Oηcє Moяε

di Angels Island
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** chapter 1 ***
Capitolo 2: *** chapter 2 ***
Capitolo 3: *** chapter 3 ***



Capitolo 1
*** chapter 1 ***


Mi sono alzata alle 4 del mattino causa studio, oggi… Ma la stanchezza avanza solo or ora… E non mi ha impedito di buttar giù qualche riga… È l’inizio di una brevissima fic che spero completerò entro poche settimane

 

 

 

 

 

Mi sono alzata alle 4 del mattino causa studio, oggi…  Ma la stanchezza avanza solo or ora…  E non mi ha impedito di buttar giù qualche riga…  È l’inizio di una brevissima fic (suppergiù di due o tre capitoli) che spero completerò entro poche settimane.  Gli esami non sono ancora finiti, in fondo. Per non contare i vari impegni che mi terranno occupata.  Ma, almeno oggi, avevo voglia di scrivere.  E dalla stanchezza di questa giornata sono emerse queste poche righe…

 

 

 

 

+ Once more +

_-( Natale  Con  Te )-_

 

 

+ + + Capitolo 1 + + +

 

 

 

 

È notte fonda.  E il silenzio pare quasi irreale.  Non un suono giunge fino a te, abbandonato nel letto, protetto da morbidi drappi che intorpidiscono i tuoi giovani sensi col loro dolce calore.  Ti perdi ad osservare ogni più piccola imprecisione del soffitto, senza pensare a nulla di preciso.  Le tue lucide iridi brillano nel buio ad ogni loro più impercettibile movimento.   Eppure  ciò non ti permette di vedere ciò che stai guardando. 

 

 

 

 

 

Hai le labbra socchiuse.  Le senti asciugarsi ogni attimo di più, seccarsi pian piano ad ogni tuo tiepido respiro.   È così lontano da te   quel soffitto   ora che sei solo…  Così freddo   quel letto    ora che non lo condividi più con nessuno… 

 

 

 

E fra poco giungerà il Natale.  Ormai è questione di pochi minuti.  E poi…  Poi la vista si  annebbia.

 

 

 

 

 

 

                 Sono forse lacrime, quelle?  No, certo 

                                                   Tu vuoi bloccarle sul nascere…  Non è così…?

 

 

 

 

 

Hai già pianto tutto te stesso ormai.  E non vuoi che altre stille di dolore e sconforto irritino il tuo viso,  scivolino lungo le tempie e fra i tuoi capelli color del sole al tramonto  per poi morire su quel giaciglio  raggiungendo le infinite altre che hai pianto solo per lui.  Unicamente per lui. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non tornerà più.  Lo sai.  Eppure è difficile riuscire ad accettarlo… 

 

 

 

 

 

Ti passi lento la lingua sulle labbra screpolate e ricacci indietro le lacrime. 

 

 

 

 

 

 

 

 

È notte inoltrata eppure riesci a distinguere ogni silhouette da te  conosciuta in questa camera.  Il candore della neve che, soffiata dal vento, ha coperto ogni cosa  riesce a riflettere il pallido chiarore  della luna, rilasciando sottili bagliori di luce soffusa che oltrepassano le fredde vetrate coperte di brina rischiarando quelle pareti che ti circondano. 

 

 

 

 

 

 

 

Amava la neve.   E l’amavi anche tu.   Amavi quel freddo candore.   E amavi lui.   Lo amavi da quando si era abbandonato a te.   E ti era parso d’esser legato a lui da un tempo infinito.   Amavi il modo in cui aveva messo la sua vita nelle tue mani.   Amavi il suo sguardo.   Così freddo.   Così caldo… 

 

 

 

 

 

Amavi la sua voce.  Così ferma.  Così decisa.  Così tremula e straziata dal piacere quando ti fondevi con lui tra le lenzuola sfatte di quel letto.   Amavi i suoi sorrisi.  Così rari.  Così puri.  Così veri. 

 

 

 

 

 

Amavi le sue mani che ti cercavano ogni notte, quelle braccia che ti stringevano a lui.  Quell’inconfondibile, inebriante, delicato profumo che, davvero, non scorderai mai. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Amavi ogni suo singolo difetto.  Ogni sua abitudine.  Amavi osservarlo accoccolato sul divano mentre s’incantava davanti a una partita di NBA mangiando qualsiasi cosa trovasse nel frigo della tua cucina.  Mentre si rilassava addossato al muro, godendosi i raggi del sole pomeridiano che gli scaldavano la pelle.  Amavi ogni suo più piccolo movimento.  Ti stregava la sua agilità che lo contraddistingueva in ogni istante.  Lui era l’arcobaleno dopo il temporale.  E tu il bambino che lo vedeva per la prima volta. 

 

 

 

 

 

Era una goccia d’acqua intrappolata tra gl’intrecci di una trasparente ragnatela.  E tu un giovane che ne osservava ogni nitido riflesso, ogni giorno, sempre al sorgere del sole.   Era il flessibile stelo di un fiore… che si inclinava ad ogni folata di brezza rialzandosi ogni volta più forte di prima. 

 

 

 

 

 

 

Era la sicurezza fatta persona che sapeva farti sentire il ragazzo più protetto del mondo. 

 

                                                    Era un petalo di rosa turchese,  sollevato dal vento e trasportato sempre più in alto.

 

 

 

 

 

 

 

Era una goccia di miele che scivolava  fuggendo  da una foglia per librarsi nel vuoto  e sciogliersi in un lago cristallino  sotto un cielo notturno tempestato da una miriade di stelle. 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                          Si chiamava Kaede Rukawa. 

 

                                                                                                                                E tu...  Tu eri innamorato di lui...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** chapter 2 ***


I riflessi della luna che si rispecchiava silenziosa in una infinità riverberi di pallida luce sulle umide rive del lago montano rendevano l’atmosfera magicamente irreale

 

 

+ Once more +

_-( Natale  Con  Te )-_

 

 

+ + + Capitolo 2 + + +

 

 

 

Note

 

Ah…Relax……

Temevo non arrivasse più……!

                           Che pace senza la scuola…^_____^

 

 

Eccomi con il secondo capitolo di Once more, ficcy che ho iniziato per fermarmi per qualche giorno con Hard To Accept… Non preoccupatevi quella, la continuerò  presto, promesso^^! È che sono esausta, ora che è terminata l’abominevole avventura degli esami (scherzo, in fondo anche durate quegli otto giorni –argh!- nella mia ormai non più scuola mi sono divertita…)… E io che ero straconvinta che sarei stata megapimpante e piena di energia… Eh, uabbèh, pasiensa… Mi rifarò presto, non temete!^^  H.T.A è in sospeso anche perché sarò via per qualche giorno, tutto qui… E poi tornerà apposta per voi, a soddisfare la vostra curiosità e la voglia di leggere^^! Per ora vi prego di sopportare qualche capitolo di questa, anche se non è…Ehm, speciale come l’altra… Once more ha un ritmo assai meno incalzante… Forse perché io stessa sono meno incasinata, ora!^^’’’ Uhm… Dunque dovrò buttare all’aria la mia vita per continuare la penultima fic…?  Oh cielo…

 

 

 

 

 

Forse è vero, rispondendo a Kemen, che questa storia è nata grazie all’elaborazione di attimi della mia vita… Ti ringrazio moltissimo, Kemen, per avermelo fatto notare: io stessa non me ne ero assolutamente accorta  ‘0.0’  (difatti quando ho letto il tuo commento sono rimasta allibita per il non essermene davvero resa conto…)  e le tue parole mi hanno davvero invitata a riflettere… Portandomi ad una conclusione perennemente uguale a se stessa… Ma sorrrrvoliaaaaamo, che è meglio…-.-  Dico solo che i miei (e ora lo posso dire, e solo grazie a te!^^ ) sentimenti emergeranno di nuovo proprio in questa fic  Forse.  Solo se riuscirò ad esternarli, ovvio… Per me, che caratterialmente sono dannatamente simile a Rukawa (mannagg…) è alquanto difficile riuscirvi. Però mi impegno ogni volta  e  spero sempre di  riuscire a tirar fuori qualcosa di buono…^^’ ‘ ‘

 

 

 

 

 

Per conoscere il motivo per il quale Hana è solo e senza Kaede, Elrohir, dovrai attendere il prossimo capitolo… O tutt’al più quello successivo… Ti prego di non darmi della malefica…’^__^’   È che ritengo di rovinare le cose, spiegandoti in anteprima perché Ru non sia in quella stanza…^^ Ma potrai saperlo presto, non temere… Entro la fine della settimana prossima, mi auguro…

 

 

 

 

Un enorme  grazie  a voi tutte che avete commentato il precedente chap! Spero di non annoiarvi con questo^ç^! Buona lettura! Kiss…!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

+ Once more +

_-( Natale  Con  Te )-_

 

 

+ + + Capitolo 2 + + +

 

 

 

 

I riflessi della luna che si rispecchiava silenziosa in una infinità di riverberi di pallida luce sulle umide rive del lago montano  rendevano l’atmosfera magicamente irreale.  Quella sera eri rimasto in disparte, incantandoti ad osservare la superficie increspata di quell’acqua cristallina  resa torbida come abissi da quella notte d’autunno.    Avresti voluto unirti agli altri, è vero.   Ma già lo sapevi che la montagna ti faceva questo effetto.

 

 

Restavi isolato su un masso ascoltando distratto i loro discorsi scambiati intorno a un caldo fuoco crepitante.

 

 

                                           Restavi isolato a guardare ogni singola stella del firmamento tremare sotto il tuo sguardo.

 

 

                              Quasi ti sembra fosse stato ieri.

 

 

 

 

 

E ti rivedi, seduto su quel masso, i piedi ben piantati a terra…  I gomiti poggiati sulle ginocchia.  Le dita delle mani intrecciate. 

 

Amavi sentirti un’inconsistente scheggia di vetro nell’intero universo.  Un invisibile granello di sabbia in un deserto vasto quanto l’infinito. 

 

Un piccolo uomo che, senza parlare… senza pensare…  si perdeva in un unico ritaglio di cielo blu trapuntato di minuscole stelle.

 

 

 

 

 

Sentivi l’aria fredda pungerti il naso.  Il tuo corpo scosso dai brividi ad ogni fredda folata di vento.  E te ne fregavi di correre il rischio di un malanno. Perché quella sera c’era qualcos’altro ad attrarti.    Qualcosa di già conosciuto ma che mai, mai avevi osservato davvero.

 

 

 

Qualcosa che non avevi mai considerato più di tanto.   Qualcosa che, anzi,  avevi da sempre odiato senza un reale perché.

 

 

 

Ma non era qualcosa.

                                                                                                                      Piuttosto qualcuno.

 

 

 

 

In quei lunghi minuti d’inconsueta solitudine i tuoi occhi si erano rivolti verso un punto preciso. 

E  malgrado i tuoi deboli sforzi  non eri stato in grado di guardare altrove.

 

 

 

                    Sorridi.          Ricordi quella figura come se l’avessi ancora davanti. 

 

 

 

 

Distante da te alcune decine di metri,  immersa nel buio della notte,  isolata come lo eri tu.   Silenziosa come il volo di una rara farfalla che s’avventura tra boccioli di fiori di pesco in quegli eterni istanti delle prime luci dell’alba.   Avevi distolto lo sguardo. 

 

 

 

 

Ma solo per posarlo a una manciata di metri da te.  Per  vedere gli scarponi di Kaede abbandonati sul terreno.  E le sue innocenti impronte di piedi nudi  lasciate su quella sabbia mista a infiniti frammenti di ghiaia.  Tracce confuse che svanivano fondendosi con l’oscurità. 

 

 

Un attimo dopo avevi rialzato gli occhi.  E quella nota silhouette era ancora là.  Immobile nel medesimo punto.    Lontana,  seminascosta fra le ombre della notte.  Avevi trovato così inconsueto  vederlo passeggiare silenzioso con l’acqua gelida fino alle caviglie,  lungo le rive di quel lago…   

 

 

 

 

 

                                                                                   Quant’è bello…

 

                                                                                                        Avevi pensato. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma non un bello banale come di abitudine. 

                Un bello colmo di ammirazione e dolcezza.     Un bello colmo di comprensione.

Comprensione perché in quel preciso istante avevi capito chi era.

 

 

 

 

 

 

 

 

                                        Avevi capito  chi era.

 

                       E continuavi a ripetertelo perché non volevi crederci. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tu avevi capito Kaede Rukawa.  Avevi capito il tuo nemico numero uno, ancor più nemico di quanto non lo fossero quel porcospino dei tuoi stivali o quel Fuku-verme, come amavi  e ancora ami  chiamarli tu.  Tu avevi capito. 

 

 

 

Avevi capito che Kaede Rukawa non era ciò che sembrava.    Non era quel narcisista a cui non servivano parole perché già sapeva di piacere. 

Non era la primadonna che non giocava di squadra perché già sapeva di valere. 

In realtà,  quella realtà che non avevi mai voluto vedere,  era un ragazzo del tutto semplice e normale.  Uguale ad ogni altro. 

 

 

Uguale a te. 

 

        Ed unico, per questo. 

 

 

 

 

 

 

Un ragazzo che sapeva, a differenza di te, accettarsi così com’era.  Con le sue sicurezze ed i suoi infiniti difetti.  Un ragazzo che non aveva bisogno di nascondersi dietro assurde maschere fittizie  volte solo ad esibirlo sotto una luce migliore  agli altri.   Un ragazzo che sapeva mostrarsi  senza barriere.  Senza scudi che lo proteggessero.    

Nemmeno se ne avesse avuto bisogno. 

 

 

                                                                                                     Faccia a faccia con il mondo. 

 

 

 

Lui lo era.         Tu no.                E lo stimavi per questo.      Ancora una volta,  lui riusciva a batterti. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eppure non provavi rancore o invidia nei suoi confronti.  Perché avevi capito. 

 

                                                 Avevi capito che racchiuso nel suo bozzolo di solitudine  Kaede soffriva. 

 

 

 

 

 

 

 

 

E tu non ne sapevi ancora il motivo, in quell’attimo in cui le tue dita hanno raccolto un sasso…

Non conoscevi il motivo per il quale avevi provato l’irrefrenabile impulso di sottrarlo dalle morse della sua solitudine.  Forse volevi dare ascolto a quell’innata emozione che ti batteva nel petto.  La sentivi bruciare in quel limbo di insolita euforia.  Una felicità intensa mai provata fino a quel momento.  Una felicità completamente diversa da quella di un bimbo di fronte a una splendida sorpresa inaspettata.  Tu eri… 

 

 

                                             No.

 

Non è possibile descrivere  ciò che hai provato. 

 

 

 

Ma l’intenso e straordinario sentimento di quell’attimo ha continuato a far battere il tuo cuore.     E continua a farlo battere tuttora.    E continuerà farlo ancora.    Ancora.     E ancora.

 

                                                Lo senti ardere senza fine.     Perché da quel momento tu hai cominciato a vivere.

 

 

 

 

Ripensi a quel sassolino lanciato con forza il più lontano possibile.   Verso di lui. 

Lo hai visto bloccarsi.  Guardare in direzione dell’increspatura concentrica della superficie d’acqua.  E sai che, un attimo dopo, i vostri sguardi si sono intrecciati.

 

 

 

 

Che tu gli hai sorriso. 

 

 

 

 

 

 

Non sai se lui abbia scorso realmente la morbida curva delle tue labbra, da quella distanza.  Eppure è rimasto immobile a lungo, a fissare nella tua direzione. 

 

 

                       Minuti interminabili che avresti voluto non finissero mai. 

 

 

 

 

 

                                                                 Ed è stato allora che hai accettato di dormire con lui. 

 

 

 

 

 

 

Mancava un sacco a pelo quel giorno.  E non capivi perché nessuno volesse ospitarti nel suo.  Eri stato obbligato a dormire con Kaede. 

L’unico che era rimasto in silenzio durante le tue interminabili proteste.  L’unico che, in realtà, non aveva partecipato alla discussione, preferendo rilassarsi  con una spalla appoggiata ad un vecchio tronco d’albero, il peso scaricato su una gamba e le braccia incrociate.  Irragionevolmente intabarrato nei suoi trenta strati di indumenti di lana. 

 

 

 

 

        Ti sfugge un altro sorriso. 

 

 

 

 

 

 

 

I tuoi occhi non abbandonano il soffitto, momentaneamente usato come schermo inesistente per proiettarvi impalpabili ricordi.  Richiami alla mente le offese scambiate con Kaede nel montare la tenda con l’aiuto dei compagni, le lotte con lui in quel caldo spazio ristretto e morbido del sacco a pelo che t’impediva di allontanarti da lui.  Ridi. 

Più  tentavi di scostarti strisciando più te lo trascinavi vicino senza volerlo.  Ricordi i suoi calci potenti contro le tue caviglie, la sua voce profonda che t’insultava ad ogni tuo spintone in  sommessi mormorii per non svegliare gli altri.  Ricordi l’ultima lotta furibonda per ottenere la posizione più comoda in quel dannato e provvisorio letto.  Lotta che aveva portato i vostri volti vicini. 

 

                                                      Troppo vicini. 

 

 

 

 

Chiudi gli occhi e ti torna alla mente il profumo che Kaede aveva usato quel giorno.  I vostri respiri affannati si scontravano l’uno con l’altro, intrecciandosi    proseguendo quella schermaglia che voi avevate interrotto.     Ripensi ai suoi occhi fissi nei tuoi, al suo sguardo sorpreso.

 

 

Come il tuo, Hana, non dimenticarlo. 

 

                                       Ti eri sentito morire, non è così? 

 

 

 

 

Ma avresti voluto morire altre mille, mille e mille volte in quel modo.  Saresti morto ogni minuto così, se avessi avuto la certezza che avresti, ogni volta, provato quella stessa sconvolgente emozione. 

 

 

 

 

I vostri occhi incapaci di liberarsi da invisibili catene che li tenevano legati l’un l’altro, i vostri fiati che si fondevano morendo, man mano voi trattenevate il respiro…  Se solo ti fossi abbassato anche solo di un po’…   Se solo l’avessi fatto tu…  

Se solo… 

 

 

 

Tu avresti anche potuto…

 

 

 

 

 

 

 

 Ma ti eri scostato dopo averlo fulminato con espressione truce. 

 

                                                                 Scassa ancora e t’ammazzo.  Se non ti spiace vorrei dormire. 

 

 

 

Era questo che volevi comunicargli senza usare parole, mentre gli voltavi le spalle, levandotelo di dosso, sistemandoti su un fianco. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avevi tremato quando avevi sentito le dita di Kaede scivolare leggere sulla tua pelle calda. 

 

 

 

 

 

Ti aveva chiamato piano, risvegliandoti da quel dormiveglia che ti cullava da qualche minuto. 

 

                                                                                                                       Ma non avevi risposto. 

 

 

 

 

Forse perché non avevi voglia di parlargli.   Forse perché non avevi la voglia di litigare di nuovo con lui.  O forse solo perché un fremito aveva trapassato ogni tuo singolo nervo nel sentire la sua voce affannata e dolce chiamarti per nome rompendo il silenzio della notte con un impercettibile sussurro.   La reazione del tuo corpo ti aveva spaventato.   E avevi finto di dormire. 

 

 

 

 

E le dita di Rukawa si erano avventurate con estrema lentezza sotto i tuoi maglioni, sfiorando i muscoli roventi della tua schiena.

 

 

 

 

 

 

Nemmeno adesso sai cosa avresti dato per poter inarcarla, quella schiena, e inclinare il capo all’indietro verso la sua fronte, ascoltando il mormorio dell’acqua di un ruscello fluire dolce in quel lago disturbando ribelle  la calma della notte.   Eri rimasto immobile, mentre invece avresti voluto scalciare per la tensione.  Avevi  preferito soffocare in gola un potente gemito che premeva per uscire,  mentre qualcosa in te si risvegliava. 

 

                                                            Mentre   tutto,   in te,   si risvegliava. 

 

 

 

 

Ogni tuo senso si era affinato in un istante.  E sentivi quelle maledette dita serpeggiare lungo la tua pelle   spingendo,   mancando.      E ogni volta che non le sentivi avresti voluto spingerti verso di lui,  e sentire una carezza più pesante,  più decisa,  lungo la tua spina dorsale così vogliosa di attenzioni.

 

 

 

 

 

Eppure  avevi preferito simulare un movimento compiuto nel sonno.  Kaede si era bloccato.  E le sue dite erano scivolate lente verso il basso,  lontano.  Ma poi, più tardi, dopo minuti interminabili, erano tornate da te.  E ti ci erano volute ore per abituarti al suo polso posato sul tuo fianco, alle sue dita che percepivi contro il ventre, separate dalla tua pelle solo a causa dei vestiti.

 

 

 

 

 

 

 

Sospiri.  Detesti sentirti solo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tu non sei fatto per la solitudine.  E ti ripeti ogni giorno che dovrai fartene una ragione.

 

                                                                                                         Perché Kaede non tornerà da te, Hanamichi. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ti alzi e ti accosti alla finestra.  Quanto vorresti che invece fosse così...  Che Kae tornasse da te dicendo che non ti abbandonerà più, mai  più, abbracciandoti forte, stringendoti a sé senza più lasciarti andare.  E ogni volta ti insulti, per questo. 

 

                                                                               Ti  maledici  per questo. 

 

 

 

 

 

Perché tu, tu che non eri mai stato capace di amare nessuno  davvero,   nonostante le tue storie e le tue avventure, 

eri riuscito a legarti  davvero,    davvero,

                                                                        dannatamente  davvero  a colui che ti avrebbe lasciato solo.            

 

 

 

  

                Solo.        

 

 

 

 

                                                                Solo.

 

 

 

 

 

 

 

Colui che ti diceva ogni volta che sarebbe rimasto con te per sempre.  

 

                                                                                              Che te lo aveva promesso. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma  Kaede Rukawa  non era  Hanamichi Sakuragi.    

 

 

 

                                                               Lui non era  te,   e lo sai.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                            Perché Kaede Rukawa non era in grado di mantenere una simile promessa. 

 

                                                                                                          Ma tu  …questo…  ancora non potevi saperlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** chapter 3 ***


Ringrazio di cuore Brinarap, elrohir, venus87, kiba91, sTeLLiNasTRoNZa, AncestralMelody e Yumi per aver apprezzato questa fic, benché sia una storia impregnata, fino ad ora, di tanta tristezza

 

 

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Note

 

 

Ringrazio di cuore Brinarap, elrohir, venus87, kiba91, sTeLLiNasTRoNZa, AncestralMelody e Yumi per aver apprezzato questa fic, benché sia una storia impregnata, fino ad ora, di  tristezza. Avevo la voglia di scrivere qualcosa di diverso dal solito, ecco… Però non me ne dispiaccio. Io scrivo per sfogarmi, perciò ho sentito il bisogno di stendere una storia segnata da un'impronta di malinconia, scusatemi… ^^ ‘ ‘ Notizie di Kaede, per coloro che non riescono più a sopportare l’ombra di puro silenzio che è calata su di lui, oltre a quelle accennate nelle varie, piccole parentesi di questi iniziali capitoli, giungeranno a partire dal prossimo aggiornamento… Pazientate…^^’

 

 

 

Spero davvero che non troviate noiosa questa parte di fic… ^^’’’ che a me fa tanto –esagerando per dare l’idea- “elenco della spesa”… -.-   Ehm…

Beh… Buona lettura, un baci8!  =Angels’ Isl@nd=

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ricordi quando ti eri svegliato al mattino.   Era ancora buio.

 

 

 

 

Sentivi il calore di un respiro diverso dal tuo condensarsi suoi tuoi capelli umidi.  Sentivi il piacevole peso di un braccio abbandonato su un tuo fianco,  delle dita rilassate appoggiate sulla tua pelle.   Ti eri mosso abbozzando un sorriso  rannicchiandoti contro un corpo caldo intrappolato insieme al tuo in un sacco a pelo.  E l’avevi sentito muoversi,  stringerti piano in un movimento assonnato che ti aveva trasmesso un senso di protezione dimenticato ormai da tempo. 

 

 

 

Eri rimasto immobile, crogiolandoti in quel dolce tepore che ti faceva sentire il ragazzo più felice del mondo.  C’era solo il silenzio e la melodia d’un ruscello che scivolava nelle fredde acque di un lago d’argento illuminato, nella notte, dai soffici baci della luna.  E tu avresti voluto davvero bloccare il tempo, fermare quella sabbia dorata che scivolava incessante nella fragile clessidra della tua vita  per godere di quell’attimo eterno in cui avresti voluto perderti per sempre. 

 

 

 

 

Le tue mani si muovono nel buio alla ricerca di un Cd.

 

 

 

 

 

 

                                                                                                 Non ti basta, vero?

 

 

 

 

 

 

 

 

                                             Tutta  questa  sofferenza  a  cui  ti  costringi  ogni  giorno  non  ti  basterà  mai,   vero?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E senti gli occhi riempirsi di lacrime  mentre ascolti la struggente melodia di un brano come I Love You.  Kaede non l’ascoltava mai. 

Sarah McLachlan, borbottava ogni volta quando ti sorprendeva ad ascoltare quell’unico pezzo che avevi di lei.  Storceva il naso e lasciava la stanza. 

 

 

Sorridi.  Non gli hai mai detto d’averlo sorpreso ad ascoltarlo,  quel giorno in cui l’avevi lasciato solo dopo un insensato diverbio. 

Eri rimasto in silenzio, e ti eri poggiato alla parete della stanza adiacente, per poterla ascoltare insieme a lui. 

 

 

 

 

Le tue labbra si contraggono in un fugace sorriso d’amarezza.   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                              Ti  manca  Kaede.  

                                                                                                                                                Ti  manca  tanto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ti adagi sul letto,  restando su un fianco,  scompigliandoti i capelli contro le lenzuola.

 

 

 

 

Vorresti provare a chiamarlo a casa.  E sentirla  rispondere al telefono,  quella voce  unica,  profonda e irrimediabilmente meravigliosa che non senti ormai da tanto,  troppo tempo.

 

 

 

 

 

 

              Eppure sai che non puoi farlo.                     Non puoi perché era questa  la sua casa.  

 

                                                                                                 Perché era questa la  vostra  casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricordi gli alberi che stagliavano le loro fronde contro il cielo,  ricordi la luce in quegli occhi blu,  la stessa luce che  brillava nel  lago ai primi bagliori del mattino.  Ricordi le vostre voci urlate con tutto il fiato ch’avevate in corpo,  gridate da uno sperone di roccia solo per sentirle tornar indietro in un lontano eco  fuggente. 

 

 

 

Sorridi ad occhi chiusi ripensando agli sforzi sovrumani che avevi fatto per costringere Rukawa alzare la voce.  Che idiota eri stato.  Avevi gettato il suo vecchio lettore  nel dirupo.  E ti metti a ridere ripensando alla rabbia infinita che leggevi nei suoi occhi,  alla sua voce maledettamente sensuale anche quando era carica d’odio in un momento come quello. 

 

 

 

E ti aveva mandato al diavolo, lui, nel vedere che non reagivi e che, al contrario, lo fissavi imbambolato,  divertito,  felice d’esser riuscito nel tuo diabolico intento.  Senti ancora le sue proteste potenti,   penetranti,  arrochite ed indimenticabili  risuonare tutt’attorno.  

Ti volti sulla schiena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rivedi le sue dolci e buffe espressioni nel cercare di scegliere una tuta nuova,  quel giorno di saldi in cui eravate usciti fare spese. Osservavi il suo viso corrucciato, segnato da un’evidente, irrisolvibile esitazione.  Fissavi il suo sguardo concentrato passare da un capo all’altro, le sue labbra stupende morse dai denti nel tentativo di prendere una decisione.

 

 

 

 

                    Era così dolce…

 

 

 

 

 

                                                                                                      Era così…

 

 

                                                                                                                               Così…

 

 

 

 

 

 

 

Avresti voluto abbracciarlo forte.  

 

 

                                         E dirgli che lo amavi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                       Che eri davvero innamorato di lui.

 

 

 

 

E invece lo prendevi in giro ghignando,  ridendo dinanzi ai suoi insulti innervositi e imbarazzati.  L’avevi persuaso ad acquistare entrambe le tute ribadendo che,  di questo passo,  avreste fatto notte,  dandogli ragione ogni volta che giurava che non t’avrebbe più portato con sé in simili giornate.  Ma come avresti potuto dargli un giusto consiglio, tu che lo avresti ammirato come un dio anche se fosse stato solamente vestito di logori ritagli di stoffa…?

 

 

 

 

 

 

 

Ricordi le lacrime agli occhi, mentre osservavi rapito Kaede in mezzo alla pista,  un magico fulcro intorno al quale ruotava una miriade di gente in indistinti riflessi sfocati.

 

 

 

Lo ricordi mentre ti osservava guardare meravigliato la pista e le gradinate,  le luci che rendevano incantato quel luogo in cui ti aveva portato in un giorno speciale.   Lo ricordi cercare i tuoi occhi,  abbracciarti intensamente,  tenero,  con gli occhi lucidi al pari dei tuoi,  senza riuscire a proferir parola. Ti aveva fatto una sorpresa inaspettata.  Ti aveva reso felice.

 

 

 

 

Vedi ancora le sue saettate sul ghiaccio,  le sue perfette acrobazie eseguite volteggiandoti intorno,  con lo sguardo fisso su di te e nessun altro.  T’incantavi ad ammirare quel dolce sorriso che gl’incurvava le labbra,  ad osservare l’ondeggiare dei suoi capelli sferzati dal vento.

 

 

 

Ripensi alle tue proteste quando ti aveva preso per mano e trascinato per tutta la pista sfrecciando fra gli altri,  lasciandoti libero nel momento in cui era giunto alla sua massima velocità.  Ricordi il terrore,  le urla,  le botte,  le risate… 

 

 

 

 

Hai ancora in mente la corsa esagerata verso di lui,  quando ti sentivi al centro del mondo,  quella corsa incredibile che avevi cercato di frenare solo quando avevi realizzato di trovarti sul ghiaccio, lanciandoti involontariamente in una serie di spassose acrobazie per cercare di non cadere come un sacco di patate.  Senti risuonare le risate della gente quando eri inevitabilmente scivolato in avanti ritrovandoti con la testa fra le gambe del tuo Ede e con un gran livido su un fianco.

 

 

 

 

Ricordi il suo sorriso divertito mentre ti offriva una mano e ti abbracciava stretto a sé nel tirarti su… 

 

                                                                                                                                       Era  così  felice  quel  giorno…

 

 

 

 

 

 

 

 

Colorblind dei Counting Crows non migliora affatto il tuo stato d’animo.

                          Ti alzi stanco dal letto, tornando alla finestra come una giovane falena anela alla sua luce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Distingui solamente due colori,  fuori,  al di là di quelle fredde lastre di  vetro che le tue dita continuano a sfiorare.  Il blu della notte inoltrata…  …Il bianco della neve graffiato d’azzurro.  Quelle stesse sfumature che avevi osservato quel giorno in cui a bagnare i tuoi occhi erano lacrime di infinita tristezza.

 

 

 

 

 

Era stato il primo vostro, vero litigio. 

Ed entrambi,  gonfi d’orgoglio come ogni dannata, maledettissima volta  non avevate saputo riporlo da parte,  barricandovi nelle vostre stupide, discrepanti convinzioni. 

 

 

 

 

 

Stava ancora nevicando,  mentre la luna riusciva a prevalere su una fitta coltre di nubi.           La notte rendeva tutto così statico… 

 

                                              Soffrivi da morire, ed eri convinto che quegli attimi interminabili fossero destinati a non finire mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                     Piangevi.

 

    

 

 

 

                                                                                                                                                   Piangevi. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                       Piangevi. 

 

 

 

 

 

 

E più soffrivi  più avvertivi la voglia di sfogarti ancora di più,  di svuotare tutto te stesso,  di singhiozzare più che potevi e  dare alla luce stille di pianto senza fine, piangendo fino all’ultima lacrima. 

 

 

 

Volevi sfogarti fino a disperdere l’ultima briciola d’energia,  per poter sentire quell’incommensurabile stanchezza che ti avrebbe costretto ad un sonno profondo,  riparato sotto i rami di un pino,  mille miglia  lontano da casa.   Volevi sentirti stanco. 

 

 

                                                                                                           Stanco e non svegliarti mai più.

 

 

 

 

 

 

 

Eri riuscito a ritrovarti senz’aver più una lacrima da versare.  E camminavi senza una meta per le strade di periferia,  osservando, senza vederla,  la tua nitida ombra che la luna proiettava silenziosa sulla neve.        Non sapevi dove fosse Kaede. 

E né avevi la forza di volerlo sapere, in quegli attimi in cui pareva che la Terra dovesse fermarsi così per sempre, immobile e sospesa.

 

 

 

 

 

Poi l’avevi scorto,  in fondo al parco.

 

 

 

 

 

 

 

Un’ombra accovacciata di profilo,  intenta ad ammonticchiare neve in un piccolo cumulo tondeggiante,  sotto un grosso rovere dai rami traboccanti di gelidi cristalli rilucenti.   Non credevi fosse uscito anche lui,  non credevi di trovarlo nell’esatto punto in cui vi eravate scambiati il vostro primo, indimenticabile bacio.

 

 

                                                  E temevi fosse un miraggio,  un’illusione creata dal nevischio che si posava sulle tue ciglia bagnate.

 

 

 

 

 

 

 

Tutt’intorno la natura brillava,  illuminata dalla luce della luna che si rifletteva nella neve in un magico candore soffuso. 

T’allontani dalla finestra infilando le mani nei pantaloni del pigiama,  mantenendo le braccia lungo i fianchi.  Ondeggi il peso da un piede all’altro,  ciondolando con il capo al lento ritmo della musica.  Rivedi i tuoi passi lasciare tracce fresche alle tue spalle,  rivedi la tua figura avvicinarsi sempre più a lui. Rivedi il suo volto arrossato per le lacrime salate che gli si raffreddavano sul viso.   Il suo corpo tremare per il freddo e lo stupore.   Non aveva indossato un giaccone, prima di uscire da casa sbattendo la porta. E ti eri inginocchiato al suo fianco,  abbozzando un timido sorriso,  cercando di osservare quel piccolo pupazzo di neve che non riuscivi  a mettere a fuoco a causa delle lacrime che riempivano i tuoi occhi.

 

 

 

 

 

 

E avevi allungato una mano  alla ricerca di quella di Kaede.  Avevi ritrovato le sue dita… così gelide…  che tanto ti erano mancate.  Le avevi sentite avvinghiarsi alle tue,  avvertendo il tuo koi che tentava inutilmente di reprimere la voce strozzata dal pianto.  E vedevi le sue lacrime inondargli le guance mentre, ad occhi chiusi,  si mordeva le labbra stingendoti la mano.  

 

 

 

 

                                  L’avevi abbracciato,  tirandotelo contro con dolcezza,  baciandogli i capelli.  

 

                                                                                                                         Avevi ripreso a piangere anche tu.

 

 

 

 

 

Avevi sentito le sue braccia circondarti la schiena e le spalle in una stretta disperata,  in un abbraccio da cui traspariva tutto il suo sconforto,  la sua disperazione,  il suo dispiacere.  Il suo  infinito  amore.

 

 

 

 

Ed eravate rimasti  così  per minuti interi,  abbracciati nelle neve,  mentre fiocchi cangianti  illuminati dalla luna  piovevano lenti dal cielo,  coprendovi d’un bianco manto iridescente nel silenzio della notte. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un pendolo d’ebano intona i suoi ultimi dodici rintocchi della giornata,  qualche stanza più in là.  E tu sospiri lasciandoti cadere all’indietro, a peso morto, sul letto.

 

 

 

 

Poi un flebile rumore, fuori dalla finestra.   Seguito da un altro.   E poi da un altro ancora.   E ancora.   E ancora.   E ancora. 

 

 

 

 

 

Torni a fissare il soffitto e sospiri,  alzando le braccia e abbandonandole sul materasso poco più al di sopra del tuo capo.

                                   E ti rendi conto solamente di una cosa,  mentre avverti le prime gocce di pioggia picchiare contro i vetri. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                              È Natale.

 

                                                                                                                                       E  Kaede  non  c’è.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

 

Colorblind e I Love You: due brani tutt’altro che allegri, che Hanamichi ascoltava ormai da tempo, nei momenti di più intensa nostalgia (veramente quella che li ascolta sono io, ma questo è un dettaglio irrilevante…u___u  )… Se qualcuna di voi ha presente le canzoni a cui mi riferisco spero le giudichi abbastanza adatte alla situazione che Hana sta vivendo… Non tanto per i testi, quanto per le melodie…

 

 

 

 

 

 

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