Come scritto sul blog, questo extra
natalizio è ambientato nel futuro rispetto alla fine della storia vera e
propria. All’ultimo capitolo di Pop Tart, Edward e
Bella notano che il piccolo Michael Adam ha una voglia sul tallone uguale a
quella di Edward. La stessa voglia è presente anche sul piede di Anthony, il
figlio perduto dei Cullen.
Nell’extra che state per leggere sono
passati poco più di due anni dopo quel momento. Con non poche difficoltà,
Edward ha scoperto che Carlisle ed Esme sono i suoi veri genitori e che Alice è sua sorella.
Lui ha ritrovato la sua famiglia, e loro hanno ritrovato un figlio e un
fratello. Edward lavora ancora nella società di Esme,
ma ora è non è più un operaio. Adesso si occupa di gestire il personale, e
grazie all’aiuto di sua madre dà spesso lavoro ad ex senzatetto alla ricerca di
una nuova opportunità per ricominciare. Bella fa la mamma a tempo pieno,
invece: si prende cura del bambino nella nuova casa – più grande rispetto
all’appartamento degli inizi – ed è decisa a riprendere gli studi. La vita
procede in maniera tranquilla, e sia lei che suo marito (sì, c’è stato anche un
matrimonio!) vivono in maniera modesta e serena. Lontani dalla strada,
circondati dall’amore della famiglia e degli amici, oltre che di quello dato
loro dal piccolo di casa, si preparano a festeggiare un nuovo Natale insieme.
Ed è qui che comincia questo extra.
Buona lettura.
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Pop Tart –
Extra natalizio
Regalo di Natale
Edward
Quando vivi in
strada, il Natale è una ricorrenza estremamente particolare. Non solo perché le
persone impegnate negli acquisti tendono a lasciarti qualche spicciolo in più,
e neppure perché alle mense il cibo è migliore, più caldo e più saporito.
Quando vivi in strada – soprattutto a New York – il Natale è una ricorrenza
particolare perché la possibilità che tu muoia diventa altissima. Rapina,
freddo, percosse. A Natale, la vita dei senzatetto diventa ancora più
pericolosa, più sottile, più precaria.
Quando vivevo in
strada ho visto più gente morire durante i giorni di Natale che in un mese
intero. Il freddo è il nemico numero uno. E’ un freddo unico, diverso da quello
che senti quando sei sotto le coperte in una casa calda e aspetti che le piume
d’oca ti riscaldino a dovere. Il freddo dei senzatetto è quello che ti rende
immobile, morto dentro ancor prima che fuori. A nulla servono i quattro
cappotti che non sono mai della tua misura. A nulla servono le bevande calde
che diventano fredde non appena esci dal ricovero con il bicchiere in mano. A
nulla serve l’alcool, che bevi fio a sentirti male, nella speranza che ti dia
calore. Quando il sole cala, la gente termina gli acquisti e torna a casa, tu
resti sul marciapiede da solo, senza la compagnia delle scarpe altrui che ti
passano accanto, e non hai altro che il freddo con te. Ed è un freddo che può
ucciderti.
Ma questo è il
passato. Questa è la mia vita passata. La vita che ho lasciato due anni fa,
quando Carlisle ed Esme
hanno dato a me e a Bella l’opportunità di ricominciare a vivere. Adesso i miei
giorni natalizi sono diversi: più caldi, più sereni, più felici. Il camino è
acceso nella nostra casa, e su di esso spiccano le calze che qualche settimana
fa Bella ed io abbiamo appeso. Il frigorifero è pieno di cibo, e nostro figlio
dorme in un lettino caldo e sicuro.
Nonostante
questo, non riesco a non pensare a chi vive in strada. A chi non ha nulla, se
non una bottiglia o un po’ di droga. A chi non avrà nessuno al suo fianco
quando le strade si svuoteranno e nelle case e nei palazzi si festeggerà.
Io e Bella non
abbiamo dimenticato cosa significa vivere in un vicolo, o nella stazione della
metropolitana. Non abbiamo dimenticato le volte in cui rubavamo per mangiare.
Non abbiamo dimenticato le notti in cui non riuscivamo a dormire, tanto era il
dolore fisico causato dal freddo.
Ma il passato è
passato, ed è mio dovere guardare al futuro. Sono un padre, adesso; sono un
marito. Sono un uomo che lavora e che ha delle responsabilità. Sono un figlio
che sta imparando a conoscere la sua famiglia.
E il Natale fa
parte della mia nuova vita.
Vorrei poter
dire che sono completamente sereno, in questi giorni. Vorrei poter dire che la
mia esistenza è priva di ombre, ma non posso. C’è qualcosa che non va. C’è
qualcosa che mi tormenta. C’è qualcosa che, pian piano, mi sta togliendo il
sonno.
Bella.
In apparenza, le
cose fra di noi vanno a gonfie vele. Viviamo in una nuova casa, graziosa, con
il giardino. Bella si è data da fare molto per arredarla, e non ha perso un
colpo: Michael, i mobili, i pavimenti, la carta da parati. E’ una donna
eccezionale, e nella nostra casa è una regina. E’ una madre attenta ma piena
d’amore per nostro figlio. Lo ricopre di coccole, perfino quando lui dorme.
In apparenza,
come dicevo, le cose sembrano andare nel verso giusto. In realtà, però,
qualcosa non va. E’ iniziato tutto tre mesi fa, quando Bella ha deciso di
iscriversi in palestra. In questi due anni, complici uno stile di vita diverso,
la gravidanza e tanto cibo, Bella è aumentata di quasi dieci kg. Per me il suo
peso non è mai stato un problema, ma lei ha sentito il bisogno di fare
qualcosa. Non ho battuto ciglio quando si è iscritta, e sono stato felice con e
per lei quando abbiamo visto i primi risultati. Il suo corpo è sempre stato
magnifico, però mentirei se dicessi che le ore di aerobica fanno male ai suoi
glutei o alle sue cosce.
Da quando ha
iniziato ad allenarsi, tre volte alla settimana, qualcosa è cambiato in lei. Bella
è diventata distante, silenziosa, nervosa perfino. Come se nascondesse
qualcosa, come se non volesse rendermi partecipe della sua vita al di fuori
della casa.
In principio mi
sono detto che si trattava solo di una stupida paranoia maschile, e che Bella
era la stessa persona di sempre, ma poi alcuni avvenimenti mi hanno fatto
cambiare idea.
Circa due mesi
fa sono tornato a casa mentre lei parlava al telefono. A differenza delle volte
in cui era al telefono con Rosalie o con Alice, quella sera, quando si è
accorta della mia presenza, ha riagganciato in fretta e furia, e quando le ho
chiesto con chi stesse parlando mi ha detto Oh,
nulla. Era solo Angela. Angela dovrebbe essere una sua amica, conosciuta in
palestra. Dico dovrebbe perché in tre
mesi non l’ho mai avuto il piacere di conoscerla. Neanche la volta in cui sono
andato a prendere Bella alla fine di una lezione di step,
pronto a stringere la mano alla fantomatica Angela. Oggi Angela non è venuta, mi ha detto. Sarà per la prossima volta. La prossima volta non è ancora
arrivata.
Il mese scorso,
invece, è rientrata due ore dopo la fine di una lezione. Le ho chiesto cosa
fosse successo, e lei ha detto: L’istruttore
ha allungato di mezzora gli esercizi e poi le docce si sono rotte. Ecco perché
ho tardato. Nulla di strano nella sua spiegazione, se non fosse che le sue
parole mi sono sembrate recitate, come se avesse preparato bene la scusa da
rifilarmi. Non mi ha neppure guardato negli occhi, mentre lo diceva.
Pochi giorni
dopo quella sera, un sabato pomeriggio, si è precipitata a rispondere al suo cellulare
strappandomelo letteralmente di mano: era appoggiato su un tavolino e lei era
lontana. Volevo semplicemente passarglielo, ma Bella – innervosita dal mio
gesto – mi ha detto: Lascia fare a me,
Edward. Rispondo io. Non volevo rispondere al suo telefono. Volevo solo
passarglielo, con un gesto gentile, come ho fatto altre mille volte.
Da quel momento
non ho più visto il cellulare di Bella. Lo tiene sempre con sé, nelle tasche
dei jeans o nella borsa.
E poi, come se
queste (e tante altre) piccolezze non fossero sufficienti a farmi avere dei
dubbi, l’atteggiamento di mia moglie è cambiato anche in camera da letto.
Nell’ultimo mese si è negata più volte, e l’ha fatto sempre con una scusa
recitata, senza mai guardarmi negli occhi. So che può accadere che il desiderio
diminuisca, e non pretendo che Bella abbia sempre voglia di me, ma non posso
fare a meno di pensare che la mancanza di sesso sia un altro indizio, un altro
problema.
Siamo ancora una
coppia, siamo ancora marito e moglie, ma ci stiamo allontanando.
So che Bella mi
nasconde qualcosa, so che la sua mente è occupata in attività di cui non so
nulla. Qualcuno potrebbe dire che sono paranoico. Qualcuno potrebbe pensare che
sono soltanto un marito geloso che non sopporta l’idea che sua moglie vada in
palestra. No, non è questo. Conosco Bella da un bel po’ di tempo: so che mi ha
mentito nel giustificare i ritardi. So che non è con Angela che parla al
telefono quando io sono fuori casa. So che la distrazione delle ultime
settimane non può essere causata solamente dai preparativi per il Natale, come
lei dice.
E’ per questo
che ho deciso di seguirla. Ebbene sì, sto seguendo mia moglie, la donna di cui
dovrei fidarmi ciecamente, la donna con cui dovrei parlare di ciò che mi
angoscia. Mi sono preso un pomeriggio di vacanza dall’ufficio, e l’ho seguita
alla palestra.
Bella esce
puntuale dalla porta della sala attrezzi. Non può notarmi: sono nella mia auto,
nascosto completamente da un cassonetto. E’ da sola, Angela non c’è. Neppure
questa volta.
Ha davvero
inventato l’esistenza di un’amica? Perché lo avrebbe fatto? Per coprire
l’esistenza di qualcun altro? Di un uomo, magari? Sto cercando di non far
andare la mente in quella direzione, ma non ce la faccio, è più forte di me.
Bella e un uomo.
Bella e un altro uomo. Conosciuto in
palestra, che la chiama a casa quando io non ci sono, con il quale si incontra
quando fa tardi. Bella e un amante. E’ possibile?
Dio, fa che non
sia possibile. Ti prego.
Abbiamo un
figlio, siamo felici. Siamo felici, vero? Riesco sempre a darle ciò di cui ha
bisogno, vero? Perché dovrebbe avere un amante? Non è più soddisfatta di me, di
noi?
La guardo salire
nella sua auto, avvolta dall’abbigliamento sportivo e dal cappotto pesante. Metto
in moto poco dopo di lei e inizio a seguirla.
Non percorre il
tragitto che dovrebbe portarla a casa. Prende la strada della periferia. Conosco
bene questo posto, è il posto in cui abbiamo vissuto insieme quando non avevamo
nulla. La seguo in uno dei vicoli più poveri, rimanendo a debita distanza dalla
sua auto. Perché sei qui, Bella? Ci vieni spesso? Che cosa stai facendo?
Parcheggia la
sua auto di fronte ad un negozio di fiori. Scende e entra nel palazzo, una
vecchia struttura meno fatiscente di quelle che la circondano. Non si guarda
attorno, e non sembra spaesata. Non conosce solo il quartiere: conosce qualcuno
nel palazzo. Chi vive lì? Perché mia moglie non mi ha mai detto che viene qui?
Parcheggio
anch’io, sempre a distanza di sicurezza dalla sua vettura, e spengo il motore.
Posso solo aspettare, mi dico. Aspettare e pensare.
Penso che sto
seguendo mia moglie come il peggiore dei mariti. Penso che ho paura. Penso che
non voglio perderla e che temo che invece stia accadendo proprio questo. Gli
indizi ci sono tutti, maledizione. La sua improvvisa freddezza, la sua
lontananza. Le telefonate, i ritardi immotivati. Angela. L’atteggiamento di chi nasconde qualcosa.
I minuti
passano, il sole tramonta dietro i palazzi della periferia di New York. In
questo quartiere ci siamo innamorati. In questi vicoli ci siamo conosciuti,
amati, difesi, protetti. Proprio qui, io, Bella e il mio amico Adam abbiamo
lottato contro il freddo e contro i ladri. Contro la fame e contro l’astinenza.
Siamo cresciuti, siamo diventati forti, siamo anche stati felici.
E’ buffo che sia
proprio qui che adesso io mi chieda se il nostro amore è alla fine. E’ buffo, e
fa tanto male.
Soprattutto
quando, un’ora dopo il suo arrivo, Bella esce dal portone accompagnata da un
uomo. E’ alto, ha i capelli neri pettinati indietro con il gel e il viso torvo
di chi ne ha viste parecchie. Indossa un giubbotto di pelle nera e ha le mani
in tasca. Vederlo al fianco di Bella è come un pugno nello stomaco. No, più di
un pugno nello stomaco. E’ qualcosa di più doloroso, di più forte. E’ l’aria
che va via dai polmoni, è il corpo che diventa fuoco e cenere.
Bella si ferma
accanto alla sua auto, lui le apre lo sportello. Le dice qualcosa e lei
annuisce, sorridendo. Sembra serena. E’
serena. Come se ciò che lui le ha detto l’abbia messa di buonumore.
Poi, prima di
salire in macchina, Bella lo abbraccia. Appoggia la testa sul suo petto, chiude
gli occhi, e gli cinge la vita con le braccia. Lui risponde al gesto con un
braccio solo, mentre con l’altro tiene ancora aperto lo sportello. Si salutano.
Bella entra in macchina e mette in moto. Lo saluta di nuovo, sorridendo, mentre
lui si allontana e la guarda andare via.
La mia paura era
fondata. Bella mi nasconde davvero qualcosa: il suo amante.
***
Nei giorni che
seguono, vivo e mi comporto come un robot. Mi alzo, vado a lavoro, torno a
casa. Mangio, bevo, dormo. Gioco con Michael, parlo con i miei genitori e con
mia sorella, parlo perfino con mia moglie. Le parlo, ma non riesco più a
guardarla negli occhi. Se lo facessi, rivedrei quell’abbraccio, rivivrei il
dolore di quel momento. Il momento in cui l’ho vista con un altro uomo.
Non le ho detto
nulla, dopo aver scoperto che ha un amante. Non l’ho confrontata, non le ho
chiesto il perché del suo nuovo ritardo, non le ho neppure domandato com’è
andata in palestra.
Vivo in un
perenne stato di shock, e non so se sarò mai in grado di venirne fuori. Mio
figlio è l’unica persona in grado di strapparmi un sorriso. Come ora, mentre
gattona verso di me sul tappeto colorato che si trova al centro della sua
cameretta. Si butta fra le mie braccia ridendo, e chiude le sue attorno al mio
collo.
“Papà!” dice con
la voce festosa. “Papà! Papà!”
Lo stringo al
mio petto e cerco di trovare in lui la forza per pensare, per ragionare. Perché
la verità è che, nonostante cerchi di rimanere tranquillo, dentro di me si
agita un fuoco infinito, che non mi permette di essere concentrato.
Dov’è che ho
sbagliato? Cosa ho fatto di male? L’ho trascurata per dedicarmi al lavoro? Sono
stato meno attento, meno amorevole? Si è stancata di me, della nostra nuova
vita? In questi due anni, Bella ha sempre accolto con gioia i cambiamenti che
hanno riguardato me, soprattutto quelli relativi alla mia famiglia. Ha pianto
di gioia quando l’esame del DNA ha confermato il fatto che sono Anthony Cullen. Lei e Alice sono come due sorelle, e Esme è una madre anche per lei oltre che per me. Che cosa è
successo, allora, per farle desiderare un altro uomo? Perché? Che cosa devo
fare, adesso? Affrontarla? Dirle che l’ho seguita e che ho scoperto il suo
segreto? Immagino i litigi, immagino le sue lacrime, immagino di perderla per
sempre, e la paura mi pietrifica, mi rende inerme.
Non so
immaginare la mia vita senza Bella. Non so immaginarmi senza di lei. Assieme a
Michael, lei è tutto il mio mondo. Non voglio perderla.
“Edward? Ehi,
Edward!” Bella mi riporta al presente, appoggiando una mano sulla mia spalla.
E’ in piedi, dietro di me. Mi sorride, e il suo gesto è un nuovo pugno allo
stomaco, poiché la serenità che leggo nei suoi occhi sembra quasi sincera,
priva di segreti.
Sembra felice di
vedermi, di sorridermi.
“Che ne dici di
metterlo a letto?” domanda, inginocchiandosi sul tappeto per prendere Michael
dalle mie braccia. Il bambino indossa già il suo pigiama, natalizio come le lenzuola
e le coperte che io e sua madre abbiamo scelto per il lettino. Bella rimane in
ginocchio al mio fianco. Regge Michael con una mano, mentre con l’altra gli
sistema la maglia e i pantaloni. “Edward, stai bene?” chiede. “Sei pallido…”
“S-Sì,”
rispondo, guardando a terra. “Sto bene.” Mi avvicino a Michael, gli do un bacio
sulla fronte. Gli accarezzo i capelli, rossicci come i miei. “Buonanotte,
amore. Sogni d’oro.” Quando mi alzo in piedi, incrocio gli occhi con quelli di
Bella. Non riesco a dirle nulla.
Sono già a letto
quando lei esce dal bagno per infilarsi sotto le coperte. “Edward, sei sicuro
di stare bene?” chiede quando è al mio fianco. Spegne l’unica luce presente in
camera, quella della lampada sul suo comodino, e fa una cosa che ha sempre
fatto, anche quando vivevamo in strada:
cerca la mia mano. E’ un gesto automatico il suo, e l’ho sempre adorato. Si
addormenta così, Bella: con la mano nella mia. Lo ha fatto anche in questi mesi
e, a pensarci bene, questa è stata l’unica cosa che non è cambiata fra di noi,
ma adesso darle la mano mi sembra una presa in giro. Come può cercare la mia
mano e poi incontrarsi di nascosto con un uomo che non sono io? Lo ama? Ama sia
me che lui?
“Sì,” rispondo
alla sua domanda. “Sono solo un po’ stanco.” Stringo la sua mano senza
pensarci, come ho sempre fatto. Quando vivevamo nella stazione della
metropolitana e dormivamo sulle coperte e sui cartoni. Quando rubavamo per
drogarci. Quando eravamo nel nostro piccolo appartamento di Brooklyn. Ci siamo
sempre addormentati così, mano nella mano.
“Bella, sei
felice?” Le parole sono più veloci della mia testa: non riesco a fermarle.
“Che domande
fai,” dice lei, girandosi, al buio, verso di me. “Certo che sono felice. Perché
me lo chiedi? A cosa pensi?”
Penso che non
voglio che il nostro matrimonio finisca. Penso che quando ti ho visto con
quell’uomo sono morto dentro, e quello che ora è vicino a te è solo un
fantasma. Te ne accorgi, Bella? Te ne accorgi che sono un fantasma?
“Non penso a
niente,” rispondo, portando le nostre mani sul petto.
Bella si avvicina
a me, appoggiando la testa sulla mia spalla. “Sei sicuro che vada tutto bene,
Edward? Se c’è qualcosa di cui vuoi par…”
“No, non c’è
nulla. Va tutto bene,” ripeto di nuovo, stringendo le sue dita. “Sono solo
stanco.”
“Quello di
domani sarà l’ultimo giorno di lavoro,” dice, strusciando i piedi sui miei.
“Potrai riposare fino all’anno nuovo,” aggiunge con un sospiro. “Ti preparerò
tutte le cose che ti piacciono di più, e passerai il tempo a leggere, guardare
la tv e giocare con Mickey.” Si avvicina fino a darmi un bacio sulla guancia.
“Grazie per tutto quello che fai per noi, Edward. Sei un padre meraviglioso, e
un marito unico.”
Sembra sincera.
Come fa? Come fa a parlarmi come se le pensasse davvero, quelle cose? Come fai,
Bella?
“Dici sul
serio?” sussurro.
“Certo che sì!
Sono una donna molto fortunata,” dice ridendo. “Angela mi invidia da morire. Il
suo Ben non le dà neppure la metà delle attenzioni che tu dai a me.”
Angela. Perché
la nomina? Perché continua a fingere che la sua amica esista?
“Sarà meglio che
mi metta a dormire,” dico fra i denti, senza commentare la sua battuta. “La
sveglia suonerà presto.”
“D’accordo,”
dice lei. “Buonanotte, Edward. Sogni d’oro.”
Rimane al mio
fianco, non si allontana. La mano nella mia, come ogni notte.
“Buonanotte,
Bella,” dico quando sento il suo respiro farsi pesante. “Ti amo.”
***
Il giorno di
Natale, la nostra casa è piena di gente. Oltre ai miei genitori e a mia sorella,
Emmett, Rosalie e Jasper sono con noi. In questi due
anni le cose sono migliorate anche per i nostri tre amici e adesso tutti hanno
un lavoro e una casa. Sebbene entrambi neghino e fingano di essere soltanto
amici, credo che Alice e Jasper si frequentino più di quanto lascino intendere.
Alla presenza di Carlisle ed Esme,
però, Jasper è un perfetto gentiluomo: educato, sorridente, affettuoso come un
semplice amico.
Michael Adam è
la vera e propria attrazione della giornata. Indossa un completo di ciniglia
rosso, regalo dei nonni, e un cappellino da elfo verde e bianco, regalo di
Alice. Sorride a tutti e passa dalle braccia di mio padre a quelle di Rosalie a
quelle di Emmett senza battere ciglio.
Bella si dà da
fare in cucina, invece, e fra di noi, è l’unica a sembrare ad un funerale
invece che ad un pranzo natalizio. Questa mattina, pensando che non la vedessi,
ha controllato più volte il telefono nella speranza, forse, di ricevere una
chiamata o un messaggio. Ha indossato una tuta per iniziare a cucinare ed è
stata di poche parole, almeno fino all’arrivo dei nostri amici.
Si è comportata
come se non esistessi, evitando di guardarmi negli occhi quando (che stupido!)
le ho chiesto se stesse bene. Ha detto: Sì,
sto bene. Non preoccuparti, ho solo un forte mal di testa. Ha continuato a
controllare il telefono per tutta la mattinata, e ad un tratto si è perfino chiusa
in bagno con esso.
In quel momento
il dolore si è trasformato in rabbia: è triste perché il suo amante non le ha
fatto gli auguri? Sente la sua mancanza e odia essere costretta qui con me, con
la mia famiglia? Mentre mi facevo queste domande, la rabbia è scemata ed è
apparso lo smarrimento, la paura. E poi, il bisogno di mettere fine a tutto
questo, di confrontarla, di chiederle una spiegazione.
Ho bisogno di
conoscere la verità, ho bisogno di sapere se e perché il nostro matrimonio è
davvero finito. Non oggi, non adesso. Dopo pranzo, quando tutti andranno via.
Quando nostro figlio sarà a letto. Quando ci guarderemo negli occhi.
***
Manca poco
all’inizio del pranzo, quando il telefono di Bella prende a squillare. Lei è in
cucina, intenta a cucinare, ma risponde subito. Attraversa il salotto per
andare in camera da letto, e tutti sono presi da Michael che cerca di dire Babbo Natale per rendersene conto.
Tutti, tranne me.
La porta della
stanza resta aperta quel tanto che basta per sentirla dire: Fra venti minuti al solito posto, sì. Non
vedo l’ora. Aspettami. Arrivo subito.
Felicità e
sollievo, ecco cosa c’è nella sua voce.
Sta per incontrarlo.
Sta per andare da lui, da quell’uomo. Sta per lasciare la sua casa, la sua
famiglia, me, per andare dal suo
amante.
No. Non posso
permetterlo. No.
Entro in camera
da letto spalancando la porta e chiudendomela alle spalle con un solo
movimento. Bella salta in aria, sorpresa nel vedermi. “Edward, cosa…”
“Chi era?”
chiedo, indicando il telefono. “Con chi stavi parlando?”
“Io? Umh…” Le sue guance sono rosse. “Era Angela. Sì, era
Angela.”
“Bella.” Scuoto
la testa, cercando di respirare profondamente. Sento la rabbia ritornare, sento
la rabbia e la frustrazione unirsi in una palla incandescente nel mio petto. “Devi
uscire?” chiedo. “Ti ho sentita dire che…”
“Edward…” E’ in
difficoltà. Me lo dicono i suoi occhi, il suo tono di voce. Si mordicchia il
labbro inferiore prima di continuare. “Adesso non posso parlarne, ma ti
prometto che più tardi ti spiegherò tutto. Adesso sarà meglio che vada,”
aggiunge, guardando l’orologio. “Devo proprio andare, Edward, non posso… Non
posso spiegarti in questo momento.”
Mi passa accanto
rapidamente, afferrando la borsa e il cappotto da una sedia. Dice qualcosa a
mia madre, probabilmente una scusa per allontanarsi. La sento mentre saluta
Michael, dicendogli di fare il bravo. La sento chiudere la porta e mettere in
moto l’auto.
E’ davvero così
che deve andare? Sono davvero destinato a perderla in questo modo? Vedendola
preferire un estraneo alla sua famiglia? Rimanendo immobile ad ascoltarla
mentre dice bugie? Rinunciando a lottare?
No. Non posso.
Non posso arrendermi così. Non posso perderla senza aver lottato, senza aver
sentito tutta la verità dalle sue labbra.
Mi precipito
fuori casa cinque minuti dopo la sua partenza, evitando di rispondere alle
domande dei miei genitori. Bella ha un certo vantaggio, ma stavolta so dove andare,
so dove cercarla. E infatti, quando raggiungo il vicolo di periferia, vedo la
sua auto parcheggiata nello stesso punto dell’altra volta. Lei è lì, davanti al
negozio di fiori, stavolta chiuso, con lui. Parlano e sorridono, vicini,
intimi.
Non si accorgono
di me, se non quando inchiodo sull’asfalto ed esco dalla macchina.
A guidarmi, non
più la paura e l’insicurezza. A guidarmi, ora, c’è solo la furia.
“E’ così, eh? E’
così che deve finire?” Il sangue ribolle nelle vene. Lo sento perfino negli
occhi, perfino nelle punte delle dita. “Perché?” grido, camminando verso di
lei. “Che cosa ho fatto, Bella? Che cosa ho fatto per meritarmi questo?”
Bella
impallidisce quando mi vede. “Edward. Che cosa ci fai qui…”
“Rispondimi,”
dico, affannato come se avessi corso per mille isolati. “Che cosa ho fatto per
meritarmi questo?”
“Bella, che
diavolo succede?” E’ lui a parlare.
Mi guarda come se venissi da Marte. “Ehi, amico. Ci sono dei problemi? Perché
non ti dai una calmata, mi sembri…”
“Lasciami in
pace,” sibilo, scrollando di dosso la mano che mi ha messo sulla spalla. “Sparisci,”
aggiungo, guardandolo negli occhi. “Sparisci,” ripeto. “Questo riguarda me e
mia moglie. Tu devi sparire.”
“Edward, tesoro,
calmati.” Bella mi guarda con gli occhi sgranati, e sembra sinceramente spaventata.
“Come hai fatto a trovarmi? Come hai scoperto che sarei venuta qui?” chiede.
“Ti ho seguita,”
dico, decidendomi a vuotare il sacco. “E non è la prima volta. L’ho già fatto,
più o meno una settimana fa. Ti ho vista qui, con lui,” dico, lanciando un
altro sguardo all’uomo. Sa che sono pochi i secondi che lo separano dal finire
spiaccicato sul muro come una mosca? Sa che la sua presenza su questo pianeta
mi disturba, mi irrita, mi impedisce di respirare come si deve?
“Perché, Bella?
Perché le bugie, perché i segreti? Perché…” Mi avvicino a lei fino a sussurrare
la nuova domanda. “Perché mi tradisci? Perché? Eh, Bella? Perché?”
Bella, se
possibile, allarga ancora di più gli occhi. “Tradisci?” domanda ad alta voce.
“Pensi che ti abbia tradito? Pensi che io e Aro… Edward… pensi che io ti abbia
tradito?”
L’uomo, Aro,
dice qualcosa in una lingua che non conosco. E ride. Ride di gusto.
“Edward, non è
come pensi!” esclama Bella. “Come puoi pensare… come puoi pensare che io…”
Scuote il capo, si passa una mano sul viso. “Non è così,” dice. “Amore. Amore
mio.” Si avvicina a me, appoggia la mano sulla mia guancia. “Dio, Edward. Come
hai potuto pensare che ti stessi tradendo? Non lo sai quanto ti amo? Non lo
sai?”
Il calore della
sua pelle riesce a calmarmi, stranamente. “Ti ho vista,” dico, tremando. “Sono
venuto qui, tu eri con lui.” Sollevo il braccio per indicare Aro, ma mi sento
immobile, ferito a morte. “Lo hai… lo hai abbracciato. Perché? Che cosa hai
fatto? Dimmi la verità, Bella. Ti prego.”
Bella sorride, e
mi mostra due occhi pieni di lacrime. Solleva la mano libera e in essa vedo un
fagotto di tessuto. “E’ questa la verità,” dice, scoprendo l’oggetto nascosto
dalla stoffa. “E’ il tuo regalo, Edward. Il tuo regalo di Natale.”
“Pensavi davvero
che ti stesse tradendo con me, ragazzo?” Aro, al suo fianco, ride come se
questa fosse la cosa più divertente del mondo. “Tua moglie potrebbe essere mia
figlia, e mia moglie mi farebbe a fette se solo pensasse che vado in giro a
fare il furfante con un’altra donna.” Mi picchietta un dito sulla fronte.
“Cerca di usare il cervello, la prossima volta. Ok?”
Che sta dicendo?
Non è il suo amante? Il mio regalo? Che cosa sta succedendo?
“Aro mi ha
aiutata a ritrovarlo, Edward. Il tuo orologio. Il tuo vecchio orologio.” Bella
mi mostra il palmo della mano, e in esso c’è il mio regalo di Natale.
L’orologio che il mio amico Adam mi ha regalato due giorni prima di morire.
“Ma… questo è…
Tu hai… Tu lo hai ritrovato?”
“Non io,” dice
lei. “Aro. E’ stato lui. E’ stato lui a ritrovarlo.”
“Ma come… Come
hai fatto?” chiedo, direttamente a lui. “Mi è stato rubato. Pensavo di… Pensavo
di averlo perso durante una rapina. Ricordi,” dico a Bella. “Quella notte,
quando ci hanno lasciato senza nulla? Eravamo proprio… Eravamo lì,” dico,
indicando la fine del vicolo. “Come hai fatto a ritrovarlo?”
Aro sorride e
scuote la testa. “Un mago non svela mai i propri trucchi,” dice. “Non è stato
semplice, ma la tua Bella è una donna testarda. E’ stata lei a motivarmi nella
ricerca. Mi ha detto che si trattava di un oggetto importante, speciale. Il tuo
regalo di Natale.”
I miei occhi
ballano da Aro a Bella, e ad un tratto mi chiedo come ho fatto a pensare che
fra di loro potesse esserci qualcosa. “Vi siete abbracciati,” dico senza
pensarci. “Vi ho visti, la scorsa settimana. Vi stavate abbracciando.”
“E hai pensato
che ti stessi tradendo?” chiede Bella. “No, Edward, no! Non è così! Sapevo
quanto fosse importante quell’orologio per te, sapevo che ti avrei fatto felice
con questo regalo. E in questi mesi le ricerche sono sempre andate male, tanto
che perfino Aro aveva perso le speranze di venirne a capo. Quello che hai visto
è stato un abbraccio affettuoso, un abbraccio fra due persone che si stavano
dando coraggio. Non c’è nulla fra di noi, te lo giuro. Aro, diglielo anche tu!”
“Lo giuro sulla
tomba di mia madre, che Dio l’abbia in gloria,” dice lui immediatamente,
facendosi il segno della croce. “La tua Bella è venuta a trovarmi spesso in
questi tre mesi, è diventata una di casa. Una cliente speciale, mettiamola
così,” dice con un sorriso. “Ma la storia finisce qui. E se ora non vi
dispiace,” aggiunge con un forte accento italiano, “ho diciotto persone che mi
aspettano a tavola per iniziare a mangiare.” Mi dà uno schiaffetto sulla
guancia. “Goditi il tuo regalo, Edward. E cerca di non far arrabbiare Bella.
Fra i miei talenti non c’è solo quello di ritrovare merce rubata, ok?”
Non mi dà il
tempo di rispondere, parlare, pensare, e sparisce nel palazzo in cui la sua
famiglia lo attende.
Bella mi prende
per mano. “Edward. Edward, amore. Guardami.” Ho ancora il cuore in gola, ma mi
giro verso di lei. “Come hai potuto pensare che avessi un amante? E’ per questo
che eri così turbato nelle ultime settimane? Pensavi che io…” Mi sorride, ma
gli occhi sono ancora colmi di lacrime.
“Non sapevo cosa
stesse accadendo,” sussurro. “Sei cambiata, Bella. Sei diventata fredda nei
miei confronti, e poi le telefonate strane, i ritardi. Ti ho seguita e ti ho
vista qui con lui… Bella, ho pensato di morire.” Senza pensarci due volte l’attiro
a me per abbracciarla, per stringerla con tutta la forza che posseggo. Lei
risponde con una stretta altrettanto forte, altrettanto piena d’amore.
E in quel
momento mi rendo conto che lei e Aro mi hanno detto la verità, e che la mia è
stata davvero una stupida paranoia.
“L’idea mi è
venuta quando ho iniziato ad andare in palestra,” dice Bella quando si scosta
da me. “Angela mi ha raccontato del regalo che pensava di fare a Ben per il suo
compleanno, e…”
“Aspetta un
momento. Quindi Angela esiste davvero? Non te la sei inventata?”
“No, Edward!
Certo che esiste! Perché avrei dovuto inventarla?!”
Rispondere è
quasi umiliante. “Pensavo che… Pensavo che l’avessi inventata per coprire… per
coprire la tua nuova storia. Non l’ho mai vista, Bella, non sapevo che pensare.”
“Non l’hai mai
vista perché ha tre gemelli a cui badare, Edward, e spesso è talmente impegnata
che non riesce neppure a ritagliarsi un’ora per la palestra.” Inclina la testa
sulla spalla, guardandomi come se fossi un cagnolino smarrito. “La conoscerai
oggi pomeriggio,” dice. “L’ho convinta ad unirsi a noi, visto che lei e Ben
sono rimasti in città per il Natale. Ho pensato che i suoi bambini potessero
diventare compagni di giochi di Mickey. Te l’ho detto due giorni fa, non
ricordi?”
“Io… no,”
rispondo. “Devo averlo dimenticato… Bella, questi giorni, queste settimane… Ero
convinto di averti persa, capisci? Ero convinto che il nostro matrimonio…”
“Non mi perderai
mai, tesoro,” dice lei, accarezzandomi la guancia. “E mi dispiace se in questi
mesi ti ho dato l’impressione di essere lontana, di nascondere qualcosa. In
realtà nascondevo due cose,” dice sorridendo. “Aro. Sapevo che lui avrebbe
potuto aiutarmi a ritrovare l’orologio rubato, ne ero certa. E sapevo che
sarebbe stato il regalo perfetto per te. Allora l’ho contattato, e ho cercato
di ricostruire con lui quella notte, quella rapina. Il quartiere non è dei più
sicuri, lo sai anche tu, ma lui ha occhi e orecchie ovunque, e ha ricordato
subito quel furto. Gli ho descritto l’orologio, e lui ha iniziato le ricerche.
Quando pensava di averlo ritrovato, mi telefonava per descrivermi il pezzo che
aveva fra le mani, ed è per questo che mi allontanavo da te in quei momenti:
non volevo che sapessi. E la scorsa settimana, quando mancava così poco a
Natale, mi ha detto che nessuno dei suoi contatti era riuscito a ritrovare l’orologio.
Ero triste, sconsolata. E’ per quello che l’ho abbracciato, Edward. Perché è
vero quando dice che in questi mesi sono diventata di casa, per lui. Gli ho
raccontato di noi, del nostro bambino. Gli ho raccontato di Adam, e di quanto
fosse importante per te quell’orologio. Non era più un semplice affare per lui,
non era più un lavoro. Anche Aro voleva renderti felice.”
“Ma poi… poi l’ha
ritrovato,” dico, guardando fra le sue mani.
“Sì,” risponde
lei, con un sorriso. “Mi ha chiamato non appena glielo hanno riportato, e mi ha
detto di venirlo a prendere. Vedi, è quello di Adam,” dice, mostrandomi il
cinturino di pelle ormai rovinata. “C’è la stessa croce che lui aveva inciso
con il chiodo. E’ il suo. E’ il tuo.”
Durante quella
rapina, dovetti scegliere fra proteggere Bella e proteggere i nostri pochi averi.
Perdemmo le coperte, le bottiglie, i sacchi a pelo, i vestiti che facevano
parte del nostro armadio ambulante. Persi l’orologio di Adam, l’ultimo legame
con il mio migliore amico.
“Come ha fatto a
ritrovarlo? Quanto ti è costato? Bella, questo Aro…”
Lei scuote
subito il capo. “Non devi preoccuparti,” dice. “Aro non è un santo, non ti dirò
il contrario, ma ha mantenuto fede al nostro patto. Mi ha aiutata a ritrovare l’orologio,
ed è stato un gentiluomo. Serio e preciso, mai sopra le righe, mai
approfittatore.”
“Quindi… è per
questo che stamattina eri silenziosa? Lontana?”
Annuisce. “Ero
così contenta all’idea di poterti restituire quello che ti era stato tolto, che
non ho mai pensato all’eventualità di non ritrovarlo… Non ti ho neppure
comprato un altro regalo!” esclama, “e questa mattina ero così triste, così
rammaricata… ma poi Aro ha telefonato…”
“Dove lo ha
trovato?” chiedo. “A chi apparteneva adesso?”
“Non lo so,”
risponde. “Stava per raccontarmi tutto quando tu sei arrivato.” Si avvicina e
appoggia una mano sul mio petto, coperto dal cappotto di lana. “Come hai potuto
pensare che ti stessi tradendo?” dice a voce bassa. “Tu sei la mia vita,
Edward. Con questo regalo ho cercato di ripagarti per tutto ciò che tu dai a me
e a nostro figlio. Non potrei mai fare a meno di te, mai. Perché hai dubitato
di me, tesoro? Sono stata davvero così assente, così distante?”
“Un po’,”
sussurro, vergognandomi di nuovo. “Non so cosa mi è preso, Bella. Probabilmente
sono diventato geloso, insicuro. Forse può sembrarti una sciocchezza, ma prima…
prima, quando vivevamo qui,” dico, indicando il vicolo, “certe cose erano più
semplici. Eravamo noi due, eravamo soli. Non avevo paura di perderti. Ora è
come se… abbiamo tante cose, tanto benessere, tante nuove opportunità. Ho
pensato che io… che non fossi più abbastanza, per te. Ho pensato che magari…
che magari stavo sbagliando qualcosa. Non…”
“Non pensarlo
mai,” mi interrompe. “Mai più. Tu sei tutto ciò di cui ho bisogno per sentirmi
appagata e felice, Edward. Ti amavo quando vivevamo sotto terra, come topi, e
ti amo ora, che abbiamo una camera da letto e un giardino pieno di fiori. Ti
amerò sempre, ovunque saremo. Non dubitare mai del mio amore, mai.”
Mi trovo ad
annuire senza sapere come. Le sue parole, le parole di mia moglie, riescono
sempre a darmi forza e coraggio.
“Mi dispiace per
aver dubitato,” mormoro. Prendo il suo viso fra le mani, e al freddo della
nostra vecchia casa ne bacio le
guance, gli zigomi, il mento, e infine le labbra. Con dolcezza, con riverenza,
e per la prima volta da troppo tempo mi lascio andare alla mia Bella, alla
donna che non ha mai smesso di amarmi. “Grazie per aver ritrovato l’orologio,”
le dico guardandola poi negli occhi. “Grazie per tutto l’amore che mi dai. Non
pensare mai di dovermi ripagare per ciò che faccio per te e per Mickey: voi
siete la mia famiglia, Bella. Andrei all’inferno per voi.” Le do un altro bacio,
stavolta più profondo.
“Voglio
continuare a parlarne,” dice lei, “ma credo sia ora di tornare a casa. La
nostra famiglia si starà chiedendo che fine abbiamo fatto.”
“Hai ragione,”
rispondo, guardandola infilare l’orologio in borsa.
“Ho preso un
pacchetto,” dice con un sorriso. “Voglio fare le cose perbene. Ripulirlo e
incartarlo.”
L’attiro a me di
nuovo, le do un altro bacio. “Ti amo, Bella. Ti amo tanto.”
I suoi occhi si
riempiono di lacrime. “Ti amo anch’io.”
***
La sera stessa,
dopo un ricco pranzo e un pomeriggio divertente con Angela, Ben e i tre bambini
più indemoniati del mondo, Bella ed io ci ritroviamo sotto le coperte. Il mio
vecchio orologio, rovinato dal tempo ma ancora funzionante, è sul mio comodino.
Non mi vergogno
a dire che ho pianto quando l’ho indossato. Ho pensato al mio amico, ho pensato
ai giorni passati dormendo per strada. Ho pensato ai sogni di una vita diversa,
sogni che si sono realizzati come nella più bella delle favole. Ho pensato alla
fortuna che possiedo nell’avere una moglie ed un figlio che mi amano, che mi
proteggono e che sono sempre pronti a rendermi felice, a farmi sorridere. Ho
pensato a questo Natale, magico e perfetto sotto ogni aspetto, nonostante le
mie paure e le mie insicurezze.
La mano di Bella
si chiude come sempre nella mia, ma stasera è lei a portarle entrambe sul suo
cuore. Rimaniamo in silenzio per un po’, fino a che non ricordo le sue parole
di questa mattina.
“Hai detto che
avevi due segreti,” dico, al buio della camera da letto. “Mentre eravamo in
quel vicolo,” chiarisco. “Hai detto che nascondevi due cose. Una era Aro, l’altra?”
Siamo al buio,
ma riesco ad avvertire il suo sorriso. “Finalmente te ne sei ricordato,” dice.
“Di cosa si
tratta?” chiedo.
“Mi dispiace per
aver… per averti rifiutato nelle ultime settimane,” dice a bassa voce. “Ma non…
Non ero sicura di poter…”
Giro la testa
verso di lei. “Che c’è, Bella? Di cosa si tratta?”
Dal cuore, Bella
spinge le nostre mani verso il basso, verso il suo ventre. “Aspetto un bambino,”
sussurra. “Aspettiamo un bambino.”
***
Che siate da soli o in compagnia,
vicini o lontani dai vostri cari, sereni o tristi, mi auguro che questi giorni
di festa siano per tutti tranquilli e pieni di piccole-grandi gioie: cibo,
film, musica, coccole, libri, passeggiate, regali. Buon Natale a tutti o, se
non lo festeggiate, buon Qualsiasi Cosa Festeggiate.