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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Return *** Capitolo 2: *** Gentile imbarazzo e rancore *** Capitolo 3: *** Egoismo *** Capitolo 4: *** Gabbiani e Vecchie Conoscenze *** Capitolo 5: *** Speranze *** Capitolo 6: *** Primo Amore *** Capitolo 7: *** Mettersi alla prova ovvero illudersi ancora *** Capitolo 8: *** Come up to meet you tell you I'm sorry *** Capitolo 9: *** Come soldati che tornano dal fronte *** Capitolo 10: *** Eventi inaspettati ***
Come le onde non possono fare a meno di
lasciare la riva per tornare negli abissi, così io non riuscivo a non
ritornare in quel posto.
Ogni estate era come un rituale,
meccanicamente preparavo la valigia e lasciavo il mio appartamento in centro città
per tornare a casa.
E sì che lì non mi aspettava
nessuno, da anni.
No, ciò non era del tutto vero: una
persona mi aspettava ancora.
Era l’unico ragazzo che io conoscessi che non aveva mai messo piede fuori da quel
villaggio bellissimo e intoccato affacciato sul mare.
Konoha mi attirava come una calamita, a nulla
valeva il moto di disgusto che i ricordi dolorosi mi facevano provare
riaffiorando in massa nella mia testa.
Ormai ero in volo, in un istante avrei toccato
terra.
Per un attimo desiderai il peggio per gli
altri, il meglio per me – forse – ma, com’era prevedibile, l’aereo
si mantenne stabilmente per aria e io non volli più guardare dal
finestrino: avevo paura di distinguere già il mare che bagnava Konoha.
***
Sorrideva socchiudendo gli occhi azzurri e
mostrando i suoi bianchissimi denti perfetti, mentre con una mano mi salutava
da lontano venendomi incontro a balzi.
Non ricordavo di avergli mandato un messaggio
con l’ora e il giorno esatti del mio arrivo, perciò inizialmente
rimasi interdetta, a fissarlo immobile come un ebete.
Mi tolse la valigia dalle mani e mi
abbracciò forte, facendomi mancare il respiro.
Ci volle una manciata di secondi
affinchè tornassi in me.
- Bè? – gli sussurrai
nell’orecchio, allontanandolo un poco; dopo di che lo squadrai dalla
testa ai piedi notando con una fitta al petto che non era cambiato affatto
dall’ultima volta che ci eravamo visti, se non forse per qualche
dettaglio come i capelli biondi più lunghi e scompigliati del solito o
qualche chilo in meno.
Ciò che mi interessava resisteva
intatto: la luce negli occhi e il calore che emanava.
- Mmm, come sei pallida Sakura…e come
sei magra! Ma ti nutri in quella metro…metropoli
o come diavolo si dice, sì? E i capelli! Li hai lasciati crescere come
una volta! – esclamò a raffica mentre
tutta una serie di espressioni – di preoccupazione, concentrazione,
nostalgia - gli passava sul viso abbronzato.
Posi fine a quella che sarebbe
stata una interminabile ramanzina/visita a raggi x indicandogli la
valigia e assumendo senza fatica un’aria stanca; in effetti stanca lo ero
davvero, dopo dieci ore di aereo e altrettante di incubi indesiderati.
Lo pregai di accompagnarmi a casa sua senza
fare domande, e lui ubbidì cercando di non far trapelare alcuna
delusione.
Come quasi sempre succedeva in quei primi
momenti mi addormentai esausta tra le sue braccia, mentre un taxi ci portava a
destinazione: non veniva mai a prendermi in macchina, Naruto, e ormai avevo
abbondantemente capito il perché.
La certezza che non avrei mai potuto essere completamente
sua mi attanagliava facendomi sanguinare ancora adesso, che erano passati
cinque anni dacchè gli avevo detto che il mio cuore non avrebbe mai
potuto essere suo né di nessun altro, perché una parte di me se
ne era andata via con Sasuke – il mio primo ed unico amore – e non
sarebbe mai ritornata.
Sapete, io ero una donna fondamentalmente
incapace di amare.
Mi svegliai in un letto comodissimo,
abbracciata ad un lenzuolo stropicciato e profumato; la prima cosa che pensai
fu proprio a quel profumo, io lo conoscevo: era di…
- Sakura! –
Naruto Uzumaki apparve sulla soglia della
camera destinata a me; era a torso nudo e aveva un asciugamano a mo di pareo.
Mi tirai su di scatto.
- Ma ti sembra modo di entrare e di
presentarti a una giovane donzella? – gracchiai, ridacchiando da sola e
cercando a tastoni coi piedi le infradito che dovevano
essere da qualche parte per terra.
- Da quando in qua i miei pettorali ti fanno
un qualche effetto? – rispose a tono Naruto e venne a sedersi affianco a
me sul letto, non smettendo un istante di guardarmi negli occhi.
Si vedeva lontano un miglio che era felice di
vedermi, e quasi sorpreso, rincuorato.
Diedi in un sospiro sincero e appoggiai la
testa sulla sua spalla; lo sentii fremere leggermente.
Io stessa mi stupii del mio improvviso
trasporto, ma forse avevo proprio bisogno di un leale contatto umano in quel
momento, perché in fondo ero stufa delle possessioni ipocrite vissute in
città, sebbene le avessi continuamente cercate.
C’erano tante cose che avrei voluto dire
a Naruto, cose futili, in fondo: la mia promozione a capo reparto, la mia
fortuita vincita al lotto (con la quale mi ero pagata il viaggio in aereo e
avrei portato avanti l’intera estate lì), l’appartamento
nuovo che mi ero comprata e il gatto di nome…
- Mi hai sentito? –
Interruppe il flusso dei miei pensieri e mi
bombardò di domande, non riusciva più a resistere e io lo
dissetai rassegnata: voleva immaginarsi la Sakura Haruno chirurgo, donna
in carriera con un appartamento niente male e un gatto di nome…
Smisi di parlare.
- Sasuke, eh? – indovinò,
nascondendo l’amarezza sotto un tono di voce eccitato.
- Che sciocca sono…- borbottai ma
chissà perché mi sentii meglio ora che avevo udito quel nome
pronunciato dalle sue labbra.
Presi coraggio e gli posi la domanda che
più mi fremeva.
- Notizie? –
Mi girai a fissarlo nelle iridi azzurre che
piano andavano ombrandosi di un’ombra che io
conoscevo fin troppo bene; seppi la risposta prima ancora che egli la dicesse.
Sasuke Uchiha – il mio primo ed unico
ragazzo - ancora una volta non aveva dato sue notizie né a me né
a Naruto.
Erano passati già dieci anni
dacchè era scomparso senza lasciare traccia, inseguendo un fratello
ritenuto colpevole di tutto e niente.
***
Aspettavo
fremente l’ora dell’appuntamento, vagando per casa come
un’anima in pena, mai stata così agitata.
Il mio
migliore amico Naruto cercava di intrattenermi coi suoi discorsi senza capo
né coda, smorzando la mia ansia, ma ci riusciva così poco che
più volte si beccò una mia sgridata.
Avrei
dovuto usare più tatto: d’altronde lui mi amava e io stavo uscendo
col suo (il nostro) migliore amico.
-
Secondo te sembro una deficiente col trucco negli
occhi? – gli domandai osservandomi poco soddisfatta allo specchio appeso
in corridoio.
- Guarda
che alla nostra età è normale mettere la matita, e poi la tua a
stento si vede. Certo è che…ti fa ancora più carina –
rispose abbassando sempre più la voce e io, per un attimo, mi sentii
mancare le forze.
Che
persona orribile ero.
- Mmm mi
sa che è ora che esca di casa – tagliai corto io e mi fiondai a
prendere la borsa a tracolla.
Mancava
esattamente un quarto d’ora all’appuntamento con Sasuke Uchiha in
piazza ma io, nonostante abitassi a cento metri da lì, non riuscii
più ad attendere in casa con Naruto.
Lo
lasciai fuori di casa intimandogli di non seguirmi per nessun motivo e
barcollai fino alla piazza, dimenticando quasi di respirare.
Era un
caldissimo 1 luglio.
***
A
volte mi chiedo cosa sarebbe capitato se io avessi deciso di ricambiare
totalmente l’amore di Naruto e non mi fossi messa in testa di conquistare
a tutti i costi di Sasuke.
Mi
chiedo dove io abbia trovato il coraggio di rifiutare
un amore così sincero e sicuramente una relazione felice per un rapporto
così intenso e breve da farmi uscire pazza.
Non
so darmi un responso, so solo che il cuore allora aveva
scelto così sopraffacendo la mia parte razionale.
Poi
una cosa del genere non mi successe più.
Purtroppo
o per fortuna, non so dirlo ancora.
***
Bè,
sono tornata.
Lo so,
lo so: sono incoerente…ma vedete, la voglia di
scrivere mica ti avvisa quando arriva; è giunta di botto e si è
tramutata in una long fic. Penso che ‘sto giro butterà
così, mi immergerò nella stesura di una long fic che per certi
versi è stata ispirata da Nana. Se dovesse
andare male…non prometto di essere così forte da fregarmene e
andare avanti, ho un caratteraccio!
Non
sarà unicamente una SasuSaku, questa fan fic, bensì un misto di
tutte le coppie immaginabili, mi cimenterò nelle threesome: mi piace
l’idea…uh uh.
A tratti
potrete trovarla forse un po’ nonsense, tipico
della mia scrittura, ma sappiate che in fondo in fondo un significato
c’è sempre, se no ne esco pazza anche io =p
La
dedico con tutto il cuore a coloro che mi avevano dato
l’addio donandomi il loro affetto con una recensione sulla mia ultima
flash fic, che mi hanno seguito in passato e vogliono continuare a farlo,e a tutti coloro che hanno voglia di
leggersi una bella – lo spero! ^^” - storia intensa e concreta.
Eep
è sempre nel mio cuore, impossibile abbandonarlo.
Mi rifarò
presto – almeno, conto – con le letture e recensioni di certe
storie che ho adocchiato durante la mia turbolenta estate…
…a
presto!
Anticipazioni
Prossimo capitolo:
« Dicono che il
dolore unisce, nel nostro caso divise più che mai. »
Pubblicazione: tra due settimane circa =p
Grazie a chi vorrà intraprendere questa nuova
parentesi su eep con me! ^^”
Le onde s’infrangevano calme sulla riva, una dopo l’altra in un infinito susseguirsi di schiuma e movimenti a rallentatore
Le
onde s’infrangevano calme sulla riva, una dopo l’altra in un
infinito susseguirsi di schiuma e movimenti a rallentatore. Regnava
una pace quasi innaturale, in quel momento; e non avrei voluto
andarmene mai da lì. Mi
procurava una sensazione strana quel mio capriccio di mantenermi per
sempre coi piedi ben puntati sulla sabbia umida a curarmi solo delle
onde e dell’orizzonte, senza nessuno intorno e la testa – chissà
perché – più leggera. Le onde sarebbero tornate alla riva
anche se, magari, non l’avessero mai voluto. E io volevo la loro
beatitudine, la loro forza di rassegnarsi a un ritorno forzato e
struggente. Perché sapevo che non avrei mai potuto resistere al
fascino di Konoha.
***
Cap
2. Gentile imbarazzo
e rancore
Avevo
appena ritrovato un po’ di lucidità e me ne stavo spaparazzata sul
dondolo fuori casa Uzumaki, a non far niente Era davvero una bella
serata, il tramonto tardava ad andarsene e la luna faceva capolino
tra le uniche nuvole presenti in cielo. Io mi curavo proprio di
questi particolari, stranamente in vena romantica: Konoha mi faceva
sempre quell’effetto, fortuna che Naruto non era presente se no
chissà cosa gli avrei detto. Non passava molta gente nel viale
adiacente e andava bene così: non avevo voglia di ricambiare a
saluti da sconosciuti, la gente del villaggio a volte era fin troppo
espansiva. Stavo giusto pensando a ciò che vidi una mano alzata,
era una mano piccola e bianca; con lo sguardo scesi lungo un braccio
e raggiunsi un volto. Occhioni chiarissimi, capelli scurissimi,
labbra corrucciate in una smorfia di gentile imbarazzo: io lo
conoscevo. Mi alzai istintivamente dal dondolo non accennando però
a schiodarmi dal giardino. La donna si fece avanti. - Sakura,
sei tu! – Una voce dolcissima mi trafisse il cuore,
riportandomi alla mente certe immagini di un passato
straordinariamente felice che mi fecero bruciare gli occhi e
arrossire: avevo riconosciuto in lei una vecchia amica. - Oddio…ma
sei proprio tu? Hinata Hyuuga?! – esclamai in un impeto di
subitanea soddisfazione e corsi ad abbracciarla. Sei anni che non
la vedevo e non era cambiata di una virgola, almeno fisicamente, dato
che mi ritrovai a stringere il solito corpicino formoso e minuto al
tempo stesso. - Uuuh che bello che ti ho ritrovata! – Hinata mi
fissò intensamente, le gote in fiamme – ehi Naruto non sa
ancora del mio arrivo…- aggiunse abbassando lo sguardo ai
piedi. Sei anni che non la vedevo e il suo amore verso l’Uzumaki
non era mutato, nonostante la lontananza che li separasse. - Sei
venuta qui in vacanza anche tu? – le domandai accennando a me e
alla casa del ragazzo dietro di noi; ella annuì energicamente e mi
disse che non vedeva l’ora da tempo ma che gli affari di famiglia
(gli Hyuuga erano imprenditori) non le avevano permesso molte vacanze
negli ultimi tempi. La invitai a entrare, come fossi la padrona di
casa, e notai una nota di delusione nei suoi occhi rari, perciò mi
sentii in dovere di sussurrarle subito qualcosa. - Il nostro buon
Naruto non ha combinato niente con me, tranquilla. Mi sa che è
ancora single, e ci rimarrà se continua così – Risi di una
risata bassa e divertita e Hinata mi venne dietro, facendo risuonare
la sua voce zuccherina per tutta la casa. Fu in quel momento,
forse portato da quella bellissima risata, che Naruto fece irruzione
in casa.
Lo
vedevo come la
guardava, non potevano sfuggirmi quel sorriso dolce che increspava le
sue labbra e quegli occhi socchiusi e pronti a cogliere ogni minimo
particolare della ragazza che aveva di fronte. Probabilmente
nemmeno lui se ne era reso conto, ma Naruto l’amava. Decisi di
testare un po’ questa cosa, forse pure per svago personale. -
Stareste da Dio insieme voi due, ve lo dissi anche molto tempo fa…
- mormorai, come soprappensiero; entrambi si voltarono verso di me. -
Sa- Sakura, insomma! – fu l’esclamazione rauca di Hinata che
velocemente andò a cercare il sostegno visivo di Naruto. Questi
rimase qualche secondo silenzioso. - Avanti, la volete smettere di
nascondervi? – li punzecchiai, assumendo l’espressione più
maliziosamente stanca che potessi. Era bello, una volta tanto,
curarsi dei fattacci degli altri. Bevvi quel che restava del mio
secondo Bailes tutto d’un fiato: mi bruciò la gola. - Ma perché
te ne sei uscita con ‘sta cosa? – mi rimproverò stizzito Naruto,
che non sapendo che altro dire sbuffò sonoramente. Avevo
intavolato una conversazione degna dei migliori adolescenti, com’ero
stata brava; ed ero pure riuscita a librare Hinata dal parlarci di
suo cugino Hyuuga, l’uomo che i Hiashi suo padre voleva diventasse
sposo della figlia. Povera Hinata, costretta a ritardare in eterno
una decisione obbligata; chissà, magari amava davvero Neji. Stordita
da questi pensieri mi risvegliò la suoneria del cellulare della
ragazza che rispose a voce flebile, fin troppo. Indovinai subito chi
fosse e diedi il via libera affinchè lei se ne andasse a parlare di
fuori, di quelle cose che tanto la turbavano. - Non mi sbaglio,
vero? – mi domandò Naruto che guardava preoccupato la porta dalla
quale era appena uscita la Hyuuga. Certo, era proprio così: lui
l’aveva sempre amata. Sorrisi malinconicamente; come sempre ero
io la colpa di tutto. - Secondo me avrebbe soltanto bisogno di un
po’ di coraggio in più – dissi, riprendendomi tutta l’attenzione
del mio migliore amico. - Uhm? – - Il coraggio glielo
potresti dare tu, saresti la sua salvezza, secondo me. Non dovrebbe
più nascondersi da Neji, avrebbe te, amerebbe solo te. Capisci cosa
voglio dire? L’aiuteresti ad affrontare un amore che non vuole –
mormorai tutto d’un fiato e alla fine mi sentii persino stanca: io
che davo consigli in merito a relazioni affettive? Naruto restò
qualche istante interdetto, ma ci volle un attimo affinchè i suoi
occhioni brillassero della solita luce e io, seduta di fronte a lui,
mi sentii sprofondare sul divano, come se una mano invisibile avesse
premuto sulla mia testa. - Sei uno sciocco, soltanto un cieco
sciocco Naruto – Chiusi gli occhi, non volevo vedere l’amore
così palesemente posto alla luce del sole. Non ero mai riuscita a
farmi odiare da lui, nonostante ci avessi provato in tutti i
modi. Per fortuna in quel momento rientrò Hinata e la luce negli
occhi del ragazzo ebbe modo di mutare in qualcosa di più delicato,
meno intenso. Chiesi ai due se potevo uscire un po’ e senza
attendere risposta scappai fuori.
Il
dolore di Ino Yamanaka era quanto di più assomigliasse al mio
dolore. Mi ritrovai a pensare questo, mentre camminavo per le
silenziose stradine di Konoha, stupendomi dell’effetto di quel nome
su di me: provai un’istintiva malinconia. Normalmente cercavo di
non pensare alle persone che avevano popolato il mio passato,
soprattutto a quelle che in qualche modo conoscevano fin troppo bene
ciò che avevo provato. Ino era una di quelle. La povera
Ino Yamanaka…disillusa per l’eternità riguardo
all’amore. All’epoca in cui io frequentavo Sasuke Uchiha lei
aveva una relazione clandestina con Itachi Uchiha, solo che il mio
amore – a mia insaputa – si trovava sul finire, e il suo…era
appena cominciato, ed era una cosa così passionale da travolgerla
totalmente. Ricordavo ancora le sue parole, un mattino che si
presentò a casa mia bagnata dalla testa ai piedi, fisicamente
esausta eppure bellissima, con gli occhi color del cielo che non
potevano fare a meno di spalancarsi al mondo. “Non importa come,
non importa. Lui è mio, non m’importa vivere questo amore
all’oscuro di tutti. A dir la verità è molto più eccitante
così” Itachi era il primogenito di un’antica famiglia di
imprenditori, un po’ come quella di Hinata; soltanto che gli
Uchiha, a differenza degli Hyuuga legati all’industria tessile, si
occupavano di turismo. L’isola di cui anche Konoha faceva parte
disponeva dei migliori Hotel al mondo, all’epoca. Prevedibilmente
Itachi doveva succedere a suo padre come capo dell’azienda, e
veniva sottoposto a studi rigorosi ed isolamento ferreo; la moglie
doveva per forza essere di stato sociale elevato, e avrebbe dovuto
mantenere pura
la casata Uchiha. Tutto ciò aveva sempre disgustato Ino, che pure
si era innamorata di un Uchiha. Anche Sasuke ne era sempre stato
disgustato, ma dentro sé so che era geloso: non tanto del prestigio
inferito a suo fratello, ma di essere privato dell’affetto di
Itachi, che non poteva permettersi “mollezze”. Lui amava molto
suo fratello, io lo sapevo. “Devo dirti una cosa in segreto,
Sakura. Vedi...qualcuno si è messo contro gli Uchiha, una banda
mafiosa. Ha cercato di metterli di corromperli e…non ci sono
cascati. Ahimè. Sasuke non te ne ha parlato ancora, non prendertela,
penso che voglia solo proteggerti” Ino avrebbe tanto desiderato
che gli Uchiha si lasciassero corrompere, pur non di correre seri
pericoli; e faceva bene. Di li a neanche un anno, infatti il padre di Sasuke morì. Il maggiore dei due
fratelli sparì nel nulla qualche mese dopo [Sasuke lo seguì appena
potè, pieno di dolore e rancori] per poi far avere sue notizie
tramite cronaca nera: Uchiha Itachi era morto all’età di
trentacinque anni in un incidente stradale. Questa era la notizia ufficiale. - Da quel giorno Ino
pian piano scomparve dalla mia vista, e io – pur in modo diverso,
forse – dalla sua – Nonostante tale notizia Sasuke non tornò
a casa. E io che ci
avevo tanto sperato… Camminando
persa nei miei pensieri inconsciamente mi ero diretta proprio lì,
nella vecchia casa di Yamanaka Ino. Non volevo tornare lì…o mi
sbagliavo? Oh
no. - Tu qui?
– Mi si raggelò il sangue nelle vene, a sentire la limpida voce
di colei che era stata la mia migliore amica.
***
L’eccitazione
riusciva a vincere ogni sciocco timore ed io…io sì, ero
felice. Stavo per dare il mio primo bacio.
-
Amami, ti scongiuro Sasuke –
***
Ino
soffriva per il suo male d’esistere, io per il mio; e nonostante il
male immobilizzasse entrambe noi due eravamo lontane mille miglia
l’una dall’altra. Dicono che il dolore unisce, nel nostro caso
divise più che mai. Percorremmo a lungo strade separate,
rifiutandoci di prendere parte ognuna al dolore dell’altra. Fu
una cosa atroce. Ma fortunatamente nulla dura per sempre.
...**...**
Ce
l'ho fatta. Finalmente in un
vecchio hard disk ho ritrovato i primi quattro capitoli che avevo
scritto lo scorso settembre come sequel, rileggendoli l'ispirazione è
tornata in bomba e...ho scritto a manetta affinchè ci siano un po'
di capitoli da parte. Eh. Mi sa che devo delle scuse un po' a
tutti qui, eh? Non starò a giustificarmi in mille modi...non sono
giustificabile fino in fondo. Prabilmente chi scrive mi può capire,
chi ha una vita incasinata anche, chi è incoerente come me pure..
Però tutto ciò non mi giustifica, lo so. Scusate. Spero di
rifarmi presto, davvero.
Alcune considerazioni!
Dunque... la fan fic
apparentemente potrebbe essere scontata,
leggendo le vostre recensioni sembra che abbiate intuito la trama...
ne siete sicuri? =p i primi capitoli saranno di preparazione,
poi
mano a mano che la storia si avvierà ci saranno moltissimi
riferimenti al passato. Vi avverto già della presenza di tanti salti
temporali! Cercherò di non concentrami solamente su Sakura ma
darò spazio anche ad altri personaggi, anche alla stessa Ino che in
questa fan fic – vedrete – non verrà lasciata da parte, anzi..
Vorrei spaziare sia nei personaggi sia nelle coppie: andrò di
Threesome alla grande anche se alla fine chi mi conosce lo sa: sono
di parte... *SasuSaku* Ringraziamenti:
Ladyvanpire90:
ciao! Figurati, guarda io che ritardo nell'aggiornare -.- ad ogni
modo sì come dettto ho avuto problemi con l'ispirazione e
soprattutto la vita reale è un vero casino! Meno male che c'è lo
sfogo della scrittura :) Ehm ehm... niente Sasuke in questo capitolo
=p lo vedremo tra un po', vedrai... saprai aspettare vero???
Mimi18:
Cà, Cà, Cà. Mi starai insultando, dico bene? Mi hai mandato al
diavolo e mi hai messa nella tua lista nera? Se lo hai fatto... hai
fatto bene. Non mi sono fatta più sentire, ho mollato efp senza dire
niente, niente mail, niente messaggi... puff sparita come una
nuvoletta di fumo *sospira*
Scusami. Davvero. Come posso farmi perdonare? Magari con qualche
assaggio di NaruSaku che – non voglio illuderti – in questa fan
fic sarà ben presente ;) Spero tu non sia troppo incazzata per non
farti più vedere da queste parti... se ti va di insultarmi più
direttamente – magari via messaggio – fallo pure, ma almeno non
togliermi il saluto … u.u Ah, fantastica l'ultima ShikaIno:
scrivine di nuove, ti prego ti prego ti prego.
MegWalker8:
speriamo che il mio ritardo non ti abbia allontanato dalla fan fic!
Accidenti... non me lo perdonerei -.- che poi eri anche disposta a
seguire una Threesome, una delle mie prime threesome! Grazie dei
complimenti ^^ ne aspetto altri xD se me li merito =P
Globulorosso:
sei troppo gentile, grazie di cuore <3 ti sei ritirata anche tu?
Un paio di settimane fa passavo per la tua pagina autore... caspita
no, è un peccato Glob, davvero, ci lasci tutti in pasto alle bime
dificenti che hanno reso il fandom uno schifo... ma ti capisco
eccome, anche io sono intrappolata nella vita reale, eccome se lo
sono, però ora ho sentito il bisogno di proseguire questa fan fic
per me, per voi. Chissà se mai la leggerai... mi auguro di sì. Un
abbraccio e buona vita ^^
Lalani:
awn <3 che bello tornare a rileggere una tua recensione, sei
sempre così appassionata *.* è per recensori come te che lo
scrittore scrive ancora meglio, sai? E' per recensori come te che io
mi devo vergognare per questo immenso ritardo. Scusami personalmente
Lala... cercherò di rifarmi scrivendo capitoli abbastanza decenti e
magari, se mi ripeti le coppie che ti piacciono, farne qualche
cenno... xD
Kikiwhitefly:
Kiki!
Visto che ho scritto di nuovo?! Non ci credevo nemmeno io... e
invece... ce l'ho fatta. Adesso cercherò di non mollare la fan fic
per nulla al mondo u.u Altro che esami di maturità... -.- Per le
threesome non so se ne metterò tante altre xD intanto vedo di
cimentarmi bene con una... =p A presto, conto sul tuo parere!
_Thunderstorm_:
grazie delle belle parole ^^ Mi hai fatto sorridere ed imbarazzare,
non sono mica così brava! Cerco di fare del mio meglio... delle
volte sono anche troppo pesante -.- So come ti senti, le mie autrici
preferite se ne sono andate praticamente tutte dal fandom, tranne per
qualche uscita occasionale con qualche one shot, ed è anche per
questo che pure io ho deciso di abbandonare: si respirava un'aria
pensantissima, solo fan fiction idiote, nessuno spessore. Però... ho
deciso di tornare per questa mia fan fic, portarla avanti con gli
insegnamenti delle grandi autrici, per coloro che credono ancora
nelle belle storie, profonde e con un significato. Spero tu deciderai
di seguirmi, spero che ne valga la pena!
Kumacla:
grazie mille, sapessi che piacere sentirmi dire che scrivo bene:
delle volte ho così paura di risultare prolissa o poco capibile!
Vedi Sasuke e Sakura come me, davvero: me li vedrei una coppia
instabile e piena di passione in una ipotetica vita reale, di quelli
senza smelensaggini ma pieni di carattere. Eh già mi piacciono
troppo! <3 Spero che poi i tuoi malesseri siano passati presto...
e grazie della recensione lunga, l'ho adorata!
Rinoagirl89:
Lù!
Quanto tempo *.* ti aspetti molto dal mio lavoro? Ohi ohi spero di
non deluderti... u.u che poi tu sei una mia “fan” (posso dirlo?
XD) storica, insomma hai recensito quasi tutti i miei lavori e questo
ti rende onore e soprattutto è la prova che NON posso sbagliare!
Grazie del tuo entusiasmo, ne avrò bisogno!
Grazie a chiunque
ha solo letto, a chi leggerà a chi si emozionerà.
Anticipazioni
Cap. 2:
“Ino
era ancora molto bella, apparentemente sembrava che nessun dolore
avesse toccato il suo corpo di bambola; i capelli biondi erano
raccolti nella memorabile coda di cavallo, gli occhi azzurri
giudicavano, le mani dinoccolate si alzavano in aria con impazienza,
le gambe lunghe si muovevano, scoperte.”
Il battito del suo
cuore mi faceva sentire a casa, come il mare, d’altronde. Non
avrei mai pensato di riprovare una sensazione simile, in sua
assenza. Molto probabilmente stavo guarendo, oppure era tutta
un’illusione creata da Konoha. Poco importava, in quegli istanti
io stavo bene. Mi dicevo che avrei continuato a sentire il cuore
di Naruto per l’eternità, forte del mio insaziabile egoismo.
***
Cap.
3 Egoismo
16
aprile 1995
Da
dietro un albero Sakura osservava la sua amica Hinata parlare
col
suo migliore amico Naruto. - Ehi! Che fai, spii?! - Le giunse
la voce di Kiba Inuzuka – quel suo teppista compagno di classe –
alle spalle e per poco non gridò per lo spavento. - Zitto – gli
disse malamente, facendosi più piccola per paura che i due
l'avessero sentita. - Lasciati dire che sei abbastanza ridicola in
questo momento – bisbigliò Kiba posizionandosi dietro di lei, le
mani appoggiate al tronco dell'albero, così vicino che Sakura ne
potè sentire il calore. Si era messo praticamente appiccicato
a lei che piccola piccola era circondata dal corpo del ragazzo. -
Eddai....che voglio sentire – Sakura si sporse dall'albero
proprio nel momento in cui lo sguardo di Hinata balzò da quelle
parti. Si immobilizzò, sbiancando, ma fortunatamente la ragazza mora
parve non accorgersi di niente. - Per caso sei gelosa? - piombò
diretta la domanda dell'Inuzuka che indietreggiò di qualche passo
con immensa soddisfazione di Sakura che avrebbe dato qualsiasi cosa
affinchè un certo Sasuke Uchina fosse stato al posto di Kiba. -
Non hai capito niente allora, ma non sei un grande amico di Hinata
tu? - gli disse in malo modo, cercando di carpire almeno una parola
dei due. - Mi vuoi dire che tu stai combinando di mettere assieme
quei due? - Sakura gli tirò una gomitata nello sterno. - Uhm,
anche sì – rispose calma. - Ahahaha maddai! - rise di gusto
lui. - Stupido - Sakura riuscì a sentire un “Ti accompagno a
casa” detto da Naruto alla Hyuuga e gioì tra sé. - Non si
metteranno mai assieme: Naruto è stra cotto di te – Soddisfatta
del suo operato – aveva spinto Hinata a fermare Naruto fuori da
scuola – decise di lasciare la postazione e di prestare un po' di
attenzione al ragazzo che non sembrava voler andarsene dalla sua
vista. - Prima o poi cambierà idea, credimi – gli disse
cominciando ad avviarsi fuori dal cortile della scuola, strisciando i
piedi sul terreno per via del peso enorme della cartella e di una
stanchezza causata da una fame colossale. - Io ci farei una
scommessa.... - buttò lì Kiba seguendola col suo passo ampio e
cadenzato. - Se proprio ci tieni, io ci sto – accettò Sakura
che aveva giusto bisogno di
un obiettivo da prefissarsi
per far diminuire l'ormai cronica infatuazione di Naruto – amico
d'infanzia - nei suoi confronti. - Fossi in te starei attenta,
Haruno – la mise in guardia l'Inuzuka voltandosi a guardarla col
suo volto straordinariamente affabile in un corpo così mascolino e
già maturo nonostante l'età. - Non ho alcuna paura –
insistette Sakura – quanto? - - Mmmm. Facciamo che ogni mese
che passa la scommessa aumenta di tre euro. Per ora sono cinque di
partenza, ok? - precisò più buono di equo di quanto pensasse. Si
strinsero la mano, dopo di che – con soddisfazione di Sakura che
voleva essere lasciata sola, causa un certo Uchiha che sperava di
incontrare fuori dal cortile – ognuno andò per la sua strada. Lei
intravide Naruto e Hinata dirigersi verso la casa della Hyuuga e,
seppur provando un moto di una emozione mai provata prima, fu
felice.
4
luglio 2011
Ino
era ancora molto bella, apparentemente sembrava che nessun dolore
avesse toccato il suo corpo di bambola; i capelli biondi erano
raccolti nella memorabile coda di cavallo, gli occhi azzurri
giudicavano, le mani dinoccolate si alzavano in aria con impazienza,
le gambe lunghe si muovevano, scoperte. Sì, era proprio lei. Mi
chiesi se anche io ero rimasta immutata nel mio aspetto, provai
un’istintiva gelosia. - Non credere, sono arrivata qui per caso
– mugugnai, scostando l’attenzione da lei e portandola alle sue
spalle, sulla vecchia abitazione Yamanaka. - Non credo nulla,
Haruno – rispose, lasciando poi cadere un gelido silenzio. Eravamo
una di fronte all’altra, da anni non l’avevo così vicina: mi
sentii mancare l’aria, non sapendo proprio cosa dire, sentendomi
così sciocca…che schifo di mondo – pensai – che schifo di me –
e le voltai le spalle. - Allora di nuovo addio, Ino, io…io non
dovevo passare di qua – Il mio sussurro si spense, coperto da
una sua risata acuta. Mi sentii prendere per una mano e fui
costretta a girarmi bruscamente, giusto il tempo di carpire una sua
silente lacrima. Ino non rideva di me, né di noi: rideva perché,
forse…forse era felice, ora, felice di vedermi. Mi aggrappai a
questa effimera considerazione e acconsentii a fare una passeggiata
lì intorno con lei. Non parlammo molto: le dissi del mio lavoro,
mi raccontò del suo prima come modella e adesso come ricercatrice di
bellezze; le dissi dell’arrivo di Hinata, mi informò del ritorno
di Shikamaru Nara. Qui Ino si chiuse in un profondissimo
silenzio: Shikamaru era stato quanto di più simile ad un amore, per
Ino, ai tempi del liceo; amore abbandonato per Itachi Uchiha e non
accettato a causa del dolore. Ci congedammo quasi di fronte casa
mia; non so lei, ma io mi sentivo stanchissima. Sentii a lungo lo
sguardo di Ino sulle mie spalle mentre percorrevo il breve tragitto
che mi separava dall’entrata di casa Uzumaki.
Hinata
aveva appoggiato il capo sul petto di Naruto che le accarezzava
dolcemente i capelli neri. Per un attimo mi parve di essere
lontanissima da loro, in un altro mondo e per un bel pezzo continuai
a fissarli da dietro la porta del salotto, come una bambina che spia
due adolescenti che si amano. Formavano un quadretto davvero
delizioso, così dolce da sembrare finto. Io non avrei mai potuto
donare tutta quella dolcezza a Naruto – pensai – e uno stupido
moto di rabbia mi fece entrare bruscamente nella stanza, sotto gli
occhi stupiti dei due. - Sa- Sakura! – balbettò Hinata
alzandosi di scatto dal divano, tutta scompigliata e seguita a ruota
da un Naruto che, chissà perché, se la rideva della grossa. Lo
fulminai con lo sguardo, dopo di che ripresi controllo di me stessa.
Ahimè. - Ho incontrato Yamanaka Ino, tu sapevi che era qui,
Naruto? – posi questa domanda pur sapendo già la risposta, mi
andava di sdrammatizzare così la cosa, volevo far scendere il
fastidio. Infatti Naruto annuì ma il mio fastidio se ne era già
andato, lui voleva solo proteggermi. - Come sta? – mi chiese
preoccupata Hinata e io per evitare di intavolare una discussione sul
“come” avevo visto Ino dribblai su un’altra domanda. -
Sapete dell’arrivo di qualcun altro? – Per un momento alla
Hyuuga brillarono gli occhi. - Sì! Ho intravisto Kiba! –
esclamò e subito provò vergogna del suo entusiasmo, arrossendo
vistosamente sotto gli occhi indagatori di Naruto. Tra tutte le
persone che lei aveva amato di più nel suo passato a Konoha un posto
di rilievo lo deteneva certamente Inuzuka Kiba, un ragazzone cucciolo
che era andato a fare il veterinario in giro per il mondo. E io?
Perché avevo posto questa domanda? Non solo per deviare il
discorso…ma chi volevo che ci fosse, chi… Mi morsi le labbra e
notai che i due mi guardarono allarmati, specialmente lui. - Uh
uh…altri? Neanche avessimo organizzato un ritrovo…- dissi nel
tono più affabile possibile e volli immaginare l’arrivo di
un’altra persona. Neanche mi avesse letto nel pensiero Hinata
parlò: - Kakashi Hatake – annunciò, soddisfatta di vedermi
reagire. Infatti avevo sgranato gli occhi per lo stupore e
l’effetto piacevole che faceva quel nome su di me. Accidenti. Mi
ritrovai a essere straordinariamente estasiata. E illusa, certo. Non
era stato forse Kakashi ad avermi fatto avvicinare tanto a Uchiha
Sasuke, col suo corso pomeridiano di inglese? I ricordi sorsero
spontanei. - E dov’è, ora? – domandai perentoria,
impaziente. - Come dov’è? Sarà a casa sua no…- mi scimmiottò
Naruto, forse per allontanare da sè la paura di vedermi in quello
stato (rabbiosa, odiosa, pazza) e propose di raggiungere Hatake. Al
che io fui presa da terrore. - Proprio adesso? – sussurrai,
sentendo mancarmi le forze: Kakashi voleva dire tornare a pensare
vividamente all’Uchiha, che egli conosceva (aveva conosciuto) molto
bene. Hinata mi prese sottobraccio, delicatamente; e Naruto mi
spinse fuori. …Sasuke, dove sei?
All’epoca
volevo molto bene a Kakashi Hatake, sentivo che gli dovevo tutto: il
mio amore verso Sasuke, la felicità, quello che io provavo. Era
stato lui a darci una possibilità. Davanti alla soglia di casa
sua, ora, sentivo che mio malgrado quel bene passato non era affatto
scomparso, lo riconoscevo da una spinta in fondo al cuore; ma stetti
male. - Io torno indietro – dissi risoluta. - Torniamo
indietro tutti, il professore non c’è – rispose Hinata, ponendo
uno strano accento sulla parola “professore”: una cosa
dolcissima. - Meglio così allora – cercò di sistemare le cose
Naruto, che mi prese per una mano – dove vuoi andare? – soggiunse
affettuosamente. Sgranai gli occhi. - Ovunque ma non qui –
sussurrai, sperando che mi avesse sentito solo lui. Il mio
migliore amico annuì. - Ho capito, una seratina a cosuccia e
via…dico bene? - Anuii riconoscente, affidandomi completamente
a una delle poche persone a cui riuscissi a volere ancora bene
davvero, senza cattiveria, pur con tanti rimorsi. Mi dimenticai
completamente di Hinata; essa ci salutò con un sorriso dolce e si
avviò pure lei verso casa, chissà con quali pensieri per la testa e
con che stato d’animo, povera Hinata. Mi ripromisi di essere
meno egoista, le prossime volte, nei suoi confronti e in quelli di
Naruto, anche se come promessa – fatta da me – non era poi molto
credibile. Io del mio migliore amico avevo urgente bisogno; sempre
era stato così.
-
Ahaha oddio Sakura mi fai morire! – Ino mi squadrava con
un’espressione divertita e ambigua, rigirandosi tra le mani una
ciocca di capelli biondi. - Non hai il minimo tatto – bofonchiai
io, girandole le spalle. - Sei tu che mi fai ridere mia cara! Come
si fa ad arrivare ad un appuntamento così tanto presto? E’ l’uomo
che dovrebbe aspettare la donna amata, non lo sai questo? – mi
informò reprimendo a stento una risata, e mi fece l’occhiolino. -
Bè? Almeno uno dei due è arrivato in ritardo – - Bene! Lui
proprio…oddio Sakura, il signorino si è fatto aspettare…- fece
una pausa, facendosi improvvisamente seria – tu hai urgente bisogno
di un po’ di dritte, ok? Ascolterai la tua vecchia Ino? – -
Vecchia…ma se sei più giovane di me! – - Eddai, mi
ascolterai d’ora in poi? Gli faremo perdere la testa, a quel Sasuke
– Ino era fortemente su di giri, non sapevo se odiarla o
amarla, quando faceva così. - Uhm uhm – mugugnai, lasciandomi
cadere esausta sul letto, ancora negli occhi lo sguardo superbo di un
certo Sasuke. - Bene, vedrai che scintille. Uh uh….- Dopo di
che Ino mi si affiancò, stendendosi supina come me, soffiandomi la
sua risata limpida nelle orecchie. Fu davvero per poco che non le
sussurrai un “Ti voglio bene”: certe dolcezze con lei era meglio
evitarle, se no…vi avrebbe avuto troppo in pugno. Certo è che
io vivevo anche per sentire la sua risata. Ma questo non l’avrei
mai confessato ad anima viva.
C’era
qualcosa in tutto il mio vivere che si ripresentava costantemente:
l’egoismo. Ero una persona morbosa, ciò che volevo io non
poteva essere di nessuno. Una volta si chiamava Naruto, quel
qualcosa, poi fu Sasuke e infine Naruto di nuovo. Mi sentivo
cattiva, eppure non facevo niente per cambiare il mio giudizio. Che
persona orribile…
…vero
Naruto? Già lo vedevo scuotere la testa.
Per
lui ero il meglio che si potesse desiderare. Più avanti
inutilmente cercai di spiegargli quanto questo gli costasse
maledettamente caro.
**Continua**
E
così la fan fic ha preso definitivamente il via...devo dire che sono
contenta di farvela leggere, ci sto mettendo molto del mio ed è una
sorta di esperimento di un modo meno linerare di scrivere ^^. Sono
contenta che alcuni di voi si stiano già appassionando alla
storia. Che dire del capitolo, è incentrato sulla visione di
Naruto e Hinata che ha Sakura, su qualche ricordo e qualche frammento
di passato (che ho deciso di scrivere usando la classica terza
persona). Più andrà avanti la storia e più piomberete nel passato,
perciò state tranquilli capirete ben presto qualcosa in più. Forse
=p Con un abbraccio stritolatore ringrazio le sette anime che mi
hanno regalato una recensione: <3 Kiki, Cà, Lù, Kry33,
Lalani, ladyVampire90, Saku_Piccina93 ^^ ho risposto a tutte voi
dalla “risposta dell'autore” ma se volete che vi risponda anche
qua ditemi u.u Il prossimo capitolo? Ecco le anticipazioni!
-
Potresti guardarmi, un attimo? – mi domandò, lontanamente
divertito. Infastidita ubbidii.[...]
Grazie
a quanti hanno messo questa umile fan fic tra i
preferiti/seguite/ricordate e a quanti decideranno di farlo
:) Attendo pareri con trepidazione! ;)
Era il caso di dire qualcosa a Naruto, del tipo “Non ti sto rovinando i primi giorni d’estate
Agosto
1997 Era
la festa più importante del Paese, Sakura lo percepiva bene
nell'aria solenne e festosa che sarebbe culminata in un sabato sera
sfrenato. Camminava tra i suoi due ragazzi
di sempre, stretta tra i loro corpi di modo da non essere portata
via
dalla folla che si aggirava per le strette e particolari vie di
Konoha illuminate ai lati da suggestive torce. Appena per sbaglio
dovevano separarsi a causa di qualche individuo che non riusciva a
passare ecco subito che Naruto tornava a lei e così faceva, seppur
non dandolo a vedere, Sasuke. Adorava quei due, anche se la
facevano sentire un po' intrappolata. -
Ehi, tutto bene? - le domandò Naruto chinando il capo per osservarla
per bene. Sakura annuì. - Non vi sembra di esagerare? - chiese
in risposta, accennando ai suoi fianchi oltremodo protetti. Naruto
sorrise, luminoso. - Neanche per idea! - si rivolse a Sasuke –
vero? - Il moro alzò le spalle ma non si schiodò dalla sua
posizione da gendarme. Sakura allora fece un balzo in avanti e
cominciò a correre tra la gente, da sola, ridendo tra sé. -
SAKURA!! - La voce del suo migliore amico le toccò
le spalle, piacevole. Imboccò un vicolo e rimase appostata lì. Il
primo a trovarla fu Sasuke Uchiha. Rimase un po' a guardarlo, in
silenzio, mentre avanzava verso di lei, orgoglioso e bellissimo. Così
suggestivo alle luci delle torce, tra le voci della folla, i dolci
profumi. Avrebbe tanto voluto abbracciarlo. - Eccoti! - Naruto
arrivò come un'onda altissima che s'infrange sugli scolli,
frantumando la sua ipnosi. Ma Sasuke continuò a fissarla a lungo,
quella sera di agosto. O forse fu solo una sua impressione.
Cap.
4. Gabbiani e vecchie conoscenze
6
Luglio 2011
Era
il caso di dire qualcosa a Naruto, del tipo “Non ti sto rovinando i
primi giorni d’estate?”; d’altronde me ne stavo sempre a presso
a lui a circondarlo con la mia aura di negatività e non lo lasciavo
uscire da solo perché lui “se non lo accompagnavo non andava da
nessuna parte”. Così dopo sette giorni dal mio arrivo a Konoha
decisi di fare una serata fuori con Naruto, lo feci per lui, mica per
me, che l’ultima cosa che desideravo era chiudermi in una
discoteca; anche se, a pensarci meglio, forse era la cosa migliore
stordirsi un po’ con della musica house. Riuscii a metterci un
po’ di entusiasmo nella mia proposta a Naruto che rispose annuendo
energicamente. Uscimmo verso le dieci di sera e passammo a
prendere Hinata a casa sua: una Hyuuga più bella che mai, in una
vestitino corto e coi capelli raccolti in una morbida coda
alta. Provai un pizzico di nascosta gelosia, nel vedere come il
mio migliore amico la osservava compiaciuto, lottando con chissà
quali sentimenti nascosti mentre le baciava le guance. Accidenti,
stavo sbagliando tutto. Mi incamminai prima di loro, lasciandoli
nell’imbarazzo e straordinariamente fui la prima a mettere piede
alla disco. Effettivamente la prima cosa che mi successe fu un
azzeramento quasi totale della facoltà del pensiero: agivo e basta,
facendomi strada tra la gente, per raggiungere un luogo meno
trafficato. Naruto teneva per mano Hinata, dietro a me; io
continuavo a procedere da sola, non guardavano neanche in faccia la
gente. Mi presi una spallata dolorosissima. - Oh cazzo scusa! –
mi fece una voce rauca, e io alzai la testa. - Per stavolta…non
fa nient…- ma le parole mi si bloccarono sul nascere. Davanti a
me avevo Kiba Inuzuka, un mio vecchio amico d’infanzia e delle
medie; teneva un braccio alla vita di Ino. Li guardai
esterrefatta. - Ah, pure tu – chiosò la voce fredda della
bellissima Yamanaka e io, come fossi una bambina in balia di maestre
inacidite, annuii e arrossii. Come fossi stata beccata con le mani
nel sacco. Mi voltai a cercare il sorriso di Naruto o la dolcezza
di Hinata: niente di tutto questo, li avevo persi di vista. - Ma
sei proprio tu?! Sakura Haruno! Il genio, la ragazza dagli occhi di
fuoco…tu! – Kiba aveva da tempo lasciato andare la presa sulla
vita di Ino e ora si sbracciava verso di me, in un rude tentativo di
abbracciarmi. Ricambiai il più calorosamente possibile: Kiba non
mi aveva mai fatto nulla, anzi, ero stata io ad allontanare tutti a
causa del mio dolore. - Vuoi unirti a noi? – mi domandò
evidentemente scocciata Ino, per una gentilezza recondita, un vago
moto di compassione. Mi infastidii. - No no, torno dai miei…-
dissi fiera e sostenni a lungo il suo sguardo. - Come vuoi, ci si
becca Sakura – rispose compiaciuta e tornò ad avvinghiarsi al suo
uomo,
o meglio: al suo divertimento. Non
conoscevo la storia ma ero più che certa che lei non lo amasse, come
poteva? Povero Inuzuka, alla Yamanaka non si poteva dire di no… Mi
ritrovai sola. In mezzo a una valanga di gente. La musica si fece
più alta, la festa notturna cominciò. Dopo aver mandato giù un
bicchierino di amaro preso al banco mi strascicai fino a un divanetto
in fondo alla sala; avevo ormai perso la speranza di rincontrare
Naruto ed Hinata. Lo lasciavo solo, finalmente; Hinata sarà stata
al settimo cielo. Mi sentii buona. - E’ libero? –
Sulle
prime sentii soltanto una voce indistinta. - E’ libero? –
ripetè la voce maschile. - Sisi, faccia pure – risposi senza
nemmeno prendermi la briga di osservare il mio interlocutore. -
Guarda a caso ho un bicchiere in più di vodka, la mia amica l’ho
persa di vista…vuoi? – mi sentii domandare ad alta voce dopo un
po’, e io accettai senza storie, prendendo dalle mani di un
potenziale sconosciuto dell’altro alcol. E senza mai guardarlo
in faccia. - Non balli? – vociò l’uomo nella mia
direzione. Lo sentivo più vicino, il caos era assordante. -
Nono, io bevo – feci dell’ironia e tracannai l’intero contenuto
del bicchiere, posandolo con energia sul tavolino dinnanzi al
divanetto. - Uh uh, allora vado a prenderti dell’altro, se
permetti – propose con voce cordiale e lo percepii alzarsi. Non
feci in tempo a vederne la figura perchè egli si confuse subito con
la gente. Pensai che aveva una timbrica conosciuta, ma non ci feci
caso. Chiusi addirittura gli occhi, ero troppo stordita per pensare;
ma stavo bene. - Ecco fatto – Il tizio era già tornato, mi
offrì dell’altra vodka con estrema gentilezza. Voleva farmi
ubriacare? Si divertiva alle mie spalle? Me ne sbattevo. Presi dalle
sue mani il bicchiere ma egli fece resistenza. Spinsi un po’ verso
di me, mi imprigionò la mano con la sua, fredda. - Potresti
guardarmi, un attimo? – mi domandò, lontanamente
divertito. Infastidita ubbidii. Non l’avessi mai fatto,
o…l’avessi fatto prima. Scoppiai. E mi alzai a buttargli le
braccia al collo, dopo avergli rubato con voga il bicchiere e averlo
bevuto velocemente. - Sakura…Sakura…sei qui – ripeteva come
in una ninnananna il mio vecchio professore, stringendomi tra le sue
braccia forti. Per alcun istanti non mi curai di nulla, carezzavo
quel corpo familiare e stavo bene: lui mi toccava i capelli, la
schiena, mi sussurrava belle parole con quel suo tono basso e
apparentemente insolente. Non c’eravamo mai dati un abbraccio
così, se non una volta, l’ultima [il giorno in cui capii che
Sasuke non sarebbe più tornato]. A ripensarci ora mi pare
d’essere stata un po’ troppo impulsiva, d’essermi lasciata
troppo andare. Visto quel che successe dopo. Eppure Kakashi mi ha
regalato degli istanti felici, e io non posso biasimarlo. - Noto
che la forza non ti manca…- mi bisbigliò all’orecchio, facendo
finta di soffocare. Mollai improvvisamente la presa, affannata:
durante tutto il nostro abbraccio ero sempre stata in apnea. -
Kakashi – lo chiamai, non potendo fare a meno di fissare lo sguardo
sulla benda che gli copriva l’occhio sinistro. Era lui, proprio
lui. - Sakura Haruno, medico chirurgo, attraente
donna in carriera – elencò soppesando l’aggettivo e guardandomi
con un certo compiacimento paterno. Chiusi gli occhi, inspirando
forte. - Puzza di fumo – notai. Altra caratteristica di
Hatake. O la odiavi o la amavi; a me parve bellissima. - E tu
puzzi di fragola e alcol – rispose facendo una finta faccia
schifata e si lasciò cadere sul divanetto. Mi misi affianco a
lui, tanto vicina da sfiorarlo col profilo dei nostri corpi; non
parlammo per un bel pezzo. Avrei voluto non parlare mai. La mia
attenzione cadde sulle sue mani: all’anulare del dito destro
portava un anello; mi irrigidii. Era fidanzato. Naturale. Che cosa
mi prendeva? - Ehi, che succede? – domandò voltandosi verso di
me e seguendo la traiettoria del mio sguardo capì. - Vuoi sapere
come si chiama? – Aveva sbagliato domanda, non risposi. -
Non la conosci, è una forestiera venuta dalla Francia. L’ho
conosciuta due anni fa, proprio a Parigi – mi spiegò senza
particolare intonazione, fissando vacuo la gente di fronte a noi. -
E’ qui? – Mi strinsi nelle spalle, cercai di essere
oggettiva. - No. E' a casa in buona compagnia con Asuma e la sua
fidanzata – sorrise a fine frase. - Asuma? – ripetei. Lo
conoscevo: uno dei professori della Konoha school, non il mio
comunque. Un portento come insegnante di ginnastica. -
Esattamente, la sua lei è Kurenai – mi fece sapere Hatake e allora
sorrisi anche io: era dall’epoca del liceo che tra gli studenti
girava voce di un loro flirt. - Il professore Asuma ce l’ha
fatta, alla fine della fiera – dissi, mentre una improvvisa
tristezza mi sgorgava in petto. All’epoca, inoltre, girava pure
voce di una mia relazione con Sasuke Uchiha. Avrei tanto voluto
che non ci fossimo messi assieme, che avessimo fatto tutto di
nascosto come Asuma e Kurenai, che avessimo esitato per poi
coronare il nostro amore con un tardo fidanzamento. Fortunatamente
non riuscii a pensare a lungo, avevo i sensi annebbiati. E
Kakashi si avvicinò di più a me, mi accarezzò il volto con la mano
dell’anello. Era ruvida, mi piacque la sensazione. - Mi
dispiace – disse. Solo questo, nient’altro che questo per
tutta la serata. Ma mi bastò. Ricordo che poco dopo ci
alzammo, uscimmo, ci baciammo. Mi staccò lui da sé, mi riportò
a casa che non era nemmeno l’una. Di Hinata e Naruto nemmeno una
traccia. Ebbi la brutta sensazione di essere più sola che mai.
***
I
gabbiani giravano in vortice sopra la mia testa, stridendo come
pazzi. Mi misero una sorta di ansia, smisi di osservarli. Uno
di loro si appoggiò sulla sabbia a pochi metri da me, ci
guardammo. - Che vuoi da me? – gli domandai, agitando un braccio
nella sua direzione; non ebbe affatto paura. Pensai che sembrava
un essere umano, così composto ed espressivo. Sembrava volesse
comunicare con me. Sì, probabilmente era proprio così: era
l’incarnazione di un uomo. Avrei voluto accarezzarlo, ma eravamo
ancora troppo lontani. Era un esemplare bellissimo, doveva essere
stato un essere umano altrettanto bello. Stridette e poi sparì
dalla mia vista, librandosi in volo leggero. Un nome mi arrivò
alle labbra senza preavviso. - Itachi – pronunciai, alzando
velocemente la testa al cielo. Ma del gabbiano nessuna
traccia. Del nome, però, fin troppa presenza. Non mi restava
che consolarmi guardando le onde del mare, un’altra volta. Erano
le stesse onde che guardava anche la gente di lassù, e forse pure
Itachi, volato via chissà dove.
***
-
Devo parlarti - Mi ero presentata davanti a casa di Ino come una
furia, e avevo preteso di entrare. Ella aveva accennato di sì col
capo e mi aveva lasciata passare. Potevo giurare di averla vista
sorridere triste, mentre le passavo accanto. - Che vuoi? – mi
apostrofò una volta che ci fummo accomodate in salotto, l’una
seduta di fronte all’altra. Accavallò le gambe semi nude, si
guardò le unghie rosse e finalmente prestò attenzione a me. - E’
successa una cosa – cominciai, torturandomi le mani; ma ero più
che mai decisa a dirle tutto. Non so perché avevo scelto lei come
mio confessore, e sapete, non lo so tutt’ora. Forse ero
impazzita. A Naruto, ad ogni modo, non glielo avrei mai potuto
dire. - Avanti, spara – mi ordinò, immobilizzandomi coi suoi
occhi di ghiaccio. - Ho baciato Kakashi. Eravamo lì lì per
farlo…- Cadde il silenzio. Non durò a lungo: di lì a poco Ino
scoppiò a ridere. - Bè? Immaginabile da parte tua – rispose
con assoluta calma, una vena ironica nella voce. Voleva forse
consolarmi? - A me è sembrato di risentire…Lui – aggiunsi,
facendomi prendere dal batticuore. Ino scosse la testa, si fece
dura in volto. - Sciocca – disse – - Tutto qui ciò che
hai da dire? Io mi sono lasciata andare…capisci? Ho peggiorato le
cose… - le parole mi morirono in gola e persi la voglia di parlare,
la convinzione che mi aveva portato da lei quella domenica mattina. -
Benvenuta nel mio mondo – esclamò ad un certo punto, alzandosi
dalla poltrona e venendomi vicina – sai, gli uomini possono farti
star bene per un po’…ma…- Si chinò su di me, avvicinò la
sua bocca al mio orecchio. - Ino…- - …ma io non ho pensato
mai, nemmeno per un secondo, di sentire Itachi. Sia ben chiaro,
Sakura – Suonò come un rimprovero. Mi alzai pure io, non
dissi nulla e uscii. Echeggiarono a lungo nella mia testa, ovunque
io andassi, quelle aspre parole. Credevo che il rapporto con lei
fosse stato improvvisamente recuperato. Avevo ottenuto almeno
questo, in una caldissima giornata di Luglio. E chissà, magari
ero andata lì apposta.
**
Orbene,
eccoci già al quarto capitolo ^^ Ne vedrete molte, prossimamente,
di parti come quella iniziale che vi fa fare un salto nel 1997.
Personalmente mi piace proprio cimentarmi in introspezioni sul
passato :) mi auguro di non avervi messo confusione... spero di
riuscire a fare flash back più chiari in un prossimo futuro! Il
rapporto InoSakura è l'elemento finora che mi impegna di più, sto
cercando di renderlo quanto più possibile concreto prendendo spunto
dalla vita quotidiana e mi rende soddisfatta vedere che lo state
apprezzando ^^ Molti mi chiedono – giustamente – di quando
vedremo Sasuke...bè eccolo – seppur indirettamente – in questo
primo ritorno al passato. Ok, lo so, non è abbastanza per voi che lo
attendente frementi, ma abbiate fede che in una veste o nell'altra lo
vedrete riapparire presto =P Ringrazio ancora le quattro anime che
hanno commentato lo scorsi capitolo <3 Grazie alle persone che
hanno messo questa storia tra le seguite e/o le seguite e/o le
ricordate! Se riuscite, gente, fatemi sapere che ne pensate: è molto
importante per me. Ora vado a scrivere un po' del terzo capitolo
dell'altra piccola long fic che ho in ballo, di tutt'altro stampo,
ovvero “Il matrimonio del secolo”. Un abbraccio a tutti voi!
:)
Quinto
capitolo a voi, carissimi lettori. Prima di lasciarvi alla lettura
approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno messo questa storia
tra i preferiti, le seguite e le ricordate: mi piacerebbe tanto
sapere che ne pensate ^^ Grazie a quanti leggeranno e/o
commenteranno!
Avvertimento:
con questo capitolo dò ufficialmente avvio all'ampio utilizzo di
flashback (che narrerò in terza persona).
Buona Lettura ^^
Quelle
erano cose che non riuscivo a dire ad anima viva, probabilmente
perchè non sapevo chiarirle nemmeno a me stessa. Io amavo ognuno di
loro: amavo Naruto, amavo Kakashi, amavo...Ino. E all'epoca dei
fatti non volevo riconoscere che era solo per ipocrisia e che – in
realtà – non ero capace di amare nessuno perchè mi sembrava di
aver già dato via tutto l'amore di cui ero capace. Così restavo
in silenzio, toccando appena la superficie delle cose come la brezza
del mattino che saliva dal mare e mi accarezzava il volto.
**
Cap
5. Speranze
8
Luglio 2011
Due
mattinate dopo la festa sia io che Naruto dormivamo in piedi;
in cucina mentre facevamo colazione regnava un silenzio quasi
assoluto alternato dai miei sospiri e dai suoi brontolii. A me
andava bene così: non avevo alcuna voglia di parlare. Sorseggiai
l'ultimo goccio di caffè e mi alzai per andare al lavandino. Sentii
un tocco bollente sul braccio sinistro, per lo spavento per poco non
mi cadde la tazzina di mano; mi voltai di scatto: - Bè? - Gli
occhi di Naruto si chiusero. - Volevo chiederti se è tutto a
posto – bofonchiò, grattandosi la nuca. Non potei non
sciogliermi, a delle parole così. Parte del nervosismo se ne andò,
sostituito da puntuale tristezza. - Sì,tutto a posto- affermai in
tono rassicurante e andai al lavandino. Non ci dicemmo
nient'altro, intanto che lui finiva il suo caffellatte e io lavavo le
tazzine. Sapevo che Naruto non mi aveva creduto, per quello si
attardava a finire la sua colazione e io mi attardavo a lavare quelle
due scodelle: aspettavo un segnale, aspettavo che l'atmosfera si
rilassasse. Che desiderio impossibile, degno di me. Andai di sopra
a cambiarmi, Naruto fece altrettanto. Poco dopo suonò il
campanello di casa e, quando sentii Naruto andare ad aprire e
pronunciare un tale nome, mi si gelò il sangue nelle vene. -
Proff Kakashi!! - - Vedo che sei ingrassato, Naruto - - Ma che
osservazione da fare è questa?! - Immobile a metà scala
sorrisi. - Rispetto all'estate scorsa, intendo. C'è per caso
qualcuno arrivato a nutrirti? - Mi appoggiai alla parete fredda. -
E' tornata Sakura –sentii sussurrare a Naruto. - L'ho salutata
ieri sera - Mi morsi il labbro. Aveva detto la verità, dopo tutto
perchè mentire d'esserci visti? - Sakuraaaaa!!! - mi chiamò
Naruto. Desiderai sparire eppure mossi diversi decisi passi e mi
ritrovai in fondo alla scalinata, di fronte al mio migliore amico e
al mio professore. Sembrava una scena di molto tempo fa, solo
che ora eravamo tutti e tre adulti. Kakashi ed io ci scambiammo
una velocissima occhiata – che definii complice pur non volendolo
- mentre Naruto proponeva un bel bagno tutti assieme. - Si può
fare -accettò subito Kakashi e mi fece l'occhiolino, chissà
perchè. Ero lì lì per declinare l'invito quando decisi di non
voler sembrare la capricciosa di turno e facendomi forza andai di
sopra a pescare le borse da mare preparate la sera prima, sia la mia
che quella di Naruto. Alle dieci in punto fummo in spiaggia.
Hinata
ci aveva raggiunti portando con sé il suo immancabile imbarazzo che
si manifestò allorchè Naruto, senza tanti giri, diede una lunga
occhiata al suo corpo semi nudo. A dir la verità il due pezzi nero
le stava benissimo, d'altronde non mancava di alcuna forma, specie
del seno. Provai un leggero fastidio e furtivamente osservai il
mio corpo troppo magro e la mia seconda stenta di seno. Feci una
smorfia. Addirittura le cose senza spessore mi davano alla testa
come fossero state tante lame appuntite su di me; non ero più capace
di godermi nulla, o godevo così poco di certe cose. Hinata e
Naruto se ne andarono a giocare a pallavolo sul mare e per un po'
Kakashi li accompagnò, col suo fisico ancora scultoreo nonostante i
quarantanni passati e i capelli brizzolati che luccicavano al sole,
un sorriso beffardo stampato sulle labbra sottili ed una
intramontabile calma ad avvolgere ogni suo movimento. La mia
agitazione cozzava contro la pace che egli emanava. Come una
volta. Fu mentre lo osservavo distesa sul mio asciugamano a pancia
in giù che mi ricordai della donna di cui mi aveva parlato due sere
prima: la immaginai una creatura meravigliosa. E
fortunata. Nascosi la testa tra le braccia e restai per un po' al
buio, cercando si seguire solamente le macchie di colore arancioni
che passavano davanti ai miei occhi chiusi e non i miei pensieri
viziati. Un tocco freddo sulla spalla mi fece quasi urlare. Alzai
bruscamente la testa e mi ritrovai a pochi centimetri dal volto di
Kakashi. Lui sapeva di sale e dopobarba, inspirai forte. -
Stavo per avere un infarto – dichiarai. Kakashi alzò le spalle
e veloce prese il suo asciugamano e lo appoggiò affianco al mio. Lo
osservai accigliata. - Disturbo la tua nulla efficienza? - mi
domandò, stendendosi a pancia in su. Lo imitai - Quei due si
divertono davvero a giocare a quello stupido gioco? - chiesi,
intavolando una discussione a caso. Volevo essere io a pilotare la
conversazione. Avevo paura del mio stesso imbarazzo. - Mi sa che
Naruto in questo momento non fa nemmeno caso al gioco... - Kakashi
non terminò la frase ed entrambi scuotemmo la testa. - Va bene
così – dissi dopo un po', stupendomi della mia stessa frase; la
sentii aleggiare nell'aria bollente e rimbalzarmi addosso. -
Sicura, Sakura? - Eccola, una cosa che non volevo sentirmi dire.
Tipico di Kakashi, predisporsi ad ascoltare il prossimo o a fare da
psicologo improvvisato. Spesso, in passato, le sue parole mi avevano
fatto bene. Ora avevo solo bisogno di ascoltare il suo respiro,
non la sua voce. - Non importa se lo sono o meno, Kakashi –
dissi con rassegnazione. - Va bene – lui mollò la presa. Mi
sentii meglio. Ebbi il nostro silenzio fatto di tutte le
giustificazioni sul quel bacio senza senso che ci eravamo scambiati
così poche ore prima e che mai sarebbero emerse. Chiusi gli occhi
e in quel mentre la mano di Kakashi mi spostò un ciuffo di capelli
dal volto: era fredda e piacevolissima. Udii dei movimenti e capii
che se ne stava andando. Mi domandai se non fosse difficile anche
per lui l'avermi pensata per tutto quel tempo -se mai lo avesse fatto
– e l'avermi ritrovata improvvisamente nello stesso luogo. Non
lo ricordavo così istintivo,
ecco qual era il punto. Ed io...io non credevo di poter mai essere
così docile. Era troppo stancante tartassarsi a
pensare e facilmente piombai nel sonno. Al mio risveglio Hinata
aveva già sistemato ogni cosa e lei e Naruto erano pronti per
tornare a casa; indossai il mio prendisole rosso e abbracciata
all'asciugamano li seguii lungo la strada di casa.
Ero come una bambina nascosta dietro alle ombre dei suoi genitori in
una giornata di sole.
**
8
Luglio 1996, ore 18.00
Una
leggera pioggerellina dissetava una pacifica Konoha di fine
pomeriggio. Sakura, Sasuke e Naruto – il trio di sedicenni più
famoso tra gli adolescenti e non del paese – girovagava per le
strade umide. Erano in tre con un ombrello. Naruto copriva se
stesso e Sakura dalla pioggia mentre Sasuke li distanziava bagnato
fradicio, con passo strascicante. Un ciuffo di capelli gli copriva
metà volto rendendolo più minaccioso e sensuale di sempre. Un
gruppo di ragazzine che gli passò accanto lanciò alcuni gridolini
che lo fecero sbuffare di disgusto accompagnato dalla sonora risata
di Naruto. - Te lo dico per la centesima volta, vieni qua sotto
con noi – affermò Sakura osservando le spalle magre dell'Uchiha
dinnanzi a sé. - Non ci stiamo, come te lo devo dire? - rispose
seccato questi, non degnandosi minimamente di girarsi. Anche se
sorrise lievemente, senza essere visto da nessuno. - e poi quel
rompiballe di Naruto se si prende un raffreddore mi dà la colpa per
giorni - Sakura si chiuse nelle spalle apparentemente rassegnata
e se sulle prime sembrò appagata dalla risposta del ragazzo poi con
un abile scatto balzò in avanti e lo raggiunse. - Ehi! - la
apostrofò Naruto, corrugando la fronte ma l'esclamazione morì sul
nascere. L'immagine di quei
due fianco a fianco – così armoniosi
– aveva tolto la parola persino a lui, l'essere umano più loquace
al mondo. Sasuke – un sopracciglio alzato - si voltò a
osservare Sakura che tutta soddisfatta fissava il mondo sfumato
davanti a sé. Pensò che era proprio una stupida, ma non lo disse.
Almeno per stavolta. Il prendisole cominciò ad appiccicarsi
addosso al corpo snello della ragazza delineandole i fianchi e il
seno poco pronunciati. Sasuke si accorse che la stava guardando un
po' troppo insistentemente e distolse con calma lo sguardo. - Mi
sa che il professor Hatake non ci fa entrare in aula in queste
condizioni – asserì Sakura dopo un po', smorzando un po' il denso
silenzio che era andato formandosi. I suoi occhi volteggiarono alla
volta del profilo spigoloso del ragazzo moro affianco a lei e il suo
pensiero si divise fra lui e Naruto là dietro a loro. “Ci risiamo”
pensò, sempre la stessa situazione. Ma non le pesò più di tanto,
grandi cose stavano cambiando: erano cresciuti. C'era una specie
di equilibrio tra loro tre, anche se precario. - Meglio! - esclamò
Naruto che sembrava essersi ripreso. In realtà la voce gli uscì un
po' più roca del solito. Sasuke diede dello stupido anche a
Naruto che non aveva abbastanza palle per rubargli
Sakura con la forza. Insomma, ci voleva un atto di forza. Lo stesso
che avrebbe fatto lui stesso fra non molto, e che stava già
facendo. - Deve accettarci, altrimenti gli ricordo quella volta
che si è presentato a lezione con un'ora di ritardo intimandogli il
nome di mio padre. Il signor Uchiha era un imprenditore di fama
internazionale che in quel periodo aveva aperto una catena di
alberghi a Los Angeles, lasciando l'albergo di Konoha in affitto ad
abili gestori. La signora Uchiha viveva sola con i due figli nella
sua casa d'origine a Konoha. Ma Itachi era spesso via per
specializzarsi in Economia e Commercio e apprendere direttamente il
lavoro del genitore in America – anche lui – e alla fine Sasuke
rimaneva l'unico Uchiha a trovarsi sempre sull'isola. Sakura e
Naruto avranno visto sì e no cinque volte il signor Uchiha dacchè
conoscevanoSasuke, ovvero da cinque a quella parte, quando Mikoto
aveva deciso di donare un po' di tranquillità ai figli e trasferirsi
a Konoha. - Sei un fottuto bastardo, Sasuke – proruppe Naruto a
scoppio ritardato. - Uhm? E
questa scenata a cosa la devo? -
Sasuke
si irrigidì leggermente; Sakura sospirò appena. - Non fare il
finto tonto – disse con veemenza il biondo. Sasuke si fermò,
statuario; Sakura gli rimase affianco ma non volle guardare nessuno
dei due. Aveva fiducia nella loro crescita, o almeno nella
maturazione di almeno uno dei due. E poi si sentiva troppo in
colpa. Ma ormai era un'abitudine. Acceleriamo il passo che è
meglio, se no arriviamo noi in ritardo e diamo a quell'addormentato
di Hatake un movente in più per incastrarci – asserì quasi subito
dopo Sasuke, ricominciando a camminare. Sakura lo ringraziò coi
suoi occhioni profondi e seri, tornando a camminargli a
fianco. Naruto non aggiunse altro, si chiuse in un silenzio
rabbioso; ma il peggio era passato, fra poco sarebbe tornato a
sorridere. Infatti, all'arrivo a scuola, rise delle condizioni di
entrambi i suoi amici: bagnati fradici dalla testa ai piedi. E ci
tenne ad aggiungere sornione che Sakura era bella anche così, anzi:
molto di più. Sasuke si limitò ad approvare dando una lunga
occhiata al corpo della ragazza, fissandola poi intensamente negli
occhi. Era vicina la resa dei conti.
**
Tra
le tante cose che avevo sempre adorato di Konoha c'era il pontile,
quella passerella in lastre di compensato sospesa un paio di metri
sopra il mare selvaggio del paese. Me ne accorgevo soltanto ora
che ci camminavo sopra, che la adoravo ancora. Camminare da sola
sentendo scricchiolare il legno caldo sotto i miei piedi mi metteva
addosso la tessa pace che mi infondeva l'osservare l'infrangersi di
calme onde. Ad un certo punto immaginai che si formasse un buco
nel pontile, proprio dove stavo passando io, mi vidi cadere giù
assieme a schegge di legno e raggiungere lentamente il mare, sparire
per sempre sommersa da litri e litri d'acqua. Ma mi faceva troppa
paura l'idea del soffocamento, così come ogni volta che in vita mia
avevo pensato di farmi del male anche adesso il timore del dolore
fisico mi dava i brividi. Non mi sarei mai potuta togliere la
vita, quantunque lo potessi desiderare. Lo avevo desiderato più
volte, anche durante il viaggio in aereo che mi aveva riportata a
Konoha. Perchè? Semplicemente mi sentivo colpevole di non aver amato
abbastanza, di non aver amato sufficientemente l'uomo della mia vita.
Dicevo questo perchè – mi dicevo – se Sasuke se ne era andato
voleva dire che lei non era riuscita a coprirlo di abbastanza amore.
La gente non se ne va se si sente intrappolata
dall'affetto. Che poi lui non mi amasse abbastanza – forse –
quello era un altro problema. Importantissimo, certo, ma una cosa
distinta. Fu giù tanto che mi avesse amato. Checché ne dicesse
la gente io so per certo che in quel periodo passato come una
coppia Sasuke mi aveva amata. Ero stata io a non fare
abbastanza per lui. Avevo permesso che le angosce della vita lo
avvolgessero troppo, fino a quando non aveva potuto resistere più:
Konoha non faceva per lui, mi diceva sempre; doveva andare
negli Stati Uniti, asseriva sempre più furibondamente. Gli
Stati Uniti. Li conoscevo bene.
**
8
luglio 2002
Erano
ormai più di due anni che stava a Los Angeles eppure non si era
ancora abituata a quel clima secco durante quasi tutto l'anno, fatta
eccezione per le settimane della nebbia e quelle più rare delle
piogge. I primi mesi di permanenza nella metropoli le avevano
messo in testa l'idea che lì sarebbe finalmente guarita da tutti i
dolori articolari che sempre l'avevano perseguitata e che non avrebbe
preso mai un raffreddore. Idea che si era rivelata vera in parte:
dolori di questo tipo erano spariti ma altri erano subentrati come
quei dolorosi mal di testa estivi e soprattutto l'iper tiroidismo
dovuto allo iodio del mare alzato dal vento. Per un lungo periodo
aveva preso il tapazole che la rimbambiva tutta sbalzandole gli
ormoni; ora non le serviva, il valore sballato era andato
sistemandosi. Il suo corpo si stava pian piano abituando al
cambiamento. Però sentiva fisicamente che Los Anglese non
le apparteneva, che quel mare dalle onde così imponenti non erano le
onde pacifiche di Konoha paesino protetto in un Golfo, che quel sole
inquinato non era il sole puro del villaggio, a quella
stagione quasi sempre uguale, alla mancanza di neve invernale che
cadeva nel mare. Non avrebbe mai detto di poter essere una tal
nostalgica. Sakura si prendeva in giro dandosi della vecchia
malinconica. Il tragitto dall'università dove studiava
all'appartamento dove viveva se lo faceva ogni giorno a piedi,
camminando svelta e a testa alta nelle storiche All star rosa o –
se aveva i giorni strani – nelle ballerine rosse. Accessori che le
appartenevano almeno quanto i suoi capelli dallo strano acceso
colore: quelle cose che la facevano star bene. Per quanto potesse
davvero stare bene in terra straniera, con un dolore lancinante al
petto, ed un album fotografico nascosto sotto al letto che tirava
fuori quando voleva riuscire a piangere. Quella mattina si era
alzata particolarmente presto e non volendo stare nulla facente
nell'appartamento e per non svegliare Shizune – la sua estroversa
compagna di appartamento nonché irriverente ginecologa – decise di
recarsi con mezz'ora di anticipo all'Università. Il sole era già
infuocato all'alba: si prospettava una giornata particolarmente
calda; Sakura pensò all'aria condizionata che andava a palla
nell'aula e si prospettò un portentoso mal di testa
pomeridiano. Sbuffò, scuotendo la testa come a scacciare tale
pensiero. Arrivata all'Università la trovo non tanto desertica:
diversi professori con le valigette in mano vagano per i corridoi o
parlottavano tra sé di chissà cosa; tra di loro non riconobbe
alcuno dei suoi professori e ne fu sollevata: non aveva molto voglia
di parlare, quella mattina. Aveva fatto un brutto sogno, aveva
persino urlato – le aveva detto Shizune - .Eppure non ricordava
nulla. Passando davanti alla Segreteria notò che era già piena
di studenti nuovi che cercavano di capirci qualcosa su corsi e orari
e sorrise, ricordando l'ansia che le era venuta la prima volta che
aveva varcato la segreteria con in mano un fascicolo di cartelle
illustrative. Si recò in fondo al primo piano e girando a
sinistra e imboccando un largo ma corto corridoio arrivò davanti
alla propria aula. Le prossime due ore le avrebbe passate lì, a fare
fisiologia con un professore di nome Madara e di fama internazionale.
A lei, sinceramente, non piaceva molto: troppo particolare, con
quelle sue movenze isteriche e la voce sibillina. Non entrò ma si
appoggiò con la schiena alla parete a fianco alla porta, stringendo
a sé la tracolla. La rilassava il silenzio dell'Università ai
primi minuti del giorno, odiava la folla. Aveva fatto moltissime
conoscenze, si trovava bene con diverse persone del suo corso, eppure
doveva ammettere che le mancavano i suoi vecchi amici, specialmente
Naruto. Si chiese che diavolo stesse facendo, se fosse riuscito a
dichiararsi ad Hinata. Non lo sentiva da due mesi. Non lo vedeva
da più di due anni. Provò la classica fitta allo stomaco e si
ripromise di fare meno la maleducata e di chiamarlo la sera stessa,
se si ricordava quale fosse il numero da anteporre per le chiamate
internazionali. Senti un paio di voci provenire da un'aula di
fronte e le parve di riconoscerle entrambe, una apparteneva
sicuramente al tanto viscido quanto geniale – fece una smorfia –
Orochimaru e l'altra la classificò tra le“bellissime timbriche di
uomo”: adorava le voci base e adorava classificare le voci
maschili. Quella di Naruto, ad esempio, rientrava tra le “voci
leggermente roche rassicuranti”. La voce che si opponeva a
quella bassa del professore di Anatomia tale Orochimaru era una voce che ti entrava nelle viscere, ti muoveva
qualcosa dentro facendoti venire le farfalle allo stomaco, un po'
come quella di Sasuke. Ah.
Le
ricordò troppo quella voce di cui – ovviamente – si era
innamorata, anche se questa che veniva avvicinandosi era un po' più
morbida.
Le
sembrò pure di riconoscersi nell'accento straniero dell'ignoto
uomo. Curiosa focalizzò l'attenzione all'entrata dell'aula di
fronte da dove stavano uscendo i due uomini. Il primo a uscire fu
Orochimaru che, accortosi di lei, la salutò con un sorrisetto
mellifluo, seguito da un ragazzo moro che stava a capo basso. Sakura
seguì con lo sguardo il contorno del suo corpo e nella magrezza e
nella perfezione di misure ebbe un extra sistole che le tolse
momentaneamente il fiato. Percepì l'armonia di Sasuke, in quel
corpo. Si portò una mano alla bocca con fare sorpreso e sperò
tanto che il giovane uomo alzasse la testa. E così fece, mentre le
passava accanto imboccando il corridoio nel verso opposto. La
guardò negli occhi con un occhio nerissimo e l'altro azzurro
ghiaccio. “Itachi”disse Sakura tra sé,
premendo più forte la schiena contro la parete. Era l'unica
persona che lei conoscesse con un iride diversa dall'altra. Itachi
sembrò riconoscerla, socchiuse gli occhi, ma proseguì per la sua
strada, dandole ben presto le spalle. I primi tempi a Los Angeles
aveva sperato ardentemente di incontrarlo, si era trasferita lì non
soltanto perchè era stata presa grazie ad un esame on line o perchè
lì c'era l'Unversità di medicina migliore di sempre e perchè
l'aveva fatta in passato suo padre- ora dignitoso medico di Konoha
che aveva rinunciato a grandi carriere per la famiglia e per il suo
villaggio – l'aveva fatto anche perchè lì sapeva esserci
Itachi. O almeno, così si era illusa stando ai vecchi racconti di
Sasuke. Aveva tanto voluto incontrarlo anche se non sapeva cosa
gli avrebbe mai potuto dire, la speranza che Sasuke fosse lì con lui
le aveva portato avanti la vita americana per tanto tempo e ancora
adesso la punzecchiava. Eppure quella mattina non fermò Itachi,
col cuore martellante in petto entrò in classe e si sedette al
solito posto tirando fuori dalla borsa il solito quaderno
preparandosi ad assistere alla solita lezione. Della quale, però,
per quel giorno non seguì una parola.
Buon Compleanno, Itachi. Capitolo dedicato al personaggio più affascinante e ben riuscito dell'intero manga. E di sempre.
Sesto
capitolo pronto! Vado avanti imperterrita per quelle anime che mi
appoggiano e che ringrazio tantissimo; nonostante la storia sia un
po' troppo nebbiosa
e
mi renda conto che non è poi così piacevole da leggere. Anche per
via dei flashbacks, ma per ciò che concerne questa storia posso solo
dire che essa vive
di
frammenti del passato. Non sono ampiamente soddisfatta di come
sto aggiornando perchè ho paura di aver deluso le vostre
aspettative, di non essere all'altezza. Ok. La smetto di
importunarvi e vi lascio alla lettura del capitolo: ci sarà la
presenza della coppia ItaIno ( della quale ahimè non vedo più fan
fic in giro!), che personalmente mi piace molto, e l'entrata in scena
di nuovi personaggi. Grazie a coloro che mi vorranno far sapere
che ne pensano, anche con un semplice aggettivo. Grazie alle persone
che hanno messo questa umile tra preferiti e/o seguite e/o
ricordate.
Buona Lettura!
Lontane
centinaia e centinaia di chilometri e soffrivamo entrambe, e per
ragioni così sottilmente simili! A pensarci ora..sono stata una vera
bastarda. La chiamai appena – non ebbi il coraggio di sentire la
sua voce – e parecchi giorni dopo che appresi la notizia della
morte di Itachi. Non sapevo come dirglielo. Lo dissi a Naruto, lo
pregai di farlo sapere ad Ino.... Quando ebbi il coraggio pure io
alzai la cornetta ma ormai era troppo tardi. La vecchia Ino se ne
era in parte andata.
**
Cap.6. Primo
amore
9
Settembre 1990 – ultimo giorno di elementari
Lo
amava da quando era una bambina dell'asilo, dacchè alla mattina
quando lei e sua madre andavano a scuola a piedi lui passava vicino a
loro sfrecciando sulla mountain bike nera e delle volte alzava il
braccio a salutarle. Ino era molto orgogliosa di quei saluti e non
sapeva come farlo a capire a sua madre che comunque continuava a
ribadire di adorare quell'Uchiha, così educato e riservato, così un
bravo ragazzino. Lei e Itachi avevano otto anni di
differenza. L'ultimo giorno di elementari per lei era l'ultimo di
liceo per Itachi. Quella mattina lo vide passare in bici come
sempre ma stavolta Ino aveva deciso di andare a scuola da sola,
camminando veloce nelle sue scarpette viola nuove. E stavolta Ino lo
vide pure fermarsi accanto a lei ed un sorrisone le illuminò il
volto bellissimo. - Buon giorno – disse Itachi, mettendo un
piede a terra. Sorrise alla bella bambina, pensando a come fosse
già cresciuta tanto in quegli ultimi cinque anni. Prometteva molto
bene. - Ciao! - esclamò Ino muovendosi un po' sul posto ed
agitano i codini biondi che la mamma le aveva acconciato poco tempo
prima. - E' l'ultimo giorno, vero? - le domandò Itachi,
sporgendosi un po' verso di lei mentre si appoggiava con le braccia
al manubrio. Aveva voluto fermarsi a parlare con lei, almeno
quella mattina. Sapeva quanto lei – inspiegabilmente – ci tenesse
a lui. E anche lui si era affezionata a quella determinata biondina
che una volta pur di andargli vicino ad una festa di paese aveva
corso tra la folla da sola e si era persa ma lui l'aveva riportata a
casa in braccio dopo averle offerto un gelato. - Finalmente! Ormai
sono grande – affermò Ino tutta orgogliosa e si alzà sulle punte
dei piedi raddrizzando bene il busto. Itachi si lasciò sfuggire
un piccolo sorriso. - Già – sussurrò, ridendo con l'occhio
nero. Ino era sempre rimasta affascinata dal colore dei suoi occhi
di cui uno come i suoi: azzurrissimo. Sentiva che quando quell'occhio
la guardava lui e lei erano una cosa sola e fantasticava su un loro
futuro assieme. Segretamente – mica tanto - Ino aveva deciso che
Itachi Uchiha sarebbe stato il suo fidanzato. Stava solo pazientando
un po'. - Ti piacciono? - Ino scostò alcuni ciuffoi i capelli
biondo cenere dalle orecchie e mostrò al ragazzo degli orecchini a
forma di tulipano. Itachi anuì. - Nuovi di zecca, eh? - Ino
annuì vigorosamente. - Me li ha regalati il papà – affermò a
voce alta. Itachi conosceva bene il signor Inoichi: il fiorista
del paese. Ino gli assomigliava molto, pensò. Guardò di
sfuggita l'ora e lei se ne accorse, facendo una piccola smorfia con
le sottili labbra umide. - Devo andare – - E' stato
fantastico parlare con te - Ino lo guardò ad occhi lucidi e le
guance leggermente più rosa del solito. - E' stato un piacere
anche per me – asserì con quella voce bassa e di uomo che a lei
piaceva tanto e le fece sprizzare gioia da tutti i pori. -
Crescerò! - esclamò, stringendo un pugno. Itachi abbassò la
testa. Inoichi una volta gli aveva parlato dell'amore di Ino per lui,
così assurdo, e gli aveva pur detto di stare attento, di non calcare
troppo la mano perchè lei era una bambina e non sapeva cosa diceva,
faceva, pensava davvero. Spesso Itachi aveva fatto il duro, non
era facile avere come ammiratrice una bambina dell'età si suo
fratello Sasuke. Il suo miglior amico Kisame lo prendeva spesso in
giroo per questo. Ma finora Itachi aveva fatto tutto secondo
dovere: si era convinto di non mosso un dito per aumentare
l'ammirazione della piccola. E se una volta si fermava a parlare
con lei.. che male c'era? - Ci vediamo – la salutò e senza
aspettare risposta ricominciò a pedalare, più veloce di prima.
Dovette dire però a se stesso che quella specie di chiacchierata
mattutina l'aveva rilassato: non gli era mai piaciuto molto l'ultimo
giorno di scuola e poi quest'anno aveva gli esami, era tutto diverso
e chissà quando lei l'avrebbe potuto rivedere di nuovo. Ino lo
osservò allontanarsi veloce e solo quando diventò un puntino veloce
percorse i pochi metri che la separavano dalla piccola scuola
elementare quasi nel centro di Konoha. Già si vedeva mano nella
mano con lui, come nei cartoni che tanto aveva visto, e andare al
cinema, alle giostre: lui e lei in coppia. Ormai quello era il suo
obiettivo. Niente e nessuno glielo avrebbe portato via.
**
9
luglio 2011, ore 08.00
Incontrare
Ino in Centro alle 8 di mattina di domenica fu un colpo basso – o
no? - . La trovai vestita in tuta viola e con i capelli tirati in
una coda meno alta del solito; un paio di occhialoni a mosca le
coprivano metà volto facendo spuntare un piccolo naso a punta e le
labbra prive di rossetto. Anche così stava divinamente. Gli
feci un impulsivo cenno con la mano per dirle di venire a sedersi al
tavolo del bar dove stavo io e lei – alzato un sopracciglio biondo
– acconsentì prendendo posto di fronte a me. Teneva stretta
sopra le gambe un borsone della nike blu scuro. Le domandai se avesse
intenzione di andare in spiaggia così presto. - Vado in piscina –
mi rispose senza alcuna inflessione. Mi limitai ad un “Ah” e
finii di sorseggiare il mio caffè forte. - E tu cosa ci fai
alzata così presto? - mi domandò poco dopo alzando in mia direzione
il bicchiere di acqua tonica. Alzai le spalle. - Non riuscivo
più a dormire – risposi, ripensando alla lunga notte senza sonno
che avevo appena passato. Desiderai essermi portata dietro da casa di
Naruto un paio di occhiali come quelli di Ino. - Mmm... - Ino
chiuse gli occhi di cielo – l'hai vista poi? - mi domandò
aprendoli di scatto e fissandoli nei miei. - Eh? - Capii.
Strano che si interessasse della mia vita, l'altro giorno quando ero
andata a trovarla per dirle di Kakashi non sembrava affatto
predisposta alla compassione. Ma
no, non mi compativa nemmeno adesso; però io in parte compativo
lei. -
A quanto vedo no. Non perdi niente, comunque - Ino fece una
faccia poco interessata e pose l'attenzione altrove al di là di un
tavolino vuoto di fronte a noi, verso la linea del mare
all'orizzonte. Chissà cosa intendeva dirmi realmente. -
Grazie, Ino – sussurrai. In fondo tutto questo era già tanto e
una parte di me era sicura che lei avesse detto così per non ferirmi
ulteriormente. O magari perchè credeva che Hatake Kakashi meritasse
di più.
Ma di meno di me. Ino non rispose alcunchè rimanendo immobile
fino a quando non decise che era ora di andare a nuotare e scrollando
la sua coda mi lasciò sola al bar, col conto da pagare. La
ringraziai anche di questo.
**
9
settembre 1994 – Prima settimana di liceo -
Sasuke
Uchiha aprì un bigliettino che gli era arrivato per via aerea sul
banco dalla fila dietro a lui. E'
partito ieri mattina, vero? Sasuke
sbuffò quasi impercettibilmente ma prese una penna per rispondere,
dando prima un'occhiata davanti a sé per vedere se il proff Sarutobi
di matematica lo stesse guardando. Sì Fece
volare il pezzo di carta appallottolato all'indietro e beccò giusto
il banco di Ino. - Avevo sentito bene allora – bisbigliò questa
a Sakura, sua vicina di banco. Sakura si limitò ad annuire
ritornando poi subito tutta attenta mentre Ino la fissava
accigliata. - Poteva salutarmi – borbottò, spedendo il
biglietto dentro l'astuccio – è sempre il solito - Ino sorrise
di contro alla rabbia. - Eh... - Sakura prese fervidamente
appunti sulla definizione di un insieme. - Però due giorni fa mi
ha mandato un messaggio in cui mi augurava buon inizio di liceo –
sussurrò Ino tutta contenta, giocherellando con la penna rossa di
proprietà della sua amica. Sasuke si girò verso di lei e gli
chiese gentilmente di tacere, lei gli fece la linguaccia. - Che
bravo – disse Sakura fra i denti cancellando un segno sbagliato sul
quaderno. - Che palle di te secchioncella mia...ma se mate non ti
viene nemmeno! - si infervorò Ino dandole un piccolo botto sulla
spalla. - Appunto perchè non è il mio forte cerco di stare
attenta, cosa che dovresti fare anche tu. Ne parleremo dopo, cosa ti
costa? - Ino sbuffò e aprì il quaderno nuovo di zecca. - E'
solo il secondo giorno di scuola...- si confortò e per un po' –
seguendo la parlata noiosa di Sarutobi – si dimenticò del nervoso
che le aveva fatto venire Itachi. Non era ancora riuscita a fare
del tutto breccia nel cuore di quell'Uchiha, ma era certa che era
questione di mesi. Non aveva dimenticato l'obiettivo.
**
9
Luglio 2011, ore 09.30
Uscii
dal supermercato con due borse della spesa pesantissime tra le mani e
mi avviai verso casa, certa che avrei trovato un Naruto ancora
profondamente addormentato. Mi piacque il pensiero di star facendo
questo: cose ordinarie per qualcuno, come una mamma. Cose in tutta
tranquillità, senza alcuna fatica mentale e fisica. Mi erano
mancante non poco, a Los Angeles. Invece Naruto mi venne incontro
a torso nudo nel viale di casa. Mi aveva vista dalla finestra. -
Lascia che ti aiuti! - Cercò di prendermi una borsa dalla mano
ma opposi resistenza. - Guarda che ho forza, io – dissi sicura
della forza muscolare braccia apparentemente esili. Naruto rise
appena perchè probabilmente si ricordava dei pugni che sapevo
sferrare io, anche dati con quanta meno grinta possibile contro di
lui quando mi faceva arrabbiare. Mi prese comunque una delle due
borse ed entrambi entrammo in casa. Sistemammo la roba assieme, io
che davo ordini a lui che mi passasse le cose. Sembravamo una
famiglia. - E tu come hai fatto a vivere da solo per tutto questo
tempo? - gli chiesi mentre finivo di sistemare le ultime cose in
frigo. Al mio arrivo l'avevo trovato semi- vuoto. - Ho una specie
di abbonamento al ristorante di ramen giapponese in piazza –
rispose grattandosi la nuca leggermente imbarazzato – ma so farmi
da mangiare, cosa credi! - - Allora stasera prepari tu, ok? Naruto
sulle prime parve sorpreso. Valutò bene la situazione. Dopo di
che alzò il pollice destro e mi fece l'occhiolino. - Vedrai che
buona cenetta al lume di candela – disse ispirato guardandomi
dolce. Nessuno al mondo aveva la dolcezza che in certi momenti era
di passaggio nel volto abbronzato di Naruto. - Bè...sai che non
mi piacciono le cose troppo romantiche, non vorrai farmi venire il
latte alle ginocchia – scherzai, guardandolo sospettosa. Non
volevo davvero niente di impegnativo, niente che almeno mi ricordasse
di star vivendo nella stessa casa con uno che mi amava pazzamente. -
No no, sarà una cena alla “Uzumaki”- mi tranquillizzò, ormai
tutto preso dall'idea. Il pranzo lo preparai io, una semplice
insalata di tonno e una caprese. Mangiammo accompagnati dalla
musica rock della radio, senza bisogno di dirci tante cose. Sembrava
che fossimo tornati alla complicità iniziale, solo che entrambi
avevamo la testa piena di pensieri che tacevamo all'altro. Nonostante
che io mi fossi abituata all'idea di star vivendo a Konoha e fossi
così più rilassata, le mie spalle non mancavano mai di una costante
tensione che mi faceva fare a tutti i movimenti una gran fatica. I
dolori articolari erano tornati, l'aria di Konoha che tanto mi era
mancata ora a respirarla sempre bruciava in gola. Los Angeles però
mi mancava poco, eccetto per il lavoro, per quel mio collega di
lavoro tanto rosso di capelli quanto rosso di amore per il suo
mestiere. Era lui il mio capo primario nel reparto di malattie
cardiovascolari nell'ospedale centrale di Los Angeles. Pensai a chi
stesse operando, adesso, e se avesse risolto i problemi con se stesso
per dover operare il suo fratello maggiore per immettergli un
bypass. Ecco, mi mancavano queste cose e in parte l'irriverente
Shizune. Tutto il resto era una Los Angeles che non mi
apparteneva.
**
9
settembre 2008 – primo giorno da tirocinante
Varcò
la soglia della stanza riunioni con il cuore a mille e un tremore
continuo. La donna che le aveva fatto fare un “Giro della
struttura ospedaliera” e per più di due ore le aveva spiegato il
principale funzionamento della stessa con tanto di nome e cognome di
ogni medico lì presente – semplici infermieri e capi reparti –
troneggiava in fondo ad un lungo tavolo posto al centro della lunga
stanza. Si trattava di Tsunade, la “mamma dei tirocinanti”. Un
bel donnone prosperoso che doveva avere più di cinquantanni
nonostante sembrasse una splendida quarantenne. - Questa dovrebbe
essere Haruno Sakura, la precoce tirocinante – asserì un uomo
accanto a lei: era enorme. Dovette alzare un bel po' la testa per
poterlo guardare negli occhi: un bel paio di occhi ridenti. -
Piacere –disse Sakura, facendo un mezzo inchino. L'uomo scoppiò
in una sonora risata. Si levarono alcuni commenti dalla decina di
persone lì presenti di cui Sakura solo in quel momento notò la
presenza: si trattava di medici che avevano tutti passato la
quarantina, alcuni la sessantina, tranne un giovane uomo dai capelli
color rosso fuoco che Sakura notò appoggiato in un angolo di parete
a braccia conserte. Le fece venire i brividi. - Fa sempre così –
la rassicurò Tsunade con u sorriso sornione, dopo di che diede un
piccolo pugno sulla pancia dell'omone che seppe chiamarsi Jiraya –
l'anestesista - Sakura pensò che si sarebbe lasciata andare
volentieri alle braccia di Morfeo osservando come ultimo particolare
il volto paterno e radioso del gigante. Si era già rilassata e
quando prese posto attorno al tavolo sedendosi tra il tipo rosso di
capelli – Gaara – e Deidara – un uomo dai lunghi capelli biondi
raccolti in un codino che più che l'aria da dottore aveva l'aria da
artista – le parve di trovarsi in mezzo a quel gruppo di medici che
ogni giorno lavoravano assieme strenuamente da sempre. Furono due
ore di riunione molto intense e ne uscì con una testa come un
pallone: già il giorno dopo avrebbe indossato il camice e seguito la
dottoressa Tsunade - il cui diretto sottoposto era il giovane Gaara,
chirurgo – nelle azioni di routine da medico. Aveva scelto di
specializzarsi sul sistema circolatorio e le malattie cardiovascolari
perchè aveva sempre provato una innata curiosità verso il cuore
pulsante centro della vita, fin da piccola quando chiedeva a sua
madre di contare i propri battiti e poi li confrontava con quelli del
papà – medico di base - . Il cuore era il centro di tutto. E a
lei pensare di occuparsi di un organo così essenziale le aveva
sempre messo le vertigini. Per il resto non sapeva bene nemmeno lei
spiegare il perchè di una scelta così mirata, sapeva solo che ad un
certo punto aveva cominciato a correre – determinata – ed aveva
finito la specializzazione con un anno e mezzo di anticipo. Ed era
tanto, era una delle sue future dimostrazioni per chiunque avesse
anche minimamente dubitato della sua vocazione.
**
9
luglio 2011, ore 20.30
Mi
lasciai guidare da Naruto che mi teneva le mani tra le sue. Bendata
ero letteralmente sotto
la sua protezione.
E mi piaceva quella sensazione di vuoto che mi procurava il non
vedere di contro alle mani bollenti di Naruto e al suo forte profumo
di bagnoschiuma. Annusai profondamente l'aria scorgendo in bocca
sapore di pesce. Naruto si fermò, lasciò le mie mani. - Non
mi lascerai cadere proprio adesso?! - sbottai, sentendomi
straordinariamente persa senza quel tocco bollente. Ubbidiente il
mio migliore amico mi prese la mano destra nella sua. - Sei
pronta? - Aspettai un attimo, gustandomi il momento. Non
pensavo davvero ancora ad altro se non all'attimo, cercavo di non
rovinarmi la serata. Non volevo cercare le complicazioni. Ancora
una volta l'affetto di Naruto si rivelava essere la mia droga
ufficiale. Ne
volevo ancora. Strinsi
forte la sua mano. - Avanti, fammi vedere – sussurrai
determinata e lasciai che Naruto, mentre mi toglieva la benda nera,
mi accarezzasse il volto. Probabilmente non se ne capacitò
nemmeno lui, della mia docilità. E non se ne approfittò. Dannato
Naruto. Perchè non farmi del male? - E
lo cheff Uzumaki dichiara iniziata la cena - Dapprima fu potente
luce.
Capitolo 7 *** Mettersi alla prova ovvero illudersi ancora ***
Salve
gente! Credevo di non riuscire ad aggiornare più, visto il
periodo di esami (oh ragazzi, fatemi buona fortuna che la prima prova
è vicina!) ma alla fine ho approfittato del piccolo spazio di tempo
libero per sistemare il capitolo e postarlo. Ho tanta ispirazione
in merito a questa long, solo che dovrò aspettare la fine di luglio
per poter scrivere come voglio accidenti. Dunque, ci siete? Sarà
un forte concentrato di fatti, questo capitolo. Si comincia ad andare
ben bene a ritroso... vedremo entrare in campo il misterioso Gaara.
L'ho delinetato in maniera più verosimile possibile rispetto al
manga, ma ci tengo a chiarire che è il Gaara del “dopo passaggio
di Naruto”, ovvero dopo che ha riscoperto l'amore. Uhm,
che dire, ringrazio ancora di cuore quelle deliziose anime che hanno
recensito lo scorso capitolo, come farei senza? E tutti coloro che
hanno la storia tra preferite/seguite ecc ecc. Attendo curiosa
commenti, opinioni, chiarimenti (?), e compagnia bella. Buona
Lettura :)
Mettersi alla prova ovvero
illudersi ancora
Era
come se fino a quel momento avessi visto solo ombre, tante ombre
diverse davanti ai miei occhi miopi. Me ne accorgevo ogni volta
che tornavo a Konoha . Konoha mi circondava di colori. E così
tanto colore, così tante luci mi fecero bruciare gli occhi. Piansi.
** 9
Luglio 2011, ore 08.40
Le
fiamme delle candele rosa poste in centro tavolo creavano strani
giochi di ombra e luce sul tavolo imbandito di ogni ben di Dio:
svettavano un mega piatto ricco di un misto mare e una bottiglia di
champagne che chissà da dove era stata tirata fuori. Ai due opposti
lati del tavolo c'erano due posti apparecchiati con piatti in
ceramica rosa, posate d'argento e bicchieri in cristallo. Per me e
per lui. Negli spazi vuoti della tovaglia rossa erano stati messi
vari piattini con spuntini in ogni tipo di pesce- mollusco. Lo
cheff era al corrente che adoravo il pesce, e sorrideva tutto
contento. Mi diede in mano un bicchiere delicatissimo mezzo pieno
di champagne. Brindammo guardandoci negli occhi. Non avevo ancora
detto una parola che fosse una. - Allora?? - mi spronò Naruto,
girando intorno al tavolo con fare cerimonioso. Mi chiesi da dove
cavolo avesse tirato fuori tutte quelle cose di stampo antico e ricco
e ipotizzai che dovevano essere appartenuti ai genitori del padre di
Naruto. La madre, Kushina, aveva ben provveduto a sistemarli nei
luoghi più remoti della casa. Osservando le guance rosse del mio
migliore amico fissai il pensiero su sua madre, era da tanto che non
ne sapevo niente. Non
gli avevo ancora chiesto niente. Mi vergognai. Kushina Uzumaki era una donna che lavorava come
antropologa in giro per il mondo: da quando Naruto aveva compiuto
sedici anni la casa dell'antropologa era stato il Burundi, le Riserve
Indiane, la Finlandia. Tornava una volta ogni tanto, quella
madre snaturata.
Ma sapevo che amava tantissimo quel suo figlio pazzoinde. Adoravo
Kushina, era una donna maschile e piena di carattere. - Tua madre
sarebbe contenta di questo riutilizzo di antica vettovaglie -
dissi. Naruto bevve tutto il suo champagne e mi guardò deliziato,
anche se un po' sorpreso dall'aver sentito – dopo tanto – il nome
di sua madre. - Tu dici? Secondo me lei le considererebbe un
addobbo inutile... non ricordi? Mangia quasi con le mani! - Naruto
rise. Risi anche io. - Comunque... - Appoggiai il bicchiere quasi
vuoto sul tavolo e tirai un lembo della camicia floreale di Naruto -
...grazie – sussurrai sfiorando la mia testa contro una sua spalla,
sembravo un gatto in un momento di debolezza. Ma
non avevo più il carattere, io, di un gatto. -
Eh eh... pronta? Si parte con gli antipasti! - Naruto tirò
indietro la sedia dedicata a me e mi fece accomodare. Che bizzarro
galantuomo. Volevo essere felice, credetti per un attimo di
esserlo, però tornai così facilmente a vedermi
da fuori e ad analizzare la situazione con gli occhi di una folle
Sakura che mi rovinò tutto. Come se un po' di gioia non me la
potessi mai più meritare. Continuai a desiderare l'attenzione di
Naruto e contemporaneamente a respingerla. Senza accorgermene
quella sera bevvi come una spugna.
**
9
gennaio 2009 – ordinaria serata post lavoro -
Sakura
Haruno si lavò a lungo le mani evitando di guardarsi nello specchio
appeso alla parete di fronte a lei. Le piaceva la sensazione
dell'acqua calda tra le dita, era come se le mandasse via ogni
fatica. Il suo collega Gaara entrò di colpo nella stanzetta
facendola sobbalzare. - Perdonami – Sakura lo guardò
attraverso lo specchio e sorrise: - Tranquillo, dopo una giornata
così piena sono facilmente suscettibile – lo rassicurò lei
chiudendo il rubinetto e asciugandosi le mani con un asciugamano
sterilizzato. - E' stata un intervento fuori dal comune – asserì
lui insaponandosi le mani. Sakura fu d'accordo e si assentò un
attimo con la mente ripensando alle sette ore di operazione
chirurgica appena trascorse. Un intervento a cuore aperto per
sostituire una valvola. - Quell'uomo è forte – affermò
visualizzando il volto addormentato del cinquantenne padre di quattro
figli che avevano appena salvato. Gaara
finì l'atto giornaliero di lavarsi le mani di fine giornata e si
avviò con Sakura fuori dalla minuscola stanza verso i corridoi del
reparto di cardiochirurgia. Lasciarono i camici negli appendiabiti
della sala riunioni e in silenzio si diresse all'uscita. Una volta
fuori Sakura respirò a pieni polmoni: l'aria pungente le restituì i
propri pensieri facendola tornare all'essenza di ogni sera: una
ragazza che lottava contro il proprio oscuro Io. Gaara la guardò
con la coda dell'occhio: in fondo lei e lui si assomigliavano,
entrambi avevano terminato precocemente gli studi per via della loro
altissima aspirazione. - Le undici e trenta anche oggi - mormorò
Sakura controllando di sfuggita l'orologio ma le si leggeva in faccia
che non aveva alcuna voglia di tornare a casa. - Domani turno
notturno – le ricordò Gaara assaporando le sue parole. Gli
piacevano i turni notturni, non gli pesavano per niente anche perchè
dormiva poco e nemmeno ne sentiva il bisogno. La sua mente lavorava,
lavorava, lavorava. Sakura, invece, andava avanti a caffè
nerissimi. - Mmm...che dici se ci prendiamo qualcosa? - propose di
colpo Sakura, guardando Gaara con speranzosi occhi verdi. Il
ragazzo annuì senza alcuna enfasi né commenti e insieme entrarono
in un bar poco lontano dal'ospedale. Il bar era caldo e
accogliente, la cameriera li accolse con un'espressione rassegnata e
ospitale e portò loro le ordinazioni senza nemmeno passare al tavolo
a chiedere che cosa volessero. Sapeva che a quell'ora Haruno Sakura
avrebbe bevuto una camomilla Sabaku no Gaara una semplice acqua
tonica. - E' domani che faremo conoscenza del nuovo paziente? -
domandò Sakura girando il cucchiaino nell'acqua bollente. Gaara
ci pensò su un attimo. - Tocca a te e Tsunade occuparvi dell'uomo
che verrà trasferito in reparto dal pronto soccorso, dico bene? - -
Ricordi il cognome? - Gaara scosse la testa, deluso dal non
ricordare anche questo particolare. Lui a cui non sfuggivano nemmeno
le cose che non lo riguardavano. - Proprio non lo so... che
sbadata Tsunade non mi ha nemmeno detto il cognome! - Sakura
premette una mano contro l'ampia fronte. - Deve fare proprio tutte
le visite preliminari? - si interessò Gaara che nel frattempo aveva
già finito di bere l'acqua tonica. - Sì. Nei prossimi giorni ci
sarà il controllo completo. Il responsabile dell'emergenza ha
constatato che c'è stato un infarto, mi chiedo perchè oggi l'hanno
tenuto in pronto soccorso e non nell'emergenza di cardiochirurgia -
- Questione di posti, dimentichi? - Sakura si sentì una
stupida e lanciò uno sguardo di scuse al collega che invece aveva
sempre tutto così tanto sotto controllo. Che avesse sotto controllo
anche la vita privata? Da quel poco che aveva capito in quei mesi non
era del tutto così. Di lui sapeva che aveva due fratelli, di cui uno
con problemi cardiaci dalla nascita. Attualmente non aveva genitori e
viveva assieme ai fratelli. - Ok la smetto di parlare di lavoro...
- disse Sakura abbassando il tono di voce e si concentrò sulla
camomilla da finire. La classica camomilla che non faceva effetto per
nulla. Gaara fece roteare i suoi gelidi occhi in giro per l
locale. Incuteva timore, ma ormai Sakura non era più spaventata da
lui, era tutta questione di conoscenza. Quel ragazzo si era posto una
educazione rigida e asettica, non era stato educato ai sentimenti
essendo probabilmente cresciuto senza genitori, al contrario di
quella di Sakura: rigorosa ma dedita ad ogni tipo di emozione. Anche
troppo. Questo non voleva dire che Gaara non provasse emozioni, anzi.
Le provava a modo suo. Aveva un grande cuore per fare quel tipo di
lavoro, senza darlo a vedere. Analizzare il prossimo faceva bene a
Sakura, specie a mezzanotte; ma alla lunga diventava difficile. Il
suo Io spingeva per avere un po' di attenzione. - Avanti Haruno, è
ora di tornare a casa – esordì Gaara che segretamente aveva
imparato a conoscere la sua collega e aveva intuito che lei tentava
sempre di scappare da qualcosa.
Da
se stessa. Ai suoi occhi era una donna piena di sensi di colpa.
Peccato. - Uhm. Hai ragione - Gaara andò a pagare e la
precedette fuori. Era terminata un'ordinaria giornata di lavoro e
meno male che avevano avuto il turno assieme: per quella notte
avrebbero dovuto lottare un po' meno con i propri fantasmi.
**
10
luglio 2011, ore 07.30
Mentre
camminavo sulla riva del mare ripensai a Sabaku No Gaara, quel mio
serioso collega di lavoro e compagno di serate insonni. Mi
ritrovai a dire a me stessa che lui ed io eravamo straordinariamente
empatici:
non sapevamo di fatto alcunchè l'uno dell'altro perchè
concretamente non c'eravamo detti niente, ma io sapevo molte cose
della sua vita e lui della mia. Ciò mi dava leggermente fastidio,
specialmente quando mi mandava a dormire con osservazioni
apparentemente disinteressate e io non desideravo che stare alzata a
parlare di lavoro e dettagli anziché scervellarmi con me stessa.
Probabilmente gli davano fastidio anche i miei intensi sguardi al suo
volto alla ricerca di piccolissimi cambi di espressione su quei
lineamenti di ceramica. Cercai di immaginarmelo lì, adesso,
a Konoha: non ce lo vidi proprio. Lui apparteneva all'America
selvaggia, non a Los Angeles – sia chiaro – ma al deserto
dell'Arizona. Sapevo questo da certe informazioni più o meno
indirette che avevo appreso nei due anni di sua frequentazione. Mi
ritrovai a pensarlo come amico, con mia grandissima sorpresa. Così
avevo lasciato qualcosa anche lì nella caotica Los Angeles?
**
10
Gennaio 2009, ore 08.45 – Come
tutto iniziò -
Tsunade
parlava concitatamente con delle infermiere quando arrivò Sakura. Le
due donne si guardarono negli occhi senza dirsi momentaneamente
nulla. Tsunade indicò l'entrata della stanza numero 4 del
reparto di cardiochirurgia a Sakura che ubbidì entrando veloce
scansando due infermieri che vi uscivano in fretta. Era una stanza
con due soli posti di cui uno solo occupato dal paziente di cui
avrebbero dovuto occuparsi le due donne. Sembrava non ci fosse
nessuno poiché regnava un silenzio assoluto. Sakura scorse un
uomo di spalle seduto su una sedia accanto al letto del malato. Il
signor... la dottoressa Haruno non sapeva ancora il nome, si morse il
labbro per la disattenzione. Esitò una manciata di minuti prima
di farsi strada all'interno della stanza durante i quali osservò con
attenzione la schiena dell'uomo che non le permetteva di vedere il
paziente. Si chiese se stesse dormendo, ma finalmente decise di farsi
avanti. - E' il signor... ? - lasciò sospesa la frase, mentre si
avvicinava al bordo del letto. - Uchiha Itachi – A conferma
di quel
nome l'uomo si girò rivelando il ragazzo moro e pallido che
era. Sakura non riuscì a celare un enorme smarrimento trovandosi
a fissare un occhio nerissimo ed uno marrone; dovette appoggiarsi al
bordo metallico del letto. - Haruno Sakura? - la chiamò Itachi,
alzandosi e andandole incontro alto, elegante, oscuro. La
squadrò intensamente senza dare a vedere che non credeva a ciò che
vedeva: con tutti i medici di questo mondo...proprio una ragazza di
Konoha. E non una qualunque. La
(ex) fidanzata di suo fratello. In
pochissimi istanti realizzò che era quella donna dai capelli rosa
raccolti in una coda alta che aveva visto all'università alcuni anni
prima quel giorno in cui era andata a parlare con
Orochimaru. Socchiuse le labbra, rimanendo in silenzio. -
...Fugaku, giusto? - Un'altra frase che Sakura lasciò in
sospeso. Ma Itachi capì annuendo. - Fugaku Uchiha – Sakura
si tirò su, alzò ben bene la testa facendo luce nella sua mente:
non aveva alcuna intenzione di venir meno al suo lavoro per questioni
exra lavorative.
Con un immenso sforzo tornò ad essere il medico rigido e
inaffondabile che dimostrava essere, con gli occhi verdi senza alcun
brillio di incertezza e le labbra senza alcun tremore. Avrebbe avuto
tante cose da chiedergli, cercò anche di scacciare il ricordo di un
giorno di alcuni anni prima, quando lo aveva intravisto
all'Università. Ormai si era convinta di aver avuto
un'allucinazione, all'epoca. - Occupiamoci di lui – disse senza
alcuna inflessione nella voce limpida e rivolse l'attenzione
all'uomo che giaceva sul letto. Un distinto uomo sessantacinquenne
che non era mai stato in un'ospedale in vita sua. Quella era la sua
primissima volta. Non
il padre di Sasuke, non il padre che Sasuke non aveva mai avuto. Non
tutte quelle ombre che lei su suggestione di Sasuke gli aveva
attribuito, non un corpo senza cuore come lo aveva sempre immaginato
da quel poco che era riuscita a carpire dalle parole e i modi di
essere del Sasuke di allora. Niente di tutto questo, niente che
aveva solo immaginato. Non un fantasma. No. Sakura
si promise di mettere il cento per cento in quella tappa del suo
lavoro da neo chirurgo. Non era più una tirocinante. Avrebbe
bruciato le tappe anche quella volta, si promise. Questo sarebbe
stata semplicemente una prova da superare per raggiungere il
meglio Tutto sommato ad Itachi andò bene rimandare a più
tardi
nella vita le pesanti questioni familiari. **
10
luglio 2011, ore 09.30 –
-
Ben svegliato! - Gli occhioni di Naruto si spalancarono sul mio
viso che doveva apparire raggiante; infatti nei minuti precedenti–
prima di salire in camera da lui – avevo provato diversi sorrisi
davanti allo specchio: volevo
mettermi alla prova
e ripagarlo del pane quotidiano che mi offriva. I
suoi sorrisi. Mi
sentivo più cattiva che mai. - Sakura... - Naruto si mise
seduto sul letto e io mi sistemai meglio sul bordo aspettando che
ultimasse la frase. Ci mise un po' per parlare di nuovo, dormiva in
piedi. O forse stava riflettendo? E' vero, Naruto rifletteva molto,
più di quanto si sarebbe detto. Aveva cominciato a farlo
costantemente – credo – da quando anche io avevo lasciato Konoha.
Di ciò l'unico fatto estenuante era che quando faceva così non
riuscivo a capire cosa diavolo gli passasse per la testa. Mentre
quando sorrideva...ah
bè quelle volte intuivo il mondo intero. -
Hai perso la parola? - lo punzecchiai facendomi più vicina con
sguardo indagatore. Naruto scosse la testa energicamente e protese
il busto verso di me. I nostri volti furono a pochi millimetri
dall'altro; mi ci persi, in quei pezzi di cielo. Mi inglobarono. -
...senti un po'...va tutto bene? - mi bisbigliò all'orecchio. Le
vibrazioni della sua voce mi fecero avere dei brividi. Mi toccai
l'orecchio: lo sentii bollente. E poi – improvvisamente –
tutta la potenza di quella semplice domanda mi piombò addosso. Mi
sentii affondare giù, sprofondare nel letto, diventare sempre più
piccola. Mi aggrappai alle lenzuola e mentre quasi quasi le
strappavo un sorriso vero e amarissimo mi affiorò sulle labbra.
Dannato
Naruto. Ebbi
voglia di prenderlo a schiaffi. Mi guardai le nocche delle mani:
erano lisce, perfette, dure: avrei colpito forte. Tornai ad
osservare gli occhi di Naruto: erano chiusi Stava riflettendo. -
Sei uno sfinimento, sai? - Era tutto quello che ero capace di
dirgli e senza alcuna rabbia nella voce, ma solo una grande
rassegnazione mista a qualcosa di indefinibile ma oscuro. Non
riuscivo nemmeno a manifestargli la mia rabbia – repressa - . Che
male che ero ridotta. E io che mi ero prospettata di entrare in
camera di Naruto, svegliarlo con un sorriso e proporgli una giornata
a fare tutto ciò che voleva lui – surfare, mangiare ramen,
guardare un film a noleggio con tanto di pop corn, prenderlo a pugni,
litigare, dargli del rompi scatole, farmi abbracciare e coccolare - .
Cosa voleva di più? Stupido Naruto. E invece si ritrovava con
una che cambiava umore come la notte diviene giorno e che non sapeva
più nemmeno coabitare con se stessa. Figuriamoci con lui. - Lo so
e ti dirò di più: ne sono orgoglioso, insomma vuoi mettere avere
qualcuno che si preoccupa per te in continuazione piuttosto che non
averlo? Cosa credi... credi che sia facile fare finta di niente e
stare al tuo gioco? - Mi guardò con una serietà focosa. Si
stava scaldando. - Ma lo stavo facendo per te – mi impuntai,
scappando al suo sguardo di fuoco. Naruto scoppiò in una breve
risata. - E tu volevi comprarmi con un sorrisaccio falso? Pensavi
davvero che lo avrei bevuto? - mi domandò allibito, tirandomi per un
braccio. Mi tolsi bruscamente dalla sua presa. - A dir la
verità...non avevo voluto pormi questi dubbi – risposi,
sincera. In fondo avevo avuto fiducia – per un attimo – nella
parte più ambigua di Naruto, quella parte nera
che
c'è in ognuno di noi e che può renderci altri agli occhi di chi ci
sta dinnanzi. Avevo fatto l'ennesimo errore di calcolo – cosa
che nel mio lavoro riuscivo a guardarmi dal non fare – perchè
Naruto avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non farsi vedere inumano
da me. Lo odiai talmente tanto in quel momento che alla fine lo
amai. Fu un semplice istante, il passaggio dal nero al bianco fu
repentino e istantaneo: si impossesò di me. - Abbracciami - A
stento riconobbi la mia voce in quell'ordine disperato. L'unico
uomo che mi era rimasto ubbidì senza alcuna esitazione, balzando
sopra le lenzuola ed abbracciandomi da dietro. Le sue braccia mi
avvolsero tutta, appoggiai la mia schiena al suo busto, la testa
sulla sua spalla, le mie mani avvolsero le sue. Fu inebriante il
calore del suo corpo. Un tepore così assurdo per me così
fredda. Ebbi una gran voglia di piangere che spinse da dentro,
dentro, dentro. Non riuscii a trattenermi. Mi vergognai. E
piansi ancora di più. Sciocca
Sakura.
**
13
Gennaio 2009, ore 06.45
-
Un medico che fuma? - Sakura tirò una lunga boccata alla sua
camel light del mattino. Si sentì effimeramente forte. - Uhm? -
mugugnò in direzione dell'uomo che le aveva parlato. Itachi
Uchiha le andò di fronte. Sakura pensò che diavolo ci facesse in
ospedale con mezz'ora di anticipo rispetto all'orario stabilito. Alzò
un sopracciglio, stizzita. - Mi fai dare una boccata? - Lo
guardò dal basso verso l'alto agitando la sigaretta. Ci pensò su. -
No. Lo hai detto tu. Un medico deve dare il buon esempio – asserì
in tono canzonatorio, la voce impastata - non posso permettermi che
i tuoi polmoni si riempiano di petrolio - Itachi alzò le
spalle. - Molto poco professionale, direi – disse e, nonostante
guardasse con intensità l'entrata dell'ospedale, rimase
dov'era. Sakura cominciò a ticchettare il piede a terra,
visibilmente nervosa. Non era pronta...non era pronta per una
chiacchierata mattutina con quell'uomo. Non in quella sede. Ricordò
a se stessa la promessa: niente
interferenze sul lavoro. -
Ha un'idea di quando avverrà l'operazione? - si sentì chiedere
improvvisamente. Schioccò il palato, prima di rispondere. - Ne
parliamo all'interno, in sede adatta. Dopotutto il mio turno comincia
tra... - Sakura guardò l'orologio - ...quindici minuti esatti. E la
visita per lei è consentita dalle... - - ...alle otto e un
quarto. O meglio, stando ai vostri orari le otto e mezza – la
interruppe Itachi squadrando il mondo con stanca superiorità. Sakura
riconobbe quel modo di fare. Deglutì e buttò per terra il
mozzicone. - A dopo, Uchiha – Girò i tacchi e con quanta
più calma possibile si diresse all'entrata. Una volta dentro
all'ospedale si complimentò con se stessa per l'impeccabilità
dimostrata: stava diventando molto brava a smascherare le emozioni.
Ne aveva dato prova in quegli ultimi lunghissimi tre giorni passati
con gli Uchiha. Si rese conto di essere cresciuta.
Capitolo 8 *** Come up to meet you tell you I'm sorry ***
Buongiorno
gente! ^^ E' con una liberazione di spirito infinita (ho finito gli
esami! =p) che vi annuncio l'ottavo capitolo di “L'ultima estate”.
Ecco l'aggiornamento di una storia in cui sto mettendo una gran
parte della mia anima. E' una fan fic di quelle “vecchio
stampo”, di quelle che scrivevo qualche tempo fa qua su efp.
Ringrazio ancora con un forte abbraccio le cinque persone
(fondamentali) che hanno recensito lo scorso capitolo e le persone
che hanno questa storia tra le preferite o le seguite. Spero di
poter sapere che ne pensate di questo aggiornamento. La trama si
evolverà un poco ;)
L'America...da
sempre terra di libertà, agli occhi di chiunque non ci avesse mai
messo piede. Anche per me che alla prima occasione presi il primo
aereo e scappai a Los Angeles. Non è andata come doveva. Il
passato tornò a perseguitarmi anche nella cosiddetta terra dell'oro.
E il presente... fu talmente tanto duro. Eppure credo che tornerei
a fare esattamente la stesa scelta: tornerei a prendere il primissimo
aereo per Los Angeles e a scappare. Vorrei soltanto aver portato
con me qualcuno. A ricordarmi di non fare cavolate, a ricordarmi di
essere quello che sono e non la maschera orribile di me stessa. Mi
chiedo come i miei colleghi di lavoro e chiunque mi sia stato vicino
nei miei primi anni in città mi abbia potuto sopportare. Dovevo
essere l'essere umano più odioso sulla faccia della terra.
**
Cap.
8 Come un to meet you tell you I'm sorry*
01
Febbraio 2009
Itachi
Uchiha e Haruno Sakura non riuscivano a guardarsi negli occhi. Lei
– che indossava un paio di occhiali enormi e scurissimi - guardava
l'orizzonte fumando senza enfasi. Lui fumava piano e aveva gli
occhi quasi immobili davanti a sé. Sembrava osservasse la ragazza
eppure non lo stava facendo. Non stava guardando niente. Finirono
le sigarette senza dirsi una parola; ne accesero delle altre fino a
che Sabaku No Gaara – il medico che fino ad allora aveva
sempre portato a termine le operazioni con successo - andò loro
incontro e, lanciato un'intensa occhiata all'uomo dai capelli scuri,
prese Sakura per un braccio e la tirò via. - Abbiamo fatto tutto
il possibile – disse, irremovibile. Itachi non rispose né si
mosse dalla sua posizione statuaria. Si limitò a soffiare fuori
dalla bocca il fumo bianco e ad osservarne le forme che
assumeva. Gaara portò via con sé Sakura, in silenzio. Avrebbe
voluto allontanarla per sempre da lì.
**
04
Febbraio 2009
Come
up to meet you tell you I'm sorry
Il
pomeriggio precedente Sakura Haruno aveva detto a Tsunade che non si
sarebbe presentata al funerale di Fugaku Uchiha e Tsunade non le
aveva risposto alcunchè. Lo aveva detto anche a Jiraya e questi
aveva sorriso. Lo aveva infine detto anche a Gaara e questi –
col suo denso silenzio in risposta e gli occhi gelidi pronti a
penetrarle nell'anima – le aveva fatto cambiare idea. E così
eccola nella cappella dell'ospedale, seduta tra Tsunade e Gaara, a
sforzarsi di tenere la testa alta. Uchiha Itachi aveva deciso di
fare la prima parte della cerimonia nella cappella dell'ospedale,
prima che il corpo dell'industriale fosse trasferito nella sua
terra d'origine: Konoha. Sakura stava sì partecipando al funerale
a Los Angeles ma non sarebbe volata a Konoha. Su questo era
irremovibile. Dal suo posto osservò le spalle magrissime di
Itachi Uchiha seduto accanto al suo amico Kisame nella panca di
fronte a quella riservata ai medici: a lei, a Gaara, a Tsunade, a
Jiraya e a tutti gli altri della squadra. Che aveva fallito. Tutto
il peso di questo mondo era crollato sulle spalle di Sakura che,
quando l'avevano avvertita nel suo appartamento - l'indomani
dell'intervento di sostituzione della valvola cardiaca – che Fugaku
Uchiha non aveva superato la notte, si era sentita subito
profondamente in colpa. Perchè lei Fugaku credeva di conoscerlo per
via dei racconti di Sasuke e dei pregiudizi del paese, delle persone,
della sua testa, del mondo intero. Ma non era stata lei a
sbagliare, non era stato nessuno. Semplicemente l'uomo non ce
l'aveva fatta. Si era spento di colpo. Via da questa terra. Sakura
non credeva nell'al di là. Si chiese se Itachi ci credesse. “Sasuke”
fu il primo pensiero di Sakura dopo il panico iniziale. Quel
pensiero arrivò di notte. Si chiese se fosse stato avvertito ma tale
domanda non ebbe risposta. O almeno non ancora. Sakura non
aveva domandato nulla a Itachi, in quei giorni di convivenza dottore
– parente in merito a Fugaku. Aveva mantenuto la sua promessa. -
Sakura... - La voce stranamente dolce di Tsunade la riportò alla
cerimonia funebre. - Dimmi – - Ti ordino di smettere di
pensare - Tsunade si girò a guardare Sakura con sguardo severo.
Fu una frazione di secondo, poi tornò a fissare la bara scura posta
in cima alla navata principale della cappella.
Imperscrutabile. Sakura intrecciò le mani e seguì l'ave maria:
il prete stava raccomandando Fugaku alla Madonna. Ascoltò il
coro di voci – prevalentemente maschili – delle persone presenti
alla cerimonia: pezzi grossi del mercato, colleghi di lavoro di
Uchiha Fugaku, amici stretti, un paio di donne – anche giovani - .
Non tutti erano riusciti ad entrare. Molti aspettavano fuori
dall'ospedale, diverse persone probabilmente le più strette
avrebbero seguito la salma fino a Konoha. Le voci la
ipnotizzarono. A fine preghiera Sakura non pensò più.
Nel
piazzale antecedente l'ospedale alcuni più stretti colleghi di
lavoro del famoso imprenditore Uchiha circondavano Itachi – il
figlio maggiore - . Sakura non riusciva a vederlo, per quanto si
sforzasse di intravederne il volto tra una spalla di un uomo e
l'altra. - Che fai, rimani qui? - le domandò Tsunade comparendole
di fronte apparentemente dal nulla. Sakura scosse la testa
chiedendosi da dove la donna la tirasse fuori quella forza che in
quel momento emanava. In fondo doveva pur sentirsi almeno delusa
anche lei. Avevano fatto tutto il possibile ma non era bastato. -
Volevo parlare... - Sakura non terminò la frase osservando
l'espressione rassegnata della bellissima “mamma”. C'erano
state delle volte, soprattutto nelle prime chiacchierate con “la
mamma dei tirocinanti”, che la donna era riuscita a tirare fuori
diverse cose da Sakura. Era una delle poche – assieme a Jiraya –
a sapere di Sasuke, il minore degli Uchiha che se ne era andato di
casa a diciannove anni per inseguire un fratello ma che, a quanto
pareva, trovarlo - se l'aveva trovato - non gli era stato
sufficiente. Sakura aveva dovuto dire a loro due una parte se non
tutta sua storia, almeno brevemente, se no ne andava del suo lavoro.
Aveva dovuto mettere in chiaro coi suoi capi la posizione in
cui si trovava con Itachi. In fondo l'averlo incontrato l'aveva
destabilizzata non poco, anche se non lo aveva mai dato a
vedere. C'erano stati dei momenti nei quali Tsunade l'aveva
sostituita nel fare il turno se significava stare sola con Itachi
Uchiha. Le era grata per questo e le parole sottintese, la
comprensione concreta, senza mielosità. Ed era grata a Jiraya e
ai suoi sorrisi che in quei mesi le avevano reso in piccola parte
meno pesante la mancanza di Naruto. - ...vai. E mi raccomando,
dritta al sodo. Guai se dopo domani ti presenti da me senza aver
ricevuto risposte, intesi? - Tutta quella severità per
mascherare la preoccupazione... Sakura delle volte era esattamente
come lei. Anzi, lo era sempre. Però avrebbe tanto voluto avere il
carisma di Tsunade che era conosciuta in tutto l'ospedale come “la
donna soldato” o la “Bella di ferro” per quella sua
straordinaria bellezza unita ad una rigidità. - Sissignora - Si
scambiarono un'occhiata di intesa e riuscirono addirittura a
sorridersi. Dopo di che Sakura si fece strada tra la folla radunata
per l'ultimo saluto a Fugaku e chiedendo permesso agli uomini che
facevano da scudo al suo obiettivo si aprì un varco per arrivare da
Itachi. Non ebbe tremori di voci allorchè disse che doveva
parlargli in privato. Itachi acconsentì, si vedeva lontano
un chilometro che se lo aspettava, l'arrivo di Haruno Sakura. Si
vedeva lontano un miglio anche tutta la stanchezza che aveva addosso,
la si evinceva dalle pesanti occhiaie che cerchiavano i suoi occhi
infuocati, dal volto pallidissimo, dai gesti lenti. Nonostante la
stanchezza però ebbe la forza di mandare via gli amici di suo padre
e di rimanere solo con quella donna. Aveva un bisogno urgente di
andarsene via, sparire, perdere il controllo; ma resistette ancora un
po'. Gli occhi di quella donna erano troppo insistenti. -
Perdonami – esordì Sakura, torturandosi le mani gelide. - Non
voglio il tuo perdono – rispose Itachi scandendo bene ogni singola
parola. Inconsciamente tirò fuori dalla tasca del giubbotto di
pelle nera che indossava il pacchetto di luky strike e vi tirò fuori
una sigaretta senza filtro. - Non sono la dottoressa Haruno –
disse Sakura con enfasi, convincendo se stessa – ora sono Sakura,
voglio sia chiaro – Itachi lottò un paio di secondi contro il
vento che non gli faceva accendere la sigaretta. Agli occhi di lei
sembrava non avesse ascoltato una parola. Ma lei stessa sapeva che
non era così. Mentre lo guardava in volto pensò ad Ino e si
chiese com'era accarezzare quel volto diafano, che fosse come
accarezzare le guance di Sasuke? Ma fu un pensiero breve. Voleva
mantener fede alla promessa appena fatta a Tsunade. Non. Pensare.
Agire. - Ho assoluta urgenza di sapere delle cose, non serve
che ti dilunghi in particolari... - Sakura si interruppe inspirando
il fumo amaro che proveniva dalla sigaretta dell'uomo - … mi
bastano dei sì o dei no – concluse abbassando la voce. Itachi
si aspettava anche questa frase. Era un dannato genio ad anticipare
le mosse delle persone. Di tutti tranne di suo fratello che dieci
anni prima si era presentato a casa sua senza preavviso suonando al
campanello con violenza e piombando in casa come un pazzo urlando
dove era “papà”, che “cazzo stesse combinando” e “perchè
cazzo non tornava mai a casa più nessuno”. Itachi ripercorse
mentalmente le risposte che aveva dato a suo fratello: “non abita
qui”, “lavoro per lui”, oggi ho il pomeriggio libero”, “credi
sia facile? Torno quando posso, semplice”. Se ne erano dette tante
per quel giorno, e per i giorni successivi. Poi aveva accompagnato
Sasuke a casa di papà. E lì era successo il putiferio. - Sì, è
stato qua dieci anni fa. Ad Agosto, precisamente – disse
anticipando la domanda di Sakura che trasalì: era durante le vacanze
estive dell'ultimo anno di liceo che Sasuke aveva fatto la sua
scomparsa. - Ah - Itachi anticipò anche un altra
domanda. - Sì, è tornato due anni dopo - Itachi ricordava
solo che si erano fermati a bere qualcosa ad un bar e Sasuke aveva
cominciato a intimargli delle più disparate cose e a sgridarlo in
nome di una famiglia mancata. Continuava a dire che loro padre avesse
una seconda vita, che fosse un bastardo che pensava solo ai soldi e
malmenava i dipendenti. Che lui lo aveva spiato, in quei giorni e nei
mesi precedenti, che si era informato. Ovviamente Itachi sapeva certe
cose sul conto di Fugaku – intrighi, soldi, donne - ma non aveva
alcuna intenzione di dar corda a Sasuke, per lo stesso motivo per
cui si trovava a Los Angeles nei paraggi del padre: doveva vigilare.
E sapere che Sasuke sapeva gli diede una nausea terribile. Sul conto
di suo fratello seppe a stento che aveva cambiato più appartamenti
tra New York e Manatthan. Non ci era mai tornato, a Konoha, quel
giorno di epifania. Itachi scosse la testa, mentre raccontava alla
donna delle parole di Sasuke in merito a loro padre. Itachi
riprese parola. - No, non l'ho più visto. So solo che all'epoca
era rimasto qui in America - Sakura ascoltava avidamente,
cercando di crearsi immagini, volti, situazioni. - Razza di
pazzo...- sussurrò impulsivamente, premendosi il palmo della
mano contro la ampia fronte. Si concesse di pensare solamente che
tutti i discorsi sul conto del padre che Sasuke gli aveva fatto non
erano mai stati chiari. Avrebbero potuto aiutarlo. E pensò anche che
Sasuke non sarebbe mai andato a nessun funerale. E lei che per un
attimo ci aveva quasi creduto... Pose fine alla riflessione con
una smorfia dolorosa che Itachi lesse abilmente. - E' cocciuto,
cieco, istintivo – Itachi chiuse gli occhi – come il padre,
d'altronde - Tra lui e Sakura calò il silenzio. Non avevano
più niente da dirsi, in quel momento. Sakura si chiuse nelle
spalle, non paga. Si limitò solo a chiedere a Itachi se sarebbe
tornato presto da Konoha. Questi alzò le spalle, probabilmente –
ipotizzò lei – aveva pensato ad Ino Yamanaka per un attimo. Fu lì
lì per dirgli qualcosa in merito alla sua migliore amica di un
tempo, ma non ebbe nemmeno la forza di mandarla a salutare da parte
sua. Riflessioni più acute erano rimandate alla seduta
successiva. Sakura avrebbe avuto un pensiero in più per il
quale non dormire, quello che poi sarebbe stato il suo chiodo fisso:
Sasuke Uchiha. America.
**
4
Agosto 1999
-Ma
sei pazzo? - - Lascialo parlare, Naruto - - Non ho niente da
dirvi - - Tu stai scherzando. Lasceresti i tuoi amici?! - - E'
una ipotesi, sta parlando, sta spiegando...lascialo parlare, avanti
- - Lascia stare, Sakura;e ora basta, non ho più niente da dirvi
- - Promettimi che non dirai più certe baggianate come quella di
partire senza di noi e senza sapere se ritornerai... In caso verremo
con te, chiaro?! -
Sei un rompiballe - - Lo so- E tu un dannato depresso - -
Meglio depresso che idiota - - Avanti voi due...smettetela. Basta
Naruto! -
Erano
ancora bei tempi, quelli.
**
4
Luglio 1998
Sakura
era una ragazza di diciotto anni brillante e nel pieno del suo
sviluppo, ogni cosa in lei faceva pensare alla vita, persino quei
suoi folti capelli rosa che d'estate teneva raccolti in una lieve
coda. Aveva tutta la vita davanti; ed era lei stessa a dirselo,
soprattutto quando se ne stava in piedi accanto all'ombrellone,
abbracciata all'asciugamano rosa a succhiarsi le labbra salate ad
osservare Sasuke e Naruto venirle incontro dalla riva: il biondo che
si sbracciava grondando acqua e il moro che faceva finta di non
conoscerlo e la guardava dritta dritta coi suoi occhi scuri
nonostante il riflesso del sole di mezzogiorno. Quell'estate, poi,
era particolarmente felice. Come forse non lo era stata mai. -
Sapessi come l'ho stracciato! - esclamò Naruto una volta raggiunto
l'ombrellone, buttando sulla sabbia il pallone da pallavolo. -
Gli ho dato questa soddisfazione... - disse Sasuke a bassa voce
avvicinandosi a Sakura e toccandole l'asciugamano. - Asciugati,
tieni! – disse lei con enfasi e fece per togliersi l'asciugamano.
Ogni volta la stessa storia. Ma si trovò bloccata dalle mani di
Sasuke che l'avevano presa per le spalle. - Non ne ho bisogno, io
– gli disse questi, fissandola intensamente mentre la mano destra
scivolava su sul collo, sul mento fino a toccarle la guancia di
Sakura, ad accarezzarla. La ragazza rabbrividì. Non ebbe di che
dire, davvero. Voleva ricambiare a quella inaspettata carezza ma
aveva le mani che tenevano l'asciugamano stretto attorno al suo magro
corpo, e poi era senza fiato. Era una tremenda imbranata in questioni
amorose. Lei e Sasuke stavano assieme da più o meno tre
mesi eppure ogni minuto era come il primo passato davvero assieme,
quella sera di fine aprile quando Sasuke l'aveva di punto in bianco
baciata sul pontile di Konoha di fronte ad un Naruto leggermente
sbronzo ed allibito. - Uff...avanti, non potete
trattenervi? - La voce di Naruto arrivò puntualissima a scalfire
quel poco spazio d'aria che ormai separava la bocca di Sakura da
quella di Sasuke. Sakura si spostò velocissima, Sasuke sbuffò
facendo qualche passo e sedendosi sul piccolo sgabello portatile nel
punto più ombroso in quel paio metri quadrati occupati dal
trio. Sakura si tolse dal sole che le picchiava bollente in testa
e, passando accanto a Sasuke senza guardarlo – era una droga,
altrimenti - , cominciò a racapezzare qualche asciugamano e altre
cose da spiaggia e a riporre il tutto dentro un borsone. - Lo
porterai tu questo giro, vero Naruto? - domandò al biondo ora tutto
intento ad asciugarsi energicamente i capelli, indicandogli la mega
borsa rosa. - Ma scusa non tocca a quello?! - chiese in
risposta Naruto indicando un pacifico Sasuke immerso in chissà quale
riflessione del momento. Sakura scosse la testa. - Ricordi? Lo
ha portato una volta in più – disse Sakura in tono prolisso –
accidenti, sembra di essere tornati bambini, qui... quando la mamma
diceva chi doveva portare cosa – aggiunse, togliendosi una goccia
di sudore che le stava rigando la fronte. Naruto rise. -
D'accordo, però mi prometti che stasera in centro ci compriamo un
borsone arancione, ok? - La guardò con occhi azzurri
imploranti. Sakura sospirò profondamente. - No. Blu – arrivò
una voce esterna. - No. Arancione, lasciami almeno questa
soddisfazione cazzo! - Naruto puntò i piedi sulla sabbia. -
Ne compro due e bella finita – pose fine alla questione Sakura,
stanca di quei battibecchi infantili che però la rendevano comunque
felice. Perchè erano parte di loro. - Direi che è ora di
andare a mangiare! - propose Naruto, già bell'e vestito, con la sua
classica maglietta arancione e i pantaloncini bianchi. Stranamente
Sasuke fu d'accordo con lui; motivazione? Odiava il sole cocente
della mezza. Naruto caricò il borsone sulle spalle mentre Sasuke
tirava prepotentemente a sè Sakura e le sussurrava un “ci
liberiamo di lui stasera, vero?” al quale lei rispose tirandogli un
gomito nello stomaco ma non negando affatto a parole. - Ramen
oggi! Quello che ho comprato l'altra sera al chiosco... - si beò
Naruto anticipando i due fidanzati di almeno due metri,
guidato dall'acquolina in bocca e da un amaro buon senso.
D'altronde quei due si piacevano alla follia, d'altronde lui voleva
troppo bene ad entrambi per rovinare quello che c'era. Se erano
felici, era felice anche lui. Anche se avrebbe pagato oro per poter
stringere Sakura tra le sue braccia e non lasciarla mai più.
12
luglio 2011
Hinata chiese
con voce debole di poter entrare in camera mia bussando leggermente
alla porta. Scossi la testa pensando che non era cambiata di una
virgola, in quei sei anni,e per un attimo esitai per andare ad
aprire, sadicamente e senza un motivo preciso. Così prepotente
la sua timidezza, la sua paura
di non disturbare. Come potevamo piacergli sia lei che io a Naruto?
Io, la rompi scatole, io, la difficile. Andai ad aprire e la
ragazza dagli occhi quasi bianchi mi si presentò davanti con un
sorriso imbarazzato ma una strana luce negli occhi. Aveva
un'espressione determinata. - Sakura io devo parlarti – esordì
controllando il tremolio della voce. Annuii grave, potevo
immaginare di chi e di che cosa volesse così ardentemente parlarmi e
mentre la osservavo sedersi sul letto di fronte alla sedia dove presi
posto io provai una remota pulsione di compassione. Credevo di non
esserne più capace. - Ti ascolto – dissi, invitandola a parlare
liberamente come sapevo che avrebbe fatto. In un certo senso mi
fece bene sapere che
qualcuno mi prendeva ancora come ascoltatrice
o confidente. Mi fece ricordare i tempi del liceo, quando Ino per me
– ed io per lei – non aveva segreti. - Lo so che piombo così
improvvisamente e che può risultare strano che io corra da te,
però...ne ho bisogno – Hinata cercava di giustificarsi, di dare un
perchè alla situazione che si stava creando che a me non sembrò
affatto strana: non eravamo due vecchie amiche, in fondo? Tra me e
lei le cose erano sempre andate bene, tranquille, niente rapporti
esclusivi, niente
interferenze. E sì che io ero tutto ciò che avrebbe sempre voluto
essere lei: l'oggetto del desiderio di Naruto. Non mi aveva mai
portato rancore. - Lo so anche io, ma va bene così – Hinata
portò le mani sulle ginocchia, fissò un punto imprecisato davanti a
sé mentre cercava le parole da dirmi, per calibrarle con la sua
dolce razionalità. La ringraziai, in quel momento. Mi donava
attenzione cercando attenzione da me. - Lo sa, Naruto, che ho in
matrimonio in ballo? - Fu più diretta di quanto pensassi. -
Lo sa – risposi subito, non volevo farla aspettare. Come
erano incasinate le vite di noi povere ex bambine di Konoha. -
...e allora perchè... - la frase morì sul nascere ma io afferrai il
suo significato: mi stava cercando di chiedere perchè diamine quello
sciocco di Naruto non gliene avesse parlato. - Se ne sta zitto
perchè prima di tutto non vuole farti del male tirando fuori un
argomento scottante, sai bene anche tu come è fatto... - asserii
senza smettere di fissare Hinata negli immensi occhi chiari - …e
poi è uno stupido, ecco tutto - E una stupida ero io, a pensare
a quanto quei due assieme sarebbero stati bene e contemporaneamente a
provare una specie di paura al solo pensiero che Naruto sfiorasse
Hinata, come se ad un solo tocco io fossi abbandonata. Stupida
Sakura. - Ma io che potrei
dirgli? Non so nemmeno che fare... - Hinata abbassò leggermente
la testa ed una cascata di lunghi capelli neri le ricadde davanti al
volto. Aveva la voce roca. Mi passò per la mente il volto austero
di Neji, quel cugino che a prima vista sembrava una persona gelida ma
che conoscendolo – l'avevo conosciuto due estati di seguito, ai
tempi del liceo, quando da New York dove abitava era venuto in
vacanza (e rendersi conto del mestiere)
dagli zii a Konoha per un certo periodo estivo. Mi era sembrata una
persona per bene. Daltronde dagli Hyuuga decidevano i grandi, il
padre. Visto che la madre di Hinata era morta molti anni prima dando
alla luce la sorella minore di Hinata, Hanabi: una ragazzina odiosa
agli occhi di molti, tale e quale suo padre, dicevano in giro. Io non
la conoscevo, se ne stava per lo più per conto suo. Mi domandai che
fine avesse fatto, doveva essere cresciuta. - Senti, Hinata, posso
farti una domanda? - domandai a bruciapelo. Mi stava sulla coscienza
una cosa. - Ssì -
-
Neji, ti piace? - buttai lì, scrutando una qualsiasi sua reazione.
Ma aveva il volto coperto e potei osservare solo le mani che
stringevano la stoffa dei pantaloni. Ci fu silenzio per un bel
po', però non fui pentita. Non avevo nulla da perdere. - Io...
credo di sì – rispose tutto d'un fiato – Non so... - si affrettò
ad aggiungere, alzando una mano in aria come a cancellare qualcosa di
invisibile. - Capisco
- La mia voce uscì assurdamente profonda, mi sentii
vecchia. Eravamo tutti degli sfigati – mi dissi – eravamo
tutti dei disadattati che amavano più persone vivendo vite alienate.
Non ne era risparmiato neanche Naruto, amato a metà e per ben due
volte: da me e dall'angelica ragazza che era di fronte a me. Non
posso dire che mi sentii triste per lui, però provai una tristezza
generale, tristezza per me, per Hinata, per Konoha, per la vita di
tutti noi. Non seppi che altro dire.
Capitolo 9 *** Come soldati che tornano dal fronte ***
Buongiorno
gente, il nono capitolo de “L'ultima estate” è già pronto. Ho
deciso di pubblicarlo oggi poiché prossimamente sarò alquanto
impegnata e vi avrei fatto aspettare troppo l'aggiornamento!
Nonostante le poche
recensioni che ricevo per capitolo ammetto che mi piace sempre
scrivere questa storia strana e densa. E se continuo a postare è
merito di quelle anime che con le loro parole mi spronano ad andare
avanti ogni volta, perciò rinnovo i miei ringraziamenti. Spero prima
o poi di poter sapere qualcosa sulla fanfiction anche da chi l'ha
messa tra le seguite o preferite e non s'è mai fatto sentire...sono
proprio curiosa! Insomma, da autrice è sempre bello ricevere le
opinioni dei lettori, ci vivo delle vostre parole e se non ci
sono...bè mi demoralizzo subito. Il capitolo che vi apprestate a
leggere è un susseguirsi di scene prevalentemente passate (a parte
le prime due e l'ultima): vedremo riapparire in scena la Ino del
passato e il Kakashi del presente, oltre che il Sasuke del passato e
un po' di sano team 7.
Allora Buona Lettura gente, spero possa essere di vostro
gradimento!
Senza
che me ne accorgessi erano passate due settimane dal mio arrivo a
Konoha. Le mie straordinariamente lunghe – e obbligate –
vacanze estive stavano scivolando via rapide come granelli di
sabbia sulle dita ma dense come olio. Quell'anno eravamo
giunti in tanti a Konoha. Eravamo quasi tutti tornati in
patria, come tanti soldati sopravvissuti al fronte. Nelle menti lo
schok delle nostre guerre quotidiane e il vuoto delle cose non
vissute.
Capitolo nove. Come soldati che tornano dal
fronte
Non
avendo nulla da fare e volendo per forza inventarmi un passatempo ero
andata al piano di sopra, in camera di Naruto, e avendola trovata
vuota ero entrata come una spia e avevo cominciato a guardarmi un po'
in giro fino a che la mia attenzione non si era posata su di un album
appoggiato al comodino. Era meglio se mi facevo i fatti miei
perchè mi ritrovai davanti ad un album fotografico di vecchia data,
un po' sgualcito ma intatto in ogni sua foto. Prima ancora
di aprire la prima pagina dell'album seppi a cosa andavo incontro,
era così facile intuirlo. Dovevo solo scoprire chi ci sarebbe stato
in prima pagina...io o Sasuke? O tutti e tre? Provai una strana
sensazione pensando a quanto le mani di Naruto fossero passate su
quell'album e quanto i suoi occhi si fossero posati sulle sue
foto. Era davvero così nostalgico? Teneva l'album sul comodino
affianco al letto come un individuo qualsiasi tiene la sveglia. Io,
a Los Angeles, avevo rovesciato la foto che ritraeva il trio e
ora rivolgeva verso di me solo la cornice in legno. La prima foto
era dedicata a Sasuke, quando la vidi ricordai subito il momento e il
luogo in cui era stata scattata e mi abbandonai ai ricordi come una
vecchia alla fine della sua vita. In quella immagine Sasuke aveva
diciassette anni, era il ragazzo che Naruto ed io avremmo perso di lì
a poco; non sorrideva all'obiettivo né lo guardava, sembrava invece
fissare un punto al di là dell'improvvisato fotografo – Kakashi -:
quel punto ero io; ricordai che cercavo di farlo sorridere
puntandogli un dito contro. Che razza di furba. Era sera, eravamo
appena tornati da una gita appena fuori Konoha in un luogo incantato
bagnato da un fiume, e avevamo tanto riso – sì, anche Sasuke,
seppur in maniera assai minore – avevamo tanto parlato – sì,
anche Sasuke, con molti più monosillabi – e avevamo fatto tanti
stupidi progetti – no, Sasuke no, Sasuke aveva ascoltato... anzi,
aveva detto qualcosa in merito ad una sua fuga, non lo eravamo stati
ad ascoltare. Uchiha Sasuke era nel pieno della sua bellezza, in
quello scatto. Con quella sua superba espressione e le labbra appena
socchiuse, gli occhi nerissimi che incrociavano i miei, le spalle
leggermente piegate in avanti, le mani in tasca dei jeans scuri, la
camicia semi aperta, quell'aria da latin lover mancato. Perchè
Sasuke non muoveva un dito per essere così dannatamente
affascinante. Aveva mosso un dito solo per prendermi bruscamente,
per rapirmi dal cuore di Naruto con determinazion quando meno me lo
aspettavo, quando ormai avevo quasi deciso di fare io la prima
fottutissima mossa. Voltai velocemente pagina, ricominciando a
respirare. e mi vidi. Ero una dodicienne imbronciata che
squadrava l'obiettivo. Ebbi l'impressione di volermi dare
fuoco. Povero Naruto, che si ritrovava di fronte una tal furia. Mi
invase un enorme sconforto. Non ero né solare né bella in tale
foto, anzi. E potevo immaginare anche con chi ce l'avessi: con
Naruto, ovviamente, chissà cosa non mi aveva fatto.
Probabilmente i suoi complimenti a raffica o la sua mancanza di tatto
verso un mio scatto precedente non particolarmente riuscito. A
dir la verità mi mancava più questo suo lato infantile e imbranato
che mi mandava infantilmente su tutte le furie. Nella pellicola
dopo era stata messa una foto di Kakashi con il classico libro in
mano, leggeva in continuazione. Non degnava di uno sguardo colui che
io ricordavo essere il biondo fotografo dalla mano inferma.
Sorrisi. Alla foto dopo c'eravamo noi tre, ne avevo una copia
pure io. Era nella cornice sul comodino a Los Angeles. Eravamo
vestiti coi grembiuli di scuola. Piccoli e così diversi l'uno
dall'altro, già con le peculiarità di adesso: chi sorrideva a
trentadue denti, chi corrucciava la bocca, chi sorrideva raggiante e
con le guance arrossate. La suoneria del cellulare mi fece
sobbalzare. Neanche ricordavo di averne uno, figuriamoci di averlo
messo in tasca dei jeans. Il nome di Gaara comparve nello schermo
illuminato a intermittenza: per poco non presi un colpo. Sabaku No
Gaara che chiamava qualcuno col telefonino, per giunta dall'altra
parte del mondo? Riuscì a farmi quasi sorridere di gusto. -
Ehi... - sussurrai decidendo che non potevo non rispondere alla
chiamata. - ...Sakura? - mi domandò una voce bassissima e
lontanissima. Si prendeva male. - No, guarda... - risposi
ridendoci sopra. Sinceramente. Questa non me l'aspettavo proprio.
- Tutto bene? - Fu diretto, d'altronde non erano
proprio da lui i giri di parole. Mi aveva obbligato anche lui ad
accettare da Tsunade quelle lunghe ferie promettendomi di fare anche
alcuni dei miei turni assieme a chi mi avrebbe sostituito in parte,
un certo Sai, uno strano chirurgo che vagava di ospedale in ospedale
sempre con un quaderno degli appunti in mano, nella quale disegnava
cuori, valvole, arterie e anche i ritratti di chiunque incontrasse,
specialmente dei pazienti. Lo avevo conosciuto due giorni prima di
partire e a parte l'aria apparentemente minacciosa mi aveva fatto una
impressione abbastanza buona. Mi ricordai solo dopo un po' di
secondi di rispondere a Gaara. Io e il mio assentarmi
mentalmente...ero insopportabile. - Abbastanza, dai – risposi né
troppo euforica né troppo dismessa. Mentii in parte ma non davvero
sapevo cosa avrei potuto dirgli: da una parte a Konoha assaporavo una
assurda pace, dall'altra il mare dei ricordi e delle sensazioni a
volte mi travolgeva. - Qua tutto procede perfettamente – Gaara
stava lavorando il doppio anche per me, oltre che per un suo bisogno
[lui necessitava delle ore di lavoro che lo ponevano di fronte
alla ragione stancandolo perchè chissà quali fantasmi lo
rincorrevano o lo avevano rincorso in passato]. - Grazie – dissi
perciò impulsivamente, abbassando la voce – davvero - - Lo sai
che non mi piace sentirmelo dire – fu l'aspettata risposta. Annuii,
figurandomi l'espressione contrariata del mio rosso collega di
lavoro, del mio compagno di serate insonni davanti ad una tazza di
camomilla. Mi venne improvvisamente da chiedergli di suo fratello,
se alla fine avesse deciso di farsi operare. Esitai. D'altronde non
c'era quella relazione aperta, tra noi due, ma era tutto un
sottinteso. - Cinque giorno fa ho operato Kankuro - Mi aveva
letto nel pensiero, ecco al dimostrazione dei nostri sottintesi. Per
poco non mi venne da piangere. Mi bruciarono gli occhi mentre
cercavo le parole più o meno giuste da dirgli e mi venne un semplice
d - Bene così – detto a voce roca. Il respiro appena
percettibile di Gaara giunse al mio orecchio provocandomi una strana
sensazione di familiarità. - Ora ha cominciato la
riabilitazione, starà dentro ancora per almeno tre settimane –
aggiunse stupendomi sempre più. Mi stropicciai gli occhi che
stupidi stavano per lacrimare. Volevo dirgli che ero orgogliosa di
lui, come una mamma chioccia di un film tipicamente americano,
neanche lo conoscessi da una vita eppure mi sembrava sul serio di
essergli stata affianco da anni e anni. Accidenti, non sapevo se
in qualche modo gioirne, del piccolo pezzo di me che evidentemente
avevo lasciato a Los Angeles. In fondo, più persone lasciavo che
accedessero a me e a più dolore sarei andata incontro: avevo dunque
fallito. Fallito. Non ero stata quel pezzo di ghiaccio insolubile che
mi ero proposta di essere: che obiettivo impossibile mi ero mai
prefissata? - Saluta da parte mia quel generale di Tsunade e pure
Jiraya, ok? - gli ordinai invece. - Sarà fatto – obbedì e me
lo figuravo socchiudere gli occhi e interiorizzare l'ordine.
Sicuramente
sarebbe andato vicino a Tsunade e telegraficamente gli avrebbe
riportato il mio cordiale saluto. Gaara: aveva fatto passi
avanti. In quel momento non pensai che forse ero stata anche
io coi miei silenzi e con i sottintesi incoraggiamenti a insistere
con suo fratello affinchè questi prendesse spontaneamente la
decisione di operarsi a dargli una mossa, a fargli risolvere il
problema. Almeno in parte. In quel momento ascoltai la voce di
Gaara che mi salutava e in ultimo mi raccomandava di dormire
e non bere camomille. Nel mio egoismo riuscii a ringraziarlo anche di
questo. - Grazie, Gaara– - A presto, Sakura -
Hinata
ed io eravamo andate assieme in centro, avevamo visto vetrine
imbandite di vestiti estivi e ne avevo addirittura provato qualcuno.
Ora, seduta di fronte a lei in uno dei tanti piccoli bar del
caratteristico centro di Konoha, mi sentivo piacevolmente
esausta. Era stata lei a propormi di andare con lei a “fare
shopping” quel pomeriggio sul tardi. Avevo accettato quasi
immediatamente, non avevo potuto dire di no a quegli occhioni chiari
che m'imploravano. Probabilmente mi volevano parlare. - Ho
ripensato alla tua domanda – esordì Hinata dopo un silenzio che
m'era sembrato interminabile e accarezzò con le mani il bicchiere
dell'acqua tonica. - Ah sì? - dissi io senza enfasi e senza
pensarci. Si riferiva alla mia schietta domanda su Neji. Mi aveva
risposto che gli piaceva, però poi aveva subito negato. Non
capivo. - Tu non sai molto di Neji – Hinata puntò lo
sguardo nel mio, aveva qualcosa di nuovo, pareva arrabbiata. - So
che è un ragazzo educato e per bene....vive a New York...ti aiuterà
nel dirigere l'azienda e... - mi fermai, sapevo così poche cose in
effetti. Nemmeno quando vivevo a Konoha mi ero informata troppo sulla
famiglia di Hinata, lei era sempre così riservata. - Vivete tutti
a New York, ora vero? - domandai. - Sì, Neji abita con noi. Devi
sapere che ho deciso di dare a lui pieni poteri in merito alla
direzione del nostro marchio - Ricordai che gli Hyuuga avevano
dato la firma ad una marca di tessuti pregiati e che da decenni
concorrevano con le maggiori firme Medio Oriente. Il tutto era
partito dal bisnonno di Hinata il quale era un semplice pastore e
artigiano, amava le sue capre come i suoi figli. Sua moglie aveva un
laboratorio dove tesseva, assieme a diverse alte donne del paese. In
breve cominciarono a produrre in eccedenza, dovettero ingrandire il
laboratorio che divenne un capannone e con gli anni un'azienda.
Vennero assunti operai, fondate altri laboratori fuori Konoha, fuori
isola, nel mondo. Piano piano ma con successo. La materia prima
arrivava dai migliori terreni di pascolo del mondo, con astuzia e
rigore gli Hyuuga erano diventati ricchi. Pensai che detta così
la cosa era riduttiva, non dava sfogo a ciò che quella famiglia era
riuscita a fare veramente, ma non riuscivo nemmeno io ad immaginare
la portata di quell'industria di tessuti partita dal nulla. -
Cosa? - arrivai in ritardo. Capii diversi istanti dopo cosa mi avesse
detto Hinata. - Non me la sento di fare tutto da sola, lo aiuterò
ma sarà lui il responsabile – disse pacata e per nulla delusa.
Anzi, sollevata. - Una volta mi dicesti che non avresti mai
lasciato che tuo padre mettesse Neji a capo dell'industria – mi
ricordai e le ricordai. - Sono cambiate molte cose, Sakura - Gli
occhi di Hinata brillarono. - E' stata la convivenza con lui
a cambiare le cose?
- Lei annuì e arrossì abbassando il capo. Chissà cosa stava
pensando, chissà cosa aveva passato, chissà quali storie
intrecciavano la sua vita. Mi piaceva ancora ascoltare gli altri,
potevo catapultarmi in altre esistenze, dimenticare la mia, così
inutile. - All'inizio non ci rivolgevamo parola, sai, lui girava
alla larga da me e mia sorella. Quest'ultima però cominciò ad
andargli vicina, un giorno, se ne era innamorata – Hinata sorrise –
allora dovetti vigilare su di lei, stetti accanto a lei e a loro. Fu
una situazione strana, continuavo a dire a mia sorella di togliersi
dalla testa nostro cugino anche se da un lato il mio cuore voleva che
a lei toccasse sposarlo. Non amavo Neji e lui non amava me. Ci
guardavamo appena, e di nascosto. Un giorno dovevo chiamarlo a cena,
salii in camera sua e aprii la porta non sentendo rumori all'interno.
Lo trovai in piedi al centro della stanza, tutto solo. Era la prima
volta che eravamo soli. Lo vidi triste, gli occhi rossi. Non so cosa
mi prese, avanzai e gli andai dinnanzi. Alzò la testa, Neji e fissò
i propri occhi chiari nei miei, così identici - Sembrava una
storia da film. Mi emozionai come una bambina - Poi? - -
Senza dire una parola mi prese per un polso e mi fece piombare su di
lui - Immaginai. Non capii. Ma non si parlavano? Cos'era
successo? Sentii il mio cuore battere forte, com'ero sciocca ad
emozionarmi ancora per le storie altrui... - Così...subito? Ma...
- Hinata mi guardò
comprensiva, pensai che stesse pensando che era ovvio che io non
capivo. Perchè io non ero lì, non avevo vissuto la presenza
costante di Neji sulla pelle. - Credo che in quel momento avesse
bisogno di me. Parlammo a lungo, quella sera prima di cena. Mi disse
tante di quelle cose che io...io ora non ricordo. Fu straordinario.
Mio padre quando ci vide arrivare giù a cena vicini, silenziosi e
accaldati fece un sorriso strano, non mi piacque eppure non mi diede
il fastidio che invece doveva darmi. Fortunatamente Hanabi non c'era,
avevo paura del suo sguardo indagatore. I giorni dopo Neji fece come
se non fosse successo niente, ma piano cominciammo a parlarci, sai.
Scoprii che non aveva un buon rapporto con il padre, un padre
imperatore come il mio. Scoprii che non era il ragazzo freddo che
sembrava. Scoprii che eravamo più simili di quanto sembrava. Eppure
così opposti. Lui coraggioso, superbo, astuto. Io fragile, senza
autostima, incapace di dire le mie ragioni a mio padre. Ci aiutammo
molto, in quel periodo che passammo assieme tra Università e casa -
- Assurdo come possano cambiare le cose – sussurrai, ma non
riuscivo a formulare immagini concrete su Hinata e Neji. Non avevo
abbastanza dati. - Da quella volta io...io sto bene con Neji. Lui
è gentile con me. E... sai Sakura, è come se fosse tutto sospeso.
Viviamo assieme da sette anni, ormai. Stessa casa, stesso lavoro.
Litighiamo, mangiamo, viviamo assieme. Ed è tutto sospeso... -
Sospeso
- Conoscevo bene, quel termine, erano anni che io esistevo
sospesa. Sospesa tra il non sapere e il sapere di Sasuke Uchiha. Tra
il volerlo e il non poterlo avere. - Ti sei affezionata a lui - -
Ssì - - Però non sai dirmi se lo ami. E' questo che volevi
dirmi, vero? - Hinata annuì energicamente ma non alzò la
testa. Capii, almeno in parte. Ero convinta che l'affetto
avesse mille sfumature. E che non tutte le sfumature potessero essere
chiamate amore. Probabilmente il suo vero amore era sempre e
ancora Naruto, ma nella vita entravano gli imprevisti, nuove persone
a cui poter regalare amore, da cui ricevere qualcosa. Nuovi affetti,
con la a minuscola. Ma pur sempre affetti.
03
Giugno 1996 – terzo anno di liceo – ore 13.20
Ino
salutò Sakura con la promessa – ordine - di chiamarla quello
stesso pomeriggio per organizzare una serata fuori e si avviò verso
casa a piedi. Era una giornata già estiva e il sole capriccioso
picchiava forte sull'altrettanto capricciosa Ino che prontamente tirò
fuori dalla tasca davanti del leggero zaino i tanto amati Rayban. Li
indossò con un sospiro compiaciuto: si adorava con gli occhiali da
sole. Sbottonò un poco la camicetta a quadretti azzurra e bianca
e si sentì pronta ad affrontare quel breve tratto di strada che la
separava dalla fresca casa. Faceva quel rito di sistemarsi ogni fine
scuola, quasi avesse dovuto andare incontro al principe azzurro. Ma
in effetti lei sperava davvero di incontrare qualcuno,
soprattutto ora
che stava giungendo l'estate. Ad ogni modo quel giorno uscì dal
cortile della scuola senza pensare al principe azzurro, non presagiva
nessun arrivo, nessun cavallo bianco per lei, quel giorno. Il giorno
prima aveva anche chiesto a Sasuke se per caso suo fratello fosse
tornato ma questi aveva alzato le spalle. E, anche se fosse stato,
lei era pronta. O almeno, credeva di esserlo. - Yamanaka Ino - Le
parve di udire la propria voce tra la folla, si girò di scatto ma
niente, solamente il suo amico Chocji che la salutava con la paffuta
mano sferzante l'aria tiepida. Affianco a questi se ne stava
Shikamaru Nara, con le spalle un po' curve ed una mano a coprirsi dal
sole – quale
seccatura
– mentre bofonchiava chissà cosa all'amico, probabilmente –
ipotizzò con stizza Ino - di non salutare “miss Yamanaka che non
c'era per nessuno”. Ino ricambiò il salito di Chiocj con un
sorriso spontaneo mentre fece la linguaccia a quel rompiscatole
di
Shikamaru, sempre a prenderla in giro, sempre a detestarla. Dopo di
che, con una sferzata della sua coda alta, si girò e puntò oltre
l'uscita della scuola, verso il marciapiede che l'avrebbe condotta
sana e salva
a casa. - Yamanaka - Credette di avere le allucinazioni ma
stavolta non si girò continuando a guardare dritta davanti a sé a
testa alta, squadrando tutto e tutti dall'alto in basso. Cominciò ad
odiare quel sole picchiante sulla testa e a sentire fastidiosi
brontolii di pancia. Passando accanto ad un gruppo di studenti in
attesa della corriera provocò le più disparate solite reazioni: dai
sospiri maschili, ai fischi di apprezzamento, ai grugnii femminili.
Nonostante tutte le ragazze del liceo portassero obbligatoriamente la
divisa scolastica, come portava a lei la gonna corta con le calze
bianche non la portava a nessuno, per disinvoltura ed eleganza. -
Yamanaka Ino - Alla terza volta che udì il suo nome alzò un
sopracciglio fissando malamente un ragazzino timido e impaurito di
prima liceo che le aveva appena tagliato la strada mettendolo in
fuga. “Le disequazioni mi hanno dato alla testa, lo sapevo io”
disse tra sé facendo una smorfia al ripensare al compito appena
svolto: un vero
schifo,
a detta di lei che aveva aperto il libro il pomeriggio prima su
ordine di Sakura. “Un tre in arriv...” Si sentì bloccata
da un tocco freddo sul braccio: si spinse inutilmente in avanti
mentre le sfuggiva di bocca una parolaccia. - Che cazzo... - Si
tolse bruscamente dalla misteriosa presa e si voltò a osservare chi
era quello screanzato
che la voleva molestare;
ma
la sua rabbiosa espressione cozzò contro un volto noto. Un occhio
ero e uno azzurro, sopracciglia appena delineate, volto etereo,
labbra sottili... - Ino Yamanaka - - Itachi Uchiha - La sua
voce si mischiò a quella radiofonica del ragazzo da poco arrivato da
Los Angeles. Quel
giorno non lo aspettava il principe azzurro. O no? Rimase
per un attimo scioccata, si sistemò meccanicamente un ciuffo ribelle
di capelli dietro l'orecchio e schioccò la lingua contro il palato
con soddisfazione nell'osservare dal basso all'alto l'uomo che aveva
dinnanzi. Poi un sorriso le illuminò il viso già maturo. - Ti
ho spaventata? - Ino scosse la testa facendo oscillare
energicamente la coda di qua e di là al che Itachi curvò appena le
labbra: si era
ricordato di quel particolare.
Gli era mancato. Il viaggio di ritorno dall'università era stato
lungo e pure turbolento, gli avevano rimandato il volo di cinque ore,
ma la luce emanata dalla ragazza lo invase levandogli via ogni
fatica. Non lo avrebbe mai detto. O
forse sì? -
No no, anzi! -
rispose Ino con voce squillante ormai tornata in pieno possesso delle
sue facoltà. Sprizzava gioia da tutti i pori e non si vergognava
affatto di ciò. Stava parlando il ragazzo di otto anni più
grande di lei per il quale aveva un'adorazione dai tempi delle
elementari e che lei ogni estate aspettava con sempre più grande
trepidazione. Se alle medie e nei primissimi anni di liceo era
stata un'attesa di un qualcosa ancora irraggiungibile, ora
l'obiettivo era più vicino: lei era cresciuta. Ino al compimento dei
suoi sedici anni si era detta di cominciare a osare
con il maggiore degli Uchiha. Non ce la faceva più ad aspettare e
l'estate più importante era giunta, dopo un'attesa snervante e
lunghissima. Era un anno che non si vedevano; Itachi infatti non
era tornato a casa nemmeno per Natale quell'anno. Lei ne era rimasta
delusa e lungo si era sfogata con Sakura nei bui pomeriggi
d'inverno. - Ti vedo bene – asserì Itachi che immediatamente
dopo all'aver pronunciato una frase simile si morse l'interno delle
labbra domandandosi cosa
diavolo gli fosse preso. Non
aveva preso in considerazione che il rivedere quella
ragazzina
lo potesse in qualche modo mettere
in difficoltà.
Eppure per lui niente rappresentava una difficoltà. Dall'estate
precedente se la ricordava ancora poco più che bambina. Fece un
veloce calcolo mentale di quanti anni dovesse avere ora la Yamanaka e
arrivò alla conclusione che ne dovesse avere sedici. E allora come
era possibile che fosse
così cambiata? La
osservò attentamente; apparentemente era il tipino biondino di
sempre, con gli occhi di cielo e il naso superbo ma era come se tutto
di
lei si fosse diventato più evidente,
più maturo. Ino
si accorse dello sguardo inconsciamente compiaciuto
del
ragazzo e gioì silenziosamente complimentandosi con se stessa. Una
volta non la osservava così, una volta...era
quasi paterno; ma
la ragazza notò con un tremito che paterno lo era ancora. - Posso
dire altrettanto... – soffiò sporgendosi in avanti col busto, più
vicina all'uomo - ...anche se quelle occhiaie... hai bisogno di
riposarti, si vede – concluse e resistette alla voglia di tracciare
con mano quelle mezze lune appena accennate sotto i
suoi
occhi. - Sì, ho solo appoggiato la valigia prima a casa ma ora
vado a dormire – Itachi si passò una mano tra i lisci capelli
neri e li portò indietro rendendo visibile la fronte leggermente
sudata. Aveva caldo e sudava come
un dannato,
probabilmente non solo per l'afa incombente. La ragazza provò uno
strano moto di compassione
che la portò a invitarlo ad andare a riposarsi, ad
allontanarsi subito da lei. Si
chiese cosa diavolo le fosse preso. Perdere un'occasione così. -
Vado – Ino anuì, spostandosi sulla sinistra del marciapiede
per lasciar passare Itachi che aveva proprio tutta l'aria di
volersene andare. Per sempre. Le aveva sempre dato quell'impressione,
sarà stato anche perchè l'aveva sempre visto partire. - Ci si
vede? - gli domandò, scrutandolo in volto. Non ci furono
cambiamenti d'espressione, solo un battito di ciglia scure. -
Salutami Inoichi – fu invece la risposta. Dopo di che Itachi si
incamminò dal lato opposto a quello in cui doveva andare a lei,
verso quell'enorme villa fuori dal centro, fuori dal caos. Per lei
era un eccitante mistero, quel villone. Da piccola credeva vi
abitassero i fantasmi, ora non vedeva l'ora di poterci andare sola
con lui. Per
conto suo Itachi si domandò se per caso non avesse fatto un cazzata
ad andare incontro ad Ino con tanta determinazione, la stanchezza gli
aveva giocato brutti scherzi. Non aveva avuto una ragione precisa
per intercettare la Yamanaka, se non una specie di annua tradizione,
se non una impulsività che mica gli era propria. Non aveva
nessuna voglia, però, di darle delle possibilità. Non poteva mica
essersi dimenticata di lui, in tutti quei mesi, dunque doveva ancora
essere l'oggetto della sua assurda cotta
infantile che si era trasformata in adolescenziale. Probabilmente,
se aveva sbagliato qualcosa nel suo rapportarsi con lei, aveva
sbagliato molti anni prima, quando era un bambino delle elementari e
lei se ne andava all'asilo tutta orgogliosa rifiutandosi di dare la
mano a sua madre. Fu in una di quelle volte che passando in bici
aveva salutato la signora Yamanaka che Ino doveva essere rimasta
folgotrata. A Itachi questo sapeva tanto di uno strano scherzo del
destino. Non volle preoccuparsi oltre. E probabilmente questo
si sarebbe rivelato il suo sbaglio più grande.
3
giugno 1998 – ore 11.30 Sasuke
Uchiha accompagnò la sua ragazza fino alla porta di casa, si chiese
se per caso avesse veramente deciso di salutarlo solo
alle undici e trenta di sera,
vedendola infilare la chiave nella serratura e aprire la porta. Era
uno dei fortunati
appuntamenti esclusivamente lui e lei, senza quel rompi scatole del
loro amico Naruto di torno. Avevano passato una serata al cinema,
poi un giro in centro, in riva al mare ed eccoli davanti a casa
dell'Haruno. - Allora ciao Sas'ke – disse la ragazza girandosi a
mostrargli un dolce sorriso. Sasuke la guardò accigliato, lei
credette di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato. Era
letteralmente terrorizzata di perdere quel ragazzo - che aveva
desiderato con anima e corpo – con una cazzata. -
Che c'è? - gli domandò passandosi una mano sulla nuca, titubante. -
Sai com'è, credevo fossi più perspicace - Sakura fu
profondamente colpita dalle parole del suo ragazzo, fece saettare
occhi furiosi nel semi buio. - Cos'hai detto? - sibilò,
puntandogli un dito contro. Sasuke a vederla irrigidirsi provò
una punta di disagio e mise le mani in tasca, per fare finta di
niente. - Uh niente di che, semplicemente che credevo foss... -
non finì la frase, il volto di Sakura era pericolosamente vicino al
suo, la fronte corrucciata. - Ho un fidanzato sempre molto gentile
con me, wao che fortunata – ironizzò melodrammatica Sakura,
impuntandogli il dito sulla spalla. Sasuke sbuffò. - E io ho
una ragazza che non ha il minimo senso dell'ironia - Sasuke tolse
velocemente le mani dalle tasche e prese il volto della ragazza,
avvicinando il proprio. I nasi si sfiorarono. Sakura non riuscì
a fare l'imbronciata, le labbra lesi piegarono automaticamente
allinsù mentre le braccia scattavano in alto, pronte per attorniare
il collo del ragazzo. - Che bella coppia – mormorò Sakura prima
che altre parole inutili le morissero in bocca, a causa delle
prepotenti labbra di lui appoggiate sulle proprie. Un bacio
morbido, uno dei loro baci che sapevano tanto di qualcosa di più,
molto di più. Sasuke le mise le mani alla vita, la spinse dentro
casa e richiuse con un calcio la porta alle loro spalle. Regnava
un silenzio assurdo, alternato solo dal respiro già affannato di
lei. - Sas'ke... - Sasuke si staccò dalla ragazza un istante,
con gran rammarico. L'aveva sentita esitare. Sentiva di
desiderarla più di sempre. Dannata
noiosa ragazzina. -
...c'è mia madre, in casa – bisbigliò Sakura, affondando la testa
nel petto di lui. Stava cercando di calmarsi, baciare Sasuke era
sempre pericoloso
sotto certi punti di vista. In quei mesi di relazione aveva
sperimentato di dover avere un gran auto controllo per riuscire a
fermarsi al
momento più opportuno. O meno opportuno? Si
doveva fermare perchè sarebbe successo. L'avrebbero
fatto. Sentiva
che lui lo voleva, ogni volta. Ma lei no. Lei sì. Lei non
voleva semplicemente farlo già.
Stavano assieme da sette mesi! - E allora? - Immaginava,
Sakura, una risposta del genere. Premette più a fondo la testa
sulla maglietta del ragazzo, lo strinse a sé, le piaceva un mondo
toccare quel corpo, sentirlo caldo
e vicino. Consistente.
Suo. -
Ho capito – disse Sasuke dopo qualche minuto, prendendola per le
spalle e allontanandola da sé. - Scusami – sussurrò
lei. Sasuke inghiottì uno strano groppo amaro che gli era salito
alla gola, contò fino a cinque e fu di nuovo in pieno possesso delle
sue facoltà fisiche
e mentali. Aveva
immaginato che per quella sera le cose sarebbero andate così, eppure
testardo com'era aveva fatto una prova. Dopo anni di insensata
attesa si era messo con Sakura. Dopo anni di attesa lui la
desiderava. Si era accorto di desiderarla terribilmente
al
loro primo bacio, una piovosa serata di sette mesi prima. Ed era
così dura trattenersi e non pensarci, non sembrare uno stupido
ragazzino con gli ormoni a mille. Ma era causa sua. Era
colpa di Sakura. Era così maledettamente ed ingenuamente
pericolosa. E
lui odiava essere in balia di una donna – si diceva in
continuazione – eppure lo era. - Se cambi idea...chiamami –
disse calmo e le diede le spalle. - Sas'ke! - lo apostrofò lei
bisbigliando sommessamente nell'atmosfera buia e calda. Doveva
essere arrossita. Sasuke aprì la porta e uscì, di nuovo le mani
in tasca; cercava il pacchetto di sigarette, era tutta il giornata
che non fumava – a
lei non piaceva –
e una sigaretta serale non gliela toglieva niente e nessuno. Sakura
lo vide allontanarsi, una traccia di fumo nell'aria. Ci mancò
poco che non corresse da lui e lo richiamasse indietro.
15
Luglio 2011 -
Avanti, Sakura, dimmi tutto - Osservai con stupore l'uomo che
avevo di fronte, poi osservai il bicchiere di vino ancora mezzo
pieno. Lo bevvi quasi tutto d'un fiato, sentendo il sapore
dolciastro brucarmi la gola. Come era che eravamo finiti a parlare
di me? Avevamo appena finito di cenare, Hatake mi aveva invitato
fuori a cena ed io, dopo varie esitazioni, avevo accettato. La morte
nel cuore. La serata si era rivelata piacevole. Fino a quel
punto. - Uhm? - Kakashi sospirò, si sistemò meglio sulla
sedia, la schiena appoggiata allo schienale, le braccia stese sul
tavolo che ci separava. Io mi guardai attorno: rimaneva poca
gente, in quel pacifico ristorante, uno dei migliori e più antichi
di Konoha. - So che hai tante cose da dirmi, non mentire che
saresti solo ridicola - Lo fissai corrucciata, strinsi forte tra
le mani il calice vuoto. - Qui?
-
sussurrai, mi mancò la voce. Perchè capii che sì, il mio
professore
aveva ragione. Realizzai che avevo tante, troppe cose da dirgli. E
ne fui spaventata e rincuorata allo stesso tempo. - Se ti va
meglio usciamo, che ne dici del pontile? - propose Hatake cercando di
venirmi incontro. Pensai fugacemente alla sua fidanzata, spesso
sola a causa mia. Mi sentii cattiva per l'ennesima volta. - Va
bene – acconsentii e mi alzai, precedendolo fuori. Gli lasciai
il conto da pagare. Era il minimo che potevo fare per vendicarmi
della sua insistenza.
Note
noiose dell'autrice
(che dovrebbe andare a nascondersi visto l'immenso ritardo
nell'aggiornare). Ehm, ehm, con un ritardo mostruoso... il decimo
capitolo c'è!
*parte musichetta dell'alleluja* A parte gli scherzi... era da un po'
di giorni che volevo postare, in realtà questo capitolo è pronto da
un bel pezzo, ma non trovavo mai la spinta necessaria per
revisionarlo e portare avanti la storia. La mia ispirazione è una
gran capricciosa e ci sono periodi in cui riesco a scrivere solo
flashfic o one shot. Ma ora il decimo capitolo c'è, e ci sono pure
nuovi elementi inerenti alla trama che, vi avverto, si fa sempre più
assurda. Ho troppe idee in testa, ma prima o poi le cose verranno
svelate, non temente. Uh? Grazie di cuore alle persone che
seguono questa storia, noto che nonostante le poche recensioni la
fanfic è nelle seguite, preferite e ricordate di un po' di gente **.
Buona lettura! allora. Oh.
Auguri, Naruto ;)
Potevo
percepire l'odore di Sasuke, mentre camminavo sul pontile. Percepivo
il corpo di Sasuke accanto. Un battaglione di farfalle nello
stomaco. Era lì, era lì, era lì. Avrei voluto girarmi per
constatare che fosse esattamente così, ma non lo feci. Aveva
troppo paura di ciò che sicuramente avrei visto.
**
Cap.
10 Eventi inaspettati
Kakashi
Hatake aveva regolato il passo al mio, camminavamo piano sotto la
luna e in faccia ad un mare piatto. Se non avessi avuto quel
groppo alla gola che avevo dacchè avevo messo piede a Konoha avrei
detto di essere in una delle tante serate che avevo vissuto da
ragazzina o poco più, serate tiepide e piacevoli da passare in buona
compagnia. Kakashi ed io avevamo sempre avuto un rapporto
privilegiato, uno di quei rapporti di stima e rispetto reciproci
senza bisogno di far vedere l'uno all'altro qualcosa; ero stata una
delle sue migliori allieve e lui era stato uno dei migliori
professori che avessi mai avuto. Finita la scuola, finito anche il
corso di inglese pomeridiano, le nostre strade non si erano
divise. Naruto, Sasuke ed Io lo avevamo invitato più volte a
cena, io ero passata spesso a trovarlo per farmi consigliare dei
libri in inglese; ma tutto ciò era durato poco più che un mese e
mezzo, per poco meno di una estate. La mia – e nostra – ultima
estate a Konoha. - Non voglio insistere Sakura - La voce
dell'uomo mi riportò al perchè fossimo lì sul pontile. Per
parlare. - Oramai ho detto di sì, non mi tiro indietro -
dissi, ed ero sincera. Avevo accettato, non potevo né volevo
tornare indietro. La presenza di Kakashi accanto a me era talmente
tranquillizzante che senza rendermi conto cominciai a parlare;
dapprima piano, scandendo bene le parole che uscivano sfumate, poi a
fiume. Gli dissi della mia vita universitaria, del lavoro da
tirocinante, dell'incontro con Itachi, gli parlai di Gaara e Tsunade,
di Sasuke. Gli dissi che avevo un disperato bisogno di notizie sul
conto dell'Uchiha, che non riuscivo più a vivere senza qualcosa che
lo riguardasse. Che ero una stupida. Una stupida
ragazzina. Sasuke, Sasuke, Sasuke. Alla fine del
discorso fui esausta. Lui stette a lungo in silenzio. Ad un
certo punto mi prese per un polso e mi spinse addosso a sé. Mi
disse che quello era l'ultimo folle gesto. Non voleva farmi del
male ulteriormente. Sì, quello sarebbe stato il nostro ultimo
abbraccio. Eppure stetti talmente bene tra le braccia di
quell'uomo così maturo. E sapevo, sapevo che alla fine di tutto
mi sarei tormentata al pensiero di cosa era successo. Del
perchè fosse successo. Io non amavo Kakashi, lui non mi
amava. Scoprii però che era come un antidoto, lui, per me. Ed
io, io non sapevo cosa rappresentassi per lui. Ad ogni modo,
sarebbe stato così: di gesti folli non ce ne sarebbero stati più.
4
marzo 2009 – Los Angeles - -
Uchiha Itachi? - Sakura aspettò una voce dall'altra parte della
cornetta, le labbra tese, gli occhi ridotti a due fessure. Era la
prima volta che componeva quel numero, aveva preso il coraggio a
quattro mani per averlo. Lo aveva trovato nella cartella clinica
del defunto Fugaku Uchiha, tra i numeri di cellulare dei parenti. -
...pronto? La voce arrivò improvvisa, bassissima, spigolosa.
Roca. Esattamente
come lei se la ricordava. - Sono Haruno Sakura – - Lo so
- Sakura dilatò gli occhi per la sorpresa, ma avrebbe dovuto
aspettarselo. Era una donna così prevedibile – pensò. -
Sbrigati se devi chiedermi qualcosa - Chiuse gli occhi cercando
di ricordare il perchè avesse deciso di contattare quell'uomo,
parlò solamente quando tutto le fu un po' più chiaro. - Prima
come stai – disse velocemente, appiccicando le parole. Ma fu
sincera. Sentì il ragazzo chiudersi in un silenzio pesante per
qualche istante. - Me la cavo - Ricevere una risposta
positiva, anche se così breve, la spronò ad andare avanti. Eppure
la voce roca dell'uomo non le sembrò per niente a posto, era come se
egli celasse qualcosa, come se dietro quella timbrica spenta ci fosse
un malessere generale profondo. Lo poteva sentire forte e chiaro ma
non indagò oltre, aveva paura. -
Sei stato a Konoha tre mesi fa, giusto? - - Sì - - L'hai
vista? - - Yamanaka Ino sta bene - Sakura arrossì. Come era
stata stupida a non chiamare quasi mai la sua amica d'infanzia. Non
c'era riuscita, più passavano i giorni e più le mancava la voglia e
il coraggio di riascoltare una voce del passato, aveva timore di non
sapere cosa dire, di non riconoscerne addirittura la voce. -
Naruto Uzumaki, l'hai visto? - Che domanda retorica; lei sapeva
già che il suo migliore amico aveva intravisto Itachi e ci aveva
pure parlato, seppur per poco. Con Naruto Sakura ci parlava ancora,
seppur sempre meno spesso. - Questo lo sai già, almeno lui sapeva
molte cose di te, di noi a Los Angeles - Itachi parve scocciato.
Sakura si morse il labbro. - Dimmi chiaramente se di sto
disturbando - - Avanti, continua - Sakura
inspirò profondamente e arrivò alla domanda centrale. - Sasuke –
si bloccò, fu strano pronunciare tale nome dopo tanto - ti ha
chiamato mai durante queste settimane? Ha saputo? - Un altro
lungo silenzio. - L'ho chiamato - Sakura si aggrappò alla
cornetta. - …continua, ti prego - Sentì il respiro di
Itachi nell'orecchio, era sommesso, era basso, era affannato. -
Alla decima chiamata mi ha risposto, ho avuto solo il tempo di dirgli
che nostro padre era morto, lui ha cominciato ad urlare - - ...ma
gli hai spiegato? - - E' convinto che mio padre sia morto per la
disperazione - Sakura aggrottò la fronte, ma capì. - Non ha
lottato con tutto se stesso ma ciò non significa che... - -
Sakura, Sasuke ha ragione. Mio padre non è riuscito a liberarsi
dalla mafia, però era un uomo solo, negli ultimi giorni la polizia
gli aveva dato la scorta ma lui la rifiutava. Voleva fare da solo,
voleva scontare la pena che diceva meritarsi per aver permesso al
male di raggiungere il suo lavoro - Sakura capì che Itachi aveva
parlato fin troppo, più di sempre, più di mai. Probabilmente ne
aveva bisogno, probabilmente la sua vita era una solitudine dietro
l'altra. E allora perchè mai Itachi non era rimasto a Konoha con
Ino? Sakura si chiese chi avesse preso il posto del signor Fugaku
nella direzione della ditta di alberghi dopo che la polizia aveva
arrestato ben cinque boss della mafia e aveva dato il via libera
affinchè l'attività riprendesse. Si era rifiutata di leggere i
giornali. - Sasuke lo sa? - - Sapere cosa? Che l'azienda è
stata ripulita dalla feccia? Gliel'ho detto, non ha voluto sentire.
Dice che facciamo schifo - Sakura appoggiò una mano al muro per
sorreggersi, l'altra che stringeva forte la cornetta. Stava
imprecando contro un ragazzo che non vedeva da anni e che non le
aveva mai spiegato nulla, che la aveva sempre lasciata all'oscuro di
tutto. Non capiva perchè
lui facesse così, perchè avesse reso tutto più difficile. In fondo
Sasuke non c'entrava, in fondo la madre lo aveva sempre avvolto di
affetto, in fondo... - Haruno, non pensare che sia finita qui. C'è
molto altro dietro e smettila di fasciarti la testa - Fu un
rimprovero duro, ma umano.
Lei si stava corrodendo anima e corpo per una cosa che non capiva.
Non riusciva proprio a trovare un senso... Come mai si era lasciata
coinvolgere a quel modo da un uomo? Lui la aveva lasciata, certo, ma
non era successo nient'altro. Era
una sciocca. Si credeva una eroina romantica. Credeva nelle fiabe e
stava aspettando il lieto fine. - Sasuke è pieno di rancore,
vero? Crede che Fugaku non lo abbia mai amato e sua madre lo abbia
ingannato in nome di un amore che non c'era - Sakura si aggrappò
a quel perchè con
tutta se stessa. Era da lì che partiva ogni cosa. - Ora basta
- L'ultimo denso silenzio, consensi taciuti. - Ma io devo
sapere...io devo fare qualcosa... - Sakura sentì gli occhi
bruciarle, un groppo alla gola. No, nulla aveva ancora un
senso. - Restane fuori, continuando a domandarti perchè non
giungerai a niente se non all'auto distruzione - La
conversazione stava giungendo al termine e Sakura non aveva ottenuto
niente, se non mille domande irrisolte, una nuova rabbia. Era
all'oscuro di tutto, si era presa a cuore il nulla. - Scusa ancora
il disturbo, Itachi - Sakura si raddrizzò, allontanò la
cornetta. - Se vuoi ora sono a Los Angeles - Un invito
implicito? Sakura sgranò gli occhi. - … - E, prima di
spegnere la chiamata, Uchiha Itachi le diede l'indirizzo di casa
sua. Probabilmente non ci avrebbe mai messo piede – pensò lei –
ma si sbagliava di grosso.
Naruto
brillava di luce propria, incoscientemente ogni individuo gli ruotava
attorno come si fa con un sole, rivoluzione dopo rivoluzione senza
mai fermarsi. E stavo ruotando pure io, me ne rendevo conto,
quantunque fosse lui a prendersi cura di me puntandomi addosso quel
suo sguardo preoccupato. Ero un piccolo inutile pianeta che era
attratto dalla forza gravitazionale di quel ragazzo pieno di vita.
Ciò non mi dispiaceva affatto, anzi, avrei voluto gravargli attorno
per sempre; ma sapevo che non poteva essere così: sarebbe bastato un
unico meteorite, un unico corpo lanciato contro di me o contro di
lui, per spazzarmi via nell'universo. Lo vidi arrivare dalla riva,
molteplici gocce d'acqua lo facevano brillare alla luce del sole, la
dolce Hinata gli ruotava attorno, candido satellite costantemente
nella sua orbita. Pensai che era bello vedersi arrivare il
proprio sole davanti agli occhi senza scottarsi e non dover muovere
un dito per ricevere da esso attenzione. Mi limitai a reclinare il
capo su una spalla, a tirarmi leggermente sù con la schiena dalla
sdraio ed ecco che Naruto si chinò al mio cospetto. Un sole così
umano. - Sicura di non voler farti un bagno? - mi domandò. -
Sicurissima, sarà per questo pomeriggio – risposi e mi beai della
visione di quegli occhi azzurrissimi, sembravano emanare raggi di
luce. Erano così totalizzanti da farmi mancare il fiato ogni volta.
Luce pura. Come potevo apprezzare tanto la luce se mi ero
irrimediabilmente innamorata dell'oscurità più profonda? - Posso
prendere l'asciugamano che c'è sull'altra sdraio? - Io annuii e
seguii ogni suo movimento, lo vidi allontanarsi di qualche passo da
me, incespicare nella sabbia bollente, sorridere ad Hinata, afferrare
l'asciugamano e portarselo sul corpo, avvolgersi con grinta. Mi
ritrovai a desiderare di trovarmi con lui sotto quell'asciugamano, il
sole doveva avermi dato alla testa. Con la coda dell'occhio notai
che Hinata aveva uno sguardo così rapito che probabilmente stava
desiderando altrettanto. Solo che io non lo amavo in
quel modo, la mia non era
attrazione fisica. Era un affetto capriccioso che mi portavo dentro
da anni. Look at the stars. Look how they shine for
you. Sobbalzai all'udire la
musica del Coldplay. Non ricordavo di avere “yellow” come
suoneria. Niente come i primi pezzi di questo gruppo esprimeva i miei
stati d'animo. “Yellow” mi destò bruscamente, aumentando in
volume ogni secondo di più. Giallo...giallo come Naruto, il mio
sole. Trovarmi lì, con quella stupenda canzone in sottofondo alla
visione di una spiaggia impregnata del mio sole mi fece un effetto
strano, non volevo interrompere quel momento. Poi però il ritornello
arrivò e dovetti realizzare che il cellulare squillava
da troppo. Mi alzai velocemente e da dietro la sdraio dov'era
appeso il borsone tirai fuori il telefonino più scassato e solo del
mondo. Nella fretta non vidi nemmeno chi fosse nello schermo. -
Pronto? - - Haruno Sakura? - Una fredda voce mi entrò
prepotentemente nelle orecchie, acuta, sconosciuta. Feci una
smorfia e andai ad incrociare lo sguardo dei miei due amici che mi
stavano guardando perplessi. - Chi saresti tu? - domandai
ricevendo in risposta un sospiro seccato. - Non ha importanza, sei
Haruno Sakura sì o no? - Scoprii di avere i nervi a fior di
pelle, la misteriosa interlocutrice non mi ispirava per niente. Se
solo Naruto non mi avesse fatto cenno di proseguire avrei chiuso la
chiamata. - Sì, cosa vuole? - - Oh bene, è a Konoha, giusto?
- Mi sembrava di essere in uno di quegli interrogatori della
polizia, la donna aveva lo stesso tono e la stessa professionalità;
mi domandai se non fosse davvero un ispettore e cercai di riportare
alla memoria cosa mai potevo aver fatto di male. Mi venne il
dubbio che si trattasse di lavoro, di Los Angeles. E poi saettò
nella mia mente il nome di Itachi. Credevo che la cosa fosse
chiusa... Credevo di non centrare più niente col caso Uchiha, con la
droga trovata in grandi quantità nell'appartamento di Itachi giorni
dopo il ritrovamento del suo corpo senza vita. Ero stata indagata
perchè i giorni prima ero stata in quell'appartamento, avevo
frequentato il morto. I
ricordi mi invasero fastidiosi e a stento sentii la voce fredda della
donna al telefono. - Ma mi stai ascoltando?! - - Sì, mi trovo
a Konoha. Per piacere mi dica subito chi è lei, è della polizia?
- Naruto davanti a me lasciò cadere sulla sabbia l'asciugamano e
per poco non mi tolse il cellulare di mano; lo mandai via con una
spinta. Hinata gli andò vicino e lo prese per u braccio
sussurrando parole che non capii. - Ha centrato l'obiettivo. Sono
della polizia di Seattle - Dovetti farmi ribadire il concetto. Mi
rifiutavo di comprendere ed effettivamente mi trovavo in uno stato
confusionale di non poca evidenza. Riuscii solo a dirmi che se le
cose stavano così Itachi non c'entrava niente. - Seattle? E'
sicura di non aver sbagliato persona? - Evitai di osservare il mio
migliore amico in volto, non volevo dargli a vedere che non ci stavo
capendo niente. Guai se intercettava quell'assurda chiamata. - Ha
un minuto? Anzi, le dà direttamente del tu, odio dare del lei a
voialtri - Mi
lasciai cadere con la schiena contro il lettino e sospirando forte
annuii. Una parte di me, nonostante la paura, riponeva grandi cose
in un qualsiasi cambiamento. Anche piccolissimo. Un qualsiasi
cambiamento di situazioni, cose, persone. Ecco una chiamata, una
donna sconosciuta, una città degli Stati Uniti, la polizia. - Mi
dica tutto e per favore vada dritta al punto - Quantunque volessi
apparire sfrontata la voce mi uscì roca. Ero eccitata e allo
stesso tempo morivo dalla paura. Fu la presenza dei corpi concreti
di Hinata e Naruto, seduti al bordo del lettino, a donarmi la
lucidità necessaria per affrontare una conversazione del
destino. Ancora non sapevo a cosa andavo incontro.
15
marzo 2009 – Los Angeles - -
Sapevo che alla fine saresti venuta - Itachi osservò la donna
solo occhi, ossa e capellirosa che aveva di
fronte e fece un passo alla sua sinistra per lasciarla entrare in
casa. Quando lei gli passò accanto una zaffata di profumo alle
fragole gli entrò dentro, costringendolo a chiedersi da quanto tempo
non ricevesse visite femminili in quel lussuoso appartamento in
centro a Los Angeles. - Meno male che c'era il taxista, da sola
coi mezzi pubblici mi sarei persa subito – disse Sakura facendo
echeggiare più e più volte la voce cristallina sulle pareti dello
spazioso salotto. Le faceva un effetto strano essere in quel
posto così ordinato e chiaro, si era immaginata tutt'altro. Aveva
immaginato un salotto disordinato, un divano sgualcito, una
televisione mignon e vestiti e oggetti sparsi ovunque. Invece lì
dentro c'era dello stile: divano in pelle nera a ferro di cavallo in
fondo alla stanza dinnanzi a un tavolino trasparente, un tappeto al
centro stanza, in fondo una televisione al plasma, enorme. Dalla
parte dove si trovavano loro, all'entrata, svettava una libreria
bianca piena di libri. Tutto così sobrio. Sakura sentì la
tensione smorzarsi, era abbastanza a suo agio. - Devo ammettere
che sei in perfetto orario – asserì Itachi guardando il grande
orologio swatch che aveva al magro polso – diciassette in punto
- Le prese l'impermeabile rosso che appoggiò sul tavolo quadrato
accanto alla libreria e la fece accomodare sul divano. Rimase a
guardarla in silenzio per un bel pezzo, cercando di scorgere in quei
lineamenti sottili e in tutta quella magrezza la fonte
dell'innamoramento di suo fratello. Una volta Sakura era molto più
colorata. Rimanevano
quegli occhi enormi, urlanti, troppo verdi. Sakura si stava
torturando le mani, sentirsi osservata dallo stesso sangue di Sasuke
la mandava in subbuglio, credeva di essere giudicata, voleva sapere
cosa egli stesse pensando. - Bell'appartamento – disse di colpo,
cercando timidamente di avviare un discorso qualunque nel disperato
tentativo di rompere il ghiaccio. Itachi le fu tutto sommato grato
anche se avrebbe potuto continuare ad osservare quella donna per
delle ore cercando di carpire la luce rabbiosa che quelle iridi
speranza emanavano. Una luce repressa. Ricordava che una volta, a
Konoha, Sasuke gli aveva detto di conoscere gli occhi più eccitanti
al mondo. Più che eccitanti per Itachi sembravano appaganti. -
E non è finita qui, ci sono altre sei stanze ampie e moderne –
disse in un tono che gli mise solo voglia di ridere. Era ridicolo a
mettersi a discorrere di architettura... - Okey, la smetto di
tergiversare - Sakura aveva notato la nota di impazienza nel
corpo dell'Uchiha e non aveva nessunissima voglia di fare la figura
della timida o agitata o... però era tutte queste cose messe
insieme. Non sapeva nemmeno doveva aveva trovato il coraggio di
piombare in quella casa. (O disperazione?). Tutta colpa di Tsunade la
quale le aveva dato un pomeriggio libero e aveva insistito perchè
lei sapeva. - Non
farti problemi - Itachi finalmente si decise a sedersi e prese
posto accanto a lei, sedendosi sul bordo del divano, girato per poter
mantenere il contatto visivo. In realtà Sakura non aveva alcuno
scopo preciso perchè si trovasse lì, aveva semplicemente bisogno di
parlare e più avanti avrebbe scoperto che aveva essenzialmente
bisogno di quella presenza che
tanto sapeva di Sasuke. - Come te la passi? Insomma, come va la
vita? - Lei che si interessava a Itachi, quando i giorni passati
con lui in ospedale non aveva fatto altro che fuggirlo. Eppure era
sincera. Itachi capì che ella non voleva andare a parare da
nessuna parte e che, molto semplicemente, voleva sapere se c'era
qualcuno che se la passava peggio di lei. Oppure provava
semplicemente compassione. Ma egli non sopportava la compassione. -
Non molto diversamente da prima della morte di mio padre, solo che
ora non lavoro più - Sakura sgranò le iridi, così dilatate
sembravano ancor più enormi su quel volto asciutto. Così
sciupata, lei, così leggera, eppure aveva uno sguardo sicuro e
sfrontato, quasi saccente. Itachi ricordava bene tale sguardo
duro, degno di Sasuke Uchiha. - Avete venduto la proprietà
dell'azienda? - Sincero interessamento, aggrapparsi anche alla più
piccola informazione. Itachi pensò che di certo l'avrebbe delusa,
non aveva grandi cose da dirle. - Sì. Definitivamente venduta a
Madara Uchiha, zio di mio padre – rispose sorridendo sprezzante
sulle ultime parole. Quello zio che alla fine, aspettando
lunghi e lunghi anni, aveva ottenuto la sua amata azienda. -
E ora come fai? - - Cosa vuoi che faccia, niente di particolare.
Vivo - Sakura si
ritrovò così catapultata nella voglia di immaginare la vita
dell'Uchiha che aveva lasciato perdere il nome che egli portava con
sé. Una vita diversa dalla sua eppure altrettanto instabile, forse.
Continuava a credere di fare una vitaccia, lei, che pure aveva un
lavoro stabile, uno stipendio buono, una casa, dei familiari. Amava
autocommiserarsi, lo sapeva. -
Che lavoro ti sei trovato? - Si pentì di aver fatto quella
domanda, doveva risultare davvero troppo assillante. Avrebbe avuto
ragione, lui, a non risponderle. - Dò ripetizioni di economia
aziendale a dei mocciosetti del liceo, di sera faccio il buttafuori
in un locale e poi... - Itachi s'interruppe, fece roteare i
misteriosi occhi di diverso colore alla volta del volto diafano di
Sakura che s'era sporta verso di lui manifestando di pendere dalle
sue labbra. La aveva così vicina che gli sarebbe bastato un
attimo per annullare la minima distanza che li separava ed assaporare
il sapore della donna, constatare se anche su di lui quel sapore
avrebbe fatto effetto come era successo con Sasuke. - Sakura alzò
un sopracciglio interdetta. No, non s'aspettava proprio una
risposta del genere. - Cosa? - Itachi fu sul punto di farlo
davvero, annullare quella labile distanza, ma poi l'immagine
invadente di suo fratello gli saettò nella mente costringendolo a
ritrarsi e a fissare la televisione spenta dinnanzi a sé. -
Faccio l'addetto al suono - A Sakura parve di essere piombata in
tutt'altro mondo, un mondo anche più abbordabile laddove Itachi era
un semplice trentenne che ancora viveva di mille lavoretti ma che era
felice così, precario però selvaggio. Si ritrovò a farsi i
film mentali. - Discoteca? Itachi scosse la testa facendo
ondeggiare qualche ciuffo nero scappato alla coda bassa. -
Hai presente ai concerti quello che sta dietro e si occupa di
equilibrare i suoni? Ecco - Si alzò calibrando istintivamente
ogni movimento e si diresse alla libreria laddove, sull'ultimo
scaffale, svettavano alcuni cd masterizzati. - Oh sì metti su un
po' di musica - Sakura aveva seguito ogni movimento del ragazzo e
ora fissava con speranza il cd che egli aveva tra le mani. Sarebbe
stato tutto meglio, con la musica. Una semplice conversazione, un
parlarsi. Non avrebbe mai creduto potesse essere tutto così
naturale. Nonostante il modo
costantemente distaccato di fare l'uomo sembrava gradire la sua
presenza, o almeno non ne era infastidito al punto di mandarla
via. Le parve di aver fatto una piccola ma importante
conquista. Eppure c'era qualcosa, in quelle lente movenze di
Itachi, a mandarle in subbuglio lo stomaco. Qualcosa di oscuro, una
cosa che egli teneva segreta. Quel qualcosa era presente anche
nelle pesanti occhiaie di lui, nelle spalle larghe ma magrissime,
nelle labbra che a momenti si contorcevano in una debole smorfia,
nell'occhio azzurro ghiaccio che congelava le emozioni. Look
at the stars, look how they shine for you... Un
pugno in pancia ed il cuore subito gonfio di sentimenti. - Fix you
– sussurrò Sakura sommessamente e in un attimo si lasciò
trasportare dalle note. La sua anima risiedeva in tali note, ciò era
privo di dubbio. Un'enorme malinconia le mozzò il fiato.
-
Non cambiare, ti prego – si allarmò Sakura vedendo Itachi
armeggiare col telecomando puntato in direzione dello stereo sotto la
televisione. Con quella musica triste e piena in sottofondo l'uomo
le parve talmente effimero
che ebbe paura di vederlo scomparire da un momento all'altro. La
macchia oscura nell'essere di lui ora era più percepibile, era come
un marchio indelebile che aveva intravisto anche in Sasuke. Una
specie di buco nero che inglobava per un attimo ogni altra sensazione
o emozione e lasciava l'individuo freddo, distante e poi disperato. -
Ino me lo ha detto - Itachi provò piacere nel pronunciare così
ad alta voce tale nome di donna ma non volle spingersi più in là.
Ino era lontana, Ino doveva essere felice. Sakura
non capì. Le rimbalzò per la mente soltanto quel nome. - Che ami
i Coldplay. Mi ha detto che ogni volta che sente la voce di Chris
Martin attraverso qualche radio le vieni in mente tu e difficilmente
sparisci - Vedere la dottoressa Haruno Sakura gonfiare il petto e
portarsi una mano davanti alla bocca in segno di un triste stupore
fece uno strano effetto a Itachi. Si chiese come mai quella ragazza
si fosse isolata dal mondo, dalle vecchie conoscenze. Come mai avesse
reso tutto più complicato per un ragazzo che ad un certo punto non
s'era fatta più vedere. Ma Itachi non poteva parlare, anch'egli
complicava le cose: stava lontano da Konoha, da Ino Yamanaka e non
aveva una ragione concreta per fare ciò. E poi chi mai lo avrebbe
creduto se avesse detto che Konoha gli faceva male senza
Sasuke? Lights will guide you home... La
canzone stava per finire, il cuore per svuotarsi definitivamente. Lei
sapeva che era vicino il momento in cui la propria emozione
indefinibile si sarebbe incanalata in un pianto stupido e a dirotto.
Piangeva sempre, ad ascoltare tale canzone. E da masochista quale era
con se stessa la ascoltava con tutta se stessa. I will
try... -
To fix you - Lo dissero all'unisono. Voce femminile mozzata dal
pianto e bassa voce maschile si unirono momentaneamente, così
straordinariamente intonate assieme. A Sakura piacque l'intrecciarsi
delle loro voci. La confortò e le permise di lacrimare gocce più
dolci. - Faccio
pena, lo so – mormorò arrabbiandosi con se stessa. Era proprio
una donna depressa – si disse – doveva andare a farsi controllare
da uno psicologo. Erano giorni che si proponeva di farsi dare una
mano esperta. - Non fai pena, sei semplicemente sciocca -
Itachi
non si pentì minimamente di aver detto una cosa simile, lo pensava
davvero. Un po' come la canzone che era appena finita: quella
ragazza aveva bisogno di ricostruirsi. Qualcuno avrebbe dovuto
rimetterla in sesto
perchè adesso aveva perso la via di casa. Sakura Haruno era una
debole sciocca. Innamorata dell'amore romantico e per questo
fregata. E lui cos'era allora? Di
certo era più complicato e instabile di lei. Viveva una
vita che lo avrebbe portato all'autodistruzione. Vita
che tra l'altro aveva sempre meno voglia di vivere, senza un paio di
occhi azzurri a ricordargli cos'era l'amore. Eppure lui stesso
allontanava, tali iridi color del cielo. Non avrebbe potuto
rivederle, non ne avrebbe avuto la forza. Come tornare per poi
ripartire? Come fermarsi a Konoha se era sempre ripartito? Viveva
un circolo vizioso che stava per chiudersi.
Di questo era assurdamente convinto.