L'ultima estate

di terrastoria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Return ***
Capitolo 2: *** Gentile imbarazzo e rancore ***
Capitolo 3: *** Egoismo ***
Capitolo 4: *** Gabbiani e Vecchie Conoscenze ***
Capitolo 5: *** Speranze ***
Capitolo 6: *** Primo Amore ***
Capitolo 7: *** Mettersi alla prova ovvero illudersi ancora ***
Capitolo 8: *** Come up to meet you tell you I'm sorry ***
Capitolo 9: *** Come soldati che tornano dal fronte ***
Capitolo 10: *** Eventi inaspettati ***



Capitolo 1
*** Return ***


Return

 

 

Come le onde non possono fare a meno di lasciare la riva per tornare negli abissi, così io non riuscivo a non ritornare in quel posto.

Ogni estate era come un rituale, meccanicamente preparavo la valigia e lasciavo il mio appartamento in centro città per tornare a casa.

E sì che lì non mi aspettava nessuno, da anni.

No, ciò non era del tutto vero: una persona mi aspettava ancora.

Era l’unico ragazzo che io conoscessi che non aveva mai messo piede fuori da quel villaggio bellissimo e intoccato affacciato sul mare.

Konoha mi attirava come una calamita, a nulla valeva il moto di disgusto che i ricordi dolorosi mi facevano provare riaffiorando in massa nella mia testa.

Ormai ero in volo, in un istante avrei toccato terra.

Per un attimo desiderai il peggio per gli altri, il meglio per me – forse – ma, com’era prevedibile, l’aereo si mantenne stabilmente per aria e io non volli più guardare dal finestrino: avevo paura di distinguere già il mare che bagnava Konoha.

 

***

 

Sorrideva socchiudendo gli occhi azzurri e mostrando i suoi bianchissimi denti perfetti, mentre con una mano mi salutava da lontano venendomi incontro a balzi.

Non ricordavo di avergli mandato un messaggio con l’ora e il giorno esatti del mio arrivo, perciò inizialmente rimasi interdetta, a fissarlo immobile come un ebete.

Mi tolse la valigia dalle mani e mi abbracciò forte, facendomi mancare il respiro.

Ci volle una manciata di secondi affinchè tornassi in me.

- Bè? – gli sussurrai nell’orecchio, allontanandolo un poco; dopo di che lo squadrai dalla testa ai piedi notando con una fitta al petto che non era cambiato affatto dall’ultima volta che ci eravamo visti, se non forse per qualche dettaglio come i capelli biondi più lunghi e scompigliati del solito o qualche chilo in meno.

Ciò che mi interessava resisteva intatto: la luce negli occhi e il calore che emanava.

- Mmm, come sei pallida Sakura…e come sei magra! Ma ti nutri in quella metro…metropoli o come diavolo si dice, sì? E i capelli! Li hai lasciati crescere come una volta! – esclamò a raffica mentre tutta una serie di espressioni – di preoccupazione, concentrazione, nostalgia - gli passava sul viso abbronzato.

Posi fine a quella che sarebbe stata una interminabile ramanzina/visita a raggi x indicandogli la valigia e assumendo senza fatica un’aria stanca; in effetti stanca lo ero davvero, dopo dieci ore di aereo e altrettante di incubi indesiderati.

Lo pregai di accompagnarmi a casa sua senza fare domande, e lui ubbidì cercando di non far trapelare alcuna delusione.

Come quasi sempre succedeva in quei primi momenti mi addormentai esausta tra le sue braccia, mentre un taxi ci portava a destinazione: non veniva mai a prendermi in macchina, Naruto, e ormai avevo abbondantemente capito il perché.

La certezza che non avrei mai potuto essere completamente sua mi attanagliava facendomi sanguinare ancora adesso, che erano passati cinque anni dacchè gli avevo detto che il mio cuore non avrebbe mai potuto essere suo né di nessun altro, perché una parte di me se ne era andata via con Sasuke – il mio primo ed unico amore – e non sarebbe mai ritornata.

Sapete, io ero una donna fondamentalmente incapace di amare.

 

Mi svegliai in un letto comodissimo, abbracciata ad un lenzuolo stropicciato e profumato; la prima cosa che pensai fu proprio a quel profumo, io lo conoscevo: era di…

- Sakura! –

Naruto Uzumaki apparve sulla soglia della camera destinata a me; era a torso nudo e aveva un asciugamano a mo di pareo.

Mi tirai su di scatto.

- Ma ti sembra modo di entrare e di presentarti a una giovane donzella? – gracchiai, ridacchiando da sola e cercando a tastoni coi piedi le infradito che dovevano essere da qualche parte per terra.

- Da quando in qua i miei pettorali ti fanno un qualche effetto? – rispose a tono Naruto e venne a sedersi affianco a me sul letto, non smettendo un istante di guardarmi negli occhi.

Si vedeva lontano un miglio che era felice di vedermi, e quasi sorpreso, rincuorato.

Diedi in un sospiro sincero e appoggiai la testa sulla sua spalla; lo sentii fremere leggermente.

Io stessa mi stupii del mio improvviso trasporto, ma forse avevo proprio bisogno di un leale contatto umano in quel momento, perché in fondo ero stufa delle possessioni ipocrite vissute in città, sebbene le avessi continuamente cercate.

C’erano tante cose che avrei voluto dire a Naruto, cose futili, in fondo: la mia promozione a capo reparto, la mia fortuita vincita al lotto (con la quale mi ero pagata il viaggio in aereo e avrei portato avanti l’intera estate lì), l’appartamento nuovo che mi ero comprata e il gatto di nome…

- Mi hai sentito? –

Interruppe il flusso dei miei pensieri e mi bombardò di domande, non riusciva più a resistere e io lo dissetai rassegnata: voleva immaginarsi la Sakura Haruno chirurgo, donna in carriera con un appartamento niente male e un gatto di nome…

Smisi di parlare.

- Sasuke, eh? – indovinò, nascondendo l’amarezza sotto un tono di voce eccitato.

- Che sciocca sono…- borbottai ma chissà perché mi sentii meglio ora che avevo udito quel nome pronunciato dalle sue labbra.

Presi coraggio e gli posi la domanda che più mi fremeva.

- Notizie? –

Mi girai a fissarlo nelle iridi azzurre che piano andavano ombrandosi di un’ombra che io conoscevo fin troppo bene; seppi la risposta prima ancora che egli la dicesse.

Sasuke Uchiha – il mio primo ed unico ragazzo - ancora una volta non aveva dato sue notizie né a me né a Naruto.

Erano passati già dieci anni dacchè era scomparso senza lasciare traccia, inseguendo un fratello ritenuto colpevole di tutto e niente.

 

***

 

 

Aspettavo fremente l’ora dell’appuntamento, vagando per casa come un’anima in pena, mai stata così agitata.

Il mio migliore amico Naruto cercava di intrattenermi coi suoi discorsi senza capo né coda, smorzando la mia ansia, ma ci riusciva così poco che più volte si beccò una mia sgridata.

Avrei dovuto usare più tatto: d’altronde lui mi amava e io stavo uscendo col suo (il nostro) migliore amico.

- Secondo te sembro una deficiente col trucco negli occhi? – gli domandai osservandomi poco soddisfatta allo specchio appeso in corridoio.

- Guarda che alla nostra età è normale mettere la matita, e poi la tua a stento si vede. Certo è che…ti fa ancora più carina – rispose abbassando sempre più la voce e io, per un attimo, mi sentii mancare le forze.

Che persona orribile ero.

- Mmm mi sa che è ora che esca di casa – tagliai corto io e mi fiondai a prendere la borsa a tracolla.

Mancava esattamente un quarto d’ora all’appuntamento con Sasuke Uchiha in piazza ma io, nonostante abitassi a cento metri da lì, non riuscii più ad attendere in casa con Naruto.

Lo lasciai fuori di casa intimandogli di non seguirmi per nessun motivo e barcollai fino alla piazza, dimenticando quasi di respirare.

Era un caldissimo 1 luglio.

 

***

 

A volte mi chiedo cosa sarebbe capitato se io avessi deciso di ricambiare totalmente l’amore di Naruto e non mi fossi messa in testa di conquistare a tutti i costi di Sasuke.

Mi chiedo dove io abbia trovato il coraggio di rifiutare un amore così sincero e sicuramente una relazione felice per un rapporto così intenso e breve da farmi uscire pazza.

Non so darmi un responso, so solo che il cuore allora aveva scelto così sopraffacendo la mia parte razionale.

Poi una cosa del genere non mi successe più.

Purtroppo o per fortuna, non so dirlo ancora.

 

***

 

 

 

 

 

Bè, sono tornata.

Lo so, lo so: sono incoerente…ma vedete, la voglia di scrivere mica ti avvisa quando arriva; è giunta di botto e si è tramutata in una long fic. Penso che ‘sto giro butterà così, mi immergerò nella stesura di una long fic che per certi versi è stata ispirata da Nana. Se dovesse andare male…non prometto di essere così forte da fregarmene e andare avanti, ho un caratteraccio!

Non sarà unicamente una SasuSaku, questa fan fic, bensì un misto di tutte le coppie immaginabili, mi cimenterò nelle threesome: mi piace l’idea…uh uh.

A tratti potrete trovarla forse un po’ nonsense, tipico della mia scrittura, ma sappiate che in fondo in fondo un significato c’è sempre, se no ne esco pazza anche io =p

La dedico con tutto il cuore a coloro che mi avevano dato l’addio donandomi il loro affetto con una recensione sulla mia ultima flash fic, che mi hanno seguito in passato e vogliono continuare a farlo,  e a tutti coloro che hanno voglia di leggersi una bella – lo spero! ^^” - storia intensa e concreta.

Eep è sempre nel mio cuore, impossibile abbandonarlo.

Mi rifarò presto – almeno, conto – con le letture e recensioni di certe storie che ho adocchiato durante la mia turbolenta estate…

…a presto!

 

Anticipazioni Prossimo capitolo:

« Dicono che il dolore unisce, nel nostro caso divise più che mai. »

 

Pubblicazione: tra due settimane circa =p

 

Grazie a chi vorrà intraprendere questa nuova parentesi su eep con me! ^^”

 

Affettuosi saluti

Vostra

Terrastoria   - più forte che mai! xD -

 

 

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Capitolo 2
*** Gentile imbarazzo e rancore ***


Le onde s’infrangevano calme sulla riva, una dopo l’altra in un infinito susseguirsi di schiuma e movimenti a rallentatore


Le onde s’infrangevano calme sulla riva, una dopo l’altra in un infinito susseguirsi di schiuma e movimenti a rallentatore.
Regnava una pace quasi innaturale, in quel momento; e non avrei voluto andarmene mai da lì.
Mi procurava una sensazione strana quel mio capriccio di mantenermi per sempre coi piedi ben puntati sulla sabbia umida a curarmi solo delle onde e dell’orizzonte, senza nessuno intorno e la testa – chissà perché – più leggera.
Le onde sarebbero tornate alla riva anche se, magari, non l’avessero mai voluto.
E io volevo la loro beatitudine, la loro forza di rassegnarsi a un ritorno forzato e struggente.
Perché sapevo che non avrei mai potuto resistere al fascino di Konoha.


***


Cap 2. Gentile imbarazzo e rancore


Avevo appena ritrovato un po’ di lucidità e me ne stavo spaparazzata sul dondolo fuori casa Uzumaki, a non far niente
Era davvero una bella serata, il tramonto tardava ad andarsene e la luna faceva capolino tra le uniche nuvole presenti in cielo.
Io mi curavo proprio di questi particolari, stranamente in vena romantica: Konoha mi faceva sempre quell’effetto, fortuna che Naruto non era presente se no chissà cosa gli avrei detto.
Non passava molta gente nel viale adiacente e andava bene così: non avevo voglia di ricambiare a saluti da sconosciuti, la gente del villaggio a volte era fin troppo espansiva.
Stavo giusto pensando a ciò che vidi una mano alzata, era una mano piccola e bianca; con lo sguardo scesi lungo un braccio e raggiunsi un volto.
Occhioni chiarissimi, capelli scurissimi, labbra corrucciate in una smorfia di gentile imbarazzo: io lo conoscevo.
Mi alzai istintivamente dal dondolo non accennando però a schiodarmi dal giardino.
La donna si fece avanti.
- Sakura, sei tu! –
Una voce dolcissima mi trafisse il cuore, riportandomi alla mente certe immagini di un passato straordinariamente felice che mi fecero bruciare gli occhi e arrossire: avevo riconosciuto in lei una vecchia amica.
- Oddio…ma sei proprio tu? Hinata Hyuuga?! – esclamai in un impeto di subitanea soddisfazione e corsi ad abbracciarla.
Sei anni che non la vedevo e non era cambiata di una virgola, almeno fisicamente, dato che mi ritrovai a stringere il solito corpicino formoso e minuto al tempo stesso.
- Uuuh che bello che ti ho ritrovata! – Hinata mi fissò intensamente, le gote in fiamme – ehi
Naruto non sa ancora del mio arrivo…- aggiunse abbassando lo sguardo ai piedi.
Sei anni che non la vedevo e il suo amore verso l’Uzumaki non era mutato, nonostante la lontananza che li separasse.
- Sei venuta qui in vacanza anche tu? – le domandai accennando a me e alla casa del ragazzo dietro di noi; ella annuì energicamente e mi disse che non vedeva l’ora da tempo ma che gli affari di famiglia (gli Hyuuga erano imprenditori) non le avevano permesso molte vacanze negli ultimi tempi.
La invitai a entrare, come fossi la padrona di casa, e notai una nota di delusione nei suoi occhi rari, perciò mi sentii in dovere di sussurrarle subito qualcosa.
- Il nostro buon Naruto non ha combinato niente con me, tranquilla. Mi sa che è ancora single, e ci rimarrà se continua così –
Risi di una risata bassa e divertita e Hinata mi venne dietro, facendo risuonare la sua voce zuccherina per tutta la casa.
Fu in quel momento, forse portato da quella bellissima risata, che Naruto fece irruzione in casa.


Lo vedevo come la guardava, non potevano sfuggirmi quel sorriso dolce che increspava le sue labbra e quegli occhi socchiusi e pronti a cogliere ogni minimo particolare della ragazza che aveva di fronte.
Probabilmente nemmeno lui se ne era reso conto, ma Naruto l’amava.
Decisi di testare un po’ questa cosa, forse pure per svago personale.
- Stareste da Dio insieme voi due, ve lo dissi anche molto tempo fa… - mormorai, come soprappensiero; entrambi si voltarono verso di me.
- Sa- Sakura, insomma! – fu l’esclamazione rauca di Hinata che velocemente andò a cercare il sostegno visivo di Naruto. Questi rimase qualche secondo silenzioso.
- Avanti, la volete smettere di nascondervi? – li punzecchiai, assumendo l’espressione più maliziosamente stanca che potessi.
Era bello, una volta tanto, curarsi dei fattacci degli altri.
Bevvi quel che restava del mio secondo Bailes tutto d’un fiato: mi bruciò la gola.
- Ma perché te ne sei uscita con ‘sta cosa? – mi rimproverò stizzito Naruto, che non sapendo che altro dire sbuffò sonoramente.
Avevo intavolato una conversazione degna dei migliori adolescenti, com’ero stata brava; ed ero pure riuscita a librare Hinata dal parlarci di suo cugino Hyuuga, l’uomo che i Hiashi suo padre voleva diventasse sposo della figlia.
Povera Hinata, costretta a ritardare in eterno una decisione obbligata; chissà, magari amava davvero Neji.
Stordita da questi pensieri mi risvegliò la suoneria del cellulare della ragazza che rispose a voce flebile, fin troppo. Indovinai subito chi fosse e diedi il via libera affinchè lei se ne andasse a parlare di fuori, di quelle cose che tanto la turbavano.
- Non mi sbaglio, vero? – mi domandò Naruto che guardava preoccupato la porta dalla quale era appena uscita la Hyuuga.
Certo, era proprio così: lui l’aveva sempre amata.
Sorrisi malinconicamente; come sempre ero io la colpa di tutto.
- Secondo me avrebbe soltanto bisogno di un po’ di coraggio in più – dissi, riprendendomi tutta l’attenzione del mio migliore amico.
- Uhm? –
- Il coraggio glielo potresti dare tu, saresti la sua salvezza, secondo me. Non dovrebbe più nascondersi da Neji, avrebbe te, amerebbe solo te. Capisci cosa voglio dire? L’aiuteresti ad affrontare un amore che non vuole – mormorai tutto d’un fiato e alla fine mi sentii persino stanca: io che davo consigli in merito a relazioni affettive?
Naruto restò qualche istante interdetto, ma ci volle un attimo affinchè i suoi occhioni brillassero della solita luce e io, seduta di fronte a lui, mi sentii sprofondare sul divano, come se una mano invisibile avesse premuto sulla mia testa.
- Sei uno sciocco, soltanto un cieco sciocco Naruto –
Chiusi gli occhi, non volevo vedere l’amore così palesemente posto alla luce del sole.
Non ero mai riuscita a farmi odiare da lui, nonostante ci avessi provato in tutti i modi.
Per fortuna in quel momento rientrò Hinata e la luce negli occhi del ragazzo ebbe modo di mutare in qualcosa di più delicato, meno intenso.
Chiesi ai due se potevo uscire un po’ e senza attendere risposta scappai fuori.



Il dolore di Ino Yamanaka era quanto di più assomigliasse al mio dolore.
Mi ritrovai a pensare questo, mentre camminavo per le silenziose stradine di Konoha, stupendomi dell’effetto di quel nome su di me: provai un’istintiva malinconia.
Normalmente cercavo di non pensare alle persone che avevano popolato il mio passato, soprattutto a quelle che in qualche modo conoscevano fin troppo bene ciò che avevo provato.
Ino era una di quelle. La
povera Ino Yamanaka…disillusa per l’eternità riguardo all’amore.
All’epoca in cui io frequentavo Sasuke Uchiha lei aveva una relazione clandestina con Itachi Uchiha, solo che il mio amore – a mia insaputa – si trovava sul finire, e il suo…era appena cominciato, ed era una cosa così passionale da travolgerla totalmente.
Ricordavo ancora le sue parole, un mattino che si presentò a casa mia bagnata dalla testa ai piedi, fisicamente esausta eppure bellissima, con gli occhi color del cielo che non potevano fare a meno di spalancarsi al mondo.
“Non importa come, non importa. Lui è mio, non m’importa vivere questo amore all’oscuro di tutti. A dir la verità è molto più eccitante così”
Itachi era il primogenito di un’antica famiglia di imprenditori, un po’ come quella di Hinata; soltanto che gli Uchiha, a differenza degli Hyuuga legati all’industria tessile, si occupavano di turismo. L’isola di cui anche Konoha faceva parte disponeva dei migliori Hotel al mondo, all’epoca.
Prevedibilmente Itachi doveva succedere a suo padre come capo dell’azienda, e veniva sottoposto a studi rigorosi ed isolamento ferreo; la moglie doveva per forza essere di stato sociale elevato, e avrebbe dovuto mantenere
pura la casata Uchiha.
Tutto ciò aveva sempre disgustato Ino, che pure si era innamorata di un Uchiha.
Anche Sasuke ne era sempre stato disgustato, ma dentro sé so che era geloso: non tanto del prestigio inferito a suo fratello, ma di essere privato dell’affetto di Itachi, che non poteva permettersi “mollezze”.
Lui amava molto suo fratello, io lo sapevo.
“Devo dirti una cosa in segreto, Sakura. Vedi...qualcuno si è messo contro gli Uchiha, una banda mafiosa. Ha cercato di metterli di corromperli e…non ci sono cascati. Ahimè. Sasuke non te ne ha parlato ancora, non prendertela, penso che voglia solo proteggerti”
Ino avrebbe tanto desiderato che gli Uchiha si lasciassero corrompere, pur non di correre seri pericoli; e faceva bene.
Di li a neanche un anno, infatti il padre di Sasuke morì.
Il maggiore dei due fratelli sparì nel nulla qualche mese dopo [Sasuke lo seguì appena potè, pieno di dolore e rancori] per poi far avere sue notizie tramite cronaca nera: Uchiha Itachi era morto all’età di trentacinque anni in un incidente stradale. Questa era la notizia ufficiale.
- Da quel giorno Ino pian piano scomparve dalla mia vista, e io – pur in modo diverso, forse – dalla sua –
Nonostante tale notizia Sasuke non tornò a casa.
E io che ci avevo tanto sperato…
Camminando persa nei miei pensieri inconsciamente mi ero diretta proprio lì, nella vecchia casa di Yamanaka Ino.
Non volevo tornare lì…o mi sbagliavo?
Oh no.
- Tu qui? –
Mi si raggelò il sangue nelle vene, a sentire la limpida voce di colei che era stata la mia migliore amica.


***

L’eccitazione riusciva a vincere ogni sciocco timore ed io…io sì, ero felice.
Stavo per dare il mio primo bacio.

- Amami, ti scongiuro Sasuke –

***




Ino soffriva per il suo male d’esistere, io per il mio; e nonostante il male immobilizzasse entrambe noi due eravamo lontane mille miglia l’una dall’altra.
Dicono che il dolore unisce, nel nostro caso divise più che mai.
Percorremmo a lungo strade separate, rifiutandoci di prendere parte ognuna al dolore dell’altra.
Fu una cosa atroce.
Ma fortunatamente nulla dura per sempre.



...**...**




Ce l'ho fatta. Finalmente in un vecchio hard disk ho ritrovato i primi quattro capitoli che avevo scritto lo scorso settembre come sequel, rileggendoli l'ispirazione è tornata in bomba e...ho scritto a manetta affinchè ci siano un po' di capitoli da parte.
Eh. Mi sa che devo delle scuse un po' a tutti qui, eh? Non starò a giustificarmi in mille modi...non sono giustificabile fino in fondo. Prabilmente chi scrive mi può capire, chi ha una vita incasinata anche, chi è incoerente come me pure.. Però tutto ciò non mi giustifica, lo so.
Scusate.
Spero di rifarmi presto, davvero.

Alcune considerazioni!

Dunque... la fan fic apparentemente potrebbe essere scontata, leggendo le vostre recensioni sembra che abbiate intuito la trama... ne siete sicuri? =p i primi capitoli saranno di preparazione, poi mano a mano che la storia si avvierà ci saranno moltissimi riferimenti al passato. Vi avverto già della presenza di tanti salti temporali!
Cercherò di non concentrami solamente su Sakura ma darò spazio anche ad altri personaggi, anche alla stessa Ino che in questa fan fic – vedrete – non verrà lasciata da parte, anzi.. Vorrei spaziare sia nei personaggi sia nelle coppie: andrò di Threesome alla grande anche se alla fine chi mi conosce lo sa: sono di parte... *
SasuSaku*
Ringraziamenti:


Ladyvanpire90: ciao! Figurati, guarda io che ritardo nell'aggiornare -.- ad ogni modo sì come dettto ho avuto problemi con l'ispirazione e soprattutto la vita reale è un vero casino! Meno male che c'è lo sfogo della scrittura :) Ehm ehm... niente Sasuke in questo capitolo =p lo vedremo tra un po', vedrai... saprai aspettare vero???

Mimi18: Cà, Cà, Cà. Mi starai insultando, dico bene? Mi hai mandato al diavolo e mi hai messa nella tua lista nera? Se lo hai fatto... hai fatto bene. Non mi sono fatta più sentire, ho mollato efp senza dire niente, niente mail, niente messaggi... puff sparita come una nuvoletta di fumo *sospira* Scusami. Davvero. Come posso farmi perdonare? Magari con qualche assaggio di NaruSaku che – non voglio illuderti – in questa fan fic sarà ben presente ;) Spero tu non sia troppo incazzata per non farti più vedere da queste parti... se ti va di insultarmi più direttamente – magari via messaggio – fallo pure, ma almeno non togliermi il saluto … u.u Ah, fantastica l'ultima ShikaIno: scrivine di nuove, ti prego ti prego ti prego.

MegWalker8: speriamo che il mio ritardo non ti abbia allontanato dalla fan fic! Accidenti... non me lo perdonerei -.- che poi eri anche disposta a seguire una Threesome, una delle mie prime threesome! Grazie dei complimenti ^^ ne aspetto altri xD se me li merito =P


Globulorosso: sei troppo gentile, grazie di cuore <3 ti sei ritirata anche tu? Un paio di settimane fa passavo per la tua pagina autore... caspita no, è un peccato Glob, davvero, ci lasci tutti in pasto alle bime dificenti che hanno reso il fandom uno schifo... ma ti capisco eccome, anche io sono intrappolata nella vita reale, eccome se lo sono, però ora ho sentito il bisogno di proseguire questa fan fic per me, per voi. Chissà se mai la leggerai... mi auguro di sì. Un abbraccio e buona vita ^^


Lalani: awn <3 che bello tornare a rileggere una tua recensione, sei sempre così appassionata *.* è per recensori come te che lo scrittore scrive ancora meglio, sai? E' per recensori come te che io mi devo vergognare per questo immenso ritardo. Scusami personalmente Lala... cercherò di rifarmi scrivendo capitoli abbastanza decenti e magari, se mi ripeti le coppie che ti piacciono, farne qualche cenno... xD


Kikiwhitefly: Kiki! Visto che ho scritto di nuovo?! Non ci credevo nemmeno io... e invece... ce l'ho fatta. Adesso cercherò di non mollare la fan fic per nulla al mondo u.u Altro che esami di maturità... -.- Per le threesome non so se ne metterò tante altre xD intanto vedo di cimentarmi bene con una... =p A presto, conto sul tuo parere!


_
Thunderstorm_: grazie delle belle parole ^^ Mi hai fatto sorridere ed imbarazzare, non sono mica così brava! Cerco di fare del mio meglio... delle volte sono anche troppo pesante -.- So come ti senti, le mie autrici preferite se ne sono andate praticamente tutte dal fandom, tranne per qualche uscita occasionale con qualche one shot, ed è anche per questo che pure io ho deciso di abbandonare: si respirava un'aria pensantissima, solo fan fiction idiote, nessuno spessore. Però... ho deciso di tornare per questa mia fan fic, portarla avanti con gli insegnamenti delle grandi autrici, per coloro che credono ancora nelle belle storie, profonde e con un significato. Spero tu deciderai di seguirmi, spero che ne valga la pena!

Kumacla: grazie mille, sapessi che piacere sentirmi dire che scrivo bene: delle volte ho così paura di risultare prolissa o poco capibile! Vedi Sasuke e Sakura come me, davvero: me li vedrei una coppia instabile e piena di passione in una ipotetica vita reale, di quelli senza smelensaggini ma pieni di carattere. Eh già mi piacciono troppo! <3 Spero che poi i tuoi malesseri siano passati presto... e grazie della recensione lunga, l'ho adorata!

Rinoagirl89: Lù! Quanto tempo *.* ti aspetti molto dal mio lavoro? Ohi ohi spero di non deluderti... u.u che poi tu sei una mia “fan” (posso dirlo? XD) storica, insomma hai recensito quasi tutti i miei lavori e questo ti rende onore e soprattutto è la prova che NON posso sbagliare! Grazie del tuo entusiasmo, ne avrò bisogno!

Grazie a chiunque ha solo letto, a chi leggerà a chi si emozionerà.

Anticipazioni Cap. 2:


Ino era ancora molto bella, apparentemente sembrava che nessun dolore avesse toccato il suo corpo di bambola; i capelli biondi erano raccolti nella memorabile coda di cavallo, gli occhi azzurri giudicavano, le mani dinoccolate si alzavano in aria con impazienza, le gambe lunghe si muovevano, scoperte.”


terrastoria

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Capitolo 3
*** Egoismo ***


Il battito del suo cuore mi faceva sentire a casa, come il mare, d’altronde.
Non avrei mai pensato di riprovare una sensazione simile, in sua assenza.
Molto probabilmente stavo guarendo, oppure era tutta un’illusione creata da Konoha.
Poco importava, in quegli istanti io stavo bene.
Mi dicevo che avrei continuato a sentire il cuore di Naruto per l’eternità, forte del mio insaziabile egoismo.


***

Cap. 3 Egoismo

16 aprile 1995

Da dietro un albero Sakura osservava la sua amica Hinata parlare col suo migliore amico Naruto.
- Ehi! Che fai, spii?! -
Le giunse la voce di Kiba Inuzuka – quel suo teppista compagno di classe – alle spalle e per poco non gridò per lo spavento.
- Zitto – gli disse malamente, facendosi più piccola per paura che i due l'avessero sentita.
- Lasciati dire che sei abbastanza ridicola in questo momento – bisbigliò Kiba posizionandosi dietro di lei, le mani appoggiate al tronco dell'albero, così vicino che Sakura ne potè sentire il calore. Si era messo praticamente
appiccicato a lei che piccola piccola era circondata dal corpo del ragazzo.
- Eddai....che voglio sentire –
Sakura si sporse dall'albero proprio nel momento in cui lo sguardo di Hinata balzò da quelle parti. Si immobilizzò, sbiancando, ma fortunatamente la ragazza mora parve non accorgersi di niente.
- Per caso sei gelosa? - piombò diretta la domanda dell'Inuzuka che indietreggiò di qualche passo con immensa soddisfazione di Sakura che avrebbe dato qualsiasi cosa affinchè un certo Sasuke Uchina fosse stato al posto di Kiba.
- Non hai capito niente allora, ma non sei un grande amico di Hinata tu? - gli disse in malo modo, cercando di carpire almeno una parola dei due.
- Mi vuoi dire che tu stai combinando di mettere assieme quei due? -
Sakura gli tirò una gomitata nello sterno.
- Uhm, anche sì – rispose calma.
- Ahahaha maddai! - rise di gusto lui.
- Stupido -
Sakura riuscì a sentire un “Ti accompagno a casa” detto da Naruto alla Hyuuga e gioì tra sé.
- Non si metteranno mai assieme: Naruto è stra cotto di te –
Soddisfatta del suo operato – aveva spinto Hinata a fermare Naruto fuori da scuola – decise di lasciare la postazione e di prestare un po' di attenzione al ragazzo che non sembrava voler andarsene dalla sua vista.
- Prima o poi cambierà idea, credimi – gli disse cominciando ad avviarsi fuori dal cortile della scuola, strisciando i piedi sul terreno per via del peso enorme della cartella e di una stanchezza causata da una fame colossale.
- Io ci farei una scommessa.... - buttò lì Kiba seguendola col suo passo ampio e cadenzato.
- Se proprio ci tieni, io ci sto – accettò Sakura che aveva giusto bisogno
di un obiettivo da prefissarsi per far diminuire l'ormai cronica infatuazione di Naruto – amico d'infanzia - nei suoi confronti.
- Fossi in te starei attenta, Haruno – la mise in guardia l'Inuzuka voltandosi a guardarla col suo volto straordinariamente affabile in un corpo così mascolino e già maturo nonostante l'età.
- Non ho alcuna paura – insistette Sakura – quanto? -
- Mmmm. Facciamo che ogni mese che passa la scommessa aumenta di tre euro. Per ora sono cinque di partenza, ok? - precisò più buono di equo di quanto pensasse.
Si strinsero la mano, dopo di che – con soddisfazione di Sakura che voleva essere lasciata sola, causa un certo Uchiha che sperava di incontrare fuori dal cortile – ognuno andò per la sua strada.
Lei intravide Naruto e Hinata dirigersi verso la casa della Hyuuga e, seppur provando un moto di una emozione mai provata prima, fu felice.

4 luglio 2011

Ino era ancora molto bella, apparentemente sembrava che nessun dolore avesse toccato il suo corpo di bambola; i capelli biondi erano raccolti nella memorabile coda di cavallo, gli occhi azzurri giudicavano, le mani dinoccolate si alzavano in aria con impazienza, le gambe lunghe si muovevano, scoperte.
Sì, era proprio lei.
Mi chiesi se anche io ero rimasta immutata nel mio aspetto, provai un’istintiva gelosia.
- Non credere, sono arrivata qui per caso – mugugnai, scostando l’attenzione da lei e portandola alle sue spalle, sulla vecchia abitazione Yamanaka.
- Non credo nulla, Haruno – rispose, lasciando poi cadere un gelido silenzio.
Eravamo una di fronte all’altra, da anni non l’avevo così vicina: mi sentii mancare l’aria, non sapendo proprio cosa dire, sentendomi così sciocca…che schifo di mondo – pensai – che schifo di me – e le voltai le spalle.
- Allora di nuovo addio, Ino, io…io non dovevo passare di qua –
Il mio sussurro si spense, coperto da una sua risata acuta.
Mi sentii prendere per una mano e fui costretta a girarmi bruscamente, giusto il tempo di carpire una sua silente lacrima.
Ino non rideva di me, né di noi: rideva perché, forse…forse era felice, ora, felice di vedermi.
Mi aggrappai a questa effimera considerazione e acconsentii a fare una passeggiata lì intorno con lei.
Non parlammo molto: le dissi del mio lavoro, mi raccontò del suo prima come modella e adesso come ricercatrice di bellezze; le dissi dell’arrivo di Hinata, mi informò del ritorno di Shikamaru Nara.
Qui Ino si chiuse in un profondissimo silenzio: Shikamaru era stato quanto di più simile ad un amore, per Ino, ai tempi del liceo; amore abbandonato per Itachi Uchiha e non accettato a causa del dolore.
Ci congedammo quasi di fronte casa mia; non so lei, ma io mi sentivo stanchissima.
Sentii a lungo lo sguardo di Ino sulle mie spalle mentre percorrevo il breve tragitto che mi separava dall’entrata di casa Uzumaki.


Hinata aveva appoggiato il capo sul petto di Naruto che le accarezzava dolcemente i capelli neri.
Per un attimo mi parve di essere lontanissima da loro, in un altro mondo e per un bel pezzo continuai a fissarli da dietro la porta del salotto, come una bambina che spia due adolescenti che si amano.
Formavano un quadretto davvero delizioso, così dolce da sembrare finto.
Io non avrei mai potuto donare tutta quella dolcezza a Naruto – pensai – e uno stupido moto di rabbia mi fece entrare bruscamente nella stanza, sotto gli occhi stupiti dei due.
- Sa- Sakura! – balbettò Hinata alzandosi di scatto dal divano, tutta scompigliata e seguita a ruota da un Naruto che, chissà perché, se la rideva della grossa.
Lo fulminai con lo sguardo, dopo di che ripresi controllo di me stessa. Ahimè.
- Ho incontrato Yamanaka Ino, tu sapevi che era qui, Naruto? – posi questa domanda pur sapendo già la risposta, mi andava di sdrammatizzare così la cosa, volevo far scendere il fastidio.
Infatti Naruto annuì ma il mio fastidio se ne era già andato, lui voleva solo proteggermi.
- Come sta? – mi chiese preoccupata Hinata e io per evitare di intavolare una discussione sul “come” avevo visto Ino dribblai su un’altra domanda.
- Sapete dell’arrivo di qualcun altro? –
Per un momento alla Hyuuga brillarono gli occhi.
- Sì! Ho intravisto Kiba! – esclamò e subito provò vergogna del suo entusiasmo, arrossendo vistosamente sotto gli occhi indagatori di Naruto.
Tra tutte le persone che lei aveva amato di più nel suo passato a Konoha un posto di rilievo lo deteneva certamente Inuzuka Kiba, un ragazzone cucciolo che era andato a fare il veterinario in giro per il mondo.
E io? Perché avevo posto questa domanda? Non solo per deviare il discorso…ma chi volevo che ci fosse, chi…
Mi morsi le labbra e notai che i due mi guardarono allarmati, specialmente lui.
- Uh uh…altri? Neanche avessimo organizzato un ritrovo…- dissi nel tono più affabile possibile e volli immaginare l’arrivo di un’altra persona.
Neanche mi avesse letto nel pensiero Hinata parlò:
- Kakashi Hatake – annunciò, soddisfatta di vedermi reagire.
Infatti avevo sgranato gli occhi per lo stupore e l’effetto piacevole che faceva quel nome su di me.
Accidenti.
Mi ritrovai a essere straordinariamente estasiata. E illusa, certo.
Non era stato forse Kakashi ad avermi fatto avvicinare tanto a Uchiha Sasuke, col suo corso pomeridiano di inglese?
I ricordi sorsero spontanei.
- E dov’è, ora? – domandai perentoria, impaziente.
- Come dov’è? Sarà a casa sua no…- mi scimmiottò Naruto, forse per allontanare da sè la paura di vedermi in quello stato (rabbiosa, odiosa, pazza) e propose di raggiungere Hatake.
Al che io fui presa da terrore.
- Proprio adesso? – sussurrai, sentendo mancarmi le forze: Kakashi voleva dire tornare a pensare vividamente all’Uchiha, che egli conosceva (aveva conosciuto) molto bene.
Hinata mi prese sottobraccio, delicatamente; e Naruto mi spinse fuori.
…Sasuke, dove sei?


All’epoca volevo molto bene a Kakashi Hatake, sentivo che gli dovevo tutto: il mio amore verso Sasuke, la felicità, quello che io provavo. Era stato lui a darci una possibilità.
Davanti alla soglia di casa sua, ora, sentivo che mio malgrado quel bene passato non era affatto scomparso, lo riconoscevo da una spinta in fondo al cuore; ma stetti male.
- Io torno indietro – dissi risoluta.
- Torniamo indietro tutti, il professore non c’è – rispose Hinata, ponendo uno strano accento sulla parola “professore”: una cosa dolcissima.
- Meglio così allora – cercò di sistemare le cose Naruto, che mi prese per una mano – dove vuoi andare? – soggiunse affettuosamente.
Sgranai gli occhi.
- Ovunque ma non qui – sussurrai, sperando che mi avesse sentito solo lui.
Il mio migliore amico annuì.
- Ho capito, una seratina a cosuccia e via…dico bene? -
Anuii riconoscente, affidandomi completamente a una delle poche persone a cui riuscissi a volere ancora bene davvero, senza cattiveria, pur con tanti rimorsi.
Mi dimenticai completamente di Hinata; essa ci salutò con un sorriso dolce e si avviò pure lei verso casa, chissà con quali pensieri per la testa e con che stato d’animo, povera Hinata.
Mi ripromisi di essere meno egoista, le prossime volte, nei suoi confronti e in quelli di Naruto, anche se come promessa – fatta da me – non era poi molto credibile.
Io del mio migliore amico avevo urgente bisogno; sempre era stato così.



- Ahaha oddio Sakura mi fai morire! –
Ino mi squadrava con un’espressione divertita e ambigua, rigirandosi tra le mani una ciocca di capelli biondi.
- Non hai il minimo tatto – bofonchiai io, girandole le spalle.
- Sei tu che mi fai ridere mia cara! Come si fa ad arrivare ad un appuntamento così tanto presto? E’ l’uomo che dovrebbe aspettare la donna amata, non lo sai questo? – mi informò reprimendo a stento una risata, e mi fece l’occhiolino.
- Bè? Almeno uno dei due è arrivato in ritardo –
- Bene! Lui proprio…oddio Sakura, il signorino si è fatto aspettare…- fece una pausa, facendosi improvvisamente seria – tu hai urgente bisogno di un po’ di dritte, ok? Ascolterai la tua vecchia Ino? –
- Vecchia…ma se sei più giovane di me! –
- Eddai, mi ascolterai d’ora in poi? Gli faremo perdere la testa, a quel Sasuke –
Ino era fortemente su di giri, non sapevo se odiarla o amarla, quando faceva così.
- Uhm uhm – mugugnai, lasciandomi cadere esausta sul letto, ancora negli occhi lo sguardo superbo di un certo Sasuke.
- Bene, vedrai che scintille. Uh uh….-
Dopo di che Ino mi si affiancò, stendendosi supina come me, soffiandomi la sua risata limpida nelle orecchie.
Fu davvero per poco che non le sussurrai un “Ti voglio bene”: certe dolcezze con lei era meglio evitarle, se no…vi avrebbe avuto troppo in pugno.
Certo è che io vivevo anche per sentire la sua risata.
Ma questo non l’avrei mai confessato ad anima viva.




C’era qualcosa in tutto il mio vivere che si ripresentava costantemente: l’egoismo.
Ero una persona morbosa, ciò che volevo io non poteva essere di nessuno.
Una volta si chiamava Naruto, quel qualcosa, poi fu Sasuke e infine Naruto di nuovo.
Mi sentivo cattiva, eppure non facevo niente per cambiare il mio giudizio.
Che persona orribile…

vero Naruto?
Già lo vedevo scuotere la testa.

Per lui ero il meglio che si potesse desiderare.
Più avanti inutilmente cercai di spiegargli quanto questo gli costasse maledettamente caro.






**Continua**

E così la fan fic ha preso definitivamente il via...devo dire che sono contenta di farvela leggere, ci sto mettendo molto del mio ed è una sorta di esperimento di un modo meno linerare di scrivere ^^.
Sono contenta che alcuni di voi si stiano già appassionando alla storia.
Che dire del capitolo, è incentrato sulla visione di Naruto e Hinata che ha Sakura, su qualche ricordo e qualche frammento di passato (che ho deciso di scrivere usando la classica terza persona). Più andrà avanti la storia e più piomberete nel passato, perciò state tranquilli capirete ben presto qualcosa in più. Forse =p
Con un abbraccio stritolatore ringrazio le sette anime che mi hanno regalato una recensione: <3 Kiki, Cà, Lù, Kry33, Lalani, ladyVampire90, Saku_Piccina93 ^^ ho risposto a tutte voi dalla “risposta dell'autore” ma se volete che vi risponda anche qua ditemi u.u
Il prossimo capitolo? Ecco le anticipazioni!

- Potresti guardarmi, un attimo? – mi domandò, lontanamente divertito.
Infastidita ubbidii.[...]

Grazie a quanti hanno messo questa umile fan fic tra i preferiti/seguite/ricordate e a quanti decideranno di farlo :)
Attendo pareri con trepidazione! ;)

Un abbraccio
terra_chan

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Capitolo 4
*** Gabbiani e Vecchie Conoscenze ***


Era il caso di dire qualcosa a Naruto, del tipo “Non ti sto rovinando i primi giorni d’estate

Agosto 1997
Era la festa più importante del Paese, Sakura lo percepiva bene nell'aria solenne e festosa che sarebbe culminata in un sabato sera sfrenato.
Camminava tra i suoi due
ragazzi di sempre, stretta tra i loro corpi di modo da non essere portata via dalla folla che si aggirava per le strette e particolari vie di Konoha illuminate ai lati da suggestive torce.
Appena per sbaglio dovevano separarsi a causa di qualche individuo che non riusciva a passare ecco subito che Naruto tornava a lei e così faceva, seppur non dandolo a vedere, Sasuke.
Adorava quei due, anche se la facevano sentire un po'
intrappolata.
- Ehi, tutto bene? - le domandò Naruto chinando il capo per osservarla per bene.
Sakura annuì.
- Non vi sembra di esagerare? - chiese in risposta, accennando ai suoi fianchi oltremodo protetti.
Naruto sorrise, luminoso.
- Neanche per idea! - si rivolse a Sasuke – vero? -
Il moro alzò le spalle ma non si schiodò dalla sua posizione da gendarme.
Sakura allora fece un balzo in avanti e cominciò a correre tra la gente, da sola, ridendo tra sé.
- SAKURA!! -
La voce del suo migliore amico le
toccò le spalle, piacevole.
Imboccò un vicolo e rimase appostata lì.
Il primo a trovarla fu Sasuke Uchiha.
Rimase un po' a guardarlo, in silenzio, mentre avanzava verso di lei, orgoglioso e bellissimo.
Così suggestivo alle luci delle torce, tra le voci della folla, i dolci profumi.
Avrebbe tanto voluto abbracciarlo.
- Eccoti! -
Naruto arrivò come un'onda altissima che s'infrange sugli scolli, frantumando la sua ipnosi.
Ma Sasuke continuò a fissarla a lungo, quella sera di agosto. O forse fu solo una sua impressione.




Cap. 4.
Gabbiani e vecchie conoscenze




6 Luglio 2011

Era il caso di dire qualcosa a Naruto, del tipo “Non ti sto rovinando i primi giorni d’estate?”; d’altronde me ne stavo sempre a presso a lui a circondarlo con la mia aura di negatività e non lo lasciavo uscire da solo perché lui “se non lo accompagnavo non andava da nessuna parte”.
Così dopo sette giorni dal mio arrivo a Konoha decisi di fare una serata fuori con Naruto, lo feci per lui, mica per me, che l’ultima cosa che desideravo era chiudermi in una discoteca; anche se, a pensarci meglio, forse era la cosa migliore stordirsi un po’ con della musica house.
Riuscii a metterci un po’ di entusiasmo nella mia proposta a Naruto che rispose annuendo energicamente.
Uscimmo verso le dieci di sera e passammo a prendere Hinata a casa sua: una Hyuuga più bella che mai, in una vestitino corto e coi capelli raccolti in una morbida coda alta.
Provai un pizzico di nascosta gelosia, nel vedere come il mio migliore amico la osservava compiaciuto, lottando con chissà quali sentimenti nascosti mentre le baciava le guance.
Accidenti, stavo sbagliando tutto.
Mi incamminai prima di loro, lasciandoli nell’imbarazzo e straordinariamente fui la prima a mettere piede alla disco.
Effettivamente la prima cosa che mi successe fu un azzeramento quasi totale della facoltà del pensiero: agivo e basta, facendomi strada tra la gente, per raggiungere un luogo meno trafficato.
Naruto teneva per mano Hinata, dietro a me; io continuavo a procedere da sola, non guardavano neanche in faccia la gente.
Mi presi una spallata dolorosissima.
- Oh cazzo scusa! – mi fece una voce rauca, e io alzai la testa.
- Per stavolta…non fa nient…- ma le parole mi si bloccarono sul nascere.
Davanti a me avevo Kiba Inuzuka, un mio vecchio amico d’infanzia e delle medie; teneva un braccio alla vita di Ino.
Li guardai esterrefatta.
- Ah, pure tu – chiosò la voce fredda della bellissima Yamanaka e io, come fossi una bambina in balia di maestre inacidite, annuii e arrossii. Come fossi stata beccata con le mani nel sacco.
Mi voltai a cercare il sorriso di Naruto o la dolcezza di Hinata: niente di tutto questo, li avevo persi di vista.
- Ma sei proprio tu?! Sakura Haruno! Il genio, la ragazza dagli occhi di fuoco…tu! – Kiba aveva da tempo lasciato andare la presa sulla vita di Ino e ora si sbracciava verso di me, in un rude tentativo di abbracciarmi.
Ricambiai il più calorosamente possibile: Kiba non mi aveva mai fatto nulla, anzi, ero stata io ad allontanare tutti a causa del mio dolore.
- Vuoi unirti a noi? – mi domandò evidentemente scocciata Ino, per una gentilezza recondita, un vago moto di compassione.
Mi infastidii.
- No no, torno dai miei…- dissi fiera e sostenni a lungo il suo sguardo.
- Come vuoi, ci si becca Sakura – rispose compiaciuta e tornò ad avvinghiarsi al
suo uomo, o meglio: al suo divertimento.
Non conoscevo la storia ma ero più che certa che lei non lo amasse, come poteva? Povero Inuzuka, alla Yamanaka non si poteva dire di no…
Mi ritrovai sola. In mezzo a una valanga di gente.
La musica si fece più alta, la festa notturna cominciò.
Dopo aver mandato giù un bicchierino di amaro preso al banco mi strascicai fino a un divanetto in fondo alla sala; avevo ormai perso la speranza di rincontrare Naruto ed Hinata.
Lo lasciavo solo, finalmente; Hinata sarà stata al settimo cielo. Mi sentii buona.
- E’ libero? –

Sulle prime sentii soltanto una voce indistinta.
- E’ libero? – ripetè la voce maschile.
- Sisi, faccia pure – risposi senza nemmeno prendermi la briga di osservare il mio interlocutore.
- Guarda a caso ho un bicchiere in più di vodka, la mia amica l’ho persa di vista…vuoi? – mi sentii domandare ad alta voce dopo un po’, e io accettai senza storie, prendendo dalle mani di un potenziale sconosciuto dell’altro alcol.
E senza mai guardarlo in faccia.
- Non balli? – vociò l’uomo nella mia direzione.
Lo sentivo più vicino, il caos era assordante.
- Nono, io bevo – feci dell’ironia e tracannai l’intero contenuto del bicchiere, posandolo con energia sul tavolino dinnanzi al divanetto.
- Uh uh, allora vado a prenderti dell’altro, se permetti – propose con voce cordiale e lo
percepii alzarsi.
Non feci in tempo a vederne la figura perchè egli si confuse subito con la gente. Pensai che aveva una timbrica conosciuta, ma non ci feci caso. Chiusi addirittura gli occhi, ero troppo stordita per pensare; ma stavo bene.
- Ecco fatto –
Il tizio era già tornato, mi offrì dell’altra vodka con estrema gentilezza. Voleva farmi ubriacare? Si divertiva alle mie spalle? Me ne sbattevo. Presi dalle sue mani il bicchiere ma egli fece resistenza. Spinsi un po’ verso di me, mi imprigionò la mano con la sua, fredda.
- Potresti guardarmi, un attimo? – mi domandò, lontanamente divertito.
Infastidita ubbidii.
Non l’avessi mai fatto, o…l’avessi fatto prima.
Scoppiai. E mi alzai a buttargli le braccia al collo, dopo avergli rubato con voga il bicchiere e averlo bevuto velocemente.
- Sakura…Sakura…sei qui – ripeteva come in una ninnananna il mio vecchio professore, stringendomi tra le sue braccia forti.
Per alcun istanti non mi curai di nulla, carezzavo quel corpo familiare e stavo bene: lui mi toccava i capelli, la schiena, mi sussurrava belle parole con quel suo tono basso e apparentemente insolente.
Non c’eravamo mai dati un abbraccio così, se non una volta, l’ultima [il giorno in cui capii che Sasuke non sarebbe più tornato].
A ripensarci ora mi pare d’essere stata un po’ troppo impulsiva, d’essermi lasciata troppo andare. Visto quel che successe dopo. Eppure Kakashi mi ha regalato degli istanti felici, e io non posso biasimarlo.
- Noto che la forza non ti manca…- mi bisbigliò all’orecchio, facendo finta di soffocare.
Mollai improvvisamente la presa, affannata: durante tutto il nostro abbraccio ero sempre stata in apnea.
- Kakashi – lo chiamai, non potendo fare a meno di fissare lo sguardo sulla benda che gli copriva l’occhio sinistro. Era lui, proprio lui.
- Sakura Haruno, medico chirurgo,
attraente donna in carriera – elencò soppesando l’aggettivo e guardandomi con un certo compiacimento paterno.
Chiusi gli occhi, inspirando forte.
- Puzza di fumo – notai.
Altra caratteristica di Hatake. O la odiavi o la amavi; a me parve bellissima.
- E tu puzzi di fragola e alcol – rispose facendo una finta faccia schifata e si lasciò cadere sul divanetto.
Mi misi affianco a lui, tanto vicina da sfiorarlo col profilo dei nostri corpi; non parlammo per un bel pezzo.
Avrei voluto non parlare mai.
La mia attenzione cadde sulle sue mani: all’anulare del dito destro portava un anello; mi irrigidii.
Era fidanzato. Naturale. Che cosa mi prendeva?
- Ehi, che succede? – domandò voltandosi verso di me e seguendo la traiettoria del mio sguardo capì.
- Vuoi sapere come si chiama? –
Aveva sbagliato domanda, non risposi.
- Non la conosci, è una forestiera venuta dalla Francia. L’ho conosciuta due anni fa, proprio a Parigi – mi spiegò senza particolare intonazione, fissando vacuo la gente di fronte a noi.
- E’ qui? –
Mi strinsi nelle spalle, cercai di essere oggettiva.
- No. E' a casa in buona compagnia con Asuma e la sua fidanzata – sorrise a fine frase.
- Asuma? – ripetei.
Lo conoscevo: uno dei professori della Konoha school, non il mio comunque. Un portento come insegnante di ginnastica.
- Esattamente, la sua lei è Kurenai – mi fece sapere Hatake e allora sorrisi anche io: era dall’epoca del liceo che tra gli studenti girava voce di un loro flirt.
- Il professore Asuma ce l’ha fatta, alla fine della fiera – dissi, mentre una improvvisa tristezza mi sgorgava in petto. All’epoca, inoltre, girava pure voce di una mia relazione con Sasuke Uchiha.
Avrei tanto voluto che non ci fossimo messi assieme, che avessimo fatto tutto di nascosto come Asuma e
Kurenai, che avessimo esitato per poi coronare il nostro amore con un tardo fidanzamento.
Fortunatamente non riuscii a pensare a lungo, avevo i sensi annebbiati.
E Kakashi si avvicinò di più a me, mi accarezzò il volto con la mano dell’anello.
Era ruvida, mi piacque la sensazione.
- Mi dispiace – disse.
Solo questo, nient’altro che questo per tutta la serata.
Ma mi bastò.
Ricordo che poco dopo ci alzammo, uscimmo, ci baciammo.
Mi staccò lui da sé, mi riportò a casa che non era nemmeno l’una.
Di Hinata e Naruto nemmeno una traccia.
Ebbi la brutta sensazione di essere più sola che mai.


***


I gabbiani giravano in vortice sopra la mia testa, stridendo come pazzi.
Mi misero una sorta di ansia, smisi di osservarli.
Uno di loro si appoggiò sulla sabbia a pochi metri da me, ci guardammo.
- Che vuoi da me? – gli domandai, agitando un braccio nella sua direzione; non ebbe affatto paura.
Pensai che sembrava un essere umano, così composto ed espressivo.
Sembrava volesse comunicare con me.
Sì, probabilmente era proprio così: era l’incarnazione di un uomo.
Avrei voluto accarezzarlo, ma eravamo ancora troppo lontani.
Era un esemplare bellissimo, doveva essere stato un essere umano altrettanto bello.
Stridette e poi sparì dalla mia vista, librandosi in volo leggero.
Un nome mi arrivò alle labbra senza preavviso.
- Itachi – pronunciai, alzando velocemente la testa al cielo.
Ma del gabbiano nessuna traccia.
Del nome, però, fin troppa presenza.
Non mi restava che consolarmi guardando le onde del mare, un’altra volta.
Erano le stesse onde che guardava anche la gente di lassù, e forse pure Itachi, volato via chissà dove.


***


- Devo parlarti -
Mi ero presentata davanti a casa di Ino come una furia, e avevo preteso di entrare.
Ella aveva accennato di sì col capo e mi aveva lasciata passare.
Potevo giurare di averla vista sorridere triste, mentre le passavo accanto.
- Che vuoi? – mi apostrofò una volta che ci fummo accomodate in salotto, l’una seduta di fronte all’altra.
Accavallò le gambe semi nude, si guardò le unghie rosse e finalmente prestò attenzione a me.
- E’ successa una cosa – cominciai, torturandomi le mani; ma ero più che mai decisa a dirle tutto. Non so perché avevo scelto lei come mio confessore, e sapete, non lo so tutt’ora.
Forse ero impazzita.
A Naruto, ad ogni modo, non glielo avrei mai potuto dire.
- Avanti, spara – mi ordinò, immobilizzandomi coi suoi occhi di ghiaccio.
- Ho baciato Kakashi. Eravamo lì lì per farlo…-
Cadde il silenzio. Non durò a lungo: di lì a poco Ino scoppiò a ridere.
- Bè? Immaginabile da parte tua – rispose con assoluta calma, una vena ironica nella voce.
Voleva forse consolarmi?
- A me è sembrato di risentire…Lui – aggiunsi, facendomi prendere dal batticuore.
Ino scosse la testa, si fece dura in volto.
- Sciocca – disse –
- Tutto qui ciò che hai da dire? Io mi sono lasciata andare…capisci? Ho peggiorato le cose… - le parole mi morirono in gola e persi la voglia di parlare, la convinzione che mi aveva portato da lei quella domenica mattina.
- Benvenuta nel mio mondo – esclamò ad un certo punto, alzandosi dalla poltrona e venendomi vicina – sai, gli uomini possono farti star bene per un po’…ma…-
Si chinò su di me, avvicinò la sua bocca al mio orecchio.
- Ino…-
- …ma io non ho pensato mai, nemmeno per un secondo, di sentire Itachi. Sia ben chiaro, Sakura –
Suonò come un rimprovero.
Mi alzai pure io, non dissi nulla e uscii.
Echeggiarono a lungo nella mia testa, ovunque io andassi, quelle aspre parole.
Credevo che il rapporto con lei fosse stato improvvisamente recuperato.
Avevo ottenuto almeno questo, in una caldissima giornata di Luglio.
E chissà, magari ero andata lì apposta.

**








Orbene, eccoci già al quarto capitolo ^^
Ne vedrete molte, prossimamente, di parti come quella iniziale che vi fa fare un salto nel 1997. Personalmente mi piace proprio cimentarmi in introspezioni sul passato :) mi auguro di non avervi messo confusione... spero di riuscire a fare flash back più chiari in un prossimo futuro!
Il rapporto InoSakura è l'elemento finora che mi impegna di più, sto cercando di renderlo quanto più possibile concreto prendendo spunto dalla vita quotidiana e mi rende soddisfatta vedere che lo state apprezzando ^^
Molti mi chiedono – giustamente – di quando vedremo Sasuke...bè eccolo – seppur indirettamente – in questo primo ritorno al passato. Ok, lo so, non è abbastanza per voi che lo attendente frementi, ma abbiate fede che in una veste o nell'altra lo vedrete riapparire presto =P
Ringrazio ancora le quattro anime che hanno commentato lo scorsi capitolo <3
Grazie alle persone che hanno messo questa storia tra le seguite e/o le seguite e/o le ricordate! Se riuscite, gente, fatemi sapere che ne pensate: è molto importante per me.
Ora vado a scrivere un po' del terzo capitolo dell'altra piccola long fic che ho in ballo, di tutt'altro stampo, ovvero “Il matrimonio del secolo”.
Un abbraccio a tutti voi! :)

Terra_chan

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Capitolo 5
*** Speranze ***


Quinto capitolo a voi, carissimi lettori.
Prima di lasciarvi alla lettura approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno messo questa storia tra i preferiti, le seguite e le ricordate: mi piacerebbe tanto sapere che ne pensate ^^
Grazie a quanti leggeranno e/o commenteranno!

Avvertimento: con questo capitolo dò ufficialmente avvio all'ampio utilizzo di flashback (che narrerò in terza persona).

Buona Lettura ^^




Quelle erano cose che non riuscivo a dire ad anima viva, probabilmente perchè non sapevo chiarirle nemmeno a me stessa. Io amavo ognuno di loro: amavo Naruto, amavo Kakashi, amavo...Ino.
E all'epoca dei fatti non volevo riconoscere che era solo per ipocrisia e che – in realtà – non ero capace di amare nessuno perchè mi sembrava di aver già dato via tutto l'amore di cui ero capace.
Così restavo in silenzio, toccando appena la superficie delle cose come la brezza del mattino che saliva dal mare e mi accarezzava il volto.

**

Cap 5. Speranze

8 Luglio 2011


Due mattinate dopo la festa sia io che Naruto dormivamo in piedi; in cucina mentre facevamo colazione regnava un silenzio quasi assoluto alternato dai miei sospiri e dai suoi brontolii.
A me andava bene così: non avevo alcuna voglia di parlare.
Sorseggiai l'ultimo goccio di caffè e mi alzai per andare al lavandino.
Sentii un tocco bollente sul braccio sinistro, per lo spavento per poco non mi cadde la tazzina di mano; mi voltai di scatto:
- Bè? -
Gli occhi di Naruto si chiusero.
- Volevo chiederti se è tutto a posto – bofonchiò, grattandosi la nuca.
Non potei non sciogliermi, a delle parole così. Parte del nervosismo se ne andò, sostituito da puntuale tristezza.
- Sì,tutto a posto- affermai in tono rassicurante e andai al lavandino.
Non ci dicemmo nient'altro, intanto che lui finiva il suo caffellatte e io lavavo le tazzine. Sapevo che Naruto non mi aveva creduto, per quello si attardava a finire la sua colazione e io mi attardavo a lavare quelle due scodelle: aspettavo un segnale, aspettavo che l'atmosfera si rilassasse. Che desiderio impossibile, degno di me.
Andai di sopra a cambiarmi, Naruto fece altrettanto.
Poco dopo suonò il campanello di casa e, quando sentii Naruto andare ad aprire e pronunciare un tale nome, mi si gelò il sangue nelle vene.
- Proff Kakashi!! -
- Vedo che sei ingrassato, Naruto -
- Ma che osservazione da fare è questa?! -
Immobile a metà scala sorrisi.
- Rispetto all'estate scorsa, intendo. C'è per caso qualcuno arrivato a nutrirti? -
Mi appoggiai alla parete fredda.
- E' tornata Sakura –sentii sussurrare a Naruto.
- L'ho salutata ieri sera -
Mi morsi il labbro. Aveva detto la verità, dopo tutto perchè mentire d'esserci visti?
- Sakuraaaaa!!! - mi chiamò Naruto.
Desiderai sparire eppure mossi diversi decisi passi e mi ritrovai in fondo alla scalinata, di fronte al mio migliore amico e al mio professore. Sembrava una scena di molto tempo fa, solo che ora eravamo tutti e tre adulti.
Kakashi ed io ci scambiammo una velocissima occhiata – che definii complice pur non volendolo - mentre Naruto proponeva un bel bagno tutti assieme.
- Si può fare -accettò subito Kakashi e mi fece l'occhiolino, chissà perchè.
Ero lì lì per declinare l'invito quando decisi di non voler sembrare la capricciosa di turno e facendomi forza andai di sopra a pescare le borse da mare preparate la sera prima, sia la mia che quella di Naruto.
Alle dieci in punto fummo in spiaggia.


Hinata ci aveva raggiunti portando con sé il suo immancabile imbarazzo che si manifestò allorchè Naruto, senza tanti giri, diede una lunga occhiata al suo corpo semi nudo. A dir la verità il due pezzi nero le stava benissimo, d'altronde non mancava di alcuna forma, specie del seno.
Provai un leggero fastidio e furtivamente osservai il mio corpo troppo magro e la mia seconda stenta di seno. Feci una smorfia.
Addirittura le cose senza spessore mi davano alla testa come fossero state tante lame appuntite su di me; non ero più capace di godermi nulla, o godevo così poco di certe cose.
Hinata e Naruto se ne andarono a giocare a pallavolo sul mare e per un po' Kakashi li accompagnò, col suo fisico ancora scultoreo nonostante i quarantanni passati e i capelli brizzolati che luccicavano al sole, un sorriso beffardo stampato sulle labbra sottili ed una intramontabile calma ad avvolgere ogni suo movimento. La mia agitazione cozzava contro la pace che egli emanava. Come una volta.
Fu mentre lo osservavo distesa sul mio asciugamano a pancia in giù che mi ricordai della donna di cui mi aveva parlato due sere prima: la immaginai una creatura meravigliosa.
E fortunata.
Nascosi la testa tra le braccia e restai per un po' al buio, cercando si seguire solamente le macchie di colore arancioni che passavano davanti ai miei occhi chiusi e non i miei pensieri viziati.
Un tocco freddo sulla spalla mi fece quasi urlare. Alzai bruscamente la testa e mi ritrovai a pochi centimetri dal volto di Kakashi.
Lui sapeva di sale e dopobarba, inspirai forte.
- Stavo per avere un infarto – dichiarai.
Kakashi alzò le spalle e veloce prese il suo asciugamano e lo appoggiò affianco al mio.
Lo osservai accigliata.
- Disturbo la tua nulla efficienza? - mi domandò, stendendosi a pancia in su.
Lo imitai
- Quei due si divertono davvero a giocare a quello stupido gioco? - chiesi, intavolando una discussione a caso. Volevo essere io a pilotare la conversazione. Avevo paura del mio stesso imbarazzo.
- Mi sa che Naruto in questo momento non fa nemmeno caso al gioco... - Kakashi non terminò la frase ed entrambi scuotemmo la testa.
- Va bene così – dissi dopo un po', stupendomi della mia stessa frase; la sentii aleggiare nell'aria bollente e rimbalzarmi addosso.
- Sicura, Sakura? -
Eccola, una cosa che non volevo sentirmi dire. Tipico di Kakashi, predisporsi ad ascoltare il prossimo o a fare da psicologo improvvisato. Spesso, in passato, le sue parole mi avevano fatto bene.
Ora avevo solo bisogno di ascoltare il suo respiro, non la sua voce.
- Non importa se lo sono o meno, Kakashi – dissi con rassegnazione.
- Va bene – lui mollò la presa. Mi sentii meglio.
Ebbi il nostro silenzio fatto di tutte le giustificazioni sul quel bacio senza senso che ci eravamo scambiati così poche ore prima e che mai sarebbero emerse.
Chiusi gli occhi e in quel mentre la mano di Kakashi mi spostò un ciuffo di capelli dal volto: era fredda e piacevolissima.
Udii dei movimenti e capii che se ne stava andando.
Mi domandai se non fosse difficile anche per lui l'avermi pensata per tutto quel tempo -se mai lo avesse fatto – e l'avermi ritrovata improvvisamente nello stesso luogo.
Non lo ricordavo così istintivo, ecco qual era il punto. Ed io...io non credevo di poter mai essere così docile.
Era troppo stancante tartassarsi a pensare e facilmente piombai nel sonno.
Al mio risveglio Hinata aveva già sistemato ogni cosa e lei e Naruto erano pronti per tornare a casa; indossai il mio prendisole rosso e abbracciata all'asciugamano li seguii lungo la strada di casa. Ero come una bambina nascosta dietro alle ombre dei suoi genitori in una giornata di sole.


**


8 Luglio 1996, ore 18.00


Una leggera pioggerellina dissetava una pacifica Konoha di fine pomeriggio.
Sakura, Sasuke e Naruto – il trio di sedicenni più famoso tra gli adolescenti e non del paese – girovagava per le strade umide.
Erano in tre con un ombrello.
Naruto copriva se stesso e Sakura dalla pioggia mentre Sasuke li distanziava bagnato fradicio, con passo strascicante. Un ciuffo di capelli gli copriva metà volto rendendolo più minaccioso e sensuale di sempre.
Un gruppo di ragazzine che gli passò accanto lanciò alcuni gridolini che lo fecero sbuffare di disgusto accompagnato dalla sonora risata di Naruto.
- Te lo dico per la centesima volta, vieni qua sotto con noi – affermò Sakura osservando le spalle magre dell'Uchiha dinnanzi a sé.
- Non ci stiamo, come te lo devo dire? - rispose seccato questi, non degnandosi minimamente di girarsi. Anche se sorrise lievemente, senza essere visto da nessuno. - e poi quel rompiballe di Naruto se si prende un raffreddore mi dà la colpa per giorni -
Sakura si chiuse nelle spalle apparentemente rassegnata e se sulle prime sembrò appagata dalla risposta del ragazzo poi con un abile scatto balzò in avanti e lo raggiunse.
- Ehi! - la apostrofò Naruto, corrugando la fronte ma l'esclamazione morì sul nascere.
L'immagine di
quei due fianco a fianco – così armoniosi – aveva tolto la parola persino a lui, l'essere umano più loquace al mondo.
Sasuke – un sopracciglio alzato - si voltò a osservare Sakura che tutta soddisfatta fissava il mondo sfumato davanti a sé. Pensò che era proprio una stupida, ma non lo disse. Almeno per stavolta.
Il prendisole cominciò ad appiccicarsi addosso al corpo snello della ragazza delineandole i fianchi e il seno poco pronunciati. Sasuke si accorse che la stava guardando un po' troppo insistentemente e distolse con calma lo sguardo.
- Mi sa che il professor Hatake non ci fa entrare in aula in queste condizioni – asserì Sakura dopo un po', smorzando un po' il denso silenzio che era andato formandosi. I suoi occhi volteggiarono alla volta del profilo spigoloso del ragazzo moro affianco a lei e il suo pensiero si divise fra lui e Naruto là dietro a loro. “Ci risiamo” pensò, sempre la stessa situazione. Ma non le pesò più di tanto, grandi cose stavano cambiando: erano cresciuti.
C'era una specie di equilibrio tra loro tre, anche se precario.
- Meglio! - esclamò Naruto che sembrava essersi ripreso. In realtà la voce gli uscì un po' più roca del solito.
Sasuke diede dello stupido anche a Naruto che non aveva abbastanza palle per
rubargli Sakura con la forza. Insomma, ci voleva un atto di forza. Lo stesso che avrebbe fatto lui stesso fra non molto, e che stava già facendo.
- Deve accettarci, altrimenti gli ricordo quella volta che si è presentato a lezione con un'ora di ritardo intimandogli il nome di mio padre.
Il signor Uchiha era un imprenditore di fama internazionale che in quel periodo aveva aperto una catena di alberghi a Los Angeles, lasciando l'albergo di Konoha in affitto ad abili gestori. La signora Uchiha viveva sola con i due figli nella sua casa d'origine a Konoha.
Ma Itachi era spesso via per specializzarsi in Economia e Commercio e apprendere direttamente il lavoro del genitore in America – anche lui – e alla fine Sasuke rimaneva l'unico Uchiha a trovarsi sempre sull'isola.
Sakura e Naruto avranno visto sì e no cinque volte il signor Uchiha dacchè conoscevanoSasuke, ovvero da cinque a quella parte, quando Mikoto aveva deciso di donare un po' di tranquillità ai figli e trasferirsi a Konoha.
- Sei un fottuto bastardo, Sasuke – proruppe Naruto
a scoppio ritardato.
- Uhm? E questa scenata a cosa la devo? -

Sasuke si irrigidì leggermente; Sakura sospirò appena.
- Non fare il finto tonto – disse con veemenza il biondo.
Sasuke si fermò, statuario; Sakura gli rimase affianco ma non volle guardare nessuno dei due. Aveva fiducia nella loro crescita, o almeno nella maturazione di almeno uno dei due.
E poi si sentiva troppo in colpa. Ma ormai era un'abitudine.
Acceleriamo il passo che è meglio, se no arriviamo noi in ritardo e diamo a quell'addormentato di Hatake un movente in più per incastrarci – asserì quasi subito dopo Sasuke, ricominciando a camminare.
Sakura lo ringraziò coi suoi occhioni profondi e seri, tornando a camminargli a fianco.
Naruto non aggiunse altro, si chiuse in un silenzio rabbioso; ma il peggio era passato, fra poco sarebbe tornato a sorridere.
Infatti, all'arrivo a scuola, rise delle condizioni di entrambi i suoi amici: bagnati fradici dalla testa ai piedi.
E ci tenne ad aggiungere sornione che Sakura era bella anche così, anzi: molto di più.
Sasuke si limitò ad approvare dando una lunga occhiata al corpo della ragazza, fissandola poi intensamente negli occhi.
Era vicina la resa dei conti.


**


Tra le tante cose che avevo sempre adorato di Konoha c'era il pontile, quella passerella in lastre di compensato sospesa un paio di metri sopra il mare selvaggio del paese.
Me ne accorgevo soltanto ora che ci camminavo sopra, che la adoravo ancora. Camminare da sola sentendo scricchiolare il legno caldo sotto i miei piedi mi metteva addosso la tessa pace che mi infondeva l'osservare l'infrangersi di calme onde.
Ad un certo punto immaginai che si formasse un buco nel pontile, proprio dove stavo passando io, mi vidi cadere giù assieme a schegge di legno e raggiungere lentamente il mare, sparire per sempre sommersa da litri e litri d'acqua. Ma mi faceva troppa paura l'idea del soffocamento, così come ogni volta che in vita mia avevo pensato di farmi del male anche adesso il timore del dolore fisico mi dava i brividi.
Non mi sarei mai potuta togliere la vita, quantunque lo potessi desiderare.
Lo avevo desiderato più volte, anche durante il viaggio in aereo che mi aveva riportata a Konoha. Perchè? Semplicemente mi sentivo colpevole di non aver amato abbastanza, di non aver amato sufficientemente l'uomo della mia vita. Dicevo questo perchè – mi dicevo – se Sasuke se ne era andato voleva dire che lei non era riuscita a coprirlo di abbastanza amore.
La gente non se ne va se si sente intrappolata dall'affetto.
Che poi lui non mi amasse abbastanza – forse – quello era un altro problema. Importantissimo, certo, ma una cosa distinta.
Fu giù tanto che mi avesse amato. Checché ne dicesse la gente io so per certo che in quel periodo passato come una coppia Sasuke mi aveva amata.
Ero stata io a non fare abbastanza per lui.
Avevo permesso che le angosce della vita lo avvolgessero troppo, fino a quando non aveva potuto resistere più: Konoha non faceva per lui, mi diceva sempre; doveva andare negli Stati Uniti, asseriva sempre più furibondamente.
Gli Stati Uniti.
Li conoscevo bene.

**


    8 luglio 2002


Erano ormai più di due anni che stava a Los Angeles eppure non si era ancora abituata a quel clima secco durante quasi tutto l'anno, fatta eccezione per le settimane della nebbia e quelle più rare delle piogge.
I primi mesi di permanenza nella metropoli le avevano messo in testa l'idea che lì sarebbe finalmente guarita da tutti i dolori articolari che sempre l'avevano perseguitata e che non avrebbe preso mai un raffreddore. Idea che si era rivelata vera in parte: dolori di questo tipo erano spariti ma altri erano subentrati come quei dolorosi mal di testa estivi e soprattutto l'iper tiroidismo dovuto allo iodio del mare alzato dal vento. Per un lungo periodo aveva preso il tapazole che la rimbambiva tutta sbalzandole gli ormoni; ora non le serviva, il valore sballato era andato sistemandosi. Il suo corpo si stava pian piano abituando al cambiamento.
Però sentiva fisicamente che Los Anglese non le apparteneva, che quel mare dalle onde così imponenti non erano le onde pacifiche di Konoha paesino protetto in un Golfo, che quel sole inquinato non era il sole puro del villaggio, a quella stagione quasi sempre uguale, alla mancanza di neve invernale che cadeva nel mare.
Non avrebbe mai detto di poter essere una tal nostalgica.
Sakura si prendeva in giro dandosi della vecchia malinconica.
Il tragitto dall'università dove studiava all'appartamento dove viveva se lo faceva ogni giorno a piedi, camminando svelta e a testa alta nelle storiche All star rosa o – se aveva i giorni strani – nelle ballerine rosse. Accessori che le appartenevano almeno quanto i suoi capelli dallo strano acceso colore: quelle cose che la facevano star bene. Per quanto potesse davvero stare bene in terra straniera, con un dolore lancinante al petto, ed un album fotografico nascosto sotto al letto che tirava fuori quando voleva riuscire a piangere.
Quella mattina si era alzata particolarmente presto e non volendo stare nulla facente nell'appartamento e per non svegliare Shizune – la sua estroversa compagna di appartamento nonché irriverente ginecologa – decise di recarsi con mezz'ora di anticipo all'Università.
Il sole era già infuocato all'alba: si prospettava una giornata particolarmente calda; Sakura pensò all'aria condizionata che andava a palla nell'aula e si prospettò un portentoso mal di testa pomeridiano.
Sbuffò, scuotendo la testa come a scacciare tale pensiero.
Arrivata all'Università la trovo non tanto desertica: diversi professori con le valigette in mano vagano per i corridoi o parlottavano tra sé di chissà cosa; tra di loro non riconobbe alcuno dei suoi professori e ne fu sollevata: non aveva molto voglia di parlare, quella mattina.
Aveva fatto un brutto sogno, aveva persino urlato – le aveva detto Shizune - .Eppure non ricordava nulla.
Passando davanti alla Segreteria notò che era già piena di studenti nuovi che cercavano di capirci qualcosa su corsi e orari e sorrise, ricordando l'ansia che le era venuta la prima volta che aveva varcato la segreteria con in mano un fascicolo di cartelle illustrative.
Si recò in fondo al primo piano e girando a sinistra e imboccando un largo ma corto corridoio arrivò davanti alla propria aula. Le prossime due ore le avrebbe passate lì, a fare fisiologia con un professore di nome Madara e di fama internazionale. A lei, sinceramente, non piaceva molto: troppo particolare, con quelle sue movenze isteriche e la voce sibillina.
Non entrò ma si appoggiò con la schiena alla parete a fianco alla porta, stringendo a sé la tracolla.
La rilassava il silenzio dell'Università ai primi minuti del giorno, odiava la folla.
Aveva fatto moltissime conoscenze, si trovava bene con diverse persone del suo corso, eppure doveva ammettere che le mancavano i suoi vecchi amici, specialmente Naruto. Si chiese che diavolo stesse facendo, se fosse riuscito a dichiararsi ad Hinata.
Non lo sentiva da due mesi. Non lo vedeva da più di due anni.
Provò la classica fitta allo stomaco e si ripromise di fare meno la maleducata e di chiamarlo la sera stessa, se si ricordava quale fosse il numero da anteporre per le chiamate internazionali.
Senti un paio di voci provenire da un'aula di fronte e le parve di riconoscerle entrambe, una apparteneva sicuramente al tanto viscido quanto geniale – fece una smorfia – Orochimaru e l'altra la classificò tra le“bellissime timbriche di uomo”: adorava le voci base e adorava classificare le voci maschili. Quella di Naruto, ad esempio, rientrava tra le “voci leggermente roche rassicuranti”.
La voce che si opponeva a quella bassa del professore di Anatomia tale Orochimaru era una voce che ti entrava nelle viscere, ti muoveva qualcosa dentro facendoti venire le farfalle allo stomaco, un po' come quella di Sasuke.
Ah.

Le ricordò troppo quella voce di cui – ovviamente – si era innamorata, anche se questa che veniva avvicinandosi era un po' più morbida.

Le sembrò pure di riconoscersi nell'accento straniero dell'ignoto uomo.
Curiosa focalizzò l'attenzione all'entrata dell'aula di fronte da dove stavano uscendo i due uomini.
Il primo a uscire fu Orochimaru che, accortosi di lei, la salutò con un sorrisetto mellifluo, seguito da un ragazzo moro che stava a capo basso.
Sakura seguì con lo sguardo il contorno del suo corpo e nella magrezza e nella perfezione di misure ebbe un extra sistole che le tolse momentaneamente il fiato.
Percepì l'armonia di Sasuke, in quel corpo.
Si portò una mano alla bocca con fare sorpreso e sperò tanto che il giovane uomo alzasse la testa. E così fece, mentre le passava accanto imboccando il corridoio nel verso opposto.
La guardò negli occhi con un occhio nerissimo e l'altro azzurro ghiaccio.
Itachi disse Sakura tra sé, premendo più forte la schiena contro la parete.
Era l'unica persona che lei conoscesse con un iride diversa dall'altra.
Itachi sembrò riconoscerla, socchiuse gli occhi, ma proseguì per la sua strada, dandole ben presto le spalle.
I primi tempi a Los Angeles aveva sperato ardentemente di incontrarlo, si era trasferita lì non soltanto perchè era stata presa grazie ad un esame on line o perchè lì c'era l'Unversità di medicina migliore di sempre e perchè l'aveva fatta in passato suo padre- ora dignitoso medico di Konoha che aveva rinunciato a grandi carriere per la famiglia e per il suo villaggio – l'aveva fatto anche perchè lì sapeva esserci Itachi.
O almeno, così si era illusa stando ai vecchi racconti di Sasuke.
Aveva tanto voluto incontrarlo anche se non sapeva cosa gli avrebbe mai potuto dire, la speranza che Sasuke fosse lì con lui le aveva portato avanti la vita americana per tanto tempo e ancora adesso la punzecchiava.
Eppure quella mattina non fermò Itachi, col cuore martellante in petto entrò in classe e si sedette al solito posto tirando fuori dalla borsa il solito quaderno preparandosi ad assistere alla solita lezione.
Della quale, però, per quel giorno non seguì una parola.






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Capitolo 6
*** Primo Amore ***


Buon Compleanno, Itachi. Capitolo dedicato al personaggio più affascinante e ben riuscito dell'intero manga. E di sempre.


Sesto capitolo pronto! Vado avanti imperterrita per quelle anime che mi appoggiano e che ringrazio tantissimo; nonostante la storia sia un po' troppo
nebbiosa e mi renda conto che non è poi così piacevole da leggere. Anche per via dei flashbacks, ma per ciò che concerne questa storia posso solo dire che essa vive di frammenti del passato.
Non sono ampiamente soddisfatta di come sto aggiornando perchè ho paura di aver deluso le vostre aspettative, di non essere all'altezza.
Ok. La smetto di importunarvi e vi lascio alla lettura del capitolo: ci sarà la presenza della coppia ItaIno ( della quale ahimè non vedo più fan fic in giro!), che personalmente mi piace molto, e l'entrata in scena di nuovi personaggi.
Grazie a coloro che mi vorranno far sapere che ne pensano, anche con un semplice aggettivo. Grazie alle persone che hanno messo questa umile tra preferiti e/o seguite e/o ricordate.

Buona Lettura!






Lontane centinaia e centinaia di chilometri e soffrivamo entrambe, e per ragioni così sottilmente simili! A pensarci ora..sono stata una vera bastarda. La chiamai appena – non ebbi il coraggio di sentire la sua voce – e parecchi giorni dopo che appresi la notizia della morte di Itachi.
Non sapevo come dirglielo. Lo dissi a Naruto, lo pregai di farlo sapere ad Ino.... Quando ebbi il coraggio pure io alzai la cornetta ma ormai era troppo tardi.
La vecchia Ino se ne era in parte andata.

**

Cap.6.
Primo amore

9 Settembre 1990 – ultimo giorno di elementari


Lo amava da quando era una bambina dell'asilo, dacchè alla mattina quando lei e sua madre andavano a scuola a piedi lui passava vicino a loro sfrecciando sulla mountain bike nera e delle volte alzava il braccio a salutarle.
Ino era molto orgogliosa di quei saluti e non sapeva come farlo a capire a sua madre che comunque continuava a ribadire di adorare quell'Uchiha, così educato e riservato, così un bravo ragazzino.
Lei e Itachi avevano otto anni di differenza.
L'ultimo giorno di elementari per lei era l'ultimo di liceo per Itachi.
Quella mattina lo vide passare in bici come sempre ma stavolta Ino aveva deciso di andare a scuola da sola, camminando veloce nelle sue scarpette viola nuove. E stavolta Ino lo vide pure fermarsi accanto a lei ed un sorrisone le illuminò il volto bellissimo.
- Buon giorno – disse Itachi, mettendo un piede a terra.
Sorrise alla bella bambina, pensando a come fosse già cresciuta tanto in quegli ultimi cinque anni. Prometteva molto bene.
- Ciao! - esclamò Ino muovendosi un po' sul posto ed agitano i codini biondi che la mamma le aveva acconciato poco tempo prima.
- E' l'ultimo giorno, vero? - le domandò Itachi, sporgendosi un po' verso di lei mentre si appoggiava con le braccia al manubrio.
Aveva voluto fermarsi a parlare con lei, almeno quella mattina. Sapeva quanto lei – inspiegabilmente – ci tenesse a lui. E anche lui si era affezionata a quella determinata biondina che una volta pur di andargli vicino ad una festa di paese aveva corso tra la folla da sola e si era persa ma lui l'aveva riportata a casa in braccio dopo averle offerto un gelato.
- Finalmente! Ormai sono grande – affermò Ino tutta orgogliosa e si alzà sulle punte dei piedi raddrizzando bene il busto.
Itachi si lasciò sfuggire un piccolo sorriso.
- Già – sussurrò, ridendo con l'occhio nero.
Ino era sempre rimasta affascinata dal colore dei suoi occhi di cui uno come i suoi: azzurrissimo. Sentiva che quando quell'occhio la guardava lui e lei erano una cosa sola e fantasticava su un loro futuro assieme. Segretamente – mica tanto - Ino aveva deciso che Itachi Uchiha sarebbe stato il suo fidanzato. Stava solo pazientando un po'.
- Ti piacciono? -
Ino scostò alcuni ciuffoi i capelli biondo cenere dalle orecchie e mostrò al ragazzo degli orecchini a forma di tulipano.
Itachi anuì.
- Nuovi di zecca, eh? -
Ino annuì vigorosamente.
- Me li ha regalati il papà – affermò a voce alta.
Itachi conosceva bene il signor Inoichi: il fiorista del paese.
Ino gli assomigliava molto, pensò.
Guardò di sfuggita l'ora e lei se ne accorse, facendo una piccola smorfia con le sottili labbra umide.
- Devo andare –
- E' stato fantastico parlare con te -
Ino lo guardò ad occhi lucidi e le guance leggermente più rosa del solito.
- E' stato un piacere anche per me – asserì con quella voce bassa e di uomo che a lei piaceva tanto e le fece sprizzare gioia da tutti i pori.
- Crescerò! - esclamò, stringendo un pugno.
Itachi abbassò la testa. Inoichi una volta gli aveva parlato dell'amore di Ino per lui, così assurdo, e gli aveva pur detto di stare attento, di non calcare troppo la mano perchè lei era una bambina e non sapeva cosa diceva, faceva, pensava davvero.
Spesso Itachi aveva fatto il duro, non era facile avere come ammiratrice una bambina dell'età si suo fratello Sasuke. Il suo miglior amico Kisame lo prendeva spesso in giroo per questo.
Ma finora Itachi aveva fatto tutto secondo dovere: si era convinto di non mosso un dito per aumentare l'ammirazione della piccola.
E se una volta si fermava a parlare con lei.. che male c'era?
- Ci vediamo – la salutò e senza aspettare risposta ricominciò a pedalare, più veloce di prima. Dovette dire però a se stesso che quella specie di chiacchierata mattutina l'aveva rilassato: non gli era mai piaciuto molto l'ultimo giorno di scuola e poi quest'anno aveva gli esami, era tutto diverso e chissà quando lei l'avrebbe potuto rivedere di nuovo.
Ino lo osservò allontanarsi veloce e solo quando diventò un puntino veloce percorse i pochi metri che la separavano dalla piccola scuola elementare quasi nel centro di Konoha.
Già si vedeva mano nella mano con lui, come nei cartoni che tanto aveva visto, e andare al cinema, alle giostre: lui e lei in coppia.
Ormai quello era il suo obiettivo. Niente e nessuno glielo avrebbe portato via.

**


9 luglio 2011, ore 08.00




Incontrare Ino in Centro alle 8 di mattina di domenica fu un colpo basso – o no? - .
La trovai vestita in tuta viola e con i capelli tirati in una coda meno alta del solito; un paio di occhialoni a mosca le coprivano metà volto facendo spuntare un piccolo naso a punta e le labbra prive di rossetto.
Anche così stava divinamente.
Gli feci un impulsivo cenno con la mano per dirle di venire a sedersi al tavolo del bar dove stavo io e lei – alzato un sopracciglio biondo – acconsentì prendendo posto di fronte a me.
Teneva stretta sopra le gambe un borsone della nike blu scuro. Le domandai se avesse intenzione di andare in spiaggia così presto.
- Vado in piscina – mi rispose senza alcuna inflessione.
Mi limitai ad un “Ah” e finii di sorseggiare il mio caffè forte.
- E tu cosa ci fai alzata così presto? - mi domandò poco dopo alzando in mia direzione il bicchiere di acqua tonica.
Alzai le spalle.
- Non riuscivo più a dormire – risposi, ripensando alla lunga notte senza sonno che avevo appena passato. Desiderai essermi portata dietro da casa di Naruto un paio di occhiali come quelli di Ino.
- Mmm... - Ino chiuse gli occhi di cielo – l'hai vista poi? - mi domandò aprendoli di scatto e fissandoli nei miei.
- Eh? -
Capii. Strano che si interessasse della mia vita, l'altro giorno quando ero andata a trovarla per dirle di Kakashi non sembrava affatto predisposta alla
compassione.
Ma no, non mi compativa nemmeno adesso; però io in parte compativo lei.
- A quanto vedo no. Non perdi niente, comunque -
Ino fece una faccia poco interessata e pose l'attenzione altrove al di là di un tavolino vuoto di fronte a noi, verso la linea del mare all'orizzonte.
Chissà cosa intendeva dirmi realmente.
- Grazie, Ino – sussurrai.
In fondo tutto questo era già tanto e una parte di me era sicura che lei avesse detto così per non ferirmi ulteriormente. O magari perchè credeva che Hatake Kakashi
meritasse di più. Ma di meno di me.
Ino non rispose alcunchè rimanendo immobile fino a quando non decise che era ora di andare a nuotare e scrollando la sua coda mi lasciò sola al bar, col conto da pagare.
La ringraziai anche di questo.

**


9 settembre 1994 – Prima settimana di liceo -


Sasuke Uchiha aprì un bigliettino che gli era arrivato per via aerea sul banco dalla fila dietro a lui.
E' partito ieri mattina, vero?
Sasuke sbuffò quasi impercettibilmente ma prese una penna per rispondere, dando prima un'occhiata davanti a sé per vedere se il proff Sarutobi di matematica lo stesse guardando.

Fece volare il pezzo di carta appallottolato all'indietro e beccò giusto il banco di Ino.
- Avevo sentito bene allora – bisbigliò questa a Sakura, sua vicina di banco.
Sakura si limitò ad annuire ritornando poi subito tutta attenta mentre Ino la fissava accigliata.
- Poteva salutarmi – borbottò, spedendo il biglietto dentro l'astuccio – è sempre il solito -
Ino sorrise di contro alla rabbia.
- Eh... -
Sakura prese fervidamente appunti sulla definizione di un insieme.
- Però due giorni fa mi ha mandato un messaggio in cui mi augurava buon inizio di liceo – sussurrò Ino tutta contenta, giocherellando con la penna rossa di proprietà della sua amica.
Sasuke si girò verso di lei e gli chiese gentilmente di tacere, lei gli fece la linguaccia.
- Che bravo – disse Sakura fra i denti cancellando un segno sbagliato sul quaderno.
- Che palle di te secchioncella mia...ma se mate non ti viene nemmeno! - si infervorò Ino dandole un piccolo botto sulla spalla.
- Appunto perchè non è il mio forte cerco di stare attenta, cosa che dovresti fare anche tu. Ne parleremo dopo, cosa ti costa? -
Ino sbuffò e aprì il quaderno nuovo di zecca.
- E' solo il secondo giorno di scuola...- si confortò e per un po' – seguendo la parlata noiosa di Sarutobi – si dimenticò del nervoso che le aveva fatto venire Itachi.
Non era ancora riuscita a fare del tutto breccia nel cuore di quell'Uchiha, ma era certa che era questione di mesi.
Non aveva dimenticato l'obiettivo.


**


9 Luglio 2011, ore 09.30


Uscii dal supermercato con due borse della spesa pesantissime tra le mani e mi avviai verso casa, certa che avrei trovato un Naruto ancora profondamente addormentato.
Mi piacque il pensiero di star facendo questo: cose ordinarie per qualcuno, come una mamma. Cose in tutta tranquillità, senza alcuna fatica mentale e fisica.
Mi erano mancante non poco, a Los Angeles.
Invece Naruto mi venne incontro a torso nudo nel viale di casa. Mi aveva vista dalla finestra.
- Lascia che ti aiuti! -
Cercò di prendermi una borsa dalla mano ma opposi resistenza.
- Guarda che ho forza, io – dissi sicura della forza muscolare braccia apparentemente esili.
Naruto rise appena perchè probabilmente si ricordava dei pugni che sapevo sferrare io, anche dati con quanta meno grinta possibile contro di lui quando mi faceva arrabbiare.
Mi prese comunque una delle due borse ed entrambi entrammo in casa.
Sistemammo la roba assieme, io che davo ordini a lui che mi passasse le cose.
Sembravamo una famiglia.
- E tu come hai fatto a vivere da solo per tutto questo tempo? - gli chiesi mentre finivo di sistemare le ultime cose in frigo. Al mio arrivo l'avevo trovato semi- vuoto.
- Ho una specie di abbonamento al ristorante di ramen giapponese in piazza – rispose grattandosi la nuca leggermente imbarazzato – ma so farmi da mangiare, cosa credi! -
- Allora stasera prepari tu, ok?
Naruto sulle prime parve sorpreso. Valutò bene la situazione.
Dopo di che alzò il pollice destro e mi fece l'occhiolino.
- Vedrai che buona cenetta al lume di candela – disse ispirato guardandomi dolce.
Nessuno al mondo aveva la dolcezza che in certi momenti era di passaggio nel volto abbronzato di Naruto.
- Bè...sai che non mi piacciono le cose troppo romantiche, non vorrai farmi venire il latte alle ginocchia – scherzai, guardandolo sospettosa.
Non volevo davvero niente di impegnativo, niente che almeno mi ricordasse di star vivendo nella stessa casa con uno che mi amava pazzamente.
- No no, sarà una cena alla “Uzumaki”- mi tranquillizzò, ormai tutto preso dall'idea.
Il pranzo lo preparai io, una semplice insalata di tonno e una caprese.
Mangiammo accompagnati dalla musica rock della radio, senza bisogno di dirci tante cose.
Sembrava che fossimo tornati alla complicità iniziale, solo che entrambi avevamo la testa piena di pensieri che tacevamo all'altro.
Nonostante che io mi fossi abituata all'idea di star vivendo a Konoha e fossi così più rilassata, le mie spalle non mancavano mai di una costante tensione che mi faceva fare a tutti i movimenti una gran fatica. I dolori articolari erano tornati, l'aria di Konoha che tanto mi era mancata ora a respirarla sempre bruciava in gola.
Los Angeles però mi mancava poco, eccetto per il lavoro, per quel mio collega di lavoro tanto rosso di capelli quanto rosso di amore per il suo mestiere. Era lui il mio capo primario nel reparto di malattie cardiovascolari nell'ospedale centrale di Los Angeles. Pensai a chi stesse operando, adesso, e se avesse risolto i problemi con se stesso per dover operare il suo fratello maggiore per immettergli un bypass.
Ecco, mi mancavano queste cose e in parte l'irriverente Shizune.
Tutto il resto era una Los Angeles che non mi apparteneva.

**


9 settembre 2008 – primo giorno da tirocinante


Varcò la soglia della stanza riunioni con il cuore a mille e un tremore continuo.
La donna che le aveva fatto fare un “Giro della struttura ospedaliera” e per più di due ore le aveva spiegato il principale funzionamento della stessa con tanto di nome e cognome di ogni medico lì presente – semplici infermieri e capi reparti – troneggiava in fondo ad un lungo tavolo posto al centro della lunga stanza. Si trattava di Tsunade, la “mamma dei tirocinanti”. Un bel donnone prosperoso che doveva avere più di cinquantanni nonostante sembrasse una splendida quarantenne.
- Questa dovrebbe essere Haruno Sakura, la precoce tirocinante – asserì un uomo accanto a lei: era enorme. Dovette alzare un bel po' la testa per poterlo guardare negli occhi: un bel paio di occhi ridenti.
- Piacere –disse Sakura, facendo un mezzo inchino.
L'uomo scoppiò in una sonora risata.
Si levarono alcuni commenti dalla decina di persone lì presenti di cui Sakura solo in quel momento notò la presenza: si trattava di medici che avevano tutti passato la quarantina, alcuni la sessantina, tranne un giovane uomo dai capelli color rosso fuoco che Sakura notò appoggiato in un angolo di parete a braccia conserte. Le fece venire i brividi.
- Fa sempre così – la rassicurò Tsunade con u sorriso sornione, dopo di che diede un piccolo pugno sulla pancia dell'omone che seppe chiamarsi Jiraya – l'anestesista -
Sakura pensò che si sarebbe lasciata andare volentieri alle braccia di Morfeo osservando come ultimo particolare il volto paterno e radioso del gigante.
Si era già rilassata e quando prese posto attorno al tavolo sedendosi tra il tipo rosso di capelli – Gaara – e Deidara – un uomo dai lunghi capelli biondi raccolti in un codino che più che l'aria da dottore aveva l'aria da artista – le parve di trovarsi in mezzo a quel gruppo di medici che ogni giorno lavoravano assieme strenuamente da sempre.
Furono due ore di riunione molto intense e ne uscì con una testa come un pallone: già il giorno dopo avrebbe indossato il camice e seguito la dottoressa Tsunade - il cui diretto sottoposto era il giovane Gaara, chirurgo – nelle azioni di routine da medico.
Aveva scelto di specializzarsi sul sistema circolatorio e le malattie cardiovascolari perchè aveva sempre provato una innata curiosità verso il cuore pulsante centro della vita, fin da piccola quando chiedeva a sua madre di contare i propri battiti e poi li confrontava con quelli del papà – medico di base - . Il cuore era il centro di tutto. E a lei pensare di occuparsi di un organo così essenziale le aveva sempre messo le vertigini. Per il resto non sapeva bene nemmeno lei spiegare il perchè di una scelta così mirata, sapeva solo che ad un certo punto aveva cominciato a correre – determinata – ed aveva finito la specializzazione con un anno e mezzo di anticipo. Ed era tanto, era una delle sue future dimostrazioni per chiunque avesse anche minimamente dubitato della sua
vocazione.



**

9 luglio 2011, ore 20.30


Mi lasciai guidare da Naruto che mi teneva le mani tra le sue.
Bendata ero letteralmente
sotto la sua protezione. E mi piaceva quella sensazione di vuoto che mi procurava il non vedere di contro alle mani bollenti di Naruto e al suo forte profumo di bagnoschiuma.
Annusai profondamente l'aria scorgendo in bocca sapore di pesce.
Naruto si fermò, lasciò le mie mani.
- Non mi lascerai cadere proprio adesso?! - sbottai, sentendomi straordinariamente persa senza quel tocco bollente.
Ubbidiente il mio migliore amico mi prese la mano destra nella sua.
- Sei pronta? -
Aspettai un attimo, gustandomi il momento.
Non pensavo davvero ancora ad altro se non all'attimo, cercavo di non rovinarmi la serata.
Non volevo cercare le complicazioni.
Ancora una volta l'affetto di Naruto si rivelava essere la mia droga ufficiale.
Ne volevo ancora.
Strinsi forte la sua mano.
- Avanti, fammi vedere – sussurrai determinata e lasciai che Naruto, mentre mi toglieva la benda nera, mi accarezzasse il volto.
Probabilmente non se ne capacitò nemmeno lui, della mia docilità.
E non se ne approfittò.
Dannato Naruto. Perchè non farmi del male?
-
E lo cheff Uzumaki dichiara iniziata la cena -
Dapprima fu potente luce.


*CONTINUA*


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Capitolo 7
*** Mettersi alla prova ovvero illudersi ancora ***


Salve gente!
Credevo di non riuscire ad aggiornare più, visto il periodo di esami (oh ragazzi, fatemi buona fortuna che la prima prova è vicina!) ma alla fine ho approfittato del piccolo spazio di tempo libero per sistemare il capitolo e postarlo.
Ho tanta ispirazione in merito a questa long, solo che dovrò aspettare la fine di luglio per poter scrivere come voglio accidenti.
Dunque, ci siete? Sarà un forte concentrato di fatti, questo capitolo. Si comincia ad andare ben bene a ritroso... vedremo entrare in campo il misterioso Gaara. L'ho delinetato in maniera più verosimile possibile rispetto al manga, ma ci tengo a chiarire che è il Gaara del “dopo passaggio di Naruto”, ovvero dopo che ha riscoperto
l'amore.
Uhm, che dire, ringrazio ancora di cuore quelle deliziose anime che hanno recensito lo scorso capitolo, come farei senza? E tutti coloro che hanno la storia tra preferite/seguite ecc ecc.
Attendo curiosa commenti, opinioni, chiarimenti (?), e compagnia bella.
Buona Lettura :)





Mettersi alla prova ovvero illudersi ancora






Era come se fino a quel momento avessi visto solo ombre, tante ombre diverse davanti ai miei occhi miopi.
Me ne accorgevo ogni volta che tornavo a Konoha .
Konoha mi circondava di colori.
E così tanto colore, così tante luci mi fecero bruciare gli occhi.
Piansi.

**
9 Luglio 2011, ore 08.40


Le fiamme delle candele rosa poste in centro tavolo creavano strani giochi di ombra e luce sul tavolo imbandito di ogni ben di Dio: svettavano un mega piatto ricco di un misto mare e una bottiglia di champagne che chissà da dove era stata tirata fuori. Ai due opposti lati del tavolo c'erano due posti apparecchiati con piatti in ceramica rosa, posate d'argento e bicchieri in cristallo.
Per me e per lui.
Negli spazi vuoti della tovaglia rossa erano stati messi vari piattini con spuntini in ogni tipo di pesce- mollusco.
Lo cheff era al corrente che adoravo il pesce, e sorrideva tutto contento.
Mi diede in mano un bicchiere delicatissimo mezzo pieno di champagne. Brindammo guardandoci negli occhi.
Non avevo ancora detto una parola che fosse una.
- Allora?? - mi spronò Naruto, girando intorno al tavolo con fare cerimonioso.
Mi chiesi da dove cavolo avesse tirato fuori tutte quelle cose di stampo antico e ricco e ipotizzai che dovevano essere appartenuti ai genitori del padre di Naruto. La madre, Kushina, aveva ben provveduto a sistemarli nei luoghi più remoti della casa.
Osservando le guance rosse del mio migliore amico fissai il pensiero su sua madre, era da tanto che non ne sapevo niente.
Non gli avevo ancora chiesto niente.
Mi vergognai. Kushina Uzumaki era una donna che lavorava come antropologa in giro per il mondo: da quando Naruto aveva compiuto sedici anni la casa dell'antropologa era stato il Burundi, le Riserve Indiane, la Finlandia. Tornava una volta ogni tanto,
quella madre snaturata. Ma sapevo che amava tantissimo quel suo figlio pazzoinde.
Adoravo Kushina, era una donna maschile e piena di carattere.
- Tua madre sarebbe contenta di questo riutilizzo di antica vettovaglie - dissi.
Naruto bevve tutto il suo champagne e mi guardò deliziato, anche se un po' sorpreso dall'aver sentito – dopo tanto – il nome di sua madre.
- Tu dici? Secondo me lei le considererebbe un addobbo inutile... non ricordi? Mangia quasi con le mani! -
Naruto rise. Risi anche io.
- Comunque... - Appoggiai il bicchiere quasi vuoto sul tavolo e tirai un lembo della camicia floreale di Naruto - ...grazie – sussurrai sfiorando la mia testa contro una sua spalla, sembravo un gatto in un momento di debolezza.
Ma non avevo più il carattere, io, di un gatto.
- Eh eh... pronta? Si parte con gli antipasti! -
Naruto tirò indietro la sedia dedicata a me e mi fece accomodare. Che bizzarro galantuomo.
Volevo essere felice, credetti per un attimo di esserlo, però tornai così facilmente a
vedermi da fuori e ad analizzare la situazione con gli occhi di una folle Sakura che mi rovinò tutto.
Come se un po' di gioia non me la potessi mai più meritare.
Continuai a desiderare l'attenzione di Naruto e contemporaneamente a respingerla.
Senza accorgermene quella sera bevvi come una spugna.


**


9 gennaio 2009 – ordinaria serata post lavoro -


Sakura Haruno si lavò a lungo le mani evitando di guardarsi nello specchio appeso alla parete di fronte a lei.
Le piaceva la sensazione dell'acqua calda tra le dita, era come se le mandasse via ogni fatica.
Il suo collega Gaara entrò di colpo nella stanzetta facendola sobbalzare.
- Perdonami –
Sakura lo guardò attraverso lo specchio e sorrise:
- Tranquillo, dopo una giornata così piena sono facilmente suscettibile – lo rassicurò lei chiudendo il rubinetto e asciugandosi le mani con un asciugamano sterilizzato.
- E' stata un intervento fuori dal comune – asserì lui insaponandosi le mani.
Sakura fu d'accordo e si assentò un attimo con la mente ripensando alle sette ore di operazione chirurgica appena trascorse.
Un intervento a cuore aperto per sostituire una valvola.
- Quell'uomo è forte – affermò visualizzando il volto addormentato del cinquantenne padre di quattro figli che avevano appena
salvato.
Gaara finì l'atto giornaliero di lavarsi le mani di fine giornata e si avviò con Sakura fuori dalla minuscola stanza verso i corridoi del reparto di cardiochirurgia.
Lasciarono i camici negli appendiabiti della sala riunioni e in silenzio si diresse all'uscita.
Una volta fuori Sakura respirò a pieni polmoni: l'aria pungente le restituì i propri pensieri facendola tornare all'essenza di ogni sera: una ragazza che lottava contro il proprio oscuro Io.
Gaara la guardò con la coda dell'occhio: in fondo lei e lui si assomigliavano, entrambi avevano terminato precocemente gli studi per via della loro altissima aspirazione.
- Le undici e trenta anche oggi - mormorò Sakura controllando di sfuggita l'orologio ma le si leggeva in faccia che non aveva alcuna voglia di tornare a casa.
- Domani turno notturno – le ricordò Gaara assaporando le sue parole. Gli piacevano i turni notturni, non gli pesavano per niente anche perchè dormiva poco e nemmeno ne sentiva il bisogno. La sua mente lavorava, lavorava, lavorava.
Sakura, invece, andava avanti a caffè nerissimi.
- Mmm...che dici se ci prendiamo qualcosa? - propose di colpo Sakura, guardando Gaara con speranzosi occhi verdi.
Il ragazzo annuì senza alcuna enfasi né commenti e insieme entrarono in un bar poco lontano dal'ospedale.
Il bar era caldo e accogliente, la cameriera li accolse con un'espressione rassegnata e ospitale e portò loro le ordinazioni senza nemmeno passare al tavolo a chiedere che cosa volessero. Sapeva che a quell'ora Haruno Sakura avrebbe bevuto una camomilla Sabaku no Gaara una semplice acqua tonica.
- E' domani che faremo conoscenza del nuovo paziente? - domandò Sakura girando il cucchiaino nell'acqua bollente.
Gaara ci pensò su un attimo.
- Tocca a te e Tsunade occuparvi dell'uomo che verrà trasferito in reparto dal pronto soccorso, dico bene? -
- Ricordi il cognome? -
Gaara scosse la testa, deluso dal non ricordare anche questo particolare. Lui a cui non sfuggivano nemmeno le cose che non lo riguardavano.
- Proprio non lo so... che sbadata Tsunade non mi ha nemmeno detto il cognome! -
Sakura premette una mano contro l'ampia fronte.
- Deve fare proprio tutte le visite preliminari? - si interessò Gaara che nel frattempo aveva già finito di bere l'acqua tonica.
- Sì. Nei prossimi giorni ci sarà il controllo completo. Il responsabile dell'emergenza ha constatato che c'è stato un infarto, mi chiedo perchè oggi l'hanno tenuto in pronto soccorso e non nell'emergenza di cardiochirurgia -
- Questione di posti, dimentichi? -
Sakura si sentì una stupida e lanciò uno sguardo di scuse al collega che invece aveva sempre tutto così tanto sotto controllo. Che avesse sotto controllo anche la vita privata? Da quel poco che aveva capito in quei mesi non era del tutto così. Di lui sapeva che aveva due fratelli, di cui uno con problemi cardiaci dalla nascita. Attualmente non aveva genitori e viveva assieme ai fratelli.
- Ok la smetto di parlare di lavoro... - disse Sakura abbassando il tono di voce e si concentrò sulla camomilla da finire. La classica camomilla che non faceva effetto per nulla.
Gaara fece roteare i suoi gelidi occhi in giro per l locale. Incuteva timore, ma ormai Sakura non era più spaventata da lui, era tutta questione di conoscenza. Quel ragazzo si era posto una educazione rigida e asettica, non era stato educato ai sentimenti essendo probabilmente cresciuto senza genitori, al contrario di quella di Sakura: rigorosa ma dedita ad ogni tipo di emozione. Anche troppo. Questo non voleva dire che Gaara non provasse emozioni, anzi. Le provava a modo suo. Aveva un grande cuore per fare quel tipo di lavoro, senza darlo a vedere.
Analizzare il prossimo faceva bene a Sakura, specie a mezzanotte; ma alla lunga diventava difficile. Il suo Io spingeva per avere un po' di attenzione.
- Avanti Haruno, è ora di tornare a casa – esordì Gaara che segretamente aveva imparato a conoscere la sua collega e aveva intuito che lei tentava sempre di scappare da
qualcosa. Da se stessa.
Ai suoi occhi era una donna piena di sensi di colpa. Peccato.
- Uhm. Hai ragione -
Gaara andò a pagare e la precedette fuori.
Era terminata un'ordinaria giornata di lavoro e meno male che avevano avuto il turno assieme: per quella notte avrebbero dovuto lottare un po' meno con i propri fantasmi.

**


10 luglio 2011, ore 07.30


Mentre camminavo sulla riva del mare ripensai a Sabaku No Gaara, quel mio serioso collega di lavoro e compagno di serate insonni.
Mi ritrovai a dire a me stessa che lui ed io eravamo straordinariamente
empatici: non sapevamo di fatto alcunchè l'uno dell'altro perchè concretamente non c'eravamo detti niente, ma io sapevo molte cose della sua vita e lui della mia. Ciò mi dava leggermente fastidio, specialmente quando mi mandava a dormire con osservazioni apparentemente disinteressate e io non desideravo che stare alzata a parlare di lavoro e dettagli anziché scervellarmi con me stessa. Probabilmente gli davano fastidio anche i miei intensi sguardi al suo volto alla ricerca di piccolissimi cambi di espressione su quei lineamenti di ceramica.
Cercai di immaginarmelo lì,
adesso, a Konoha: non ce lo vidi proprio. Lui apparteneva all'America selvaggia, non a Los Angeles – sia chiaro – ma al deserto dell'Arizona. Sapevo questo da certe informazioni più o meno indirette che avevo appreso nei due anni di sua frequentazione.
Mi ritrovai a pensarlo come amico, con mia grandissima sorpresa.
Così avevo lasciato qualcosa anche lì nella caotica Los Angeles?


**

10 Gennaio 2009, ore 08.45 – Come tutto iniziò -


Tsunade parlava concitatamente con delle infermiere quando arrivò Sakura. Le due donne si guardarono negli occhi senza dirsi momentaneamente nulla.
Tsunade indicò l'entrata della stanza numero 4 del reparto di cardiochirurgia a Sakura che ubbidì entrando veloce scansando due infermieri che vi uscivano in fretta.
Era una stanza con due soli posti di cui uno solo occupato dal paziente di cui avrebbero dovuto occuparsi le due donne.
Sembrava non ci fosse nessuno poiché regnava un silenzio assoluto.
Sakura scorse un uomo di spalle seduto su una sedia accanto al letto del malato. Il signor... la dottoressa Haruno non sapeva ancora il nome, si morse il labbro per la disattenzione.
Esitò una manciata di minuti prima di farsi strada all'interno della stanza durante i quali osservò con attenzione la schiena dell'uomo che non le permetteva di vedere il paziente. Si chiese se stesse dormendo, ma finalmente decise di farsi avanti.
- E' il signor... ? - lasciò sospesa la frase, mentre si avvicinava al bordo del letto.
- Uchiha Itachi –
A conferma di
quel nome l'uomo si girò rivelando il ragazzo moro e pallido che era.
Sakura non riuscì a celare un enorme smarrimento trovandosi a fissare un occhio nerissimo ed uno marrone; dovette appoggiarsi al bordo metallico del letto.
- Haruno Sakura? - la chiamò Itachi, alzandosi e andandole incontro alto, elegante,
oscuro.
La squadrò intensamente senza dare a vedere che non credeva a ciò che vedeva: con tutti i medici di questo mondo...proprio una ragazza di Konoha. E non una qualunque.
La (ex) fidanzata di suo fratello. In pochissimi istanti realizzò che era quella donna dai capelli rosa raccolti in una coda alta che aveva visto all'università alcuni anni prima quel giorno in cui era andata a parlare con Orochimaru.
Socchiuse le labbra, rimanendo in silenzio.
- ...Fugaku, giusto? -
Un'altra frase che Sakura lasciò in sospeso. Ma Itachi capì annuendo.
- Fugaku Uchiha –
Sakura si tirò su, alzò ben bene la testa facendo luce nella sua mente: non aveva alcuna intenzione di venir meno al suo lavoro per
questioni exra lavorative. Con un immenso sforzo tornò ad essere il medico rigido e inaffondabile che dimostrava essere, con gli occhi verdi senza alcun brillio di incertezza e le labbra senza alcun tremore. Avrebbe avuto tante cose da chiedergli, cercò anche di scacciare il ricordo di un giorno di alcuni anni prima, quando lo aveva intravisto all'Università. Ormai si era convinta di aver avuto un'allucinazione, all'epoca.
- Occupiamoci di lui – disse senza alcuna inflessione nella voce limpida e rivolse l'attenzione all'uomo che giaceva sul letto. Un distinto uomo sessantacinquenne che non era mai stato in un'ospedale in vita sua. Quella era la sua primissima volta.
Non il padre di Sasuke, non il padre che Sasuke non aveva mai avuto.
Non tutte quelle ombre che lei su suggestione di Sasuke gli aveva attribuito, non un corpo senza cuore come lo aveva sempre immaginato da quel poco che era riuscita a carpire dalle parole e i modi di essere del Sasuke di allora.
Niente di tutto questo, niente che aveva solo immaginato. Non un fantasma.
No.

Sakura si promise di mettere il cento per cento in quella tappa del suo lavoro da neo chirurgo. Non era più una tirocinante. Avrebbe bruciato le tappe anche quella volta, si promise. Questo sarebbe stata semplicemente una prova da superare per raggiungere il meglio
Tutto sommato ad Itachi andò bene rimandare a
più tardi nella vita le pesanti questioni familiari.

**


10 luglio 2011, ore 09.30 –


- Ben svegliato! -
Gli occhioni di Naruto si spalancarono sul mio viso che doveva apparire raggiante; infatti nei minuti precedenti– prima di salire in camera da lui – avevo provato diversi sorrisi davanti allo specchio:
volevo mettermi alla prova e ripagarlo del pane quotidiano che mi offriva. I suoi sorrisi.
Mi sentivo più cattiva che mai.
- Sakura... -
Naruto si mise seduto sul letto e io mi sistemai meglio sul bordo aspettando che ultimasse la frase. Ci mise un po' per parlare di nuovo, dormiva in piedi. O forse stava riflettendo? E' vero, Naruto rifletteva molto, più di quanto si sarebbe detto. Aveva cominciato a farlo costantemente – credo – da quando anche io avevo lasciato Konoha. Di ciò l'unico fatto estenuante era che quando faceva così non riuscivo a capire cosa diavolo gli passasse per la testa. Mentre quando sorrideva...
ah bè quelle volte intuivo il mondo intero.
- Hai perso la parola? - lo punzecchiai facendomi più vicina con sguardo indagatore.
Naruto scosse la testa energicamente e protese il busto verso di me.
I nostri volti furono a pochi millimetri dall'altro; mi ci persi, in quei pezzi di cielo. Mi inglobarono.
- ...senti un po'...va tutto bene? - mi bisbigliò all'orecchio.
Le vibrazioni della sua voce mi fecero avere dei brividi. Mi toccai l'orecchio: lo sentii bollente.
E poi – improvvisamente – tutta la potenza di quella semplice domanda mi piombò addosso.
Mi sentii affondare giù, sprofondare nel letto, diventare sempre più piccola.
Mi aggrappai alle lenzuola e mentre quasi quasi le strappavo un sorriso vero e amarissimo mi affiorò sulle labbra.
Dannato Naruto.
Ebbi voglia di prenderlo a schiaffi.
Mi guardai le nocche delle mani: erano lisce, perfette, dure: avrei colpito forte.
Tornai ad osservare gli occhi di Naruto: erano chiusi Stava riflettendo.
- Sei uno sfinimento, sai? -
Era tutto quello che ero capace di dirgli e senza alcuna rabbia nella voce, ma solo una grande rassegnazione mista a qualcosa di indefinibile ma oscuro.
Non riuscivo nemmeno a manifestargli la mia rabbia – repressa - .
Che male che ero ridotta.
E io che mi ero prospettata di entrare in camera di Naruto, svegliarlo con un sorriso e proporgli una giornata a fare tutto ciò che voleva lui – surfare, mangiare ramen, guardare un film a noleggio con tanto di pop corn, prenderlo a pugni, litigare, dargli del rompi scatole, farmi abbracciare e coccolare - . Cosa voleva di più?
Stupido Naruto.
E invece si ritrovava con una che cambiava umore come la notte diviene giorno e che non sapeva più nemmeno coabitare con se stessa. Figuriamoci con lui.
- Lo so e ti dirò di più: ne sono orgoglioso, insomma vuoi mettere avere qualcuno che si preoccupa per te in continuazione piuttosto che non averlo? Cosa credi... credi che sia facile fare finta di niente e stare al tuo gioco? -
Mi guardò con una serietà focosa. Si stava scaldando.
- Ma lo stavo facendo per te – mi impuntai, scappando al suo sguardo di fuoco.
Naruto scoppiò in una breve risata.
- E tu volevi comprarmi con un sorrisaccio falso? Pensavi davvero che lo avrei bevuto? - mi domandò allibito, tirandomi per un braccio.
Mi tolsi bruscamente dalla sua presa.
- A dir la verità...non avevo voluto pormi questi dubbi – risposi, sincera.
In fondo avevo avuto fiducia – per un attimo – nella parte più ambigua di Naruto, quella parte
nera che c'è in ognuno di noi e che può renderci altri agli occhi di chi ci sta dinnanzi.
Avevo fatto l'ennesimo errore di calcolo – cosa che nel mio lavoro riuscivo a guardarmi dal non fare – perchè Naruto avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non farsi vedere inumano da me.
Lo odiai talmente tanto in quel momento che alla fine lo amai.
Fu un semplice istante, il passaggio dal nero al bianco fu repentino e istantaneo: si impossesò di me.
- Abbracciami -
A stento riconobbi la mia voce in quell'ordine disperato.
L'unico uomo che mi era rimasto ubbidì senza alcuna esitazione, balzando sopra le lenzuola ed abbracciandomi da dietro. Le sue braccia mi avvolsero tutta, appoggiai la mia schiena al suo busto, la testa sulla sua spalla, le mie mani avvolsero le sue.
Fu inebriante il calore del suo corpo. Un tepore così assurdo per me così fredda.
Ebbi una gran voglia di piangere che spinse da dentro, dentro, dentro.
Non riuscii a trattenermi.
Mi vergognai. E piansi ancora di più.
Sciocca Sakura.

**


13 Gennaio 2009, ore 06.45


- Un medico che fuma? -
Sakura tirò una lunga boccata alla sua camel light del mattino. Si sentì effimeramente forte.
- Uhm? - mugugnò in direzione dell'uomo che le aveva parlato.
Itachi Uchiha le andò di fronte. Sakura pensò che diavolo ci facesse in ospedale con mezz'ora di anticipo rispetto all'orario stabilito. Alzò un sopracciglio, stizzita.
- Mi fai dare una boccata? -
Lo guardò dal basso verso l'alto agitando la sigaretta. Ci pensò su.
- No. Lo hai detto tu. Un medico deve dare il buon esempio – asserì in tono canzonatorio, la voce impastata - non posso permettermi che i tuoi polmoni si riempiano di petrolio -
Itachi alzò le spalle.
- Molto poco professionale, direi – disse e, nonostante guardasse con intensità l'entrata dell'ospedale, rimase dov'era.
Sakura cominciò a ticchettare il piede a terra, visibilmente nervosa. Non era pronta...non era pronta per una chiacchierata mattutina con quell'uomo. Non in quella sede.
Ricordò a se stessa la promessa:
niente interferenze sul lavoro.
- Ha un'idea di quando avverrà l'operazione? - si sentì chiedere improvvisamente.
Schioccò il palato, prima di rispondere.
- Ne parliamo all'interno, in sede adatta. Dopotutto il mio turno comincia tra... - Sakura guardò l'orologio - ...quindici minuti esatti. E la visita per lei è consentita dalle... -
- ...alle otto e un quarto. O meglio, stando ai vostri orari le otto e mezza – la interruppe Itachi squadrando il mondo con stanca superiorità. Sakura riconobbe quel modo di fare.
Deglutì e buttò per terra il mozzicone.
- A dopo, Uchiha –
Girò i tacchi e con quanta più calma possibile si diresse all'entrata.
Una volta dentro all'ospedale si complimentò con se stessa per l'impeccabilità dimostrata: stava diventando molto brava a smascherare le emozioni. Ne aveva dato prova in quegli ultimi lunghissimi tre giorni passati con gli Uchiha.
Si rese conto di essere
cresciuta.

**

Era solo l'inizio.

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Capitolo 8
*** Come up to meet you tell you I'm sorry ***


Buongiorno gente! ^^ E' con una liberazione di spirito infinita (ho finito gli esami! =p) che vi annuncio l'ottavo capitolo di “L'ultima estate”.
Ecco l'aggiornamento di una storia in cui sto mettendo una gran parte della mia anima.
E' una fan fic di quelle “vecchio stampo”, di quelle che scrivevo qualche tempo fa qua su efp. Ringrazio ancora con un forte abbraccio le cinque persone (fondamentali) che hanno recensito lo scorso capitolo e le persone che hanno questa storia tra le preferite o le seguite.
Spero di poter sapere che ne pensate di questo aggiornamento.
La trama si evolverà un poco ;)



L'America...da sempre terra di libertà, agli occhi di chiunque non ci avesse mai messo piede.
Anche per me che alla prima occasione presi il primo aereo e scappai a Los Angeles.
Non è andata come doveva.
Il passato tornò a perseguitarmi anche nella cosiddetta terra dell'oro. E il presente... fu talmente tanto duro.
Eppure credo che tornerei a fare esattamente la stesa scelta: tornerei a prendere il primissimo aereo per Los Angeles e a scappare.
Vorrei soltanto aver portato con me qualcuno. A ricordarmi di non fare cavolate, a ricordarmi di essere quello che sono e non la maschera orribile di me stessa.
Mi chiedo come i miei colleghi di lavoro e chiunque mi sia stato vicino nei miei primi anni in città mi abbia potuto sopportare.
Dovevo essere l'essere umano più odioso sulla faccia della terra.


**

Cap. 8
Come un to meet you tell you I'm sorry*

01 Febbraio 2009


Itachi Uchiha e Haruno Sakura non riuscivano a guardarsi negli occhi.
Lei – che indossava un paio di occhiali enormi e scurissimi - guardava l'orizzonte fumando senza enfasi.
Lui fumava piano e aveva gli occhi quasi immobili davanti a sé. Sembrava osservasse la ragazza eppure non lo stava facendo. Non stava guardando niente.
Finirono le sigarette senza dirsi una parola; ne accesero delle altre fino a che Sabaku No Gaara – il medico che fino ad allora aveva sempre portato a termine le operazioni con successo - andò loro incontro e, lanciato un'intensa occhiata all'uomo dai capelli scuri, prese Sakura per un braccio e la tirò via.
- Abbiamo fatto tutto il possibile – disse, irremovibile.
Itachi non rispose né si mosse dalla sua posizione statuaria. Si limitò a soffiare fuori dalla bocca il fumo bianco e ad osservarne le forme che assumeva.
Gaara portò via con sé Sakura, in silenzio.
Avrebbe voluto allontanarla per sempre da lì.

**


04 Febbraio 2009


Come up to meet you tell you I'm sorry


Il pomeriggio precedente Sakura Haruno aveva detto a Tsunade che non si sarebbe presentata al funerale di Fugaku Uchiha e Tsunade non le aveva risposto alcunchè.
Lo aveva detto anche a Jiraya e questi aveva sorriso.
Lo aveva infine detto anche a Gaara e questi – col suo denso silenzio in risposta e gli occhi gelidi pronti a penetrarle nell'anima – le aveva fatto cambiare idea.
E così eccola nella cappella dell'ospedale, seduta tra Tsunade e Gaara, a sforzarsi di tenere la testa alta.
Uchiha Itachi aveva deciso di fare la prima parte della cerimonia nella cappella dell'ospedale, prima che il corpo dell'industriale fosse trasferito nella sua terra d'origine: Konoha.
Sakura stava sì partecipando al funerale a Los Angeles ma non sarebbe volata a Konoha. Su questo era irremovibile.
Dal suo posto osservò le spalle magrissime di Itachi Uchiha seduto accanto al suo amico Kisame nella panca di fronte a quella riservata ai medici: a lei, a Gaara, a Tsunade, a Jiraya e a tutti gli altri della squadra. Che aveva fallito.
Tutto il peso di questo mondo era crollato sulle spalle di Sakura che, quando l'avevano avvertita nel suo appartamento - l'indomani dell'intervento di sostituzione della valvola cardiaca – che Fugaku Uchiha non aveva superato la notte, si era sentita subito profondamente in colpa. Perchè lei Fugaku credeva di conoscerlo per via dei racconti di Sasuke e dei pregiudizi del paese, delle persone, della sua testa, del mondo intero.
Ma non era stata lei a sbagliare, non era stato nessuno. Semplicemente l'uomo non ce l'aveva fatta. Si era spento di colpo. Via da questa terra.
Sakura non credeva nell'al di là. Si chiese se Itachi ci credesse.
“Sasuke” fu il primo pensiero di Sakura dopo il panico iniziale. Quel pensiero arrivò di notte. Si chiese se fosse stato avvertito ma tale domanda non ebbe risposta. O almeno non ancora. Sakura non aveva domandato nulla a Itachi, in quei giorni di convivenza dottore – parente in merito a Fugaku. Aveva mantenuto la sua promessa.
- Sakura... -
La voce stranamente dolce di Tsunade la riportò alla cerimonia funebre.
- Dimmi –
- Ti ordino di smettere di pensare -
Tsunade si girò a guardare Sakura con sguardo severo. Fu una frazione di secondo, poi tornò a fissare la bara scura posta in cima alla navata principale della cappella. Imperscrutabile.
Sakura intrecciò le mani e seguì l'ave maria: il prete stava raccomandando Fugaku alla Madonna.
Ascoltò il coro di voci – prevalentemente maschili – delle persone presenti alla cerimonia: pezzi grossi del mercato, colleghi di lavoro di Uchiha Fugaku, amici stretti, un paio di donne – anche giovani - . Non tutti erano riusciti ad entrare. Molti aspettavano fuori dall'ospedale, diverse persone probabilmente le più strette avrebbero seguito la salma fino a Konoha.
Le voci la ipnotizzarono. A fine preghiera Sakura non pensò più.

Nel piazzale antecedente l'ospedale alcuni più stretti colleghi di lavoro del famoso imprenditore Uchiha circondavano Itachi – il figlio maggiore - .
Sakura non riusciva a vederlo, per quanto si sforzasse di intravederne il volto tra una spalla di un uomo e l'altra.
- Che fai, rimani qui? - le domandò Tsunade comparendole di fronte apparentemente dal nulla.
Sakura scosse la testa chiedendosi da dove la donna la tirasse fuori quella forza che in quel momento emanava. In fondo doveva pur sentirsi almeno delusa anche lei. Avevano fatto tutto il possibile ma non era bastato.
- Volevo parlare... - Sakura non terminò la frase osservando l'espressione rassegnata della bellissima “mamma”.
C'erano state delle volte, soprattutto nelle prime chiacchierate con “la mamma dei tirocinanti”, che la donna era riuscita a tirare fuori diverse cose da Sakura. Era una delle poche – assieme a Jiraya – a sapere di Sasuke, il minore degli Uchiha che se ne era andato di casa a diciannove anni per inseguire un fratello ma che, a quanto pareva, trovarlo - se l'aveva trovato - non gli era stato sufficiente. Sakura aveva dovuto dire a loro due una parte se non tutta sua storia, almeno brevemente, se no ne andava del suo lavoro. Aveva dovuto mettere in chiaro coi suoi capi la posizione in cui si trovava con Itachi. In fondo l'averlo incontrato l'aveva destabilizzata non poco, anche se non lo aveva mai dato a vedere.
C'erano stati dei momenti nei quali Tsunade l'aveva sostituita nel fare il turno se significava stare sola con Itachi Uchiha.
Le era grata per questo e le parole sottintese, la comprensione concreta, senza mielosità.
Ed era grata a Jiraya e ai suoi sorrisi che in quei mesi le avevano reso in piccola parte meno pesante la mancanza di Naruto.
- ...vai. E mi raccomando, dritta al sodo. Guai se dopo domani ti presenti da me senza aver ricevuto risposte, intesi? -
Tutta quella severità per mascherare la preoccupazione... Sakura delle volte era esattamente come lei. Anzi, lo era sempre. Però avrebbe tanto voluto avere il carisma di Tsunade che era conosciuta in tutto l'ospedale come “la donna soldato” o la “Bella di ferro” per quella sua straordinaria bellezza unita ad una rigidità.
- Sissignora -
Si scambiarono un'occhiata di intesa e riuscirono addirittura a sorridersi. Dopo di che Sakura si fece strada tra la folla radunata per l'ultimo saluto a Fugaku e chiedendo permesso agli uomini che facevano da scudo al suo obiettivo si aprì un varco per arrivare da Itachi.
Non ebbe tremori di voci allorchè disse che doveva parlargli in privato.
Itachi acconsentì, si vedeva lontano un chilometro che se lo aspettava, l'arrivo di Haruno Sakura. Si vedeva lontano un miglio anche tutta la stanchezza che aveva addosso, la si evinceva dalle pesanti occhiaie che cerchiavano i suoi occhi infuocati, dal volto pallidissimo, dai gesti lenti. Nonostante la stanchezza però ebbe la forza di mandare via gli amici di suo padre e di rimanere solo con quella donna.
Aveva un bisogno urgente di andarsene via, sparire, perdere il controllo; ma resistette ancora un po'. Gli occhi di quella donna erano troppo insistenti.
- Perdonami – esordì Sakura, torturandosi le mani gelide.
- Non voglio il tuo perdono – rispose Itachi scandendo bene ogni singola parola.
Inconsciamente tirò fuori dalla tasca del giubbotto di pelle nera che indossava il pacchetto di luky strike e vi tirò fuori una sigaretta senza filtro.
- Non sono la dottoressa Haruno – disse Sakura con enfasi, convincendo se stessa – ora sono Sakura, voglio sia chiaro –
Itachi lottò un paio di secondi contro il vento che non gli faceva accendere la sigaretta.
Agli occhi di lei sembrava non avesse ascoltato una parola. Ma lei stessa sapeva che non era così.
Mentre lo guardava in volto pensò ad Ino e si chiese com'era accarezzare quel volto diafano, che fosse come accarezzare le guance di Sasuke? Ma fu un pensiero breve. Voleva mantener fede alla promessa appena fatta a Tsunade. Non. Pensare. Agire.
-
Ho assoluta urgenza di sapere delle cose, non serve che ti dilunghi in particolari... - Sakura si interruppe inspirando il fumo amaro che proveniva dalla sigaretta dell'uomo - … mi bastano dei sì o dei no – concluse abbassando la voce.
Itachi si aspettava anche questa frase. Era un dannato genio ad anticipare le mosse delle persone. Di tutti tranne di suo fratello che dieci anni prima si era presentato a casa sua senza preavviso suonando al campanello con violenza e piombando in casa come un pazzo urlando dove era “papà”, che “cazzo stesse combinando” e “perchè cazzo non tornava mai a casa più nessuno”. Itachi ripercorse mentalmente le risposte che aveva dato a suo fratello: “non abita qui”, “lavoro per lui”, oggi ho il pomeriggio libero”, “credi sia facile? Torno quando posso, semplice”. Se ne erano dette tante per quel giorno, e per i giorni successivi. Poi aveva accompagnato Sasuke a casa di papà. E lì era successo il putiferio.
- Sì, è stato qua dieci anni fa. Ad Agosto, precisamente – disse anticipando la domanda di Sakura che trasalì: era durante le vacanze estive dell'ultimo anno di liceo che Sasuke aveva fatto la sua scomparsa.
- Ah -
Itachi anticipò anche un altra domanda.
- Sì, è tornato due anni dopo -
Itachi ricordava solo che si erano fermati a bere qualcosa ad un bar e Sasuke aveva cominciato a intimargli delle più disparate cose e a sgridarlo in nome di una famiglia mancata. Continuava a dire che loro padre avesse una seconda vita, che fosse un bastardo che pensava solo ai soldi e malmenava i dipendenti. Che lui lo aveva spiato, in quei giorni e nei mesi precedenti, che si era informato. Ovviamente Itachi sapeva certe cose sul conto di Fugaku – intrighi, soldi, donne - ma non aveva alcuna intenzione di dar corda a Sasuke, per lo stesso motivo per cui si trovava a Los Angeles nei paraggi del padre: doveva vigilare. E sapere che Sasuke sapeva gli diede una nausea terribile. Sul conto di suo fratello seppe a stento che aveva cambiato più appartamenti tra New York e Manatthan. Non ci era mai tornato, a Konoha, quel giorno di epifania.
Itachi scosse la testa, mentre raccontava alla donna delle parole di Sasuke in merito a loro padre.
Itachi riprese parola.
- No, non l'ho più visto. So solo che all'epoca era rimasto qui in America -
Sakura ascoltava avidamente, cercando di crearsi immagini, volti, situazioni.
- Razza di pazzo...- sussurrò impulsivamente, premendosi il palmo della mano contro la ampia fronte.
Si concesse di pensare solamente che tutti i discorsi sul conto del padre che Sasuke gli aveva fatto non erano mai stati chiari. Avrebbero potuto aiutarlo. E pensò anche che Sasuke non sarebbe mai andato a nessun funerale. E lei che per un attimo ci aveva quasi creduto...
Pose fine alla riflessione con una smorfia dolorosa che Itachi lesse abilmente.
- E' cocciuto, cieco, istintivo – Itachi chiuse gli occhi – come il padre, d'altronde -
Tra lui e Sakura calò il silenzio.
Non avevano più niente da dirsi, in quel momento.
Sakura si chiuse nelle spalle, non paga. Si limitò solo a chiedere a Itachi se sarebbe tornato presto da Konoha. Questi alzò le spalle, probabilmente – ipotizzò lei – aveva pensato ad Ino Yamanaka per un attimo. Fu lì lì per dirgli qualcosa in merito alla sua migliore amica di un tempo, ma non ebbe nemmeno la forza di mandarla a salutare da parte sua.
Riflessioni più acute erano rimandate alla seduta successiva.
Sakura avrebbe avuto un pensiero in più per il quale non dormire, quello che poi sarebbe stato il suo chiodo fisso: Sasuke Uchiha. America.

**


4 Agosto 1999

-Ma sei pazzo? -
- Lascialo parlare, Naruto -
- Non ho niente da dirvi -
- Tu stai scherzando. Lasceresti i tuoi amici?! -
- E' una ipotesi, sta parlando, sta spiegando...lascialo parlare, avanti -
- Lascia stare, Sakura;e ora basta, non ho più niente da dirvi -
- Promettimi che non dirai più certe baggianate come quella di partire senza di noi e senza sapere se ritornerai... In caso verremo con te, chiaro?!

- Sei un rompiballe -
- Lo so- E tu un dannato depresso -
- Meglio depresso che idiota -
- Avanti voi due...smettetela. Basta Naruto! -

Erano ancora bei tempi, quelli.


**


4 Luglio 1998


Sakura era una ragazza di diciotto anni brillante e nel pieno del suo sviluppo, ogni cosa in lei faceva pensare alla vita, persino quei suoi folti capelli rosa che d'estate teneva raccolti in una lieve coda.
Aveva tutta la vita davanti; ed era lei stessa a dirselo, soprattutto quando se ne stava in piedi accanto all'ombrellone, abbracciata all'asciugamano rosa a succhiarsi le labbra salate ad osservare Sasuke e Naruto venirle incontro dalla riva: il biondo che si sbracciava grondando acqua e il moro che faceva finta di non conoscerlo e la guardava dritta dritta coi suoi occhi scuri nonostante il riflesso del sole di mezzogiorno.
Quell'estate, poi, era particolarmente felice. Come forse non lo era stata mai.
- Sapessi come l'ho stracciato! - esclamò Naruto una volta raggiunto l'ombrellone, buttando sulla sabbia il pallone da pallavolo.
- Gli ho dato questa soddisfazione... - disse Sasuke a bassa voce avvicinandosi a Sakura e toccandole l'asciugamano.
- Asciugati, tieni! – disse lei con enfasi e fece per togliersi l'asciugamano. Ogni volta la stessa storia. Ma si trovò bloccata dalle mani di Sasuke che l'avevano presa per le spalle.
- Non ne ho bisogno, io – gli disse questi, fissandola intensamente mentre la mano destra scivolava su sul collo, sul mento fino a toccarle la guancia di Sakura, ad accarezzarla.
La ragazza rabbrividì. Non ebbe di che dire, davvero. Voleva ricambiare a quella inaspettata carezza ma aveva le mani che tenevano l'asciugamano stretto attorno al suo magro corpo, e poi era senza fiato. Era una tremenda imbranata in questioni amorose.
Lei e Sasuke stavano assieme da più o meno tre mesi eppure ogni minuto era come il primo passato davvero assieme, quella sera di fine aprile quando Sasuke l'aveva di punto in bianco baciata sul pontile di Konoha di fronte ad un Naruto leggermente sbronzo ed allibito.
- Uff...avanti, non potete trattenervi? -
La voce di Naruto arrivò puntualissima a scalfire quel poco spazio d'aria che ormai separava la bocca di Sakura da quella di Sasuke. Sakura si spostò velocissima, Sasuke sbuffò facendo qualche passo e sedendosi sul piccolo sgabello portatile nel punto più ombroso in quel paio metri quadrati occupati dal trio.
Sakura si tolse dal sole che le picchiava bollente in testa e, passando accanto a Sasuke senza guardarlo – era una droga, altrimenti - , cominciò a racapezzare qualche asciugamano e altre cose da spiaggia e a riporre il tutto dentro un borsone.
- Lo porterai tu questo giro, vero Naruto? - domandò al biondo ora tutto intento ad asciugarsi energicamente i capelli, indicandogli la mega borsa rosa.
- Ma scusa non tocca a quello?! - chiese in risposta Naruto indicando un pacifico Sasuke immerso in chissà quale riflessione del momento.
Sakura scosse la testa.
- Ricordi? Lo ha portato una volta in più – disse Sakura in tono prolisso – accidenti, sembra di essere tornati bambini, qui... quando la mamma diceva chi doveva portare cosa – aggiunse, togliendosi una goccia di sudore che le stava rigando la fronte.
Naruto rise.
- D'accordo, però mi prometti che stasera in centro ci compriamo un borsone arancione, ok? -
La guardò con occhi azzurri imploranti.
Sakura sospirò profondamente.
- No. Blu – arrivò una voce esterna.
- No. Arancione, lasciami almeno questa soddisfazione cazzo! -
Naruto puntò i piedi sulla sabbia.
- Ne compro due e bella finita – pose fine alla questione Sakura, stanca di quei battibecchi infantili che però la rendevano comunque felice. Perchè erano parte di loro.
- Direi che è ora di andare a mangiare! - propose Naruto, già bell'e vestito, con la sua classica maglietta arancione e i pantaloncini bianchi.
Stranamente Sasuke fu d'accordo con lui; motivazione? Odiava il sole cocente della mezza.
Naruto caricò il borsone sulle spalle mentre Sasuke tirava prepotentemente a sè Sakura e le sussurrava un “ci liberiamo di lui stasera, vero?” al quale lei rispose tirandogli un gomito nello stomaco ma non negando affatto a parole.
- Ramen oggi! Quello che ho comprato l'altra sera al chiosco... - si beò Naruto anticipando i due fidanzati di almeno due metri, guidato dall'acquolina in bocca e da un amaro buon senso. D'altronde quei due si piacevano alla follia, d'altronde lui voleva troppo bene ad entrambi per rovinare quello che c'era. Se erano felici, era felice anche lui. Anche se avrebbe pagato oro per poter stringere Sakura tra le sue braccia e non lasciarla mai più.


12 luglio 2011

Hinata chiese con voce debole di poter entrare in camera mia bussando leggermente alla porta. Scossi la testa pensando che non era cambiata di una virgola, in quei sei anni,e per un attimo esitai per andare ad aprire, sadicamente e senza un motivo preciso. Così prepotente la sua timidezza, la sua paura di non disturbare. Come potevamo piacergli sia lei che io a Naruto? Io, la rompi scatole, io, la difficile.
Andai ad aprire e la ragazza dagli occhi quasi bianchi mi si presentò davanti con un sorriso imbarazzato ma una strana luce negli occhi. Aveva un'espressione determinata.
- Sakura io devo parlarti – esordì controllando il tremolio della voce.
Annuii grave, potevo immaginare di chi e di che cosa volesse così ardentemente parlarmi e mentre la osservavo sedersi sul letto di fronte alla sedia dove presi posto io provai una remota pulsione di compassione. Credevo di non esserne più capace.
- Ti ascolto – dissi, invitandola a parlare liberamente come sapevo che avrebbe fatto.
In un certo senso mi fece bene
sapere che qualcuno mi prendeva ancora come ascoltatrice o confidente. Mi fece ricordare i tempi del liceo, quando Ino per me – ed io per lei – non aveva segreti.
- Lo so che piombo così improvvisamente e che può risultare strano che io corra da te, però...ne ho bisogno – Hinata cercava di giustificarsi, di dare un perchè alla situazione che si stava creando che a me non sembrò affatto strana: non eravamo due vecchie amiche, in fondo? Tra me e lei le cose erano sempre andate bene, tranquille, niente rapporti
esclusivi, niente interferenze. E sì che io ero tutto ciò che avrebbe sempre voluto essere lei: l'oggetto del desiderio di Naruto.
Non mi aveva mai portato rancore.
- Lo so anche io, ma va bene così –
Hinata portò le mani sulle ginocchia, fissò un punto imprecisato davanti a sé mentre cercava le parole da dirmi, per calibrarle con la sua dolce razionalità.
La ringraziai, in quel momento. Mi donava attenzione cercando attenzione da me.
- Lo sa, Naruto, che ho in matrimonio in ballo? -
Fu più diretta di quanto pensassi.
- Lo sa – risposi subito, non volevo farla aspettare.
Come erano incasinate le vite di noi povere ex bambine di Konoha.
- ...e allora perchè... - la frase morì sul nascere ma io afferrai il suo significato: mi stava cercando di chiedere perchè diamine quello sciocco di Naruto non gliene avesse parlato.
- Se ne sta zitto perchè prima di tutto non vuole farti del male tirando fuori un argomento scottante, sai bene anche tu come è fatto... - asserii senza smettere di fissare Hinata negli immensi occhi chiari - …e poi è uno stupido, ecco tutto -
E una stupida ero io, a pensare a quanto quei due assieme sarebbero stati bene e contemporaneamente a provare una specie di paura al solo pensiero che Naruto sfiorasse Hinata, come se ad un solo tocco io fossi abbandonata.
Stupida Sakura.
- Ma io che potrei dirgli? Non so nemmeno che fare... -
Hinata abbassò leggermente la testa ed una cascata di lunghi capelli neri le ricadde davanti al volto. Aveva la voce roca.
Mi passò per la mente il volto austero di Neji, quel cugino che a prima vista sembrava una persona gelida ma che conoscendolo – l'avevo conosciuto due estati di seguito, ai tempi del liceo, quando da New York dove abitava era venuto in vacanza (e rendersi conto del
mestiere) dagli zii a Konoha per un certo periodo estivo. Mi era sembrata una persona per bene. Daltronde dagli Hyuuga decidevano i grandi, il padre. Visto che la madre di Hinata era morta molti anni prima dando alla luce la sorella minore di Hinata, Hanabi: una ragazzina odiosa agli occhi di molti, tale e quale suo padre, dicevano in giro. Io non la conoscevo, se ne stava per lo più per conto suo. Mi domandai che fine avesse fatto, doveva essere cresciuta.
- Senti, Hinata, posso farti una domanda? - domandai a bruciapelo. Mi stava sulla coscienza una cosa.
- Ssì -

- Neji, ti piace? - buttai lì, scrutando una qualsiasi sua reazione. Ma aveva il volto coperto e potei osservare solo le mani che stringevano la stoffa dei pantaloni.
Ci fu silenzio per un bel po', però non fui pentita. Non avevo nulla da perdere.
- Io... credo di sì – rispose tutto d'un fiato – Non so... - si affrettò ad aggiungere, alzando una mano in aria come a cancellare qualcosa di invisibile.
-
Capisco -
La mia voce uscì assurdamente profonda, mi sentii vecchia.
Eravamo tutti degli sfigati – mi dissi – eravamo tutti dei disadattati che amavano più persone vivendo vite alienate. Non ne era risparmiato neanche Naruto, amato a metà e per ben due volte: da me e dall'angelica ragazza che era di fronte a me.
Non posso dire che mi sentii triste per lui, però provai una tristezza generale, tristezza per me, per Hinata, per Konoha, per la vita di tutti noi.
Non seppi che altro dire.





*The scientist, Coldplay

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Capitolo 9
*** Come soldati che tornano dal fronte ***


Buongiorno gente, il nono capitolo de “L'ultima estate” è già pronto. Ho deciso di pubblicarlo oggi poiché prossimamente sarò alquanto impegnata e vi avrei fatto aspettare troppo l'aggiornamento! Nonostante le poche recensioni che ricevo per capitolo ammetto che mi piace sempre scrivere questa storia strana e densa. E se continuo a postare è merito di quelle anime che con le loro parole mi spronano ad andare avanti ogni volta, perciò rinnovo i miei ringraziamenti. Spero prima o poi di poter sapere qualcosa sulla fanfiction anche da chi l'ha messa tra le seguite o preferite e non s'è mai fatto sentire...sono proprio curiosa! Insomma, da autrice è sempre bello ricevere le opinioni dei lettori, ci vivo delle vostre parole e se non ci sono...bè mi demoralizzo subito.
Il capitolo che vi apprestate a leggere è un susseguirsi di scene prevalentemente passate (a parte le prime due e l'ultima): vedremo riapparire in scena la Ino del passato e il Kakashi del presente, oltre che il Sasuke del passato e un po' di
sano team 7.
Allora Buona Lettura gente, spero possa essere di vostro gradimento!




Senza che me ne accorgessi erano passate due settimane dal mio arrivo a Konoha.
Le mie straordinariamente lunghe – e obbligate – vacanze estive stavano scivolando via rapide come granelli di sabbia sulle dita ma dense come olio.
Quell'anno eravamo giunti in tanti a Konoha. Eravamo quasi tutti tornati in patria, come tanti soldati sopravvissuti al fronte. Nelle menti lo schok delle nostre guerre quotidiane e il vuoto delle cose non vissute.

Capitolo nove. Come soldati che tornano dal fronte


Non avendo nulla da fare e volendo per forza inventarmi un passatempo ero andata al piano di sopra, in camera di Naruto, e avendola trovata vuota ero entrata come una spia e avevo cominciato a guardarmi un po' in giro fino a che la mia attenzione non si era posata su di un album appoggiato al comodino.
Era meglio se mi facevo i fatti miei perchè mi ritrovai davanti ad un album fotografico di vecchia data, un po' sgualcito ma intatto in ogni sua foto.
Prima ancora di aprire la prima pagina dell'album seppi a cosa andavo incontro, era così facile intuirlo. Dovevo solo scoprire chi ci sarebbe stato in prima pagina...io o Sasuke? O tutti e tre?
Provai una strana sensazione pensando a quanto le mani di Naruto fossero passate su quell'album e quanto i suoi occhi si fossero posati sulle sue foto. Era davvero così nostalgico? Teneva l'album sul comodino affianco al letto come un individuo qualsiasi tiene la sveglia.
Io, a Los Angeles, avevo rovesciato la foto che ritraeva il trio e ora rivolgeva verso di me solo la cornice in legno.
La prima foto era dedicata a Sasuke, quando la vidi ricordai subito il momento e il luogo in cui era stata scattata e mi abbandonai ai ricordi come una vecchia alla fine della sua vita.
In quella immagine Sasuke aveva diciassette anni, era il ragazzo che Naruto ed io avremmo perso di lì a poco; non sorrideva all'obiettivo né lo guardava, sembrava invece fissare un punto al di là dell'improvvisato fotografo – Kakashi -: quel punto ero io; ricordai che cercavo di farlo sorridere puntandogli un dito contro. Che razza di furba. Era sera, eravamo appena tornati da una gita appena fuori Konoha in un luogo incantato bagnato da un fiume, e avevamo tanto riso – sì, anche Sasuke, seppur in maniera assai minore – avevamo tanto parlato – sì, anche Sasuke, con molti più monosillabi – e avevamo fatto tanti stupidi progetti – no, Sasuke no, Sasuke aveva ascoltato... anzi, aveva detto qualcosa in merito ad una sua fuga, non lo eravamo stati ad ascoltare.
Uchiha Sasuke era nel pieno della sua bellezza, in quello scatto. Con quella sua superba espressione e le labbra appena socchiuse, gli occhi nerissimi che incrociavano i miei, le spalle leggermente piegate in avanti, le mani in tasca dei jeans scuri, la camicia semi aperta, quell'aria da latin lover mancato. Perchè Sasuke non muoveva un dito per essere così dannatamente affascinante. Aveva mosso un dito solo per prendermi bruscamente, per rapirmi dal cuore di Naruto con determinazion quando meno me lo aspettavo, quando ormai avevo quasi deciso di fare io la prima fottutissima mossa.
Voltai velocemente pagina, ricominciando a respirare.
e mi vidi.
Ero una dodicienne imbronciata che squadrava l'obiettivo.
Ebbi l'impressione di volermi dare fuoco.
Povero Naruto, che si ritrovava di fronte una tal furia.
Mi invase un enorme sconforto.
Non ero né solare né bella in tale foto, anzi. E potevo immaginare anche con chi ce l'avessi: con Naruto, ovviamente, chissà cosa non mi aveva fatto. Probabilmente i suoi complimenti a raffica o la sua mancanza di tatto verso un mio scatto precedente non particolarmente riuscito.
A dir la verità mi mancava più questo suo lato infantile e imbranato che mi mandava infantilmente su tutte le furie.
Nella pellicola dopo era stata messa una foto di Kakashi con il classico libro in mano, leggeva in continuazione. Non degnava di uno sguardo colui che io ricordavo essere il biondo fotografo dalla mano inferma.
Sorrisi.
Alla foto dopo c'eravamo noi tre, ne avevo una copia pure io. Era nella cornice sul comodino a Los Angeles. Eravamo vestiti coi grembiuli di scuola. Piccoli e così diversi l'uno dall'altro, già con le peculiarità di adesso: chi sorrideva a trentadue denti, chi corrucciava la bocca, chi sorrideva raggiante e con le guance arrossate.
La suoneria del cellulare mi fece sobbalzare. Neanche ricordavo di averne uno, figuriamoci di averlo messo in tasca dei jeans.
Il nome di Gaara comparve nello schermo illuminato a intermittenza: per poco non presi un colpo. Sabaku No Gaara che chiamava qualcuno col telefonino, per giunta dall'altra parte del mondo? Riuscì a farmi quasi sorridere di gusto.
- Ehi... - sussurrai decidendo che non potevo non rispondere alla chiamata.
- ...Sakura? - mi domandò una voce bassissima e lontanissima. Si prendeva male.
- No, guarda... - risposi ridendoci sopra. Sinceramente.
Questa non me l'aspettavo proprio.
- Tutto bene? -
Fu diretto, d'altronde non erano proprio da lui i giri di parole.
Mi aveva obbligato anche lui ad accettare da Tsunade quelle lunghe ferie promettendomi di fare anche alcuni dei miei turni assieme a chi mi avrebbe sostituito in parte, un certo Sai, uno strano chirurgo che vagava di ospedale in ospedale sempre con un quaderno degli appunti in mano, nella quale disegnava cuori, valvole, arterie e anche i ritratti di chiunque incontrasse, specialmente dei pazienti. Lo avevo conosciuto due giorni prima di partire e a parte l'aria apparentemente minacciosa mi aveva fatto una impressione abbastanza buona.
Mi ricordai solo dopo un po' di secondi di rispondere a Gaara. Io e il mio assentarmi mentalmente...ero insopportabile.
- Abbastanza, dai – risposi né troppo euforica né troppo dismessa. Mentii in parte ma non davvero sapevo cosa avrei potuto dirgli: da una parte a Konoha assaporavo una assurda pace, dall'altra il mare dei ricordi e delle sensazioni a volte mi travolgeva.
- Qua tutto procede perfettamente –
Gaara stava lavorando il doppio anche per me, oltre che per un suo bisogno [lui necessitava delle ore di lavoro che lo ponevano di fronte alla ragione stancandolo perchè chissà quali fantasmi lo rincorrevano o lo avevano rincorso in passato].
- Grazie – dissi perciò impulsivamente, abbassando la voce – davvero -
- Lo sai che non mi piace sentirmelo dire – fu l'aspettata risposta.
Annuii, figurandomi l'espressione contrariata del mio rosso collega di lavoro, del mio compagno di serate insonni davanti ad una tazza di camomilla.
Mi venne improvvisamente da chiedergli di suo fratello, se alla fine avesse deciso di farsi operare. Esitai. D'altronde non c'era quella relazione aperta, tra noi due, ma era tutto un sottinteso.
- Cinque giorno fa ho operato Kankuro -
Mi aveva letto nel pensiero, ecco al dimostrazione dei nostri sottintesi.
Per poco non mi venne da piangere.
Mi bruciarono gli occhi mentre cercavo le parole più o meno giuste da dirgli e mi venne un semplice d
- Bene così – detto a voce roca.
Il respiro appena percettibile di Gaara giunse al mio orecchio provocandomi una strana sensazione di familiarità.
- Ora ha cominciato la riabilitazione, starà dentro ancora per almeno tre settimane – aggiunse stupendomi sempre più.
Mi stropicciai gli occhi che stupidi stavano per lacrimare.
Volevo dirgli che ero orgogliosa di lui, come una mamma chioccia di un film tipicamente americano, neanche lo conoscessi da una vita eppure mi sembrava sul serio di essergli stata affianco da anni e anni.
Accidenti, non sapevo se in qualche modo gioirne, del piccolo pezzo di me che evidentemente avevo lasciato a Los Angeles.
In fondo, più persone lasciavo che accedessero a me e a più dolore sarei andata incontro: avevo dunque fallito. Fallito. Non ero stata quel pezzo di ghiaccio insolubile che mi ero proposta di essere: che obiettivo impossibile mi ero mai prefissata?
- Saluta da parte mia quel generale di Tsunade e pure Jiraya, ok? - gli ordinai invece.
- Sarà fatto – obbedì e me lo figuravo socchiudere gli occhi e interiorizzare l'ordine.

Sicuramente sarebbe andato vicino a Tsunade e telegraficamente gli avrebbe riportato il mio cordiale saluto.
Gaara: aveva fatto passi avanti.
In quel momento non pensai che forse ero stata anche io coi miei silenzi e con i sottintesi incoraggiamenti a insistere con suo fratello affinchè questi prendesse spontaneamente la decisione di operarsi a dargli una mossa, a fargli risolvere il problema. Almeno in parte.
In quel momento ascoltai la voce di Gaara che mi salutava e in ultimo mi raccomandava di dormire e non bere camomille. Nel mio egoismo riuscii a ringraziarlo anche di questo.
- Grazie, Gaara–
- A presto, Sakura -


Hinata ed io eravamo andate assieme in centro, avevamo visto vetrine imbandite di vestiti estivi e ne avevo addirittura provato qualcuno. Ora, seduta di fronte a lei in uno dei tanti piccoli bar del caratteristico centro di Konoha, mi sentivo piacevolmente esausta.
Era stata lei a propormi di andare con lei a “fare shopping” quel pomeriggio sul tardi. Avevo accettato quasi immediatamente, non avevo potuto dire di no a quegli occhioni chiari che m'imploravano.
Probabilmente mi volevano parlare.
- Ho ripensato alla tua domanda – esordì Hinata dopo un silenzio che m'era sembrato interminabile e accarezzò con le mani il bicchiere dell'acqua tonica.
- Ah sì? - dissi io senza enfasi e senza pensarci.
Si riferiva alla mia schietta domanda su Neji. Mi aveva risposto che gli piaceva, però poi aveva subito negato.
Non capivo.
- Tu non sai molto di Neji –
Hinata puntò lo sguardo nel mio, aveva qualcosa di nuovo, pareva arrabbiata.
- So che è un ragazzo educato e per bene....vive a New York...ti aiuterà nel dirigere l'azienda e... - mi fermai, sapevo così poche cose in effetti. Nemmeno quando vivevo a Konoha mi ero informata troppo sulla famiglia di Hinata, lei era sempre così riservata.
- Vivete tutti a New York, ora vero? - domandai.
- Sì, Neji abita con noi. Devi sapere che ho deciso di dare a lui pieni poteri in merito alla direzione del nostro marchio -
Ricordai che gli Hyuuga avevano dato la firma ad una marca di tessuti pregiati e che da decenni concorrevano con le maggiori firme Medio Oriente. Il tutto era partito dal bisnonno di Hinata il quale era un semplice pastore e artigiano, amava le sue capre come i suoi figli. Sua moglie aveva un laboratorio dove tesseva, assieme a diverse alte donne del paese. In breve cominciarono a produrre in eccedenza, dovettero ingrandire il laboratorio che divenne un capannone e con gli anni un'azienda. Vennero assunti operai, fondate altri laboratori fuori Konoha, fuori isola, nel mondo. Piano piano ma con successo. La materia prima arrivava dai migliori terreni di pascolo del mondo, con astuzia e rigore gli Hyuuga erano diventati ricchi.
Pensai che detta così la cosa era riduttiva, non dava sfogo a ciò che quella famiglia era riuscita a fare veramente, ma non riuscivo nemmeno io ad immaginare la portata di quell'industria di tessuti partita dal nulla.
- Cosa? - arrivai in ritardo. Capii diversi istanti dopo cosa mi avesse detto Hinata.
- Non me la sento di fare tutto da sola, lo aiuterò ma sarà lui il responsabile – disse pacata e per nulla delusa. Anzi, sollevata.
- Una volta mi dicesti che non avresti mai lasciato che tuo padre mettesse Neji a capo dell'industria – mi ricordai e le ricordai.
- Sono cambiate molte cose, Sakura -
Gli occhi di Hinata brillarono.
- E' stata la convivenza con lui a cambiare le cose? -
Lei annuì e arrossì abbassando il capo.
Chissà cosa stava pensando, chissà cosa aveva passato, chissà quali storie intrecciavano la sua vita.
Mi piaceva ancora ascoltare gli altri, potevo catapultarmi in altre esistenze, dimenticare la mia, così inutile.
- All'inizio non ci rivolgevamo parola, sai, lui girava alla larga da me e mia sorella. Quest'ultima però cominciò ad andargli vicina, un giorno, se ne era innamorata – Hinata sorrise – allora dovetti vigilare su di lei, stetti accanto a lei e a loro. Fu una situazione strana, continuavo a dire a mia sorella di togliersi dalla testa nostro cugino anche se da un lato il mio cuore voleva che a lei toccasse sposarlo. Non amavo Neji e lui non amava me. Ci guardavamo appena, e di nascosto. Un giorno dovevo chiamarlo a cena, salii in camera sua e aprii la porta non sentendo rumori all'interno. Lo trovai in piedi al centro della stanza, tutto solo. Era la prima volta che eravamo soli. Lo vidi triste, gli occhi rossi. Non so cosa mi prese, avanzai e gli andai dinnanzi. Alzò la testa, Neji e fissò i propri occhi chiari nei miei, così identici -
Sembrava una storia da film.
Mi emozionai come una bambina
- Poi? -
- Senza dire una parola mi prese per un polso e mi fece piombare su di lui -
Immaginai. Non capii. Ma non si parlavano? Cos'era successo?
Sentii il mio cuore battere forte, com'ero sciocca ad emozionarmi ancora per le storie altrui...
- Così...subito? Ma... -
Hinata mi guardò comprensiva, pensai che stesse pensando che era ovvio che io non capivo. Perchè io non ero lì, non avevo vissuto la presenza costante di Neji sulla pelle.
- Credo che in quel momento avesse bisogno di me. Parlammo a lungo, quella sera prima di cena. Mi disse tante di quelle cose che io...io ora non ricordo. Fu straordinario. Mio padre quando ci vide arrivare giù a cena vicini, silenziosi e accaldati fece un sorriso strano, non mi piacque eppure non mi diede il fastidio che invece doveva darmi. Fortunatamente Hanabi non c'era, avevo paura del suo sguardo indagatore. I giorni dopo Neji fece come se non fosse successo niente, ma piano cominciammo a parlarci, sai. Scoprii che non aveva un buon rapporto con il padre, un padre imperatore come il mio. Scoprii che non era il ragazzo freddo che sembrava. Scoprii che eravamo più simili di quanto sembrava. Eppure così opposti. Lui coraggioso, superbo, astuto. Io fragile, senza autostima, incapace di dire le mie ragioni a mio padre. Ci aiutammo molto, in quel periodo che passammo assieme tra Università e casa -
- Assurdo come possano cambiare le cose – sussurrai, ma non riuscivo a formulare immagini concrete su Hinata e Neji. Non avevo abbastanza dati.
- Da quella volta io...io sto bene con Neji. Lui è gentile con me. E... sai Sakura, è come se fosse tutto sospeso. Viviamo assieme da sette anni, ormai. Stessa casa, stesso lavoro. Litighiamo, mangiamo, viviamo assieme. Ed è tutto sospeso...
-
Sospeso -
Conoscevo bene, quel termine, erano anni che io esistevo sospesa. Sospesa tra il non sapere e il sapere di Sasuke Uchiha. Tra il volerlo e il non poterlo avere.
- Ti sei affezionata a lui -
- Ssì -
- Però non sai dirmi se lo ami. E' questo che volevi dirmi, vero? -
Hinata annuì energicamente ma non alzò la testa.
Capii, almeno in parte.
Ero convinta che l'affetto avesse mille sfumature. E che non tutte le sfumature potessero essere chiamate amore.
Probabilmente il suo vero amore era sempre e ancora Naruto, ma nella vita entravano gli imprevisti, nuove persone a cui poter regalare amore, da cui ricevere qualcosa. Nuovi affetti, con la a minuscola. Ma pur sempre affetti.


03 Giugno 1996 – terzo anno di liceo – ore 13.20


Ino salutò Sakura con la promessa – ordine - di chiamarla quello stesso pomeriggio per organizzare una serata fuori e si avviò verso casa a piedi.
Era una giornata già estiva e il sole capriccioso picchiava forte sull'altrettanto capricciosa Ino che prontamente tirò fuori dalla tasca davanti del leggero zaino i tanto amati Rayban.
Li indossò con un sospiro compiaciuto: si adorava con gli occhiali da sole.
Sbottonò un poco la camicetta a quadretti azzurra e bianca e si sentì pronta ad affrontare quel breve tratto di strada che la separava dalla fresca casa. Faceva quel rito di sistemarsi ogni fine scuola, quasi avesse dovuto andare incontro al principe azzurro. Ma in effetti lei sperava davvero di incontrare
qualcuno, soprattutto ora che stava giungendo l'estate.
Ad ogni modo quel giorno uscì dal cortile della scuola senza pensare al principe azzurro, non presagiva nessun arrivo, nessun cavallo bianco per lei, quel giorno. Il giorno prima aveva anche chiesto a Sasuke se per caso suo fratello fosse tornato ma questi aveva alzato le spalle.
E, anche se fosse stato, lei era pronta. O almeno, credeva di esserlo.
- Yamanaka Ino -
Le parve di udire la propria voce tra la folla, si girò di scatto ma niente, solamente il suo amico Chocji che la salutava con la paffuta mano sferzante l'aria tiepida. Affianco a questi se ne stava Shikamaru Nara, con le spalle un po' curve ed una mano a coprirsi dal sole –
quale seccatura – mentre bofonchiava chissà cosa all'amico, probabilmente – ipotizzò con stizza Ino - di non salutare “miss Yamanaka che non c'era per nessuno”. Ino ricambiò il salito di Chiocj con un sorriso spontaneo mentre fece la linguaccia a quel rompiscatole di Shikamaru, sempre a prenderla in giro, sempre a detestarla. Dopo di che, con una sferzata della sua coda alta, si girò e puntò oltre l'uscita della scuola, verso il marciapiede che l'avrebbe condotta sana e salva a casa.
- Yamanaka -
Credette di avere le allucinazioni ma stavolta non si girò continuando a guardare dritta davanti a sé a testa alta, squadrando tutto e tutti dall'alto in basso. Cominciò ad odiare quel sole picchiante sulla testa e a sentire fastidiosi brontolii di pancia.
Passando accanto ad un gruppo di studenti in attesa della corriera provocò le più disparate solite reazioni: dai sospiri maschili, ai fischi di apprezzamento, ai grugnii femminili. Nonostante tutte le ragazze del liceo portassero obbligatoriamente la divisa scolastica, come portava a lei la gonna corta con le calze bianche non la portava a nessuno, per disinvoltura ed eleganza.
- Yamanaka Ino -
Alla terza volta che udì il suo nome alzò un sopracciglio fissando malamente un ragazzino timido e impaurito di prima liceo che le aveva appena tagliato la strada mettendolo in fuga.
“Le disequazioni mi hanno dato alla testa, lo sapevo io” disse tra sé facendo una smorfia al ripensare al compito appena svolto:
un vero schifo, a detta di lei che aveva aperto il libro il pomeriggio prima su ordine di Sakura.
“Un tre in arriv...”
Si sentì bloccata da un tocco freddo sul braccio: si spinse inutilmente in avanti mentre le sfuggiva di bocca una parolaccia.
- Che cazzo... -
Si tolse bruscamente dalla misteriosa presa e si voltò a osservare
chi era quello screanzato che la voleva molestare; ma la sua rabbiosa espressione cozzò contro un volto noto.
Un occhio ero e uno azzurro, sopracciglia appena delineate, volto etereo, labbra sottili...
- Ino Yamanaka -
- Itachi Uchiha -
La sua voce si mischiò a quella radiofonica del ragazzo da poco arrivato da Los Angeles.
Quel giorno non lo aspettava il principe azzurro. O no?
Rimase per un attimo scioccata, si sistemò meccanicamente un ciuffo ribelle di capelli dietro l'orecchio e schioccò la lingua contro il palato con soddisfazione nell'osservare dal basso all'alto l'uomo che aveva dinnanzi.
Poi un sorriso le illuminò il viso già maturo.
- Ti ho spaventata? -
Ino scosse la testa facendo oscillare energicamente la coda di qua e di là al che Itachi curvò appena le labbra:
si era ricordato di quel particolare. Gli era mancato.
Il viaggio di ritorno dall'università era stato lungo e pure turbolento, gli avevano rimandato il volo di cinque ore, ma la luce emanata dalla ragazza lo invase levandogli via ogni fatica.
Non lo avrebbe mai detto.
O forse sì?
- No no, anzi! - rispose Ino con voce squillante ormai tornata in pieno possesso delle sue facoltà.
Sprizzava gioia da tutti i pori e non si vergognava affatto di ciò.
Stava parlando il ragazzo di otto anni più grande di lei per il quale aveva un'adorazione dai tempi delle elementari e che lei ogni estate aspettava con sempre più grande trepidazione.
Se alle medie e nei primissimi anni di liceo era stata un'attesa di un qualcosa ancora irraggiungibile, ora l'obiettivo era più vicino: lei era cresciuta. Ino al compimento dei suoi sedici anni si era detta di cominciare a
osare con il maggiore degli Uchiha. Non ce la faceva più ad aspettare e l'estate più importante era giunta, dopo un'attesa snervante e lunghissima.
Era un anno che non si vedevano; Itachi infatti non era tornato a casa nemmeno per Natale quell'anno. Lei ne era rimasta delusa e lungo si era sfogata con Sakura nei bui pomeriggi d'inverno.
- Ti vedo bene – asserì Itachi che immediatamente dopo all'aver pronunciato una frase simile si morse l'interno delle labbra domandandosi
cosa diavolo gli fosse preso.
Non aveva preso in considerazione che il rivedere
quella ragazzina lo potesse in qualche modo mettere in difficoltà. Eppure per lui niente rappresentava una difficoltà.
Dall'estate precedente se la ricordava ancora poco più che bambina. Fece un veloce calcolo mentale di quanti anni dovesse avere ora la Yamanaka e arrivò alla conclusione che ne dovesse avere sedici. E allora come era possibile che
fosse così cambiata?
La osservò attentamente; apparentemente era il tipino biondino di sempre, con gli occhi di cielo e il naso superbo ma era come se
tutto di lei si fosse diventato più evidente, più maturo.
Ino si accorse dello sguardo inconsciamente compiaciuto del ragazzo e gioì silenziosamente complimentandosi con se stessa. Una volta non la osservava così, una volta...era quasi paterno; ma la ragazza notò con un tremito che paterno lo era ancora.
- Posso dire altrettanto... – soffiò sporgendosi in avanti col busto, più vicina all'uomo - ...anche se quelle occhiaie... hai bisogno di riposarti, si vede – concluse e resistette alla voglia di tracciare con mano quelle mezze lune appena accennate sotto
i suoi occhi.
- Sì, ho solo appoggiato la valigia prima a casa ma ora vado a dormire –
Itachi si passò una mano tra i lisci capelli neri e li portò indietro rendendo visibile la fronte leggermente sudata. Aveva caldo e sudava
come un dannato, probabilmente non solo per l'afa incombente.
La ragazza provò uno strano moto di
compassione che la portò a invitarlo ad andare a riposarsi, ad allontanarsi subito da lei.
Si chiese cosa diavolo le fosse preso. Perdere un'occasione così.
- Vado –
Ino anuì, spostandosi sulla sinistra del marciapiede per lasciar passare Itachi che aveva proprio tutta l'aria di volersene andare. Per sempre. Le aveva sempre dato quell'impressione, sarà stato anche perchè l'aveva sempre visto partire.
- Ci si vede? - gli domandò, scrutandolo in volto.
Non ci furono cambiamenti d'espressione, solo un battito di ciglia scure.
- Salutami Inoichi – fu invece la risposta. Dopo di che Itachi si incamminò dal lato opposto a quello in cui doveva andare a lei, verso quell'enorme villa fuori dal centro, fuori dal caos.
Per lei era un eccitante mistero, quel villone.
Da piccola credeva vi abitassero i fantasmi, ora non vedeva l'ora di poterci andare sola con
lui.
Per conto suo Itachi si domandò se per caso non avesse fatto un cazzata ad andare incontro ad Ino con tanta determinazione, la stanchezza gli aveva giocato brutti scherzi.
Non aveva avuto una ragione precisa per intercettare la Yamanaka, se non una specie di annua tradizione, se non una impulsività che mica gli era propria.
Non aveva nessuna voglia, però, di darle delle possibilità. Non poteva mica essersi dimenticata di lui, in tutti quei mesi, dunque doveva ancora essere l'oggetto della sua assurda
cotta infantile che si era trasformata in adolescenziale.
Probabilmente, se aveva sbagliato qualcosa nel suo rapportarsi con lei, aveva sbagliato molti anni prima, quando era un bambino delle elementari e lei se ne andava all'asilo tutta orgogliosa rifiutandosi di dare la mano a sua madre. Fu in una di quelle volte che passando in bici aveva salutato la signora Yamanaka che Ino doveva essere rimasta folgotrata.
A Itachi questo sapeva tanto di uno strano scherzo del destino.
Non volle preoccuparsi oltre.
E probabilmente
questo si sarebbe rivelato il suo sbaglio più grande.


3 giugno 1998 – ore 11.30
Sasuke Uchiha accompagnò la sua ragazza fino alla porta di casa, si chiese se per caso avesse veramente deciso di salutarlo
solo alle undici e trenta di sera, vedendola infilare la chiave nella serratura e aprire la porta.
Era uno dei
fortunati appuntamenti esclusivamente lui e lei, senza quel rompi scatole del loro amico Naruto di torno.
Avevano passato una serata al cinema, poi un giro in centro, in riva al mare ed eccoli davanti a casa dell'Haruno.
- Allora ciao Sas'ke – disse la ragazza girandosi a mostrargli un dolce sorriso.
Sasuke la guardò accigliato, lei credette di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato.
Era letteralmente terrorizzata di perdere quel ragazzo - che aveva desiderato con anima e corpo – con una cazzata.
- Che c'è? - gli domandò passandosi una mano sulla nuca, titubante.
- Sai com'è, credevo fossi più perspicace -
Sakura fu profondamente colpita dalle parole del suo ragazzo, fece saettare occhi furiosi nel semi buio.
- Cos'hai detto? - sibilò, puntandogli un dito contro.
Sasuke a vederla irrigidirsi provò una punta di disagio e mise le mani in tasca, per fare finta di niente.
- Uh niente di che, semplicemente che credevo foss... - non finì la frase, il volto di Sakura era pericolosamente vicino al suo, la fronte corrucciata.
- Ho un fidanzato sempre molto gentile con me, wao che fortunata – ironizzò melodrammatica Sakura, impuntandogli il dito sulla spalla.
Sasuke sbuffò.
- E io ho una ragazza che non ha il minimo senso dell'ironia -
Sasuke tolse velocemente le mani dalle tasche e prese il volto della ragazza, avvicinando il proprio.
I nasi si sfiorarono.
Sakura non riuscì a fare l'imbronciata, le labbra lesi piegarono automaticamente allinsù mentre le braccia scattavano in alto, pronte per attorniare il collo del ragazzo.
- Che bella coppia – mormorò Sakura prima che altre parole inutili le morissero in bocca, a causa delle prepotenti labbra di lui appoggiate sulle proprie.
Un bacio morbido, uno dei loro baci che sapevano tanto di qualcosa di più, molto di più.
Sasuke le mise le mani alla vita, la spinse dentro casa e richiuse con un calcio la porta alle loro spalle.
Regnava un silenzio assurdo, alternato solo dal respiro già affannato di lei.
- Sas'ke... -
Sasuke si staccò dalla ragazza un istante, con gran rammarico. L'aveva sentita esitare.
Sentiva di desiderarla più di sempre.
Dannata noiosa ragazzina.
- ...c'è mia madre, in casa – bisbigliò Sakura, affondando la testa nel petto di lui.
Stava cercando di calmarsi, baciare Sasuke era sempre
pericoloso sotto certi punti di vista.
In quei mesi di relazione aveva sperimentato di dover avere un gran auto controllo per riuscire a fermarsi
al momento più opportuno. O meno opportuno?
Si doveva fermare perchè sarebbe successo. L'avrebbero fatto.
Sentiva che lui lo voleva, ogni volta.
Ma lei no. Lei sì.
Lei non voleva semplicemente farlo
già. Stavano assieme da sette mesi!
- E allora? -
Immaginava, Sakura, una risposta del genere.
Premette più a fondo la testa sulla maglietta del ragazzo, lo strinse a sé, le piaceva un mondo toccare quel corpo, sentirlo
caldo e vicino.
Consistente. Suo.
- Ho capito – disse Sasuke dopo qualche minuto, prendendola per le spalle e allontanandola da sé.
- Scusami – sussurrò lei.
Sasuke inghiottì uno strano groppo amaro che gli era salito alla gola, contò fino a cinque e fu di nuovo in pieno possesso delle sue facoltà
fisiche e mentali.
Aveva immaginato che per quella sera le cose sarebbero andate così, eppure testardo com'era aveva fatto una prova.
Dopo anni di insensata attesa si era messo con Sakura.
Dopo anni di attesa lui la desiderava.
Si era accorto di desiderarla
terribilmente al loro primo bacio, una piovosa serata di sette mesi prima.
Ed era così dura trattenersi e non pensarci, non sembrare uno stupido ragazzino con gli ormoni a mille.
Ma era causa
sua.
Era colpa di Sakura.
Era così maledettamente ed ingenuamente
pericolosa.
E lui odiava essere in balia di una donna – si diceva in continuazione – eppure lo era.
- Se cambi idea...chiamami – disse calmo e le diede le spalle.
- Sas'ke! - lo apostrofò lei bisbigliando sommessamente nell'atmosfera buia e calda.
Doveva essere arrossita.
Sasuke aprì la porta e uscì, di nuovo le mani in tasca; cercava il pacchetto di sigarette, era tutta il giornata che non fumava –
a lei non piaceva – e una sigaretta serale non gliela toglieva niente e nessuno.
Sakura lo vide allontanarsi, una traccia di fumo nell'aria.
Ci mancò poco che non corresse da lui e lo richiamasse indietro.


15 Luglio 2011
- Avanti, Sakura, dimmi tutto -
Osservai con stupore l'uomo che avevo di fronte, poi osservai il bicchiere di vino ancora mezzo pieno.
Lo bevvi quasi tutto d'un fiato, sentendo il sapore dolciastro brucarmi la gola.
Come era che eravamo finiti a parlare di me?
Avevamo appena finito di cenare, Hatake mi aveva invitato fuori a cena ed io, dopo varie esitazioni, avevo accettato. La morte nel cuore.
La serata si era rivelata piacevole.
Fino a quel punto.
- Uhm? -
Kakashi sospirò, si sistemò meglio sulla sedia, la schiena appoggiata allo schienale, le braccia stese sul tavolo che ci separava.
Io mi guardai attorno: rimaneva poca gente, in quel pacifico ristorante, uno dei migliori e più antichi di Konoha.
- So che hai tante cose da dirmi, non mentire che saresti solo ridicola -
Lo fissai corrucciata, strinsi forte tra le mani il calice vuoto.
-
Qui? - sussurrai, mi mancò la voce.
Perchè capii che sì, il
mio professore aveva ragione.
Realizzai che avevo tante, troppe cose da dirgli.
E ne fui spaventata e rincuorata allo stesso tempo.
- Se ti va meglio usciamo, che ne dici del pontile? - propose Hatake cercando di venirmi incontro.
Pensai fugacemente alla sua fidanzata, spesso sola a causa mia.
Mi sentii cattiva per l'ennesima volta.
- Va bene – acconsentii e mi alzai, precedendolo fuori.
Gli lasciai il conto da pagare.
Era il minimo che potevo fare per
vendicarmi della sua insistenza.

continua

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Capitolo 10
*** Eventi inaspettati ***


Note noiose dell'autrice (che dovrebbe andare a nascondersi visto l'immenso ritardo nell'aggiornare).
Ehm, ehm, con un ritardo mostruoso... il decimo capitolo
c'è! *parte musichetta dell'alleluja* A parte gli scherzi... era da un po' di giorni che volevo postare, in realtà questo capitolo è pronto da un bel pezzo, ma non trovavo mai la spinta necessaria per revisionarlo e portare avanti la storia. La mia ispirazione è una gran capricciosa e ci sono periodi in cui riesco a scrivere solo flashfic o one shot. Ma ora il decimo capitolo c'è, e ci sono pure nuovi elementi inerenti alla trama che, vi avverto, si fa sempre più assurda. Ho troppe idee in testa, ma prima o poi le cose verranno svelate, non temente. Uh?
Grazie di cuore alle persone che seguono questa storia, noto che nonostante le poche recensioni la fanfic è nelle seguite, preferite e ricordate di un po' di gente **.
Buona lettura! allora.
Oh. Auguri, Naruto ;)


Potevo percepire l'odore di Sasuke, mentre camminavo sul pontile.
Percepivo il corpo di Sasuke accanto.
Un battaglione di farfalle nello stomaco.
Era lì, era lì, era lì.
Avrei voluto girarmi per constatare che fosse esattamente così, ma non lo feci.
Aveva troppo paura di ciò che sicuramente avrei visto.

**

Cap. 10 Eventi inaspettati


Kakashi Hatake aveva regolato il passo al mio, camminavamo piano sotto la luna e in faccia ad un mare piatto.
Se non avessi avuto quel groppo alla gola che avevo dacchè avevo messo piede a Konoha avrei detto di essere in una delle tante serate che avevo vissuto da ragazzina o poco più, serate tiepide e piacevoli da passare in buona compagnia.
Kakashi ed io avevamo sempre avuto un rapporto privilegiato, uno di quei rapporti di stima e rispetto reciproci senza bisogno di far vedere l'uno all'altro qualcosa; ero stata una delle sue migliori allieve e lui era stato uno dei migliori professori che avessi mai avuto.
Finita la scuola, finito anche il corso di inglese pomeridiano, le nostre strade non si erano divise.
Naruto, Sasuke ed Io lo avevamo invitato più volte a cena, io ero passata spesso a trovarlo per farmi consigliare dei libri in inglese; ma tutto ciò era durato poco più che un mese e mezzo, per poco meno di una estate.
La mia – e nostra – ultima estate a Konoha.
- Non voglio insistere Sakura -
La voce dell'uomo mi riportò al perchè fossimo lì sul pontile.
Per parlare.
- Oramai ho detto di sì, non mi tiro indietro - dissi, ed ero sincera.
Avevo accettato, non potevo né volevo tornare indietro.
La presenza di Kakashi accanto a me era talmente tranquillizzante che senza rendermi conto cominciai a parlare; dapprima piano, scandendo bene le parole che uscivano sfumate, poi a fiume.
Gli dissi della mia vita universitaria, del lavoro da tirocinante, dell'incontro con Itachi, gli parlai di Gaara e Tsunade, di Sasuke.
Gli dissi che avevo un disperato bisogno di notizie sul conto dell'Uchiha, che non riuscivo più a vivere senza qualcosa che lo riguardasse.
Che ero una stupida.
Una stupida ragazzina.
Sasuke, Sasuke, Sasuke.
Alla fine del discorso fui esausta.
Lui stette a lungo in silenzio.
Ad un certo punto mi prese per un polso e mi spinse addosso a sé.
Mi disse che quello era l'ultimo folle gesto.
Non voleva farmi del male ulteriormente.
Sì, quello sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio.
Eppure stetti talmente bene tra le braccia di quell'uomo così maturo.
E sapevo, sapevo che alla fine di tutto mi sarei tormentata al pensiero di cosa era successo.
Del perchè fosse successo.
Io non amavo Kakashi, lui non mi amava.
Scoprii però che era come un antidoto, lui, per me.
Ed io, io non sapevo cosa rappresentassi per lui.
Ad ogni modo, sarebbe stato così: di gesti folli non ce ne sarebbero stati più.


4 marzo 2009 – Los Angeles -
- Uchiha Itachi? -
Sakura aspettò una voce dall'altra parte della cornetta, le labbra tese, gli occhi ridotti a due fessure.
Era la prima volta che componeva quel numero, aveva preso il coraggio a quattro mani per averlo.
Lo aveva trovato nella cartella clinica del defunto Fugaku Uchiha, tra i numeri di cellulare dei parenti.
- ...pronto?
La voce arrivò improvvisa, bassissima, spigolosa.
Roca.
Esattamente come lei se la ricordava.
- Sono Haruno Sakura –
- Lo so -
Sakura dilatò gli occhi per la sorpresa, ma avrebbe dovuto aspettarselo.
Era una donna così prevedibile – pensò.
- Sbrigati se devi chiedermi qualcosa -
Chiuse gli occhi cercando di ricordare il perchè avesse deciso di contattare
quell'uomo, parlò solamente quando tutto le fu un po' più chiaro.
- Prima come stai – disse velocemente, appiccicando le parole. Ma fu sincera.
Sentì il ragazzo chiudersi in un silenzio pesante per qualche istante.
- Me la cavo -
Ricevere una risposta positiva, anche se così breve, la spronò ad andare avanti. Eppure la voce roca dell'uomo non le sembrò per niente a posto, era come se egli celasse qualcosa, come se dietro quella timbrica spenta ci fosse un malessere generale profondo. Lo poteva sentire forte e chiaro ma non indagò oltre,
aveva paura.
- Sei stato a Konoha tre mesi fa, giusto? -
- Sì -
- L'hai vista? -
- Yamanaka Ino sta bene -
Sakura arrossì. Come era stata stupida a non chiamare quasi mai la sua amica d'infanzia. Non c'era riuscita, più passavano i giorni e più le mancava la voglia e il coraggio di riascoltare una voce del passato, aveva timore di non sapere cosa dire, di non riconoscerne addirittura la voce.
- Naruto Uzumaki, l'hai visto? -
Che domanda retorica; lei sapeva già che il suo migliore amico aveva intravisto Itachi e ci aveva pure parlato, seppur per poco. Con Naruto Sakura ci parlava ancora, seppur sempre meno spesso.
- Questo lo sai già, almeno lui sapeva molte cose di te, di noi a Los Angeles -
Itachi parve scocciato. Sakura si morse il labbro.
- Dimmi chiaramente se di sto disturbando -
- Avanti, continua -
Sakura inspirò profondamente e arrivò alla domanda centrale.
- Sasuke – si bloccò, fu strano pronunciare tale nome dopo tanto - ti ha chiamato mai durante queste settimane? Ha saputo? -
Un altro lungo silenzio.
- L'ho chiamato -
Sakura si aggrappò alla cornetta.
- …continua, ti prego -
Sentì il respiro di Itachi nell'orecchio, era sommesso, era basso, era affannato.
- Alla decima chiamata mi ha risposto, ho avuto solo il tempo di dirgli che nostro padre era morto, lui ha cominciato ad urlare -
- ...ma gli hai spiegato? -
- E' convinto che mio padre sia morto per la disperazione -
Sakura aggrottò la fronte, ma capì.
- Non ha lottato con tutto se stesso ma ciò non significa che... -
- Sakura, Sasuke ha ragione. Mio padre non è riuscito a liberarsi dalla mafia, però era un uomo solo, negli ultimi giorni la polizia gli aveva dato la scorta ma lui la rifiutava. Voleva fare da solo, voleva scontare la pena che diceva meritarsi per aver permesso al male di raggiungere il suo lavoro -
Sakura capì che Itachi aveva parlato fin troppo, più di sempre, più di mai. Probabilmente ne aveva bisogno, probabilmente la sua vita era una solitudine dietro l'altra. E allora perchè mai Itachi non era rimasto a Konoha con Ino? Sakura si chiese chi avesse preso il posto del signor Fugaku nella direzione della ditta di alberghi dopo che la polizia aveva arrestato ben cinque boss della mafia e aveva dato il via libera affinchè l'attività riprendesse.
Si era rifiutata di leggere i giornali.
- Sasuke lo sa? -
- Sapere cosa? Che l'azienda è stata ripulita dalla feccia? Gliel'ho detto, non ha voluto sentire. Dice che facciamo schifo -
Sakura appoggiò una mano al muro per sorreggersi, l'altra che stringeva forte la cornetta.
Stava imprecando contro un ragazzo che non vedeva da anni e che non le aveva mai spiegato nulla, che la aveva sempre lasciata all'oscuro di tutto. Non capiva
perchè lui facesse così, perchè avesse reso tutto più difficile. In fondo Sasuke non c'entrava, in fondo la madre lo aveva sempre avvolto di affetto, in fondo...
- Haruno, non pensare che sia finita qui. C'è molto altro dietro e smettila di fasciarti la testa -
Fu un rimprovero duro, ma
umano. Lei si stava corrodendo anima e corpo per una cosa che non capiva. Non riusciva proprio a trovare un senso... Come mai si era lasciata coinvolgere a quel modo da un uomo? Lui la aveva lasciata, certo, ma non era successo nient'altro.
Era una sciocca. Si credeva una eroina romantica. Credeva nelle fiabe e stava aspettando il lieto fine.
- Sasuke è pieno di rancore, vero? Crede che Fugaku non lo abbia mai amato e sua madre lo abbia ingannato in nome di un amore che non c'era -
Sakura si aggrappò a quel
perchè con tutta se stessa. Era da lì che partiva ogni cosa.
- Ora basta -
L'ultimo denso silenzio, consensi taciuti.
- Ma io devo sapere...io devo fare qualcosa... -
Sakura sentì gli occhi bruciarle, un groppo alla gola.
No, nulla aveva ancora un senso.
- Restane fuori, continuando a domandarti perchè non giungerai a niente se non all'auto distruzione -
La conversazione stava giungendo al termine e Sakura non aveva ottenuto niente, se non mille domande irrisolte, una nuova rabbia. Era all'oscuro di tutto, si era presa a cuore il nulla.
- Scusa ancora il disturbo, Itachi -
Sakura si raddrizzò, allontanò la cornetta.
- Se vuoi ora sono a Los Angeles -
Un invito implicito? Sakura sgranò gli occhi.
- … -
E, prima di spegnere la chiamata, Uchiha Itachi le diede l'indirizzo di casa sua.
Probabilmente non ci avrebbe mai messo piede – pensò lei – ma si sbagliava di grosso.


Naruto brillava di luce propria, incoscientemente ogni individuo gli ruotava attorno come si fa con un sole, rivoluzione dopo rivoluzione senza mai fermarsi.
E stavo ruotando pure io, me ne rendevo conto, quantunque fosse lui a prendersi cura di me puntandomi addosso quel suo sguardo preoccupato.
Ero un piccolo inutile pianeta che era attratto dalla forza gravitazionale di quel ragazzo pieno di vita. Ciò non mi dispiaceva affatto, anzi, avrei voluto gravargli attorno per sempre; ma sapevo che non poteva essere così: sarebbe bastato un unico meteorite, un unico corpo lanciato contro di me o contro di lui, per spazzarmi via nell'universo.
Lo vidi arrivare dalla riva, molteplici gocce d'acqua lo facevano brillare alla luce del sole, la dolce Hinata gli ruotava attorno, candido satellite costantemente nella sua orbita.
Pensai che era bello vedersi arrivare il proprio sole davanti agli occhi senza scottarsi e non dover muovere un dito per ricevere da esso attenzione.
Mi limitai a reclinare il capo su una spalla, a tirarmi leggermente sù con la schiena dalla sdraio ed ecco che Naruto si chinò al mio cospetto. Un sole così umano.
- Sicura di non voler farti un bagno? - mi domandò.
- Sicurissima, sarà per questo pomeriggio – risposi e mi beai della visione di quegli occhi azzurrissimi, sembravano emanare raggi di luce. Erano così totalizzanti da farmi mancare il fiato ogni volta. Luce pura.
Come potevo apprezzare tanto la luce se mi ero irrimediabilmente innamorata dell'oscurità più profonda?
- Posso prendere l'asciugamano che c'è sull'altra sdraio? -
Io annuii e seguii ogni suo movimento, lo vidi allontanarsi di qualche passo da me, incespicare nella sabbia bollente, sorridere ad Hinata, afferrare l'asciugamano e portarselo sul corpo, avvolgersi con grinta. Mi ritrovai a desiderare di trovarmi con lui sotto quell'asciugamano, il sole doveva avermi dato alla testa.
Con la coda dell'occhio notai che Hinata aveva uno sguardo così rapito che probabilmente stava desiderando altrettanto.
Solo che io non lo amavo
in quel modo, la mia non era attrazione fisica. Era un affetto capriccioso che mi portavo dentro da anni.
Look at the stars. Look how they shine for you.
Sobbalzai all'udire la musica del Coldplay. Non ricordavo di avere “yellow” come suoneria. Niente come i primi pezzi di questo gruppo esprimeva i miei stati d'animo.
“Yellow” mi destò bruscamente, aumentando in volume ogni secondo di più. Giallo...giallo come Naruto, il mio sole. Trovarmi lì, con quella stupenda canzone in sottofondo alla visione di una spiaggia impregnata del mio sole mi fece un effetto strano, non volevo interrompere quel momento. Poi però il ritornello arrivò e dovetti realizzare che il cellulare
squillava da troppo.
Mi alzai velocemente e da dietro la sdraio dov'era appeso il borsone tirai fuori il telefonino più scassato e solo del mondo. Nella fretta non vidi nemmeno chi fosse nello schermo.
- Pronto? -
- Haruno Sakura? -
Una fredda voce mi entrò prepotentemente nelle orecchie, acuta, sconosciuta.
Feci una smorfia e andai ad incrociare lo sguardo dei miei due amici che mi stavano guardando perplessi.
- Chi saresti tu? - domandai ricevendo in risposta un sospiro seccato.
- Non ha importanza, sei Haruno Sakura sì o no? -
Scoprii di avere i nervi a fior di pelle, la misteriosa interlocutrice non mi ispirava per niente. Se solo Naruto non mi avesse fatto cenno di proseguire avrei chiuso la chiamata.
- Sì, cosa vuole? -
- Oh bene, è a Konoha, giusto? -
Mi sembrava di essere in uno di quegli interrogatori della polizia, la donna aveva lo stesso tono e la stessa professionalità; mi domandai se non fosse davvero un ispettore e cercai di riportare alla memoria cosa mai potevo aver fatto di male.
Mi venne il dubbio che si trattasse di lavoro, di Los Angeles.
E poi saettò nella mia mente il nome di Itachi. Credevo che la cosa fosse chiusa... Credevo di non centrare più niente col caso Uchiha, con la droga trovata in grandi quantità nell'appartamento di Itachi giorni dopo il ritrovamento del suo corpo senza vita. Ero stata indagata perchè i giorni prima ero stata in quell'appartamento, avevo frequentato il
morto.
I ricordi mi invasero fastidiosi e a stento sentii la voce fredda della donna al telefono.
- Ma mi stai ascoltando?! -
- Sì, mi trovo a Konoha. Per piacere mi dica subito chi è lei, è della polizia? -
Naruto davanti a me lasciò cadere sulla sabbia l'asciugamano e per poco non mi tolse il cellulare di mano; lo mandai via con una spinta.
Hinata gli andò vicino e lo prese per u braccio sussurrando parole che non capii.
- Ha centrato l'obiettivo. Sono della polizia di Seattle -
Dovetti farmi ribadire il concetto. Mi rifiutavo di comprendere ed effettivamente mi trovavo in uno stato confusionale di non poca evidenza.
Riuscii solo a dirmi che se le cose stavano così Itachi non c'entrava niente.
- Seattle? E' sicura di non aver sbagliato persona? -
Evitai di osservare il mio migliore amico in volto, non volevo dargli a vedere che non ci stavo capendo niente. Guai se intercettava quell'assurda chiamata.
- Ha un minuto? Anzi, le dà direttamente del tu, odio dare del lei a
voialtri -
Mi lasciai cadere con la schiena contro il lettino e sospirando forte annuii.
Una parte di me, nonostante la paura, riponeva grandi cose in un qualsiasi cambiamento. Anche piccolissimo. Un qualsiasi cambiamento di situazioni, cose, persone.
Ecco una chiamata, una donna sconosciuta, una città degli Stati Uniti, la polizia.
- Mi dica tutto e per favore vada dritta al punto -
Quantunque volessi apparire sfrontata la voce mi uscì roca.
Ero eccitata e allo stesso tempo morivo dalla paura.
Fu la presenza dei corpi concreti di Hinata e Naruto, seduti al bordo del lettino, a donarmi la lucidità necessaria per affrontare una conversazione del destino.
Ancora non sapevo a cosa andavo incontro.


15 marzo 2009 – Los Angeles -
- Sapevo che alla fine saresti venuta -
Itachi osservò la donna
solo occhi, ossa e capelli rosa che aveva di fronte e fece un passo alla sua sinistra per lasciarla entrare in casa.
Quando lei gli passò accanto una zaffata di profumo alle fragole gli entrò dentro, costringendolo a chiedersi da quanto tempo non ricevesse visite femminili in quel lussuoso appartamento in centro a Los Angeles.
- Meno male che c'era il taxista, da sola coi mezzi pubblici mi sarei persa subito – disse Sakura facendo echeggiare più e più volte la voce cristallina sulle pareti dello spazioso salotto.
Le faceva un effetto strano essere in quel posto così ordinato e chiaro, si era immaginata tutt'altro. Aveva immaginato un salotto disordinato, un divano sgualcito, una televisione mignon e vestiti e oggetti sparsi ovunque. Invece lì dentro c'era dello stile: divano in pelle nera a ferro di cavallo in fondo alla stanza dinnanzi a un tavolino trasparente, un tappeto al centro stanza, in fondo una televisione al plasma, enorme. Dalla parte dove si trovavano loro, all'entrata, svettava una libreria bianca piena di libri.
Tutto così sobrio.
Sakura sentì la tensione smorzarsi, era abbastanza a suo agio.
- Devo ammettere che sei in perfetto orario – asserì Itachi guardando il grande orologio swatch che aveva al magro polso – diciassette in punto -
Le prese l'impermeabile rosso che appoggiò sul tavolo quadrato accanto alla libreria e la fece accomodare sul divano.
Rimase a guardarla in silenzio per un bel pezzo, cercando di scorgere in quei lineamenti sottili e in tutta quella magrezza la fonte dell'innamoramento di suo fratello. Una volta Sakura era molto più
colorata.
Rimanevano quegli occhi enormi, urlanti, troppo verdi.
Sakura si stava torturando le mani, sentirsi osservata dallo stesso sangue di Sasuke la mandava in subbuglio, credeva di essere giudicata, voleva sapere cosa egli stesse pensando.
- Bell'appartamento – disse di colpo, cercando timidamente di avviare un discorso qualunque nel disperato tentativo di rompere il ghiaccio.
Itachi le fu tutto sommato grato anche se avrebbe potuto continuare ad osservare quella donna per delle ore cercando di carpire la luce rabbiosa che quelle iridi speranza emanavano. Una luce repressa.
Ricordava che una volta, a Konoha, Sasuke gli aveva detto di conoscere gli occhi più
eccitanti al mondo. Più che eccitanti per Itachi sembravano appaganti.
- E non è finita qui, ci sono altre sei stanze ampie e moderne – disse in un tono che gli mise solo voglia di ridere. Era ridicolo a mettersi a discorrere di architettura...
- Okey, la smetto di tergiversare -
Sakura aveva notato la nota di impazienza nel corpo dell'Uchiha e non aveva nessunissima voglia di fare la figura della timida o agitata o... però era tutte queste cose messe insieme.
Non sapeva nemmeno doveva aveva trovato il coraggio di piombare in quella casa. (O disperazione?). Tutta colpa di Tsunade la quale le aveva dato un pomeriggio libero e aveva insistito perchè
lei sapeva.
- Non farti problemi -
Itachi finalmente si decise a sedersi e prese posto accanto a lei, sedendosi sul bordo del divano, girato per poter mantenere il contatto visivo.
In realtà Sakura non aveva alcuno scopo preciso perchè si trovasse lì, aveva semplicemente bisogno di parlare e più avanti avrebbe scoperto che aveva essenzialmente bisogno di
quella presenza che tanto sapeva di Sasuke.
- Come te la passi? Insomma, come va la vita? -
Lei che si interessava a Itachi, quando i giorni passati con lui in ospedale non aveva fatto altro che fuggirlo.
Eppure era sincera.
Itachi capì che ella non voleva andare a parare da nessuna parte e che, molto semplicemente, voleva sapere se c'era qualcuno che se la passava peggio di lei. Oppure provava semplicemente compassione. Ma egli non sopportava la compassione.
- Non molto diversamente da prima della morte di mio padre, solo che ora non lavoro più -
Sakura sgranò le iridi, così dilatate sembravano ancor più enormi su quel volto asciutto.
Così sciupata, lei, così leggera, eppure aveva uno sguardo sicuro e sfrontato, quasi saccente.
Itachi ricordava bene tale sguardo duro, degno di Sasuke Uchiha.
- Avete venduto la proprietà dell'azienda? -
Sincero interessamento, aggrapparsi anche alla più piccola informazione. Itachi pensò che di certo l'avrebbe delusa, non aveva grandi cose da dirle.
- Sì. Definitivamente venduta a Madara Uchiha, zio di mio padre – rispose sorridendo sprezzante sulle ultime parole.
Quello zio che alla fine, aspettando lunghi e lunghi anni, aveva ottenuto la sua amata azienda.
- E ora come fai? -
- Cosa vuoi che faccia, niente di particolare.
Vivo -
Sakura si ritrovò così catapultata nella voglia di immaginare la vita dell'Uchiha che aveva lasciato perdere il nome che egli portava con sé. Una vita diversa dalla sua eppure altrettanto instabile, forse.
Continuava a credere di fare una vitaccia, lei, che pure aveva un lavoro stabile, uno stipendio buono, una casa, dei familiari.
Amava autocommiserarsi, lo sapeva.
- Che lavoro ti sei trovato? -
Si pentì di aver fatto quella domanda, doveva risultare davvero troppo assillante.
Avrebbe avuto ragione, lui, a non risponderle.
- Dò ripetizioni di economia aziendale a dei mocciosetti del liceo, di sera faccio il buttafuori in un locale e poi... -
Itachi s'interruppe, fece roteare i misteriosi occhi di diverso colore alla volta del volto diafano di Sakura che s'era sporta verso di lui manifestando di pendere dalle sue labbra.
La aveva così vicina che gli sarebbe bastato un attimo per annullare la minima distanza che li separava ed assaporare il sapore della donna, constatare se anche su di lui quel sapore avrebbe fatto effetto come era successo con Sasuke. -
Sakura alzò un sopracciglio interdetta.
No, non s'aspettava proprio una risposta del genere.
- Cosa? -
Itachi fu sul punto di farlo davvero, annullare quella labile distanza, ma poi l'immagine invadente di suo fratello gli saettò nella mente costringendolo a ritrarsi e a fissare la televisione spenta dinnanzi a sé.
- Faccio l'addetto al suono -
A Sakura parve di essere piombata in tutt'altro mondo, un mondo anche più abbordabile laddove Itachi era un semplice trentenne che ancora viveva di mille lavoretti ma che era felice così, precario però selvaggio.
Si ritrovò a farsi i film mentali.
- Discoteca?
Itachi scosse la testa facendo ondeggiare qualche ciuffo nero scappato alla coda bassa.
- Hai presente ai concerti quello che sta dietro e si occupa di equilibrare i suoni? Ecco -
Si alzò calibrando istintivamente ogni movimento e si diresse alla libreria laddove, sull'ultimo scaffale, svettavano alcuni cd masterizzati.
- Oh sì metti su un po' di musica -
Sakura aveva seguito ogni movimento del ragazzo e ora fissava con speranza il cd che egli aveva tra le mani.
Sarebbe stato tutto meglio, con la musica.
Una semplice conversazione, un parlarsi. Non avrebbe mai creduto potesse essere
tutto così naturale. Nonostante il modo costantemente distaccato di fare l'uomo sembrava gradire la sua presenza, o almeno non ne era infastidito al punto di mandarla via.
Le parve di aver fatto una piccola ma importante conquista.
Eppure c'era qualcosa, in quelle lente movenze di Itachi, a mandarle in subbuglio lo stomaco. Qualcosa di oscuro, una cosa che egli teneva segreta.
Quel qualcosa era presente anche nelle pesanti occhiaie di lui, nelle spalle larghe ma magrissime, nelle labbra che a momenti si contorcevano in una debole smorfia, nell'occhio azzurro ghiaccio che congelava le emozioni.
Look at the stars, look how they shine for you...
Un pugno in pancia ed il cuore subito gonfio di sentimenti.
- Fix you – sussurrò Sakura sommessamente e in un attimo si lasciò trasportare dalle note. La sua anima risiedeva in tali note, ciò era privo di dubbio.
Un'enorme malinconia le mozzò il fiato.

- Non cambiare, ti prego – si allarmò Sakura vedendo Itachi armeggiare col telecomando puntato in direzione dello stereo sotto la televisione.
Con quella musica triste e piena in sottofondo l'uomo le parve talmente
effimero che ebbe paura di vederlo scomparire da un momento all'altro. La macchia oscura nell'essere di lui ora era più percepibile, era come un marchio indelebile che aveva intravisto anche in Sasuke. Una specie di buco nero che inglobava per un attimo ogni altra sensazione o emozione e lasciava l'individuo freddo, distante e poi disperato.
- Ino me lo ha detto -
Itachi provò piacere nel pronunciare così ad alta voce tale nome di donna ma non volle spingersi più in là. Ino era lontana, Ino
doveva essere felice.
Sakura non capì. Le rimbalzò per la mente soltanto quel nome.
- Che ami i Coldplay. Mi ha detto che ogni volta che sente la voce di Chris Martin attraverso qualche radio le vieni in mente tu e difficilmente sparisci -
Vedere la dottoressa Haruno Sakura gonfiare il petto e portarsi una mano davanti alla bocca in segno di un triste stupore fece uno strano effetto a Itachi. Si chiese come mai quella ragazza si fosse isolata dal mondo, dalle vecchie conoscenze. Come mai avesse reso tutto più complicato per un ragazzo che ad un certo punto non s'era fatta più vedere. Ma Itachi non poteva parlare, anch'egli complicava le cose: stava lontano da Konoha, da Ino Yamanaka e non aveva una ragione concreta per fare ciò. E poi chi mai lo avrebbe creduto se avesse detto che
Konoha gli faceva male senza Sasuke?
Lights will guide you home...

La canzone stava per finire, il cuore per svuotarsi definitivamente. Lei sapeva che era vicino il momento in cui la propria emozione indefinibile si sarebbe incanalata in un pianto stupido e a dirotto. Piangeva sempre, ad ascoltare tale canzone. E da masochista quale era con se stessa la ascoltava con tutta se stessa.
I will try...
- To fix you -
Lo dissero all'unisono.
Voce femminile mozzata dal pianto e bassa voce maschile si unirono momentaneamente, così straordinariamente intonate assieme. A Sakura piacque l'intrecciarsi delle loro voci. La confortò e le permise di lacrimare gocce più
dolci.
- Faccio pena, lo so – mormorò arrabbiandosi con se stessa.
Era proprio una donna depressa – si disse – doveva andare a farsi controllare da uno psicologo. Erano giorni che si proponeva di farsi dare una mano esperta.
- Non fai pena, sei semplicemente sciocca -

Itachi non si pentì minimamente di aver detto una cosa simile, lo pensava davvero.
Un po' come la canzone che era appena finita: quella ragazza aveva bisogno di ricostruirsi. Qualcuno avrebbe dovuto
rimetterla in sesto perchè adesso aveva perso la via di casa.
Sakura Haruno era una debole sciocca. Innamorata dell'amore romantico e per questo fregata.
E lui cos'era allora?
Di certo era più complicato e instabile di lei.
Viveva una vita che lo avrebbe portato all'autodistruzione.
Vita che tra l'altro aveva sempre meno voglia di vivere, senza un paio di occhi azzurri a ricordargli cos'era l'amore. Eppure lui stesso allontanava, tali iridi color del cielo. Non avrebbe potuto rivederle, non ne avrebbe avuto la forza. Come tornare per poi ripartire? Come fermarsi a Konoha se era sempre ripartito?
Viveva un circolo vizioso che stava per chiudersi. Di questo era assurdamente convinto.

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