Jeg er en jente!

di Milla Chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte - Uno spaventoso risveglio ***
Capitolo 2: *** Seconda parte - Accendi il cervello, Dan! ***
Capitolo 3: *** Terza parte - Orgoglio in fumo ***
Capitolo 4: *** Quarta parte - Un piacevole meeting ***
Capitolo 5: *** Quinta parte - Il colpevole! ***
Capitolo 6: *** Sesta parte - Unioni!? ***
Capitolo 7: *** Settima parte - Rose rosse e rose bianche ***
Capitolo 8: *** Ottava parte - Crema di nocciole ***
Capitolo 9: *** Nona parte - Discutibili telefonate ***
Capitolo 10: *** Decima parte - Una brutta sbornia ***
Capitolo 11: *** Undicesima parte - Postumi di una notte di alcolici ***
Capitolo 12: *** Dodicesima parte - Segni rossi ***
Capitolo 13: *** Tredicesima parte - Scorte per la sopravvivenza ***
Capitolo 14: *** Quattordicesima parte - Fragole e formaggio ***
Capitolo 15: *** Quindicesima parte - Capitolo Speciale ***
Capitolo 16: *** Sedicesima parte - Faccia di ghiaccio ***
Capitolo 17: *** Diciassettesima parte - Decisioni e responsabilità ***
Capitolo 18: *** Diciottesima parte - Sensazioni ***
Capitolo 19: *** Diciannovesima parte - Svagare la mente... O quasi. ***
Capitolo 20: *** Ventesima parte - Fratellanza ***
Capitolo 21: *** Ventunesima parte - Margrethe Andersen ***
Capitolo 22: *** Ventiduesima parte - Visite ***
Capitolo 23: *** Ventitreesima parte - Le persone non ti vogliono mica ammazzare! Ma forse tu sì.... ***
Capitolo 24: *** Ventiquattresima parte - Ikea ***
Capitolo 25: *** Venticinquesima parte - Benvenuta a casa ***
Capitolo 26: *** Ventiseiesima parte - È qualcosa che gli esseri umani cercano da sempre ***
Capitolo 27: *** Ventisettesima parte - Rinforzare le cuciture ***
Capitolo 28: *** Ventottesima parte - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prima parte - Uno spaventoso risveglio ***


La sveglia sul comodino suonò non appena scattarono le 7.30.
Una mano stanca uscì da sotto le coperte e cercò a tentoni il bottone per spegnere quel fastidioso rumore.

Oh, finalmente un po’ di silenzio.
Nor si rigirò nel lenzuolo, sentendo qualcosa di troppo ingombrante opprimerlo. Socchiuse gli occhi appannati e si stiracchiò lentamente, girando lo sguardo alla sua destra. Dan dormiva ancora profondamente, abbracciato al cuscino come un bambino.

Si alzò a sedere senza fretta, non riuscendo ancora a distinguere bene i contorni delle cose che lo cirdondavano.
Ma non potè non notare di avere una mano impigliata tra dei lunghissimi capelli biondi, ondulati, che pareva fossero proprio i suoi; né ignorare due prosperose sporgenze sotto la maglietta del pigiama.
-Ma che cazz...- sussurrò con voce impastata.
Aggrottò la fronte. Non capiva, non capiva assolutamente niente. Si portò una mano in fronte.

Poi, dopo un momento di quiete, con uno scatto degno di un atleta olimpico, corse in bagno davanti allo specchio.
Era lui quello riflesso? Quello... Con le ciglia lunghe che contornavano gli occhi magnetici, i capelli lunghissimi, talmente biondi da sembrare tinti, e quella quarta ben piazzata?
Deglutì turbato. Erano vere? Provò a toccarle.
Sì sì, erano proprio vere.
Nel panico, si tolse le mutande, e per poco non collassò. Il nulla.
Un gemito gli morì in gola.
Oddio, cosa gli era successo!?

Profondamente sconvolto, rimase un momento di silenzio.

-CHE CAZZO È ‘STA ROBAAAA!?- Non riuscì a trattenere un urlo isterico, uscendo dal bagno sbattendo violentemente la porta, portandosi le mani tra gli invidiabili capelli da bambola e imprecando incontrollabilmente per tutta la casa.

-...Nooor che haaaai...- Sentì mugugnare Dan dalla camera da letto. A quanto pare, i suoi urli lo avevano svegliato. Si inchiodò attaccato al muro, affianco alla porta della camera da letto. Merda, e adesso?
-Niente, cretino.-
-Hai mal di gola?-
-Perché?-
-Hai una voce strana.-
-Sei te che sei mezzo addormentato, idiota.-
-...Sicuro?-

Ringhiò. Prima o poi avrebbe dovuto dirglielo, no? Vivevano assieme. Non poteva nascondersi.
Tirò un lungo sospiro.
-...Ok. Promettimi che non riderai...-
-Giurin giurello!- rispose curioso Dan, in tutta la sua maturità.

Nor mosse un paio di passi fino a ritrovarsi davanti alla porta. Si appoggiò allo stipite e incrociò (con grande fatica) le braccia sotto quel seno maledettamente ingombrante.

Dan arrossì di botto, ma lo guardò per un istante, silenzioso. Era lui? Sì, era proprio Nor, ma...
Lo osservò dall’altro in basso, serio, e aprì la bocca per parlare.
-Nor...-
Curioso di ciò che gli avrebbe detto, l’altro stette ad ascoltarlo, assottigliando gli occhi.
-...Tu...-

FINE PRIMO CAPITOLO!


Angolo autrice
Ho già pronto il secondo capitolo ma volevo lasciarvi un po’ sulle spine ahahahah
L’idea di una Fem!Nor non mi sembrava male e mi sono venute un sacco di idee...
Avevo in programma una fic storica, che per ora ho accantonato. Poi volevo scrivere una DenNor seriosa, ma non mi veniva l’ispirazione.
E l’altra mattina, mentre il prof spiegava le funzioni iniettive, suriettive eccetera eccetera, ho disegnato una Fem!Nor e Dan. Ora non ho idea di cosa siano le funzioni suriettive, ma in compenso ho tantissime idee per una fic abbastanza simpatica e un po’ ecchi. AHAHAHAHAHAH
Spero vi sia piaciuta! :3 Lasciatemi una recensione con scritto cosa ne pensate!

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Capitolo 2
*** Seconda parte - Accendi il cervello, Dan! ***


-..Tu... HAI LE TETTEEEEEEE!- urlò infine additandolo, mentre il viso gli si illuminava come un bimbo che apre i regali di Natale. –COME È POSSIBILE!? QUANDO È SUCCESSO!? COME!? NOR, GUARDATI, SEI UNA FIGA DA PAURA!- strillò mettendosi le mani tra i capelli e piegandosi in avanti.
Ferito nell’orgoglio, Nor gli si avventò contro furiosamente, tirando giù tutti i santi dal paradiso e riempiendolo di pugni.

Poco dopo, entrambi si trovavano in cucina a sorseggiare caffè, come se nulla (o quasi) fosse successo. Dan con un occhio nero e vari lividi rossastri, Nor ancora irritato nonostante lo sfogo precedente.
La ragazza (?) continuava a sistemarsi i capelli dietro le orecchie, come se avesse un tic nervoso, e ogni tanto sbuffava.
-... Nor... Perché sei una...Emh...- Dan fissava il decolté, incapace di formulare una frase di senso compiuto.
-E CHE NE SO IO!?- sbraitò Nor infastidita. Si alzò rumorosamente, facendo vibrare le tazze sul tavolo e dirigendosi verso le scale.
-Nooor!- Dan provò a fermarla, ma finì con l’essere trascinato in camera.
Mentre Dan se ne stava in un angolino della stanza come un cagnolino timoroso, Nor iniziò a rovistare nell’armadio, cercando una camicia che le piacesse.
Ne prese una e rimase immobile, spostando lo sguardo dall’indumento a Dan.
-...-
-Uh?- disse lui, come risvegliato da un sogno.
-Esci. O almeno girati. Devo vestirmi. Oggi c’è il meeting, no?- disse acido, alzando un sopracciglio. Già. Quel giorno c’era il meeting, e lui (perché infondo era un maschio, insomma!) si ritrovava in quello stato imbarazzante.
Dan sogghignò, mettendosi le mani in tasca –Ma dai, ti ho visto mille volte vestirti. E anche sverstirti...- concluse con un piccolo e malizioso sorriso, che racchiudeva tutte le loro notti in bianco.
Nor arrossì, cercando di non dar peso alle frecciatine. –Ma che cavolo, non avevo queste. Cretino!- farfugliò indicandosi il petto.
Dan trattenne una risata, giradosi di schiena  –Ok, ok...Giuro che non sbircio!-
-Umpf, buon per te.- disse Nor, tirandogli un forte calcio nel didietro prima infilarsi dei pantaloni e togliersi la maglietta del pigiama...
Arrossì. Ok. Quelle erano sue, eh? Alzò lo sguardo al cielo, prendendo un bel respiro, e si infilò la camicia.
Era impossibile nasconderle...
Spostò i lunghi capelli da un lato (li trovava piuttosto fastidiosi...) e, con fatica immane, allacciò la camicia, i cui bottoni tiravano pericolosamente.
-Dan...- mormorò trafficando con l’ultimo bottone -...Mi va stretta...-

Il ragazzo si girò e spalancò gli occhi.
Cercò di assumere un’aria indifferente davanti a quella camicia a righe che gli aveva visto addosso tante volte, ma mai così stretta in petto. Insomma... la maglia del pigiama era molto più larga e si notava meno.
-Eh...- esalò un sospiro -...Non posso farci niente...- concluse avvicinandosi e appoggiandogli le mani sulle spalle esili.

Lo fulminò con lo sguardo.
-Io dovrei andare al meeting conciato così, eh?-
-Conciata, vorrai dire.-
-Taci.-
-...Sai Norge, mi sembra di essere tipo in un porno, ahahah!- disse infine, senza pensarci, scoppiando in una risata fragorosa e ricevendo così  una forte ginocchiata nelle parti basse, per poi essere spinto contro il muro con forza inaspettata, tra un turbinio di capelli chiarissimi.
-Hey, hey...Sei eccitante, dico sul serio!-
Nor ringhiò. Possibile che non sapesse a cosa stava andando in contro, comportandosi in quel modo!?
-Ti assicuro che ti strappo tutti quei tuoi bei capelli e ne faccio una tovaglietta da colazione se fai accenni sessuali, intesi?- gli disse cupo, guardandolo negli occhi.
Dan sogghignò e le accarezzò i capelli biondi. –Sicuro, bambolina.-
Trapassandolo con lo sguardo, lo lasciò andare, girandosi e tirandogli una forte frustata con i capelli.

-...Ah, credo che le scarpe ti stiano larghe. Vuoi che ti porti in braccio?-
-Smettila. La priorità non è trovare delle scarpe, ma capire perché sono diventato una ragazza!-
-...E allora che si fa!?-
-Andiamo al meeting e impicco Inghilterra. Poi gli brucio il libro degli incantesimi.-
-...Ma Nor, perché salti a conclusioni affrettate?!-
-Dan, accendi il cervello, chi altro avrebbe potuto farlo!? Non è la prima volta che mi fa cose del genere, anche solo per dispetto. Ma giuro che questa sarà l’ultima volta.- disse minaccioso, forse più a se stesso che a Dan. -...E VEDI DI TROVARMI DEI PANTALONI CHE NON MI CADANO.- aggiunse, togliendosi definitivamente i pentaloni  che in genere indossava sempre durante le riunioni, ma che in quel momento cascavano, miseramente larghi.
Si diresse a passo spedito (...in ciabatte, mutande e camicia...) verso la porta, con i capelli svolazzanti.
Dan la guardò uscire dalla stanza, inclinando la testa da un lato.
Un lato B niente male. Niente male davvero.

FINE SECONDO CAPITOLO!


Angolo autrice.
Ok ok! Eccoci al secondo capitolo. Sapete carissime, questi capitoli li creo sul pullman e li butto giù appena arrivata a scuola, giusto per non dimenticarmeli u_u
Grazie alle persone che mi recensiscono! *O*
Spero che vi stia piacendo ;w; <3
(Perché Norge è diventata una figona assurdaaaa >:D)

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Capitolo 3
*** Terza parte - Orgoglio in fumo ***


Nor aveva incaricato Dan di andare al negozio sotto casa per comprarle un paio di pantaloni decenti.
Naturalmente, il nostro brillante danese non potè evitare, guardando le minigonne esposte in vetrina, di immaginarsi Nor con addosso proprio quelle. Deglutì rumorosamente, fissando i manichini.

Ne comprò immediatamente una, senza pensare alle ripercussioni che quel folle gesto avrebbe riversato su di lui...
Era piuttosto corta, e appena Nor la vide... Beh, questa parte andrebbe censurata.
Eccessivamente cruenta, capitemi.

Irritato come non mai, Nor non aveva potuto far altro che indossarla (dopo ovviamente aver pestato a sangue il danese). Dan infatti aveva speso un patrimonio per quell’inutile pezzettino di stoffa che le copriva sì e no le mutande, e non si sarebbero assolutamente potuti permettere di comprare qualcos’altro.
-Dan, dove diamine hai messo lo scontrino!?-
-L’ho buttato nella stufaaaa!-
-...Ma allora sei proprio cretino.-

E ora se ne girava per il negozio di scarpe con addosso uno squallidissimo paio ciabatte.

-Ti ho detto che io non me le compro le scarpe col tacco.-
-E daaai ti starebbero benissimo dico, sei una gnocca!-
Nor gli tirò un pugno sul naso senza esitare, irritato. –Non farmi arrabbiare. Già mi sono messo questa.- disse, tirandosi più giù possibile la fastidiosa gonnellina che faceva molto “ragazza facile”.

Erano nel negozio di scarpe da almeno tre quarti d’ora.
Tutte le scarpe che piacevano a Nor erano modelli maschili; mentre Dan fantasticava, continuando a proporgli tacchi vertiginosi. Purtroppo, anche la commessa gli dava corda, e le mostrava scarpe che, per puro orgoglio, non avrebbe mai messo.

Contò fino a dieci e, per l’ennesima volta, ripetè a quella rompip-...emh... Signora un po’ invadente...che non sapeva camminare sui tacchi.
-Ma non ci credo! Una bella ragazza come lei non ha mai messo i tacchi?-
Dan soffocò una risatina, e Nor si morse le labbra, ripromettendosi di fracassargli la testa non appena se ne fosse andata la commessa.
 –Eh, sa... Non che io li ami...-

La commessa trascinò Nor su uno sgabello e le ficcò ai piedi una paio di scarpe assurde.
-M-ma sono troppo alte! Le ho detto che non voglio i tacchi!-
-Ma vaaa, ma cosa dice! Dai, provi a camminare! Le stanno d’incanto!-
Nor sbuffò e si alzò in piedi, controvoglia.
Non aveva mai desiderato strozzare una donna. Fino a quel momento.
-Sì Nor, ti stanno d’incanto!- le fece eco Dan gongolante, con gli occhi che brillavano. Le girò attorno e la prese per i fianchi, appoggiandogli il mento sulla spalla. -...Sei più alta così, e puoi sempre appoggiarti a me se non riesci a camminare...-
Nor dignignò i denti e gli tirò una gomitata nello stomaco.
 –Mi rifiuto.-

...

Inutile dire che poco dopo un Nor paurosamente barcollante usciva dal negozio su quei trampoli, stringendo disumanamente il braccio di Dan per non cadere, mentre la commessa li salutava soddisfatta e felice dalla soglia del negozio.
-Brutto idiota, qualche giorno mi spieghi come sei riuscito a convincermi. Ti detesto.-
-Ma sei uno spettacolo!- pigolò Dan strusciando la propria guancia contro quella morbida e liscia della ragazza.

Ormai senza orgoglio, Nor sospirò rassegnato, mentre l’immagine di un Inghilterra che sghignazzava strafottente gli passò nella testa. Era stato lui, ne era sicuro.
-Sbrighiamoci ad andare al meeting.- ringhiò staccandosi da lui e iniziando a correre verso la macchina.
In un microsecondo incampò rovinosamente e si ritrovò spalmata per terra, sull’asfato del parcheggio.
Dan si affrettò a corrergli incontro e a tirarla su. –Sei caduta? Ti sei fatta male?-
- No, abbracciavo il parcheggio.-  rispose sarcasticamente sfregandosi le ginocchia arrossate e scrollandosi i sassolini di dosso. –E piantala di riferirti a me come una ragazza!-
Sarebbe potuta esplodere dalla rabbia. Quelle scarpe erano delle trappole mortali, le facevano male i piedi e si sentiva in imbarazzo costante.
Non solo con Dan, o con tutte le altre persone, ma anche con se stesso. Non penso che tutti abbiano presente cosa vuol dire vivere migliaia di anni in un corpo maschile e svegliarsi donna.
Un po’ acciaccata, salì traballando in macchina, sbattendo violentemente la portiera.
-...Muoviamoci.-
-Ai suoi ordini, baby!-

FINE TERZO CAPITOLO!

Angolo autrice
Duuuuuuuunque! Grazie di seguire questa fic assurda.
°D° Il secondo capitolo ha avuto una sola recensione *depress*
Forse perché... L’ho pubblicato a poca distanza dall’altro... o... Non so ç_ç ...
Per questo mi aspetto tante recensioni çAç Dai, lo sapete anche voi che è triste non avere recensioni!
Spero vi piaccia! Io faccio sempre del mio meglio ;3

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Capitolo 4
*** Quarta parte - Un piacevole meeting ***


Erano in viaggio da un po’, e Nor continuava a guardare fuori dal finestrino, visibilmente sconsolata.
-...Vuoi parlarmi?- cercò di attaccare discorso Dan, al volante.
-...No.- rispose immediatamente l’altra. Ma subito aprì di nuovo la bocca per dire ancora qualcosa. Si bloccò. Si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, nervosa, mentre le guance le s’imporporavano appena. -...Io mi vergogno a presentarmi così. Non voglio venire.-
Dan scosse la testa. Norge non aveva mai cercato di evitare i suoi doveri di Nazione, e non avrebbe dovuto farlo adesso.
-Tu ci vieni, e... fai finta di niente... Non dico che non noteranno che sei una donna, ma... Basta non darci peso, capisci?-
-I tuoi metodi per convicermi sono pessimi.-
-E cosa vuoi che faccia!?- disse allargando le mani, tenendo gli occhi fissi sulla strada.
Sbuffò, mettendosi un po’ più comoda sul sedile e aggrottando la fronte. –E che ne so...-

Finalmente arrivati al luogo del meeting, Nor aveva lo stomaco sottosopra per l’agitazione (e la guida sfrenata di Dan...). Slacciò la cintura e scese dalla macchina.
Prese un bel respiro e si mise a posto i capelli, aggrappandosi alla portiera dell’auto, aspettando che Dan facesse il giro della macchina per sorreggerla.
-Sbrigati!- disse secca, stringendo convulsamente il braccio del ragazzo non appena fu a portata di mano.
-Nor, Nor, stai calma, non muore nessuno!-
-Tsè, ti assicuro che la mia dignità sta andando al patibolo...-
Dan le passò il braccio attorno alle spalle e le diede un bacio sulla guancia, ricevendo un’occhiata fulminante dalla ragazza.
-Ti giuro che se qualcuno mi fissa le tette lo spalmo sul muro.-
-Certo Nor, certo...-

Dan aprì la porta cigolante e infilò la testa, sgusciando all’interno di soppiatto. Silenzio. -Via libera-.
Nor entrò in punta di piedi, slacciandosi il cappotto. Si mise le mani in tasca e, con nonchalance, cominciò a camminare lentamente lungo il corridoio coperto di moquette rossa. Le caviglie le si piegarono un paio di volte, ma nonostante ciò non voleva l’aiuto di Dan.
Svoltarono un angolo. Ancora nessuno.
L’ansia cresceva ogni secondo, e la paura di vedere sbucare qualcuno da dietro la parete era sempre più concreta. Aspettò che Dan fosse proprio dietro di lei, prima di aprire un’altra porta. Quella che portava alla stanza prima di quella della riunione.
Entrò.

Momento glaciale. Era pieno di persone. Pieno di Nazioni.

Il cuore le mancò un battito.
Tutte le Nazioni si voltarono contemporaneamente a guardarli non appena lei e Dan entrarono in stanza.

-Danimarca, credevo fosse chiaro il fatto che non si potessero portare persone estranee alle riunioni.- disse Austria in modo autoritario, non riuscendo a non far cadere l’occhio sulla camicia stretta.

Nor si sentì sprofondare. Non l’avevano riconosciuto...
Terrorizzato, cominciò a cercare con lo sguardo una persona in particolare.
...Ice.  Il suo piccolo Ice...
All’improvviso lo vide, e tutte le altre persone nella stanza sembrarono sparire. Stava mangiucchiando una liquerizia (ma va!?), mentre nell’altra mano teneva un sacchetto pieno di dolcetti.
-ICE!- urlò, cominciando a correre verso di lui. Le caviglie le cedettero, e si ritrovò a gattoni sul pavimento, con la gonna alzata e le mutande nere mezze in vista.
Il ragazzino la guardò sconvolto, mentre tutte le altre Nazioni lo guardavano, curiosi di sapere come facesse a conoscere quella misteriosa (e gnocchissima!) donna.
Nor non aveva tempo di pensare, doveva arrivare dal suo amato fratellino e spiegargli, spiegargli tutto e rigli che gli dispiaceva di farsi vedere in quello stato.
Gattonò fino alle gambe del fratellino e vi si avvinghiò, strusciandovisi.
-Ice, Ice, non ho più dignità, Ice, perdonami!- uggiolò sul punto di scoppiare in lacrime, alzando lo sguardo su di lui e spostandosi i capelli da davanti al viso. –Dimmelo, dimmi che almeno tu mi riconosci, fratellino mio!-
Ice e sbattè le palpebre un paio di volte, mentre cercava di ragionare velocemente.
Aprì la bocca, finalmente illuminato, con gli occhi sgranati.
-...N-Nor...!?- sussurrò atterrito, lasciando cadere il sacchetto di caramelle e barcollando pericolosamente.
La stanza trattenne il respiro, simultaneamente, e Fin cacciò un urletto.
Dan si avvicinò, facendosi spazio tra la folla che ormai aveva accerchiato i due fratelli, e aiutò la ragazza a rialzarsi. Come fu in grado di stare in piedi, buttò disperatamente le braccia al collo di Ice. Il ragazzino arrossì violentemente sentendo la quarta del fratello (FRATELLO!?) contro il suo petto.
Fin e Sve gli si avvicinarono, e Tino gli accarezzò la testa, provando a consolarlo –N-non essere così triste... Guarda il lato positivo, sei una bella donna... Non ho forse ragione, Sve?- concluse cercando la complicità del nordico.
Svezia si limitò ad inclinare la testa di lato e fare le spallucce.
Nor aveva gli occhi lucidi. Avrebbe voluto sparire.

Dan incrociò le braccia al petto, sospirò e si guardò attorno irritato.
Gli dava un po’ fastidio che tutti la guardassero.

...Ah, quasi si stupidì di ritrovarsi così apprensivo...

-...C-cosa diavolo ti è successo!?- Ice, traumatizzato, provò a scollarsela di dosso, mentre Dan abbassava la gonna della ragazza, risparmiando un bello spettacolo a tutta sala.
Nor sospirò, staccandosi dall’amato fratellino  –Io... Io n-non...-

Dan vide Arthur  tra la folla, e si morse le labbra, preoccupato per l’incolumità dell’ Inghilterra, e si affrettò a prendere Nor per mano e trascinarla via –OK RAGAZZI QUI LO SPETTACOLO È FINITO, INIZIAMO QUESTA MALEDETTA RIUNIONE!-
Insospettito da quel repetino cambio di comportamento, Nor assottigliò gli occhi e scorse una testolina bionda e scompigliata tra le Nazioni. Ma più che altro, furono le sopracciglia inumane a saltargli all’occhio.

Si inchiodò. E Dan per poco non cadde.
Era troppo tardi. Incassò la testa tra le spalle, sperando che qualche santo fermasse la disgrazia imminente, e tenendo saldamente la mano della ragazza, almeno per rallentare di qualche secondo il suo attacco animale...

-Lasciami.-  disse cupa come non mai Nor. Dan allentò la presa, deglutendo preoccupato.
-Inizia a correre, Inghilterra.- avvisò la ragazza, scrocchiandosi le dita e camminando lentamente tra la folla che si apriva, silenziosa, al suo passaggio.

FINE QUARTO CAPITOLO!


Angolo autrice
Ragaaaazze :D Sono felicissima!
Sì sì, perché vedo che questa storia piace:attualmente tre ricordate e una preferita!  :3 Non mi aspettavo che qualcuno la mettesse nei preferiti! (Ti tengo d’occhio, cara! *indica la signorina Jackson* e_e).
No, sul serio, fatevi sentire che mi fate solo felice. ^w^
Magari ditemi se volete qualcosa nella fic, qualche dettaglio *w* Lo userò, mi farebbero piacere dei vostri consigli!

Bene ragazze. Domandina: chi di voi vorrebbe essere al posto di Nor!? ;D Sappiamo tutte che è una gnocca adesso ma... Vogliamo mettere l’avere un Dan geloso tutto per voi!? *O* LO SO CHE LO VOLETE! :D
Ma soprattutto: cosa fareste?
...

Grazie davvero a tutte quante!
Un bacio! :DD Al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Quinta parte - Il colpevole! ***


-N-Norvegia io ti assicuro che non c’entro niente!- implorò Inghilterra, già pieno di lividi.
–Non dire cazzate.- La ragazza gli assestò l’ennesimo cazzoto nello stomaco –Sputa sangue, schifoso bevitore di tè.- gli mormorò rabbiosa a pochi centimetri dal viso.
Ormai più di là che di qua, praticamente appeso al muro, Inghilterra cercava in tutti i modi di dimostrare la sua innocenza sotto gli occhi spaventati dei presenti.
-Te lo giuro, te lo giuro, non uso la magia da mesi, non ho fatto niente, io!-
-Piantala di prendermi per il culo, mi hai già messo abbastanza in ridicolo, non credi!?- Stava per rompergli la mandibola con un altro dei suoi micidiali colpi, quando qualcuno le tirò dolcemente la gonna.
-E-emh... Mi scusi, signorina... emh... Signor Norvegia...- chiese una voce titubante.
Nor scattò la testa di lato, allentando la presa sul povero e agonizzante Arthur, che venne prontamente soccorso da Germania, mentre Giappone scattava foto a raffica.
-...Wy?-
Una ragazzina con un cappottino rosa e la pelle bruna se ne stava ora con le braccia dietro la schiena, dondolandosi avanti e indietro, piuttosto preoccupata.
-Forse c’è... Una cosa che deve sapere...- disse poi, un filino scocciata, cercando con lo sguardo qualcuno tra la folla.
Nor si inginocchiò per guardarla negli occhi.
-Dimmi tutto...- disse, fissandola con un filo di rabbia repressa.
La ragazzina sussultò –A-ah! N-non faccia del male a Inghilterra... Anche se è cretino non è colpa sua...-
-Che intendi?-
-Ecco... Vedi...Emh...- come vide Sealand, le si dipinse sul visetto un ghigno. –LUI! È STATO PETER, NOR!- gridò poi, additandolo.
Nor si accigliò. –Che?-
Peter sobbalzò. –SCHERZI!? RACCONTALA GIUSTA, PICCOLETTA!-
-Ah, non sono certo stata io a rubare il libro di Inghilterra!- gli disse acida, portandosi le mani sui fianchi con fare superiore.
-Ma non sono stato io a decidere lo scherzo!- di mise sulla difensiva il ragazzino.
-Hey, guarda che non era uno scherzo, ok? È un provilegio. Capito? Essere donne è un PRI-VI-LE-GIO!-
-Calmi, calmi. Voi avete rubato il libro degli Incantesimi di Inghilterra e avete fatto tutto questo casino!?- di intromise Dan, prendendo Nor, intenta a capire, per le spalle.
Wy fece le spallucce –Che vuoi farci, Peter è un cretino...-
-MA SENTI CHI PARLA! IO SONO UNA NAZIONE MERAVIGLIOSA!-
-Certo, certo Peter...-
-MA PERCHÉ PROPRIO LUI!?- disse ancora Dan.
-Abbiamo estratto a sorte!- tagliò corto Wy, stufa di essere interrotta.
Norvegia rimase a bocca aperta, mentre sentiva la palpebra contrarsi regolarmente in un tic nervoso.
Peter si inginocchiò con le lacrime agli occhi davanti a lei. –Scusaci, scusaci tanto, Nor! Non volevamo! Davvero!-
Nor rimase piuttosto scossa. Guardò Inghilterra, riverso a terra, mentre Feliciano gli faceva aria e Germania controllava che non avesse nulla di rotto. Gli si avvicinò.
-...Perdonami, Inghilterra...- sussurrò. –...Ma penso che sia colpa tua se si comportano così. Con la coda dell’occhio, guardò Svezia e Australia. -...Adesso non sono più sotto tuo dominio, ma  sei stato tu ad educarli, o sbaglio? Sappi che Ice non ha mai rubato il mio libro di incantesimi e mi ha sempre portato rispetto... E ora guardalo.-  si girò fiero verso il fratello, intendo a ingozzarsi di liquerizie -...È diventata una nazione indipendente. E, devo dirlo a malincuore, grande.-
Ice sussultò, e lo guardò scioccato, facendo cadere il dolcetto.
-Nnn-norway...- mugnugnò con voce soffocata Arthur, faticosamente-...T-ti farò tornare c-come prima...- tossì un paio di volte. -...appena potrò...-
Nor accennò un riso maligno e iniziò a camminare, instabile come sempre, verso Dan. –Beh, è il minimo... Sarebbe un problema se non lo facessi, Arthur.- Si avvinghiò al braccio di Dan ed entrò in sala riunioni.
–...Ma dopotutto c’è ancora qualcosina da provare...- aggiunse infine, maliziosa, con la voce ridotta a un soffio, così che potesse sentirla solamente Dan, che non potè non scoppiare ridere.

Entrati nella stanza, si sedettero al posto loro assegnato. Dan alla sinistra di Nor, mentre alla sua destra sedeva Fin e via dicendo.
-Emh... Scusa per Peter, Nor, non ne sapevamo niente...- gli aveva detto Tino, sinceramente dispiaciuto.
-Oh. Non preoccuparti, non è colpa vostra...-

-Bene, possiamo iniziare il nostro meeting mondiale!- gridò America euforico. -...Da dove iniziamo?-

Dopo un’oretta, il tutto era diventato ingestibile, le voci si accavallavano indistintamente e Nor si sentiva terribilmente osservata. Buttò un po’ di occhiate in giro, ma incrociò solamente lo sguardo del suo fratellino, che arrossiva e girava la testa, ogni volta.

Nor trovò buffo che Ice tenesse un fazzolettino insanguinato sotto il naso, ma non ci diede affatto peso.

-Più pasta! ~-
-Libere armi!-
-Diventate tutt’uno con me!-
-Le nuove tette di Norvegia!- disse qualcuno, in uno sprazzo inusuale di silenzio.
Le reazioni furono molteplici: Dan rabbrividì, Fin sobbalzò, America rimase a bocca aperta, Giappone arrossì violentemente, Ice per poco non cadde dalla sedia strozzato dalla liquerizia, Francia soffocò una risata e Austria scosse turbato la testa.
Nor di portò le mani alle tempie, massaggiandosele. Calma. Calma. Calma.
-Chiunque sia stato... Può... Ripetere?- chiese poi, cercando di mantenere un tono inflessibile e tranquillo, sbattendo ripetutamente la biro sul tavolo.
Tutti si guardarono. Già, chi era stato?
Ah,  non sarebbe mai saltato fuori...

-Ok. Credo che qui io abbia finito.- disse allora, alzandosi e dirigendosi traballante verso l’uscita. Dan schioccò la lingua, alzando gli occhi al cielo, e la seguì a ruota. –Arrivederci a tutti, è stato... Bello!- sorrise tranquillizzante, salutando con la mano mentre inseguiva la ragazza.
Arrivarono fuori.
Dan si avvicinò alla ragazza che, silenziosa, gli dava la schiena. Le raccose i capelli e li spostò di lato.
-...Hey...-
Silenzio.
Dan sapeva che non doveva essere bello, in particolare per Nor, che non sapeva stare agli scherzi più di tanto... Prese un respiro e l’abbracciò piano, cingengole la vita con le braccia.
-Non preoccuparti. Adesso andiamo a casa, ok?-
Nor si divincolò, e andò davanti al muro dell’edificio. Lo guardò per un attimo, e cacciò un urlo liberatorio.
Gli tirò un forte calcio, abbastanza potente da far cadere alcuni pezzi di stucco.
-MI FA INCAZZARE!-
Dan la prese per un braccio, paziente, e la portò alla macchina.
-Lo so, lo so...- doveva mantenere la calma. In quei momenti, era lui che doveva tenere tutto in equilibrio.
-...Adesso torniamo a casa e non ci pensiamo.-

Nor aveva gli occhi ludici dal nervoso, e salì in auto senza esitare.

FINE QUINTO CAPITOLO!
 


Angolo autrice
Siamo al quintooo u_u
Vi avviso subito che non ho la benchè minima idea di quando e come farla finire, quindi dovrete sorbirmi ancora per un tempo indeterminato XD
Un grazie enorme a chi mi sta recensendo e seguendo! *u* Siete adorabiliiii
Corro a scrivere il prossimo! >w<

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Capitolo 6
*** Sesta parte - Unioni!? ***


-E anche tu, smettila di guardarmi.-  disse, quando furono finalmente rientrati in casa, togliendosi immediatamente quei tanto odiati tacchi e buttandoli in un angolo della casa.
-Norge, ma mica ti guardo!-
-Ah, giusto. – rispose sarcastico –Mi stai molestando con gli occhi, è diverso. Hai ragione.-
Dan scoppiò in una grassa risata e Nor fece una smorfia, dirigendosi in camera.
-Nor Nor, dove vaiiii?-
-A cambiarmi, ti pare!? Adesso devo pure dirti ogni cosa che faccio?- gli replicò lei, acida.
Dan rimase a bocca aperta, spiazzato per un attimo. A lui sarebbe piaciuto!
Ma decise di essere ragionevole per una volta. Non era stata una gran giornata, per la ragazza.
-...No...Scusa, Norge...- rispose quindi, sottomesso.
Mentre saliva le scale con un sorriso compiaciuto, la ragazza iniziava a slacciarsi quella camicia paurosamente fasciante...

Si rimise la maglietta del pigiama, larga e comoda, e sentì un grande sollievo...
Si tolse la gonna. Non le dava fastidio rimanere in mutande. Assolutamente.
Scese le scale velocemente e si buttò sul divano, chiudendo gli occhi.
C’era una bella temperatura in casa, non faceva né caldo né freddo e si stava bene anche mezzi svestiti...

Sentì Dan trafficare nella stanza.
Aprì un occhio e sussultò, trovando la sua faccia a due millimetri da lei.
Sbuffò. –Dio, Dan, mi hai fatto prendere un colpo...-
Dan sorrise, inginocchiandosi sul pavimento e appoggiando la testa sul cuore (emh...) di Nor.
-...Che vuoi?- chiese fredda, scollandoselo di dosso e allungando un braccio per prendere il libro sul tavolino.
Dan gonfiò le guance, facendo una facciotta offesa. -...Nor... Non lasciarmi mai, ok?-
La ragazza sbuffò di nuovo e alzò gli occhi al cielo. Chissà perché, ogni tanto, al danese venivano certi momenti affettuosi, che a Nor irritavano alquanto. Lo sapevano entrambi che non l’avrebbe mai fatto...
Squillò il telefono.
Nor si alzò e calpestò Dan, che incassò il colpo soffocando un gemito. Guardò il numero e sbattè le palpebre stupito. -...Chi è?- chiede il danese rialzandosi prontamente da terra.
-...Il mio boss...- ribatté sconcertata la ragazza... –Pronto?-
-CHE COSA HAI COMBINATO!?- urlò dall’altra parte della cornetta.
-...C-che cosa ho fatto?-
-Sono sommerso di richieste di Unioni!!!-
-...In che senso!?-
-Guarda, guarda, è terribile, ci sono centinaia di lettere! Mi propongono cose tipo “Unione Franco-Norvegese”, “Unione Austro-Norvegese”, “Unione Italo-Norvegese”... “FINNO-NORVEGESE”!? -
Nor barcollò incredulo e si sedette sul divano, affianco a Dan, che lo guardava curioso. –S-scherza?-
-Assolutamente no! Cercano mille motivazioni assurde per convincermi a firmare un’unione! Si può sapere cosa sta succedendo?-
-...E-emh... Sì. È una lunga storia... Penso che dovrei spiegarglielo in un’altra occasione, e non via telefono...- tagliò corto, massaggiandosi la tempia con una mano.
-Non ci penso proprio, io devo capire cosa sta succ...-
-Salve!-. Riattaccò.

Dan le accarezzò i capelli soffici. –...Tutto a posto?-
-Devo farmi un bagno.- ribattè alzandosi e camminando svelta verso il bagno.
-Potresti rispondermi, eh!-
Ma Nor aveva già chiuso la porta.

Serrò gli occhi, affondando ancora di più nella la schiuma soffice e bianca, tra il vapore dell’acqua bollente.
Relax. Solo. Realx. Non serviva altro, in quel momento.
Era difficile abituarsi ad un corpo femminile. Era difficile saper affrontare le situazioni in certe condizioni.
Tutto per colpa di due marmocchi che avevano deciso di giocare con la magia.
Respirò a fatica, buttando indietro la testa, strizzandosi i capelli bagnati.
Aveva perso la cognizione del tempo. Da quanti minuti era nella vasca?
Bussarono alla porta. Sobbalzò.
-Sono Daaan!-
-Ma dai.-
Il ragazzo rise. -...Posso?-
Nor si tirò a sedere, radunando tutta la schiuma e coprendosi ben bene. -...Perchè dovresti?-
-...Dimmi se non posso.-
Storse la bocca, stringendosi le ginocchia al petto. –Sì che puoi.-
La porta si aprì, e Dan entrò sorridendo, come sempre.
Nor alzò un sopracciglio. –Beh. Che vuoi?-
-...Mi chiedevo...- gli disse, portandosi una mano tra i capelli -...Dato che ci stavi mettendo tanto, se... Che ne so, se avevi bisogno di qualcosa o...-
-No, scemo.- affondò fino al naso nell’acqua ancora calda, per poi rimergere –Non credere che non capisca dove vuoi arrivare. Non sono idiota come te.-
Dan arrossì appena e si inginocchiò davanti alla vasca, sporgendosi in avanti con il petto. Ci sarebbero state tante cose che avrebbe voluto dirle. E le trovò tutte terribilmente banali.
“Sei davvero bella.”, oppure “Non ho mai incontrato nessuno come te.”. Da mal di denti. Troppo.
-..Non... so che dire.- disse infine, più a se stesso che a lei.
-Lo so.- ammiccò la ragazza, ghignando, e appoggiandosi al bordo della vasca. –Perché tu sei un animale.-
Dan le accarezzò la guancia umida con il dorso della mano, scivolando poi sulla sua schiena gocciolante.
La ragazza socchiuse le palpebre, mentre le si dipingeva in faccia un sorrisetto ambiguo.
Sentì un brivido. Intenso, al basso ventre.
Gli strinse il colletto della camicia con le mani bagnate, e...
Qualcuno suonò il campanello. Trasalirono entrambi.
Nor dignignò i denti, lasciando andare il ragazzo, e mandando mentalmente tutto a quel paese.
-Vai tu, io arrivo.-
Mentre Dan andava a vedere chi diavolo fosse quell’inopportuno disturbatore, lei uscì dalla vasca e si infilò l’accappatoio blu notte, raccogliendosi i capelli bagnati in un mollettone che neanche sapeva di avere in casa.

Il ragazzo, piuttosto scocciato, andò alla porta, sentendo il “gnic gnic” delle ciabatte di Nor farsi sempre più vicino.
Aprì la porta.
-Oh...-

FINE SESTO CAPITOLO!

Angolo autrice
ZAM ZAM! Ebbene sì, Dan e Nor sono stati disturbati da qualcuno di DECISAMENTE inopportuno.
Chi sarà?
Ne sarà valsa la pena?
Lo scoprirete presto.
Fatemi sapere come vi è sembrato anche questo capitolo!
Intanto io ringrazio come sempre tutte le persone che mi seguono e che mi recensiscono!
Al prossimo capitolo! :D

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Capitolo 7
*** Settima parte - Rose rosse e rose bianche ***


Una valanga di fiori  gli si parò davanti.
-Consegne per la signorina Norvegia.- disse visibilmente annoiato il fattorino.
Nor, in accappatoio, si affacciò alla porta, e, stupita, sbattè gli occhi un paio di volte. –Emh... Sì. Sono io...-
-Prego firmi qui.-
Uno scarabocchio e via, se ne andò senza dire una parola.
Dan e Nor si guardarono stupiti. Portarono in casa quella quantità industriale di rose rosse, raggruppate in grandi mazzi con altrettanti nastrini e bigliettini ricamati.
-Norge, sono... Tutti per te!- disse Dan sconvolto, ad un certo punto.
-Mi sembrava una cosa ovvia.-  rispose piatta Nor, prendendo un mazzo a caso, avvolto in una carta lucida e arricciata. Guardò il biglietto.

Cherie, tu es ma neuvelle étoile. Je t’offre ces roses en signe demon amour. Bisous, Françis.”

-Che dice?-  disse Dan assottigliando gli occhi in un vano tentativo di capire l’incomprensibile scritta.
Nor fece le spallucce. –Qualcosa tipo “in segno del mio amore bla bla bla”...-
-Ah! Beh, non c’è da stupirsi. È Francia.-
-Uh, quest’ altre sono di Svizzera.-
-CHEEEE?! MA CHI, IL TACCAGNO!?- urlò, quasi cadendo, sentendo il petto gonfiarsi di gelosia.
-“Venti rose rosse per la ragazza più affascinante che abbia mai visto.”. Ah, senti, questo è Cina: “A colei che illumina il mondo, così come il sole ci fa gioire per la sua presenza quotidiana.”. Wow.- commentò inflessibile, spostando un altro sporoporzionato mazzo di rose e accavallando le gambe, seduta sul divano.
Dan era profondamente turbato. Lui non le aveva mai fatto nulla del genere. Mille dubbi terribili lo assalirono.
...Aveva sbagliato a non prendergli mai fiori? A non scrivergli mai frasi poetiche?
Sentì un groppo alla gola. Cercò delle reazioni in Nor.
Ma lei non faceva una piega. Non sembrava febbricitante, né emozionata o altro.
-...Non sei... felice?-
Nor lo guardò, abbassando l’ennesimo biglietto. –Felice? No... Sono un po’ lusingato, e divertito, soprattutto. Ma lo sai che non amo particolarmente queste cose...- concluse, riprendendo a leggere il pezzettino di cartoncino contornato di oro.
-Italia, Grecia, Spagna, America...- iniziò il suo lungo elenco, inespressiva.
-America sa spedire centinaia di rose rosse?-
-Umh, a quanto pare... Korea, Romania, Cuba, Austria, Finlandia... “Simbolo della passione per la ragazza che mi fa battere il cuore come nessuno.” Banale.-
-FINLANDIA?- . Si fiondò sul biglietto, non riuscendo a trattenere una grassa risata.
Nor gli lanciò un’occhiataccia. –Guarda che è anche lui un ragazzo. È colpa di Sverige se è etichettato come “mogliettina”.-
–Sì sì, certo. Tutti nella stufa, allora?-. Dan battè le mani, sorridente, e impaziente di sbarazzarsi di quegli irritanti tentativi di abbordaggio di contendenti improbabili, iprovvisamente innamorati della quarta della sua ragazza. Sua. Sua. Sua. SUA. Gli dava fastidio, gli dava terribilmente fastidio, che tutte quelle persone si fossero messe sull’attenti solamente per il corpo di Nor. Non del suo carattere. Non di tutto il resto, come era successo a lui.
 -Scherzi?- ribattè immediatamente Nor, stringendo i mazzi di rose, stranamente divertita e visibilmente beffarda. –Sono mie. E le teniamo. Procurati piuttosto dei vasi e...-
Il campanellò suonò di nuovo. Questa volta fu Nor ad alzarsi ed andare alla porta, piuttosto incuriosita.
Si trovò davanti una testolina di capelli argentati. Il cuore le si riempì di gioia. Il suo fratellino era venuto a trovarla! Ice arrossì improvvisamente, tenendo le mani dietro la schiena.
Nor inclinò appena gli angoli della bocca verso l’alto, in un vano tentativo di sorridere. –Buonasera, Ice...-
Il ragazzino boccheggiò, facendo vagare lo sguardo tra le iridi chiare, l’accappatoio e  i capelli raccolti e umidi di Norvegia. Il rossore sulle sue guance divenne più intenso, e il cuore gli martellava nel petto.
Evitando magistralmente il suo sguardo, le porse qualcosa.
Un unico e fresco bocciolo di rosa bianca.
Nor sgranò gli occhi, prendendo delicatamente il fiore in mano. –I-ce, grazie... Non so che dire...-
Ice alzò le spalle, mettendosi le mani in tasca, sorridendole dolcemente.
Aveva deciso di fare quel regalo al fratello (o sorella...?) senza alcun motivo preciso. Forse per tranquillizzarla, per fargli effettivamente sapere che non doveva abbattersi e che sembrava...Beh, sì.  Era semplicemente stupenda.
Casualmente, buttò un occhio dentro la casa.
Vide quella montagna di rose rosso intenso e gli cedette la mascella.
Abbassò la testa, nascondendola nel cappotto pesante, e trattenne un singhiozzo. Improvvisamente si sentì insignificate, e miserabile, e... Chissà cos’altro, povero Ice.
Si girò velocemente, fece per andarsene, mentre Nor provava a fermarlo inutilmente.
Ma lui non la ascoltava. Davvero, non gli sarebbe importato.

Sconsolata, Nor chiuse con calma la porta, rigirando la rosa bianca tra le mani.
Il fratello si era premurato di togliere tutte le spine. Si era assicurato che tutti i petali fossero integri e assolutamente immacolati, candidi.
Ecco, lì, in quel bocciolo, ci vide davvero la purezza e la bellezza. Lanciò un’occhiata alle rose rosse, completamente sbocciate e vive. E vi vide la passione, l’affanno e la lussuria. Si portò una mano sulla bocca. Per poco non scoppiò in lacrime.
-...L’ennesima rosa, eh?- disse Dan sbucandogli alle spalle, col tono di chi la sa lunga.
-No, idiota.- gli ripose tirandogli uno schiaffo, per poi guardare amorevolmente la rosa. -Questa è... la mia preferita.-

FINE SETTIMO CAPITOLO!


Angolo autrice
Siamo alla fine del settimo capitolo! *O* E da tanto che volevo scrivere una cosa del genere.
Soprattutto di questa fatto di Ice e la rosa bianca. ;w; Trovo sia una cosa tenerissima.
Spero che vi sia piaciuto anche questo! ^^ Sono contenta che la stiate seguendo, mi fate davvero felice!
°3° Un bacione a tutte! Al prossimo capitolo

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Capitolo 8
*** Ottava parte - Crema di nocciole ***


-‘Notte Nooooooorge!- starnazzò, tuffandosi letteralmente sul lettone, affianco a Nor che stava leggendo tranquillamente un libro.
-Non urlare.- disse piano, sfogliando una pagina come se niente fosse.
Dan, con la testa affondata nel piumino mugugnò contrariato. Poi, come se fosse stato colpito da un’ispirazione divina, scattò a sedere. –AH, IL DOLCEEEE!-
-Che?- ripose Nor, abbassando il libro e alzando un sopracciglio.
-Nor, non abbiamo mangiato il dolce! Ti rendi conto!?- si lamentò disperato Dan, aggrappandosi al suo braccio.
-Scioccante da morire... Staccati.-
Dan gonfiò le guance, facendo gli occhioni dolci. Non trovando reazioni, iniziò a tirarle piano i lunghi capelli.
Irritata, incassò silenziosa quel piccolo fastidio.
Dopo un po’, però, si alzò e uscì dalla stanza, senza dire una parola.
Dan rimase con la mano alzata a mezz’aria, stupito.

Poco dopo, rientrò in camera con un barattolone enorme di Nutella. Si sedette scomposta, e velocemente lo stappò, con un inconfondibile “clack”. Dan aspettava, impaziente e curioso.
Nor affondò la mano nella crema, tirandone fuori una manata e ficcandola violentemente in bocca a Dan.
-To’, ingozzati.- mormorò piatta, tirandogli uno schiaffettino innocuo, sporcandogli così anche il viso.
Il ragazzo, con la bocca impastata e piena, rimase senza parole.
Gustò la crema pazientemente, lanciando ogni tanto un’occhiata a Nor, che, silenziosa, stava ripulendosi le dita della mano con un fazzolettino di carta.
Dan ne approfittò per prendere il barattolo e affondarci la mano. Si avvicinò alla ragazza e alzò la mano all’altezza della guancia.
-Hey Nor.- la chiamò.
-Che cavolo vu...- si girò, e Dan le spalmò il viso di Nutella.
Sgranò gli occhi, mentre la rabbia le ribolliva nel profondo e Dan se la rideva di gusto.
-...T-tu...- Nor guardava incredula il ragazzo. –...Vuoi che io ti uccida, non è vero?-
-Ma daaai, Nor, dovresti imparare a stare agli scherzi, sei troooooppo permalosa!- disse, tra una risata e l’altra.
Nor incrociò le braccia offesa. –Che schifo.-
-Schizzinosa, è solo crema di nocciole.- Dan le si avvicinò al viso tirando fuori la lingua.
Nor capì al volo le sue intenzioni e assottigliò gli occhi. -...Non oseresti...-
Ma Dan le si avvinghiò addosso, mordendole la guancia e assaporando la crema.
-DAN, NO!- Nor cercò di alzarsi, con grande fatica, ma senza risultati, mentre Dan rimaneva saldamente aggrappato a lei. –STACCATI, SEI PESANTE.- urlò isterica, sentendo la lingua del ragazzo passare ripetutamente sul suo zigomo.
Ma figuriamoci se Dan l’ascoltò. Era come un bambino, in certe situazioni.
E un bambino non si staccherebbe mai dalla cioccolata. A quel punto, la ragazza cercò a tentoni il barattolo, prendendo un’altra manata e spalmandola sulla schiena nuda di Dan, e prendedolo poi per le spalle, pur di farlo staccare.
Ma Dan scoppiò in una risata e rispose al suo attacco, imbrattandola ulteriormente, in faccia, sulle gambe e sulle braccia, e iniziando a lavorarvici con una certa foga. Un po’ troppa, forse.
E Nor non sapeva più cosa fare. Lasciò cadere le braccia sul letto.
-Dan... Sinceramente, sembra un fottuto giochino erotico.- disse piano, poco dopo, sentendo la lingua del ragazzo passare ancora una volta sul suo braccio.
Sentiva l’aria che le mancava, non era suo agio, per niente.
Dan sghignazzò, leccandosi le labbra e respirando sulla sua pelle. –Hai paura?-
Nor si mosse nervosa sotto di lui. –Ma che domande sono?!-
Dan risalì fino al suo viso, dandole un veloce bacio sulle labbra. –...Vuoi fare l’amore con me?-
-Non dovresti essere così esplicito.- sbuffò, spostandosi un fastidioso ciuffo di capelli da davanti agli occhi.
-Ma mi eccita da morire esserlo.-
Nor aggrottò le sopracciglia e gli tirò una ginocchiata nelle parti basse, riuscendo finalmente a staccarselo di dosso. –A me no.-
Era piena di angoscia. In fondo, era come se fosse la sua prima volta, no? Non sapeva come muoversi nel corpo di una donna.
Dan rimase di ghiaccio. Sapeva che Nor avrebbe combattuto, ma alla fine era convinto che sarebbe ceduta.
Eppure vide la sua espressione troppo, troppo gelida. –Norge, ma... Domani potresti essere di nuovo un ragazzo e...-
-Vorrà dire che potrò dirmi una ragazza vergine.- lo interruppe bruscamente Nor. -Vedi di piantarla, idiota.-  disse poi, dandogli la schiena. –Se vuoi farti una ragazza vai in strada e te ne trovi quante ne vuoi, ma non venire a rompere a me.-
Si allungò e spense la luce.
-E domani cambi le lenzuola, dato che le hai sporcate di Nutella. Cretino.-
Tutto divenne buio. Dan si sentì stringere il cuore.
Era stato un vero genio.
-Buona notte anche a te, Norge...-

FINE OTTAVO CAPITOLO!

Angolo autrice.
Ragazze mie, credo di avervi fatto rimanere malissimo... E’ stato difficile decidere come farlo finire, ma poi mi è venuta un’ideona e ho deciso di farlo così...
Spero vi sia piaciuto comunque! *A* Vi prego, fatemelo sapere perché sono terribilmente tormentata...
Un bacio. :3

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Capitolo 9
*** Nona parte - Discutibili telefonate ***


Quando Dan aprì gli occhi, Nor dormiva ancora.
La luce filtrava dalla finestra e gli infastidiva gli occhi. Buttò un occhio all’orologio. Mezzogiorno!? Si tirò su a sedere velocemente.
Tornò a guardare la ragazza, girata a pancia in sotto, che dormiva ancora profondamente con la guancia spalmata sul cuscino e i lunghi capelli agrovvigliati.
Sorrise e si alzò in piedi, massaggiandosi la schiena. Si sentiva terribilmente appiccicoso.
Vide il barattolo di Nutella, si ricordò tutto e quasi gli venne da ridere.
Ciabattò verso il bagno, ma sentì  il telefono squillare improvvisamente.
Non voleva svegliare Nor, e corse a rispondere, rischiando di cadere almeno un paio di volte. Scese le scale tre gradini per volta e prese al volo il telefono, che per poco non gli scivolò dalle mani.
-Pronto?- sussurrò a voce bassa, con il fiatone.
-Falla sbronzare!- urlò dall’altra parte della cornetta qualcuno.
-...Eh?-
-Danimarca, sono Arthur... Falla ubriacare!-
Dan rimase spiazzato –Ma... Chi?-
-Ma Norvegia, chi se no!?- sbuffò spazientito Inghilterra.
-Perché dovrei farlo!?-  chiese stupito, alzando un po’ la voce.
-Perché altrimenti quando lo ritrasformo sente... Un po’ di male, capisci? Quindi se tu stasera le fai bere un po’, io faccio l’incantesimo stanotte e lei non se ne accorge e non sente niente.-
-Ma non ha sentito niente quando è diventata donna!- Dan buttava occhiate veloci sulle scale, terrorizzato all’idea di vedere Nor apparire dal nulla, come era solito fare.
-Ah, lascia perdere, che non so che cavolo hanno combinato quei marmocchi...-
-...Senti, io pur di non farle sentir male farei qualsiasi cosa ma...-  si strinse tra le spalle, guardando paurosamente le scale e cercando le parole più adatte -...Nor non... emh... Non regge molto... gli alcolici...- sussurrò con la voce più bassa che riuscì a fare. –E poi sono io quello che che si ubriaca, di solito...-
Silenzio.
-...Sciocchezze! Questa sera vedi di contenerti e falle mandar giù qualcosina. Qualche bicchiere basta, non arrivare al punto di doverla portare in ospedale.- E gli attaccò in faccia.
Dan, a bocca aperta, riappoggiò la cornetta al suo posto. Deglutì rumorosamente.
Ottimo, cosa avrebbe dovuto fare? Avrebbe dovuto portare Nor in un bar e farla sbronzare, davvero?
Non lo trovava giusto. Per niente!  Però non voleva che sentisse male... Tuttavia, aveva dei dubbi sull’effetto anestetico dell’alcol. Arthur gliel’aveva detto perché era esperto o perchè era la prima cosa che gli era venuta in mente? Comprare un sonnifero non sarebbe stato lo stesso?
Si mordicchiò un dito.
Il male l’avrebbe sentito comunque anche se avesse dormito?
Disturbato profondamente da quegli angoscianti dubbi, che tra l’altro si facevano sempre più articolati, non si accorse che Nor ormai era scesa e rimaneva silenziosa alle sue spalle.
-Ti sei imbambolato, idiota?-
Sobbalzò. –A-ah, no, no... Buon giorno, Norge!- rispose prontamente, sorridendole.
-Tsk...- Nor gli passò affianco, dandogli una spallata. –Preparami un caffè decente, io vado a farmi un bagno. Sono ancora appiccicosa, che schifo.-
Dan aggrottò la fronte, e si diresse in cucina. Mentre sentiva l’acqua del bagno che scrosciava e riempiva la vasca, decise di dare ragione ad Inghilterra. Dopotutto, sapeva quel che diceva, no? Avrebbe trovato un modo per farle bere qualcosina.
Il minimo indispensabile, se lo promise.

Si sedettero al tavolo della cucina, tra svariati vasi di rose rosse.
-...Dormito bene?- chiese Dan, con una nota di isterismo nella voce.
Nor lo guardò senza muovere, neanche minimamente, un muscolo facciale. –Che hai?-
Dan si agitò appena. –I-io? Io? Ah...- rise nervosamente. -...Ahahah, cos’ho io? Niente! Cosa dovrei avere, io?- fece le spallucce.
-Sputa il rospo o te lo faccio sputare io, a furia di calci nello stomaco.-
Dannazione. Non era proprio capace a nascondere le cose. La sua mente cercò velocemente una scusa.
-Ok, ok Norge... Sai che non riesco a non svelare le sorprese, quindi sappi che stasera usciamo!- Rimase un attimo in attesa, terrorizzato dall’idea che Nor capisse che, sotto sotto, c’era qualcosa di più importante. –Io e te, un piccolo bar, una seratina tranquilla dove parliamo e ridiamo...-
La ragazza appoggiò la tazza sul tavolo, inclinando la testa. Pensò un attimo alla proposta.
 -Umh...Che idea carina. Non pensavo fossi abbastanza intelligente da prendere decisioni come queste.-
Dan si compiaque e potè finalmente respirare normalmente. Era stato un vero genio...
-Ora però faremo meglio a cambiare le lenzuola del letto...-  le rispose, cambiando discorso, sorridendo tranquillo e alzandosi dal tavolo.
Sarebbe stato un pomeriggio sereno, che profumava di ammorbidente, di rose e di pulito...

-Dan, non voglio andare in giro con le mie camicie...Fasciano troppo...- si lamentò quella sera la ragazza, mentre provava a pettinarsi i lunghi e ondeggianti capelli biondi e si metteva il suo fermaglio a forma di croce.
Dan lanciò una delle sue camicie rosse, e lei la prese al volo. –Prova questa. È la tua preferita tra quelle che ho io, no?- disse facendole l’occhiolino.
Effettivamente era abbastanza grande, ed era davvero la sua preferita, nonostante il rosso non fosse per niente il suo colore...
-E ci sta bene con la gonna.- sorrise poi il ragazzo, indicando la gonnellina ancora buttata per terra dal giorno prima.
Nor alzò il sopracciglio. Dopotutto, non poteva mettersi altro che quella maledetta gonna e quei diabolici tacchi, che guardò con astio, come per fulminarli.
Si vestirono senza fretta e Dan accese la macchina, mentre la ragazza chiudeva la porta a chiave.

Dopo un viaggio neanche troppo lungo, scesero dalla macchina. Un’arietta frizzante li travolse e si ritrovarono davanti a un bar accogliente e ben illuminato, nella freschezza della sera.
-Hey Dan.-
-Uh?-
-Stasera pensiamo a divertirci, ok?-. Sorrise appena. A Nor piaceva quell’idea. Le piaceva, anche solo per un giorno ogni tanto, dimenticarsi di tutte quelle cose complicate tra politica, problemi, questioni finanziarie e varie. Ed era felice che Dan avesse avuto un’idea così carina.
Dan deglutì. Lei si fidava di lui! E lui stava per fare la cosa più sbagliata al mondo. Dannazione, sapeva che Nor non reggeva gli alcolici, non li reggeva proprio, le faceno un brutto effetto. Infatti Nor non beveva mai, un po’ anche perché doveva tenere d’occhio Dan, e riportarlo integro a casa...
Adesso si sarebbe invertito tutto!
 –...Certo, Norge...-Si sentiva terribilmente in colpa.

Entrarono e si sedettero al bancone. Il locale era abbastanza pieno, e un dolce brusio si mescolava con il sottofondo musicale. Nor si abbassò un po’ la gonna, non propriamente a suo agio, come sempre...
-Cosa vuole, signorina?- chiese un barista, mentre maneggiava con uno shaker.
-Ah... No, io non bevo, chieda a lui.- rispose tranquilla Nor. Era abituata a ripetere quelle frase, ogni volta che uscivano.
Dan fece un grande sorriso. –Cuba libre, ovviamente.- disse allegro, quasi senza pensarci. Anzi, decisamente senza pensarci. Cavolo, non doveva bere troppo, ma se lo ricordò solo dopo che aveva ordinato...
Comunque, capì che aveva fatto bene ad essere così spigliato: almeno Nor non si sarebbe insospettita...
Il barista alzò un pollice e cominciò a trafficare con rum e Coca Cola.
-Nor... Non vuoi niente, sicura?- le chiese il ragazzo, tanto per tastare il terreno.
La ragazza si accigliò. –Dan, lo sai, non fare l’idiota.-
-Qualcosa di leggero, non dico per forza... robe pesanti...!-
Nor sbuffò. -...Secondo te conviene?-
-Hey, ci sono io che ti tengo d’occhio...Ti prometto che non succederà niente.-
-...Non penso finirà bene...-
-Dai, fidati di me, Norge...-
Nor sospirò. –Beh... Per una volta, magari...-
Dan si congratulò con se stesso. Era fatta.
-Emh... Non è che...- Nor richiamò timidamente l’attenzione del barista -...Può farmi qualcosina... Di leggero?-
Il barista aprì la bocca per parlare, ma Dan l’anticipò.
-Long island.- disse infatti -...Dai retta a me, Norge.-
Il barista li guardò interrogativo. Un Long island non era proprio definibile come “leggero”.
-Ah...- fece la ragazza, spiazzata -...Sì, sì va bene...- concluse confusa . Non sapeva il contenuto del drink, ma decise di fidarsi di Dan. Lui sapeva che lei e l’alcol non andavano molto d’accordo e l’avrebbe sicuramente tenuta d’occhio.
Il barista sorrise gentilmente.
-Cuba libre e Long island iced tea, subito.-

FINE NONO CAPITOLO!

Note:
-Cuba libre e Long island: credo che tutte sappiate cosa siano, ma magari non tutte sanno gli ingredienti :3 Ecco, il Cuba libre è fatto con Rum e Coca cola, mentre il Long island è fatto con vodka, gin, rum bianco e triple sec di Cointreau, che è un liquore di circa 40°... Direi che non c’è bisogno di commenti XD


Angolo autrice
Ecco il nono capitolo!
Grazie mille per le vostre recensioni e per aver messo questa storia tra preferite, ricordate e/o seguite!
Attualmente, credo che questo sia il capitolo più lungo! Yeeeh! (E che gli ho tolto una mezza pagina, aggiungendola al prossimo capitolo! e__e
XD Ecco, l’altro giorno ho avuto questa ideona...
Quindi: cosa succederà? In che senso “Nor non regge gli alcolici”? ùwù
Beh, tutto verrà spiegato nei prossimi capitoli!
Un bacione a tutte!

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Capitolo 10
*** Decima parte - Una brutta sbornia ***


Poco dopo, il barista posò sul bancone due bicchieri strapieni con tanto di cannuccia.
-Grazie...- disse Nor, prendendo il drink e guardandolo con aria diffidente. Lanciò un’occhiata a Dan, che aveva iniziato a bere tranquillamente il suo, apparentemente spensierato.
Sospirò e si portò la cannuccia alla bocca, assaggiandolo.
Non era male. Non era male per niente...

-Emh...Ti piace, Norge?- chiese, piuttosto preoccupato, vedendola bere l’ultimo sorso di un secondo drink quando lui stava finendo il primo.
La ragazza alzò velocemente la testa dal bicchiere, guardando il barista con occhi grandi, ignorando la domanda di Dan.
-Un altro.- disse con voce scomposta.
La bocca di Dan si inarcò verso il basso. La situazione gli stava sfuggendo si mano.
-Norge, vacci piano...- l’avvertì , osservando le guance imporporate della ragazza.
-Non mi rompere.-  rispose secca, portandosi alla bocca la cannuccia del terzo drink.
Cominciò a parlare di quando facesse schifo la cucina di Finlandia, di quanto si sentisse angosciato dal fatto si ricevere dolcetti fatti da lui il giorno del suo compleanno o a Natale.
-Nor... Emh...- Dan, finito il suo Cuba libre, era rimasto a rigirarsi i pollici e a combattere contro quella voce che gli diceva di prenderne un altro. Ora cercava di fare una conversazione sensata con la ragazza. E stava diventando sempre più impossibile.
-VOGLIO ICEEEEE, VOGLIO ICEEEEE!- cominciò a lamentarsi, appoggiata sul bancone, dopo il quinto bicchiere.
Dan cercava di rincuorarla. –Se vuoi possiamo andare a casa...- provò a buttarla lì ad un certo punto.
-Tu sei scemo...- l’additò Nor, con il viso rosso e la voce altalenante. -...Non mi hai mai lasciato bere, stronzo!-. Si alzò barcollante, sia per i tacchi che per l’effetto dell’alcol.
-Barista, voglio qualcos’altro, questo mi ha stufata.- lamentò, facendo volteggiare una mano per aria.
-No, Nor, se ne hai basta andiamo via...-
-STAI ZITTO, DAN!- gli urlò contro, facendo girare tutto il bar.
La ragazza scoppiò a ridere. –...Dan, hai visto, si sono girati tutti a guardarmi! Ahahahah...- indicò le persone sedute ai tavoli. Il suo sorriso si trasformò subito in un’occhiataccia. –Che cazzo volete? Ne ho abbastanza di persone che mi fissano le tette!-  sbraitò traballante, dirigendosi verso un tavolo.
Dan l’afferrò e la riportò a sedersi. -...Nor, contieniti...- gli sussurrò tra i denti, mentre la ragazza rideva ancora.
Il barista appoggiò un bicchiere sul tavolo. –Angelo azzurro, penso possa piacerti...-
Nor l’afferrò al volo. –Seh, seh, qui gli angeli te li faccio vedere io se non ti togli quella faccia da scemo...-
Dan si portò le mani in faccia. Doveva prendere il mano la situazione, in qualche modo!
Ma i bicchieri vuoti si moltiplicarono, diventando da cinque a dieci, da dieci a quindici, e Dan le stava provando tutte, senza risultati. Era terrorizzato dall’idea di vedere Norge cadere a terra da un momento all’altro. Stava seriamente pensando di prenderla di peso e andare via.
Intanto, la ragazza correva da una parte all’altra del bar con il bicchiere in mano, ridendo e cantando canzoni in norvegese. Ogni tanto si fermava a raccontare leggende norvegesi o di quanto fosse eccezionale un certo danese a letto, e i clienti la assecondavano impauriti.
-VAFFANCULO.- gridò ad un certo punto,  attaccando Ucraina, che aveva appena varcato la soglia del bar. –VAFFANCULO, LE TUE TETTE POSSONO FARE BOING BOING FIN QUANTO VOGLIONO, MA QUI C’È POSTO PER UNA SOLA ...- Dan  le tappò la bocca, mentre la povera Ucraina, con le lacrime agli occhi, usciva velocemente dal bar.
Al ventesimo bicchiere, una Nor spalmata sul pavimento si rotolava a destra e a sinistra.
-...Mi viene da vomitare...- disse ridendo, con le guance tendenti al porpora.
Dan si sentì in colpa come non mai. La aiutò a rialzarsi. –Nisse di merda...- mugugnò sconclusionata, mentre Dan le aggiustava la gonna, dato che ormai il suo bel didietro era esposto ai quattro venti...
-Dan, Dan ti ricordo quando mi hai cosparso di Nutella? Oh, che bei tempi...- disse con intonazione ascendente, appoggiandosi alla sua spalla.
Dan fece una smorfia, mentre tirava fuori dal portafoglio una consistente quantità di denaro e la porgeva al barista...
-Nor, era solo ieri...-
-Dan, Dan, vero che a casa scopiamo, Dan?- disse sfacciata e malferma, inclinando la testa, mentre si strusciava contro di lui, provando a baciarlo.
Tutti li guardavano straniti.
Dan sospirò, sentendo Nor che odorava fortemente di alcol. –A casa dormi, e non si discute.- disse fermo, strappandole il bicchiere di mano, prendendola per il braccio e trascinandola fuori dal bar. Non voleva approfittarsi di Nor, non quando era sbronza in qual modo.
Cercò le chiavi della macchina. -...Norge, hai preso tu le chiavi?-
Nor si portò l’indice alla bocca, sorridendo. –Ooooops... Sai, credo di averle regalate a qualcuno...-
Dan gemette, guardando la strada. La sua macchina... La sua amatissima macchina sportiva...
- È ancora dentro vero, quello a cui le hai regalate?- disse, scuotendola per le spalle.
Nor lo fissò con occhi velati e umidi. -...Non lo so...- disse con il tono di un bambino innocente.
Dan corse dove avevano parcheggiato la macchina. Non c’era. Si portò le mani tra i capelli.
Ora dovevano tornare a casa a piedi, ma quello era davvero l’ultimo dei problemi.

Già arrabbiato con se stesso per non essere riuscito a fermarla quando era il momento giusto, e anche per la macchina, il ragazzo teneva per mano Nor mentre camminavano verso casa. E quel misero drink che si era bevuto gli aveva fatto venir voglia di bere ancora. A casa, messa a letto Nor, si sarebbe bevuto una birra, e niente gliel’avrebbe impedito.

Gli sembrava strano che la ragazza fosse ancora cosciente. Era pronto a portarla in ospedale da un momento all’altro... Ma lei rideva, rideva come non l’aveva mai vista. Era impossibile pensare che quella fosse Nor!
Ad ogni macchina che passava gridava e alzava il dito medio, e andava a sbattere contro i pali della luce.
Improvvisamente, Nor si slacciò dalla sua mano e corse davanti a una casa.
-Hey, hey, questa è la casa di Sve!- disse emozionata, indicandola. –SVEEEEERIGEEEEEEEE- urlò a pieni polmoni.
-Norge, no, è notte fonda!- sussurrò Dan correndole incontro.
Poco dopo, la porta di aprì e un’imponente figura intimidatoria le si parò davanti.
-SVERIGE, VECCHIO STRONZO!- gridò allargando le braccia. Una luce strana passò negli occhiali di Svezia. Dan si portò le mani alla testa.
-LA TUA AMATA MOGLIETTINA MI HA CHIESTO DI FARE UN’UNIONE CON LEI, SIIIIII, PROPRIO FIN! NON GLIENE FREGA UN CAZZO DI TE, AHAHAHAHAHAHAH-
Sve sembrava una statua. Dan prevedeva guai. –S-scusala è... Un po’ brilla...-
Sve gli sbattè la porta in faccia.
Riaprì poco dopo, con un cartone di birre in braccio. Glielo pose.
-Le ho vinte alla lotteria ma a me non servono. Sono una trentina.-
-MA MI ASCOLTI QUANDO PARLO!? SEI SORDO OLTRE CHE CIECO!?- gridò ancora più forte, mentre Dan prendeva lo scatolone di birre senza troppi complimenti.
-Ciao.- gli chiuse definitivamente la porta in faccia.
I due ripresero a camminare, mentre dalla casa di Svezia provenivano tristi ululati di dolore.
Erano quasi a casa, finalmente, e Dan stappò una birra quando mancavano sì e no 500 metri.
Buona birra, gli serviva proprio.
Nor cadeva ripetutamente, continuando a ridere, rialzandosi e raccontando frasi insensate.
Finalmente, aprì la porta di casa, destreggiandosi tra le chiavi di casa, le bottiglie di birra e le mani di Nor che gli scivolavano languidamente addosso.

FINE DECIMO CAPITOLO!

Angolo autrice
Non vedevo l’ora di scrivere questo capitolo! XD
Continuano a venirmi idee... Quando ho iniziato la fic credevo che l’avrei finita in pochissimi capitoli ma... Qui sta diventando un’Odissea <___<
Il prossimo sarà il penultimo capitolo!!
Tenetevi forte, con Nor e Dan non si sa mai cosa succederà...

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Capitolo 11
*** Undicesima parte - Postumi di una notte di alcolici ***


Nor si svegliò. Ma non aprì subito gli occhi, oh, assolutamente no... La luce, anche dalle palpebre chiuse, le dava più fastidio che mai.
Sentiva un mal di testa terribile, come se le avessero messo dei tamburi nelle orecchie. Un forte odore di alcol le riempì il naso. Sentiva anche la mano di Dan sul proprio fianco nudo.
E si sentiva pesante.
Spostò la mano del ragazzo e si girò nel punto dove la luce non le puntava dritta negli occhi. Socchiuse le palpebre.
Sussultò, spaventata.
Si tirò a sedere, sentendo un soffio d’aria fredda su tutto il corpo.
Si guardò attorno. Gli cedette la mascella.
La stanza era un disastro. Un inferno. C’erano bottiglie di birra vuote ovunque, oggetti non identificati, cuscini, coperte...
Afferrò una coperta di lana a caso e si avvolse velocemente.
Che cosa diavolo era successo? L’ultima cosa che si ricordava distintamente era l’entrata nel bar e... Niente. Il vuoto.
Sinceramente, era un po’ preoccupata. Un po’ tanto.
Si accucciò sul letto e scrollò Dan, mentre i capelli le ricadevano ai lati del viso delicato.
-Dan, idiota, svegliati.- gli sussurrò vicino all’orecchio.
Il ragazzo mugugnò, e aprì lentamente un occhio. –‘Giorno...- mormorò sorridendole, stropicciandosi gli occhi. -...Qualcosa non va...?-
Nor stirò le labbra gli tirò una sberla. –Guardati intorno, cretino, e dimmi cosa ho fatto ieri sera.-  gli disse, inespressiva.
Preso alla spovvista, Dan si portò una mano alla guancia. Aprì un po’ di più gli occhi, ricordandosi improvvisamente tutto.
-Nor sei... Sei... Sei ancora una ragazza! Allora Arthur ha detto una bugia...!- esclamò sorpreso, senza pensarci.
Nor ringhiò. –Cosa intendi?-
-Emh... Vedi, ieri mentre dormivi mi ha telefonato Inghilterra e... Ecco, mi ha detto di farti bere qualcosina perché questa notte avrebbe dovuto ritrasformarti, e... Ecco... A quanto pare non l’ha fatto...-  concluse con voce sempre più flebile, non riuscendo a non far cadere l’occhio sulla quarta della ragazza, che non era certo sparita.
-Ah.- rispose Nor, alzando appena un sopracciglio. -...Quindi vuoi dire che mi hai preso per il culo tutto il giorno, mh?- concluse, apparentemente pacata.
Infatti, tanto pacata che pochi secondi dopo salì a cavalcioni sopra di lui.
–...MI HAI FATTO SBRONZARE.- gli tirò un pugno in pieno viso. –SEI STATO. UNO. STRONZO.-  scandì bene le parole, pestandolo con violenza.
Dan, mentre sentiva la mandibola scricchiolare, pensò che la ragazza non aveva poi tutti i torti... Incassò così i colpi, senza dire una parola per qualche minuto.

...Indubbiamente, il nostro danese era un uomo di grande vigore...

-Norge, ti prego... Fermati un attimo...- mugugnò quando ne ebbe abbastanza, afferrandola per i polsi esili e stringendola al petto nudo. -...Io non volevo che sentissi male tornando un ragazzo...-
-Ma l’alcol non è un anestetico!- brontolò arrabbiata l’altra.
-...Scusami Norge...- uggiolò il danese, dondolandola sul petto.
-...Cosa ti ricordi di ieri sera?-
Dan, a malincuore ed esitante, gli raccontò delle ‘’meravigliose’’ figure fatte nel bar e del cuore infranto di Sve, stando attento a dire il minimo indispensabile, senza soffermarsi troppo sulle sue frasi poco caste.
Nor, rimasta pacificamente su di lui ad ascoltarlo, lo guardava piattamente, con il mento appoggiato sul petto del ragazzo.
-...Ah, e hai anche regalato le chiavi della mia macchina a uno sconosciuto.- concluse dopo un po’ quest’ultimo.
Nor chinò la testa, mettendo la fronte sul torace di Dan. Si strinse un po’ di più nella coperta di lana. –L’ho fatto sul serio?-
I sensi di colpa la divoravano, ma non lo avrebbe detto. Mai!
Dan fissò il soffitto, passandogli le dita tra le ciocche morbide. -...Sì.-
-E poi?-
-...Poi... Non mi ricordo...- disse, iniziando a preoccuparsi seriamente.
Effettivamente, non è che non si ricordasse... Aveva solo la mente un po’ annebbiata, ecco...

Emh... Sì, alla fine aveva bevuto qualche birra.
In realtà, Tutte quelle del cartone...
E non si erano controllati, né lui né Norge.
Strizzò gli occhi.

Entro in stanza, e quella ragazza stravaccata sul letto mi sorride beffardamente.
Rispondo al sorriso, stappando l’ennesima birra.
Hey, perché gattona letteralmente verso di me?
Da quanto tempo le mani di Norge vagano sul mio petto? Dov’è la camicia?
Appoggio velocemente la bottiglia sul comodino, lasciandomi trascinare sul letto.


Nor si puntellò sui gomiti, guardandolo serio. –Quelle birre c’entrano qualcosa?-
Dan deglutì agitato. -...Forse...-
-Ascoltami...- si avvicinò al viso di Dan. Odoravano ancora di alcol, tutti e due, in modo terribile. -...Devi dirmi tutto, tutto, tutto quello che ti ricordi di ieri sera.-
-Ti assicuro che mi ricordo quanto te...-

La bocca di Nor sa così tanto di gin, che quasi faccio fatica a staccarmene, eh?
O forse è lei che non riesce a smettere di giocare violentemente con la mia lingua.
Gli tolgo ansioso la camicia, respiro a fatica.
La spingo indietro, facendola affondare tra i cuscini e una nuvola di capelli che incorniciano quel bel visino arrossato...


FINE UNDICESIMO CAPITOLO!


Angolo autrice
Ahi ahi, cos’hanno combinato quei due? *soffoca un gemito* Ho dovuto alzare il rating, più per il prossimo che per questo, forse. Perchè dai, qui non si parla di vaghe allusioni sessuali.<_<''
A quanto pare Dan si ricorda qualcosa.
Nor... no, per niente XD
Ringrazio tantissimo chi mi sta seguendo e recensendo!
Il prossimo capitolo è l’ultimo, quindi quando lo pubblicherò ci sarà una lunga lista di ringraziamenti! U_U
Un bacio! :D

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Capitolo 12
*** Dodicesima parte - Segni rossi ***


-Dan!- lo chiamò serio, senza alcun motivo, forse quasi come un lamento.
 Si scansò, ritornando nel suo posto affianco a lui. Si portò le mani in faccia, cercando con tutta se stessa di ricordare, anche solo un minimo.
Era come se dovesse ricordarsi un sogno.
Si concentrò. Provò a fare mente locale, nonostante il terribile martellare alla testa.
Sbuffò. Niente. Niente. Niente!
Dan intanto si era perso a fissare il vuoto, agitato.

Il suo corpo accaldato. Le sue mani chissà dov’erano.
Oh, ma io non aspetto altro!
L’autocontrollo è andato a quel paese da un bel po’, non c’è tempo di pensare.

Dovrei continuare questo gioco strano?
Tutto questo caldo è solo un’impressione o no?
Ho fatto così in fretta a spogliarla...
Norge, non sembi neanche tu, tanta foga ci metti!

-...Che si fa adesso?- chiese Nor scocciata, incrociando le braccia.
Dan sussultò, e la guardò arrossendo. Scosse piano la testa, senza alzun motivo preciso.
Ma Norge lo intese come un “non ne ho idea!”. Difatti si tirò su a sedere, tanto velocemente che le girò la testa.
-Preparo il pranzo?- chiese atona.
Dan aprì la bocca, ma ne uscì solo un verso strozzato.
-...Che hai, qualcuno ti ha mangiato la lingua?- commentò ironica, cercando dei vestiti nell’armadio.

Sembra così strano non sentire niente che preme contro il ventre, mentre sto sopra Norge.
Ma lei è una ragazza, devo farmene una ragione.
Da quanto tempo non faccio sesso con una ragazza?
Ah, ma chi se ne importa finchè Nor continua ad ansimare in quel modo.


La norvegese si tolse la coperta di dosso, alzandosi in punta di piedi per raggiungere l’appendino nell’armadio.
Dan si tirò il lenzuolo sopra la testa, sentendo il cuore in gola.
Ma lo faceva apposta o cosa!?
Prese un bel respiro, provando a riordinare i pensieri.
“Non mi approfitterò di Norge!”
Merda. Lui e quelle dannate birre.

Tanti ricordi... indistinti, e disordinati.
I miei movimenti, decisi, e i tuoi gemiti.  Indecenti, ragazza mia.
Norge, da quand’è che non provi neanche a trattenerti?
...Sei eccitante, però. Eccome.
Le tue unghie nella schiena.
Da che parte siamo girati, scusa?
La fronte imperlata di sudore, le labbra umide e socchiuse, gli occhi chiari velati e lucidi.
Perché gridi così forte?


Dan rabbrividì e sgusciò fuori dalle coperte, provando, con passo felpato, ad uscire dalla stanza. Si sentiva un pervertito assurdo. Sapeva che Norge l’avrebbe scoperto. Quei segni che aveva sulla schiena e su tutto il corpo non sparivano certo in poche ore.
Nor intanto, mentre si stava vestendo, si fermò a guardare la sua immagine davanti allo specchio. Aggrottò la fronte.
Dei marchi violacei e le ricoprivano il collo, segni rossi di morsi sul ventre, e nell’interno coscia...?
Si girò di scatto verso Dan, sulla soglia della stanza, con gli occhi spalancati.
-...Tu.-  mormorò con voce roca e minacciosa, non muovendo un muscolo.
Dan provò a sorridergli. Un innocente e docile sorriso, per poi iniziare immediatamente a correre, inseguito dalla ragazza.
-NORGEEE, NON È COLPA MIA SE È SUCCESSO...- urlava saltando giù dalle scale.
Nor gli saltò sulle spalle, riuscendo finalmente ad avvinghiarlo e a farlo cadere sul divano.
-Non me l’hai detto, eh!-  gli ringhiò vicino al viso. –Tu te lo ricordi, te lo ricordi eccome, cretino!-
-Norge io veramente...-
-... È sbagliato.- sussurrò minacciosa, interrompendolo. –Sbagliato. Sbagliato. Sbagliato.-
L’altro ragazzo lo guardò interrogativo (e spaventato).
–...Che cosa è sbagliato, Nor?-
-Che abbiamo fatto, stanotte?-
Dan si morse le labbra. Che fosse una domanda a trabocchetto!?
-...L’amore?-
Nor piegò il collo avanti, scoraggiata.
–No. Idiota. Abbiamo fatto sesso, e non è la stessa cosa.- mormorò a pochi centimetri dal suo viso
-...Non c’è stato...l’Amore.-  farfugliò, quasi sputando le parole.

Ah, questa è una cosa che Nor detestava.
Lei voleva l’Amore, non il sesso.
-Ma Nor, non è colpa mia.-
-Vuoi dire che è colpa mia?-
-...Voglio dire che... Abbiamo sbagliato tutti e due.-
-Se tu non avessi bevuto tutte quelle birre...- iniziò Nor con tono polemico.
-Se tu ti fossi contenuta nel bar...- la interruppe Dan, provando a dimostrare la sua innocenza, o almeno a sostenere la sua parziale colpa...
-Se tu mi avessi fermato, dato che sai che io non...- lo interruppe a sua volta Norge, sopra di lui.
-Ah. Ah. Ah.- Dan le tappò la bocca, troncando il discorso. Alzò il busto, avvicinandosi a lei. -...Se Inghilterra non mi avesse mai telefonato.-  Le bisbigliò, come se fosse la frase decisiva.
Nor assottigliò gli occhi.
-Ok. Allora facciamo che è colpa di Inghilterra e che noi abbiamo peggiorato la situazione.- sbuffò, scansando le mani del danese poggiate sulla bocca.
Dan le sorrise, strizzando gli occhi, prendendole il viso con due mani e posandole un bacio sulla fronte.
–Non succederà più, te lo prometto.-
Beh, Dan sapeva che a Nor detestava quando non c’era Amore.

Effettivamente, anche lui aveva notato che era tutto molto più bello quando c’era quel trasporto che sembrava urlarti “non è solo sesso!”.

Nor aggrottò le sopracciglia, fissando il pavimento davanti alla porta d’entrata. C’era un foglio, per terra.
Qualcuno probabilmente l’aveva infilato da sotto la porta.
Si alzò dal danese e lentamente raccolse il pezzo di carta.

“La prossima volta che volete divertirvi, cercate di non fare così tanto rumore.
Abbiamo dei bambini ancora piccoli.
Provate a contenervi.
Grazie.
Cordialmente, i vostri vicini.”


Nor arrossì di botto, accartocciando il biglietto e buttandolo senza troppi complimenti contro il povero Dan.
-Voglio pestare a sangue Inghilterra.-
Dan sghignazzò e incrociò le braccia dietro il capo.
-Io ho voglia di fare l’Amore, tu no?-

Nor fece schioccare la lingua e lo guardò con aria di sufficienza.
Alzò gli occhi al cielo con aria scocciata, mentre veniva accolta dalle braccia calde del ragazzo.

FINE DODICESIMO CAPITOLO!

Angolo Autrice
Vi faccio una bella sorpresa dicendo che questo non è l’ultimo capitolo, dato che avevo ancora qualcosina da scrivere XD
Questo è il terzultimo, signori, perché se ho la possibilità di non finire le fic con un numero dispari, LO FARÒ!  (<- Odia i numeri dispari.)

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Capitolo 13
*** Tredicesima parte - Scorte per la sopravvivenza ***


-Pronto? Danimarca, sei tu?- Arthur rispose al telefono più in fretta che potè, rischiando di far cadere il vassoio di scones che teneva precariamente in bilico sulla mano.
-...Sì, sì, capisco...- annuì dopo qualche secondo che stette ad ascolarlo.
-Oh, sì, è vero, scusatemi...!- si battè una mano sulla fronte, appoggiando il vassoio sul tavolino e togliendosi il guanto da cucina. –Davvero, avevo talmente tante cose da fare che non ne ho avuto tempo, ah ah...- ridacchiò nervoso. Certo, non poteva dire “Me ne sono completamente dimenticato perché non mi interessa niente di te e Norvegia, soprattutto per quello che mi avete fatto tanti anni fa saccheggiandomi senza pietà. Non dimentico e non perdono.”
...No, decisamente non avrebbe potuto.
-...Sì... No... No, non è vero, non me ne sono dimenticato!...- si lasciò sprofondare sulla poltrona.
-Certo, certo che mi rendo conto della situazione!... Senti, Danimarca, te non hai idea degli impegni che ho, non puoi certo pretendere che da un giorno all’altro faccio... Sì. Sì, lo so che poi Norvegia si arrabbia... Ma ascoltami! Ci va una certa concentrazione e... SMETTILA DI INTERROMPERMI!-
“Che palle.”
 
-Ma Arthur, non può rimanere così!- Dan lo stava supplicando, con Nor alle spalle che lo guardava turpe, con le braccia incrociate.
Avevano deciso di telefonargli immediatamente, e Nor era alquanto alterata. Un po’ per ciò che era successo la notte prima, un po’ proprio perché non era un ragazzo e si era ubriacata per niente.
-Ah beh, che avevi di tanto importante da fare per non trasformare una Nazione!? Sai che è imbarazzante, per lei...emh...Lui!? Vorrei vedere te, dannazione, se diventassi una gnocca come lei!-
Si stava alterando, e iniziava a gesticolare.
Beh, Nor aveva insistito tanto per telefonare, ma se avesse parlato lei sarebbero solo volati insulti... Quindi era più conveniete che lo facesse Danimarca. Decisamente.
E poi, tutti e due rivolevano il Nor ragazzo.
Più Nor che Dan, forse...
-No, no, Arthur, non puoi farci aspettare così tanto, scherziamo!?- alzò appena la voce, aggrottando la fronte con fare contrario.
Nor lo guardava, segretamente incuriosita ma visibilmente impaziente di sapere il responso.
-Ma ci stai prendendo per il culo?!... No, no, hey, calmino, qui dovremmo essere noi quelli arrabbiati...!-
Dan si portò una mano alla fronte, inclinando la testa indietro.
-Ah, al diavolo!- sbattè violentemente il telefono sul tavolo, alzandosi in piedi.
Si girò verso la ragazza, che non si era mossa dall’inizio della telefonata.
-Allora?- chiese atona.
Dan sorrise amaramente. –Oh. Ha detto che casualmente non trova più la pagina del libro. “Entro un annetto forse riesce”.-
A Nor cedette la mascella.
-Un annetto?- mormorò isterica. -...Scherziamo? Prima di tutto come cazzo fa a sapere che ci metterà un anno? E poi...-
Dan sospirò, passandole un braccio attorno alle spalle e schioccandole un bacio sulla guancia.
-Il linguaggio da scaricatore di porto non ti si addice, principessina Norvegia. Non è la fine del mondo, tranquilla...-
-Sì invece. È la fine della vita sociale della Norvegia.-
-Perché, ne hai mai avuta una?-
Un pugno lo colpì nello stomaco. Ridacchiò, massaggiandosi la pancia dolorante.
-...Dai, poi si mette tutto a posto e...-
-Sì, facile dirlo, per te!- strinse i pugni, scansando il braccio del ragazzo e dirigendosi a passo di guerra in salotto, dove si posizionò nell’angolino del divano e accese la televisione.
Accovacciata, e cinse le ginocchia con le braccia. Dan la raggiunse e si inginocchiò davanti a lei.
-...Non farne una tragedia....-
-Taci, una buona volta.-  borbottò scocciata, agitando la mano per mandarlo via. –...Stai coprendo la TV.-
-Non fare l’offesa.-
-E smettila di rivolgerti a me come ad una ragazza!-
Dan sospirò, alzandosi in piedi e  portandosi le mani sui fianchi.
-...Allora, dato che saremo in questa situazione per un po’, vado a fare scorta da cose utili!-

Un cuscino lo colpì in pieno viso. Nemmeno lei sapeva cosa intendesse per “cose utili”, ma la mente di Dan era molto più complicata di quanto non sembrasse...
Il ragazzo sorrise.
Hey. Non era un “no”, eh?
Gongolante, prese il cappotto e uscì di casa.

Nor si era incantata davanti alla televisione, guardando un interessantissimo documentario sulla vita dei koala, e non se ne accorse neanche.

Anzi, se ne accorse quando riaprì la porta di casa, un’oretta buona dopo, e sobbalzò, pronta a pestare a sangue l’intruso.

Tirò un sospiro. –Dannazione, Dan, ma dove cavolo sei stato? E soprattutto, quando sei uscito!?-
Dan alzò le braccia, stracariche di borse, borsette e sacchetti vari –SONO ANDATO A FARE SHOPPING PER TEEE!-
Nor alzò il labbro superiore in una smorfia, a metà tra lo schifato e l’incredulo. Sbatté le palpebre.
–Come...?-
-Questo...- disse esaltato lui, appoggiando le compere sul tavolino davanti al divano, prendendo una borsa a caso e tirando fuori un vestitino nero aderente. -... È il mio preferito! ~-
-Oh mio dio...-
-Ti ho preso una quindicina di scarpe, un sacco di smalti, tantissimi jeans, una montagna di magliette, vestiti da sera, maglioni caldi, camicie, golfini larghi che fanno figo...-
Cominciò a tirare fuori il contenuto delle borse, elencando velocemente l’articolo e il perché della scelta, manco dovesse venderli, mentre la ragazza lo guardava terrorizzata, abbracciata al cuscino del divano.
I koala erano molto, molto più rilassanti...
-Ma soprattutto...- prese l’ultima borsa, portandogliela davanti agli occhi come per tentarla. -...Lingerie, Nor. Sexy, peccaminosa, eccitante lingerie!- rovesciò il tutto addosso a lei con fare teatrale. Un  ammasso di mutandine e reggiseni di pizzo nero, rosso, crema e lilla la investì.
-Oh. Ma tu stai scherzando.-
-Ma certo che no! ~ Sono stato bravissimo, ammettilo.-

-Spiegami questo.- disse con tono strascicato, alzando in modo schifato un reggiseno zebrato, che le era saltato agli occhi tra il mucchio.
-Oh, quello era in saldo. Provalo!-
-Ma anche no. Io non mi metterò mai questa roba.- disse piattamente, togliendosi lentamente una mutandina che le si era impigliata tra i capelli.
-Invece dovrai. Sei obbligata. È costato un occhio, tutto questo.- borbottò fintamente offeso, gonfiando le guance.

Nor sbuffò.
E poi dicono che c’è la crisi...

FINE TREDICESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice
BUH, SORPRESA, HO DECISO DI SCRIVERE  ALMENO 16 CAPITOLI!
Non mi dilungo ulteriormente, spero vi sia piaciuto anche questo...
E i prossimi saranno decisamente meglio! ;D
Grazie a tutte per le vostre recensioni :3
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 14
*** Quattordicesima parte - Fragole e formaggio ***


-Portami delle fragole, tantissime fragole, Dan, e un sacco di formaggio...- disse stanca, sfogliando il giornale in danese e non riuscendo a non immaginarsi quel ragazzo e il suo stupido accento pronunciare quelle frasi scritte a inchiostro.
-Fragole e formaggio...!?- sghignazzò ironico l’altro, aprendo però il frigo per esaudire il suo desiderio.
-Zitto e portami quelle dannatissime fragole, ho detto.- gli rispose digrignando i denti, reprimendo l’impulso di tirargli il quotidiano in mezzo alla fronte.

I giorni erano trascorsi, diventarono settimane, finchè passarono... Oddio, quanto? Due, tre, (forse quasi quattro) mesi? Avevano perso il conto.
-... Quel pigiama ti sta d’incanto!- gongolò Dan, alludendo al pigiamone azzuro con i coniglietti rosa che le aveva comprato qualche mese fa, trovato in super offerta, ovviamente!
Nor non resistette e gli sbattè la ciotola di plastica vuota sulla fronte, rischiando di frantumarla.
-Ci vorranno mesi per tornare ragazzo. Dannazine.-
-Eh, si era capito...-
-Comunque non voglio parlarne. Lava i piatti.- cambiò immediatamente discorso.
La ragazza si alzò e diresse verso il salotto, scompendo nell’altra stanza.
Dan rimase in silenzio.
Schiavizzato come una donniciuola, in quella cucina.
Non era Nor, la ragazza!?
-Hey Nor...- entrò anche lui nella stanza, vedendola stravaccata sul divano, a reggere un libro con una mano e mangiare ancora formaggio con l’altra.
Formaggio. Ma dove l’aveva preso?
Le appoggiò le mani sulle spalle, ricevendo un’occhiataccia di rimando.
- Ti dà fastidio che Inghilterra la tiri così per le lunghe?-
-Sì che mi dà fastidio, a chiunque darebbe fastidio starsene rinchiusi in casa per non farsi vedere in questo stato ...Ma che ci posso fare.- sbuffò lei, falsamente indifferente.
Dan scavalcò la testata del divano e vi si accovacciò sopra, accucciandosi vicino a lei e sporgendosi a vedere cosa stesse leggendo, senza vero interesse.
Calò il silenzio.

-...Beh, hai finito?-
-Di fare cosa, Norge?-
-Di fissarmi.-
-Ti dà fastidio?-
-Fai troppe domande.-
-Rispondi: ti dà fastidio?-
-Sì, sei fastidioso.-
-Solo perché ti guardo?-
-Per tutto.-
-Smettila di trattarmi male!-
-...Scusa?- Nor abbassò il libro, sbattendo gli occhi con stupore e guardandolo stranita.
Dan gonfiò le guance. –Sei diventata nervosissima, sai!?-
Nor prese  un profondo respiro, contando fino a dieci.
-Vorrei vedere te, se diventassi di punto in bianco una ragazza, eh?-
Il danese le si avvicinò, appoggiando la propria guancia contro la sua e mugugnando qualcosa di incomprensibile.
-...Eh?- chiese difatti la ragazza.
L’altro si limitò a sghignazzare, mentre si alzava in piedi, alzandola di peso e facendola sussultare.
-Dan, mettimi giù. Subito.- ordinò lei senza mezzi termini, né toni gentili.
-Nah, nah, nah.- scherzò lui, saltellando per tutta la casa, portandosela dietro come un sacco di patate.
Lei si dimenò e imprecò più e più volte, veramente intenta a scendere, colpendolo più volte sulla schiena.
...A quando pare, dopo un po’ quel danese imbottito di dolci lo capì davvero, e finì col fermarsi, seppur non facendola ancora scendere.
-...Nor?-
Non rispose. Lei si liberò dalla sua presa, e se ne tornò zampettando velocemente in quell’ angolino di divano, che era diventato ormai il suo mondo, tanto che ormai aveva preso la sua forma.
-Nor, ma se resti sempre lì ingrassi. Mi sembra che hai messo su qualche chilo, eh?-
-Ma stai un po’ zitto, idiota. Portami altre fragole piuttosto.- disse visibilmente spossata, portandosi una mano sul viso.

Che tono strano, pensò Dan.
Sembrava un’implorazione, sorvolando gli insulti.

Il suo piccolo cervello iniziò a lavorare.
Nervosismo. Stress. Pancetta. Cibi strani a tutto andare. Da un po’ andava avanti così.
Era diventata strana.
Erano passati circa tre... O quattro mesi al massimo.
...Hey, hey, aspetta un attimo. Era una ragazza, dannazione, sarebbe dovuto succedere... Qualcosa, no!?

Deglutì rumorosamente.

Si illuminò una lampadina, nella sua testolina mezza vuota.
Sbiancò, letteralmente. Sgranò gli occhi, guardando la sua testa bionda ciondolante e il suo corpicino accoccolato nell’angolo del divano.
Aveva aperto ancora il libro, un tomo assurdo, cercando a tentoni l’ennesimo formaggino nella ciotolina sul tavolino.

Il mondo sembrò andare a rallentatore per un attimo.

La vide portarsi un pezzo di formaggio alla bocca, lentamente.
Vide le sue ciglia abbassarsi, e rialzarsi, lentamente.
Vide il suo petto  alzarsi, e riabbassarsi, lentamente.

-NOR, MA TU SEI INCINTA!-

Tutto si bloccò definitivamente, per poi sbloccarsi all’improvviso con un cuscino volante.
Lo colpì in pieno viso, mentre la faccia rossa di Nor lo sguardava sconvolta.
-MACCHÈ INCINTA, TU SEI MALATO!- gli sbraitò lei, mentre stava per alzarsi in piedi.
-NORGE NON TI MUOVERE!- gli corse rapidamente accanto, con le braccia tese in avanti. –Oh mio dio, oh mio dio, oh mio dio...- Dan cominciò a prendere aria con velocità innaturale, facendosi aria con una mano. Fece sdraiare con estrema delicatezza la ragazza sul divano.
-E se il bambino si è fatto male quando ti ho preso in braccio? Oh, Nor, scusami, dimmi cosa vuoi, non ti sforzare, respira, dimmi se senti male e...-
Lo interruppe un pugno, che lo colpì sul naso con la precisione di un cecchino.
-NON SONO INCINTA, LE NAZIONI NON RESTANO INCINTA, SANTO CIELO!- gli rinfacciò Nor, con un’insolita nota di isterismo nella voce, con il pugno ancora alzato a mezz’aria.
Si massaggiò il naso dolorante, stupito che non sanguinasse.
-Ma invece ti dico che sto per diventare papà!-
-Sì, certo, perché tu “te lo senti, oh santo cielo!”.- gli fece il verso, con voce più acuta del normale e con un gesto della mano, decisamente poco virile.
-ESATTO!- le rispose lui, non cogliendo la sua ironia.
Sbuffò, facendo svolazzare un ciuffo sulla fronte. –Ma fammi il favore...!-
-Nor, guarda che ci sono tutti i sintomi! Sei affaticata, nervosa, mi sembra anche che ti sia cresciuta un pochino di pancia, hai pure le voglie e nonostante siano passati quattro mesi non ti è venuto il ci...-
-DAN!-
-Nor, ma è normale, sei una donna!-
-Lo so, ma...- sbuffò di nuovo, rilassando il collo sul cuscino e cercando il suo sguardo, scoraggiata. –Te lo ripeto: le Nazioni. Non. Possono. Aspettare. Bambini. Non è un concetto difficile...-
Dan la guardava con degli occhioni lucidi che avrebbero fatto invidia anche ad un cucciolo, e non proferì parola.
-...Ribadisco che anche tu diventeresti nervoso, molliccio e metteresti su qualche chilo se te ne stessi quattro mesi chiuso in casa!-
-E allora perché non usciamo?-
-Perché non voglio farmi vedere così, ecco perché!-
-Ma ti ho comprati un sacco di vestiti bellissimi!-
-Ma io sono un ragazzo!-
Lui aprì la bocca per replicare, ma esitò.
Dopo pochi secondi di silenzio, ricominciò, sviando il discorso.
-Chi te lo dice che le Nazioni non possono avere figli? Non è scritto da nessuna parte.-
Nor si tirò a sedere, sorpresa da quel tono stranamente fermo, sgranando gli occhi e sentendo il cuore in gola. Cos’era, tutta quella serietà?
-Hey, ma che, vuoi un figlio?- chiese, provando a usare un tono sarcastico con tanto di sorriso ironico; ma con il risultato alquanto pessimo, nel quale si distingueva una certa agitazione e una smorfia tirata.
Dan storse la bocca, inclinò la testa di lato ed incrociò gambe e braccia. Non una parola.
Nor sentì il cuore saltare un battito o due, mentre un dubbio improvvisamente le divorò lo stomaco.
-...No. Oh, no. Assolutamente no. Anche se non è messo per iscritto, è impossibile che due Nazioni abbiano un figlio. Insomma, dai, cosa succederebbe? Nascerebbe un’altra Nazione? E dove la mettiamo? È da pazzi, davvero, noi non siamo umani, le Nazioni non possono avere figli. E questo è quanto... E poi io non voglio mica un figlio, ma figuriamoci. Non so se ti rendi conto di che roba sia, una miniatura di te che gira per casa. Per carità. Rabbrividisco al solo pensiero...-
Ah, che cosa rara trovare Nor a fare un monologo del genere... In modo così nervoso, poi.
A Dan quasi venne da ridere.
Si inginocchiò davanti al divano, cingendole la vita con le braccia ed appoggiando la guancia sul ventre. Chiuse gli occhi e sorrise.
-...A me non dispiacerebbe un piccolo te che gira per casa.-
Lei rabbrividì e le sue guance si tinsero di rosso.
-...In ogni caso, non è fattibile.- Cercò di riacquistare la sua freddezza con la sua voce monocorde. –Quindi, non sono incinta. Quindi, tu non mi devi stare così appiccicato perché non c’è nient’altro che lo stomaco e l’intestino, lì dentro. Quindi...-
-Parli un sacco quando sei a disagio con me, eh?-
-Non è vero.-
Dan rise. Nor era sempre Nor...

Da parte sua, la ragazza aveva solo una trementa voglia di picchiarlo, picchiarlo forte.
Le Nazioni non potevano rimanere incinta.
Non si era mai sentito niente del genere.
E lui se ne usciva dicendo che lei era incinta.
Ma per favore! Lo decideva lei se era incinta o no!
Beh, ok. Forse non lo decideva, ma... L’ avrebbe capito, maledizione!

Sentì il cuore battere un attimo un po’ più forte.

Che idea terribilmente cretina.

FINE QUATTORDICESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice
A questo punto: fantasia irreale o concreta realtà?
Il nostro Dan sta fantasticando troppo o ci ha preso in pieno?
Non so che dire.
Lui è un ragazzo particolare. È anche vero che sia possibile...
Ma le Nazioni possono aspettare un bambino?
Baci baci, al prossimo capitoloo! °w°

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Capitolo 15
*** Quindicesima parte - Capitolo Speciale ***


Capitolo spaciale dedicato Adrienne Riordan, che mi ha gentilmente suggerito di scriverlo.

---

In casa di Islanda c’era un bel tepore.
Sprofondato nella sua bella poltrona, la testa ciondolante, la liquerizia mezza sciolta in bocca.
Socchiuse leggermente gli occhi, accarezzando distrattamente la testolina di Mr.Puffin.
Sentiva il calore del camino diffondersi sulla sua pelle, e stava per spegnere definitivamente la mente e addormentarsi quando...

-IIIIIICEEEEEEEEE!-

La porta si spalancò di colpo, portando dentro una notevole quantità di aria gelida, che lo investì in men che non si dica.
Sussultò, rizzandosi in piedi e girandosi spaventato verso la porta.
Non aspettava nessuno. E le visite improvvise lo irritavano da morire.
Una ragazza se ne stava sulla porta, cercando di prendere fiato.
La scrutò per qualche istante, silenzioso ma attento.
Dei capelli corti, biondi, che se ne andavano dove avevano voglia loro. Due occhioni grandi color mare.
No, non aveva idea di chi fosse. Alzò un sopracciglio.
Ma la cosa peggiore di tutto ciò era che la sua routine era stata spezzata!
Non andava per niente bene.
Che era venuta a fare?

Guardò quella biondina per un’altra frazione di secondo, prima di vederla scattare come un fulmine verso di lui.
Fece appena in tempo ad indietreggiare di un passo che se le ritrovò attaccata addosso come un koala.
-Ice, Ice, Ice, Ice, Ice, mi devi aiutareeee!- gridò con voce acuta ma calda, con uno strano accento.
Ice sentì il prosperoso petto della ragazza premere contro di lui.
Balbettò qualcosa di sconnesso, sentendosi avvampare e staccandosela immediatamente di dosso, prendendola per le spalle.
La guardò con una smorfia. Era alta un paio di centimetri in più di lui, e lo osservava con i lucciconi agli occhi.
-Chi diamine sei, prima di tutto!?- sbottò d’un tratto, lasciandole le spalle e indietreggiando ancora.
Lei trattenne il respiro, portandosi una mano al petto.
-Ice, così mi offendi! Sono Dan, dannazione!-
Ice sgranò gli occhi, sentendo il pavimento cedergli sotto i piedi. Lei, in tutta risposta alla sua reazione, scoppiò in una risatina. Nonostante tutto, il ragazzino la trovò davvero adorabile.
Dan gli scompigliò i capelli, come era solito fare. –Non scandalizzarti, eh!-
-Come... Come...- Islanda non aveva idea di cosa dire. Certo che si era scandalizzato!
Insomma, cosa cavolo stava succedendo!? Prima Nor, adesso Dan!
-...Come è successo!? Perché anche tu!?- fece vagare lo sguardo sui suoi lineamenti dolci, scendendo a seguire le curve del suo corpo.
Rabbrividì, alzando poi lo sguardo, decidendo di guardarla negli occhi piuttosto che da qualche altra parte.
-Ouh...- la ragazza si portò una mano sul fianco, grattandosi la testa con l’altra. -...Beh, è una storia lunga... Mi sono intrufolato in casa di Inghilterra, poi ho sentito una botta in testa e quando mi sono svegliato ero già diventato ‘na gnocca paragonabile a Norge...-
Ice deglutì. –E perché eri in casa di Inghilterra, se posso saperlo?-
Tempo di finire la frase che l’altra già si era stravaccata senza troppi complimenti sulla sua poltrona.
-Beh, devi sapere che Arthur ci aveva detto che non riusciva più a trovare la pagina del libro per far ritornare Norge un ragazzo. Io non ci credo, sinceramente, e volevo controllare di persona, solo che... Beh. È successo questo.-
Dan allungò un braccio verso Ice con tutta calma, prendendogli una mano e premendogliela sul petto.
-CIOÈ, MA SENTI CHE MORBIDE! Il bello di essere donna è che puoi palparti quanto e quando vuoi.-
-DAN!- il ragazzino ritirò immediatamente la mano, sentendo le orecchie fumare.
-In fronte avevo attaccato un bigliettino strano. - cambiò discorso lei, sghignazzando e passandogli un pezzetto di carta stropicciata.
Ice lesse.
“Non osare entrare di nuovo in casa mia. Questo è un incantesimo a breve termine; per tua fortuna so fare solo quelli.
Sei avvertito, Danimarca!
Arthur.”

Fece una smorfia e l’altra annuì -...Quindi sono venuto qui per chiederti se mi ospitavi finchè non ritorno un figo. Sai com’è, penso che Norge si arrabbierebbe se tornassi a casa così.- 
-Ah... Ok...Sì, va bene, ma...- mormorò titubante.
-OTTIMO, grandioso, grazie!- non lo lasciò neanche finire che si alzò, fiondandosi verso le scale.
-Ehi, ehi, no, aspetta!- Ice la afferrò per un braccio, fermandola. –Per  “incantesimo a breve termine” quanto si intende?-
Lei alzò le spalle, svincolandosi dalla sua presa e tornando a salire le scale. –In ogni caso, mi prenderò la tua camera.-
-NO!- si scagliò in avanti, sentendo l’impulso di cingerla per la vita e sollevarla di peso.
Difatti, lo fece senza neanche pensarci.
Era decisamente leggera.
Si bloccarono un attimo.
–...Ehi, non ti ho mica dato il permesso di toccarmi!- scherzò lei, tirando su le gambe e aggrappandosi alle braccia di Ice allacciate sotto il seno.
Ice fece l’ennesima smorfia e roteò gli occhi, iniziando a scendere le scale in modo più naturale possibile.
Ad ogni passo che faceva, si sentiva arrossire sempre di più. Dan era davvero una bella donna.
Lei sbuffava e provava a dimenarsi, ma lui la teneva saldamente, provando a nascondere il suo fin troppo evidente imbarazzo.
Non gli avrebbe permesso di entrare in camera sua!
No, assolutamente no, non poteva permettere che vedesse le pareti di camera sua, ormai tappezzate di foto del suo fratello diventato sorella.
Sarebbe stato... scomodo. E problematico.
Si sedette sul divano trascinando con sé Dan e non accennando a lasciarla andare.
-...Ice... So di essere meravigliosa così, e mi fa piacere che tu improvvisamente sia così affettuoso con me, ma... se questo è un pretesto per provarci con me, ti ricordo che io e tuo fratello siamo una coppia.-
-N-n-non ci sto provando!- Ice si mosse su divano, a disagio, stringendo più forte la vita della ragazza.
-Uh, ok...- Dan si abbandonò sulla spalla di Ice, appoggiandovi la testa reclinata all’indietro. –Allora stiemocene qui ad aspettare, huh?-

Rimasero in silenzio per un po’. Ice si lasciò un po’ andare, e pian piano portò una mano ai capelli dorati e morbidi della ragazza, giocherellandoci con la punta delle dita e godendosi il suo profumo intenso.
Senza preavviso, Dan iniziò a parlare.
-Senti Ice, secondo te...- girò appena la testa verso il ragazzino, che sentì improvvisamente il cuore tentare di rompergli la cassa toracica. -...Le Nazioni possono  rimanere incinta?-
Ice si sentì sprofondare e sgranò gli occhi. Ma domande più normali tipo “Come stai?” oppure “Qual è la tua marca preferita di liquerizie?”, o ancora “Dov’è Mr.Puffin?” no, eh?
 No, davvero, tra l’altro chissà dov’era finito Mr.Puffin...
-...P-perché?- chiese balbettando, tormentandosi le dita delle mani. Le peggio cose gli passarono nella mente.
-Oh, no, così, tanto per sapere...-  rispose vaga, fecendo le spallucce. Non poteva andare in giro a dire che sospettava che Nor stesse aspettando un bambino, tantomeno a suo fratello...
-...Dan...- le mormorò d’un tratto vicino all’orecchio. Hey, se lei aveva fatto quella domanda strana anche lui avrebbe potuto farne una altrettanto strana, no?
-Mh?- rispose lei, uscendo dai suoi pensieri.
–Posso chiederti perché sei vestita da donna?-
Lei scoppiò subito a ridere. Una risata cristallina, che fece trasalire Ice, tanto era bella.
Si aggiustò i bottoni della camicetta rigorosamente rossa, sorridendogli. –Perché i vestiti da uomo mi stanno enormi, e ci tengo a fare una bella impressione, sempre!-
-E sei andato a prenderti dei vestiti per un incantesimo a breve termine!?-
-Sì, ma solo questi eh! Oh, Ice, capisco perché Nor odia tanto i tacchi...- si lamentò e rigirò su se stessa (e perciò strusciandosi ulteriormente contro il povero Ice), sporgendo il labbro inferiore in fuori e piegando le gambe, appoggiando così i piedi già scalzi sull’orlo del divano per massaggiarseli.
Il ragazzino, dal canto suo, inclinò la testa di lato e lasciò che le labbra di piegassero in un sorriso.
Era tenera, la Dan donna. Faceva anche abbastanza fatica a prendere coscienza del fatto che quella ragazza scoppiettante fosse quel Dan. Si incantò in uno spettacolare riflesso che avevano preso i suoi capelli soffici.
-Yu-uh?- Dan le agitò una mano davanti agli occhi, facendolo sobbalzare. –Sei un po’ svampito oggi, vero Ice?-
-Un po’, sì.- tagliò corto lui, senza neanche ascoltare davvero cosa gli stesse dicendo.
Dan sbadigliò, girandosi su se stessa, ritrovandosi seduta a cavalcioni sul ragazzino.
Rabbrividì.
-Ice?- mormorò con voce impastata, sfiorandogli la punta del naso con il proprio.
Oh santo cielo. Se la mente di Ice non si fosse ripetuta così insistentemente che quella altri non era che l’uomo che l’aveva cresciuto assieme a suo fratello, sarebbe (s)venuto sul colpo.
-Mh?-  borbottò, cercando di non lasciar traparire alcuna emozione.
Lei gli si avvicinò ancora di più, lentamente, e Ice spostò lo sguardo di lato.
Le sue guance dal rosso pomodoro andavano tingendosi di uno strano viola.
-Posso dirti un segreto?- gli sussurrò vicino al collo.
Deglutì e annuì piano, per non far rischiare al suo stomaco di fare le capriole nel tentativo di parlare.
-...MI HANNO RUBATO LA MACCHINA.- urlò infine, scrollandolo con ben poca grazia per le spalle –L’HAI VISTA, ICE, L’HAI VISTA!?-
Bene, se prima tentava di tenere sotto controllo i movimenti del suo stomaco, adesso non poteva fare molto. Fece una smorfia, mentre scaricava la tensione stringendo il copridivano già abbastanza stropicciato.
Alzò l’indice della mano destra, come per iniziare a fare un elenco.
La guardò serio, stirando la bocca.
-Sei a cavalcioni su di me.-
Alzò anche il medio, indicando così il secondo elemento del suo elenco.
-La tua camicia è sbottonata fino al quinto bottone, E...- stroncò la risposta di Dan sul nascere, alzando il tono di voce per un secondo, anticipando cosa gli avrebbe chiesto. -...Sì, li ho contati.-
Alzò anche l’anulare, continuando la lista.
-In questo momento, non posso umanamente pensare alla tua fottuta macchina.- concluse tutto d’un fiato, sentendosi terribilmente a disagio.
Ma dannazione, doveva dirglielo!
La ragazza sgranò gli occhi per un secondo, allacciandosi subito un paio di bottoni, e gonfiando le guance per soffocare una risata. –Ah, no, davvero, scusami!- disse divertita, forse a voce troppo alta, per poi alzarsi in piedi e sorridergli a denti stretti.
Ice accavallò le gambe, cercando una qualsiasi scusa per sviare il discorso.
–...Vuoi qualcosa da bere?-
-Yay, sì! Hai qualche birra?-  il viso le s’illuminò subito, nonostante avesse sentito all’improvviso un giramento di testa.
-Umh... Forse da qualche parte ho imboscata una birretta. Sai, quando vieni a trovarmi...- mormorò, alzandosi e camminando verso la cucina, iniziando a frugare negli armadietti. –E non ti muovere, eh!-
Dan si sdraiò ancora sul divano, sospirando. –Fai con calma.-
Le era venuto sonno.
Chiuse adagio gli occhi, patendo uno strano, improvviso ed insensato bruciore alla bocca dello stomaco.
Ice finalmente trovò la tanto agognata birra, e se ne tornò in salotto. Per poco non fece cadere la bottiglia.
Il tempo sembrò fermarsi, prima che scoppiasse in una risata sguaiata.
Sdraiato sul divano c’era Dan. Oh, ma non era il Dan ragazza di un paio di minuti fa, era il Dan che l’aveva sempre cresciuto... Con i vestiti da ragazza.
Si accovacciò per terra, con le lacrime agli occhi dal ridere, appoggiando la birra sul pavimento e tenendosi la pancia. Ridicolo, davvero ridicolo. Dov’erano finite la gambe snelle e slanciate da donna?
Dan si svegliò di soprassalto, guardandosi attorno e rendendosi conto della situazione. Sbattè gli occhi.
-Oh.-
Santo cielo, Ice si piegò in due dalle risate. Non si ricordava l’ultima volta che aveva riso così tanto.
-Ice, non è divertente!- Dan lo additò, sfilandosi quella gonna che lo faceva sembrare un insaccato, restando in boxer.
-T-tu avevi i boxer sotto quella gonna!?- strillò quasi il ragazzino.
-Beh, sì, io sono uomo dentro.-
Ice strizzò gli occhi, con una grassa risata.
-Ti ho detto che non è divertente!- raccolse le scarpette, ora visibilmente troppo piccole.
-D-Dan, santo cielo...- si sdraiò per terra, sentendo un assurdo male alla pancia.
Dan gonfiò le guance, offeso, forse arrossendo un po’.
-Non negare che ti piacevo, ragazzino ingrato!- camminò svelto verso la porta, sbattendola alle sue spalle.
Quando sentì la porta chiuderto con un tonfo, si riprese un attimo, e si asciugò gli occhi.
Oh. Sì, la Dan ragazza era davvero bella. Gli vennero in mente le foto di Nor sulle pareti della sua stanza.

...Chissà perché preferiva sempre dua sorella, però.

FINE QUINDICESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice.
Oddio, è lunghissimo! XD Spero vi sia piaciuto il capitolo speciale <3
Non ho molto altro da dire, a dir la verità...
A chi piace Denna? *alza la mano* °-°
Un bacione a tutte!

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Capitolo 16
*** Sedicesima parte - Faccia di ghiaccio ***


Nor aprì gli occhi, la mattina, svegliata da quel senso di nausea che le faceva sentire un pallone da basket nella gola.
Si rigirò per un bel po’ nel letto, attendendo che passasse. Ehi, in genere passa, no?
“Non è niente.”
Poi, si portò la mano sul petto, tirandosi a sedere.
Strizzò gli occhi e prese un bel respiro.
“Non è niente.”
Lentamente, si alzò in piedi, e si trascinò più velocemente possibile al bagno.
Prese un altro respiro.
“Non è niente.”
Decisa, iniziò a frugare velocemente nell’armadietto affianco al lavandino, aprendo cassetti e antine a caso.
“Dove l’ho messo, merda, non è tanto che l’ho... Ah.”
Prese una scatolina, che aprì più velocemente possibile.
Deglutì e prese un bel respiro, mentre la nausea non accennava a sparire. Si fermò.
Si girò verso il lavandino, vi appoggiò le mani,angosciata, guardando la sua immagine riflessa nello specchio, il suo petto che si alzava e si abbassava e la sua fronte sudata.
“Dan...”
Sentì lo stomaco contorcersi in un crampo e si piegò in avanti.
“...Ok, è qualcosa.”

Dan si stropicciò gli occhi.
Non era esageratamente tardi, perché diamine era già sveglio?
Sbuffò rumorosamente, allungando le braccia in alto e stiracchiandosi, facendo un versetto simile a quello dei gatti. Si portò l’avambraccio sugli occhi, coprendoseli.
-Nor?- bofonchiò allungando l’altro braccio verso la sua parte di letto.
Vuota.
-...Nor?- spostò l’avambraccio, buttando un occhio alla sua sinistra.
Ma dai, non c’era davvero. Mattiniera la ragazza, eh?
“Ora mi alzo.”
Sì, certo.
“Adesso vado...”
Sicuramente.
Sbuffò ancora e si abbandonò al letto.
“Non ho voglia.”

Nor chiuse dietro di sé la porta del bagno, portandosi una mano sulla fronte e continuando a stringere quella cosa nell’altra.
“Hey, dai, non è niente.”
Raddrizzò la schiena, portandosi i capelli dietro le orecchie e buttando fuori l’aria, velocemente.
Scese le scale.
“Non pensarci. Fai prima.”
Si accovacciò sul suo angolino di divano, prendendo la copertina lì affianco e coprendosi bene bene fino al naso.
Accese la televisione.
Ah, i suoi vecchi cari programmi stupidi della mattina dei giorni feriali.
Quelli sì che le facevano tornare la nausea. Fece una smorfia.
Ecco, avete presente quando vi svegliate presto, alla mattina, non avete niente, assolutamente niente da fare, ogni alternativa sembra noiosa, tutti i libri sono già stati letti e la televisione non ha un programma che sia uno che vi interessi?
Nor stava vivendo quella situazione da tanto, tantissimo tempo.

Dan ciabattò giù dalle scale, grattandosi la schiena con fare molto poco fine.
Gli saltò all’occhio la testolina bionda accucciata sul divano.
Sogghignò, togliendosi piano le ciabatte e iniziando a camminare con passo felpato, avvicinandosi di soppiatto alle sue spalle.
-BUH!- gli saltò davanti, alzando le braccia al cielo, col chiaro intento di spaventarla.
-‘Giorno.- rispose piatta e impassibile, mordicchiandosi il pollice.
Dan sporse in fuori il labbro inferiore, abbassando le spalle, sconfortato. Si prese qualche minuto di silenzio, nel quale (forse) pensò a cosa dire.
-...BUONGIORNO ANCHE A LEI, PRINCIPESSA!- decise alla fine di cambiare approccio, allargando le braccia e beccandosi un’occhiataccia dall’altra. Ma non ci fece caso. Era passato dalla “ modalità bambino” a quella “ragazzo che qualsiasi persona vorrebbe”, e sapeva che infondo, forse, le piaceva.
 –Come sta, questa mattina? Le preparo una bella colazione?- battè le mani, sorridendo solare.
Nor sentì lo stomacò ribaltarsi.
-...Non... ho fame, grazie.-
Il sorriso enorme di Dan si spense immediatamente.
-Eh?- chiese, sicuro di non aver capito bene.
-Ho detto che non voglio mangiare niente.-
Dan fece in passo indietro, sconvolto.
-Stai scherzando. Non puoi rifiutare una mia colazione. Era una domanda retorica, quella, non dovevi rispondere davvero, tantomeno in modo negativo!-
La ragazza storse la bocca, sentendosi piena fino alla gola di chissà cosa, e non rispose.
-Norge, davvero, non posso crederci!-
Non si mosse. Quella voce le dava fastidio.
-Hey, Nor, mi ascolti?- si portò le mani sui fianchi.
Si sdraiò lentamente su un lato, chiudendo gli occhi.
-Noor? NOOOOOR?- gli urlò praticamente nelle orecchie.

...La sua faccia di ghiaccio si spezzò in un secondo.
Scoppiò in lacrime, con un piccolo gemito acuto, seguito da una successione di brevi singhiozzi.
Si coprì la faccia con le mani.

Dan si bloccò con la bocca mezza aperta, stupito come non lo era mai stato.
-...Nor?-

Un lungo lamento, e tornò a singhiozzare, interrotta ogni tanto da tentativi di respiri, che risultavano brevi spezzati.

Il ragazzo le si avvicinò, appoggiando la mano sulla sua spalla, scossa da sussulti irregolari.
Non sapeva cosa fare. Non ne aveva idea!
L’aveva spiazzato terribilmente, quel gesto.
Perché piangeva? Aveva fatto un brutto sogno forse? Aveva detto qualcosa di sbagliato?
Oh, ma per favore, se Nor piangeva era successo qualcosa di davvero drammatico.
Ma davvero tanto.
Nor non piangeva mai, dannazione.
Non riusciva a trovare qualcosa di così sconvolgente da farla piangere in quel modo.
Fece per sedersi affianco a lei, ma lei scosse forte la testa, indicandogli quella cosa appoggiata sul tavolino, ritraendo velocemente la mano.

Dan non l’aveva notato, quel cosino.
Anzi, a dire la verità, non sapeva neanche cosa fosse.
Si alzò dal divano, corrucciando la fronte.
Sbattè gli occhi e prese in mano quell’aggeggino bianco che segnava due lineette.
-Nor, questo è...- si girò verso di lei, che nel frattempo si era rannicchiata su se stessa e singhiozzava disperata -...un test di gravidanza?-
La ragazza emise un lamento più forte degli altri, strascicato, come se avesse detto la parolina magica.
Si girò dall’altra parte, dando così la schiena a Dan, continuando a piangere come non aveva mai fatto.
Dan lasciò che gli cedessero le braccia, che scivolarono inermi lungo i fianchi.
Si morse le labbra, e guardò ancora quelle due linee.

Due linee. Vuol dire che è risultato positivo, vero?
Cosa poteva provare qualcuno che ha vissuto millenni nel corpo di un ragazzo, e quindi senza farsi certi problemi, che si ritrovava di punto in bianco incinta?
È già abbastanza sconvolgente di suo, no?

Scostò le mani dal viso di Nor, vedendolo così rosso, bagnato dalle lacrime, e con gli occhi grandi e gonfi. Gli fece quasi pena.
Le lasciò una carezza sulla testa,  e si piegò per darle un bacio in fronte, mentre l’espressione della ragazza si contorceva in un’altra smorfia, tra un singhiozzo e l’altro.

Cosa avrebbero fatto, adesso?



FINE SEDICESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice
Oh-oh.
Sono stata troppo cattiva con Nor?
Naah. Inizialmente non volevo farla evolvere così.
Però ci stava bene, dai <3 E SO CHE LO VOLEVATE TUTTE XD
Il problema adesso è: come farla finire? O_O
Ok. Sono in trappola.
Mi inventerò qualcosa che vada bene xD
Non so quanti capitoli ci saranno ancora.
Work in progress!
Grazie a tutte!
Milla Chan

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Capitolo 17
*** Diciassettesima parte - Decisioni e responsabilità ***


Dan non sapeva più cosa fare.
Correva in continuazione da una parte dall’altra, dall’ufficio alla casa, dal supermercato all’ufficio di nuovo.
Nor non si era mossa dal divano per giorni, se non per andare in bagno a vomitare.
Ecco. Era rimasta lì a piangere, rannicchiata su se stessa, a mangiare quintali di formaggio tra un singhiozzo e l’altro, e deprimersi tenendo tra le mani il ventre che si ingrossava ogni giorno un pochino di più.
E lui, il nostro povero danese, era sull’orlo di una crisi di nervi.
Era un periodo movimentato: doveva alzarsi presto, andare a centinaia di riunioni stressanti (anche per conto di Norvegia, che si era data per malata), quando tornava a casa (stanco morto) doveva rimanere forte per non deprimere ulteriormente la ragazza. Anzi, ultimamente si preoccupava un po’ di lasciarla a casa da sola, aveva paura che facesse qualcosa di stupido.

Allora si sedeva sul divano affianco a lei, le accarezzava la testa, le asciugava le lacrime, la faceva sedere in braccio a lui e la dondolava, tranquillizzandola.
Si faceva fatica a capire chi stesse faticando di più tra quei due. Ma hey, lui era la Danimarca, non si lasciava certo abbattere per così poco.
Era solo... agitato.
Si immaginava un microbo girovagare per casa e pigolare “papà!”, spalmando pappette per neonati sui muri con le manine grandi come una tazzina da caffè.
Cavolo. Gli venivano i brividi. Non sa se in senso positivo o no.
Certo, la cosa gli piaceva, ma... più che altro era preoccupato. A Nor, infatti, tutto quello che stava succedendo piaceva decisamente meno, chiunque l’avrebbe capito.
Quel giorno era tornato da uno dei tanti meeting. Aveva fatto appoggiare la testa di Nor sulle proprie ginocchia, e le carezzava i lineamenti dolci umidi di lacrime.
-Norge...-
Lei spostò le testa verso di lui, guardandolo con gli occhi gonfi e lucidi, mugolando in risposta.
-...Tu vuoi andare avanti?- le chiese quasi sussurrando, inclinando la testa e carezzandole piano le ciocche pallide. Lei non si mosse. Probabilmente stava studiando la situazione.
 -...Lo dico per te, davvero. Non voglio che tu lo faccia per me, è una cosa importante, Nor.-
Norvegia gonfiò il petto.
Passarono almeno due, tre minuti in silenzio.
Dan non capiva se la ragazza stesse decidendo cosa rispondere, o se lo sapesse già e stava solo cercando le parole.
Lei scostò lo sguardo dal suo, per creare ulteriore distanza.
-Innanzitutto, figuriamoci se faccio qualcosa per te...-
Dan non riuscì a non lasciarsi sfuggire un sorriso. L’ironia di Norge c’era ancora.
Aspettò.
La ragazza si portò una mano sulla pancia, mentre gli occhi le si inumidivano nuovamente.
Prese un breve respiro prima di iniziare a parlare, con voce leggermente spezzata.
Le passò davanti tutta la sua vita.
La sua vita da ragazzo, maledizione.
-...Certo che siamo sfigati forte, eh...-
Dan passò la mano sulla sua nuca, accennando un altro sorrisetto.
Effettivamente, non si era neanche potuta godere il suo essere donna.
Bam. Incinta.
Wow.
Bravi ragazzi. Bravi sul serio, c’è gente che pagherebbe oro per rimanere incinta così, al primo colpo.
Norge prese un altro respiro, più lungo, questa volta.
-...È difficile, Dan, io non so se...- sospirò, coprendosi la faccia con  le mani.
Dan non fece una piega, continuando a passare e ripassare la mano sul suo viso e i suoi capelli.
Norge si tolse le mani da sopra gli occhi, guardando il ragazzo. Lui la disarmava, dannazione.
Quel suo modo di fare la irritava un sacco.
Non riusciva a scegliere la cosa giusta da fare, perché sapeva che l’avrebbe assecondanta in ogni sua scelta.
Buttò poi un occhio alla stanza.
Poi di nuovo a Dan.
Riorganizzò i pensieri nella sua mente, e decise una volte per tutte di sciogliere i nodi che la tenevano stretta alle convinzioni della sua routine.
Amava Dan. E Dan amava lui (o lei, chissene frega, Nor era sempre Nor: donna o uomo che fosse, lui lo amava, non importava), avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, e lo sapeva, lo portava sempre su un piatto d’argento, erano legati da qualcosa che andava ben oltre ciò che si vedeva, perché quello che si vede non è niente se non il riccio della castagna.

Avevano una bella casa. Una casa grande, ben arredata, calda, accogliente.
Una lacrima traditrice le scivolò giù per la guancia, seguendo quasi un solco e lasciando una striscia umida dietro di sé.
-Ripeto: non lo faccio per te, Dan. Non farei mai niente per te che non gioviasse anche a me.-

Perché, quello le gioviava, per caso?
Dan faceva fatica a seguire il ragionamento della ragazza. Era strana, e lo sapeva.

Lui sentì un nodo alla gola.
Lei sentì un nodo allo stomaco.

-Lo faccio per noi.  Non rinuncio a un bel niente. E non daremo neanche la colpa ad Inghilterra, questa volta.-

Dan sgranò gli occhi e automaticamente la strinse contro il suo petto, inspirando pesantemente.
Nor sbuffò scocciata, ma sentiva un adorabile tepore nel petto.
-Mi schiacci.-
Dan rise e la prese per le spalle, guardandola negli occhi con fare suadente.
-Seriamente: da quanto è che non ti bacio?-
Nor indietreggiò sul divano con aria divertita, armandosi di cuscino. –Abbastanza da non farlo adesso.-
-Non fare la difficile!-  si sporse verso di lei, che per risposta le premette il cuscino contro il viso, gonfiando le guance per non ridere.
Ehi, si era liberata di un bel peso.
...No, aspetta, chiariamoci: un bel peso psicologico.
Quello vero deve ancora arrivare, cara donna mia.

Ma stavano bene.
Nor stava bene. Dan stava bene.
Il bambino. Oh, quella parola alla quale dovevano abituarsi.
Anche lui sarebbe stato bene.

FINE DICIASSETTESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice
Carissime lettrici e recensitrici, ergo sostenitrici morali, fisiche e psicologiche della sottoscritta...
Momento di depressione insensato. *silenzio*
...VEDREMO cosa accadrà! Mh. Tanto amore per quei due.
Anzi, tre °A° <3

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Capitolo 18
*** Diciottesima parte - Sensazioni ***


-Ho male alla schiena.- si lamentò scendendo piano le scale, per andare incontro al danese che aveva appena varcato la porta d’ingresso.
Dan alzò le spalle, abbassando la bocca. –Ma se non fai niente tutto il giorno...!-
Nor non aspettò a rifilargli una sberla sulla testa. –Ho una pancia enorme, sembra che mi sia cresciuta nella notte.- disse, talmente piattamente che faceva uno strano contrasto con le sue parole.
-...Ah...- Nor attirò di nuovo la sua attenzione con un colpetto di tosse. -...Devi spiegarmi perché, dannazione, ogni maledetta volta che succede qualcosa tu devi comprare roba inutile.-
Dan alzò lo sguardo, raggiante, abbracciando l’enorme borsa con la quale era rientrato in casa.
 –Non puoi dire che è roba inutile! Quei magnifici vestiti non ti staranno più!-
-Ma sai, io posso vivere con una tua maglietta addosso, tanto non me esco certo da qui...!-
-Ma...-
-Niente ma.- Nor gli strappò la borsa di mano. –Tu stai prosciugando i miei averi.- mormorò scocciata, trascinandosi sul divano e lasciandovisi cadere, iniziando a frugare tra i vestiti... Per le future mamme. Insomma, non gli veniva l’aggettivo. Premaman?
Mio dio, la sua virilità era stata scaricata giù per il gabinetto...
Dan si sedette affianco a lei, sporgendosi verso il suo viso come un bambino curioso.
La ragazza sbuffò, agitando una mano per aria, forse per allontanarlo come avrebbe fatto con una mosca fastidiosa.
Lui allora si sedette composto, come un cagnolino a cui è stato imposto un comando, osservando paziente Nor che scartabellava maglie e pantaloni belli larghi e visibilmente comodi.
Non passò molto tempo e la ragazza si fermò a fissarlo.
-Mbeh?-
-Uh? Cosa?- Dan alzò la testa su di lei.
-Cosa aspetti?-
-Niente.- gli sorrise tranquillamente, guardandola in un modo... strano. Aveva qualcosa, in quegli occhi –magnifici, dannazione-, che sembrava quasi... Mmh, non compassione... Dolcezza, ecco!
A Nor sembrò di sentire  il fondo dello stomaco cedere e rabbrividì. Per qualche motivo. Probabilmente perché si era fermata dopo tanto tempo a fissarlo.
Inclinò la testa di lato, portandosi una mano sul collo, a occhi spalancati.
Forse si stava rendendo conto di una cosa. Una cosa importante, molto importante, fondamentale, che da mesi non teneva in considerazione.
Lui stava facendo delle cose per lei, stava vivendo con lei e sopportandola, condividendo tutto, tutto, assolutamente ogni cosa. E stava facendo tanti sacrifici, per lei e solo per lei.
Ehi, quello era la loro convivenza, no? Perché non se ne era mai resa conto prima?
Cioè, sì, se ne era già resa conto ovviamente, ma mai così tanto.
Così, in quel modo, lo realizzò davvero: solo guardandolo negli occhi, blu, sorridenti, ancora fissi su di lei,vagando tra i suoi lineamenti e i suoi capelli. Erano sempre stati così belli?
Santo cielo, bello, bellissimo ragazzo, tanto meraviglioso dentro quanto fuori.
Deglutì, la testa ancora inclinata.
-Norge?- chiese il danese, e a Nor sembrò di sentire quel suono per la prima volta, con quella voce tanto impastata ma decisa e netta.
Raddrizzò la testa. Chissà che espressione aveva, lei... Bah, probabilmente la solita. Insignificante. Bloccata. Marginale.
Scrollò le spalle e gli fece segno con la mano di avvicinarsi. Il cuore accelerò vedendo Dan che si sedeva affianco a lei.
Oh, le sembrava di starsi innamorando una seconda volta.
Strane, stranissime sensazioni che le fecero abbassare la testa, fissando così le proprie ginocchia con gli occhi fin troppo aperti.
Sussultò sentendo le sue mani passare lentamente tra i capelli.
-Stai bene, Norge...?-
Alzò la testa, girandola piano verso di lui, cercando i suoi occhi con i propri, sorpresi.
Un principio di sorriso, prima di prendergli velocemente il viso tra le mani, tirandolo verso di sé.
Baciandolo, così emozionata come non lo era da tempo.


Click.
Ice scattò un’altra foto, accucciato davanti alla finestra del salotto, tra i cespugli.
Si asciugò gli occhi con il dorso della mano, probabilmente perché aveva tenuto gli occhi aperti troppo a lungo per scattare quella foto. Sì, sì, sicuramente per quello, non certo perché ormai aveva notato benissimo la pancia di Nor.
Non certo perché l’aveva vista star male ed era stato male anche lui.
Non certo perché stava baciando Dan.
Non certo per queste cose, no di certo.
Prese la fotografia uscita dalla polaroid, sventolandola lentamente, con lo sguardo perso nel vuoto.
Perché lo stava fecendo?
Oh, non lo sapeva; forse perché improvvisamente Nor era diventata... Bellissima, sì, ma si era reso conto di qualcosa che andava ben oltre la bellezza fisica.
...All’inizio si sentiva in colpa.
Puffin gli diceva cose tipo “Oh, ma  invece di fare lo stalker, vai a bussare alla sua porta e basta, sai quanto sarà felice!”. Effettivamente ci aveva pensato, ma questo fatto della gravidanza aveva –da questo punto di vista- giocato a suo favore.
Appoggiò la fotografia nel mucchio, sparso sull’erba tenera.
Adesso non poteva presentarsi alla sua porta così, dal nulla: prima di tutto, non l’avrebbero fatto entrare, poi... Non avrebbe avuto nessuna scusa...
Sospirò, chiudendo un occhio e avvicinando di nuovo la macchina fotografica all’iride color ametista.
Aspettò qualche minuto.
Uffa, ma quando ci mettevano per un bacio.
Scosse la testa sbuffando, puntellandosi sulle ginocchia. Probabilmente, per quel giorno non avrebbe più fatto foto. Buttò un’occhiata a quelle sparse sul prato. Beh, non erano certo poche, anzi, molte sembravano addirittura uguali.
Raccolse rapidamente le fotografie e strisciò abbastanza lontano da potersi alzare in piedi senza il rischio di essere visto.
L’immagine di Norvegia con il pancione l’avrebbe perseguitato fino a casa, lo sapeva (come se non fosse già successo nei giorni precedenti...), e quando avrebbe chiuso la porta dietro di sé si sarebbe reso conto della cosa abbastanza preoccupante che stava facendo. Mr Puffin lo avrebbe rimbeccato di nuovo (in tutti i sensi). Poi si sarebbe chiuso in camera, sbuffando irritato, con una buona dose di scotch per attaccare le fotografie. Solo quelle più belle, però.
Poi si sarebbe messo sotto le coperte fino a sera, fissando la foto più bella che aveva messo propriò lì, ad altezza occhi e avrebbe cercato di non pensare che sarebbe diventato zio. Forse non se ne rendeva neache conto al cento percento.
Sapeva già tutto questo mentre camminava svelto per la strada, la macchina fotografica nella borsa a tracolla e la busta piena di foto –un tesoro, un tesoro prezioso- stretta al petto.

...Non aveva idea di che razza di sentimento lo stesse legando a sua sorella.

FINE DICIOTTESIMO CAPITOLO!


Angolo autrice.
QUESTA QUESTIONE DI ICE. Ditevi come vi sembra, perché io non so da dove cavolo mi sia uscita...!
Ah, poi vorrei attirare la vostra attenzione su una frase che io ritengo centrale: “Oh, le sembrava di starsi innamorando una seconda volta.”. Non so perché, ma ho davvero sentito il bisogno di scriverlo.
So che in questo capitolo non succede molto, ma... Un capitolo di stallo come questo me lo farete passare, vero? ;A; Prometto che i prossimi saranno migliori! <3

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Capitolo 19
*** Diciannovesima parte - Svagare la mente... O quasi. ***


-Nor, muoviti, o facciamo notte!- Dan sbattè la mano contro lo stipite della porta d’ingresso.
-Arrivo. Santo cielo, che stress che sei...- sbuffò, provando a tirar su la cerniera di un giubbotto imbottito nero. Digrignò i denti, provando a trattenere il fiato per far salire la cerniera, che però non ne voleva proprio sapere.
Dan la guardò disorientato. –Nor. Hai già addosso un giubbotto. Perché ne metti un altro sopra? Non credo che si possa...-
-...Certo che si può! Solo che nessuno ci ha mai provato.- saltellò un po’, tentando così di aiutare la zip.
-Ah, logico. E perché lo stai facendo?-
Nor lo guardò di traverso, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. –Così sembro imbottita, e non grassa.-
-Ma Nor, non sei grassa, sei solo incinta!-
-Stessa roba.- sfarfallò la mano in aria, arrendendosi e lasciando la cerniera chiusa per metà, avvolgendosi in una lunghissima sciarpa di lana.
-Non stiamo andando al polo nord, eh...-
La ragazza non gli rispose (forse anche perché faceva una certa fatica a respirare con tutte quelle cose addosso), mettendosi in testa un colbacco di pelliccia di dimensioni decisamente sproporzionate rispetto alla sua testa.
-Fa freddo. E non voglio fare vedere che sono ingrassata.-
-Al parco le persone non stanno a vedere se sei grassa o no, non ti conoscono nemmeno!-
-Muoviamoci.-
La norvegese si precipitò fuori di casa come una bambina che vede la prima nevicata, trascinando Dan per il braccio e prendendo un grande respiro mentre gli occhi si socchiudevano.
Da quanto tempo non metteva il naso fuori di casa?
Finalmente si era decisa a uscire.
Non era poi così male, lì fuori: sentiva l’aria frizzante entrarle nel naso e passarle nei polmoni, uscendo poi dalla bocca socchiusa e morbida, in una piccola nuvola di fumo che si perdeva verso il cielo plumbeo.
Era un’immagine assolutamente normale, ma in quel momento era davvero qualcosa di poetico.
Dan si mise una mano in tasca, mentre con l’altra prese Norge a braccetto, inspirando.
Si incamminarono tranquilli verso il parco.

-Stanca, Nor?-
-No. È la terza volta che me lo chiedi, non sono messa così male, dannatissimo danese imbottito di...-
-Nor, non ti stressare così tanto, non ti fa bene...-
La ragazza sbuffò. Era difficilissimo per lei restare calma e quieta. Ma solo perché c’era Dan!
No, neanche quello era vero, se non ci fosse stato lui a sostenerla sarebbe stata molto peggio.
E poi è vero che era stanca, aveva male alle gambe e alla schiena, dannazione. Addocchiò una panchina e vi trascinò sopra Dan.
Il parco era tranquillo. Le parti in ombra erano ancora bianche di ghiaccio, mentre il prato era accarezzato da un sole tiepido e pallido. Erano passate delle ragazzine che parlottavano dei loro problemi, poi una coppietta di adolescenti che si tenevano per mano, due anziani con le mani dietro la schiena e una coppola in testa, e dei bambini che correvano con un pallone sotto il braccio.
Dan sorrise a ognuna di quelle persone, mentre Nor affondava il viso nella sciarpa, convinta –per qualche strano motivo- che sapessero il suo segreto.
Ad un certo punto, passò una giovane donna che teneva per mano un bambino che, a quanto pare, aveva appena imparato a camminare. Tenero, davvero tenerissimo. A Dan brillarono gli occhi.
-Hai visto, Norge?-
-Visto? Cosa? No, non ho visto niente.- rispose immediatamente, girando la testa di lato.
-Ma sì, quel bambino.- sussurrò indicando la direzione in cui si era diretta.
-Perché dovremmo parlarne?-
Dan si zittì, alzandosi in piedi e porgendogli la mano.
-Okay, okay... Se proprio non vuoi, taccio.-
La ragazza aprì la bocca per ribattere, ma rinunciò, e appoggiò la mano guantata su quella ghiacciata e nuda del ragazzo, ricominciando a camminare.
Andava avanti, guardando per terra i suoi piedi. Aveva addosso un bel paio di stivali marroni, di quello stile retrò che secondo Dan andava tanto di moda.
Improvvisamente, sbattè contro la schiena di qualcuno.
-Ah, ragazzi!- una voce squillante e allegra li salutò.
-T-Tino? Che...- Nor gonfiò il petto, sperando di sembrare abbastanza imbottita, stritolando la mano di Dan, che a sua volta gli lanciò un’occhiata di intesa.
-Che sorpresa! Passeggiatina al parco, eh? Io stavo portando in giro Hanatamago, sembra quasi di avere una bambino a cui badare!- concluse con una risata cristallina, tipica di Tino, inclinando la testa di lato. I due rabbrividirono. Ciò che chiamano ironia della sorte, eh.
Hanatamago fece un paio di giri attorno a Nor, abbaiando insistentemente alla ricerca di coccole.
Ma Nor era sempre stata insofferente a quella cagnolina.
Troppo agitata, troppo esuberante. Aveva già Dan che aveva quell’atteggiamento, e le bastava. L’altro ragazzo, invece, adorava quella nuvoletta con le zampe.
Difatti la prese in braccio, scompigliandole il pelo e facendola scodinzolare felicemente.
-Sì, ogni tanto non fa male una passeggiata.- mormorò Nor a denti stretti, notando che Tino la scrutava curioso.
Atmosfera pesante. Pesantissima.
-Allora Norvegia, come stai? Ultimamente hai saltato un po’ di riunioni...-
Stupido Tino. Stupidissimo, insopportabile Tino.
Sì, è vero, Norge si stava alterando, ergo: la situazione stava degenerando.
Il brutto di tutto ciò è però che Dan era troppo impegnato a giocare con la cagnolina invece di aiutarla a sostenere quella conversazione fragile come un bicchiere di vetro.
-Sì, sono un po’...- simulò un pessimo colpo di tosse, portandosi una mano alla schiena. -...Un po’ messa male, sai com’è, i corpi da donna, così delicati...-
-Mh...- Fin la guardò perplesso, cercando di capire cosa non andasse in lei. Poi, improvvisamente, si illuminò. –Ah, ragazzi! Ecco cosa dovevo fare!- iniziò a frugare nelle tasche, mordendosi la lingua e tirando fuori delle chiavi di un automobile.
-Non so perché, ma Estonia aveva la tua macchina. L’ha data a me, dicendo di ridartela il prima possibile...Se volete prenderla adesso, è nel parcheggio qua vicino... -
-LA MIA AUTOMOBILE!- Dan improvvisamente lasciò cadere Hanatamago, che uggiolò dolorante, fiondandosi sulle chiavi con i lacrimoni agli occhi –Oh, grazie al cielo, Nor, non potevi scegliere una persona più adatta a cui dar...-
Nor gli pestò violentemente il piede.
-...Perchè hai dato la tua macchina a Estonia?- chiese debolmente Tino, incuriosito.
-Non ti interessa.- tagliò corto Nor, mentre tirava violentemente Dan per un orecchio, allontanandosi.
-Non innervosirti...- mormorò Fin stizzito.
-Senti, non farti troppe domande. Sono già abbastanza stressata... Stressato, di mio. Grazie tante, possiamo anche andarcene. È una storia lunga.-
-Ma io ho un sacco di tempo!- gli gridò dietro Finlandia, allungando un braccio verso di loro.
La ragazza si girò indietro con uno sguardo che lanciava fiamme.
-Noi no. Fatti i beneamati cazzi tuoi.- ringhiò, ricominciando a trascinare Dan verso il parcheggio.
Tino rimase a guarlarli allontanarsi incredulo, mentre Hanatamago abbaiava furiosamente.

Nor lo sbattè in macchina, spogliandosi velocemente di quello strato eccessivo di giubbotti, che sembrava farle friggere la pelle, anche per l’improvvisa rabbia.
-Casa. Muoviti.-
Non disse niente, e eseguì gli ordini.

In casa, Nor si spogliò senza troppi complimenti, rimanendo in biancheria.
Dan sbattè gli occhi, seduto sul divano a leggere (addirittura!) un giornale  –Neanche una canottiera?-
Nor scosse semplicemente la testa, allungando le braccia verso di lui mentre gli si parava davanti con il suo solito sguardo indecifrabile.
Lui la accolse tra le braccia, stringendola in un abbraccio, sentendo il viso affondare nel suo petto. Le accarezzò le spalle nude, giocherellando con la spallina del reggiseno.
Ogni tanto succedeva, ogni tanto anche Nor voleva un abbraccio. E la capiva, ne aveva bisogno, soprattutto negli ultimi... Sette mesi, ormai.
Sì, aveva una bella pancia. Quando se ne girava mezza nuda per casa così, poi, la vedeva meravigliosa. Lei diceva sempre che aveva caldo, in quei momenti, ma Dan sospettava che volesse semplicemente un po’ di attenzioni e che volesse far vedere come era brava a portare avanti quella gravidanza, mettendo in bella mostra il suo pancione.
Norvegia si puntellò sulle ginocchia, per poi sedersi di lato sulle sue ginocchia. Gli passò un braccio attorno al collo e poggiò la testa sulla sua spalla.
Dan sorrise, portando una mano sulla sua pancia. Carezzò piano, avanti e indietro, girando attorno all’ombelico, fermandosi ogni tanto, speranzoso di sentire qualcosa.
Ogni tanto effettivamente sentiva, e –oltre a fargli una certa impressione- gli si inumidivano gli occhi.
Nor si rilassava sentendo le mani del ragazzo sul ventre, e la maggior parte delle volte si addormentava in braccio a lui.
I mesi passavano. Secondo i loro calcoli, maggio sarebbe stato il gran mese.
Non erano mai stati in ospedale, ma non si preoccupavano.
Semplicemente, adoravano quei momenti di coccole segrete.

FINE DICIANNOVESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice.
Mi sono commossa scrivendo le ultime 200 parole...
Insomma, sono così belli.
Grazie mille a tutte, questa fic sta diventando interminabile! XD
Un bacio <3

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Capitolo 20
*** Ventesima parte - Fratellanza ***


Grazie a Roby, che mi ha suggerito, uh uh uh <3

---


Oh, chissà come aveva fatto Ice a ritrovarsi su quel divano.
Era una situazione scomoda e pesante, vedeva che Nor era tesa e probabilmente si stava trattenendo dal lamentarsi continuamente. Lo si capiva dalla sua bocca che si apriva e si richiudeva continuamente. Probabilmente era abituata a lagnarsi continuamente con Dan, e capiva che giustamente non avrebbe dovuto né avrebbe potuto comportarsi allo stesso modo con il fratellino.
Le posò la mano sugli occhi, facendole chiudere le palpebre, dolcemente, respirando piano, quasi per non spaventare un animale selvatico.

Non avevano mai parlato da quando Nor aveva aperto la porta, avvolta in un un enorme cappotto, in un vano tentativo di nascondere la pancia, con un’espressione di ostentata naturalezza (ergo, “neutralità”, nel caso della nostra Nor).  Ice l’aveva guardata a sua volta, fermo. Era più alto di lei, adesso.
Lei aveva lasciato cadere le braccia e aveva fatto un cenno a testa bassa, facendogli capire che poteva entrare. Poi aveva fatto scivolare per terra il cappotto, lasciandolo lì, inerme sul pavimento, e restando in una vestaglietta leggera e svolazzante.
Norge non era stupida, aveva capito che Ice sapeva e che era inutile negare l’evidenza...

Carezzò ancora una volta i suoi capelli lunghi, lunghissimi e biondi come non mai, mentre lei si stendeva con un respiro affaticato sulle sue gambe, non facendo distogliere neanche per un secondo i loro sguardi.
Tutto si stava sciogliendo piano, mentre la televisione che parlava fitto fitto in norvegese faceva da sottofondo a quella scena di... Beh, sì, potremmo chiamarla “telepatia tra fratelli”.
La sensazione di dover stare vicino a Nor non l’aveva mai sentita. Anzi, era sempre stato il contrario, semmai! Quante volte era scappato, o si nascondeva, o aveva cercato di evitarlo...
Non aveva idea di perché, improvissamente, sentisse il bisogno di rimanere lì con lei. Forse le sembrava indifesa, o più debole (inutile dire che in realtà non lo era per niente). Ma se anche fosse stato, lui cosa avrebbe potuto fare?! Era solo un adolescente, non poteva fare molto, no?
Però, per ora gli bastava stare sul divano con lei e accarezzarle il viso, i capelli, la pancia... Suo nipote.
Non aveva idea di cosa avrebbe fatto Nor, in futuro. Se si fosse trattato di Dan, sarebbe stato sicuro che non si sarebbe fatto di questi problemi, non avrebbe certo pensato al domani, dato che lui era come i cani: viveva il presente.

Si era incantato in una piega della sua vestaglietta azzurra, quando sentì un mugolio strozzato uscire dalla bocca della ragazza.
Quasi non scattò in piedi, preoccupato, la tranquillità spezzata da quel lamento. La guardò ansioso, chiedendosi cose stesse succedendo.
Nor gli rivolse un’occhiata profonda, socchiudendo la bocca e posandogli lentamente una mano sulla guancia.
-...Ice...- mormorò strascicando le parole, facendo preoccupare il ragazzino più del dovuto. -...Ti prego...- continuò faticosamente con un gemito, mentre il ragazzino sentiva la sua mano appiccicarsi alla sua guancia sempre di più.
Ice sgranò gli occhi, sentendo il cuore andare a mille.
-...Dimmi che sai cucinare una millefoglie al caffè, ti scongiuro.-
Momento di silenzio.

-E-emh...- iniziò titubante, portandosi una mano al colletto della camicia. Improvvisamente, aveva sentito una vampata di calore. -...S-stai bene, vero Nor...?-
La ragazza fece una smorfia, e parlò con una voce più acuta del normale, come se fosse una cosa terribilmente ovvia. –Certo che sto bene! Ti ho chiesto solo una millefoglie al caffè!-
Il ragazzino tirò un sospiro, a metà tra il sollevato e lo stupito. L’aveva fatto spaventare di brutto.
-Io... Non so fare la millefoglie al caffè.- balbettò tormentandosi le dita delle mani.
-...Oh....Allora una focaccia dolce alle ciliegie?- mormorò speranzosa, dopo un piccolo momento di delusione, stiracchiandosi.
-...Esiste?-
-Certo che esiste, Dan me la fa ogni seconda domenica dei mesi pari.-
-Oh... Scusami, n-non so...-
-Ah, vabbè...- agitò la mano, tirandosi a sedere e grattandosi la testa. -...Allora del pane alle banane in crosta di mandorle, no?-
Ice la guardò allibito. Ma quanto diamine la viziava, Danimarca!? Lui non sapeva assolutamente cucinare quelle cose!
Nor lo capì e sbuffò sonoramente. -...Beh, dimmi tu cosa sai cucinare allora... Di dolce, però.-
-A-ah...!- Ice sussultò, facendo lavorare il cervello. -...Liquerizia... Emh... Liquerizia ripiena di liquerizia rossa. Però ho bisogno di un paio di sacchetti di liquerizie...-
Nor lo guardò piattamente e scosse appena la testa. -...Non le voglio mangiare, le liquerizie...-
-Mi spiace Nor, non so...Eh...-
Oh, Nor lo sapeva. Sapeva che la sua cucina era... strana. Non aveva idea di come definirla. Certe cose erano anche buone, come lo skyri, abbastanza simile ad uno yogurt, anche certi formaggini ai gamberetti non erano male... ma altre erano semplicemente orribili.
Tutti sviavano sempre le grandi cene a casa sua, evitando così di mangiare testicoli di agnello, o insaccati di sangue di pecora avvolti in grasso di rognone, o ancora teste di pecora bollite... Insomma, cose di questo genere.
Nor rabbrividì, sentendo improvvisamente che aveva fatto molto male a chiedere da mangiare a suo fratello.
Ma dannazione, lui aveva una dannatissima voglia di dolci, di dolci buoni! Dan era via e non sarebbe certo tornato a casa presto.
L’opzione era una sola: doveva provare a far emergere ciò che aveva imparato guardando Dan cucinare ed applicarlo su suo fratello.
Si alzò platealmente in piedi, prendendolo per mano.
-Vieni con me.-
Il piccolo, a bocca aperta, si fece trascinare fino in cucina, dove, senza neanche accorgersene, si ritrovò con un grembiule con i colori della bandiera danese addosso.
Nor si sedette su una sedia.
-Prendi lo zucchero.- iniziò quasi minacciosa. –Prendi  i frutti rossi. Nell’antina in alto a destra, no, non quella destra, l’altra destra...!-
-Ma quella è la sinistra...- mormorò insicuro l’islandese, che correva da una parte all’altra della cucina, aprendo antine a caso.
-Dettagli, è destra sa la guardi di spalle...-
-Mmh... Okay...- assentì prendendo un grosso sacchetto di frutti rossi.
-Poi... Qualcosa che assomiglia alla farina, però ha a che fare con il mais...-
-Fecola?-
-Non lo so, mica lo scrive! Ecco, penso che Dan sia così stupido proprio perché occupa tutto lo spazio nella sua mente per tenere le ricette... Comunque... Ah, poi ci va la besciamella!-
-Besciamella? Sei sicuro?-
-...Ah, no, forse è panna... Sai, sono fatte uguali... Oppure era proprio besciamella?-
-Qui non c’è panna, sai, forse usiamo la besciamella sul serio...-
-Ottimo... Ora mischiali con un po’ d’acqua sul fornello, usa qualche cucchiaio e fai uscire il Rødgrød med fløde.- tagliò corto la futura mamma, incrociando le braccia.
Ice non aveva idea di cosa fare, ma voleva accontentare la sorella, e decise di mettersi d’impegno. Ce l’avrebbe fatta, Nor sarebbe stato fiero di lui e della sua cucina!

-...Dan non ha mai usato il sale e non l’ha mai messo nel forno... Sicuro che sia uscito bene?- mormorò titubante la ragazza.
-Fidati di me. Ho un sesto senso per queste cose...- mentì Ice, che aveva appena tirato fuori dal forno una massa molle e piena di bolle, macchiata di rosso grazie ai frutti rossi, senza avere la benché minima idea di cosa avesse fatto per quell’ora.
Rovesciò il contenuto della teglia in una ciotola e ondeggiò in modo inquietante, rilasciando un liquido acquoso.
Nor lo punzecchiò con un cucchiaino, iniziando a pentirsi seriamente di aver chiesto una cosa del genere al fratello.
–Sicuro, Ice? Non ha un buon profumo... Non sembra come quello che mi fa Dan...-
-Non preoccuparti... Non è altro che una rivisitazione islandese... Assaggiamo.- rispose Ice provando a convincere anche se stesso su cosa dannazione avesse combinato.
Entrambi affondarono i cucchiaini nel ... “dessert”.



Quando Dan entrò in casa, non poté fare a meno di sentire un pungente odore di acido.
-...Nor...?- borbottò, posando il giubbotto sull’attaccapanni. Nessuna risposta.
-Nor?- chiamò a voce un po’ più alta, seguendo la scia di quell’odoraccio e trovandosi in cucina.
-OH MIO DIO, NOR, ICE, COS’ È SUCCESSO!?-  Dan si infilò le mani tra i capelli, correndo verso i due accasciati sul tavolo, gli occhi sgranati.
-...Mmmhm...- Ice mugugnò, tenendosi la pancia in mano con un’espressione sofferente e alzando appena la testa verso il danese.
-Ice... Ha cucinato i Rødgrød med fløde...- borbottò Nor, che a quanto pare stava riprendendo i sensi.
-Non... Erano un granchè...- aggiunse il ragazzino, pallido come una cadavere. -...Scusami Nor... Non... volevo intossicarti...-
Dan guardò quella scena pietosa allibito. Vide il miscuglio orribile nella ciotola, la besciamella aperta sul tavolo da lavoro, vari pentolini e cucchiai.
-...Prima di tutto, non ci andava la besciamella, ma la panna...-
Iniziò, trascinando i due di peso verso il salotto.
-Oh, ti prego, basta parlare di cibo...- si lamentò Ice, visibilmente nauseato, mentre si lasciava cadere sul divano. Un cucchiaio del “Rødgrød med fløde rivisitato” era stato devastante.

Il povero danese passò la sera a pulire la cucina disastrata e fare tisane digerenti per quei due.
Ovviamente, le armi di distruzione di massa create dall’islandese furono repentinamente fatte sparire.
E si accorse piacevolmente che Nor non si faceva problemi a starsene con il pancione in bella vista affianco a Ice.
Non aveva idea di cosa fosse successo quel pomeriggio.
Mentre guardava Ice mandava giù l’ennesimo tè, si chiedeva se si fosse davvero reso conto che stava per diventare zio.

Oh, ma forse non era un problema, dato che neanche lui si rendeva davvero conto che si sarebbe sentito chiamare papà.

FINE VENTESIMO CAPITOLO!
 

Angolo autrice.
Massì, ecco un capitolo abbastanza divertente tutto per voi! XD
Dato che i prossimi saranno un po’ pensantucci, ho deciso di alleggerirvi con questo <3
Tranquilli, adesso Nor e Ice stanno bene, non sono dovuti andare in ospedale! XD
Un bacio! <3

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Capitolo 21
*** Ventunesima parte - Margrethe Andersen ***


Espirò, con occhi chiusi e le palpebre che tremavano.
Un respiro profondo, espira piano, un respiro profondo, espira pia...
Trasalì, sentendosi rivoltare come un calzino.
-NOR, ANCORA!- Dan gli corse incontro dalla cucina, preoccupato, prendendola per le spalle.
Lei si portò una mano alla pancia, quasi più grande di lei. Un po’ perché era una ragazza abbastanza piccola, un po’ perché effettivamente aveva un pacione non trascurabile.
–..Dan?- sbuffò, strizzando gli occhi.
La guardò con sguardo interrogativo, tenendole le spalle..
-Sono fradicia.-  mormorò a denti stretti.
-...Muoviti, andiamo in ospedale.- Dan sgranò gli occhi, la alzò di peso, aiutandola a stare in piedi e prendendo i cappotti, tutto in un tempo record.
Senza neanche accorgersene, Nor si ritrovò nella macchina già per strada. Le girava la testa.
Sì, lo ammetteva, era da quella mattina che stava male, un dolore strano al ventre. Non voleva ammetterlo, però, non voleva dirlo a Dan, ma era stato inevitabile, no?
Stava succedento tutto troppo in fretta. Sentiva Dan parlare al cellulare, forse con il suo capo, non capiva, era danese troppo stretto e lei non aveva davvero voglia di concentrarsi.
Da quand’è che l’ospedale era così lontano? Ah, non c’era mai stata, a dir la verità.
Non poteva certo vomitare in macchina. No, non sarebbe piaciuto neanche a Dan.
Oh, ti prego, Dan, evita i buchi!
Fece il viaggio ad occhi chiusi, con il respiro pesante.
Sentì la portiera aprirsi, e Dan la aiutò a scendere giù dall’auto.
Ogni tanto sentiva le gambe molli, mentre qualche crampo la faceva quasi piegare in due.
No Dan, non voglio, non voglio davvero, non voglio, non voglio...
Entrarono nella struttura, e Norge si aggrappò al bancone dove una signora parlava tranquillamente con Dan, che invece era decisamente agitato.
Ci metteva troppo.
Digrignò i denti, afferrando per il colletto quella signora della quale non si sarebbe mai ricordata la faccia e tirandola verso di lei.
-Datemi tutte le droghe che avete.-
 
Prese un respiro profondo, sdraiata su quel letto, i crampi molto più frequenti.
Si sentiva un po’ sollevata vedendo un’infermiera affianco a lei, lei sicuramente sapeva cosa fare, sapeva quando sarebbe stato il momento giusto, no?
Dan era dall’altra sponda del letto, si tormentava le mani, si sentiva davvero di troppo.
Nor allungò il braccio e gli prese la mano. Un gesto strano. Forse non l’aveva mai fatto, di sua spontanea volontà.
Un altro crampo. Chiuse gli occhi e respirò.
-...Oh, suvvia, le prime contrazioni sono come i dolori del ciclo, signorina.- disse l’infermiera con un sorriso.
Prime contrazioni? Nor la fulminò, ansimando un po’, la testa che ragionava a stento per l’agitazione. –Non so come sono i dolori del ciclo, maledetta...-
-Ah...- Dan la interruppe e raddrizzò la schiena, ridendo nervosamente, cercando di dare un senso a ciò che diceva Norvegia. -...Non ha mai sofferto molto, eh eh eh...-.

L’infermiera uscita dalla stanza, aveva detto che sarebbe tornata tra poco. Aveva detto che mancava ancora un sacco di tempo.
Loro due non ci credevano. Soprattutto Nor. Era impossibile. Non poteva stare peggio, no?
La ragazza sbuffò, portandosi le mani in faccia.
-...Vuoi fare qualcosa?- chiese timoroso Dan.
-Cosa...?- rispose acidissima.
Lui abbassò lo sguardo, insicuro e abbacchiato. –Non so... Vuoi... Giocare a carte?-
-Non voglio fare niente.- ribattè scocciata, sbirciando l’orologio al polso di Dan.
20:32. Erano lì da appena un’ora, ma le sembrava una vita .
Aveva sempre più male, sempre più spesso. Non credeva che sarebbe andata avanti a lungo.
Ma passò altre tre ore terrificanti.
Non riusciva più a trattenere i gemiti, non riusciva a non concentrarsi solo sul dolore, non poteva fare altro, nonostante l’infermiera fosse rientrata e provasse a parlarle.
Intravide l’espressione preoccupata del ragazzo e sentì la sua carezza sui capelli mentre strizzava di nuovo gli occhi.
Prese un bel respiro, si piegò in avanti e urlò.
Strinse i denti. Mai, mai aveva provato qualcosa di simile.
Per favore, per favore Dan, fai qualcosa.
 
-Che ore sono?-ansimò a fatica, con gli occhi lucidi, spiaccicandosi le mani in faccia, terribilmente spossata,
-...Sono le tre.- mormorò Dan, che stava davvero male.
Nor strinse quasi convulsamente il lenzuolo. Adesso gemeva forte e piangeva, non sapeva neanche più come mettersi.
Quante sensazioni assurde. Non stupide, né altro, semplicemente... Assurde.
Fa male, Dan. Sto morendo?
Un lungo lamento velato di spavento, questa volta quasi un urlo, mentre l’infermiera si sporgeva verso di lei.
Ciao ciao consapevolezza, addio percezione, non capiva più niente.
Urlava e piangeva, e neanche se ne rendeva conto. Se non teneva gli occhi chiusi, piegandosi a metà, guardava gli occhi blu di Dan. Anche lui aveva le lacrime agli occhi?
Non lo avrebbe fatto mai più, se lo sentiva, quella era una tortura.
Era successo tutto così in fretta.
Non sapeva neanche più cosa stesse facendo, non sapeva da quanto tempo fosse lì.
All’improvviso, il male più terribile che abbia mai provato, ma allo stesso tempo un sollievo indescrivibile.
Prese un respiro più lungo degli altri, reclinando la testa indietro, mentre due lacrime cadevano dagli occhi. Era... finito?
Poco dopo, le misero qualcosa tra le braccia. Qualcosa di piccolo, bagnato e fastidiosamente urlante.
Sbattè gli occhi, col fiato corto.
Altre lacrime le uscirono dagli occhi. Di felicità, questa volta.
-Oh porca puttana.- ansimò, sfiorando con l’indice la guancia di quella... Bambina? Sì sì.
Ma ehi. Era bellissima.
Per nove (dannatissimi) mesi non si era mai davvero resa conto che dentro di lei stava nascendo e crescendo un bambino, un bambino vero, un bambino come tanti se ne vedono in giro, ma che –se bene ci pensi-, nascono tutti da... Una pancia. È incredibile, seriamente!
Non era mai stata così vicina alla vita come in quel momento.
Sentì Dan singhiozzare, e la risvegliò dai suoi pensieri. Girò faticosamente la testa verso di lui, vedendolo portarsi le mani sul viso.
-Ehi...?- mormorò, rivolta a lui
Dan spostò la mani dalla faccia, sorridendo tra le lacrime e dandole un bacio in fronte.
Gli sorrise. Cielo, le sembrava di aver corso la maratona. Quattro volte. Andata e ritorno.
Dan represse un altro singhiozzo.
-...Sei stata bravissima.-
...Oh.  Dopo quello, poteva davvero addormentarsi felice.
 
Aprì faticosamente gli occhi. Uh, il suo sonnellino era già finito?
Era in una camera dell’ospedale, con le pareti giallo girasole, e il tipico odore di medicine che aleggiava nell’aria.
Sentiva una voragine, lì sotto, e la testa che le esplodeva. Si mosse appena, cercando qualcuno con lo sguardo.
Era una camera da quattro: un posto era libero, mentre altri due erano occupati da donne, come lei, con la flebo attaccata al braccio.
Ah, sì, anche lei aveva una flebo.
Una delle sue compagne di stanza dormiva, l’altra parlava dolcemente con un uomo che probabilmente era sua marito, o il suo fidanzato.
Si accorsero che Nor li fissava, e le sorrisero.
Norvegia sussultò, e sorrise a sua volta, seppur faticosamente, alzando appena una mano per salutare.
-Tutto bene?- le chiese quella bella donna, tenendo per mano il suo uomo.
Nor annuì, mettendosi un po’ più comoda nel letto immacolato, imbarazzata di trovarsi in una camicia da notte. Beh, almeno i ricami erano azzurri.
-Stanca, eh?- mormorò la donna.
-Oh, tantissimo.- rispose subito Nor, con una nota seccata nella voce.
L’altra rise, inclinando la testa di lato. –Lussie, piacere.-
-Mh... Piacere mio. Norveg... Emh, cioè... Mi chiami... Nora.- concluse la frase arrossendo vistosamente. Che idea stupida. Inoltre avrebbe dovuto trovarsi anche un cognome, e anche in fretta. Sempre che non ci avesse già pensato Dan.
-Nora... Beh, maschio o femmina?-
-Femmina.-. Per un folle attimo aveva pensato che si riferisse a lei, non alla bambina.
-Oh, è stata fortunata, eh?-
Nor provò a sorridere, con scarsi risultati. –Dammi del tu.-
In quel momento, la porta si socchiuse, e Dan sgusciò nella stanza.
Le si illuminò il viso.
Lui le sorrise, raggiante, e si avvicinò al suo letto.
-Ho male alla testa, Dan...-
Lui annuì, passandole una mano tra i capelli. –Hai la febbre. Ma tranquilla, dicono che è normalissimo.-
-E lei? Come sta?-
-Oh, benissimo....Oh, umh... Tre chili e... tre...-
-È tanto?-
Dan alzò le spalle. –Non so, penso di sì...-  
Lussie ridacchiò. –Beh, per una ragazzina minuta come te, sì che è tanto!-
Nor la sguardò, sbattendo gli occhi.
-Devi proprio essere stata brava!- continuò solare l’altra.
-G-grazie...- borbottò, arrossendo di nuovo.
-Comunque, Nor, dobbiamo trovarle un nome...-
Si guardarono negli occhi per un secondo, prima di sussurrare contemporaneamente:
-Margrethe.*-
Dan ridacchiò. –Oh, mi piace un sacco.-
Nor si rigirò sul cuscino. –Non ce n’è uno migliore.- gli fece poi segno di avvicinarsi, lanciando un’occhiata alle compagne di stanza, per esser sicura che fossero impegnate.
Dan si piegò vicino a lei, che a sua volta gli sussurrò all’orecchio: -E i nostri nomi?-
Dan la guardò compiaciuto. Certo che ci aveva pensato, anzi, aveva già risolto tutto! Se l’era gestita abbastanza bene quando i dottori l’avevano preso di sorpresa.
- Nora Hamsun.**- le disse infatti, annuendo soddisfatto.
-Oh, adoro quello scrittore.- si tirò su a sedere, quasi esaltata. Abbassò poi la voce, alzando un sopracciglio. –Oh. Fammi indovinare, signor Andersen.***-
–Certamente!- Dan scoppiò a ridere, annuendo -...Mathias.****-
-Mathias?- ripetè inclinando la testa di lato.
-Il calciatore!- mormorò il ragazzo, esaltato.
-Ma... Dan, “Mathias Andersen” non si può sentire, dai...-  Nor lo guardò corrucciando la fronte.
-Invece è bellissimo.-
-Vabbè, è... accettabile, dai.- giocherellò con la flebo, alzando le spalle.
Dan si sporse in avanti, posando le labbra sulle sue.
Sì staccò con uno schiocco.
-Margrethe Andersen.- sussurrò sognante, iniziando a gesticolare. –Ok. Ora so cosa scrivere sul fiocco rosa. Sai, quello che si appende fuori dalla camera. Non è una meraviglia, era uno a buon mercato e...-
Nor gli tappò la bocca con una mano. –Quante dannate cose hai già comprato?-
-Oh, non tante, non ne ho avuto tempo. Il fiocco e un paio di body per la bambina. Davvero.-
-Qualcuno lo sa?-
Dan aprì la bocca, improvvisamente preoccupato. –Ho... Ho paura di sì.-
Nor si spiaccicò una mano in fronte. –Merda. Perché?-
-Il fatto è che il mio capo mi ha chiamato mentre ti portavo in ospedale e... Beh, gli ho detto che effettivamente ti stavo portando in ospedale e...-
Il telefono di Dan squillò. –Adesso, tutti mi stanno telefondando. Vogliono venire a trovarti. Io gli ho solo dato le indicazioni per raggiungere la tua camera. Scopriranno a loro spese che sei nel reparto.. Umh...- buttò un occhio fuori dalla porta. –“Ginecologia e ostetricia”, eh eh...- rise nervosamente, rispondendo.
-Pronto?... Sì... Mh-mh, orario di vistia dalle 18 alle 19. Ok. Sì. Chiedi a Fin.-
Riagganciò.
Nor lo fissò sconvolta. –Oddio, no...-
Dan alzò le spalle. –Non si può certo nascondere, ormai.-
Nor sprofondò di più nel cuscino, portandosi una mano alla fronte.
-...Ah, hanno detto che hai bisogno di zucchero. Ti ho portato del...-
-Caffè?- mormorò speranzosa lei.
-Non se ne parla. Tè freddo. Ora aspettiamo gli altri.-
-Ho paura.-
-Ehi, Nor, hai appena affrontato un parto, non puoi aver paura di incontrare tre coglioni!-
La porta si aprì, e un’infermiera entrò, trascinando una culla con pareti trasparenti.
Oh. Bella, bellissima, meravigliosa piccina. Ci mancò poco che Dan non scoppiasse di nuovo a piangere.
-Allattamento.- disse quasi scocciata l’infermiera.
-Eh?- Nor si lasciò sfuggire un urletto. Guardò Dan, preoccupata.
-...Come...Come si fa?-
L’infermiera scoppiò quasi a ridere, prendendo Margrethe e spiegando pazientemente a Nor come tenere la bambina. Nor arrossiva e annuiva. Praticamente non faceva altro.
Dan, scansato in un angolino della stanza, guardava ammaliato quel gruppetto di donne.
Improvvisamente si rivegliò, si rese conto di dover fare un sacco di cose. Prima di tutto, quel fiocco rosa da appendere fuori dalla porta.
Margrethe Andersen, Margrethe Andersen, Margrethe Andersen.
Ehi, quello era amore.

FINE VENTUNESIMO CAPITOLO!


Note:
*Margrethe: beh, la regina Margherita I (Margrethe, per l’appunto) fu colei che istituì l’unione di Kalmar. Inoltre penso sia un nome magnifico, e attualmente la regina di Danimarca è Margherita II.
**Hamsun: Knut Hamsun, scrittore norvegese, premio nobel per la letteratura nel 1920.
***Andersen: inutile dirlo! XD Hans Christian Andersen, scrittore e poeta danese. Conosciutissime le sue fiabe! E Dan lo adora. Ovviamente.
****Mathias: è il nome che gli dà la maggior parte del fandom, e c’è un calciatore della nazionale danese che si chiama proprio Mathias Jørgensen. No, non è figo, non gli somiglia neanche un po’, ma dovevo pur trovare un pretesto XD

Angolo autrice:
ECCOMI QUI, DOPO ANNI(?) CHE NON AGGIORNO, YEEEH!
Più che altro, io non ho idea di come sia un parto. Spero non sia pessimo XDD
Ah, dalla metà in poi (per esempio, la stanza color giallo girasole) ho preso spunto da un’amica di mia madre che (ironia della sorte) ha partorito da poco. Sono andata a trovarla, e l’ospedale è stata fonte di ispirazione xD
Comunque...
°A° NOR HA PARTORITO.
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo <3

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Capitolo 22
*** Ventiduesima parte - Visite ***


-Umh... Fin, sicuro che Dan aveva detto di girare a sinistra?- mormorò Sve insicuro, tenedo saldamente stretta la spalla di Tino. Ice, dietro a tutti, camminava svelto per tenere il loro passo. E aveva ansia, tantissima ansia addosso, probabilmente sarebbe svenuto da lì a breve.
Non poteva dire niente a quei due, e lui stava davvero morendo.
-Certo, me lo sono segnato sul bigliettino! Guarda te se non sei sicuro.- rispose stizzito, facendogli sventolare il foglietto davanti al viso.
-Mi fido.-  storse il naso l’altro, guardandosi attorno.
Ice, come se non gli bastasse quella situazione scomoda e come se non dovesse già subirsi i piccoli battibecchi di quei due, detestava quell’odore di ospedale.
Seguirono le indicazioni sul foglio, sempre più scettici, mentre Fin girava le presunte indicazioni di 360° per trovare l’orientamento giusto.

-No. Impossibile, ha sbagliato.- mormorò definitivamente Tino, trovandosi davanti al cartello “Ginecologia e ostetricia”. –Qui è dove nascono i bambini, no?-
-Mh. Chiamalo.- borbottò Sve, assottigliando lo sguardo.
Ice mugolò.
-Bella idea.- annuì, prendendo il cellulare e cercando il suo numero nella rubrica. –Mmh... Ciao Dan, sì, senti, siamo qui davanti ma sicuro che... Ah. Sì, siamo proprio lì! Sì, c’è quel cartello ma... Ah. Ok... Sì, allora aspettaci lì.- riagganciò e alzò le spalle, guardandoli. -...Dice che è giusto. Ci aspetta fuori dalla camera.-
Si incamminarono silenziosi. Che fosse uno scherzo? Non c’era da stupirsi, dopotutto si stava parlando di Dan.
 
-Ragazzi!- li salutò allegramente con la mano appena li vide sbucare da dietro l’angolo.
Si avvicinarono al danese, corrucciati (Ice, a dir la verità, si stava tormentando le mani angosciato), lanciando occhiate ai fiocchi azzurri e rosa attaccati fuori dalle porte delle camere e alle foto di bambini appese alle pareti.
-Se ci stai prendendo per il culo, non è divertente.-
Dan sorrise amareggiato, sospirando e passandosi una mano tra i capelli. Aprì la porta. –Fate voi.-
Ice, adesso davanti a tutti, mise per primo piede nella stanza, sapendo già ciò che l’attendeva.
Nonostante ciò, sgranò gli occhi, sentendo il cuore sprofondargli sotto i piedi. Se non ci fossero stati Fin e Sve dietro di lui a mandarlo avanti, se ne sarebbe stato lì inchiodato, anzi, sarebbe corso via.
La ragazza nel letto alzò lo sguardo, sentendo le guance pizzicare.
Il suo fratellino si avvicinò, aggrappandosi alla testiera di ferro del letto per non spappolarsi a terra come una pera cotta.
-Nore...?-
-Mh.- fece un verso indistinto, mentre passava l’indice sulla guancia della bambina. Sì, stava mangiando, ergo seno in bella vista. Ma forse non fu per quello che arrossì.
Si creò un legame con quell’incrocio di sguardi, forse qualcosa che solo dei fratelli possono fare. Ice la guardò, intensamente, deglutendo e stringendo più forte la testata del letto. Nor sostenne lo sguardo, riuscendo a rimanere calma, accennando un sorriso.
Tutto si spezzò bruscamente, con la voce di Tino.
-NOR!?- gridò infatti, correndo verso di lei, mentre Berwald lo seguiva lentamente. -C-che cosa...?!-
Umh... forse Tino stava andando in crisi respiratoria.
-Non credo che servano spiegazioni, mh?- mugolò Nor acida, concentrata sulla bocca della bambina che si muoveva.
Fame, eh?
Svezia non disse niente, se non un vago e inudito “Cariiinaa”, seguito da una luce che gli attraversò gli occhiali.La ragazza alzò di nuovo lo sguardo sul fratellino, pervaso da un pericoloso pallore tendente al verde.
-Zio Ice.- sussurrò subdola, accentuando il labbiale.
-Oh. Stai scherzando, vero?- Si intromise Tino, quasi annaspando. –Bello scherzo, davvero. Restituisci pure la bambina, non è divertente.-
Nor lo guardò quasi stupita mentre si sedeva velocemente, facendosi aria.
-Non è... Uno scherzo.- abbassò il viso, affondando un po’ di più nel cuscino. –Si chiama Margrethe.-
Senguì un imbarazzante silenzio, mentre tutti se ne stavano concentrati a fissare il viso della piccola, gli occhi chiusi, e le manina che si muoveva impercettibilmente.
Ice ruppe il gelo, allungando l’indice verso la mano la bambina, che gli prese il dito e lo strinse.
Sorrise delcemente, e quel piccolo gesto alleggerì l’atmosfera.
-Come stai...?- chiese improvvisamente Berwald, sorprendendo tutti.
-...Stanca.- mormorò la ragazza.
–Non immaginate che roba...- annuì Dan, incronciando le braccia.
-Come se l’avessi vissuto tu, eh?- lo rimbeccò Norge. –...Credevo di morire...- la bambina si staccò, e lei si ricoprì velocemente, arrossendo ulteriormente e lasciando che la piccola rimanesse affianco a lei nel letto.
Le piaceva starsene con Margrethe nel letto.
-Quando torni a casa...?- chiese timidamente Islanda.
-Due o tre giorni.- rispose Dan al suo posto.
-Nor, scusaci, se lo avessimo saputo ti avremmo portato qualche regalino...!- pigolò Tino.
-Ma... Non voglio regali, non è questa la priorità...!-
-Ma, senti un po’...- cambiò abilmente discorso lo stesso Fin, abbassando la voce. Posò le mani sulle ginocchia e si sporse in avanti. -...Io credevo che... Le Nazioni non potessero aspettare figli.-
-Beh, teoricamente con l’incantesimo il suo corpo di Nazione è diventato un corpo da umana, mentre l’anima è rimasta la stessa di Nazione.-
Fu Berwald a parlare. E tutti lo guardarono a bocca aperta.
-Come lo sai?- sputò quasi Dan.
Ber alzò le spalle, con l’espressione immutabile come sempre. –L’ho letto da qualche parte.-
-Oh.- mormorò Tino.
-Oh.- gli fecere eco Nor e Dan, con voce più alta.
Ber si ritrovò in soggezione, fissato da tutti.
No... Non da tutti.
-...Dov’è Ice?- chiese infatti Dan.
-Mmmh...-. Si sentì un mugolio dal corridoio, e la mano del ragazzino fece capolino. -...Ho...Ho solo bisogno di un po’ aria...- pigolò con voce spezzata, appena udibile agli altri.
-A-ah... Forse è meglio che andiamo, eh?- buttò lì Tino.
Svezia annuì, alzando la mano per salutare e dirigendosi verso l’uscita.
-Oh... Umh... Statemi bene, ragazzi!- Fin si affrettò a seguire l’uomo più alto, cercando di essere più allegro possibile nel congedarsi.
La porta si chiuse. La stanza crollò nel silenzio.

Oh, anche la bambina si era addormentata.
Beh, d’altronde non faceva molto altro a parte mangiare, dormire e piangere. Sì, da questo punto di vista era paurosamente simile a Dan.
-Temo... Di dover tornare a casa anche io, sai?- mormorò il ragazzo, riportandola alla realtà.
Entrò l’infermiera, e portò via Margrethe quasi senza spiaccicare parola.
Ehi, calma, stava succedendo tutto troppo in fretta. Di nuovo.
Dan le sorrise, frugando tra i vari ripiani del comodino. –Ti ho portato dei libri, sono qui da qualche parte. Non ti aspettare granchè, ho preso giusto i primi che capitavano...-
-Non preoccuparti. Grazie.- tagliò corto l’altra, annuendo.
-Non pensare troppo, eh...- le carezzò le testa, sorridente, e lei sbuffò.
Lo guardò andarsene, con un grande vuoto nel petto. Si allungò verso il comodino e avvinghiò il primo libro che trovò.
“I Fratelli Karamazov.
Alzò gli occhi al cielo. Santo cielo, lo sapeva a memoria. Ma gli altri libri non erano da meno...
 
Di certo li preferiva mille volte ad una cosa in particolare, lì in quel letto d’ospedale.
...Il cibo.
 
FINE VENTIDUESIMO CAPITOLO!



 
Angolo autrice.
Oh, non ho molto da dire... Se non che “I Fratelli Karamazov” è sul mio comodino da una settimana, per questo è presente nella fic. XDD
Questo capitolo è uscito spontaneo, senza difficoltà. <3 Spero davvero che vi sia piaciuto...
...Zio Iceeee :’DD

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Capitolo 23
*** Ventitreesima parte - Le persone non ti vogliono mica ammazzare! Ma forse tu sì.... ***


Nor voleva sparire.
Ma non perché fosse in un ospedale –nefandezza indicibile!-, quello era davvero il minimo.
Il fatto era che, quel pomeriggio, si era ritrovata il mondo nella sua stanza.
Sì, “il mondo”. Letteralmente.
Erano venute tutte, tutte le Nazioni (alcune neanche se le ricordava, santo cielo!). Le infermiere ovviamente non lasciavano entrare tutti insieme, ma li smaltivano, dicevano ansiose: “pochi per volta e per poco tempo, per favore!”.
Ebbene, questo (in qualche modo) fu un favore fatto a Norvegia, dato che avrebbe voluto prenderli tutti a sberle, loro e i loro inutili regalini.
...Beh, guardando bene i regalini non erano poi tanto inutili; erano così fioccosi, piccini, frapposi e adorabilmente rosa che chiunque si sarebbe sciolto. Ma la cosa più importante era soprattutto il contenuto: le facevano conservare un sacco di soldi e le risparmiavano la grande fatica di dover mandare Dan a racimolare roba per negozi misteriosi.
E poi, a Nor piaceva scartare i regali. Sentiva una specie di sadico piacere e profonda soddisfazione nel combattere, e ovviamente vincere, contro fiocchi che non ne volevano sapere di togliersi e nel sentire la carta strappata in mille pezzi senza che potesse né ribattere né proferire una qualsiasi parola che l’avrebbe potuta salvare dalla sua imminente fine.
...Okay, da questo punto di vista Nor è un caso clinico abbastanza grave di rabbia repressa, ma sorvoleremo.

Accolse delicatamente l’ennesimo pacchettino con un’espressione indecifrabile (che novità!), ma ridendo cinicamente dentro di sè mentre iniziava a rompere la carta rosa.
Dan rideva sguaiatamente con quello che le aveva dato il regalo.
Mentre si era allungata per prendere la bottiglietta di tè freddo per bere, si rese conto che non aveva neanche visto chi era.
Alzò piano lo sguardo, e per poco non si strozzò. Anzi, no, effettivamente il tè le andò di traverso e iniziò a tossire furiosamente.
-Nor, Nor, non mi morire!- Dan si affrettò a picchiettarle la schiena, sorridendo come sempre. -...Anzi, dovresti dire grazie a Jan per il regalo non credi?-
Nor prese un bel respiro per compensare l’aria mancata in quei momenti, strinse il lenzuolo, affondando nel letto che odorava di medicine e provando a mantenere un’espressione neutra.
Ah, Jan...
Dio, quel tipo.
Già da ragazzo doveva tenere una certa distanza con lui. Insomma, quello semplicemente non gli dava una bella impressione. Non capiva come Dan potesse essere suo amico.
Ah, il suo migliore amico, ecco.
No, non era geloso. Figuriamoci. Non gli bruciava la bocca dello stomaco ogni santa volta che li vedeva ridere, che vedeva Dan con le lacrime agli occhi per le risate; non gli veniva voglia di passare un foglio di carta tra le dita di quello stupido olandese e poi immergergli le mani nel succo di limone.
...No, assolutamente mai pensato.
Ma decise di non scomporsi neanche quella volta, di aggrapparsi a quel minimo di orgoglio (sempre che ci fosse ancora, in qualche sperduta parte del suo essere) che gli era rimasto e di ringraziare come se fosse ancora superiore a lui, e di molto.
Oh, ma che strane affermazioni: certo che era superiore a Jan!
Jan, Jan, Jan... Quella scocciante sciarpa, quello scocciante odore di fumo, quello scocciante modo di fare.
Nor lo guardò con aria di sufficienza, schioccando la lingua .
Quell’altro si limitò a fissarla con i suoi occhi verdi. -Loquace anche da donna, mh?-
...Simpaticone.
Scostò le lenzuola e barcollò, trascinandosi dietro la flebo e camminando verso quel tipo che odorava di tabacco con le peggiori intenzioni.
Dan la placcò all’istante con una risata tirata, trasacinandola delicatamente verso il letto.
Ma la sua delicatezza per non farle male non potè competere con la determinazione della neo-mamma, che lo scansò senza troppi complimenti e si piantò davanti a Jan.
Santo cielo, sembrava ancora più alto adesso che Nor era diventato una donna, facendosi più basso di quanto già non fosse.
Aprì la bocca, socchiudendo gli occhi e gonfiando il petto.
–Ciao.- sospirò infine. Gli indicò l’uscita, seria, con un chiaro messaggio nello sguardo.
Jan si infilò le mani nelle tasche del giubbotto, puntando gli occhi verdi su di lei, osservandola dall’alto.
Forse la trovava raccapricciante, pensò Nor. Era davvero così patetica? Glielo leggeva negli occhi, quanta compassione... Non voleva compassione!
Ringhiò e sentì le mani friggere.
Ci stava mettendo troppo ad andare via.
-Vattene.- ripetè irritata, iniziando a sentire le gambe molli.
-Nor, insomma, non ha fatto niente...- mormorò Dan posandole una mano sulla spalla.
No invece, ha fatto un sacco di cose, sei te che sei stupido e non te ne accorgi!
Con una risata bassa e spezzata, l’olandese si girò e camminò tranquillamente verso la porta.
-Jan, no, guarda che scherzava...- Dan provò a fermarlo, zampettandogli dietro.
-No che non scherzavo!- sbottò Norvegia rimettendosi a letto, poiché tutto cominciava a girare pericolosamente.
-Oh, no, è da...- Jan buttò un’occhiata fugace all’orologio -...Più di un’ora che non fumo. E poi ho un appuntamento. È meglio che vada.- osservò un’ultima volta Nor,  che gli rispose con uno sguardo fermo, alzando un po’ il viso, orgogliosa.
Dan fece una smorfia e gli battè una pacca sulla spalla come saluto.
Quando la porta si chiuse, Dan incrociò le braccia e guardò severamente la ragazza.
-...Non sei stata carina.- la ammonì avvicinandosi.
-Spiegati meglio.- mormorò fissandosi le unghie con interesse.
-Perché tutta questa ostilità?-
-Ma è lui che mi istiga!- sbuffò, alzando un braccio per poi farlo ricadere sulle lenzuola. –Tu non capisci, è bullismo psicologico...!-
-Non dovresti fare così.- si sedette sul materasso, anche se sapeva che non avrebbe potuto. –Sei troppo...Aggressiva... Non va bene. Jan è stato gentilissimo a venire a trovarci e portarci pure un regalo, e tu lo cacci via.-
Nor rimase a fissare il vuoto, mordendosi la lingua. La infastidiva, si sentiva terribilmente esposta, imbarazzata, presa in giro e sottovalutata. Quindi doveva dimostrare quanto fosse forte, autoritaria, orgogliosa e soprattutto più importante, molto più importante di quanto non fosse lui.
Dannato olandese.
Dan sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. –Vedi di farti una regolata con le persone però, ok? Non ti vogliono mica ammazzare.-
Già, probabilmente Dan aveva ragione. Avrebbe dovuto fare un bel visino, dire grazie a tutti quelli che presto sarebbero venuti a trovarla.
...Non doveva essere troppo difficile, no?
Si sentiva un pochino in colpa, adesso, per averlo mandato via così.
Sospirò e scostò le coperte, camminando lentamente verso la finestra e lasciando che il suo sguardo vagasse senza meta per lo spiazzo davanti all’ospedale. Era dispiaciuta, probabilmente Dan avrebbe voluto parlare un po’ a Jan, che era suo amico, staccare un pochino da quella frenesia.
Si accigliò un poco, appoggiando la mano sul vetro e spiaccinandovi il naso contro.
Quello era Jan. Niente di strano. Se non fosse che...
Chi è l’altro...?
Sgranò gli occhi e schiuse la bocca.
Aprì la finestra i tutta fretta, affacciandovisi e gridando:
-ICE, NON LASCIARTI AVVICINARE DA QUEL TIZIO, SCAPPA, VIENI QUI DA ME, ALLONTANATI DA QUEL DROGATO!-
Dan sobbalzò, correndo verso di lei e prendendola per le spalle, provando a tirarla via da lì.
Tutte le persone si girarono a fissarla, mentre gridava frasi di avvertimento contro un Islanda imbarazzatissimo che se ne stava in piedi davanti all’olandese ricoperto di insulti.
-DANNATO, ERA CON MIO FRATELLO L’APPUNTAMENTO!? PERVERTITO. NON ALZARE UN DITO SU...- Dan le tappò la bocca, alzandola di peso e allontanandola dalla finestra, mentre lei si dimenava e le sue compagne di stanza la guardavano sconvolte.
-Nor, poi fai il latte acido e la bambina piange...- mormorò rimettendola a letto, provando a farla calmare.
-M-ma...Ice...Lui... Jan...A-ah...-  ansimò sconnessa la ragazza, stringendogli la maglietta con forza disumana.
...Ottimo, ora Dan aveva un’altra grana a cui pensare.
 
Intanto, laggiù nel piazzale dell’ospedale, l’olandese, stringendo la pipa tra i denti, se la rideva di gusto per la scena, nonostante ora tutti i passanti li osservassero borbottando e indicandoli.
Ciò ovviamente metteva in soggezione Ice più di quanto già non fosse.
-...Scusalo... Insomma, scusala.- borbottò infatti, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni e facendo una smorfia, alzando appena lo sguardo su di lui. -...Nore è un po’... possessivo, con me.-
Jan scrollò le spalle in un gesto che voleva dire “Oh, non preoccuparti!”. Lo sapeva, lo sapeva bene com’era Norvegia. Forse il motivo per cui non andavano così d’accordo era perché erano piuttosto simili. Tranne per il fatto che, ovviamente, Jan sapeva ridere, scherzare ed essere molto più loquace di quello che lui era convito fosse un “norvegese apatico con chiari problemi psicologici”.
Gli porse la mano, aprendosi un un sorriso che sarebbe addirittura potuto sembrare gentile.
-...Vuoi un gelato?-
Ice rispose debolmente al sorriso e, a disagio per gli occhi della gente puntanti addosso, stette ben attento a non lasciarsi tentare dal prenderlo per mano, limitandosi a rispondere:
-...Volentieri.-

FINE VENTITREESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice.
Ho sentito il bisogno fisico di inserire Jan. XD
Jan e Ice? Non potevo non metterli.
Per tutte quelle fangirl del circolo NedIce, liberamente nato grazie ad happylight e la sua Neighborhood (dato che prima di quella fanfiction e, forse forse, di QUEL capitolo di Gutters, Jan non se lo filava nessuno)! <3
E questa rivalità con Nor mi piace.
Insomma, fatevi sapere che ve ne pare di questo 23° capitolo! :D

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Capitolo 24
*** Ventiquattresima parte - Ikea ***


-Jan, io non ci voglio andare all’Ikea.- borbottò a braccia incrociate Islanda, piantato sul divano.
-Ma dai, è una cosa carina, invece. Comprare i mobili da solo mi fa sentire vecchio...- disse l’altro, alzando le spalle e tirando fuori pipa e tabacco dalla tasca.
Ice si alzò dal divano, dirigendosi verso di lui a passo di carica e strappandogli tutto di mano, tornando indietro e sbattendo quella strana pipa e quel fastidioso tabacco sul tavolino prima di sedersi di nuovo, tornando a incrociare le braccia.
-...Ti ho detto di non fumare. Almeno in casa mia.-
Con la mano ancora alzata a mezz’aria, dopo un secondo di sopresa, l’espressione dell’olandese si dischiuse in un sorriso. Camminò lentamente verso il divano e si lasciò cadere affianco a lui con un sospiro, passandogli un braccio attorno alla spalla.
-Oh. Hai ragione.- girò la testa verso Ice con una flemma che fece imbronciare ancora di più il ragazzino. Che aveva in mente? Non gli era bastato qualche mese di uscite con lui per imparare a leggergli nel pensiero.
-Preferisci andare all’Ikea o in camera tua?- gli sussurrò all’orecchio.
-...Scusa?- chiese Ice, incredulo, sperando di aver capito male.
-Suvvia, perché è tanto difficile rispondere? ...Oh, giusto, hai la camera tappezzata di foto di tua sorella gravida, che sbadato.- finì con una risata bassa, battendosi una mano in fronte e scuotendo appena la testa.
Ice avvampò, fissandolo sconvolto.
-E TU CHE NE SAI!?- scattò in piedi, con le guance arrossate, stringendo i pugni e guardandolo negli occhi.
Jan scoppiò a ridere, allungandosi a prendere la pipa appoggiata sul tavolino. –Oh, Ice, mi fai davvero sorridere...-
Si alzò in piedi anche lui, andando alla porta, aprendola e, con un gesto teatrale, invitò il ragazzino ad uscire.
-Ti prometto che mangeremo le polpette. Ti piacciono, no, le polpette dell’Ikea?-
-Taci.- borbottò ostile, tirandogli di proposito una spallata mentre usciva da casa sua.

~~

-Proooonto! Sve! Sì, certo che sono Dan, chi volevi che fosse!? ...Dovrei chiederti un piccolo, piccolissimo favore... Ah, aspetta...- Dan aprì la porta di casa, destreggiandosi tra cellulare, chiavi e borse varie piene di ragali.
Varcò la porta di casa, trovandosi nel salotto. Gli sembrava così vuota e silenziosa, senza la televisione che blaterava tutto il giorno e Nor che si lamentava, attaccandolo in ogni modo possibile.
-...Sì. Sì, dicevo, sai che mi avevi detto che cosa volevo come regalo e io ti avevo detto “niente, tranquillo”? Ecco, scherzavo, ci sarebbe una cosa che puoi fare per me...-
Scoppiò a ridere, appoggiando le borse sul divano e tenendo il cellulare contro l’orecchio grazie alla spalla alzata, mentre con un gesto molto fashion allungava la gamba per chiudere la porta.
-...Un buono sconto per le camerette dell’Ikea, ce la faresti?- sorrise stiracchiandosi un po’, prendendo qualche borsa per volta e iniziando a portarla su per le scale mentre ascoltava la voce di Berwald.
-...Oh, okay, grazie, grazie davvero, a dopo allora!- il suo sorriso si allargò ancora di più e annuì con enfasi, chiudendo la chiamata.
Abbassò la maniglia della porta della con il gomito, aprendola con la spalla.
La stanza davanti alla camera da letto. Ci entrava solo per pulirla (era lui che puliva, ovviamente, non Norvegia...).
Appoggiò le borse per terra e accese la luce.
-Cara stanza degli ospiti, diventerai... “Cameretta”. Sì, devo smontarti tutta, non volermene, ti assicuro che mi ringrazierai. Margrethe è bellissima. Ha i capelli biondo pallido come Norge, anche se di capelli ne ha davvero pochi. Ah, e ha gli occhi blu come i miei. La mia espressione. È strana, somiglia sia a me che a Norge. Non credevo fosse possibile. È davvero bella. Ti piacerà un sacco.-
Mormorò sognante rimboccandosi le maniche, parlando più per fare compagnia a se stesso che non per rivolgersi sul serio alla stanza.
 
Passò le ore seguenti a smontare e spostare tutto. Finì appena in tempo, riuscendo a farsi una doccia prima di sentir suonare il campanello.
Sorrise e saltellò giù per le scale, aprendo la porta.
-Sveee!- aprì le braccia con un sorriso enorme. -...Ah, ti sei portato anche Tino!-
Berwald fece un cenno di saluto e Fin agitò la mano sorridente.
-Giornatina all’Ikea, allora?- il danese battè la mani, prendendo chiavi e portafoglio, uscendo di casa e chiudendo a chiave.
Tino per un attimo fece una smorfia dolorante, trascinandosi verso la macchina.
-IO DAVANTI.- urlò Dan correndo davanti alla portiera del passeggero.
Borbottando con disappunto, Berwald aprì la sua auto. Si chiedeva come potesse essere padre un tizio del genere.
Continuarono a sopportare il ciarlare del danese per tutto il viaggio, con i nervi sempre più a fior di pelle.
Fortuna che non era tanto lontano...

~~

-Jan?- lo chiamò Ice, camminando senza fretta tra le stanzette amorevolmente arredate.
L’altro girò la testa verso di lui con un verso indistinto.
-...Non avresti dovuto ricattarmi ni quel modo. Non è giusto che tu abbia messo il naso in camera mia.-
Jan ridacchiò. -...Scusami, cercavo il bagno.-
Ice gonfiò le guance, girando la testa e facendo finta di essere interessanto ad una libreria tra le tante.
-Posso chiederti perché tutte quelle foto? Io mi sentirei osservato.-
-Lo pensavo anche io, all’inizio. Ma... è una cosa strana.- si portò le mani in tasca, guardandosi i piedi mentre andava avanti, non sapendo neanche dove stesse andando. -...Non si può spiegare. E poi... Mi spiace un po’ per Nor, ecco.-
-Mh? Cielo, solo le mura di quella casa sanno che diavolo è successo...- disse con voce bassa e una risatina roca.
-...Che intendi?- chiese accigliato, fermandosi e alzando lo sguardo su di lui. Non capiva. Cosa voleva che fosse successo? Non ci sono tanti modi per fare bambini.
-Norvegia non è uno sprovveduto. Non si lascia felicemente ingravidare così, di punto in bianco. Non so cosa sia successo, non so davvero immaginarlo, Norvegia mi ha... Deluso.-  rispose semplicemente, quasi sorprendendosi delle proprie parole.
-...Se Nore non avesse voluto, adesso non avrei una nipote.- ribattè gelido, corrucciando la fronte.
-Se Dan non avesse fatto una faccia da cucciolo, convincendola, tu adesso non avresti una nipote.-
-Jan, non ti stai rendendo conto di ciò che stai dicendo! Nore non...!-
-Norvegia non è così tanto bravo come lo fai sembrare.- abbassò la testa, facendo incrontrare i propri occhi verde intenso con i suoi, ametista, scrutandolo con l’espressione di chi la sa lunga.
-Sì che lo è! Anche se è distaccato con chiunque, mentre con me è eccessivamente apprensivo, anche se sembra non avere vie di mezzo, gli voglio bene, anche se... Lui... Anche se lei...-. La voce morì nella gola di Ice, mentre provava con tutto se stesso a difendere la sorella, abbassando il viso, sperando di sparire per troncare quel discorso. Anche implodere non sarebbe stata una cattiva soluzione.
Ci furono dei secondi di silenzio, durante i quali Jan lo scrutò attentamente, immobile.
-...Sei deluso anche tu, principino? Da cosa?- gli sussurrò dopo un po’ con tono strascicato e un sorriso appena accennato, allungando la mano e sfiorandogli il mento con due dita, alzandoglielo lentamente.
-...Pensavo si fidasse abbastanza da dirmelo, no...? Io...- Ice boccheggiò, provando a mantenere un tono normale, non certo così pieno di angoscia.
-...Non volevo scoprirlo con... Delle fotografie.-
-...Ti dà fastidio non essere più nell’allegra famigliola?- buttò lì l’olandese, intuendo in qualche modo lo stato d’animo del ragazzino.
L’altro gli lanciò un’occhiataccia, gonfiando appena il petto. –Sono fiero della mia indipendenza.-
-Ma io parlo al te umano, non al te nazione. Tino e Sve, Peter con loro. Dan e Nor, che ti hanno fatto crescere... Adesso è arrivata pure Margrethe. E tu...?- mormorò, abbastanza forte da farsi sentire ma abbastanza piano da farlo sembrare alle orecchie di Ice un sussurro della propria coscienza.
Islanda, con gli occhi sgranati, sentì qualcosa nel petto strizzarsi e rivoltarsi. Ma cosa diavolo stava dicendo quel...?
Riuscì, in qualche modo, a sostenere lo sguardo dell’olandese per qualche istante prima di rompere la sua espressione in una smorfia e affondare la faccia nel suo petto, stringendogli la giacca.
Ops.
Jan sospirò, dandogli una serie di piccole pacche sulla schiena. Aveva capito che tipo fosse quell’islandese. Non era sua intenzione farlo star male, era solo curioso di sapere se avesse azzeccato. Forse a questo punto la risposta era intuibile.
Stava per aprire di nuovo bocca quando un urlo trapanò i suoi timpani e quelli di tutti i presenti.
-JAAAAAAAAAAAAAAAAAAANNN!-
Vide una figura in camicia rossa corrergli incontro a velocità supersonica.
-Dan?- riuscì a formulare prima di trovarselo a qualche centimetro dal naso, seguito tranquillamente da Finlandia e Svezia.
-MA DAI, sei ancora con Ice, ma che fate sempre insieme!? Meno male che non c’è Norge, sarebbe andata fuori di testa di nuovo, uah!- esclamò con un sorriso esagerato e una risata sgangherata.
Calò il silenzio quando si rese conto che Ice non rispondeva, standosene incollato al petto di Jan.
-...Sta bene?- chiese borbottando, premendo l’indice tra i capelli mordibi di Ice.
Il ragazzino ringhiò, alzando un braccio per mandarlo via, suppur continuando a nascondere il proprio viso contro l’olandese.
Jan alzò un sopracciglio, appoggiando le mani sulle spalle di Islanda, sospirando, prevedendo una grande riflessione sul da farsi. Cosa avrebbe voluto fare Islanda? Questa era una domanda facile. Se fosse stato per lui, avrebbe buttato tutto all’aria e sarebbe scappato via senza troppi complimenti. La vera questione era un’altra: avrebbe dovuto fare la cosa più divertente per se stesso e stare a vedere come si sarebbe evoluta la situazione, o avrebbe dovuto fare la cosa migliore per la mente affaticata di Islanda, ovvero portarlo lontano da Dan?
Si stupì di se stesso. Prese la decisione con una velocità sorprendente, non ci furono pensieri contorti, fu una cosa quasi istintiva.
-Noi dobbiamo andare a mangiare le polpette.-  disse infatti, prendendo per mano il ragazzino e trascinandolo via.
-Ma... Ice... Jan?- balbettò spaesato Danimarca, allungando la mano. –..ABBIAMO COMPRATO LA CAMERETTA PER MARGRETHE!-
Fin scoppiò a ridere e si portò una mano alla bocca, mentre Berwald se ne stava freddamente con le braccia incrociate.
-Quel tipo non mi è mai piaciuto.- borbottò lo svedese, scuotendo appena la testa mentre ricominciava a camminare, passando al fianco di un Dan dal faccino deluso.
-...Sei come Nor, santo cielo, un po’ di fiducia, Jan è una persona d’oro!- esordì pochi secondi più tardi, dopo essersi ripreso.
-Forse non per Ice, non credi?- si intromise Tino, spingendo il danese avanti.
-...Ma figurati! Tra Jan e Ice non può esserci niente, forse Ice vuole... essere un po’ più trasgressivo, frequentandolo?-
-A Nor non piace per niente la questione, vero?- continuò Tino, abbastanza sicuro di conoscere Nor fino a questo punto.
-Vero, ma non diciamogli niente, poi si agita troppo...- sussurrò portandosi l’indice sulla bocca e strizzando l’occhio. -...Facciamo stare tranquilla la nuova mammina, che domani torna a casa.-

FINE VENTIQUATTRESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice.
Awwwn, ditemi che non sono carini...! °-°
In ogni caso, per chi sentisse già la mancanza della nostra neo-mamma: non preoccupatevi, non durerà a lungo, dato che nel prossimo capitolo finalmente Nor tornerà a casa e... Si troverà una bella sorpresina! (che non sarà la cameretta, attenzione!) ;D

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Capitolo 25
*** Venticinquesima parte - Benvenuta a casa ***


Astrid sbattè per l’ennesima volta contro il vetro della finestra prima di ricordarsi che, accidenti, non ci poteva certo passare, che fatina sbadata!
Ridacchiò e tornò a sedersi sul davanzale, mentre le altre fatine volavano indaffarate per tutta la casa assieme alle altre creature magiche, cariche di ogni tipo di frutto di stagione, barattoli di miele, rami rigogliosi e cornucopie.
Quel tizio con i capelli stupidi, mentre smontava la stanza il giorno prima, si era messo a parlare da solo a proposito di una bambina.
In quel momento era diventato tutto chiaro: ecco cos’era quel pancione che aveva Norge, allora!
Era un evento importante, caspita, dovevano festeggiare! Il ragazzo rumoroso era andato a prendere il loro amato Norvegia: quello stesso giorno sarebbe tornato a casa con una nuova vita tra le braccia.
Tutti erano veramente esaltati e ansiosi, avevano deciso di fargli una sorpresa, addobbando la casa a festa e facendogli tanti meravigliosi regali.
Dopotutto, erano stati loro ad accoccolarsi tra i lunghi capelli di Norge mentre piangeva disperata, tanti mesi prima, sussurrandogli canzoni all’orecchio per farla addormentare e rilassarla.
-Berth, non ti appendere al lampadario, muoviti a spostare quel cesto, non vedi che loro non ce la fanno?!- gridò Astrid, rivolta al troll e indicando un gruppetto di fate che si stavano sforzando per alzare un cestino di rami intrecciati pieno di frutti di bosco appena raccolti.
Berth mugugnò qualcosa, scendendo abbacchiato dal suo gioco preferito per alzare senza fatica il regalo ed appoggiarlo sul divano.
Le creaturine più piccole trasportavano con passione e impegno gusci di noce pieni di nettare, distribuendoli nei posti dove, secondo loro, sarebbero saltati più all’occhio.
Chi sapeva volare, appendeva al muro mazzetti di fiori freschi e rametti carichi di foglie, fieri di essere in grado di farlo.
-Norge, Norge!- urlacchiò improvvisamente un nisse, sbattendo più volte i piedi sul davanzale, indicando il vetro della finestra.
Fuori dalla finestra si vedeva la macchina di quel tipo idiota, ma soprattutto, si vedeva la figura del loro Norge che scendeva...
 
-...Siamo a casa!- esordì Dan spegnendo la macchina, aprendo la portiera e correndo giù.
Norvegia, ignorandolo bellamente, fece tutto con grande calma, prendendo dolcemente la bambina e camminando con un vago sorriso che aleggiava sulle labbra mentre si fermava davanti alla porta di casa, girandosi a guardare Dan che raccattava decine di borse dai sedili posteriori della macchina.
-Guarda Margrethe, quell’idiota impacciato è tuo papà, io mi vergognerei un sacco.- mormorò sarcastica, scuotendo appena la testa.
Trascinandosi fino alla porta, Dan riuscì in qualche disperato modo ad infilare la chiave nella serratura.
 –...Siamo a casa, Margrethe. Guarda che bell....-
Aprì la porta.
-...a.-
Nor intravide un cosino luminoso volare a velocità supersonica verso di lei e spiaccicarglisi in faccia, urlando il suo nome.
Sentì le voci acute e le risate di fate e folletti, i mormorii bassi e docili dei troll, e sbattè più volte le palpebre per la sorpresa, indugiando sulle pareti tanto addobbate da sembrare un bosco .

Oh, dal canto suo, Dan boccheggiò, portandosi le mani tra i capelli.
La sua casa. La sua magnifica casa. Che cavolo era...?
Spostò lo sguardo sulla ragazza, che sembrava letteralmente ammaliata da quel che la circondava, e rimase ancora più sconvolto vedendo il suo sguardo perso, un sorriso davvero strano dipinto in faccia e la sua mano alzata a mezz’aria, mentre con l’altra teneva la bambina. Lui non le vedeva, le creature magiche. Non era mai riuscito a vederle, se non qualche troll che aveva deciso di sua spontanea volontà di rendersi visibile al fine di picchiarlo in nome di Norge.
Però non era tanto stupido da non capire che, in quel momento, fatine e simili avevano agghindato la casa a festa e probabilmente le stavano svolazzando attorno allegramente. Si avvicinò ad uno dei cesti visibilmente fatti a mano, notando così i numerosi mucchietti di mezzi gusci di noci pieni di liquidi densi e dorati sparsi per terra, stando attento perciò a non schiacciarli.

-...Per noi...?- mormorò Norvegia, quasi incredula. Zampettò verso il divano, sedendovisi sopra con lentezza e guardando, piena di gratitutine, tutti suoi amichetti che sembravano appena usciti da un libro fantasy. -...Grazie...-
Lei sapeva quanto le fate considerassero importante una nascita . Era qualcosa di talmente esaltante che non avrebbe saputo spiegarlo a qualcun altro: le fate amano i bambini, tutte le crature magiche amano i bambini, è una specie di dogma, un principio, una verità secolare.
Perché sono ancora innocenti e sentono la loro esistenza. Anzi, sono profondamente convinti che esistano.
Quando i bambini non crederanno più a loro, non saranno più bambini, ma se continueranno a crederci, non saranno altro che adulti che non hanno paura di essere considerati strani.
Questo le fate lo adorano.
Non sono molti gli uomini che credono a loro e ai quali perciò si lasciano vedere.

Astrid fluttuò gongolante davanti a Norvegia, che a sua volta le fece un cenno indicando il povero Danimarca, visibilmente a disagio, impalato sul divano affianco a quello sul quale era seduta la ragazza.
Le fatine ridacchiarono tutte, fiondandosi sul ragazzo. Gli batterono le manine davanti al viso, gli tirarono i capelli e gli soffiarono poi sul naso. Dan sussultò e sgranò gli occhi.
Quando volevano, potevano lasciarsi vedere. In genere non lo facevano, oh, no, non lo facevano assolutamente. Sono timide, orgogliose e riservate.
-Le vedi, ora?- chiese Norvegia in un sussurro, portandosi una mano sulla bocca per coprire una risatina compiaciuta. -...Dovrai ricordarti questo momento. Non ti ricapiterà molto facilmente. È un momento importante, Dan.-
Il ragazzo annuì, tenendo a bocca serrata, provando a non lasciar trasparire la sua ben evidente meraviglia di fronte a tutto ciò che si stava muovendo in quella casa che, santo cielo, gli era sempre sembrata tanto intima...

Un folletto raccolse un po’ di quel liquido aureo da dentro una noce e appoggiò le minuscole manine appiccicose sulla fronte di Margrethe, ridacchiando, mentre la bambina muoveva le braccia per aria e apriva la bocca in una smorfia che avrebbe potuto essere interpretata come un tentativo si sorriso.
Nor inclinò la testa, socchiudendo gli occhi e passandogli il dorso della mano sulla guancia.
-Cosa fa, Norge?- mormorò Dan, allungando il collo per vedere bene. -... Qualcosa tipo un rituale?-
La ragazza alzò appena le spalle. –Qualcosa di simile, sì.-
-...È  tanto importante?- chiese di nuovo, curioso, con un sorrisetto in volto, mentre sentiva qualcosa di sbrilluccicoso e ridente sedersi tra i suoi capelli.
-Non ti immagini neanche quanto.- dichiarò l’altra seriamente -Tu non sai quanto valga per loro tutto questo che ci hanno regalato.- continuò con tono pacato, accettando con un inchino della testa qualche frutto di bosco che un nisse le stava offrendo. -...Vedi tutti questi cesti? Probabilmente sono gran parte delle loro scorte. Dovresti dirgli grazie.-
Dan aprì e chiuse la bocca più volte, prima di riuscire a formulare un ringraziamento.
Un troll enorme, alle sue spalle, gli porse un barattolino di miele grande come un ditale da cucito con un espressione veramente gentile in volto, mentre le creaturine minuscole iniziavano a canticchiare qualcosa in una lingua sconosciuta, volando attorno alla bambina e sedendoglisi accanto, carezzandogli le guance rosee e piene.
Danimarca era davvero, davvero ammirato da tutto ciò che stava accadendo. Anche se lui li aveva visti sì e no una mezza dozzina di volte in secoli e secoli passati con Norvegia, quelle creature erano stato così gentili anche con lui.
Sorrise apertamente e passò un braccio attorno alla spalla di Nor.

-Benvenuta a casa, Margrethe.-

FINE VENTICINQUESIMO CAPITOLO!


Angolo autrice.
Al 25° capitolo della fanfiction non avevo ancora inserito alcun elemento magico! Dopotutto, le fatine di Nor ci sono, non potevo sopprimerle completamente e... Quale miglior occasione di questa!?
Sapete, sabato notte sono tornata da una gita in Sicilia durata una settimana...
E ora vi chiedo di perdonarmi, perché vi avviso che mi prenderò una pausa a tempo indeterminato, devo un attimo... Riorganizzare le idee?
Spero vi siate godute il capitolo, fatemi sapere come vi è sembrato! <3

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Capitolo 26
*** Ventiseiesima parte - È qualcosa che gli esseri umani cercano da sempre ***


Letto.
Letto, letto, morbido letto, soffice letto, coperte profumate ma perfettamente vissute.
Nor tirò un lungo sospiro mentre si lasciava cadere con la faccia nel cuscino.
Cuscino, oh, il suo cuscino. Il suo amato cuscino.
Chiuse placidamente le palpebre, facendo finalmente riposare gli occhi crepati dalla stanchezza e dall’astinenza dal caffè, circondati da delle occhiaie spaventose.
Erano passati poco meno di tre mesi, ma le sembrava un anno intero.

Caffè.
Nei momenti liberi non riusciva a pensare ad altro, ma doveva immediatamente sradicare quella tentazione dalla sua mente.
Margrethe non avrebbe mangiato, se lei avesse bevuto il caffè. Fa tanto schifo, il latte, se si bevono o mangiano certe cose? Nor non lo sa, ma sa che, se Margrethe è sofisticata e schizzinosa come lei... Allora sì, il latte avrebbe un gustaccio. In ogni caso.
Ma qualche sacrificio, per quanto difficile, bisognava pur farlo, no?

Si girò a pancia in su, portandosi le mani alle tempie e massaggiandole con un lungo sospiro, sentendo già la pesantezza scivolare tra un sonno ormai imminente.
“Vai a riposarti. Sto un po’ io con lei ~” , le aveva detto Dan con un sorriso enorme, prendendo dolcemente tra le braccia la bambina che agitava le braccine in aria tra vari mugolii.
Doveva ammettere che i primi giorni non si fidava a lasciarla a lui, anche se rimaneva nei paraggi. Santo cielo, Dan fa già abbastanza fatica a badare a se stesso, figuriamoci ad un neonato!
Però non poteva fare altrimenti. Sarebbe impazzita, se avesse fatto tutto da sola. Inoltre, Dan si era rivelato, assieme alle fate, un ottimo compagno di giochi (se non dirattamente un giocattolo) per la bambina. Sembrava che le stesse simpatico, con tutte quelle facce stupide, i capelli altrettanto stupidi che afferrava tra le manine minuscole non appena ne aveva l’occasione, i lunghi discorsi che sicuramente lei non capiva, ma che Dan faceva comunque.
Non avevano mai avuto a che fare con un qualcosa di tanto piccino, per questo erano ancora un po’ impacciati.
Quando avevano trovato Ice tanti secoli fa, era piccolo, sì, ma non così tanto.
Oh, Norvegia se lo ricorda bene, quel giorno. Si ricorda il calore dalla propria pelliccia sulle spalle, le nuvolette di fumo che gli uscivano dalla bocca per il freddo e i lamentosi singhiozzi disperati che gli erano giunti all’orecchio con il vento sferzante e gelido. Si ricorda il fagottino piangente con i capelli color argento nascosto tra le piante, si ricorda il cuore che era sprofondato sotto terra quando aveva incontrato i suoi occhioni ametista, si ricorda che non aveva esitato un attimo a prenderlo con sé e portarlo via. Aveva promesso che niente gli sarebbe mai successo, che sarebbe sempre stato bene, con lui, il suo fratellone, nessuno l’avrebbe mai toccato, nessuno gli avrebbe mai fatto del male, nessuno avrebbe mai portato via da lui il suo piccolo...
-...Ice...- socchiuse un po’ gli occhi, appannati, mormorando con voce impastata la continuazione di quello che era stato un breve sogno.

Ci mise un attimo a collegare il cervello. All’improvviso, si tirò a sedere di scatto, guardando l’orologio.
Quattro ore...? Aveva dormito quattro fottute ore?
Ma Margrethe doveva mangiare ogni tre ore, perché nessuno l’ha chiamata? Perché non aveva pianto, non si era lamentata? Dov’era Dan?
Sentì quasi l’aria mancarle. Santo cielo, e se era successo qualcosa?
Si alzò velocemente in piedi e corse verso la porta.
Perché non sentiva la rumorosa voce di quell’idiota!?
Corse giù per le scale, saltando qualche gradino.
-Dan...?- ansimò con il fiatone, ancora per le scale. Nessuna risposta.
-Dan...!- camminò velocemente verso il divano con il cuore in gola, e...
-...Oh.-
Si sentì piacevolmente alleggerita, mentre il suo battito tornava normale e si diceva di calmarsi.

Danimarca, coricato sul divano, dormiva profondamente, e la bambina distesa placidamente sul suo petto faceva lo stesso.
Nor rimase per un po’ ad osservare quella scena adorabile.
Osservò la bocca socchiusa del danese, l’espressione beata, i suoi capelli sparsi sul cuscino, una mano dietro la nuca e l’altra sul minuscolo piedino della bambina, avvolto in una calzina leggera ricamata.
Quando spostò lo sguardo su Margrethe, le sembrò di vedere un Dan in miniatura, tanto si somigliavano per espressione e atteggiamento, in quel frangente.
Si lasciò sfuggire un sorriso e si chinò lentamente a prendere in braccio la bambina, che si svegliò con un piagnucolio.
-Nnnh?- Dan alzò appena la testa, aprendo pigramente un occhio, mugolando.
-Oh, ben svegliato, aitante padre.- formulò con una nota sarcastica la ragazza, mentre si sedeva sul bordo del divano, spingendo Dan per fargli capire che voleva spazio.
-Nnnh, ciao Norge...- il danese si mise faticosamente su un fianco per permetterle di sedersi, affondando il gomito nel cuscino e tenendosi la testa con la mano. -...Norge, sai, pensavo a una cosa...-
La ragazza, iniziando a dar da mangiare a Margrethe, non disse niente, se non un verso indistinto che significava che Danimarca poteva parlare senza rischio di essere preso a pugni.
-...Norge, hai intenzione di tornare un ragazzo, non è vero?-
Norvegia gli riservò uno sguardo di pietra mentre sentiva la mano dell’altro passare distrattamente tra i lunghi capelli.
-Certo che sì.- rispose con fermezza, spostando gli occhi sulla bambina affamata. -...Quando... quando passeremo dal latte a roba più consistente, si intende.-
-Capisco, sì...-  gli rispose annuendo l’altro, un po’ poco convinto. Nor se ne accorse, e digrignò i denti.
-Non posso rimanere ragazza a vita. Non voglio. Non voglio.- cominciò in tono acido, allontandando la sua mano da lei in modo brusco.
-Davvero, lo capisco, ti do ragione, solo che mi chiedevo...- Dan ritraè la mano, un po’ abbacchiato. –...Cosa le diremo quando sarà grande?-
-La verità.- rispose a denti stretti, alzandosi in piedi, boccheggiando, con gli occhi lucidi. –Credi forse che non le diremo che noi siamo Nazioni, che non crescerà con la consapevolezza di essere diversa dagli altri?-
-...Nor...-
-Credi che, oh, no, non noterà che i suoi genitori non invecchiano? Non possiamo non dirle la verità.-
-Nor...-
-Pensi per caso che non si sentirà a suo agio, ad aspettare fuori dalla sala dei meeting assieme a Sealand, a Ladonia, a Wy, e gli altri? Pensi invece che se la passerebbe bene se la riempissimo di bugie tipo “oh, sì, tu sei umana, sei come tutti gli altri bambini”.-
Nor parlava con voce altalenante, agitata, cullando forse con troppa enfasi la bambina e fissando con gli occhi arrossati il ragazzo che la guardava, un’espressione spaventata che gli aleggiava in volto.
-Norge, dannazione, lasciami parlare e ascoltami...-
-Non sai che Margrethe non è né umana né Nazione, o non ce l’hai ancora ben presente? Margrethe, pur non avendo tutti i nostri problemi, la preoccupazione di avere un intero popolo sulle spalle, non invecchierà oltre un certo limite, come noi. Ti rendi conto? È qualcosa che gli esseri umani cercano da sempre, Dan. La spensieratezza di un essere umano comune e le caratteristiche di una Nazione. È l’esistenza migliore che si possa desiderare, deve esserne consapevole, non puoi dirle che...-
-Norvegia!- Dan si alzò in piedi, gridando, prendendola per le spalle e scuotendola con forza. –Smettila, riprenditi, ho capito, stai tranquilla!-
La ragazza smise di parlare, esaminando i suoi occhi  con i propri, di ghiaccio, sgranati e scettici, interrompendo di cullare la bambina che si era già riaddormentata e girandosi di schiena per andarsene dalla stanza.
-Nor... Mantieni la calma. Ho capito. – continuò il danese, abbassando la voce, sorridendo e seguendola su per le scale. –Ti avevo solo chiesto una cosa, non c’è bisogno di scaldarsi, okay?-
La ragazza appoggiò Margrethe nel suo lettino, appoggiando poi le mani sulle sponde di legno. Il ragazzo l’abbracciò da dietro, passandole le mani sul ventre.
 Nor stette in silenzio, corrucciando appena la fronte e stirando la bocca in una smorfia.
-...Ti ricordi quando ti sei svegliata che eri donna? È quasi un anno, eh...- ridacchiò Danimarca, respirando con lentezza il profumo dolce dei suoi capelli.
-...E abbiamo fatto l’amore una volta. Oh, no, scusami, non abbiamo fatto l’amore, abbiamo fatto sesso. Una volta. Una dannata volta. Io me lo ricordo appena e tu non te lo ricordi neanche.- sussurrò piano, vicino al suo orecchio, abbassando piano la testa e poggiando ripetutamente le labbra socchiuse sul suo collo in una serie di baci caldi.
Nor gemette piano, colta di sorpresa, socchiudendo gli occhi e inclinando la testa di lato. Oh, non che a lei non fosse mancato, anzi. Era strano pensare che fosse passato così tanto tempo. Avrebbe voluto strattonarlo per il colletto e buttarlo sul letto, spogliarlo senza fretta, godendosi ogni contimetro di pelle scoperta, fare l’amore finchè non sarebbero crollati, fargli sentire che sì, lo ama, lo ama da impazzire, per tutto quello che aveva fatto, che stava facendo e che avrebbe fatto, per quello, per tutto.
Ma la sua già bassa incoscienza se n’era definitivamente andata da quando era diventata una ragazza, facendo sembrare il sesso qualcosa di quasi terrificante. Per questo aveva un po’ di paura.
Paura che non sarebbero riusciti a controllarsi. Perché loro sono così, sono troppo passionali.
Beh, però è una paura davvero stupida, pensando che, dannazione, sarebbe bastato un fottuto contraccettivo.

-Sono già stata irresponsabile una volta, Dan.-
Danimarca ghignò, scuotendo piano la testa e facendo scivolare le sue mani per il corpo sinuoso.
-Norge, Norge, e io non sono tanto inutile. A volte compro anche cose utili, sai...-
La ragazza girò la testa, guardandolo da sopra la sua spalla con gli occhi pressoché increduli, portando una mano dietro al suo collo e facendo incontrare le loro bocche già dischiuse e umide.
...Oh, allora poteva mandare tutto al diavolo e staccare per un po’?
Dan rispose al bacio, con il cuore gonfio di gioia, sollevandola da terra e stringendola forte contro di sé, sentendo le sue gambe stringersi attorno ai fianchi e le mani aggrapparsi in modo quasi disperato alla camicia.

FINE VENTISEIESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice.
Come annunciato su Facebook: ALLA FACCIA DELLA PAUSA! Sono tornata più carica di prima ed ho un sacco di csoe da dirvi!
Ci stiamo forse avviando verso la fine? Sì, è ufficiale. Finirò al capitolo 28.
Ovvero, il prossimo sarà il penultimo. °A°
Ah, oggi sono in vena di dolcezze, quindi vi dirò una cosa che avrei dovuto dire molto tempo fa, oltre che un semplice grazie: insomma, voglio dirvi che io sarei veramente depressa se non ci foste voi, lettori, ad incitarmi con le vostre recensioni. Anche se alcune recensitrici me le sono misteriosamente persa per strada (°D°), altre mi si sono aggiunte (TheJolly, che ultimamente mi recensisce sempre i capitoli, grazie grazie! <3), e altre ancora sono mie seguaci fin dagli ancestrali principi, come la mia amatissima, simpaticissima, adoratissima happylight <333 *lancia bacini e complimenti*
Quindi, grazie di cuore, perché io penso tutto il giorno a cosa scrivere per far felice sia la mia mente di fangirl sia voi lettrici (/lettori?)

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Capitolo 27
*** Ventisettesima parte - Rinforzare le cuciture ***


Perché non baciarlo, anche solo per una volta? Una volta. Una volta, che male c’è...?

Ice lo pensava insistentemente da chissà quanti giorni ormai, e ora scrutava Jan con la coda dell’occhio, fingendo di essere disinteressato ad ogni suo movimento e incentrando tutta la sua attenzione su quel maledetto cono gelato che, povero Islanda, gli si stava letteralmente squagliando tra le mani.

I due stavano aspettando tranquillamente Danimarca e Norvegia, seduti comodamente sulla panchina del parco, resa ombrosa da un grande albero alle loro spalle, dove si erano dati appuntamento.
Appuntamento?
Islanda, dopo averci meditato su un po’, era arrivato alla egoistica e maliziosa conclusione che... Sì, un appuntamento nel senso più sentimentale del termine poteva davvero esserlo, finchè fossero rimasti solo lui e l’olandese.

Jan accarezzò piano la testolina argentata del ragazzino affianco a lui, sorridendogli e osservandolo mangiare con calma il suo gelato alla stracciatella.
Era tanto carino, pensava, mentre Islanda acchiappava al volo un rivolo di gelato sciolto lungo il cono.
-...Non mi guardare.- mormorò scocciato il ragazzino, girando il viso dalla parte opposta, passandosi il dorso della mano sulla bocca. –Sono già abbastanza agitato. L’allegra famigliola è in ritardo.-
Jan sghignazzò divertito, sfregandosi la guancia mentre scuoteva la testa -...Ti agiti se ti guardo? Siamo messi male.-
Islanda incassò la testa tra le spalle, arrossendo appena e porgendogli il cono gelato. –...To’, finiscilo tu, non mi va più.-
-Ah, grazie, ormai si può bere.- esclamò sarcastico l’altro, prendendolo in mano e finendolo in metà del tempo che Islanda aveva impiegato per mangiarne una piccola parte.
-...Vuoi il cono?- gli chiese, staccandone un pezzo e sventolandoglielo sotto il naso.
-Nnh...-
Islanda mugolò, sporgendo appena il collo e acchiappando al volo la cialda con la bocca, sgranocchiandola con gusto direttamente dalla mano di Jan.
-...Come un gatto rosicchia qualcosa di invitante, tipo la manica del padrone, mh?- sghignazzò l’olandese, appoggiandogli poi la mano sulla guancia e ripulendolo da qualche briciola.
Ice lo guardò per qualche secondo, deglutendo.
Ossevò le iridi verdi e intense, osservò la cicatrice sulla sua fronte, indugiò sulla strana piega che prendeva la sua bocca quando sorrideva.
La sua bocca...?
In qualche misterioso modo, Jan lo faceva stare meglio, lo faceva stare bene, lo alleggeriva e sapeva sempre cosa fare, al contrario di lui che era un eterno indeciso.
Il tempo di elaborare questi due fugaci pensieri che già si era sporto verso di lui, inclinando la testa e premendo con un velo di esitazione le labbra sulle sue, per poi chiudere gli occhi e farsi piccolo piccolo, avvolto in abbraccio che arrivò quasi subito, dopo quel secondo di sorpresa.
Appoggiò lentamente, quasi tremante, le dita fredde sulle sue guance, sentendo il bacio più profondo e il cuore che avrebbe potuto uscirgli dalla cassa toracica e saltare in giro per il parco per ore.
Santo cielo, Ice si sentiva così inesperto nel baciare un ragazzo, così imbarazzato, ma così felice che sarebbe potuto restare lì per sempre, tre le braccia rassicuranti di chi sapeva perfettamente di cosa lui aveva davvero bisogno.
Sussultò sentendo una sua mano passare tra i capelli e fare una leggera pressione sulla nuca, un invito a non scappare e rimanere lì con lui ancora, almeno per un po’.
Sorrise appena nel bacio.
No, non se ne sarebbe andato...
 
Improvvisamente, un urlo decisamente fastidioso trapanò loro le orecchie.
 
-RAAAAAGAZZ.... Oh, ops.-
 
Entrambi sobbalzarono e si allontanarono l’uno dall’altro, Ice ritrasse immadiatamente le mani e sentì un groppo in gola, mentre si girava a disagio a vedere da dove provenisse quella –purtroppo- inconfondibile voce.
-...Ciao, Dan.- disse Jan, come se non fosse successo niente (ma come faceva!?), rivolgendogli però un sorriso più ampio del solito.
Il danese si avvicinava a passo spedito, spingendo un’amabile carrozzina, seguito a ruota da Norvegia, che si stava visibilmente  trattenendo dal commettere un olandesicidio.
-...Oh...Oh, ho interrotto qualcosa...?- biascicò Dan, ridendo nervosamente.
Ice sentì il cuore mancare un battito, incrociando lo sguardo piatto e segretamente furibondo della sorella, che lo stava fissando con la stessa espressione di quando un genitore che ti vuole far capire “con te facciamo i conti dopo”.

Oh, avrebbe davvero voluto sprofondare sotto terra.

-No.- rispose alla domanda di Danimarca con un flebile filo di voce, non riuscendo a distogliere gli occhi tremanti da Nor.
Era bella. Molto bella. Per qualche motivo, più del solito, con quella coda di cavallo alta e morbida, lunga, ondeggiante, le incorniciava i lineamenti fini e chiari, senza essere troppo pallidi.
Si incantò a fissarla, finchè non si mosse e si sedette proprio in mezzo ai due ragazzi, in modo da tenerli ben divisi.
-Dunque, di cosa ci volevi parlare, Ice?- tagliò corto la ragazza, apparentemente calma, cullando appena la carrozzina con una mano.
-Oh, sì, ecco, io...- cominciò titubante, gesticolando un po’ e cercando con lo sguardo l’aiuto di Jan.
-Lui vuole darvi una cosa.- disse infatti, senza mezzi termini, mentre si accendeva una sigaretta e faceva un po’ di spazio per far sedere Dan.
-Io... Sì.- balbettò Ice, frugando con le guance imporporate nella sua borsa a tracolla ed estraendone un album, per porgerlo poi a Norvegia. -...Penso... Sì. Sì, ecco. È un pensierino, nulla di che.-
La ragazza lo prese delicatamente tra le mani, osservando per un po’, fredda e impassibile, la copertina rossa con un'etichetta di cartoncino sopra la quale vi era scritto a lettere ricamate “Noregur og Danmörk á níu mánuðum”.
Lo aprì lentamente.
Sgranò gli occhi, vedendo una fotografia di lei sdraiata sul divano, mentre mangiava un pezzo di formaggio, persa nella televisione.
-...Tu...?- sfogliò le pagine rigide dell’album. Quattro fotografie incollate su ogni pagina, tutte perfettamente nitide e ognuna diversa dall’altra. -...Cosa...?-
Fotografie che ripercorrevano le emozioni e le impressioni provate nei nove mesi trascorsi ad aspettare Margrethe, tra momenti di crisi e attimi di tenerezza; fotografie che avevano fermato il tempo in un istante preciso, immortalando chiaramente espressione e sensazione in modo perfetto. Una deliziosa raccolta di ricordi che adesso sarebbero stati davvero, davvero indelebili.
-Ice, ma sono bellissime...!- disse il danese con voce forse troppo alta, un’espressione piacevolmente sorpresa e stupida in volto.
-Non ti immagini quante ne aveva, abbiamo dovuto scartarne un mucchio...- affermò Jan con una risata bassa, incrociando le braccia al petto.
Nor richiuse l’album delle fotografie con un rumore secco, e in pochi secondi Ice si ritrovò stretto nel secondo abbraccio sincero della giornata.

Jan tirò un sospiro. In realtà, era stato lui ad avere l’idea.
Aveva preso due piccioni con una fava, eliminando così tutte quelle foto dalla camera di Ice e nel frattempo aveva ricucito per bene un rapporto familiare. Oh meglio, non è che l’aveva proprio “ricucito”.
Diciamo che aveva “rinforzato le cuciture”, sì.
Islanda passò ripetutamente la mano sulla schiena della sorella, sorridendo mentre lei affondava la testa nell’incavo tra la sua spalla e il collo, le braccia attorno al suo petto, provando a dire un “grazie” che fu interrotto da un mugolio infastidito proveniente dalla carrozzina.

Dan rise sommessamente, prendendo Margrethe con dolcezza e sollevandola.
-Ice, vuoi provare a tenerla un po’?- chiese, strizzandogli l’occhio mentre la bambina sbatacchiava ripetutamente la manina contro il suo petto.
Il ragazzino raddrizzò la schiena, boccheggiando appena, ma annuendo.
-Ecco, guarda, devi tenere una mano qui... Sì. Bravo, ottimo, uh, io ci ho messo giorni, cosa cavolo sei, una tata sotto mentite spoglie?- si complimentò con lui Danimarca, mentre si perdeva nei suoi discorsi inutili e mostrava la corretta posizione ad un Ice molto in soggezione, ma decisamente delicato e docile.

Il ragazzino guardò la bambina sgambettante negli occhi, e vide che erano proprio come quelli di Dan, i lineamenti dolci come quelli di Nore.
Le sorrise, sentendo il cuore sciogliersi, sfiorandole la guancia con il dorso della mano e posandole un bacio in fronte.
Buttò anche un’occhiata a sua sorella, che aveva ripreso a sfogliare l’album ed era arrivata ormai all’ultima pagina, dove c’era la loro dedica.
“con affetto, Ice e Jan.”
Scrutò la sua espressione, e capì che con ogni probabilità l’aveva già perdonato per aver baciato quell’olandese.
Sapeva, nel profondo del suo essere, che sarebbero stati veramente una bella famiglia.

Di nuovo.

FINE VENTISETTESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice.
Per chi se lo chiedesse, Noregur og Danmörk á níu mánuðum significa Norvegia e Danimarca in nove mesi. :3
Dunque, che ne pensate di questo penultimo capitolo? ;u;
Awwn, il mio cuoricino fa fatica a dire “penultimo” çAç
Perché significa che il prossimo sarà l’ultimo, già. *asciuga lacrimuccia* ç__ç
Ma io direi di sorridere, perché è stato un viaggio indimenticabile(?)! :D
Vi avviso già che il prossimo capitolo sarà un epilogo, per l’esattezza.
Faremo un bel salto temporale per vedere come i nostri amati personaggi si saranno evoluti nel passare del tempo che, inesorabilmente, scorre per tutti.
Insomma, un capitolo conclusivo assolutamente da non perdere! :D
Un bacione a tutti!

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Capitolo 28
*** Ventottesima parte - Epilogo ***



Margrethe socchiuse gli occhi. Ci mise un po’ ad aprirli del tutto e a collegare il cervello.
Si tirò a sedere e si stropicciò la faccia, stringendo uno delle decine e decine di coniglietti di peluche che invadevano letteralmente la sua camera.
Saltò giù dal letto con un sorriso e già che andava da un orecchio all’altro, prese un bel respiro e zampettò fino alla porta.
Uscì dalla stanza, attraversò il corridoio e aprì piano l’uscio della camera dei suoi genitori, fiocamente illuminata dagli spifferi di luce che entravano dalle persiane.
Ghignò appena, lasciando adare lentamente la maniglia della porta semiaperta.
-Far, pappa!- Margrethe saltò nel lettone, entusiasta, posizionandosi tra le due Nazioni mezze addormentate e scrollandole. –Pappa, far, oggi avete il meeting, suvvia, un po’ di svegliume!-
Norvegia sbadigliò rumorosamente, girandosi su se stesso e lasciando, assonnato, un bacio tra i capelli scompigliati della bambina.
-...Svegliume...?- borbottò Dan, aprendo appena un occhio e fregandosi l’altro con una mano. -...Esiste questa parola?-
Margrethe rise di gusto, prendendo la sua mano grande e appoggiandola sulla sua guancia morbida. –Sai che giorno è oggi, vero far?- mormorò a bassa voce, con un sorriso enorme.
-...No, che giorno è?- mentì, facendo una finta espressione sorpresa. -...Tu sai che giorno è, Norge?-
L’altro, che si era già alzato dal letto, traballante, sorrise sotto i baffi, reggendo il gioco a Dan. –Sedici maggio.-
-Grazie, lo sapevo anche io...! Sii più specifico, pappa!-
-Il giorno del meeting?- continuò alzando le spalle, provando a nascondere un piccolo ghigno.
-MA DAI, voi due mi fate davvero esasperare...!- La bambina gonfiò le guance, tirando una serie di piccoli pugni sul petto di Danimarca. –No, dai che sapete che giorno è, ditelo!-
-Giorno prima del compleanno di Norge?- azzardò Dan, ricevandosi un’occhiataccia dalla bambina, che sbuffò scocciata. –No, ma dai, ci sei quasi...!-
Norvegia fissò l’orologio. –Giorno che tu vada, come il resto degli altri noiosi giorni, a scuola?-
Dan scoppiò a ridere e fece le labbra a cuoricino, portandosi le mani dietro alla nuca.
-Okay, okay... Se dico che giorno è me lo dai un bacio?-
Margrethe si illuminò, cominciando a saltellare sul posto, esaltata. –Sì, sì, dillo, dillo!-
-Buon compleanno, ‘Grethe!- Norvegia lo battè sul tempo, buttando in malo modo un cuscino in faccia a Danimarca con la sua solita espressione piatta, ma con uno sbrilluccichio speciale negli occhi, aspettando pazientemente in piedi sul fondo del letto che la bambina arrivasse, carponi carponi, e che si aggrappasse a lui come un koala.
Nor sorrise, stringendola affettuosamente e dondolandola.
-Ma... ma... E io!?- Danimarca uggiolò disperato, sporgendo il labbro inferiore e facendo gli occhi da cucciolo mentre allargava le braccia.
Con un urletto emozionato, la piccola corse verso di lui, posando amorevolmente le labbra sulle sue mentre l’altro la stringeva forte, sollevandola e facendola rotolare con lui nel letto.
-Gaaah, far, mi stritoliiii!-
-...Dan, piantala. Margrethe, diamoci una mossa che devi andare a scuo...-
-PAPPA, TI PREGO, POSSO VENIRE CON VOI?- la bambina lo interruppe, congiungendo le mani davanti a sé e facendo un’espressione terribilmente simile a quella di Dan quando lo scongiurava in ginocchio.
Nor aprì la bocca per rispondere che no, non poteva andare con loro, ma sarebbe dovuta andare a scuola come tutti gli altri giorni da brava bambina di sette anni. Tuttavia l’altro ragazzo, steso nel letto, prese in braccio la bambina come se non fosse pesata niente e corse fuori dalla camera al grido di:
-CERTO CHE SÌ, ANIMIAMO UN PO’ QUESTE TEDIOSE RIUNIONI!-
-FAAAAR, cosa vuol dire “tediose”?-
-Non lo so, ma una volta l’ho sentito dire da Nor, lui sa tante parole strane, uh uh uh.-
Norvegia sospirò, seguendoli lentamente mentre trascinava le ciabatte sul parquet.
Per una volta, si diceva, poteva anche starsene a casa da scuola. Una riunione valeva come tre giorni di studio, avrebbe potuto imparare tante cose...!
Ah, scoppiò a ridere nella sua testa per quel pensiero molto, molto –estremamente!- positivo, e molto, molto poco realistico.
 
~~~
 
Non appena l’auto si fermò, Margrethe aprì la portiera e si precipitò giù, correndo verso il portone d’entrata. Vi si fermò davanti, portando le braccia dietro la schiena e girando la testa, aspettando che i suoi papà arrivassero con calma.
-Pappa, secondo te sto bene?- sorrise, osservando sognante il suo vestitino migliore, mentre due fossette si fecero spazio sulle guance appena imporporate.
–Certo che sì, perché me lo chied...?-
Non appena Danimarca si decise ad aprire la porta, la bambina filò lungo il corridoio, non lasciando nemmeno il tempo a Nor di finire la frase.
-Onkel!- pigolò, correndo tra le braccia di Jan, che quasi sussultò per la sorpresa.
-‘Grethe, auguri...!- le disse Islanda, che se ne stava in piedi affianco a lui, accarezzandole piano i capelli morbidi e facendo un cenno di saluto a Danimarca e Norvegia, per poi tornare a guardarela bambina che affondava la faccia nel cappotto di Jan.
–...Ma come siamo eleganti. – le disse l’olandese con un sorriso, prendendola in braccio.
-Grazie...- La bambina arrossì, sorridendo imbarazzata. –Mi sono vestita da grande per voi, eh.-
-Oh, ormai hai sette anni, sei una signorina.-
-Hai già salutato Tino e Berwald?-
La bambina scosse semplicemente la testa, osservando di sfuggita Norvegia e Inghilterra che si scambiavano uno sguardo strano, che lei non seppe proprio riconoscere, ma era certa che non fosse del tutto amichevole...
 
~~~
 
-Sì!-
-No!-
-Sì!-
-No Peter, no!- esordì con voce più forte del solito la bambina, sbattendo i piedi.
-Perché non puoi diventare mia moglie!?- chiese stizzito, tirandole il fiocco tra i capelli biondi.
- Perchè tu sei un maschietto, mentre io sono una femminuccia, ecco perché!-  sbottò l’altra, scostando le mani indesiderate dalla sua bella testolina.
-Ma Margrethe, questa non è una scusa, marito e moglie sono maschio e femmina...!-
-Ma Berwald dice che Tino è sua moglie...! E anche se far e pappa non lo dicono, sono sicurissima che sono marito e moglie: vivono assieme e sono tanto innamorati! Anche onkel Ice sta sempre a tenersi per mano con Jan e lo bacia tanto tanto. E sono maschietti, no? Come la metti adesso, sapientone?- asserì Margrethe, convinta dei suoi ideali e delle sue teorie.
-Vuoi dire che anche i tuoi compagni a scuola hanno genitori maschi?- chiese il bambino, alzando un sopracciglio, scettico.
La bambina serrò la bocca e corrucciò la fronte. Ehi, non ci aveva mai pensato...
-Ma due maschietti non posso avere bambini.-  continuò, annuendo con il capo e incrociando le braccia, soddisfatto di essere riuscito a zittirla.
Margrethe fece una smorfia, tirandogli un ceffone sulla testa. –COSA VORRESTI DIRE!? Far e Pappa sono i miei genitori!-
Peter si spiaccicò una mano in faccia, sospirando pesantemente. Okay, okay, quella bambina gli piaceva per qualche strano motivo, ma era parecchio strana. Avrebbe dovuto insegnargli tante cose.
-...Ah, e poi saresti troppo vecchio per me.- mormorò con fare altezzoso la bambina, sfarfallando una mano in aria e passandogli affianco, dirigendosi verso la porta delle riunioni che si stava aprendo,  cercando con lo sguardo i suoi genitori.
 
~~~
 
- Margrethe, ti sei divertita?- gli chiese Danimarca quando finalmente riuscirono ad uscire dall’edificio, dopo aver salutato tutti ed essere rimasti a parlare per un bel po’, portando svariate borse piene di regalini.
-Oh, sì, Peter è tanto strano, ma Wy è simpatica e si vede che mi vuole bene.-
Norvegia si trattenne dal ridere. Santo cielo, era talmente strano pensache che, se non ci fossero state quelle due pesti, lei non sarebbe neanche esistita.
-Pappa, posso chiederti una cosa?-  domandò improvvisamente, guardando seria il volto di Norvegia
Nor le si accucciò davanti, passando accuratamente una mano sulla vestina a stampa scozzese, per togliere le pieghe.
-Ovviamente.-
-...Peter dice che marito e moglie sono maschio e femmina e che due maschietti non posso avere dei bambini. Ma voi avete me, quindi è davvero impossibile che Peter dica cose vere. Gliel’ho detto, ma lui non mi crede!-
Sul volto di Dan si dipinse un sorrisone e compiaciuto, mentre la faccia di Norvegia rimase gelida. La bambina, notandolo, continuò il suo discorso, sebbene un po’ titubante:
-Pappa... Io ho pensato e... Insomma, mi è venuto un piccolo dubbio... C’è un album di foto, a casa, dove tu hai i capelli lunghi lunghi e... Cioè, sembri davvero una femmina, e hai una pancia grande grande. Che... che cos’è?-
Norvegia fremette, aggiustandole il fiocco tra i capelli e sentendosi improvvisamente la gola secca.
Dan ridacchiò e porse la mano alla bambina. Lei la prese, continuando a guardarli incuriosita, mentre tutti e tre cominciavano ad incamminarsi verso la macchina.
-...Devi sapere, Margrethe, che quando due persone si vogliono tanto bene...-
Dan iniziò un discorso decisamente inopportuno che fu stroncato sul nascere da una forte gomitata nel fianco da parte di Norvegia.
 
-Vedi... Te lo spiego quando abbiamo un po’ più di tempo, okay?-
-...Pappa, non so perché ma ho l’impressione che me lo ripeterai anche nei prossimi anni...-


Dan scoppiò a ridere per l’ottima previsione della figlia, sporgendosi verso Norvegia e stampandogli un bacio sulla guancia arrossita, per poi sospirare sognante.
 
-...Oh, Margrethe.-




 

FINE.





 
Note:
Far: “papà”, in danese.
Pappa: “papà”, in norvegese (sì, pensare che Nor si farà chiamare a vita “Pappa” è esilarante, ma non l’ho inventato io il norvegese! XD)
Margrethe, giustamente, chiama i suoi due papà con l’appellativo papà (you don’t say!). Solo che per Dan usa il termine danese e per Norge quello norvegese. Così riesce a distinguerli, è un genio quella bambina! XD
Onkel: "zio" sia in danese che in norvegese
 

Un grazie enorme e un bacione a:
-Chi ha messo la storia tra le preferite...
adrienne riordan
Annie Roxane Jackson

chibimal
Fuiuki
happylight
Kaida_ _ _
KawaiiBonBon
kumiko095
Moetrollice
N o r w a y
RobyInWonderland

TheJolly

Yuki_987

 
-Chi ha messo la storia tra le seguite...
chiaravittoriavargas
Dark Marianne
Fallin
GillyChan
Kaichan__
KayeJ
LaCCC
La_Marie
Matryoshka
Mistake
Niniel Virgo
Pomela
red soul
SFLind
vully
Yuki_987
 
-Chi ha recensito i capitoli...
Bazylyk19
happylight
Kaida_ _ _
LaCCC
SFLind
Aoi
adrienne riordan
TheJolly
_Valchiria_
vully
Moetrollice
 
-Chi recensirà questo capitolo! <3

-Chi ha semplicemente letto e si è divertito! :D
 
Grazie mille per avermi seguita in questa fanfiction che è stata, in qualche modo, il mio piccolo capolavoro, dato che è stata la mia prima vera long. <3
Era partita come una fic comica, ma di comico ha mantenuto solo pochi momenti, andando avanti con i capitoli.
Comunque, sappiate che mi sono divertita tantissimo e impegnata a fondo a scriverla, spero vi abbia suscitato emozioni di ogni tipo, perché credo sia l’ispirazione di ogni lettore scrivere storie che suscitino sensazioni in chi legge.
Ancora grazie a tutte/i.

Milla Chan.

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