Mi sono alzata alle 4 del mattino causa studio, oggi… Ma la
stanchezza avanza solo or ora… E non mi
ha impedito di buttar giù qualche riga…
È l’inizio di una brevissima fic (suppergiù di
due o tre capitoli) che spero completerò entro poche settimane. Gli esami non sono ancora finiti, in fondo.
Per non contare i vari impegni che mi terranno occupata. Ma, almeno oggi, avevo voglia di scrivere. E dalla stanchezza di questa giornata sono
emerse queste poche righe…
+ Once more +
_-( Natale
Con Te )-_
+ + + Capitolo 1 + + +
È notte fonda. E il
silenzio pare quasi irreale. Non un
suono giunge fino a te, abbandonato nel letto, protetto da morbidi drappi che
intorpidiscono i tuoi giovani sensi col loro dolce calore. Ti perdi ad osservare ogni più piccola
imprecisione del soffitto, senza pensare a nulla di preciso. Le tue lucide iridi brillano nel buio ad ogni
loro più impercettibile movimento.
Eppure ciò
non ti permette di vedere ciò che stai guardando.
Hai le labbra socchiuse.
Le senti asciugarsi ogni attimo di più, seccarsi pian piano ad ogni tuo
tiepido respiro. È così lontano da te quel
soffitto ora
che sei solo… Così freddo quel letto ora che non lo condividi
più con nessuno…
E fra poco giungerà il Natale.
Ormai è questione di pochi minuti.
E poi… Poi
la vista si annebbia.
Sono
forse lacrime, quelle? No, certo…
Tu vuoi bloccarle sul nascere… Non è così…?
Hai già pianto tutto te stesso ormai. E non vuoi che altre stille di dolore e
sconforto irritino il tuo viso, scivolino lungo le tempie e fra i tuoi
capelli color del sole al tramonto per
poi morire su quel giaciglio
raggiungendo le infinite altre che hai pianto solo per lui. Unicamente
per lui.
Non tornerà più. Lo
sai. Eppure è difficile riuscire ad
accettarlo…
Ti passi lento la lingua sulle labbra screpolate e ricacci
indietro le lacrime.
È notte inoltrata eppure riesci a distinguere ogni silhouette da
te conosciuta
in questa camera. Il candore della neve
che, soffiata dal vento, ha coperto ogni cosa riesce a riflettere il pallido
chiarore della luna, rilasciando sottili
bagliori di luce soffusa che oltrepassano le fredde vetrate coperte di brina
rischiarando quelle pareti che ti circondano.
Amava la neve. E l’amavi
anche tu. Amavi quel freddo
candore. E amavi lui. Lo amavi da quando si era abbandonato a te. E ti era parso d’esser legato a lui da un
tempo infinito. Amavi il modo in cui
aveva messo la sua vita nelle tue mani.
Amavi il suo sguardo. Così
freddo. Così caldo…
Amavi la sua voce. Così
ferma. Così decisa. Così tremula e straziata dal piacere quando
ti fondevi con lui tra le lenzuola sfatte di quel letto. Amavi i suoi sorrisi. Così rari.
Così puri. Così veri.
Amavi le sue mani che ti cercavano ogni notte, quelle braccia
che ti stringevano a lui. Quell’inconfondibile, inebriante, delicato profumo che, davvero, non scorderai mai.
Amavi ogni suo singolo difetto.
Ogni sua abitudine. Amavi
osservarlo accoccolato sul divano mentre s’incantava
davanti a una partita di NBA mangiando qualsiasi cosa trovasse nel frigo della
tua cucina. Mentre si rilassava
addossato al muro, godendosi i raggi del sole pomeridiano che gli scaldavano la
pelle. Amavi ogni suo più piccolo
movimento. Ti stregava la sua agilità
che lo contraddistingueva in ogni istante.
Lui era l’arcobaleno dopo il temporale.
E tu il bambino che lo vedeva per la prima volta.
Era una goccia d’acqua intrappolata tra gl’intrecci di una
trasparente ragnatela. E tu un giovane
che ne osservava ogni nitido riflesso, ogni giorno, sempre al sorgere del
sole. Era il flessibile stelo di un
fiore… che si inclinava ad ogni folata di brezza rialzandosi ogni volta più
forte di prima.
Era
la sicurezza fatta persona che sapeva farti sentire il ragazzo più protetto del
mondo.
Era
un petalo di rosa turchese, sollevato
dal vento e trasportato sempre più in alto.
Era una goccia di miele che scivolava fuggendo da una foglia per librarsi nel vuoto e sciogliersi in un lago cristallino sotto un cielo notturno tempestato da una
miriade di stelle.
Si chiamava Kaede Rukawa.
E
tu... Tu eri
innamorato di lui...