Platone alias Cupido

di Delilah Marsowe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Niente è come sembra ***
Capitolo 2: *** Incontro ravvicinato? ***
Capitolo 3: *** Questione di feeling ***
Capitolo 4: *** Appuntamento con l'amore ***



Capitolo 1
*** Niente è come sembra ***


 

C a p i t o l o  1.
Niente è come sembra.

!Quando si ci innamora si perde
letteralmente la testa.
L'amore è pazzia,
ma la pazzia non sempre è un male!
!Platone

 

La situazione generale era alquanto caotica: ragazzi seduti sui muretti che ascoltavano la musica, che parlavano a gran voce, coppie che si baciavano e si scambiavano effusioni, gruppetti di amici che ridevano e scherzavano tra loro, altri, invece, che ripetevano una materia in particolare con la paura o la preoccupazione di chi il giorno precedente non aveva studiato ed ora era costretto a rimediare, imparando tutto in una o due ore, o semplicemente di chi aveva studiato, ma era costantemente soffocato dall’idea di non essere preparato.
Gruppi diversi di persone con caratteri, emozioni e sentimenti differenti popolavano il cortile.
E nell’ambiente di questo liceo classico così caotico, c’ero io, appoggiata ad un muretto, con Il Ritratto di Dorian Gray in mano, sfogliando svogliatamente le pagine di quello che era il mio libro preferito, perché il mio unico obbiettivo, per così dire, era quello di osservare di sottecchi lui.
Di tanto in tanto, alzavo lo sguardo dal libro e guardavo verso di lui e ogni volta lo ritrovavo sempre là: al centro del cortile, parlando e scherzando con i suoi amici con nonchalance.
Non era da tanto che avevo una cotta per Danilo Bruglia, il mio “nuovo” compagno di classe, anzi meno lo vedevo e più questa mi passava, facendomi capire che prima o poi sarei ritornata in me, ma mi bastava guardarlo anche solo per cinque secondi per farmi sciogliere come neve al sole.
Eravamo diventati compagni, di banco oltretutto, solo dal secondo anno, per via di alcuni che avevano deciso di cambiare istituto. E così, in men che non si dica, mi ero ritrovata con quasi tutta la sua classe all’interno della mia e, come se non bastasse, con lui come vicino di banco, per un chissà quale volere del destino, o semplicemente del professore, che era convinto che dovessimo socializzare tutti con i nuovi arrivati... come se non ci conoscessimo già abbastanza.
Ci eravamo già incontrati all’inizio del primo anno, quando il primo anno del liceo classico si chiamava ancora quarto ginnasio: ci eravamo scambiati solo una piccola parolina e già, per come si era comportato, aveva incominciato a starmi sulle scatole. Lo avevo identificato come il solito ragazzo viziato e figlio di papà, che non conosceva cosa fosse il dolore e il sacrificio e si vantava con gli altri di poter avere tutto dalla vita… o almeno così era all’inizio.
Era bastato conoscerlo meglio l’anno scorso, al terzo anno, perché io mi rendessi conto che, oltre ad essere bello ovviamente, possedeva altre qualità che però non osava mostrare, anche se non ne capivo il motivo.
Piano piano ero resa conto che stare accanto a lui non era poi così male, tranne per le ultime settimane, quando aveva deciso di non rivolgermi la parola, di non guardarmi in faccia e di parlare con me, tenendo la testa bassa e usando un tono di voce bassissimo.
Ecco il perché del mio piano di spionaggio: volevo assolutamente cercare di capire cosa gli prendesse.
Non sopportavo che non mi parlasse più o che non avesse nemmeno il coraggio di guardarmi, il che era abbastanza normale per una ragazza di diciassette anni come me, che già una volta era caduta nell’errore di innamorarsi troppo presto. Quello, forse, era stato l’unico momento in cui mi ero resa conto che le favole non esistono e che la vita non è un film, ma avevo bisogno di subirlo sulla mia pelle per accorgermene.
Era un bellissimo ragazzo dell’ultimo anno quello per cui avevo perso la testa. Non ho mai saputo se anche lui avesse provato qualcosa per me, ma, nonostante tutto, lui aveva occupato il mio cuore per molto tempo.
Oltretutto in quel periodo, c'era stato un avvento incredibile di bei ragazzi nel vero senso della parola e non era stato difficile trovarne uno ogni volta che si passava per i corridoi della scuola o semplicemente si stava in cortile.
Così era nata la “tendenza” tra me e le mie amiche di cercare ogni anno che trascorrevamo in quella scuola un ragazzo che rispondesse ai canoni di bellezza giusti. Era un divertente modo di passare il tempo e di scherzare tutto sommato e quest’anno il “primo posto” era capitato a Aaron Palmieri, un ragazzo di solo un anno più grande di me. Incredibile come non lo avessi mai notato, ma probabilmente ero sempre stata troppo presa ad occuparmi del mio primo “amore” e di altre cose per notarlo.
Ad ogni modo, uno come lui non passava di certo inosservato: biondo, alto e con occhi azzurri, quello che tutte le ragazze definivano perfetto. Ma, anche lui aveva i suoi difetti, che, poi, forse quello che aveva non era certo un difetto, ma un modo per renderlo ancora più affascinante: godeva di una pessima reputazione, non alla pari di Dorian Gray - ci mancherebbe -, ma tutti sapevano che lui era la bastardaggine fatta persona, colui che riusciva a far cadere ai propri piedi chiunque solo con un piccolo sguardo. Bello, arrogante e con un fascino incredibile: praticamente era perfetto per tutte.
Era interessante guardarlo passare, più che altro perché attirava l’attenzione e mi divertiva troppo vedere come quasi tutte lo guardassero con aria sognante, ma, sfortunatamente per loro, lui non era di certo libero. In fondo, chi mai si sarebbe lasciata scappare uno come lui?
Avevo mai fantasticato su di lui?
Beh, chi non lo avrebbe fatto? Anche se, a mio avviso, era dotato di una faccia tosta incredibile e insopportabile, anche io avevo fantasticato su come sarebbe stato interessante conoscerlo, parlargli e magari far accadere qualcosa di più, ma avevo rinunciato a pensare anche solo minimamente ad una cosa del genere nel momento in cui mi ero resa conto che sarebbe stato semplicemente impossibile per due motivi: il primo era che ci conoscevamo e non ci saremmo mai conosciuti, e il secondo era che non credevo nella redenzione. Si, sarebbe stato fantastico se, innamorandosi, fosse cambiato, ma quante possibilità c'erano che una cosa del genere fosse potuta accadere anche nella realtà?
E poi non dovevo dimenticare la promessa fatta con me stessa: mi ero ripromessa che non sarei più dovuta incorrere nell'errore di lasciarmi incantare, e che, se anche fosse successo, avrei dovuto usare molta calma per non incorrere nel pericolo di ritornare in uno dei miei soliti viaggi mentali, che mi portavano in un mondo tutto mio, dove ogni cosa era possibile.
Nonostante questo, c’era stato un momento in cui avevo creduto che anche lui si fosse accorto di me: era stato un giorno in cui, entrambi e per chissà quale ragione, ci eravamo incrociati con lo sguardo e ci eravamo guardati per un bel po’, tanto da arrivare al punto di scambiarci qualche sorriso involontario, fino a quando i nostri rispettivi amici non ci avevano “interrotti” e ci avevano riportato alla realtà.
Per qualche strano caso inspiegabile, speravo che una cosa del genere riaccadesse, ma per ora era meglio concentrarsi su altro.
<< Dai, Monica! E’ solo un po’ d’acqua! >>. Queste parole, mischiate ad una risata mal soffocata, mi arrivarono subito e non ci volle molto perché capissi chi fosse il proprietario di quella voce, né di chi fosse quella sottospecie di urlo stizzito, emesso in quel preciso istante dalla mia amica.
Sorrisi e chiusi il libro, preparandomi ad osservare la scena che mi si presentava davanti agli occhi e notando una Monica particolarmente infuriata che stava varcando il cancello, seguita a ruota da Claudio, che non riusciva a smettere di ridere.
<< Solo un po’ d’acqua? Idiota! Oggi ho i capelli lisci, lo hai notato? >>, vista la sua faccia confusa, di sicuro il ragazzo non era a conoscenza del fatto che, quando i capelli della mia amica erano lisci, non potevano assolutamente essere toccati. Lei adorava i capelli lisci in un modo incredibile, ma sfortuna voleva che, con solamente una piccola goccia d’acqua, questi si arricciavano e allora bisognava trovare un modo per farli tornare come prima. Purtroppo in questo caso era impossibile rimediare e lo sapeva anche lei: erano completamente bagnati.
<< E allora? >>. Ora sarebbero stati guai!
<< E allora?! I miei capelli si rovinano facilmente e poi fa anche freddo! >>
<< Beh, se vuoi, posso riscaldarti io… >>, disse, fermandola per un braccio e avvicinandosi sempre di più a lei, con un piccolo sorriso malizioso. Ma, ovviamente, questo non le piacque per niente perché, in men che non si dica, si liberò dalla sua presa e affrettò il passo verso di me, lasciandosi dietro la risata di Claudio.
Il rapporto tra quei due era sempre stato molto burrascoso, o almeno non lo era stato fino al bacio. Già, durante una festa, tra i due era scoppiata la scintilla che avevano coronato con un bacio, che nessuno dei due aveva sicuramente dimenticato, ma da quel momento il loro atteggiamento cambiò radicalmente.
Incominciarono con piccole cose: prese in giro scherzose, battutine e infine delle vere e proprie litigate, dovute più che altro a qualche sciocchezza che uno dei due diceva sul momento.
Eppure era evidente che si piacessero, ma nessuno dei due aveva il coraggio di fare il primo passo, il che, a mio parere, era alquanto stupido perché si vedeva da un miglio di distanza che tra quei due c’era qualcosa che andava oltre la semplice amicizia.
<< Che è successo? >>, le chiesi una volta che fu accanto a me, cercando di trattenere una risata.
<< Quell’idiota mi ha rovesciato tutta l’acqua sui capelli! E non ridere, so che stai per farlo! >>, mi minacciò, perché era evidente che non riuscissi a trattenermi tanto era buffa, con i ciuffi di capelli che le ricadevano sul viso, andandole a finire sugli occhi.
<< Scusa >>, ma non riuscii a trattenermi e mi uscì fuori un suono mezzo strozzato, che però la fece sorridere.
<< Ahh, cambiamo argomento: come va con l’operazione spiamo-Danilo-perché-non-mi-parla-e-non-so-perchè? >>
<< E’ sempre lì. Niente di nuovo, niente di che. Forse dovrei provare meglio in classe, quando saremo vicini >>.
<< In effetti è più probabile che tu riesca a capirci qualcosa da vicino che da lontano! >>. Monica era sempre stata la mia riserva personale di coraggio e sapienza: in ogni momento, era sempre disposta a darmi qualche consiglio giusto da usare e gliene ero davvero grata. Senza di lei, come si come delle altre, non sapevo cosa avrei fatto, data la mia tendenza a sentirmi leggermente in difficoltà quando c’era qualcosa che non riuscivo a capire, come ad esempio questo caso. Per me era completamente nuovo e nessuno riusciva a capire cosa gli prendesse.
<< Comunque, anche se non dovessimo capire cosa gli prende e tra di voi non dovesse accadere nulla, ci sono sempre gli altri! >>
<< Gli altri? >>
<< Si, tutta la fila di ragazzi che hai dietro, ma che non noti! >>. Avevo dimenticato quanto tutte le mie amiche fossero fissate con il dirmi che piacevo a moltissimi ragazzi, ma che a me non interessava nessuno di loro.
<< Uffa, ancora? Non posso farci niente se non sono interessata a nessuno di loro >>, scherzai, sbuffando e incrociando le braccia al petto, voltando la testa dall’altra parte.
<< Già, a te piace il bello, dannato e impossibile! >>, continuò, dandomi un pizzicotto sulla spalla e facendomi l’occhiolino.
<< Ovviamente, ma per ora ancora non l’ho trovato! >>, affermai, stando al gioco. Avevo notato che quell’argomento veniva cacciato fuori spesso, ormai, ed era come se fosse diventato il nostro pane quotidiano scherzare sulla mia strana situazione sentimentale.
<< Fidati, arriverà! Non tutte siamo belle e bionde come te! >>, continuò, ridacchiando con una mano davanti alla bocca, che contagiò anche me. Il bello di Monica era che non capiva che anche lei era bella, anzi, se avesse fatto un po’ più di attenzione, magari avrebbe notato che anche lei aveva una fila di ragazzi dietro, ma, invece, non ci faceva proprio caso.
<< Guarda, guarda >>.
<< Cosa? >>, le chiesi voltandomi per capire a cosa si stesse riferendo.
<< Alice e Christian, sempre la stessa storia! >>, e fece un cenno con la testa, indicando i due che erano seduti su una delle panchine e parlavano allegramente.
Alice era sempre felice di parlare e di stare con lui, lo considerava il suo migliore amico e anche per lui era così, nonostante provasse qualcosa che andasse oltre l’amicizia. Ancora oggi, dopo moltissimo tempo, Alice ancora non era riuscita a capire cosa sentisse Christian nei suoi confronti: ormai tutti avevano capito che era perdutamente innamorato di lei, ma lei non riusciva a capirlo e non perché non volesse, ma perché semplicemente non riusciva minimamente a pensare ad una cosa del genere.
Era talmente affezionata a lui che non riusciva a vedere oltre e non riusciva a vedere che, oltre quel sorriso e quello sguardo che sempre le rivolgeva, c’era qualcosa di più, molto di più.
La vidi salutarlo e avvicinarsi a noi, con un sorriso a trentadue denti stampato sulla faccia, come sempre del resto, quando si trattava di lui. Avevamo sempre sospettato che anche a lei piacesse, ma poi avevamo capito che in realtà a lei bastava averlo come amico, o semplicemente che non aveva mai pensato ad una possibilità diversa dall’amicizia, nonostante, a nostro parere, fossero una coppia perfetta.
<< Ciao ragazze, come… Mon, che diavolo hai fatto ai capelli? >>, le chiese con espressione incredula. Se fosse stata un cartone animato, in quel momento i suoi occhi sarebbero usciti fuori dalle orbite e la sua bocca avrebbe toccato terra.
In tutta risposta, dalla bocca di Monica uscì solo un grugnito e io non potei far altro che scuotere la testa ridacchiando e prendendo per mano Alice, invitandola a incamminarci verso l’entrata della scuola.
<< Te lo spiego più tardi, è una lunga lunga storia, vero? >>, dissi rivolgendomi a Mon, che ci stava seguendo, tentando di rimettere a posto i suoi capelli.
<< Già, lunghissima e fastidiosa, aggiungerei! >>. La sua ultima risposta, prima di varcare la soglia e prepararci ad un’altra giornata scolastica.


Quando arrivammo, tutto era normale come sempre… nella sua confusione: ormai era d’abitudine che, prima dell’arrivo dei professori, ci si alzasse tutti in piedi e si facesse quello che più si voleva. E in quello stato, non riuscii a non notare Danilo e Alberto, seduti sul davanzale della finestra, quella che dava direttamente sul cortile, impegnati in chissà quale divertente discussione, viste le loro risate. Ma queste terminarono subito non appena gli occhi di quello che era il mio compagno di banco si posarono su di me. Il suo sorriso si spense mano mano e, con un cenno della testa, invitò l’altro a seguirlo fuori dalla classe.
Rimasi allibita, ma non ero l’unica: tutti ormai sapevano di questo suo atteggiamento e questo suo ultimo gesto non era passato inosservato nemmeno a Viola e Paola, che mi fecero segno che più tardi avrebbero dovuto riferirmi qualcosa.
Con l’arrivo del professore, tutto cambiò e la classe ritornò ad uno stato di silenzio assoluto… quello che più odiavo.
A mio parere, era troppo difficile nascondere i propri pensieri con l’eccessivo silenzio, anche se questo, più che altro, era dovuto alla lezione su Platone, un filosofo che, a detta di tutti, aveva troppi problemi con le anime.
<< Diana? >>. Ero tutta concentrata a fare scarabocchi sul banco, quando sentii una voce che mi chiamava e che assomigliava stranamente a quella di Danilo, ma era nettamente impossibile che lui mi rivolgesse la parola, così all’improvviso.
Tuttavia, decisi di provare e mi voltai nella sua direzione.
<< Mh? >>
<< Conosci la canzone dei Coldplay “Strawberry Swing”? >>. Era sinceramente strana come domanda, ma, vederlo sorridermi e parlarmi dopo tanto tempo, mi fece inevitabilmente pensare che forse mi ero sbagliata e che probabilmente non c’era niente che non andava.
<< Si, certo! >>
<< E’ bella, vero? >>
<< Si, molto romantica, direi! >>
<< Non ti facevo una persona romantica, sai? >>, mi disse, facendo finta di rimanere stupito e rivolgendomi uno dei suoi soliti sorrisi. Ancora non avevo capito il motivo del suo cambiamento d’umore, ma decisi che in quel momento non mi interessava e che poteva anche passare in secondo piano.
<< Beh, potrei dire lo stesso di te >>, gli risposi, alzando un sopracciglio e facendo un mezzo sorriso.
<< Oh, ma le mie doti sono nascoste! >>, e assunse l’aria di uno che la sapeva lunga, al che non riuscii a trattenere una mezza risata, che scatenò un’occhiataccia da parte della professoressa.
Entrambi smettemmo di ridacchiare, ma questo comunque non contribuì a far sparire i nostri sorrisi.
Poi, notai che all’improvviso aveva preso a fissarmi, come se cercasse di guardare dentro la mia anima e cercare di capire chissà cosa nascondessi. Era strano il suo modo di guardarmi: era come se non mi avesse mai vista e in quel momento mi stesse vedendo per la prima volta.
<< Che c’è? >>, mi uscì spontaneo chiedergli.
Danilo tardò un po’ a rispondere e distolse lo sguardo, scuotendo un po’ la testa e, nel farlo, riuscii a notare l’ombra di un piccolo sorriso sulla sua bocca.
<< Niente, niente! >>, mi rispose, continuando a mantenere quel sorriso e infilandosi le cuffie dell’Ipod nelle orecchie, stendendo contemporaneamente la testa sul banco.
Rimasi un bel po’ a guardarlo. Era completamente strano il suo atteggiamento: un minuto prima mi aveva completamente ignorata e quello dopo, invece, mi aveva rivolto un sorriso come se niente fosse stato.
Era ufficiale, più cercavo di capirlo e più non ci riuscivo e, allo stesso tempo, non riuscivo a togliere dalla mia mente il suo modo di sorridere sghembo, un dettaglio che la mia anima romantica, aimè, avrebbe sempre ricordato.
<< Allora ragazzi, passiamo all’amore. Anche Platone trattò questo tema e lo fece in modo molto approfondito per poter arrivare alla conclusione che l’uomo, indotto dall’amore, prova un profondo desiderio di unità, che si completa solo grazie a questo sentimento >>. Non appena la professoressa incominciò a parlare dell’amore, calò un silenzio incredibile. Se prima c’era almeno qualcuno che parlava sotto voce o si passava i bigliettini per parlare senza essere disturbati, ora non si sentiva volare una mosca.
<< Se guardate sul libro, potrete capire meglio quello che voglio dire >>.
Fu proprio in quel momento che, abbassando lo sguardo sul libro di filosofia, notai una dicitura molto particolare ed interessante: quando ci si innamora, si perde completamente la testa.
Quella frase rispecchiava proprio me: avevo sempre pensato di avere un animo romantico, ma non troppo, e che nel momento in cui mi sarei innamorata per davvero avrei perso completamente il lume della ragione.
Non avevo mai pensato che Platone potesse essere così interessante, anzi mi scoprii interessata al discorso sull’amore che faceva e più leggevo, più mi accorgevo che tutto quello che c’era scritto era assolutamente e totalmente vero.
D’un tratto, sentii che una mano si posava delicatamente sul mio braccio e subito mi voltai, sapendo già di chi fosse e mi preparai a chiedergli cosa volesse, ma lui fu più veloce di me.
<< Sei bella! >>. Solo due parole e otto lettere, mischiate al blu scuro dei suoi occhi, che mi fissavano intensamente, come aveva fatto poco prima.
Non avevo la capacità di parlare, ero completamente in balia del suo sguardo e della consapevolezza che lui mi avesse detto che ero bella, così senza alcun motivo o preavviso, e questo mi aveva lasciato così spiazzata da non sapere cosa rispondere.
Stavo tentando di articolare qualche frase di senso compiuto, che non contenesse solo risposte a monosillabi, quando la porta della classe si aprì e rivelò le figure di Aaron Palmieri e Michele Graziani, che consegnarono qualcosa alla professoressa, ma non riuscii a capire cosa. In quel momento, ero troppo confusa per poter pensare qualcosa di concreto, ma non perché non avessi mai ricevuto un complimento, bensì perché, ricevuto da lui, che mi aveva ignorata per tantissimo tempo, mi sembrò la cosa più strana che mi fosse mai capitata.
Cercai di scuotermi dal mio stato di torpore e ci riuscii appena in tempo per vedere i due ragazzi che uscivano dalla classe, ma non prima di aver notato lo sguardo di Aaron puntato su di me.
Uno sguardo intenso, nient’altro e nulla più, ma intenso era dire poco considerato l’azzurro ghiaccio dei suoi occhi, che in quel momento mi sembrarono così vicini. Uno sguardo che sembrava dirmi tutto e niente allo stesso tempo, enigmatico, come io avevo sempre immaginato fosse il suo carattere.
Fece solo questo prima di andarsene e segnare il suono della campanella che avrebbe fatto tornare la classe nella sua totale anormalità.
Ma niente e nessuno avrebbe mai potuto farmi dimenticare lo sguardo che Aaron mi aveva lanciato.



- L'angolo di Lady Delilah
Rieccomi, sono sempre io Delilah, la ragazza che ogni tanto se ne esce con qualche storia o capitolo sbalorditivo, che vi lascia con il fiato sospeso e vi fa venire voglia di sapere subito come continua, ma questo non avviene perchè posto ogni morte di papa! :S
Sono consapevole di questo mio difetto e vi chiedo perdono: voglio davvero scusarmi e spero di poter aggiornare quanto prima tutte le storie iniziate. A questo proposito volevo dire che per "Big as our love", il capitolo è quasi pronto e spero di poter aggiornare quanto prima; per quanto riguarda, invece, "Follia", temo che dovrete aspettare ancora qualche giorno, ma è questione di poco, perchè devo solo riscrivere il terzo capitolo, che il mio computer ha purtroppo cancellato! -.-"
Passando invece a questa storia: so che probabilmente è una proposta azzardata la mia, ma la verità è che questa storia è venuta fuori tramite un sogno, che non potevo far passare inosservato.
Come si è evinto dal primo capitolo, Diana è una sognatrice, ma il suo vero carattere verrà fuori più avanti. E' molto esuberante, ma, il suo essere romantica e spesso impulsiva, la porta ad avere un carattere contorto. Poi ci sono i due ragazzi: Danilo e Aaron, che la terranno compagnia per tutta la vicenda. Non faccio spoiler, mi conoscete: non mi piace dare anticipazioni, ma credo abbiate capito che faranno entrambi parte del suo cuore :P
E poi ci sono loro: le sue amiche. In questo capitolo ne ho presentato solo una parte e nel prossimo verranno presentate anche le altre, i cui nomi avete già capito quali sono: Viola e Paola, più un'altra che in questo capitolo non è apparsa, ma che apparirà nel prossimo :)
Le loro storie si intrecceranno alla sua e saranno non meno complicate: anche loro hanno una vita abbastanza movimentata ed è come se si parlasse della protagonista, ma anche di tutte le altre, che diventeranno allo stesso tempo, insieme a Diana, la parte principale della storia.
Spero vi piaccia e aspetto i vostri commenti!
Bacii <3

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Capitolo 2
*** Incontro ravvicinato? ***


 

C a p i t o l o  2.
Incontro ravvicinato?

!Quando si ci innamora si perde
letteralmente la testa.
L'amore è pazzia,
ma la pazzia non sempre è un male!
!Platone

 

<< Cosa? Ti ha detto proprio così? >>. L’espressione di Paola rasentava lo stupore per quello che avevo appena finito di raccontare. Annuii con il capo alla sua domanda e la sua espressione si tramutò in pura felicità, che prese vita attraverso un grande sorriso.
Fuori la classe, appoggiate alla finestra, che dava sul cortile della scuola, avevo raccontato tutto quello che era successo il giorno precedente, comprese le ultime parole di Danilo e lo strano sguardo di Aaron, e avevo potuto notare quanto le mie amiche fossero rimaste piacevolmente sconvolte.
<< Aaah, e non sei contenta? Tu, che gli hai risposto? >>, mi chiese felicissima, con un’espressione talmente esitante nel voler conoscere la risposta che mi fece quasi ridere. In realtà, ridevo perché non avevo il coraggio di rivelare quello che avevo avuto il coraggio di rispondergli. Nel momento in cui avevo detto quella semplice parola, avrei voluto sprofondare dieci miglia sotto terra, tanta era la figura che mi sembrava di aver fatto.
<< Già! >>
<< Eh? >>. Dovevo ammetterlo: forse non mi ero espressa bene.
<< Gli ho risposto: “già” >>, confessai la mia infelice risposta, diventando completamente rossa per la vergogna, tanto che mi coprii il volto con le mani.
Quando alzai lo sguardo, le trovai che mi fissavano allibite: il loro viso non aveva nessuna espressione se non quella di incredulità, perché sapevo che non volevano credere a quello che avevo appena detto, mista a delusione.
<< E ti sembra normale quello che gli hai risposto? >>
<< In effetti… no! Ma non sapevo cosa dire >>, dissi, tentando di discolparmi, ma sfortunatamente anche io sapevo che non era assolutamente possibile.
<< Oh, ci sono tantissime cose che avresti potuto dire, come “Grazie!” oppure “Danilo, sei bellissimo e ti salterei addosso!” >>. Come sempre, Viola non riusciva a non scherzare in ogni momento che le capitava, cosa che mi fece sorridere non poco. Erano quotidiane queste sue battutine, a volte non sempre inerenti al contesto, ma che riuscivano sempre a strappare un sorriso, persino nei momenti più difficili o noiosi, in cui non si sapeva cosa fare o cosa dire.
Viola era sempre stata così, sempre dolce con tutti, sempre una buona parola per tutti, un’immagine che tuttavia la faceva apparire quasi timida, impacciata e silenziosa, cosa per niente vera. Con noi, o con le persone di cui si fidava, era sempre diversa e solo pochi avevano potuto conoscere la vera Viola, sempre scherzosa e in movimento, come se stesse ballando in continuazione… e con la battuta pronta.
<< Viola, serietà per favore! >>, disse Paola, facendo un cenno della testa che voleva dire ammonimento, ma senza trattenere un sorrisino. Poi, si rivolse a me: << Tu, invece, non ridere che qui la faccenda è seria! Avresti potuto dirgli qualsiasi cosa, anche un semplice grazie o un sorriso o avresti potuto mandare avanti la conversazione >>. Paola, al contrario, era il perfetto opposto di Viola, come l’olio e l’aceto. Era sempre stata la più saggia tra noi. Aveva sempre la parola giusta al momento giusto e sapeva confortarci continuamente nei momenti tristi o di difficoltà, non nascondendo, tuttavia, il suo animo romantico, che aveva trovato fine nel suo amore per Jacopo. Si erano fidanzati il primo anno di liceo e da allora non si erano più lasciati: sempre insieme e senza mai separarsi. A detta di tutte noi, erano una bellissima coppia: dolci e follemente innamorati l'uno dell'altra, accomunati da tantissime passioni, ma soprattutto dalla musica, tanto che la "loro" canzone era diventata "All you need is love", consigliata da noi, ovviamente, che credevamo che li rappresentasse perfettamente. Si completavano a vicenda ed ero sicura che il giorno in cui mi sarei fidanzata avrei voluto vivere una storia come la loro.
Sospirai. << Pà, tu hai ragione, ma mettiti nei miei panni, non avrei potuto fare altrimenti. C’era anche… >>
<< Oh, ti prego! Se stai per parlare di quell’idiota di Palmieri, risparmiami! >>. Era stata Viola ad interrompermi e in quel momento ricordai che, fin dal momento in cui lo avevamo giudicato di più “bello” e io le avevo raccontato di una delle mie fantasticherie su di lui, aveva incominciato a non nutrire una grande simpatia per quel ragazzo. Probabilmente era perché lo vedeva troppo sicuro di sé e inavvicinabile, come se lui, conoscendo la sua situazione, se ne vantasse in qualche modo, o forse perché…
<< Sinceramente, ti vedo meglio con Danilo! >> Ecco, appunto. Avevo dimenticato la sua fervida fantasia e tutti i film che si era fatta su me e il nostro compagno di classe.
<< Lascia stare Viola, qua non ne esce niente, proprio come Monica, che ora ha inventato un nuovo modo di flirtare >>, mi zittì Paola, prima che potessi controbattere, indicando la nostra amica dai capelli “sfortunati”, che in quel momento stava cantando “Con un brivido felino”, interrompendosi immediatamente non appena si sentì chiamata in causa.
<< Si, certo un… cosa? No, dico, ma sei impazzita? Cosa avrei inventato io? >>. Occhi sgranati e sopracciglia corrugate a caratterizzarla, ovviamente.
<< Vedi, da quando si è fissata con la canzone di Mina e di Celentano, non fa altro che cantarla sotto la doccia >>, continuò lei imperterrita, ignorando i suo tentativi di zittirla, prima che potesse rivelare qualcosa.
<< Così, Claudio lo ha saputo e ogni volta che la vede incomincia a cantarla, lanciandole molti occhiolini e ammiccamenti! >>. Riuscì a finire appena in tempo la frase che proprio in quel momento, passò Claudio, che si stava avviando verso la sua classe, fischiettando il motivetto della canzone, tanto da fare uscire un suono infastidito, che doveva assomigliare ad un grugnito, dalla mia amica, e delle forti risate da parte nostra.
<< Wow, Mò, non ti facevo così intraprendente! >>. L’affermazione, mischiata alla risata, di Viola arrivò al momento giusto… con la risposta giusta.
<< Sarà, ma non sono io quella che sbava dietro ad un ragazzo dell’ultimo anno. Un tal Sergio Grifo, se non sbaglio! >>. Era evidente l’esigenza di Monica di vendicarsi e io non potei altro che osservare con un certo divertimento il suo ghigno, che era appena apparso, e l’espressione stupefatta di Viola.
<< Ma… ma… io non gli sbavo dietro, cosa dici? La nostra è una conversazione intensa, fatta di sguardi! >>, asserì soddisfatta della propria risposta, ma questa non fece altro che alimentare una mia, o meglio nostra, convinzione: Viola era cotta di quel ragazzo come non lo era stata per nessun’altro e, probabilmente, l’espressione “sbavare dietro” era un po’ troppo avventata e inveritiera, ma era quella che in quel momento qualsiasi persona che fosse passata avrebbe usato, vista la sua faccia estremamente convinta di aver raggiunto un buon risultato con quegli sguardi.
<< Si, di sguardi inconcludenti, proprio come Diana, no? >>
<< Eh? >>. Un momento, che c’entravo io? Perché all’improvviso mi avevano tirato in causa?
<< Ma almeno io concludo qualcosa, non come lei, che non sa mai che fare e non riesce a rispondere ad un ragazzo, che è evidente che è attratto da lei! >>. STOP! Mi ero persa qualche passaggio! Da quando ero diventata l’inconcludente di turno, che non sa mai cosa fare e chissà cos’altro? Dovevo fermare quella bizzarra discussione, iniziata quasi bene e finita con lo sbattermi in faccia dei pezzi di verità.
<< Ehi, ehi, ehi, ferme un attimo! Punto uno: Monica, non negare, la vostra situazione è alquanto stramba… >>. Poi, quando lei fece per dire qualcosa, aggiunsi subito: << … e si, si nota lontano un miglio che siete attratti l’uno dall’altra. Punto due: Viola, sappiamo tutte che tra di voi c’è sempre uno scambio di sguardi, ma solo questo non porta quasi sempre a niente, e lo sai. Punto tre: smettiamola di dire che per me è adatto solo Danilo! Ci sono moltissimi ragazzi al mondo! E punto quattro… >>
<< Punto quattro, oggi devi venire a vedere la partita! >>.
Tutto accadde in un attimo: le parole appena sussurrate, ma che probabilmente tutte le presenti avevano sentito, il braccio che circondava le spalle, con fare possessivo, e il suo volto posto a pochi centimetri dal mio, con la sua bocca accanto al mio orecchio, portandomi inevitabilmente ad arrossire senza alcun motivo.
Cacchio!
Cercai di recuperare un contegno e mi voltai nella sua direzione, rispecchiandomi ancora una volta in quegli occhi blu notte.
<< Mi hai fatto prendere un colpo >>, sussurrai appena, ponendomi una mano sul petto con fare teatrale, come se fossi rimasta sconvolta, quando sul serio stavo cercando di darmi una calmata. In fondo, si era trattato di sentire solo il suo respiro quasi sul mio collo, come se nulla fosse, roba da niente!
<< Era quello che speravo >>, disse allora, mostrando uno dei suoi sorrisi che facevano perdere un battito. Cavolo, dovevo darmi una calmata. Il problema era che il modo in cui era arrivato ed aveva interrotto la discussione mi aveva colto così di sorpresa, da lasciarmi senza fiato e completamente impreparata, soprattutto perché temevo avesse ascoltato una parte della conversazione, proprio quella che non avrebbe dovuto sentire.
Sorrisi anche io di rimando, sentendo quasi un piccolo sospiro alle mie spalle, che capii proveniva dalle mie simpatiche amiche.
<< Non voglio farti perdere troppo tempo, ma volevo chiederti se avevi ricevuto il mio messaggio su Facebook >>. Porca miseria, QUEL messaggio!
<< Messaggio? >>. La curiosità eccessiva di Paola lo costrinse a voltarsi verso di lei e a spiegare meglio proprio quello che avevo tentato di nascondere.
<< Si, quello in cui la invitavo alla partita di calcio di oggi perché… >>. Un momento di sospensione, in cui mi rivolse uno sguardo indecifrabile, come se volesse dirmi in quel momento tutto quello che sapevo avrebbe voluto dirmi quel giorno. <<… perché devo parlarle >>… di una cosa che non posso più tenere per me. Questo era quello che aveva scritto affianco al “ti devo parlare” del messaggio e già in quel momento avevo provato una scarica di adrenalina enorme, che mi aveva fatto battere il cuore a mille per un bel po’, ma le parole che, invece, aveva appena sussurrato, erano diverse, con una nota nuova, quasi dolce e esitante.
Sentivo dietro di me i bisbigli delle altre: chissà cosa stavano pensando in quel momento, ma non me ne curai. Dovevo risolvere quella situazione alla svelta.
<< Si, l’ho letto, ma non posso venire purtroppo >>
<< Ma come? Sarà durante la nostra ora di educazione fisica, devi esserci >>
<< Si, Diana, devi andarci >>, aggiunse Monica, calcando molto sulla parola “devi”. Loro avevano perfettamente paura, ma in me c’era qualcosa che mi impediva di comportarmi come avrei dovuto, qualcosa che aveva il nome di paura… paura di innamorarmi. Sebbene cercassi così tanto l’amore e lo volessi con tutta me stessa, e non per dare finalmente il primo bacio, che era una questione per niente urgente e del tutto irrilevante per me, ma perché volevo finalmente capire cosa si provasse ad essere innamorati, a fidarsi completamente di qualcuno e ad abbandonarsi a qualcuno, avevo il timore di provare questo sentimento, e non perché fosse troppo presto, o non fossi pronta, o cose simili, ma perché avevo paura di sbagliarmi sulla persona che mi piaceva e che ora stavo guardando.
<< Lo so, ma il professore vuole che oggi mi metta a “lavorare” e non a perdere tempo >>. Era una scusa pessima, ma in quel momento non sapevo dire di meglio.
Poi, vedendo la sua espressione leggermente delusa, e vedendo il blu scuro dei suoi occhi quasi spegnersi, non seppi resistere: << Magari, però, dopo che ho finito, posso passare a vedervi giocare, che dici? >>
E in un lampo, vidi il suo volto animarsi, come se quello che gli avevo detto gli avesse illuminato la giornata e lo avesse reso il ragazzo più felice del mondo.
<< Allora, ci conto! >>, affermò, indossando le sue Ray-Ban nere, che lo caratterizzavano, e si avvicinò piano piano, fino a  darmi un piccolo bacio sulla guancia, rivolgendomi un occhiolino, prima di voltare le spalle e raggiungere Jacopo.
Rimasi per circa cinque minuti imbambolata, guardando il vuoto, soddisfatta come non mai di avergli detto di si, almeno in parte.
Ma dovevo ancora affrontare loro!
Quando le voltai, le trovai con un espressione contenta, mista a dubbio, dovuto sicuramente alla mia prima risposta.
<< Prometto che poi vi spiegherò >>, affermai, congiungendo le mani a mò di preghiera come a esortarle a non aggiungere nient’altro.
Monica mi si avvicinò, mettendomi una mano sulla spalla e sorridendomi. << Tranquilla, tutto il tempo che vuoi. E ora pensa a cose belle che potresti dare finalmente il tuo primo bacio! >>. Ecco, questa era l’unica parte che sapeva mi avrebbe portata a rincorrerla per tutta la scuola.
 
 
 
<< Noi incominciamo ad andare nello spogliatoio, tu vieni? >>. Sapevo a cosa si riferisse Paola: credevo che potessi cambiare idea sulla partita, ma nessuna era più decisa di me in quel momento.
<< Si, vengo tra poco, il tempo di posare la borsa >>.
Dopodiché, mimò un OK con la mano e si avviarono verso la porta che portava allo spogliatoio femminile, mentre io rimanevo nel piccolo corridoio, angolo dove venivano posate gli zaini e che portava alle due porte: spogliatoio maschile a destra e spogliatoio femminile a sinistra.
Una volta posata la borsa e preso il quaderno dove tenevo quel disegno, iniziato quella mattina e non finito, stavo per voltarmi, quando un “uragano”, che aveva il nome di Flaminia e Raffaele, mi travolse, facendomi scontrare contro tutti gli zaini, facendoli cadere e quasi aprire.
<< Ahi! >>, esclamai per la botta e osservando con orrore il disastro, che avevano creato quei due, correndo come dei batti in palestra. E, naturalmente, se ne erano già andati e mi avevano lasciata lì, con l’ingrato compito di raccogliere tutto, con una pazienza che nemmeno sapevo di avere.
Stavo cercando di fare il più in fretta possibile, tentando di recuperare tutti i quaderni e disporli in modo che i loro proprietari li avrebbero riconosciuti e presi, senza sapere che l’artefice ero stata io, o meglio “l’uragano”, quando…
<< Oh, vieni qua! >>. Una voce maschile molto forte, quasi minacciosa, con un tono alquanto irritato, mischiato, tuttavia, a quello che mi sembrò un tono scherzoso, tipico di uno che sta al gioco.
Poi, vidi un ragazzo uscire di corsa dallo spogliatoio maschile con qualcosa di nero in mano, qualcosa che identificai come una maglietta. E poi un suono frastornato di piedi che correvano veloci, un pugno leggero allo stipite della porta e Aaron Palmieri, quasi fuori da essa, a torso nudo, solo con jeans addosso, senza alcun senso di pudore. Se ne stava lì, fissando un punto imprecisato della porta d’ingresso, con quella che era l’ombra di un sorriso.
Dovevo ammetterlo: tutto quello che si diceva su di lui, che fosse bello senza alcun rivale, perfetto nei punti giusti, era assolutamente vero. Non avevo mai creduto che potesse esser possibile perché per me la perfezione era solo un dato soggettivo e avevo sempre creduto che le ragazzine innamorate esagerassero e che tutto ciò che dicevano fosse solo frutto di una mente innamorata, con ormoni in subbuglio, ma evidentemente mi ero sbagliata.
Piano piano, voltò la testa e solo allora si accorse della mia presenza e di nuovo i suoi occhi azzurro ghiaccio si fermarono su di me, percorrendo tutta la mia figura, pigro come la carezza di un gatto. Non rimasi a fissarlo, non riuscivo a guardare quegli occhi per più di un secondo, tanto erano magnetici; così, distolsi lo sguardo e tornai al mio “lavoro”.
<< Vuoi una mano? >>, mi chiese, vedendo all’improvviso la sua figura avvicinarsi sempre di più. Sembrava che non avesse alcuna intenzione di rivestirsi.
<< No, non ti preoccupare >>, lo liquidai con un sorriso, finendo di raccogliere l’ultimo zaino, ma la sfortuna volle che questo fosse troppo in bilico e che allora cadesse di nuovo, portandosi dietro una parte degli altri.
Sospirai esasperata al massimo per quella situazione e poi vidi delle mani iniziare a raccogliere tutto quello che c’era a terra e non ci volle molto perché capissi che Aaron non era di certo uno che lasciava perdere in fretta.
<< E’ la seconda volta che ti succede? >>, disse, riferendosi chiaramente al quel “lavoro”, con un piccolo sorriso, che riuscii a intravedere a malapena, essendo coperto dal viso abbassato e dai capelli.
<< Già, che seccatura! >>
<< Quando si va di fretta, accadono sempre degli imprevisti >>, asserì, alzando di poco il viso, quel tanto che bastava per permettermi di constatare che non mi ero sbagliata, perché il suo volto era davvero illuminato da un sorriso divertito.
Annuii. << Ma è una seccatura comunque, perché… ho già così tanti pensieri per la testa, con il fatto della partita e… >>. Mi bloccai appena in tempo! Che cavolo stavo facendo? Perché tutt’a un tratto avevo iniziato a dire quella cosa?
Dopo questa mia affermazione, bloccata appena in tempo per fortuna, calò un silenzio incredibile su di noi. Non sapevo cosa fare, se riprendere il discorso o lasciare che mi aiutasse e basta. Non avrei dovuto iniziare a parlare di pensieri e stupidaggini simili: in fondo, perché avrebbe dovuto interessargli? Incredibile come riuscissi sempre a rovinare i momenti perfetti: avrei dovuto mordermi la lingua.
E poi il silenzio fu smorzato dal suono della sua risata, mal trattenuta. Una risata che fece sorridere anche me, senza nemmeno sapere il perché.
<< Credi che sia stata la mia presenza? >>, chiese, alzando il volto, a pochi centimetri dal mio, e sfoderando un sorriso che era tutto dire.
<< Non credo che gli zaini possano provare emozioni >>, risposi, sorridendo anche io, piuttosto divertita, e alzandomi in piedi, come fece anche lui.
In risposta, arrivò una risata cristallina e molto piacevole. Ora avevo capito come faceva Aaron a far cadere tutti ai suoi piedi: il suo carisma! Il fatto di aver pronunciato una battuta simile solo per affievolire quel silenzio, dandomi la possibilità di non sentirmi in imbarazzo, aveva ricreato quel gioco di risate e sorrisi, che si era venuto a creare prima, segno che forse nemmeno lui aveva desiderato che quella conversazione finisse.
Rimanemmo per un po’ a guardarci in quel modo, con i residui di quei sorrisi, come se attorno a noi si fosse creata una sorta di bolla, che aveva approfondito un feeling che tra di noi non c’era mai stato, visto che non ci eravamo mai visti prima, o meglio conosciuti. Tuttavia, non ero molto sicura che lui sapesse il mio nome…
Poi, lo vidi mettersi una mano dietro la testa, in netto segno di imbarazzo, e tossì un po’. Era sul serio imbarazzato e mi sembrava anche il caso in quel momento di provarne un po’, vista la condizione in cui si trovava.
<< Sai, non succede sempre >>.
<< Cosa? >>, domandai confusa.
<< Questo… il… >>. Altro colpo di tosse, come per ricomporsi. << Di solito sono sempre io che porto via qualche vestito agli altri, per scherzo, quando non se ne accorgono, e loro ci ridono su, ma credo che questa volta abbiano trovato il pretesto per vendicarsi! >>. Aaah, ora si che avevo capito. Si riferiva al fatto della maglietta rubata. Avrei sfidato chiunque a volere che si coprisse in quel momento, ma probabilmente il disagio per lui era talmente forte che aveva sentito il bisogno di spiegarsi… o forse aveva provato solo il desiderio di farmi capire che di solito era lui quello che rompeva le scatole, e non viceversa.
Un attimo! Pretesto? Cosa voleva significare? In quel momento il mio povero cervello elaborò tante di quelle possibilità, che per un attimo pensai che quel “pretesto” fossi stata io.
<< Beh, doveva pur capitare anche a te, no? >>, dissi, con un sorriso, facendo spallucce. Ma da dove l’avevo cacciata tutta questa confidenza? Era ufficiale: un alieno si era impossessato del mio corpo e ora stava parlando al posto mio.
Alla mia affermazione, abbassò il braccio e assunse un’espressione completamente nuova: un sorriso malizioso prese possesso della sua bocca e gli occhi, se possibile, divennero ancora più enigmatici, e allora capii che aveva assunto la sua espressione di forza, quella che faceva cadere qualunque ragazza ai suoi piedi o che semplicemente sfoggiava quando aveva intenzione di pronunciare qualcosa, per cui quel sorriso ne fosse testimone.
Si avvicinò piano piano, come un gatto predatore che aveva puntato la sua preda, fino ad arrivare con il viso vicino al mio. << Forse si, ed è capitato proprio nel momento giusto, non trovi? >>.
Arrossii di colpo, abbassando inevitabilmente il viso, sebbene non ve avessi per niente l’intenzione, ma fu più forte di me. Vederlo così vicino a me e sentire quelle parole mi mandò in completo subbuglio.
Accidenti!
Eppure mi ero ripromessa che non mi sarei più comportata in questo modo, che mi sarei controllata, ma forse dovevo ancora lavorare su me stessa per poter diventare quella che volevo essere. Avrei tanto voluto non avere la capacità di arrossire per ogni più piccola cosa, ma, purtroppo, non era così e dovevo conviverci.
Mi schiarii la voce e, nonostante il viso arrossato, alzai lo sguardo e lo puntai dritto nei suoi occhi, cercando di assumere un’espressione che fosse non curante di quello che aveva detto il più possibile.
<< Già, come se fosse tutto calcolato, no? >>. E allora, lo vidi assumere una serie di espressioni repentine. La malizia sparì per un attimo dai suoi occhi, fino a diventare vero e puro stupore, come se non si aspettasse che gli avrei risposto in questo modo. Poi, ritornò alla sua espressione di sempre: enigmatica e una maschera di pura strafottenza, senza, tuttavia, nascondere il divertimento, che si leggeva palesemente nel suo sguardo.
Scosse la testa, sorridendo contemporaneamente, ma d’un tratto di fermò e lo vidi raccogliere qualcosa per terra, qualcosa che aveva tutta l’aria di un foglio un po’ piegato con un po’ di nero sopra, qualcosa che aveva tutta l’aria di…
Oh, cribbio!
Non mi mossi, né feci altro. Rimasi solamente immobile, come una statua, aspettando che si decidesse a parlare, mentre lo vedevo osservare attentamente il mio disegno, passandoci di tanto in tanto le dita sopra, come a voler tracciare il contorno delle figure.
Quando alzò lo sguardo e mi guardò, aveva cambiato nuovamente espressione e ora il suo viso era tutto un programma, un misto di incredulità e curiosità.
<< E’ davvero bello, vero? Chissà chi lo ha fatto… >>
<< Ecco… ehm… è mio >>, incespicai addirittura con le parole. Non era mio solito mostrare agli altri i miei disegni, o come li chiamavo io, scarabocchi, specialmente se non erano completi… e questo non lo era di certo.
Non appena mi accorsi che stava per aggiungere qualcosa, lo fermai sul tempo. << Però non è ancora finito e fa davvero schifo, perciò… >>, e con queste parole, glielo strappai subito di mano, quasi bruscamente, tanto che mi pentii quasi del modo che avevo usato.
<< Spero tu stia scherzando! Si prospetta un disegno stupendo! >>. Mi sembrava quasi assurdo, o meglio impossibile, che potesse dire una cosa del genere, ma mi convinsi, almeno per una volta, ad ascoltare il parere di qualcun altro quando si trattava di queste cose.
<< Il modo in cui il ramo del fiore di ciliegio e dell’iris si intrecciano è a dir poco spettacolare, come se volesse significare una vita intrecciata o complicata >>. Rimasi stupita alle sue parole: nessuno avrebbe mai potuto capire così alla perfezione il significato di quell’intreccio continuo dei gambi dei due fiori come aveva fatto lui, ed era strano perché nessuno prima d’ora era riuscito a comprendere il significato di un mio disegno.
<< E poi… questi occhi, disegnati un po’ in grande, come se fossero un po’ il significato implicito di quello che è ritratto qui sopra >>.
<< Già, in effetti è proprio così. Avevo anche intenzione di non lasciarlo in bianco e di aggiungerci un po’ di colore >>, rivelai.
<< E hai già deciso il colore degli occhi? >>
<< Mmm… avevo pensato a due colori, in verità. Per uno il verde… >>
<< Come i tuoi occhi >>, mi interruppe lui, ritrovandolo a fissarmi intensamente, ma anche in attesa che continuassi.
<< Si, ehm… e l’altro… mmm… >>. La verità era che ancora non avevo deciso il colore dell’altro occhio. All’inizio avevo optato per il nero, poi per il blu, ed ero rimasta ferma su questa posizione, ma ora…
L’azzurro mi attirava di più.
Lo vidi assumere un’espressione confusa e un po’ pensosa. << Sai che c’è? Ancora non ho deciso bene! >>, affermai, un po’ in imbarazzo.
<< Non importa. Sono sicuro che qualsiasi colore tu decida, sarà così perché dettato dal cuore, il luogo da cui proviene il disegno >>. Avrei voluto rispondergli e dirgli che aveva ragione, avrei voluto chiedergli come facesse a descrivere così alla perfezione i dipinti e a comprenderne i significati, avrei voluto sapere di più su di lui, avrei voluto dirgli il mio nome e, soprattutto, avrei voluto continuare a specchiarmi in quegli occhi azzurro ghiaccio, che all’apparenza sembravano freddi, ma in realtà non lo erano, ma non c’era più tempo. E forse, c’era qualcos’altro al di sotto di quella maschera di pura strafottenza e bellezza, che tutti gli attribuivano e che lui non poteva fare a meno di indossare. Aaron Palmieri, forse, era ben altro.
<< Diana Araldi! Vieni subito qui! >>. Eccola, la voce che aspettavo. L’adorata voce del prof. di educazione fisica, che prontamente mi ricordava che quella non era un’ora di svago e che avrei dovuto cambiarmi e fare ginnastica, cosa che avrei dovuto fare già da una buona mezz’ora.
<< Mi sa che devo andare! >>.
<< Già, lo credo anche io >>, disse, sorridendo un po’ e facendo spallucce.
<< Palmieri! >>. Un altro visitatore, arrivato giusto in tempo. Mi voltai per vedere chi fosse e mi accorsi che verso di noi si faceva avanti la figura di Michele Graziani, inseparabile amico di Aaron, con in mano la sua maglietta, che ora gli stava lanciando.
<< Graziani, la prossima volta me la paghi! >>, affermò lui, con fare irritato, indossando finalmente la maglietta.
<< Per così poco? Non è sempre quello che dici tu? >>. Doveva riferirsi ai suoi continui scherzi, dato lo sbuffo che provenne da Aaron, e io non potei fare a meno che ridacchiare.
Al che, Michele voltò la testa nella mia direzione. << Beh, però hai trovato una bella distrazione! >>, asserì, scherzando e muovendo il gomito nella sua direzione, ottenendo in risposta un incrocio delle braccia e uno scuotimento della testa, con tanto di sorriso.
<< Araldi! >>. Altro urlo, segno evidente che era proprio ora di andare e anche subito.
<< Devo scappare sul serio, ora! >>, dissi, prima di voltarmi in direzione dello spogliatoio femminile.
<< Ci vediamo in giro >>. Queste furono le sue ultime parole, ma non mi diede il tempo di rispondere perché, quando mi girai per ricambiare, se ne era già andato, volatilizzandosi così in fretta da farmi pensare che fosse solo un semplice sogno.
Ma, prima di aprire la porta, notai per terra un oggetto che luccicava, o che, per meglio dire, vibrava. Lo raccolsi subito e il nome del mittente era “Luana”; capii subito di chi si trattasse e anche di chi fosse il cellulare: Aaron Palmieri.



 


- L'angolo di Lady Delilah
E rieccomi qui, scusate davvero il ritardo, ma i problemi sono sempre gli stessi: studio, poco tempo a disposizione e altro, però alla fine sono sempre qui! :D
Ho risposto a tutte le recensioni e scusate se non mi dilungo molto, ma è davvero tardi e sono molto stanca! Per qualsiasi dubbio, potete chiedere direttamente, sarò felice di spiegarvi al meglio ogni cosa! :)
Vorrei ringraziare, però, tutte le persone che hanno inserito la storia tra le seguite e tra le preferite, davvero grazie di cuore, questo mi rende molto felice! *-*
Per quanto riguarda le altre due storie, vedrò di aggiornare il più in fretta possibile in questa settimana!
Spero vi piaccia e aspetto i vostri commenti!
Bacii! <3

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Capitolo 3
*** Questione di feeling ***


 

C a p i t o l o  3.
Questione di feeling.

!Quando si ci innamora si perde
letteralmente la testa.
L'amore è pazzia,
ma la pazzia non sempre è un male!
!Platone

 

Blackberry ultimo modello, completamente nero e lucido, come se fosse nuovo.
Il solo vederlo mi faceva pensare ad un nome: Aaron Palmieri. Non ero molto sicura che fosse sul serio il suo; in fondo, tutti avevano un cellulare del genere, ma il nome del mittente che era apparso sullo schermo mi aveva dato la risposta.
Il nome Luana poteva essere collegato a tantissime persone o a qualsiasi persona che avesse una fidanzata o un’amica con un nome del genere, tuttavia, il fatto che prima non ci fosse e in quel momento invece si, mi aveva portato a pensare che la ragazza dovesse essere la fidanzata di Aaron, Luana Saitta., una ragazza conosciuta da quasi tutte le altre scuola, oltre che dalla sua, ma non perché facesse chissà cosa, semplicemente perché passava quasi tutte le giornate in giro per la città con gli amici o da sola, conoscendo sempre gente nuova.
E naturalmente attirava tutti nella sua cerchia. Personalmente, non la conoscevo, anzi ne avevo sentito soltanto il nome e la “fama”, per così dire, ma era bastato per farmi capire che sarebbe stato un “reato” dire a qualcuno di non sapere chi fosse. Il solo nome, però, mi infastidiva: le persone come lei riuscivano sempre ad ottenere quello che volevano, ma in realtà non era questo a darmi fastidio. Forse ciò che mi irritava era il fatto che lei era riuscita a far innamorare di sé quel ragazzo, senza nemmeno muovere un dito, ci avrei scommesso. Aaron non mi piaceva, cioè mi piaceva, era pur sempre un bel ragazzo, ma non lo conoscevo così bene da innamorarmi di lui, e in quel momento, rimpiansi il fatto di non aver frequentato anche le scuole medie in quella città: se lo avessi fatto, avrei avuto l’occasione di conoscere più persone e, magari, anche qualcun altro che non fosse Danilo, ma le cose, evidentemente, dovevano andare in quel modo.
Ad ogni modo, avrei dovuto restituire il cellulare ad Aaron, ma, con la fortuna che avevo, non sapevo quando lo avrei rivisto, e inoltre non potevo nemmeno tenere quel blackberry per tanti giorni.
<< Dianaaaa! Corri, dai, la partita sta per cominciare! >>, mi avvisò Viola, correndo come una forsennata accanto alla porta e invitandomi, con un frettoloso gesto della mano, a uscire in cortile, per poi scomparire.
Infilai il cellulare in tasca e corsi subito nello spogliatoio a indossare la tuta. Il professore mi avrebbe scannata, se solo mi avesse vista senza.
In meno di tre minuti, mi ritrovai nel cortile, accanto la palestra, proprio nel momento in cui l’arbitro, ossia il professore, fischiò, dando così inizio alla partita.
Fin dai primi minuti di gioco, le due squadre si affrontarono a viso aperto, ma era evidente che la nostra squadra era già in palla. Un giocatore dell’altra squadra, proveniente dal Liceo Scientifico, che, però, non riuscii a identificare, con una punizione battuta di potenza sfiorò il gran goal, ma il pallone, deviato dalla barriera, terminò di poco alto. Era ovvio che noi volevamo la vittoria: eravamo decisi a non perdere e potevo vedere chiaramente che Paola era un po’ nervosa, perché il suo ragazzo era della squadra avversaria e non sapeva per chi fare il tifo. Ero sicura che sarebbe stata imparziale.
Sull’ennesima azione di contropiede, un ragazzo servì in profondità Alberto, che dall’interno dell’area di rigore, sferrò un gran destro, riuscendo a segnare. Sotto di un goal, la squadra avversaria subì un colpo: di sicuro, non si aspettava che riuscissero a segnare. Durante la partita, inutile dire, ci furono falli e ammonizioni a non finire: persino il professore, che si era improvvisato arbitro, si stupì di questa cosa.
Sul finire del primo tempo, nelle fila dell’altra squadra uscì anche qualcun altro, venendo sostituito da Jacopo Taddei, il ragazzo di Paola, che vidi sorridere. Il risultato, tuttavia, rimase di 1-0 per la nostra squadra.
Sapevo che era solo il primo tempo, ma ero decisamente contenta e elettrizzata del fatto che fossimo in vantaggio: adoravo le partite di calcio ed ero sicura che Danilo mi avesse invitata ad assistere, sebbene non volessi a causa sua, perché era a conoscenza di questa cosa.
Del resto, dovevo dire che Danilo, più delle altre volte, si stava davvero impegnando molto. Di solito, giocava sempre in modo svogliato, nonostante fosse bravo, prendendo spesso dei rimproveri da parte del professore, dell’allenatore e dei suoi amici, ma questa volta lo vedevo più energico e con una sola parola stampata sulla fronte a caratteri cubitali: vincere!
Proprio in quel momento, mentre stava bevendo, si voltò a guardarmi e mi lanciò un occhiolino, sorridendo in quel suo modo sfrontato che lo caratterizzava, al che non potei far altro che ricambiare il sorriso.
<< Direi che questa volta sta giocando davvero bene, non è da lui! Non sarà che è così euforico perché deve farsi notare da una certa persona? >>. Non mi ero nemmeno accorta della presenza di Monica, che si era appoggiata a me, con un sorriso impertinente a caratterizzarla.
<< Può essere. Magari la prossima volta decido anche di allenarmi con loro! >>, dissi sarcasticamente, voltandomi verso di lei.
<< Beh, perché no? E’ un’idea! Chissà che non lo svegli un po’! >>. Lei e le sue battute illusorie, che facevano inevitabilmente scoppiare a ridere a crepapelle, perché erano inaspettate e non si poteva mai sapere cosa avrebbe detto.
La partita riprese e così iniziò anche il secondo tempo. La squadra avversaria, però, sembrava più determinata e convinta dei propri mezzi, e mise in grossa difficoltà la nostra retroguardia. Infatti, al 51’ riuscirono a pareggiare, proprio quello che temevamo del resto, perché non appena segnarono, la nostra squadra riuscì a scoraggiarsi di nuovo. Fu Mattia a riprendere il gioco e a eliminare quello sconforto, riuscendo a segnare.
Infatti, sfiorò prima la rete di testa su un bell’assist di Emanuele, poi finalizzò con un tiro al volo un cross di Giorgio dalla sinistra. Un goal del genere, di sicuro, sarebbe rimasto nella storia, ma in fondo c’era da aspettarselo da uno come Mattia: era davvero il più bravo di tutti e aveva una velocità che, paradossalmente, anche un corridore gli avrebbe invidiato.
La partita, dopo questi goal, rimase equilibrata, almeno fino a quando su un’azione di contropiede, Raffaele pennellò un cross dalla destra per Danilo, che anticipò di testa l’avversario, e dal limite dell’area beffò Alberto sul primo palo, realizzando l’ennesimo goal per la nostra squadra, un goal di cui saremmo stati molto fieri.
E così, la partita terminò 3-1 per la nostra squadra: era qualcosa di incredibile.
Ci furono abbracci, urla generali carichi di felicità, e, naturalmente, strette di mano con gli avversari per la grande partita.
<< Hai visto? Hanno vinto! Hanno vinto! >>, esordì Flaminia, venendomi incontro tutta euforica.
Sapevo perché era così contenta: non era mai stata molto appassionata di calcio, ma il fatto che Raffaele avesse giocato in modo incredibile la faceva andare su di giri. E poi, se si trattava di lui, per lei ogni partita era speciale, ma sapevo anche che per noi quella era una grande vittoria, perché finalmente avremmo potuto giocare la partita finale.
<< Si, ed è fantastico! >>, dissi, incominciando a saltellare, e smettendo, non appena vidi lui che si avvicinava, con un asciugamano sulla spalla, che, di tanto in tanto, si passava intorno al collo per asciugarsi dal sudore.
Non appena notò il mio sguardo rivolto altrove, Flaminia si voltò nella sua direzione, per poi guardarmi di nuovo e sorridere.
<< Diana, io vado. Raffaele mi sta aspettando! >>, mi disse, indicandomi Raffaele, che la stava aspettando sulla porta della palestra.
Annuii soltanto e la guardai andare via, anzi correre via verso il suo fidanzato e saltargli letteralmente addosso.
<< Più passa il tempo e più mi rendo conto che quei due sono davvero perfetti insieme! >>, affermò Danilo, apparendo di fronte a me e guardando anche lui nella loro direzione.
Sembrava strano che quello che aveva detto uscisse dalla sua bocca: lui non era di certo una persona che notava queste piccole cose, anzi era qualcuno, a parer mio, che non faceva caso ai dettagli.
<< E’ vero. E’ come se si completassero a vicenda. Un incastro perfetto, non trovi? >>. Stranamente, mi veniva naturale parlare di amore con lui, forse perché ne ero alla ricerca, o forse perché quel suo messaggio mi aveva così colpita che non aspettavo altro che si decidesse a parlarmi di quella cosa che non poteva più tenere per sé
Annuì. << Sono contento di aver deciso di non provarci più con lei, o meglio di aver detto a Raffaele che ne avevo l’intenzione e di aver fatto sì che lui si dichiarasse una volta per tutte >>.
EH?
No, cosa aveva appena detto?
La mia espressione doveva essere sul serio strana in quel momento, perché lui scoppiò a ridere. Non potevo crederci, anzi non riuscivo a credere che lui, il ghiacciolo menefreghista e spaccone, che non sapeva nemmeno cosa fosse l’altruismo o la generosità, fosse stato il tramite della loro relazione.
<< Su - sul serio, tu hai fatto questo? >>. No, balbettare non andava bene!
<< Certo! >>, si interruppe per mettersi una mano dietro la testa, e poi sviare il mio sguardo. << Lo so che sembra strano, ma avevano bisogno di una mossa, lo ammetterai anche tu >>.
In effetti, la situazione tra quei due, prima che si mettessero insieme, era critica: o si evitavano, o si scambiavano sguardi imbarazzati, o passavano molto tempo insieme, o semplicemente facevano finta di essere amici, nascondendo anche a loro stessi quello che provavano.
<< Quindi, tu ti eri accorto di questa cosa e hai pensato di intervenire >>, conclusi, neanche fossi stata Sherlock Holmes o il commissario Montalbano.
<< Non è che ci ho pensato proprio. La cosa è avvenuta normalmente. Un giorno mi sono avvicinato e ho detto “Oh, Ralph, credo proprio che ci proverò con Flaminia! E’ davvero molto carina!”. Tu non immagini la faccia che ha fatto! E’ corso via, naturalmente seguito da me, e… posso dire che c’ero quando le ha detto che era innamorato di lei da tempo >>.
<< E’ come se tu fossi stato, di nascosto, il testimone del loro amore >>. Sapevo come sarebbe stata tradotta questa cosa nell’epoca dell’amor cortese: Danilo era il testimone del loro amore, così come lo era stato Galehaut per Lancillotto e Ginevra, i due amanti segreti,con la differenza che Raffaele e Flaminia non erano di certo segreti. In un certo senso, Galehaut e Danilo si assomigliavano: entrambi avevano spinto uno dei due amanti a fare il primo passo, dando vita ad una nuova storia d’amore.
Danilo era il loro Galehaut.
<< Si, una cosa del genere >>, disse, distogliendo di nuovo lo sguardo e puntandolo da un’altra parte, lievemente imbarazzato e ne capivo anche il motivo: si era esposto troppo, aveva detto troppo e questo non andava bene.
Tuttavia, solo grazie a quella rivelazione avevo potuto cogliere un lato del suo carattere che prima d’allora non avevo mai conosciuto. Mi resi conto che avevo fatto bene a pensare che fosse diverso, dopo tutto. E forse lui non se ne accorgeva, ma, in questo modo, non stava facendo altro che attirarmi sempre di più verso di lui, come una calamita… e stranamente, non avevo voglia di staccarmi. Del resto, una calamita non poteva di certo staccarsi dal ferro.
Chissà, forse tutta quella paura di innamorarmi era completamente stupida!
<< Quindi non volevi provarci sul serio >>, dedussi. Fossi stata zitta…
Alle mie parole, assunse un’espressione a dir poco, come avrebbe detto mia nonna, birichina e impertinente, avrei aggiunto io, con un misto di malizia.
<< Che c’è? Sei gelosa? >>.
<< Io gelosa? Ma per chi mi hai preso? E’ una mia amica, non potrei mai esserlo! >>.
<< E io dovrei crederti? >>.
<< Fa’ come vuoi! >>, dissi, sbuffando e alzando gli occhi al cielo, ma già sapevo che non sarei stata capace di tenere il punto, non quel giorno. Infatti, come da copione, sorrisi.
<< E’ stata una bella partita, vero? >>, mi chiese tutt’un tratto con un sorriso stampato sulle labbra.
<< Bella? Stai scherzando? Bella è dire poco! E’ stata a dir poco fantastica e entusiasmante, quello che ci voleva per ottenere quello che volevamo! >>.
Sorrise. << Già, arrivare a giocare la partita finale è davvero una soddisfazione, ma dobbiamo ancora affrontarne altre >>.
Annuii. << Ma sarete sempre e solo voi oppure si aggiungeranno altri? >>.
<< No, penso che il mister, così come il professore, vorrà aggiungere nuove persone, magari i più qualificati che giocano per delle diverse associazioni dalla mia >>, affermò, tornando, però, serio.
Ecco, era di sicuro arrivato quel momento.
<< Ti ricordi che devo dirti una cosa, vero? >>, mi chiese con un’espressione che non gli avevo mai visto: un misto di preoccupazione e nervosismo.
<< Si, dimmi pure >>.
<< Ecco… >>. Fu interrotto dal suono della campanella e, come se non bastasse, anche da qualcun altro.
<< Ciao, Diana! >>, mi salutò Christian, mentre si avviava verso l’uscita con dei suoi amici.
Era strano che mi salutasse: di solito, non aveva che occhi per Alice e per noi altre non aveva alcun interesse, ma, probabilmente, voleva qualcosa.
Non era da Christian Sgambati essere così gentile con qualcuna che non fosse la sua Alice.
Sentii uno sbuffo e un mezzo grugnito e subito capii che era stato Danilo a emettere un suono del genere.
<< Allora? >>, lo incitai.
<< Ah, si… ecco… >>, si interruppe di nuovo, sbuffando ancora una volta e passandosi una mano tra i capelli, arruffandoseli, come se, all’improvviso, fosse diventato più nervoso di prima. Poi alzò lo sguardo verso di me, puntando i suoi occhi blu oltremare nei miei. << Per caso, sai perché tua cugina mi ignora? >>.
No, questa non me l’aspettavo!
<< Mi – mia cugina? >>.
<< Si, Raffaella. Non so cosa le sia preso, all’improvviso non mi guarda nemmeno e ogni volta che cerco di parlarle fa finta che io non ci sia. Ora fa così, ma prima, di certo, la situazione era diversa >>.
E in quel momento ebbi la risposta ad un quesito che non avevo saputo risolvere per molto tempo: quei due erano davvero stati insieme, e, sebbene lo avessero più volte negato, era evidente che si vedevano ancora o che tra loro c’era ancora qualcosa.
E dire che mi aspettavo qualcosa di più, ma cosa poi? Ero stata così stupida da credere che volesse dirmi qualcosa di diverso? Allora era questo quello che lo premeva così tanto e lo aveva spinto a inviarmi quel messaggio, quasi disperato e supplicante. Il pensiero di Raffaella lo aveva spinto a fare una cosa del genere, altrimenti non si sarebbe mai nemmeno azzardato a contattarmi, e tutti quei complimenti, quell’avvicinamento che avevo notato in quei giorni erano stati solo una finzione, qualcosa inventato sul momento per poter chiarire le cose con mia cugina.
Non rimasi impassibile, né cambiai la mia espressione, non dovevo fargli vedere che quello che era stato un colpo per me. << No, in realtà non lo so, ma perché non provi a chiamarla. Magari risolvete >>, dissi, sfoggiando il più falso e forzato sorriso che avessi mai avuto, trasformandomi nella solita consulente di problemi.
<< Forse hai ragione, credo che ci proverò >>. Intanto, però, la sua espressione non cambiava e rimaneva sempre impassibile, la sua espressione naturale.
<< Bene, ciao >>, dissi, voltandomi senza aspettare una sua risposta, e sbagliando forse a comportarmi così, ma tanto lui era abituato ai miei sbalzi d’umore e per lui sarebbe stato normale quel mio atteggiamento.
Mi cambiai in fretta e furia, essendo rimasta solo io in palestra, e, una volta fatto, mi avviai verso il parcheggio improvvisato della scuola, accendendo il mio Beverly nero e partendo a tutto gas verso casa.
 
 
 
Mi buttai sul letto, immergendomi nei pupazzi che lo coprivano, e accendendo il fedele computer portatile. Dopo essermi rimpinzata fino a scoppiare, avevo sentito il bisogno di dormire un po’ e il bello era che avrei anche dovuto studiare. Probabilmente, anche quel giorno non avrei fatto il mio “riposino pomeridiano”, come diceva mio nonno quando ero piccola, perchè ero ancora fortemente delusa per quello che era successo.
Evento. Bah, forse era meglio definirlo “fatto che mi aveva illuso e poi profondamente deluso”.
Avrei dovuto smettere di illudermi così facilmente, ma, anche se non avessi voluto, sarebbe stato impossibile non fraintendere, dato che il messaggio era chiaro, anzi chiarissimo.
Ciao, Diana! :)
Domani assisterai alla partita, vero? Avevo sentito che non volevi, ma vorrei davvero che tu ci fossi perché devo parlarti di qualcosa che non posso più tenere per me!
Ci conto!
Anche rileggendolo, continuavo a pensare sempre e solo che lui volesse parlarmi di qualcosa che riguardava “noi”, o, come minimo, di qualcosa che riguardava lui e che non aveva detto a nessuno e che non riusciva più a tenere solo per sé.
Insomma, avrei potuto aspettarmi di tutto, ma non quello! Non che lui mi avesse avvicinata in questi giorni solo per potermi chiedere informazioni su mia cugina, e poi proprio quella cugina con la quale non avevo un buon rapporto.
Non riuscivo a credere che avesse finto di farmi credere che avremmo finalmente potuto sbloccarci e riuscire a diventare almeno amici solo per potersi avvicinare di nuovo a Raffaella: era troppo crudele persino per lui.
Basta!
Dovevo smetterla di farmi film mentali o scervellarmi per riuscire a venire al nocciolo della questione. Avrei cambiato prospettiva e avrei continuato a parlargli senza alcun problema o a ignorarlo, se preferiva, senza, però, far trapelare niente: sarei riuscita a eliminarlo dai miei pensieri in quel senso e lo avrei visto solo come un amico. Non sapevo se realmente ci sarei riuscita, ma dovevo almeno tentare, perché di sicuro non potevo passare tutto il tempo a sentirmi delusa, sconsolata, e bla bla bla.
Christian Sgambati
Ehi, Diana!
 
Ok, questa si che era bella!
Da quando in qua, Christian mi contattava su Facebook? E da quando in qua diceva “ehi”? Cacchio, Christian l’asociale-tranne-che-per-Alice che diceva “ehi” a me o a chiunque altro era più strano del dare per certo che il mostro di Loch Ness esisteva.
Ricordavo di averlo aggiunto, così come anche le altre, come amico solo sotto richiesta di Alice: lo aveva appena conosciuto e, essendo abbastanza insicura, voleva sapere se realmente poteva fidarsi di lui, basandosi, ovviamente, sul nostro giudizio critico, che, osservando i suoi spostamenti e parlando anche con lui rarissime volte, avevamo potuto confermare che era “a posto”.
 
Io
Christian! Devo dirti la verità, mi è venuto un colpo quando mi hai contattata.
Oh già, davvero un grande colpo. Evviva la sincerità!
 
Christian
Ahahah, immaginavo! Sembra strano anche a me, in effetti.
 
PALLA DRITTA! Cavolo, quanto era diretto: se io ero sincera per natura, lui mi superava di molto!
 
In realtà, dovrei chiederti una cosa.
 
Ed ecco che si arrivava al punto, che già avevo sospettato quella mattina.
 
Io
Dimmi
 
Christian
Ecco… credo tu abbia notato che ho un certo interesse per Alice e non solo come amico…
Non appena lessi quella frase, non potei far altro che farmi scappare un piccolo sorriso.
 
Io
Guarda si nota solo un pochino! A parte gli scherzi, è davvero difficile non notarlo. Ce ne siamo accorti tutti ormai, cioè tutti tranne lei.
 
Christian
Si, ed è proprio di questo che volevo parlarti.
 
Potevo chiaramente immaginare Christian che cercava di scrivere qualcosa di adeguato, senza sembrare innamorato pazzo di lei, e in quel momento, ci avrei scommesso, era in netta difficoltà. Era pur sempre un ragazzo e doveva tenere saldo il suo orgoglio.
Vidi che stava ancora scrivendo e così aspettai che finisse. Per un momento, temei che volesse chiedermi di fargli da tramite o di convincere la mia amica a uscire con lui, e cose così, ma per fortuna…
 
Avrai notato che non pensa per niente a me in quel modo, cioè come un… fidanzato,e forse posso capirla: siamo amici da molto tempo e sicuramente non le sarà mai capitato di pensare a me in modo diverso. Credo che mi veda come un fratello e questo sarebbe un vero problema! :S
 
Mi dispiaceva per lui, e, anche se non mi era mai capitata una cosa simile, potevo chiaramente vedere che ci stava molto male. Insomma, la ragazza dei tuoi sogni e di cui sei innamorato non fa altro che vederti come un semplice amico e, come se non bastasse, nonostante cerchi di fare di tutto perché possa cambiare idea, lei non riesce a vedere quello che realmente dovrebbe vedere.
 
Io
La situazione è complicata, hai ragione! Sembra che non se ne renda proprio conto, anzi quando le diciamo per esempio “Voi sareste una bellissima coppia”, scoppia a ridere e ci dice che siamo matte. E’ una desolazione anche per noi, credimi, però se c’è qualcosa che possiamo fare, dimmi.
 
Ne avrei parlato anche con le altre ed ero sicura che sarebbero state d’accordo con me sull’aiutarlo.
Per Giove, Alice aveva a portata di mano il principe azzurro e nemmeno se ne accorgeva. Era vero, era spesso asociale con le persone che non conosceva, però si dimostrava sempre gentile, almeno era questo che lei diceva sempre.
 
Christian
Sono contento di sentirtelo dire! Vorrei chiederti qualche consiglio più che altro, perché domani avevo intenzione di chiederle di uscire con me e non come amici.
 
Questa si che era un’iniziativa! Non avrei mai pensato che avrebbe deciso di chiederle di uscire, finalmente.
 
Io
Bene, sono contenta! Allora ti dò un unico consiglio: domani, sii il più naturale possibile con lei, non sembrare rigido, deve essere tutto naturale. So che, probabilmente, ci sarà l’emozione e l’attesa di una sua risposta, ma cerca di essere naturale e convincente. Sii solo te stesso e vedi che, forse, lei accetterà! E poi ci saremo anche noi: la chiameremo “Missione rendere Alice felice e farle capire cosa sta perdendo”!
 
Christian
Ahahahah! Un po’ lungo come nome, no?
 
Io
Ahahah, solo un pochino! :D Ma mi raccomando, ricorda di essere te stesso il più possibile, comportati come se non l’avessi mai vista, la stessi vedendo per la prima volta e ne fossi rimasto talmente colpito da chiederle subito di uscire. Per una volta non essere il suo migliore amico, pronto a tutto, sii te stesso!
 
Ero stupita di me stessa. Non sapevo da dove fossero uscite quelle parole. Mentre scrivevo, era come se stessi rivivendo il mio rapporto con Danilo e gli stessi consigliando le stesse cose che avrei voluto fare io, ma che non sarei mai riuscita a mettere in atto. Con lui non sarei mai riuscita a essere me stessa, perché il solo stargli vicino mi emozionava così tanto da mettermi in imbarazzo. Per questo, era necessario che io mi comportassi diversamente con lui.
 
Christian
Grazie, Diana, sul serio! Cercherò di fare come hai detto! O la va o la spacca! :D
Sai… dovresti usare questi consigli anche per te!
 
Christian è offline.
 
Rimasi più volte ad osservare quell’ultimo messaggio. Già, usare questi stessi consigli…
Christian non lo sapeva, ma, preoccupandomi per lui e Alice, mi era stato molto più che d’aiuto e mi aveva aperto gli occhi.






- L'angolo di Lady Delilah
Salve ragazze! Prima di tutto mi scuso per l'enorme ritardo, pian piano ricomincerò a postare tutte le altre fan fiction! Finalmente la scuola è finita ed è inizita al'estate e ogni giorni vi ritroverete con un nuovo aggiornamento! :D
Non mi dilungo molto, ma avrete notato, anzi noterete, che ho usato, come modello, una vecchia versione della chat di Facebook. Questo perchè mi è impossibile riprodurre la nuova versione, ma spero che vi divertirete nel leggere la conversazione, così come mi sono divertita io nello scriverla! Non ho malto altro da dire se non che da questo capitolo inizia la vera storia! :D
Bacii! <3

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Capitolo 4
*** Appuntamento con l'amore ***


 

C a p i t o l o 4.
Appuntamento con l'amore.

!Quando si ci innamora si perde
letteralmente la testa.
L'amore è pazzia,
ma la pazzia non sempre è un male!
!Platone

<< E, ecco, insomma… io… >>.
Christian Sgambati prova a tirare in porta, ma niente da fare: tiro troppo lungo.
Accanto alla porta con Alice di fronte, stava cercando da più di quindici minuti di chiederle di uscire. Erano usciti spesso insieme, il più delle volte sotto sua richiesta, e quindi non riuscivo a capire perché si stesse comportando in quel modo.
Insomma, il giorno prima era tutto “Domani chiederò ad Alice di uscire e le dichiarerò il mio amore, magari davanti ad un bel kebab” e ora era la pessima imitazione di uno di quei ragazzi impacciati che si vedono nei telefilm americani.
<< Chris, che ti prende? >>. E anche Alice sembrava esserne accorta.
<< C – che mi prende? >>.
<< Eh si, non ti riconosco più, sembri un po’, come dire, emozionato >>.
<< I – io? Nooo, ma che! >>. Christian si schiarì la voce e cercò di ricomporsi. << Alice! >>.
Okkei, così aveva spaventato anche me. Aveva pronunciato il suo nome con così tanta veemenza da sembrare un generale e da far sussultare la stessa Alice per lo stupore.
<< Ti andrebbe di uscire, oggi pomeriggio? >>. E finalmente!
<< Ma noi usciamo sempre insieme >>, concluse lei. Era proprio in questi casi che avrei tanto voluto che la nostra amica non fosse così tonta.
Monica, dal canto suo, nella nostra postazione - proprio accanto al termosifone, posto ottimo per origliare – si stava letteralmente spazientendo e questo era segnato dal suo evidente continuare a sbattere il piede per terra e dal suo sbuffare.
<< Ma è mai possibile che, ogni volta che parlano di cose serie, debbano sempre sembrare dei cartoni animati? >>, bisbigliò infastidita, in attesa che il loro primo appuntamento venisse combinato.
<< Che vuoi farci? Sono dei personaggi! >>, le risposi, alzando le spalle e tornando ad origliare.
Ma, in ogni caso, non avevano fatto molti passi avanti: Alice aveva uno sguardo assente, quasi perso nel vuoto, tipico di chi sta cercando di capire cosa l’altro stia dicendo, mentre Christian… beh, lui era un soggetto particolare. Gesticolava ed arrossiva, come se fosse un bambino delle elementari, anzi peggio. Perlomeno, non balbettava più.
<< No, Alice, io intendo uscire insieme insieme >>.
<< Ma noi usciamo sempre insieme insieme >>.
<< Io intendo camminare, tenersi per mano, mangiare qualcosa, parlare del più e del meno… >>.
Più esplicito di così.
<< Ma noi questo lo facciamo sempre >>. In effetti, non si poteva darle torto: quei due facevano già da troppo tempo delle cose da fidanzati.
Christian non potè fare a meno che sospirare e prendere un respiro profondo. Doveva necessariamente cambiare tattica.
Sfoderò il suo più naturale sorriso e disse: << Alice, mi accompagneresti alla posta, oggi pomeriggio? >>.
Oh, ecco… un momento: ALLA CHE?
<< Allora era di questo che si trattava! Si, certo, mi farebbe piacere! >>.
Allora, o questi due, semplicemente, si capivano così, dicendo sempre il contrario di quello che pensavano, o erano da analizzare, o, speravo che fosse così, Christian aveva inventato questa scusa per farle dire di si e interrompere finalmente quel suicidio.
<< Benissimo, ti passo a prendere alle cinque >>. Detto questo, rimase lì, impalato, mentre una contenta, come sempre, Alice si dirigeva verso Raffaele per prenderlo in giro sulla sconfitta dell’Inter.
Non persi tempo e spinsi subito il ragazzo dai mille espedienti fuori dalla classe, ma la prima a parlare fu un’incredula Monica.
<< No, dico, ma sei impazzito? Miseriaccia, alla posta? E che dovreste fare lì? Rintanarvi in un cantuccio, dietro ad una folla di gente, e cuccare?! >>.
<< Sei un elemento, Christian >>. Non c’era nient’altro da aggiungere.
<< Prima di tutto: cuccare? Da quanti anni è che non si usa questo termine? E poi che diavolo vuol dire che sono un elemento, Diana? >>.
<< Aaaah, vuoi rispondere o no? >>. Monica stava letteralmente perdendo la pazienza, così intervenni io.
<< E’ stato un trucco, vero? Intendo per farla smettere di dire stupidaggini e accettare. No, perché, se non fosse così, direi che hai dei seri problemi mentali, caro mio >>.
Christian, a questo punto, non potè fare altro che annuire, facendo si che la mia amica tirasse un sospiro di sollievo e io pensassi che il nostro piano era appena iniziato.
<< La porterò in giro con la scusa di andare alla posta, cercherò di inventarmi qualcosa e poi, sotto un albero di pesco, seduti su una panchina, probabilmente, le dirò tutto >>. Era il ritratto della felicità. Potevo benissimo capire come si sentisse: il suo sogno stava finalmente per realizzarsi e niente e nessuno avrebbe potuto rovinarlo.
<< Perché proprio sotto un albero di pesco? >>, lo presi in giro, ridacchiando e contagiando anche Monica.
<< Sminuite il mio romanticismo, così >>, disse, fingendosi offeso e non riuscendo a nascondere l’accenno di un sorriso.
<< Che vuoi farci? Sei troppo diabetico >>, aggiunse Monica, facendoci scoppiare a ridere.
Ma quel momento non durò molto e il mio sorriso si spense e non potei fare a meno che essere in difficoltà nel guardarlo arrivare.
Lui, il ragazzo per il quale avevo una specie di cotta dal secondo anno, che aveva sempre quell’aria perennemente assente, come se fosse su un altro pianeta, ma al tempo stesso sbarazzina, che era bello con quei riccioli neri che gli andavano sugli occhi, e che, ogni volta, con quei suoi cambiamenti d’umore, con quell’ignorarmi a suo piacimento, mi illudeva e mi spezzava quasi il cuore. Danilo Bruglia era tutto questo e io stavo letteralmente impazzendo.
Non avrei accettato un altro cambiamento d’umore repentino. Ero al limite. Ancora una volta avevo creduto il falso e mi ero fatta male da sola, perché lui, in realtà, non voleva dirmi niente con quegli sguardi, con il fare finta che non ci fossi, semplicemente ero una parte della classe e, come tale, gli toccava passare con me tutti gli anni del liceo, fino alla maturità, quando non ci saremmo più rivisti e io sarei stata in pace.
Dovevo smetterla di farmi film mentali.
<< Ciao, Danilo >>, lo salutai educatamente, con un mezzo sorriso e un accenno della mano. Succedeva sempre così quando ero in difficoltà: tendevo a sempre ad essere impacciata o a non sapere che fare, solito copione.
Però, non ero preparata a quello che avvenne. Solo un cenno del capo, poi dritto per la sua strada, seguito a ruota da Alberto. Non poteva essere, ora aveva perso di nuovo la parola?
Non poteva ignorarmi di nuovo, e per cosa poi? Non potevo accettarlo.
Christian e Monica dovettero notare il mio stupore, perché assunsero un’aria comprensiva, o meglio la assunse solo Monica, perché lui continuava a scuotere la testa, come se fosse contrariato.
<< Allora? Che c’è? >>. Eh già, tendevo a essere acida in quei momenti.
<< Ti fai coinvolgere troppo da quello lì, ma non lo vedi che è solo un idiota? >>. Che grande verità.
<< Perché non pensi agli affari tuoi? >>.
In risposta, alzò le mani in segno di resa. << Scusa, volevo… >>. Un sospiro. << So di non essere il più delicato del mondo, ma è un consiglio >>, e detto questo sorrise, nel modo più sincero possibile, tanto da farmi pentire di essere stata troppo brusca.
Ricambiai il sorriso, agitando una mano come per scusarmi. Vedendolo andare via, ripensai a quello che mi aveva detto: aveva tremendamente ragione. Era tempo di smetterla.
Di sicuro, non mi sarebbe passata subito, ma dovevo almeno provarci.
<< Ha ragione, ti fai coinvolgere troppo. Ormai abbiamo capito tutti che è un volubile coglione! >>.
<< Già! Aaaaaah, gli ficcherei volentieri la testa nel muro, tanto sono sicura che non si farebbe male. Al massimo, l’unico neurone che ha in testa ne soffrirebbe! >>, affermai, agitando le mani con enfasi, cosa che provocò alla mia amica un attacco di risa convulsa.
Dimenticavo che il mio modo di esprimermi, quando ero arrabbiata, la faceva sempre ridere.
<< Mon, mi è venuta un’idea >>. Ad un tratto, avevo avuto l’illuminazione divina, quella che ci avrebbe consentito di rendere il nostro piano ottimo e di non farci i fatti nostri: in altre parole, non avevo proprio niente da fare quel giorno e, poi, avevo voglia di prendere in giro Alice alla fine dell’appuntamento, quando l’avremmo ritrovata fidanzatissima con Christian.
Monica, dal canto suo, mi guardò un po’ confusa, ma al tempo stesso ansiosa di sapere.
<< Che hai da fare oggi? >>.
<< Mmm… credo niente, perché? >>.
Sul mio viso spuntò un sorriso a dir poco cospiratorio, di quelli che nei manga giapponesi si sarebbe tradotto con un “Muamuamuamua”.
<< Preparati ad una lunga camminata, perché li seguiremo >>.





<< Diana, stiamo camminando da un bel po’ ormai e ancora non li abbiamo incontrati >>.
Nota bene: mai far fare a Monica il giro dell’intera città, se non hai idea di dove andare.
Stavamo camminando da un bel po’ ormai e all’inizio eravamo molto entusiaste, avevamo pianificato ogni espressione di stupore di Alice e quelle infastidite di Christian, di seguirli da lontano, senza farsi vedere, e altre cose così, ma ora, anzi da circa mezz’ora, dopo che era passata un’ora, ci eravamo rese conto di non avere una meta.
Nota bene due: cercare di informarsi meglio, prima di agire.
<< Dai, su, sono sicura che prima o poi li incontreremo! >>.
<< Ceeerto, anche io lo ero un’ora fa, ma ora… >>.
<< Quanto sei pessimista! Ha detto che l’avrebbe portata alla posta e noi ci siamo >>.
<< Peccato che ancora non siano arrivati! >>, borbottò una Monica letteralmente scocciata, sbuffando e incrociando le braccia al petto.
La pazienza non era un suo forte.
Speravo con tutto il cuore che arrivassero in fretta: anche se non lo davo a vedere, anche io avevo una voglia tremenda di fare altro oltre a girovagare a vuoto o stare seduta su dei muretti.
<< Vieni, Christian, è qui la posta! >>. Un urlo entusiasta arrivò dritto e chiaro alle mie orecchie e dovette averlo sentito anche Monica, perché in un batter d’occhio ci scambiammo un’occhiata d’intesa e notammo dall’altro lato della strada una coppia che si teneva per mano, con un’Alice particolarmente sorridente - come al solito, del resto – e un Christian con la testa completamente fra le nuvole e con un sorriso da ebete stampato sulla faccia.
<< Christian è irrecuperabile: sembra quasi che abbia vinto al SuperEnalotto! >>.
Monica aveva perfettamente ragione: già prima aveva un’aria strana quando la guardava, ora se possibile era anche peggio. La domanda era: come avrebbe reagito, qualora si fossero baciati?
Probabilmente, sarebbe morto per autocombustione.
<< Alla fine, Alice ha davvero creduto alla storia della posta >>, commentai, allontanandomi dal muretto sul quale ero appoggiata e iniziando a camminare.
<< Beh, era l’unico modo che aveva per farle dire un semplice “si” >>.
<< Comunque, non possiamo seguirli fino all’interno. E’ meglio se rimaniamo nei paraggi >>.
<< Pienamente d’accordo! Anche perché non ho voglia di vederli mentre cuccano >>, e, dicendo questo, assunse un’aria disgustata, facendo contemporaneamente una smorfia.
Risi. << Non credo che faranno molto. Mi sa che Alice non si accorgerà delle sue intenzioni finché non la bacerà! >>.
Monica, in riposta, annuì. << E’ un caso talmente disperato da non accorgersi che le cose accadono proprio sotto il suo naso >>.
<< Oh, guarda, sono usciti! >>.
Furono sufficienti queste parole per riuscire a recuperare il loro passo. Li seguivamo da lontano, dall’altra parte della strada, e provavamo felicità nel vedere le loro espressioni contente. A parte Christian, anche Alice sembrava felice, più del solito. Non sapevo quando si sarebbe accorta che il principe azzurro era lì, davanti ai suoi occhi, ma il vederla così sorridente e a suo agio con un ragazzo speciale, tutto sommato, era davvero straordinario.
Si fermarono, per tutto il tempo, di fronte le vetrine, mangiarono un gelato – uno contato, perché, su invito di Alice e stupore misto a contentezza di Christian, l’avevano condiviso -, passeggiarono mano nella mano e si scambiarono sguardi davvero dolci.
A dire il vero, non avevo mai visto Alice rivolgere uno sguardo dolce a qualcuno che non fosse della sua famiglia o noi, e quindi era piuttosto strano che lo facesse con un ragazzo, o proprio con colui che considerava il suo migliore amico.
Probabilmente c’era qualcosa sotto: forse anche lei provava qualcosa per lui e non ci aveva detto niente per tutto questo tempo, o forse questo appuntamento era servito per farla ricredere su certe cose.
I miei pensieri furono interrotti dal suono del cellulare.
<< Un messaggio… chissà… >>.
Forse era mia madre, o Paola, o Viola, o mio padre o… CHRISTIAN?

Vi ho viste, furbette! E’ da un po’ che ci seguite! Volete conoscere gli ultimi pettegolezzi, eh? :D

Con il rischio di farci scoprire, io e Monica scoppiammo a ridere.
<< Rispondi, rispondi! Ah, e naturalmente noi non siamo qui! >>.

Ci hai viste? E dove? Noi siamo a casa a studiare. Perché? Vi siete baciati? Avete, per caso, condiviso un gelato? :D

La sua risposta non tardò ad arrivare, così come il suo sguardo rivolto all’altra parte della strada.

Oh, certo, fingerò di crederci. Buono studio! ;)

Stavo per rispondere quando sia io che Monica notammo che si erano fermati, o meglio Alice li aveva fatti fermare. Da quel che potevo vedere stava parlando al telefono e in modo piuttosto animato.
<< Diana, Diana! >>, mi chiamò agitata la mia amica.
<< Cosa? Chissà con chi starà parlando Aly… >>.
<< Lascia stare il loro “appuntamento con l’amore” e guarda di fronte a te! >>.
Mi voltai e non potei fare a meno di sgranare gli occhi.
Seduto sul suo inconfondibile motorino nero, c’era Aaron, aspettando, forse, qualcuno, chi poteva saperlo.
Sembrava nervoso e si passava continuamente la mano tra i capelli, borbottando qualcosa tra sé e sé. Ricordai di avere ancora il suo telefono nella borsa: avrei dovuto restituirglielo, magari la sua fidanzata era stata in pensiero perché non nessuno aveva risposto alle sue chiamate.
Dovevo ammetterlo: ero stata tentata di farlo, ma non sarebbe stato giusto. Non era il mio telefono e, soprattutto, io non c’entravo niente con quei due. Anche se avevamo scambiato qualche parola su un disegno e qualche battutina, non eravamo amici, né ci frequentavamo, né potevo dire di avere con lui lo stesso rapporto strano che avevo con Danilo.
Eravamo due sconosciuti e io, in quanto persona corretta, in quel momento dovevo restituirgli il telefono… fosse stato facile. Non sapevo perché, ma non avevo il coraggio di avvicinarmi.
<< Vai, su! >>, mi disse Monica, spingendomi ad avvicinarmi a lui.
Presi un bel respiro profondo e, con calma, mi avvicinai.
<< Aaron >>, lo chiamai.
Si voltò subito, non appena sentì la mia voce e mi risolve un sorriso misto ad uno sguardo sorpreso.
<< Diana, che sorpresa vederti! >>.
<< Io e la mia amica abbiamo pensato di uscire un po’. Sai com’è: troppo studio fa male >>, scherzai, ridacchiando.
Rise. << Hai ragione. Però, per me oggi non è una buona giornata >>, disse, sbuffando.
<< Come mai? >>. Già conoscevo la risposta.
<< E’ da ieri sera che cerco il mio cellulare e non riesco a trovarlo. Ho provato a cercarlo anche stamattina in palestra, ma niente da fare. I bidelli, poi, figurati, non sanno mai niente! >>.
Non potei fare a meno di sorridere. << A dire la verità, Aaron, ieri mattina ho trovato un telefonino sul pavimento della palestra e c’era una chiamata in entrata, sotto il nome di “Luana” e ho pensato che… >>.
<<… che potesse essere mio >>, concluse, rivolgendomi un sorriso dolce. << Non capita tutti i giorni di trovare qualcuno come te. Un’altra persona se lo sarebbe tenuto per sé o lo avrebbe usato per altri scopi >>. In quel momento, ringraziai tutti i santi del cielo, che mi avevano spinto a non fare niente di stupido.
Frugai nella borsa e finalmente il telefono ritornò al suo legittimo proprietario, che guardò, quasi sconvolto, lo schermo.
<< Cazzo! Quante chiamate perse e quasi tutte di Luana. Devo chiamarla! >>. Si dimenticò quasi subito della mia presenza, troppo preso a cercare di chiamare la sua ragazza.
Non che mi aspettassi chissà cosa, ma almeno un “grazie” sarebbe stato carino.
<< Che vuoi farci, Diana? E’ un ragazzo e tutti i ragazzi sono idioti! >>. La mia unica consolazione erano le parole sempre sagge della mia amica, che aveva assistito a tutto, e che mi spinse ad allontanarmi da lì, così come mi aveva invitato ad avvicinarmi.
Fu in quel momento che incontrammo Christian, tutto solo e decisamente infastidito, arrabbiato più che altro.
<< Christian! Che diavolo ci fai da solo? Dov’è Alice? >>, chiesi, alzando anche un po’ il tono di voce.
In risposta, l’espressione del ragazzo divenne ancora più infastidita e corrucciata, se possibile. << Vuoi sapere dov’è? Si è ricordata all’ultimo minuto di dover andare in palestra e, senza dirmi niente, senza nemmeno chiedermi scusa o dirmi che ci saremmo visti un altro giorno e che avremmo continuato il nostro appuntamento, se ne è andata, anzi è letteralmente scappata, e si è fatta venire a prendere dalla madre! >>.
Io e Monica ci scambiammo uno sguardo confuso.
Non riuscivo davvero a crederci. Che le era preso all’improvviso?


 

- L'angolo di Lady Delilah
Salve ragazze! In questo capitolo, c'è stato il tanto atteso appuntamento tra Alice e Christian. Lui è innamoratissimo di lei e cerca di farglielo capire, ma Alice sembra non voler capire: lei, in realtà, riesce a vederlo anche come possibile fidanzato, ma preferisce averlo come amico, per non rovinare tutto, nonostante le amiche le dicano di buttarsi!
E ora arriviamo a Diana, la protagonista. Beh, il suo rapporto con Danilo è molto, anzi troppo, particolare. Lui è lunatico ai limiti dell'esagerazione e lei non riesce più a sopportarlo. Cambierà? Lo sapremo nel prossimo capitolo ;)
Ah si, ecco, il personaggio di Aaron, che riconosco che può sembrare un pò antipatico, verrà chiarito man mano durante i prossimi capitoli!
Bacii! <3

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