La miglior parte della nostra vita

di Elos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1971 - In giro per Diagon Alley ***
Capitolo 3: *** 1971 - L'Espresso per Hogwarts ***
Capitolo 4: *** 1971 - Lo Smistamento ***
Capitolo 5: *** 1972 - Il Platano Picchiatore ***
Capitolo 6: *** 1972 - Sotto la luna ***
Capitolo 7: *** 1972 - Il nostro piccolo problema peloso ***
Capitolo 8: *** 1973 - La partita Grifondoro contro Serpeverde ***
Capitolo 9: *** 1973 - Il giorno di Natale ***
Capitolo 10: *** 1974 - Quel che sta cambiando ***
Capitolo 11: *** 1974 - In gita ad Hogsmeade ***
Capitolo 12: *** 1975 - La spilla da Prefetto ***
Capitolo 13: *** 1975 - Una volta di troppo ***
Capitolo 14: *** 1975 - Dopo la notte ***
Capitolo 15: *** 1976 - A casa dei Potter ***
Capitolo 16: *** 1977 - La festa di fine anno ***
Capitolo 17: *** 1977 - Aspettando l'alba ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***






Il primo getto passa due dita sopra la sua testa e si perde nel buio.
- Avanti, puoi fare di meglio! - Sirius latra una risata da cane, gloriosissima e feroce. Oggi per la prima volta da quattordici anni a questa parte assomiglia al meraviglioso ragazzo arrogante in compagnia del quale Remus Lupin ha trascorso la miglior parte della sua vita: e lui, guardandolo, ha come un'epifania, improvvisa e abbagliante, che gli mozza il fiato e che gli annuncia cosa sta per accadere.
Il secondo getto coglie Sirius impreparato, in pieno petto. Remus vede il suo respiro spezzarsi: Sirius si piega in due per il dolore e lo choc e la sorpresa, e poi i suoi piedi si staccano da terra e lui vola verso l'arco e verso il Velo.
Si voltano tutti a guardarlo cadere: Bellatrix Lestrange si ferma con la bacchetta ancora protesa, Silente, in piedi sulle scale, si gira e tutto ad un tratto il suo viso è solo quello d'un vecchio in preda all'orrore, Harry si stacca dal fianco di Neville Paciock e lo lascia crollare per terra.
Per un attimo la battaglia sembra congelarsi: ma poi Harry comincia a correre verso l'arco, verso Sirius, e tutto quel che Remus può fare è scattare a correre dietro di lui.
Non farà mai in tempo.
Ha la sensazione d'avere la testa piena di sabbia.
Non farà mai in tempo.
Protende una mano verso quella di Sirius nell'esatto momento in cui il corpo piegato del suo amico, del suo migliore amico, della cosa migliore che questa vita e quella che l'ha preceduta, dieci miliardi di altre vite, possano avergli dato, si inarca come una foglia caduta e comincia a cadere.
Il tutto dev'essere durato pochi secondi, ma per Remus sono un'eternità.
C'è Harry, proprio davanti a lui, quando la schiena di Sirius colpisce il Velo.

Mi ricordo quando eravamo soliti ridere.

Coglie un barlume del viso di Sirius, tutta la bellezza antica del suo volto da ragazzo riaffiorata in mezzo alla sorpresa che l'ha ammorbidito, una scheggia di occhi grigi che gli scava dentro un oceano incandescente pieno di cose perdute, smarrite, irraggiungibili, ma subito dopo Sirius è oltre l'arco.
Il dolore gli annoda le viscere. Penetra in lui come una mano gelida e gli serra il cuore, forte, violento, e per un attimo Remus non riesce a respirare.
Harry comincia ad urlare.

Mi ricordo quando eravamo soliti ridere.
Vorrei che quelle notti potessero tornare.






Note del capitolo: I dialoghi sono tratti dal Capitolo 35 - Oltre il velo di Harry Potter e l'Ordine della Fenice.
Ho intenzione di pubblicare un capitolo ogni due settimane, alternando con Prima di King's Cross. Ma, dato che il prologo è effettivamente brevissimo, potrei anche essere persuasa a pubblicare il primo (vero) capitolo nel giro di pochi giorni. x°°°D Mi lascio corrompere molto facilmente!

Note della storia: Questa storia si è classificata prima al concorso CAVE CANEM: A Remus/Sirius Tribute indetto da crystalemi. Un grazie enorme a lei e all'altra giudiciA, denni, per la completezza dei giudizi (che potete trovare qui), per la gentilezza e per il banner assolutamente stupendo che si può ammirare in cima alla pagina. *__*

Qui sotto potete trovare i link alle altre storie già pubblicate, in ordine di pubblicazione:
Rattoppi all'anima di Ory_StarDust_95
Amore e Sigarette di Leliwen
Les Suspects di Only_
Di incubi, ansie e soluzioni. di L i a r
Briciole di Chu
Una casa in riva al mare. di Lu_Pin
Amor c'ha nullo amato, amar perdona di vogue
E qui la fuori concorso, Il colore dell'amore di PaytonSawyer!

Ancora un grazie alle giudiciE, e a tutte le partecipanti i miei complimenti!

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Capitolo 2
*** 1971 - In giro per Diagon Alley ***



Primo anno, 1971
In giro per Diagon Alley



Remus Lupin aveva undici anni e un grosso segreto che certe volte gli pesava come una pietra nello stomaco, certe altre volte lo faceva sentire vuoto e tremante, continuamente spaventato: ma in questo momento sentiva di essere la persona più felice del mondo.
La ragione di tanta felicità era la bella busta di pergamena ingiallita scritta in inchiostro verde che teneva al sicuro in una tasca, spiegazzata per tutte le volte in cui l'aveva maneggiata, accarezzata, letta e ripiegata, indirizzata al Signor Remus Lupin, 13, Lounging Garden, Londra.

Caro signor Lupin,

diceva la lettera

siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie. I corsi avranno inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa della Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

Con ossequi,
Minerva McGranitt Vicedirettrice



Remus Lupin l'aveva sognata a lungo, quella lettera, e quasi altrettanto a lungo s'era aspettato di non riceverla mai. C'erano state altre istruzioni nella busta, destinate ai suoi genitori: richieste da ottemperare, spiegazioni, accordi da prendere. La vita per lui ad Hogwarts sarebbe stata molto più complicata di quella di tutti gli altri studenti, quelli che non avevano il grosso segreto che aveva Remus da conservare, ma ne sarebbe sempre e comunque valsa la pena. Avrebbe potuto studiare. Diventare un mago, come la mamma, come il papà. Avere una bacchetta.
Anche adesso che stringeva la mano di sua madre con forza, il viso alzato a divorare tutto quel che di Diagon Alley poteva vedere in un colpo solo, sentiva le dita tremargli per l'eccitazione. Diagon Alley era bellissima, con la luce di un mattino d'estate a illuminarne le vetrine come grandi specchi scintillanti: la gelateria di Florian Fortebraccio, l'Emporio del Gufo con i versi striduli e il frullio d'ali agitate che usciva dalle sue porte aperte, e poi un negozio che esponeva lunghe file di calderoni di bronzo e di ferro e, imponente sopra tutti gli altri edifici, la Gringott bellissima e bianca: erano posti dei quali Remus Lupin, fino a quel momento, aveva solo sentito parlare. Camminarci in mezzo era come un sogno.
- Da questa parte, tesoro. - Gabrielle Lupin tirò gentilmente la mano del figlio, spingendolo ad entrare in un negozio che portava una grande insegna sopra la porta, Madama McClan: abiti per tutte le occasioni. Sua madre sembrava lievemente nervosa, pensò Remus, e un po' di paura traspariva a tratti al di sopra del sorriso felice che le rischiarava il volto da giorni. Anche Gabrielle Lupin doveva aver pensato che quella lettera da Hogwarts non sarebbe mai arrivata: ma, ora che la lettera c'era, era in mano loro, sembrava che qualche nuovo timore fosse venuto a sostituire quelli vecchi.
Madama McClan si rivelò essere una strega piuttosto giovane, bassa e piacevolmente grassottella, con un gran sorriso.
- Siete qui per la divisa di Hogwarts? Da questa parte, da questa parte, venite! -
Remus si trovò ben presto avvolto in una lunga veste nera, mentre la strega armeggiava per appuntarla dov'era più lunga, rimboccandogli le maniche e accorciandogli il collo con rapidi colpi di bacchetta. Un metro a nastro serpeggiò attorno all'orlo per misurare la stoffa in eccesso.
- Siete i primi clienti di quest'anno, sapete? - esclamò Madama McClan dopo un attimo di silenzio, il tono ciarliero. - Non mi aspettavo di vedere qualcuno prima di luglio... alza il braccio, caro. -
Remus lo fece, scambiando nel frattempo una lunga occhiata ed un sorriso con sua madre, e pochi tocchi di bacchetta più tardi la veste gli cadeva bene giù dalle spalle magre. Nell'elenco delle attrezzature era compreso un mantello invernale: e, dato che il vecchio mantello di Remus era diventato troppo corto per lui, Gabrielle gliene fece fare uno nuovo su misura.
- Bisogna festeggiare. - spiegò al figlio. Aveva il viso sempre un po' teso, anche mentre sorrideva, ma gli occhi le brillavano di contentezza. - Tuo padre ha detto che puoi comprarti qualunque cosa ti piaccia, purché non costi troppo. -
Remus pensò fugacemente di chiedere una scopa: ma si trattava di un regalo costoso e, comunque, a lui il Quidditch non era mai interessato troppo. Valutò la possibilità di domandare un gufo o una civetta, ma sua madre aveva già detto che avrebbe potuto portare ad Hogwarts il vecchio Basil. Libri ne aveva tanti, i giochi non gli piacevano. Fu quando entrarono in un negozio per acquistare pergamene, penne e inchiostro che l'attenzione di Remus fu attirata da un piccolo rettangolo di qualcosa di un vivace colore rosso. Sembrava una gomma; la tastò, curioso, e Gabrielle si sporse accanto a lui per spiegargli:
- E' un Rivelatore. -
Remus alzò la testa e la fissò con perplessità:
- E a che cosa serve? -
- Be', serve a scoprire piccoli incantesimi lanciati sui testi per nascondere pezzi di scrittura. Vedi, si appoggia sul foglio e si strofina forte, e l'incantesimo viene via: così puoi leggere quel che è stato nascosto. Ma non è efficace contro gli incanti veramente potenti. -
Remus soppesò il Rivelatore in una mano per un attimo, prima di domandare:
- Posso avere questo come regalo, mamma? -
Gabrielle ne parve sorpresa:
- Questo? Non preferiresti avere... non so... un set di Gobbiglie, oppure un gatto... -
Davanti all'offerta del gatto Remus storse il naso, e Gabriel ridacchiò.
- Oh, be'. Niente gatto. Ma sei proprio sicuro di volere questo, tesoro? Dubito che ad Hogwarts vi siano dozzine di scritte invisibili da rivelare... -
- Vorrei averlo lo stesso. -
- D'accordo. - Il volto di Gabrielle si rilassò, finalmente, in un sorriso spensierato. - Vada per questo, allora. -
Comprarono due belle penne d'oca di colore scuro, e diverse boccettine di inchiostro nero, verde e rosso. Gabrielle gli prese parecchi rotoli di pergamena, ma poi decise di acquistare anche una piccola, graziosa agenda rilegata di pelle.
- Ti aiuterà ad organizzare il tuo tempo. - spiegò, soddisfatta. - Io ne avevo una, a scuola, e mi è stata utilissima per preparare i programmi di ripasso alla fine di ogni anno. Sarebbe meraviglioso se anche tu finissi a Corvonero, tesoro... ma, sicuro, qualunque Casa sarà ugualmente perfetta. A me e a tuo padre non importa. -
Anche Remus sperava di finire a Corvonero. Sua madre gli aveva raccontato della bellissima Sala Comune nella torre, con il soffitto e le pareti trapunte di stelle dorate su sfondo blu, degli archi di pietra che affacciavano sulle montagne di Hogwarts, del gentile professor Vitious, il Capo della Casa, che insegnava Incantesimi e che era sempre contento di aiutare chi voleva imparare.
Sarebbe andato ad Hogwarts, realizzò tutto ad un tratto. Il pensiero era così assolutamente meraviglioso, così indicibilmente fantastico, da togliergli il fiato; infilò ancora una volta una mano in tasca, dove ora era riposto al sicuro anche il Rivelatore, e tastò la lettera con il sigillo della scuola. Sarebbe andato veramente ad Hogwarts. Come sua madre. Come suo padre. Come tutte le persone normali.

Non erano occorsi che pochi tentativi, nella penombra polverosa del negozio di Olivander e davanti agli occhi trasparenti del fabbricante di bacchette, prima che una lunga, sottile bacchetta diritta esplodesse in una cascata di scintille argentate nel momento in cui Remus l'aveva stretta tra le dita.
- Legno di frassino, nucleo in corda di cuore di drago. - Aveva detto il mago, soddisfatto dal risultato. Aveva cominciato a riporre le altre scatole nello scaffale, sollevandole una alla volta con cura infinita: - Dodici pollici, leggermente flessibile. Molto bene, signor Lupin, sembra che lei sia stato trovato dalla sua bacchetta. -
Quella sera Remus continuava a far scendere la mano fino alla tasca profonda nella veste dove la bacchetta era riposta, al sicuro. Non riusciva a fare a meno di toccarla, perché quella bacchetta - come la lettera - era il simbolo di tutto quel che aveva sempre voluto. Scoprì che Gabrielle aveva cucinato per cena tutti i suoi piatti preferiti: c'era del pollo in casseruola e una grossa pentola di patate stufate e, per dolce, un vassoio pieno di biscotti intinti nella crema pasticcera. Sembrava veramente una festa, pensò Lupin.
- Come si arriva ad Hogwarts, papà? - domandò mentre mangiavano: - Si viaggia con la Metropolvere? -
Suo padre scambiò con la moglie una lunga occhiata divertita. Anche lui sembrava felice: raggiante, anzi, gli occhi che luccicavano di un'irresistibile contentezza. Il suo viso magro, circondato da capelli ingrigiti anzitempo e scavato da rughe profonde di preoccupazione attorno agli occhi, era luminoso come Remus non ricordava di averlo visto mai. L'uomo scosse la testa, dopo un attimo di silenzio, e rispose alla domanda del figlio:
- Non vogliamo dirtelo, Remus. Non vogliamo rovinarti la sorpresa. Ma... - soggiunse dopo un attimo. - ... vedrai che, il primo settembre, ne sarà valsa la pena di aspettare. -
A Remus andava bene aspettare. Aveva desiderato quella lettera per anni, e adesso c'erano solo pochi mesi a separarlo da Hogwarts: un po' di pazienza in più, a questo punto, non gli costava niente. Aveva lo stomaco pieno di farfalle, la testa leggera. Contava i giorni sul calendario, spuntandoli uno dopo l'altro.





Note del capitolo: La lettera ricevuta da Remus è la carta carbone di quella ricevuta da Harry in Harry Potter e la Pietra Filosofale. Il Rivelatore appare in Harry Potter e la Camera dei Segreti, portato ad Hogwarts da Hermione. Per la bacchetta di Remus Lupin... be', ho inventato. x°D Così come Harry Potter ha l'agrifoglio (o tinne, per i nati tra l'8 luglio e il 4 agosto), il frassino (o nion) corrisponde ai nati tra il 18 Febbraio e il 17 Marzo secondo il calendario arboreo celtico (vedi anche qui). Non sono riuscita a trovare da nessuna parte la conferma ufficiale del fatto che la Rowling usi questo sistema per l'assegnazione del legno di bacchetta, ma mi sembra probabile. Tra i personaggi conosciuti per avere un nucleo di corda di cuore di drago abbiamo Severus Piton e Viktor Krum.
Allo stesso modo, ho bellamente inventato i genitori di Remus. Se qualcuno ha informazioni diverse in proposito, può farmi avere una segnalazione?

Un grazie a chi si è fermato a commentare lo scorso capitolo!

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Capitolo 3
*** 1971 - L'Espresso per Hogwarts ***



Primo anno, 1971
L'Espresso per Hogwarts



Il binario nove e tre quarti era affollato oltre l'inverosimile. Ovunque c'erano genitori che si raccomandavano ai figli in partenza, ragazzi che spingevano carrelli, che caricavano bagagli e gabbie di gufi e di gatti sul treno rosso, che si salutavano e si abbracciavano. Remus pensò, intimidito, che sembravano tutti più alti di lui. Si avvicinò un altro po' alla madre, in cerca di un qualche genere di conforto: non era abituato alla folla, ed essere vicino a così tanti sconosciuti lo metteva a disagio. Gabrielle parve intuirlo, perché gli posò una mano sulla spalla e gli strofinò il collo con gentilezza.
Suo padre spinse sbuffando il grosso baule con le sue cose di scuola nella carrozza più vicina, prima di guardare il figlio con espressione incredula:
- Se lì dentro c'è nascosto un cadavere, Remus, io non voglio saperne niente. -
Il ragazzino sentì sua madre irrigidirsi contro di lui, ma sorrise lo stesso. Gli piaceva che suo padre riuscisse a scherzare con lui su una cosa del genere: gli faceva sembrare lontani i giorni della luna, i giorni del panico e del suo piccolo, enorme segreto, come appartenessero a qualcun altro. Se suo padre ci scherzava sopra, voleva dire che la situazione non era poi così tremenda.
- Devono essere i libri, papà. -
John Lupin mugugnò, adocchiando sconcertato il baule:
- Di quanti libri potrai mai aver bisogno al primo anno? -
Gabrielle si schiarì la voce e intervenne:
- Sei sicuro di aver preso tutto, Remus? I biscotti per Basil? -
- Sono nel baule. - La gabbia di Basil, invece, la teneva in mano: il grosso allocco dormiva saporitamente con la testa cacciata tra le ali, beatamente indifferente al caos della stazione. Un ragazzo passò accanto a Remus impegnato in un'accanita battaglia per liberarsi dal proprio gatto, che gli si era agganciato con gli unghioli al maglione e sembrava rifiutarsi di lasciarlo andare. Una bambina della sua età, con la divisa di Hogwarts già indosso e lunghe trecce biondissime al lato del viso spruzzato di efelidi, piangeva rumorosamente abbracciando la madre. Più in là, due ragazzine si tenevano per mano, appartate, e confabulavano a voce bassa: gli occhi della più alta delle due erano sfuggenti e rancorosi, il volto un miscuglio di dolore e di rabbia; la più piccola aveva una gran massa di capelli rossi e liscissimi e sembrava soffrire mentre teneva le mani dell'altra tra le sue. Si assomigliavano molto. Forse erano sorelle.
- Scrivici presto. - bisbigliò Gabrielle, chinandosi per abbracciarlo e stringendolo a sé, forte. - Scrivici spesso. Tesoro, qualunque cosa ti serva, di qualunque cosa tu abbia bisogno... sai che noi saremo vicini a te, sì? In qualunque momento! Il Preside ci scriverà se... se dovesse essere necessario, ma voglio che tu sappia che andrà bene comunque, Remus. Qualunque cosa succederà. -
Remus sentì la gola stringerglisi, il respiro mancargli. Sentì gli occhi bruciare e buttò le braccia attorno al collo della madre, serrandola per un attimo per nascondere il viso contratto. Gabrielle aveva un odore dolce che non era un profumo, né un bagnoschiuma o un sapone, era solo pelle. Pelle contro pelle, era calda.
John si piegò e lo strinse in un abbraccio affettuoso, schiarendosi la voce prima d'affermare:
- Sono molto fiero di te, Remus. Andrà tutto bene, vedrai. -
Staccarsi da suo padre e da sua madre fu doloroso, ma mettere piede sul treno trasformò anche il dolore in pura estasi. Era sull'Espresso per Hogwarts. Stava partendo. Trascinò il baule e la gabbia di Basil nel primo scompartimento vuoto che trovò e poi tornò correndo di fronte alla porta della carrozza. John e Gabrielle erano ancora lì, e gli sorridevano.
- Scrivi! - esclamò sua madre per l'ennesima volta, e Remus cercò di rassicurarla:
- Tutti i giorni! -
Gli occhi di suo padre si sgranarono per la preoccupazione:
- Starai scherzando, voglio sperare! Basil ci rimarrebbe secco nel giro di una settimana! Quel gufo è più vecchio di te, Remus! -
Remus rise, ma poi le porte delle carrozze cominciarono a chiudersi. Qualcuno fischiò forte sul binario; il treno si mise lentamente in moto, con uno scossone, e Remus ritornò nello scompartimento dove aveva lasciato la gabbia e il baule. C'era un altro ragazzo, adesso, che si era sistemato sul sedile più vicino alla porta. Alzò la testa e rivolse a Remus uno sguardo nervoso e un cenno del capo: sembrava piccolo, a disagio e spaventato, con sottili capelli castani appiattiti sulla testa e mani grassottelle che gli davano un aspetto ancora più infantile. Remus ricambiò il saluto con gentilezza, prima di avvicinarsi al finestrino.
Appoggiò una mano al vetro, sorridendo a sua madre e suo padre, e li guardò farsi sempre più piccoli mano a mano che il treno prendeva velocità.
King's Cross scomparve ben presto oltre una curva. Remus si lasciò ricadere seduto compostamente sul sedile accanto al finestrino. Londra scorreva accanto ai binari con le sue case alte e grigie e i suoi comignoli lanciati verso il cielo. Era una limpida mattinata di sole, una mattinata che ricordava le giornate di bel tempo dell'estate. Incrociando lo sguardo dell'altro ragazzo nello scompartimento, Remus sorrise.
- E' il primo anno ad Hogwarts? - gli domandò.
Il ragazzino sembrò stupito d'essere stato interpellato. Sbatté le palpebre a vuoto per un attimo, prima di esclamare, impacciato:
- Sì. Anche per te? -
Remus annuì e protese una mano verso di lui:
- Mi chiamo Remus Lupin. -
- Peter Minus. - replicò il ragazzino, stringendogli la mano con la propria. Aveva dita morbide, prive di calli, lievemente sudate. Sorrise, subito dopo: sembrava cauto e nervoso anche mentre sorrideva, gli occhi che sfuggivano lo sguardo dell'interlocutore, ma tutto sommato, decise Remus, non c'era niente di male nell'essere timidi. - Bel gufo. -
- Grazie. Vieni da Londra? -
- Quasi. Holmwood, nel Surrey. I miei hanno una casa anche a Londra, però non ci ho mai messo piede. Non sono mai uscito dal Surrey, anzi. - Peter Minus sembrò lievemente a disagio, tutto ad un tratto, come colto da un pensiero improvviso; si mosse sul sedile come se scottasse, prima di azzardarsi a chiedere prudentemente: - Tu sei... uh... sei figlio di Babbani? -
A Remus la domanda non piacque molto, ma non lo diede a vedere:
- No. I miei genitori sono entrambi maghi. -
Il ragazzino sembrò rilassarsi impercettibilmente:
- Anche i miei. Sai, io non... -
Remus non seppe mai cosa Peter aveva inteso dire, perché in quel momento la porta dello scompartimento si aprì, e fecero il loro ingresso un ragazzo e una ragazza che dovevano avere la loro stessa età. Il ragazzo, magro e pallido, curvo in avanti come a voler nascondere la propria altezza, guardò Remus e Peter sospettosamente al di là di un velo di capelli scuri e non troppo curati; la ragazza, invece, si fece avanti con un sorriso per chiedere:
- Sono liberi questi posti? Cercavamo uno scompartimento. -
Remus rispose al sorriso, chinandosi per spostare il baule e far loro spazio:
- Prego. -
Riconobbe la ragazzina mentre questa si alzava in punta di piedi per issare i bagagli sulla retina: era la ragazza con i capelli rossi della banchina, alla stazione di King's Cross. Ora che non sembrava più in procinto di scoppiare in lacrime era molto più graziosa, decise Remus, anche se aveva gli occhi gonfi e il viso tirato.
Peter Minus adocchiò i nuovi arrivati con la medesima cautela dimostrata dal ragazzo dai capelli scuri: ma i due non fecero altro che sedersi l'uno accanto all'altra e restarsene in silenzio. Dopo un po' lei tirò fuori un libro e si immerse nella lettura, e il suono delle pagine sfogliate fu il solo a riempire la carrozza per ore. Ogni tanto passava un gruppo di studenti fuori dallo scompartimento e, sempre, Remus distoglieva lo sguardo dal finestrino per osservarli. Era strano essere circondati da così tante persone; per anni aveva avuto soprattutto sua madre e suo padre, e non molti altri.
Il sole si fece alto nel cielo e poi cominciò a scivolare oltre le colline. Stavano attraversando un luogo meravigliosamente verde, adesso, sotto ad un cielo specchiato di nuvole rade e di un azzurro scurissimo nel tramonto, con grandi montagne sfumate di viola per la lontananza e greggi di pecore che si inerpicavano su per i colli dove i binari si snodavano. Superarono un grande ponte di pietra e la voce impersonale del capotreno riecheggiò attraverso le carrozze annunciando che sarebbero arrivati in breve ad Hogwarts. La ragazza con i capelli rossi balzò in piedi, tutto ad un tratto piena d'entusiasmo, e tirò giù la valigia per estrarne la divisa; il ragazzo che l'accompagnava - e che già indossava la propria - l'aiutò e si fece coinvolgere in una qualche allegra discussione confabulata a voce bassissima. Sembrava che l'entusiasmo di lei lo rendesse un po' meno cauto, e molto meno rigido e sospettoso.
- Ci vedremo più tardi, immagino! - esclamò la ragazzina quando fu pronta, rivolgendosi a Remus e Peter. Peter annuì a disagio, ma Remus le sorrise di nuovo. Lei protese una mano verso di lui, con decisione: - A proposito: mi chiamo Lily Evans. -
- Remus Lupin. -
Il ragazzo con i capelli neri, che si era adombrato in viso quando lei aveva rivolto la parola a Remus, si girò e uscì dallo scompartimento in silenzio. La sua amica ne parve sorpresa, perché si affrettò a stringere anche la mano di Peter prima di scusarsi frettolosamente e raggiungerlo. Quando la porta si aprì, videro che il ragazzo non era andato lontano, dopotutto: si era fermato ad aspettarla nel corridoio.
Remus e Peter si unirono alla folla che sciamava fuori dal treno. Si era fatto buio: il cielo era incrostato da manciate di piccole stelle scintillanti come diamanti, e la notte sembrava meno scura, piena com'era delle grida soffocate e delle risate degli studenti.
- Primo anno! - esclamò un vocione profondo da qualche parte sopra alle teste degli allievi. - Primo anno da questa parte! -
Remus alzò la testa... e continuò ad alzarla, perché l'uomo che aveva di fronte era più alto e più grosso di qualunque altro essere umano lui avesse mai visto in tutta la sua vita. Aveva un enorme viso tondeggiante con una barba foltissima, e occhi piccoli e luminosi, scuri.
- Primo anno con me! Ci siete tutti? Oh, bene... da questa parte! Primo anno, da questa parte! -
Un gruppetto di ragazzini si staccò dalla folla degli studenti e si unì all'omone lungo un sentiero in salita. Peter rimase vicino a Remus, l'espressione intimidita, guardandosi attorno come se pensasse che dal buio circostante avrebbe potuto saltargli addosso qualcosa pronto ad azzannarlo e trascinarlo via. Il pensiero strappò a Remus un brivido che poco aveva a che vedere con il timore dell'oscurità, e molto a che vedere con la luna e con i cambiamenti che portava.
Era affamato e un po' stanco, e sperava davvero che non ci fosse ancora molta strada da far: ma, quando superarono una grossa roccia e si trovarono di fronte allo spettacolo meraviglioso di Hogwarts di notte, il bagliore delle fiaccole e dei fuochi che traspariva dall'interno attraverso le finestre, rischiarandola come un grande cuore di luce pulsante e si rifletteva sull'acqua buia di un lago calmo, tutta la stanchezza fu dimenticata.
L'omone li fece salire a gruppi di tre o quattro su piccole barche allineate sulla riva: queste scivolarono attraverso la corrente e mossero verso il castello al suo segnale, e Remus si sporse per sfiorare l'acqua con le dita. La sensazione del freddo sulla mano era piacevole, tonificante. Desiderò per un attimo di poter immergere anche il braccio, il viso, ma poco dopo le barche passarono attraverso una morbida cortina di rampicanti che si schiuse a rivelare un lungo passaggio buio all'interno delle rocce sotto al castello.
Attraccarono e scesero, e l'uomo che li aveva portati fin lì passò tra di loro per controllare che tutto fosse a posto:
- Ci siete ancora tutti? Qui, da questa parte! -
Si ritrovarono ad arrampicarsi in mezzo ai sassi, e poi su di una lunga scalinata di pietra, e Peter, ancora accanto a Remus, cominciò a respirare affannosamente. L'omone reggeva davanti a loro una lanterna che spiccava nel buio come un faro, rischiarandolo loro la strada; poco dopo si fermò di fronte ad un grande portone di quercia in cima alle scale, con grande ed evidente sollievo di Peter, e si girò per rivolgere un sorriso - che era semplicemente enorme, proprio come lui - ai ragazzini alle sue spalle.
- Studenti del primo anno... - esclamò. - … benvenuti ad Hogwarts! -





Note del capitolo: Mi sembrava plausibile che Remus e Peter potessero essersi incontrati sull'Espresso. Dai ricordi di Severus vediamo che Sirius e James se n'erano stati in uno scompartimento tutto loro, sul treno; così com'è accaduto per Harry, forse anche Peter (e ce lo siamo domandati tutti come fosse capitato a Grifondoro, dite la verità!) ha chiesto al Cappello Parlante di essere messo in una certa casa dopo aver visto una persona appena conosciuta - e sentita come non ostile - venire smistata lì. Per questo mi è sembrato plausibile accoppiarli sull'Espresso per Hogwarts!

Un grazie a chi si è fermato a commentare lo scorso capitolo!

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Capitolo 4
*** 1971 - Lo Smistamento ***



Primo anno, 1971
Lo Smistamento



L'interno di Hogwarts era caldo, asciutto, e c'era un odore vago di cibi cotti che filtrava attraverso la porta chiusa, provenendo da chissà dove. Il gigante li aveva lasciati nelle mani di una strega alta e asciutta che era venuta ad accoglierli e che li aveva condotti attraverso il grande atrio dal pavimento di pietra levigata e poi in una piccola sala laterale, appartata, illuminata da un camino che spandeva un gradevolissimo tepore.
La strega aveva un viso dai lineamenti rigidi, severo ma affatto ostile, gli occhi penetranti coperti da un paio di occhiali dalla montatura rettangolare. La pelle era liscia, i capelli scuri stretti in una crocchia serrata sulla nuca. Un cappello di panno verde scuro era inclinato elegantemente da una parte, fissato con un grande spillone. Come il gigante, aveva dato loro il benvenuto; e poi aveva spiegato le regole della scuola, parlato dello Smistamento - la Cerimonia dello Smistamento, aveva pensato Remus, che avrebbe stabilito in quale Casa sarebbero finiti - e delle Case e dei punteggi. Aveva detto di essere la professoressa McGranitt, e di insegnare Trasfigurazione. Lo stomaco di Remus aveva fatto un balzo, a quelle parole, crepitando per qualcosa di straordinariamente simile all'eccitazione.
Quando la strega se n'era andata, lasciandoli da soli, Peter gli si era accostato. Sembrava tremendamente a disagio, e si torturava le mani strette l'una all'altra con un gesto nervoso.
- Non ti senti bene? - gli chiese Remus, a bassa voce.
Lo sentì inghiottire a vuoto, distintamente.
- Ho solo un po'... - Peter si interruppe, agitato, e si corresse: - Vorrei solo che finisse presto. -
Attorno a lui sembrava che anche il resto degli studenti del primo anno fosse nelle sue medesimo condizioni: Remus scorse la ragazza con i capelli rossi che, accanto alla porta, se ne stava silenziosa e rigida al fianco del suo amico ostile. Più in là una studentessa con una gran massa di capelli ricci spostava il proprio peso da un piede all'altro senza riuscire a trovare una posizione confortevole e, lì accanto, un ragazzino dal viso stranamente bello giocava distrattamente con quella che sembrava una palla di gomma: la lanciava e la riacchiappava con una mano sola, ostentando indifferenza. Doveva essere il più spaventato di tutti, pensò Remus.
La McGranitt rientrò in quel momento, lasciando aperta la porta alle proprie spalle:
- Venite. - ordinò. - In fila, e ordinatamente. -
Entrarono svelti, e Remus cercò di non inciampare sulle vesti troppo lunghe del ragazzo che aveva di fronte e che, si accorse tardivamente, era lo studente magro, pallido e scontroso che stava sempre con la ragazzina dai capelli rossi.
La Sala Grande era meravigliosa oltre ogni immaginazione: la luce di un lago di candele sospese a mezz'aria si rifletteva su stoviglie d'oro e d'argento schierate su quattro lunghi tavoli. Gli studenti più grandi si sporsero a guardarli passare; Remus alzò la testa, sentendosi poco a proprio agio sotto il peso di tutti quegli occhi, e vide che il soffitto non era un vero soffitto. C'era il cielo, lì, con le stelle a scintillare sopra di Hogwarts e poche nuvole violette che scivolavano lentamente nel vento. Le colonne e gli archi che sostenevano la sala sparivano in quel blu scurissimo e morbido.
La professoressa McGranitt li guidò sempre in fila di fronte ad un lungo tavolo posto su una piattaforma sopraelevata, dietro al quale erano schierati quelli che dovevano essere i professori, e li fece girare perché guardassero la Sala: poi portò uno sgabello ed un vecchio, logoro capello a punta, tutto floscio e pieno di toppe. L'eccitazione nello stomaco di Remus crebbe e si fece frizzante, indescrivibile, quando riconobbe in esso il Cappello Parlante del quale suo padre gli aveva parlato tante, tante, tante volte.
La stoffa lacerata su un lato del vecchio capello si mosse, aprendosi come una bocca, e una voce emerse dal suo interno:

Le porte di Hogwarts aperte si sono,
un anno di più scoperta è la strada:
e le quattro Case ancor fanno dono
di scelte e sapienza ovunque si vada.
Che in Serpeverde troviate i maestri
di grazia, intelletto e superba alleanza,
tra loro vi sono color che son destri
nel far dell'astuzia un'agile danza.
O se a Corvonero vorrete restare
geniali compagni trovare potrete;
conoscere ambiscono e tutto imparare,
con loro la mente affinare saprete.
Ma forse, sì, a Grifondoro ambite?
Chi leva la spada e non sfugge la lotta.
Forza e lealtà son qui riverite,
per far agli audaci una via e una rotta.
Tassorosso chiama chi pace vuole;
coloro che amano, i giusti, lo sanno:
lavoro e armonia non son solo parole,
si cerca di viverle qua tutto l'anno.
Orsù, nuovi allievi, ovunque andrete
un nuovo percorso incomincerete:
da qui in avanti tutto questo accadrà,
e il Cappello Parlante vi indirizzerà!


Una salva di applausi scoppiò nella Sala Grande non appena il cappello ebbe richiuso bocca. Remus sbatté le palpebre, perché il rumore era forte e lo rendeva nervoso, e si mosse a disagio, combattendo l'istinto che gli diceva di arretrare, di cercare un angolo e ripararsi. Il ragazzo scontroso, accanto a lui, era - malgrado sembrasse impossibile - ancora più pallido di prima, e Peter appariva semplicemente in preda al panico.
La professoressa McGranitt si posizionò vicina allo sgabello, prese un rotolo di pergamena e lo aprì con un colpo secco, impugnandolo con entrambe le mani.
- Chi sarà chiamato... - spiegò - … si farà avanti, prenderà il cappello e si siederà per essere smistato. Avery, Matthew! -
Un ragazzo molto alto con un naso aquilino e labbra sgradevolmente sottili si mosse con sicurezza verso la McGranitt. Si posò il Cappello Parlante sui capelli, e l'attimo dopo questo gridò:
- SERPEVERDE! -
Il tavolo di sinistra esplose in un applauso fortissimo. Matthew Avery si alzò e raggiunse i suoi nuovi compagni, un'espressione soddisfatta a fargli la bocca meno stretta e meno dura.
- Black, Sirius! -
Questa volta si trattava del bel ragazzo che Remus aveva visto giocare con la palla nella saletta, mentre aspettavano di entrare nella Sala Grande. Non stava più giocando con niente, adesso, e aveva un velo di sudore sulle tempie: Remus lo vide bene quando gli passò davanti. Sembrava, più che nervoso, nauseato. Si sedette sullo sgabello e, dopo un attimo d'esitazione, si calcò il Cappello sulla testa con un gesto che sembrava di rassegnazione.
Il Cappello gridò:
- GRIFONDORO! -
Ad applaudire ora fu il tavolo di destra. Sirius Black si alzò in piedi con un attimo di ritardo; barcollò lievemente, mentre si toglieva il Cappello, e lo fissò stupefatto quasi pensasse che ci fosse un errore. La McGranitt gli si avvicinò, visto che non si muoveva, e lo invitò a raggiungere la sua tavolata. Il ragazzo la fissò per un lungo istante con un'espressione lievemente vacua, come se non l'avesse nemmeno sentita: ma poi sul volto si allargò un sorriso esterrefatto che da semplicemente bello lo fece bellissimo, radioso, raggiante. Si mosse verso il tavolo dei Grifondoro con passo baldanzoso, le mani cacciate nelle tasche della veste e la testa levata con un miscuglio di arroganza e sfida.
Ad essere chiamata subito dopo fu una ragazza, Tassorosso, poi un paio di Corvonero che avevano lo stesso cognome e lo stesso viso, gemelli, e infine:
- Evans, Lily! -
Era la ragazza con i capelli rossi. Si staccò dalla fila e dal fianco del suo amico - Remus lo vide tendersi, irrigidirsi, gli occhi che la seguivano con un'espressione ansiosa. Lei si posò il Cappello in testa, e la bocca di stoffa si spalancò per annunciare:
- GRIFONDORO! -
Di nuovo, altri applausi dal tavolo di destra: ma Remus sentì, anche al di sopra di essi, il distinto lamento del ragazzo pallido. Guardava la sua amica con un'espressione addolorata, contratta, tanto intensa e tanto matura che Remus ne rimase sorpreso.
- Hopkins, Mary Susan! -
- TASSOROSSO! -
- Lupin, Remus! -
Remus sentì l'eccitazione in lui crepitare ancora una volta e poi liquefarsi: si fece pesante, densa nel fondo del suo stomaco. Aveva le orecchie che gli ronzavano, la testa leggera, svuotata. Avanzò verso lo sgabello cercando di camminare con sicurezza, di non mostrare quanto tutto ad un tratto si sentisse confuso, timoroso, con il peso degli occhi di tutti su di sé.
Il Capello premette sulla sua testa.
“Oh, be', oh, be'.” borbottò una voce piccola e pensierosa dritta nel suo orecchio. “Vediamo un po'. Tassorosso potrebbe essere un buon modo per aiutare questa tua insicurezza, mh? Potrai trovare compagnia. Potresti trovare molta fiducia a Tassorosso...”
Tassorosso andava bene, pensò Remus. Andava benissimo. Tassorosso era meraviglioso anche se non era Corvonero, qualunque cosa era meravigliosa, purché lui potesse restare ad Hogwarts e studiare insieme a tutti gli altri. Purché avesse potuto essere fiero di sé, rendere suo padre e sua madre orgogliosi.
“... ma, dopotutto...” proseguì la voce che - Remus lo capì - era quella del Cappello: “... penso che qualche stimolo sulla tua strada non possa che esserti d'aiuto, e perciò...”
- GRIFONDORO! -
Era ad Hogwarts. Il pensiero attraversò Remus come una saetta. Era davvero ad Hogwarts, ora. Si mosse come in sogno. Era uno studente. Apparteneva alla scuola. Apparteneva a Grifondoro. Il peso nel suo stomaco evaporò tutto ad un tratto, mentre si allontanava dallo sgabello e dal Cappello e raggiungeva la sua tavolata, e fu come essere pieni di luce e di calore e di gioia. Sentiva più forte il profumo che proveniva dalle cucine, più avvolgente il tepore dei fuochi. Sorrise a un grosso, tarchiato ragazzo dal viso gentile che gli fece spazio sulla panca, e si trovò tutto ad un tratto seduto fianco a fianco con Sirius Black. Sorrise anche a lui: era difficile non sorridere, adesso, non sentirsi felici.
- Salve. -
Il sorriso di Sirius Black era due volte più grosso del suo: gli andava da orecchio a orecchio, praticamente, e gli rischiarava tutta la faccia. Allungò una mano e Remus la prese e gliela strinse: la stretta di Siris era forte, quasi troppo, e sicura.
- Remus Lupin. -
- Sirius Black. -
L'applauso che scoppiò ancora una volta al tavolo dei Grifondoro li colse di sorpresa: mentre si erano distratti lo Smistamento era andato avanti, e adesso c'era una graziosa ragazza con le trecce che camminava verso di loro, rossa in viso e imbarazzatissima.
- Minus, Peter! - esclamò la McGranitt.
Remus si voltò nuovamente verso lo sgabello, interessato, e vide le mani grassottelle di Peter stringersi attorno all'orlo sfrangiato del Cappello. Se lo cacciò in testa, e per un lunghissimo minuto fu silenzio; poi il Cappello gridò:
- GRIFONDORO! -
Peter Minus si alzò in piedi, barcollante, e mosse verso di loro. Remus gli fece posto sulla panca, scivolando un po' più in là, e Peter, sedendosi, gli rivolse un sorriso grato.
- Mulciber, Andrew! -
- SERPEVERDE! -
- Nenton, Andrew! -
- CORVONERO! -
- Piton, Severus! -
Sirius emise un sibilo beffardo, le labbra strette, e Remus seguì il suo sguardo giusto in tempo per vedere lo scontroso, magro ragazzo del treno mettersi il Cappello sulla testa.
- SERPEVERDE! -
La risata che sfuggì dalle labbra di Sirius suonò bassa e stranamente crudele. Remus gli rivolse uno sguardo curioso, ma Sirius si limitò ad agitare verso di lui una mano in un gesto vago ed allegro; dall'altra parte del tavolo, Lily Evans gli rivolse un'occhiata che avrebbe potuto serenamente trasformare un tronco di quercia in un mucchietto di cenere senza alcun bisogno di bacchetta o incantesimi.
- Potter, James! -
- GRIFONDORO! -
Stavolta Sirius rise forte e con sincerità, e allungò il braccio verso il ragazzo che si avvicinava al loro tavolo ancora prima che fosse a portata di mano. Era un ragazzino non molto alto, con una gran massa di capelli neri arruffatissimi e sconvolti e occhi scuri, vivaci, allegri e un po' sfrontati.
- E' stata una breve separazione. - ghignò all'indirizzo di Sirius, prima di sedersi dall'altra parte rispetto a Remus; e poi, accorgendosi dello sguardo di quest'ultimo, gli tese prontamente la mano: - Salve. Mi chiamo James, James Potter. -
- Remus Lupin. -
Gli occhi di James vagarono oltre e si fermarono su Peter. Porse la mano anche a lui, mentre alle loro spalle il Cappello Parlante spediva una certa Annie Webber a Corvonero. La McGranitt arrotolò nuovamente la pergamena, poi, e sollevò lo sgabello e il Cappello, portandoli via. Dietro alla tavolata dei professori s'alzò l'uomo che sedeva esattamente nel mezzo: un uomo con lunghissimi, scintillanti capelli d'argento e una veste di un improbabile color lavanda. Si schiarì la voce ed esclamò, sovrastando il chiacchiericcio della Sala Grande:
- Benvenuti a questo nostro nuovo anno ad Hogwarts! Ci sono delle cose che dovete sapere... - piegò il capo in avanti, e anche in lontananza gli occhiali a mezzaluna che portava appoggiati sul naso storto luccicarono alla luce delle torce: - … che aspetteranno che il banchetto sia concluso! Buon appetito! -
Mentre tutti applaudivano, i piatti vuoti sul tavolo si riempirono improvvisamente: stufati e arrosti, patate, verdure lesse e alla griglia, un gran vassoio pieno di salsicce abbrustolite che spandevano un odore delizioso e una fila infinita di braciole disposte su un letto di lattuga. Remus si versò un bicchiere di succo di zucca, osservando con interesse un fantasma con una grande gorgiera e la testa stranamente piegata tutta da una parte fluttuare sulla panca in mezzo a due ragazze.
- Dolci alla menta? - esclamò James con espressione incredula, sollevandone uno tra due dita e tenendolo alla larga da sé, quasi temesse che l'avrebbe morso. - A metà della cena? -
Sirius, che sino a quel momento si era accanito con entusiastico, vorace appetito sulla coscia di pollo che aveva nel piatto, accennò con il capo alla tavolata dei professori, indicando il mago con i capelli d'argento e gli occhiali a mezzaluna - Albus Silente, pensò Remus, il Preside.
- Magari li ha inclusi lui nel menù. - osservò, prima di storcere il naso: - Ma sono pesci quelli che ha sul vestito? -
Remus intervenne, strizzando gli occhi per cercare di vedere meglio:
- A me sembrano lune. -
- Lune con la coda. - rettificò Sirius. Il ghigno un po' sbieco che gli era rimasto sul viso sin dall'inizio della cena si allargò ancora, spalancandosi: - Pollo, Lupin? Hai l'aria di uno che si tiene su solo perché le ossa lo puntellano. -
Remus si servì dal vassoio e osservò, candidamente:
- Lo dice anche mia madre. -
Il paragone non dovette piacere a Sirius, che storse la bocca ma non disse niente. James, che dall'altra parte della tavolata non si era perso una battuta, scoppiò a ridere forte.
I vassoi tornarono a riempirsi ancora una volta, ma stavolta di dolci: torte glassate e crostate e pasticcini ripieni di miele, di cioccolata, di marmellata. Quando gli studenti ebbero doviziosamente spazzolato via anche il dessert, Albus Silente si alzò nuovamente in piedi. Si schiarì la voce, facendo scendere il silenzio nella Sala Grande.
- Ora che il banchetto è concluso, è il momento giusto per fare qualche annuncio. Il signor Apollyon Pringle si è raccomandato di ricordarvi che le gare di magia nei corridoi sono vietati; e vietato è anche portare all'interno delle mura scolastiche un certo numero di oggetti, la lista completa dei quali potrete trovare al di fuori della porta del suo ufficio. -
Qualche risatina si levò in fondo al tavolo dei Grifondoro e nel mezzo degli studenti più grandi. Remus li adocchiò per un attimo con curiosità, prima che il Preside riprendesse a parlare:
- L'accesso alla Foresta Proibita è severamente vietato. Vi invito caldamente a rispettare questa regola, per la vostra sicurezza prima che per qualunque altra ragione. Per chi desiderasse entrare a far parte della squadra di Quidditch della propria Casa, le prove di volo si terranno tra esattamente due settimane. E ora... - Sul viso di Silente si aprì un sorriso di pura, assoluta, innocente contentezza: Remus vide distintamente la professoressa McGranitt, accanto a lui, socchiudere gli occhi in un'espressione di inesprimibile rassegnazione, mentre il bassissimo mago dalla barba fluente alla sua destra si prendeva la fronte in una mano quasi avesse bisogno, tutto ad un tratto, di un supporto per tenerla su. Remus ne comprese il perché l'istante successivo, quando Silente, con entusiasmo, concluse la frase: - … intoniamo l'inno della scuola! -

Intonare l'inno della scuola, per dirla con Silente, si era rivelata tutto sommato un'esperienza divertente. Peter aveva cercato di cantare seriamente per circa due decimi di secondo, prima di rannicchiarsi sulla panca e decidere che fingendosi muto avrebbe conservato quel poco di dignità che gli era rimasta; Sirius aveva inizialmente tentennato - non doveva trovarla un'attività alla sua altezza - ma poi James aveva preso a cantare a squarciagola, allegramente e del tutto fuori tempo, stonando con assoluta noncuranza. Sirius l'aveva interpretata come una sfida e, mezzo minuto più tardi, entrambi facevano a gara a chi cantava più forte.
I prefetti li avevano scortati su per diverse rampe di scale, tra corridoi pieni di armature che si sporgevano per osservarli e ritratti che chiacchieravano allegramente gli uni con gli altri, fino al ritratto di una rotonda, grassoccia signora con un abito terribilmente rosa. Il quadro li aveva fissati ed aveva chiesto:
- Parola d'ordine? -
- Spioscopio! -
Dietro al ritratto si era aperto un foro circolare che conduceva nella sala di ritrovo di Grifondoro: era una bella stanza tonda situata sulla cima di una torre. C'erano grandi poltrone, un camino acceso dal fuoco scoppiettante e tavolini per studiare disposti proprio sotto alle vetrate. I dormitori erano ancora meglio, pensò Remus. La sensazione frizzante di gioia ed entusiasmo gli scintillava ancora nello stomaco, riempiendolo, ed era meraviglioso. Letti a baldacchino, tende di velluto, finestre ad arco. Le lenzuola erano pulitissime e odoravano di buono, le coperte erano calde. Peter era piegato sul suo baule e cercava di strappar via il pigiama dall'abbraccio mortale di un grosso libro di incantesimi e del calderone, che si erano incastrati l'uno contro l'altro e gli impedivano di riaverlo. Sirius, stravaccato a pancia sotto sul letto, lo guardava e sghignazzava silenziosamente. Continuò a sghignazzare fino a quando James Potter non si sporse e non gli lanciò un grosso cuscino, centrandola in piena faccia.
Sirius si strozzò a metà di un sogghigno con un:
- Ouff! -
- Ah-ha! Cinque punti, Black! -
Sirius cercò di incenerire James con lo sguardo, raddrizzandosi e recuperando il cuscino, prima di replicare al lancio:
- Contati i punti di questo, Potter! -
James schivò destramente e il cuscino centrò una delle colonne del baldacchino:
- Maaaancato... guh! -
Il secondo cuscino lanciato da Sirius l'aveva preso in pieno naso. Strillando qualcosa come vuoi la guerra, eh?, James si buttò a recuperare le munizioni. Peter si rannicchiò dietro al baule ma, quando ad un lancio troppo azzardato uno dei cuscini esplose in uno svolazzo di piume d'oca, scoppiò a ridere forte. Remus si chiese per un attimo se non fosse il caso di fermarli: si sarebbero dovuti svegliare presto, la mattina dopo, la McGranitt - che avevano scoperto essere direttrice dei Grifondoro - avrebbe potuto entrare da un momento all'altro per chiedere loro la ragione di tutto quel baccano, qualcosa avrebbe potuto rompersi...
Sirius saltò in piedi sul letto, prese la mira, e tirò un cuscino che centrò in faccia Remus.
- E cinque punti in meno a Lupin! - esclamò, trionfante. - Così impari a distrarti! -
Remus pensò per un attimo che strangolarlo non sarebbe stata poi una cattiva idea. Oh, sì. Stringergli le mani al collo e soffocarlo. Ma Sirius Black aveva gli occhi che brillavano, il sogghigno glorioso, il pigiama a pendergli su una spalla e in faccia un infinito entusiasmo. James rideva, Peter rideva. Ridevano tutti. In mezzo alle risate il dormitorio sembrava ancora più caldo, e c'erano loro quattro che l'avevano riempito, pensò Remus, e lui non avrebbe più dormito da solo.
Era il pensiero migliore del mondo.





Note del capitolo: E abbiamo così Peter Minus a Grifondoro. Suvvia, Remus a Tassorosso ci sarebbe stato, vero? x°D Un po' docile, non abbastanza coraggioso da tenere testa agli amici (a differenza di un certo Neville Paciock), disperatamente leale...
Battute sulle elevate capacità poetiche che ho dimostrato nella canzone del Cappello Parlante non saranno prese con il dovuto senso dell'umorismo: in realtà lo sappiamo tutti che l'avete profondamente amata, che non avete mai letto una poesia così bella e che si è aperta un posticino nei vostri cuori proprio accanto a Chiare, fresche et dolci acque.

Ho pubblicato qualche tempo fa Lezioni di volo, una one-shot che considero un capitolo spin-off di questa serie: gli eventi lì raccontati (oltre a non essere assolutamente necessari ai fini della comprensione di La miglior parte della nostra vita) sono ambientati intorno al quinto anno dei Malandrini.
Per vedere i Malandrini così cresciuti, qui, bisognerà aspettare ancora qualche capitolo.

Un grazie a chi si è fermato a commentare lo scorso capitolo!

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Capitolo 5
*** 1972 - Il Platano Picchiatore ***



Secondo anno, 1972
Il Platano Picchiatore



- Sembra sempre più grosso, uh? -
Remus alzò la testa dal libro, alla domanda di James, e sbirciò fuori dalla finestra della torre di Grifondoro. Gli occhi gli caddero sulla pianta massiccia dai rami sinistramente torti verso terra che spiccava nel bel mezzo del parco. Proprio mentre la stava guardando un uccello passò volando basso accanto al tronco: uno dei rami scattò in una sferzata guizzante e lo abbatté con un colpo solo. Remus deglutì a vuoto e tornò a guardare il libro, sforzandosi di mantenere un'espressione accuratamente blanda:
- Dici? -
- Sì. - insisté James, il capo piegato da una parte: - A giugno dell'anno scorso non aveva il tronco così grande. Dici che Pringle lo fertilizza con lo sterco di drago? Eh, Sirius? -
Sirius, impegnato con i suoi trenta centimetri di tema per Pozioni, grugnì sonoramente:
- Al momento lo sterco di drago è l'ultimo dei miei pensieri. Di' un po', Remus, si usa lo stelo di digitale nella Pozione Smemorina? -
- No, i petali. -
- Ah, dannazione... - Sirius scarabocchiò una spessa linea sull'ultima riga che aveva scritto, cancellandola. Gettò un'occhiata insoddisfatta alla pergamena e poi scrollò le spalle: - Non ho voglia di di ricopiarlo. Lo consegno così e basta. -
- Lumacorno non ne sarà contento. - lo avvertì Remus, ma Sirius scrollò le spalle e ghignò:
- E chi se ne...? Tieni, Peter. - Sirius allungò il tema di Pozioni a Peter, che fino a quel momento era stato con la fronte corrugata e l'espressione vacua a guardare la propria pergamena, ancora intonsa, allungando ogni tanto il collo per sbirciare quella del compagno. - Sbrigati, però, perché poi voglio uscire. -
- Andiamo a fare una passeggiata nel parco. - propose James, prontamente. - Potremmo andare a dare un'occhiata più da vicino al Platano Picchiatore! -
Di nuovo, Remus arrossì. Fu scosso da un brivido improvviso, come sempre gli capitava a sentir parlare qualcuno del Platano, o della luna piena, o di una qualunque delle altre cose che costituivano il suo piccolo, piccolo, ingombrante segreto, e dovette schiarirsi la voce prima di ribattere:
- Dobbiamo fare ancora il tema per Trasfigurazioni. Uscite voi, se volete; io resto qui a fare i compiti. -
Non aveva bisogno di sollevare la testa e guardarli per sapere che Sirius aveva alzato gli occhi al cielo, esasperato; ma, con la coda dell'occhio, riuscì a cogliere una scheggia dello sguardo stranamente penetrante che James aveva fissato su di lui. Remus si mosse leggermente, a disagio, ma poi James si girò ed esclamò allegramente:
- Come vuoi. Sirius, Peter, voi venite? -
Sirius si alzò in piedi, raccogliendo frettolosamente libri, pergamene e boccette di inchiostro e cacciando il tutto nella borsa. Si stiracchiò, languido, lento ed elegante come una qualche specie di grosso felino, sogghignando:
- Sicuro! -
Peter, che non diceva mai di no ad un'occasione per accantonare i compiti, se poteva farlo in compagnia, arrotolò con cura la mezza pergamena ricopiata del suo tema di Pozioni - che era poi anche quello di Sirius, e Lumacorno, pensò Remus una volta di più, non ne sarebbe stato per niente felice - e lo salutò:
- A più tardi, Remus. -
- A dopo, Remus! -
- Non studiare troppo! -
- Non studiare per niente! -
Remus sorrise, alzando la testa dai compiti per guardarli allontanarsi. Andava tutto bene, si disse. Andava tutto meravigliosamente.
Mentre lo pensava, si sforzò di non guardare affatto fuori dalla finestra: c'era il Platano Picchiatore, oltre i vetri, che spiccava alto e cupo con tutto il suo carico di piccoli, piccoli, grossi segreti a ingombrargli i rami.

Le lezioni erano una delle cose che Remus preferiva di Hogwarts. I compiti del secondo anno erano molto più complicati di quelli del primo, e studiare, in certe giornate di sole bellissimo e cielo limpido come cristallo, con i prati della scuola che sembravano praticamente implorare gli studenti di uscire e divertirsi e non pensare a nulla di serio, poteva essere un tormento, ma le lezioni erano fantastiche.
Era fantastico tutto: ingozzare di topi morti i Kneazle a Cura delle Creature Magiche e pestare gambi di margherita e gusci d'uovo di scarafaggio a Pozioni, fissare affascinati il professor Ruf di Storia della Magia - l'unico professore morto che neanche il proprio decesso era riuscito a trattenere dal prestare indefesso servizio e che, come fantasma, teneva delle lezioni orribilmente noiose - e agitare la bacchetta nelle volute complesse dell'Incantesimo Idrante. Guardare la McGranitt trasformarsi da gatto a donna nel bel mezzo d'un balzo e scoprire che cosa la Trasfigurazione può fare per dare le ali ad un essere umano, per mutare un tavolo in una barca, un cuscino in un letto. Era fantastico. Era meraviglioso.
La lezione migliore di tutte, però, migliore anche di Trasfigurazione, migliore di Incantesimi, era Difesa contro le Arti Oscure. Il corso del primo anno era stato tenuto da un vecchissimo professore, il professor Rupert Greed, costretto al ritiro a vita privata poco dopo gli esami a causa dell'inspiegabile esplosione, avvenuta nei corridoi del San Mungo, di un calderone pieno di una versione sperimentale della Pozione Dilatante. Girava voce ad Hogwarts che il povero vecchio girasse adesso con un orecchio sinistro grosso come un vassoio da tè.
Circolavano storie bizzarre sulla cattedra di Difesa contro le Arti Oscure: si diceva che nessun professore, da molti anni a quella parte, fosse riuscito a conservare il posto per più di un anno, si diceva che qualcuno di molto potente e di molto oscuro avesse gettato una maledizione su quel lavoro. Era una diceria inquietante: ma, malgrado questo, il prestigio di Hogwarts continuava ad attrarre aspiranti professori pronti a sfidare la sorte e il malocchio.
Le lezioni del secondo anno erano ora tenute da una donna minuscola, diritta come un fuso e salda come il tronco del faggio, che rispondeva all'altisonante nome di Amigdala Vance: aveva un viso che forse un tempo era stato bello, nobile e lineare, ma adesso aveva un occhio coperto da una benda, metà della bocca tirata su da una piaga cicatriziale che le storceva le labbra in un malefico ghigno perpetuo. A Remus piaceva: la professoressa Vance aveva una voce dolce e profonda e un modo accattivante di insegnare. Gli aveva spiegato quali incantesimi e quali pozioni potevano essere annullati dal suo Rivelatore, la gomma rossa che Gabrielle Lupin gli aveva regalato all'arrivo della lettera da Hogwarts, e gliel'aveva fatto sperimentare su una pergamena incantata.
Quando dava loro qualcosa nel quale esercitarsi, o una ricerca da svolgere in classe, la professoressa Vance permetteva che chiacchierassero - purché lo facessero a voce bassa: e fu così che a metà di una lezione Sirius si chinò verso Remus, appoggiando un gomito proprio sopra alla pergamena sulla quale Remus stava elencando le tredici specie di Marciotti esistenti al mondo e i modi per distinguerle, e lo fissò dritto negli occhi.
Remus ricambiò lo sguardo con lieve inquietudine: sorrise, ma, quando Sirius continuò a fissarlo senza dir niente e senza far niente, cominciò ad agitarsi sulla sedia, a disagio.
- C'è qualcosa che non va? -
Sirius aprì bocca e fece per dire qualcosa: ma si bloccò di colpo, con un sussulto, e girò la testa di scatto. Remus, seguendo il suo sguardo, fece appena in tempo a vedere James ritrarre il gomito e lanciare all'amico un'occhiataccia fulminante.
Sirius mugugnò qualcosa a mezza voce, l'espressione scontenta e gli occhi grigi oscurati. Scosse la testa, poi, bofonchiando:
- Niente. Non c'è niente che non va. -

Il Platano sembrava incombere su Remus come una specie di mostruosa figura emersa da un qualche incubo febbricitante. C'era sempre, era ovunque, gli sembrava di vederlo in ogni nodo nel legno dei tavoli e su ogni arazzo del castello: soprattutto da quando James e Sirius avevano cominciato a mostrarsi così ossessionati dalla sua presenza.
Facevano congetture ad alta voce, nel bel mezzo della Sala Grande, interrogandosi sul perché fosse stato piantato, e cercavano di coinvolgere anche Remus nel discorso. Remus avrebbe potuto spiegare loro tutto, sicuro. Remus era l'unico studente di tutta Hogwarts a conoscere il segreto del Platano Picchiatore. Remus non avrebbe mai detto niente, mai, mai, mai, perché aprire bocca e parlare avrebbe significato raccontare loro anche tutto il resto, la luna e i suoi flussi e tutte le menzogne che aveva accumulato nel corso di quei due anni per coprire il fatto di non essere umano.
Remus Lupin non era umano. Remus Lupin non era un ragazzo come tutti gli altri.
Una sera che erano tutti radunati nella Sala Grande, con Peter curvo sui libri con la lingua stretta tra i denti e gli occhi socchiusi, e James e Sirius stravaccati mollemente su un divano e intenti a scambiare opinioni sempre più fantasiose su quel maledettissimo Platano, Remus pensò di non poterne più.
- Potrebbe essere stato messo lì per Erbologia. - propose James. - Una rara pianta esotica. -
Sirius sbuffò:
- La Sprite chiude anche i baccelli dei Tentacoli Velenosi a doppia mandata nell'armadio giù alle serre, pur di non lasciarli a portata di mano! Non avrebbe mai fatto piantare un albero così nel mezzo del giardino! Ha quasi cavato un occhio a Hyerolfus Glacenspark, la settimana scorsa! -
Remus preferiva non chiedersi come e perché Sirius sapesse dov'erano conservati i Tentacoli: aveva il vago sospetto che avesse provato a rubarli almeno una volta, molto probabilmente con la complicità di James.
A James Potter i suoi genitori avevano regalato, per festeggiare il suo ingresso ad Hogwarts, un vero Mantello dell'Invisibilità: un'eredità di famiglia, tramandato da genitore in figlio. James lo custodiva gelosamente, affettuosamente, ma non aveva esitato, all'inizio del secondo anno, a condividerlo con i suoi compagni di stanza. James era infinitamente fiducioso: leale sino all'ingenuità, sembrava non riuscisse nemmeno a contemplare la possibilità del tradimento, dell'inganno.
- Potrebbe essere stato una specie di scherzo da parte di uno studente. - ritentò James. - E' comparso proprio all'inizio dell'anno, no? Viene da chiedersi chi l'abbia fatto, però, e perché Silente non sembri ansioso di liberarsene... -
Remus se ne uscì fuori tutto ad un tratto, cercando disperatamente un modo per interromperli, rivolgendosi a Sirius:
- Ho visto tuo fratello, oggi. -
Sirius si irrigidì lievemente. Remus vide i suoi occhi scurirsi, la sua bocca piena tirarsi in una linea sottile. Il ragazzo buttò il capo indietro sullo schienale del divano, con ostentata indifferenza:
- Ah? -
- Sì. Mi ha chiesto come stavi. -
- Sto benissimo, grazie. -
- Potresti dirlo direttamente a lui. -
Le palpebre di Sirius si socchiusero in un'espressione irritata, ostile:
- Non ho voglia di parlargli. -
- Sirius... - cominciò Remus, il tono paziente, ma Sirius lo interruppe subito:
- Lascia perdere, Rem. Non sono affari tuoi. -
Non lo erano, in effetti, pensò Remus: ma Regulus Black, quella mattina, aveva avuto l'espressione triste e cauta di un cane bastonato, gli occhi bassi che avevano sfuggito i suoi come se si fosse vergognato immensamente d'essere lì, a chiedere notizie di suo fratello tramite terzi. Regulus Black era stato sorteggiato dal Cappello Parlante all'inizio dell'anno, e il verdetto, Serpeverde, aveva scavato un solco profondo come un abisso tra lui e il fratello. Remus non sapeva precisamente come Sirius avesse passato l'estate, perché Sirius non ne aveva mai parlato: sapeva solo che, all'inizio dell'anno, l'amico era tornato più magro e più aspro, con un'espressione prudente e vagamente ostile che si accentuava al solo sentir pronunciare parole tabù quali genitori, Serpeverde, casa.
Non doveva essere stata una buona estate, tutto considerato.
- Hai ragione. - disse perciò. - Non sono affari miei. Scusa. -
Il viso di Sirius si mantenne rigido per un lunghissimo istante, gli occhi pieni di buio; ma poi sorrise, s'allungò e buttò un braccio oltre le spalle di Remus, prima di girarsi e proporre a James:
- Senti questa: potrebbe essere un esperimento fallito di Lumacorno. Avrà provato a fertilizzare qualche cosa con, che so, il sangue di Manticora. -
Remus soffocò un gemito esasperato e socchiuse gli occhi.





Note del capitolo: Se c'è qualcuno, qui, che segue anche Prima di King's Cross, avrà trovato un nome familiare nel mezzo della storia.
I Vance sono una famiglia realmente esistente in Harry Potter (dove abbiamo l'elegante Emmelina Vance che è nella squadra di salvataggio in Harry Potter e l'Ordine della Fenice e della morte della quale si parlerà in Harry Potter e il Principe Mezzosangue). Il professor Rupert Greed è invece farina del mio sacco: dopotutto le tempistiche dicono che Voldemort doveva già essere passato ad Hogwarts per chiedere il ruolo di professore di Difesa contro le Arti Oscure e, vistosi rifiutato, per maledire il lavoro.

Ne approfitto per segnalare che a maggio mi butterò probabilmente su un tentativo al quale penso da qualche tempo, e che è quello delle domeniche nere. Ogni domenica - salvo incidenti - pubblicherò un racconto diverso per il fandom di Harry Potter: alcuni in un'ambientazione what if...?, altri no, tutti su personaggi diversi e in momenti diversi, ma tutti, anche, su temi bui, oscuri, tetri. Bando all'allegria, praticamente. Se il genere non vi piace, lungi da lì! x°D

Un grazie a tutti coloro che hanno commentato lo scorso capitolo. Mi lasciate un'opinione anche questa volta?

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Capitolo 6
*** 1972 - Sotto la luna ***



Secondo anno, 1972
Sotto la luna



- Vai a trovare di nuovo tua madre? - gli chiese Sirius quella sera, affacciandosi per sbirciare nella piccola borsa da viaggio che Remus si stava preparando.
Remus sollevò il capo e gli sorrise:
- Sì. -
Sirius gli rivolse una curiosa, lunga occhiata:
- Vai a trovarla spesso. -
- Non sta molto bene, lo sai... -
L'amico si affrettò a scuotere la testa:
- Sì. Sì, certo, Rem. Scusa. Non sono affari miei. Torni domani, allora? -
Il brusco cambio di discorso spiazzò Remus, che però annuì lo stesso, quietamente:
- Sicuro. -
A cena sentì più che vedere le lunghe, bizzarre occhiate che Sirius e James si scambiavano attraverso la tavola mentre lui non li guardava. Alzò la testa e intercettò lo sguardo di Peter: che gli sorrise, nervosamente, e gli offrì un grosso vassoio di salsicce.
Se avessero scoperto qualcosa, qualsiasi cosa, pensò Remus, sentendosene improvvisamente nauseato, sarebbe stata la fine di tutto. Non potevano aver capito, vero? Lui e Silente erano stati così attenti a tenere tutto nascosto, tutto sotto controllo! Il suo piccolo, piccolo, grosso segreto non poteva già esser scappato fuori, giusto?
Rimase teso e agitato per tutta la sera, pensando a tutti quei discorsi sul Platano Picchiatore, e poi alle occhiate, e alle domande insistenti di Sirius: ma, quando fu giunto il momento per lui di prendere la borsa e di allontanarsi, James gli sorrise allegramente e Sirius gli batté un colpo lieve sulla spalla con il pugno chiuso.
- A presto, Rem! -
- Segnerò gli appunti di Pozioni anche sul tuo quaderno. - gli assicurò Peter.
- Ma certo! Dozzine di appunti! - confermò James.
- Montagne di appunti! - ghignò Sirius, le labbra sollevate a scoprire i denti. - Vai pure tranquillo, Rem, ci pensiamo noi ai tuoi appunti. -
- E' quello che mi preoccupa. - bofonchiò Remus, aggrottando la fronte: ma, davvero, non riusciva a sentirsi seriamente irritato.

Madama Chips lo aspettava come sempre appena fuori dalla porta dell'infermeria. Allungò le mani per sistemargli meglio addosso il mantello, con premura, prima di invitarlo:
- Andiamo? -
I corridoi di Hogwarts, la sera, erano silenziosi e stranamente bui: le torce spandevano lunghe ombre oscillanti su tutte le pareti, e ogni candelabro era un piccolo stagno di luce nella penombra. Sembrava che le armature sussurrassero - e forse era proprio così. Era novembre inoltrato, e faceva freddo: Remus si strinse nel mantello, reggendo la borsa su una spalla sola.
Attraversarono l'atrio e Madama Chips, invece che spalancare la porta principale, guidò il ragazzo ad un ingresso secondario in una piccola stanzetta laterale; lo aprì con una grossa chiave che portava al collo e i cardini ben oliati non fecero alcun rumore ruotando l'uno contro l'altro.
La luna non s'era ancora alzata, ma non doveva mancare molto. Il cielo era scuro e uniforme come un drappo di velluto nero, punteggiato da minuscole stelle scintillanti e attraversato da lunghe nuvole sfilacciate che il vento spostava rapidamente verso oriente. Protetti dal buio, Remus e Madama Chips attraversarono i prati di Hogwarts e puntarono verso il Platano Picchiatore.
Il Platano Picchiatore non era stato piantato dalla professoressa Sprite. Non era lo scherzo di uno studente, e il professor Lumacorno non aveva mai fatto nessunissimo errore con le sue pozioni.
Il Platano Picchiatore era stato creato da Albus Silente all'inizio del primo anno scolastico di Remus Lupin. Ed era stato, in effetti, creato per Remus stesso.
Il piccolo, piccolo, grosso segreto di Remus lo costringeva a nascondersi una volta al mese: finché era a casa, con i suoi genitori, c'erano sempre stanze nelle quali chiuderlo e porte sbarrate con grate di metallo, tutto preparato per tenere gli altri lontano da lui - perché gli altri fossero al sicuro; ad Hogwarts c'erano gli studenti, c'erano i professori, c'era Apollyon Pringle che gironzolava per il castello in cerca di allievi fuori dalle camerate. Non era un posto in cui fosse facile tenere un segreto a lungo.
Albus Silente e i signori Lupin avevano pensato ad una soluzione che avrebbe messo tutti al sicuro: Remus stesso, gli altri allievi, chiunque, e questa soluzione passava dal Platano.
Quando furono davanti al grosso, minaccioso, contorto tronco scuro, con i suoi rami sferzanti che sibilavano sommessamente nell'aria ferma della notte, Madama Chips puntò la bacchetta contro le radici dell'albero e mormorò qualche parola a mezza voce: dalla bacchetta uscì una specie di prolungamento, una punta sottile di legno scuro che si protese con sicurezza attraverso i rami e andò a toccare un nodo segreto nascosto nel tronco.
Il Platano Picchiatore sembrò gelarsi tutto ad un tratto: il tronco si immobilizzò, le liane ferme, rigide, fisse. Madama Chips e Remus poterono avvicinarsi alle radici - e al piccolo passaggio rotondo che si era aperto tra di esse - senza correre alcun pericolo.
Il Platano Picchiatore aveva rami sferzanti che tenevano i curiosi alla larga: tutti, tranne coloro che sapevano come renderlo inoffensivo. Il Platano Picchiatore nascondeva una galleria, una lunga, stretta galleria che portava fuori da Hogwarts e verso Hogsmeade, la città più vicina, l'unico insediamento interamente magico di tutta l'Inghilterra. E, proprio fuori da Hogsmeade, c'era una vecchia catapecchia dimessa che tutti evitavano perché, si diceva, era infestata. C'erano i fantasmi in quella casa, raccontavano ad Hogsmeade. A volte, la notte, li si sentiva gridare.
Remus Lupin sapeva che non c'era nessun fantasma. Remus Lupin conosceva benissimo la catapecchia di Hogsmeade - la Stamberga Strillante - perché trascorreva in essa una notte al mese.
Madama Chips fece strada giù per il passaggio, e Remus cominciò a seguirla: ma poi, tutto ad un tratto, ebbe come l'impressione di aver sentito qualcosa. Si girò di scatto, aguzzando gli occhi e sbattendo le palpebre con una sensazione di vuoto improvvisa a serrargli lo stomaco. C'era qualcuno? Volse la testa da una parte e dall'altra, poi guardò verso il castello. Non sembrava ci fosse nessuno. Sembrava tutto molto silenzioso. Tutto molto tranquillo.
- Remus? - lo chiamò Madama Chips dall'interno del tunnel. - Dobbiamo fare in fretta. -
Remus si guardò intorno ancora una volta.
- Sì. - rispose poi, lentamente. - Arrivo subito. -

Il cunicolo che portava dal Platano Picchiatore fino alla Stamberga Strillante era lungo e stretto: Madama Chips lo precedette nel tragitto, dopo aver mormorato un: - Lumos. - a mezza voce, reggendo alta la bacchetta per illuminare la strada e camminando piegata in due per via del basso soffitto. Era una donna ancora giovanile, con lunghi capelli biondi raccolti in un nodo sulla nuca, e un modo di muoversi sciolto e sicuro di sé che sarebbe stato adatto ad una ragazza. Remus supponeva che lavorare nell'infermeria di una scuola come Hogwarts - Madama Chips era la sola ed unica infermeria del posto - dove gli incidenti tra studenti erano all'ordine del giorno, aiutasse a sviluppare una certa resistenza. A tutto.
Il cunicolo curvava bruscamente e poi si affacciava, attraverso un piccolo passaggio, in una grande stanza a malapena rischiarata da quella poca luce lunare che riusciva a filtrare attraverso le assi inchiodate alle finestre. C'era un tavolo lungo, alcune sedie, una cassapanca e un grosso, morbidissimo tappeto peloso. Su ogni mobile c'erano segni profondi, tagli, incrinature, come se un qualche grosso e ferocissimo gatto si fosse divertito ad affinare gli artigli sul legno. Remus rabbrividì, a quella vista, e distolse lo sguardo.
- Un attimo solo, Lupin. - gli disse Madama Chips, mentre s'affaccendava intorno gettando incantesimi protettivi sulle pareti, incantesimi insonorizzanti alle finestre, incantesimi per ammorbidire gli spigoli e imbottirli con una specie di cuscino invisibile che avrebbe impedito a Remus di farsi del male. Salì le scale per andare al piano di sopra e fare la stessa cosa anche lì, mentre Remus si sfilava di dosso il mantello, lo ripiegava e lo metteva nella cassapanca insieme alla sacca con i vestiti. Valutò per un attimo, indeciso, se togliersi il maglione o tenerlo ancora indosso, ma alla fine decise di riporlo subito. Non faceva poi così freddo, e quello era il suo maglione buono. Gli sarebbe dispiaciuto rovinarlo.
- Caro ragazzo, credo di aver fatto tutto. - esclamò Madama Chips scendendo le scale. Gli si avvicinò e, in un gesto che sembrava quasi inconscio, gli sistemò il colletto della camicia, rassettandolo. - Tornerò domattina per portarti la colazione. C'è qualcosa in particolare che vorresti? -
Madama Chips era sempre gentile, pensò Remus, e molto, molto, molto coraggiosa. Anche lì, con la luna piena che stava per sorgere oltre le montagne, chiusa nella stessa stanza in cui era chiuso lui a pochi, pochissimi minuti dalla trasformazione, si preoccupava più del suo conforto che della propria sicurezza.
- Mi va bene tutto, grazie. -
La mano che gli aveva rassettato il colletto si alzò per battergli un colpo leggero sulla guancia: - Allora buonanotte, Lupin. Tornerò domattina. - ripeté. Gli faceva bene sentirlo, pensò Remus, mentre Madama Chips si infilava nuovamente nel tunnel che l'avrebbe riportata ad Hogwarts. Stanotte era buio e luna piena e il mostro che non era fuori, era dentro, dentro di lui, ancora più spaventoso, perciò, perché non poteva sfuggirgli; ma poi ci sarebbe stato domani, con l'alba e la luce e la scuola, tornare ad una vita normale. La notte finiva sempre, si disse, mentre cominciava a togliersi le scarpe per metterle al sicuro nella cassapanca. Si sfilò anche i calzini, rabbrividendo per il freddo del pavimento umido, e cominciò a slacciare la camicia. Le mani gli tremavano: fece fatica ad aver ragione dei bottoni. Sentiva la luna alzarsi, il suo tocco farsi sempre più forte, intollerabile. Lo stava chiamando, come una sirena, per trascinarlo dall'altra parte di sé stesso.
Piegò la camicia con dita rigide e goffe, mettendola nella cassa. Aveva appena cominciato a metter mano ai calzoni quando un rumore improvviso gli fece voltare la testa: si girò, sbattendo le palpebre sorpreso e spaventato, ma la stanza sembrava vuota.
- Madama Chips? - chiamò, incerto.
Il richiamo della luna esplose tutto ad un tratto più forte, impellente, un grido sordo e rauco che risaliva dal fondo della sua testa e si impadroniva del suo corpo. Sentiva la magia fremergli in corpo, renderlo eccitato, vibrante, ansioso, il battito cardiaco che impazziva e gli spingeva il sangue con violenza contro la membrana fragile dei timpani. Le gambe tremanti, le braccia tremanti, si ritrovò in ginocchio prima di essere riuscito a liberarsi dei calzoni. Si sarebbero strappati, pensò, ma poi si ricordò che non importava, che andava tutto bene, che Madama Chips sarebbe riuscita a ripararli, il giorno dopo. Andava tutto bene.
Guardò le sue mani trasformarsi, le unghie che diventavano artigli e le ossa che si allungavano, e il dolore era accecante. Alzò la testa, un mugolio sordo che gli sfuggiva dalle labbra serrate, e improvvisamente scorse un viso spaventato fissarlo dall'altra parte della stanza.
Era Sirius.
Remus sgranò gli occhi. Per un attimo non riuscì a pensare a niente, l'orrore era troppo: spalancò la bocca per urlargli di andarsene, di allontanarsi, ma tutto quel che gli uscì dalla gola fu un ruggito. Sirius indietreggiò, la bocca spalancata in un misto di panico e di stupore. La prima realizzazione che attraversò la mente di Remus fu che il suo segreto era finito, così, che era stato rivelato; ma fu una realizzazione subito soffocata dal pensiero più orribile che gli fosse mai passato per la testa: lui stava per uccidere. Stava per ucciderlo. Stava per uccidere il suo migliore amico, perché si stava trasformando e lui era lì, e al Lupo non sarebbe importato che quello fosse Sirius, il Lupo lo avrebbe aggredito e basta.
Ululò mentre la sua cassa toracica si deformava, trasformandosi, e vide Sirius muovere un passo indietro, spaventatissimo, e poi uno in avanti, con un'espressione di caparbia ansietà. Sirius era preoccupato per lui, capì Remus, ed ebbe voglia, tutto ad un tratto, di piangere.
Vattene via, pensò con disperazione. Vattene via, vattene via!
La luna si ingoiò tutti i suoi pensieri.





Note del capitolo: Tutto quel che la Signora Autrice ci ha raccontato sulla scoperta dei Malandrini della natura di Lupin è che: Madama Chips si preoccupava di accompagnarlo alla Stamberga; la scusa adoperata era la malattia della madre; hanno scoperto la menzogna al secondo anno. Ci si poteva muovere con una certa libertà in queste maglie.

A chi dovesse interessare: per la serie de le domeniche buie, per ora sono state pubblicate Tutto quel che ha un peso e A che servono i corpi. Per quanto riguarda la seconda storia, sto ponderando se metterla o meno anche su EFP (dove non è a causa del rating alto e degli avvertimenti).

Un grazie a tutti coloro che hanno commentato lo scorso capitolo, e a _Calypso_ per aver segnalato questa storia per le Scelte.

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Capitolo 7
*** 1972 - Il nostro piccolo problema peloso ***



Secondo anno, 1972
Il nostro piccolo problema peloso



Quando Remus si svegliò, la prima cosa di cui si accorse fu che non era più nella Stamberga Strillante. C'erano morbide coperte caldissime su di lui, e pareti bianche aperte da grandi finestre illuminate da una luce azzurrata da alba imminente. Le candele sospese alle pareti si riflettevano sui vetri come minuscole stelle oscillanti. Si sentiva al sicuro, si sentiva bene, e svegliarsi nell'infermeria di Hogwarts - l'avrebbe riconosciuta a colpo d'occhio anche al buio, anche bendato, dall'odore e dai rumori, perché aveva passato al suo interno probabilmente più tempo di qualunque altro studente - era molto meglio che svegliarsi in una claustrofobica stanza piena di mobili rovinati e peli di lupo.
La luce colpì qualcosa di scintillante alla sua sinistra, riflettendosi su un paio di occhiali a mezzaluna sospesi al di sopra di un naso ricurvo.
- Buongiorno, mio caro ragazzo. - disse Albus Silente.
Remus scattò a sedere, raddrizzandosi: la testa gli girò per il movimento brusco, e le mani gentili del Preside lo aiutarono a tornare sdraiato.
- Mi farai rimproverare da Madama Chips, Remus. Si era raccomandata di non farti alzare per nessuna ragione al mondo. -
- Professore... - bisbigliò Remus, confuso. - Che cosa...? -
Improvvisamente, il ricordo della notte passata piombò su di lui come un macigno. Sussultò e scattò nuovamente a sedere, e Albus Silente lo resse ancora, pazientemente.
- Professore! - esclamò Remus in preda all'agitazione. - Sirius! Sirius era nella... nella Stamberga, stanotte Sirius era nella Stamberga, sta... sta bene? -
Il Preside gli sorrise con gentilezza. Oggi portava una veste color lavanda decorata da piccole mezzalune argentate che riportò alla mente di Remus l'abito che aveva indossato la sera del suo Smistamento. Guardò le mezzalune e credette di vederci i pesci che Sirius aveva visto: ma pensare a Sirius lo nauseava, così distolse lo sguardo e lo fissò sul viso di Albus Silente.
- Il tuo amico, caro ragazzo, sta benissimo. -
- Ma era lì, ieri notte! -
- Ti ha seguito. - spiegò Silente, con semplicità. - E si è messo così in grande pericolo. Ma uno degli incantesimi che Madama Chips aveva predisposto sul passaggio le ha permesso di accorgersi che c'era qualcuno che stava entrando nella Stamberga. E' tornata indietro in tempo per portarlo al sicuro, prima che la mutazione fosse completa. Nessuno si è fatto male, Remus, puoi rasserenarti. -
Fu come se qualcuno gli avesse tolto dal petto un enorme masso ghiacciato che fino a quel momento gli aveva impedito di respirare: il ragazzo si lasciò ricadere indietro, contro il cuscino, e chiuse gli occhi. Ora che non aveva più lo spavento a tenerla indietro, però, si fece largo in lui la vergogna, con tanto spazio a disposizione solo per sé. Assoluta, orribile vergogna.
- Mi dispiace. - bisbigliò.
Il Preside lo fissò con occhi penetranti al di là degli occhiali:
- E per cosa? -
- Per avere messo Sirius in pericolo. Professore, mi dispiace tanto. Non sapevo che mi avesse seguito, lo giuro. Mi dispiace moltissimo. - Remus sentì la nausea assalirlo, di nuovo, ma si sforzò di ricacciarla indietro per chiedere: - Verrò espulso? -
- Remus, mio caro ragazzo... - esclamò Albus Silente, la voce venata di sorpresa. - … ma certo che no. Non hai fatto nulla di male, e non hai nulla per cui scusarti. A sbagliare, se proprio è necessario dipanare la matassa delle colpe, è stato il signor Black, non tu. -
Sirius Black, pensò Remus. Il suo migliore amico Il pensiero lo straziò: era stato il suo migliore amico, lui, James e Peter, i suoi migliori amici, ma adesso Sirius sapeva tutto. Presto l'avrebbero saputo anche gli altri. Avrebbero saputo della luna, della Stamberga e - Sirius sarebbe stato felice di scoprire la verità - del Platano. Avrebbero saputo la verità. Avrebbero saputo.
- Verrò espulso lo stesso. - affermò, tentando di non suonare amareggiato e sapendo già che non ci sarebbe riuscito. - Adesso che lo sanno anche gli altri. -
Albus Silente gli rivolse una lunga, penetrante occhiata. Al di là delle lenti scintillanti gli occhi del Preside erano blu com'era blu certe volte il cielo di novembre al mattino, di un blu assoluto, purissimo, accecante, e acuti come gli occhi dei falchi.
Si schiarì la voce, dopo un attimo, e osservò in tono amabile:
- Se la pensi così, Remus, dovrò uscire dall'infermeria e dire al tuo visitatore che non vuoi vederlo. Madama Chips ne sarà riconfortata: ha insistito per tutta la mattina affinché ti lasciassimo riposare. -
Remus faticò a comprendere la parole del Preside. Sbatté le palpebre per un istante, fissandolo sconcertato, prima di fargli eco:
- Visitatore...? -
- Ma il signor Black, mio caro ragazzo! - Il lieve sorriso sul volto di Silente si allargò, facendosi sfavillante. - Madama Chips ha cercato di persuaderlo a tornare in camera per riposare qualche ora, inutilmente. E' qui fuori che aspetta di parlarti, ma se non vuoi vederlo... -
- Voglio vederlo! - buttò fuori Remus, ansiosamente; e poi, rendendosi conto che probabilmente il tono che aveva usato non era precisamente quello adatto a parlare con Albus Silente, il Preside Albus Silente, riprovò: - Per favore, professore, vorrei vederlo. -
Il Preside, che sembrava più contento che mai, si alzò lentamente in piedi, rassettandosi con le mani la veste:
- Molto bene, allora. Riposa, Remus, e resta sdraiato. Dirò a Madama Chips di lasciarlo entrare. -
Remus rimase sdraiato, in effetti, ma si rilassò molto poco: era così teso che ogni fruscio nella stanza lo faceva sussultare e girare la testa di scatto. Cercò di sistemarsi i cuscini dietro alla testa per potersi mettere almeno seduto, ma si sentiva le braccia rigide e stanche come dopo ogni trasformazione. Era ancora impegnato a raddrizzarsi quando una voce, giungendo dalla sua destra, lo colse di sorpresa:
- Vuoi una mano? -
Remus sobbalzò, girandosi. Il viso di Sirius non era spaventato come lo era stato nella Stamberga Strillante: sembrava solo un po' più duro del solito, un po' più cauto. Remus serrò le labbra ed ebbe, tutto ad un tratto, l'impressione che qualcuno gli avesse lasciato cadere il cuore in una pozza gelida e appiccicosa.
- No, grazie. -
Sirius esitò solo per un attimo, prima d'allungare una mano, afferrare lo schienale della sedia e sedersi. Si cacciò le mani in tasca, la schiena curva e il mento gettato in avanti in una posizione di sfida arrogante, quasi inconscia, prima di distogliere lo sguardo da Remus e guardare verso una delle finestre.
- Allora. - esclamò dopo un attimo, spezzando l'imbarazzante silenzio.
Remus serrò le palpebre e mormorò:
- Mi dispiace, Sirius. -
Sirius si girò a fissarlo, le sopracciglia corrugate:
- Per cosa? -
- Per... per questo. -
L'espressione lievemente sorpresa di Sirius si trasformò in aperta irritazione:
- Ti stai scusando perché sei un Lupo Mannaro? - gli domandò Sirius, duramente. - O perché non ce l'hai mai detto? -
- Io non potevo dirvelo... -
- Avresti dovuto! -
Remus sbatté le palpebre, confuso:
- Come? -
- Avresti dovuto! - insisté Sirius, scattando in piedi. - Credevo che fossimo amici! Io ti ho detto dei... dei miei, ti ho detto di casa mia, e invece tu non mi hai detto niente! Non ti sei fidato affatto di noi! Hai continuato a mentirci per un anno e mezzo, Remus, inventando panzane incredibili, e noi non abbiamo detto niente, ma la situazione era sempre più ridicola e io... - Sirius alzò una mano, passandola nervosamente tra i lunghi capelli castani, il volto trasfigurato dall'ira. - … io non posso credere che tu non ce l'abbia mai detto. -
Remus sgranò gli occhi, sentendo la confusione aumentare.
- Avrei dovuto dirvi che sono un Lupo Mannaro? -
- Sì! -
- E tu sei... sei arrabbiato per questo? Perché non ve l'ho detto? -
- Certo che sì! -
- Non perché... non perché, uh... non perché lo sono? Voglio dire, ieri notte, tu hai... tu hai visto... -
- Certo che l'ho visto, Remus! Ti ho seguito apposta! -
La confusione, in Remus, si trasformò in assoluta, aperta incredulità:
- Mi stai dicendo che lo sapevi già? -
Sirius gli rivolse un'occhiata di vago, sprezzante disgusto:
- E' ovvio. Io e James l'abbiamo capito secoli fa, Rem. Prima della fine dell'anno scorso. James non avrebbe voluto che noi te lo dicessimo, ma io... io non sono d'accordo. Non ero d'accordo. Ieri sera mi sono fatto prestare il Mantello di suo padre, senza dirgli a cosa mi sarebbe servito, e sono venuto a cercarti. - Non sembrava più molto arrabbiato, ma solo molto triste: e, come sempre, la tristezza sul viso di Sirius diveniva amarezza. - Perché non ci hai mai detto niente, Remus? Non ti fidavi di noi? -
- Avevo paura. - bisbigliò Remus. - Pensavo che... -
- Pensavi che cosa? Che avremmo detto tutto agli altri? Che ti avremmo, non so, disprezzato? Remus, miseria, credevo che fossimo amici! -
Era la seconda volta che lo diceva, quel mattino: e, come la prima volta che l'aveva detto, Remus provò una sensazione bizzarra. Qualcuno aveva recuperato il suo cuore dalla pozzanghera fredda in cui era caduto, e adesso lo reggeva tra le mani, strizzandolo. Era caldo, ed era sicuro, ma faceva anche un po' male.
- Noi siamo amici. - mormorò. - Voi siete i miei migliori amici. - E poi, con una specie di mezza risatina per metà incredula, per metà nervosa: - I miei unici amici. -
Sirius mugugnò qualcosa a mezza voce. Gli rivolse un'occhiata un po' cupa, adombrata, ma poi si sedette nuovamente. Accostò la sedia al letto di Remus e si cacciò ancora le mani in tasca.
- Ti ho portato della cioccolata. - affermò dopo un attimo di silenzio. Tirò fuori la destra dalle tasche un involto di carta argentata chiuso da un nastro e lo poggiò accanto alle mani di Remus, sul letto. - Viene da Mielandia. Madama Chips ha detto che ti avrebbe fatto bene. -
Remus lo scartò: ne venne fuori una manciata di grasse, dorate Cioccorane. Remus sorrise:
- Grazie. Lei me ne porta sempre un pezzo, le mattine dopo... uh... dopo la luna, sai. -
Cominciò a scartare una delle rane e, un attimo più tardi, Sirius ne prese una per sé e fece lo stesso.
- Mh. - mugugnò, pensoso. - Dovremo trovare un nome a questa cosa, Rem. Non possiamo parlarne davanti agli altri, no? -
- Non possiamo parlarne e basta! -
- Rilassati, Remus, noi saremo sicuramente più bravi a mantenere il tuo segreto di quanto non lo sia stato tu. Sinceramente... mia madre sta male? Tutti i mesi? Con la luna piena? -
Remus si cacciò in bocca la Cioccorana e non disse niente. Sirius estrasse la figurina dall'incarto e l'esaminò distrattamente.
- Il nostro piccolo problema peloso, Rem. Potremmo chiamarlo così. - E poi, mentre il primo ghigno della mattinata gli si apriva sulle labbra, rischiarandogli gli occhi grigi, il viso fino a quel momento teso, tutto, nella maniera che Remus preferiva: - Indovina che figurina ho trovato? -
Remus scrollò le spalle.
- Non so. Albus Silente? - azzardò Remus.
- No. - Il ghigno di Sirius si allargò mentre allungava la figurina verso di lui, mostrandogliela: - Abraham Van Helsing. -
Remus non riuscì a farne a meno: ridacchiò, e Sirius ridacchiò con lui, e l'attimo dopo la risatina di Sirius era diventata una risata, e il ragazzo aveva appoggiato le braccia al letto e la fronte alle braccia, sghignazzando rumorosamente.
Remus lo guardò, senza smettere di ridere. Ridevano perché la tensione non c'era più, ridevano perché era stata una brutta nottata, davvero, ma adesso era finita. La mano intorno al suo cuore si era trasformata in una manciata di soffici, sofficissime piume. Tutto era caldo, morbido, frizzante. Lo stomaco gli scoppiettava, lui era felice.
Era una bellissima giornata di sole, la luna era passata e Sirius era ancora lì - lì malgrado la luna.





Note del capitolo: Okkeeeei, Abraham Van Helsing nel romanzo era un cacciatore di vampiri, non di lupi mannari. Mi avete scoperta. x°D Ma in diversi film il personaggio (rivisitato) caccia un po' di tutto, e come alternativa non mi veniva in mente niente che non fosse Cappuccetto Rosso, perciò ha vinto Van Helsing.

L'ultima (ma non ultima, mwahaha!) domenica buia sarà pubblicata il 29 Maggio. Domenica scorsa Alla redazione del Cavillo è andata ad aggiungersi a Pensati così, a Tutto quel che ha un peso e ad A che servono i corpi.

Un grazie a tutti coloro che si fermano e lasciano un commento!

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Capitolo 8
*** 1973 - La partita Grifondoro contro Serpeverde ***



Terzo anno, 1973
La partita Grifondoro contro Serpeverde



Con la prima neve di dicembre, le vacanze di Natale che si avvicinavano a grandi passi e le lezioni che si facevano sempre più pesanti, la vaga percezione che aveva avuto che i suoi compagni di stanza stessero progettando qualcosa e non avessero intenzione di dirgli niente in proposito si trasformò, in Remus, in consapevolezza.
Sirius, James e Peter si appartavano troppo spesso per confabulare tra loro, durante le lezioni, nelle pause, la sera. Sirius, James e Peter lo tenevano d'occhio mentre lo facevano e, quando lo vedevano avvicinarsi, si interrompevano, si allontanavano e assumevano ridicole espressioni di innocenza. Sirius, James e Peter stavano tramando. Sirius, James e Peter stavano tramando qualcosa, e questo qualcosa, e questo qualcosa - Remus avrebbe potuto giurarlo - non gli sarebbe piaciuto affatto: lo intuiva dalla maniera in cui Sirius tirava su la testa con aria di sfida quando lui lo fissava, cercando di leggergli nella mente; dal modo in cui Peter cambiava discorso ogni volta che si arrivava a parlare di quello e, soprattutto, dal sorriso tremendamente colpevole di James.
Nel corso di quei tre anni, nei quali avevano condiviso un discreto quantitativo di bravate, Peter aveva dimostrato una certa attitudine alla menzogna: nel trovare scuse e giustificazioni da rifilare ai professori, o a chiunque altro necessitasse, era abilissimo; e, se Remus si era interrogato a lungo sull'opportunità che il suo segreto fosse condiviso con lui, ebbene, aveva scoperto d'essersi preoccupato inutilmente. Da Peter non sarebbe mai trapelato niente. Peter sapeva mentire.
Anche Sirius ne era capace: era troppo orgoglioso per farlo spesso, o per farlo con piacere, ma venire da una famiglia come la sua, pensava Remus, qualcosa dentro doveva avergli lasciato. Sirius era leale, ma non ingenuo.
Ad essere ingenuo era James: che, fiducioso oltre ogni ragionevolezza con quelli che aveva cari, era disastrosamente pessimo nel mentire agli amici.
Ed era anche, rifletté Remus esasperato, dopo aver passato un pomeriggio intero sulla gradinate deserte del campo da Quidditch nel tentativo di spremergli la verità, disastrosamente testardo. Aveva inizialmente provato a interrogare Peter ma, dopo che questi aveva svicolato sapientemente tra una domanda e l'altra, era passato a James. Provarci con Sirius era inutile: Sirius era furbo come James non sempre riusciva ad essere - non con quelli di cui si fidava - e Sirius era caparbio e orgoglioso. Se aveva deciso di non dirgli qualcosa, be', lui non sarebbe riuscito a strappargli la verità neanche con le tenaglie.
James gli rivolse un'occhiata che avrebbe dovuto essere, in partenza, d'innocenza addolorata e oltraggiata e che, nel risultato finale, risultò solo vagamente colpevole e comicamente impacciata:
- Davvero, Rem, non so di cosa stai parlando. Non ti stiamo nascondendo niente. Giuro. -
Remus gli rivolse un'occhiata incredula ma, prima che potesse dire qualunque cosa, una mano si poggiò sulla spalla di Remus, una su quella di James, e tra loro due sbucò la testa di Sirius.
- Che si trama, qui, alle mie spalle? - esclamò Sirius allegramente. E poi, girandosi per adocchiare Remus e strizzando amichevolmente la spalla di James. - Dovresti lasciarlo concentrarsi. In teoria dovrebbe essere qui per ripassare gli schemi per la partita di domani. Non vuoi ripassare gli schemi, James? Hughes si prenderà la tua testa, se perdete la partita di domani. -
James strizzò gli occhi, la bocca contratta:
- Ugh. E comunque noi non perderemo. I Serpeverde non hanno nessunissima possibilità di vincere. -
- E questa, Rem... - esclamò Sirius, spostando lo sguardo da un amico all'altro. - … si chiama modestia. -
E questo, Sirius, pensò Remus con una punta d'acidità, si chiama cambiare discorso. Rivolse la sua migliore occhiataccia prima all'uno, poi all'altro, e infine si sporse per guardar male anche Peter: così, per non far preferenze e non escludere nessuno. Peter finse di non accorgersene, ma si ritrasse impercettibilmente per essere coperto da Sirius; James tossicchiò e alzò gli occhi al cielo e Sirius prese a fischiettare, ostentando noncuranza.
Remus si arrese.
- Allora? - spronò James, con un sospiro. - Questi schemi? -

Aveva nevicato per tutta la notte ed Hogwarts si svegliò scoprendo uno strato soffice e bianchissimo deposto sulle scale, nei cortili e sui prati. Le guglie della scuola si stagliavano aguzze nel cielo di una mattinata che era invece limpido e ventoso, di un azzurro pulito privo di nuvole, inghirlandate di ghiaccio; le finestre erano incrostate da minuscoli, fragili cristalli gelati.
Scendendo al campo da Quidditch di buon mattino, e mescolandosi con il resto della scuola, Sirius, Remus e Peter si trovarono a scivolare giù per la strada deve le pozzanghere si erano ghiacciate.
- Vitious non dev'essere ancora passato. - grugnì Sirius. - O avrebbe usato quell'Incanto Salato che ci ha fatto vedere la settimana passata. -
- Incanto Salino. - lo corresse Remus, distrattamente.
Peter, che accanto a loro strizzava gli occhi fissando la strada che portava al campo da Quidditch, esclamò divertito:
- Guardate, c'è Snivellus. Non credevo che il Quidditch gli interessasse! -
Il viso di Sirius, che al sentir nominare Piton si era rabbuiato in un'espressione fosca, si allargò in un sorriso tanto beffardo da apparire crudele:
- E' la Evans che gli interessa, non il Quidditch. Non ho ancora capito perché la Evans gli stia appiccicata addosso, a quel piccolo, viscido bastardello untuoso... -
- Forse, ma solo forse, dev'essere perché sono amici. - commentò Remus, con aperto sarcasmo.
Sirius scrollò la testa e grugnì qualcosa di incomprensibile, prendendo a salire le gradinate degli spettatori verso il settore di Grifondoro; Lily Evans e Severus Piton, poco più avanti, stavano deviando verso gli spalti affollati dei Corvonero: probabilmente, si disse Remus, in cerca di una terra neutra dalla quale poter seguire la partita.
Severus Piton non gli piaceva: era arrogante, sarcastico, spietato con tutti coloro che non riteneva alla propria altezza e troppo imbevuto di ciò che era oscuro e infido per risultargli tollerabile. Ma non meritava, pensava Remus certe volte, l'ossessiva ferocia con la quale James e Sirius - e Peter al loro seguito - tendevano a farlo soggetto di tutti i loro scherzi. Lily Evans aveva tutti i diritti di questo mondo di frequentarlo, se così le andava.
Gli spalti erano già affollati, e loro tre faticarono a farsi largo e a trovare posto in mezzo a una folla di gente con sciarpe a strisce rosse e dorate. Qualcuno aveva montato un grosso stendardo di Grifondoro, sulla cima della gradinata, sul quale apparivano in lettere luminose, alternandosi, i nomi dei giocatori della Casa. Remus e gli altri riuscirono a sedersi schiacciandosi tra Frank Paciock, uno studente del quinto anno bonario e gentile che si scansò per far loro spazio, e un gruppetto di ragazzine del secondo anno che cominciarono a ridacchiare e arrossire alla vista di Sirius - che rivolse loro un sorriso abbagliante, scatenando una nuova ondata di risolini. Remus se ne sentì vagamente irritato, senza riuscir bene a capire perché.
I giocatori di Grifondoro, con le divise scarlatte, e quelli di Serpeverde, in verde smeraldo, uscirono dagli spogliatoi con Henry Hughes, capitano dei Grifondoro, e William Davies, capitano dei Serpeverde, ad aprire le file. Sirius si sporse per fischiare all'indirizzo di James, che entrò in campo reggendo la sua Nimbus 1000 con un sorriso di indolente allegria, l'espressione sicura di sé che, pensò Remus, doveva nascondere una buona dose di panico.
Mentre Madama Bumb montava in scopa e impugnava il fischietto, Bert Russell dei Tassorosso, dritto in piedi sulla tribuna dei professori, si schiarì la voce e annunciò nel megafono incantato:
- Serpeverde contro Grifondoro, seconda partita della stagione! Serpeverde guida il campionato con un vantaggio di duecentosessanta punti conquistato contro il Corvonero, difficile, molto difficile da recuperare e... sono partiti! La Pluffa è in mano a Leopold Nott del Serpeverde! Passa ad Alfred Turner, che passa... no, la Pluffa viene intercettata da Henry Hughes, la Pluffa è al Grifondoro! Ottimo passaggio a James Potter, attento a quel Bolide, Potter, e... e l'ha schivato, Potter ha schivato il Bolide di Matthew Avery! Punta verso i pali della porta, non ha nessuno davanti e... Grifondoro segna! -
Dagli spalti in rosso e oro si levò un'ondata di applausi, urla, fischi di incoraggiamento. Sirius balzò in piedi e prese ad urlare con entusiasmo:
- Vai così, James! -
La McGranitt, dalla tribuna dei professori, esultava senza preoccuparsi troppo della compostezza, sporgendosi dalla staccionata più che poteva per seguire il gioco.
- Il gioco riprende, palla al Serpeverde... Agnes Begbie in possesso di Pluffa, evita il Bolide di Hyerolfus Glacenspark, evita... no! No, l'ha presa! Il Bolide di David Webley ha preso in pieno Begbie, la Pluffa è ora nelle mani di Mary Macdonald... passaggio a Henry Hughes... passaggio di ritorno a Macdonald... ahi, ahi, ahi, il Bolide di John Twibell ha centrato in pieno la testa di Mary Macdonald, la Pluffa torna a Leopold Nott... passaggio ad Alfred Turner, è nell'area di rigore, tira e... non segna! Non segna! Janetta Thomas ha intercettato la Pluffa, passaggio a Henry Hughes, la Pluffa è ancora in gioco! Hughes punta verso William Davies, Capitano e Portiere Serpeverde... -
- Passala a James... - Remus sentì Sirius bisbigliare. - Passala a James, avanti, è scoperto! -
Sirius aveva gli occhi puntati sul campo, l'espressione un miscuglio di ansia, entusiasmo, euforia. Il viso sembrava scintillargli per l'eccitazione, e Remus sorrise.
- Grifondoro segna ancora! Venti a zero per il Grifondoro, il Grifondoro conduce la partita! -
Per festeggiare, James si lanciò in un giro della morte, prima di schizzare nuovamente a centro campo. Era bravo: anche un inesperto come Remus se ne accorgeva. James volava come se non avesse peso, come se la scopa non gli servisse poi davvero, dopotutto, come se avesse le ali. Quando la partita ricominciò, si lanciò verso il basso in un'ardita picchiata per recuperare la Pluffa e poi, piegando le ginocchia senza staccare le mani dalla palla, fece risalire la scopa e puntò verso la porta avversaria.
Sirius si sbracciò ad urlare, entusiasta, sovreccitato...
WHAM!
Un Bolide scagliato a piena forza da Avery prese James in piena nuca. Lo videro tutti barcollare, la scopa che ondeggiava, e scivolare in avanti lungo il manico di legno. Sirius urlò; anche Peter urlò, e Madama Bumb puntò verso di lui, pronta a recuperarlo prima che cadesse: ma James si aggrappò con la mano sinistra alla scopa e serrò le ginocchia, senza lasciar andare la Pluffa. Scivolò lateralmente e girò per un attimo, prima di riuscire a raddrizzare la scopa.
- Ottimo colpo da parte di Matthew Avery, ma James Potter è ancora in possesso di Pluffa... passa a Macdonald e... no! Non era un passaggio, ha tirato e... e SEGNA! Terza rete di fila in partita per Potter, il Grifondoro conduce per trenta a zero! -
Il Serpeverde giocava bene: erano coordinati ed erano aggressivi; e, mano a mano che la partita andava a loro sfavore, cominciarono a giocare sempre più scorrettamente. Un Bolide lanciato da Matthew Avery centrò in piena faccia Janetta Thomas, Portiere dei Grifondoro, quando la Pluffa non era nell'area di rigore, e Alfred Turner si aggrappò alla coda della scopa di Henry Hughes, bloccando un'azione. Madama Bumb assegnò due rigori ai Grifondoro, entrambi segnati, che si trovò così a condurre per cinquanta a zero.
Chris Halford e Apollon Webwick, Cercatori rispettivamente di Grifondoro e di Serpeverde, avevano continuato fino a quel momento a svolazzare al di sopra della partita, aguzzando gli occhi e cercando di individuare l'inafferrabile Boccino d'Oro: si era scatenato un tafferuglio, a un certo punto, quando Webwick si era lanciato in picchiata verso qualcosa che scintillava debolmente nel mezzo del campo; ma era stato intercettato da un Bolide di Hyerolfus Glacenspark, e il Boccino era nuovamente scomparso.
- Halford deve aspettare che la sua squadra sia in vantaggio di almeno centodieci punti. - Spiegò Sirius a Remus e Peter. - Possono riuscirci: i loro Cacciatori sono migliori, hanno un Portiere esperto e due ottimi Battitori. Possono farcela. Se ci riescono, passeranno in testa al campionato. -
- E se non ci riescono? - domandò Peter, senza staccare gli occhi dal campo da Quidditch.
Sirius scrollò le spalle:
- Ci sono sempre le partite di ritorno. -
- … e la Pluffa va a Serpeverde! - stava gridando Russell. - Leopold Nott tenta un passaggio azzardato verso Agnes Begbie, riesce! Begbie punta verso la porta di Grifondoro, schiva il Bolide di Glacenspark, schiva... attenzione, Agnes! Passa oltre Mary Macdonald, che tenta di intercettarla, è nell'area di rigore, tira... SEGNA! La Thomson non riesce a intercettare la Pluffa! E' la prima rete per i Serpeverde! -
Quando la Pluffa era passata attraverso l'anello centrale, oltre le mani di Janetta Thomson, urla di gioia si erano levate dagli spalti dei Serpeverde e avevano fatto da contrappunto al lungo, desolato, sonoro gemito dei Grifondoro.
- Grifondoro è ancora in testa per quaranta punti! Palla ai Grifondoro e... la Pluffa è nelle mani di Hughes! Passa a Macdonald! Passaggio di ritorno a Hughes! Ancora Macdonald, e... Bolide di Avery! Ottimo Bolide di Avery, la Pluffa cade, ma viene recuperata da James Potter! Supera Leopold Nott, supera... eccezionale! -
John Twibell aveva lanciato un Bolide contro James da forse cinque metri di distanza nello stesso momento in cui Alfred Turner si lanciava su di lui per prendergli la Pluffa: James si lasciò cadere su un fianco, schivando il Bolide e ritrovandosi appeso al manico della scopa solo per le ginocchia, e puntò la Nimbus 1000 verso il basso in una picchiata pressoché verticale. Alfred Turner, sopra di lui, venne preso in pieno stomaco dal Bolide di Twibell.
- Eccezionale manovra davvero, e Potter punta verso l'alto! Vira per evitare Agnes Begbie e... e segna! Sessanta a dieci per il Grifondoro! Sessanta a dieci per il Grifondoro! -
James segnò altre due reti nel giro di pochi minuti. Henry Hughes e Mary Macdonald funzionavano come un'eccellente macchina: evitavano gli avversari e portavano la Pluffa sana e salva da una parte all'altra del campo, e senza di loro il Grifondoro non avrebbe avuto un simile vantaggio: ma era James, alla fine, a segnare.
Segnò un'altra rete dopo un tentativo di rimonta - parato da Janetta Thomson - effettuato da Leopold Nott; con la rete di Mary MacDonald il Grifondoro si trovò a condurre con novanta punti di vantaggio.
- Altre due reti! - esultò Sirius, alzando i pugni. - Solo due reti! -
- E la Pluffa è ancora nelle mani di Agnes Begbie! Passaggio a Leopold Nott che... no! Per schivare il Bolide di Hyerolfus Glacenspark l'ha fatta cadere! La Pluffa va a Mary Macdonald! Passa a Henry Hughes, passa a James Potter, di nuovo a Mary Macdonald e... MA CHE DIAVOLO? -
Leopold Nott, Cacciatore di Serpeverde, aveva afferrato Mary Macdonald per una delle lunghe trecce brune e l'aveva strattonata: e la ragazza, per la sorpresa e il dolore, aveva lasciato la presa sulla Pluffa e sulla scopa ed era caduta con un grido di spavento. Madama Bumb era pronta con la bacchetta puntata a riacchiapparla, per fortuna, e Mary Macdonald planò con grazia fino a terra, dove atterrò senza farsi niente.
Il boato si levò contemporaneamente dagli spalti di Grifondoro, Corvonero e Tassorosso; dalla tribuna dei professori si udì la McGranitt strillare:
- Gioco scorretto! Gioco scorretto, fallo, fallo! -
- E l'arbitro rimprovera Leopold Nott per il placcaggio scorretto. Altro rigore per i Grifondoro. Mary Macdonald è nuovamente in sella alla scopa, la Pluffa va a lei! -
Mary Macdonald partì da centro campo, mentre tutti le facevano largo, e guizzò spedita verso la porta. Virò verso destra, e William Davies si lanciò per coprire i pali da quella parte; ma, all'ultimo minuto, la Cacciatrice impennò la scopa e si buttò a sinistra, lanciando la Pluffa con entrambe le braccia.
- SEGNA! Altra rete per il Grifondoro, conduce centodieci a dieci... Palla ai Serpeverde, la partita ricomincia! La Pluffa è di Nott! Schiva il Bolide di Hyerolfus Glacenspark, evita il contrasto con Henry Hughes... punta verso Janetta Thomson... attenzione! Bolide di David Webley, la Pluffa cade dalle mani di Nott! Alfred Turner vola per riprenderla, ma Henry Hughes l'ha già afferrata! Henry Hughes in possesso di palla... e Apollon Webwick si getta in picchiata! Apollon Webwick, Cercatore dei Serpeverde, ha visto il Boccino d'Oro! Chris Halford lo insegue, sono testa a testa... -
Il Boccino sembrava intensamente determinato a non farsi prendere: volò in un ampio semicerchio attorno agli spalti, guidando i due Cercatori in un inseguimento serrato.
- Glacenspark e Webley lanciano due Bolidi per rallentare il Cercatore di Serpeverde... che li evita! Chris Halford e Apollon Webwick sono ancora testa a testa! Henry Hughes passa a Mary Macdonald, Mary Macdonald passa a... PRESA! Il Bolide di John Twibell ha preso Macdonald, la Pluffa cade e James Potter è di nuovo sotto per prenderla... punta verso i pali... Leopold Nott gli viene incontro... -
Remus si ritrovò teso in avanti insieme a tutti i suoi compagni, teso, tesissimo, gli occhi fissi su James Potter, una saetta in divisa rossa, che schizzava in avanti, inclinava bruscamente la scopa verso sinistra per superare Nott e, senza rallentare d'una sola frazione, sfrecciava verso i pali. Chris Halford, molti metri più in alto, si tese verso il Boccino d'Oro, spalla a spalla con Apollon Webwick. Se non l'avesse preso lui, l'avrebbe preso Webwick. Se l'avesse preso Webwick, il Grifondoro avrebbe perso.
Dieci punti, pensò Remus. Soltanto dieci punti...
La mano di Chris Halford si tese in avanti. Il Bolide di Matthew Avery gli passò a pochi centimetri dal naso... James caricò la Pluffa, lanciò, William Davies si lanciò per intercettare il tiro... La Pluffa attraversò l'anello sul palo di destra nel momento stesso in cui la mano di Chris Halford si chiudeva intorno al Boccino.
Madama Bumb lanciò un lungo fischio per segnalare che la partita era finita, e Bert Russell, che fino a quel momento era rimasto con il fiato sospeso come tutti, esplose nel megafono:
- GRIFONDORO SEGNA! Dodicesima rete per il Grifondoro! Grifondoro è in vantaggio di centodieci punti e il Cercatore di Grifondoro prende il Boccino! Grifondoro chiude con duecentosettanta punti a dieci! Grifondoro vince! Grifondoro vince! -
Nell'esultanza caotica e confusa, con tutti gli occhi puntati su Chris Halford e Apollon Webwick, quasi nessuno si accorse di quello che stava accadendo nei pressi della porta Serpeverde: James Potter che si era lanciato a tutta birra contro i pali della porta e dritto nell'area di rigore, per paura di sbagliare il tiro, non era riuscito a frenare la scopa per tempo. Sbandò, verso destra, poi verso sinistra. La coda della sua Nimbus 1000 prese in pieno il palo e James si ritrovò a roteare a mezz'aria. Riprese il controllo della scopa, mentre Madama Bumb fischiava e puntava la bacchetta verso di lui, ma ormai era tardi.
Con le urla di quella parte degli spalti Grifondoro che stavano seguendo la scena ad accompagnarlo, James Potter tentò una planata che avrebbe potuto salvarlo, non riuscì a recuperare l'equilibrio e finì dritto dritto in mezzo alle gradinate dei Tassorosso, seminando il panico tra gli studenti.





Note del capitolo: Partiamo dal Grifondoro. Tralasciando James, vi è una Mary Macdonald segnalata dalla Signora Autrice (e presente nel quinto libro) come coetanea e compagna di Casa di Lily Evans; Henry Hughes è invece bellamente inventato (ma un certo Henry Lloyd-Hughes interpreta Roger Davies nel quarto film); allo stesso modo sono inventati Janetta Thomas, David Webley e Chris Halford. Hyerolfus Glancenspark è il papà Prestamente di Angie.
Si ha notizia di un certo Leopold Nott nell'universo di Harry Potter; i suoi rapporti con il Nott coetaneo di Harry non sono chiari. Io ho immaginato potesse essere uno zio, o qualcosa del genere. Alfred Turner è inventato, e così Agnes Begbie: che, però, è in qualche modo parente del Begbie che appare nel sesto libro della saga; così come William Davies è forse parente di Roger Davies. Matthew Avery è l'Avery poco più vecchio dei Malandrini che sarà presto Mangiamorte. John Twibell è inventato di sana pianta; Apollon Webwick è lo zio di Aracne.

La data di produzione della Nimbus 1000, antenata della ben più famosa prima scopa di Harry Potter, è il 1967: qualche anno prima dell'arrivo a scuola dei Malandrini, e in un'epoca dove probabilmente il ricambio interno alle marche - così come avveniva per i prodotti Babbani - era più lento.

Lunedì ho pubblicato Trentacinque cose (e una di più), improbabile one-shot su Draco ed Harry. Non fatemi domande alle quali non saprei come rispondere, vi prego. x°D
Grazie a tutti quelli che si fermano, con infinita pazienza, a lasciarmi sempre un parere!

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Capitolo 9
*** 1973 - Il giorno di Natale ***



Terzo anno, 1973
Il giorno di Natale



- Due costole fratturate, una caviglia slogata e un occhio nero, per essere caduto da una scopa in corsa a quaranta piedi d'altezza. - Esclamò Sirius due giorni più tardi, mentre scendevano i pochi gradini che separavano il portone di Hogwarts dal parco. Scosse la testa, l'espressione divertita, prima di battere una pacca sulla spalla di James. - Se lo raccontassi a qualcuno, Jamie, non ci crederebbe. -
- E non dimentichiamoci che ha abbattuto il professor Vitious. - rimarcò Peter. Sembrava straordinariamente di buonumore, quella mattina, un po' come lo erano tutti: era difficile non essere contenti mentre ci si preparava a due deliziose settimane di vacanze di Natale.
- Ooooh! - esclamò Sirius, socchiudendo gli occhi con aria estasiata. - Sì. Il professor Vitious, centrato in pieno. Hai una mira rimarchevole, James, per averlo centrato a quella distanza. Sai... - si guardò per un attimo intorno, come a controllare che non ci fosse nessuno di inopportuno a portata di orecchie, prima di ghignare: - … bersaglio piccolo. -
James rise, ma Remus bofonchiò:
- Oh, piantatela, voi due, o vi faccio cadere questo in testa. -
Agitò la bacchetta e il baule di James, sospeso a mezz'aria sopra di loro grazie ad un Incantesimo di Levitazione, si mosse minacciosamente per sottolineare le sue parole. Peter si rannicchiò impercettibilmente dietro alle spalle di Sirius, sbirciando verso l'alto nervosamente, e James azzardò un sorriso conciliante all'indirizzo di Remus, cercando di rabbonirlo; Sirius, invece, sbuffò e intrecciò le dita dietro alla nuca: Remus s'aspettava un commento sarcastico da parte sua, ma non ne arrivò nessuno.
Aiutarono James e Peter a caricare i bauli sulla carrozza che li avrebbe portati fino ai binari dell'Espresso di Hogwarts, e James mugugnò, guardandoli:
- Avrei voluto che i miei non mi dicessero di tornare a casa, per Natale. -
A quelle parole Sirius si irrigidì lievemente, al fianco di Remus: ma poi si cacciò le mani in tasca e buttò indietro la tasca, sogghignando:
- Rem mi farà studiare anche il giorno di Natale. Goditi le vacanze, Jamie... - Si allungò e buttò un braccio oltre le spalle di Remus, sporgendosi per rivolgergli un sorrisetto beffardo. - … penserò a tutto io, qui. -
Remus aggrottò la fronte e Peter, con un piede già nella carrozza, rise forte. James si allungò per acchiappare un braccio di Sirius, strattonandolo:
- Vieni un attimo, voglio parlarti di una cosa. -
Sirius alzò nuovamente gli occhi al cielo, prima di seguirlo; Remus rimase a guardarli mentre si allontanavano, aggirando la carrozza e confabulando l'uno piegato verso l'altro, e, tutto ad un tratto, si girò per interrogare Peter:
- Me lo vuoi dire, adesso, cosa state complottando? -
Peter sorrise, nervosamente, e scrollò le spalle:
- Non stiamo complottando proprio niente, Rem. Che cosa te lo ha fatto pensare...? -
Remus alzò un sopracciglio, l'espressione incredula e oltraggiata, e Peter ridacchiò e cambiò discorso:
- Guarda, stanno già tornando! -
James aveva la fronte corrugata e continuava a rivolgere a Sirius occhiate espressive... tutte beatamente ignorate dall'amico.
- Ricordatevi di mandarci i regali. - raccomandò Sirius a Peter. - Tanti regali molto costosi. -
- Vi scriviamo presto! - esclamò James fissandolo, con un'espressione che sottintendeva perciò bada a quel che fai.
Sirius e Remus rimasero a guardare la carrozza che si allontanava, per un lungo istante, prima che Sirius distogliesse lo sguardo ed esclamasse:
- Saresti dovuto tornare a casa anche tu. -
No, pensò Remus, perché se l'avesse fatto Sirius avrebbe trascorso tutte le vacanze di Natale da solo. Sirius non voleva tornare a casa: il Natale ad Hogwarts doveva sembrargli di gran lunga preferibile a un Natale con i Black. Gli erano arrivate diverse lettere da parte di sua madre, agli inizi di dicembre, ma Sirius le aveva strappate tutte, cacciandole nel fuoco dopo averle lette frettolosamente.
- I miei vanno a trovare i miei nonni. - spiegò. - Sai, i miei nonni non hanno mai accettato davvero il mio, uh... il mio... - Remus si guardò intorno, controllando di non avere nessuno a portata d'orecchio.
- Problema peloso. - disse per lui Sirius, con un nuovo ghigno. - Piccolo problema peloso. -
Remus bofonchiò qualcosa di incomprensibile, assentendo.
- E' meglio se vanno senza di me. Passeranno un Natale più sereno. -
Se ne stettero per un lungo istante silenziosi e quieti, le loro spalle che si sfioravano quasi in cerca di sostegno. Alla fine, fu Remus a parlare per primo, sollevando gli occhi per fissare Sirius in faccia:
- Voglio sapere che cosa state progettando te, James e Peter, e non metterti a inventare scuse idiote, ora, o a dirmi che non state progettando niente, che non c'è niente da sapere, perché, be', è un'idiozia! -
- Ah... - esclamò Sirius, il sorriso beffardo. - … danno fastidio, i segreti, eh? -
Remus serrò le labbra e Sirius, quasi a volersi scusare di quel che aveva appena detto, si piegò e gli assestò una lievissima spallata:
- Domani. - gli promise. - Te lo racconto domani. -
Remus lo fissò, scettico:
- Domani? -
- Domani. - confermò Sirius. E poi propose, con un sorriso tanto acceso che Remus si sentì immediatamente propenso a perdonargli il brusco cambio di discorso: - Ho trovato un passaggio nascosto al terzo piano, dietro alla statua di Gregory il Viscido. Vogliamo andare a dare un'occhiata? -

- - -



Il giorno di Natale la Sala Grande era addobbata a festa: dal soffitto prendevano grandi festoni di uno strano tipo di pungitopo, adorno di bacche rosse grosse come piccoli pugni, e scintillanti decorazioni di ghiaccio che catturavano la luce e la riflettevano intensificata. Quattro grandi alberi di Natale riempivano gli angoli, decorati con tutto quel con cui era possibile decorarli, dalle fette di arancia e albicocca essiccate alle palle di cristallo, e con grossi fiocchi rossi, gialli, verdi e blu appesi a pendere dai rami.
Erano rimasti troppo pochi studenti per riempire le quattro tavolate delle Case: il Preside le aveva fatte scomparire con un colpo di bacchetta e professori e allievi si erano seduti insieme, per il pranzo di Natale, ad un grande tavolo allungato trasversalmente nella Sala. Sirius e Remus avevano trovato posto accanto ad una coppia di graziose Corvonero del primo anno che avevano preso a ridacchiare, alla vista di Sirius, adocchiandolo e sporgendosi l'una verso l'altra per cinguettare entusiaste. Dall'altra parte del tavolo, Danny Reeves di Tassorosso - Cacciatore per la squadra della sua Casa e persona enormemente gradevole - sorrise ad entrambi e allungò loro un piatto pieno di costate di manzo.
Sui vassoi c'era veramente di tutto, com'era la sera del banchetto d'arrivo. Presero dai vassoi un po' di questo e un po' di quello, e Remus finse di non vedere ogni volta che Sirius allungava la forchetta per sottrargli qualcosa dal piatto. Risero quando il professor Vitious - che era diventato leggermente brillo a causa di tutte le volte in cui Horace Lumacorno, Capo della Casa di Serpeverde e insegnante di Pozioni, si era sporto per riempirgli il bicchiere di vino - incantò il tacchino ripieno di prugne e mele e questo schizzò sulle due zampe posteriori come se avesse ripreso vita, cominciando a correre su e giù lungo il tavolo e sbattendo le alette spiumate e arrostite; e risero ancora più forte quando il Preside, che aveva appena aperto uno dei piccoli involti, sparpagliati per tutta la tavolata, che contenevano minuscoli regali, ne estrasse un cappello appuntito di un assurdo colore rosa e lo offrì all'anzianissimo Professor Silvanus Kettleburn di Cura delle Creature Magiche. Il vecchio prese il cappello e, senza fare una piega, lo sostituì al proprio, raddrizzandolo con un colpetto di una delle lunghe mani ossute e piene di macchie e cicatrici.
Era il primo Natale che Remus trascorreva ad Hogwarts, lontano da casa: e, pensò, era magnifico. Avrebbe voluto non finisse mai.
Sazi come uova ripiene, gli studenti rotolarono fuori dalla Sala Grande, più che camminare, e sciamarono nel parco di Hogwarts. La neve imbiancava i prati e gli alberi in uno strato tanto alto che, quando cedeva sotto ai piedi, si finiva sprofondati in essa fino alle ginocchia. I Grifondoro prepararono due grossi fortini nei pressi della Foresta Proibita e Remus si lasciò coinvolgere, insieme agli altri, in una battaglia a colpi di palle di neve: quando i Tassorosso vennero da loro, chiedendo di potersi unire, sembrò naturale che le due Case si mescolassero, qualche studente da una parte, qualche studente dall'altra. Sembrò stupido rifare le squadre. Erano tutti amici. Era tutto perfetto.
Era stata una gran giornata, pensò Remus mentre rientrava, esausto e stanchissimo e affamato, trascinandosi dietro Sirius. Il sole stava calando in quel momento dietro le montagne e, pensò sentendo il suo stomaco gorgogliare, probabilmente ci sarebbe stata ad aspettarli la merenda di Natale, con i panini al tacchino e i grassi muffin pieni di burro, di mirtilli e di cioccolato, vassoi di biscotti, ciotole di zuppa inglese e tè ad annaffiare il tutto.
- Non mi hai ancora detto... - disse a Sirius, mentre attraversavano un corridoio, diretti alla Torre di Grifondoro. - … che cosa mi state nascondendo. Avevi promesso che me l'avresti detto oggi. -
Sirius si fermò e si guardò intorno. Non c'era nessuno, lì con loro: ma, per sicurezza, il ragazzo avanzò e spinse Remus nel vano di una grande finestra ad arco. S'appoggiò al vetro con un gomito e gli sorrise, finalmente, scoprendo i denti in una maniera tutta felina e molto... siriusesca. - Stavamo pensando che non ci piace che tu te ne vada in giro da solo, durante la luna piena. - commentò con noncuranza. - Dicono che di notte si facciano brutti incontri, sai? Incontri pelosi. -
- Voi non verrete con me. - sbottò Remus, sibilando, il viso contratto per la rabbia e l'agitazione.
Sirius alzò gli occhi al cielo:
- Noi verremo con te. - replicò. E poi, prima che Remus potesse dire qualunque cosa: - Solo, non così. -
Remus si sentì confuso, tutto ad un tratto:
- Cosa intendi dire? -
- Non così. - ripeté Sirius, scrollando le spalle. - Hai visto cosa ci ha fatto vedere la McGranitt all'inizio dell'anno? Quella lezione sugli Animagi...? Ebbene, io e James ci abbiamo pensato sopra e... -
- Animagus, Sirius? - lo interruppe Remus, sbalordito. Per un attimo stentò a dare un senso alla frase. Sirius non poteva parlare sul serio, giusto? Giusto? - Avete seriamente pensato di diventare Animagi? -
- Stiamo seriamente pensando di diventare Animagi. - lo corresse Sirius. Si cacciò le mani nelle tasche e spostò il peso da un piede all'altro: tutto ad un tratto sembrava a disagio. - Abbiamo usato il Mantello per entrare in Biblioteca di notte, durante l'ultima luna piena, e abbiamo fatto delle ricerche e... e crediamo di potercela fare. E non puoi impedircelo. - sentenziò fermamente non appena Remus aprì bocca e fece mostra di voler parlare. - L'abbiamo deciso noi. E' per questo che non te volevamo parlare: sapevamo che avresti dato di matto. -
Remus non seppe cosa dire. Si trovò tutto ad un tratto ad avere per le mani qualcosa di grosso, qualcosa di troppo grande: più grande della luna e delle sue fasi, perché questo qualcosa che Sirius gli stava offrendo coinvolgeva non solo Remus, o i suoi genitori, ma anche loro, i suoi migliori amici. I suoi migliori amici che si offrivano di restare con lui durante i suoi momenti peggiori, di non lasciarlo solo. Che volevano cambiare per lui.
Si girò e uscì dalla nicchia della finestra, prima di prendere lentamente a salire le scale. Sentì, più che vedere, che Sirius gli s'era affiancato. La voce dell'amico suonò solo un po' più cauta del solito, per una volta per nulla venata di sfida:
- Sei arrabbiato? -
- Molto. - rispose Remus, ma non lo pensava per niente. Sirius dovette leggergli la verità sul viso, perché ghignò e gli chiese:
- Ma davvero? -
Remus alzò gli occhi al cielo e sbuffò, esasperato:
- Sì. E' un'idea idiota. Un'idea idiota e pericolosa. -
Sirius si azzardò ad avvicinarglisi un altro po', finalmente, buttandogli un braccio attorno alle spalle. Sirius era caldo: Remus aveva ancora addosso il mantello bagnato di neve, e i corridoi del castello erano freddi e umidi, ma Sirius era caldo, era solido. Remus si sentì, tutto ad un tratto, gloriosamente felice.
- Sarà fantastico. - gli assicurò Sirius, facendo seguire alle parole l'ennesimo sogghigno: - Vedrai. Sarà fantastico. -
- E' una stupidaggine. - bofonchiò Remus, e quel che pensava era lo so.
Lo so, sarà fantastico. Sarebbe stato fantastico.





Note del capitolo: La McGranitt mostra ad Harry e agli altri la sua forma da Animagus - spiegando di cosa si tratta - proprio al terzo anno.
Non sono certa che Horace Lumacorno fosse ancora in giro per insegnare, durante gli anni ad Hogwarts dei Malandrini: perché quando Draco, in Harry Potter e il Principe Mezzosangue, parla a Lumacorno di un parente evidentemente da questi conosciuto (sperando di guadagnarne il favore) fa riferimento a suo nonno, non a suo padre, da quel che ricordo. Non è tuttavia segnalato nessun altro professore di Pozioni tra Lumacorno e Piton, perciò ho preso quel che potevo. x°D
Silvanus Kettleburn va in pensione l'anno in cui Hagrid diviene professore (ossia al terzo anno di Harry, Ron ed Hermione); e sembra fosse stato in giro per Hogwarts per molti anni, prima. Un discorso simile vale per Filius Vitious.

Aggiornamento: Come giustamente mi ha fatto notare Ravenwood, se la studentessa preferita di Lumacorno era Lily, difficilmente Lumacorno non era in giro al tempo dei Malandrini. Perché io sono imbecille. *_*
Per quanto riguarda Lucius... forse non gli piaceva troppo? x°D

Un grazie a tutti voi che vi fermate sempre per lasciarmi un'opinione. (Numerosi) lettori silenziosi, avrò mai un parere anche da voi?

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Capitolo 10
*** 1974 - Quel che sta cambiando ***



Quarto anno, 1974
Quel che sta cambiando



Mancavano pochi giorni a San Valentino il mattino in cui Allyson Parker, una Tassorosso del quarto anno, fermò Remus all'uscita dalla Sala Grande chiedendogli se gli avrebbe fatto piacere, per caso, venire ad Hogsmeade con lei.
La domanda giunse così inaspettata e improbabile che per un lungo attimo Remus non riuscì ad elaborare. Aprì bocca, la richiuse, e disse la prima cosa di senso compiuto che gli passò per la testa:
- Mi dispiace, ma ci vado già con i miei amici. -
Allyson Parker arrossì vivamente e la ragazza che era con lei - una corpulenta, massiccia studentessa dal cipiglio fiero - rivolse a Remus un'occhiataccia che gli fece desiderare, per un attimo, di poter sollevare con un incantesimo una lastra del pavimento e sotterrarcisi sotto.
Gli ci volle un attimo per riprendersi: e, nel frattempo, Allyson Parker e la sua amica si erano già dileguate in mezzo alla folla.
- Mi dispiace! - le gridò dietro, senza sapere se l'aveva sentito oppure no.
Non avrebbe voluto raccontare agli altri quel che era successo: ma James aveva visto tutta la scena, e ovviamente, pensò Remus acidamente, James non poteva tenersi per sé la storia, no, sarebbe stato troppo chiedergli una cosa del genere. James l'aveva raccontato a Sirius, ed entrambi l'avevano raccontato a Peter, e adesso tutti e tre si stavano facendo delle grasse risate nella loro stanza nella Torre di Grifondoro.
- Avreste dovuto vedere la sua faccia! - sghignazzò James. - Impagabile! -
- Sul serio, Remus... - intervenne Sirius, piegato in due e con le lacrime agli occhi per il troppo ridere: - … ci vado già con i miei amici, che cos'è? Un tentativo di mantenerti vergine fino ai quarant'anni? -
Remus avrebbe tanto voluto essere capace, come la McGranitt, di esprimere la più profonda, indignata e agghiacciante riprovazione con un solo sguardo: ma tutto quel che riuscì a fare, aggrottando la fronte e gettando occhiate fulminanti tutt'attorno, fu causare un'altra ondata di risa.
- Non c'è niente da ridere! - sbottò alla fine, gettando alle ortiche la sua risoluzione di mantenere un dignitoso, riserbato silenzio. - Non è stato affatto divertente! -
- E invece è divertentissimo! - obiettò Sirius, il ghigno che andava da una parte all'altra della faccia.
- Non avevo neanche capito cosa volesse da me! - grugnì Remus, esasperato.
- Tu non avevi capito. - Sirius si interruppe e sgranò gli occhi in un'espressione incredula. - Rem, che cosa avrebbe dovuto fare, la Parker, per farti afferrare che le piaci e che voleva uscire con te per questo? Mettere su un cartello? Attenzione, signor Remus Lupin, lei ha risvegliato il mio interesse? Signor Remus Lupin, vorrei approfondire la nostra reciproca conoscenza, cordialmente sua, Parker Allyson? Cercasi Remus Lupin disperatamente? -
Remus, malgrado tutti i suoi sforzi, non riuscì proprio a farne a meno: alzò la mano destra per nascondere il sorriso sbucatogli in faccia a tradimento, fingendo di massaggiarsi la radice del naso tra pollice e indice.
- D'accordo, forse era abbastanza evidente. E' solo che mi ha preso alla sprovvista. E comunque vengo davvero a Hogsmeade con voi, no? Non era una bugia! -
- Candido e innocente. - sentenziò Sirius, sbattendo le palpebre come a voler mettere in mostra le ciglia, la testa piegata da una parte e un sorriso angelico sulla faccia. - L'hai sentito, James? -
James non poté rispondere: stava rotolando sul letto, ansimando per il troppo ridere. Remus grugnì, afferrò la borsa e stabilì che quello potesse essere un buon momento per una fuga strategica - l'unico espediente, rifletté, in grado di salvare quel poco che restava della sua dignità.

L'anno era cominciato senza troppe novità. Sirius, Peter, Minus e Remus avevano portato avanti una serrata corrispondenza via gufo per tutta l'estate, parlando di tutti quei progetti personalissimi e privati dei quali sarebbe stato meglio che i loro genitori non sapessero niente: i nuovi passaggi segreti che avevano scoperto alla fine del terzo anno e i modi migliori per metterli a frutto, la piccola vendetta da portare avanti contro Severus Piton - colpevole di aver causato un piccolo disastro nella classe di Pozioni del professor Lumacorno, grazie a due gocce di sangue di drago lasciate ingegnosamente cadere nel paiolo giusto, e di aver fatto ricadere la colpa su Sirius, facendo perdere venti punti a Grifondoro a causa sua - e, soprattutto, il Grande Piano Fuffoloso.
Grande Piano Fuffoloso era il nome che Sirius e James avevano dato al loro progetto per diventare Animagi prima della fine della scuola. Era un nome sufficientemente idiota da suonare innocuo ad eventuali orecchie inopportune, e Sirius non riusciva a smettere di sghignazzare ogni volta che lo pronunciava. Gabrielle Lupin, che s'era trovata per caso tra le mani una lettera indirizzata al figlio, un giorno che era entrata nella sua stanza per ripulirla, si era limitata ad alzare una palpebra con aria stupita e ad andarsene senza fare commenti.
Le cose procedevano bene. Il Piano Fuffoloso teneva James e Sirius sufficientemente impegnati da non avere il tempo di combinare altri guai: erano in biblioteca di notte e di giorno, grazie al Mantello dell'Invisibilità, con Peter che li seguiva docilmente e strizzava gli occhi sbadigliando sui grossi tomi polverosi degli scaffali più alti. Remus aveva preso a fare ricerche con loro. Non voleva veramente che riuscissero, questo no. Era pericoloso. Non avrebbero dovuto provarci. Non voleva che riuscissero... ma se non avessero fallito, pensava certe volte, se ce l'avessero fatta...
Sarebbe stato stupendo. Niente più notti di luna da passare da solo, bianchissime e vuote. Non avrebbe più dovuto temere di poter far loro del male.
Il professore di Difesa Contro le Arti Oscure era quest'anno un ragazzo giovane e impacciatissimo che sembrava poco più vecchio degli studenti ai quali insegnava. Si chiamava David Tipperary, e balbettava vistosamente durante le lezioni: però si era offerto di dare a Remus lezioni private, dicendo che era portato. Avevano cominciato con l'Incanto Patronus, e a Remus sembrava di levitare per l'orgoglio e l'entusiasmo. Aveva ancora il Rivelatore regalatogli per l'ingresso ad Hogwarts, in una tasca, e certe volte lo tirava fuori, lo guardava e si chiedeva se dopotutto il suo futuro non avrebbe potuto essere quello. Era una cosa che gli piaceva, una cosa in cui era bravo. Anche la professoressa Vance si era sempre complimentata con lui.
Uno dei passaggi segreti che lui e Sirius avevano trovato l'anno prima portava dritto dritto nella cantina di Mielandia: e questo significava avere dolci tutto l'anno, ogni volta che volevano, e poter sgattaiolare in giro per Hogsmeade, sotto il mantello, in cerca di avventure. Qualche volta Remus si vergognava di quel che stavano facendo: era contro le regole della scuola, era contro le regole di Silente, e Silente gli aveva permesso di essere uno studente come tutti gli altri. Ma poi Sirius gli proponeva qualcosa di nuovo, sorrideva ed era entusiasta e contento, e Remus non sapeva dire di no a quel sorriso.
Le cose andavano bene. C'era solo questa storia qui, del tutto inaspettata, che gli era piombata addosso all'inizio dell'anno e che l'aveva scioccato.
Con l'inizio del quarto anno era entrata a far parte del mondo di Remus Lupin la categoria imprevedibile e assolutamente sorprendente delle ragazze.

Non era solo Allyson Parker, erano tutte. Improvvisamente sbucavano fuori dagli angoli, si materializzavano al suo tavolo, e Remus si scopriva ad accorgersi con evidenza crescente delle occhiate adoranti che Mary Macdonald gettava a Sirius, e il modo in cui Sirius le ricambiava con distratta, scanzonata gentilezza; di Peter che arrossiva e che si inebetiva a fissare il punto in cui il seno di Kate Weatherby tendeva la divisa di Hogwarts, di James che guardava sempre dall'altra parte della tavolata di Grifondoro e sembrava cercare qualcuno.
- Non ti si fila. - ghignò Sirius, sporgendosi verso James per bisbigliargli in un orecchio a metà della cena. - Trovatene un'altra, Potter! -
James distolse di scatto lo sguardo dalla persona che stava fissando e grugnì qualcosa che suonava molto come un non so di cosa stai parlando.
Remus sapeva benissimo di cosa Sirius stesse parlando. Dall'altra parte della tavolata, seduta tra Mary Macdonald e un gruppetto di primini, Lily Evans sfoggiava un sorriso radioso, scintillante come le cascate di smeraldi che tintinnavano nella clessidra dei Serpeverde. Non guardava verso di loro: non trovava simpatici né Sirius né James né Peter; e, fino all'anno prima, Remus avrebbe detto che l'antipatia era reciproca.
Era cambiato qualcosa, quest'anno - o forse era sempre stato così, ed era stato lui a non accorgersene mai.





Note del capitolo: Niente da dichiarare, direi. x°D E' un capitolo piano e privo di eventi.
Il professore di Difesa contro le Arti Oscure e un paio delle ragazze a spasso per il capitolo sono opera mia, tutto il resto è come sempre della Signora Autrice.

Grazie a chi si ferma e a chi si fermerà, e buone vacanze a tutti coloro che (guh!) se le stanno già godendo.
Probabilmente chi è ancora sotto esami avrà ben altro da fare che non leggere questo capitolo, ma in bocca al lupo a tutti v(n)oi!

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Capitolo 11
*** 1974 - In gita ad Hogsmeade ***



Quarto anno, 1974
In gita ad Hogsmeade



- Non è una buona idea. - mugugnò Remus dritto in un orecchio di Sirius. Ebbe la strana soddisfazione, nel buio pesto del passaggio nel quale erano al momento chiusi, con tutta la luce fornita solo dalla minuscola fessura che faceva loro da finestra sul mondo, al momento, di vedere Sirius rabbrividire e ritrarsi.
- Non bofonchiarmi sul collo, Remus, mi fai venire la pelle d'oca. Non è una buona idea, non si fa... quanti anni hai, cinquanta? -
- Abbassate la voce, voi due! - sibilò James, assestando una gomitata alla cieca che mancò Sirius e Remus e prese invece Peter nel costato. - Ugh. Scusa, Peter. Abbassate la voce, tutti quanti, o ci farete beccare! -
- A cosa serve il tuo mantello, Jamie, se non a tirarci fuori dai guai in caso di bisogno? -
- E come c'entriamo in quattro sotto al mantello, gran furbo? -
- Sssssh! -
Si zittirono tutti e quattro, gli occhi fissi sulla fessura: c'era l'aula di Pozioni, dall'altra parte, e, benché non fosse orario di lezione, c'era qualcuno seduto ad uno dei banchi proprio davanti alla cattedra, a meno di tre passi dalla fessura. Questo qualcuno tirò su occhi sospettosissimi e una fronte corrugata, tutto ad un tratto, guardandosi intorno come se avesse sentito qualcosa; i quattro nascosti nel passaggio segreto arretrarono d'un passo, nervosamente, quando gli occhi di Severus Piton si fissarono precisamente sul punto nel quale erano nascosti. Per un attimo Remus ebbe l'impressione che Piton sapesse, che sapesse che erano lì e che potesse andare a tirarli fuori, o a chiamare un professore - anche se era impossibile, lo sapeva, perché il passaggio era incantato per occultare i rumori non troppo alti - ma poi Piton abbassò nuovamente lo sguardo sul calderone che gli ribolliva davanti e i quattro Grifondoro tirarono un sospiro di sollievo.
- Facciamolo e andiamocene! - bisbigliò Peter, agitato. - Se torna Lumacorno... -
- Oh, tornerà. - ghignò Sirius. - Tornerà eccome. Vuole farlo lei, signor Potter? -
- Non mi permetterei mai di toglierle il piacere, signor Black. - replicò James, cerimoniosamente.
- Possiamo farlo insieme, signor Potter. Che cosa ne dice? -
- L'idea mi sembra eccellente, signor Black, e... -
- Vi do trenta secondi per lanciare quello stramaledettissimo incantesimo: dopodiché, darò l'allarme personalmente, vi giuro, se devo stare a sorbirmi ancora molto di questo stupido teatrino! -
- Il signor Lupin! - sospirò Sirius, cominciando a rimboccarsi le maniche. - Così impaziente, ma questa sua aggressività animalesca è così affascinante, non è vero, signor Potter? -
- Certo, certo, ma direi anche che ha un carattere piuttosto peloso, non so se mi spiego... -
- Ma non si può dire che se ne vada mai con la coda tra le gambe! -
- Né che abbia peli sulla lingua. E comunque perde il pelo ma non il... -
Remus ringhiò sonoramente. James e Sirius sogghignarono mentre puntavano le bacchette, attraverso la fessura, nella direzione del calderone di Severus Piton e bisbigliavano:
- Enflato. -
Per un attimo sembrò che non fosse successo niente: Piton finì di affettare le sue code di toporagno e le buttò nel calderone un cucchiaio alla volta, prima di immergere il mestolo e cominciare a girare in senso orario. Poi, aggrottò la fronte.
Una grossa bolla esplose sulla superficie della pozione in preparazione. Piton si piegò e controllò il fuoco che scoppiettava sotto il calderone: mormorò un incantesimo per abbassarne la temperatura e si raddrizzò. Un'altra bolla. La pozione aveva un orribile colorito giallastro, e l'odore che filtrava attraverso la fessura e fin dentro lo stretto passaggio segreto era rancido e opprimente. Remus fu colto, tutto ad un tratto, da un pensiero preoccupante:
- Sei sicuro che lì dentro non ci sia niente che possa fargli male sul serio? -
James scosse la testa.
- Ho sentito che parlava con Lumacorno, prima, diceva di volersi esercitare a preparare la Pozione Dilatante. Madama Chips lo rimetterà a posto in un baleno. -
Tutta la superficie del paiolo, ora, ribolliva e spumeggiava minacciosa. Severus Piton spense il fuoco e spedì il calderone su un tavolo vicino con un colpo di bacchetta. Fu un errore: la pozione ondeggiò, e tutto ad un tratto la miriade di bolle d'aria che l'incantesimo di Sirius e James aveva fatto accumulare sul fondo del calderone esplose, spedendo la pozione ovunque nell'aula di Incantesimi.
Piton si riparò la faccia con le mani e si ritrovò con due mani enormi, pesantissime, grosse quanto sedie; le braccia erano mostruosamente allungate, i gomiti deformati, e i piedi, schizzati dalla Pozione Dilatante, sembravano piccole barche. Urlò per la sorpresa e per il bruciore, incredulo, e arretrò.
Remus sentì un rumore di passi che s'avvicinavano alla classe: afferrò il braccio di Sirius e lo tirò, con urgenza.
- Lumacorno sta tornando. - bisbigliò.
Peter, alla sua sinistra, sussultò:
- Andiamocene, accidenti! -
La porta dell'aula di Pozioni si spalancò, mentre Lumacorno entrava domandando preoccupato:
- Va tutto bene, mio caro raga... oh, per la barba di Merlino! -
Sirius soffocò una risatina, mentre sgattaiolavano tutti e quattro giù per il passaggio, che si perse tra le volte di pietra.

- - -



James e Sirius trascorsero i tre giorni successivi a bearsi della riuscita del loro piano. Lumacorno si era convinto che Piton avesse sbagliato qualcosa nella temperatura alla quale andava preparata la Pozione Dilatante, e aveva stabilito che Piton avrebbe potuto esercitarsi nuovamente nella sua classe solo con la sua assistenza, per un po': il che significava molto meno tempo passato nell'aula di Pozioni per il signor Severus Piton, aveva detto James, e la cosa non poteva che fargli bene. Magari avrebbe fatto fare un po' di movimento a quelle sue flaccide braccia, nel tempo libero, o si sarebbe messo al sole per vedere se riusciva a non assomigliare più a una medusa arenata sulla spiaggia, o, magari, si sarebbe depilato un po' quelle orride sopracciglia. James e Sirius erano praticamente convinti di avergli fatto un piacere, pensò Remus.
Si sentiva discretamente in colpa, e vagamente disgustato da sé stesso. Severus Piton aveva giocato uno scherzo crudele a Sirius, sicuro, e forse si meritava una piccola vendetta: ma prima del dispetto fatto a Sirius ce n'erano stati molti altri fatti a lui e, insomma... Remus amava i suoi amici. Li amava infinitamente. Li amava più di quanto amasse qualunque altra cosa ad Hogwarts: ma, malgrado questo, non era così cieco da non accorgersi dei loro difetti, delle loro mancanze, dei loro sbagli. Sirius era crudele, certe volte, e James era arrogante, certe volte, e Peter era vigliacco, certe volte... be', spesso.
E Remus? Remus era vigliacco proprio come Peter, si diceva ogni tanto, perché non li fermava mai. Non trovava divertente quel che facevano, ma non li fermava: perché, durante gli scherzi, durante le lezioni e il tempo libero, sempre, loro erano una squadra. Facevano muro contro gli altri, e questo significava essere sempre insieme, pensava Remus, non tradirsi mai.
Si ricordava del modo in cui Sirius aveva detto che volevano stargli vicino sempre, anche durante la luna piena, anche quando Remus non era Remus, era altro. Sempre. Per non lasciarlo da solo.
Accolse con gioia l'arrivo del fine settimana della gita ad Hogsmeade: intanto perché andare ad Hogsmeade era sempre una gioia; e poi perché così, forse, l'attenzione di Sirius e James si sarebbe concentrata su qualcosa che non fosse Severus Piton e la sua povera Pozione Dilatante.
Era una bellissima giornata di sole: faceva freddo, perché aveva nevicato da poco, ma il cielo era limpido e le strade di Hogsmeade animate come non mai in attesa della festa di San Valentino. Madama Piediburro aveva appeso orripilanti fiocchi rosa alle vetrate della sua saletta da tè, e da Zonko erano stati esposti due scaffali pieni di scintillante Pozione Appassionante. “Per rendere più entusiasmante la vostra serata speciale”, c'era scritto sulle fiale: James se ne passò una tra le dita con aria assorta fino a quando le sghignazzate rumorose di Sirius non lo fecero desistere.
Da Mielandia, Sirius acquistò una grossa busta di Caramelle Scoppiettanti che aprì prima ancora d'essere uscito dal negozio: le caramelle presero a schizzare fuori dal sacchetto, facendo frusciare entusiaste i loro incarti colorati, e lui e Remus si ingegnarono a ricacciarle dentro prima che il proprietario del negozio s'accorgesse della fuga di dolciumi e li cacciasse fuori tutti e quattro.
James, nuovamente distratto, stava contemplando una scatola di Cioccorane decorata da un nastro dorato. Sirius gli rivolse un lungo sguardo esasperato, prima d'alzare gli occhi al cielo e domandare a Remus, sbuffando:
- Quanti giorni mancano a San Valentino, Rem? -
- Tre. Perché me lo chiedi? -
- Perché non vedo l'ora che sia passato. Ehi, Jamie! Perché non prendi alla Evans un mazzo di leccalecca al sangue? Magari quelli le piacciono! -
James sussultò e si fece scappare di mano la scatola di Cioccorane, facendola cadere per terra: il commesso di Mielandia si sporse dal bancone per rivolgere loro un'occhiata omicida al di sopra della folla di studenti che gli affollava il negozio e loro quattro reputarono opportuno sgattaiolare fuori. James mugugnava, ma la cosa non riusciva ad affievolire d'un solo centimetro il sogghigno di Sirius: era riuscito a riacchiappare tutte le Caramelle Scoppiettanti, ma continuava ad aprire la busta quel tanto che serviva per farne scappar fuori una alla volta.
Remus ne acchiappò una al volo, tirando l'incarto per svolgerlo prima che potesse sfuggirgli. Se la cacciò in bocca: sapeva di menta.
- Scarafaggi a grappolo, Jamie. - stava proponendo Sirius in quel momento. - Vedrai che farai colpo, con quelli. -
Peter, alla sua destra, agitava le mani per cercare di catturare un'altra Caramella: sotto il sole gli incarti colorati e scintillanti sembravano quelli di strane farfalle, ed erano belli in mezzo al bianco della neve, contro le divise nere di Hogwarts.
Un terzetto di graziose Corvonero che incrociavano spesso nei corridoi del castello - presumibilmente, pensava Remus, perché le ragazze cercavano scuse e occasioni per vedere Sirius - passò loro accanto gettando lunghe occhiate significative nella direzione del ragazzo. Sirius non se ne accorse neanche: era troppo intento, ancora, a suggerire regali sempre più orridi e improbabili per Lily Evans, sghignazzando apertamente.
Remus sorrise.
L'anno era cominciato senza troppe novità. Ogni tanto c'era la scoperta di qualcosa di inaspettato che iniziava - ad esempio che era stato bello vedere Sirius rabbrividire nel passaggio accanto all'aula di Pozioni, e sentirgli dire mi fai venire la pelle d'oca - e che un po' lo lasciava perplesso, sicuro: ma era il suo corpo a dirlo prima della sua testa, che era tutto giusto, che andava tutto bene. Che era come la luna, ma diecimila volte meglio, che era così che doveva andare e basta. L'anno era cominciato bene. Prometteva di concludersi anche meglio.





Note del capitolo: Vorrei sottolineare che io disapprovo calorosamente qualunque genere di scherzo che non sia appoggiato dalla parte lesa. Se non tutti stanno ridendo, c'è qualcosa che non va.
Superato il MMA (Momento di Moralismo Assoluto), ho una brutta (buona?) notizia. L'aggiornamento del 3 Agosto scalerà di due settimane, per cause di forza maggiore, passando al 18 Agosto, così come l'aggiornamento di Prima di King's Cross slitta dal 27 Luglio al 10 Agosto. Mi dispiace, ragazzi, ma non avrò modo di accedere al pc al lavoro. Per farmi perdonare, vi anticipo che il quinto anno sarà corposo e consistente.

Per chi fosse interessato, dierrevi ha pubblicato Un cuore coraggioso a mo' di festeggiamento per l'uscita del film. Il film. Guh. Non parliamone.

Un grazie a tutti voi, come sempre... e buone vacanze!

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Capitolo 12
*** 1975 - La spilla da Prefetto ***



Quinto anno, 1975
La spilla da Prefetto



- Sono due anni che ci proviamo! - esclamò Peter, sbuffando, con un tono che sottintendeva e sembra sempre più inutile tanto chiaramente che era come se lo avesse detto ad alta voce.
E sembra sempre più impossibile, pensò Remus. Era dal terzo anno che parlavano di quando sarebbero diventati Animagi, di cosa avrebbero fatto, di come si sarebbero comportati, in quale animale si sarebbero trasformati, come sarebbe stata la sensazione, piacevole, sgradevole. Ne avevano parlato così tanto che certe volte sembrava loro di esserci già riusciti, di averlo già fatto.
Dopo due anni, James pensava di esserci vicino. Peter era sempre più incredulo. Sirius grugniva sul pavimento della Stamberga Strillante e sembrava scontento.
- E' molto più difficile di quanto avessi pensato. - ammise James; però, poi, scosse la testa: - Ma credo di aver capito dove sbagliamo. La trasformazione in Animagi è una Trasfigurazione a tutti gli effetti, no? -
Remus assentì:
- Certo. -
- Bene. Per Trasfigurare qualcosa ci si deve concentrare non solo sull'oggetto di partenza, ma anche su quello d'arrivo. Se voglio Trasfigurare un riccio in un cuscino devo pensare al riccio, certo, ma poi anche al cuscino. -
Remus aggrottò la fronte:
- Non ti seguo. -
James agitò le mani, come faceva spesso quand'era eccitato, spiegando:
- Il punto è che noi sappiamo da cosa stiamo partendo - be', noi stessi - ma non sappiamo dove vogliamo arrivare. Un animale, certo, ma quale? -
- La McGranitt ha detto che un mago non può stabilire quale animale avrà nella sua forma da Animago, prima d'averla raggiunta. - puntualizzò Remus.
- No, ma su Compendio di Trasfigurazione Avanzata c'è anche scritto che la forma animale è legata al mago. Quindi, dev'essere qualcosa... già presente dentro di noi. In potenza. Qualcosa che già ci appartiene. -
- E sapere questo... - intervenne Sirius per la prima volta. - … in che modo ci aiuterebbe, precisamente? -
La sua voce grondava sarcasmo. Si girò sul ventre, restando sdraiato sul pavimento della Stamberga, e appoggiò i gomiti a terra per sollevare la schiena. Remus si irrigidì, perché tutto nella postura, nel contegno e nelle parole di Sirius gli diceva che Sirius era irritato, che Sirius era esasperato, e che Sirius - che non era ingiusto, no, né crudele, ma spesso solo impaziente e un po' arrogante - stava cercando solo una buona scusa per litigare.
Al posto di James avrebbe cercato di deviare il discorso, perché discutere con Sirius era proprio l'ultima cosa che voleva; ma James non sembrò cogliere il pericolo, perché replicò con una punta d'entusiasmo:
- Be', sapere che questo qualcosa c'è significa che lo possiamo raggiungere. Che possiamo capirlo. Ci basta scoprire in che modo e... -
- Sicuro, James. Hai anche qualche idea sul come scoprirlo? Dove cercare? A chi possiamo andare a chiedere? -
- Potremmo domandare alla McGranitt. - propose Peter, esitando. Sirius negò il suggerimento con un movimento secco e brusco della mano, la bocca piegata in una smorfia:
- Ma certo! - commentò, acidamente. - Prof, perché non ci dice come facciamo a diventare Animagi? Sa, ci serve per far compagnia a un Lupo Mannaro dentro le mura della scuola, tutte le notti di luna piena; perché, capisce, se ci andiamo così come siamo veniamo prima spezzettati e poi mangiati. -
Remus inghiottì a vuoto. Sapeva che il commento non era volto a ferirlo - Sirius semplicemente non stava pensando, e parlava spinto dall'amarezza - ma ugualmente non poté impedirsi di sentirsi ferito. Si schiarì la voce e provò a racimolare tutta la ragionevolezza che riuscì a recuperare:
- Sirius, io non voglio che voi vi sentiate in dovere di farlo per me. Sono felice... davvero, sono felice che ci abbiate prov... che ci stiate provando. - si corresse, rapidamente. - Ma questo non significa che... -
- Oh, sta' un po' zitto! - lo interruppe Sirius, esasperato. Balzò in piedi, tutto ad un tratto, e si cacciò le mani nelle tasche. - Io me ne vado a dormire, voi fate quel che vi pare. Dell'idea di James ne parliamo domani. - concluse, il tono solo un poco meno acido e un po' più stanco.
Si accovacciò e si infilò nel cunicolo che dalla Stamberga Strillante portava verso la scuola, poi. Remus, che lo guardava, pensò per un attimo di seguirlo e di provare a parlargli: ma sarebbe stato inutile, lo sapeva. In preda al suo umore nero, Sirius non l'avrebbe nemmeno ascoltato.
- Oh, be'. - mugugnò James dopo un lungo istante di silenzio. - La seduta è sciolta, allora. -

A pranzo, Sirius era ancora piuttosto suscettibile, ma anche maggiormente ben disposto a scherzare e a ridere. Ingaggiò con James una battaglia a colpi di cucchiaiate di stufato da una parte all'altra del tavolo, e sghignazzò quando una grossa mestolata di pollo e carote finì sui capelli di Peter.
Remus Lupin si chiese per un attimo se non fosse suo dovere farli smettere, ma poi pensò che se l'avesse fatto Sirius sarebbe tornato silenzioso, brusco, sarcastico. Vederlo in quel modo non gli piaceva. Gli faceva pensare a lati oscuri, a posti bui nella mente di Sirius nei quali non avrebbe mai voluto entrare.
Lily Evans, due posti più in là, evidentemente non aveva i suoi stessi scrupoli.
- Ehi, voi! - sbottò, alzandosi in piedi e piantando le mani sul tavolo con aria aggressiva: - Piantatela immediatamente, o vi tolgo venti punti a testa! -
Peter immediatamente abbassò il cucchiaio, lisciandovi sopra il tovagliolo con aria vaga; James fece lo stesso, prima di alzare la bacchetta e far Evanescere le tracce più evidenti della battaglia dello stufato.
- Stavamo solo giocando. - si difese.
Lily Evans gli rivolse un'occhiata irritata e lievemente disgustata, e Sirius, accanto a James, sibilò tra i denti.
- Perché non ti rilassi, Evans? - domandò con fastidiosa indolenza. - Hai paura che la McGranitt ti tolga la tua bella medaglietta con la P? -
La mano sinistra della Evans salì, istintivamente, a sfiorare la piastra da Prefetto che spiccava sulla veste. Sirius ghignò, a quel gesto, e le sopracciglia inarcate della rossa si serrarono, gli occhi che s'assottigliavano, lampeggiando e fissandosi su Remus:
- Alla McGranitt non piacerebbe scoprire che fai finta di non vedere quando i tuoi amici fanno qualcosa che non devono, Lupin. So quello che avete fatto a Severus la scorsa settimana, e se non la piantate di tormentarlo io vi... -
- Tu cosa? - domandò Sirius, beffardo. - Ci togli punti? -
- Sirius... - mormorò James, in un tono che era più quello d'una preghiera che d'un ammonimento.
Le labbra di Lily si fecero sottili come fili.
- Esattamente. - replicò, gelida. - Dieci punti in meno, Black, per comportamento scorretto e immaturo. Se scopro che avete stregato un altro calderone, o... o gettato un Incantesimo Incollante su un'altra sedia, o... o fatto una qualunque altra cosa... qualunque... lo dirò alla McGranitt, e le chiederò di prendere provvedimenti. Sono stata chiara? -
Sirius fece per aprire bocca, con aria di sfida, ma Remus gli posò una mano sul braccio per trattenerlo:
- Chiarissima, Evans. - affermò quieto. - Scusaci. -
Lily Evans non sembrava per nulla colpita, o per nulla rabbonita, ma diede loro le spalle e si allontanò. Sirius non perse neanche un secondo per scrollarsi dalla spalla le dita di Remus, scansandolo.
- Scusaci tanto... - motteggiò, aspramente, fissando Remus con rabbia. - Scusaci tanto, Evans, se non ti lecchiamo la spilletta per lucidartela. Da che parte stai, Rem? -
- Dalla vostra. - replicò il ragazzo, prontamente, calmo. - Dalla tua. Stavi esagerando, Sirius. -
Essere squadrato con disgusto da Lily Evans non era piacevole, pensò Remus; ma essere squadrato a quello stesso modo da Sirius era solo terribile. Gli annodò lo stomaco, facendolo sentire gelato e vuoto.
Sirius si girò e se ne andò - per la seconda volta in poche ore, si ricordò Remus. La spilla da Prefetto sul suo petto, ora, sembrava essere diventata un peso sul cuore.





Note del capitolo: Ovviamente tutto ciò si svolgerebbe prima di quel Mezzosangue gridato a Lily da Severus in giugno. Il tutto sarebbe ambientato intorno a marzo, diciamo, prima di Pasqua. Qualcuno avrà magari già notato, infatti, che ogni avvenimento si sposta non solo di anno in anno, ma anche nel corso dell'anno scolastico: si parte da settembre, il primo anno, poi tardo autunno, il secondo, sotto Natale il terzo, quasi San Valentino il quarto, e via dicendo.

Il ritardo si è prolungato più del dovuto, e me ne scuso: ma siamo stati (siamo?) ancora tutti (o quasi) in vacanza, credo. :P

Un grosso grazie, come sempre, a chi si è fermato.

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Capitolo 13
*** 1975 - Una volta di troppo ***



Quinto anno, 1975
Una volta di troppo



Quel mese la luna piena sembrò passare con infinita e dolorosa lentezza: mentre la trasformazione aveva inizio, lacerante come sempre, e poi dopo, sdraiato in infermeria con Madama Chips che controllava i tagli che si era procurato da solo, i lividi sulla parte anteriore del cranio e delle spalle - là dove aveva sbattuto contro le finestre sbarrate nel tentativo di sfondarle - che gli pulsavano, non poté fare a meno di pensare a come sarebbe stato diverso se loro fossero stati veramente lì con lui.
Non sarebbe stato solo, tanto per cominciare. Ci sarebbe stato Peter, che certe volte riusciva a capirlo meglio degli altri - capiva le sue paure, innanzitutto, capiva le ragioni per le quali provava vergogna, le sue insicurezze - e, per questo, aveva una particolare sensibilità nell'evitare di dire tutto ciò che potesse offenderlo; e James, inarrestabile, entusiasta, che avrebbe trovato il buono anche in una situazione come quella, e poi, ancora, Sirius. Sirius che aveva un lato nero che Remus temeva, certo, ma anche il lato nero di Remus non era cosa da poco. Avrebbero potuto condividerlo, pensò Remus, sforzandosi di ignorare il torpore pungente delle braccia che costituiva uno tra i postumi più sfibranti della luna piena, mentre lasciava l'aula di Incantesimi con i libri tra le mani: dividersi il buio, che così sarebbe sembrato meno assoluto. Meno potente.
Peter si era fermato ad aspettarlo sulla porta della classe, ma Sirius e James erano andati avanti: Sirius era ancora irritato con lui per il litigio dei giorni passati, e non sembrava aver intenzione di uscire troppo presto dal perpetuo malumore che l'aveva colto ultimamente.
- Sto morendo di fame. - si lamentò Peter. - Spero che non ci sia niente che abbia a che vedere con i cavoletti di Bruxelles, stasera, perché se me ne trovo ancora nel piatto vomito. Sai, pensavo che... - si interruppe, bruscamente, e si fermò in mezzo al corridoio. Remus lo imitò, sgranando gli occhi.
C'era qualcuno inginocchiato sul pavimento di pietra del passaggio e, tutt'attorno, due ali di spettatori che sembravano ancora troppo esterrefatti per intervenire. La persona a terra era curva e contratta, una mano sulla guancia sinistra e sull'enorme fungo che vi stava crescendo. Ingigantiva a vista d'occhio: gli aveva già coperto il mento e stava scendendo verso il collo, gonfiandosi sempre più. Remus non ebbe bisogno di guardarlo due volte per riconoscere il naso adunco e il velo di capelli nerissimi e oleosi che gli scendevano ai lati del viso.
Di fronte a Severus Piton c'erano James e Sirius, fianco a fianco: Sirius aveva la bacchetta tesa avanti a sé e puntata con Piton, il viso ferocemente soddisfatto.
- Bel tentativo, Mocciosus! - ghignò, beffardo. - Ma avresti dovuto aspettare che fossimo fuori! Era ovvio che qui dentro non ci fosse nessuno, a parte te, tanto idiota da provarci! -
Piton alzò la bacchetta, furiosamente, vibrandola in avanti per lanciare un incantesimo verso i due. James alzò la propria, prontamente, gridando:
- Expelliarmus! -
La bacchetta di Piton volò attraverso il corridoio: sarebbe finita per terra se Remus non l'avesse intercettata e afferrata al volo.
Sirius avanzò d'un altro passo verso Piton, che lo guardò con odio e non si ritrasse, e mosse la bacchetta verso di lui. Il gesto riscosse Remus abbastanza da spingerlo ad attraversare il corridoio, finalmente, per frapporsi tra Sirius e Piton:
- Non farlo. - bisbigliò a Sirius, in tono d'urgenza. - Cosa diavolo vi è preso? -
Sirius lo fissò, improvvisamente, e sembrò sorpreso:
- Togliti di mezzo, Remus. Ha cercato di lanciare una fattura a James. Togliti. -
- Non si lanciano incantesimi nel corridoio, Sirius! Che cosa gli hai fatto? -
L'ira infiammò nuovamente il viso di Sirius, che ringhiò:
- Te la prendi con me, adesso? Ha iniziato lui! -
- E voi avete continuato. - mormorò Remus, piattamente. - Basta così, Sirius. -
Remus non riuscì a sopportare lo sguardo tradito e furioso dell'amico: si volse, per non doverlo vedere, e porse la bacchetta che aveva afferrato a Piton.
- Cinque punti in meno per Serpeverde, per aver cercato di affatturare James Potter. E... - aggiunse dopo un attimo, inghiottendo a vuoto al pensiero di quello che stava per fare: - … dieci punti in meno a Grifondoro, per aver risposto all'incantesimo. -
Piton gli rivolse un'occhiata di puro disgusto: Remus ammirò, per un attimo, la sua capacità di risultare sarcastico e inquietante anche con mezza faccia ricoperta da funghi marroni.
- Ti bastano le parole del tuo amico per giudicare la situazione, Lupin? - domandò Piton. - Bel testimone imparziale... - Aveva la bocca gonfia per la maledizione, la voce impastata. Si tirò in piedi, barcollando, e strinse la bacchetta rigidamente. - Siete solo feccia. - sibilò, aspro.
Remus si girò in tempo per vedere James sollevare ancora la bacchetta e puntarla contro Piton: si mosse, di scatto, e gli afferrò il polso per trattenerlo.
- No! - bisbigliò, con urgenza. - Non ne vale la... -
Non fece in tempo a finire la frase: sentì Piton emettere un verso strozzato, alle sue spalle, e volgendosi lo vide ritrarsi e tenersi la faccia con una mano. Aveva il naso rosso e gonfio come per un pugno, adesso, gli occhi che si facevano rapidamente pesti. Sirius abbassò la bacchetta, soddisfatto, e Remus sentì improvvisamente di odiarlo.
- Venti punti in meno a Grifondoro! - sbottò, stringendo i denti. - Sirius! Dannazione, piantala! -
Sembrò che qualcuno avesse schiaffeggiato Sirius: che sgranò gli occhi, stupefatto, si volse e lo fissò. Remus non arretrò di fronte a quell'occhiata. Era stupido, stava facendo cose stupide, e lui era un Prefetto. Albus Silente si era fidato di lui, una volta di più, e Remus non voleva, non voleva, non voleva continuare a tradire tutta quella fiducia che gli veniva offerta.
Gli occhi di Sirius lampeggiarono fino alla spilla sul suo petto; aveva il viso amareggiato, e parve per un attimo in procinto di dire qualcosa: ma poi si volse e, semplicemente, se ne andò.
La tristezza annegò tutti i pensieri di Remus. La schiena di Sirius era qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere, Sirius che gli dava le spalle, Sirius che si allontanava. Chiuse gli occhi e si strinse la radice del naso tra le dita, con forza, finché non sentì la pelle dolergli, arrossarsi: la tristezza si fuse e si scaldò, dentro di lui, si fece dolore e poi rabbia, e divenne fisica e violenta.
- Mi dispiace, Remus. - stava dicendo James accanto a lui. Suonava cauto, prudente. - Non pensavamo che... -
- Non pensate mai. - si sentì rispondere Remus. Se ne pentì quasi subito: era arrabbiato con Sirius, non con James. Sapeva chi era James, sapeva chi era Sirius. Sapeva che erano due irresponsabili imprudenti, e gli andavano bene così, davvero, impulsivi e caparbi e tutto il resto. Sapeva che quella tra loro e Severus Piton era una guerra aspra, che non c'era più modo di sanarla: si era andati troppo avanti su quella strada. Aveva paura, solo, che un giorno all'altro si sarebbe arrivati a trascinarla troppo in là, quella sequenza inarrestabile di dispetti, ripicche, crudeltà, offese, umiliazioni, al punto tale che sarebbe divenuta pericolosa per tutti. Non era arrabbiato con James, che non l'aveva accusato per quel che aveva fatto - comportarsi, una volta tanto, da Prefetto - ma con Sirius. Sirius che gli aveva dato le spalle.
- Scusami. - disse a James, scuotendo la testa. Non gli importava se Piton li stava guardando, cos'avrebbe visto, cos'avrebbe pensato. Non gli importava niente, né di lui, né degli altri nel corridoio. - Non ce l'ho con te. -
Si mosse nella direzione che Sirius aveva preso, rapidamente, ma James lo trattenne stringendogli una spalla.
- Dagli tempo. - provò a dirgli l'amico. - Capirà... -
Remus si limitò a scrollarsi di dosso la mano dell'altro, con gentilezza: superò Severus Piton, poi, e il circolo di studenti nel corridoio si aprì per fargli largo, esattamente come aveva fatto un attimo prima per Sirius.





Note del capitolo: Prima di King's Cross si è conclusa la settimana scorsa. Stavo ponderando sull'opportunità di cominciare a pubblicare La miglior parte della nostra vita tutti i mercoledì, ma penso che continuerò ad alternare.

Nulla da dire sul capitolo, se non che Piton ha ragione a prescindere.
... no, è la fan che è in me a parlare. x°D

Grazie di cuore a chi continua a seguire questa storia.

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Capitolo 14
*** 1975 - Dopo la notte ***



Quinto anno, 1975
Dopo la notte



Sirius non era nelle cucine. Non era nella nicchia al terzo piano dove andava a isolarsi ogni volta che era irritato con loro, non era nell'aula vuota accanto a quella di Incantesimi nella quale aveva preso l'abitudine di esercitarsi dopo le lezioni. Non era da nessuna parte nella Torre di Grifondoro, e un rapido controllo disse a Remus che il Mantello dell'Invisibilità era scomparso dal baule di James. Questo lasciava una sola opzione altamente probabile.
Remus scese le scale di Hogwarts e attraversò i prati confidando nel crepuscolo e nel buio che gettava ombre lunghe sotto agli alberi. Il Platano Picchiatore fece fischiare minacciosamente i lunghi rami al suo indirizzo. Remus mosse la bacchetta e un lungo ramo asciutto abbandonato sul terreno levitò davanti a lui: il ragazzo lo spinse verso il nodulo nascosto tra le radici che apriva il passaggio segreto, e il Platano Picchiatore parve congelarsi d'improvviso. Sgattaiolò tra i rami ora immobili e poi giù nel passaggio segreto. Il tetto di terra era rimasto basso, nel corso degli anni, mentre lui era cresciuto: adesso doveva camminare curvo, la bacchetta tesa avanti a sé per illuminare il cammino.
In fondo al corridoio splendeva una luce debole, oscillante: nella stanza al pianterreno della Stamberga Strillante Sirius aveva sospeso una fiamma dorata che ondeggiava a mezz'aria. Sirius era seduto sul tappeto sfibrato, le gambe intrecciate e un braccio a puntellarlo al suolo. Si irrigidì, alla vista di Remus, e sputò con rabbia:
- Non voglio parlare con te. -
Se fosse stato vero, pensò Remus, non sarebbe venuto lì: era il posto più ovvio nel quale cercarlo, quello. La consapevolezza di questo lo riscaldò, ma non fece nulla per alleviare la sua irritazione.
- E' sempre un io voglio, io non voglio, con te. - replicò perciò, aspramente. - Avete fatto un'idiozia, tu e James. Avreste potuto essere espulsi. Potreste essere espulsi! La McGranitt vi ha detto un milione di volte che questa storia con Piton deve finire! -
- E cosa me ne freg... -
- Te ne deve fregare, Sirius! Dannazione! E' un'idiozia, questa storia è un'idiozia, e va avanti da cinque stramaledettissimi anni! Ogni volta è peggio, voi gli fate esplodere il calderone, lui vi fa esplodere la borsa, voi gli fate cadere le mutande in mezzo al corridoio e lui vi fa Evanescere i pantaloni a lezione... non può andare avanti così! -
- Finora... - commentò Sirius, gelido. - … non mi sembra che tu ti sia mai fatto problemi ad unirti a noi. -
Era un colpo basso, e gli fece male. Ma era anche, Remus lo sapeva, solo la verità. La pura verità.
- Hai ragione. - rispose perciò. - E ho sbagliato. Avrei dovuto fermarvi. -
- Perché? - ringhiò Sirius, che la sorpresa pronta e calma aveva lasciato evidentemente stupefatto. - E' Piton, Remus! Mocciosus! -
Remus si limitò a fissarlo, senza dir niente, e Sirius balzò in piedi, con un movimento brusco che gli fece rovesciare una seggiola per terra.
- Da quando sei così, Remus? - E poi, con amarezza: - E' per quella spilla, vero? Cos'è, ti senti in dovere di... -
- … di comportarmi da Prefetto. Sirius, io non voglio dover fare di nuovo... quel che ho fatto oggi. Ti prego. Vi prego. Non fatelo più, per favore. -
Tutto ad un tratto sentì che non avrebbe più potuto sopportarlo. Silente gli aveva dato la sua fiducia, sicuro, ma anche Sirius e gli altri l'avevano fatto. Sirius e gli altri gli stavano accanto. Sirius e gli altri progettavano di diventare Animagi per non lasciarlo da solo, mai, neanche quando lui non era più umano, non era più Remus, era solo qualcosa che la luna aveva richiamato da un posto scuro, mostruoso e feroce.
- Anche questa storia, Sirius... - disse, agitato, sentendo la nausea e lo strazio farsi spazio dentro di lui. - … della trasformazione... deve finire. Non vi fa bene. Non ci fa bene. E' diventata un'ossessione e io... io vorrei che fosse possibile, ma forse non lo è. -
Non era la prima volta, adesso, che Sirius lo guardava con disgusto: ma faceva ancora male esattamente come ne aveva fatto all'inizio.
- Patetico. - sibilò Sirius. - Sei un patetico ipocrita, vigliacco. -
Patetico, Remus certe volte lo pensava di sé anche da solo. Fece male, ma non affondò. Ipocrita, doveva esserlo: accusava James e Sirius, ma la verità era che nemmeno lui s'era comportato come avrebbe dovuto, mai, ed ora solo il peso di quella maledettissima spilla l'aveva spinto a fare quel che era giusto. Vigliacco, questo no, però. Questo mai.
L'ira tornò, fiammeggiante. Cosa ne sapeva Sirius? Che cosa ne sapevano, tutti, di quel che lui aveva passato, di cosa significava essere come lui, disastrosamente diverso, sbagliato, che cosa ne sapeva Sirius, viziato, arrogante Sirius, del debito che Remus aveva verso Silente, verso tutti, per averlo accolto e protetto e accettato anche se non era come loro?
Odiava Sirius. Lo odiava. Lo odiava perché gli era vicino, e per questo ogni ferita che gli arrivava da parte sua era intrisa di veleno e affondava in profondità. La luna era passata da troppo poco tempo: la rabbia, in Remus, divenne cieca e sorda e si trasformò in furia. Emise un verso strozzato di frustrazione e replicò, senza pensare, irosamente:
- Come osi? Codardo ed egoista, moccioso che non sei altro! Tu non... -
Sirius buttò indietro la spalla e lo colpì al mento con il pugno chiuso.
Remus barcollò - Sirius ci aveva messo parecchia energia, in quel colpo, e aveva un buon montante - e vide l'amico esitare, sorpreso, gli occhi sgranati quasi non riuscisse a capacitarsi d'averlo fatto davvero. Piantò i piedi a terra per non cadere e piegò le ginocchia per darsi lo slancio, prima di balzare addosso a Sirius. Alzò il braccio e stavolta fu il suo turno di assestare un pugno sullo zigomo dell'altro. Sirius indietreggiò, scivolò, e prima di crollare gli afferrò entrambe le braccia per tirarlo giù con sé. L'attimo dopo, erano entrambi sul pavimento, rotolando, scalciando e ringhiando, l'uno cercando di sovrastare l'altro.
Remus era ancora stanco, provato dalla luna piena, e Sirius era più alto, più muscoloso, più forte. Non gli occorse molto per placcare l'amico a terra, le ginocchia contro le cosce e le mani a bloccargli le braccia, ma Remus si contorse e ruggì, furiosamente, e Sirius ne fu colto di sorpresa e lo lasciò andare. Qualche minuto più tardi, Remus aveva un occhio gonfio e il colletto della camicia strappato; Sirius perdeva sangue dal labbro e aveva un grosso livido pesto e rosso sullo zigomo destro. Si separarono per un attimo, entrambi ansanti, e si fronteggiarono inginocchiati. Poi, come per comune accordo, tornarono a saltarsi addosso.
Remus diede una testata contro la gamba del tavolino, e Sirius rise: ma poi Remus riuscì a liberare una gamba e ad assestargli una ginocchiata nell'inguine, togliendo a Sirius la voglia di ridere per un bel po'.
Le braccia gli dolevano per la stanchezza e aveva i polmoni in fiamme, la testa che gli girava per i colpi ricevuti, ma Remus non aveva intenzione di arrendersi e di darla vinta a Sirius. Non stavolta. Remus sapeva di aver ceduto spesso davanti a Sirius, in molto, per vederlo sorridere e ridere e ghignare, per vederlo contento. Non sapeva se fosse stato giusto o sbagliato, da parte sua, ma sapeva che vedere Sirius felice era bello, e che questo gli sembrava la cosa più esatta del mondo.
Sirius gli crollò addosso, tutto ad un tratto, e Remus seppe d'essere troppo stanco per riuscire a sollevarlo e a liberarsi. Le bacchette erano andate perdute da qualche parte sul pavimento, ad un certo punto: nessuno dei due aveva pensato di usare la propria durante lo scontro.
Il mento di Sirius gli premeva nell'incavo tra il corpo e la spalla, tutto il suo peso sullo stomaco e il torace. Avevano una gamba intrecciata e, benché Remus si sentisse accaldato e sudato, adesso, appiccicoso, avere Sirius addosso in questo modo non era precisamente spiacevole.
- Ipocrita. - bofonchiò Sirius, esausto, dritto dritto nel suo orecchio. - Ipocrita e vigliacco. -
Remus pensò che forse avrebbe dovuto arrabbiarsi di nuovo, reagire, e invece si scoprì a ridacchiare piano, affannato. Sirius gli fece eco, dopo un attimo, e sentirlo ridere da così vicino era magnifico: le risate di Sirius erano tutti colpi secchi, morbidi e rauchi, uno in fila dopo l'altro. Gli riempivano i polmoni e Remus poteva sentire l'aria fermarglisi in gola, il pomo d'Adamo tremare debolmente contro la sua spalla.
Si chiese per un attimo se sarebbe stato strano, adesso, se l'avesse abbracciato: ma l'istante dopo si rese conto che era stato stupido chiederselo, perché Sirius non doveva essersi fatto problemi, lui, e lo stava abbracciando già. Remus sollevò le braccia, esitando, e gli posò le mani sulla schiena.
- Domattina ti nascondo quella stramaledetta spilla. - disse Sirius. - La butto in fondo al lago. -
- Fallo e ti manderò a raggiungerla, Sirius, e non sto scherzando. -
Sirius ghignò forte.
- No che non stai scherzando. - Girò la testa per avere la guancia affondata precisamente contro il collo di Remus, sistemandosi più comodamente, e tutto ad un tratto Remus era nel posto più sicuro del mondo, giù nel cuore della Stamberga Strillante insieme a Sirius. Hogwarts era solo a pochi passi di distanza - ma avrebbe potuto essere anche un altro pianeta - e tutti i loro problemi erano rimasti fuori dalla porta. - So che lo faresti. -

Dovevano essersi addormentati, a un certo punto, perché Remus si svegliò in un qualche momento imprecisato della notte con il corpo di Sirius ancora riverso sul suo. La schiena gli faceva male per il pavimento duro sul quale era sdraiato, e la spalla che faceva da cuscino all'amico formicolava fastidiosamente. Remus si mosse delicatamente per cercare di spostare il braccio e sentì Sirius scivolare via, sdraiandoglisi accanto senza togliere, tuttavia, la mano dal suo fianco.
- Non volevo svegliarti. - bisbigliò Remus, in tono di scuse.
Gli occhi di Sirius, nella penombra, erano due pozze d'argento. Scosse la testa e rispose:
- Ero già sveglio. - e poi, richiudendo gli occhi ed accostandoglisi ancora un po', fino a giacere sdraiati fianco contro fianco: - Sono ancora arrabbiato con te. -
- Per cosa? - mormorò Remus.
Aveva paura che Sirius rispondesse per Piton, perché quello era un discorso che non voleva fare, e invece Sirius disse:
- La trasformazione in Animagi. Non è la nostra ossessione, Rem, è la tua. Sei tu ad essere ossessionato. Sei tu ad essere terrorizzato, non che noi non possiamo riuscirci, ma che ci riusciamo. Hai paura che accadrà qualcosa di terribile, poi. -
Remus avrebbe voluto tanto replicare piccato che non era vero, che non era così, che Sirius non aveva capito niente: ma Sirius aveva capito, invece. Sirius aveva capito benissimo. Non disse niente, perciò, e dopo un attimo l'amico tornò ad affondargli il capo nella spalla e a mugugnare:
- Non penso che tu sia un vigliacco. -
- Lo so. - bisbigliò Remus, più piano che poteva. L'attimo dopo Sirius si era già riaddormentato; a Remus, invece, occorse del tempo per riuscire a riprendere sonno.

A destare Remus, al mattino, fu la luce dell'alba: la fiamma che Sirius aveva creato la notte prima era scomparsa, e al suo posto i raggi del sole filtravano attraverso le assi inchiodate alle finestre e inondavano il pianterreno della Stamberga Strillante, facendolo risplendere di una polverosa, irrequieta luminosità dorata.
Remus realizzò improvvisamente, con un miscuglio d'esasperazione e di strana contentezza, che Sirius gli era rotolato nuovamente addosso, nel sonno, e adesso gli premeva sul torace. L'avrebbe lasciato dormire volentieri, ma gli stava togliendo il fiato.
- Sirius. - bofonchiò, allungando una mano per spingerlo via. - Sirius, mi schia... -
Si interruppe: le sue dita avevano incontrato qualcosa che non s'aspettavano di trovare. Qualcosa di morbido e caldo, ruvido e vellutato, al posto della stoffa della divisa, della pelle, dei capelli. Qualcosa che odorava come gli esseri umani non odorano, e che respirava in una maniera curiosa, più rapidamente di quanto non avrebbe dovuto.
Remus scattò a sedere, e l'enorme cane nero che gli era stato acciambellato addosso fino a quel momento rotolò da una parte e si drizzò a sedere, il muso che ciondolava da una parte e dall'altra e le zampe anteriori che si raddrizzavano lentamente. Sembrava assonnato, confuso. Guardò Remus con uno sguardo tanto espressivo da farlo parere umano, interrogativo, e Remus chiamò incredulo:
- Sirius...? -
Il cane abbaiò una volta. Rimase con le fauci spalancate, abbaiò di nuovo e poi ancora, latrando festosamente, e poi prese a scodinzolare con entusiasmo.
Remus rise. Quando Sirius gli balzò addosso, le grosse zampe a premergli sulle spalle, e cominciò a lavargli la faccia con la lingua, pensò che non avrebbe smesso di ridere mai.





Note del capitolo: Niente da segnalare. La Signora Autrice non ha mai raccontato come avviene precisamente la prima trasformazione di un Animagus, per cui mi sono sentita libera di vederla come più mi piaceva.
Se volete leggere la più bella trasformazione in Animagus che io abbia letto finora - e che mi ha sfrantumato il cuore, perché la storia è terribile - vi suggerisco di dare un'occhiata a No Happy Memories di Amanuensis. Questa che vi ho segnalato è la traduzione di Nekitade83. Preavviso che non solo la storia contiene una scena di sesso esplicita tra uomini, ma è orribilmente triste. Lettore avvisato...

Grazie a tutti quelli che si fermano, come sempre.

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Capitolo 15
*** 1976 - A casa dei Potter ***



Sesto anno, 1976
A casa dei Potter



La casa dei Potter era una piccola villa piuttosto signorile, con un grande portone di legno di quercia e una piccola porta sul retro immersa in un cortile pieno di fiori: era la porta che usavano più spesso, e l'odore di lavanda aveva accolto Remus perdendosi in quello dei garofani e dei gerani. Aprile era cominciato con uno sfoggio di giornate di bel tempo. Anche adesso, nel tramonto, la luce era chiara e limpida, il cielo terso. Ad aprirgli era stata la signora Potter, con il suo bel viso - molto più vecchio di quello di Gabrielle - sorridente, non uno degli elfi domestici.
I signori Potter avevano avuto James in tarda età: era sembrato loro una specie di miracolo, e anche per questo avevano cresciuto il figlio coccolandolo, vezzeggiandolo e, anche, viziandolo. A vederla così, in effetti, si diceva certe volte Remus, era un miracolo che James non fosse venuto fuori molto più arrogante di quel che era. Molto, molto di più.
L'interno della casa era altrettanto pieno di colori e di buon gusto. Alle pareti dei corridoi erano schierate file di fotografie magiche e dipinti animati, che bisbigliarono tra di loro vedendo passare la signora Potter e Remus; c'era perfino un'armatura, contro un angolo, che si piegò in avanti, con un cigolio metallico d'acciaio poco oliato, per fissare Remus intensamente.
- Apparteneva allo zio Reginald Abelardus Potter. - gli spiegò la signora Potter. - Uno dei prozii di mio marito. E' una bella armatura, ma avrebbe bisogno di una buona ripulita. Cosa ne pensate, zio? -
L'armatura assentì lentamente, ed il pennacchio un po' spiumato che aveva sulla cima dell'elmo ondeggiò lentamente; l'occupante del quadro dietro di essa - un vecchietto curvo con un gran mento e gli stessi, identici occhi di James, annuì con entusiasmo di fronte alla proposta.
- Una bellissima idea, Bertha cara, una bellissima idea! - esclamò soddisfatto. - Non si può mai sapere quando un'armatura anti-Troll risulterà utile, figliola! -
- Spero non prima della fine dell'anno prossimo. - bisbigliò Bertha Potter, divertita, piegandosi verso Remus mentre lasciavano il corridoio e cominciavano a salire le scale. - Sono certa che mio marito non apprezzerebbe avere un Troll in casa: potrebbe non far bene alla sua collezione di astrolabi, il cielo solo sa quanto siano delicati. Lo zio Reginald aveva una personalità veramente affascinante, sai? E' un peccato che James non abbia avuto modo di conoscerlo, sono sicura che sarebbero andati d'accordo... -
La signora Potter si fermò davanti a una porta del primo piano, prima di bussare.
- James? - chiamò: - E' arrivato Remus, tesoro. -
Dall'altra parte del battente giunse il rumore di una sedia spostata, poi passi frettolosi, poi un lieve trambusto e un'imprecazione. La maniglia fu abbassata di scatto e apparve James: aveva il piede impigliato in quello che sembrava un lenzuolo, e muoveva a scatti la gamba per cercare di liberarsene.
- Ti stavo aspettando! - esclamò, e sembrò sollevato. - Non ho... accidenti... - Un ultimo calcio, e riuscì a districarsi dal lenzuolo. - … non ho sentito il campanello, scusami, mamma. -
- Volete del tè? - domandò la signora Potter, delicatamente. - Remus, caffè? Succo di zucca? -
Remus rifiutò, cortesemente:
- No, grazie, signora Potter. -
- Chiamami Bertha, Remus, chiamami Bertha. Sei sicuro di non volere niente? Tu, James? -
- No, mamma, grazie. -
Bertha sembrò esitare sulla soglia:
- James, tesoro... Sirius scende per cena? -
Le spalle di James si piegarono leggermente.
- Non lo so, mamma. - rispose, il tono vago. - Non si sentiva molto bene, oggi. Forse ha un po' di, uh, influenza. -
Bertha non sembrò convinta, ma non disse nient'altro in proposito: salutò Remus, solo, e si chiuse la porta alle spalle uscendo. James si passò le mani tra i capelli, nervosamente, prima d'adocchiare Remus.
- Non ha nessunissima influenza. - spiegò alla fine, asciutto. - Ma è vero che non sta bene. -
- Non riuscivo a crederci, quando me l'hai scritto. - mormorò Remus. - L'hanno davvero buttato fuori di casa? -
Il nervosismo di James si fece ancora più evidente. Indietreggiò, muovendo verso la scrivania: la camera di James era arredata con lo stesso gusto elegante e discreto del resto della casa, ma era anche molto più disordinata e ingombra. C'era una tavola di legno appesa alla parete, proprio sopra il letto, tappezzata di foto. Remus sentì il piacere inondarlo quando vide che gran parte di esse erano foto di loro quattro: James, Remus, Sirius e Peter. James si prese un attimo, prima di rispondere esitante:
- Non lo so precisamente. Credo sia scappato. Era... era frastornato, Rem, tu non ne hai idea. Sembrava fosse sfuggito a... a una schiera di Inferi. Di Dissennatori. Aveva i capelli ritti ed era... sembrava sconvolto. Mia madre ne è rimasta scioccata. -
- Può stare da te, allora? -
- Certo che sì, per tutto il tempo che vuole! I miei ne sarebbero felicissimi... se i suoi genitori non pretendono che torni a casa da loro. - James aggiunse subito dopo, aspramente: - E spero che non lo faranno. Lo spero per loro. Se gli hanno fatto del male... -
Una sensazione gelida e viscida si serrò attorno allo stomaco di Remus: come fossero alghe marce, i ricordi di tutte le volte in cui aveva provato ad estrapolare da Sirius qualche informazione a proposito della sua famiglia, e si era visto sbattere in faccia una porta chiusa di ostilità e riserbo, riaffiorarono violentemente e gli serrarono la gola.
- Posso parlargli? -
James sembrò sollevato:
- E' per questo che ti ho chiamato. A me non dirà niente, sicuro: continua a insistere che sta bene, che va tutto bene, che è solo stanco. Ma forse sarà meno propenso a raccontare balle a te, Rem. Magari, se ne parlasse con qualcuno, poi si sentirebbe meglio. -
Remus non era sicuro che sarebbe andata così: ma James si era già alzato in piedi, e aveva il viso molto più rilassato, e speranzoso, di prima.
- Vieni! - esclamò. - Ti faccio vedere qual è la sua stanza! -

Remus bussò alla porta, piano, e dall'interno venne la voce di Sirius:
- Avanti. -
Era difficile dire quale fosse il tono, attraverso il legno che li separava: ma, di sicuro, non suonava entusiasta. James, che era rimasto sino a quel momento accanto a Remus, spinse la maniglia e fece spazio a Remus: ma non lo seguì all'interno. Remus colse un'occhiata significativa da parte dell'amico, un'ultima immagine del suo viso pieno di preoccupazione ansiosa, prima che il battente si chiudesse.
Sirius doveva aver accostato le imposte della finestra: nella camera era quasi buio. I vetri erano aperti, tuttavia, e il vento fresco della sera smuoveva un cumulo di fogli accatastati disordinatamente su una scrivania nell'angolo. C'era un grande letto a una piazza e mezza e, lì accanto, un baule aperto che sembrava essere appena esploso: i vestiti erano schizzati sul pavimento, sul coperchio rovesciato, sulle sedie. C'era una camicia buttata sul davanzale della finestra e - per quanto sembrasse impossibile - un mantello appeso per il cappuccio allo spigolo di un quadro. Remus sorrise di fronte a tutto quel disordine - che, così caotico e improbabile e invadente, gli ricordava Sirius - ma smise di sorridere alla vista dell'amico.
Sirius sembrava sorpreso di averlo davanti. Gli andò incontro, protendendo le braccia, e gli strinse le spalle con un gesto caloroso:
- Remus! Che cosa ci fai, tu, qui? -
- Mi ha invitato James. - rispose Remus. E poi, a fatica: - Come stai? -
Sirius era magro. Era sempre stato asciutto, longilineo, di una snellezza insieme elegante e forte: ma non era mai stato magro. Non magro così, le guance incavate e l'aspetto di uno al quale qualche pasto di più avrebbe fatto bene. Aveva occhiaie profonde e, sulla guancia sinistra, quello che sembrava un taglio malamente rimarginato. Sembrava incredibile fosse lo stesso ragazzo che aveva salutato una settimana prima.
- Bene. - replicò Sirius asciutto, agitando una mano. - Mai stato meglio. -
Remus decise che affrontare le cose schiettamente era la strategia migliore; perciò, esclamò:
- Hai una faccia orribile, Sirius. -
Le sopracciglia del ragazzo si corrugarono, e Remus fu sollevato di vedere che dopotutto non stava così male. Non poteva stare poi troppo male, se riusciva ancora a lanciare occhiatacce di quel calibro.
- Sì, be', non ho avuto precisamente un mese che augurerei a chiunque! - replicò aspro. E poi, con voce più bassa e andandosi a sedere sul grande letto. - Un paio di settimane fa non avrei scommesso uno zellino bucato sul fatto che le mie vacanze sarebbero finite a casa di James! -
Remus si chiese se fosse il caso di prendere una sedia; ma poi pensò che Sirius sembrava stanco, e indebolito, anche se ancora ostile e aggressivo, e quella era una vista che lo spaventava. Gli si sedette accanto sul bordo del letto, così, perché offrire la propria presenza fisicamente era molto meglio che offrirla a parole.
Provò ad affermare, cauto, dopo un attimo di silenzio:
- E' un bel posto, qui. -
Sirius buttò indietro la testa, puntellandosi con le braccia sul materasso.
- E' un posto fantastico. - esclamò. - I Potter sono grandi. -
Di nuovo silenzio, in una lunghissima pausa. Remus non ce la fece più, alla fine, e chiese:
- Che cos'è successo, Sirius? -
Sirius si irrigidì e non gli rispose. Remus pensò che se Sirius fosse rimasto in silenzio adesso non ne avrebbe parlato più, poi. Si sarebbe tenuto tutto dentro, per sempre, e questo non avrebbe potuto fargli bene; così, insisté:
- Sirius, cos'è successo con i tuoi? -
L'occhiata che Sirius gli rivolse era così stanca e carica di amarezza che Remus sentì il bisogno di accostare la spalla a quella dell'amico, per toccarlo, per sentire in qualche modo che era ancora lì, con lui, che era sempre Sirius.
- Tu cosa pensi? - domandò Sirius, esausto e sarcastico. - Abbiamo litigato una volta di troppo. E Regulus qui, e Regulus lì, continuavano a tirarlo in mezzo. Regulus, da quel piccolo vigliacco opportunista che è, ha pensato bene di non aprire bocca, ovviamente, e lei ha detto che sarebbe stato molto meglio se fosse stato lui il suo primo figlio. Il suo unico figlio. - concluse, il tono piatto. Remus rabbrividì, perché lei, Walburga, era una madre: come Gabrielle. Pensare che Gabrielle avrebbe mai potuto dirgli una cosa del genere... affermare che sarebbe stato meglio che lui non fosse mai nato...
Anche se era così. Remus serrò gli occhi. Molto meno dolore, se lui non fosse nato, per John e Gabrielle. Molto meno dolore per i loro genitori, i suoi nonni, che avevano paura di avere il nipote in giro per casa anche quando la luna piena era lontanissima. Si appoggiò alla spalla di Sirius, e sentì l'amico fare lo stesso, accanto a lui, con un sospiro profondo:
- Comunque, non ha importanza. E' stato il nostro ultimo litigio. Tra poco sarò maggiorenne, e... e non potranno più fare niente. Non potranno più farmi niente. Ma ho applicato un Incantesimo Collante su tutto quello che avevo appeso alle pareti della mia stanza... - commentò, cupamente soddisfatto. - Se vorranno togliere la mia roba, dovranno buttar giù i muri. -
Remus sorrise, guardandolo:
- Forte. -
Sirius scrollò le spalle.
Remus si guardò intorno, cercando un modo di distrarre Sirius: e i suoi occhi vennero attratti, dopo un attimo, dai fogli sparpagliati sul tavolo.
- Stai facendo i compiti? -
Sirius gli rivolse un'occhiata esasperata e incredula, sgranando gli occhi:
- Siamo in vacanza, Lunastorta, hai presente? Vacanze di Pasqua, quella roba lì? -
- Gli esami di fine anno sono vicini. Mancano meno di dieci settimane, sai? -
- Sì, lo so. Sarebbe difficile non saperlo, comunque, con te che me lo ripeti ogni cinque minuti. E comunque no, non sono compiti. Sono appunti. -
Remus sembrò interessato:
- Di cosa? -
- Sono appunti miei e di James. - spiegò Sirius. Si alzò in piedi e si avvicinò alla scrivania: cercò tra i fogli, scansandone qualcuno distrattamente, prima di tirar fuori un pezzo di pergamena che resse con due mani, con cura, mentre tornava verso il letto. - Stiamo disegnando una mappa di Hogwarts. -
Remus sgranò gli occhi, sorpreso, allungandosi per sbirciare la pergamena.
- Una mappa di Hogwarts? - gli fece eco. Sirius annuì:
- Già. Abbiamo pensato che sarebbe stato un peccato che tutto quel che i Malandrini hanno scoperto su Hogwarts andasse perso, sai? Credo che nessuno studente, mai, abbia saputo tanto quanto noi su quella scuola! Passaggi segreti, corridoi che conducono all'esterno, sale nascoste! - concluse, improvvisamente eccitato. - Vogliamo metterlo su carta, Remus! -
Qualunque idea che potesse contribuire a sollevare Sirius dei suoi pensieri cupi, pensò Remus, era una grande idea; e quella, tra le altre cose, era una grande idea a prescindere.
- Posso vedere? -
Sirius gli porse la mappa. Era piccola a sufficienza da poter essere ripiegata facilmente e portata in una tasca, o nascosta in un libro; ma grande abbastanza da risultare perfettamente chiara e leggibile. Per ora conteneva uno schizzo estremamente accurato del castello di Hogwarts, con i suoi piani e gran parte del suo parco: Sirius e James avevano disegnato già tutti i portoni che davano sull'esterno, i ponti e le gallerie che collegavano le varie aree dell'interno e le sale principali. C'era ancora molto da fare, ma le basi erano lì, davanti ai suoi occhi.
- Pensavamo di modificarla per renderla un po' più interessante. - aggiunse Sirius, il tono orgoglioso: evidentemente non gli era sfuggito lo sguardo ammirato che Remus aveva posato sulla mappa. - Sai, aggiungendo qualche incantesimo che permettesse di vedere, che so, dove sono i professori... il custode... qualcosa del genere. Credi sia possibile? -
- E' complicato. - commentò Remus, assorto. - Potremmo incantare la mappa perché si identifichi con il castello. Quel che Vitious ha detto che si fa con gli incanti di sorveglianza. Dovremo girare per il castello, però, ed applicare gli incantesimi anche alle mura, o non avranno effetto... -
Un pensiero improvviso lo attraversò, tutto ad un tratto, raffreddando il suo entusiasmo. Accostò i lembi della mappa, guardando verso Sirius con lieve rammarico:
- Ma una cosa del genere sarebbe pericolosa, Sirius, se finisse nelle mani sbagliate. E' Hogwarts, dopotutto. -
Sirius mosse una mano in un gesto vago, annoiato:
- Sì, sì. Io e James ci abbiamo pensato. Stavamo parlando di, uh, sai... - si interruppe, e tutto ad un tratto sembrò a disagio. Distolse lo sguardo da Remus, guardando verso l'alto, e poi buttò fuori: - … di quanto ci piacerebbe che, be', i nostri... i nostri figli, insomma, l'avessero. Quando sarà il momento. Che sarebbe uno spreco se non sapessero quel che noi sappiamo e dovessero cominciare a scoprire tutto daccapo. -
Remus non riuscì a trattenersi: doveva sorridere.
- Non sapevo che le cose tra Lily e James stessero andando così bene. -
- Sì, be', non vanno così bene, d'accordo? - brontolò Sirius. - Stavamo solo parlando, accidenti! -
- Sicuro. - commentò Remus. Ridacchiò, e questo gli valse un'altra occhiataccia, ma poi si sforzò di tornare serio per domandare:
- Be', allora ci avete pensato. E cosa avete pensato? -
- Che potremmo usare una parola d'ordine. Qualcosa che non fosse precisamente... qualcosa che si potesse capire solo... solo se qualcuno sapesse di noi. Solo da qualcuno che ci conoscesse. -
Figli, pensò Remus, e di nuovo il pensiero gli parve divertente: e poi, insieme al divertimento, venne qualcos'altro che scaldava e pizzicava proprio nel fondo dello stomaco. Lui non avrebbe mai avuto figli, sicuro: non voleva averne, non con il rischio che fossero tutti come lui, lupi mannari. Non se lo sarebbe mai perdonato. E poi, cercarsi una... una ragazza? Da sposare? Semplicemente, non gli pareva plausibile.
Però Sirius avrebbe avuto dei figli. Questo pensiero un po' doleva - perché avrebbe significato spartirlo, spartire Sirius, il suo migliore amico, con qualcuno - ma era anche bellissimo. Sirius avrebbe avuto dei figli. Peter avrebbe potuto avere dei figli. James avrebbe potuto avere dei figli, e se questi figli fossero stati con gli occhi verdi che lui continuava a sbirciare di sottecchi ogni volta che Lily Evans era nelle vicinanze, e con quella testa di capelli assurdi che si ritrovava, be', sarebbe stato meraviglioso.
Perché no, quindi?
- E quale sarebbe questa parola d'ordine? - si ritrovò a chiedere, interessato.
Sirius sorrise e s'allungò verso la mappa, stirandosi come un grosso gatto dal sorriso felino. Era un sorriso vero, il primo dall'inizio della serata, e nella penombra della notte imminente, nella stanza buia dalle imposte chiuse, sembrò scintillare di luce propria.
- Qualcosa che ci assicurerà che questa mappa possa essere usata solo dalle persone giuste, Lunastorta. -
Si piegò sulla mappa di Hogwarts, ancora incompleta, e picchiettò sulla pergamena con la bacchetta, due volte.
- Giuro... - disse. - … di non avere buone intenzioni. -





Note del capitolo: E questa è l'unica sequenza che non si concluda con una risata. Non riuscivo proprio a vederceli, qui, a ridere sulla mappa: sarà perché quella mappa ha ai miei occhi, ogni volta che ne leggo, una connotazione pesantemente malinconica, sarà perché tutta la situazione - povero, povero, povero Sirius! - è malinconica assai, sarà perché il pensiero che Harry è tutto quel che alla fine del libro resta dei Malandrini, ed anche Harry non è che abbia avuto una vita felicissima... GUH!
Per cui, sorridere va bene, ridere non tanto.

Grazie a chi si ferma per la prima volta e a chi ripassa per salutarmi.

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Capitolo 16
*** 1977 - La festa di fine anno ***



Settimo anno, 1977
La festa di fine anno



A vincere la Coppa delle Case era stata, quell'anno e per l'ottava volta consecutiva, Grifondoro, con quattrocentonovantatré punti: e questo malgrado James Potter e Sirius Black, con la cooperazione di Remus Lupin e Peter Minus, fossero riusciti a far perdere nel giro di due settimane sessanta punti a testa a causa dei non troppo piccoli e per niente amichevoli scherzi progettati per salutare in gloria la Casa di Serpeverde.
Era stata un'inimicizia acida e ingrata, pensò Remus, che era andata avanti per sette anni di troppo. I Serpeverde non gli erano troppo simpatici, in linea generale, ma di certo Sirius e James non avevano fatto nulla per appianare le divergenze. Gettò un'occhiata dall'altra parte della sala e inquadrò subito, al tavolo di Serpeverde, la testa di lunghi, liscissimi capelli neri che apparteneva a Regulus Black. Dava loro le spalle. L'aveva fatto per sei anni.
Riconobbe anche il naso adunco di Severus Piton, poco più in là, e la sola vista del ragazzo bastò a causargli un brivido. Era così dalla notte dell'ultimo terribile scherzo di Sirius: che avrebbe portato, se fosse andato fino in fondo, alla morte di Piton, alla sua propria espulsione e... e Remus non sapeva cos'altro. Sarebbe stato espulso come Sirius? Silente avrebbe provato a difenderlo? Sarebbe stato arrestato... soppresso? Non sapeva cosa fosse previsto, in casi come quello. Non voleva saperlo. James li aveva salvati, quello lo sapeva; e sapeva anche che, da quella notte, Sirius era cambiato.
- Un altro anno è finito. - stava dicendo Albus Silente, al tavolo dei professori. - Abbiamo avuto modo di trascorrere un altro meraviglioso anno insieme. -
Sette anni sono passati, pensò Remus. Abbiamo avuto modo di avere sette anni insieme, i sette anni più belli delle nostre vite.
James e Lily stavano chiacchierando di qualcosa di leggero ed evidentemente molto allegro, dall'altra parte del tavolo, perché ridacchiavano: chini sui piatti, le loro teste sembravano sfiorarsi, i capelli mescolarsi. Lily aveva il viso arrossato. Lily gli piaceva, aveva scoperto Remus nel corso del settimo anno, e gli piaceva molto. Lei e James erano belli, insieme. Erano felici.
- Viene il diabete a guardarli cinguettare, uh? -
La voce di Sirius, beffarda, risuonò in un bofonchio dritta dritta nell'orecchio di Remus: che, colto di sorpresa, girò la testa di scatto.
- Sei solo invidioso. - obiettò.
Sul viso di Sirius passò una smorfia a metà tra il disgusto e il divertimento:
- Ugh. Se mai ciangotterò melenserie in quel modo, Lunastorta, ti prego, abbattimi. Puoi usare la mia testa per decorarci la parete del tuo salotto. Scommetto che sarebbe scenica. -
Remus sorrise:
- La tua pulciosa testa. -
- Ehi! - esclamò Sirius, indignato. - Fior fior di maghi vorrebbero le loro ville arredate da un maestoso, nobile... -
- … borioso e tronfio cranio. - completò per lui la voce di James. - Proprio come il suo. -
Sirius rivolse all'amico un'occhiataccia e un gesto sdegnoso della mano:
- Torna a declamare sonetti alla Evans, Potter. Stiamo parlando tra gente seria, qui. -
- Gente seria? - gli fece eco Lily, sardonica. - Davvero? La nascondi tutta dietro a quella faccia da pallone gonfiato che ti ritrovi, Black, perché io non la vedo. -
Peter, alla destra di Sirius, soffocò una risatina, mentre James ghignava apertamente:
- Touché! -
Sirius replicò a Lily in tono amabile:
- Il tuo sarcasmo poco mi tange, Evans cara, e passami quei dolci alla menta. -
Il banchetto di fine anno era sempre qualcosa di eccezionale, ma quell'anno sembrava che gli elfi di Hogwarts avessero superato sé stessi: i tavoli traboccavano di vassoi, e le portate continuavano ad arrivare, una dopo l'altra. Tutti ridevano e chiacchieravano, e sembrava non dovesse finire mai. La squadra di Grifondoro si alzò in piedi e si ritrovò in fondo al tavolo, a un certo punto: con James Potter se ne andava anche Mary MacDonald; l'anno prima avevano concluso i sette anni ad Hogwarts Hyerolfus Glacenspark e Chris Halford. Quando il nuovo anno fosse iniziato, non ci sarebbe stato più nessun giocatore della squadra con la quale James aveva cominciato a giocare: ma c'erano i nuovi arrivati, sicuro, che avrebbero preso il loro posto. I loro sette anni ad Hogwarts si concludevano così, pensò Remus, ma Hogwarts non sarebbe finita per questo. Qualcun altro avrebbe occupato le loro stanze, qualcun altro sarebbe stato Cacciatore per i Grifondoro. Qualcun altro avrebbe fatto perdere punti alla sua casa e qualcun altro, prima o poi, avrebbe avuto tra le mani la mappa che avevano disegnato, preparato, incantato: e questo anche se i Malandrini non sarebbero stati mai più ad Hogwarts.
Era un buon pensiero.
Nel caos creato dalla squadra di Grifondoro, intenta a rievocare intorno al tavolo le azioni migliori dell'ultima stagione, Sirius si sporse per domandare a Remus in tono casuale:
- Che cosa pensi di fare quest'estate? -
- Non lo so. - rispose Remus. Non ci aveva ancora pensato: aveva trascorso tutto il suo tempo tra aprile e giugno studiando per i M.A.G.O.. Preoccuparsi anche del dopo, nel corso dell'anno, gli era sembrato semplicemente troppo.
Il dopo era un qualcosa di incerto sospeso a metà tra il panico e l'eccitazione. Il dopo era fuori da Hogwarts: fuori dalle mura sicure della scuola, fuori dalla protezione che Albus Silente gli aveva offerto fino a quel momento. Anche la luna era sembrata più lontana, così. Gli era sembrato di poterla affrontare, di poterla sconfiggere.
- Tu cosa farai? - chiese a Sirius.
Sirius scrollò le spalle:
- Non so ancora bene. Il mio prozio Alphard è morto, sai? -
- Oh. - Remus aveva imparato da tempo che tutto quel che riguardava la famiglia di Sirius era un argomento tabù; per questo, ebbe grande cura di suonare insieme cauto e delicato mentre affermava: - Mi dispiace. -
Si aspettava che Sirius rispondesse qualcosa d'acido, di sarcastico, che dicesse che invece a lui non dispiaceva affatto e che era anche ora che il vecchio bastardo morisse, come tutti i Black avrebbero dovuto fare da tempo; e invece Sirius spinse indietro la testa e replicò:
- Anche a me. - E poi, ghignando divertito di fronte all'occhiata stralunata di Remus, aggiunse: - Era un tipo strano, lo zio Alphard. Mio nonno l'ha disconosciuto secoli fa, ma allo zio Alphard non è mai importato: era ricchissimo e viveva sul continente, mille miglia lontano da Londra. Gli stavo simpatico. Dev'essere per questo che mi ha lasciato tutta la sua eredità. -
Remus sgranò gli occhi, stupefatto:
- L'ha fatto davvero? -
- Già. - Sirius sorrise ancora. - Sono autonomo, adesso. Non dovrò più pesare sui Potter. A questo proposito... - Sirius si schiarì la voce e sembrò, tutto ad un tratto, a disagio. - … mi chiedevo... so che vivi con i tuoi e... e i tuoi genitori sono fantastici, Remus, davvero! Come quelli di James. Mi chiedevo, però, se magari... se ti andasse di provare a vivere da solo. Insomma, fuori di casa. Di casa dei tuoi. -
- Ci avevo pensato. - ammise Remus, lievemente sconcertato. Non gli era del tutto chiaro dove Sirius volesse andare a parare. - Devo trovare un lavoro, prima, però. Per pagare quella piccolezza chiamata affitto, sai? -
Sirius ghignò con lui; ma, subito dopo, gli rivolse un'occhiata obliqua che parlava d'incertezza:
- Vuoi... vuoi un coinquilino, per caso? Perché io pensavo di comprare una casa ora e... e potresti venire a stare da me, Remus. E quando avrai uno stipendio potremmo dividere le spese, ma, davvero, non sarà neanche necessario. Lo zio Alphard mi ha lasciato soldi bastanti per vivere almeno una mezza dozzina di vite nello sperpero più assoluto. Peter vuole restare con sua madre, e James ha... be', James ha qualcuno attorno a cui cinguettare, sai. - Sirius alzò gli occhi al cielo, e Remus si sforzò di non ridere. - Per cui saremmo solo noi due. Se ti va bene. -
Se ti vado bene, era scritto a chiare lettere nell'espressione di Sirius, se ti vado bene io. Remus sentì la felicità inondarlo, era come acqua caldissima e frizzante, sfrigolava dentro di lui e sembrava far luccicare tutto quel che aveva intorno come fosse oro puro.
- Sarebbe fantastico. - disse.
Il sorriso di Sirius si allargò da orecchio a orecchio.





Note del capitolo: Ah, avranno pochi anni da godersi insieme. ç_ç Ma questa è un'altra storia - e sarà raccontata un'altra volta. Molto probabilmente da qualcun altro, guh! x°D
La storia si avvicina ai suoi ultimissimi capitoli. Entro metà novembre sarà online l'ultimo capitolo de La miglior parte della nostra vita. E' stato un esperimento divertente, ma forse non uno che ripeterei.
Mille ringraziamenti, come sempre, a chi si ferma a lasciarmi un parere.

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Capitolo 17
*** 1977 - Aspettando l'alba ***



Settimo anno, 1977
Aspettando l'alba



Sporgendosi dalla torre d'Astronomia si aveva un po' l'impressione di poter toccare le stelle: sembravano vicine, più vicine che mai, e incredibilmente grandi e brillanti. La Foresta Proibita era un mare nero di foglie mosse, ogni folata di vento un'ondata più scura del cielo; c'era la luna, ma era una falce pallida e sottile, niente a che vedere con l'occhio terribile che sembrava inseguire Remus, minacciarlo, una volta al mese.
Aveva avuto due anni, pensò, per non sentirsi minacciato. Due anni per trasformare anche le notti della luna piena in un sogno: avevano corso in quattro sui prati di Hogwarts, verso le montagne, fin quasi ad Hogsmeade. Avevano potuto attraversare la Foresta Proibita, indisturbati, camminare in mezzo agli unicorni e combattere con le Acromantule. Visitare il fondo del bosco, dove gli Augurey facevano il nido in una zona umida e ombrosa, e scoprire che la Foresta Proibita forse aveva veramente ospitato un drago, una volta, perché avevano trovato immense ossa spolpate deposte a formare una figura riversa lunga oltre nove metri. Neanche i Centauri li avevano scacciati: avevano avuto timore di Remus, ma non l'avevano respinto.
Sirius e Remus erano scesi nelle cucine per sottrarre qualcosa da mangiare. Non aveva importanza che il banchetto li avesse lasciati ripieni e satolli, perché quella era l'ultima notte, l'ultima volta. Valeva la pena di farlo anche solo per ricordarsene, poi. Avevano Evocato le coperte dalla torre di Grifondoro e usato un Incantesimo di Appello per far volare i cuscini fuori dalle finestre. Remus aveva avuto l'impressione che dalla vetrata dell'ufficio del Preside qualcuno si fosse affacciato a guardarli, per un attimo – il riflesso gemello delle stelle su due lenti a forma di mezzaluna – ma forse era stata solo un'impressione: perché nessuno era venuto a dir loro di tornarsene a letto.
Di solito era James ad accompagnare Sirius nella raccolta di cibarie: ma, stavolta, James era scomparso da qualche parte - lui e il suo Mantello dell'Invisibilità, ipotizzava Remus, e una certa Lily Evans. Era arrivato alla torre d'Astronomia in ritardo, con il viso arrossato, i capelli arruffati e un'espressione che Sirius non s'era fatto problemi nel definire beota. Era un tipo di beotaggine simpatico, pensò Remus, quel tipo di beotaggine che lascia con il cuor contento.
Sdraiati sulle coperte l'uno accanto all'altro avevano guardato scorrere via la loro ultima notte ad Hogwarts.
James pensava al futuro, ad alta voce, e ogni sua frase cominciava con Lily. Io e Lily, io e Lily potremmo, magari io e Lily faremo, a me e Lily piacerebbe che. Era giovane e innamorato e felice, si disse Remus, e non avrebbe avuto problemi. Lui e Lily sembravano andare d'accordo, e forse, forse, tra un anno o due Remus avrebbe avuto un nipotino. Una specie, insomma. Non un nipotino da un fratello vero, ma James lo era stato, in un certo senso. Più che un fratello, Ramoso, avevano corso attraverso la Foresta insieme.
Peter aveva paura di poter fallire. Guardava in avanti e aveva timore, e Remus lo capiva: le mura di Hogwarts erano sembrate opprimenti, certe volte, ma erano sempre state un riparo attorno a tutti loro. Avevano tenuto il mondo lontano, con le sue brutture, i suoi pregiudizi e sospetti o ostilità, e domattina le avrebbero viste allontanarsi dai finestrini dell'Espresso. Avrebbe dovuto stare vicino a Peter d'ora in avanti, si disse, Peter che era il più debole di loro, che era loro amico. Peter che aveva zampettato fiduciosamente in forma di topo accanto a un Lupo Mannaro. Era stata la prima persona che aveva conosciuto, arrivando ad Hogwarts: questo doveva pur voler dire qualcosa.
Sua madre gli aveva proposto di partecipare ad un concorso per entrare al Ministero come tecnico della Manutenzione Magica. Non era un cattivo lavoro, gli disse James. Sarebbe stato divertente. Ogni volta che avesse voluto un aumento, aggiunse Sirius, gli sarebbe bastato assicurare uragani e alluvioni a tutti gli uffici.
Sirius era raggiante. Walburga e le sue crudeltà sembravano lontani mille milioni di miglia, e così quella casa orribile in cui era cresciuto, quel posto schifoso che aveva spalancato in lui una voragine di buio e di sporco: ma avevano anni, pensò Remus, per richiuderla e sanarla. Erano stati sette anni bellissimi, quelli di Hogwarts, i più belli in assoluto: nulla avrebbe impedito loro, però, di fare in modo che quelli che sarebbero seguiti fossero più belli ancora, stupendi. Trasformare ogni giorno in un'avventura. Rendere la vita meritevole d'essere vissuta.

- Con mio grande cordoglio... - esclamò dopo un po' James, con un profondo, teatrale sospiro. - … ho nascosto la Mappa del Malandrino nell'ufficio di Argus Gazza. Con un po' di fortuna il vecchiaccio non si accorgerà di niente e la lascerà lì dov'è, precisamente lì dov'è, in modo che qualche meritevole possa trovarla. -
- Nell'ufficio di Argus Gazza? - obiettò Remus, perplesso.
Sirius ghignò:
- E' il posto migliore. Pensaci, Rem: quale categoria di studenti finisce nell'ufficio di Gazza? -
Il sorriso di Remus affiorò ironico:
- Oh, tu e James siete due esperti in proposito. Potreste essere assunti come guide del luogo. -
- Fai meno il sarcastico, Lunastorta, o ti butto dalla torre. James, che fine ha fatto il mio specchio? Non lo trovo più! -
- L'avrai ficcato nel fondo del baule, Felpato, sotto alle decine di lettere di ammiratrici adoranti e disperate per la tua partenza. -
Sirius girò la testa per rivolgere un sogghigno abbagliante all'indirizzo di Remus, e Remus rispose con un nuovo sorriso, scuotendo lentamente il capo:
- Povere ragazze. -
Sirius scrollò le spalle:
- Se ne faranno una ragione. Codaliscia, ti stai addormentando? -
Peter mugugnò qualcosa che suonava tanto come un sì, e Sirius si sporse per afferrargli le spalle e assestargli uno scossone.
- Oh, no, no! Non puoi già addormentarti, è ancora presto! Stappiamo una Burrobirra... brindiamo! C'è del formaggio, vuoi il formaggio? -
- Odio il formaggio. -
- Che razza di topo odia il formaggio? -
- Che razza di cane va dietro ai gatti? -
- Era una gatta. - specificò Sirius con assoluta serietà. - Femmina. Molto affascinante. E comunque è successo solo una volta, e non è stata una cosa seria. Ci siamo lasciati da amici. -
Risero tutti, tanto forte che Remus dovette pregarli di far piano, o li avrebbero scoperti. James sgranò gli occhi:
- E se ci scoprono che ci fanno? Ci buttano fuori, Remus? Ci tolgono punti? - e poi, con un gran sorriso: - Abbiamo vinto la coppa. -
- Un'altra volta. - soggiunse Peter.
James buttò fuori il petto, alzando il mento:
- E quella di Quidditch... anche quella un'altra volta. Ovviamente. -
Sirius gli assestò una breve spallata, rotolando per cercare d'occupare più spazio sulla coperta:
- Sgonfiati, James, e fatti più in là. -
- Ehi, questa sarebbe la mia zona, Felpato! -
- Cos'è, hai segnato il territorio? -
- Esattamente, e tu non vuoi sapere come. -
- … ugh. Chiaro, afferrato. Lunastorta, offrimi ospitalità! O anche tu marchi il territorio? -
Remus sorrise, spostandosi per far spazio a Sirius, e scosse la testa:
- No. Io sono un tipo socievole. -

Erano stati uno strano branco, pensò Remus. Avevano vissuto insieme per sette anni, vivendo l'uno nell'ombra dell'altro, traendo l'uno dall'altro la forza per affrontare i lati più bui della loro vita. Qualcuno di questi lati bui era stato leggero e lieve, un'ombra come quelle che hanno le vite delle persone normali, piccole cose: timori e desideri non ricambiati, la noia, la stanchezza, paure di poco conto; altri lati erano stati cupi e profondi, e c'erano stati giorni in cui erano sembrati invincibili. Sirius appena tornato dalle vacanze estive, al secondo anno, pallido e magro e sperso mentre guardava la schiena di un fratello che si allontanava. Peter dopo aver tentato la trasformazione in Animago ed aver fallito, per l'ennesima volta, con le braccia e il viso mostruosamente deformati dal tentativo: avevano avuto paura, per un attimo, che sarebbe morto. James lordo di sangue con Piton in schiena e un viso pieno di panico, in una notte scurissima che avrebbe potuto segnare la fine di tutto, dei Malandrini, delle loro vite così com'erano sempre state, tutto. La luna, la luna sopra ogni altra cosa, pensava Remus, che prima era stata un mostro bianco e inarrestabile alto nel cielo, ma adesso era tollerabile. Era quasi bella.
- Potremmo prendere una casa con un giardino. - bisbigliò Sirius, molto più tardi. Peter e James dormivano, adesso, ed erano rimasti svegli solo loro due: se ne stavano sdraiati sul fianco, i visi rivolti l'uno verso l'altro e le fronti che quasi si toccavano, si sfioravano. - Un grande giardino. Magari alla periferia di Londra, Rem, così una volta al mese... -
Così una volta al mese potremo tornare a correre, pensò Remus. Sorrise.
Non era la fine di niente. Tutti i giorni, tutte le notti della loro vita avrebbero potuto essere così, sempre. Le loro spalle si sarebbero appoggiate le une alle altre, nel buio, le loro schiene vicine. Finché erano insieme, tutto era possibile.
Cercò la mano di Sirius e pensò che il cuore gli sarebbe esploso in petto, sarebbe bruciato come una stella, quando Sirius prese la sua e la strinse.
Queste notti non finiranno mai.





Note del capitolo: Muoio di sonno, ma sono già in ritardo di ventiquattr'ore e dovevo pubblicare entro stasera. Il Lucca Comics & Games mi ha lasciata un po' stordita ed estremamente depressa... quanto ci vuole a far passare un anno?

Per inciso, la notte di Halloween è venuta e passata anche nel mondo reale. Di tutte le storie di Harry Potter quella dei Malandrini è quella che mette più tristezza: è un po' come giocare a Final Fantasy X, collezionando Jecht-sfere e sapendo perfettamente già dal principio che fine ha fatto il meraviglioso trio di Braska e compagni.

Per tutti i ringraziamenti, i saluti e... be', tutto il resto, aspetterò l'ultimo capitolo. Che, in effetti, è il prossimo. Guh.
Ci si ritrova mercoledì 16 novembre!

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Capitolo 18
*** Epilogo ***





Harry comincia ad urlare.
Chiama Sirius e corre, e adesso è lì, davanti a Remus. Sale i gradini che portano all'arco.
E' tutto quel che resta, pensa Remus. Tutto quel che resta di James, del desiderio di vedere i suoi figli, voli sui manici di scopa e Burrobirra rubata dalle cucine, di Peter che non è rimasto con loro spalla contro spalla contro spalla e che invece ha dato la schiena ai suoi amici e s'è inoltrato nel buio, Peter vigliacco, Peter che sbirciava sopra le sue mani i compiti e che sapeva cosa fosse la vergogna perché l'aveva sperimentata, James e Peter e Sirius sulla torre d'Astronomia, Sirius. Sirius, Sirius, Sirius.
Remus afferra Harry, lo blocca. Lo stringe a sé e pensa lui no, tu no, tu non andrai da nessuna parte.
- Non puoi fare niente, Harry... - bisbiglia.
- Fermalo... - urla il ragazzo – Salvalo... è appena passato...! -
E' solo lì dietro, si dice Remus, ma sa che lì dietro è un posto dal quale Sirius non può più tornare.
Sentirlo ridere nell'infermeria di Hogwarts, la sua risata come un latrato. Quattro anni, due mesi e tredici giorni trascorsi nel loro infernale appartamento di Londra dividendo le notti buie e quelle di luna e tutti i momenti che erano riusciti a raggranellare insieme, accumulandoli come fossero briciole. Notti su notti delle quali si porta dentro la memoria, e ogni volta che chiude gli occhi Remus ricorda. Hanno reso la sua vita degna d'essere vissuta.
Averlo per due anni ancora cambiato dopo aver creduto di averlo perso per sempre, disastrosamente cambiato, ma Sirius era stato , Remus lo sa, ancora . I Dissennatori non erano riusciti a portargli via Felpato.
E' solo lì dietro. Irraggiungibile.
- … è troppo tardi, Harry. -
Gli si sta spezzando il cuore. Lo sente frantumarsi e crede per un attimo che esploderà, gli lacererà le costole e si farà largo fino a vedere la luce, pulsante e sanguinante, non si può provare tanto dolore due volte in una sola vita senza perdere il senno per questo.
- Possiamo ancora raggiungerlo... -
- Non puoi fare più niente, Harry... niente... -
Harry si divincola, ma Remus non lo lascerà andare. Remus non lascerà che anche Harry vada dove lui non può raggiungerlo.
E' tutto quel che resta. Tutto quel che resta di noi.
Harry è memoria in carne e sangue e occhi verdi e capelli che non stanno mai giù e Avvincini in un barattolo di vetro e Felpato. Tutto quel che resta di Felpato.
Sirius è perduto dall'altra parte del Velo.

- … se n'è andato. -








Note del capitolo: E su questa nota di speranza e ottimismo chiude La miglior parte della nostra vita. Rileggere Harry Potter alla luce di quel che si sa già dopo aver letto la saga una prima volta è un po' come smaciullarsi un po' il cuore ad ogni pagina di più: per Lily e James che non sapevano quel che avrebbero perso, per Harry che non li ha mai avuti, per Sirius che forse sarebbe stato meglio morto e Remus che ha una sfiga della miseria, povero bimbo, ogni volta che qualcosa gli va bene, zac, tolta.

Vorrei ringraziarvi uno per uno, ma siete veramente tanti. Ho iniziato e interrotto l'elenco cinque volte, ma dovrei occupare un capitolo solo per questo. Perciò, innanzitutto, grazie a tutti voi che vi siete fermati a leggere. Grazie doppiamente a tutti voi che, dopo esservi fermati a leggere, vi siete presi cinque minuti per lasciarmi un parere; triplamente per tutte le volte che mi avete segnalato quel che non vi piaceva - perché spero che possa aiutarmi nello scrivere ancora.
Un grazie particolarmente sentito a voi che avete seguito questa storia fin dal principio. Se non fosse stato per voi, probabilmente avrei smesso di pubblicarla.
Grazie a crystalemi, perché senza di lei questa storia non sarebbe mai nata, a Ray08, perché se ne è stata sempre lì, ogni due settimane, appostata come una faina in caccia (e perché si è presa il tempo di farmelo sapere), a ElseW per l'infinito entusiasmo, a _Calypso_ per aver segnalato questa storia per le Scelte. Questo è uno di quei casi dove il pensiero conta indescrivibilmente più dell'effetto.
Ancora, vorrei ringraziarvi tutti uno per uno, ma le Note si allungano.

... cinque minuti di depressione per la pubblicazione dell'ultimo capitolo, rimuginando sul fatto che il settimo libro è uscito, l'ottavo film anche.
Signora Rowling, perché questa storia non la ricomincia da capo?



Non dovrei farlo, ma - mwahahaha - sono sulla scia del mio stesso entusiasmo. Avevo lasciato in fondo all'ultimo capitolo di Prima di King's Cross un frammento di quella che è attualmente La strada sbagliata, meglio conosciuta tra me e dierrevi - gli Addetti Ai Lavori - come Harry L'Elfo Domestico Sbaglia Ancora. No, non spiegherò perché: sarebbe spoilerare. x°D
In compenso vi spoilero con gioia un estratto della Gazzetta del Profeta che apparirà nel secondo capitolo di
La strada sbagliata: la storia è attualmente pronta fino al settimo capitolo e il primo capitolo sarà online il 1° Dicembre.
Io non sono grafomane, è che mi disegnano così.



IL WIZENGAMOT APPROVA Il PROGETTO DI LEGGE POTTER-FINNIGAN


"Due anni fa, con le Leggi per l'Integrazione e per l'Apertura del Mondo Magico ai Babbani” ha dichiarato il Ministro della Magia “passate al Wizengamot nella trecentododicesima ricorrenza dell'approvazione dello Statuto Internazionale di Segretezza, Maghi e Streghe di tutto il mondo hanno potuto finalmente smettere di nascondersi. Oggi festeggiamo la scelta compiuta in quel giorno permettendo, con la nuova normativa di supporto, un passaggio che sia il più sereno e amichevole possibile tra il vecchio e il nuovo mondo. I Babbani non devono avere ragione di temerci.”
A chi gli ha domandato quale linea intendesse seguire nella gestione dei rapporti con il Ministero della Magia francese – ancora tesi a seguito dell'epocale infrazione allo Statuto Internazionale – il Ministro ha sostenuto che tutti i grandi cambiamenti portano necessariamente con sé un carico di comprensibili preoccupazioni per l'ignoto.
Il Capo del neo-dipartimento degli Affari Babbani, Seamus Finnigan, Eroe della Battaglia di Hogwarts e Ordine di Merlino di Seconda Classe, ha sostenuto di essere pienamente soddisfatto dalla piega presa dagli eventi. [...]"

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