Diaries

di Nico_KiS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Yuki ***
Capitolo 2: *** Sweet Heart Dunga ***
Capitolo 3: *** Lost in New York ***
Capitolo 4: *** You are my Eyes ***



Capitolo 1
*** Yuki ***


SIORE E SIORI, SI APRANO LE DANZE XDDDDDD

SIORE E SIORI, SI APRANO LE DANZE XDDDDDD!!!

Ria, per favore datti una calmata… -___-“””

Ehm ^^”, sì, scusa Jolly ^o^!

Ehm, ehm… (colpetto di tosse) salve a tutti e grazie a in anticipo a tutti coloro che stanno leggendo ^^. Sn Jolly Mask, che dopo una serie di richieste e/o preghiere da parte della mia ragazza (qsto sottolinealo ^\\^ ndRia) Ria, mi sn deciso a pubblicare insieme a lei questa fanfic.

Si tratta di una serie di one-shot, tutte collocate + o meno nell’anno successivo alla serie G-rev. Perché, ci chiederete, metterle tutte assieme?

Spiacenti, ma questo è un segreto XD!

Della serie siamo bastardi ^^… (e meno male che ve lo dite da soli!! NdTutti)

Vabbè, cmq: ogni cap è scritto alternativamente da me e da Jolly e le storie sono “prendibili” ognuna per i fatti propri, tranne qualche cosina ^^… Ma lo vedrete + avanti!

Solamente una nota: questa fanfic contiene alcuni “seguiti” della fanfic di Ria Psaico (prima di mangiarmi ve lo dico, nn sn fumata nonostante il mio 6 tirato d’inglese, QUESTO E’ il titolo ed è scritto così x un motivo! NdRia – Quale? NdTutti – leggetevela e lo saprete ^^+! – Bastard… -____-***!!), ma nei capitoli in cui per caso dovremo fare dei richiami, lo scriveremo ^^.

Va bene, basta chiacchiere! Diamo il via alla prima storia, che ha come protagonista nientepopodimeno che il capo della squadra dei Saint Shields, Ozumuccio ^O^!!!

Ozu-CHE -___O””?! ndTutti

Ehmbè?

Asteniamoci dai commenti… -____-“”””” ndTutti

 

 

 

 

 

Era una limpida giornata, il sole baciava tiepido le valli dell’entroterra giapponese.

Anche nel villaggio dei Saint Shields, sperduto in mezzo alle montagne, si prospettava una mattinata fantastica, ma l’umore d’Ozuma era più nero che mai.

 

- Non puoi farmi questo, padre! – disse, con stizza.

 

- Ozuma, ormai la decisione è stata presa, non intestardirti. -

 

- Mi rifiuto di andare a addestrare dei mocciosi a diventare possibili custodi dei Bit-Power, per il semplice fatto che non ne vedo la ragione! – sbraitò, furioso.

 

- Certo che c’è una ragione: non è forse vero che i Saint Shields si sono sciolti? – replicò l’uomo con astio.

 

- SMETTILA! 

Il fatto che adesso siamo separati non significa che abbiamo dimenticato il nostro ruolo o abbiamo smesso di adempierlo! –

 

Il ragazzo si girò, dando la schiena al padre, che alzò le spalle e uscì dalla stanza. Ozuma batté un pugno sul muro, ben sapendo che l’uomo non avrebbe mai cambiato idea.

 

 “Testardo!”.

 

Eppure non era una cosa così difficile da capire, ma probabilmente suo padre era duro di comprendonio; che razza di tipo!

Non aveva neppure accettato quando, tre mesi prima, Dunga era partito per compiere un viaggio d’addestramento per il mondo da solo, nè aveva tollerato che Mariam fosse partita per l’America per andare a trovare il suo ragazzo, che tra l’altro non era della loro tribù, e che Jessie avesse deciso di seguire la sorella per non dover andare ad accompagnare Ozuma.

A lui, però, non sembrava così strano che Dunga volesse migliorare le proprie capacità, né che Mariam desiderasse rincontrare Max e tantomeno che Jessie desiderasse svignarsela (se avesse potuto anche Ozuma se ne sarebbe volentieri andato). Purtroppo, suo padre non voleva proprio capire.

Così ora, per colpa della testardaggine del padre, la situazione per Ozuma era peggiorata: infatti l’avrebbe mandato al Campo sulla montagna, dove avrebbe addestrato quindici ragazzi affinché fossero scelti dal Consiglio dei nuovi Saint Shields.

 

“Ma se mi spedirà lassù – pensò, irritato, uscendo di casa – non lascerò che quei bacucchi del Consiglio accordino il permesso di compiere il Rito; i ragazzi non saranno sostituiti così! Tra l’altro, finchè non torneranno a casa, non potranno affidare a nessun altro i loro Bit-power!”.

 

Il Rito, infatti, non era una cosa per niente semplice.

Nella tribù, quando si dovevano eleggere i nuovi Saint Shields alla morte di quelli vecchi, si attendeva che fossero i Bit-power stessi a scegliere i loro Custodi, a cui si affidavano alla loro nascita; i Bit potevano anche essere assegnati a più fasi, com’era accaduto con Jessie, che era nato dopo i suoi compagni, ma una volta che le Creature Sacre avevano preso la loro decisione, nessuno poteva obbiettare né tantomeno sottrarre il Bit al prescelto. L’unica possibilità in cui il Bit-power poteva ricevere un nuovo Custode, era quella in cui fosse proprio il ragazzo scelto dal Bit a rifiutare l’incarico di Saint Shield: in quel caso si sceglieva un nuovo candidato tra quelli che erano stati mandati al Campo sulla montagna, un posto speciale dove i più forti ragazzi della tribù si allenavano ogni anno, secondo la tradizione.

Quell’anno, però, sarebbe stato diverso: Ozuma, infatti, sarebbe stato mandato lassù proprio perché, secondo suo padre, sarebbe avvenuto il rarissimo caso in cui ben tre Saint Shields avevano abbandonato il loro compito.

 

 “Ma i ragazzi non hanno rinunciato! – pensò stringendo i pugni con rabbia – E neppure io, padre. E non permetterò che un branco di mocciosi, neanche addestrati da me, prendano il nostro posto.”.

 

Il ragazzo continuò ad attraversare il villaggio a passo di marcia, incurante di tutto ciò che gli succedeva di fianco.

Lo bloccò solo una scena, che non fece altro che aumentare il suo malumore.

 

- Perché non posso andare assieme agli altri, madre?! – sbraitò una ragazza dai capelli lunghi, gettando per terra il secchio vuoto per l’acqua che reggeva in mano.

 

- Tesoro… - sospirò la donna al suo fianco, con tono irritato – Sai bene che il Rito deve essere compiuto solamente dai maschi, tu non puoi… -

 

- MA PERCHE ‘?! – urlò più forte la ragazza, puntandosi di fronte alla madre –Mariam è una ragazza, eppure è un Saint Shield! E comunque, ci sono sempre stati Saint Shields donna! Perché io non posso andare almeno al Campo?! -

 

- Il Campo è solamente per i ragazzi. E lo stesso vale per il Rito. – replicò severa, con tono che non ammetteva repliche – E comunque, la signorina Mariam non è più un Saint Shield. -

 

Ma la figlia non aveva finito di sentire il discorso perché era corsa via, furiosa. Ozuma, sempre più arrabbiato, fece lo stesso, dirigendosi verso la capanna del Consiglio.

Che sciocchezze diceva quella donna! Mariam era ancora un Saint Shield come tutti gli altri!

 

 “La colpa è di mio padre che mette in giro queste idiozie!”.

 

Oltretutto, credeva di capire un po’ quella ragazza; in effetti, quelle regole erano proprio stupide!

Già la poverina, si ricordava, era stata sfortunata, perché quando erano stai assegnati i Bit-power a lui e agli altri, le uniche bambine del villaggio erano lei e Mariam; Squalo aveva scelto la sua amica come Custode, ma Ozuma non ricordava che l’altra ragazza le avesse mai portato rancore, ma, d’altra parte, non le aveva mai parlato. Il vero problema non era tanto l’assegnazione del Bit, quanto quelle stupide regole sul Campo e sul resto. La tribù dei Saint Shield, infatti, si basava su una gerarchia maschile, quindi molte regole impedivano le attività alle donne, compresa la nuova assegnazione del ruolo di Custode.

 

“Che cosa stupida! – rise amaro, camminando più calmo – Che sia maschio o femmina, l’importante è che il prescelto sia in gamba!”.

 

Finalmente il ragazzo giunse alla capanna del Consiglio. Con un gesto secco spalancò la porta, rimanendo immobile a fissare i presenti.

La capanna era circolare, con delle sedie lavorate poste a semicerchio dirimpetto all’ingresso; su ognuna, un anziano stava seduto, fissando arcigno Ozuma.

 

- Ti sembra il modo di entrare, giovanotto? – mugugnò altezzoso il vecchio seduto all’estrema destra – Sarai anche il capo attuale dei Saint Shield, ma abbi un po’ di rispetto! -

 

Per tutta risposta, Ozuma mandò un “tzs” scocciato, avvicinandosi ai consiglieri. Mentre camminava, cercò il padre con lo sguardo, notandolo in piedi in un angolo, a braccia conserte; sul viso gli si leggeva inequivocabile l’espressione “non-piantare-grane”. Speranza vana!

 

- Signorino Ozuma – esordì quello che sembrava il più anziano, seduto al centro, alzandosi – ci hanno riferito che lei rifiuta l’incarico d’allenatore dei giovani al Campo sulla montagna, può dirci perché? -

 

- Certamente! – esclamò, deciso – Vedete, io so benissimo il motivo di questa scelta: voi del Consiglio volete che alleni quei ragazzi perché vengano scelti quattro nuovi Saint Shields, ma c’è un problema: noi non abbiamo mai rinunciato al nostro incarico. -

 

- Da quanto ci risulta – disse il primo che aveva parlato, arrogante – dovremmo presupporre il contrario. -

 

- Signori – continuò Ozuma, tentando invano di sembrare educato – il fatto che alcune nostre decisioni vi siano sembrate una rinuncia al nostro incarico, non significa nulla: vedete – non riusciva più a trattenersi: fissò i consiglieri ad uno ad uno, con lo sguardo più minaccioso che riusciva a fare - io e i miei compagni non abbiamo alcun’intenzione di lasciare il nostro posto a nessuno! Neppure se siete voi vecchi a dircelo! -

 

- OZUMA! – esclamò il padre uscendo furibondo dall’ombra – Perdonate mio figlio, signori, ma lui non… -

 

Il Capo dei consiglieri sollevò la mano per zittirlo; l’uomo si ritirò appena, contrariato.

 

- Dunque, Ozuma… - disse, con voce roca – Le tue parole sono molto taglienti, ma noi non avremmo un motivo per non dover scegliere dei nuovi Custodi per i Bit-power, anche se il Gorilla, lo Squalo e il Mammut sono ancora in mano ai tuoi compagni. -

 

- E invece sì! – esclamò, guardando di soppiatto il padre con rabbia – Per quanto si allenino, nessuno di quei mocciosi sarebbe in grado di eguagliare né me né i miei compagni! -

 

- E allora dimostracelo. -

 

Quella frase, detta a bruciapelo, gelò sia Ozuma che suo padre; il ragazzo fissò il primo anziano senza capire.

 

- Vai lassù. – continuò - Allena quei ragazzi, tanto, poco, come vuoi, e guarda i loro progressi; hai carta bianca. -

 

- Ma signori! Così potrebbe anche lasciarli semplicemente a loro stessi! Voi non conoscete bene questo ragazzo… -

 

- Poi – proseguì, ignorando delle proteste del padre del ragazzo – Scegline uno, e allenano come si deve. -

 

- Cosa? -

 

- Esatto, come si deve. Sottoponilo allo stesso addestramento che hai fatto tu, raddoppialo, triplicalo, scegli tu. Ma alla fine del campo, dovrai portarci un prescelto che abbia la stessa forza di voi attuali Saint Shields.

Se lo giudicheremo tale, la tua squadra rimarrà intatta. Altrimenti, preparati a riconsegnare il tuo Leopard. -

 

Il ragazzo rimase a fissare l’uomo, senza mutare espressione, mentre suo padre usciva, sorridendo.

 

 “Ora sono nei guai…”.

 

 

- Maledetto vecchio! – sibilò tra i denti, uscendo di casa – Che compito assurdo!

 

La proposta dell’Anziano era una trappola, Ozuma lo sapeva: era praticamente impossibile che tra quei ragazzi ci fosse un prescelto di quel genere! Erano tutti mocciosi che andavano al Campo più per forza che per volontà, quando mai si sarebbero impegnati in un allenamento come quello d’Ozuma?!

 

 “Però ho una speranza. – riflettè il moro, sistemandosi la sacca sulla spalla – I vecchiacci sono tutti persone di parola, volenti o nolenti. Se riuscissi in quello che mi hanno chiesto, forse…”.

 

- Ehi! – la voce di un ragazzo lo fece voltare: di fronte a lui si erano radunati quindici ragazzi, della sua età o appena più giovani – Sei tu Ozuma? -

 

- Sì, perché? – chiese, indifferente, avvicinandosi.

 

- Beh, benvenuto, allora, “allenatore”. – disse, con tono un po’ sprezzante – Io sono Oishi, e loro gli altri brocchi che allenerai. -

 

- Vedi di regolare i termini. – disse stizzito un altro ragazzo, guardandolo male come tutti – Qui siamo tutti allo stesso livello. -

 

- Ma io sono più in gamba. – ghignò superbo.

 

- Mettiamo subito in chiaro una cosa. – disse Ozuma lapidario – Gli sbruffoni non mi piacciono, tantomeno gli sbruffoni mezzetacche. Perciò vedi di abbassare la cresta, o ti farò ingoiare il tuo bey a suon d’allenarti. -

 

- Cos… - Oishi lo fissò come avesse voluto trapassarlo; Ozuma non si mosse – Tzs, non darti delle arie perché eri i capo dei Saint Shields! Posso spaccarti la faccia quando voglio. -

 

- Per tua informazione – disse un’altra voce, dal gruppo – lui è il capo dei Saint Shields, nonché il tuo capo; perciò, se posso darti un consiglio, calmati, anche perché mi stai irritando. -

 

Dal fondo era spuntato un altro ragazzo, che fissava Oishi con sufficienza.

 

- Ma tu che vuoi?! – sbraitò Oishi, facendo per prenderlo per il colletto – Vuoi essere tu il primo ad essere menato?! -

 

- Pensa un po’ a te, ho l’impressione che se continuerai così, saranno in molti a volerti spaccare la faccia. -

 

Ozuma fissò quel ragazzo, certo aveva la lingua tagliente! Anche se non sembrava per nulla minaccioso, con quella maglia smanicata troppo larga e i pantaloni che gli ricadevano, anch’essi troppo larghi, sulle scarpe, né con quei capelli lunghi tirati indietro e legati in una coda bassa; ma gli occhi verdi erano duri e battaglieri, di uno che non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno.

 

- Maledetto moccioso! – urlò, alzando il pugno – adesso le buschi! -

 

Prontamente, fu quell’altro a colpirlo per primo, centrandogli in pieno il viso con un bel diretto; tutto il gruppo mormorò colpito e preoccupato.

 

- Bastardo! – piagnucolò, reggendosi la guancia; subito si rialzò, gettandosi sul compagno, e i due cominciarono a picchiarsi con tutta la foga che potevano.

 

- ORA BASTA! – urlò Ozuma, afferrando Oishi per la maglia e quell’altro per un braccio – Vi avviso che non tollererò altri episodi del genere! Questa scenata la sconterete quando arriveremo al campo!

 

Oishi, stizzito, si liberò dalla presa d’Ozuma, avviandosi su per la montagna; l’altro, invece, rimase lì finchè il moro non lasciò la presa.

 

- Mi basterà lui come testa calda, vedi di non beccartici più. -

 

- S-sì… Scusa. -

 

- Pazienza. E anche voialtri – disse, a voce più alta – vedete di non rispondere alle provocazioni, sono stato chiaro? -

 

Tutti annuirono.

 

- Sei stato comunque in gamba. – disse, sorridendo – Hai un bel carattere. Come ti chiami? -

 

L’altro parve pensarci un po’; Ozuma si convinse che fosse stata solo un impressione.

 

- Sono Yoshiki. -

 

 

Il gruppo di ragazzi camminò lungo il crinale del monte per molto tempo; mano a mano che il tempo passava, la pendenza aumentava, tanto da passare dal sentiero alla parete da scalare. Verso la fine del percorso, solamente Ozuma continuava ad avanzare tranquillo, mentre gli altri gli arrancavano dietro col fiatone.

 

- Panf… Ma perché… - sbuffò uno dei ragazzi, fermandosi un istante – Dobbiamo fare… Una, puff, sfacchinata simile?! -

 

- Perché da qui comincia l’allenamento. – rispose Ozuma, tranquillo – Chiunque non riesca ad arrivare in cima a questo percorso, può anche andarsene. -

 

Molti, in effetti, sembravano tentati di farlo, ma non avevano il coraggio di tornare a casa a quel modo. L’unico che non sembrava troppo affaticato era Oishi, che stava pochi metri dietro Ozuma.

 

- E allora, schiappa – disse Oishi rivolto a Yoshiki – sei già stanco? -

 

Effettivamente il ragazzo sembrava il più stravolto. Nonostante avesse sempre camminato praticamente allo stesso passo d’Ozuma, ora che si doveva arrampicare era rimasto molto indietro ed avanzava pesantemente; evidentemente, nelle braccia non aveva molta forza fisica.

 

 “Ma bene! – pensò, amareggiato – Cominciamo davvero bene…”.

 

 

Dopo un’altra ora di difficoltosa marcia, il gruppo giunse al Campo. Un posticino davvero niente male, Ozuma doveva ammetterlo.

Si trattava di un grandissimo altopiano sulla cima della montagna, circondato ad ovest e a nord da un bosco poco fitto, adatto anche per gli allenamenti, ad est dal crinale della montagna e da una spianata a sud, dove erano stati posti vari campi da gioco in legno per allenarsi; riparate tra il boschetto e la montagna, poi, c’erano otto capanne, che potevano ospitare al massimo due persone alla volta, ed una più piccola, per colui che era inviato come allenatore.

 

- Perfetto. – borbottò Ozuma senza entusiasmo, salendo sulla soglia della capanna – direi che ci siamo. Avanti, vi do cinque minuti per scegliere dove dormirete, poi cominceremo subito l’allenamento. -

 

- COOSA?! – fu il lamento generale – Ozuma, ma noi siamo stravolti. -

 

- Posso essere sincero? Non m’interessa minimamente. – i ragazzi si irrigidirono – Siete qui per un motivo, no? Non certo in vacanza! -

 

- Che noioso che sei! – disse Oishi, sprezzante – Cos’ hai paura, che non riuscirai a prepararci per l’esame del Consiglio? -

 

Ozuma non rispose; scese lentamente dal gradino d’ingresso, avvicinandosi ad Oishi, senza mutare minimamente espressione. Quando gli fu a tiro, però, lo prese per il colletto e lo sollevò da terra come fosse un fuscello. Oishi impallidì visibilmente.

 

- Non ho paura, Oishi. – disse, a denti stretti – Non ci spero neppure! -

 

Con un gesto secco mollò la presa; Oishi traballò un po’ tentando di mantenere l’equilibrio.

 

- Se le premesse sono queste, nessuno di voi riuscirà neanche a rompere un filo d’erba col suo beyblade! Vi avverto – fissò ciascuno dei presenti con uno sguardo dardeggiante – quello che farete voi i prossimi due giorni sarà appena un decimo dell’addestramento fatto da coloro che sono eletti Saint Shields dalla nascita, me compreso; se non riuscirete a sopportarlo, vi converrà sparire dalla mia vista, sono stato chiaro?! -

 

Senza aspettare risposta, il moro entrò nel suo capanno, chiudendo la porta con un colpo secco e gettandosi sul letto muffito, sospirando.

 

 “E’ un’impresa impossibile con questi brocchi!”.

 

 

- L… L’avete visto? – balbettò uno dei ragazzi, a bassa voce.

 

- A-altrochè! – rispose un altro, tra l’ammirato e il terrorizzato – Ozuma ha davvero una forza incredibile! -

 

- Tzs! – digrignando i denti Oishi si sistemò il colletto, furente.

 

- Sentite – fece un ragazzo dai capelli mori, con un po’ d’ansia nella voce – Ci converrà sbrigarci a fare questa cosa, o temo che quando uscirà da lì dentro ci rispedirà tutti a casa di filato. -

 

- Per quanto mi riguarda – fece acido Yoshiki– non ho la minima intenzione di andarmene. -

 

Tutti annuirono, convinti: a quel punto, nessuno avrebbe più rinunciato.

 

- Però c’è un problema. – disse uno, riflettendo – Ossia, siamo dispari. -

 

- Qualcuno dovrebbe dormire da solo? -

 

- Io, - li seccò senza preamboli Yoshiki - prendo quella capanna laggiù. -

 

- Ehi, ehi, aspetta un secondo! – lo interruppe Oishi ancora irritato dalla strigliata ricevuta da Ozuma – Chi ti credi di essere per scegliere da solo?! -

 

- Sono uno a cui non piace stare troppo appiccicato agli altri. -

 

- Aspetta, perché non dividiamo una capanne in tre? Oppure perché non chiedi ad Ozuma di dormire con lui? -

 

- NO! – esclamò, agitato; tutti lo fissarono senza capire. – E-ecco, io… -

 

- E perché? – ghignò Oishi, maligno – Cos’è, hai paura che ti mangi nel sonno? O hai tendenze strane? -

 

- No – rispose, freddo – quello sei tu, idiota. -

 

- COS’ HAI DETTO?! -

 

- Che se tu di notte fai sogni un po’ particolari, non sono certo popolati da belle ragazze. -

 

Oishi si trattenne dallo scatenare un’altra rissa, gettandogli le mani al collo.

 

- Ma se non ti sta bene che stia da solo… - il ragazzo si frugò in tasca, estraendo qualcosa – Sfidiamoci. -

 

Yoshiki mostrò al compagno un bey violaceo lucente.

 

- Ce l’ hai un bey, vero? -

 

- Tzs! Certo che ce l’ ho! – sbraitò Oishi, estraendo la sua trottola – Fatti sotto! -

 

 

 

Ozuma sentì un gran trambusto da fuori, ma cosa diavolo stavano combinando quelli là?!

 

 “Dal rumore mi sembra… No, non ci credo…”.

 

Ma uscendo, Ozuma dovette crederci: quegli idioti di Yoshiki e Oishi si stavano sfidando a bey!

 

- AVANTI!!! -

 

- DISTRUGGILO!! -

 

Le due trottole si scontravano violentemente, segnando il campo di gara con profondi solchi.

 

- Aha, vedrai, moccioso - rise Oishi minaccioso - di te non rest… UH? -

 

Un lampo nero sfrecciò sul campo, spedendo con violenza i due bey contro gli alberi.

 

- COSA – ACCIDENTI – VI – E’ – SALTATO – IN – TESTA?!?! – sbraitò Ozuma furibondo, sbucando alle spalle dei ragazzi.

 

Nessuno rispose; Yoshiki guardava spaventato l’espressione furente d’Ozuma, mentre Oishi e gli altri fissavano i beyblade dei ragazzi, che avevano lasciato due segni profondi nella corteccia degli alberi su cui erano stati schiantati.

 

- Ho l’impressione che qui vogliamo comandare tutti, vero?! – continuò, velenoso, richiamando Leopard – Cosa cavolo è successo?!? -

 

- B-beh… - balbettò uno dei ragazzi – D-dovevamo decidere per i posti, Oishi e Yoshiki hanno cominciato a litigare e… Si sono sfidati… -

 

Ozuma squadrò i due con severità; Yoshiki non battè ciglio.

 

“Visto che avete ancora tanta energia, ora vi sistemo per le feste…” VOIALTRI! – fece, indicando il gruppo – Cominciate ad andare in quello spiazzo, cominciamo l’allenamento. -

 

Gli altri si avviarono, un po’ confusi.

 

- Voi due no. – disse, facendo segno ad Oishi e Yoshiki di fermarsi – Per voi ho in mente qualcos’altro. -

 

I due si guardarono straniti.

 

- Vedete quel sentiero che sale su per il bosco? – disse, indicandolo; i ragazzi annuirono – Bene. Correte.

 

- Che?! -

 

- Ve lo fate di corsa, Oishi. – ripetè con la massima freddezza di cui era capace - Fino in cima al monte e ritorno. E badate che se camminate lo saprò, perché non farete in tempo per la cena; in quel caso, restate digiuni.

 

- COSA?! – esclamò, spaventato – Dì, ma sei ammattito?!

 

- Mi sembra una soluzione esagerata. – mormorò Yoshiki, acido.

 

- Zitto. E comincia – a – correre. – sillabò il moro a bassa voce.

 

Yoshiki capì che non c’era più niente da discutere, ma guardò il moro con tutta la rabbia che aveva: odiava dover sottostare agli ordini.

Senza aggiungere altro cominciò a correre per il monte, seguito a ruota da Oishi, che si sentiva ancora lo sguardo gelido d’Ozuma sulla schiena.

Il moro guardò i due allontanarsi nel fitto del bosco, fissandosi fino all’ultimo negli occhi con Yoshiki.

Perfetto!

Adesso di teste calde n’aveva due.

 

 

 

Se i rapporti col ragazzo dai capelli lunghi erano peggiorati in un pomeriggio, nel giro di una settimana divennero insostenibili.

Mentre, infatti, Oishi sembrava aver capito che con Ozuma era meglio non essere troppo cocciuti, Yoshiki trovava sempre qualcosa per irritarlo. La verità era che i due erano caratterialmente troppo simili e non sopportavano gli ordini degli altri, perciò non c’era mai occasione in cui uno perdesse l’opportunità per sgridare o l’altro per punzecchiare il compagno.

Oltretutto, Yoshiki era un tipo molto strano: più sfuggente di un folletto, gli altri lo vedevano solo ai pasti e gli allenamenti. La sera era l’ultimo ad andare a dormire e la mattina il primo ad alzarsi, a volte spariva, anche per ore, e poi ricompariva dal nulla, e questo era anche uno dei motivi delle strigliate d’Ozuma; anche quando tutti facevano il bagno o si riunivano per riposarsi Yoshiki mancava, sembrava che gli interessassero solo gli allenamenti. Effettivamente, anche se decisamente più debole degli altri, s’impegnava cinque volte più di loro ed ascoltava ogni sillaba d’appunto di un esercizio o di una mossa che Ozuma diceva.

Per questo, alla fine della prima settimana di lavoro, Ozuma cominciò a pensare che Yoshiki sarebbe potuto diventare il suo “addestrato speciale”.

 

 “Ma è troppo cocciuto. – pensò, la notte dell’ottavo giorno, sdraiato sul letto – E poi il suo comportamento troppo poco chiaro. No, è impossibile iniziare un allenamento serio con…”.

 

Uno strano movimento all’esterno lo ridestò dai suoi pensieri. Incuriosito, il ragazzo si avvicinò piano alla finestra, sporgendosi appena da un lato: fuori, all’ombra dei cespugli, c’era proprio Yoshiki.

 

 “Tzs, parli del diavolo…”.

 

Yoshiki si guardò un po’ attorno, poi sgattaiolò nel bosco, dirigendosi verso ovest.

 

“Eh, no! – pensò, uscendo con un balzo dalla finestra – Stavolta voglio vederci chiaro, caro mio! Aspetta e vedrai.”.

 

Senza fare il minimo rumore, Ozuma si mise a seguire il ragazzo, ben deciso a scoprire cos’avesse da nascondere.

Ozuma seguì agilmente Yoshiki per una buona mezz’ora, ma poi il bosco, seguendo il crinale del monte, s’infittì; Yoshiki, che sembrava esperto del posto, ci s’inoltrò senza problemi, ma il moretto ebbe qualche difficoltà: alla fine, lo perse di vista.

 

“Maledizione! – strinse i pugni rabbioso – E adesso?”.

 

Cercando di non innervosirsi, Ozuma si guardò attorno, cercando il sentiero, o qualcosa che gli assomigliasse, seguito da Yoshiki; quando l’ebbe trovato, accelerò il passo, deciso a fare una bella lavata di capo a quello stupido.

Man mano che Ozuma procedeva, il bosco diventava più rado; alla fine sembrò sbucare in una radura, circondata dalle nubi di una sorgente termale naturale.

Ozuma si avvicinò, guardingo, appostandosi dietro ai cespugli, ed osservò incuriosito ciò che appariva ai suoi occhi: i vestiti di Yoshiki erano abbandonati su di un masso vicino all’acqua e tra i vapori si scorgeva una figura di tre quarti, ma, alla prima occhiata, non sembrava per niente la corporatura maschile che Ozuma era abituato a vedere nel compagno, piuttosto era una figura con più “rotondità”. Quando le nubi di vapore si diradarono, Ozuma riuscì a distinguere meglio la figura immersa nell’acqua, sobbalzando un poco: appena sotto la superficie s’intravedeva l’inizio dei fianchi, che continuavano fuori dell’acqua, formando una dolce e armoniosa curva con la vita sottile e al di sopra le forme s’incominciavano a percepire dalle bende che prima cingevano il petto a quella figura, che, senza dubbio, era una ragazza, e che adesso le stava man mano allentando; Ozuma era bloccato, quasi ipnotizzato dalla scena: ma, quando le fasce cominciarono ad essere spostate e s’incominciò ad intravedere la chiara pelle del seno, il ragazzo fece uno scatto, rompendo il ramo su cui era appoggiato e finendo con la testa fuori del cespuglio.

La ragazza, spaventata, vedendolo si coprì il petto mezzo scoperto e, incrociato il suo sguardo, gettò un urlo, colpendo l’acqua col braccio e lanciandogliela addosso.

Il moretto, colpito in pieno, scattò indietro dolorante, allontanandosi il più in fretta possibile, quasi in trance.

 

 “Che… Accidenti…!”.

 

Arrivato in un punto in cui il bosco era meno fitto si dovette fermare, ansante, cercando di fare mente locale.

D’accordo, aveva seguito un suo compagno fin sul monte per scoprire dove sparisse tutte le volte, e andava bene. Ma quando era certo di averlo scoperto, si era trovato davanti una ragazza in una sorgente che, anche giustamente, l’aveva preso a getti d’acqua calda in piena faccia. E questo, anche per qualcuno che aveva combattuto con Bit-power e Bestie Sacre varie, era abbastanza insolito!

 

“Tra l’altro – pensò, un po’ stranito – era anche una ragazza… Davvero bella…”.

 

- TI HO TROVATO! -

 

Un esclamazione improvvisa fece sobbalzare Ozuma, che si ritrovò faccia a faccia con la ragazza della sorgente. O meglio, con Yoshiki in versione femminile.

 

- Tu… -

 

- Spero tu sia soddisfatto! – sbraitò quella, rossa in viso, cercando di sistemarsi meglio i vestiti, indossati in tutta fretta senza asciugarsi bene.

 

- Cosa? -

 

- Hai avuto la grand’occasione di vedermi nuda, per giunta gratis! Ma adesso me la paghi, maledetto! – continuò, stritolando con tutta la forza che aveva le bende nella mano.

 

- E-ehi, aspetta un secondo! – rimbeccò l’altro, un po’ in imbarazzo – Guarda che non ho visto un accidente! (See, come no! NdAutori – zitti voi! NdOzuma) e in ogni caso, grazie tante, che ne sapevo che eri una ragazza?! -

 

- Beh, bastava che ti facessi i fatti tuoi! -

 

I due si squadrarono, arcigni. Sì, non c’erano dubbi, quella era proprio Yoshiki; almeno, i vestiti erano indubbiamente i suoi.

Anche il colore dei capelli era lo stesso, con quei bei riflessi verdone, ma ora la frangia non era più tirata indietro e ricadeva dolcemente sulla fronte.

 

- Un momento! – esclamò, illuminandosi – Tu sei la ragazza che prima di partire ho visto litigare con la madre! -

 

Lei sobbalzò.

 

- Alla fine al Campo sei riuscita a venire lo stesso, eh? – ridacchiò, tornando spaccone come sempre.

 

- Ma sta zitto! – fece, stizzita, legandosi i capelli in una coda bassa.

 

- Si può sapere come mai una come te è venuta fin quassù? -

 

- Primo, non sono “una”, ho un nome; secondo, semplicemente non volevo essere esclusa. -

 

La ragazza si sedette su di un sasso, mentre Ozuma incrociava le braccia, fissandola.

 

- Sapevo che qualcuno l’avrebbe scoperto, accidenti… -

 

- Perché volevi partecipare così tanto al Campo addestramento? Perché si potrebbe decidere un nuovo Saint Shield? – chiese un po’ amaro; ma lei scosse la testa.

 

- Non m’interessa prendere il vostro posto, io volevo solamente allenarmi a beyblade. -

 

- Uh? -

 

- Amo questo gioco; inoltre, considerato che siamo la tribù dei Saint Shields, coloro che devono proteggere le Creature Sacre, sono sempre molto fiera di praticarlo.

Ma siccome sono una ragazza e non ho un Bit-power, mi è sempre stato impedito di farlo. Il bey che ho l’ ho costruito usando le parti scartate dai vostri o da quelli che gli altri ragazzi al villaggio non utilizzavano.

Nonostante questo ho sempre cercato di non fare scemenze, ma quando ho saputo che tu saresti venuto qua ad allenare… -

 

- Mi ci hanno spedito. – disse, acido – Io quassù con voi non ci venivo certo di mia volontà! -

 

- Vabbè. – lei fece spallucce – Comunque sia, non potevo certo permettermi di perdere quest’occasione, così… -

 

- Ti sei travestita da ragazzo e ti sei unita a noi poco prima che cominciassimo a salire, vero? -

 

Lei annuì, un po’ seccata che lui continuasse ad interromperla.

Il ragazzo cominciò a passeggiare su e giù, concentrato, forse, in qualche ragionamento, e lei fu scossa da un brivido: le ragazze non potevano stare lassù, cosa avrebbe fatto Ozuma?

 

- Bene. – disse, fermandosi – Adesso, per regola, dovrei rispedirti giù al villaggio, giusto? -

 

La ragazza impallidì come un cencio.

 

- Ma non lo farò. -

 

- Come? -

 

- Sei in gamba. L’addestramento che abbiamo fatto fin’ora era pesante per una ragazza, eppure tu sei sempre stata al passo. – lei annuì – E, immagino, ti sai allenata anche tutte le volte che sparivi, vero? -

 

- Quasi. – rispose, sospirando – A volte non ce la facevo e scappavo per riposarmi un po’. – lo guardò grata – Allora non lo dirai a nessuno? -

 

- Ad una condizione. -

 

- Cosa? -

 

- Vedi, i vecchi del consiglio mi hanno chiesto di portargli giù un moccioso che sia allenato come lo siamo io e gli altri Saint Shields; data la situazione, e visto che mi sembri in gamba, ho deciso di scegliere te. – la ragazza lo guardò sorpresa, era più gentile di quello che sembrava! - Ci dovremo allenare in segreto, proprio come avremmo fatto se fossi stata un ragazzo. -

 

- Per me va bene ^^! -

 

- Uhmp… - sorrise, allontanandosi – Fai meno l’entusiasta, ci sarà da spaccarsi la schiena. E non sarò così indulgente come al solito. -

 

- Perché, di solito lo sei? – fece, guardandolo ironica; Ozuma notò che, quando era tranquilla, aveva una voce molto dolce.

 

- In compenso tu sei una con la lingua tagliente, vero? -

 

- Te l’ ho già detto – sbottò, irritata – non sono “una”, ho un nome! -

 

- Però dovresti dirmelo se vuoi che ti chiami con quello, non ti pare? -

 

La ragazza sorrise, trattenendo un risolino.

 

- Vero… Comunque, è solamente un altro modo per leggere “Yoshiki”. -

 

Ozuma parve riflettere.

 

- Yuki. -

 

- Esatto ^^! – sorrise, incrociando le braccia al petto – Mi chiamo Yuki. -

 

(nota: in Giapponese l’ideogramma per i nomi “Yuki” e “Yoshiki” è lo stesso, ma si legge in 2 modi diversi – femminile e maschile.).

 

 

 

Il mattino successivo Ozuma si svegliò come sempre all’alba; come sempre indossò la sua giacchetta, s’infilò i guanti grigi e gli scarponi, poi uscì, respirando a fondo l’aria fresca e, come sempre, si avviò allo spiazzo coi beyblade stadium, aspettando che arrivassero gli altri. Dopo pochi istanti, come sempre, un ragazzo dai capelli lunghi tirati all’indietro spuntò alle sue spalle, sorridendo allegro e augurandogli “buongiorno”, seguito poco dopo, come al solito, dagli altri ed Ozuma cominciò a dare istruzioni sull’allenamento del giorno.

Tutto, insomma, sembrava procedere come ogni giorno, ma Ozuma sapeva bene che in mezzo a quel gruppo c’era qualcuno che non avrebbe mai dovuto trovarsi lì e quella persona era Yuki.

Il moretto la guardò da lontano, gli sembrava ancora impossibile che quel ragazzo magrolino e arrogante che aveva allenato per una settimana intera fosse in realtà una femmina. In effetti, però, nonostante la maglia e i pantaloni larghi e le fasce strette al petto, si vedeva che in Yoshiki c’era qualcosa di strano: sia le braccia sia le spalle erano troppo affusolate per un ragazzo della loro età, anche il più gracilino, ed era anche troppo basso; le mani erano eccessivamente minute, i polsi sottili sembravano faticare a reggere le flessioni che la ragazza stava facendo, ed anche quel viso sempre corrucciato, Ozuma lo notava stranamente solo ora, aveva tratti delicati, decisamente effeminati per un maschio, e pure gli occhi erano particolarmente allungati e con le ciglia lunghe.

La caduta di uno dei ragazzi scosse il moro dai suoi pensieri; non era proprio il caso d’incantarsi in ragionamenti così futili in quel momento.

 

- Cosa stai combinando?! – sgridò il compagno, che si sedette tremante – Tieni le braccia più sotto al petto, non ti ho detto mica di sdraiarti! -

 

Il ragazzo annuì, agitato, ricominciando a lavorare. Ozuma cominciò a passeggiare tra i ragazzi, fermandosi proprio al fianco a Yuki; si levò un mormorio divertito, ma la ragazza parve non essersene accorta, ignorando anche Ozuma.

 

- E tu staresti facendo delle flessioni? – disse freddo guardandola – Giù quella schiena, Yoshiki! -

 

Senza preavviso poggiò la mano proprio al centro della schiena della ragazza e la spinse verso il basso, facendole sfiorare il terreno.

 

- AHI! – si lamentò lei, cercando di non accasciarsi del tutto; Ozuma notò che parlava con una voce diversa rispetto alla sera prima.

 

- Cerca d’impegnati – continuò, allentando la pressione – altrimenti ti sforzi inutilmente, idiota. -

 

- Ma cosa diavolo fai?! – gli sussurrò, con la sua voce normale, cercando di non smettere l’esercizio.

 

- Se sono troppo indulgente con te capiranno che c’è qualcosa di strano. – rispose, a voce bassissima – Se qualcuno di loro ti scoprisse e facesse la spia al Consiglio saresti nei guai, non credi? -

 

La ragazza lo guardò rabbiosa, fermandosi.

 

- Lo so benissimo. – sibilò.

 

- E allora forza! – con un gesto secco Ozuma spinse di nuovo con la mano, ma stavolta Yuki piombò a terra come un sacco di patate, mandando un lieve lamento.

 

- Avanti, ricomincia, Yoshiki. – disse, atono, allontanandosi – Altrimenti ti rispedisco a casa. -

 

Tutti gli altri ridacchiarono sommessamente. Yuki si alzò, levandosi la polvere dal viso: accidenti, che scema era stata! Ora che Ozuma sapeva la verità, lei aveva le mani legate, perché rischiava ogni istante di perdere la sua copertura.

 

“E lui lo sa benissimo! – pensò, furiosa – Maledetto… (censura)!”.

 

I dubbi di Yuki aumentarono nel corso della giornata, convincendola sempre di più che Ozuma si stesse approfittando della situazione. Sembrava essersi inacidito nei suoi confronti: la sgridava, le faceva fare esercizi in più, insomma la tormentava.

 

A fine giornata, poco dopo cena, Yuki si avviò, come tutti, alla sua capanna, completamente stravolta, ma prima che il gruppo si disperdesse, Ozuma la fermò.

 

- Ti aspetto alla fine del sentiero del bosco. – le sussurrò, poggiandole una mano sulla spalla – Fai attenzione a non farti vedere da nessuno stavolta. -

 

Senza aggiungere altro se n’andò; Yuki rimase bloccata.

 

“M-ma è fuori?! Oggi mi avrà fatto fare il doppio del lavoro degli altri e adesso pretende che gli dia retta?! Ma scherza?!?”.

 

Yuki fu tentata di rincorrerlo e prenderlo a schiaffi, ma cercò di trattenersi, almeno finchè non fosse andata all’incontro.

Alcune ore dopo, sicura che tutti stessero dormendo, Yuki sgusciò fuori dalla capanna e corse nel bosco. Alla fine del sentiero, seduto tranquillo su una roccia, Ozuma la stava aspettando, le braccia conserte e gli occhi chiusi. (Questa descrizione potevo saltarla… Gente, ‘sto qui da quando appare fino alla fine della serie si siede sempre così, o al max un braccio sul ginocchio, ma sempre così! Una gamba al petto e l’altra a penzoloni! Ecchepizza!!! NdRia – scusatela, nn ha preso le medicine stamattina… ndJM).

 

- Ti aspettavo. – disse semplicemente, sentendola arrivare.

 

- Ora mi spieghi – esplose subito, senza lasciargli il tempo d’alzarsi – cosa diavolo ti è saltato in mente oggi! -

 

- Uh? -

 

- Non pensare di approfittarne perché conosci il mio segreto! Cos’è, volevi ammazzarmi con tutto quel… -

 

- Oggi mi sono dovuto comportare così. -

 

- Cosa? – si bloccò, senza capire la frase. Ozuma tirò un sospiro.

 

- Ieri alcuni dei ragazzi hanno visto che tu eri sparita e che io correvo ad inseguire qualcuno nel bosco; ovviamente hanno pensato che io avessi scoperto il motivo delle tue sparizioni e ti avessi inseguito per dirti di tutto. -

 

Yuki lo fissò inespressiva.

 

- Se io e Yoshiki di solito litighiamo – continuò – è ovvio, perché la commedia regga, che se lo colgo a combinare qualche casino debba essere più cattivo con lui. -

 

Lei non rispose. Perciò… Sostanzialmente l’aveva coperta?

 

- Dici che ho esagerato? -

 

- C-certo! – fece, ancora un po’ confusa dall’atteggiamento del ragazzo – Adesso pretenderesti che io mi allenassi ancora?! -

 

Lui la guardò serissimo.

 

- E’ ovvio. -

 

- COSA O_o”?! -

 

- Yoshiki è Yoshiki – disse tranquillo – E Yuki è Yuki. Quello che succede durante la giornata non deve coinvolgere gli allenamenti serali. -

 

- C-che… - lo guardò a bocca aperta.

 

- Se vuoi evitare lavoro extra, però, potersi anche mostrarti meno “ribelle” quando sei Yoshiki, non credi? -

 

Disse l’ultima frase con calma, ma il sorrisetto sul suo volto non lasciava dubbi: si stava vendicando!

 

“Che razza… Di…!”.

 

- Avanti, vieni. – le disse, estraendo Leopard – Ma se non ce la fai, puoi tornare a casa. -

 

- Certo che no! – sbraitò decisa.

 

Accidenti a lui… Si stava approfittando della situazione per dimostrare la sua superiorità.

 

“Maledetto… Ozuma, sei un bastardo, ti odio!”.

 

 

In effetti, almeno all’inizio, l’idea di Ozuma era proprio quella. Non gli era mai andato a genio che Yoshiki avesse quell’atteggiamento arrogante nei suoi confronti, e quella situazione era perfetta per vendicarsi un po’; oltretutto, aveva in conto anche l’acqua bollente che gli aveva tirato contro la sera alla sorgente (anche se quello era successo più per colpa sua che di Yuki).

Alla fine, però, aveva lasciato perdere: a cosa sarebbe servito, se non a stancare di più la ragazza? Non ci avrebbe guadagnato niente. Invece, cercando di non “infierire troppo” e continuando a mantenere la copertura di Yuki, si stavano aiutando a vicenda: lei si allenava col migliore dei Saint Shields, lui otteneva l’allievo che voleva. E doveva ammettere che la scelta era stata fortuita quanto ottima.

Yuki era una bravissima blader, nonché instancabile: certe volte era Ozuma steso a doverla fermare, prima che si facesse del male; anche caratterialmente, nonostante la lingua lunga, era simpatica e la sua compagnia era piacevole. (E te credo! L’avete vista *ç*?! NdJM – Jolly >\\\<***!! NdRia).

Anche la ragazza non si trovava male con il suo “nuovo allenatore”, ma non l’avrebbe mai ammesso: infatti, già il fatto di dover sottostare agli ordini di qualcuno la rendeva abbastanza acida, ma a volte era proprio il comportamento del ragazzo ad infastidirla, più che altro perché lei fraintendeva le sue intenzioni, e continuava a considerarlo un arrogante ed un dispotico; in realtà, era solo una sua autoconvinzione.

Nel bene e nel male, gli allenamenti notturni continuarono tranquillamente per due settimane.

 

- Ottimo. – disse una sera, mentre Yuki si stava allenando coi lanci – Sei migliorata moltissimo, forse potresti davvero raggiungere il risultato che spero prima della fine del mese.

 

Il Campo sulla montagna, infatti, durava solitamente tre mesi, ma quell’anno, probabilmente per mettere in difficoltà Ozuma, suo padre ed alcuni del Consiglio avevano deciso di limitarlo ad un mese.

 

 “Veramente simpatici…”.

 

- Eh, eh, hai visto ^^? – sorrise lei, ricaricando il bey – Io sono molto più in gamba di quello che… AHIA! -

 

All’ennesimo lancio, Yuki lasciò andare il caricatore, reggendosi la mano, che tremava lievemente.

 

- Che succede? – chiese, inginocchiandosi al fianco della ragazza.

 

- N-niente… - balbettò, cercando di farsi passare il dolore – E’ solo un po’ la mano… -

 

- … … Fa vedere. -

 

- EH? –

 

Con calma, il ragazzo le prese la mano, premendole appena sul dorso, all’altezza del polso; Yuki mandò un singhiozzo soffocato.

 

- Al solito… - sospirò rassegnato – L’ hai sforzato troppo. Aspetta… -

 

Pian piano cominciò a massaggiare il punto dolente, in modo che il muscolo si sciogliesse; all’inizio Yuki dovette stringere i denti, perché le faceva malissimo, ma mano a mano sembrò passarle.

 

“Però… Questo è un tipo davvero assurdo! Non lo capisco: prima mi tratta male, fa l’allenatore severo e intransigente, poi se mi faccio male diventa gentile. Non lo capisco proprio…!”.

 

Soprappensiero guardò la mano che Ozuma le stava curando: che strano, accanto alla sua, quella del moretto sembrava molto più grande, eppure non le stava facendo male, anzi, la stringeva delicatamente…

Involontariamente Yuki alzò lo sguardo, passando al profilo del ragazzo, concentrato su quello che stava facendo.

 

- Cosa c’è? – le chiese, senza spostare gli occhi dal suo lavoro.

 

- Eh? – si accorse della domanda solo qualche secondo dopo – Ah…! I-io… Niente, niente… - “S’è accorto che lo fissavo?!”.

 

- Fatto. Adesso non dovrebbe più farti male. -

 

La ragazza, cercando di non sembrare impacciata, mosse la mano due o tre volte, stringendola a pugno.

 

- Sì… -

 

- Per stasera basta, vai a riposarti adesso. – le disse, allontanandosi – Ci vediamo domattina. -

 

Senza guardare che la ragazza lo stesse seguendo, Ozuma si avviò verso il Campo; lei, invece, rimase inginocchiata a terra, tenendosi la mano sul petto.

 

“Co-cosa mi è successo? – pensò, confusa – Perché mi sono bloccata a fissarlo?”.

 

Le tornò in mente il suo profilo e deglutì a vuoto.

 

“No, no, no! – pensò, scuotendo forte la testa – devo essere stanca, piantala con le sciocchezze, Yuki!”.

 

 

 

 

“ Non avevamo detto di piantarla con le sciocchezze, Yuki? – si disse, innervosita, nascosta dietro gli alberi – Non vorrai mica presentarti all’allenamento così!”.

 

Quella sera, infatti, non aveva il solito completo di maglia e pantaloni, ma aveva messo il vestito che usava al villaggio, senza sapere bene il motivo.

Adesso, quasi svegliatasi dalla trance, si era rannicchiata dietro agli alberi della radura dove Ozuma l’allenava, ben decisa a non farsi vedere dal ragazzo, che la stava aspettando.

 

“Ma io da quel deficiente di Ozuma conciata così non ci vado! Adesso torno indietro, mi cambio e poi se mai…”.

 

- Yuki, allora, ti muovi? – disse, rivolto nella sua direzione – O hai intenzione di restare lì nascosta per tutta la notte? -

 

“Mi ha vista?! – pensò, quasi nel panico (se ti chiama, genietto, di certo ti ha vista -___-“ ndRia) – Ma porca miseria…!” – V-va bene… -

 

- Che hai? – fece, un po’ stupito da quel tono strano.

 

- N-niente… P-però non dirmi niente, ok? N-non so perché, mi è venuto lo schizzo stasera… -

 

Stranamente titubante, Yuki uscì dal suo nascondiglio; Ozuma la fissò un po’ stupito.

 

- Come… Sei… Vestita? –

 

Certo, abbigliata a quel modo, Yuki era irriconoscibile.

Indossava un vestito giallo-beige a maniche corte con uno spacco fin dalla coscia, divisa in due parti che le ricadevano davanti e dietro alle gambe; i bordi delle maniche e della scollatura erano rossi, come il colletto tenuto alto, mentre la minigonna che spuntava da sotto il vestito era grigia come le scarpe, chiuse morbide alla caviglia. La ragazza si era anche riacconciata i capelli: adesso erano legati in una coda bassa con un fermaglio dorato, con una frangia elegantemente tripartita, e due ciuffetti lisci erano lasciati liberi sulle orecchie.

 

- Beh, cosa c’è?! – sbottò, stizzita al suo silenzio – E’ vietato vestirsi così?! –

 

- Non è quello… - mormorò, scuotendo un po’ la testa – E’ che di solito vieni sempre vestita come Yoshiki, anche se senza fasce, quindi… -

 

- Te l’ho già detto, non so cosa mi è preso, stasera! – fece, sempre più innervosita – Comunque, se t’infastidisce tanto, me ne torno indietro e per stasera buonanotte!!! – “Ma perché mi arrabbio tanto? Come sono scema!”.

 

- Non fare la stupida. – disse, atono, alzandosi – Semplicemente, vestendoti così rischi di più di essere scoperta. – le si avvicinò, guardandola serio – E lo sai bene che in quel caso non potrei proteggerti. -

 

- Come o\\o? -

 

- Dai – continuò, senza scomporsi – oggi ci affrontiamo, vediamo come te la cavi. -

 

- O-ok o\\o… -

 

La ragazza lo seguì piano, tenendosi una mano sul petto.

 

“Il cuore… Mi sta battendo troppo forte… Perché?”.

 

Ad un certo punto, Ozuma si girò e si bloccò, guardandola; Yuki ebbe un forte sussulto.

 

- Co-cosa c’è o\\\o?  -

 

– Sei tutta rossa… - disse, poggiandole tre dita sulla fronte – Non è che ti è venuta la febbre? –

 

Yuki rimase immobile, senza rispondergli; poi sembrò arrabbiarsi da morire.

 

- SI’, STO BENISSIMO >\\\\\

 

Con stizza diede un colpo alla mano di Ozuma, che la guardò senza capire.

 

- AVANTI, ALLENIAMOCI >\\\\\\

 

Per tutto il resto dell’allenamento la ragazza non rivolse più la parola ad Ozuma, e lo stesso avvenne per le sere successive. Lei continuò a venire agli allenamenti vestita da ragazza, indifferente alle raccomandazioni di Ozuma, ed ogni volta che arrivava si arrabbiava, senza neppure capire il motivo; e la sua rabbia aumentò ancora di più quando, dopo un paio di volte, Ozuma smise pure di sgridarla.

 

“Ma perché?! Accidenti!! – pensava, inviperita – Sembra che per lui non faccia differenza se sono vestita da ragazzo o da femmina… Razza d’insensibile! - si bloccò a quel pensiero – M-MA COSA STO… Omamma, sono impazzita!!! Basta, basta, svegliati Yuki >\\\\\\\\

 

 

Nonostante l’arrabbiatura e gli sbalzi d’umore di Yuki, lei e Ozuma continuarono gli allenamenti ancora per due settimane. Poco prima dell’inizio dell’ultima settimana del Campo, la tecnica della ragazza era migliorata in maniera esponenziale e forse per questo, alla fine, benchè sempre acida, Yuki aveva ricominciato a parlare ad Ozuma.

Tre sere prima della fine del Campo, i due si stavano riposando un attimo, seduti su un tronco coperto di muschio.

Stanca, la ragazza si stava risistemando i braccialetti che portava sul polso, mentre lui sospirava affaticato: riuscire a combattere alla pari con lei non era più tanto semplice!

Mentre spostava su e giù i suoi bracciali, Yuki alzò involontariamente lo sguardo, posandolo senza rifletterci sul ragazzo. Chissà cosa stava pensando, con quel profilo serio e le ciglia aggrottate; forse si stava chiedendo se sarebbe riuscito a superare l’esame del Consiglio… O forse dell’altro, chi poteva dirlo? Yuki lo fissò ancora qualche istante, concentrandosi su quegli occhi verdi come i suoi, appena più scuri, e il cuore riprese a batterle troppo forte.

Un sordo tintinnio la fece riprendere: senza badarci, si stava quasi levando i braccialetti dal polso.

 

- Accidenti…(gocciolone)! –

 

- Tutto a posto? –

 

- S-sì… mi sono solo distratta un secondo… - rispose, un poco agitata.

 

- Sono molto belli. – disse lui, indicando i monili.

 

- Già, mi piacciono molto… - fece, cercando di riprendere il suo tono spavaldo.

 

- Però quello è strano, di cos’è fatto? – ed indicò un bracciale grigio scuro, che stonava fortemente con gli altri dorati. Lei sorrise.

 

- Non ci crederesti ^^… - ridacchiò, mostrandoglielo – La Roccia.

 

- La Roccia? -

 

- Sì, esatto ^^! La Roccia Sacra! -

 

- Come O__o?! – esclamò, sobbalzando – Quella Roccia Sacra?! Quella dove dovevamo sigillare i quattro Bit-Power?! -

 

- Eh, eh, non proprio ^^. Era un frammento di un’altra Roccia Sacra, ritrovata in Europa; si è staccato durante il ritrovamento, ma visto che non c’è dentro nessun Bit-Power, mio padre l’ha trasformato in un braccialetto. -

 

- Ho capito. -

 

Lei guardò l’oggettino, sorridendo.

 

- Mi piace davvero tanto ^^, specie per questi segni qui, sembrano ideogrammi. -

 

Ozuma non disse altro, ma Yuki non ci fece caso, almeno all’inizio. Dopo qualche secondo, però, sentì due dita sfiorarle la guancia; sorpresa girò il viso verso il ragazzo e si bloccò: perché la stava guardando in quel modo strano?

 

- Ozuma…? –

 

Lui lasciò due dita sulla sua gota e a Yuki sembrò che le si stesse avvicinando. Avvicinando troppo.

 

“C-che… Che… O\\\\o…?!”.

 

Cominciò a vedersi riflessa nei suoi occhi, sentendosi il cuore pulsarle come un tamburo, e la prese il panico: non andava bene, non andava bene…

 

- NO! -

 

Con uno schiaffo fulmineo, Yuki colpì in pieno Ozuma, ritraendosi con gli occhi spalancati.

 

- I-io… Io… -

 

Yuki si portò la mano alla bocca, senza sapere cosa fare, poi scappò via, rossa in viso e con gli occhi lucidi. Ozuma si massaggiò un istante la guancia, appoggiando dopo la testa sulle ginocchia.

 

- Complimenti Ozuma… Maledizione, sono un idiota! -

 

Nel frattempo, la ragazza continuò a correre, finchè dovette appoggiarsi ad un albero, completamente senza fiato. Si lasciò scivolare per terra, la testa all’indietro, tenendosi una mano sul cuore.

Non era possibile, non ci credeva! Eppure non lo poteva negare: Ozuma… Aveva provato a baciarla.

 

“E io l’ho schiaffeggiato… - si guardò la mano imputata, ancora arrossata e tremante – Beh, era normale… Però… - due lacrime lucenti le si formarono tra le ciglia, contro la sua volontà - Io…”.

 

 

 

Al mattino, quando Yuki si svegliò, il sole era già sorto.

 

- Yoshiki! – bussò qualcuno alla sua capanna – Ehi, è tardi! Ti sbrighi? -

 

- Eh? – biascicò Yuki, ancora mezza addormentata – Ah… Ah, sì, sì! Arrivo! –

 

Senza chiedere altro il ragazzo fuori dalla porta si allontanò, bofonchiando che il compito di chiamare i ritardatari toccava sempre a lui, e Yuki cominciò a vestirsi in fretta e furia, controllando solamente di aver stretto le fasce. Aveva un sonno incredibile: a causa di quello che era successo la sera prima, non aveva praticamente chiuso occhio, e nonostante questo non era ancora riuscita a trovare una soluzione al problema.

Perché Ozuma aveva tentato di baciarla? Una domanda tanto stupida quanto la risposta, che la ragazza quasi si rifiutava di accettare, tanto le sembrava assurda. E perché lei l’aveva schiaffeggiato? Questa era già una domanda più tosta.

La verità, era che non sapeva rispondere.

 

- YOSHIKI! – battè di nuovo qualcuno alla porta – Guarda che ora entro, vuoi muoverti?! Altrimenti fanno una testa così anche a me! -

 

- Non t’azzardare! – sbraitò, con la voce “maschile”, uscendo – Odio chi entra dove dormo senza permesso!

 

- D.. D’accordo… - balbettò quello, spaventato “Accidenti, tra questo qui e Ozuma, non so chi sia peggio!”.

 

I due si avviarono verso il resto del gruppo, da cui proveniva un animato chiacchiericcio: sembrava proprio che l’idea di tornare a casa piacesse a molti.

 

- Allora, ragazzi – esordì, facendo calare immediatamente il silenzio; era un’impressione di Yuki o il suo tono era stranamente basso? – Oggi è l’ultimo giorno di allenamento ufficiale. Domani, diciamo come premio per il vostro discreto lavoro, avrete tutto il giorno libero. -

 

- Ma com’è gentile! – disse sarcastico uno dei ragazzi.

 

- Ti prego, facci tornare giù un giorno prima! – urlò scherzosamente un altro.

 

- Non sperarci. – rispose Ozuma con un mezzo sorrisetto – Comunque sia, non torneremo a casa prima di dopodomani, quindi al lavoro! Forza! –

 

Ci fu qualche sbuffo, ma tutti si misero al lavoro di buona lena, compresa Yuki, anche se non era decisamente dell’umore adatto per allenarsi, né per fare qualcos’altro: l’unica cosa che voleva era mettere quanti più chilometri tra lei ed Ozuma. Desiderio che crebbe non appena incrociò lo sguardo del ragazzo, che evitò accuratamente, mettendosi anche a debita distanza.

 

“Non voglio parlargli… Non voglio neppure vederlo!”.

 

Per tutto il giorno Yuki evitò Ozuma, sempre con più difficoltà, dimostrandosi ancora più antipatica nei suoi confronti di quanto avesse mai fatto. Qualcuno dei ragazzi pensò semplicemente che fosse stato l’ennesimo capriccio di Yoshiki nei confronti del moretto, e la cosa fu anche abbastanza una fortuna per Yuki, perché tutti le stavano alla larga, temendo di venire coinvolti in una rissa.

 

“Eh, eh, mi sono proprio fatta la fama di rissosa, qui!”.

 

La sua vera salvezza arrivò però alla sera, quando tutti il gruppo, per celebrare la fine della fatica, si mise a far festa, lasciandole la possibilità di eclissarsi dal raggio d’azione di Ozuma.

La festa durò a lungo. Quando tutti finalmente si decisero ad andare a dormire, era già notte fonda.

Yuki augurò svogliatamente la buonanotte ad un paio di compagni, poi si avviò come uno zombie verso la sua capanna, stanca e confusa. Ma qualcuno la bloccò, afferrandole delicatamente un braccio.

 

- Aspetta… - le sussurrò, con calma. Yuki, però, lo guadò storto.

 

- Cosa diavolo vuoi?! – fece, stizzita.

 

- Solo parlarti. – disse, lasciando la presa – Ascolta, io… -

 

- No. – disse, secca – Non voglio ascoltarti, voglio solo che mi lasci stare! –

 

- Yu… -

 

- E NON CHIAMARMI COL MIO VERO NOME QUI, STUPIDO!! –

 

Così dicendo si avviò a passo marziale verso il capanno, mordendosi il labbro. Entrò chiudendosi la porta alle spalle e, sospirando tristemente, si appoggiò sul letto, facendo per sciogliersi i capelli.

 

“Ho di nuovo reagito da schifo… - pensò, malinconica – Però… Non so come fare altrimenti…”.

 

Non riusciva a mettere in ordine le idee. Fin dal principio, non aveva mai minimamente pensato ad Ozuma come ad “un ragazzo”, ma come ad “un compagno”, nel suo caso “un allenatore”, o qualcosa del genere; poi, sì, in un qual modo ci si era affezionata, era un arrogante, ma simpatico, ma basta. Punto. Nient’altro! Certo, dire che non aveva mai pensato che fosse un bel ragazzo sarebbe stata una bugia, ma… Insomma, lui aveva provato a baciarla! Voleva dire, sì… Che c’era qualcos’altro, qualcosa, forse, simile a quel qualcosa che l’altra sera l’aveva bloccata. E questo “qualcos’altro” la metteva in agitazione.

 

- Tzs, tzs, tzs… - fece una voce, nell’ombra – Povero Yoshiki, stasera siamo nervosetti, vero? -

 

Yuki sobbalzò, alzandosi dal letto.

 

- Chi sei?! – chiese, spaventata; per tutta risposta, qualcuno si allontanò dal muro, guardandola con un ghigno – OISHI!

 

- Ehilà ^^! Come va? – stava sorridendo, ma aveva un tono che a Yuki non piaceva proprio.

 

- C-che ci fai qui?! – gli domandò, modificando il tono della voce – Sei diventato idiota completamente?! –

 

- Cosa c’è? Non posso neanche venire a salutare un amico? –

 

- Non mi risulta che noi siamo mai stati amici… - disse, in un sibilo gelido; quell’altro rise.

 

- Effettivamente, hai ragione… - ridacchiò Oishi falso.

 

- Forza – disse, mentre si avviò verso la porta, facendo per afferrare la maniglia – Ti do tre secondi per uscire, prima che perda la pazienza. -

 

- Oh, ma che sgarbato! – fece, con finto tono deluso – E pensare che ora, noi, potremmo parlare di molte più cose! Che ne dici… YUKI? -

 

Sentendosi chiamare per nome, la ragazza si paralizzò dov’era, sbiancando come un lenzuolo.

 

- T-tu…! C-come... –

 

- L’ ho scoperto? – disse, candidamente – Oh, pura fortuna, credo! Dovevi essere proprio arrabbiata con Ozuma ieri sera, per scappare via a quel modo… -

 

“Ieri?! – pensò, agitata – Maledizione, è vero, sono corsa fin qui senza neanche guardarmi in giro… - Strinse i pugni – Accidenti!”.

 

- Era da un po’ che sospettavo che Ozuma ti allenasse di nascosto. – disse, avvicinandosi – Ma il fatto che fossi una ragazza… Devo ammetterlo, mi ha lasciato di stucco! – la guardò dalla testa ai piedi con un sorriso perfido – Una bella ragazza, non c’è che dire… -

 

- E… E ora… - indietreggiò un poco, per allontanarlo – Cosa farai? Non vorrai mica spifferare tutto, vero? –

 

- Mah, chi lo sa! – fece, innocente, avvicinandosi di più – Ci sono tante possibilità… -

 

- Per favore – disse, con tono basso – Non dire niente, per favore! – “Non ci credo, sto supplicando quest’idiota! Ti prego, fai che sia un incubo…!”.

 

- Mah, chi può dirlo. - disse di nuovo, avvicinandosi ancora – sarebbe come farti un favore. Però – la guardò con uno sguardo pericoloso – se io faccio un favore a te, tu potresti farne uno a me… -

 

Yuki vide la sua mano avvicinarsi al suo viso; strinse i denti disgustata.

 

- Non osare toccarmi! – urlò, tirandogli uno schiaffo – Non ti sfiorerei neppure con la canna da pesca, lurido verme! – (Oilà, ci va pesante!! NdTutti – Vorrei vedere! ndRia).

 

Oishi si massaggiò la guancia, guardandola storta.

 

- Maledetta stronza… - 

 

Con uno scatto Oishi si avventò sulla ragazza che, senza accorgersene, era finita vicino al bordo del letto e la buttò sul materasso, mettendosi sopra di lei; velocemente le bloccò le mani sopra la testa e le gambe con le sue, guardandola maligno.

 

- Vediamo se riesci a respingermi come hai fatto a parole… -

 

Così dicendo la baciò a forza, ma Yuki, per respingerlo, gli morse il labbro, presa da un conato di disgusto.

 

- Brutta bastarda – urlò, tirandole uno schiaffo – ora ti faccio vedere io! –

 

Yuki lo fulminò con uno sguardo lievemente spaventato, senza sapere come scrollarselo di dosso; con il colpo di Oishi adesso i suoi capelli si erano sciolti disordinatamente e la sua femminilità era ancora più risaltata: il ragazzo, stuzzicato, afferrò con la mano libera la maglietta di Yuki e gliela strappò, lasciando solo le fasce a coprirle il petto. Oishi, sempre più elettrizzato, le afferrò le bende cominciando a tirarle in modo da scoprirla.

Yuki era ormai nel panico, non riuscì neppure più ad emettere il più piccolo grido.

 

“No… No, no, NO!!”

 

Il panico diventò puro terrore quando avvertì che le bende stavano per strapparsi, ma proprio in quell’istante sentì la porta spalancarsi con uno schianto; Ozuma, non si sa da dove, si era fiondato dentro la capanna, e veloce com’era entrato afferrò Oishi per il colletto, scaraventandolo per terra con tutta la forza che aveva.

 

- COSA PENSAVI DI FARE?! COSA – PENSAVI – DI – FARE?!? –

 

Senza dargli il tempo di reagire il moro cominciò a prenderlo a pugni, tenendolo bloccato a terra; Yuki guardava la scena con sguardo vacuo, tenendosi le mani al petto: non aveva mai visto quell’espressione ad Ozuma, sembrava che volesse incenerire Oishi fissandolo.

Nel frattempo, a causa del fracasso, gli altri ragazzi erano corsi alla capanna di Yuki, rimanendo allibiti dalla scena; due di loro, più robusti, afferrarono Ozuma per le braccia e lo allontanarono a forza da Oishi, che si alzò tremante, pulendosi il sangue che gocciolava dal labbro rotto. (SI, VAI OZUMA, PESTALO!!! Fallo nero!!! XDDDD ndRia – Oddio, è partita… O_o” ndJM).

 

- M-ma che sta succedendo?! – balbettò uno dei ragazzi, voltandosi verso Yuki – Yoshiki… -

 

- E’ UNA RAGAZZA! – sbraitò Oishi, tenendosi il braccio dolorante; gli sguardi confusi dei ragazzi diventarono increduli – Ci ha contato un sacco di balle, è una ragazza! E Ozuma l’ ha coperta fin’ora! –

 

Tutti fissarono scioccati prima Yuki, ancora immobile sul letto, poi Ozuma, che si liberò stizzito dalla presa degli altri due; vedendolo, Oishi indietreggiò visibilmente.

 

- Possiamo uscire? – chiese Ozuma, piatto, mentre faceva un cenno eloquente verso Yuki. Gli altri annuirono.

 

I ragazzi uscirono, guardando Yuki inespressivi, che di rimando li fulminava, rannicchiandosi di più sul materasso.

 

- Ozuma… - chiese un brunetto, chiudendosi la porta alle spalle – Ci potersi spiegare? -

 

- E’ un traditore! – urlò nuovamente Oishi, tenendosi a debita distanza da lui (Basta, possiamo ucciderlo +___+**?! NdTutti – Tra un po’… Uh, uh, uh… +____+ <- ghigno di Ria – Brrrr…. Ç__ç ndOishi) – Ha coperto quella schifosa per tutto il tempo, violando le leggi! Oltretutto, l’ ha allenata di nascosto da tutti noi! È uno sporco bastardo! –

 

Ozuma lo incenerì con un’occhiataccia e Oishi sbiancò come un lenzuolo, temendo di vederselo di nuovo balzare al collo, e ammutolì.

 

- In parte ha ragione – disse, atono – ma Oishi ha capito male. Vedete, il Consiglio mi aveva ordinato di scegliere uno tra voi da allenare in maniera particolare, perché potessi dimostrare che col nostro allenamento io e gli altri Saint Shields, siamo assolutamente insostituibili; il fatto che Yoshiki fosse in realtà una ragazza non ha influito sulla mia decisione, perché avevo già intenzione di scegliere lui, anzi, lei. –

 

- BALLE! – si sgolò quell’altro, furibondo, cercando di portare tutti dalla sua parte – Sei doppiamente bastardo, hai approfittato della situazione per il tuo tornaconto! –

 

- Qui il bastardo sei solo tu. – sibilò Ozuma, facendo scrocchiare le nocche mentre stringeva il pugno –E’ inutile che fai il difensore dei deboli… SE NON AVESSO VOLUTO APPROFITTARTI DI YUKI, NON MI SAREI MAI ABBASSATO A PESTARE UN IDIOTA COME TE!!! –

 

Oishi digrignò i denti, balbettando frasi confuse che suonavano come “non dire scemenze”, e si guardò attorno alla ricerca di un sostenitore, ma non ne trovò: tutti avevano capito cos’era successo e cosa avrebbe voluto fare, e ora lo fissavano disgustati.

 

- Senti, Ozuma – fece il brunetto di prima, con tono grave – noi non ci fidiamo delle parole di Oishi, ma di fronte all’evidenza dei fatti non sappiamo neppure se fidarci delle tue.

Sii sincero, è vero quello che hai detto sul Consiglio? –

 

Ozuma annuì solamente, serio.

 

- Bene. -

 

- Allora, per risolvere questo casino, avrei una proposta. – disse un altro, con sguardo scettico – Se, dico se, davvero hai allenato quella ragazza in maniera speciale come dici, devi farcelo vedere: lascia che sfidi uno di noi, se ci batterà, lasceremo che il Consiglio decida della sua sorte, altrimenti andremo a riferite tutto. -

 

- COSA?!? – latrò Oishi scioccato – Ma cosa state dicendo?!? –

 

- Se davvero ha fatto come dice – continuò il ragazzo di prima – ha semplicemente eseguito un compito che gli era stato affidato e, visto che tra l’altro ci ha allenati bene, io non ho altra richiesta se non che ci dimostri il risultato del suo lavoro. Voi che dite? -

 

Il gruppo annuì.

 

- Per me è ok… - fece Ozuma incrociando le braccia.

 

– E va bene! – disse, un’espressione furibonda sul viso – Ma sarò io ad affrontarla!! –

 

- No, aspetta Oishi – lo bloccò uno dei ragazzi – non credo proprio che noi ti… -

 

- Va bene. – chiuse semplicemente il discorso il moro, gelando tutti: scrutò Oishi con odio, ma quello rise, tornato spavaldo.

 

- La ridurrò in briciole!! –

 

Sempre ridendo Oishi tornò nella sua capanna, massaggiandosi il viso contuso, seguito a ruota dagli altri, che tornavano a dormire, non molto convinti di lasciarlo combattere l’indomani.

Anche Ozuma era preoccupato, benché non lo desse a vedere; nonostante fosse uno sbruffone, Oishi era veramente un bravo blader ed il suo gioco seguiva molto il suo stato emotivo: se avesse combattuto contro Yuki, l’avrebbe attaccata con tutta la forza che aveva in corpo, per tutta la rabbia che provava.

 

“Gran brutto affare…”.

 

Pensieroso si diresse verso la capanna di Yuki, da cui non era più venuto il minimo rumore.

 

- Yuki…? Sono Ozuma, posso entrare? – chiese, bussando piano; ma non ebbe risposta.

 

Lentamente, in modo che potesse ancora richiuderla in tempo, aprì la porta, facendo entrare nella stanza un fascio di azzurra luce lunare.

Yuki sobbalzò, vedendolo: era ancora sul letto e aveva indossato, per coprirsi, il suo vestito sopra i pantaloni, mentre ripiegava le sue fasce ormai distrutte.

 

- Ormai sono inutilizzabili. – constatò Yuki, senza guardarlo.

 

Ozuma non disse nulla, sedendosi lentamente sul bordo del letto.

 

- Che fai?! - scattò furiosa – Vattene, esci subito! –

 

Ma Ozuma non si mosse, se non per avvicinarsi un poco.

 

- Tutto ok? – le chiese gentilmente.

 

- BENISSIMO! – urlò, la voce lievemente tremula – Mai stata meglio!! –

 

- Sei sicura? – domandò, sottovoce.

 

Yuki annuì, decisa e pallida in viso. Ozuma però non smise di fissarla e lei sentì di cominciare a tremare convulsamente; senza neppure accorgersene si protese verso il ragazzo, scoppiando a piangergli addosso: si era spaventata da morire, era stata la cosa più orribile che le fosse mai capitata! Più cercava di non pensarci, più sentiva di nuovo le mani di Oishi stringerle i polsi fino a lasciarci il segno, più ricordava l’orribile sensazione della sua bocca che la baciava, una cosa calda, umidiccia ed esasperata, da dare allo stomaco. Doveva ringraziare solamente Ozuma se non le era successo di peggio.

Yuki continuò a piangere per molto tempo e, lasciando che il ragazzo l’abbracciasse, si sentì sempre più tranquilla: quella stretta la faceva sentire bene, tanto che anche quando si fu calmata rimase lì, l’orecchio appoggiato sul cuore di lui, che batteva calmo e regolare; il suo, invece, stava ricominciando ad accelerare.

Ad un certo punto sentì che Ozuma spostava un braccio, appoggiandovisi, mentre abbassava l’altro quanto bastava per prenderle tra indice e pollice il mento ed alzarle il viso, per poterla guardare in faccia.

 

- Ah… -

 

Imbarazzata cercò di allontanarsi, poggiandogli le mani sul petto e spingendosi via, ma Ozuma sembrava non avere intenzione di lasciarla andare: col braccio libero le cinse le spalle e se l’avvicinò.

Per Yuki fu come se il mondo intero si fosse fermato, anche nella sua testa era tutto immobile: sentì il freddo lasciato sul suo viso dallo spavento sparire, per via del tepore delle sue guance che arrossivano, diventando sempre più colorite.

Non stava sognando, no…

Ozuma… Anzi, lei ed Ozuma… Si stavano baciando…

 

“Ozuma…”.

 

La ragazza provava una sensazione mai sentita prima: il suo cuore batteva all’impazzata, ma era tranquilla; la sua pelle bruciava, ma era il calore più piacevole che avesse mai avvertito; percepiva una strana vampa provenire dal suo petto, all’altezza del cuore, e una stretta allo stomaco, ma era felice; insomma, era una sensazione bellissima.

I  due, dopo aver vissuto intensi attimi baciandosi, si allontanarono leggermente l’uno dall’altra: la ragazza, incrociando lo sguardo di Ozuma, si perse nei suoi occhi; solo il ragazzo, cingendole le spalle, tirandola a se e abbracciandola, aveva rotto l’incanto e l’aveva indotta a stringerlo con le sue braccia e ad affondare il viso tra il collo e il petto di lui.

Passarono alcuni minuti, dopodichè Ozuma staccò leggermente la ragazza quanto bastava per vederla in volto e spostò una mano lateralmente sul collo della ragazza.

 

- Ti amo. – disse passandole la mano dietro la nuca. Yuki arrossì visibilmente e si nascose di nuovo contro il petto di lui.

 

- M-ma sei scemo?! Mi sembrava abbastanza evidente, mi hai baciata! –

 

- Potrei averlo fatto perché mi andava… - disse per prenderla in giro.

 

- No, non l’avresti…! Ma voi ragazzi fate queste cose?! –

 

- A volte. –

 

- Ma che vuol dire?! Sei cretino o cosa?! Scemo! –

 

- Yu…non sei molto convincente se mi sgridi abbracciandomi, sai? (gocciolone) – ridacchiò stringendola.

 

- Uffa! Come faccio altrimenti?! – protestò con il viso nell’incavo tra il collo e la spalla di lui – Antipatico >/////< !! –

 

Ozuma scoppiò a ridere, una risata bassa e calorosa che fece arrossire ancora di più la ragazza.

 

- Perché ridi?! Sei proprio cattivo!! – mugugnò – Mi hai fatto piangere e arrossire in una sera e mi prendi pure in giro?! Non sei già contento di avere questo primato?! –

 

- Uh? (gocciolone) –

 

- … >///< Non ero mai arrossita né avevo mai pianto davanti ad un ragazzo… -

 

- E baciato un ragazzo? – le chiese guardandola dolcemente.

 

- …Dipende. – rispose con sguardo furbo: Ozuma si accigliò.

 

- Se mi dici che il primo è stato quel porco di Oishi giuro che esco e lo picchio di nuovo. – sussurrò arrabbiato.

 

- Teoricamente sì. – rispose, quasi apposta con noncuranza.

 

Ozuma sembrò arrabbiarsi: Yuki lo guardò voltarsi dall’altra parte ed incrociare le braccia furioso.

 

- Cosa c’è? – il ragazzo, però, non rispose – Non dirmi che sei geloso…? –

 

Ancora una volta lui non disse nulla, emettendo solo un piccolo grugnito: stavolta fu Yuki a scoppiare a ridere.

 

- Cosa vuoi?! – chiese stizzito voltandosi di scatto – Non mi sembra così strano! –

 

La ragazza, sorridendo, gli prese il viso tra le mani e lo baciò di nuovo: lui la guardò un po’ stranito, preso alla sprovvista.

 

- Ho detto “teoricamente” – disse, mettendosi in ginocchio di fianco a lui e appoggiandogli un dito sulle labbra – Ma in pratica, il primo ragazzo di cui mi sono innamorata e che ho baciato…sei tu. –

 

Ozuma la fissò ancora un istante, poi sorrise e le accarezzò una guancia, fermandosi sulla gota.

 

- …Cosa…Cosa avete deciso prima? –

 

Il ragazzo si fece serio: si puntellò con un braccio sul letto, posando l’altro sul ginocchio piegato.

 

- Domani vogliono che affronti Oishi in un duello di bey: se vinci non andranno a dire nulla al Consiglio. –

 

- Come…?! – mormorò preoccupata – M-ma perché?! Cosa cambia?! Tanto dopodomani torneremo al villaggio e dovrò affrontare comunque il Consiglio! –

 

A quel pensiero la ragazza s’irrigidì: era vero, avrebbe dovuto affrontare tutti gli anziani in ogni caso, e probabilmente avrebbe messo nei guai anche Ozuma..

 

- Lo so. – continuò atono – Ma se ci andiamo prima noi e non ricevono la notizia per vie traverse, i vecchi me li rigiro come voglio. – (Modesto… -____-“ ndRia)

 

- Pe…P-però contro Oishi… -

 

- Ce la farai, sei molto brava. L’importante è che tu rimanga concentrata. –

 

Yuki annuì, ma non sembrava molto convinta, né per lo scontro né per il Consiglio.

Ozuma le scostò la frangia guardandola serio.

 

- Non lascerò che ti facciano del male né che tu finisca nei guai. Te lo prometto. –

 

La ragazza , nonostante fosse poco convinta inizialmente, sentendo quelle parole pronunciate dal ragazzo che l’amava, capì che non doveva preoccuparsi: lei era stata allenata dal più forte blader del villaggio e sapeva di poter vincere, e, anche se avesse perso, era consapevole che Ozuma non l’avrebbe abbandonata e avrebbe mantenuto la promessa.

 

“Se è così non c’è da preoccuparsi” pensò sorridendo teneramente al ragazzo

 

- Vedo che ti fidi… - disse dolcemente il moretto

 

Yuki gli gettò le braccia al collo e tornò a rintanarsi contro il suo petto

 

- Certo che mi fido, me lo hai detto tu… ^////^ - disse stringendolo ancora di più

 

Ozuma abbracciò la ragazza, e, dopo averla allontanata da sé, la baciò nuovamente.

 

- Ora è meglio che tu vada a letto: domani sarà una giornata molto pesante – disse lui guardandola negli occhi - adesso me ne vado, tu cerca di dormire…Buonanotte 

 

Detto questo il moretto si alzò dal letto e si diresse verso la porta.

 

- M-ma io… - disse con voce tremula guardando il ragazzo voltato di spalle.

 

- Non ti preoccupare, starò io a fare la guardia alla tua porta: nessuno entrerà a farti niente. –

 

- N-non è qu-quello…è c-che… - rispose imbarazzata - …N-non è che tu… Puoi r-rimanere qui finchè non mi ad-adddormento? >////< -

 

Ozuma la osservò con sguardo stranito, come per dirle: “Scusa non ho capito…”

 

- C-cosa c’è?! Se ti sembra una cosa tanto stupida vattene pure! >////<* - disse stizzita – scusami se dopo quello che ho passato ti volevo vicino prima di addormentarmi! >/////<*** - continuò sempre più arrabbiata.

 

Il ragazzo allora tornò indietro, si avvicinò al letto e, prendendo il volto di lei, la baciò.

 

- Va bene. – disse dolcemente – Ora però sotto le coperte e dormi. –

 

Yuki si alzò dal letto, tirò via le coperte per potervisi infilare sotto e, senza pensarci, afferrando i lembi del vestito, se lo stava per sfilare, quando , girando lo sguardo, si accorge che Ozuma la stava guardando con un sguardo misto tra lo stupore e un’espressione strana che non  riusciva a decifrare.

 

- DOVE STAI GUARDANDO?! >/////<** - si mise a urlare – VOLTATI DALL’ALTRA PARTE, MANIACO! >/////<*** -

 

Il ragazzo si voltò rapidamente leggermente imbarazzato.

 

- S…scusa. – (Maniaco, maniaco ^^! ndJM – Mi crolla un mito… ç___ç ndRia – FATELA FINITA >////<*!!!! NdOzuma – voi due autori siete dei torturatori comunque… ndTutti_pers – chiudete il becco  quando tocca a voi piangerete lacrime amare!!).

 

- Non fa niente… - disse con tono tranquillo - … Però non cercare più di guardarmi…non ti è bastata quella volta alla fonte termale? – chiese scherzosa.

 

- Ti ho già detto che è stato un incidente…! – rispose irritato - …Comunque vedi di far meno la spiritosa signorinella…! –

 

- Dai sto scherzando… ^^ -

 

- Allora ti sei cambiata? Mi sono stufato di aspettare… -

 

- Che impaziente: impara a sapermi aspettare, sono una signorina ho bisogno di tempo per prepararmi… - rispose giocosa – Comunque girati pure, sono a posto. –

 

Ozuma si voltò e la vide già sotto le coperte: le forme della ragazza si notavano grazie alla sagoma risaltata dai lenzuoli bianchi, lui le fissava con una strana sensazione; quando poi notò il vestito e i pantaloni che lei indossava abbandonati sulla sedia realizzò che la ragazza non dovesse avere molto addosso sotto le coperte, con questo pensiero che gli si agitava in testa la sensazione di prima aumentò.

 

“ Ma cosa mi prende?! – pensò scrollando la testa – Cos’è questa sensazione? “

 

Avvicinandosi al letto, il ragazzo decise di non pensare più a ciò che gli frullava in testa e si sedette tranquillo sul bordo del letto.

 

- Adesso cerca di riposarti. –

 

- Va bene…f-fai una co-cosa? >///< -

 

- Cosa? –

 

- M-mi dai la mano? –

 

- Certo Yu… -

 

Ozuma prese la mano della ragazza tenendola delicatamente con la sua: la ragazza arrossì lievemente, ma era tranquilla e felice; i due si guardavano amorevolmente, quando la ragazza, riflettendo, parve rendersi conto di una cosa.

 

- Cos’è questa storia che mi chiami Yu? –

 

- Che cosa c’è di male? – rispose tranquillamente – Non posso chiamare come mi piace la mia ragazza ? –

 

- C-come?! o////o – la ragazza arrossì evidentemente: non aveva mai pensato a lei e Ozuma come a fidanzati, certo aveva riflettuto sul fatto che si amavano entrambi e si erano baciati, ma non aveva minimamente riflettuto sulla conseguenza di quelle cose: lei e il ragazzo…si erano messi insieme.

 

- Cosa c’è? – chiese con aria scherzosa ma un po’ stupita – Non lo sei forse? –

 

- N-no… è c-che non ho m-mai riflettuto sul fatto che i-io e te e-eravamo una… Coppia…>/////< - rispose sempre più in imbarazzo

 

- Questo significa che non vuoi che sia il tuo ragazzo? -

 

- No! Voglio stare con te…C-cioè i-io…- disse molto imbarazzata - …i-io t-ti…Ti amo! >/////< - continuò agitatissima piantando la faccia nel cuscino. “Aaah, che sto facendo?! Balbetto come una mocciosa, non mi riconosco più!”. (L’amore fa anche qsto ^^ ndRia – Tu ne sai qualcosa ^^? ndJM - ^\\\^! ndRia – Bleah, disgustosi… XP ndTutti).

 

Il ragazzo, mettendole una mano sulla spalla, la fece voltare e la baciò.

 

- Calma, non devi agitarti così, anch’io ti amo. –

 

Appena sentì queste parole Yuki si calmò e, riappoggiando la testa al cuscino, diede nuovamente la mano a Ozuma, dopodichè chiuse gli occhi e si rilassò sentendo il ragazzo vicino.

 

- Buonanotte – disse con voce stanca e tono rilassato

 

Ozuma continuò ad accarezzarle una gota, finchè la ragazza si addormentò: a quel punto, avvicinandosi al suo volto, la baciò la guancia, staccò la sua mano da quella della ragazza e, scostandole un ciuffo di capelli sussurrò al suo orecchio “buonanotte”. Il ragazzo uscì quindi dalla capanna, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle, si sedette a terra appoggiandosi allo stipite esterno della porta e stette lì, guardando in silenzio il cielo.

 

 

 

La ragazza si svegliò una mezz’ora prima dell’ora stabilita per l’incontro, ma si preparò più lentamente di com’era abituata a fare: era agitata, tutte le preoccupazioni che la colpivano erano mischiate confusamente nella sua testa, aveva paura.

Una volta pronta prese il suo bey e, mettendolo in tasca, si diresse verso la porta, la aprì e, appena mise un piede fuori notò una cosa: Ozuma era seduto per terra, la schiena contro lo stipite della porta, la testa e il collo piegati sul torace, tranquillamente addormentato. La ragazza si accucciò di fianco a lui, probabilmente il ragazzo era rimasto sveglio fino a notte fonda per sorvegliare la capanna, come da lui promesso, finchè non era crollato per il sonno; guardandolo lei sorrise dolcemente, era proprio carino, inoltre era il suo ragazzo e aveva giurato di proteggerla, e quest’idea la tranquillizzò. Lentamente si avvicinò al ragazzo dormiente, gli appoggiò una mano sulla spalla e gli diede un bacio sulla guancia.

 

- Ehi principino, sveglia è mattina… C’è l’incontro, è ora di andare… - disse dolcemente.

 

Scosse delicatamente il ragazzo che, aperti gli occhi, sbadigliò visibilmente assonnato.

 

- Buongiorno, è già ora? – chiese strofinandosi gli occhi.

 

- Sì, fra dieci minuti bisogna essere al campo. –

 

- Ok… – Disse alzandosi in piedi - …andiamo –

 

“…Eh?”

 

Il ragazzo cominciò ad incamminarsi, ma, voltandosi, vide che la ragazza era rimasta ferma: tornò indietro e le si avvicinò.

 

- Cosa c’è? – chiese preoccupato

 

Yuki non rispose e rimase ferma con lo sguardo basso.

 

- Cos’hai, sei preoccupata per lo scontro? – domandò sempre più preoccupato.

 

- Un po’, ma non è quello… - disse con tono triste.

 

- Allora cosa c’è? Non stai bene? –

 

- Ieri sera dicevi di amarmi e che ero la tua ragazza – rispose un po’ malinconica – e ora mi dai un Buongiorno così freddo e mi volti le spalle dicendo un gelido Andiamo… – continuò, per poi tornare a fissare il suolo; si sentiva un po’ scema ad essere così “sensibile”, ma non riusciva a farne a meno, specie in quel momento in cui sentiva di avere bisogno di tutto il suo appoggio, ora che poteva averlo.

 

Il ragazzo le si avvicinò, le prese le mani con una delle sue e con l’altra le afferrò il viso.

 

- Scusa, è che sono un po’ preoccupato.  Mi puoi perdonare? –

 

Detto questo la baciò: alla ragazza sembrò di volare, liberò le sue mani dalla presa di lui e lo abbracciò, tutte le sue preoccupazioni sembrarono svanire, ora era tranquilla.

 

- Per questa volta ti perdono – rispose scherzosa.

 

Ozuma sorrise, la ragazza aveva ripreso il suo solito modo di fare e questo lo rendeva felice; adesso era veramente ora di andare, i due si scambiarono un altro tenero bacio e si diressero verso il campo.

 

 

Quando arrivarono trovarono tutti già schierati attorno a uno dei campi da gioco, Oishi era già in posizione.

 

- Finalmente sei arrivata…pensavo fossi scappata per paura! - esclamò Oishi con tono di sfida.

 

- Ti conviene tacere se non vuoi fare una brutta fine! – lo squadrò Ozuma minaccioso.

 

Tutti erano in silenzio, ma, quando videro la ragazza, qualcuno cominciò a borbottare degli apprezzamenti, quando il moretto li sentì, fulminò tutti con sguardo minaccioso; vedendo quell’espressione sul suo volto tutti tacquero.

 

-  E’ ora di cominciare… - disse uno dei ragazzi ad Ozuma

 

- Va bene. - rispose tranquillo – Tu farai da arbitro… -

 

- Io?! O__o – rispose titubante il ragazzo

 

- Sì! – Disse con un tono che sottintendeva un ordine - …ora: Yuki, Oishi, preparatevi! –

 

I due contendenti si disposero l’uno di fronte all’altra sui due lati del campo, il ragazzo designato come arbitro tra i due, mentre tutti gli altri ragazzi formavano un cerchio intorno a loro, Ozuma era tra questi.

 

- Allora, siete pronti? –

 

I due annuirono.

 

- Bene… In posizione!     3…...2……1……Proooontiii………LANCIO ! ! ! –

 

Entrambi i blader lanciarono con tutta la forza che avevano, i bey roteando arrivarono sul campo e cominciarono a percorrerlo: il bey bianco e rosso di Oishi attaccò per primo scontrandosi violentemente contro quello viola e verde di Yuki, l’impatto fu molto forte e spinse le trottole ai lati opposti del campo; la trottola del ragazzo tornò subito all’attacco e, continuando a martellare l’avversario, non diede tempo alla ragazza di reagire e la costrinse a restare in difesa.

 

- Vedo che gli allenamenti speciali ti sono serviti a poco: sei solamente una donnetta! –

 

A queste parole Yuki scattò e la trottola violacea si gettò contro l’avversario respingendolo; per molti minuti i due bey continuarono a equivalersi per potenza e per attacchi, ma, quando quello bianco schivò un attacco dell’avversario relegandolo quasi sull’orlo del campo, lo attaccò per spingerlo fuori: la ragazza vedeva la sua trottola fuori dal ring e cominciò a perdere la speranza.

 

“Oh no… No, ti prego… Avanti, forza!”.

 

- Sei una perdente: ora vedrai come ti sistemo! –

 

Yuki non sentiva più le parole del suo avversario, non osservava il campo da gioco. Cercò di scuotersi, ma era inutile; aveva una paura matta delle conseguenza della sua sconfitta e non riusciva assolutamente ad essere incisiva, inoltre rendendosene conto peggiorava ancora di più la situazione.

 

“Ma… Che sto facendo…?”

 

- Forza Yuki, ce la puoi ancora fare! Io credo in te! – urlò il ragazzo per incitarla

 

Le parole di Ozuma risvegliarono la ragazza dallo stato catatonico in cui era immersa: si sentì pervadere da una nuova energia.

 

“ Sì, ce la posso fare! Lo farò per me, devo farlo! Ma, soprattutto lo farò per lui! ”

 

Il suo bey cominciò a spingere l’avversario, caricato dalla forza di volontà e dall’amore della ragazza: purtroppo la forza Oishi era tenace e, quindi, le due trottole rimasero in fase di stallo per alcuni minuti; man mano, però, la forza del bey viola sembrò cedere di fronte alla spinta di quello bianco.

 

- Ormai è la tua fine! –

 

- NO! – urlò la ragazza – VAI, DISTRUGGILO! –

 

Improvvisamente il bracciale di pietra di Yuki iniziò a risplendere e le incisioni a illuminarsi di verde: una sagoma indefinita verde e nera cominciò a fuoriuscire dal monile, man mano la forma assunse più precisione; all’improvviso un ruggito interruppe il silenzio che si era creato e dal bagliore accecante spuntò un ghepardo nero: il bey di Yuki cominciò a risplendere anch’esso della stessa luce che avvolgeva quello che, tutti lo avevano capito, era un Bit-Power.

 

- No! Non può essere… -

 

- Ma cos… -

 

- Forza Yuki, attacca! Non capisci? E’ il destino, tu devi vincere! –

 

Queste parole spronarono la ragazza che sentì finalmente di poter vincere: lo sentiva, il potere di quell’animale sacro scorreva ormai dentro di lei e questo significava solo una cosa: lei era destinata a vincere l’incontro, proprio come aveva detto Ozuma.

 

- VAI!  SPAZZA VIA IL BEY DI OISHI! –

 

La trottola viola, caricata di una nuova energia, cominciò ad aumentare la rotazione e con un colpo solo spedì l’avversario al centro del campo: dopodichè, senza lasciare all’avversario il tempo di reagire, caricò verso di lui, ma, quando era ormai a pochi centimetri dal nemico, scomparve improvvisamente.

 

- Cosa…? –

 

Nessuno vedeva il bey della ragazza, se ne percepiva solo il suono: Oishi era terrorizzato, non sapeva cosa fare, si sentì completamente disorientato, ma osservando il suo bey notò che pian piano stava perdendo pezzi e si stava cominciando a danneggiare in diversi punti.

 

- DAGLI IL COLPO DI GRAZIA! –

 

La trottola riapparve all’improvviso di fronte al bey bianco, accompagnata dal ruggito del Ghepardo, e, con un singolo colpo, lo gettò in aria:  questo, mentre volava fuori dal campo, cominciò a disfarsi e polverizzarsi così che caddero a terra solo dei frammenti.

 

- SI! –

 

- Ma cos…il mio bey! – piagnucolò Oishi allibito; poi, guardandola male, cominciò ad avanzare minaccioso verso Yuki – TU BRUTTA… -

 

Il ragazzo non poté finire la frase perché Ozuma lo fermò, tenendogli un braccio.

 

- Cosa vuoi fare?! –

 

Il moro lo voltò e lo afferrò per il colletto.

 

- Sarà meglio che tu non faccia niente se non vuoi fare una brutta fine. -

 

Detto questo lo sollevò da terra e lo lanciò via; alcuni ragazzi si scostarono per non venire investiti, così lui cadde a terra rovinosamente: appena si fu ripreso, si alzò e tentò di andare contro Ozuma, ma tre ragazzi lo bloccarono e lo gettarono nuovamente a terra.

 

- Tu ne hai già fatte abbastanza. –

 

- Cosa fate?! – cominciò a dimenarsi furioso.

 

- Hai perso, accetta la tua sconfitta! –

 

- Ora basta lasciatemi! Il mio bey…gliela devo far pagare a quella! –

 

- Adesso basta! Hai cercato di violentarla, hai perso e stai cercando di aggredire lei e Ozuma! Sei colpevole di parecchie cose, ora starai bravo e, domani, andrai davanti al Consiglio e accetterai la tua punizione! Nel frattempo… - il ragazzo però continuò ad agitarsi e a strepitare – Basta, ci hai stufato, ora ti calmiamo noi! –

 

Così lo sollevarono di peso e lo portarono da un albero lì vicino: una volta lì due lo tennero spinto con le spalle al tronco, mentre il terzo lo legò con una corda.

 

- Ecco fatto, così non darai più fastidio. –

 

- Cosa fate, brutti idioti! Slegatemi subito!! –

 

Yuki, raccolto il suo bey, gli si avvicinò, con un sorriso soddisfatto.

 

- Ma come, parli ancora? – disse piegandosi su di lui , dopodichè prese un fazzoletto dalla tasca e lo imbavagliò – Ecco così starai buono. ^^ -

 

Tutti i ragazzi scoppiarono a ridere (bastaaaardi! ndRia – Perché ti sta simpatico Oishi? ndJM – NO, infatti sto ridendo Buahahahahah ! ndRia); dopo, ignorando ormai Oishi, si radunano intorno a Yuki, cominciando a ripresentarsi uno per uno e a chiacchierare allegramente.

Il gruppetto continuò per un po’ a parlare tranquillamente, Ozuma, guardando la ragazza le sorrise.

 

“ Visto che è andato tutto bene? ”.

 

La ragazza gli rispose con un sorriso.

Dopo alcune ore di spensieratezza e di allegria di gruppo andarono tutti a mangiare, dopodichè, svolti ognuno i propri compiti, l’intero gruppo si disperse, creandone altri più piccoli, solo due elementi rimasero completamente isolati: Yuki e Ozuma, infatti, si erano separati dagli altri e si erano addentrati nella foresta; la ragazza seguiva il ragazzo, che tenendola per mano, la stava conducendo tra gli arbusti.

 

- Dove mi stai portando? –

 

- Vedrai, ti voglio far vedere una cosa. – le ammiccò con fare misterioso.

 

I due camminarono ancora per un po’, quando arrivarono in una radura attraversata da un fiume con un campo fiorito che occupava la gran parte del prato: Yuki rimase incantata, quel posto le sembrava un mondo incantato.

 

- M-ma è bellissimo… - disse meravigliata – Quando l’hai trovato? –

 

- Allenandomi da solo alcuni anni fa corsi fin su questa montagna e ci finii per caso. – spiegò alla ragazza – Allora, ti piace? -

 

Per tutta risposta la ragazza gli saltò al collo facendolo finire a terra, quindi lo baciò.

 

- E’ stupendo ^^! – rispose entusiasta – Grazie per avermici portato. –

 

I due si baciarono nuovamente, per poi spostarsi sul campo fiorito sulla riva del fiume: la ragazza si sedette con le gambe raccolte, lui si coricò e appoggiò la testa sulle gambe di lei; i due continuarono a parlare a scambiarsi baci per parecchio tempo, lei continuava ad accarezzare dolcemente il ragazzo sul viso e sulla testa.

 

- Stavo pensando: il tuo braccialetto non doveva essere vuoto? (gocciolone) –

 

- Beh, chi lo ha controllato si deve essere sbagliato. ^^” –

 

- ……devo commentare? –

 

- …Eh he... ^^” (goccia) –

 

I due rimasero ancora un po’ di tempo senza parlare, finchè Yuki interruppe il silenzio con la vivacità di un bambino che ha qualche nuova da raccontare.

 

- Ti devo raccontare una cosa! ^^ - disse con entusiasmo – Ho trovato il nome per il mio bey! –

 

- Ah sì? E come hai deciso di chiamarlo? –

 

- Ghepard! ^^ -

 

Silenzio di tomba.

 

- …Come?! – chiese stupito – Molto fantasioso… - continuò sarcastico.

 

- Ma che simpatico! – fece, stizzita, e senza preavviso spostò le gambe dall’altra parte, facendo prendere al ragazzo una craniata per terra.

 

- AHIA! Ehi, scherzavo! –

 

- Ma davvero? – chiese, dubbiosa; lui non rispose, sedendosi con espressione indecifrabile.

 

Ozuma si mise a gambe incrociate, massaggiandosi la testa borbottando; Yuki ridacchiò e lo abbracciò per le spalle, poggiando la testa alla sua schiena.

 

- Scusa… -

 

Il ragazzo non rispose, ma sorrise, senza girarsi, stringendole la mano.

 

 

La coppia rimase in quel luogo ancora per alcune ore, dopodichè tornò al campo per la cena; ognuno, dopo aver mangiato, tornò alla propria capanna per riposarsi in vista del viaggio di ritorno che li aspettava la mattina seguente. Anche Yuki, accompagnata dal ragazzo, si avviò al suo alloggio: dopo essersi dati la buonanotte lei si preparò per andare a letto, guardando dalla finestra Ozuma che tornava alla sua capanna.

 

Yuki, nonostante la stanchezza che aveva accumulato durante la giornata, non riusciva a chiudere occhio: stava sdraiata sotto le coperte e fissava il soffitto pensando a tutto quello che sarebbe accaduto il giorno seguente.

 

“ Domani quando torneremo al villaggio dovrò affrontare la mia famiglia e il Consiglio degli anziani…Ozuma mi ha detto di fidarmi di lui, ma ho paura: se non riuscisse a convincere gli Anziani anche lui subirebbe delle conseguenze… “   - No! Non voglio metterlo nei guai! –

 

La ragazza cercò di scacciare quelle supposizioni dalla sua testa, ma, nonostante cercasse di pensare ad altro, la sua mente tornava sempre su quel punto; capendo che, agitata com’era, non sarebbe riuscita a dormire, decise di andare dall’unico che era in grado di consolarla, Ozuma.

Quando Yuki arrivò presso la capanna del ragazzo lo vide seduto sui gradini d’ingresso a guardare il cielo con sguardo serio: lei si avvicinò silenziosamente, tanto che il moretto non se ne accorse finchè non la ebbe a pochi metri di distanza

 

- ‘sera… - disse timidamente

 

- Yu, cosa ci fai qui? Dovresti essere già a letto. – disse impensierito

 

- Non riuscivo a dormire… -

 

Il ragazzo si alzò e le andò incontro e, una volta vicino, le mise le mani sulle spalle.

 

- Sei preoccupata per domani? – le chiese dolcemente.

 

La ragazza, senza parlare, si rannicchiò contro il petto di lui cominciando a singhiozzare: neanche Ozuma parlò, ma si limitò a stringerla; lei, sentendo quell’abbraccio, si tranquillizzò e riuscì finalmente a dire cosa provava

 

- S-se do-domani andrà m-male…saranno guai a-anche per t-te… - disse singhiozzando

 

- Ti ho già detto di non preoccuparti. Ai vecchi ci penso io: ti fidi di me? – chiese gentilmente

 

Yuki annuì senza staccarsi dal ragazzo: tra le sue braccia tutte le sue preoccupazioni svanirono, quelle parole le avevano dato coraggio, era una promessa e sapeva che lui l’avrebbe mantenuta a qualsiasi costo; ormai la sua ansia era sparita, stava decisamente meglio, si staccò dal petto di lui e lo baciò.

 

- E’ ora che torni alla tua capanna e riposi: domani ci aspetta la discesa del monte, ti serviranno tutte le tue forze. –

 

- I-io n-non…c-cioè, è c-che… - cominciò a balbettare, imbarazzata – “Ma che sto facendo?! No, non glielo posso chiedere…”.

 

- Cosa succede: vuoi che stia con te prima che ti addormenti? – chiese dolcemente

 

- B-Beh ecco…i-io, n-non… - disse imbarazzatissima - …p-posso…posso dormire con te? >////< - “No, l’ ho detto!”.

 

- Eh…?! O____O –

 

- C-cosa c’è…n-non vuoi? –

 

- …No, - fece, con calma - se ti fa stare meglio, resta pure con me stanotte. –

 

- G-grazie… -

 

I due si scambiarono un altro tenero bacio e si avviarono verso la capanna, Ozuma aprì la porta e fece entrare Yuki: quando furono dentro il ragazzo si diresse verso il letto e, dopo aver sollevato un lembo della coperta, vi si sedette.

 

- Se ti vuoi cambiare fa pure. – disse tranquillamente togliendosi la maglia e rimanendo a torso nudo –Vuoi che mi volti? –

 

- ……… o////o (<- silenzio iper-imbarazzato – Ehi, guarda che si è solo levato la maglia, mica si è spogliato del tutto! ndRia – pensa ai fatti tuoi >////

 

- Cos’hai? –

 

- N-niente >/////< - disse farfugliando – N-non serve c-che ti v-volti, resta p-pure c-come pr-preferisci… -

 

Appena finita la frase la ragazza afferrò i lembi del vestito e cominciò a sollevarlo: Ozuma, che non si era voltato, quando cominciò a vedere la pelle dove l’indumento era stato spostato, cominciò ad riprovare la sensazione che aveva avvertito la sera precedente e, vedendo che più il tessuto si alzava più pelle veniva scoperta, cominciò a nascere in lui un dubbio; però, quando lei fece passare la maglia oltre il petto, una canottierina, che era rimasta impigliata nel vestito che si alzava, ricadde fin sopra all’ombelico, e a quel punto il ragazzo sospirò sollevato.

 

“ E’ logico che abbia qualcosa sotto…cosa mi aspettavo?” (Nessuno intenda male… ndRia – Fatelo tutti! ndJM – JOLLY!! ndRia).

 

La ragazza, rimasta con la gonna e la canottiera, dopo essersi tolta le scarpe, si diresse verso il letto e vi si coricò: Ozuma era già sotto le coperte, lei si mise accanto a lui ricoprendosi, il ragazzo la abbracciò e i due si baciarono.

 

- Buonanotte Yu. –

 

- ‘Notte –

 

Yuki si voltò dandogli le spalle, lui l’abbracciò da dietro e la tenne stretta fra le sue braccia; i due rimasero in silenzio, ma dopo una decina di minuti Ozuma era ancora sveglio: era agitato, quella sensazione continuava  a tormentarlo, d’altro canto la ragazza sembrava già dormire da un po’, ma lui decise lo stesso di tentare una cosa.

 

- Yuki – la chiamò dolcemente – sei sveglia? –

 

Non vi fu risposta: Ozuma allora decise di lasciar perdere tutto e si autoconvinse a dormire, si stava per rilassare completamente, quando un sussurro della ragazza lo fece voltare.

 

- Sì. – rispose timidamente la ragazza – Non riesci a dormire nemmeno tu? –

 

- Già… -

 

La ragazza si voltò verso di lui rannicchiandosi contro il suo petto ma tenendo lo sguardo fisso negli occhi di lui: i due continuarono a guardarsi per diversi minuti, quando Ozuma cominciò a baciarla, erano baci diversi , più passionali rispetto a quelli che c’erano già stati, Yuki lo capì, ma spinta da una sensazione che non conosceva decise di ricambiarlo; però, improvvisamente, il ragazzo abbassò la mira dei baci, cominciando a baciarla sul collo.

 

- Che fai? o////o –

 

Ozuma non rispose e continuò a darle baci: la ragazza decise di lasciarlo fare, spinta dal nuovo sentimento e, quando il ragazzo spostò le sue mani sul seno di lei, lo lasciò continuare sentendo quella sensazione aumentare; i due spinti dal stesso amore e dalla stessa passione cominciarono a sfilarsi istintivamente i vestiti, a baciarsi e ad accarezzarsi passionalmente, consumando il loro amore e dimenticandosi delle angosce che li attanagliavano: i due esaurita la fiamma della passione si addormentarono, l’una fra le braccia dell’altro.

 

“Lo amo… Che strano, anche pensando a domani, quando mi stringe non ho più paura, se sono tra le sue braccia… Non ho paura di niente. Sono certa… Sì, lo so che c’è lui con me non dovrò averne mai.”

 

 

 

(…. … Scusate, una domanda. ndJM – Che c’è? ndRia - … Ma Oishi è ancora legato all’albero? ndJM – Ah… o___o” ndRia – Ehiiiii!!! Mi liberate o no T______T ?!? <- traduzione del borbottio di Oishi imbavagliato – Ops… O___O”” ndAutori – Come rovinare una scena con atmosfera a d.o.c. … -___-“ ndNeurone_Alfonso_unico_neurone_di_Ria – A “d.o.c.”? a me sembrava si dicesse diverso… >___-“ ndNeurone_Innominato_che_poi_è_quello_di_JM )

 

 

 

 

 

Il mattino successivo Ozuma si svegliò che il sole era già alto; il Campo era ancora avvolto nel silenzio, segno che tutti avevano intenzione di prendersela comoda, almeno l’ultimo giorno.

Il ragazzo si girò a pancia in su, sospirando, poi girò la testa di lato, ma accanto a lui non c’era nessuno.

 

“Yu…?”

 

Si appoggiò sui gomiti, vedendola seduta sul rientro della finestra, fissando fuori con aria assorta.

La ragazza sospirò, stringendosi le gambe al petto e poggiando il viso contro le ginocchia, rigirandosi un ciuffo tra le dita.

 

“Ci siamo…”

 

- Yuki…? –

 

- Uh? Oh, ciao… - senza che se ne accorgesse il ragazzo si era già alzato e vestito, arrivandole dietro e chiamandola toccandole la spalla – Oggi torniamo a casa… -

 

- Sì. –

 

- … … Lo so che posso fidarmi di te… - mormorò, stringendo i lembi del vestito – Però io… io… -

 

Le sfuggì un singhiozzo soffocato; Ozuma le prese la mano, sorridendole.

 

- Andrà tutto bene. – disse, con tono deciso – Coraggio, andiamo. –

 

Yuki lo fissò, fregandosi gli occhi, poi annuì con forza; presa la mano ad Ozuma e uscì con lui, rimanendo qualche secondo abbagliata dal sole.

Fuori tutti si stavano radunando, pronti a tornare a casa.

 

- Forza, Oishi. – disse uno dei ragazzi strattonandolo – Per scendere camminerai con le tue gambe, ma se provi a fare qualcosa di strano ti leghiamo di nuovo, intesi? -

 

Gli altri ragazzi risero ed Oishi li fulminò con lo sguardo, ma annuì in segno d’accordo.

Il gruppo cominciò lentamente a scendere a valle, qualcuno parlottando con gli amici su cosa avrebbero deciso gli Anziani, qualcun altro guardando di soppiatto Yuki con una certa indulgenza, pensando che non sarebbe stata accolta propriamente con una festa; la ragazza, però, li fece demordere dal continuare gettando occhiate gelide: come si comportava con Ozuma era una cosa, ma con gli altri non aveva intenzione di perdere il suo carattere ribelle e un po’ riottoso.

La discesa dal monte fu meno facile del previsto, Yuki dovette farsi aiutare da Ozuma in più punti per non cadere.

 

“Non è stata una grande idea scendere da lì col vestito… (gocciolone)”.

 

Alla fine, giunsero al villaggio che era ormai pomeriggio inoltrato. Tutti erano in attesa del ritorno dei ragazzi, il gruppo degli Anziani in testa, affiancati dal padre di Ozuma.

Quando Yuki, prendendo l’ultima parte di sentiero, vide tutta quella gente, tremò lievemente, avvicinandosi ad Ozuma.

 

- Ci sono proprio tutti… - mormorò; poi ebbe un sussulto più forte – E quella là è mia madre… Sono una ragazza morta…! –

 

Il moro le prese la mano, lasciando andare più avanti gli altri e guardandola con un’espressione eloquente; Yuki prese un bel respiro e, capendo, annuì.

 

- Forza. –

 

Sempre tenendole la mano Ozuma raggiunse i ragazzi assieme a Yuki, facendosi strada tra il gruppo. Quando gli abitanti del villaggio lo videro arrivare dal Campo mano nella mano con una ragazza, un guizzo di stupore gli attraversò come un lampo. Il padre di Ozuma rimase a bocca spalancata.

 

- O-Ozuma… - biascicò suo padre, avvicinandosi un poco – C-che… Cosa significa?! –

 

Ma il ragazzo lo ignorò; strinse più forte a sé la ragazza, continuando a camminare verso gli Anziani, incurante di sguardi o mormorii. Solo l’urlo della madre di Yuki, che li bloccò a metà strada, lo fece fermare.

 

- Figlia disgraziata! Ero così in ansia per te… – sbraitò, con gli occhi lucidi – Ma dov’eri finita?! Sei salita fin lassù, non è vero?! Al Campo… -

 

- Mamma, aspetta, lasciami…! -

 

- Oh, ma come hai potuto?! – continuò, fuori di sé - Mettere così in difficoltà tua madre e tuo padre! Altro che preoccupata, cielo, dovrei solo vergognarmi! Prega che il Consiglio chiuda un occhi, razza di… -

 

Con un gesto tranquillo, Ozuma si mise tra la ragazza e la madre, guardando la donna severo; lei si ritrasse appena.

 

- La responsabilità non è di Yuki, è mia. E il giudizio potrà darlo solo il Consiglio, non lei. –

 

Yuki lo guardò un po’ preoccupata, non aveva mica intenzione di prendersi tutta la colpa?! No, non era così stupido…

 

- Ozuma. – esordì severo il Capo Anziano – Ci devi decisamente delle spiegazioni. Come mai c’era una ragazza al Campo, quando le nostre leggi danno chiare istruzioni di non condurcene neppure una? –

 

- Lo so, signore, ma… -

 

- La colpa è mia. – lo interruppe Yuki senza tanti preamboli. Ozuma la guardò, ma lei rispose con un occhiata decisa, senza farlo replicare – Signore, e voi tutti del Consiglio, io appartengo a questa tribù tanto quanto Ozuma e gli altri ragazzi, e ne sono orgogliosa; allo steso modo, sono orgogliosa del compito che hanno i Saint Shields e amo il beyblade come gioco: proprio per questo trovo ridicola una regola che impedisca alle ragazze di allenarsi e di diventare Saint Shield quando non sono scelte dai Bit-power! –

 

- Ma sentite che impudenza! – sbraitò il padre d’Ozuma – Signori, questa ragazza ha trasgredito a più di una nostra legge, merita solo una punizione! –

 

- Io sono d’accordo con Yuki. –

 

- OZUMA! –

 

- Anche io sono d’accordo! – esclamò un dei ragazzi.

 

- Sì, vale anche per me! -

 

- E anche per me! -

 

- L‘abbiamo vista in azione, Yuki è forte come noi se non di più! -

 

Yuki guardò i compagni, che ammiccarono furbi; lei ed Ozuma si scambiarono un sorriso complice.

 

“Grazie ragazzi…”.

 

- Signori, -proseguì Ozuma con fare solenne - voi mi avevate chiesto di portare dal Campo un ragazzo da me addestrato, per dimostrarvi che noi attuali Saint Shields siamo assolutamente ineguagliabili. Ebbene, io, anzi, Yuki ed io possiamo dimostrarvi sia questo sia che la regola della restrizione sul Campo e sull’elezione dei Saint Shields per le ragazze è sbagliata. –

 

Il Capo anziano lo guardò senza mostrare alcuna emozione.

 

- Davvero siete in grado di farlo? – entrambi annuirono. – Molto bene, allora… Procedete. –

 

Yuki guardò Ozuma, che le fece segno di mettersi di fronte a lui; poi il moro estrasse Leopard, mettendosi in posizione.

 

- Stai attenta! 3…... 2…… 1…… -

 

- Proooontiii……… LANCIO!!! –

 

Il bey nero e rosso di Ozuma e quello viola e verde di Yuki partirono come razzi sulla terra battuta del villaggio, cominciando a rincorrersi e a cozzare tra loro con tutto il fragore che potevano. Tutti li guardavano ammirati.

 

- Preparati, questa è una dimostrazione ufficiale, non ci andrò leggero neanche se sei tu… Avanti Leopard, FUOCO INCROCIATO!!! –

 

- Tzs! –  lei fece un sorrisetto di sfida, era così che si era sempre immaginata un incontro di bey, senza imbrogli, senza distinzioni, senza riserve per nessuno dei due – Adesso vedrai quanto l’allieva superi il maestro… GHEPARD!!!! – il bey cominciò a ruotare ancora più veloce, sparendo alla vista.

 

- COSA?! –

 

- Avanti… ATTACCO ARTIGLIO NERO!!! –

 

Come una saetta, Ghepard ricomparve proprio accanto a Leopard, colpendolo a ripetizione con una velocità che Ozuma non aveva mai visto neppure in Driger, il bey di Rei; alle strette, il moretto colpì la ragazza con tutta l’energia del suo Bit e i due bey, in un bagliore accecante, ritornarono nelle mani dei proprietari.

 

- … … E’… Incredibile…. – tartagliò il padre del blader del Ghepardo, scioccato.

 

- Notevole, davvero notevole… -

 

- Complimenti, Yu. – le sorrise Ozuma, riponendo a posto Leopard – Riesci già a padroneggiare la potenza del Bit-power. –

 

- Sembra strano anche a me. Mi viene,… Naturale, direi. – Ozuma sorrise.

 

- Se lui ti ha scelta, un motivo c’è. – si rivolse agli Anziani, che lo guardavano ancora attoniti – Allora? Vi è bastata come dimostrazione? –

 

Gli uomini lo guardarono storto, infastiditi da quell’atteggiamento arrogante, ma non risposero. Solo il capo Anziano interruppe il silenzio con un lieve colpo di tosse.

 

- Hai mantenuto la promessa, Ozuma, e anche la signorina Yuki mi pare che abbia, in un modo o nell’altro – le fece l’occhiolino in segno di cordialità – ottenuto il risultato voluto. –

 

L’uomo si portò più avanti, facendo un annuncio a tutto il villaggio.

 

- Dichiaro a nome del Consiglio che la signorina Yuki, accusata di aver violato la legge sulla restrizione alle donne del Campo, è considerata innocente, e la legge abrogata. Inoltre, non sarà più necessario eleggere dei nuovi Saint Shields, poiché quelli attuali sono in grado di mantenere perfettamente il loro compito. –

 

Ci fu un esplosione di applausi da parte dei ragazzi del Campo, mentre Ozuma rimase qualche secondo imbambolato, sorridendo poi come un bambino: lui e i ragazzi… Non si sarebbero sciolti!

Yuki, che stava esultando come gli altri, gli gettò le braccia al collo, saltellando.

 

- Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta ^^! – rise, quasi alle lacrime dalla gioia.

 

- Ci fidiamo del tuo giudizio, Ozuma. – disse il Capo Anziano, avvicinandosi al ragazzo – Se avete deciso di lasciare le Creature Sacre a coloro che ora le custodiscono, significa che esse sono in buone mani. –

 

- E’ così, signore. –

 

- Molto bene ^^. Voglio sperare, comunque, che presto tornino anche i tuoi compagni a casa. –

 

- Oh, lo spero anch’io! – disse, prendendo la mano di Yuki – Devono conoscere la loro nuova compagna. -

 

 

 

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Capitolo 2
*** Sweet Heart Dunga ***


- Buonaseeeeeraaaaa

- Buonaseeeeeraaaaa!!! Stavolta il cap tocca a me, la fantastichissima Ria XDDDDDDD!!!! Sn felice ç____ç! (<- commossa).

- Ahehmp… (tossicchia, tossicchia) prima di tutto non sarebbe meglio ringraziare chi ci ha letto con santa pazienza -_____-”?

- Scusa, hai ragione Jolly  XPP!

- … … (gocciolone). Cmq, un super grazie a Lenn Chan e Fire Angel che ci hanno recensito, ma anche a tutti coloro che hanno solo letto. Speriamo di guadagnare nuovi fans coi prossimi cap ^^!

- Ora posso cominciare, eh, posso, posso?!

- …. Seee, basta che la pianti… (gocciolone)

- YEPPAAAAAAAAA!!! EVVAAI!!! Okkei, gente, preparatevi, chappyno molto particolare (basta il titolo x preoccupare tutti O___o”””!!!! ndTutti), sotto ideuzza di JM XD, decisamente + comico del 1°! Anzi, direi che il parino è proprio comico/demenziale/romantico XD, anche se lo diventa + alla fine ^^. (Aaaah, nn vedo l’ora che arrivi il cap 4! NdRia – Xkè? NdTutti – Mistero… - Certo che 6 s*****a! prima parli poi nisba?! NdTutti – Yyyes XDDD!!! NdRia - …. No comment… ndJM – è la tua ragazza, mica la nostra! NdBoy_of_BB_al_completo)

 

Ps. X quanto vi possa sembrare assurda e/o inverosimile e/o assolutamente della categoria “non sta nè in cielo né in terra”, prima di vomitare a leggere qsta cosa ^^” (no dai, nn è così tremenda) vi dico sl: ripensate all’eppy successivo allo scontro con l’Aquila Digitale di Yuuya e alle reazioni di “un certo Saint Shield” ^^…

 

 

 

 

 

L’amore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.

 

Dunga, dopo la “divisione” degli Saint Shields, era diventato un blader itinerante: andando in giro per il mondo, viaggiava di città in città combattendo e allenandosi per migliorare ancora di più come blader. Due mesi dopo la sua partenza dal villaggio arrivò in Francia, a Marsiglia, dove aveva cominciato a combattere con chiunque avesse un bey e in molti sembravano ben felici di vedere se erano in grado di tappare quella boccaccia arrogante: con scarsi risultati…

Quel giorno era finito a duellare in un vicolo contro dei bulletti di zona, uno contro cinque.

Come ovvio vinse “l’uno”.

 

- Devono passare almeno mille anni prima che voi riusciate a battermi…Tsè! –

 

Con noncuranza Dunga riprese il bey, lasciando i suoi avversari con un palmo di naso a raccogliere le proprie trottole (o ciò che ne restava): passando per delle stradine si diresse verso il centro e giunto qui si mescolò tra la folla e si spinse nella direzione del porto, dove abitava.

 

“Che pivelli in questa città! – pensò sbuffando con boria - Ormai non ho più niente da fare qui…domani partirò.”.

 

Il ragazzo cominciò a camminare soprappensiero, pensando in quale città trasferirsi, e così non si accorse di una ragazza, che sbucò improvvisamente da dietro un angolo: lei cadde a terra scontrandolo, mentre ovviamente lui non si spostò di un millimetro (praticamente la ragazza è andata addosso a una quercia secolare)

 

- Ehm, scusa. – borbottò, disinteressato - Tutto bene…? –

 

- Oh, non è niente, si figuri…-

 

La ragazza si rialzò, senza l’aiuto di Dunga (CAFONE!!! Le ragazze si DEVONO AIUTARE!!! ndJM – Concordo! ndRia), ed è a questo punto che lui la vide in volto, bloccandosi: i lineamenti delicati, due grandi occhi verdi nascosti dietro un paio di sottili occhiali, i capelli scuri tagliati corti, le labbra sottili atteggiate in un sorriso appena accennato. Dunga restò immobile, come se una scossa lo avesse attraversato.

 

- Bè, s-se è tutto a p-posto…… Salve…e-e scusa a-ancora -

 

- Non si preoccupi, non è successo niente…-

 

Ma ormai Dunga si era già incamminato e aveva già messo una grande distanza tra lui e la sconosciuta, che rimase a fissare sorpresa il punto dove prima c’era il biondo.

 

 

 

Nel frattempo Dunga era arrivato nella zona del porto, ancora in stato confusionale, non riusciva a pensare a niente, continuava a ritornargli in mente l’immagine di quel volto.

Giunto alla sua abitazione, una casetta abbandonata un tempo dimora di un gruppo di pescatori, decise di farsi una doccia per schiarirsi le idee; durante il bagno il ragazzo prese a rimuginare a quant’era successo.

 

“Cosa mi è successo prima, non mi è mai capitato di balbettare… - pensò, passandosi una mano sui capelli zuppi - … Però devo ammettere che era proprio carina…” - MA COSA STO DICENDO?!?!?! - (Non urlare che spaventi i lettori! ndJM – Ah, scusate ndD - … -___-“ ndRia)

 

Chiuse il rubinetto della doccia stizzito e, asciugatosi e vestitosi, Dunga si affacciò alla finestra e osservò il mare, pensando a mente più lucida; dopo una decina minuti arrivò la grande intuizione.

 

- Mi era sembrato che mi avesse attraversato una scossa… -  “Come quello… Che chiamano *colpo di fulmine*…” - No… Q-questo vorrebbe dire che… io… m-mi sono… di quella r-ragazza

… … … (Ehi, Dunghino-caro, c’è nessuuuuuuno? ? ? ndJM – Seee, la particella di sodio -___-‘ ndRia - Ah, scusa sono rimasto shockato… ndD – nn si notava -_-“ ndRia - Finisci il discorso che è meglio ndJM) NO, NON E’ ASSOLUTAMENTE POSSIBILE, CHE CAVOLO STO DICENDO?!? – sbraitò con tutto il fiato che aveva in gola (e causando la fuga di gabbiani e/o volatili vari nel raggio di 100 metri… -___-“” ndRia).

 

Poggiò i pugni chiusi sul legno della finestra, osservando serio l’orizzonte.

 

“Però vorrei capire che mi è successo…”. – Ho deciso! – esclamò, risoluto – Cercherò quella ragazzina. – (6 un po’ incoerente tra pensieri e azioni, vero -___o””? ndRia)

 

 

Il giorno dopo Dunga andò a cercare la misteriosa ragazza: prima cominciò dal luogo dove l’aveva incontrata la prima volta, poi la cercò in tutte le altre zone della città, ma non la trovò: continuò così per una settimana, ma non riuscì mai ad incontrarla; pian piano il ragazzo perse la speranza, però sentiva, anche se lo negava, di avere un strano e grande desiderio di rivederla, quindi continuò a cercarla.

 

“Tanto – si diceva, quasi come una scusa – per adesso non ho un’altra mèta, posso perdere qui qualche giorno.”.

 

 

 

Un giorno, leggendo una locandina appiccicata malamente su un muro, venne a sapere di un torneo e decise di parteciparvi per distrarsi un po’, anche perché quella situazione cominciava un po’ ad infastidirlo, da una parte perchè continuava a girare a vuoto, dall’altra perché non si capacitava di quel suo comportamento senza senso. (Xkè, di solito fai cose sensate -__o”? ndMariam – Chiudi il becco tu!! ndD).

Il giorno stabilito arrivò al palasport di buon’ora e si iscrisse subito, sbuffando per tutte quelle manovre burocratiche che doveva fare, e sembrò innervosirsi di più quando gli venne consegnato il regolamento:

 

Torneo Regionale di Marsiglia

Regolamento:

·        Questo torneo è a eliminazione diretta.

·        Gli incontri si svolgono in un solo round.

·        Si vince un incontro buttando fuori l’avversario dal ring, quando il Bey dell’avversario smette di ruotare e se l’avversario sbaglia il lancio  per due volte consecutive.

 

- Tzs! -“Regole da pivelli, sarà una scherzo vincere…” – pensò, sbruffone, accartocciando il foglio in tasca.

 

 

Effettivamente, Dunga superò senza alcuno sforzo le eliminatorie e le prime gare e si qualificò per i quarti di finale.

Quando finalmente annunciarono gli inizi dei quarti di finale si avviò al beyblade Stadium con un sogghigno, marciando letteralmente in mezzo al corridoio con aria strafottente. (Cioè, no, dico, lo possiamo picchiare? Se penso alla sua faccia in ‘sti momenti… NERVIIII >____<**** ndRia – Calmati, Riuccia… ^^””” ndJM – Che -__O””?! ndTutti).

 

- Chissà quale ragazzetto mi capiterà contro…… In ogni modo non avrò problemi. Tsè! – (Aò, e basta con sto “tzè”! Ci hai rotto!! NdTutti).

 

Dunga si sistemò davanti all’entrata sinistra del palco e aspettò di essere chiamato. Intanto Dj Man (Sì, è anche qui!   Non lo sopporto più, ABBATTETELO ! ! ! ndJM – E’ una persecuzione… ç___ç ndRia) dalla pedana rialzata riepilogò la situazione e presentò i blader.

 

- Ecco entrare dal lato sinistro uno dei favoriti di questo torneo, ha vinto i precedenti incontri senza fatica: Signore e signori ecco entrare DUNGA ! ! ! -

 

Subito il biondo entrò baldanzoso e fiducioso (Come al solito. ndJM – Modesto ragazzo! ndRia) tra grida di incitamento e applausi (Mamma, se vedevano combattere il tuo capo chissà che casino! NdRia – Intendi Ozuma? Il mio “capo” da quando -___o”? ndD – Sempre stato, no ^^? ndRia – Basta, continuiamo >___<**! ndD) del pubblico, posizionandosi sul suo lato del campo di gara.

 

- E ora  entra dalla destra del campo una graziosa ragazza che è riuscita ad arrivare a questo punto grazie alla sua abilità e al suo coraggio: ecco a voi MARIE PIRES ! ! ! -

 

Una figurina esile entrò timorosa nel campo, accompagnata da applausi più calorosi rispetto a quelli di Dunga.

Il ragazzo appena la vide si bloccò: era lei, la ragazza di quella volta! Quella che lui aveva cercato per così tanto tempo, e ora eccola lì, di fronte a lui, a neanche cinque metri; a Dunga tutto ciò sembrava incredibile.

 

“M-ma come è-è possibile…?” pensò, mezzo intontito.

 

La ragazza si sistemò di fronte al ragazzo, ormai completamente imbambolato, e lo osservò.

 

“Ma dove l’ ho già visto?” – si chiese, poggiandosi l’indice vicino al labbro.

 

Dopo alcuni istanti sembrò illuminarsi, ricordandosi dello strano ragazzo contro cui aveva scontrato.

Dunga la stava ancora guardando quando gli sembrò che gli avesse parlato, ma non sentì niente per il fracasso e per quel cretino del commentatore che straparlava.

 

- Eh O.o? -

 

Si scosse un secondo e stavolta cercò di leggere il labiale; Marie mosse la bocca, sillabando: “C-I-A-O”

 

“No, non me lo sono immaginato, questa ragazza mi ha s-salutato, v-vuol dire che s-si r-ricorda d-di m-me…?”.

 

Dj Man nel frattempo aveva finito di blaterare (FATELO TACERE QUELL’ESSERE INUTILE >____<***!!! NdRia) e si apprestò a dare inizio all’incontro.

 

- Allora blader siete pronti? -

 

“Devo piantarla, che sia questa ragazza o un altro avversario non fa differenza, io sono il

migliore, non posso distarmi, per giunta per un motivo che neanche so! (X me lo sa

benissimo… ^^ ndRia) – si disse, deciso - sì, ce la farò!”.

 

- In posizione! 3…...2……1……Proooontiii………LANCIO ! ! ! -

 

Marie lanciò il suo Bey al massimo, Dunga ci andò leggero (Perché è ancora “distratto” ndJM – Chissà da cosa ^^ ndRia), ma il suo Bey, inspiegabilmente, finì fuori, mancando di cinque centimetri buoni il campo.

 

 “CHE COSA?!?”

 

- Oooh, incredibile, Dunga ha sbagliato il lancio: COSI’ MARIE OTTIENE UN PUNTO!!!-

 

- EVVIVA! FORZA MARIE! -

 

- DUNGA COSA SUCCEDE? TI SEI LASCITO INCANTARE DALLA DOLCE MARIE? AH, AH, AH, AH, AH… ! ! ! –

 

Il biondo tentò d’ignorare le risate e i commenti beffardi del pubblico, raccogliendo il suo bey con la mano tremante dalla rabbia.

 

“Cosa mi è preso?! Basta! Devo concentrarmi!”

 

- In posizione!     3…...2……1……Proooontiii………LANCIO ! ! ! -

  

Il lancio di Marie fu l’esatta copia del precedente, mentre il ragazzo stavolta lanciò alla massima potenza e… Colpì in pieno Dj Man (Evvai! XDDD! NdRia) che cadde a terra tramortito, ma prima di svenire del tutto indicò, sofferente, verso la morettina.

 

- Doppio out… v-vince Marie… -

   

Dopodiché crollò a terra e venne portato via in barella dall’équipe medica, mezzo delirante.

Dunga uscì tra i fischi e le battute del pubblico, scomparendo nel backstage, mentre Marie lo osservava un po’ confusa, raccogliendo il suo bey.

 

*Piccolo intermezzo divertente che non c’entra una fava con la storia ma tanto x…* [ossia una scemata che ci è venuta in mente perché non sapevamo come allungare qsto cap XDDD]

 

Regia: - Dj Man non è in grado di continuare, ma lo show deve andare avanti, in sostituzione del nostro amato commentatore il suo migliore allievo: signore e signori ecco DAICHI!!! –

(Rapida spiegazione: il nostro amico, x nn si sa quale atto di follia, da grande sarà il nuovo Dj Man – informazioni tratte dal 14° volume del manga, ovviamente in Italia nn ancora arrivato ç__ç ndRia – Qsto si chiama fare spoiler! NdTutti – E chissene! Ve lo immaginate il pidocchio vestito come DjMan? - … <- si guardano e poi, x non scoppiare a ridere come imbecilli, si girano mettendosi una mano sulla bocca - … -___<** ndDaichi)

 

Apparve Daichi con indosso “l’uniforme” da commentatore (uguale a quella di Dj Man).

 

- YEAH!!  ECCOMI QUI, NEL MIO FAVOLOSO DEBUTTO ! ! ! Bene ora continuiamo con la prossima gara! –

 

*Fine intermezzo ^^”*

 

 

 

Nel frattempo Dunga entrò nello spogliatoio e con la sua solita grazia cacciò via tutti i presenti, dopodiché, furibondo per quel che era successo, cominciò a sfogarsi usando l’unico modo che conosceva: cominciò a tirare pugni contro il muro.

 

“Che figuraccia! Ma cosa mi è successo prima? Perché mi agito sempre quando vedo quella ragazza?

Che mi s-sia veramente…. In-in-inna…?” – non terminò la frase, tirando un pugno ancora più forte - NO ! NON PUO’ ESSERE ! ! ! – (Fiiiiineeeee il ragazzo! ndRia)

 

- Qualcosa non va?-

 

Il ragazzo si girò di scatto, incavolato nero.

 

- CHI E’ CHE ROMP…-

 

Si interruppe, trattenendo il fiato per smettere di urlare.

Marie era sulla porta e lo stava osservando incuriosita e un po’ imbarazzata.

 

- Sc-scusa? – (encefalogramma piatto) (Come se fosse una novità… ndKei_Mariam – EHI!! >___<** ndD)

 

- Il torneo è già finito da un po’, stavo cercando mio fratello, ma non l’ho trovato, quindi stavo andando a casa, quando ho sentito dei rumori e sono venuta a controllare, ma, quando mi sono affacciata dalla porta, hai urlato e allora ti ho chiesto se c’era qualcosa che non andava… - mormorò, impacciata, fregandosi gli indici e i pollici.

 

- N-n-n-n-n-n-n-n……  (Gira la ruota e compra una vocale… possibilmente una O… Se no non ha molto senso. ndJM – Piglia fiato, Dunghino-caro -_-“ ndRia) …… Nnno. - (Evviva ce l’ha fatta! ndAutori).

 

- Ah, va bene… - abbassò il volume della voce riducendola ad un sussurro - Mi ero preoccupata… –

 

- Come? -

 

- N-no, n-nel senso >\\< - si corresse all’istante – c-che c-credevo ci f-fosse un p-problema e-e a-allora i-io... … … N-niente…

A-allora io vado… A proposito è meglio se vieni via anche tu o rimarrai chiuso qui dentro per tutta la notte.- concluse, timidamente, uscendo.

        

Il ragazzo annuì appena; dopo, con un sospiro, raccolse le sue cose ed uscì, ancora molto irrequieto. Fuori era già buio: si fermò sul marciapiede, le mani nelle tasche, scocciato, e si guardò giro sobbalzando quando, in piedi sull’angolo della strada, vide Marie.

 

 “C-cosa ci fa qui… Sembra quasi che stia aspettando qualcuno – spalancò gli occhi, fulminato da un pensiero – Non sarò per caso…?” – MA CHE CACCHIO STO PENSANDO?!?! IDIOTA!!!! –

 

- Dunga? – si girò sorpresa, sentendolo (Mi spiegate come cavolo faceva a non sentirlo -____-“? ndMariam – Tu hai rotto, sparisci >___<**!! ndD).

 

- UGH… O__o” Ehm, ciao… - “Porca… Che figura del cavolo, mi sono messo quasi a gridare come un pazzoide!”. (Confermiamo, figura del cavolo. ndKei_Mariam_Ria – ç___ç ndD – Dai, fatti forza… <- pacche sulla spalla da JM). – B-beh… M-magari non sono fatti miei, però mi spieghi come mai sei ancora qui? -

 

La ragazzina s’irrigidì, arrossendo un poco.

 

“Perché fa quella faccia…?”.

 

- B-beh... (gocciolone) L-la verità è che… - fece un sorriso impacciato, sorridendo stentatamente - A-avevo paura ad andare a casa da sola perché è troppo buio. Perciò aspettavo che uscisse qualcuno ^^”… (gocciolone di proporzioni titaniche) -

 

- Ah… (COLPO BASSO! ndTutti) Capisco… – disse, un po’ stizzito - “Ma sono diventato scemo?! Cosa pensavo?! Mi faccio dei castelli in aria come fossi innam… MA CHE DICO, NON LO SONO!!!” (Seee, vabbè… ndRia)

 

- Sc-scusa…tu da che parte vai? –

 

- Verso il porto…- sibilò a denti stretti, stranamente nervoso.

 

- Ah, bene, vado dalla stessa parte ^^ ! – rimase in silenzio per alcuni minuti, mordicchiandosi il labbro inferiore - A-allora facciamo un pezzo di strada in-insieme… -

 

Il biondo smise di sbuffare, trattenendo il fiato; la guardò con gli occhi simili a due uova al tegamino.

 

- EEEEEEEEEH O_____O” ?!-

 

- N-non v-vuoi? – fece, preoccupata di aver chiesto troppo – S-scusa… Aaah, sono impossibile, ma-magari ti sto dando solo fastidio, scusascusascusa.. I-io… -

 

- … … … O_____O … … … …   (Dunghino-caro, rispondere sarebbe una bella cosa…se no riempio tre pagine di tuoi silenzi. ndJM) …No v-va bene… -

 

La ragazzina sorrise grata (decisamente, non aveva solo paura, ma una fifa matta di tornare da sola!) e i due s’incamminarono assieme, nella strada illuminata dai lampioni nella notte marsigliese.

Dunga camminava a passo svelto, mentre Marie, che sembrava un po’ imbranata nei movimenti con la gonna lunga, non riusciva a stargli dietro e rimaneva di continuo indietro.

 

“Cosa le prende? Come mai cammina così piano?” pensò, un po’ scocciato (Ma preoccupato ^^ ndJM).

Vedendola incespicare Dunga capì cosa stava succedendo e rallentò il passo, così la ragazza riuscì a raggiungerlo e, di conseguenza, i ragazzi cominciarono a camminare fianco a fianco per la via, con un po’ di disagio da parte del biondo.

La nostra “coppietta” (Regolati >\\\

 

“Porc… Che sensazione schifosa mi da questa tensione… Così faccio la figura dell’orso! (Ma lo sei! ndAutori). Come potrei attaccare discorso? Di cosa potrei parlare? Ma poi, scusa, che mi frega?! Uffaaa, per favore, arriviamo a destinazione!”.

 

Marie, però, sembrava non reggere quel silenzio e decise di rompere il ghiaccio

 

- C-cosa ti è successo durante il nostro incontro? –

 

Subito lei desiderò non aver parlato, vedendo la sua faccia mezza scioccata; in realtà Dunga era solo completamente spiazzato, si sentiva un cretino per non essere stato in grado di buttare giù quel muro di silenzio che li divideva, e che in fondo aveva creato anche lui; in più non sapeva cosa rispondere alla domanda della ragazza.

 

- Ehm………n-non so………-   

 

- Oh, sc-scusa forse n-non sono cose che m-mi riguardano – “Mi sa proprio che ho parlato troppo, accidenti… >\\\\<”.

 

- No, f-figurati… - borbottò, senza guardarla – E’ solo che non lo so bene… Neanche io. –

 

- Forse eri stanco dopo le eliminatorie e gli incontri precedenti. – sorrise cordiale.

 

- Può essere…-

 

I due continuarono a parlare (sempre di Bey ovviamente ndJM), pian piano l’imbarazzo svanì e i ragazzi si sentirono sempre più a loro agio l’uno con l’altra, persino gli argomenti della conversazione cominciarono a variare.

Quella ragazzina sapeva molte cose, ma era anche un tipo decisamente particolare: più che parlare quasi sempre mormorava, a volte chiedeva “scusa” balbettando per frasi o parole che credeva a sproposito, anche se non lo erano, parlava sempre con tono garbato anche un po’ eccessivamente; a Dunga veniva un po’ da sorridere vedendola.

 

- Sai – disse lei ad un certo punto, sorridendo lievemente - a vederti sembri sc-scontroso e in-inavvicinabile…ma in realtà s-sei simpatico  ^/////^. -

 

Dunga si gelò sul posto, era sconvolto dalle parole della ragazza, nessuno gli aveva mai detto niente del genere! Non seppe cosa rispondere e tra i due calò il silenzio più assoluto, perché anche Marie era stata contagiata dal mutismo del ragazzo e serrò la bocca in una morsa, senza più proferir parola.

Finalmente arrivarono davanti alla casa della ragazza, una villetta con un giardino circondata da un muro il cui unico accesso era un cancello che si apriva su un piccolo vialetto in pietre grezze, dove i due si fermarono.

 

- S-sono arrivata…- disse titubante, fissando per terra.

 

- Ah, ok…-

 

- G-grazie per avermi ac-accompagnato… C-cioè o\\o – si corresse nuovamente, a disagio – Gr-grazie di aver fatto un pezzo assieme a me… -

 

- D-di niente… Andavo per la stessa strada… - si ammutolì di nuovo, ma quando provò nuovamente a parlare, la voce uscì bassissima e tremula - A-a proposito di quello che dicevi prima…… - “Ma che cavolo mi prende?! Che mi succede?!? Io…” – Cioè, anch’io penso che t-tu…-

     

- MARIEEEEEEEEEE ! ! ! -   

 

Dal giardino si sentì provenire il rumore di qualcuno che correva e improvvisamente si trasformò nel suono di qualcosa che strusciava per terra: dal cancello uscì una figura umana che si lanciò in scivolata verso gli stinchi di Dunga, il quale fece un salto all’indietro per evitarla.

 

- EHI!! –

 

Fermatasi la misteriosa figura si alzò ed entrò nella luce del lampione, dando finalmente a Dunga la possibilità di vedere chi lo aveva aggredito: un ragazzo leggermente più basso di lui, i capelli biondi, gli occhi verdi e con indosso la maglia della nazionale francese di calcio lo fissò arcigno per un istante, per poi ignorarlo e girarsi verso Marie, furibondo.

 

- Marie ti sembra l’ora di rincasare?! E poi – guardò nuovamente malissimo Dunga - chi è questo tipo?! –

 

- Ma Zinedine, sei stato tu a lasciarmi sola al palazzetto e lui mi ha solo accompagnata, caro fratellone! –

 

“FRATELLONE O___o”?! – pensò Dunga scioccato – E’ suo fratello questo qui? (gocciolone)”.

 

- Bè, ecco…(goccia) – Zinedine - Avevo visto una ragazza e l’ho seguita…poi, beh… Mi ha dato bidone e sono tornato a casa e non ho più pensato che eri ancora là…… Comunque perché non mi ha chiamato e sei venuta con questo gorilla ?! –

 

Dunga, che fino ad quel momento si era tenuto fuori dalla discussione tra i due, si sentì tirato in causa ed esplose subito, offeso, contro il ragazzo.

 

- SENTI TU, PAGLIETTA, COME CAVOLO TI PERMETTI DI OFFENDERMI?!?!?! Se sei tanto preoccupato per tua sorella, invece che correre dietro alle ragazze prenditi cura di lei ! –

 

- Come ti permetti! – sbraitò quello, che sembrava anche più irascibile del giapponese (E ce vo tutta… -__-“ ndTutti) - Chi sei tu per parlare?!  Non rompere se non vuoi fare una brutta fine!!! –

 

- E’ una minaccia…? – lo scrutò con aria torva.

 

- E se anche fosse…? –

 

- ZINEDINE SMETTILA!!! – piagnucolò Marie, tirandolo per una manica.

 

L’espressione della ragazza sembrò influenzare moltissimo il fratello, che le diede un buffetto sulla testa e si girò un po’ agitato.

 

- Sc-scusa……Salutalo, se proprio devi. – sibilò - Io ti aspetto dentro… -

 

Il ragazzo si diresse verso la porta e, prima di entrare in casa, tirò un’altra occhiataccia a Dunga, che rispose senza scomporsi, incrociando le braccia al petto.

 

- Perdonalo, è fatto così ^^ (goccia) - sorrise stentatamente la morettina, guardando Zinedine rientrare - è iperprotettivo… Comunque ciao e grazie per avermi accompagnata ^^. – la moretta fece per aprire il cancello, ma si fermò, girandosi - A proposito cosa volevi dirmi prima che Zinedine ci interrompesse? –

 

Il ragazzo s’irrigidì, cavolo, se l’era ricordato! Dunga tentò di svicolare, portando un braccio dietro la nuca.

 

- N-niente di particolare… Ciao… -

 

- Va bene ^^. – sorrise cordiale, entrando nel vialetto – Ciao. -

 

La ragazza andò verso la porta, voltandosi e salutando con la mano Dunga prima di entrare.

Lui annuì, dirigendosi verso casa, ma, mentre la rabbia verso quella “paglietta” (come ormai l’aveva ribattezzato) di Zinedine sbolliva, un pensiero cominciò a farsi strada nella sua testa, cioè che forse la piccola Marie era una ragazzina speciale.

 

“Ma… Che… CAVOLOSTOPENSANDOOOO?!?!? Imbecille!!”.

 

Con uno botto sonoro spalancò la porta di casa sua, convincendosi di essere ormai impazzito… O forse non voleva semplicemente ammetterlo?

 

 

 

 

 

La mattina seguente Marie si alzò di buon ora, all’incirca attorno alle sei e mezza, sette, fece velocemente colazione ed uscì di casa, pimpante: appena mise piede fuori dal cancello ed ebbe mosso un paio di passi, svoltata a sinistra, scorse una grossa sagoma di ragazzo… Stranamente famigliare.

 

- Scusi… - appena lui si girò, però, lo riconobbe (Ma chi sarà mai ^^? ndAutori) – Ciao, Dunga, sei tu! Cosa ci fai da queste parti? –

 

Lui la salutò e rispose sostenendo di essere passato di lì per caso facendo due passi: la verità è che il nostro “tenerotto” stava vagando in zona da circa un’ora sperando di incontrarla (Già, la sua innamorata.. Pucci puucci ^^ ndRia - MA COSA STAI DICENDO!? NON E’ LA MIA INNAMORATA!!! ndD – Seee, come no… -_-“ ndJM – Allora perché hai cercato di incontrarla?   ^ ^  ndRia - ……… ndD – Abbiamo capito, non lo ammetterà mai… -_-“ Continuiamo che è meglio… ndAutori) .

 

- Ho capito… - (cosa, che è venuto a cercare te ^^? NdRia – FINISCILA >\\\\\< ndD).

 

- …. … -

 

- …. … … -

 

- … … … -

 

(Yuhuuuuu, ci 6? Dunghiiino?! NdAutori)

 

- S-senti… - intervenne alla fine Marie mormorando - Ecco, a-adesso tu da c-che parte vai? -

 

- EH O__O?  - (riconnessione celebrale in corso…)

 

- I-io vado di là, s-se ci vai anche tu >\\\\<… -

 

- EEEH O_____O”?!? – (riconnessione ultimata -___-“…)

 

- N-n-no, no, scusascusascusa, ho… Ho detto u-una cosa inopportuna >\\\\\\\<…! -

 

- N-no… Non preoccuparti… … … C-comunque… -

 

- Uh o\\o? -

 

- Beh… - il tono di Dunga si abbassò - Anch’io… Vado di là… -

 

- D-davvero?! -

 

Il ragazzo annuì. Marie sorrise e decise di far fare a Dunga un giro turistico della città, visto che lui aveva girato solo alla ricerca di avversari.

 

Dalla periferia si spostarono nella parte vecchia della città fino al porto, attraversando il ponte girevole di ferro, per poi imboccare la via principale, via Cannebière.

Marsiglia è una città davvero bella: ci sono strade e piazze larghe e regolari, fontane, giardini; l’atmosfera tra i due era rilassata, non come i due precedenti incontri, che, per un motivo o per un altro, non erano andati benissimo, così i due riuscirono a parlare tranquillamente un po’ di tutto. Dunga era sorpreso, senza contare Mariam, non aveva mai parlato così famigliarmente con una ragazza, anzi, non aveva praticamente mai parlato così tanto con una ragazza! Marie era diversa dalle ragazze che Dunga era abituato a vedere, era gentile, non come le altre che, incrociandolo per strada, gli giravano alla larga intimorite dal suo aspetto e dai suoi modi sgarbati, che lo facevano assomigliare sempre ad uno scimmione (per questa frase mi potrei offendere… -___-**** ndD), anzi, sembrava che a lei facesse piacere la sua compagnia; e la cosa, anche se non voleva ammetterlo, lo rendeva contento. Forse proprio perché si stava accorgendo di questo, il ragazzo tentò di andarsene appena scoccò mezzogiorno, ma Marie, che ormai lo trattava con molta confidenza, lo costrinse a pranzare con lei ad uno dei bar di via Noailles.

I due continuarono a parlare del più e del meno e a passeggiare per molto tempo, tanto che arrivò la sera; la ragazza sarebbe andata a casa, ma siccome adesso si trovavano praticamente dall’altra parte della città e lo stomaco le brontola, Dunga ebbe (stranamente) l’idea di offrirle qualcosa.

Così, però, trascorse dell’altro tempo.

Troppo.

 

- MA E’ TARDISSIMOOO!! – esclamò Marie ad un certo punto, vedendo l’ora su un orologio vicino al lampione. 

Agitatissima guardò anche l’orologio da polso, impallidendo come un cencio, e poi cominciò a correre, senza quasi rendersi conto di quel che stava facendo.

 

- E-ehi, che ti prende?! Aspetta…! – e, dopo averla raggiunta, Dunga la bloccò mettendole una mano sulla spalla – Che… Che ti prende…?! -

 

- Devo correre a casa!! – esclamò, preoccupatissima – altrimenti Zin si preoccupa e diventa paranoico! Allora sì che sono guai! -

 

- “Zin” CHI O__o?! -

 

- Zinedine! Mio fratello!! -

 

- Aaah! -

 

- S-scusa, ma devo proprio scappare! – la ragazza fece per avventurarsi per la strada principale, ma Dunga la fermò di nuovo, indicando una via secondaria:

 

- Di lì fai prima, andiamo. -

 

Così, con Marie che correva continuando a mormorare “è tardissimo, accidenti!” e Dunga che, praticamente camminando, la seguiva, poco convinto, i due s’inoltrarono per una serie di viuzze consecutive, dirigendosi verso casa Pires.

Arrivati quasi da casa sua, la ragazza dovette fermarsi per prendere fiato, ormai spompata.

 

- Ma ti stanchi così per qualche metro di corsa (gocciolone)? –

 

- Già… puff… - sorrise stentatamente, sollevando la testa - Non sono… panf… Propriamente una sportiva… -

 

Ma proprio in quel momento si sentì il suono metallico del cancello che sbatteva contro il muretto del giardino, e un furibondo Zinedine si scagliò, o almeno tentò di scagliarsi, per la seconda volta contro Dunga, che stavolta evitò davvero per un pelo un calcio nello stinco.

 

- TUUUUUUUUU…. – sibilò, minaccioso - CHE – CAVOLO – CI – FAI – CON – MIA – SORELLAAAAAA?!?! –

 

- Uh O__O””? -

 

- Z-Zinedine… (gocciolone). – mormorò la sorella in agitazione.

 

- Marie, ma lo sai che ore sono?!? Si può sapere dov’eri finita?!?! -

 

- Beh, ecco… (gocciolone) -

 

- Vedi di calmarti, paglietta. – fece Dunga, decisamente irritato dal tono dell’altro – Guarda che non è colpa sua! -

 

- INFATTI E’ COLPA TUA, IDIOTA >_____<**!!!!! -

 

- CHE HAI DETTO >_____<**?!? –

 

- E-ehi, ragazzi… - sussurrò la mora con una certa ansia nella voce - Calmatevi, dai…! –

 

- SI PUO’ SAPERE CHE ACCIDENTI CI FACEVI CON MIA SORELLA?!? – continuò il fratello, ignorandola

 

- CI SIAMO INCONTRATI PER CASO, NON ROMPERE LE SCATOLE, CRETINO!!!! – (Seee, proprio x caso… ndAutori)

 

- CRETINO?!? IO SAREI CRETINO?!? –

 

- NO, HAI RAGIONE, SEI UNA PAGLIETTA IDIOTA!!!!! –

 

- Ragazzi, vi prego… sniff… - mormorò, l’ansia che cresceva.

 

Ma i due sembrarono diventati improvvisamente sordi e continuarono ad insultarsi senza neanche degnare Marie di uno sguardo per almeno un quarto d’ora.

 

- ORA BASTA >____<***!!! – esclamò all’improvviso il francese, furibondo– ORA TI GONFIO DI BOTTE!!!!! –

 

- Non aspetto di meglio… FATTI SOTTO IDIOTA!!!! – (Oddio che fanno o___O””!!! ndRia)

 

-  ADESSO BASTAAAAA !!!

 

Entrambi si bloccarono con una mano sul colletto dell’altro e il pugno sollevato, voltandosi a guardare la ragazza.

 

- NON VI SOPPORTO PIU’ !!! – si fermò, mentre goccioloni argentei le scendevano dagli occhi; gli altri due s’irrigidirono.

 

“Ugh…! (gocciolone) C-che fa?!” - 

 

- A-aspetta, sorellina, io… Ehm… -

 

La ragazza alzò gli occhi, guardandoli triste ed arrabbiata:

 

- NON VI VOGLIO PIU’ PARLARE!!! –

 

La ragazza scappò verso il cancello, corse a velocità supersonica attraverso il viottolo di pietra ed entrò i casa, sbattendosi la porta alle spalle e chiudendola con un sonoro botto metallico.

 

- E-EHI!!! (gocciolone) Marie, aspetta! – Zinedine corse fin dalla porta e ci battè i pugni sopra – Non ho la chiave, non puoi lasciarmi qui fuori!!! -

 

- ARRANGIATI (sob!)!! – singhiozzò, appoggiata con la schiena alla porta – ADESSO RESTI LI’, NON VOGLIO VEDERTI!!! - (Un po’ drastica la piccola… ^^” ndRia – Poverina, è arrabbiata ndJM)

 

- Dai, sorellina… – tentò di convincerla, con tono mellifluo.

 

- ANDATE VIA, BRUTTI STUPIDI! TUTTI E DUE!!! –

 

Marie non voleva davvero sentire nulla: era furiosa, non solo col fratello, che al solito si era comportato in maniera esagerata, ma anche con Dunga, che si era dimostrato uno stupido.

 

“Mi hanno delusa… Mi ha delusa… Stupidi, stupidi, STUPIDO!!!”. –

 

Zinedine continuò a bussare sulla porta, mentre alcune gocce cominciarono a bagnarli il naso.

 

- Marieeee… - frignò, battendo più forte – Qui comincia a diluviare, dai, fammi entrare!

 

Ma la ragazza non gli rispose; la pioggia aumentò d’intensità, così Zinedine, che cominciava ad essere davvero zuppo, si rifugiò nel garage, che, per sua fortuna, non era mai chiuso a chiave.

Dunga, invece, non si mosse: rimase a fissare il cancello e la porta chiusa, sentendosi un completo idiota. Riflettendoci, si era comportato da tale, sia lui che Zinedine.

Abbassò la testa, senza mutare espressione, stringendo i pugni: si diresse verso il lato opposto della strada e, appoggiandosi al muro, si sedette a gambe incrociate sul marciapiede, continuando a sbirciare di tanto in tanto casa Pires, totalmente incurante della pioggia battente.

 

E da lì non si mosse. Per tre lunghi giorni di pioggia, senza mangiare o far altro, il ragazzo non si spostò di un millimetro, restando seduto su quel marciapiede. Neppure gli insulti di Zinedine che, facendo spuntare ogni tanto la testa dal garage, lo punzecchiava, lo fecero muovere.

 

- Vedi bene di sparire, che magari mia sorella si calma non vedendo più la tua brutta faccia! –

 

Ma Dunga lo ignorò ogni volta, lanciandogli solamente occhiate acide. Infatti non aveva la minima intenzione di spostarsi, almeno finchè Marie non fosse uscita da dentro e non avesse potuto chiederle scusa, scusa per averla fatta piangere.

 

“E non mi muoverò finchè non riuscirò a farlo!”.

 

Anche Dunga, però, era osservato proprio da Marie.

Neppure lei si era più mossa, insensibile pure ai lamenti del fratello.

 

- Marie, ti prego, sto morendo di fame, fammi entrare ç___ç! – l’aveva pregata, disperato.

 

Ma lei, ancora furibonda, aveva socchiuso la finestra, lanciandogli un borsellino pieno di monetine… Dritto in testa. Il biondo si era accucciato a terra dolorante, le mani sulla testa a massaggiarsi il bernoccolo che gli stava spuntando.

 

- Adesso arrangiati! -

 

- Te ne approfitti solo perché mamma e papà non ci sono ç___ç** !!! – aveva protestato, indicandola, con gli occhi lucidi, mentre afferrava il borsellino.

 

Ma se la morettina ignorava i mugugni del fratello, guardava sempre attenta Dunga, che non si era mai mosso, restando fisso dall’altro marciapiede.

 

“Che diavolo sta facendo? – pensò, il terzo giorno, scostando per l’ennesima volta le tendine della finestra – Sono tre giorni che sta lì sotto la pioggia…”.

 

Istintivamente, la ragazza sarebbe voluta uscire per vedere come stava, ma pensandoci decideva sempre di non muoversi: lui e Zinedine si erano comportati troppo da stupidi, che si arrangiassero! Quello che facevano non le importava! 

 

 

 

Il mattino del quarto giorno Marie venne svegliata dallo squillo del telefono. I suoi genitori, in viaggio, avevano chiamato per avere notizie sue e del fratello.

 

- Tutto bene… - rispose, sbadigliando “Insomma!” – Tra quanto tornate? -

 

- Cinque giorni, tesoro ^^. – rispose la madre.

 

- Capito… - la ragazza sbirciò la finestra alle sue spalle, aperta, sentendo “qualcuno” starnutire sonoramente dall’ingresso; le scappò un risolino – Senti, mamy, sai dove sono le medicine per il raffreddore? -

 

- Beh, sì… - rispose, sorpresa - Ma perché, ti sei ammalata? -

 

- Io no… -

 

- E…EEEETCIUUUUUUUU!!!!! –

 

- Ma mio fratello credo di sì… (gocciolone di proporzioni bibliche)

 

 

 

- Sorella disgrazia… aah… aaaah… aTACCCIUUUUU' !!! – sbraitò, seduto sul letto, tirando su col naso.

 

- Avanti, fratellino, non lamentarti… - gli disse, porgendogli la medicina e un bicchiere di succo d’arancia – Non è mica la morte di nessuno, hai solo un po’ il naso tappato. -

 

- SOLO UD PO’?! – si lagnò, stringendosi nella coperta – Io sto balissibo… Ed è tutta colpa tua… SNIFF! –

 

La ragazza sospirò, rassegnata, andando in cucina a preparare qualcosa di caldo.

 

- SNIFF…  Sorellida… -

 

- Ce c’èèèè?! – disse, un po’ scocciata da tutto quel lamentarsi del fratello.

 

- Ehi… bi chiudi la fineddra? –

 

- Uffaaaa! – poi però, guardando lo sguardo supplichevole di Zinedine, si raddolcì – Va bene…-

 

Passò accanto a lui, leggendogli sul cui viso l’inequivocabile espressione “scusami-tanto”; la ragazza sorrise.

 

– Vabbè, per questa volta potrei perdonati, fratellone ^^! -

 

Il ragazzo voltò la testa, tirando di nascosto un sospiro di sollievo.

 

“Mia sorella è dolce e cara, ma quando si arrabbia diventa una belva… (gocciolone)”

  

Marie si sporse per chiudere il vetro e, senza accorgersene, alzò istintivamente gli occhi, rimanendo un po’ sorpresa: l’altro lato del marciapiede era vuoto.

 

- Non… c’è…? – mormorò, inconsciamente

 

- Che d’è? (sniff!) -

 

- Eh? N-niente… >\\< -

 

Il ragazzo si stiracchiò, infilandosi le ciabatte e alzandosi per andare a mangiare qualcosa.

 

- Uff…! – sospira – Per fortuda quell’ibbecille s’è levado dalle scadole! – (Alla faccia del naso chiuso!!!! NdRia)

 

- …Chi? -

 

- Bassì, quel cretido che sdava là seduto da tre giordi… -

 

- Parli di Dunga? – disse, un pò seccata.

 

- Uh? Sì, perchè?

 

- Ricominci?! Non dovresti parlare male della gente che non conosci, fratellino! – rispose, con tono da predica.

 

- … (gocciolone preoccupato) Dod lo codoscerò, però so che per colpa sua l’aldro giordo sei stata fuori fido a tardi, e quesdo non bi sta bede!! -

 

La sorella lo guardò torva, ma tentò di trattenersi, andando semplicemente in cucina sbattendo i piedi.

 

- … … … Barie… -

 

- Che c’è?! -

 

- Dod è che ti sei fidadzata cod quello lì?! -

 

Sentendolo la ragazza fece cadere nel lavello la scodella che aveva in mano, divampando fino alla punta delle orecchie:

 

- MACCHECCAVOLODICIIIII >\\\\\\\\\\\\\\\\ 

 

- Uff, bedo bale! – sospirò sollevato - Per ud secoddo bi ero spavedtato! –

 

- …. … >\\\\\< Fratellaccio stupido!!! –

 

Stizzita e ancora con le guance in fiamme, Marie gli riempì un piatto di brodo fumante e lui, da furbo, lo prese tranquillo con le mani nude.

 

- AHIO!! Ba scotta!! -

 

- Come sei scemo… Certo che scotta, è caldo! – lasciò un sospirone rassegnato - Tieni… -

 

Sorridendo, la ragazza gli porse un vassoietto e Zinedine cominciò a bere la sua minestra, mentre Marie metteva da parte quella avanzata e cominciava a lavare i piatti.

 

- Dopo devi fare qualcosa per quel naso, siamo intesi? -

 

– EEEEH?! Ba dod de ho voglia!

 

- Vuoi continuare a non respirare? – chiese, rassegnata - Ti ho anche già preparato tutto, su! -

 

- Uffa! E ba bede…

 

Il ragazzo continuò a mangiare borbottando, mentre Marie prese a riflettere, un po’ preoccupata: se Zinedine, che era stato quei tre giorni chiuso nel garage, si era beccato un raffreddore del genere, Dunga, che era rimasto sotto la pioggia, come stava? E se se ne fosse andato proprio perché si era ammalato come Zinedine?

 

“Se fosse così… Sarebbe colpa mia!”.

 

- Che c’è… SNIFF… Sorellida? -

 

- N-niente… -

 

 

 

Il giorno dopo Zinedine stava meglio, ma, con la scusa della convalescenza, ronfava della grossa ancora alle undici, completamente sbracato sul letto; Marie, invece, era già sveglia da un pezzo: in silenzio si avvicinò al fratello, gli sistemò sopra la coperta, sussurrandogli un frettoloso “Torno presto”, dopodichè, afferrata la sua borsa ed infilandosi un maglioncino, uscì silenziosamente di casa, dirigendosi verso il porto.

Nell’aria ancora fresca della mattina Marie camminava in silenzio, sperando di ricordarsi quale fosse la casa giusta, visto che Dunga aveva solo accennato dove abitava.

Finalmente trovò quella che cercava: una casa vecchissima, di quelle a due piani, dai muri con la vernice scrostata in così tanti punti da sembrare abbandonata; il primo piano non aveva una porta che si affacciava sulla strada, ma solo una scaletta arrugginita che saliva fino al secondo piano, con una terrazzina come ingresso.

 

- … … (gocciolone) Beh, il posto è questo, l’unica casa che non fa da magazzino è questa… Quindi… (gocciolone sempre + grosso). -

 

Poco convinta, Marie salì la scaletta traballante, arrivando in cima sempre meno sicura di quello che stava facendo; si fermò un secondo sul terrazzo, guardando intimorita la porta, poi bussò timidamente, quasi sobbalzando quando sentì il rimbombo sul legno.

Passarono alcuni minuti senza che nulla si muovesse, mentre Marie cominciava a temere di essersi sbagliata, quando sentì qualcuno borbottare con voce roca contro chi accidenti lo disturbasse.

 

- Chi è?! – fece da dentro, sgarbato.

 

- D-Dunga? S-sono Marie… -

 

- CHI O____o?!? -

 

- Marie… - sussurrò, timida

 

Dall’altra parte calò il silenzio per alcuni, lunghi minuti.

 

- C-che… Che ci fai qui? – disse, senza aprire

 

- EH O\\O?! b-beh, e-ecco… >\\\< -

 

Marie non sapeva che rispondere, non poteva certo dirgli che era andata a cercarlo perché era preoccupata! Primo, perché non se la sentiva di chiedergli perché fosse rimasto ben tre giorni sotto la pioggia, secondo, perché per questo si sentiva anche un po’ in colpa, terzo e fondamentale… Perché si vergognava da morire!

Non aveva mai avuto grandi amicizie tra i ragazzi (anche perché suo fratello trafiggeva con lo sguardo qualunque essere di sesso maschile le parlasse che non fosse suo padre o un suo parente) e adesso si preoccupava tanto per un ragazzo che conosceva da neanche sei giorni…

 

“Che mi prende…?”.

 

- Comunque… - continuò lui con tono un po’ sgarbato – Non puoi entrare. Grazie tante, ma vai a casa. – (Cattivo!! NdAutori)

 

- C-come? – stupita, fissò, sentendosi un po’ stupida, la porta – P-perché? -

 

- Perché non puoi, punto. – disse, con tono più basso – Ci vediamo. – (Dunga. 6 uno s*****o di 1° categoria!!!! ndJM – Ecco il cavaliere con tutte le donne ndTutti – Lo so -___-* ndRia – Gelosa. ndTutti – XPPP ndRia).

 

La ragazza si appoggiò agitata alla porta, senza sapere cosa fare.

 

- A-aspetta! – farfugliò impacciata - I-io… Ecco, io… -

 

Ma Marie venne interrotta da un tonfo preoccupante proveniente da dentro la casa, che la fece trasalire visibilmente.

 

- EH O___O?!? (gocciolone preoccupato) -

 

Da dentro non si sentì più niente; Marie girò un paio di volte su se stessa, agitatissima, pensando a cosa potesse essere stato quel rumore. Quasi inconsciamente afferrò la maniglia della porta, che si girò dolcemente senza problemi.

 

- Era aperta…? (gocciolone) – (Dunga, le porte sono fatte per essere chiuse… ndRia – Vabbè che non c’è un c… da rubare, però…  -____- ndJM).

 

Timidamente, Marie socchiuse la porta, facendo capolino dal piccolo spiraglio; entrò a piccoli passi, socchiudendo gli occhi per abituarsi alla penombra.

Sobbalzò, quando vide il ragazzo in mezzo alla stanza che tentava, inutilmente, di alzarsi da terra appoggiandosi al tavolino.

 

- M-ma che ti è successo?!? – esclamò, preoccupata

 

Dunga ci mise un po’ a mettere a fuoco il fatto che Marie fosse entrata e che ora gli stesse parlando.

 

- Come… Perché sei entrata…? – disse, col fiatone. Prima che Marie gli potesse rispondere, però, le gambe gli cedettero di nuovo, e cadde con un altro tonfo sordo – Porca miseria…! -

 

- M-ma cos’ hai?! –

 

La ragazza fece per avvicinarsi, ma Dunga l’allontanò con un debole gesto della mano.

 

- N-non ve… Non venire… Qui… -

 

Marie, però, raccolse la poca testardaggine che possedeva e gli si avvicinò comunque, aiutandolo a forza ad alzarsi. (Potrebbe considerarlo “contatto fisico non desiderato”… ndCiuchino – E TU CHE FAI QUI?! SPARISCI!!! ndAutori).

Appena gli sfiorò la spalla, Marie sussultò, preoccupandosi ancora di più.

 

- MA TU SCOTTI! Sei bollente… PERCHE ‘ NON ERI A LETTO A RIPOSARTI SE HAI QUESTO FEBBRONE DA CAVALLO?! -

 

- Lasciami perdere… - borbottò, un po’ acido, cercando di stare ritto in piedi da solo – Questo è successo perché sono scemo… Ma sto benissimo, vai a casa prima che quel cretino di tuo fratello ti dica di tutto. -

 

- Lascia perdere mio fratello! Siediti subito, avanti! -

 

Con non poca fatica, Marie convinse il gigante a sdraiarsi sul divanetto macilento, dove lui, alla fine, si lasciò andare, distrutto.

La ragazza bagnò nel lavello un fazzoletto che aveva con se e glielo mise sulla fronte, dopo cominciò a frugare nella borsa, sperando di essersi dimenticata di lasciare a casa le medicine di scorta che aveva comprato per il fratello.

 

- SI ‘! – esclamò, prendendo la scatolina – Con questa ti si abbasserà la febbre ^^!

 

- Si può sapere… - mormorò, senza fiato – Perché ti stai preoccupando per me?

 

- C-come o\\\o? b-beh, ecco… - si rigirò le mani nervosamente, imbarazzata – F-forse sono solo fatta così… -

 

Dunga la guardò un istante fissarsi le mani in grembo, mordicchiandosi un labbro, e volse la testa di scatto, sbuffando decisamente a disagio.

 

“Era meglio se non aprivo neppure… >\\\<”.

 

Marie gli porse la medicina con un po’ d’acqua, dandogli una lieve pacca sulla spalla; Dunga prese il tutto, sbuffando ancora, poi si girò su un fianco, borbottandole un ringraziamento e dicendole di andarsene via.

Ma Marie rimase ferma. Dopo un po’ il ragazzo crollò addormentato, russando, e Marie, ridendo sotto i baffi, si sedette su una cassa di legno in un angolo, guardandosi attorno.

Quella era proprio una casa abbandonata, che consisteva, a quel piano, in un piccolissimo bilocale. Dunga l’aveva sistemato alla bene e meglio, ma ad eccezione del divano sgangherato in mezzo al salotto e al tavolino, non c’era niente: le pareti avevano crepe abbastanza profonde, e lungo le mura spoglie, negli angoli, c’erano alcune vecchie casse di legno coperte di polvere; sembrava che, ad eccezione del pavimento e della zona cucina, al ragazzo non fosse passato neppure per l’anticamera del cervello (piccolo, ricordiamolo ndJM – EHI >___<**!! NdDunga) di dare una pulita a quel posto. Marie, soprappensiero, curiosò anche in cucina, ma non c’era praticamente niente; era proprio la casa di un ragazzo, anche Zinedine sarebbe vissuto col minimo indispensabile e con la fatica minima per quanto riguardava l’ordine!

 

- Bene ^^! – sorrise, stringendo i pugni con decisione – Ho un’idea! -

 

 

Dunga si svegliò con la testa pesantissima, sentendosi ancora molto debole, che era già pomeriggio inoltrato; si alzò a sedere sul divano, tenendosi la fronte ancora bollente, e cercò di ricordarsi come diavolo ci era finito lì, visto che avrebbe dovuto già trovarsi su un autobus diretto ad una nuova città.

Ma certo, Marie… Era venuta fin da casa sua, ma perché? Dopo il modo in cui l’aveva fatta arrabbiare, credeva non l’avrebbe più rivista, anche se prima di rinunciare aveva aspettato che uscisse di casa fino a farsi venire quasi una polmonite per tutta l’acqua presa, e solamente quando aveva cominciato a sentirsi la fronte come un forno e a vederci doppio aveva deciso di andarsene a casa. Da solito idiota, però, aveva continuato a sperare di trovare un sistema per rivederla e chiederle scusa, ma quando l’aveva rivista, non aveva parlato, no, da buon idiota l’aveva cacciata via! Maledetta la sua testa dura e maledetto il suo orgoglio! Era troppo presuntuoso per farsi vedere da qualcuno in quello stato.

 

“Pazienza… - sospirò, poco convincente perfino per se stesso – A quest’ora sarà a casa con quello stupido di Zinedine…”.

 

Dunga si voltò, sentendo una strana corrente venire dalla cucina, e per poco non gli venne un infarto: seduta su una sedia, con le gambe raccolte al petto e la testa verso la finestra, c’era Marie, che sentendolo alzarsi si voltò, sorridendogli.

 

- Buongiorno ^-^! -

 

- … … … … O_____O … … … T-tu… Tu… Tu… (Cos’è, non c’è linea? NdJM – Jolly… -___-“ ndRia) CHE CAVOLO CI FAI ANCORA QUI?!?! - (Oddio, è impazzito O__O”! ndJM)

 

- Volevo solamente ricambiare il favore che mi hai fatto l’altra volta, aiutandomi a tornare ^^. E poi, sì, insomma, volevo chiederti scusa… -\\\-  -

 

- Come? Scusa? E per cosa? -

 

- … … >\\< N-no, ecco… -

 

Un rimbombo sordo interruppe la ragazzina; Dunga si portò una mano alla pancia, a disagio, mentre Marie trattenne un risolino.

 

- Ti va qualcosa di caldo ^^? -

 

 

 

Se qualcuno avesse raccontato ad Ozuma, Jessie e Mariam che “quello scimmione di Dunga” si sarebbe ritrovato in una vecchia casa di Marsiglia, con una mezza bronchite, a mangiare un bel piatto di zuppa cucinato da una ragazza apposta per lui, come minimo sarebbero scoppiati a ridere come matti.

Invece, Dunga era proprio lì, mandando giù di gusto cucchiaiate di minestra (solo xkè te l’ ha preparato il tuo amore ndJM – NON E’ ASSOLUTAMENTE VERO >\\\\\\\\<*!!!! NdDunga – Calmati, dongiovanni ^^ NdRia – PIANTATELAAAAA >\\\\\<*****!!!!), mentre Marie sedeva dall’altra parte del tavolo, sorridendo.

 

- Aaaaaah, grazie, mi ci voleva… -

 

- Era buono? – chiese timida.

 

- Certo! Dico sul serio! -

 

- Meno male ^^… Beh, in fondo è l’unica cosa che so cucinare ^\\^… -

 

La ragazza tornò a tormentarsi le mani, impacciata, e anche Dunga si zittì; calò un silenzio imbarazzante. (Che strano, lo scimmione che sta zitto! NdMariam – Nevicherà… ndTutti – SPARITE >___<**!! NdDunga).

 

- Senti… - fece, ad un certo punto, girando il cucchiaio sul fondo del piatto vuoto – Tu… Perché sei venuta qui? -

 

Domanda fatale! Marie s’irrigidì sulla sedia, stritolandosi un lembo della gonna tra le mani.

 

- E… E-ecco, i-io >\\\<… I…Io… Beh, non ti ho più v-visto e-e ero pr-preoccupata… -

 

- EEEH o_____O”?!? -

 

Marie chinò la testa in basso, parlando con volume sempre più basso.

 

- E-ecco… H-ho… Ho pensato che… c-che visto che… Che m-mio fratello non s-stava bene… T-tu che s-sei s-stato… Che sei stato tanto t-tempo sotto la p-pioggia… F-forse… N-non e-eri più v-venuto… Non eri più venuto p-perché… Non stavi b-bene… -

 

- … … EH O___O?! -

 

Marie rimase ferma, mordendosi il labbro.

 

- T-tu… Tu mi hai visto O__O? – balbettò lui a disagio. (Sai era un po’ difficile non vederti… -____-“ ndAutori)

 

Marie annuì, senza alzare la testa. Calò di nuovo il silenzio e man mano che passavano i minuti  Marie si sentiva più scema; alla fine si alzò di scatto, facendo un sorriso forzato.

 

- B-beh… Visto che stai meglio p-potrei a-anche andare a casa, a-altrimenti Zinedine s-si preoccupa... -

 

La ragazza si voltò, pronta ad uscire ed era già quasi dalla porta, quando Dunga la bloccò.

 

- Aspetta un attimo…! -

 

- Eh? -

 

- E-ecco… o\\o – “Ecco, sono impazzito del tutto! Ma che cavolo sto facendo?!?”.

 

Marie lo guardò, senza cambiare espressione; chinò nuovamente la testa, sentendosi sempre più a disagio. Il ragazzo si passò una mano dietro la testa, mandando un sospiro.

 

- Vieni, ti faccio vedere una cosa… -

 

- Uh o_o? -

 

Dunga aprì la porta e Marie era sempre più confusa, ma che aveva in mente? Quando la serratura della porta scattò, la stanza fu invasa dalla luce dorata del tramonto; Marie guardò fuori titubante, mentre il ragazzo le faceva segno di seguirlo fuori. Quando si ritrovò sul terrazzo, Marie rimase a bocca aperta: da quel punto si vedeva tutto il mare a la costa, coperti di color arancio. La ragazza rimase a fissare il paesaggio con gli occhi lucidi e un sorriso stupefatto.

 

- UAO *____*! –

 

- Ti piace? -

 

- E’ bellissimo… Non sapevo che dal porto si potesse vedere un paesaggio tanto bello ^^! -

 

Dunga la guardò, sospirando di nuovo.

 

“Certo che è una che si esalta per niente… - Nonostante questo, sorrise – Però quando sorride… E’ carina… … … … … … … … MA CHE ACCIDENTI STO PENSANDO?!?”.

 

Il ragazzo si riscosse un poco, accorgendosi troppo tardi che stava fissando Marie; lei, invece, giratasi, arrossì sotto il suo sguardo.

 

- C-che c’è… o\\o? -

 

Ma Dunga non rispose, girando solamente un poco la testa; Marie, invece, non si mosse.

 

“C-che mi succede? – pensò, agitato – N-non voglio voltarmi, p-però…”

 

Il ragazzo girò appena lo sguardo, incrociando quello di Marie; si bloccarono entrambi.

 

- I-i-io… - cominciò a balbettare, a voce bassissima – D-d-de… D-d-d… A-an-and… “Devo andare… Ma perché non riesco a muovere le gambe?”.

 

Adesso erano tutti e due con il viso voltato verso l’altro: Marie si sentiva sempre più a disagio. Ad un certo punto una folata di vento gli investì in pieno e la ragazza, infastidita, si mosse e cercò d’impedire che la ventata le scompigliasse i capelli. Quando riaprì gli occhi s’irrigidì: aveva fatto un passo avanti e si era involontariamente avvicinata.

 

- … … … … O\\\\\\\\\O… … … … … -

 

Però le sembrava che anche lui fosse più vicino…

Dunga era bloccato. Nella sua testa stava pregando che le gambe gli si sciogliessero e potesse allontanarsi, ma era tutto inutile; inoltre, percepiva una strana sensazione che lo spingeva a restare lì dov’era, anzi, ad andare oltre quel muro d’imbarazzo che si stava creando: questo sentimento lo indusse ad alzare il braccio e portare la sua mano sul viso della ragazza, ma poi, illuminandosi improvvisamente, fermò il movimento dell’arto.

 

“COSASTOFACENDOCOSASTOFACENDOCOSASTOFACENDO ?!?! – pensò lui, quasi spaventato – Sì, sono ammattito del tutto! Non può essere altrimenti…”.

 

Col braccio a mezz’aria il ragazzo si ritrovò a riflettere e a cercare la giusta strada nella confusa combinazione di idee che aveva in testa: poi, spinto da non si sa quale decisione, spostò la sua mano sul viso di Marie e lo tenne delicatamente, contemporaneamente le si avvicinò ancora di più e portò il suo volto a pochi centimetri da quello di lei.

 

 “No, non lo sto facendo, non sto facendo una scemenza del genere, non lo sto facendo…!”.

 

- …C-cos… -

 

Dunga baciò dolcemente la ragazza, la quale lo ricambiò allungandosi verso di lui: il bacio tra i due fu lungo e romantico, ma, quando allontanarono i loro visi, entrambi abbassarono lo sguardo e arrossirono.

 

- Sc-scusa… - disse a voce bassissima – I-io… n-non… c-cioè i-i… - “OMMAPORCA…!! No, no ci credo, l’ ho fatto!! Perchè?! Nonono, accidenti!!!”.

 

La ragazza gli tappò la bocca con la mano.

 

- P-perché m-mi chiedi sc-scusa ? –

 

Lui rimase in silenzio qualche secondo.

 

- ……E-ecco ti ho b-baciata senza d-dirti n-niente… - si tappò la bocca con una mano, quasi nel panico: “NO! Ma perchè non mi mordo la lingua?! Maledizione… PORCAAAAACCCIA!!!”.

 

La ragazza lo guardò dal basso verso l’alto.

 

- I-io p-però… N-non mi s-sono spostata… - disse divampando e a voce bassissima

 

- EH O______o””?!? -          

 

Dunga era confuso, non capiva cosa intendeva la ragazza, o meglio, aveva un’idea, ma si rifiutava di prenderla per buona; dopo un minuto di silenzio Marie parlò per prima

 

- C-cosa d-dovevi dirmi? -

 

“AHI!! E adesso?!”.

 

Per il ragazzo questo fu un colpo basso, non sapeva cosa dire, ma, soprattutto, non aveva il coraggio per dirlo: ad un certo punto, raccolta la forza per parlare.

 

- D-dovevo d-dirti c-che… - cominciò in modo impacciato - m-mi p-piaci… - continuò in un soffio.

 

- C-come ? – non aveva sentito l’ultima parte della frase, Dunga aveva parlato così piano che il suo non sembrava neanche un bisbiglio: la ragazza per capirlo dovette leggere il labiale.

 

- M-mi p-piaci…-

 

Quando ebbe ben chiarito nella sua mente la frase di lui, come risposta divampò, guardando verso il basso. Dunga si voltò dall’altra parte.

 

“Ecco, perfetto! – pensò, furioso – Sono ufficialmente il più grosso cretino dell’universo! – Strinse i denti, serrando i pugni con tutta la forza che aveva – Perché non imparo mai a tenere a freno la mia linguaccia?!?”.

 

Qualche secondo dopo, però, accadde una cosa a cui Dunga non avrebbe mai pensato: Marie, rimasta immobile fino a quel momento, velocemente si rannicchiò contro il petto del ragazzo, che sentendola così vicino s’irrigidì come un sasso, trattenendo il respiro; ora non sapeva davvero più cosa fare, era completamente nel pallone.

 

“ E-eeeh O__O” ?!”

 

Cercò di sbloccarsi e sentì che, meccanicamente, stava sollevando le braccia, ma rimase incantato a metà strada, una parte di lui lo incoraggiava, l’altra gli stava dando dell’idiota e gli stava urlando di squagliarsela, per evitare il peggio.

Mentre Dunga era assolto nei suoi dubbi e nel suo imbarazzo, Marie alzò la testa e lo baciò sulla guancia per poi tornare con la testa giù, mordendosi il labbro e strizzando gli occhi. Il nostro protagonista rimase shockato da questo gesto della ragazza, che servì, però, a schiarirgli le idee e lo spinse a portare a termine il movimento delle braccia: le appoggiò le mani sulle spalle e la strinse a sé.

I due rimasero così abbracciati per molti minuti: lei contro il petto del ragazzo e tra le sue braccia si sentiva protetta, anche se imbarazzata, lui, dal canto suo, nonostante l’imbarazzo, era tranquillo e, anche se non ne capiva il motivo, felice; dopo svariati istanti i due si guardarono dolcemente e, nella luce del tramonto si scambiarono un altro lungo bacio carico dei sentimenti reciproci, dopodichè tornarono ad abbracciarsi e rimasero così parecchi minuti, in quegli attimi che a loro sembravano magici percepirono entrambi il sentimento di affetto dell’altro: così i due furono immensamente felici, in quel momento che a loro parve il più bello della loro vita.

 

 

 

 

Più tardi i due arrivarono davanti a casa di Marie, lei felice anche perché si stavano tenendo per mano, lui, sinceramente, vergognandosi un po’ (Scusate… IO?! MA QUANDO MAI >\\\

 

- Sono arrivata…. –

 

- Uh hu… -

 

- … … … -\\\\\- ….. –

 

- …. … -\\\- …. …. – (Ehiiiii! Commando 77 rispondeteci… ndRia – O__o?! qsta nn l’ ho capita… -___-“” ndUnico_neurone__di_Ria_Alfonso+Unico_di_JM_l’Innominato – Cos’è, la Fanfic dei muti? ndJM – Quella è roba mia. ndKei – E te lo dici da solo?! ndTutti).

 

- B-beh… - mormorò Marie – A-allora ciao… -

 

Lasciò timidamente la mano al ragazzo, avviandosi verso il vialetto, ma davanti al cancelletto si fermò un secondo: prese coraggio e, girando su i tacchi, tornò indietro, schioccando un bel bacio a Dunga che la guardò un pochino; Marie arrossì fino alla punta dei capelli.

 

- S-scu… - ma il ragazzo l’accarezzò sulla guancia, sorridendo.

 

- Ci vediamo domani? –

 

- … Ah… Certo ^\\\\\^!!! –

 

Allegra corse fino all’uscio, continuando a salutarlo con la mano, poi entrò chiudendosi la porta alle spalle.

Dunga, ancora un po’ frastornato, rimase fermo a fissare la porta, un sorriso decisamente ebete sulla faccia (autrice, ti sto sui cosiddetti o è una mia impressione -____o””? ndDunga – No, nn ti considero propriamente un genio ^^! ndRia - … … -____-***). Qualcuno, però, sbucando da dietro l’angolo dall’altra parte della strada, lo svegliò bruscamente, correndo verso di lui come un forsennato.

 

- Tuuuuuuu…… - (L’ ho già sentita ^^”…. ndRia)

 

- ZINEDINE… O__O”?! –

 

- Lurido schifoso, che ci stavi facendo con mia sorellaaaaaaaaaa?!?!? – (Infatti… ^^””” ndAutori)

 

Il ragazzo tentò di colpire di punta Dunga nella gamba, ma il biondo lo schivò, barcollando di lato.

 

- Ehi! – sbraitò il giapponese, tentando di rimettersi in piedi – Che cavolo…! –

 

- Ti ho visto, verme di fogna!!!! (Mamma, che fantasia d’insulti  -____-“ ndKei – C’è la censura… ç___ç ndRia) La mia sorellina… ç___ç – tirò su col naso, melodrammatico – COME – HAI - OSATO… GIURO CHE T’AMMAZZO, SCIMMIONE!!!!! –

 

- Ma davvero -___-***? – sussurrò, furibondo, facendo scrocchiare le nocche – Se vuoi la rissa, sono bell’e pronto per te, paglietta! –

 

- Ma cert… AH (gocciolone)… - si bloccò - Ehm, forse è meglio non fare a botte, o rischio che Marie mi chiuda di nuovo fuori casa ^^””… -

 

- Uhm… (gocciolone) – “In effetti…”

 

- Aspetta un secondo… Ma sicuro! – esclamò il ragazzo – Mi sono ricordato… Tu sei quell’idiota che ha perso contro mia sorella al torneo dell’altro giorno! –

 

- Chi sarei io >___<**? – fece, sempre più furibondo.

 

- Tzs – sorrise perfido – volevo lasciare andare la cosa su una sfida a bey, ma uno che ha perso in quel modo vergognoso contro Marie non può neppure sperare di toccare il campo contro di me! –

 

- NON CREDERE, CRETINO!! – urlò Dunga, offeso nell’orgoglio, mostrando Gorilla – Non so che mi sia preso quella volta, ma stai pur certo che non sono così debole! Ti distruggo quando voglio!! –

 

Zinedine sorrise beffardo.

 

- Seguimi allora. –

 

Il ragazzo portò Dunga in una viuzza dietro casa sua, dove c’era un vecchio beyblade stadium tutto consunto.

 

- Questo qui è mio, l’ ho fissato nel marciapiede perché potessi allenarmi e sfidare tutti gli altri ragazzi della zona. – estrasse un bey massiccio azzurro e bluette, con quattro punte allungate – Sei pronto? –

 

- Quando vuoi comincio a disintegrarti. – rispose, ghignando.

 

Zinedine fece una smorfia irata: tirò fuori il caricatore da sotto la maglia, dietro, puntandolo aggressivo contro il giapponese.

 

- IN POSIZIONE!!! 3…...2…… -

 

- 1…… -

 

- Proooontiii………LANCIO!!! –

 

Gorilla e il bey azzurro si scontarono ancor prima di toccare terra, rimanendo ad inondare di scintille il campo; appena atterrarono si fiondarono ognuno dalla parte opposta del campo, prendendo a girare sul bordo e a studiarsi.

 

- Niente male, te lo concedo. – disse; poi ghignò sarcastico – Si vede che dal torneo hai fatto progressi! –

 

- Se credi che ti permetta di prendermi per i fondelli, ti sbagli di grosso! GORILLA!!! – il bey prese a brillare, aumentando la velocità – SPACCALO IN MILLE PEZZI!! –

 

Il bey di Zinedine fu costretto ad indietreggiare, colpito a raffica da quello di Dunga.

 

- Dannazione! – l’altro prese a ridacchiare, soddisfatto – Accidenti… MARQUEUR(*)!!! – fece indietreggiare il bey fuori dalla portata di Gorilla, caricando l’attacco – Vai! ROULETTE MARSIGLIESE!! –

 

Marqueur si lanciò a razzo contro la trottola rossa, prendendo a colpirlo girandogli perfettamente attorno.

 

- Che cavolo è?! –

 

- La “roulette marsigliese” è una tecnica calcistica inventata da un grande francese(**)…Bloccando il pallone gli si gira attorno, controllando ed impedendo all’avversario di prenderlo. –

 

Dunga digrignò i denti seccato, mentre l’altro rideva spavaldo.

 

- Sarai anche bravo, ma non mi spaventi per niente! – “In realtà è bravissimo, porca miseria! – pensò il francese, tentano di non far trapelare la preoccupazione – Non ero mai stato costretto ad usare la mia mossa così presto, ci sa davvero fare.”

 

“Maledizione! Non possiede nessun Bit, eppure è proprio in gamba…” – Tzs! Non mi resta altra scelta… Volevo sconfiggerti meno platealmente – sogghignò, incurante della faccia minacciosa di Zinedine – ma mi costringi tu! SPARCK HAMMER! –

 

- Che cosa?! –

 

Rilucendo di rosso il bey si lanciò sull’avversario e il Bit del Gorilla lo colpì con tutta la sua forza, spaccando di netto le quattro ali del disco d’attacco e incrinandone pericolosamente la base.

 

- NO!!! – esclamò con un filo di voce, mentre il suo bey, vacillando, si teneva faticosamente in gioco.

 

- D’accordo, sei davvero bravo. – sbuffò altezzoso – Ma col prossimo attacco spedirò il tuo beyblade sulla Luna!!! –

 

“Merda… Se mi colpisce di nuovo sono finito!”. – Resisti, Marqueur! –

 

- Tzs, stupido! – sbraitò, lanciandosi sull’avversario in fuga – Ormai sei mio! SPARCK… -

 

Non terminò la frase: fulmineo, un bey rosso e rosa arrivò sul campo, ricacciando Marqueur nelle mani di Zinedine e bloccando Gorilla, che Dunga fece tornare indietro sorpreso.

 

- Marie! – esclamò Zinedine vedendo la sorella fissarli male – Che cavolo vuoi?! –

 

- Smettetela, per favore! – piagnucolò, richiamando il beyblade.

 

- Marie… -

 

- Non intrometterti, per favore! – la sgridò il fratello, stringendo nel pugno il bey ormai distrutto – Questa è una sfida tra uomini (Ooooooh!! ndTutti – Simpatici… -____-“ ndZine) tu non devi intrometterti! –

 

- Per favore, fratellino, non sopporto di vederti aggredire Dunga! Smettila! –

 

- Ma davvero?! – disse acido, squadrando l’altro ragazzo che adesso, sentendo Marie, aveva fatto una smorfia impacciata – E mi spiegheresti il motivo, di grazia?!? –

 

Lei non rispose, rannicchiando le braccia al petto, timida; Zinedine sentì di essere prossimo all’infarto.

 

- Su, dimmelo… Ma non è quel motivo, vero?! Ti prego, non dirlo! – mormorò, preoccupato.

 

- … … -\\\\\\\\- … … -

 

- Marie, porca miseria! Abbi pietà per il tuo fratellone, non dirmi che tu…! –

 

- ... ... >\\\< S-s-s-sì… - lei sembrò raccogliere tutte le sue forze – SI, INVECE! GLI VOGLIO BENE!! –

 

- CHE COOOOOOSAAAAAA?!?!? –

 

- Eh… O\\O? –  

 

- GLI VOGLIO BENE >\\\\

 

Dunga la guardò un po’ inebetito, ma poi stiracchiò un mezzo sorriso; Zinedine, invece, si lasciò cadere in ginocchio, mezzo disperato.

 

- NON E’ POSSIBILEEEEEEE!!! La mia piccola sorellina… CON UN GORILLA SIMILE T_____T ?!? –

 

- Ehi tu >____<**!  -

 

- Zinedine… - cercò di “confortarlo” la sorella.

 

- Uh ç___ç? –

 

- Lo so che vuoi sempre proteggermi, ma per una volta, ascoltami, io… -

 

Dunga però la fermò, mettendole un braccio davanti; Zinedine lo guardò malissimo.

 

- Senti un po’, non so cosa pensi di me, ma anch’io voglio bene a tua sorella, e non ho certo intenzione di non vederla più perché io ti sto sulle scatole, né tantomeno voglio farla stare male o farla piangere. Mi sono spiegato? –

 

Marie lo fissò rossa in viso, con gli occhi lucidi; Zinedine, invece, sbuffò arrabbiato, alzandosi e avviandosi fuori dal vicolo. Gli altri due si guardarono e la morettina, un po’ preoccupata, seguì il fratello assieme a Dunga, senza parlare.

Il terzetto arrivò fino al vialetto di casa Pires, dove Zinedine si fermò, dando alla sorella ciò che rimaneva del suo disco d’attacco.

 

- Caccialo in quel bidone là, per favore – disse, indicando l’altro lato della strada – ormai me l’ ha conciato in un modo… -

 

La ragazzina annuì, guardando Dunga di sottecchi e avviandosi poi verso l’altro marciapiedi, un po’ preoccupata.

Il fratello, intanto, entrò nel vialetto, chiudendosi il cancello alle spalle; Dunga lo guardò senza capire.

 

- Io rientro… - si voltò verso il giapponese, guardandolo accigliato – Non farla stare fuori troppo, mi sono spiegato? –

 

- Eh o__-? –

 

Senza aspettare risposta Zinedine entrò sbuffando in casa, sbattendo leggermente la porta; l’altro ragazzo lo fissò per tutto il tragitto, lasciandosi sfuggire poi un sospiro divertito.

 

“E’ davvero strano quello…”.

 

- Dunga… -

 

- Uh? – si voltò verso la moretta, appena arrivata.

 

- M-ma dov’è Zin? – lui sorrise.

 

- Sembra che ti lasci fuori ancora un pochino. –

 

Marie restò un secondo ferma per la sorpresa, poi sorrise contenta.

 

“Fratellone… “ (Z: - So che mi pentirò di questo! Oh, se me ne pentirò! - ).

 

- … … Ah, cavolo!… -

 

- Cosa c’è? – domandò lei preoccupata.

 

- Niente… -\\\- Sto solo pensando a quel che ho detto prima, mi sono rovinato la fama di duro! – (Ma quale fama -___O””?! ndTutti)

 

La ragazza lo guardò timida, sfiorandogli appena un braccio.

 

- M-ma tu… Sì, insomma… L-lo pensavi…? -  lui la fissò, poi sembrò arrabbiarsi un pochino.

 

- Ma certo che lo pensavo, e lo penso >////

 

- Ma allora perché sei arrabbiato (sniff)? – il ragazzo sospirò, poggiandole un dito sul naso.

 

- Non sono arrabbiato… - si portò un braccio dietro la testa, guardando da un’altra parte – E’ che mi vergogno a dire queste cose -////-…… -

 

Marie si mise le mani davanti alla bocca, provando a non ridacchiare, ma Dunga lo capì comunque e si arrabbiò di nuovo.

 

- Grazie mille! Davvero, guarda! Miseria…! –

 

Lei si calmò quasi subito, avvicinandosi, quindi si allungò sulla punta dei piedi per arrivare al viso e baciarlo di nuovo, velocissima, e rintanare altrettanto velocemente la faccia tra le mani, imbarazzata. (Z: - Mapporca… #°>çà_°^Z>òè@è$£6”?*ç°°§ <- parolacce varie – Li sta spiando… -____-“ ndAutori).

 

“Ma che cavolo mi prende ultimamente?! Sono troppo ardita!” (Ammazza! Proprio! -___-“”” ndTutti).

 

- … … Senti… … -

 

- Eh o\\o? – lui sorrise.

 

- Ci vediamo anche domani, vero? – lei annuì, un sorriso da parte a parte.

 

- Sì ^//^… -

 

 

Quando la gente scopre che qualcuno ti piace, subito ti chiede il motivo.

Dicono che ci deve essere per forza…

Io non ne sono convinta.

So solo che gli voglio bene.

Basta questo, voi che ne dite ^^?

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Capitolo 3
*** Lost in New York ***


Buongiorno signorine (sembri un pervertito… ndKei – Vuoi finire in una Yaoi

Buongiorno signorine (sembri un pervertito… ndKei – Vuoi finire in una Yaoi? -___-** ndJM) e cari lettori, è il turno del qui presente Jolly a postare un nuovo cappy, abbastanza melenso in certi punti x essere onesti… In altri abbastanza idiota ^^”” (Come voi 2 autori!!! NdTutti_pers - Occhio voi, xkè come vi ho fatto vi posso distruggere +___+ ndJM_cn_sguardo_omicida).

Stavolta ci spostiamo in America e i protagonisti saranno 2: Mariam e Jessie.

Per Lady Kairy, la tua teoria sulla distribuzione dei cap è stata giusta, ma non lo sarà per molto: infatti d’ora in avanti seguiranno ff a volte riguardanti personaggi degli stessi gruppi, altre volte no, la disposizione è fatta in modo da avere un ordine cronologico in funzione di nuove aggiunte di cap. (Sostanzialmente i Saint Shields sn finiti uno di fila all’altro sl x caso ^-^”” ndRia).

Ringraziamenti da me e Ria oltre che a Lady Kairy anche a Lenn Chan e Mao-Chan (Grazieeee x come la pensi, anke 2° me è uguale! Scusa, l’ hai mai visto quando perde contro Kei, prima si arrabbia poi dopo 3 sec. scoppia a piangere sulle ginocchia di Mariam! ndRia – Beato lui… ndJM_Max – Idioti -_____-***! ndRia)

Leggete questo cap e dateci i vostri giudizi, noterete che è un po’ corto, ma compensa il prossimo scritto da Ria.

Noticina, noticinaaaaaaaaa!!!

Sì, sì, giusto!

Allooora, in qsto cap ci sn degli spoiler di Psaico (niente di che) per riassumerla super-brevemente, Mariam è qui fidanzata con Max ^^! (che le fan di Max non mi uccidano né quelle che adorano Mariam e odiano lui please ^^”””… ndRia – La ascoltiamo? No, uccidiamola!!! NdFam_&_odiatrici_di_Max_curiosamente_alleate – Niu @___#!!).

Vabbè, nonostante questo, anche quelle che sono disgustate all’idea se potessero leggere cmq qsto cap ^^, E’ DIVERTENTE XD!

 

 

 

Seduta sul sedile in tessuto blu carta da zucchero Mariam guardava assorta fuori della finestra dell’oblò, scrutando il paesaggio evanescente su cui l’aereo stava volando: ancora un’ora e sarebbe arrivata a New York.

Era passato ormai molto tempo da quando era andata laggiù per sfidare il blader della Tartaruga Nera e sigillarne il Bit-power, quasi due anni, ma erano stati più che sufficienti perché n’accadessero, di cose! Lo scontro coi Bladebrakers, il secondo torneo mondiale, l’unico cui avesse partecipato assieme ai Saint Shields… Poi quella storia degli Psaico… Ad essere sincere Mariam era ben contenta che ultimamente la situazione fosse stata tranquilla. Eppure quello era il primo giorno, dopo tanto tempo, che sul volto della ragazza si leggeva un sorriso allegro e rilassato; probabilmente dipendeva dal fatto che, finalmente, lo avrebbe rivisto.

Ormai l’ultima volta che lei e Max si erano visti era stata quattro mesi prima, alla partenza della mora dall’aeroporto di Tokyo, e da quel momento aveva sentito l’americano solo grazie all’e-mail o al telefono, e solamente ora era riuscita a pagarsi il viaggio per gli State; cosa per nulla semplice, perché al villaggio il Consiglio e molte altre persone non approvavano per nulla che lei partisse, specialmente per andare ad incontrare il proprio ragazzo che, ancor peggio, non era della tribù.

A quel pensiero sussultò appena, le guance velate di un bel rosa acceso, poggiandosi poi sorridente al bracciolo del sedile; sospirò, già… Per una persona come lei, così orgogliosa e testarda, ammettere un sentimento del genere era stata un’impresa degna delle fatiche d’Ercole, ma non si sarebbe mai aspettata di essere corrisposta! Soprappensiero prese il bagaglio a mano da sotto al suo posto, lo girò col davanti verso di se e staccò il moschettone del piccolo portachiavi appeso alla cerniera, cominciando a rigirarselo tra le mani: una tartarughina ed un pesciolino di peluche. Le erano arrivati da parte di Max per il suo compleanno.

 

“E’ davvero scemo… - pensò, sorridendo di cuore – Solo ad uno come lui poteva venire in mente un’idea del genere!”.

 

Rimise i due ninnoli allo zaino e ripose questo al suo posto, senza smettere di sorridere: qualcosa le diceva che sarebbe stato davvero un bel viaggio.

 

- Ho solo un dubbio. – fece, cambiando d’improvviso umore e assumendo un’espressione terribilmente severa – Mi spieghi perché sei voluto venire con me, fratellino?! –

 

Così dicendo voltò la testa e fissò arcigna Jessie, tranquillamente seduto con le braccia conserte dietro la testa, le gambe incrociate sul sedile e un sorriso soddisfatto e un po’ strafottente in viso. La ragazza tirò un sospiro scocciato, appoggiandosi con aria sdegnosa allo schienale.

 

- Non ti capisco proprio! –

 

- Eddai, sorellona! – rispose vispo, mettendosi a sedere composto –Che problema c’è, non posso voler fare un viaggio con te? –

 

- Mi prendi per scema (gocciolone)? – sbuffò stizzita – So benissimo che volevi solo scappare dal villaggio perché non ti appioppassero il compito che volevano dare ad Ozuma! –

 

- Uhm… In parte! – sorrise lui; poi parve incupirsi, sospirando preoccupato – Povero Ozuma, chissà che testa gli staranno facendo adesso quelli del Consiglio! –

 

La ragazza divenne seria, mettendosi a fissare di nuovo il paesaggio: il Consiglio, quello era stato davvero un grosso problema. Forse il principale per cui aveva tentennato tanto per partire.

Non che non volesse, ovvio! Tuttavia lasciare completamente da solo il loro capo, in balia di quei vecchi che avrebbero contestato la sua decisione come avevano a lungo criticato Dunga, andato ad allenarsi per il mondo, la faceva sentire in colpa.

Mariam cercò di scuotersi, doveva fidarsi d’Ozuma, le aveva detto chiaramente che né lei né Jessie dovevano preoccuparsi del Consiglio perché se la sarebbe cavata da solo, anche se neppure le parole decise del ragazzo, quella volta, l’avevano molto rincuorata.

 

- Vabbè – riprese Jessie nuovamente allegro – sono sicuro che se la sta cavando. E poi – guardò la sorella con un sorriso malizioso – l’ hai sentito anche tu, no, quando siamo partiti? “Pensa a divertirti col tuo ragazzo!”. E io non voglio perdermi assolutamente la scena ^^! –

 

Mariam gettò un occhiata gelida al ragazzino, arrossendo sia per le sue parole sia per il ricordo delle prese in giro d’Ozuma, e si girò di scatto verso il finestrino.

 

- Ma guardatela, l’impassibile Mariam! Ti prego, posso farti una foto da portare agli altri ^-^? –

 

- Azzardati e ti cambio i connotati >\\\\\

 

 

 

 

 

Fuori dal gate 48 dell’aeroporto newyorkese Max camminava avanti e indietro con un sorriso sprizzante di gioia, guardandosi attorno frenetico; Michael, lì assieme al biondo e a Rick, si tratteneva a stento dal ridere, mentre il blader del Bisonte di Pietra si spazientiva sempre più.

 

- Insomma, la smetti di passeggiarci davanti?! – sbottò - Sembri un moccioso a cui hanno detto che Natale arriva due mesi prima! –

 

- Eddai, lascialo fare, è divertente ^^! – disse Michael sospirando ilare.

 

- Un tubo! – ribattè seccato – E poi perché siamo dovuti venire anche noi?! –

 

L’americano fece spallucce, sospirando, mentre il compagno incrociò le braccia borbottando.

 

- ECCOLI! Sono loro! –

 

Max indicò due figure farsi avanti tra la folla e salutarli, e senza aspettare un minuto si fiondò letteralmente nel gate bloccando Mariam in un abbraccio stritolante, un sorriso così radioso in viso che pareva far luce, mentre la mora divampò visibilmente.

 

- Oh, non sai come sono contento che tu sia arrivata! – esclamò, gli occhi cerulei che brillavano – It’s wonderful! –

 

Mariam rimase un istante immobile, lasciandosi sfuggire un sorriso, ma poi il suo occhio vigile inquadrò, un po’ distanti da loro, Jessie, Rick e Michael che tentavano invano di non scoppiare a ridere come dei matti; il rossore sulle gote della ragazza si accentuò per la rabbia e lei allontanò un poco Max, che la fissò sorpreso.

 

- Non esagerare… - disse un po’ fredda, riprendendo il suo colore – C’è troppa gente, non mi piace attirare in questo modo l’attenzione. –

 

Il biondino continuò a guardarla, ma poi annuì, anche se il suo tono era un po’ dispiaciuto. Intanto, ripresisi dalle risate, gli altri tre si avvicinarono e, dopo aver salutato anche Jessie, Max si sbrigò a fare le dovute presentazioni, che si rivelarono molto più brevi di quanto Mariam avesse previsto: evidentemente lei e i Saint Shields non erano così sconosciuti ai compagni di squadra del blader della Tartaruga, e lei credeva anche di saperne il motivo.

Poco dopo il gruppetto salì su un pulman del PPB, che li condusse alla sede centrale della squadra americana; Mariam fissò la città che si estendeva dal finestrino per gran parte del tragitto, rapita quasi quanto Jessie: anche se ci era già stata New York era sempre uno spettacolo affascinante.

Una volta arrivati furono accolti all’ingresso nientemeno che dalla professoressa Judy, che scambiò dapprima qualche parola col figlio, mentre Mariam la guardava un po’ curiosa: non c’erano dubbi che fosse la mamma di Max, si assomigliavano moltissimo, ma era una donna decisamente più affascinante di quanto si aspettasse e l’idea, anzi, la fama che aveva come ricercatrice erano elementi che cominciavano ad agitarla un po’.

 

- Tu devi essere Mariam invece, giusto? – le sorrise la donna, dopo che si fu presentata a Jessie; la mora annuì, nascondendo perfettamente il suo nervosismo – Ho sentito molto parlare in te, benvenuta in America. –

 

Le rivolse un sorriso gentile e riprese a parlare con Max, probabilmente per dargli disposizioni circa dove far dormire lei ed il fratello; Mariam la ringraziò dal profondo di non aver tirato in ballo discorsi come “la ragazza di mio figlio” o simili, non aveva bisogno di dare altre motivazioni a quei due stupidi compagni di Max di scoppiare a ridere come ebeti!

 

“Bene! Max, sappi che tua madre ha appena ottenuto 10 punti nella mia classifica della stima!”.

 

- D’accordo. – riprese Judy - Adesso, Max, che ne dici di mostrare la loro camera ai nostri ospiti? Non è propriamente un viaggio breve dal Giappone a qui. –

 

- Effettivamente io sarei un po’ stanca. – disse Mariam laconica – Jessie, tu cosa fai? –

 

- Se non ti spiace, sorellona, io mi farei una visita guidata del centro, così magari… -

 

- Capito, capito. – sospirò rassegnata, prendendogli lo zaino – Vai su, su! –

 

Il ragazzino non se lo fece ripetere e sparì nel corridoio assieme ai due All Stars e alla Professoressa, mentre Mariam e Max si dirigevano dalla parte opposta; la mora si lasciò sfuggire un altro sospiro, sapeva ce sarebbe andata a finire così: suo fratello non era molto vivace, ma trovandosi in vacanza temeva proprio che si sarebbe lasciato decisamente andare.

 

“Ormai conosco i miei polli… (gocciolone) ”.

 

Dopo qualche minuto di cammino i due arrivarono in una delle ali dell’edificio, quella adibita ad alloggio per tutti i blader del PPB che abitavano distante e dormivano direttamente alla sede nei periodi di allenamento. Con sicurezza Max condusse Mariam davanti ad una delle stanze, aprendola con una chiave che sembrava nuova di zecca. Mentre il ragazzo faceva scattare la serratura Mariam fu invasa da una strana agitazione, dovuta al fatto che adesso erano soli: e ora cosa poteva dirgli?

 

- Ecco qui! – sorrise il ragazzo, accendendo la luce. Mariam entrò, guardandosi attorno meravigliata, era una bella stanza doppia, tirata a lucido come uno specchio; Max la seguì, portandosi dietro le due borse – Potete restare qui quanto volete. Tanto è quasi come stare in un albergo ^-^! La stanza ha anche il bagno personale e la chiave, inoltre la mensa del centro è ottima! Parola mia ^^! –

 

Continuò a parlare sistemando i bagagli su di un letto e spiegando altre cose sul centro, senza che Mariam aprisse bocca; stava per uscire per lasciarle il tempo di darsi una rinfrescata, quando notò lo sguardo basso della ragazza e le si avvicinò, preoccupato.

 

- Che cos’ hai? –

 

- … … … Scusa… -

 

- Cosa? –

 

- Era da quattro mesi che non ci vedevamo, eppure io sono stata così fredda…! – in quel preciso istante si stava odiando, non c’era che dire, era davvero una ragazza modello! Quella che ogni fidanzato avrebbe mollato in due giorni!

 

- Lascia stare ^^! – rispose allegro, posandole le mani sulle spalle – La colpa è mia, sono stato troppo espansivo! E non dovevo portarmi appresso Michael e Rick, non sono cattivi, ma dovevo immaginare che ti avrebbero messo in imbarazzo. –

 

- Io non ero in imbarazzo! – ribattè orgogliosa – Mi stavano dando fastidio, con quelle risatine idiote mi ricordavano quel deficiente di Dunga! (Ma ce l’ ha solo con me questa ragazza -___-**? ndDunga – Pare ^^”””… ndJM) –

 

- Eh, eh, d’accordo, scusami. – le sorrise dolcemente – E’ proprio da te ^^! -

 

La ragazza lo fissò un istante, voltando la testa non appena sentì di arrossire; dopo qualche instante, però, si rigirò e gli gettò le braccia al collo, tenendo gli occhi serrati. Diamine, per una volta poteva mettere da parte la sua fierezza, no?! Max rimase un istante sorpreso, poi l’abbracciò anche lui, sorridendo come un bambino.

 

- … Mi… Mi sei mancato… - mormorò – Davvero tanto >\\\

 

- Anche tu… -

 

 

 

 

 

Il mattino successivo il sole cominciò a fare presto capolino dalle finestre del PPB, preannunciando una giornata splendida.

Con attenzione Mariam finì di aggiustarsi l’elegante coda alta, controllando che i lunghi capelli color ebano fossero in ordine; si alzò dalla sedia che aveva portato davanti allo specchio, si sistemò le pieghe della gonna beige e senza far rumore, per non disturbare Jessie, uscì dalla stanza. Il centro era molto silenzioso data l’ora, eppure la città non si era mai fermata e aveva riempito anche la notte dei suoi rumori lontani, segno della sua vita insonne. Neppure Mariam aveva dormito molto nonostante la stanchezza, ma aveva passato ore a rigirarsi nel letto avvolto nel buio. Era insolitamente nervosa, probabilmente perché si trovava in una situazione nuova e, forse, un po’ troppo melensa per i suoi gusti; certamente si sentiva ancora in colpa per come aveva trattato il suo ragazzo dopo quattro mesi di lontananza, ma non era stato neppure lui molto espansivo: anche quando si erano ritrovati da soli, il massimo che aveva fatto era stato ricambiare il suo abbraccio…

 

“Ma cosa sto pensando?! – si bloccò, arrossendo violentemente, si aspettava per caso qualcosa di più? – Ma sono diventata stupida?! Sembro la protagonista di uno shojo manga…!” – Aaaah, basta così!  - si rimproverò sospirando – Devo risentire del fuso orario!… -

 

Un rumore famigliare fermò i suoi passi e i suoi pensieri, facendola avvicinare ad una lunga vetrata che si affacciava su una delle sale per l’allenamento del centro, dove scorse Max, impegnato in una serie d’esercizi col suo Draciel. Mariam sorrise e aprì silenziosamente la porta, cominciando a scendere la scaletta che portava fino al pavimento della stanza, ribassata rispetto al corridoio, avvicinandosi poi all’americano senza far rumore per non deconcentrarlo.

 

- Mariam! – esclamò vedendola – Sei già in piedi? Come mai così mattiniera? –

 

- Potrei farti la stessa domanda… Comunque non riuscivo più a dormire. E tu? ti stai allenando per i prossimi mondiali? –

 

Lui annuì, richiamando il bey.

 

- C’è ancora tempo, in verità, visto che tra la ricostruzione della BBA e quella vicenda con gli Psaico il presidente ha dovuto rinviare a tempo indeterminato la data d’inizio, ma stavolta io e Rick non abbiamo alcuna intenzione di essere sconfitti! –

 

A Mariam scappò un sorriso nel vedere l’espressione del biondino, era sempre il solito, entusiasta e positivo, ma anche combattivo. Max la guardò trattenere una leggera risata e prese a fissarla: era diventata più alta, anche se lui era cresciuto le loro altezze si equivalevano, ormai il viso aveva perso gli ultimi tratti infantili e i capelli si erano allungati un altro po’, incorniciandoglielo perfettamente; il ragazzo rimase immobile qualche secondo, quant’era bella…

 

- Perché mi guardi a quel modo? – sbottò brusca, un po’ impacciata – Sai che non mi piace essere fissata! –

 

- Eh? – sbattè un attimo le palpebre, svegliandosi – N-no, scusa o\\\\o, è… E’ che io… -

 

Lei fece un’espressione minacciosa e gli afferrò con forza una guancia tra due dita, tirandola un po’.

 

- Ahi… (gocciolone) –

 

- Sai che non devi farmi arrabbiare, vero? – sorrise furba – Altrimenti rischi davvero grosso! –

 

Ammiccando lasciò la presa, sbuffando spavalda all’americano; Max si massaggiò leggermente la guancia, sospirando.

 

- Permalosa… -

 

Lei voltò la testa fingendosi offesa, ma la rigirò quasi subito, vedendo che Max la fissava di nuovo; questa volta, però, Mariam non riuscì a distogliere lo sguardo da quei profondi occhi oltremare, neppure quando sentì di cominciare ad arrossire. Sentì il ragazzo cingerle la vita e tirarla a se, baciandola timidamente, quasi temesse che lei lo respingesse; Mariam spalancò gli occhi smeraldo, sorpresa da quel gesto improvviso, ma si lasciò subito andare, cingendogli le spalle.

Quando Max si allontanò Mariam sorrise, sfiorandogli con un dito la guancia.

 

- Sei tutto rosso… sembra che tu abbia ancora più lentiggini. –

 

Lui fece un sorriso forzatissimo.

 

- Sono ridicolo, vero? Scusa, io… - lei fece un cenno di diniego, sorridendo divertita.

 

- Sei carino così. –

 

- Tu di più. –

 

Stavolta fu lei a sentirsi in imbarazzo, girando la testa e borbottando un “finiscila” per mantenere almeno un po’ del suo amor proprio.

 

- Senti… - continuò, portandosi impacciato un braccio dietro la testa – Non è che tu oggi… Sì, insomma, usciresti con me? –

 

Mariam lo fissò con tanto d’occhi, presa in contropiede dalla proposta: a pensarci bene, però, effettivamente loro due non erano mai “usciti assieme”, o perlomeno lui non glielo aveva mai chiesto così esplicitamente; forse quella era un’occasione per farlo.

La ragazza trattenne un sorriso esagerato, guardandolo con la sua solita aria di sufficienza.

 

- Potrei anche dirti di sì. –

 

Gli sorrise più dolce e sul viso di Max comparve l’espressione più felice e sincera che si potesse immaginare. I due si avvicinarono nuovamente, ma un colpo di tosse forzato li fermò: Max sobbalzò allontanandosi imbarazzato, mentre Mariam voltò la testa di scatto verso la scala, irrigidita.

 

- Disturbiamo ragazzi? – sorrise Michael con aria innocente, scendendo i gradini.

 

- Ma nooo, figurati! – sibilò il blader della Tartaruga sarcastico.

 

- A me sembrava il contrario. – ghignò Rick, guadagnandosi così l’odio di Mariam, che lo incenerì con lo sguardo proprio come fece col fratello, in piedi in mezzo ai due americani.

 

- Che stavate progettando sorellona? –

 

- Non credo siano fatti tuoi. – lo rimbeccò acida, incrociando le braccia al petto.

 

- Beh, se volevate uscire – continuò il capitano degli All Starz, avvicinandosi a Max – che aspettiamo? –

 

- Che -___O ?! – esclamarono i due all’unisono.

 

Il blader dell’Aquila sorrise divertito; Max lo guardò confuso e preoccupato, aveva un bruttissimo presentimento.

 

- Andiamo a fare un giro tutti insieme ^^! –

 

 

 

Mezz’ora dopo i cinque si trovarono a gironzolare per le vie di New York, la città che risplendeva ormai completamente della sua frenetica attività.

Mariam era furibonda, quegli idioti avevano proprio deciso di aizzarsela contro! Possibile che fosse così difficile per loro lasciale lei e Max un po’ da soli?! Dal canto suo anche Max era decisamente arrabbiato, Rick e Michael erano sempre come cane e gatto, eppure, da quando avevano scoperto che lui aveva la ragazza, si coalizzavano solo per rompergli le scatole. Il biondo sospirò, lo sapeva che non lo facevano per cattiveria, ma sinceramente adesso stavano esagerando! Eppure per qualche istante aveva sperato che gli “elementi di disturbo” desistessero, visto che Rick non era molto sicuro di andare coi due piccioncini, convinto che si sarebbero comunque appiccicati l’uno all’altra, ma Jessie aveva assicurato che la sorella non si sarebbe mai abbassata a fare una cosa così di fronte ad un pubblico del genere.

E purtroppo aveva ragione, Mariam non riusciva neppure a prendere la mano a Max, sentendosi addosso gli sguardi dei tre stupidi.

Anche così, però, Max l’aveva convinta a vestirsi come se fossero ad un appuntamento solo loro due, abbandonando il suo solito completo rosso e beige: ora aveva addosso una camicetta color crema senza maniche con un nastro a giro vita, una minigonna nera a pieghe squadrate ed un paio di stivaletti neri. (Mammuzza santissimaa… Max ma che regalo ti abbiamo fatto.. *ç* ndJM – Ora lo uccido +____+***! ndRia).

 

“Probabilmente ha qualcosa in mente. – pensava la mora lungo il tragitto – Ma cosa?”.

 

Dopo un po’ arrivarono ad un grosso incrocio, stracolmo di gente; mentre aspettavano il verde del semaforo Max prese a guardarsi attorno, sorrise deciso e afferrò una mano della ragazza avvicinandola a se, facendole segno di tacere alle sue proteste imbarazzate.

 

- Aspetta e vedrai ^^. – le fece l'occhiolino allegro.

 

Il ragazzo prese a passare lo sguardo dagli altri, poco distanti da loro, al semaforo, pronto come sulla linea di partenza ad una gara di corsa; quando spuntò il giallo il suo sorriso divenne più largo.

 

- Stai pronta! – le sussurrò complice.

 

Lei lo guardò un po’ confusa, ma annuì. Appena scattò il verde Max le strinse la mano e schizzò di lato tra la folla, confondendosi tra di essa.

 

- Ti ho invitata ad uscire ed è proprio quello che faremo! – fece entusiasta, svoltando l’angolo di un palazzo – Per niente al mondo rinuncerei ad uscire da solo con te ^-^! –

 

Mariam lo fissò, poi sorrise ed accelerò il passo superandolo.

 

- Allora andiamo ^^! –

 

Nel frattempo i ragazzi si erano accorti che qualcosa non andava: appena Michael capì che i due se l’erano svignata si trascinò dietro Rick, insinuandosi tra la gente; Jessie, invece, per niente abituato a tutta quella confusione, li perse di vista.

Quando riuscì ad uscire dalla calca si guardò attorno, impallidendo come un lenzuolo: era rimasto da solo!

 

- E ora… COME FACCIO?! -

 

 

 

Circa un’ora dopo Jessie si trovò ancora a gironzolare disperato per le strade della Grande Mela, senza riuscire a raccapezzarcisi in alcun modo: possibile che avesse così poco senso dell’orientamento?! E dire che di solito non gli succedeva, ma visto che si era distratto per tutto il tragitto, prendendo in giro la sorella, e non aveva fatto caso alla strada che portava al PPB, non doveva stupirsi se ora non sapeva assolutamente cosa fare.

Il ragazzino stava per cadere nel panico, quando all’improvviso, da dietro un angolo, avvertì il famigliare ronzio di un beyblade. Meccanicamente, quasi per tranquillizzarsi, si avvicinò furtivo, scorgendo un gruppetto di ragazzi fissare curiosi i due blader che si stavano affrontando: uno di loro, un ragazzetto con un baschetto sulle ventitré, sembrava decisamente in difficoltà.

 

- Avanti, vai! – esclamò infervorato l’avversario.

 

- Accidenti… SCHIVALO! -

 

Il bey tentò una manovra evasiva, ma l’altro ragazzino era decisamente più in gamba: con una curva a gomito riacciuffò l’avversario e cominciò a spingerlo verso il bordo; l’altro riuscì per un pelo a fuggire, ma il rivale non lo seguì, restando a ruotare sulla parete quasi verticale del BeyStadium.

 

“Cosa?!”

 

Il ragazzo col basco osservò la scena a bocca aperta.

 

- E’ finita! – esclamò l’altro, mentre il bey si staccava dalla parete quasi stesse saltando – K.M.J.!! -

 

Il Bit-chip del bey brillò per alcuni secondi e nello stesso istante la trottola piombò addosso all’avversario con forza esplosiva, spedendolo fuori campo.

 

- NO! -

 

- Oh sì invece! – replicò l’altro, prendendo il suo bey – YEVVAAAAAAI!!!! -

 

Il vincitore prese a saltellare, ridendo come un matto, poi si passò una mano tra i capelli biondo ossigenato sparati all’insù.

 

- Chi sono, gente, ma chi sono?! Largo al grande COLIN! SONO UN MITO!! – cantilenò, strizzando le sopracciglia nere come il carbone.

 

- Eccolo, l’abbiamo perso… Di nuovo… (gocciolone) – mormorò con un sospiro lo sconfitto.

 

- Piantala un po’, Colin! – lo rimproverò uno dei ragazzi.

 

Quello per risposta fece un sorriso a trentadue denti e si sistemò le polsiere canticchiando; il suo amico sospirò, scatenando le risate generali.

Nel frattempo Jessie, che non si era perso un attimo dello scontro, fissava la scena confuso e sorpreso: quel luccichio… No, era impossibile…

 

- Ehi, tu! – esclamò, avvicinandosi.

 

- Uh? –

 

- Quello di prima… Hai un Bit-power, non è vero? –

 

Tutti fissarono confusi il giapponese, cominciando poi a domandargli cosa stesse blaterando e chiedendosi cosa potesse essere questo Bit-che-cosa di cui parlava; solamente Colin, dopo qualche secondo, gli sorrise come se avesse posto la domanda più ovvia del mondo.

 

- Che sorpresa, allora li vedi pure tu? –

 

- Ehi, Co, ma di che diavolo sta parlando questo moscerino? – chiese brusco un bestione alto almeno due spanne di più di Jessie – Ci capisci qualcosa? -

 

- Tranquilli, ragazzi. – sorrise esageratamente l’ossigenato – Io e lui ci siamo intesi alla perfezione ^^! –

 

I compagni fissarono Colin ancora più confusi, sembrava che proprio nessuno di loro avesse la più pallida idea di cosa fossero le Creature Sacre.

 

- Senti un po’! – esclamò Jessie per richiamare l’attenzione – Voglio che mi affronti. Che cosa ne dici? –

 

Jessie e Colin si fissarono, quest’ultimo con un’espressione sempre più allegra e soddisfatta sulla faccia.

 

- Ci sto! –

 

Senza aspettare ancora i due ragazzini si misero l’uno di fronte all’altro, puntandosi contro i propri bey; il biondo tirò fuori una trottola, la base vermiglia e la parte superiore arancione, su cui brillava inequivocabile l’immagine di un animale. Jessie ne era certo, non si era sbagliato, ma tanto valeva verificare.

 

- In posizione! –

 

Il ragazzino biondo fece un cenno verso un compagno, che partì di malavoglia col conteggio. Al via, Mammut e il bey avversario furono lanciati con rapidità estrema al centro del campo, cominciando a scontrarsi senza preamboli.

 

- Cavolo… Ma gli avete visti?! -

 

- Guarda Colin, è la prima volta che è costretto a restare al centro del campo! -

 

Infatti il bey verde di Jessie non dava tregua all’avversario, continuando a ruotare in cerchio assieme a lui. Colin si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto, era da tanto che non trovava qualcuno che gli tenesse testa!

Anche Jessie cominciava a divertirsi, ma non doveva dimenticarsi il motivo della sfida: in quanto Saint Shield, non poteva permettere che i Bit-power rimanessero in mano di blader immeritevoli, per quanto quel ragazzo gli sembrasse a posto.

 

“Anche se un po’ esagitato… (gocciolone)” – D’accordo, vediamo, quanto ci sai fare: MAMMUT! – al comando lo stemma del beyblade prese a risplendere sotto gli occhi dell’americano, sul cui viso il sorriso si faceva sempre più grande - GREAT ROCK! –

 

- Credi per caso di spaventarmi? – il ghignetto del biondo fu accompagnato da un bagliore del suo Bit-chip, che fece sobbalzare lievemente Jessie, aveva indovinato! – AUSTRALIAN MEMORY! –

 

Di fronte al Mammut, avvolto in una luce colorata, si materializzò un enorme canguro con coda, zampe e testa corazzate di verde e grigio.

 

- K.M.J.! –

 

Il bey fece la stessa cosa dell’incontro precedente: velocissimo e inaspettato arrivò addosso all’avversario come saltando, eseguendo lo stesso movimento a mezz’aria del Bit-power, ma appena i due bey entrarono in collisione, stavolta, furono entrambi sbalzati nelle mani dei proprietari, mentre le Creature Sacre svanivano. Il giapponese sospirò, era stato un incontro lampo, ma da come Colin guardava sorridente lo stemma del bey aveva proprio l’impressione che non ci fossero problemi.

Tutto il gruppo attorno partì in ovazioni e applausi, era tanto che non vedevano uno scontro del genere; anche Colin, mentre Jessie rimetteva a posto il suo Mammut, cominciò a dargli delle pacche sulle spalle ridendo.

 

- Ehi, ma lo sai che sei davvero forte ^-^? Da dove sei sbucato, non ti ho mai visto da queste parti! –

 

- Io… - sentendo quella frase Jessie si bloccò, che stupido! Si era messo a perdere tempo quando doveva ritrovare gli altri!

 

- Che hai? – gli chiese Colin, notando la sua faccia impallidire.

 

- Che idiota che sono! Ecco, per la verità… Insomma, ero in giro con degli amici, però li ho persi di vista e non riesco più a trovarli e… -

 

- Ti sei perso? NO PROBLEM ^^! – disse allegro, facendogli segno di non continuare – Raga, ci vediamo in giro, io ora vado a dare una mano al nostro nuovo amico! –

 

- Ok… -

 

- Tanto fai sempre come vuoi Colin! – sospirò qualcuno.

 

- Grazie ^^! –

 

- Guarda che non era un… Vabbè, lascia perdere (gocciolone), ci vediamo. -

 

- OOOOOOK ^____^! Allora andiamo? – Senza aspettare una risposta il ragazzino afferrò Jessie per un polso e cominciò a trascinarlo verso la strada principale.

 

- In bocca al lupo ragazzino col nostro Colin! – urlò uno dei ragazzi a Jessie – Ne avrai bisogno! -

 

Jessie si voltò un istante senza capire, ma subito lui e Colin si ritrovarono in un’altra strade e il giapponese prese così a camminare con disinvoltura, senza più badare alle parole di quel tipo.

 

- D’accordo, allora, chi dobbiamo cercare? –

 

- Allora, due tizi, uno col cappel… - ma si fermò, riflettendo perfido – Anzi no, loro due lasciamoli perdere. Mi dai una mano a trovare mia sorella? –

 

- Tua sorella? – lo guardò un po’ schifato – Ma giri ancora con tua sorella?! –

 

- No, idiota. – gli rispose gelido senza troppi complimenti – Siamo venuti qui assieme, poi oggi lei usciva col suo ragazzo e volevo un po’ romperle le scatole. –

 

- Che infame! – rise di gusto – Sai che mi sei simpatico? –

 

I due camminarono per un po’, senza incontrare nessuno e per occupare il tempo presero a chiacchierare del più e del meno.

 

- Mi spieghi come mai hai voluto sfidarmi quando hai visto il mio Bit? – gli chiese Colin all’improvviso; Jessie lo guardò un po’, senza cambiare espressione.

 

- Così… -

 

- Non dirmi balle! – rise l’altro alla sua risposta vaga – Non ci credo neanche se mi paghi! –

 

Jessie sospirò, aveva già capito che con quel tipo non avrebbe risolto niente continuando a negare e basta.

 

- Diciamo solo – accennò appena – che il mio compito è controllare che chi abbia un Bit lo tratti bene, tutto qui. – “Mamma come l’ ho fatta facile (gocciolone)…!” (Troppo!! ndSaint_Shields)

 

- Aaaaaaah, tipo “setta segreta” o roba del genere? – chiese candido l’altro, incurante dell’espressione scettica che spuntava sul viso del giapponese – Ecco perché quei vestiti strani, sembri un po’ una ragazza! (Ma dove -___o? ndRia – Ma che sta dicendo? ndJM – Ah, noi nn lo sappiamo, siete voi gli autori -____-“” ndTutti) –

 

- CHE COSA?! – s’infiammò il giapponese fermandosi – Ma ti sei visto tu?! –

 

- Io? – così dicendo scrutò i suoi pantaloncini azzurro-jeans coi tasconi e le sue scarpe bianche con la chiusura alterale a zip, per finire con la sua canotta rossa - Perché scusa? –

 

- Ma dai, quei capelli mezzi bianchi con quelle sopracciglia nere come il carbone, gli occhi castani e la pelle abbronzata?! Sei biondo quanto me! Per di più sparati all’insù, hai preso la scossa stamattina?! –

 

- Ehi, vacci piano! – sibilò fissandolo minaccioso – Nessuno può criticare i miei capelli! –

 

- E allora nessuno può dire che sembro vestito da donna!! –

 

I due si squadrarono in cagnesco per una buona dose di minuti, piantati come due pali in mezzo alla strada (spostatevi che la gente nn passa! ndJM), per poi scoppiare a ridere come due cretini.

 

- AH, AH, AH, Ommamma… Ma lo sai che hai proprio una faccia da stupido?! – mormorò il biondo, tenendosi a stento in piedi.

 

- Eh, eh, eh, senti chi parla! – non c’era che dire, era davvero un tipo assurdo… Però a Jessie stava davvero simpatico.

 

Quando si furono ripresi i due continuarono le ricerche. Parlando, il discorso finì su come e dove Colin avesse ricevuto il suo Bit-power.

 

- Era in un monile regalatomi da un mio amico aborigeno. –

 

- Aborigeno? –

 

- Sì, io sono nato a Sidney. –

 

Il biondo raccontò così delle sue origini Australiane e, divagando poi su tutta la sua vita, cominciò a parlare di come fin da piccolo aveva cominciato a giocare a bey e aveva desiderato pian piano di entrare a far parte della squadra australiana per il mondiale, dalla quale fu però escluso e che non fu più formata a causa della magra figura fatta al torneo precedente; sperò poi di entrare negli All Stars quando si trasferì con la famiglia a New York per il lavoro del padre, ma anche qui il suo sogno fu infranto dai membri del PPB che lo esclusero dall’organizzazione per una serie di motivi che non gli furono spiegati.

 

- Dicevano che sono un “elemento turbolento”… - borbottò a mezza voce – Che esagerazione non trovi? –

 

Jessie evitò di rispondere. Colin continuò a raccontare, dicendo di come alla fine si era ritrovato a combattere per strada con vari ragazzi dei quartieri e a partecipare a piccoli tornei locali.

I due continuavano a parlare del più e del meno, ma, ad un certo punto, Colin si fermò di colpo, riflettendo. Jessie lo fissò un po’ sorpreso.

 

- Che succede? –

 

- … … Senti, ma com’è fatta tua sorella? –

 

Jessie quasi cadde per terra dalla stupidità di quella domanda.

 

- Vorresti dirmi che fin’ora l’ hai cercata senza neanche sapere com’era fatta (gocciolone grosso come la Divina Commedia)?!? –

 

- Beh, tu non me l’ hai detto! – rispose innocente. (Ma è cretino davvero… -____-“” ndAutori)

 

- Perché tu non me l’ hai chiesto, imbecille! Secondo te io ci pensavo?! Lo so com’è fatta mia sorella!!! –

 

Colin tacque di nuovo, sembrava stesse pensando.

 

- … … Senti, il suo ragazzo è di queste parti, giusto? Perché non mi dici come si chiama, magari lo conosco ^^! –

 

- Ci hai pensato solo adesso?! – sbuffò seccato – Ma accidenti…! Ora capisco cosa voleva dire il tuo amico, agisci a scoppio ritardato?! –

 

- Il mio amico? Che ti ha detto? –

 

- Niente, lascia perdere… (gocciolone) – sospirò rassegnato – Comunque è un tipo biondo, con gli occhi azzurri… -

 

- Bello, siamo in America! C’è pieno di tipi così! –

 

- E fammi finire! – ribattè seccato – Insomma, porta sempre una maglietta verde e gialla e dei pantaloni arancioni (a pensarci si veste peggio di te!), si chiama Max Mizu… -

 

- Mizuhara?! – lo fermò prima che finisse – MAX MIZUHARA?!? –

 

- Eh (gocciolone)? – fissò il biondo un po’ spaventato, aveva due occhi spalancati da far paura – Sì… Max Mizuhara… -

 

Colin tacque qualche secondo, senza mutare espressione; poi, come avesse capito quello che Jessie  aveva detto sorrise esaltato, urlando a squarciagola.

 

- TUA SORELLA STA ASSIEME AL MEMBRO MIGLIORE DEGLI ALL STARZ (Andiamoci piano… ndMichael – Ti rode vero ^-^? ndRia_cattiva) E TU NON ME LO DICI?!?! –

 

Jessie rimase rincretinito a fissarlo, decisamente preoccupato.

 

- Non credevo fosse così fondamentale… (gocciolone sempre più grosso) –

 

- Ma se è così è facile ^^! Basta portarti al PPB! – lo afferrò nuovamente per il braccio e cominciò a trascinarselo dietro tutto contento – Ehm, già che ci sei quando arriviamo là non è che ci metti una buona parola per me con quelli del centro? Tanto mi hai visto giocare, sai che sono bravo ^^! –

 

- … … … Di la verità, il tuo scopo era quello fin da quando hai scoperto di Max, giusto (gocciolone)? –

 

- Hmn… Sostanzialmente sì  ^___^! – sorrise angelico.

 

- … … (gocciolone enorme!) Lasciamo perdere… -

 

 

 

 

 

- Ancora non ci credo… MA COME AVETE FATTO A PERDERVELO IN MEZZO A NEW YORK?!? –

 

Mariam se ne stava ritta in piedi nell’ingresso del PPB sgridando Rick e Michael da almeno un quarto d’ora, mentre Max tentava inutilmente di calmarla.

 

- Avanti, non mi sembra così grave (gocciolone). – disse Rick con tono poco convincente.

 

- NON MI SEMBRA COSI’ GRAVE?!? IDIOTA, secondo te mio fratello ci riesce da solo a tornare qui?! – fece un’espressione così furibonda che l’americano stranamente evitò ancora di ribattere.

 

La ragazza continuò a rimproverare i due americani e a pensare a voce alta tra il furente e il disperato camminando lungo tutta la stanza, “la coppia di idioti” (come Mariam continuava a chiamare Rick e Michael) stava in silenzio, mentre Max cercava di calmarla seguendola nei suoi continui spostamenti; ad un certo punto la voce della giapponese fu interrotta da un’esclamazione alle sue spalle.

 

- Eccomi, sono tornato! – affermò allegro spuntando sulla porta.

 

Mariam gli corse incontro e lo abbracciò.

 

- Ero preoccupata… - mormorò, stritolandolo arrabbiata – Non sapevo che fine avevi fatto! –

 

- Non ti preoccupare sorellina sto bene. – la tranquillizzò lui.

 

La ragazza si ricompose e si allontanò dal fratello, gli altri si avvicinarono.

 

- Ma come hai fatto a tornare qui? – gli chiese Michael sistemandosi il berretto.

 

- Mi ha aiutato un amico… - sorrise Jessie indicando verso la porta dalla quale spuntò Colin.

 

- Salve! Mi chiamo Colin… – iniziò brioso –  Oooh, ma è cambiato un sacco qui dentro dall’ultima volta che l’ ho visto… - divagò immediatamente – E voi siete gli All Stars! – esclamò allegro.

 

Il biondino iniziò a guardarsi intorno e a ispezionare ogni angolo della stanza, dopodichè cominciò a girare attorno agli atleti osservandoli da capo a piedi.

 

- Si può sapere chi è questo tipo?! – sbraitò il blader del Bisonte irritato

 

- Dai, calma Rick, è solo un nostro ammiratore. – cercò di tranquillizzarlo Max.

 

- Si può sapere cos’è questa confusione? – sbottò Emily appena arrivata.

 

- Niente, niente, è tornato il fratello di Mariam e si è portato dietro uno strano tipo. –

 

L’americana guardò prima Michael e poi squadrò Colin in ogni minimo dettaglio, sobbalzando alla fine.

 

- Cosa ci fai tu qui?! Mi sembrava di averti fatto capire che non ci serve un tipo esagitato e creatore di disturbi come te! – sbraitò furibonda, riconoscendolo. Colin la guardò un istante per poi sbiancare.

 

- Cavolo…! Ma tu sei quella che mi ha sbattuto fuori alle selezioni della squadra americana! –

 

- Ma allora lo conosci già Emy? – la ragazza però non rispose a Max e continuò a scagliarsi contro l’australiano, che tentava invano di prevalere.

 

- Ehi, guarda che da allora sono diventato molto più forte…! –

 

- Non m’interessa minimamente, per quanto mi riguarda potresti essere più forte del campione del mondo, ma non possiamo tenere in squadra un irresponsabile come te! Ci basta già Rick di testa calda! –

 

- Grazie mille… -____-*** -

 

Il biondo cercò di difendersi con il sostegno di Jessie e ben presto scoppiò un’agitata controversia tra la ragazza e i due amici, che in poco tempo coinvolse tutti i presenti; quel caos attirò la Professoressa Judy che, informata circa la situazione, mise pace tra le parti opposte e, sentendo gli elogi che il blader del Mammut esprimeva sulla tecnica di gioco di Colin, decise di dargli una chance.

 

- Proverai a combattere contro un membro della squadra, se ti dimostrerai un valido avversario potrai entrare a far parte del PPB. – spiegò tranquilla.

 

- Ma Professoressa, per i problemi che io avevo già identificato nella personalità di quel ragazzino…? – protestò evidentemente contrariata.

 

- Oh Emily, non essere troppo severa… - la ammonì – Dopotutto un po’ di allegria in più non guasta di certo. –

 

Dopo questa affermazione Emily non ribatté ulteriormente, ma seguì a testa bassa il gruppo guidato dalla Professoressa fino ad una sala per l’allenamento.

 

- La prova si svolgerà qui. – spiegò la donna indicando lo stadio – Chi vuole sfidare Colin? –

 

Michael si fece avanti baldanzoso e si posizionò di fronte a Colin, Max pronto a fare da arbitro.

Al via, i due blader lanciarono e dopo alcuni veloci scambi di colpi entrambi evocarono i loro bit: l’Aquila e il Canguro, alimentati dalla determinazione dei loro possessori, si davano strenuamente battaglia, allo stesso modo i bey cozzavano tra loro emettendo rumori assordanti.

 

- Ammetto che sei un valido avversario… - sorrise Michael – Ma con me non hai possibilità! –

 

L’americano lanciò uno dei suoi colpi più potenti con l’intenzione di mettere fine all’incontro, ma, in un lampo di luce il bit dell’australiano sembrò scindersi in due e attaccare l’avversario: tutti furono momentaneamente accecati, quando riaprirono gli occhi rimasero stupiti vedendo che il bey di Michael era uscito dal campo mentre l’Australian Memory di Colin girava stabile al centro.

 

- M-ma come è possibile? – domandò scioccato.

 

- Semplice, ti ho battuto. – affermò tranquillo.

 

- Già, il mio amico te le ha date di santa ragione… - infierì Jessie.

 

- Hai davvero una buona tecnica ^^! – gli sorrise allegro Max: “Anche se non sono riuscito a capire cosa sia accaduto al Bit-power”.

 

- Però, nonostante la forza, non eri ben concentrato, vero Michael? – disse severa la Professoressa Judy, senza smettere però di sorridere – Sai bene che nessun blader deve essere sottovalutato! -

 

- A quanto pare Michael, ti dedichi troppo alle ragazze e troppo poco agli allenamenti. – scherzò Rick sogghignando.

 

Tutti risero, tranne l’interessato, ancora stupito: ben presto però l’incontro sembrò essere acqua passata e si venne a creare così un’atmosfera di confidenza e amicizia tale che presero tutti tranquillamente a ridere e scherzare; non che ci fosse molta alternativa, visto il carattere esuberante e trascinante di Colin.

Arrivò, tra conversazioni e risate, l’ora della cena, e l’intero gruppo, compreso Colin che sembrava proprio non avere la minima intenzione di smettere di divertirsi coi ragazzi, si diresse verso la mensa. Dopo un po’, quando la Prof. Judy si era allontanata per svolgere del lavoro arretrato, Rick e Michael poterono cominciare a sbizzarrirsi nelle prese in giro contro Max e “la sua Mariam”, come dicevano di continuo ridacchiando: così il lanciatore del PPB raccontò candidamente che il pomeriggio lui e il compagno erano riusciti a ritrovare e spiare “la tenera coppietta”.

 

- Poi dopo aver preso un gelato i nostri due si sono seduti su una panchina del parco, - fece allegro; Mariam, già furibonda per aver scoperto di essere stata pedinata, si trattenne a stento dal lanciargli in testa il tavolo - noi ovviamente eravamo dietro ai cespugli; ad un certo punto, avendo finito il gelato, la nostra Mariam era un po’ sporca attorno alla boccuccia, allora… - raccontava con tono divertito.

 

- Non osare continuare! – lo minacciò lei, capendo cosa volesse dire.

 

- … Il nostro Signorino Mizuhara ha avuto la brillante idea di… - continuò ignorandola.

 

- Zitto! Non dire altro! – esclamò lei sempre più furente, divampando.

 

Max: - Ha ragione, Michael, dannazione piantala! -

 

- … Diciamo che le ha pulito le labbra a suo modo… - seguitò sogghignando.

 

- Cosa intendi? – chiesero in coro Jessie e Colin trascinati dall’enfasi dell’americano.

 

- Che protendendosi verso di lei le ha tolto il gelato con le propr… - non riuscì a finire.

 

- SMETTILA! – urlò furente e rossa in viso.

 

Tutti scoppiarono a ridere, mentre Mariam ancora imbarazzata e arrabbiata si voltava dalla parte opposta visibilmente offesa; Max, nonostante fosse protagonista del racconto dell’amico, non aprì bocca, era immerso in una riflessione circa l’accaduto: il racconto di Michael era vero, lui aveva pulito le labbra della ragazza baciandola dolcemente, non sapeva di essere spiato, ma anche se lo avesse saputo, l’avrebbe fatto? Nella sua mente aveva già la risposta: Certamente. Sul fatto che fosse un problema dimostrare i propri sentimenti lui non era d’accordo: amava quella ragazza e, ne era certo, se avesse dovuto, non avrebbe esitato a urlare il suo sentimento davanti a tutto il mondo.

Si risvegliò subito dalle sue riflessioni e, dopo aver calmato Mariam, le tese la mano e insieme si diressero verso un posto dove sarebbero potuti stare in pace, senza nessuno che li spiasse.

 

 

Fermandosi con l’ascensore all’ultimo piano, la coppia salì ancora una rampa di scale.

 

- Si può sapere dove mi stai portando? –

 

Il ragazzo non rispose, ma si limitò ad aprire una porta metallica nera e a trascinare la ragazza oltre; Mariam si trovò quindi sul tetto del PPB: non era un posto molto ampio, assomigliava quasi ad un lungo terrazzo, con due lati abbastanza alti e gli altri due più simili ad un parapetto. Max fece un cenno alla sua ragazza col capo, indicando di fronte a se, e Mariam si girò verso la New York notturna: la notte ormai aveva coperto tutta la città con un manto scuro e velato, in netto contrasto con le sagome nere dei grattacieli e le miriadi di luci che nascondevano le stelle.

La mora rimase incantata a fissare il paesaggio, mentre Max le si portò accanto; lei lo sentì trattenere un risolino.

 

- Cosa c’è? –

 

- Niente… Mi è venuto in mente la prima volta che ci siamo incontrati… Ricordo che me ne stavo andando tranquillo per la strada ascoltando la musica, quando tu mi hai sfidato a beyblade. – ridacchiò di nuovo – Ricordo che la prima domanda che mi è passata per la testa era chi fosse quella tipa strana con quel mantello… -

 

- Grazie tante -____-***! – rispose seccata.

 

- Poi ho scoperto le tue intenzioni e quelle degli altri Saint Shields, e sarebbe una bugia se dicessi che non vi ho considerati alla stregua del Team Psykick perché volevate rubarmi la mia Tartaruga. –

 

- Non volevamo rubartela! Volevamo sigillarla per proteggerla!– replicò offesa; lui le fece segno di tranquillizzarsi e riprese.

 

- Lo so, per questo ho cercato di parlarti. –

 

- In che senso? – chiese un po’ confusa.

 

- Ricordi quando sono stato sfidato da quel ragazzino col Bit-power rubato dalla roccia? Quando siamo rimasti intrappolati in quel vecchio edificio abbandonato? –

 

- Certo che me lo ricordo! È un po’ difficile scordarsi del giorno in cui un palazzo rischia di crollarti in testa! – concluse pungente, ridendo.

 

- … Sai, allora… Quando ti ho vista infuriarti a quel modo per cosa stava succedendo a quell’animale sacro, la tua determinazione… E poi quando siamo rimasti bloccati là sotto, che non ti sei persa d’animo… - fece una pausa, sotto lo sguardo indagatore della mora – Insomma, mi avevi colpito.

Ho cominciato a pensare che fossi diversa, che fossi… -

 

- Più simile a te e ai tuoi amici? – lui scosse la testa.

 

- No. Speciale. – la ragazza lo fissò sorpresa – Volevo smetterla con quella battaglia assurda, volevo farti capire che per noi i Bit erano degli alleati… Ma soprattutto volevo rivederti. –

 

Mariam rimase in silenzio, continuando a fissarlo.

 

- Dopo quell’incidente continuai a rimuginare questo pensiero nella testa, ininterrottamente. Quando poi ci siamo sfidati al Luna Park e ci siamo riproposti una sfida in futuro… Allora ero felicissimo! – la guardò con un sorriso da orecchio ad orecchio – Insomma, mi piacevi già ^^. –

 

La ragazza lo guardò alcuni istanti, girando poi la testa di scatto verso il paesaggio sentendosi arrossire un po’.

 

- Avrei voluto dirtelo già in quel momento – continuò, giocherellando con la cinghia dove teneva le custodie di Draciel e del lanciatore – ma non mi sembrava proprio il caso di fronte a tutti gli altri, e poi… -

 

- Poi…? –

 

- … Mi avresti respinto, perché sei orgogliosa. –

 

- Come? –

 

- Beh, non posso dire che sarebbe successo proprio così, avresti semplicemente potuto respingermi perché non ti interessavo neppure un po’, ma quasi sicuramente sì; sei troppo fiera per accettare una cosa del genere.

Anche oggi me lo sarei dovuto ricordare, così avrei fatto tacere i ragazzi. Mi dispiace, loro non sono cattivi e io sono abituato alle loro battutine, ma avrei dovuto pensarci che ti avrebbero fatta arrabbiare. – la ragazza rimase in silenzio.

 

- … … Sì, te lo saresti dovuto ricordare. – brontolò a mezza voce; lui sorrise sospirando.

 

- Scusa… -

 

La ragazza non disse altro; pian piano gli si avvicinò, appoggiando la testa alla sua spalla.

 

- Fa lo stesso. –

 

Continuando a sorridere come un bimbo il ragazzo le poggiò una mano sulla spalla: incredibile, era riuscito a dirle tutto senza farla arrabbiare! Stava migliorando.

Con la mano libera Max le prese il mento, voltandola verso di se, e la baciò. Mariam rimase un istante immobile, ma ben presto si lasciò andare, sorridendo.

 

- Sai già per quanto tempo resterai qui? – le chiese ad un certo punto, appoggiandosi al parapetto; lei vi ci sedette sopra, accavallando con eleganza le gambe.

 

- Non lo so… Per la verità non ho una data precisa. – rispose, poggiando il viso su una mano – A meno che non sorga un inconveniente che richieda un’adunata dei Saint Shields, mio fratello ed io possiamo prenderci tutto il tempo che vogliamo. –

 

Gli sorrise di sottecchi; Max parve riflettere.

 

- Allora potreste anche fermarvi qui per sempre, che ne dici ^^? – ridacchiò.

 

- Ma che cavolate dici, scemo?! – lo rimbrottò seccata; il biondo la fissò.

 

- Guarda che dicevo sul serio ^^. – continuò, un sorriso sornione che non lasciava capire se stesse mentendo o scherzasse. Mariam sospirò.

 

- Sei irrecuperabile, Max… (gocciolone). –

 

 

 

Più tardi i due tornarono di sotto, cercando i ragazzi; e trovarli non fu affatto difficile, data la confusione che stavano facendo. Confusione raddoppiata visto che alla combriccola si erano aggiunti anche Steve ed Eddie.

 

- Sembra vi stiate divertendo (gocciolone)! – sorrise stentatamente Max, entrando nella sala dove il gruppetto si era riunito.

 

- Non c’è male, moccioso. – rispose Rick tranquillo, osservando Colin fare lo stupido sotto lo sghignazzare di Michael ed Eddie – L’amico che si è portato dietro il piccoletto è simpatico, sai Mariam? –

 

- Davvero? – rispose con sufficienza, guardando un po’ confusa Jessie che rideva come un matto.

 

- Ho l’impressione che si stia facendo tardi… - borbottò il biondo, lanciando un’occhiata di sfuggita all’orologio sul muro – Colin, non dovresti tornare a casa tua? –

 

Il ragazzino si sedette a gambe incrociate per terra e fissò l’ora, sbuffando.

 

- Sì, forse hai ragione… Già con quest’orario mia madre mi salterà al collo neanche fosse uno yurlungur(*) assatanato…! -  

 

- Un CHE  -____°””” ?! – fu lo stranito urlo generale.

 

- Niente, niente… diciamo solo che rischierò di essere scuoiato vivo XP. –

 

- Scusa, ma se è così non potevi andartene un pò prima? – gli rimbeccò secca Emily, infastidita dall’atteggiamento facilone di quel biondino; Colin sembrò rifletterci un po’.

 

- Per la verità me l’ero scordato… -

 

Nella sala calò un silenzio di tomba (gocciolone generale XD).

 

- Sei un caso disperato! – sbottò Emily acida.

 

 

Alcuni minuti dopo, comunque, tutto il gruppo era sull’ingresso a salutare Colin.

 

- Allora ci si vede, Jes, ok ^___^? – sorrise dandogli il cinque – Finchè non te ne torni in Giappone verrò a romperti le scatole spesso! –

 

- Io da qui non mi muovo. – ammiccò allegro di rimando.

 

- A presto anche a voi altri! – sorrise irriverente a Mariam e agli All Starz.

 

- Vedi di non combinare troppo casino in giro, moccioso. – lo ammonì ghignando Rick.

 

- Non sono un moccioso e piuttosto pensa per te, bestione! – rise, squadrandolo con aria fintamente minacciosa.

 

- AH, AH avanti, ragazzi! – rise Max, voltandosi poi verso Colin – Guarda che ti aspettiamo, d’accordo? –

 

- Certo XD! -

 

- Sarà meglio per te. – Michael lo puntò col dito con aria di sfida – Non credere che ti lascerò sparire dalla circolazione con una vittoria a tuo carico! –

 

- E tu non sperare ti faccia vincere! – fece un sorriso tronfio che per poco Michael non fu preso dalla tentazione di rompergli il naso; fortunatamente Steve lo trattenne.

 

- Sei forte piccoletto, ma non montarti la testa! – lo seccò Eddie.

 

- Tzs… Piuttosto – riprese Michael calmatosi – Non avevi detto che ti sarebbe piaciuto entrare negli All Starz? –

 

Tutti si girarono a guardare il loro capitano, sorpresi.

 

- Sì… Sì, la trovo una splendida idea! – sorrise Max.

 

- Per me si può fare… - si aggiunse Steve assieme ad Eddie:

 

- Effettivamente sono curioso di vederlo in azione. – Rick mandò uno sbuffo divertito.

 

- E i mocciosi in squadra aumentano… -

 

- EHI!! – Colin incrociò le braccia, ma Rick si limitò a ridere.

 

Michael si voltò verso Emily, che sospirò seccata.

 

- D’accordo, d’accordo, è bravo… Per me si può provare. –

 

Il suo amico sorrise. Lentamente si portò una mano alla visiera del berretto, con aria da grande uomo.

 

- Allora Colin, che ne dici, ti va di entrare nella nostra squadra? –

 

Scesero alcuni istanti di silenzio; poi, sorridendo angelico, il biondino li guardò uno per uno e ammiccò.

 

- No, grazie ^^. –

 

Ci fu in istante di silenzio generale.

 

- EH O_______O? (Autori: EH O______o?) –

 

- Ho cambiato idea; credo proprio che entrerò in squadra con l’unico che fin’ora mi ha messo nei guai col bey, ossia il mio nuovo amico Jessie ^-^! –

 

- EEEEEEH O__________O”””””?!?!?

 

- Tu che ne dici, Jessie ^^? – il giapponese fissò Colin un po’ sconcertato.

 

- Beh, ecco… (gocciolone) Ma ne sei proprio convinto? –

 

- Certo XD! Vabbè, adesso è proprio l’ora che vada! – data una spacca sulla spalla dell’amico saltò con un balzo tutti i gradini dell’ingresso e prese a correre, ridendo e salutandoli con la mano.

Tutti lo fissavano ammutoliti.

 

- Non ci credo… (gocciolone) – mormorò il blader dell’Aquila con la mascella praticamente dai piedi per lo stupore.

 

- Io ve l’avevo detto! – replicò Emily soddisfatta – Quello non ci sta tutto con la testa! –

 

Steve ed Eddie non risposero; Max ostentava un sorriso sforzatissimo.

 

- Ehi… Ma ha proprio detto in squadra con noi? – disse Mariam, ancora intontita – Un Saint Shield? –

 

Jessie guardò un istante la sorella, ed immaginandosi quel pazzo di Colin nei panni di Saint Shield scoppiò a ridere, tenendosi la pancia, e prese anche lui a salutare l’amico urlandogli dietro. Mariam si portò una mano alla fronte disperata.

 

- E io che volevo una vacanza tranquilla…! –

 

- Non so voi, ragazzi, - sospirò Rick prendendo a grattarsi la testa confuso - ma ho come la sensazione che, adesso, non ci libereremo di quel marmocchio tanto presto… (gocciolone). -

 

 

 

 

(*) Rettile folkloristico australiano (notiziola espropriata da Rave ^o^!)

 

 

 

http://img529

Ecco fatto, cosa ve ne pare? Aspettiamo vostri commenti… Qui di seguito le immy finora fatte da me e da Ria.

Eccole, finalmente ho capito come postarle XDDDD!!

Ria…. -____-“””

Ok, ok, scusa Jolly, mi calmo ^^! Cmq eccole, è quasi pronta anche quella di Zinedine, mancano sl alcuni tocchi. I colori sn di Jolly, il disegni miei ^^:

Yuki "doppia versione" con il Ghepardo

Yuki e Ozuma (scene varie... Povero Ozzi ^-^)

la piccola e dolce Marie ^\\^ (Ma cn chi l'abbiamo messa -___-"")

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Capitolo 4
*** You are my Eyes ***


Il bey correva rapido sul campo, girando attorno all’avversario quasi come un predatore che avesse individuato una preda

ECCOMIECCOMIECCOMIIIIIIII XDDDDD!!!

Ria, calmati, per favore -______-“””….

Ehm, scusa ^^”””….

…. (sbuffa). Beh, eccoci al quarto capitolo, stavolta scritto soprattutto da Ria… Una roba che nn finisce +! (per lo meno compensa il cap di Jessie… -____-“”).

Sì, lo so, è un po’ “lunghetto” ^^””””, però a me piace moltissimo, spero anche a voi ^^ (per una volta volevo vedere un certo blader nn in una Yaoi!!).

Stavolta immagini non ne mettiamo (a proposito, se controllate il cap prima vedrete che abbiamo inserito i link per vedere alcune immi, diteci che ne pensate ^-^), arriveranno coi prossimi cap.

 Ringraziamo…

SUPER DI CUORE XD!!

Ria, finiscila -___-“”…. Dicevo, ringraziamo tutti i nostri lettori e commentatori (anke quelli che leggono e basta), però ricordatevi una cosa: i cap sn scritti uno a turno da noi due autori, e io, Jolly, sn un maschio ^^”””.

 

 

 

 

Il bey correva rapido sul campo, girando attorno all’avversario quasi come un predatore che avesse individuato una preda.

Però, nel caso di Boris, sarebbe stato meglio dire “il falco che aveva individuato la vittima”.

 

- Vai… -

 

Con un gesto secco, Falborg attaccò il bey a centrocampo, lanciandolo lontano con tutta la forza possibile.

 

- L’incontro termina qui! – urlò il commentatore – Vince per i Neoborg BORIS! -

 

La folla si perse in un tifo entusiasta, mentre il moscovita tornava lentamente dai suoi compagni.

 

- Sei stato grande, Boris! – disse Ivan, gongolante.

 

Il compagno annuì, con un sorriso poco convinto.

 

- Uhm? Ma che hai? – chiese il ragazzo col berretto da pilota, fissando Boris con lo stesso sguardo indagatore di Serjei.

 

- Niente… -

 

I compagni fecero spallucce, avviandosi con lui e Yuri fuori dello stadio; la luce forte e appena tiepida del sole russo gli investì con la stessa forza delle urla dei fans, tra i quali il gruppo passò trionfante. Ma Boris non aveva proprio l’aria di un vincitore.

 

Ultimamente, è tutto scomparso.

Le urla della folla.

Il gusto della vittoria.

Questo sole accecante.

Non ci sono più motivi, perché devo impegnarmi?

Mi passa tutto sopra come fosse acqua.

Intangibile.

Incolore.

Non ho più uno scopo.

 

 

 

Boris sedeva alla finestra, il viso appoggiato sulla mano fissando fuori, corrucciato. Sembrava tutto diverso, ultimamente, sbiadito, sparito nel bianco. Eppure, quella giornata era come tutte le altre: alcuni mocciosi correvano per il prato, ora privo di recinzioni, attorno all’ex-Monastero della Borg, ancora costellato in alcuni punti di neve; le chiacchiere della gente, in lontananza, gli arrivavano confuse ed indecifrabili, mescolate al suono del suo respiro, su cui tentava invano di concentrarsi da ore, senz’avere altro da fare.

 

- Hai intenzione di rimanere lì ancora per molto? – la voce di Yuri, pacata, gli arrivò all’orecchio come da un altro universo, e Boris impiegò qualche istante a decifrare la frase.

 

- Ci stavamo allenando, perché non esci anche tu? – continuò Serjei, che stava entrando assieme a Yuri, le cui parole sembravano quasi un ordine.

 

- Non sono in vena, Serj. – rispose il ragazzo cogli occhi verdi, senza muoversi.

 

- Da quando in qua “non sei in vena” di allenarti? – chiese di rimando, forse più stupito dalla confidenza del compagno che dalla frase di per sé.

 

- Da adesso, d’accordo? Lasciami perdere. – rispose, acido.

 

Yuri tirò uno sbuffo scocciato.

 

- Insomma, si può sapere che hai? -

 

- Uhm? -

 

- L’ ho notato. – aggiunse il biondo, con tono più calmo – Cos’è, hai qualche problema? -

 

- Non ti seguo. – fece Boris, quasi sconvolto dalle sue parole.

 

- Di solito, ti comporti da sbruffone e da arrogante, com’è che all’improvviso stai sempre sulle tue? Non aggredisci neppure verbalmente i tuoi avversari quando entri in campo. -

 

Boris fece una smorfia irritata al tono inquisitore del compagno, girando la testa con uno scatto:

 

- Sono solo di cattivo umore, ok? Mi gira male. -

 

Serjei tirò un sospiro rassegnato, capendo che non avrebbe cavato una parola dal compagno. Yuri però non aveva alcun’intenzione di lasciarlo lì.

 

- Senti, non me ne frega nulla se sei di cattivo umore – disse le ultime parole con sarcasmo – TU ora ti alzi da quella fottutissima sedia e vieni ad usare quelle braccia e quel cervello atrofizzato che ti ritrovi per allenarti, sono stato chiaro?! -

 

Boris lo fulminò con un’occhiataccia.

 

- E prova a costringermi! – così dicendo, Boris si alzò di scatto e andò verso la porta, senza neanche guardare i compagni.

 

- BORIS! -

 

Ma lui era già sparito sbattendo la porta.

 

 

 

 

 

Fuori l’aria fredda gli s’insinuava nell’apertura della giacca, lasciata slacciata, e i radi fiocchi di neve che portavano gli strascichi dell’inverno gli si fermavano sulle dita, dove il guanto non copriva, infreddolendole un poco.

A Boris, però, non gliene poteva fregare meno di così, era talmente furioso coi compagni e col suo capitano per quell’atteggiamento di comando che, al solito, aveva nei suoi confronti, che avrebbe potuto camminare in mezzo ad una tormenta e non accorgersene.

Maledizione, ma perché non pensavano un po’ tutti ai fatti loro?! Cos’è, adesso era una colpa avere un po’ la luna di traverso?! Come se a lui non seccasse quella sua apatia.

 

È insopportabile!

Che mi sta succedendo?!

Mi è sempre piaciuto giocare a bey, anche se lo facevo per quello schifoso di Vorkof, e ancora di più mi piaceva in questi ultimi due anni, perchè giocavo con gli altri e solo per me stesso, ma ora mi è del tutto indifferente.

Che vinca, perda o altro, per me è la stessa cosa.

Ormai… Sono un guscio vuoto…

 

Senza pensare a dove lo stessero portando le gambe, Boris si ritrovò a vagare per i vicoletti attorno all’ ex-Monastero, in cui la neve, non ancora raggiunta dal sole, brillava gelida e azzurra.

Uno strano movimento lo costrinse, però, a bloccarsi: in un vicolo, tre ragazzi stavano importunando una giovane dai corti capelli biondi che, stranamente, forse per la paura, teneva gli occhi serrati.

 

- Ehi, lo sai che sei proprio carina…? – disse uno dei tre, avvicinandosi a lei con un ghigno.

 

- Già. Sarai magrolina, ma sei “messa bene”… -

 

L’ultimo che aveva parlato, rapido, le si portò alle spalle e, tenendola per la vita, allungò la mano libera dietro la ragazza: lei, che fino a quel momento era rimasta pietrificata, sentendolo toccarla cominciò ad agitarsi e cercò di liberarsi.

 

- No! Lasciatemi stare! – disse, impaurita.

 

- E farci scappare un bel bocconcino come te…? Non credo proprio! -

 

Detto questo il ragazzo la tirò giù e la bloccò a terra con l’aiuto del primo, mentre il terzo le si mise a cavalcioni, ridendo.

 

- Vediamo com’è questo bel corpicino sotto i vestiti… -

 

- NO! – urlò, terrorizzata.

 

Ma uno dei ragazzi, sbuffando, le tappò la bocca; la ragazza sbiancò come un lenzuolo.

 

- Sta zitta! Se fai così ci rovini il divertimento… -

 

Il ragazzo sopra di lei afferrò il suo giaccone e ne ruppe con un colpo secco la cerniera, poi prese anche la maglia della ragazza, sghignazzando.

 

- Ragazzi, stasera c’è da divertirsi: con questa bellezza ce la spasseremo parecchio… Senza contare che non potrà neanche riconoscerci… -

 

Gli altri due annuirono; quello stava per dare il colpo decisivo al pullover della ragazza, quando qualcosa molto simile ad una trottola gli passò ronzando su una guancia, graffiandolo.

 

- AHIA! – sbraitò, mettendosi una mano sulla gota – Cosa diavolo…! -

 

- Non vi hanno mai detto che queste cose non si fanno? – chiese Boris, guardandoli con gli occhi carichi di disgusto.

 

- E questo chi è?!esclamò uno dei tre, lasciando la presa sulla ragazza – Cazzo, ci ha visti! -

 

- E sta calmo! – lo rimbeccò quello che stava tappando la bocca alla ragazza, cercando di non farla scappare.

 

- Senti – fece il terzo, alzandosi – hai tre secondi per sparire; noi ci stavamo solo divertendo e tu non… -

 

Per la seconda volta, Falborg lo raggiunse al viso, colpendolo in pieno: stavolta il taglio fu decisamente più profondo ed il ragazzo si piegò su se stesso, urlando dal dolore.

 

- Bastardo! – gli altri due, a quella vista, scattarono in piedi, gettando di lato la ragazza, che sbattè gemendo contro alcuni bidoni vuoti della spazzatura, con un rumore sordo.

 

- Ah, il bastardo sarei io?! – disse il moscovita, gelido, gettando un occhio al corpo della poverina, che giaceva inerme in un angolo – Mi fate davvero venire la nausea… -

 

Il terzetto sembrò volerlo attaccare, ma Boris non gliene lasciò il tempo: Lo Stroblizt di Falborg li colpì quasi istantaneamente, ferendoli a ripetizione.

Terrorizzati, i tre scapparono via con la coda tra le gambe, ben decisi a mettere quanta più distanza possibile tra loro e quel pazzoide.

 

“Tzs – pensò, schifato – che razza di vermi…”.

 

Senza troppa ansia si avvicinò alla ragazza che rimaneva ancora ferma nel vicolo. Doveva aver perso i sensi mentre veniva spinta via, magari battendo la testa, perché il russo tentò varie volte di svegliarla, ma senza successo. Il ragazzo sospirò, quasi seccato.

 

E adesso?”.

 

 

 

 

 

- Andato?! Come sarebbe a dire “andato”?! -

 

- Andato… hai presente, Ivan, alzare i tacchi e sparire? Ecco, quello. – mormorò Serjei acre.

 

- M-ma che accidenti gli è preso a Boris?! – esclamò, non si capiva se più sorpreso o preoccupato – Non si è mai comportato così! -

 

- Non lo so. – rispose Yuri gelido – ma quando torna, vi assicuro che… -

 

Proprio in quel momento, un bussare irregolare alla porta interruppe il moscovita dai capelli rossi, che apparve decisamente seccato.

 

- Sarà Boris. – constatò Ivan, semplicemente.

 

- Non penso che sia una bella ragazza che è venuta a chiederti l’autografo, Ivan… - ghignò Serjei, sarcastico.

 

- AH, AH, AH, molto spiritoso! (Xò è la verità… ndAutori – INDUBBIAMENTE -___-! ndTutti - >-<* ndIvan) – gli rimbeccò il ragazzo, aprendo la porta – Guarda che non è Yuri l’unico che… -

 

Il ragazzo si bloccò, esattamente come i suoi compagni. Alla porta, un po’ ricoperto dalla neve che aveva ricominciato a cadere, c’era Boris, che reggeva in braccio una ragazza.

 

- Ragazzi, c’è un problemino… -

 

 

 

 

 

L’ospedale non è mai un bel posto dove andare. C’è sempre un fastidioso sottofondo, fatto di rumorini elettrici, passi veloci, mormorii, risate di donne appena divenute mamme o di visitatori, silenzi di camere vuote e fruscii di carta e stoffa, provenienti da stanze e uffici, in una cacofonia sottile, confusa ed irritante; ogni finestra ha una tenda candida che impallidisce i raggi del sole ed assieme ad i muri e alle piastrelle bianche rende tutto niveo e indefinito.

Boris odiava quel posto: se ci andava era sempre per un motivo spiacevole, il novanta per cento delle volte perché lui o uno dei ragazzi si era distrutto nell’allenamento con Vorkof, ma perché accidenti ora doveva rimanere lì per una che manco conosceva?!

D’accordo, lui non aveva avuto un’idea propriamente sensata. Che cavolo stava pensando quando aveva portato quella ragazza del vicolo alla sede? Era ovvio che non poteva lasciarla lì, ma così  adesso lui e gli altri dovevano rimanere in quel postaccio finchè i dottori non avessero accertato la salute di quella tipa.

 

“Porca miseria… Ma perché non mi faccio mai i fatti miei?!”.

 

- Uffaaaa…. – sbuffò Ivan, alzandosi – Ma quanto ci mettono? Mi sto annoiando a morte! –

 

- E sta’ zitto! – sbottò l’altro, irritato.

 

- Ehi! – protestò, guardandolo male – Guarda che se siamo qui è per te. –

 

- Per me?! Che vorresti dire?!

 

- Che ultimamente sei proprio fuori… - sospirò annoiato – Ma non potevi chiamare qualcuno, invece di metterci in ‘sto casino? –

 

- Senti un po’, pidocchio! – urlò, alzandosi dalla sedia – Guarda che…! –

 

- FINITELA! –

 

L’ordine del capitano, dato con voce ferma e dura, bloccò i ragazzi; Ivan annuì, obbediente, mentre Boris si risedette sbuffando, con le braccia incrociate e un’espressione minacciosa.

Poco dopo un medico sulla quarantina uscì dalla stanza dirimpetto a dove stavano seduti i ragazzi, che li guardò un po’ incerto.

 

- Voi siete… Uhm, i Neo… Neoborg, giusto? –

 

- Sì. – rispose pacato il rosso, alzandosi. Il medico sorrise cordiale, facendo loro segno di seguirlo.

 

Li condusse attraverso uno studio abbastanza piccolo, da cui si aprivano due porte, una a vetri, con la sala per le visite, ed un’altra con la porta opaca, verso la quale l’uomo li diresse.

 

- La signorina sta bene, ha solo qualche contusione qua e là. – disse, avvicinandosi alla porta – E’ stato davvero un miracolo che uno di voi sia arrivato in tempo, sarebbe potuta finire davvero male. –

 

In tutta risposta, Boris emise un grugnito scocciato.

 

- La signorina mi ha detto di volervi ringraziare, ma vi prego alcune cose, di parlare solo uno alla volta quando entreremo e di fare molto silenzio. -

 

I ragazzi si guardarono stupiti, senza capire quella strana richiesta, ma fecero comunque un segno d’assenso. Il dottore annuì.

 

- Signorina Saratov…? – bussò veloce, girando la maniglia – Permesso… -

 

Nella stanza c’era un lieve tepore, più accentuato che nel corridoio dove fin’ora i Neoborg erano stati, e il sole al tramonto, che faceva nuovamente capolino dalle nuvole pesanti, gettava ombre lunghe nella stanza; la ragazza era seduta sul letto, la testa verso la finestra, e sembrava si stesse godendo gli ultimi raggi della giornata.

 

- Signorina Katia Saratov? - 

 

- Uh? Oh, è lei, dottore? – disse la ragazza sottovoce, girando un poco la testa.

 

- Sì. Questi… Con me ci sono i ragazzi che l’ hanno portata qui. Voleva ringraziarli, vero? –

 

- Oh, certo! Grazie mille ^^. –

 

Il medico, assieme a Yuri e gli altri, diede un cenno a Boris di avvicinarsi, scatenando le proteste sommesse del russo.

 

- Ma perché proprio io?! – bofonchiò, dirigendosi seccato verso la ragazza – “Accidenti, pure questa scocciatura mi tocca?!”.

 

Con le mani in tasca si avvicinò al letto, guardando Katia con occhio critico: era una tipa abbastanza filiforme, con i capelli biondi tagliati in un semplice caschetto ondulato, da cui sbucavano i lobi delle orecchie con due piccoli e comunissimi orecchini d’oro rotondi; aveva un viso dai tratti regolari abbastanza comuni e dalla carnagione chiara, resa più evidente dal cerotto bianco che le avevano messo sulla guancia per coprirle un livido. Insomma, non era proprio nulla di speciale, secondo lui.

 

E ha pure un’espressione di un’ingenuità allucinante – pensò, stizzito – Minimo questa farà mille moine isteriche perché l’ ho salvata… Mamma, che stress!”. (Eh, sì, povero Bo-chan ^^”… ndRia – BO-CHAN?!? O_o”” ndBoris+ >____o**ndJm).

 

- … Salve… - borbottò, pregando di poter fuggire il prima possibile.

 

- Ciao ^^. – gli sorrise, tenendo gli occhi chiusi – Oh, scusa… Ti do del “tu” perché dalla tua voce mi sembra che tu abbia la mia età… - il ragazzo tacque, fissandola.

 

“Dalla voce?! – alzò un sopracciglio, scettico – Ma che dice questa?!” - … Ho sedici anni… -

 

- Come me, allora non mi sbagliavo ^^. – sorrise cordiale – Tu sei il ragazzo che mi ha salvata nel vicolo, vero? Come ti chiami? –

 

- … Boris. Tu, invece, Katia, giusto? –

 

La ragazza annuì, senza aprire gli occhi. Boris cominciò ad irritarsi, perché lo ignorava a quel modo?

 

- Mi spiace per il disturbo che ho dato a te e ai tuoi amici… -

 

- Beh, tanto per cominciare – disse, con tono secco – per ringraziare potresti aprire gli occhi quando parli con qualcuno: odio la gente che ciarla senza guardarti in faccia! –

 

Katia rimase un attimo in silenzio, mentre il dottore ebbe un lieve sobbalzo; poi lei fece un sorriso grave.

 

- Scusami… Però è assolutamente inutile che li apra, perché continuerei a non guardarti in faccia. –

 

- Come?! –

 

- … … …Io non ci vedo. –

 

 

 

- La signorina Saratov è cieca da quando aveva dieci anni. – disse, seduto alla scrivania – Era a Mosca per cercare un parente, ma si è persa; probabilmente, quando hanno scoperto che lei non poteva identificarli, quei teppisti hanno pensato di approfittarne. –

 

Nello studio, l’uomo stava parlando coi Neoborg a proposito della ragazza. Boris, però, non lo stava ascoltando minimamente; si sentiva un idiota: com’era successo con gli altri, aveva aggredito quella ragazza, quasi usandola come sfogo per tutta l’agitazione che aveva dentro, mentre quella poverina non gli aveva fatto proprio nulla, anzi, lo stava ringraziando.

 

“Devo essere entrato nella fase *demenza adolescenziale*… (gocciolone)”.

 

- Purtroppo, quei tre le hanno portato via anche i soldi che aveva e lei mi ha detto che quelli che le restano non sono più sufficienti per soggiornare qui in città; inoltre, purtroppo, non può trattenersi qui in ospedale, non essendo più degente. –

 

- E noi in questo cosa centriamo? – chiese schietto il rosso.

 

- … Vedete, sinceramente speravo che poteste suggerire alla signorina un posto dove poter restare, almeno per qualche tempo; mi ha confidato di non voler chiedere denaro da casa, anche perché lì c’è solo il suo tutore, ed effettivamente contattarlo ora, dopo soli due giorni dalla partenza, lo metterebbe in allarme. E anch’io ritengo sarebbe una preoccupazione inutile, dato che la situazione si è risolta bene.

 

- … Sì, ho capito… Purtroppo io non so dove potrebbe stare… -

 

Il ragazzo guardò i compagni: Serjei scosse la testa, sospirando, mentre Boris non si mosse neppure.

 

- Ehi, Yuri… E se la ospitassimo noi? – esordì Ivan con un mezzo sorriso.

 

- Come? – gli domandò il capitano con aria sorpresa; Boris invece rimase immobile, cercando di decifrare la frase e (sperando) di aver capito male.

 

- Beh, pensavo… In fondo casa nostra è enorme, abbiamo anche tante stanze vuote, non ci costa niente ospitare qualcuno. E poi, se è comunque per un tempo determinato… -

 

Yuri parve riflettere. Serjei lo guardò aspettando una risposta.

 

- Effettivamente, non è un problema così grave per noi… -

 

- EHI, EHI, aspettate un secondo! – urlò il balde del Falco, svegliandosi dalla trance – Cos’è ‘sta storia?! Non sono d’accordo neanche un po’, Yuri! –

 

- Dove sarebbe il problema? – chiese il ragazzino, tranquillo– In fondo sei stato proprio tu a salvarla in quella stradina, non vedo che fastidio potrebbe darti farle un altro favore. –

 

- Per me va bene… - fece spallucce Serjei.

 

Boris guardò i suoi compagni stralunato, ma che cavolo stava succedendo?! Da quando si comportavano così?!

 

- … … Allora d’accordo. – disse Yuri, atono – Ospiteremo quella ragazza per un po’. -

 

 

 

 

 

- Ecco qua! – fece Serjei con uno sbuffo – Siamo arrivati. –

 

Con poca grazia il biondo mollò la valigia semivuota di Katia sul letto della stanza, proprio affianco alla ragazza.

 

- Grazie. – disse lei abbozzando un sorriso, cordiale.

 

- Puoi usare questa come stanza finchè resti qui. – disse Yuri, poggiato allo stipite della porta.

 

- D’accordo… Ancora grazie. – sorrise nuovamente, stringendosi le mani – Scusate, vi devo creare un gran disturbo… -

 

- Ma ^^! – fece Ivan allegro – Questo posto potrebbe diventare un albergo, capirai che problema sia dare la stanza a qualcuno! –

 

Yuri lo fissò, sollevando un sopracciglio incredulo. 

 

- Davvero I… Ivan, giusto? – chiese, premurosa – Vi ho fatto anche portare la mia valigia… -

 

- Non pesava niente. C’era poca roba per essere di una ragazza. – rispose, atono. (Nn pesava niente xkè tu sei il Maciste di Russia, miseriaccia! 6 un armadio -___-“”!!! ndRia - … … ndSerj)

 

- Grazie… Serjei? – chiese ancora; il moscovita assentì grugnendo – Anche Ivan… Scusa, hai dovuto aiutarmi ad arrivare fin qua… -

 

- E lascia perdere ^\\^! – rispose ancora; Yuri lo scrutò di nuovo scettico – Mica è colpa tua se quegli schifosi ti hanno perduto il bastone per camminare… -

 

Serjei gli diede una pacca dietro la testa, facendolo barcollare.

 

-Idiota, è cieca, mica zoppa! – sibilò lugubre.

 

- E allora come si deve dire?! Ahio… Che mano pesante. - 

 

- Allora, la vogliamo finire?! Ci schiodiamo da star qui a chiacchierare o no?!sbraitò Boris – spingendo via i due da davanti alla porta – Andiamo! –

 

Senza aggiungere altro il ragazzo si avviò nel corridoio; Serjei e Ivan si guardarono un istante, mentre Yuri fissò il compagno, impassibile.

 

- Ha ragione. – disse la ragazza, cercando di far finta di niente – Non preoccupatevi, adesso me la cavo da sola ^^. –

 

- Sicura? – lei annuì al rosso – Come vuoi… Forza, andiamocene. –

 

 

 

- Mi spieghi che ti prende?! – chiese Ivan a Boris in malo modo, sistemandosi il berretto da pilota – Cos’è, sei entrato in andropausa (Uao, conosci parole così difficili O__O?! ndRia – Sn scioccato XP ndJM - - ____-** ndIvan) che ti girano così?! –

 

Il compagno lo scrutò malissimo, sollevando per un istante gli occhi dal suo Falborg; poi riabbassò lo sguardo, continuando ad assicurare la base al bey.

 

- Ehi, mi sembra che Ivan ti abbia chiesto qualcosa… -

 

- E mi sembra che io non voglia rispondere, no?! – ribattè al biondo, con un sorriso acido.

 

- Beh, - continuò Ivan - almeno potresti chiedere scusa a Katia appena puoi, sei stato davvero… -

 

- Cosa?! Decidi tu adesso come devo comportarmi?! -

 

- No, ma lei non ti ha fatto niente di male. – lo rimbrottò, incrociando le braccia. – Non è giusto che ti comporti a questo modo. -

 

- Cos’è, ti piace che la difendi così? Fa quel che ti pare, ma non rompermi. –

 

- Non ho detto questo! – disse con un po’ d’astio; poi sorrise sotto i baffi – Anche se non è niente male… Anzi! -

 

- Ma fammi il piacere!!! – esclamò sarcastico.

 

- Tu comunque hai esagerato. – aggiunse l’altro, sottovoce.

 

- ECCHECAVOLO, SERJEI, PURE TU!! – urlò alzandosi –  Che avete, siete diventati all’improvviso i difensori delle donne?! Che vi frega, sono fatti miei come mi comporto!!

 

- Qualunque cosa tu abbia – fece Yuri, tirando fuori Wolborg – vedi di darti una calmata perché mi irrita questo tuo atteggiamento. Avanti, andiamo. –

 

Considerando chiuso il discorso il rosso si avviò al Beyblade Stadium in mezzo alla stanza, caricando il bey, seguito a ruota da Ivan e Serjei. Boris era furibondo.

Con uno scatto iroso girò sui tacchi e uscì, sbattendosi la porta alle spalle ed ignorando i richiami del capitano.

 

“Ci mancava solo Yuri e la sua predica giornaliera! Maledizione!”.

 

Il ragazzo girò un paio di volte nei corridoi, non accorgendosi di dirigersi verso la stanza di Katia.

Davanti alla porta socchiusa ebbe un attimo di esitazione, scorgendola camminare per la stanza appoggiandosi ai mobili. Ma che stava combinando?!

 

- Chi è?! – sussultò, percependolo nel corridoio; lui sbuffò, cavolo, l’aveva sentito…

 

- Boris… - disse, svogliato. Lei tirò un lieve sospiro, sorridendo. – Mi spieghi che cavolo stai facendo?! –

 

- Oh, sto solo dando “un’occhiatina” alla stanza ^^. – sorrise divertita, sfiorando con l’indice lo schienale di una sedia – Visto che dovrò restare qualche tempo, mi ci devo orientare. –

 

- Tzs. – fece, sprezzante – Potresti anche evitare di fare quella faccia, in una situazione del genere. –

 

- In che senso? – chiese, senza capire; Boris si aizzò di nuovo.

 

- Che hai da sorridere?! Me lo spieghi?! Sei bloccata in una città che non conosci senza aver la libertà di muoverti perché non ci vedi! Anche adesso, mi spieghi il senso di quel che stai facendo?! Se proprio resti qui, ti possono aiutare quell’idiota di Ivan o Serjei!

 

Calò un istante di silenzio, durante il quale Boris si morse la lingua, aveva di nuovo perso le staffe…

Neanche Katia sembrava però più tanto allegra. Da dov’era drizzò la schiena girando la testa in direzione della porta, come a dire “ti-sto-fissando”. Male, per giunta.

 

- Un cieco non è né ritardato né minorato. – disse gelida – Il fatto che abbia bisogno di tempo per poter girovagare in un posto o di un aiuto per camminare se non ho mezzi, non significa che io non sia in grado di cavarmela. – corrugò le sopracciglia sottili, le labbra ridotte ad una fessura - Vedi di ricordarlo. –

 

Boris digrignò i denti, andandosene senza dire un’altra parola. Ma bene, adesso sgridava pure quella?! Doveva ringraziarlo che si era trattenuto dall’usare Falborg! (L’avresti fatto o__o”? ndAutori).

 

“MALEDIZIONE!!”.

 

 

 

 

 

Dall’arrivo di Katia trascorsero due settimane e la ragazza si era ormai completamente ambientata.

La maggior parte del tempo lo trascorreva nella sua stanza, per non disturbare gli altri; quando usciva  e se ne stava in cucina, l’unica altra stanza che fino a quel momento riusciva a raggiungere da sola, parlava con Ivan o con Serjei, per quanto il biondo fosse poco loquace; Katia andava d’accordo con tutti e due e perfino con Yuri, anche se ci aveva parlato solo una o due volte, non aveva problemi.

L’unico con cui non riusciva proprio a dialogare era Boris.

Sembrava la detestasse: la evitava di continuo e le rare volte che s’incrociavano o che si trovavano nella stessa stanza lui o la ignorava o la freddava prima che potesse cominciare a parlargli.

Era inutile, per quanto ci provasse, Boris si sentiva sempre a disagio se in giro c’era anche lei.

Forse era stato per quello che era successo all’ospedale, o forse per la scenata che le aveva fatto il giorno che era arrivata, ma era così.

La verità era che lo infastidiva come si comporta. Secondo lei nessuno si accorgeva del suo comportamento?! Sempre sorrisini… Ipocrita! Voleva forse dirgli che nella situazione in cui si trovava era sempre allegra?! Al moscovita dava letteralmente al cervello!

Eppure Katia, anche dopo quello che gli aveva detto, si dimostrava sempre gentile nei suoi confronti; forse un po’ per gratitudine, forse un po’ per educazione, faceva sempre come se nulla fosse alle sue battute velenose, passava sopra le sue risposte acide e non si curava dei suoi silenzi, facendolo solo sentire peggio in sua presenza.

Beh, doveva resistere, non sarebbe rimasta lì per sempre!

 

 

 

 

 

Un mattino Boris fu disturbato da un ripetuto bussare che lo costrinse ad andare ad aprire; con sufficienza fissò un ometto piccolo e ricurvo, con addosso un grosso cappotto: l’uomo fece un sorriso di circostanza, chinando la testa in segno di saluto.

 

- S-salve! Alloggia qui la signorina Katia Saratov? -

 

- Sì… - rispose con sguardo dubbioso: “Ammesso che mi ricordi esattamente il suo cognome…” (Ma 6 incredibile… -___-“” ndRia)  – Che vuole? –

 

- Ah, c-certo! Un attimo… -

 

Quello prese a frugare sotto il cappotto, agitato, tirando fuori una piccola borsa monospalla.

 

- Questa me l’ hanno portata cinque giorni fa. L’ hanno ritrovata in un vicolo e visto che la signorina aveva scritto sopra il nostro recapito… - così dicendo mostrò al ragazzo una targhetta su cui era stato scritto, con una calligrafia sottile, il nome di Katia e l’indirizzo della pensione dove alloggiava. – Vede? Potrebbe consegnarglielo? –

 

Il blader del Falco non rispose; afferrò con malagrazia la borsa, facendo un cenno all’uomo con la testa e, una volta che quello ebbe risposto con un altro inchino, richiuse la porta, sbuffando.

Con passo svelto Boris si diresse verso la stanza di Katia, sperando che lei non ci fosse e potesse lasciare la borsa senza incontrarla; quando però bussò alla porta, com’era prevedibile, la voce calma della ragazza mormorò d’entrare.

 

“Ti pareva, fosse mai che qualcosa mi vada bene!”.

 

- Sei Boris? – chiese, mentre il ragazzo si chiudeva la porta alle spalle; lui fece una smorfia, odiava che lei riconoscesse tutti loro dalla voce o dal passo!

 

- Sì, sono io… -

 

- Vieni, vieni pure ^^! –

 

Sorridendo la ragazza si sedette sul letto, lasciando perdere gli abiti che stava sistemando nel mobile vicino, e aspettò che Boris si avvicinasse.

 

- Tieni. – disse freddo, lanciandole la borsa in grembo – Me l’ ha portato un tizio che lavora all’albergo dove stavi. –

 

Lei corrugò appena la fronte in segno di dubbio, cominciando a tastare la sacca per capire cosa fosse; dopo qualche secondo parve illuminarsi.

 

- La mia borsa! Credevo che quei ragazzi me l’avessero rubata…! – l’aprì velocemente, cominciando a frugarci con trepidazione – Ovviamente non ci sono più i soldi, però… Ah, eccolo! Per fortuna non lo hanno gettato via! –

 

Con un’espressione raggiante tirò fuori un sottile libricino tutto consumato, su cui però sembrava non esserci scritto nulla: c’erano solo una lunga serie di puntini rialzati, disposti in maniera precisa.

 

- E’ un libro per ciechi. – fece, quasi avesse intuito l’espressione confusa che aveva assunto Boris – E’ scritto in Braille. –

 

- Braille? – chiese, avvicinandosi appena – Quella scrittura tutta a rilievi? (Uao, ragazzi, che vi è successo? Avete fatto una scuola serale che siete all’improvviso tutti così acculturati? ndJM – Posso dargli fuoco -___-**? NdBoris – No. ndRia_lapidaria – Prova ad impedirmelo… +___+** ndBo – Solo 3 parole… ndRia – Sole, cuore, amore? ndTak – Sparisci tu! ndTutti – Yaoi-con-Ivan – Perdono! ndBo_nel_panico – E io che c’entro?! ndIvan) .

 

Katia annuì. Poi, appoggiandosi il libro di fianco, sospirò.

 

- Perdonami… -

 

- Uh? –

 

- Ti do sempre un sacco di noie… Ti da fastidio dovermi stare attorno, vero? –

 

Il ragazzo tacque, preso alla sprovvista; incrociò le braccia al petto, voltando la testa con stizza.

 

- Non dire cretinate. – borbottò, senza sapere perché non voleva darle ragione.

 

La ragazza non rispose subito, facendo un sorriso lieve.

 

- D’accordo. – Boris rimase dov’era, guardandola di sbieco - … … Senti, Boris… -

 

- Cosa c’è? – chiese brusco, mentre lei si alzava; Katia si strinse le mani al petto, sembrava un po’ a disagio.

 

- Ecco io... Potrei vedere come sei fatto in viso? –

 

Calò un silenzio pesante. Katia non poteva vederlo, ma Boris la stava guardando come se fosse matta.

 

- Ma che cavolo stai blaterando?! –

 

Katia chinò la testa, mordicchiandosi il labbro.

 

- … Senti, so bene di non starti simpatica e so anche che t’infastidisce che io riconosca le persone e gli oggetti con le orecchie e le mani, però… -

 

B: - Ma che vuoi?! – la zittì con rabbia – Senti, evita di parlare con aria saccente, perché sei davvero irritante! –

 

Il ragazzo mandò un sospiro seccato, ecco, l’aveva aggredita di nuovo… Però lei l’aveva fatto innervosire: si vede che aveva davvero questa dote innata, o, forse, aveva semplicemente capito tutto.

 

 “Accidenti!”.

 

- Scusa, ho parlato a sproposito… - scese di nuovo il silenzio – Comunque io… Io… Insomma, non posso ripagarti per quello che hai fatto salvandomi, però, ecco, vorrei sapere almeno com’è il tuo viso. –

 

- Ah sì? – continuò, sempre acido – E come vorresti fare?! –

 

Katia rimase ancora in silenzio, sollevando un poco un braccio, come se stesse cercando di capire la posizione del moscovita; poi, lentamente, allungò la mano, toccando appena con la punta delle dita il viso di Boris. Lui s’irrigidì.

Certo, visto che lei non poteva usare gli occhi “vedeva” con gli altri sensi, l’udito l’olfatto… E il tatto.

 

B: “Sì, però… E’ decisamente imbarazzante.” – S-senti un po’…! –

 

Ma Katia sembrava concentrata: sfiorandolo coi polpastrelli passò la fronte, scendendo lungo il contorno della guancia.

Boris non riuscì a dire altro, quasi immobilizzato, fissandola.

 

Però… Forse ha ragione Ivan, non è così bruttina…

 

Sbagliava o adesso sentiva anche le dita della ragazza sulla guancia?

 

Tiene sempre gli occhi chiusi… Pensandoci bene, non glieli ho mai visti, chissà di che colore sono… Ma perché sto pensando a queste scemenze adesso?!

 

Sentì completamente la mano di lei sul viso, allora si era avvicinata davvero! Però allora perché… aveva l’impressione di essersi chinato verso di lei?

 

Che sto… Facendo…? Io…”.

 

- BOOOOOOOORIIIIIIIIS!!!!!! – (No, xkè adesso?! Ç___ç ndRia – Guastafeste!!! ndJM).

 

L’urlo di Ivan arrivò alle orecchie di Boris come un colpo di cannone, facendolo sussultare.

 

“C-che… Che spavento!”.

 

Si allontanò velocemente dal raggio d’azione della ragazza, prendendo fiato: che strano, non gli era mai successo di essere sorpreso a quel modo dal richiamo di un compagno! Non l’aveva minimamente sentito arrivare.

 

- Ti cercano… - sorrise Katia, raccogliendo le mani dietro la schiena.

 

- Sì… … -

 

- Ivan?! – lo chiamò lei, mettendosi una mano vicino alla bocca – Siamo qui, vieni ^^. –

 

Subito il ragazzo spalancò la porta, guardando Boris con aria severa.

 

- Ti ho trovato finalmente! Stavi cercando di nuovo di saltare l’allenamento, vero? –

 

- Chiudi il becco! – lo seccò, irritato – Hanno portato una cosa per Katia e io gliel’ ho portata, ora arrivo! –

 

- Ok, ok, calmino… Muoviti che Yuri si sta arrabbiando! Ciao Katia ^\\^! –

 

Sorridendo un po’ idiota uscì, mentre la biondina gli faceva un segno di saluto con la mano.

 

-Cidenti… Mi ci mancava! –

 

- Sarà meglio che tu vada. – disse la bionda, dandogli una spintarella contro la spalla.

 

- … E tu? – le chiese, quasi inconsciamente: “Ma che faccio?! Che mi frega di quello che fa questa?!”. 

 

- Oh, resto qui come al solito, non voglio darvi fastidio ^^! Non è un problema, ora ho anche il mio libro ^^! –

 

Senza aggiungere altro afferrò il tomo e cominciò a sfogliarne le pagine un po’ più spesse del normale, fermandosi dove aveva infilato un piccolo segnalibro blu, convinta che ormai il ragazzo fosse uscito.

Boris, però, era rimasto esattamente dov’era.

Non ci aveva mai pensato, ma tutto il tempo che non stava insieme a loro, Katia rimaneva sola nella sua stanza… Però…

 

Davvero…

A stare sola circondata dal buio… Per lei non ci sono mai problemi?

Davvero sta bene quando è sola…?

 

Katia interruppe un secondo ciò che stava facendo, sentendo che lui era ancora nella stanza, anche se in perfetto silenzio.

 

- Cosa c’è? Come mai non raggiungi gli altri? –

 

- … Ti va di venire anche tu? –

 

 

 

La sala dove i Neoborg si allenavano era enorme: si trattava di una sorta di vecchio scantinato, che loro avevano messo in sesto con cura e in cui avevano piazzato un gran numero di piccoli Beyblade Stadium; quel posto gli faceva anche da palestra comune.

Eppure, rispetto ad una palestra normale, dentro questa aleggiava sempre un silenzio innaturale: i ragazzi non perdevano mai troppo tempo in chiacchiere, l’allenamento era concentrazione.

Proprio in quel momento Yuri e Serjei stavano per affrontarsi. In piedi davanti al Beyblade Stadium si squadravano impassibili, senza fiatare.

 

- Pronti? – contò Ivan - 3… 2… 1… -

 

- LANCIO!! –

 

- Wolborg, eliminalo! –

 

- Respingilo, Seaborg! –

 

Le due trottole si scontrarono senza troppe cerimonie, lanciandosi subito in attacchi senza esclusioni di colpi.

Il rosso, però, sembrava di cattivo umore e deciso a sfogarsi con l’allenamento: con uno scatto improvviso Il Lupo della Steppa arrivò alle spalle dell’avversario, scagliandolo il bey in mano al proprietario.

 

- Due minuti… - sospirò Serjei un po’ rassegnato – Complimenti, ormai è praticamente impossibile batterti. –

 

- Tzs. –

 

- Uh? Ma che hai?

 

- Quell’idiota… Ivan, ma non eri andato a chiamarlo?!

 

- Eh o__o”? – fece, cadendo dalle nuvole – Ah, parli di Boris? (No, del figlio del vicino, genio… -___-“ ndTutti) Sì, prima gli ho detto di venire, ora n-non so cosa… -

 

- Sono qui, Yuri. –

 

Il moscovita sbucò lentamente nella stanza, mentre il suo capitano lo fulminava con un’occhiata gelida.

 

- Voleva anche che le portassimo il tè, signorino Boris?! – sibilò il rosso sarcastico – Quanto cavolo ci hai messo?! –

 

- Eddai, sono arrivato, no? – rispose seccato, tirandosi dietro il braccio sinistro.

 

- Uh? –

 

Il rosso tacque, scorgendo la loro ospite proprio dietro Boris, che si teneva con due dita alla manica del giubbotto del ragazzo.

 

- Ciao! – esclamò Ivan allegro, vedendola – Come mai ci sei anche tu? –

 

- Beh… - lei lasciò velocemente la presa, mentre Boris allontanava il braccio – Fin’ora non avevo mai assistito ai vostri allenamenti, ma avevo un po’ di curiosità, così, anche solo ascoltarli… Però se per voi è un problema io… -

 

- Se ti accontenti di sentire girare delle trottole… – rispose Yuri a bassa voce, asciutto – Basta che fai silenzio. Ivan, Serj, provate voi? –

 

I due compagni annuirono. Katia, stiracchiando un sorriso, si sedette su una panca in un angolino, mentre Boris si appoggiò sbuffando al muro.

 

“Poi dicono a me che ho brutti modi!”. (E’ Yuri, come vuoi  che parli? NdAutori – Molto gentili… -___-** ndYuri).

 

- In posizione! –

 

- Stavolta ti disintegro, Serj! – disse il ragazzino spavaldo, tirando fuori il caricatore (Aaaargh, il ritorno del kalašnikov di Ivan @__+!!! NdRia_esaltata – Il bambino col kalašnikov, il bambino col kalašnikov!! ndJM – Che rompiballe ‘sti 2 -____-**… ndNeoborg).

 

- Tzs… Provaci! –

 

- 3… 2… 1… Pronti… LANCIO!!

 

I due ragazzi mandarono all’assalto i bey con una potenza inaudita, generando una marea di scintille.

 

- WYBORG!! –

 

- SEABORG! –

 

I bey continuarono a ruotare per lunghi minuti, all’apparenza in perfetta parità.

Ad un certo punto Katia, che non aveva più aperto bocca per tutto il tempo, si corrucciò appena, come stesse pensando.

 

- Boris… -

 

- Che c’è? – le chiese, un po’ nervoso per quell’attesa troppo lunga.

 

- Tra Serjei ed Ivan… Chi ha il bey più grosso? –

 

Il russo la guardò senza capire.

 

- Serjei… - mormorò, spiazzato da quella strana domanda -  Perché? –

 

Ma Katia non rispose, sembrava troppo presa da qualcosa; strizzando un altro po’ gli occhi si zittì nuovamente, assumendo un’espressione seria.

 

Ma che diavolo combina?”.

 

Nel frattempo sembrava che l’incontro avesse subito una svolta: Seaborg, infatti, sembrava sparito dal campo.

 

- Ma dov’è?! – Ivan prese a scrutare il campo freneticamente, ma non fu abbastanza veloce.

 

- Lo colpirà alle spalle! –

 

- Come…? –

 

Prima che Boris capisse cosa avesse mormorato Katia tra sé e sé, un secco suono metallico lo fece voltare di scatto, in tempo per vedere Wyborg venire sbalzato fuori campo, colpito alle spalle dall’avversario.

 

COSA?!”.

 

- Naaa, maledizione! – borbottò Ivan, raccogliendo il suo bey – Da quando sei diventato pure veloce, bestione?! –

 

- Tzs! – sorrise sbruffone, mettendo via Seaborg – Da quando sono più bravo di te. –

 

I due presero a rimbeccarsi l’un l’altro scherzosamente, ma Boris non li sentiva, rimanendo a fissare Katia con la bocca spalancata.

 

- Peccato, l’ ha battuto per poco… -

 

- … … C… Come hai fatto?!

 

- Fatto che cosa? – chiese ingenuamente lei.

 

- A capire cosa stava succedendo! Ivan non se l’era data che Serjei stava girando attorno a Wyborg, però uno da fuori lo vedeva… Tu come accidenti hai fatto?!

 

La ragazza ebbe un piccolo sussulto, come presa alla sprovvista alla domanda.

 

- B-beh, ecco, io… Ho… Ho solo sentito un bey più pesante che si muoveva in un certo modo e… E… Niente, magari è stato solo un caso… Dai, lascia perdere ^^. –

 

Sorridendo impacciata lasciò cadere il discorso, cominciando a parlare con Ivan, che si era avvicinato.

 

- Avanti, Boris, tocca a te. –

 

Il ragazzo annuì al capitano, staccando lentamente lo sguardo di dosso alla bionda; no, non si era trattato di un caso: Katia aveva capito con esattezza qual’era la posizione dei bey e chi fosse in vantaggio e chi no e per fare questo si doveva possedere almeno un minimo rudimento col beyblade anche se ci vedevi.

Ma com’era riuscita a capirlo lei che era cieca?

 

- Allora, ci sei?! – chiese Yuri brusco, puntando contro il compagno il caricatore.

 

- Eh? Ah, sì... –

 

- PRONTI…?! –

 

- LANCIO!! –

 

Nuovamente sul campo partì un altro incontro, ma Boris non era concentrato: continuava a lanciare attacchi poco efficaci e girovagava distratto per il campo.

 

- Cos’ ha adesso quello scemo? – chiese Ivan a Serjei, sospirando; l’altro fece un segno di diniego con la testa – Tzs, oggi non è proprio in forma… -

 

- Tzs… Dannazione! –

 

- Che ti prende Boris?! – esclamò maligno il suo avversario, mentre Wolborg costringeva Falborg ad indietreggiare – Ti sei rammollito?!

 

Il compagno non rispose, digrignando i denti con rabbia; il rosso ghignò, spingendolo ancora di più. Ad un certo punto si sentì un soffocato squillo di telefono, a cui Serjei andò a rispondere di malavoglia; quando tornò chiamò Katia, dandole due leggeri colpetti sulla spalla.

 

- Cercano te. – le disse asciutto – Un certo Bergen… -

 

Sentendo quel nome la ragazza scattò in piedi come una molla; stando attenta a non inciampare si avviò a passo svelto verso il corridoio, agitata.

 

- Vuoi una mano? –

 

- E’ la stanza qui in fondo vero ^^? Tranquillo Ivan, ce la faccio. - E senza aspettare altro tempo corse via, tenendo una mano sul muro come appoggio.

 

Serjei e Ivan si scambiarono un’occhiata perplessa; anche Boris, voltandosi, si chiese il perché di quella reazione.

 

- NON DISTRARTI, CRETINO!!

 

Con un colpo secco il bey bianco e grigio di Yuri spedì fuori campo l’altro, con la velocità di un proiettile.

 

- NO! –

 

- Tzs… - sospirò deluso, fissando Boris con sguardo severo -  E poi vuoi saltare gli allenamenti… Non duri neanche più un minuto in campo! –

 

Boris lo squadrò da capo a piedi, stritolando Falborg nel pungo, ma Yuri non battè ciglio.

 

- Vedi di rimetterti in riga, poi magari riparleremo di una sfida… Vieni tu, Ivan. –

 

Sentendolo parlare così Boris perse la poca pazienza che possedeva e se ne andò, furibondo, scacciando con un gesto sbrigativo Serjei che provò a fermarlo. Yuri sospirò rassegnato.

 

- Razza di testa calda. –

 

A passo da mitragliere Boris si diresse verso l’uscita, ben deciso ad andare fuori all’istante e a mettere quanta più distanza possibile tra lui e i compagni, più che altro per prevenire risse e colluttazioni troppo accese.

Ad un certo punto però scontrò contro qualcosa per terra, facendo risuonare nel corridoio un lieve tintinnio metallico, stranamente famigliare. Il russo si accucciò un momento, raccogliendo un oggettino rotondo poco più piccolo del suo pugno.

 

“Un bey giallo?”

 

Lo fissò e lo rigirò tra le mani con sguardo scettico, alzandosi: suo non era di certo e neppure dei ragazzi, ma allora? E come c’era finito lì quell’affare?

 

“Aspetta un attimo… Prima io ho fatto questa strada, quando ho portato la borsa a Katia…”.

 

Il moscovita si guardò indietro, sempre più confuso; soprappensiero guardò il disco d’attacco del bey, leggendoci scritto, prima d’infilarselo in tasca, uno strano nome in lettere rosse. Era curioso, ma era scritto solo su un’ala del disco, mentre dalle altre sembrava essere stata raschiata via la vernice: сумрак, oscurità.

 

 

 

 

 

A tentoni Katia era finalmente arrivata; sospirò, forse non era stata una grande idea non farsi aiutare… Con attenzione ispezionò il muro alla sua sinistra, trovando con un po’ di fortuna il telefono.

 

“Sì!”.

 

Tutta allegra si portò il ricevitore all’orecchio, sentendo dall’altra parte un borbottio sommesso; le scappò un risolino.

 

- Signor Bergen? –

 

Dall’altra parte si sentì un tossicchiare sconnesso, quindi l’anziana voce di un uomo le rispose con vivacità, facendola sorridere.

 

- Mia piccola Katia! Come stai?!

 

- Molto bene, grazie ^^. –

 

- Preoccupazione della mia esistenza, ho sentito quello che ti è successo: ti rendi conto di quello che ho passato?! Perché non mi hai avvertito?!

 

- Perché non volevo farla impensierire, signore. – rispose, con tono un po’ dispiaciuto – In fondo non è successo nulla… -

 

- Ma per questo devi solo ringraziare il giovanotto che ti ha aiutata! (“Giovanotto”? ma come parla questo o___-“?! ndBo). A proposito, il tuo albergo mi ha messo in contatto con l’ospedale dove sei stata portata, adesso ti ospitano i compagni di quel ragazzo, vero? –

 

- Sì. – sorrise – Si tratta dei Neoborg, si ricorda che gliene ho parlato, sono una delle squadre che ha partecipato ai mondiali di beybla… -

 

Katia si bloccò, stringendo la cornetta nella mano; dall’altra parte, Bergen sospirò.

 

- Piccola Katia… -

 

- Non si preoccupi, sto bene. Sono sicura che molto presto tornerò a lanciare il mio  ^^! -  l’uomo dall’altra parte non rispose. – Cosa succede, signore? –

 

- … Ascoltami, Katia, avevo intenzione di partire tra un paio di giorni e di venirti a prendere, ormai… -

 

- Non se ne parla! – esclamò, decisa – Lei risparmia già fin troppi soldi del suo stipendio per pagarmi l’operazione, quindi io…! – ma lui la interruppe.

 

- Ascoltami, ho contattato alcune persone lì, a Mosca; purtroppo, quel parente che credevamo ti fosse rimasto non c’è più: ci ha lasciati il mese scorso. –

 

La ragazza trattenne un secondo il fiato: perciò, non aveva più nessuno, se non il signor Bergen…

 

- Capisco… -

 

Nessuno dei due parlò per qualche minuto; Katia sospirò, con fare materno.

 

- Avanti, finisca. –

 

- Come? –

 

- La conosco signor Bergen, quando lei mi ostenta questo silenzio, significa che vorrebbe dirmi qualcosa, ma che non riesce. – lo sentì sospirare con tenerezza.

 

- Ormai mi conosci meglio di quanto mi conosca io… -

 

- Eh, eh ^^. – lui restò in silenzio di nuovo - … Avanti, continui. –

 

- … Detesto essere portatore di notizie sgradite… Katia, non c’è alcun problema per venirti a riprendere, purtroppo. –

 

Lei impallidì visibilmente; prese il telefono anche con l’altra mano, parlando con voce tremula.

 

- Co… Cos’è successo?! –

 

- … Purtroppo, i costi per l’operazione sono ancora aumentati. –

 

- Cosa…? – la voce le si mozzò in gola.

 

- Coi risparmi che abbiamo accumulato non riusciamo a raggiungere quella cifra, ci vorrà ancora molto tempo. – lei tacque qualche istante.

 

- E a quanto… A quanto è aumentata? –

 

- … 50.000 dollari. -

 

Katia si mise una mano sulla bocca, un’espressione inequivocabilmente sconvolta sul viso: il triplo di quello che avevano messo da parte in un anno!

 

“No, non è possibile… Non…”.

 

- Piccola Katia… -

 

- Ho capito… - cercò di darsi un tono abbastanza pacato, per non farlo preoccupare – Stia tranquillo, aspetterò ancora un po’ ^^. Non è un problema!

Piuttosto, se le cose stanno così, appena riesce ad organizzarsi allora venga a prendermi, non posso più gravare sulle spalle di questi ragazzi, poverini ^^! –

 

L’anziano signore non rispose subito, sospirando fiero.

 

- Sei proprio cresciuta… Da quando i tuoi genitori ti hanno affidata a me, dodici anni fa… -

 

- Le persone crescono! – esclamò con finto tono offeso, facendolo ridere – Ormai ho sedici anni, signor Bergen! –

 

- Non fare la furbetta! – strepitò agitatissimo – Sei ancora la mia piccola Katia! –

 

Katia scoppiò a ridere, le faceva sempre tenerezza l’affetto che il suo tutore aveva per lei. Quando si fu calmato lo salutò, promettendo di richiamarlo, e riagganciò il ricevitore, un’espressione molto triste in viso: per fortuna era riuscita a non darlo a intendere al signor Bergen!

Con un sospiro cercò di fare mente locale su dove si trovasse esattamente, poi si diresse pian piano verso la sua stanza, sperando di riuscire ad arrivarci senza prendere qualche botta in giro.

Intanto Boris, che si era casualmente ritrovato dietro la porta e aveva ascoltato tutta la conversazione, tirò nuovamente fuori dalla tasca il bey che aveva trovato, fissando soprappensiero lo stemma disegnato sopra, nettamente in contrasto con la scritta: un piccolo sole arancio.

 

Perciò questo è suo…”.

 

 

 

 

 

Quella sera Katia non cenò coi ragazzi: dicendo di essere stanca era rimasta tutto il resto della giornata nella sua stanza, senza parlare con nessuno.

Boris, che non aveva più aperto bocca neanche lui, più che altro per evitare d’insultare in ogni lingua che conosceva Yuri, stava girovagando per tutto l’edificio, senza sapere cosa fare, ed evitando accuratamente di andare nella zona dove dormiva la ragazza.

 

“Più lontano sono meglio sto!”.

 

Eppure, a forza di girare, si era ritrovato proprio nei pressi della stanza della biondina, dalla cui porta socchiusa usciva una leggera luce giallastra.

 

“A ridagli…!”.

 

Silenziosamente, per poterci transitare davanti senza parlarle, Boris passò di fronte alla camera, ma si fermò a metà percorso, scorgendo Katia, con la coda dell’occhio, seduta sul letto dando le spalle alla porta, col capo chino; si sbagliava oppure stava singhiozzando?

Il moscovita la sentì mandare un lievissimo singulto, passandosi un dito sull’occhio: stava proprio piangendo…

Per un secondo Boris rimase dov’era, scrutandola, ma si svegliò subito, bloccandosi la mano che, contro la sua volontà, stava per bussare alla porta. Che cavolo stava combinando?! Non erano affari suoi quello che passava per la testa di quella lì!

Con uno scatto nervoso si diresse verso la porta ed uscì sbattendola.

Si ritrovò subito immerso nella gelida notte russa, una di quelle notti senza vento, ma con un freddo così pungente da sembrare una lama su ogni centimetro di pelle scoperto, e dove il cielo è talmente pieno di stelle da serrarti il respiro in gola.

Boris prese a camminare lentamente, lo scricchiolio degli stivali sulla brina semigelata a riempire l’aria, senza una destinazione. Stava camminando da circa mezz’ora, quando un manifesto attirò la sua attenzione.

 

GRANDE TORNEO DI BEYBLADE!

Eguaglierà i mondiali!

 

Una sfida prestigiosa, finanziata dal signor Novgorad, che accoglierà tutti i blader che desidereranno parteciparvi.

 

“Tzs, tipico dei privati! – fece con stizza – Danno i soldi a mocciosi che non sanno neanche caricare il bey… Mosse di ricchi per farsi belli davanti ai figli di altri ricchi.”.

 

Schifato stava per andarsene, ma la riga successiva del manifesto lo attirò inspiegabilmente.

 

Al vincitore della sfida sarà dato come premio un compenso equivalente a ben 50.000 dollari.

 

“Quanto?! – allungò la mano verso il muro e strappò il manifesto, rileggendolo di nuovo -   … E’ la stessa somma che…”.

 

Rimase in silenzio, fissando le scritte grigiastre e leggendo le ultime righe.

 

La sfida si svolgerà il giorno 18 aprile presso il palazzo del signor Novgorad a Mosca.

 

Accorrete numerosi!

 

 

 

 

 

Katia si asciugò un’ultima lacrima, lasciando libere a ciondolare lungo il bordo del letto le gambe, che aveva stretto al petto. Quant’era stupida… Era ovvio che un’operazione tanto delicata come quella per permetterle nuovamente di vedere costasse cara!

 

“Però… Tutte le volte… Ogni volta che io e il signor Bergen mettiamo da parte abbastanza soldi per poterla pagare, il costo aumenta… Mi sembra tanto ingiusto…”.

 

Tristemente prese il suo libro, se lo mise in grembo e prese ad accarezzarne la copertina. Doveva smetterla, piangeva come una bambina. Così faceva solamente male a stessa e faceva preoccupare il signor Bergen.

Povero signor Bergen… Da quando i suoi genitori se n’erano andati, quando Katia aveva solo quattro anni, si era preso cura di lei proprio come con una figlia, nonostante i suoi cinquantasette anni suonati; non doveva essere stato per nulla semplice, soprattutto dopo che lei aveva perso la vista a causa di un incidente e Bergen, non disponendo di grosse somme di denaro per pagare il necessario a darle una vita normale lì in Russia, dove allora vivevano, era stato costretto a tornare nella sua terra natia, la Norvegia. Certo, la vita non era mai stata molto clemente, né con lui né con Katia, ma l’ormai sessantanovenne Bergen riteneva che la sua piccola signorina fosse una persona molto fortunata.

Lei non ne era per niente convinta.

Da quando era arrivata a Mosca gliene erano capitate di tutti i colori: prima era stata aggredita, poi aveva scoperto che il parente che cercava, l’unico che dicevano fosse rimasto in vita, era morto… E adesso era bloccata lì, dando un sacco di fastidi a dei ragazzi che neanche conosceva!

 

 “Per non parlare di Boris… Credo proprio che mi odi!”.

 

Mesta ripensò a quel pomeriggio, quando lei ed il ragazzo si erano parlati; pian piano, quasi involontariamente, rivide quello che aveva “sentito” con le sue mani: accennando un movimento delle dita a mezz’aria, per ricordare meglio, ridisegnò nella mente il contorno del viso ovale, il naso un poco aquilino… Arrossì appena appena, imbarazzata, non era per niente un brutto ragazzo… Anzi, era davvero…

No, no, no, che stava facendo?! Si diede due leggeri schiaffetti sulle guance, andiamo! In fondo, mica l’aveva visto per davvero! Magari si stava sbagliando di grosso.

 

 Però… -\\\\\-“.

 

- Ciao… Sei ancora in piedi? -

 

La voce alle sue spalle, improvvisa, fece sussultare visibilmente Katia a cui cadde addirittura il libro dalle mani.

 

- AH…! B… Boris? – balbettò riconoscendolo, chinandosi per raccogliere il volume – C-che ci fai qui? –

 

- Sono venuto a portarti una cosa. – disse asciutto, entrando.

 

- A quanto pare oggi è giornata, eh ^^? –

 

Gli sorrise. Lui non accennò neanche una risposta, poggiandole semplicemente sul palmo una trottolina, quella che aveva trovato nel corridoio.

 

- E’ tuo, vero? –

 

La ragazza rimase in silenzio; sfiorò il bey con mano tremante, trasalendo un poco quando ebbe conferma di ciò che era.

 

- D-dove… L’ hai preso? –

 

- Non l’ ho “preso”! – fece quasi offeso – L’ ho trovato per terra prima, probabilmente è caduto dalla tua borsa… -

 

Lei annuì apatica. Poi, con un gesto nervoso, si strinse il bey al petto, sospirando tristemente.

 

- Ci giochi ancora? –

 

- Ma ti sembra possibile?! – rispose, stranamente brusca – Non ci vedo, come faccio?! –

 

Rimasero in silenzio qualche istante, Boris decisamente sorpreso da quel tono avvilito nella voce di lei.

 

- … No, non ci gioco più, però ci tengo molto… - aprì il pungo chiuso cominciando a far girare soprappensiero un dito sullo stemma – Un tempo adoravo giocarci. Forse un giorno… Io… … -

 

- “Tu” cosa? –

 

Katia richiuse le mani sul bey, facendo un cenno di diniego: era meglio lasciar perdere. Il ragazzo la fissò scettico, poi si alzò, afferrandola per un polso e costringendola a seguirla.

 

- E-ehi, dove mi porti?!

 

- Zitta e vieni. –

 

Katia ebbe un fremito, sembrava arrabbiato, ma come mai? Con lei? Che aveva fatto? Senza chiedergli altro lo seguì, o meglio, fece attenzione a non cadere trascinata dal ragazzo, che si fermò solo dopo una buona manciata di minuti; Katia sentì che erano entrati in una stanza, ma avevano camminato troppo in fretta e non era riuscita a capire quale.

 

- Dove… Siamo? –

 

- Nella sala per l’allenamento. – rispose conciso, allontanandosi da lei; la ragazza rimase dov’era, stringendosi incosciamente il bey tra le mani. – Avanti, caricalo. –

 

- Cosa? –

 

- Ca-ri-ca-lo! – sillabò acido – Sei diventata anche sorda? –

 

Katia tacque qualche istante, poi una rabbia incontenibile le salì per il petto, quasi da farla urlare.

 

- Mi spieghi cos’è questa sceneggiata?! Cos’è, ti diverti a prendermi in giro? Ti ho detto che non posso giocare! – chinò la testa, trattenendo a stento lacrime amare – Io non ci vedo… -

 

- Tzs, finiscila! – sbraitò seccato – Per me sei capacissima di farlo. Oggi sei riuscita a capire quale fra due bey avrebbe vinto solamente ascoltando la loro rotazione, non ci vuole uno studio per lanciare! –

 

- Ma se non vedo il campo, sai, è un po’ complicato! – fece sarcastica, stringendo i pugni.

 

- Oh, insomma! Che nervi che mi fai venire! – urlò, sbattendo un piede per terra – Sei impossibile! Un momento prima tenti di prendere di petto la situazione in cui ti trovi e sei tutta sorrisi, quello dopo invece sembra che il mondo ti sia crollato addosso! –

 

Katia non ribattè, scioccata: non aveva mai sentito Boris parlarle a quel modo.

A dirla tutta, neanche lui sapeva bene perché stava facendo così; l’unica cosa che sapeva era che vederla così afflitta gli faceva saltare i nervi come non mai, ma ancora di più lo faceva infuriare il fatto che non riuscisse a capire il motivo perché si arrabbiasse tanto.

Tra i due calò il silenzio, interrotto solo dal lieve sfregare del nastro di plastica semirigida nel lanciatore del moscovita. Katia tese le orecchie, ma stava facendo sul serio?

 

- Prendi. –

 

Tenendo il lanciatore in una mano, Boris lanciò con l’altra qualcosa dritta in braccio alla ragazza, che lei afferrò faticosamente poco prima che cadesse a terra; lo rigirò nel palmo, titubante, era un caricatore vecchio stile, di quelli formati solo da una scatoletta senza manico.

 

- Forza, lancialo. –

 

Katia rimase dov’era, quasi paralizzata.

 

- Si può sapere perché stai facendo questa cosa?! – lui tirò un sospiro seccato.

 

- Senti, mettiamo le cose in chiaro: il tuo atteggiamento non mi piace per niente, semplicemente per il fatto che non lo capisco, ma sono fatti miei. Però c’è una cosa che mi irrita ancora di più, è questo tuo atteggiamento arrendevole.

 

- Come? –

 

- Come sarebbe “come”?! Mi irrita, mi manda in bestia, va bene?! –

 

- E questo sarebbe un problema mio?!? – fece, scocciata da un lato e sorpresa dall’altro per le parole del ragazzo.

 

- No. – fece asciutto – Però, lasciatelo dire, facendo così non dai proprio una buona impressione di te. –

 

Disse l’ultima frase tranquillo, ma con un tono strano, tanto che la bionda non reagì; prese come in trance il caricatore per il giusto verso, controllando al tatto il nastro, già inserito al suo posto, e le due lamette su cui andava incastrato il bey, inserendosi il suo.

Non voleva farlo, non era per niente sicura di quello che stava succedendo, Boris sicuramente la stava solamente prendendo in giro! Credeva decisamente fosse una persona migliore! Però qualcosa le diceva che il ragazzo non stava mentendo, e questo la portò a posizionarsi per il lancio.

Ma appena sentì Boris cominciare il conto alla rovescia, Katia prese a tremare convulsamente: era impossibile, non poteva farcela, non poteva! Le sue braccia si abbassarono lentamente per qualche secondo, finchè il moscovita non la fermò, con tono calmo e duro.

 

- Sta ferma. Mettiti com’eri prima. Esatto, così – disse, mentre lei si riposizionava – sei precisamente davanti al campo. –

 

Boris contò di nuovo; stavolta, la ragazza tirò il laccio al tre, lanciando il bey circa a tre quarti del campo e facendolo ondeggiare goffamente, quasi senza controllo.

 

- L’ ho… Centrato?! – mormorò, scioccata. A Boris sfuggì un sogghigno divertito, mentre il suo Falborg ronzava in cerchio attorno a сумрак.

 

- Al solito, avevo ragione. –

 

La bionda alzò il viso di fronte a sé, strizzando un poco gli occhi: allora l’aveva fatto per avere ragione?! Di cosa, poi?! Che razza di sbruffone! 

Stava per insultarlo di nuovo, ma sentì il suo bey fare un rumore sinistro, vacillare pericolosamente e dopo pochi secondi, privo di controllo, schiantarsi contro il bordo campo e fermarsi. Boris tirò un sospiro, era durato meno di quanto aveva previsto, evidentemente il lancio era stato molto debole.

 

- Ecco! – ruppe il silenzio, stritolando il caricatore nella mano – Soddisfatto?! Ora puoi anche prendermi in giro o vantarti per averla avuta vinta, basta che ti spicci! –

 

Era furibonda, aveva davvero sopravvalutato Boris, era una persona orribile! Il russo non rispose, guardandola inespressivo; sospirò nuovamente, raccogliendo sia Falborg, immobile a ruotare dove era atterrato, sia сумрак e glielo porse gentilmente.

 

- Credo proprio che tu mi abbia capito male. – disse con tono pacato – Non volevo assolutamente prenderti in giro. tantomeno vantarmi o fare qualcosa del genere, volevo solo verificare una cosa. – il suo tono si affievolì lievemente - Scusa. –

 

Katia ebbe un sussulto, stupita, Boris che si scusava?! Con lei?! No, di sicuro stava scherzando… Eppure il suo tono era dispiaciuto seriamente.

 

- Aaaah, ma che dico?!esclamò sbuffando – Mica ho fatto niente di male! Sei te che sei troppo suscettibile! –

 

Lei rimase in silenzio, lasciandosi sfuggire un leggero risolino, ecco, quello era decisamente più da Boris! Il russo rimase in piedi dov’era a borbottare per qualche minuto, poi prese a rimettere a posto il suo bey e il caricatore con molta calma; attorno ai due scese una quiete innaturale, tanto che il sollievo che la ragazza aveva provato poco prima passò velocemente all’ansia.

C’era troppo silenzio, troppo, lei non riusciva a stare in un posto che non conosceva o dove non poteva orientarsi in quello stato: l’udito era il suo senso principale, non sentire alcun rumore in luoghi come la sua stanza era già difficile, ma adesso che non sapeva dov’era per lei era davvero snervante. Sempre più agitata tese le orecchie e, quando capì dov’era esattamente il ragazzo dal suo respiro tranquillo, allungò inconsciamente la mano verso la manica di Boris, stringendola con tutta la sua forza.

Il moscovita si voltò a guadarla sbigottito, mentre lei, che tremava visibilmente, dovette aspettare qualche secondo prima di rendersi conto di quel che stava facendo.

 

- Ah… - ritrasse velocemente la mano, a disagio, nascondendola dietro la schiena come un bambino colto a rubare caramelle – Scusami, io… N-non volevo… -

 

Lui non rispose, fissandola, perché adesso sembrava spaventata? La sedicenne si morse il labbro, ma era impossibile, perché capitavano tutte a lei?! Per giunta quella figuraccia proprio con Boris, già faceva fatica a capirlo, le ci mancava anche una bella sceneggiata di panico!

Siccome Katia sembrava ben intenzionata a non dire altro, Boris si avviò nel corridoio, dicendole di seguirlo e camminando lentamente perché lei gli tenesse dietro, e la condusse fino alla sua stanza.

Senza che nessuno dei due parlasse la biondina entrò, chiudendosi lentamente la porta alle spalle; rimase lì appoggiata per qualche istante, la testa colma di pensieri che ronzavano vorticosi quasi uno sciame di vespe: perché Boris si era comportato a quel modo, e  così all’improvviso? Non riusciva a dare una spiegazione logica. E poi quella frase…

 

Volevo solo verificare una cosa.

 

Sì, ma cosa? Katia aveva capito che Boris l’aveva quasi “messa alla prova”, ma per quale motivo non riusciva assolutamente a capirlo.

La ragazza si lasciò scivolare fin sul pavimento, sospirando sonoramente, ultimamente stavano succedendo decisamente troppe cose, non vedeva l’ora di tornare a casa! Si alzò lentamente, ma proprio quando stava per andare a dormire un lieve fruscio la fermò lì dov’era; si voltò di scatto, cercando di capire cosa lo producesse, ma il suono durò pochi secondi e poi smise. Istintivamente Katia fece per ignorare il tutto, ma quel rumore era stato troppo vicino per esserlo immaginato: si accucciò davanti alla porta, era quasi sicura, anzi certa, che “qualcosa” fosse scivolato per terra. E infatti, muovendo lentamente le mani sul pavimento, trovò quello che sembrava essere…

 

“Un foglio?”

 

 

 

 

 

Quella mattina, dopo colazione, Katia se n’era rimasta seduta al tavolo, continuando a sospirare imperterrita e a mandare piccolo sbadigli: ci aveva messo ore ad addormentarsi, un po’ perché si sentiva nervosa, un po’ perché aveva continuato a chiedersi cosa potesse essere quel foglio che aveva trovato. Certamente era stampato o scritto, perché sentiva l’odore dell’inchiostro e, ancor più sicuramente, non era finito sotto la sua porta portato dal vento.

 

- Ciao! Che ci fai ancora qui? -

 

Assorta nei suoi pensieri Katia non si accorse subito di Ivan, che entrò baldanzoso nella stanza.

 

- Ciao. Nulla di particolare… - biascicò, mezza addormentata – E’ che stanotte non ho dormito molto bene… Ma tu come mai sei tornato di qui? Non vi stavate allenando? –

 

- Beh, sì, solo che… Boris è sparito di nuovo, così Yuri mi ha mandato a cercarlo. (gocciolone) -

la ragazza annuì – Però qui non c’è, è meglio che mi muova a trovarlo se no… -

 

- Aspetta un attimo…! – s’illuminò, fermandolo poco prima che uscisse – Mi faresti un favore? –

 

Il ragazzo annuì. Katia gli porse il foglio che aveva trovato e si riappoggiò al tavolo, non appena Ivan l’ebbe preso.

 

- L’ ho trovato ieri. – fece, facendo finta di niente – C’è scritto sopra qualcosa? - 

 

Ivan assentì nuovamente e prese meccanicamente a leggere il foglio ad alta voce; Katia l’ascoltò distratta, sobbalzando solo quando il russo arrivò alle ultime righe.

 

- “Al vincitore della sfida sarà dato come premio un compenso equivalente a ben 50.000 dollari…” –

 

- Quanto?! – sobbalzò, trattenendo il fiato con un singulto.

 

- Sì, è proprio una bella cifretta… - borbottò, senza accorgersi dell’espressione sconvolta della bionda – Ma è un classico, nei tornei organizzati dai privati. L’unico che vedrà questa cifra è ‘sto signor Novgorad. E’ tipico: organizzano queste competizioni, atteggiandosi a grandi uomini generosi, e poi fanno in modo di non perdere i soldi. Probabilmente vi parteciperà il figlio, o qualcuno che è d’accordo con lui; non corrono neanche il rischio di fallire perchè chi partecipa a questa roba solitamente sono solo mocciosetti incapaci. –

 

- S-sì… - mormorò, le mani che tremavano lievemente sulla base del tavolo.

 

- La gente che organizza questi tornei il novanta per cento delle volte non tiene in alcuna considerazione il bey; per loro è uno strumento per arricchirsi o per mettersi in luce, lo valorizzano quanto una scarpa vecchia! Disgustoso, non trovi? – Katia si lasciò sfuggire un sospiro affettuoso sentendo il tono amaro di Ivan, si vedeva che amava molto il bey – Però vorrei sapere come c’è finito questo coso qui dentro, non so proprio… -

 

- Quello è mio. –

 

Sia la ragazza che Ivan si voltarono di scatto, mentre Boris entrava con calma nella stanza; il compagno lo fissò accigliandosi.

 

- Tuo?! E che ci facevi con un manifesto di un torneo privato di bey?!

 

- Ah, parli di quello? – disse, con noncuranza – Non lo so, l’avevo notato l’altra sera, quando sono uscito a fare un giro; l’ ho preso senza pensarci, ero un po’ soprappensiero e me lo sono infilato in tasca.

L’ hai trovato tu? –

 

- Ma ti pare?!fece irato – L’avessi trovato io a quest’ora l’avevo già buttato! –

 

- L’ ho trovato io. – intervenne Katia atona, la testa girata verso il punto in cui sentiva Boris parlare – Ieri sera, sotto la mia porta. –

 

- Capisco… Probabilmente mi è scivolato. –

 

- Potevi sbarazzartene subito…! – sbuffò Ivan, convinto delle parole dell’amico.

 

Katia, invece, non si era per nulla bevuta quella frottola; Boris non aveva casualmente tenuto quel manifesto, né tantomeno quello era finito casualmente nella stanza della ragazza: era stato lui a mettercelo, ne era convintissima, ma non capiva perché.

Beh, era quello che avrebbe scoperto.

 

- Ti spiace se ti rubo Boris ancora un minutino, Ivan? – sorrise la ragazza alzandosi – Dovrei dirgli una cosa. –

 

Ivan, che stava cominciando a litigare con Boris perché era sparito nuovamente ed era toccato a lui andarlo a cercare, annuì, un po’ sorpreso; mai certamente quanto l’altro russo, che però andò dalla bionda senza fiatare.

 

- Rispediscicelo subito però! – disse uscendo – O Yuri mi scuoia vivo. –

 

- E cosa sono, un pacco postale?! (gocciolone) – bofonchiò a denti stretti.

 

- Tranquillo ^^. – disse al ragazzino, sorridendo.

 

Quando Ivan se ne fu andato, Katia si mise in piedi, sbattendo forte il palmo della mano sul tavolo. Sembrava abbastanza arrabbiata.

 

- Si può sapere a che gioco stai giocando?! – disse fredda, stringendo i pugni. Sì, decisamente era arrabbiata.

 

- Nessun gioco. – rispose tranquillo.

 

- Allora cosa vuoi?! – sbottò esasperata, spingendo più lontana la sedia dalle sua gambe – Prima mi eviti! Poi di punto in bianco ti metti a ronzarmi attorno non so perché e mi chiedi addirittura di lanciare un bey! A me! E infine quest’affare! Allora?! –

 

- Uno: evita l’espressione “ronzarmi attorno”, mi sento un maniaco; Due: mi sembrava di averti già detto che non mi piace il tuo atteggiamento. –

 

- Tanto piacere! – sibilò; poi tentò di calmarsi un istante - Se proprio vuoi saperlo, questo è l’unico modo che conosco per affrontare la situazione. –

 

- Appunto, “affrontare”. – disse deciso – Ma ho come la sensazione che questa cosa non serva a molto, almeno, non in certi momenti. –

 

Lei rimase dov’era, le labbra socchiuse in un’espressione un po’ stranita.

 

- Inoltre… Ho l’impressione che il premio possa servirti, vero? –

 

Sentendo quella frase Katia capì e strinse i pungi, indignata.

 

- Hai origliato la mia telefonata! Razza di…! –

 

- Uou, uou, uou! Non ho origliato! – esclamò subito – Ero in zona e mi ha incuriosito il discorso, tutto qui. –

 

- “Tutto qui”?! Ma che razza di… Bah, lascia perdere! – sbuffò, scostandosi nervosamente la frangetta – Mi dici insomma cosa vuoi fare?!

 

Boris fece un sorrisetto furbo.

 

- Ho una proposta da farti. –

 

 

 

Katia sedeva sul suo letto, stropicciandosi nervosamente il bordo della maglia ed ascoltando il vento, fuori, soffiare violento e sferzare l’ex-Monastero. Ma perché si era messa in quella situazione?!

Quando il ragazzo si era offerto di allenarla in modo che potesse di nuovo giocare col bey,  l’urlo che la bionda aveva lanciato avrebbe dovuto risvegliare anche i morti tanto era stato forte, ma Boris non aveva battuto ciglio.

 

- Ho idea che tu possa diventare una blader davvero in gamba. – aveva risposto piatto – Ovviamente da sola non ce la puoi fare, e io sono proprio curioso di vedere cosa potrebbe venirne fuori. Allora che mi dici? -

 

Katia non aveva ancora capito perché gli aveva detto di sì, forse perché anche lei, come Boris, era curiosa di scoprire se anche un blader cieco era in grado di giocare, con un allenamento adeguato? Oppure era stata la notizia di quel torneo privato a spingerla ad accettare? Non ne era sicura, ma non era questo l’importante. C’era qualcos’altro adesso che agitava la biondina: e se l’idea di Boris si fosse rivelata un fallimento a causa sua? Katia aveva da tempo capito che il moscovita non era propriamente dotato di quella dote chiamata pazienza, ma temeva comunque una sua reazione.

Il perché poi, non lo sapeva.

Un bussare leggero la fece alzare di scatto dal materasso, era già lì? Deglutì a vuoto, andando ad aprire lentamente la porta.

 

- Vieni? –

 

Lei annuì con più decisione. Boris si mosse di un paio di passi, controllando che Katia riuscisse a seguirlo, poi s’incamminò per un corridoio che la ragazza era sicura non aver mai attraversato, e per non perdersi fu così costretta ad avvicinarsi di più. I due camminarono a lungo, tanto che Katia perse la cognizione del tempo, il silenzio interrotto solo dal loro incedere ritmato; seguendo le indicazioni sporadiche del moscovita la ragazza continuò ad avanzare finchè non avvertì la parete a cui teneva appoggiata la mano farsi all’improvviso liscia come il vetro.

 

- Ci siamo. –

 

Katia sentì Boris aprire una serratura che, a giudicare dal rumore, doveva essere decisamente arrugginita. Il ragazzo spalancò una porta molto pesante ed entrò in una stanza semicircolare con le pareti lisce, come quelle del corridoio attiguo.

 

- Dove siamo? –

 

- In una vecchia sala per l’allenamento; la usava il vecchio proprietario… – si bloccò un secondo, ricordando con rabbia chi fosse l’ex-proprietario, poi riprese con fare sbrigativo – Credo. In ogni caso, l’ ho scelta perché è completamente insonorizzata. –

 

- Insonorizzata…? – il russo annuì; solo allora Katia si accorse che il rumore della bufera che stava nascendo era scomparso nel nulla.

 

- Beh, se la tua tattica di gioco si basa sull’udito, direi che è meglio non avere interferenze esterne, che mi dici? –

 

Lei sorrise lievemente; rapidamente preparò il suo bey nel caricatore che Boris le aveva dato il giorno prima, tenendolo forte nella mano, e si preparò a lanciarlo seguendo le indicazioni del moscovita. Appena le diede il via Katia lanciò  e, sebbene un po’ instabile, questo si piazzò preciso in mezzo la campo.

 

- Bene. Non ci siamo ancora molto nella posizione, però… -

 

- Ehi, non pretendere troppo! – ironizzò lei, sorridendo; Boris si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.

 

- Che vuoi, sono un insegnante esigente. Ora prova a farlo muovere per il campo. –

 

- Eh?! – ebbe un piccolo sobbalzo, non era un po’ presto?! Aveva centrato a malapena il Bey Stadium… - O-ok… -

 

Сумрак ondeggiò per alcuni istanti sul posto, quindi descrisse un  piccolissimo cerchio traballante, partendo poi a ruotare a spirale sempre più insicuro, finchè non si fermò.

 

- Uhm, niente male, anche se il colpo non era molto forte, davvero niente male! – disse sorpreso, raccogliendo  per la ragazza.

 

- Grazie… - rispose appena, prendendo la trottola che Boris le porgeva; la strinse nel pugno, senza poter fare a meno di sorridere: dopo tanto tempo, era riuscita di nuovo a lanciare сумрак!

 

- Mi sembri contenta. –

 

- Lo sono ^^! –

 

- Ecco, - fece un po’ pungente, indicandola – quella faccia è decisamente meglio di quella depressa che avevi ieri; non un gran miglioramento, ma sempre meglio! -  

 

Katia però parve ignorare il tono mordace del ragazzo e lo ringraziò, sorridendo gentilmente; sembrava essersi abituata alla sua linguaccia lunga.

 

- Senti Boris… Secondo te, se miglioro abbastanza, un giorno potrei riuscire a gareggiare quasi normalmente? –

 

- E che ne so? – rispose con sufficienza – Dipenderà dal tuo allenamento. –

 

Lei sorrise decisa.

 

- Ho capito. – si portò il pugno in cui stringeva il bey al petto – Ascolta, tu mi alleneresti per qualche tempo? –

 

- Forse… Perché? –

 

Ma conosceva già la risposta, anche se era decisamente stupito che lei lo proponesse così presto.

 

- Vorrei vincere il premio di quel torneo. –

 

 

 

Una volta presa la sua decisione Katia telefonò al signor Bergen, dicendogli di non venire a prenderla prima del 18 aprile, a poco più di un mese a partire da quel giorno; per il motivo restò sul più vago possibile, sapeva che il suo tutore non avrebbe approvato una scelta del genere. Lei, però, con quel lancio aveva sentito tornare tutta la sua energia di blader, e se aveva anche una minima possibilità di ottenere quel premio, bene, l’avrebbe giocata!

La cosa, però, si rivelò da subito molto difficile.

Gli allenamenti si svolgevano tutti di sera, in parte perché così c’era più silenzio, in parte perché Boris non aveva alcuna intenzione di farsi scoprire dai compagni, dopo tutte le proteste che aveva fatto riguardo al portarsi Katia sotto il loro stesso tetto, e anzi si sorbiva anche gli allenamenti giornalieri coi Neoborg pur di non farli insospettire, specialmente Yuri.

Per prima cosa Boris insegnò alla ragazza a capire a quanti passi di distanza doveva mettersi dal campo perché il lancio avesse effetto: Katia doveva andare verso il BeyBlade Stadium, darci un colpetto col piede e mettersi alla distanza giusta, ma per impararlo inciampò e sbagliò posizione dozzine di volte, tante che credette che il russo l’avrebbe rispedita nella sua stanza all’istante; invece non fu così, anzi, Boris dimostrò tanta indulgenza quanta neppure lui credeva di averne. Questo aiutò molto la bionda, che nonostante l’alternarsi di cantonate e successi non perse più il suo umore sempre cordiale.

Senza che Boris se ne accorgesse loro due cominciarono ad avvicinarsi. Ormai Katia riconosceva all’istante quando il ragazzo arrivava, capiva ogni sua variazione d’umore dal tono della voce; era strano, ma nonostante ciò a Boris questo non dava fastidio, come non dava fastidio, a volte, doverle spostare la posizione delle braccia per un lancio, o lasciare che gli si avvicinasse troppo quando le faceva sentire un componente fuori posto sul suo bey: era una cosa assolutamente inspiegabile, eppure il russo aveva mal sopportato quella biondina fino a neanche una settimana prima! Figuriamoci l’idea di averla in un raggio d’azione inferiore ai due metri!

Adesso, invece, sembrava tutto cambiato.

Era una tipa strana, non lo metteva in dubbio. Durante gli allenamenti dei ragazzi se ne stava sempre seduta, immobile, composta come una bambolina: rimaneva lì buona e tranquilla, ascoltando attenta (in fondo, anche quello era un allenamento per lei), sorridendo sempre gentilmente, ogni tanto scambiando due parole con Ivan, ogni tanto con lui quando le si avvicinava; a discapito di quanto si aspettasse quella ragazza sapeva moltissime cose e varie volte, non senza un certo impaccio da parte del russo, si ritrovò a spiegargli qualcosa.

L’unica cosa che nessuno poteva spiegare a Boris era però il motivo di certi suoi nuovi comportamenti.

Più di una volta, inspiegabilmente, si ritrovò a fissarla, da distante, mentre lui si allenava con gli altri, e ormai aveva impressa nella mente la sua immagine come fosse incisa e la cosa gli dava decisamente un po’ fastidio. Eppure anche questo, come averla sempre attorno, forse per i suoi modi un po’ adulti, forse per qualcos’altro, stava diventando una cosa naturale, quasi inevitabile.

E, chissà perché, non gli sembrava una cosa così malvagia.

 

 

 

 

 

Una mattina Boris si alzò prima del solito, solo la luce bianco-azzurra della notte che scompariva illuminava fiaccamente il cielo e rifletteva le sue ombre lunghe nel corridoio. Il russo tentò più volte di riaddormentarsi, ma vedendo gli scarsi risultati si alzò svogliatamente e attraversò sbadigliando il corridoio, dirigendosi verso la stanza di Katia: gli aveva chiesto di fare qualche allenamento al mattino, giusto perché così entrambi potessero guadagnare un’ora o due in più di sonno la sera.

Finendo di sistemarsi i lacci del giubbotto arrivò davanti alla porta e ci bussò sopra tre volte con decisione, ma non rispose nessuno.

 

“Magari è troppo presto… Forse è meglio che mi faccia un giro…”.

 

Alla fine, però, decise che, se era sveglio lui, doveva esserlo anche la sua “allieva” (Nn c’è proprio voce in capitolo, eh? -___-“” ndRia – Taci, autrice incapace! ndIvan – Parli così sl xkè a te le ff nn le fa mai nessuno, cattivo ç___ç***! ndRia – Vogliamo continuare x favore -____-“””””? ndBo). Con noncuranza girò lentamente la maniglia della porta ed entrò, ma vide solamente una stanza vuota.   

 

“Dove diavolo è finita?!”.

 

Non erano molti i posti in cui la ragazza riuscisse ad andare senza un aiuto, se non la cucina, la sua stanza e le sale degli allenamenti. Boris prese a cercarla un po’ seccato, ma stranamente non la trovò da nessuna parte: se ne stava fermo nel corridoio, sbuffando platealmente e cercando di capire dove diavolo potesse essere finita, quando sentì la porta d’ingresso sbattere per il vento, segno che era rimasta aperta; stizzito fece per chiuderla, quando si accorse che, proprio di fronte alla soglia, c’erano delle impronte fresche nel sottile strato di neve, caduto durante la notte.

Tombola, ecco un posto dove non aveva cercato!

Sospirò un po’ stufo, dirigendosi verso un vecchio e basso pino rosso, che cresceva a pochi metri di distanza da lì: sotto di esso, comodamente seduta con le gambe raccolte, c’era proprio Katia.

 

- Boris…? – chiese sorpresa, sentendolo – Buongiorno ^^! –

 

-Giorno… (Sempre loquace pure tu… -____-“” ndRia) – disse sedendosi vicino a lei – Che ci fai qui già a quest’ora? –

 

- Mi sono svegliata prima ^^. – sorrise allegra – Poi, visto che ormai riesco ad arrivare qui da sola e dato che mi piace l’arietta che si sente al mattino presto… -

 

- Vuoi dire questo gelo da piena Siberia? – chiese sarcastico, soffiando una grossa nuvola di condensa – Sei per caso un pinguino (gocciolone)? –

 

- Eh, eh non mi pare! – rise calorosamente – Mi piace solo la sensazione della neve sotto di me e quest’albero qui, anche se non lo vedo: ce n’era uno uguale di fronte a casa mia quando abitavo qui a Mosca… -

 

- Vivevi a Mosca? – le chiese, sorpreso dalla notizia – Non me l’avevi mai detto. –

 

- Beh… Non credevo t’interessasse e… Non volevo annoiarti, tutto qui. – sorrise un po’ impacciata.

 

Il moscovita fece un grugnito d’assenso, ma quella frase gli lasciò addosso una strana sensazione, come un inspiegabile desiderio di conoscere meglio la ragazza. A pensarci bene, c’erano molte cose di lei che ignorava: lui non era certamente il miglior interlocutore del pianeta, ma neanche Katia parlava molto di se.

I due rimasero in silenzio, mentre Katia prese a frizionarsi le braccia raccolte al petto per il freddo.

 

- Sarà meglio rientrare… - disse, vedendola di sottecchi.

 

- Oh no, aspetta ancora un attimo – lo pregò, allungando una mano di lato come per fermarlo – Tra poco dovrebbe albeggiare, vero? –

 

Boris la guardò, sospirando, e si risedette comodo, fissando i tetti di Mosca in lontananza.

 

- Lo sta facendo proprio adesso… -

 

Katia voltò il viso di fronte a se e raccolse le mani al petto, con fare impacciato.

 

- Non è che… Mi descriveresti com’è? -

 

Il russo, benché sapesse che lei non poteva vederlo, si voltò a guardarla come se di colpo fosse diventata scema: ma che razza di richieste gli faceva?!

 

- E che dovrei dirti?!disse un po’ stizzito – E’ un’alba, accidenti… C’è del rosa, del giallo (è dorato, scemo! >___-“ ndRia – Lo dici tu qsto -____-“” ndTutti)… Che c’è da dire?! –

 

Poi si zittì, aveva usato i suoi solito modi finissimi… Eppure Katia non smise un istante di sorridere, come se la cosa fosse normale, o ci fosse abituata. Sì come se… Lo conoscesse da sempre.

 

- E’ bellissima, vero? – lui guardò prima lei poi il paesaggio che aveva davanti, quindi fece un mezzo sorriso.

 

- Sì… -

 

- Lo immaginavo ^^. – Boris rimase un istante in silenzio – Non preoccuparti, per prima, non è successo niente! Lo so che tu sei fatto così. –

 

Un'altra, piccolissima frase, sufficiente per metterlo in difficoltà.

Perché?

Come riusciva ad essere sempre così? Lui non ci riusciva… Lei guardava nel cuore della gente, senza paura di quel che avrebbe potuto trovare. Non le interessa? O forse accettava tutto? Perfino lui, con quel suo modo di fare…

Boris fissò la ragazza, doveva essere lì già da un po’, perché le guance erano di un bel rosa carico per via del freddo, come la zona attorno al naso; quasi meccanicamente allungò la mano verso la parte gelata e la sfiorò con un dito.

 

- Sei davvero scema… Senti qui, sembri un cubetto di ghiaccio… -

 

Katia si lasciò sfuggire un risolino, facendo per allontanarsi e ordinargli di non prenderla in giro, ma invece sentì solo entrambe le mani del ragazzo avverarle il viso e voltarla.

 

- Eh…? –

 

Non so perché lo sto facendo ora.

Francamente, non m’interessa.

Non m’importa neppure come reagirai.

Non adesso.

Voglio solo avvicinarti a me… Solo un attimo…

Vorrei sentirti più vicina, solo un secondo.

Perché vorrei capire.

Tu sei riuscita a vedermi dentro, ma io no. Perché?

Perché non riesco a raggiungerti?

Forse non posso, perché sono diventato così col tempo.

Però…

Anche se fosse…

Per un secondo, anche meno… Voglio avvicinarti a me.

Perché non sopporterei più di vederti come quella volta… Quand’eri da sola nella tua stanza…

Piangevi, vero?

Da sola… Non voglio vederti più.

 

Non m’importa come reagirai, solo per un attimo.

Anche se sto sperando… Con tutto il cuore…

Non allontanarmi da te.

 

Boris riaprì lentamente gli occhi verdi, allontanando la sua bocca da quella di lei e pronto ad ogni reazione: Katia però non si mosse di un centimetro, le dita intirizzite affondate nella neve, scossa da brividi leggeri. E non era certa fossero dovuti al freddo.

Il ragazzo allora le scostò delicatamente la frangetta e le sfiorò la fronte con un altro bacio, tenendola per le spalle; lei continuò a tacere, ma sorrise, le guance ormai amaranto, poggiandosi sul petto del ragazzo. Per la prima volta non la spaventava né il silenzio attorno a lei, né il fatto che le sue dita gelate non sentissero niente sotto di se: si sentiva così tranquilla e felice lì stretta a Boris, che credeva di poterci restare per sempre.

 

- … … Perché?… -

 

Boris impiegò qualche secondo a capire la domanda, preso alla sprovvista; però era normale, dopo il modo in cui l’aveva trattata per tutto quel tempo… Guarda cos’era successo!

 

- I-io… - “Fantastico! D’accordo, i casi sono due: o qualcuno mi ha riprogrammato il cervello mentre dormivo (nn che ci sia molto da riprogrammare XP ndRia), o sono diventato scemo del tutto! Eddai, che ci vuole a dirlo?!”.

 

Un’epica battaglia contro il suo orgoglio, ecco cosa ci voleva! Non era sicuro di vincerla…

 

- … .. Bene… -

 

- Come? –

 

- Ti voglio bene. – mormorò, soffocando la voce contro il giubbotto del ragazzo – All’inizio… Credevo fosse solo un senso di gratitudine per avermi salvata, ma poi… Ho cominciato davvero a volerti bene. – si lasciò sfuggire una risata imbarazzata – E’ assurdo, vero? –

 

Dal ragazzo non venne nessuna risposta; per un secondo, Katia si pentì delle sue parole, finchè non si sentì cingere dalle sue braccia. Sorrise.

Rimasero lì finchè il sole non sorse del tutto, quando finalmente Boris si alzò e, presa la mano alla ragazza, tornò dentro con lei, giusto poco prima che gli altri si alzassero.

 

 

 

 

 

Nei giorni che seguirono i due continuarono gli allenamenti senza proferirne parola con nessuno di quel che era successo, dopotutto gli altri non avevano notato niente di diverso: Boris spariva dopo gli allenamenti di squadra e Katia restava nella sua camera (o almeno lo pensavano), l’unico avvenimento fuori dal comune era che il moscovita non guardava più in modo bieco la ragazza e non tendeva più a trattarla sgarbatamente, anche in maniera plateale, ma dopo poco pensarono che lui si fosse abituato a quella presenza e si fosse calmato.

Maestro e allieva, però, avevano ora un altro problema. Era vero che erano riusciti a far prolungare la permanenza di lei in Russia parlando con Bergen e che gli altri non avevano detto nulla per poco più di tre settimane, ma il torneo era ancora lontano e certo lei non poteva restare lì a vita senza dire nulla, come l’avrebbero spiegato ai compagni?

Il blader del falco decise di parlare prima con Yuri, così andò agli allenamenti un po’ prima sperando di trovarlo da solo: fortunatamente le cose andarono così.

 

- Come mai il nostro ribelle è così puntuale? –

 

- Non rompere. – rispose seccato Boris – sono qui per chiederti una cosa. –

 

- Dimmi, sono qui. –

 

- Ecco… - cominciò titubante – Katia può rimanere qui ancora per un po’? –

 

- Per me non ci sono problemi. – tagliò corto - …e penso che non ce ne siano nemmeno per Serjei e Ivan. Ma… - continuò sospettoso – come mai sei stato proprio tu a chiedermelo? Credevo che non sopportassi la ragazza. –

 

Il compagno non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo.

 

- Non è che per caso stai allenando Katia in vista di quel torneo privato? – proseguì come se fosse ovvio saperlo, con fare sarcastico – E non è che la alleni proprio nella stanza insonorizzata? -

 

Boris rimase un istante ammutolito, sbiancando.

 

- Ma tu come…?!

 

- Ho i miei metodi. – fece tranquillo.

 

- Beh io… Sì la sto allenando. – ammise recuperando il solito carattere deciso.

 

- Mi chiedo solo cosa ti abbia spinto a occuparti di lei… - disse quasi tra se e se, dubbioso; Boris sentì un brivido di panico attraversargli la schiena –  Forse…Ho capito: ti piace. – continuò, sempre come se stesse riflettendo - … E magari state anche insieme. -

 

- N-no, aspetta… Guarda che… - lo fissò ancora, non lo stava prendendo in giro; quel ghignetto furbo era inequivocabile – E comunque tu… Come diavolo…?! –

 

- Andiamo, mi hai preso per stupido? – fece stizzito – Boris, ti conosco da quand’eravamo dei mocciosi, pensi proprio d’ingannare me? E comunque solo un idiota non se ne sarebbe accorto.–

 

Il moscovita mosse la bocca senza riuscire a parlare, ma come cavolo faceva?! Era impossibile tenere un segreto col suo capitano! Ma che era, un sensitivo?!

 

E adesso?”.

 

- … … Per me puoi fare come vuoi, basta che non trascuri gli allenamenti. –

 

- Grrrrazie, davvero gentile capitano. – borbottò cupo, ma sorrise di nascosto, ringraziando l’amico per quell’inaspettato gesto “comprensivo”. Yuri sorrise di nuovo, sospirando.

 

Nello stesso istante entrarono nella stanza Serjei e Ivan, pronti per allenarsi assieme agli altri.

 

- Ci alleniamo o no? – chiese il biondo laconico, incrociando le braccia al petto; il capitano annuì.

 

- Ma guarda chi c’è da subito oggi! – sogghignò il quarto membro dei Neoborg, guardando Boris – Ti sei degnato finalmente! –

 

- Evita Ivan, non ho voglia di replicare. – rispose tranquillo.

 

- Uuuh, che atteggiamento arrendevole! – lo schernì, avvicinandosi poi con fare indagatore – Non è che con questo c’entra Katia, vero? –

 

Boris non cambiò espressione, anche se s’irrigidì come un baccalà. Che scemo, era ovvio che il problema non era che lo scoprisse Yuri, che al massimo avrebbe sorriso divertito (ridere sarebbe stato davvero troppo!), ma quegli altri due deficienti.

 

“Aiuto…! (gocciolone)”.

 

- Guarda che l’ ho notato che è un po’ che le ronzi attorno, sai? – ridacchiò con aria furba - Non è che stai prendendo la mia stessa opinione sul suo conto? –

 

Calò il silenzio. Serjei trattenne uno sbuffo che doveva simulare una risata, mentre Yuri sospirò rassegnato; Boris fissò Ivan qualche istante per poi guardare il rosso (con una goccia di sudore grossa come lui che gli spuntava sulla testa ^^””).

 

- … L’ ho detto che l’unico che non poteva accorgersene era un idiota… -

 

Subito dopo l’allenamento di squadra Boris si recò nella stanza della ragazza: una volta raggiunta entrò senza bussare come era ormai solito fare (Della serie: le buone maniere sono all’ordine del giorno… ndRia) e, come sempre, trovò la ragazza pronta per andare ad allenarsi.

 

- Allora, andiamo? – disse lei tranquillamente.

 

- Aspetta, prima devo dirti una cosa. – la fermò serio.

 

- C’è qualche problema? – chiese preoccupata.

 

- No, tranquilla. – le assicurò avvicinandosi – Volevo solo dirti che ho parlato con Yuri e mi ha detto che puoi rimanere finchè vuoi, anche perché… -

 

- “Anche perché” ? –

 

- Ha scoperto che ti alleno e che… - continuò leggermente impacciato – Beh, che… che stiamo insieme… -

 

- C-cosa?! o///o –

 

- Sì, non so come ma lo sa… -

 

- E’ u-un problema per te che si sappia? – domandò a bassa voce

 

Il ragazzo non rispose, si limitò ad abbracciarla e a baciarle dolcemente la fronte.

Katia capì tutto quello che il ragazzo intendeva con quel gesto: ormai lo conosceva, non parlava molto di certe cose e, a dire il vero, non era nemmeno molto capace a esprimerle a parole, ma a lei tutto andava bene così, lo amava perché era così, non avrebbe mai voluto cambiarlo.

Improvvisamente alla ragazza venne un dubbio.

 

- A Serjei e Ivan andrà bene che io rimanga ancora qui? – chiese allontanandosi appena da lui.

 

- Credo proprio di sì, ormai sei come di famiglia per quei due. – sospirò tra il divertito e il rassegnato.

 

- Non scherzare… - disse cercando di mascherare l’evidente imbarazzo, Boris trattenne un risolino – Ehi, non mi prendere in giro! – sbottò lei.

 

I due rimasero in silenzio per alcuni istanti: poi la ragazza si morse il labbro.

 

- Anche Serjei e Ivan… Sanno di noi due? – domandò timidamente

 

- Purtroppo Serjei lo sa… Spero proprio che non lo capisca anche Ivan! – affermò – Non smetterebbe di sfottermi… -

 

Katia non rispose a quella dichiarazione del russo, ma rimase in silenzio con un’espressione tra il serio e il triste: Boris, nel vederla, sorrise facendole una carezza alla guancia, non era ancora abituato all’idea del peso che potevano avere le sue parole per la ragazza.

 

- Anche se lo sapessero e mi deridessero non me ne importerebbe un bel niente – dichiarò serio – Ti amo e non mi vergogno di questo. –

 

Quelle parole spiazzarono la biondina: il ragazzo non le aveva mai detto niente di simile, tanto meno le aveva detto a parole quello che provava.

 

- Anch’io… anch’io ti amo… -

 

I due si scambiarono un lungo bacio, al termine del quale rimasero abbracciati in silenzio alcuni minuti; poi Katia si allontanò leggermente dal petto del ragazzo.

 

- Allora, maestro, andiamo ad allenarci o no? – chiese lei sorridendo

 

- Ok, andiamo. – disse prendendola per mano e conducendola fuori dalla stanza.

 

Percorrendo i corridoi Boris non lasciò mai la mano della ragazza: giunti alla stanza degli allenamenti il ragazzo chiuse la porta pronto a iniziare le lezioni.

 

- D’ora in poi intensificheremo gli allenamenti – sentenziò lui – Vogliamo vincerlo quel torneo? –

 

- Certo! ^^ -

 

 

 

 

 

Passarono altre due settimane. Gli allenamenti per Katia si erano fatti più intensi e lei passava gran parte dei momenti liberi a riposarsi per recuperare le energie, ma non si lamentava mai. Certo, anche se era un insegnate severo, Boris tentava in tutti i modi di non esagerare con lei, ma non era così semplice; infatti, dopo i primi allenamenti nella sala insonorizzata, i due si erano spostati in altre stanze, dove fosse possibile aumentare il rumore circostante: l’incontro non si sarebbe certo svolto in un silenzio di tomba, Katia doveva abituarsi a seguire il suo bey anche in mezzo al chiasso, proprio come faceva per tutte le altre azioni della vita quotidiana.

Tutto questo però era molto stancante e costava alla ragazza un grande sforzo di concentrazione, purtroppo necessario.

Nell’ultimo periodo Katia smise sempre più spesso di partecipare agli allenamenti dei ragazzi. Quando non si presentava, Yuri bloccava Boris con un semplice “com’è?”, a cui il compagno rispondeva facendo spallucce, segno che Katia era solo stanca; allo stesso modo rispondeva alle occhiate oblique di Serjei, mentre Ivan, a cui ormai era stato costretto a dire la verità ( - No! Non tu, non con te, ma perché ç___ç?! -), lo punzecchiava, rischiando ogni qualvolta di venire linciato.

Quando Boris era libero e né lui né Katia si allenavano, trascorrevano il tempo insieme, come sempre; ma l’atmosfera che si respirava tra i due era decisamente diversa: Yuri avrebbe potuto giurare di non aver mai visto Boris così felice, quando parlava con la ragazza aveva un sorriso talmente sincero da sembrare un bambino. (Bleah, come sono sdolcinati XP! ndIvan – Ammettilo che vorresti essere al suo posto ^-^+ ndRia_furbetta - … … -\\-“ ndIvan – Ehm… ^^””” ndKatia - Azzardati… +___+** ndBo – Niente omicidi, prego. ndJM). Era come se tra loro si fosse creato da zero un rapporto nuovo. Boris si trovava anche a parlare del suo passato, anche se sempre in maniera vaga (e Katia, sentendo la sua voce quando si apriva un discorso, non chiedeva più del necessario), invece della ragazza sapeva tutto: di Bergen, dei suoi, morti anni prima in un incidente, della sua vita a Mosca, di quella in Norvegia…

L’unica, singola cosa che Katia non aveva mai detto, era come fosse diventata cieca.

Era vero che Boris non le aveva mai chiesto nulla, ma lei non ne aveva mai fatto neanche un accenno. Eppure, non sapeva perché, il ragazzo aspettava l’occasione giusta per chiederglielo.

 

Successe un pomeriggio esattamente una settimana prima del torneo. Lui e Katia erano seduti fuori dal Monastero, sotto il pino che tanto piaceva alla ragazza; lei stava parlottando animata sul periodo in cui stava a Mosca, stretta dal ragazzo con un braccio.

Ad un certo punto, soprappensiero, Boris le sfiorò palpebre con la mano che le cingeva le spalle, facendola trasalire un istante.

 

- … … Senti Katia… -

 

- Uhm? Cosa c’è?

 

- … Volevo chiederti una cosa. –

 

- Dimmi ^^. – gli sorrise dolcemente, sollevando un poco la testa.

 

Boris tacque un momento, fermando un dito vicino all’occhio sinistro della ragazza.

 

- Questi… Sì, insomma, com’è successo? –

 

Katia non rispose subito. Rimase un attimo ferma, mordicchiandosi il labbro, quindi si appoggiò sospirando al moscovita.

 

- … Quando avevo dieci anni andavo spesso a giocare vicino ad un vecchio palazzo poco distante da casa mia; il signor Bergen mi diceva sempre di non andarci perché era isolato, ma io avevo un amico che se ne stava sempre lì da solo e volevo fargli compagnia. –

 

- Un amico? –

 

- Diciamo così ^^. A quell’epoca mi allenavo tutti i giorni a beyblade e, visto che anche lui ne aveva uno, lo invitavo a giocare con me: aveva sempre un’espressione triste e corrucciata, ma mi sembrava si sentisse un po’ meglio dopo una sfida.

Un giorno, però, non lo trovai; in compenso, al solito posto dove lo incontravo c’erano degli uomini, che appena mi videro mi presero e mi portarono via. Mi trascinarono nel vecchio palazzo giù per delle scale, finchè non arrivò un uomo che doveva essere il loro capo, o qualcosa di simile. – s’interruppe, scossa da un tremito lieve; doveva essere difficile ricordare quell’episodio – Lui mi disse che non avevano intenzione di farmi del male, volevano solamente analizzare il mio bey e il mio gioco e poi mi avrebbero lasciata andare.

Ovviamente era una frottola e lo sapevo, ero davvero spaventata, ma non avevo altra scelta e accettai. –

 

La ragazza si fermò un istante. Boris la fissò, stringendola col braccio, finchè lei non riprese.

 

- Mi fecero disputare un incontro. All’inizio mi sembrava davvero una sfida innocente, anzi non mi stavo neppure chiedendo se fosse normale o meno, volevo solo andarmene; all’improvviso però l’uomo che mi aveva proposto la gara sussurrò qualcosa all’orecchio del mio sfidante e… E… -

 

Katia tacque; si strinse nelle spalle, tremando appena, e Boris le accarezzò delicatamente una guancia: lei parve calmarsi un pochino.

 

- Se non vuoi continuare fa lo stesso, io… - ma la bionda scosse la testa.

 

- E’ tutto a posto. –

 

- … Poi che è successo? –

 

- Non sono sicura, non ricordo molto bene. Sicuramente, dopo che aveva ricevuto l’ordine, quel ragazzo contro cui lottavo lanciò il suo bey e… Mi colpì. –

 

- Cosa?! – Katia annuì e la voce le s’incrinò lievemente.

 

- Fu… Un colpo forte… E preciso. Mi centrò intenzionalmente al viso. Guardandomi con… Quegli occhi…! Freddi e taglienti… Mi vengono i brividi se ci ripenso! –

 

- Però… Tu non hai visto chi è stato? –

 

- No… - disse mesta – Per tutto il tempo il capo ha tenuto il volto coperto e anche il mio avversario ha duellato restando in una zona d’ombra. Oltretutto, dopo il colpo sono caduta battendo la testa e ho perso i sensi; quando ripresi conoscenza ero già all’ospedale.

Era stato quell’uomo a portarmi lì, mi disse che ormai non servivo più nello stato in cui mi trovavo. All’inizio non capii le sue parole, finchè non sentii le bende attorno al mio viso… E mi accorsi che non riuscivo a vedere né lui né altro, se non il buio. –

 

Katia si lasciò sfuggire un singhiozzo soffocato, nascondendosi contro la spalla di Boris, che sentì due lacrime bagnargli le dita.

 

- La cosa… Che mi fa più rabbia… - mormorò a stento – E’ quell’uomo… Così crudele, rise quando scoppiai a piangere terrorizzata perché non ci vedevo, dandomi della “ragazzina”…! Mi chiedo con che scusa assurda sia riuscito a rimanere lì finchè non è arrivato il signor Bergen! E poi… Quel ragazzino, il mio sfidante… C’era, sai? Me lo disse quell’uomo mentre usciva, che era venuto anche lui apposta per deridermi…

Ero… Così furiosa, spaventata… Che mi allungai nella direzione da cui sentivo le voci di quei due e cominciai ad urlare contro quel ragazzino… Urlavo e piangevo, quasi mi gettai giù dal letto… -

 

La ragazza smise di raccontare, lasciandosi solo abbracciare. Ma mentre la stringeva, Boris ripensò un istante all’ultima frase che aveva detto.

 

- … Odio! Sei orribile… -

 

Proprio in quell’istante avvertì un’improvvisa fitta alla testa, che lo costrinse a tenersela con la mano un istante.

 

- Cosa c’è? Stai bene? – chiese preoccupata.

 

- Sì… - mormorò, riaprendo gli occhi – Tutto ok, non era niente. – la guardò, asciugandole le ultime lacrime – Tu piuttosto? Era meglio se non ti chiedevo niente… -

 

- Ma no ^^! – rispose, fregandosi leggermente gli occhi – Era giusto che te lo dicessi. –

 

Allegra lo baciò e si alzò in piedi porgendogli le mani; Boris si lasciò sfuggire un sospiro e la seguì, ma non smetteva di pensare a quel che era successo poco prima, tenendosi una mano alla fronte.

 

“Mi era sembrato… Ma no, mi sarò sbagliato…”.

 

 

 

Il pensiero però lasciò ben presto la mente del moscovita, fino a che non divenne sera: uno strano senso d’agitazione cominciò allora a prendere Boris, e quella notte si rigirò nel letto per ore prima di addormentarsi. Quando finalmente riuscì a prendere sonno avvertì la sgradevole sensazione che quella non sarebbe stata la tranquilla nottata di riposo che si meritava.

 

La prima cosa che vide appena cominciò a sognare fu il bianco: un’immensa, infinita e terrorizzante distesa bianca. A poco a poco, però, davanti a lui si delineò una vista tristemente famigliare, il Monastero della Borg, ma non l’edificio dove viveva ora con gli altri, bensì il monastero di tanti anni prima, la galera della sua infanzia.

Il primo istinto del moscovita fu di allontanarsi all’istante e scappare, ma ovviamente non potè. Era quella la cosa che Boris odiava dei sogni, non potevi gestirli!

Il paesaggio che vedeva cominciò a farsi più nitido e vicino, l’edificio ormai si distingueva perfettamente: i muri austeri s’innalzavano sinistri dalla neve bianco accecante, gelida come il vento che sferzava irregolare il terreno. Esattamente come un tempo lo spiazzo di fronte all’ingresso era spazzato alla perfezione, lasciando intravedere l’acciottolato ben lavorato; il portone arcuato, imponente nella sua grandezza, era abbastanza pulito, ma saldamente chiuso dall’interno, l’emblema della prigione che custodiva.

Il sogno cambiò lentamente scenario, scostandosi lungo il muro ovest: le lesene e i vari artifizi della facciata svanivano, lasciando spazio alla pietra maltenuta e spoglia della parete nord-ovest, da dove, al livello del terreno, facevano timidamente capolino le grate delle prigioni sotterranee. Fu lì che l’immagine del sogno si fermò.

 

- Avanti, non sei ancora riuscito ad aprirlo?! – sbottò la voce roca di un ragazzino – Guarda che sei pesante!! -

 

Sullo spiazzo non c’era nessuno. L’immagine del sogno si spostò ancora un po’, quasi scrutando dietro una finestrella che spuntava dal pianterreno; da dentro si sentivano delle voci soffocate, e le sbarre che chiudevano la finestra… Si muovevano.

 

- E sta zitto! – rimbrottò al primo un secondo mocciosetto che, in piedi sulle sue spalle, tentava di sconficcare le inferriate di metallo dalla pietra – Guarda che non è facile! -

 

- Finitela entrambi! – ringhiò un terzo ragazzino, in piedi dietro ai due, come a fare il palo – Volete che ci becchino?! -

 

La visuale si fece ancor più vicina. Boris sentì di sobbalzare un istante, quello non era un sogno, era un ricordo. E quel ragazzino con l’aria strafottente, che sembrava così concentrato a sradicare le sbarre, era lui a dieci anni, nel suo ultimo tentativo di fuga coi ragazzi, mentre quello su cui stava in piedi, i capelli biondo scuro tutti scompigliati, era Serjei.

 

- Insomma, la smetti di agitarti a questo modo?! – sibilò l’undicenne stritolando le caviglie di Boris in una morsa– Vuoi strangolarmi?! -

 

- Sì, se così potessi riuscire a chiuderti il becco! – il biondo lo fulminò con un’occhiataccia, stringendo ancora la presa, stizzito – Ahio, e finiscila!!

 

- Ma porca miseria, la piantate con questo baccano?!? – gli strigliò velenoso l’altro ragazzino, che altri non era che Yuri – E’ la nostra unica occasione, lo capite o no?! Non la possiamo sprecare! -

 

I due guardarono apprensivi il loro futuro capitano, il viso ancora infantile già segnato dalla fatica e dalla rabbia, incorniciato in un corto taglio rosso sangue. Annuirono.

 

- … Scusa. – borbottò Boris, voltando la testa ai severi occhi ametista dell’amico, troppo duri per un ragazzino di dieci anni.

 

Calò un silenzio ovattato, interrotto solo dal ritmico scrollare di Boris e dallo sfregare contro il muro della tuta di Yuri, che si sporgeva per controllare se il piccolo Ivan, in fondo al corridoio, avesse dei problemi.

Qualche minuto dopo finalmente la grata cedette con un colpo secco; Boris trattenne a stento un urlo di trionfo, poggiando con delicatezza le sbarre su un lato dell’apertura. Sia lui che gli altri fremettero un istante, vedendosi aperta davanti la strada della libertà, ma un rumore sinistro gelò il loro entusiasmo.

Preoccupato Yuri si affacciò dall’angolo, sentendo dei borbottii cupi e dei passi; dopo qualche secondo Ivan, piccolo e gracile nei suoi nove anni, corse nella loro direzione pallido in volto, senza fiato: li avevano scoperti!

 

- Maledizione…! –

 

Trattenendo a stento un tremito nella voce il rosso fece un rapido cenno agli altri due, dando uno strano segno a Serjei, che annuì, e poi schizzò dietro ad Ivan; Boris digrignò i denti, furibondo, ma non riuscì a scendere, perché l’amico lo spinse di peso nel pertugio del muro.

 

- SERJEI! CHE CAVOLO…?!?

 

- Squagliatela almeno te. –

 

E senza aggiungere altro, obbedito all’ordine di Yuri, seguì gli altri. Boris imprecò qualcosa scocciato, pronto a raggiungerli, ma un gruppo di uomini di Vorkof passò proprio in quell’istante davanti all’apertura, costringendolo a rintanarcisi dentro.

Quando quelli se ne furono andati Boris si affacciò titubante verso l’interno dell’edificio, ma tutto taceva; lentamente si voltò e uscì gattonando, trovandosi finalmente all’esterno.

Il ragazzino respirò l’aria gelida, rabbrividendo da capo a piedi e chinò la testa, triste: “Squagliatela almeno te…”, ma che cavolo stava dicendo Serj?! E Yuri, era disposto a restare lì, bastava che un compagno scappasse?! Davvero secondo loro lui poteva andarsene abbandonandoli?!

Furibondo prese Falborg dalla custodia appesa alla cintura: fissò rabbioso lo stemma del Bit-power stritolando la trottola nel palmo, poi la caricò e la lanciò contro la parete; il bey, per il colpo scoordinato, rimbalzò all’impatto finendo violentemente nella neve. Il ragazzino lo raccolse, furibondo, e lo rilanciò ancora. Ancora, ancora, ancora e ancora, finchè ormai esausto e col fiatone, reggendosi a malapena sulle ginocchia tremanti, perse la presa dal lanciatore e lo lasciò cadere a terra, le mani rosse per il freddo e lo sforzo.

Si sedette pesantemente nella neve, fissando il suo bey che giaceva poco distante inerme, il disco d’attacco praticamente fracassato.

 

- Ehi, ma si può sapere cos’ hai combinato?!?! -

 

Inizialmente, sentendo quell’urlo nei suoi confronti, Boris ebbe un visibile sussulto, ma riprendendosi subito quando si rese conto che la voce non era né di Vorkof né dei suoi, bensì di una bambina all’incirca della sua età.

 

- Guarda che hai fatto…! – mormorò scioccata, superando il russo e raccogliendo amorevolmente Falborg – Ma che ti è saltato in mente di trattare così il tuo bey?!? -

 

Lo guardò male, ma Boris sembrò non badarci, anzi, se possibile la guardò ancora più arcigno.

 

Chi è…?

Che strano, non riesco a vedere bene il suo viso…

Ah, ma certo… Se questo è un ricordo, è possibile che qualcosa mi sia più chiaro e qualcos’altro meno…

 

- Ma cosa te ne frega?! È il mio bey e ci faccio quello che mi pare!!

 

Con malagrazia strappò la trottola dalle mani della ragazzina e se la infilò nuovamente nella custodia, sedendosi poi con aria stizzita contro la parete del Monastero.

 

Questo ricordo… Sì, quella volta che abbiamo provato a fuggire…M a chi è quella bambina? Non me la ricordo…! Chi accidenti è?!

 

La visuale del sogno si portò accanto a Boris bambino. Un istante dopo, il Boris del passato e quello sognate del futuro erano diventati un unico corpo.

 

Ci mancava solo questa rompiscatole… Vabbè, ora non è lei il mio problema, ma dover stare qui finchè non sarò sicuro che è tutto tranquillo.

Sicuramente gli altri sono già stati presi e puniti… Accidenti…

- … E ora che cavolo vuoi? – questa ragazzina è ancora qui, ma perché adesso mi fissa con quell’aria seria?

- … Perché te ne stai qui tutto solo? –

- Perché mi va, sparisci! – accidenti che seccatura! Ma perché non ti levi dalle scatole, mocciosa?!

- Non ti ho mai visto da queste parti, sei nuovo?-

- Io ho sempre vissuto qui, rompiscatole, e ora vattene! – ma che vuole questa?! E ora che ha da sorridere?!

- Qui? Ma non ci sono case! – Ovvio che non ci sono case, stupida! Dove le mettevano col Monastero tra le scatole?! – Non dirmi che vivi in questo palazzone, è abbandonato! –

- Ma porca miseria, te ne vai?!

- No, finchè non mi dici perché sei tanto arrabbiato! –

Ma che sta dicendo questa?E’ scema?! Saranno fatti miei, no?

Mi si avvicina ancora, si accuccia davanti a me. Io provo ad ignorarla, magari se ne .

- E’ perché non riesci a giocare bene col tuo beyblade? –

La guardo e scoppio a ridere amaramente, magari non sapessi usarlo il bey!

- Giocare? Io non ci gioco, ci combatto. E comunque sono bravissimo, non è per questo che sono arrabbiato. Ora sparisci, zecca! –

- Sei bravissimo? – fa un sorriso divertito; sta tenendo qualcosa di famigliare in mano – Non ci credo neppure se me lo giuri! –

- Ah no?! – questo è troppo! – Cos’è, vuoi che te lo dimostri?!

Sembra di sì. Mi mostra il bey che, come mi sembrava, ha in mano.

- Non chiedo di meglio ^^! –

Così ci sfidiamo. La prima volta sono nervoso e lo faccio di malavoglia, così non mi concentro. Pareggio, per fortuna, lo ammetto.

Voglio riprovarci; lei accetta, sembra contenta. Una, due, tre, dieci volte la sfido. Pareggiamo sempre.

Le prime volte mi stavo infuriando, invece lei rideva, dicendo che era divertente battersi con me; alla fine ho cominciato a ridere anch’io.

Dopo un po’ abbiamo cominciato a parlare. O meglio, parlava lei. A raffica, mamma mia, ma come si spegne questa?

Però non è male, mi sembra di essere un bambino come tutti.

Non mi accorgo che passano le ore, ma al tramonto lei se ne va via. Parentesi di vita finita, è ora di rientrare per la punizione.

- Domani sei di nuovo qui, vero ^^? –

- Come? –

- Qui ^^! Ti aspetto, d’accordo? Così potremo giocare ancora insieme ^^! –

La fisso senza risponderle, facendo spallucce: sì, sì, brava, speraci…

Ho già la testa quasi nel buco nel muro, quando qualcosa mi colpisce dietro la nuca e finisco con la faccia nella neve.

- Ehi…! – mi volto, quella scema ancora con della neve nel palmo della mano – Ma che cavolo fai?!? –

- Domani devi tornare! – mi indica ammiccando – Non smetterò di venire finchè non mi dirai che ti diverti a giocare a bey ^-^! –

la guardo come fosse matta, ma lei mi ignora e, salutandomi, se ne va.

“… Ma chi è quella? (gocciolone)”.

 

Torno dentro. Appena Vorkof e compagnia mi vedono mi sbattono in una cella, dopo avermi punito per bene. Scontano. Ho solo dieci anni, ma di botte ne ho prese mai tante che ormai non ci faccio più caso.

È di quello di cui parla Yuri che mi agita. Quando vengono a liberarmi e posso tornare nella stanza di noi quattro, gli altri sono già in riunione; non hanno un bell’aspetto, soprattutto Ivan, essendo più piccolo una sberla lo fa ancora piangere, e sinceramente non è molto bravo a fingere di resistere. Come previsto lui è sorpreso di rivedermi, credeva me la fossi filata via; Serjei invece è rassegnato, se lo aspettava. Yuri invece mi strapazza, dice che non dovevo pensare a loro, ma vedendo la mia faccia rinuncia a sgridarmi.

- Lasciamo perdere l’uscita dalla finestra. – dice dopo, serio – Siamo già sotto sorveglianza, se facessimo qualcosa di strano sarebbe la fine. –

- E… E allora? – la voce di Ivan trema un po’; Yuri scuote la testa: “Si resta qui.”.

Restare lì. Rinunciare. Definitivamente. Ma che bella notizia! Sbuffo, saltando sulla mia branda e cerco di dormire; sento gli occhi punti da lacrime di rabbia che eviterò ASSOLUTAMENTE di far uscire, che figura ci farei?

Dobbiamo essere forti. Noi… Siamo i ragazzi della Borg.

Siamo forti per dovere.

 

Passa la notte. Giorno. Dove sono?

Di nuovo davanti a quella finestra… Ho fatto in modo di non farmi vedere… Perché sono qui? Non lo so, mi ci hanno portato le gambe.

Mi arrampico nell’apertura della finestra ed esco fuori; c’è bel tempo. Mi guardo attorno, ma non c’è nessuno.

Che nervi, sono venuto qui senza saperne bene il motivo, rischiando anche guai megagalattici, ora che perlomeno quella stupida di ieri dovrebbe esserci e rendere utile questa cretinata non c’è?! Al diavolo! Decido di rientrare, sono furibondo!

- Ciao ^^! Allora sei tornato! –

Mi volto, all’inizio sono sorpreso di vederla, ma poi le mostro la mia migliore faccia cattiva.

- Ma allora sei venuta sul serio… -

- Certo ^^! – la fisso, ha un bel sorriso… E’ la prima volta che penso che qualcuno abbia un bel sorriso, anzi, è la prima volta che ne vedo uno così sincero – Allora, ti va una sfida? –

Annuisco. Per la prima volta sorrido anch’io.

 

Così il giorno dopo. E quello dopo, e quello dopo ancora. Lei non mi chiede mai il mio nome, io faccio altrettanto. Non è indispensabile saperlo.

Ormai non m’interessa più se Vorkof mi scopre a saltare gli allenamenti e mi punisce, l’importante è che non scopra dove vado.

Sono ancora un bambino, è normale che succeda così: per la prima volta… Ho un’amica… Vera, libera dal mio inferno…

Voglio vederla.

Oggi. Domani e dopodomani.

Ogni giorno l’aspetto, lei arriva sorridendo. Ci sfidiamo, giochiamo, parliamo, lei ride, io sorrido. Sto bene.

Non voglio perdere tutto questo.

 

Oggi mi ha anche scoperto Yuri. Ovviamente mi ha minacciato, dicendo che è una follia continuare questa farsa. Neanche a dirlo, non gli do retta.

Che dica quello che vuole, non m’interessa!

Io voglio rivedere quella bambina…

Voglio che mi sorrida di nuovo. Voglio sentirmi ancora un bambino, solo per un po’. È quello che sono, dannazione!

“Però ho paura… Se lo scoprissero, se la scoprissero… Cosa… Cosa…?”.

 

Quando oggi sono uscito fuori dal Monastero, non c’era. Mi sono seduto contro il muro, probabilmente è in ritardo. D’altra parte lo ero anch’io, quelle schifose delle guardie avevano pattugliato la zona vicino al mio passaggio per ore!

L’ ho aspettata per tutto il giorno, ma non s’è vista. Che strano…

Arriva il tramonto, niente, ormai non arriva più. Rientro, cercando di non fare caso a quella giornata. Magari ha avuto un problema a casa… Sì…

 

- Boris Kuznetov. -

 

Il ragazzino, che si stava allontanando dalla sua “uscita personale”, si voltò a guardare l’uomo alle sue spalle con freddezza, anche se pallido in volto; pregò che il timore per essere stato scoperto non trasparisse fuori.

 

- Ti sta cercando il signor Vorkof. – continuò la guardia, guardando accigliata l’espressione arrogante del ragazzino – Vuole vederti immediatamente. -

 

- Sì. –

 

Obbediente si diresse dalla parte opposta del corridoio, l’uomo alle costole per sorvegliarlo.

Chissà perché Vorkof lo voleva? Vabbè, tanto qualunque cosa fosse stata, non sarebbe stata una scampagnata.

I due arrivarono ben presto di fronte all’ufficio del falso monaco. La porta era lucida e brillava del bagliore tremulo delle luci del corridoio; sentendo la paura cominciare a stringergli lo stomaco Boris prese nella mano tremante la maniglia, ed entrò.

Vorkof sedeva con aria soddisfatta alla sua scrivania, il viso appoggiato alle mani una perfetta e falsa maschera di cordialità; appena vide Boris gli sorrise in maniera per nulla rincuorante, andandogli incontro.

 

- Lieto di vederti, Boris. – disse mellifluo.

 

- Salve, signore. – rispose meccanicamente, più educatamente che poteva. L’uomo sospirò, senza smettere di sorridere.

 

- Mio caro Boris, anche oggi sei sparito nel nulla, non è vero? – il ragazzino chinò appena la testa e il tono di Vorkof s’indurì – Boris? –

 

- Sissignore. – mormorò stringendo i pungi. Il sorriso dell’uomo si allargò.

 

- Sai che adesso ti aspetta una punizione, vero? – il ragazzino annuì, tentando di non tremare – e anche i tuoi compagni, che non ti sorvegliano come si deve… -

 

Boris alzò la testa di scatto, impallidendo.

 

- S-s-signore…! –

 

- La Borg non può avere tra le sue fila elementi deboli. – continuò indifferente – E i forti si possono forgiare solo con duro allenamento e disciplina ferrea! –

 

Sorrise gelido. Boris sentì la bocca seccarsi, voleva rispondere qualcosa, ma non riusciva ad emettere alcun suono.

 

– Certamente tu, che hai saltato tanti allenamenti, dovresti ormai essere tornato debole… - lo guardò dritto negli occhi – O forse mi sbaglio? –

 

Boris provò a sostenere il suo sguardo, fissandolo duramente coi suoi occhi verdi; Vorkof trattenne un risolino, voltandosi.

 

- Parrebbe di sì, dalla tua faccia! O è solo orgoglio? – lo guardò nuovamente – Sapresti dimostrarmi se ho ragione o no? –

 

 

 

 

Una proposta strana, una proposta sospetta. Ecco cos’era ciò che gli aveva detto Vorkof.

Se vincerai un incontro contro un avversario a mio piacere, non punirò nessuno…”. Sicuramente! E contro chi l’avrebbe fatto combattere?! Contro Yuri?! O contro Serjei?!

Certo Boris non aveva molta scelta. Obbediente seguì il suo capo fino ad una stanza, avvolta nella semioscurità; l’unica fonte di luce era un grosso faro, puntato direttamente su un Beyblade Stadium di medie dimensioni, al centro della stanza.

 

- Tieniti pronto. –

 

Il ragazzino annuì. Dalla parte opposta del campo apparve un’altra figura, che inaspettatamente, benché non la vedesse in viso, non era né Yuri, né Serjei o Ivan.

 

- IN POSIZIONE! –

 

Boris obbedì all’istante; il suo avversario, invece, c’impiegò qualche secondo. Nonostante il buio, Boris capì che tremava lievemente.

 

- Non ci sono limiti di tempo, né altre regole a questa sfida. Perde il blader che non mantiene più in gioco il bey. – disse tranquillo – Oh, solo una cosa… Esigo che ci sia il silenzio assoluto. –

 

Boris si voltò, fissandolo stranito.

 

- Ma s… -

 

- Non-un-fiato, ragazzini. – sibilò severo – O passerete dei guai. –

 

Il piccolo moscovita annuì, deglutendo a vuoto.

Al via l’incontro iniziò. Senza troppe cerimonie Falborg cominciò a colpire il beyblade avversario, che risultava difficile da vedere per la luce, che creava riflessi fastidiosi coi lucidi dischi d’attacco.

Fin da subito Boris si ritrovò in vantaggio: con aggressività continuava a colpire l’altro bey, danneggiandolo con foga e colpendolo anche con tattiche sleali. Il ragazzino sentì l’avversario che si stava trattenendo dal protestare, ma a lui non interessava, doveva vincere e basta.

Ad un certo punto sentì Vorkof avvicinarsi al suo orecchio.

 

- Colpisci il tuo avversario. - bisbigliò perentorio – Adesso. –

 

Boris s’irrigidì. Scosse però istantaneamente la testa, che gli succedeva? Che lo volesse o meno, era un blader della Borg, cose del genere erano ordinaria amministrazione.

Si concentrò. Lo sguardo da serio divenne freddo e spietato, mentre accompagnava con un gesto della mano i movimenti di Falborg.

 

“ADESSO!”

 

Con uno scatto improvviso la trottola azzurro ghiaccio scartò quella avversaria, gettandosi verso l’unico punto di ombra totale dell’avversario, e perciò l’unico che gli occhi di Boris, confusi da quei giochi di luci e buio della stanza, riuscivano ad individuare chiaramente: la testa.

La sala fu attraversata per un paio di secondi da un urlo soffocato, che fece sobbalzare Boris; un tonfo, poi più nulla. Richiamando Falborg il russo rimase a fissare la zona d’ombra lasciata dal suo avversario, che non si muoveva più.

 

“Quello… Non è che… Era…?”.

 

 

- Perfetto, Boris! -

Il signor Vorkof mi afferra un braccio, gettandomi praticamente in braccio ad un suo uomo. Questo gli fa un cenno e mi trascina via.

Due minuti dopo sono di nuovo nella mia stanza, anzi, ci sono molto finemente lanciato dentro.

Ammaccato mi rialzo, guardandomi attorno, i ragazzi non ci sono ancora, probabilmente si stanno ancora allenando…

Dolorante mi vado a sedere sulla mia branda e resto immobile per ore. Gli altri rientrano quando ormai la stanza è buia per la notte.

- Dorme? – sento Serj, laconico. Non gli risponde nessuno.

- Boris…? -

- Che vuoi Yuri? -

- Guardavo se eri sveglio. -

- Ora sì. – rispondo seccato.

- Tutto ok?-

- Sì… -

Il mio capitano non dice altro, avviandosi alla sua branda  e gettandocisi sopra a peso morto per dormire. Io faccio altrettanto.

 

Passano due giorni. Non posso più uscire dalla finestrella, Vorkof l’ ha fatta sbarrare di nuovo.

Io però ci sono andato lo stesso ogni momento che potevo, volevo almeno dirle che non potevo più venire…

Ma lei non s’è vista.

 

Il terzo giorno.

 

Il signor Vorkof mi ha fatto venire via dagli allenamenti; mi ha fatto salire velocemente in macchina e mi ha portato in un ospedale lì vicino.

Sono spaventato. Io sto bene, perché dovrebbe portarmi qui? Ho una brutta sensazione…

 

- Avanti, muoviti! –

 

Con voce imperiosa l’uomo fece strada al ragazzino per corridoi vuoti e silenziosi, un lontano cicaleggio faceva solamente da sottofondo ai loro passi. Boris trattenne quasi il fiato, quell’odore di medicina e alcool gli dava allo stomaco!

All’improvviso Vorkof si fermò. Fece cenno al ragazzino di fermarsi e prese a parlare con un medico, entrando poi in una stanza lì accanto. Boris rimase in attesa, obbediente.

Qualche minuto dopo Vorkof, che se n’era rimasto in piedi vicino alla soglia, gli fece cenno di avvicinarsi.

 

- Avanti, perché piangi? – lo sentì dire maligno, mentre si avvicinava; qualcuno, nella stanza, singhiozzava – Sono cose che accadono, nella vita capita di fare cose che non si dovrebbero fare… La tua è stata essere disattenta. -

 

- L’ ha fatto… Apposta… - singhiozzò ancora la voce, molto, molto giovane; Boris tremò – GLIELO HAI ORDINATO TU!!! -

 

- Oh, io ho solo detto al mio allievo di sconfiggerti! Nient’altro… -

 

- BUGIARDO!!!!!! -

 

Quella voce… La conosceva…

 

“No, non è possibile…”.

 

- Oh, ma guarda ci c’è! – riprese Vorkof, vedendo Boris, sempre ostentando quel suo sorriso falso – Perché non fate conoscenza, miei cari? –

 

Quando il ragazzino entrò nella stanza si sentì quasi male.

Dentro non c’era quasi niente. Solo un lettino logoro.

E sopra una persona.

Anzi, una bambina.

Quella bambina.

 

- Ah… ah… - Boris boccheggiò prendendo a tremare convulsamente, non era possibile, non voleva crederci!

 

- Ci sei anche tu lì, vero?! – riprese a sbraitare la piccola, in lacrime, delle bende candide a coprirle il viso da sopra il naso in su.

 

- Oh, sì, ci siamo tutti e due. – continuò calmissimo, mentre Boris, immobile come una statua, guardava quella figurina strepitare, disperata.

 

- Maledetti… Vi odio! – urlò a pieni polmoni – e anche tu… Perché?! Dovevi solo battermi! Sei cattivo, cattivo!! -

 

Boris avrebbe voluto discolparsi, avvicinarsi, chiedere scusa, fare qualunque cosa. Invece rimase piantato lì, mentre Vorkof sghignazzava sommessamente, per poi afferrarlo per la colotta e tirarselo via.

In un moto di rabbia il ragazzino, gli occhi lucidi, fece per voltarsi afferrando il polso dell’uomo come per stritolarglielo, ma quello fu più veloce e gli bloccò la mano.

 

- E questo era solo un avvertimento. – sibilò, lanciando un ultima occhiata verso la porta. La bambina continuava a piangere.

 

- Ti odio, ti odio, TI ODIO! Sei orribile! -

 

 

 

Fu in quell’istante che Boris si svegliò.

Soffocando un urlo si rizzò a sedere, madido di sudori freddi e pallido come un cadavere; con affanno esasperato fissava un punto indefinito del lenzuolo, stritolando quest’ultimo nei pugni chiusi. Si alzò con uno scatto, tremante, e barcollando si diresse rapido in bagno; aperto il rubinetto del lavello Boris riempì il palmo della mano d’acqua e se la schizzò in viso per un ampio di volte senza smettere di ansimare.

Dopo qualche istante chiuse il rubinetto. Il respiro tornò a poco a poco regolare, mentre lui si puntellava con le mani sul bordo del lavandino.

Si guardò allo specchio poggiandoci contro un braccio.

 

- … Non è vero… -

 

 

Boris non dormi più. Vestitosi, era uscito e aveva vagato per mezza Mosca, senza una mèta, finchè non era tornato a casa. Qui, appena entrato, scese meccanicamente per una porta nascosta, una delle tante che portava ai sotterranei ormai abbandonati: in trance raggiunse una delle vecchie celle, appoggiandosi poi svogliatamente alle sbarre di questa, e prese a fissare un punto di fronte a sé.

Non ci poteva credere… Voleva non doverci credere… Ma era stato lui… Tutta la paura che Katia aveva provato, gli sforzi, le delusioni, gli anni di buio… Erano tutti colpa sua…

A far soffrire di più la persona che amava… Era stato lui…

Boris strinse convulsamente la sbarra gelata nel freddo della notte, per poi lasciarsi scivolare a terra e colpire con un pugno così forte il pavimento che cominciò a uscirgli il sangue dalle nocche.

 

- … Maledizione… -

 

Continuò a stringere il pugno, quanto avrebbe voluto in quell’istante svegliarsi nel letto e scoprire che era stato tutto un incubo.

Il sangue gli pulsava dai tagli sulle nocche e l’aria fredda e stantia gli invadeva i polmoni, quello era molto peggio di un incubo… Colpì ancora più forte il pavimento.

 

- MALEDIZIONE! –

 

 

 

 

 

Quando Katia si svegliò il sole era già sorto da un pezzo; mentre si vestiva si domandò stupita il perché Boris non fosse venuto a chiamarla per allenarsi, ma pensò che avesse deciso di lasciar perdere per una mattina, visto che ultimamente erano entrambi molto stanchi.

Una volta pronta aprì la porta della sua stanza e si diresse pian piano verso la sala dove si trovavano i ragazzi, seguendo il ronzio dei bey in movimento.

 

- Katia! – esclamò Ivan sorpreso, quando la vide arrivare – Che ci fai qui? –

 

- Ciao… -

 

- Buongiorno! Ivan, Serj ^^. – disse sorridendo allegra – Per la verità stavo cercando Boris, stamattina ve lo siete rubato voi per caso ^^? –

 

La battuta cadde nel silenzio; i ragazzi fissarono Katia con aria perplessa.

 

- Non era assieme a te? –

 

- … Cosa? – lei scosse un po’ la testa, guardando il biondo confusa – No… -

 

- Quando siamo passati di fronte alla sua stanza non c’era… - continuò Ivan, mentre Yuri la fissava serio – Ed è tutta la mattina che non lo vediamo… -

 

 

 

- Niente da fare… - disse Serj, entrando in cucina – Non c’è da nessuna parte. –

 

Con un sospiro il ragazzo si chiuse la porta alle spalle, andando a sedersi su una sedia tra Ivan e Katia, che se ne stava immobile con aria preoccupata.

Per tutta la giornata avevano cercato Boris, ma sembrava svanito nel nulla; ed era strano, anche se tra i ragazzi erano soliti farsi praticamente ognuno i fatti propri, era raro che uno di loro sparisse così, oltretutto senza motivo apparente. Soprattutto era strano per Boris.

 

- Non possiamo metterci a cercarlo per tutta Mosca – fece Yuri laconico, in piedi a braccia conserte – è quasi il tramonto e… -

 

Nello stesso momento si sentì il portone d’ingresso aprirsi. Katia, sorridendo, schizzò in piedi e si avviò con cautela nel corridoio.

 

- Alleluia, il figliol prodigo! – rise Ivan, aiutando Katia ad uscire. Sorrise di nuovo quando vide l’amico – Ma si può sapere dove t’eri cacciato?! –

 

Yuri invece si fece serio. Non capiva perché, ma la figura di Boris, immobile di fronte alla porta, gli sembrava strana.

 

- Ciao Bo! – esclamò contenta, andando verso il punto da cui sentiva provenire lo spiffero della porta – Ma dove sei stato?! Ero preoccupata!… -

 

Allungò una mano in direzione del moscovita, ma appena lo sfiorò lui la spinse via di colpo, tanto che Katia si lasciò sfuggire un piccolissimo urletto.

 

- Stai lontana. – sibilò, freddo.

 

- Boris…? –

 

- Ehi, ma che fai?! – esclamò Ivan, fissandolo scioccato quanto Serjei. Yuri taceva.

 

- Ho deciso che non ti allenerò più. – continuò secco – D’ora in poi arrangiati. –

 

- MA CHE STAI DICENDO?!

 

Katia era ammutolita. Teneva la testa rivolta verso l’ingresso, immobile, come paralizzata. Boris sembrò non vederla neppure e , senza aggiungere altro, si voltò e uscì con uno schianto della porta.

 

- Brutto… BORIS!!

 

- Katia..?! –

 

Prima che Ivan uscisse e si desse all’inseguimento del compagno, la bionda si era lasciata cadere per terra come un sacco vuoto, continuando a tenersi stretta al petto la mano che il suo ragazzo aveva scacciato.

 

- E-ehi…! – mormorò il ragazzino, inginocchiandosi accanto a lei. Anche Serjei si avvicinò e la guardò, con aria un po’ preoccupata, tremare come una foglia.

 

“Era… Boris quello? – pensò confusa – Quella voce… Tanto fredda era Boris?” – Che gli… E’ successo..? –

 

Yuri fissò accigliato la porta chiusa, scambiandosi un’occhiata coi compagni, per un istante Boris lo aveva sconvolto, aveva uno sguardo gelido e crudele che non gli vedeva da almeno due anni…

Quando era ancora un burattino della Borg.

 

“Boris…”.

 

 

 

 

 

Passò una settimana.

Dopo “l’annuncio” che aveva fatto quel pomeriggio Boris era scomparso: non tornava neppure per dormire o per mangiare, e nonostante i suoi compagni avessero setacciato la città non erano riusciti a trovarlo.

Questo non fece altro che aggiungere preoccupazioni al già provato umore di Katia, che non riusciva assolutamente a dare una spiegazione logica al comportamento del ragazzo. Nonostante questo non volle desistere dall’allenarsi.

 

- Comunque vadano le cose, quel premio è un’occasione troppo vicina e troppo importante per me, non posso vanificare i miei sforzi… Né quelli di Boris. -

 

Lei, infatti, malgrado tutto continuava a credere che ogni cosa si sarebbe risolta e continuava ad avere fiducia nelle parole di affetto che Boris le aveva detto da quando stavano insieme.

Così riprese da sola gli allenamenti, ma senza aiuto per lei risultava molto difficile. Per questo, visto che non aveva la minima intenzione di mollare, Yuri, Serjei e Ivan avevano deciso di allenarla per quegli ultimi giorni.

Arrivò finalmente il giorno del torneo. Aiutata da Serjei, Katia entrò ci ragazzi in un grosso stadio privato, accendendo i mormorii della gente che vedeva i famosi Neoborg assieme a lei.

 

- Mi dispiace di avervi trascinati qui… - mormorò, mentre passava all’uomo che prendeva le iscrizioni i suoi ultimi soldi. (Nei tornei privati di bey di solito ti tocca pagare l’iscrizione… ndRia – l’ hai deciso tu -___o ndTutti – E allora? Qcno stressa +___+? ndRia_armata_di_mitra – Chi? Noi?! Figurati ^^””””).

 

Serjei scosse la testa, grugnendo qualcosa che assomigliava vagamente ad un “lascia perdere”.

 

- No, davvero… - continuò – Vi ho fatto anche perdere quasi una settimana di allenamenti… -

 

- Vuoi farci un favore? – disse atono Yuri senza voltarsi – Allora vinci questa buffonata. –

 

Katia rimase un istante ferma, poi sorrise.

 

- Ecco a lei, signorina. – disse l’uomo del banco iscrizioni, porgendole un tesserino plastificato. Poi la osservò da capo a piedi, lasciandosi sfuggire un risolino di scherno – Ma gareggia lei per davvero? -

 

Katia corrugò le sopracciglia, stritolando il cartellino nel pugno.

 

- Ovviamente… -

 

- Se lo dice lei…  - continuò, trattenendo un sorrisetto.

 

- Chiudi il becco! – gli sibilò contro Ivan, alzando il pugno – Pezzo d’idiota, lei…! –

 

- Basta Ivan. – lo fermò il suo capitano, laconico – Andiamo ora… -

 

Con un grugnito il ragazzo annuì e, fulminato l’uomo, seguì i compagni in silenzio.

I quattro attraversarono i corridoi che portavano alla sala dove si sarebbe svolto il girone di Katia, segnato sul cartellino: i contendenti infatti non erano tantissimi, ma erano stati separati in due blocchi.

Arrivarono di fronte all’ingresso per i partecipanti Katia prese un bel respiro, doveva farsi coraggio: avrebbe dovuto vincere per lei e per gli sforzi di Boris.

 

Anche se si è comportato in quella maniera…” pensò triste.

 

Si riprese subito dandosi dei leggeri schiaffetti sulle guance mentre veniva annunciato il suo nome: uscì accompagnata da Ivan e salì i pochi gradini del campo da gioco tra la sorpresa e i mormorii di tutti, controllò la distanza congedando con un sorriso l’amico, che trotterellò via, e si preparò in posizione di lancio.

 

“Forza!”

 

 

 

Il primo scontro andò a gonfie vele per Katia, il suo avversario non era forte: gli scontri successivi, anche se leggermente più complicati, furono passati senza eccessive difficoltà per la bionda.

 

Sarà dovuto ai suoi allenamenti…- continuò a rimuginare triste, tra un incontro e l’altro. Scosse energicamente la testa, pensare positivo! - Però ora non posso dormire sugli allori, devo assolutamente farcela: manca un incontro e poi sarò in finale.”.

Con la sua decisione e la voglia di vincere e guarire si scrollò di dosso quei pensieri e fissò l'attenzione sugli scontri, non era il caso di deconcentrarsi in quel momento, ormai mancava poco.

 

Così come la ragazza sperava passò la semifinale. Seduta sola negli spogliatoi, si preparava mentalmente per l’ultimo sforzo, senza che nessuno dei ragazzi, che erano scesi dalla balconata, fiatasse neanche, lasciandola tranquilla. Effettivamente Katia era un po’ nervosa, non conosceva il suo avversario, né sapeva chi era, ma aveva solo un obbiettivo: vincere.

Passata la mezz’ora di pausa concessa prima delle finali, Katia andò all’entrata del campo, congedò i Neoborg, che decisero di salire nuovamente sul loggione per assistere all’incontro, e aspettò di essere chiamata dall’annunciatore.

 

- Ci siamo…- affermò con un sussurro la ragazza mentre la voce dello speaker iniziava a emergere tra le grida del pubblico.

 

- Alla vostra destra la prima sfidante, la giovane che ha sorpreso tutti per la sua bravura di blader, nonostante il… - l’annunciatore si fermò un istante, senza sapere bene cosa dire; Katia sospirò seccata, in qualunque modo l’avesse detto le avrebbe lo stesso fatto saltare i nervi – “Problema” che l’affligge… KATIA SARATOV! -

 

Appena l’uomo pronunciò il suoi nome la bionda cominciò ad avviarsi verso la pedana di gioco, tra applausi accennati e qualche mormorio.

Sentendo quel fracasso, dal loggione, Ivan mandò un grugnito.

 

- Tzs, pezzi di imbecilli… Gli brucia di aver perso! – borbottò il possessore del Serpente, adocchiando a bordo campo gli sconfitti, che fissavano Katia con occhi di fuoco: evidentemente non riuscivano a digerire di aver perso contro una ragazza, per di più cieca.

 

- E tu lasciali fare gli imbecilli – disse Serjei monosillabico – che t’importa? Ciò che conta è che ci sia Katia in finale, poi possono protestare quanto vogliono. –

 

- Seee… - si voltò verso Yuri, che aveva una faccia scura davvero preoccupante – Che ti prende? –

 

- Mi sembra strano. –

 

- Cosa? –

 

Lui non rispose e i compagni si guardarono, facendo spallucce.

 

“Davvero strano…”

 

Il russo prese a riflettere, qualcosa gli puzzava: fin dall’inizio, tra gli iscritti, aveva visto il nome di un ragazzo con lo stesso cognome del promotore del torneo, ma quando questo era stato battuto, all’incirca al terzo incontro, tutto era proceduto regolarmente.

Ed era davvero bizzarro, di solito in tornei simili gli iniziatori facevano in modo di intascarsi nuovamente i soldi, perciò i loro “pupilli” arrivavano sempre in finale… Possibile che l’altro finalista fosse qualcuno per cui valeva la pena spendere tanti soldi?!

 

- A sinistra – continuò l’arbitro – il vincitore del girone B, che si è svolto nell’altra ala dell’edificio. Non ci sorprende che questo blader sia arrivato in finale data la sua bravura ben nota! Signori… BORIS KUZNETOV DEI NEOBORG! -

 

Lo stadio rimbombò di un applauso scrosciante, ma Katia non lo sentì: per un paio di secondi la sua testa si sconnesse dal mondo, cosa voleva dire? Che stava succedendo?!

 

- Che… Cavolo… Ci va Boris qui?! – mormorò il blader della Balena, affacciato alla ringhiera della balconata con un’espressione scioccata.

 

- Si è rincoglionito del tutto… BORIS! – sbraitò Ivan a pieno polmoni, invano – CHE CAVOLO TI PASSA PER LA TESTA?!? –

 

Yuri intanto non diceva niente e, dopo il primo stupore iniziale, fissò il campo sottostante tra il serio e il preoccupato.

 

“Boris… Che diavolo hai in mente?”.

 

- Gli sfidanti si facciano avanti! -

 

Katia si scosse, purtroppo non era un sogno… Tremante salì la pedana dello stadio, mentre gli applausi del pubblico si spegnevano in un sottile ed innaturale mormorio. Anche Boris, dall’altra parte, si avvicinò al Beyblade Stadium, senza proferir parola; Katia tese le orecchie, riconoscendo il passo ritmato del ragazzo, e il suo cuore si strinse un poco.

 

“Boris…”.

 

- Mettetevi in posizione! – urlò il commentatore nel microfono.

 

La ragazza si scosse e, deglutendo a vuoto, caricò il beyblade, cosa non semplice visto che le tremavano le mani.

 

- 3… 2… 1… Pronti… -

 

- LANCIO! –

 

Сумрак atterrò un po’ malamente sul campo, ma subito Katia strinse i denti e si concentrò, facendolo girare regolarmente, non poteva distrarsi ora! Il premio restava chiunque fosse il suo avversario, perciò non poteva tentennare.

 

- Avanti! – urlò la bionda decisa.

 

- Non sperarci! –

 

Neppure Boris, però, sembrava intenzionato a non impegnarsi. Infatti, all’ordine Falborg cominciò a colpire сумрак a ripetizione, spingendolo contro il bordo. Katia strinse i denti, sentendo lo stridere degli anelli d’attacco contro il campo, e lo spinse faticosamente via.

 

- Fantastico! – fece entusiasta l’arbitro – Boris non da tregua all’avversaria, ma Katia non sembra voler demordere in alcun modo! -

 

Il pubblico acclamava ed inneggiava, solo la voce distante di Ivan rompeva gli applausi con insulti contro il blader del Falco.

 

- Maledetto bastardo, sta anche giocando seriamente… MA CHE TI PASSA PER LA TESTA CRETINO?! –

 

- Se si fosse trattato di un torneo per cui Katia aveva poche possibilità di vittoria – disse a bassa voce il compagno biondo, quasi tra sé e sé – avrei capito l’iscrizione di Boris, ma questo è un torneo privato ed il livello è molto basso… E poi non ha senso sfidare proprio lei in finale! –

 

Yuri non rispose e continuò a guardare lo scontro con le braccia conserte.

 

- FALBORG! – urlò Boris dal campo, lanciando la trottola all’attacco – Colpiscila! –

 

Katia strinse i denti, mentre tanto lei quanto сумрак, sotto l’onda d’urto, indietreggiarono riuscendo poi a tenersi sul posto faticosamente. Il pubblico trattenne il fiato mentre il bey della bionda sembrava perdere stabilità, anche perchè lei ormai seguiva a fatica le azioni di Boris, sentendosi sempre più confusa e triste.

 

“Boris, cos’è successo? Perché fai così?! Che ti è preso?! Non capisco, non capisco…!” – IO NON TI CAPISCO! –

 

Con uno sforzo immane il bey della ragazza respinse l’avversario, rispedendolo indenne al centro del campo.

 

- Boris, perché?! – mormorò, col groppo in gola – Cosa ti è successo?! Perché ti comporti in questo modo?! – ma il russo rimase zitto e immobile come una statua – E PERCHE ’ NON MI RISPONDI?!?

 

Il ragazzo non battè ciglio, ostentando ancora un duro silenzio, mentre Katia sentiva i due bey cozzare all’unisono: sembrava che Boris avesse desistito dall’impegnarsi.

Grandissimo errore di valutazione.

 

- Scusami piccola… -

 

- Eh? –

 

- FALBORG!! –

 

Anche l’avversaria impiegò un paio di secondi a rendersi conto dell’azione: con uno scatto il bey color ghiaccio si era lanciato contro l’avversario, mitragliandolo di colpi, e con un terribile fendete finale aveva colpito сумрак alla base, scagliandolo come un proiettile fuori dal campo.

 

- E’ FINITA! – urlò lo speaker – Facciamo un applauso al vincitore! -

 

Il pubblico esplose in ovazioni, ma Boris sembrava completamente assente: glaciale guardava il suo bey, nella mano, e pareva ascoltare distante le parole del commentatore, circa la sua premiazione.

Dalla balconata, la reazione era stata molto meno calorosa.

 

- Quel brutto pezzo di…! – Ivan sembrava pronto per rompergli il naso a suon di cazzotti se solo lo avesse avuto a meno di due metri di distanza.

 

Intanto, mentre gli spettatori le concedevano un tiepido applauso di simpatia, Katia riprese il suo сумрак e si diresse come uno zombie verso l’uscita della sala: cosa era successo?  Non ci stava capendo più nulla, non aveva senso! Perché Boris le aveva fatto questo?! Cosa gli passava per la testa?

Con mille dubbi e domande nella mente la bionda raggiunse lo spogliatoio insieme ai Neoborg, che l’avevano raggiunta subito dopo lo scontro: appena si sedette sulla panca scoppiò in lacrime, tutta quella tensione l’aveva distrutta, i ragazzi, inermi, non potevano far altro che assistere alla sua disperazione.

 

 

 

Una volta finita la noiosa e inutile cerimonia di premiazione Boris si diresse verso quello che sapeva essere lo spogliatoio riservato a Katia: bussò leggermente e aprì subito dopo la porta senza aspettare una risposta dall’interno.

 

- Ciao. – iniziò freddo –Tutti fuori, voglio parlare da solo con lei. – concluse indicando l’uscita ai compagni che non riuscirono a proferire parola.

 

- Senti un po’ tu – rispose Ivan urlando – Partecipi al torneo e togli a Katia la possibilità di vincere, la riduci sull’orlo di una crisi e vieni anche qui a dettar legge?! Sei tu quello che deve togliesi dai piedi! – continuò sbraitando.

 

Boris non si turbò minimamente, continuò a guardare gelido i compagni. Solo Yuri incrociò un istante il suo sguardo, sbuffando.

 

- Fuori. –

 

- Che?! Ma stai scherz…!

 

Con un gesto il rosso lo zittì, fissando arcigno Boris; questo non si scompose. Senza un fiato Yuri uscì, seguito a ruota dagli altri due.

 

- Noi usciamo, ma se hai bisogno chiama Katia. – concluse Serjei chiudendosi la porta alle spalle e tenendo fermo Ivan.

 

Quando i tre furono usciti Boris si portò di fronte alla ragazza ancora tremante: quanto avrebbe voluto abbracciarla e farla calmare, ma non poteva…

 

- Penso tu abbia diversi dubbi, ma io non sono qui per chiarirteli. – iniziò gelido facendo sussultare un attimo Katia che non osava neanche alzare la testa –Prendi, non chiedermi perché lo faccio: sappi solo che te lo devo. – concluse lanciandole addosso l’assegno del premio.

 

La ragazza sussultò capendo cosa aveva tra le mani, avrebbe voluto fermarlo e sapere ma non ne trovava la forza: sentendo però Boris allontanarsi verso l’uscita iniziò titubante a parlare.

 

- Perché ti sei comportato in quel modo? E perché ora dai a me i soldi? – chiese con tono triste.

 

Il ragazzo non rispose, si limitò a ingoiare quel rospo che sentiva sempre più in gola e ad arrivare nei pressi della porta: esitò un secondo, giusto il tempo di far raccogliere le forze residue alla ragazza che riuscì a parlare con tono più alto.

 

- Me lo devi. – esclamò sull’orlo di una crisi di pianto – Non puoi fare come se non fosse successo niente tra noi! – concluse scoppiando a piangere.

 

Boris fu preso alla sprovvista da quella reazione: gli vennero in mente tutti i momenti passati con lei, doveva spiegarle, avrebbe fatto male a entrambi ma decise comunque di parlare.

 

- Mi sono allontanato da te perché non posso stare con te, ho vinto il premio e ti ho dato i soldi per sentirmi meglio con me stesso e perché te lo dovevo. – disse senza voltarsi lasciando la ragazza senza parole.

 

- Non ti capisco…- affermò riprendendosi dalle lacrime.

 

- Non capisci? Non riconosci nessuno stile di combattimento in me? Sono io che ti ho reso cieca, Katia! – urlò sbattendo un pugno contro il muro.

 

Calò un silenzio quasi innaturale. La ragazza non ebbe alcuna reazione, pareva essersi congelata.

 

- Che vuoi dire? – mormorò, sembrava non aver neppure dato retta alle ultime su parole – Che stai dicendo Boris?! –

 

- Io… Mi ricordo di quell’uomo… - cominciò, in un sussurro soffocato – Quello che ti ha costretto a sfidare uno dei suoi ragazzi. Mi ricordo di lui, del grosso palazzo di fronte a cui andavi a giocare, anche di quel ragazzino… Me lo ricordo benissimo… -

 

- Boris… - le tremava la voce, doveva dire che il ragazzo la stava quasi spaventando.

 

- Ti giuro, – disse in un fiato, triste – non sapevo assolutamente nulla, altrimenti io…! –

 

Si fermò, la frase “non mi sarei mai avvicinato a te” gli morì in gola, avrebbe tanto voluto che in quel preciso istante lo folgorassero dal cielo!

 

- Non ci credo… -

 

- Dovresti invece… Perché è la verità. –

 

- NON CI CREDO! – singhiozzò – Non è possibile che sia stato tu! perché poi?!

 

- Era un ordine! Me li davano e io ubbidivo! Nient’altro! – fece duro, cercando di non lasciarsi coinvolgere dalle lacrime della bionda – Ed è per questo che non posso stare con te. –

 

La ragazza non rispose. Boris, considerando il discorso chiuso, si avviò alla porta.

 

- Spero che vada tutto bene. – fece sincero – Buona fortuna… -

 

- ASPETTA! –

 

Ma in un attimo il moscovita fu fuori dagli spogliatoi, sbattendosi la porta alle spalle.

Senza permettere alla ragazza di seguirlo Boris schizzò nel corridoio, incrociando i suoi compagni: nessuno di loro gli disse nulla, provò solo Serjei a fermarlo, ma fu scacciato in malo modo e, imprecandogli contro, il blader del Falco si eclissò dietro l’angolo, tenendo la testa china.

 

- Oh, stavolta non scappi! – urlò di nuovo Ivan – Ora io…! –

 

- Fermo. –

 

- Ma Yuri! –

 

- Lascia perdere. – fece, con tono che non ammetteva repliche; poi guardò con espressione fredda verso il punto dov’era sparito l’altro moscovita – Sarebbe inutile… Andiamo da Katia. –

 

 

Il rumore sordo dei suoi passi accompagnava la corsa di Boris per i corridoi e poi, fuori, per i vicoli più nascosti di Mosca.

Perché? Perché, maledizione?!

Stupido, idiota!

Possibile che non fosse stato in grado di trovare un’altra soluzione?! Ovvio che no, era l’unica…

Perché allora adesso il pensiero della ragazza gli martellava in testa così?

 

- Ehi, donna-pinguino! – la sua voce aveva un tono di tenero scherno, mentre si avvicinava alla ragazza.

 

- Come? – Katia lo guardò sorpreso – Questa non l’avevo ancora sentita…! –

 

- Come dovrei chiamarti? Mi spieghi che ci trovi di così piacevole a stare seduta su un prato di Mosca alle sette del mattino?!

 

- Dovresti farlo anche tu! – replicò divertita – C’è un’arietta tonificante! –

 

- Ci credo, ti iberna! – La bionda rise; Boris, sospirando, le porse la mano.

 

- Dai, torniamocene dentro, o di te raccoglierò i frammenti di ghiaccio… -

 

Basta, basta, perché doveva pensarci?! Maledizione!

 

La ragazza annuì, sollevando la mano. Il ragazzo gliel’afferrò e la fece alzare, ma poggiando male un piede Katia scivolò sull'erba umida e ricadde all'indietro; Boris, che non era stato abbastanza pronto e la teneva ancora per mano, cadde verso di lei: aperti gli occhi il russo vide di essere a cavalcioni sopra la biondina.

Lei, percependo la situazione, si imbarazzò leggermente.

 

- Ti dispiacerebbe spostarti?- chiese timida ma decisa.

 

- E perché ^^? Sto così bene qui. - sorrise stendendosi sopra di lei e appoggiando il viso nell’incavo della spalla della ragazza, posandole un leggero bacio sul collo. Katia restò ferma un istante, poi senza rispondere lo fece rotolare giù da lei con un po' di rossore in viso.

 

Non pensarci, non pensarci, scordala, scordala, scordala, dannazione!

 

- Non fare lo scemo! - esclamò divertita.

 

- Perchè? Io ci stavo così bene! - sorrise il russo

 

- Non fare il maniaco! - concluse divertita voltandosi dalla parte opposta.

 

- Coma mai questa frase mi è così familiare? A sì, è la 15esima volta che me lo dici oggi! -

Scoppiò a ridere abbracciandola dalle spalle, e Katia non potè trattenere un sospiro.

 

- De er virkelig stum!(*) -

 

- … Oook, piccola, so che hai grande stima di me, ma per adesso non sono ancora un vocabolario interattivo di norvegese-russo… (gocciolone). Che cavolo hai detto?

 

- Come, non l’ hai capito? – ridacchiò.

 

- Di sicuro non un complimento… -

 

- Ma dai?! – la bionda scoppiò a ridere – Ma io ti ho dato qualche lezione di norvegese, su! Dai, dimmi “albero”! –

 

- Che premio mi dai se lo dico giusto? – chiese malizioso; lei assunse un’espressione indecifrabile – Scherzavo, permalosa… Aspetta, tre? –

 

- Giusto ^^! –

 

- Parole utilissime, potresti insegnarmi qualche parolaccia! – ridacchiò.

 

- Boris! –

 

- Scherzavo, scherzavo! – la bionda sollevò un sopracciglio, poco convinta, ma poi riprese a camminare pian piano.

 

- Allora… “neve”? –

 

- snø! – rispose pronto – E così lo studente superò la maestra. –

 

Katia scoppiò a ridere, tenendosi quasi la pancia; Boris scosse la testa e le prese la mano, finchè lei non si fermò un istante, mettendosi lentamente di fronte a lui.

 

- Che c’è? – lei sorrise dolce.

 

- jeg elsker De. – il moscovita la guardò sospirando.

 

- Ok, m’arrendo, questa proprio non la so… L’ ha fatta difficile prof! – Katia sorrise ancora, e si allungò per baciarlo.

 

- Prova ad indovinare… -

 

jeg elsker De.

 

 

 

 

 

 

Era una bella giornata, il sole scaldava allegramente la città di Mosca attraversata da un fresco e frizzante venticello, che riempiva l’aria del fruscio delle chiome degli alberi. Dalle strade poco affollate si avvertivano le risate e i parlottii della gente, che vista da lontano assomigliava ad una colonia di formiche laboriose.

Boris non aveva mai odiato tanto quella vista.

Sospirando si allontanò stizzito da quel paesaggio e si andò a sedere sull’erba, poggiando la testa contro il tronco del pino rosso di fronte all’ingresso del Monastero.

Strinse un secondo il pugno e, aperto poi il palmo, guardò mesto il disco d’attacco di un bey, gravemente danneggiato.

Il suo bey.

Chiuse di nuovo la mano, ormai erano passate tre settimane da quando Katia se n’era andata, ma a lui sembravano un’eternità.

Subito dopo la fine del torneo il tutore della ragazza si era precipitato a Mosca e, due giorni dopo, la bionda era con lui su un aereo per Oslo: per quel breve tempo Katia aveva provato ancora a parlare con Boris, ma lui aveva pensato bene di sparire nuovamente dalla circolazione e dal raggio d’azione suo e degli altri. Il moscovita ridacchiò sarcastico a quel ricordo, stava diventando come quell’insopportabile di Kei! Certo la sua “tattica” aveva funzionato, alla fine la ragazza aveva desistito, limitandosi a chiedere a Yuri di consegnargli ciò che restava di сумрак, non propriamente uscito illeso sotto i colpi di Falborg; Boris si era così ritrovato quel vecchio e consunto disco d’attacco nella sua stanza, senza una parola da parte di nessuno.

“Non dimenticarmi.”, era questo che Katia gli stava dicendo?

 

“Tzs, come se fosse possibile…”.

 

Il moscovita poggiò i gomiti sulle ginocchia e la fronte sui pugni chiusi, non era mai stato così male, si sentiva da schifo.

Se si trovava vicino a Katia si sentiva lacerato dai sensi di colpa, non riusciva neppure a guardarla in viso per più di due secondi, ma lontano da lei stava anche peggio: voleva vederla, stringerla, parlarle, baciarla, voleva che stesse con lui. E questo non era possibile, lui non poteva né ne aveva il diritto, non sarebbe stato giusto!

Sospirò, era proprio vero che l’amore era una fregatura!

 

Ma guardami… Mi sono proprio rammollito, mi faccio pena!”.

 

Ma mentiva, e spudoratamente. La verità era che non poteva fare altro che arrendersi a quel che provava, nulla di più, lasciare esistere quel fortissimo sentimento che non poteva ignorare ma nemmeno vivere.

E la colpa era solo sua.

Si alzò sbuffando, forse era meglio rientrare, se avesse saltato ancora qualche allenamento Yuri lo avrebbe scuoiato vivo.

Anche se doveva ammettere che ultimamente il rosso era stranamente accondiscendente e si limitava a borbottare a Boris che avrebbe dovuto allenarsi invece di andarsene a zonzo; aveva persino impedito ad Ivan di saltargli al collo non appena si era ripresentato al Monastero. Chissà, conoscendolo il suo capitano aveva capito che c’era qualcosa di strano, vedendo la sua espressione assente, ma non gli aveva comunque chiesto niente, limitandosi a dirgli che forse avrebbe dovuto spiegare loro qualcosa.

Ma Boris non voleva, partita Katia, era finito tutto, stop. Dimenticare. Il suo unico problema, in quel momento, era di essere tornato in quell’odiosa apatia di un mese prima, se non peggiore.

 

E lo so perché.

Dopo la faccenda della B.E.G.A., tutto era tornato a posto… Ma io per cosa mi dovevo allenare allora?

Serviva a qualcosa allenarsi ben sapendo di fare sempre al riserva?

Era un pensiero abbastanza idiota però pensavo questo.

Poi è arrivata Katia.

E ha sconvolto, ricostruito e stravolto quello che fino a quel momento avevo.

Non potevo essere più felice di nessun altro!

Ora però tutto è scomparso... Ora quel che avevo…

 

Scuotè la testa e sospirando percorse rapido il tratto fino all’ingresso, entrando con un tonfo sordo del portone, ma non fece neppure mezzo metro che si ritrovò di fronte nientemeno che Yuri, che lo fissava severo a braccia conserte.

 

“Già finita la fase di ‘Yuri-buono’ (gocciolone)?”.

 

Si scrutarono alcuni istanti, finchè il rosso non fece per voltarsi, senza smettere di tenergli gli occhi ametista piantati addosso, glaciali.

 

- Vieni. –

 

Boris sbuffò, ma lo seguì obbediente. Contrariamente a quanto si aspettava, però, il moscovita non lo condusse nel salone degli allenamenti, ma in una stanza subito lì di fianco, dove, quando aprì la porta, Boris potè scorgere Serjei ed Ivan, di schiena: volevano fargli una lavata di capo collettiva?

 

- Ehi, Yu, mi vuoi dire che succ…?! –

 

Si bloccò di botto come se gli avessero mozzato la lingua.

Dietro ai due, che si voltarono a guardarlo severi, c’era Katia. Gli sorrise tranquilla, gli occhi chiusi, e nella testa confusa del ragazzo balenò un istante un solo dubbio, che l’operazione fosse andata male.

Con stizza scosse la testa e si voltò all’istante, non erano più affari suoi, lui con quella ragazza non c’entrava più nulla!

 

- Fermo lì tu. – sibilò il rosso bloccandolo per una spalla – Non azzardarti a scappare. –

 

- Ma che vuoi?! – sbottò, scostandogli la mano – Quel che faccio non sono fatti tuoi, e comunque queste sono solo…! –

 

Le sue parole furono interrotte da Serjei che, con tutta la grazia di cui era disposto, afferrò Boris per la colotta e lo strascinò nella stanza, uscendo poi rapido con gli altri due.

 

- Stattene buono e parla un po’, una volta che devi… -

 

- SER….! –

 

Ma i tre erano già spariti sbattendosi la porta alle spalle.

Boris rimase a fissare scioccato la porta, immobile; nella stanza calò il silenzio, finchè Katia, con un sospiro, non mosse qualche passo verso di lui. Il ragazzo, sentendola, non si mosse, dandole la schiena.

 

- Ciao… - disse la ragazza dolcemente.

 

Il moscovita strinse i pugni, quanto aveva desiderato sentire quella voce! Dovette raccogliere in sé ogni briciolo del suo autocontrollo per non voltarsi ed abbracciarla.

 

- Perché sei qui? – chiese acido – Mi sembrava di averti fatto intendere che non avevo più niente da dirti. –

 

- Io sì, però. – concluse tranquilla.

 

Boris mandò un “tzs” seccato, stava facendo sempre più fatica, ma perché era tornata?!

 

- Mi vuoi lasciare perdere?! Non l’ hai capito, io non posso stare con te! Ficcatelo in quella testaccia dura! – sbraitò, sforzandosi di mantenere un tono duro e impassibile. Katia però non si scompose.

 

- Lo so. – mormorò pacata – Me l’ hai già detto. Ma non lo capisco. In fondo quel che è successo, non è stato colpa tua… -

 

- Smettila, certo che è stato colpa mia! – sbraitò, battendo un pugno contro lo stipite della porta – Se proprio dovevo colpirti avrei dovuto trovare un altro sistema, anzi, non avrei mai dovuto farlo e basta! –

 

Si stava odiando, ripensare a stesso durante gli anni con la Borg lo disgustava, ormai. Katia tacque un istante.

 

- Forse… Però… - di nuovo silenzio; probabilmente, pensò Boris, ora stava pensando a come continuare, sistemandosi un ciuffo dietro l’orecchio, aveva questo tic… Scosse energicamente la testa, non doveva assolutamente voltarsi o non avrebbe resistito. – Sai, quando sono tornata a casa, avevo deciso di provare ad “assecondarti”, quindi… Dimenticare tutto, sostanzialmente. Ovviamente non ci sono riuscita. - sospirò – Ero triste ed irrequieta. Quando poi è arrivato il momento dell’operazione, letteralmente terrorizzata.

Ma anche in quel momento, all’ospedale, quando pensavo di rinunciare, e dopo l’operazione, continuavo ad avere un pensiero fisso… -

 

Boris si fece più attento, ma continuò a darle la schiena.

 

- Io dovevo tornare a vedere… E tornare qui. – mosse due passi verso di lui, le tremava la voce – Io volevo vederti, Bo… Non m’interessava e non m’importa niente di quel che è successo, voglio poter restare con te…! –

 

“Smettila…” la pregò, non poteva quanto gli facessero male quelle parole, perché non capiva che non poteva assolutamente amarla?! Non dopo tutto quel che le aveva fatto passare, neppure con l’operazione aveva risolto nulla!

 

- Ti prego, Boris, voltati e guardami… -

 

- COSA?! –

 

Il moscovita sobbalzò, come diavolo faceva a sapere che era voltato, se non aveva toccato la sua schiena?! Si girò di scatto e rischiò il secondo infarto della giornata.

Due grandi, splendidi occhi di un limpido azzurro ghiaccio, lo stavano guardando.

 

- Ciao… - disse di nuovo, timidamente.

 

Boris non rispose. Sembrava momentaneamente aver perso l’uso della parola, nonché qualsiasi capacità motoria, data la mascella che quasi gli penzolava inerme a mezz’aria.

 

- Beh… Alla fine sembra sia andato tutto bene, eh? – continuò dolcemente.

 

- E’… Fantastico…! –

 

Il sorriso che gli era spuntato sul viso, però, svanì subito. Il ragazzo si scosse e, voltata la testa, prese a fissare un punto indefinito, a pungi serrati.

 

- Sono contento per te… - fece gelido.

 

Katia però non si arrese: afferrò delicatamente la mano del moscovita, che stavolta non reagì.

 

- Permettimi di restarti vicino. – disse, quasi a tono di supplica – Ti prego, Bo… jeg elsker De.

 

Chinò la testa, non riusciva più a trattenere le lacrime.

 

- … Ti amo… -

 

Boris non resistè più, scansò la mano della bionda e l’abbraccio con tutta la sua forza, una mano a cingerle al schiena e l’altra affondata tra i suoi capelli.

 

- Katia… Dovresti odiarmi… -

 

- E invece no… - sorrise, ricambiando la stretta.

 

- Scema, sei troppo buona! Io non mi perdonerei mai… -

 

- Ma te l’ ho già detto, a me non interessa quel che è successo… Non me ne sarebbe importato neppure se fossi rimasta cieca, a me interessa restare con te! – sentì la mano del ragazzo accarezzarle titubante la nuca.

 

- … Ne sei… Davvero sicura? –

 

- Certo. – rispose sorridendo.

 

Boris non disse altro. Con dolcezza le accarezzò una guancia e l’attirò a se baciandola come desiderava ormai da tempo poter fare ancora, finalmente libero da quel senso di colpa opprimente, spazzato via solo con una parola ed un sorriso.

 

- Se tu mi avessi ascoltato da subito – fece con finta aria di rimprovero – si sarebbe risolto tutto molto prima… -

 

- Sono rinomato per il mio “non-ascolto” – rispose un po’ acido – dovresti saperlo! –

 

La bionda sospirò contenta, appoggiandosi meglio al suo petto. Boris sorrise.

 

- Sei incredibile, te l’ ho già detto? –

 

- Non ne sono sicura – ridacchiò – ma potrei farci l’abitudine ^^. – lui rise e l’abbracciò più stretta.

 

- Ti amo, piccola… - le sussurrò all’orecchio; la sentì sorridere.

 

 

 

- Sembra sia andato tutto bene, vero? – chiese Serjei in un bisbiglio, mezzo sorridendo in piedi nel corridoio. Yuri, appoggiato al muro, sorrise.

 

- Ora però dovrei sorbirmi quei due piccioncini tutti i santi giorni? – borbottò Ivan con fare disgustato.

 

- Povero! – ghignò Boris, uscendo dalla stanza con Katia – Ti stai rodendo il fegato, ammettilo! –

 

- No, mi domando solo come un idiota come te abbia conquistato Katia. – sbottò velenoso.

 

- Certo avevo più possibilità di te. - concluse con un sorrisetto divertito.

 

- Cosaaa?!- strepitò iniziando a brontolare e gesticolare. (Per una volta ha ragione ndAutori – Una -___o? ndBo – Grazie mille ç___-** ndIvan)

 

- Boris non esagerare. – sorrise la bionda un po' severa al russo.

 

-Va bene, va bene… - sbuffò.

 

- Almeno ora qualcuno ti farà rigare dritto, Boris. – affermò Yuri con un sorriso sarcastico; poi si voltò verso la ragazza – Sempre che voglia restare qui a sopportarti. –

 

- Certo ^^! – sorrise allegra.

 

- Come vuoi, a tuo rischio e pericolo… - continuò, avviandosi nel corridoio.

 

- Da quand’è che fai delle battute (gocciolone)? – chiese seccato.

 

- Mi ispiri tu si vede… -

 

Katia scoppiò a ridere, seguita a ruota da Serjei ed Ivan, e anche Boris alla fine si unì, prendendo per mano la ragazza.

 

- E Bergen? – le chiese a mezza voce – Che ha detto? –

 

La bionda sorrise.

 

- Lui vuole che io stia dove sono felice, avevo solo il bisogno dell’ “OK” del capitano ^^… E se ho tradotto bene con quella frase di prima me l’ ha accordato, giusto? –

 

Il moscovita annuì. Poi si fece un istante serio, sospirando con un pensiero nefasto in mente.

 

"Ma così ora dovrò ubbidire e fare il bravo per forza…Cidenti!”.

 

- Che c’è? –

 

- Niente… -

 

La bionda lo fissò un istante, poi lo fissò furba.

 

- Non stavi mica pensando a qualcosa di strano, vero? –

 

- Che intendi per strano? – sorrise malizioso, pronto a portarsi il coltello dalla parte del manico.

 

- Finiscila con questi discorsi, ma sei fissato! – lo rimproverò Ivan sbuffando.

 

- Ma che ho detto, sto giocando! – protestò.

 

- Mah… Di Katia ci si può fidare, di te un po’ meno… -

 

- Mi stai dando del maniaco Serj (gocciolone)? –

 

- Nooo, figurati! – fece sarcastico; Ivan trattenne malamente una risata fragorosa.

 

- HA, HA, HA, spiritoso! –

 

Stavolta le risate furono generali; Katia strinse il braccio al ragazzo, che aveva messo su una sorta di broncio offeso, e inaspettatamente si sentì parte di quello strano gruppo di ragazzi un po’ taciturni, quel gruppo che da quel momento in poi sarebbe stato casa sua.

 

 

 

 

 

 

(*) “Sei proprio scemo!”

 

 

 

Fattooooooo!!! Allora? Cosa ve ne pare ^^? Please, commy commy commy commy, che ci tengo tantissimissimo! E poi anche Jolly sarebbe contento di vedere che il suo lavoro di supporto viene apprezzato XD.. (traduco: la correzione a tutte le incongruenze che – spesso – belinona, ficco nel testo XP) UN BESO!!!

Ciao ciao a presto ^^! E state pronti, che al prox cap tocca al sottoscritto!

 

 

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