Le due Luci

di Feade
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Laurelin ***
Capitolo 2: *** Il Sogno di Laurelin ***
Capitolo 3: *** Telperion ***
Capitolo 4: *** Il viaggio ***
Capitolo 5: *** I due elfi da Tol Falas ***
Capitolo 6: *** Imladris e il Consiglio ***
Capitolo 7: *** I balrog avanzano ***
Capitolo 8: *** L'inizio di un viaggio ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: ................. ***



Capitolo 1
*** Laurelin ***


1

Ti amo

Il racconto di Laurelin e Telperion

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Ciao a tutti mi presento, sono Feade! Visto che non siete tonte credo che abbiate capito che sono nuova da queste parti e che questa e la mia prima fanfic! Per cui siate clementi, per favore.

 

Il primo capitolo forse è un po’ lungo, ma il bello (secondo il mio autorevolissimo parere) viene dopo.

Cioè una mia amica ne ha già letto un pezzo e la trova fantastica, ma sapete come sono le amiche……!

 

Quindi confido in voi, nei vostri commenti e in Legolas, che non c’entra niente però è figo! Certo non che Aragorn sia da meno. Ma lasciando perdere queste cose………vi saluto e vi invito a esclamare con me: <> J ciao.

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Laurelin

 

- Ti amo! -

Voleva porgli alcune domande, ma dalla sua bocca non uscivano suoni.

- Ti amo! -

“Perché non riesco a parlargli?” pensò fra se: per lei il bisogno di risposte era assillante.

- Ti amo! -

Non riusciva a rispondergli e, con la voce che finì in un’eco, urlò invano: “Come ti chiami, chiami, chiami, chiami…..”

- Svegliatevi mia signora, svegliatevi! -

- Eryn, Eryn dov’è quell’elfo, l’elfo che mi ha detto…… -

- Cosa le ha detto mia signora? -

- Niente……niente Eryn, lascia stare, era solo un sogno. -

 

Laurelin, così si chiamava la dama della baia del Belfalas, come l’albero della Luna a Valinor, il cui nome significa “canto d’oro”. Il suo nome rispecchiava la limpidezza, la bellezza, la dolcezza della sua voce che solo l’antica Luthien Tinuviel poteva superare.

La fama della sua voce era arrivata sino ai confini di Valinor, ma nessuno, tranne i Valar e alcuni elfi, l’aveva mai sentita, per cui rimase una leggenda.

Laurelin viveva solitaria con la sua ancella, nonché amica, Eryn. La sua solitudine era dovuta al fatto che i suoi genitori, entrambi della casata dei Lindar (“cantori”: Teleri), volevano tenerla con loro e prima di morire la segregarono sulla costa della baia, a sud di Dol Amroth, che delimitarono con una barriera invisibile e insuperabile da lei e da esseri maligni, dove rimase rinchiusa per ben 2000 anni cosicché non potesse correre pericoli.

La sua storia col tempo si trasformò in favola e da favola in leggenda e molti abitanti della Terra di Mezzo compirono lunghi viaggi alla ricerca della fanciulla prigioniera; molti di loro sostenevano di averla vista e la descrivevano come un candido angelo dalle immense ali bianche o come una fattucchiera che attirava le sue vittime col suo canto.

Ma tutto ciò non era vero. I suoi capelli erano biondi come l’oro, la sua pelle candida come la schiuma delle onde che s’infrangono sulle scogliere, i suoi occhi sembravano aver catturato la luce dei due alberi dell’isola obliata, la sua figura esile ricordava i giovani salici che si tendono dolcemente verso l’acqua e la luce che emanava era come il sole nell’oscurità; tutto questo aveva un prezzo: lei era come il cristallo, bastava un solo tocco per deturpare quel perfetto quadro di eterea bellezza.

Eppure in quei giorni la luce dei suoi occhi era diminuita; la sua anima era triste, si sentiva sola con le sue abitudini troppo monotone anche se piacevoli.

Laurelin, sulle spiagge della baia, soleva cantare storie antiche con animali di ogni genere: pesci mai visti, con colori simili all’argento e all’oro, guizzavano allegri nell’acqua, la quale venne chiamata dall’elfa, Nen Celeb cioè “acqua d’argento”; uccelli variopinti cinguettavano motivetti allegri e gli alberi rendevano l’atmosfera fresca con un leggero frusciar di foglie; a seguito di una pioggia il frusciare lasciava cadere leggere gocce d’acqua che, accarezzate da sottili raggi solari, creavano una cortina di luce dai riflessi dorati. Anche Eryn accompagnava i canti, ma la sua voce, seppur dolce e melodiosa, non eguagliava quella della sua signora.

 

Nonostante tutto Laurelin sentiva l’impellente bisogno di andarsene, di uscire da quella prigione invisibile.

- Mia madre disse prima di morire: “Nessuno ti farà del male finché questa barriera ti proteggerà. La barriera verrà infranta……….”; sono sicura che il resto della frase conteneva la soluzione per distruggere la barriera, purtroppo non ricordo quelle parole. -

- Non ti preoccupare, troverai la soluzione a questo tuo enigma! - interloquì Elatan, - Noi elfi di Tol Falas ti aiuteremo e non ti abbandoneremo mai, sei come una figlia per noi. -

- Grazie senza il vostro aiuto non ce l’avrei mai fatta a resistere. -

- Ti ricordi quando ti abbiamo trovata, per caso, nel bosco? -

- Si, mi avete puntato gli archi contro credendo che fossi una preda - rise dolcemente.

- Tu piangevi  perché eri spaventata e sola, eri ancora piccola! -

- Poi tu mi presi in braccio e io cominciai a tirarti i capelli perché volevo difendermi e…… -

- Ti addormentasti tra le mie braccia. Comunque eri brava a tirare i capelli, avevi una forza incredibile per la tua età! -

- Scusa, ma tu cosa avresti fatto se un gruppo di venti elfi sconosciuti ti avessero puntato contro gli archi nell’azione di colpirti?! Poi mi spaventai ancora di più quando tentasti di portarmi via  dalla baia. -

- Mi dispiace, ma non potevo saperlo. Quando salii sull’imbarcazione tu mi cadesti dalle braccia come se ci fosse stato un muro; solo allora capii che la tua esistenza era segnata da un sortilegio. -

- Non scorderò mai quello che vidi al contatto con la barriera: morte e distruzione. Ma li c’eri tu: una luce nell’oscurità; così cantai. -

- Da quel giorno non ti abbiamo mai abbandonata! Tentammo di tutto per distruggere quel muro, ma non ci riuscì nemmeno Mithrandir. -

-Forse dovrei smettere di sognare e convincermi che sono destinata a questa prigione invisibile. -

- Non dire così, non pensarlo neanche: non devi smettere di sperare! -

Le baciò la fronte come un padre alla sua figlia, le sorrise teneramente e lentamente si diresse verso la spiaggia.

 

Elatan era il capo degli elfi della vicina isola di Tol Falas, dalla quale molti di essi portavano viveri e doni per Laurelin che in cambio li deliziava col suo canto. Lui era molto attaccato all’isola fin dai tempi antichi (era figlio di un Primo Nato) e a tutti gli elfi nati lì. Inoltre conosceva ogni segreto dell’isola.

Molte volte lei aveva chiesto di raccontarle come fosse l’isola e la descrizione era sempre la stessa, ma non le importava, le bastava sognare.

Così ogni volta Elatan diceva:

-Tol Falas ha tre punte sulle quali ci sono altrettanti porti: a sud ovest Dinlond, “porto silenzioso”, ormai in disuso perché affacciato sul mare esterno dove navighiamo molto raramente e dal quale un giorno partiremo per l’Isola Perduta; a sud Eldalond, “porto delle stelle”, dov’è situata la torre osservatrice dalla quale si può ammirare lo splendore della volta celeste notturna; a nord Alqualonde, “porto dei cigni”, in memoria dell’antico porto dei Teleri in Aman. L’isola è circondata da spiagge con una sabbia bianca e fine, simile a minuscoli diamanti che, per i suoi riflessi cristallini, poniamo su oggetti, gioielli e armi; nell’entroterra collinare crescono prati di un verde rigoglioso e una piccola foresta di salici, Taur Tathren “foresta del salice”, dove gli elfi dell’isola, elfi Sindar o Teleri, si ritirano spesso per meditare (il che può durare per intere settimane) oppure per chiedere o dare consigli agli Ent nati lì.

A Tol Falas non esiste una città, anzi la città è Tol Falas stessa: noi elfi abbiamo costruito le nostre case  in luoghi diversi dell’isola, per cui non c’è un posto con un’alta concentrazione di abitazioni e di conseguenza non c’è una città. Le nostre case sono esternamente piccole ma dentro, come per magia, direbbero gli uomini della Terra di Mezzo, sono talmente spaziose da ospitare comodamente tre famiglie di elfi. Nelle case l’atmosfera è calma e gioiosa allo stesso tempo, si medita e si gioca e la sera, nella stanza del fuoco, nel cui camino arde una fiamma eterna ed eterea, si narra e canta di tempi antichi, gloriosi eroi, storie d’amore, di solitudine che parlano di elfi, mezz’elfi, uomini, mezz’uomini, Valar e, molto raramente, dei nani. Questa atmosfera ricorda, volutamente, la piccola casa del gioco perduto, “Mar vanwa tyalieva”, di cui si ricorda una poesia che descrive la spensieratezza di quel posto a Tol Eressea:

 

“Un tempo sapevamo quella terra, Tu e Io,                                  

    e una volta là vagando siamo andati                                           

nei lunghi giorni da lungo tempo nell’ oblìo                                  

    una bimba bruna, un bimbo con i capelli dorati.                       

Forse per i sentieri del pensiero al focolare                                       

    nella stagione fredda e bianca,                                                  

o nelle ore intessute di blu crepuscolare                                       

di piccoli letti presto rimboccati                                                   

d’ estate nella notte stanca,                                                         

nel Dormire tu e io viaggiammo sicuri                                               

    e là ci siamo incontrati,                                                           

sulla vestina bianca i tuoi capelli scuri                                       

    e i miei biondi arruffati?                                                      

                                                                                      

Camminavamo timidi per mano,                                                 

in sabbia d’ oro tracce di bambino,                                                     

raccoglievamo perle e conchiglie nei secchielli                              

e tutt’ intorno cantavano gli uccelli,                                           

    gli usignoli in alto tra le fronde.                                                   

Scavammo a cercare argento con le pale

Cogliendo scintillii di sponde,

poi corremmo a riva lungo ogni radura erbosa

per scoprire la tiepida viuzza tortuosa

che ora non sappiamo più trovare,

    tra gli alti alberi e il loro sussurrare.

 

Non era notte, non era giorno compiuto,

ma un crepuscolo perpetuo di luci soffuse

quando la prima volta allo sguardo si dischiuse

    la Casa Piccina del Gioco Perduto.

Pur vecchissima, appena innalzata,

bianca, e il tetto di paglia dorata

    con i trafori di grate per spiare

        che guardavano verso il mare;

c’eran la nostre aiuole di bambini,

i non -  ti - scordar che ornano i giardini,

margherite rosse, senape e crescione,

    e ravanelli per il tè…

Là tutti i lati, adorni di bosso,

erano colmi dei fiori preferiti: il flogo,

il lupino, il garofano e l’ altea,

    sotto un albero di maggio rosso;

la gente invadeva i giardini

e parlava i propri linguaggi bambini,

    ma non con Me e Te.

 

Perché certi, con argentei innaffiatoi,

    si bagnavano le vesti tutte intere

o spruzzavano gli altri; alcuni poi,

per costruire case, città piccole o dimore

    negli alberi, stendevano il progetto.

Certi si arrampicavano sul tetto;

altri cantavano, soli e isolati; o in tondo

qualcuno danzava i cerchi delle fate,

avvolto in ghirlande di margherite

    e c’ era chi stava in inchino profondo

dinanzi a un piccolo re che di bianco s’ abbigliava,

la corona di calendule; e cantava

    le strofe di tanto tempo fa…

Ma due piccoli bimbi affiancati,

teste vicine, capelli mescolati, 

    camminavano qua e là

per mano ancora; e quanto tra loro si diceva

prima del Risveglio, che separarli doveva,” ……-

-……”solo noi conosciamo, ora e qua.”- diceva l’elfa accompagnando la voce di Elatan.

 

Poi l’elfo proseguiva:

- Noi di Tol Falas svolgiamo ogni lavoro possibile e immaginabile, ma siamo soprattutto portati per la navigazione e la fabbricazione di oggetti che mirano ad eguagliare i Silmarilli ormai perduti.

La vita è calma, forse troppo monotona, di sicuro l’ideale per la nostra stirpe anche se quest’ultima anela sempre di più all’isola persa di Valinor, dove un tempo crescevano rigogliosi i due alberi del Sole e della Luna.-

 

Era incredibile come quell’elfo descrivesse l’isola; se qualcuno non l’avesse mai vista si sarebbe immaginato un paradiso e così era.

Purtroppo Laurelin era una di quei “qualcuno” che non l’avevano mai vista.

E continuava a pensarci: lei era costretta ad osservare quella splendida isola dalle rive della baia ogni giorno, ne conosceva tutti i vari profili e le diverse ombre che si spostavano durante il giorno a celare alcuni suoi angoli; non ce la faceva più.

Quei 2000 anni che per gli elfi erano passati con immensa velocità, per lei erano stati lunghi e interminabili……eterni come lei stessa.

 

- Elatan - chiamò singhiozzando, - Elatan, ti prego, aspetta. -

L’elfo quasi arrivato alla barca si voltò.

Si accorse della strana reazione della ragazza e corse da lei.

Inginocchiandosi l’abbracciò e lei si rannicchiò contro il suo petto.

- Laurelin, piccola…… -

- Ti prego Elatan, non lasciarmi. - disse mentre il pianto diventava più violento e il suo corpo veniva scosso dai singhiozzi, - Ho paura! Non voglio rimanere sola; sono stanca di rimanere rinchiusa in questo posto. Resta per favore, resta! -

Rimase tra le braccia dell’elfo, che in tutta la sua lunga vita non aveva mai visto piangere così uno della sua stessa razza.

Il pianto diminuì

- Resta. - sussurrò.

Elatan sospirò tristemente.

- Non ti lascerò - disse alzandosi e prendendola in braccio.

Guardò il cielo stellato.

- Questa notte starò con te e Eryn - le sussurrò.

- Grazie. - disse in un sospiro addormentandosi.

Elatan chiamò uno dei tre elfi che lo stavano aspettando alla barca.

- Avvisa mia moglie che tornerò domani, lei capirà. -

- sarà fatto. -

Gli elfi salutarono il loro capo e partirono alla volta di Tol Falas.

 

Elatan portò Laurelin fino alla casetta e la depose sul letto.

Eryn, che non aveva assistito all’accaduto, lo guardò interrogativamente.

- Resterò con voi questa notte. - disse con un cenno del capo verso l’elfa addormentata.

Eryn annuì.

- Puoi dormire nel mio letto. - disse.

- No, grazie. Io resto accanto a Laurelin. - disse cercando qualcosa da mettere sul pavimento per stendersi.

L’elfa sorrise.

- Aspetta. - sparì nella stanza adiacente e ricomparì con quattro coperte.

L’elfo era dubbioso.

- Quattro? - chiese.

- Certo: due per sdraiarsi, una come cuscino e una come coperta! Io penso a tutto! - disse sottovoce per non disturbare la ragazza.

Eryn andò a dormire nella sua stanza augurando la buona notte.

Elatan si preparò il giaciglio accanto al letto di Laurelin e vi si stese sopra prendendo la mano di lei nella sua.

L’amica di Laurelin fece capolino dalla porta. Sorrise e la richiuse.

Laurelin sognò.

 

 

CONTINUA……

 

COMMENTATE!!!!!!!!!!!!!!!

Please! Si ammetto che questo capitolo è un po’ noioso, ma i prossimi sono un pò più…………………….OK!

Secondo il mio parere.

Ma, vedete voi………..CIAO!

 

 

 

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Capitolo 2
*** Il Sogno di Laurelin ***


Il sogno di Laurelin

Il sogno di Laurelin

 

Il sogno era sempre lo stesso.

 

“Ti amo!”

 

E lei non riusciva mai a rispondere a quell’elfo che le si dichiarava.

 

La sua espressione supplichevole le spezzava il cuore.

 

Ma questa volta riusciva ad avvicinarsi a lui.

 

Non poteva crederci.

 

Finalmente poteva toccarlo. (non fraintendete!!!!! NdFeade)

 

Era ad un passo da lui.

 

Allungò una mano e…………

 

“Nooooooo” esclamò.

 

Una fiamma aveva avvolto la figura dell’elfo facendola svanire.

 

Un’altra immagine prese posto prepotentemente nella testa dell’elfa: un’isola sotto un cielo limpido, Tol Falas, ne era certa.

 

L’isola venne avvolta dalle fiamme come l’elfo, ma al contrario della prima immagine essa non scomparve.

 

Tol Falas stava veramente bruciando.

 

Poi visi……visi di elfi impegnati a combattere contro orde di esseri maligni.

 

Tutte le figure apparivano in un cerchio di fuoco caldo, ustionante.

 

Lei guardava e, come in ogni suo sogno, non poteva intervenire.

 

 

Si agitò nel letto e cominciò a respirare affannosamente.

 

 

Immagini di distruzione continuavano a susseguirsi.

 

Sangue, cadaveri e case distrutte o alle quali veniva appiccato il fuoco sfrecciavano nella mente di Laurelin.

 

Velocemente, ancora più velocemente fino a diventare quasi indefinibili.

 

La testa le stava scoppiando.

 

Un occhio infuocato.

 

 

- Noooooooooo! - urlò mettendosi a sedere, il petto che si alzava e abbassava freneticamente.

Elatan si svegliò sorpreso stringendo la mano di Laurelin.

- Che succede? - chiese Eryn mentre concitata entrava nella stanza.

 

La ragazza tacque.

Si passò una mano sul viso abbassando il capo.

Era solo un sogno e…………

 

- Odore di fumo… - disse tra sé e sé.

 

Spalancò gli occhi.

 

- Tol Falas! -

 

Si alzò dal letto, scansò Eryn e corse fuori dalla casa fino alla spiaggia della baia.

 

Guardò in direzione dell’isola.

 

Nel frattempo Elatan ed Eryn raggiunsero l’elfa immobile.

Sorpresi dal suo comportamento cercarono di chiamarla.

Lei alzò un braccio dritto davanti a se indicando il mare.

 

Gli occhi di Elatan si spalancarono lentamente.

 

Eryn venne scossa da un brivido e cadde in ginocchio.

 

Il mare era tinto di rosso.

 

- Non………non è possibile! - balbettò Elatan.

 

L’isola era in fiamme.

 

CONTINUA……

 

 

Dalla mostruosa lunghezza esasperante del primo capitolo, alla cortezza impressionante del secondo capitolo.

Spero non crediate io sia pazza. (Io lo penso!! N.d.FeadecioèIo)

CIAO

Feade

 

 

 

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Capitolo 3
*** Telperion ***


3° CAPITOLO: Telperion

3° CAPITOLO: Telperion

 

- Ti amo -

Perché non risponde…

- Ti amo -

Perché non posso sentirti, tu parli e io non ti sento…

- Ti amo -

Sto svelandoti il mio amore per te……no non andartene, non andartene, andartene, andartene, andartene….                                                                                    - Telperion non gridare, comunque non me ne vado! –

Sbatté le palpebre, mettendo a fuoco il luogo:

- Era solo un sogno? Non è possibile! Era così reale e lei…così bella. –

Una figura comparve sopra di lui:

- Oh no, è impazzito; ti senti bene? Sentiamo se sei malato. -

- Piantala non sono malato, non posso esserlo, sono un elfo! Sto benissimo e tu non ti fai mai gli affari tuoi, vero Legolas?! -

- Mi piace farmi gli affari degli altri, si scoprono tante cose delle quali non avresti mai saputo niente. -

- Anche a me piace impicciarmi degli affari altrui e conosco molte cose su di te. Come quella volta che per vedere Dol Guldur hai messo il sonnifero nel vino di nostro padre, il re Thranduil, perché non ti fermasse e, anche,…… -

Legolas gli tappò la bocca con la mano.

- Zitto non voglio che mi scoprano adesso, lo sai che nostro padre non è clemente; non è che io non mi fidi di te e degli altri, però…… -

- Non ti preoccupare, noi non tradiamo il nostro principe, il nostro miglior amico. - disse uno dei tre elfi che accompagnavano Legolas e Telperion.

- Non temete, mi fido ciecamente di voi, però,……non chiamatemi più principe, mi fa sentire vincolato da dei doveri precisi.

- Va bene,……”principe” - disse Telperion con un’espressione di sfida sul volto.

- Che cosa hai detto?! Fatti avanti, atterrami se ci riesci! - ribatté Legolas con la medesima espressione.

Entrambi, con una velocità incredibile, cominciarono il “combattimento”.

I tre elfi assistevano alla scena; uno di essi con un’espressione di preoccupazione sul volto disse:

 - È sempre la stessa storia, uno dei due incita l’altro e poi finiscono sempre col combattere; sono irrecuperabili! -

- Secondo te chi vince questa volta? Sembrano entrambi in piena forma. - disse un altro.

- È difficile prevedere chi dei due ne uscirà vittorioso; in ogni modo è sempre piacevole vedere i più veloci elfi di Bosco Atro combattere! - rispose il terzo, - In più sono fratelli! -

Telperion si bloccò, un’espressione triste crebbe sul suo volto; Legolas accortosi dell’improvviso del cambiamento di Telperion si arrestò.

- Cosa hai? Telperion stai bene? Fratello mio rispondi. -

Come se la parola “fratello” gli avesse inflitto una grave ferita, Telperion cadde a terra; con lo sguardo cercò Legolas, come in cerca di un appiglio al quale sostenersi, e con voce sommessa disse: - Non sono tuo fratello, sono solo il tuo fratellastro. -

- Anche se ciò è vero io ti voglio bene più di un fratello, sei il mio fratellino!- lo abbracciò, - Cosa diranno a palazzo quando sapranno che hai pianto per una cosa del genere?! -

- Ehi, io non ho pianto! - ribatté Telperion inarcando un sopracciglio.

Ci fu un attimo di silenzio, poi entrambi scoppiarono a ridere mentre i tre elfi che assistevano rimasero immobili per lo stupore.

Telperion era il figlio adottivo di Thranduil, venne portato a Bosco Atro da Mithrandir, il quale aveva allevato la madre del bimbo dandole il nome della sua spada: Glamdring; infatti sua madre era un’orfana di origine Sindar.

Il padre era, invece, un Galadhrim; si chiamava Elentirmo “osservatore di stelle” perché il suo sguardo era sempre rivolto alle stelle. Entrambi i genitori di Telperion morirono ed affidarono il figlio allo stregone grigio, salvandogli, così, la vita.

Telperion era uno degli elfi più belli e veniva paragonato, come Legolas, a uno dei Luminosi, i primi nati.

Aveva capelli biondi lunghi e ben curati (come ogni elfo che si rispetti), i suoi occhi era come perle azzurre che rispecchiavano il candido colore del cielo limpido.

Insieme a Legolas, era uno dei più alti della sua stirpe; era agile e pieno di vitalità, con un rapido movimento tendeva il suo arco e con eleganza scoccava una freccia della quale si poteva udire il sibilo, me che agli occhi, escludendo quelli elfico, era invisibile tanto era veloce.

Il suo nome, Telperion, era lo stesso nome dell’albero del Sole a Valinor.

Telperion era munito di un arco dei Galadhrim, il popolo di Lothlorien, donatogli da Mithrandir in ricordo del padre; la sua faretra bianca, finemente decorata con rune elfiche in oro, conteneva frecce dalla punte argentate; alla cintura, raffigurante motivi vegetali ricamati con fili d’oro, erano appesi due pugnali in avorio di fattura Sindarin, sulle cui lame e impugnature erano incise con l’oro le medesime rune eliche della faretra, le quali tradotte nella Lingua Corrente significano: “Ci sarà sempre luce anche nell’oscurità più profonda”. Vestiva con un abito verde e dorato che ricordava la sua discendenza da due stirpi di elfi: Sindar e Galadhrim; l’abito, pur essendo molto leggero, riscaldava pienamente nelle stagioni fredde, inoltre gli permetteva di confondersi con la natura grazie ai riflessi creati dal tessuto elfico.

 

La compagnia era appena partita dalla dimora degli elfi di Bosco Atro.

I cinque erano diretti a Imladris perché Legolas era stato convocato per partecipare ad un consiglio indetto da Sire Elrond.

Erano tutti intorno al fuoco silenziosi.

Le fiamme ardevano vivaci e danzavano dolcemente negli occhi degli elfi. Quegli occhi che avevano veduto troppe cose per poterle raccontare tutte..

Ognuno era assorto nei propri pensieri.

Legolas si distese appoggiandosi sul tronco, le mani unite dietro il capo.

Chiuse gli occhi tentando di scacciare i pensieri che gli affollavano la mente: affrontare il consiglio non sarebbe stato semplice. Quel Gollum aveva causato l’ira di suo padre, re Thranduil, che l’aveva congedato senza un sorriso o un gesto di affetto.

Diede un calcio ad un rametto che andò a finire tra le braci.

I suoi compagni non si scomposero, sapevano il motivo di quella tensione.

Telperion fissò intensamente le fiamme portando le mani davanti ad esse.

Quel calore che le fiamme gli donavano era lo stesso che provava ogni giorno da quando era arrivato a Bosco Atro: quando Legolas gli sorrideva, quando lo prendeva in giro; quando suo “padre” gli parlava con parole affettuose. Quelle parole che la mattina stessa aveva negato a suo fratello.

Il tepore solleticava i suoi palmi.

Aveva paura di abbandonare i suoi cari e, soprattutto, Legolas.

Ma quel calore che provava quando sognava la sua elfa era unico, indescrivibile.

Corrucciò lo sguardo, era turbato da quelle visioni che non sapeva riconoscere come veritiere o erronee, frutto della sua fantasia.

 

Legolas notò lo stato d’animo di Telperion.

- Che succede, Telperion? -

I tre elfi si voltarono verso il loro principe interrogativamente.

Telperion ritirò le mani dal fuoco e si voltò confuso verso il fratello.

- Io, non lo so………………il calore del fuoco……… -

- Ti ascolto. -

- Questo calore……è lo stesso che sento quando mi stai vicino…….ma…….. -

Legolas sorrise: solo suo fratello sapeva parlargli così facendogli dimenticare i suoi problemi.

- Ma? - chiese uno dei tre elfi.

- Ma non è lo stesso che sento quando c’è lei………. -

- Se non ne vuoi parlare…….. -

- Lei è come una fiamma. - lo interruppe Telperion, - Una fiamma che arde nel mio petto, che mi brucia lasciandomi arido e anelante acqua. Così il suo fuoco si trasforma in chiara, limpida, fresca acqua che colma la mia sete di affetto. Lei mi annulla, rendendomi il tutto. Lei…… - Telperion chiuse gli occhi, - …è solo un sogno che tale rimarrà lasciandomi incompleto, come perennemente assopito. -

Legolas si rialzò incuriosito.

- Vuoi dire che non l’hai mai vista? -

Telperion annuì.

Un altro fece per parlare, ma Legolas alzò una mano bloccandolo.

Il principe si distese.

Gli altri quattro elfi si rilassarono cercando di addormentarsi.

Nessuno parlò più.

 

CONTINUA…

 

 

Hi, magnifici lettori!

Questi primi capitoli sono un po’ lentucci, ma vi prometto che i prossimi saranno moooolto più belli.

(Ah, ah, ah, ah!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! N.d. lettori) (grazie della fiducia! L N.d.Fea).

Ah, volevo avvisarvi che Legolas non è il protagonista di questa storia, ma dato che mettere un personaggio è obbligatorio, ho dovuto per forza mettere lui……..quindi, Sorry!!!!!!! 

Cmq spero che qualcuno continui a leggerla. Mi ha fatto mui piacere sapere che qualcuno ha tentato l’impresa kamikaze di leggere il primo capitolo…………….apprezzo il sacrificio e l’impegno.

(che autolesionista, ti stai autocriticando!! N.d.OminodelcervellodiFeade)

Ringrazio il mio Omino per il commento e invito tutti a commentare, commentare e commentare.

…………….

Ho già detto Commentare??

CIAO

Feade

 

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Capitolo 4
*** Il viaggio ***


4° CAPITOLO: Il viaggio di Telperion

4° CAPITOLO: Il viaggio

 

Alla mattina i cinque elfi fecero i bagagli e partirono a cavallo sulla Via Silvana.

Procedevano lentamente, non avevano fretta: erano in anticipo.

Le foglie dai colori autunnali cadevano lentamente al suolo ricoprendo la terra umida.

Una foglia s’impigliò tra i capelli di Telperion.

L’elfo la prese delicatamente per non spezzarla.

Era una piccola foglia rossa con sfumature gialle.

La mise nella sacca da viaggio come ricordo del suo bosco.

Legolas sorrise a quel gesto. Gli piaceva l’innocenza del fratello. Inoltre quel giorno Telperion era felice, aveva dimenticato la sera precedente.

Così intonò un canto musicato da lui e da suo fratello, che vi aggiunse la sua voce.

 

Ilu Ilùvatar en càre Eldain a Fìrimoin ar antaròta mannar Valion: nùmessier.

Toi aina, màna, meldielto – enga Morion: talantie. Alcar Mardello lende: màrie.

En càrielto eldain Isil, hildin Ùr-anar.

Toi ìrimar. Ilyain antalto annar lestanen Ilùvatàren. Ilu vanya, fanya, eari, i-mar, ar ilqua ìmen. Ìrima ye Nùmenor.

Nan ùye sére indoninya sìmen, ullume; ten sì ye tyelma, yéva tyel ar inarquelion ìre ilqua yéva nòtina, hostaniéva, allume: annata ùva tàre fàrea, ufàrea!

Man tàre antàva nin Ilùvatar, Ilùvatar, enyàre tar i tyel, ìre Anarinya queluva?

 

Cioè

 

Ilùvatar creò questo Mondo per gli Elfi e gli Uomini e li mise tra le mani dei Potenti: essi stanno nell’Ovest. Sono santi, benedetti, amati – tranne il Nero: egli è caduto. Alcar è stato gettato fuori del Mondo: ciò è bene. Per Elfi hanno fatto la Luna, per gli uomini il caldo Sole. Sono belli, loro. A tutti essi [i Potenti] diedero in misura eguale i doni di Ilùvatar. Il Mondo è bello, il cielo, i mari, la terra e tutto ciò che vi si trova. Nùmenor è bella ma il mio cuore non soggiornerà mai più qui; poiché vi è una finalità e vi sarà una fine e una decrepitezza, quando tutto sarà stato finalmente contato e numerato, ma non sarà abbastanza. Padre, oh Padre, che cosa mi darai in quel giorno dopo la fine, quando il mio Sole impallidirà?

 

Appena fu pronunciata l’ultima parola, Legolas trasse un sospiro.

- La fine……chissà quando avverrà?! Chissà se noi riusciremo a vederla o se le armi e il dolore avranno il sopravvento sulla nostra immortalità. -

Nel gruppo cadde il silenzio, quando una voce rauca e maligna gridò:

- Ho io la risposta al tuo enigma elfo, la fine potrai vederla prima di quanto non immagini. - la creatura scagliò una freccia che sfiorò, ferendo, il viso di Telperion.

- Non hai una bella mira chiunque tu…… - non riuscì a terminare la frase che la creatura cadde a terra senza vita.

- Un orchetto…comunque, Legolas, potevi farmi finire la frase - disse Telperion voltandosi; in quel preciso istante un altro orchetto stava per ferire Legolas. Telperion con uno scatto scagliò una freccia contro il nemico, Legolas, intuendo le intenzioni di suo fratello, si girò abbassandosi ed estraendo i due pugnali dalla sua faretra li conficcò nel fianco della bestia. L’orchetto si ritrovò morto con una freccia al cuore e due pugnalate nel fianco senza accorgersene tanto velocemente i due compirono l’azione.

- Sì! - gridarono in coro i due fratelli.

- Un’imboscata! - gridò uno dei tre elfi dopo la sorpresa per la celerità dei due.

Non passò che qualche minuto che la compagnia aveva già ucciso tutto il plotone orchesco.

Gli elfi rinfoderarono le armi e recuperarono le frecce.

- Si può sapere dove li vanno a prendere degli orchetti così lenti e deboli? – esclamò Telperion estraendo una freccia da un orco, - Credo comunque che non saranno i soli da queste parti. Quindi ci conviene muoverci se non vogliamo avere contrattempi e arrivare tardi al consiglio che, mi sembra, dia già problemi di per sé. – concluse dando un’occhiata a Legolas.

Quest’ultimo non aveva ascoltato una sola parola di quello che aveva detto suo fratello. Si era voltato verso la sua sacca appesa alla sella del cavallo e vi aveva estratto una boccetta.

- Legolas che stai………? -

- Ti hanno ferito. - rispose interrompendolo.

- Dove scusami? -

- Il viso! -

Telperion si toccò una guancia. Un leggero rivolo di sangue vi scendeva.

- Oh, ma non è…… - tentò di dire Telperion.

- Certo che è! Fermo che ti metto questo unguento. –

Telperion non ribatté consapevole che Legolas non l’avrebbe ascoltato.

L’elfo lo curò delicatamente.

- Dai, basta Legolas, non muoio dissanguato! -

- Non capisci niente! -

- Certo che capisco, piantala! -

- Non darmi ordini! Hai 2888 anni, 43 meno di me! -

- Sarai più grande di età ma non di cervello! –

- Cosa?! –

- Ragazzi calma. – intervenne uno dei tre elfi.

I due fratelli lo trafissero con lo sguardo.

- io…….non………cioè…… -

Gli atri scoppiarono a ridere.

 

Legolas mise via gli unguenti e salì a cavallo.

- Dobbiamo andare ora: probabilmente troveremo altri impicci lungo la strada. -

I quattro elfi saltarono in groppa ai loro destrieri.

Partirono al galoppo con in testa Legolas che si era fatto serio.

Dopo un’ora di viaggio erano nei pressi dell’Anduin.

I pensieri di Telperion erano rivolti a Imladris: non aveva mai visto quella dimora elfica.

Raggiunse Legolas.

- Legolas – disse ad alta voce per sovrastare lo zoccolio, - senti com’è Imladris, non l’ho mai visto. -

- Beh, ……è un bel posto. – disse chinato sul collo del cavallo.

- Ho intuito anch’io che è un bel posto, non penso che Elrond vivrebbe in una topaia. –

Legolas frenò il suo cavallo costringendo gli altri a fermarsi e scoppiò a ridere.

- Scusa ero assorto nei miei pensieri e non ti stavo ascoltando. Ti va se te ne parlo sulle rive dell’Anduin? Ci accampiamo li. -

- Certo, basta che te ne ricordi. –

- Hai la mia parola –

- Ah, allora…….! –

- È la parola di un futuro re elfico! –

- Appunto Legolas, FUTURO! –

- Telperion galoppa prima che ti trafigga con tutte le mie frecce. –

Telperion partì al galoppo sorridendo.

I cinque cavalieri galopparono mentre la luce del sole si spengeva all’orizzonte. I deboli raggi del sole creavano, sui loro fluenti capelli dorati, rossi riflessi come fiamme vivaci.

A qualche miglio da loro intravidero il grande fiume.

Spronarono i loro cavalli, ansiosi di riposarsi e di far riposare i loro fedeli destrieri.

 

Erano appena smontati da cavallo sulle rive del fiume e si stavano rinfrescando.

Telperion vide suo fratello al suo fianco chino sull’acqua e assorto nei suoi pensieri.

SCIAFF!

- Per tutti i Valar dannato di un fratello! -

Telperion approfittando del momento propizio aveva spinto suo fratello nel fiume.

Telperion venne preso da un attacco di riso che si protrasse a lungo nel vedere Legolas con i capelli per aria, tutto bagnato.

I tre elfi erano rimasti basiti con un mezzo sorriso stampato sulle labbra.

Legolas si rialzò furente.

Uscì dall’acqua.

- Io ora termino la tua vita su questa terra! Scappa perché ti giuro che non mi freno! -

Telperion rideva.

- Mi hai capito? -

Telperion rideva.

- TELPERION! -

- S…scusa Legolas…ah, ah……hai……hai…- scoppiò a ridere.

- Cos’ho Telperion? –

- Hai……hai… -

Legolas gli tirò uno schiaffo.

- …un ciuffo in piedi! -

Legolas si toccò i capelli. Cercò di trattenere una risata, ma scoppiò inesorabilmente anche lui.

 

Si erano divisi i compiti: uno andava a prendere la legna e accendeva il falò, un altro andava a cacciare, un altro ancora foraggiava i cavalli, Legolas si cambiava i vestiti fradici mettendoli ad asciugare e Telperion…………rideva.

Era ormai buio e la luce del falò, come la sera precedente, riscaldava i loro animi.

Questa volta nessuno parlò, scelsero i turni di guardia e andarono a dormire.

Il primo turno toccò a Telperion per aver spinto suo fratello in acqua.

Era seduto su di una roccia vicino al bosco. Guardava attento ogni onda che si creava sulla superficie dell’acqua. Percepiva ogni singolo movimento e rumore della foresta. Percepiva le anime dei suoi compagni perdersi in lontani ricordi di tempi passati.

Percepiva la voce del vento che gli sussurrava incessantemente che tutto ciò che vive è un dono.

Percepiva il suo cuore battere con il battito della terra, battere con il battito del fiume, battere come il battito di…………..

- Passi? -

Si voltò veloce impugnando i suoi due pugnali.

Si arrampicò veloce e silenzioso su di un albero.

I passi si fecero più vicini.

Si fermarono.

Telperion osservò la figura.

L’ombra si chinò su Legolas spostandogli una ciocca di capelli dal viso.

Telperion saltò giù dall’albero e con un movimento felino bloccò le braccia alla figura.

- Fermo o ti uccido. -

- Cosa credi di fare elfo contro di me? – disse dimenandosi.

- La tua presunzione si manifesta quando sei in netto svantaggio rispetto al tu avversario. – osservò Telperion.

- No, ero obiettivo! Un elfo gracilino come te……-

Telperion gli passò un braccio intorno al collo e strinse.

- Ok, ok! Ho capito! Mi ero sbagliato! -

L’elfo non mollò la presa.

L’uomo chiuse gli occhi attendendo una mossa da parte del suo aggressore.

Una risata cristallina lo scosse.

Telperion liberò l’uomo.

Quest’ultimo lo guardò interrogativo.

- Non volevi……? -

- Ucciderti? - chiese Telperion.

L’uomo annuì.

- Perché avrei dovuto? Hai solo spostato una ciocca di capelli dal viso di mio fratello. -

L’uomo era ancora confuso.

L’elfo gli sorrise.

- Vieni siediti accanto al fuoco che così posso osservarti meglio. -

La figura seguì l’elfo.

Il fuoco li separava.

- Mi presento. Il mio nome è Telperion, secondogenito di re Thranduil del bosco alle tue spalle. -

- Il mio nome è Boromir, primogenito del sovrintendente di Gondor. –

- Cosa ci fai da queste parti? –

- Sono stato convocato ad un consiglio a Gran Burrone. –

- Ah, lo stesso vale per noi! –

- Che argomento porterai al consiglio? –

L’uomo rimase in silenzio.

- il mio paese è continuamente, assiduamente attaccato da Mordor e…… -

Telperion lo fissò e vi lesse tristezza e angoscia, ma tutto cambiava subito in speranza frammista e paura.

L’elfo venne subito attratto dall’animo di quell’uomo. Così impenetrabile, tormentato, confuso.

Decise di non svegliare i compagni, avrebbe proseguito il turno per tutta la notte parlando con l’uomo.

 

Il sole spuntò tingendo d’oro le foglie di Bosco Atro.

I raggi solleticavano i bei visi degli elfi che si svegliarono riposati dalla lunga dormita.

Legolas aprì gli occhi e si trovò di fronte il viso di un uomo ai capelli rossicci.

D’istinto estrasse il pugnale e glielo porto alla gola.

L’uomo si svegliò di soprassalto.

- Di giorno o di notte mi ritrovo sempre con un elfo che minaccia di uccidermi! - si lamentò.

Legolas lo fissò interrogativo.

Telperion si accucciò alle spalle di legolas e gli toccò la spalla con un dito.

L’elfo si girò.

- Buon giorno fratellone! Lui è Boromir di Gondor! -

Legolas rimise via il pugnale e sospirò.

 

CONTINUA……..

 

 

Ciao.

Si, è vero devo dire che in questo capitolo Telperion sembra un po’ pirla, ma serve per risollevare di spirito la storia visto che dopo non è allegrissima.

Spero che questa storia vi stia piacendo.

COMMENTATE!!!

Feade

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** I due elfi da Tol Falas ***


5° CAPITOLO: I due elfi da Tol Falas

5° CAPITOLO: I due elfi da Tol Falas

 

I tre elfi erano ancora immobili a fissare l’isola in fiamme.

Il fumo si alzava dai porti; le navi incendiate affondavano.

Eryn era sconvolta tanto da non riuscire ad alzarsi in piedi.

Laurelin non riusciva a staccare lo sguardo da quella visione orribile.

- Elatan? -

L’elfa non ottenne risposta.

- Elatan che significa? Perché….non….Come….? -

Non sapeva neanche cosa dire, come esprimere il suo sgomento.

Inaspettatamente le labbra di Elatan si mossero in un lieve sussurro.

- Non posso aiutarli. -

Da quel sussurro trasparì tutta l’angoscia che l’elfo custodiva.

Eryn ne era pienamente consapevole e ne era sconvolta. Così vicini eppure così lontani.

E quella realtà faceva troppo male.

Elatan si voltò. Non voleva continuare ad assistere impotente.

Calò il silenzio, rotto solo da lontane grida. L’odore di fumo invadeva insistente l’aria.

…………

- Una barca! – esclamò Laurelin.

Gli altri due si voltarono di scatto.

Si, una barca si stava avvicinando alla riva.

Elatan corse in acqua fin dove poteva arrivare e bloccò la barca portandola a riva.

Laurelin corse per aiutarlo, ma si fermò prima di toccare l’acqua: la barriera.

Elatan portò la barca sulla spiaggia mentre Eryn li raggiungeva.

Due elfi erano riversi nella barca feriti.

I tre li aiutarono a scendere e li sdraiarono sulla riva.

Uno era ferito ad un braccio; l’altro aveva una profonda ferita al ventre causata da un pugnale.

Elatan li riconobbe subito: erano i figli di un suo caro amico.

Il capo di Tol Falas mandò le due elfe a prendere dei medicamenti mentre lui tentava di bloccare l’emorragia al ventre dell’elfo con un pezzo di stoffa.

- Calmo, stai fermo. – gli disse mentre premeva sulla ferita.

- Ah………l’isola…..- cercò di dire, ma il dolore era troppo forte.

L’altro parlò per lui.

- Gli orchi………l’isola……….ah……..aiutaci…..hanno bisogno………….ora! Ela…..tan! –

- Non posso lasciarvi. –

- Siamo due. – replicò l’elfo stringendo i denti, - loro sono un intero popolo! Laurelin e Eryn baderanno a noi……vai! –

Elatan annuì, non senza una punta di rimorso. Corse alla barca, la spinse al largo e saltò su prendendo in mano i remi. In poco era già a metà strada.

 

Arrivarono le due elfe intuendo dove fosse andato Elatan.

Cominciarono a curare i due feriti. Non poterono evitare di arrecare dolore  all’elfo ferito al ventre.

Quando terminarono li aiutarono ad alzarsi e sorreggendoli li portarono nella casa. Li fecero sdraiare in due letti.

Laurelin rimboccò le coperte ad uno dei due.

Una mano dell’elfo si posò sulla sua.

L’elfa lo guardò in volto.

I suoi occhi erano carichi di dolore e tristezza.

- Grazie. – sussurrò.

- Non devi ringraziarmi, era mio dovere aiutarvi. Come è dovere di Elatan aiutare l’isola. –

I due elfi s’irrigidirono.

Laurelin capì e fece cenno a Eryn di sedersi. Si sedette a sua volta guardando i due fratelli.

- Raccontateci cosa è successo. – chiese.

I due tacquero come se quella richiesta gli fosse costata cara.

- Se non volete parlarne non fatelo, non siete obbligati. -

- No, avete il diritto di saperlo. – trasse un sospiro, - Anche se questo mi arreca grande dolore. –

L’elfa abbassò lo sguardo, mentre l’elfo si preparava a cominciare.

- Ieri sera il cielo era limpido e terso, come ogni giorno, per precauzione, nei nostri porti si montava la guardia. Un improvviso lampo rosso solcò il cielo; da Dinlond, Eldalond e Alqualonde, i nostri tre porti, arrivarono tre messaggeri, due dei quali feriti che portavano notizie di tre navi enormi, ciascuna approdata in un porto, che avevano fatto sbarcare decine di Balrog, goblin, orchetti e Uruk-hai…. - un brivido di terrore scosse l’elfo che, dopo un attimo di silenzio, riprese il racconto. - Queste orde di putridi esseri maligni hanno invaso i porti bloccando ogni via d’uscita. Hanno bruciato le nostre navi e i nostri porti che i nostri arcieri tentano di difendere fino allo stremo delle forze…… vengono tutti massacrati senza pietà. Alcuni sono andati verso le abitazioni per creare un fronte che possa bloccare quegli esseri.-

l’elfo strinse i denti quando una fitta gli passò il braccio. Laurelin gli bagnò la fronte con una panno bagnato.

- La scorsa notte ho visto morire decine di madri e di bimbi, i loro visi erano ancora color porpora, ma i loro corpi senza vita; molti miei amici sono caduti, li ho sentiti gridare dal dolore, non per le ferite, ma per distruzione dei propri sogni: tutti aspettavano il giorno per ritornare a Valinor……….vedranno solo le aule di Mandos e mai più la nostra amata Valinor! -

L’elfo tacque qualche minuto, Laurelin era sconvolta dalle sue parole e non riuscì a pronunciare una parola.

L’elfo, con le lacrime agli occhi, proseguì.

- Le case più vicine ai porti sono state completamente arse dal fuoco, la maggior parte delle donne e dei bambini sono stati nascosti in una casa al centro dell’isola dove i nemici non sono ancora giunti……….ho visto balrog, demoni dei tempi antichi, abbattere case come fragili ramoscelli. Quelle case dove abbiamo passato i momenti più belli. Gli Uruk-hai fanno stragi di arcieri, di donne e di bambini: alcuni più crudeli degli altri continuano a dilaniare i corpi senza vita dei più giovani; la nostra resistenza si sta indebolendo. È per questo che nostro padre ci ha mandati per invocare il tuo aiuto. Eravamo ancora illesi tranne qualche lieve ferita, non c’erano più imbarcazioni intere, percui ci tuffammo per raggiungerti a nuoto. Ma una pattuglia di goblin ci avvistò e ci scagliò contro una quantità inimmaginabile di frecce, come vedi molte ci hanno ferito, ma dovevamo salvare l’isola così, sfiniti, cercammo di non pensare alle ferite e di nuotare il più veloce possibile per chiedervi aiuto. Fortunatamente una barca era ancora intatta. Il resto lo sai. -

 

Laurelin ed Eryn erano rimaste senza fiato.

Sembrava un racconto irreale, purtroppo era l’esatto contrario.

L’elfo chiuse gli occhi addormentandosi.

Le due elfe uscirono dalla stanza.

Nessuna delle due pronunciò parola: erano sconvolte!

Laurelin uscì e continuò a fissare per tutta la notte l’isola e intonò un canto per le anime in viaggio per le aule di Mandos.

 

Eryn andò a letto, ma non chiuse occhio.

Più volte i due chiesero aiuto durante la notte.

La mattina dopo l’elfo ferito  alla spalla stava già molto meglio e poté alzarsi da letto. L’altro dovette restare sdraiato, le sue condizioni erano ancora precarie.

Il silenzio regnava sovrana quel giorno.

Tutti erano in ascolto dei lamenti del popolo di tol Falas.

 

Elatan raggiunse l’isola e vi approdò su di una spiaggia isolata per non attirare l’attenzione.

S’inerpicò per il pendio.

L’aria era pesante e si faticava a respirare.

Era vicino ad uno dei porti.

Sentiva i rumori delle armi che s’incrociavano e i fischi delle frecce.

Salì più in fretta.

Spostò i rami e le fronde che gli intralciavano il passaggio.

La foresta terminò.

 

Fuoco…….fuoco, fiamme e distruzione.

Balrog, orchi e ogni essere maligno immaginabile erano alle prese con un fronte di elfi che si battevano strenuamente.

Molti da entrambe le parti erano morti.

Nel vedere i suoi compagni morti a terra la collera lo invase.

Recuperò una spada e un arco e si diresse di corsa verso i guerrieri che stavano cedendo.

- Tangado haid! (Mantenete le posizioni!) – Gridò.

Gli elfi riconobbero il loro capo e sorrisero.

Incoccarono le frecce armati di nuova volontà e forza.

- Leithio i phillin! (Scagliate le frecce!) -

All’unisono gli elfi scagliarono le frecce al comando di Elatan.

Il loro capo era tornato.

E con lui la speranza.

 

CONTINUA…

 

 

Ciao gentilissimi, fedelissimi, dolcissimi (ok, basta coi complimenti! N.d. Fea) lettori!

Che ne dite? Dai, la storia comincia ad evolversi……….ma questo è solo l’inizio (nooooooooooooo! N.d. lettori).

Ringrazio i miei lettori di fiducia Minou e Clara…………Commentate belle cicce!!!!

CIAO

Feade

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Capitolo 6
*** Imladris e il Consiglio ***


6° CAPITOLO: Imladris e il Consiglio

6° CAPITOLO: Imladris e il Consiglio

 

Quando Telperion vide Imladris rimase sbalordito; era come gliel’aveva descritta suo fratello: i porticati, il boschetto, le fini decorazioni, le piccole cascate, il candore dell’insieme si fondeva in un unico perfetto quadro.

Erano appena arrivati nella dimora di Elrond e degli stallieri li avevano accolti portando i loro cavalli nelle stalle e rifocillandoli; delle dame li avevano accompagnati ai loro alloggi lasciandoli riposare e invitandoli alla cena che si sarebbe tenuta quella sera alla tavola di sire Elrond.

Avevano viaggiato velocemente e senza soste. A loro si era aggiunto Boromir, contento di un po’ di compagnia dopo il lungo tragitto dal regno di Gondor.

Telperion aveva avuto molto tempo per studiare l’animo di quello strano uomo, così chiuso, serio, scontroso…….ma buono.

Legolas non aveva avuto il tempo di pensare a lui, ma era curioso di sapere che notizie e che domande portasse dal regno degli uomini, il regno di Aragorn.

Adesso erano stanchi, spossati dalla cavalcata.

Legolas, per rispetto, andò subito da Elrond per porgergli i saluti del Bosco Atro.

 

- Principe Legolas, siete il benvenuto nella mia casa in questi tempi oscuri. -

- Grazie. – disse Legolas abbassando il capo in segno di riverenza.

- So che con te è venuto anche tuo fratello, Telperion. –

- Si, mio signore. –

Elrond poggiò una mano al mento e rimase in silenzio pensoso.

Legolas attendeva.

- Tuo fratello avrà uno strano futuro…….complesso – sussurrò.

Legolas corrucciò lo sguardo interrogativamente.

- Ma non è di lui che siamo qui per discutere. – disse rialzando il tono di voce, - Come avete viaggiato, avete incontrato impedimenti? -

Legolas narrò delle varie imboscate da parte di vari ed esigui gruppi di orchi, anche nelle vicinanze di Imladris, nessun luogo era più sicuro.

Parlò dell’uomo che era arrivato da Gondor e ancora Elrond rimase pensoso, ma subito congedò Legolas con un cordiale sorriso. Legolas s’inchinò portandosi una mano al petto ed uscì.

Appena fuori respirò profondamente, sollevato.

 

Telperion era uscito dalla sua stanza e stava visitando la dimora elfica.

Quelle bianche terrazze sullo strapiombo, che si affacciavano su cascate di rara bellezza che giocavano con le pietre sulle quali si poggiavano creando una sottile cortina di vapore che imperlava l’aria, possedevano un’eterea serenità.

Rimase fermo, immerso in quell’atmosfera di pace: un’illusione in quel periodo di dolore.

Si allontanò vagando per i corridoi del luogo. Non incontrò molte persone, ma chi incontrava gli rivolgeva un cordiale saluto.

Solo verso sera l’ambiente si animò. Arrivarono quattro mezz’uomini con un uomo, un ramingo del nord, gli parve. Vide elfi da Lothlorien e uomini, ma le presenze che più lo disturbarono furono due nani.

Si ritirò nella sua stanza, voleva riposare prima di cena.

 

Legolas stava andando verso la sala dei banchetti.

Era vestito con una tunica verde a maniche svasate e colletto alto. Come solito, in queste occasioni ufficiali doveva portare la corona da principe. Lui era l’ambasciatore di Bosco Atro.

Stava proseguendo per un corridoio quando una porta si aprì e ne uscì Telperion.

Legolas sorrise, finalmente una persona che lo risollevava dal peso dei suoi pensieri.

- Telperion. -

L’elfo si girò sorpreso: vestiva anche lui un abito verde con maniche strette  e pantaloni leggermente svasati di un verde più tenue.

- Telperion, ti sei riposato? Sei pronto per la cena? -

- Certo, questo luogo è splendido per la pace interiore. Comunque per la cena sono prontissimo a seguirti dato che non so dove si debba andare. –

Legolas sorrise.

- Non ti preoccupare c’è sempre tuo fratello che provvede a tutto. -

Chiacchierando si diressero verso la sala.

Davanti alla porta si fermarono e si guardarono a vicenda.

Nessuno dei due voleva entrare per primo.

- Sei tu l’ambasciatore! – disse Telperion.

- Telperion ti prenderei volentieri a coltellate. –

Aprì il portone ed entrò seguito da suo fratello.

Calò il silenzio.

Uno dei due nani sbuffò.

- Benvenuti principi di Bosco Atro, accomodatevi. - li invitò Elrond.

Il silenzio terminò mentre tutti gli invitati tornavano agli argomenti che stavano discutendo.

Boromir bloccò i due elfi salutandoli e cominciando a discorrere con loro su Imladris.

Legolas si staccò quasi subito dai due rifugiandosi su una sedia solitario: non aveva voglia di parlare.

A tavola vennero discussi vari argomenti.

Tutti mangiarono a sazietà, dopodiché la folla cominciò a separarsi in gruppetti per continuare i discorsi precedentemente abbandonati.

Legolas aveva già abbandonato la sala e Telperion lo fece poco dopo, quando terminò la discussione con Boromir.

Uscì, ma Legolas non c’era già più.

Si diresse in un corridoio in cerca del fratello, ma gli unici due che incontrò furono i due nani.

Appena li vide fece un inchino alle due figure che, con uno sguardo bieco, risposero con un impercettibile cenno del capo e se ne andarono voltandogli le spalle e borbottando.

- Questi elfi, gente strana. Ascolta tuo padre, Gimli, questa è gente sgarbata! -

Telperion non sapendo stare zitto rispose a tono.

- Senti chi parla, il barbuto di turno! -

I due nani si voltarono e ribatterono con foga.

- Voi elfi, feccia della Terra di Mezzo, vi vantate per la vostra bellezza e altezza, ma siete solo delle sciacquette! L’unica cosa che sapete fare è tendere l’arco e cantare. –

- Almeno non siamo sgraziati come voi e non parliamo a sproposito……..vi ricordo che siete in una dimora elfica. –

- Noi non guardiamo in faccia a nessuno. –

- Mmmmh,………..penso che così vi rendiate più apprezzabili agli altri. –  disse ironicamente.

- Elfo impertinente. –

- Nano scorbutico. –

L’atmosfera si stava scaldando.

- Che succede qui? -

- Non impicciarti, uomo, in faccende che non ti riguardano. – gli ringhiò Gloin.

- Scusalo buon uomo ma non capisce che è scortesia. Il suo cervello è troppo ristretto. –

- Cosa hai detto?! Ripetilo se ne hai il coraggio. –

- Certo che te lo ripeto! Non hai cervello. –

Il viso di Gloin diventò paonazzo e stava per avventarsi su Telperion quando l’uomo, preceduto da Legolas, si frappose tra i due.

- Basta, finitela con questa inutile discussione! – gridò Aragorn sovrastando le loro voci.

Calò il silenzio.

I due nani indignati si voltarono e se ne andarono.

Telperion sospirò chiudendo gli occhi e calmandosi.

Aragorn squadrò con aria interrogativa l’elfo, mentre Legolas guardava con compatimento i due nani che si stavano allontanando.

- Salve Legolas – interruppe il silenzio l’uomo, - finalmente posso parlarti. -

- Salve amico mio – rispose Legolas posando una mano sulla spalla dell’uomo, - è da tanto tempo che non ci vediamo, anni ormai. –

Telperion che era rimasto in silenzio richiamò l’attenzione del fratello tamburellando con le dita sulla sua spalla.

- Oh, salve anche a te……….- cominciò l’uomo.

- Telperion……è mio fratello, quello impulsivo di cui ti avevo parlato…-

- Ma… -

- Sai è un po’ strano… -

- Ma… -

- A volte esagera… -

- Ma… -

- Parla troppo… -

- Ma… -

- Poi… -

- Mi fai parlare si o no?! O parlo io e faccio da solo conoscenza con quest’uomo o me lo presenti tu! –

- Te l’avevo detto che è impulsivo. –

- Non sono impulsivo, il fatto e che tu…… -

- Basta non litigate anche voi! – esclamò l’uomo esasperato. – Mi presento: sono Aragorn figlio di Arathorn…… -

- …ed erede al Trono di Gondor! –

Telperion era molto felice di quell’incontro. Suo fratello gli aveva parlato a lungo di quell’uomo ed ora poteva finalmente vederlo.

Parlarono insieme finché Telperion raggiunse la sua stanza e li salutò cordialmente.

 

Il giorno seguente di mattina Telperion si svegliò completamente riposato.

Aveva riflettuto su molte cose quella notte e una di queste era Boromir. Quell’uomo enigmatico lo incuriosiva. Per tutto il viaggio aveva tenuto un aspetto enigmatico e riservato.

Ma si sa che agli elfi nulla si nasconde e tutto nascondono.

Comunque quella mattina sarebbe stata movimentata: si sarebbe svolto il Consiglio.

Telperion era ancora ignaro che dopo quell’evento la sua vita avrebbe avuto una svolta incredibile.

 

Legolas era già arrivato davanti al terrazzo dove si sarebbe svolto il Consiglio. Il suo morale era a terra.

Non c’era ancora nessuno.

Si appoggiò ad una colonna tenendo lo sguardo basso.

Aragorn raggiunse il terrazzo e trovandovi l’elfo lo richiamò.

Legolas calò quella sua solita maschera di serenità sorridendo all’uomo.

Ma non era facile ingannare il ramingo difatti:

- Legolas smetti di sorridere. -

Legolas spaesato divenne serio.

- Cosa ti turba? – gli domandò l’uomo invitandolo a sedersi su una delle sedie del terrazzo.

- Non lo so, Aragorn……….presentimenti. –

- Presentimenti su cosa? –

- Su tutto: Bosco Atro, l’Anello, Gollum, mio fratello. –

- Tuo fratello? –

- Si, non so perché ma………ma…………lascia stare. –

Aragorn capì che non era il caso di proseguire.

Poggiò una mano su una spalla dell’elfo che sorrise contento di avere un amico al fianco.

 

Telperion si avviò verso il terrazzo.

Stava facendo volare il suo pensiero in ricordi ameni quando il viso dell’elfa del suo sogno gli apparve e scomparve come una folata di vento.

Si bloccò in mezzo ad un corridoio.

Il respiro veloce.

“Perché proprio adesso?” si disse.

Serio proseguì fino ad arrivare al terrazzo.

Molti erano già arrivati.

Prese posto al fianco di Legolas senza proferir parola.

Il fratello lo guardò interrogativamente.

Telperion incrociò il suo sguardo e scosse il capo.

Legolas non volle insistere anche perché Elrond era giunto al suo seggio.

Il tanto temuto Consiglio era cominciato.

Si parlò della rinnovata minaccia di Sauron e Legolas annunciò la fuga di Gollum seguito dall’annuncio del tradimento di Saruman svelato da Gandalf.

Era peggio di quanto si sarebbero aspettati.

L’Anello venne esposto.

Calò il silenzio.

Boromir si alzò come ipnotizzato dall’oggetto e quando vi si avvicinò Gandalf pronunciò le parole nere di Mordor.

Un’ondata di dolore, odio, crudeltà sommerse gli elfi presenti, memori delle sofferenze subite dal loro popolo.

Ma Boromir continuò imperterrito a voler utilizzare l’Anello come arma contro il nemico.

Telperion aveva scovato il suo punto debole che era quasi sicuro, lo avrebbe portato alla distruzione interiore.

Telperion divenne triste dopo che Boromir discusse animatamente con l’uomo: non avrebbe mai voluto una cosa del genere.

I nani insultarono gli elfi che di scatto si alzarono offesi.

Telperion rimase seduto.

La discussione si protrasse a lungo e Telperion era sempre più cupo e serio: prima l’elfa poi Boromir e adesso anche una discussione su chi dovesse portare l’Anello.

Ma lo hobbit di nome Frodo prese questo incarico facendo terminare il dibattito.

Aragorn si offrì per accompagnarlo insieme a Gandalf.

Poi una voce:

- E hai il mio arco. -

“No” pensò Telperion, “Non puoi.”

Rimase fermò immobile, bloccato.

Nel frattempo la Compagnia che sarebbe partita divenne di nove membri e Elrond annunciò la formazione di quest’ultima affermando che sarebbero partiti il giorno dopo.

Telperion non riuscì a trattenersi, si alzò e se ne andò senza parlare sotto lo sguardo interrogativo dei presenti. Solo Legolas capì e chiedendo scusa andò a raggiungere suo fratello.

 

Telperion arrivato alla stanza si fermò e rimanendo nel corridoio si appoggiò alla porta con la schiena scivolando lentamente sedendosi a terra.

Rimase li immobile: il suo mondo era crollato.

Tutto era successo in quelle poche ore: l’elfa, Legolas, Boromir, l’Anello.

Ora era confuso e depresso.

 

Legolas raggiunse il corridoio che portava alla stanza del fratello e lo vide lì, seduto a terra.

Si avvicinò e si accucciò al fianco davanti a Telperion che aveva la tesata reclinata verso il pavimento.

-Telperion…! –

Telperion alzò lo sguardo su Legolas.

Quest’ultimo si rattristò a vedere gli occhi lucidi di suo fratello.

Durante il consiglio non aveva pensato a cosa poteva comportare la sua decisione, ma ormai era presa.

- Il mondo mi è crollato addosso, Legolas. -

Legolas lo osservò.

- Questa mattina presto il viso dell’elfa mi è apparso; Boromir, come avrai intuito è segnato; il male è tornato di nuovo, quello stesso male che mi ha privato della mia vera famiglia; e adesso tu………non andare, ti prego. - lo supplicò.

Legolas scosse il capo.

- Non posso ormai la decisone è stata fatta e non tornerò indietro. -

Le lacrime salirono agli occhi di Telperion.

- Come faccio…….adesso…… -

Legolas lo abbracciò.

- Sono ancora solo! – sussurrò Telperion.

Legolas lo strinse a sé chiudendo gli occhi.

 

CONTINUA…

 

 

Eccomi, un po’ in ritardo, ma eccomi!

Come va carissimi lettori? Spero bene, direi che la storia si sta evolvendo piuttosto bene! A me sembra di si………Commentate ciccini miei!

CIAO

Feade

 

 

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Capitolo 7
*** I balrog avanzano ***


7° CAPITOLO: I balrog avanzano

7° CAPITOLO: I balrog avanzano

 

L’elfo cadde a terra morto.

 

Elatan era lì, fermo immobile.

Il respiro affannoso gli faceva muovere velocemente il petto.

Eccolo lì l’elfo appena morto, al suo fianco a terra.

E lui lo conosceva, come conosceva ogni altro abitante dell’isola.

Ora si guardava attorno spaventato da tanta crudeltà.

 

Gli orchi tornarono all’attacco.

- Serrate le file! – gridò Elatan.

Gli elfi si unirono formando una doppia linea.

Impugnarono gli archi.

- Leithio i phillin! -

Una selva di frecce cadde come pioggia mortale sui nemici, sventandone il primo attacco.

Ma gli avversari erano tanti e ben organizzati; mentre loro erano confusi e spaesati dall’improvviso attacco.

 

Elatan si voltò verso il porto.

Un brivido gli percorse la schiena: il porto stava per cedere all’attacco delle fiamme.

E le grida, quelle grida di anime innocenti.

E quei versi sovrumani di………

- Non è possibile! –

- I balrog! – gridò un elfo in avvertimento, ma si sentiva nella voce un tremolio di paura.

Avanzavano con passo pesante, le membra infuocate ospitavano il male più orribile.

Ed eccoli procedere distruggendo tutto sul loro cammino, le fruste di fuoco abbattevano crudelmente alberi.

Elatan chiuse gli occhi ricordando il terrore provato quando attaccarono Gondolin: lui c’era.

I balrog avevano preso d’assedio la città e ne avevano distrutto le porte……..pure Glorfindel morì salvando tutti i fuggitivi dall’attacco di uno di essi.

Ora era lui che doveva guidare il suo popolo e sarebbe morto pur di salvarlo, come fece a sua volta Glorfindel.

Riaprì gli occhi animati da una vivida fiamma di odio e vendetta.

Impugnò il suo arco e scagliò una freccia contro uno di quei mostri che rallentò per poi riprendere la sua marcia distruttiva.

 

Un messaggero era stato mandato per avvisare gli elfi nell’isola che Elatan era arrivato e di andare ad unirsi alle linee di difesa con lui.

La notizia arrivò presto e un coro di grida si alzò dall’isola in segno di fedeltà.

Dopo poco una folla di elfi arrivò pronta a combattere.

Si disposero in una linea di difesa perfetta e incoccarono le frecce che vennero scagliate su di un unico balrog che cadde a terra morto.

Continuarono ad attaccare così rallentando la marcia degli enormi mostri.

 

Laurelin stava osservando in silenzio i volti dei due feriti.

Ora stavano meglio, ma sicuramente l’influsso maligno che proveniva dall’ isola non contribuiva alla loro pronta guarigione.

Così si ritrovava a pensare a quello che stava avvenendo al di là della striscia di mare che li separava.

- Perché? – sussurro a se stessa.

In risposta ebbe solo echi di grida lontane.

 

Gli elfi stavano retrocedendo: i balrog erano troppi e in più per ucciderne uno doveva essere attaccato da quasi tutti gli elfi.

Ormai erano in prossimità delle case e le elfe stavano organizzandosi per fuggire.

Molte erano già uscite di casa con i figli che le seguivano.

Si stavano dirigendo verso la foresta al centro dell’isola, l’unico rifugio rimanente.

 

- Dobbiamo respingerli! – esclamò Elatan, - Forza! -

Gli elfi tornarono all’attacco più feroci di prima.

Ma i balrog riuscirono a sfondare la difesa e a raggiungere le case.

La prima frusta calò e una casa venne distrutta completamente mentre le fondamenta bruciavano.

 

Laurelin ebbe come una stretta al cuore.

Si sentiva persa, impotente di fronte a quella catastrofe contro la quale non poteva fare niente per colpa di quella barriera.

Rimase ferma con gli occhi che vagavano febbrilmente per la stanza in cerca di qualcosa che potesse aiutarli.

Si fermò chiudendo gli occhi: non poteva fare nulla………nulla!

Le sue labbra si socchiusero e una dolce melodia ne uscì.

 

- Mamma! -

Una piccola elfa in lacrime era immobile davanti alla porta di casa sua, terrorizzata.

Sua madre stava tentando di raggiungerla disperatamente quando una frusta calò violentemente sulla casa.

………

Un grido lacerò il cielo.

La madre cadde in ginocchio disperata.

Alcuni elfi la raggiunsero e l’aiutarono a fuggire.

 

Gli elfi stavano diminuendo.

La difesa cedeva e i balrog non avevano pietà per nessuno.

Elatan combatteva senza tregua.

Ma i nemici erano alle case e presto avrebbero raggiunto la foresta.

Allora sarebbe stata veramente la fine.

 

In poco i balrog li sovrastarono: la fine li aveva raggiunti presto.

Una dolce melodia li sfiorò.

I balrog infastiditi si bloccarono e un elfo ne approfittò scoccando una freccia tra gli occhi di uno di essi che cadde a terra morto.

…….

- Elatan, bisogna colpirli in mezzo agli occhi! – gridò l’elfo.

Così tutti fecero: incoccarono le frecce e lanciarono.

I balrog caddero a decine sotto i colpi precisi degli elfi.

Dopo poco il porto di Alqualonde era salvo.

Ma non era ancora finita: anche gli altri due porti, Dinlond ed Eldalond, erano sotto attacco.

Gli elfi armati di nuova sicurezza e speranza si diressero a sud.

 

Laurelin cantava sottovoce quella dolce melodia, quando nella mente le apparve una cittadella cupa.

Era abitata da uomini e forse da hobbit.

Un cartello era appeso fuori dal cancello d’entrata di quello strano luogo.

La visione si stava sfuocando, ma riuscì lo stesso a leggere ciò che vi era scritto.

……Brea……

 

CONTINUA…

 

 

UUUUUUUOOOOOOOOOOOOHHHHH!!!!!!!!!!

Eccomi di nuovo insieme a voi accanite/i lettrici e lettori! Mi sa che di lettori (maschietti s’intende!) non ce ne sono…….beh, peggio per loro!!!!! Tessssore, Commentate!

CIAO

Feade

 

 

 

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Capitolo 8
*** L'inizio di un viaggio ***


CAPITOLO 8: L’inizio di un viaggio

CAPITOLO 8: L’inizio di un viaggio

 

Era notte.

Una leggera brezza lasciava presagire una tormenta.

I corridoi di Imladris erano deserti….tranne uno ne l quale la presenza di un elfo rischiarava la strada.

Telperion era immobile di fronte alla stanza di Legolas.

Sembrava una statua.

Una bellissima statua scolpita nel cristallo da uno dei migliori artisti.

 

Legolas non riusciva a dormire.

Era teso per la missione e, anche se non voleva ammetterlo neppure a sé stesso, per suo fratello.

Si rigirò più volte nel letto.

Si fermò con il volto sprofondato nel cuscino e sospirò arrendendosi.

Si alzò.

Si vestì svogliatamente lasciando aperta la casacca sul petto nudo.

Aprì la porta e, tenendo lo sguardo basso, la richiuse.

Si voltò verso il corridoio………

- Telperion! - esclamò.

L’elfo lo guardò serio.

- Telperion posso capire che tu sia preoccupato, ma tornerò. -

- Come tornerai? – chiese scettico il giovane elfo.

- Vivo Telperion, vivo! Ne sono certo. –

- Ma non convinto. – replicò.

- Telperion…… -

- No Legolas. Ti prego, parliamo di altro, abbiamo poche ore da trascorrere ancora insieme. –

L’elfo annuì.

 

Così, dimentichi di tutto quello che doveva accadere, passeggiarono come solevano fare tra gli alberi di Bosco Atro.

La luna svolgeva il suo dolce compito illuminando i loro passi e allietando i loro animi con quei pallidi cristalli che brillavano nel cielo sferzati dal vento dell’Ovest.

Lasciarono le dimore per addentrarsi nel boschetto che cresceva rigoglioso accanto al fiume.

L’atmosfera era calma e la quiete faceva da cornice alla bellezza eterea dei due fratelli.

Si sedettero ai piedi di una frondosa quercia.

Entrambi rimasero in silenzio contemplando i suoni della natura.

Spossati dalla tensione accumulata in quei pochi giorni, i due fratelli si addormentarono contro l’ampio tronco.

Intanto la luna salutava quelle due creature per lasciare spazio al sole.

La debole luce di quest’ultimo spunto per illuminare il volto di Legolas che si svegliò.

Era il giorno tanto atteso e tanto temuto.

Si alzò senza far rumore e si diresse verso la sua stanza per prepararsi.

 

Ormai il sole era completamente visibile tra le fronde della grande quercia, ma i suoi raggi erano ancora deboli.

Telperion si svegliò sbattendo più volte le palpebre.

Si guardò attorno.

……

- Legolas! -

Si alzò velocemente e corse verso i cancelli.

 

Legolas era tra i suoi compagni pronto a partire per quell’assurdo viaggio.

Salutò i tre elfi che avevano accompagnato lui e suo fratello a Imladris e Arwen, sua cara amica.

Elrond stava giungendo per dare il suo saluto alla Compagnia.

Legolas si guardò nervosamente intorno.

Telperion non si faceva ancora vedere.

Il Re elfico pronunciò le parole di commiato, mentre Arwen e Aragorn si scambiavano sguardi di cupo e intenso dolore.

Frodo si voltò per incamminarsi.

Legolas cercò di aggrapparsi con lo sguardo a quel piccolo giardino nel quale vari elfi sostavano, tranne uno: Telperion.

Aragorn lo riportò alla realtà posandogli una mano su una spalla.

- Andiamo, amico mio. -

Legolas si voltò sconsolato.

- Non è venuto. -

- Chi, signor Legolas? – chiese Sam.

- Dammi pure del “tu”. – sorrise tristemente l’elfo, - Mio fratello non cera. –

- L’elfo che durante il Consiglio se n’è andato? –

- Si, proprio lui. – disse rabbuiandosi.

 

Doveva arrivare in tempo.

Doveva fermarlo.

Corse a perdifiato per i corridoi.

Sorpasso molti elfi.

Raggiunse la scalinata.

Entrò nel piccolo giardino.

Si fermò appena in tempo per non andare contro sire Elrond.

- Buongiorno Telperion. -

- Dov’è mio fratello, sire? – chiese intuendo già la risposta.

- Il principe Legolas è partito con la Compagnia da non molto. Credo comunque che col passo che tengono abbiano già percorso molta strada. Vorrei chiederti una cosa. – chiese Elrond conscio di ciò che l’elfo gli avrebbe risposto. – Perché non sei venuto? Il volto di tuo fratello era turbato e infelice…….preoccupato. –

Telperion non rispose, fischiò per richiamare il suo cavallo e, facendo un breve inchino, montò in groppa e partì per raggiungere la Compagnia.

Mentre il giovane elfo si allontanava Elrond sorrise.

- Ne ero certo. – disse.

 

Legolas era l’ultimo del gruppo.

Camminava deciso, ma i suoi pensieri erano altrove.

Molte volte ricevette occhiate interrogative dai suoi compagni, ma non vi fece caso.

 

Telperion si bloccò ad un bivio.

Smontò da cavallo esaminando le impronte fresche sul terreno.

Rimontò a cavallo imboccando il sentiero di sinistra.

 

Gli hobbit stavano chiacchierando tranquillamente con Gimli e i due uomini con Gandalf.

Legolas si bloccò.

Gandalf se ne accorse e si fermò anch’esso imitato dal resto dei componenti della Compagnia.

Tutti si voltarono verso l’elfo.

- Cosa hai sentito? -

- Shhh……! –

Il silenzio calò.

- Zoccoli…… - sussurrò Legolas.

Silenziosamente fece cenno di nascondersi tra la boscaglia.

Un cavaliere si fermò sulla via.

 

Telperion si fermò.

Scese da cavallo e …….

 

- Telperion! -

Un’esclamazione venne dalla foresta.

L’elfo si voltò e vide uscire Legolas seguito dai suoi compagni.

Telperion corse ad abbracciare suo fratello.

- Oh Valar, Legolas!-

- Telperion, cosa fai qui? -

- Perché non mi hai svegliato? -

- Io……… -

- Ti prego, resta. – disse Telperion bloccandogli le parole.

- No, ho un impegno da portare a compimento. –

Il giovane elfo lo guardò disperatamente negli occhi mentre gli altri assistevano muti alla discussione.

Telperion lo strinse a sé.

- Ava care Legolas, ava hotuli! (Non farlo Legolas, non farlo!) -

Legolas spalancò gli occhi sorpreso.

Suo fratello aveva usato addirittura l’alto elfico, il Quenya.

Tutti, tranne Gandalf e Aragorn, non compresero quell’ultima frase.

Legolas non sapeva cosa dire.

Così Gandalf ruppe il silenzio.

- Telperion seguici per un tratto, per favore. –

L’elfo lo guardò e annuì sommessamente.

 

Camminarono fino a sera inoltrata al bivio che portava alle montagne tra Imladris e Moria.

Lì si fermarono accampandosi.

Accesero un piccolo fuoco e vi si sedettero attorno.

Legolas era silenzioso.

Una flebile voce ruppe il silenzio che regnava.

- È colpa mia? -

Gli sguardi si posarono su Telperion.

- No Telperion, no.  È una mia decisione. Tu non c’entri. Sentivo che era mio dovere e ho accettato. -

Dai volti dei due elfi non trasparivano turbamenti, ma le loro voci tradivano quella maschera di serenità.

- Giovane Telperion, - esordì Gandalf, - Sei cresciuto molto dall’ultima volta che ti vidi. Fu quando ti portai a Bosco Atro per affidarti  a re Thranduil e a suo figlio Legolas. Avresti dovuto vedere il volto di tuo fratello quando ti vide: per lui eri come un dono prezioso. Era stupito e felice di averti come fratellino, si sentiva importante…….non per la società, per quello era già principe, ma per se stesso, per te. Sto sbagliando Legolas? -

L’elfo negò sorridendo a quei ricordi.

- detto questo non credo che tua fratello abbia voluto vendicarsi di qualcosa che hai fatto. O almeno si sarebbe vendicato in un modo differente. Non ti pare? -

Telperion annuì.

 

Gli hobbit erano rimasti attenti fino all’ultima parola.

- Così voi non siete fratelli fratelli. – cominciò Pipino, - cioè……fratelli……..quei fratelli………insomma, i fratelli fratelli. -

- Pipino, cosa stai dicendo? – gli chiese Merry confuso.

- No, non siamo fratelli di sangue. – disse Telperion, - i miei genitori sono morti affidandomi a Gandalf che a sua volta mi affidò al padre di Legolas. –

- Per cui tu non vuoi che Legolas parta perché hai paura di rimanere solo anc……-

- Shhhh! – lo zittì Aragorn.

Telperion si alzò rifugiandosi nel folto della foresta su di un albero.

Legolas lo raggiunse poco dopo.

 

L’elfo si sedette ai piedi dell’albero.

- Telperion io…….-

- Lo so, devi andare. –

Silenzio.

- Prima sul sentiero, quando mi hai fermato………….mi hai parlato in alto elfico. -

- Si. –

- Mia hai sorpreso……ecco, colpito. –

- Ero……disperato, non sapevo più cosa inventarmi. –

Legolas sorrise dolcemente.

Telperion scese dall’albero e si mise di fronte a  suo fratello.

- Promettimi di tornare vivo. Promettilo! -

- Lo prometto. – disse Legolas.

Entrambi si portarono la mano destra sul proprio cuore per poi portarla sul cuore dell’altro: era il loro gesto di fedeltà come fratelli.

“Il mio cuore è col tuo, sempre” questo è il significato di quel gesto.

- Torniamo dagli altri. – disse Legolas.

Trovarono i compagni tutti addormentati.

I due si sdraiarono: Legolas si addormentò subito, mentre Telperion rimase svegliò a riflettere per addormentarsi più tardi.

 

- Ti amo. -

Si stava ancora confessando a quella bellissima fanciulla che non gli rispondeva.

- Ti amo. -

Insistette vanamente.

La dama scomparsa lasciando spazio ad un cielo prima sfuocato, poi sempre più nitido.

Si stava svegliando.

Non era ancora l’alba.

- Brea. -

Una voce rimbombò nella sua testa come un’eco lontana.

- Brea. -

Non seppe dire se fosse una voce femminile o maschile, era indefinibile.

Sentì il bisogno impellente di seguire ciò che diceva.

Non poteva essere solo una coincidenza.

Ora che ne aveva la possibilità doveva coglierla: avrebbe potuto trovare quella dama.

Cercò disperatamente delle armi, una sacca da viaggio e un mantello, dato che le sue cose erano rimaste a imladris.

- Cerchi questi? -

La voce di Gandalf lo fece voltare.

Spalancò gli occhi nel vedere il suo equipaggiamento che aveva lasciato alla dimora del re elfico.

- Me le ha date sire Elrond! Sapeva cosa avresti fatto e non chiedere di più. -

Telperion sorrise.

Si fidava dell’Istar.

L’elfo si equipaggiò velocemente.

Poi si bloccò frugando nella sacca da viaggio.

- Tieni. -

Gandalf gli porse una pergamena e una piuma per scrivere.

Telperion sorrise come ringraziamento.

Prese una foglia dalla sua sacca, la spezzò. Un liquido di un verde brillante ne uscì. L’elfo vi intinse la piuma e scrisse.

Quando ebbe terminato arrotolò la pergamena e la legò con il gambo di un fiore.

Guardò Gandalf.

- Non ti preoccupare, ha già pensato sire Elrond a mandare un messaggero a tuo padre per avvisare della vostra partenza. -

Telperion chinò il capo.

Poi si avvicinò a Legolas.

Poggiò la pergamena al suo fianco.

Si portò il pugno destro al cuore per poi posarlo su quello di suo fratello.

Gli diede un leggero bacio sulla fronte.

- Hai promesso. – gli sussurrò.

Si rialzò coprendosi il capo col cappuccio del lungo mantello.

Salutò Gandalf e montò a cavallo.

- Dove andrai, giovane Telperion? - gli chiese Gandalf.

- A Brea, Gandalf. A presto. –

Detto ciò, spronò il cavallo verso Ovest mentre il sole nasceva alle sue spalle.

 

- Gandalf, una profezia ci è stata tramandata dai Tempi Antichi. -

- Sei sicuro di ciò che affermi Elrond? –

- Non sono mai stato più sicuro, amico mio. –

 

“Il figlio della luna e la figlia del sole si incontreranno

e per la prima volta non sarà né giorno né notte,

ma solo luce.”

 

Gandalf guardò il sole nascere a Est per poi voltarsi verso Ovest.

- Prosegui figlio della luna. Donaci la luce. -

 

CONTINUA…

 

 

Ciao, Buona Pasqua a tutti ………un po’ in ritardo.

Scusate se ho impiegato un po’ di tempo ad aggiornare, ma ero in montagna e non avevo con me il mio fedele computer.

Per cui un immenso sorry a tutti!

Spero che questo capitolo possa ripagarvi di tutto il tempo che avete dovuto aspettare.

Se non siete troppo arrabbiati……..commentate!

CIAO

Feade   

  

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: ................. ***


CAPITOLO 9: ………………

CAPITOLO 9: ………………

 

Elatan era arrivato tardi.

Nessun elfo rimaneva in piedi ad Eldalond.

L’ultimo era caduto in quel momento.

L’aveva fissato negli occhi con la consapevolezza che non avrebbe più rivisto l’Isola Perduta.

In quegli occhi solo l’incredulità e la rassegnazione. Quegli occhi che avevano atteso costantemente per millenni e che per quell’attesa non erano stati ripagati. Ma a lui, primo nato, era stato concesso di vivere fino alla fine. Sino a qualche attimo prima quell’elfo era sicuro di intraprendere il viaggio verso Valinor…..ora era sicuro di intraprendere il viaggio verso le aule di Mandos.

Erano le speranze che tenevano in vita quelle anime; ma neppure la speranza può resistere al crudele ferro.

Così solo la nuda terra bruciata restava.

Quel coro di speranze delle vittime di Eldalond stava lentamente tacendo e avrebbe presto lasciato posto all’insistente silenzio che, con il suo manto ingannatore, avrebbe coperto i corpi di quegli elfi rubandone la voce e rendendola sale che si scioglie nell’acqua senza lasciare traccia.

Mai dolore più grande lacerò il petto di Elatan e degli elfi al suo seguito.

……………

Ed ecco giungere l’insistente silenzio, rapire completamente quelle ultime note di speranza e lacerare lo spazio con il tutto e il niente.

Ecco che viene a crearsi quel vuoto che risucchia ogni emozione, che ti lascia inerme davanti alla distruzione del male, che ti toglie ogni possibilità di parlare, pensare,……….gridare.

……………

Questa era la pazzia terribile del suono del silenzio: si sarebbe parlato all’oscurità come una vecchia amica con la quale confidarsi, narrarle di sogni nei quali la gente raccontava senza parlare e sentiva senza ascoltare.

Quei sogni che negli ultimi momenti di vita avevano attraversato le menti spossate delle vitttime, annllandone la speranza e intaccando anche le menti dei sopravvissuti. Quei sogni che turbavano gli animi erano delle schegge roventi che si conficcavano nel cuore.

……………

Il capo dell’isola spezzò quella coscienza che generava l’incoscienza dell’anima, con poche parole cantate su  una lieve e malinconica melodia:

 

- Cadde

nell’alta marea

del lago dell’Ade,

mentre gemea

parole opache.

Nel dolore

di un antico timore,

che venne sopito

e ora riacquisito,

l’anima sprofonda,

cade giù,

sempre…

…più…

…giù. -

 

Chiuse gli occhi in una preghiera silente mentre pronunciava lentamente le ultime parole, come se pesassero più delle altre.

Gli elfi accanto a lui stavano perdendo fiducia nel destino e nel futuro.

Ognuno rifletteva con amarezza sul male che si era abbattuto su di loro.

Elatan prese mano alla spada.

Aprendo gli occhi, con uno sguardo di puro odio, pronunciò quella frase che venne tramandata di aedo in aedo fino a me, vostra aedo, e che oggi riporto alla vita scrivendola su questo foglio di pergamena………

 

- Oggi, non perdono! -

 

………perché, per quel giorno, Elatan scordò il significato della parola “pietà”.

 

CONTINUA…

 

 

Molto riflessivo questo capitolo, vero?! E molto triste. A me viene da pensare a quanto poco tempo a disposizione abbiamo per far avverare i nostri sogni o le nostre mete. E come un solo attimo ti possa togliere tutto. Pensate a quegli elfi che speravano di rivedere la loro isola e …Puff… niente, non possono, muoiono. E mentre muoiono capiscono………è troppo triste e deprimente. Con questo capitolo voglio, oltre a proseguire la storia naturalmente, denunciare la guerra e tutto ciò che causa. Spero che molte persone lo leggano per questo messaggio che voglio dare. Per cui a chi lo leggesse chiedo gentilmente di farlo, a sua volta, leggere ad un suo amico, conoscente o chiunque d’altro.

GRAZIE, spero che il messaggio arrivi a più persone possibile.

CIAO e alla prossima.

Feade

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