DOVREBBE ESSERE, TUTTO PIU’ SEMPLICE.

Chap n.29

 

 

 

-“Alle volte ho paura per quello che provo, lo sai?!”-.

 

Simona è venuta a casa a darmi una mano; oggi ho intenzione di liberarmi di tutte quelle cose inutili, che non mi fanno guardare avanti.

Una ad una, stacco le foto che tappezzano la porta della mia stanza; quanti sorrisi, quante facce buffe.

E’ incredibile cosa delle fotografie, riescano a catturare.

E l’incredibile è che fanno loro dei momenti, praticamente per sempre!

Piacerebbe anche a me, fermare il tempo quando mi capita di essere realmente felice, prenderlo con me e non cancellarlo mai. Sarebbe molto bello.

Ma purtroppo non è sempre così, la vita va avanti e il tempo consuma i ricordi; bella invenzione le fotografie!

 

 

-“Ti capisco, Simo. Non mi crederai, ma a volte ho paura di Marco. Cioè, ho paura per ciò che provo, quando sto con lui!”-.

 

-“Si, ma per te è diverso. Lui almeno ti corrisponde!”-.

 

-“Anche Valerio, ti corrisponde.”-.

 

Mi ha guardata, celando un finto disinteresse; poi si è avvicinata, mi ha tolto lo scatolone dalle mani e mi ha praticamente forzato a sedere.

 

-“E’ un tuo parere, o sai qualcosa che non so?!”-.

 

-“La seconda.”-.

 

Chiudo gli occhi, per non guardare la faccia truce, che sicuramente ha fatto, quando mi ha sentita parlare.

Li riapro, mi fissa.

 

-“Lo so, dovevo dirti tutto prima ma…non c’è stato tempo!”-.

 

-“E che ti avrebbe detto?! Voglio proprio sentire…”-.

 

Come le spiego il monologo di due ore, che il suo ragazzo mi ha fatto?!

 

-“Allora prima di tutto, ti vuole più sicura di te e della vostra “storia”. Secondo poi, vuole che tu ti apra un po’ di più con lui, che sii meno riservata, soprattutto nei suoi riguardi. Vuole sapere tutto di te, i tuoi sogni, le tue paure, la tua vita. Tutto! Insomma, non vuole essere solo il tuo ragazzo per le cretinate e le risate vuote. Vorrebbe un rapporto più profondo. E fattelo proprio dire, un ragazzo che ambisce a certe cose o ti ama, o è un folle suicida!”-.

 

Simona non mi risponde, si limita ad ascoltare rapita, ogni singola parola che fuoriesce dalla mia bocca.

Poverina, non deve essere facile convivere con un ragazzo che pensa queste cose di lei e poi non le dice nulla, comportandosi tutto l’opposto.

 

-“Basta, non ce la faccio più, io mollo tutto…”-.

 

La guardo, mi si stringe il cuore. No, non deve essere per nulla facile.

 

-“Non lo fare, non adesso che sei da un passo d’averlo!”-.

 

-“ ma che dici! Non mi vuole, non si fa capire!”-.

 

Si alza, con un movimento brusco e violento, portandosi alla finestra.

 

-“E secondo te, perché è venuto a confessarsi proprio con me?!”-.

 

Le vado dietro, girandola per le spalle.

Ride, lo sappiamo bene entrambe che l’unico modo per arrivare a lei, senza in qualche modo toccarla, è passare da me.

 

-“Io sono il vostro perno, ciccia, ma adesso che sai la verità, non sprecare tutto. Vuole delle dimostrazioni? Bene, non scappare! Questa è la dimostrazione più forte che puoi dargli. E per il resto, se lo ami davvero, cerca di capire dove sbagli, se sbagli, e comportati di conseguenza.”-.

 

Non so bene cosa le ho detto, ma è bastato ad accendergli una strana luce negli occhi.

Ci risiamo, chissà cosa la sua testa matta avrà formulato; spero di non aver creato un casino, non so se a quest’ennesima botta, la loro storia reggerà.

Mi dispiace dirlo, ma sono tutti e due troppo presi dai loro orgogli, dalle loro incomprensioni per lasciare spazio ad un amore bello che potrebbe nascere, se soltanto smettessero di chiudersi in loro stessi lasciando parlare solo il cuore.

Mi rituffo in silenzio nella mia opera “scaccia ricordi”, mentre mi fermo a pensare a Marco; in realtà la situazione di Simona e Valerio, somiglia molto alla mia con lui.

Ma almeno io e lui parliamo. Anche troppo!

Non abbiamo fatto altro che parlare, scontrarci.

E chi lo avrebbe detto che non sarebbe finita lì.

 

*******

 

Appena finito di pranzare e di mettere i ricordi in scatola, io e Simona decidiamo di uscire un po’.

Di solito il pomeriggio, quando fa così caldo da sentirti la lingua appiccicarsi al palato, non amo uscire, ma da un po’ di tempo le mie vecchie care abitudini sono volate giù dal balcone!

Non mi riconosco più e non è soltanto la sottoscritta a rendere pubblica questa cosa; anche la maggior parte delle persone che mi sono accanto, stentano a riconoscere nella mia forma selvaggia, quella ragazza timida e dolce che si nascondeva al di sotto dei suoi ciuffi biondi e le gote rosse.

Non so cosa mia sia successo; qualcuno direbbe rifiuto della realtà, qualcun altro semplicemente mutamento giovanile.

Io dico non lo so, fatto sta che mi sento come al di sopra di un burrone; eccitata dal brivido dell’altezza, ma impaurita di scivolare da un pendio dal quale non c’è via di risalita.

Che sia stato il viaggio?!

Marco?!

…Un’insolazione?! Meglio questa terza ipotesi.

 

 

 

-“Marco vuole mettersi con te.”-.

 

Tutto a un tratto, Simona se ne esce con questa sparata; freno di botto, inchiodando la macchina all’asfalto.

 

-“Cazzo dici?! Sei matta?!”-.

 

Mi guarda. Ride. Odio quando ride cosciente di non doverlo fare quando se ne esce con queste cose, che non riesco a capire mai se stia scherzando o meno.

 

-“Come vedi, non ho avuto il tempo neanche io, per dirti tutto.”-.

 

Si sta prendendo la rivincita, la stronzetta; e se la ride di gusto, a quanto pare.

Accosto al marciapiede, tiro il suo sedile indietro e le salto addosso.

 

-“Ti ordino di dirmi tutto. TUTTO!!!”-.

 

-“Ma perché non ci arrivi da sola?! Quel ragazzo muore per te. Quando ti vede, il sorriso gli spunta sulle labbra e gli arriva fin dietro le orecchie. Sveglia ciccia!”-.

 

Sorrido compiaciuta, devo ammetterlo; io so già tutto, ma il fatto che ne abbia parlato con Simona, mi fa pensare ancora di più quanto voglia convincermi a fare questo passo.

Da quando sono tornata, ho percepito la sua vicinanza ancora di più, ma non riesco a farci nulla, più lo sento vicino più faccio di tutto per allontanarlo.

Ho paura. Troppa.

Lo so che predico bene e razzolo male; dov’è finita la storia di far comandare soltanto il cuore?!

Boh, non lo so! So solo che io ho sul serio paura.

Paura di…innamorarmi forse!

Non è difficile, Marco è un ragazzo così gentile, carino e…al diavolo questi aggettivi sdolcinati!

Marco mi ha fatto letteralmente battere il cuore, quando pensavo di mandarlo in letargo, forse per sempre.

Per questo potrei innamorarmi di lui.

Per questo ho paura. (?)

Sembro pazza lo so, sto davvero ad un passo per averlo con me e che cosa faccio?!

Scappo.

Giuro, ci sono giorni in cui lo evito, categoricamente.

Lo faccio per farmi inseguire, per tirare la corda e vedere se è davvero così elastica come penso, lo faccio perché non ho di meglio da fare se non scacciare l’assurdo pensiero di finire insieme.

E lui?!

Lui mi accompagna sotto casa, la sera, come una sentinella vigile, sempre con quel sorriso, con quella forza d’animo che mi trascina nel suo vortice; quando sto con lui non ho paura, quando l’ho vicino non temo nulla.

E neanche lui; l’altra sera prendendomi fra le braccia, come un bambino dell’asilo mi ha chiesto di mettermi con lui.

 

-“, ti vuoi mettere con me?!”-.

 

Lo stavo provocando è vero, ma a lui non glie n’è fregato nulla dei giochetti, lui ha fatto il primo vero passo importante.

Cosa le ho risposto?!

.

Lo so, non significa nulla.

Un po’ come la mia paura.

Lui si è messo a ridere, ed ha continuato a giocare con me.

 

 

 

-“Hai capito adesso?!”-.

 

Quando finisco di raccontare la verità a Simona, mi guarda allibita.

 

-“Cioè, ti ha chiesto di mettervi insieme e non mi dici nulla?! Anche la figura della scema mi fai fare?!”-.

 

-“Dai, volevo sapere se ti aveva detto qualcosa di più! Simo, Marco mi ha talmente stupita che non riesco ancora a crederci!”-.

 

-“Oddio, ti ha fatto la dichiarazione come i bambini…”-.

 

-“Già…”-.

 

Ridacchiamo alle spalle del poveretto; se sapesse ci manderebbe a quel paese per direttissima.

Farebbe bene.

 

 

-“Lo sai che devi dargli una risposta seria, no?!”-

 

-“C’è tempo ciccia, c’è tempo…”-.

 

-“Non è vero, tu stai ripartendo e lui non sa nulla. Né dei tuoi sentimenti, ne del viaggio.”-.

 

Ha ragione lei stavolta, devo dargli una risposta seria.

Devo cominciare a comportarmi in modo serio con lui; decidere quanto conta per me o se è davvero il caso farsi soffocare dalle paure e buttare tutto all’aria.

Tiro giù anche il mio sedile, alzo lo stereo su un pezzo di S Masini; i piedi sono fuori al finestrino che ciabattano con gli infradito di gomma.

Nell’assoluta e impenetrabile magia creatasi con la musica, ci abbandoniamo entrambe alle congetture proprie, della mente.

Malata.

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Capitolo 30
*** E se non è amore ***


“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

“E SE NON E’ AMORE…”-.

Chap n.30

 

 

 

“Voglio il tuo amore per tutta la vita e la vita che voglio è una vita d’amore con teeeeeeeee!!!

 

 

Io e ciccia stiamo urlando come due pazze, ancora in macchina, ancora attaccate al marciapiede.

Un rumore simile allo strombazzo di clacson però, cattura la nostra attenzione.

Mi alzo dal sedile, appollaiandomi con il corpo sullo sportello; scorgo una macchina blu, ferma affianco alla mia auto.

Attraverso i vetri, supero la bionda seduta sul sedile passeggero, volando al guidatore; è Marco!!!

Sorrido contenta di vederlo.

Poi metto a fuoco l’intera scena, razionalizzando; è in macchina con una bionda!!!

Mi giro verso Simona per chiedere supporto e me la ritrovo appesa sulle spalle, che se fosse stata una giraffa a quest’ora sarebbe stata la terza passeggera dell’atra auto.

 

 

-“Ciao belle! Tutto a posto?! Vi si è fermata la macchina?!”-.

 

-“NO!!!”-. Io e Simona rispondiamo all’unisono, mettendoci a ridere.

 

-“Che cavolo ci fate allora in mezzo alla strada, con il motore spento?!”-.

 

Ride anche lui, la nostra pazzia è alquanto contagiosa.

 

-“Ascoltiamo musica”-. Simona risponde, con tutta la sua adorabile ingenuità.

Gli tiro una gomitata, sbracandola sul sedile.

 

-“Quello che voleva dire ciccia è che ascoltiamo musica, nell’attesa di rimorchiare qualche bel ragazzo di passaggio!”-.

 

Gli sorrido a sessantaquattro denti (magari li avessi ^^’) sperando di averlo colpito nel profondo; ancora non mi va giù la bionda.

 

-“Beh allora non sono passato qui per caso…”-.

 

Risponde sempre con quel sorriso odioso stampato sulle labbra.

 

-“Se è per quello allora puoi anche proseguire la corsa…”-.

 

Gli rispondo acida, so di esserlo ma è più forte di me mi sento completamente in subbuglio, sento un bruciore alla bocca dello stomaco che mi da il tormento!

 

-“Sì vado, anche perché io ho già rimorchiato…”-.

 

Ride, guardando la bionda; la gallina gli rimanda la risata, acuta proprio come quella dell’animale pennuto sopraindicato.

Li guardo disgustata, ficcandomi di nascosto due dita in gola; Simona, ancora paralizzata dalla gomitata, mi guarda dal basso e ride come una pazza.

 

-“Ecco bravo, allora vai!”-.

 

Non risponde nemmeno, mette in moto sgommando via.

 

-“STRONZO!!!”-. Gli urlo contro, sperando con tutto il cuore che mi senta.

Rientro con la testa dentro, battendo le mani sul volante.

 

-“Mammamia! Se volevi farlo scappare, ci sei riuscita, brava!E poi, non dirmi che sei gelosa?!”-.

 

Simona si rialza dal coma, ha i capelli tutti in subbuglio e la matita nera mezza colata, dalle lacrime che ha versato ridendo.

Lei se la ride, io sono nervosissima!

 

-“Ma chi io?! Di quella bambolina?!”-. Le do una leggera spinta –“Ma per favore! E’ che non ci ha nemmeno salutate, lo stronzo!”-.

 

-“Ti credo, hai idea di come gli hai risposto?!”-.

 

-“No! E nemmeno me ne frega qualcosa!”-.

 

Mi azzittisco, ripensando all’accaduto; beh sì, forse ho esagerato.

Giocherello un po’ con le unghie, nervosamente.

 

-“Ma poi, chi cazzo è quella?!”-.

Sbotto, all’improvviso; mia madre direbbe, chi ci ripensa è cornuto!

-“Tu lo sai chi è?! Io no!”-.

 

-“Nemmeno io!”-.

 

-“Appunto!”-.

 

-“Ho capito, ma adesso che vuoi fare?! Seguirli?!”-.

 

-“Eh no?! Andiamo!”-.

 

-“Lo vedi che sei gelosa! Ma dove vuoi andare, sta buona che tu sei tutta matta!”-.

 

-“Glie la faccio perdere io la voglia di fare lo sbruffone…”-.

 

Metto in moto, senza neanche dare retta alle paranoie che la ciccia mi sta impartendo; c’è un solo luogo dove voglio andare, ROTONDA!

 

Quando arriviamo, lo trovo seduto sul solito muretto di mattoni rossi; mi guarda, sa che lo voglio, perché ride, come fa di solito quando mi prende in giro.

Allungo due dita in avanti, invitandolo a venire da me; si alza, un po’ scocciato, arriva alla mia macchina e vi entra dentro.

 

-“Sì?!”-. Pronuncia, con fare ironico.

 

-“Non fare lo scemo, per favore. Insomma?!”-.

 

-“Insomma, che?!”-.

 

-“A Ma, io me so stufata de ‘sto giochetto…”-. Gli faccio, in perfetto accento romano.

 

Ride, ride e ancora ride.

 

-“Ma che giochetto?!”-.

 

-“Oddio che faccia da schiaffi che hai! E non ridere, mi innervosisci!”-.

 

-“Oh, stai calma, rilassati!”-. Si gira verso me, con fare intimidatorio.

 

-“Non dire rilassati, perché più lo dici, più mi innervosisco!”-.

Sembriamo proprio una di quelle vecchie coppie, che litigano da una vita, sempre per le solite scemenze; per un attimo sorrido, poi penso a cosa ci faccio con lui in macchina a parlare.

Veramente non lo so, lo ignoro.

Forse è vero che sono gelosa…!!!

 

-“Chi era quella bionda?!”-.

 

-“Un’amica…”-. Ribatte lui, con il sorriso stampato sulle labbra.

 

-“Un’amica?! Guarda che non ci crede nessuno!”-.

 

-“Oh, tu mi hai detto no?! Io in qualche modo devo rifarmi…!”-.

 

So che scherza, eppure non posso trattenere un incolmabile moto di rabbia, accumulato forse anche da tutta questa situazione.

 

-“E io che dovrei pensare adesso?! E poi non ti ho detto di no! Bel tipo sei, allora è vero che sei un gran bastardo, ed io che ho visto in te qualcosa di diverso. Tu sei come tutti gli altri, tu…io… non posso aver perso la testa per un deficiente patentato come te!”-.

 

Mi guarda serio, poi unisce le mani, applaude.

 

-“Luà, io non sono quello che viene sotto casa a rincorrerti, quando tutto ciò che riceve è una porta sbattuta in faccia,  se ti va stai con me oppure no, amici come prima.”-.

 

Quanto bruciano le sue parole, allora è così; la corda è stata tirata troppo.

Non posso recriminare per qualcosa che sapevo sarebbe successo, prima o poi.

Solo, non credevo si arrendesse così presto.

 

-“Sei proprio bravo, sei bravissimo! Ma io dico, ti arrendi così?! Alla prima difficoltà?!”-. Mi mordo il labbro inferiore nervosamente, dirigo lo sguardo verso il finestrino spalancato e li lo pianto, fermo.

-“E poi…hai anche il coraggio di venirmi a dire che in me hai visto qualcosa di diverso. Mi fai pena guarda…se scendi mi fai un favore!”-. Continuo a blaterare dispiaciuta e sconvolta.

 

Non so perché quel giorno non sono scoppiata in un pianto a dirotto; di solito reagisco facendomi inghiottire nell’assoluta tristezza e amarezza, versando calde lacrime.

Davanti a me avevo Marco, eccolo spiegato forse il perché.

Lui mi ha sempre vista forte, una roccia, lui mi ha scombussolato un’estate, ma non può permettersi di vedermi piangere. No.

 

-“Sei tu che non hai capito niente, perché se solo mi avessi conosciuto un po’ prima, riusciresti a vedere la differenza dei miei atteggiamenti, da quando ti conosco. Tu sei diversa, te lo ripeterò fino all’infinito, ma devi accettare anche che questo è il mio carattere e non ci posso fare niente! Io non sono abituato a parlare! Lo capisci?!”-.

 

Mi rigiro verso di lui, ammiccando un mezzo sorriso; sono anche riuscita a ridere quel giorno, nonostante tutto.

 

-“Ma guarda che ho capito benissimo, eh! Lo so che il ragazzo che glissa i discorsi non ti abbandonerà mai… e l’ho capito che mi stai ponendo davanti all’ennesima scelta, cosa credi, che sia stupida?!”-.

 

Scuote la testa.

 

-“Tu hai già scelto. Solo che non vuoi accettarla quella scelta. Come io non voglio parlare…”-.

 

-“Tu, hai paura di me, non fare il furbo!”-.

 

-“Anche tu, non fare la furba!”-.

 

Scoppiamo a ridere, distendendoci un po’, delle nostre tensioni.

 

-“Tu mi piaci molto , davvero tanto. E ti dico che sei diversa, perché ad andare dietro alle belle ragazze siamo bravi tutti; io in te ho visto anche il resto!”-. Comincia a parlare dal niente, lo ascolto rapita e contenta. “Ehi, non dico tu non lo sia, ma di te amo anche tutto il resto; tu sei semplice, hai sempre il sorriso sulle labbra, sei semplice e sincera. Sai una cosa che mi piace di te?! Il tuo sorriso, tu hai sempre un sorriso per chiunque, una parola, un gesto affettuoso. I tuoi baci sulla guancia, mi hanno stregato…”-.

 

Rido, ma cerco di trattenermi; non sapete quanto mi hanno preso in giro per il fatto che quando arrivo in rotonda, sia che conosco qualcuno o no, dispenso baci sonori sulle guance a chiunque!

Mi chiamano Luana dei bacetti là.

E Marco non perde occasione per prendermi in giro!

 

-“Ma tu mi piaci anche oltre un sorriso o un bacio; a , tu mi sei entrata dentro, come nessuno aveva mai fatto. Ma…”-.

 

Gli appoggio due dita sulle labbra, serrandogliele.

Il cuore mi batte talmente tanto forte nel petto, che ho paura di morire d’infarto; non so se vi è mai capitato che le parole di una persona, ve lo facciano tremare, attraversandolo con una scossa elettrica!

 

-“… ma devo dare tempo alla Marcolinite/bastardite di attenuarsi e lasciare spazio ad un ragazzo normale, vero?!”-.

 

Non gli do tempo di rispondere, lo bacio affettuosamente sulle labbra, a stampo.

Lui mi accarezza una guancia, quasi come volesse trattenere quel bacio all’infinito.

 

-“Domani sera ci sei?!”-.

 

-“Perché?!”-.

 

-“Ho voglia di stare un po’ sola con te.”-.

 

Gli dico, indicandogli lo spettacolo delirante, al di fuori del suo finestrino; ci sono Daniele e Damiano che ci stanno imitando, con delle facce buffe.

 

-“Perché di sera?! Facciamo tutto il giorno, no?!”-.

 

Mi gratto il capo, sbruffando.

 

-“Non posso! Domani sono al mare con Simona!!”-.

 

-“Vada per la sera, allora!”-.

 

Mi pizzicotta una guancia, affettuosamente.

Mi tuffo letteralmente fra le sue braccia, poi lo lascio andare; ci seguiamo con lo sguardo, per tutto il tragitto dalla mia auto al muretto.

Strizza un occhiolino da lontano, sorrido a sessantaquattro denti e felice come una pasqua metto in moto, scappando via da lì!

 

Lo stereo si riaccende a volume sparato, con il vento che mi sbatte sul viso e le note che volano mi sento davvero bene; le strade vuote di una stagione estiva a metà percorso, spianano la strada a una mia folle corsa, verso la libertà.

 

Poi mi fermo di botto; HO DIMENTICATO SIMONA ALLA ROTONDA!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 31
*** Tempo di cambiamenti ***


“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

Chiedo scusa a tutte le mie recensitici per i tempi d’attesa trascorsi fino al nuovo capitolo. Purtroppo non ho più molto tempo libero, ma conto di chiudere la storia fra due-tre capitoli.

Grazie comunque per la pazienza e la voglia che vi spinge a ritornarci sempre.

Grazie !

1kiss

LuNaDrEaMy

 

 

 

“TEMPO DI CAMBIAMENTI”

Chap n.31

 

 

 

Ore sette e trenta.

La sveglia suona, tremando sul ripiano della mensola.

Apro gli occhi, spalancandoli quasi.

L’appuntamento era per le sette, Simona stavolta mi picchierà.

Mi sembra già di sentirla; balzo in piedi come una sentinella, cominciando a dimenarmi a destra e sinistra.

Frugo nei alla rinfusa nei mie cassetti, cercando il costume, afferrando un top e una mini di jeans; improvvisamente  mi ricordo del consiglio che l’insegnante di pronto soccorso mi inculcò al quel benedetto corso.

Respirare ! Respirare a fondo, nei momenti di peggior stress distende i muscoli e rilassa.

Già…

Ci provo, ma poi passo dinnanzi allo specchio, i capelli stanno uno schifo, la gonna è tutta storta.

Per me, è impossibile qualsiasi pratica di calma.

Sono segnata ad essere ricordata come una ritardataria cronica !

Sorrido, continuando i preparativi.

Lo zaino ormai è pieno, afferro le ultime cose e come per magia sono già pronta.

Senza che me ne accorgessi.

Il segreto sarà mica non pensarci ?

Non ho tempo per pensarci, sono le sette e quaranta, mi dirigo verso la porta di casa, come una sfollata per tutta la roba che ho caricato sulle spalle.

Scendo le scale, Simona mi squilla.

Sarà già ad un passo da prendere la metro, sola.

Giocherello con il telefono fra le mani, potrei rimetterlo in borsa, ma qualcosa mi balena nella testa; mi appoggio ad una colonna del porticato, ci metterò forse un po’, ma Simona capirà.

Comincio a scrivere qualcosa, la tastiera scorre veloce sotto e mie mani.

Questo è l’ sms della svolta, il primo messaggio sincero, diretto, quello che ha tutta l’aria di voler dire “Ehi abbasso la guardia, ok ? Approfitta pure di me !”, beh sì forse non proprio così diretto, ma almeno servirà a quel poveretto per schiarirsi le idee.

E io devo mandarglielo, lo devo a lui e lo devo a noi.

Noi.

Rido. E’ la prima volta che penso a me e a lui come noi.

Ahi, ahi… sono andata in tilt.

Non è possibile, il cuore mi batte forte, ed ancora affiorano alla mente le mie solite pillole di saggezza; da qualche parte ho letto che in amore, non c’è nulla da capire, bisogna soltanto agire.

E lo sto facendo, non mi chiedo il perché di questa iniziativa, mi butto e basta.

 

 

“Ieri ti ho pensato tantissimo, ho pensato alle tue parole e devo dirti che un po’ mi sono emozionata… vederti parlare è stato troppo strano ! Mi piaci tanto Marco… vorrei che tu fossi qui con me.

 

 

 

Infilo il cellulare nel taschino sul fondo dello zaino, e con il sorriso imbarazzato e felice di una qualsiasi ragazza che ha fatto quel passo, corro verso il mio appuntamento.

 

 

“Oh, il cielo sia ringraziato! Finalmente sei arrivata!”-.

Simona mi sorride, non sembra poi così arrabbiata.

 

-“Scusami ciccia, perdonami! La sveglia non ha suonato…”-.

 

-“…o sei tu che non l’hai sentita? Comunque, l’hai portato il cd di Masini?”-.

 

-“Signor sì, signora!”-.

 

Le faccio un saluto militare, prima di vederla ridere ancora.

Prendiamo un cuffietta a testa, e cominciamo a spararci nel sangue quella musica alta e malinconica, del nostro cantante preferito.

Eh già, è riuscita a convertire anche me.

 

Il tempo non è dei migliori, il cielo è un po’ nuvoloso e in giro circola un arietta fresca.

Ma il sole uscirà, voglio una pelle dorata!

 

-“Hai tagliato i capelli?”-.

 

-“Te ne sei accorta ora? E’ da quasi un’ora che ti sono di fronte!”-.

 

-“ Stamattina sono in coma…ti stanno una favola!”-.

 

Mi passo qualche ciocca fra le mani; il colore è vivo e brillante, le punte perfettamente lisce.

Sì, mi stanno talmente tanto bene che neanche quel cretino di Marco si è accorto che li avevo tagliati, ieri.

Buahhh mi converrà rimpiazzare sia il boy che la migliore amica.

Mi fisso a guardare Simona.

Stamattina ha una faccetta sbattuta, ma non è l’ora lo so, ne abbiamo fatte di ore piccole, e questa non è stanchezza.

Presa da tutto il casino con Marco, non so neanche cosa ha combinato poi con Valerio.

Poverina, l’ho un po’ trascurata.

 

-“Ehi! Poi che hai combinato con Vale?”-.

La butto lì, gli occhi le si accendono, balza in piedi.

 

-“Lù, dobbiamo scendere!”-.

 

Guardo la fermata, le porte sono aperte da un po’, ci abbracciamo e di fretta scendiamo, quasi ruzzolando in terra dalla foga.

Usciamo dalla stazione ridendo, come due sceme.

La scena è stata esilarante, qualcuno dietro di noi, ride ancora.

E proprio mentre aspettiamo di attraversare, due tipi da dietro si affiancano alle nostre spalle.

Un moretto comincia a parlare.

 

-“Caldo… fa caldo oggi vero?”-. Mi parla in un orecchio, quasi.

 

-“Troppo.”-. Rispondo serafica, senza neanche girarmi.

Simona dalla sua ridacchia, nascosta da una cascata di riccioli neri.

La guardo, ridendo con lei, ma che razza di sfigato è uno che ti abborda con la scusa del caldo?

Scuoto un po’ la testa, lei capisce, tornando a ridere.

Ma il tipo non molla, prima di farci attraversare ci si piazza dinnanzi, prevenendo qualsiasi via di fuga.

Astuto lo sfigato!

 

-“Piacere, io mi chiamo Valerio!”-.

 

Toh, il caso!

Simona allunga la mano, imbambolata.

La guardo. Poi guardo lui.

Però… non è poi neanche così male lo sfigato!

Anzi non è male è una parola insignificante; è un bonazzo da paura!

La carnagione già bella abbronzata, di un color ambrato scuro, gli occhi piccoli e allungati di un verde smeraldo imbarazzante.

Sembra uno straniero, i suoi tratti ricordano tanto quel faraone della storia

egiziana, che da piccolina guardavo nelle illustrazioni del mio libro.

Ora capisco perché la mia amica è imbambolata.

Sì vabè è molto carino ma resta pur sempre uno sfigato.

Così, gli stringo la mia mano di striscio e trascino Simona via con me.

 

-“Cioè, ma tu lo hai visto quello cos’era?!”-.

 

-“Sì, carino… ma suvvia avrai mica gli ormoni impazziti stamattina?!”-.

 

Si mette a ridere, difende ancora un po’ il faraone, ma quando capisce che non c’è più storia cambia discorso.

 

-“Ma tu che ne sai… tu sei persa di Marco! Ciccino, ciccino mio… buahhh ti abbiamo persa ormai, hai il cervello che ti sta volando a Cuba!”-.

 

-“Ma che dici, finiscila!”-.

 

-“Hai gli occhi a cuoricino quando lo guardi, finiscila tu!”-.

 

Prendo uno specchietto dalla borsa, mi ci guardo dentro.

Più che occhi a  cuoricino ho due occhiaie da far paura.

 

-“Ma tu dici?! Si vedono così tanto?”-.

 

-“Ti escono fuori dalle orbite.”-.

 

Risponde secca, un po’ acida.

Non gliela faccio passare liscia, mi ci butto sopra, facendola rotolare sulla sabbia bollente.

Sembriamo due lottatrici, di quelle che sguazzano nel fango.

Ma il fango scivola, la sabbia si insinua dappertutto e non te la lavi di dosso nemmeno se ti fai centrifugare.

 

-“Ecco ora vacci così dal tuo ciccino!”-.

 

-“E tu chiama Valerio… magari ti ripulisce lui, ben benino! Pero attenta, adesso ne chiami uno e ne spuntato due!”-.

 

Ridiamo.

Belle impanate poi, ci andiamo a buttare in acqua.

Acqua fresca, acqua chiara, acqua che toglie la sabbia di dosso.

Ci stendiamo sui nostri asciugamani tesi al sole, che aspettano due donzelle, proprio come… proprio come quei due ragazzi che hanno steso i loro affianco ai nostri.

Sbruffo, il faraone se ne accorge.

 

-“Ti sto proprio antipatico, eh?!”-.

 

-“Dici a me?!”-. Annuisce.

 

-“No guarda, non te la do tutta questa importanza.”-.

 

Simona ride, poi si mette in mezzo.

 

-“Perdonala, si è fatta le meches e a quanto pare deve essergli entrata un po’ di ammoniaca nel cervello!”-.

La fulmino con lo sguardo, lei si accuccia e mi sussurra un “lasciami fare”.

Non capisco, ma annuisco, se le piace così tanto Valerio, l’altro, per oggi può essere messo in stand by.

A meno che… 

Mi volto nella loro direzione, non ci sono.

Alzo lo sguardo, sono in piedi accanto a me.

 

-“Pensavo ti fossi addormentata…”-.

 

Bofonchia lei. E come avrei potuto, il loro sfringuellare non avrebbe permesso neanche a una mummia di riposare in pace.

Sorrido comunque.

 

-“Noi stiamo andando a fare una passeggiata.”-.

 

-“Te la rubo un po’, così farai conoscenza con il mio amico…”-.

 

Ma certo andate, chi vuole venire con voi.

Che faccia da stronzo!

Conoscenza con il suo amico.

Rido sarcastica.

 

-“Che culo! Dalle mie parti si dice meglio sola che male accompagnata!”-.

 

Mi accuccio di nuovo, dandogli le spalle.

Questo Valerio non mi piace neanche un po’, spero solo la mia ciccia stia ben sveglia.

Li sento andar via, dallo sfrigolio della sabbia sotto i loro piedi.

Resto vigile, non vorrei l’altro energumeno se ne approfittasse; dopo un po’, lo sento alzarsi per andare in acqua.

Mi giro un po’, lui mi sbuca davanti al viso, senza che me ne accorgessi.

 

-“Ti chiederei di venire, ma non vorrei mi azzannassi!”-.

 

Ride, ha un bel sorriso in effetti.

Mi lascio andare, sorrido.

 

-“Più che voglia di bagnarmi ho una fame pazzesca!”-.

 

-“Lo credo bene è ora di pranzo! Lì c’è un chiosco, se vuoi ti offro qualcosa!”-. Poi ci pensa e continua “Oh no, altrimenti penserai che me ne voglio approfittare!”-.

 

Mi fa il verso.

Che tipo! Però è simpatico.

Mi alzo. Mi guarda enigmatico.

 

-“Beh?! Il pranzo non arriva solo, si dia il caso tu debba andartelo a comprare!”-.

 

Ride, ha capito che sto al gioco.

Si alza e insieme ci rechiamo al chiosco.

Parliamo del più e del meno, tra un pizzetta e una birra per lui, un panino e una bottiglia d’acqua per me.

Si chiama Emanuele ed ha diciassette anni.

Quando me lo ha detto ho riso dentro, in una maniera incredibile.

Stavo indugiando su uno che non è neanche maggiorenne!

Mi sa che fra i due, quello che deve aver paura è senz’altro lui.

 

-“Ma cosa hai da ridere?!”-.

 

-“No niente. Dimmi un po’, i diciassettenni adesso si mettono ad abbordare le ventenni?”-.

 

-“Oddio no, mi sono fatto scoprire?!”-. Ride celando denti bianchi perfetti.

 

-“Eh sì eh! Tipico di un giovincello senza esperienza….”-. Lo prendo in giro.

 

-“Per questo abbordiamo le più mature…”-.

 

-“Beh io non faccio l’insegnante, e questo non è un asilo nido…”-.

 

Ci guardiamo, sorridendo.

 

-“Ohi, ma sei tremenda!“-. Ride, battendo la mano sul tavolo.

 

-“Sono diffidente, ma non faccio così con tutti, quindi puoi considerarti fortunato!”-.

 

Ride ancora, e tra una risata e l’altra, mi va via via parlando della sua storia d’amore appena sbocciata.

Sicuramente mi sento più rilassata, il ragazzino è forte, non mi sarebbe piaciuto spiaccicargli la faccia la muro.

 

 

Quando torniamo agli asciugamani, ci spaparanziamo per bene, lasciandoci andare in un riposino.

Ma qualcosa mi tiene sveglia, apro gli occhi ed il sole è ancora alto.

Simona non è ancora tornata.

Alzo il busto, il suo telefonino squilla, lo prendo e aspetto prima di rispondere.

Valerio lampeggia sul display.

E non è certo quello della passeggiata.

Mi alzo e mi allontano per rispondere.

Oddio che scusa metto adesso… la testa fantastica.

Rispondo.

 

-“Vale?! Dimmi tutto!”-.

 

-“Oh Lù sei tu, Simona?!”-.

 

-“Non c’è, puoi dire a me comunque.”-.

 

-“E’ tutto il giorno che ha il telefono staccato, volevo sapere come sta.”-.

 

-“Ma perché quant’è che non la senti?”-.

 

-“Un paio di giorni. Ma che non lo sai che mi ha lasciato?!”-.

 

Rimango di sasso.

Non, che non lo so.

O meglio, speravo non fosse questo il lampo di genio che avevo avuto.

Saluto Valerio distrattamente, promettendogli di starle vicina, volando subito con la mente a dove cavolo si sarà cacciata con quell’altro Valerio.

 

-“Certo che non la lascio sola, io. Ciao”-.

 

-“Sì, ciao.”-.

 

Mi appoggio su un muretto che costeggia la spiaggia.

Povera ciccia, non mi ha detto nulla, chissà quanto starà male.

Ma perchè non mi ha detto niente?

Mi alzo, cominciando a camminare alla rinfusa.

Da dietro le cabine, sento la sua voce, piuttosto accorata.

Rientro in spiaggia, giro intorno e la raggiungo.

 

-“Ma sei proprio un viscido!”-.

 

“Oddio quanto ti scaldi, ho solo allungato un po’ la mano!”-.

 

-“E te ne arriva un’altra in faccia, se non te la metti subito in tasca!”-.

 

I due si girano, lui mi guarda sbruffando, lei si sistema i capelli visibilmente imbarazzata.

 

-“Ma tu chi saresti scusa? Sua madre? La paladina della giustizia?”-.

 

-“No, sono solo una ragazza incazzata. Che pensi, che c’ho paura a fare a stecche con te?!”-.

 

Ride, scuotendo la testa.

 

-“Calma boxerina. Non faccio a stecche con una donna…”-.

 

-“Abbiamo l’uomo dai principi signori e signore. O dovrei dire il ragazzino di diciassette anni?!”-.

 

Simona strabuzza gli occhi, prima rideva, ora non ride più.

 

-“Mi avevi detto di avere ventidue anni! Brutto stronzo!”-.

 

Gli si butta addosso sferrandogli un calcio nei gingilli.

Pensavo volesse solo spaventarlo, ma quando vedo che si prepara al secondo round, l’afferro per un gomito.

 

-“Ciccia, calma dai, credo che gli hai fatto male abbastanza!”-.

 

-“Non è abbastanza per questo porco bugiardo!”-.

 

La trascino via, maledicendo il giorno in cui ho deciso venire al mare, non tanto per il porco-faraone- bugiardo steso in terra, quanto per l’enorme fatica di dovermela trascinare a peso morto, per tutto il lungomare.

 

-“Piacere ancora Emanuele, a presto!”-.

 

Cerco di tenerla lontana anche dal poveretto, che con quell’altro non ha proprio nulla a che vedere, perché arrabbiata com’è potrebbe prendersela anche con lui.

Lui mi stringe forte la sua, ci guarda un po’ preoccupato.

Ma non sa che l’unica vera preoccupazione che avrà è andare a raccattare il suo amico dietro le cabine.

 

 

-“Ciccia, ciccia grazie di tutto.”-. Simona rompe il silenzio in quel vagone con la sua vocina.

 

-“Nulla figurati.”-.

 

-“Sono stata proprio una cretina, ma come ho potuto dare retta a quel deficiente.”-.

 

-“Capita sai? E’ che certi deficienti sanno mimetizzarsi bene.”-.

 

Non le dico nulla di Valerio, non voglio infierire su di lei.

Quando sarà il momento, sarà lei a dirmi tutto.

La guardo; quanto è bella nella sua ingenuità, nella sua infantile aurea.

Mi si stringe il cuore.

Volgo lo guardo altrove.

Poi, la nostra fermata. Scendiamo sempre accompagnate in quel silenzio triste.

 

-“Ti accompagno all’autobus.”-.

 

La mia non è una domanda, non voglio una risposta.

Lo farei comunque, voglio che lei senta che ci sono.

Sale, mi da un bacio sulla guancia salutandomi affettuosamente.

 

-“Fatti una bella mangiata, una doccia veloce e vedrai che passa tutto, ok? Io tengo il cellulare acceso stanotte…”-.

 

Le faccio l’occhiolino, poi mi volto per andare.

Mi chiama. Mi segue sui gradini dell’autobus, mi ferma.

 

-“Ciccia l’ho lasciato. Volevo solo non pensarlo.”-.

Gli occhi le si fanno improvvisamente lucidi, le accarezzo una guancia affettuosamente, pizzicandola un po’.

Non hai nessuna colpa ciccia mia.

Questo non glie lo dico, ma nel profondo dei miei occhi, con il mio sorriso, io so che lei lo ha capito.

Mi allontano di là, con un po’ di malinconia nel cuore.

Penso a Simona, Valerio, l’amore, la coppia e… Marco.

Marco. Me ne sono completamente dimenticata.

Afferro subito il cellulare, c’è un messaggio.

Mi siedo, me lo voglio gustare proprio tutto.

Prima di leggerlo guardo l’ora,  è targato sette e quarantacinque.

Ed ora sono le quattro.

E’ volato un pomeriggio. Mi mordo il labbro.

Leggi?! Pigio su sì e mi addentro in NOI.

 

 

“Anche io vorrei fossi qui e le parole che ho detto erano quelle che avrei dovuto dirti da tempo, tvb veramente e indipendentemente da tutto… Marco”

 

 

Rispondi? Sì.

Giocherello con alcune parole ma poi mi soffermo un attimo.

Niente sms.

Io corro da lui.

Lo zaino balla sulla mia schiena, la gonna si alza un po’ ad ogni falcata.

Ma che me ne frega, io voglio andare da lui.

Io sono felice, io gli voglio un bene che non ha confini.

E corro, corro.

Poi mi fermo.

Una macchina sta avanzando verso me, rallento il passo, la faccio passare.

Ma guardo dentro.

Un bellissimo ragazzo, mi guarda.

Ha una polo chiara, una delle mie preferite, il sorriso spontaneo e bianco aperto come il colletto di quella maglietta, che le va perfetta.

Ci abbracciamo con lo sguardo, tutto intorno è solo dettaglio.

Quando realizzo che non potrò ringraziarlo, quando realizzo che lui è in quella macchina, che lo sta portando chissà dove, mugugno un “Noooo” che sentono anche dai piani alti, afflosciandomi sulle gambe, con le braccia penzoloni.

L’uomo alla guida capisce, ride e si ferma, accostandomi.

Probabilmente è suo padre.

Giro intorno a quella macchina, portandomi dinnanzi a lui.

Siede davanti, accanto a suo padre.

Sua madre e sua sorella sono ai sedili posteriori, le saluto gentilmente, non provo vergogna, anche se razionalmente ripensandoci, non so come ho fatto a non sprofondare!

Ma il mio viso si porta in attimo sul suo.

E’ bellissimo. Ed è contento, glie lo leggo negli occhi, profondissimi, neri.

 

-“Sei una sola…”-. Gli sussurro, quasi.

 

-“Sto andando a cena fuori, dopo ci sei?!!”-. Annuisco.

 

-“Allora ci vediamo dopo, ti passo a prendere.”-.

 

-“A dopo allora, ciao.”-.

 

-“Ciao.”-.

 

E vedo quella macchina sparire via sul fondo del vialetto.

Mi tocco i capelli, sono un vero disastro.

La prima volta che “conosco” i suoi genitori, ho un improbabile mollettone nero fra i capelli, sono zozza di sabbia fino al midollo, e sono conciata per le feste.

Grandioso!

Ma non mi importa, l’ho visto, è questo quello che conta.

Sciolgo i capelli, li accarezzo e torno a casa un po’ più contenta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 32
*** Sale e amore ***


“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

“SALE E AMORE”

Chap n.32

 

 

 

Non so, se abbiate in mente come ci si sente, dopo una giornata di sole e mare, quando sei appena sull’uscio di casa e appoggi tutta la tua roba sul pavimento; sei tutta un fremito, ti scruti dinnanzi allo specchio controllando ogni segno del passaggio del sole sul tuo corpo, desiderando solo scacciare quel pallore e grigiore dell’inverno.

E la stanchezza, la stanchezza si posa sulle tue palpebre, ma tu ti senti felice e soddisfatta ugualmente.

Quando sono arrivata, sono corsa dinnanzi allo specchio, ho sorriso, sbruffato, poi sorriso di nuovo, ma ero felice, felice per quello che sentivo.

Sì, non era solo merito del sole.

Canticchiando mi sono infilata sotto la doccia, ho lasciato che l’acqua lavasse via il sale, ma non il benessere che scorre sotto la mia pelle.

Credo che una persona si senta così, solo quando l’amore bussa alla sua porta.

L’amore è così radioso, riflette dai tuoi occhi una luce dorata, che abbaia chiunque ti passi dinnanzi.

Ed io la vedo nei miei, la vedo quella luce.

Non è tutto merito del sole, o della mia pelle abbronzata.

Perché la mia pelle tornerà lattea, ma quella luce sarà destinata a brillare ancora per molto tempo.

Oddio, a meno che un amore duri il tempo di un estate, quindi di un’abbronzatura.

Non voglio pensarci, non adesso che lo sto ammettendo.

Mi sono innamorata, dunque.

E di Marco, per giunta!

Questa estate è davvero la più strana estate della mia vita.

 

-“Ehi tesorino, come stai?”-.

 

Profumo ancora di liquirizia e crema idratante, quando afferro il telefono.

La sua voce mi arriva piccola e rotta, da tante lacrime.

 

-“Insomma.. senti , non ti ho detto niente per non pensarci, non per altro.”-.

 

-“Ancora con questa storia?! Devi stare tranquilla con me, su tutto dico, non devi darmi giustificazioni!”-.

 

Tira un sospiro di sollievo, non sono mai stata brava a dare consigli, o incoraggiare le persone, ma Simona si fida ciecamente delle mie parole.

Questo la rende speciale, rende speciale il nostro rapporto, la totale e completa fiducia che ci lega da anni ormai.

 

-“Io non lo voglio più. Mi fa soltanto soffrire.”-.

 

-“Non voglio dirti nulla, non me la sento di influenzarti in questo momento. Però voglio vederti ridere, ok?! Con o senza di lui!”-.

 

-“Ci proverò! Stasera che fai?!”-.

 

-“Mi vedo con Marco, andiamo alla rotonda. Vieni?!”-.

 

-“Sì, così Marco stasera mi ammazza. No- no resto a casa!”-.

 

-“Non fare la cretina, vestiti e alle nove fatti trovare al cancello grigio infondo al viale!”-.

 

-“Ma…”-.

 

-“Niente ma! Te lo ordino! Ciccia ora stacco che mi squilla il cellulare!”-.

 

La saluto e corro a prendere l’altro telefono; alle volte mi sembro un centralino ambulante!

Rispondo e dall’altro capo del telefono, la sensuale voce di Marco mi conferma che sta tornando dalla sua cena.

Mi batte forte il cuore, neanche fosse il nostro primo appuntamento.

Ma adesso sono innamorata.

E’ diverso.

 

Accendo la radio, un po’ di musica mi darà la giusta carica.

Vasco. Ancora lui.

Non è possibile, tutte le volte che penso a Marco quest’uomo e le sue canzoni riescono a infilarsi nei miei pensieri.

Stavolta è “E…”

L’ascolto silenziosamente, parola per parola, sembra quasi che sia stata scritta con le parole di Marco; in ogni frase c’è qualcosa di suo, incredibile!

Ma allora non lo sapevo, e nemmeno lo immaginavo, tempo dopo quella sarebbe diventata la nostra canzone, perché chi me la dedicò, disse che era esattamente la trascrizione dei suoi pensieri nei miei confronti, in musica….

Mi vesto adesso più tranquilla, più sicura, felice di averlo fra un po’ fra le mia braccia.

E le nove arrivano in un soffio, così velocemente come trascorre il tempo di due innamorati.

Abbraccio una borsetta, mi armo di uno dei miei sorrisi migliori e corro al mio “appuntamento”.

 

-“Ehilà! Straniero!”-.

 

Gli arrivo alle spalle, lui si volta.

E’ seduto sulla ringhiera del passaggio pedonale, con le gambe penzoloni come un bambino.

E’ troppo tenero.

Mi butto fra le sue braccia, stringendolo fortissimo; sento mancargli il respiro, muovere le sue braccia a rilento, come una carezza in un film, sulla mia schiena nuda.

E si lascia andare, stringendomi forte a sua volta, incastrando il suo viso nel incavo della mia spalla.

Restiamo così, aggrovigliati fino all’arrivo di Simona.

Lei fa finta di schiarirsi la voce, ma non voglio sentire nessuno, voglio solo restare fra le sue braccia.

So che si guardano, ridono.

 

-“Oh, ma che gli hai fatto stasera?! 

 

-“Sarà stato il sole! O è il tuo profumo, scegli”-.

 

-“Non posso essere solo io, no?! E’ il mio fascino cara.”-.

 

Li lascio battibeccare, ma alla sparata del fascino, mi stacco e lo fisso.

Poi guardo Simona, che mi guarda complice.

 

-“Naaaaa”-.  Spariamo in coro, abbracciandoci e lasciandolo indietro come un pesce lesso.

Pochi passi e siamo alla rotonda, quando arriviamo sono tutti là.

Valerio compreso, che si gira, ci sorride e va incontro a Simona.

Li vedo sparire insieme, abbracciati.

Simona quando lo ha visto ha aperto un sorriso stupendo; Dio cosa ti fa l’amore.

 

-“Ahh, finalmente soli!”-. Marco mi prende la mano, invitandomi a sedere sul muretto.

 

-“Già! E non so se te ne sei reso conto, ma questo è il nostro primo appuntamento!”-.

 

-“E’ vero! Tutto sto tempo c’hai messo per dirmi di sì?!”-.

 

Lo guardo scuotendo la testa, è un perfetto idiota!

 

-“Se non era per me, non stavamo neanche qua caro mio…”-.

 

-“Ah sì?!”-. Si tira avanti, avvicinandosi pericolosamente con il volto al mio.

 

-“Devo rammentarti chi ha fatto il primo passo?!”-. Lo allontano, sicura, spingendolo all’indietro.

Ride, sa che non è stato lui a rischiare.

 

-“Probabilmente se non lo avessi fatto tu, lo avrei fatto io.”-.

 

Scoppio a ridergli in faccia, infischiandomene degli occhi addosso degli altri.

Sono in piedi, con le mani che premono forte sul busto, piegata in avanti.

Poi lo guardo, seria, le mani sui fianchi in attesa di una risposta più veritiera.

Lui ride di nuovo alzandosi minaccioso verso me.

 

-“Ridi eh? Ora ti faccio vedere!”-.

Mi viene dietro, cingendomi la vita con le braccia; mi alza un po’ la maglietta, si attacca forte, posso sentire la mia pelle mischiata alla sua.

Rido, incosciente delle sue intenzioni, ma cosciente di quel brivido sensuale che questo avvicinamento, ha provocato.

 Poi sento le sue mani, mi accarezzano la pancia dapprima, morbide e delicate.

Sussulto. Ho i brividi.

 

-“Che stai facendo?!”-. La mia voce è rauca, piena d’emozione.

 

Sento il suo respiro sul collo, mi sussurra qualcosa, ma non riesco a sentirlo, ascolto solo quelle mani, quelle forti sensazioni.

 

-“Adesso sono cavoli tuoi!”-.

 

Questo lo sento bene, anche perché improvvisamente la mia testa si ritrova all’ingiù.

Ho le gambe che mi penzolano per aria, sono appoggiata sulla sua spalla tipo capretto.

 

-“Marco! Marco mettimi giù!”-.

 

Sbatto i piedi, mi dimeno come fossi una forsennata, ma adesso gli occhi di tutti ci sono davvero addosso, scrutatori di quella piccola follia, facendomi arrossire dalla vergogna.

Ma lui non mi scolta, ride divertito dalla vendetta; mi fa il solletico, mi prende e mi lascia a suo piacimento.

Non ho speranze, sono il suo giocattolino.

Allora rido con lui, almeno fino a quando si allontana, sempre con la mia dolce mole sulle spalle, dalla rotonda per appartarci e sfuggire a tutti quegli sguardi.

-“Ah, finalmente ti sei deciso! Tu sei matto!!”-. Gli urlo, quando mi rimette giù.

 

-“Così impari, a me non piacciono le bambine dispettose.”-.

 

-“Già, ne avrai frequentate troppe. E io non sono una di quelle.”-. Acida come limone.

 

-“Però, sei qui con me, lo stesso.”-. Mi cinge la vita, tirandomi a se.

 

-“E’ per farti un favore, cosa credi.”-. Lo allontano, ma si ribella.

 

-“Anche l’ abbraccio di prima, era per farmi un favore?!”-. Pungente, ha colpito nel segno. Ed ha capito.

 

-“Vedi un’azione carina con te non ha effetto! Fai cadere le braccia!”-.

 

-“Lo fa, lo fa. Qualsiasi cosa tu avessi, prendila più spesso..”-. Tenero lui, gli stamperei mille baci su quelle labbra così belle.

Non gli dico nulla, adesso faccio sì che il silenzio ci accarezzi.

Lui mi guarda, negli occhi, dritto e fisso come se dovesse leggervi qualcosa.

Però.. se mi guarda con questi occhi, io mi innamoro davvero.

Annuisce, quasi avesse letto i miei pensieri; per un attimo tremo, poi mi prende fra le sue braccia dolcemente.

 

-“Con te vorrei stare sempre  così.”-. La sua voce rompe la magia.

 

-“Ma non lo vedi? Neanche stiamo insieme e battibecchiamo come una vecchia coppia!”-.

 

-“Appunto, vuol dire che ci manca solo metterci insieme.”-.

 

Sciolgo l’abbraccio, lo guardo per un istante fisso, cosa non hanno mai pronunciato le sue parole; metterci insieme.

Di nuovo. Allora deve desiderarlo davvero tanto.

 

-“Dai…”-. Lo guardo, sfidandolo con lo sguardo.

 

-“Dai…”-. Mi risponde alzando il mento, rigettando a me la palla.

 

Lo guardo, mi guarda, lo tocco, mi tocca, il mio silenzio e il suo silenzio si sfiorano mescolandosi perfettamente.

No, non sarò io a farlo stavolta.

 

-“Sì…”-. I suoi occhi si aprono accecati dalla bella luce della felicità –“ ti piacerebbe stare con me bello mio!”-.

 

Quando capisce, gli do una leggera spintarella per evitare reazioni, mi alzo scappando via, ma lui s’alza d’improvviso venendomi dietro.

Corro lontano, verso il parco che ci ha già visti correre insieme al nostro primo incontro, verso l’ignoto, verso voglio mettermi con lui ma chissà perché scappo sempre.

Mi prende, le sue mani mi hanno toccata. Presa!

Sono di nuovo fra le sue braccia, ride di gusto, m’imprigiona nella sua morsa, nella morsa dell’amore appassionato e violento.

E allora mi bacia, con trasporto, movimento, voglia.

Se il tempo si fermasse, rimarrei incollata così alle sue labbra per l’eternità.

Che dolce sacrificio.

 

-“Adesso sfida te stessa anche tu. Uccidi la paura.”-. Si stacca, guardandomi.

 

Non c’è stato bisogno di dirgli nulla, lui lo sa già che mettermi insieme ad un altro, così presto, così troppo velocemente, è una sfida.

Sa che ho paura. Avrà letto questo nei miei occhi.

Mi sta sfidando, ora il gioco me lo propone lui.

Mi mordo il labbro, guardo lontano, verso gli alberi.

 

-“Io non posso, sto partendo. Di nuovo!”-.

 

-“Parti?! Dove vai?! Non mi dire un altro ex, eh? Ma quanti ne hai!”-.

 

Parla velocemente, mi fa ridere.

Ma il suo viso non ha più il sorriso.

 

-“Vado al mare da mia nonna. E’ vicino Roma ma sto via per un bel po’.”-.

 

-“Un po’, quanto?!”-.

 

-“Un mese.”-. Chissà perchè quando glie lo dico, chiudo gli occhi.

 

-“Un meeese ?! E’ un casino di tempo!”-.

 

-“Lo so, ma non posso farci nulla. Mi dispiace.”-.

 

Mi dispiace.

Gli l’ho detto sul serio.

E lo penso.

Non sa quanto è stato duro per me, non dirglielo fino ad adesso.

Non è la scusa delle mie fughe, ma il pensiero di stargli lontana un mese mi ha sempre fatto rabbrividire. Impaurire.

 

-“E di che…”-. Mi accarezza distrattamente la guancia, prima di perdersi con lo sguardo altrove –“Ma quando partiresti?!”-.

 

-“Dopo domani.”-.

 

-“Dopo… domani…?!”-. Annuisco, si accascia su una panchina, continuando a contemplare il vuoto più assoluto.

 

 

 

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Capitolo 33
*** The miracle. Felicità ti ho presa finalmente ***


“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

“THE MIRACLE.

FELICITA’, TI HO PRESA FINALMENTE.”

Chap n.33

 

 

 

Mi sono alzata stamattina, con l’odore di caffè che inonda le mie narici.

Mi alzo dal letto ancora insonnolita, vagamente lamentosa, per la notte insonne che ho passato.

E come avrei potuto chiudere occhio.

Ci siamo lasciati sorridendo per la bella serata, ma tristi dentro, per il lasciarsi nuovamente, fra qualche giorno.

Oh… ma perché?

Perché tutte a me?

Ci sono cascata di nuovo, questa doveva essere l’estate delle partenze, dello scappare dalla città senza problemi, senza pensieri; invece l’unico pensiero fisso e costante sarà lui!

Di nuovo.

Di nuovo un viaggio e di nuovo lui. Ossessionatamene lui.

 

Il vapore fumante che fuoriesce dalla tazza, salda nella mia mano, mi ipnotizza, in quella nuvola bianca e densa penso a le risate che ci hanno accompagnato ieri notte.

Sto davvero bene con lui, non ho parole per descrivere quello che provo quando ci sto insieme; a volte rabbia, perché non capisco i suoi silenzi e perché non esprime con le parole ciò che prova, a volte felicità, perché nella complicità di uno sguardo o un sorriso, riesco a leggergli dentro, senza aver bisogno di troppe parole.

L’attrazione fisica poi, passa in secondo piano, mi fanno impazzire i suoi occhi, mi piace il suo corpo modellato, ma ciò che sento scorrermi nelle vene non è solo passione carnale.

Io lo adoro.

Mi fa impazzire.

Ma il destino mi è avverso.

 

-“Guarda che ti squilla il cellulare, cretina!”-.

 

Mio fratello, attira la mia attenzione mollandomi un ceffone dietro la nuca.

Lo fulmino con lo sguardo, tirandogli contro una ciabatta.

Poi attizzo gli orecchi; il cellulare si spegne sull’ultimo trillo.

Ero così assorta nei miei pensieri che non mi sono resa conto da quanto è che squillava.

Mi alzo, lo afferro, accendendolo vagamente seria.

Uno chiamata persa e un messaggio sono in memoria, ad attendere di esser letti.

Mi appresto a farlo, ma mio fratello richiama la mia attenzione.

 

-“Insomma, hai già trovato il sostituto, eh?!”-.

 

Stamattina è in vena di farmi arrabbiare; girovaga in cucina, con addosso gli slip neri della play boy, che poi ho deciso di regalargli per il suo compleanno.

Si versa del latte, mi fissa, attende una risposta, sorride beffardo.

Corrugo la fronte, sfogliando distrattamente una rivista.

 

-“Uh?!”-. Rispondo vaga, non ho voglia di dare spiegazioni a un moccioso di sedici anni.

 

-“Ti sei rifatta subito, non hai perso tempo eh?!”-.

 

-“Ma che vuoi?! Ti sei alzato male stamattina?!”-.

 

-“Ti ho vista ieri sera, tutta abbarbicata a quello là… Marco!”-.

 

Sfoglio il giornale e di colpo le mie mani battono sul tavolo; rido, guardandolo sconcertata. Anche il nome sa! Oddio, lo conosce!

 

-“Senti carino… stavamo solo parlando..”-.

 

-“Sì come no, di letteratura? O lingua?! Forse la seconda…”-.

 

-“Ma sei disgustoso, mio Dio! E poi che fai, mi pedini adesso?”-.

 

-“Certo. Io devo sapere tutto!”-.

 

Gli tiro addosso la rivista, ed anche il pacco di biscotti in cui stava trafficando;

mi appoggio di peso allo schienale della sedia, braccia conserte e faccia incazzatissima, continuo a parlargli.

 

-“Tesoro sono maggiorenne, vaccinata e abbastanza responsabile da sapere che cosa farne della mia lingua, perciò fatti gli affaracci tuoi”-.

 

-“Sì una volta! Adesso non ti si riconosce più, tocca starti dietro come una badante!”-. Ride, imitando la voce di mia madre.

 

-“Oh sì certo, peccato che non sto qui a subirmi la paternale da un semi sedicenne, perciò…”-. Poggio le braccia sul tavolo facendo leva per tirarmi –“ ti saluto! Bye… e finisci tutto il latte poppante, mi raccomando!”-.

Gli rubo un morso al biscotto che aveva appena inzuppato, e corro in camera mia.

 

Finalmente un po’ di pace, mi sdraio nuovamente sul letto, il braccio piegato a sorreggere la testa leggermente inclinata.

Quanti pensieri, pillole di tempo passato, trascorso, vissuto in quest’estate quasi al termine.

Domani è già agosto, domani parto.

Vorrei tracciare un bilancio, ma c’è poco da tracciare, quando le emozioni non sono ancore finite.

Eppure, mi sembra trascorsa una vita. No non è decisamente tempo di bilanci.

Improvvisamente mi ricordo del messaggio da leggere e delle chiamate; afferro il cellulare da sopra la mensola e me lo porto dinnanzi gli occhi.

E’ Marco. L’ho pensato tantissimo, ho paura per ciò che succederà.

 

“Queste giornate passate con te, sono stato veramente bene, più passa il tempo e più ho voglia di abbracciarti. C’è qualcosa di speciale in te, mi manchi un bacione

 

Paura ?!

Cos’è la paura, quando il ragazzo più bello e dolce della terra ti da sicurezze?

E’ solo un sentimento che non ti appartiene più.

Perché io sono speciale per lui.

E allora, è venuto il tempo di fargli capire quanto lui, lo è per me. Subito!

Afferro il telefono, lo chiamo.

Mi risponde sempre allegro, con quella voce ridente, solare, che aprirebbe anche un cielo nuvoloso di novembre.

Parlo sommessamente, gli dico che voglio vederlo, non voglio perdere più tempo, perché voglio farlo mio, una volta per tutte. Da oggi all’eternità.

Mi dice che lui adesso non può uscire, è in caserma.

 

-“Caserma?! Che diavolo ci fai in caserma?!”-.

 

-“Mi congedo. Basta non posso aspettare oltre!”-.

 

-“Beh, ma ti manca poco ormai..”-.

 

-“Non importa! E poi, mi serve agosto libero! Ma non farmi domande, tanto non ti dico nulla!”-.

 

Non so se preoccuparmi o meno, ma lui ride e quindi rido con lui.

Di tutto il resto, non me ne frega nulla.

Ci salutiamo dandoci appuntamento nuovamente di sera.

Nuovamente al cancello verde.

Attacco sorridente, mi vesto di fretta, quasi senza più pensieri ed esco.

Senza meta, sì proprio senza meta.

Come la mia dolce estate movimentata.

 

 

*****

 

-“Allora che fai, mi vieni a prendere?!”-.

 

Simona è dall’altro capo del telefono, ci stiamo organizzando per la serata e dimenticavo d’averle promesso che avremmo passato del tempo insieme, prima della mia partenza.

Mi mordo il labbro; ultimamente la vedo più serena, seppur senza il suo amore, che mi dispiacerebbe non godermela un altro po’.

La prospettiva di starle lontana in questo mese mi deprime, lei è una di quelle persone che sanno rallegrarmi la giornata, anche con niente.

Dall’altro lato c’è Marco, abbiamo un appuntamento, ma ritardare la sua veduta, non farà altro che accrescere la voglia di stargli accanto.

Così, prendo la mia decisione.

 

-“Ti passo a prendere fra dieci minuti, fatti trovare giù mi raccomando!”-.

 

Digito brevemente un messaggio, in cui faccio le miei scuse a Marco, spostando l’appuntamento direttamente in comitiva. Capirà.

Chiudo la zip del mio giubbetto di jeans, prendo le chiavi della macchina ed esco.

 

Masini è leggermente in sottofondo, le strade sono vuote e desolate, stasera c’è un arietta fresca in circolazione, che mi mette uno strano buonumore nonostante più le ore trascorrano, più si avvicini la mia partenza.

Metto la freccia, ho appena passato il semaforo, svolto a sinistra imboccando la stradina del comprensorio dove vive Simona.

Lei è ad attendermi, sul fondo della strada.

Spengo la macchina, scendo e corro verso di lei.

Ci abbracciamo forte.

Mi sussurra in un’ orecchio qualche parolina dolce, prima di accucciarsi sulla mia spalla.

Quanto è tenera la mia amica, ma come farò senza di lei, non lo so!

 

-“Senti, tu mi vieni a trovare, sì?! Ti ospito anche tutto il mese sai?!”-.

 

-“Magari ciccia.. ti prego salvami dai miei noiosissimi genitori!”-.

 

-“Sarò la paladina della tua estate donzella! Vieni pure quando vuoi, le porte sono aperte!”-.

 

Ride, spingendomi un po’ all’indietro. Poi si stacca, fissandosi su un punto nel vuoto dell’oscurità della strada.

Le sventolo una mano dinnanzi agli occhi, ridendo già di gusto.

Simona ha una capacità di incantarsi spaventosa; poggia lo sguardo su qualcosa e voilà, ne resta ipnotizzata per lo meno cinque minuti.

 

-“Ehi là! C’è nessuuuuuuno?!”-. Sembro la particella di sodio della pubblicità.

 

-“No aspetta che mi sono incantata…”-.

 

Appunto. Lascio perdere, la partita è persa in partenza.

Ma poi la guardo e guardo il buio; se lo fissa così, vorrà pur dire qualcosa.

Allora mi metto a fissare anche io il suo punto lontano e restiamo così, come due sceme ipnotizzate sulla strada.

Uhm…non si vede nulla di che, i lampioni sono spenti e sono le dieci di sera; che intuizione eh?!

Ma no, voglio restare seria, qualcosa ci sarà…oddio non ci riesco, non riesco a staccare la testa da questo corpo, non posso far a meno di pensare!

Sono un caso disperato. Sì-sì.

Sto per arrendermi, quando la mia vicina di ipnosi mi da una gomitata.

 

-“Oh, ma quello là… è Marco?!”-. Indica con il mento il fondo della strada; una macchina, arriva minacciosa verso noi.

 

-“Ma che dici…non può essere lui!”-. Poi guardo meglio, ma nel farlo l’auto ci ha già raggiunte fermando al sua corsa. –“Oddio è lui… ma che ci fa qua?!”-. Bisbiglio, Simona alza le spalle, poi mi guarda seriosa come a voler dire..

 “Davvero non lo sai?!”.

 

-“Ciao eh!”-. Spalanca il suo finestrino, rompendo i nostri silenzi.

 

-“Ciao! Che ci fai qua?!”-. Mi avvicino, ma lui apre la portiera e si porta giù.

 

-“No, voi che ci fate qua… al buio e impalate come due zombie! Mi avete fatto quasi paura!”-. Si porta una mano al cuore, imitando un infarto.

Simona si poggia sulla sua fiancata.

 

-“Però sei ancora vivo…”-. Ridacchia, roteando gli occhi al cielo.

 

-“Senti nanetta, non sono qui per te perciò…”-. Gli da una leggera spintarella –“puoi anche toglierti di torno!”- e si porta dinnanzi a me.

 

-“Hai visto che ore sono?!”-. Mi fa, guardandomi negli occhi.

 

-“No…”-. Sussurro, girando il polso per vedere l’ora.

 

-“Ti stavo aspettando con impazienza, sono le dieci e non vedendoti arrivare ho intuito che potevo trovarti solamente qua…”-.

 

E’ qui per me, mi ha cercata e mi ha trovata.

Annuisco, un brivido corre sulla schiena.

Mi tuffo fra le sue braccia, baciandogli il collo.

 

-“Ehm-ehm scusate… ci sono anche io! E lo spettacolo è pessimo! Non sapete fare altro che abbracciarvi, voi due?! Bleah…”-.

 

Simona sbuca da dietro l’auto, con una faccia tra lo schifato e lo sconcertato; ci fissa entrambi, batte nervosamente un piede sull’asfalto giocherellando con i suoi riccioli.

 

-“Dovrai insegnarmi tecniche di seduzione Marylin Monroe dei poveri!”-.

 

-“Ovvio, che facciamo?! Andiamo o dobbiamo mettere radici qui?!”-.

 

Io e Marco la guardiamo, per un attimo un sorriso complice spunta su tutte e tre le labbra; un sorriso giovane e felice, come quelle tre persone.

 

-“Musica!”-. Mi urla Simona nelle orecchie. Non le concedo il bis, accendo lo stereo che illumina il frontalino in un istante.

Marco mette in moto, sicuro e deciso nella sua guida che tanto amo.

Rotonda. Destinazione prescelta.

 

Scendiamo dall’auto e alcuni ragazzi del gruppo ci vengono incontro; nelle loro facce abbronzate leggo serenità, spensieratezza, un’estate lunga e dolorosa per alcuni, ma pur sempre fantastica.

Amo queste persone, l’incredibile semplicità che si respira fra questi volti, l’armonia di legami uniti anche se pur superficialmente, uniti comunque.

Perché ognuno di loro darebbe la pelle per l’altro, anche se non amico fino in fondo, anche se ultimo arrivato.

 

-“Che c’è?! Sei pensierosa?!”-. Marco mi arriva di fianco, poggiandomi un braccio sulla spalla. Ci sediamo insieme sul muretto, sempre vicini- vicini.

 

-“No macchè, pensieri stupidi! Insomma ti mancavo eh?!”-.

 

-“Sì.”-.  Risponde timido, abbassando la testa per soffocare il sorriso, come fa di solito quando arrossisce.

 

-“Anche tu. Sai, ultimamente ti sto pensando tanto…”-.

 

-“Ah sì?! Sono molto felice. Anche io ti penso sempre…”-.

 

Gli accarezzo una guancia, lo vedo socchiudere gli occhi e trattenere un sospiro.

Vorrei baciarlo, vorrei stringerlo forte, ma c’è il mondo intorno a noi.

Fuggo via con lo sguardo, cambio discorso.

 

-“Insomma domani parto… tu che combinerai invece qua, fra questi pazzi?!”-.

 

-“Mi suiciderò sicuramente senza te…”-. Mi guarda, ride. Mi sta prendendo in giro lo scemo! Gli mollo un buffetto sulla fronte, colpendolo perfettamente.

 

-“Ah…vuoi fare la fine dell’altro giorno?!”-.

 

-“Magari, vorrei stare sola con te.”-. Sussurro, un po’ gattina.

 

Detto- fatto. Mi prende in braccio, facendosi largo verso la gente, in direzione della sua macchina; poi si ferma, tentenna, torna indietro fermandosi di fronte Simona.

 

-“Salutala adesso, perché ho intenzione di farla mia per tutta la sera!”-.

 

Simona ci guarda a bocca aperta, annuisco inconsapevole, almeno quanto lei.

Si alza, mi stampa un bacio umido sulla guancia e mi sussurra un “Poi mi chiami perché voglio sapere tutto” all’orecchio, prima che Marco mi rapisca definitivamente.

 

-“Allora hai pensato a un posto dove andare?!”-. Mi fa, appena mi abbandona sul sedile della sua Polo.

 

-“Non so… ci vorrebbe un posto speciale.”-.

 

Lo vedo confabulare qualcosa, sorridere e sgommare lontano verso qualcosa che ancora non so.

 

Quando ci fermiamo, siamo al parco sotto l’autostrada; sorrido, questo posto in qualche modo ci appartiene, come la scena madre di un qualsiasi film d’amore.

Ma questo è il nostro, e la regia è ancora tutta al lavoro per scrivere un finale degno di un’incantevole storia d’amore alle prime battute.

Scende per primo, fermandomi il braccio, intento ad aprire la portiera; fa il giro dell’auto, venendomela ad aprire lui.

Come ogni buon gentleman che si rispetti.

Quanto è dolce.

Mi prende per mano, addentrandosi con me nel parco.

 

-“Andiamo sulle altalene?!”-. Gli indico, con un braccio teso nell’aria.

 

-“Stavo pensando la stessa cosa! A chi arriva primo?!”-.

 

E si mette a correre, lasciandomi spiazzata; accondiscendente, bimbo, allegro, corre ed io con lui, che non voglio certo perdere la gara.

Il vento mi scompiglia i capelli, l’aria umida si appiccica sulla mia faccia, arriviamo insieme, storditi, paonazzi, affaticati ma gioiosi.

 

-“Non barare siamo arrivati insieme!”-.

 

-“Di poco, ma ti ho superato signorina, ammettilo!!”-.

 

-“No!!!”-. Gli sposto l’altalena, sulla quale si stava poggiando. Per poco non ruzzola fra la fanghiglia.

Mi spinge ma riprende subito, facendomi sua; si siede, con me sulle sue gambe.

 

-“Sai che farò questa estate?! Niente, perché il mio cuore sarà lì con te.”-.

 

-“Non intendevo, quel fare… perché se ti azzardi ad andare con un’altra, t’ammazzo!”-.

 

-“No, giuro che ti sarò fedele…”-. Ride. Giù un altro buffetto sulla fronte.

 

-“Ma noi, cosa siamo?!”-. Stavolta lo guardo seria e non so come me ne sono uscita, ma l’ho chiesto perché sinceramente lo ignoro davvero.

 

-“Siamo… siamo… lo sai che non lo so?! Scopriamolo.. no?!”-.

 

-“Diventiamolo più che altro…”-.

 

Mi accarezza i capelli e poi la guancia, fredda.

Ma dentro c’è un fuco ardente.

 

-“Allora stabiliamo cosa possiamo diventare: domani io parto e qui non ci piove, quindi o lasciamo perdere tutto restando amici, o lasciamo le cose a metà, ognuno si fa i cavoli propri e ci rivediamo a settembre, o in alternativa…”-.

 

-“In alternativa?!”-. Parla a raffica, curioso, voglioso di sapere.

 

-“In alternativa ci…”-.

 

-“..Ci?! Dai, non fare la scema che mi stai facendo morire!!!”-.

 

-“Ci mettiamo insieme.”-. Bisbiglio, mangiandomi le parole, quasi.

 

-“Ma sai che non ho sentito?!”-. Mi sta prendendo in giro lo so, ma voglio andare a fondo.

Voglio stare con lui.

 

-“Ci mettiamo insieme. Ci fidanziamo e ci comportiamo da stupidi, chiamandoci trenta volte al giorno, parlandoci con la voce tutta smielata, dicendoci cose sdolcinate e lacrimevoli. Chiaro così?!”-.

 

-“Allora già stiamo insieme io te…”-. Ride. Lo guardo, ha ragione! Poi continua –“anche perché restare amici non si può, siamo più che amici io e te, farci i comodi nostri per poi ritrovarsi a settembre, sarebbe troppo squallido per quello che proviamo l’uno per l’altra… per cui non resta che metterci insieme.”-.

 

-“Dici sul serio?!”-. La voce mi muore in gola.

 

-“Serissimo. Lo voglio, davvero.”-.

 

-“Marco mettersi insieme a me, così, è un impegno, lo sai.”-.

 

-“Voglio impegnarmi, allora.”-.

 

-“Ma io starò lontano tutto questo tempo, tu resterai qui…insomma è complicato!”-.

 

-“Il mio cuore è con te, lo è con te da quando ti ho conosciuta, non saranno cinquanta chilometri a farmi dimenticare tutto questo! Fidati di me.”-.

 

-“Mi… mi fido.”-.

 

-“Allora, si fa?!”-. Mi allunga la mano, tendendomi il braccio.

 

-“Si fa.”-.

 

Rispondo sicura, allungando la mia.

Le mani si stringono, come a voler sigillare un patto.

Poi basta uno sguardo, pochi attimi spesi l’uno negli occhi dell’altro, per perdersi in un bacio dolcissimo e lunghissimo.

 

-“Siamo le uniche persone, che si mettono insieme, stringendosi la mano! Non siamo mica normali io e te!”-. Mi dice, quando ci stacchiamo.

 

-“Perché avevi qualche dubbio, per caso?!”-. Gli rispondo, ridendo.

 

-“Speranza, si chiamava speranza! Ahimè è morta oramai…”-. La sua voce afflitta, va rompendosi con quella sua risata che amo tanto.

 

Allora lo guardo, rompendo le sue parole con un abbraccio impetuoso e forte.

 

-“Sono la tua ragazza… che effetto che fa!”-.

 

-“Perché avevi dubbi, che non lo saresti diventata?!”-. Mi fa il verso.

 

-“Speranza, si chiamava speranza! Ma ahimè, è morta ormai…”-.

 

Mi guarda scuotendo la testa, allora mi alzo e comincio a scappare; conosco quell’ espressione e se stavolta mi fa sua, mi uccide sul serio!

Ci alziamo quasi insieme, correndo nel buio come due pazzi.

Ma l’amore è un po’ così. Pazzo, folle, squilibrato.

E corre anche esso.

L’amore corre, su un filo sottilissimo, passa per un giornata monotona e scialba e finisce con l’incasinarti l’estate, la vita.

 

Se questo fosse un film, allora filmerei questa ultima scena finale, con una telecamera che ruba la felicità dai volti dei due protagonisti, alzandosi da terra per inquadrare dall’alto, quei due giovani che si rincorrono fra le altalene di ferro e legno, in quel parco illuminato soltanto dalla magia dei loro sorrisi.

E li porterebbe su… su… fino alla luna, fra le stelle e il cielo.

Il cielo limpido, scuro, tetto di una fantastica favola.

 

E intanto… quei due giovani corrono ancora.

Come l’amore, che passa impetuoso per una dolce estate movimentata.

 

 

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Capitolo 34
*** EPILOGO ***


“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

EPILOGO.

 

 

 

“La lontananza non cancella quello che ho provato e quello che mi hai dato mi da la forza per arrivare ad un altro abbraccio… anche se so mi mancherai, ti voglio bene tuo Marco.”

 

 

 

Finisce così la mia storia, con questo messaggio di “fine serata”.

Fine, usata già due volte in questa frase, ma mai realmente e fortunatamente vissuta, in questa avventura.

Già, perché di una fine non si tratta, bensì di un inizio.

E questo è caratterizzato dalla mia ennesima partenza, dal suo ennesimo messaggio, da una storia cominciata seriamente con una stretta di mano, una corsa fra le altalene e uno scambio di promesse sotto il chiaro di luna.

Quel che ne è stato poi da allora io lo considero un battito d’ala di farfalla, che magicamente mi porta ad un anno, quasi, da quella stretta di mano, fin qui.

Precisamente undici mesi fa, io mi mettevo con Marco!

Sembra passato un secolo, anche se è solo un tempo molto piccolo a dispetto dell’eternità.

Sono passati sorrisi, abbracci, baci anche (non è che come ha insinuato Simona io e il tipo sappiamo solo abbracciarci, sia chiaro! ^_^’ ) urla, pianti insieme ai momenti infelici e silenzi, ma siamo ancora saldi, siamo qui.

Ma come può un amore, ispirare una storia intera, io proprio non lo so!

So che avevo voglia di farlo, per ricordare un domani, anche se sembra stupido, ciò che ho provato.

Marco è piombato nella mia vita e ci è rimasto a suon di sfide e inseguimenti, come il migliore degli Step, ma la nostra storia non andrà come “Tre metri sopra al cielo” e non concluderà come “Ho voglia di te”.

Anche se la mia scritta, adesso ce l’ho anche io.

Bella, scura e forte contro una parete di latta di fronte alla mia finestra.

Bella come l’avevo sempre sognata, bella come l’avevo sempre desiderata.

E di momenti belli e memorabili il mio cuore, ne è pieno!

Ma non posso trascrivere tutta la mia storia in riga, devo continuare a viverla!

Posso dire che ho vissuto undici mesi paragonabili ad un tempo illimitato di vita insieme al proprio uomo; abbiamo fatto tanto, tantissimo insieme, ci siamo goduti a pieno, nelle cose che amiamo fare.. e il bello è che amiamo farle insieme!

E’ troppo bello, svegliarsi un giorno, e capire d’aver trovato il compagno giusto, quello che attendevi da tempo illimitato, che è complice dal caffè nel latte, al sugo sulla pasta, per arrivare al doppio cuscino sul letto.

E quella storia passata, ti fa ridere scoprire che era solo una storia adolescenziale, imparagonabile alla tua prima storia da adulta…

Ma quella è roba del passato, adesso mi poggio ancora su quella farfalla, per vederle battere ancora le ali e passare così, un’altra fetta di vita insieme a Marco.

 

Ma gli altri protagonisti della storia?!

Che fine hanno fatto gli altri?!

Bene- bene ora sì che ridiamo!

 

Valerio e Simona: sembra siano tornati insieme, dopo il cinquantesimo tira e molla, ora sono felicemente fidanzati. Per gentil concessione del mio fegato!

(C’è stato un tempo in cui ho pensato seriamente di strangolarli entrambi, farli a pezzetti piccolissimi e spargerli nel fiume che passa nel mio quartiere.)

 

Sga, Andrea e Luca: il primo è ancora fidanzato con la ragazza di Bari, nonostante abbiamo più volto discusso sulle nostre posizioni, la nostra amicizia sembra ancora ambigua. (a discapito della sua vita, perché Marco vuole ucciderlo! ^_^’) Andrea ha traslocato, lo vediamo molto di rado e l’ultima che so è che si è fidanzato con una ragazza della sua zona (anche se io lo vedo spesso e volentieri insieme a una poco di buono di mia conoscenza, purtroppo…mah ca va! ^_^) Luca, beh la mia amicizia con lui si è fatta via- via più intensa, lui è uno dei migliori amici del mio ragazzo e sono felice d’aver trovato in parte il loro stesso feeling. Gli voglio molto bene!

 

Dario, Daniele, Damiano: il trio D non ha cambiato di una virgola l’abituale passatempo di gruppo, ossia sfattonare da mattina a sera!

Daniele ha finito con lo stringermi la mano, adesso ha capito che sono Luana e i suoi neuroni buoni sono arrivati a fargli capire, che sono la ragazza di Marco.

Grande!

 

Flavio alias l’uomo frangetta: il mio carissimo compagno d’avventure sarde, è riuscito a fidanzarsi con la sua Laura! La ricordate?! Sono molto contenta per lui, lo sento spesso e dalle ultime che so sembra non sia più convinto del suo look. Che voglia riconvertirsi alla frangia?! Io lo vado a prendere a calci fin su a Milano, se così fosse.

Sono aperte anche iscrizioni da parte di altri utenti che vogliano aiutarmi.

 

Gialu, Fede e Mauro: i primi stanno ancora insieme, la Fede sembra addirittura incinta! E nessuno avrebbe avuto dubbi, conoscendoli… Mauro invece continua, invano direi io, a cercare la sua anima gemella. Lui dice la troverà, io dico che se si fa monaco buddista fa prima! ^_^

 

Alessandro: continua ad ammazzarsi di lavoro, l’ultima volta che l’ho visto sarà stato circa un mese fa, di sfuggita ad un semaforo. Dicono sia diventato un vero e proprio ruba cuori, ma al posto di tenerseli, li spezza, li sbriciola!

Non ci sentiamo più, le cose sono morte così fra noi, e non riesco ancora a capire se sia un bene o no.

 

 

Bene,  credo d’aver menzionato tutti, ma proprio tutti!

Non mi resta che mettere definitivamente la parola fine a questa stramba storia, ringraziando per ordine:

le mie recensitici per la loro costanza e pazienza, Simona e i miei amici in generale come fonte d’ispirazione e ovviamente me stessa per aver creato qualcosa di cui vado molto fiera.

Poi lui, lo ringrazio per ultimo, perché in questa storia è stato presente in ogni punto, virgola e frase: Marco.

Grazie amore, grazie per avermi ispirato!

1kiss a tutti e alla prossima F.fic!

LuNaDrEaMy

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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