Binari

di cloe_30stm
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII (Parte 1) ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII (Parte 2) ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Sedeva su una panchina della metropolitana londinese , in attesa del treno che in una manciata di minuti l’avrebbe condotto allo studio della BBC Radio 1, per un'altra esibizione.

L’ennesima di una lunghissima serie.

Una scelta poco convenzionale, e probabilmente azzardata, quella di muoversi con un mezzo di trasporto pubblico, soprattutto per un artista di fama internazionale come lui. Ma quando trascorri metà del tuo tempo a condividere gli spazi con almeno altre sei persone, all’interno di un tourbus, il bisogno di rimanere solo con te stesso diventa talmente forte che la prospettiva di stare seduto, o in piedi, in un ambiente poco sterile non sembra poi così terribile.

E lui aveva bisogno di rimanere solo.

Voleva essere un volto tra migliaia di volti.

Uno sconosciuto.

Nessuno.

Solo Jared.

Osservava il suo caffè come se nascondesse un universo inesplorato di risposte che aspettavano solo di essere trovate. L’inusuale freddo di quella mattina di metà settembre ne condensava il calore, andando a formare una nube di vapore che assumeva le forme più disparate, per poi disperdersi nell’aria, nel vuoto.

Lo stesso vuoto che adesso colmava la sua assenza.

La fama lo stava logorando, lentamente, più di quanto egli stesso avesse mai immaginato.

Eppure doveva essere abituato alla scostante realtà che da anni aveva deciso di vivere. Non era un ragazzino che si era improvvisamente ritrovato al centro dell’attenzione dei media, bensì un uomo che aveva sudato per costruirsi una carriera. Aveva sacrificato molto: amici, parenti, affetti. Aveva testato più volte l’obbligo della separazione e il dolore che comportava.

Ma questa volta era diverso.

Dopo più di tre anni aveva deciso di concedere a se stesso un'altra possibilità di amare ancora. Aveva aperto il suo cuore ad un’anima gentile e comprensiva, che in punta di piedi si era fatta spazio tra la moltitudine di corpi che fino a quel momento avevano saziato i suoi appetiti.

A suoi occhi era un angelo. Un angelo che conosceva quasi ogni aspetto della sua vita da rockstar e che ne accettava le conseguenze.

Vivere con lui, per lui, significava rinunciare a tutto e seguirlo ovunque per il mondo, oppure trascorrere la maggior parte delle notti inebriandosi del profumo che aveva lasciato sul cuscino, fino a quando anche questo non fosse andato via. Fino a quando lui non fosse tornato a riaffermare la sua presenza.

E lei aveva deciso di condurre la sua vita nella più totale normalità anziché seguirlo per il mondo, correndo il rischio di perderlo.

Gli aveva lasciato carta bianca.

“Sarebbe tutto più semplice se partissi con me.”, le disse addentando un pancake.

Kate gli dava le spalle, impegnata a trafficare con la macchinetta del caffè.

“Dio solo sa quanto vorrei venire via con te Jared, ma non posso. C’è tutta la mia vita qui a Los Angeles…e poi l’Università… - si girò verso di lui con due tazze di caffè fumante- …non posso assentarmi dalle lezioni.”

Gli si sedette accanto, passandogli la sua tazza. Gli spostò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, si avvicinò di più a lui e gli lasciò un leggero bacio sulla spalla.

“Ci sentiremo tutti i giorni, in qualsiasi momento tu abbia bisogno di me, che sia notte fonda o l’alba…- lo fece voltare delicatamente con una mano-…ci sarò sempre.”

“Ma non sarà come averti accanto…”, rispose lui,  puntanto il suo sguardo ghiacciato in quello luminoso di lei. Cosa dominava quegli occhi cerulei: tristezza? delusione? O entrambi?

Kate abbassò lo sguardo, sentendosi colpevole del turbinio di emozioni che traspariva dagli occhi di Jared. La sua scelta ne era la causa, ma lei non poteva partire con lui. Sarebbe stato troppo rischioso.

“Non sono stupida, Jared. So benissimo quanto sia difficile per voi uomini stare senza una donna per troppo tempo.”

Si alzò dallo sgabello e fece per allontanarsi, ma lui la fermò prendendola per il polso.

“ Non è solo questo Kate...”

“Sì, lo so, lo so…mi ami e ti mancherò terribilmente.”, rispose ironica, quasi stesse recitando una battuta. La cosa non sfuggì a Jared.

“Lo dici come se non mi credessi davvero!”, sbottò irritato.

“ Vorrei crederti, ma… non mi piace illudermi.”, disse triste, abbassando nuovamente lo sguardo. Jared si alzò dallo sgabello, facendo attenzione a non mollare la presa sul polso, e le si parò davanti. Le prese in mento tra le mani.

“Kate…guardami…negli occhi, non le scarpe, sciocchina. Ecco. Dio, sei così bella quando sorridi...Adesso ascoltami, con attenzione. Io. Ti. Amo. E né il tempo, né le distanze, cambieranno quello che provo per te. È un dato di fatto…è una promessa.”

Kate si accoccolò tra le sue braccia e poggiò la testa sull’incavo tra il collo e la spalla.

“ Jared, io…- lo guardò in quei pozzi di acqua cristallina- …ti amo così tanto. Farei qualsiasi cosa per vederti sereno…ed è per questo che ti lascio libero.”

C’era della disperazione in quelle parole, come se in cuor suo avvertisse l’inevitabile.

 “Kate…”, Jared sospirò esasperato.

“ Sei libero, Jay. Puoi  fare quello che vuoi. Andare con chi vuoi. Non ti fermerò.”

 “Santo cielo Kate, finiscila con questa storia!”

Distolse lo sguardo da quelle pietre preziose che Kate aveva per occhi. Era incredibilmente infastidito. Per lui, il suo non era un atto d’amore incondizionato, ma una semplice dimostrazione di sfiducia. Non riusciva a sopportarlo. Soprattutto perché sapeva che se anche avesse sbagliato, lei l’avrebbe perdonato, ma che se le parti fossero state invertite, lui non le avrebbe mai concesso la stessa grazia.

 Lui era egoista, lei no.

“No, Jared, ascoltami.- gli prese il volto tra le mani, costrigendolo a guardarla - Sarò ancora qui quando tornerai! Ti prego solo di essere discreto. Fai che non si diffondano notizie. Fai in modo che io non lo venga mai a sapere.”

Kate non si era sbagliata: Jared non avrebbe resistito, e così era stato. Ma era anche riuscito a non far trapelare nulla delle sue avventure, a parte quell’episodio, che non era dipeso da lui. E allora perché gliene aveva fatto una colpa? Cos’era cambiato? Perché si era arresa se lo amava così tanto?

Domande su domande, e nessuna risposta.

E intanto erano passati ottantotto giorni, ottantotto fottutissimi giorni, ma le parole di lei gli rimbombavano ancora in testa, come se fosse lì, ad urlargliele con le lacrime agli occhi...

Ti avevo chiesto una cosa, Jared, una sola! Nessun vincolo, nessun obbligo, ma un semplice atto di rispetto nei miei confronti: non farmi venire a conoscenza delle donne con cui vai a letto…”

 “Non ci riesco Jay…non ce la faccio…io…”

“…La verità è che la fama ti sta logorando…”

 “Non siamo fatti per stare insieme. Due mondi troppo diversi…Noi…”

 “Mi dispiace Jared. È finita.”

Se n’era andata. Così com’era arrivata. All’improvviso. Ma quella volta non era l’aveva fatto in punta di piedi. No. Lui aveva sentito forte e chiaro quel rumore. Quello di due cuori che si spezzano.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Eccomi qui con un altro capito!

 Questo è più lungo del precendente, e scopriremo qualcosa sulla vicenda che tormenta il nostro adorato frontman.

Ed entrerà in scena un personaggio un po’, come dire, particolare.

Bene, non anticipo nient’altro.

Fatemi sapere che ne pensate (nessun obbligo eh! XDDD)!

Vi lascio alla storia…buona lettura!

 

Continuava a fissare il suo caffè, ormai freddo. Aveva già perso due coincidenze, e ne avrebbe perse ancora, se non avesse avvertito una presenza accanto a lui. Un uomo dalla pelle scura e la barba grigia era sbucato quasi dal nulla.

Indossava un cappotto nero, un cappello un po’ demodé, e una sciarpa rossa. Teneva un bastone con entrambe le mani. I suoi occhi erano talmente scuri da risucchiarti dentro, come un buco nero.

Jared non riusciva a distogliere il suo sguardo da quella figura che sembrava racchiudere in sé una saggezza millenaria.

“Salve Jared.”

Il tono confidenziale di quell’uomo turbò il cantante, che per lo stupore sbarrò gli occhi.

“Scusi?”

“Non sei tu Jared Leto?”

“Sì ma…come fa a conoscermi?” chiese, corrungando la fronte.

La risata cristallina dell’uomo spezzò la tensione che si era creata.

“Semplice figliolo, sono un amante del rock! – esclamò accompagnando la parola rock con il tipico gesto della mano – Ammetto di non seguirlo assiduamente dai tempi d’oro dei Beatles e dei Rolling Stones, ma le mie orecchie, - e le indicò - nonostante l’età, funzionano perfettamente. Riesco ancora a riconoscere il talento quando lo sento, e la tua band, caro mio, è davvero eccezionale.”

“Oh, beh…la ringrazio signor?”

“Jeremia…Spencer”

Lo disse come se l’avesse pensato sul momento, ma Jared pensò semplicemente che l’età gli avesse giocato un brutto scherzo.

“La ringrazio Signor Spencer.”

“Chiamami pure Jeremia, figliolo!- e gli diede una pacca sulla spalla- Senti, è da un po’ che ti tengo d’occhio…ti ho visto fissare per minuti infiniti quel caffè, che con tutta franchezza io getterei nel cestino, ma vabbè, de gustibus…Comunque, la mia domanda è: “Cosa ti turba?””

Ma che diavolo voleva da lui quell’uomo? Non poteva semplicemente salutarlo, chiedergli un autografo per la nipote, se ne aveva una, e andarsene? Jared era infastidito, ma decise comunque di rimanere rispettoso. Era pur sempre un uomo più grande di lui, nonostante l’invadenza.

“Nulla.”

“Nulla è sempre sinonimo di donna. Non è così?”

Bingo. Il vecchio aveva centrato il punto. Ma questa volta il tono comprensivo di quell’uomo non lo infastidì, e i suoi occhi tornarono ad esercitare la loro attrazione su di lui.

Jared annuì.

“Ti va di parlarne?”

Quella domanda, quel modo quasi paterno di pronunciarne le parole, distrusse ogni barriera e vanificò ogni tentativo del frontman di rimanere solo con il proprio dolore.

Le parole uscirono da sole.

“Si chiama Kate, ed è…bellissima. La creatura più meravigliosa che abbia mai visto. Mi ha rubato l’anima nell’istante stesso in cui ha incrociato i miei occhi. Mi seguiva da tempo. Era un’Echelon. In un certo senso l’ho vista crescere, ma il ricordo di lei da ragazzina è così flebile che quasi non esiste.

Il mio primo, vero, ricordo di lei sono i suoi occhi, luminosi e pieni di vita, che cercavano i miei quella notte di un anno e mezzo fà a Santa Cruz, in California, durante lo show.

 Mi aveva aspettato fuori nonostante la stanchezza.

Era insieme ad altre ragazze, groupies forse, molto belle ma mai quanto lei. Lei era come un diamante tra i rubini, non so se mi spiego. Ero accecato.

Quella stessa notte avrei rotto il patto che avevo stipulato con me stesso tempo addietro, se non mi avesse rifiutato: sesso con chiunque ma non con le Echelon.

Ciò nonostante non mi arresi.

 La desideravo più di qualsiasi altra cosa e il suo no era un motivo sufficiente per continuare a provare.

 Mi disse che sarebbe stata presente a molti altri show della California.

Finii col contare i giorni che mi separavano da lei.

 Cercavo i suoi occhi, la sua bocca, e suoi capelli lunghi e setosi, nelle mie amanti. Tutto inutile.

Ogni volta che la rivedevo mi rendevo conto di quanto quelle donne fossero distanti dalla sua bellezza.

Mi stavo innamorando irrimediabilmente.

 Lei era unica. E labile.

 Mi sfuggiva dalle mani come acqua cristallina.

Ero talmente abituato a perderla che non mi resi nemmeno conto di averla conquistata. Probabilmente fu anche colpa dell’alcol che avevo deciso di trangugiare quella notte.

La notte del nostro primo bacio.

Il suo sapore, sulle mie labbra, era afrodisiaco.

Una droga.

 Più ne avevo, più ne volevo.

E il suo corpo.

Dio, se solo avessi potuto possederlo ogni attimo della mia vita.

Se fosse stato possibile vivere unicamente di passione, l’avrei fatto.

 Ma tutto era sul punto di cambiare.

 “The Kill” aveva varcato i confini dell’America, e con essa si erano aperte nuove possibilità.

I Thirty Seconds To Mars sarebbero sbarcati in Europa, e poi in Oceania, Asia e Sud America.

Gli ultimi tre show americani, prima del tour europeo, si tenevano in California.

 La portai via con me.

 Mi ci erano voluti cinque giorni e un centinaio di dollari di telefonate per convincerla ad usufruire del tourbus della band, per quel minitour californiano.

 Sa essere così testarda a volte.

 Le parlai della nuova avventura che ci aspettava e le chiesi di venire con me.

 Disse che non poteva.

Potevo leggere nei suoi occhi il desiderio di seguirmi e il peso della sua scelta.

Ero triste e deluso, ma non potevo biasimarla

. È giovane ed impegnata nella costruzione del suo futuro. Il College. La sua amata Medicina. Diventerà un grande medico, ne sono sicuro.

La fine di gennaio arrivò in fretta, forse anche troppo.

 Le chiesi nuovamente di partire con me. Non avevo nulla da perdere in fondo.

Ricevetti un altro no e una nuova chance: mi aveva concesso la libertà di andare con altre donne se l’avessi reputato necessario.

Sapeva quanto gli uomini potessero essere deboli, e io non facevo eccezione.

C’era una sola condizione: lei non avrebbe mai dovuto saperlo.

 Nessuna voce. Nessun sospetto.

Notti segrete in cui ero solo un corpo senz’anima che soddisfava i suoi bisogni più impuri.

I primi due mesi non furono difficili.

Le date erano poche ed intervallate da lunghe pause che mi permettevano di tornare a LA, e di stare con lei abbastanza a lungo da imprimermi nella mente l’odore della sua pelle e il calore del suo corpo.

Ma poi arrivò aprile, che avrebbe portato con sé tre settimane di astinenza dalla mia droga preferita.

 Provai a restarle fedele, ma con il passare del tempo l’intensità dei miei propositi si affievoliva. Insomma, certe abitudini non muoiono mai, e l’essere circondato da belle donne che avrebbero fatto qualsiasi cosa per una notte con me non mi aiutava.

Era un circolo vizioso: più passava il tempo, più cresceva la mia fama;  più cresceva la mia fama, più aumentavano le donne; più passava il tempo, più saliva il mio desiderio.

Cedetti una volta, poi due, poi tre, e così via, ogni notte; come un assassino al quale non cambiava nulla uccidere una persona, o ucciderne cento.

Avevo il suo benestare, ed ero sempre stato bravo a nascondere alla gente le mie avventure.

Di me si è sempre e solo saputo ciò che volevo si sapesse.

Continuavo ad amare Kate ma qualcosa si era rotto.

 “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”.

Riuscivo a gestire fin troppo bene la sua mancanza, e Kate tornava ad essere il centro del mio universo solo per il tempo di una telefonata.

Se fossi stato abbastanza bravo, avrei avuto tutto: la musica, i viaggi, il sesso promiscuo e l’amore di Kate.

Ero cambiato, o forse ero semplicemente tornato quello di sempre.

 Mi sentivo una versione romantica di Dr Jekill e Mr Hyde : fidanzato perfetto in America, bastardo senza cuore all’estero.

 Ma la situazione mi sfuggì di mano: non avevo previsto la vendetta di una donna.

Era la più tenace di tutte.

 Quella modella bionda sarebbe stata capace di conquistare qualunque uomo. Ammaliatrice per passione, voleva essere unica per chiunque la tenesse tra le sue braccia. Ma io appartenevo a qualcun’altra e lei non riusciva a sopportarlo.

Così decise di intervenire.

Si presentò a casa mia in una calda giornata di giugno, mentre ero impegnato per un altro giorno in Europa, e raccontò a Kate della notte che avevamo trascorso insieme dopo il NovaRock, in Austria, descrivendola come l’ultimo di una lunga serie di incontri.

 Kate avrebbe voluto non crederle, ma i dettagli del mio tatuaggio nascosto* erano una prova sufficiente.

Il mio ritorno a Los Angeles fu semplicemente terribile.

Non era venuta in aeroporto sebbene sapesse l’ora del mio arrivo. La chiamai al cellulare ma era spento.

Avevo un terribile presentimento, così mi diressi il più velocemente possibile a casa.

Uno strano silenzio mi accolse.

Nessun abbraccio.

Nessun bacio appassionato.

Mi catapultai in camera mia.

 Kate sedeva ai piedi del letto, con una nostra foto in mano. Aveva il volto distrutto, come se avesse trascorso una notte insonne. O forse due.

Mi avvicinai lentamente. Non volevo spaventarla. Sembrava sconvolta, e non ne conoscevo il motivo.

“Kate, tesoro, sono qui…sono tornato.”

 Passai una mano sui suoi lunghi capelli. Si irrigidì ancora di più. Pensai subito al peggio.

“ È successo qualcosa? Ti hanno fatto del male mentre io non c’ero?”

La sua risposta fu il silenzio. La strinsi forte a me.

“Parla. Dì qualcosa. Qualunque cosa sia, la supereremo insieme amore…”

A quelle parole si voltò di scatto verso di me. Potevo leggere la rabbia nei suoi occhi.

“Non. Chiamarmi. Amore.”

Sbarrai gli occhi per la sorpresa.

“C-Cosa?”

“Non chiamarmi Amore! Smettila di mentirmi! E lasciami! Mi fai schifo!”

Mi spinse lontano da lei, strappò la foto e si alzò dal letto.

“Ma che ti prende?”

“Lo sapevo. Lo sapevo. Lo sapevo. Lo sapevo!”

Camminava nervosamente avanti e indietro, portandosi le mani tra i capelli.

“Cosa sapevi Kate? Spiegati! Fammi capire!”

Si fermò e puntò i suoi occhi nei miei.

“ Che dovevi rimanere chiuso in quel fottuto cassetto. Che avresti dovuto continuare ad essere soltanto la voce di un cd. Un poster. Il mio idolo.

Che tutto questo era sbagliato.

Che noi due eravamo sbagliati.

 Che io ti avrei amato sempre e comunque, senza ricevere nulla in cambio. Che tu mi avresti amata per un’ora o due al massimo, ricevendo tutta me stessa.

Che saresti partito. Che non avresti resistito.

 Che non avresti tenuto fede alle tue promesse.”

Ecco perchè continuava a mantenere delle distanze fra di noi: aveva paura di quello che rappresentavo. Dell’uomo che ero.

 Darmi totale fiducia e abbandonarsi completamente alla mia vita, rinunciando alla sua, era un rischio che non poteva correre. Non c’erano garanzie nel mio modo di amarla.

L’avrei distrutta lentamente.

 Questo pensiero mi raggelò il sangue. Ero pietrificato, attonito. Non riuscivo a proferire parola. E lei continuava a parlare con le lacrime che le offuscavano la vista.

Ti avevo chiesto una cosa, Jared, una sola!

Nessun vincolo, nessun obbligo, ma un semplice atto di rispetto nei miei confronti: non farmi venire a conoscenza delle donne con cui vai a letto.

E invece, ecco che mi ritrovo una modella bionda davanti alla porta di casa, che mi vomita addosso i dettagli della vostra pseudorelazione!”

Capii subito a chi si riferiva.

 Quella puttana le aveva mentito, ma ciò non annullava le mie colpe. Avrei voluto urlare la mia rabbia a causa di quella maledetta donna, ma mantenni la mia stoica calma. Avevo una buona carta da giocare per uscire indenne da quella storia.

 Per risolvere tutto.

“Non c’è nessuna “pseudorelazione”.

 Una notte, una sola notte insieme. Sesso e nient’altro.

Sapevi che l’avrei fatto, no? Sapevi che non avrei resistito a lungo senza di te.

Me l’hai detto tu stessa, o l’hai dimenticato?”

Senz’alcun dubbio la miglior difesa rimane l’attacco.

Ero stato semplice, diretto, e apparentemente disinteressato. Come se non fossi stato io. Come se non l’avessi tradita.

 

“ Sì…ma…”

Non sapeva cosa dirmi. Era tutto vero: era consapevole che io, come tutti gli uomini, fossi un debole con dei bisogni e mi aveva dato il permesso di soddisfarli. Non le lasciai il tempo di replicare, e continuai ad infierire.

“ E allora perché te la prendi così tanto??

 Io non posso controllare le azioni degli altri!

Non le ho mica detto io di venirti a cercare! Non ne sapevo nulla.

 Io ho fatto il mio dovere.

Nessun paparazzo, nessun giornale, nessuno sa di lei.

Il tuo onore è intatto.”

“E il tuo? Il tuo lo è?”

No. Non lo era. Mi facevo schifo, ma che senso aveva ammetterlo? Ormai il danno era fatto.

Rimasi sulla difensiva.

“Non è di me che stiamo parlando.”

“No, hai ragione. Stiamo parlando di noi e del fatto che non te ne importa nulla.”

Forse era davvero così, ma la sua presenza mi confondeva. Negai.

“Non è vero…e lo sai.”

“Io non so più niente…”

Le sue lacrime mi facevano maledettamente male. Era tutta colpa mia.

“ Kate…Dio, Kate, smettila di piangere, non sopporto vederti in questo modo.”

“Non ci riesco Jay…non ce la faccio…io…”

“ Shhhh, vieni qui…”

L’abbracciai. Non mi ero reso conto di quanto mi fosse mancato tenerla tra le mie braccia. Non si oppose. Era troppo stanca per farlo.

“Io credevo di riuscirci, di essere forte abbastanza per sopportare le distanze, i tradimenti, la solitudine, la tua fama, ma…mi sento così debole adesso…”

Sentivo le sue lacrime attraverso la maglietta. La stringeva come se fosse l’unica cosa che le permetteva di tenersi in piedi. Le presi il volto tra le mani e la guardai dritto negli occhi.

“Sono io ad essere debole Kate.

Sono io che non riesco a dare un freno ai miei istinti e mi dispiace…non sai quanto…ma è la mia vita: è smodata e apparentemente senza senso, ma è quello che ho sempre voluto.

 È un sogno che si sta avverando.

Dopo anni di sacrifici le porte si sono finalmente spalancate…e mi dispiace che le implicazioni colpiscano soprattutto te. Dovrei lasciarti andare via, ma sono troppo egoista per farlo.

 Non riesco a sopportare l’idea di non averti accanto al mio ritorno.”

Ero sincero. E Kate aveva smesso di piangere. Si sarebbe risolto tutto…o almeno così credevo.

“È così difficile per me, Jay. Sono costantemente divisa tra ciò che sono e ciò che vorrei…per entrambi.

 Da Echelon urlerei con quanto fiato ho in gola l’orgoglio e la felicità per il successo che state ottenendo. Ve lo meritate, siete così bravi! Non c’è stato un momento in cui ho pensato che non ce l’avreste fatta.

Ma da donna, quella che ha scelto di essere la tua compagna, tremo all’idea di ciò che potrebbe accadere.

Ho paura che un giorno tu non tornerai…”

Osservavo le sue labbra rosse e martoriate. Quanto desideravo quei morbidi petali di rosa.

“ Tornerei sempre e comunque…da te…”

Mi avvicinai. Ero distante un soffio dalla sua bocca. Lei scosse il capo in segno di diniego e tolse le mie mani dal suo viso.

“No, Jared.

La verità è che la fama ti sta logorando, e che un giorno farà ritorno un uomo che avrà le tue stesse mani, le tue stesse labbra e i tuoi stessi occhi…ma non sarai più tu.

E io non potrei sopportarlo. Sarebbe troppo per il mio povero cuore.”

Acqua cristallina via dalle mie mani. Di nuovo.

“No…”

“ È così Jay…è chiaro come il sole.”

“No!”

“ Non siamo fatti per stare insieme. Due mondi troppo diversi…Noi…”

Dovevo fare qualcosa.

“Basta, smettila! So già dove vuoi andare a parare. Non dirlo, non pensarlo! Non farlo!”

 “È la cosa più giusta da fare.”

“Non lasciarmi Kate! Ti prego!”

Avrei voluto fermarla.

“Mi dispiace Jared. È finita.”

Ma non lo feci, e così Kate uscì da quella porta e dalla mia vita.

In un attimo l’avevo persa.”

Jared tornò a guardare l’uomo accanto a lui.

 “È andata via così, Jeremia. E io le ho permesso di farlo.

La paura aveva battuto il mio egoismo.

 No, ma che dico? Ero semplicemente troppo codardo per prometterle che sarei cambiato, e troppo egoista per fare qualcosa per riuscirci davvero.

 Sono una fottuta rockstar, con fottuti vizi. E la fama mi sta logorando.

 Ma la sua assenza, adesso, mi sta distruggendo l’anima.”

 

 

*Si vocifera che Jared abbia un tatuaggio in una zona del corpo nascosta alla vista.

Non so quanto ci sia di vero in questa storia, ma nel dubbio, ho comunque utilizzato questa informazione come prova della sua colpevolezza.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Oh, ma salve mie prodesse???

Esisterà mai questo termine?? Mmmmh, mi sa che l’ho appena inventato…

Ma va bene! Avrete comunque recepito il messaggio, per cui la smetto subito e torno seria!

Non anticiperò nulla del capitolo,  ma volevo ringraziare tutte le fanciulle lì fuori che seguono e preferiscono la mia storia, e in particolar modo __Jude che puntualmente lascia il suo parere, incoraggiandomi!^_^

Bene, vi lascio alla lettura, nella speranza che qualcun altro si faccia avanti e lasci un commentino!

 

Jared disse tutto di un fiato, come se fosse in trance. Si voltò verso Jeremia che lo guardava con quegli abissi che aveva per occhi.

“Beh figliolo, il primo passo per risolvere un problema è ammetterlo. Sei ancora innamorato di lei. Cos’hai intenzione di fare a riguardo?”

Cosa avrebbe dovuto fare?

 Andare da lei e dirle che era un bastardo, che non la meritava affatto ma che la desiderava più di qualsiasi altra cosa?

 Era da stupidi.

E soprattutto, era vero solo a metà.

 Non avrebbe mai potuto rinunciare totalmente alla sua vita da star.

“Com’è che si dice in questi casi? Se la ami, lasciala andare. Ha preso la sua decisione, e la rispetterò fino alla fine.”

“Vuoi scegliere la strada più semplice, dunque?”

Era quella la strada più semplice?

Soffrire ogni santo giorno perché di lei non ne restava che il ricordo era la strada più semplice?

No. Non era possibile.

Cosa voleva dire quel vecchio?

“La strada più semplice?”

“Sì figliolo. Da che mondo è mondo, è più facile non fare nulla che fare qualcosa. E tu hai scelto di non fare nulla.”

“Io ho scelto di fare la cosa più giusta. Per lei.”

“Per te, semmai.”

“Cosa? No! È la cosa migliore per entrambi.

ENTRAMBI.

 Insomma Kate ha ragione: veniamo da realtà diametralmente opposte.

Siamo come gli abitanti di due pianeti diversi, come potremmo funzionare insieme? Sarebbe difficile, se non impossibile.”

“Nessuno ha detto che sia semplice, Jared. Ma niente è impossibile se lo si desidera veramente. Guarda lì…”

L’uomo indicò qualcosa davanti a sé.

“ Cosa? Vedo solo binari.”

“Proprio quelli.”

Jared corrugò la fronte, confuso. Poi scoppiò in una risata sarcastica.

“E che c’entrebbero i binari con tutta questa storia??”

“ L’hai detto tu che le distanze e la diversità rendono impossile ogni cosa, no? Hai la prova del contrario proprio sotto al tuo naso.”

“Due semplici aste parallele in lega metallica non fanno una prova.”

“Non se le vedi come semplici aste parallele in lega metallica.

 Prova ad andare oltre, figliolo.

I binari sono molto di più.

Sono due amanti vittime di un destino crudele.

Non posso toccarsi, non posso sfiorarsi. Sono congelati in una distanza che non può variare, a causa di una necessaria ed intrinseca diversità.

 Percorrono cammini che non si incroceranno mai, ma che portano ad una stessa meta.

 Ciò che è separato e diverso non dovrebbe funzionare, eppure osserva il miracolo di due essenze che si sono fuse insieme, pur mantenendo la loro individualità.

Due elementi, due strade, un solo viaggio.

 Hai davanti a te l’impossibile che diventa possibile.”

Binari.

 Jared  e Kate erano due binari.

 Due anime distinte e separate accumunate da un unico destino: amarsi.

Era giunto il momento di camminare insieme. Di fare parte della medesima stazione. Di sacrificare tutto ciò che non aveva importanza.

Ma era davvero pronto a cambiare per lei?

“ Sì, figliolo, lo sei. Sei pronto.”

La voce di Jeremia ruppe il silenzio meditabondo di Jared, che si voltò di scatto con un’espressione confusa.

Aveva per caso pensato ad alta voce?

“Come…?”

“Come faccio a saperlo? Semplice ragionamento deduttivo.”

“No, cioè, sì…insomma…io…non ho parlato…almeno credo.”

“Figliolo, sono abbastanza vecchio da sapere quali dubbi possono attanagliare un uomo in momenti come questi, anche se non mi vengono riferiti.”

Il discorso di Jeremia non faceva un piega.

Ma se anche fosse stato pronto, chi gli assicurava che non fosse già troppo tardi?

 “Non è mai troppo tardi.”

Ok, gli interventi di quell’uomo cominciavano ad inquietarlo.

Ma chi era? Da doveva veniva?

 Qualunque fosse la risposta, il vecchio aveva ragione: non tutto era perduto.

 Ma cosa fare per riaverla indietro, per convincerla a riprovare?

 Non poteva mica presentarsi a casa sua, con un mazzo di rose in mano, e uscirsene con qualcosa del tipo:

“Ciao Kate, sono quel coglione che ti ha spezzato il cuore perché non sa tenere l’uccello nei pantaloni per due giorni di fila.

So di non meritare il tuo perdono, né tanto meno di meritare te, ma ti amo da impazzire e il pensiero di non averti mi sta uccidendo.

Sono un imbecille, ma anche gli imbecilli hanno il diritto di vivere, no?

Allora, per il bene di tutti gli imbecilli di questo mondo, mi daresti un’altra chance?”

…e pretendere pure che non gli sbattesse la porta in faccia.

 No, probabilmente, non sarebbe andata così.

Conoscendola, le avrebbe prima riso in faccia e poi gli avrebbe sbattuto la porta.

Fu distratto da Jeremia che rideva sommessamente, come se stesse cercando di trattenersi.

“Cosa c’è di così divertente?”

A quel punto Jeremia scoppiò a ridere.

“Ma no, niente figliolo! È solo che…sei uno spasso!”

“Eh??”

Era per caso impazzito quel vecchio? O forse era sotto effetto di qualche stupefacente?

“Ma no, figliolo…lascia perdere! Senti, mai pensato di ricorrere alla musica?

Hai un enorme talento dalla tua parte, perché non sfruttarlo?

Ai miei tempi le serenate funzionavano sempre.”e gli fece l’occhiolino.

“Dovrei presentarmi sotto casa sua con una chitarra in mano e strimpellarle un’improbabile canzone d’amore? Oh, andiamo!”

Il sarcasmo di Jared poteva essere davvero irritante a volte.

“Siamo nel ventunesimo secolo…esisteranno pure mezzi più rapidi ed efficaci! Cosa sei venuto a fare a Londra?”

“Lavoro. Ho un’esibizione in una radio e un concerto stasera*.”

“Bene, comincia da qui.”

“Lei non sarà presente al concerto.”

“C’è sempre la radio.”

“Vive a Los Angeles. Dubito che si prenda la briga di ascoltarmi in diretta, non dopo quello che è successo.”

“ Se era tua fan da tempo, avrà sicuramente qualche amica che segue la tua band, no?

Glielo riferiranno.

 E poi, non c’è quel sito dove mettono di tutto…com’è che si chiama? YouSub…no, aspetta, forse era YouCube…”

“YouTube.”

“Ah sì! YouTube! Grabriel** lo nomina in continuazione.

Quindi, problema risolto!”

Jared doveva ammette che l’idea di quell’anziano uomo non era poi così male.

Anzi, era geniale.

Qualunque cosa si fosse inventato, con molta probabilità avrebbe raggiunto le orecchie di Kate.

“Dovrei scriverle una canzone?”

“Ah figliolo, potrei dirti di sì, ma sinceramente è un campo di cui non mi occupo.

La musica intendo.

Ho un unico consiglio: “Lascia che il cuore e la mente ti guidino verso la scelta migliore.””

La scelta migliore.

Il concerto. La radio…ma sì certo!

 Jared prese il cellulare.

Con sua enorme sorpresa vide tre chiamate perse e cinque messaggi da parte di Emma e Shannon.

Non si era accorto di nulla.

Il Blackberry cominciò a vibrare: era suo fratello. Rifiutò la chiamata e gli inviò un messaggio in cui gli comunicava che stava arrivando.

Controllò l’ora: erano le nove e trentacinque. Sarebbe andato in onda alle dieci e mezza.

Doveva scappare se voleva avere il tempo di attuare le nuove disposizioni, quelle che aveva appena elaborato nella sua testa e che quindi conosceva solo lui.

“Io devo andare.”

Jeremia annuì.

Jared ripose il cellulare in tasca, mentre cercava le parole giuste per ringraziare quell’uomo.

Lo guardo dritto in quegli occhi neri come la pece, abbassò lo sguardo un po’ imbarazzato e cominciò a parlare.

“Jeremia, non credo esistano parole adeguate per esprimere la mia gratitudine.

Se non fosse stato per te, avrei continuato a struggermi l’anima senza trovare la forza di reagire.

Avrei proseguito il mio cammino, trascinandomi a forza, per non soccombere.

Per non deludere chi ha sempre creduto in me.

Mi sentivo un naufrago che in un mare di sofferenza viene spinto a riva da onde generate da correnti salvifiche.

 

Ma sopravvivere non mi basta, ora lo so.

Per cui, ti ringrazio Jeremia.

Grazie.

Hai salvato il mio cuore. Stai salvando la mia vita.”

Il silenzio che seguì le parole di Jared, costrinse quest’ultimo ad alzare lo sguardo. Con sua enorme sorpresa, al posto degli occhi scuri di Jeremia, si ritrovò di fronte quelli sconvolti di un bambino, che cercava di attirare l’attenzione della madre tirandole la gonna.

“Mamma…Mamma! Quell’uomo parla da solo! Mamma!”

Da solo??

Si voltò a destra e a sinistra in cerca dell’anziano uomo che sedeva accanto a lui fino a qualche secondo prima, ma di lui nessuna traccia.

 Si era come volatilizzato.

Che il bambino avesse ragione?

 No, non era possibile.

Era un uomo lacerato dal dolore, non un pazzo che parlava da solo…o forse sì?

Jared, incrociò lo sguardo della madre del bimbo, una tipica donnina inglese dai capelli rossi e gli occhi chiari, e con sommo piacere notò un leggero rossore colorare le sue guance.

Poteva anche essere un folle, ma di sicuro era un folle attraente.

“Tom, ti ho detto mille volte che le bugie non si dicono! Mi scusi tanto signore, ma mio figlio ha una fervida immaginazione!”, esclamò con imbarazzo.

“Tipico dei bambini signora, non si preoccupi!”, disse Jared, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori.

 “Ma io non me lo sono immaginato, mamma! Io l’ho visto! Parlava con un certo Jeremia! Diceva : “Grazie, grazie…” e poi altre cose!”

“Tom, smettila immediatamente e chiedi scusa al signore!”

“Ma io…”

“Niente ma! Vai. A. Chiedergli. Scusa. Forza!”

Il bimbo, rassegnato, si avvicinò a Jared.

“Mi scusi tanto signore.”

Jared gli scompigliò i capelli.

“Non preoccuparti. Non è successo niente!”

Vide la metro avvicinarsi e si alzò dalla panchina.

La madre del bambino si scusò nuovamente prima di andare via, trascinando il figlio per mano.

Jared fece per entrare nel mezzo, ma non prima di dare un’ultima occhiata in giro.

 E lo vide, in una zona in penombra.

Jeremia lo guardava sorridente.

Stava dicendo qualcosa. Forse “Buona fortuna”.

Jared mimò un “Grazie”, mentre le sue labbra si allargavano in un meraviglioso sorriso.

Jeremia rispose con un cenno del capo. Diede le spalle a Jared con la lentezza tipica degli anziani, e scomparve nel buio.

No, Jared non era pazzo.

Quell’uomo esisteva davvero.

Era il suo angelo.

 

*In realtà, l’esibizione alla radio è stata subito dopo il concerto alla Brixton Academy (così ho letto in giro), ma per questioni di tempistica, ho invertito l’ordine cronologico degli eventi (perché ME può U_U XDDDDD).

**Gabriel è l’Arcangelo Gabriele  (giuro di non aver fumato nulla durante la stesura del suddetto capitolo!^_^”””)

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Salve fanciulle!

Questo sarà un capitolo pieno di ricordi e in più scopriremo(in parte) cosa Jared ha in mente di fare per riconquistare Kate…

Bene, enjoy it!^_^

 

Gli ci vollero venti minuti per giungere alla sede della BBC Radio 1.

Una piccola folla di fan attendeva il suo arrivo davanti all’ingresso.

Riuscì miracolosamente a liquidarli con un: “ Ragazzi, mi dispiace tanto, ma vado di fretta! Prometto che mi farò perdonare al termine della trasmissione!”, rigorosamente accompagnato dal suo solito sorriso sghembo e un occhiolino.

Si affrettò a raggiungere gli altri, che nonostante fossero decisamente arrabbiati, non appena lo videro tirarono un sospiro di sollievo. Shannon fece per dire qualcosa ma Jared non gli diede il tempo.

“Rimandiamo i rimproveri, o gli insulti, a più tardi ok? C’è un cambio nella scaletta e abbiamo poco tempo per organizzarci.”

“Di che diavolo parli Jared?? Quale cambio di scaletta?”

Shannon riusciva a malapena a trattenersi dal prenderlo a sberle.

“Quello che ho deciso stamattina, mentre ero in metropolitana. – rispose Jared imperturbabile -  La cover di Stronger al posto di Message in a bottle.”

“Porca…Ti è per caso andato di volta il cervello nel giro di qualche ora??

Cristo santo, Jared!

Non pretenderai mica che te l’accordiamo?? L’avremmo provata sì e no due volte quella canzone!

Non siamo pronti. La faremo un’altra volta!”

“Ce le faremo bastare Shan.

Io devo cantare quella canzone. Oggi, non un altro giorno!

Prima che sia troppo tardi.”

Aveva uno sguardo deciso e supplichevole, come se per lui fosse una questione di vita o di morte.

Il tono di Shannon si addolcì repentinamente.

“Troppo tardi per cosa, Jared?” chiese confuso.

“Per riaverla indietro, Shan.”

Non fu necessario aggiungere altro. Il fratello maggiore capì.

“Bene.

Tomo, Tim, andiamo di là. Abbiamo circa 10 minuti per provare Stronger un’ultima volta prima di andare in onda.”

I due annuirono.

 Jared sorrise al fratello e lo seguì, mentre nella sua mente riaffioravano i ricordi di quel freddo pomeriggio di metà febbraio…

“Amo i Black Sabbath.”

Avevano deciso di rimanere in casa.

 Troppo freddo per uscire.

 Giacevano entrambi sul letto di Jared. Quest’ultimo aveva la testa poggiata sulle gambe di Kate.

“I Black Sabbath??” chiese voltandosi verso di lei, smettendo di giocare con una ciocca dei suoi lunghi capelli.

“Esatto. Perché ti stupisci tanto?” rispose lei sorridendogli, mentre gli spostava un ciuffo ribelle dal volto.

“Non sembri un tipo da Black Sabbath.”

Kate rise.

“Non sembro tante cose Jared.

Non sembro un’amante dell’arte e della filosofia. Non sembro una cultrice di cinema. Non sembro un futuro medico.

 E nessuno direbbe mai che una con questo faccino, e con neanche l’ombra di un tatuaggio, adori i Nirvana, gli Iron Maiden, gli AC/DC, i Linkin Park, i Muse, gli Avenge Sevenfold, gli Slipknot e che soprattutto idolatri Ozzy Osbourne come l’ultimo dei grandi rocker…eppure sono tutte queste cose.”

In effetti quella ragazza era una continua sorpresa.

Era come uno strano rebus, a tratti semplice e a tratti impossibile.

Questo era uno dei motivi per cui aveva cercato in tutti i modi di fare parte della sua vita.

Lo teneva sveglio. Con lei non si annoiava, mai.

Ma aggrottò le sopracciglia non appena si accorse che qualcosa non quadrava nelle parole di lei.

“Non credi di aver dimenticato qualcuno?” chiese Jared alzando un sopracciglio.

 Kate assunse un’espressione meditabonda, e si morse il labbro inferiore facendolo impazzire.

“Mmmh…sì, hai ragione…- Jared si preparava a sorridere vittorioso, sicuro della sua risposta- …ho dimenticato i Nine Inch Nails.” ma il sorriso gli morì sulle labbra.

Decise di riprovare. Avrebbe dovuto ammetterlo prima o poi.

“Nessun’altro?”

“Gli U2. Mi piacerebbe essere adottata da Bono.” disse con aria sognante.

“Manca ancora qualcuno…”

“No, non mi pare…”

Jared si mise a sedere e puntò i suoi occhi in quelli di Kate.

“Sicura?”

Lei annuì.

 Lui si avvicinò fino ad incastrarla tra il suo petto e la testata del letto.

“Davvero?”, sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra, sistemandosi meglio tra le sue gambe.

“Sì…” biascicò lei, con il respiro accelerato.

Con un gesto rapido ed esperto, la stese completamente sotto di lui reggendosi sui gomiti per non pesarle troppo.

Con la mano destra sfiorava la sua coscia.

Kate portò le sue mani tra i capelli di lui, lunghi e con ancora qualche residuo di rosso alle punte, e cercò di avvicinarlo a sé per baciarlo.

Ma Jared portò la testa indietro, facendola gemere di frustrazione.

“Ah ah, sarebbe troppo semplice non credi? Dillo.”

“Neanche per sogno.”

Lei si contorceva mente lui continuava a sfiorarla e a salire sempre più sù con quella maledetta mano, facendola ansimare lievemente.

Era quasi arrivato all’altezza della sua intimità.

“Kate…”

La stava sfiorando proprio lì, dove era più sensibile.

Lei si arrese. Vittoria.

“ I Thirty Seconds To Mars sono i migliori!

Talmente bravi da creare dipendenza, talmente straordinari da non poter essere paragonati a nessun’altro!

Sei contento adesso?”

“Molto…” e scese a baciarla, ormai anche lui al limite della sua resistenza.

 

Erano ancora nudi in quel letto sfatto.

Kate teneva la testa poggiata sul petto di Jared che le stava accarezzando una spalla.

“Jared?”

“Mmh?”

Alzò la testa per guardarlo negli occhi.

“Ora che ci penso…ho dimenticato di annoverare qualcuno…”

“E chi sarebbe? Sentiamo…”

“Kanye West.”

“Un rapper? Credevo che amassi solo il rock et similia…”

“Ed è così, ma lui è incredibile.

È uno di questi artisti che mettono anima e cuore in tutto quello che fanno.

Non lascia mai nulla al caso…mi ricorda te, in un certo senso.”

“Le dimensioni ci sono in effetti…” sorrise sornione.

“Jared sei…un porco!” e si alzò, scuotendo la testa con un’espressione tra lo schifato e il divertito.

“Oh avanti! Scherzavo! Torna qui!”

La tirò nuovamente a sé e le baciò la fronte.

“Qual è la sua canzone che preferisci?”

“Dici di Kanye?”

Jared annuì.

“Senza dubbio Stronger…

N-n-now th-that don’t kill me, can only make me stronger…I need you to hurry up now, cause I can’t wait much longer…”

“I know I got to be right now, cause I can get much wronger…Man, I been waiting all night now, that’s how long I been on ya…”, continuò Jared.

“I need ya right now” cantarono insieme, scoppiando a ridere.

“La conoscevi allora?”  disse lei mettendosi a cavalcioni su di lui, trascinando con sé le lenzuola.

“Non sei l’unica fan di Kanye.”

“Questa me la segno, cara la mia rockstar…” e scese a baciargli la clavicola, salendo piano sul collo, godendo del suo odore unico e inconfondibile.

“Ne verrebbe fuori una cover interessante…” riflettè Jared con apparente indifferenza, mentre le sue mani scorrevano sulla pelle nuda di Kate, che a quelle parole si staccò da lui per guardarlo nelle iridi ghiacciate.

“Oddio, la faresti davvero?”

Quel sorriso, quegli occhi così luminosi e vivi.

Avrebbe fatto qualunque cosa pur di vedere sempre quella luce nei suoi occhi.

“Chiedimelo.”

Kate portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e, com’era sua abitudine quando era leggermente in imbarazzo, si morse il labbro prima di parlare.

“Canteresti Stronger, per me?”

Jared si strinse a lei, avviluppandola con le sue forti braccia.

“Oh no, farò molto di più…- era ad un soffio dalle sue labbra -…la riarrangerò solo per te.”

La baciò come se solo grazie al suo respiro riuscisse a sua volta a respirare. E si amarono come se quel giorno potesse essere l’ultimo.

 

Dopo qualche settimana Jared si decise finalmente ad andare in studio e a mettersi al lavoro sulla canzone, con sommo dispiacere del fratello maggiore reduce da una serata, come dire, movimentata.

“Si può sapere perché ci hai trascinati tutti qui alle nove del mattino? Non mi pare che avessimo parlato di metterci al lavoro su un nuovo album.” chiese Shannon, stravaccato su uno dei divanetti dello studio, ancora mezzo addormentato.

“Infatti non siamo qui per un nuovo album…”

“Ah no?”

“No. È da un po’ che ho quest’idea in testa. Vorrei riarrangiare il nuovo singolo di Kanye West: Stronger.”

“E perché ci tieni così tanto a fare una cover di West?”,

“ Una cover?? Questa sarà LA cover, Shan.”, risposte Jared da dietro al suo mac, impegnato nella ricerca di un riarrangiamento decente.

“Per l’esattezza sarà LA cover di una cover.” disse Tomo, mentre strimpellava la sua amata Gibson, guadagnandosi un’occhiata truce da parte di Jared.

Tomo alzò le braccia a mo’ di resa.

“Era giusto per essere precisi, amico!”

“Taci croato.”

Tomo bofonchiò qualcosa e tornò a concentrarsi sulla sua chitarra.

“Non hai comunque risposto alla mia domanda, Jay.”, riprese Shannon.

“Ho deciso di darmi al rap. Non posso?”  sbottò irritato.

 “E sentiamo…quando avresti deciso di diventare il nuovo Dr Dre?”

“È una passione maturata col tempo.”

 Shannon si tolse gli occhiali da sole da sopra il naso, e lo guardò inarcando le sopracciglia.

“Jared…” disse canzonatorio.

Il minore dei Leto sbuffò per la frustrazione.

“E va bene! L’ho promesso ad una persona.”

 “ Fammi indovinare…è una persona slanciata, con i capelli lunghi, decisamente carina, anzi anche troppo, e di nome Kate?”

Jared deglutì a vuoto, serrando le mascelle in evidente imbarazzo.

“Ah lo sapevo! Ti stai rammollendo fratellino!”

 Tim e Tomo sogghignavano divertiti dalla comica scenetta offerta dai Leto Bros.

 “Shannon smettila di sparare cazzate!

 E poi la canzone piace anche a me. È un genere nel quale non mi sono mai cimentato.

Voglio dire, è evidente che non sono un rapper.

Questa cover si dimostrando una sfida alquanto interessante.”

“Tzè, sfida alquanto interessante…”gli fece il verso Shannon.

“Senti, ho di meglio da fare che farmi prendere per il culo dal sangue del mio sangue. Se non ti dispiace…” e si infilò le cuffie, immergendosi totalmente nella musica che stava tentando di creare, o meglio, ricreare.

Nonostante l’aiuto del resto della band, gli ci volle più tempo del previsto per ottenere il risultato sperato, e a causa del tour e di quella serie di eventi che portarono alla rottura con Kate, non riuscì a farle ascoltare quello che aveva preparato per lei…almeno fino a quel 14 settembre del 2007.

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Holaaaaaaaaaaa!  Sono tornata! Scusate l’enorme ritardo ma ho avuto una piccola crisi artistica…spero che con la lunghezza di questo capitolo mi perdoniate!^_^’’’’’’’’’

Qui scopriremo (fingiamo pure che non l’abbiate già capito XD) cosa Jared aveva in mente di fare per la nostra Kate…Buona lettura!

P.S: Le parti scritte in corsivo (ad esclusione naturalmente del testo della canzone) sono Flashback…specifico per evitare che vi confondiate.

 

 

Erano in onda.

The Kill scorreva fluida, trasportata dalla meravigliosa e a tratti graffiante voce di Jared, dalla batteria appositamente addomesticata di Shannon, dalla raffinata chitarra di Tomo, dal profondo basso di Tim e dalla meravigliosa sinfonia di un quartetto d’archi.

Giunse poi il momento della cover.

“ Ok ragazzi, saprete ormai che è nostra abitudine chiedere agli artisti che si esibiscono qui di eseguire una cover di un altro artista, ed ovviamente non potevamo fare un’eccezione con i Thirty Seconds To Mars.

Allora Jared, cosa canterete?”

“Beh Fearne, c’è venuto in mente di tutto: dai Depeche Mode agli U2, dai Police agli N’Sync…”

“Ma dai, gli N’Sync? Mi prendi in giro?”

“Ehi gli N’Sync hanno fatto la storia della musica pop!

 Insieme ai Backstreet Boys!

You are my fire…the one desire…

No ok, più seriamente! Non sapevamo davvero cosa scegliere e alla fine abbiamo optato per la cosa più improbabile…

Canteremo Stronger di Kanye West.”

“Rap, caspita! Una scelta molto interessante!”

“O molto stupida, a seconda dei punti di vista.”, concluse Jared, affabile come sempre.

“Ok, direi di non indugiare oltre!

Signore e signori, ecco a voi i Thirty Seconds To Mars e la loro cover di Stronger!”

Scese il silenzio mentre i ragazzi prendevano posto ai rispettivi strumenti e poi inziò…

Note cariche di aspettativa si diffusero per tutto lo studio.

Un basso, una chitarra e un sintetizzatore, in trepitante attesa di una voce…che non tardò ad arrivare.

                                                                                     

N-n- now th- that don’t kill me

Can only make me stronger

I need you to hurry up now

Cause I can’t wait much longer

Un cuore cominciò a battere.

Shannon e la sua batteria completarono quell’armonia in grado di incantare chiunque l’ascoltasse.

I know I got to be right now

Cause I can’t get much wronger

Man I’ve been waiting all night now

That’s how long I’ve been on ya

Jared si ritrovò a chiedersi quanto poteva esserci della sua vita in quella canzone.

 Una canzone che non aveva scritto lui e che era stata scelta da qualcun altro, quando i sospetti e i dolori erano lontani…

I need you right now

I need you right now

 

…e si rese conto che probabilmente c’era fin troppo di lui…di lei…e delle altre…

 

Let’s get lost tonight

You could be my black Kate Moss tonight…

 

Ah ricordava perfettamente quella notte…era stata la prima.

La prima caduta.

 Il primo tradimento.

E Parigi ne nascondeva ancora il segreto…

“Allora è proprio vero che sei una diva…”

Jared si era appena seduto al bar dell’hotel, nel tentativo di affogare il suo opprimente desiderio nell’alcol.

“Come scusa?”

La ragazza dal forte accento francese, che racchiudeva in sé la bellezza dei tramonti africani, si girò verso di lui incrociando sensualmente le lunghe gambe sullo sgabello.

“Ti aspettavo…”

Jared sorrise scuotendo la testa.

Le rivolse una veloce occhiata, ritornando poi a guardare dritto di fronte a sé.

“Ah davvero? Non ricordavo che noi due avessimo un appuntamento…”

“L’ho deciso all’ultimo momento…Mi facevi così tenerezza al locale…tutto triste e solo, mentre tuo fratello e gli altri se la spassavano con le mie amiche…ti ho osservato per tutto il tempo, sai? Ma eri troppo impegnato a mandare giù alcolici per notarmi…E quando finalmente mi ero decisa ad avvicinarmi, puff, tu eri sparito…”

“Non credi che sia stata una mossa un po’ stupida quella di venire nel mio hotel? Voglio dire, non avevi alcuna garanzia che io scendessi al bar…”

“Tesoro, conosco voi uomini…quando nemmeno la solitudine riesce a calmarvi, ricorrete sempre all’alcol e, prima o poi, quello offerto dall’hotel finisce…e comunque…- si avvicinò al suo orecchio -…conosco metodi più efficaci per risolvere certi problemi”, sussurrò provocante, sfiorandogli la coscia destra.

Jared deglutì a vuoto.

“Mi dispiace ma non posso…” disse automaticamente, come ormai era sua abitudine da quando era ripartito in tour lasciando la sua amata Kate a Los Angeles.

Ma quella volta era diverso.

Quella volta non aveva la forza di togliere la maliziosa mano che vagava sulla sua coscia alla ricerca di un contatto più intimo.

Il desiderio lo stava facendo impazzire.

“Ah sì che puoi, tesoro…stasera si gioca…sarà il nostro piccolo segreto…te lo prometto.”

 

…Play secretary, I’m the boss tonight

And you don’t give a damn what they all say, right?

Awesome, the Christian and Christian Dior

Damn, they don’t make ‘em like this anymore

I ask, cause I’m not sure

Anybody out there real anymore?

Bow in the presence of greatness

Cause right now thou has forsaken us…

 

Erano in camera da meno di dieci minuti…

Vuoi qualcosa da bere?”, chiese Jared.

“Preferirei passare al sodo se non ti dispiace.”

“Non dovresti usare quel tono con me…non sei nella posizione di farlo.”

“Ma certo! Sua maestà, Jared Leto, mi ha concesso la grazia di entrare nel suo talamo! La prego di perdonarmi se l’ho offesa con la mia insolenza.”

“Hai tutta la notte per farti perdonare…- si verso un po’ di gin- …ma c’è una cosa che non ho mai capito…Perché lo fate?

Non vi preoccupa ciò che la gente potrebbe pensare di voi se si venisse a sapere?”, si portò il bicchiere alla bocca.

“Beh, se c’è qualcuno che deve preoccuparsi qui dentro, di certo non sono io” rispose furba.

Jared mandò giù il gin, deglutendo rumorosamente.

“E comunque - continuò lei - non mi è mai importato molto dell’opinione degli altri…personalmente, lo faccio solo perché nove volte su dieci, voi artisti, siete più bravi degli altri uomini a letto.”

“Ah.”

“Hai finito con le domande? Sai, odio aspettare…”

 

…You should be honored by my lateness

That I would even show up to this fakeness

So go ahead, go nuts, go ape bitch

Especially in my best stand and my  bapeness

Act like you can’t tell who made this

New gospel homey, take six, and take this, haters…

 

Jared si avvicinò a lei, che in piedi lo osservava in attesa di una sua mossa,  e posò il bicchiere sul tavolinetto da caffè.

Erano distanti un soffio.

“Oh dolcezza, sbagli…-  le sfiorò l’incavo del collo con il dorso di due dita -…la parte migliore è proprio l’attesa…- scese sulla profonda scollatura-…l’attimo prima del soddisfacimento…”

La ragazza cercava di mantenere il controllo di sé, nonostante il lieve tocco di Jared avesse accelerato il suo respiro.

 “Un’ora e mezza di attesa in un bar sono più che sufficienti…”

Jared rise.

“Non sapevo di essere in ritardo, e in ogni caso dovresti sentirti onorata…è già tanto che abbia acconsentito a questa pagliacciata.”

“È questo ciò che pensi dei giochi di ruolo?”

“In realtà sto solo pensando che questo tailleur Dior è un incanto...”, rispose passando la mano sul colletto della sua giacca, proprio all’altezza del suo seno.

“Parli così solo perché non hai ancora visto quello che c’è sotto…” lo provocò lei, liberandosi della giacca con calma misurata.

“A questo si può sempre rimediare.”

Avvolse la vita della ragazza con un braccio, facendo aderire i loro corpi, e con la mano libera le afferrò un ginocchio prendendola poi di peso.

In un attimo furono a letto.

 Le strappò la camicia bianca di dosso, beandosi della visione dei suoi seni sodi coperti da un succinto reggiseno di pizzo nero.

Istintivamente portò le mani sull’incavo dei suoi seni, e li sfiorò facendo sospirare la donna che si contorceva per l’eccitazione e l’impazienza.

Jared sorrideva sghembo mentre con le mani scendeva più giù, sul ventre, i fianchi e le gambe.

Nella risalita le alzò la gonna fino a quando le sue dita non incontrarono il pizzo dei suoi slip.

 La sovrastava tenendo un braccio teso al lato del suo orecchio destro, e con la mano libera stuzzicava la sua intimità.

“Stanotte perdiamoci, dimentichiamo quello che siamo…io non sono una rockstar e tu non sei una fottuta groupie…

Io sarò il Capo e tu la segretaria che esegue tutti i miei ordini.”

Le infilò la lingua in bocca, in una maniera vorace, quasi violenta, senza lasciarle il tempo di comunicargli il suo sì.

 

…N- n- now th-that don’t kill me

Can only make me stronger

I need you to hurry up now

Cause I can’t wait much longer

I know I got to be right now

Cause I can’t get much wronger

Man I’ve been waiting all night now

That’s how long I’ve been on ya

I need you right now

I need you right now…

 

I ricordi dei suoi tradimenti gli facevano male.

Erano la prova della sua debolezza e del fatto che lui non la meritasse affatto…

Kate…non ne era all’altezza, ma la necessitava come l’aria.

 

…I don’t know if you got a man or not

If you made plans or not…

 

Perché continuava a sfuggirgli? Aveva forse un ragazzo? Aveva pianificato un futuro insieme a lui?

Quelle domande gli avevano dato il tormento nei giorni successivi al loro primo incontro, un anno e mezzo prima.

Kate aveva lo straordinario dono di confonderlo.

Non aveva problemi ad accettare i suoi inviti e di fatto non gli aveva mai negato un incontro.

Bastava una semplice telefonata e lei correva da lui, nonostante avesse capito il desiderio che animava le richieste del cantante.

La dita di Jared tra i suoi lunghi capelli mentre le portava una ciocca dietro l’orecchio…i suoi occhi che la studiavano in ogni minimo gesto, nel tentativo di comprendere la chiave di lettura della sua anima…le braccia di lui sempre pronte ad accogliere il suo corpo infreddolito quando i brividi ne rivelavano il bisogno di calore umano…le sue grandi mani che scorrevano lente sulla sua schiena, o le sue labbra che ad ogni bacio sulla guancia si facevano sempre più vicine alla sua bocca…

Gliela sussurava la passione che aveva dentro, perché era sempre stato un gentiluomo nonostante le apparenze e la cattiva fama, e aveva capito che con Kate la fretta non serviva a nulla se non ad allontanarla.

E lei gli lasciava condurre il gioco, si lasciava sfiorare godendo dei limiti che aveva imposto con la sua peculiare serietà, dandogli ogni volta l’illusione di essere ad un passo dalla vittoria per poi fuggire via da lui con una banale scusa.

Sfuggiva, sfuggiva, sfuggiva.

Come se qualcosa o qualcuno la trattenesse o le impedisse di concedergli qualcosa di più che qualche carezza.

Avrebbe potuto fare chiarezza chiedendole semplicemente il perché del suo strano comportamento, ma gli mancava il coraggio di farlo.  

Aveva paura della sua risposta.

Aveva paura della verità, mentre il dubbio gli avrebbe permesso di vederla fino a quando lei avesse voluto…fino a quando non l’avesse conquistata.

…God put me in the plans or not

I’m tripping, this drink got me saying a lot

But I know  that God put you in front of me

So how the hell could you front me?

There’s a thousand you’s, there’s only one of me

I’m tripping, I’m caught up in the moment, right?

 

Ma la curiosità risulta abbastanza difficile da assopire, specialmente di notte, quando la solitudine e il silenzio ti spingono a fare i conti con te stesso.

 Così aveva trascorso ore insonni cercando la soluzione al suo enigma tra i possibili indizi e tutte le volte giungeva alla conclusione che il destino, Dio, Buddha, o qualunque fosse l’essere superiore che aveva stabilito le leggi che governano le nostre misere esistenze, non poteva essere così crudele da mettergli davanti al suo cammino quella creatura solo per il piacere di farlo soffrire.

E una notte di giugno del 2006, in un locale di Los Angeles, accadde ciò che fino ad allora aveva evitato…

“In vino veritas.”

 

“Jared, non credi di stare esagerando un tantino?”

“Ho superato i ventun’anni già da un pezzo, non ho bisogno di prediche.” rispose lui, continuando a sorseggiare il suo drink con lo sguardo dritto davanti a sé.

“ Mi stai dimostrando il contrario…”

Si voltò verso di lei con un’espressione che la diceva lunga sul suo umore…era incredibilmente irritato.

“Senti, sono stanco e ho bisogno di rilassarmi, ok? Posso anche permettermi un drink…o due...”

“È il quarto.” puntualizzò Kate con calma.

“Fa lo stesso.”

“Questa sarà la settima o ottava volta che ci vediamo e non l’avevi mai fatto prima…c’è qualcosa che non va?”

“No.”

“Sicuro?”

“ Hai un ragazzo.”

Non era una domanda.

“Cosa? No!”

“Stai con un altro, non è così? No, perché se non è così, io davvero non capisco…”

Nonostante il buio e la musica, Kate non riuscì a non notare l’esasperazione e la confusione che dominavano lo sguardo e la voce del frontman. Sospirò.

“Jared non mi sembra né il momento né il luogo adatto per parlarne.”

“Invece lo è! Dannazione Kate! Spiegami perché tu…”

Kate lo interruppe.

“Vieni, usciamo in giardino.”

 

L’aria fresca della notte colpì i loro visi, liberandoli dal malsano torpore del locale.

Distavano qualche passo l’uno dall’altra.

La musica giungeva attutita, ma non turbava lo strano silenzio che era sceso tra loro.

Fu Jared il primo a parlare.

“Allora? Sto aspettando…”

Aveva incrociato le braccia al petto e la guardava con uno sguardo duro.

Kate si voltò verso di lui.

“Io non sono impegnata con nessuno.”

Jared annuì mordendosi la guancia.

“ Bene. Devo quindi dedurre che ti faccio schifo.”

“Non essere stupido, Jay.”

“E allora perché fai così, Kate? Perché ci sei sempre quando te lo chiedo, ma poi mi lasci solo quando provo a farmi avanti? Cos’è che ti blocca?”

“Hai mai pensato a quanto assurdo possa sembrarmi tutto questo? Hai per caso dimenticato chi sono io e chi sei tu, Jared?”

“La vita me lo ricorda ogni santo giorno Kate…ma non posso accettare che sia questo il problema.”

“Jared, mettiti solo per un istante nei miei panni…prova ad immaginare cosa significhi avere di fronte a sé il proprio idolo e avere pure la possibilità di…conoscerlo. Fino a poche settimane fà non eri altro che un sogno irrangiungibile, ma una sera, dopo un TUO concerto, mi noti e mi chiedi un numero di telefono che Dio solo sa come ho avuto la forza di darti…un numero che tu usi davvero per chiedermi di vederci e io mi ritrovo a pensare: “Cavolo! Jared Leto vuole portarmi a letto, e adesso che faccio?”… perché di questo si tratta Jared, non ho la presunzione di credere che cerchi qualcosa di più da me…” lo vide scuotere il capo in segno di diniego.

“In realtà io…”

“Shhh ti prego non interrompermi, è già abbastanza difficile per me dirti queste cose…”

“Scusa.”

Kate prese un profondo respiro.

“Tu mi chiedi di vederci e io decido di darmi una possibilità e di mettere da parte le mie paure nella speranza di sbagliarmi sulle tue intenzioni…Accetto benchè io sappia esattamente quale sia il limite consentito per rimanere sani di mente e quanto possa essere semplice con te superarlo e perdersi per sempre…Capisco cosa desideri dai tuoi gesti, dal modo che hai di sfiorarmi e di modulare la voce, ma è qualcosa che non posso darti perché significherebbe andare contro i miei principi…ho deciso di trattarti come un qualsiasi altro uomo, sebbene il tuo volto mi ricordi ogni santa volta chi sei…dovrei dirti addio e tornare alla vita di sempre, quella in cui esiste solo la tua voce, ma non avevo messo in conto la possibiltà che tu mi concedessi un pizzico della tua anima invece di lasciarmi perdere…e sei anche meglio di qualunque mia fantasia, Jared, ed è per questo che sono ancora qui nonostante tutto mi dica che sto sbagliando…- sospirò, dando le spalle a Jared per evitare che notasse i suoi occhi lucidi -...e mi chiedo perché continui a volermi…Cosa posso offrirti che tu già non abbia?”

Kate udì dei passi e poi delle braccia l’avvolsero da dietro.

Il calore del corpo di Jared contro il suo la fece rabbrividire.

“Tutto.” sussurrò lui melodioso.

Kate sentiva il cuore scoppiarle dentro al petto, ma riuscì comunque a vincere la battaglia contro il turbinio di emozioni che stava provando.

 “Niente…”

Jared la fece voltare delicatamente verso di lui e le accarezzò il viso.

“Kate, tu…- le sollevò il mento - …hai quell’onestà che ho sempre cercato nelle persone. Quell’onestà che mi permetterebbe di avere di nuovo fiducia in questo mondo assurdo e falso…Io ho bisogno di credere.”

Kate sospirò.

“Temo che sia l’alcol a parlare…non tu…”

Jared sbuffò scuotendo il capo.

Quella ragazza era così testarda.

“Senti, può anche darsi che quei drink mi stiano facendo dire più del dovuto, ma sono certo che il nostro incontro sia stato voluto. C’è sicuramente un motivo se tu, in questo preciso istante, sei qui, di fronte a me, e non da un’ altra parte.

Quanto ancora a lungo pensi di poter combattere contro di me? Contro quello che proviamo?”

La risposta gli arrivò forte e chiara quando sentì le labbra di Kate sulle sue.

Era durato un attimo, un attimo in cui si era perso e poi ritrovato.

I loro nasi si sfioravano ancora e per lui fu facile riappropriarsi delle sue labbra, e darle finalmente il bacio che aspettava.

 

…This is Louis Vuitton Don night

So we gon’ do everything Jay’ll like

Heard they’d do anything for a klondike

Well I’d do anything for a blonde-dike

And we’ll do anything for the limelight

We’ll do anything when the time’s right

Baby, you’re making it harder, better, faster, stronger…

 

Un altro flashback…un altro errore…

 

“Noi faremmo qualsiasi cosa per la fama e si sa che andare a letto con la gente famosa dà una bella spinta…”

Le due biondine svizzere erano ancora in piedi davanti alla porta della sua camera.

 Due bamboline dal profumo costosto, vestiti costosi, accessori costosi.

Stupide? Frivole?

No.

Erano solo molto…intraprendenti.

“Apprezzo molto la vostra onestà, ma se siete venute per quello potete anche andarvene.”

“Come scusa?”

“Avete capito bene. Non ho alcuna intenzione di prestare il mio nome per farvi pubblicità. Nessuno scambio di favori. O lo fate senza chiedermi nulla in cambio o procedo subito a chiamare l’escort service e voi vi levate dai piedi.”

“Credi che acconsentiremmo solo perché sei innegabilmente bello e sexy?”

Jared incrociò le braccia davanti al petto, poggiando una spalla allo stipite della porta.

Le guardò con attenzione.

Quella che aveva parlato aveva un caschetto di capelli biondo platino e due occhi azzurri come il mare, l’altra aveva dei boccoli color del miele che scendevano sulle sue spalle e due occhi che gli ricordavano gli smeraldi.

Erano decisamente belle.

Indossavano entrambe un impermeabile nero che lasciava le gambe sode scoperte.

Probabilmente sotto portavano solo l’intimo.

 Assunse un’espressione maliziosa e si passò la lingua sulle labbra.

Qualche secondo dopo la platinata si avvicinò a lui.

Passò una mano sui suoi addominali, salendo poi sui pettorali scultorei.

 “Hai proprio ragione…Leto.” gli sussurrò sensualmente all’orecchio, ed entrò senza chiedere il permesso.

Sorrise sghembo, e fece cenno all’altra di entrare. Chiuse la porta dietro di sé e le osservò mentre si accomodavano sullo stesso divano.

Lui si sedette a gambe larghe di fronte a loro, su una poltronicina di velluto rosso.

“Sia chiaro, stasera si fa tutto quello che piace a Jay.”

Le ragazze annuirono obbedienti.

“Sapete, sono proprio curioso di vedere cosa sono in grado di fare due belle bamboline come voi…”

“Non ci chiedi nemmeno come ci chiamiamo?”, chiese la platinata.

“Non mi interessano i vostri nomi.”

“Oh, sei proprio un bastardo senza cuore…” disse con tono fintamente drammatico quella che non aveva ancora parlato.

“Allora ce l’hai la lingua.”

“Sì…e la so usare molto bene…”

“Dimostramelo.”

La bionda fece per alzarsi ma lui la fermò con un gesto della mano.

“Non su di me, bambolina…” e con lo sguardo indicò la sua amica.

La ragazza dagli occhi verdi gli rivolse un’occhiata perplessa, poi tornò a sedersi accanto all’amica e cominciò ad accarezzarle una coscia con la solita malizia.

“Leto veut se donner au voyeurisme, Béatrice [trad. Leto vuole darsi al voyeurismo] …” , disse la bionda all’amica.

“ Il paraître que oui… [trad. Pare di sì]”

Jared le osservava mentre si facevano sempre più vicine, fino a sfiorarsi le labbra.

Si comportavano come se lui non ci fosse, come se si stessero studiando, o meglio, corteggiando.

Le vide togliersi gli impermeabili a vicenda, rimanendo in intimo, mentre si toccavano e si scambiavano qualche bacio delicato, quasi casto.

Il cantante sentì l’eccitazione invadergli la mente e il corpo e liberò l’erezione dall’ingombro dei pantaloni, cercando in qualche modo di soddisfare il suo crescente desiderio.

“Donnons-lui ce qu’il désire, Monique… [trad. Diamogli quello che desidera]” e fu proprio la platinata ad approfondire il bacio, dando inizio ad una danza spietata di lingue e di corpi che fece perdere totalmente il controllo a Jared, il quale, liberatosi degli ultimi indumenti, raggiunse le ragazze e prese in mano le redini del gioco.

In fondo, non gli era mai piaciuto rimanere passivo…

 

…N-n-now th- that don’t kill me

Can only make me stronger…

 

No, il dolore per i suoi sbagli, per la sofferenza inflitta a Kate e per la sua perdita, non lo aveva ucciso, ma l’aveva reso più forte.

E adesso sarebbe riuscito a rimediare.

Avrebbe lottato contro se stesso per riaverla al suo fianco.

 

…I need you to hurry up now

Cause I can’t wait much longer…

 

Sì, non era più in grado di aspettare.

Era un appello alla sua infima natura…un invito ad accettare il cambiamento fin da subito.

Sarebbe stato un uomo nuovo.

 

I know I got to be right now

Cause I can get much wronger

Man I’ve been waiting all night now

That how long I’ve been on ya…

 

Lo credeva. Lo sentiva. Ne era certo.

Era lui l’uomo che il destino aveva scelto per Kate.

 

…I need you right now

I need you right now…

 

Era un messaggio per lei…

 

…I need you right now!

I need you right now!

 

…urlato nel tentativo di farle comprendere fino in fondo quanto agognasse la sua presenza nella sua vita.

 

Don’t act like I never told you

Don’t act like I never told you

Don’t act like I never told you

Don’t act like I never told you

Don’t act like I never told you

Don’t act like I never told you

Don’t act like I never told you

Don’t act like I never told you!

 

E lei non poteva ignorarlo.

“Questa è per Kate…”*

No, non poteva ignorarlo.

 

*Nei primi video di Stronger che passavano su Youtube, si sentiva chiaramente un “This one’s for Kate.” pronunciato da Jared (ora circola solo la versione tagliata).

Diciamo che proprio da questo ricordo è nata l’ambientazione e il nome della protagonista femminile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Mi scuso per il ritardo e per questa misera introduzione, ma devo cogliere l’occasione in fretta visto che l’adsl non è molto collaborativo ultimamente!-.-“

Questo capitolo forse vi lascerà insoddisfatti, ma era assolutamente necessario per andare avanti…è un assaggio di ciò che verrà ;)

Buona lettura!

 

Chiunque abbia avuto l’occasione di assistere al concerto del 14 settembre del 2007 alla Brixton Academy di Londra, lo ricorderà sicuramente come una delle esibizioni migliori dei Thirty Seconds To Mars.

La combinazione perfetta tra la dinamicità di uno spirito in fermento e la peculiare solennità che caratterizza la vera musica, quella che tocca le corde dell’anima.

La voce di Jared dava espressione ad un cuore carico di rinnovata forza e vita.

Era un’ode ad una musa lontana e incerta che, inconsapevole, ispirava il suo animo.

Un animo che, come un animale ferito, tentava di curare le ferite autoinflittasi a causa dei suoi stupidi errori.

L’energia di quel momento di pura arte era palpabile nella sua intensità e travolgeva il pubblico, che per un momento si sentì davvero catapultato su Marte.

Ma sarebbe sbagliato attribuire solo a Jared il merito di una tale perfezione.

Tutto rese quella notte incredibile e unica:

il violino di Tomo in A Moder Myth, il quartetto d’archi in The Kill, la batteria di Shannon, il basso di Tim.

E una nuova canzone.

Una di quelle che struggono l’anima per la sua intensità.

Una di quelle che nessuno si sarebbe mai aspettato.

Do you tear under pressure?

On fire, you’re tearing me apart

Do you tear under pressure?

This love's become a war

 

 

Poche frasi che raccontavano un amore durato un anno e mezzo.

Un amore che aveva testato quanto pressante potesse essere il bisogno di una persona accanto.

Un amore che era ceduto sotto il peso di chilometri di distanza.

Un amore che bruciando sotto il fuoco della passione aveva lacerato entrambi gli amanti, indipendentemente dalle colpe e dai colpevoli.

Un amore che era diventato una guerra tra volontà, possibilità e desiderio.

 

 

A thousand mistakes Heaven made

Only a miracle could save you today

A thousand mistakes Heaven made

Only a miracle could save you today

 

E la paura che il loro incontro fosse stato l’ennesimo errore del destino.

Perché ogni passo in avanti nella vita di lui comportava dieci passi indietro nella vita di lei.

Una corsa infinita verso il nulla.

Una strada disseminata da arrivederci carichi del dolore di un addio.

Un inevitabile addio.

Un addio dal quale solo un miracolo avrebbe potuto salvarli.

Un miracolo che forse era avvenuto, oggi*.

 

 

Do you tear under pressure?

On fire you’re tearing me apart

Do you tear under pressure?

This love's become a war…

 

 

Poche frasi che racchiudevano tre mesi di solitudine.

La sensazione di dover reggere la pressione di un mondo intero sulle sue spalle.

Un mondo di sogni e di speranze alimentate dalla loro musica.

La consapevolezza di avere nelle mani la responsabilità di due vite, oltre alla sua.

La voglia di cedere e l’impossibilità di farlo.

Il fuoco di futili passioni e distrazioni.

 La lacerazione della sua anima.

 

This love's become a war.

 

E un amore che era diventato una guerra contro se stesso.

 

Tutto questo era Pressure.

 

 

****************

 

Le ore di volo che lo separavano da Kate erano inquiete.

Era un’inquietudine strana, carica di speranze e aspettative, ma anche di timori e dubbi.

Ci sarebbe riuscito o avrebbe miseramente fallito?

Era tutto così maledettamente incerto, e Jared odiava non riuscire a prevedere il corso degli eventi.

Continuava a guardare le nubi dal finestrino dell’aereo, in religioso silenzio.

“Sento gli ingranaggi del tuo cervellino fin da qui.”

Jared si voltò verso Shannon che, con le braccia incrociate al petto e un cappellino da baseball con la visiera abbassata sugli occhi, cercava di prendere sonno.

“Ti va di parlarne o preferisci tormentarti per tutto il volo?” chiese alzando il cappellino e puntando il suo sguardo felino in quello ghiacciato di Jared.

Il cantante sospirò.

“Ok, tirerò ad indovinare…Si tratta di Kate, vero?”

Jared fissò lo sguardo nel vuoto.

“Prima la cover alla radio, poi la nuova canzone al concerto…Hai esposto quella parte di te che hai sempre nascosto al mondo pur di riconquistarla…”

Il cantante guardò il fratello.

“E adesso hai paura che sia stato tutto inutile…temi che ti rifiuterà…”

“Ho paura che non mi crederà, Shannon…che non crederà alla veridicità dei miei sentimenti, alla solidità delle mie intenzioni…”

“Tu ci credi?”

“Sì, altrimenti non ci proverei nemmeno.”

“E allora andrà tutto bene, Jay…Kate non è stupida. Capirà se sei sincero.”

“Spero che tu abbia ragione.”

“Io ho sempre ragione.”, disse il batterista, guadagnandosi un’occhiata carica di sarcasmo dal fratello minore.

“Ok, quasi sempre…”

Jared scosse il capo sorridendo.

“Senti, che ne dici di dormire? Undici ore sono tante. Non vorrai mica presentarti da lei in uno stato cadaverico? Rischieresti di dire cose di cui potresti pentirti…”

“Proverò a riposare un pò…”

“Fallo e basta, Jay.”disse Shannon sistemandosi meglio sul sedile.

Jared tornò a guardare al di là del finestrino.

“Shan?”

“Mmh?”

“E se fosse la fine?”

Shannon sospirò, alzando la visiera del cappello, e si voltò verso il fratello.

“Tutto va bene alla fine, Jay…se non va bene, allora non è la fine**.”

“Molto saggio…”

“Trentasette anni serviranno pure a qualcosa, no? E adesso dormi.”

Shannon ritornò ai suoi tentativi di prendere sonno, obiettivo che raggiunse in una manciata di minuti.

Jared rimase sveglio un altro po’, poi si decise a chiudere gli occhi e si abbandonò ad un sonno profondo e senza sogni.

 

****************

 

Los Angeles li accolse con un cielo nuvolo che prometteva pioggia.

“Che cazzo di tempo! E io che speravo in un po’ di sole californiano.” esclamò deluso il batterista, mentre metteva finalmente piede sull’asfalto.

“Tipico di settembre, amico.” disse Tomo sistemandosi meglio la chitarra sulla spalla.

“Ehi Tim, nemmeno il tempo di scendere che già hai la sigaretta in bocca?”

La risposta di Tim a Shannon fu una semplice alzata di spalle e il rumore del suo accendino davanti alla sigaretta.

“ Esistono dei limiti, sai? E lo dico da fumatore.”

“Ognuno ha i suoi vizi, Shannon.” rispose il bassista buttando fuori il fumo.

“Sei proprio una causa persa. Ehi, ma dove…Jared! Muoviti a scendere da quel fottuto aereo! Non vorrai mica trascorrere tutto il tempo in questo cazzo di aereoporto?!”

Il frontman era ancora in cima alla scala che contemplava ciò che gli si parava davanti.

C’era una strana tristezza in ciò che vedeva, ma decise di non dare troppo peso alla cosa.

Non era il momento di farlo.

Raggiunse velocemente gli altri e riservò un’occhiata di rimprovero al fratello maggiore.

“Shan, le buone maniere no, eh?”

“Non quando sono incazzato.”

“E perché saresti arrabbiato?”

“Lo sai che sono metereopatico.”

“So solo che sei un coglione…”

Quando si dice che il frutto non cade mai lontano dall’albero.

“Devo per caso ricordarti chi è il maggiore qui?”

“Hai bisogno di caffeina, vero?”

“Sì, e anche urgentemente.”

“E allora sbrighiamoci.”

La band raggiunse il terminal, prese i bagagli e si recò in uno dei coffee shop dell’aereoporto.

“Ah, ah, tu no caro fratellino!”

“Che significa ‘io no’, Shannon?”

“Significa che tu hai qualcosa di importante da fare e che il caffè non lo puoi prendere.”

Jared lo guardò confuso.

“Jared, se rimani un altro minuto qui insieme a noi, finirai col rimandare, rischiando così di perdere il coraggio di andare da lei. E io so benissimo che non lo vuoi.”

Shannon aveva perfettamente ragione.

Jared annuì.

“Ci pensate voi ai miei bagagli?”

“Sì, non preoccuparti. Tu vai, ora.”

Il frontman sorrise al fratello.

“Grazie Shan.” disse allontanandosi da lui.

“Guarda che la voglio rivedere!” gli urlò dietro Shannon.

Jared si voltò verso il fratello un’ultima volta, gli annuì e poi corse fuori dall’aereoporto.

Entrò in un taxi e diede l’indirizzo di Kate all’autista.

 

****************

 

Erano in macchina da almeno mezzora. Il traffico losangelino rendeva lenta la corsa.

“Senta, non potrebbe andare un po’ più veloce o prendere una strada alternativa? Mancano solo un paio di isolati.”

“Mi dispiace signore, ma a quest’ora è quasi impossibile…la situazione è così un po’ ovunque.”, rispose l’indiano alla guida.

Jared sbuffò passandosi una mano tra i capelli castani.

“Va bene, procederò a piedi...ecco a lei i soldi…tenga pure il resto.”

“La ringrazio signore.”

Jared scese dal taxi e si diresse verso casa di Kate.

Durante il tragitto, qualche goccia di pioggia bagnò il suo viso.

Una pioggerellina leggera, di quelle che fanno odorare la terra e che cullano i pensieri di chi sta a guardare dietro una finestra.

Una pioggia che presto si trasformò in un temporale.

“Ecco, ci mancava solo questa!”

Alzò il cappuccio della felpa e aumentò il passo fino a trovarsi di fronte ad una villetta gialla a due piani, con un piccolo giardino curato che dava sulla strada.

Semplice e composta, proprio con Kate.

Percorse il vialetto di ghiaia e giunse davanti alla porta.

Rimase qualche minuto ad osservare il campanello, combattendo contro l’impulso di tornare indietro. Arretrò di un passo ma poi sentì una voce provenire da quella casa. La sua voce.

“No, no, l’ho finita finalmente…aspetto solo che il professore confermi la data…in teoria il 23, sì…Oh diamine, hai visto? Sta venendo giù il diluvio!”

Sembrava che parlasse al telefono.

“Dici che se faccio la danza della pioggia, ho maggiori possibilità di passare Burk?- rise – Nuda, certo, come vuole la tradizione!”

La voce era sempre più vicina.

“Beh tentar non nuoce! Anzi vado subito a controllare…”

La porta si aprì di scatto, rivelando a Kate la figura incappucciata di Jared. Le parole le si bloccarono in gola e il sorriso le morì sulle sue labbra.

All’improvviso scese il silenzio attorno a loro.

Solo i battiti dei loro cuori colmavano il vuoto che si era creato.

Il tempo sembrò congelarsi e i loro sguardi rimasero incatenati per un istante eterno.

Il mare che bagnava la terra più scura.

Il naufrago si sarebbe salvato?

 

 

 

*L’ “oggi” è ovviamente quello del concerto e dell’incontro con Jeremia.

** Quella è una delle perle di saggezza del nostro Shannone. Sì, anche il maggiore dei Leto è dotato di una certa intelligenza XDDD

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Un saluto a chiunque voglia ancora leggere questa storia :) 

Ebbene sì: chi non muore si rivede! Vi chiedo perdono per l'assenza durata più di un anno, ma l'università ha risucchiato tutte le mie energie! Sono comunque lieta di annunciarvi che la sottoscritta è ufficialmente una Dottoressa ERGO riuscirò finalmente a concludere le FF che ho lasciato in sospeso, Binari in primis. ALLELUJAAAAAAAAAAAA XDDDDDD

Vi lascio al capitolo! Enjoy it!;)

Fu la voce femminile che proveniva dal telefono a risvegliarli.

“Kate! Kate, ci sei?! Sei ancora in linea?!”

“Ehm sì...scusami Milly. Ti richiamo più tardi, ok?...No, no, niente di preoccupante, tranquilla!...Va bene, a dopo, ciao.” chiuse la chiamata.

“ Che…che ci fai qui, Jared?”

“Volevo parlarti.”

Kate lo guardò confusa, mordendosi la guancia. Poi sospirò.

“Ok, ma vieni dentro…Sei tutto bagnato, rischi di prendere un raffreddore…”, disse aprendo di più la porta, invitandolo ad entrare.

Appena mise piede dentro la sua abitazione, Jared fu invaso dal dolce profumo di Kate.

Era incredibile come ogni cosa lì dentro portasse il marchio della sua presenza.

E lui si sentì a casa.

Tornò a guardare Kate che intanto aveva chiuso la porta e si stava dirigendo verso le scale che portavano al piano di sopra. Era più magra di come la ricordasse. Indossava delle calze lunghe fino ai polpacci, dei pantaloncini bianchi, una canottiera verde smeraldo, e una felpa grigia slacciata. I capelli erano raccolti in una lunga treccia laterale.

“Mettiti pure comodo, vado a prepararti qualcosa con cui cambiarti.”

Jared annuì, e si diresse in salotto.

Era esattamente come lo ricordava, tranne che per una cosa: il tavolinetto su cui un tempo giacevano le loro foto, adesso era colmo di immagini che la ritraevano insieme ad amici e familiari. Tutte tranne una.

La prese in mano.

Era una loro vecchia foto…con la famiglia.

Un Jared circondato di fan faceva lo stupido davanti all’obiettivo, tenendo sottobraccio una Kate sorridente e sporca di sangue finto.

Sorrise al ricordo di quella notte di aprile…la notte del loro primo incontro...

 

 Jared si era fermato a chiaccherare con un gruppo di Echelon alla fine del concerto di Santa Cruz.

“Che ne dite di una foto di gruppo?- chiese, ricevendo urla di approvazione da parte dei fan - Bene, allora uscite fuori le vostre fottute macchine fotografiche, forza!”

Alzò lo sguardo dopo aver firmato l’ultimo autografo e la riconobbe: la ragazza con lo sguardo più bello che avesse mai visto, uno sguardo talmente luminoso e pieno di vita da averlo colpito anche nel buio della location.

Finalmente poteva godere della visione della sua figura slanciata: forme aggraziate e femminili e un viso da bambola contornato da una cascata di capelli ondulati. Bella, nonostante il sangue finto e gli abiti strappati. Era accanto ad un paio di ragazze poco vestite, con le quali sembrava avere davvero poco a che fare, e lo osservava, come se non aspettasse altro che un cenno da parte sua.

Cenno che le diede non appena i loro sguardi si incrociarono.

“Hey ragazze che fate lì in fondo?- le ragazze si indicarono - Sì, voi cinque! Perché non vi unite a noi? Avanti!”

Le ragazze squittirono eccitate in direzione di Jared, il quale teneva lo sguardo fisso su quella sconosciuta che in maniera composta raggiungeva gli altri. Avanzò verso di lei e, sorprendendola, la prese sottobraccio quasi per accettarsi che non si allontanasse di nuovo.

“ E allora, queste macchine fotografiche? Ah perfetto. Bene, al mio tre ‘Cheese’, ok?”

I ragazzi esclamarono ‘sì’ all’unisono.

“Uno, due…”

Si avvicinò all’orecchio di Kate.

“Sorridi, dolcezza.”

La ragazza accennò un sorriso sghembo mentre incrociava gli occhi del cantante, poi si rimise in posa, le labbra aperte un sorriso meraviglioso.

Il cantante trattenne lo sguardo per qualche istante sulla delicatezza del suo profilo,  prima di tornare a guardare l’obiettivo.

“Tre! Cheese!”

Decine di flash partirono simultaneamente e Jared passò dal sorriso più seducente all’espressione più buffa.

“Vedi il tourbus a sinistra?”le sussurrò una volta cessati i flash.

Lei annuì.

 “ Aspettami lì dietro, io ti raggiungo fra un attimo.”

La sconosciuta si voltò verso di lui con aria perplessa.

“Non preoccuparti, non mordo…voglio solo parlare.”mentì il frontman, con espressione innocente.

La ragazza inarcò le sopracciglia, poi sorrise scuotendo il capo.

“Farò finta di credere ai tuoi occhi, Leto.”

Jared sorrise sghembo nel tentativo di dissimulare la sorpresa.

Quella ragazza era decisamente interessante. Non sembrava particolarmente turbata dalle sue attenzioni e di sicuro non si faceva problemi a dire quello che pensava. Sì, decisamente molto interessante.

 L’uomo è cacciatore per natura, e lui aveva imparato a riconoscere le prede per cui valeva un piccolo sforzo, e sebbene le Echelon fossero intoccabili per suo stesso volere, si disse che avrebbe potuto fare un’eccezione con lei.

La lasciò andare e la seguì con lo sguardo fino a che scomparve dietro al bus.

Dedicò qualche altro minuto ai fan e poi si congedò per raggiungerla.

  “Hey.”

La ragazza si voltò verso di lui e gli sorrise.

“Ciao Jared.”

“Non ci siamo nemmeno presentati prima…”

“Io sono Katherine, ma puoi chiamarmi Kate.”

“Kate…- sussurrò scrutandola con i suoi occhi di ghiaccio - Ti ho notata in transenna, sai?”

“Ah davvero?” chiese scettica Kate, sorridendogli poi.

“Era praticamente impossibile non notarti…non passi inosservata.”

“Se ti riferisci alla mia maglietta strappata e sporca di sangue, sì credo di avere un tantino esagerato con i tagli e le macchie…” disse allargando la giacchetta di pelle e mostrandogli la T-shirt che in più punti lasciava scoperta la sua pelle.

Lo sguardo di Jared si soffermò su uno strappo dal quale si intravedeva la rotondità del suo seno coperto da un reggiseno di pizzo.

Sorrise sghembo.

“Ma io non mi riferivo solo alla maglietta...” asserì Jared con tono allusivo.

Kate seguì la direzione dello sguardo del cantante, e rossa in viso, si affrettò a chiudere la giacca.

“Giuro che non era così grande prima…lo strappo, intendo…”

Jared rise della sua espressione imbarazzata.

“Incidenti di percorso…E’ la prima volta che vieni ad un nostro concerto?”

La ragazza scosse lentamente il capo, arricciando le labbra rosee e piene.

“Mmmmh non direi, no…a dire la verità, vi seguo dagli esordi.”

“Davvero? Eppure non ti ho mai vista prima…”

“Non avrai prestato la giusta attenzione al tuo pubblico, allora…- rispose ironica - Vanto un cospicuo numero di transenne, sai?”

“Oh, quindi sei una tosta…oltre ad essere bellissima.”

Kate abbassò il capo, mordendosi il labbro inferiore, poi tornò a guardarlo coi suoi occhi luminosi ed espressivi.

Era imbarazzata ma compiaciuta.

Jared trovava incredibile come quella ragazza riuscisse a comunicare le sue emozioni attraverso il viso.

Sarebbe potuta essere un’ottima attrice.

“E che saranno mai un paio di lividi e due, tre costole incrinate, quando c’è in ballo dell’ottima musica?” rispose lei, facendogli l’occhiolino.

Il cantante rimase colpito dal cambiamento repentino di Kate: ora era affabile e sicura. Ed aveva glissato sul suo complimento con una semplicità disarmante.

Doveva passare alle maniere forti.

“Meriteresti un ringraziamento speciale per questo…” disse malizioso avvicinandosi di più a lei.

“Il complimento di prima era compreso?” scherzò la ragazza.

“No, so fare di meglio.”

Jared passò un braccio attorno alla vita di Kate, che automaticamente portò la mano sinistra sulla sua spalla e la destra proprio all’altezza del suo cuore.

Il suo sguardo parlava più di mille parole, ma la ragazza sembrava voler tirare la corda, facendo un intelligente uso della propria ironia.

Scrutava Jared con un’espressione beffarda e soddisfatta per il modo in cui aveva deciso di palesare le sue intenzioni, ma quando lui cercò di annullare del tutto le distanze, lei lo bloccò ponendo una mano davanti alle sue labbra.

“ In realtà, Jared, credo di essere io a doverti ringraziare… - disse con lo sguardo fisso negli occhi cerulei del cantante- …e non solo per il complimento, ma  per tutto. Forse non siete ancora pienamente consapevoli di ciò che i Thirty Seconds To Mars stanno diventando. È un culto, Jared, fatto di musica e di persone accomunate da una medesima passione, gli Echelon. Avete ridato la speranza a chi credeva di averla persa, e una famiglia a chi pensava di essere solo. Sarei una stupida se non ti dicessi queste cose adesso che ne ho l’occasione, e sono convinta di parlare a nome di molti altri Believer quando dico: grazie per tutto quello che avete fatto, grazie per tutto quello che fate e grazie per qualunque cosa farete in futuro…Grazie.”

Jared era paralizzato; c’era una tale trasparenza in ciò che Kate gli aveva detto che per un attimo si sentì quasi mancare l’aria. Erano rare le volte in cui percepiva sincerità nelle parole che gli venivano riservate e tutte le volte il suo cervello non riusciva ad elaborare un pensiero coerente.

Cosa stava provando?

Gratitudine? Imbarazzo? Orgoglio per sé e per i suoi compagni?

O vergogna per quello che voleva da lei?

Era intelligente e simpatica, ma lui non riusciva a smettere di desiderare il suo corpo e le lue labbra.

 “Io…Tu…mi hai lasciato senza parole, Kate…davvero io…si vede che non so cosa dire?”, chiese grattandosi la nuca, ma mantenendo salda la presa sul corpo della ragazza.

Kate rise dell’espressione ingenua del cantante.

“Just’un peu.” risposte mimando il gesto con le dita.

“Parli anche francese?”, chiese divertito.

“Oddio, ‘parlare’ è una parola grossa…- disse giocando con un bottone della giacca di Jared - L’ho studiato al liceo e la mia coinquilina, che è canadese, ogni tanto mi costringe ad usarlo. Dice che fa sempre bene conoscere una lingua in più.”

“Concordo. E poi io ho origini francesi.”

“Questo lo sanno anche i muri, caro il mio creolo”

Le spostò una ciocca ribelle dietro l’orecchio.

“Certo che non vi si può nascondere nulla. Voi Echelon siete davvero terribili.”

“E non è per questo che ci adori?”

“Mais oui…”

Kate rise.

“Sai dire qualcos’altro a parte questo?”

“Mmmmh...Bonjour, merci…croissant, baguette, bonsoir…silence…amour…- e sottolineò quest’ultima parola, facendo sorridere Kate - Ah, e mio nonno mi ha insegnato l’ Alouette quando ero bambino.”

 “Certo, l’Alouette è indispensabile per andare in Francia…”, commentò la ragazza, soffocando una risata e guadagnandosi un’occhiataccia di Jared, che la strinse di più a sè.

“Mi prendi giro?” le sussurrò roco.

“Assolutamente no.” affermò seria, scoppiando poi in una fragorosa risata.

“ Ma brava, ridi pure di me…” disse imbronciato Jared, mentre Kate continuava a ridere.

Il cantante avvicinò il viso al suo orecchio.

 “Potrei anche punirti per questo…- le sussurrò con voce profonda, facendola smettere di ridere - …e non sono sicuro che ti piacerebbe.”

Tornò a guardarla nei suoi occhi sorpresi e un po’ confusi, per spostarsi poi sulle sue labbra dischiuse ed invitanti. Un attimo dopo l’espressione di Kate cambiò, caricandosi di un’irresistibile malizia.

“E chi ti dice che non correrei comunque il rischio? L’hai detto tu che sono una tosta, no?”

Il frontman sorrise sghembo.

“Devo prenderlo come un sì?”

“No, nient’affatto…-sussurrò avvicinandosi alle labbra di Jared -…semplicemente, non sottovalutare chi hai davanti.” e si allontanò da lui, sciogliendosi dal suo abbraccio.

Era riuscita a spiazzarlo per l’ennesima volta.

“Ehi, dove pensi di andare?” si affrettò a chiederle, afferrandola per un polso.

 “Nel mio hotel, a dormire…da sola.” specificò la ragazza.

“E mi lasci così?”

 “Domani ho un esame importante all’università, quindi devo svegliarmi presto per tornare a Los Angeles. Mi dispiace Jared.”

Cos’era quella? Una scusa? Lo stava davvero rifiutando?

Per lui era inconcepibile. Era abituato a ottenere sempre ciò che voleva, almeno dalle donne. E ci sarebbere riuscito anche con lei…prima o poi.

“Dammi almeno il tuo numero di telefono.”

Kate si fermò un attimo a pensare.

“Facciamo così: se al prossimo concerto ci incontreremo di nuovo, il mio numero sarà tuo.”

Era una condizione assurda. Non poteva affidare la sua decisione al fato.

“Stai scherzando?”

“Assolutamente no.”

“Vuoi davvero sfidare il destino, Kate?” chiese allibito.

“La fortuna mi ha sorriso questa sera, non vedo perché non dovrei ritentare.” gli rispose, scrollando le spalle.

“Perché nessuno ha la certezza del futuro.”

“Appunto, Jared. Al momento nulla mi vieta di pensare che ci rivedremo un’altra volta, se non il futuro stesso.”

 Il cantante scosse il capo incredulo.

“Sei…sei pazzesca, davvero.”

“Apprezzo il tuo tentativo di dirmi in maniera gentile che sono folle...Grazie.” disse, facendolo ridere.

“E quando sarà il prossimo concerto?”

“Sarebbe troppo facile se te lo dicessi, non credi?” rispose furba.

Jared rivolse gli occhi al cielo.

“Ma…- aggiunse Kate, guadagnandosi nuovamente la sua attenzione- …voglio essere buona, quindi ti dirò una cosa.”

“Sentiamo.”

“Sarò presente a molti dei vostri show qui in California, il che aumenta il numero di probabilità.” disse, sorridendogli.

“E questa notizia dovrebbe sollevarmi?” commentò ironicamente.

Kate si avvicinò a lui e gli sfiorò il viso con una mano, facendolo rabbrividire.

“Direi di sì. Buonanotte, Jared.”

Fece per allontanarsi ma Jared le strinse la mano che fino a poco prima era sul suo volto, cogliendola di sorpresa.

Rimasero in quella posizione per un tempo che parve infinito, occhi negli occhi, sospesi tra il desiderio di un contatto più intimo e la necessità di andare via. Ma Jared aveva capito che non era il caso di insistere per quella notte.

“A presto, Kate.” disse, mollando lentamente la presa.

Kate gli sorrise un’ultima volta, prima di lasciargli un delicato bacio sulla guancia che gli fece provare più emozioni del dovuto.

Poteva un semplice contatto con le sue labbra scombussolarlo in quel modo?

Non era affatto un buon segno per uno come lui, che non voleva impegnarsi…nè tantomeno innamorarsi.

Aveva conosciuto l’amore così come il dolore della sua fine, e si era ripromesso che non sarebbe successo una seconda volta. Gli era bastato cadere una volta per apprezzare la libertà di cuore e di spirito e l’instabile piacere del cambiamento.

Ma mentre la guardava indietreggiare, per un attimo non si sentì libero, ma solo.

Avrebbe dovuto lasciar perdere quella ragazza e sperare di non rivederla mai più, invece di desiderarla con maggiore intensità.

Ma un uomo con l’orgoglio ferito dal rifiuto non fa mai la scelta giusta per se stesso: mira sempre all’obbiettivo, senza curarsi delle conseguenze.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII (Parte 1) ***


Eccomi di nuovo qui! Il giorno della Liberazione mi sembrava ottimo per aggiornare. Vi chiedo scusa ma il capitolo è stato diviso a metà perchè era troppo lungo! Prometto di aggiornare quanto prima ;) Enjoy it!

“Ho sempre amato quella foto.”

Kate fece ritorno in salotto, facendolo sobbalzare.

“È davvero molto bella. Beh, io sembro uno psicopatico con un cappellino in testa, ma tu, in compenso, sei meravigliosa…”

Si avvicinò a lui.

“A me piacevi anche così.” disse, guardandolo negli occhi e facendolo deglutire a vuoto. Gli prese delicatamente la foto dalle mani e la rimise a posto, lisciandone la cornice.

“Hai lasciato solo quella…perché?”

“È la prima foto che abbiamo fatto insieme. Fa parte di un passato in cui tu eri soltanto Jared Leto e io ero solo un’Echelon. Non aveva senso metterla via. Non ho mai rinnegato quella parte della mia vita.” rispose, accarezzandone la cornice.

“Quindi hai rinnegato tutto il resto…”

Kate incrociò nuovamente il suo sguardo.

“È la prassi, Jared. Quando una relazione finisce, provi a liberarti anche dei ricordi felici per evitare di soffrire.”

“E ci sei riuscita?”

Questa volta fu lei a deglutire.

“Credevo di sì.”

Di nuovo quel pesante silenzio, alleggerito solo dallo scroscio della pioggia.

Credeva di sì. Quindi non l’aveva cancellato dalla sua vita.

 “Ti ho lasciato un cambio pulito in camera mia…- disse indicandogli il piano di sopra-Puoi anche farti una doccia se vuoi.”

“Ti ringrazio, Kate.”

Lei accennò un sorriso.

“Ti aspetto qui sotto.”

Jared salì in camera di Kate. Si soffermò a guardare i dettagli di quella stanza che per diverse notti era stata testimone del loro amore.

Le lenzuola lilla, i collage di foto che ritraevano Kate in compagnia delle sue amiche e colleghe di università e della sua famiglia, appesi alle pareti bianche, la libreria colma di libri e cd, il portatile sulla scrivania, il camice e lo stetoscopio appesi dietro la porta. Fu colto da un improvviso moto di nostalgia per i ricordi che, uno dietro l’altro, riaffioravano per dargli il tormento.

Carezze.

Sospiri.

Gemiti.

Baci.

 Sospirò, passandosi una mano sul volto, e prese i vestiti perfettamente piegati sul letto: maglietta bianca, pantaloni blu di una tuta, dei boxer e delle calze di spugna. Riconobbe che erano i suoi.

Le lasciava sempre qualcosa di suo nel caso passassero la notte insieme. E lei non li aveva gettati via, nonostante tutto.

Decise di farsi una doccia, per scrollarsi via di dosso la stanchezza del viaggio e i residui di pioggia sulla sua pelle. Scese con i capelli ancora umidi e vide Kate, seduta accanto alla finestra.

La ragazza guardava la pioggia cadere con una tazza fumante in mano, talmente persa nei suoi pensieri da non accorgersi della presenza di Jared, che godeva in silenzio della sua figura ranicchiata: la testa poggiata al vetro, le ginocchia incrociate davanti al petto, lo sguardo impegnato a seguire le gocce che scivolano lente.

C’era l’immediata bellezza di un quadro impressionistico nel suo modo di contemplare la vita che scorreva fuori, ma il cantante percepì che dietro tutta quella quiete si nascondeva un lotta senza eguali tra ragione e sentimento.

Vide il suo petto alzarsi e abbassarsi liberando un sospiro, e i loro occhi si incrociarono.

“Ah, sei qui, non ti avevo sentito arrivare. La tua tazza è in infusione, aspetta che vado a prenderla…” si alzò e si diresse in cucina tornando poi con la sua tazza.

“Thè alla vaniglia e caramello. Ho messo anche un po’ di miele, come…”

“Come piace a me…- le sorrise - Grazie.”

Kate fece un cenno del capo e andò a sedersi sulla poltroncina davanti al tavolino da caffè, prese la sua tazza e si ranicchiò.

Jared si sedette sul divano accanto e prese un sorso di thè.

Si era creata una strana atmosfera: imbarazzo misto ad intimità. E quel silenzio stemperato solo dalla pioggia.

 “Che significavano?”, chiese all’improvviso Kate, posando la tazza ormai vuota.

“Cosa?”

“La canzone alla radio, la dedica, il concerto…tutto.”

“Allora le hai ascoltate?”

“Siamo nel ventunesimo secolo, Jared, le notizie corrono.”

Esattamente come aveva previsto Jeremia.

“La cover era per te…io te l’avevo promesso…e la canzone…beh, sono un artista, scrivo di ciò che sento…”

“E cosa senti?”

Il cantante guardò dritto negli occhi Kate e si inumidì le labbra prima di parlare.

“Mi sei mancata.”

Kate sorrise incredula e gli rivolse uno sguardo affilato.

A Jared bastò un secondo per riconoscere quell’espressione, perché mille volte          l’aveva vista nascere sui visi delle donne che non aveva saputo amare: era il preludio di un’ironia carica di sospetto.

“Non hai trovato di meglio in giro con cui sostituirmi?”

Fredda. Lapidaria.

“Non avrei potuto sostituirti nemmeno volendo. Sei unica per me, Kate.”

Vide un’ombra attraversare quegli occhi scuri: era l’ombra dei ricordi, della delusione e dell’amarezza.

 “Quanto vorrei poterti credere, Jared, ma…i fatti mi raccontano un’altra di verità.”

“Kate, io…”

“Perché?- lo interruppe - Perché dopo tre mesi ti fai vivo così, Jared?”

Il cantante si aspettava quella domanda da un momento all’altro. Si avvicinò a Kate, in cerca di un contatto.

“Perché credevo che la scelta migliore fosse sparire per sempre dalla tua vita e dimenticarti, ma non ci sono riuscito…- le prese una mano e la portò alle labbra – E’ stato tutto inutile, Kate...”

 “Pensavo di non avere alcuna importanza per te…” sussurrò lei, ritraendosi da quel contatto e alzandosi.

Jared la osservava attonito mentre Kate, stringendosi nella sua felpa, si avvicinava alla finestra ad ammirare la pioggia.

“È la cosa più stupida che tu potessi pensare.”

Una risata amara fu la risposta di Kate, prima di voltarsi a guardarlo.

“Non mi hai dato poi così tanti motivi per pensare il contrario, Jared. Tu mi hai lasciata andare…non hai nemmeno provato a fermarmi quel giorno, non hai fatto niente. Niente. Sei sparito. Hai ripreso la tua vita sregolata, i tuoi viaggi per il mondo. E io ho dovuto rimettere insieme i pezzi del mio cuore infranto…da sola. Cominciavo ad abituarmi alla tua assenza. Ho ripreso ad uscire, a frequentare gente, e poi…tu urli il bisogno che hai di me in una canzone alla radio, piombi qui e io…”

La vide esitare.

 “E tu?”

“E io ti lascio entrare, anziché sbatterti la porta in faccia.”

Jared la osservava in un silenzio che prometteva una pioggia di parole.

“E sai anche il perché?”, chiese con tono quasi di sfida.

“Mi piacerebbe saperlo.”

Il cantante si alzò dal divano e la raggiunse. Indugiò sul suo viso triste prima di accarezzarle piano la guancia morbida. Con sua enorme enorme sorpresa, la ragazza non si ritrasse dal suo tocco.

“Perché quando il destino bussa alla tua porta non può fare altro che lasciarlo entrare.”

Kate sembrava essersi persa nell’azzurro degli occhi di Jared che le sorrideva. Poi sospirò stanca.

“Un destino decisamente inaffidabile se viene, se ne va, e poi si ripresenta dopo tre mesi.” disse, mentre toglieva la mano di Jared dal suo viso.

Il cantante cambiò espressione.

“Sei stata tu a lasciarmi.”

“Sei stato tu a tradirmi.”

 Jared chiuse gli occhi serrando le mascelle.

La verità, pronunciata dalle sue labbra, era una tortura.

Rimase immobile, quasi in apnea, mentre lei si allontanava da lui.

Poi una frase gli ritornò in mente come un doloroso boomerang.

Ho ripreso ad uscire, a frequentare gente…

 “Kate, esci con qualcuno?”

Kate si voltò verso di lui.

“Non credo tu voglia saperlo.”

“Questo sarebbe un sì?”

“Sono state le mie coinquiline a presentarmelo, fa parte del loro gruppo di amici. Ci siamo incontrati spesso nell’ultimo periodo, ma non saprei proprio come definirci.”

“Da quanto vi vedete?”

“Jay...”, sussurrò come ad implorarlo di smetterla con le domande.

“Ripondi e basta…per favore.”

Kate sospirò rassegnata, notando lo sguardo duro di Jared.

“Quasi tre settimane.”

“Tre settimane…- ripetè, annuendo col capo- E ne sei innamorata?”

Kate rise per l’assurdità della sua domanda.

“Non lo so, Jared. È presto, ci stiamo conoscendo.”

Jared prese un respiro profondo e si passò una mano sul volto.

Si sentiva tradito, sebbene non ne avesse il diritto.

Rise amaramente.

“Cosa c’è da ridere?”, chiese confusa Kate.

“Oh niente, è solo che…è tutto così assurdo. Io che torno qui per rimediare, tu che sei già impegnata con un altro…avrei dovuto immaginare che non ci avresti messo molto a rimpiazzarmi…”

Kate sbarrò gli occhi, incredula, capendo esattamente cosa Jared volesse insinuare.

 “Non hai alcun diritto di sentirti ferito.- ribattè dura, avvicinandosi a lui  – Non sei tu quello che per settimane ha atteso il ritorno della persona che amava, perso tra ricordi così vividi da squarciare l’anima con la loro bellezza. Non sei tu quello che ha sperato con tutto se stesso di riuscire a sopportare il dolore, se mai ci fosse stato un pentimento sincero. Non sei tu quello che ha dovuto arrendersi all’evidenza e convivere con la delusione delle proprie speranze infrante. Ero IO, ero solo io. Tu hai proseguito per la tua strada, rispettando gli standard che la tua vita da rockstar ti impone, spostandosi da una città all’altra, e probabilmente passando da un letto ad un altro. Me ne sono fatta una ragione e ho provato ad andare avanti. Se può farti stare meglio, sappi che ho smesso di odiarti tempo fà…- abbassò lo sguardo- …insieme a tutto il resto.”

Jared si sentì distrutto, schiacciato sotto il peso di quelle parole. Sebbene odiasse manifestare le sue emozioni, avrebbe voluto piangere per lei…per lui…e per il dolore che si stavano provocando a vicenda.

Kate diceva di non amarlo, ma il modo in cui aveva evitato il suo sguardo mentre concludeva il discorso lo convinse del contrario.

“Mi pento ogni giorno di quello che ho fatto, Kate. Se solo…”

Kate prese un respiro profondo e portò la lunga frangia dietro l’orecchio, scuotendo il capo.

“Non importa, Jared…non più almeno.”

Il tono che aveva usato non ammetteva repliche.

Jared osservò la ragazza che aveva di fronte, e si rese conto che ciò che ricordava di Kate rischiava di venire soffocato dalla fredda donna che aveva contribuito a creare. Nei suoi occhi non c’erano più l’innocenza e l’entusiasmo che l’avevano fatto innamorare, ma solo dolore e tristezza. Il senso di colpa lo colpì come un pugno nello stomaco.

Si passò una mano dietro la nuca e sospirò.

“Vuoi che apra quella porta ed esca definitivamente dalla tua vita?”, chiese indicando l’ingresso.

“No, non è questo che voglio…- scosse il capo stanca - Voglio che mi spieghi il perché della tua presenza qui…e che poi esci definitivamente dalla mia vita.”

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII (Parte 2) ***


TA DAAAAAAAAAAAAAAN! Rieccomi qui con la seconda parte! 

Non sono buonissima?? Dite la verità *sfodera lo sguardo da cerbiatta*

Avrei voluto aspettare un pò, ma poi mi sono messa nei panni di voi lettori e ho immaginato il senso di insoddisfazione tipico delle cose lasciate a metà. Tratta il prossimo tuo come te stesso, giusto? ;)

Vorrei dedicare questo capitolo ad una persona per me molto speciale, un'autrice di FF ineccepibile che con la sua creatività e sagacia mi ha travolta diventando un punto fermo della mia vita. Questo è per te, Sssoru <3

Era diventato tutto così veloce, come se qualcuno avesse premuto il tasto di avanzamento e portato quello strano film in cui si era trasformato il loro amore vicino all’epilogo.

Il cantante si rese conto di non essere pronto ad affrontare un altro addio, non prima di aver chiarito la sua posizione e di aver lasciato almeno un’impronta nel cuore di Kate, attorno al quale sembravano esserci mura inespugnabili.

Doveva darle delle ragioni per non lasciarlo andare via.

 “Sono venuto qui semplicemente perché ti amo, Kate. Ti amo più di qualsiasi cosa, e pensare al modo in cui ti ho persa mi uccide. Puoi anche non credermi, ma non è passato un solo giorno, o una notte, in cui i fantasmi di ciò che ho fatto non siano venuti a tormentarti. Mi sono trasformato in una maschera di sicurezza e carisma, che da un momento all’altro può cadere ed infrangersi in mille pezzi, rivelando ciò che sono veramente: una nullità. È così che mi sento senza di te: vuoto ed inutile. Non meritavi il mio tradimento, né di essere umiliata da una donna che non ha nemmeno la metà del tuo valore, eppure ho permesso che la parte peggiore di me realizzasse tutto questo. Sarei dovuto rimanere con te e tentare in mille modi di rimediare, invece di nascondermi dietro l’alibi che mi avevi fornito concedendomi una libertà che non meritavo. Non riesco più a vivere con il rimorso di non aver nemmeno provato a fermarti. Non riesco più a vivere senza di te. Sono tornato perchè sento di essere l’unico che possa cancellare le tue sofferenze.”

Disse quelle parole tutte di un fiato, perso com’era nelle sue paure e nelle sue speranze.

 “Come?”

La voce carezzevole della ragazza gli arrivò come un sussurro. Jared sembrò ridestarsi e solo in quel momento si accorse delle lacrime che solcavano il volto di Kate.

“Cosa?”

“Come pensi di riuscirci?”

Il cantante capì a cosa si riferiva. Si avvicinò a lei e le asciugò le lacrime con una mano.

“Diventando l’uomo che meriti di avere accanto: un uomo che sappia amarti e sacrificare se stesso per renderti felice. Un uomo che sappia mantenere le sue promesse e che non ti deluda mai.”

“Io voglio un uomo che posso vedere e toccare quando ne ho bisogno, Jared. Un uomo con cui possa condividere le mie gioie e i miei successi, e che possa asciugare le mie lacrime nei momenti di sconforto. Voglio TE in carne ed ossa, anima e cuore. Non voglio l’attore e il cantante che entra ed esce dalla mia vita. Non voglio la rockstar che mi concede un po’ di sé stesso tra una pausa e l’altra dalla sua frenetica routine. L’ho già provato una volta, e ne sono uscita devastata.”

Jared prese il volto di Kate tra le mani.

“Lo so, lo so, ma stavolta sarà diverso.”

La ragazza scosse il capo.

“No, Jay, non sarà diverso. Non può essere diverso perché non ti priverei mai di ciò di cui hai più bisogno.”

“È solo di te che ho bisogno.”

“No e lo sappiamo entrambi: è della Musica che hai bisogno.Vivi di essa e delle sue sequele. È la condanna di ogni artista, e io non posso salvarti da questo, perché facendolo ti distruggerei…e distruggerei il sogno di molti.”

Jared allentò la presa sul suo viso.

“Non puoi credere sul serio che sia la Musica il problema. È stata Lei a farci incontrare, è stata Lei a farti innamorare di me.”

Kate sorrise.

“Sei stato TU a farmi innamorare di te, Jay, ma Le sarò sempre grata per averti messo lungo la mia strada…- gli accarezzò il viso-  Il dolore che ho provato non è nulla se confrontato alla gioia che mi hai regalato nei pochi attimi in cui sei stato mio…”

“Kate, ti prego…”

“Avrei voluto dirtelo quel giorno…- la voce era calma, nonostante le lacrime – Avrei voluto confessarti che ero stanca di dividerti col mondo, che volevo restassi con me per sempre, e consentirti di fare una scelta. Ma avevo paura che avresti fatto la scelta sbagliata…”

Il cantante sbarrò gli occhi, colto da un’illuminazione improvvisa: per mesi si era chiesto il perché della resa di Kate, nonostante si fosse dichiarata in grado di sopportare il dolore, le distanze e di tradimenti, e solo in quel momento tutto gli fu chiaro.

“E così hai scelto tu per me.”

Il cantante si allontanò di un passo, lo sguardo perso nel vuoto.

“Ti conoscevo abbastanza da sapere che non mi avresti mai fermata.”

Questa volta fu lei ad avvicinarsi.

“ Non potevo permetterti di sbagliare, Jay. Tu…tu sei quello che sogni, e ciò che sogni ti porterà sempre lontano da qui...lontano da me. Sei destinato a scontrarti con realtà diverse e a trarne insegnamento e ispirazione. Hai un’anima grande quanto l’universo e mi sentirei in debito col mondo se ti intrappolassi in una stabilità che non vuoi e non puoi darmi.”

“Non posso crederci…- disse, scuotendo il capo – Non posso crederci! Sono davvero colpevole del fardello dei miei sogni?”

“Non esiste grandezza senza sacrificio.”

“Io non la voglio più se il prezzo da pagare è la tua assenza.”

Kate sorrise mesta.

 “È troppo tardi per tornare indietro. C’è troppo in gioco e io non valgo la pena di distruggere tutto. È così che deve andare.”

“No, cazzo! Non è così che deve andare! Noi due dovremmo stare insieme, Kate! Sposarci, aver dei figli, essere felici!”

Kate riusciva a malapena a trattenere le lacrime.

“Basta, Jared! Ti prego, smettila. - respirava a fatica tra i singhiozzi - Adesso uscirai da quella porta e realizzerai il sogno per il quale lotti con tuo fratello da quando eri un ragazzino. Io non ti servo per essere felice.”

Il cantante si sentì sopraffatto da quella parole, e non seppe più cosa dire.

 “Fa male, lo so, ma sopravviveremo, Jay.”

I loro sguardi lucidi erano incatenati in un silenzio doloroso.

Poi Jared sospirò rassegnato.

“È un addio quindi?”

“Credo di sì…solo il tempo saprà dircelo.”

Il cantante chiuse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime.

Era finita, aveva fallito.

Nulla di ciò che gli era stato detto si era rivelato vero: nessun destino, nessun lieto fine. Non c’erano binari, né stazioni.

Ciò nonostante dentro di sé trovò la forza di soddisfare un desiderio che da mesi lo tormentava con la dolcezza del ricordo.

“Ti chiedo scusa, Kate.”

“ Per cosa?” chiese confusa la ragazza.

“Per questo…”

Le prese il volto tra le mani e annullò ogni possibile distanza.

Premette le sue labbra su quelle chiuse di Kate, rigida per la sorpresa.

Si staccò per incrociare gli occhi della ragazza, che lo osservava con stupore e curiosità.

La baciò di nuovo per scatenare una qualsiasi reazione della ragazza, anche violenta.

 Ma con sua enorme sorpresa Kate dischiuse le labbra, permettendogli di approfondire il bacio.

Sentì lo sfregare delle braccia della ragazza sui suoi abiti prima di avvolgergli il collo, e istintivamente la strinse forte a sé.

Quel bacio, dolce come il miele, divenne presto passionale e intenso.

Era un bacio che trasmetteva la mancanza e la sofferenza provata in quei mesi di distanza, così come l’amore che sentivano ancora l’una per l’altra.

Era un bacio carico di sentimenti inespressi, tra i quali dominava il dolore per il passato.

Era un bacio che aveva il sapore salato delle lacrime che scendevano dai loro occhi e che non lasciava alcuna speranza per il futuro.

I loro corpi reagirono a quel contatto ancor prima delle loro menti:  con movimenti fluidi e inconsapevoli si erano liberati di buona parte dei vestiti.

Jared guardò il viso di Kate, che aveva le labbra rosse e gonfie dei suoi baci, e gli venne in mente una famosa canzone dei Queen: Too much love will kill you. Niente di più vero.

Le accarezzò il viso, come se potesse imprimerne la bellezza nei suoi ricordi, e lasciò che la mano vagasse lungo tutto il suo corpo: la linea flessuosa del suo collo, la rotondità dei suoi seni, il ventre piatto. Raggiunse l’orlo dei pantaloncini e, mentre si inginocchiava, li tirò giù insieme alle mutandine, lasciandola completamente nuda e alla sua mercè. La sentì sussultare quando la sua lingua andò a sfiorare proprio il centro della sua femminilità. Sorrise tra sé, e approfondì la sua esplorazione mentre Kate intrecciava le dita tra i suoi capelli, in un gesto d’amore e necessità.

“Jay…”

I suoi gemiti riempirono il silenzio della stanza, rendendogli insopportabile l’attesa di possederla. Ciò nonostante, trattenne l’impulso di darsi piacere da solo, e la penetrò con due dita, muovendosi con studiata calma, per farla impazzire…ed impazzire.

“Jay…Jay, ti prego…”

Percepì la debolezza che si irradiava nelle gambe di lei, e per un attimo temette che le sarebbe rovinata addosso. Tirò fuori le dita da lei e lasciò un ultimo bacio laddove era più sensibile, prima di rimettersi in piedi. Si leccò le dita, e la baciò, lasciando che i loro sapori si mischiassero. Kate percorse sicura la linea dei suoi addominali, slacciò i pantaloni della tuta, che caddero silenziosi a terra, e liberò l’erezione dall’ingombro dei boxer. Senza staccarsi dalla sua bocca, Jared sollevò Kate da terra, lasciando che gli intrecciasse le gambe alla vita, e fece aderire la schiena di lei al muro accanto alla finestra.

Quando la penetrò gli fu chiaro che non sarebbe più riuscito ad amare di nuovo. C’era qualcosa di sacro nel modo in cui combaciavano i loro corpi: le pelli, imperlate di sudore, che aderivano fino a sembrare l’una l’espansione dell’altra; le mani intrecciate, nel tentativo di non perdersi; gli sguardi incatenati, spinti dalla necessità di condividere il momento e di viverlo nella sua interezza.

Jared si spingeva in lei seguendo il ritmo dettato dal suo cuore, che batteva forte contro la gabbia toracica, modulandolo secondo i sospiri e i gemiti e le urla di lei, accelerando quando la voce di Kate si affievoliva, e rallentando quando erano sul punto di raggiungere il limite.

La ragazza si sentiva uno strumento nelle mani del cantante, e gli fu grata per il modo in cui la stava amando. Sta creando, si disse, sta trasformando la passione e il dolore in arte. Ce la farà, vivrà il sogno…diverrà il sogno.

E arrivò. Intenso, inarrestabile, travolgente: il piacere che ti fa dimenticare chi sei, dove vivi e cos’hai fatto fino a quel momento, e che ti rivela le verità che si nascondono dietro i gesti.

Si persero insieme e si ritrovarono insieme, fronte contro fronte, i respiri affannati e le lacrime che non smettevano di scorrere sui loro visi.

Non si erano accorti di piangere.

“Jay…- sussurò Kate, lasciandogli delicati baci sulle tempie, le guance e le palpebre chiuse – Apri gli occhi.”

Il cantante obbedì, silenzioso. Kate gli sorrise, con tutta la dolcezza e l’amore di cui era capace, mentre gli asciugava le lacrime, e Jared capì che era giunta la fine.

“Ricorda che non amerò nessuno come amo te, e che non ci sarà nessuno che varrà quanto te nella mia vita. Mai, nemmeno tra mille anni. – gli diede un bacio a fior di labbra- Perdonami, se puoi.”

Jared non riuscì a proferir parola. Era qualcosa che non poteva nemmeno concepire. Il perdono. Lui non sapeva nemmeno se sarebbe mai riuscito ad odiarla. La baciò di nuovo, con trasporto, prima di sciogliersi dal suo abbraccio.

Si rivestì in silenzio, mentre Kate lo osservava immobile davanti al muro contro cui si era consumato il loro amore, completamente nuda se non per i capelli che scendevano morbidi a coprirle i seni.

Non c’era più nulla da dire, così il frontman prese le sue cose e, senza guardarsi indietro, uscì da quella casa, chiudendosi la porta alle spalle.

Sollevò il cappuccio della felpa e si allontanò dalla proprietà di Kate, che si era lasciata scivolare a terra scoppiando in un pianto disperato.

Le lacrime di lui si confondevano con la pioggia, quelle di lei impregnavano le maniche della felpa.

Avrebbe voluto seguirlo e riportarlo indietro, nonostante tutto…contro ogni logica.

Avrebbe voluto tornare indietro e supplicarla di accoglierlo nuovamente nella sua vita, nonostante tutto…mettendo a tacere gli ultimi stralci di orgoglio.

Ma nessuno dei due fece un passo verso l’altro e la loro storia venne messa nelle mani del destino per l’ennesima volta.

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