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Capitolo 1 *** Felicità aspettami, sto arrivando! ***
Una dolce estate movimentata
Una
dolce estate movimentata
Ciao a tutti!
Sono ritornata
con una ficcy romantica nuova di zecca…ahh dopo il breve passaggio nella sezione drammatico torno
nuovamente nel mondo dei sognatori e dei romanticoni,
come me!^^
Spero di
ricevere commenti positivi, questa storia è un po’ la storia della
mia pazza estate e di come in tre mesi la vita possa
cambiare radicalmente!
Spero vi
piaccia!
1kiss
LuNaDrEaMy
“FELICITA’ ASPETTAMI, STO
ARRIVANDO!”
Chap
1.
“No, non
posso credere di aver accettato l’invito di quella pazza..”
Nove e trenta
della sera, sono in tremendo ritardo, fra poco Simona sarà qui ed io sto
già pentendomi d’aver accettato il suo invito.
E’ un
casino di tempo che non la vedo, lei è stata una delle mie migliori amiche quando ero piccolina, ci conosciamo da una vita anche
se poi, le situazioni e le esperienze, hanno portato a dividerci.
Le ho sempre
voluto un gran bene, adesso è poco che ci siamo ritrovate e con mio
immenso stupore noto che andiamo d’accordo, giorno dopo giorno, sempre di
più.
E’ un amicizia che ne è valsa la pena far risorgere
dalle ceneri.
Sorrido,
correndo da una stanza all’altra seminuda, con le calze in bocca e i
capelli legati con un improbabile mollettone.
-“Mamma
dove hai messo le mie scarpe fucsia col tacco?!”-.
Passo davanti
allo specchio sistemando con le mani la mini troppo corta, per passare
indifferente davanti agli occhi di mio padre.
Finisco di
aggiustarmi, restando a fissarmi ancora un po’ nello specchio; la
palestra ha dato i suoi effetti miracolosi, stasera mi sento proprio una
regina.
Certo, se non
fosse per la mia timidezza e lo stato di depressione in cui mi sono andata a
ficcare nell’ultimo anno, sarei proprio perfetta.
Modesta, eh?!
No è che stasera avrò
proprio bisogno di totale autostima e auto convinzione, questa è la mia
svolta, la mia vita nuova che sta bussando alla mia porta per farsi aprire.
Due gocce del
profumo preferito, un leggero velo di gloss alla
fragola e sono pronta.
Afferro con decisone la borsetta, ma lo sguardo si posa sulla cornice,
appesa alla parete gialla della mia stanza; c’è una foto dentro,
ritrae me e Alessandro in una posa felice e serena.
Alessandro, il
mio ex ragazzo. Quasi.
Sono tre anni
che stiamo insieme, ma la storia non va per niente bene.
Anzi, non va
più, dal momento che sono due settimane che non riesco a sentirlo e
vederlo.
Non lo so, non
so cosa ci stia succedendo. Siamo cambiati, come dice lui?!
Io mi sento
sempre la stessa, anche se ho un vuoto dentro al quale
non so dare un nome o un colore.
Credo proprio
sia la fine di tutto già, ma non posso farci più nulla ormai,
sembriamo entrati in trance, stiamo passivamente subendo gli eventi e tutto sommato questa cosa sembra far comodo a entrambi.
Il mio viso si
è fatto improvvisamente cupo, scuoto la testa allontanando i brutti
pensieri ed esco dalla stanza.
*****
-“No,
non stai sbagliando, fai bene ad uscire Lù,
hai bisogno di svagarti, hai bisogno di vivere…”-
Simona mi
stava facendo una testa così con questa storia.
Lei non ha
tutti i torti, no anzi, ma la mia vita negli ultimi tre anni è stata
sempre vissuta al fianco di Alessandro, che mettere il naso fuori casa senza di
lui primo, mi spaventa tantissimo e secondo non mi sembra molto giusto nei suoi
confronti.
-“Dai Lù, infondo si tratta di una seratina
tranquilla, andiamo a prendere qualcosa ad un pub e poi passiamo nella mia
comitiva… voglio presentarti qualche mio amico, vedrai ci divertiremo
tantissimo!”-.
La sua
comitiva, la conosco bene!
Sono famosi
per essersi beccati secchiate d’acqua a palate dai condomini del vicinato
dove “risiedono”, per i rumori molesti che provengono dalle loro
automobili truccate e dai loro stereo che sparano musica assordante fino alle
tre di mattina!
La rotonda,
questo è il nome del “postaccio”.
In
realtà si tratta di un muretto circolare posto esattamente
all’interno di una strada stretta, costeggiato da palazzoni alti.
Tra quei
palazzi c’è anche il mio, ma io mi sono sempre tenuta a debita
distanza.
Non riesco
proprio a capire come ci sia finita Simona lì in mezzo...
-“Poi ti
voglio presentare Valerio…ti ho parlato di lui vero?!
Dio quanto è carino…”-.
Ecco cosa ci
va a fare là. Mistero svelato.
-“Oddio
Simo non lo so…e se passa Alessandro e mi vede
con quelli?!”-.
-“Uffa,
ma che ti importa?! Infondo è da due settimane
che non si fa sentire e se lo dovessi incontrare non
vedo proprio quale diritto avrebbe di farti la paternale. Tu hai il diritto di
divertirti amica mia, hai il diritto di cambiare aria e di stare serena, chiaro?! E poi te l’ho detto, gli amici di Valerio sono un
vero spasso!”-.
-“Sai
che ti dico?! Mi hai convinta! Non posso rimanere in
casa a marcire, aspettando e sperando qualcosa invano. Devo pensare a me stessa
da adesso in poi, solo a me stessa!”-.
-“Bene!
Questo è parlare!”-.
-“Grazie
Simo sei veramente un amica!”-.
-“Ma
grazie di che, vedrai quanto ci divertiremo insieme io e te…”-.
*****
Quando Simona ha usato la parola divertirsi non credo includesse anche
stravolgere il corso della mia vita in modo indelebile, o fare incontri che mi
avrebbero cambiata per sempre…No, non credo.
Ma da quella
sera, tutto fu diverso, tutto cambiò.
Io, lei, la
mia estate e la mia vita, tutto sotto il segno di quella parola così
lunga e così carica di significato.
Divertimento.
Già,
avevo proprio bisogno di ridere, ed ancora oggi, che della mia vita il domani
è così incerto, continuo a ridere ed essere totalmente serena,
con la mia nuova me stessa sotto braccio.
Me commossa
dalle recensioni e dagli incoraggiamenti ricevuti dal popolo dei romantici! ^^
Grazie di
tutto cuore a ognuna di voi, spero continuerete ad appoggiarmi!
1kiss
LuNaDrEaMy
“DEBUTTO
IN SOCIETA’”
Chap 2.
Il rumore
metallico, del motore della cinquecento bianca di Simo, lo riconoscerei
ovunque.
Spesso la
prendo in giro, quando arriva a bordo del suo bolide rampante; lei è una
nanetta di un metro e sessanta (non si offendano le
lettrici non propriamente giganti ^^ ndL)
che vederla scorazzare in quella scatoletta è davvero una scenetta
esilarante!
PEEEM-PEEEM!!
Suona il
clacson per avvertirmi di scendere, ma io sono già sotto al portone che
l’aspetto.
Mi sento
più sollevata del fatto di non essere la sola a ritardare, lei è
sempre così precisa, mi avrebbe fatto un generoso cazziatone!
La vedo
arrivare dal fondo della strada, mi faccio un po’ più avanti
così che possa vedermi.
IL suo
finestrino è abbassato, dallo stereo volano alte
le note di una canzone di Marco Masini, il suo
cantante preferito.
-“Bene,
io già sono tesa, tu mi metti pure ‘sto morto come sottofondo
musicale?!”-.
-“Moorto?! Non sia mai! Masini
è un poeta, ciccia!”-.
La scruto
bene, cercando di capire se è il caso o no
controbattere.
Desisto
dall’idea di farlo, tanto il mio parere non mi avrebbe
di certo scampato da Santo Masini, neanche
stavolta!
-“E poi
perché sei tesa, ciccia?!”-.
Ciccia, per
lei non sono Luana o Lù, per lei sono soltanto
ciccia, ciccetta se mi va male e ciccia-ciccia quando
proprio la situazione è pessima!
Però
questo soprannome mi fa ridere, infondo è una cosa che ci
contraddistingue, è un vezzeggiativo tenero del fatto che entrambe
abbiamo guanciotte piene e morbide a prova di
pizzico.
-“Bè sai, stasera debutto in società, niente di
meno che alla “rotonda place”. Un evento
emozionante e per pochi intimi…”-.
-“Dai scemetta, non è poi così male passare il
tempo là! Qualcuno di loro poi, sono sicura che li conosci”-.
-“Probabile
siano amici di Alessandro e…oddio no, spero proprio di no!”-.
Tiro la testa
all’indietro appoggiandola di peso al poggiatesta; è un incubo se
così fosse!
-“Ma ti
vuoi levare dalla testa Alessandro almeno per stasera?!
A te serve una bella botta d’adrenalina dai retta
a me! Poi ti serve un bel moretto dagli occhi verdi, fisico alto e asciutto,
magari più grande di te, con una bella macchina roboante…”-.
-“Eh
sì, frena oh!”-.
-“Ma dai
dicevo così per dire… mamma quanto sei
pignola!”-.
-“No
Simo… FRENAC’èILMARCIAPIEDE!!!”-.
Il rumore
stridente dei freni arriva in realtà troppo tardi,
saltiamo entrambe dal sedile e ci ritroviamo direttamente sul marciapiede
vicino.
BOOM!
Abbiamo fatto
fuori una ruota. Forse due.
Al di fuori
del finestrino, il canto delle cicale è rotto da un rumore sibilante e
stridulo; gomma bucata che si sta sgonfiando!
Scendiamo di
corsa, vedo Simona mettersi le mani nei capelli.
-“Porca
miseria! Ho bucato! E adesso?! Oddio mia madre mi
farà un cazziatone assurdo, mi rinchiuderà dentro casa e butterà
le chiavi dalla finestra!!!”-.
La guardo, ha
parlato talmente veloce che comprenderla è stato
un impresa.
Ha un espressione in volto tutta da ridere.
-“E
farebbe bene!!!”-.
Mi lancia un occhiataccia, non posso resistere è da quando
siamo scese dall’auto che voglio farlo; scoppio a ridere a più non
posso, lacrimando dallo sforzo.
-“Ma
brutta scema che non sei altro, smettila di ridere che se ti prendo ti tiro il
collo!”-.
Mi si avventa
contro, cercando di acchiapparmi; sembriamo due bambine, mi giro per fissarla e
quando incrocio i suoi occhi noto con piacere che si
è lasciata andare in una risata espansiva anche lei.
-“Ok basta, ho il fiatone! Come la mettiamo adesso?!La sai cambiare una ruota
Si?!”-.
-“Lù,io non so nemmeno come
si cambia una rotella a una bicicletta…”-. Si gratta il capo e poi
riprende –“Magari provo a chiamare Valerio, lo faccio venire qua e
ci pensa lui! Sì-sì, altrimenti
facciamo notte!”-.
Annuisco,
anche se soltanto sentir pronunciare quel nome mi fa sobbalzare; sono di nuovo tesissima.
Ma è
mai possibile che fare nuove conoscenze mi porta così tanto turbamento?!
Pochi minuti
dopo, una macchina verde, un alfa romeo per la
precisione, ci avvicina.
Dalla macchina
scendono due ragazzi.
Boom
BoomBoom, mamma come mi fa il cuore!
Il primo che
ci raggiunge deduco sia Valerio; si è avvicinato a Simona, sfiorandogli
le labbra a fior di bacio.
-“Piacere,
io sono Valerio! Tu sei Luana, giusto?!”-.
Risposta
esatta. Poi ci penso; lui che ne sa se sono Luana?!
Faccio
spallucce e gli porgo la mano.
-“Sì,
sono Luana! Piacere mio!”-.
La sua stretta
di mano è forte e sicura, ha un bel sorriso e gli occhi furbi.
-“Bene,
vediamo che avete combinato!”-.
Ridacchia
avvicinandosi alle ruote della macchina.
-“Andrea!!!”-.
Simona urla
buttandosi fra le braccia dell’amico di Valerio.
E’
pazza. E’ davvero folle questa ragazza!
-“Lei…è
Luana!”-. Ride furbescamente al ragazzo, sciogliendo l’abbraccio.
-“Eh
sì, ho sentito…”-. Mi guarda intimidito, poi timidamente si
avvicina allungando il braccio.
-“Piacere”-.
Le nostre voci all’unisono, decantano quella parolina di cortesia.
Il che…fa
arrossire ancora di più il poveretto.
Mi volto verso
Simona, ridendo.
Non me la
racconta giusta ciccetta; sicuramente avrà
sbandierato ai quattro venti la mia attuale situazione di quasi single, per
attirare l’attenzione di qualche losco personaggio, amico del suo Valeriuccio.
No, non sono
diabolica è che conosco bene la psiche della mia adorata amichetta!
Poi guardo
Andrea; è moro, ha gli occhi verdi, bella macchina…ci manca solo
che sia più grande di me e il bel quadretto dipinto da Simona è
al completo!
In un attimo
di distrazione, gli tiro il gomito della maglietta.
-“Senti
un po’, non è che stavi combinando un uscita
a quattro stasera, vero?!”-.
Lei
ammutolisce, per poi portarsi una mano alla bocca e soffocare una risatina
vivace.
-“Ahh sei brava! Ora anche gli appuntamenti al buio mi
combini, dottor stranamore?!”-.
Mi guarda
supplichevole.
-“Dai
è che è un periodo brutto per lui, si è lasciato da poco
con la ragazza ed è un po’ depresso… volevo fargli un
piccolo piacere, giusto per distrarlo un po’!”-.
Fantastico! La
serata si sta mettendo proprio bene; abbiamo una macchina sul marciapiede,
un’amica pazza col suo pseudo fidanzato o non
so cos’altro sia e il loro amico depresso a chiudere il bel teatrino.
Fantastico,no?!
Se era questa
la botta di adrenalina di cui parlava la mia migliore amica, sto a cavallo!
Mi siedo
abbattuta sul cofano della macchina di Andrea; lo vedo sorridere sornione,
fisso il sguardo e lo pizzico a sbirciare quei
centimetri di coscia scoperta dalla minigonna.
Ah, il
depresso è anche pervertito. Grandioso!
-“Ok, le ruote sono a posto, ma non puoi andarci in giro
Simo, quindi se non avete niente di meglio da fare vi portiamo noi in
giro!”-.
Ma dai?! Non l’ho creduto nemmeno per un secondo che ci
avrebbero lasciate in mezzo alla strada.
Galanteria,
certo...
Siamo montate
in macchina, una signora macchina a dirla tutta, accomodandoci su quei sedili
morbidi e rifiniti.
-“Pub?!”-.
Valerio si
gira verso di noi.
Simona
annuisce, poi mi strizza l’occhiolino.
Paracula!
Durante il
tragitto scambiamo quattro chiacchiere; scopro che Valerio, abita praticamente
di fronte al mio palazzo ed Andrea invece poco distante dalle scuole materne
che ho frequentato.
Siamo tutti
della stessa zona, loro sono un po’ più grandi di me, a parte
Andrea che ha 26 anni e non è per niente mio coetaneo!
Entrambi
lavorano come vigili del fuoco, la cosa mi piace; sono ragazzi attivi, svegli e
parlano del loro mestiere con gli occhi che brillano.
E’ bello
sapere che esistono ancora ragazzi motivati.
OMMIODIO sto
parlando come mia nonna!
Valerio mi
è molto simpatico; siamo molto, molto simili caratterialmente, devo dire
che non è niente male come tipo.
Andrea
è molto più ambiguo, non sono ancora riuscita a decifrare che
persona sia ma non mi dispiace in definitiva!
C’è
una cosa però di cui sono largamente stupita;
mi sono sempre ritenuta una ragazza timida, un po’ di legno in alcune
situazioni, eppure con questi due perfetti sconosciuti mi sento proprio a mio
agio, disinvolta come non mai!
Starò
impazzendo. O forse starò diventando “normale”. A buonora!
Il pub dove
arriviamo è davvero carino; il Kirbys.
C’ero
già stata un paio di volte, spesso con Ale, mi
piace e si respira un atmosfera rilassata e divertente.
Restiamo
lì il tempo di qualche birra e altre chiacchiere, per poi goderci un
po’ della musica dal vivo che offre la serata.
Sono
piacevolmente stupita del mio umore del tutto rilassato, rido,
credo d’aver riso molto quella sera.
Non credo
siano state le birre, sono una forte io, che regge!
Forse devo
ammetterlo, anzi sicuramente è così, a volte trovarsi in
compagnia delle persone giuste distende l’umore e ci fa sentire bene, a
posto con noi stessi.
Non sto
pensando a lui, non ci ho pensato nemmeno per un momento.
O forse
sì.
C’è
stato un momento in cui è passata di sottofondo, in radio, la
“nostra” canzone; sono rimasta in silenzio tutto il tempo che il
brano ci ha messo per svanire, sulla scia di sensazioni forti che mi ha
provocato.
-“Lù, cos’hai?!”-.
Valerio si
è voltato dal suo sedile per guardarmi.
Mi conosce
appena, potrebbe fregarsene del mio umore o del mio stato, eppure sta lì
a fissarmi con i suoi occhioni
color nocciola.
-“Ma
niente…una storia finita male.”-.
-“ Non
pensarci, dai retta a me. Ho appena chiuso una storia
di quattro anni, cerco di pensarci il meno possibile, sai credo che certi
eventi vadano accettati e basta, senza combatterli ulteriormente. Guarda
avanti, non voltarti mai…”-.
Lo guardo
sorridendogli, abbiamo proprio tante cose in comune io e lui.
La macchina si
ferma.
Siamo fermi,
di fronte alla rotonda.
D’improvviso
la mia calma e sicurezza vengono inghiottite
nuovamente dal solito imbarazzo; neanche sono scesa e già mi sento gli
occhi addosso di tutti.
Manie di
persecuzione?!
Può
darsi, ma sono un personaggio nuovo, destare interesse credo sia lecito.
Scendo un
po’ intimorita, guardandomi intorno.
Ci sono un mucchio
di facce a me familiari ed altre del tutto sconosciute.
Simona mi
presenta la maggior parte dei presenti, sono eccitata, mi sudano le mani!
Uno ad uno,
stringo mani quasi fossi una celebrità; gente
che mi allarga spontaneamente le braccia, sorrisi aperti, risate contagiose.
Sono proprio
felice di trovarmi qui!
In
realtà non avrei mai creduto di ricevere un trattamento così
aperto e disponibile, soprattutto dalla parte maschile^^, dai ragazzi della
rotonda.
Non mi sono
mai considerata una ragazza brutta anzi, oddio non che sia
‘sta bellezza da mozzare il fiato ma… credo che l’interesse
da parte di alcune persone sia nato da qualcosa che vada ben oltre l’aspetto
fisico e questo mi rende davvero felice.
Con Valerio
è stata alchimia a prima vista, certo sempre nel rispetto della sua
relazione con Simona; poi c’è stato Andrea che quella sera mi ha
davvero tirata su di morale, facendomi sorridere tantissimo, nonostante il suo
pessimo umore.
Per non
parlare degli altri, semplicemente divini!
Insomma,
mettere il naso fuori casa non fu poi così disastroso come pensai;
sì certo i “problemi” non mancarono, ma non sarei stata in
grado di immaginare nemmeno cosa mi sarebbe successo da quella sera in poi...
-“Allora?!
Cosa ne pensi di Andrea?!”-.
Simona ha
spento il motore proprio sotto il mio portone.
Non sembra
intenzionata a mollarmi presto, senza ottenere una risposta, per
cui mi affretto a cacciarmi qualcosa di bocca.
-“Mah,
simpatico…”-.
-“Ma non
ti piace neanche un pò?!”-.
-“Sinceramente?!
No non è il mio tipo! Ma perché, cosa ti
ha detto?!”-.
-“E che
ti fa pensare che mi abbia detto qualcosa?!”-.
L’ho
guardata con la faccia di chi non abbocca, sorridendo maliziosa.
-“Bè qualcosa a dire il vero me lo ha
detto...”-.
-“E
sarebbe…?!”-.
-“Ha
detto che sei molto carina e che avrebbe piacere di continuare ad uscire con
te! Insomma ciccia magari se organizziamo altre serate come questa non gli
dispiacerebbe…”-.
-“Per me
va bene…”-. Il viso gli si illumina di botto, neanche avesse visto la Madonna –“ma
uscite fra amici, niente di che, ok?!
Non montarti la testa e soprattutto non montarla a lui, che di rogne ne ha e ne
ho tante!”-.
Riaccende lo
stereo, tira su i finestrini elettrici, tipico nel voler dire “Ora smamma”
e rimette in moto.
Apro la
portiera indifferente, poi prima di scendere mi volto nella sua direzione.
-“Ciccia
hai capito?!”-.
-“Sì,
sì…”-.
Ecco, non ha
ascoltato neanche mezza parola di ciò che gli ho detto.
Tipico di
Simona.
La saluto con
un sonoro bacio sulla guancia ed esco definitivamente dall’auto.
-“A
domani Lù! Chi si sveglia prima chiama!”-.
Botta di acceleratore
e sparisce inghiottita dalla strada.
Mi affretto
verso il portone, salgo le scale del saltellando e con la stessa allegria apro
la porta di casa, tuffandomi nella mia stanza.
Sono davvero
contenta della riuscita della serata, penso, mentre abbandono le scarpe ai
piedi del letto.
Mi libero di
collane, orecchini e di tutti gli innumerevoli cimeli che mi adornano ogni santa
volta e mi butto di peso sul mio bel lettone morbido.
Uno strano
sorriso nasce sulle mie labbra e mi accompagna così, verso la notte di un estate appena nata, calda e dolce.
Ah, ma quanto
è bella l’estate, l’arietta fresca di prima mattina, i raggi
caldi che filtrano attraverso le tapparelle semi
abbassate…senz’altro, la mia stagione preferita!
Mi sono svegliata
da pochi minuti, assonnata ciondolo per il corridoio
alla ricerca del telefono che squilla ininterrottamente.
E chi
sarà mai?!
-“Pronto?!”-.
La voce
è sfumata sull’ennesimo sbadiglio.
-“Cicciaaaa! Buongiorno dormigliona!!!”-.
-“Simo…ma
tu sempre a quest’ora ti svegli?!”-.
Getto un occhiata alla sveglia sul comò, nella stanza di
mia madre; sono le undici passate.
-“Scherzi?!
Io sto in piedi dalle nove!”-.
Arghhh ma allora che è pazza non
è solo una diceria.
-“Tu hai
qualche problema grave mi sa! Comunque che cavolo hai fatto dalle nove fin ad
ora?!”-.
Glie lo avessi
mai chiesto; mi ha intrattenuto per circa mezzora sulla sua intricata relazione
con Valerio.
Bel tipo il
ragazzo, non la cerca mai, si fa desiderare e per giunta ha tutta
l’intenzione di far sì che questa storia finisca con le ultime
luci d’estate.
-“Ma dai
Sì, magari è perché ha chiuso da poco quella storia lunga
che ha detto di avere. Infondo avrei mille dubbi anche io, non so quanto mi
andrebbe di gettarmi a capofitto in una altra
situazione. Magari prova a dargli tempo!”-.
Non cercai
soltanto di risollevarle il morale.
Cercai di
immedesimarmi nella situazione, senza neanche sforzarmi troppo; un’altra
storia dopo il lungo travaglio con Ale l’avrei
rifiutata categoricamente anch’io!
Peccato che il
tempo poi mi ha insegnato che l’amore non ha regole, lui ti arriva alle
spalle e tu non hai nemmeno il tempo di opporti.
Ti fa tua, ti
prende e ti trascina via con se senza chiedere il permesso...
La
chiacchierata con Simo si è interrotta soltanto dopo averla minacciata
di morte, se non mi avrebbe lasciato il tempo di ficcarmi sotto la doccia e
ristabilirmi al mondo.
Le mie
occhiaie erano davvero spaventose; mi sarebbe servita una bella doccia
ricostituente e qualche passata in più di crema energizzante.
Sono una
fissata, lo so!
Ho lasciato
che l’acqua calda mi scivolasse lungo il corpo e mi avvolgesse in quel
delizioso torpore; il rumore del getto che si infrange sul piatto di ceramica
mi conduce in un mondo fatto di pensieri e congetture.
Cosa mi
aspetto adesso?!
Cosa voglio
veramente?!
Ed Alessandro?! Forse dovrei chiamarlo e dirgli apertamente che è
un bastardo vivente, visto che non mi chiama eche non vuole cambiare questa
maledetta situazione fra noi, vomitandogli poi addosso quanto sono stata bene
la sera precedente, per la prima volta dopo tanto tempo, per la prima volta
senza lui?!
No, meglio di
no, succederebbe un casino.
Ma almeno
qualcosa succederebbe.
Sento il
cellulare trillare, infilo di corsa l’accappatoio e ancora mezza
gocciolante corro nella mia stanza a rispondere.
Se è
Simona, l’ammazzo!
-“Pronto
Lulu?!”-.
Lulu, solo lui mi chiama con quello stupido
nomignolo.
-“A-Ale! Che coincidenza, ti stavo pensando…”-.
-“Bene,
dopo due settimane che non mi senti, ti limiti soltanto a pensarmi?!”-.
-“Ale, non ho intenzione di starmi a scusare con te, che sei
ben consapevole di essere l’artefice di questo silenzio. Non capisco cosa
pretendi e poi cavolo, l’abitudine di accusarmi non vuoi proprio
togliertela, eh?!”-.
-“Io non
ti sto accusando di nulla! Hai la coda di paglia, Lù?!”-.
-“Io
credo dovremmo parlare Alessandro, non per telefono ovviamente.”-.
-“Bene,
ci sei oggi pomeriggio?!”-.
-“Sono
in ferie, ci sono quando vuoi.”-.
-“A
dopo.”-.
Tac.
Comunicazione interrotta.
Il cellulare
è volato in faccia alla parete.
Mi fa
imbestialire questo suo atteggiamento, non lo sopporto davvero più.
Fisso ancora
una volta la nostra foto.
Una lacrima
scende sulla mia guancia; la situazione non mi è mai sfuggita dalle mani
come questa volta.
Vedo una
storia, due persone che si amano o amavano non lo so e poi il vuoto,
d’improvviso, scuro come una coltre di nuvoloni
minacciosi prima di un temporale.
Il nostro
stava per arrivare, ormai avrei dovuto tirare fuori l’ombrello e
ripararmi da un diluvio imperioso e certo.
Cercando di
distrarmi, sono uscita per far compere ma il mio umore
è davvero sotto ai tacchi.
Il consiglio
di mia mamma, in certe situazioni sarebbe quello di
riempire i vuoti, svuotando il portafoglio!
Consiglio
seguito alla lettera; è da più di un ora
che mi dimeno fra la folla, cercando di sbirciare le vetrine variopinte di
colori prettamente estivi.
Comprerei di
tutto, davvero, peccato poi dover ritornare a piangere per il conto in rosso!
-“Bella
signorina…”-.
Mi volto, un
ragazzo dal finestrino agita la mano in segno di saluto.
Metto a fuoco.
-“Oi Andrea!”-.
Che diavolo ci
fa questo qua?!
-“Che
combini tutta sola?! Vuoi un passaggio?!”-.
Ma non le ha
viste le buste in mano?! Sono tutta un pacchetto anche
io!
Lo guardo per
un po’, poi mi faccio allettare dal ricordo dei suoi morbidi sedili,
associandoli al dolore allucinante che provano in questo momento le piante dei
miei piedi.
-“Ma, se
proprio insisti…”-.
Mi sorride
aprendomi la portiera.
-“Salta
su!”-.
La sua macchina
è attraversata da un buonissimo profumo dolce, vanigliato direi, il suo
stereo illumina tutto il frontalino alternando colori forti come il viola e il
blu.
Forte!
-“Senti Lù, hai fretta di tornare a casa?!”-.
Uhm che gli
frulla per la testa?!
-“Fretta
non direi, perché?!”-.
-“Ti
andrebbe di andare a spizzicare qualcosa?! Poi dritta
a casa, giuro!”-.
Annuisco, il
mio stomaco in realtà comincia a brontolare di brutto!
Ci fermiamo
davanti al McDonald’s , scendiamo e ci tuffiamo dentro.
C’è
un casino di gente, dopo una fila chilometrica riusciamo a prendere posto e a
gustarci il nostro pranzo.
“Oggi
passate alla rotonda tu e Simona, no?!”-.
-“Eh?!
Ma sei pazzo?! Io mi vergogno… dai alla fine,
bene, conosco solo te e Valerio!”-.
Bene, ci sono
uscita per mezza sera e sembra che stia parlando di miei
fratelli acquisiti…
-“E
allora?! E’ già qualcosa! E poi non mi
dirai che sei una di quelle che si fa le paranoie per niente eh?!”-.
Addento il mio
panino doppio, sfuggendo alla sua domanda e ai suoi occhi.
-“No…”-.
Continua a fissarmi –“No, vabè che
centra, sono una ragazza timida, tutto qua!”-.
-“Si
vede, ma per quel poco che ti conosco ho visto che sei una ragazza molto
simpatica! Per cui, fregatene della timidezza e vedrai che andrà
giù tutto liscio!”-.
Le sue parole
in qualche modo mi hanno fatto riflettere; l’altra sera per aver lasciato
scorrere la mia timidezza mi sono ritrovata fra gente che non conosco,
perfettamente a mio agio!
Forse non ha
detto qualcosa di sbagliato; ho deciso di pensare a me stessa l’altra
sera, ora devo solo continuare a percorrere questa strada, cercando di godermi
le nuove esperienze e le nuove situazioni, il tutto abbattendo i miei limiti.
Posso scoprire
veramente dove posso arrivare, con la mia tenacia e il mio coraggio!
Ma sì,
che rotonda sia stasera!
Gli sorrido
tornando a chiacchierare del più e del meno.
Mi parla molto
della sua ex ragazza, anche la sua una storia finita male.
Che sia
l’epidemia dell’estate?!
Beh tanto di
guadagnato perentrambi,
ci godremmo di più l’estate facendoci cullare da nuovi amori!
Sembro
crederci veramente a questa cosa qua, ma la verità è un'altra e
mentre tiro su un sorso d’aranciata mi convinco del fatto che questa
probabilmente sarà l’estate più drammatica di tutta la mia
vita.
PARAPARAPAAA… PARAPARAPAAAAAA…
La suoneria
isterica del mio cellulare risuona per tutto il locale.
-“Scusami
un momento…”-.
Mi rivolgo ad
Andrea che distrattamente sta giocando con il tappo della bottiglietta
d’acqua.
Mi affretto a
rispondere, non appena leggo “Ale”
lampeggiare sul display del telefono.
-“Dimmi…”-.
Non ciao, non pronto, dimmi, solo dimmi.
-“Senti
mi chiedevo se posso venire adesso giù da te. Dopo ho da fare con
Cristiano, al negozio.”-.
-“Non
puoi dirgli che vai mezzora più tardi?! Ora non
sono a casa…”-.
Sono molto,
molto seccata.
Non ci sono
problemi per lui, non ci sarebbero neanche per la sottoscritta, se il suo
maledetto lavoro non venisse prima di tutto, anche di
me.
Ecco qual
è il vero problema. Ecco cosa ci ha diviso.
Il suo lavoro,
il suo capo che si è sempre approfittato del suo buon cuore e del suo
non saper mai dire di no.
Ho passato gli
ultimi mesi a dividerlo con uno lavoro che doveva
essere soltanto ristretto al fine settimana, prendendomi solo il peggio di lui,
perché quando veniva a trovarmi la sera era nervoso da morire ed io
sempre buona, sempre lì a tirarlo su.
Ho passato
giorni interi ad aspettarlo, vestita di tutto punto, solo per farci una
passeggiata che puntualmente veniva spostata a un
domani, ignoto.
Sto ancora
aspettando a dirla tutta.
Ma devo stare
buona, devo farlo per lui, non può prendersi stress, fra poco gli
comincerà la maturità e non posso mettermi in mezzo con stupidi
pensieri.
Lavoro e
studio, studio e lavoro, ho un ragazzo perfetto. Cosa voglio di più?!
Voglio, vorrei
lui.
Ma non il
ragazzo scavato e morto dentro che è diventato da un po’ di tempo
a questa parte.
Non il ragazzo
che mi accusa sempre di tutto, incapace di vedere nella sua ragazza un briciolo
di sensibilità.
-“Non
posso, Lù lo sai.”-.
Io so che non
vorrei sapere. Vorrei chiudere gli occhi e ricominciare tutto da capo, a dove
eravamo rimasti, a quel tempo dove pazzi d’amore sfidavamo
tempeste e nubifragi.
Ma mi basta
riaprirli e ritrovare la luce accecante di quel locale new age,
trapassarmi gli occhi.
Non dico una
parola, premo il tasto off senza pensarci due volte, chiudendo una
conversazione con movimento secco, irrazionale.
Andrea guarda
altrove, fa finta di nulla rendendomi molto più facile il proseguimento
del pranzo.
Quando mi lascia
sotto casa, si fa promettere di rivedersi presto, assolutamente questa sera e
assolutamente in comitiva.
Non ho voglia
di controbattere, gli butto un sì biascicato.
Corro a casa,
afferro la cornetta del telefono e speranzosa aspetto
che la sia la voce allegra di Simona a ritirarmi un po’ su di morale.
Che bello altre due recensioni! ^^ (me felice tr ^^)
Una dritta-
dritta da Minnie90, che ringrazio davvero per i suoi complimenti e il suo
incitamento a continuare, ed una immancabile, dalla
mia fedelissima MichelleMalfoy,
che di ringraziare non smetterò mai, mai, mai!
Visto Mi?! Tu mi ripeti sempre che sono brava io invece ti ringrazio
sempre! XD
Troppo bello
il soprannome ciccia, sono contenta sia una cosa comune anche di altre ragazze!
^^
Un bacio
grande ad ognuna di voi,
LuNaDrEaMy
MARCO
E…
Chap 4.
Uffa che
pomeriggio d’inferno, sono stesa sul letto da circa un
ora, rigirandomi da un verso ad un altro, con il magone sotto le scarpe.
Metto su un
po’ di musica, stavolta suonano i Queen; non si
sa mai, magari mi riprendo un po’!
Mi fisso a
guardare il soffitto, con gli occhi di chi non ha più niente ormai
dentro.
Sguardo vuoto
e impenetrabile, su un muro bianco attraversato dai giochi di luce del sole.
Più
volte ho afferrato il cellulare per provare a fare il suo numero, ma ho sempre
rinunciato all’idea.
Mi sento un
vero schifo, non so più dove sbattere la testa.
Non ho voglia
di pensare.
Mi alzo di
getto dal letto, spengo lo stereo e con fare deciso mi alzo.
Ora esco, ho
bisogno di stare ferma il meno possibile, ho bisogno di evadere.
Esco di casa,
senza una meta fissa, per andare dove non saprei, ma cammino, cammino…
Il cellulare
squilla.
E’
Simona. Non so se risponderle.
-“Lù, ti ho chiamata a casa, dove sei?!”-.
Non ce l’ho fatta, stare in silenzio un tempo mi piaceva;
stare da sola con me stessa era il mio passatempo preferito, ma adesso basta
essere sola, basta sentirsi sempre estraniata dal mondo, in perenne conflitto
con me stessa, con i pensieri che rimbombano soltanto nella mia testa.
-“In
giro…”-.
-“Allora
fa un salto alla rotonda, io sono qua!”-.
-“Simo
ma io veramente…”-.
-“Niente
ma, voglio presentarti un mio amico…”-. La sento riprendere il
discorso con un tono di voce decisamente più basso, bisbigliato.
–“Te lo ricordi il Marco di cui ti parlavo l’altra sera?! E’ qua, dai non devi
perdertelo assolutamente!”-.
Marco?!
Marco…Marco…facile perdersi con questo nome; nella sua comitiva tre
ragazzi su cinque si chiamano così!
Poi ho un
lampo di genio…
-“Ah!!! Quel Marco?! Ah ma allora sì, non posso assolutamente
perdermelo…”-.
-“Mi
stai prendendo in giro?!”-.
-“No, no!!!”-.
-“Oh,
non fare la scema e vieni qua, ti aspetto!”-.
Tu-tu-tu.
Il vizio di
attaccare il telefono in faccia allora non ce l’ho
solo io!
Sconsolata
rimetto il cellulare in borsa; io alla rotonda non ci vado, mi vergogno!!!
Però,
quel Marco mi ha destato curiosità a dirla tutta. Quasi- quasi ci vado.
Ma sì,
vado!!!
Accendo la
macchina e parto.
Oh mamma sto
per imboccare la stradina della comitiva…
Già
intravedo delle sagome familiari…
Che vergogna
adesso faccio retro e torno indietro…
Questi sono i
più classici pensieri che mi sono passati per la testa non appena mi
sono ritrovata davanti al postaccio.
Oh ma è
più forte di me, la timidezza non si scaccia via in un giorno!
Parcheggio e
deglutendo scendo dalla macchina.
Da lontano
scorgo Andrea, la mia ciccetta e un ragazzo biondo
che non conosco, intenti a parlare.
Simona mi
raggiunge con Andrea al seguito e mister x di fianco.
-“Ciccia!”-.
Allarga le braccia, travolgendomi con un abbraccio affettuoso.
-“Ciao
bellissimo…”-. Saluto Andrea al di là delle spalle di Simo.
Lui ricambia
il saluto con un occhiolino.
-“Lù, questo è Marco! Per tutti, Sga!”-.
-“Piacere
mio Sga! Io sono Luana, per lei, ciccia!”-.
Mi sorride,
getta in terra la sigaretta che stava fumando e mi stringe la mano.
Oddio se
è il Marco di cui mi parlava Simona, devo intendere che la mia amica non
ha proprio buon gusto in fatto di ragazzi.
Non sono una
schizzinosa, ma sto Sga sembra uscito fuori da un film horror…oh, magari è ragazzo
d’oro chi lo sa!
Resto a
parlare un po’ con loro tre e scopro a mia sorpresa che è davvero
un ragazzo simpatico!
Vabè nella vita non si può avere
tutto…!
-“Senti
un po’ ma questo è il Marco di cui mi
parlavi?!”-.
Siamo rimaste
da sole, in macchina del tipo a parlare.
-“Eh?!
Ma stai fuori?! Quel Marco è andato via poco
prima che arrivassi… mannaggia
te lo volevo far vedere!”-.
-“Bah,
che avrà sto Marco…ma poi tu non sei
innamorata pazza di Valerio?!”-.
-“Sì
ma Valerio è uno stronzo. E Marco pure, ora
che ci penso!”-.
Mi viene da
ridere; tutti lei i bastardi se li va a prendere!
Con questo
Marco è stato un telefilm tipo alla “Beautiful”, un delirio
insomma!
Sembra che lei
avesse perso la testa per lui, a lui lei piaceva,
hanno avuto una mezza storia, solo che poi lo scemo l’ha mollata
perché piaceva anche al suo migliore amico.
Non
c’avete capito niente, eh?! Neanche io!
Novabè
la storia è questa; Simo piaceva tanto a Sga,
che per lei si è immolato e prostrato ai suoi piedi, solo che la ciccia
ha perso la testa per il bastardo e ci è stata insieme un po’ di
tempo. Almeno fino a quando il bastardo le ha detto che non se la sentiva
più di continuare perché non voleva perdere l’amicizia di Sga.
Beautiful
all’italiana, appunto!
Che poi sto Marco
io già non lo sopporto, Sga è simpatico
invece, anche se la faccia da fesso ce l’ha
tutta.
Ops! Ma che cattivona
che sono!
-“Che
vuoi farci sorella, più sono stronzi,
più ci piacciono! E’ una legge, va così fidati!”-.
-“Già!
Guardalo! Non è adorabile?! E’
bellissimo, ma non mi si fila di pezza, sta lì fra i suoi amici e
neanche uno sguardo mi ha rivolto!”-.
-“Oh, tu
non esagerare adesso! E poi sai che farei io?! Andrei
lì e lo bacerei appassionatamente davanti a tutti, così vediamo
se ha il coraggio di non vederti!”-.
-“Non mi
tentare…”-.
-“Fallo
Simo, fallo!!!”-.
Non se lo
è fatto ripeteredue volte, tutta decisa è scesa dalla macchina e si
è diretta verso Valerio.
Cammina svelta
a passo sicuro, eccola è quasi arrivata, sta lì- lì…
ma… un attimo che sta facendo?!
No, ha
cambiato direzione. Non ce l’ha fatta!!!
Sighsigh…mi
guarda facendo spallucce, dura poco, dopo tre secondi
è fra le braccia di un suo amico.
Quanto le
voglio bene, è la ragazza più dolce che abbia mai conosciuto,
anche la più insicura e la più stramaledettamente paurosa della
vita e del diventare grande, ma le voglio un bene folle anche per questo.
Fin da
piccolina ho sempre avuto l’istinto di proteggerla, mi ricordo grandi
scazzottate per lei, che indifesa e ingenua soccombeva agli scherzi di chiunque
fosse, anche solo di pochi centimetri, più alto di lei.
La conosco da
una vita questa ragazza, ora ci penso davvero.
Sei anni, me
la ricordo ancora, con il suo panettone nero in testa e le sue improbabili
tutine, ed io la mocciosetta un po’
maschiaccio, con i capelli sempre corti e arruffati, presentarsi al primo
giorno di scuola elementare, nello stesso banco.
Odio- amore,
ci adoravamo ma se non litigavamo non eravamo felici.
Lei calma, io
una peste.
Io eccellente
in italiano, lei un genio in matematica.
La nostra
amicizia è stata sempre un po’ così; ci sono stati dei
momenti in cui abbiamo fatto veramente a meno l’una dell’altra,
alle volte senza dei motivi ben precisi, alle volte la vita ti divide e basta,
ma alla fine siamo sempre ritornate insieme, sempre.
E’ un
compensarsi, dove non arriva lei arrivo io e viceversa; ma i caratteri son rimasti gli stessi, lei è sempre la dolce
bambina ingenua e insicura, io sono sempre la solita spavalda che non ammette
mai di aver bisogno degli altri, sicura e fiera, ma solo all’esterno,
perché dentro sono un complesso di insicurezze non indifferente.
Soprattutto
adesso, mi sto barcamenando in qualcosa di cui non ho chiaro i contorni,
facendo finta di niente, facendo finta che non sia così, ma prima o poi
quando affronterò la realtà, quella dura e cruda, io
crollerò, so che lo farò.
Ma adesso non
importa, adesso voglio essere inghiottita in questo vortice, non mi importa
delle conseguenze.
-“Ehilà,
posso disturbarti?!”-.
Sga entra in macchina, d’un tratto
arrossisco al pensiero essermene quasi impossessata; praticamente ho abbassato
il sedile di qualche centimetro per abbandonarmi meglio ai miei folli pensieri.
-“Oddio
ti chiedo scusa, scendo subito e…”-.
-“Oh non
ti mangio mica! Stai pure! Anzi ti va di accompagnarmi a comprare le sigarette?!”-.
Lo guardo,
alzarmi non ho voglia d’alzarmi, per cui lascio
correre!
Certo che sto
superando i miei limiti alla grande; stamattina ho pranzato con uno che conosco
da due giorni, adesso vado in giro in macchina con uno che conosco da sì
e no dieci minuti…vabè, questa è
la mia nuova vita signori e signori e se proprio devo dirla tutta, non mi
dispiace affatto!
-“Sei
fidanzata?!”-.
Butta
giù lui, neanche troppo disinteressato.
-“Ni… tu?!”-.
Se è
fidanzato mi preoccupo veramente.
-“Da due
anni, una storia del cavolo! Comunque ni…
perché?!”-.
-“Storia
del cavolo perché?!”-.
Vagheggio, non
ho voglia di parlare d’Alessandro.
-“Lei
è di Bari. A te che è successo?!”-.
-“Lui
è di Roma, ma è come se fosse di Bari. Non lo vedo dadue
settimane…”-.
Ride, si
accende una sigaretta.
-“Vi
state lasciando, eh?!”-.
Annuisco, se
è un terzo grado gli sta riuscendo perfettamente.
Quando capisce
che non è il caso la butta su altri argomenti.
Fa il
meccanico, non ce l’ha proprio la faccia da
rude, ma vabè questo è il ragazzo delle
eccezioni.
E’ dolce
una cifra, ammetto di essermi buttata fra le sue braccia con una
spontaneità e una naturalezza inaudite.
Non so
perché, ma forse lo so; alla fine tutto ciò di cui ho bisogno
è un abbraccio sincero e incondizionato, lui neanche mi conosce,
più incondizionato di così…
Peccato
doversi ricredere quasi subito.
Sga è un ragazzo dolce, dolce
davvero, il mio attaccarmi a lui è stato solo senso di protezione; stare
fra le sue braccia mi ha fatto sentire davvero al sicuro, ma i miei
atteggiamenti troppo affettuosi hanno compromesso e non poco la nostra amicizia
e… non solo.
Non voglio
dire che non sono stata bene con lui, forse anche troppo, ed ancora oggi la
nostra amicizia è così profonda quanto
strana, ma…diciamo che i miei turbamenti amorosi cominciano tutti da
questa conoscenza e da un’altra, che non tarderà ad arrivare e che
porterà il vero scompiglio in tutta la mia esistenza.
Siete curiosi?!
Seguitemi
ancora un altro po’, il vero sballo deve ancora arrivare!
Ringrazio di
tutto cuore Valentina per la sua recensione!
Non ti
preoccupare se rimani indietro con la lettura, sono contenta lo stesso che poi
tu riesca a seguirmi,alla fine!
1kiss
LuNaDrEaMy
“…
MARCO”
Chap 5.
-“Hai fame
gegge?!”-.
Gegge. Gegge
è il nome con il quale mio fratello ha cominciato a chiamarmi, appena
gli è stato fatto dono della parola (purtroppo ne è stato dotato
anche lui ç ç
) esoprannome del quale mia madre
non ha più potuto fare a meno, per tutta una vita.
La vedo
trafficare dietro ai fornelli, cucinando mille pietanze diverse; non è
che le piace cucinare, ma in casa mia è solerte preparare diversi
piatti, visto i palati fini dei suoi due figlioli.
In pratica mio
fratello mangia solo quello che dice lui, io mangio praticamente di tutto,
anche i piatti quando serve!
Ho una fame
pazzesca, sto per addentare qualcosa di simile ad una parmigiana, quando sento
bussare al campanello di casa.
Guardo mia
madre incuriosita.
-“Aspettiamo
ospiti?!”-.
-“No,
non mi sembra…”-.
Questa
è mia madre! Lei è perennemente con la testa fra le nuvole, ma poveretta fra le centomila cose che fa, tra le
quali tenere a bada due pazzi scatenati di figli, capace che le sfugga
qualcosa…
Vado ad
aprire, poggiando a malincuore la forchetta sul piatto.
-“Buonasera!!! E’ qui la festa?!”-.
Secondo voi
chi è?! Logico, Simona!
-“Mah dipende…l’hai
portato il dolce?!”-.
La faccio
entrare, richiudendo la porta alle mie spalle.
-“No ma
c’è di meglio; mangiamo un pezzo di pizza fuori e poi andiamo ad
una specie di festa al piazzale Martinelli!!”-.
-“Eh?!
No, non ho capito, andiamo?!? Adesso?!”-.
Quando vi dico
che Simona è pazza, non è tanto per dire, ho le mie certezze, le
mie basi fondate.
Allora il
piazzale Martinelli è una specie di piazzetta
poco dietro casa mia, su cui affaccia una scuola elementare, una specie di
parcheggio dove spesso mi fermo a parlare con lei quando
non ho voglia di guidare e voglio stare tranquilla, ma non ci vado certo ad
organizzare feste, e neanche a parteciparvi!
Ah già,
ma allora ancora non ero entrata nell’ottica “perversa” e
“malata” dei suoi amici…!
-“Sveglia!
Sì adesso, quando sennò?! Sei pronta?!”-.
Eh, non direi,
sono tipo in pigiama…!
La guardo
allibita, non so cosa ha in mente ma mi sento male al
sol pensiero!
Non mi fa
neanche rispondere, mi trascina in bagno e mi costringe a truccarmi e
prepararmi.
-“Quant’è che non ti trucchi Lù?!”-.
-“Una
vita, si vede?! E’ che d’estate odio
riempirmi la faccia di robaccia…”-.
-“Bene,
stasera farai una piccola eccezione, andiamo ad una festa!”-.
Ha scandito
l’ultima frase come una bambina lagnosa.
-“Ma la
smetti di usare questa parola?! Una festa ad un
parcheggio, che cavolo di festa eh?!”-.
Ride,
armandosi di rimmel e ombretto.
-“Birra,
musica a palla e risate. Non serve altro per fare una festa…”-.
Eh bè, certo ha ragione anche lei!
Le spillo gli
arnesi dalle mani e comincio a impiastricciarmi un po’.
-“Ciao
Simo!”-.
Mia madre si
affaccia sull’uscio della porta, per controllare credo, che sia tutto a
posto.
-“Ciao
Carla! Ti dispiace se stasera te la rapisco?!”-.
-“Basta
che non fate troppo tardi!” Tono d’ammonimento allusivo alla sera precedente –“Certo che deve essere un
appuntamento importante, se non ha nemmeno toccato cibo!”-.
Se la ridono quelle
due, soprattutto la mia mammina, non sa che mi ha
consegnato nelle mani di una squilibrata!
-“Ma
mamma, non sai, stiamo andando ad una festa…”-. Faccio il verso a
Simona –“sì, al piazzale Martinelli!”-.
Mia madre ci
guarda scuotendo la testa.
-“Voi
siete pazze!!!”-.
Indossati i
miei jeans preferiti ed una maglietta, abbastanza scollata, sono pronta per
uscire.
Prendiamo la
mia macchina e ci rechiamo alla blasonata festa.
Non appena
arriviamo, sono solo le nove e mezza giuro, notiamo gente già mezza
ubriaca.
La festa
consiste nel raduno di macchine parcheggiate una di fianco all’altra, con
lo stereo di non so chi sparato a palla, rigorosamente musica house.
“Ma
fantastico”… penso mentre maledico gli
inventori dell’house e chi per loro.
Ci aggreghiamo
al gruppetto di persone che più meno conosciamo meglio e cominciamo a
parlare.
Ci sono Marco,
Andrea, Valerio, un tizio di nome Mario e un ragazzo che mi ha squadrato da quando sono scesa dalla macchina fino ad arrivare
lì.
Ha la faccia
da pervertito, un sorrisetto stampato sul viso da
vera canaglia e due occhi vivaci da paura.
Resto impalata
a guardarlo; lui mi fissa, mi sorride, complice di quel meraviglioso gioco di
sguardi.
Tutto attorno
è silenzio, Simona ci guarda, poi si mette in mezzo.
-“Lui
è Marco ciccia! Quasi dimenticavo di presentartelo.”-.
Mi fa
l’occhiolino. Ok stavolta è quel Marco!
Lui fa un
passo in avanti, si piega un po’ sulle ginocchia e da lontano mi stringe
la mano.
Una presa
delicata, ammetto di aver sussultato al tocco leggero della sua pelle.
-“Marco…”-.
-“Luana…”-.
I nostri nomi
hanno suonato come una cantilena dolce.
Mi stacco da
quelle dita, scivolando piano; giuro che per un momento ho visto il mondo
muoversi al rallentatore.
No che non ho
bevuto! A me la birra fa pure parecchio schifo!
-“Ciao
Bionda! Che fai non mi saluti?!”-.
A levarmi da
questo stato di tranche è Sga, che arriva
abbracciandomi forte.
Ricambio con
sincero affetto il suo abbraccio, pizzicandogli un po’ la guancia.
-“Vuoi
una birra?!”-.
-“No,
grazie. Vado a bere, acqua però! Mi accompagni alla fontanella?!”-.
Mi segue.
Chiacchieriamo un po’ della sua ragazza strada facendo; c’ha
litigato nuovamente, sta con l’umore sotto ai piedi anche lui.
-“Che
pizza, quest’estate è davvero un delirio!”-.
Passo le mani
sotto il getto d’acqua fresca; fisso da lontano il gruppetto di Simona,
ripensando con brivido al seguito,
alla stretta di mano di quel ragazzo dal
sorriso furbo.
-“Ti
hanno presentato joker?!”-.
-“E chi
è?!”-.
-“Marco.”-.
-“Ah
sì. Non c’ho parlato molto però.”-.
Lo vedo quasi
sorridere di ciò, per poi piegarsi e bere.
Da lontano
vedo Simona raggiungerci; ha una birra in mano e il sorriso di hi vuole farmela
scolare a forza.
-“Sta
lontana da me con quella cosa!”-.
-“Bravi,
bravi! Fate comunella, eh?! E tu non scocciare,
stasera divertimento, divertimento, divertimento.”-.
E’
brilla anche lei. Ride, più del solito, gli occhi appena-appena lucidi.
Ritorniamo fra
gli altri, tenendola a dovere sotto braccio.
Mi siedo sul
marciapiede, non mi sento per niente in vena di divertimento stasera.
Mi sono
isolata un po’ dal gruppo, Sga mi è
sempre vicino, mi abbraccia forte; ad un certo punto però gli squilla il
cellulare, si alza scusandosi e va in macchina.
Resto sola. Per poco, c’è sempre qualcuno che mi gironzola
attorno, anche solo per scambiare qualche battuta.
-“Sola
soletta?!”-.
Marco si
è avvicinato silenziosamente, non mi ero accorta della sua presenza
prima.
-“Vuoi?!”-.
Mi passa la sua birra appena aperta –“Bevi-
bevi non ci pensare!”-.
Non sembra
brillo, allora cos’è?! Consiglio gratuito
il suo?!
-“No
grazie.”-. Gli sorrido indicandogli le altre
bottiglie che mi hanno offerto.
-“Ah ma
allora con te non attacca questa scusa! Potevi dirlo prima, avresti spezzato
meno cuori!”-.
Sorrido
ancora, lo vedo fissarsi sulle mie labbra.
-“Che
vuoi farci, sono fatta così, amo far soffrire gli uomini.
L’esclusiva del bastardo non l’avete solo voi…”-.
-“Ah,
sei una bambina cattiva tu. Uhm, mi piace, mi piace…”-.
Non ho dubbi
che ti piace. Sono un tuo simile!!!
-“Perché
ti chiamano joker?!”-.
Cerco di
cambiare discorso, prima di degenerare in qualcosa di
anormale.
-“Guardami
bene, chi ti ricordo?!”-.
Lo fisso per
bene, ha dei tratti delicati, il viso è squadrato e gli occhi sono scuri
e grandi.
-“Aiutino?!”-.
-“Batman…”-.
-“Oddio!
Quel joker?!”-.
Annuisce. In effetti se fosse truccato per benino gli somiglierebbe in
pieno.
Detto
così chissà quale mostro orripilante sembra assomigliare, ma in
realtà non è poi così male.
Certo non
è questa bellezza stratosferica, ma ha qualcosa di attraente, quel
qualcosa che ti prende a calamita, perché è poco più di
cinque minuti che ci sto parlando, eppure non posso far a meno di staccargli
gli occhi di dosso.
Ma cosa mi
prende?!
Qualcosa di
brutto, perché afferro di botto la bottiglia che ha appoggiato ai suoi
piedi e mi ci attacco come una forsennata.
La musica si
è alzata di botto, mi alzo anche io; vado verso Simona intenta a
dimenarsi in una specie di ballo e mi unisco alla danza.
Sembro una
disperata, con la bottiglia di birra al cielo e la testa che ciondola a destra
e sinistra.
Fisso il cielo
stellato; qualunque sia il mio umore stasera non voglio fermarmi, non voglio
farlo più.
Mi muovo
lentamente, non sono ubriaca, almeno credo, ma la testa gira.
Forse non
è colpa dell’alcool.
No, non credo
lo sia.
Ad un tratto
la musica si abbassa e si abbassa, fino a quando non
diventa un suono flebile.
Dall’altro
lato della strada, una volante dei carabinieri sfreccia nella nostra direzione.
Marco si alza
di scatto, trascinandomi via per un braccio.
Cominciamo a
correre, non riesco a dire una parola, so che a malapena sono riuscita ad
afferrare Simona.
Corriamo come
tre pazzi, sento la birra risalirmi.
Molla la
presa, soltanto dopo centinaia e centinai di chilometri.
-“Mi vuoi
lasciare adesso?! Ma sei pazzo?!
Mi trascini via così?!”-.
-“Ah,
scusa sai se ti ho tolto dai casini!”-.
Ride,
piegandosi a riprendere fiato. Ci siamo fermati, abbiamo corso abbastanza.
-“Casini?!
Avevo una birra in mano, niente di illegale!”-.
-“Sì
e pensi che a quelli là della tua birra glie ne sarebbe fregato qualcosa?! Come glie lo spiegavi la musica a palla, la metà
della gente con l’erba nelle tasche e tutto il resto?!”-.
Ha ragione, mi
azzittisco appoggiandomi di schiena alla rete del parco dove ci siamo fermati.
Simona
boccheggia, mi viene da ridere ma mi trattengo.
-“E gli
altri?!”-.
Ritorno sul
discorso, ma ad un certo punto ho pensato ad Andrea, Sga,
Valerio…
-“Gli
altri, quelli che non hanno impicci, se la caveranno sta tranquilla.”-.
Dopo un
po’ sento dei passi veloci raggiungerci.
Mi volto di
scatto; ecco la metà degli “impicciati”.
Ci sono
Daniele il fattone del gruppo, Dario lo spacciatore e
Damiano di cui ancora devo definire il ruolo.
-“Tu che
impicci hai?!”-.
Lo guardo
serio, ha troppo la faccia da bravo ragazzo per fare anche solo la metà
delle cose che immagino facciano quei tre.
Mi lancia un sorrisetto e un occhiata furba;
aspetta un po’ prima di rispondere, poi ridendo mi risponde.
-“Se
quelli là mi beccano fuori di casa a quest’ora, mi portano in
caserma per direttissima.
Sai, io sto
facendo il servizio militare, ma al posto di stare in caserma ho chiesto di
stare a casa. Bene, questa è l’ora in cui
quelli là devono credere che io stia a
casa!”-.
Non so se
ridere o piangere, non so se sentirmi sollevata o meno.
Ma poi chi se
ne frega degli impicci di questo qua, però è davvero un folle, un
adorabile folle.
-“Stai
ai domiciliari insomma…”-.
-“Eh,
più o meno…”-.
Ride ed io mi
accodo alla sua risata.
-“Tutto
questo correre e le vostre chiacchiere stupide mi hanno fatto venire una
fame…”-.
Simona
è rinvenuta dal coma in cui era sprofondata.
Non posso
resistere, continuo a ridere a crepapelle.
Marco è
ancora più carino quando sorride, ha un sorriso
magnetico e una risata buffa.
-“Venite
a cena da me, no?! Sono a casa da solo e se vi vanno
due spaghi…”-.
Simona mi
guarda annuendo esageratamente con la testa; la guardo scuotendo la testa,
vagheggiando per quanto mi è possibile, ma nessuno dei due sembra dar
peso alla cosa.
Praticamente
si sono già incamminati.
-“A Ma,
ma du’spaghi pure pe’ noi,
no?!”-. Daniele il fattone, rompe il silenzio.
Traduzione.
Marco, ma un piatto di spaghetti anche per noi, no?!
Marco si gira,
fa una buffa espressione ai tre, che senza neanche controbattere cambiano
“spontaneamente” direzione.
Alla mia lista
di vita nuova si aggiunge anche: andare a cena a casa di uno che sta ai
“domiciliari”, conosciuto da si e no dice
minuti, gravi segni di squilibrio mentale a chiudere.
Però…bella
casa lo squilibrato!
Entriamo,
timidamente a dirla tutta, in casa sua, stringendoci per mano, io e la ciccia.
Ci fa
accomodare in soggiorno, mentre sparisce in cucina.
-“Oh, te sei matta! Ma c’eri mai venuta a casa di questo qua?!”-.
Bisbiglio,
Simona sembra una mummia.
-“No,
non c’ero mai venuta. Oddio sei paranoica tu
però! Mamma quanto mi gira la testa…”-.
Sono paranoica
sul serio?!
Sbruffo,
abbandonandomi allo schienale, del comodo divano di pelle.
Dopo un
po’, la testa di Simona si abbandona sulla mia spalla.
Sta dormendo?!
Non stava
morendo di fame?!
Mi alzo,
badando bene a non svegliarla; accompagnandole il capo, la faccio distendere e
vado in cucina da joker.
-“Posso
darti una mano?!”-.
Entro in
cucina, silenziosamente, quasi non volessi dare troppo nell’occhio.
-“Mi
giri il sugo?!”-.
Prendo il
mestolo e ravvivo un po’ la salsa rossastra.
-“Ciccia?!”-.
Mi guarda ridendo.
-“Dorme…”-.
Rispondo, scuotendo la testa.
La scuote
anche lui. Prende un pacco di pasta e lo affoga nell’acqua bollente.
-“Il
sugo è pronto! Spengo,ok?!”-.
Annuisce,
passandomi dietro le spalle; il suo corpo ha sfiorato leggermente il mio,
istintivamente mi sono girata e siamo rimasti per un po’ faccia a faccia,
in silenzio, a guardarci.
Posso sentire
il mio cuore pulsare come un matto, dentro me.
Scalpita,
scalpita forte, una sensazione assopita col tempo, da tanto mai più
provata.
Sorride,
già sono infatuata di quel sorriso.
Mi scanso,
adesso non posso permettermi di provare certe sensazioni; lui va verso il
frigo, prende alcune bottiglie e mi lancia la tovaglia.
Mi arriva
dritta- dritta in faccia. Gli faccio una smorfia, adoperandomi a vestire la
tavola.
Quando
è tutto pronto, sveglio Simona e ci mettiamo a mangiare.
Pasta al
pomodoro, divina, mai mangiata una pasta al sugo così buona.
E’
proprio vero, le cose semplici alla fine sono sempre le cose migliori.
Un sorriso,
unabuona
cenetta, gelato alla fragola per chiudere, gustato abbandonati sul divano; la
ricetta per una semplice cotta che stava arrivando, nonostante ancora non avessi
percepito tutti i suoi segni, o non li volessi percepire.
Ringrazio le
mie fedeli recensitici, Valentina e Michelle, siete
troppo gentili!
E tu Mi, non
ti preoccupare se non riesci a stare dietro a tutti i capitoli, non
c’è alcun problema!!!!
1kiss
LuNaDrEaMy
“SALVA CONTATTO?!”
Chap. 6
-“Ti sei
divertita ieri?!”-.
Mi ha chiesto
Simona, sistemandosi i cuscini dietro la schiena.
E’
mattina presto, ieri l’ho invitata a dormire da me, la cenetta è
finita troppo tardi per farla andare in giro mezza assonnata e tutta sola.
-“Un concetto
di divertimento tutto nuovo e mai provato ma…sì, lo devo
ammettere, sono stata davvero bene!”-.
-“Te
l’avevo detto…”-.
Ho sorriso,
sapevo che non aspettava altro che pronunciare quelle parole.
-“Pardon
mia signora, vuole che per farmi perdonare le lustri le scarpe, o magari che la
sventoli con una foglia?!”-.
-“E’
un idea…”-.
Gli tiro
contro un cuscino, approfittandone della sua distrazione per rubarmi un
pezzettino di divano in più.
-“Sono
felice che ci siamo ritrovate, con te sto ritornando a sorridere, grazie
ciccia!”-.
L’avvicino
stringendola forte a me, devo ringraziarla e non poco questa ragazza.
-“E non
stai ritornando solo a sorridere, eh?!”-.
La guardo, con
un sorrisetto tutto intimidito; so dove vuole
arrivare, ma toccare questo tasto sarebbe come fermarmi a riflettere su
ciò che è accaduto l’altra sera.
E per ora
vorrei evitare di farlo, sì- sì.
-“Hai
fame?!”-.
Tento di
cambiare discorso, ma i suoi occhi neri mi penetrano, curiosi e vogliosi.
-“Lo sai
che hai fatto girare la testa un po’ a tutti là in mezzo?!”-.
Sempre la
solita esagerata, non esistono mezze misure per lei, ingigantisce tutto con una
semplicità inaudita.
-“Falla
finita dai…”-.
-“Non
sto scherzando mica! C’è Andrea che ogni minuto mi chiede di te, Sga poi non ne parliamo ti sta appiccicato addosso
praticamente ogni volta che può…e poi c’è Marco.
Pensi che non l’ho capito come ti
guarda?!”-.
-“Tu
viaggi troppo con la fantasia cara ciccia. Il loro attaccamento è dovuto dal fattore novità; sono una ragazza
nuova, che non conoscono, figurati se la loro psicologia maschile gli permette
il lusso di farsi scappare una nuova conoscenza femminile. Non esiste!”-.
-“Sarà,
ma stai vagheggiando…insomma, ti piace o no?!”-.
-“Ma chi?!”-.
E’ vero,
sto vagheggiando! Uffa ma non voglio parlare dei suoi magnifici occhioni neri, del suo sorriso splendente e di quelle mani
così perfette e delicate.
No, non mi
piace per niente…
-“Lo sai
chi, ma se non ne vuoi parlare non fa nulla…”-.
Ecco, sta
mettendo il broncio, fa la finta offesa; l’adoro quando
fa così, tirerei la corda solo per farla arrabbiare ancora un po’,
ma non ci riesco è troppo tenera!
-“Allora
vuoi sapere la verità?! Mi piace e parecchio
anche. Se vuoi sapere cosa intendo fare,ti dico subito
che devo mettere prima a posto le idee e poi decidere sul da farsi. Ok?! Soddisfatta?! Capitolo chiuso, però!”-.
-“Quindi
vorresti fare qualcosa?!”-.
E’
saltata dal divano, ha un espressione giocosa dipinta
in volto.
-“Simo,
capitolo chiuso. Stop!”-.
Ci sono voluti
i biscotti di mia mamma per farla azzittire quella
mattina, ma tutto sommato me l’ero cavata, anche stavolta.
Ci siamo
lasciate rinnovandoci l’appuntamento per la sera, approfittando del
pomeriggio per avere un po’ di tregua; continuare con questo ritmo ci
avrebbe esaurito, molto più di quello che non eravamo già!
Questi giorni
sono stati avvero frenetici, a casa ci sono stata davvero poco, ne
approfitterò per rilassarmi.
Il guaio
è che non riesco a stare ferma, sono sempre stata una ragazza posata e
tranquilla, ma è da un po’ di tempo che sembro posseduta da
chissà quale spirito maligno.
Sì,
tipo bambina stile esorcista!
Non so se
avete presente il concetto di muoversi per non pensare; mi riempio le giornate,
spesso di cose impreviste, per non accettare il fatto di dovermi fermare a
riflettere e prendere delle decisioni adeguate.
Ecco, credo di
voler scappare dalle responsabilità, adesso voglio vivere due, tre
centimetri al di sopra del suolo, senza scendere nel mio vecchio mondo monotono
e piatto.
Non voglio
pensare se sia giusto o meno, se sia regolare o meno
la mia esistenza.
Adesso voglio
vivere così, sospesa.
*****
-“Mi fai
vedere il tuo cellulare?!”-.
Rotonda place.
Sono in
macchina, ad ascoltare uno di quei zuccherosi cd che piacciono tanto alla mia
amica.
Marco è
arrivato da poco, a bordo della sua Polo blu; quanto è figo.
Mi piace tutto
di lui, anche la sua macchina!
Ha
parcheggiato affianco a me, portiere aperte dallo stesso verso, si è
messo a smanettare col mio telefono.
Dopo un
po’ me lo restituisce; il suo numero è scritto sulla schermata
centrale.
-“Io
premerei salva, adesso…”-.
Lo guardo, poi
riguardo il cellulare; sono rimasta impalata, quasi
cascassi dalle nuvole.
Gli sorrido
maliziosamente, voglio smontarlo un po’.
-“Avevi
paura che se chiedevi a voce sembrava troppo palese come cosa?!”-.
-“Dipende,
se lo salvi siamo in due, ad essere palesemente imbranati…”-.
Azz. In realtà aspettavo e speravo
che fosse proprio lui il primo a fare questa mossa; evidentemente
dall’altra parte lui aspettava la stessa, reciproca cosa.
Che imbranati,
davvero!
-“No,
mettila così, se io salvo, abbiamo fatto la cosa metà per
uno…che dici?! Stiamo pari dai…”-.
Ha sorriso.
Non ho dubbi.
“Salva
nuovo contatto?”
ECcErtO !
Scambiarsi un
numero di cellulare, un gesto quasi automatico, fra due persone appena
conosciute; spesso si salvano alcuni numeri, sapendo benissimo che verranno usati molto poco, ma uno lo fa lo stesso, li tiene
lì, non si sa mai.
Salvarmi il
suo numero, quella sera è stato il perno principale della nostra unione
e della nostra mitica avventura, ad un passo dal cominciare.
No, non
credevo mi avrebbe chiamata giorno e notte, no non
immaginavo che lo facesse anche solo per darmi la buonanotte.
Soprattutto
non potevo immaginare che da un azione così
meccanica potesse nascere un qualcosa di tutt’altro
che meccanico.
Io, Simona e Sga abbiamo deciso di andare a portare le nostre pelli
bianche, sotto il sole cocente, di una meravigliosa giornata di fine giugno.
Sono in ansia;
adoro il mare, il sole, la tintarella…non vedo l’ora di arrivare!
Afferro tutto
e scendo giù; sono arrivati già, passiamo a prendere anche una
nostra vecchia amica e partiamo.
Fa un caldo
tremendo oggi, il sole picchia forte.
Si prospetta
proprio una perfetta giornata di mare.
Mentre siamo
in macchina, io e Giada, la nostra amica, ci imbarchiamo in una fluente
chiacchierata su tutto il tempo passato dall’ultima volta che non ci
siamo viste; giuro abbiamo parlato talmente tanto che Sga
e Simo più volte si sono girati e ci hanno esortato a riprendere fiato!
Troppo
divertente, non ho mai parlato così tanto in vita mia!
Per fortuna il
mare non dista poi tanto lontano dalla nostra città; in un oretta circa è scivolato tutto via.
Come si
prospettava, le spiagge sono traboccanti di persone, ombrelloni colorati e quell’arsura tipica delle giornate d’estate.
Sono al
settimo cielo, poggio in terra il mio zaino, distendo l’asciugamano
neanche troppo ordinatamente e mi butto in acqua.
Giocare fra le
onde mi fa tornare bambina.
Ricordo
intere estati passati
al mare, con i miei adorati nonni a fare i castelli di sabbia, imparare a
nuotare e farli arrabbiare quando andavo a sfidare le onde vestita e asciugata
in punto di tornare a casa; non ne avevo mai abbastanza di salsedine, sabbia,
granchi…io amo l’estate, amo il mare, forse in una vita passata ero
un pesce, chi lo sa!
Per fortuna
anche i miei compagni sembrano accogliere l’idea del bagno, con il
sorriso sulle labbra; io e Simo ci teniamo strette-
strette, lei non sa nuotare, ed io non sono ancora diventata Mitch di Baywatch!
Sga è molto affettuoso, ci tiene a
se, proteggendoci con la sua mole impetuosa; a dire il vero con la scusa riesce
ad appiccicarsi addosso ancora di più, ma vabè
almeno non è uno di quei soggetti viscidi e invadenti!
Se proprio
devo dirla tutta, le sue effusioni mi piacciono; mi fa
sentire una principessa, le sue coccole sono così dolci, certo peccato
che la mia testa vola altrove, altrimenti un pensierino ce lo farei.
Lo guardo
meglio.
No, non
è un problema di testa altrove… è troppo brutto!
Questo non mi impedisce però di ricambiare le effusioni, sono una
ragazza orsacchiotto io; mi piacciono gli abbracci, li ritengo una cosa troppo
importante per privarsene.
Alle volte il
suo significato ha avuto un valore ben superiore, al valore di un bacio.
-“Ah, mi
sento un Dio, ho due belle signorine fra le braccia, sono spaparanzato sulla
sabbia bollente…cosa posso volere di più?!”-.
-“Due
capelli in più, forse?!”-.
Simona quando
ci si mette è proprio una str…ma poverino Sga, non se lo
merita!
Anche se un riportino io me lo farei…ops!
-“Ma
Giada ce la siamo giocati?!”-.
-“Starà
al telefono con uno dei suoi mille amori…ma io
mi dico come si fa ad avere due storie parallele?! Io non
reggerei…”-.
-“Guarda
non farla a me ‘sta domanda! Io ne ho retto uno di
rompipalle…figurati due!”-.
-“Zitta-
zitta che arriva!”-.
Spettegolare.
Quanto ci piace spettegolare… ma perché le donne non ne possono
fare a meno di questa ”arte”?!
Però ti
diverte, soprattutto quando tiscegli la vittima giusta.
Una con due
vite parallele è praticamente perfetta!
La giornata
è passata praticamente in un soffio; ci siamo rilassati a dovere, ma il
tempo di andare è arrivato subito.
Vabè meglio di niente; una giornata di
mare, corta che sia, ti succhia sempre tanta energia, edio ora che ci penso, qualche
sbadiglio me lo sono già giocato!
-“Senti
un po’, cos’erano quegli abbracci e quelle occhiatine?!”-.
Simona
stavolta si è seduta dietro con me; bisbiglia, attenta a non farsi
sentire.
-“Ho
esagerato dici?! Non c’ho fatto caso,
c’era particolare trasporto?!”-.
-“Sì
e ciccia stai attenta a come ti muovi. Tu piaci a Sga,
ed io lo conosco, bastano due moine per farlo abbindolare.”-.
Già,
come del resto quasi a tutta la popolazione maschile; noi donne siamo dotate di
un potere che spesso ignoriamo d’avere, ed invece no, bisogna saperlo
sfruttare, con le persone giuste ovviamente.
-“Va
bene, farò più attenzione…ma giuro che l’ho fatto
senza malizia.”-.
-“Infatti la colpa non è tua, me lo immagino;
già si sarà montato la testa!”-.
Mi mordo il
labbro inferiore; non credevo d’aver combinato un guaio!
Ed invece no,
il guaio lo avevo fatto, perché da lì a qualche giorno, me lo
sono ritrovato sempre più vicino, sempre più ambiguo, fino a
dover riportare, per forza di cose, quell’equilibrio che con le mie “quattro moine” avevo
spezzato.
*****
“Ciccia
io sono stanca, non ho molta voglia d’uscire!”-.
-“Dai pelandrona, usciamo un’ oretta e poi ti riporto a
casa. Guido io!!!”-.
Non riuscivo a
capire perché insistesse tanto per uscire, quando l’unica pigra e
pappamolle della coppia era da sempre stata lei; solo dopo vari tentativi e
giri di parole, avevo scoperto che di mezzo c’era Valerio, il suo bel
Valerio.
Che aveva
combinato stavolta?!
Non
l’aveva cercata tutto il giorno, le aveva risposto male
quando lei aveva cercato spiegazioni…insomma la bastardite ha colpito ancora!
-“E che
vuoi fare, andare là e picchiarlo a sangue?!”-.
-“Magari
ci riuscissi…”-.
-“Ciccia,
così ti fai soltanto del male…”-.
-“Lo so,
ma non posso stare senza vederlo.”-.
E’
innamorata cotta la mia ciccia; ha preso un bel trenino in faccia e non vuole
ammettere che è così.
Magari col
tempo le cose fra loro si sistemeranno, ho sempre pensato.
Sì, ma
non avevo calcolato che ci avrei perso il fegato per stare dietro ai loro
valzer; ebbene sì, volente o no mi sono fatta mettere in mezzo! Ed ora
mi manca mezzo fegato.
Va bene, non
dilunghiamo.
Decido di
accompagnarla in comitiva, sperando che vederlo possa in qualche modo ritirarla
su di morale ma…arriviamo là e lui
nemmeno c’è.
Si è
vestita tutta carina, con la gonna e i suoi mitici infradito colorati.. e lui non c’è.
Vorrei
infierire su di lei per avermi costretto a mettere il naso fuori di casa e per
di più per essere riuscita a persuadermi nel mettere la gonna
ma…non lo faccio, poverina è troppo delusa.
-“Che
facciamo?! Andiamo via?!”-.
La guardo
fulminandola con lo sguardo.
-“Eh no,
adesso restiamo qua!”-.
Mi guarda e scoppia
a ridere.
-“Hai
fatto una faccia…oh, però non è una serata da buttare via,
hai visto chi c’è?!”-.
E come non
l’ho visto. E’ mezzora che i nostri sguardi stanno giocando ad acchiaparella.
Stasera
è più figo del solito; polo chiara,
capello ingelatinato e una strana luce negli occhi.
-“Venite
a sedervi qui, che fate in piedi, i pali?!”-.
Sembra averci
udito. O forse a capito che il gioco deve iniziare a condurlo lui.
Mi siedo sul
bordo dello schienale di una panchina malandata, lui è davanti a me; mi
sta guardando le gambe?!
Oh, ma
è un vizio di comitiva o sono istinti repressi, i loro?!
Tiro la gonna
giù con le mani, sottolineando il mio gesto; o cambia direzione o lo
uccido!
Ride, sta
ridendo…no, non farlo per carità, non ridere o mi sciolgo come un
ghiacciolo!
Secondo voi mi
ha dato retta?!
No, ed io
sento i brividi corrermi lungo la schiena.
Ma
perché mi fissa così?!
Oddio quanto
mi piace.
Ma che mi
prende?! Mi sudano le mani, la salivazione è
zero.
Mi alzo di
scatto dalla panchina, neanche avessi preso la scossa.
-“Lù, Lù tutto ok?!”-.
-“Eh?!
Dicevi?!”-. La guardo, stralunata.
-“Sono
cinque minuti che ti sto chiamando! Ti va di andare a fare un giro?!”-.
-“Sì,
sì forse è meglio!”-.
Mi incammino
verso la macchina, senza neanche dire una parola.
-“Ma
è impazzita?! Bah…”-.
Viene verso di
me, scuotendo la testa.
-“Simò!! Simò!!!”-.
Marco la
chiama, scambiano due parole e se ne ritorna sulla sue
panchine.
Mi saluta con
la mano, da lontano, alzo il capo e rispondo al suo saluto.
-“Che ti
ha detto?!”-.
Sembro una
vecchia zitella isterica.
-“Che
sono una stronza perché mi ti porto sempre
via…”-.
Oh che carino,
un galantuomo!
-“Tu gli
piaci, ma neanche poco secondo me, ciccia- ciccia! A te piace?!”-.
-“Da
morire…mi fa impazzire è così carino, ha quegli occhi
penetranti e quelle labbra rosse… e le sue mani, no
dico hai visto che mani?!”-.
Simona mi
guarda allibita; devo aver parlato come un oca,
senz’altro, perché il solo eco della mia voce mi ha fatto
arrossire.
Qui quella che
deve ammettere di aver preso un treno in faccia, sono proprio io.
-“E che
vuoi fare adesso?!”-.
-“Ferma
la macchina!”-.
-“Qua?!”-.
-“Sì!”-.
Si ferma poco
distante dal mio portone.
Tiro fuori il
cellulare e comincio a digitare qualcosa.
-“Che
stai facendo?!”-.
-“Zitta,
non interrompere!”-.
Dopo aver
composto, quello che ha tutta l’aria di essere un messaggio, comincio a
parlare.
“Ciao
Marco, volevi dirti che tu…beh vedi tu…o
senza girarci intorno, tu mi piaci un casino!!! Ora, fattici una risata o
prendimi per pazza ma… è così, dovevo togliermi ‘sto
peso! Ci sentiamo presto. Bacio, Luana.”
-“Ora
premo invio, perché tanto lo premo e gli mando questo benedetto
messaggio!”-.
-“No,
non ci posso credere! Signori e signori, questa è una cotta! Certo che
faccia tosta che hai, però!”-.
-“Ma se
mi sento una ragazzina in questo momento…e poi male che va mi ride in
faccia, sai che sconvenienza!”-.
-“Alle
volte vorrei avere metà del tuo coraggio…”-.
-“Non
dire cavolate, ognuno è fatto a modo suo Sì e non sempre
dimostrare di avere coraggio è la scelta giusta…
OH!!!”-.
-“Che
c’è?” Che cosa è successo?!”-.
-“L’HA
INVIATO!!!!!!”-.
Le mani
tremano, la voce anche!
Alzo lo
stereo, non importa se c’è Masini di
sotto fondo, non voglio pensare di averlo fatto davvero!
Che
poi…questo Marco Masini non è niente
male…anzi!
Mi abbandono
all’indietro con il sedile, stringo la mano a Simona e in trepidazione
aspetto una risposta che non tarderà certo ad arrivare…
Capitolo 8 *** T.m.P (tu mi piaci). Sms galeotto ***
Una dolce estate movimentata
Una
dolce estate movimentata
“T.M.P
(TU MI PIACI). SMS GALEOTTO”
Chap. 8
-“Simo
ma non mi risponde…”-.
Non so essere
delusa o sollevata, da ciò; è da un po’ che ho spedito il
messaggio, ma di risposta neanche l’ombra.
-“Se la
sta tirando, fidati! Marco appartiene alla categoria di bastardi e la regola
numero uno del bastardo è tirarsela!”-.
Ci penso un
po’ su, forse è come dice lei, ma a me Marco, per quel poco che
l’ho conosciuto, non mi è sembrato così.
Oddio è
anche vero che l’unica certezza che ho fra le mani è
l’esperienza di Simona vissuta con lui, ma non so, qualcosa mi dice che
di bastardo quel ragazzo ha ben poco.
Ma allora
perché non mi risponde?!?
-“Basta,
ora lo chiamo!”-.
-“Tu sei
matta…”-.
TUU…TUUU…TUUUU
-“Pronto?!”-.
-“Marco?!?
Rispondere ai messaggi è un optional nel tuo telefono?!”-.
-“Che
messaggio, scusa?! A me non è arrivato niente…”-.
Uhm, il tipo
sta facendo il furbo, ma non attacca.
-“Ah,
peccato che non ti è arrivato, ti sei perso qualcosa di interessante. Vabè
nulla, ci si vede…”-.
-“Ammazza
come sei…rimandamelo!!!! Non l’ho ricevuto sul serio!”-.
-“No,
adesso no…”-.
-“Dai!!!
Mandamelo che è importante!”-.
-“Mi
vergogno!”-.
-“Dai…”-.
-“Uhm…non
lo so…”-.
-“Sì
che lo sai, mandamelo. Un bacio Lù.”-.
-“Bacio,
ciao”-.
Ho riattaccato,
ma il cellulare è rimasto attaccato all’orecchio; non riesco a
fare mezza mossa, adesso sono nei guai, se potevo far finta di niente e
salvarmi, con questo teatrino mi sono bruciata.
-“Adesso
che farai?!”-.
Guardo la mia
amica e i suoi vaporosi riccioli neri; lei vorrebbe avere metà del mio
coraggio, non posso deluderla e non posso neanche permettermi di far scorrere
tutto così.
Marco mi
piace, non ho dubbi. Il nostro gioco di sguardi ha riacceso in me qualcosa di
morto e sepolto.
Non posso
dubitare, devo solo dar retta ai miei istinti e alle mie sensazioni.
Porto il
cellulare fra le mani, estrapolo il messaggio inviato e lo rinvio;
l’emozione nasce e fiorisce sul mio cuore.
Dopo pochi
istanti, mi arriva una risposta.
“Se
è per questo una risata me la sono fatta, ma non ti prendo per matta,
anzi…”.
-“Beh?!
Ma che diavolo di risposte da questo qua?! No, io già non lo
sopporto!”-.
Abbattuta,
spedisco il cellulare nella borsa, lasciandomi andare in uno sbruffo.
-“Marco
è proprio strano…”-.
-“Riaccompagnami
a casa va, che è meglio!”-.
-“Ai
suoi ordini!”-.
Una volta a
casa, mi stendo sul letto, vorrei leggere ma il pensiero di Marco affolla la
mente; ma che cavolo, una persona vaga come lui non l’ho mai incontrata
in vita mia!
Afferro
nuovamente il cellulare; spedisco l’ultimo messaggio della serata, giuro!
Ho le mani che
prudono e devo liberarmi!
“Beh
potevi metterci un po’ più di entusiasmo, a saperlo non ti dicevo
proprio niente…”.
Sono un
fulmine a scrivere. La risposta è altrettanto fulminea.
“Domani
sei a pranzo da me. Tu mi piaci, ma voglio dirtelo guardandoti negli occhi.
Buonanotte acidella…”-.
Eccolo il
sorriso da ebete spuntare sul mio viso.
Ma…non
è vero che sono acida!!! Oddio forse un pochino…
*****
-“A
pranzo da joker?!”-.
Simona era
stupita almeno quanto me.
-“Ti
dico di sì! Ha detto che ci sarai tu, Valerio e anche gli
altri!”-.
-“Io non
sapevo niente! Ma va bene, passo da te verso mezzogiorno e andiamo!”-.
Riattacco il
telefono.
Sono davanti
allo specchio, sistemo i miei capelli troppo lisci con le mani e mi lascio
andare, in un motivetto cantato, di una delle canzoni dell’estate.
-“Lascia
che io siaaaaa, il tuo brivido più grandeeeee!”-.
Canto e rido,
fa proprio per me questa canzone!
Passo al
setaccio il mio armadio; voglio mettermi qualcosa che stupisca, che lo faccia
restare a bocca aperta quando mi vedrà…perché se lui
è furbo, io lo sono di più!
Dopo aver
seminato il pavimento di indumenti, opto per un paio di jeans al ginocchio a
vita bassa e il mio top a corpetto fucsia e bianco.
Perfetto!
Mi vesto
lentamente, indosso un paio di infradito col tacco per disimpegnare il tutto e
passo al trucco e parrucco.
Non ho voglia
di truccarmi, il sole che ho preso l’altro giorno ha donato alla mia
pelle un delizioso colorito dorato, basterà giusto un po’ di
rimmel e qualche passata di lucidalabbra.
Chiudo
l’opera adornandomi di bracciali colorati e una goccia
dell’immancabile profumo intenso e dolcissimo.
Il citofono
suona; guardo l’ora, mezzogiorno in punto, sicuramente è Simona.
Le apro, la
faccio salire per fare due chiacchiere prima di andare.
Tutto abbiamo
fatto, tranne che parlare.
Siamo entrambe
chiuse in bagno da un ora; giro e rigiro dinnanzi allo specchio, non so non mi
sento sicura.
-“Dai
che sei bellissima!!!”-.
-“Dici
che vado bene?!”-.
-“Scommetti
che capitolerà ai tuoi piedi?!”-.
-“Per un
paio di tette in mostra?! No, io voglio colpirlo con altro…”-.
-“Allora
corri a metterti un sacco di iuta ciccia!”-.
Immagino me
chiusa in uno di quei sacconi che usano i fornai per tenere il pane.
-“Oh
Marco sono la tua ciabattina fresca, mangiami tutta...!”-.
Ci guardiamo e
scoppiamo a ridere.
-“Ma
sì, che mi importa, vado bene così!”-.
Finiamo di
prepararci ed usciamo di casa.
Marco abita al
palazzo attaccato al mio, percorro quei pochi metri col cuore in gola.
La cosa buffa
che mi viene da pensare è che nonostante abitiamo a pochi passi
l’uno dall’altra, non ci siamo mai conosciuti prima; i nostri
palazzi sorgono su di una stradina senza uscita, le nostre comitive sono sempre
state gomito a gomito, lui ha sempre frequentato gente che vive nel mio
palazzo, eppure io di Marco e lui di Luana non ne sapevo e non ne sapeva nulla.
Strani giri fa
questo destino.
Arriviamo a
casa sua in enorme anticipo; gli altri sono già arrivati.
Siamo io,
ciccia e il suo Valerio, Daniele il fattone e Marco.
Uhm, la
situazione è chiara e lampante; una specie di coppia, il reggi candela
del gruppo e poi ci siamo io e Marco.
Qualcosa di
indefinibile.
Rido al
pensiero di aver mescolato la situazione, per non dare nell’occhio.
Mi siedo sulla
sedia del tavolo del soggiorno, apparecchiato in gran stile.
Perdo un
po’ di tempo chiacchierando con Daniele.
Mi ha chiesto
tre volte se sono io Luana, la ragazza che ha conosciuto l’altra sera
alla festa del parcheggio.
-“Si,
sono io!”-.
-“Scusa
ma stavo fatto come una zucchina…comunque piacere io sono
Daniele!”-.
-“Piacere
Luana”-.
E con questa
è la terza volta che ci stringiamo la mano. E vabè!
-“Chi mi
da una mano?!?”-.
Ad un certo punto
arriva la voce lamentosa di Marco dalla cucina.
Non si alza
nessuno.
Bene, mi alzo
io.
Mi dirigo in
cucina e sento delle risatine alle mie spalle; ci hanno già beccato?!?
Entro in
cucina e a momenti mi prende un colpo; Marco è a torso nudo, con il mestolo
in mano che gira una specie di salsa rosata.
-“T-ti
serve aiuto?!”-.
Sono un
po’ imbarazzata, lui se ne accorge.
-“T-ti
da fastidio?! Vuoi che mi rivesta?!”-.
-“No!!!”-.
Ho risposto a
voce altissima, di getto. Lui mi guarda, ridendo.
-“No…non
mi da fastidio…”-.
Proseguo,
sempre imbarazzatissima.
-“Va
bene. Mi passi i piatti?! Sono lì sul tavolo!”-.
Mi giro
afferrando i piatti di ceramica, bianchi con dei fiori lilla stilizzati.
Glie li porgo;
li riempie di pasta, aiutandomi a sorreggerli, con la sua mano delicata, a
sfiorare la mia.
Sono a testa
bassa, non riesco ad incrociare i suoi occhi.
Mi vergogno
troppo, adesso il pensiero di quel messaggio, di quella specie di dichiarazione,
rimbomba nella mia testa talmente tanto forte, che sembra rimbombare anche
nella stanza.
Appena i
piatti sono pronti scappo via dalla cucina.
Ci sediamo
tutti intorno al tavolo, lui è di fronte a me, seduto di fianco a
Daniele.
Tra una
forchettata e l’altra i suoi occhi riescono a catturare i miei; niente ha
senso, niente intorno a me ha più un senso.
Tre ore e un
quarto per finire un solo piatto di pasta, record signori e signore!
Ma quegli
occhi non vogliono lasciarmi, ed io non voglio lasciare loro.
Simona si
è alzata dal tavolo, con fare perentorio.
Alzandosi mi
ha guardata, strizzandomi un occhio; ci risiamo, chissà cosa avrà
formulato la sua testolina matta!
A dire il vero
è molto lampante la situazione davanti a noi; Valerio l’ha seguita
come un cagnolino in cucina e Daniele è fuori al balcone a fumarsi una
sigaretta.
Il tavolo
è un campo di battaglia, rimasto deserto, ormai.
Gli unici a sedere
siamo solo io e Marco.
Finalmente
soli.
Mi guarda,
sorridendo; la tv è accesa, un programma musicale, da il ritmo giusto
alla situazione.
La sua mano,
si posa delicatamente sulla mia, comincia a parlare, soffocando le parole con
un sorriso, imbarazzato.
-“Vieni
di là con me?! Ti voglio far vedere una cosa!”-.
Mi alza il
braccio, esortandomi a seguirlo.
Mi alzo dal
tavolo seguendolo, intimidita.
-“Mi
vuoi fare vedere la collezione di farfalle, per caso?!”-.
La butto
sarcastica, prima di varcare la soglia della sua stanza, in cui amabilmente
“per caso”, siamo finiti.
-“Ah sei
spiritosa però… no, guarda il colore della stanza, cosa ti
ricorda?!”-.
Mi volto verso
la prima parete che ho a vista d’occhio; giallo acido. Scoppio a ridere
mollandogli uno sbuffetto.
Una volta,
abbiamo “discusso” su chi avesse il colore più strano delle
pareti, nella propria stanza, ed io ero convinta fosse il mio, ma guardando
bene quel muro, mi sono resa ben presto conto che il colorito accesso e intenso
della mia camera è niente, in confronto al suo!
-“Avevi
detto giallo elettrico…ma a me questo colore, sa di radioattivo
proprio!!!”-.
Mi guarda con
un espressione imbronciata, poi si avvicina cingendomi la vita; mi volto
dandogli la schiena, mi prende in braccio e mi butta completamente di peso sul
suo letto.
Rimbalzo come
una pallina da tennis, ma è una sensazione molto divertente; mi è
sembrato di rimanere sospesa nell’aria all’infinito, ed essere
attraversata da quel vuoto che ti toglie il respiro ma ti eccita.
Quando attutisco
il colpo, scoppio a ridere a crepapelle.
Gli infradito
scivolano giù, porto i piedi nudi sulle coperte e mi accuccio come una
bambina.
Il suo letto
è morbido e confortevole, chiudo gli occhi abbandonandomi al relax
totale.
Devo aver
bevuto qualche bicchierino di troppo, mi gira la testa e la colpa è di
Daniele, che ha insistito nel farmi bere quel vino rosso
“leggerino”, come lo ha chiamato lui.
Ma di leggero
ha solo la bottiglia, specialmente ora che è vuota, te lo dico io!
Marco è
in piedi che mi osserva, con un espressione divertita.
-“Buonanotte…”-.
Apro gli
occhi, ride ancora.
Batto con la
mano sul letto, dando due colpetti, per esortarlo a sdraiarsi accanto a me.
Non se lo fa
ripetere due volte, si avvicina piano, senza sfiorarmi o fare il minimo gesto
che potrebbe urtarmi.
Siamo sdraiati
su un fianco entrambi, con i volti l’uno di fronte all’altro.
Ci guardiamo
tanto, intensamente, cosa non dicono quegli sguardi; alle volte io e Marco
siamo stati capaci di raccontarci un emozione intera, solo guardandoci.
-“Non
ridere sai…ho sonno sul serio!”-.
-“No-no,
chi dice niente, dormiamo…dormiamo…”-.
Ha
sottolineato l’ultima parola un po’ troppo, per i miei gusti; lo
guardo maliziosa, mi sposto un po’, spingendolo verso il bordo del letto.
-“Lù,
guarda che cadiamo…”-.
Scuoto la
testa, allora capisce; allarga le braccia e mi prende a se.
Allargo le
mie, lo stringo forte.
Il mondo gira
in quella stanza, in una maniera incredibile.
Chino la testa
fra l’incavo della sua spalla, annusando forte il segreto di quella
magica essenza che lo accompagna.
Un profumo
fresco, un odore intenso ma che svanisce all’istante.
Rimango fra le
sue braccia, estasiata e inebriata, da lui, da ciò che è e da
ciò che emana il suo corpo.
Non so cosa mi
prende, sento l’ardito desiderio di stargli addosso, soffocarlo
d’abbracci avvolgenti e passionali.
Quando ci
stacchiamo, la potenza dello scioglimento di quell’ abbraccio, mi fa
vacillare all’indietro.
Mi scanso da
lui, da quel corpo caldo e rovente, voglio ammirarlo da lontano; sono di pochi
centimetri al di sotto del suo naso, le nostre labbra sono così vicine,
da sussurrarsi in segreto quanto si vogliono.
Ed io lo
voglio, lo voglio più di quanto possa desiderare qualsiasi cosa.
Qualsiasi cosa.
Mi avvicino,
di più, sempre di più; appoggio le mie labbra sulle sue,
stampandogli un bacio morbido, ma innocente.
I miei occhi
incrociano i suoi; sono occhi stupefatti, probabilmente non si aspettava questo
contatto.
Mi prende a
se, passandomi le sue larghe braccia per la schiena.
Ed eccolo, un
bacio appassionato, dolce e forte, nascere dall’unione di due desideri
comuni, sulla stessa lunghezza d’onda.
-“L’hai
capito adesso quanto mi piaci?!”-.
-“Ho
capito te, il tuo cuore che batte all’impazzata, come il mio!”-.
-“Batte
per te...”-.
Abbiamo
passato un intero pomeriggio a baciarci, come se fosse l’unica cosa
indispensabile per entrambi; uno scambio d’aria reciproca, una cantilena
dolce che non stanca mai.
Poi il riposo,
finalmente, dopo quella dolce fatica.
…sì,
almeno fino a quando non arriva una rompiscatole che viene a destarti dal
sogno.
Mi alzo dal
letto, sistemandomi i capelli arruffati, poi infilo gli infradito ai piedi e mi
alzo in piedi.
-“Devi
andare sul serio?!”-.
Si alza in
piedi anche lui, rivestendosi della maglietta.
-“La
socia chiama!”-.
Gli rispondo,
ridendo.
-“Stasera
passi alla rotonda però, sì?!”-.
Gli sorrido,
non c’è bisogno che risponda.
Quella
risposta la conoscevamo entrambi, come sapevamo entrambi che da quel momento
c’era un motivo molto più valido per vedersi, giù alla
rotonda, del solito scambio di saluti e battutine quotidiano.
Era cominciata
quella magia che ha portato a rincorrerci, farci male, ridere e piangere, ma
che non c’ha più abbandonato.
Siamo
cominciati noi. Marco e Luana.
-“Allora?!
Racconta…ti ci sei baciata?! Che ti ha detto?!”-.
Non le
rispondo, voglio gustarmi ancora il dolce sapore di quel bacio, impresso sulle
labbra.
Mi butto fra
le scale, in una folle corsa; sono troppo, troppo felice.
La mia amica
annaspa dietro le mie spalle, sbraita di aspettarla.
Capitolo 10 *** Amore che va, amore che viene. ***
Una dolce estate movimentata
Una dolce estate movimentata
Spazio saluti e ringraziamenti:
Un grazie di cuore va a damynex; sono troppo felice, di averti trasmesso una
sensazione pari a un batticuore, davvero, mi fa sentire orgogliosa! Eh eh… Alex arriverà
presto e.. farà una brutta fine, poverino ^^Brava a te cmq,
mi hai bruciato sul tempo, volevo arrivare con un capitolo-sopresa
col suo ritorno ma…hai fatto prima tu! ^^
Grazie anche a te Michelle;
ti adoro tesoro, sei troppo gentile!!!!
Tutto a posto poi con la fic spostata?!
Che dici, l’ho messa nella
categoria esatta?! *Me serve
un consiglio ^_-
Un saluto affettuoso, ed un
ringraziamento particolare vanno anche a Valentina e super gaia, che mi seguono
con costanza e affetto! Grazie!!!!
Ci sentiamo presto!!!
1kiss
LuNaDrEaMy
“AMORE CHE VA, AMORE CHE VIENE.”
Chap n.9
-“Ci
siamo baciati, va bene?!”-.
Ho aperto la portiera dell’auto e
vi ci sono entrata, accasciandomi sul sedile; la corsa folle e tutte quelle
emozioni intense, mi hanno sfinita.
-“Si
ma…non ti ha detto niente?! Che avete intenzione di fare adesso?!”-.
Il suo tono di voce, nasconde una
preoccupazione che non riesco a spiegare.
-“Calma Simo…lo sai Marco
è di poche parole, secche e coincise quando ti fa l’onore di
concedertene almeno due.. a parlare più di tutto,
sono stati i suoi sguardi, le sue mani, i suoi abbracci…”-.
-“Eh eh io lo sapevo! Ero sicura
che tu gli piacessi, l’ho notato subito come ti guardava!!!”-.
-“E come mi guardava?!”-.
-“Da triglia…”-.
Da triglia; cerco per un attimo di
immaginarmelo che boccheggia come un pesce, ed il sol pensiero mi mette il
sorriso.
Mi volto verso Simona, la vedo
contemplare il vuoto, quasi come volesse osare, ma non avesse il coraggio di
parlare.
-“Simo, cos’hai?!”-.
-“Ma, nulla…ti ho detto che
Valerio e gli altri sabato vanno a ballare?! Ci hanno
invitate, che facciamo?!”-.
Non me la racconta giusta, mi volto
verso di lei e prendo a guardarla.
-“Ciccia, cos’hai?! Non mi dire niente, so che hai qualcosa…è..è per via di Marco?! Non è che ti piace
ancora?!”-.
Ride, ma gli occhi sono semi-lucidi.
Conosco quella risata; ride sempre
prima di scoppiare a piangere e non è la sua solita risata rigogliosa e
spontanea, è più un riso isterico, nervoso.
Odio quella risatina.
Odio pensare che stia soffrendo per
qualcosa che non esiste, o che non esisterebbe, se fosse
davvero Marco, il problema.
-“Marco?!”
Mi guarda stralunando gli occhi -“Si tratta di Valerio. Vuole una
pausa.”-.
Mi si stringe il cuore; io le ho
parlato con la felicità negli occhi e nel cuore, devo averla uccisa con
le mie chiacchiere frivole.
-“Una pausa temporanea?!”-.
Non so cosa dirle, infierire ribadendo
il concetto che è un bastardo atipico, non mi sembra davvero il caso.
-“Mi ha lasciata, Lù. Prima stavamo in cucina e mi ha confessato
questo suo “disagio”, come l’ha chiamato.”-.
Sulla parola disagio è scoppiata
a piangere.
La prendo a me con una dolcezza
commovente, quasi.
Le accarezzo i riccioli, pizzicandogli
quelle sue guanciotte morbide.
-“Su, ciccia, non posso vederti
in questo stato. Devi trovare forza e coraggio e fare di tutto per annientare
quel “disagio”, chiaro?! Valerio è
tuo, non permettere ai fantasmi del passato di rubartelo. Perché lo sai
che lui ha una paura matta di innamorarsi di nuovo, no?!
Perché lo sai che lui ha paura che sia tu, la ragazza giusta dopo tanto
tempo di solitudine, no?!”-.
Alza i suoi occhi neri, nei miei.
Mi guarda incuriosita, le sorrido.
-“Tu e Valerio siete
uguali…”-.
Sussurra appena, ritornando fra le mie
braccia.
-“Abbiamo soltanto vissuto le
stesse esperienze. Tu devi spronarlo, devi cacciare fuori quella determinazione
e quella rabbia per fargli sentire che lui è tuo, che ti piace e che
vuoi migliorare la vostra storia, senza timore.”-.
Ha abbassato lo sguardo, poggiando il
capo sulla mia spalla.
Quanto pesano le parole che gli ho
detto, lo so, ma è ora che cominci a tirar fuori le unghie, non posso
vederla soccombere anche stavolta.
Poi per un secondo penso a Valerio,
cercando di immedesimarmi in questa sua scelta; rabbrividisco all’idea
che forse avrei fatto esattamente la stessa cosa, e che forse la sto già
facendo; scappare dalle responsabilità e da un storia
che profuma d’amore.
Non ho paura di Marco; ho paura di
ciò che sento e provo per lui, ho paura di quella sua calma razionale,
della sua perfezione, di quel sorriso che mi apre le porte del paradiso ogni
volta che nasce.
-“Ciccia cos’è quel
sorriso?!”-.
Per un momento, ho temuto che mi avesse
letto nel pensiero.
-“Niente, pensavo a Marco.”-.
-“Che farai adesso?! Voglio dire, hai pensato a.. a…”-.
-“Alessandro?! E secondo te,
quest’euforia è solo felicità?!
Guardami sembro una matta…rido come una scema,
sto facendo di tutto per non pensarlo, ma è da quando
sono uscita da quella casa, che lo penso. Mi sento un vero verme,
Simo...”-.
Non riesco a capirne il perché,
ma comincio a piangere.
E’ un emozione
forte, che nasce dal profondo delle mie viscere; è come se tutto il mio
corpo fosse irrigidito, attraversato però da una scossa dolorosa e
lancinante.
-“Hai fatto ciò che ti
sentivi, amica mia. Credimi, io ti guardo da fuori e non posso che pensare che hai fatto la cosa più giusta. Sei viva, sei ancora
capace di provare quel brivido… e tu, tu non meriti di pensare, neanche
lontanamente, di sentirti sporca, chiaro?!”-.
Lei ha capito tutto; mi conosce, sa che
sono una ragazza dai principi saldi e forti, sa dei miei tre anni passati in
adulazione per quel ragazzo che con tanta semplicità, si sta tirando fuori dalla mia vita.
Lei lo sa che non l’ho mai
tradito. Né col pensiero, né con l’anima, ne col corpo. Mai.
Eppure stavolta ho ceduto.
Ma lui è ancora il mio ragazzo?!
Questa storia sembra un
odissea senza fine.
Finirà mai, veramente?!
Continuo a piangere, adesso sono io fra
le braccia della mia amica, a farmi coccolare.
Quante emozioni, quante sensazioni,
forti ma così diverse, ho provato, oggi.
Da un lato la felicità assurda
di ritrovare un battito di cuore, fra le braccia di un perfetto sconosciuto,
dall’altro la tristezza, per aver perso, quel battito di cuore che hai
provato per un ragazzo così importante.
Eh già, io lo so, so che con oggi una chiara verità si sbatte contro il mio
viso, arrossato dal pianto; ho ceduto alle lusinghe di un nuovo palpito,
allontanando il pensiero di lui, proprio come voleva.
Quindi…quindi è
così, io non amo più Alessandro.
Non più.
-“Simo, metti qualcosa di
forte…”-.
-“Masini?!”-.
-“Sì, track n.8, grazie.”-.
Infila il cd tutta contenta; mi sa che
mi sto innamorando…e stavolta niente Marco o Alessandro…sì,
esatto proprio lui…MASINI!!!
*****
BRRR…
BRRRR.. BRRRRRR
Il cellulare vibra, nella mia borsetta;
apro la lampo frettolosamente e prendo il telefono.
“Sono
sotto casa tua, scendi ti prego, ho bisogno di parlarti. Subito.”-.
Sposto lo
sguardo sul mittente, il cuore mi batte all’impazzata, le gambe tremano follemente.
Pigramente, mi
alzo dal letto, controllo l’ora; sono le sette di sera, circa.
Vado in bagno
a darmi una sciacquata al viso e mi avvio all’uscita.
Sono agitata,
respiro profondamente e richiudo la porta di casa, lentamente, alle mie spalle.
“Sono
sotto casa tua, scendi ti prego, ho bisogno di parlarti. Subito.”-.
Il cancello
verde, quello grande che da sulla via, si è richiuso alla mie spalle, in
modo violento e brusco.
Faccio pochi
passi e sono già in strada.
Dall’altro
lato del marciapiede opposto al mio, scorgo la sua auto, blu; mi avvicino, apro
la portiera e mi siedo.
Quell’odore
di fragola, la sua macchina non l’ha mai perso. Sorrido.
Lo guardo,
è girato verso me, con lo sguardo duro, vuoto, vuoto da non so quanto
tempo ormai.
-“Allora,
come stai?!”-.
Rivederlo
è stato come ricevere una pugnalata nel cuore; è smagrito, la
barba incolta, gli occhi semichiusi e tristi.
-“Non
va. Tu, come stai?!”-.
-“Va…bene.”-
-“Mi
hanno detto che stai uscendo con Simona.”-
-“Ti
hanno detto bene, allora. Certo è triste che ci servono gli
intermediari…non pensi?”-.
Alza le
spalle, non risponde.
Non è
tipico suo, Alessandro non è mai stato così.
-“Mi
dici cos’hai allora?! Io non riesco a capirti. E non posso andare avanti
così, non è giusto, Alessandro!”-.
-“E cosa
vorresti fare allora?!”-.
Ridere per
esempio, tornare a ridere con te come facevamo una volta.
Organizzarla
per noi due una seratina di spaghetti al pomodoro e gelato, stare insieme per
il piacere di starci, gustandoci quei pochi minuti concessi, senza litigare,
senza finire sempre a sbatterci il telefono in faccia.
-“Non
fare così, non fare lo scarica barile. Caccia gli attributi ed abbi il
coraggio di prenderti le tue responsabilità.”-.
Come è
facile puntare il dito, a volte.
Sto chiedendo
a lui, di fare esattamente la stessa cosa che io stessa so di dover fare, da
svariato tempo, ormai.
Ma non credevo
mi rispondesse con tutta calma e razionalità.
Non credevo ne
fosse capace.
Ma lo ha
fatto.
-“E’
meglio non vedersi per un po’, non posso continuare a farmi del male. Io
sono ancora innamorato di te, ma siamo cambiati troppo, non riusciamo
più a trovare un punto d’incontro. Non si può andare avanti
solo in nome dell’amore che proviamo e del passato che ci lega. Guardo in
faccia la realtà e metto in discussione tutto, tutto…”-.
Le sue parole,
graffi sul cuore.
Mi sono illusa
di cosa?!
Che sarebbe
bastato un sorriso e una cenetta semplice e romantica per far rinsavire il
nostro amore?!
No, quelli
sono solo i miei sogni, i miei stupidi sogni di ragazza ottimista e sognatrice.
Sono una
stupida.
Lo guardo,
fissandolo bene; ha ragione lui, stare insieme per il passato che ci lega non
ha senso, non si può stare insieme solo perché so d’amarlo,
in linea astratta e generale.
Non si
può, perché se io lo guardo, lo guardo bene, posso dire di
provare affetto per quel ragazzo, ma l’amore, l’amore non
c’è, l’amore non c’è davvero più.
Stringo forte
i pugni, poi mi giro, a testa bassa.
-“E…e
il nostro viaggio?!”-.
-“Quello
è l’unica cosa che ci rimane di nostro, ancora. Forse è un
ultima spiaggia…”-.
-“O
porterà a farci tornare insieme o ci dividerà. Per sempre.
Giusto?!”-. Ha annuito.
Il nostro
viaggio in Sardegna.
Quanto
l’ho sognato, progettato, voluto.
Con tutta me
stessa, con le mie energie e le mie forze.
Il nostro
primo, lungo, viaggio insieme; era una specie di modo per responsabilizzarci,
impegnarsi nel realizzarlo, solo per regalarci una piccola “luna di
miele”.
Avremmo dovuto
festeggiare lì il nostro anniversario; tre anni, non si festeggiano mica
sempre nella vita!
Se penso allo
spirito di quel viaggio, mi sento morire.
Ora tutto
è cambiato, questo viaggio avrà tutto un altro senso. Non
è giusto, non può essere vero.
-“Oh,
finalmente, ci si è arrivati ad una maledetta conclusione, eh?! Ci
voleva così tanto?! Dimmi Alessandro, ci voleva davvero così
tanto?!”-.
Non mi
risponde, ma una lacrima gli riga la guancia, scavata.
Non resisto a
quella scena, alla mia durezza, al non più appartenersi.
Apro la
portiera per tornarmene a casa.
-“Allora
ci vediamo il sedici luglio.”-.
Non so neanche
se sia un’ augurio, una speranza, o una congiura.
Quel che
è peggio è che l’ho pronunciata sul serio questa frase;
partirò davvero con il mio ex, nella selvaggia Sardegna, nel mese
più dolce dell’estate?!
Mia madre
direbbe che il mondo si è ribaltato. Non avrebbe tutti i torti.
-“Sedici
luglio sia…”-.
-“Cià…”-.
Mi tira la
manica della maglietta, avvicinandosi; un timido bacio sulla guancia, chiude
quell’incontro.
Vado via da
lì, vorrei scappare, ma non voglio che mi veda vittima di un gioco
avverso del destino, o di non so che cosa.
Io non lo so,
non lo come si fa a buttare via una storia di tre anni in un minuto. No.
******
-“Guida
tu, io non ho voglia.”-.
Non sono
ritornata a casa, non avevo voglia di sdraiarmi sul letto e piangere delle
lacrime inutili, del tutto inutili.
Sto tutta
accucciata sul sedile, mi sento giù.
-“Un bel
gelato ti ritirerebbe su di morale?!”-.
Dolce Sga, le
sue accortezze sono come carezze velate, al cuore.
-“Uhm
Sì… doppia panna, mora e melone!”-.
Mi strizza
l’occhiolino, tira fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e fa cenno di
seguirlo.
Basta solo
pronunciare la parola gelato, cinque minuti e tre macchine si riempiono di
gente.
Il bello della
rotonda è che basta che qualcuno dica “Andiamo”
“Facciamo” e tutto il gregge si unisce fedele.
Sanno
divertirsi davvero con poco, ci sono giorni in cui li ho visti per sino giocare
a nascondino; il che è tremendo se si pensa che vanno tutti dalla
ventina in su, ma quando li vedi correre con le loro belle gote tutte
arrossate, puoi leggere davvero tutta la loro genuinità, spontanea e
infantile.
Mi piace stare
fra questi ragazzi, mi piace tanto; qui non ho bisogno di recitare ruoli, sono
semplicemente me stessa e sapere di piacere proprio per i miei sorrisi
spontanei e la mia semplicità, mi allarga il cuore.
Forse un altro
di quei famosi sorrisi sta nascendo, proprio ora, che davanti a me
c’è lui.
E’
poggiato al cofano di auto, mi fissa da lontano, come se aspettasse un cenno,
qualcosa, dalla sottoscritta.
-“Uffa
ciccia, ma io non posso guidare, ho i tacchi!”-.
Simona mi urla
nei timpani; bene, le è già passata la crisi da pausa di
riflessione?! Bah…
-“E che
problema c’è?! Guido io…”-.
Marco si
avvicina alla macchina di Simona, trascinando con se il povero Mario.
-“Mario
viene con noi, così non abbiamo problemi di posti”-.
Mario lo
fissa, poi scuote la testa, ridendo sotto ai baffi; lui non gli da peso e nel
frattempo che tutti si decidano sul da farsi, viene a sedersi accanto a me.
-“Ciao
eh…”-.
-“Ciao…”-.
Gioco con un
bracciale, sono nervosa, per via del suo sguardo, intenso e penetrante.
-“Stai
bene?! Hai una faccetta sbattuta…”-.
-“Pensa
alla tua, tu! Anzi, pensa che voglio arrivarci a gustarmi il gelato, per cui,
sei sicuro di voler guidare?!”-.
-“Metti
in discussione le mie doti automobilistiche?!”-.
-“Uhm…sì.”-.
Avessi mai
pronunciato quel sì; due secondi ci ha impiegato per mettere in moto,
sgasando, e portarmi a correre lungo lo stradone principale, che attraversa
tutto il nostro quartiere.
Ho visto la
faccia di Simona mentre vedeva sgommare la sua piccola scatoletta bianca; non
la dimenticherò mai, giuro, troppo ma troppo buffa!
-“Oh ma
sei scemo?! Frena che là c’è una curva!!!”-.
Ho recitato
tutto il rosario in mezzo secondo, mentre scalava le marce e dava botte di
freni.
Questo ragazzo
è davvero il folle dei folle!
Però ho
riso come una pazza; mi ha fatto distrarre dai miei pensieri e dai miei piccoli
dolori.
-“Allora?!
Che ne dici?!”-.
Spegne il
motore, si gira verso me con una faccia tutta soddisfatta.
-“Che
sei matto, matto da legare proprio…”-.
La rotonda
ormai è deserta, sono rimasti soltanto Mario e Simona, che con due facce
allibite da lontano ci guardano.
-“Beh?!
Lo volete questo gelato o no?!”-.
Gli urla,
abbassando il finestrino.
I due ci
vengono incontro, borbottando frasi incomprensibili.
-“Tu sei
uno scemo!!! Lo sai che ci toccherà spingere adesso?! Non ho benzina,
guarda!”-.
Questo gelato
comincia a starmi sul groppone, davvero.
-“Tranquilla,
offro io… isterica!”-.
Fa la
linguaccia alla mia migliore amica e partiamo.
Quando
arriviamo, siamo giusto in orario per accodarci agli altri; prendiamo ognuno i
nostri coni e andiamo a sederci in un piccolo giardino che da sulla gelateria.
Ci voleva
proprio un cono fresco e zuccheroso.
-“Stai
attenta è.. che quello va a finire tutto là poi…”-.
Marco si
è seduto al mio fianco, mi prende in giro, indicandomi la pancetta.
-“Caro,
io non ho di questi problemi…”-.
Gli rispondo
altezzosa, scostando con una mano leggera, una ciocca di capelli dalle spalle.
-“Fammi
sentire un po’…”-.
Mi blocca,
cingendomi le mani intorno ai fianchi.
Non so
cos’è e mi maledico ogni volta che succede, ma quando quelle sue
mani mi sfiorano, anche di mezzo millimetro, sento i brividi attraversarmi
tutto il corpo.
-“Vorrei
baciarti, lo sai?!”-.
Mi guardo
attorno; d’improvviso è come se sentissi gli occhi di tutti
addosso.
Mi scanso dal
suo viso troppo vicino al mio, fingendo una smorfia.
-“Qui?!
Davanti a tutti?! Per finire poi sulla gazzetta ufficiale della rotonda?! No
grazie. Le mie emozioni me le tengo per me.”-.
Senso di protezione
o pura follia la mia?!
Non lo so,
eppure me lo sono chiesta tante volte.
Questa
“storia” era così ambigua e poco chiara, perfino a noi
stessi, figuriamoci cosa avrebbe potuto scatenare agli occhi di persone
estranee; la vedevo così, finche non avrei avuto chiaro il significato
della mia cotta per Marco non avrei mai fatto nulla davanti agli occhi curiosi
di persone estranee ai fatti.
Temevo il
chiacchiericcio, questo sì, volevo proteggere questo bocciolo appena
spuntato, sì.
Ma non era
solo questo, giusto.
Io stavo
scappando, forse stavo cominciando a farlo sul serio ed è proprio da qui
che Marco ha preso ad inseguirmi, tendermi la mano, aiutarmi e portarmi sui
morbidi petali di una rosa che prima o poi dovrà sbocciare.
Tante corse
ancora dovranno spendersi e quanti “inseguimenti”.
Ci sono
arrivata poi?!
Ed Alessandro
si cancella davvero con un colpo di spugna?!
E poi
c’è quel viaggio, dirlo a Marco?! Non dirlo?!
Ecco il chappy
n. 12, che dire, prevedo che questa storia sarà bella lunga…ma ho
così tante cose da raccontare, che dovrò abusare di egoio ancora
per molto-molto-molto tempo ^^’
Damynex: grazie per i complimenti, purtroppo ( o
per fortuna non lo so, dipende dai punti di vista^^) questa fic è in
gran parte la storia della mia estate; diciamo un racconto autobiografico e per
quanto mi stupisca anche io di averlo fatto, a quel viaggio ci sono
stata…
Michelle: Tesorino, sono sempre più
contenta che tu riesca a seguirmi, per cui non farti problemi se non riesci a
recensire tutti i capitoli, davvero, a me il tuo commentuzzolo fa piacere,
indipendentemente dal suo tempismo nell’arrivare, ok?!
Mi dispiacerebbe
di più se non arrivasse, ma non perché la storia deve per forza
piacerti, ma perché il tuo parere conta, mi hai sempre seguita e credo
anche tu mi abbia portato fortuna! ^_-
“THE
GAME”
Chap n.12
-“Allora
che fai, mi vieni a trovare sì o no?!”-.
La voce di
Marco, rimbomba nella cornetta, distesa e scherzosa come al solito.
-“Avrei
un po’ di cose da fare stamattina, sai com’è…”-.
-“Ho
capito, mi lasci solo anche oggi! Più tardi ci sei?!”-.
Sto giocando
con una ciocca di capelli, sono indecisa sulla mia risposta; sono giorni che mi
diverto a farlo rosolare in un giochetto perverso e contorto.
-“Uhm…non
lo so…”-.
-“Va
bene, allora passo sotto casa tua, ADESSO…così non puoi mettere
scuse, ok?!”-.
-“Marco,
sono in pigiama!!!”-.
-“Rompiscatole,
mi bastano cinque minuti, ti affacci in finestra e chiacchieriamo un po’.
Sto arrivando…ciao!”-.
-“Marco?!
Marco?!”-.
No, non ci
posso credere, mi ha attaccato il telefono in faccia.
Però
è troppo un tesoro, non posso che sorridere, nonostante continui a farlo
camminare su un terreno instabile, lui continua imperterrito a percorrerlo.
Mi alzo dal
divano, ciondolando un po’ per casa; sono stranamente felice ed eccitata,
quasi non vedessi l’ora di sentire quel citofono suonare.
Non riesco a
capire cosa mi stia succedendo, la mia razionalità sembra appesa ad un
filo debole e scarsamente stabile; sento i miei sensi ribollire nel profondo di
una me stessa ancora troppo confusa.
Il cellulare,
fra le mani, scorre sui messaggi ricevuti negli ultimi tempi.
Sono tutti
suoi, sono tutti di Marco.
Questi ultimi
giorni sono stati davvero pieni della sua presenza; piccole pillole, prese a
singhiozzi, ma intensamente unici e inimitabili.
Sento la sua
presenza vicina e costante, io sento la sua essenza appiccicarsi forte alla
mia.
Vorrei fuggire
da lui, scappo da lui, ma quando i nostri destini si incastrano e si
incrociano, non posso fare a meno di morire fra le sue braccia.
Amo chiudermi
nei suoi abbracci, senza parlare, senza bisogno di aggiungere altro se non
sospiri, fra quelle braccia calde, accalcate, l’una sull’altra.
Il suono
invadente e forte del citofono, mi entra nelle cervella, svegliandomi da
pensieri piacevoli e amabili.
-“Chi
è?!”-.
-“Marco…”-.
Adoro il suo
nome; non mi è mai piaciuto particolarmente, ma non so, sarà il
suo modo di pronunciarlo, o il mio che è diventato più suadente e
accattivante, nel declamarlo, da quando lo conosco, fatto sta che mi piace
davvero tanto.
“Marco: L'azione, il pericolo, il
rischio sia sentimentale che intellettuale, sono le parole d'ordine di
questo errante. Indifferente alle comodità, agli oggetti preziosi,
all'accumulo di grandi fortune, M. non conosce il senso del possesso. Per nulla
preoccupato di arrivare al successo, di ottenere gloria e onori, M. è
dotato tuttavia di un'intelligenza sottile, di gentilezza, equilibrio e
tenerezza.”
L’altro
giorno avevo il libro dei nomi fra le mani, una risata mi è nata
spontanea, leggendo fra quelle righe i veritieri tratti del suo carattere.
-“Aspetta
che mi affaccio…”-.
Ho
aperto l’anta del balcone con gesto secco e deciso, il sorriso a
sessantaquattro denti si è acceso sul mio viso; è semplicemente
troppo carino, Marco stamattina.
Indossa
una maglietta azzurra, che risalta la sua carnagione vagamente colorita, da un
sole preso a mozzichi e bocconi.
Mi
accoglie con un sorriso, altrettanto armonioso, bello. Punto.
-“Ciao
ciccetto!”-.
Piccolo
appunto: da qualche giorno lui per me è diventato ciccetto.
La
mania di Simona/Luana dilaga a vista d’occhio.
Mi
sporgo un po’, facendo forza sulle braccia; con i piedi tamburello sul
pavimento fresco, fissando i suoi occhi allegri e lucenti, anche da lontano.
-“Ciao
pigrona…bel pigiama, complimenti, meglio del mio!”-.
Per
un momento prendo a fissarmi; il pigiamino azzurro scolorito che mi ha regalato
nonna qualche Natale fa, colpisce ancora. Beh, sapete, ne ho fatte di conquiste
con questo pigiamino…
-“E
non hai visto ancora i calzini…pezzo da museo proprio!”-.
-“Oh,
sì che gli ho visti…oggi rigati o zebrati?!”-.
I
miei mitici calzini zebrati, un must ormai alla rotonda; mi stanno prendendo in
giro da giorni, dopo che li ho sfoggiati su un paio di decolté, sotto ai
mitici jeans attillati.
Che
volete farci, la fantasia è fantasia. E lui la mia, se la ricorda bene a
quanto pare…
Gli
sorrido, orbitando gli occhi a destra e sinistra, a mo di vagheggio.
-“Come mai da queste parti piuttosto?!”-.
La butto sullo scherzo, visto la telefonata di pochi istanti
prima, ma lo vedo farsi serioso.
Mi preoccupo un po’, poi a mezzo fiato mi borbotta un…
-“Ti volevo parlare un po’…”-.
-“E da quando in qua, tu parleresti?!”-.
Sorride
a stento, allora lo prego di attendere due minuti, che sarei scesa
all’istante.
Quando
spalanco il portone, lo trovo ancora appoggiato alla macchina parcheggiata
sotto la mia finestra.
Gli
vado incontro, abbracciandolo forte; ricambia il mio abbraccio intensamente,
facendo scivolare il volto lungo il mio collo, quasi volesse carpire
l’essenza del mio profumo dolciastro.
-“Ehi,
cos’hai?!”-.
Mi
stacco da lui, prendendogli il volto fra le mani.
Mi
guarda ridendo, allora capisco che sta mascherando qualcosa.
Ormai
del suo sorriso ho capito troppe cose; ride quando è imbarazzato,
abbassa lo sguardo e soffoca il tutto con un sorriso spontaneo, ride quando
riesci a capire cosa gli è passato nella testa, allora chiude gli occhi
e ti regala quella magia fatta di porcellana bianca lucente.
-“Niente…sai,
l’altra sera è successo un mezzo casino…”-.
-“Ma
dove?! E di che casino parli, Ma?!”-.
Guardo
lontano, cercando di capire in che razza di guaio si sia messo.
Lui
mi fissa, probabilmente aspetta che sia io ad arrivare al tutto.
Ciò
mi mette ancora più agitazione, poi chiudo gli occhi.
Negli
ultimi giorni, ci siamo visti spesso io, lui, Simona e Sga; provo ad immaginare
qualcosa legato a questi incontri e…UN ATTIMO!
L’altra
sera al piazzale, mi è sembrato di notare qualcosa di strano; Sga era
stranamente più affettuoso del solito, quasi sempre cercando di
enfatizzare ogni gesto davanti agli occhi di Marco, che di rimando, si è
prontamente tenuto a distanza dalla sottoscritta.
Non
ho dato peso alla cosa lì per lì, infondo la situazione fra noi
tre si è fatta da qualche tempo un po’ delicata; ma sì, il
triangolo amoroso si è riformato, solo che al posto di Simona, adesso ci
sono io.
Ma
Sga non è affatto affare amoroso, per me.
Dovrò
rammentarmi di parlargli, il prima possibile, a meno che, lui non abbia
preceduto ogni mia iniziativa.
Riporto
lo sguardo su Marco, che enigmatico sta cercando di decifrare gli strani
movimenti delle mie labbra; sono nervosa, e quando sono nervosa mi diverto a
fare buffe espressioni con il viso, lo so.
-“Sga
è venuto a parlarmi. Lo ha fatto già molto tempo fa, solo che
adesso è diciamo un tantino incazzato”-.
Quanto
odio avere sempre ragione; bene le acque cominciano a smuoversi, dal verso sbagliato
però.
-“I-incazzato?!
Ma che ti ha detto di preciso?!”-.
Tento
di strappargli una confessione, so che è suo amico e probabilmente non
mi dirà nulla, ma voglio provarci ugualmente.
-“Mi
ha parlato di quel giorno che siete andati al mare…e diciamo che si era
fatto delle idee su di te…poi però ti ha visto con me
e…”-.
-“E…?!
Si può sapere che strane idee si è fatto?! Perché
qualsiasi idea si sia fatto ha preso un grosso abbaglio!”-.
Comincio
ad alzare i toni, mi sento improvvisamente giudicata male; come temevo i miei
gesti “affettuosi” sono arrivati distorti e ambigui.
-“Sai
Lù, spesso capita che noi ragazzi ci montiamo la testa. Tu sei arrivata,
bella come il sole, allegra e frizzante e hai regalato sorrisi e abbracci
spontanei a tutti, normale che dei pecoroni come noi, si sono sentiti in
Paradiso con niente…”-.
-“Oh,
sì, altro che pecoroni, siete dei montati, tu e tuoi amici. Possibile
che una ragazza non può sentirsi libera di espandere la propria
personalità come vuole?! Poi voglio proprio sapere che cavolo t’ha
detto quel cretino…un abbraccio in più gli ho dato, mica il
sangue!”-.
Marco
mi guarda con quel sorriso da idiota dipinto sul volto.
Lo
prenderei a calci. Non può ridere!
-“Ecco,
io conosco Sga, si monta con poco, davvero! Sicuramente le idee che si è
fatto sono solo sue e le cose che ha visto, le ha viste solo lui…sta
tranquilla!”-.
Odio
la sua pacatezza, il suo stramaledetto equilibrio.
I
suoi “tranquilla” o “rilassati”. Mi innervosisce.
Però mi piace. Tantissimo.
-“Beh?!
E adesso che vuole?! Che vuole da te, e tu che vuoi?! Io non so che devo
fare…”-.
-“Ehi,
tranquilla…”-.
-“MARCO!!!”-.
-“Scusa,
tranquilla no è vero! Allora NON TI PREOCCUPARE! Parlaci no?! Io
l’ho già fatto, metti in chiaro tutto e vedrai che la situazione
si sistemerà. Lù, però quello che vuoi lo sai solo tu,
agisci in relazione a ciò che senti. Sga si è incazzato è
vero, ma stavolta io non lascio perdere, io vado avanti, costi quel che costi e
il motivo lo sai qual è, no?! Stavolta non ci sono santi, stavolta ne
vale la pena…”-.
Arrossisco,
al sol pensiero delle sue intenzioni; fra le righe mi ha fatto capire che sono
importante e la cosa mi lusinga, mi appaga, mi fa sentire bene.
Marco
è importante per me?!
Importante,
che parolone, mi sembra così esageratamente grande…ma lo E’.
Credo proprio di sì.
Ma
lo fosse o meno, la situazione con l’altro Marco va risolta.
-“Certo,
nemmeno stiamo insieme e già ci sono ostacoli da sormontare…ora
capisci perché non voglio che nessuno sappia di noi?!”-.
Guardo
il pavimento ruvido a scacchi del porticato, e mi lascio andare ad un sospiro.
Le
sue mani, prendono il mio volto fra le mani, riportandolo in alto, verso il
cielo.
-“Sei
furbetta… lo sai?! Se sai cosa vuoi te lo prendi, non ci sono ostacoli
troppo insormontabili da superare…no?!”-.
-“Uhm,
può darsi…ma lo sai che è un periodo un po’
così per me e…”-.
-“Non
ti sto chiedendo nulla Lù, lascio compiere il destino alla sua maniera,
ma tu lasciati vivere…”-.
Sorrido,
ora è il momento di dirgli tutto.
-“Un
casino l’ho combinato anche io, sai?!”-.
Mi
guarda perplesso, riprendo a parlare.
-“A
metà luglio parto, vado in Sardegna. Con… con Alessandro.”-.
Un
sorriso sarcastico si dipinge sul suo bel viso.
-“Scusa
ma non capisco…”-.
-“Io
il viaggio non lo mollo, lui nemmeno, così siamo arrivati ad una specie
di compromesso. Partiamo e dall’esito di questo viaggio si
deciderà il da farsi. O uniti o divisi, per sempre.”-.
Ride
ancora, sembra nervoso.
-“Ah,
insomma dovrò impegnarmi…”-.
Lo
guardo, mi aspettavo una reazione del tutto diversa, gli ho appena detto che
parto con il mio mezzo ex e lui se ne esce con una frase del tutto
sconclusionata?!
Non
ci ha messo molto per farsi capire.
-“Mi
impegnerò a fondo per far sì che l’unico esito di questo
viaggio non sia a discapito mio.”-.
-“Una
sfida quindi?!”-.
E’
un angelo, non mi ha voltato le spalle mandandomi a quel paese, lui mi sta
tendendo nuovamente una mano.
-“Un
gioco, prendila così. Ho solo me stesso da donarti è vero, non
potrò competere con i tre anni di vita che lui ha vissuto con te, ma ci
provo, te l’ho detto, ne vale la pena. Poi sarai tu a decidere, soltanto
tu.”-.
Deglutisco,
sono felice ma anche spaventata. A morte.
Quanto
mi pesa questo viaggio, lo spirito e il significato si è fatto ancora
più pesante.
Oratutto gira su una mia decisone; la
storia di tre anni da ricucire o il brivido di un emozione neonata?!
Non
so cosa rispondergli, sono inebetita.
Marco,
quanto mi fa impazzire sapere che ci crede così tanto in noi.
Noi,
che brivido questa parola.
Chissà
se infondo al cuore questa scelta non l’abbia fatta già.
Chissà
se riuscirò mai ad arrivare ad una scelta.
Ho
paura, mi stringo forte a lui.
-“Dovrai
impegnarti allora…non è facile lo sai…”-.
-“Io
ci sono, sono qui, per te. Ma tu lasciati vivere, dammi la possibilità
di giocarmi le mie carte…duello paro, ok?!”-.
Sorrido,
ho il viso incastrato sulla sua spalla; non mi staccherei mai più da
lui, da quella forte scossa che provo ogni volta che mi è vicino.
E’
come se fossimo elettroni o comunque particelle che si attraggono fra loro; la
nostra attrazione reciproca sprigiona energia, la stessa energia che non posso
negare di provare, o tentare di nascondere, perché c’è, ed
è libera nell’aria, intorno a noi.
Capitolo 13 *** Parlare è chiarirsi. Chiarirsi è capire. ***
“Una dolce estate movimentata”
“Una
dolce estate movimentata”
“PARLARE
E’ CHIARIRSI. CHIARIRSI E’ CAPIRE”
Chap n.13
-“Ma
davvero mi stai dicendo?!”-.
-“Sì,
te lo giuro, testuali parole.”-.
Simona
è perplessa almeno quanto me, delle dichiarazioni
“scottanti” di Marco.
-“Ah ma
allora lo vedi che s’è innamorato?!?
Quello sta sotto come un trenino per te ciccia!!!”-.
-“ Tse! Ma che vai farneticando…”-.
Guardo fuori dal finestrino, la mente vola al significato della
parola amore; no, non può essere così, Marco è ribelle,
Marco è menefreghista, Marco non si è mai innamorato.
-“Ciccia
fra le righe ti ha detto che sei importante, ti ha fatto capire che
t’aspetterà, vuole mettersi in gioco…cos’altro doveva
fare?! Firmare un patto col sangue?!”-.
Sorrido, no,
niente patto, solo sincerità.
Lui mi sembra
così ambiguo, così sfuggente e così vicino da annullare
tutto ciò che di razionale potrei pensare.
-“Ma
adesso con Sga che devo fare, parlarci?!”-.
-“Subito,
di corsa!! Ma lo sai cosa mi fa pensare che tu sei
davvero quella giusta per Marco?!”-.
-“Cosa…?!”-.
-“Quando
l’anno scorso è successo il casino fra noi tre, lui mi ha mollata,
non ero mica importante io. Non lo ha detto di certo a me che ne valeva la pena
continuare…per cui fatti due calcoli sorella, e
non venirmi a dire che non l’hai capito anche tu.”-.
Capirlo,
l’ho capito.
E’
accettarlo che è diverso; voglio sapere, ma in realtà non voglio
sentire.
-“Ma se
ti chiedesse di metterti con lui?!”-.
-“Eh?!?
Non dirlo neanche per scherzo Simò…non
fartene di questi pensieri, per favore!”-.
-“Ho
detto metterti con lui, mica attaccarti una malattia schifosa...”-.
-“Si
vede che non conosci questa malattia schifosa…”-.
Ci siamo
guardate, scoppiando a ridere.
Che matte che
siamo, che estate del cavolo questa!
-“Oh
è arrivato…ci vai adesso a parlare?!”-.
Fisso da
lontano una Fiesta verde, imboccare la traversa della
rotonda.
Sga è arrivato.
Scendo dalla
macchina, mi dirigo verso di lui.
-“Ciao,
posso?!”-.
Ho aperto la
portiera, buttandomi sul suo sedile di peso, senza neanche aspettare una
risposta.
Il mio grado
di confidenza con lui è arrivato davvero alle stelle, un tempo non me ne
sarei preoccupata, adesso le cose sono un po’ cambiate. Io, lui e Marco,
siamo cambiati.
Il triangolo
si è scombussolato, bisogna riportare gli equilibri ai propri posti,
ristabilire una posizione ideale per tutti noi.
-“Fammi
indovinare…vieni qui per liquidarmi?!”-.
-“Liquidarti?!
Perché fra me e te c’è una storia?!”-.
Raccolgo la
sua provocazione, gettandone un'altra al centro.
-“No, ma
tu mi piaci.”-.
Secco e
diretto.
-“Anche
tu, solo che il mio interesse per te si ferma alla complicità
caratteriale. Tu sei il mio ragazzo ideale, dolce e affettuoso…”-.
-“Ma…?!”-.
-“Ma non
è scattata quella scintilla che completa l’opera. Va bene
l’affetto, ma serve anche l’attrazione…no?!”-.
Annuisce,
sbattendo le mani poi sul volante.
-“Io non
ci posso credere, sempre e comunque le stesse ragazze devono piacerci. Non
esiste che una che piace a me,
a lui non interessa…cavolo
‘sta storia m’ha stufato!”-.
-“Ma dai
è la vita che è così, la vostra vita, siete sempre gomito
a gomito è normale che abbiate gli stessi
“interessi”…”-.
Lo vedo
sorridere, quasi.
-“Ti
piace eh?!”-.
Si è
acceso una sigaretta, aspirando nervosamente il primo tiro.
-“Sì,
non lo nego, provo un interesse nei suoi confronti, ma lui non è un
ostacolo o una barriera fra la mia e tua amicizia. Sga,
non prendiamoci per il culo, anche se ci fossimo
piaciuti entrambi, questa storia sarebbe stata una gran cavolata. Tu sei
fidanzato, io sto come sto…dove vuoi che saremmo andati?!
Per ciò, teniamoci l’amicizia, anzi coltiviamola, visto che sembra
essere proprio un bel fiore!”-.
-“Sì
questo sì, però se ti fa soffrire lo ammazzo con le mie
mani!”-.
So a cosa sta
mirando. Non do peso alle sue parole, non voglio darlo alle parole di nessuno,
Marco è ciò che ha dimostrato di essere quando
sta con me.
Del suo
passato non mi interessa nulla, lo conosco per ciò che si è
mostrato.
Mi piace e mi
fido di lui.
Scendiamo
entrambi dall’auto, edinsieme abbracciati ci dirigiamo
verso gli altri.
Da lontano
scorgo il mio ciccetto chiacchierare animatamente con
un gruppo di persone.
Mi appoggio
sul muretto, Sga mi siede accanto e Simona ci
è di fronte.
Fa davvero un
caldo pazzesco questo pomeriggio, mi sento terribilmente affaticata e
assonnata.
Tra una
chiacchiera e l’altra , Marco si accorge di me e
mi raggiunge.
La scena si
prospetta davvero buffa; da un lato c’è Sga,
che non sembra aver colto fino in fondo il concetto d’amicizia appena
finito di espletare, visto il suo abbraccio opprimente quasi e dall’altro
Marco, che cerca di appiccicarsi ai miei jeans il più possibile.
Sono
divertita; mi diverte vedere come si fanno guerra, sottile, velata.
Sga si è vinto il soprannome di
tatuaggio; è da un ora e un quarto che gli
altri lo stanno prendendo in giro, per via della sua vicinanza nei miei
confronti. Poveretto.
Marco se ne
frega di tutto, mi parla come se esistessimo solo noi al mondo.
Siamo a gambe
incrociate, l’uno di fronte all’altro, sul muretto delle
chiacchiere, rimastomi nel cuore poi successivamente.
Qui è
nato il nostro amore, qui si è materializzato il nostro corteggiamento.
Nessuno
può capire quanto amo questo muretto di calce e cemento, incastonato da
mattoni rossi.
-“Vedi?!
Metà dei problemi ora sono risolti…hai fatto bene a
parlargli.”-.
-“Speriamo
non si metta altre strane idee in testa…”-.
-“Questo
sta a te…”-.
Mi ha
guardata, ridendomi praticamente in faccia; lo fulmino con lo sguardo,
tirandogli fuori la lingua.
-“E
tu…?! Tu che strane idee ti sei messo per la
testa?!”-.
-“Uhm,
secondo te ho la faccia di uno che sta per dirti cosa
gli passa per la testa?!”-.
Lo guardo
bene, scuotendo la testa in cenno di negazione.
-“Sei
proprio un paraculo, non puoi aspettarti che faccia
tutto io! Sei bravo a nasconderti dietro ad un sorriso vago, ma per quanto
ancora vuoi tirare la corda?! Prima o poi dovrai
parlare…”-.
-“Ma tu
mi credi che io non ho mai parlato con una ragazza?!
Solo parlato ovviamente…e per più di cinque minuti!!!!”-.
Si massaggia
fiero il petto, io lo guardo stralunata.
-“Marco!!!”-.
Gli
urlo in faccia, poi
con la mano mi batto la fronte; non ho mai sentito un ragazzo così
spudoratamente sincero e sicuro di se.
-“Cavolo,
grazie per l’esclusiva allora!”-.
-“Ma
dai…con te è diverso, tu hai preso quella parte di me che nessuna
fino ad ora ha mai sfiorato.”-.
Il cuore?!
I sentimenti?!
Cosa?! Sarebbe
facile chiedere e domandare, ma Marco riderebbe,
nascondendosi nuovamente.
Non ho
aggiunto altro, ho pensato molto alle sue parole; a suo modo comincia a
sbottonarsi, la cosa mi fa piacere, perché tanto lui si aprirà,
facendomi strada, tanto più sarò in grado di prendere la giusta
decisione.
L’ho
pensato tanto quella sera, a casa, nel mio letto; le sue parole dolci, il
fluire di un leggero vento alzatosi ad un certo punto, le sue mani che si
facevano strada nei miei lucenti capelli biondi, mi hanno fatto battere forte
il cuore.
Mi sento
desiderata, sento il suo desiderio sbattermi contro, ascolto i ritmi incerti
dei suoi respiri quando siamo vicini, ammiro i suoi
occhi specchiarsi nei miei, così belli, così puliti.
“Tu devi
solo farti vivere e dare a me l’opportunità di farmi conoscere, di
lasciarti quel qualcosa che ti porterà a scegliere me, di ritorno da
quel viaggio. E te lo dico subito, io voglio vincere.”
Mi sono
addormentata sulle parole dolci di un suo messaggio, lasciandomi coccolare da un istantanea del futuro in cui ci siamo io e lui, con il
nostro amore appena nato, le risate e il muretto della comitiva.
Capitolo 14 *** I bagordi del sabato sera: gli effetti. ***
Una dolce estate movimentata
Una
dolce estate movimentata
“BAGORDI
DEL SABATO SERA: GLI EFFETTI.”
Chap n. 14
Il sedici
luglio si sta avvicinando; è da più di mezzora che fisso il
calendario appeso in cucina, con una tazza di latte fumante in mano.
Sono come
ipnotizzata, tutto è smorto e statico dentro me,
a parte un innato senso di nausea che mi sale ogni qual volta il mio pensiero
si collega a viaggio- Sardegna- Alessandro.
Non partirei,
non lo farei neanche sotto tortura, ma quello è il mio viaggio. Il mio
bellissimo viaggio.
Oggi è
il dieci luglio, domenica.
Le mie
occhiaie sono frutto di una serata tutta disco, alcool e risate pazze; quelle
occhiaie mi ricordano quant’èche non mi
divertivo, pazzeggiando così.
Discoteca ?!
Discorso tabù, quando stavo con Alessandro!
Ah
com’è cambiata la mia vita…il tutto in poco meno di dieci
giorni!!!
-“Ehi,
sto parlando con te!”-.
Mi volto, mia
madre mi sta agitando la mano di fronte agli occhi; la guardo, tuffo due
biscotti nel latte imitando una smorfia interrogativa con il volto.
-“Che c’è?!”-.
-“Sto
uscendo a far compere, ti serve qualcosa?! Magari per
il viaggio…”-.
Scuoto la
testa, credo non mi manchi nulla, a parte la testa, voglia, entusiasmo.
-“Ma
Alessandro?! E’ da un po’ che non passa da
queste parti, tutto bene, sì?!”-.
A momenti il
latte mi va di traverso. Biscotti compresi.
Non le ho
detto nulla di noi.
Perché?!
Mi vergogno,
ho paura, sono troppo sicura che mi faccia un cazziatone che non finisca
più; mia madre lo adora, in tre anni di andi-rivieni in casa mia, si
può anche accettare il fatto che lo considera un po’ come un terzo
figlio.
Hanno da
subito legato, quasi mi fa male svegliarla da questa specie di sogno, sogno che
in realtà ci eravamo create entrambe.
Ma sì, io e Alessandro eravamo destinati a stare insieme; magari un
dì ci saremmo sposati, avremmo sfornato due bei nipotini, io sarei
diventata giornalista e lui ingegnere.
Bel quadretto
felice, eh?!
Peccato che
mano- mano ognuna di queste aspirazioni felici di mia madre, si sia frantumata
contro un assurda realtà.
Assurda almeno
quanto le bugie che continuo a propinargli ogni qual volta si sfiora
l’argomento Ale.
Prima o poi le
dirò tutto, non ora, ma verrà quel momento, non posso di certo
nasconderglielo a vita.
Già, lo
raccontassero alla mia coscienza però.
-“Sta lavorando
tanto, ma va tutto bene.”-.
La butto
lì così, lei non sembra tanto entusiasta della mia risposta
coincisa, ma fa finta di niente, prende le sue cose ed esce di casa.
Mi lascio
andare in un sospiro, alzandomi dal tavolo per riporre la tazza nel lavandino.
Il getto
d’acqua del rubinetto ipnotizza i miei occhi, staccandomi ancora una
volta, dalla realtà circostante.
E’ il
trillo del telefono a riportarmi in vita.
-“Pronto?!”-.
E’
Simona, stamattina è partita con i suoi genitori per qualche giorno di
mare.
-“Dormigliona!!! Buongiorno!”-.
-“Ma
come fai ad essere così scattante dopo aver fatto le sei, stamattina?!”-.
Ride. Ora che
ci penso bene, lo so come fa.
Ieri sera
è stata la sua serata; tra un movimento e l’altro, in pista,
è riuscita ad incollarsi a Valerio, in tutti i sensi possibili ed immaginabili…il
suo buonumore non è tanto cosa strana quindi!
Che serata
ragazzi, non mi sono mai scatenata tanto in vita mia; abbiamo ballato come due
possedute, senza sosta.
E’ stato
bello perché i ragazzi della comitiva, quel piccolo gruppo di persone
che eravamo, ci proteggevano come scudi umani, dagli “assalti”
invadenti di altri esseri vagamente simili, al sesso maschile.
Io e Marco
poi, non abbiamo avuto alcun tipo di ritegno; c’è stata una certa
attrazione assai particolare, del tipo prendersi e lasciarsi alla
velocità di un ballo, fregandosene di tutto il resto.
C’è
stato un momento in cui la musica si è fermata e noi siamo rimasti
incollati labbra a labbra senza neanche renderci conto degli occhi scrutanti
del resto del gruppo, che invadenti si sono posati su di noi; il nostro bacio
è stato più forte di tutto, io volevo con tutta me stessa
abbandonarmi a lui, che a sua volta, fremeva sotto le mie labbra.
Strusciatine,
baci appassionati, mischiati all’euforia di essere tutti insieme, felici
per una serata riuscita davvero alla perfezione, hanno portato a scoprirci,
forse per la prima volta, con il resto del mondo.
E’ stato
tutto perfetto, la serata in discoteca, i cornetti delle cinque e anche quella
piccola gita al mare improvvisata su due piedi; lì è stato tutto
così romantico, eravamo accartocciati nove di noi su di un plaid
piccolo-piccolo, la mia testa poggiava sul ventre di Marco, che dolce ed
infreddolito accarezzava le mie mani in modo così soave.
La mia
è stata felicità pura; stare in spiaggia e veder sorgere il sole,
lasciandosi accarezzare da una dolce giornata di luglio e da
i suoi primi raggi di sole.
Oddio a
momenti uccidevo Daniele, che non la smetteva di cicalarmi nell’orecchio,
ma è stata davvero una delle giornate più belle della mia vita.
-“Ciccia
mi manchi tanto, non vedo l’ora di tornare, qua mi annoio a morte! Tu che
farai oggi?!”-.
La voce della
mia amica mi arriva appena-appena; la testa mi ciondola, sono ancora troppo
insonnolita.
-“Credo
che spengerò il telefono e mi rimetterò a dormire, sono davvero
troppo stanca!”-.
-“Esci
con Marco, no?!”-.
Il suo tono mi
è sembrato vagamente d’ammonimento.
Sbruffo un
po’, mi congedo con lei con una risatina e lascio scivolare le mie
palpebre in un sonno pesante e acuto.
Quando mi
risveglio, getto un occhiata al cellulare, che
vibrante si illumina in un fascio di luce argentata.
Lo afferro
controvoglia, portandolo agli occhi; ci sono varie chiamate
messaggi.
Marco mi ha
cercata ripetutamente, compongo il numero e lo chiamo.
-“’Giorno…”-.
Gli parlo
ridendo, so già che mi prenderà in giro, abbondantemente.
-“Svegliata
ora?!”-.
La sua voce,
mi sembra soffocata da uno sbadiglio.
-“Non
so, qualcosa mi dice che non sono l’unica…ammettilo, hai aperto gli
occhi da poco anche tu!”-.
Ride, mamma
quanto mi piace quando ride.
Si è
capito, ma ci tengo a ribadirlo, la sua risata è di sette meraviglie.
-“Senti Lù, sto uscendo per andare a fare il pieno di
benzina, perché non ti prepari che così usciamo un po’?!”-.
Fisso per un
po’ il soffitto, prima di dargli una risposta.
Ieri è
stato tutto così strano, lui mi è sembrato strano; il suo
avvicinarsi e poi scappare mi ha urtato parecchio.
Per la prima
volta, gli ho visto fare ciò che con lui faccio tutti i giorni,
quotidianamente, e devo ammetterlo, mi ha bruciato sul serio.
Non voglio
dirgli di no, non posso.
Non devo farmi
sfuggire di mano la situazione.
-“Dammi
una mezz’oretta e sono sotto da te!”-.
-“Ti
passo a prendere io. Mezzora sia! Bacio!”-.
Mi alzo dal
letto e corro in bagno; una bella doccia fredda mi rimetterà al mondo di
sicuro.
Dopo trenta minuti circa, imbellettata e profumata, prendo le mie
cose e scendo.
Lui è
nella sua Polo che mi aspetta; sorriso furbo ed occhiali da soli poggiati sul
naso, sembra proprio un fighetto.
-“Allora?!
Dove mi porti?!”-.
-“Abbi
fede... solo una cosa, puoi rimanere fuori casa oggi?!”-.
Lo guardo
scuotendo la testa; mia madre mi fa lo scalpo se manco anche oggi!
Si intristisce
un po’, ma il sorriso gli torna non appena un’altra idea brillante
gli fulmina in testa.
-“Volevo
portarti da una parte…per stare un po’ soli- soletti,
in intimità, ma non si può! Il parco sotto l’autostrada, va
bene lo stesso?!”-.
Mi lascio
andare in una risata.
Annuisco,
l’importante è che stiamo insieme.
Mette in moto
l’auto e partiamo.
Oggi sembra
ancora più strano, girata verso di lui posso
notare il suo volto tirato, stranamente teso.
-“Che ti
è saltato nella mente, ciccetto?!”-.
Si gira verso
me, regalandomi un sorriso imbarazzato.
-“Ma…
niente, poi ti racconterò dai! Tu fidati…perché ti fidi di
me, giusto?!”-.
Si rigira al
volante e prosegue la corsa.
Non sono del tutto sicura di fidarmi di lui, forse non voglio farlo.
Perché
io a Marco la mia vita glie la metterei nelle mani, anche ad occhi chiusi.
E’ da un
po’ che non interagisco con voi, care lettrici!
Come al solito voglio ringraziarvi dei vostri commenti, sempre
troppo carini, nei confronti miei e della fan fiction.
Purtroppo,
ultimamente non riesco a stare dietro alla storia, come vorrei starci
realmente; ormai si è capito che tengo a questa fic quasi come fosse un
figlio.
Per vari
impegni ogni tanto l’abbandono, ma la finirò prima o poi, come sia
giusto finire un pezzettino di me!
Il vostro
sostegno mi riempie di gioia ogni volta, perché nel bene o nel male
siete sempre presenti.
Grazie,
grazie, grazie!!!
1kiss
LuNaDrEaMy
“GUARDARSI
DENTRO”
Chap n. 15
-“Dove
diavolo volevi portarmi tu?!?”-.
Siamo in
macchina, Marco ha da poco parcheggiato; io, gli ho appena parcheggiato un urlo
nell’orecchio.
-“Nella
casa che ho fuori al paese…”-.
Scandisce le
parole una ad una, ad occhi chiusi per paura di un mio bis; sembra un bambino
che ubbidiente ripete le buone regole alla mamma.
-“E chi
ti fa pensare che io verrei, SOLA CON TE, in una casa sperduta fra le montagne?!”-.
-“Bè?!
Che male ci sarebbe…”-.
Sorride
sornione.
Lo fulmino con
gli occhi; se non la smette di ridacchiare sotto ai baffi, gli pianto un buco
in fronte!
-“E me
lo chiedi tu?! Con quella faccia da pervertito?!-.
Si lascia
scappare una risata, io trattengo la mia, a stento.
Male, non ci
sarebbe davvero niente di male, infondo- infondo (molto infondo ^^).
Forse,
l’unica cosa che non va, sono i pensieri folli che tutto ad un tratto
hanno affollato la mia testa.
Mi sa che qui,
davvero l’unica pervertita sono io. ^^’’
-“Scusa,
c’è qualcosa di male nel desiderarsi follemente?!”-.
Rompe il
silenzio, facendomi piombare nel più assoluto imbarazzo; i nostri
pensieri coincidono.
Odio dover
pensare, che abbia capito quanto lo desidero.
Sesso, bell’ argomento siamo andati a cercare.
In
realtà, non è la prima volta che ci giriamo intorno; credo che
una delle nostre prime conversazioni abbia versato proprio su questo scottante
argomento… che tipi che siamo eh?!
Ma con lui
è divertente, c’è questo gioco di battute, di doppi sensi,
che rendono il tutto meno imbarazzante.
Ecco, allora
perché adesso sono vagamente diventata viola in volto?!
-“Marco!!! Se non la smetti ti lascio qui…”-. Mi volto
verso il finestrino, dandogli le spalle –“Ma
una doccia fredda te la potevi fare anche tu, prima di uscire…”-.
-“Una
sola?! Non basta fidati…”-.
Mi volto
minacciosa verso i suoi occhi, ride, mi afferra una mano…
-“Vieni,
usciamo di qua, le tue urla mi hanno rincoglionito!”-.
Usciamo
dall’auto, dirigendoci verso alcune panchine del parco.
Fa piuttosto
caldo, il parco è semi vuoto a quest’ora,
ma i grilli sugli alberi stanno inscenando un casino non indifferente.
Mi piace tanto
il parco d’estate; si respira quell’ odore
particolare tipo resina dei pini, accompagnato dai gridolini dei bambini e il
canto delle cicale.
C’è
un atmosfera diversa, in questa stagione
dell’anno, non saprei dire cosa sia, tutto è calmo e rilassato,
tutto scorre fluidamente, lungo il suo cammino.
-“Facciamo
progressi, eh?! Questa è la nostra prima uscita
da soli, senza rompipalle intorno.”-.
La magia dei
miei pensieri, se ne va, sulle sue “dolci” parole.
-“Eh
già, ma non so se lo hai notato… molte cose sono
cambiate.”-.
Mi sono
inserita un attimo, lui mi guarda dritto negli occhi.
-“Sì,
tante cose…”-.
Cerco di
interpretare le sue parole e il suo sorriso enigmatico, che tentano di
nascondere una verità ormai palese:
Ci piacciamo
davvero tanto. TROPPO.
-“Che
cosa ti piace di me, Marco?!”-.
Domanda a
bruciapelo, non so nemmeno perché glie l’ho chiesto.
Ci pensa un
po’ su, facendo nascere in me la speranza, che siano talmente tante le
cose, da ordinarle bene nella testa.
-“Te.
Sì tu, così come sei.”-.
-“Buhhhuauau…ma
che razza di risposta eh?! Ma hanno distribuito i
manuali della scontato stanotte e non me ne sono resa
conto?! Sei una sola Marco, credevo sapessi fare di
meglio…”-.
Mi alzo dalla
panchina, incrociando le braccia al petto, tenendo sul viso il broncio, per
scherzo.
Lui si alza
dopo di me, mi cinge la vita tirandomi verso sé.
-“ I
tuoi occhi! Mi piacciono i tuoi occhi, che come due stelle illuminano il mio
cielo, anche nei giorni no…”-.
Sembra serio.
Lo fisso. Non
resisto…scoppio a ridere come un idiota!!!
-“No, ti
prego ridammi indietro il mio Marco... per favore!!!”-.
Si mette a
ridere anche lui, gli mollo uno sbuffettino.
-“Io te
l’ho detto che sono un incapace con le parole…”-.
-“Vuoi
che non l’abbia capito, signore delle stelle?!”
Rido, poi proseguo –“Ma sappi, che almeno nel mio caso, una parola,
una frase, vale tantissimo! Io lo so che tu sei uno alla “FATTI! NON
PAROLE!”, so che odi perderti in monologhi, ma io adesso ho bisogno di
essere coccolata e viziata, soprattutto da parole, calde parole. Non credere
che non apprezzi i tuoi gesti, quelli arrivano, ma devo percepirli bene
altrimenti rischio di perderli per strada. Una parola invece è diretta,
mirata, e quando arriva, ti scioglie.”-.
-“Pensare
che me ne sono sempre fregato di questa roba…”-.
-“Lo
so…eccome se non lo so! Me lo ripetono tutti in continuazione!”-.
Già,
soprattutto i suoi amici; li vedi accerchiarmi, in vani tentativi di
analizzarmi, quasi fossi una cavia.
Non riescono
proprio a spiegarsi, cosa mai gli ho combinato al loro amico “don
Giovanni” di comitiva.
Al bastardo
delle storielle.
Al ragazzo che
ha sempre trattato le ragazze come un contorno.
Al ragazzo che
ci provava praticamente con tutte.
“Adesso
neanche più a ballare viene, se non ci sei tu!”
“Lo hai
stregato, io Marco non l’ho mai visto così”
-“E’
cambiato, sembra davvero un altro…”
Queste, sono
le frasi più tipiche che vengono a propinarmi.
Probabilmente
io dovevo essere l’ennesima meteora del suo cielo, ma il nostro astro non
si è spento sul nascere, brilla ancora lì, nel suo posto
altissimo e irraggiungibile.
-“Tu,
non devi starli a sentire, chiaro?! Quel Marco di cui
ti parlano, non ha niente a che fare con te! Può sembrare strano,
è strano ancora per me che ci sto dentro, figurati per loro che mi hanno
sempre visto come quello menefreghista…”-.
-“Per
questo sei così strano, ultimamente?!”-.
Mi guarda
ridendo.
-“Anche.
Sai non credevo sarei riuscito a farmi prendere così tanto da te. Per me
sono tutte cose nuove chiamarti, cercati, volerti ad ogni costo e ad ogni
momento del giorno.”-.
Lo guardo
intensamente; è proprio questo di cui parlavo, prima.
Ricambia il
mio sguardo, con le mani nelle mani.
-“Non
credere che per me è tutto così semplice, sai?!
Io ho dalla mia una storia di tre anni, che tanta esperienza mi ha dato ma…è un arma, per noi due è un
arma…”-.
Si morde il
labbro, guardando altrove.
-“Non
credere che voglio mettermi al suo livello, non potrei mai stare al suo posto,
ma io ci provo a darti qualcosa di me, quel qualcosa, che come ti ho detto, ti
farà scegliere me, al posto suo.”-.
Gli accarezzo
amorevolmente una guancia, sento il cuore stringersi in una morsa.
E’
incredibile quanto questo ragazzo mi faccia sentire
viva, è davvero un dono del cielo.
-“Poi
con te non è per niente semplice! Tu sei simile a me Lù, abbiamo
lo stesso carattere, lo stesso orgoglio. Solo che a me adesso
dell’orgoglio, non me ne frega assolutamente niente! Tu sei me Lù, in versione femminile…bionda e con le
tette!”-.
Annuisco,
ridendo.
E’ vero,
siamo maledettamente simili; buoni ma testardi, espansivi ma orgogliosi a
morte.
Sarà
una bella lotta cercare di tenere a bada i nostri caratterini, ma l’amore
si sa ti plagia, ti trasforma, perché quando sei innamorato ti annulli
completamente per la persona che ami.
Lui è
già cambiato, a suo modo.
Adesso tocca a
me.
Sembra
così semplice, eppure ho una paura folle, folle, folle.
Simona dice
che se mi mettessi con Marco, adesso, farei un grande
errore; non che il pensiero mi abbia sfiorata, ma…ci ho pensato è
vero.
Lei pensa che
devo prima smaltire bene la storia ALE-I TRE ANNI- IL VIAGGIO e poi con
più calma, alla fine dell’estate decidere sul da farsi.
Dice che non
devo buttarmi fra le sue braccia solo per rimpiazzare un amore folle che ormai
non c’è più.
Ma chi ce l’ha tutto questo tempo…io no!
E poi
smaltire… come la smaltisco una storia di tre anni?!
Boh!
E poi, poi
Marco non è affatto un rimpiazzo, può sembrare strano certo; ma
io non credevo davvero sarei riuscita a provare ancora determinate sensazioni
per una persona, così presto e alla luce di una storia importante,
finita.
Buttarmi fra
le sue braccia…mah, sì che lo farei e senza rimpianti,
perché non posso far scappare ciò che sento, senza dargli almeno
una possibilità di vita.
Cavolo, sto
parlando come se la risposta a quel viaggio già ce
l’avessi.
Dio mio, sento
il cuore vibrarmi nel petto.
Calma Luana,
devi stare calma, devi riflettere.
Viviti il
momento, lascia andare il destino come deve andare.
Sì
Luana, ignora i messaggi del cuore, tanto lui che ne sa, batte una volta sì e due no; lui ti può ingannare,
beffarsi di te, rigirati come un pedalino.
Marco, oddio
Marco, ma tu cosa sei per me?!
Ed io cosa
sono per te?!
Ma lui, lui se
le starà facendo tutte queste paranoie?!
-“Che mi
tieni testa, ecco cosa mi piace di te!”-.
Scioglie
l’abbraccio in cui ci eravamo buttati e mi porta
il volto verso il suo.
-“Lù,
tutto bene?!”-.
Razionalizzo
il tutto, ricacciando i sentimenti là dove sono venuti.
-“Sì,
sì tutto bene…abbracciami, ti prego abbracciami!”-.
Non se lo fa
ripetere due volte.
-“Mi
piaci tantissimo Marco. Io ho paura di partire…”-.
Mi accarezza i
capelli, rimanendo fra le mie braccia.
-“E’
normale, ma tu lo sai quello che vuoi, io sono sicuro che tu già lo sai.
E devi concentrarti soltanto su quello. Io giuro che non ti tartasserò,
voglio che tu sia libera di decidere senza oppressioni…devi arrivarci da
sola a noi.”-.
Noi. Sto
morendo in un abbraccio.
-“Noi…?!”-.
-“Shh,
una cosa per volta…tu pensa a ritornare da me, poi
vedremo…”-.
E’ il
suo vedremo che mi ha fatto tremare il cuore, più di tutto.
Voglio bene a
questo ragazzo, gli voglio un bene dell’anima.
Capitolo 16 *** 16 luglio 2005: cronaca di un giorno lungo, lungo davvero. ***
Una dolce estate movimentata
Una
dolce estate movimentata
“16
LUGLIO 2005. CRONACA DI UN GIORNO LUNGO, LUNGO DAVVERO”
Chap n.
16
-“Spero questo viaggio non ti
faccia dimenticare ciò che siamo stati. Ora ho paura, sul serio. Ti
aspetto Lù, io ti aspetto.”-.
ORE 22:00. PORTO DI CIVITAVECCHIA.
Sono salita da
poco sulla nave, destinazione porto di Olbia, Sardegna.
E’ notte
fonda, viaggeremo con il buio sulla testa e le stelle, a farci da navigatore;
l’aria sa di umido, ma nonostante ciò, il ponte è affollato
in una maniera spaventosa.
Tanti volti,
affacciati da quella ringhiera bianca a tratti arrugginita, agitano le mani
verso i propri cari.
Ci sono anche
io, sto agitando il braccio da circa un ora, verso la figura in miniatura di
mia madre; mi sento incredibilmente triste e non è solo per lo spirito
del viaggio, adesso l’ho capito.
Sono triste,
perché so che mi mancheranno le persone che lascerò a terra;
Simona, prima fra tutte, perché se è vero che ci siamo ritrovate
da poco è anche vero che non ci siamo mai più allontanate, nemmeno
per mezzo secondo.
Tutta la
rotonda, Valerio e Andrea fra tutti, ma in complesso davvero-davvero chiunque,
anche quelle quattro gatte morte, che ho avuto la sventura di conoscere.
Lui… lo
metto per ultimo, non certo in ordine di importanza, solo che tento di non
pensare a quanto mi mancherà, LUI.
Il sol
pensiero di allontanarlo da me, mi mette un ansia addosso che non sono in grado
di spiegare.
Eh, mi
mancherà Marco, mi mancherà tantissimo.
Ripongo il
cellulare nello zainetto, il suo messaggio mi ha resa felice, felice davvero.
Alessandro mi
è accanto, sembra felice; come potrebbe non esserlo, questa vacanza
arriva dopo un anno intenso di lavoro e fatica.
Il
chiacchiericcio vago sul ponte si sospende quando, dal comignolo
dell’imbarcazione, comincia ad uscire del fumo nero e denso; fra poco si
leverà l’ancora, fra poco si compirà questo benedetto
viaggio.
La sirena,
sveglia il porto ormai addormentato, i motori cominciano ad accendersi, la nave
comincia lenta a spostarsi.
Mi riaffaccio
alla ringhiera; gli occhi inumiditi, volgono verso un punto lontano,
nell’infinito di quel mare statico, incredibilmente calmo.
Ripenso a
Marco, già mi manca; una lacrima scivola giù sulla guancia.
L’asciugo,
corro di filato in cabina, a nascondermi.
“Aspettami Marco, aspettami che
torno presto.”-.
Starò
mica andando in guerra?!?
*********
“Ma sta
andando in guerra?!”-.
ORE 19:30 STRADINA SOTTO CASA MIA.
Io e Simona siamo
legate in un abbraccio stretto, ci dondoliamo da un verso ad un altro,
ricordandoci, con voce lagnosa, quanto ci mancheremo l’un l’altra.
Un signore,
passato lì per caso, ci ha visto e ci ha preso in giro; no, non sto
partendo per la guerra, ma quella che ho, interiormente, spaventa quasi quanto
una bomba.
-“Ricordati
che devi chiamarmi almeno una volta al giorno, chiaro?!”-.
-“Sì,
Simo sì…”-.
-“Oddio
ciccia e io adesso come faccio senza di te?!”-.
Mi si è
rigettata completamente fra le braccia.
-“E come
fai…non fare cavolate prima di tutto, tienitelo stretto fra le mani,
almeno fino al mio ritorno, te ne prego!”-.
Mi guarda,
sorridendo; sa che ho capito quanto è dura per lei destreggiarsi nella
situazione Valerio, senza un paio di braccia in cui tuffarsi, se poi le cose
dovessero mettersi male.
Accidenti a te
ciccetta mia, se solo la tirassi fuori tutta quella grinta che in te
c’è, lo vedresti con i tuoi occhi quanto sei forte, quanto sei
bella.
Me la stringo
forte. Mi mancherà davvero tanto questo piccolo batuffolo dai migliaia
di riccioli neri.
-“Senti
ciccia, devo chiederti un favore…”-.
Ha rialzato il
volto verso i miei occhi, mi guarda sorridendo. Stavolta ha capito lei.
-“Sì,
te lo saluto io Marco…e tutto il resto del gruppo. Però lo sai che
sbagli, no?! Non fare che per quello stupido litigio che avete avuto, dovete
lasciarvi in malo modo…dai…”-.
Non ho voglia
di risponderle, Marco mi ha fatto imbestialire. Davvero tanto.
*********
ORE 14:30. CASA DI VALERIO.
-“Insomma,
proprio in malo modo, vuoi far finire tutto?!”-.
-“Ma tu
proprio non vuoi capire, eh?! Non capisci quanto è importante per me
quella cosa?!”-.
Che settimana
da urlo, io e Marco sono sette giorni che battibecchiamo su tutto.
Stavolta, come
solitamente ci capita, stiamo discutendo sui sentimenti.
Lo odio, certe
volte mi sembra un muro di cemento armato su cui urlo, ma a cui non arriva
nulla, se non il rimbombo della mia stessa voce.
TI VOGLIO
BENE, una parola di tredici lettere, non è poi così difficile da
pronunciare.
Non per lui,
non per Marco, restio e tirato, difficile da penetrare.
E devo
sorbirmi le sue pillole di saggezza, per questo…
“Te ne voglio anche io,
tantissimo”
“Lo sai
che per me è la stessa cosa, lo sai…”
“Idem…”
Cavolo
significa idem poi!!! Non lo sopporto, no, non è proprio il tipo per me.
NON LO E’!!!
E il problema
non è il ti voglio bene mancato, il problema è che ha deciso di
dirmelo proprio nel momento sbagliato; ubriaco come una zucchina, visibilmente
scosso ed altamente eccitato… il giorno della mia partenza!
Che delusione!
-“Lù,
a prescindere dal mio stato, giuro che è così. Te ne voglio
tantissimo di bene, Lù…”-.
-“Ma
falla finita, per favore…”-.
-“Ma
vuoi veramente che un goccio di alcool in più, influenzi ciò che
provo per te?! Io me lo sento dentro, questo è
l’importante…”-.
-“Allora
te lo potevi tenere dentro…stronzo!!!”-.
*********
ORE 20:00. ANCORA STRADINA DI CASA MIA!
-“Dio
quanto è stronzo…”-.
-“Lù…”-.
-“Lo
è!!!”-.
Simona
ridacchia, credo non mi abbia mai visto così infervorata.
Do un occhiata
all’ora; devo salutarla, c’è una valigia straboccante di
roba che mi aspetta per essere sistemata.
Ci lasciamo,
con le lacrime agli occhi.
Mi stupisco di
me stessa, davvero, infondo è un viaggio, uno stupido viaggio di sette
giorni.
Ma il mio
umore proprio non ne vuole sapere nulla. Eh già.
Le stampo
l’ennesimo bacio sulla guancia accaldata e faccio per ritornarmene a
casa.
In ascensore,
mi abbandono di peso contro lo specchio, con la testa ben bene appiccicata alla
lastra argentata.
Fisso i miei
occhi per tutto il tragitto; ma che sto facendo, davvero voglio andare via
così?!
Voglio davvero
lasciarlo senza un ciao o un arrivederci?!
Ha detto di
volermi bene e lo ha detto ubriaco a casa di Valerio, durante il pranzo
organizzato apposta per me, visto che parto.
Non posso
perdonargli tale cosa, mi ha ferita, sminuendo tutti i miei sentimenti.
Cosa devo
fare?! Che cosa è davvero giusto?!
Le porte si
aprono, mi tuffo in casa in un baleno.
Corro in
camera mia, riapro la valigia per la settecentesima volta, oggi, ma ho sempre
l’impressione di dimenticare qualcosa.
In
realtà cerco un diversivo per non pensare, sono stanca di rimuginare su
ciò che è stato.
Ormai
l’ho cazziato, discusso ciò discusso, fra un po’
partirò per giunta, quindi non c’è proprio nulla che potrei
fare.
-“Basta,
falla finita Lù! Finisci di preparare questa benedetta valigia e parti
tranquilla.”-.
Non ho neanche
finito di pronunciare a me stessa questa cosa, che sento il citofono irrompere
nella quiete casalinga.
-“Chi
è?!”-.
-“Ciccia
sono Simona…scendi un attimo?!”-.
-“Ciccia?!
Che ci fai ancora qui?!”-.
-“Non
sono sola, c’è un po’ di gente che vuole salutarti!Scendi!”-.
Ho il cuore
che batte forte, corro fuori al balcone a vedere chi c’è.
Ci sono
davvero tutti; Valerio, Sga, la mia ciccia, Luca e tozzetto due nuovi ragazzi
che ho conosciuto, poi lui.
Sì,
LUI.
Li saluto con
la mano, invitandoli ad attendermi un attimo.
Quando scendo
sono tutti pronti, a mangiarmi viva.
-“Te ne
volevi andare senza salutarci, eh?!”-.
Valerio
è il primo che mi punzecchia, si avvicina e mi abbraccia forte.
-“Buon
viaggio Lù, divertiti…”-.
Mi sussurra in
un orecchio.
-“Grazie…e
tu occhio a Simona, mi raccomando…”-.
Si allontana
strizzandomi l’occhio.
Uno ad uno
saluto anche gli altri, Sga fra tutti, mi fa mille raccomandazioni.
E quando il
giro finisce, mi ritrovo fra le SUE braccia, ancora una volta.
Non dico una
parola, credo che il silenzio abbia dipinto alla perfezione il mio assoluto
stato di melanconia.
Dalle sue
labbra, non esce un sibilo; si limita ad accarezzarmi i capelli, il mento
appoggiato sulla mia spalla, il cuore che gli pulsa all’infinito.
Sono io la
prima a staccarmi da lui, che di rimando mi fissa, con un mezzo sorriso sulle
labbra.
Resto a
parlare un po’ con Valerio e gli altri, prima di salutarli
definitivamente.
Mi piange il
cuore, ma stanno venendo a prendermi, il cellulare ha vibrato più volte,
scandendo l’avvicinarsi dell’ora x.
-“Ci
vediamo fra sette giorni allora…ciao!”-. Mi volto verso il cancello
verde, ma sull’uscio, mi rigiro.
–“Ah,
fate i bravi tutti, mi raccomando!”-. Guardo Marco, ridendo.
-“Aspetta,
ti accompagno.”-.
Fa due passi
in avanti, aprendo il portone al posto mio.
Gli faccio
strada, sono agitata ma felice, so che devo parlargli, questa è
l’ultima opportunità.
-“Certo
che sei brava…te ne stavi andando senza neanche salutarmi!”-.
Mi blocca,
trattenendomi per un braccio.
Siamo a
metà strada, esattamente sotto al mio balcone.
-“Pensavo
fossi troppo sbronzo per accorgertene… invece bravo, sei
perspicace!”-.
Mi guarda
serio.
-“Sei
proprio antipatica, guarda che non ti lascio andare se non mi perdoni,
chiaro?!”-.
-“Ah-ahm.”-.
Adesso mi
fissa serio, i suoi occhi neri si sono fatti ancora più grandi, ancora
più intensi.
-“Lo
vedi che sei tu che non vuoi capire?! Secondo te perché sono qui?!
Perché mi sono sballato oggi al pranzo?! Per te Lù, solo per
te… cazzo!”-.
-“Oi non
arrabbiarti con me, va bene?! Non ti ho chiesto io di venire qui, tanto meno di
sbronzarti caro!”-.
Tutto ad un
tratto, si mette a ridere.
-“Facciamola
finita dai, non si può litigare per questa scemenza, non oggi Lù…dai
vieni qui, abbracciami che poi per una settimana, io senza te, come
faccio?!”-.
Lo guardo
sorridendo. Pensa che io sappia invece come fare?! E chi lo sa!
-“Senti,
io odio gli arrivederci, gli addii, insomma i saluti, per cui… niente di
svenevole, ok?!”-.
-“No,
acidella…”-.
Mi prende a
se, con una passione travolgente, stampandomi un morbido bacio a fior di
labbra.
-“Cavolo
Marco, me ne sto andando sul serio…”-.
-“Lascia
stare, non ricordarmelo. E’ da stamattina che vado domandandomi se ho
fatto le cose per bene, se ho fatto tutto giusto…spero di averti
trasmesso tutto ciò che avrei voluto trasmetterti!”-.
Guardo le sue
labbra, i movimenti lenti delle parole scandite.
Ci passo su il
mio indice, percorrendo lentamente il contorno rosato di quella meraviglia.
-“Credi
di non aver fatto abbastanza?!”-.
-“Io non
lo so, so per certo che ho fatto cose che Marco non si è mai sognato di
fare, poi se è stato abbastanza sarà il tempo a dirlo, non credi
anche tu?!”-.
Non posso che
dirgli di sì, infondo non posso negare che non mi sia stato accanto o
che si sia risparmiato in qualcosa.
Certo, i suoi
modi di fare sono sempre ambigui, ma se ci penso bene è proprio questo
che mi ha attratto in lui; spingerlo oltre quel limite, per sentirgli
pronunciare cose mai dette, per provare quel brivido, che solo lui nella mia
vita, ha saputo donarmi.
Marco parla,
parla pochissimo è vero, ma ci sono parole che quando sono entrate nel
mio cuore, hanno accesso quel battito stellare, da farlo tremolare di gioia.
-“Marco…io
devo andare…”-.
Mi tuffo fra
le sue braccia, che aperte e confortevoli, come sempre da quando lo conosco, mi
fasciano.
Mi piace stare
così, accoccolati, mi sento librare nell’aria pur non staccando i
piedi da terra.
-“Fa il
bravo e divertiti…ma fallo con la testa ciccino e soprattutto fallo se lo
desideri davvero! Non ti chiedo d’aspettarmi, non lo farei mai, ma sii
sincero con me, qualsiasi cosa accada, ok?!”-.
Non so
perché gli ho fatto le raccomandazioni, forse perché per la prima
volta, la sua famosa fama da latin lover, mi ha accarezzata; l’ho
guardato a lungo e ho pensato che un sorriso come il suo non passa di certo
inosservato ed io non sarò di certo l’unica che ne
percepirà i benefici effetti.
Oh mamma ma
che sto dicendo, lui è una canaglia, ma è onesto ed io non posso
pensare che mi mentirà.
No, Marco non
è stupido.
Ed io
nemmeno…ma se comincio a dubitare di lui, già da adesso che non
c’è nemmeno una storia ufficiale è la fine.
Mi scollo dal
suo abbraccio caldo, portandogli le mani sul volto.
-“Posso
chiamarti Lù?!”-.
-“Certo
che puoi…perché non dovresti!”-.
-“Non
voglio crearti casini, tanto meno influenzarti…”-.
-“Marco,
Marco ascolta; tu prima di tutto sei una persona a cui tengo, davvero, non dico
amico perché sarebbe una sciocchezza ma…tu sei importante e il
sentirti vicino non farà altro che spianare una strada già
aperta…”-.
Mi ha sorriso,
avvicinandosi con le labbra alle mie.
E’ stato
un bacio così dolce e…tenero, da sciogliere i sensi.
Io non vedo
già l’ora di ritornare.
-“Ok…tu
rispondi però!”-. Si sta allontanando, sta andando via, ma si
volta per un volta.
-“Ah
e…non butterei mai via ciò che ho provato con te in questi giorni,
per il brivido di unacazzata.
Mai.”-.
Sto ridendo
come una scema; adesso sì, che posso tornare a casa con il sorriso sulle
labbra.
ORE 20:30. MACCHINA DI ALESSANDRO.
Sto andando
via, ho il cuore che batte all’impazzata.
Io ed
Alessandro siamo chiusi in un silenzio imbarazzante, complice.
Il mio sguardo
è proteso verso il panorama al di fuori del finestrino; sto pensando
tantissimo, come al solito non riesco a fare un viaggio senza riempirmi di
paranoie!
Stavolta ho
portato tutto, i trucchi, gli abiti giusti, i costumi variopinti…insomma
non ho dimenticato nulla, ma tanto lo so, che avrete capito anche voi, che il
pensiero paranoico non è certo rivolto ad una stupida valigia, stracolma
di roba che sicuramente mai metterò.
Capitolo 17 *** Il pensiero di due...innamorati?! ***
Una dolce estate movimentata
Una
dolce estate movimentata
“IL
PENSIERO DI DUE… INNAMORATI ?!”
Chap n.
17
Un augurio
speciale, a chiunque si soffermerà nella lettura di questo chap!
Vi auguro di
passare un Buon Natale, sereno e felice.
1kiss
LuNaDrEaMy
“Tu sì che sei
speciale…ti invidio sempre un po’.
Sai sempre cosa fare e…che cosa
è giusto o no.
Tu sei così sicura…di
tutto intorno a te.
Tu che sembri, quasi onda che…un onda che…SI TRASCINA A ME.”
Sto fissando
le onde del mare, che energiche si increspano contro gli scogli, arrotondati da
quel “dolce” contatto e penso a quanto mi piacerebbe essere la
donna, della canzone di Vasco.
Sicura, di
tutto, di tutto ciò che la circonda.
Decisa, come un onda, che arriva a destinazione, piena e conscia del suo
viaggio, del suo destino.
Qui il vento
non smette mai di tirare, la sabbia è bianca e ti offusca gli occhi,
come una verità che non vuoi guardare.
Il sole
è un manto che ti avvolge, bollente ma rasserenante, imperioso in un
cielo sempre azzurro, senza mai una nuvola.
Distendo un po’
la gambe, affondando i piedi fra quei granuli ardenti;
tiro indietro il busto, accoccolandomi per bene sul mio asciugamano viola che
profuma di bucato fresco, di mia madre e delle sue faccende domestiche.
La Sardegna è un piccolo angolo di mondo
che non potevo affatto perdermi.
-“Lù…Lù?!”-.
Sento la mano
di Alessandro, premermi forte sul braccio.
Apro gli
occhi, prima ben sigillati e lo guardo.
-“Ti
squilla il cellulare…”-.
Mi guarda
piuttosto curioso, quasi non vedesse l’ora di
scoprire chi irrompe in quella quiete tranquilla.
Sì lo
devo ammettere; la suoneria isterica del mio cellulare è davvero troppo isterica, per questa spiaggietta tranquilla, popolata
da famigliole contabili sulle dita della mano.
-“Pronto?!”-.
-“Ciccia,
sono Simona!!!”-.
La voce della
mia migliore amica arriva distorta e lontana; sposto il telefono
all’altro orecchio, come se pretendessi che di colpo la comunicazione
potesse diventare accettabile.
Alessandrosbruffa,
girandosi dall’altro lato dell’asciugamano, dandomi le spalle.
Non la
può proprio vedere Simona.
Rido,
alzandomi e andando incontro al bagnasciuga, cercando di rimediare almeno una
tacca in più sul telefonino: la Sardegna sarà anche stupenda, ma un
difetto ce l’ha… i cellulari non prendono
mai!
-“Simo,
mi senti?! Come stai?!”-.
-“Bene
ciccia, mi manchi tanto, di già!”-.
Beh, in effetti sono solo due giorni che sono andata via.
Manca tanto
anche a me, glie lo dico, ma non voglio cadere di nuovo nella depressione pre-partenza;
sì cavolo, questa è la mia vacanza, non ci manca solo doverla
passare gomito a gomito con il mio ex, ora devo anche intristirmi dietro la mia
migliore amica?! No, non è possibile!
-“Simo…mi
dovresti fare un enorme favore…”-.
-“Controllare
Marco?! O parlargli?!
Già fatto ciccia, mi sottovaluti proprio…ihihi”-.
Resto a
fissare le onde del mare, accarezzarmi i piedi e poi scappare via, dispettose.
-“Hai
parlato con Marco?! E che ti ha detto?! Come sta?! Che combina?!”-.
-“Oh
sì Luana, mi manchi tantissimo anche tu, davvero... io ti chiamo e la
conversazione verte principalmente su Marco?! Voi due
siete proprio fuori di testa…”-.
-“Noi
due?!Dai ciccia tu mi manchi
davvero tanto, ma Marco, Marco è un’altra storia, dai lo sai come
ci siamo salutati…”-.
Si lascia
andare in una risata, mi piace sentirla ridere, starei ore ad ascoltarla.
-“Allora,
non è che ciò parlato poi molto, ma se proprio te lo devo dire,
l’altro giorno è stato lui a trascinarci tutti quanti là,
sotto casa tua. Cioè è venuto da me e mi ha chiesto di portarlo
da te, doveva assolutamente salutarti, vederti un ultima
volta, poi io ho fatto tutto il resto…”-.
-“In che
senso, scusa?!”-.
-“Bè
pensavo fosse un tantino rischioso portarlo sotto casa tua, metti che
c’era Alessandro…ma a lui non è
importato, ti voleva vedere ciccia!!! Così ho fatto venire anche gli
altri, per far sembrare che fosse una situazione neutra agli occhi del tuo
ex…va bene così?!”-.
Furbetta la
mia ciccia, ha pensato proprio a tutto.
Peccato che
Alessandro non è arrivato per tempo, a vedere con i propri occhi la
situazione “neutra”.
Dio se ci
penso, sono circondata davvero da una banda di matti!
-“E poi?! Poi che ti ha detto?!”-.
-“Ma
davvero non te lo immagini?! Se arrivo a dirti che
siete fuori tutte e due…”-.
-“No…no
non ci credo! Ti ha chiesto di controllarmi?! O
peggio, di parlarmi?!”-.
Ride. Colpito!
-“Quando
abbiamo finito con te siamo tornati alla rotonda, c’ho parlato e lui si
è aperto un po’, mi ha detto che…GRU GRU GRA GRARARA”-.
Oddio no;
è diventato una rana?!
-“Simo?!
Non ho capito, non ti sento bene!”-.
La
comunicazione crolla inesorabilmente, proprio sul più bello.
Ah, cellulare
infame, non prende neanche se mi mettessi a ballare la
tarantella su un piede solo, davanti agli occhi delle famigliole felici!
Chiudo di
scatto il telefono, gettandomi all’indietro a peso morto; con le braccia
conserte sulla fronte, sembro proprio una disperata.
Apro gli occhi
verso il sole e senza neanche un motivo, scoppio a ridere e rido, rido,
rido…
Marco ha
chiesto di me, Marco pensa a me, Marco…Marco è mio.
Ed io sono
sua.
Neanche una
distesa di mare azzurro e cristallino può dividerci, può dividere
il pensiero di due innamorati.
“Mi ha
detto che gli piaci tanto, si sente preso da te come mai gli è capitato
nella vita, però ha tanti dubbi e incertezze; a volte vorrebbe fare di
più, ma sente il peso del tuo passato incombergli sulla testa. Quindi,
cara ciccia, molla Alessandro il prima possibile e tuffati fra le sue
braccia…te lo ordino!!! Bacio.”
Mi alzo tutta
sorridente; ritorno al mio asciugamano, butto il cellulare nello zaino e corro
a tuffarmi contro quella meraviglia verde smeraldo, azzurro, blu…e non
basterebbero i colori per descrivere l’acqua di questo mare incredibile,
che ho davanti agli occhi.
Sono felice,
mi sento bene, a parte tutto.
“Le stelle, stanno in
cielo…e i sogni, non lo so…
So solo che son pochi, quelli che si
avverano…”
E Vasco torna
a cantare e canta nelle cuffiette, nella mia testa.
Il mio sogno
sta per avverarsi, si è materializzato dal niente in una giornata qualunque
un bel giorno di giugno, ed ora sta compiendo un cammino tutto in discesa,
tutto per me.
Ragazze!!! State tutte infrattate a
rimpinzarvi di panettoni, eh?!
Brave-brave…ma trovate anche un piccolo
momentino per recensire la mia ficcy…su-su!!! ^^
Scherzo!!!
Un bacio
speciale a Cucciola Writer per la sua recensione:
grazie 1000 per i complimenti, sono stra-felice che la canzone di Vasco ti
abbia colpito…piace tantissimo anche a me! Mitico VASCO ^_-
Michelle: mi sei mancata tesorino!!! Avevo immaginato che c’era qualcosa che non
andava, ma non ti preoccupare non fa niente ^_- menomale che i capitoli ti sono
piaciuti, sto periodo sto andando in crisi mistica!
Bacio a tutte
LuNaDrEaMy
“IL
SILENZIO DEL CUORE”
Chap n. 18
-“Masini viene a Roma?! No…non ci posso credere, che
sfiga sto dall’altra parte d’Italia!!!”-.
Simona mi ha
appena comunicato che S. Masini verrà a Roma
in concerto; che delusione, ve l’avevo detto che piano-piano me ne sarei
innamorata anche io, ma per sfortuna perderò la prima occasione di
vederlo dal vivo!
-“Sì,
vado con Luca e Anna, forse anche Valerio, se si degnerà di onorarmi
della sua presenza! Buhhauuuhh non ci tengo a regge
il moccolo ai due piccioncini!“-.
-“Fregatene
ciccia! S. Masini canterà a Roma e ti stai
facendo tutti questi problemi?!”-.
Ha fatto uno
strano mugolio, prima di cambiare discorso.
-“Con Ale, come va?!”-.
-“Tutto
tranquillo, tutto tace.”-.
-“Quando
gli darai la “bella” notizia?!”-.
-“Che
notizia?!?”-.
Non potevo
pensare che Simona conoscesse già la mia decisione.
Ero stata
brava a tenermi tutto dentro, ma forse, forse gli amici fanno questo; riescono
a guardarti, nel profondo dell’anima, riuscendo a cogliere ogni
sfumatura, anche la più nascosta, la più recondita.
-“Ma che
fai vagheggi anche tu adesso?! Oddio ti ha fatto male
frequentare Marco…e credo ti farà male, ancora per un bel
po’ di tempo, eh?!”-.
E’
straordinario quanto riesca a capirmi, è
straordinario quanto si sia capita la mia scelta.
-“Insomma
a Marco glie lo dirai quando tornerai, e ad
Alessandro?! A lui quando glie lo dirai?!”-.
-“Presto,
glie lo dirò molto presto. Non ce la faccio più ciccia, mi sembra
di vivere in una situazione surreale! E il bello è che me la sono andata
a cercare io! Simò, in tutta sincerità,
io ti sembro pazza per caso?!”-.
Sento una
risatina irrompere nella cornetta, borbotta un po’ prima di rispondermi.
-“Sì…ma
sei una pazza simpatica! Ti saluto adesso ciccia, ci sentiamo più
tardi!”-.
-“A
più tardi!”-.
Bene! Allora
il mio squilibrio psichico non è un utopia!
Ma cosa vado
recriminando, una che passa la vacanza in compagnia con il suo appena ex,
può mai somigliare ad una persona sana di mente?!
Da qualche
parte ho letto che la pazzia rende normali le persone; sto ancora cercando di
capire, se nel mio caso, sia una cosa positiva o meno, questa.
E’
questa estate, io lo so che la colpa è sua; è arrivata in punta
di piedi, in assoluto anonimato e si è fatta scoprire per quella che
è trascinandomi via con se, nel suo vortice.
Sì, lo
so anche io; devo smetterla di dare la colpa all’estate…
Ritorno alle
mie faccende, sistemando la montagna di vestiti che io e
Alessandro, in tre giorni, abbiamo seminato per l’intero
monolocale.
Mi guardo un
po’ in giro, c’è un delirio assurdo; una volta mi piaceva
perdermi fra il nostro casino, pasticcioni ed imbranati alla stessa maniera,
eravamo davvero una coppia perfetta.
Tiro su un
paio di suoi jeans, li piego per bene, poi mi fisso un attimo a guardarli; li
riconosco bene quei pantaloni, sono quelli che indossava alla sua festa dei
diciotto anni.
Che serata
incredibile quella, era sbronzo come una cocuzza! Ricordo che era il momento
del brindisi e non riuscivamo a trovarlo, uscii io nel giardino della villa che
avevamo affittato per l’occasione, e lo ritrovai disteso a braccia
allargate, in mezzo ad un cespuglio, mezzo addormentato, che dava di
stomaco…proprio sui bei jeans di marca!
Ho girato i
pantaloni, la macchia non è mai scolorita del tutto.
Mi passo le
mani sul collo; mi mancano indubbiamente quei momenti, soprattutto ora che vedo
la parola fine impressa su, inesorabilmente.
Chi lo sa, chi
lo sa, perché le storie d’amore finiscono.
Chi lo sa
perché l’amore prima ti incastra a se e poi ti molla, di colpo.
-“Buon
giorno Lù…”-.
Mi fa ancora
effetto, sentirmi chiamare a quel modo da lui; io che per tre anni di filato
non sono stata più Lù o Luana, io che
ero diventata micetta, momo
e innumerevoli altri soprannomi, per lui.
Alessandro si
è da poco svegliato, mi è passato accanto, dirigendosi verso la
sua tazza di latte caldo.
Lo guardo,
sorridendogli.
-“’Giorno…dove
andiamo oggi Ale?!”-.
Devo ammettere
che lo spirito del viaggio, nonostante tutto è rimasto immutato; dopo
aver fermato il viaggio, in agenzia, ci siamo chiusi in macchina a fantasticare
dei centinaia di posti che avremmo visto,
promettendoci, che ne avremmo visti tanti, tanti.
Sono felice
che quella promessa si stia compiendo; ogni mattina, ci alziamo presto,
carichiamo la macchina e andiamo su e giù per l’isola, alla
ricerca di posti nuovi.
-“Io
direi di andare a nord…due tre spiagge stamattina e poi ce ne torniamo, sul tardi di pomeriggio, qua! Che dici?!”-.
E’
buffo, sta girando la cartina geografica delle spiagge, con una mano sola
facendola volteggiare sul tavolo, mentre con l’altra cerca di sostenere
la tazzona di latte.
-“Perfetto,
vado a mettermi il costume e poi andiamo!”-.
Corro in
camera, ma la sua voce mi trattiene.
-“Ah…
Lù, ti dispiace se ho detto
ai milanesi di unirsi a noi?!”-.
Mi volto,
aggrottando le sopracciglia e scuotendo il capo; no che non mi da fastidio,
anzi, quei ragazzi sono un vero divertimento!
Corre voce di una inimicizia fra milanesi e romani, ma chi ha messo in
giro sta cosa qua è un vero ignorante; io sono tre giorni che giro con
questa compagnia e credetemi, me la sto spassando davvero troppo!
Certo capirli
a volte è dura, il loro accento è del tutto
cosa nuova per noi, ma la voglia di ridere e di stare insieme passa
sopra ogni diversità!
-“Sai
che penso tu piaccia a Laura?!”-.
Io ed Ale, siamo rimasti sdraiati sul suo grande asciugamano blu.
Mi sto
divertendo a punzecchiarlo; se pensa che non li ho notati, gli sguardi languidi
che la bella milanese gli ha rivolto, si sbaglia di grosso!
-“Ma
perché, come ti guarda il sedere quel Mauro?!
Giuro, alle volte gli spaccherei la faccia!”-.
-“Ale!!!”-.
Sono
arrossita,poi
ci ho ripensato; ha deviato il discorso, il furbetto!
Lo guardo,
ammiccandogli un sorrisetto.
Lui mi guarda
e arrossendo, si volta dall’altro lato dell’asciugamano.
Ridacchio,
prendendo le cuffie per reimpiantarle bene al loro posto; le mie orecchie!
Le note si
alternano, di cd in cd, senza che neanche me ne
accorgessi ci siamo ritrovati a dovercene tornare a casa.
-“Stasera
vi unite a noi?! Andiamo a ballare!”-.
Guardo Laura,
che guarda Alessandro speranzosa, che a sua volta
guarda me, dubbioso.
-“Ma
sì dai Ale, ci serve una botta di
vita!”-.
Mi fissa ancor
più perplesso, ma si lascia convincere dai generosi sorisetti che Laura
ed io gli rivolgiamo.
*******
-“Non so
come ci sei riuscita convincermi!!!”-.
Ale borbotta, dal bagno.
-“Falla
finita e lasciami libero il bagno! Stasera è la tua occasione per farti
valere…rubacuori!”-.
Rido come una cretina; sto spingendo
Alessandro fra le braccia di un’ altra, questa
storia è finita davvero!
L’eco
della mia risata svanisce in fretta però e lascia nel mio cuore, un assoluta tristezza; sono due giorni che non sento Marco,
abbiamo messaggiato un po’, ma di lui non
c’è più traccia. Silenzio.
Sento
l’impetuosa voglia di chiamarlo, ma Ale esce
dal bagno, tuffandomici dentro di peso, senza avere
il tempo materiale di fare qualsiasi mossa.
Finisco di
prepararmi ed usciamo, ma il pensiero di lui aleggia ancora nella mia testa, mi
avvolge come un aurea.
Piccolo
ringraziamento a minnie19, stavo aggiornando e ho visto la tua recensione;
grazie! ^^
“DILLO
ALLA LUNA”
Chap n. 19
-“Passami
un po’, quel benedetto cd, che ti porti sempre dietro!”-.
Siamo in
macchina, i ragazzi del gruppo, sono a qualche chilometro di distanza dal nostro
residence.
Siamo in netto
anticipo, percorriamo la statale a velocità minima; adoro questa strada,
è l’unica esistente in quest’isola, ma è da mozzare
il fiato visto gli scorci panoramici che ti permette di ammirare.
-“Vasco
Rossi, Ale?!”-.
Lo guardo
attonita, prima di lasciarmi andare in un sospiro.
-“Se te
lo sparerai ventiquattro ore su ventiquattro, un perché ci deve essere!
Molla qua!”-.
Gli lo porgo,
tutta contenta ed entusiasta; non sono mai riuscita ad inculcargli i miei gusti
musicali, sono contenta di questo cambio repentino!
Se gli dico
che sto cominciando ad amare Masini, chissà
cosa penserà; mi farà una statua, visto che lui è un altro
dei suoi fedelissimi seguaci!
“Dillo
alla luna”, track n.22, sul mio cd; parte e
neanche mi rendo conto di quanto sia perfetta questa canzone per me, per noi,
per la situazione in cui devo andarmi a ficcare.
“Guardami in faccia quando ti
parlo, se sei sincera…
Se non mi guardi quando mi parli, non
sei sicura!
La voglio in faccia la verità, e
se sarà dura…la chiamerò SFORTUNA!”
Sfortuna,
fosse solo questione di sfiga.
Se la storia
è naufragata centra poco il destino, ma se vogliamo scappare, sì
diamo colpa a lui…
Tutto a un
tratto mi rabbuio, lui alza il volume dello stereo, eccitato dietro le noti
musicali del mio cantante preferito.
Mi diverte
vederlo così, spensierato.
Chissà
cosa ha pensato, in questi giorni; non abbiamo ancora mai toccato il tema
“noi”, da quando siamo qui, quasi fosse tutto così
implicito.
Butto un
occhiata nella borsetta di paillette, che mi ha regalato Simona; sono alla
ricerca del mio cellulare e quando lo trovo, spero con tutto il cuore che ci
sia un messaggio, qualcosa di suo.
Le mie
aspettative sono deluse, lo rigetto sul fondo della borsa.
Se si aspetta
che faccia io il primo passo, si sbaglia di grosso, il signorino Marco.
Io non muovo
un dito per lui!
Dio che
rabbia!
-“Che
diavolo hai?! Stamattina, sto tipo non ti faceva questo effetto…”-.
Poverino Ale, tenta di capirci qualcosa anche lui.
-“O devo
dedurre che si tratta di altro, eh Lù?!”-.
Lo guardo
meravigliata, cercando a mia volta di dedurre che cosa siano quelle parole,
sottolineate da un sorriso sfuggente.
-“Ah, eccoli là, sono fuori ad aspettarci!”-.
Sfuggo dal
discorso, tenendo il dito proteso in avanti, verso i ragazzi.
Non mi sembra
il posto adatto, ne il momento giusto, per affrontare “quella
discussione”.
Lui se ne
rende conto, lasciando scivolare al conversazione sulla puntualità dei
milanesi.
Quando
entriamo nel locale, veniamo subito travolti dalla marea di gente accalcata in
pista.
-“Siamo
ancora in tempo per scappare…”-.
Sussurro
all’orecchio del mio accompagnatore, scherzando, ma neanche poi tanto;
visto il pessimo umore, non ho molta voglia di casino e confusione.
-“Scherzi?!
Ora viene il bello…”-.
Enigma-Alessandro, l’ho ribattezzato.
Non so a cosa
si riferisce, sta sparando un allusione dopo l’altra, ma qualunque cosa
sia devo dire che fa di lui una persona diversa e…gli fa accettare l’idea
discoteca!!!
Miracolo,
sicuramente un miracolo!
Ci accomodiamo
al tavolo che i ragazzi hanno prenotato per la serata; ceniamo a lume di
candela, tutti e sette, l’atmosfera è calma e rilassata, la
compagnia è ottima, il cibo anche.
-“Ma voi
due cosa siete, fidanzati?!”-.
Ad un certo
punto Flavio, il fratello di Laura, se ne esce con questa sparata.
Sua sorella lo
ha fulminato con lo sguardo, spostando poi l’attenzione su me e Ale.
Ale ha sorriso, io mi sono accodata.
-“No,
siamo…siamo cugini! Sì, cugini di secondo grado, praticamente
amiconi!”-.
Fisso
Alessandro, che energicamente si preme sul petto; il filetto gli è
andato di traverso, ma non appena riesce a riprendersi si lascia andare in una
risata rigogliosa.
-“E i
morosi, non ce l’avete?!”-.
Alessandro ha
borbottato un no, girandosi attento, nella mia direzione; tutti gli uomini del
tavolo, l’hanno emulato.
D’un
tratto mi sento osservata, il volto mi va in fiamme.
-“Ma chi
io?! Per carità, ho già dato!”-.
-“E non
c’è nessuno che ti piace particolarmente?! Presenti inclusi,
ovvio…”-.
Ah! Bastardino questo Flavio, oltre ad avere un odiosa
frangetta bionda che gli ricade sugli occhi è anche piuttosto
stronzetto.
Alessandro lo
folgora con lo sguardo.
Flavio abbassa
il suo sul piatto, rosso come un peperone.
-“Ragazzi
noi andiamo a fare due salti, vi unite a noi?!”-.
Gianluca e
Federica si alzano si insieme, nello stesso preciso momento; sono molto teneri,
stanno insieme da un annetto circa, sono proprio la perfetta coppia pucci-pucci, che va in simbiosi su qualsiasi cosa…il
parlare, il muoversi, il vestirsi persino!
Io scuoto la
testa; è presto per dimenarmi in pista!
-“Noi
usciamo un attimo, proviamo a chiamare i nostri genitori e dopo semmai vi
raggiungiamo!”-.
Gianlu e Fede si avviano.
Flavio e Laura
si alzano dal tavolo ed escono fuori.
-“E tu
Mauro?! Tu non ti unisci a noi?! No…qui tutti si dimenticano di chiedermi
le cose!”-.
Mauro
piuttosto irritato, si alza borbottando, per poi sparire fra la folla danzante.
Io e Ale ci guardiamo, ridacchiando sotto ai baffi.
-“Finalmente
soli…”-.
Annuisco,
smettendo di ridere, di botto.
Alessandro mi
fissa con uno strano sorriso ed ha parlato con una fermezza inaudita.
Ho quasi
paura, sento i brividi corrermi lungo la spina dorsale; ecco, forse questo
è il momento giusto.
-“Insomma
non ce l’hai il moroso, eh Lù?!”-.
Gioca
nervosamente con la forchetta, distesa accanto al piatto vuoto.
-“E’
un gioco dai…”-.
-“Lù non è un gioco, lo sai bene pure te! Non
ci siamo detti nulla in questi giorni, ma a me sembra venuto il momento di
parlare, di toccare il discorso finalmente, perché questo far finta di
nulla mi dilania! E poi mi sembra d’aver capito che vuoi dirmi qualcosa,
anche tu…”-.
Un sorriso
sarcastico si apre sulle mie labbra; ecco a cosa alludeva.
-“Non
fare quella faccia, ti ho sentita parlare al telefono con Simona. Scusami non
volevo, ma è successo…”-.
Deglutisco,
sono irrigidita, non riesco a dire mezza parola.
-“Insomma
che volevi dirmi?!”-.
-“Non
è un facile Ale, non è un discorso
è un pensiero, è…è…”-.
-“E’
che la nostra storia è finita Lù e non
servono tanti giri di parole. Lo sai tu, come lo so io, non c’è
bisogno di aggiungere altro. Godiamoci questi giorni di vacanze che ci restano
e poi amen!”-.
La sua
freddezza mi ha gelato il sangue nelle vene, sento che vorrei urlare,
scoppiare, sento le lacrime pungermi gli occhi.
-“Non
è proprio amen Ale! Non è diamo un
colpo di spugna e via, il mio è solo disagio per una situazione di per
se strana! Cazzo, la nostra storia è
finita…la nostra storia è finita!”-.
Sto delirando,
lui mi prende a se, stringendomi forte.
-“Lo so
piccola, lo so e non pensare che me lo stia facendo scivolare addosso. Io sto
cercando solo di impedire che faccia più male di quel che fa. Io voglio
solo ripartire, ricominciare da capo, magari da qui, magari da amici.”-.
-“Tu non
ci hai mai creduto che saremmo potuti essere amici, un giorno…”-.
-“Le
persone cambiano Lù, le persone
cambiano!”-.
Che altro
dirgli?!
No, non
è vero forse che le persone cambiano?!
A togliermi da
quella situazione di stallo, ci si è messa Laura.
Si è
avvicinata ad Ale, tirandolo per la camicia.
-“Vieni
a ballare?! Su, non farti pregare…”-.
Gli gironzola
intorno come le api sul miele, Alessandro la guarda impacciato.
Si volta verso
me, in cerca di supporto, ma mi limito a sorridergli amorevolmente.
-“E va
bene!”-.
Si alza,
sistemandosi i jeans. Laura emette un gridolino
compiaciuto.
-“T-ti di spiace se vado?!”.
Si china su di
me, sussurrandomi in un orecchio.
-“Sei
scemo?! No, va, va pure!”-.
Li vedo
sparire entrambi, risucchiati dalla coltre umana in movimento.
Laura è
davvero carina, graziosa e simpatica, proprio il tipo ideale per Alessandro;
spero si divertano insieme, almeno più di quanto riesca a divertirmi io,
stasera.
Sembro apatica.
Ma quale botta
di vita pensavo di ottenere, venendo qui?!
Una discoteca,
non è discoteca, senza gli occhi neri di Marco che brillano sotto le
luci dei neon.
Adesso che lo
so, non sto di certo meglio, anzi, mi sento un vero schifo.
Improvvisamente
il caldo e la musica assordante, mi fanno sentire oppressa, soffocata; mi alzo
di scatto dal tavolo, raggiungendo l’uscita in tutta fretta.
Da lontano,
vedo la spiaggia, il mare; non ci penso due volte, mi ci dirigo spedita.
Slaccio i
sandali neri, tenendoli stretti fra le mani; i piedi nudi, affondano nella
sabbia umida, provocando quello sfrigolio tipico, della ghiaia in movimento.
Il cuore
sussulta, fa male, ogni passo di più.
Le lacrime
scendono, calde e copiose, su di una guancia rosa, rosa di trucco.
Intravedo gli
scogli, a picco sull’acqua; ci salgo su, sedendomi scompostamente sopra.
Il trucco
ordinato si è sciolto, formando due righe nere sulle guance; rimmel
colato.
Slego i
capelli raccolti, portando le mani sul viso mi piego, con i gomiti sulle ginocchia.
L’aria
è fresca, odora di salsedine, che si posa delicatamente sulle labbra,
salate e dolci, insieme.
“Se c’è qualcosa che
non ti va…DILLO ALLA LUNA!
Può darsi porti fortuna! DILLO
ALLA LUNA!”
Sento le note
della canzone entrarmi dentro, ronzarmi nella testa.
Alzo gli occhi
al cielo, la luna è sempre al solito posto.
E’ una
palla argentata, incastonata in un cielo tenebroso, buio.
“Tu…tu
lo sai dov’è Marco?! Tu, tu vedi tutto da lassù, tu sai
dov’è Marco!
A me lui
manca, manca da impazzire e tu che stai là, magari riderai
di me, riderai degli uomini, che imploranti ti
vengono incontro, chiedendoti l’amore…”
Sto
vaneggiando, ma lui dov’è?! Io non lo sento.
Non sento il
suo respiro.
Non ho le sue
mani, il suo sorriso.
Non ho niente
di lui, solo il suo silenzio.
Io sono
sciocca e con me, il mio stupido orgoglio, che come una cappa copre tutto
ciò che di bello, ho dentro.
-“Basta!
Ora lo chiamo!”
Mi alzo di
scatto, il pugno proteso al cielo.
-“Chi
chiami?!”-.
Una voce
arriva dietro alle spalle.
-“Aiuto!!!”-.
Mi volto. Flavio, Flavio e la sua maledetta frangetta. “Cretino! Mi hai
fatto prendere un infarto! Ma si spunta fuori così?! Oh Dio…ho tre
anni di meno!!!”-.
-“Scusa,
io stavo qui da mezzora, sei tu che non mi hai visto!”-.
-“Mezzora?!
Hai sentito tutto…noooo! Ma…ma che ci fai
nascosto dietro agli scogli?! Eh?!”-.
Lo guardo,
perplessa e incuriosita; puzza di alcool e ha gli occhi lucidi.
-“Vedi?!
Qui il cellulare prende una tacca in più…”-.
Si sporge un
po’ per mostrarmi l’ingente miracolo, ma nel farlo, perde
l’equilibrio e per poco non sbatte il musetto contro la pietra, dura.
Sbotto a
ridere, che cretino, davvero!
-“Sì
e quello?! Ti fa compagnia?!”-.
Indico la
bottiglia di vino, che stringe fra le mani.
-“Eimbè?! Non si può?! E’ reato?!”-.
-“No
anzi, offri!”-.
Non gli lascio
il tempo di rispondere, glie la sfilo fra le mani con velocità
improbabile, ingerendo il primo sorso.
-“Depressa
anche tu?!”-.
Mi tira una
gomitata su un fianco, riprendendosi la bottiglia.
-“Sì…”-.
-“Tu perché?!”-.
Lo guardo
accigliata, gli tolgo nuovamente la bottiglia e rispondo.
-“Per
dimenticare Fla, per dimenticare! Tu?!”-.
Giù un altro sorso.
-“Mia
sorella è una rompipalle, mi controlla su tutto, ed io glie lo faccio
apposta!”-.
Stavolta glie
la passo io la bottiglia. Ne ha bisogno.
-“Oh…ohhh vacci piano!”-. Gli urlo in un orecchio.
-“Senti
chi parla, quella brilla di suo che parla con la Luna!!!Dio si può
essere così fuori!”-.
Ride come un
forsennato, io arrossisco ma mi riprendo subito.
-“Senti
uomo frangetta non rompere e passa qua!”-.
-“Tieni acidella!”-.
No, acidella no!
Il solo sentir
pronunciare quella parola, mi fa ricadere in mare di lacrime.
-“Stronzo…”-.
-“Oddio
scusa, non pensavo te la prendessi così! Mi dispiace, non piangere!”-.
Mi viene
vicino, abbracciandomi.
-“Non
tu…Marco!!!”-.
-“Chi
è Marco?!”-.
-“Uno stronzo, che mi chiama così…sigh, sigh!!!”-.
-“Maledetto!
Gli uomini sono dei bastardi, ma non ti preoccupare
passerà…”-.
Mi giro verso
i suoi occhi; oh mamma, non resisto, non ce la faccio più…scoppio
a ridere in una risata sguaiata e rumorosa.
Restiamo
ancora un po’ accoccolati a ridere e scolarci ciò che resta, nella
bottiglia semi vuota.
A rompere le nostre risate,
sono quei due guastafeste di Alessandro e Laura; non ho capito gran che di
ciò che hanno blaterato, ma ricordo benissimo le facce che hanno fatto.
Erano bianchi come cenci,
divertiti anche loro, seppur non volessero ammetterlo.
-“Su ragazzi, la vera
festa è qui!!!”-.
Urlo, ai due sventurati.
-“Yuhuhhuhuh”-.
Flavio mi da man forte.
-“Ma sono ubriachi?!”-.
-“Sì, a quanto
pare…”-.
Alessandro mi si avvicina, gli punto il dito contro.
-“Ubriachi, non
usiamo certi paroloni. Siamo brilli! Vero Fla?!”-.
Flavio risponde di
sì con la testa, poi mi si avvicina anche lui e comincia a ridere.
-“Appena-appenaLù!!!”-.
Ale scuote la testa, mi prende in braccio, caricandomi come un sacco.
-“Va bene, forse
è il caso che noi due ritorniamo al residence, signorina!”-.
-“Ale, mettimi giù! Flavioooo digli qualcosa!”-.
-“Qualcosa!”-.
Scuoto la testa.
–“E’ proprio ubriaco!”-.
-“Ce ne torniamo
giù anche noi, andiamo Fla!”-.
Laura ha preso il fratello
per un braccio, guardandolo con tutto l’odio che potesse avere in corpo.
-“Ale?! Ale
mi vuoi bene?!”-.
-“Guarda che chiamo
Marco e gli dico che lo stai tradendo con tuo cugino, eh?! Stai attenta romana!”-.
-“Zitto tu, uomo
frangetta!”-.
-“E’ meglio
andare, a domani Laura, ciao uomo frangetta!”-.
Alessandro si è
incamminato verso l’auto, sempre con la mia dolce mole sulle spalle.
-“Ale, se non mi metti giù credo che
combinerò un bel casino! Tutto questo dondolare è
conciliante!”-.
Mi ha guardato serio, prima
di minacciarmi di morte se gli avessi
rigurgitato l’intera cena, sulla sua bella camicia di seta
nera.
Dolcemente, mi ha posato in terra e una volta arrivati alla
macchina, mi ha aperto la portiera, facendomi accomodare.
-“Ma che ti è
saltato in testa, si può sapere?!”-.
Ecco la paternale in
arrivo; la stavo aspettando, mi domandavo come mai non mi avesse ancora cazziata.
-“Mah non lo so Ale, si stava facendo due
chiacchiere, poi è spuntato fuori il vino, un goccio di qua un goccio di
là e via che si è arrivati fin qua!”-.
-“Lù ma come diamine parli?! Ti prego torna in te!”-.
Si è messo a ridere,
ha acceso il motore ed è partito.
Mi ha tirato giù il
sedile, sistemandomi la cintura; non sembrava arrabbiato, anzi, probabilmente
non era abituato a vedermi in situazioni del genere, ma la piccola e ingenua Luanina che conosceva si era
andata a fare un bel viaggetto.
Ironia a parte, ovvio.
-“Ale prendile piano queste curve, ti prego! Qua gira
tutto!!!”-.
-“Sì
scusa!”-.
-“Ale?!”-.
-“Sì?”-.
-“Come avete fatto a
trovarci?!”-.
-“Tu forse non hai
idea del casino che stavate facendo tu e frangetta! Che poi, scommetto lo hai
ribattezzato tu così quel poveretto!”-.
Ho sorriso, annuendo con la
testa.
No a dire il vero non mi
ero resa conto della dinamica della confusione creata da me e Flavio.
Non mi sono resa conto di
altro, da quel momento in poi; ho chiuso i miei occhioni scuri, facendomi dondolare dal dolce
cullare, dell’ automobile.
Quando ho riaperto gli
occhi, ero nuovamente fra le braccia di Ale
che piano, mi stava mettendo a letto.
-“Ale, non andare, dormi qui stanotte…”-.
Mi ha guardata intensamente
negli occhi, uno sguardo che non dimenticherò mai, MAI.
-“Non posso dormire
qui con te; domani quando ti sveglierai non ricorderai più nulla, ed io
non voglio prendermi un sonoro ceffone per questo!”-.
-“Giuro che
ricorderò tutto, sul mio onore! Dai è solo perché questa
vacanza sta finendo, ed ora che abbiamo risolto le questioni più
delicate, possiamo comportarci normalmente! Su, non farti pregare!”-.
Ha corrucciato un po’
la fronte, prima di lasciarsi andare in un dolce sì.
Ci siamo messi entrambi
sotto le coperte, tirate fin sopra al naso.
-“Mi dispiace per
come è andata stasera, dico davvero!”-.
Mi sono voltata su un
fianco, nella sua direzione.
-“Sai Lù, la cosa più
strana è stata vedere te in una situazione talmente buffa e divertente,
quanto strana per me, che sono abituato a vederti ancora come la timida
ragazzina di diciassette anni!”-.
Gli ho sorriso,
accarezzandogli una guancia.
-“Sì
perché vedere te, mano nella mano, con un’altra è stato
semplice?! Io penso che non
ci abitueremo mai a questo cambiamento…”-.
-“Può darsi,
come può darsi invece che un giorno, chi lo sa…”-.
-“Torneremo insieme?!”-.
-“Sì.”-.
-“Ho creduto per
troppi anni alla storia delle anime gemelle, che anche a distanza di tempo si
ritrovano; non voglio essere brutale, può darsi tu sia la mia, ma
ciò che conta adesso è il presente e il presente non ci vede
insieme.”-.
-“Tu non hai mai
creduto alle anime gemelle, il tempo non potrà che dividerci.”-.
Si è alzato,
avvicinandosi al mio volto; piano ha accarezzato la mia guancia, con le sue
mani forti e grandi.
-“Le persone cambiano
Ale, le persone
cambiano.”-.
Mi ha sorriso, stampandomi
un bacio sulla fronte.
-“Adesso dormiamo, ti
voglio bene Lù,
sì io ti voglio bene.”-.
L’ho guardato a mia
volta negli occhi, sorridendogli.
-“Buonanotte Ale.”-.
-“Notte anche a
te.”-.
Ce n’è voluta per prendere sonno
quella notte; avevo il cuore in tumulto, soprafatto dalle migliaia di
sensazioni ed emozioni che ero riuscita a fargli provare, da quasi un mese a
quella parte.
Era come se quelle emozioni
fossero improvvisamente trasudate dalla pelle, per sfuggire libere,
nell’aria.
Ne ero felice di questa
cosa, amavo sentirmi viva, sentire il cuore battere nel petto.
Ma cosa volesse significare tutta quell’ansia ed emozione, proprio non
l’ho mai scoperto.
Neanche quella sera,
riuscii a chiamare Marco; mi odiai per quello, ma la sbronza e poi la corsa
repentina a casa,
mi avevano fatto completamente dimenticare la realtà.
Probabilmente restai
sveglia anche per quel motivo; il suo pensiero ossessionante mi teneva vigile.
Ma dovevo chiamarlo, dovevo
sentirlo assolutamente.
Per
Minnie19: tranqui cara, il futuro di Luana si chiama Marco, solo
entrambi dovranno fare spesso i conti con un orgoglio dispettoso che spesso
(molto spesso^^) li farà soffrire, tenendoli lontano, in qualche modo!
Ma alla fine,
quando verrà vinto, li vedrà unire. Per
sempre.
-“Ahia! Che mal di testa!!!”-.
Fuori è
giorno, mi sono da poco alzata dal letto; sto ciondolando per la stanza, alla
ricerca delle pantofole.
Alessandro
sonnecchia beato, cerco di fare piano, ma non appena metto il naso fuori dalla stanza, finisco per urtare contro qualcosa di
voluminoso e ingombrante.
Una sedia.
-“Ahiaaaaa!!!”-. Il mio urlo, riecheggia per tutto
l’isolato.
-“Ma
buongiorno Luana! Dolce risveglio, vero?!”-. Alessandro
mi arriva alle spalle.
-“Che
fai, mi prendi in giro?!”-.
Sto
saltellando su un piede solo, ma il dolore è davvero insopportabile.
-“Vieni,
siediti qui. Evita di strillare e soprattutto di rompere qualche cosa!”-.
-“’Cavolo
è successo ieri sera?!”-.
Mi accomodo
sul divano del soggiorno; più che altro, mi ci butto su a peso morto.
-“Ti sei
ubriacata. Con Flavio!”-.
-“No…non
mi dire?! Con quello scemo?!”-.
-“Ah,
perché solitamente con chi ti ubriachi?! Ma
poi, hai preso a bere, anche?!”-.
-“Non
sono dell’alcolisti anonimi.
Tranquillo!”-.
Alessandro
è troppo buffo, mi sta guardando con sincera faccia di
preoccupazione, incerto o no, se dar peso alle mie parole.
-“Fidati!
Aiuto, la testa mi scoppia!”-.
-“Lo
credo bene, vi siete scolati un intera bottiglia di
vino tu e quell’ altro scemo. Tieni, prendi
questa e mangia qualcosa.”-.
Ha tirato fuori dal frigorifero un vasetto di yogurt alla fragola,
accompagnandolo ad una compressa.
-“Grazie
papà…”-.
-“Mi hai
promosso a grado di papà?! Ero rimasto che fossi tuo cugino…”-.
-“No…l’ho
detta sul serio questa cosa?! Pensavo d’aver
sognato uffa…”-.
Ha fatto
spallucce, girandosi verso i fornelli.
-“Ma
insomma?! Chi è Marco?!”-.
Si gira, con fare serio.
-“Eh?!”-.
A momenti
ingoio il vasetto dello yogurt, con tutto il cucchiaino!!!
-“Frangetta
ha nominato questo Marco…”-.
-“Ah
ecco, ora si spiega tutto. Era ubriaco come una zucchina, capace che stesse delirando, sì-sì…”-.
Cerco di auto
convincerlo. Cerco di auto convincermi.
Mi giro,
cercando di trattenere una risata nevrotica; lui mi sta guardando.
Se becco
Flavio, gli taglio tutta la frangetta. Senza
pietà!
-“Ah, tu
dici?!”-.
Si è
accorto del mio nervosismo, mi si è seduto accanto; posso sentire il suo
respiro nitido, sul mio collo.
-“Sì…”-.
Mi giro piano,
tenendo il viso abbassato sul pavimento.
Provo un
fortissimo imbarazzo, ora come ora non saprei proprio cosa dirgli.
Lui se ne
infischia, anzi, mi tira su il volto, portando i miei occhi verso i suoi.
-“Sicura?!”-.
-“Dai Ale, smettila…”-. Volgo lo sguardo altrove,
scansando infastidita le sue mani.
-“Va
bene, non vuoi dirmelo! Non c’è niente di male visto che non
stiamo più insieme, ma ti rispetto!”-.
-“Io non
ti ho chiesto nulla di Laura…”-.
Lo guardo
ridendo. Lo sto sfidando.
Lui sorride,
inumidendosi le labbra.
-“Sei la
solita paracula! Comunque fagli i miei complimenti,
ha scelto proprio bene.”-.
Si porta la
tazza alle labbra, cominciando a gustare la sua colazione; mi alzo dal divano,
recandomi in camera da letto.
-“Ah,
per tua informazione, fra me e Laura non c’è nulla!!!”-.
Mi urla
dietro.
-“Sì-sì, come no…”-. Ribatto io.
Mi stendo sul
letto, a dirla tutta non ho proprio voglia di andarmene in giro per spiagge,
stamattina.
-“Dai,
non fare la musona, esci che c’è un sole stupendo oggi! Se ti va,
restiamo in spiaggia da noi!”-.
-“Vai
avanti tu, ti raggiungo dopo!”-.
-“Come
vuoi, a dopo!”-.
Appena sento
la porta chiudersi, mi butto sul borsone, poggiato accanto al letto; afferro il
cellulare, non ce la faccio, devo scrivergli un messaggio, qualcosa.
L’orgoglio,
non può vincere.
“Hola straniero! Dove sei, cosa combini di bello?! Mi manchi tanto, qua è tutto fantastico, ma se ci
fossi stato tu, sarebbe stata tutta un’altra cosa, sicuro! Fatti sentire,
bacio!”
Spedisco l’sms e rimetto il telefono
al suo posto.
Dopo pochi
minuti, squilla istericamente.
E’
Marco. E’ MARCO!!!!!
-“Pronto
ciccetto?!”-.
La mia voce
è tremante, sono emozionata!
-“Chicca,
tutto bene?! Ma che fine hai fatto?!
Ti hanno sotterrato il cellulare, per caso?!”-.
-“Scemo!!! No è che qui il cell
non prende mai e poi se voglio chiamarti c’è sempre un
contrattempo di mezzo a rompere!”-.
-“Sì-sì, tutte scuse. Brava…”-.
-“Beh?!
Tu non potevi chiamarmi?!”-.
-“Ma se
ti ho sempre chiamato io…volevo vedere se ti saresti fatta sentire un
po’ anche tu!”-.
-“E
queste?! Non me le chiami
scuse, signor vago?!”-.
-“Dai scemetta! Insomma, che combini laggiù?! Ti stai divertendo?!”-.
-“Da
morire, ieri mi sono ubriacata! Con un milanese!!!”-.
-“Tu sei
matta chicca e dicono di me!”-.
-“No, ai
tuoi livelli non ci sono arrivata! Gli altri, come stanno?!”-.
-“Al
solito, alla rotonda non si racconta niente di nuovo! Ma tu, a parte
socializzare con i matti e ubriacarti, stai facendo la brava?!”-.
-“Sì…e
tu?!”-.
-“Anche.
Ora devo lasciarti chicca, sto lavorando in piscina, sai?!Vabè poi quando torni ti spiego
meglio!”-.
-“Certo,
un bacio ciccino!”-.
-“Un bacio bella!”-.
Ahhh, mi sembra di volare…ORA
Sì, CHE MI SENTO MEGLIO!
Dopo averlo
sentito, posso affermare con certezza che va tutto bene. Alla grande!
Eccitata e
contenta come una pipetta, mi vesto di fretta, prendo le mie cose e corro in
spiaggia.
Arrivata
lì, getto le mie cose sotto il nostro ombrellone e mi avvio in acqua; ci
sono già tutti, intenti a giocare a qualcosa di molto simile alla
pallavolo.
-“Largo!!! Arriva la sirenetta!!!”-.
Mi tuffo fra
loro, alzando una marea di schizzi d’acqua.
-“Ma che
hai fatto stamattina?!”-.
Mauro mi fissa
un po’ spaventato.
-“Sono
felice, ciccio!”-.
-“Sarà
riuscita a chiamare Marco!”-.
L’uomo
frangetta vuole morire.
Gli salto
addosso, tentando di affogarlo; nulla mi fa desistere da questa idea
meravigliosa, neanche le sue lamentele pietose.
Gli altri si
accodano a me.
La missione
del giorno è…AMMAZZA L’UOMO
FRANGETTA.
Capitolo 22 *** Ciò che un viaggio, può lasciarti ***
Una dolce estate movimenta
Una
dolce estate movimenta
“CIO’
CHE UN VIAGGIO, PUO’ LASCIARTI”
Chap
n.22
-“Dai
che senza frangetta stai meglio!”-.
Da Pino il barbiere.
Immaginate che
scenetta esilarante, siamo tutti in piedi, di fronte alla sedia sulla quale
Flavio è stato “volontariamente”
spinto.
Ebbene
sì, lo abbiamo “convinto” se così si può dire,
a tagliarsi i capelli.
-“Ma voi
non capite. La frangetta è house. E’ fashion. E’
stile!”-.
-“Oh
mamma, questo ha ingoiato un glossario di moda…”-.
Mi sbatto una
mano sulla fronte, incrociando lo sguardo di Alessandro, totalmente divertito.
-“Allora,
devo tagliare o no?!”-.
Il barbiere si
rivolge a noi spazientito; ormai ha perso anch’egli le speranze di
ottenere una risposta convincente, dal povero ragazzo, che come una foglia,
trema al di sotto del suo rasoio.
-“Tagli
tutto!!!”-.
Laura si
lascia andare in uno sfogo liberatorio. Sembra proprio soddisfatta.
Il povero uomo
frangetta non può che annuire, mugolando qualcosa di molto simile ad un
vagito di bebè.
-“Una
scommessa è una scommessa. Ho perso, quindi devo pagare. Tagli
tutto!”-.
Lo guardiamo
tutti esterrefatti e anche vagamente compiaciuti, d’averlo letteralmente
distrutto, moralmente e fisicamente, l’altro giorno in spiaggia.
L’uomo
con le forbici in mano, comincia con precisione e attenzione, a far svolazzare
ciocche bionde dinnanzi ai nostri occhi e sfortunatamente, dinnanzi agli occhi
semi-lucidi, di Flavio.
Dopo circa una
decina di minuti, l’uomo frangetta, diventa l’ex uomo frangetta.
Io lo guardo
soddisfatta, anche piuttosto inorgoglita del risultato ottenuto.
Il poveretto,
si è sparato un taglio corto, con tanto di sfumature, adornato da un
ciuffo scomposto inumidito da qualche goccia di gel.
E’
perfetto.
Sembra anche
più umano, ora e ora che lo guardo bene, anche più carino!
Laura ha le
lacrime agli occhi.
Mauro si
stropiccia gli occhi.
Gialu e
Fede…bè Gianlu e Fede stanno facendo di tutto, tratte che
adoperando gli occhi…
Alessandro mi
guarda, alzandomi il pollice in segno di approvazione.
-“Ma
guardati un po’?! Sei davvero carino
così! Guardati!”-.
Gli saltello intorno tutta eccitata.
Lui si fissa
un po’ nello specchio, si tocca le punte dei
capelli arruffandoli un po’ e poi mi guarda.
-“Romà,
c’avevi ragione te. Sti capelli so da pauuuura!”-.
-“E bravo frangetta, oltre al capello nuovo, pure la pronuncia
romana ti è venuta perfetta!”-.
Gli faccio
l’occhiolino, poi tutti insieme ci dirigiamo
all’uscita.
Oggi giornata
di shopping; siamo andati a Porto Cervo, con la seria intenzione di gettare via
gli ultimi euro rimastici.
-“Voglio
tornare a casa con le tasche vuote! Questo viaggio deve lasciarmi parecchi
ricordi!”-.
Affermo, tutta
fiera.
Ci siamo
fermati a prendere un gelato sulla piazza che affaccia sul porto; questa
città è davvero ciò che più di lussurioso, abbia
mai immaginato.
Da lontano gli
yacht sono parcheggiati ordinatamente, l’uno di fianco all’altro,
ben allineati; sui pontili si intravedono le facce dei proprietari, abbronzate
e tirate a lucido proprio come quelle barche!
Sospiro,
immaginando per un secondo se la mia vita fosse fatta di lustrini e diamanti,
ville e il porche parcheggiato in giardino.
-“A me
ne lascerà pochi; non ho più i capelli!”-.
Flavio
interrompe i miei sogni, con le sue solite lamentele; è proprio un
ragazzino!
Tiro su un sorso
di frullato e mi rituffo nei miei bei sogni di gloria.
-“A me
lascerà il numero di una bionda esplosiva che ho conosciuto
l’altra sera in discoteca!”-.
Mauro ride fra
se e se, compiaciuto e sicuro, mentre noi tutti lo prendiamo in giro.
-“E a te
Ale?! A te cosa lascerà questo viaggio?!”-.
Laura. Laura e
la sua cotta abissale.
-“Un
conto in rosso e…nuove amicizie.”-.
Guarda la
ragazza negli occhi mentre parla, poi si gira verso
me, cercando sicurezza, quella sicurezza che ormai sono conscia anche io di
avere; io e Alessandro saremo comunque ottimi amici.
-“Che ne
dite di continuare il giro per i negozi?!”-.
Federica si
scolla da Gianluca annuendo decisamente favorevole.
-“Sì,
sì voglio comprare qualcosa di carino per il mio Gianlu…”-.
-“Ah! Ma
allora la lingua la usi anche per parlare, eh?!”-.
Flavio la
prende in giro.
-“Bè,
dovrà pur riprendere fiato questa poveretta!”-.
Ribatto io,
alzandomi e portandomela sotto braccio.
Ci alziamo dal
tavolo, mi fisso a guardarli tutti lì, davanti a me, per un attimo ho
una fitta di tristezza; il viaggio sta per concludersi, vedo le immagini al
rallentatore di giornate passate in maniera meravigliosa.
Pensare,
pensare che cosa ne avrei voluto fare di questo viaggio; cancellarlo, buttarlo
nella pattumiera e con lui, anche la speranza di compierlo.
Ora sono qui,
sono qui che a momenti provo nostalgia per ciò che in realtà
è stato.
Un bel
viaggio.
-“A che
ora avete detto che partirete?!”-.
Mauro ci ferma
davanti al nostro residence, senza prima però scambiare altre due
chiacchiere.
-“Abbiamo
la nave a mezzogiorno, quindi calcola una ventina di minuti prima dovremo stare
in porto. Perché?!”-.
Ale gli
risponde preciso e corretto, come sempre del resto.
-“Sì
perché?!”-.
Mi intrometto
nei loro discorsi, piuttosto incuriosita da ciò che bolle in pentola.
E più
che altro nella zucca di Mauro. Ammesso che ne abbia una,
ovvio!
-“Potremmo
organizzare una cenetta, magari giù da noi, per salutarci! Che ne dite?!”-.
Laura lo
guarda estasiata.
-“Ma
certo! Grande idea la tua! Così stiamo insieme, ancora un altro
po’!”-.
Gli sguardi
sornioni che ci siamo rivolti io e Flavio, appena la
sorella ha finito di parlare, sono del tutto incommentabili.
-“Già,
buona idea la tua Mauretto! Ma allora la materia
grigia ce l’hai anche
tu…bravo-bravo!”-.
Mi guarda
cattivo, poi sorride.
Ci salutiamo
scendendo dalla macchina, io e il mio cuginetto acquisito ci avviamo verso
casa.
-“Peccato
siamo agli sgoccioli, eh?!”-.
Mi fa
Alessandro, appena messo piede in casa.
-“Già,
cominciavo ad ambientarmi, a stare bene! Sempre così, quando ti ambienti
è già ora di ritornare!”-.
Mi ha sorriso
felice.
Probabilmente
non se lo sarebbe aspettato neanche lui, l’evoluzione di questo viaggio.
In tutti i
sensi possibili ed immaginabili.
Questo viaggio
ci ha diviso è vero, ma questo viaggio
c’ha fatto rinascere sotto nuove spoglie e come ogni buon insegnamento
che si rispetti, cercherò di portarlo con me per il resto della vita.
Grazie a tutte
quelle persone che hanno lasciato un commentino!
Michelle: sei sempre la meglio! ^^
Damynex: non devi ASSOLUTAMENTE scusarti, sono contenta comunque
che tu abbia dedicato una parte del tuo tempo a questa mia ficcy!
^_-
Minnie19: divertente la missione del giorno,
vero?! Poverino, non mi ci far pensare…povero
uomo frangetta!
Buon anno a
tutte!
1kiss
LuNaDrEaMy
“I
SALUTI”
Chap n.23
-“Ma
tutta quella roba ti entra in valigia?!”-.
-“Lo
spero!”-.
Io e Ale, stiamo sistemando i bagagli; non posso credere che
questa vacanza mi abbia riempito il cuore e la valigia d’immenso.
Domani
torneremo a Roma, domani varcherò la soglia di casa, della vita che ho
lasciato ad aspettarmi; lo farò come un guerriero che torna dopo la
battaglia, con cicatrici e dolori, ma con la voglia di rituffarsi in una
normalità che da tempo ormai, non lo appartiene.
Ho voglia di
raccontare la mia storia, ho voglia di far vivere al mondo le emozioni che
provo dentro; questa sarà anche l’estate più strana della
mia vita, la più incasinata, ma spero non finisca mai, non muoia mai.
Ogni singolo
minuto, ogni attimo passato, vive in me e nei miei ricordi come traccia
indelebile di qualcosa di magnifico che spero non mi abbandoni mai, mai.
Ma le cose
belle si sa, finiscono sempre, prima o poi.
-“E con
questa…”-. Ale chiude la sua valigia,
alzandola dal letto e riponendola affianco alla porta di casa
–“abbiamo finito! Tu che a punto stai?!”-.
Mi guarda, uno
sguardo enigmatico; non se lo spiega neanche lui, del perché sono tre
ore e un quarto che giro e rigiro una maglietta fra le mani.
-“Guarda
che quella è già bella che piegata!”-.
Allunga le
braccia verso me, togliendomi l’indumento di mano.
Abbasso lo
sguardo sulla mia valigia e sulla maglietta per scoppiare in una risatina,
alquanto imbarazzata.
-“Già…facciamo
una pausa?! Sono sfinita!!!”-.
-“Tu va
pure a sdraiarti, qui finisco io!”-.
-“Ma non
mi sembra giusto dai…”-.
-“Va, va
e non fare storie!”-.
-“Grazie,
sei un tesoro!”-
Lo abbraccio, stampandogli
un bacio sulla guancia.
Corro dritta a
stendermi sul divano, sono sfinita, stanca e pensierosa.
Ho una voglia
matta di sentire Marco, nonostante stia bene qui, lui è il pensiero
più frequente, ciò che fra le mille cose che occupano la mia testa,
vale un momento tutto suo.
Prendo il
cellulare fra le mani, ci gioco un po’, prima di comporre il suo numero.
Non risponde;
sono le sei di pomeriggio, non riesco a capire cosa stia facendo di così
urgente, da non poter rispondere.
Ripongo il
telefono al suo posto, abbandonando la testa in mezzo al cuscino.
Il viso
affonda in quella stoffa morbida, soffocato da un piacevolissimo calore; penso
ancora un po’, poi gli occhi si chiudono, il sonno prende il sopravento.
*******
-“Ben
svegliata, dormigliona!”-.
Ho aperto gli
occhi, sul mondo; Alessandro vaga per casa, con la camicia semi aperta, il
capello appena-appena ingelatinato e la scia di quel
suo profumo forte.
-“Oh
mamma, ma quanto ho dormito?! E che ore sono?!”-.
Mi si
avvicina, sedendosi sul divano.
-“ Tre
ore di filato! Sono le nove…ti ho lasciato il bagno libero, così
puoi impiastricciarti per tutto il tempo che vorrai!”-.
Mi stampa un
bacio sulla fronte, arruffandomi i capelli, per poi alzarsi e dirigersi in
camera da letto.
Mi alzo in
piedi anche io, stropicciandomi gli occhi.
Uno sbadiglio
chiude il tutto.
Raggiungo
Alessandro in camera, prendo qualche vestito dalla valigia e corro in bagno;
passo davanti allo specchio, notando il trucco disfatto e delle occhiaie
pesanti, incorniciare i miei grandi occhi scuri.
Tiro su i
capelli con un mollettone, e mi sciacquo abbondantemente il viso, prima di
partire con il “restauro”.
Ci impiego
circa un venti minuti, prima di uscire dal bagno,
bella e pronta.
-“Sei
una fata…”-.
Ale rimane basito, quando gli passo di fronte.
I capelli
ricadono in morbidi riccioli sulle spalle, proprio come piacciono a lui; fra i
capelli scintillano delle mollettine luccicanti a
forma di farfalla e il trucco variopinto sulle palpebre dona luminosità
ad uno sguardo vivace.
Come vorrei
che Marco potesse vedermi. Come vorrei che fosse qui con me.
-“Grazie
caro, anche tu sei molto bello!”-.
Allaccio la
fibbia sul collo del top nero, prendo la mia borsetta e il cellulare, ed
usciamo di casa.
Arriviamo al
residence dei ragazzi, dopo circa un quarto d’ora.
Ci apre la
porta una Laura contenta ed eccitata.
-“Buonasera
gente! Si mangia?! Sto morendo di fame!”-.
Esordisco,
provvedendo a parcheggiarmi sul divano della sala.
-“Ma
possibile che voi romani pensate solo a mangiare?!”-.
Flavio sbuca fuori dalla cucina, con una tovaglia in mano.
-“Tesoro
a pancia piena si ragiona meglio e poi mangiare è salute! Non come te,
che sei radico come un fuscello!”-.
Si guarda un
attimo allo specchio, incerto o no delle mie parole, poi si rigira e mi tira la
tovaglia addosso.
-“Non
sono poi così male!”-.
Mi fa la
linguaccia e ritorna in cucina.
-“Sempre
a farvi i dispetti voi due, eh?!”-.
Mauro esce dal
bagno, unendosi a noi.
-“Sai
com’è, uno pensa di non avere più una frangetta e per questo
di poter dire quello che vuole…”-.
Ridacchio,
Flavio ritorna in sala con un mestolo in mano e lo sguardo minaccioso.
-“Romana,
l’hai voluto tu!”-.
Comincia a
inseguirmi per tutta la stanza, puntando l’arnese come un
arma.
-“Scusate…scusate!!!”-.
Sgattaiolo da
una parte all’altra, passando fra le coppiette della casa.
Laura si
è appollaiata fra le braccia di Alessandro, Gianluca e Federica giocano alla play station.
-“Basta Fla, ho un età e i polmoni
non reggono!”-.
Mi sono
buttata di peso, sul suo letto morbido.
-“Ti
risparmio solo perchè sei simpatica!”-.
Esce dalla
stanza per poi tornare, senza mestolo.
Ci mettiamo un
po’ a parlare delle nostre vite incasinate e scopro con piacere che
è un ragazzo davvero adorabile; mi ha raccontato del grande amore della
sua vita, l’inter, e del suo amore vero, quello
che lo fa soffrire da una vita, Laura.
Laura è
una ragazza che conosce dai tempi dei pannolini e biberon, ne è
innamorato perso ma lei non ne vuole sapere nulla di
lui, lo vede solamente come un amico.
Poverino, ne
è davvero cotto, mi ha fatto leggere le lettere che gli ha scritto,
vedere le foto che ha con lei e un mucchio di cose, che lo tengono legato a
questa ragazza.
Ho provato un
po’ di invidia, in un certo senso; Laura non sa quanto è fortunata.
Capita una
volta nella vita, di trovare un ragazzo così innamorato, così
dolce e seriamente coinvolto.
Ma vabè, a ognuno la propria croce!
-“Flà, la vuoi sapere una cosa?!”-.
-“Sì,
dimmi-dimmi!”-.
-“Secondo
me, se gli ritorni a Milano con questi capelli, ti si sposa! Certo per l’inter…per quello non possiamo fare molto. Fattelo
dire: la tua squadra è uno schifo!”-.
Mi fulmina con
lo sguardo, ma dura poco, sorride al pensiero di Laura e dei capelli.
-“A
parte gli scherzi, la vuoi sapere una cosa seria?!”-.
-“Dimmi…”-.
-“Io e Alessandro non siamo cugini. Lui è il mio ex
ragazzo. Quel ragazzo di cui ti parlavo…”-.
-“Romana,
dici sul serio?!”-.
-“Sì.”-.
-“Non ci
posso credere, sembrate davvero cugini, cioè si nota un certo feeling
particolare, ma non c’ero arrivato sai?!”-.
-“Simo molto legati sì, ma la nostra storia è
finita ormai!”-.
Mi guarda
curioso e attento, i suoi occhi verdi si aprono e si chiudono insieme ai miei.
-“Stai
soffrendo per lui?!”-.
-“Adesso
di meno, ma la storia del viaggio e poi Marco…insomma non è
facile!”-.
Annuisce, poi
prende fiato, distendendosi ancora di più vicino a me.
-“Perché
non mi racconti come hai conosciuto Marco?!”-.
Lo guardo,
sono felice che me lo abbia chiesto. Vale la pena raccontarlo…
-“Allora
tutto è cominciato una sera di giugno quando…”-.
Rivivere la
storia del nostro incontro, minuto per minuto, mi ha fatto emozionare,
più di una volta.
Ho asciugato
lacrime dorate, lacrime della felicità.
Piangere per
lui mi fa capire ancora di più quanto lo voglio, quanto desidero stare
con lui.
Starci
insieme. Essere la SUA
ragazza.
-“Romana
è davvero una bella storia! Mi raccomando, quando torni a Roma, corri da
lui…”-.
-“Lo
farò, a braccia aperte!”-.
Mi accuccio su
me stessa, lui mi prende a se abbracciandomi forte.
-“Sei
una cara ragazza, mi sono affezionato a te!”-.
Alzo la testa,
incrociando il suo sguardo, tenero e affettuoso.
-“Anche
io! Magari ci teniamo in contatto, così ci aggiorniamo sulle nostre
sfighe amorose!”-.
Ride, prende
il mio cellulare salvandoci su il suo numero.
Dopo un
po’, di coccole e chiacchiere, raggiungiamo gli altri in sala.
La cenetta
è stato davvero un bel momento; abbiamo riso e scherzato, come va avanti
da sette giorni, fra noi.
Un piccolo
filo di malinconia si fa preda della situazione, ma bastano le battute di Mauro
e Flavio per far tornare il sorriso sulle labbra a tutti.
All’ una
circa, ci salutiamo, fra promesse, qualche lacrima, numeri di cellulari che
volano a destra e sinistra e la solita allegria, di un gruppo di ragazzi che si
sono conosciuti in vacanza.
La sveglia del
telefonino di Alessandro, irrompe nella quiete di una stanza addormentata.
Apro gli occhi
per prima, lui mi è accanto, piegato su un fianco che dorme beato.
Lo scuoto un
po’, chiamandolo a fil di voce.
-“Ale…Ale svegliati che
è ora di andare!”-.
Mi afferra la
mano, sbadigliando.
-“Lo
so…uffa che palle!”-.
Si tira su,
guardandosi un po’ intorno.
-“Vado a
preparare la colazione, tu intanto vestiti, così ci avvantaggiamo con i
tempi!”-.
Mi alzo
definitivamente dal letto e vado in cucina.
Dopo pochi
istanti, me lo ritrovo dietro, che gironzola intorno alla caffettiera del
caffè fumante.
-“Contenta
di ritornare, eh?!”-.
Lo guardo,
ammicco un sorriso e proseguo con i preparativi.
-“Perché,
tu non sei contento di rivedere i tuoi amici?! I tuoi
genitori?! Non so a te ma a
me mancano tutti, molto!”-.
Il suo viso si
tira in una strana smorfia. E’ buffo vedere fargli fare certe facce, a
volte…
-“Sì,
dì che ti manca Marco, piuttosto…”-.
Se la ride
sotto ai baffi, prima di chiudersi in bagno.
Mi appoggio al
tavolo della cucina, chiusa in un silenzio piuttosto imbarazzante.
Dio che voglia
di rivederlo. Voglio i suoi occhi, le sue labbra carnose ed invitanti. I suoi
abbracci.
Provo a
chiamarlo di nuovo.
E’
libero.
Dopo qualche
istante, risponde.
-“Lù…”-.
La sua voce
è rotta, chiusa e rauca.
-“Ciccetto…scusami, dormivi?!”-.
-“Non ti
preoccupare tesoro, sono felice di sentirti!”-.
Sorrido, sono
felice anche io. Lo sarò molto di più, fra qualche ora, fra le
sue braccia, con la mia risposta definitiva.
-“Marco,
volevo sentirti, sto…sto tornando lo
sai?!”-.
Inspira
profondamente, prima di rispondermi.
-“Certo
che lo so, ma mi fai preoccupare se mi parli con
questo tono di voce tutto triste! Ehi, stai tornando! Finalmente staremo
insieme…”-. Si azzittisce un attimo –“certo sempre se
le tue notizie saranno buone!”-.
Ride, la sua
risata scioglie il ghiaccio dal mio cuore, dai miei pensieri.
-“Fammi
tornare. Tu fammi tornare…”-.
-“Lù io t’aspetto. Fai presto!”-.
-“Va
bene, a presto ciccetto!”-.
-“Bacio Lù. Ti…ti voglio bene!”-.
-“Anche
io, ciao!”-.
Attacco senza
neanche dargli il tempo di rispondere.
Non so
perché, ma da quando sono partita, il solo sentire la sua voce, mi fa
sciogliere fra le lacrime.
Tiro su con il
naso, asciugo le mie lacrime portando la tazzina del caffè alle labbra.
Cavolo che giornatina si prospetta; al ritorno prenderemo la nave
lenta, il che significa sette ore di navigazione, poi ho un ex da mollare
definitivamente con tutte le complicazioni del caso e Marco da rivedere.
Sì,
anche lui è un “problema”.
Ho paura di
rivederlo, ho paura nel dirgli che è lui che ho scelto.
Cosa
c’è da spaventarsi?!
E se Marco non
fosse più il Marco che ho lasciato?!
Se la
situazione laggiù fosse cambiata?! Tremo al sol
pensiero di sapere qualcosa che non va.
Sospiro, non
posso farmi prendere dal panico proprio ora!
-“Ale mi liberi il bagno?! Devo prepararmi
anche io!!! Non posso mica prendere la nave in
pigiama!”-.
Alessandro
spunta da dietro la porta, con una faccetta da bambino beccato a rubare le
caramelle.
-“Scusa…esco
subito!”-.
Sorride. Per
un attimo il cuore si ferma; non rivedrò mai più quel sorriso.
E mi
mancherà questo ragazzo.
-“
Prendi le chiavi, io intanto esco!”-.
Ale va verso la sua auto, per caricare gli
ultimi bagagli; siamo pronti, non manca più nulla.
Faccio ancora
un giro di perlustrazione in casa, alla ricerca di cosa, non so.
Vi è
mai capitato, di sentire quella morsa stretta, ogni volta, che si deve
abbandonare un luogo caro?!
Il mio
gironzolare fra quelle stanze non fa altro che ritardare un addio prossimo;
sono sempre stata attaccata ai ricordi, alle situazioni, alle sensazioni.
Afferro le
chiavi, non c’è più tempo per i ricordi; mi tiro la porta
di casa alle spalle, do i soliti due giri di serratura, chiudendola
definitivamente.
Entro in
macchina in silenzio, il silenzio che ci ha accompagnato fin dall’inizio
e che ci accompagnerà durante tutto il viaggio di ritorno.
Luana e
Alessandro tornano nei loro bozzoli, nelle loro mutismo
congeniale.
*******
-“Bel
vento vero?!”-.
Alessandro
cerca di tuffarsi in una specie di conversazione; mi fa ridere, sai cosa me ne
importi del vento?!
-“Oh
sì, e guarda che belle nuvole che ci sono in cielo…Ale!!!!”-.
Si morde un
labbro, abbassando la testa.
-“Non
c’è bisogno di parlare, non c’è bisogno di dire
più nulla!”-.
Mi sistemo
bene sulla sdraio, rivolta verso il mare, verso quel
tratto di costa sardo che da lontano ancora si intravede.
-“Ma
forse una cosa c’è; te lo sei preso il
numero di Laura?!”-.
Apro un
occhio, fissandolo; si alza ridendo, mi viene incontro dalla
sua sdraio per cercare di farmi cadere, dalla mia.
Mi alzo anche
io, mi butto di peso verso il suo corpo, spingendolo verso il nulla alle sue
spalle.
Ci imbattiamo
in una specie di lotta, le mani strette nelle mani, le risate strozzate in
lamenti.
Dalla foga,
andiamo a sbattere contro la solita ringhiera bianca di poppa.
Ci affacciamo,
restiamo incantati; il vento si è alzato di colpo, il sole alto nel
cielo, crea un gioco di luci e trasparenze con l’acqua.
Da lontano la
terraferma è baciata dai raggi solari, facendola sembrare quasi un
miraggio, lontano.
-“Oi ragazzi, prendete fiato, il viaggio è ancora
lungo!”-.
Una signora,
seduta poco distante dalle nostre sdraio ci sorride.
Torniamo a
sederci anche noi, esausti ma felici del piccolo sfogo.
Neanche a
dirlo, riusciamo a farci “adottare” dalla signora e dalla sua
numerosa famiglia; ci hanno coccolato e viziato come se fossimo dei pulcini
indifesi.
-“Bravi
ragazzi, bravi giratevelo adesso il mondo, che siete giovani e
sbarbati!”-.
Ci fa, in un
divertentissimo accento romagnolo.
E’ una
donna molto simpatica, ha si e no quaranta anni e ci
ha fatto letteralmente sognare con i racconti dei suoi viaggi.
Lei sì,
che se lo è girato il mondo.
America,
Australia, Cuba…Messico!
Adoro il
Messico!
Quasi-quasi ci volo dritta…stavolta mi porto
dietro Marco, però!
Mi accoccolo bene,
adesso è venuto il momento di spararmi musica forte nelle orecchie, per
proseguire il fantastico viaggio che Elina, la signora dei racconti, ha aperto;
mi sembra di rivederle io con i miei occhi le spiagge di quei paradisi lontani.
Ehi un attimo,
mi sembra di scorgere su quelle sabbie le sagome di due ragazzi…
Camminano,
insieme, mano nella mano.
Sono
bellissimi e ridono, ridono…
Quei due
ragazzi siamo io e Marco, belli e sereni come i due protagonisti di un sogno
devono essere.
Nello scorso chap, mi sono dimenticata di ringraziare damynex.
Me povera riconglionita!!! ^^
Sorry cara,
1kiss
LuNaDrEaMy
“GAME
OVER. DOMANI E’ GIA’ QUI.”
Chap n. 25
-“Insomma,
eccoci qua.”-.
Alessandro ha
da poco scaricato i bagagli; siamo impalati, l’uno di fronte
all’altro, in attesa che qualcuno si cacci
qualcosa di bocca.
Lui è
il primo a parlare.
-“Già!”-.
Mi piego per
afferrare il manico della valigia, quando con gesto secco la ritiro indietro.
-“Senti Ale, niente giri di parole inutili, niente addii
malinconici e soprattutto niente lacrime! Lo sai che potremo vederci ogni volta
che vorremo…tu lo sai, no?!”-.
Sorride,
guardando altrove, inumidendosi un po’ il labbro inferiore, come fa quando è nervoso.
-“Non ho
intenzione di sparire di botto dalla tua vita! Solo…oddio è finita
davvero!”-.
Ride, poi
abbassa lo sguardo in terra.
-“E’
stato bellissimo stare con te. I tre anni più belli della mia
vita.”-.
-“Ale, ho detto niente addii malinconici!”-.
-“Oh, hai
sempre da ridire…non cambierai mai!”-.
-“Che
stai cercando di insinuare?!”-.
Lo guardo con un espressione imbronciata; resta un attimo in silenzio, poi
mi guarda, complice.
Una risata si
libra nell’aria.
-“Vieni
qua!”-.
Mi prende a
se, in un caldo abbraccio; ricambio il gesto affettuoso, sorridendo.
-“Ale, davvero chiamami quando vuoi, ok?!”-.
-“Anche
tu, capito?!”-.
Annuisco,
prendo la valigia e la trascino via con me; mi volto ancora una volta, verso la
sua auto, verso il suo visto che sbatte in contrasto con tutto il resto.
Voglio
piangere, voglio urlare, non vorrei sentire tutto questo dolore.
Lo saluto con
la mano, mi volto definitivamente scappando via.
La chiave
nella serratura non gira; sforzo, cercando di mirare il centro, ma gli occhi
sono offuscati da lacrime pungenti.
Mollo tutto, chiavi, valige, zaino, abbandonandoli sul pavimento
del pianerottolo; mi appoggio al muro, facendo scivolare la schiena lungo
quella parete ruvida.
Senza
rendermene conto, sono a terra, in un mare di lacrime.
Resto
così, senza voglia, senza fare nulla, se non disperarmi per quello che
ho appena vissuto e ci resto con la consapevolezza che una storia d’amore
che finisce, fa davvero un male cane.
Il cellulare
squilla. E’ Simona.
-“Ehi,
dove sei?!”-.
Neanche la forza
di dire pronto, ciao…sono a terra. In tutti i sensi.
-“Sto
male Simo, sto male da morire…”-.
-“Lù, dimmi dove diamine sei!”-.
-“Sul
pianerottolo di casa mia…”-.
-“Ti
raggiungo.”-.
Qualche minuto
dopo, la vedo comparire dal vano scale, con un enorme
fiatone e la faccia triste.
Non mi dice
niente, si butta su di me, prendendomi fra le braccia.
-“Su calmati, ciccia è qui adesso! Se vuoi sfogarti,
fallo pure…piangi tutte le lacrime che vuoi, se ti farà sentire
meglio! Io sono qui per te!”-.
Mi stringo
ancora di più contro il suo petto.
-“Ci
siamo lasciati Simo. Stavolta sul serio…”-.
Mi accarezza i
capelli, dolcemente.
-“Era la
cosa più giusta da fare e te lo dico io, che ti voglio bene, anche se
non posso capire il dolore che provi, inquesto momento. Adesso andiamo a
casa, ti fai un bel bagno rilassante e poi a nanna, così chiudi gli
occhi e cerchi di non pensare!”-.
-“E
domani?!”-.
-“Domani
io sarò qui ad aiutarti. E non solo io, lo sai benissimo!
C’è un ragazzo dall’altra parte della strada che aspetta
solo che tu gli dia la meravigliosa notizia!”-.
Mi guarda
tappandosi la bocca.
-“Oddio
scusa! Sono un insensibile!”-.
-“Figurati!
Sono io il mostro, in tutta questa storia!”-.
-“Ciccia!
Non devi colpevolizzarti per la fine di una storia che sarebbe
arrivata comunque, con e senza Marco! Se poi volevi aggrapparti ad un
altro mese, forse due, di totale e assoluta inerzia…avanti pure!”-.
Lei non
sbaglia. Io non tornerei mai indietro, solo, non credevo facesse così
tanto male.
Mi alzo dal
pavimento, asciugando con il dorso della mano, ciò che resta di quelle
lacrime appiccicose.
Simona si alza
con me, aiutandomi con i bagagli.
Mi abbraccia
forte, prima di congedarsi.
-“Immagino
stasera tu non voglia uscire…”-.
Annuisco,
guardando in basso.
-“Va
bene, senti, quando avrai voglia chiamami domani, così passo a
prenderti! Dobbiamo tornare a far tremare questo quartiere!!!”-.
Mi guarda
fiduciosa, mi fa ridere tanto è buffa la sua faccia in questo momento.
-“Grazie
Simo…”-.
Biascico, poggiandomi
nuovamente al muro.
-“Per
fortuna parli ancora! Pensavo avessi dimenticato l’uso della parola in
Sardegna!”-.
Le faccio la
linguaccia, poi ci salutiamo ed entro in casa.
Neanche a
dirlo, vengo letteralmente assalita da mia madre e mio
fratello; sono felici di rivederli, ma sono anche troppo stanca.
-“Ma
insomma ti sei divertita sì o no?!”-.
-“Domani
mamma, domani…”-.
Fuggo da loro
come se avessi la salmonella.
Domani
sarà davvero un giorno nuovo, quante cose dovrò dire domani.
Tante.
Richiudo la
porta della mia stanza alle mie spalle, provocando un rumore tonfo che mi fa
battere il cuore.
Tutto è
rimasto come lo avevo lasciato, eppure è strano; tutte le volte che sono
ritornata nella mia “tana”,
ho sentito una strana sensazione.
Come se la mia
stanza fosse stata inanimata per tutto il tempo che sono stata via e che mi
stesse aspettando, di ritorno.
Come se se volesse riappropriarsi della mia anima.
Come se
volesse… me.
Domani
dovrò disfare i bagagli.
Sì
domani.
E quella foto
di noi due…domani dovrò levare anche quella foto.
-“Allora,
questo e questa vanno in lavatrice, questo pure…questo no…”-.
Mamma che
faticaccia disfare i bagagli!
Sono
accerchiata da una montagna di vestiti, scarpe e quant’altro esce ancora
dalla mia valigia; sembra la borsa di Mary Poppins!
Mia madre vaga
per la stanza, insieme a me, cercando di dare una sistemata alla buona; abbiamo
parlato un po’ del viaggio, delle mie disavventure e gli ho accennato
della mia crisi con Alessandro.
Lo so che
qualcuno dirà: che cosa aspetti a dirglielo?!
Non è
il momento, questo non è davvero il momento.
L’ho
vista rabbuiarsi per ciò, non voglio tagliargli la testa. Non voglio
infierire ancora sulle mie cicatrici.
-“Luana!
Al telefono!”-.
Eseguo una specie
di danza della mattonella, per divincolarmi da tutta la marea di roba sparsa
sul pavimento e corro a rispondere.
-“Pronto?!”-.
-“Bentornata!!!!!!!!”-.
Un urlo
assordante rimbomba nella cornetta e mi rende sorda. Quasi. Quasi di
più, di quanto lo sono già!
Sono i ragazzi
della rotonda; distinguo in quelle urla disumane la voce di Valerio, Sga e
Luca.
Dopo un
po’, una vocetta assai familiare delizia i miei orecchi.
-“Ti
passo a prendere ciccia?! Ho una super voglia di vederti!”-.
-“Sì,
sono sommersa da panni da sistemare, se esco di casa mia madre mi impicca con i
miei stessi vestiti!”-.
Rido, gettando
un occhiata fugace nella mia stanza; delirio è la parola più
consona.
-“Non
fare la guasta feste! Ti vengo a prendere e punto!”-.
Ma
perché sforzarsi nel controbattere?!
Una cosa ho
imparato, da quindici anni a questa parte; sarà anche la creatura
più insicura del cosmo, ma quando si ficca qualcosa in quella zucca
calda, difficile che qualcuno possa destarla dai suoi piani malefici.
Vedi
l’intera piega della mia stessa estate.
L’adoro!
*******
Esco dalla
doccia, ancora fumante.
I capelli
ribelli, si appiccicano alla fronte, tanto è il caldo, in questo
afosissimo giorno di fine luglio.
Afferro il
phon piuttosto scocciata, mi metto a testa in giù e comincio il
supplizio.
Il phon
d’estate?!
Un nemico da
combattere!
Nell’aria
un dolce odore di liquirizia, trasuda dalla pelle umida; non sono stata
fabbricata in uno stabilimento di legnetti, è solo il profumo forte del
mio bagnoschiuma preferito!
Nella mia
camera sta tornando il sereno; i panni sono spariti, la valigia è finita
sotto al letto.
Anche la foto
è sparita.
Ho rinchiuso
tutte le nostre cose, tutti i nostri ricordi, in uno scatolone di quelli del
supermercato.
Sì, non
è una cosa molto romantica, ma almeno là dentro staranno al
sicuro.
Dai miei occhi
e dal mio cuore.
-“Mamma
io esco!”-.
Infilo gli
occhiali da sole ed apro la porta, delicatamente.
-“Non
fare tardi! E soprattutto ricordati che stasera c’è la festa di
compleanno di tuo fratello!”-.
Mio fratello!
Quasi mi dimenticavo del suo compleanno!
-“No,
no…e chi se lo scorda!”-.
Sorrido
sarcasticamente, prima di richiudermi la porta alle spalle.
Scendo le
scale di corsa, ho tanta voglia di riabbracciare Simona, per bene.
Apro il
portone, una testolina nera mi viene incontro, con un enorme sorriso.
-“Ciccia!!!”-.
-“Amore
mio!”-.
Ci stringiamo
forte, immolandoci nel solito dondolio.
Il suo profumo
fruttato inebria le mie narici; che bello essere tornata a casa!
-“Oddio,
fate quasi commuovere!”-.
Dall’auto
grigia, parcheggiata dietro Simona, spunta Luca, con il suo solito berretto
militare, i ciuffi biondi attaccati alla fronte e quel sorriso da canaglia.
Gli faccio la
linguaccia, poi lo abbraccio.
Luca è
in assoluto uno dei migliori amici di Marco; si conoscono da più o meno
una vita, come me e la ciccia, tante volte ci siamo fermati a chiacchierare dei
vecchi tempi di quando eravamo bambini, scambiandoci risate e istantanee di un
tempo volato ormai da un bel po’.
-“Che
vuoi farci, è difficile staccarsi da un amore!”-.
Simona gli da
una botta con il sedere, allontanandolo da me, per rituffarsi poi fra le mie
braccia.
-“Neanche
fosse andata in guerra!”-.
Io e ciccia ci
guardiamo negli occhi.
Scoppiamo a
ridere di santa ragione.
-“Allora,
che si fa?!”-.
Luca mette in
moto, allontanandosi dal luogo del ritrovo.
-“Ragazzi,
che ne dite di un centro commerciale?! Devo prendere un regalo!”-.
Quanto mi
piace unire l’utile, al dilettevole!
-“Tenetevi
forte ragazze!”-.
Quanto odio la
guida “sportiva” di certi ragazzi!
Neanche a
dirlo, rimango spiaccicata con le spalle al sedile, come se fossi risucchiata
da un buco nero!
-“Luca!!!!”-.
Io e Simona
gli piantiamo un urlo in testa.
Terza,
quarta… e giù di quinta, la macchina sfiora gli ottanta su un
tratto da cinquanta all’ora.
Luca non ci
ascolta nemmeno.
Luca sta
volando, con la sua auto e la sua fierezza imponente, di un motore roboante.
Capitolo 27 *** Non posso più mentire, perchè... ***
“Una dolce estate movimentata”
“Una
dolce estate movimentata”
“NON
POSSO PIU’ MENTIRE, PERCHE’…”
Chap n.
27
-“Ancora
non lo hai chiamato?!”-.
Simona, mi
fissa dall’alto del suo cono doppio, fragola e pistacchio.
E’ da
più di mezzora che girovaghiamo nel centro commerciale semi deserto,
della nostra zona, alla ricerca di un regalo adatto a mio fratello e ai suoi
gusti particolari.
-“Ma
chi?!”-.
-“Marco…sveglia
bella addormentata!!!”-.
-“No,
non ancora.”-.
Rispondo
telegrafica, non ho molta voglia di imbattermi in una delle solite
conversazioni lagnose con lei; da quando è spuntato Marco nella mia
vita, non si parla d’altro!
-“Scusa,
ma non hai voglia di vederlo?! Io nei tuoi panni, fremerei!”-.
Mi sono
alzata, con la scusa di aver adocchiato un bell’abitino tutto glitterato
al di là della vetrina.
-“E’
meraviglioso…”-.
Si alza anche
lei, Luca ci segue piuttosto scocciato.
Gli uomini,
che ne sanno loro di quanto ci faccia impazzire un bell’abito dietro una
vetrina luccicante!
-“Cavolo
è stupendo! Ma non cambiare discorso, signorina!”-.
-“Simo,
quanto rompi certe volte! Non capisco cosa vai farneticando…certo che mi
manca…”-.
Luca mi ha
dato un pizzicotto su un braccio.
-“Senti
se gli regali il prossimo numero di play boy a tuo fratello?!”-.
-“Luca!!!”-.
-“Bè,
almeno cresce bene…”-.
La sua voce
è tra il compiaciuto e l’arrapato; benedetti uomini e riviste
porno al seguito!
Gli tiro uno
scappellotto, poi proseguo dritta la corsa.
Pensavo Simona
si fosse distratta, ma appena ci fermiamo torna all’attacco.
Allora mi
siedo su di una panchina, do un sorso alla bottiglietta d’acqua e
comincio ad ascoltarla.
-“Perché
ho l’impressione che tu non voglia vederlo?!”-.
Mi fa, mentre
si prende una gomma da masticare, dalla borsa.
Alzo gli occhi
la cielo, prima di risponderle.
-“Ti sbagli.
Mi manca ed ho voglia di vederlo, va bene?! Ma perché ho
l’impressione che questa cosa ti stia un po’ troppo a
cuore?!”-.
La guardo,
cercando di capire da quando in qua le sta così a cuore la sorte di
Marco. Marco il bastardo. Marco che l’ha fatta soffrire.
-“Se te
la devo dire tutta, mi fa una gran tenerezza!”-.
-“Buahuauaua…ti
fa, ti fa tenerezza?! E’ un cane per caso?!”-.
Scuoto la
testa, sento puzza di bruciato!
-“No
ma…senti quel poveretto è venuto a sfogarsi ripetute volte con me,
quando sei partita! Ecco, non mi sembra giusto farlo soffrire…”-.
Eccola la
verità, Marco ha parlato con lei.
-“E’
venuto da te?!”-. Schizzo dalla panca, neanche avessi saputo di aver
vinto al superenalotto! –“Perché non me lo hai detto prima?!
Che ti ha detto?!”-.
Stava per
rispondere, ma Luca si è intromesso.
-“Oh
Luà, io Marco lo conosco da una vita, ma non l’ho mai visto
così a pezzi! Non faceva altro che piangere e invocare il tuo
nome!”-.
Lo guardo,
mandandolo a quel paese, con il dito medio…
-“Non mi
prendere in giro, idiota!”-.
-“No,
davvero! Credimi, Marco è cotto di te. Ma tanto però!”-.
Lo guardo
piuttosto compiaciuta, anche se spaventata. A morte.
Ho sulle
spalle la responsabilità d’aver stregato un ragazzo, senza neanche
essermene accorta!
-“Volete
sapere la verità?! Io ho paura!”-.
-“Ma di
che?!”-.
Fanno in coro,
guardandosi maliziosi.
-“E
se…se mi chiede di metterci insieme?!”-.
-“Tu ci
vuoi stare si o no?!”-.
Simona brucia
Luca sul tempo.
-“Sì!
Oddio…non lo so, bo!”-.
-“Sei
troppo confusa Luà!”-.
Stavolta
è Luca a bruciare Simona, che di rimando gli da una gomitata.
-“Sapete,
mi sto gongolando sul fatto che è tanto che non lo vedo! Se non lo vedo,
non ci penso, di conseguenza il non pensarci mi porta a non crearmi alcun tipo
di problema! Se lo vedessi, sarebbe tremendo io lo so…crollerei!”-.
-“Donne,
chi vi capisce è bravo. Infatti, io faccio schifo…”-.
Luca si batte
la fronte con la mano, prima di mettere un’espressione seria sul volto.
-“Questo
significa soltanto una cosa. Tu non lo vuoi.”-.
Simona mi
fissa con uno sguardo serio, anch’ella.
-“E’
qui che ti sbagli. Io lo voglio, lo voglio da matti. Per questo ho paura. Paura
di riaprire il cuore, dopo tutto. Dopo Ale!”-.
-“E’
più che normale, una storia di tre anni non si dimentica, non si chiude
in un giorno! Ma lasciati dire che voi due insieme, avete qualcosa di speciale.
Tu per lui sei speciale…”-.
Speciale. Io
non sono speciale per nessuno.
Io che ho
fatto nella vita,per meritarmi di essere speciale per qualcuno?!
Se soltanto le
sentissi pronunciare da Marco queste cose, se soltanto mi desse il coraggio e
la fiducia che vorrei, io lo farei.
Sì lo
farei, mi ci butterei a capofitto con lui!
-“Siamo
due matti, ecco cosa abbiamo di speciale! L’assoluto squilibrio
mentale!”-.
Mi guarda,
pensandoci un po’ su.
-“Sì,
può darsi! Ma non privarti di conoscerlo, ancora di più! Dagli
un’opportunità…e questo me lo ha consigliato una ragazza
saggia!”-.
Sorrido, per
la prima volta nella nostra vita, Simona mi sta dando dei consigli.
Con il cuore,
lo sento.
Sa chi
è Marco, e vederlo rapportato a me deve essere un vero miracolo,per lei.
Ora capisco la
sua ostinazione!
-“E va
bene, stasera gli parlerò!”-.
-“Brava!
Male che va, la conoscenza la porti alla lunga e verso ottobre-novembre, ti ci fidanzi!
Che dici?! Si può fare?!”-.
Luca si gira
disgustato verso la ragazza mora.
-“Siete
degli esseri perfidi, voi ragazze! E dicono di noi uomini!”-.
-“Marco
non se lo merita, però…è un idea!”-.
-“Oh
Lù, non fare cavolate! Marco è una delle persone più
importanti della mia vita. Il mio migliore amico. Vedi di non farlo
soffrire!”-.
Luca mi ha
parlato sincero, da amico. Gli l’ho letto negli occhi.
Cercherò
di aprire il cuore è giusto che lo faccia, Marco non è uno
qualunque.
*******
Il cellulare sta
vibrando, nella mia borsetta.
Lo sento
agitarsi, tra un mazzo di chiavi ed il portafoglio.
Ancora una
foto ricordo e rispondo.
-“Pronto?!”-.
-“Ciccia,
noi stiamo andando alla Martinelli. Hai finito là?!”-.
La confusione,
soffoca la mia voce, mi apparto cercando di allontanarmi dal trambusto della
festa.
-“Senti
Simo, io non so se posso venire! Mi dispiace un casino lasciare tutti
così!”-.
Mugola
qualcosa di impronunciabile, senza non prima rinnovarmi l’invito a non
scappare da Marco…non posso venire davvero, non è una scusa; ma
lei non vuole sentire stronzate, attacca senza neanche dirmi A.
Ritorno al
tavolo, a dire il vero un po’ sconvolta.
Mi siedo,
lontano da tutti, continuando a giocherellare con il bicchiere di spumante,
mezzo vuoto.
Ma a chi le vado
a raccontare le stronzate? Agli amici, forse sì.
Ma non posso
mentire a me stessa. No.
Marco è
la sola ragione per cui ho resistito sette giorni, alla tristezza, alla
maledetta malinconia.
Il suo
pensiero mi ha fatto tornare serena, quando tutto intorno a me era deprimente e
grigio.
Io non
desidero altro che abbracciarlo forte al mio cuore.
Non desidero
altro che guardarlo negli occhi.
Baciarlo.
Accarezzarlo.
Non ci metto
che due secondi; afferro la mia borsetta, saluto tutti e di corsa, nel vero
senso della parola, mi dirigo alla Martinelli!
Sono mezza
brilla, anche poco lucida se è per questo.
Fantastico!
Quale migliore occasione per dichiarargli la mia scelta, se non mezza ubriaca e
con il volto paonazzo a furia di correre?!
Nessuna, ve lo
dico io!
Per fortuna
che la pizzeria è dietro al piazzale.
Quando arrivo,
vengo assalita dagli abbracci dei ragazzi, letteralmente sommersa da una
miriade di braccia umane.
Scambio
qualche battuta e qualche risata sulla vacanza per poi rendermi conto,
che è
da quando sono arrivata che cerco fra quei volti, l’unico volto davvero
importante. Ma non
c’è, lui non c’è.
Guardo Simona
con aria avvilita, per poi abbandonarmi su di un marciapiede, disfatto.
Resto
lì, le persone mi gironzolano attorno, si fermano a parlare, tirandomi
su di morale.
Mi chiedono
perché sono così afflitta.
A dire il vero
non lo so neanche io.
Sono ansiosa,
mi sudano le mani.
E se dovesse
comparire come per magia dinnanzi ai miei occhi?!
Ma quale
magia; qui di magico c’è solo l’asfalto che continua a
scorrere tipo tapis roulant. Ma non è magia. E’ l’effetto
dell’alcool.
Piego la testa
fra le gambe, chiudendomi ancora di più su me stessa, quando sento una
mano accarezzarmi il collo.
E’
Simona. Mi indica col dito un punto lontano; c’è un ragazzo che sta
spuntando da dietro agli alberi che costeggiano la scuola elementare.
E’
Marco.
Mi alzo di
scatto, quasi come se il corpo fosse stato attraversato da una scarica
elettrica.
Struscio le
mani lungo i bordi del jeans, sui fianchi. Sono maledettamente sudate!
Mi ha vista,
sorride; un sorriso aperto, felice, sincero.
Passa in mezzo
agli altri, con estrema disinvoltura si divincola delle strette di mano, delle
persone che gli si buttano contro, continuando imperterrito la corsa verso me.
Ma quanto sono felice delle recensioni
che mi lasciate ragazze! xD
Sono troppo entusiasta,
guardate che questa fic va a finire che non la
finisco più; mi state abituando troppo bene!^^
A tal proposito vorrei chiedervi un favore;
qualcuna di voi, se non lo ha già fatto ovvio^^, mi commenterebbe le
altre fic che scritto?!
Ve ne sarei grata!
1kiss a tutte
LuNaDrEaMy
“…
IO HO SCELTO TE.”
Chap n. 28
-“Ciao bellissima!”-.
Marco mi
raggiunge, arrivando alla meta con un abbraccio solido, avvolgente.
Ho incrociato
i suoi occhi e le sue labbra aperte con quel suo solito sorriso splendente; ci
siamo sfiorati, appena-appena, guancia a guancia, prima di chiuderci in un
groviglio di braccia.
Ho pensato ad
una sola cosa; avevo una voglia matta di sentire nuovamente il suo cuore
sbattere contro il mio, al di sotto della sua maglietta bianca.
Mi stringe
forte, quasi mi manca il respiro.
Sono
estasiata.
-“Ehi…ciao!”-.
Sciolgo
l’abbraccio, per realizzare se è vero o no, che gli sono di
fronte.
-“Mamma
quanto mi sei mancato!”-.
Non resisto,
non ce la faccio a guardarlo; mi ributto fra le sue braccia.
Si è
messo a ridere, dolce musica per i miei orecchi!
-“Allora?!
Guarda che voglio sapere tutto, sono veramente offeso del fatto che sono
l’ultimo della lista che hai deciso di vedere, da
quando sei tornata!”-.
Sorride, non
è arrabbiato, ma c’è qualcosa nelle sue parole che non sa
di bugia.
-“Allora…
da dove comincio?!”-. Mamma, ora viene il
difficile, cosa devo dirgli?! Una cosa la so; meglio
che mi sieda, mi mancano le forze!
-“Te
l’ho detto che la
Sardegna è un vero schifo per quanto riguarda i
cellulari?! Non prendono mai, nemmeno sotto
tortura!”-.
-“Eh, me
ne sono accorto…”-.
Proseguo, non
dando peso alle sue parole.
-“…però
il mare è davvero un incanto e la costa poi è ricca di natura
selvaggia! Sembra un piccolo paradiso, ho visto dei posti meravigliosi! Anche
la gente è simpatica, oddio i sardi non sono tutta questa
bellezza…calcolando poi che il più alto mi arriva si e no ad un’anca!”-.
-“Bè ha parlato la gigantessa…”-.
Lo guardo,
mettendo su un espressione imbronciata; per dispetto
mi fa il solletico, allora gli mollo un ceffone dietro alla nuca.
-“Sempre
a prendermi in giro, tu eh?!”-.
-“E’
più forte di me, sei troppo buffa!”-.
Gli faccio la
linguaccia, mettendo il muso, per gioco; mi diverte vederlo ridere, mi diverte
che mi prenda in giro, non so dire il perché è solo che questo lo
rende ancora più carino ed attraente.
-“E i
milanesi?! Come sono i milanesi?!”-.
Mi fissa,
sarcastico.
-“Uhm,
carini, sì!”-. Osservo i suoi occhi perdersi sui movimenti
incerti, delle mie mani, arrotolate nelle sue.
-“E’
successo qualcosa di scottante?!”-.
Mi ha gelato
le vene, il suo sguardo serio; faccio finta di pensarci un po’ su, poi
gli sorrido semplicemente, rispondendogli di no.
-“Non
avrei mai potuto, lo sai!”-.
-“Buahuahuahua…non ci crede nessuno!”-.
-“Non mi
credi?!”-.
-“Neanche
un po’!”-.
-“Dovresti,
perché non ho fatto altro che pensare a te, che ritornare da te.”-.
Mi stringe
forte le mani, il silenzio ci accarezza, ma Marco lo scaccia via in un secondo.
-“Che
vorresti dire?!”-.
-“Che
non potevo fare nulla, perché la mia testa e il mio cuore erano qui con
te!”-.
-“Quindi
tu…”-.
Si avvicina al
mio volto, sfiorandomi la guancia con la mano.
-“Sì.
Io ho scelto te.”-.
Mi ha donato
un sorriso che non scorderò mai più, per tutto il resto della
vita, giuro.
Mi ha tirata
per un braccio, alzandosi in piedi e trascinandomi con lui; occhi negli occhi,
mi ha preso a se, sul suo petto, uccidendomi con un bacio violento e
passionale.
Ho visto scene
d’amore scorrermi dinnanzi agli occhi, ho visto flash della mia
meravigliosa estate…il suo sorriso, il suo sorriso, sempre e soltanto il
suo sorriso, a chiudere la trafila dei pensieri favolosi, che il suo bacio ha
fatto nascere.
Ma
cos’è?! Un sogno?!
Ahi-ahi, non sento più le gambe; un
brivido antipatico attraversa la mia schiena, appena scoperta da una maglietta
di raso nera.
Le sue mani
delicate, sfiorano quei centimetri di pelle nuda, facendomi rabbrividire.
Un bacio.
E’ soltanto un bacio.
Straordinario.
-“Finalmente
sei mia!”-.
-“Ehm-ehm ancora per poco…”-.
Restiamo
abbracciati, dondolando un po’ con i corpi, che maliziosi e dispettosi,
si strusciano l’uno all’altro.
-“Che
vuol dire, scusa?!”-.
-“Niente…baciami
piuttosto, che di tempo per parlare, ne abbiamo!”-.
Ci
abbandoniamo nuovamente all’istinto di stare uniti, appiccicati.
Ci soffochiamo
di voglia, di voglia di noi, di voglia di sentirci una cosa sola, una fusione
di sensualità e passione.
Per la prima
volta, lo bacio senza tranquillità, senza problemi, davanti almondo intero
che può anche stare a guardarmi; stavolta non mi interessa il giudizio
di nessuno, adesso sono una donna libera, una donna che non ha più il
cuore soppresso da una storia finita male.
Voglio davvero
farlo; io voglio volare, librarmi nell’aria senza avere paura di cadere,
d’essere schiacciata dalla pesantezza dei ricordi, dalla vita e le sue
conseguenze.
E quel volo
porta il suo nome: Marco.
Perché
io non posso più mentire. Io l’ho scelto.
“Vorrei che queste
estate non finisse mai, per tutte le api e fiori persi come noi, rimasti
in un giardino a regalarsi l’anima…”
Capitolo 29 *** Quando dovrebbe essere, tutto più semplice ***
“Una dolce estate movimentata”
“Una
dolce estate movimentata”
Mi scuso con tutte voi ragazze, se ho
accantonato per un po’ questa storia, dedicandomi esclusivamente alla
nuova fic!
Cercherò di rimediare, con
capitoli, spero, degni d’attesa! ^^
1kiss a chi mi segue sempre, con
simpatia, dedizione e voglia di tuffarsi nel mio mondo.
LuNaDrEaMy
“QUANDO DOVREBBE
ESSERE, TUTTO PIU’ SEMPLICE.”
Chap
n.29
-“Alle
volte ho paura per quello che provo, lo sai?!”-.
Simona
è venuta a casa a darmi una mano; oggi ho intenzione di liberarmi di tutte
quelle cose inutili, che non mi fanno guardare avanti.
Una ad una,
stacco le foto che tappezzano la porta della mia stanza; quanti sorrisi, quante
facce buffe.
E’
incredibile cosa delle fotografie, riescano a catturare.
E
l’incredibile è che fanno loro dei momenti, praticamente per
sempre!
Piacerebbe
anche a me, fermare il tempo quando mi capita di essere realmente felice,
prenderlo con me e non cancellarlo mai. Sarebbe molto bello.
Ma purtroppo
non è sempre così, la vita va avanti e il tempo consuma i
ricordi; bella invenzione le fotografie!
-“Ti
capisco, Simo. Non mi crederai, ma a volte ho paura di Marco. Cioè, ho
paura per ciò che provo, quando sto con lui!”-.
-“Si, ma
per te è diverso. Lui almeno ti corrisponde!”-.
-“Anche
Valerio, ti corrisponde.”-.
Mi ha
guardata, celando un finto disinteresse; poi si è avvicinata, mi ha
tolto lo scatolone dalle mani e mi ha praticamente forzato a sedere.
-“E’
un tuo parere, o sai qualcosa che non so?!”-.
-“La
seconda.”-.
Chiudo gli
occhi, per non guardare la faccia truce, che sicuramente ha fatto, quando mi ha
sentita parlare.
Li riapro, mi
fissa.
-“Lo so,
dovevo dirti tutto prima ma…non c’è
stato tempo!”-.
-“E che
ti avrebbe detto?! Voglio proprio
sentire…”-.
Come le spiego
il monologo di due ore, che il suo ragazzo mi ha fatto?!
-“Allora
prima di tutto, ti vuole più sicura di te e della vostra
“storia”. Secondo poi, vuole che tu ti apra un po’ di
più con lui, che sii meno riservata, soprattutto nei suoi riguardi.
Vuole sapere tutto di te, i tuoi sogni, le tue paure, la tua vita. Tutto!
Insomma, non vuole essere solo il tuo ragazzo per le cretinate e le risate
vuote. Vorrebbe un rapporto più profondo. E fattelo proprio dire, un
ragazzo che ambisce a certe cose o ti ama, o è un folle suicida!”-.
Simona non mi
risponde, si limita ad ascoltare rapita, ogni singola parola che fuoriesce
dalla mia bocca.
Poverina, non
deve essere facile convivere con un ragazzo che pensa queste cose di lei e poi
non le dice nulla, comportandosi tutto l’opposto.
-“Basta,
non ce la faccio più, io mollo tutto…”-.
La guardo, mi
si stringe il cuore. No, non deve essere per nulla facile.
-“Non lo
fare, non adesso che sei da un passo d’averlo!”-.
-“Lù ma che dici! Non mi vuole, non si fa
capire!”-.
Si alza, con
un movimento brusco e violento, portandosi alla finestra.
-“E
secondo te, perché è venuto a confessarsi proprio con me?!”-.
Le vado
dietro, girandola per le spalle.
Ride, lo
sappiamo bene entrambe che l’unico modo per arrivare a lei, senza in
qualche modo toccarla, è passare da me.
-“Io
sono il vostro perno, ciccia, ma adesso che sai la verità, non sprecare
tutto. Vuole delle dimostrazioni? Bene, non scappare! Questa è la
dimostrazione più forte che puoi dargli. E per il resto, se lo ami
davvero, cerca di capire dove sbagli, se sbagli, e comportati di
conseguenza.”-.
Non so bene
cosa le ho detto, ma è bastato ad accendergli una strana luce negli
occhi.
Ci risiamo,
chissà cosa la sua testa matta avrà formulato; spero di non aver
creato un casino, non so se a quest’ennesima botta, la loro storia
reggerà.
Mi dispiace
dirlo, ma sono tutti e due troppo presi dai loro orgogli, dalle loro
incomprensioni per lasciare spazio ad un amore bello che potrebbe nascere, se
soltanto smettessero di chiudersi in loro stessi lasciando parlare solo il
cuore.
Mi rituffo in
silenzio nella mia opera “scaccia ricordi”, mentre
mi fermo a pensare a Marco; in realtà la situazione di Simona e Valerio,
somiglia molto alla mia con lui.
Ma almeno io e
lui parliamo. Anche troppo!
Non abbiamo
fatto altro che parlare, scontrarci.
E chi lo
avrebbe detto che non sarebbe finita lì.
*******
Appena finito
di pranzare e di mettere i ricordi in scatola, io e Simona decidiamo di uscire
un po’.
Di solito il
pomeriggio, quando fa così caldo da sentirti la lingua appiccicarsi al
palato, non amo uscire, ma da un po’ di tempo le mie vecchie care
abitudini sono volate giù dal balcone!
Non mi
riconosco più e non è soltanto la sottoscritta a rendere pubblica
questa cosa; anche la maggior parte delle persone che mi sono accanto, stentano
a riconoscere nella mia forma selvaggia, quella ragazza timida e dolce che si
nascondeva al di sotto dei suoi ciuffi biondi e le gote rosse.
Non so cosa
mia sia successo; qualcuno direbbe rifiuto della realtà, qualcun altro
semplicemente mutamento giovanile.
Io dico non lo
so, fatto sta che mi sento come al di sopra di un burrone; eccitata dal brivido
dell’altezza, ma impaurita di scivolare da un pendio dal quale non
c’è via di risalita.
Che sia stato
il viaggio?!
Marco?!
…Un’insolazione?! Meglio questa terza ipotesi.
-“Marco
vuole mettersi con te.”-.
Tutto a un
tratto, Simona se ne esce con questa sparata; freno di botto, inchiodando la
macchina all’asfalto.
-“Cazzo dici?! Sei matta?!”-.
Mi guarda.
Ride. Odio quando ride cosciente di non doverlo fare
quando se ne esce con queste cose, che non riesco a capire mai se stia
scherzando o meno.
-“Come
vedi, non ho avuto il tempo neanche io, per dirti tutto.”-.
Si sta
prendendo la rivincita, la stronzetta; e se la ride
di gusto, a quanto pare.
Accosto al
marciapiede, tiro il suo sedile indietro e le salto addosso.
-“Ti
ordino di dirmi tutto. TUTTO!!!”-.
-“Ma
perché non ci arrivi da sola?! Quel ragazzo
muore per te. Quando ti vede, il sorriso gli spunta
sulle labbra e gli arriva fin dietro le orecchie. Sveglia ciccia!”-.
Sorrido
compiaciuta, devo ammetterlo; io so già tutto, ma il fatto che ne abbia
parlato con Simona, mi fa pensare ancora di più quanto voglia
convincermi a fare questo passo.
Da quando sono
tornata, ho percepito la sua vicinanza ancora di più, ma non riesco a
farci nulla, più lo sento vicino più faccio di tutto per
allontanarlo.
Ho paura.
Troppa.
Lo so che
predico bene e razzolo male; dov’è finita la storia di far
comandare soltanto il cuore?!
Boh, non lo so! So solo che io ho sul serio paura.
Paura
di…innamorarmi forse!
Non è
difficile, Marco è un ragazzo così gentile, carino e…al
diavolo questi aggettivi sdolcinati!
Marco mi ha
fatto letteralmente battere il cuore, quando pensavo di mandarlo in letargo,
forse per sempre.
Per questo
potrei innamorarmi di lui.
Per questo ho
paura. (?)
Sembro pazza
lo so, sto davvero ad un passo per averlo con me e che cosa faccio?!
Scappo.
Giuro, ci sono
giorni in cui lo evito, categoricamente.
Lo faccio per
farmi inseguire, per tirare la corda e vedere se è davvero così
elastica come penso, lo faccio perché non ho di meglio da fare se non
scacciare l’assurdo pensiero di finire insieme.
E lui?!
Lui mi
accompagna sotto casa, la sera, come una sentinella vigile, sempre con quel
sorriso, con quella forza d’animo che mi trascina nel suo vortice; quando
sto con lui non ho paura, quando l’ho vicino non temo nulla.
E neanche lui;
l’altra sera prendendomi fra le braccia, come un bambino dell’asilo
mi ha chiesto di mettermi con lui.
-“Lù, ti vuoi mettere con me?!”-.
Lo stavo
provocando è vero, ma a lui non glie n’è fregato nulla dei
giochetti, lui ha fatto il primo vero passo importante.
Cosa le ho
risposto?!
Nì.
Lo so, non
significa nulla.
Un po’
come la mia paura.
Lui si
è messo a ridere, ed ha continuato a giocare con me.
-“Hai
capito adesso?!”-.
Quando finisco
di raccontare la verità a Simona, mi guarda allibita.
-“Cioè,
ti ha chiesto di mettervi insieme e non mi dici nulla?!
Anche la figura della scema mi fai fare?!”-.
-“Dai,
volevo sapere se ti aveva detto qualcosa di più! Simo, Marco mi ha
talmente stupita che non riesco ancora a
crederci!”-.
-“Oddio,
ti ha fatto la dichiarazione come i bambini…”-.
-“Già…”-.
Ridacchiamo
alle spalle del poveretto; se sapesse ci manderebbe a quel paese per
direttissima.
Farebbe bene.
-“Lo sai
che devi dargli una risposta seria, no?!”-
-“C’è
tempo ciccia, c’è tempo…”-.
-“Non
è vero, tu stai ripartendo e lui non sa nulla. Né dei tuoi
sentimenti, ne del viaggio.”-.
Ha ragione lei
stavolta, devo dargli una risposta seria.
Devo
cominciare a comportarmi in modo serio con lui; decidere quanto conta per me o
se è davvero il caso farsi soffocare dalle paure e buttare tutto
all’aria.
Tiro
giù anche il mio sedile, alzo lo stereo su un pezzo di S Masini; i piedi sono fuori al finestrino che ciabattano con
gli infradito di gomma.
Nell’assoluta
e impenetrabile magia creatasi con la musica, ci abbandoniamo entrambe alle
congetture proprie, della mente.
“Voglio il tuo amore per tutta la
vita e la vita che voglio è una vita d’amore con teeeeeeeee!!!”
Io e ciccia
stiamo urlando come due pazze, ancora in macchina, ancora attaccate al marciapiede.
Un rumore
simile allo strombazzo di clacson però, cattura
la nostra attenzione.
Mi alzo dal
sedile, appollaiandomi con il corpo sullo sportello; scorgo una macchina blu,
ferma affianco alla mia auto.
Attraverso i
vetri, supero la bionda seduta sul sedile passeggero, volando al guidatore;
è Marco!!!
Sorrido
contenta di vederlo.
Poi metto a
fuoco l’intera scena, razionalizzando; è in macchina con una
bionda!!!
Mi giro verso
Simona per chiedere supporto e me la ritrovo appesa sulle spalle, che se fosse
stata una giraffa a quest’ora sarebbe stata la terza passeggera
dell’atra auto.
-“Ciao belle! Tutto a posto?! Vi si
è fermata la macchina?!”-.
-“NO!!!”-.
Io e Simona rispondiamo all’unisono, mettendoci a ridere.
-“Che
cavolo ci fate allora in mezzo alla strada, con il motore spento?!”-.
Ride anche
lui, la nostra pazzia è alquanto contagiosa.
-“Ascoltiamo
musica”-. Simona risponde, con tutta la sua adorabile ingenuità.
Gli tiro una
gomitata, sbracandola sul sedile.
-“Quello
che voleva dire ciccia è che ascoltiamo musica, nell’attesa di
rimorchiare qualche bel ragazzo di passaggio!”-.
Gli sorrido a
sessantaquattro denti (magari li avessi ^^’) sperando di averlo colpito
nel profondo; ancora non mi va giù la bionda.
-“Beh
allora non sono passato qui per caso…”-.
Risponde
sempre con quel sorriso odioso stampato sulle labbra.
-“Se
è per quello allora puoi anche proseguire la corsa…”-.
Gli rispondo
acida, so di esserlo ma è più forte di
me mi sento completamente in subbuglio, sento un bruciore alla bocca dello
stomaco che mi da il tormento!
-“Sì
vado, anche perché io ho già rimorchiato…”-.
Ride,
guardando la bionda; la gallina gli rimanda la risata, acuta proprio
come quella dell’animale pennuto sopraindicato.
Li guardo
disgustata, ficcandomi di nascosto due dita in gola; Simona, ancora paralizzata
dalla gomitata, mi guarda dal basso e ride come una pazza.
-“Ecco
bravo, allora vai!”-.
Non risponde
nemmeno, mette in moto sgommando via.
-“STRONZO!!!”-.
Gli urlo contro, sperando con tutto il cuore che mi
senta.
Rientro con la
testa dentro, battendo le mani sul volante.
-“Mammamia!
Se volevi farlo scappare, ci sei riuscita, brava!E poi, non dirmi che sei
gelosa?!”-.
Simona si
rialza dal coma, ha i capelli tutti in subbuglio e la matita nera mezza colata,
dalle lacrime che ha versato ridendo.
Lei se la
ride, io sono nervosissima!
-“Ma chi
io?! Di quella bambolina?!”-.
Le do una leggera spinta –“Ma per favore! E’ che non ci ha
nemmeno salutate, lo stronzo!”-.
-“Ti
credo, hai idea di come gli hai risposto?!”-.
-“No! E
nemmeno me ne frega qualcosa!”-.
Mi azzittisco,
ripensando all’accaduto; beh sì, forse ho esagerato.
Giocherello un
po’ con le unghie, nervosamente.
-“Ma
poi, chi cazzo è quella?!”-.
Sbotto,
all’improvviso; mia madre direbbe, chi ci ripensa è cornuto!
-“Tu lo
sai chi è?! Io no!”-.
-“Nemmeno
io!”-.
-“Appunto!”-.
-“Ho
capito, ma adesso che vuoi fare?! Seguirli?!”-.
-“Eh no?! Andiamo!”-.
-“Lo
vedi che sei gelosa! Ma dove vuoi andare, sta buona che tu sei tutta matta!”-.
-“Glie
la faccio perdere io la voglia di fare lo sbruffone…”-.
Metto in moto,
senza neanche dare retta alle paranoie che la ciccia mi sta impartendo;
c’è un solo luogo dove voglio andare, ROTONDA!
Quando
arriviamo, lo trovo seduto sul solito muretto di mattoni rossi; mi guarda, sa
che lo voglio, perché ride, come fa di solito quando
mi prende in giro.
Allungo due
dita in avanti, invitandolo a venire da me; si alza, un po’ scocciato,
arriva alla mia macchina e vi entra dentro.
-“Sì?!”-.
Pronuncia, con fare ironico.
-“Non
fare lo scemo, per favore. Insomma?!”-.
-“Insomma,
che?!”-.
-“A Ma,
io me so stufata de ‘sto
giochetto…”-. Gli faccio, in perfetto accento romano.
Ride, ride e
ancora ride.
-“Ma che
giochetto?!”-.
-“Oddio
che faccia da schiaffi che hai! E non ridere, mi innervosisci!”-.
-“Oh,
stai calma, rilassati!”-. Si gira verso me, con fare intimidatorio.
-“Non
dire rilassati, perché più lo dici, più mi
innervosisco!”-.
Sembriamo
proprio una di quelle vecchie coppie, che litigano da una vita, sempre per le solite
scemenze; per un attimo sorrido, poi penso a cosa ci faccio con lui in macchina
a parlare.
Veramente non
lo so, lo ignoro.
Forse è
vero che sono gelosa…!!!
-“Chi
era quella bionda?!”-.
-“Un’amica…”-.
Ribatte lui, con il sorriso stampato sulle labbra.
-“Un’amica?! Guarda che non ci crede nessuno!”-.
-“Oh, tu
mi hai detto no?! Io in qualche modo devo
rifarmi…!”-.
So che
scherza, eppure non posso trattenere un incolmabile moto di rabbia, accumulato
forse anche da tutta questa situazione.
-“E io
che dovrei pensare adesso?! E poi non ti ho detto di
no! Bel tipo sei, allora è vero che sei un gran
bastardo, ed io che ho visto in te qualcosa di diverso. Tu sei come tutti gli
altri, tu…io… non posso aver perso la testa per un deficiente
patentato come te!”-.
Mi guarda
serio, poi unisce le mani, applaude.
-“Luà, io non sono quello che viene sotto casa a
rincorrerti, quando tutto ciò che riceve è una porta sbattuta in
faccia,se
ti va stai con me oppure no, amici come prima.”-.
Quanto
bruciano le sue parole, allora è così; la corda è stata
tirata troppo.
Non posso
recriminare per qualcosa che sapevo sarebbe successo, prima o poi.
Solo, non
credevo si arrendesse così presto.
-“Sei proprio bravo, sei bravissimo! Ma io dico, ti arrendi
così?! Alla prima difficoltà?!”-. Mi mordo il labbro inferiore nervosamente,
dirigo lo sguardo verso il finestrino spalancato e li
lo pianto, fermo.
-“E
poi…hai anche il coraggio di venirmi a dire che in me hai visto qualcosa
di diverso. Mi fai pena guarda…se scendi mi fai un favore!”-.
Continuo a blaterare dispiaciuta e sconvolta.
Non so
perché quel giorno non sono scoppiata in un pianto a dirotto; di solito
reagisco facendomi inghiottire nell’assoluta tristezza e amarezza,
versando calde lacrime.
Davanti a me
avevo Marco, eccolo spiegato forse il perché.
Lui mi ha
sempre vista forte, una roccia, lui mi ha scombussolato un’estate, ma non
può permettersi di vedermi piangere. No.
-“Sei tu
che non hai capito niente, perché se solo mi avessi
conosciuto un po’ prima, riusciresti a vedere la differenza dei miei
atteggiamenti, da quando ti conosco. Tu sei diversa, te lo ripeterò fino
all’infinito, ma devi accettare anche che questo è il mio
carattere e non ci posso fare niente! Io non sono abituato a parlare! Lo
capisci?!”-.
Mi rigiro
verso di lui, ammiccando un mezzo sorriso; sono anche riuscita a ridere quel
giorno, nonostante tutto.
-“Ma
guarda che ho capito benissimo, eh! Lo so che il
ragazzo che glissa i discorsi non ti abbandonerà mai… e l’ho
capito che mi stai ponendo davanti all’ennesima scelta, cosa credi, che
sia stupida?!”-.
Scuote la
testa.
-“Tu hai
già scelto. Solo che non vuoi accettarla quella scelta. Come io non voglio parlare…”-.
-“Tu,
hai paura di me, non fare il furbo!”-.
-“Anche
tu, non fare la furba!”-.
Scoppiamo a
ridere, distendendoci un po’, delle nostre tensioni.
-“Tu mi
piaci molto Lù, davvero tanto. E ti dico che
sei diversa, perché ad andare dietro alle belle ragazze siamo bravi
tutti; io in te ho visto anche il resto!”-. Comincia a parlare dal niente,
lo ascolto rapita e contenta. “Ehi, non dico tu non lo sia, ma di te amo
anche tutto il resto; tu sei semplice, hai sempre il sorriso sulle labbra, sei
semplice e sincera. Sai una cosa che mi piace di te?!
Il tuo sorriso, tu hai sempre un sorriso per chiunque, una parola, un gesto
affettuoso. I tuoi baci sulla guancia, mi hanno stregato…”-.
Rido, ma cerco di trattenermi; non sapete
quanto mi hanno preso in giro per il fatto che quando arrivo in rotonda, sia
che conosco qualcuno o no, dispenso baci sonori sulle guance a chiunque!
Mi chiamano
Luana dei bacetti là.
E Marco non
perde occasione per prendermi in giro!
-“Ma tu
mi piaci anche oltre un sorriso o un bacio; a Lù,
tu mi sei entrata dentro, come nessuno aveva mai fatto. Ma…”-.
Gli
appoggio due dita
sulle labbra, serrandogliele.
Il cuore mi
batte talmente tanto forte nel petto, che ho paura di morire d’infarto;
non so se vi è mai capitato che le parole di una persona, ve lo facciano
tremare, attraversandolo con una scossa elettrica!
-“…
ma devo dare tempo alla Marcolinite/bastardite di attenuarsi e lasciare spazio ad un ragazzo
normale, vero?!”-.
Non gli do
tempo di rispondere, lo bacio affettuosamente sulle labbra, a stampo.
Lui mi
accarezza una guancia, quasi come volesse trattenere
quel bacio all’infinito.
-“Domani
sera ci sei?!”-.
-“Perché?!”-.
-“Ho
voglia di stare un po’ sola con te.”-.
Gli dico,
indicandogli lo spettacolo delirante, al di fuori del suo finestrino; ci sono
Daniele e Damiano che ci stanno imitando, con delle facce buffe.
-“Perché
di sera?! Facciamo tutto il giorno, no?!”-.
Mi gratto il
capo, sbruffando.
-“Non
posso! Domani sono al mare con Simona!!”-.
-“Vada
per la sera, allora!”-.
Mi pizzicotta
una guancia, affettuosamente.
Mi tuffo
letteralmente fra le sue braccia, poi lo lascio
andare; ci seguiamo con lo sguardo, per tutto il tragitto dalla mia auto al
muretto.
Strizza un
occhiolino da lontano, sorrido a sessantaquattro denti e
felice come una pasqua metto in moto, scappando via da lì!
Lo stereo si
riaccende a volume sparato, con il vento che mi sbatte sul viso e le note che
volano mi sento davvero bene; le strade vuote di una stagione
estiva a metà percorso, spianano la strada a una mia folle corsa,
verso la libertà.
Poi mi fermo
di botto; HO DIMENTICATO SIMONA ALLA ROTONDA!!!
Chiedo scusa a
tutte le mie recensitici per i tempi d’attesa trascorsi fino al nuovo
capitolo. Purtroppo non ho più molto tempo libero, ma
conto di chiudere la storia fra due-tre capitoli.
Grazie
comunque per la pazienza e la voglia che vi spinge a ritornarci sempre.
Grazie !
1kiss
LuNaDrEaMy
“TEMPO DI
CAMBIAMENTI”
Chap n.31
Ore sette e
trenta.
La sveglia
suona, tremando sul ripiano della mensola.
Apro gli
occhi, spalancandoli quasi.
L’appuntamento
era per le sette, Simona stavolta mi picchierà.
Mi sembra
già di sentirla; balzo in piedi come una sentinella, cominciando a
dimenarmi a destra e sinistra.
Frugo nei alla rinfusa nei mie cassetti, cercando il costume,
afferrando un top e una mini di jeans; improvvisamentemi ricordo del consiglio che
l’insegnante di pronto soccorso mi inculcò al quel benedetto
corso.
Respirare !
Respirare a fondo, nei momenti di peggior stress distende i muscoli e rilassa.
Già…
Ci provo, ma
poi passo dinnanzi allo specchio, i capelli stanno uno schifo, la gonna
è tutta storta.
Per me,
è impossibile qualsiasi pratica di calma.
Sono segnata
ad essere ricordata come una ritardataria cronica !
Sorrido,
continuando i preparativi.
Lo zaino ormai
è pieno, afferro le ultime cose e come per magia sono già pronta.
Senza che me ne accorgessi.
Il segreto
sarà mica non pensarci ?
Non ho tempo
per pensarci, sono le sette e quaranta, mi dirigo verso la porta di casa, come
una sfollata per tutta la roba che ho caricato sulle spalle.
Scendo le
scale, Simona mi squilla.
Sarà
già ad un passo da prendere la metro, sola.
Giocherello
con il telefono fra le mani, potrei rimetterlo in borsa, ma qualcosa mi balena
nella testa; mi appoggio ad una colonna del porticato, ci metterò forse
un po’, ma Simona capirà.
Comincio a
scrivere qualcosa, la tastiera scorre veloce sotto e mie mani.
Questo
è l’ sms della svolta, il primo messaggio
sincero, diretto, quello che ha tutta l’aria di voler dire “Ehi
abbasso la guardia, ok ? Approfitta pure di me !”, beh sì forse
non proprio così diretto, ma almeno servirà a quel poveretto per
schiarirsi le idee.
E io devo
mandarglielo, lo devo a lui e lo devo a noi.
Noi.
Rido. E’
la prima volta che penso a me e a lui come noi.
Ahi,
ahi… sono andata in tilt.
Non è
possibile, il cuore mi batte forte, ed ancora affiorano alla mente le mie
solite pillole di saggezza; da qualche parte ho letto che in amore, non
c’è nulla da capire, bisogna soltanto agire.
E lo sto
facendo, non mi chiedo il perché di questa iniziativa, mi butto e basta.
“Ieri ti ho pensato tantissimo,
ho pensato alle tue parole e devo dirti che un po’ mi sono
emozionata… vederti parlare è stato troppo strano ! Mi piaci tanto
Marco… vorrei che tu fossi qui con me.”
Infilo il
cellulare nel taschino sul fondo dello zaino, e con il sorriso imbarazzato e
felice di una qualsiasi ragazza che ha fatto quel passo, corro verso il mio
appuntamento.
“Oh, il
cielo sia ringraziato! Finalmente sei arrivata!”-.
Simona mi
sorride, non sembra poi così arrabbiata.
-“Scusami
ciccia, perdonami! La sveglia non ha suonato…”-.
-“…o
sei tu che non l’hai sentita? Comunque, l’hai portato il cd di
Masini?”-.
-“Signor
sì, signora!”-.
Le faccio un
saluto militare, prima di vederla ridere ancora.
Prendiamo un cuffietta a testa, e cominciamo a spararci nel sangue
quella musica alta e malinconica, del nostro cantante preferito.
Eh già,
è riuscita a convertire anche me.
Il tempo non
è dei migliori, il cielo è un po’ nuvoloso e in giro
circola un arietta fresca.
Ma il sole
uscirà, voglio una pelle dorata!
-“Hai
tagliato i capelli?”-.
-“Te ne
sei accorta ora? E’ da quasi un’ora che ti sono di fronte!”-.
-“
Stamattina sono in coma…ti stanno una favola!”-.
Mi passo
qualche ciocca fra le mani; il colore è vivo e brillante, le punte
perfettamente lisce.
Sì, mi
stanno talmente tanto bene che neanche quel cretino di Marco si è
accorto che li avevo tagliati, ieri.
Buahhh mi
converrà rimpiazzare sia il boy che la migliore amica.
Mi fisso a
guardare Simona.
Stamattina ha
una faccetta sbattuta, ma non è l’ora lo so, ne abbiamo fatte di
ore piccole, e questa non è stanchezza.
Presa da tutto
il casino con Marco, non so neanche cosa ha combinato poi con Valerio.
Poverina,
l’ho un po’ trascurata.
-“Ehi!
Poi che hai combinato con Vale?”-.
La butto
lì, gli occhi le si accendono, balza in piedi.
-“Lù,
dobbiamo scendere!”-.
Guardo la
fermata, le porte sono aperte da un po’, ci abbracciamo e di fretta
scendiamo, quasi ruzzolando in terra dalla foga.
Usciamo dalla
stazione ridendo, come due sceme.
La scena
è stata esilarante, qualcuno dietro di noi, ride ancora.
E proprio
mentre aspettiamo di attraversare, due tipi da dietro si affiancano alle nostre
spalle.
Un moretto
comincia a parlare.
-“Caldo…
fa caldo oggi vero?”-. Mi parla in un orecchio, quasi.
-“Troppo.”-.
Rispondo serafica, senza neanche girarmi.
Simona dalla
sua ridacchia, nascosta da una cascata di riccioli neri.
La guardo,
ridendo con lei, ma che razza di sfigato è uno che ti abborda con la
scusa del caldo?
Scuoto un
po’ la testa, lei capisce, tornando a ridere.
Ma il tipo non
molla, prima di farci attraversare ci si piazza dinnanzi, prevenendo qualsiasi
via di fuga.
Astuto lo
sfigato!
-“Piacere,
io mi chiamo Valerio!”-.
Toh, il caso!
Simona allunga
la mano, imbambolata.
La guardo. Poi
guardo lui.
Però…
non è poi neanche così male lo sfigato!
Anzi non
è male è una parola insignificante; è un bonazzo da paura!
La carnagione
già bella abbronzata, di un color ambrato scuro, gli occhi piccoli e
allungati di un verde smeraldo imbarazzante.
Sembra uno
straniero, i suoi tratti ricordano tanto quel faraone della storia
egiziana, che da piccolina guardavo nelle
illustrazioni del mio libro.
Ora capisco
perché la mia amica è imbambolata.
Sì
vabè è molto carino ma resta pur sempre uno sfigato.
Così,
gli stringo la mia mano di striscio e trascino Simona via con me.
-“Cioè,
ma tu lo hai visto quello cos’era?!”-.
-“Sì,
carino… ma suvvia avrai mica gli ormoni impazziti stamattina?!”-.
Si mette a
ridere, difende ancora un po’ il faraone, ma quando capisce che non
c’è più storia cambia discorso.
-“Ma tu
che ne sai… tu sei persa di Marco! Ciccino, ciccino mio… buahhh ti
abbiamo persa ormai, hai il cervello che ti sta volando a Cuba!”-.
-“Ma che
dici, finiscila!”-.
-“Hai
gli occhi a cuoricino quando lo guardi, finiscila
tu!”-.
Prendo uno
specchietto dalla borsa, mi ci guardo dentro.
Più che
occhi acuoricino
ho due occhiaie da far paura.
-“Ma tu
dici?! Si vedono così tanto?”-.
-“Ti
escono fuori dalle orbite.”-.
Risponde
secca, un po’ acida.
Non gliela
faccio passare liscia, mi ci butto sopra, facendola rotolare sulla sabbia
bollente.
Sembriamo due
lottatrici, di quelle che sguazzano nel fango.
Ma il fango
scivola, la sabbia si insinua dappertutto e non te la lavi di dosso nemmeno se ti
fai centrifugare.
-“Ecco
ora vacci così dal tuo ciccino!”-.
-“E tu
chiama Valerio… magari ti ripulisce lui, ben benino! Pero attenta, adesso
ne chiami uno e ne spuntato due!”-.
Ridiamo.
Belle impanate
poi, ci andiamo a buttare in acqua.
Acqua fresca,
acqua chiara, acqua che toglie la sabbia di dosso.
Ci stendiamo
sui nostri asciugamani tesi al sole, che aspettano due donzelle, proprio
come… proprio come quei due ragazzi che hanno steso i loro affianco ai
nostri.
Sbruffo, il
faraone se ne accorge.
-“Ti sto
proprio antipatico, eh?!”-.
-“Dici a
me?!”-. Annuisce.
-“No guarda, non te la do tutta questa importanza.”-.
Simona ride,
poi si mette in mezzo.
-“Perdonala,
si è fatta le meches e a quanto pare deve
essergli entrata un po’ di ammoniaca nel cervello!”-.
La fulmino con
lo sguardo, lei si accuccia e mi sussurra un “lasciami fare”.
Non capisco,
ma annuisco, se le piace così tanto Valerio, l’altro, per oggi
può essere messo in stand by.
A meno
che…
Mi volto nella
loro direzione, non ci sono.
Alzo lo
sguardo, sono in piedi accanto a me.
-“Pensavo
ti fossi addormentata…”-.
Bofonchia lei.
E come avrei potuto, il loro sfringuellare non avrebbe permesso neanche a una
mummia di riposare in pace.
Sorrido
comunque.
-“Noi
stiamo andando a fare una passeggiata.”-.
-“Te la
rubo un po’, così farai conoscenza con il mio
amico…”-.
Ma certo
andate, chi vuole venire con voi.
Che faccia da
stronzo!
Conoscenza con
il suo amico.
Rido
sarcastica.
-“Che
culo! Dalle mie parti si dice meglio sola che male
accompagnata!”-.
Mi accuccio di
nuovo, dandogli le spalle.
Questo Valerio
non mi piace neanche un po’, spero solo la mia ciccia stia ben sveglia.
Li sento andar
via, dallo sfrigolio della sabbia sotto i loro piedi.
Resto vigile,
non vorrei l’altro energumeno se ne approfittasse; dopo un po’, lo
sento alzarsi per andare in acqua.
Mi giro un
po’, lui mi sbuca davanti al viso, senza che me ne
accorgessi.
-“Ti
chiederei di venire, ma non vorrei mi azzannassi!”-.
Ride, ha un
bel sorriso in effetti.
Mi lascio
andare, sorrido.
-“Più
che voglia di bagnarmi ho una fame pazzesca!”-.
-“Lo
credo bene è ora di pranzo! Lì c’è un chiosco, se
vuoi ti offro qualcosa!”-. Poi ci pensa e continua “Oh no,
altrimenti penserai che me ne voglio approfittare!”-.
Mi fa il
verso.
Che tipo!
Però è simpatico.
Mi alzo. Mi
guarda enigmatico.
-“Beh?!
Il pranzo non arriva solo, si dia il caso tu debba andartelo a
comprare!”-.
Ride, ha
capito che sto al gioco.
Si alza e
insieme ci rechiamo al chiosco.
Parliamo del
più e del meno, tra un pizzetta e una birra per
lui, un panino e una bottiglia d’acqua per me.
Si chiama
Emanuele ed ha diciassette anni.
Quando me lo
ha detto ho riso dentro, in una maniera incredibile.
Stavo
indugiando su uno che non è neanche
maggiorenne!
Mi sa che fra
i due, quello che deve aver paura è senz’altro lui.
-“Ma
cosa hai da ridere?!”-.
-“No
niente. Dimmi un po’, i diciassettenni adesso si mettono ad abbordare le
ventenni?”-.
-“Oddio
no, mi sono fatto scoprire?!”-. Ride celando
denti bianchi perfetti.
-“Eh
sì eh! Tipico di un giovincello senza esperienza….”-. Lo
prendo in giro.
-“Per
questo abbordiamo le più mature…”-.
-“Beh io
non faccio l’insegnante, e questo non è un asilo
nido…”-.
Ci guardiamo,
sorridendo.
-“Ohi,
ma sei tremenda!“-. Ride, battendo la mano sul tavolo.
-“Sono
diffidente, ma non faccio così con tutti, quindi puoi considerarti
fortunato!”-.
Ride ancora, e
tra una risata e l’altra, mi va via via parlando della sua storia
d’amore appena sbocciata.
Sicuramente mi
sento più rilassata, il ragazzino è forte, non mi sarebbe
piaciuto spiaccicargli la faccia la muro.
Quando
torniamo agli asciugamani, ci spaparanziamo per bene, lasciandoci andare in un
riposino.
Ma qualcosa mi
tiene sveglia, apro gli occhi ed il sole è ancora alto.
Simona non
è ancora tornata.
Alzo il busto,
il suo telefonino squilla, lo prendo e aspetto prima di rispondere.
Valerio
lampeggia sul display.
E non è
certo quello della passeggiata.
Mi alzo e mi
allontano per rispondere.
Oddio che
scusa metto adesso… la testa fantastica.
Rispondo.
-“Vale?!
Dimmi tutto!”-.
-“Oh
Lù sei tu, Simona?!”-.
-“Non
c’è, puoi dire a me comunque.”-.
-“E’
tutto il giorno che ha il telefono staccato, volevo sapere come sta.”-.
-“Ma
perché quant’è che non la senti?”-.
-“Un
paio di giorni. Ma che non lo sai che mi ha lasciato?!”-.
Rimango di sasso.
Non, che non
lo so.
O meglio,
speravo non fosse questo il lampo di genio che avevo avuto.
Saluto Valerio
distrattamente, promettendogli di starle vicina, volando subito con la mente a
dove cavolo si sarà cacciata con quell’altro Valerio.
-“Certo
che non la lascio sola, io. Ciao”-.
-“Sì,
ciao.”-.
Mi appoggio su
un muretto che costeggia la spiaggia.
Povera ciccia,
non mi ha detto nulla, chissà quanto starà male.
Ma
perchè non mi ha detto niente?
Mi alzo,
cominciando a camminare alla rinfusa.
Da dietro le
cabine, sento la sua voce, piuttosto accorata.
Rientro in
spiaggia, giro intorno e la raggiungo.
-“Ma sei
proprio un viscido!”-.
“Oddio
quanto ti scaldi, ho solo allungato un po’ la mano!”-.
-“E te
ne arriva un’altra in faccia, se non te la metti subito in
tasca!”-.
I due si
girano, lui mi guarda sbruffando, lei si sistema i capelli
visibilmente imbarazzata.
-“Ma tu
chi saresti scusa? Sua madre? La paladina della giustizia?”-.
-“No,
sono solo una ragazza incazzata. Che pensi, che c’ho paura a fare a
stecche con te?!”-.
Ride,
scuotendo la testa.
-“Calma
boxerina. Non faccio a stecche con una donna…”-.
-“Abbiamo
l’uomo dai principi signori e signore. O dovrei dire il ragazzino di
diciassette anni?!”-.
Simona
strabuzza gli occhi, prima rideva, ora non ride più.
-“Mi
avevi detto di avere ventidue anni! Brutto stronzo!”-.
Gli si butta
addosso sferrandogli un calcio nei gingilli.
Pensavo
volesse solo spaventarlo, ma quando vedo che si
prepara al secondo round, l’afferro per un gomito.
-“Ciccia,
calma dai, credo che gli hai fatto male abbastanza!”-.
-“Non
è abbastanza per questo porco bugiardo!”-.
La trascino
via, maledicendo il giorno in cui ho deciso venire al mare, non tanto per il porco-faraone- bugiardo steso in terra, quanto per
l’enorme fatica di dovermela trascinare a peso morto, per tutto il
lungomare.
-“Piacere
ancora Emanuele, a presto!”-.
Cerco di
tenerla lontana anche dal poveretto, che con quell’altro non ha proprio
nulla a che vedere, perché arrabbiata com’è potrebbe
prendersela anche con lui.
Lui mi stringe
forte la sua, ci guarda un po’ preoccupato.
Ma non sa che
l’unica vera preoccupazione che avrà è andare a raccattare
il suo amico dietro le cabine.
-“Ciccia,
ciccia grazie di tutto.”-. Simona rompe il silenzio in quel vagone con la
sua vocina.
-“Nulla
figurati.”-.
-“Sono
stata proprio una cretina, ma come ho potuto dare retta a quel
deficiente.”-.
-“Capita sai? E’ che certi deficienti sanno mimetizzarsi
bene.”-.
Non le dico
nulla di Valerio, non voglio infierire su di lei.
Quando
sarà il momento, sarà lei a dirmi tutto.
La guardo;
quanto è bella nella sua ingenuità, nella sua infantile aurea.
Mi si stringe
il cuore.
Volgo lo
guardo altrove.
Poi, la nostra
fermata. Scendiamo sempre accompagnate in quel silenzio triste.
-“Ti
accompagno all’autobus.”-.
La mia non
è una domanda, non voglio una risposta.
Lo farei
comunque, voglio che lei senta che ci sono.
Sale, mi da un
bacio sulla guancia salutandomi affettuosamente.
-“Fatti
una bella mangiata, una doccia veloce e vedrai che passa tutto, ok? Io tengo il
cellulare acceso stanotte…”-.
Le faccio
l’occhiolino, poi mi volto per andare.
Mi chiama. Mi
segue sui gradini dell’autobus, mi ferma.
-“Ciccia
l’ho lasciato. Volevo solo non pensarlo.”-.
Gli occhi le si fanno improvvisamente lucidi, le accarezzo una guancia
affettuosamente, pizzicandola un po’.
Non hai
nessuna colpa ciccia mia.
Questo non
glie lo dico, ma nel profondo dei miei occhi, con il mio sorriso, io so che lei
lo ha capito.
Mi allontano
di là, con un po’ di malinconia nel cuore.
Penso a
Simona, Valerio, l’amore, la coppia e… Marco.
Marco. Me ne
sono completamente dimenticata.
Afferro subito
il cellulare, c’è un messaggio.
Mi siedo, me
lo voglio gustare proprio tutto.
Prima di
leggerlo guardo l’ora,è targato sette e quarantacinque.
Ed ora sono le
quattro.
E’
volato un pomeriggio. Mi mordo il labbro.
Leggi?! Pigio
su sì e mi addentro in NOI.
“Anche io vorrei fossi qui e le
parole che ho detto erano quelle che avrei dovuto dirti da tempo, tvb veramente
e indipendentemente da tutto… Marco”
Rispondi?
Sì.
Giocherello
con alcune parole ma poi mi soffermo un attimo.
Niente sms.
Io corro da
lui.
Lo zaino balla
sulla mia schiena, la gonna si alza un po’ ad ogni falcata.
Ma che me ne
frega, io voglio andare da lui.
Io sono felice,
io gli voglio un bene che non ha confini.
E corro,
corro.
Poi mi fermo.
Una macchina
sta avanzando verso me, rallento il passo, la faccio passare.
Ma guardo
dentro.
Un bellissimo
ragazzo, mi guarda.
Ha una polo chiara, una delle mie preferite, il sorriso
spontaneo e bianco aperto come il colletto di quella maglietta, che le va
perfetta.
Ci abbracciamo
con lo sguardo, tutto intorno è solo dettaglio.
Quando realizzo che non potrò ringraziarlo, quando realizzo
che lui è in quella macchina, che lo sta portando chissà dove,
mugugno un “Noooo” che sentono anche dai piani alti, afflosciandomi
sulle gambe, con le braccia penzoloni.
L’uomo
alla guida capisce, ride e si ferma, accostandomi.
Probabilmente
è suo padre.
Giro intorno a
quella macchina, portandomi dinnanzi a lui.
Siede davanti,
accanto a suo padre.
Sua madre e
sua sorella sono ai sedili posteriori, le saluto gentilmente, non provo
vergogna, anche se razionalmente ripensandoci, non so come ho fatto a non
sprofondare!
Ma il mio viso
si porta in attimo sul suo.
E’
bellissimo. Ed è contento, glie lo leggo negli occhi, profondissimi,
neri.
-“Sei
una sola…”-. Gli sussurro, quasi.
-“Sto
andando a cena fuori, dopo ci sei?!!”-.
Annuisco.
-“Allora
ci vediamo dopo, ti passo a prendere.”-.
-“A dopo
allora, ciao.”-.
-“Ciao.”-.
E vedo quella
macchina sparire via sul fondo del vialetto.
Mi tocco i
capelli, sono un vero disastro.
La prima volta
che “conosco” i suoi genitori, ho un improbabile mollettone nero
fra i capelli, sono zozza di sabbia fino al midollo, e sono conciata per le
feste.
Grandioso!
Ma non mi
importa, l’ho visto, è questo quello che conta.
Sciolgo i
capelli, li accarezzo e torno a casa un po’ più contenta.
Non so, se
abbiate in mente come ci si sente, dopo una giornata di sole e mare, quando sei
appena sull’uscio di casa e appoggi tutta la tua
roba sul pavimento; sei tutta un fremito, ti scruti dinnanzi allo specchio
controllando ogni segno del passaggio del sole sul tuo corpo, desiderando solo
scacciare quel pallore e grigiore dell’inverno.
E la
stanchezza, la stanchezza si posa sulle tue palpebre, ma tu ti senti felice e
soddisfatta ugualmente.
Quando sono
arrivata, sono corsa dinnanzi allo specchio, ho sorriso, sbruffato, poi sorriso
di nuovo, ma ero felice, felice per quello che sentivo.
Sì, non
era solo merito del sole.
Canticchiando
mi sono infilata sotto la doccia, ho lasciato che l’acqua lavasse via il
sale, ma non il benessere che scorre sotto la mia pelle.
Credo che una
persona si senta così, solo quando
l’amore bussa alla sua porta.
L’amore
è così radioso, riflette dai tuoi occhi una luce dorata, che
abbaia chiunque ti passi dinnanzi.
Ed io la vedo
nei miei, la vedo quella luce.
Non è
tutto merito del sole, o della mia pelle abbronzata.
Perché
la mia pelle tornerà lattea, ma quella luce
sarà destinata a brillare ancora per molto tempo.
Oddio, a meno
che un amore duri il tempo di un estate, quindi di
un’abbronzatura.
Non voglio
pensarci, non adesso che lo sto ammettendo.
Mi sono
innamorata, dunque.
E di Marco,
per giunta!
Questa estate
è davvero la più strana estate della mia vita.
-“Ehi tesorino, come stai?”-.
Profumo ancora
di liquirizia e crema idratante, quando afferro il telefono.
La sua voce mi
arriva piccola e rotta, da tante lacrime.
-“Insomma.. senti Lù, non ti ho
detto niente per non pensarci, non per altro.”-.
-“Ancora
con questa storia?! Devi stare tranquilla con me, su
tutto dico, non devi darmi giustificazioni!”-.
Tira un
sospiro di sollievo, non sono mai stata brava a dare consigli, o incoraggiare
le persone, ma Simona si fida ciecamente delle mie
parole.
Questo la
rende speciale, rende speciale il nostro rapporto, la totale e completa fiducia
che ci lega da anni ormai.
-“Io non
lo voglio più. Mi fa soltanto soffrire.”-.
-“Non
voglio dirti nulla, non me la sento di influenzarti in questo momento.
Però voglio vederti ridere, ok?! Con o senza di lui!”-.
-“Ci
proverò! Stasera che fai?!”-.
-“Mi
vedo con Marco, andiamo alla rotonda. Vieni?!”-.
-“Sì,
così Marco stasera mi ammazza. No- no resto a
casa!”-.
-“Non
fare la cretina, vestiti e alle nove fatti trovare al
cancello grigio infondo al viale!”-.
-“Ma…”-.
-“Niente
ma! Te lo ordino! Ciccia ora stacco che mi squilla il cellulare!”-.
La saluto e
corro a prendere l’altro telefono; alle volte mi sembro un centralino
ambulante!
Rispondo e
dall’altro capo del telefono, la sensuale voce di Marco mi conferma che
sta tornando dalla sua cena.
Mi batte forte
il cuore, neanche fosse il nostro primo appuntamento.
Ma adesso sono
innamorata.
E’
diverso.
Accendo la
radio, un po’ di musica mi darà la giusta carica.
Vasco. Ancora
lui.
Non è
possibile, tutte le volte che penso a Marco quest’uomo e le sue canzoni
riescono a infilarsi nei miei pensieri.
Stavolta
è “E…”
L’ascolto
silenziosamente, parola per parola, sembra quasi che sia stata scritta con le
parole di Marco; in ogni frase c’è qualcosa di suo, incredibile!
Ma allora non
lo sapevo, e nemmeno lo immaginavo, tempo dopo quella
sarebbe diventata la nostra canzone, perché chi me la dedicò,
disse che era esattamente la trascrizione dei suoi pensieri nei miei confronti,
in musica….
Mi vesto
adesso più tranquilla, più sicura, felice di averlo fra un
po’ fra le mia braccia.
E le nove
arrivano in un soffio, così velocemente come trascorre il tempo di due
innamorati.
Abbraccio una
borsetta, mi armo di uno dei miei sorrisi migliori e corro al mio
“appuntamento”.
-“Ehilà!
Straniero!”-.
Gli
arrivo alle spalle,
lui si volta.
E’
seduto sulla ringhiera del passaggio pedonale, con le gambe penzoloni come un
bambino.
E’
troppo tenero.
Mi butto fra
le sue braccia, stringendolo fortissimo; sento mancargli il respiro, muovere le
sue braccia a rilento, come una carezza in un film, sulla mia schiena nuda.
E si lascia
andare, stringendomi forte a sua volta, incastrando il suo viso nel incavo
della mia spalla.
Restiamo
così, aggrovigliati fino all’arrivo di Simona.
Lei fa finta
di schiarirsi la voce, ma non voglio sentire nessuno, voglio solo restare fra
le sue braccia.
So che si
guardano, ridono.
-“Oh, ma
che gli hai fatto stasera?!
-“Sarà
stato il sole! O è il tuo profumo, scegli”-.
-“Non
posso essere solo io, no?! E’ il
mio fascino cara.”-.
Li lascio battibeccare, ma alla sparata del fascino, mi stacco e lo
fisso.
Poi guardo
Simona, che mi guarda complice.
-“Naaaaa”-. Spariamo in coro, abbracciandoci e
lasciandolo indietro come un pesce lesso.
Pochi passi e
siamo alla rotonda, quando arriviamo sono tutti là.
Valerio
compreso, che si gira, ci sorride e va incontro a Simona.
Li vedo
sparire insieme, abbracciati.
Simona quando
lo ha visto ha aperto un sorriso stupendo; Dio cosa ti fa l’amore.
-“Ahh, finalmente soli!”-. Marco mi prende la mano,
invitandomi a sedere sul muretto.
-“Già!
E non so se te ne sei reso conto, ma questo è il nostro primo
appuntamento!”-.
-“E’
vero! Tutto sto tempo c’hai messo per dirmi di sì?!”-.
Lo guardo
scuotendo la testa, è un perfetto idiota!
-“Se non
era per me, non stavamo neanche qua caro mio…”-.
-“Ah
sì?!”-. Si tira avanti, avvicinandosi
pericolosamente con il volto al mio.
-“Devo
rammentarti chi ha fatto il primo passo?!”-. Lo
allontano, sicura, spingendolo all’indietro.
Ride,
sa che non è stato lui a rischiare.
-“Probabilmente
se non lo avessi fatto tu, lo avrei fatto io.”-.
Scoppio
a ridergli in faccia, infischiandomene degli occhi addosso degli altri.
Sono
in piedi, con le mani che premono forte sul busto, piegata in avanti.
Poi
lo guardo, seria, le mani sui fianchi in attesa di una
risposta più veritiera.
Lui
ride di nuovo alzandosi minaccioso verso me.
-“Ridi eh? Ora ti faccio vedere!”-.
Mi
viene dietro, cingendomi la vita con le braccia; mi alza un po’ la
maglietta, si attacca forte, posso sentire la mia pelle mischiata alla sua.
Rido, incosciente delle sue intenzioni, ma cosciente di quel brivido sensuale che questo
avvicinamento, ha provocato.
Poi sento le sue mani, mi accarezzano la
pancia dapprima, morbide e delicate.
Sussulto.
Ho i brividi.
-“Che
stai facendo?!”-. La mia voce è rauca,
piena d’emozione.
Sento
il suo respiro sul collo, mi sussurra qualcosa, ma non riesco a sentirlo,
ascolto solo quelle mani, quelle forti sensazioni.
-“Adesso
sono cavoli tuoi!”-.
Questo
lo sento bene, anche perché improvvisamente la mia testa si ritrova
all’ingiù.
Ho
le gambe che mi penzolano per aria, sono appoggiata sulla sua spalla tipo
capretto.
-“Marco!
Marco mettimi giù!”-.
Sbatto
i piedi, mi dimeno come fossi una forsennata, ma
adesso gli occhi di tutti ci sono davvero addosso, scrutatori di quella piccola
follia, facendomi arrossire dalla vergogna.
Ma
lui non mi scolta, ride divertito dalla vendetta; mi fa il solletico, mi prende
e mi lascia a suo piacimento.
Non
ho speranze, sono il suo giocattolino.
Allora
rido con lui, almeno fino a quando
si allontana, sempre con la mia dolce mole sulle spalle, dalla rotonda per
appartarci e sfuggire a tutti quegli sguardi.
-“Ah,
finalmente ti sei deciso! Tu sei matto!!”-. Gli urlo, quando mi rimette giù.
-“Così
impari, a me non piacciono le bambine dispettose.”-.
-“Già,
ne avrai frequentate troppe. E io non sono una di quelle.”-.Acida come limone.
-“Però,
sei qui con me, lo stesso.”-. Mi cinge la vita,
tirandomi a se.
-“E’
per farti un favore, cosa credi.”-. Lo
allontano, ma si ribella.
-“Anche
l’ abbraccio di prima, era per farmi un
favore?!”-. Pungente, ha colpito nel segno. Ed ha capito.
-“Vedi
un’azione carina con te non ha effetto! Fai cadere le braccia!”-.
-“Lo
fa, lo fa. Qualsiasi cosa tu avessi, prendila
più spesso..”-. Tenero lui, gli stamperei mille baci su quelle
labbra così belle.
Non
gli dico nulla, adesso faccio sì che il silenzio ci accarezzi.
Lui
mi guarda, negli occhi, dritto e fisso come se dovesse leggervi qualcosa.
Però.. se mi guarda con questi occhi, io mi innamoro davvero.
Annuisce,
quasi avesse letto i miei pensieri; per un attimo tremo, poi mi prende fra le
sue braccia dolcemente.
-“Con
te vorrei stare semprecosì.”-. La sua voce rompe
la magia.
-“Ma
non lo vedi? Neanche stiamo insieme e battibecchiamo
come una vecchia coppia!”-.
-“Appunto,
vuol dire che ci manca solo metterci insieme.”-.
Sciolgo
l’abbraccio, lo guardo per un istante fisso, cosa non hanno mai
pronunciato le sue parole; metterci insieme.
Di
nuovo. Allora deve desiderarlo davvero tanto.
-“Dai…”-.
Lo guardo, sfidandolo con lo sguardo.
-“Dai…”-.
Mi risponde alzando il mento, rigettando a me la palla.
Lo
guardo, mi guarda, lo tocco, mi tocca, il mio silenzio e il suo silenzio si
sfiorano mescolandosi perfettamente.
No,
non sarò io a farlo stavolta.
-“Sì…”-.
I suoi occhi si aprono accecati dalla bella luce della felicità
–“ ti piacerebbe stare con me bello mio!”-.
Quando
capisce, gli do una leggera spintarella per evitare reazioni, mi alzo scappando
via, ma lui s’alza d’improvviso venendomi dietro.
Corro
lontano, verso il parco che ci ha già visti correre insieme al nostro
primo incontro, verso l’ignoto, verso voglio mettermi con lui ma
chissà perché scappo sempre.
Mi
prende, le sue mani mi hanno toccata. Presa!
Sono
di nuovo fra le sue braccia, ride di gusto, m’imprigiona nella sua morsa,
nella morsa dell’amore appassionato e violento.
E
allora mi bacia, con trasporto, movimento, voglia.
Se
il tempo si fermasse, rimarrei incollata così alle sue labbra per
l’eternità.
Che
dolce sacrificio.
-“Adesso
sfida te stessa anche tu. Uccidi la paura.”-.
Si stacca, guardandomi.
Non
c’è stato bisogno di dirgli nulla, lui lo sa già che
mettermi insieme ad un altro, così presto,
così troppo velocemente, è una sfida.
Sa
che ho paura. Avrà letto questo nei miei occhi.
Mi
sta sfidando, ora il gioco me lo propone lui.
Mi
mordo il labbro, guardo lontano, verso gli alberi.
-“Io
non posso, sto partendo. Di nuovo!”-.
-“Parti?!
Dove vai?! Non mi dire un altro ex, eh? Ma quanti ne
hai!”-.
Parla velocemente,
mi fa ridere.
Ma il suo viso
non ha più il sorriso.
-“Vado
al mare da mia nonna. E’ vicino Roma ma sto via
per un bel po’.”-.
-“Un
po’, quanto?!”-.
-“Un
mese.”-. Chissà perchè quando
glie lo dico, chiudo gli occhi.
-“Un meeese?! E’ un casino di
tempo!”-.
-“Lo so,
ma non posso farci nulla. Mi dispiace.”-.
Mi dispiace.
Gli l’ho
detto sul serio.
E lo penso.
Non sa quanto
è stato duro per me, non dirglielo fino ad
adesso.
Non è
la scusa delle mie fughe, ma il pensiero di stargli lontana un mese mi ha
sempre fatto rabbrividire. Impaurire.
-“E di
che…”-. Mi accarezza distrattamente la guancia, prima di perdersi
con lo sguardo altrove –“Ma quando partiresti?!”-.
-“Dopo
domani.”-.
-“Dopo…
domani…?!”-. Annuisco, si accascia su una
panchina, continuando a contemplare il vuoto più assoluto.
Capitolo 33 *** The miracle. Felicità ti ho presa finalmente ***
“Una dolce estate movimentata”
“Una
dolce estate movimentata”
“THE
MIRACLE.
FELICITA’,
TI HO PRESA FINALMENTE.”
Chap n.33
Mi sono alzata
stamattina, con l’odore di caffè che inonda le mie narici.
Mi alzo dal
letto ancora insonnolita, vagamente lamentosa, per la notte insonne che ho
passato.
E come avrei
potuto chiudere occhio.
Ci siamo
lasciati sorridendo per la bella serata, ma tristi dentro,
per il lasciarsi nuovamente, fra qualche giorno.
Oh… ma
perché?
Perché
tutte a me?
Ci sono
cascata di nuovo, questa doveva essere l’estate delle partenze, dello
scappare dalla città senza problemi, senza pensieri; invece
l’unico pensiero fisso e costante sarà lui!
Di nuovo.
Di nuovo un
viaggio e di nuovo lui. Ossessionatamene lui.
Il vapore
fumante che fuoriesce dalla tazza, salda nella mia mano, mi ipnotizza, in
quella nuvola bianca e densa penso a le risate che ci
hanno accompagnato ieri notte.
Sto davvero
bene con lui, non ho parole per descrivere quello che provo
quando ci sto insieme; a volte rabbia, perché non capisco i suoi
silenzi e perché non esprime con le parole ciò che prova, a volte
felicità, perché nella complicità di uno sguardo o un
sorriso, riesco a leggergli dentro, senza aver bisogno di troppe parole.
L’attrazione
fisica poi, passa in secondo piano, mi fanno impazzire i suoi occhi, mi piace
il suo corpo modellato, ma ciò che sento scorrermi nelle vene non
è solo passione carnale.
Io lo adoro.
Mi fa
impazzire.
Ma il destino
mi è avverso.
-“Guarda
che ti squilla il cellulare, cretina!”-.
Mio fratello,
attira la mia attenzione mollandomi un ceffone dietro la nuca.
Lo fulmino con
lo sguardo, tirandogli contro una ciabatta.
Poi attizzo
gli orecchi; il cellulare si spegne sull’ultimo trillo.
Ero
così assorta nei miei pensieri che non mi sono resa
conto da quanto è che squillava.
Mi alzo, lo
afferro, accendendolo vagamente seria.
Uno
chiamata persa e un
messaggio sono in memoria, ad attendere di esser letti.
Mi appresto a
farlo, ma mio fratello richiama la mia attenzione.
-“Insomma,
hai già trovato il sostituto, eh?!”-.
Stamattina
è in vena di farmi arrabbiare; girovaga in cucina, con addosso gli slip neri della play boy, che poi ho deciso di
regalargli per il suo compleanno.
Si versa del
latte, mi fissa, attende una risposta, sorride beffardo.
Corrugo la
fronte, sfogliando distrattamente una rivista.
-“Uh?!”-.
Rispondo vaga, non ho voglia di dare spiegazioni a un moccioso di sedici anni.
-“Ti sei
rifatta subito, non hai perso tempo eh?!”-.
-“Ma che
vuoi?! Ti sei alzato male stamattina?!”-.
-“Ti ho vista ieri sera, tutta abbarbicata a quello là…
Marco!”-.
Sfoglio il
giornale e di colpo le mie mani battono sul tavolo; rido,
guardandolo sconcertata. Anche il nome sa! Oddio, lo conosce!
-“Senti
carino… stavamo solo parlando..”-.
-“Sì
come no, di letteratura? O lingua?! Forse la
seconda…”-.
-“Ma sei
disgustoso, mio Dio! E poi che fai, mi pedini adesso?”-.
-“Certo.
Io devo sapere tutto!”-.
Gli tiro addosso la rivista, ed anche il pacco di biscotti in cui
stava trafficando;
mi appoggio di peso allo schienale della
sedia, braccia conserte e faccia incazzatissima,
continuo a parlargli.
-“Tesoro
sono maggiorenne, vaccinata e abbastanza responsabile da sapere che cosa farne
della mia lingua, perciò fatti gli affaracci
tuoi”-.
-“Sì
una volta! Adesso non ti si riconosce più, tocca starti dietro come una
badante!”-. Ride, imitando la voce di mia madre.
-“Oh
sì certo, peccato che non sto qui a subirmi la paternale da un semi sedicenne, perciò…”-. Poggio le braccia sul tavolo facendo leva per tirarmi sù –“ ti saluto! Bye…
e finisci tutto il latte poppante, mi raccomando!”-.
Gli rubo un
morso al biscotto che aveva appena inzuppato, e corro
in camera mia.
Finalmente un
po’ di pace, mi sdraio nuovamente sul letto, il braccio piegato a
sorreggere la testa leggermente inclinata.
Quanti pensieri,
pillole di tempo passato, trascorso, vissuto in quest’estate quasi al
termine.
Domani
è già agosto, domani parto.
Vorrei
tracciare un bilancio, ma c’è poco da tracciare, quando le
emozioni non sono ancore finite.
Eppure, mi
sembra trascorsa una vita. No non è decisamente
tempo di bilanci.
Improvvisamente
mi ricordo del messaggio da leggere e delle chiamate; afferro il cellulare da
sopra la mensola e me lo porto dinnanzi gli occhi.
E’
Marco. L’ho pensato tantissimo, ho paura per ciò che
succederà.
“Queste giornate passate con te,
sono stato veramente bene, più passa il tempo e più ho voglia di
abbracciarti. C’è qualcosa di speciale in te, mi manchi un bacione”
Paura ?!
Cos’è
la paura, quando il ragazzo più bello e dolce della terra ti da
sicurezze?
E’ solo
un sentimento che non ti appartiene più.
Perché
io sono speciale per lui.
E allora,
è venuto il tempo di fargli capire quanto lui, lo è per me.
Subito!
Afferro il
telefono, lo chiamo.
Mi risponde
sempre allegro, con quella voce ridente, solare, che aprirebbe anche un cielo
nuvoloso di novembre.
Parlo
sommessamente, gli dico che voglio vederlo, non voglio perdere più
tempo, perché voglio farlo mio, una volta per tutte. Da oggi
all’eternità.
Mi dice che
lui adesso non può uscire, è in caserma.
-“Caserma?!
Che diavolo ci fai in caserma?!”-.
-“Mi
congedo. Basta non posso aspettare oltre!”-.
-“Beh,
ma ti manca poco ormai..”-.
-“Non
importa! E poi, mi serve agosto libero! Ma non farmi domande, tanto non ti dico
nulla!”-.
Non so se
preoccuparmi o meno, ma lui ride e quindi rido con lui.
Di tutto il
resto, non me ne frega nulla.
Ci salutiamo
dandoci appuntamento nuovamente di sera.
Nuovamente al
cancello verde.
Attacco
sorridente, mi vesto di fretta, quasi senza più pensieri ed esco.
Senza meta,
sì proprio senza meta.
Come la mia
dolce estate movimentata.
*****
-“Allora
che fai, mi vieni a prendere?!”-.
Simona
è dall’altro capo del telefono, ci stiamo organizzando per la
serata e dimenticavo d’averle promesso che avremmo passato del tempo insieme, prima della mia partenza.
Mi mordo il
labbro; ultimamente la vedo più serena, seppur senza il suo amore, che
mi dispiacerebbe non godermela un altro po’.
La prospettiva
di starle lontana in questo mese mi deprime, lei è una di quelle persone
che sanno rallegrarmi la giornata, anche con niente.
Dall’altro
lato c’è Marco, abbiamo un appuntamento, ma ritardare la sua
veduta, non farà altro che accrescere la voglia di stargli accanto.
Così,
prendo la mia decisione.
-“Ti
passo a prendere fra dieci minuti, fatti trovare giù mi
raccomando!”-.
Digito
brevemente un messaggio, in cui faccio le miei scuse a
Marco, spostando l’appuntamento direttamente in comitiva. Capirà.
Chiudo la zip del mio giubbetto di jeans, prendo le chiavi della
macchina ed esco.
Masini è leggermente in sottofondo, le
strade sono vuote e desolate, stasera c’è un
arietta fresca in circolazione, che mi mette uno strano buonumore
nonostante più le ore trascorrano, più si avvicini la mia
partenza.
Metto la
freccia, ho appena passato il semaforo, svolto a sinistra imboccando la
stradina del comprensorio dove vive Simona.
Lei è
ad attendermi, sul fondo della strada.
Spengo la
macchina, scendo e corro verso di lei.
Ci abbracciamo
forte.
Mi sussurra in
un’ orecchio qualche parolina dolce, prima di
accucciarsi sulla mia spalla.
Quanto
è tenera la mia amica, ma come farò senza di lei, non lo so!
-“Senti,
tu mi vieni a trovare, sì?! Ti ospito anche
tutto il mese sai?!”-.
-“Magari
ciccia.. ti prego salvami dai miei noiosissimi
genitori!”-.
-“Sarò
la paladina della tua estate donzella! Vieni pure quando
vuoi, le porte sono aperte!”-.
Ride,
spingendomi un po’ all’indietro. Poi si stacca, fissandosi su un
punto nel vuoto dell’oscurità della strada.
Le sventolo una
mano dinnanzi agli occhi, ridendo già di gusto.
Simona ha una
capacità di incantarsi spaventosa; poggia lo sguardo su qualcosa e
voilà, ne resta ipnotizzata per lo meno cinque minuti.
-“Ehi
là! C’è nessuuuuuuno?!”-. Sembro la particella di sodio della
pubblicità.
-“No aspetta che mi sono incantata…”-.
Appunto.
Lascio perdere, la partita è persa in partenza.
Ma poi la
guardo e guardo il buio; se lo fissa così, vorrà pur dire
qualcosa.
Allora mi
metto a fissare anche io il suo punto lontano e restiamo così, come due
sceme ipnotizzate sulla strada.
Uhm…non
si vede nulla di che, i lampioni sono spenti e sono le dieci di sera; che
intuizione eh?!
Ma no, voglio
restare seria, qualcosa ci sarà…oddio non ci riesco, non riesco a
staccare la testa da questo corpo, non posso far a meno di pensare!
Sono un caso
disperato. Sì-sì.
Sto per
arrendermi, quando la mia vicina di ipnosi mi da una gomitata.
-“Oh, ma
quello là… è Marco?!”-.
Indica con il mento il fondo della strada; una macchina, arriva minacciosa
verso noi.
-“Ma che
dici…non può essere lui!”-. Poi guardo meglio, ma nel farlo
l’auto ci ha già raggiunte fermando al sua corsa.
–“Oddio è lui… ma che ci fa qua?!”-.
Bisbiglio, Simona alza le spalle, poi mi guarda seriosa come a voler dire..
“Davvero non lo sai?!”.
-“Ciao
eh!”-. Spalanca il suo finestrino, rompendo i nostri silenzi.
-“Ciao!
Che ci fai qua?!”-. Mi avvicino, ma lui apre la
portiera e si porta giù.
-“No,
voi che ci fate qua… al buio e impalate come due zombie! Mi avete fatto
quasi paura!”-. Si porta una mano al cuore, imitando un infarto.
Simona si
poggia sulla sua fiancata.
-“Però
sei ancora vivo…”-. Ridacchia, roteando gli occhi al cielo.
-“Senti nanetta, non sono qui per te perciò…”-.
Gli da una leggera spintarella –“puoi anche toglierti di
torno!”- e si porta dinnanzi a me.
-“Hai
visto che ore sono?!”-. Mi fa, guardandomi negli
occhi.
-“No…”-.
Sussurro, girando il polso per vedere l’ora.
-“Ti
stavo aspettando con impazienza, sono le dieci e non vedendoti arrivare ho
intuito che potevo trovarti solamente qua…”-.
E’ qui
per me, mi ha cercata e mi ha trovata.
Annuisco, un
brivido corre sulla schiena.
Mi tuffo fra
le sue braccia, baciandogli il collo.
-“Ehm-ehm scusate… ci sono anche io! E lo spettacolo
è pessimo! Non sapete fare altro che abbracciarvi, voi due?!Bleah…”-.
Simona sbuca da
dietro l’auto, con una faccia tra lo schifato e lo sconcertato; ci fissa
entrambi, batte nervosamente un piede sull’asfalto giocherellando con i
suoi riccioli.
-“Dovrai
insegnarmi tecniche di seduzione MarylinMonroe dei poveri!”-.
-“Ovvio,
che facciamo?! Andiamo o dobbiamo mettere radici qui?!”-.
Io e Marco la
guardiamo, per un attimo un sorriso complice spunta su tutte e tre le labbra;
un sorriso giovane e felice, come quelle tre persone.
-“Musica!”-.
Mi urla Simona nelle orecchie. Non le concedo il bis, accendo lo stereo che
illumina il frontalino in un istante.
Marco mette in
moto, sicuro e deciso nella sua guida che tanto amo.
Rotonda.
Destinazione prescelta.
Scendiamo
dall’auto e alcuni ragazzi del gruppo ci vengono incontro; nelle loro
facce abbronzate leggo serenità, spensieratezza, un’estate lunga e
dolorosa per alcuni, ma pur sempre fantastica.
Amo queste
persone, l’incredibile semplicità che si respira fra questi volti,
l’armonia di legami uniti anche se pur superficialmente, uniti comunque.
Perché
ognuno di loro darebbe la pelle per l’altro, anche se non amico fino in
fondo, anche se ultimo arrivato.
-“Che
c’è?! Sei pensierosa?!”-.
Marco mi arriva di fianco, poggiandomi un braccio sulla spalla. Ci sediamo
insieme sul muretto, sempre vicini- vicini.
-“Nomacchè, pensieri
stupidi! Insomma ti mancavo eh?!”-.
-“Sì.”-.Risponde timido, abbassando la testa per soffocare il sorriso,
come fa di solito quando arrossisce.
-“Anche
tu. Sai, ultimamente ti sto pensando tanto…”-.
-“Ah
sì?! Sono molto felice. Anche io ti penso
sempre…”-.
Gli accarezzo
una guancia, lo vedo socchiudere gli occhi e trattenere un sospiro.
Vorrei
baciarlo, vorrei stringerlo forte, ma c’è il mondo intorno a noi.
Fuggo via con
lo sguardo, cambio discorso.
-“Insomma
domani parto… tu che combinerai invece qua, fra questi pazzi?!”-.
-“Mi suiciderò sicuramente senza te…”-. Mi
guarda, ride. Mi sta prendendo in giro lo scemo! Gli mollo un buffetto sulla
fronte, colpendolo perfettamente.
-“Ah…vuoi
fare la fine dell’altro giorno?!”-.
-“Magari,
vorrei stare sola con te.”-. Sussurro, un
po’ gattina.
Detto- fatto.
Mi prende in braccio, facendosi largo verso la gente, in direzione della sua
macchina; poi si ferma, tentenna, torna indietro fermandosi di fronte Simona.
-“Salutala
adesso, perché ho intenzione di farla mia per tutta la sera!”-.
Simona ci
guarda a bocca aperta, annuisco inconsapevole, almeno quanto lei.
Si alza, mi
stampa un bacio umido sulla guancia e mi sussurra un “Poi mi chiami
perché voglio sapere tutto” all’orecchio, prima che Marco mi
rapisca definitivamente.
-“Allora
hai pensato a un posto dove andare?!”-. Mi fa,
appena mi abbandona sul sedile della sua Polo.
-“Non
so… ci vorrebbe un posto speciale.”-.
Lo vedo
confabulare qualcosa, sorridere e sgommare lontano verso qualcosa che ancora
non so.
Quando ci
fermiamo, siamo al parco sotto l’autostrada; sorrido, questo posto in
qualche modo ci appartiene, come la scena madre di un qualsiasi film
d’amore.
Ma questo
è il nostro, e la regia è ancora tutta al lavoro per scrivere un
finale degno di un’incantevole storia d’amore alle prime battute.
Scende per
primo, fermandomi il braccio, intento ad aprire la portiera; fa il giro
dell’auto, venendomela ad aprire lui.
Come ogni buon
gentleman che si rispetti.
Quanto
è dolce.
Mi prende per
mano, addentrandosi con me nel parco.
-“Andiamo
sulle altalene?!”-. Gli indico,
con un braccio teso nell’aria.
-“Stavo
pensando la stessa cosa! A chi arriva primo?!”-.
E si mette a
correre, lasciandomi spiazzata; accondiscendente, bimbo, allegro, corre ed io
con lui, che non voglio certo perdere la gara.
Il vento mi
scompiglia i capelli, l’aria umida si appiccica sulla mia faccia,
arriviamo insieme, storditi, paonazzi, affaticati ma gioiosi.
-“Non
barare siamo arrivati insieme!”-.
-“Di
poco, ma ti ho superato signorina, ammettilo!!”-.
-“No!!!”-.
Gli sposto l’altalena, sulla quale si stava poggiando. Per poco non
ruzzola fra la fanghiglia.
Mi spinge ma riprende subito, facendomi sua; si siede, con me
sulle sue gambe.
-“Sai
che farò questa estate?! Niente, perché
il mio cuore sarà lì con te.”-.
-“Non
intendevo, quel fare… perché se ti azzardi ad andare con
un’altra, t’ammazzo!”-.
-“No,
giuro che ti sarò fedele…”-. Ride. Giù un altro
buffetto sulla fronte.
-“Ma
noi, cosa siamo?!”-. Stavolta lo guardo seria e
non so come me ne sono uscita, ma l’ho chiesto
perché sinceramente lo ignoro davvero.
-“Siamo…
siamo… lo sai che non lo so?! Scopriamolo.. no?!”-.
-“Diventiamolo
più che altro…”-.
Mi accarezza i
capelli e poi la guancia, fredda.
Ma dentro
c’è un fuco ardente.
-“Allora
stabiliamo cosa possiamo diventare: domani io parto e qui non ci piove, quindi
o lasciamo perdere tutto restando amici, o lasciamo le cose a metà,
ognuno si fa i cavoli propri e ci rivediamo a settembre, o in alternativa…”-.
-“In
alternativa?!”-. Parla a
raffica, curioso, voglioso di sapere.
-“In
alternativa ci…”-.
-“..Ci?! Dai, non fare la scema che mi stai facendo morire!!!”-.
-“Ci
mettiamo insieme.”-. Bisbiglio, mangiandomi le
parole, quasi.
-“Ma sai
che non ho sentito?!”-. Mi sta prendendo in giro
lo so, ma voglio andare a fondo.
Voglio stare
con lui.
-“Ci
mettiamo insieme. Ci fidanziamo e ci comportiamo da stupidi, chiamandoci trenta
volte al giorno, parlandoci con la voce tutta
smielata, dicendoci cose sdolcinate e lacrimevoli. Chiaro così?!”-.
-“Allora
già stiamo insieme io te…”-. Ride. Lo guardo, ha ragione!
Poi continua –“anche perché restare amici non si può,
siamo più che amici io e te, farci i comodi nostri per poi ritrovarsi a
settembre, sarebbe troppo squallido per quello che proviamo l’uno per
l’altra… per cui non resta che metterci
insieme.”-.
-“Dici
sul serio?!”-. La voce mi muore in gola.
-“Serissimo.
Lo voglio, davvero.”-.
-“Marco
mettersi insieme a me, così, è un
impegno, lo sai.”-.
-“Voglio
impegnarmi, allora.”-.
-“Ma io
starò lontano tutto questo tempo, tu resterai qui…insomma è
complicato!”-.
-“Il mio
cuore è con te, lo è con te da quando ti
ho conosciuta, non saranno cinquanta chilometri a farmi dimenticare tutto
questo! Fidati di me.”-.
-“Mi…
mi fido.”-.
-“Allora,
si fa?!”-. Mi allunga la mano, tendendomi il
braccio.
-“Si
fa.”-.
Rispondo
sicura, allungando la mia.
Le mani si
stringono, come a voler sigillare un patto.
Poi basta uno
sguardo, pochi attimi spesi l’uno negli occhi dell’altro, per
perdersi in un bacio dolcissimo e lunghissimo.
-“Siamo
le uniche persone, che si mettono insieme, stringendosi la mano! Non siamo mica
normali io e te!”-. Mi dice, quando ci stacchiamo.
-“Perché
avevi qualche dubbio, per caso?!”-. Gli rispondo,
ridendo.
-“Speranza,
si chiamava speranza! Ahimè è morta oramai…”-. La sua
voce afflitta, va rompendosi con quella sua risata che amo tanto.
Allora lo
guardo, rompendo le sue parole con un abbraccio impetuoso e forte.
-“Sono
la tua ragazza… che effetto che fa!”-.
-“Perché
avevi dubbi, che non lo saresti diventata?!”-.
Mi fa il verso.
-“Speranza,
si chiamava speranza! Ma ahimè, è morta ormai…”-.
Mi guarda
scuotendo la testa, allora mi alzo e comincio a scappare; conosco quell’espressione
e se stavolta mi fa sua, mi uccide sul serio!
Ci alziamo
quasi insieme, correndo nel buio come due pazzi.
Ma
l’amore è un po’ così. Pazzo, folle, squilibrato.
E corre anche
esso.
L’amore
corre, su un filo sottilissimo, passa per un giornata
monotona e scialba e finisce con l’incasinarti l’estate, la
vita.
Se questo
fosse un film, allora filmerei questa ultima scena finale, con una telecamera
che ruba la felicità dai volti dei due protagonisti, alzandosi da terra
per inquadrare dall’alto, quei due giovani che si rincorrono fra le
altalene di ferro e legno, in quel parco illuminato soltanto dalla magia dei
loro sorrisi.
E li
porterebbe su… su… fino alla luna, fra le stelle e il cielo.
Il cielo
limpido, scuro, tetto di una fantastica favola.
E
intanto… quei due giovani corrono ancora.
Come
l’amore, che passa impetuoso per una dolce estate movimentata.
“La lontananza non
cancella quello che ho provato e quello che mi hai dato mi da
la forza per arrivare ad un altro abbraccio… anche se so mi
mancherai, ti voglio bene tuo Marco.”
Finisce
così la mia storia, con questo messaggio di “fine serata”.
Fine, usata
già due volte in questa frase, ma mai realmente e fortunatamente
vissuta, in questa avventura.
Già,
perché di una fine non si tratta, bensì di un inizio.
E questo
è caratterizzato dalla mia ennesima partenza, dal suo ennesimo
messaggio, da una storia cominciata seriamente con una stretta di mano, una
corsa fra le altalene e uno scambio di promesse sotto il chiaro di luna.
Quel che ne
è stato poi da allora io lo considero un battito d’ala di
farfalla, che magicamente mi porta ad un anno, quasi, da quella stretta di
mano, fin qui.
Precisamente
undici mesi fa, io mi mettevo con Marco!
Sembra passato
un secolo, anche se è solo un tempo molto piccolo a dispetto
dell’eternità.
Sono passati
sorrisi, abbracci, baci anche (non è che come ha insinuato Simona io e
il tipo sappiamo solo abbracciarci, sia chiaro! ^_^’ ) urla, pianti
insieme ai momenti infelici e silenzi, ma siamo ancora saldi, siamo qui.
Ma come
può un amore, ispirare una storia intera, io proprio non lo so!
So che avevo
voglia di farlo, per ricordare un domani, anche se sembra stupido, ciò
che ho provato.
Marco è
piombato nella mia vita e ci è rimasto a suon di sfide e inseguimenti,
come il migliore degli Step, ma la nostra storia non
andrà come “Tre metri sopra al cielo” e non
concluderà come “Ho voglia di te”.
Anche se la
mia scritta, adesso ce l’ho anche io.
Bella, scura e
forte contro una parete di latta di fronte alla mia finestra.
Bella come
l’avevo sempre sognata, bella come l’avevo sempre desiderata.
E di momenti
belli e memorabili il mio cuore, ne è pieno!
Ma non posso
trascrivere tutta la mia storia in riga, devo continuare a viverla!
Posso dire che
ho vissuto undici mesi paragonabili ad un tempo illimitato di vita insieme al
proprio uomo; abbiamo fatto tanto, tantissimo insieme, ci siamo goduti a pieno,
nelle cose che amiamo fare.. e il bello è che
amiamo farle insieme!
E’
troppo bello, svegliarsi un giorno, e capire d’aver trovato il compagno
giusto, quello che attendevi da tempo illimitato, che è complice dal
caffè nel latte, al sugo sulla pasta, per arrivare al doppio cuscino sul
letto.
E quella
storia passata, ti fa ridere scoprire che era solo una storia adolescenziale,
imparagonabile alla tua prima storia da adulta…
Ma quella
è roba del passato, adesso mi poggio ancora su quella farfalla, per
vederle battere ancora le ali e passare così, un’altra fetta di
vita insieme a Marco.
Ma gli altri
protagonisti della storia?!
Che fine hanno
fatto gli altri?!
Bene- bene ora
sì che ridiamo!
Valerio e
Simona: sembra siano tornati insieme, dopo il cinquantesimo tira e molla, ora
sono felicemente fidanzati. Per gentil concessione del mio fegato!
(C’è stato un tempo in cui ho
pensato seriamente di strangolarli entrambi, farli a pezzetti piccolissimi e spargerli
nel fiume che passa nel mio quartiere.)
Sga, Andrea e Luca: il primo è
ancora fidanzato con la ragazza di Bari, nonostante abbiamo più volto
discusso sulle nostre posizioni, la nostra amicizia sembra ancora ambigua. (a discapito della sua vita, perché Marco vuole
ucciderlo! ^_^’) Andrea ha traslocato, lo vediamo molto di rado e
l’ultima che so è che si è fidanzato con una ragazza della
sua zona (anche se io lo vedo spesso e volentieri
insieme a una poco di buono di mia conoscenza, purtroppo…mah ca va! ^_^) Luca, beh la mia amicizia con lui si è
fatta via- via più intensa, lui è uno dei migliori amici del mio
ragazzo e sono felice d’aver trovato in parte il loro stesso feeling. Gli
voglio molto bene!
Dario,
Daniele, Damiano: il trio D non ha cambiato di una virgola l’abituale
passatempo di gruppo, ossia sfattonare da mattina a
sera!
Daniele ha
finito con lo stringermi la mano, adesso ha capito che sono Luana e i suoi
neuroni buoni sono arrivati a fargli capire, che sono la ragazza di Marco.
Grande!
Flavio alias l’uomo
frangetta: il mio carissimo compagno d’avventure sarde, è riuscito
a fidanzarsi con la sua Laura! La ricordate?! Sono molto contenta per lui, lo sento spesso e dalle
ultime che so sembra non sia più convinto del suo look. Che voglia riconvertirsi
alla frangia?! Io lo vado a prendere a calci fin su a
Milano, se così fosse.
Sono aperte
anche iscrizioni da parte di altri utenti che vogliano
aiutarmi.
Gialu, Fede e Mauro: i primi stanno ancora
insieme, la Fede
sembra addirittura incinta! E nessuno avrebbe avuto dubbi, conoscendoli…
Mauro invece continua, invano direi io, a cercare la sua anima gemella. Lui
dice la troverà, io dico che se si fa monaco buddista fa prima! ^_^
Alessandro:
continua ad ammazzarsi di lavoro, l’ultima volta che l’ho visto
sarà stato circa un mese fa, di sfuggita ad un semaforo. Dicono sia
diventato un vero e proprio ruba cuori, ma al posto di tenerseli, li spezza, li
sbriciola!
Non ci
sentiamo più, le cose sono morte così fra noi, e non riesco
ancora a capire se sia un bene o no.
Bene,credo
d’aver menzionato tutti, ma proprio tutti!
Non mi resta
che mettere definitivamente la parola fine a questa stramba storia,
ringraziando per ordine:
le mie recensitici per la loro costanza e
pazienza, Simona e i miei amici in generale come fonte d’ispirazione e
ovviamente me stessa per aver creato qualcosa di cui vado molto fiera.
Poi lui, lo
ringrazio per ultimo, perché in questa storia è stato presente in
ogni punto, virgola e frase: Marco.